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Full text of "La Civiltà cattolica"

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Ji 


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LA 

CIVILTA  CATTOLICA 

ANNO  DECIMONONO 


.4  1951 


PROPRIETA  LETTERARIA  secondo  le  Convenzioni  dei  varii  Stall. 


DI  TRE  VIZII  DEL  REGNO  D'  ITALIA 

CHE  NE  MINACGIANO  LA  DURATA 


Allorche,  prima  del  60,  intrepid!  campioni  della  verit&  non  cessa- 
yano  colla  voce  e  cogli  scritti  di  ripetere  che  1'unita  staluale  d'ltalia 
sarebbe  stata  fonte  funesta  di  sciagure  per  la  Penisola,  di  pericoli 
per  la  pace  d'Europa,  e  di  ragionevoli  timori  per  1' indipendenza  del 
Caltolicismo;  da  tutte  parti  gli  organi  della  stampa  seltaria  levarono 
alti  clamori  a  contraddire  cotesta  libera  e  coraggiosa  parola,  e  pet- 
fmo  tra  i  buoni  non  mancarono  di  quelli,  che  la  sfatarono  come  trop- 
po  nero  ed  avventato  pronostico.  Tnvano  si  ricordo  loro  che  il  voto 
rivoluzionario,  dove  oltenesse  in  Italia  una  prima  vittoria,,  fareb- 
bcsi  audace  a  \olerne  delle  simili  in  altre  parti  d'  Europa ;  che  1'  u- 
nila  politica,  conseguita  non  per  lento  lavorio  della  ualura,  ma  im- 
posta  bruscamente  dall'  arbitrio  d'  un  partito ,  non  poteva  sortire  se 
non  1'effelto  di  soqquadrare  e  sconvolgere  lanazionc;  che  I'empieta 
rivoluzionaria  piu  che  all'  innalzamento  d'  Italia,  mirava  alia  distru- 
zionc  di  Roma  papale  e  pero  all'  avvilimento  della  Chiesa  di  Gesu 
Cristo.  Invano  si  aggiunse  chel'  Italia  per  la  sua  configurazione  geo- 
grafica,  per  1'indole  varia  e  gli  opposli  interessi  deJ  suoi  abitanti, 
per  la  moltitudine  delle  capitali  che  era  mestieri  scoronare,  non  sa- 
ria  poluta  ridursi  ad  unita  di  Stato  con  isperanza  di  pacifica  e  din- 
turna  durazione.  Certamente  Napoli,  la  piu  yaga,  la  piu  grande,  la 
piu  popolosa,  forse  ancora  la  piu  ricca,  tra  le  sue  citta,  non  potrebbe 
stabilmente  ridursi  a  capoluogo  di  pro\  incia ;  e  d'  allra  parte  la  sua 


8  DI  TRE  VIZII  DEL  REGNO  D'  ITALIA 

E  questo  abborrimento  degi'italiani  aH'unitapolilica,  lungi  dallo 
scemare  col  tempo ,  e  venuto  anzi  sempre  piu  crescendo ,  a  misura 
che  i  pestiferi  frutti  della  rea  pianta  si  sono  venuti  accumulando  sul 
capo  della  nazione.  Fosse  insipienza  degli  uomini ,  saliti  al  potere  , 
fosse  indole  maligna  della  fazione  settaria,  da  cui  quelli  erano  ispirali, 
fosse  giusta  punizione  del  cielo  per  tante  ingiuslizie  e  tanti  sacrilegii 
commessi ;  il  certo  e  che  in  tutli  i  rami  della  cosa  pubblica  non  si  e 
fatto  nulla  di  bene,  anzi  le  condizioni  son  peggiorate  a  tal  segno,  da 
non  potersi  oggimmai  piu  tollerare.  Nelle  campagne  il  brigantaggior 
uelle  citta  Y  assassinio  minacciano  del  continue  la  proprieta  e  la  vita 
dei  pacifici  cittadini.  Le  statistiche  dei  delitti  son  salite  a  cifre  spa- 
ven lose,  quali  non  si  leggono  in  niun  altro  Stato  dei  meno  inciviliti 
del  mondo.  L'induslria  nazionale  rovinata  dal  libero  cambio,  inop- 
portunamente  accolto  e  piu  pazzamente  applicato.  II  commercio  quasi 
distrutto  dallo  sparire  improvviso  del  numerario,  atteso  il  corso  for- 
zato  dei  biglietti  di  banca.  Una  moltitudine  immensa  di  famiglie  git- 
tate  sul  lastrico  dalle  destituzioni  in  massa  di  antichi  impiegati,  per 
rimeritare  coi  loro  posti  gli  eroi  e  i  cospiratori  della  rivoluzione.  Le 
Universita  ridolte  a  cloache  di  error!  e  di  vizii ;  sicche  il  meglio  che 
possano  fare  i  padri  di  famiglia  e  tenerne  lontani  i  figliuoli,  per  non 
vedeili  corrotti  nell'anima  e  ammorbati  nel  torpo.  L'immoralita  sbri- 
gliatamente  licenziata  a  tutto  osare,  senza  alcun  riguardo  al  pudore  a 
alia  pubblica  onesta  dei  costumi.  Una  stampa  sozza  e  bestemrniatrice, 
che  nulla  risparmia  di  quanto  vi  ha  di  piu  sacro  e  rispettato  tra  gll 
uomini.  L'onor  nazionale  convolto  nel  fango  colla  servilita  allo  stra- 
niero,  coll'offerta  all'  incanto  della  nostra  alleanza,  colle  vergognose 
sconfitte  patite  in  terra  ed  in  mare.  Custoza  e  Lissa  son  tali  \7ergo- 
gne,  che  niun  tempo  bastera  a  cancellare.  Esse  meritarono  nella 
stampa  oltramontana  il  nome  di  caccia  delle  lepri ;  e  a  crescerne  il 
vitupero  si  aggiunge  ora  il  sozzo  altercare  e  il  gi liars!  il  fango  V  uno 
sull'  altro  dei  General  i  che  comandarono  quelle  fazioni.  E  mentre  il 
borioso  regno  mostravasi  si  debole  e  vile  in  faccia  al  nemico,  spie- 
gava  tutta  la  sua  fortezza  e  tutto  il  suo  coraggio  a  combattere  frati  e 
monache,  i  cui  chiostri  valorosamente  espugnava,  cacciandone  nella 
pubblica  via  gl'  inermi  e  pacifici  abitatori ,  e  impossessandosi  del 


CHE  KE  MINACCIANO  LA  DIJRATA  9 

loro  averi.  Non  mono  prode  egli  dimostravasi  nel  guerreggiare  il 
clero  secolare,  spogliando  anche  questo  di  tutli  i  suoi  beni,  e  vcs- 
sandone  i  membri  colla  prigionia,  coll'esilio  e  con  ogni  genere  di 
persecuzione  codarda. 

II  popolo  italiano  e  un  popolo  profondamente  cattolico.  Egli  niente 
lia  in  maggior  pregio  eke  la  religione ;  il  cui  centre  collocate  da  Die 
nel  mezzo  dell'  Italia  forma  la  sua  piu  ambita  gloria,  il  suo  piu  invi- 
diato  splendorc.  Or  pensate  qual  ferita  strazianle  abbiano  fatta  al 
cuore  di  un  tal  popolo  i  fabbricatori  e  padroni  del  nuovo  regno  col 
tanto  barbaramente  maltrattare  i  ministri  di  essa  religione,  non  es- 
clusi  i  supreml  rappresentanti  di  lei ,  coiitro  i  quali  massimamente 
si  e  sfogato  1'  odio  satanico  della  fazione  unitaria.  Ne  solo  le  perso- 
iie,  ma  la  religione  in  se  stessa  fu  presa  di  mira  dall'  empia  masna- 
da;  stollamente  persuadendosi  di  poterla  sradicare  dagli  animi  de- 
gl'  Italiani,  impedendone  ogni  esterna  manifestazione ,  e  facendola 
segno  ai  piu  sformati  assalti  della  calunnia,  della  bestemmia,  della 
satira.  L'effetto  pero  fu  tutt'altro  da  quello  che  costoro  speravano; 
giacche  il  vcro  popolo  italiano  in  cambio  di  divenire  irreligioso , 
concepi  una  somma  avversione  contro  gli  autori  di  tali  nefandezze  , 
e  si  raffermo  vie  peggio  neir  odio  all'  unita  politica,  da  cui  scorgeva 
derivare  conseguenze  S  detestabili. 

Un'  altra  fonte  capitale  di  abborrioiento  pel  nuovo  regno  si  e 
1'  importabile  peso  dei  balzelli  e  delle  tasse ,  cresciute  oltre  ogni 
misura  di  tollerabile  proporzione.  II  parlito  rivoluzionario  non  tro- 
Tando  appoggio  nella  vera  na^ione ,  per  lo  stabilimento  e  per  la 
conservazione  della  stolta  unita  da  esso  voluta ;  e  stato  costretto  a 
procurarsi  per  altra  via  tutti  i  possibili  amminicoli ,  e  do  pel  mezzo 
potentissimo  del  denaro.  Da  piima  egli  dove  comprar  dapertutto 
seguaci  dell'  Iscariote,  i  quali  vendessero  i  loro  principi,  e  non,  co- 
me colui,  per  soli  trenta  denari,  ma  per  ingenti  somme,  proportio- 
nate al  progresso  de'  tempi  e  al  maggiore  appetito  dei  nuovi  Giuda. 
Dipoi  gli  convenne  jspendere  enormemente  per  eseguire  nelle  sin- 
gole  citta  la  comica  rappresentazione  dei  famosi  plebisciti.  Fu  d'  uo- 
po  ancora  legare  col  nuovo  Stato  gl'interessi  di  quanti  piu  fosse 
possibile.  Di  qui  la  necessity  di  sostituire  agli  antichi  nuovi  fun- 


10  DI  TRE  YIZII  DEL  REGNO  D'  ITALIA 

zionarii  pubblici,  con  doppia  spesa,  e  molliplicare  sfoggiatamente 
gl'impieghi,  per  aprire  cosi  un'ampia  mangiatoia,  clie  servisse  come 
di  baluardo  al  nuovo  edifizio,  stante  Timpeguo  di  tanti  a  mantener- 
lo  in  piedi.  Soprattutlo  fu  necessario  moltiplicar  le  cattedre  ed  i  li- 
cei,  dove  si  cacciassero  ciarloni  di  ogni  risma,  qualunque  fosse  la 
loro  immoralita  ed  ignoranza,  tanto  solo  eke  si  adoperassero  a  cor- 
rompere  le  meuti  giovanili  coi  principii  del  diritto  rivoluzionario. 
A  cio  si  aggiunge  la  necessita  di  mantener  sempro  una  rappresen- 
tanza  nazionale,  ligia  al  Governo,  e  scelta  tra  gli  appartenenti  alia 
fazione  dominante.  Quindi  il  bisogno  di  spesare  emissarii  e  manu- 
tengoli,  e  coiTompitori  delle  elezioni;  e  il  bisogno  altresi,  cosli- 
tuita  clie  fosse  la  fittizia  rappresentanza,  di  comprar  voli  nel  Parla- 
mento.  E  perciocclie  regina  del  mondo  e  oggidi  la  pubblica  opinio- 
ne,  e  la  pubblica  opinione  e  formata  o  simulala  dalla  stampa  perio- 
dica ;  fu  forza  ancora  stipendiar  largamente  giornali  e  giornalisti, 
dentro  e  fuori  d'  Italia,  acciocche  colle  loro  sonore  Irombe  bandissero 
ai  quattro  venti  le  beaiitudini  del  nuo\o  regno.  Ne  da  ultimo  vuole 
omettersi  1'  obbligo  sacrosanto  di  rimeritare  condegnamente  i  capo- 
rioni  e  banderai  della  rivoluzione,  sollevandoli  della  nativa  bassezza 
cd  inopia  a  Yita  signorile  e  doviziosa.  E  cosi  vedemmo  sorgere  da- 
gli  stracci  e  dal  fango  a  stato  opulento  e  jlfincipesco  uomini  non 
aventi  altro  merito,  clie  d'aver  espiato  per  alquanti  anni  nelle  ga- 
lere  le  fellonesche  loro  Irame  eontro  i  legillimi  sovrani  d'  Italia. 
Ora  ognun  vede  quanti  tesori  sia  stato  esiamestieri  profondere  per 
soddisfare  a  tante  urgenze  ed  altutire  si  ingorde  brame.  Ecco  la  ca- 
gion  vera  dello  squilibrio  delle  finalize,  degli  enopmi  debiti  contrat- 
ti  dallo  Stato,  dei  quali  i  soli  interessi  sorpassano  oggimai  i  quat- 
trocento milioni;  ecco  la  cagion  ^era  della  necessita  di  rifornire  del 
conlinuo  1'  erario,  clie,  come  la  lupa  di  Dante,  dopo  il  pasto  ha  piu 
fame  che  pria. 

Ma  il  denaro  non  nasce  nei  campi  come  il  frumento,  ne  piove  dal 
cielo  come  la  grandine  o  la  rugiada.  Esso  si  cava  dalla  borsa,  e  non 
puo  empiisene  una  senza  vuotarne  un'allra.  La  borsa  dello  Stato,  non 
e  in  comunicazione  con  altra,  se  nori  con  quella  dei  cittadini.  La 
borsa  dunque  dei  cittadini  c  forza  vuotarc,  per  empire  la  borsa  dello 


CHE  NE  MINACCIANO  LA  CLRATA  11 

Stato ;  la  quale  del  continue  vuotandosi  per  le  ragioni  sopraccenna- 
te,  conviene  che  sia  del  continue  riempita.  Di  qui  1'  imperiosa  ne- 
cessita  di  moltiplicar  tasse  sopra  tasse,  senza  far  mai  fine,  e  smun- 
gere  insino  al  sangue  le  mammelle  clelle  popolazioni,  riputate  dal 
partito  rivoluzionario  non  allrimenti  che  mandre  di  pecore  o  di  gio- 
venche. 

Senonche  non  a  lungo  le  creature  umane  sanno  acconciarsi  a  si 
dura  condizionee  svilente.  Soprattiitto,  allorche  1'oppressione  tocca 
gli  estremi,  e  perfino  il  pane  vien  meflo,  per  tirare  innanzi,  comecheV 
grama,  la  vita.  E  la  vita  stessa  oggimai  e  minacciata  dalla  fame  nei 
miseri  italiani,  resi  incapaci  di  soddisfare  al  sopraccarico  dei  pesi 
imposti,  senza  togliere  dalla  propria  bocca  e  da  quella  dei  loro  figliuo- 
li  il  tozzo,  destinato  non  tanto  a  pascerli,  quanto  ad  allontanarne  la 
mortc.  Or  la  pazienza  hwgamente  abusata  divien  furore;  e  uria  spe- 
cie di  furore  sembra  che  gia  cominci  a  bollir  cupamente  nelle  visce- 
re  di  quest!  popoli  ammiseriti ,  per  prorompere  tra  non  molto  al  di 
fuori,  a  fin  di  scuotere  il  giogo  che  si  fieramente  li  opprime. 

Quanlo  al  resto  d'  Europa  il  regno  italico  non  puo  non  essere  un 
perpeluo  fomento  di  perturbazione  e  discordia ;  e  cio  per  doppio 
motive.  11  primo  e  r essere  esso  un  potente  incentive  all'  assurda 
applicazione  del  principio  di  nazionalita.  Noi  gia  notammo  nel  pre- 
cedente  quaderno  che  Y  unita  nazionale  non  ha  che  fare  coir  unit& 
politica,  essendo  diversissimo  il  principio  determinate  dell'  una  e 
dcir  altra.  Cio  che  determina  Y  unita  nazionale  e  Tidentita  di  stir- 
pe,  di  cui  e  effetlo  ed-indizio  Y  identila  del  linguaggio.  Cio  che  de- 
termina T  unit^t  politica  e,  quanto  alia  giustizia,  il  dirilto  acquisito  ; 
quanto  alia  convenienza  1'  identita  degl'  interessi  e  soprattutto  la 
scambievole  simpatia.  Puo  avvenire  benissimo  che  il  diritto  imponga 
a  pift  popoli  di  diversa  nazionalita  lo  stare  uniti  sotto  un  medesimo 
scettro  ;  e  dove  manchi  il  diritto,  potr&  una  tale  unione  venir  consi- 
gliata  da  conformita  di  costumi  e  d'  inclinazioni  o  da  comunanza  di 
sociali  vantaggi.  Per  contrario  una  stessa  nazione  puo  formare  di- 
yersi  Stati ,  quando  cosi  richicde  il  diritto  d'  incontras labile  sovra- 
nita ;  e  dove  questo  venga  meno,  potra  una  tale  disgiunzione  esser 
voluta  da  discrepanza  di  car  alter  e  o  di  utilila  speclali,  che  mal  si 


12  DI  TRE  VIZII  DEL  RECNO  D'  ITALIA 

accordino  colla  medesimezza  di  Stato.  Convien  ragionare  della  so- 
cieta politica  in  modo  analogo  alia  societa  domeslica.  In  questa  fmche 
vigorisce  il  diritto  paterno,  i  singoli  membri,  die  vi  son  sottoposti, 
hanno  il  dovere  di  formare  una  sola  casa  solto  1'aulorita  di  colui,  che 
n'e  il  capo.  Ma,  dove  il  diritto  paterno  venga  a  cessare,  son  liberi  i 
figliuoli  o  a  stare  uniti  o  a  formare  casa  da  se,  secondo  che  piu  loro 
piaccia  o  convenga.  Sarebbe  ridicolo  il  dire  che  per  cio  solo,  che 
discendono  da  un  medesimo  ceppo,  debbono  formare  una  sola  societa 
domestica,  comunque  vi  ripugni  V  opposizion  de'  caratteri  o  degll 
interessi  di  ciascheduno.  La  discendenza  dall'unico  ceppo  fara  si  che 
tutti  abbiano  lo  stesso  casato  e  si  dicano  appartenere  alia  stessa 
famiglia ;  ma  non  fara  mai  che  diasi  diritto  od  obbligo  alia  ttiedesi- 
ma  convivenza. 

I  moderni  rivoluzionarii  non  vogliono  sentir  nulla  di  cio.  EssI 
arbitrariamente  stabiliscono  che  i  popoli  d'  una  stessa  nazione  per 
cio  stesso,  che  parlano  la  stessa  lingua,  debbono  formare  un  solo 
Stato ;  qualunque  sieno  i  diritti  precsistenti,  o  le  ripugnanze  scam- 
bievoli,  o  la  diversita  d'  interessi.  Tutte  siffatte  cose  debbono  cede- 
re  a  fronte  del  diritto  supremo  ;  e  diritto  supremo  e  quello,  che  na- 
see  dall'  identila  d'  idioma,  e  che  pero  potrebbe  chiamarsi  diritto 
della  lingua.  Or  questa  matta  teorica  finche  restava  sulla  bocca  e 
sugli  scritti  de'suoi  piu  matti  autori,  non  recava  altro  danno  se  non 
quello  di  pervertire  1'  opinione  dei  pochi  lettori  o  ascoltatori,  inca- 
paci  di  giudicare  cio  che  odono  o  cio  che  leggono.  Ma,  tradotta  nel 
fatto ,  ha  una  forza  grandissima  non  solo  a  crescere  audacia  ai  suoi 
sostenitori ,  ma  ancora  a  stuzzicar  V  appetito  di  ambiziosi  potenli  ed 
esaltare  la  fantasia  delle  moltitudini  irreflessive.  Ci6  appunto  si  e 
veduto  nel  caso  nostro.  II  regno  italico  si  e  formato  rovesciando  di- 
ritti di  legittimi  principi ,  e  conlrariando  interessi  e  inclinazioni  di 
popoli.  Ebbene,  ecco  tosto  sorgere  T  unita  germanica  per  la  con- 
quista  e  contro  lo  stesso  voto  popolare.  II  medesimo  si  tentera  per 
la  Spagna.  II  medesimo  per  la  razza  slava.  L'  esempio  e  contagioso 
assai  piu  che  1'  idea;  ne  ci  e  ragione  per  cui  cio,  che  si  permette  in 
un  luogo,  debba  vietarsi  in  un  altro.  I  perturbatori  del  mondo,  vedu- 
to il  loro  disegno  riuscito  cosi  felicemente  in  Italia ,  non  poseranno 


CHE  NE  MINACCIAKO  LA  DURATA  13 

mai,  fmche  non  lo  veggano  riuscire  egualmente  per  tutto  allrove. 
E  mentre  il  falso  principio  di  nazionalita  abbattera  molti  Stall  per 
ricomporli  in  un  solo ;  ne  sfascera  altri,  per  distinguerne  gli  ele- 
ment!, secondo  la  stirpe  e  il  linguaggio.  Dio  sa  fin  a  quandoT  ope- 
ra demolitrice  terra  in  conquasso  e  in  convulsione  il  mondo  uni- 
wso,  se  a  tempo  non  vi  si  reca  rimedio. 

Di  piu,  il  regno  italico  e  naturalmente  rivale  della  Francia.  Basta 
guardare  alia  posizione  geografica  dei  due  paesi  e  all'  identita  del 
bisogno.  II  regno  italico  e  nullo,  senza  il  dominio  del  Mediterraneo ; 
e  d'  altra  parte,  perdendo  il  dominio  del  Mediterraneo,  e  annullata 
la  Francia.  Di  qui  un  antagonismo  ,  non  provegnente  da  volonta , 
ma  dalla  natura  stessa  delle  cose;  ed  esso  dovra  scoppiare  fu- 
riosamente,  come  primal' Italia  sara  in  grado  di  poter  affrontare 
la  potente  sua  emula,  e  il  Mediterraneo  sara  cresciuto  d'importanza 
per  1'aperta  comunicazione  coi  mari  d' Oriente.  Oggidi  la  Francia 
s  impensierisce  dell'  ingrandimento  della  Prussia.  Altro  che  Prus- 
sia sara  per  lei  la  potenza  d'  Italia,  dove  giunga  ad  assodarsi  e  di- 
latarsi,  secondo  i  gia  manifestati  disegni.  La  Prussia  potra  dare 
ombra  alia  Francia,  superarne  1'  influenza  politica,  e  il  prestigio 
guerresco ;  ma  i  suoi  interni  interessi  saranno  sempre  diversi  da 
quelli  di  lei.  Rispetto  all'  Italia  non  e  cosi.  Qui  la  rivalita  nasce 
da  ragioni  intrinseche  ad  amendue ;  e  convien  che  1'  una  cacci  1'  al- 
tra o  a  se  la  subordini,  nel  campo  precipuo  della  sua  attivita  e  po- 
tenza. Gli  Statisti  francesi  intesero  benissimo  cotesto  vero ;  e  alla- 
niente  bandirono,  per  bocca  massimamente  dell'  accortissimo  ed 
eloquentissimo  Thiers,  che  creare  il  regno  d'  Italia  era  crearsi  non 
un  allealo,  come  artatamente  buccinavasi,  ma  un  naturale  nemico. 
Sembra  inesplicabile  a  prima  fronte  come  cio,  che  ognuno  capiva, 
non  si  capisse  dai  Politici  di  quella  perspicace  nazione,  o  che  capen- 
dolo  abbiano  riputato  doverlo  porre  in  non  cale.  Ma  1'  anno  scorso, 
a  proposito  della  spedizione  romana,  e  nel  corrente  all'occasione  dei 
maneggi  per  V  alleanza  prussiana ,  han  potuto  cominciare  a  sentire 
qual  duro  incaglio  siensi  lavorato  colle  proprie  mani.  Se  tali  effetti 
sperimenta  la  Francia ,  mentre  scorge  1'  Italia  non  piu  che  cornua 
^producentem  et  ungulas,  ne  provera  ben  altri,  quando  il  yitello  sara 


14  DI  TRE  VIZII  DEL  REGNO  D'  ITALIA 

divenuto  toro,  ed  avra  bene  allungate  le  corna  ed  assodata  1'ancor 
tenera  unghia.  Ora  V  antagonismo  tra  la  Francia  e  Y  Italia  e  un  tre 
mendo  pericolo  per  la  pace  d'Europa,  il  quale  non  e  possibile  scon- 
giurare.  La  Francia  per  la  sua  postura ,  nel  cuore  del  continente 
europeo ,  per  le  sue  tradizioni  politiche  e  militari,  per  Y  indole  ma- 
gnanima  ed  entusiastica  de'  suoi  popoli ,  non  potra  mai  soffrire  in 
pace  di  cadere  dal  posto  di  prima  Polenza  del  mondo.  D'altra  parte 
Y  Italia  non  puo  sussistere  e  grandeggiar  come  regno,  se  quesla  sua 
rivale  non  venga  abbassata  e  messa  in  grado  inferiore  al  suo.  La 
contesa  tra  amendue  e  di  \ita  o  di  morte.  Ognuno  puo  immaginaro 
da  se  medesimo  quali  sconvolgimenti  e  quali  guerre  e  perdita  di  da- 
naro  e  di  sangue  dovra  costare  all'Europa  un  lal  duello,  per  poco  o 
molto  che  duri. 

Un  altro  fonte  di  nimista  tra  i  due  Stati  e  la  faccenda  di  Roma. 
II  Governo  francese  non  puo  abbandonare  Roma  all'  ingordigia  del 
regno  italico  ,  senza  tirarsi  addosso  Y  odio  e  le  maledizioni  di  tutto 
il  mondo  cattolico.  Oltre  a  cio,  egli  ferirebbe  i  suoi  sudditi  medesi- 
mi  nella  parte  piu  delicata  deiranimo,  qual  e  la  religione  e  1'onore. 
La  perdita  totale  del  poter  temporale  del  Papa,  di  questo  baluardo 
deir  indipendenza  del  Pontificato  cristiano,  sarebbe  allora  indubita- 
mente  attribuita  alia  Francia.  Essa  infatti  co'  suoi  milioni  e  col  san- 
gue de'  suoi  hmtti  soldati  procuro  le  Yittorie  ,  che  diedero  origine 
al  regno  d'  Italia  e  alle  rapine  che  da  esso  regno  ,  per  costituirsi  r 
furono  consumate.  Essa  si  studio  eziandio  di  assodarlo  colla  sua 
influenza  diplomatica ,  adoperandosi  a  farlo  riconoscere  dalle  Corti 
d'  Europa  Essa  dunque  sarebbe  giudicata  la  yera  cagione  della  per- 
dita totale  della  So\ranita  temporale  del  Papi ,  se  permettesse  che 
anche  Y  ultimo  e  meschinissimo  lembo  di  terra ,  rimasto  oggimai  al 
Pontefice,  gli  fosse  tolto.  Oltre  a  che  avendo  ella  altamente  procla- 
mato  in  faccia  al  mondo  che  cio  essa  non  soffrirebbe  giammai,  ver- 
rebbe,  in  quella  ipotesi,  a  mancare  \ilmente  e  turpemente  alia  san- 
tita  della  sua  solenne  promessa.  Qual  francese  tollererebbe  in  pace 
che  un  tal  marchio  d'infamia  si  stampasse  in  fronte  alia  sua  patria? 
E  i  cattolici  di  tutto  il  mondo  qual  giudizio  proferirebbero  ? 


CHE  NE  MIISACCIANO  LA  DURATA  15 

Ma  d'altra  parte  il  regno  italico  non  puo  rinunziare  a  Roma.  Non 
puo  rinunziarvi ,  perche  un  voto  del  Parlamento  V  ha  dichiarata  ca- 
pilale.  Non  puo  rinunziarvi,  perche  altrimenti  avrebbe  issofatto  la 
rivoluzione  in  casa,  per  parte  de'  mazziniani  che  non  si  lascerebbero 
fuggir  di  mano  una  si  propizia  occasione ,  per  altuare  gli  anarchic! 
loro  disegni.  Non  puo  in  fine  rimmziarvi;  perch6  i  celebri  plebiscite, 
che  sono  1'  unica  base  del  nuovo  regno,  apposero  espressamente  per 
condizione  del  loro  assenso,  1'  acquisto  di  Roma.  Onde  la  rinunzia  a 
Roma ,  scr oiler ebbe  senza  piu  tutto  1'  edifizio ,  gia  per  tanti  capi 
prossimo  alia  rovina.  Di  qui  nasce  che  il  regno  italico  non  puo  non 
dputare  a  se  uemica  la  Francia,  siccome  quella  che,  col  negargli  il 
possesso  di  Roma,  lo  costringe  a  vivere  continuamente  d'una  vita 
precaria  e  vacillante.  II  perche  ella  ha  interesse  a  fomentar  conti- 
nue discordie  in  Europa  per  pescare  Roma  nel  torbido,  o  porre  la 
cessione  di  lei  per  prezzo  della  sua  alleanza.  La  Francia  adunque  o 
deve  averlo  sempre  in  sospetto ,  siccome  pronto  a  far  lega  co'  suoi 
avversarii,  o  deve  comprarsene  I'amicizia  prostituendo  il  proprio 
onore  e  il  proprio  dovere, 

Di  qui  si  fa  chiaro  il  terzo  capo  di  condanna  del  regno  italico,  in 
quango  tiene  in  perpetua  angoscia  e  timore  il  Cattolicismo.  La  ra- 
gione  di  cio  e  molto  semplice.  L'  interesse  supremo  dei  cattolici, 
cioe  la  libcrta  ed  indipendenza  della  loro  coscienza,  richiede  come 
condizione  sine  qua  non  la  liberta  ed  indipendenza  del  Sommo  Pon- 
tefice,  e  quindi  la  sua  sovranita  sopra  Roma.  Ora  il  regno  italico  e 
una  perpclua  minaccia  contro  questa  sovranita.  I  cattolici  adunque, 
fmche  stainpiedi  cotesto  regno,  non  potranno  quietare  giammai,  ma 
saranno  costrelti  a  trepidar  del  continue  per  questo  che  e  il  precipuo 
Ira  i  beni  che  amano.  Anche  prescindendo  dalle  sue  pretensioni  so- 
pra Roma ,  il  regno  italico  ha  resa  durissima  la  condizion  de'cat- 
tolici.  Imperocche  strappando  al  Pontefice  quattro  quinti  del  suo 
sacro  possesso,  ha  posto  Roma  in  istalo  violento ,  sottraendole  le 
antiche  sorgenti  di  ricchezza  c  di  difesa.  Onde  i  cattolici  di  tutte  il 
mondo  sono  costretti  ad  aiutarla  di  uomini  e  di  denaro,  per  assicu- 
rarne  in  qualche  modo  1'esistenza,  e  mantenerla  nel  decoro  di  capi- 
tale  del  Caltolicismo.  Nondimeno  questo  duplice  sacrifizio,  come- 


16  DI  TRE  VIZII  DEL  REGNO  D'  ITALIA 

che  grave,  e  nullo  tuttavia  a  petto  della  trepidazione  continua  in 
che  sono  i  cattolici  di  veder  Roma,  la  citta  santa,  la  metropoli  del 
regno  di  Cristo  sulla  terra,  profanata  dalle  sacrileghe  e  nefande 
orde  della  rivoluzione  italiana.  Ne  un  tal  pericolo  puo  scongiurarsi 
altrimenti ,  che  col  dissolvimento  del  mostruoso  regno.  Concios- 
siache  dei  due  mezzi,  clie  potrebbero  servire  a  tenerlo  in  rispetto,  i 
trattati  e  la  forza,  niuno  e  possibile.  Pensare  che  il  Papa  nel  suo 
microscopico  Stato  arruoli  un  esercito  da  tener  testa  a  quello,  onde 
puo  assalirlo  un  regno  di  25  milioni  di  abitanti,  e  un  assurdo  die 
non  cade  in  menteaveruno.  Qual  vigore  poi  abbiano  in  questo  af- 
fare  i  trattati  col  regno  italico ,  ben  lo  dimostrarono  gli  avveni- 
menti  dell'  anno  scorso ,  dai  quali  Roma  usci  illesa  per  puro  pro- 
digio.  Ne  il  chiedere  da  lui  nuove  guarentigie  ha  senso  logico ; 
stanteche  quali  guarentigie  puo  dare  un  Governo  contro  cio,  che 
egli  stesso  dichiara  suo  diritto,  e  diritto  da  doversi  assolutamente 
effettuare?  Quand'anche  si  trovasse  un  Ministero  si  incoerente,  che 
si  obbligasse  con  serieta  di  proposito  a  rispettare  e  fare  rispettare 
il  presente  confine  pontificio,  basterebbe  la  sua  caduta  (cosa  fre- 
quentissima  nei  regni  Costituzionali )  per  mandare  a  monte  ogni 
assunta  obbligazione.  E  forse  impossibile  che  un  giorno  o  V  altro 
torni  al  potere  il  Rattazzi  o  qualche  altro,  simile  a  lui  nella  menzo- 
gna  e  nella  frode?  Ma  senza  cio  noi  gia  notammo  che  il  regno  ita- 
lico e  fondato  sull'ipotesi  del  possesso  di  Roma.  Se  quest'ipotesi  si 
rimuove,  il  regno  italico  crolla  da  s&  medesimo ;  giacche  crollano 
issofatto  tutti  i  plebisciti,  che  lo  fondarono.  Or  qual  contraddizione 
piu  evidente  di  questa :  yoler  che  sussista  un  regno,  e  che  insieme 
egli  stesso  rimuova  di  sotto  a  se  la  base,  sopra  cui  e  rizzato? 

E  questa  e  nuova  ragione,  per  cui  agli  stessi  veri  italiani  e  esosa 
1'unita  statuale  d'  Italia,  perch6  scorgono  in  essa  la  rovina  di  Roma 
papale.  Salvo  i  rivoluzionarii,  i  quali  non  possono  dirsi  italiani , 
perche  non  sono  di  nessuna  nazione,  ma  formano  a  se  una  nazione 
sui  generis,  tutti  i  veri  italiani  antipongono  la  gloria  del  regno  di 
Dio  ad  ogni  vampo  di  sognata  grandezza  di  regno  umano.  Essisono 
convinti  che  il  vero  pregio  d' Italia,  fonte  del  suo  vero  primato  so- 
pra tutte  le  nazioni  del  globo,  e  1'avere  nel  suo  seno  la  cattedra  del 


CHE  NE  MINACCIANO  LA  DURATA  17 

supremo  Pontificato  crisiiano,  maestra  di  verita,  di  giustizia,  di  ci- 
vilta,  a  tutti  i  popoli  della  terra.  Essi  intendono  die  il  vero  zelo  per 
Tonore  e  bene  d'ltalia  e  quello,  die  sospinge  ad  amare  ed  onorare 
questa  cattedra  sublimissima,  a  tutelarne  la  dignita ,  a  circondarla, 
il  piu  che  e  possibile,  di  splendor  e,  a  volerne  1'  indipendenza  politi- 
ca ,  condizione  indispensabilc  perche  sia  libera  ed  autorevole  e  ve- 
nerata  tra  gli  uomini.  A  questo  supremo  scopo  essi  subordinano  ogni 
altro  interesse  d'  inferiore  importanza.  Quindi  non  possono  non  ab- 
borrire  il  presente  or  dine ,  o  meglio  disordine,  d'  Italia*,  stabilito 
sopra  base,  del  tutto  contraria  a  quello  scopo.  II  che,  congiunto  al- 
I'abborrimeno,  ingenerato  in  essi  dalla  colluvie  di  mali  morali  e  fi- 
sici,  onde,  come  dimostrammo  phi  sopra,  il  regno  italico  e  funesta 
sorgente ;  costituisce  quell'  odio  immense  che  i  veri  italiani  gli  por- 
tano  cordialmente.  Essi  dunque  nulla  vedrebbero  piu  lietamente, 
die  il  presto  rovesciarsi  e  sciogliersi  di  questa  macchina  assurda  e 
mostruosa ,  gia  logora  e  sdrucita ,  prima  ancora  d'  esser  giunta  a 
condizione  di  compatta  e  stabile  costruttura. 

Nella  Rwista  del  mondo  cattolico  di  Parigi  leggemmo,  non  ha 
guari,  un  articolo,  scritto  da  una  valente  penna  siciliana,  la  quale 
dopo  aver  enumerali  i  danni  patiti  da  quell'Isola,  sotto  la  sferza  ri- 
Toluzionaria,  cosi  conchiude:  «  Non  e  Y  Italia  die  si  eleva  contro 
Pio  IX;  e  il  Governo  rivoluzionavio  di  Firenze  che  e  nemico  di 
Pio  IX  e  dell'  Italia.  II  Papa  e  la  gran  maggioranza  degli  Italiani, 
ecco  le  due  \ittime  d'una  medesima  oppressione.  Non  m' accurate  di 
esagerare  la  condizione  presente  della  mia  patria.  Dio  m'  e  testimo- 
Bio  che  io  dico  la  verita,  e  che  scrivo  senz'  odio  e  senza  passio- 
ne.  La  stampa  venduta  agl'interessi  della  setta,  ha  fin  qui  impe- 
dito  che  si  sapesse  in  Europa  la  verila,  tutta  intera.  Ma  gli  abitanti 
del  regno  di  Napoli  con  i  loro  tredici  paesi  bruciati  e  le  loro  cifre 
spaventevoli  di  70,000  vittime  passate  per  le  armi,  e  di  50,000 
svenlurati  imprigionati  o  esiliati ;  i  Sicilian!  insultati  nella  Camera 
dei  Deputati  col  nome  di  selvaggi  e  di  barbariM  generale  Govone, 
calunniati  dal  generale  Cadorna  in  una  relazione  officiale,  perche 
non  si  son  rassegnati  a  morir  di  fame,  o  perche  si  sollevano  contro 
il  giogo  rivoluzionario,  contro  la  coscrizione  eseguita  col  mezzo  di 
Serie  VII,  vol.  IV,  fasc.  445.  2  19  Settembre  1868. 


18  DI  TRE  VIZII  DEL  REGNO  D'  ITALIA  ECC. 

incendii  e  di  torture,  contro  un  dispotismo  che  ci  abbevera  di  scia- 
gure;  i  Roman!  pubblicamente  oltraggiati  e  chiamati  vili  e  poltroni, 
perche  ricusano  di  farsi  felloni  al  piu  dolce  dei  Principi,  si  tutti  noi 
siam  presti  a  sinentire  coteste  penne  vendute  e  mendaci. 

«  Ah  ,  siate  certi ,  che  tutta  1'  Italia  scolerebbe  issofatto  il  peso 
intollerabile  della  dominazione  piemontese,  se  una  bandiera  potente 
coprisse  della  sua  protezione  i  nostri  sforzi.  0  avete  TO!  obbliato  il 
Granduca  di  Toscana,  esule  in  Gaeta  nel  49  e  richiamato  dal  suo  po- 
polo,  e  la  sua  capitale  risonante,  nel -12  Aprile  di  quel  medesimo  an- 
no, del  grido:  Viva  Leopoldo,  Abbasso  Guerrazzi;  II  Granduca 
come  prima?  Non  vi  rammentate  voi  la  virtuosa  Duchessa^di  Par- 
ma, che  richiamata  dalle  truppe  fedeli,  rientrava  ne'suoi  dominii  il 
4  Maggio  1849,  in  mezzo  ad  applausi  inenarrabili  e  alle  ovazioni 
militari  o  popolari?  Ecco  cio  che  aweniva  allora.  Ma  al  giorno  di 
oggi  noi  abbiamo  tanto  piu  sofferto.  Noi  abbiam  veduto  le  chiese 
profanate,  strappate  al  culto  divino  e  occupate  dalla  forza:  HO!  ab- 
biam veduto  le  sacre  immagini ,  che  ornavano  le  nostre  strade ,  le- 
vate  via  e  distrutte;  noi  siamo  stati  testimonii  della  persecuzion  re- 
ligiosa  ed  abbiam  veduto  compiersi  in  ess  a  questa  gran  legge,  che 
presiede  all'istoria  della  famiglia  umana:  lustitia  elevatgenlem,  mi- 
seros  autem  facit  populos  peccatum.  Si,  tal  e  la  nostra  condizione 
presente.  Immaginatevi  adunque  se  come  italiani  e  come  cattolici 
non  desideriamo  di  fmirla  1.  »  E  questa  la  voce  della  Sicilia,  ed 
essa  e  V  eco  fedele  di  tutte  le  altre  parti  della  vera  Italia.  Tutte  og- 
gimai  sono  stanche  della  lunga  agonia ,  ed  alto  innalzano  il  grido : 
e  tempo  omai  che  cessi  1'  iniqua  tirannide  e  torni  a  fiorire  in  Italia 
la  giustizia  e  la  pace. 


1  ftevue  du  Monde  catholique,  25  Aout  1868,  pag.  494. 


IL  CODICE  VATICANO 

BELLA  BIBBIA  GBECA 
E  LA  SUA  EDIZIONE 


La  tipografia  della  Propaganda,  commessa  da  piu  di  tre  anni  alle 
cure  del  cav.  Pietro  Marietti ,  ha  cominciato ,  sotto  gli  auspicii  del- 
1'augusto  Pio  IX,  a  pubblicare  tutto  il  Codice  della  Bibbia  greca,  il 
quale  e  1'  ornamento  sommo  della  Biblioteca  Yaticana.  Nel  mese  di 
Luglio  prossimamente  scorso  ha  dato  alia  luce  un  Volume  in  foglio, 
ove  si  contiene  il  nuovo  Testamenlo ;  e  di  mano  in  mano  pubblichera 
gli  altri  quattro  volumi ,  i  quali  conterranno  il  Testamento  antico. 

II  volume  or  a  pubblicato,  di  pag.  302,  ha  per  tltolo :  Tomus  V 
complectens  Novum  Testamentum,  editus  anno  MDCCCLXV1I1 ; 
e  tutta  T  opera  e  intitolata :  Bibliorum  sacrorum  graecus  Codex 
Vaticanus,  auspice  Pio  IX  Pontifice  Maximo,  collatis  studiis  Caroli 
Vercellone  sodalis  Barnabitae  et  losephi  Cozza  monachi  Basiliani 
editus,  typis  et  impensis  S.  Congregationis  de  Propaganda  Fide, 
cur  ante  eq.  Petro  Marietti  Socio  Admin, 

Quesla  nobilissima  edizione  c'  invita  a  dar  qualche  cenno  del  Co- 
dice  medesimo,  e  dell'  altra  edizione,  fattane,  alcuni  anni  sono,  per 
cura  del  celebre  cardinale  Angelo  Mai.  Dopo  queste  notizie  passe- 
remo  a  descrivere  il  volume ,  recentemente  pubblicato ;  ed  i  letiori 
vedranno ,  che  esso  e  un  nuovo  litolo  di  gloria ,  aggiunto  agli  altri 
moltissimi ,  pei  quali  rimarra  sempre  illustre  il  nome  del  regnante 
Pontefice. 

II  Codice  Yaticano  della  Bibbia  greca  7  a  giudizio  degli  eruditi , 
avanza,  in  antichita  ed  in  pregio,  tutti  gli  altri  codici,  che  si  con- 


20  IL  CODICE  VATICANO  BELLA  BIBBIA  GRECA 

servano,  delle  divine  Scritture.  Fu  scritto  in  Alessandria  di  Egitto 
nel  IV  secolo  della  Chiesa ,  e  venne  destinato  all'uso  pubblico  della 
sacra  Lilurgia.  Secondo  le  probabilissime  congelture  del  ch.  Bar- 
nabita  Carlo  Yercellone,  e  uno  di  que'  volumi,  che  Costantino  il  gran- 
de,  con  reale  munificenza,  fece  copiare  in  Alessandria  sopra  elelte 
membrane  da  peritissimi  calligrafi ,  e  regalonne  le  principal!  chiese 
deH'oriente. 

La  scrittura  somiglia  a  quella,  che  osservasi  nei  papiri  di  Erco- 
lano.  Allo  stesso  modo,  che  in  quesli  papiri,  tutte  le  leitere  sono 
unciali  o  maiuscole,  tutte  di  nitidissima  forma  e  d'  uguale  grandez- 
za;  se  per 6  si  eccettuino  quelle,  che  stanno  alia  fine  dei  versi.  Allor- 
che  T  amanuense  voile  ivi  terminare  la  parola  o  la  sillaba  incomin- 
eiata,  si  vide  costretto,  per  1'angustia  dello  spazio,  ad  impiccolire 
le  lettere  ultime.  Non  vi  ha  niuna  distinzione  di  parole;  fuor  sola- 
mente  quando ,  compiuta  una  materia,  il  discorso  passa  a  nuovi  ar- 
gomenti.  In  simili  casi  resta  vuoto  lo  spazio  or  di  una  mezza  lettera 
ed  ora  di  una  lettera  intera.  Pochissime  sono  le  voci  abbreviate  o 
scritte  in  compendio.  Gli  accenti  e  gli  spirili,  i  quali  oggi  vi  si  tro- 
vano,  furono  posti  non  gia  dal  primo  amanuense,  ma  da  mano  as- 
sai  piu  recente.  Senonche  il  nostro  Codice  vince  di  molto  i  papiri 
ercolanesi  nella  eleganza,  nella  purezza  e  nella  semplicita  dei  ca- 
ratteri. 

Le  carte  sono  di  pelle  di  antilopa,  animate  di  genere  intermedio 
tra  i  cervi  e  le  capre,  il  quale  abbonda  neir  Egitto  e  nella  Libia. 
Queste  pelli  sono  sottilissime,  lucide  e  preparate  con  isquisita  per- 
fezione.  L' intera  pelle  dell'animale  forma,  come  sembra,  due  fogli 
del  Codice.  Ogni  pagina  e  di  figura  quadrata,  e  contiene  tre  colon- 
lie  ,  alcune  delle  quali  hanno  quarantadue  righi,  ed  altre  qualche 
rigo  di  piu.  Allorche  dunque  si  apre  il  libro,  si  presenta  allo  sguar- 
do  un  foglio  intero  di  sei  colonne.  Cio  mostra  che  la  scrittura  e  del 
tempo,  nel  quale  dall'  uso  dei  rotoli,  detti  propriamente  volumi ,  si 
passo  a  quello  dei  codici. 

Frattanto,  cio  che  e  comune  a  tutt'  i  codici  e  massime  a  quelli 
della  famiglia  alessandrina,  accaddero  non  pochi  sbagli  nel  Codice 
Vaticano,  il  quale  appartiene  a  tal  famiglia.  Alteration*  di  sillabe 


E  LA  SUA  EDIZIONE  21 

«  di  parole;  e,  do\7e  nel  sacro  testo  una  stessa  voce  e  ripetuta  a 
torevi  intervalli ,  le  altre  parole  inlermedie  di  quando  in  quando  o 
tairono  copiate  due  volte  o  furono  omesse.  Le  omissioni  occorsero 
in  assai  maggior  uumero,  die  le  ripetizioni  inuiili ;  lie  solamente 
fairono  di  semplici  parole,  ma  altresi  di  versetti  e  di  period!  inter!. 
Pero  questi  error i,  tulti  commessi  dal  primo  amanuense,  vennero 
Uno  dal  principio  emendat!  da  altra  mano ;  e  le  correzioni  furono 
ora  interlineate  ed  ora  poste  nel  margine.  Oltre  a  cio,  coll'andare 
dei  secoli ,  il  primo  inchiostro  svanendo  quasi  del  lutto,  fu  tulto  il 
Codice  con  maravigliosa  diligenza  ritoccaio  una  prima  volta  da  una 
seconda  mano.  Ed  il  simile  si  ripete  una  seconda  volta,  passati  al- 
cimi  allri  secoli,  per  simile  ragione. 

Se  tali  vicende  non  tolgono  punto  1'  autorita  somma  ed  il  pregio  del 
nostro  volume,  pero  fanno  si  che  la  sua  lettura  non  sia  sempre  cos! 
spedita,  come  forse  altri  pensa.  Chi  si  melte  a  questa  prova,  facil- 
rnente  si  persuade,  che  non  se  ne  puo  venire  a  capo,  senza  una  pe- 
rizia  non  volgare  di  paleografia,  senza  un  occhio  esercitatissimo  nella 
urvestigazione  delle  antiche  scritture,  e  senza  1'aiuto  di  quella  nobi- 
lissima  parte  degli  studii  biblici ,  la  quale  si  attiene  streltamente 
alia  critica  verbale. 

Terniiniamo  quesle  brevi  notizie  con  dire,  che  il  Codice  Yaticano 
comprende  1'uno  e  1'allro  Testamerito.  E  pero  mutilato  in  maniera 
considerable  nel  principio ,  nel  mezzo  e  nel  fine ;  e  leggermente  in 
altri  luoghi.  Nel  principio  mancano  i  prim!  quarantacinque  capi  del 
Genesi,  e  i  primi  ventisette  versi  del  capo  quarantesimosesto.  Nel 
mezzo  vi  e  una  interruzione,  dal  verso  27  del  Salmo  CV  fmo  al  ver- 
so 6  del  Salmo  CXXXVII.  Nel  fine  ando  perduta  la  seconda  mela 
del  capo  nono  ed  i  seguenti  quattro  capi  dell  a  lettera  agli  Ebrei ,  le 
due  letlere  a  Timoteo ,  quella  a  Tito  e  quella  a  Filemone ,  ed  anche 
latto  intero  il  libro  dell' Apocalissc.  Le  quali  lacune  si  veggono  in 
gran  parle  supplite,  con  caratteri  volgari,  da  una  mano  anche  antica, 
nia  pero  di  molto  posteriore  al  IV  secolo. 

Questo  Codice,  stante  la  sua  autorit&,  fu  consultato  in  ogni  tempo 
<5on  incredibile  ardore  dagli  eruditi,  intesi  a  raccogliere  ed  a  con- 
frontare  le  varie  lezioni  della  sacra  Scrittura,  e  soprattutto  quelle  del 


22  IL  CODICE  VATICANO  BELLA  BIBBIA  GRFCA 

nuovo  Testamento.  Si  comincio  quindi  ad  accendere  ne'  clolti  il  desi- 
derio,  che  tutto  intero  si  pubblicasse  colla  stampa.  Intanto  di  mano 
in  mano  dalle  piu  insigni  biblioteche  di  Europa  venivano  alia  luce  I 
codiei  piu  pregevoli  della  Bibbia  greca ;  per  lo  che  divenne  fmal- 
mente  somma  la  braraa  di  possedere  anche  quello,  il  quale  sta  sopra 
a  tutti  gli  altri  per  1'  antichita  e  per  la  rinomanza. 

II  cardinale  Angelo  Mai ,  uomo  a  niuno  inferiore  in  questo  gene- 
re  di  studii ,  ebbe  ordine  dal  Papa  Leone  XII  di  soddlsfare  al  co- 
mune  desiderio ;  e  tosto  si  accinse  alia  difficilissima  impresa.  Ei  fu 
confortato  ed  aiutato  a  mandarla  a  fine  da  Pio  VIII,  da  Grego- 
rio  XVI  e-  dal  regnante  Pontefice  Pio  IX. 

La  stampa  da  lui  incominciata  nel  1828  era  tutta  compiuta  nelF  an- 
no 1838,  in  cinque  grandi  volumi  in  quarto;  de'  quali  quattro  conte- 
nevano  tutto  1'antico  Testamento,  e  1' ultimo  tutto  il  nuovo.  Pero  il 
dotto  Porporato  non  seppe  indursi  a  darli  alia  pubblica  luce,  se 
prima  non  avesse  diligentemente  riveduto  e  di  nuovo  confrontato  col 
Codice,  ad  uno  ad  uno,  tutt'i  fogli.  Duro  in  questo  lavoro  altri  sedi- 
ci  anni ,  scoprendo  errori  in  tanto  numero ,  che  giudico  doversi  ri- 
stampare  non  pochi  fogli.  Ma  ne  aveva  consegnato  allo  stampatore 
soltanto  uno  o  due,  quando  cesso  di  vivere  nel  1854. 

II  ch.  P.  Carlo  Vercellone  ebbe  1'  incarico  di  dare  termine  alle 
dette  correzioni,  e  di  porre  finalmente  in  luce  i  volumi,  gia  da  tanti 
anni  stampati.  Cio  ei  fece  qui  in  Roma  nel  1857.  Bene  intendeva 
egli,  che,  dopo  tante  cure,  ne  sarebbero  state  ntilmente  impiegate 
altre  a  meglio  emendare  quelle  stampe ;  e'd  in  effetto  alle  correzioni 
del  Mai  egli  ne  aggiunse  molte  sue.  Ma  pure  slimo  savissimamente, 
che,  troncati  omai  gl'indugi,  doveva  V  opera  uscire  alia  luce,  comun- 
que  fosse  imperfetta.  c<  Trascorsi,  cosi  egli  scrisse  nel  1859,  dieci, 
quindici,  venti  anni,  senza  che  nulla  comparisse  al  pubblico,  e  incre- 
dibile  quali  e  quante  calunnie  da  ogni  parte  prorompessero  contro 
Roma  1.  »  E  nel  1866,  ritornando  sullo  stesso  argomento,  egli 
giustifico  la  sua  determinazione  in  questi  termini.  «  Erano  scorsi 

1  Deirantichlssimo  Codice  Vaticano  della  Bibbia  greca,  Dissertazione  letta 
alia  pontificia  Accadeiiiia  cli  Archeologla,  il  14  Luglio  1859  dal  P.  D.  Carlo 
Verceflone  Barnabita, 


E  LA  SUA  EDIZIONE  23 

quasi  venti  anni,  da  die  la  stampa  era  fatta,  e  i  dolli  di  tutto  il  mon- 
do,  die  ne  aveano  ayuto  nolizia,  non  potevano  comprendere  come 
un' opera,  cosi  avidamente  desiderata,  ancora  trovasse  ostacoli.  lo 
giudicai  necessario  troncare  i  loro  sospetti,  persuaso  che  il  vestante 
poteva  farsi  in  seguito  con  bell' agio  1.  »  Queste  medesime  ragioni 
egli  aveva  esposte  lino  dal  1857  ,  nella  prefazione  colla  quale  pub- 
blico  i  cinque  volumi  del  Mai.  Fino  d'allora  egli  avea  scritto:  Reli- 
qua  vero  quae  super erunt  eruditis  castiyanda  permittimus;  immo 
ul  sumtna  ay.p$sC«  castigentur  optamus. 

I  fatti  accenriali  succederono  coll'ordine  segaente.  II  cardinal  Mai 
mori  il  9  Setlembre  del  1854,  e  fino  a  quel  punto  la  s«.a  stampa 
non  era  stata  veduta  da  niuno.  II  rev.  P.  Vercellone  la  vide  la  pri- 
ma  volta,  dopo  incoininciato  il  1857;  cioe  passati  piu  di  due  anni 
dalla  raorle  del  Cardinale.  Agli  8  di  Maggio  dello  stesso  anno  1857 
egli  ebbe  notizi»,  che  era  egli  incaricato  a  mandare  quell'  opera  a 
compimento.  Ai  28  del  Giugno  seguente,  cioe  dopo  cinquanta  soli 
giorni,  egli  aveva  eseguito  quaiito  era  necessario  per  la  edizione  dei 
cinque  volumi,  la  quale  fu  compita  in  quel  medesimo  anno  1857. 
Mollo  egli  fece  in  pocMssimo  tempo ;  e  voile  lasciar  di  fare  quel  piu 
che  poteva,  perche  giudico  con  tutta  ragione,  che  il  meglio  da  farsi 
era,  come  abbiamo  avvertito,  troncare  ogn'  indugio. 

Lo  stesso  cardinal  Mai,  quando  ebbe  stampato,  come  si  e  detto, 
in  cinque  grandi  to  mi  in  quarto,  il  vecchio  ed  il  nuovo  Testamento, 
secondo  il  Codice  Yaticano,  comincio  a  prepararne  una  seconda 
stampa  a  caratteri  minutissimi,  in  un  solo  volume  in  ottavo.  Ma 
allora  che  mori,  egli  aveva  compiuto  di  questa  seconda  edizione  il 
solo  nuovo  Testamento.  Fu  questo  pubblicato  in  Roma  nel  1859  dal 
sig.  Giuseppe  Spithover,  il  quale  con  ripetute  istanze  ottenne  dal 
rev.  P.  Vercellone  che  scrivesse  una  breve  prefazione,  e  stampol- 
la  innanzi  al  volume. 

Or  nientre  il  Cardinale  preparava  quella  seconda  edizione,  Tan- 
dava  un'altra  volta  riscontrando  col  Codice ;  e  quindi  il  nuovo  Te- 

1  I'lteriori  studii  sul  nuovo  Testamento  deiranticbissimo  Codice  Vatica- 
no,  Dissertazione  letta  dal  P. D.Carlo  Vercellone Barnabita,  alia pontificia  Ac- 
cademia  deirimmacolata  Concezione  di  Maria  Vergine,  sezione  di  erudizione 
sacra,  il  6  Giugno  1866. 


24  IL  CODICE  VATICANO  BELLA  BIBBIA  GRECA 

stamento,  di  cui  parliamo,  gli  riusci  piu  corrello,  che  non  eraque!- 
lo  della  prima  edizione.  Contuttocio  vi  caddero  non  pochi  error!, 
awertiti  dal  ch.  Yercellone  ed  enumerati  nella  disserlazione ,  che 
egli  lesse  e  pubblico  in  Roma  nel  1866  ,  la  quale  ha  per  titolo: 
f<  Ulteriori  studii  sul  nuovo  Testamento  greco  dell' antichissimo  Ca- 
dice  Vaticano.  »  II  dotto  Barnabita  nel  1859  aveva  lasciato,  che  il 
sig.  Spithover  desse  alia  luce  questo  volume,  quale  allora  si  trovava, 
per  le  ragioni  che  egli  stesso  apporta  nella  mentovata  dissertazione. 
«  In  quel  tempo,  cosi  egli  dice,  io  era  troppo  distralto  in  allri  slu- 
dii,  ne  poteva  occuparmi  maggiormenle  di  quella  edizione,  ne  ve- 
deva  sufficiente  ragione  di  doverlo  fare :  poiche  era  sempre  nelia 
persuasione,  che  non  il  solo  nuovo  Testamento,  ma  tutto  il  Codico 
sarebbe  stato  quanlo  prima ,  come  era  conveniente,  riveduto  con 
maggiore  accuratezza  e  diligenza,  da  uomini  ben  piu  capaci  e  inlel- 
ligenti,  ch'io  non  sono.  » 

Dalle  schede,  lasciate  dal  Mai,  e  molto  piu  dagli  stessi  volumi  y 
pubblicati  dopo  la  sua  morte,  apparisce  che  egli  non  ebbe  in  animo 
di  dare  semplicemente  una  stampa  del  Codice  Yaticano ;  ma  piut- 
tosto  una  compiuta  edizione  dell'  intera  Bibbia  greca  ,  seguitando  r 
lutte  le  volte  che  si  poteva,  il  prezioso  manoscrillo.  Egli  dunque 
non  si  contento  di  rappresentare,  il  meglio  che  gli  riusci,  il  detto 
Codice ;  ma  altresi  pose  grandissima  cura  nel  riempire  tutte  le  la- 
cune,  che  in  esso  si  trovano ;  raccogliendo  da  altri  codici  non  pure 
quelle  parti ,  che  sono  perdute  ,  ma  ancora  tutti  que'  tratti  o  libri,  \ 
quali  furono  omessi  dal  primo  amanuense  ,  o  per  sua  negligenza,  o 
perche  mancavano  nell'originale,  di  cui  si  serviva. 

Di  qui  era  facile  Intendere ,  perche  un  cosi  arduo  ed  ampio  lavo- 
ro  costo  a  quel  doltissimo  personaggio  tanti  anni,  e  perche  fu  lascia- 
to da  lui ,  dopo  tanti  studii,  in  qualche  parte  imperfetlo.  E  quindir 
allorche  i  suoi  -volumi  videro  la  luce ,  se  incontrarono  le  censure 
di  qualche  zoilo,  tali  censure  vennero  generalmente  condannatc  co- 
me ingiuste.  I  cinque  grandi  volumi  di  tulta  la  Bibbia  furono  salu- 
tati  cogli  applausi  ditutta  1'Europa.  II  volume  del  nuovo  Testamento, 
qual  era  stato  pubblicato  in  Roma,  fu  tosto  ristampato  in  Londra,  in 
Lipsia,  in  Leida,  in  Amburgo  edinBerlino.  II  ch.  Tischendorf,  as- 
sicurava  qui  in  Roma  nel  1866,  che  facendosi  una  edizione  del  Cor- 


E  LA  SUA  EDIZIONE  25 

dice  Yaticano,  con  quella  diligenza  con  cui  egli  aveva  fatta  la  edi- 
2ione  del  Codice  Sinaitico  ,  1' opera  del  Mai  non  solo  non  perderebbe 
M  suo  valore ,  ma  otterrebbe  piuttosto  quella  fede  e  quell'  autorita 
€he  alcuni  le  negano. 

Kcstava  intanto,  dopo  cio,  a  contentare  in  miglior  maniera  la 
brama  de'  dotti ,  d'  avere  fra  le  mani  il  tesoro  di  questo  Codice, 
stampato  fedelmente  e.semplicemcnte,  quale  fu  scrilto  ed  emendato 
id  suo  pdncipio.  Ad  appagare  un  tale  desiderio  rivolse  V  animo, 
con  somma  gloria  del  suo  Ponteficato,  1'augusto  Pio  IX. 

L'  eletto  a  questa  impresa  fu  il  ch.  P.  Carlo  Yercellone  ,  che  ab- 
biamo  nominate  di  sopra;  il  quale  voile  avere  a  compagno  il  rev. 
P.  Giuseppe  Cozza,  monaco  di  Grottaferrata.  Amendue  italiani, 
amendue  forniti  di  virtu ,  alta  a  reggere  felicemente  il  peso  loro 
ianposto.  I  nostri  lettori  ci  sapranno  grado  del  riferire,  che  qui  fac- 
clamo ,  cio  che  Mons.  A.  Giovannini  ha  scrilto  a  questo.  proposito 
nel  fascicolo  51-52  MV  Archivio  dell'  Ecclesiastico,  pubblicato  nel 
Marzo-Aprile  del  corrente  anno  1868.  Egli  in  un  dotto  articolo, 
confuta  alcune  censure  contro  T  edizione  dello  stesso  volume,  del 
quale  ora  parliamo,  inserite  nella  Gazzelta  di  Asburgo  Allgemeine 
Zeitung,  N.  36,  5  Febbraio  1868,  pag.  530-31.  La  principale  di 
queste  censure  e :  Che  Tincarico  di  stampare  il  Codice  Yaticano  non ' 
venne  dalo  al  dottor  Tischendorf,  ma  ad  italiani  meno  capaci  di  lui. 
Mons.  Giovannini  risponde  a  cio  in  questa  forma  : 

«  11  ch.  P.  Yercellone,  consumato  da  lunghi  anni  nella  critica  bi- 
blica,  nell'esame  comparalivo  dei  codici  e  delle  anliche  edizioni, 
uello  studio  di  lutti  i  lavori,  che  fmo  ai  nostri  giorni  sono  stati  fatti 
sulla  Bibbia,  emulando  le  opere  colossali  deirHolmes  e  del  Parsons 
intorno  alia  versione  alessandrina,  e  di  Gianbernardo  De-Rossi  intor- 
EO  al  testo  ebraico,  nel  1860  pubblico  in  Roma  il  primo  volume  delle 
sue  Variae  lectiones  Vulgatae  Bibliorum  editionis,  il  quale  raccolse 
gli  appkiisi  di  tutta  Europa,  non  soltanto  per  1'incredibile  copia  di 
€rudizione  e  per  il  criterio  con  cui  conduceva  quel  lavoro,  quanto 
anche  per  la  singolare  precisione  nel  riprodurre  gli  antichi  documen- 
U1  sui  quali  non  cesso  mai  di  esercitarsi.  Nel  1864  usci  di  quest'ope- 
r-a  un  secondo  volume,  e  confermo  pienamente  il  favorevole  giudizio 
che  i  dolti  aveano  con  applauso  grande  conceduto  al  primo. 


26  IL  CODICE  VATICANO  BELLA  BIBBIA  GRECA 

«  Da  piu  di  venti  anni  il  P.  Yercellone  si  trova  immerso  nell'esame 
del  codici  e  nella  critica  biblica,  la  quale  certo  non  si  limita  ai  codi- 
ci, ma  abbraccia  tutto  quell' apparato  di  cognizioni,  quale  appunto  il 
P.  Vercellone  dispiega  nei  prolegomeni  a  quella  sua  opera  delle  varie 
lezioni  della  Yolgata.  Onde  non  e  necessario  aggiungere  die  egli  non 
si  limito  ai  soli  antichi  codici  latini,  ai  lavori  del  Sabatier,  allo  stu- 
dio dei  Padri  e  scrittori  htini,  ma  che  dovette  prendere  in  esame  i 
lavori  critic!  sulla  versione  alessandrina,  e  i  codici  che  di  questa 
versione  poteva  avere  facilmente  fra  mano7  quale  appunto  fu  il  Go- 
dice  Vaticano ;  che  dovette  stare  al  giorno'di  tuite  le  molte  pubblica- 
2ioiii,  che  si  facevano  sulla  versione  essaplare  siriaca  e  sopra  i  testi. 

«  Chi  potra  porre  in  sospetto  che,  se  il  P.  Yercellone  riusci  cosi 
bene  in  un  lavoro  nuovo  nel  suo  genere,  di  tanta  mole  e  di  spaven- 
tosa  erudizione,  in  cui  si  richiedeva  una  minutezza  di  ricerche  e  di 
confronti,  da  essere  stato  meritamente  stimato  quasi  incredibile,  che 
la  vita  di  un  uomo  possa  bastare  a  tanto;  chi  potra  sospettare  che  il 
ch.  P.  Yercellone  non  sia  uomo  consumato  nella  critica  biblica?  Chi 
potra  sospettare,  che  egli  non  sia  quanto  altri  mai  penetrato  dalla  per- 
suasione  di  quanta  accuratezza  e  scrupolosita  debba  essere  adorna 
una  riproduzione  di  un  Codice  si  interessante,  da  servire  alle  minute 
esigenze  della  critica? 

cr  Forse  si  dira  che,  quantunque  il  P.  Yercellone  sia  versatissimo 
nella  critica  biblica,  pure  trattandosi  della  stampa  a  fac-simile  del 
piu  antico  codice  greco  della  Bibbia,  egli  non  e  tanto  esperlo  in 
questo,  quanto  il  ch.  Tischendorf,  che  su  questi  codici  greci  fece  la 
sua  miglior  prova.  Crediamo  che  in  quanto  al  Codice  Vaticano  il 
P.  Yercellone  non  sia  punto  da  rneno  del  Tischendorf :  imperciocche 
questo  Codice  non  viene  ora  per  la  prima  volta  a  mano  del  ch.  edito- 
re,  ma  da  lungo  tempo  egli  lo  ha  trattato  con  singolarissima  cura;  su 
questo  ha  riscontrato  e  giudicato  le  lezioni,  che  a  volla  a  volta  dagli 
eruditi  erano  poste  in  questione  ed  in  s-ospetto,  e  da  molto  tempo  ha 
mostrato  di  conoscerlo  perfettamente.  Infatti,  senza  dir  nulla  del  fre- 
quente  ricorrere  che  ha  fatto  a  questo  Codice,  per  compilare  le  sue 
varie  lezioni  della  Yolgata,  sin  daH'anno  1857  egli  fu  incaricato  di 
rivedere  e  pubblicare  la  gia  preparata  edizione  di  questo  Codice,  se- 
condoche  avea  ideato  ed  eseguito  il  dottissimo  Mai.  Or  bene,  pren- 


E  LA  SUA  EDIZIONE  27 

dendo  egli  con  premura  e  anche  in  fretta  a  rivedere  le  stampe,  pre- 
parate  dal  Mai  sul  Codice  Yalicano ,  si  dimostro  bene  quel  sommo 
critico  che  egli  era;  poiche  s'accorse  subilo  clie  la  edizione  del  Mai 
non  poteva  bastare  a  uno  studio  critico  del  Codice  Yaticano ,  giusto 
appunto  perche  non  lo  rappresentava  con  quella  scrupolosita,  che  si 
richiedeva,  anche  in  una  edizione  a  caratteri  comuni.  Purnondimeno 
\ide  che  1' edizione  del  Mai  era  utilissima  alia  critica  biblica,  e  prese 
a  purgarla  dai  maggiori  difelti,  che  essa  conteneva;  non  pretese  pero 
mai  d'avernc  fatta  una  tale  collazione  ed  emendazione  da  rappresen- 
tare  a  punlino  il  Codice  Yaticano. 

«  Questo  suo  profondo  sentire,  che  per  se  solo  basterebbe  a  farci 
sicuri  di  quanta  critica  abilita  sia  foinito  il  dottissinio  Barnabita,  ce 
lo  indica  e  nella  prefazione  posta  in  fronte  al  primo  tomo  della  edi- 
zione della  Bibbia  greca  del  Mai  (1857),  e  piu  csplicilamente  in  una 
erudita  dissertazione,  che  e  la  sesta  della  sua  raccolta  di  dissertazioni 
accademiche  ,  intitolata :  Dell'  antichissimo  Codice  Vaticano  della 
Bibbia  greca,  e  da  esso  letta  il  14  Luglio  1 859  alia  pontificia  Accade- 
mia  di  Arciieologia.  Nella  quale,  oltre  a  spiegare  quanta  cognizione 
di  critica  biblica  egli  portasse  nello  studio  del  Codice  Yaticano,  espri- 
me  solennemente  quel  yoto ,  che  il  corrispondente  di  Ausburgo  ci 
vorrebbe  far  credere  essere  stato  tutto  proprio  del  ch.  Tischendorf. 
«  Ho  delto  (cosi  egli  conclude  la  sua  dissertazione)  ho  detto  che  il 
lavoro  del  ca.rdinale  Mai  non  e  perfetto,  e  che  in  alcune  parti  il  Co- 
dice  Yaticauo  pu6  essere  rappresentato  con  piu  esattezza;  aggiungo 
anzi  essere  al  tutto  desiderabile,  che  cio  sia  fatto  quanto  prima,  affin- 
che  sia  tolta  agli  studiosi  ogni  ragione  di  esitare,  anche  sopra  le  mi- 
ninie  yarieta  ortografiche  e  grammatical!;  e  tengo  per  c^rto  che 
questa,  come  qualunque  altra  egregia  impresa,  verra  secondata  e 
favorita  dalla  Santa  Sede. »  E  nell'anno  medesimo  1859,  pubblicando 
dietro  uuove  cure  Taltra  edizione  maiana  del  solo  nuovo  Testamen- 
to,  non  cessa  dairavyertire,  pag.  1Y:  Quamquam  vero. . .  hums  edi- 
tionis  usum  pro  re  criltca  hand  minimum  fore  censeamus,  lonye  ta- 
men  absumus  ab  illorum  opinione,  qui  maianas  editiones  ita  nume- 
ris  omnibus  absolutas  perfectasque  esse  adfirmant,  ut  nil  aliud  re- 
quirendum  vel  explendum  hac  in  re  siipersit. 


28  IL  CODICE  VATICANO  BELLA  BIBBIA  GRECA 

«  Non  diro  nulla  dei  nuovi  studii,  fatti  sul  Codice  nel  1866  in  com- 
pagnia  del  Tischendorf ,  e  pubblicati  nella  dissertazione  gia  citata: 
Deglt  ulteriori  studii  del  Codice  Vaticano ;  non  diro  delle  altre  dis- 
sertazioni  di  critica  biblica  lodatissime,  fra  le  quali  1' ultima,  che  in 
questo  stesso  fascicolo  si  riproduce  1 ,  mostra  abbastanza  bene  di 
quanlo  criterio  ed  erudizione  egli  sia  corredato,  a  giudizio  anche  di 
tedeschi,  chc  gliene  porsero  lodi  nella  Rivista  di  Bonn  Theokgiscke* 
Literaturblatt,  N.  7,  1868.  Dunque  questo  Codice  Yaticano,  avanti 
8  incominciasse  1'edizione  a  fac-simile,  era  cosi  familiare  al  dolto 
critico  italiano  da  conoscerne  bene  le  particolarita  tutte,  e  da  saperne 
anche  giustamente  apprezzare  le  difficolta:  dunque  il  ch.  P.  Yereel- 
lone  da  se  solo  presenta  tali  titoli,  da  fare  a  chiunque  non  sia  pre- 
giudicato  supporre,  che  egli  sa  e  vuole  dare  del  Codice  Yaticano  una 
edizione,  che  lo  rappresenti  scrupolosamente,  secondoche  richiede  la 
minutezza  della  critica  biblica. 

«  Ma  il  dotto  italiano  valutava  tanlo  questa  esigenza  della  critica, 
ed  era  tanto  bene  informato  delle  gravi  difficolta,  che  presenta  il  Co- 
dice  Yalicano,  che  egli  voile  in  quell'opera  del  riprodurlo  a  fac-simile 
associarsi  altro  dotto  e  sperimentato  nella  lettura  dei  codici  grecL 
E  meritamente  scelse  un  monaco  italiano  di  Grottaferrata  presso  i! 
Tuscolo,  illustre  monastero  di  rito  greco,  yoglio  dire  UP.  Giuseppe 
Cozza,  il  quale  di  recente  nella  difficilissima  lettura  dei  palimpsest! 
aveva  emulato  la  rara  abilita  del  cardinale  Mai ;  sulle  di  cui  tracce 
appunto  avea  preso  ad  esaminare  passionatamente  i  non  pochi  codici 
palimpsesti  di  quella  ricca  biblioleca. 

«  Sin  dall'anno  1862  egli,  in  compagnia  del  dotto  monaco  Teo- 
doro  Toscani,  mancato  Vanno  scorso  alle  lettere  e  ai  viventi,  avea 
falla  nota  ancor  giovane  la  sua  rara  abilita  nel  leggcre  e  sludiare  t 
codici  greci,  pubblicando  in  Roma  Tinnologia  greca  De  immaculata 
Deiparae  conceptione,  desumendola  da  diciotto  codici  di  Grottafer- 
rata di  varia  antichita.  Da  diversi  anni  poi  egli  avea  preso  a  lavaro 
un  codicc  palimpsesto,  che  sotto  piu  recenti  scritture  conteneva  non 
piccoli  frammenti  dei  profeti  in  carattere  unciale,  e  di  tal  bella  forma-, 

1  E  uua  dotta  Dissertazione  sulla  Storia  deiradultera  nel  Vangele'di  sa» 
Giovanni. 


E  LA  SUA  EDIZIONE  29 

che  fu  stimata  scrittura  del  VI  o  del  YII  secolo.  Egli  pubblico  que- 
sti  frammenti  in  Roma  nel  1867  con  tanta  precisione,  che  non  man- 
cavano  se  non  i  caratteri  imitanti  Y  antica  forma  unciale  del  palim- 
psesto,  perche  si  potesse  dire  edizione  a  fac-simile  di  quel  codicc 
insigne. 

«  Nei  prolegomeni  poi  e  nelle  note  critiche  intorno  alle  lezioni  di 
quei  frammenti  gi'eci  e  alle  posteriori  scritlure  marginali  contenenti 
due  version!  latine,  si  mostro  tan  to  versato  nella  critica  biblica,  di- 
scorrendo  dell'eta  e  della  famiglia  di  codici,  alia  quale  doveva  ripor- 
tarsi  il  suo  di  Grottaferrata,  da  superare  di  molto  la  giovanile  sua  eta. 

«  Questa  scoperta  e  pubblicazione  ha  assicurato  al  P.  Cozza  la 
reputazione  d'uomo  versatissimo  negli  studii  di  critica  biblica.  Si 
consider!  la  grave  difficolta  che  presenta  la  lettura  di  un  palimpseslo 
cosi  antico;  si  consider!  la  precisione  che  egli  pose  nel  pubblicarlo; 
si  consider!  la  erudizione  e  rara  capacita,  che  egli  mostro  nella  illu- 
strazione  critica  e  paleografica  del  suo  palimpsesto;  si  consider!  1'a- 
more  con  cui  egli  supero  tutte  le  difficolla ,  e  che  lo  fece  scrupoloso 
cultore  del  codice  scoperto ;  e  poi  si  dica  coH'anommo  corrisponden- 
te,  che  il  lavoro  dell' edizione  a  fac-simile  del  Codice  Yaticano  fu  af- 
fidato  ad  italiani  meno  capaci  del  Tischendorf! » 

La  verita  della  risposta  di  Mons.  Giovannini  e  stata  confermata  a 
pieno  dal  felice  successo  e  dalla  bonta  clella  edizione  romana. 

11  Tischendorf  ha  pubblicato  nello  scorso  anno  il  nuovo  Testa- 
mento,  dopo  i  molti  studii  ed  i  confront!,  fatti  da  lui  nel  1866  sul 
Codice  medesimo  della  Biblioteca  Yaticana.  11  titolo  che  ha  messo 
innanzi  al  libro  e:  Novum  Testamentum  Vaticanum,  post  AngeliMai 
aliorumque  imperfectos  Mores,  ex  ipso  Codice  edidit  Aenoth.  Frid. 
Constantinus  Tischendorf,  etc.  Al  volume  egli  ha  aggiunta  una  Ap- 
pendix codicum  celeb errimorum  sinaitici,  vaticani,  alexandrini,  cum 
imitalione  ipsorum  antiqua  manu  scriptorum.  Nnnc  primum  edi- 
dit,  etc.  [  fac-simili  del  Codice  Yaticano,  contenuti  in  tale  appendi- 
ce,  sono  qualificati  da  lui  come  tsaUissimi ;  e  cerlamente  egli  pole 
qui  in  Roma  copiare  a  suo  agio  quelle  poche  pagine,  che  riproducc. 
Intanto  la  realla  della  esecuzione  e  riuscita  inferiore  alia  magnifi- 
cenza  dei  titoli  e  delle  promesse.  Sono  stati  contati  presso  a  cento 
sbagli,  caduti  in  questa  edizione ;  e  cio  che  e  piii,  se  ne  incontrano 


30  IL  CODICE  VATICANO  DELLA  BIBBU  GRECA 

varii  negli  stessi  fac-simili  ;  e  sono  error!  non  commessi  dal  car- 
dinal Mai,  ne  da  altri  nella  lettura  del  Codice  1. 

Ma  ci  place  di  lasciare  agli  eruditi  quest'  argomento  di  confronto. 
Essi  colle  loro  dotte  investigazioni  ,  meglio  che  a  noi  non  consenle 
la  natura  del  nostro  periodico  ,  potranno  mettere  in  perfetta  mostra 
i  pregi  del  volume  della  Propaganda. 

Qui  invece  vogliamo  dichiarare  lo  scopo  ,  che  i  lodati  editor!  si 
sono  prefisso,  e  le  studiose  cure,  colle  quali  il  cav.  Pietro  Marietti 
ha  cercato  di  raggiungerlo  ,  per  cio  che  a  lui  si  apparteneva.  Indi 
esporremo  il  contenuto  dello  stesso  volume,  dato  alia  luce;  aggiun- 
gendo  un  fac-simile  d'una  terza  parte  di  una  intera  colonna.  Final- 
mente  riferiremo  un  Breve  di  Sua  Santita,  nel  quale  1'  augusto  Pon- 
tefice  loda  meritamente  la  diligenza  somma  e  la  perfezione,  con  cui 
egli  ha  incominciato  a  vedere  eseguiti  i  suoi  ordini. 

L'intento  degli  illuslri  editor!  e  stato  primieramente  di  rappresen- 
tare,  colla  loro  edizione,  quanto  nel  Codice  fu  scritto  dal  primo  ama- 
nuense,  con  caratteri  eguali  nel  numero  e  somigliantissimi  nelle  for- 
me; e  di  conservare  fedelmente  persino  le  stesse  variety  degl'  in- 
tervalli,  i  quali  corrono  tra  lettera  e  lettera.  Quel  primo  amanuense 
spessissimo,  continuando  uno  stesso  rigo,  ando  raccorciando  que- 
st'intervalli,  per  poter  terminare  colla  fine  del  rigo  tutta  la  parola  o 
tutta  la  sillaba,  che  aveva  principiata  a  scrivere. 

In  secondo  luogo  si  sono  proposto  dipubblicare  tutto  quello,  che 
dai  correttori  antichi  o  venne  emendato  o  aggiunto,  sia  nel  margine 
sia  tra  linea  e  linea;  e  cio  in  modo  perfettamente  simile  a  quello  , 
che  si  osserva  nel  Codice.  Per  6  hanno  eccettuate  quelle  correzioni 
ed  aggiunte,  le  quali  o  nasconderebbero  o  confonderebbero  la  scrit- 
tura  della  prima  mano.  Non  hanno  voluto  inserire  nel  teslo  le  ag- 


1  Ecco  mi  saggio  di  questi  soli  errori,  commessi  nelle  pagine  a  fac-simile  : 
Pag.  11,  col.  2,  lin.  1,  on  ^wOo?  (MATTH.  V,  12),  deve  ieggersi,  come  sta 
nel  Codice  Vaticano,  on  o  (woOo?.       '$£.% 

Pag.  16,  col.  3,  I'm.  37,  £>  avep^wv  (IoH.  1,  13),  il  Codice  ha 
Pag.  17,  col.  3,  I'm.  30,  tuawn?  (ACT.  1,  13)  ,  il  Codice  legge 
.  Pag.  22,  col.  1,  lin.  8,  «  ^  (III  IOH.  vei;s.  2)  ,  il  Codice  n 
Pag.  22,  col.  3,  lin.  42,  TOWW  (!UD.  vers.  7),  il  Codice 
Pag.  23,  col.  1,  I'm.  9,  0$*™™  (foD.  vers.  8),  il  Codice 


E  LA  SUA  EDIZIONE  31 

giunte  e  le  correzioni  di  questo  genere ;  pero  le  pubblicheranno  lut- 
te  in  un  volume  separate. 

Con  tali  leggi  essi  hanno  dato  alia  luce  il  volume  del  nuovo 
Testamento;  colle  leggi  medesime  pubblicheranuo  ordinatamente 
quattro  altri  volumi,  nei  quali  si  conterra  tutto  il  Testamento  antico. 
La  lettura  e  sempre  spedita  e  facile,  quale  fu  cerlamente  quella  dello 
stesso  originate,  allorche  esso  usci  dairofficina  di  Alessandria. 

II  sesto  volume  comprendera  comment!  e  note :  le  quali  cose  saran- 
no  come  un  apparato  per  la  invest]  gazione  del  manoscritto,  e  per  la 
notizia  minuta  di  quanto  fu  in  esso  o  raso  o  corretto  o  supplito  o  mu- 
tato  in  qualsiasi  maniera.  Oltre  a  cio  coiiterra  una  raccolta  di  tavole, 
fedelmente  incise,  le  quali  rappresenteranno  alcuni  luoghi  di  oscura 
ed  incerta  lezione.  Cosi  gli  eruditi  ne  potranno  da  loro  stessi  giudi- 
care,  come  se  avessero  nelle  proprie  mani  e.sotto  i  loro  occhi  il 
Codice  medesimo. 

Ci  sembra,  che  non  si  poteva  ne  desiderare  ne  immaginare  nulla 
di  meglio. 

Per  compiere  un  tal  disegno  si  giudico  di  adoperare  i  tipi  metal- 
lici,  piuttoslo  che  la  fotografia  o  anche  la  croniolitogralia.  Fra  le 
ragioni,  che  consigliarono  questa  scelta,  non  fu  1' ultima  quella  del 
pregio  della  stabilita  e  della  consistenza;  il  qual  pregio  si  ritrova, 
meglio  che  in  ogni  altra,  nelle  impression!  fatte  coi  tipi  di  metallo. 

Tale  appunto  era  il  pensiero  del  celebre  Tischendorf.  Questi  nel 
1859  ritrovo  in  oriente  il  Codice,  da  lui  chiamato  Sinaitico,  il  quale 
similmente  contiene  tuttala  Bibbia  greca  dell'uno  e  dell'altro  Testa- 
mento, ed  in  valore  non  cede  forse  a  niun  altro  codice,  eccetto  il  Va- 
ticano,  al  quale  pero  si  avvicina  moltissimo  per  la  grandezza  e  per 
la  forma  dei  caratteri.  Nel  1862  ,  a  spese  dell'  imperatore  Alessan- 
dro  II,  egli  stampo  in  Russia  questo  Codice  Sinaitico  coi  tipi  metal- 
lici ;  e  quella  sua  edizione  e  universalmente  stimata  splendida  al 
sommo  i^er  la  qualita  dei  tipi  e  della  carta. 

Or  questo  illustre  Alemanno  nel'1866  si  condusse  a  Roma,  con  ani- 
mo  di  fare  una  edizione  similmente  splendida  del  Codice  Yaticano , 
valendosi  a  tale  uopo  degli  stessi  tipi  metallic!,  de'  quali  si  era  servi- 
to  per  la  edizione  del  Codice  Sinaitico ;  riputando  bene  a  ragione,  che 
la  slampa  non  poteva  con  altro  mezzo  riuscire  si  perfetta,  come  cer- 


32  IL  CODICE  VATICANO  BELLA  BIBBIA  GRECA 

tamente  riuscirebbe  con  questo.  Egli  dunque  manifesto  il  suo  dise- 
gno,  e  chiese  licenza  di  metlerlo  in  esecuzione.  E  come  seppe  esser- 
si  gia  risoluto,  che  simile  opera  era  da  farsi  in  Roma  per  cura  della 
Santa  Sede,  riconobbe  convenientissima  tale  determinazione;  e  volen- 
tieri  convenne  col  cav.  Pietro  Marietti  di  vendere  alia  tipografia  della 
Propaganda  una  partita  di  caratteri,  fusi  in  quelle  stesse  madri,  che 
ei  possedeva,  gia  fabbricate  per  la  edizione  del  Codicc  Sinaitico. 

Sappiamo  che  quei  caratteri  furono  pagati  largamente.  E  per 6  non 
giungiamo  ad  intendere  cio,  che  narra  la  Gazzettad'Asburgo,  men- 
tovata  di  sopra;  cioe :  «  Che  il  Tischendorf  si  adopero,  con  sacrifizii 
di  ogni  genere ,  per  far  rifondere  in  Lipsia  i  caratteri  del  suo  ma- 
noser itto  Sinaitico.  » 

II  cav.  Marietti,  comprati  i  tipi  del  Tischendorf,  ha  fatto  fonder- 
ne  altri  in  buon  numero,  per  ragione  delle  letter  e  di  grandezza  e  di 
forma  di  versa,  che  s'  incontrano  nel  Codice  Vaticano,  e  similmente 
per  que'segni  ed  ornamenti,  i  quali  son  proprii  di  questo  Codice. 
Egli  stampa  a  bistro,  per  imitar  meglio  il  colore  delle  lettere  origi- 
nali;  e  questo  inchiostro  insieme  col  rosso  gli  viene  dalle  migliori 
officine  di  Parigi.  Adopera  carta  tutta  di  lino  e  di  tino,  lavorata 
nella  piu  celebre  cartiera  d'  Italia,  che  e  quella  di  Fabriano,  diretta 
dal  sig.  Pietro  Miliani,  e  premiata  in  Londra.  La  carta  della  splen- 
dida  edizione  del  Codice  Sinaitico  non  e  di  tino,  ma  di  macchina. 

I  fogli  del  Codice  dalla  Biblioteca  Yaticana  si  mandano  alia  sua 
tipografia  a  cinque  a  cinque,  e  si  rimandano  indie tro,  ognuno  chiu- 
so  fra  due  cristalli ;  e  restario  cosi  custoditi  in  tutto  il  tempo  della 
composizione.  I  compositori,  da  lui  destinati  a  questo  difficile  lavo- 
ro,  souo  gli  egregi  sig.  Filippo  Lanzi  e  Federico  Setti,  tutti  e  due 
romani,  e  1'  uno  come  1'  altro  spertissimi  nel  comporre  i  caratteri 
delle  lingue  orientali.  Ed  essi  rispondono  maravigliosamente  alle 
intenzioni  degli  editori,  ritraendo  le  lettere  secondo  la  grandezza  di 
ciascuna,  e  le  differenze  anche  minime  degli  spazii,  i  quali  corrono 
tra  le  une  e  le  altre,  e  ricopiando  mille  altre  varieta  del  manoscrit- 
to,  impercettibili  agli  occhi  non  tanto  esercitati,  quanto  sono  i  lo- 
ro.  Per  le  quali  cose  il  cav.  Marietti  ha  per  giusti  titoli  conseguita 
la  decorazione  Piana,  ed  ha  meritate  quelle  alte  lodi,  le  quali  si 
leggono  nel  Breve  di  Sua  Santita,  che  noi  riferiremo  piu  innanzi. 


E  LA  SUA  EDIZIONE  33 

II  volume  recentemente  pubblicato,  abbraccia  i  libri  del  nuovo 
Testamento ,  siccome  si  trovano  nel  Codice  Yaticano  ,  nel  quale  es- 
si  sono  scritti  con  altro  ordine  da  quello  delta  Yolgata.  Prima  ven- 
gono  i  quattro  Yangeli  di  san  Matteo,  di  san  Marco,  di  san  Luca  e 
di  san  Giovanni.  Poi  gli  Atti  degli  Apostoli.  Seguono  le  lellerc,  che 
si  chiamano  caltoliche :  una  di  san  Giacomo,  due  di  san  Pietro,  tre 
di  san  Giovanni  ed  una  di  san  Giuda.  Indi  le  letlere  di  san  Paolo : 
una  ai  Romani,  due  ai  Corinti,  una  ai  Galati,  una  agli  Efesini,  una 
ai  Filippesi,  una  ai  Colossesi,  due  ai  Tessalonicesi,  e  finalmente 
una  agli  Ebrei,  fino  al  verso  14  del  capo  IX.  Qui  gli  antichi  fogli, 
che  seguitavano  nel  Codice,  andarono  smarriti.  Da  mano  piu  recente 
venne  supplilo  solamente  il  resto  della  lettera  agli  Ebrei  e  tulto  il 
libro  dell'Apocalissi;  e  pero  furono  omesse  le  due  lettere  a  Timoteo, 
quella  a  Tito  e  1'altra  a  Filemone.  Pertanto  nella  splcndida  edizione, 
<li  cui  parliamo ,  e  stato  fedelmente  pubblicato  a  fac-simile  tutto  cio 
che  e  antico,  con  caratteri  unciali  e  con  inchiostro  bistro  e  rosso.  Cio 
che  e  piu  recente  e  stato  prodotto  con  caralteri  volgari,  e  con  inchio- 
stro nero.  Finalmente  sono  state  omesse  le  nominate  quattro  leltere  di 
san  Paolo;  perche,  come  si  e  detto,  esse  non  sono  supplite  nel  Codice. 
II  fac-simile,  che  diamo  qui  appresso,  e  un  tratto  del  capo  V  di 
san  Matteo,  dal  principio  del  verso  14  al  fine  del  verso  16,  secondo 
la  Volgata.  Tradotto  in  lingua  italiana  dice :  «  Yoi  siete  la  luce  del 
mondo.  Non  puo  star  nascosta  una  citta,  collocata  su  di  un  monte.  Ne 
accendono  la  lucerna  e  la  pongono  sotto  il  moggio,  ma  sopra  il  can- 
deliere,  acciocche  faccialume  atutti  quelli  che  sono  nella  casa.  Per 
tal  manicra  risplenda  la  vostra  luce  al  cospetto  degli  uomini ,  che 
veggano  le  vostre  buone  opere,  e  diano  gloria  al  Padre  voslro,  che 
sta  nei  cieli.  » 

In  questo  fac-simile  si  osservano  le  lettere  impiccolite  alia  fine  dei 
righi ,  le  different!  distanze  tra  lettera  e  lettera ,  e  finalmenlc  una 
correzione ,  fatta  con  supplire  una  parola  omessa  dal  primo  ama- 
nuense.  II  numero  KE  e  scritto  in  rosso  tanlo  nel  Codice,  quanlo  nel- 
la recente  edizione.  Per  facilitare  poi  la  leltura,  abbiamo  ripetute, 
in  caralteri  anche  maiuscoli  ma  volgari,  le  stesse  parole,  conser van- 
do  pero  la  stessa  divisione  de'  righi. 
Strie  VII,  Ml  JY,  fasc.  445.  3  "  22  Sellembre  1868. 


34  IL  CODICE  VATICANO  BELLA  BIBBIA  GRECA 


oyc  i  N  A  yx  N  o  N  KAI  T  i 
xci  N 


ncDNoncnci  ACJDCI 


TO  N 


TMEI2  ESTE  TO  <l>  O  51  TOY 
.KOS'MOT-  OY  AYNATAI  HO- 
AIS  KPYBHNAl  EOANU  0- 
POYS  KEIMENH.  OYAE  KAI- 
OYSIN  AYXNON  KAI  T  1  6  E- 
ASIN  AYTON  YHO  TON  M  0- 
AION,  AAA'  EH1THN  AYXNI- 
AN,  KAI  AAMHEI  HA2I  TO  IS 
EN  TH  OIKIA.  OYTO2  AAM- 
WATO  TO  *OS  YMUN 

EMIIPOSGEN        TON         AN0PO- 

naNr      onus     IAOSIN     YMON 

TA  KAAA1,  KAI  AOSASO2IN 
TON  HATEPA  YMUN  TON 
EN  TOIS  OYPANOIS. 


E  LA  SUA  EDIZIONE 

Ecco  ora  il  Breve ,  nel  quale  il  Santo  Padre  si  e  degnato  di  pre- 
miare,  colla  sua  appro vazione  e  colle  sue  lodi,  le  diligentissime  cure, 
die  pel  felice  riuscimento  di  cosi  utile  impresa  hanno  messe  i  bene- 
meriti  editori  P.  Carlo  Yercellone  e  P.  Giuseppe  Cozza ,  e  V  ammi- 
nistratore  della  lipografia  cav,  Pietro  Marietti. 


Dilectis  Filiis 

Presbyteris  Carolo  Yercellojie  e 
Congregatione  S.Pauli  et  lose- 
pho  Cozza  e  Monachis  S.  Basi- 
lii  Cryptae  Ferratae  Graeci  Ya- 
ticani  Codicis  Sacrorum  Biblio- 
rum  editoribus. 


Ai  diletti  figli 

Sacerdoti  Carlo  Vercellotie  della 
Congregazione  di  S.  Paolo  e 
Giuseppe  Cozza  de' Monad  di 
S.  Basilio  in  Grottaferrata, 
editori  del  Codice  greco  Vati- 
cano  della  Bibbia  sacra. 


PIUS  PAPA  IX. 

Dilecti  filii,  salulem  et  Aposlo- 
licam  Benedictionem.  Quod  iam- 
diu  eruditi  omnes ,  ac  potissimum 
liblicae  critices  studiosi  deside- 
rabant,  Nosque  in  scientiae  pro- 
fectum  decor  emque  sanctae  huius 
Sedis  atque  Urbis  fieri  optaba- 
mus ,  ut  Graecus  Vaticanus  Bi- 
lliorum  Codex  nobilitatis  et  ve- 
tustatis  fama  celeberrimus  ex- 
scriptus  exhiberetur  eadempror- 
sus  forma,  lineis,  Utteris,  apici- 
lus ,  notis ,  quae  singulas  illius 
paginas  graphice  referentes,  o- 
mnium  oculis  Codicem  ipsum 
quodammodo  subiicerent;  id  a 
wbis  perfici  coepi$se  laetamur, 


PIO  PAPA  IX. 

Diletti  figli,  salute  e  Apostolica 
Benedizione.  Quello  che  deside- 
raxano  da  gran  tempo  tutti  gli 
.eruditi,  e  specialmente  gli  stu- 
diosi della  critica  biblica,  e  Noi 
bramavamo  che  si  eseguisse  a  pro 
della  scienza  e  a  lustro  di  questa 
Santa  Sede  e  di  questa  Citl&; 
cioe  che  il  Codice  greco  Yaticano 
della  Bibbia,  rinomatissimo  per 
fama  di  nobilla  e  di  antichita,  si 
riproducesse  copiato  con  perfetta 
somiglianza,  tal  che,  ritratta  una 
fedelissima  immagine  di  ciascu- 
aa  pagina,  alle  linee,  alle  lettere, 
agli  apici,  alle  note,  Yenisse  qua- 
si a  metiers!  sotto  gli  ocelli  di 


36  IL  CODICE  VATIC  ANO 

egregieque  praestitum  conspici- 
vnus  in  Volumine  Novi  Testamen- 
ti  Nobis  oblato. 

•  i<    n#  A! 


TVow  minor  em  certe  a  vobis  ac- 
curationem  expectabamus  ;  quo- 
rum alter  mginti  iam  ab  hinc  an- 
nis  totus  est  in  versandis  confe- 
rendisque  sacris  codicibus,  Usque 
per  lucubrationes  ampla  docto- 
rum  laude  commendatas  illu- 
strandis;  alter  vero  in  viridi  ad- 
hue  aeiate,  ea  palaeoyraphicae 
peritiae  specimina  edidit  in  per- 
plexa  palimpsestorum  lectione  , 
scriptisqiie  adeo  probatum  fecit 
ingenium  criticamque  scientiam 
suam}  ut  claram  sibi  doctrinae 

* 

famam  quaesiverit. 

Quamobrem  minime  dubita- 
mus  ,  quin  solertia  vestra  ac  se- 
dulilas  diuturno  iuncta  codicum 
mm  ,  earn  as&ecutura  sit  per- 
fectionem  ,  quam  salebrosis  hi- 
sce  incoeptis  sperare  licet;  eam- 
que  immunitatem  editionis  a  vi- 
tiis  quibuslibet  et  mendis,  quae 
archetypum  ipsum,  nullo  discri- 
mine  et  ad  unguem  prorsus  re- 
ferre  videatur.  Prudentissimum 
nutem  censemus  consiliwn,  quo 
id  maxime  spectastis,  ut  editio 
vestra  hativam  priscae  scriptu- 


DELLA  BIBBIA  GRECA 

tutli  il  Codice  stesso ;  Ci  ralle- 
griamo  che  sia  stato  cominciato 
da  voi  con  quella  eccellenza  di 
esecuzione,  la  quale  yediamo  nel 
Volume  del  Nuovo  Testamento7 
che  ci  e  stato  offerto. 

In  vero  non  aspettavamo  mi- 
nore  accuratezza  da  voi ;  1'  iftio 
de'  quali  gi^i  da  venti  anni  e  tutto 
nello  svolgere  e  confrontare  i  sa- 
cri  codici,  e  nell'  illustrarli  con 
lavori,  celebrati  dai  dotli  con  am- 
pie  lodi;  1'altro  poi,  ancorche  in 
fresca  eta,  diede  tali  saggi  di  pe- 
rizia  paleografica  nell'  ardua  let- 
tura  dei  palimpsesti,  e  cogli  scrit- 
ti  fece  cosi  manifesto  il  suo  in- 
gegno  e  la  sua  scienza  critica,  che 
si  procaccio  chiara  fama  di  dot- 
trina. 

v>;    ns'^\u»    vMu>ivV\v\v>-»:*)  :'\\ -.* 

Per  la  qual  cosa  non* dubi- 
tiamo  ,  die  la  solerzia  e  diligen- 
za  yostra,  unita  al  diuturno  uso 
dei  codici ,  raggiungera  quella 
perfezione,  la  quale  £  lecito  spe- 
rare in  cosi  ardue  imprese;  e 
rendera  T  edizione  tanto  scevera 
da  qualsiYOglia  difetto  e  da  er- 
rori,  che  sembri  essere  a  capello, 
senza  niuna  differenza,  Toilginale 
medesimo.  Stimiamo  poi  savissi- 
mo  il  consiglio ,  al  quale  voi  mi- 
rasle  innanzi  a  tutlo,  cioe  che  la 
vostra  edizione  rappresenti  il  na- 


E  LA  SUA 

rae  faciem  prae ferret  Us  expe- 
ditam  implexibus,  quos  addita- 
menta  retractationesque  recen- 
tiorum  rnanuum  invecturae  fuis- 
sent  in  textum;cum  opportunior 
omnino  Us  locus  pat  eat  in  ani- 
madversionibus  criticis  ,  quibus 
absolutum  codicis  apographum 
illustrare  constituistis. 

A  qua  sane  lucubratione  non 
minimum  accessurum  confldimus 
cmolumentum  criticis  disciplinis, 
et  editioni  lumen  ac  pretium; 
quod  certe  in  huius  sanctae  Sedis, 
Nostraeque  Urbis  decus  recidet, 
penes  quas  huiusmodi  studia,  so- 
lo fota  scientiae  ac  religionis 
amore  tarn  belle  clarere  conspi- 
cientur.  Gratulamur  autem  vo- 
bis}  quod  editionis  nit  or  operis 
suscfyti  praestantiae  respon- 
deat ;  et  gaudemus  tijpogra- 
phaeum  Nostrum  de  Propagan- 
da Fide,  omnium  olim  nobilissi- 
mum,  ad  pristinum  paulatim 
splendorem  revocari  curis  et  in- 
dustria  equitis  Petri  Marietti, 
cui  ilhid  commisimus ,  et  cui 
propterea  meritas  deferimus 
laudes. 

^ 

Unicuique  veslrum  interea  ne- 
cessarias  vires  virtulemque  ad- 


EDIZIONE  31 

tivo  aspetto  dell'  antica  scrittura, 
senza  Diuna  di  quelle  confusion! , 
che  sarebbero  intei venute  nel  te- 
sto  per  le  aggiunte  e  le  correzioni 
di  mani  piu  recent! ;  giaccke  per 
tulto  questo  il  luogo  certameule 
piu  opportuno  e  quello  delle  an- 
notazioni  critiche,  colle  quali  voi 
avete  stabilito  d'illustrare,  allor- 
che  sara  tulta  finita,  la  stampa  del 
Codice. 

Noi  fermamente  speriamo,  che 
da  tali  cure  proyerra  non  pic- 
colo vantaggio  alle  critiche  di- 
scipline ,  e  lustro  e  pregio  alia 
edizione ;  il  che  ridondera  in  ono- 
re  di  questa  Santa  Sede  e  della 
Nostra  Citla,  presso  le  quali  sif- 
fatti  studii,  col  solo  alimento  che 
da  loro  Y  amore  della  scienza  e 
della  religione ,  si  vedranno  cosi 
bene  risplendere.  Altresi  Ci  eon- 
gratuliamo  con  voi,  che  la  splen- 
didezza  della  edizione  risponda 
alia  eccellenza  dell'  opera  inco- 
minciala ;  e  godiamo  che  la  No- 
slra  tipografia  della  Propaganda, 
una  volla  la  piu  nobile  di  tutle , 
rilorni  a  poco  a  poco  al  pristino 
splendore,  per  cura  cd  industria 
del  cav.  Pielro  Marielli,  al  quale 
1'abbiarao  commessa,  e  per  quc- 
slo  a  lui  diamo  le  lodi  meritate. 

Intanto  per  ciascuno  di  voi 
preghiamo  da  Dio  la  lena  e  la 


38          IL  CODICE  VATIC ANO  BELLA  BIBBIA  GRECA  E  LA  SUA  EDIZIONE 

precamur ,  ut  quod  fauste  fell-    virtu  necessaria,  acciocche  quel- 
citerque  coepistis  felicius  etiam    lo  che  avete  incominciato  con  si 


ad  exitum  perducere  valeatis. 
Divini  vero  favoris  auspicetn  et 
precipuae  Nostrae  benewlentiae 
pignus  Apostolicam  Benedictio- 
nem  vobis  peramanter  imperti- 


mus. 


Datum  Romae  apud  S.  Pe- 
trum,  die  25  lulii  4868,  Pontiji- 
catus  Nostri  Anno  XX11I. 


lieto  e  felice  principio,  possiate 
anclie  piu  felicemente  condurre 
a  termine.  Vi  compartiamo  con 
sommo  amore  T Apostolica  Bene- 
dizione ,  auspice  del  divino  favo- 
re,  e  pegno  della  Nostra  speciale 
benevolenza. 

Dato  in  Roma  presso  S.  Pietro, 
il  di  25  Luglio  1868,  del  Nostro 
Pontificato  anno  XXIII. 


Pius  PP.  IX. 


Pio  PAPA  IX. 


Chi  soltanto  riguarda  il  prezioso  volume,  di  cui  abbiamo  parlato, 
riconosce  manifestamente ,  che  nel  fatto  alle  somme  lodi ,  contenute 
in  questo  Breve,  rispondono  verissimi  titoli  di  merito.  E  pero  noi 
conchiudiamo  il  presente  articolo,  ripetendo  quel  medesimo,  che  ab- 
biamo detto  nel  principio,  cioe:  Che  questa  edizione  del  Codice  Va- 
ticano  e  una  di  quelle  opere  ,  per  le  quali  si  tramandera  chiara  ai 
posted  la  memoria  del  Ponteficato  dell'  augusto  Pio  IX. 


SAGGIO   CRITICO 

DELL  A  SOCIETA  MASSONICA1 


NATURA    E    FINE 


IV. 

Lo  scope  della  Societa  massonica  secondo  quattro  gravissimi  autori. 

II  Razionalismo  e  la  Democrazia  sono  gli  elementi ,  che  armo- 
nizzando  le  intelligenze  creano  la  imita  di  cognizione  in  massoneria. 
L'  abbiamo  dimostrato  nei  paragrafi  antecedent!.  Conviene  ora  in- 
dagare  il  fine ,  che  derivante  da  tali  elementi  armonizzatori  forma 
la  unione  o  concordia  delle  volonta  nella  prosecuzione  del  lavoro 
massonico.  Trovatolo,  ci  folgorerti  limpido  ed  intero  il  concetto  della 
confraternita.  II  fine ,  come  ognun  sa ,  e  di  due  maniere :  ultimo  o 
rimoto,  prossimo  o  medFano.  II  rimoto  e  quello,  a  cui  tende  con  tutti 
i  suoi  sforzi  la  societa  operante,  il  prossimo,  quello  che  ha  ragione 
di  mezzo  o  di  scalino  per  giungere  al  rimoto.  Qual  e  il  fine  ultimo 
inteso  dalla  massoneria ,  quali  sono  i  fini  mediani  precipui ,  per  i 
quali  intende  di  conseguirlo?  Ricerchiamoli. 

Chiari  e  savissimi  uomini,  datisi  allo  studio  di  sicuri  document!, 
si  misero  all'  opera  del  definirlo.  Riportiamo  le  sentenze  dei  piu  no- 

1  V.  il  volume  precedente,  pag.  424  e  segg. 

! 


10  SAGGIO  CRITICO  DELL  A  SOCIETA  MASSOMCA 

minali.  II  francese  Barruel,  penetrando  animoso  nelle  logge,  che  ce- 
lansi  dopo  le  spalle  del  massoni  piii  minuti  (arriere-loges),  trasse  al- 
ia luce  le  grand  objet  de  leur  conspir  aliens.  Fosclii  sono  i  colon  , 
ond'e  dipinto,  terribile  il  sembiante,  pieni  di  ferocie  i  suoi  propositi. 
Infatli,  cotesto  yrande  obbietto  o  fine  e  un  mostruoso  composto,  pro- 
veniente  dagli  intendimenli  di  tre  sette  cospiratrici,  incarnatesi  nella 
massoneria:  «  la  setta  del  sollsti  increduli  cd  empii,  che  si  propone 
di  sterminare  dal  mondo  fino  1'  ultimo  senlore  di  crislianesimo,  la 
setta  dei  sofisti  della  rivolta,  che  mira  aU'annientamento  di  ogni  au- 
torita  regia  esistente,  e  la  setta  dei  sofisti  della  empiet&  e  dell'anar- 
chia,  gcrminata  dalle  due  antecedent!,  la  quale  non  solamente  co- 
spira  conlro  il  cristianesimo  e  contro  I'autorita  regale,  ma  eziandio 
contro  ogni  maniera  di  religione,  contro  ogni  maniera  di  Governo 
e  contro  ogni  specie  di  proprieta  l.  »  ' 

Lo  scozzese  Robison,  professor  e  di  filosofia  naturale  e  segretario 
della  societa  reale  diEdimburgo,  si  addentro  pure  nelle  segrete  cose 
della  massoneria  e  ne  dedusse  la  stessa  conchiusione.  Iniziato  a  Lie- 
gi  nella  splendida  loggia  de  la  Parfaite  Intelligence  e  .graduato 
maestro  scozzese  ,  \isilo  le  logge  della  Francia  ,  del  Belgio  ,  della 
Germania,  della  Russia,  e  tale  fu  la  slima,  a  cui  salse,  di  \7alentc* 
niassone  che  ebbe  T  orrevole  incarico  di  oratore  in  una  loggia  di 
Pietroburgo.  Inyitato  a  montare  piu  in  su  ne'  recessi  degli  alii  gra- 
ffij  nfmto.  Intanto  certe  dottrine  che  udi,  certe  cerimonie  che  vide 
ne'  suoi  viaggi  ,  lo  misero  in  sospetto  ,  che  bollisse  in  segreto  alcun 
che  di  grave  :  i  gradi  del  perfetto  massone  scozzese  ,  i  rituali,  i  ca- 
techismi  ,  le  istruzioni  ,  che  inlorno  ad  essi  capitarongli  alle  mani  , 
gli  apersero  gli  ecchi  ;  ed  i  fatti  che  osserv6  nelle  logge  lo  convin- 
sero  di  cio  che  avea  incominciato  a  sospettare.  Imperocche  egli  os- 
servo  ,  che  queste  divenivano  spesso  //  ritrovo  dei  novatori  in  poli- 
lica  ed  in  religione  ;  che  la  segretezza  del  tetto  della  loggia  era  ado- 
perata  per  divulgare  impunemente  e  propagare  in  ogni  contrada 
scntimenti  ,  avversi  alia  religione  ed  all'  autorita  politica;  che  tale 


1  Memoires  pour  servlre  a  I'Hutoire  du  Jacobinlsme,  Hamburg  1833. 
Discours  preliminaire. 


i 


NATURA  E  FINE  41 

impunita  incoraggiava  a  poco  a  poco  uomini  di  licenziosi  principii  a 
darla  per  mezzo,  insegnando  doltrine  sovvertitrici  di  ogni  nozionc 
della  moralita,  di  ogni  confidenza  ncl  reggimento  di  una  sovrana 
provvidenza,  di  ogni  speranza  circa  la  vita  fulura,  ed  inculcando  la 
inipossibilHa  di  aver  contento  e  pace  riello  stato  di  civile  sogge- 
zione.  In  tine  dopo  di  aver  osservato,  come  solto  colore  di  illumma- 
re  il  mondo  colla  face  della  filosofia  e  di  sgombrare  la  fitta  ncbbia 
della  superstizione  civile  e  religiosa,  che  mettea  le  nazioni  dell'Eu- 
ropa  in  tenebre  ed  in  ischiavitu ,  venivano  consummati  reiissimi 
altentali,  vide  sotto  Tintlusso  di  coteste  dottrine  ,  diffusesi  a  poco  a 
poco  e  mescolatesi  in  lulti  i  sistemi  della  massoneria,  sbucare  for- 
mata  uri  associazione  con  determinate  proposito  di  sradicare  tutte 
le  religioni  e  di  rovesciare  tutti  i  Governi  esistenti  in  Enropa  1. 

Ouarant'  anni  dopo  si  pose  alia  stessa  imprcsa  lo  svizzero  Carlo 
Ludovico  di  Haller.  Yolto  precipuamente  il  suo  studio  circa  la  mas- 
soneria della  sua  patria,  la  ricerco  in  tutti  i  suoi  andamenti  e  le  sue 
opere.  Cio  che  ella  fosse  prima  della  rivolta  del  1798,  do  die  ella 
facesse  insidiatasi  dominatrice,  come  rinvigorisse  dopo  un  breve  ab- 
battimenlo  al  principio  del  secolo,  per  quali  vie  si  allargasse,  con 
quali  mezzi  sirafforzasse,  tutto  egli  espose,  disamino,  discusse  al  lu- 
me  chiarissimo  dei  fatti  contemporanei,  degli  statuti  e  degli  scritti 
massonici  fmo  al  1840.  Ebbene  qual  e  la  conchiusione,  che  sgorga 
perenne  da  questo  suo  studio  ?  Dal  fondo  delle  brame  massoniche, 
balenare  di  luce  sinistra,  quale  obbietlo  di  un  peitinace  lavorio,  Tan- 
nientatamento  di  ogni  religione,  il  rovesciamento  di  ogni  autorita 
e&istente,  1'abolizione  di  ogni  dirilto  naturale,  che  port!  qualche  ci- 
vile disuguaglianza  2. 

1  I  have  observed  these  doctrines  gradually  diffusing  and  mixing  with 
all  the  different  systems  of  Free  Masonry;  till,  at  last,  an  association  has 
been  formed  for  the  express  purpose  of  rooting  out  all  the  religious  esta- 
blishments, and  overturning  all  the  existing  governments  of  Europe.  Proofs 
of  a  conspiracy  against  all  the  religions  and  Governments  of  Europe.  Lon- 

1797,  v.  Introduction. 

2  La  Frammassoneria  e  sua  influenza  sulla  Svizzera,  esposta  e  diino- 
strata  istoricamente  da  CARLO  LUDOVICO  m  HALLER,  tradotta  con  lutta  fe- 

clta  in  Hngua  italiana  da  w  amico  del  popoh  e  del  progresso.  Lu- 
:ma  1847. 


42  SAGGIO  CRITICO  BELLA  SOCIETA  MASSONICA 

Chi  ignora  la  lotta  mortale  ingaggiata  da  Emilio  Edoardo  Eckert, 
avvocato  sassone,  con  tutto  1'Ordine  massonico?  Giratogli  dal  fisco 
un  processo,  perche  avea  scritto  in  una  sua  relazione,  che  tre  sparti- 
menti  del  Ministero  eran  vcnuti  a  mano  della  societa  massonica,  ri- 
fiuto  di  comparire  dinanzi  al  tribunale  prima  che  fosse  abolita  la 
massoneria  in  Sassonia,  avendo  saputo,  che  la  maggior  parte  dei 
ghidici  se  le  era  venduta  schiava.  A  sua  giustiiicazione  scrisse  una 
Memoria  di  due  grossi  volumi,  che  da  capo  a  fondo  e  una  lenibile 
inquisizione  di  lutto  1'  Ordine,  specialmente  in  Francia  ed  in  Ger- 
mania,  e  la  indirizzo  al  Parlamento  sassone  amodo  di  petizione  1. 
Pochi  anni  appresso  rincari  la  derrata  con  un'  altra  scrittura,  e 
col  titolo,  che  le  mise  in  fronte ,  disse  aperto,  quale  fosse  la  con- 
chiusione  di  questi  suoi  lavori  e  lo  scopo,  a  che  mirava,  nei  tenni- 
ni  seguenti :  Raccolta  di  argomenti  per  la  condanna  della  Fram- 
rnassoneria,  come  principio  attivissimo  di  distruzione  a  danno  della 
religione,  dello  Stato,  della  famiglia  e  della  proprieta  per  mezzo 
dell'astuzia,  del  tradimento  e  della  violenza  2.  I  documenti,  che 
porta,  sono  gravi,  corichiudenti,  numerosi:  Targomenlazione,  quando 
si  appoggia  ad  essi,  Irae  una  gagliardia  di  persuasione  irresislibile. 

II  fine,  che  in  lulte  e  quattro  le  testimonialize  citate  si  pone  a  ca- 
rico  della  societa  massonica,  non  si  presenta  egli  sotto  la  llgura  di 
una  mosiruosita  orribile,  infame  e  degna  di  tutti  gli  odii  e  di  tutte  le 
imprecazioni?  No :  accusa  piu  forte  e  piu,  veemente  poteasi  bandu'le 
addosso.  Eppure  le  viene  apposta  da  quatlro  gravi  scrittori,  i  quali, 
appartenenti  a  quattro  nazioni  diverse,  in  tempi  different!  e  dopo  un 
serio  e  prolungato  studio  di  documenti  e  di  fatli  convengono  per  vie 
disuguali  nella  medesima  sentenza!  Questa  concordia,  chiamatela 
come  volete,  porta  seco  un  grande  valore,  e  deve  esercitare  non 
piccola  forza  suH'animo  del  lettore.  Infatti,  le  opere  del  Barruel  e 
del  Robison,  uscite  alia  luce  neir  Inghilterra,  gittarono  lo  sgomento 

1  Der  Freimaurer  orden  in  seiner  wahren  Bedeutung.  Dresden  1852. 

2  Magazin  der  Beweisfiihrung  fur  Verurtheilung  des  Freimaurer-Or- 
dens,  als  Ausganspunht  aller  Zerstorungsthatigheit  gegcn  jedes  Kirchen- 
thum,  Staathenthum,  Familienthum  und  Eigenthum  mittelst  List,  Verrath 
wd  Gewalt.  Schafiliausen  1857. 


NATURA  E  FINE  43 

nei  popoli  dell'  Europa,  e  per  testimonianza  del  massone  Preston  vi 
arrestarono  la  marcia  progressiva  della  confraternita  1.  La  Memo- 
ria  dell'  Eckert  pole  tanto  sui  Deputati  sassoni,  che  il  Ministro  ri- 
puto  cosa  piu  sayia  accettarla,  istituire  una  giunta,  che  la  esami- 
nasse,  rispondere  alle  interpellanze  fattegli  in  proposito,  benche 
poscia  trovasse  modo  di  spacciarsene  senza  danno  della  societa 
accusata  2. 

Passeremo  noi  oltre  senza  udire  le  difese  della  massoneria  sotto 
il  peso  di  tante  accuse?  Maino  :  quest'  atto  sarebbe  un  atto  villano, 
sarebbe  un'  ingiustizia.  Esse  sono  di  tre  specie.  ECCOYI  in  compen- 
dio  la  prima :  —  «  I  quattro  citati  scrittori  non  meritano  alcuna 
fede.  II  Barruel  fonda  la  sua  dimostrazione  su  pietre  sconnesse ; 
rappresenta  la  scena  della  sua  congiura  in  Francia  e  va  a  rifornirsi 
di  prove  in  un  chiostro  di  Baviera ;  mancando  di  fatti  gl'  inventa,  e 
fallendo  i  document!,  gli  attinge  con  ingegnose  interpretazioni  a  le- 
zioni  che  sono  ancora  da  discoprirsi.  II  Robison,  svolgendo  i  gradi 
scozzesi,  trae  conseguenze  che  non  portano  le  premesse.  II  libro 
dell'  Haller  «  e  un  libello  infamissimo,  ridicolissimo,  disprezzabilis- 
simo  per  chi  ha  in  capo  un  granellino  di  buon  senso  :  esso  afferma  e 
non  prova  il  nesso  tra  la  massoneria  e  la  vera  societa  cospiratrice  ». 
Quanto  all'  Eckert,  non  ti  curar  di  Ini,  ma  guarda  e  passa :  somi- 
glia  tutto  a  quel  vecchio,  di  cui  e  detto  nel  Fausto,  che,  quando 
parla,  sembra  un  coro  di  cento  mila  pazzi.  La  massoneria,  qual  e, 
e  quale  deve  essere,  fiammeggiar  pura  di  ogni  macchia  e  compa- 
rire  innocua  alia  religione  ed  allo  Stato  :  i  gradi  aggiunti  meritar 
forse  la  riprensione  come  novila ;  quanto  al  loro  valore  intrinseco, 
doversi  tenere  in  conto  d'  innocenti  ed  inoffensivi  trastulli  3.  »  — 
Finqui  la  prima  difesa.  Qua!  e  il  suo  valore  ?  Quel  delle  ciance, 

1  The  circulation  of  these  publications  excited  a  general  alarm,  and 
for  some  time  checked  the  progress  of  the  Society  in  Europe.  Illustrations 
of  Masonry,  B.  IV,  §.  13. 

2  Univers,  4  Mai  1852. 

3  PRESTON,  loc.  cit.  pag.  255  e  segg.  FINDEL,  Histoire  de  la  Franc-Ma- 
tonnerie,  v.  II,  pag.  13  e  segg.  401,  402.  Masonic  miscellanies,  1811,  pa- 
Sine  195,  221. 


14  SAGGIO  CRITICO  BELLA  SOCIETA  MASSONICA 

perche  tulta  composla  di  asserzioni  senza  prove:  quello  della  caltm- 
nia,  perche  grava  scrilti  e  scrittori  di  accuse  mendaci.  Le  ciance  e 
la  calunnia  porcuolono  1'aere,  non  convincono  le  inlelligenze.  II 
Barruel,  il  Robison,  1'  Hallcr,  e  1'  Eckert  hanno  porlato  document!, 
hanno  prodotlo  testimonialize,  hanno  recato  fatti,  donde  filano  di- 
ritte  quanto  alia  sostanza  le  loro  conseguenze.  Perche  i  massoni 
non  ne  hanno  mostrata  la  falsita  ?  Hanno  invece  preferito  il  mezzo 
piu  ovvio  di  gittare  colla  maldicenza  lo  sprezzo  e  il  discredito  in 
sul  capo  degli  avversarii :  sprezzo  e  discredito  iniquo,  cue  ricado 
sopra  gli  autori. 

Ben  altra  fu  la  seconda  specie  di  difesa,  in  cui,  messe  da  banda 
le  ciance,  si  venne  a  fatti.  Le  Memorie  del  Barruel  furono,  per  ope- 
ra della  consorteria,  proibite,  sotto  un  cumulo  d'  ingiurie  giornali- 
stiche,  in  grandi  monarchic :  furono  in\7olate  con  arte  finissima  a 
persone  di  grado  altissimo  nella  societa  politica  1.  L'  Eckert  vide 
la  sua  potente  Memoria  soppressa  senza  rumore ;  vide  i  singoli  nu- 
meri  del  giornale,  da  se  fondato  contro  la  massoneria,  ghermili 
senza  pieta  dalle  unghie  del  fisco.  Ruinato  nell'avere  se  n'  ando  a 
Berlino  per  oltenere  la  soppressione  della  massoneria  nel  reame 
prussiano.  Ma  vi  pago  tosto  il  fio  di  avere  osato  assaltare  con  tanta 
baldanza  la  sociela  nel  suo  quartier  generale  pressoche  di  tulta 
Germania,  percho  fu  fatto  prigione  dalla  polizia  sotto  pretesto  di 
una  congiura,  tram ata  contro  il  Re  ed  il  Principe  reggente,  ed  ebbe 
in  conto  di  grazia  1'uscirne  salvo  2.  Essendo  chiaro,  chc  contro  i 
fatli  e  tali  fatti  non  valgono  gli  argomenti,  non  aggiungiamo  sillaba 
di  confutazione. 

Non  cosi  il  Wat-kins.  Egli  entra  diffilato  nella  discussione,  ed  ar- 
gomentando  in  difesa  del  proprio  Ordine,  dice  :  —  «  Uomini  leali 
e  pii  continuare  la  benevolenza  del  loro  patrocinio  verso  la  Societa; 
altri  di  somma  saviezza  e  di  alto  grado  aver  visitato  le  logge  di  di- 

1  CARLO  L.  DE  HALLER,  La  Frammassoneria  e  sita  influenza  snlla  Smz- 
zera,  pag.  1,  2. 

2  La  Franc- Maconnerie  dans  sa  veritable  signification,  par  ED.  EM. 
ECKERT,  traduit  de  I'allemand  par  I'abbe  GYR.  Liege  185i,  pag.  VII.  La 
Franc-Maconncrie  en  elle-m$me,  par  I'abbe  GYR.  Liege  1859,  pag.  VII. 


NATURA  E  FINE  45 

verse  nazioni,  e  trovatele  incolumi  dal  morbo  del  rei  principii  appo- 
sti:  lo  stesso  Robison,  finche  visse  fuori  d' Inghilterra, -non  avervi 
focontrato  in  die  appuntarle.  Or  come  e  possibile ,  che  la  massone- 
ria  siasi  di  botto  mutata  di  buona  in  rca ,  di  religiosa  in  empia ,  di 
devota  verso  i  principi  in  ribelle  cospiratrice ;  e  quando  fosse  cio 
accaduto,  lanti  uomini  savii  e  pii  non  se  ne  sarebbero  avveduti,  non 
le  avrebbcro  negata  la  lore  protezione?  Si  per  certo.  II  Robison 
adunque  ed  il  Barruel  hanno  esagerato  senza  modo  le  accuse,  e 
quanto  hanno  scrilto  e  lavorio  di  fantasia  riscaldata  da  travolti  giu- 
clizii  e  non  conseguenze  fondate  nella  verita.  »  —  Tanto  il  difensore : 
ma  egli  colpeggia  al  venlo.  Non  si  tratta  di  qualechesiasi  possibili- 
ta,  sibbene  della  reale  esislenza  di  numerosi  documenti ,  die  metto- 
no  in  piena  luce  dotlrine  sovvertitrici  di  ogni  ordine ,  come  proprie 
della  massoneria ;  si  tratta  di  un  fatto  terribile ,  dello  scoppio  della 
rivoluzione  francese  e  de'  suoi  atti  spaventosi ,  siccome  strettamente 
eonnessi  colle  dette  dottrine  e  coi  loro  professori.  Ecco  il  punto  da 
percuotere :  esistono  si  o  no  tali  documenti ;  le  dottrine  contenutevi 
sono  si  o  no  proprie  della  massoneria ;  la  rivoluzione  francese  e  si 
o  no  connessa  con  tali  do  Urine  e  colle  societa  massoniche.  Lasciato 
intatto  questo  punto  dal  difensore,  dura  in  tulta  la  sua  gravita  1'ac- 
cusa  dei  quattro  avversarii  contro  la  massoneria. 

Lo  stesso  Wat-kins  sembra  che  non  lo  disconosca :  concede  quin- 
di  la  probabilita ,  che  alcuni  massoni  moderni  datisi  alia  incrcdula 
illosotia  siensi  inlruppati  sotto  la  bandiera  massonica  per  occultarsi ; 
nega  sdegnosamenle  T  opinione  che  dalla  massoneria  siano  usciti  gli 
assalli  della  rivoluzione  francese ,  che  rovesciarono  Governo  e  reli- 
gione,  fa  appello  ai  futuri  storici,  i  quali,  secondo  lui,  daranno  la  tac- 
cia  di  critici  insipienti  ai  Robison  ed  ai  Barruel  1.  Ma  che?  il  Cre- 
niieux,  il  Barbier,  il  Lamartine,  il  Grisar,  Luigi  Blanc,  TAnghera, 
il  Rebold,  il  Pelletan,  il  Sydow  e  cento  altri  massoni  e  non  massoni, 
citati  da  noi  altrove ,  provando  colle  loro  testimonianze  la  sagacia 
del  Robison  del  Barruel  e  di  quanti  con  essi  giudicarono  la  mas- 
soneria quale  fucina ,  dove  si  e  lavorata  la  rivoluzione  francese ,  e 

1  Freemasons'  Magazine,  v.  X,  pag.  35. 


£6  SAGGIO  CRITICO  BELLA  SOCIETA  MASSONICA 

poi  tutte  le  altre,  die  le  sono  venute  appresso,  hanno  per  1'  opposto 
dalo  al  Wat-kins  la  taccia  di  falso  profeta. 

II  cofltc  di  Moira ,  G.  Maestro  della  massoneria  inglese ,  entro 
pure  in  campo  con  una  sua  difesa  1 ,  la  quale  tulta  simile  alia  pre- 
cedente  e  da  tenersi  in  simil  conto.  A  sterpare  i  principii  della  ri~ 
volta  e  dell'cmpieta,  die  s'  erano  radical!  neU'Inghilterra,  il  Parla- 
mento  decreio  la  soppressione  di  tulle  le  sociela  e  di  lutte  le  riunio- 
ni :  fece  una  sola  eccezione ,  e  questa  in  favore  delle  logge  massoni- 
che.  Grandi  sono  i  vanli,  che  ne  hanno  menato  i  massoni,  citandola 
quale  splendida  confermazione  della  propria  innocenza.  Ma  con  poco 
pro:  perche  se  il  Parlamenlo  feee  corlesia  alle  logge  d'  Inghillerra, 
non  ne  uso  niuna  con  quelle  della  Scozia,  e  nella  cortese  eccezione 
pose  loro  tali  vincoli  di  giuramenti ,  di  denunzie  e  di  allro ,  che , 
come  esseri  pericolosi ,  le  affid6  alia  sopraveglianza  del  Govcrno ,  e 
fecele  dipendenli  nella  lor  vita  dal  cenno  dei  consigli  degli  spar  I  i- 
menli  provinciali  2. 

Ondeche  ragguagliate  le  parlite  delle  accuse  e  delle  difese ,  Iro- 
viamo,  che  queste  o  non  valgono  punto  ,  perche  senza  prove  ,  o  se 
pure  valgono  alcun  che  ,  questo  e  tutto  in  favore  degli  accusatoii. 
Fino  a  nuove  e  valide  discolpe  la  societal  massonica  rimane  quindi 
solto  il  gravissimo  pondo  delle  apposte  cospirazioni  contro  la  Chie- 
s«7  conlro  lo  State  e  contro  la  Proprieta. 

V. 

Lo  scopo  della  Societa  massonica  descritto  dai  Massoni. 

Contuttocio  noi  non  intendiamo  di  an-estarci.  I  massoni  negano, 
che  lo  scopo  dell'  Ordine  sia  quale  ci  viene  foscamente  dipinto  dai 
quallro  citati  scrittori.  Or  bene  ci  dicano  essi  di  grazia  in  che  pro- 
priamente  consista.  Se  ne  contentano?  Noi  ci  acconciamo  alle  loro 

1  Lettera  circol.  del  3  Gmgiio  1798. 

2  V.  Atto  del  Parlamento  del  12Luglio  1798.  Cf.  Continuation  de  I'Hl- 
stoire  d'Angleterre  du  Docteur  JOHN  LINGARD,  par  M.  DE  MARIES.  Paris 
1816,  v.  V,  pag.  475. 


NATURA  E  FINE  17 

asserzioni.  I  massoni  tedeschi  affermano,  che  i\  puro  concetto  della 
massoneria  rifulse  limpido  iufmo  a'  tempi  modern!  solamente  nella 
Germania.  Cerchiamolo  nei  loro  scrilti.  Fra  quesli  sono  altamente 
commendati ,  come  savissimo  testo  massonico ,  quelli  del  Lessing, 
Ecco  quanto  vi  rileviamo  di  netto  : 

«  Gli  Stall  riuniscono  gli  uomini  in  corpo  sociale ,  affinche  i  sin- 
goli  individui  abbiano  1'agio  di  godere  in  modo  migliore  e  piu  sicu- 
ramente  la  propria  paiie  di  felicita.  Ma  die  ?  in  quest!  corpi  cosi  or- 
dinati  v'e  un  profondo  guaio  :  la  diversita  delle  nazioni,  la  diversita 
delle  credenze  religiose  ,  la  diversita-  delle  condizioni,  ed  altrettali 
distinzioni.  Donde  sgorga,  che  la  societa  civica  non  puounirein 
corpo  gli  uomini  senza  sparlirli,  ne  spartirli  senza  cagionare  tra  ess! 
larghe  scissure,  senza  levarvi  alto  il  malefico  uiuro  della  divisione. 
Di  qui  il  diritlo  di  lavorare  di  nuovo  contro  cotali  separazioni.  A  ta- 
le uopo  e  da  desiderare  grandemente,  che  in  ogni  Stato  v'  abbiano 
uomini,  che  siano  scevri  dei  pregiudizii  di  nazionalita ;  che  cono- 
scano  bene,  dove  il  patriottismo  cessa  di  essere  virtu;  che  non  sog- 
yiacciano  ai  pregiudizii  della  religione  in  cui  son  nati;  che  non  cre- 
dano  dover  essere  necessariamente  buono  e  vero,  quanto  essi  pro- 
fessano,  come  buono  e  come  vero;  cui  la  grandezza  cittadina  non 
acdechi ,  e  la  piccolezza  non  annoi;  nella  cui  sociela  I'  alto  si  ab- 
bassi,  ed  il  piccolo  francamente  s'  innalzi. . . .  Che  direste,  se  I 
Frammassoni  fossero  cotesti  uomini  che  hanno  tolto  a  proprio  conto 
di  unire  il  piu  strettamenle  che  sia  possibile ,  quei  disgregamenti , 
onde  gli  uomini  sono  resi  strameri  gli  uni  agli  altri  ?  lo  certo  me 
li  figuro ,  come  gente ,  la  quale  ha  per  1'  appunto  preso  libera- 
mente  sopra  di  se  T  incarico  di  lavorare  contro  i  mail  inevitabili 
dello  Stato.  Badate,  non  contro  i  mali  inevitabili ,  che  necessaria- 
mente provcngono  da  una  data  forma  di  G  over  no,  come  tale.  Di 
quesli  non  s'  impaccia  piu  che  tanto  il  massone,  almeno  in  quanto 
massone.  Ei  lascia  la  cura  di  alleviarne  il  peso  e  di  toili  al  citta- 
dino,  il  quale  a  misura  del  suo  intendimento  e  dei  suo  animo  puo 
eccuparsene  a  tutto  suo  rischio.  Mali  di  ben  allra  specie  ,  mali  di 
ben  allra  gravila  sono  1'  obbietto  della  operosila  del  massone.  No : 
non  sono  i  mali  che  fanno  malcontento  il  cittadiuo,  a  cui  egli  mira ; 


48  SAGGIO  CRITICO  BELLA  SOCIETA  MASSONICA 

ma  sibbene  quelli ,  onde  il  piu  felice  tra  i  cittadini  non  puo  esser 
libero.  Lavorare  contro  di  quest!  (entgegenarbeiten}l  Forse  per 
annientarli  affatto?  Cio  non  puo  essere:  lo  Stato  verrebbe  parimen- 
ti  aunientato.  Neppur  conviene  disvelarli  tutti  di  un  colpo  a  quelli 
die  non  ne  hanno  alcun  sentimento  conoscitivo.  II  cagionare  in  essi 
cotesto  conoscimento  vivissimo  a  poco  a  poco  ,  curarne  i  germogli  , 
trapiantarli  altrove ,  addoppiarli ,  procacciarne  il  rigoglio  ,  ecco  cio 
che  qui  significa  tavorar  contro  1.  » 

Testimonianza  tutta  sfavillante  di  luce  massonica.  Secondo  essa  : 
1.°  la  societa  umana  nel  suo  ordinamento  presente  e  rosa  dal  can- 
cliero  della  separazione  dei  regni,  delle  credenze  e  delle  condizioni  ; 
2.°  v'e  il  diritto  di  sanarla,  eolmando  ogni  maniera  di  separazione 
coH'unificare  tutti  gli  uomini  in  un  corpo  nuovo  di  societa ;  3.°  per 
1'esercizio  di  tal  diritto*  vi  bisognano  uomini,  che  sappiano  rinnega- 
re  all'uopo  il  sentimento  di  patria,  le  credenze  della  religione  in  cui 
son  nati,  e  la  condizione  del  proprio  stato ;  4.°  i  massoni  sono  uo- 
mini di  questa  tempera,  e  lavorano  alia  grande  opera  della  unifica- 
zione  generale  degli  uomini,  annientando  il  senlimento  di  patriay 
annientando  le  credenze  religiose  e  la  diversita  delle  condizioni 
merce  un'  assidua,  accorta  ed  ostinata  insinuazione  ad  ogni  costo 
dei  principii  demolitori.  Una  duplice  idea  leva  quinci  arditamente 
il  capo :  la  unificazione  universale  dei  popoli,  e  lo  sterminio  di  tutti 
gli  ordinamenti  esistenti.  La  unificazione  comparisce  quale  ultimo 
intendimento  dell'ordine,  lo  sterminio  quale  opera  necessaria*  o  fine 
mediano  per  giungervi :  questo  e  determinate  dagli  obbietti ,  su  cus 
dee  cadere,  quella  e  lasciata  indefinita  nel  mistero,  salvo  Todorar- 
visi  da  lontano  la  repubblica  umanitaria  social istica. 

II  Fichte,  filosofo  e  massone,  scrisse  filosoficamente  della  masso- 
neria.  Indago  e  discusse  il  fine  a  cui  tende,  ed  ecco  veto  bello  e  rag- 
giante.  Pensi  tu,  egH  dice,  che  la  massoneria  abbia  in  mira  alcuno> 
di  quei  fini,  per  cui  s'  e  formato  quale  che  siasi  ordine  di  cittadini 
nella  societa?  Tutt'  altro.  Essa  gli  esclude  tutti  interamente  e  riso- 
lutamente.  Tanto  e  cosa  ridicola  e  da  pazzo  il  credere,  che  gli  ade- 


1  Ernst,  und  Falk,  Gesprache  fur  Freimaurer,  Gesp.  II,  1778. 


NATUBA  E  FINE  49 

pti  si  adunino  in  segreto  per  fare  buone  scarpe,  quanto  il  supporre, 
die  studino  a  riformare  in  lulto  o  in  parte  lo  Stato.  II  massone,  che 
dicesse  altrimenli,  non  solamente  sarebbe  sprezzato  come  uomo  di 
niima  coscenza  massonica,  ma  ancora  metterebbe  in  forse  la  sanita 
del  proprio  cervello.  -  -  La  massoneria  dee  pur  avere  un  qualche 
fine  :  —  Si ;  hallo,  ma  ben  diverso  da  quel  fine  dannoso  sopraindi- 
cato :  se  non  fosse  cosi,  dovrebbe  riputarsi  una  folle  e  vota  buffo- 
neria,  anziche  seggio  di  saviezza  e  di  virtu.  A  voi  massoni  e  pro- 
poslo  un  fine,  a  cui  non  puo  mirare  la  piu  grande  tra  le  societa 
umane ;  un  fine  che  non  puo  essere  conseguito  altrimenti  che  al 
patto  di  appartarsi  dalla  societa,  di  segregarsi  compitamente  da 
essa;  un  fine  si  alto  e  questo  :  tor  re  di  nuovo.  gli  svantaggi  delict 
forma  di  organamento,  adoperata  nelle  piu  grandi  societa ,  e  fon- 
der e  e  tramutare  la  forma  particolare  dello  stato,  o  condizione  se- 
parata, nella  forma  comune  ed  universale  di  tutti  gli  uomini ,  in 
quanto  uomini.  Questo  scopo  e  nobile,  perche  ha  per  obbietto  gttn- 
teressi  piu  grandi  degli  uomini:  e  ragionevole,  perche  esprime  uno 
dei  nostri  piu  santi  doveri:  e  possibile,  perche  e  tutto  possibile  cio 
che  vogliamo.  Dicendo  che  e  necessario  di  appartarci  dalla  societa 
civica  non  intendo ,  che  dobbiamo  chiuderci  in  solitudine :  ma  che 
spoglialici  dei  gretti  sentimenli  della  nostra  condizione  particolare  e 
della  societa  civile  in  cui  viviamo  legati ,  ci  poniamo  dinanzi  agli 
occhi,  e  denlro  il  cuore  il  fine  della  umanita,  che  e  quello  della  unip- 
cazione  degli  uomini  in  una  forma  comune  di  ordinamento;  che 
fatto  nostro  questo  scopo,  lo  diffondiamo  per  tale,  che  vi  lavoriamo 
attorno  con  mille  ingegni  per  compierlo,  e  che  solleviamo  air  altez- 
za  di  pura  forma  umanitaria  quella  che  noi  abbiamo.  0  e  questo  lo 
scopo  della  societa  massonica,  o  non  ve  ne  ha  alcun  altro :  sapienza 
e  virtu  vi  sono  strettamente  associate  1. 

Cosi  filosofa  il  Fichte  tulto  in  conformila  del  Lessing:  forma  di  or- 
ganamento  unificante  tutti  gli  uomini ,  finewUimo,  e  annientamento 
progressive  di  tutte  le  separazioni  di  stati,  di  religioni,  di  condizic- 

1  Philosophic  der  Maurerei,  Briefe  an  Constant  in  den  Eleusinien  des 
19  Jahrh.  Berlin  1802. 

Serie  VII,  vol.  IV,  fase.  445.  4  22  Settembre  1868. 


50  SAGGIO  CRITICO  BELLA  SOCIETA  MASSONICA 

.ni,  opera  necessaria,  o  fine  mediano,  per  giungervi :  a  questo  dover 
lavorare  incessantemente  il  massone  ,  svestitosi  di  ogni  sentimenlo 
che  il  porti  in  contrario,  e  cio  non  solo  per  naturale  dirilto,  ma  per 
istrelto  obbligo  imposlo  dalla  umanita.  In  somma  la  duplice  idea  di 
uniftcazione  e  di  siermmio  anche  nel  Ficlite  non  fallisce  punto  con 
quel  mal  odore  di  repubblica  universale  o  social istica ,  che  ne  esce 
da  ogni  lalo. 

Terzo  tra  cotanlo  senno  poniamo  il  Seydel ,  il  quale  pure  studio 
la  massoneria  solto  il  riguardo  filosofico,  e  compose  un  discorso  per 
i  non  massoni  da  avergli  meritato  il  titolo  d'ispirato  1. 

Le  sue  conchiusioni,  spogliate  del  misticismo  che  fa  lor  velo,  so- 
no  in  sostanza :  «  lo  scope  della  massoneria  esser  quello  della  uma- 
nita, cioe  1'unione. della  natura  e  di  Dio,  ottenuta  coll' annobilire  la 
morale:  i  massoni  lavorare  intorno  ad  esso  infaticabilmente.  II  pas- 
so  mediano  per  giungere  a  tanta  altezza  essere  il  rannodamento  delle 
parti  divise  nella  societa,  sicche  n'  esca  un  tutto;  quindi  gli  adepti 
stretlisi  in  unita  di  pensiero  e  di  sentimento  ed  avendo  in  mira  il 
bene  universale  della  umanita  essersi  obbligati  a  pugnare  in  ogni 
luogo  e  con  tutte  le  loro  forze,  e  ad  annientare  ogni  tendenza  per- 
sonate, ed  ogni  elemento  di  divisions  conlrario  al  del  to  mezzo  tanto 
in  se  medesimi,  quanto  in  altmi.  Di  che  rendersi  manifesto,  che  la 
tendenza  o  lo  spirito  personate  non  deve  regolarsi,  sia  da  certe  con- 
sider azioni  o  da  certi  insegnamenti  (religiosi),  sia  da  certi  riguardi 
o  da  certe  cpndmoni  dello  spirito  (posti  o  tradizioni  domestiche),  sia 
dallo  spirito  di  nazionalita  o  di  famiglia,  o  da  quale  che  si  fosse 
attraimento  di  propria  scelta  (sposa),  ma  dalla  tendenza  originate, 
che  guida  all' ultimo  scopo  2.  »  In  poche  parole  che  cosa  wole  1'  au- 
tore  ispirato?  Yuole,  che  ogni  piu  nobile  sentimento  del  cuore  sia 
indegnamente  calpestato  dagli  individui.  Yuole  die  siano  distrutte 
le  naturali  separazioni  nell' ordinamento  sociale.  Vuole  che  tulto 
queslo  venga  sacrificato  in  omaggio  della  uniticazione  generate  de- 

1  Nous  suivrons  un  ecrivain  maconnique  contemporain  M.  RUD.  SEIDEL, 
I'auteur  inspire  des  maconnerie  etc.  FIISDEL,  v.  I,  pag.  13. 

2  Cf.  ftedcn  uber  Freimaurerei  an  denkende  Nichtmaurer.  Leipsig  1859. 
FINDEL  v.  I:  Introduction. 


NATIRA  E  FINE  «  51 

gli  uomini  sotto  una  forma  sola,  velata  col  raistico  titolo  di  unions 
della  natura  e  di  Dio. 

Abbiamo  tre  uomini  Lessing,  Fichte,  Seydel,  riputatissimi  per 
conoscenze  massoniche  presso  1'Ordine.  Tutti  e  tre  scrivono  dell'til- 
timo  scopo  della  massoneria,  tutti  e  tre  ne  favellano  colla  freddezza 
del  filosofo.  Eppure,  non  ostante  che  1'uno  abbia  scritto  nel  1788, 
1'altro  nel  1802,  il  terzo  nel  1859;  non  ostante  che  il  primo  abbia 
ragionato  movendo,  come  da  un  punto  sodo,  dallo  svolgimento  sto- 
rico  della  umanita,  il  secondo  dall' ultimo  fine  della  medesima,  il 
terzo  dalle  tendenze  deirindiyiduo,  tutti  e  tre,  perche  retti  dallo 
stesso  lume  massonico  nel  loro  discorso,  sono  giunti  alia  medesima 
conchiusione  ,  la  unificazione  dei  popoli ,  ultimo  scopo ;  1'  annienta- 
mento  degli  ordinamenti  chili  present! ,  di  ogni  Ghiesa  ,  della  ine- 
guaglianza  sociale  in  risguardo  delle  condizioni,  qual  mezzo  neces- 
sario,  o  fine  immediate.  Unayentina  di  testimonianze  di  altri  chiari 
massoni  tedeschi  vi  citeremo  ad  un  fiato  in  confermazione ,  se  non 
temessimo  di  andar  troppo  per  le  lunghe. 

I  massoni  tedeschi  si  danno  il  vanto  di  ayer  eglino  soli  conosciu- 
to  infino  a  questi  di  il  vero  concetto  deH'Ordine.  Sia  pure.  Ma  ec- 
coyi  da  questa  paite  i  massoni  inglesi,  i  quali  indicano  la  G.  Log- 
gia di  Londra,  come  la  madre  e  la  prima  ispiratrice  di  tutte  le 
loggc  deir  uniyerso :  eccoyi  da  quella  i  massoni  francesi,  i  quali  af- 
fermando  di  aver  riceyuto  I'arte  reale  dalla  G.  Loggia  di  Londra, 
sostengono  ancora,che  fu  loro  merce,  se  essa  aggrandi  nel  mondo 
e  fiammeggio  nitida  nella  sua  idea  e  ne'  suoi  principii.  Ebbene 
convcngono  gli  uni  e  gli  altri  circa  lo  scopo  massonico  cogli  scritto- 
ri  tedeschi?  Giudicatelo  dalle  seguenti  testimonianze. 

II  cav.  Ramsay  il  piu  ardente  tra  i  primi  inglesi  propagaiori 
della  massoneria  in  Francia,  cosi  ne  descrisse  lo  scopo,  come  Gran- 
de Oratore  deWOrdine  in  un  suo  discorso  del  1740.  «  II  nobile  ar- 
dore,  che  voi  dimostrate,  egli  disse  ai  noyamente  iniziati,  nell'  ar- 
rolaryi  all'  antichissimo  ed  illustrissimo  Ordine  dei  frammassoni, 
6prova  sicura,  che  yoi  possedete  tutte  le  quality  necessarie  per  di- 
ventarne  membri.  Queste  qualita  sono:  filantropia  sayia,  morale  pti- 
ra,  secreto  inyiolabile  e  buon  gusto  delle  belle  arti.  Licurgo,  Solone, 
Numa  e  tutti  gli  altri  legislator!  politic!  non  hanno  potuto  dare  fer- 


02  SAGGIO  CRITICO  BELLA  SOCIETA  MASSONICA 

uia  durata  alle  propric  fondazioni,  ne  quantunque  sa\ie  fosscro  le 
loro  leggi,  si  sono  eslese  a  tulti  i  paesi  ed  a  tutti  i  secoli...  La  filan- 
tropia  non  ne  era  punto  la  base.  L'amor  della  patria  mal  conosciuto,  e 
portato  all'eccesso  annientava  nelle  repubbliche  guerrescke,  da  essi 
fondatc,  Y  amor  deWuinanita  in  generale.  Gli  uomini  non  sono  Ira 
se  distinti  essenzialmente  per  la  differenza  delle  lingue  che  parla- 
no,  ne  per  la  diversita  degli  abiti  che  vestono,  o  de'  paesi  che  oc- 
cupano,  o  delle  dignita  che  tengono.  //  mondo  intero  non  e  che  una 
yrande  repubblica,  della  quale  ogni  nazione  e  una  famujlia,  ed 
ogni  mdimduo  un  figlio.  Per  far  rimer  e  e  propagare  cotes  te  mas- 
sime  antiche,  ricavate  dalla  natura  dell'  womo,  fu  stabilita  la  no- 
stra  societa...  1.  »  Tale  e  la  sua  conchiusione :  le  premcsse  son  ti- 
lubanti,  malamente  poste.  L'  oratore  non  potea  fare  altrimenti  at- 
tesa  la  condizione  delle  persone,  a  cui  favellava,  allora  allora  inizia- 
ie,  e  la  qualita  dei  tempi  e  delle  opinioni,  che  correano.  Cio  npn 
ostanle  chi  non  yede  tutto  intero  nella  sua  luce  il  duplice  scopo  ca- 
pitale  della  massoneria :  Y  ultimo  nella  repubblica  unificante  tulti  i 
popoli  e  tutti  gl'  individui  merce  un  ordinamento  comune  prove- 
niente  dalla  loggia,  e  Y  immediato  nell'  annientamento  delle  forme  e 
delle  dottrine  esistenti,  civili  e  religiose,  merce  il  lavorio  continualo 
degli  adepti  nell'  impiantare  e  crescere  principii  ed  anciennes  maxi- 
mes,  prises  dans  la  nature  de  I'  homme,  cospiranti  all' ultimo  line? 
Tant'e:  il  Ramsay  quindi  ci  chiarisce,  che  il  concetto  massonico  cir- 
ca lo  scopo  dell'Ordine  professato  nell'  Inghilterra,  donde  egli  trae- 
valo ,  era  quel  desso ,  intorno  a  cui  filosofavasi  dalle  loggc  iiglie 
in  Germania,  eche  importato  in  Francia,  veniva  lavoralo  in  miglior 
forma  dalle  logge  erettevi. 

Volele  vedere  il  grado  di  perfezione,  a  cui  fu  condotto  nei  tempi 
moderni?  II  Rebold,  storico  approvato  delle  tre  G.  Logge  francesi, 
vi  si  mostra  cortesissimo  nel  descrivervelo.  «  La  Frammassoneria  dei 
nostri  giorni,  egli  dice,  proclama  la  fraternita  universale,  quale 
scopo,  a  cui  si  e  proposto  di  mirare;  i  suoi  conali  tendono  costantc- 
mente  a  spegnere  tra  gli  uomini  i  pregiudizii  di  casta,  le  distinzioni 
de'colori,  di  origine,  di  opinione,  di  nazionalita;  ad  annientare  il 

1  Dlscours  prononce  a  la  reception  dcs  Freemacons  par  Mr.  de  R.9 
Grand-Orateur  de  I'Ordrc. 


NATURA  E  FINE  33 

fanatismo  e  la  superstizione,  a  sterpare  gli  odii  nazionali  e  con  essi 
il  flagello  della  guerra;  in  una  parola,  a  pervenire,  per  la  \ia  di  un 
progresso  libero  e  pacifico,  allo  stabilimento  del  diritto  eterno  ed  uni- 
vcrsale ,  secondo  il  quale  ogui  individuo  possa  liberamente  e  total- 
in  °nte  esplicare  tutte  le  sue  facolla  e  concorrere  con  tutta  la  picnczza 
delle  sue  forze  alia  felicita  di  tutti,  ed  a  formare  con  qucsto  mezzo  di 
lutto  il  genere  umano  una  sola  e  stessa  famiglia  di  fratelli,  uniti  col 
triplice  legamc  dell'amore,  della  scienza  e  del  lavoro.  Questo  scopo 
c  simboleggiato  dal  tempio  universale  della  verita ,  della  umanita , 
della  fraternita,  tempio  cne  in  vastita  vince  qualunque  altro,  avendo 
a  confine  i  confini  della  terra,  intorno  alia  cui  costruzione  i  vcri  adepti 
lavorano  senza  posa,  affinche  giunga  un  di  a  mostrarsi  in  tutto  lo 
splendore  della  sua  maesta  e  della  sua  bellezza,  quale  eterno  omag- 
gio  di  riconoscenza  alia  gloria  del  Grande  Architetto  dell'  Univer- 
so  1.  »  Cosi  il  Rebold.  II  riassunto  di  tutta  la  sua  descrizione  sono 

0 

due  parole:  distruzione  e  ricostruzione.  Distruzione  di  tulte  le  di- 
stinzioni  sociali  esistenti,  su  cui  levansi  i  diversi  ordinamenti  poli- 
tici:  ricostruzione  di  un  nuovo  tempio  sociale,  sopra  il  disegno  di  una 
forma  universale,.  in  cui  scomparse  le  discrepanze  di  religione  e  di 
polilica,  le  distinzioni  di  ricchi  e  di  poveri,  le  varie  caste  di  sacer- 
doti  e  di  laici,  di  re  e  di  sudditi,  di  padroni  e  di  operai,  segga  rei- 
na  la  sola  fratellanza  universale. 

Francesco  Favre,  redattore  del  periodico  Le  Monde  maconnique 
assai  riputato,  ci  die  un  Sagcjio  filosofico  deH'Ordine.  Indicati  in  esso 
i  principii  proprii  della  societa,  quanto  al  fine  immediato  ci  dice 
londo,  eke  questo  consiste:  «  neU'emancipazione  compiuta  dello  spi- 
lilo  umano,  nel  rispelto  verso  tulte  le  credenze  sincere,  nell'annien- 
tamcnto  della  ignoranza  e  dei  pregiudizii,  nella  distruzione  dei  pri- 
vilegi...  giacche  tel  est  le  hit  de  leurs  efforts  et  de  leurs  travaux, 
cioe  dei  massoni.  Ma  badate  cne,  secondo  lui,  il  modello  tipo  di  un 
Governo  e  la  dcmocrazia  delle  logge  ,  che  «  chi  rimane  fisso  in  uno 
statute  politico  e  religioso,  corre  diffilalo  alia  sua  ro\ina,  »  che  la 
base  della  massoneria  essendo  «  il  libero  pensiero,la  libera  discus- 
sione,  il  libero  ragionamento  »,  il  domma,  pun  to  di  dottrina  invaria- 

1  Bistolre  des  trols  G.  L.  de  Francs-macons  en  France,  pag.  41. 


.54  SAGGIO  CRITICO  BELLA  SOCIETA  MASSONICA 

bile,  non  puo  esser  cosa  massonica ,  che  in  fine  «  1'esercizio  della 
beneficenza  e  un  affronto  al  principio  della  dignita  umana.  »  Di  che 
avete  tutlo  1'agio  di  capire,  come  1'opera  massonica  della  distruzione 
si  stenda  sopra  la  Chiesa ,  che  professa  dommi ,  e  sopra  gli  statuti 
politici ,  che  non  eguagliano  il  modello  tipo,  c  sopra  il  principio  di 
propriety  in  servigio  della  dignita  umana.  Quindi  inlendete  ancora 
cio  che  valga  questo  suo  sospiro  circa  1'  ultimo  scopo :  «  cosi  ope- 
rate la  purificazione  esposta,  saranno  compiuli  e  raffermati  i  veri 
principii  della  nostra  societa.  Ma  lungi  dall'  essere  con  cio  terminata 
la  nostra  impresa,  sara  ancora  in  sul  cominciare :  imperocche  nulla 
si  sara  operato  infino  a  che  V opera  non  avra  tenuto  dietro  al  precet- 
to,  infino  a  che  noi  non  avremo  attuati  su  tutta  la  faccia  della  terra 
ed  oyunque  applicali  i  tre  termini  indivisibili ,  contenuti  nella  divisa 
massonica:  Liberia,  Eyuaglianza,  Fraternita  1. 

Qualche  anno  prima  del  Favre,  il  Marchal  mise  alle  stampe  un 
suo  Studio  critico  e  filosofico  intorno  la  Massoneria.  Le  cui  con- 
chiusioni  in  sostanza  sono :  la  massoneria  considerata  in  astratto, 
apparire  una  forza,  un'  idea  teorica  e  pratica;  sua  vita  essere 
il  movimento,  sua  legge  il  progresso ;  bisognare  al  suo  svolgimen- 
to,  che  ella  s'incarni  in  una  forma  sensibile  e  visibile,  appropriata 
alia  sua  natura ;  questo  verificarsi  ne'  rituali  e  nella  associazione, 
e  compirsi  efficacemente  nel  seno  degli  Stati ;  il  suo  movimento  e 
la  sua  forma  gittare  una  profonda  e  recisa  separazione  tra  la  so- 
cieta massonica  e  le  religioni  positive,  inceppate  dai  dommi  e  dalle 
filosofie  esclusive.  Cio  posto  « la  massoneria  opera  liberamente  fuo- 
ri  della  sfera  dell'  altivita  individuale  e  sociale ;  »  che  e  quanto  dire 
o  non  incaricandosene  ,  o  calpestandola  ogni  qual  volta  cotesta  atli- 
vita  le  sia  opposta:  giacche,  «  suo  scopo  (immediato)  si  e  impadro- 
nirsi  della  iniziativa  dell'  individuo,  renderla  operativa  ed  efficace, 
quanto  e  possibile  ,  rischiarandola  ,  dirigendola  e  moltiplicaudone 
le  forze  coll'  associazione  e  colla  unita  degli  sforzi :  sua  tendenza 
principals  la  unifieazione  del  genere  umano.  »  A  dir  tutto  in  bre- 
ve ,  «  essa  deve  creare  un  nuovo  ordine  d'  idee  negli  spirili ,  e  con- 
durre  ad  effetto  cio,  che  fu  segnalato  dal  Prudhon  alia  politica  con- 

1  Documents  maconniques  recueillis  et  anno tes  par  FRANCOIS  FAVRE.  Paris 
1866.  Essai  historique  et  philosophique  §.  II. 


NATVjRA  E  FINE  .    35 

temporanea  in  quelle  sue  parole:  affrettare  il  ritorno  alle  istituzioni 
ed  ai  principii  dell'  ottantanove,  affermare  il  diritto  dell9  uomo  e 
rincarnazione  della  yhtstizia  nella  umanita.  »  Guai  al  Principe  od  al 
Governo,  che  non  da  mano  alia  massoneria  nell'alluare  cotesto  con- 
siglio  del  Prudhon !  «  L'  idea  massonica  entrera  nelle  popolazioni 
sotto  forma  di  sentimento,  di  forza  cieca:  essa  drverra  1'anima  delle 
rivoluzioni  e  delle  societa  secrete,  nella  significazione  piu  selvaggia 
della  parola  1.  »  Avete  capito  a  qual  grado  di  perfezione  sia  stato 
condolto  il  concetto  massonico  in  Francia?  A  quello  di  mettere  le 
societa  alle  strette ,  come  fa  1'  assassino  ,  con  terribile  pugnale  in 
mano  e  con  piu  feroce  dilemma  in  sul  labbro:  consentite,  che  i  prin- 
cipii iniqui  e  schifosi,  predicati  dal  Prudhon,  circa  la  famiglia  e  la 
propriela  si  traducano  in  atto ,  oppure  sarete  preda  del  saccheggio, 
della  violenza  e  della  strage  piu  sanguinosa :  distruzione  di  ogni  or- 
dine  esistente,  unificazione  socialistica,  o  morte.  Orrido  scopo  pre- 
sentato  sotto  piu  orrida  e  truculenta  proposta ! 

I/ Italia  massonica,  al  dire  del  Favre,va  a  fianco  della  Francia  e 
precede  con  essa  per  la  via  tutta  favorevole  al  progresso  ed  alle  ri- 
forme.  Pigliate  in  prova  gli  Statuti  della  Massoneria  italiana  al 
Tito  simbolico.  Eccovi  i  termini  dell'articolo  VII:  « -A  meta  ultima 
de'  suoi  lavori  si  pretigge  di  raccogliere  tutti  gli  uomini  liberi  in 
una  gran  famiglia,  la  quale  possa  e  debba  a  poco  a  poco  succedere 
a  tulte  le  sette,  fondale  sulla  fede  cieca  e  I'autorita  teocratica,  a 
tutti  i  culti  superstiziosi,  intolleranti  e  nemici  fra  loro,  per  costituire 
la  vera  e  sola  chiesa  della  umanita.  »  A  tal  uopo  1'articolo  VI  vi 
dice,  che  « il  campo  della  sua  azione  abbraccia  il  progresso  del 
bene  sociale  sotto  tutte  le  condizioni  e  le  forme,  che  possono  conve- 
nire  al  suo  fine;  e  quindi  ogni  progresso  del  bene  economico,  in- 
tellelUmle,  morale  e  politico.  »  II  Frapolli,  G.  Maestro  fa  sapere  ai 
Figli  della  Vedova  nell'  indirizzar  loro  i  nuovi  Statuli,  qualmente  «  la 
massoneria  e  il  sistema  sociale,  che  essa  aspira  ad  assorbire  1'  uma- 
na  societa  intera  » ,  e  cio  col  far  scomparire  ogni  interesse  politico 
e  reliyioso  dei  sistemi  presenli.  Che  piu?  la  massoneria  siciliana 
per  la  penna  del  F.-  Finocchiaro-Aprile  ci  dice  a  dirittura ,  che 

1  Elude  critique  et  philosophique  sur  la  maconnerie,  par  E.  MARCHAL 
Paris  1861. 


56  SAGG10  CRITICO  DELIA  SOCIETA  MASSONICA 

T  Ordine  e  la  scuola  delta  Democrazia ,  che  tende  a  compiere  i 
programmi  del  Mazzini,  di  Ledru-Rollin  e  del  consort!  l,  tutti  fiore 
di  repubblicani  socialist!.  Insomma  1'eco  di  distruzione  e  ricostru- 
zione  socialistica  viene  fieramente  ripercosso  da  un  capo  aU'altro  del- 
la  penisola  o  per  meglio  dire  in  tutta  Europa  e  fuori  piu  o  meno  spic- 
cato  e  minaccioso,  secondo  le  congiunlure  de'  tempi  e  de'  luoghi. 

Lasciate  da  banda  le  super  fetazioni  degli  alti  gradi,  come  lesli- 
monianza  sospetta,  non  curati  i  riti,  in  cui  si  mostra  il  pugnale  slil- 
lante  sangue  di  strage  e  di  morte ,  ci  siamo  fatti  da  presso  a  quci 
massoni ,  che  colla  freddezza  del  filosofo  e  di  proposito  hanno  stu- 
diato  Tintima  natura  dell' Ordine,  abbiamo  cercato  quei  volumi,  die 
ebbero  le  piu  ample  lodi  massoniche.  Alia  domanda  lor  fatta :  qual 
e  lo  scopo ,  a  cui  tende  la  vostra  societa?  la  risposta  fu  concorde, 
fu  una :  i  nostri  lettori  T  hanno  sentita.  Or  bene  non  si  accorda  essa 
nella  sostanza  con  cio  che  hanno  asserito  i  quattro  autori  citati  nel 
paragrafo  antecedente?  Tant'  e:  la  massoneria  ,  in  quanto  sociela , 
vuole  la  distruzione  della  religione,  \uole  la  soppressione  di  qualun- 
que  distinzione  chile.  Lo  dicono  i  quattro  citati  scrittori,  lo  dicono 
gli  stessi  massoni.  La  differenza  sta  solamenle  nel  modo  di  proporne 
il  programma ;  giacche  quelli  lo  disegnano  su  feroci  document!  e  lo 
incarnano  nella  immagine  truculenta  della  rivoluzione  francese ; 
laddove  questi  gli  danno  un'  aria  di  pace ,  di  giustizia  e  di  beatilu- 
dine  senza  pari.  fi  tolta  Torridezza  estrinseca,  rimane  la  intrinseca, 
balenando  nel  vessillo  massonico  la  terribile  epigrafe :  DISTRUZIONE  , 

RICOSTRVZIONE. 


VI. 


Lo  scopo  della  Societa  massonica,  dedotto  dalla  natura 
de'  suoi  principii.  Conseguenze  pratiche. 

Gravissime  sono  le  testimonianze  arrecate,  ma  pure  indhiduali. 
Lo  scopo  massonico  ricavatone  non  potrebbe  egli  quindi  essere  la 
espressione  di  opinioni  particolari?  Tutt'altro:  esso  fluisce  dagli 

1  La  Massoneria  e  i  suoi  detrattori. 


NATURA  E  FINE  57 

dementi  di  conoscenza,  costitutivi  della  massoneria,  come  rigagnolo 
da  fonte.  Di  guisa  che  se  la  sociela  massonica  non  si  proponesse  lo 
scope  anzidetto ,  cesserebbe  di  essere ;  sarebbe  una  contraddizione. 
La  ragione  e  facile.  La  unita  di  fine  in  ogni  societa  deriva  dalla  unita 
di  conoscenza,  essendo,  a  modo  di  esempio,  impossibile  cbeuomini 
di  commercio  forminouna  data  societa  industriale  nel  supposto,  che 
siano  in  disaccordo  circa  i  principii  fondamentali  della  stessa.  Ab- 
biamo  dimostrato  nel  paragrati  II  e  III,  che  gli  element!  cosliluenti 
il  fondo  della  natura  massonica  ed  armonizzanti  in  unita  di  pensiero 
le  intelligenze  dei  massoni  sono  due:  il  razionalismo  nell'ordine  re- 
ligioso,  e  la  democrazia  piu  ampla  nell'  ordine  politico.  Or  chi  non 
vcdc  a  colpo  d'occhio,  chjs  il  fine  o  scopo  massonico  derivante  da  co- 
testo  duplice  elemento  armonizzatore,  deve  portarne  seco  le  qualita, 
come  fa  il  rigagnolo  in  risguardo  della  sua  fonte?  Dunque  la  forma 
deH'ordinamento,  a  cui  tende  la  societa  massonica,  come  a  fine,  deve 
essere  schieltamente  razionalistica  in  religione  ,  e  democratica  nel 
sense  piu  amplo  della  parola  in  politica.  Ma  questa  forma  e  da  at- 
tuarsi  in  societa  basate  sopra  religioni  dommatiche  ,  sopra  distin- 
zioni  social!,  sopra  principii  piu  o  meno  monarchic!  od  aristocratic!, 
ectfovi  qu'ndi  la  necessita  per  i  massoni  di  annientare  le  religioni 
dommatiche,  di  sopprimere  ogni  distinzione  sociale,  di  torre  dal 
mondo  ogni  principle  monarchico  od  aristocratico.  Pognamo  per  un 
poco  che  la  massoneria  si  dia  a  rassodare  il  domma  religiose,  la  di- 
stinzione sociale,  il  principio  monarchico.   Quale  vi  comparirebbe 
in  quest'  atto?  Un  assurdo,  una  contraddizione  :  perche  essendo  i 
suoi  principii  opposti  alle  sue  opere ,,  distruggerebbe  se  stessa. 
Adunque  il  grido  che  gitta  tra  i  suoi  adepti,  e  il  grido  piu  feroce  di 
guerra:  rovesciate,  distruggete,  annientate  dommi,  distinzioni  e  au- 
torita,  cada  tulto  in  un  fascio  nell'  abisso  dell'  oblio ! 

Badate  pero,  che  cotesta  distruzione  si  puo  compiere  in  due  modi: 
col  mandare  in  aria  tutto  il  vecchio  edifizio  per  uno  scoppio  di  mi- 
na,  cd  indi  sgombrati  i  ruderi,  fabbricare  il  nuovo;  oppure  col  rui- 
narlo  alia  sordina  e  col  sostituirvi  a  poco  a  poco  il  disegnato.  Lo 
scoppio  della  mina  fu  adoperato  nella  grande  rivoluzione  francese, 
ma  con  pessima  prova  per  la  massima  parte  degli  adepti.  Ora  si 
tenta  il  secondo?piu  lento,  e  yero,  ma  piu  sicuro  tanto  per  i  layora- 


58  SAGGIO  CRITICO  BELLA  SOCIETA  MASSONICA 

tori,  quanto  per  Tesito.  Gli  ammonimenli,  clie  uri  oratore  massone 
daya  ad  alcuni  iniziati  maestri,  valgano  di  prova.  «  Gli  uomini,  egli 
dicea,  riversati  dalla  massoneria  nel  seno  della  societa  civile  vi 
giungono  col  pensiero  di  operarvi  una  riforma  pazienle,  sicche  sfron- 
dando  gli  abusi  non  sono  stolti  a  segno  da  pigliarli  di  fronte :  essi 
scayano  a  poco  a  poco  il  terreno,  insinuano  a  gvado  a  grado  i  loro 
principii  liberal!  e  filosofici,  e  giungono  insensibilmente  a  persua- 
derli  senza  scosse  e  senza  reazioni.  Gittate  dcll'acqua  bollente  in 
uiia  tazza;  ella  si  fende  e  va  in  pezzi;  ma  se  voi  la  fate  passare  per 
tutti  i  gradi  della  calda  temperatura,  ella  durera  intatta,  e  1'ardente 
bollimento  dell'acqua  non  le  cagionera  niun  reo  effetto,  non  ostante 
la  sua  fragility.  Cosi  noi,  prudent!  riformatori,  dobbiamo  jjrocedere 
lentamente  ed  aspettare  dal  tempo  il  compimento  dell' opera  nostra. 
Che  se  per  1'ppposto  temerarii  noi  vorremo  sterpare  violentemente 
gli  abusi,  che  ci  travagliamo  di  torre ,  incontreremo  la  resisten- 
za,  pericolera  tutto  il  nostro  layoro.  Camminiamo  dunque  con  pru- 
denza  nella  via  del  progresso,  affine  di  conseguirlo  piu  sicuramen- 
te  l.  »  L'arte  e  fina,  e  sommamente  insidiosa,  tendendo  a  scam- 
biarvi,  senza  che  ye  ne  ayvediate,  i  santi  principii,  che  ayete  suc- 
chiato  nella  famiglia  e  nella  societa  crisliana  con  quei  distruggitori 
della  massoneria!  Ma  tant'  e :  tale  si  e  lo  scopo  della  massoneria, 
tale  si  e  1'arte  per  conseguirlo.  Gonchiudiamo. 

Che'cosa  e  la  Massoneria?  Per  rispondere  a  questa  domanda  ci 
e  bisognato  risolvere  due  quistioni.  La  prima  circa  l&nnita  di  cono- 
scenia,  e  fu  risoluta  nell'articolo  antecedente;  la  seconda  circa  il 
fine,  ed  e  stata  Y  opera  del  pjesente.  Ball'  una  e  dall'altra  unite  ci 
spunta  tutta  da  se  la  risposta  alia  fatta  domanda : 

«  La  Massoneria  e  una  societa  politico-religiosa,  che  professando 
la  democrazia  piu  pura  nell'  ordine  civile  ed  il  naturalismo  rmiona- 
listico  piu  schietto  in  religwne,  tende  con  tutto  lo  sforzo  a  distruy- 
gere  il  presente  edifizio  sociale,  ed  a  ricostruirlo  tutto  su  la  base 
de  suoi  principii.  JD 

Yolete  yedere  uno  esempio  di  cio?  che  sia  questa  ricostruzione? 
Guardate  la  grande  riyoluzione  francese!  Decapitato  il  Re,  scannati 

1  Le  Globe,  Archives  des  initiations,  1840.  Discours  prononce  en  tenue'4de 
maitre,  pag,  IL 


NATURA  E  FINE  1)9 

i  sacerdoti,  abolita  ogni  memoria  di  autorita  regia  ed  ecclesiastica, 
i  ricostruttori  massoni  si  divorarono,  si  distrussero  tra  se.  Cosi  Id- 
dio  punisce  1'orgoglio  umano ! 

Intanlo  eccovi  alcune  conseguenze  a  eompimento  di  questo  artictflo: 

1.°  Una  societa  umana  quale  che  siasi  importa  «  la  cospirazione 
di  molti  uomini  al  conseguimento  comune  di  un  fine  da  essi  cono- 
sciuto  e  voluto.  »  II  fine  immediate  conosciuto  e  voluto  dai  massoni 
si  e  la  distruzione  della  Chiesa,  dell' autorita  regia,  delle  distinzioni 
cittadine,  provenienti  o  dalla  nascita,  o  dalla  proprieta.  Per  altra 
parte  abbiamo  provato  che  tra  i  different!  gruppi  massonici  v'  e  unita 
di  doltrina,  unila  di  fine  ed  unita  di  sforzo  al  comune  intento  1.  Dun- 
que  la  societa  massonica  non  e  altro  che  una  vasta  cospirazione  con- 
tro  la  Chiesa,  contro  i  Re,  contro  la  proprieta.  Gli  scrittori  massoni 
hanno  gridato,  hanno  schiamazzato  contro  questa  affermazione.  Ma 
taut'  e ;  essa  e  una  semplice  conseguenza  dedotta  da  fatti  irrefraga- 
bili,  perche  confermati  dalle  loro  testimonianze.  • 

2.°  La  Chiesa  cattolica  ha  per  fondamento  la  fede  divina,  insegna 
che  la  ragione  ultima  di  ogni  autorita  si  appoggia  a  Dio :  la  societa 
massonica  invece  si  fonda  sopra  il  razionalismo,  e  dice  che  1' ultima 
ragione  di  ogni  autorita  sta  nel  popolo.  Sono  quindi  di  nalura  avver- 
sa,  sono  incompossibili.  E  pero  non  v'  e  scampo,  o  cattolico  colla 
Chiesa,  o  anticattolico  colla  massoneria. 

3,°  Per  la  stessa  ragione,  la  massoneria  ne'  conati  che  fa  per 
estendersi  tra  i  fedeli,  deve  tendere  necessariamente  al  distruggi- 
mento  della  Chiesa  per  surrogar  se  stessa.  Dunque  il  massone  e 
chi  lo  giova  ncll'  opei'a  sua  e  un  persecutor  ed  un  distruggitore 
della  Chiesa. 

4.°  Niun  cattolico  puo  renders!  massone  senza  che  si  renda  ad  un 
tempo  fedifrago  verso  la  Chiesa,  in  quanto  si  collega  co'  suoi  nemici 
e  la  combatte  con  essi.  E  pero  la  sentenza  di  scomunica  statuita  dal 
Papa  contro  di  lui  e  giustissima,  non  essendovi  capo  di  niuna  schiera, 
il  quale  non  metta  al  bando  e  non  cassi  dalle  sue  file  il  soldato, 
passa  al  campo  nemico. 

1  V.  Serie  VI,  vol.  XI,  pagg.  521  e  segg. 


<••<  n.iri 
tjftfati  ofiui  ;M>  Uf  i;i 

,i,f  DI  UN  GIOVINETTO  CROCIATO 

MORTO  1L  GIORNO  DELL' ASSUNZIONE  DI  MARIA,  1868  I 

•?!<-«'        '•:«\V'.r- 

(Da  una  Biografia  mss.  di  Antonio  Goldoni,  artigliwe  pontifirio, 

distesa  da  un  Amico  del  defunto) 
U-L.  xj-i  K  «^«W^i#f:fMr'MMM       '?-&frfa<! •*>? -toWf- 

^s^AA^1^-     —  ,  ffnor 

.•i$'-$iP4lMvi'  t  "ivfFfV'V'Iffvr.f;      -run] 

1  ffittrVi  of^^f  b  M!  ;- 

:\s  \^\\  f;vm/f.  ftv/»jw:»?fifrfA»*t<\/.  -i^r^fl  :^4iip  Y:-"  "svfi-  _ 

IV. 

. 
Ultima  malattia  di  Antonio.  Suoi  sensi  generosi. 

•r\tt\\1\     ''I'r,!'      f"fl?MuVf    '»«»({?•    "-''  ';        '    '•    -'  i--^.'     >;        -M!<"^^: 

Ebbi  la  prima  notizia  della  malattia  del  Goldoni  da  un  suo  came- 
rata  modenese;  e  corsi  allo  spedale.  II  male  era  leggero  e  volgeva 
in  meglio,  si  parlava  di  convalescenza ;  e  Antonio,  allegrissimo  giu- 
sta  il  suo  consueto,  mi  parve  contento  delle  sollecite  cure  eke  ricc- 
veva,  dicendomi  tra  1'altre  cose,  che  nulla  poteva  mancargli  del  bi- 
sognevole,  essendovi  cola  le  buone  Suore  di  S.  Yincenzo.  Ancora 
mi  si  mostro  lutto  urbanita  e  cortesia,  e  riconoscente  in  sommo  per 
la  \isita  e  per  un  libriccino  di  diporlo  che  gli  avevo  recato.  Non  era 
punto  impensierito  da  alcuna  trista  apprensione.  Cosi  continuo  per 
piu  giorni,  sempre  con  apparente  e  forse  con  reale  miglioramenlo. 
Ma  il  malore  avea  giltato  radici  profonde  nelle  \iscere,  giacche  fino 
dai  primi  giorni  della  dimora  in  Roma,  Antonio  s'  era  risentito  di 
ilusso  di  centre  e  di  doglie  intestinal!. 

'  Inlrattanto  la  mano  amorosa  di  Dio  veniva  lavorando  il  cuore  di 
lui :  e  chi  si  tratteneva  a  ragionare  di  spirito  alia  sponda  del  suo  let- 

1  V.  il  volume  precedente,  pag.  656  e  segg. 


DI  UN  GIOVINETTO  CROCIATO  ECC.  61 

ticciuolo ,  non  poteva  non  sentirsi  commuovere  di  ammirazione  e  cli 
rispelto  per  V opera  divina  manifestissima.  Con  quali  interne  dispo- 
sizioni  egli  accetlasse  fin  da  bel  principio  la  infermita,  niuno  potra 
raccontarlo  meglio  di  lui  stesso,  in  una  leltera  data  dallo  spedale, 
il  di  dopo  entratovi.  La  quale  lettera  riferiro  quasi  per  intero,  per- 
che in  essa  spicca  mirabilmenle  e  la  sua  rassegnazione  e  la  piela 
filiale,  ed  ancora  per  saggio  del  suo  non  mediocre  yalore  nelle  buo- 
ne  letter  e  :  sopra  tutto  poi  perche  e  Y  ultima  sua. 

«  Carissimo  Papa.  Roma  3,  8,  68.  Come  avrai  letto  nella  mia 
ultima,  mi  hanno  preso  le  febbri,  e  continuando  queste  a  ri  peter  si 
ogni  due  giorni  costantemente,  sono  stato  costretto,  inviato  dal  me- 
dico militare  ,  a  venire  allo  spedale  di  S.  Spirito ,  per  vedere  di  far 
cessarle  o  tosto  o  tardi. 

«  lo  accetto  questa  lieve  malattia  come  una  nuova  prova  del  Si- 
gnore;  e  quindi  spero  di  sopportarla  con  quella  rassegnazione  che 
si  addice  ad  un  mililare  del  Yicario  di  Cristo. 

«  Del  resto  poi  non  mi  posso  lamentare,  perche  in  questo  ospe- 
dale  si  sta  benissimo :  ti  basti  il  dire  che  siamo  trattati  dalle  buono 
Snore  della  Carila,  e  lu  sai  con  quanta  cura,  con  quanto  amore,  con 
quanta  assiduila  prestino  i  loro  scrvigi  ai  poveri  ammalali.  E  spc- 
cialmente  in  questo  mese,  che  le  febbri  si  moltiplicano  ogni  giorno, 
le  loro  faliche  si  sono  radcloppiate  :  ma  tu  le  vedi  giorno  e  notto 
camminare  da  un  letto  all'  altro,  per  recarvi  medicine,  conforti, 
consigli. 

«  Questo  spedale  non  e  per  nulla  degenere  dagli  altri  edifizii  roma- 
ni  e  per  il  suo  comodo,  per  la  sua  magnificenza,  per  la  sua  gran- 
dezza  e  pel  suo  splendore. 

«  E  slato  fabbricato  da  Pio VI  ed ultimamente  ristaurato  da  Pio  IX. 

«  Questo  grandioso  edifizio  si  compone  di  tre  piani.  Nel  primo, 
che  e  pian  terreno,  stanno  gli  abbigliamenti  da  ammalato,  e  i  mag- 
gazzini  ove  deporre  gli  abiti  da  militare.  Nel  secondo,  al  quale  si 
arriva  dopo  dieci  comodi  e  larghi  gradini,  stanno  gli  ammalali  piu 
gravi,  e  quelli  che  hanno  bisogno  di  assislenza  chirurgica.  II  terzo, 
che  e  quello  nel  quale  io  sono  stato  condolto,  e  il  piu  bello  di  tutti 
gli  altri  piani,  per  tutti  rapporti.  Esso  e  il  piu  allo,  e  quindi  il  piu 
arioso  di  tutti  gli  altri. 


62  DI  UN  GIOVINETTO  CROCIATO 

«  La  sala  dove  sto  io  e  la  piu  grande.  Essa  e  lunga  un  200  me* 
tri,  e  larga  20,  sostenuta  da  due  file  di  29  colonne  Tuna,  che  la  di- 
vidono  in  tre  scompartimenti.  Nei  due  lateral!  stanno  i  letti,  quello 
di  mezzo  serve  all'andare  e  venire  degli  inservienti  e  pel  passeggio 
dei  convalescent!.  E  arieggiata  da  un  ben  60  finestre,  oltre  due  bel- 
lissime  e  grandi  porle,  o  per  dir  meglio  ringhiere,  che  prospettano 
in  due  cortili.  Nel  mezzo  della  sala,  e  precisamente  in  faccia  alia 
porta  d'  entrata,  sta  1'altare  dedicate  alia  Madonna,  sul  quale  ogni 
giorno  si  celebra  la  S.  Messa,  ed  ogni  giorno  si  da  la  benedizione 
col  SS.  Sacramento  (questa  voce  e  scritta  a  stampatello  maiuscoloj. 
II  pavimento  e  composto  di  quadrelli  bianchi  e  rossi  di  marmo,  che 
sono  unabellezza  a  vedersi.  I  letti  sono  tutti  di  ferro,  e  vi  e  un  buon 
pagliericcio  e  un  soffice  materazzo. 

«  Ora  ti  diro  qualche  cosa  del  trattamento.  Qua  trattano  a  vitto 
e  mezzo  vitto.  Io  sono  a  mezzo  vitto,  ed  ho  alia  mattina  alle  7  una 
tazza  di  brodo;  alle  10  una  tazza  di  minestra,  una  fetta  di  carne  di 
bue ,  un  quarto  di  pagnotta ,  grossa  come  quelle  che  tu  mangi  ogni 
giorno.  Alle  ore  6  della  mattina  abbiamo  una  visita  del  dottore , 
un'  altra  alle  3,  e  finalrnente  un'  ultima  alle  5  */z.  Mi  ha  gia  ordi- 
nato  12  grani  di  solfato  di  china ,  e  lino  ad  ora  non  si  e  ancora 
rinnovata  la  febbre. 

«  Qui  sono  da  ieri,  e  spero  di  sortirmene  presto ;  non  gia  perche 
si  stia  male,  ma  perche  mi  rincresce,  per  1'  estrema  debolezza,  do- 
ver  restar  sempre  inchiodato  in  un  letto... 

«  Non  ti  sgomentire,  sai,  per  queste  febbricciattole,  perche  sa- 
ranno  cosa  da  nulla,  Gia  tu  sai,  che,  eccetto  una  grande  prostra- 
zione,  del  resto  non  hanno  conseguenza  noeiva.  Sta  quindi  alle- 
gro, e  vedrai  che  coll'  aiuto  di  Dio  tutto  passera... 

«  Termino  la  lettera  perche  passa  la  seconda  visita  del  medico. 
Addio,  carissimo  ed  affezionatissimo  Papa.  Accogli  un  bacio  del  tuo 
affezionatissimo  tiglio  Antonio ,  che  fra  poco  sara  sano  e  vigoroso 
come  Io  era  prima,  un  affeltuosissimo  e  tenerissimo  bacio.  » 

L'  anhno  di  Antonio,  come  per  questa  lettera  si  vede ,  non  era 
punto  venuto  meno  per  1'  irnprovviso  assalimento  della  malattia, 
ne  avvilitosi  per  la  nuova  condizione  a  cui  era  ridotto,  II  che 


MORTO  IL  GIORNO  DELI/  ASSUNZIOKE  DI  MARIA,  1868  63 

parmi  dimostrazione  di  fortezza  cristiana  e  di  virtu  molto  pro- 
gredita.  Perciocche,  quale  che  sia  il  servigio  d'  un  pubblico  speda- 
Ic,  ancora  che  governato  dalla  piu  squisita  carita  come  questi  di 
Roma ;  pure  senza  un  vero  spirito  di  mortificazione  evangelica,  e 
impossibile  che  un  giovane  diciottenne,  levatosi  pur  mo'  dalle  fa- 
migliari  carezze,  non  si  risenta  dolorosamente  al  trovarsi  caduto  in 
tal  luogo.  Quivi  (e  uon  puo  essere  altrimenti)  le  comodita  giun- 
gono  appena  allo  stretto  necessario,  e  pel  rimanente  si  resta  alia 
merce  d'  inservienti  soldateschi  e  sconosciuti,  senza  un  famiglio  cui 
comandare  a  volonta ,  senza  un  viso  amico  che  coll'  assidua  vigilan- 
za  v  infonda  conforto,  senza  una  mano  delicata  che  colle  minute  di- 
ligenze  vi  temper!  i  disagi  e  i  dolori  della  malattia.  E  pure  Antonio, 
risoluto  di  sopportare  la  prom  come  si  addice  ad  un  militare  del 
Vicario  di  Cristo ,  non  trovava  cagione  onde  potersi  lamentare ,  e 
confessava  che  nell'ospedale  si  stava  benissimo.  Infatti  la  ilarita  del 
suo  sembiante  non  era  smontata  dal  suo  splendore.  Quanto  alia  na- 
tura  stessa  del  morbo  non  presentiva  nulla  di  sinistro,  anzi  rinco- 
ravasi  di  presta  guarigione. 

Pochi  giorni  passarono ,  e  il  ritnrvai  repentinamente  prostrate. 
In  vedermi  fecemi  cenno  che  stava  male  :  la  febbre  batteva  forte , 
era  sparita  dal  volto  ogni  letizia,  e  lo  spirito  era  profondamcnte 
affannato.  Aveva  compreso  che  la  ricaduta  poteva  riuscirgli  mor- 
tale ,  e  quello  era  il  giorno  della  lotta  della  came  contro  lo  spirito : 
Tamor  della  vita,  naturale  in  ciascun  uomo,  e  piu  in  un  giovanetto, 
si  faceva  acutamenle  sentire.  Con  tutto  cio  nulla  mostrava  di  fiacco 
o  d'  ingeneroso  nel  suo  lamento.  II  suo  supremo  dolore  era  pensare 
al  dolore  del  padre  suo  assenle ,  se  egli  venisse  a  mancargli;  e  in 
nominare  questo  dolce  nome  di  padre,  il  filiale  amore  di  oneste  la- 
grime  gl'  imperlava  le  pupille.  Credo  che  fu  Vunica  ora  di  tentazio- 
ne,  se  tentazione  puo  dirsi,  che  egli  patisse  durante  la  malattia.  . 

Ma  non  tardo  molto  a  racquistare  Y  imperio  del  suo  cuore ,  e  pa- 
droneggiare  pienamente  i  moti  della  inferma  natura.  Con  magnanimo 
sforzo  si  ricompose,  guardo  in  faccia  il  pericolo,  senza  piu  mai  da- 
re segno  di  sbigottimento ,  ne  cenno  alcuno  in  parole  che  il  sacrifi- 
zio  gli  pesasse :  dalla  rassegnazione  passo  alia  serenita ,  poi  alia 


64  DI  UN  GIOVINETTO  CROCIATO 

brama  vivissima  della  morte ;  la  quale  in  fine  chiese  in  conto  di  gra- 
zia  al  cielo,  e,  per  impetrarla  all'  ora  vagheggiata,  interpose  la  me- 
diazione  de'  suoi  santi  patroni  e  della  Regina  del  cielo. 

Or  eke  potra  spiegare  siffatlo  arrendersi  al  pensiero  di  morire  in 
un  giovincello,  si  cupido,  si  ardente  di  militare?  Donde  in  lui  tanto 
soave  consenso  a  spogliar  colla  vita  quelle  insegne,  onde  riputavasi 
cosi  beato  ?  lo  credo  di  averne  la  piena  ed  adeguata  esplicazione  in 
un  discorso  ch'egli  tenne  con  un  gravissimo  religioso  della  Compa- 
gnia  di  Gesu,  e  che  io  riferiro  con  iscrupolosa  fedelta,  come  a  me 
fu  riferito  per  iscriltura  dal  medesimo. 

Antonio  apperia  giunto  in  Roma  a  lui  si  presento,  senza  alcuna  com- 
mendatizia  a  lui  diretta,  senza  essersi  con  niuno  consigliato,  se  non 
forse  con  alcuno  de'  suoi  paesani,  a  cui  dimando,  appena  giunlo  in 
Roma,  di  chi  si  valessero  pel  governo  dell'  anima.  L'  accoglimento 
ch'egli  ricevette  dal  religioso  gli  aperse  il  cuore,  e  schietto  com'  e- 
ra,  espose  a  che  fare  venuto  fosse  in  Roma:  Essere  suo  intendimen- 
to  di  prestare  i  suoi  servigi  a  difesa  del  Dominio  temporale  del  Vi- 
cario  di  Gesu  Cristo. 

—  Ma,  figliuolo  mio,  rispose  il  sacerdote,  che  conosceva  la  fa- 
miglia  del  giovanetto,  non  sapete  che  cotesto  potrebbe  costarvi  la 
vita?  E  se  cosi  accadesse,  chi  potrebbe  riconsolare  mai  piii  il  vo- 
stro  buon  padre? 

A  cui  Antonio,  con  parole  degne  di  essere  scolpifce  sulla  sua  tom- 
ba,  come  saranno  scritte  nel  registro  dei  suoi  merili  pel  paradi- 
so :  —  Se  e  per  la  vita,  io  gia  1'  ho  sacrificata  a  Gesu  Cristo  e  alia 
Madonna ;  la  morte  non  la  temo,  ma  la  desidero :  se  e  pel  mio  caro 
Papa,  sappia  che  io  da  lui  ho  il  permesso ;  anzi  egli  si  unisce  meco 
a  dar  questa  prova  di  buon  cattolico  alia  nostra  patria,  e  poi... 
epoi... 

—  Che  vorreste  significare? 

—  Gliel  dico,  padre,  perche  lei  mi  dacoraggio  di  dirlo,  io  mi  so- 
no  messo  in  capo  che  se  morissi  pro  Petri  Sede,  sarei  martire. 

—  Come,  martire?  insistette  il  sacerdote  per  iscoprire  i  tesori  di 
un'  anima  si  generosa. 

—  Io  ragiono  cosi,  riprese  Antonio:  il  Santo  Padre  ha  dichiara- 
to,  che  nel  presente  ordine  di  provvidenza  gli  e  necessario  il  poter 


MORTO  1L  GIORNO  DELI/  ASSUNZIONE  DI  MARIA,  1868  65 

lemporale  al  libero  esercizio  dello  spirituale;  dunque  combaltendo 
e  inorendo  per  quello ,  \errei  indirettamente  ad  essere  mar  tire  di 
questo  e  della  nostra  santa  Religione.  — 

•«  Dico  il  vero,  conchiude  il  religiose  die  scrive  questa  conversa- 
sione,  che  udendo  tali  sentimenti  da  un  giovanetto  di  primo  pelo, 
•entrai  in  me  stesso,  umiliandomi  davanti  a  Die,  e  dicendo  in  cuor 
mio:  Quanto  grande  generosita,  in  eta  si  verde!  E  raccomandan- 
dogli  la  divozione  a  Maria  santissima  Ausiliatrice  dei  Gristiani,  e  ai 
santi  apostoli  Pietro  e  Paolo,  lo  accommiatai  in  quel  giorno  (e  fu  il 
13  Luglio),  augurandomi  di  avere  la  sorte  di  trattare  qualche  altra 
volta  con  un  giovane  di  si  alti  spiriti.  Non  tar  do  molto  a  venirmi 
Irovare ;  e  fu  due  giorni  dopo  questa  prima  visita,  al  tribunale  del- 
la  Penitenza.  » 

€otali  proponimenti  eccelsi ,  stabiliti  nell'  intimo  del  cuore  di 
Antonio  con  sincera  e  ineluttabile  risoluzione,  furono  senza  meno  la 
radice ,  onde  fiorirono  poi  i  mirabili  sentimenti ,  coi  quali  il  vedre- 
mo  andare  incontro  aH'ultimo  sacrificio.  , 

V. 

Morte  preziosa. 

£ia  era  stato  avvisato  il  padre  di  lui,  per  cura  del  maresciallo 
Bononcini,  che  aveva  posto  gli  occhi  su  questo  giovanetto  compa- 
triota,  e  tenevane  sollecitudine  come  amico  e  padre  :  ma  non  parlo 
di  pericolo,  perche  pericolo  \eramen4e,  a  delta  dei  medici,  non  vi 
era.  lo  pure  presi  a  scrivere  ciascun  giorno  il  bullettiuo  sanitario 
al  padre,  e  ne  raccoglievo  le  notizie  dalla  bocca  deirinfermo  e  da- 
gli  ufficiali  dell'istituto,  i  quali  medicavanlo  con  singolare  iuteresse. 
Nessuna  delle  mie  lettere  giunse  al  suo  indirizzo.  Fu  abuse  dei  po- 
stieri?  fu  incuria?  fu  semplice  caso?  Nonlocerco:  certo  fu  dis- 
posizione  di  Dio,  che  indugiando  ad  Antonio  1'  arrive  del  padre, 
il  venne  provando  ed  affinando  con  piu  esquisila  tribolaziene.  In 
nessuna  pavte  il  cuore  di  lui  era  piu  tenero  e  sensitivo. 
Serie  VU,  vol.  l\,  fasc.  445,  5  24  Settcmbrc  1SC-8. 


66  DI  IN  GIOVINETTO  CROClATO 

Nelle  cotidiane  yisite  gl'  inculcavo  il  ricorso  ai  rimedii  celesli, 
come  quelli  che  mai  noh  falliscono  di  rec*re  alcun  buon  frulto. 
Niente  era  phi  agevole  che  riuscire  in  questo :  perche  la  sincera 
pieta  di  lui  spontaneamente  oltrepassava  i  rniei  consigli.  La  giorna- 
ta  gli  trascorreva  in  preghiera,  in  giaculatorie,  in  atti  di  soggezione 
alia  volonta  divina,  e  rivolgendosi  ad  ora  ad  ora  alia  celeste  Madre 
Maria,  di  cui  era  tenerissimo. 

Non  cessavano  dal  visitarlo  camerati  e  paesani ;  giacche  nella 
breve  diraora  al  quartiere  di  castel  S.  Angelo  gia  si  era  guadagna- 
to  T  affetto  dei  migliori  tra  essi.  Uno  dei  medici,  che  piu  soven- 
te  il  trattava,  mi  disse :  «  £  un  angioletto.  »  La  stessa  parola  mi 
ripeterono  piu  altre  persone  e  i  cappellani  del  luogo ;  i  quali  in- 
teneriti  di  tanta  giovinezza  con  tanta  pieta  congiunta,  erangli  spesso 
al  capezzale  ad  aiutarlo  deir  anima. 

In  ispecial  guisa  il  rev.  monsignor  D.  Ambrogio  Turriccia  cosi 
di  lui  mi  scrisse :  «  Ammirai  in  esso  la  serenitci  deir  animo  genero- 
so  e  rassegnalissimo  :  mai  un  lamenlo  pel  male  che  il  travagliava ; 
mai  si  dolse  di  alcune  privazioni,  le  quali,  in  onta  alia  piu  premu- 
rosa  assistenza,  accadono  talvolta  in  uno  spedale  di  oltre  800  infer- 
mi;  mai  una  parola  che  accennasse  la  minima  pena  pel  sacrificio 
del  fiore  di  vita,  quale  egli  presentiva  come  imminente.  Mi  chiede- 
va  sempre  libri  di  divozione  (e  si,  che  ne  aveva  portati  seco  parec- 
chi  allo  spedale);  passata  la  febbre  trovava  in  essi  la  piu  dolce  oc- 
cupazione;  quindi  dava  mano  alia  grammatica  tedesca  dell'Ollen- 
dorf,  che  io  lo  pregai  a  lasciare  in  disparte,  per  non  affaticare  la 
mente  gia  stanca,  offrendo  invece  altri  libri  di  utile  ma  meno  grave 
lettura.  » 

Quanto  all'uso  de'  sacramenti,  trovandosi  di  altre  occupazioni  li- 
bero,  ne  faceva  sua  frequente  delizia;  e  piu  volte  a  questo  si  giov6 
dell' opera  dei  cappellani.  Fin  dai  primi  giorni,  essendo  venuto  a  vi- 
sitarlo  il  suo  padre  spirituale,  dopo  ragionato  alquanto  con  lui  di 
cose  di  anima :  «  Padre,  gli  disse,  ora,  se  mi  permette,  mi  prepare 
alia  confessions :  mi  alzo,  e  vengo  in  cappella  a  farla.»  E  cosi  fece, 
confessandosi,  come  soleva,  con  profondo  raccoglimento,  e  con  vi- 
vissima  dimostrazione  di  fede,  di  umilta  e  di  rassegnazione  ai  divi- 


MORTO  IL  GIORNO  DELL*  ASSMZIONE  DI  MARIA,  1868  67 

ni  voleri.  II  di  seguente,  che  era  il  7  di  Agosto,  pure  nella  cappel- 
la  dell'ospizio  partecipo  ai  santi  Misteri. 

Un'altra  volta  lo  stesso  sacerdote  gli  disse  :  «  Antonio,  voi  vi  glo- 
riate  di  essere  crocesignato,  vorreste  voi  la  benedizione  colla  reliquia 
della  vera  Croce?  Questo  santo  Legno  sara  la  vostra  consolazione 
nel  giorno  del  giudizio.  »  Antonio  rispose:  «  Si,  si,  padre;  »  e  si 
compose  a  profonda  modeslia ;  e  segnandosi  colla  mano,  ricevette 
la  benedizione. 

Mi  cadde  in  menle,  e  certo  lit  ispirazione  divina,  d'  indicargli  il 
giorno  13  Agosto,  sacro  alia  memoria  del  beato  Giovanni  Berco- 
mans,  siccome  opportuno  a  rinnovare  le  sue  divozioni ;  nel  che 
non  intesi  punto  che  la  S.  Comunione  gli  fosse  data  in  Yiatico :  ma 
solo  di  attirare  la  protezione  di  quel  santo  Giovane  sul  giovane  in- 
fermo.  E  non  sapevo  che ,  durante  la  breve  malattia ,  gia  piu  volte 
egli  si  era  santificato  coi  divini  sacramenti.  Antonio ,  docilissimo 
come  sempre ,  mi  rispose  che  bene  gli  piaceva  il  mio  consiglio ,  e 
volentieri  1'  eseguirebbe  ,  tanto  piu  ,  che  del  bealo  Giovanni  aveva 
letta  la  vita.  Altro  non  aggiunse,  ma  per  me  credo,  che  oltre  ali'im- 
pararne  gli  esempii ,  avevali  altresi  assai  bene  imitati.  Certo  il 
Beato  gli  era  in  ispecial  devozione;  ed  egli  quanto  altri  mai  ne  spe- 
rimento  amorevolissima  la  protezione. 

Rimanemmo  conformi  che  avessi  ad  avvertire  il  confessore  ordina- 
rio.  Questi,  sentitosi  chiamare  improvviso,  dubito  di  repentino  tra- 
bocco  del  male,  e  corse  di  volo,  seco  divisando  il  modo  di  disporre 
T  infer  mo  al  gran  passo.  Trovo  Antonio  tut  to  sereno,  che  gli  disse: 
«  Padre,  oh  quanto  volentieri  morrei!  ma  non  sembra  che  questo 
sia  il  caso.,.  Si,  si :  posso  avermi  a  presentare  al  tribunale  di  Dio... 
sa,  voglio  fare  una  rassegna  generate  della  mia  vita.  »  II  ministro 
di  Dio,  credendolo  assai  aggravate,  e  conoscendo  anima  Candida 
che  era  Antonio,  cerco  di  dissuadernelo  e  rimettere  ad  altro  tempo 
questa  non  necessaria  divozione.  «  E  meglio  adesso,  insistette  1'  in- 
fermo,  su  via,  mi  contenti.  »  E  fu  d'  uopo  contentarlo.  Dopo  di  che, 
Tie  piu  allegro,  esclamo:  «  Oh  quanto  muoio  volentieri  1  » 

Del  resto  la  confessione  non  1'  aveva  punto  affaticato  :  fu  cosa 
spedita  brevemente,  e  con  pace  e  sicurezza  singolare ;  tanto  che  in- 


68  DI  1TN  GIOYINETTO  CROCIATO 

terrogato  il  di  seguente  se  piu  nulla  gli  desse  angustia  :  «  Nulla  ri- 
spose  con  tranquilla  modestia,  nulla.  »  Prima  di  partirsi  da  lui  i! 
sacerdote  gli  rammento  che  la  Comunione  potrebbe  farla  il  dimani. 
«  Gia  s'  intende,  aggiunse  egli,  per  Yiatico.  »  Ne  il  confessore,  ne  i 
medici,  ne  altri  avevario  a  cio  pensato,  non  essendo  il  caso  urgente: 
tuttavia  fu  compiaciuto  della  sua  dimanda.  E  ancora  questo  parve 
consiglio  secreto  suggeritogli  dall'Angelo  Custode,  giacche  in  realta 
fa  T  ultima  sua  Comunione. 

Che  si  passasse  tra  1'  Ospite  divino  e  il  piissimo  giovanetto  infer- 
mo,  noi  nol  sappiamo.  Sappiamo  bensi  che  il  Signore  si  delizia  nel- 
le  anime  pure,  e  si  piace  in  esse  adoperare  meraviglie,  ascose  ai 
profani,  e  ch$  col  loro  celestiale  splendore  confondono  le  deboli 
Aisle  umane.  Antonio  fino  a  questo  giorno  avea  dimostrato  vivissima 
brama  di  militare  per  Santa  Chiesa :  questo  pensiero  e  la  soddisfa- 
zione  del  suo  caro  padre  erano  i  due  poli,  intorno  a  cui  aggiravansi 
tulti  i  suoi  nobili  amori.  Ora,  che  ad  onta  di  tali  aspirazioni ,  egli 
si  rassegnasse  acceltare  dalla  mano  di  Dio  la  morte  ,  gia  parevami 
grande  abnegazione  e  nobilissimo  sacrificio.  Ma  egli  Yinse  ogni  mia 
espettazione.  Perciocche  dopo  quell'  istante,  rincorandolo  io  a  poire 
fiducia  nel  beato  Giovanni,  «  Padre,  mi  rispose  francamenle,  gli  ho 
chiesto  in  grazia  di  mod  re. » 

Mi  sentii,  lo  confesso,  mozzare  le  parole  da  tale  risposta.  A  che 
confoi  tare  colla  speranza  di  A'ivere  in  terra  colui  che  anela  a  vivere 
in  cielo?  Siffatti  sentimenti  non  li  porge  la  natura,  anzi  li  abborre: 
non  possono  nel  cuore  d'un  giovane  germinare  altrinienti  che  per  la 
superna  operazione  clello  Spirito  Santo.  Da  questo  punto  il  mio  pre- 
sentimento  di  vcderlo  morire  sembro  mutarmisi  in  certezza.  Pero 
entrando  nella  nuova  via  da  lui  indicatami:  «  Figliuol  mio,  gli  sog- 
giunsi,  se  Iddio  vi  concede  quello  che  gli  dimandate,  non  e  sen/a 
disegno  di  amorosissima  provvidenza  :  state  cerlo  che  sara  vostro 
gran  bene.  »  Seguitai  a  parlargli  del  paradiso,  e  a  discorrere  de- 
gli  cccelsi  frutti  di  chi  offre  la  sua  vita  sotto  le  sante  insegne  della 
Crociala. 

31  pensiero  della  morte  si  pauroso  a  tutti,  e  si  insolito  ai  giova- 
ne tti,  divenne  dolce  e  caro  al  benedetto  infer  mo;  eil  confesso  aper- 


MORTO  IL  GIORNO  DELL' ASSUNZIONE  DI  MARIA,  1868  69 

taraente  piu  volte  a'  suoi  camerati,  dicendo  che  bramava  di  morire 
c  che  Yoleva  andare  in  paradise.  Antonio  era  manifest  amen  te  inva- 
ghito  di  assistere  al  trionfo  della  Reina  del  cielo,  nella  prossima  so- 
lennita  dell' Assuiizione ;  come  appunto  si.legge  di  alcuni  Santi,  ed 
egli  doveva  aver  letto  notantemente  di  S.  Stanislao  Kostka,  il  quale 
in  questo  giorno  mori.  Se  ne  avvidero  alle  sue  parole  coloro  che  gli 
stavano  attorno  ,  se  ne  avvide  anche.uno  dei  medici ,  e  mel  disse 
espressamente. 

E  qui  non  posso  trapassare  sollo  silenzio  una  simigliante  conver- 
sazione, ch'  egli  ebbe  col  Cappellano  appunto  in  questo  medesimo 
giorno.  Monsignor  Turriccia ,  come  gia  dicemmo ,  gli  aveva  posto 
peculiarc  affezione :  del  che  era  cagione,  oltre  alia  sua  indefessa 
carila  cogl'  infermi,  la  speciale  condizione  di  Antonio ,  giovane  di 
primo  fiore.  figlio  unico,  che  aveva  lasciato  le  agiatezze  di  sua  fa- 
miglia  unicamente  per  servire  il  Santo  Padre,  e  inflne  la  singolare 
piela  di  lui,  per  la  quale,  tra  i  dolori  della  malattia  gli  sembrava, 
com'  esso  mi  diceva,  un  agnelletto  che  da  se  si  acconcia  al  sacrifr- 
zio.  Or  dunque  accostandosi  al  letto  di  lui,  prese  a  dargli  animo 
della  vicina  guarigione.  Rispose  Antonio ,  Che  egli  morrebbe  :  il 
beato  Giovanni  Berchmans  avergli  oltenuta  la  grazia,  e  sarebbe  in 
paradiso  alia  prima  festa  della  Madonna. 

A  questo  discorso  il  prudente  sacerdote,  temendo  di  alcun  vaneg- 
giamenlo  o  allucinazione,  si  volse  di  proposiio  ad  allontanare  dal- 
1'  infer  mo  colali  pensieri.  Gli  rappresento  che  il  voler  morire  cosi, 
appena  prese  le  divise  di  soldato,  sarebbe  non  un  guadagnarsi  il  pa- 
radiso. ma  un  rubarlo  :  pensasse  piutlosto  a  servire  il  Santo  Padre, 
giacche  pure  per  cotesto  aveva  abbandonato  la  casapaterna:  avreb- 
bc  agio  di  edificare  i  compagni  col  buon  esempio  ,  dare  soddisfa- 
zione  al  padre  suo ,  e  raccogiiere  piu  ricco  tesoro  di  merili.  Ma 
per  quanto  il  ministro  di  Dio  si  avvolgesse  in  parole,  nulla  valse: 
perche  Antonio  imperturbabile  sempre  e  sorridente  gli  ripeteva  il 
gia  detlo,  e  aggiugneva,  ch'  egli  voleva  andare  in  paradiso  a  vedere 
la  Madonna  e  il  beato  Giovanni.  Cosi  quel  degno  sacerdote  mirac- 
contava  di  viva  voce.  Ma  rifcriamo  altresi  la  sua  teslimonianza  pei1 
iseritio:  c<  Ammirai  in  lui...  la  calma  flducia,  e,  direi  quasi,  la  co- 
stante  sicurezza  di  aver  ottenuto  dal  B.  Giovanni  Berchmans  la  gra- 


10  DI  UN  GIOVINETTO  CROCIATO 

zia  di  essere  con  lui  in  paradiso,  il  di  dell'  Assunta...  To  lo  venivo 
animando  a  sperare  la  prossima  guarigione ;  ed  egli  sempre  colla 
slessa  sicurta  rispondevami :  Ho  ottenuta  la  grazia :  il  di  dell'  As- 
sunta voglio  essere  in  paradiso :  lo  vedra !  » 

Di  co tale  fermezza  nella  persuasione  e  nella  brama  di  morire,  e 
cio  per  intercessione  del  beato  Giovanni  Berchmans,  il  Cappellano 
non  sapeva  rendersi  capace ;  e  come  di  cosa  al  tutto  straordinaria 
ne  disse  un  motto  al  medico  curante.  Questi  avverti  ( cio  a  cui  il 
sacerdote  non  aveva  posto  mente )  cbe  iufatti  in  questo  giorno  cor- 
reva  la  festa  del  Beato,  ed  egli  il  sapeva  da  un  suo  figliuolo,  die 
frequentava  il  Collegio  Romano,  nella  cui  chiesa  si  venera  il  corpo 
del  santo  Giovane  e  se  ne  festeggia  la  memoria. 

Allora  si  apersero  gli  occbi  a  Monsignore:  conobbe  che  I'infermo 
aveva  fatto  le  sue  divozioni  ad  onore  del  beato  Giovanni;  e  gli  en- 
tro  un  fei  mo  presentimento  che  quegli  in  verita  se  la  fosse  intesa 
col  suo  celeste  patrono,  affine  di  venire  introdotto  in  paradiso  nella 
solennita  dell'  Assunzione  di  Maria.  Ricondottosi  adunque  presso 
rinfermo,  gli  ragiono  in  tutto  diverso  modo,  cioe  del  santificare  la 
vigilia  dell'  Assunzione ,  cio  era  il  dimani ,  e  il  di  della  festa  colla 
santa  Comunione.  Antonio  ne  fu  contentissimo,  sebbene  poi  per  la 
condizione  della  malattia,  non  pote  eseguirlo. 

Ma  perche  mai  e  d'onde  al  santo  desiderio  di  morire  si  aggiunse 
la  cosi  salda  confidenza  di  venire  appagato?  Chi  spieghera  questo 
mistero  ?  A  me  sta  fisso  nell'animo  ch'egli,  ardente  e  generoso  co- 
m'era  offerisse  la  vita  sua  in  sacrificio  al  Signore  per  la  gran  causa 
in  cui  difesa  avea  preso  le  armi  crociate ;  e  cio  nella  festa  del  bea- 
to Giovanni  Berchmans,  appunto  nel  trattenersi  cuore  a  cuore  con 
Gesu  Cristo  dopo  la  santa  Comunione :  e  che  il  Signore,  che  delle 
irnmacolate  vitlime  si  diletta,  accettasse  la  offerta,  e  per  saggio  del 
premio  eternale,  gli  concedesse  insieme  colla  invidiabile  brania  an- 
cora  la  maravigliosa  fiducia  di  essere  esaudito. 

Sulla  sera  del  giorno  medesimo,  la  febbre  comincio  a  vestire  qual- 
che  carattere  di  tifoide.  II  di  seguente  giunse  il  dottore  Gian  Michele, 
padre  dell'  infermo  ,  avendo  ricevuto  un  telegramma  urgente.  Glielo 
spedi  la  sera  innanzi  il  maresciallo  Bononcini;  gli  altri  avvisi  erano 


MORTO  IL  GIORNO  DELL'  ASStJNZIONE  DI  MARIA,  1868  71 

tulti  iti  in  sinistro.  Volo  il  costernato  genitore  direttamente  allo  spe- 
dale,  e  rassicurato  al  prime  ingresso,  che  il  iigliuol  suo  viveva  tut- 
tavia,  quasi  ritorno  egli  stesso  da  morte  a  vita.  Si  parlarono  piu  co- 
gli  occhi,  che  colle  parole,  essendo  1'infermo  alquanlo  impedito  del- 
la  lingua.  Con  tutto  cio  il  dottore  Michele  giudico  la  malattia  del 
figlio  lungi  dal  disperato :  trattavasi  d'una  febbre  gastrica,  regolare, 
e  non  troppo  avanzata.  I  medici  della  cura  gli  mostrarono  sui  regi- 
slri  il  processo  del  morbo  e  della  medicatura ;  ed  egli  delle  loro 
prescrizioni  e  diligenze  si  chiamo  soddisfatto  ,  e  con  me  e  con  altri 
ne  disse  parole  di  compiacimento. 

A  me  pesava  sul  cuore  la  promessa ,  che  il  buon  Antonio  diceva 
di  tenere  dal  beato  Giovanni  Berchmans ,  di  essere  ritolto  al  mondo 
nel  di  prossimo  dell'Assunta:  non  mi  diede  ranimodiragioharne  col 
padre.  Ma  il  Cappellano,  piu  coraggioso  di  me ,  gli  manifesto  i  di- 
scorsi  avuti  coli'infermo,  e  aggiunse  queste  parole:  «  Io  pure  desi- 
dero  vederlo  guarito,  mah...  dico  schiettamente ,  sto  pensando  a 
quella  parola  di  Antonio,  ripetuta  con  tanta  fermezza...  Non  vorrei 
che  ci  avesse  fatta  la  buila.  » 

II  padre  non  ne  fece  gran  caso.  Talvolta  avviene  che  i  genitori 
ignorino  tutta  la  bont&  de'  figli  loro,  come  spesso  accade  che  ne 
ignorino  tulta  la  malizia.  Non  sapeva  spiccarsi  dal  lelto  di  quell'uni- 
co  pegno  deU'amor  suo,  e  se  qualche  ora  toglievasi  dalla  presenza, 
egli  era  solo  per  pellegrinare  a  qualche  santuario  a  ragionare  con 
Dio  del  suo  Antonio.  La  notte  veglio  allo  spedale,  e  sotto  gli  occhi 
suoi  il  male  diede  I'ultimo  tracollo:  I'lnfermo  perdette  interamente 
la  favella.  Cosi  piacque  a  Dio,  che  come  egli  aveva  offerto  il  proprio 
figlio  in  olocausto  per  la  Religione,  cosi  yedesse  sotto  gli  occhi  suoi 
la  cara  \itlima  innocente  consumarsi.  «  Signore,  gli  disse  con  gh> 
stissimo  pensiero  un  mililare  assislente  ,  \oi  avete  posto  smT  altare 
la  vostra  offer  la,  non  vi  resta  che  inchinaiTi  alia  bonta  di  Dio,  che 
la  trova  accellevole.  » 

All' alba  della  soletmila  di  Mafia  Assunta  il  signor  Michele  si  re- 
co  soHecitaraente  alia  chiesa  yicina  per  le  festive  devozioni,  le  quali 
che  mai  slavangli  a  cuore,  aftine  di  implorare  i  celesti  aiuti  sul 
caro  infeimo.  Ricondottosi  al  doloroso  ufficio,  vide  il  suo  Antonio 


72  DI  UN  GIOVINETTO  CROCIATO 

cogli  occhi  rivolti  al  cielo,  tranquillissimo  e  sereno;  ma  abbandonato 
inleramenle  di  forze.  Conobbe  che  1'ora  del  sacrifizio  per  entrambi 
si  appressava.  Chiamo  egli  medesimo  il  Cappellano  pei  conforti 
estremi,  e  intanto  egli  traltenevasi  riguardando  il  figlio  e  sopra  lui 
struggendosi  d'  inconsolabile  passione. 

II  Cappellano  monsignor  Ambrogio  Turriccia,  la  Suora  e  altri  cir- 
eostanti  il  persuasero  di  lasciare  il  moribondo  occuparsi  solo  del- 
1'anima  e  del  cielo.  Allora  il  povero  padre,  cadde  genuflesso  a  fian- 
co  al  letto,  prego  pel  figliuolo,  e  lo  benedisse:  poi  levatosi  e  tuito 
curvo  sul  volto  di  lui,  lo  supplied  di  ricordarsi  iu  cielo  del  padre 
suo:  gli  depose  sulla  fronte  un  ultimo  bacio,  e  il  richiese  in  contra- 
cambio  di  un  ultimo  sguardo.  Antonio  gli  rivolse  un'occhiata  amo- 
rosa,  ma  con  isforzo  e  lentezza,  come  se  a  stento  rivocasse  le  pu- 
pille  da  alcuna  dolce  contemplazione;  e  compiuto  questo  sacro  do- 
vere,  con  vivo  slancio,  torno  ad  affissarsi  in  cielo. 

Dopo  di  che  un  pietoso  amico  spicco  il  padre  dal  figlio,  e  a  me 
lo  condusse.  11  che  mi  tolse  di  assistere  agli  estremi  aneliti  di  An- 
tonio, a  che  fare  mi  disponevo  appunto  in  quel  momento.  II  padre, 
cristiano  di  tempera  antica,  mi  confesso  cbe  gli  sarebbe  bastato  rani- 
mo  di  vedere  sino  all'  ultimo  il  iiglio  suo  agonizzare  e  morire:  ma 
si  era  arreso  agli  altrui  consigli,  per  npn  richiamare  i  pensieri  del 
morente  sul  padre  terreno,  in  quel  punto  in  cui  tan  to  importa  ane- 
lare  unicamente  al  Padre  celeste. 

Di  questa  sola  aspirazione  certamente  si  pasceva  la  bell'  anima  di 
Antonio.  Non  si  saziavano  gli  astanti  (e  molti  gli  facevan  corona, 
aceorsi  d'  ogni  intorno)  di  riguardare  gli  occhi  suoi,  soavemente  sol- 
levati  al  cielo,  sfavillanti  come  due  stelle,  con  tale  costanza  e  posi- 
tura  che  pareva  impossibile  in  agonizzante.  «  L'  ultima  ora  di  vita, 
cosi  si  esprime  tra  gli  altri  il  Cappellano  in  una  sua  lettera,  si  stet- 
te  sempre  cogli  occhi  aperti,  sereni  e  fissi  immobilmente  al  cie- 
lo. Sarebbesi  detto  che  stava  aspettando  la  visita  del  suo  Giovanni 
Berchmans,  che  doveva  presentarlo1  al  trono  della  gran  Vergine.  » 

II  minis tro  di  Dio,  poiche  gli  ebbe  amministrata  la  Estrema  Un- 
zione,  con  lui  si  tratteneva  suggerendogli  preghiere  e  affetti  conve- 
nienti  a  quel  supremo  istante;  e  tra  la  stima  che  aveva  di  lui  ( «  fu 


MORTO  IL  GIORNO  DELI/  ASSUNZIONE  DI  MARIA,  1868  73 

di  una  purezza  di  costumi  fmo  all' ultimo  integerrima,  »  cosi  mi 
scrisse),  e  la  conoscenza  delle  misteriose  cose  precedute,  e  la  vista 
di  quegli  occhi  quasi  parlanti,  egli  non  si  peritava  punto  d'  incorag- 
girlo  di  rendere  fiducialmente  il  suo  spirito  a  Dio,  e  ripromeltergli 
che  la  Vergine  Maria  e  il  beato  Giovanni  verrebbero  ad  incontrarlo. 

Antonio  Goldoni,  alle  ore  7  e  un  quarto,  la  mattina  dell'Assunzio- 
ne  di  Maria,  come  aveva  desiderato  e  predetto,  con  placidissimo 
trapasso  rendeva  1'  anima  benedetta.  Fu  il  primo  tra  i  numerosi  cro- 
ciati  suoi  conclltadini ,  che  desse  la  vita  sollo  le  insegne  di  S.  Pietro. 

«  In  tale  guisa  costui  si  moriva,  lasciando  non  solo  ai  giovani,  ma 
a  tutta  la  nazione  la  memoria  della  morle  sua  in  esempio  di  virtii  e 
di  fortezza.  »  (II  Maccab.  VI,  31.) 

VI. 

Onori  dopo  morte. 

Ci  fu  recato  I'annunzio  terribile  dal  maresciallo  Bononcini,  o  piut- 
tosto  noi  gliel  leggemmo  nella  mestizia  profonda  del  volto,  ed  egli 
compi  il  discorso,  con  dirci:  «  Un  angelo  di  piu  in  cielo!  »  C'  ingi- 
nocchiammo.  II  povero  padre,  gia  non  piu  padre,  si  prosterno  col 
volto  a  terra,  e  adoro  la  sovrana  Maesta  di  Dio,  che  d'  immensa 
piaga  il  percoteva.  Tra  i  gemiti,  e  il  pianto,  e  i  singulti  che  gli  sof- 
focavano  il  respiro,  pure  alterno  con  noi  la  prima  preghiera  per 
1'anima  del  defunto.  Non  gli  fuggi  parola  di  lamento,  non  si  ramma- 
rico  di  avere  permesso  al  figlio  di  crociarsi.  Ci  diceva :  «  Per  me 
non  v'  e  piu  inondo,  ne  speranza,  ne  tiniore,  ne  vita,  ne  morte;  tutto 
m'  e  indifferente,  ogni  mio  affetlo  si  porto  seco  il  mio  Antonio.  »  E 
pure  non  tralascio  di  ringraziaie  me  ed  altri,  che  si  erano  adoperati 
per  farlo  accettare  ne'  ruoli  de'  crociati.  Anzi  in  un  momento,  in  cui 
tutta  gli  apparve  la  bellezza  e  la  gloria  e  la  felicita  della  morte  del- 
Tunico  figlio,  mi  confesso  che  il  dolor  suo  era  misto  di  una  arcana 
dolcezza.  Infatti  ne  aveva  ben  donde  :  Antonio  non  potea  ne  meglio 
vivere,  ne  meglio  morire. 

Alcuni  giorni  dopo,  mi  scrisse:  «  Padre,  non  posso  piu  piangerlo. 
Anzi  di  tutto  cuore  ringrazio  Iddio  che  mi  ha  fatta  la  grazia,  in  un 


74  »I  UN  GIOVINETTO  CROCIATO 

modo  straordinario,  di  esallarlo.  Se  io  non  gli  concede  va  la  parten- 
za,  egli  infermava  e  forse  lentamente  veniva  a  maiicare,  o  di  acuto 
morbo  si  estingueva,  e  passava  inosservatormaaRoma...  Crociato! 
Oh,  io  sono  felice:  e  Iddio  qui  in  terra,  ben  me  n'  avveggo,  mi  ha 
premiato  delle  cure  costant!  accio  raio  figlio  riuscisse  buono,  e  del- 
1'  amore  immenso  che  porto  al  Pontefiee  dell'  Immacolata.  » 

Beato  chi  intende  la  filosofia  Irascendente  degli  amori  cristiani. 
Non  allignano  ne'  cuori  fiacchi,  non  gl'  intendono  le  menli  volgari ; 
ma  cio  non  iscema  lor  pregio,  perch  e  sara  sempre  vero,  che  essi 
sono  conform!  e  quasi  direi  parallel!  a  gli  amor!  stessi  di  Dio. 

A  me  poi,  nel  ripassar  collo  spirito  le  vicende  pria  si  liete,  poi  si 
tristi  deU'unico  mese  che  Antonio  Goldoni  visse  in  Roma,  sembrava 
che  una  meteora  fosse  trascorsa  velocemente  dinanzi  agli  occhi  miei, 
accesa  un  tratto  di  vivida  luce,  e  subito  estinta.  Ma  argomentandomi 
di  dissipare  le  immaginazioni  della  fantasia,  ragionavo  meco  che  la 
Stella  del  giovinetto  Crociato  non  era  spenta  no,  ma  piuttosto  en- 
trata  in  piu  ampio  sistema,  che  non  conosce  ne  ecclissi,  ne  tramonto, 
e  si  bea  di  continuata  luce  e  sempitema. 

II  Goldoni,  chi  anche  di  cio  volesse  avere  contezza,  fu  di  persona 
alto  piu  che  mediocremente,  ben  complesso,  e  di  sanita  intatla  e 
forte.  Sembrava  nella  solidita  e  snellezza  della  membratura,  nella 
torosita  del  collo,  nell'  ampiezza  del  petto  rilevato  tenere  alcun  che 
dell'  atleta ;  ed  era  tuttavia  sul  crescere,  non  avendo  valico  1'  anno 
diciottesimo  che  di  due  mesi,  quando  cesso  di  vivere.  II  volto  ebbe 
ovale  e  pieno  anzi  che  no ;  fattezze  regolari,  maschie  e  non  troppo 
risentite,  colorilo  florido  ma  non  acceso ;  la  fronte  piultosto  ampia, 
il  mento  appena  vellutato  della  prima  lanuggine.  Al  primo  aspetto 
poteva  giudicarsi  acconcio  al  mestiere  deirarmi,  tale  gli  traspariva 
dal  sembiante  la  fermezza  del  eontegno,  e  la  risolutezza  dei  movi- 
menti:  e  pure  nulla  mostrava  di  rigido.  Che  anzi  dolce  gli  fioriva 
sulle  labbra  il  sorriso,  il  guardo  era  sereno,  fisso,  sicuro,  e  nel  tem- 
po stesso  amorevole,  e  atteggiato  ad  una  incomparabile  Yerecondia. 
Niuno  poteva  fissarlo  atlentamente  e  non  giudicarlo  giovane  asse- 
gnato  e  modesto;  dopo  breve  conversazione,  sulla  sua  bonta  sareb- 
besi  giurato. 


MORTO  IL  GIORNO  DELI/  ASSUNZIONE  DI  MARIA,  1868  75 

Parra  incredibile  e  pure  e  verissimo:  la  fama  diquesto  giovanetto 
appena  apparso  e  scomparso  in  Roma,  si  diffuse  ampiamente,  e  con 
un  soave  senso  di  pieta  e  di  tenerezza  non  ordinario.  Non  so  die  al- 
cuno  ne  parlasse,  o  ne  intendesse  parlare  con  iiidifferenza.  Nello 
stesso  spedale,  dove  la  perpetua  immagine  della  giovcntu  mieluta 
immaluramente,  sembra  dovere  ammortare  la  vivezza  della  com- 
passione,  il  pericolo  di  Antonio  Goldoni  e  poi  la  sua  morte  ris- 
vegliarono  interesse  e  singolare  compianto.  Presso  i  militari  poi  del 
suo  corpo  la  perdita  di  questo  novellino  camerata  fu  un  vero  lutto  di 
famiglia.  lo  stesso  dandone  la  novella  ad  uno  di  essi  il  vidi  altristarsi 
profondamenle  e  lacrimare,  come  se  in  Antonio  perduto  avesse  un 
fratello.  Vero  e  che  alle  parole  affettuose  ciascuno  aggiungeva: 
«  Beato  lui!  E  morto  come  un  santo!  Era  un  angioletto!  Oh,  egii 
e  certo  in  paradiso!  »  e  simiglianti  esali  del  cuore,  che  sogliono  ab- 
bondare  nelle  morti  dei  giusti ;  e  qui  tanto  piu  sembravano  maravi- 
gliosi,  quanto  piu  breve  era  stata  Tapparizione  di  Antonio  alia  ca- 
serma. 

In  patria,  il  commovimento  pubblico  fu  anche  maggiore  che  in 
Roma,  ma  sempre  commovimento  religioso.  Lo  sparire  per  morte  di 
un  giovane  diciottenne  in  una  grande  citta  e  si  ordinario  falto,  che 
fuori  del  piccolo  cerchio  degli  attinenti,  appena  se  ne  muove  menzio- 
ne.  Di  Antonio  Goldoni  non  fu  in  Modena  chi  non  discorresse,  e  la  sua 
morte  a  ciascuno  apparve  bella  e  nobile  per  lui,  e  memorabile  per  la 
patria.  Comune  fu  la  condoglianza,  ma  mitigata  dalla  opinione  di 
bonta  che  al  giovanetto  si  attribuiva,  e  dagli  esempii  della  sua  vita 
innocente  e  virtuosa,  che  ciascuno,  quasi  dalla  preziosa  morte  av- 
vertito,  in  lui  riconosceva  e  rammentava.  Le  circostanze  invidiabili 
del  suo  trapasso  crescevano  divozione;  per  forma  che  da  lungo  tem- 
po niuna  morte  eccito  tra  quei  cittadini  si  pietosa  dolcezza,  e  lanto 
esaltamenlo  per  -la  gran  causa  di  Santa  Ghiesa. 

Un  grido  unanime  sorse  tra  i  suoi  concittadini  in  Roma ,  e  tra  i 
conoscenti  e  gli  amici  della  famiglia  e  i  ferventi  cattolici  in  Modena, 
che  fosse  da  perpetuarc  la  memoria  del  benedetto  Crociato  con  un 
monumento  erettogli  dairamoreedairammirazione  commune.  Tosto 
cominciarono  le  spontanee  oblazioni. 


76  DI  UN  GIOVINETTO  CROCIATO 

Gli  onori  renduti  al  suo  cadavere  nella  capitale  del  Catlolicismo, 
furono  ahch'  essi  straordinarii :  perciocclie  egli  ebbe  accompagna- 
mento  volontario  dai  Carabinieri  esteri,  dai  Gendarmi,  e  mimerosis- 
simo  dai  corpo  degli  Zuavi,  tra  i  quali  gli  amici  avevano  divulgato 
i  meriti  dell'  estinto  Crociato.  Gli  Artiglieri  avrebbero  interamente 
disertato  il  castel  S.  Angelo,  per  assistere  al  morlorio,  se  loro  fosse 
stato  concesso.  Tulli  il  chiedevano,  e  quelli  cui  fu  negato,  se  ne 
dolsero  amaramente,  e  quelli  cui  fu  permesso,  se  1'ebbero  in  conto 
di  grazia. 

Levaronlo  dai  deposito  dello  spedale,  recandolo  in  ispalla  i  suoi 
commilitoni  in  divisa  di  gala,  e  altri  in  buon  numero  ne  circondaro- 
no  il  feretro  portando  le  torce  ardenti.  Lapompa  fuiiebre  prese  am- 
pie  le  voile  percorrendo  piu  strade  e  piazze,  sino  a  rientrare  nell' ora- 
torio annesso  al  luogo  pio,  dove  si  consummarono  gli  estremi  ufficii. 

E  io  pure,  se  e  lecito  il  ricordarlo,  trassi  allora  a  dare  1'ultimo 
vale  a  quella  salma  benedelta ;  e  ne  provai  acerba  distretta  al  cuo- 
re.  Gia  avevo  preso  ad  amare  Antonio,  come  nuovo  amico,  anzi  co- 
me figliuolo:  tante  volte  mi  aveva  chiamato  padre!  Ora  me  lo  rap- 
presentavo,  quale  visto  1'aveva  quasi  pur  ieri,  fiorente  di  giovinez- 
za,  lutto  brio  e  letizia,  anelante  a  cavalcare  in  campo  tra  i  bronzi  di 
guerra  ad  abbaltere  i  nemici  di  Santa  Chiesa ;  ed  ecco  egli  stesso 
giaceva  dinanzi  a  me  prostrate  e  spento,  e  1'assisa  di  crociato  si  ac- 
cesamente  ambita,  quasi  spoglia  di  morte,  era  distesa  sulla  coltre 
mortuaria.  Non  sapevo  darmene  pace,  ne  consolarmi;  e  solo  il  mo- 
do  della  morte  sua  di  tante  pielose  maraviglie  ripieno  mi  porgeva 
conforto. 

I  compagni  suoi  spontaneamente  e  per  comune  tributo,  gli  ave- 
vano posato  in  .capo  al  feretro  una  ghirlanda  di  candidi  fiori:  me- 
moria  e  simbolo  della  sua  innocente  conversazione  in  mezzo  a  loro. 
A  me  parve,  e  ne  sentii  profonda  persuasione,  che  quella  corona 
caduca  fosse  rappresentanza  e  figura  della  immortale,  onde  gia  si 
adornava  1'  anima  beata. 

Mi  andavano  per  la  mente  le  sentenze  dei  dottori  e  dei  santi,  che 
i  caduti  nelle  battaglie  di  religione  appareggiano  pressoche  ai  mar- 
tin della  fede  di  Gesu  Cristo:  mi  risonava  dolcissima  in  cuore  1'au- 


MORTO  IL  GIORNO  DELL*  ASSINZIONE  DI  MARIA,  1868  77 

forevole  parola  di  Pio  IX,  die  i  morti  dell'  ultima  guerra  in  Roma, 
assomigliava  ai  sette  invilti  Maccabei,  i  quali  pure  la  Chiesa  venera 
sugli  allari  del  nuovo  Testamenlo.  Ora  Antonio  Goldoni  non  era  for- 
se anch'egli  venuto  ad  ofTerire  la  sua  Vita?  non  era  egli  morto  vittima 
della  sua  oblazione  ?  Non  aveva  egli  delto :  La  vita  io  gib.  I  ho  $a- 
cri-ficata  a  Gesu  Cristo...  la  morte  non  la  temo ,  ma  la  desidero... 
se  morissi  pro  Petri  Sede,  sarei  martire? 

Adunque  beata  e  bene  avventurosa  e  la  morte  sua.  E  vero  che 
breve  fu  la  vita.  Ma  se  egli  e  vero  die  gli  spiriti  immortali  sono  pel- 
leg  rini  quaggiu,  e,  per  divina  disposizione,  cittadini  della  patria  del 
cielo,  non  e  a  compiangere  la  sollecita  dipartita.  Piuttosto  e  da  invi- 
diare  Antonio ,  perche  in  picciol  cor  so  compi  felicissima  carriera. 
Molti  col  lungo  volgere  di  anni  e  di  lustri,  non  sanno  pure  trovare  le 
niosse  del  cammino  a  cui  Iddio  gli  appella :  Antonio  conobbe  la  sua 
strada  fin  dal  primo  aprile'  della  vita,  e  fu  la  piu  onorata,  la  piu  san- 
ta ,  la  piu  eroica.  Vi  entro  animoso ,  la  per  corse  finche  piacque  a 
Bio,  ottenne  prontamente  la  meta.  Di  lui  sara  ripetuto  in  cielo  1'elo- 
gio  dei  libri  divini :  «  Quest'  uomo  adempi  tutto  cio  che  Iddio  gli 
aveva  comandato ,  percio  il  Signore  gli  disse :  Or  entra  in  seno  del 
mio  riposo.  »  Chi  ben  muore  ,  non  muore  anzi  tempo :  perche  «  la 
canizie,  dice  Dio,  sta  nell'  ess  ere  sapiente,  e  si  puo  dir  giunlo  alia 
vecchiaia  chi  trascorse  la  vita  immacolato.  » 

Non  si  puo  da  uomo  mortale  desiderare  piu  felice  ventura  in  sul- 
la  terra.  Iddio  stesso  a  quelli  che  predilige  non  concede  ne  piu  ne 
meglio. 

E  pure  non  manchera  in  questi  tempi  di  fede  impoverita  e  di 
fiacco  sentire,  non  manchera  forse  chi  sia  per  dar  biasimo  ad  Anto- 
nio, perche  siasi  gettato  al  pericolo,  lungi  dalla  casa  paterna,  in 
eta  si  tenera,  mentre  niuna  necessita  costringevalo,  uiun  terreno 
vantaggio  lo  allettava;  forse  si  compatira  la  sua  inesperienza.  Pru- 
denza  carnale!  Non  poteva  egli  egualmente  morire,  se  rimanevaal- 
1'ombradel  tetto  natale,  e  morire  senza  gloria  in  terra,  e  senzame- 
rito  in  cielo? 

Deh,  che  tra  tanti  esempii  di  villa,  che  d'  ogni  parte  contristano  il 
guardo  di  chi  ancora  si  sente  uomo  e  battezzato,  il  lamento  non  ca- 


"78  DI  UN  GIOYINETTO  CROCIATO  ECC. 

da  sui  forti,  che  alto  si  levarono  dalla  comune  bassezza  :  cada  piut- 
tosto  sopra  tanta  gioventu ,  cui  il  vizio  incalza  a  precoce  sepolcro  e 
inonorato ;  cada  sopra  i  vecchi,  cui  la  canizie  e  rimprovero  e  ri- 
morso  di  anni  mal  vissuti.  Tacete,  tacete,  o  prudenli  del  mondo: 
non  udite  la  voce  del  cristianesimo  tutto  che  vi  smentisce  e  vi  con- 
fonde? 

Ma  Antonio  Goldoni,  le  turbe  del  secolo  errante  piu  non  paventa, 
piu  non  ode:  egli  incoronato  di  luce  (tutto  ce  ne  porge  fermissima 
speranza) ,  beato  della  beatitudine  stessa  di  Dio  che  in  se  lo  trasfor- 
ma  e  a  se  Y  unisce,  ricongiunto  a' suoi  cari,  aspettando  il  padre  suo, 
tanto  e  lungi  dal  rammaricarsi  di  avcre  immolato  per  la  Religione 
1'  eta  giovinetta ,  che  anzi  di  questo  trae  letizia  divma ,  e  sorriso  di 
gioventu  sempiterna. 

lo  mi  sono  ingegnato  di  raccontare  semplicemente  il  suo  breve 
arringo,  la  sua  palma  e  la  sua  corona:  verita  m'e  stata  guida,  e  se 
1'amicizia  mi  diede  impulso,  certo  non  mi  fece  velo.  Pero  il  raccon- 
to  depongo  sulla^ua  tomba,  con  sicuranza  e  con  venerazione ;  e  fidu- 
ciosamente  invito  a  riandarlo  i  suoi  concittadini  modenesi,  i  suoi 
compatriotti  italiani,  i  suoi  commilitoni  di  tulte  le  nazioni  cattoliche 
concorsi  alia  Crociata.  Piaccia  a  Dio,  che  alcuno  in  sollevando  gli 
occhi  da  questa  lettura,  dica:  Felice  lui!  che  in  &i  picciol  corso  la- 
scio  si  luminoso  vestigio  della  sua  passata !  cosi  mi  piacerebbe  vive- 
re,  cosi  morire! 


R I  V  I  S  T  A 

DELLA 

STAMPA ITALIAN  A 


//  Concilia  Ecumenico:  Diario  eStoria.  Si  pubblica  il  yiovedl  in 
quaderni  da  8  a  32  pagine  —  Milano  1868. 

Di  questo  periodico,  cominciato  a  pubblicare  da  circa  due  nrcsi, 
non  ci  sono  pervenuti  che  i  primi  tre  numeri  solamente.  E  pure  in 
si  angusto  spazio  ci  siamo  abbaltuli  in  errori  cotanto  gravi  e  perni- 
ciosi,  che  dove  fossero  accolti  basterebbero  essi  soli  a  dissolvere 
tuita  1'  organizzazione  della  Chiesa,  ed  alcuni  a  distruggere  fmanco 
gli  stessi  fondamenti  del  Cristianesimo.  Se  questo  sia  il  pessimo  fi- 
ne, a  cui  con  animo  deliberate  mirino  gli  editori,  nascondcndo,  per 
meglio  riuscirvi,  ilceffo  di  lupi  sotto  la  pelle  di  agnelli;  noi  nol  cer- 
chiamo.  A  noibasta  che  le  scritture  considerate  in  se  stesse  sieno 
ree,  e  tan  to  piu  quanto  la  reita  e  piu  dissimulata  sollo  le  apparenze 
della  pieta,  per  doyerle  dinunziare  alia  pubblica  esecrazione,  a  scam- 
po  massimamente  de'  semplici. 

E  gia  dallo  stesso  programma,  che  e  messo  ir.  aanzi  nel  prinio  nu- 
mero  a  nome  di  tutti  gli  Editori,  coniincia  a  !.  aspadre  assai  mani- 
iestamente  il  malvagio  spirito  del  Giornale .  Poiche  discorso  della 
grande  commozione  cagionata  nel  mondo  al  seinplice  annunzio  del 
Concilio,  e  recatone  in  argomento  la  dis  ussione  che  ne  fu  fatta  nel 
corpo  legislative  francese,  siprende  da  cio  occasioned!  parlaredel- 
Taccordo  fra  il  caltolicismo  ed  il  mocTerno  liberalismo.  Ed  ecco  so- 


80  RIVISTA 

pra  questo  soggetto  il  sentimento  degli  Editoii.  « In  vero,  essi  di- 
cono,  dal  capo  dell'  assemblea,  dove  si  raccolgono  i  rappresentanli 
della  nazione  francese,  fu  delta  una  grande  verita,  affermando  che  la 
Francia  liberale  e  cattolica  e  la  piu  eloquente  risposta  a  coloro,  i  quali 
pretendono  che  la  liberta  e  il  cattolicismo  si  escludono  a  vicenda. 
Questa  grande  nazione,  passata  fra  le  prove  di  tanta  tempesta,  dopo 
aver  veduti  rovesciati  gli  altari ,  violati  i  tempi! ,  proscritto  il  sacer- 
dozio,  e  nuovi  altari  eretti,  e  aperte  le  chiese  a  nuovo  culto,  e  creati 
nuovi  leviti ,  s'  e  riconciliata  entusiasticamente  colla  fede  de'  padr! 
supi  senza  abdicare  nissuna  delle  yrandi  conquiste  della  civitta 
e  della  liberta  1.  »  Non  e  nostro  scope  indagare,  se  la  sentenza  del 
presidente  della  Camera  legislativa  francese  sia  stata  esattamente 
renduta :  ma  la  sentenza  degli  editor!  troppo  chiaramente  risulta  dalle 
citate  parole.  Per  essi  la  Francia  e  proposta  in  esempio  di  meravi- 
glia,  perche  dopo  avere  scardinato  tutti  gli  ordini  del  cristianesimo, 
per  affermare  teoricamente  e  praticamente  i  principii  della  civilta 
.moderna,  seppe  rifarsi  cattolica  sino  all'  entusiasmo,  pur  manteoen- 
do  allo  stesso  modo  que'  principii.  Or  a  non  v'ha  chi  ignori  che  sieno 
cosi  fatti  principii,  i  quali  flel  gergo  liberalesco  sono  chiamati  con- 
quiste, inquanto  per  opere  di  violenze  e  d1  inganni  si  e  riuscito  a  farli 
valere  nelle  moderne  society,  in  preferenza  de'  contrarii  che  erana 
in  vigore  nei  governi  piu  antichi.  Essi  sono,  nell'  ordine  politico  la 
sovranita  popolare  con  tutte  le  sue  conseguenze;  e  negli  ordini  civi- 
le, morale  e religioso  la  libertSt  del  pensiero,  della  coscienza,  de'culti 
e  della  stampa  con  tutti  i  corollari  che  ne  derivano.  Pertanto  che  una 
nazione,  nella  quale  sono  in  vigore  le  dette  liberta,  si  possa  cio  noB 
ostante  mantenere  cattoRca ,  e  cattolica  se  si  vuole  sino  all'  entusias- 
mo,  cio  non  contiene  nulla  di  contraddittorio;  si  perche  la  nazione  non 
^responsabile  degli  atti  degl'  individui ,  i  quali  debbono  essere  mo- 
derati  dal  Governo  e  non  da' popoli  considerati  come  tali,  e  si 
perche  lo  stesso  Governo  puo  trovarsi  nella  necessita  di  dover  tol- 
lerare  o  tutte  o  parccchie  di  esse,  almeno  sino  a  un  dalo  segno  e 
con  certe  misure:  che  eappunto  il  caso  della  Francia.  Percontraria 

1  Num.  J,  pag.  2. 


BELLA  STAMPA  1TALIANA  81 

affermare  che  quelle  libertti  si  possano  mantenere  come  conquiste, 
considerandole  cioe  non  come  un  male  necessario,  che  bisogni  per- 
mettere  per  impedire  mali  maggiori,  ma  come  dettami  per  se  rego- 
latori  della  societa,  e  chi  ci6  faccia  possa  tutt'insieme  esser  cattolico 
pio  e  fervoroso,  com'e  la  senlenza  degli  Editor!  del  Concilio;  questo 
e  cio  che  non  puo  sostenersi  in  niuna  guisa,perche  urta  contro  aper- 
tissime  dichiarazioni  de'Romani  Pontefici.  Si  aprano  di  fatto  le  En- 
cicliche  di  Gregorio  XYI  e  del  regnante  Pio  IX ;  e  niuna  si  trovera 
delle  conquiste  si  celebrate  della  moderna  civilta  e  liberta,  che  non 
sia  ora  espressamente  ed  ora  implicitamente  condannata.  Si  consult! 
segnatamente  Y  ultima  proposizione  del  Sillabo ;  e  si  vedra  che  la 
sentenza  che  v'e  proscrilta  contiene,  comeilgenere  contiene  la  spe- 
cie, la  sentenza  degli  Editori.  La  proposizione  che  e  condannata  nel 
Sillabo  dice :  « II  Romano  Pontefice  puo  e  deve  riconciliarsi  e  venire 
a  composizione  col  progresso,  col  liberalismo  e  colla  moderna  civil- 
ta 1  » ;  e  gli  Editori  del  Concilio  asseriscono ,  che  la  Francia,  senza 
rinunziare  a  nessuna  conquista  della  moderna  civilta  e  liberta,  in  altri 
termini  del  progresso  e  del  liberalismo  moderno,  pote  riconciliarsi 
col  cattolicismo.  Ma  non  e  egli  chiaro,  che  se  il  Romano  Pontefice, 
come  Capo  e  rappresentante  della  Chiesa  cattolica  proclama  che  esso 
non  puo  in  niuna  guisa  ammettere  i  principii  o  conquiste  chp  voglian 
dirsi  del  moderno  liberalismo;  proclama  allo  stesso  tempo  che  niuno 
puo  mantenersi  buon  cattolico  ( ed  e  il  meno  che  possa  dirsi ) ,  se 
Don  rinunzia  a  que'  principii  ? 

Ma  andiamo  innanzi.  I  mentovati  Editori,  come  teste  si  e  detto, 
accennano  ai  discorsi  tenuti  nel  parlamento  francese  intorno  al  fu- 
turo  Concilio.  Or  ecco  un'  osservazione  che  aggiungono  sopra  que- 
sto proposito.  «  Noi  riporteremo,  essi  dicono,  il  testo  di  quelle  ele- 
vate discussion! ,  le  quali  provano  una  volta  di  piu,  come  un  gran 
popolo  non  possa  vivere  senza  rendere  omaggio  a  quelle  divine  ri- 
velazioni,  che  sono  gli  splendor!  della  fede,  e  che  dischiudono 
infmiti  orizzoiiti  di  speranze  ineffabili  2  ».  Qui,  com'e  chiaro,  si  fa 

1  Romanus  Pontifex  potest  et  debet  cum  progress^  cum  liberalismo  et 
cum  recenli  cimlitate  sese  reconciliare  et  componere.  Propos.LXXX. 

2  Ibid.  loc.  cit. 

Serie  VII,  vol.  IV.fase.  445.  6  24  Settembre  1868. 


82  RIYISTA 

un  elogio  della  sostanza  almeno  di  que'  discorsi,  i  quali  non  pure 
sono  detti  elevati  (crediamo  bene  per  altezza  di  concetti),  ma  tali 
ancora  che  rendono  omaggio  alle  verita  rilevate.  E  se  \i  si  facesse 
una  qualche  reslrizione,  se  non  altio  in  yenere  ,  con  protestare  di 
non  ammettere  tutte  le  sentenze  cola  proferite,  potremmo  forse  rico- 
noscere  in  quella  lode  una  semplice  esagerazione  di  corlesia.  Ma 
vedendo  che  ne  a  questo  luogo  si  appone  niuna  clausola  di  riserva, 
ne  altro  si  aggiunge  nel  numero  II,  dove  fedeli  alia  promessa  ripro- 
ducoiK)  quasi  interamente  il  discorso  del  sig.  Olllvier  e  la  risposta 
del  Ministro ;  siamo  obbligati  d'inferirne,  che  dunque  i  sopraddetli 
Editor!  accettano  in  complesso  tutte  le  massime  pronunziale  sopra 
quell'  argomento,  attribuendo  ad  esse  il  singolare  onore  di  toruare 
in  omaggio  delle  verita  rivelate.  Ma  noi,  esaminale  atlentamente 
le  parole  pronuuciate  in  quella  discussione  (e  intendiamo  precisa- 
mente  le  parti  riportate  dal  Giornale)  non  vi  troviamo  altio  osse- 
quio  alle  verita  rivelate,  se  non  questo  assai  indiretto,  che  il  Papato 
e  una  gran  potenza,  e  la  religione  cattolica,  stabilita  sopra  que- 
slo  fondamento ,  ha  molta  influenza  nella  civile  societa.  Quauto 
poi  alia  sostanza ,  tutta  quella  discussione  si  puo  riassumere  nelle 
seguenti  sentenze.  In  virtu  dell'  antica  legislazione ,  riconosciuta 
ed  accettata  anche  dalla  potesla  ecclesiastfca,  lo  Stato  godeva,  per 
la  contingenza  di  un  Concilio  ecumenico,  di  questi  diritti:  I,  di 
poter  proibire  la  pubblicazione  delle  Bolle  che  il  convocassero : 
II,  di" poter  autorizzare  i  Yescovi  a  recarsi  a  Roma,  o  per  con- 
trario  vietare  la  loro  partenza :  III,  di  poter  interdire  la  promul- 
gazione  delle  decision*!  prese  dallo  stesso  Concilio  gia  celebrato  e 
confermato.  Yedesse  intanto  il  Governo,  se  nelle  present!  circo- 
stanze  convenga  meglio  alia  Francia  mantenere  si  fatti  dritti;  o 
piuttosto ,  dacche  il  Pontefice  convocando  da  se  il  Concilio  ha  mo- 
strato  col  fatto  di  voler  separare  la  Chiesa  dallo  Stalo ,  non  sia  mi- 
glior  partito  pigliar  da  cio  occasione  di  separar  lo  Stato  dalla  Chie- 
sa. Questo  per  rispetto  alle  relazioni  delle  due  potesta,  1'ecclesiasti- 
ca  e  la  politica.  Per  rispetto  poi  alle  quistioni  esclusivamente  re- 
ligiose, dall'una  parte  fu  lamentato  che  il  Clero  gallicano  avesse 
smesso  que'principii,  che  un  tempo  formarono  la  sua  gloria;  e 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  83 

daH'altra  fu  sostenulo,  che  quc'principii  sono  al  presente  affermati 
allo  stesso  modo  che  in  antico  :  essi  sono  in  primo  luogo  la  dottri- 
na,  che  nega  al  Papa,  considerato  da  se  solo,  il  privilegio  della 
infallibilita ;  ed  in  secondo  luogo  quella  che  fa  il  Concilio  ecumeni- 
co  super  lore  al  medesimo  Papa.  Ora  le  dette  proposiziorii ,  ed  altre 
consimili  riferite  dal  Periodico,  si  trovano  tutte,  quali  con  un  grado 
di  censura  e  quali  con  altro  condannate ,  e  quali  almeno  riprovate 
da'  Romani  Pontefici,  anche  per  mezzo  di  Bolle  dommatiche  accettate 
da  tutta  la  Chiesa :  e  sono  quelle  che  furono  in  varii  tempi  emanate 
contro  i  Giansenisti.  Cio  non  ostante  gli  Editor!  del  Concilio,  per 
cio  almeno  che  discende  qual  immediata  conseguenza  dalle  loro  pa- 
role, le  accettano  in  fascio  siccome  fiore  di  cattoliche  verita! 

Se  non  che  non  e  mestieri  di  argomenti  indirelti  a  far  rilevare 
il  veleno  del  Giornale  che  esaminiamo,  quando  vi  ha  error!  im- 
mensamente  piu  rei  de'gia  menzionati,  che  vi  si  trovano  espressi 
con  proprie  e  manifeste  parole.  Nel  numero  I,  a  pag.  8,  citata 
quella  sentenza  del  Vangelo:  «  I  primi  saranno  gli  ultimi,  e  gli 
uitimi  i  primi  »,  gli  scrittori,  senza  nessun  velo  di  metafora  ne  an- 
fibologia  di  parole,  ne  fanno  il  testo  di  questa  breve,  ma  succosa 
lezione  di  teoria  rivoluzionaria  e  socialistic^.  «  Ecco,  essi  dicono, 
la  legge  dell'  uguaglianza,  il  cardine  del  rinnovamento  sociale ,  la 
leva  potente,  che  i  tempi  civili  adoperano  per  sommovere  il  mon- 
do.  »  Altro  che  superiorita  del  Concilio  sopra  il  Papa,  o  diritto  di 
ingerenza  della  potesla  laicale  nella  disciplina  ecclesiastical  Qui 
sono  niente  meno  che  consecrati  tutti  gli  sconvolgimenti  sociali, 
si  quell!  che  si  sono  compiuti  e  si  quegli  altri  che  si  spera  di  com- 
piere,  siccome  legittime  conseguenze  di  un  principio  del  Yangelo! 
Sarebbe  tempo  sprecato  (tanto  evidente  e  la  cosa)  diniostrare  la  fa- 
tuita  di  questo  senso,  che  si  da  alle  parole  di  Gesu  Cristo.  Ma  co- 
loro  che  si  fanno  autori  d'  interpretazioni,  dall'  una  parte  si  empie 
e  dair  altra,  diciamolo  pure  ,  si  bestiali,  da  quale  spirito  conviene 
che  sieno  animal!  in  quest' opera,  che  hanno  assunta,  di  ammaestra- 
re  il  popolo  nelle  dottrine  del  cristianesimo  ? 

E  conforme  a  cotesta  legge  di  eguaglianza  ed  al  principio  della 
democrazia,  che  gli  scrittori  del  periodico  veggono  nel  Yangelo ,  e 


84  RIYISTA 

la  idea  die  essi  danno  della  organizzazione  indolta  da  Gesii  Cristo 
nella  sua  Chiesa.  Eccone  alcuni  schizzi  a  tocclii  piu  indeterminati, 
ma  pur  sufficientemente  significativi,  nel  num.  Ill,  pag.  21,  colle 
seguenli  parole.  «  Dalla  morte  della  repubblica,  eke  uccideva  la  de- 
mocrazia  del  Bruti  e  del  Scipioni,  al  nascimento  della  nuova  repub- 
blica,  fondata  dalla  democrazia  di  Cristo,  correvano  pochi  giorni. 
La  Provvidenza  non  distrugge,  ma  rinnova.  La  democrazia  muni- 
cipale  di  Roma  pagana  avea  preparata  la  via  del  Cristianesimo, 
democrazia  universale  delle  genii.  »  Che  se  bramate  qualche  cosa 
di  piu  precise  e  piu  chiaro,  recatevi  alia  pagina  seguente;  e  sarele 
quivi  avvertito,  «  che  e  da  tener  conto  del  pensiero  erninente- 
mente  democratico  de'  primi  comuni  o  chiese  crisliane  ».  Noi  inve- 
ce  osserviamo,  che  qucl  farsi  le  primitive  chiese  crisliane  sinonime 
di  comuni,  come  troppo  chiaramente  apparisce  dal  testo,  in  primo 
luogo  spiega  la  sentenza  piu  generica  del  testo  precedente,  facen- 
do  intendere  che  si  vuol  significare  una  vera  democrazia;  ed  in  se- 
condo  luogo  riduce  la  dollrina  di  Gesu  Cristo  ad  un  essere,  se  non 
esclusivamente,  come  pare,  almeno  principalmente  politico. 

83  poi  domandate  agli  autori  sopra  quali  argomenti  essi  appog- 
giano  questa  loro  dottrina,  ve  ne  arrecano  due  nella  medesima  pa- 
gina, immediatamente  appresso  il  luogo  citato. 

II  primo  e  la  comunanza  de'  beni,  di  cui  affermano  che  in  quei 
principii  fu  posta  legge  a  tutti  i  cristiani.  «  La  comunanza  de'  beni 
(sono  le  loro  propric  parole)  e  proclamata  e  voluta  dalla  nuova  legge, 
e  la  miseria  e  bandita  d'  in  seno  alia  congregazione  de'neofiti  per  via 
della  reciprocita  e  della  associazione.  Anania  e  Saffira  cadono  ful- 
minati  dinanzi  alia  Chiesa;  imperocche  traltidairavarizia,nonavea- 
ano  versati  integra  la  somma  de'loro  averi  nel  tesoro  commie. » Due 
grossissimi  errori  si  nascondono  in  questo  piccolo  brano.  L'uno 
e,  che  quella  cessione  di  beni,  che  i  primi  fedeli  faceano  alia  Chie- 
sa, acciocche  fossero  distribuiti  in  comune,  avesse  fondamento  nel 
principio  di  un'  uguaglianza  democratica ,  conforme  al  senso  che 
aveano  poco  innanzi  spiegato.  E  questo  e  falsissimo,  come  risultasi 
dal  tenore  del  racconto,  che  n'e  inserito  negli  atli  degli  Apostoli,  e  si 
dalla  uniforme  interpretazione  de'SS.  Padri.  Secondo  cosi  autorevoli 


DELIA  STAMPA  ITALIANA  83 

testimonianze  la  ragione,  che  moveva  i  primi  cristiani  a  questo  tola- 
!e  spogliamento,era  per  Tuna  parte  lo  spirito  di  poverta,  che  anima- 
va  i  ricchi  a  sbarazzarsi  di  lull'  i  loro  beni  lemporali  per  attenderc 
eon  piu  agevolezza  alia  perfezione  evangelica;  e  per  1'  altra  lo  spiri- 
to della  carita,  che  gl'  induceva  a  provvedere  alle  necessita  degli  al- 
tri  fratelli.  Tutto  all'  opposto  nella  democrazia,  di  cui  sono  movenii 
due  principiicontrarii,  quello  deli'egoismo  e  quello  della  cupidigia; 
pretendendo  i  poveri  per  proprio  diritto  le  sostanze  de' ricchi,  e  rilut- 
tando  quesli  aH'iniqua  spogliazione.  L'altro  errore  del  tratto  che 
esaminiamo  consiste  nel  supporre,  che  quella  rinunzia  di  beni  tem- 
poral! fosse  un  precetto,  proclamato  e  voluto  dalla  nuova  legge.  II 
che  i  redattori  si  argomenlano  di  provare  col  gastigo  inflilto  da  Dio 
ad  Anania  e  Saffira,  che  mossi  da  avarizia  soltrassero  per  se  una 
parte  del  ritraito  dalla  vendila  di  un  loro  campo.  Ma  questo  esem- 
pio  prova  il  contrario.  Ascoltiamo  il  rimprovero  che  San  Pietro , 
il  quale  dovea  pur  sapere  se  c'  era  questa  legge ,  fece  ad  Anania. 
«  E  perche  mai,  egli  disse,  perche  Satanasso  ha  tentato  il  tuo  cuore 
a  mentire  allo  Spirito  Santo,  e  far  frode  sopra  il  prezzo  del  campo? 
Forseche  non  era  tuo,  se  tu  il  volevi  conservare ;  e  se  venderlo,  non 
era  a  tua  disposizione  il  prezzo  che  ne  avresti  ricavato?  Perche  ti 
sei  indotto  a  cio  fare?  Tu  non  haimentilo  agli  uomini,  ma  a  Dio  l.» 
Se  dunque  Anania  era  libero  di  vendere  o  ritehere  il  campo ;  e  ri- 
tenendolo  sarebbe  rimasto  proprietai  io  del  fondo ,  e  yendendolo  a- 
vrebbe  avuto  la  libera  disposizione  del  prezzo ,  e  troppo  evidente 
che  non  dovea  esservi  niuna  legge ,  che  obbligasse  i  fedeli  a  spro- 
priarsi  de'  loro  beni  e  metterli  in  comune.  Perche  dunque  prima  Ana- 
nia e  dipoi  Saffira  sua  moglie  furono  si  acremente  rimproverati  dai 
Principe  degli  Apostoli  di  avere  frodata  la  Chiesa  di  una  parte  del 
prezzo  del  loro  campo,  e  per  cio  stesso  colpiti  da  Dio  di  morte  subi- 
tanea?  Lo  dice  espressamente  il  medesimo  Pietro:  perche  mentiro- 
no  allo  Spirito  Santo.  II  che  puo  avere  due  sensi,  o  inquanto  sem- 

1  Divit  autem  Petrus:  Anania,  cur  tentavit  Satanas  cor  tuum  mcntiri 
te  Spiritui  Sancto,  et  fraudare  de  pretio  agri?  Nonne  manens  tibi  ma- 
nebat,  et  venundatum  in  tua  erat  potestate?  Quare posuisti  in  corde  tuo  hanc 
rem  ?  Non  cs  mentltw  hominibus,  sed  Deo.  Act.  Apost.  V,  3  seqq. 


8G  KIVISTA 

plicemente  dissero  una  menzogna;  o  yeramente  perche  avendo  volon- 
tariamente  consecrato  alia  Chiesa  quella  proprieta  (forse  con  \oto)7 
col  ritenersene  poi  una  porzione  del  prezzo  si  fecero  rei  di  furto  e 
di  sacrilegio :  ed  e  la  sentenza  piii  probabile. 

II  secondo  argomento,  eke  i  redattori  del  periodico  adducono  in 
pruova  della  democrazia  della  Chiesa ,  seguita  dopo  tre  linee  dal 
luogo  recitato,  e  riguarda  la  intrinseca  costituzione  di  essa  Chiesa. 
Ecco  le  lor  parole.  «  Ed  e  per  imiversale  suffragio  che  i  gradi  del 
sacerdozio  son  conferiti,  a  moderare  piu  che  a  governare,a  consiglia- 
re  piu  che  a  reggere  le  democratiche  convivenze,  come  si  ritrae  dal 
nome  istesso  che  ebbero  i  primi  leviti  di  diaconi,  che  vale  quanto 
amministratpri  delle  comuni  sostanze.  »  Gran  fondo  di  nequizia  e 
nelle  cose,  che  qui  espressamente  si  affermano,  maggiore  ne'  sensi 
che  vi  sono  necessariamente  sottintesi.  Dapprima  e  detto  che  i  gra- 
di del  sacerdozio  erano  conferiti  per  suffragio  universale :  la  quale 
ultima  frase,  del  tutto  estranea  al  linguaggio  ecclesiastico,  fa  inten- 
dere  naturalmente  che  la  legittimita  e  validita  delle  elezioni,  secondo 
la  costituzione  data  da  Cristo  alia  Chiesa,  dipendesse  dalla  manife- 
stazione  della  volonta  del  popolo-,  espressa  se  non  da  tutti  certo  dalla 
maggior  parte  de'  yoti ;  poiche  questo  e  non  altro  e  il  significato  di 
detta  frase.  Ora  ayvegnache  il  popolo  ,  nell'  antica  disciplina  eccle- 
siastica ,  a^vesse  qualch'  ingerenza  nella  elezione  de'  sacri  ministri ; 
questa  pero  non  si  riduceva  ad  altro,  che  a  testimoniare  della  bonta 
della  \ita  de'candidati,  fossero  molti  o  pochi  i  testimonii,  purche  fe- 
dedegni :  e  per  cio  stesso  quando  per  altri  mezzi  potea  costare  della 
idoneita  degli  elegibili,  non  solo  gli  Apostoli,  ma  anche  i  loro  sue- 
cessori,  come  si  sa  per  la  storia  ecclesiastica ,  ordinarono  vescovi  e 
sacerdoti  senza  cercare  il  suffragio  del  popolo.  Secondariamente  si 
afferma,  che  i  gradi  del  sacerdozio  erano  conferiti  a  moderare  piu 
che  a  governare,  a  consigliare  piu  che  a  reggere  le  democratiche 
convivenze.  Colle  quali  parole  s'  insinua,  benche  a  mezza  bocca, 
che  la  potesta  ecclesiastica  nonjisedesse  propriamente  negli  eletti, 
ma  si  nel  popolo  :  e  si  ribadisce  piu  chiaramente  coll'  inciso  se- 
guente,  in  cui  se  ne  reca  in  ripruova  il  nome  di  diaconi  dato  ai  pri- 
mi leviti;  nome  che  per  se  significa  ministerio  e  non  superiorita. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  87 

Ma  va  anche  piu  oltre  la  malizia  di  quest'  ultima  particella  del 
periodo.  Poiche  avete  notato  in  eke  si  fa  consistere  cosi  falto  mini- 
sterio  fa'prhni  levittf  non  piu  che  nell'  essere  amministratori  delle 
comuni  sostanze.  E  cosi  una  parte  deiruffizio  di  que'  ministri ,  ehe 
furon  detti  esclusivamenle  diaconi;  parte  a  bella  posta  commessa 
ad  essi,  che  teneano  V  ultimo  grado  nella  gerarchia  ecclesiastica, 
acciocche  quegli  altri  del  grado  superiore  potessero  attendere  al  go- 
verno  spiriluale  delle  anime  1,  e  fatta  apparire  non  solo  comune,  ma 
iinico  incarico  di  lutti  i  ministri  della  Chiesa.  Con  che  si  rende  sem- 
pre  piu  chiara  la  sentenza,  che  negli  altri  due  tesli  precedent!  abbiam 
veduto  suggerita  dal  Giornale,  cioe  che  la  Chiesa,  secondo  la  costi- 
tuzione  che  le  diede  il  suo  Fondatore,  altro  non  e  che  una  pura  e 
schietta  democrazia. 

La  qual  sentenza  e  tutto  conforme  all'  origine  affatto  naturale, 
che  questi  degni  scrittori  assegnano  al  Cristianesimo.  «  L' opera  del- 
1'unita  romana  (cosi  nel  n.  Ill,  pag.  22)  prepara  alia  grande  opec 
ra  deH'unita  cattolica,  secondo  la  legge  del  progresso  indefinite  del- 
I'umana  famiglia,  che  va  atteggiandosi  variamente  nel  tempo  e  nel- 
lo  spazio  al  miglior  suo  governo.  »  Per  fermo  anche  i  Padri  della 
Chiesa  riconoscono  neli'  impero  romano  una  preparazione  del  Cri- 
slianesimo.  Ma  la  preparazione,  che  intendono  que'Dottori,  riguar- 
da  unicamente  1'elemento  materiale,  in  quanto  1'unita  politics,  fon- 
dato  che  fosse  il  cristianesimo,  sarebbe  stato  un  mezzo  piu  facile  per 
mantenere  1'unita  religiosa.  Ma  per  rispetto  allo  stabilimento  della 
nuova  religione  tanto  quell'  unita  non  era  propria  e  formale  prepara- 
zione, che  anzi  da  essa  provennero  per  ben  tre  secoli  i  piu  ostinati  e 

1  L'occasione  della  elezione  de'primi  Diaconi  fu  il  piato  de1  Genlili  con*- 
vertiti,  che  si  querelavano  che  le  loro  vedove  venissero  posposte  a  quellede- 
gli  Ebrei  nella  dispensazione  dell' elimosine.  Allora  gli  Apostoli  credettero 
giunto  il  t<?mpo  di  ordinare  questi  ministri,  per  affidare  ad  essi  la  distribuzio- 
lie  de'  sussidii  della  pubblica  carita  :  giacche,  diceano ,  «  non  e  conveniente 
che  noi  trascuriamo  la  predicazione  e  la  preghiera  per  ministrare  alle  mense 
(Act.  V,  2  seq. ).  »  Diciamo  che  questa  fa  1'  occasioRe  della  consecrazione 
de' Diaconi:  poiche  come  si  rileva  da  tutti  i  monumenti  ecclesiastici  la 
propria  ragione  deH'ordine  loro  e  quello  di  assistere  al  divin  sagrifizio  e 
amminlstrare  FEucaristia. 


88  RIVISTA 

piu  universal!  contrast!  all' opera  di  Dio.  Ora  gli  estensori  del  Conci- 
lia non  solo  veggono  una  preparazione  positiva  alia  religione  cristia- 
na  neir  impero  romano ,  ma  fanno  a  dirittura  di  quella  una  conse- 
guenza  affatto  spontanea  di  questo.  Ne  cio  in  virtu  di  un  concorso 
soprannaturale  di  Dio ;  neppur  per  ombra  :  tutto  e  da  ripetere  dalla 
legge  (necessaria  per  conseguenza)  del  progresso  indefinite,  seeon- 
do  il  quale  Y  impero  romano  ,  dopo  essersi  variamente  atteggiato 
nel  tempo  e  nello  spazio,  venuto  fmalmente  il  proprio  punto,  si  bat- 
tezzo  cristiano  a  suo  migliore  governo.  Ne'  quali  sentiment!  e  con- 
centrata,  con  formole  quasi  identiche,  tutta  la  dottrina  de' razionali- 
sti  e  positivisti  modern!  intorno  alia  origine  del  Cristianesimo. 

Ma  che  avremmo  potuto  aspettarci  di  meglio,  se  sino  dal  primo 
numero  e  insultata  sacrilegamente  la  stessa  adorabile  persona  di  Ge- 
su Cristo,  moriente  sulla  Croce.  Imperocche  in  mezzo  ad  una  pom- 
posa  descrizione,  che  si  fa  del  trionfo  della  morte  del  Salvatore,  in 
cui  si  dice,  che  «  invano  il  proconsole  di  Tiberio  Cesare  ha  con  sen- 
tenza  codarda  lasciata  compiere  la  vendetta  degli  Scribi  e  dei  Fari- 
sei:  e  che  invano  Gesu,  ludibrio  all'inscia  e  feroce  squadra  ha  ver- 
sate  lag  rime  di  ineffabile  spasimo  sotto  lo  strazio  dei  flagelli  e  delle 
yerghe»,  si  soggiunge  immediatamente  con  orrenda  bestemmia: 
«  Invano  sul  monte  infame  il  Figliuolo  dell'  uomo  ha  dubitato  per 
un  momento  della  clemenza  del  Signore  1 .  »  Or  chi  afferma  insie- 
me  co'  liberi  pensatori  e  co'  razionalisti  della  Critica  pur  a,  che 
Gesu  Cristo  negli  ultimi  momenti  della  sua  vita  dispero  sulla  croce, 
o  solo  dubito  della  protezione,  e  secondo  la  frase  anche  piu  signifi- 
cativa  di  questo  Giornale,  della  clemenza  delSignore,  non  solo  con- 
yiene  che  gli  neghi  la  divinita,  ma  anche  la  stabilita  nella  giustizia, 
non  potendosi  questa  conciliare  colla  diffidenza  'nella  divina  bonta. 

I  nostri  lettori  saranno  maravigliati,  non  crediamo  gia  delle  be- 
stemmie  di  questo  periodico;  poiche,  grazie  alia  moderna  liberta,  di 
simili  se  ne  sentono  tuttodi ;  ma  piuttosto  perche  volendo  gli  Editori 
di  esso,  per  cio  almeno  che  apparisce  dalle  loro  scritture,  dissemi- 
nare  ampiamente  gli  errori  del  tempo  sotto  le  sembianze  della  ve- 

1  Num.  I,  pag.  8. 


BELLA  STAMPA  JTALIANA  89 

rita  e  della  religione,  sieno  stall  si  poco  accorli,  che  s'  inducessero 
a  sfoderarne  tanli  e  si  maiuscoli  e  si  evidenli  nei  Ire  soli  primi  nu- 
meri.  Alia  qual  meraviglia  noi  aggiungeremo  un'allra  maggiore. 
Poiche  non  solo  si  son  mostrali  cosi  audaci  col  Pubblico ,  facendo 
forse  a  fidanza  o  colla  inespertezza  o  colla  semplicila  del  maggior 
mimero  de'  lellori ;  ma  hanno  avula  la  fronte  d'  indirizzare  una 
lellera,  lutta  divozione ,  ai  Yescovi ,  per  avere  da  essi  incoraggia- 
mento  e  favor  e  per  colesta  lor  opera  di  zelo.  Adunque  spiegheremo 
il  fol to,  recandolo  a  speciale  provvidenza  di  Dio,  il  quale  ha  cosi  ac- 
cecalo  cotesti  oppugnalori  della  sua  Chiesa,  che  sin  da  principio  e 
per  manlera  si  grossolana  si  scoprissero  da  se  slessi.  Di  fatto  i 
Vescovi  dapperlullo,  dov'  e  giunla  questa  peslifera  pubblicazione, 
hanno  levala  la  voce  per  meltere  in  guardia  la  loro  gregge ;  ed  al- 
cuni  non  paghi  di  farlo  nelle  proprie  diocesi,  hanno  dato  maggio- 
re ampiezza  alle  loro  proleste  facendole  diffondere  dai  giornali  cat- 
tolici.  Per  esempio  riporteremo  qui  la  bellissima  lellera ,  che  mon- 
signore  Yescovo  di  Monlalto  diresse  agli  Edilori  del  Concilio,  pre- 
tendendo  giuslamenle  (benche  senza  effello)  che  la  dovessero  pub- 
blicare  riel  loro  Giornale,  in  cui  faceano  comparire  la  Sede  vescovi- 
le  di  Montallo  come  associala.  Ecco  perlanlo  la  lellera  di  Monsi- 
gnore ,  che  si  Irova  anche  slampala  nel  num.  208  dell'  Unita  Cat- 
tolica. 

«  Signori  Edilori  del  Periodico  11  Concilio  Ecumenico 

«  Nella  facciala  inlerna  della  Coperta  alia  4.a  Dispensa  del  Pe- 
riodico //  Concilio  Ecumenico  havvi  un'  Elenco  degli  Associati 
al  med.  e  Ira  quesli  al  n.°  8.°  si  legge:  Sede  Vescovile  di  Monlallo; 
«?ome  pure  ban  voluto  fare  lispello  ad  allri  Yescovi  che  vi  si  erano 
ascntli. 

«  Debbo  innanzi  Iralto  dire,  che  se  mi  risolsi  di  dare  il  mio  no- 
ine  per  avere  una  copia  di  lal  lavoro,  unico  mio  inlendimenlo  f«, 
di  poler  cosi  meglio  riconoscere  il  veleno,  che  gia  fin  da  principio 
vi  si  subodorava,  e  a  guisa  di  Paslore  sollecilo  del  ben  del  suo 
gregge,  adoperarmi,  che  non  venisse  alia  sprovvista  lolalmente 
soibilo  da'miei  Diocesani. 


90  RIVISTA 

«  A  rintracciar  poi  quale  possa  essere  slato  lo  scopo  prefissosi 
dal  Redatlore  nell'usare  1'espressione  :  Sede  vescoyile  di  Montalto, 
piutlosto  che  riportare  semplicemente  il  raio  nome,  e  cosi  pure  de- 
gli  altri  Vescovi,  rion  ho  dovuto  durar  molta  fatica  per  coglier  nel 
punto.  Egli  il  Redattore  del  Periodico  ha  cosi  creduto  di  allucinare 
gl'incauti  leltori,  facendo  lor  supporre,  che  gia  non  poche  chiese 
commesse  al  regime  dei  rispetthi  lor  Vescovi,  professino  e  lutta 
ritengano  la  dottrina  sparsa  nel  Periodico,  e  siavi  tra  gli  Editor! 
di  questo  ed  i  Yescovi,  comeuna  reciproca  solidarieta,  ed  ima  stes- 
sa  maniera  di  credere  e  di  dire.  Non  tardo  pertanto  di  proles  tare 
dal  canto  mio  contro  si  oltraggioso  strazio,  che  si  e  voluto  fare  col 
segnare  nell'  indice  degli  Associati  la  Sede  vescovile  di  Montalto, 
per  ammantarsi  pur  col  nome  di  questa,  e  dare  cosi  maggior  cre- 
dito  alle  non  poche  censurabili  proposizioni,  che  si  leggono  nei 
qualtro  gia  stampati  fascicoli,  ed  alle  altre  di  tal  tempra,  che  coe- 
renlemente  al  pravo  scopo  prefissosi  dagli  Editori,  v'ha  tutta  ra- 
gione  ad  aspettarsi,  che  saranho  pronunciate  in  appresso. 

«  Ne  pero  solamente  come  immeritevol  Pastore ,  e  rappresentante 
di  questa  mia  Chiesa  e  Diocesi,  ma  anche  come  privata  persona, 
rigetto  da  me  e  condanno  le  maliziose  omissioni,  le  asserzioni  di 
falsi  principii  qua  e  la  sparsi,  i  quali  a  ogni  pie  sospinto  disgrazia- 
tamente  s'incontranp  nel  Periodico,  e  che  tutta  snaturano  la  intrin- 
seca  divina  costituzione  della  Chiesa,  manomettono  la  ecclesiastica 
Gerarchia  e  minano,  opera  inutile^  quello  incrollabil  Primato  di 
onore  e  di  giurisdizione  dato  da  Gesu  Crislo  vero  Dio  e  vero  uomo 
a  S.  Pietro  Principe  degli  Apostoli,  ed  in  Pielro  pure  a'suoi  succes- 
sori  nella  Caltedra  di  Roma,  che  dallo  stesso  Pietro  fu  istituita,  e 
col  suo  glorioso  martirio  fecondata.  Primato,  che  vigoroso  e  stabile 
per  prornessa  divina  durera  sino  alia  fine  de'secoli. 

«  Con  questa  pietra  fondamentale,  sulla  quale  si  erge  maestoso  il 
grande  edificio  della  cattolica  Chiesa,  deve  ogni  fedele  convenire  se  , 
YUO!  conseguir  salute.  Da  questa  Cattedra  di  verita,  come  da  unica 
fonle  purissima  dovra  ognuno  attingere  la  dottrina  della  Fede,  la 
sana  morale.  Ad  essa  dee  prestare  totale  obbedienza,  e  riguardare 
in  quel  sommo,  che  oggi  vi  siede,  Pio  IX ,  il  Pastore  universale, 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  91 

il  Yicario  di  Gesu  Cristo,  il  Maestro  del  vero,  il  Giudice  supremo 
delle  control ersie  lulte,  che  hanno  qualunque  piu  rimota  attenenza 
alia  cattolica  Religiohe. 

«  Yoglian  dopo  do,  che  ho  ragione  di  esigerlo,  inscrire  nel  male 
arrivato  lor  Peiiodico  quesla  mia  dichiarazione,  che  intauto,  a  dar- 
le  maggior  divolgazione ,  mi  studiero  di  far  inserire  in  alcuno  dei 
piu  riputali  Giornali  cattolici,  che  onorano  V  Italia. 

«  Elleno  poi  yorranno  dispensarsi  dal  piu  spedirmi  in  appresso  le 
promesse  pubblicazioni,  e  ben  volentieri  respingerei  loro  le  quat- 
tro  gia  ricevute,  se  non  mi  fossero  per  una  prova  da  fame  mostra 
in  appresso  a  chi  domandasse  spiegazione  del  mio  giusto  risen- 
timento. 

«  E  qui  con  la  meritata  considerazione  passo  a  segnarmi. 

Montalto,  Marche,  31  Agosto  1868. 

Servitor  e 
*k*  Eleonoro  Yesc.  di  Montalto. 

Dopo  le  cose  da  noi  notate  in  questa  Rivista ,  e  molto  piu  posto 
il  giudizio  di  coloro,  che  nella  Chiesa  sono  stati  messi  dallo  Spirito 
Santo  iuterpreti  e  custodi  delle  verM  ri^elate,  veggano  i  buoni  cat- 
tolici se  essi  possano  con  sicura  coscienza  associarsi  ad  un  Giornale, 
che  spaccia  cosi  perverse  dottrine ;  o  se  sia  lecito  a  chi  in  buona  fe- 
de  gli  avesse  dato  il  suo  nome,  continuarsi  nell'associazione. 


BIBLIOGRAFIA 


ACCADEMIA  DI  POESIA  —  Lodovico  Cardinale  del  Principi  Altieri.Accademia  ci" 
Poesia  nel  nobile  pontificio  Collegio  Clementine,  il  29  Agosto  1868.  Roma, 
dai  tipi  di  Bernardo  Morini  1868.  Un  opusc.  in  16.° 


Quest'opuscolo  coiitiene,  col  name  del  giovani    fu  celebrata  la  santa  niemoria  del  Cardiaale  Al- 
p  eti,  la  dichiarazione  del  componimenti  poetici    liori,  gia  protettore  del  delto  insigne  Collegio. 
oude  nel  pontificio  Collegio  clementino  di  Roma 

ANON1MO  —  II  Clero  di  Terni  ai  padri  di  famiglia.  Modena,  tip.  dell'Immacolata 
Concesione  1868.  Un  opusc.  in  16.°  dipag.  35. 

£  una  calda  esortazione,  la  quale  mini  a  porre  i  corruttori  della  fede  e  del  buon  tostume  ten- 
ia  guardia  i  padri  di  famiglia,  contro  i  lacci  die  dono  ai  lor  flgliuoli. 

—  !1  Trionfo  della  Coscienza,  racconto.  Vol.  I  e  II.  Bologna,  presso  I  uffiz-io 
del  MessaggereV&ft.  Due  opusc.  in  16.°  piccolo  dipag.  261. 

-—  '  I  Sacerdoti  Ternani  ai  loro  amatissimi  concittadini,  nell'  anno  1868.  Ashi 
1868,  tip.  D.  Sensi.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  7. 

Ancora  quesla  fervida  ed  apostolica  esortazione,  di  coloro,  che  yorrebbero  strappare  da'  lor  petti  la 
che  il  clero  di  Terni  YOlge  a'  suoi  concittadini,  in-  fede  cattolica,  e  sostituire  in  sua  yece  la  corruzic- 
tende  a  fare  che  segaitino  a  sprezzare  le  sedozioni  ne  della  miscredenza. 

—  Recherches  Etymologiques,  et  pensees  diverses.  Modene%  typographic  de 

/7mm.  Conc.edilrlce  1868.  UnvolumettoinW.9  dipag.  V1M31. 

Una  grave   controversia  ,  mollo   disputabile  ,  meno  stimiamo  die  li  trovi  uniti  nel  concedergii 

presuppone  quasi  risoluta   1'autore    anonimo   di  che  gli  Aborigeni,  i  ^abini,  gli  Umbri  e  gli  Oschj 

questo  libro  francese,  or  ora  stampato  in  Mo-  fossero  popoli  tutti  egualmeule  celtici.  Checclic 

dena:   vale    a    dire  che  gl'idiomi    dell'Europa  sia  di  cio,  sollo   questo  tilolo   di  Ricerche  eli- 

meridionale,  1'italico,  il  francese,  lo  spagnuolo,  mologiche,  1'anonimo  ha  raccoKo  un  certo  numero 

ii  portoghese,  non    gia  derivino  dal  latino,  ma  di  vocaboli  francesi  spettanli  al  dizionario  si  dei- 

dal  celto-galiico,   da  cui  il  latino  s(c«so  «  per  1'anlica  cavalleria,  come  della  moderna  milixia. 

due  terzi  almcno  del  suo  Tocabolario  »  e  derivato.  e  si  e  iagegnato  di  illustrarli  filosoficamenle,  ar- 

Non  crediamo  che,  in  questa  sua  sentenza,  I'  au-  ricchendo  qui  e  cola  le  sue  dichiarazioni  con  pe- 

tore  abbia  Concorde  il  suffragio  di  lutti  gli  eru-  regrine  notizie  e  con  arguti  pcnsieri,  cho  ne  ren- 

diti  ,  sebbene  molti  modern!  vi  consentano.  Molto  dono  istruttiTa  ed  amena  la  lettura. 

—  Societa  della  Gioventu  Cattolica.  Regolamento  interno.  Bologna,  tipografia 
Felsinea  1868.  Un  opusc.  in  16.°  dipag.  15. 

In  uno  dei  precedenti  YOlumi  di  questa  Serie  scribi  dei  giornali  massonici  di  tutta  Italia.  Siamo 

abbiamo  assai  commendata  1'  istituzione  di  questa  lieli  di  notiQcare  oggi  queslo  suo   regolamenlo 

Leila  societa  della  Gioventu  cattolica,,  nata  falta  interno,  pubblicato  per  le  stampe,  e  conoscibile 

per  essere  contrapposta  alle  pestilenziali  congre-  a  quanti  desiderano  prenderne  nolizia.  II  propa- 

ghe  della  Massoneria.  E  che  fosse  commendabile  gare  per  le  citlu  italiane  circoli  di  questa  Societiu 

ed  ottima  in  se,  lo  provarono  le  ire  e  i  timori  die  sara  una  delle  j)iu  proficue  opere  che  ai  dl  nostri 

i'annunzio  solo  della  sua  esistenza  desto  negli  si  possano  fare,  in  utlle  della  CMesac  della  palria. 


B1BLIOGKAFIA 


93 


BALLERINI  FRANCESCO  —  Esercizij  divoti  per  rArchiconfraternita  di  Maria 
SSfiia,  sotto  il  titolo  della  Santa  Speranza,  stabilita  in  Roma  per  decreto  di 
SuaSantita  Papa  Pio  IX  nella  chiesa  de'RR.  PP.  Cappuccini,  sacra  all'Im- 
macolata  Concezione;  per  Francesco  Ballerini  d.  C.  d.  G.  Seconda  ediziono 
con  aggiunte.  Roma,  col  tipi  del  SaMucci  1868.  Un  volumetto  in  32."  di 
pag.  256. 

Come  notiCcammo  un'allra  Tolla,  annunziando  Generate  pro  temporc  del  dello  venerabile  Ordi- 
la  prima  stampa  di  quest!  Ksercizii  divoti,  la  pia  ne,  al  quale  fu  conferita  facolta  di  aggregare  al- 
unionc  di  Maria  SSma,  sotto  il  titolo  della  Spe- 
ranza,  fudapprima  istituita  nella  diocesi  di  S.Brieuc 
in  Francia.  II  S.  P.  Pio  JX  non  solamente  1'  appro - 
TO,  ma  la  estese  a  tullo  1'orbe  cattolico,  sla- 
bilendone  come  il  cenlro  nella  chiesa  dei  RR. 


PP.  Cappuccini  di  Roma.  Indi  a  poco  fu  quivi 
eretta  in  Arciconfratcrnita,  sotlo  la  presidenza  del 


1' Arciconfraternita  nuovi  sodalizii  per  tuUo  il 
mondo,  comunicando  le  indulgenze  ed  i  privilegi 
concessi  dal  Sommo  Pontefice.  II  libretto  pertanlo, 
di  cui  annunziamo  la  scconda  edizione  con  nota- 
bili  aumenli,  contiene  quanto  puo  essere  utile  agli 
aggregali,  quaiunque  sia  la  loro  condizione,  an- 
corchc  di  sacerdoti,  i  quali  Ira  cssi  abbondano. 


BONACCIA  PAOLO  —  Memorie  storiche  sopra  la  vita  e  le  virtu  del  giovane 
Francesco  Possenti,  tra  i  Passionisti  confratel  Gabriele  deir  Addolorata, 
scritte  dal  sacerdote  Paolo  Bonaccia,  professore  di  eloquenza  nel  ven.  Se- 
m'mario  arcivescovile  di  Spoleto.  Torino,  Pietro  di  G.  Marietti  tipografo 
pontificio  1868.  Unvol  in  16.°  piccolo  dipag.  266. 

Con  molto  vantaggio  da  ciascuna  sorta  di  per- 
sone,  ma  sopra  tutto  dai  giovani,  sara  letta  que- 
sla  bella  ed  attraente  vita  di  un  giovane,  che  seppe 
COQ  vera  generosita  spre/.zarc  il  mondo  e  la  came, 
per  servire  a  Dio  in  una  Ira  le  piu  austere  cor- 
porazioni  religiose.  II  nostro  secoio  si  dissipato, 

BRIANO  GIORGIO  —  A  Pio  IX.  Canzone 
Murale  1868.  Un  opusc.  in  16.°  clt 

Nobili  e  pieni  di  verita  sono  i  concetti,  onde 
e  inti'ssuta  questa  Canzone ,  poetico  il  loro  s vol- 
gimento,  ed  elevato  lo  stile  con  cui  sono  espres- 
si.  Non  ci  sembra  pero  esatla  grammaticalmente 
qualche  dizione,  come  per  escmpio  quella  con 
eui  si  dice,  clie  la  Nare  antica  di  Pielro  I' ocean 
de'  secoli  veleggia.  E  neppure  crediamo  potersi 
approvare,  cio  che  1' Autore  piu  d'uua  volta  si 

BUGL10NE  ARDOV1NO  —  La  Piana.  Cantica  di  Ardovino  dottor  Buglione,  saber- 
dote  canonico  da  Geccano.  Roma  1868/  tipografia  Chiassi.  Un  opusc.  in 
Iti.'dipag.  15. 


si  carnale,  si  orgoglioso  ha  mestieri  di  conoscc- 
re  tali  esempii;  e  santa  opera  fanno  coloro  che 
glieli  porgono  descritti  colla  grazia  c  coll'unzione, 
onde  olezza  questa  scrittura  deU'cguegio  sig.  pro- 
fessore Bonaccia. 

di  Giorgio  Briano.  Firense,  tip.  deltc 
pag.  X. 

permette,  di  applicare  ailo  slesso  soggetlo  e  nello 
stesso  contesto  metafore  di  gencre  diverso.  Cosi 
nella  strofa  V  il  Vero  che  e  detto  alia  ed  immortal 
radice,  Onde  tullo  quaggiii  vice  e  ramyolla,  nel- 
lo stesso  periodo  si  dice  che  tuonando  per  l& 
terra  uscio.  Sono  piccioli  nci,  ma  che  danno  piu 
facilmente  neU'occhio  in  un  breve  componimento. 


Sotlo  questo  titolo  il  sig.  canonico  Bugttone 
La  preso  a  cclebrare  i  piu  nolabili  successi  del 
Pontificate  di  Pio  IX,  dal  suo  innalzamento  alia 
tiara  sino  alia  defioizione  dommatica  delt'Imma- 


colata  Concezione  di  Maria  Vergiac:  c  lanfa  ma- 
teria  ha  rislretla  in  cinque  brevi  canli,  i  quali 
per  certo  lo  mostrano  iiffezionato  ai  buoui  studii, 
e  devotissimo  alia  Santa  Sedc. 


BUONA  (LA)  FAMIGLIA  —  TraUenimenti  di  letture  utili,  diletteveli,  estratte  da 
buoni  autori,  Periodico  popolare,  pubblicato  dalla  societii  di  S.  Carlo  Bor- 
romeo.  Cremona,  tip.  dalla  Noce. 


Con  piacere  vediamo  sorgerc  nnovi  giornali  o 
periodic!  probi  e  callolici,  non  solamente  nelle 
citta  primarie  d  Italia,  ma  eziandio  in  quellc  di 
second'  ordine.  Tal  e  queslo  della  Buona  Faini- 
glia  di  Cremona;  corrispondente  con  rerita  al  suo 


litolo,  e  degno  di  esscre  scslenulo  e  favorito  in 
quella  citta  e  provincia,  da  quanti  hanno  zelo 
del  bene  e  della  virtu.  La  tenuita  del  prez?,o  {• 
eslrema.  Per  la  provincia  di  Cremona  1'associa- 
zione  anmia  costs  1. 1,  50:  per  tutto  il  Reguo  1.2. 


94 


BIBLIOGRAFIA 


CELLI  GAETANO  —  Element!  di  sfera  armillare,  compUati  dall'ab.  Gaetano 
Celli,  per  uso  delle  scuole  di  gentili  donzelle,  dirette  da  madama  Genoveffa 
Collin  in  via  Borgognona  n.  50.  Roma,  tipografiadi  Giovanni  Pucclnelli 
in  via  dell'Anima  n.  8,  1865.  Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  48. 

E  un  buono  e  compiulo  traltatello,  che  puo  se  non  e  grande  pregio  1'ayere,  e  perd  spesso  difel- 
servire  utilmente  anche  per  l.e  scuole  di  giova-  to  notabile  1'ignorare,  massime  se  si  parli  di  per- 
netti.  Espone  con  molla  chiarezza  cognizioni,  che  sone  gentilmente  nale  e  viventi  in  socicta  colla. 

CIAMPI  CARLO  MARIA  —  Delia  umilta  e  della  superbia.  Istruzioni  dette  a  giova- 
ni,  da  mons.  Carlo  Maria  Giampi,  sacerdote  romano.  Torino,  Pietro  di 
G,  Marietli  tipografo  pontificio,  1868.  Un  opusc.  in  16.°  dipag.15%. 

Al  titolo  di  questo  sustanzioso  volumetlo  cor-  istruzione  di  questo  libro  sicno  stale  composle 
risponde  assai  bene  la  materia.  Puo  dirsi  un  or- 
dinalo  trattatelto  dell' umilta  cristiana  e  del  suo 
vizio  opposilo,  che  e  la  superbia.  La  dottrina  vi 
e  attinta  dalle  migliori  sorgenti  e  massime  da 
san  Tommaso  d'Aquino.  La  chiarezza  di  esposi- 
zione,  la  purgatezza  di  liugua  e  la  elegante  sein- 
plicita  dello  stile,  che  sono  dot!  proprie  di  tutti 
gli  scritti  del  ch.  Autore,  in  quest'opera  risplen- 


per  esser  dette  a  giovani,  ed  a  giovani  artisti; 
nondimeno  ogni  sorta  di  persone,  leggendole,  le 
gustera  e  ne  ritrarra  frulto.  Noi  preghiamo  1'il- 
luslre  nionsignor  Ciainpi  a  proseguire  la  slampa 
delle  allre  Istruzioni,  che  tiene  pronte  o  apparec- 
chia  sopra  le  altre  virtu  moral!  e  teologiche:  si- 
cnrissimi  come  siamo,  che  dalla  sua  penna  ne 
uscira,  un  tutto,  in  cui  il  hello  e  il  buono  e  quin- 
di  1'ulile  sodo  non  si  faranno  desiderare. 


dono  per  singolar  modo.  Benche  le  vent!  e  una 

C.  L.  —  Saggio  di  traduzione  delle  opere  del  P.  Claudio  Texier  d.  C.  d.  G.  per 
un  sacerdote  lombardo.  Reggio  (Emilia),  tip.  di  Luigi  Bondavalli  e 
compagni  1868.  Un  opusc.  in  8.'  di  pag.  87. 

II  p.  Claudio  Texier  della  Compagnia  di  Gesu,    blico.  L'anonimo  sacerdote,  che  si  e  accinto  a  tra- 
fiort  in  Francia  nella  seconda  meta  inollrata  del 
secolo  scorso,  e  per  vastila  di  dottrina  e  splen- 
dore  di  eloquenza  fu  tra  i  piu  ripulati   orator! 
sacri  dell'ela  sua.  Oltre  a  trecento  sono  i  suoi 


cemponimenti  di  ogni  genere  da  lui  recitati, 


durne  questa  parte,  ha  inteso  di  dare  un  vero 
saggio  del  vario  modo  usalo  dal  P.  Texier  nel 
traltare  i  varii  soggetti  che  imprendeva  a  svol- 
gere:  ed  a  noi  sembra  che  abbia  raggiunto  il  »uo 
scopo,  con  laudabile  proprieta  di  lingua  e  per- 
poscia  divulgati  per  le  stampe  a  frulto  del  pub-  spicuita  di  stile. 

DE  PELLEGRINI  FERDINANDO  —  Ave  Maria  della  Giovane  sposa  nel  di  delle  sue 
nozze.  Cantilena  popolare  di  Ferdinando  De  Pellegrini.  Liwrno,  tipogra- 
fia  di  Franc.  Vigo  1868.  Un  opusc.  in  16.°  d-ipag.  31. 

I  pregi  piu  distintivi  della  poesia  popolare  so-    siamo  inconlrati  in  parecchi  difetti,  o  sia  nella 
no  la  naturalezza  de'  concetti  unila  alia  scellez- 

za;  la  facilita  dello  stile  congiunta  coll'eleganza; 
ed  un  certo  calore  d'affelto  nato  da  schielta  ve- 
rila,  che  penetri  soavemenle  nel  cuore  senza 
troppo  agitarlo.  Ci  pare  che  1*  Ave  Maria  del 
chiaro  Pellegrini  ritragga  non  poco  da  q*e- 
sto  tipo  generico,  nel  quale  gli  porge  anche  mi- 
glior  vaataggio  1'argomenlo  religiose  che  tralta. 
Con  tulto  cio  non  vogliamo  dissimulare  che  ci 

DETTORI  PIETRO  —  Emma,  o  storia  di  un'Ave  Maria,  del  dottor  Pietro  Detto- 
ri,  accademico  Tiberino.  Torino,  Pietro  di  G.  Marietti,  tipografo  ponti- 
ficio  1868.  Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  134. 

II  doltor"  Pietro  Dettori  ha  ottimamente  fatto  a    muovere  guerra  perpetua.  E  cio  tanto  piu,  che 
dare  in  luce  questo  suo  pio,  vivace  ed  islrultivo 

racconlo,  originahnente  da  lui  composto  in  polito 
italiano.  Per  dire  il  vero,  troppo  oggimai  si  da 


lingua  o  sia  ne'  pensieri,  che  fanno  uno  spia- 
cevole  contraslo  colle  parti  buone,  e  nocciono  al- 
1'effetto  tolale  della  poesia.  Ma  forse  queslo  ral- 
lentamento  che  abbiam  notato  nella  impressione 
del  tutto  poetico,  dipendera,  assai  piu  dalla  so- 
verchia  lunghezza,  che  I'Autore  ha  dato  al  com- 
ponimento,  contro  all'indole  del  genere  lirico,  e 
massime  ne1  canti  popolari. 


corso  in  Italia,  anche  da  persone  zelanti  del  bene, 
a  racconti  stranieri,  i  quali  per  lo  piu  escono 
tradotti  Dio  sa  come,  e  quindi  accrescono  tra  noi 
quella  barbarie  di  letteratura,  cui  tulti  do  viemmo 


1'arte  e  la  sostanza  di  tali  opericciuole  sono  spesso 
cesa  ben  povera  e  comunale.  Quindi  e  giusto 
rallegrarsi  con  quegli  scrillori  (e,  grazie  a  Dio, 
1'ltalia  non  ne  ha  inopia)  i  quail  usano  1'ingegno, 
lo  stile  e  il  buon  Imguaggio  patrio  a  produrre 
frutti  schiettamente  nostrali,  che  souo  e  saranno 
sempre  mai  i  piu  cari  agl'  Italian!  ed  i  piu  efficaci. 


BIBLIOGRAFIA  95 

DUPANLOUP  FELICE  —  L'educazione,  per  monsignor  Felice  Dupanloup,  vesco- 
vo  cTOrleans,  membro  deiraccademla  francese.  Yersione  Haliana  di  D.  Cle-< 
mente  De  Angelis,  gia  professore  di  letteratura  greca,  latina,  italiana  e  di 
sacra  eloquenza.  \7olume  prlmo:  Deireducazlone  in  generale.  Parma,  Pie- 
tro  Fiaccadori  1868.  Un  vol.  in  16.°  di  pay.  515. 

L'illustre  Vescovo  di  Orleans,  oltreche  polemi-  nella  nostra  lingua  quest'opera,  lacui  lettura,  non. 

sla  eloquente,  e  altresi  didattico  pieno  di  attral-  fugace  ma  pondtsMla,  cousigliamo  agli  educator! 

live  e  di  grazie.  La  sua  opera  intorno  VEduca-  ed  ai  padri  e  alle  madri  di  famiglia,  che  vi  trove- 

zione>  e  fra  le  migliori  che  in  lal  genere  steno  ranno  molte  cose  daimparare  per  se,  e  forse  anche 

uscite  ai  nostri  tempi,  fecondissiim  di  scritti  cdu-  per  la  rifonna  dei  modi  che  tengono  nell'  allevare 

cativi.  Buon  servigio  dunque   vien  facendo  al-  i  discepoli  o  i  flgliuoli. 
I'  Italia  il  ch.  sig.  professore  De  Arigelis,  voltando 

FABER  FEDERICO  GUGLIELMO  —  Gonfereaze  spiritual  del  teologo  Federico  Gu- 
glielmo  Faber,  prete  dell1  Oratorio  di  S.  Filippo.  Prima  versione  italiana 
del  cav.  teol.  Luigi  Mussa,  prevosto  di  Mondonio.  Torino,  Pietro  di  G. 
Marietti  tipografo  pontifido  1868.  Un  vol.  in  16.e  di  pag.  XL11I-395. 

Varie  operette  ascetiche  del  celebre  p.  Faber,  1'autore,  ha  giovato  notabilmenle  alia  causa  di 

oratoriano  di  Londra,  sono  state  volte  in  italiano  Dio.  Sono  venture  conferenze  inlorno  a  varii  sog- 

e  diffuse  tra  noi,  con  utile  della  pieta.   II  ch.  getti  pratidssimi,   traltati  pon   quel   candore  ed 

sig.  teologo  Mussa,  traducendo  questa  ben  piu  acume  quasi  angelico,  onde  si  distingueva  la  bel- 

volnminosa  di  tutte  le  allre  e  rifletlente  forse  me-  1'anima  'del  p.  Faber  di  benedelta  memoria. 
glio  che  quelle  lo  spirito  s\  retto  e  soave  del- 

FERRARI  FERD1NANBO  —  La  Redenzione,  poemetto  in  otto  canti,  di  Ferdinan- 
do  Ferrari.  Seconda  edizione  notabilnaente  accresciuta.  Napoli,  tipografia 
degli  Accattoncelli  1868.  Un  opusc,  in  16.°  dipag,  VI-95. 

L1  uomo  che  decade  dallo  stalo  di  grazia   per  altri  valorosi  poeti,  che  aveano  trattato  lo  sies- 

1'invidia  di  Salauasso,  e  Ti  e  rislorato  per  la  in-  so  tema,  non  essendo  possibile  nel  gcnere  epico 

carnaiioae  e  morle  del  Figliuolo  di  Dio,   costi-  tentar  altra  via.  Ma  in  cio  appunto  ci  sembra 

tuisce  il  soggelto  del  presume  poemetto  del  cbia-  dover  riporre  la  sua  massima   lode,   che  ad  un 

ro  Ferdinando  Ferrari.  La  invenzione  scaturisce  soggetto  si  antico  ha  saputo  dare  tanl'aria  di  no- 

spontama   dal   fondo  stesso    deli' argomento,  e  vita,  per  la  forma  lutta  propria  con  cui  1'ha  trat- 

prende  forma  poetica  per  molte  vague,  Qnzioni,  tala,  e  tanta  vaghezza  co'  piegi  di  uno  stile  ve- 

che  senza  punto  alierare  la  sostanza  del  vero  ri-  ramente  poetico  e  senapre  nobile  e  digniloso,  che 

velato,  gli  danno  in  cerla  guisa  corpo  e  ligura  noa  solo  si  legge  con  interesse, "  ma  anche  con 

che  lo  appressmo  alia  fantasia.  Nel  che  1'illustre  diletto  non  ordiuario. 
\utore  c  stato  obbligato  di  tenersi  sui  vesligi  di 

GAUME  —  Storia  del  buon  Ladrone  dedicata  al  secolo  XIX,  di  monsignor  Gau- 
me;  protonotario  apostolico  e  dottore  in  teologia.  Versione  dal  francese 
del  rnarchese  L.  Dragonetti,  senatore  del  Kegno,  Prato,  tipografia  di 
Ranieri  Gyasti,  1868.  Un  vol.  in  16."  di  pag.  LII1-354. 

Monsignor  Gaume,  in  una  ragionata  prefazione  sembrargli  altresi  Bella  conversione.  il  iibro  e  frut- 
aquesto  suo  Iibro,  fa  un  accurato  ragguaglio  Ira  tuoso  e  molto  dilettevole  a  leggersi.  La  partico- 
i  vaif  del  i-eo  ladrone,  che  poi  divenne  buono  per  larlla  poi  che  un  Senalore  del  Regno  dMialia  Tab- 
la  grazia  di  Gesu  Cnsto  appo  cut  fa  crociflsso,  bia  Iradotto  ia  italiano,  gli  accresce  importanza. 
e  quelii  del  s«colo  decimonono.  Provata  e  posta  Oh  se  davvero  tutti  i  capi,  i  mimstri,  i  deputali 
la  similitudine,  dedica  al  noslro  secolo,  cioe  agli  e  i  senalori  della  nuova  Italia  s'innamorassero  del 
uomini  che  vivooo  secondo  i  costumi,  i  dettali  e  memento  mei,  detto  dal  buon  ladrone  a  Gesu  in 
lo  spirito  del  nostro  secolo,  la  vita  di  questo  la-  croce,  che  miracoli  di  conversion}  e  di  restiltt- 
drone,  acciocehe  scorgendo  essi  quanto  gli  ras-  zioui  non  vedremmo  noi  eseguirsi  I 
sembui)o  nvlia  prevuricazume,  si  studiiuo  di  ras- 


96  BIBLIOGRAFIA 

GRASSI  SEMINARA  FRANCESCO  —  Letlera  di  riconoscenza  falta  ai  glornali  cat- 
tolici,  da  Francesco  Seminara  d'Acireale.  Acireale,  co'  tipi  di  Vincenzo 
Strano  Meli,  1868.  Un  opusc.  in  16."  di  pag.  8. 

A  pag.  93  di  questo  noslro  volume  facemmo  ci  umilia,  ha  posta  in  luce  quesla  lettera  indi- 

onorata  menzione  di  una  calzante  difcsa,  che  il  rizzata  alia  predetta  Sicilia  catlolica  ed  a  noi: 

ch.  sig.  Francesco  Grassi  Seminara  avea  divul-  lettera  che  prova  quanto  relto'sia  il  suo  spirito 

gala  in  pro  dei  poveri  mendicant!  di  S,  France-  ed  ardente  di  sanlo  amore  cristiano  il  suo  euore. 

sco,  abolili  in  Italia.  Con  noi  ancora  il  giornale  Noi  gliene  rendiamo  pubblicamente  grazie  affet- 

intitolato  la  Sicilia  cattolica  di  Messina  si  uni,  tuose,  e  gli  preghiamo  da  Dio  frutto  abbondante 

a  tributare  giuste  lodi  allo  zelo  ed  all'eloquenza  nell'uso  della  penna,  ch'  egli  sa  maneggiare  cea 

dell'autore.  Or  esso,  con  un  tralto  di  cortesia  che  vigoria  ed  efDcacia. 

GRIMALDI  GENEROSO  —  Rara  osservazione  coronata  dal  piti  felice  successo  in 
un  Martire  del  brigantaggio  nella  provhicia  di  Avellino  F  anno  1864,  per 
Generoso  Grimaldi.  In  Napoli,  presso  Domenico  Morano,  strada  Quercia, 
n.  14,  1867.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  11. 

E  la  esposizione  di  una  cura  ed  operazione  chi-  prof.  Grimaldi  deduce  da  questa  esposizione,  ere- 

rurgica,  il  cni  soggetto  fa  un  giovano  di  Mon-  diamo  che  meritino  la  ponderazione  dei  pratici 

teforte  nella  provincia  d'Avellino,  assalito  e  fe-  deli'arle  salutare. 
rito  da  malvivenli.  Le  conseguenze  che  il  chiaro 

GROTTANELLI  F.  *«-  Leggenda  minore  di  S.  Caterina  da  Siena,  e  lettere  dei 
suoi  discepoli  ;  scrittare  inedite,  pubblicate  da  F.  Grottanelli.  In  Bologna, 
presso  Gaetano  Romagnoli  1868.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  XXX-308. 

Questo  e  uno  dei  pochi  volumi  della  Collezione  testi  inediti  dell'aureo  nostro  secolo.  Quivi  tuito 

di  opere  inedite  o  rare  dei  primi  tre  secoli  della  e  puro,  tnlto  e  oneslo,  tutto  e  giudizioso. 
lingua,  pubblicata  per  cura  della  R.  Commissione        In  una  non  prolissa  avvertenza  1'accurato  editore 

pe'testi  di  lingua  nelle  province  deU'Emilia,  che  da  ragione  di  questa  leggenda  appellata  minoret 

siam  lieti  di  poter  annunziare.  Imperocche  di  varii  discorrendo  della  maggiore  di  cui  1'allra  e  com- 

altri  gta  usciti  a  luce  e  venutici  nelle  mani,  ab-  pendio,  e  dei  \olgarizzatori  suoi,  che  stabilisce 

biam  credulo  meglio  tacere,  ossla  perche  conle-  essere  stati  Ranieri  Pagliaresi  ed  un  di  Piacenz* 

nevano  materie  lubriche,  e  quindi  da  non  propa-  di  nome  non  conosciuto.  Alia  leggenda,  ora  edita 

larsi  in  piazza,  ossia  perche  alle  materie  lubri-  per  la  prima  volta,  aggiunge  da  ben  46  lettere  di 

che  aggiungevano  proemii  o  commentarii  ,  che  parecchi  discepoli  di  S.  Caterina,  le  quali,  siccome 

tornavano  in  offesa  della  religione  e  di  qnanto  ha  fatto  pel  teslo  della  leggenda,  correda  di  note 

e  piu  venerabile  al  mondo:  com'  c  intervenuto,  opportune,  filologiche  e  dichiarative,  adducendo 

verbigrazia,  nel  libro  di  Sidrac,  teste  diyulffato  ove  eccorra,  le  lezioni  de'  varii  codici  ch'  egli  ha 

dal  sig.  Adolfo  Bartoli,  il  quale  vi  ha  premessa  avuto  tra  mano.  In  sostanza  questo  lavoro  del 

un'introduzioue,  in  cui  non  sappiamo  se  spicchi  Grottanelli  e  pregevole  per  ogni  conto,  e  cara 

di  piu  la  empiela  o  la  ignoranza  di  cid  che  be-  tornera  sicuramcnle  a  tutti  i  cultori  della  tosca- 

stemmia.  Non  cos'i   e  di  codesto  pubblicato  dal  nita  classica,  e  a  tutli  gli  ammiratori  della  glo- 

ch.  sig.  Grottanelli,  nolo  gia  per  1'amor  suo  ai  riosa  Verginella  di  Siena. 

IOMMELLI  ANDREA  —  Poesie  liriche  di  Andrea  lommelli  in  onore  della  Vergine 
di  Casaluce,  Patrona  della  citta  di  Aversa.  Aversa,  tip'ografia  del  Progres- 
so  1867.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  67, 

LETTIERl  FRANCESCO  —  Filosofia  del  Cuore,  con  che  si  cerca  purgarlo  dai  vizii 
ed  informarlo  a  cristiane  virtu.  Ragionamenti  morali,  scritti  in  ispezialta  per 
un  giovane  vivente  in  seno  al  secolo,  dal  professore  Francesco  Lettieri 
prete  napolitano.  Napoli,  grande  stabilimento  tipo-litografico  di  Fran- 
cesco e  Gennaro  de  Angelis,  mco  Pellegrini  k,  1868,  Un  opusc.  In  16.°  di 


I  selte  ragionamenti,  compresi  in  queslo  volu-  sibile  che  non  lascino  di  se  profonda  impressione 
metlo,  sono  solidamente  pralici  e  svolti  con  vera  nell'animo  «peeialmente  dei  giovani,  cui  «ono  in- 
OlosoQa  ovangelica:  per  mode  che,  letti,  e  impos-  dirizzati. 


BIBLIOGRAFIA  97 

MAINI  LUIGI  —  Piccol  dono  ai  giovanetti  nel  faustissimo  giorno  della  prima  lor 
comunione.  Bologna  l^^,pressoAlessandro  Mareggiani,  tipografo-edi- 
tore.  Un  opusc.  in  32."  di  pag.  YII-80. 

Giustamenle  il  cli.  sig.  Maini  avverte,  che  1'Ita-  Tire  per  dono  ai  giovanelU  die  alia  prima  comu- 

lia  possiede  9  dovizia  libri  istruttivi  ed  ascetic!  nione  s'accostano.  E  una  scelta  raccolta  di  fatti 

a  pascolo  dell' inlelletto  e  del  cuore  de'  fedeli ,  ediQcanli,  di  salulari  ammaestramcnti,  di  preghie- 

Tuoi  originalmente  scritti  nella  nostra  lingua ,  re  e  di  ricordi  preziosi,  eslraUi  da  aulori  per  pa- 

Tuoi  da  liugue  straniere  vollati  nella  noslra:  ma  recchi  titoli  stimabilissimi.    Tali  sono  il  Cesar! , 

che  la  maggior  parte  quanto  sono  commendevoli  il  Segneri,  lo  Scupoli,  il  Pallaviciui,  il  Barloli, 

per  la  soslanza,  tanto  sono  difettosi  per  la  forma  il  Missirini  e  simili.  Certamente  1'  opuscolo,  in 

disacconcia  al  loro  genere.  Per  quesl'effello  egli  mano  dei  giovanetli,  sara  frultifero  e  niente  arido 

ha  divisato  di  apparecchiare  'un  Manuale  di  me-  si  per  la  varieta,  come  per  1'unzione  ed  anche  pel 

ditazioni  e  di  preghiere,  il  quale  unisca  i  re-  diletlo  che  contiene.  Solo  e  da  avverlire  che  al- 

quisiti  di  eleganza  e  semplicita :   e  come  sag-  cune  pagine  del  Pallavlcini  richiedano  un  certo 

gio  ha  ora  dato  in  luce  quest'  opuscolo,  da  ser-  crilerio,  per  essere  inlese  a  dovere. 

MARCHETTI  ALESSANDRO  —  Sullo  stile  volgarmente  detto  burocratico,  ossia 
delle  scritture  de'  pubblici  officii;  breve  discorso  di  Alessandro  Marchetti 
romano.  Roma  1868,  tip.  de'fratelli  Monaldi,  via  delle  botteghe  oscure 
n.  25.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  44. 

Noi  facciamo  plauso  eordiale  ai  concetti,  agli  assai  meno  barbareggiante  di  quella  che  e  ora  in 

ammonimenli  ed  alle  proposte  che  il  ch.  signer  voga  nel  Regno  italico.  Ma  i  rimedii  che  consi- 

Marchelti  fa  in  questo  suo  breve  si,   ma  sapienle  glia  per  1'emendazione  del  linguaggio  nello  Stato 

discorso.   Egli  ragiona  e    censura  con  rara  sa-  romano   saranno  utilissimi   eziaudio  ai  pubblici 

viezza  e  temperanza,  e  talmente  facilita  il  modo  ufiiciali   di  lulla  Italia.   Noi  desidereremmo  che 

di  emendare   i  barbarism!,  nel  linguaggio  della  queslo  opuscolo  del  Marchelli  si  spargesse  per  la 

moderna   burocrazia,  che  nessun  uomo  di  buon  Penisola:  e  se  il  Governo  di  Firenze  lo  facesse 

giudizio  pud  riliularo  di  assentirgli.  L'Autore  si  ristampare  a  sue  spese  e  lo   regalasse   a  tulti  i 

circoscrive  specialmenle  a  tratlare  della  lingua  suoi  impiegati,  compirebbe  un'opera  di  carita  ve- 

burocralica  usata  nel  Governo  ponlificio ,  che  e  ramente  palria,  onde  molti  gli  saprebbero  grado. 

MARSHALL  T.  W.  M.  —  Le  mission!  cristiane,  per  T.  W.  M.  Marshall,  cav.  del- 
deirOrdine  di  S.  Gregorio  il  grande  (opera  originale  inglese).  Traduzione 
italiana  autorizzata  con  appendici  e  note,  pel  sac.  Anl.  M.  Marigliano,  ese- 
guita  sulla  versione  francese  del  sig.  Luigi  De  Waziers,  accresciuta  e  mo- 
dificata  con  approvazione  deirautore.  Vol.  III.  Napoli  1868,  'direzione 
tlelle  letture  cattoliche,  strada  S.  Giovanni  Maggiore  Pignatelli,  B4.  Un 
vol.  in  8.'  piccolo  di  pag.  417. 

Nel  vol.   XH  della  precedente  nostra  Serie  a  sti  volumi  piesce,  oltre  che  piacevole  assai,  islrut- 

pag.  601,  annunziammo  la  pubblicazione  in  lin-  liva  ancora  per  piu  capi;  e  noi  la  raccomandiamo 

gua  italiana  della  prima  parted!  quest' opera  in-  ad  ogni  genere  di  persone  colle,    che  vogliano 

signe,  che  per  se  vale  una  dimostrazione  strin-  formarsi  un  concetto  della  smisurata  differenza 

genlissima  della  veritsi  deli'unica  Chiesa  caltolica,  che  corre  tra  le  mission!  calloliche  e  le  prote- 

e  della   inanila  del  protestantesimo.   Siamo  lieti  stanliche    nei  due  emisferi;    tra   la  divina    fe- 

di  annunziare  pfesentemente  la  lerza  parte,  com-  condita  di  quelle,  e  la  umiliante  sterilita  di  que- 

piuta  in  tutto,  conforme  la  prima,  ed  arricchila  ste ;  tra  le  spirito  celeste  che  avviva  quelle,  e  lo 

di  giunte  dall'illuslre  aulore.  La  leltura  di  que-  spirito  mondano  che  fa  intisichir  queste. 

MILLOZZI  FRANCESCO  —  Saggio  di  precetti  gramaticali  per  la  classe  superiore, 
compilato  dal  sacerdote  Francesco  Millozzi,  maestro  nel  venerabile  se- 
minarlo  vaticano.  Roma  1868,  tip.  di  Gaetano  Menicanti,  via  del  teatro 
Vallc  63.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  46. 

Notabile  giovamenlo  per  certo  da  queslo  su-  scepoli  di  grammatica  per  la  classe  superiore , 

goso  compendio  ritrarranno   gli  alunni  del  ch.  sieno  per  ricavarne  pari  utile,  quelli  scrvendosene 

Bignor  abate  Millozzi,  pe'  quali  esso  lo  ha  com-  neU'insegnamento  e  quest!  nello  studio  loro,  al- 

poslo;  e  pensiamo  che  anche  altri  maestri  e  di-  meno  private.  Ad  argomento  poi  dell' idoneitii 

Serie  VII,  wl  IV,  fasc.  44S.  7  26  Settembre  1868. 


98  BIBLIOGRAFIA 

dell'autore  in  queste  malerie,  basli  sapere  ehe  egli    tiwa,  altre  volte  da  noi  annunziata  (V.  Serie 
e  cultore  assiduo  e  perito  delle  letters    latino ,    sesta,  vol.  II,  pag.  351,  OlOj. 
come  ne  fa  prova  una  sua  commendatissima  scrit- 

MISSALE  ROMANUM  ex  decreto  sacrosanct!  Goncilii  tridentini  restitutum ,  san- 
cti  Pii  V  Pontificis  maximi  iussu  editum,  dementis  VIII  et  Urbani  VIII  au- 
ctoritate  recognitum  cum  additamentis  novissimis.Editio  prima  stereotypa. 
fiomae,  typis  sacrae  congregations  de  Prop.  Fide  socio  equ.  Pctro 
Karietti  administro.  Aug.  Tauriwrum,  apud  Petrum  H.  F.  Marietti, 
typograph.  pontificium.  Parisiis,  apud  Victorem  Palme  editorem  bi- 
Miopolam  MDCCCLXVIH.  Unvol.  in  4.°  di  pag.  XL1  V-m-cxxxiv. 

Non  dubiliamo   che  appena  sia  conosciula  la  franchi  1C  la  copia.  E  poi  da  osservare  die  que- 

piene//.a,  la  correzione  e  la  nitidezza  del  tipi  neri  sta  e  la  prima   applicazione   che  si  faccia  della 

e  ressi  di  queslo  Messale  Romano  ,  molti  anche  stereolipia  alia  slampa  in  piu  colori,  e  applica- 

da  Ion!  ano   non  sieno  per   in  vaghirsene :   tanto  zione  assai  ben  riuscita ,   merce  1'  opera  del  ri- 

piu  che  all'  ornamento  delia  edizione  ed  all'aulo-  putato  sig.  Luigi  Dalmasso>  stereotipista  nella 

rita  dell'approvazione,  unisce  una  moderazione  tipogratla  di  Propaganda, 
di  prezzo  che  allelta  a  fame  acquisto.  Esso  e  di 

POPOLANO  (11)  —  Unico  periodico  della  prov'mcia  di  Grosseto.  Tip.  di  Arci- 
dosso  Maggi-Gorgoni. 

Dire  che  questo  periodico  e  1'unico  deila  pro-  sa  fare  ad  osso,  ed  una  delle  migliori  lodi  che  a 

yincia  di  Grosseto,  ed  affermare  che  e  buono  e  quell'intera  provincia  si  possano  rendere.  In  Ar- 

eattolico  di  spirito  e  di  principio,  crediamo  che  cidosso  si  ricevono  associazioni  per  tutto  il  Regno 

sia  la  migliore  raccomandazione,  la  quale  si  pos-  al  prezzo  di  L.  2,00  al  semestre. 

SAINATI  GIUSEPPE  —  Vita  del  beato  Eugenio  III  Pontefice  massimo,  descrit- 
ta  dal  canonico  Giuseppe  Sainati.  Pisa  1868,  tip.  Pieraccini  dir.  da 
L.  Ungher.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  40. 

Questo  erudito  lavoro  e  sopra  tutto  ordinato  a  sente  la  misura  delle  memorie  e  dei  document!, 

dimostrare  la  sanlita  del  Pontefice  Eugenio  III,  plena  e  adeguala:  ond' e  che  gli  sludiosi  di  agio- 

cosl  caro  a  S.  Bernardo,  ed  a  provare  il  cullo  grafla  non  raeno  che  quelli  di  storia,  gli  saranno 

resogli  per  addietro  nella  Chiesa  di  Gesu  Crislo.  grati  di   quesla  sua   scrittura,  pia  e  al  tempo 

Ma  1'idea  che  il  ch.  sig.  canonico  Sainati  fa  con-  stesso  dotta. 
cepire  di  questo  gran  Papa  e,  per  quanlo  il  con- 

SPADA  FRANCESCO  —  In  quale  attltudine  debba  porsi  un  leggitore  assenna* 
to  relativamente  al  libro  che  tiene  innanzi.  Dissertazione  di  Francesco 
Spada  romano,  per  una  delle  tornate  ordinarie  de'Tiberini,  MDCCCLXVIII. 
Roma  1868,  coi  tipi  del  Salviucci.  Un  opusc.  in  8.'  di  pag.  23. 

Con  questa  sua  dissertazione  1'ingegnoso  signer  cordare  al  chiaro  sig.  Spada,  che  appunto  nel  1866 

Francesco  Spada  ha  voluto  insegnare  il  modo  pro-  i  giornali  anche  liberaleschi   d' Italia  parlarono 

ficuo  di  leggere  i  libri,   adoperando  il  naturale  di  una  societa  secreta,  delta  la  Falange  sacra, 

eriterio  per  giudicare  del  vero  o  del  false,  del  che  rinnovava  atrocita  simili  alle  dipinle  nel  Lio- 

bene  o  del  male,  che  nei  libri  atviene  sempre  nello.  E  1'  Unita  Cattolica  dei  18  Marzo  di  quel- 

d'incontrare.  Per  insegnare   la  pratica  di  un  tal  1'anno,  su  questo  proposito,  ristampo  la  descri- 

modo,  arreca  egli  parecchi  esempii,  ed  il  fa  con  zione  dell'Aulore  del  Lionello,  che  da  que'  recent! 

una  grazia  ed  una  piacevolezza  che  assai  diletta.  falti  veniva,  quanto  alia  sostanza,  confermata.  I 

Ma,  salvo  ogni  riverenza  al  suo  senno,  che  egli  freschissimi  processi  poi  degli  spielati  crocifissori 

ea  quanto  sia  da  noi  pregiato,  non  possiamo  te-  di  creature  umane  in  Anversa  nel  Belgio,  ricon- 

nerci  dall'  osservare  che   egli  mostra  poca  spe-  fermano  troppo  la  possibilita  dell'  imbestiamento 

rienza  della  setlaria  perversila,  ove  censura  di  dell'uomo,  che  rinnega  Dio,  la  coscienza  e  la  sua 

«  sogno  febbrile  »  la  narrazione  che  1'Aulore  del  propria  dignila,  per  isfogo  di  tulti  i  brutali  islinli, 

Lionello  fece  della  societa  secreta  di  Padova,  in-  ond'e  capace  la  corrolta  natura.  Ma  quesla  ec- 

titolata  dei  Selvaggi.  Ollreche  contro  il  fatlo  non  cezione  che  diamo  alle  critiche  dell'opuscolo  del 

valgono  argomenli  (e  che  di  fatto  esistesse  so-  sig.  Francesco   Spada,  non  detrae  al  merilo  di 

stanzialmente  cosl  come  1'Autore  1'ha  descritla,  lo  argutezza  che  pel  resto  gli  aggiunge  etima, 
crediamo  indubitato)  noi  ci  contenteremo  di  ri- 


SANCTISSIMI  DOMINI  NOSTRI 
P  I  I 

D1VINA  PROYIDENTIA 

P  A  P  A  E    IX. 

LITTERAE  APOSTOLICAE 

AD  OMNES 

EPISCOPOS  ECCLESIARVM  RITVS  ORIENTALIS 

COMMVNIONEM  CVM  APOSTOLICA  SEDE 

NON  HABENTES 


AD  OMNES  EPISCOPOS  ECCLESIAKVM  RITYS  ORIENTALIS ,  COMMYNIONEM 
CVM  APOSTOLICA  SEDE  NON  HABENTES 

PIVS  PP.  IX. 

Arcano  Divinae  Providentiae  consilio,  licet  sine  ullis  meritis  Nostris, 
in  hac  sublimi  Cathedra  haeredes  Beatissimi  Apostolorum  Priricipis  con- 
stituti,  qui  iuxta  praeroyativam  sibi  a  Deo  concessam  firma  et  solidis- 
sima  petra  est,  super  quam  Salvator  Ecclesiam  aedificamt  *,  impositi 
Nobis  oneris  sollicitudine  urgente,  ad  eos  omnes  in  qualibet  terrarum 
Orbis  regione  degentes,  qui  christiano  nomine  censentur,  curas  Nostras 


A  TUTTI I  VESCOYI  DELLA  CHIESA  DI  RITO  ORIENTALS  NON  AVENTI  COMUNIONB 
COLLA  SEDE  APOSTOLICA 

PIO  PAPA  IX. 

Per  arcano  cons'iglio  della  divina  provvldenza,  bench^  senza  alcun  Nostro 
merito,  cosUtuiti  in  questa  sublime  Cattedra  eredi  del  beatissimo  Principe  de- 
gli  Aposloli,  il  quale,  secondo  laprerogativa  da  Dlo  concessagli,  $  la  pietra 
ferma  e  solidissima  sopra  cui  il  Salvatore  edificb  la  Chiesa,  sospinti  dalla  sol- 
lecitudine  del  peso  a  Noi  imposto,  veementissimamente  desideriame  e  ci  sfor* 
2iamo  di  stendere  le  Nostre  cure  a  tutti  quelli  che  in  qualsivoglia  regione  del 

\  S.  GREG.  NYSS.  Laudatio  altera  S.  Steph.  Protomart.  apud  Galland.  VI,  600. 


100  LETTERE  APOSTOLICHE 

extendere,  omnesque  ad  paternae  caritatis  amplexus  excitare  vehemen- 
tissime  cupimus  et  conamur.  Nee  vero  absque  gravi  animae  Nostrae  pe- 
riculo  partem  ullam  christiani  populi  negligere  possumus,  qui  pretiosis- 
simo  Salvatoris  Nostri  Sanguine  redemptus ,  et  sacris  baptism!  aquis  in 
Dominicum  gregem  adlectus,  omnem  sibi  Yigilantiam  Nostram  iure  de- 
poscit.  Itaquecum  in  omnium  procurandam  salutem,  qui  Christum  lesum 
agnoscunt  et  adorant,  studia  omnia,  cogitationesque  Nostras  indesinen- 
ter  conferre  debeamus,  oculos  Nostros  ac  paternum  animumadistas  con- 
vertimus  Ecclesias,  quae  olim  unitatis  yinculo  cum  hac  Apostolica  Sede 
conglutinatae  tanta  sanctitatis,  caelestisque  doctrinaelaude  florebant,  ube- 
resque  divinae  gloriae  et  animarum  salutis  fructus  edebant,  nunc  yero 
per  nefarias  illius  artes  ac  macbinationes,  qui  primum  schisma  excitavit 
in  caelo,  a  communione  Sanctae  Romanae  Ecclesiae,  quae  toto  orbe  dif- 
fusa  est,  seiunctae  ac  divisae  cum  summo  Nostro  moerore  existunt. 

Hac  sane  de  causa  iam  ab  ipso  Supremi  Nostri  Pontificatus  exordio 
Yobis  pacis  caritatisque  verba  toto  cordis  affectu  loquuti  sumus  *.  Etsi 
yero  haec  Nostra  yerba  optatissimum  minime  obtinuerint  exitum,  tamen 
nunquam  Nos  deseruit  spes  fore  ut  humiles  aeque  ac  ferventes  Nostras 
preces  propitius  exaudire  dignetur  clementissimus  ac  benignissimus  salu- 
tis pacisque  Auctor,  qui  operatus  est  in  medio  terrae  salutem,  quique  oriens 


niondo  sono  insigniti  del  nome  di  cristiano,  ed  eccitarli  tutti  alFamplesso  del 
Nostro  amore  paterno.  Ne  senza  grave  pericolo  deiranima  Nostra  possiamo 
trascurare  parte  alcuna  del  popolo  cristiano,  il  quale  redento  dal  Sangue  pre- 
zlosissimo  del  nostro  Salvatore  e  per  le  sante  acque  battesimali  raccolto  nel 
gregge  del  Signore,  gins  tamen  te  richiede  tutta  la  Nostra  vigilanza.  Adunque 
dovendo  Noi,  senza  posa,  conferlre  tutti  i  Nostri  sforzl  e  tutti  i  Nostri  pen- 
sieri  a  procurar  la  salute  di  tutti  coloro,  che  riconoscono  ed  adorano  Cristo 
Gesu,  rivolgiamo  i  Nostri  occhi  e  il  Nostro  paterno  animo  a  coteste  Ghiese ;  le 
quali,  un  tempo  collegate  col  vincolo  di  unita  a  questa  Sede  apostolica,  fiori- 
yano  per  tanta  lode  di  santita  e  di  celeste  dottrina  e  producevano  copiosi  frutti 
per  la  gloria  di  Dio  e  per  la  salute  delle  anime ;  ma  ora  per  le  arti  nefarie  e 
macchinazioni  di  colui  che  in  cielo  suscitd  il  primo  scisma,  si  trovano  separa- 
te e  disgiunte,  con  sommo  Nostro  cordoglio,  dalla  Santa  Romana  Chiesa,  che 
e  diffusa  per  tutto  il  mondo. 

Per  questa  cagione  fin  dal  principle  del  supremo  Nostro  Pontificato  con 
tutto  Taffetto  del  cuore  Vi  dirigemmo  parole  di  carita  e  di  pace.  E  quantun- 
que  queste  Nostre  parole  non  abbiano  sorlito  il  desideratissimo  effetto,  tut- 
tavia  non  Ci  abbandono  mai  la  speranza  che  sia  per  esaudire  propizio  le  umi- 
lie  in  pari  tempo  ferventi  Nostre  preghiere  il  clementissimo  e  Denignissimo 
Autore  della  salute  e  della  pace,  il  quale  operb  la  salute  nel  mezzo  delta 

1  Epist.  ad  Orient,  In  supretna,  die  6  lanuarii  an.  4S4S. 


DI  S.  S.  PIO  PAPA  IX.  101 

ex  alto  pacem  sibi  acceptam  et  ab  omnibus  acccptandam  evidenter  o- 
stendens,  earn  in  ortu  suo  Angelonun  ministerio  bonae  voluntatis  ho- 
minibus  nunciamt,  et  inter  homines  conversatus  vcrbo  docuit,  praedica- 
mt  exemplo  1. 

lam  vero  cum  nuper  de  Yenerabilium  Fratrum  Nostrorum  S.  R.  E. 
Cardinalium  consilio  Oecumenicam  Synodum  future  anno  Romae  cele- 
brandam,  ac  die  octavo  mensis  Dccembris  Immaculatae  Deiparae  Yirgi- 
nis  Mariae  Conception!  sacro  incipiendam  indixerimus  et  conYOcaveri- 
mus,  Yocem  Nostram  ad  Yos  rursus  dirigimus,  et  maiore,  qua  possu- 
mus,  animi  Nostri  contentione  Yos  obsecramus,  moneraus  et  obtestamur 
ut  ad  eamdem  generalem  Synodum  convenire  velitis,  quemadmodum 
Maiores  Yestri  convenerunt  ad  Concilium  Lugdunense  II,  a  recol.  mem. 
B.  Gregorio  X  Praedecessore  Nostro  habitum,  et  ad  Florentinum  Conci- 
lium a  fel.  record.  Eugenio  IY,  item  Decessore  Nostro  celebratum,  ut  di- 
Jectionis  antiquae  legibus  renoyatis,  et  Patrum  pace,  caelesti  illo  ac  salu- 
tari  Christi  dono  quod  tempore  examit,  ad  yigorem  iterum  reyocata  2, 
post  longam  moeroris  nebulam  et  dissidii  diuturni  atram  ingratamque 
caliginem  serenum  omnibus  unionis  optatae  iubar  illucescat 3. 


terra  cd  apparcndo  dall'alto  e  mosirando  visibilmente  la  pace  a  lui  accelta 
ed  accettabile  da  tutti,  I'annunzio  nel  suo  nammento,  pel  minister o  deyli 
anydi,  agli  uomini  di  btiona  wlonta,  e  conversando  tra  cjli  uomini  Iain- 
segno  colla  parola,  la  predicb  coU'e-sempio. 

Or  avendo  Noi,  col  consiglio  de'  Venerabili  Nostri  Fratelli,  Cardinali  clclla 
Santa  Romana  Chiesa,  intimato  e  convocato  mi  Concilio  ecumenico,  da  cele- 
brarsi  in  Roma  nel  vegnente  anno,  e  da  cominciarsi  nel  giorno  sacro  air  im- 
macolato  Concepimento  di  Maria  Yergine  Madre  di  Dio,  di  bel  nuovo  rivol- 
giamo  a  Yoi  la  Nostra  voce,  e  con  quanto  possiamo  maggiore  sforzo  del- 
raiiimo  Yi  pregiamo,  ammoniamo  e  scongiurlamo  die  vogliate  recarvi  a 
questo  generale  Concilio,  come  appunto  i  Yostri  Maggiori  si  recarono  al 
Concilio  II  di  Lione,  tenuto  dal  B.  Gregorio  X,  Nostro  predecessore  di  ve- 
nerata  memoria ,  ed  a  quello  di  Firenze,  celebrate  da  Eugenio  IY,  di  felice 
ricordanza,  e  parimente  Nostro  predecessore ;  acciocche  rinnovate  le  leggi 
delfantica  dilezione,  e  la  pace,  de'  Padri,  dono  celeste  e  salutare  di  Cristo, 
che  inaridi  col  tempo,  richiamati  in  vigore,  dopo  lunga  nebbia  di  tristezza  ed 
atra  cd  ingrata  caligine  di  diuturna  separazione,  rifulga  per  tutti  il  sereno 
splendore  della  desiderata  unione. 


1  E|>ist.  B.  Gregorii  X  ad  Michaelcm  Palacologtini,    Grace.  Imprr.  die  24    Octobris    an. 
1272. 

2  Epist.  LXX,  al.  CCXX  S.  Basilii  Magni  ad  S.  Damasum  Papam. 

5  DcGn  S.  Oecum.  Synodi  Florect.  in  Kulla  Eujenii  IV :  Laelentur  Caeli. 


102         LETTERE  APOSTOLICHE  DI  S.  S.  PIO  PAPA  IX. 

Atque  hie  sit  iucundissimus  benedictionis  fructus,  quo  Christus  lesus 
nostrum  omnium  Dominus  et  Redemptor  immaculatam  ac  dilectissimam 
Sponsam  suam  catholicam  Ecclesiam  consoletur,  eiusque  temperet  et  abs- 
tergat  lacrimas  in  hac  asperitate  temporum,  ut,  omni  divisione  penitus 
sublata,  voces  antea  discrepantes  perfecta  spiritus  unanimitate  collau- 
dent  Deum ,  qui  non  vult  scbismata  esse  in  nobis ,  sed  ut  idem  omnes 
dicamus  et  sentiamus  Apostoli  vcce  praecepit;  immortalesque  misevi- 
cordiarum  Patri  semper  agantur  gratiae  ab  omnibus  Sanctis  suis,  ac 
praesertim  a  gloriosissimis  illis  Ecclesiarum  Orientalium  antiquis  Patri- 
bus  et  Doctoribus,  cum  de  caelo  prospiciant  instauratam  ac  redintegra- 
tam  cum  hac  Apostolica  Sede  catholicae  veritatis  et  unitatis  centro 
coniunctionem,  quam  ipsi  in  terris  viventes  omnibus  studiis  atque  inde- 
fessis  laboribus  fovere  et  magis  in  dies  promovere  turn  doctrina,  turn 
exemplo  curarunt ,  diffusa  in  eorum  cordibus  per  Spiritum  Sanctum 
caritate  Illius,  qui  medium  maceriae  parietem  solvit,  ac  per  Sanguinem 
suum  omnia  conciliavit  et  pacayit,  qui  signum  discipulorum  suorum  in 
unitate  esse  voluit,  et  cuius  Oratio,  ad  Patrem  porrecta,  est :  Rogo  ut 
omnes  unum  sint,  sicut  et  Nos  unum  sumus. 

Datum  Romae  apud  S.  Petrum,  die  8  Septembris  Anno  1868. 

Pontiiicatus  Nostri  Anno  Yigesimotertio. 


E  questo  sia  il  giocondissimo  frutto  di  benedizione,  onde  Cristo  Gesu, 
Signore  e  Redentore  di  tutti  noi,  allieti  la  cattolica  Chiesa,  sua  sposa  im- 
macolata  e  dilettissima,  e  col  quale  lenisca  e  terga  le  lagrime  di  lei  in  que- 
sta  asprezza  di  tempi,  acciocche  tolta  via  del  tutto  ogni  divisione,  le  voci, 
prima  discordi,  con  perfetta  unanimita  di  spirito  lod'mo  insieme  il  Signore, 
il  quale  non  vuole  che  in  noi  siano  scismi,  ma  per  bocca  dell'Apostolo  ci 
comando  che  tutti  diciamo  e  sentiamo  lo  stesso  ;  ed  al  Padre  delle  misericor- 
die  grazie  immortali  si  rendano  da  tutti  i  suoi  santi,  e  specialmente  da  quei 
gloriosissmi  antichi  Padri  e  Dottori  delle  Chiese  orientali,  quando  dal  cielo 
veggano  ristorata  e  reintegrata  la  unione  con  questa  apostolica  Sede,  cen- 
tre di  verita  cattolica  e  diunita,  cui  essi  mentre  vivevano  sulla  terra  non 
cessarono  mai  di  fomentare  con  ogni  studio  ed  indefesso  lavoro,  e  di  pro- 
muovere  sempre  piu  di  giorno  in  giorno  colla  (lottrina  e  colVesempio,  essendo 
diffusa  nei  loro  cuori  per  lo  Spirito  Santo  la  carita  di  Colui,  11  quale  abbatte 
la  parete  della  maceria,  che  stava  di  mezzo,  e  col  suo  Sangue  riconcilio  e  pa- 
cifico  le  cose  tutte,  e  voile  che  segno  de1  suoi  discepoli  fosse  la  scambievole 
unione,  e  la  cui  preghiera  al  Padre  fu  questa:  Prego  che  tutti  sieno  uno, 
come  nfll  siamo  una  cosa  sola. 

Dato  in  Roma  presso  S.  Pietro,  il  di  8  Settembre,  anno  1868.  Del  Nostro 
Pontificate  anno  vigesimo  terzo. 


CRONACA 

CONTEMPORANEA 


Roma  26  Settembre  1868. 


I. 
COSE  ITALIANS. 

STATO  PONTIFICIO  1.  Pubblicazione  deU'Enciclica  del  Santo  Padre,  che  invita 
al  Concilio  ecumenico  i  Vescovi  oriental!,  separati  dalla  Chiesa  romana  — 

2.  Sentenza  che  dicbiara  scomunicato  vitando  \\  prete  Cirino  Rinaldi,  con- 
tumace  nell'esercizio  deirabolito  Tribunale  della  Monarcbia  di  Sicilia  — 

3.  Visita  del  Santo  Padre  all'Ospedale  militare  —  4.  Imposture  de'rivolu- 
zionarii,  smentite  falYOsservatore  Romano  —  5.  II  Cardinale  Reisacb  con- 
dannato  a  multa  dal  Governo  usurpatore  degll  Stall  della  Cbiesa  —  6.  Nuo- 
ve  dlcblarazioni  e  mlnacce  del  diarii  ufficiosi  di  Firenze,  contro  Roma  e 
contro  la  Francia  —  7.  Opere  inscritte  nell'  Indice  del  librl  proibiti. 

1 .  Mentre  tutta  Europa  sta  in  angosciosa  trepidazione,  aspettando  di 
vedere  a  qual  termine  debbanp  riuscire  i  nuoyi  sconvolgimenti  che  ma- 
nifestamente  si  preparano,  per  una  parte  dalle  macchinazioni  settarie 
della  Frammassoneria ,  e  per  T  altra  dalla  ambizione  di  certi  gran  Po- 
tentati,  ecco  la  Santa  Sede  proseguire  pacatamente  i  preparativi  pel 
Concilio  ecumenico,  che  il  Santa  Padre,  con  la  bolla  Aeterni  Patris,  da 
noi  trascritta  a  pag.  129-42  del  precedente  volume,  convocaya  in  Roma 
pel  di  8  Dicembre  1869.  I  nostri  lettori  a  suo  tempo  avranno  compiuta 
notizia  del  vasto  e  profondo  layoro  che  si  fa  intorno  a  si  rilevante  sog- 
getto;  e  ben  possono  argomentarne  1'importanza  anche  solo  dal  recente 
atto  della  Santa  Sede,  qui  sopra  da  noi  riferito  e  tradotto,  e  pubblicato 
nel  Giornale  di  Roma  del  22  Settembre. 


104  CRONACA 

L'Enciclica  Arcano  Divinae  Providentiae  fa  sentire  la  voce  del  Supremo 
Pastore  alle  pecorelle  erranti  fuovi  delFovile  di  Cristo,  e  le  invita  a  tor- 
nare  ai  pascoli  salutari  della  sana  dottrina  cattolica,  ed  a  disporvisi  col 
partecipare  al  Concilio  eciimenico,  si  che  presto  abbia  ad  avverarsi  la 
dolce  promessa:  Et  fiet  unum  ocile  et  unus  pastor.  E  da  sperare  che 
questo  paterno  invito  trovera  rispondenza  nei  Vescovi  della  Chiesa  orien- 
tale  che  non  sono  in  comunione  colla  Chiesa  romana.  Ma  dove  pure  sor- 
gessero  ostacoli,  che  rendessero  inefficace  la  sollecitudine  paterna  e  1'amo- 
roso  invito  di  Pio  IX,  questo  resterebbe  sempre  come  monumento  della 
carita  evangelica,  ond1  e  animata  la  Santa  Sede  anche  verso  coloro  che  ne 
disconoscono  i  divini  diritti  e  T  autorita. 

2.  Un  altro  importante  documento  fu  pubblicato  nello  stesso  Giornale 
di  Roma  del  22  Settembre:  ed  e  la  solenne  sentenza  per  la  quale  il  prete 
Cirino  Rinaldi  e  reietto  dal  grembo  di  Santa  Chiesa,  e  dichiarato  scomu- 
nicato  vitando.  Abbiamo  recitato  nel  vol.  XII  della  precedente  Serie  se- 
sta,  a  pag.  341-53  la  Bolla  Suprema,  per  cui  abolivasi  la  cosi  detta  Lega- 
zia  apostolica  di  Sicilia  col  rispettivo  Tribunale  della  Monarchia;  ed  a 
pag.  470-86  il  Breve  ond1  era  determinato  appieno  il  modo  e  Tordine  del 
trattare  e  giudicare  le  cause  spettanti  al  foro  ecclesiastico  di  queir  isola. 
Un  prete  Cirino  Rinaldi  esercitava  la  carica  di  Giudice  di  quel  Tribunale: 
e  pertinace  continue  negli  atti  di  tal  carica,  anche  dopo  che  la  suprema 
podesta  del  romano  Pontefice  Febbe  abolita,  ed  a  lui  personalmente  ebbe 
intimato  il  divieto  di  fare  atto  verurio  di  quella  soppressa  giurisdizione. 
Per  lo  che  la  Santa  Sede,  per  mezzo  della  S.  Congregazione  dei  Vescovi 
e  Regolari,  procedette  contro  lui  al  Monilorio  da  noi  trascritto  nel  vol.  I 
di  questa  Serie  settima,  a  pag.  611.  Resto  contumace  il  misero  prete,  ne 
cedette  alia  voce  paterna  del  sommo  Pastore.  Di  che  or  a  e  scomunicato 
vitando. 

3.  II  Santo  Padre,  che  avea  avuto  la  degnazione  di  visitare  e  benedire 
due  volte  le  fedeli  sue  truppe,  mentre  campeggiavano  sulle  alture  presso 
Rocca  di  Papa,  non  voile  che  fossero  privi  di  egual  favore  i  militari  am- 
malati;  e  fu  a  consolarli  di  sua  presenza  nel  pomeriggio  del  di  10  Settem- 
bre, come  si  narro  dal  Giornale  di  Roma  del  16  nei  termini  seguenti: 

«  Circa  le  ore  quattro  pomeridiane  def  decorso  giovedi,  la  Santita 
di  nostro  Signore  recavasi  improvvisamente  all'  ospedale  militare  pres- 
so S.  Spirito  in  Sassia,  ed  era  ricevuta  dai  quattro  cappellani  mili- 
tari, addetti  in  quello  stabilimento  alia  spirituale  assistenza  degli  in- 
fermi ,  e  dai  medici  signori  Pagani  e  Pelagallo.  La  Santita  Sua,  per- 
corvendo  le  varie  sale,  vi  si  trattenne  benignamente  oltre  un'ora,  sof- 
fermandosi  a  parlare  or  con  uno,  or  coll1  altro  dei  militi  infermi,  i  qua- 
li  riccvevano  un  largo  conforto  dalle  parole,  che  loro  indirizzava  il 
Santo  Padre,  e  dairamorevole  sua  carita,  che  lo  interessava  a  dimanda- 
re  dellc  loro  malattie,  esortandoli  alia  pazienza  e  alia  rassegnazione 


CONTEMPORANEA  105 

cristiana.  S.E.ilsignor  Generale  Pro-Ministro  delle  Armi,  sopraggiunto 
con  altri  uffiziali  poco  dopo  Tarrivo  del  sovrano  Pontefice,  ebbe  Tonore 
di  accompagnare  1'augusto  visitatore,  e  tributargli  i  dovuti  omaggi  di 
ringraziamento.  La  Santita  Sua,  mostrandosi  soddisfatta  di  quanto  avea 
osservato  nelPospedale  medesimo,  nel  partire  accordo  Tapostolica  bene- 
dizione  a  quanti  ayeano  avuto  Tonore  di  accompagnarla  in  quella  vi- 
sita,  ed  agli  altri  addetti  al  servizio  degl'infermi,  comprese  le  Figlie 
della  Carita  di  S.  Vincenzo  de  Paolis  che  le  facevano  ala,  imitamente 
alle  figlie  dei  militari,  che  nelFannessa  scuola  yengono  in  gran  nume- 
ro,  e  con  grande  yantaggio,  istruite  da  quelle  Snore  non  solo  nelle 
pratiche  di  religione,  ma  anche  nella  coltura  della  mente,  e  nei  lavori 
donneschi ». 

4.  Come  saggio  delFonesta  e  yeracita  dei  diarii  ufficiosi  e  ministeriali 
di  Firenze,  ci  piacerebbe  recitare  alcuni  squarci  delle  corrispondenze  da 
essi  fabbricate,  e  spacciate  come  riccbe  di  autentiche  notizie  intorno  a 
Roma,  e  specialmente  sopra  le  truppe  che  stettero  a  campo  presso  Rocca 
di  Papa,  ed  il  numero  dei  disertori  e  di  malati,  onde  pcrcio  furono,  a 
detto  loro,  diradate  le  file  del  piccolo  esercito  pontiticio.  Ma  questo  ci 
prenderehbe  troppo  spazio;  e  ci  basta  dire  per  ora,  che  quelle  yeridiche 
notizie  sono  presso  a  poco  sul  taglio  della  seguente  stampata  dalla  Ri for- 
ma del  12  Settembre.  «  Questo  tratto  della  mania  belligera  degli  Abati 
e  costato,  'n  tutto,  all1  erario  papale  non  meno  di  cinquecentomila  scudi, 
e  piu  di  un  migliaio  di  soldati  alVospedale.  » 

Nel  men  tire  e  nel  gittare  imposture  sono  piu  yalenti  i  liberali  moderate 
che  i  repubblicani  della  Ri forma,  che  le  inventano  troppo  smaccate,  e 
senza  sale;  e  percio  le  frottole  stampate  da  quelli  circa  le  spese  ed  i  dan- 
ni  del  Campo  a-Rocca  di  Papa  poteano  gabbare  i  semplici.  Di  che  YOs- 
scnaiore  Romano  del  lunedi  7  Settembre  ebbe  a  gittare  loro  una  ricisa 
mentita,  fondata  su  prove  e  dati  che  non  ammettono,  c  di  fatto  non  eb- 
bero  replica.  Ecco  I'articolo  dell1  Osser-vatore. 

«  Sabato  sera  rientraya  dal  campo  di  Rocca  di  Papa  la  prima  Brigata 
delle  truppe  pontificie  e  la  gran  folia  accorsa  al  suo  ingresso  pote  con- 
vincersi  del  florido  e  marziale  aspetto  delle  truppe;  le  quali  dopo  una  fa- 
ticosa  marcia  in  una  giornata  caldissima  rientrayano  in  perfettissimo  or- 
dine  a  Roma.  Fin  dal  suo  esordio  quest1  accampamento  fu  Poggetto  di 
continui  e  svariati  attacchi,  per  parte  dei  nemici  della  Santa  Sede,  o  de- 
gli ignoranti  anche  di  buona  fcde,  che  ripeteyano  queste  dicerie  senza 
conoscere  il  yero  stato  delle  cose.  Si  pretendeva  che  Taccampamento  sa- 
rebbe  pregiudicieyolissimo  alia  salute  dei  soldati ,  mentre  la  Brigata  ac- 
campata  ayeya  costantemente  una  rimarcheyolissima  minoranza  di  am- 
malati  in  confronto  colla  guarnigione  di  Roma,  e  delle  altre  guarnigioni 
ancora ;  c  da  una  situazione  esatta  della  forza  e  degli  ammalati  nella 
piazza  di  Roma  risulta:  che  mentre  nelVanno  1862  si  aveyano  al  31  Ago- 


106  CRONACA 

sto  il  10  e  16/1000  per  cento  di  ammalati,  nel  1863, 117  e  99/1000  per  cen- 
to nel  1864,  il  10  e  41/1000  per  cento,  nel  1865  il  5  e  85/1000  per  cento, 
nel  1866  il  7  e  83/100<>  per  cento,  nel  1867  F8  e  73/1000,  nel  1868  si  ebbe 
soltanto,  compresi  gli  ammalati  del  Campo,  il  7  e  45/1000  per  cento. 

«  Parlayasi  pure  delle  spese  exorbitant!  a  cui  il  Governo  ayrebbe  do- 
vuto  sottostare,  giungendosi  perfino  dalle  fantasie  alterate  ad  esagerarne 
le  spese  dai  200  ai  500  mila  scudi;  mentre  la  spesa  straordinaria  accagio- 
nata  dairaccampamento,  unitamente  ai  lavori  della  nuova  strada,  fonta- 
nile  ecc.,  rimasti  in  beneficio  del  paese,  non  ascende  che  a  circa  duecen- 
tomila  lire  e  non  scudi.  I  benefizii  che  ne  ritrasse  la  truppa  sono  stall 
immensi :  F  istruzione  fece  progress!  merayigliosi,  la  disciplina  in  tulto 
quel  tempo,  in  cui  i  soldati  erano  costaiitementc  sotto  gli  occbi  dei  loro 
superiori,  fu  esemplare,  la  concordia  fra  i  diversi  corpi  ammirabile. 

r(  L'utilita  dei  campi  e  oggi  talmente  riconosciuta,  che  tutti  i  Govern!, 
grandi  e  piccoli,  vi  hanno  ricorso.  Perche  dunque  non  lo  farebbe  il  Go- 
verno pontificio  in  una  cosi'triste  epoca,  in  cui  Tesperienza  purtroppo  ha 
dimostrato  che  colla  sola  forza  si  possono  respingere  gli  attacchi  piu  ini- 
qui  ?  Ora  se  il  soldato  pontificio  deve  alia  circostanza  sapere  agire  come 
quelli  degli  altri  Stati ,  perche  negargli  i  mezzi  di  una  solida  organizza- 
zione,  di  un  perfezionato  armamento,  e  di  una  completa  ed  indispensa- 
bile  istruzione?  Meglio  che  avere  semplici  soldati  di  parata,  sarebbe  di 
non  averne  affatto.  » 

5.  Abbiamo  esposto.  nel  volume  precedente  a  pag.  735-36,  come  pro- 
cedesse  T  Eino  Card.  Reisach  nella  visita  alia  sua  Sede  episcopale  di  Ma- 
gliano,  e  come  percio  gli  fosse  girato  un  processo  dal  Fisco  di  quel  Go- 
verno usurpatore,  che,  dopo  aver  rubato  gli  Stati  a  cinque  legittimi  So- 
vrani,  e  colpito  d'esilio,  di  domicilio  coatto,  di  carcere  e  di  confische  i 
Vescovi  d' Italia,  osa  vantarsi  di  incemparabile  moderazione  e  henignita 
verso  la  Chiesa,  e  gloriarsi  di  attuare  il  principio  di  libera  Chiesa  in 
liber o  Stato.  Or  ecco  che,  per  quanto  sembrasse  assurdo  T  attentato  ti- 
scale  contro  FEffio  Card.  Reisach,  esso  fu  condotto  a  termine.  NelFudien- 
za  del  12  Settembre,  alle  2  pomeridiane,  il  Tribunale  di  Rieti  condannava 
in  contumacia  il  venerando  Porporato,  Yescovo  di  Sabina,  per  usurpa- 
zioni  di  titoli  e  funzioni  ecclesiastiche,  alia  multa  di  lire  italiane  cinque- 
cento.  II  Regno  d1  Italia  e  salvo,  la  sapienza  dei  Magistral  va  in  esso  di 
paro  colla  religiosita,  e  resta  stabilito  che  il  dare  la  Renedizione  col  Ve- 
nerabile,  Tassistere  ad  un  Te  Deum  ed  il  far  leggere  in  luogo  privato 
senza  veruna  solennita,  un  estratto  di  Rolla,  e  delitto  di  usurpazione! 

6.  La  polemica  tra  i  diarii  francesi  ed  i  giornali  rivoluzionarii  d'  Ita- 
lia, circa  lo  sgombero  dei  Francesi  da  Roma,  non  si  e  ancora  acchetata, 
ma  piuttosto  tende  ad  infervorarsi  viepiu ;  massime  dacche  si  ebbero 
notizie  di  gravi  rivolture  in  Spagna,  avvenute,  secondo  il  solito,  per  am- 
mutinamenti  militari ,  orditi  e  promossi  da  Generali  e  Colonnelli  oziosi 


CONTEMFORANEA  1 07 

e  pcriidi.  Si  spera  che,  messa  sossopra  la  Spagna,  la  Franc ia  sentendosi 
isolata  e  senza  alleanze,  vorra  compcrare  Falleanza  italiana  pagandola 
coll1  ahhandono  di  Roma  all1  invasione  del  soldati  cialdiniani  o  garibal- 
deschi.  Di  qui  e  che  il  tono  della  Correspondence  italienne,  scritta  sotto 
1' ispirazione  ed  il  dettato  del  Menabrea,  presidente  del  Consiglio  del  Mi- 
nis tri  a  Firenze,  diviene  sempre  piii  arrogante  e  provocatore. 

La  France  avea  pubblicato  che :  «  Lettere  da  Firenze  annunziano,  che 
il  Goyerno  del  re  Vittorio  Emraanuele  avrebbe  steso  un  nuoYO  disegno' 
circa  il  modus  vivendi  fra  V  Italia  e  la  Santa  Sede,  sopra  basi  che  offri- 
rebbero  garanzie  piii  serie  che  tutte  le  proposte  fatte  precedentemente. 
Si  aggiunge  che  questo  disegno  sarebbe  gia  stato  comunicato  al  Governo 
francese,  con  preghiera  di  sostenerlo  presso  la  Santa  Sedc.  E  evidente 
che  il  Governo  italiano  fonda  su  cio  la  possibilita  di  trattare  poi  per  lo 
sgomhero  delle  truppe  francesi  dal  teriitorio  pontificio.  »  II  Menabrea 
colse  da  cio  occasione  di  fare  una  dolce  carezza  ai  Garibaldini ,  una  mi- 
naccia  alia  Santa  Sede,  ed  tmo  scherno  alia  Francia,  col  ribadire  i  pro- 
positi  contro  Roma  ed  il  riiiuto  di  qualsiasi  efficace  guarentigia;  emando 
stampare  dalla  Correspondance  italienne  del  7  Settembre  lanota  seguente. 

«  Noi  siamo  in  grado  d'affermare,  che  questa  narrazione  e  inesatta. 
Non  v1  ebbero,  da  parte  del  Governo  italiano,  altre  proposte  del  modus 
vivendi  con  Roma,  se  non  quelle  di  cui  si  parlo  parecchi  mesi  sono.  Nel 
dispaccio  del  21  Gennaio  scorso,  pubblicato  dalP  Univers,  era  chiara- 
mente  detto  che  il  Goyerno  italiano,  formulando  quelle  proposte,  non 
faceya  che  rispondere  ai  desiderii  del  Goyerno  imperiale,  e  gli  daYa  una 
prova  di  deferenza.  Gli  e  poi  yero  che,  dopo  allora,  non  abbiamo  nulla 
saputo  circa  la  sorte  che  quelle  proposte  ebbero ;  il  che,  del  resto,  non 
deve  far  marayiglia.  In  quanto  alle  nuove  garanzie,  che  pare  si  aspet- 
tino  dal  Governo  italiano,  non  comprendiamo  come  un  giornale  cosi  se- 
rio,  quale  e  lafr<mcp,  possa  ancora  farsi  illusioni  a  questo  riguardo.  Esso 
dovrebbe  sapere  che  1'  Italia  non  puo  darne  altre ,  se  non  quelle  ch'  ella 
da  ora  con  una  lealta,  che  nessuno  potra  mettere  in  dubbio.  » 

E  siccome  di  Francia  i  diarii  imperials  replicavano  col  rilevare  quei 
tono  insolente,  e  mostrando  di  non  yoler  essere  zimbelli  del  machiavel- 
lismo  fiorentino ,  la  stessa  Correspondance  italienne  rincaro  la  dose,  e 
disse  chiaro  che  ,  se  la  Francia  non  dara  Roma  all' Italia,  sara  yana  ogni 
speranza  di  yeder  glltaliani  rappattumarsi  col  Governo  delle  Tuileries. 
Ecco  le  sue  parole  volte  fedelmente  in  nostra  lingua :  «  Non  sono  certa- 
mente  le  ingiurie  e  le  minacce  quelle  che  possono  cattivare  la  benevo- 
lenza  d'un  popolo.  Noi  non  potremmo  trovarc  nei  vocabolarii  politic! 
un  nome  per  designare  i  mezzi  impiegati  contro  noi,  e  che  noi  abbiamo 
accennati.  Questo  non  e  machiavellismo ;  giacche  Machiavelli  avea  ta- 
lento  (de  r esprit).  Noi  non  vi  scorgiamo  da  una  parte  che  fanatismo,  e 
dalF  altra  parte  che  maneggi  da  traffico  (d'agiotage)  e  vulgari  spedienti 


1 08  CRONACA 

per  ritardare  il  coinpimento  d'un  avvenimento,  senza  il  quale  sara  diffici- 
le che  un  cordiale  acccordo  si  ristabilisca  tra  le  due  nazioni.  » 

All1  arroganza  dal  diario  del  Menabrea  fa  degno  riscontro  la  sicurezza 
con  cui  il  Corriere  italiano,  n.°  249  del  10  Settembre,  gia  annunziava  co- 
me inevitable  e  prossimo  Vabbandono  di  Roma  per  parte  della  Fran- 
cia,  la  quale,  per  aver  arnica  Fltalia,  a  delta  del  Corriere,  si  contenterebbe 
di  lavarsi  le  mani  circa  Tavvenire  riserbato  alia  Santa  Sede,  col  revocare 
e  disdire  iljamais  del  Rouher,  ricbiamare  i  suoi  soldati,  e  lasciare  die 
awenga  un  secondo  Castelfidardo.  Ecco  le  parole  del  Corriere. 

«  Lo  sgombro  di  Roma  per  parte  delle  truppe  francesi  ormai  si  puo 
ritenere  come  una  cosa  certa  e  di  non  lontana  attuazione.  Non  sono 
piu  solamente  i  giornali  a  sensation  die  ne  facciano  argomento  delle 
loro  ardenti  polemic-he,  ma  ne  discorrono  persino  i  fogli  che  rifle ttono 
piu  fedelmente  le  idee  dell'Impero  francese.  Noi  dunque  crediamo  che 
presto  il  Govejrno  italiano  e  lo  Stato  pontificio  si  troveranno  di  bel 
nuovo  Tuno  a  fronte  delFaltro,  precisamente  come  negli  ultimi  tempi 
che  precedettero  i  fatti  di  Mentana.  Se  Roma  avra  in  se  tanta  vitalita  da 
mantenersi  in  piedi  anche  senza  Tappoggio' delle  baionette  francesi,  tan- 
to  meglio  per  essa ;  ma  nel  caso,  non  improbabile,  che  le  sole  sue  forze 
non  reggano  alia  prova,  in  questo  caso  sara  lasciata  in  balia  della  sua 
sorte,  ed  avverra  un  po'prima  cio  che  un  giorno  o  Taltro  dcve  necessa- 
riamente  accadere.  » 

L1  Opinione  poi  del  16  Settenihre,  tolto  pretesto  dalle  dicerie  corse, 
che  la  raunata  dei  Deputati  sinistri,  la  quale  dovea  tenersi  a  Napoli, 
volesse  proporre  il  trasferimento  della  Capitale  in  quella  citta,  linse  di 
di  voler  ismentire  quella  diceria  spacciata  anche  dal  Debats,  e  di  vo- 
ler  ribattere  le  ragioni  allegate  in  favore  di  tal  disegno  dal  corrispon- 
dente  di  quel  diario  paiigino;  e  conchiuse:  «  Non  si  sa  ancora  se  a 
Napoli  si  terra  il  preconizzato  meeting,  e  molto  meno  si  puo  sapere  quali 
proposte  si  farebbero  e  sosterrebbero.  Non  ci  sembra  pero  difficile  il 
comprendere,  come  la  proposta  accennata  non  sia  che  uno  stratagem- 
ma  del  partito  retrivo,  che  non  vuol  saperne  di  Roma  capitale  d1  Ita- 
lia, e  vorrebbe  risollcvare  in  Italia  un' agitazione  pericolosa,  rimettendo 
'in  campo  una  quistione  tanto  grave.  Persuasi  che  il  Parlamento  non 
disdice  il  suo  voto,  ne  il  Governo  il  suo  programma,  ne  T  Italia  i  suoi 
plebisciti,  noi  crederemmo  di  sprecare  il  tempo,  discutendo  una  quistio- 
ne la  quale  non  preoccupa  neppure  Topinione  pubblica.  » 

Giova  vedere  cosi  apertamente  banditi  tali  propositi.  Ognuno  puo 
argomentare  da  essi  quanta  sia  la  lealta  del  Menabrea  e  dei  liberali  mo- 
derati,  che  sottovoce  mandavano  dire  da  loro  mezzani,  come  essi  non 
pensassero  punto  ad  impadronirsi  di  Roma  ed  a  spogliare  il  Papa,  ma 
che  osserverebbero  puntualmente  la  Convenzione  del  15  Settembre  1864. 


CONTEMPORANEA  109 

7.  Con  decreto  della  sacra  Congregazione  fa\Y  Indice,  firmato  alii  31 
Agosto,  ed  approvato  dal  Santo  Padre  alii  2  Settembrc,  vcnnero  condan- 
nate  e  proibite  le  seguenti  opere. 

«  Essai  sur  les  oeuvres  et  la  doctrine  de  Machiavel,  avec  la  tradu- 
ction  litterale  du  Prince,  et  de  quelques  fragments  historiques  et  litte- 
raires;  par  Paul  Deltuf.  Paris,  C.  Rainwald,  Libraire-Editeur,  1867. 

«  Catecismo  Politico  Constitutional,  escrito  por  Nicola  Pizarro.  Tercera 
ediction.  Mejico,  imprenta  de  Ignacio  Cumplido,  1867.  » 

II. 

COSE  STRANIERE. 

FRAXCIA!.  Splendide  accoglienze  fatte  a  Fontainebleau  al  Conte  e  alia  Con- 
tessa  di  Girgenti  T-  2.  L'Imper&tore  al  campo  di  Chalons  ;  sue  parole  di 
commiato —  3.  Commozlone  eccitata  in  Francia  da  un  discorso  del  re  Gu- 
glielmo  a  Kiel  —  4.  Giudizio  dei  giornali  ufficiosi  parigini  sopra  una  dimi- 
nuzione  temporanea  deiresercito  prussiano  —  5.  Spiegazione  di  cio  data  dal 
Constitutional  —  6.  Pericoli  chiariti  dalla  Liberte. 

1.  Fin  dai  primi  giorni  del  passato  Agosto  si  parlava  di  torbidi  im- 
minenti  e  di  gravi  riyolture,  che  doveano  scoppiare  in  Ispagna,  e  die 
aveano  avuto  qualche  rattento  e  ritardo  soltanto  per  Tenergia  con  cui 
il  Ministro  degli  intern!  e  Presidente  del  Consiglio,  sig.  Gonzalez  Bra- 
vo, era  poco  prima  proceduto  alFarresto  di  un  certo  numero  di  Gene- 
rali  ed  ufficiali  superior!,  die  ayea  mandati  a  confine,  quali  alle  Canarie, 
e  quali  in  diverse  citta  della  penisola,  dove  non  era  pericolo  die  desse- 
ro  ai  soldati  gli  stimoli  e  Tesempio  della  fellonia  e  del  tradimento. 

Quindi  e  che  immensa  fu  la  sorpresa,  diremmo  quasi  T  ambascia,  dei 
Frammassoni  per  un  fatto,  avvenuto  il  31  Agosto,  e  che  in  altre  con- 
giunture  non  avrebbe  porto  argomento  di  chiacchiere  che  ai  cortigia- 
ni,  ma  che  nello  stato  presente  d'Europa  diede  alia  setta  qualche  moti- 
vo  di  tcmerc ,  che  Napoleone  III  volesse  procedere  di  buon  accordo 
con  la  Regina  di  Spagna  in  reprimere  la  rivoluzione.  Di  che  non  e  a 
dire  quanto  si  adontassero  ed  inviperissero  i  giurati  nemici  della  mo- 
narcliia  legittima. 

II  fatto  si  riducc  a  questo.  Giunsero  a  Parigi,  la  mattina  del  Sabato 
29  Agosto,  gli  augusti  sposi  Conte  di  Girgenti  e  Maria  Isabella  di  Spa- 
gna, e  presero  stanza  airambasciata  spagnuola.  Quinci  alii  31  Agosto, 
per  cortese  invito  ricevuto  dair  imperatore  Napoleone  III  e  dair  impe- 
ra trice  Eugenia,  si  condussero  a  Fontainebleau  do v1  era  la  Corte;  e  vi 
furono  accolti  con  isplendidezza  di  pompe  e  di  onori  veramente  degni 
del  loro  grado.  Un  banchetto,  a  cui  erano  invitati  cento  personaggi,  fa 


110  CRONACA 

loro  imbandito  alle  sette  del  pomeriggio,  dopo  il  passeggio  nei  boschetti 
di  quella  residenza  imperiale,  e  lo  scambio  delle  piu  cortesi  dimostrazio- 
ni  d'onore  d'affetto.  Poi  si  passo  ad  assistere  alia  commedia;  quindi  al- 
le sale  di  conversazione ;  poi  a  cena. 

Chi  pensa  come  per  una  parte  il  Conte  di  Girgenti  e  membro  della  piu 
augusta  ed  antica  dinastia  d1  Europa,  la  quale,  benche  Francesco  II  sia 
stato  soverchiato  dal  tradimento  e  dalla  forza,  conserva  pur  sempre  in- 
tied  i  suoi  diritti;  e  per  altra  parte  la  sua  sposa  e  la  figliuola  primoge- 
nita  di  S.  M.  Isabella  II  regina  di  Spagna :  non  trova  ragione  alcuna  di 
maravigliarsi  die  abbiano  ayuto  alia  Corte  imperiale  di  Parigi  queste 
onoriiicenze ;  che  del  resto  furono  egualmente  usate  verso  quei  tanti  al- 
tri  principi  di  Case  sovrane,  che  andarono  a  Parigi  T  anno  scorso  per 
V  Esposizione  universale.  Ma  i  Frammassoni,  che  sapeano  quel  che  gia 
essi  aveano  tramato  per  iscatenare  novamente  la  guerra  civile  in  Spa- 
gna, il  che  sembra  che  loro  sia  venuto  fatto  alii  20  Settembre,  non  sa- 
peano darsi  pace  di  vedercosi  onoratiun  principe  ed  una  principessa  di 
Borbene,  da  Napoleone  III.  Trambasciavano  di  paura  che  questi  volesse 
ora  fare  di  proposito  quel  che  molti  speravano  nel  1860,  e  sostenere  il 
diritto  contro  la  fellonia  ed  il  tradimento,  e  stringersi  in  alleanza  con  la 
Corte  di  Spagna. 

2.  Gli  augusti  sposi  di  Borbone  rimasero  a  Parigi,  dove  dal  Corpo  di- 
plomatico  e  dalla  Corte  imperiale  continuarono  a  ricevere  gli  omaggi  e 
gli  onori  dovuti  al  loro  grado.  L1  imperatore  Napoleone  III  ed  il  principe 
imperiale  partirono  da  Fontainebleau  la  mattina  del  3  Settembre  alia 
volta  di  Chalons ,  dov'era  il  campo  di  esercitazioni  delle  truppe.  Ma  pri- 
ma  Napoleone  III  e  Y  imperatrice  Eugenia  aveano  restituita  in  Parigi, 
air  ambasciata  spagnuola ,  al  Conte  ed  alia  Contessa  di  Girgenti ,  la  vi- 
sita  ricevuta  a  Fontainebleau.  Nel  pomeriggio  del  3  Settembre  T Impera- 
tore col  suo  erede  giunsero  al  campo  di  Chalons,  e  la  sera  stessa  ten- 
nero  seco  a  mensa  gli  uffiziali  generali  delle  truppe  rvi  raccelte.  La  di- 
Hiora  dell1  Imperatore  fra  i  suoi  soldati  si  protrasse  per  otto  giorni,  du- 
rante  i  quali  si  compiacque  molto  dei  risultati  che  dovrebbero  dare  di  se, 
quando  fossero  maneggiati  davvero  contro  un  nemico  in  carne  ed  ossa 
sul  campo  di  battaglia,  i  famosi  fucili  del  Chassepot,  a  cui  danno  conforto 
certe  mitrayliatricidii  nuova  invenzione.  Quindi  alii  12  Settembre  T  Im- 
peratore e  suo  figlio  se  ne  partirono  per  tornare  a  Fontainebleau. 

Finche  stette  al  campo,  Tlmperatore  molto  si  mescolo  dimesticamente 
co1  soldati,  che  accorsero  sul  suo  passaggio  a  dargli  commiato  con  alte 
grida  di  pla»uso,  quand'  egli  si  mosse  alia  partenza ,  accompagnato  dai 
Generali  ed  ufficiali  superiori.  A  questi  poi  F  Imperatore,  sul  punto  di 
licenziarli,  volsc  le  seguenti  parole :  «  Sono  felicissimo  degli  otto  giorni 
che  ho  passato  fra  voi.  Non  vi  dico  nulla,  p,erche  i  giornali  non  tralasce- 
rebbero  di  ricavare  dalle  mie  parole,  per  quanto  si  fossero  moderate, 


CONTEMPORANEA  111 

prognostic!  di  guerra.  Mi  limito  pertanto  ad  attestarvi  la  mia  satisfazione 
pel  vostro  zelo  e  per  la  vostra  devozione. »  Secondo  il  solito,  anche  que- 
ste  semplici  parole  fornirono  ai  giornalisti  immensa  materia  di  ciarle,  di 
divinazioni,  di  querimonie,  di  speranze  e  di  timori ;  sicche  ha  propria- 
mente  ragione  Napoleone  III  se  tace  affalto,  poiche  ogni  sua  sillaba  e  si 
barbaramentc  torturata,  affinche  abbia  a  significare  tante  opposte  e  forse 
assurde  sentenze. 

3.  Ma  troppo  piii  grande  commozione  eccito,  massime  in  Francia,  un 
breve  discorso  detto  dal  re  Guglielmo  I  di  Prussia  a  Kiel,  I'll  Settem- 
l)re ,  cioe  il  giorno  innanzi  a  quello  in  cui  Napoleone  III  con  tanta  sa- 
viezza  e  circospezione  dichiarava  di  voler  astenersi  dal  parlare,  appunto 
perche  niuno  ne  potesse  trarre  pretesto  a  fantasticare  di  prossima  guerra. 
II  Rettore  dellTniversita  di  Kiel  avea  indirizzato  un  complimento  al  re 
Guglielmo,  il  quale,  invece  di  raccomandargli  di  fare  in  guisa  che  gli  sco- 
lari  non  perdano  il  loro  tempo  in  intrigbi  politici,  ma  si  attendano  a  stu- 
diare,  tolse  cagione  da  alcune  allusion!  fatte  dal  Rettore  circa  il  commie 
desiderio  di  pace,  per  dichiararsi  nella  forma  seguente. 

«  Circa  i  voti  che  voi  fate  per  la  conservazione  della  pace,  nessuno  po- 
trebbe  parteciparli  piu  vivamente  di  me;  imperocche,  per  un  Sovrano, 
la  e  una  necessita  penosa,  e  che  rende  responsabile  davanti  a  Dio,  il  ve- 
dersi  costretto  a  pronunciare  la  fatale  parola  di  guerra.  Eppure  vn  hanno 
circostanze,  in  cui  un  principe  non  puo  ne  deve  sottrarsi  ad  una  tale  re- 
sponsabiiita.  Yoi  medesimi  avete,  coi  vostri  proprii  occhi,  veduto  qui, 
che  la  necessita  di  una  guerra  puo  imporsi  talora  ad  un  principe  come 
ad  una  nazione.  Se  esiste  tra  no!  un  vincolo  di  fiducia  e  di  reciproche 
disposiziofii  amichevoli,  lo  dobbiamo  alla-guerra.  Del  resto,  io  non  veggo 
in  tutta  TEuropa  alcuna  circostanza  minacciosa  per  la  pace,  e  lo  dico  al- 
tamente  per  tranquillarvi.  Ma  cio  che  deve  rassicurarvi  ancor  piu,  e  la 
vista  dei  rappresentanti,  qui  radunati,  del  mio  esercito  e  della  mia  ma- 
rina, questa  forza  della  patria,  che  provo  com'  essa  non  feme  d'accettare 
e  di  condurre  a  buon  fine  una  lotto,  che  le  e  stata  imposta.  » 

Come  voleva  la  prudenza  ed  un  poco  di  accorgimento  politico,  i  diarii 
ufficiosi  di  Francia,  benche  a  denti  serrati  e  con  aspetto  convulso,  si  ral- 
legrarono  delle  assicurazioni  date  dal  re  Guglielmo  circa  i  suoi  pacifici 
intendimenti.  Gli  altri  quasi  tutti  videro  in  quelle  parole,  e  specialmente 
neirultima  frase,  un  guanto  di  sfida  gettato  in  viso  alia  Francia,  dicen- 
dole:  State  buona,  se  no!... 

\ .  Mcntre  ancora  si  discuteva  sopra  il  senso  genuine  delle  parole  del 
re  Guglielmo,  e  persino  pretendeasi  dare  conto  di  spiegazioni  chieste 
dal  Moustier  all'ambasciata  prussiana,  ecco  il  Moniteur  di  Berlino  anmm- 
ziare  che  Vesercito  prussiano  sarebbe  diminuito  di  circa  100,  000  solda- 
ti,  volendosi  cosi  dal  Re  di  Prussia  dare  un  pegno  solenne  del  fermo  suo 
proposito  di  tutto  sacrificare  al  mantenimento  della  pace.  Ed  infatti  un 


112  CRONACA 

certo  numero  di  soldati  furono  congedati  prima  del  tempo ,  ed  altri ,  che 
doveano  accorrere  sotto  le  bandiere,  furono  lasciati  alle  case  loro  per  al- 
cune  settimane.  Questo  sconcertava  tutti  i  disegni  bellicosi  de'giornalisti, 
che  trasecolarono  yiepiu  quando  la  Gazzette  de  France  per  la  prima , 
quindi  la  Correspondence  du  Nord  Est,  diario  molto  autorevole,  pubbli- 
carono  una  nota  diplomatics ,  attribuita  al  sig.  Thiele  che  fa  le  veci  del 
Ministro  degli  affari  esteri  a  Berlino,  ed  indirizzata  all'  ambasciata  prus- 
siana  a  Parigi.  Ecco  la  yersione  di  questo  documento,  autentico  o  no  che 
egli  sia,  dato  sotto  il  28  Agosto. 

«  Ho  Tonore  d'informaryi  che  S.  M.  il  Re  s'e  graziosamente  degnato 
d'ordinare,  in  primo  luogo,  che,  appena  terminate  le  esercitazioni  autun- 
nali  del  regio  esercito,  tutte  le  riserye  yengano  licenziate  ;  in  sccondo 
luogo,  che  la  leya  annuale  yenga  ritardata  di  tre  mesi.  II  Goyerno  di 
S.  M.  ha  yoluto,  con  questo  importante  proyyedimento,  che  diminuisce 
di  120  mila  uomini  V  esercito  prussiano,  dare  una  nuoya  proya  della  sua 
moderazione  e  del  suo  amore  della  pace.  Ei  yolle  in  pari  tempo  manife- 
stare  la  sua  fiducia  nel  mantenimento  della  pace  europea ,  giacche ,  se- 
condo  il  nostro  ayyiso ,  non  esiste  presentemente  alcuna  questione  che 
possa  minacciare  il  riposo  dell1  Europa.  Portando  a  yostra  cognizione  le 
misure  che  ho  indicate,  yi  prego,  signor  conte,  di  dame  comunicazione 
conlidenziale  a  S.  E.  il  marchese  Moustier,  senz'aggiungeryi  nessun  com- 
mento.  Approfitto  di  quest1  occasione  per  rinnoyarvi  Tassicurazione,  ecc. 
Thiele.  » 

La  Patrie  ne  rimase  sbalordita ;  poi  riyenne  in  se  e  giuro  per  gli  Dei 
dell'Olimpo,  che  quel  documento  doyea  essere  apocrifo.  Anche  il  Memo- 
rial diplomatique  del  17  Settembre,  trascriyendolo  a  pag.  612*,  ebbe  cu- 
ra  di  far  no  tare  che  la  forma  di  esso  riyelava  una  singolare  ignoranza 
degli  usi  diplomatic!,  e  che  percio  non  poteya  essere  altro  che  un1  inyen- 
zione  poco  spiritosa  di  qualche  beffardo,  che  piaceyasi  di  corbellare  i 
semplicioni.  Ma  quasi  tutti  gli  altri  giornali  o  credettero  o  fmsero  di  cre- 
dere autentico  quel  dispaccio,  e  ne  inferirono  le  piu  contradditorie  con- 
seguenze;  imperocche  gli  uni  yi  scorgeyano  un  pegno  della  pace  assicu- 
rata,  gli  altri  una  nuoya  disfida,  una  specie  di  ultimatum  alia  Francia, 
perche  debba  ancor  essa  smettere  le  armi  e  I'atteggiamenlo  di  difesa  in 
cui  si  tiene. 

5.  II  Constitutionnel,  piu  garbato,  assunse  di  dimostrare  che  in  quella 
diminuzione  momentanea  dell1  esercito  prussiano  non  si  potea  scorgere 
altro  che  tin  proyyedimento  di  economia,  il  quale  tornaya  utile  al  Goyer- 
no di  Berlino  tanto  per  la  pace,  quanto  per  la  guerra.  Ecco  il  suo  ar- 
ticolo. 

«  Le  difficolta  fmanziarie ,  colle  quali  deye  lottare  la  Confederazione 
della  Germania  del  Nord,  tengono  in  grande  sollecitudine  particolarmen- 
te  il  Ministro  della  Guerra  a  Berlino.  L'art.  52  della  Costituzione  federale 


CONTEMPORANEA  113 

avendo  stabilito  per  cinque  anni  il  bilancio  della  guerra,  ramministra- 
zione  militare  e  costretta  di  far  fronte  ad  ogni  eventualita,  coi  mezzi  che 
le  sono  conceduti,  cioe  220  talleri  (843  franchi)  per  uomo,  agli  obblighi 
che  derivano  dalle  disposizioni  dell'  art.  60  della  Costituzione  relative) 
alia  presenza  sotto  le  bandiere  in  tempo  di  pace,  d'uno  per  cento  della 
popolazione. 

«  Questi  mezzi  sembrano  ognor  piu  insufficienti :  il  caro  dei  yiveri 
e  dei  foraggi  e  stato  in  questo  anno  causa  di  serii  imbarazzi ;  le  spe- 
se  considerevoli  richieste  dagli  esperimenti  d'arliglieria,  molto  costosi, 
aggravarono  maggiormente  le  difficolta.  Da  piu  di  sei  mesi  gli  ufticir 
della  guerra  lavorano  costantemente  a  cercare  il  mezzo  d'introdurre 
ne'varii  rami  dell'esercito  economic  di  ogni  specie,  onde  rendere  pos- 
sibli  le  spese  giudicate  indispensabili :  quelle  per  esempio  derivate  dalla 
sostituzione  del  bronzo  air  acciaio  fuso  per  i  pezzi  da  campagna.  Questo 
stato  di  cose  aveva  gia  dato  motivo,  in  primavera,  a  certe  disposizioni, 
che  consistevano  nel  dare  congedi  illimitati  a  circa  10,000  uomini  del 
39  contingente.  Pero  sembra  che  i  mezzi  che  si  erano  assicurati  non  ba- 
stassero  ancora ;  e ,  per  ottenerne  degli  altri ,  e  stato  deciso ,  in  questi 
giorni,  che  tosto  dopo  la  fine  delle  esercitazioni  d'autunno,  cioe  ver- 
so il  15  di  questo  mese  circa,  gli  uomini  destinati  ad  entrare  nclla 
riserva  dal  1  Ottobre,  ossia  il  personale  del  3°  contingente,  cioe  80,000 
uomini  all'  incirca,  cesseranno  di  far  parte  dell'effettivo  presente  sotto 
le  bandiere. 

«  Questa  prima  misura  procurera  alia  Confederazione  del  Nord  la 
soppressione  della  spesa  della  paga  del  mantenimento  di  questi  80,000 
uomini  durante  quindici  giorni ,  e  siccome  alia  fine  delle  esercitazioni  di 
autunno  gli  uomini  del  terzo  contingente  hanno  raggiunto  il  maximum 
della  loro  istruzione,  e  permesso  di  affermare  che  da  questa  economia 
non  risulta  sotto  nessun  rapporto  il  piu  leggiero  indebolimento  per 
Tesercito  federale ;  i  quadri  sono  mantenuti  intatti ;  le  forze  non  ne  sona 
diminuite;  1'effettivo  dell'esercito  attiyo  rimane  assolutamente  lo  stesso. 
Y'e  di  piu :  ogni  anno  questa  misura  si  pratica  su  d'una  scala  piu  o  me- 
no  grande  per  le  stesse  ragioni  economiche. 

«  Si  pu6  dire  quasi  altrettanto  della  decisione,  in  forza  della  quale  le 
reclute  del  contingente  dell' anno  corrente  non  saranno,  per  la  maggior 
parte,  chiamate  ai  corpi  che  il  2  Gennaio  1869.  In  regola  generale, 
e  conformemente  alle  disposizioni  dell'articolo  6  della  legge  militare 
del  19  Ottobre  1867,  gli  uomini  del  primo  contingente  devono  comin- 
ciare  il  loro  servizio  effettivo  e  trovarsi  ai  loro  corpi  il  1  Ottobre.  I 
primi  nove  mesi  dell' anno  sono  consacrati  ai  lavori  dell' estrazione  a 
sorte,  della  revisione  e  classificazione.  Essi  non  contano  e  non  hanno 
mai  contato  in  Prussia  come  se  figurassero  nel  tempo  del  servizio  at- 
tivo.  Questo  tempo  di  servizio  si  compone  di  tre  anni,  cominciando  col 
Serie  VII,  vol.  IV,  fasc.  445.  8  26  Settmbre  1868. 


Ill  CRONACA 

1.°  Ottobre  del  primo  anno  e  terminando  al  1.°  Ottobre  del  terzo  anno 
compiuto.  Nella  pratica,  pero,  e  sempre  in  uno  scopo  di  economia, 
le  stipulazioni  riprodotte  neirarticolo  6  della  legge  militare  non  furono 
mai  applicate  rigorosamente,  e  gli  uomini  del  primo  contingente,  de- 
stinati  a  sostituire  coloro  che  entrano  nella  riserva,  a  cominciare  dai 
15.  Settembre,  non  sono  generalmente  chiamati  al  corpo  che  verso  il 
15  di  Settembre.  E  dunque  I'economia  di  sei  settimane  della  paga  e 
del  mantenimento  di  90,000  uomini  che  il  ministero  realizza  comune- 
niente.  Quest'anno  i  bisogni  di  danaro  essendo  urgenti,  Y economia  sa- 
ra,  in  seguito  alle  decision!  adottate  recentemente,  d1  importanza  mag- 
giore,  poiche  si  risparmieranno  le  spese  della  paga  e  del  mantenimen- 
to  di  questi  90,000  uomini  non  soltanto  per  sei  settimane,  come  al  so- 
li to,  ma  per  tre  mesi. 

«  Conviene  pero  aggiungere  che  questa  seconda  decisione  e  sotto  il 
risguardo  della  forza  effettiya  dell'  esercito  federate  alquanto  piu  im- 
portante,  che  non  il  rinvio  anticipate  degli  uomini  che  entreranno  nel- 
la riserva  il  1  Ottobre  yenturo.  Questi  ultimi  sono,  infatti,  giunti  ai 
massimo  grado  d'istruzione  e  d'esperienza  nel  maneggio  delle  armi;  ed 
il  risparmio  che  fa  ramministrazione  mantenendoli  quindici  giorni  di 
meno ,  sotto  T  aspetto  della  potenza  militare ,  non  reca  alcun  danno. 
Per  gli  uomini  del  primo  contingente,  al  contrario,  e  la  forza  effetti- 
va,  che  rappresenta  il  yalore  acquistato  da  90,000  uomini  in  capo  a  sei 
settimane  di  istruzione,  quella  di  cui  ramministrazione  consente  a  fare 
il  sagrificio,  non  chiamandoli  ne  al  1  Ottobre,  come  la  legge  gliene  da  il 
diritto  (di  cui  essa  non  usa  mai),  ne  ai  15  Novembre,  come  essa  pra- 
tica ordinariamente,  ma  il  2  Gennaio  prossimo.  Ora,  tal  sacrifizio,  che 
e  lungi  dall'  avere  T  importanza  che  parecchi  giornali  tentano  di  attri- 
buirgli,  non  e  pero  insignificante. 

«  Stante  i  pochi  anni  di  servizio  che  ogni  contingente  e  chiamato  a 
prestare,  e  sempre  stato  di  regola  in  Prussia,  e  questa  regola  si  estende 
oggidi  a  tutta  la  Confederazione  del  Nord ,  che  T  istruzione  delle  re- 
chite  e  spinta,  tosto  dopo  il  loro  arrivo  ai  corpi,  con  un'attivita  estre- 
ma.  Si  puo  dire  che  non  si  perde  un1  ora  di  tempo  per  riuscire  a  for- 
ma re  presto  e  bene  i  soldati.  E  dunque  certo  che,  alia  fine  del  prossi- 
mo inverno,  il  piu  giovane  dei  tre  contingent!,  di  cui  si  compone  1'eser- 
cito  federale,  non  ayra  ancora  acquistato  la  solidita  e  la  consistenza 
che  aveyano  il  mese  di  Febbraio  scorso  le  reclute  giunte  ai  corpi  il 
15  Ottobre  1867.  Gli  manchera  la  forza  ch'egli  ayrebbe  potuto  acqui- 
stare  in  sei  settimane  d'istruzione.  Ma  la  cassa  federale  militare  avra 
risparmiato  tutto  cio  che  gli  sarebbe  costato  la  sua  paga  ed  il  suo 
mantenimento  durante  queste  sei  settimane. 

«  Questa  e  la  reale  importanza  delle  decisioni  intorno  alle  quali  ya- 
rii  fogli  tedeschi  hanno  pronunciato  la  parola  di  disarmo.  Nel  1869  yi 


CONTEMPORANEA 

sara  uno  dei  ire  contingent!  delFesercito  fcderale  che  avra  avuto  sei 
settimane  d'istruzione  meno  dei  due  altri. 

«  Del  resto,  Teffettivo  dell'  esercito  attivo  della  Germania  del  Nord 
non  sara  diminuito  per  nulla ;  egli  si  comporra  sempre  d'uno  per  cento 
della  popolazione ;  come  per  il  passato,  T  esercito  attiyo  ayra  dietro  di 
se,  per  rinforzarlo  in  caso  di  bisogno,  quattro  contingent!  di  riser va  e 
cinque  contingent  di  landwher;  totale  12  contingenti  d1  uomini  che  ban- 
no  tutti  serrito.  Essendo  ogni  contingente  di  90,000  uomini ,  in  cifra 
tonda,  la  Confederazione  del  Nord  disporrebbe  di  1,080,000  uomini,  se 
non  si  doyesse  tener  conto  delle  perdite  prodotte  ineyitabilmente  dal 
tempo,  e  cbe  riducono  quella  cifra  ad  una  media  di  750  mila  uomini. 
Per  mo'dificare  questo  State  di  cose  nel  senso  del  disarmo,  bisognerebbe 
che  la  legge  militare  federate  del  19  Ottobre  1867,  ed  il  capitolo  XI  del- 
la  Costituzione  federate ,  fossero  cambiati  e  riyeduti  in  y  ia  legislatiya  » . 

6.  Non  si  mostrano  pero  di  cosi  facile  contentatura  tutti  i  giornali 
parigini,  e  piii  d'uno  grido  alto  ,  essere  tempo  di  troncare  gli  indu- 
gi,  che  servono  solo  a  crescere  la  potenza  e  Farroganza  della  Prus- 
sia, ed  a  rendere  sempre  piu  graye  lo  smacco  ed  .il  pericolo  per  la 
Francia.  Cosi,  per  esempio,  la  Liberte  del  17  Settembre,  dopo  yen- 
tilate  con  istudiata  argomentazione  le  opposte  sentenze,  conchiuse  il  suo 
dire  nei  termini  seguenti. 

«  Stendendosi  sino  al  Meno  la  Prussia  non  e  soddisfatta  per  molti  se- 
coli,  come  diceya  Tanno  scorso  il  Ministro  di  Stato,  Bismark ;  essa  an- 
dra.  fino  al  Danubio,  fino  all'  Inn ,  andra  sino  alle  Alpi.  Essa  realizzei# 
il  programma,  che  il  principe  reale  nel  suo  yiaggio  a  Firenze  indicaya 
al  principe  Umberto.  A  delta  d'un  organo  ultra-ufficiale  del  Goyerno  au- 
striaco,  Terede  del  trono  ayrebbe  detto  al  suo  interlocutore  :  La  Prus- 
sia e  Tltalia  deyono  ayere,  la  prima  la  supremazia  in  Europa,  la  seconda 
la  dominazioue  del  Mediterraneo.  La  Francia  lascera  che  si  effettui  que- 
sta  diyisione  tra  i  due  alleati  del  1866,  i  quali  saranno  probabilmente 
gli  alleati  del  1869  ?  Se  si,  prepariamo  il  nostro  lutto  delFAlsazia  e 
della  Lorena  da  una  parte,  di  Nizza,  di  Sayoia  e  della  Corsica  daH'altra; 
se  no,  sappiamo  prendere  risolutamente  un  partito,  ed  eseguirlo  sen- 
za  indugio ;  non  perdiamo  tempo  a  destare  negli  animi,  pur  facendo  le 
Tiste  di  non  temerli,  i  prognostic!  di  guerra.  » 

L' Imperatore,  per  quanto  sembra ,  non  e  delFayyiso  della  Liberie. 
Presc  le  parole  del  re  Guglielmo  per  quel  che  yalgono ;  continue  a  ta- 
cere;  parti  per  Biarritz;  quinci  si  condusse  a  yisitare  il  campo  militare 
raccolto  a  Lannemezan  sotto  il  comando  del  Conte  Generale  De  Goyon ; 
yi  si  mostro  contentissimo  dei  soldati  e  delle  armi,  e  se  ne  torno  po- 
scia  a  Biarritz,  senza  proferire  parole  ne  di  pace  ne  di  guerra. 


116  CRONACA 


AMEHICA.  SETTENTRIONALE  (Stati  Unitt)  1.  Candidati  divers!  e  lotta  de'partiti 
per  la  elezione  del  Presidents  —  2.  Proposte  del  Johnson  al  Gongresso 
circa  la  durata  ed  il  modo  di  elezione  del  Presidente  —  3.  Provvedimenti 
pel  debito  pubblicq  —  4.  Gondizioni  deplorabili  degU  Stati  del  Sud ;  tur- 
bolenze  nella  Luigiana  —  5.  Riconciliazione  del  Gabinetlo  di  Washington 
con  quello  di  Londra  —  6.  Conge  tture  sopra  i  disegni  degli  Stati  Uni- 
ti  nel  Mediterraneo  —  7 .  Qualita  e  forza  deirarmata  navale  americana  — 
S.  Praliche  di  pace  fra  gli  Stati  Uniti  e  gli  Indian!,  condotte  dal  P.  De 
Smet  —  9.  Splendido  omaggio  renduto  dal  Maggior  Generale  Stanley  al- 
rinllueaza  dei  Missionarii  cattolici. 

1.  I  due  grandi  parti ti,  il  democratico  cioe  ed  il  repubblicano,  che  ne- 
gli  Stati  Uniti  si  contrastano  la  prevalenza  nel  Governo  e  neirindirizip  del- 
1'amministrazione  interna,  sono  ora  ingaggiati  in  cjuella  guerra  civile, 
non  serapre  incruenta,  che  ha  per  motive  la  elezione  del  nuovo  Presi- 
dente, la  quale  deve  effettuarsi  alii  4  del  prossimo  Novembre. 

Anche  la  sola  scelta  del  candidate  a  tal  carica  basta  a  disegnare  gli  in- 
tendimenti  delle  opposte  fazioni,  cd  a  produrre  percio  rilevantissimi  ri- 
sultati.  Infatti  gli  Stati  del  Sud,  quando  videro  molto  benc  assodata 
la  candidatura  del  Lincoln,  repubblicano  c  dichiaratosi  altamente  per 
Tabolizipne  della  schiavitu,  non  indugiarono  punto  a  fare  gli  ultimi  ap- 
parecchi  per  la  secessione,  che  poi  bandirono  alii  20  Dicembre  1860, 
meno  di  due  mesi  dopo  la  sua  elezione,  e  quattro  mesi  prima  che  que- 
gli  dovesse  entrare  in  esercizio  della  sua  carica.  Di  che  e  manifesto  qua- 
le sia  e  quanta  Timportanza  della  signiticazione,  che  porta  seco  anche 
la  sola  elezione  d'un  candidate  alia  Presidenza. 

Ora  il  partito  repubblicano  caldeggia  molto  la  elezione  del  generale 
Grant,  comandante  supremo  delFesercito ;  il  quale,  cinto  deiraurepla  della 
vittoria  riportata  a  Richmond,  onde  fu  abbattuta  la  Confederazione  del 
Sud,  sembra  sfidare  con  una  grande  sicurezza  del  trionfo  gli  sforzi  di 
qualsiasi  competitore,  e  preconizzare  al  tempo  stesso  la  centralizzazione 
a  cui  tendono  i  suoi  partigiani,  e  per  conseguenza  la  distruzione  del  po- 
co  cheresta  deirautqnomia  dei  singoli  Stati. 

Ne  i  democratici  si  stanno  colle  mani  alia  cintola.  Nelle  loro  raunate, 
tenute  nei  singoli  Stati,  ventilarono  i  meriti,  il  prestigio,  le  idee  dei  pre- 
cipui  loro  capi;  quindi  i  piu  influenti  della  fazione  si  raccolsero  a  New- 
York  il  4  Luglio  passato,  per  deliberare  intorno  alia  scelta  del  candi- 
date da  promoycrsi  alia  Presidenza.  Questa  scelta  fu  fatta  dopo  piu 
giorni  di  dibattimento  e  oli  scrutinii.  Dodici  candidati  furono  propqsti; 
e  317  erano  i  votanti  di  questa  Convenzionc,  la  quale  avea  prcstabilito 
che  dovesse  accettarsi  come  candidate  queli'uno,  in  cui  favore  si  fossero 
dichiarati  i  due  terzi  dei  317  votanti.  Per  lunga  j)ezza  parve  che  doves- 
se riuscire  yincitore  il  sig.  Pendleton,  che  avea  riportato  fino  a  150  vo- 
ti  favorevoli.  Dopo  lui  venivano  il  generale  Hancock,  il  sig.  Itendricks 
ed  il  sig.  Chase.  La  Convcmione  era  presieduta  dal  sig.  Orazio  Seymour, 
che  aveva  formalmente  dicliiarato  di  non  aspirarc  punto  alia  candida- 
tura, anzi  di  rifiutarla. 

Si  ando  innanzi  sei  interi  giorni  a  questo  modo,  senza  che  in  ventidue 
scrutinii  veruno  dei  candidati  pnposti  raggiungesse  il  voluto  numero  di 
voti.  Laonde,  veduto  che  a  questo  mode  non  si  verrebbe  a  capo  di  mil- 
la,  molti  si  posero  d'accordo  in  fare  istanza  al  Seymour  stesso,  affinche 


CONTEMPORANEA  117 

volesse  contentarsi  di  accettare  la  candidatura.  Dopo  aver  esitato  al- 
quanto,  egli  si  arrese;  e,  procedutosi  a'yoti,  egli  fu  acclamato  a  suf- 
Iragio  unanime  come  candidate  del  partito  democratic^ ;  il  quale  ora 
si  travaglia  a  farlo  accettare  anche  dagli  aderenti  del  singoli  Stati.  La 
lotta  pertanto  e  ora  impegnata  fra  il  Grant  ed  il  Seymour;  e  Fesito  e 
talmente  incerto,  attese  ie  qualita  di  questi  competitor!,  che  giale  scom- 
messe  per  F  uno  o  per  F  altro  si  sono  fatte  in  numero  grandissimo  e  di 
somme  enormi. 

Chi  sia  il  Grant,  e  quafi  meriti  militari  in  lui  riconoscano  i  radicali  re- 
pubblicani, gia  i  nostri  lettori  hanno  potato  saperlo  dalFesposizione  che 
abbiamo  fatto  dclle  sue  geste  durante  la  guerra  di  secessione.  Diciamo 
alcuna  cosa  del  suo  emolo. 

Orazio  Seymour  nato  a  Pompey,  Onondaga  County,  nello  Stato  di 
New-York,  hel  1811,  era  gia  insigne  ayvocato  al  tribunale  di  Utica 
(juando  appena  contava  vent'anni  di  eta.  Nel  1841,  candidate  del  parti- 
to democratic^  alFassemblea  d1  Albany,  fu  eletto  deputato  al  Congresso, 
dove  acquisto  subilo  grande  riputazione  (Teloquenza  ed  autorita.  Nel 
1845  fu  eletto  speaker  della  Camera.  Nel  1852  e  nel  1862  fu  innalzato 
alia  carica  di  Governatpre,  e  nel  1864  fu  seel  to  presidente  della  Con- 
vcnzione  democrafica  di  Chicago.  Egli  ptterra  facilmente  i  suffragi  di 
tutti  i  democratic!,  e  molti  ancora  di  quei  repubblicani  tepidi,  i  quali  pa- 
yentano  che,  tra  le  mani  del  Grant,  Famministrazione  interna  e  la  poli- 
tica  esterna  dehbano  troppo  risentirsi  delle  sue  abitudini  militari  e  della 
sua  ruvidezza  nelFuso  della  sciabola.  Ma  non  per  questo  e  da  dire  che 
la  sua  elezione  sia  assicurata;  perche  il  Grant  conta  ancor  esso  un  nu- 
mero grandissimo  di  partigiani,  i  quali  si  adoperano  con  immense  ar- 
dore  per  lui ;  che,  non  sappiamo  se  per  ayyedimento  politico  o  per  bur- 
banza  soldalesca,  poco  parla  e  nulla  dice  che  possa  sembrare  un  program- 
ma  de'suoi  disegni  pel  caso  che  riuscisse  eletto.  E  questo  dai  repubbli- 
cani si  guarda  come  indizio  del  suo  proposito  di  appagare  in  tuttp  i  loro 
yoti.  Intanto  nelle  elezioni  del  Maine  i  repubblicani  rimasero  yittoriosi  con 
una  pluralita  di  73,000  yoti,  cice  di  11,000  di  piu  che  nelle  elezioni  pre- 
cedent!. II  che  e  di  buon  augurio  pel  Grant. 

Un  altro  candidate  restaya  a  scegliersi  dai  democratici,  per  la  carica 
di  Yicepresidente ;  la  quale,  come  ayyenne  pel  Johnson  alia  morte  del 
Lincoln,  trae  seco  il  diritto  di  salire  senz'  altro  alia  presidenza,  quando 
chi  fu  assunto  a  questa  yenisse  tolto  di  mezzo  o  per  morte  o  per  de- 
creto  della  repubblica.  La  Cowoenzione  democratica  di  New-York,  dopo 
acclamato  il  Seymour  come  candidate  alia  Presidenza,  procedette  alia 
scelta  del  candidate  alia  Yicepresidenza ;  e  la  cosa  fu  fatta  spedita- 
menle.  Imperocche,  leyatosi  a  parlare  il  sig.  Preston,  del  Kentuky, 
propose  che  la  vicepresidenza  si  doyesse  conferire  ad  un  canditato  de- 
gli  Stati  delFOvest,  e  ne  designo  la  persona,  nominando  il  generate 
Francesco  Blair,  del  Missouri.  «  Come  soldato  del  Sud,  disse  il  Preston, 
ed  avendo  combattuto  nelle  file  opposte  a  quelle  in  cui  militaya  il  Blair, 
colgo  questa  occasione  per  dichiarare,  che  i  soldati  del  Sud  stendono  la 
mane  ai  soldati  del  Nord,  in  pegnp  d'amicizia  e  di  benevolenza.  »  Que- 
sto  breve  parlare  commosse  gli  animi,  e  tutti  d1  accordo  votarono  pel 
Blair,  che  in  qualita  di  Gencrale  delFesercito  federale  durante  la  guerra 
di  secessione  avea  dato  prove  insigni  di  prodezza  militare  pari  al  suo 
senno  politico. 


118  CRONACA 

2.  Andrea  Johnson,  che,  succeduto  al  Lincoln,  con  tantp  sno  traya- 
glio  sostenne  si  aspra  lotta  contro  i  suoi  antichi  partigiani ,  onde  non 
essere  cieco  strumento  delle  loro  yendette  contro  i  yinli  secessionisti, 
sta  dunque  per  ismettere  la  carica  di  Presidente  della  Confederazione 
americana,  senza  pur  cimentarsi  alia  prova  di  una  rielezione.  Egli  sa 
benissimo  che  poco  assegnamento  potrebbe  fare  sui  democratic},  e  che 
avrebbe  ostili  tutti  i  repubhlicani  Ma  prima  di  ritirarsi  egli  suggetto 
alle  deliberazioni  del  Congresso  due  proposte,  le  quali,  attesa  la  im- 
possibilita  d'una  sua  rielezione,  appari'scono  al  tutto  scevre  di  proprio 
iitteresse;  e  che  tuttavia  saranno  assai  probabilmeiite  reiette. 

La  prima  e  che  il  tempo,  durante  il  quale  si  dee  esercitare  la  carica 
di  Presidente,  invece  di  quattro  soli  anni,  sia  fissato  a  sei  anni.  La  ra- 
gione  di  tal  mutazione,  alfegata  dal  Johnson,  e  che  quattro  anni  appena 
bastano  a  disegnare  la  politica  del  Presidente,  il  qualc,  se  ha  tempo  a 
cominciare  qualche  cosa,  non  pu6  condurre  a  buon  termine  venma  im- 

Sresa  rilevante.  La  seconda  proposal  e  che  la  elezione  del  Presidente 
ebba  farsi  per  yoto  immediate  e  diretto  del  popolo. 
La  fermezza  del  Johnson,  a  proposito  della  ricostituzione  degli  Stati 
del  Sud,  gli  ha  talmente  nimicato  gli  animi  del  repubblicani,  che  oiupa 
cosa  vogliono  accettare  da  lui,  fosse  pur  ottima.  Egli  dal  canto  suo  tie- 
ne  testa  a  tutti  gli  assalti,  e  prosegue  a  valersi  della  sua  autorita  legale 
per  rendere  inefficaci  gli  atti  del  Congresso,  che,  sebbene  sanciti  dalla 
pluralita  dei  suoi  ayversarii,  danno  a  lui  opportunita  di  atteggiarsi  co- 
me difensore  e  vindice  della  costituzione.  Cosi  egli  persiste  in  opporre  il 
suo  veto  ai  diversi  bills  gia  emanati  dal  Congresso  per  riammettere  al- 
Funione  parecchi  Stati  del  Sud,  i  quali,  predominati  dall1  influenza  dei 
repubblicani  e  da  un  simulacro  di  Governo  autonomo,  loro  imposto  dai 
Governatori  militari  postivi  dal  Congresso,  accettarono  le  condizioni,  da 
noi  altra  volta  riferite  a  pag.  507-09  di  questo  volume.  II  Johnson,  im- 
putando  al  Congresso  un  abuso  di  potere  a  proposito  di  codesti  bills, 
argomenta  cosi :  se  codesti  Stati,  come  noi  pretendevamo  quando  di- 
chiarammo  loro  la  guerra,  non  furono  mai  legalmente  sciolti  dairunio- 
ne,  i  bills  per  rannodare  un'  unione,  che  non  lu  mai  sciolta,  sono  inutili; 
ed  e  iniguo  ed  odioso  il  costringerli  colla  forza  a  mutare  la  interna  loro 
costituzione  per  accettarne  un' altra  presentata  loro  sulla  punta  delle 
nostre  baionette ;  se  poi  sono  realmente  sciolti  dairunione,  il  rispetto  al 
principio  della  liberta  esige,  che  innanzi  tutto  si  ricevano  i  loro  delegati, 
come  quelli  dei  Territorii,  e  con  essi  vengano  discusse  amichevolmente 
e  pattoyite  le  condizioni  della  nuova  unione.  Ogni  altro  procedimento 
non  puo  essere  che  una  turpe  commedia,  il  cui  risultato  e  di  tiranneg- 
giare  quegli  Stati,  alHntento  di  trarli  con  la  violenza  ad  assoggettarsi 
ad  una  costituzione,  cui  ripugnano  i  loro  costumi  ed  i  loro  interessi. 

Di  qui  e  manifesto  che  assai  probabilmente  la  ricostituzione  degli 
Stati,  che  aveano  formato  la  Confederazione  meridionale,  non  sara  com- 
piuta  sotto  la  Presidenza  di  Andrea  Johnson;  ma  Tarduo  incarico  cadra 
sul  suo  successore.  Se  questo  sara  il  Grant,  non  e  dubbio  che  1'  asprez- 
za  dei  procedimenti  militari  inaugurati  dalla  pluralita  radicate  del 
Congresso  non  sara  mitigata;  e  piaccia  a  Dio  che  non  determini  nuo- 
vo  scoppio  di  guerra.  Se  poi  sara  il  Seymour,  il  conm'tto  sara  pur  lun- 
go,  tanto  e  Taccanimento  dei  radicali  repubblicani  contro  i  vinti  se- 
cessionisti. 


COINTEMPORANEA  119 

3.  Le  difficolta  pel  Seymour  sarebbero  ancbe  aggravate  dal  poco  ac- 
cprdq  che  si  manifesto  fra  gli  stessi  democratic* ,  a  proppsito  di  una  delle 
piu  rilevanti  quistioni,  quella  cioe  del  ristauro  delle  Finanze.  Gli  Stall 
Uniti,  che  im  died  anni  addietro  erano  in  cpndizioni  si  rigpgliose  di  ric- 
chezza,  ora  stanno  gravati  delFenortoe  debito  pubblico  di  oltre  a  due 
miliardi  e  trecento  milioni  di  dollari,  frutto  della  guerra  condotta  con- 
Iro  i  secessionist!,  ancbe  senza  con  tare  il  debito  assai  maggiore  con- 
trattq  da  questi,  e  die  non  si  vuole  ne  riconoscere  ne  pagare  ,  atteso 
che  i  radicali  fecero  decretare  dal  Congresso,  come  cpndizione  sine 
qua  non  della  ricostituzione  di  quegli  Stati,  che  si  debba  ripudiare  cotal 
debito, 

II  debito  riconosciuto  della  Cpnfederazione  tocca  pertanto  due  miliar- 
di e  mezzo,  e  bisogna  pagarlo  il  piu  presto  possibile ;  tanto  pin  che  i 
singoli  Stati  ed  i  Comuui  hanno  poi  tutti  la  giunta  dci  loro  proprii  de- 
biti,  che  ginnge  ancor  essa  a  propozioni  pressoche  disastrose.  Ma  che? 
I  democratic!,  non  meno  che  i  repubblicani,  che  sono  possessor!  di  quei 
titoli  di  rendita,  vorrebbero  essere  pagati  in  pro  sonante,  e  pei  loro  rap- 
presentanti  al  Congresso  fanno  sostenere  tali  pretension! .  Essi  diedero 
carta  allo  Stato,  e  ne  vorrebbero  la  restituzione  in  buona  moneta  co- 
niata.  I  veri  conservatori,  che  mirano  al  bene  dello  Stato,  ne  sostengo- 
no  le  ragioni,  e  stanno  fermi  sul  rifiuto  del  pagamento  in  o^o,  yolendo 
che  la  carta  si  paghi  con  carta,  e  che  il  pagamento  in  moneta  si  faccia 
solo  pei  titoli,  rispetto  ai  quali  cio  fu  espressamente  stabilito  dal  Con- 
gresso, quando  fu  contratto  il  prestito.  Ecco  un  primo  motiyo  di  dissi- 
dii.  Un  altro  non  meno  grave  risulta  dal  proposito  di  molti,  i  quali 
non  avendo  gran  che  da  sperare  o  da  perdere  nel  traffico  dei  titoli  di 
rendita,  voglipnp  che  sopra  questi  sia  posto  un  balzello.  Laonde  se  i 
vinti  secessionisti  sonp  in  dure  strette  per  gli  effetti  della  guerra,  e  per- 
che  non  si  vpgliono  ricanoscere  i  debiti  contratti  dai  loro  Stati,  onde 
spno  annullati  tutti  i  rispettivi  titoli  di  rendita :  i  vincitori,  o  democra- 
tici o  repubblicani ,  sono  in  gran  discordia  fra  loro,  appunto  per  cagio- 
ne  di  quei  titoli  di  rendita  che  furonp  da  essi  acquistati  a  tenuissimo 
prezzo  durante  la  guerra,  e  di  cui  ora  molti  vorrebbero  il  pagamento  in 
buona  moneta  e  senza  diminuzione  veruna  del  yalore  nominate,  mentre 
i  meno  interessati  vogliono,  per  motivo  di  equita  e  nelHnteresse  dello 
Stato,  attenuare  quegli  enormi  guadagni  di  240  per  100,  pagando  in 
carta  e  con  un  discrete  balzello. 

II  Senato  di  Washington  ha  approvato  un  bill,  intitolato  deft'unifiea- 
zione  del  debito  pubblico,  pel  quale  sono  assegnati  135  milioni  di  dollari 
ogni  anno,  alVestinzione  di  esso  ;  e  questo  e  bene.  Tuttavia  come  si  ap- 
pianeranno  le  difficolta  accennate  pel  modo  e  per  la  specie  del  paga- 
mento? 

4.  Piaccia  a  Dio  che  tal  debito,  invece  di  estinguersi,  non  abbia  a  cre- 
scere.  11  malcontento  in  parecchi  degli  Stati  meridionali  cresce  sempre 
piu.  I  negri,  fedeli  alle  loro  abitudini  di  pziosita,  non  lavorano,  e  preten- 
donp  pur  di  vivere.  I  bianchi,  spogliati  in  parfee  delle  antiche  loro  pos- 
Sessioni,  mancano  di  mezzi  onde  prezzolare  opere  che  cpltivino  il  non 
molto  che  loro  rimane.  II  Governo  distribuisce  sussidii  ai  negri,  che  li 
trovano  troppo  scarsi ,  e  spinti  dalla  disperazione  e  dalla  fame  trascor- 
rono  a  delitti.  I  bianchi,  che  si  sentono  spremere  dalle  vene  i  balzelli, 
onde  si  traggono  codesti  sussidii  ai  negri  emancipati,  oziosi  e  turbolenti, 


120  CRONACA 

pensano  ph)  a  difendersi  che  a  pagare.  Di  qui  uno  stato  di  sorda  ostilita, 
pieno  di  minacce  e  di  pericoli  d'  ambe  le  parti. 

11  Congresso  di  Washington  ha  finalmente  abolitp  in  parecchi  Stati, 
dove  erano  stati  cpstituiti  ed  imposti  dalla  forza  mill  tare,  i  Magistral!  a 
tutela  degli  emancipati  (Frcedmeris  bureaux),  che  riuscivano  a  poco  yan- 
taggio  dei  negri,  di  cui  incoraggiyanp  le  pretensioni  a  danno  dei  bianchi; 
ma  non  per  questp  si  e  Dotuta  stabilire  la  concordia.  Giacche  i  bianchi, 
non  potendo  cpstringere  i  negri  a  layorarele  terre,  ne  avendo  altre  brac- 
cia  da  mettervi  attorno,  sonp  costretti  a  lasciarle  incplte  con  danno  di 
tutti ;  e  per  altra  parte  alcuni  Goyernatori ,  yolendp  rimediare  al  male, 
Ip  aggravarono  con  le  minacce,  in  parte  effettuate,  di  aggiudicare  e  soar- 
tire  a  libera  proprieta  dei  negri  si  le  terre  confiscate  ai  bianchi  ribelli,  e 
si  quelle  che  per  un  dato  tempo  si  lasciassero  incolte.  Di  che  non  e  a 
dire  quanto  si  esacerbassero  i  sensi  di  odio  fra  gli  antichi  padroni  che  si 
videro  priyati  del  proprio ,  e  gli  schiayi  emancipati  che  agognano  a  di- 
Tenir  padroni,  senza  saper  usufruttuare  quellp  che  lorp  e  dato. 

Una  corrispondenza  da  Washington  al  Moniteur  parigino,  riprodotta 
dal  Monde  del  30  Agosto,  melte  in  eyidenza  gli  inconyenieriti,  proyenuti 
dalla  giurisdizione  dei  Freedmerfs  bureaux,  la  quale,  giovandp  poco  o 
nulla  ai  negri  emancipati,  tornaya  a  detrimento  dei  loro  antichi  padroni 
rimasti  senza  braccia  per  coltivare  le  loro  possessioni,  con  danno  uni- 
Yersale  pel  difetto  di  derrate.  I  bianchi  coirindustria  troyayano  modo  di 
sostentarsi.  Ma  i  negri,  neghittosi  per  indole  e  che  fanno  consistere  la 
liberta  nel  non  fare  nulla,  moriyano  di  fame.  Cosi  nella  Carolina,  per 
questo  solo  anno  1868,  le  distribuzipni  di  sussidii  a  codesti  miserabili 
sono  calcolate  in  140,000  moggia  di  gran  _tarco  ed  870,000  libre  di 
carne  e  di  porcp  salato ;  e  questo  basta  appena  al  sostentamento 
di  18,000  uomini,  cioe  dell'ottaya  parte  di  codeste  opere,  rimaste  a 
carico  dello  Stato;  e  le  spese  in  denaro  allo  stesso  fine  sono  compu- 
tate  fino  alia  somma  annua  cli  300,000  dollari.  Un  deputato  al  Con- 
gresso pose  in  sodo  che  codesti  Freedmen's  bureaux  costayano  gia  al  Te- 
spro  fedcrale,  fino  al  passato  mese  di  tuglio,  oltre  a  H  milioni  di  dolla- 
ri, ossia  piu  di  64  milioni  di  franchi! 

Ma  qiiestp  e  ancor  poco  danno,  a  petto  di  quello  che  prpviene  dai 
maneggi  dei  repiibblicani  radicali  per  guadagnarsi  i  suffragi  de' negri 
nella  prossima  elezione  del  Presidente,  Essi,  come  risulta  da  un' altra 
Corrispondenza  da  New-York,  20  Agosto,  al  Moniteur  parigino,  riferita 
dal  Monde  dell1 8  Settembre,  li  gabbano  colle  lusinghiere  promesse  dello 
spartimento  delle  terre  confiscate  ai  bianchi  ribelli ;  ed ,  affine  di  muo- 
verli  a  yotare  pel  Grant,  danno  loro  a  credere  che  se  questi  non  fosse 
assunto  alia  presidenza,  Temolo  suo  yittorioso  non  tarderebbe  a  ristabi- 
lire  la  schiayitu.  Attizzati  con  queste  assurdita,  i  negri  diffidano  dei 
bianchi  non  radicali,  e  specialmente  degli  antichi  loro  padroni ;  i  quali 
alia  loro  yolta  stanno  sulle  difese,  payentando  nuoyi  eccessi.  Onde  ad 
ogni  poco  scpppiano  negli  Stati  del  Sud  sanguinosi  conflitti. 

Nella  Luigiana  Tagitazione  crebbe  a  tal  segno,  che  il  Goyernatore  in- 
sistette  caldamente  presso  il  Ga1)inetto  di  Washington,  per  ayere  un 
soccorso  di  forte  nerbo  di  truppe,  senza  di  che  dichiarayasi  impotenle 
a  mantenereTordine  pubblico  e  preyenire  lo  scoppio  di  funeste  rivolture. 

Lo  stesso  accade  presso  a  poco  in  tutti  gli  Stati  del  Sud.  A  Key  Welt 
nella  Florida  un  conflitto  tra  le  autorita  ciyili  e  militari  diede  la  spinta 


CONTEMPORANEA  121 

ad  un  ammutinamento  popolare,  che  mando  tutto  sossopra  per  due  gior- 
n  i  interi.  A  Savannah  nella  Georgia  risse  sanguinose  eel  uccisioni.  Altre 
vittimc  di  sedizioni  caddero  ad  Augusta  e  ad  Atlanta.  Columbia,  capitale 
della  Carolina  meridionals ,  assistette  ad  un  yero  combattimento  tra  i 
negri,  dodici  dei  quali  erano  membri  della  Camera  legislativa  di  cjuello 
Stato,  ed  i  bianchi.  Nella  Carolina  settentrionale,  a  Charleston ,  il  ma- 
gist  ra to  municipale  non  yenne  a  capo  di  contenere  i  tumultuanti,  se  non 
col  far  spianare  contrp  di  lorq  le  carabine  e  le  pistole  a  rivolta  della  Po- 
lizia.  Alle  antiche  antipatie  di  razza  si  aggiungono  le  frenesie  parti giane 
pel  candidate  repubblicano  o  democratico,  e  pur  troppo  son  tbndati  i 
timori  che  le  prossimc  elezioni  dcbbano  essere  il  segnale  di  gravissimi 
disordini. 

5.  Questo  stato  di  cose  puo  forse  aver  contribuito  piu  che  un  poco  a 
fare,  che  il  Gabinetto  di  Washington  si  risolvesse  a  smettere  quasi  di  • 
tratto  quel  contegno  tutf  altro  che  amichevole,  con  cui  gia  da  tre  anni 
insisteva  presso  il  Gabinetto  di  Londra,  onde  avere  piena  e  solennc  satis- 
fazionc  di  certi  suoi  richiami,  da  noi  spesso  mentovati  nei  precedent!  vo- 
lumi.  Le  scorrerie  di  partigiani  Atf  Confederate  dal  Canada  sul  territoriq 
dc1  Federali;  il  riconoscimento  de1  Coniederati  come  belligeranti;  i  tanti 
corsari  che,  "sottq  bandiera  inglese,  aveano  yiplato  il  blocco  postp  agli 
Stati  secessionisti  approvigionandoli  d'armi  e  di  munizioni ;  i  danni  gra- 
vissimi recati  al  commercio  degli  Stati  del  Nord  dal  corsaro  Alabama,  ar- 
mato  ed  equipaggiato  in  Inghil terra:  quest!  ed  altri  cotali  punti  o  pretest! 
di  conflitto,  benche  trattati  con  molta  discrezione  dal  Mimstro  americano 
a  Londra,  sig.  Adam«,  aveano  talvolta  dato  motivo  a  temere  che  dal  cam- 
po  diplomatico  la  questione  potesse  essere  trasferita  su  quello  della  forza 
armata. 

Ma  poc'anzi  al  sig.  Adams  fu  surrogate,  in  carica  di  rappresentante 
americano  a  Londra,  il  sig.  Reverdy  Johnson,  animate  da  benevoli  sens! 
per  T  Inghilterra,  e  che  certo  ebbe  istruzioni  atte  a  comporre  quel  litigio 
ed  a  rannodare  le  amichevoli  relazioni  che  tqrnano  si  proficue  agli  in- 
teressi  commercial!  d'ambe  le  parli.  Ed  in  fatti  il  Reverdy  Johnson  colse 
la  prima  occasione  che  gli  si  offeri,  per  istendere,  non  senza  una  certa 
ostentazione,  Vulivo  di  pace  all1  Inghilterra,  che  ne  giubilp  altamente. 
Invitato  ad  un  banchetto  dalla  corporazione  dei  coltellinai  di  Sheffield,  il 
rappresentante  americano,  rispondendo  ad  un  brindisi  proposto  in  suo 
onore,  recito  un  lungo  discorso,  che  ha  tutta  la  forma  d'un  programma 
di  alleanza  fra  le  due  nazioni,  collegate  gia  da  tanta  comunanza  di  isti- 
tuzioni  politiche  e  d'interessi  materiali.  II  testo  di  questo  discorso  e  rife- 
rito  per  intero  nel  Memorial  diplomatique  del  10  Settembre,  pag.  601. 
Eccone  la  su  stanza. 

Comincio  pertanto  il  suo  dire  con  queste  parole:  «  Sono  venuto  nel 
vostrp  paese  come  messaggiere  di  pace.  »  E  qui  subito  un  grande  scop- 
pio  di  plausi  da  tutta  T  adunanza.  «  Vpglio,  continuo  il  Johnson,  essere 
messaggiere  di  pace,  ne  potrei  essere  altro  che  messaggiere  di  pace,  do- 
vendo  attenermi  alle  istruzioni  ricevute  dal  mio  Governo.  »  Quando  i 
ripetuti  applausi  per  tali  assicurazioni  lasciarono  airAmericano  il  modo 
di  coiitiniiare,  egh  si  distese  neH'esppsizione  delle  passate  e  present!  con- 
dizioni  feWUwom  americana,  celebro  rabqlizipne  della  schiavitu,  esalto 
i  benefizii  della  liberta,  dimostro  come  le  istituzioni  liberal!  della  Confede- 
razione  americana  avessero  radice  in  quelle  onde  e  dotata  T  Inghilterra, 


CRONACA 

e  ne  inferi:  «  Noi  consideriamo  il  mantenimento  del  vostro  Governo  co- 
me tale,  che  costituisce  per  se  solo  una  guarentigia  che  la  liberta  sara 
per  sempre  goduta  anche  da  noi;  e  pertanto,  dove  il  vostro  Governo  ed 
il  nostro  restino  uniti  da  vincoli  d1  amicizia,  come  io  spero  che  debba  con- 
tinuare  sempre  in  avvenire,  noi  potremo  sfidare  I'universo  intero.  »  Qui 
la  volta  della  sala  minaccio  di  crollare  pel  tuono  di  applausi  entusiastici 
oade  fu  scossa  1 

II  Reverdy  Johnson,  yeduto  come  tali  prptestazioni  allargassero  il  cuore 
e  cplmassero  di  gioia  gli  animi  de1  suoi  uditori,  pensp  che  narlava  a'  col- 
tellinai,  fece  Telogio  de1  loro  rasoi  e  de1  loro  tempering  poi  con  graziosa 
bpnarieta  torno  alTargomento  deiramicizia  e  deiralleanza  dei  due  poppli, 
dicerido:  «  Ho  piena  fiducia  che,  per  quanto  sia  grande  la  vpstra  perizia 
nella  fabbrica  de'coltelli,  non  giungerete  mai  a  fame  uno  di  tempera  si 
forte  e  tanto  afijlato,  che  basti  a  recidere  il  legame  che  fa  di  noi  e  di  voi 
nn  solo  corpp  di  nazione.  »  Non  sappiamo  se  si  possano  spingere  piu  ol- 
tre  le  solenni  dichiarazioni  di  amicizia  tra  due  popoli.  Conglulinata  est 
anima  Jonathae  animae  David!  Ne  si  tardo  a  vederne  gli  efretti,  ppiche 
le  recenti  novelle  recarono,  avere  il  Reverdy  Johnson  riceyuto  ordine  e 
pieni  poteri  di  venire  a  pronto  componimento,  con  satisfazione  del  Go- 
verno inglese,  sopra  tutti  i  mentovati  punti  di  litigio,  a  costo*  di  qualsiasi 
piu  larga  condiscendenza. 

6.  Se  i  legami  di  fraterna  amicizia  siano  in  effetto  tanto  saldi  e  tenaci, 
quanto  affermo  il  Reverdy  Jonhson ,  si  avra  forse  occasipne  di  vederlo  a 
prove  di  fatti  tra  non  molto.  Imperpcche  da  una  parte  e  indubitato  che 
gli  Stati  Uniti  semhrano  ora  risoluti  di  mescolarsi  delle  cose  del  conti- 
nerite  europeo,  come  le  Potenze  eurppee  spesso  si  occuparono  di  quelle 
del  continente  americano;  ne  altro  intento  puo  avere  la  peregrinazione 
della  formidable  squadra  navale,  che,  sottp  il  comando  del  Farragut  am- 
miraglio  americano,  va  da  quasi  un  anno  visitando  tutti  i  porti  mililari  e 
commerciali  d'Europa.  DalPaltra  parte  sembra  egualmente  certo,  che  una 
vera  alleanza  sia  stretta  fra  gli  Stati  Uniti  e  la  Russia;  e  forte  sospetto 
nacque  in  molti,  che  questa  Potenza  voglia  servirsi  di  quella  per  ridestare 
la  (juistione  d'Oriente,  la  quale  darebbe  grave  impaccio  non  meno  airin- 
ghilterra  che  alia  Francia. 

Questi  sospetti  furono  avvalprati  da  piu  fatti  recenti;  i  quali  pero, 
veduti  al  lume  di  certi  documenti  diplomatici  teste  pubblicati,  non  han- 
110,  a  parer  nostro,  V  importanza  che  loro  attribuivasi  dalla  fervida  fan- 
tasia di  molti  giornalisti  politici.  Uno  di  questi  fatti  fu  il  permesso  dato 
all'ammiraglio  Farragut  dalla  Sublime  Porta,  di  passare  colla  sua  nave 
capitana  Franklin  lo  strettp  dei  Dardanelli,  e  penetrare  con  essa  fmo 
sptto  le  iinestre  del  Serraglio  imperiale,  henche  cio  sia  espressamente 
vietato  dal  Trattato  del  1856,  che  chiuse  il  passo  dei  Dardanelli  alle  na- 
vi  da  guerra  di  qualsiasi  nazione.  La  Correspondancc  italienne,  trascrit- 
ta  anche  dal  Monde  del  6  Settembre,  espresse  alto  stupore  e  quasi  sgo- 
mento  di  tal  novita ;  disamino  accuratamente  il  testo  e  lo  spirito  del 
Trattato  del  1856;  fece  osseryare  che  un  deciso  rifiuto  di  tal  concessio- 
ne  erasi  opposto  dalla  Turchia,  molte  volte,  alle  piu  calde  istanze  di 
principi  e  d'ambasciadpri;  nego  alia  Turchia  il  diritto  di  rescindere,  sen- 
za  il  permesso  delle  sei  Potenze  che  firmarono  i  Trattati  del  1856,  quel- 
rarticolo  si  importance  di  essi,  pnde  i  Dardanelli  devono  restar  chiusi 
per  chicchessia;  e  ne  infer!  che  il  permesso  dato  al  Farragut  era  grave 


CONTEMPORAIsEA  123 

offesa  per  quei  Trattati.  Gli  stessi  concetti,  che  il  diario  ufficioso  fioren- 
tino  comincio  a  toccare ,  furono  ampiamente  svplti  da  mplti  diarii  fran- 
cesi ;  i  quali  paventavano  che,  come  la  sola  efficacia  deila  diplomazia  ame- 
ricana  basto  a  distruggerc  tutti  i  risultati  della  spedizione  del  Messico, 
cosi  dovesse,  a  profitto  della  Russia,  Tarmata  americana  annientare  quel 
che  resta  dei  risultati  della  guerra  di  Crimea. 

Che  poi  Tandata  del  Farragut  a  Costantinopoli  fosse  accaduta  ad  isli- 
gazione  della  Russia,  la  quale  ha  tanto  interesse  a  shrandellare  il  Trat- 
tato  di  Parigi  del  1856,  si  dava  per  certo  da  altri  giornali;  che  ne  trae- 
vano  argomento  da  un  spntuoso  banchetto  imhandito  dal  Farragut,  sul 
Franklin,  ed  in  cui  Vequipaggio  americano  avea  tradito  il  segreto  con 
alte  acclamazioni  di  Viva,  lo  Czar,  viva  la  Russia,  viva  I'  alleanza  della 
Russia  e  degli  Stall  Fniti  I II  che,  dove  fosse  stato  vero,  avvenuto  li  in 
faccia  alia  reggia  del  Sultano  Abdul-Aziz,  era  certo  un  cattiyo  compli- 
mento  per  lui;  un  indizio  di  non  lontani  eventi  in  Oriente;  un  presagio 
della  parte  che  vi  sosterebbero  gli  Stati  Uniti  in  fayore  delle  pretensio- 
ni  delle  Russia;  una  minaccia  contro  T  intervento  della  Francia  e  delVIn- 
ghil terra  a  sostegno  del  crpllante  impero  musulmano. 

Ad  avvalorare  queste  tristi  congetture  si  aggiungeya  ancora  un  pom- 
poso  racconto  di  splendide  accoglienze  fatte  dal  Farragut  ad  una  Depu- 
tazione  de'splleyati  di  Greta,  che  lo  ayeano  richiesto,  con  un  indirizzo  al 
popolo  degli  Stati  Uniti,  di  assumere  la  protezione  dei  loro  diritti,  della 
loro  liberta  e  della  loro  emancipazione  dalla  schiayitii,  in  cui  diceyano  es- 
ser  tenuta  quell' isola  dalla  tirannide  musulmana.  Si  parlaya  eziandio  di 
pratiche  tra  il  Farragut  ed  il  Goyerno  ellenico  di  Atene,  che  e  tutto  co- 
sa  della  Russia,  e  dei  preparatiyi  bellicosi  che  questo  faceva,  per  profit- 
tare  dei  moti  della  Bulgaria,  dell1  agitazione  dei  Principal  Danubiani, 
dello  stato  mal  fermo  della  Serbia ,  e  dei  soccorsi  che  potrebbero  aversi 
dalla  Russia  gia  accampata  sulle  rive  del  Pruth. 

Tutto  codesto  chiaccherio,  che  aggiungeva  apprensioni  di  imminenti 
rovesci  alle  apprensioni  di  prossima  od  almeno  inevitabile  guerra  tra  la 
Francia  e  Y Alemagna ,  non  conferiva  molto  ad  acchetare  gli  animi ,  e 
rendeya  sempre  piu  fosco  Taspetto  deiravvenire. 

A  diradare  alquantp  i  nuvoloni  uscirono  per  le  stampe,  ed  in  buon 
punto,  tre  dispacci,  riferiti  testualmente  nz\  Memorial  diplomatique  del 
17  Setteinbre,  pag.  618-19.  II  primo  di  essi  e  un  dispaccio  del  signor 
Morris ,  rappresentante  americano  presso  la  Sublime  Porta,  a  S.  A,  Fuad 
Pascia  ministro  degii  affari  esterni;  dove,  sotto  il  18  Agostd,  si  annunzia 
Farrivo  del  Farragut  sul  Franklin  ai  Dardanelli ;  si  riconosce  formal- 
mente  che  questa  naye  non  ha  diritto  di  entrare  nello  strettp ;  si  ricorda 
pero  che  il  favore  di  entraryi  fu  conceduto  ad  altre  navi  da  guerra 
che  portavano  principi  o  dignita  ereditarie  d1  altri  Stati;  si  fanotareche 
gli  Stati  Uniti  non  hanno  tali  dignitarii  da  far  viaggiare;  si  esaltano  i 
meriti  del  Farragut,  e  si  finisce  col  chiedere  che  per  riguardo  personale 
a  tant1  uomo  e  per  omaggio  alia  grande  nazione  americana  si  voglia,  a 
maniera  di  eccezione,  permettergli  Tentrata  nel  Bosforo. 

II  secondo  documento  e  la  risposta  di  Fuad  Pascia  al  Morris ,  data  il 
20  Agosto ;  uella  quale ,  preso  atto  delle  dichiarazioni  che  riconoscono 
inyiolabile  la  chiusura  dei  Dardanelli  a  legni  di  cniella  portata  e  natura 
che  il  Franklin,  si  concede,  come  eccezione,  il  chiestp  permesso.  11  terzq 
documento  e  una  Circolare  dello  stesso  Fuad  Pascia  ai  rappresentanti 


124  CRONACA 

delle  Potenze  che  firmarono  il  Trattato  del  1856,  data  alii  19  Agoslo; 
con  la  quale  li  informa  della  richiesta  fatta  a  fayore  del  Farragut,  dei 
motivi  che  persuadono  di  consentire  alia  eccezione,  restando  salvo  il 
principle  stipulate  nel  Trattato  di  Parigi. 

Con  questo  caddero  in  parte  i  castelli  in  aria;  ed  un'altra  parte  fit 
abbattuta  dalle  spiegazioni  ayute  circa  la  deputazione  dei  Cretesi. 

E  vero  che  alcuni  uomini,  in  nome  di  costoro,  si  accostarono  o\  Frank- 
lin, chiedendo  di  salirvi  ed  essere  ammessi  alia  presenza  del  Farragut  ; 
ed  e  vero  ancora  che  mentre  Tammiraglio  deliberava  circa  il  riceverli  o 
no,  codesti  supposti  Deputati  gettarono  sul  ponte  del  Franklin  e  distri- 
buirono  a'marinai  di  questa  nave  capitana  molte  copie  del  loro  indiriz- 
zo.  Pero  il  Farragut  non  solo  ritiuto  di  ammettere  quella  deputazione,  ma 
fece  raccogliere  e  restituire  tutti  gli  esemplari  dell1  indirizzp  gia  distri- 
buiti  fra  i  marinai.  Onde  non  vi  fu  offesa  al  Sultano,  ne  indiretto  ap- 
poggio  alia  Russia,  ne  impegno  a  favore  dei  sollevati  di  Greta. 

7.  Ridotte  le  cose  a  queste  proporz'oni ,  che  paiono  vere,  e  chiaro 
non  aversi  per  ora  bastevole  argoraento  da  paventare  un  intervento  ar- 
mato  degli  Stati  Uniti  nelle  cose  del  continente  europeo.  Ma  resta  pur 
sempre  vero  che,  se  il  Gahinetto  di  Washington  trovasse  il  suo  interesse 
in  favorire  la  Russia  e  la  Prussia,  Tarmata  navale  americana  potrebbe 
gettare  sulla  bilancia  dell1  equilibrio  europeo  un  peso  incalcolabile.  II 
Globe  di  Londra  passo  arassegnale  forze  navali  tenute  ora  in  assetto 
di  guerra  dagli  Stati  Uniti,  e  ci  pare  che  il  registrant  qui  la  notizia 
debba  tornar  gradito  a'nostri  lettori. 

La  squadra  europea,  che  ora  visita  le  spiagge  dell1  Axlriatico,  sotto  il 
comando  daH'ammiraglio  Farragut,  e  composta  di  sette  vascelli,  armati 
di  83  cannoni,  e  della  capacita  complessiva  di  10,343  tonncllate.  La 
squadra  d'Asia  edi  12  vascelli,  con  113  cannoni;  ed  e  di  16,312  tonnel- 
late.  La  squadra  dei  Pacitlco  del  Sad  e  di  7  vascelli  con  57  cannoni ,  c 
di  7,806  tonnellate.  La  squadra  del  Pacifico  del  Nord  e  di  11  vascclli 
con  124  cannoni,  edi  14,004  tonnellate.  La  squadra  dell1  Atlantico  del 
Sud  e  di  7  vascelli  con  75  cannoni,  e  di  7,918  tonnellate;  quella  del- 
1'Atlantico  del  Nord  e  di  8  vascelli  con  73  cannoni,  e  di  9,076  tonnellatc, 
Da  ultimo  la  Squadra-scuola  dell'Accademia  navale  e  di  13  vascelli  con 
145  canaqni,  e  di  12,003  tonnellate. 

Oltre  di  questo,  gli  Stati  Uniti  hanno  in  pronto  7  vascelli  per  servizii 
speciali,  armati  di  73  cannoni;  e  6  grandi  batterie  o  cannoniere  con  83 
cannoni.  Per  giurita  un  gran  numero  di  navi  corazzatc,  che  si  erano  co- 
struite  per  la  guerra  di  secessione,  e  che  in  poche  settimane  possono 
essere  in  istato  di  raddoppiare  e  triplicare  le  forze  gia  si  ibrmidabili 
deirarmata  navale. 

Ma,  piu  che  il  numero,  e  da  tenere  in  gran  conto  la  forza  delle  navi, 
e  la  qualita  delle  artiglierie  e  delle  macchine  onde  sono  fornite.  «  II  va- 
scello  ammiraglio  Franklin  della  squadra  europea,  dice  il  Globe;  il  Pi- 
seatoqua  della  squadra  asiatica ;  la  Guerriera,  il  Quinnebauy,  il  Contoo- 
cook  ed  altri  molti  cotali  navigli  sono  di  tal  natura,  che  niuna  naziono 
europea  puo  vantarsi  di  averne  un  solo  che  loro  vada  di  paro,  vuoi  per 
la  velocita  della  corsa  a  cui  li  spinge  la  potenza  delle  loro  macchine, 
Tuoi  per  la  tremenda  portata  degli  enprmi  loro  cannoni.  »  Di  qui  e  chia- 
ro perche  Vlnghil terra  sappia  essere  si  morbida  ed  arrendevole  con  gli 
Stati  Uniti,  e  la  Russia  spieghi  tutte  le  carezze  e  tutti  gli  artificii  della 


CONTEMPORANEA  125 

sua  politica  felina  per  cattivarsi  le  grazie  ed  air  uopo  Taiuto  di  tal  al- 
leato !  La  Francia  ancor  essa  ha  ragione  d'esserne  impensierita. 

8.  Havvi  tuttavia  chi  crede,  e  con  buon  Ibndamento,  che  gli  Stati 
Uniti  si  asterranno  dal  mescolarsi  armata  mano  nelle  cose  del  continente 
europeo,  non  solo  perche  Tindole  commerciale  di  quella  repubblica  non 
si  confa  con  una  politica  da  venluriere  bellicoso,  ma  eziandio  perche  la 
phi  volgare  prudenza  diniostra,  esserle  necessario  un  buon  tratto  di 
tranquilla  pace,  affine  di  condurre  a  termine  la  ristaurazione  degli  Stati 
del  Sud,  e  mettere  in  vigore  le  prpfonde  modificazioni  recate  alfantica 
Costituzione  federate,  e  riparare  ai  danni  sofferti  dalla  pubblica  e  priva- 
ta  ricchezza  pei  disastri  della  guerra  di  secessione. 

Oltrc  di  che  non  mancano  alia  repubblica  americona,  la  sui  supi  con- 
fmi  occidental!,  certi  impacci  che  possonp  diventar  gravi  e  cagionarlc 
danni  non  lievi  e  spese  ingenti.  Gli  Indian!,  a  poco  a  poco  respinti  nelle 
regioni  central!  e  verso  occidente,  e  discacciati  dalle  terre  sulle  quali 
erano  avvezzi  a  campare  di  caccia  e  pesca,  sono  certamente  assai  scema- 
ti  di  nnmerq,  ma  tanto  piu  feroci,  in  quanto  della  civilta  dei  bianchi  noa 
furono  loro  insegnati  che  i  vizii. 

Ogni  anno  i  venturieri  americani  procedono  innanzi,  abbruciando  sel- 
ve,  dissodando  terre,  fondando  casali  e  borgate,  e  cosi  togliendo  agli 
Indiani|?e/lj  rosse  il  suolo,  su  cui  giacciono  sepolti  i  loro  padri,  e  che 
essi  abbandonano  alia  forza  prepotente  dei  conquistatori ,  ma  con  alto 
proposito  di  vendetta.  E  la  vendetta  spesso  e  crudele.  Intere  tribu, 
massime  qnando  dopo  Tinverno  ricominciano  le  praterie  ad  essere  co- 
perte  d'erba  fitta  a  pascolo  de1  loro  cavalli,  piombano  di  repente  sui  piu 
audaci  e  piu  innoltrati  tra  i  bianchi  coloni  dei  territorii;  e  ne  fanno  bar- 
baro  macello,  dirqccandone  le  case  e  mandandp  ogni  cosa  loro  in  royi- 
na.  II  Governo  di  Washington  tento  oggimai  tutli  i  mezzi  per  uscire 
da  questq  stato  di  guerra  perenne.  Spedizioni  militari ;  contratti  di  ven- 
dita  cogli  Indiani ;  inissioni  religiose  che  allettando  i  selvaggi  ai  benefi- 
zii  della  civilta  ne  migliorino  le  condizioni  e  li  dispongano  a  p'u  quieto 
vivere.  Tutto  riesci  indarno.  Le  malvage  art!  di  speculator!,  che  col- 
Tacquavite  abbrutiscono  viepeggio  gli  Indiani,  rendono  inefficaci  tutti 
gli  spedienti. 

Sullo  scorcio  della  passata  primavera  il  Governo  voile  provare  an- 
cora  una  volta  le  pvatiche  di  conciliazione,  e  deputo  tre  Commissarii  di 
pace,  che  dovessero  vedere  di  venire  a  componimento,  massime  colle  for- 
midabili  e  bellicose  tribu  &v  Sioux,  che  siccome  piii  malmenate  da! 
bianchi  sono  anche  piii  implacabili  neH'odio,  piii  terribili  alia  vendetta. 
Codesti  commissarii,  apprezzando  giustamente  la  diflicolta  del  loro  inca- 
rico,  e  cercando  attorno  il  modo  di  venirne  a  capo,  non  seppero  trpyare 
nulla  di  meglio,  che  spedire  messaggero  di  pace  fra  quegli  inferociti  un 
celebre  missionario  cattolico,  il  P.DeSmet  della  Compagnia  di  Gesu.  Qua- 
le  fosse  il  risullato  di  tal  missipne  si  puo  vedere  dal  seguente  attestato 
che  i  menlovati  Commissarii  si  recarono  a  debito  di  dar  per  iscritto  a 
quest'  uomo  apostolico. 

«  Dal  forte  Rice,  territorio  di  Dacotah,  il  3  Ltiglio  1868.  AI  R.  Pa- 
dre P.  I.  De  Smet  S.  I.  Reverendo  Padre.  Noi  sottoscritti,  membri  della 
Commissione  incaricata  di  conchiudcre  la  pace  cogli  Indiani ,  siamp  stati 
present!  alFassemblea  recentemente  tenuta  in  questo  forte;  e  desideria- 
jno  fervidamente  di  signilicarvi  in  quale  alto  concetto  noi  teniamo  gli 


,126  CRONACA 

important!  servizii  che  yoi  av.ete  renduto  a  noi  ed  allo  Statp,  colla  vo- 
stra  operosita  a  tutta  prova  e  coi  vostri  sforzi  coronati  di  prospero 
successo,  affine  di  indurre  le  tribu  ostili  ad  abboccarsi  con  noi  e  ad  en- 
trare  in  pratiche  d'accordo  col  Governo. 

«  Noi  siamo  persuasi  che  dei  risultati  fin  qui  ottenuti  andiamo  debi- 
tori  unicamente  al  lungo  e  travaglioso  vostro  viaggio  fmo  in  mezzo  del 
paese  nemico,  ed  all'  influenza  che  le  yostre  fatiche  apostoliche  yi  hrfrmo 
ottenuto  sojpra  le  tribu  piu  ostili.  Noi  non  ignoriamo,  Reyerendo  Padre, 
che  i  nostri  ringraziamenti  non  hanno  die  un  tenue  valore  agli  occhi  yo- 
stri,  e  che  il  conyincimento  d'ayer  mplto  operato  per  istabilire  la  pace 
sulla  terra,  c  la  concordia  fra  gli  uomini,  e  la  yostra  migliore  ricompen- 
sa.  Tuttavolta  tradiremmo  rintimo  nostro  sentimentp,  se  trasandassimo 
di  significaryi  quanto  siano  vivamente  sentite  da  noi  le  obbligazioni  che 
Tersp  di  yoi  aobiamo  cpntratte,  Ci  dichiariamo,  Reyerendo  Padre,  coi 
sensi  del  piu  profondo  rispetto:  Vostri  obbedientissimi  seryitori,  firmati 
generale  W.-S.  Harney ;  J.-B.  Sandors;  generale  Alfredo  H.  Ferry,  com- 
missarii  di  pace.  » 

9.  A  far  yiemeglio  comprendere  Timportanza  dell1  operato  dal  P.  De 
Smet,  e  T  alta  significazipne  del  riferito  documento,  il  cui  testo  troyam- 
mo  anche  nel  Bien  Public  di  Gand,  N.°  246  del  2  Settembre  e  nel  Monde 
del  5,  dobbiamp  qui  tradurre  una  lettera,  scritta  alFArciyescoyp  Purcell 
da  uno  dei  piu  insigni  ufficiali  superiori  dell'esercito  americano,  e 
stampata  nel  Catholic  Cincinnati  Telegraph. 

«  Dal  forte-Sully,  territorio  di  Dacotah,  il  12  Luglio  1868.  A  S.  E. 
Mons.  Arciyescpyo  Purcell.  Monsignore/Vi  spedisco  un  attestatp  che  la 
Commissione  di  pace,  stabilita  ultimamente  al  Forte-Rice,  ha  rilasciato 
al  nostro  amatissimo  jnissionarip,  il  P.  I.  De  Smet.  Yoi  siete  probabil- 
niente  ben  infprmato  delle  pratiche  fatte  dalla  Commissione  Fanno  scor- 
sp.  Al  mese  di  Maggio  delTanno  corrente  yenne  fatto  ai  Commissarii  di 
riunire  al  forte  Laramee,  alle  sponde  del  fiume  La  Platte,  un  certo  nu- 
mero  di  capi  delle  tribu  piu  formidabili  e  piu  bellicose.  Tuttayolta  gli 
Uncpapas  persisteyano  nel  rifiuto  di  yenire  ad  alcunp  accordo  coi  bian- 
chi ;  e  percio  solo  tutto  il  trattatp  co'  Sioux  diyeniva  impossible ,  se 
quella  numerosa  e  possente  tribu  ricusayasi  a  parteciparyi. 

«  In  tale  congiuntura  il  R.  P.  De  Smet,  che  ha  consecrato  tutta  la 
sua  laboriosa  yita  al  seryigio  della  yera  religione  e  deirumamta,  si  of- 
feri  spontaneamente,  malgrado  della  sua  eta  provetta,  di  prpyarsi  a  pe- 
netrare  negli  accampamenti  dei  nemici,  e  di  usare  la  sua  influenza  af- 
fme  di  indurre  i  capi  a  presentarsi  innanzi  alia  Commissione  stabilita 
al  forte-Rice.  Come  risulta  dalla  lettera  della  Commissione,  si  ha  ra- 
gione  di  credere  che  la  missione  del  P.  De  Smet  ottenne  pieno  effetto. 

«  Non  potrei  daryi  altro  che  una  imperfettissima  idea  delle  privazio- 
ni  e  dei  pericoli  di  tal  yiaggio,  se  pure  yoi  gia  non  conosceste  le  s  ter- 
minate pianure  di  queste  regioni,  ed  il  carattere  dell'Indiano  naturalmen- 
te  inclinato  alia  vendetta.  Solo,  fra  tutti  i  bianchi,  solo  il  P.  De  Smet 
potea  ayventurarsi  a  penetrare  tra  codesti  crudeli  selyaggi,  e  tornare 
sano  e  salyo.  Unp  dei  capi  nemici,  volgendo  la  Darola  al  missionario  la 
nel  suo  campo,  gli  disse :  «  Qualsiasi  altro  uomo  bianco,  o  Veste  nera,  che 
ayesse  osato  spingersi  fin  gui,  yi  ayrebbe  trovato  il  suo  ultimo  giorno !  » 

«  Partendo  dal  Forte-Rice  il  P.  De  Smet  doyea  marciare  diritto  a  po- 
nente.  11  nemico  ayea  posto  il  suo  campo  un  poco  piu  su  deirimboccatura 


CONTEMPORANEA  127 

del  fmme  della  Roccia  Gialla,  presso  il  fiume  della  Polvere.  La  distanza 
da  percorrere,  tra  Tandata  ed  il  ritorno,  era  di  ben  700  leghe.  II  paese 
e  un  deserto  sterile,  dove  nulFaltro  vegeta  die  Tassenzio,  artemisia  delle 
pianure.  Non  vi  si  trovano  buft'ale,  che  alle  sponde  della  Roccia  Gialla. 
II  P.  De  Smet  e  conosciuto  dagli  Indiani  sotto  il  iiome  di  Veste  nera,  e  di 
uomo  dalla  grande  medicina  l.  Quando  egli  vive  tra  lorq,  porta  sempre 
la  sottana  nera  ed  il  Crocifisso.  Egli  e  il  solo  uomo,  verso  il  quale  io  abbia 
veduto  gli  Indiani  esprimere  un  sincero  e  vivo  affetto.  Essi  dicono  net 
loro  linguaggio  semplice  e  schietto,  che  egli  e  il  solo  uomo  bianco  che 
non  abbia  la  lingua  forcuta,  cioe  che  non  menti  mai. 

«  I/  accoglienza  clie  gli  venne  fatta  al  campo  nemico  fu  entusiastica  e 
magniiica.  Pel  tratto  di  20  leghe  gli  si  fecero  incontro,  ed  i  principal! 
capi,  a  cavallo  intorno  alui,  gli  servirono  di  scorta  d'onore  conducendolo 
in  trionfo  al  campo ,  che  conteneva  ben  500  capanne  con  circa  3,000  In- 
diani. Durante  la  sua  dimora  cola,  che  fu  di  tre  giorni,  i  principal!  capi, 
per  npme  Tuno  La  luna  nera,  Taltro  il  Toro  seduto,  i  quali,  durante  gli 
ultinii  quattro  anni  di  guerra,  erano  stati  terribili  nemici  pei  bianchi,  ve- 
gliarono  coritinuamente  alia  sicurezza  del  Missionario,  dormendo  la  notte 
a'suoi  fianchi,  per  timore  che  qualche  Indiano  non  volesse  vendicare  con 
la  morte  di  lui  la  morte  di  qualche  suo  congiunto  ucciso  dai  bianchi.  Lun- 
go  il  giorno  una  moltitudine  di  fanciulli  accorreva  alia  capanna,  in  cui  egli 
stava,  e  le  madri  gli  portavano  i  loro  bamboli,  affinche  egli  degnasse  im- 
porre  loro  le  sue  mani  e  benedirli. 

«  Neirassemblea  degli  Indiani  i  grandi  capi  promisero  di  desistere 
dalla  guerra.  II  Toro  sednio  si  protesto  che  egli  era  stato  il  piu  mortale 
nemico  dei  bianchi,  e  che  li  avea  combattuti  con  tutti  i  mezzi  a  poter  suo; 
ma  che  ora,  posciache  la  Veste  nera  era  venuta  a  portargli  parole  di  pa- 
ce, rinunziava  alia  guerra,  e  non  alzerebbe  mai  piu  la  mano  contro  i 
bianchi.  I  capi  delegaronp  molti  dei  loro  piu  prodi  guerrieri,  che  in  cqm- 
pagnia  del  P.  De  Smet  giunsero  al  Forte-Rice  alii  30  Giugno.  L'arrivo 
del  Missionario  con  quejla  Deputazione  indiana  diede  luogo  a  grandi  feste 
di  gioia  fra  le  tribu  amiche  raunate  nelle  circostanze  del  Forte.  Egli  vi 
entro  scortato  in  gran  cerimonia  dai  guerrieri,  che  in  lunga  fila  e  con 
marcia  al  tutto  militare  gli  faceano  ala.  Era  uno  spettacolo  in  verita  im- 
ponente,  benche  poco  eonfacentesi  alia  modestia  del  buon  Padre,  che  ama 
poco  il  frasluono  delle  parate  ed  il  rauco  suono  di  quelle  trombe. 

«  Gia  da  ben  cinquant'anni  almeno  non  erasi  veduta  nel  nostro  pae- 
se una  Assemblea  tantp  numerosa,  quanto  quella  che  trovossi  cosi  rac- 
cqlta  al  Forte-Rice.  Gli  interessi  che  vi  si  doyeano  discutere  erano  troppq 
piu  rilevanti  di  quanto  possano  immaginarsi  i  nostri  amici.  I  primi  capi 
o  rappresentanti  di  nove  bande  della  nazione  de1  Sioux  vi  assiste- 
vano.  La  maggior  parte  delle  tribu  iyi  rappresentate  coprono  cqlle  lo- 
ro capanne  una  estensione  di  territorio  uguale  in  superlicie  a  sei  volte 
quella  deH'Ohio;  e  chiunque  e  ragguagliato  della  quistione  indiana  ben 
sa,  che  la  pace  cogli  Indiani  e  di  niun  valore,  se  non  comprende  la 
tribu  de1  Sioux;  ehe,  fra  tutte  quelle  con  cui  abbiamo  avuto  a  far 
sinora,  e  la  piu  numerosa,  la  piu  bellicosa  e  che  piu  ebbe  a  soffrire 

\  La  parola  medicina  presso  gli  Indiani  si  applica  a  tutle  le  cose  che  eccedoiio  la  loro  inlelj 
ligenza,  e  soprattutto  alle  sovrannaturali  e  religiose. 


1 28  CRONACA  CONTEMPORANEA 

dai  bianchi.  Al  trattato,  che  fu  sottoscritto  da  tutti  i  precipui  capi, 
non  manca  piu  che  la  sanzione  del  Senate  *,  per  aver  vigore  di  legge 
Son  persuaso  che  essp  e  il  piu  compiuto  e  piu  saggio  che  siasi  fin  qui 
stipulate  cogli  Indian!. 

«  Senza  estendermi  nei  particolari,  basti  dire  che  per  questo  Trat- 
tato gli  Indiani  devono  essere  abbondantemente  forniti  di  vettovaglie, 
di  abiti,  di  istrumenti  aratorii  e  meccanici.  Ma  non  fa  stipulato  yerun 
compenso  da  darsi  loro  in  denaro,  perche  questo  eccita  le  cupidigie 
di  pid  d'uno  fra  cploro  che  sono  incaricati  di  trasmetterlo;  si  che  spes- 
sp  i  Commissarii,  i  Governatori  di  territorio,  i  sovraintendenti,Agli  agen- 
ti  e  rnercanti  ne  sono  trasformati  in  una  banda  di  ladroni.  E  fuori  di 
dubbio  che,  se  si  eseguiscono  le  clausple  di  questo  Trattato,  la  pace 
co1  Sioux  e  assicurata.  Si  comprendera  T  importanza  di  questo  risul- 
tato  quando  si  sa  che  un  illustre  Generate  avea  posto  in  sodo,  Tau- 
tunno  scorso,  che  la  guerra  intrapresa  affine  di  sterminare  gli  Indiani 
delle  pianure  (ed  egli  era  conyinto  che  bisognava  venire  a  tale  eccessp) 
coster ebbe  allp  Stato  non  meno  di500,000,000di  dollari  (due  miliardie 
cinquecento  milioni  di  franchi) . 

«  Ma  egli  e  tempo  che  io  fmisca  questa  lunga  lettera.  Qualunque 
sia  per  essere  il  risultato  finale  del  Trattato  conchiuso  dalla  Commis- 
sione  co1  Sioux ,  noi  non  pptremo  dimenticare  mai ,  e  non  cesseremo 
mai  di  ammirare  1'eroismo  disinteressato  del  P.  De  Smet;  il  quale,  ben- 
che  gia  vecchio  di  68  anni,  non  si  perito,  in  mezzo  agli  arclori  estivi, 
d'intraprendere  un  lungo  e  pericoloso  yiaggio,  attraversando  infocate 
pianure,  spoglie  perfmo  d'un  filo  d'erba,  senza  trovarvi  che  di  rado  un 
poco  d'acqua  corrotta  e  di  rea  qualita,  ognora  esposto  ad  essere  niuti- 
lato  ed  avere  scorticata  la  testa  dagli  Indiani ;  e  tutto  cio  senza  ricer- 
care  ne  onori  ne '  retribuzione  yeruna,  ma  unicamente  per  cessare  lo 
spargimento  del  sangue,  salvare  alquante  yite  umane,  e  conservare  qual- 
che  ri-oyero  a  codesti  selvaggi  figliuoli  del  deserto,  al  bene  spirituale 
e  tempprale  dei  quali  egli  sacrifice  una  lunga  vita  di  privazipni  e  di 
travagli.  II  grande  capo  degli  Yantonnesi,  appellate  Dae  Or  si,  disse 
nella  sua  arringa :  «  Quando  noi  fermeremo  la  nostra  dimora  per  semi- 
nar e  il  granOj  allevar  bestiame  ed  abitar  case,  vogliamo  che  il  P.  De 
Smet  venga  a  dimorare  con  noi,  che  egli  ci  condaca  seco  altre  Vesti 
nere,  che  debbano  ancor  esse  vivere  con  noi.  Noi  ascolteremo  le  loro 


ed  il  Grande  Spirito  ci  amerd  e  ci  benedird.  »  Firmato  D.  S. 
'Stanley,  generate  maggiore  dell'esercito  degli  Stati  Uniti.  » 


11  Senate  di  Washington  1'approvo  poc'anzi. 


GLI  ESAMI  DE'  LICEI 

E 

IL  S1STEMA  DELL'  ISTRUZIONE  PUBBLICA 
IN   ITALIA 


La  singolarita  che  piu  salta  agli  occhi  di  chi  spassionatamente 
consider!  la  storia  dell'  odierna  rivoluzione  d'  Italia,  non  \7i  ha  dub- 
bio,  e  il  lotale  suo  difetto  d'uomini  di  qu  ilche  polso,  e  la  incredibi- 
le  sua  sterilila  d'  imprese  veramcnte  solide  e  feconde. 

In  otto  ami  di  fortune,  che  i  suoi  autori  medesimi  han  chiamate 
miracolose,  di  libera  potenza,  che  in  addielro  sarcbbe  slalo  follia 
sperare,  di  patrocinii  forestieri,  che  lo  hanno  schermito  Belle  sue 
temerita  senza  esempio,  il  novello  Regno  e  riu,sdto  tanto  impa- 
reggiabile  nell'  annichilare  persone  e  cose  ,  come  inetlo  a  far  sor- 
gere  un  solo  uomo  piu  che  mediocre  in  qualunque  si  sia  genere, 
ed  a  slabilire  una  qualsisia  isliluzione  realmente  effetliva  di  na- 
zionale  prosperita.  La  pi  ima  rivoluzione  franoese  ,  ne'  suoi  \ari  pe- 
riodi ,  fu  grande ,  non  meno  per  la  enormezza  dei  delitti ,  che  per 
la  copia  degl'  ingegni ,  i  quali  suscito  valcntissiioi ,  e  delle  opere 

iemorande,  le  quali  in  pace  ed  in  guerra  condusse  a  fine.  Per  con- 
,  quesla  italiana  non  ha  falto  fioriie  un  abile  ministro  di  Stalo, 

m  un  giurista  esimio,  non  un  gran  diplomatics,  non  un  finanziere 
con'o,  non  un  capitano  di  merilo,  non  un  ammiraglio  sagacc, 
non  un  lilosofo  originate,  non  un  solenne  scriltore.  Si  cita  1'  unico- 

Strie  VII,  vol  IV,  fasc.  446.  9  5  Ottobre  \ 868. 


130  GLI  ESAMI  BE' LICEI 

Benso  di  Cavour :  ma  in  vero  che  altro  fu  egli ,  se  non  un  imbro- 
gliatore,  felice  per  1'  impunita  che  una  straniera  forza  gli  assicura- 
va?  Eccetto  costui,  quanto  ad  uomini,  la  nuova  Italia  nulla  sopra 
il  volgare  ha  sinora  avuto  virtu  di  produrre :  non  una  testa,  non 
una  mano. 

E  tuttavia  anche  piu  infeconda  e  apparsa  nelle  sue  istituzioni. 
Ha  speso  un  tesoro  di  moneta  e  sei  anni  di  tempo,  a  metter  insie- 
me  un  esercito  ed  una  flotta,  per  numero  e  per  armi  formidabili : 
ma  al  primo  cozzo  T  esercito  fu  scorn  posto,  e  la  flotta  affondata  o 
dispersa.  Fino  dal  bel  principio  delle  sue  buone  venture,  si  glorio 
di  poter  gareggiare,  in  credito  ed  in  ricchezze,  con  le  piu  opulcnte 
nazioni  del  mondo :  ed  invece,  scialacquata  ogni  sostanza  sua  ed 
altrui,  si  trova  alle  prese  col  fallimento,  ed  e  ridotta  a  vivere  di 
carta,  spregiata  in  tutte  le  piazze  di  Europa.  II  suo  commercio  e 
annullato :  d'  Industrie  lucrose  uon  serba  che  la  memoria.  L'  intei  no 
suo  ordinamento  e  una  matassa  di  leggi  mal  copiate  da  estranei 
paesi,  ed  arbitrariamente  applicate  da  proconsoli  o  timidi  o  tiran- 
neschi:  i  piu  importanti  rami  delle  sue  amministrazioni  procedono  a 
caso ,  in  balia  di  ufficiali  le  cui  dilapidazioni  o  rapine  si  mollipli- 
cano  ogni  giorno.  E  cosi ,  per  sottilmente  che  si  ricerchino  in  lei 
tutte  le  varie  appartenenze  di  uno  Stato,  non  una  se  ne  scorgera, 
la  quale  sia,  se  non  fruttuosa,  almeno  florida:  tanto  che  il  suo  Go- 
Terno  e,  per  comune  consentimento,  soprannominato  sy  over  no. 

In  prova  di  questa  si  universale  e  deplorabile  sterilita,  per  fermo 
non  abbisognavano  altri  argomenti,  essendo  ai  guardi  di  ogni  av- 
veduto  osservatore  manifestissima.  Se  non  che  or  ora  ne  e  venuto 
a  luce  uno  assai  lamparite,  che  spetta  a  quella  selva  selvaggia  che 
e  la  istruzione  pubblica  del  Regno,  e  che  non  Yogliam  passare  in  si- 
lenzio,  stante  la  gravita  delle  conseguenze  che  ne  derivano.  Inten- 
diamo  parlare  degli  ultimi  esami  per  la  cosi  detta  licenza  liceale,  del 
quali  prima  esporremo  i  successi  miserabilissimi ,  e  poscia  ragione- 
remo  le  cagioni,  con  la  scorta  di  fatti  e  di  documenti  curiosi.  Yero  e 
che  altre  volte ,  ed  anche  tre  mcsi  fa ,  abbiam  trattata  questa  mate- 
ria  dell'  insegnamento  in  Italia :  ma  e  tale  e  tanta  la  sua  importan- 
za,  che  il  ritrattarne  non  pare  a  noi  soverchio. 


E  IL  SISTEMA  DELL'  ISTRUZIONE  PUBBLICA  IN  ITALIA  131 

I. 

Compiutasi  I'unificazione  politica  d' Italia,  e  seco  la  ruina  di  quan- 
to  ella  aveva  di  meglio  in  purito  di  nobili  ed  utili  istituzioni,  V  inse- 
gnamento  pubblico,  massime  secondario,  si  venue  ruinando  egli 
ancora  per  si  falta  guisa,  che,  nel  termine  di  sei  anni,  era  lamento 
generalissimo,  esso  in  tulta  la  Penisola  non  frutlificare  altro  piu  che 
boria  ed  ignoranza. 

Questo  «  grido  di  dolorc  »  mandato  dai  padrifamiglia,  dai  muni- 
cipii,  dalle  province,  sgomento  il  Ministero:  il  quale,  per  iscanda- 
gliare  comechefosse  gli  studii  de'licei,  stabili  con  regio  decreto,  che 
gli  allievi  dell'  anno  scolastico  1866  potessero  presentarsi  ad  un 
concorso  straordinario  di  onore.  Era  un  semplice  invito,non  un  ob- 
bligo  imposto.  Di  circa  4,000  alunni  sparsi  nei  78  licei  del  Gover- 
no  e  nei  10  pareggiati,  non  piu  che  218  concorsero,  e  niuno  di  es- 
si  riporto  la  medaglia  d'oro  :  6  soli  ottennero  la  medaglia  d'argen- 
to,  B  nella  lingua  latina  e  3  nella  italiana.  Oltre  cio  ben  27  licei  non 
presentarono  verun  giovane  al  concorso.  Quest'  esito  si  meschino 
copri  di  rossore  piu  d'un  TO! to,  e  la  Gazzetta  ufpciale  del  Regno  non 
pote  ritenersi  dai  fame  compianto  1. 

II  seguente  anno  1867  si  ando  piu  avanti.  Invece  di  un  concorso 
a  premii  d'oro  e  d'argento,  si  propose  un  esame  per  la  licenza.  Al- 
t' invito,  secondo  le  cifre  piu  autentiche,  corrisposero  2,404  candi- 
dati,  che  fecer  la  prova  in  iscritto,  dei  quali  in  lettere  italiane  ven- 
nero  approvati  1,341;  in  lettere  latine  1,000;  in  lettere  greche 
950.  Vale  a  dire  che  nell'  italiano  fu  sfavato  il  45  0/0,  nel  latino  il 
59  0/0,  nel  greco  il  61  0/0  di  questi  candidati.  Restava  Y  esame 
orale,  al  cui  esperimento  cosi  pochi  ressero,  che  il  numero  totale 
degii  approvati  per  la  licenza  discese  a  292,  cioe  al  16  0/0.  Si  av- 
verta  poi  che,  per  testimonianza  di  Pasquale  Villari,  membro  del 

fasiglio  superiore  di  pubblica  istruzione,  la  Giunta  esaminatrice 
vt) « le  cose  andar  peggio  assai  di  quello  che  si  credeva  »,  non 
1  N.  del  2  Agosto  1866. 


132  GU  ESAMI  DE'LICEI 

gia  nel  greco  c  nel  latino,  ma  neU'italiano,  allesi  i  grand!  sproposi- 
ti  di  sintassi,  di  grammatica  c  perSno  d'ortografm,  ond'erano  iufar- 
dati  i  quartern!  «  di  tutti  i  licei  del  R<  gno  1  ».  Qucbtc  vergogne  fu- 
rono  divulgalissinie,  e  noi  altrove  le  riferimmo,  per  ediiicazione  del 
nostri  leltori,  con  un  saggio  delle  ire,  in  che  percio  ruppero  i  gior- 
nalisti  piu  liberal!  2. 

A  riparo  di  questa,  come  fu  definita  allora,  «  catast  ofe  »  del  ri- 
sorto  insegnamento,  il  minislro  Coppino  si  affretto  di  po.re  in  luce 
il  nuovo  parto  de'  suoi  famosi  programme  per  1'anno  1868.  1  quali 
.per  allro  furono  riconosciuti  cosi  insipienti  e  moslruosi,  che  la  Giunta 
per  gli  esami  di  licenza  liceale  prescriveva,  sin  dall'8  Maggio,  die 
questi  si  dessero  come  1'anno  scorso,  senza  niun  rispelto  alle  stolto 
innovazioni  dei  programmi. 

Aduoque  nel  correnle  anno  1868  la  prova  si  e  ripeluta.  I  candi- 
dati  che  hanno  offerli  in  iscriUoiloro  componimenti,  han  soi-passato 
il  numero  dell'andalo  anno,  e  sono  stali  2,853.  Di  questi  sono  slati 
approvati  1,803  neU'italiano;  833  nel  latino;  1,252  nel  greco.  Che 
€  quanto  dire:  nell'ilaliano  si  e  scarlalo  il  31  0/0,  nel  latino  il  71  0/0. 
nel  greco  il  57  0/0.  In  tutti  e  tre  gli  esperimenti  poi  soli  456  sono 
stati  promossi,  cioe  il  16  0/0:  ed  a  cosloro  ilmane  anche  a  dare 
J'esame  orale,  che  alleggerira  piobabilmenle  di  parecchie  altre  die- 
cine  questa  poverissima  cifra.  Ondeche  la  sostanziale  differeuzu 
corsa  Ira  gli  esami  del  1867  e  quelli  del  1868,  e,  che  nel  1867,  do- 
po  lutie  le  prove  scrille  ed  orali,  si  ebbe  soltanto  il  16  0/0  di  candi 
dali  ammessi  alia  licenza:  e  nel  1868,  le  sole  prove  scrille  hanno  ri- 
dolti  gia.  al  16  0/0  gli  ammessi  aU'esame  orale,  chee  un  secondo 
scoglio,  contro  cui  chi  sa  quanli  romperanno  la  nave. 


II. 


iN7e  si  pensi  che  questa  seconda  e  peggior  «  catastrofe  »  sia  ac- 
compagnata  da  circoslanze  altenuanli,  le  quali  ne  scemino  1'onla,  il 


1  Nuova  Antolocjia  vol.  VII,  pag.  663. 

2  Civ.  Catt.  Serie  sesta,  vol.  XII,  pag.  133-34, 


E  IL  SISTEMA  DELI/  ISTRUZIONE  PUBBLICA  IN  ITALIA  133 

danuo  e  l'amare/za.  «  Sc  i  risultati  di  codcsti  due  anni,  scrivea  do- 
lenlenu'nte  la  Perseveranza  di  Milano,  fossero  comparabili  senz'al- 
tro,  se  nc  dovrebbe  a  dirillura  indurre  chc,  nclle  nostre  scuole,  gli 
sludii  dcH'italiano  e  del  greco  sieno  piu  progredili,  e  quelli  del  lali- 
no  scaduti.  Questa  indazione  pero  sarebbe  precipilosa.  La  prova 
che  la  Giunta  esarainatrice  propone  per  il  greco  e  assaipiii  leggier  a, 
die  non  quella  per  il  latino  1 ».  Quindi  e  vano  consolarsi,  che  un'oni- 
bra  solo  di  maggior  profitto  siasi  scoperla,  se  non  altro  nel  greco. 
JSc  pure  ha  luogo  il  sospelto  confortalivo,  che  gli  esaminatori  ab- 
bian  peccato  di  eccessiva  rigorosila.  «  Se  avessimo,  scrivea  piena 
di  iudignazione  la  Lombardia  di  Milano,  se  avessimo  mandaii  i  no- 
sin  scolari  a  farsi  esaminare  a  Parigi  o  a  Berlino,  si  polrebbc  forsc 
pensarc  che  la  pr etenziosita  (bella  parola!)  francese,  o  la  pedanleria 
tcdesca  entrasse  poco  o  tanlo  in  quosto  umiliantissimo  risultato.  Ma 
le  Commission!  esaminatrici  sono  pure  formate  nel  seno  di  quello 
slesso  personale  docente  e  dirigenle,  die  impartiscc  e  governa  co- 
icsta  islruzionc,  di  cui  i  giovani  vcngono  a  dar  saggio,  che  ne  re- 
gola  il  1  hello,  e  ne  ha  costrutto  e  ne  amministra  il  sistema.  Di  un 
rigore  soverchio  pertanto,  da  parle  degli  esaminatori,  di  esigenze 
sproporzionate  alia  levatura  deirinsegnamenlo,  non  e  tampoco  a  par- 
larne  2.  »  Che  anzi  un  tal  sospeUo  e  rimosso  dulla  cerlezza  del  con- 
trario.  «  La  Commissione  esaminatrice,  scrivea  lagrimoso  il  Diritto 
di  Firenze,  a  quanto  ci  si  narra  da  persone  compelenii.  non  ha  falto 
mcnomo  uso  di  severila.  Fu  anzi  larga  oltre  oyni  dire,  e  tollero  in 
parecchi  giovani,  che  domani  sederanno  nelie  Universila  a  sludiarc 
codici  c  scienze  anliche,  tollero,  fin  oltre  i  limiti  dcll'equo,  la  scarsi- 
ta  de'buoni  sludii  3.  » 

E  pero,  comunque  si  guardi  e  si  riguardi,  questa  e  una  «  cataslro- 
fe  »  che  non  ha  alleviamento.  Di  fatlo  il  Governo,  non  sapendo  co- 
me apportarvi  rknedio,  si  e  risoluto  al  partite  di  «  aprire  una  ses- 
sione  straordinaria  di  licenza  liceale,  per  tulli  coloro  che  fallirono 
nella  sessione  ordinaria  »;  conforme  ha  rcso  noto,  con  decrelo  mini- 

1  N.  del  12  Settembrc  1868. 

2  Num.  cit. 

3  N.de\13Seltembrel868. 


131  GLI  ESAMI  DE'LICEI 

steriale  del  12  Seltembre.  E  cosi,  dopo  la  meta  deirOttobre,  il  Regno 
d'ltalia  fara  ripetere  gli  esami  a  2,500  aspiranli  ai  banchi  delle  sue 
Universita,  per  vedere  se  si  sieno  piu  avvantaggiati  negli  studii  du- 
rante  il  paio  di  mesi  delle  vacanze,  che  nei  dieci  mesi  del  eorso  sco- 
lasiico.  Non  puo  negarsi  che  anche  questo  sia  speltacolo  unicamen- 
te  degno  dell'  Italia  rigenerata. 

Quanto  poi  una  tale  condizione  di  cose  pregiudichi  al  bene  del 
giovani,  agl'inleressi  delle  famiglie,  alia  riputazione  ed  all'awemre 
di  tulta  la  Penisola,  non  lo  staremo  a  dir  noi.  Cieco  e  chi  non  lo 
vede,  e  senza  cuore  chi  non  se  ne  attrista.  «  Ognuno  ricorda,  cosi 
il  sopra  citato  Diritto,  da  quale  giusto  sgomento  fu  collo  il  paese 
1'aimo  passato,  allorche  si  seppe  il  risultato  definitivo  degli  esami 
di  licenza  liceale.  Lo  scarso  scarsissimo  numero  di  coloro,  che  ave- 
vano  superata  la  prova,  fece  dire  che  quella  era  la  Cusloza  della 
nostra  istruzione.  II  risultato  di  quest' anno  aggrava  il  dolore.  A  Cu- 
stoza  succede  Lissa,  che  e  peggia  1.  »  «  L'anno  scorso,  e  la  Lorn- 
bardia  che  parla,  fu  un  grido  universale  di  dolore  e  di  siupefazio- 
ne,  all'  intendere  che  un  quarto  appena  od  un  quinto  dei  candidati 
agli  esami  di  licenza  liceale  aveva  superato  la  prova;  e  parve  a  tutti 
che  fra  i  problem!  piu  urgenti  vi  fosse  da  metter  quello  di  redimerci 
da  una  tale  yergogna.  Di  questo  schiaffo  morale  il  paese  ha  ancor 
rossa  e  dolente  la  guancia,  ed  ecco  che  un  manrovescio  piu  fiero  gli 
tocca  dalle  statistiche  di  quest' anno,  le  quali  ci  arrecano  I'incredibi- 
le  risultato  di  2,400  insuccessi  sopra  2,855  candidati  2!  »  Questo, 
esclama  il  Corner  e  italiano  di  Firenze,  «  e  lo  scandalo  piu  scanda- 
loso  che  si  potesse  immaginare  3  !  » 

III. 

Tale  e  il  fatto,  e  tali  sono  le  precipue  sue  circostanze  e  conseguen- 
ze.  Or  a  quali  cause  devesi  egli  imputare  ? 

Chi  abbia  tenuto  dietro,  come  noi,  a'  fogli  di  ogni  colore,  che  ne 
hanno  o  bene  o  male  discorso,  facilmente  perderebbe  il  capo,  sc 

1  N.  dei  13  Settembre  1868. 

2  Num.  cil. 

3  N.  degli  11  Settembre  1868. 


E  IL  SISTEMA  DELL'  ISTRUZIONE  PLBBL1CA  IN  ITALIA  135 

yolesse  numerare  e  chiarire  tutte  quelle  che  dentro  yi  si  adducono. 
Ma,  a  parer  nostro,  la  cagione  propriamente  radicale  e  potissima, 
che  tutte  le  altre  abbraccia,  e  quella  identica  che  origina  il  disordi- 
ne  e  la  sterilila  in  ogni  parte  della  cosa  pubblica  d'ltalia. 

Chiedete  un  poco  ad  uomini  di  buon  senso:  —  Perche  mai  1'eser- 
cito  italiano  e  nell'effetto  riuscito  cosi  inferiore  all'espettazione  ? 

Yi  si  rispondera:  —  Pel  «  sistema  »  di  chi  governa. 

—  Perche  la  marineria  militare  italiana  si  e  ridotta  a  quella  nul- 
lita,  che  fu  mauifesta  in  Lissa,  ed  a  quel  caos,  che  si  e  comproyato 
nei  due  yolumi  dell'  ultima  inchiesta  del  Parlamento  ? 

—  Pel  sistema. 

—  Perche  le  finanze  italiane  sono  peggiori  delle  turche,  il  com- 
mercio  intisichito,  la  industria  estinta? 

—  Pel  sistema. 

—  Perche  1'amministrazione  pubblica  italiana  e  la  piu  sregolata 
di  Europa,  e  1'arbitrio  yi  tiene  troppo  spesso  il  luogo  della  legge,  ed 
il  peculate  ed  il  furto  la  infamano  ad  ogn'istante? 

—  Pel  sistema.  Tutto  il  malanno  yiene  dal  reo  sistema  di  go- 
yernare. 

Medesimamente,  affermiamo  noi,  tutte  le  ignominie  e  le  «  cata- 
strofi  »  dell'  istruzione  pubblica  d'  Italia,  derivano  da  un  cosi  fatto 
sistema,  il  quale,  fmo  a  che  e  per  durare,  non  rechera.  altro  che 
scorno  sopra  scorno  e  ruine  sopra  mine. 

Un  tale  sistema  comprende  principii ,  cose  e  persone :  e  1'  essenza 
sua  consiste  nel  preferire  i  dettami  e  gl'interessi  o  partigiani  o  per- 
sonali,  ai  dettami  del  yero  e  del  giusto,  ed  agl'  interessi  della  nazione. 
Qui  e  la  yelenosa  radice  di  tutte  quante  le  sciagure  d'  Italia.  Solo 
che  prevalessero  le  idee  delle  consorterie,  che  hanno  fondato  il  pre- 
sente  Regno,  e  quelle  de'suoi  oppositori  fossero  depresse,  non  e  mai 
importato  niente  che  il  governare  fosse  contrario  alia  yerita  ed  alia 
giustizia:  e  solo  che  i  yantaggi,  o  in  solido  o  in  indiyiduo,  dei  go- 
yernanti  e  de'  loro  ligi  fossero  al  sicuro,  non  si  e  mai  dato  peso 

li  scapili  della  nazione  nella  fortuna,  nella  morale,  nell'onore.  II 
punto  e  stato  ed  e  sempre  di  fare,  che  i  principii  della  rivoluzio- 

>,  intesi  e  praticati  a  senno  della  fazion  dominante.  trionfassero  in 


136  on  ESAMI  DE'LICEI 

tutto  e  da  pertutto;  e  chc  1'opera,  pur  sempre  fiacca,  clella  rivoluzione 
si  rafforzasse a  qualunque  patto  e  per  quulunque  mezzo;  anro  a  patto 
e  per  mezzo  dell'annichilamento  della  generazione  vivente,  e  della  fu- 
tura.  II  qua!  sistema  puo  epilogarsi  in  questi  due  semplid  apotemmi, 
che  compendiano  tutta  la  coscienza  pratica  de'suoi  srguaei.  —  Colla 
verila  e  coll'onesla non  si  governa.  Pera  la  nazione,  pmche  prospe- 
riamo  noi ! 

Si  scorrano  di  grazia,  al  lume  di  queste  norme,  le  appartenenze 
tutle  deirordiuamenlo,  o  piultosto  del  disordinamenlo  del  Regno,  e 
si  vedra  sempre,  che  i  suoi  innumerevoli  abusi  e  le  sue  lamentabili 
enormita  religiose,  poliliche,  mililari,  tinanziarie,  amministrative  si 
radicano  nelh  menzogna,  nell'  ingiustizia  e  nella  cupidigia  privata, 
sostituile  di  proposito  deliberato  al  vero,  al  giusto,  all'iilile  del- 
runiversale. 


IV. 


Osserviamolo  trascorsivamente  in  cio  che  tocca  il  soggolto  nostro, 
ed  e  la  pubblica  istruzione.  Cos!  verremo  ad  illuslrare  ed  a  confer- 
mare  vjemeglio  quello  che,  non  ha  guari,  su  qucsta  materia  abbiam 
ragionato  1. 

II  novello  edilizio  dell' insegnamento,  secondario  in  ispecialta,  si  c 
costrutto  sopra  questa  triplice  regolafondament.de.  In  primo  luogo: 
guej-ra  ai  melodi  anlichi,  e  frivore  a  tutle  le  modernita.  In  secondo 
luogo:  guerra  ai  maestri  antichi,  non  parleggianti  per  la  rivoluzione, 
c  favore  a  tulti  gli  uomini  che  all'  idolo  piegassero  il  ginocchio.  In 
terzo  luogo :  guerra  allo  spii  ito  religiose  delle  antiche  scuole ,  e  fa- 
vore  ad  ogni  spirito  alieno  dagl'influssi  caltolici  e  cristiani. 

Or  puossi  egli  immaginare  fondamento  piu  falso,  piu  iniquo  e  piu 
delrimentoso  di  queslo? 

E  pi  imieramente,  i  ispelto  ai  mctodi  anlichi,  per  qual  ragione  guer- 
reggiarli  tino  a  sperderne  ogni  vestigio?  Forse  perche  hauno  fatta 

1  Si  veggano  i  due  artlcoli:  Gli  studii  classid  net  Regnod' Italic,  vol.  Ill 
di  questa  Serie,  pag.  143  seg.;  269  seg. 


E  IL  SISTEMA  DEL!/  ISTRl'ZIOXE  PtfiBLICA  IN  ITALIA  137 

mala  prova  nel  formare  colte  generazioni?  Al  contrario,  il  fiore  degli 
scicnziati  e  dei  Icllerali  d'  Italia,  preterit!  e  present! ,  a  quo'  melodi 
fu  ed  e  debitore  d'ogni  sua  collura.  Ma 'perche,  cio  non  ostante, 
spiantarli  dal  noslro  suolo?  Perche  ricordavano  troppo  tempi  e  cose 
anclale,  la  cui  meaioria  si  voleva  rasa  dall'animo  della  ci  escente  gio- 
Tenlu:  perche  1'acceltazione  d.  quei  melodi,  ancora  che  buoni,  saieb- 
be  equivalsa  ad  ima  menlita  delle  calunnie  a!  caduti  Govern!,  die  si 
voleano  \7itupcrali:  perche  tornava  conto  che  non  si  mostrasse  pre- 
gevole  ntilla  di  un  passato,  che  si  voleva  rendere  tanto  spregevole 
quanto  odioso.  Adunquc  non  demerilo  intiinseco,  non  senso  del  retlo, 
non  zelo  del  ben  commie;  ma  il  solo  solissimo  turpe  intcresse  d! 
parte  consiglio  la  insensata  guerra,  che  tosto  si  ruppe  ai  melodi 
d'  istruzione,  vigenti  prima  che  il  nuovo  Regno  sorgesse. 

Per  tacere  degli  altri,  gli  Slat!  della  PenSsola,  ne'  quali,  avanli  Ic 
nvolture  ullime,  1'ordinazione  degli  studii  fosse  piu  soda  e  piu  in- 
conlraslabilmente  frultifera,  crano  il  pontificio,  1'eslense  e  quello 
delle  Due  Sicilic.  Gli  slaluti,  i  raetodi,  le  consueludini  che  regolava- 
no  i  ginnasi,  i  collegi,  i  lice!  di  queste  tie  region!,  superavano  in  ec- 
cellenza  le  leggi ,  i  metodi  e  le  consuetudini ,  rubacchiale  le  piu  ai 
foreslieri,  che  reggevano  gli  atenei  del  Piemonte,  dopo  il  1848:  \in- 
cevano  poi  di  gran  tralto  in  sapienza  la  legge  Casati ,  che  si  venue 
allargando  a  tutti  gli  Stali  d'  Italia,  a  mano  a  mano  che  essi  venivano 
conquislati.  Ma  perche,  terminata  la  conquisla,  in  cambio  di  «  pie- 
montizzare  »  1'Halia  anche  nell' insegnamcnto,  non  si  studio  nna 
legge  che,  da  quella  dei  divers!  paesi  soggiogati  prendesse  il  mc- 
glio,  e  noil  fosse,  se  si  voleva,  piu  legge  napolitana  che  pontiticia, 
.piu  toscana  che  eslense,  ma  nemmeno  fosse  legge  prellamente  pie- 
montese ;  cioe  logge  di  una  contrada,  la  quale  non  ebbc  mai  splen- 
dore  o  letlerario  o  scientifico  d'  istituti ,  che  competer  polessei  o  con 
quei  di  iN7apoli,  di  Palermo,  di  Bologna,  di  Pisa,  di  Firenze,  di  Mo- 
dena  e  dite  voi?  II  perche  e  sempre  li,  chiaro  e  fulgente.  Non  si 
studio  c  non  si  compose  una  cosi  falta  legge,  perche  1'interesse  del 
p  u  lilo  conc^istatore  esigeva ,  che  1'  insegnamento  in  Italia  si  con- 
forrnasse  proprio  alia  legge  Casati ,  a  dispcllo  di  qualunque  scapito 
e  confusione  fosse  per  derivarne  alia  Penisola  unificala. 

. 


138  GLI  ESAMI  DE'LICEI 

La  pratica  fece  toccare  con  mano,  che  quella  legge  era  disadalta 
alia  generalita  delle  dominate  province.  Allora  cssa  divento  quasi  un 
cadavere,  soltoposlo  a  tutti  gli  espedmenti  anatomic!  piu  capricciosi 
del  Ministri  dell'  istruzion  pubblica,  succedutisi  dal  1859  al  1868. 
Non  meno  di  quattro  volte,  in  otto  anni,  quella  povera  legge  fu  mon- 
cata,  scerpata  e  stiracchiata  negli  organi  e  nei  membri  principali  : 
le  riforme,  le  innovazioni,  le  mutazioni  si  sono  seguite  a  furore.  Pu6 
asserirsi  che  sua  sede  abituale  sia  un  eculeo.  Insomma  non  e  in  Eu- 
ropa  modello  di  fucile  a  retrocanca,  che  sia  soggiaciuto  a  tante  va- 
riazioni,  quante  ne  ha  patite  la  legge  Casati,  regolatrice  suprema 
degli  studii  in  Italia.  E,  stando  agli  effetti,  sempre  si  e  variata  in 
peggio. 

II  chiaro  professore  Luigi  Palmieri  di  Napoli  non  ha  dubitato ,  in 
una.lettera  ristampata  perfmo  dai  fogli  garibaldeschi  di  quella  citta, 
di  propalarne  questo  giudizio.  «  La  nostra  gioventu,  persuasa  del- 
Tassurdita  della  legge  fatta  per  istupidirla,  si  presenta  agli  esami 
col  convincimento,  che  solo  per  caso  o  per  frode  potra  strappare  sei 
decimi  di  approvazione,  ne  pone  alcuna  gloria  o  ambizione  per  un 
maggior  numero  di  punti.  La  indifferenza  ed  il  cinismo,  col  quale  ho 
visto  questa  volta  i  giovani  presentarsi  all'urna  in  cui  erano  le  tesi, 
mi  ha  spaventato:  estratta  la  tesi,  spesso  rinunziavano  a  rispondervi, 
senza  commoyersene.  Mi  e  sembrato  yedere  gli  effetti  funesti  che  la 
legge  Pica  produsse  nel  brigantaggio,  1'apatia  e  1'indifferenza  per  la 
morte  J  ».  E  ben  merita  scusa  questo  nobile  sfogo,  chi  sappia  che 
il  Palmieri  ha  teste  assistito  al  fiasco  di  796  alunni,  sopra  gli  826 
che  in  Napoli  sono  concorsi  all'esame  per  la  licenza  liceale. 

Ma  tuttocio  che  monta  ai  sostenitori  della  rivoluzione  ?  Si  con- 
verta  pure,  se  bisogna,  il  popolo  italiano  in  una  grande  tribu  di  Ot- 
tenloti,  si  veramente  che  resti  salvo  1'interesse  della  consorteria;  il 
qual  e,  che  non  si  tornino  ne  punto  ne  poco  in  onore  le  tradizioni  e 
le  usanze  scolastiche,  tanto  profittevoli  pel  passato. 

fi  conosciutissimo  quell'  aborto  di  nuovi  Programmi  per  le  scuo- 
le,  che  r  andato  anno  un  regio  decreto  fece  obbligatoiii  a  tutto  il 

1  UAvvenire  num.  dei  3  Settembre  1868. 


E  IL  SISTEMA  DELI/ ISTRUZIONE  POBLICA  IN  ITALIA  139 

Regr.o.  Erano  un  allro  spediente  per  impossibilitare  rintroduzione 
dei  metodi  antichi,  ed  assicurare  il  predominio  alle  modernita\.  Non 
vi  ebbe  quasi  giornale  die  non  mettesse  alia  gogna  quell'  obbrobrio 
di  stoltezza,  ne  vi'fu  ginnasio  e  liceo  che  non  rintronasse  di  grida 
di  orrore  per  esecrarlo  1.  Or  bene:  e  venuta  dianzi  a  galla  la  storia 
della  compilazione  di  que'  programrai,  autenticata  da  lettere  di  chi 
vi  ebbe  parte.  II  ministro  sig.  Coppino  dalle  province  chiamo  in  Fi- 
renze  periti  e  scelti  maestri,  che  vi  si  adoperassero  intorno,  lauta- 
mente  spesati  dall'erario.  Dopo  che  questi  si  furono  affaticati  non 
poco  ad  ultimar  il  lavoro,  mani  misteriose  cancellarono,  alteraro- 
no,  brnttarono  il  fruito  dei  costoro  sudori;  e  poscia,  cosi  deformata, 
T opera  fu  fatta  bandire  per  legge  colla  firma  del  Re.  Chi  furon 
adunque  i  rei  di  tanta  sconcezza?  «  I  veri  autori  di  quelle  immora- 
lita,  scrisse  il  Movimento  di  Genova,  conviene  cercarli  Ira  le  quinte* 
del  teatro  di  S.  Firenze  (sede  del  Ministero  dell' istruzione  pubbli- 
ca),  dove  la  scorsa  state  si  rappresento  la  turpissima  commedia  dei 
programmi  coppiniani  dai  soliti  mestatori  2  » . 

Ed  eccoci  condotti  dall'evidenza  dei  fatti  a  concludere  col  ritor- 
nello,  che  la  menzogna,  la  disonesta,  la  ingordigia  settaria  sono  pre- 
sedute  e  preseggono  tuttavia  al  reggimento  della  legale  istruzione 
in  Italia. 

Quindi  come  stupire  se  T  abbrutimento  della  gioventu  studiosa 
crescit  eundo,  e  se  ogni  anno  agli  «  schiaffi  morali  »  succedono  i 
«  manrovesci  » ,  e  se  alle  c<  Custoze  »  tengon  dietro  le  «  Lisse  »  del 
pubblico  insegnaraento?  Sarebbe  prodigio  V  opposito.  Col  sistema 
che  regna ,  di  prescrivere  e  di  promovere  a  ragion  veduta  ogni 
sorta  di  metodi,  purche  non  sieno  conformi  agli  antichi,  soli  idonei 
ed  acconci  a  far  progredire  le  scuole,  forza  e  riuscire  dove  si  e  giun- 
ti,  e  precipitare  oltre  nell'abisso  della  barbarie. 

1  Veggasi  il  conto  cbe  ne  rendemmo  nel  vol.  1  di  questa  Serie,p.  703  seg. 

2  N.  dei  4  Giugno  1868.  Chi  desideri  notizie  piu  particolari  di  questo 
sozzo  scandalo  dei  programmi,  legga  T  opuscolo :  /  Programmi  d'insegnamen* 
to,  10  Ottolre  1868^  giudicati  dalla  stampa  italiana,  cui  fa  seguito  il  giu- 
dizio  degl' Insegnanti  intorno  ai  medesimi,  manifestato  in  il  lettere  di 

rofessori  o  Direttori  diStudii.  Torino,  Bellardi  1868. 


1 10  GLI  ESAMI  I>F/  LICEI 

Y. 

L'altra  fondamenlale  rcgola  della  novella  istruzione,  accennammo 
ossere  la  guerra  ai  maestri  antichi,  non  favoreggianti  la  unila  poli- 
tica  ddl' Italia.  Gia  si  sa  die,  priraa  dei  rivolgimenti,  nella  porzion 
maggiore  della  Penisola,  la  isiiluzionc  letleraria  c  momle  dci  giova- 
m  era  per  lo  pia  in  mano  del  dero,  o  secolare  ne'  suoi  seminarii,  o 
regolare  ne'  suoi  collegi.  Ed  il  dero  appunto  vien  significato  inque- 
st] antichi  maestri  da  dcbellare.  Senon  die  per  quale  cagione  faigli 
guerra  cosi  ostinata  e  feroce?  Forse  perclie  non  e  adallo  ad  am- 
maestrare  la  giovenlu?  No  di  certo:  slanle  die,  per  confessione  an- 
die  de'  suoi  persecatori,  il  dero  secolare,  i  Barnabiti,  gli  Scolopii, 
i  Gesuili  e  gli  altri  corpi  religiosi  insegnanli  fornivano  sempre  i  mi- 
gliori  alunni,  di  die  si  onorassero  le  citla, :  ed  anco  al  presente,  ne- 
gli  ultimi  esami  per  la  licenza  ,  dei  156  candidati  ammessi  in  tulta 
T  Italia  all'esame  orale  ,  il  piu  grosso  numero  e  uscilo  dagl'  isliluti 
ecclesiastici  che  sopravvivono  all'eccidio  fattonc.  Forse  perdie  1'i- 
struzione  del  dero  e  invisa  ai  popoli  e  discreditata?  Nemmeno  : 
giacche  sono  conle  lo  istanze,  soltoscritle  da  m'gliaia  di  firme,  che 
si  mandarono  da  ogni  regione  d'  Italia  al  Pai  lamento ,  in  pro  dei 
seminarii  o  degli  Ordin'  regolari ,  quando  si  disculeva  pro  forma 
la  legge-della  loro  abolizione.  Ed  oggi  pure  la  cilia  capitale  d' Ita- 
lia ,  Firenze  ,  per  non  dire  di  altre,  e  si  poco  avversa  all'  insegna- 
mento  del  dero ,  che  un  suo  istituto  ecdesiastico  no\era  piu  di 
1,800  scolari,  oveche  il  liceo  suo  nazionale  ne  ha  solo  alcuni  sopra 
i  100:  e  non  s'ignora  che,  per  oltenere  la  conservazione  di  questo 
Istituto,  retlo  dai  benemeriti  figliuoli  di  S.  Giuseppe  Calasanzio,  ben 
10,000  padrifamiglia  fiorentini  fumarono  una  petizione  rimasta.ce- 
lebre :  e  non  e  molto  che  I'  ebraica  Opinions  deplorava  la  somma 
disgrazia,  che  il  collegio  de'  padri  Barnabiti  di  Monza  fosse  piu  flo- 
rido  e  frequente  che  mai,  ed  oltre  200  alunni  delle  piif  cospicue  fa- 
miglie  di  Lombardia  fossero  affidati  alle  lor  cure,  e  crescessero  in 
guisa ,  che  quegli  ottimi  padri  eran  costretti  a  piantare  un  altro  lor 
collegio  altrove  1. 

1  N.  dei  18  Agosto  1868. 


E  IL  SISTEMA  DELl/ISTRtZIONE    PtlBBLICA  IN  ITALIA  141 

A  chc  fine  dimque  una  tal  guerracontro  il  clero  insegnanle?  Per 
oilo  di  parle,  per  togliersi  clai  piedi  un  temuto  nemico  della  men- 
zogna  e  della  iniquita,  per  raero  interesse  di  setta.  La  cacciata  e  la 
dispcrs'one  di  tanli  valorosi  maestri,  e  la  chiusura  di  tanli  semina- 
rii  e  collegi ,  prcziosissirai  ad  ogni  ordinc  di  eittadini,  oltreche  sono 
state  sommamente  ingiuste  ,  hanno  dato  il  tracollo  finale  alia  istru- 
zione  ed  alia  educazione  in  Italia.  Ed  i  governanti,  prima  di  decre- 
larle,  sapevano  che  cosi  sarebbe.  Ma  cssi,  ad  occhi  Yeggenti,  hanno 
voluto  perpetrarc  questa  grande  scclleraggine,  e  recare  questo  male 
supremo  alia  nazione,  e  do  hanno  voluto  perche?  Pel  solito  sistema, 
di  metfere  sempre  le  loro  passioni  e  1'utile  di  loro  consorteria,  avanti 
la  giustizia  c  la  prosperita  generate. 

La  guerra  pertanto  agli  antichi  maestri  ha  sortito  un  bet  trionfo. 
11  Regno  italico  va  ora  superbo  degli  edifizii  rapiti  »\  clero,  e  trasfor- 
mati  in  licci  nazionali.  Gode  di  averli  sbaltezzati  e  dissarrali,  radendo 
dalle  loro  facciate  persino  i  monogrammi  del  nome  di  Cristo,  e  gli 
omblemi  della  religione.  E  lielo  che  gl'  isliluli  ecclesiastic!  scarseg- 
gino  qui  a  cola ,  perduti  quasi  tra  1'  ombra  de'  suoi  grandiosi  atenei. 
Tulto  a  meraviglia.  Ma  intanlo  qual  compenso  ha  egli  somministra- 
to  alle  popolazioni,  rimaste  prive  del  presidio  di  quegristituti? 
«  Nulla  »  risponde  il  Popolo  d'  Italia,  diario  garibaldesc  di  Napoli, 
e  prosegue :  «  Tra  il  niente  ed  i  seminarii ,  noi  desidercremmo  che 
questi  si  riaprissero  :  poiche,  bene  o  male,  in  quei  luoghi  s'impa- 
rava  a  scrivorc  un  po'  di  latino ,  a  tradurre  un  po'  di  gi  eco ,  ed  un 
glovane  uscito  di  la,  con  due  buoni  anni  di  studio,  poteva  fare  gli  esa- 
ini  liceali  1.  »  Ed  al  desideiio  del  garibaldese  giornale  consuona  il 
lamcnto  del  savio  professore  Palmieri,  il  quale,  nella  sua  lettera  so- 
pra  mentovata,  soggiunge.  «  Nelle  nostre  province  un  padre,  che  ha 
molli  tigliuoli  ed  una  modesta  fortuna,  non  puo  mandare  un  giova- 
netto  di  tenera  eta  alia  scde  del  liceo ;  non  ha  piu  1'  opportunity  del 
seminario  vicino,  ove  con  200  lire  annue  si  avea  almeno  un  buon 
insegnamento  ginnasiale,  per  lo  che  e  costretto  procacciargli  quella 
istruzione  che  puo  net  villaggio  nalio,  fino  a  che,  fatto  adulto,  pos- 


1  N.  dei  15  Settembre  1868. 


142  GLI  ESAMI  DE'LICEI 

sa  spedirlo  in  Napoli,  dove  conviene  eke  faccia  in  un  anno  lutto 
quello  che  si  richiede  per  la  licenza  liceale  1 :  »  e  ,  aggiungiamo 
Doi,  si  prepavi  cosi  ad  inevitabile  fiasco. 

Questo,  adombrato  a  pena,  e  il  lucro  cessante  provenulo  all' Italia, 
dal  bel  trionfo  del  suo  Governo  sopra  le  istituzioni  scolaslichc  del 
dero.  Ma  vi  e  ancora  il  danno  emergente.  Chi  ha  egli  surrogate  ai 
maestri  antichi?  Iddio  ci  campi  dal  biasimare  in  fascio  d'inetti  o  di 
ignorant! ,  color  o  tutti  che  occupano  cattedre  ne'  ginnasi  e  ne'  licei 
del  Regno !  Sappiamo  che  una  parte  di  loro,  per  ingegno  e  perizia, 
inerita  anzi  stima  e  riguardo.  Ma  pur  troppo  non  e  la  parte  mag- 
giore,  non  e  la  piu  portata  in  palma  di  mano,  non  la  piii  ascoltata, 
ne  la  meglio  guiderdonata.  Di  quanti  giornali,  diver sissimi  per  ban- 
diera  politica,  ci  son  capitati  alle  mani,  non  ce  n'e  occorso  uno  solo 
che,  trattando  I'argomento  degli  esami  liceali,  non  si  lagni  in  genere 
della  dappocaggine  dei  maestri.  Noi  citeremo  1'  unico  Cor  Tier  e  ita- 
liano,,  tutto  servitu  e  devozione  al  Regno  d' Italia,  e  pero  non  accu- 
sabile  di  maltalento.  La  citazione  vale  tant'oro. 

«  Fu  gia  un  tempo,  in  cui,  prima  di  ammettere  un  uomo  tra  il 
novero  degVinsegnanti,  si  esigevano  requisiti  molto  serii  di  capaci- 
ta.  Potremmo  dire  lo  stesso  anche  oggi?  Nessuno  lo  oserebbe.  Da 
alcuni  anni  in  qua ,  anche  gli  educatori  della  nostra  gioventu  sona 
divenuti  una  moneta  politica  corrente,  che  si  da  e  si  riceve,  non 
per  quello  che  vale  in  se,  ma  per  il  prezzo  di  uso  tra  Ministri  e 
Deputati,  e  tra  tutti  quegli  altri  messed,  che  direttamente  o  indi- 
rettamente  esercitano  qualche  influenza  su  chi  e  incaricato  di  distri- 
buire  impieghi.  Noi  coiiosciamo  di  tali  professori  di  lettere  italiane 
in  qualche  liceo  d'  Italia,  i  quali  non  sarebbero  in  caso  di  scrivere 
una  lettera  di  mezza  pagina ,  senza  venticinque  errori  di  grammati- 
ca.  Qui  e  lecito  il  supporre  che  noi  esageriamo,  e  vorremmo  che 
cio  fosse;  ma  pur  troppo  non  abbiamo  espresso  che  una  parte  della 
dura  verita.  Informino  il  signor  ministro  Broglio  ed  il  suo  segretario 
signer  Gatti,  e  vedranno  se  mal  ci  apponiamo.  Noi  non  fummo  en- 
tusiasti  dei  titoli,  e  sappiamo  come  apprezzarli;  ma  non  crediama 

1  Ju  Avvenire  num.  cit. 


E  IL  SISTEMA  DELI    ISTRUZIONE  PIBBLICA  IN  ITALIA 

neppure  die  sia  una  prova  di  capacita,  quella  di  essere  affatto  senza 
titoli  di  laurea,  senza  opere  date  alia  stampa,  senza  onorevoli  espe- 
rimenti  fatti,  senza  nulla.  Or  bene,  abbiamo  conosciulo  molto  da 
vicino  un  segretario  comunale,  die  Dio  sa  quante  volte  avra  confuso 
Danle  col  registro  dei  deccssi,  il  quale,  un  bel  giorno,  si  vide  no- 
minato  professore  di  letleratura  italiana  in  un  liceo  di  prima  classe. 
Povera  lelteratura !  Un  allro  caso  (e  ne  potremmo  addurre  migliaia) : 
non  piu  tardi  di  ieri  sera,  abbiamo  sentita  la  leltera  d'un  professore 
di  liceo,  cosi  zeppa  di  spropositi  e  di  controsensi,  die  se  ma!  fossi- 
mo  Ministri,  ci  basterebbe  per  destituirne  su  due  piedi  V elegante 
scrittore.  Ma  gli  insegnanli  che  non  sanno  lavorar  di  penna,  lavora- 
no  di  pelo,  lisciano,  lisciano  e  vanno  avanti,  mentre  i  capaci  se  np 
stanno  indietro  e  lutti  i  giorni  si  fanno  piu  rari  1  ». 

Questa  descrizione  basta  a  far  intenderc,  che  abbiano  guadagnato 
le  citta  e  le  province  d' Italia,  al  baratto  dei  nuovi  contro  gli  antichi 
maestri,  e  da  eziandio  un  per  che  della  scarsissima  tiducia  che  i  ca- 
pifamiglia  ripongono  negl'  istituti  del  Governo;  accadendo  per  ogni 
dove,  che  chi  pu6  ed  e  libero,  preferisca  mandare  i  figliuoli  a-scuo- 
le  private,  segnatamente  se  tenute  da  ecclesiastici. 

Del  rimanente  i  non  molti  professor!  davvero  integri  ed  instrut- 
ti,  che  hanno  un  posto  ne'ginnasi  o  licei  del  Regno,  sentono  al  vivo 
T  abbiezione  che  e  per  essi ,  il  soltostare  ai  capricci  di  un  Governo 
senza  intelletto,  senza  onore  e  senza  cuore.  Quel  valcntuomo  torinese 
che  ha  raccolte  le  censure  fatte  da  47  insegnanti  suoi  aniici  ai  nuovi 
Programmi,  e  pubblicatele  in  istralci  di  lettere  ,  offre  ,  a  chi  vuole 
usarnc,  la  chiave,  per  conoscere  cio  che  bolle  negli  animi  de'maestri 
intelligcnti  ed  onesti.  In  quelle  leltere  si  detesta  «  1'avidita  scanda- 
losa  »  di  certi  avoltoi,  che  raspano  intorno  al  portafoglio  dell'istru- 
zion  pubblica,  denominata  vera  «  distruzione  » :  si  afferma  che  basta 
il  sapere  che  una  cosa  e  c<  parto  d'un  Ministro  del  Regno  d'  Italia, 
perche  tosto  vi  si  senta  una  profonda  ripugnanza  » :  si  dice  rolonda- 
menle,  a  proposito  dei  valvassori  dell' istruzion  pubblica,  che  «  una 
mano  di  birbaccioni  fanno  di  tutto  per  disfare  1'  Italia,  dopo  avere 

1  Num.  cit. 


144  GLI  ESAMI  DE'LICEI 

sfruttato  11  nuovo  ordine  di  cose,  ed  essersi  ingrassati  alle  spese 
di  questa  povera  nostra  patria,  la  quale  per  loro  non  fu  altro  chc 
Una  bottega  od  un  pretesto,  per  nascondere  le  piu  basse  passio- 
ni  » :  si  ripete,  allo  stesso  proposito,  che  «  la  sola  fame  dell'oro, 
e  nienle  piu,  muove  le  arpie  italiane  a  spolpare  in  mille  guise 
questa  povera  regione  ,  omai  ridotta  a  scheletrame  »  :  si  deri- 
de T  «  insipienza  degli  odierni  reggitoii  della  pubblica  istruzione ; 
arruffio  di  persone  assai  piu  inespeile  che  non  s'immaginava,  uri 
horrendum  dictu,  caolico  veramente  »  e  \ia  via  di  queslo  tenore. 
condanne  e  riprovazioni  aceibissime  1. 

Quril  e  la  conclusione  di  tulto  queslo?  Che,  dato  un  talc  lucro 
cessaiite  ed  un  lale  danno  emergence  nell'i'struzione,  non  puo  fare 
specie  che  ne  risultino  poi  quelle  «  catastrofi  »  degli  esarai,  le  quali 
ora  si  piangono :  e  che  se  la  consorleria  dominante  ha  giovato  a  se, 
disterminando  al  possibile  i  maestri  antichi  e  le  scuole  del  clero.. 
per  surrogar  loro  i  maestri  e  le  scuole  moderne  ,  ha  per  altro  fune- 
Stata  in  immense  1'  Italia,  vittima,  anche  in  cio,  delle  turpitudiui  e 
dclle  prepotenze  che  costituiscono  il  sistema  del  suo  Governo. 

YI. 

La  terza  regola  direttiva  delle  innovazioni  in  materia  di  pubblico 
insegnamento,  affermammo  essere  la  guerra  allo  spirito  cattolico 
delle  antiche  scuole ,  ed  il  favore  ad  ogni  spirito  da  quello  alieno, 
Questa  regola  e  ragione  ed  insieme  conseguenza  delle  due  precedent]  ? 
n^  accade  investigarne  lo  scopo.  Esso  e  folgorante.  Non  si  vuole  piu 
educazione  cattolica,  perche  si  mira  ad  assodare  T  imperio  del  falso 
c  del  lurpe,  eretti  anorma  stabile  di  civile  reggimento.  Tra  il  catto- 
iicismo  ed  i  fondatori  di  questo  imperio  la  contraddizione  esolenne. 
e  perfetta.  L'  uno  dice  bianco  quel  che  gli  altri  dicono  nero.  Ouindi, 
non  essendo  composizione  possibile  tra  la  falsita  e  la  verila ,  tra  il 
giusto  e  T  ingiusto,  e  chiaroche  il  Regno  d' Italia,  poggiato  sul  falsa 
diritto  dei  latrocinii  e  de'  sacrilegii,  deve  combattei  e  a  morte  quella 
religione  ,  che  inesorabihuente  lo  condanna  di  sacrilego  e  d'iniqiio, 

1  V.  Topiiscolo:  I  Programmi  d' insegnamento  ecc.  pag.  45-63. 


E  IL  SISTEMA  DELI/  ISTRLTZIONE  PUBBLICA  IN  ITALIA  145 

Di  qui  tutte  le  sue  cure,  per  rimovere  V  adolescente  genorazionc 
dalle  influenze  della  cattolica  Chiesa  :  di  qui  la  sottrazione  de'  suoi 
ginnasi  e  de'  suoi  licei  alia  vigilanza  dell' Episcopate:  di  qui  1'allon- 
tanamento  maggiore  che  si  possa  degli  ecclesiaslici  da'  suoi  efebei : 
di  qui  I'islruzione  religiosa  convertita  per  lo  piu  in  una  leorica  idea- 
le,  acceltevole  anclie  ai  protestanti,  e  non  di  rado  agli  slessi  raziona- 
listi:  di  qui  la  educazione  morale  vidotta  ad  un  povero  naturalismo, 
non  sempre  immune  da  viziosi  deltami :  di  qui  Y  introduzione  nelle 
cattedre  di  maestri  noloriamente  empii  e  dissoluti:  di  qui  laperse- 
cuzioue  codardu  agl'  isliluti  privati,  che  informano  gli  alunni  a  eri- 
stiana  picta;  tanto  che  e  a  nostra  notizia,  essersi  intimato  ad  alcuno 
d'  essi  lo  sperperamento ,  se  il  direttore  non  prometleva,  che  si 
asterrebbe  di  parlare  ai  giovani  del  sacra mento  di  penitenza,  e  di 
far  loro  esercitare  in  comune  atti  di  culto  cattolico:  che  piu?  di  qui 
1' innalzamento  di  qualche  prete  apostata  ed  ammogliato  all' alto  uffi- 
do  di  regioprovveditore  dellescuole,  secondoche  si  vede,  coniscan- 
dalo  infmito,  nella  piu  popolosa  delle  cilia  d' Italia.  E  se  ci  bastasse 
Tanimo  di  procedere  avanti  in  questa  numerazione  di  esm'bitanze, 
dovremmo  sprofondarci  sin  denlro  un  lezzo  abbominevole,  tra  i  cui 
fastidii  non  rare  yolle  si  conducono  a  rav\oltolare  gli  alunni,  in  pre- 
mio  nefando  di  non  sappiam  quali  meriti  misteriosi.  Ah  se  si  potes- 
sero  sollevare  cei  te  cortine !  Ma 

A.  buono  intenditor  poche  parole. 

Che  deriva  per  necessita  da  questa  corruzione  della  fede  e  del  co-. 
stume  nella  gioventu  studiosa?  Conlentiamoci  d'  indicare  due  soli , 
dei  cento  pessimi  cffetti  che  ne  conseguono. 

Uno  e,  che,  spenta  nel  cuore  dei  giovani  la  fiamma  della  fede  re- 
ligiosa, viene  a  mancar  loro  il  piu  potente  incentive  che  abbiano  di 
applicarsi  agli  sludii,  cioe  il  scntimento  del  dovere.  Lo  studio  costa 
fatica,  e  1'eta  giovanile  ripugna  per  se  al  faticare,  e  piu  che  ad  allro 
al  faticare  mentalmente.  Gli  stimoli  deirutilita  futura  e  delle  ricom- 

t3ense  d'ordinario  non  bastano,  se  non  siano  avvalorali  dallo  sprone 
lella  coscienza,  persuasa  che  tal  e  il  suo  stretto  debito  innanzi  aDio; 
Jtudiare.  Ma  la  religione  soltanto  puo  indurre  questo  intimo  assenso 
Serie  VII f  vol.  IV,  fasc.  446.  10  5  Ottobre  1868. 


1 16  GLI  ESAMI  DE'LICEI 

all'obbligo  proprio ,  e  muovere  ad  operare  propter  conscientiam.  Cosi 
da  pertutto  e  sempre  si  osserva,  che  i  piu  studiosi  tra  i  giovani,  son 
coloro  che  meglio  pralicano  lafede  e  la  picla  cristiana.  Estinguete  ne' 
loro  petti  la  sacra  scintilla  di  questa  fede  e  di  questa  pieta,  e  poi 
vedrete  come  vi  svanisca  insieme  ogni  osservanza  del  dovere.. 

L'  altro  e,  che  colla  fede  e  con  la  pieta  i  giovani  pcrdono  ancora 
lutte  le  buone  disposizioni  alia  virtu,  si  dissipano,  inviziano,  imbe- 
stialiscono:  e  quindi  che  sperare  profitto  negli  studii,  posla  la  corrut- 
tela  dell*  anima,  V  infievolimento  del  corpo  e  lo  stravolgirnento  del 
cervello,  preso  degli  oggetti  che  atlizzano  le  passioni?  II  regio  pro- 
veditore  delle  scuole  di  Forli ,  in  un  suo  rapporto  al  prefetto  della 
provincia,  ha  notato  che  una  causa,  la  quale  «  rende  presso  che  im- 
possibile  la  disciplina  nella  scolaresca,  sono  le  politiche  associazioni 
a  cui  vengono  lirati  i  giovani  anche  di  tenera  eta ;  cio  che  corrompe 
loro  la  mente  ed  il  cuore,  e  li  fa  disconoscere  ogni  principio  d'auto- 
rila,  e  scambiare  gli  ordini  liberi  nei  demagogici  1.  »  Quanti  altri 
provveditori  delle  scuole  debbono  aver  notate  altrove  cose  poco  da 
queste  dissomiglianti !  Or  se  gli  alunni  trovassero  ne'  ginnasi  e 
lie'  licei ,  in  cambio  d'  indifferenza  religiosa  o  di  empieta ,  un  solido 
nutrimento  di  fede  e  di  santa  morale  cattolica,  se  avessero  chi  loro 
scoprisse  le  insidie  dei  malvagi ,  chi  lor  porgesse  il  modo  di  scher- 
mirsene,  chi  H  educasse  in  s'omma  a  virtu  cristianamente  maschia;  si 
deplorerebbe  ora  la  somma  disgrazia,  che,  in  luogo  di  studiare,  ba- 
dano  a  setteggiare  ,  ed  invece  di  attendere  alle  arti  delle  Muse ,  si 
addestrano  nelle  arti  della  demagogia?  Chi  semina  loglio  non  miete 
grano.  La  irreligione  e  la  immoralita ,  propagate  nei  popoli ,  non 
preparano  ai  Governi  se  non  cadute  e  sterminio. 

E  si  avverta ,  che  questa  pazza  guerra  allo  spirito  cattolico  nel- 
T  allevamento  della  gioventu,  intimorisce  ognuno,  ed  ancora  molti 
e  molti,  che  servono  al  Regno  d'  Italia  e  danno  di  spalla  al  suo  mici- 
diale  sistema.  Di  fatti  onde  avviene  che  tanti  e  tanti  pubblici  uffi- 
ciali,  e  magistrati,  e  prefetti,  e  deputati,  e  senatori  e  perfino  giorna- 

1  Monografia  statistica,  economica,  ammimstrativa  della  Provincia  di 
For/?,  vol,  III,  pag.  157.  Forli  a  spese  provincial!,  1'867. 


E  IL  SISTEMA  DELL'  ISTRUZIONE  PIBBLICA  IN  ITALIA  147 

listi,  quando  si  tratta  di  collocare  i  ligliuoli  loro  in  qualche  istituto, 
lungi  dal  battere  alia  poi  ta  dei  nazionali ,  si  yolgono  ai  privati ,  ed 
antepongono  agli  altri  quelli  retti  dagli  ecclesiastic!  o  dai  religiosi? 
II  perche  non  lo  dissimulano  :  —  Yi  confido  il  figlio  mio,  dicon  essi, 
perche  desidero  che  yenga  su  virtuoso,  onesto,  buon  cristiano,  e 
meni  una  vita  diversa  dalla  mia.  —  Non  e  gran  tempo  ,  chi  scrive 
queste  pagine  udi  il  direttore  di  un  giornale  liberalissimo ,  amara- 
menle  sfogarsi  a  cuore  aperto  con  lui ,  perocche  non  sapeva  in  che 
modo  guarentire  la  istruzione ,  la  coscienza  e  la  probita  dei  suoi 
figlioletti;  giacche  tanto  era  porli  negl' istituti  del  Governo  d' Ita- 
lia ,  quanto  me  tier  li  in  bocca  al  lupo  :  e  sospirava  ,  come  padre , 
T  instaurazione  di  quegli  Ordini  regolari ,  alia  cui  abolizione ,  come 
giornalista  liberale,  per  debito  di  mestiere,  avea  battute  le  mani. 

Tutto  cio  da  a  divedere,  che  in  Italia,  grazie  a  Dio,  assaissimi  uo- 
mini  di  partito  sono  ancora  men  tristi  dei  principii  che  difendono : 
e  che  la  religione  degli  avi  e  radicata  si  altamente  nelle  viscere  della 
nazione,  che  indarno  le  sette  signoreggianti  si  rincorano  di  sradi* 
cargliela. 

Ma  e  ben  palese  che,  ci6  non  ostante,  immane  delitto  commettono 
i  sicofanti  del  Regno  italico  ,  immolando  gV  ingegni  e  le  anime  di 
una  quasi  intera  generazione,  all'  idolo  del  loro  parricida  sistema. 
Stieno  pero  di  buon  cuore.  Essi  gia  si  sono  allevata  la  serpe  in 
grembo,  e  non  dubitino  che  questa  rendera  lor  ad  usura  tutto  il  ve- 
leno  che  ne  ha  ricevuto.  Quanto  poi  alia  Chiesa  cattolica,  cui  si  so- 
no affaticati  di  strappare  questa  generazione  d'ltaliani,  oh  ella  puo 
attendere  fiducialmente  1'  ora  sua !  Essa  non  e  destinata  a  perire. 
Se  una  generazione  le  e  rapita,  un'  altra  ne  succedera,  sopra  la  qua- 
le  potra  stenderc  il  braccio,  e  rifarla  umana  e  rifarla  chile  e  rifarla 
cristiana,  sclamando  giuliva  e  gloriosa:  —  L'  Italia  e  ancor  mia. 


VII. 


Qui  facciam  punto,  conciossiacche  lanostra  dimostrazione  ci  sem- 
bri  a  sufficienza  compiuta.  Termineremo  adunque  appropriandoci 
una  conclusione  del  Diritto. 


J  48  GLI  ESAMI  DE'LICEI 

«  Tulta  questa  macchina,  dic'egli,  dell'  islruzione  pubblica,  fab- 
bricata  con  tanta  gelosia  da  died  anni,  non  lia  dale  die  pessime 
prove.  Tulti  quesli  uomini,  die  sotto  i  diversi  Minister!  1'  hanno  sem- 
pre  manipolata  a  loro  agio,  fecero  opera  storta.  Si  e  \1sta  al  para- 
gone  dei  falli  la  bonta  dei  sistemi ,  dei  programmi  e  degli  uomini 
scelti.  Or  coirviene  mulare  registro,  non  essendo  giusto,  ne  patriot- 
tico,  che ,  per  omaggio  a  tradizioni  sbagliate  e  ad  uomini  ineorreg- 
gibili,  si  sacrifichi  1'avvenire  della  gioventu  italiana,  ed  il  nome 
della  patria  sia  trascinato  in  tanta  stalistica  d'ignoranti.  Noi  lo  ri- 
petiamo,  e  coll'  appoggio  oramai  dell'esperienza :  Le  scuole  non  dan 
frutli,  perehe  i  sistemi  e  gii  uomini  che  le  governano  sono  fallaci 
ed  inelti  1.  » 

II  democratico  foglio  conclude  sapientemente,  e  noi  ci  rallegriamo 
d'essere  questa  volta  di  pieno  accordo  con  esso  lui.  Egli  inoltre  ma- 
nifesta  speranza,  che  il  Governo  riformera  uomini  e  sistema,  in  quei 
che  all'  istruzione  pubblica  si  attiene.  Ouesla  speranza  non  abbiamo 
noi.  11  Regno  d'  Italia  non  e  che  un  sistema,  vivente  in  un  partito. 
Mutare  sislema,  sarebbe  un  cessar  di  \ivere :  mutare  uomini,  sareb- 
be  un  trasnaturarsi.  Ne  1'una  cosa  gli  e  possibile,  ne  1'altra.  Fin- 
che  il  Regno  sussislera,  le  cose  andranno  come  son  ite  finora.  Quin- 
di  il  Diritlo,  che  negli  esami  liceali  del  1861  raffiguro  la  «  Custoza  » 
del  pubblico  insegnamento ,  e  in  quelli  del  1868  ne  ha  rafiigurata 
ia  «  Lissa  »  ;  apparecchi  pur  1'  animo  suo  a  raffigurare  negli  esami 
del  1869  ,  se  avranno  luogo  ,  una  peggiore  «  calastrofe  »  ,  che  un 
pari  suo  non  potra  piu  rassomigliare  ad  altro  che  ad  una  Men  tana. 

Haec.olim  meminisse  imabit. 


1  Num.  cit. 


I  CROCIATI  Dt  SAN  PIETRO 

SCENE  STORICHE  DEL  1867 


XXXIII. 

Gli  accampamenti  del  Crociali. 

L'andata,  la  pugna,  il  ritorno  degli  ottantasei  Crociati  che  ope- 
rarono  a  Monte  Libretti,  lullo  fu  memorabile.  Perciocche,  sebbene 
la  giornata  non  parve  grande  pel  numero  delle  falangi  affrontatesi, 
rinse!  meravigliosa  per  le  prove  di  valore  e  di  devozione  alia  morte, 
date  du  Crociati,  e  ancora  per  la  disusata  costanza,  die  questa  volta 
dimostrarono  i  loro  nemici,  nel  mantenere  la  posta  contraslata.  II 
di  13  Ottobre  correva  una  domenica,  1'oltava  appunto  di  Noslra  Si- 
gnora  del  Rosario:  e  la  o.a  Compagnia  del  2.°  Zuavi,  locata  a  Monte 
Rotondo,  si  disponeva  di  festeggiaila,  come  per  dolce  riposo  di  tutta 
una  seitimnna  trascorsa  in  marce  e  in  fazioni  disastrose.  Anzi  un 
forte  distaccamento  della  Compagnia,  condotto  in  iscoperta  dal  te- 
nente  Guillemin,  non  era  rientrato  ai  quartieri  se  non  la  sera  innanzi 
e  ad  aKa  nolte.  Con  tutlo  cio,  siccome  la  festa  ricordava  la  battaglia 
di  Lop  into,  e  i  Zuavi  si  trovavano  quasi  che  in  vista  dei  novel  li 
musulmani,  non  si  voile  trapnssare  quel  giorno  senza  straordinaria 
celebrita.  Adunque  la  messa  militare  venne  solennizzata  con  discor- 


150  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

so  del  Cappellano,  P.  Yincenzo  Yannutelli,  e  da  frequente  corona, 
accoltasi  attorno  alia  sacra  mensa.  Fu  altresi  stabilito,  die  al  giorno 
si  canterebbero  i  Yesperi  nella  parrocchia :  ma  si  celebrarono  inve- 
ce  a  Monte  Libretti,  colla  fiera  fazione  die  tra  poco  racconteremo. 

Intanto  era  pur  giocondo  speltacolo  agli  angeli  del  cielo,  vedere 
quei  forti  posare  la  carabina,  e  dar  di  mano  all' ufficiuolo  della  Ma- 
donna, e  deposto  I'officmolq  ripigliare  la  carabina,  con  puro  intento 
di  prestare  ossequio  a  Dio,  si  coll'iino  come  coU'altra.  Dalla  pre- 
ghiera  attingevano  quel  valore,  che  solo  e  divinamente  logico,  per- 
ch^ dispregia  la  vita  caduca  sperando  la  eterna;  e  dai  rischi  del- 
1'armi  imparavano  ad  abbandonarsi  con  empito  ai  religiosi  conforti. 
Nelle  guarnigioni,  la  chiesa  era  il  luogo  piu  frequentato.  Alia  se- 
ra, al  mattino,  a  tutte  Tore  vi  avresti  incontrato  dei  Crociali,  quali 
in  un  angolo  a  scorrere  un  libro  di  preghiera,  quali  genuflessi  clinan- 
zi  al  tabernacolo  del  Dio  degli  eserciti.  Le  congregazioni  mariane, 
oggidi  si  floride  tra  loro,  germinarono  da  un  picciol  convegno  di 
alquanti  Zuavi  fiamminghi,  soliti  raunarsi  al  rezzo  di  un  ulivo,  a 
recitarvi  di  compagnia  il  santo  Rosario. 

Tra  i  campi  di  guerra  i  cappellani  mal  potevano  bastare  alia  pieta 
degli  accorrenti  a  profittare  del  sacro  minis lero :  alle  vcglie  poi  delle 
sortite  in  campagna,  erano  strettamente  assediati.  Allora  si  faceva 
chiesa  dove  che  si  fosse,  nelle  case,  negli  alberghi,  a  pie  d'un  albe- 
ro:  ogni  luogo  giudicavasi  acconcio  ad  appendervi  un  crocifisso,  se- 
dersi  a  lato  il  sacerdote,  e  a  piedi  genuflettere  il  penitente.  Gli  uffi- 
ciali  di  ogni  grado,  memori  delle  tradizioni  sublimi  di  Castelfidar- 
do,  davano  il  buon  esempio.  Chi  non  avesse  avuto  agio  di  accostar- 
si  al  sacerdote  prima  del  toccatromba,  riconciliavasi  cammin  facen- 
do.  Al  tutto  era  passato  nei  costumi  del  campeggiare,  che  non  si 
avesse  ad  affrontare  il  pericolo,  senza  quell'  ardimento  che  ispirasi 
dalla  coscienza  pura,  e  dal  Pane  dei  forti.  Di  quella  codardia,  che 
si  chiama  rispetto  umano,  insino  il  nome  si  era  dimenticato.  In  sua 
vece  regnava  1'alterezza  cristiana :  nelle  marciate  talvolta  si  allegge- 
riva  la  fatica  recitando  la  preghiera  che  tante  volte  vinse  i  nemici 
della  Chiesa,  il  Rosario :  e  ne'  ristretti  degli  amici  piu  intimi  si  ra- 
gionava  del  morir  per  la  Religione,  come  di  grazia  eccelsa  e  deside- 


XXXIII.  GLI  ACCAMPAMESTI  DEI  CROCIATI  lot 

rata.  Breve ,  vi'furono  tali  quartieri ,  specialmente  ne'  di  phi  guer- 
reggiosi,  che  bene  ritraevano  un  accampamento  della  legione  Tebea. 

E  con  questo  vedevasi  fiorire  una  serenita  giocondissima  negli 
alloggiamenti :  le  arduc  fatiche,  le  lunglie  vigilie,  11  duro  vitto  dive- 
nian  soayi :  e  tali  che  nelle  caserme  di  guarnigione  sariansi  lagnati 
di  picciol  disagio,  sotto  le  tende  del  campo  ogni  piu  aspro  patimenlo 
volgeano  in  festa :  la  vista  stessa  del  nemico  destava  gioia,  e  senza 
contarne  le  forze,  slanciavansi  allo  sbavaglio. 

Alcuna  volla  le  religiose  pratiche  venivano  difficoltate  dalla  man- 
canza  di  ministri,  che  inlendessero  gli  svariali  linguaggi  correnti  tra 
i  soldati.  Pero  1'arrivo  al  campo  di  un  sacerdote  di  favelle  tramon- 
tane, era  sempre  salutalo  con  allegrezza.  Davansi  la  voce  un  coll'al- 
tro  i  Crociati  di  quelle  lingue,  si  adunavano,  volevano  udire  parole 
di  anima,  confortarsi  coi  sacramenti.  Si  contristava  sopra  tutto  la 
pieta  degli  Olandesi,  piu  numerosi  che  ogni  altra  nazione,  e  pure  i 
meno  sicuri  di  trovare  chi  gl'intendesse.  Ma  in  breve  fu  trovato  il 
ripiego.  Un  di  loro  trasse  dal  portafogli  uno  stampato,  che  provvi- 
damente  aveva  seco  recalo  dal  paese,  e  conteneva  un  esame  di  co- 
scienza  in  tre  colonne,  olandese,  francese,  italiano.  Con  questo 
talismano  facevasi  sparire  ogni  ostacolo,  e  i  prodi  figli  della  Neer- 
landia  si  confessavano  in  un  attinio  a  menadito,  il  sacerdote  porge- 
va  loro  a  baciare  il  crociiisso,  formava  1'assoluzione,  ed  essi  giubi- 
lanti  ivano  ad  assidersi  al  convito  angel ico. 

Gli  uomini  di  mente  leggera  e  di  cor  to  intendimento  si  faranno 
forse  le  risate  di  cotali  divozioni  tra  le  opere  marziali :  ma  non  ne 
ridevano  gia  i  nemici  assaliti  alia  baionetta :  i  maestri  di  guerra, 
che  indagarono  per  iscienza  i  germi  del  valore  guerriero,  sanno 
troppo  bene,  che  sul  campo  di  battaglia  nulla  e  meno  ridicolo,  che 
un  esercito  confessato  e  comunicato. 

Ben  ttntesero,  e  V  intendono  tulta\ia  i  Crociati  di  S.  Pietro ;  che 
sentono  ogni  loro  forza,  ogni  loro  gloria  quinci  ingenerarsi  e  vigo- 
rire.  Che  se,  tolga  Iddio!  venisse  giammai  ad  oscurarsi  tra  loro  il 
concetto  della  sacra  milizia,  e  con  queslo  cominciasse  a  dileguarsi 
'aureola  della  pieta  ardita  e  recata  in  trionfo ;  con  cio  stesso  n*  an- 

bbe  ecclissato  il  piu  vivo  raggio  della  loro  corona,  ed  essi  piu 


152  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

non  sarebbero  altro  che  una  banda  di  prodi  venturieri;  cosa  onore- 
yole  per  verila,  ma  cormmale.  Se  a'  loro  modi  e  gesti,  piu  non  si 
riconoscessero  per  emulalori  di  S.  Luigi  in  Pales'iina,  iacerebbe  il 
cantico  di  laude  che  ora  d'  ogai  parte  li  circondi,  ne  piu  in  loro  si 
appunterebbe  1'amore  della  societa  crisliana,  la  quale  ora  con  paipito 
ineffabile  conta  i  loro  drappelli,  segue  i  loro  passi,  trema  ai  loro 
pericoli,  prega  mentr'essi  comballono,  inneggia  alle  loro  villorie. 

Solo  gli  splendori  della  pieta  ci  atlestano,  che  in  essi  vive  il 
pensiero  della  Crcciata.  E  queslo  solo  aflida  i  padri  di  bcnedirc  i 
figli  ad  arrolarsi  sotto  la  bandiera  romana,  i  figli  che  forse  a  gran 
sudore  ricomprarono  dalla  patria  milizia :  queslo  solo  fa  si  che  ve- 
neraudi  vegliardi  si  privino  lietamente  de'  loro  unigeniti,  e  non 
pia*igano  in  vedeili  spenti,  e  spezzato  1'unico  basione  di  lor  \ec~ 
chiaia:  queslo  solo  e  cagione  che  inlere  famiglie  di  forti  crisliani, 
reputino  indegno  della  lor  fede,  I'  assumere  il  lullo  pei  loro  cari, 
morli  nelle  sante  battaglie;  e  che  lenere  spose  dicano  ai  loro  dilelli: 
Va  a  Roma,  dove  Dio  I'appella;  e  che  madri  eroichc,  chiudano  di 
lor  mano  gli  occhi  ai  figliuoli  caduii  sul  campo,  e  inlonino  il  Te 
Deum.  Si,  quest!  esempii  sublimi  abbiam  lelto,  abbiamo  udilo,  ab- 
biamo  vislo,  pur  ne'mesi  Irascorsi,  cogli  occhi  noslri,  ene  abbiamo 
a  lunghi  sorsi  assaporalo  il  diletlo.  Ma  tulle  cotesle  meraviglie  ope- 
ra il  concello  della  Croeiata:  guai,  se  si  menornasse! 

Vero  e  che  lungi  e  lultavia,  la  Dio  merce,  siff.itlo  pericolo :  e 
prima  e  dopo  Mentana,  ne  siam  teslimonii,  uno  slesso  e  lo  spiri- 
to  dei  crocesignati.  Invano  lento  e  tenta  viziailo  il  nemico  di  ogni 
bene.  Nella  stessa  infelice  Ilalia ,  dove  si  nimica  dagli  empii  piu 
che  altro ve  la  Croeiata,  piu  fei  ve  la  fucina  di  frode  per  macularne 
1'onore  e  la  bellezza ;  nella  stessa  Italia  si  sente  passare  il  soffio 
della  fede  e  del  marlirio,  cosi  dopo  come  prima  dell'ultima  guerra. 
Antonio  Goldoni  modenese  (per  nominarne  uno  tra  molti),  fanciul- 
lo  dioiottenne,  venne  a  Roma,  gia  cessati  i  lumulti,  e  diceva  fran- 
camente  ad  un  amico,  che  ce  lo  riferiva:  « lo  non  son  piu  mio, 
sono  di  Gesfi:  voglio  cominciar  bene  la  mia  camera  militare... 
Sento  che  tra  i  Zuavi  non  ricevono  piu  nessuno  italiano :  entrc- 
ro  in  altro  corpo,  purclie  serva  la  buona  causa.  »  E  un'  altra  vol~ 


XXXIM.  GLI  ACCAMPAMENTI  DEI  CROCIATI  153 

la  :  «  La  vita  io  gia  Y  ho  sacrificata  a  Gesu  Cristo  e  alia  Madon- 
na. La  morte  uon  la  temo,  ma  la  desidero...  se  morissi  pro  Petri 
Sedt,  sarei  maitiie.  »  E  trenta  giorni  dopo  moriva,  affrettando  col- 
la  preghiera  1'ora  della  morte  bi'amata. 

Poco  prima  del  rompersi  la  guerra  un  giovanetto  lomano  si 
slruggeva  in  secreto  di  brandire  le  armi  crociale:  ma  gli  faceva 
conlrasto,  piu  che  ogni  altra  cosa,  la  debolezza  della  sanita,  e  la 
gracilita  della  persona.  Pero  bene  si  acrorgcva,  che  niuu  corpo  mi- 
lilare  oserebbe  scriverlo  ne'  suoi  ruoli.  Per  giunta  non  era  pervenuto 
ancora  all'  eta  legate.  Non  si  pe.dette  di  cuore.  Ad  ingagliardire  le 
forze  si  diede  a  vita  ruvida  e  dura,  spssso  dormire  vestito,  gittato 
sul  saccone  o  sulle  tavole,  passarc  le  noltolate  del  verno  sulla  log- 
gia, per  ausarsi  all'  ufficio  di  sentinella,  indossare  tutto  solo  la  di- 
visa  de'  Crociati  e  far  d'  armi.  IN7on  mancava  chi  per  tenerezza  della 
sua  tievole  complessione  e  chi  per  reo  talento,  tentasse  di  smuover- 
lo  dal  proposito.  Egli  rispose  a  tulti  col  presenlarsi  all'  ingaggio 
pel  di  solenne  del  Centenario  di  S.  Pietro.  Fu  ripulso.  Torno  alia 
pruova,  quando  gia  romoroggiava  la  invasione  giribddese ;  e  tanto 
seppe  avvocare  la  propria  causa,  che  la  vinse,  e  il  Ministro  gli  ebbe 
donalo  gli  anni  che  gli  mincavano.  11  valoroso  Vincenzo  (cosi  chia- 
m;ivasi)  tulto  in  giub.lo,  non  voile  pure  acceltare  il  premio  olTerto- 
gli  in  danaro,  pigo  a  qtiesto  solo  d'  incignare  la  divisi  di  Crodalo, 
volontario  tra  i  Cacciatori  indigeni,  nella  festa  della  Nativita  di 
Maria. 

Leggasi  il  racconto  che  ci  f  i  del  suo  ingresso  sulla  terra  papale 
un  brioso  losc-mo,  il  qu;ile  ci  dice  altresi,  per  genlilezza,  di  avere 
attinta  la  fianima  sacra  nella  leltura  dei  Crociati  di  S.  Pietro.  Noi 
conosciamo  quell'  ingenuo  c  franco  animo,  pero  non  ne  muteremo 
parol  i,  se  non  dove  l.i  prudenza  eel  comanda.  Eran  alcuni  mesi  do- 
l>o  Montana;  ed  egli  con  un  amico  del  cuore  si  risolveva  di  seivire 
S.  Pietro  scegliendo  la  divisa  militare,  invece  della  clericale  cui  por- 
tava.  Non  di,i  in  iraviglia :  tra  i  Crociati  miliUrono  lanti  ch  rici  e 
novizzi  ancora  di  Ordini  religiosi,  che  bene  surlisi  potuto  foimnne 

seminario  ed  un  convento  ;  e  ,  ci6  che  e  meglio,  dopo  data  eg;  c- 


154  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

gia  sperienza  in  guerra ,  gia  parecchi  tornarono  alia  prima  vocazio- 
»e,  e  alcuni  eziandio  celebrarono  la  prima  messa. 

«  Come  piacque  a  Dio  arrivammo  ad  Orbetello  (cosi  il  nostro"  se- 
minarista,  candidato  della  Crociata)  dove  fermandosi  il  convoglio 
unamezz'ora,  potemmo  refiziarci;  poi  rimontammo  in  vagone,  e  Tia 
di  corsa. 

—  Quanto  vi  sara  di  qui  al  confine?  dimandai  ad  un  passeggero. 

—  Oh,  poco...  e  qua... 

—  Senti,  amico,  dissi  al  compagno,  e  qua!  pure  arriveremo  alia 
desiderata  me ta,  saremo  content!...  Ma  che  contentil  Come  passe- 
remo?  senza  passaporto,  senza  foglio  di  via?  — 

«  Eh!  non  ci  era  altra  speranza  che  affidarci  al  Signore.  Gran  Dio ! 
ci  aiutate:  voi  vedete  che  siamo  qua  venuti  per  difendere  la  Santa 
Chiesa,  la  vostra  Religione ;  vorrete  adunque  abbandonare  due  pove- 
ri  figliuoli,  che  non  hanno  altro  rifugio  che  voi  ?  Aiutateci  per  pieta, 
voi  che  fin  qui  ci  avete  condotti  sani  e  salvi.  0  Maria,  Madre  dei 
tribolati,  riguardaci  una  volta  con  occhio  pietoso ;  te  ne  supplichia- 
rno.  E  qui  con  un  affetto  profondo  recitai  una  Salve  Regina,  la  qua- 
le,  apertamente  il  confesso,  dissi  con  tale  divozione,  che  mai  con 
altreltanta  in  vita  mia.  Quella  Salve  Regina  mi  rianim6,  mi  rimise 
il  cuore. 

«  II  vapore  allenta:  si  ode  un  lungo  e  rauco  stride :  era  T  avviso 
che  la  stazione  si  avvicinava.  Tutti  si  affacciano  agli  sportelli,  noi 
pure  facciamo  il  medesimo  :  guardo,  leggo:  Montalto.  Erano  i  con- 
fini.  II  vapore  e  fermato.  Si  fanno  avanti  Gendarmi  pontificii:  tra  es- 
si  eravi  un  soldato  di  Linea  ed  uno  del  Genio. —  Guarda,  diceva- 
mo  tra  noi,  come  sono  ben  assettati!  Se  ci  fosse  un  poco  anche  un 
Zuavo!  —  Non  ve  n'era.  Si  odono  varie  voci;  tendo  Torecchio  per 
sentire  che  c'e  di  nuovo.  Oh  cielo,  chiedono  il  passaporto! 

—  Coraggio,  amico,  tra  poco  aspettiamoci  un  grande  imbroglio. — 
Cosi  dicevo  all'  amico,  che  tuttavia  guardava  i  soldati  pontificii.  Le 
guardie  italiane  erano  in  vista  un  po'  da  lungi ,  per  dar  luogo  alle 
pontificie.  —  Come  faremo  noi,  eh?  Sta  a  vedere  che  ci  riconse- 
gnano  a  quei  birboni  laggiu,  e  quelli  ci  ricondurranno  via!  Che 
rabbia,  che  furore!  —  lo  mi  senlivo  abbruciare,  e  un  sudore  in- 


XXXIII.  GLI  ACCAMPAMENTI  DEI  CROCIATI  135 

dosso  mi  colava  minuto  minuto,  quasi  mi  sentivo  svenire.  —  Ma 
trumm!  si  alza  il  saliscendi:  —  Signori,  dice  un  vecchiotto  grassot- 
lo,  con  aria  di  galantuomo,  signori,  il  passaporto. 

—  Per  carita...  non  Tabbiamo. 

-  Ma,  come?...  (parea  che  glicne  dispiacesse)  non  1'  hamio?... 
neppure  una  carta  di  passo... 

—  Null  a,  milla. 

-  Vengano  meco,  vengano  meco. 

—  Eccoci,  sissignore. 

«  Passammo  a  capo  chino  tutta  la  stazione.  Alzai  una  volta  alquan- 
to  gli  occhi :  oh  Dio !  tutli  ci  guardavano.  lo  tremava  da  capo  a  pie- 
di.  Ci  inlrodusse  in  una  slanzetta,  e  faltosi  avanti  quel  buon  uomo 
della  guardia,  disse  al  suo  capo:  —  Signore,  questi  poveri  chierici 
non  hanno  passaporto. 

—  No?  c'interrogo  colui. 

—  Nossignore,  rispondemmo  tutti  e  due.  Ma...  Ma...  —  lo  non 
avevo  piu  yoce. 

«  Colui riprese  netto :  —  Dunque  ritornino  indietro...  Ho  T  ordi- 
ne  di  non  lasciar  passar  nessuno,  senza  carte.  — 

«  Non  1'avesse  mai  detto!  se  non  caddi  ne  ringrazio  sempre  il  cie- 
lo,  fu  per  me  una  pugnalata  nel  petto.  E  colui  stava  forte:  —  In- 
dietro! indietro! 

—  Ma  perdoni,  prosegui  il  mio  coinpagno,  noi  sianx  venuti  per 
difendere  il  suo  e  il  nostro  Re,  Pio  IX.  Noi  veniamo  a  combatte- 
re  per  la  Religione,  siamo  qui  per  farci  Zuavi.  Ci  avevano  detto, 
che  qui  non  c'era  bisogno  di  carte:  ci  hanno  ingannati... 

—  Che  voletc?  io  non  posso  assolutamente  lasciarvi  passare.  Non 
avete  nessuna  carta...  del  vostro  Rettore?  un  certificato  di  buona 
condotta... 

-  Niente,  caro  signore;  perche  se  avessimo  cercate  carte,  ne 
sarebbe  corsa  la  voce  a  chi  ci  era  contrarissimo,  e  non  avremmo 
potuto  ubbidire  alia  voce  di  Dio,  che  ci  comauda  di  arrolarci  tra  i 
difensori  della  Chiesa...  Per  carita,  signore... 

«-  Or  bene,  il  piu  ch'  io  posso  fare  per  loro,  e  non  rimandarli 
lietro.  Si  trattengano  in  Montalto :  scrivano  per  le  carte  e  come 
avro  in  mano  un  certificato,  11  lascero  passar  oltre. 


156  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

—  Ma  come  faremo  noi  qui,  che  stassera  ci  aspeltano  in  Roma, 
i  nostri  amici,  che  gia  sono  Zuavi? 

—  Non  posso. 

—  Or  via,  che  costerebbc  a  lei,  farci  un  visto passare!  In  Roma, 
li'overemo  chi  rispondera  di  noi,  abbiarao  leltere  di  raccom  indazio- 
ne  a  persone  dabbene... 

—  Ma  come?  ban  lettere? 

—  Sissignore:  eccole. 

«  E  gliele  prescntamrno  belle  ed  apeiie.  Le  presc,  lesse.  Anche  la 
guardia  leggeva.  Sussurra  qualcosa  all'orccchio  del  suo  principale: 
quest!  ci  fissa,  ci  squadra:  —  Ya  bcne  cosi:  \ad;m<»  al  vagone. 

«  Noi  lo  ringraziammo  insieme:  ma  il  cuore  mi  balxava  si  foi  te,  che 
mi  mancava  la  voce.  In  qualtro  salli  gi&  era  al  mio  posto.  Acciuffai 
una  pagnotta,  con  un  tagliuolo  di  prosciullo  (ero  stinito),  e  dandovi 
di  morso,  gridavo  ira  boccone  e  boecone,  Viva  Pio  IX!  1'abbiamo 
vinta,  siamo  franchi,  e  mi  posi  a  far  le  volte  in  su  e  in  giii  pel  va- 
gone,  con  tale  allegrezza,  che  parevo  mallo.  Torno  quella  benigna 
guardia,  che  graziosamente  sorridendo  ci  rendeltc  le  nostre  Icllere 
col  Visto  passare:  riserro  la  porliera,  la  valvola  si  apri,  e  fiss!  EC- 
CO  il  segnale,  la  macchina  muove  pian  piano,  poi  forte,  piu  forte  an- 
cora,  poi  vola,  e  \ola  vet  so  Roma.  11  mio  cuore  vi  era  gia  arrivato, 
col  pensiero  era  a  pie  di  Pio,  e  mi  pareva  dicessi:  Eccomi,gran  Pio, 
difensore  irremovibile  di  Santa  Chiesa  e  di  voi;  io  sono  paitilo  ab- 
bandonando  patria,  genitori,  parenti,  studii,  tulto,  per  difendervi  e 
morire  per  voi.  E  mi  sembrava  che  il  Santo  Padre  alzassc  la  mano 
e  mi  benedicesse.  » 

E  fu  benedctta  in  realta  1'egregia  coppia  di  amid,  die  ora  serve 
felice  e  lieta  sotto  la  bandiera  delta  Crociata,  tra  gli  Aitiglieri  pon- 
tillcii. 

Sotto  il  cielo  d'ltalia  Tamor  di  Pio  e  della  Chiesa  tiavagliata. 
veste  tutte  le  piu  leggiadre  forme  e  le  piu  poetiche.  Da  poehi  niesi 
quietava  la  guerra ,  quando  una  giovane  gentildonna  dava  alia  luce 
il  suo  primogenito.  11  primo  pensiero  del  padre  e  dell'  avo,  e  il  pri- 
mo  voto  del  cuore  di  madre  fu  di  vederlo  un  giorno  Zuavo  pontifi- 
cio.  —  Ma  intanto,  pensava  la  pia  dama,  non  pu6  pavtire...  quon- 


XXXIII.  GLI  ACCAMPAMENTI  DEI  CROCIA1I  lb~ 

ti  anni  prima  che  possa  reggere  il  facile!..  —  L'amorc  non  e  po- 
vero  di  ripieghi.  —  Si  fuccia  Zuavo  fin  d'  ora,  subito.  Pio  IX  puo 
tutto,  dunque  anche  far  Zuavo  il  mio  Eugenio.  — Detto,  folio.  S'im- 
plora  la  grazia.  Pio  IX  fu  inlenerilo  di  tanta  fede,  accordo  ladiman- 
da,  e  sulla  pagina,  che  gli  consacrava  ilpargolelto,  scrisse  una  dol- 
ce  benedizione.  La  venerata  parola  venne  locata  nel  sacrariu  dome- 
slico  della  famiglia;  e  il  Zuavo  laltante  mililera  per  via  di  scambio. 
Qualche  setlimaiia  fu,  nell'  aggradirne  una  prima  oblazione,  il  San- 
to Padre  degnavasi  novellamenle  scrivere  una  parola  pel  suo  soldato 
in  fasce.  Ora  si  oda  come  venisse  accolta  dalla  avventurosa  fami- 
glia. «  Prevedera  di  leggeri  qual  fes-ta  fu  per  tulti  la  sua  leltcra . 
che  tanla  consolazione  ci  arrecava ,  e  ci  die  a  ribaciarc  riverenti , 
per  due  fiate  in  cinque  mesi ,  gli  autografi  del  Santo  Padre.  I/  Eu- 
genio dormiva,  ed  io  tosto  coisi  a  meltergli  sul  capo  c  sulla  f  conic 
lo  scritlo  della  papule  benedizione.  Proruppe  immediatamente  ad  uit 
sorriso ,  e  si  grazioso  che  egli  sembrommi  un  angiolo  ,  onde  non 
Iratlenni  le  Ligrime...  Continue  a  dormirc ,  e  sorridendo  esultarc 
nel  gaudio,  finch^  la  cifra  benr detta  poggio  sulla  sua  tesloiina. 

«  Oh  faccia  Iddio  di  lui  quello  che  meglio  dovra  riuscirc  a  gloria 
del  suo  santo  Nome,  della  Religione  e  della  Fede...  Se  la  Vendetta 
di  Mentana  yorra  fare  le  sue  prove,  il  Zuavetto  snodera  la  sua  prima 
parola,  gridera:  Viva  Maria!  » 

Non  e  morta,  no,  la  fede  in  questa  tradita  Italia,  ne  langue  Tamo- 
re  a  Pio,  re  italiano,  e  padre  del  popolo  nostro,  per  un  titolo  di  piu 
che  gli  altri  popoli  ci  invidiano  e  non  banno.  E  gli  eroi  della  Cro~ 
ciala  anche  in  Italia  sono  segno  di  ammirazione  e  di  affetto,  come 
sono  la  speranza  e  il  gaudio  della  Ciistianita  universale.  Ma,-oon- 
fessiamolo  anche  una  \olta,  non  e  solo  la  loro  bandiera  veneranda , 
che  impone  rispelto  e  amore  al  mondo  caltolico;  sibbene  il  loro  con- 
tegno,  la  loro  professione  di  religiosi  sensi.  la  fama  dei  loro  accam- 
pamcnli  simili  ai  campi  dei  Crociati  anlichi ,  questo  ,  questo  e  che 
provoco  il  generate  enlushismo. 

Or  torniamo,  che  ben  ne  e  tempo,  al  campo  crociato  che  drizza 
le  insegne  verso  Monte  Libretti. 


158  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

XXXIV. 

Monte  Libretti,  43  Ottobre. 

Mentre  in  Monte  Rotondo  si  veniva  disponendo  la  solennita  eccle- 
siastica,  ed  ecco  un  dispaccio  del  Luogotenente  della  provincia,  a 
sostituirvi  la  festa  guerriera,  imponendo  di  marciare  contro  il  ne- 
mico.  II  Comandante  del  posto  ne  discorreva  col  sergente  maggio- 
re,  quando  il  di  Charelte  in  persona  arriva  baltendo;  rinnova  le 
istruzioni  a  voce,  e  passa  oltre  a  Monte  Maggiore.  Gia  dicemmo 
del  disegno  di  questa  fazione.  Dapprima  mirava  contro  Nerola;  fu 
poi  modificato  allorche,  venuto  sopra  luogo,  il  Charette  conobbe  le 
nuove  mosse  del  nemico,  e  cambio  V  immediate  obbiettivo  di  opera- 
zione.  Rimase  fermo  che  le  tre  colonne  uscite  da  Monte  Maggiore, 
da  Palombara  e  da  Monte  Rotondo,  dovessero  serrare  sopra  Nero- 
la:  ma  prima  liberare  Monte  Libretti.  Arturo  Guillemin,  comandan- 
le  di  Monte  Rotondo,  e  illustre  veterano  di  Castelfidardo,  ebbe  tale 
mandato  siccome  gli  altri,  e  per  giunla  formate  consegna  di  ripie- 
gare  per  altra  via,  se  il  nemico  incontrato  soverchiasse  evidente- 
mente  le  forze  ch'  egli  guidava. 

Per  tan  to  il  Guillemin  fece  prender  cibo  alia  sua  gente,  stacco  un 
picchetto  di  16  uomini  con  a  capo  un  foriere,  e  a  questo  ordin6  di 
presidiare  il  castello  di  Monte  Rotondo ,  e  quivi  sostenere ,  in  caso 
d'  attacco ,  sino  all'  ultimo  sangue :  gli  altri  pass6  in  rassegna  sulla 
piazza.  Erano  in  tutto  86  Zuavi  della  5.a  del  2.°  Razza  piu  mescu- 
gliata  di  sangui,  e  piu  unita  di  cuore  era  difficile  inventarla,  giac- 
che  v'  era  olandesi,  belgi,  francesi,  prussiani,  bavaresi,  italiani, 
svizzeri,  irlaudesi,  inglesi,  e  non  so  quante  altre  nazioni,  e  sul  lab- 
bro  di  tulti  si  udiva  un  solo  grido  :  Viva  Pio  IX.  Pareva  si  presen- 
tisse  la  fiera  lotta  che  stava  per  ingaggiarsi;  perche  mm  solo  il  co- 
mandante,  ma  ancora  il  sottotenente  Urbano  di  Quelen,  commisero 
al  cappellano  robe  e  memorie  destinate  ai  loro  cari,  pel  caso  di 
morte.  Lietissimi  entrarono  in  campagna. 

Monte  Libretti,  1'  antico  Mons  Britius,  e  villaggio  di  forse  trecento 
fuochi,  adagiato  sopra  un  colmo  di  collina.  Sotto  i  suoi  piedi  a  set- 


XXXIV.  MONTE  LIBRETTI,  13  OTTOBRE  159 

tentrione  vede  V  antica  via  Quinzia,  e  di  la  il  territorio  pontificio, 
recentemente  usurpato  dal  Regno  d'llalia:  ad  oriente  ed  occidente 
collegasi  quinci  con  Nerola  e  quindi  con  Monte  Maggiore  per  via  di 
sinuose  giogaie,  di  malagevole  accesso.  La  sua  pianta  stendesi  in 
quadrilungo ,  di  cui  la  parte  orientale  6  accerchiata  di  un  muro 
antico,  e  1'  altra,  tutta  aperta,  forma  quasi  che  un  sobborgo.  In 
mezzo  a  questo  si  apre  una  via  larga  assai,  cui  fiancheggiano  in  par- 
te il  castello  baronale,  e  in  parte  i  casamenti  borghesi. 

Assalire  la  posizione  da  oriente  torna  pressoche  impossibilc , 
senza  presidio  di  arliglieria,  atteso  che  una  sola  porta  vi  concede  il 
passo,  e  questa,  per  le  condizioni  del  sito,  difendevole  a  man  di  po- 
chi.  Restava  adunque  da  tentare  il  borgo,  come  quello  che  tra  casa 
e  casa  apriva  due  varchi.  Se  non  che  ancora  questi  ingressi  diveni- 
vano  pressoche  insuperabili,  dove  le  abitazioni  private  fossero  mili- 
tarmente  occupate:  ed  era  il  caso.  Ollre  a  cio  Tunica  strada  che  vi 
saliva  lungo  la  pendice,  serpeggiando  in  varii  modi,  si  porgeva  mi- 
rabilmcnte  a  piantarvi  grosso  nerbo  di  posti  avanzati. 

II  drappello  pontificio,  spiccato  di  Monte  Rotondo  presso  alle  due 
dopo  il  mezzodi ,  marcio  serrato  in  guardia,  quanto  consentiva 
Fasperita  delle  vie,  e  sempre  in  avviso  di  scoprire  le  altre  colonne, 
con  cui  doveva  accordare  1'  assalto.  Erano  presso  le  ore  sei  della 
sera,  e  il  cielo  gia  imbruniva,  quando  nello  svoltar  di  sotto  un  col- 
le  che  copriva  Monte  Libretti,  si  ode  una  voce  a  sinistra:  —  Chi 
vala? 

—  Zuavi  ponlificii!  risponde  il  Guillemin  in  italiano. 

-  AH'armi!  urlo  la  sentinella:  e  tenlo  far  fuoco,  ma  T  arma  il 
tradi,  e  in  sua  vece  spararono  i  posti  piu  addielro. 

I  Zuavi  erano  impensatamente  caduli  sul  nemico  :  valutare  le  sue 
forze  era  impossibile,  piu  impossibile  voltare  le  spalle  dopo  sentito 
il  fuoco.  —  Avanti  alia  baionetta!  —  fu  il  primo  ordine  del  Coman- 
dante  pontificio;  cui  risposero  i  suoi  soldati  col  solito  grido  di  guer- 
ra:  Viva  Pio  IX,  che  tutta  rintrono  la  valle.  Gia  alia  corsa  erano 
giunti  a  pie  dell'erta,  cola  dove  in  capo  a  piu  vie  sorge  una  cappel- 
la,  delta  la  Madonna  del  Passo.  Fanno  massa,  e  si  ripartono :  una 
sezione  prende  a  sinistra ,  sotto  gli  ordini  del  Quelen ,  e  si  stende 


i 


160  I  CROC1ATI  DI  SAN  PIETRO 

alia  bersagliera  colla  mil  a  di  rigeltare  il  nemico  affermatosi  ne'  ce- 
spugli  e  nelle  siepi  dinanzi  al  borgo ,  aggirare  1'  abitato,  e  sfoizare 
T  entrata  da  setleotrione :  sulla  desti  a  il  Comandante  montava  ani- 
moso  per  la  slrada  uiaggiore :  entrambi  soito  un  fuoco  foi  midabile, 
che  partiva  dalle  case,  dal  caslello  e  dai  balzi  del  la  salita.  Ben  pre- 
sto loi  o  pai  vei  o  troppo  lunghi  i  meandri  della  strada,  e  fatli  piu  bal- 
di  tagliavan  su  per  la  costa :  di  che  i  posti  garibaldi  schi ,  altestali 
sulle  volte  della  via,  vedevansi  accerchiali  quasi  piima  di  potere 
resislei  e ,  anzi  priraa  di  riaversi  dallo  spavento :  e  nel  ritii  arsi  ve- 
nivano  inseguili  dai  Ponlificii,  che  striscioni  di  roccia  in  roccia,  ap- 
poggiavano  il  labbro  della  carabina  sulle  schegge ,  e  abballevano 
i  troppo  lent!  alia  fuga. 

In  breve  il  feroce  assalto  ebbe  spazzato  tutti  i  posli  dinanzi  a  sef 
e  il  nemico  si  fu  ridotto  alia  protezione  delle  case:  e  intanto  i  Zuavi 
non  avevano  altro  che  pochi  feriti ,  e  un  solo  a  morte ,  il  napole- 
tano  Ciarla,  che  pago  colla  vila  la  gloria  di  avventarsi  tra  i  primL 
Ma  il  guadagno  del  primo  altacco  era  nulla,  rispetlo  al  da  farsi. 
Per  isforzare  il  passo  entro  il  borgo  era  d'uopo  d'un  esempio  di 
temerita :  poiehe  una  sola  via  si  presentava ,  lunga ,  slrelta,  co- 
mandata  sul  fianco  dalle  fuciliere  del  caslrllo,  e  dirimpelto  d«ille 
case  asserragliate.  11  comandale  Guillemin  balza  alia  testa  de'  suoi, 
da  un  lato  ha  il  zuavo  Alunno,  dall'  altro  il  suo  sergente  maggioie 
Bach,  un  bavarese  di  aspelto  severo,  di  quel  coraggio  freddo  e  im- 
placabile,  cui  il  rischio  e  sprone  e  non  istorna  giamrnai.  Si  ficcano 
di  foga  neir  angusto  cammino;  e  dietro  loro  chinati  e  rapidi  come 
pantere  i  seguaci ,  involti  in  uno  scroscio  di  palle  e  un  voitice  di 
fumea.  Cost6  Sringue  assai  e  raorti  questo  passo :  pure  sboccarono 
sulla  piazza  interna.  La  trabocco  a  terra  il  Guillemin,  squarcialo  ii 
pelto :  e  grid.uido  in  faccia  al  feritore :  «  Avanli!  Viva  Pio  IX,  lui 
solo  Re !  »  Tivispoi  lato  fuori  del  fuoco ,  una  palla  gli  scerpo  la  fac- 
cia; «  E  bene,  Viva  PiO  IX  »  furono  1'  ullime  voci:  inciorio  le 
braccia  e  spiro.  Ma  i  suoi,  gia  ihgrossati  sulla  piazza,  si  scagliavano 
sulla  lurbi  <-,he  veniva  alia  riscossa  dei  corap.igni  fuggiaschi.  Alia 
pritn;i  affrontata  1'  avrebbero  sgominala  e  dispersa,  se  in  quel  pim'o 
dalla  porta  del  ricinto  murato  non  scendeva  una  colonna  podercsa 
e  di  gente  usata  alia  guerra. 


XXXIV.  MONTE  LIBRETTI,  13  OTTOBRE  161 

Guidavala  il  maggiore  Fazzari.  Costui  die  pruova  d'  insigne  va- 
iore.  Avanzava  acavallo,  con  cappello  calabrese  e  un  gran  pennac- 
chio  in  capo,  e  colla  sciabola  in  pugno  attizzava  i  suoi  alia  lotta. 
In  un  baleno  fu  bersaglio  a  tulle  le  carabine  zuave ,  il  destriero  gli 
cadde  grandinato  di  palle  ,  egli  slesso  ferito  al  piede  ,  si  trascino 
in  una  piazzelta  in  disparte.  II  baltaglione  da  lui  condollo  resiste 
bravamente.  Allora  comincio  la  mischia  a  corpo  a  corpo;  la  baio- 
nella,  il  calcio  del  fucile,  il  pugnale  soltentrarono  alle  moschettate, 
non  v'  essendo  piu  Iregua  da  caricare.  Era  un  affrontarsi  a  schiera 
falla,  un  incalzare  e  cedere  a  vicenda,  un  afferrarsi  e  stringers!  e 
baltersi  di  col  pi  mortali,  e  passate  e  schermi,  e  duelli  sparpagliati 
€  di  nodi  intrecciati ;  spesso  un  Zuavo  inoltrato  innanzi  e  sopraffatto 
difendevasi  disperatamente  come  toro  accanato ;  altri  smucciare  del 
pie  e  quivi  essere  inchiodati,  altri  rizzarsi  piu  adirati  e  abbattere 
il  ferilore ;  altri  acculali  a  un  muro  torneare  colla  daga,  finche  un 
compagno  nol  liberava  dalla  pressa ,  o  un  nemico  1'  atterrava  con 
un  colpo  di  pistola.  Ad  ora  ad  ora  si  vedeva  uscir  di  schiera  alcuno 
dei  Crociali ,  impaziente  di  non  guadagnare  terreno,  scagliarsi  nel 
piu  folio  dei  nemici,  rovesciando  coH'impelo,  ferendo  colla  punta, 
peslando  col  calce  dello  slutzen.  Non  si  udiva  piu  allro  che  1'incioc- 
carsi  de'  ferri  e  lo  scoppio  delle  rivoltelle  e  1'  urla  degli  avversarii 
alle  prese,  spesso  ruzzolati  e  avvinghiali  insieme,  finche  1'  uno  dei 
clue  squarciato  da  piu  ampia  ferila,  d  sdavasi  e  boccheggiava. 

In  mezzo  a  si  crudele  conflitlo  mirabile  era  scorgeie  le  diverse 
altitudini  dei  combaltenti,  secondo  le  varie  indoli  e  nazioni.  Alun- 
no,  marchigiano  alto,  macro,  dal  braccio  di  ferro  giuocava  la  ba- 
ionelta  come  una  scimitarra  e  si  apriva  il  passo ;  il  Rebry,  belga  te- 
nace,  si  avanzava  sempre  combattendo,  rigando  il  terreno  del  pro- 
prio  sangue  per  tre  ferite,  toccale  fin  dal  prindpio ;  lo  Schuit,  olan- 
dese  quadrato,  senza  perdcr  contegno  operavasi  come  ad  una  gio- 
stra  di  carosello ;  il  di  Mylhenaere ,  fiammingo  imperlui  habile  , 
pure  in  maneggiare  le  armi  volgevasi  ai  camerali  e  gridava  in  fiam- 
mingo e  in  olandese  i  comandi  che  udiva  in  francese;  il  Torlora,  un 
napolitano  che  ha  la  pace  nel  volto  e  il  vesuvio  nel  pelto,  tirava 
sempre  alia  prima  linea ,  e  grondante  di  sangue  nemico ;  il  Cappe, 
Serie  Y/7,  vol.  TV,  fasc.  446.  11  6  Ottobre  1868. 


162  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

francese  implacabile  nell'assalire,  non  torno  addietro  se  non  quando 
gia,  dentro  le  mura  si  senti  sopraffatto  dal  numero  e  da  Ire  baionet- 
tate  ;  il  Guilloux,  il  di  La  Lande  eke  poi  mori  delle  ferite,  il  Serie; 
tutti  in  una  parola,  non  davano  ne  prendevan  respiro.  Cosi  i  Zuavi 
in  breve  guadagnavano  la  migliore ,  e  rigettavano  addietro  V  onda 
nemica,  ad  ogni  istante  rinnovata. 

Ma  intanto  che  sulla  piazza-e  sullo  sbocco  della  via  con  buona  for- 
tuna  si  avanzava  ,  il  sergente  Bach  combalteva  quasi  tulto  solo  la 
sua  battaglia.  Prima  di  por  piede  entro  1'  abilalo  ,  gia  aveva  rove- 
sciato  da  una  finestra  un  Garibaldino  ,  che  fieramente  a  pelto  sco- 
perto  caricava  la  carabina.  Egli  poi  lirava  coricato  a  terra ,  il  che  i 
camerati  suoi  dicevano  tirare  alia  prussiana,  e  raro  era  il  colpo  die 
gli  desse  in  fallo.  Accolto  nel  primo  ingresso  da  un  colpo  a  brucia- 
pelo,  abbatte  di  palla  il  suo  assalitore,  un  secondo  trapasso  con  due 
baionettate  al  petto,  un  altro  percosse  al  collo,  un  quarto  al  venire, 
ma  nol  fini  e  lasciollo  ai  compagni :  cosi  d'  uno  in  altro  duello  av- 
volgcndosi  sulla  sinistra  r  mentre  gli  allri  facevan  testa  alia  deslra , 
si  trovo  in  uno  sfondo  riposto,  dove  il  Fazzari  erasi  ritirato.  Cinque 
Garibaldini  circondavano  il  lore  Maggiore  ,  pronti  a  far  difesa  :  ma 
alia  vista  del  Bach  e  dei  seguaci,  che  contro  loro  voltavano  le  baio- 
nelte  insanguinate,  il  Fazzari  grido  :  —  Siam  prigionieri. 
—  Giu  le  arnii,  rispose  il  Bach,  a  terra,  a  terra!  — 
L'ufficiale  garibaldino  ordino  a' suoi  di  rendere  le  armi,  egli  stes- 
so  gitlo  la  sciabola.  Un  Zuavo  prussiano  ,  Ignazio  Krome  ,  li  fece 
distendere  sul  terreno ,  secondo  \  uso  della  patria  sua ,  li  cerco  ,  li 
spoglio  d'  ogni  arme  ,  e  li  dichiaro  prigionieri.  Poco  manco  che  la 
loro  docilita  non  bastasse  a  salvare  loro  la  vita :  poiche  in  quel  mo- 
mento  sopravveniva  furibondo  un  gruppo  di  Zuavi ,  un  fiammingo 
innanzi  a  tulti ,  coi  capelli  irti ,  cogli  occhi  fuori  del  capo ,  cercan- 
do  dove  immergere  la  baionelta  ,  e  gia  avevano  solto  il  ferro  i  pri- 
gioni.  11  Bach  li  ratlenne  a  gran  forza  di  grida  e  di  minacce  ,  e  li 
costrinse  a  rivolgere  altro  veil  lor  furore:  e  il  Fazzari,  cosi  com' era 
colcato  e  ferito,  stese  la  mano  al  cavalleresco  suo  liberatore.  II  Kro- 
me con  due  altri  raccolsero  in  una  casa  vicina  i  prigioni ,  e  vi  slet- 
tero  in  senlinella.  Ma  il  Bach  fu  alia  volta  sua  in  pericolo  di  per- 


I 


XXXIV.  MOIXTE  LIBRETTI,  13  OTTOBRE  163 

dere  la  vita,  perche  mentre  caricava  il  moschetto,  schermendosi  in 
un  aiigolo ,  ed  ecco  e  inveslito  di  fronte  alia  baionetta :  non  avea 
tempo  di  finire  la  carica ,  spara  la  rivolta ,  e  gli  fa  cecca ;  da  un 
guizzo  e  sfalsando  la  punta  nemica  zomba  col  cake  in  capo  air  as- 
salilore,  e  il  colpo  gli  riusci  cosi  giuslo,  clie  questi  gli  cadde  ai  piedi 
col  cranio  scapezzato,  ed  egli  ne  ritrasse  1'  arma  intrisa  di  cervella. 
Durava  quasi  da  un  quarto  d'  ora  queslo  non  piu  cozzo  di  squadre 
affrontate,  ma  steccato  d'  uomini  dilanianlisi  a  vicenda,  o  meglio  tor- 
neamento  ckiuso,  dove  un  pugno  di  croi  rincacciava  con  disperato  va- 
lore  la  piena  slrabocchevole  de'  nemici:  ciascun  di  loro  sforzavasi  di 
bastare  per  died.  Allora  fuvisto  1'eroe  della  compagnia,  1'olandese 
Pietro  Jong,  di  persona  e  di  forze  alletiche,  fare  le  estreme  prove.  II 
fuoco  gli  parea  troppo  lento,  la  daga  non  poteva  ingaggiarla  che  con 
unoallavolta:  abbranca  la  carabina  per  la  bocca,  e  scagliandosi 
dove  piu  serra  1'urto  nemico,  prende  a  menarla  con  due  mani  come 
un  rompicapo ,  e  si  fa  piazza.  Riassallto  da  dieci  cotanti ,  martella , 
pesta,  allerra  con  furore  pari  al  bisogno,  fmche  stanco  di  strage  e 
lacero  di  fcrite  cade  egli  stesso  sullo  strazio  dei  cadaver!  onde  si  & 
circondalo,  e  genuflesso  accoglie  la  morte.  I  camerati  gli  tesserono 
dipoi  leggende  e  poesie  ispirate  dal  patrio  orgoglio ;  e  ben  fu  giusto: 
ma  basli  alia  stoi  ia  cio  che  ci  affermava  chi  presso  lui  combattendo 
si  guadagno  gli  spallini,  che  non  meno  di  quattordici  nemici  eran 
caduli  sollo  la  sua  clava. 

II  terrene  era  letteralmente  lavato  di  sangue  dell'unae  deH'altra 
parte,  ingombro  di  morti  e  di  feriti,  gia  diradati  i  Garibaldini;  quan- 
do  sopraggiunse  la  schiera  del  Quelen,  laquale  sboccando  tramezzo 
le  case  a  sinistra,  giltavasi  a  gran  tempesta  nel  campo  della  strage. 
Cosi  raddoppiata  la  speranza  della  vittoria ,  i  Zuavi  raddoppiarouo 
gli  sforzi ;  e  i  Garibaldeschi  disanimati  da  si  atroce  assalimento  per- 
dellcro  1'  ardire  di  piu  fare  contrasto,  abbandonarono  fin  le  case  cir- 
costanli,  e  sempre  incalzali,  riampiattavansi  a  salvamento:  i  piu  si 
precipitavano  entro  la  porta  della  cerchia  murata. 

In  quella  il  sotlotenente  di  Quelen  era  stato  ferito  al  petto.  Si  ar- 
resto  un  tralto,  colla  mano  sulla  piaga  e  disse  al  sergente  Bach: 
«  Credo  che  la  parte  mia  1'ho  avuta.  »  Poco  stanle  accortosi  che  la 


164  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

ferita  non  era  mortale,  ripiglia  il  poslo,  riordina  i  capaci  di  batters! 
ancora,  accenna  alia  porta  dove  urtavasi  il  nemico,  e  fa  sonare  la 
carica.  Un  romanetto,  di  nome  Giuseppe  Mimmi,  ardito  come  im 
lioncello,  imboccava  la  tromba  solto  il  fuoco,  che  mai  non  aveva  ces- 
sato  interamente,  e  sentiva  che  1'ufficio  suo  era  di  suprema  rilevan- 
za  in  quel  frangente.  Una  palla  gli  recide  le  dita  con  cui  impugnava 
lo  strumento :  il  Mimmi  lo  agguanta  coll'  altra  mano  ,  e  suona  piii 
baldanzoso.  Con  tali  alti  im  uomo  scrive  il  proprio  nome  nella  storia 
degli  eroi. 

Furioso  oltre  ogni  dire  fu  I'assalto  alia  porta.  Gia  cadeva  la  notte, 
e  in  quel  mezzo  buio  i  Garibaldeschi  eransi  postati  sulle  muraglic, 
e  nel  caslello  e  in  certe  case  che  dominano  1'ingresso  esterno,  e 
cosi  da  tre  lati  v'incrociavano  im  neaibo  di  colpi.  E  pure  a  tre  ripre- 
se  si  fece  impeto  disperato.  Ma  la  strellezza  non  permise  mai  agli 
assalitori  di  entrarvi  in  colonna  serrata :  per  colmo  di  svanlaggio  la 
strada  interna  non  correva  drilta  e  dislesa,  ma  tagliala  da  vicoli  cir- 
costanti :  il  perche  i  gruppi  che  vi  penetravano  venivano  bersagliati 
da  troppe  parti,  ne  potevano  mantenersi.  Sulla  porta  si  balteiono 
accanilamenle  il  sergente  LaBegassiere,  il  sergente  Tortora,  il  scr- 
gente  Blevenec;  c  quest' ultimo  si  ebbe  in  volto  una  scarica  che  gli 
abbrustoli  le  ciglia,  ma  scorse  ancora  il  suo  feritore  e  il  baltc  mor- 
to.  Piu  Zuavi  caddero  su  quella  soglia  contrastata,  e  cadde  pure 
Fufficiale  di  Quelen,  percosso  dell'iilUme  e  mortal!  ferite.  La  porta 
stessa  rimase  tulta  scheggiata  dai  ferri  e  dalle  palle.  ,inj)?i 

Pareva  che  nel  Garibaldini  1'estremo  pericolo  di  trovarsi  rinchiusi 
nella  slessa  cerchia  coi  Zuavi  avesse  risvegliato  un  nuovo  ardire.  E 
Menolli,  che  era  cola  entro,  ne  si  era  peranche  veduto,  martellava 
di  ordini  i  suoi  ufficiali  e  gli  altri  valorosi ;  che  infme  si  aggruppa- 
rono  alia  carica,  e  sostenuti  dalla  micidiale  fucileria  delle  case,  ri- 
sospinsero  i  Zuavi,  quanto  basto  a  chiudere  sopra  loro  le  porte.  Al- 
lora  coll'  energia  che  somministra  un  disperato  lerrore,  in  massa  si 
slanciarono  a  fermarle  colle  spalle  ,  le  appontonarono  con  isbarre , 
con  botti,  con  mobili  accatastati,  con  quanto  delle  loro  alle  man!;  e 
diotro  quell' insuperabile  riparo  infme  respirarono  un  tratto. 


XXXIV.  MONTE  LIBRETTI,  13  OTTOBRE  163 

Rimasti  esclusi  i  Zuavi,  e  senza  speranza  di  sforzare  1'enlrata,  non 
si  sgomentarono  tutlavia.  II  sergente  maggiore  Bach,  divenuto,  per 
la  morte  de'  superior},  natural  comandante  delta  compagma,  prese 
t'eroica  determinazione  di  mantenere  almeno  il  campo  conquistato 
con  tanto  sangue,  poiche  altro  non  rimaneva  da  tentare.  Dispose 
adunque  i  suoi  fucilieri  in  forma  da  contrabattere  la  moschetteria 
dctle  mura  e  delle  aperture  circoslanti.  Alcuni  Zuavi  avanzavansi 
insino  ad  imboccare  le  carabine  pei  fessi  delta  porta,  sebbene  con 
piu  pericolo  che  vantaggio.  A  queslo  modo  si  sostenne  per  una  lar- 
ga  ora  di  notte.  Da  ultimo  cambio  la  tremenda  posizione  in  una  me- 
no  arrischiata:  adocchio  una  casipola  da  lalo  alia  porta,  e  fecela  oc- 
cupare  da  un  drappello  de'  suoi.  Diciolto  \i  si  stabilirono ,  com- 
preso  alquanti  feriti;  egli  \i  entro  I'ultimo,  e  fece  lasciare  socchiusa 
la  porta,  poiche  fmestre  non  avea,  affme  di  vigilare  sulle  sortite  ne- 
miche.  La  sua  speranza  era  tutta\1a  che  le  colonne  di  Palombara  e 
di  Monte  Maggiore  sarebbero  giunte  o  tosto  o  tardi,  e  sarebbesi  da- 
to  r ultima  stretta  alia  piazza. 

Gli  allri  compagni ,  bersagliati  sempre ,  giacche  il  chiarore  della 
luna  troppo  li  scopriva ,  furono  anch'  essi  raccolti  in  fondo  al  borgo 
dal  sergente  di  La  Begassierc.  Rilevarono  quanti  piu  poterono  de*  lo- 
ro  ferili,  e  in  buona  ordinanza  si  mossero  per  Monte  Maggiore.  Dalle 
mura  fu  avvisata  la  loro  partenza ;  il  nemico  si  precipito  novamente 
Terso  la  porta  ,  urlando  e  vociferando.  I  diciotto  del  Bach  udivano 
distintamente  le  grida  dei  comandanti ,  che  incoraggivano  la  turba 
ad  altaccare  il  ridotto  dov' essi  vegliavano  in  sentinella.  — Addosso 
a  quella  canaglia !  alia  baionetta !  morte  ai  Zua^i !  —  E  i  Zua\i  gia 
si  aspettavano  di  ^7cdere  spalancate  le  porte  e  sortire  la  colonna  di 
quei  valorosi,  ed  essi  slavano  in  atlo  di  farli  i  male  arrrvati.  Ma  le 
furon  parole ,  le  porte  di  Monte  Libretti  non  si  apersero  mai  tutta 
notte,  e  i  Gai  ibaldeschi  si  contentarono  di  sfogare  la  loro  rabbia  con 
torrenti  di  palle  sul  tetto  della  casa,  inutilmenle. 

A  questo  modo  quel  pugno  di  eroi  passo  la  notte  sul  lerreno  del- 
la  battaglia,  con  1200  nemici  di  fronte,  rinchiusi  e  frementi,  e  non 
arditi  mai  di  tentare  un  attacco.  Ne  ascoltavano  le  parole  e  le  \ilis- 
sime  ingiurie,  e  sopra  tutto  le  esecrande  bestemmie  onde  quei  co- 


160  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

dardissimi  si  vendicavano  contro  il  Santo  Padre,  e  1'Oslia  adorabi- 
le,  e  tutto  il  cielo.  Ad  uno  che  sporgevasi  del  capo,  gridando:  —  lo 
jaon  ho  paura,  sono  brigante,  io;  —  un  Zuavo  rispose  in  italiano: 
—  Lo  siete  lulti.  —  E  nel  punto  stesso  un  altro  con  diriltissimo  ti- 
ro  gli  cliiuse  la  bocca,  e  il  trabocco  dalle  mura. 

Verso  le  ore  nove  cesso  quasi  inleramente  il  fuoco.  Perciocche, 
tranne  una  forte  guardia  lasciata  sulla  porta,  coll' incarico  di  lirare 
qualche  colpo,  per  dissimulare  la  ritirata,  i  Garibaldeschi  sgombra- 
rono  da  Monte  Librelli.  Uscivano  dalla  porta  verso  Nerola,  compre- 
si  da  spavento  indicibile,  in  confusione  e  disordine  precipitoso,  co- 
me ci  confermano  gli  storici  loro,  quasi  sentissero  alle  reni  le  baio- 
Belte  zuave.  Temevan  di  tullo:  temevano  die  la  ritirata  del  La  Be- 
gassiere  fosse  un'  insidia,  temevano  che  il  Bach  ad  ora  ad  ora  rin- 
novasse  1'assalto,  temevano  che  durante  la  nolte  sopravvenisse  rin- 
forzo  ai  Pontificii ;  e  non  si  potevano  persuadere  che  un  si  debole 
corpo  avesse  osato  assallare  le  formidabili  posizioni  loro. 

Sottentro  adunque  al  lungo  tumulto  un  silenzio  lugubre,  rolto  solo 
dal  guaio  acuto  de'  feriti  e  de'  morenli,  che  tulto  intorno  pel  borgo 
si  consumavano  perdendo  il  sangue.  Era  mirabile  il  contrapposto  di 
un  Zuavo  e  di  un  Garibaldino,  che  a  poca  distanza  1'un  daH'aHro, 
dolorosamente  aspettavano  la  morte.  11  nemico  di  santa  Chiesa,  non 
domalo  dal  tormento,  tutta  notte  si  smaniava  imperversando  contro 
Dio,  e  imprecando  a'  suoi,  che  nol  soccorrevano :  il  Zuavo,  era  il 
buon  Leopoldo  de  Coester,  fiammingo,  consolava  le  mortali  agonie, 
invocando  il  perdono  divino,  e  a  quando  a  quando  sforzandosi  di 
cantare  una  strofetta  divota  nella  lingua  natale. 

Nel  corpo  di  guardia  del  Bach  pure  si  pregava.  Adagiati  i  feriti  il 
men  peggio  possibile,  pensarono  ai  morti  della  giornata:  tre  ne  ave- 
vano  sotto  gli  occhi  loro,  morti  nella  casa  stessa.  Gli  altri  contaro- 
no,  come  solo  si  poteva,  clascuno  ricordando  quelli  che  avea  vedu- 
to  cadere,  o  trovati  estinti  sul  suo  passaggio.  Cominciarono  a  reel- 
tare  le  preci  dei  defunli.  Risconlro  degno  dei  cavalieri  antichi  di  san 
Luigi  era  mirare  quei  forti,  schierati  attorno  agli  amati  cadaver! ,  e 
aPP°ggiati  su^e  carabine  cariche  ,  colle  daghe  sanguinose  ,  levare 
il  cuore  a  Dio ,  implorare  la  pace  del  cielo  alle  anime  dei  fratelli ; 


XXXIV.  MONTE  LIBRETTI,  IB  OTTOBRE  167 

e  la  preghiera  interrompevasi  talora  da  un  colpo  di  fuoco  che  la 
scolta  sparava  contro  un  nemico,  apparso  in  sulle  mura.  Cosi  Iras- 
correvan  le  ore. 

I  Ponlificii  avevano  palite  perditc  dolorose  :  due  ufficiali,  dodici 
tra  sottufficiali  e  comuni  o  morti  o  moribondi,  e  una  venlina  di  feri- 
ti :  oltre  a  cio  nella  mattina  vegnente  Ire  dei  loro  caddero  in  mano 
ai  Garrbaldeschi,  compreso  il  gendarme  Saverio  Maei,  che  poi  fu 
trovato  morto.  Non  si  seppe  se  perisse  nel  conflilto  o  se  Irucidato  fos- 
se dai  barbari  nemici,  conculcatori  di  ogni  onore  di  guerra.  Incom- 
parabilmente  piu  grave  fu  la  strage  nel  campo  garibaldesco  :  fuori 
le  mura  si  contarono  da  quarantasei  cadaveri,  una  quindicina  forse 
dentro  alia  cerchia  murata  :  i  feriti,  secondo  il  consueto,  salivano 
quasi  a  tre  cotanti :  e  per  giunta  coloro  che  millantavansi  di  cac- 
dare  i  mercenarii  stranieri  a  calcio  di  fucile,  s'eran  veduti  scac- 
ciare  a  viva  forza  d'  arme  dalle  loro  munizioni,  essi  in  numero  di 
oltre  al  migliaio  da  oitantasei  di  quei  dispregiati  nemici,  e  dovevano 
evacuare  il  castello,  piu  a  modo  di  rotta,  che  di  riiirata. 

Tra  poco  ritorneremo  a  loro,  e  parlercmo  dei  morti  e  dei  super- 
stili,  e  delle  conseguenze  militari  della  fazione  di  Monte  Libretti:  la 
qmile  come  gilto  vivissimo  lampo  di  gloria  sui  Pontih'cii  e  piu  spe- 
cialmente  sul  corpo  zuavo ;  cosi  riusci  agli  invasori  funestissima,  e 
una  delle  piu  perniciose  tra  tutte  le  loro  sconfitte. 


LA  RIVOLUZIONE  IN  ISPAGNA 

NUOVA  CONDANNA  DEL  LIBERALISMO  MODERNO 


1. 


Quando  nel  penultimo  quaderno  annoveravamo  i  pericoli  che  la 
pubblica  tranquillila  correva  nei  singoli  Stall  di  Europa,  eravamo  ben 
lungi  dal  sospettarc  che  essi  fossero  cosi  imminenli  e  cosi  gravi  per 
uno  almeno  di  quegli  Stall.  Non  e  ancora  scorso  un  mese,  e  gia  la 
Spagua  e  lutta  sconvolta:  il  suo  ordinamenlo,  il  suo  governo,  la  sua 
eostiluzione,  e  fin  anche  la  sua  dinastia,  aim  sino  la  sua  corona, 
neH'alto  cbe  scriviamo,  parle  e  gia  abbaltuta,  parle  e  sul  punlo  di 
cadere.  Una  ribellione  soldalesca,  la  decima  quinla  forse  che  in  po- 
co  piu  d'un  quarto  di  secolo  ha  posto  sossopra  quclla  contrada,  e 
slala  piu  dellc  altre  forlunala,  e  sollo  i.  colpi  d'  una  spada  infedele 
vennero  infranli  lutli  i  vincoli,  che  quivi  legavano  popolo  e  gover- 
no.  Or  nientre  puo  quasi  dirsi  essersi  conosciulo  dall'  Europa  prima 
il  Irionfo  che  lo  scoppio  d'una  si  grave  rivoluzione  ;  noi  non  iscor- 
giamo  che  siasi  nell'  Europa  destata  quell'  alia  meraviglia,  di  cui  in 
altri  tempi  un  simile  avvenimenlo  avrebbe  riempiulo  lulli  gli  spirili. 
La  stampa  liberalesca  non  dissimula  la  sua  gioia;  ma  non  se  ne 
moslra  sopraffalta  come  di  cosa  improvvisa;  la  stampa  conservative 
e  addolorata,  ma  non  istupila.  Donde  cio  avviene? 

Molte  cagioufpossono  concorrere  insieme  per  far  cessare  ogni 
attitudine  di  meraviglia.  Puo  essere  che  le  mene  o  esterne  o  interne, 


LA  RIYOLIZIONE  IN  ISPAGNA  ECC.  169 

gli  sforzi  degli  ambiziosi  o  dci  scttarii,  i  prcparalivi  che  dentro  e 
fuori  la  Spagna  si  facevano,  fossero  gia  noti  all'universale;  sicche  la 
maggior  parte  delle  persone  piu  informate  si  attendesse  da  un  giorno 
all'altro  la  notizia  di  queste  rivolture.  Puo  essere  clic  la  persuasione, 
la  quale  trovasi  in  tutti  quanti ,  non  esservi  ora  in  Europa  nessu- 
na  contrada  senza  certi  gross!  nuvoloni  che  ne  offuschino  il  sereno 
di  pace;  tenga  preparati  gli  animi  a  questa  sorta  di  avvenimenti, 
come  a  naturale  corrispondenza  d'una  trepida  espeltazione.  Puo  es- 
sere ancora  che  la  condizione  propria  della  penisola  spagnuola,  si- 
tuata  all'estremo  lembo  del  conlinente  europeo^le  intestine  discordie 
che  ne  hanno  naturalmente  scemata,  se  non  distrulta,  ogni  esterna 
azione ;  i  pochi  rapport!  commercial!  che  quello  Stato  ha  cogli  altii 
popoli  di  Europa;  e  tutte  le  altre  cause  d'isolamento  che  cola  sono, 
facciano  si  che  gli  avvenimenti  spagnuoli  non  sieno  intimamente  col- 
legati  cogl'intcress!  degli  altri  popoli ,  e  quindi  non  destino  in  essi 
quelle  commozioni,  che  i  somiglianli  o  in  Italia,  o  in  Francia,  o  in  al- 
tro  paese  desterebbero.  Ma  piu  di  tutte  queste  cagioni  insieme,  una 
ve  n'  e  efficacissima  a  parcr  nostro,  perche  un  simile  rovesciamento 
di  Slato  non  abbia  colpito  le  menti  come  di  caso  improvviso.  Essa 
dimora  nella  caducita,  che  e  propria  di  tulte  le  istituzioni  del  mo- 
derno  liberalismo.  Ovunque  esso  e  riuscito  a  introdurre  i  suoi  prin- 
cipii,  invece  di  infondere  in  quelle  istituzioni,  come  prometteva, 
la  vita,  sembra  che  v'  abbia  introdotti  i  germi  di  mortale  infermita; 
sicch&  ogni  senso  di  stupore  del  vederle  mancare  estinguesi  negli 
ammiratori,  del  paro  che  negli  oppugnatori  di  questa  scuola.  Nessuna 
costiluzione  liberale  e  durata  a  lungo ;  cio  ne  insegna  la  sloria  di 
tutta  questa  parte  di  secolo  in  che  viviamo.  Nessuna  costituzione  li- 
berale e  per  se  stessa  durabile  :  cio  fu  detlo  e  ripetuto  dai  piu  sa- 
gaci  e  profondi  uomini  di  Stato.  II  vederle  adunque  in  un  periodo 
piu  o  meno  lungp  di  tempo  \acillare,  cangiarsi,  cadere,  siccome 
spettacolo  aspettato  non  solo,  ma  eziandio  usuale,  non  colpisce  piu 
\ivamente  nessuna  immaginazione,  non  eccila  nessuna  meraviglia, 

Or  fra  tulti  i  danni  materiali  e  morali  che  il  moderno  liberali- 
smo cagiona  ai  popoli,  questa  instabilita  puo  dirsi  il  principale.  E 
appunlo  per  questo,  degli  ultimi  avvenimenti  spagnuoli ,  si  feraci 


170  LA  RIYOLUZIONE  IN  ISPAGNA 

d'insegnamenti  a  chi  ne  contempli  con  guardo  indagatore  le  origin!, 
noi  non  ci  arresteremo  a  considerare  che  queslo  solo.  Ad  altri 
apparterra  1'indagare  da  chi  si  fatto  ammutinamento  militare  sia 
stato  promosso  ed  incoraggialo  :  in  qual  paese  e  con  quali  consigli 
sia  esso  stato  concertato  e  preparato :  come  siasi  corainciato  a  por- 
re  in  opera,  e  qual  procedimento  abbia  avuto  nella  Spagna :  qual 
fine  si  proponga,  e  a  quali  termini  debba  esso  riuscire ;  come  si 
colleghi  colla  influenza  che  le  selte  piu  o  meno  antisociali  esercita- 
no  nei  singoli  Stati.  A  noi  bastera  cavarne  questa  nuova  conferma- 
zione  d'una  verita  detta  e  ridelta,  ma  non  abbastanza  entrata  nella 
mente  delle  persone:  cioe  che  nessuna  istituzione,creata  o  informata 
dal  liberalismo  moderno,  nasce  con  probabilita  di  lungadurata,  nes- 
suna in  realta  duro  finora  a  lungo.  Ora  la  stabilita  delle  istituzioni 
sociali  e  il  principal  bene  delle  popolazioni,  rispetto  al  loro  ordi- 
namento  sociale.  II  liberalismo  moderno  adunque,  distruggendolo, 
deve  dirsi  sommamente  pernicioso  alia  civile  convivenza. 


II. 


Perche  si  tocchi  da  tutti  quasi  con  mano  la  verila  dell'  imputazio- 
ne  che  noi  facciamo  al  liberalismo  di  inevitable  caducita ,  baste- 
rebbe  svolgere  la  storia  modernissima  dei  due  paesi,  ove  da  piu 
lungo  tempo  che  altrove  i  liberal!  hanno  avuto  dominio  ed  influen- 
za :  vogliamo  dire  la  Francia  e  la  Spagaa.  Lo  sperimento  e  stato 
quivi  largamente  falto,  e  nelle  cireostanze  piu  favorevoli. 

Or  quante  volte  in  questo  secolo  la  Francia  non  ha  mutata  fa 
sua  costituzione,  cangiata  la  sua  dinastia,  variata  la  forma  del  suo 
governo?  II  primo  impero  die  luogo  alia  rnonarchia  legittima:  que- 
sta cedette  il  posto  alia  orleanese:  successe  a  lei  la  repubblica:  la 
repubblica  fu  novamente  cangiata  in  impero.  Ecco  quattro  variazio- 
ni  di  forma,  e  tre  di  dinastia:  e  lungo  il  periodo  di  ciascuna  d'essa 
quante  altre  variazioni  piu  o  meno  gravi,  e  quanti  altri  tentalivi  di 
variazioni  piu  o  meno  riusciti?  Da  non  cosi  antico  tempo  il  libera-  - 
lismo  prese  possesso  della  Spagna,  ove  pure  trovo  resistenze  e  av- 
versioni  profonde  nelle  abitudini  e  nel  carattere  delle  popolazioni, 


NUOVA  CONDAKNA  DEL  LIBERALISMO  MODERNO  171 

sinccramente  monarchiche,  e  piu  sinceramente  cailoliche.  Eppure 
avanli  di  giugnere  al  cambiamento  massimo,  che  ora  o  nella  forma 
del  suo  governo  o  alia  men  trista  nella  dinastia  regnante  si  mi- 
naccia;  a  quanti  cangiamenti  non  ando  soggeita  la  sua  coslituzione  ; 
quante  turbazioni  piu  o  meno  vaste  non  vi  sofferse  1'ordine  pubbli- 
co;  quante  volte  non  si  pose  mano  alle  armi  per  usurpare  il  potere, 
e  rendere  prevalente  or  Tuna  or  1'allra  fazione  politica,  in  che  il 
paese  si  divide?  Contansi  a  centinaia  gli  uomini  cbe  tenner  o  cola 
il  seggio  ministeriale :  contansi  quasi  a  dozzine  le  modificazioni 
cbe  vi  si  fecero  negli  statuti  fondamentali :  e  costituiscono  vere  ca- 
tastei  volurai  contenenti  le  leggi  fatte,  disfatte,  rifalte  a  seconda 
del  mutamenti  dei  minister!  e  delle  corti  deliberanli.  Questi  minor! 
mutamenti,  gravissimi  per  se  medesimi,  prepararono  naturalmente 
gli  animi  al  massimo,  teste  avveratosi.  Come  il  corpo  umano  si 
debilita  per  le  infermita,  e  cosi  piu  facilmente  soccombe  all'urto  un 
po'piu  grave  d'un  morbo  non  mortale;  cosi  avviene  del  corpo  mo- 
rale, che  ad  ogni  ass?lto  di  uno  sconvolgimento  perde  sempre  una 
parte  delle  sue  forze,  finche  non  cade  per  ispossatezza  sotto  i  colpi 
d'un  sollevamento  un  po'meglio  concertato.  Ma  non  fa  bisogno  d! 
fare  particolareggiate  menzioni  di  Stati  e  di  rivolture.  Noi  possiamo 
genericamente  volgere  ai  liberali  moderni  queste  due  interrogazio- 
ni:  Qual  Monarchia  fu  mai  salvata  dalle  costituzioni  dell'odierno  li- 
beralismo?  Qual  costituzione  non  trasse  la  Monarchia,  chelaconces- 
se,  o  nella  rovina,  o  nel  pericolo  almeno  di  questa  rovina?  La  rispo- 
sta  non  puo  esser  dubbia.  Se  dunque  la  storia  deve  insegnar  qual- 
che  cosa,  insegneii  al  certo  colla  evidenza  dei  fatti,  che  gli  ordina- 
menti  sociali,  ispirati  dal  liberalismo,  portano  tutti  questa  impronta 
manifesta  d'instabilita. 

Ma  dove  anco  la  storia  non  fosse  cosi  eloquente,  la  considerazione 
dell'  organamento  liberalesco  di  uno  Stato  basterebbe  da  se  sola  a 
fame  pronosticare  la  inevitabile  caduta.  Noi  qui  non  intendiamo  di 
parlare  degliordini  eslerni  d'una  qualsivoglia  costituzione,  i  quali 
sono  per  se  indifferent!  a  produrre  il  bene  o  il  male  di  un  popolo. 
Parliamo  dello  spirito  che  informa  questi  ordini,  e  che  infonde  loro 
o  la  bonta  o  la  malignita  della  propria  natura.  L'  esteriore  ordina- 


172  LA  RIVOLUZIONE  IN  ISPAGNA 

mento  del  Governo  inglese  e  simile  all'  esteriore  ordinamento  del 
GoYerno  spagnuolo :  e  pure  non  V  e  paese  piu  dell'  Inghil terra  te- 
nace  delle  sue  istituzioni :  non  v'  e  paese  piu  disposto  a  cangiar  le 
sue  della  Spagna.  Perche  un  tal  divario?  Perche  lo  spirito  della  co- 
stituzione  inglese  e  V  opposto  dello  spirilo  della  costiiuzione  spa- 
gnuola.  In  Ispagna,  come  in  ogni  Stato  liberalesco,  lo  spirito  infor- 
matore  di  tutte  le  nuove  istituzioni,  che  il  liberalismo  vi  ha  intro- 
dotto,  ha  un'indole  tutta  sua  di  caducita  e  di  dissolvimento.  Per  con- 
vincersene  diamo  brevemente  un'  occhiata  ai  tre  element!  di  ogni 
tendenza  sociale,  che  posson  dirsi  costituire,  uniti  insieme,  lo  spi- 
rito proprio  di  una  sociela :  Yale  a  dire  al  principe  che  ne  dirige 
J'opera  verso  il  fine:  alia  concordia  delle  diverse  parti  che  formano 
1'imita  operante;  e  finalmente  all'impulso  che  spinge  1'operanle  al- 
1'azione. 

III. 

•  .fj,  •; .•*!;•  'fitf .••_!: :.-•;  •  ••*,, .>n:.  r!)V{vilr»f  1 

Or  qual  e  mai  il  principio  proprio  del  liberalismo  in  falto  di  co- 
slituzione  politica  di  un  popolo?  Non  vi  vogliono  lunghe  indaginiper 
iscoprirlo:  talmente  esso  e  scolpito  in  ogni  costituzione  moderna. 
La  liberta  di  tutti  in  tutto  prevalente  sopra  qualsivoglia  autoritci : 
ecco  qual  e  il  principio  che  domina  tutte  le  istituzioni,  e  tutte  le  in- 
forma  e  dirige.  Questo  principio  viene  applicato  in  cento  guise  e  a 
cento  oggelti.  La  liberta  dei  culti:  la  liberta  della  stampa:  la  liber- 
t&  delle  associazioni :  la  liberty  dei  cornmerci:  la  liberta  delle  armi 
nelle  guardie  nazionali :  la  liberta  dei  giudizii  nei  giurati :  e  tutte  le 
altre  liberta  parziali  non  sono  che  altrettanti  rivoli  di  quell'  unica 
sorgente,  che  li  produce  e  li  alimenta  lutti.  Mentre  pero  da  un  la- 
to  si  concede  tanto,  e  quasi  si  puo  dir  tutto  alia  liberta  individuate ; 
si  cerca  dall'  altro  di-scemar  d'  allrettanto,  e  meglio  ancora  di  torre 
ogni  diritto,  all'autorita  governativa.  Colla  sovranita  del  popolo  si  fa 
derivare  tutta  1'  autorita  del  governante  dai  governati  medesimi :  col 
suffragio  universale  si  mette  alia  merce  del  popolo  1'esercizio  di 
quell' auto rila :  col  sistema  rappresentativo  si  toglie  ogni  diritlo  ed 
ogni  liberta  ai  singoli  atli  di  quell' autorita :  in  una  parola  il  princi- 


NUOVA  CONDANNA  DEL  LIBERALISMO  MODERNO  173 

pe,  quale  die  sia  il  nome  di  cui  si  decora,  non  e  piu  il  capo  eke  diri- 
ge  il  suo  popolo,  ma  e  un  semplice  ufficiale,  grassamente  retribuilo 
per  apporre  la  sua  firraa  ai  decreli  ed  alle  leggi  che  da  lui  non  ema- 
nano.  Tali  sono  in  poche  parole  i  canoni  o  principii  rcgolatori  delle 
societa  ammodernate. 

Or  quesli  principii  sono  di  lor  natura  tali,  che  non  possono  dare 
consislcnza  veruna  a  qualsiasi  societa  che  ne  sia  informata.  In  primo 
luogo,  perche  essi  distruggono  la  natura  medesima  della  convivenza 
sociale.  Perche  uua  societa  esista,  bisogna  che  siavi  una  forza  coesi- 
va  che  unisca  ed  ordini  i  varii  membri  individui,  che  debbono  com- 
porla,  in  un  medesimo  scopo  comune:  e  quanti  piu  sono  in  numero 
questi  membri  individui,  tanto  piu  forte  bisogna  che  sia  il  principio 
unificatore.  Questa  forza  coesiva,  questo  principio  unificatore,  questa 
potenza  ordinatrice,  e  cio  che  chiamasi  autorita.  Tanto  adunque  vi 
sara  maggior  consistenza  ed  adesione  di  parti  in  una  societa  umana 
qualsivoglia,  quanto  piu  grande  e  1' autorita,  che  le  congiugne  insie- 
me.  Se  indebolite  1'  autorita  sociale ,  indebolirete  la  coesione  delle 
sue  membra;  se  forlificate  1' autorita,  fortificherete  la  coerenza  di 
quelle  membra.  Or  il  principio  della  liberta  a  tulti  e  per  lutlo,  quan- 
to piu  svincola  ciascun  membro  dai  legami  sociali,  lanto  piu  natural- 
mcnfe  indebolisce  1'  unione  che  li  collega  insieme.  Adunque  ne  se- 
gue che  dove  questo  principio  ha  tutta  la  sua  applicazione ,  quivi  la 
societci  viene  indebolita  e  vacilla.  Componele  un  edificio  di  piccoli 
mattoni ,  ma  senza  cemento  che  li  unisca  tenacemente  insieme.  Se 
quell'edificio,  per  isforzo  di  cquilibrio,  riesce  ad  alzarsi,  non  riescc 
certo  a  durar  in  piedi  il  piu  piccolo  spazio  di  tempo :  giacche  qual- 
sivoglia piu  lieve  urto  bastera  ad  abbatterlo  al  suolo. 

E  pure  nell'edificio  materiale  quei  mattoni  non  ripugnano  all'equi- 
librio  stabile  per  se  medesimi :  e  se  1'impulso  esterno  non  li  urtas- 
se,  resterebbero  perpetuamente  al  posto  ove  vennero  collocati  dal 
muratore.  Tutto  al  contrario  avviene  nei  membri  che  debbono  cosli- 
tuire  la  umana  societa.  L'uomo,  appunto  perche  e  natural mente  libe- 
ro,  puo  abusare  di  questa  sua  liberta  a  danno  altrui,  e  sventuratamen- 
te  assai  spesso  suole  servirsi  di  questa  trista  sua  facolla.  E  perche 
altro  mai,  se  non  appunto  per  la  maggior  frequenza  di  abuso  che  di 


LA  RlVOLtZIONE  IN  1SPAGNA 

uso  che  fa  Tuomo  di  quesla  nobilissima  sua  facolta,  furon  fatti  si- 
nonime  dal  buon  senso  del  popolo  le  parole  libero  e  indeeente,  li- 
berttno  e  licenzioso?  Si  pur  troppo  e  yero,  che  le  passioni  non  meno 
che  gli  error!  spingono  1'  uomo  assai  soverite  a  servirsi  del  suo  ta- 
lento  naturale  a  posla  sua ,  non  gi&  solo  senza  alcun  rispetto  al  co- 
modo  altrui,  ma  ancor  sovente  a  dispetto  dell'altnii  incomodo.  Esso 
adunque  non  puo  collegarsi  con  altri  uomini  in  comunanza  di  vita, 
se  prima  non  vincola  moralmente  la  naturale  sua  liberta,  obbligan- 
dosi  ad  evitare  quanto  puo  essere  nocivo  allo  scopo  comune  clella  so- 
cieta  che  conlrae,  e  a  fare  quanto  puo  essergli  vantaggioso.  E  tanto 
piu  questo  vincolo  dev'  esser  tenace,  quanlo  piu  corrotto  e  della 
mente  e  del  cuore  Y  uomo  che  dee  convivere  insieme  cogli  altri  : 
sicehe  spesso  la  sociela  deve  valere  a  lui  per  salutare  costringi- 
mento  al  bene ,  che ,  abbandonato  alle  sue  malvage  inchinazioni ,  o 
non  conoscerebbe,  o  non  praticherebbe  mai. 

Or  che  fa  il  liberalisrno?  Invece  di  rafforzar  questo  vhicolo,  lo 
rallenta;  invece  di  frenare  la  malvagita  dei  tiisti,  da  loro  tutta  licen- 
za  d'intrislire  a  lor  grado,  anzi  pon  loro  in  mano  i  mezzi  di  nuocere 
altrui.  Ladifferenza  che  separa  propriamente  i  liberal!  moderni  dagli 
antichi  conservator!,  non  consiste  gia  punto  nell' essere  quelli  i  difcn- 
ditori  della  liberta  politica,  questi  gli  oppugnatori.  Cos!  vorrebbe  dar- 
si  ad  intcndere  al  popolo,  affine  di  procacciar  mala  voce  a  chi  non 
vuol  dirsi  liberate.  II  vero  divario  coasiste  in  questo:  i  conservato- 
ri  Yogliono  che  si  dia  tulta  la  liberta  ai  cittadini  pel  bene:  i  liberali 
vogliono  che  si  dia  altresi  pel  male.  I  conservator!  vogliono  che  si 
restringa  1'autorita  dei  governanti,  perche  non  possa  fare  il  male  del- 
la  societa;  i  liberali  vogliono  reslringerla  ancora  rispetto  al  bene. 
Or  lasciando  stare  ogni  altra  considerazione,  per  attenerci  al  nostro 
argomento,  che  altro  cio  vuol  dire  alia  fin  dei  conti,  se  non  che  il  li- 
beralismo  pone  in  mano  ai  nemici  del  bene  pubblico  tutti  i  mezzi  di 
avversailo?  E  se  fra  questi  socii  v'abbia  chi  per  illusione  o  per  in- 
teresse  contrarii  1'  ordine  presente  di  cose,  dove  eostui  trovera  piu 
agevolmente  i  mezzi  per  abbatlerlo,  se  non  appunto  in  imo  Stalo  ret- 
to  alia  liberate?  Come  puo  dunqueuntale  Stato  avere  stabilita?  Co- 
me puo  sottrarsi  alle  continue  vicende  delle  passioni,  deivizii  e  del- 


NUOVA  CONDANNA  DEL  LIBERALISMO  MODERNO  1*75 

le  iniquila  imiane?  Una  casa  di  uiattoni  ammonticchiati  senza  cemen- 
to  e  languido  paragone  per  indicarne  la  instabiliia.  Bisognerebbe 
dare  a  quei  mattoni  un  po'  di  mobilila  e  d'  irrequietezza,  e  suppor- 
re  che  raolti  fra  essi  rifiulino  di  stare  al  posto  loro.  Ouanto  tempo 
ima  tal  casa  torreggera  sulle  sue  fondamenta  ?  Minor  tempo  e  mi- 
noie  sforzo  e  forse  necessario  per  abbattere  un  Governo  liberaleg- 
giante,  secondo  il  nuovo  dritto  sociale.  Esso  non  solo  non  ha  coesio- 
sione  tra  i  suoi  membri;  ma  ha  collisione  conlinua,  e  urto  e  cozzo. 
Presto  o  tardi  dovra  cadere. 


IV. 


Dicemmo  che  un  tal  Governo  ha  tra  i  suoi  membri  collisione, 
urto,  cozzo.  Ne  cio  dicemmo  a  caso.  E  invalsa  1'  opinione  che  nei 
Governi  liberal!  i  partiti  debbono  non  gia  spar  ire,  per  dar  luogo  al- 
ia concordla  di  tutti  in  un  volere  medesimo,  ma  anzi  ordinarsi,  raf- 
forzarsi,  disciplinarsi  affme  di  poter  loltare  con  buon  successo.  Da 
questa  divisione  di  parti,  che  abbiano  intendimcnli  e  propositi  di- 
versi,  e  spesso  ancora  contrarii,  sperasi  che  debba  sorgere  quel 
contrasto  che  impedisca  il  male  e  promuova  il  bene  della  comuni- 
ta.  Ne  cio  solo  si  applica  alle  quistioni  di  picciola  importanza,  ma 
perfino  a  quelle  di  massimo  rilievo  per  uno  Stato,  come  sarebbe  la 
forma  di  Governo  da  preferire,  o  il  sistema  di  legislazione  da  segui- 
tare.  Se  alcuno  degli  anlichi  grandi  uomini  di  Siato  sorgesse  ora 
dalla  sua  lomba,  trasecolerebbe  seco  slesso  nell'udire  una  cosi 
sirana  leorica  di  buon  Governo.  Essi  bonariamente  credevano  che 
massimo  vantaggio  d'uno  Stalo  era  la  concordia  di  tutle  le  menti  in 
un  sol  j)ensiero,  e  di  tiitte  le  volonta  in  un  solo  proponimento:  e 
miila  ripulavano  piu  pernicioso  alia  quiete  e  alia  prosperitapubblica, 
che  la  divisione  del  popolo  in  sette  e  fazioni  diverse.  La  loro  spe- 
rienza,  piu  ancor  forse  che  le  loro  meditazioni,  li  avevano  resi  capa- 

Ici  di  quesla  verita,  che  ogni  regno  diviso  e  in  desolazione,  e  ogni 
scissura  e  un  indcbolimento.  La  sapienza  moderna  ha  cancellato 
[juei  loro  apoftemmi,  e  crede  miglior  ventura  pei  popoli  il  parteg- 
giarc  e  il  dividers!.  Ne  solo  per  caso,  ma  a  bello  studio  ;  ne  solo 


170  LA  RIVOLUZIONE  IN  ISPAGNA 

per  tempo  passaggero,  ma  stabilmente ;  ne  solo  per  effetto  nalurale 
di  vario  sentire,  ma  per  avvedimento  di  sapienza  governativa ;  ne 
solo  come  la  ventura  porta,  ma  con  disciplina  ed  ordinamento ;  sic- 
che  ogni  parte  abbia  i  suoi  capi,  i  suoi  giornali,  le  sue  radunanze, 
e  se  anche  occorre,  e  quando  occorre,  le  sue  casse  e  le  sue  armi. 
Questi  partiti  divengono  cosi  Stato  ncllo  Stato,  e  non  solo  Governo 
nelGoverno,  ma  Go\7erno  contrario  ed  esiziale  al  Governo. 

Questo  e  cio  che  vuole,  che  inculca,  che  pratica  il  liberal ismo. 
Quali  effelti  ne  provengano  e  facile  alia  ragione  il  prcvederli,  e  la 
storia  nostra  contemporanea  ce  li  svela.  La  diversila  delle  opiivioni 
in  questi  partiti  degenera  in  opposizione,  1'opposizione  in  rivalita,  la 
rivalita  in  animosita,  1'animosita  in  lotlaolegale,  quando  e  dove  gli 
animi  sonopiu  temperati,  o  illegale  e  rivoluzionarkv  quando  e  dove 
sorgono  bollori  piii  slemperati.  Un  guardo  intorno  intorno  bastera  a 
farci  vedere  nei  fatti  avverate  le  deduzioni  del  discorso.  L'  Italia  ebbe 
il  suo  Aspromonte  e  la  sua  Mentana  dalla  prepotente  smania  di  un 
partito,  che  se  non  opero  contro  gl'  intendimenli  del  Governo,  ope- 
ro  al  cerlo  di  15,  di  quegrintendimenti.  Anzi  perche  appunto  il  Go- 
•verno  d'ltalia  non  era  al  tutto  opposto  ai  fini  della  fazione  garibal- 
desca,  il  danno  si  rovescio  tutto  sopra  di  questa,  e  il  Goveruo  non 
Me  partecipo  che  solo  in  picciola  parte.  E  se  ora  il  Governo  italiano 
e  minacciato,  se  prendonsi  tanle  precauzioni,  se  teme  un  rovescia 
anch'esso,  a  chi  devesi  arrecare  questa  cosi  trepida  condizione,  se 
non  appunto  a  quella  fazione ,  che  esso  lino  a  poco  tempo  indietro 
promosse  e  accarezzo? 

La  storia  moderna  di  Francia  ci  fornisce  anch'essa  la  stessa  indu- 
zione  di  fatti.  Lasciamo  stare  1'epoca  funesta  della  grande  rivoluzio- 
ne,  la  quale  non  offri  all'  Europa  altro  spettacolo  piu  sovente,  che 
quello  di  partiti  prima  oppress! ,  poi  prevalent!  e  prepotenti,  per  ca- 
der  presto  anch'essi  sotlo  i  colpi  delle  nuove  fazioni,  cui  o  fomenta- 
vanoononpotevanoimpedirediformarsi.  Guardiamo  i  tempi  piu  tran- 
quilli  e  regolari.  I  tre  ultimi  cambiamenli  di  Sovrani  e  di  forme  di 
Governo  non  furono  che  Topera  di  partiti, la sciati  dalle  idee  liberale- 
sche  dominanti,in  ciascuno  stadio  ordinarsi  insieme  e  preponderare, 
L'ordine  presente  di  cose  vanta  piu  lunga  durata,  e  non  e  minaccia- 


NUOVA  CONDATSNA  DEL  LIBERALISMO  MODERNO  177 

to  al  pari  degli  altri,  per  la  ragione  appunto  contraria,  che  fmo  ad  ora 
non  fu  dato  agio  alle  diverse  fazioni,  che  pur  dividono  i  Frances!,  di 
potersi  ordinare  insieme  e  preparare  senza  ostacoli  a  col  pi  avventali. 

Ma  piu  di  tutti  gli  altri  Stall  validissima  confermazione  di  questa 
verita  storica  porge  ora  la  Spagna.  Quivi  i  partili  politic!  si  combat- 
terono  fmora  a  vicenda,  non  solo  colle  cortesi  armi  della  parola,  ina 
ben  sovente  colle  scortesi  della  spada  e  del  cannonc.  Aliernamentc 
il  potere  passo  dalle  une  alle  altre  mani :  e  col  potere  vario  la  costi- 
tuzione  e  1'ordinamenlo  civile,  conforme  alia  parte  prevalente  o  per 
intrighi  o  per  forza.  Finalmente  non  piu  il  potere,  non  piu  la  costitu- 
zione,  ma  la  corona  medesima  viene  ora  dalla  presente  rivoluzione 
occupata  e  abbaltuta.  Di  cbi  e  opera  questa  rivoluzione?  Di  tulte  le 
fazioni  che  non  sedevano  sull'invidiato  seggio  ministeriale,  c  che 
dallo  spirito  liberale  introdotto  in  Ispagna  ebbero  origine,  alimento, 
vigore  da  osar  tan  to  e  da  riuscire  a  tanlo. 

Quest!  fall!  sono  sufficient!,  senza  bisogno  di  citarne  altri,  che  pur 
ci  offrirebbe  1'Europa,  perche  conchiudiamo  che  dove  tutt'  altra  ca- 
gione  d'inslabilila  mancasse  a!  Govern!  liberali,  questa  sola  dei  par- 
tit!  legalmente  ordinati  a  promuovere  1'opposizione,  basta  a  metterli 
in  grave  repentaglio  ,  e  a  fame  congetturare  piu  o  meno  prossima 
la  caduta. 

Y. 

Un'  ultima  pi  nova  ci  piace  di  arrecare  ancora,  per  ribadire  sempre 
meglio  questa  trista  verita  nell'animo  dei  noslri  lettori.  Abolitasi  sui 
troni  la  Sovranila  per  grazia  di  Dio,  affine  di  sostituirvi  la  Sovra- 
nita  per  volonta  del  popolo;  forza  e  che  si  abolisca  nelle  popolazioni 
la  suddilanza  per  ossequio  a  Dio,  e  vi  si  sostituisca  1'obbedienza  per 
sola  necessita  della  forza.  I  Re  per  grazia  di  Dio  aveano  per  loro 
guardiani  e  difensori  la  coscienza  dei  cristiani ;  i  Re  per  concessionc 
del  popolo  non  possono  avere  per  cuslodi  altro,  che  i  gendarmi  e  i 
granatieri.  La  logica,  che  lutti  applicano  con  rigor  sommo,  soprattutto 
quando  trattasldei  piu  gravi  interessi,  ha  fattb  questo  cangiamento 
negli  Stati  modern!.  Quando  Vautorit^t  sociale  inchinavasi  innanzi  a 
Dio,  e  da  lui  riconosceva,  come  da  fonte  legittima  e  primitiva,  il 
Serie  VII,  vol.  IV,  fasc.  446.  12  6  Ottobre  1868. 


H8  LA  IUVOLUZIONE  IN  ISPAGNA 

dritlo  di  comandare ;  i  popoli  credevansi  stretti  dal  debilo  di  obbe- 
dire  per  coscienza,  innanzi  a  quel  Dio  medesimo  che  essi  insieme  col 
Principe  adoravano.  Yergognaronsi  i  Re  di  riconoscere  dal  Signore 
quell'  autorita:  vergognaronsi  a  piu  forte  ragione  i  popoli  di  deri- 
varne  quell' obbligo  di  obbedienza.  Si  scrisse  sul  codice,  Legge  atea; 
1'eco  dei  popoli  ripete,  Dipendenza  atea.  L'essere  fedele  al  Principe, 
1'essere  obbediente  alle  leggi,  1'essere  paziente  nei  torti  non  fu  piu 
considerate  come  vincolo  di  coscienza,  da  quanli  liberaleggiavano  coi 
Govern!  liberaleggianti;  ma  solo  necessita,  o  tornaconto,  o  spediente, 
o  furberia.  In  una  parola  la  forza  prese  luogo  della  coscienza,  e  cio 
che  prima  era  parte  del  dovere  religioso,  divenne  poscia  calcolo 
d'  interessi  maleriali. 

Indi  nacque  la  necessita  di  accrescere  gli  eserciti  stanziali,  non 
tanto  a  difesa  dello  Stato  contro  i  nemici  esterni ,  quanto  a  difesa  o 
della  dinastia,  o  del  Governo  ,  o  dell'  or  dine  contro  le  interne  solle- 
vazioni.  E  perche  la  forza  stessa  potesse  conservarsi  unita ,  docile , 
compatta,  si  fece  accortamente  una  eccezione  ai  principii  liberal!  per 
questi  esercili.  I/  ordinamento  ,  il  codice  ,  la  disciplina  ,  lo  spirito 
militare  si  vollero  conservare  secondo  gli  antichi  sistemi ,  nei  quali 
tutto  era  principalmente  deferito  all'autorita.  Intendevano  bene  che 
nn  esercito  liberale  sarebbe  stato  non  la  difesa  del  Governo  e  dello 
stato  liberale,  ma  la  minaccia.  Ed  in  effelto  furono  gli  eserciti  non 
liberal!  quelli  che  piu  volte  in  questo  secolo  salvarono  la  societa  da- 
gli  estremi  mali ,  ai  quali  il  liberalismo  stesso  avea  o  preparato  o 
condotto  i  popoli.  Sventuratamente  per  la  Spagna  1' esercito  era  dal- 
lo  spirito  liberalesco  profondamente  corrotto.  Quivi  le  discussion! 
prevalevano  sopra  la  disciplina :  le  fazioni  ne  aveano  distrutta  la  co- 
mune  unita:  le  protestazioni  avean  preso  il  luogo  dell'ubbidienza  : 
1'impunita  il  luogo  dei  gastighi.  Fara  dunque  meraviglia  che  siasi 
tulta  la  Spagna  trovata  preda  di  questo  esercito,  che  invece  di  di- 
fendervi  la  Regina  e  il  Governo,  siasi  in  una  parte  non  picciola  vol- 
tato  contro  ess!  per  abbatterli  ?  Tal  e  la  condizione  che  attende  gli 
Stati  liberal! .  Essi  poggiansi  sulla  forza  delle  milizie :  se  queste  li- 
beraleggeranno,  come  accadra  di  certo  nei  corso  degli  anni,  questa 
forza  si  convertira  nei  peggior  pericolo  delle  Monarchic  e  dei  Gover- 


NUOVA  CONDANNA  DEL  LIBERALISMO  MODERNO  179 

ni  di  qualsiasi  forma.  Come  gi&  e  succeduto  in  Ispagna,  puo  altrove 
accadere:  i  tempi  funesii  dei  pretoriani,  facenti  e  disfacenti  gl'Irnpe 
ratoridi  Roma,  per  averne  li  donalivi,  immancabilmente  ritorneran- 
no.  II  discorso  lo  persuade,  il  passato  e  mallevadore  dell'avvenire. 


VI. 


Da  qualunque  lato  adunque  si  voglia  sguardare  il  sistema  liberale, 
esso  mostra  la  caducita  che  gli  e  propria.  Adattatissimo  a  distrugge- 
re,  nulla  vale  ad  edificare;  perche  nessuno  dei  suoi  edificii  puo  avere 
consistenza  e  durata.  Or  questa  consistenza  appunto  costituisce ,  se 
non  il  massiino,  al  certo  uno  dei  piu  desiderabili  e  principali  beni 
dei  popoli.  Senza  la  stabilita  nel  Governo  ,  non  vi  e  progresso  ne 
morale  ne  materiale ;  non  possono  farsi  utili  lutte  le  forze  we  di 
una  uazione :  non  possono  risparmiarsi  le  spese  inutili  e  improdutli- 
ve:  i  sudditi  privati  non  hanno  confidenza,  non  hanno  slancio,  non 
hanno  operosita.  E  dacche  altro  procedeva  mai  la  coudizione  cosi 
disastrosa  delle  linanze  in  Ispagna,  lo  stato  cosi  poco  prosperoso 
del  traffico,  la  mancanza  che  tutti  compiangevano  di  grandi  intra- 
prese  e  di  grandi  opere  pubbliche?  Dalla  instability  continua  dei 
Minis teri,  dalla  prevalenza  quasi  annua  dei  partiti,  dalle  continue 
perturbazioni  che  vi  si  succedevano  quasi  periodicamente  da  tanti 
anni.  Coloro  che,  a  preleslo  della  propria  fellonia,  hanno  attribuito  a 
questa  misera  condizione  del  loro  paese  la  propria  ribellione,  men- 
tivano  o  s  illudevano  ad  occhi  aperti :  perche  non  dal  Governo  esi- 
stente,  e  molto  meno  dalla  dinastia  regnante,  ma  dal  perpetuo  bat- 
tagliare  dei  partiti  quel  tristo  stato  procedea.  Col  rovesciare  insie- 
me  col  Governo  eziandio  la  Monarchia,  e  forse  ancora  il  trono,  non 
han  fatto  che  accrescere  di  cento  doppii  quella  sciagura.  Ouali  in- 
genti  somme  non  ingoier5,  questa  rivoluzione?  Forse  era  questo  il  se- 
greto  per  riempir  le  casse  del  tesoro  pubblico.  Quali  dissidii  e  quali 
guerre  civilinon  eccitera  questo  sconvolgimento  ?  Forse  era  questo 
il  modo  di  rappaciare  gli  spiriti,  di  riamicarli  insieme,  di  farli  con- 
cordare  in  un  sol  pensiero.  Quante  pubbliche  opere  non  vennero 
sinora  distrulte,  e  non  saranno  probabilmente  per  Tavvenire?  Forse 


180  LA  RIVOLUZIONE  IN  ISPAGNA  ECC. 

era  questo  il  rimedio  all'  inerzia,  di  cui  si  accusava  il  Governo. 
Quanto  disordine  e  quanta  divisione  non  si  e  inlrodotta  nell'eserci- 
to,  dopo  le  lotte  intestine,  gli  sbandamenti,  le  diserzioni  di  quest! 
giorni  ?  Forse  era  questo  il  rimedio  contro  la  poca  influenza  sopra 
le  questioni  esterne,  che  s'  imputava  a  colpa  del  Governo.  Per  non 
prolungare  di  vantaggio  questa  enumerazioiie  dei  danni  della  pre- 
.senle  rivoluzione  spagnuola,  fermiamoci  a  queslo  solo :  alia  necessi- 
1a  di  dover  ora  tutto  rifar  da  capo,  trono,  costituzione,  leggi,  eser- 
cito,  finalize,  senza  sapersi  come  ne  quando  gli  animi  degli  Spa- 
gnuoli,  colpiti  all'  improvviso  da  una  rivoltura  militare,  e  forse  in 
molla  parle  non  disposti  ad  accettarla,  poseranno  in  tranquillo  per 
acconciarsi  al  nuovo  ordine  di  cose.  Ecco  i  frulli  che  questa  rivolu- 
zione ha  prodolto  in  Ispagna. 

A  coloro  che  studiano  negli  avvenimenti  umani,  piu  che  le  appa- 
renze,  le  origini,  Yalga  essa  almeno  di  salulevole  insegnamento.  Ai 
Governi  che  liberaleggiano  possa  questa  rivoluzione  fare  scorgere  il 
pericolo  che  li  minaccia.  Alle  popolazioni,  cui  voglionsi  far  liberaleg- 
giare  insieine  coi  Governi,  possa  questa  rivoluzione  insegnare  i  danni 
che  loro  si  preparano.  Non  vi  puo  essere  pace,  mollo  meno  vi  puo 
essere  stabilita  nella  pace,  fmche  avran  vigore  nella  societa  i  prin- 
cipii  del  dritto  sociale  moderno :  fmche  cioe  al  popolo,  piu  che  i  suoi 
doveri,  si  inculcano  i  suoi  dritti,  piu  che  per  la  coscienza  si  voglio- 
no  ossequiosi  per  la  forza,  piu  che  ossequenti  all'  autorita  si  voglio- 
110  licenziati  a  tutte  le  liberta;  e  fmche  i  principi  riconosceranno  piu 
dal  suffragio  degli  uomini  la  loro  autorita,  che  da  Dio,  piu  che  di  go- 
vernare  si  contenteranno  di  regnare,  piu  che  le  societa  secrete  e  le 
pubbliche  fazioni,  imbriglieranno  la  Chiesa.  Dacche  questi  principii 
sonosi  insediati  sui  Governi  dell'Europa,  ne  le  rivolture,  ne  gli  ab- 
battimenli  di  troni,  ne  le  guerre  fecero  piu  posa:  fmche  essi  seguite- 
ranno  a  regnarvi,  queste  immense  pubbliche  sciagure  del  popoli, 
commiste  ai  lutti  e  alle  lacrime  senza  fine  di  tanti  privati  individui, 
seguiteranno  a  dar  ragione  alia  logica  ed  alia  fede. 

'-•i^'.'^cjeA'.Hi     -.fff  •••r:-      /.iVrH&Vl  <>-.•"    .          .-••V»^;i  : 


LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO 

ARCIVESCOVO  DI  FIRENZE 

INTORNO 

ALLA  INFALL1BILITA  DE'  PAPI 

E   LA  LORO   SUPERIOR1TA   SUI   CON7CILII 


I 


Un  colto  e  zclante  amico  nostro  e  favoreggiatore  del  nostro  Perio- 
dico  ne  avverti  teste  per  letlera,  che  in  Francia  spacciavasi  per  pros- 
sima  la  pubblicazionc  di  uno  scrilto  di  non  ignobile  pcnna  contro  1'in- 
fallibilita  dei  Papi,  e  laloro  superiority  sui  Concilii.  Egli  di  do  non 
islupiva:  poiche  ben  sapeva  quanto  i  nemici  o  i  tiepidi  amici  della 
Santa  Sede  fossero  offesi  o  meravigliati  di  quelle  protestazioni  di  pro- 
fondo  ossequio,  che  alia  supreraa  autorita  del  Pontificato  da  tutto  il 
mondo  catlolico  s'  indirizzavano  nclla  persona  del  Beatissimo  Papa 
Pio  IX.  Natural  cosa  dunque  dovea  parergli  che  chi  sentivasene  offe- 
so  per  mal  animo  verso  la  Caltedra  di  Pietro,  volesse  svelenirsi  per 
A  ia  di  stampa ;  e  chi  ne  concepiva  per  freddezza  di  ossequio  le  mera- 
viglie,  volesse  quasi  mettere  gli  altri  sull'aYviso,  per  timore  che  non 
eccedessero  di  soverchio ,  alleltati  dall'  eserapio  altrui.  Stupivasi 
bensl  d'  un  nuovo  argomento  che  avea  udito  essere  sul  punto  di  pro- 
dursi  in  mezzo.  Dicevasi  dunque  da  qualcuno  che  nel  libretto ,  che 
attendesi,  vcrra  allegata  la  grande  autorita  del  doltissimo  Arcivesco- 
vo  di  Firenze,  S.  Antonino,  come  di  colui  che  abbia  in  espressi  ter- 
mini, e  assai  prima  di  qualsivoglia  teologo  francese,  insegnato  nelle 
sue  opere  V  autorita  del  Papa  sotloslare  a  quella  dci  Concilii,  ne  al 


182  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTON1NO  ARCIV.  DI  FIRENZE 

Papa  solo  potersi  dalla  Chiesa  atlribuire  la  prerogativa  della  infalli- 
bilita.  Questa  citazione  riuscivagli  al  tulto  inaspettata,  e  quindi  ci 
invito  ad  esporgli  o  per  via  di  leltera  particolare,  o  per  via  di  qual- 
che  articolo  da  inserire  in  questi  quadcrni,  la  nostra  opinione. 

II  propostoci  argomento  ci  sembro  merilevole  di  essere  svolto  in 
un  breve  lavoro,  piullostoche  solamente  accennato  in  una  fuggevole 
lettera.  Conciossiache  sebbene  non  sia  al  tutto  esatto  che  quell' alle- 
gazione  sia  nuova,  trovandosene  qualche  accenno  nell' opera  del  Bos- 
suet  in  difesa  della  Dichiarazione  del  Clero  gallicano,  tuttavia  non  e 
solita  di  prodursi  dagli  scrittori  avversi  alia  suprema  autorila  del  Pa- 
pa nelle  materie  della  fede;  e  pero  non  si  suole  dagli  apologist!  esa- 
minare  ne  la  intenzione  ne  il  testo  di  quel  Santo  a  proposito  di  questa 
discussione.  In  secondo  luogo  e  bene  che  anche  prima  che  produca- 
si  la  difficolta-  dagli  avversarii,  venga  essa  sciolta  dai  difensori  della 
infallibilita  del  Papa;  affinche  si  vegga  di  quali  deboli  armi  debbansi 
quelli  valere,  e  come  piccola  sia  la  solidila  di  loro  dottrina.  Ci  si 
eonsenta  adunque  di  esporre,  il  piu  brevemente  che  per  noi  si  potra, 
quali  sieno  gli  insegnamcnti  di  S.  Anfonino  di  Firenze,  inlorno  alia 
infallibita  del  Papa,  e  alia  sua  superior!  ta  sui  Concilii.  II  che  fare- 
mo  dilucidando  dapprima  le  tesi  dirette  e  positive,  che  esso  espone 
sopra  una  tal  matcria  nella  Somrna  teologi-ca,  e  poi  riunendo  insieme 
e  spiegando  alcuni  testi  o  dubbii,  o  oscuri,  o  avversi  che  quinci  e 
quindi  dalle  sue  opere  possono  trarsi. 

Ci  auguriamo  che  a  quanti  attendono  a  questa  importantissima 
questione,  debba  riuscire  gradita  anche  sol  per  se  stessa  la  nostra 
breve  trattazione.  Poiche  trattasi  di  un  Santo  che  fa  contemporaneo 
ai  due  Concilii,  quel  di  Costanza  e  quel  di  Firenze,  ove  appunto  que- 
ste  due  quistioni  vennero  o  toccate  o  trattate :  visse  ai  tempi  dello 
scisma  di  occidente,  quando  ogni  sorta  di  argomento  avverso  ai  Pa- 
pi  si  produsse  in  campo  :  e  fu  uomo  non  solo  eminente  per  santita 
di  vita,  ma  eziandio  per  eccellenza  e  vastita  di  doltrina,  e  per  zelo 
episcopale.  La  sua  autorita  dovra  adunque  avere  gran  peso,  e  me- 
rita  di  essere  sceverata  da  qualsivoglia  equivoco  o  dubbiezza. 


INTORNO  ALLA  INFALL1BILITA  DE'  PAP1  183 

I. 

Se  S.  Antonino  Arcivescovo  di  Firenze  abbia  creduto  infallibile  il 
Romano  Pontefice,  quando  defmisce  ex  cathedra  le  controver- 
sie  delta  fede. 

Ricerchiamo  in  primo  luogo  la  sentenza  del  S.  Arcivescovo  intor- 
no  alia  quistione,  che  riguarda  la  infallibilita  de'  Romani  Pontefici ; 
se  egli  creda  veramenle,  che  quando  essi  come  maestri  della  Chiesa 
definiscono  dottrine  appartenenli  alia  fede  e  ai  coslumi,  il  loro  inse- 
gnamento  non  possa  per  verun  caso  andar  soggello  ad  errore.  An- 
diamo  pertanto  a  interrogarlo  nel  luogo  piu  proprio,  1£  dove  tratla 
ex  professo  de'  Romani  Pontefici,  cioe  nella  terza  parte  della  sua 
Somma  teologica.  Quivi  in  sul  principio  del  titolo  XXII,  De  statu 
Summorum  Pontificum,  volendo  innanzi  tutto  porgere  una  idea 
conveniente  di  quest'  altissima  dignita ,  toglie  ad  argomento  del 
primo  capo  le  magnifiche  parole  pronunziate  profeticamentc  di  Cri- 
sto  nel  sal  mo  8 :  Minuisti  eum  paulo  minus  ab  Angelis,  gloria 
et  honors  coronasti  eum,  et  constituisti  eum  super  opera  manuum 
tuarum.  Dimostra  dunque  che  tutti  i  capi  di  eccellenza,  che  sono 
nel  detto  salmo  predicati  di  Cristo,  si  debbono  altresi  iutendere 
del  Romano  Pontefice,  che  Cristo  stesso  lascio  in  terra  suo  Yicario. 
Egli  e  minore  degli  angeli  per  natura,  ma  maggiore  per  autorita  e 
potestci;  poiche  1'angelo  non  puo  ne  sciogliere  ne  legare,  ed  ilPapa 
ne  ha  plenaria  ed  universal  e  facolta ;  e  coronato  di  gloria  e  di  onore, 
perche  posto  all'apice  di  tutte  le  dignita,  e  a  buon  diritto  gli  avviene 
il  titolo  di  beatissimo  e  santissimo ;  e  coronato  anche  della  grandez- 
za  dell'aiitojil^,  perocche  egli  giudica  tutti  e  da  nessuno  puo  essere 
giudicato :  finalmente  sta  locate  sopra  tutte  le  opere  delle  mani  di 
Dio,  a  fine  che  di  lutte  le  cose  disponga,  come  a  se  inferiori,  dis- 

•  serri  le  porte  de'  cieli,  condanni  i  rei  all' inferno,  ordini  tutto  il  cle- 
ro,  e  confermi  1'  inipcro. 
In  questo  cosi  sublime  concetto,  che  il  S.  Dottore  ci  offre  del 
Papato,  sono  compresi  tutti  i  privilegi,di  che  Gesu  Cristo  voile  ar~ 


184  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE 

ricchire  il  sommo  Pontefice  a  bene  della  Chiesa ;  c  sarebbe  gran 
meraviglia,  se  chi  seppe  cosi  degnamenle  colorarlo,  non  vi  a\esse 
poi  scorto  queirattribulo,  che  e  il  fondamento  degli  altri  e  piu  di 
tulti  necessario,  cioe  la  infallibilita  nelle  sue  solenni  defmizioni. 
Ma  egli  non  ci  fa  desiderare  a  lungo  piu  manifesto  sentenze.  Nel 
capitolo  II,  chc  ha  per  titolo  De  pot  estate  Papae  in  genere,  iili 
de  potestate  ordinis  et  iurisdictionis  et  interpretationis,  il  primo 
argomenlo,  benche  indirelto,  che  v'inconlriamo,  e  unparagone  che 
fa  il  Santo  fra  il  sommo  Pontefice  e  il  monte  Sinai ,  a  fin  di  prova- 
re  che  come  1'uno  per  divino  precello  non  pole  dagli  Ebrei  csser 
tocco,  cosi  parimenle  1'altro  debba  essere  iiwiolabile  ai  fedeli.  «  In 
questo  monte,  egli  dice,  e  figurato  il  Romano  Pontefice,  primiera- 
menle  per  una  ragione  generate ;  perocche  come  per  quel  monte  Id- 
dio  discese  al  cospetto  di  tut-to  il  popolo  de'  Giudei ;  cosi  Gesu  Cri- 
sto  nella  legge  nuova,  mediante  la  polesta  del  sommo  Pontefice, 
discende  come  Dio  sopra  tutto  il  popolo  crisliano...  In  terzo  luogo 
per  ragione  della  \erila  legale :  poiche  come  dal  detto  monte  fu 
data  la  legge  agli  Ebrei,  cosi  parimente  dal  Papa  provengono  tulte 
le  leggi  e  tulti  i  diritti  nel  popolo  crisliano  1.  »  L'una  e  1'altra  di 
queste  due  ragioni  di  confronto  suppongono  necessariamente  la  in- 
fallibilila  nel  Romano  Pontefice.  Per  lui,  dice  il  Santo,  Cristo  si 
fa  presente  alia  sua  Chiesa.  Di  qual  presenza  egli  parla?  Di  quella 
senza  dubbio,  di  cui  parlo  lo  stesso  Salvatore,  quando  disse :  Ecce 
ego  vobiscum  sum  usque  ad  consummationem  saeculi  %.  Nellc  quali 
parole  tutti  i  Padri  e  Dottori  riconoscono  la  promessa  che  egli  fece 
alia  sua  Chiesa  di  esserle  sempre  presente  col  suo  aiuto  immedia- 
to,  acciocch6  non  errasse  nelle  dottrine  della  Fede.  Ora  se  questa 
presenza  di  Cristo,  secondo  1'  insegnamento  di  S.  Antonino,  si  veri- 

•    ".  |«.      .  :';fiii^ii-  r  :i\i'4'  bn*-f}.yH"'--.  f  '!v 

1  Significatur  enim  summits  Pontifex  per  lalem  montem.  Primo  rations 
generalitatis:  Quia  sicut  mediante  tali  monte  clescendit  Deus  coram  toto 
populo  ludaeorum;  sic  Christus  mediante  potestate  summi  Pontificis  in  legc 
nova  descendit  Deus  super  toto  populo  Christianorum...  Tertio  ratione  le~ 
galis  veritatis:  quia  sicut  de  ilfb  monte  data  est  lex,  it  a  ab  ipso  Papa 
omnes  leges  ct  iura  eaquirenda  sunt. 

2  MATTE.  XXVIII,  20. 


INTORNO  ALLA  INFALLIBIL1TA  DE'  PAPI  185 

fica  per  mezzo  del  sommo  Pontefice ;  in  altri  termini  se  il  somma 
Pontefice  fa  presenle  Cristo  alia  Chiesa,  acciocche  la  Chiesa  non 
erri  nelle  doltrine  della  Fede,  e  necessario  che  egli  non  possa  er- 
rare  nell'  insegnare  queste  dotlrine,  ch'  e  quanto  dire  che  sia  infal- 
libile.  L'altra  ragione  di  confronto,  addotta  dal  Santo,  sti  nclla  ve- 
rita della  legge  promulgata  sul  Sinai ;  e  si  risolvre  in  que'sto  con- 
cetto :  che  come  il  Sinai  fu  il  mezzo  per  lo  quale  venue  comunicata 
al  popolo  ebrco  la  \era  legge  di  Dio ;  cosi  il  Papa  e  lo  strumento 
per  lo  quale  e  bandita  al  mondo  cristiano  la  vera  legge  di  Crislo. 
Ora  la  legge  di  Cristo  non  contiene  solamente  i  precetli  da  compie- 
re,  ma  anche  i  dommi  da  credere.  Adunque,  secondo  il  Santo,  il 
Papa  e  quel  mezzo  che  e  slato  costituito  da  Cristo  per  far  conoscere 
agli  uomini  la  verita  tanto  de'  suoi  precetti,  quanto  della  sua  dot- 
trina.  11  qual  dovere  egli  non  potrebbe  comp'ere,  se  non  fosse 
dal  medesimo  Cristo  assicurato  da  ogni  pericolo  di  poter  insegnare 
il  falso. 

Ma  piu  manifestamcnte  nello  slesso  capitolo,  prendendo  a  dimo- 
slrarc  che  il  sommo  Ponletice  e  unico  Capo  supremo  e  Monarca  nel- 
la  Chiesa,  ne  reca  tra  gli  altri  argomenti  uno,  che  e  connesso  ne- 
cessariamenie  con  questo  privilegio  della  infallibilita.  «  Nella  uni- 
vcrsita  cristiana,  egli  dice,  e  necessario  che  sia  conformila  per  ri- 
spetfo  a  quelle  cose,  che  appartengono  alia  verita  della  fede  ed  ai 
buoni  coslumi  in  ordine  al  conseguimento  deU'eterna  salute.  Ma 
non  puo  otlcnersi  una  si  fatta  conformita,  se  non  vi  e  riduzione  ad 
un  solo  capo  ed  unico  presidente,  a  cui  spetti  sentenziare  quell  o 
che  e  da  credere  e  quello  che  no.  II  qual  principato  e  si  fattamente 
uno,  che  non  puo  esser  diviso  da  niuna  umana  autorita  1.  »  Ecca 
adunque,  secondo  il  santo  Dottore,  una  delle  ragioni,  perche  Iddio 
ha  ordinato  che  la  Chiesa  avesse  un  solo  supremo  presidente :  la 

1  In  tota  universitate  Christiana  debet  esse  conformitas  de  his,  quae  per- 
tinent ad  veritatem  fidei  et  bonos  mores  circa  necessaria  ad  salutem.  Sed 
tails  conformitas  non  potest  salvari  nisi  in  ordine  ad  unum  caput  sen  unum 
tiraesidentem,  ad  quern  special  sententiare  quid  credendum  et  quid  non  cre- 
dendum.  Ergo  etc.  Et  in  tantum  est  isle  principals  urns,  quod  nullus  aw- 
rctoritale  humana  potest  dirimere.  Loc.  cit.  §.  i. 


186  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  AllCIV.  DI  FIRENZE 

unita  e  conformita  della  Fede ;  avendo  dalo  al  Papa,  come  ad  unico 
ed  universale  maestro,  1'  uffizio  di  defmire  quello  che  e  da  credere 
per  conseguir  la  salute.  Donde  proviene  come  immediala  e  neces- 
saria  conseguenza  il  privilcgio  della  infallibility  nel  Romano  Ponte- 
fice.  Imperocche,  conforme  a  questa  doltrina  del  Santo,  il  Romano 
Poutefice  e  regola  suprema  ed  unica  della  Fede  nella  Chiesa  di  Dio  : 
ed  e  quanto  dire  che  alle  cose,  le  quali  esso  propone  a  credere  nel- 
la Chiesa,  si  deve  aderire  con  fermissimo  assenso  deirintelletto, 
come  a  veritk  rivelale  da  Dio  ;  e  che  in  tanto  cio  si  deve,  in  quanto 
le  dette  verita.  sono  da  lui  imposle  alia  fede  comune.  Ora  sarebbe 
assurdo  che  il  Romano  Pontefice  avesse  da  Dio  il  diritlo  di  obbli- 
gare  in  questa  forma  gl'  intellelli  de'  fedeli,  e  che  qucsti  fossero 
tenuti,  per  non  peccare  contro  la  fede,  di  acceltare  con  plena  som- 
messione  dcll'animo  le  cose  proposte  da  lui,  se  Iddio  non  lo  avesse 
francato  da  ogni  pericolo  d'insegnare  il  falso,  assicurandolo  col  pri- 
vilegio  della  infallibility. 

Piu  direttamente  ancora  nel  capitolo  VI,  §?.  19,  espone  la  mede- 
ma  verita.  La  quistione,  che  in  questo  luogo  stabilisce,  risguarda 
I'autorita-  della  Chiesa  universale  nel  dcterminare  gli  articoli  di  fe- 
de. Domanda  dunque,  se  una  tale  autorita.  risegga  prindpalmente 
nel  Papa.  Alia  quale  proposta  non  si  contenta  il  santo  Arcivescovo 
di  rispondere  affermativamente ;  ma  aggiunge  di  piu,  colla  teslimo- 
nianza  di  S.  Tommaso  e  di  altri  Dottori,  che  quest'  autorita  puo  es- 
sere  esercitata  da  lui  senza  il  concorso  e  prima  del  suffragio  del 
Vescovi  ed  altri  Prelati  della  Chiesa.  «  Ouanle  volte,  egli  dice,  si 
cerca  di  stabilire  qualche  punto  che  riguarda  la  fede,  io  credo  che 
1utti  i  nostri  fratelli  e  colleghi  neU'episcopato  non  devono  far  ricor- 
so  ad  altro  che  a  Pietro ;  cioe  a  colui  che  possiede  Tautorila  del 
nome  e  dell'  onore  di  Pietro,  contro  alia  cui  autorila  ne  Agoslino,  n5 
Girolamo,  ne  alcun  altro  Santo  puo  difendere  la  sua  sentenza,  se- 
condo  che  attesta  Girolamo  stesso,  il  quale  d!ce  :  «  Questa,  o  Bea- 
«  tissimo  Padre  e  la  fede,  die  noi  abbiamo  appresa  nella  catlolica 
«  Chiesa;  intorno  alia  quale  se  mai  ci  e  sfuggita  qualche  sentenza  o 
or  poco  esatta  o  poco  sicura,  noi  bramiamo  di  essere  emendati  da 
«  Te,  che  tieni  la  fede  ed  il  seggio  di  Pietro.  »  Se  dunque  per  l'au~ 


INTORNO  ALIA  INFALLIBILITA  DE*  PAPI  187 

toiita,  che  qui  S.  Antonino  adduce,  di  S.  Tommaso  e  di  S.  Gho- 
lamo,  il  Papa  e  quegli,  dal  quale  tulti  i  Yescovi  devono  aspeltare 
rultimo  e  defiriitivo  giudizio  nelle  materie  della  fede,  per  maniera 
che  niuno,  ne  vescovo  ne  dottore  che  sia,  possa  dipoi  sostenere  la 
contraria  scntenza ;  e  chiaro  che  egli  riconosce  nel  medesimo  1'au- 
rita  di  definire  per  se  solo  le  cose  da  credere,  e  per  conseguenza  il 
privilegio  della  infallibilila  senza  il  concorso  e  prima  del  suffragio 
degli  altri  vescovi. 

Ma  di  questo  egli  ne  fa  una  questione  a  parte  nel  paragrafo  che 
seguita  immediatamente  appresso,  domandando  fra  1'altre  cose,  se 
il  sommo  Ponlefice,  ogni  qual  volla  dcbba  definire  qualche  pimto 
di  fede,  sia  obbligato  di  convocare  il  concilio  universale.  Al  che  ri- 
sponde  negativamente  con  S.  Tommaso,  di  cui  arreca  per  disteso 
le  parole ,  che  tradotte  in  italiano  suonano  cosi :  «  Siccome  il 
concilio  posteriore  ha  la  polesta  d'  inlerpretare  un  simbolo,  com- 
posto  dal  concilio  precedente,  o  di  porre  alcune  aggiunle  che  lo 
dichiarino ;  lo  stesso  puo  fare  di  sua  autorita  il  Romano  Pontefice, 
a  cui  solo  appartiene  convocare  il  concilio,  e  confermarne  i  decreii 
colla  sua  autorila ;  potendosi  anche  conlro  il  concilio  appellare  a 
lui.  Di  lutte  queste  cose  si  ha  esempio  negli  atli  del  sinodo  calce- 
donese.  Che  pero  non  e  punto  necessario,  per  fare  una  dichiarazione 
di  questo  genere,  che  il  Papa  aduni  il  concilio  :  il  che  alcune  volte 
tornerebbe  impossibile  per  cagione  de'  dissidii  guerreschi ,  siccome 
si  legge  essere  accaduto  nella  sesta  sinodo.  In  quella  occasione 
non  avendo  potuto  Costantino  Augusto  convocare  la  universita  de' ve- 
scovi,  slante  la  imminenza  della  guerra;  coloro  che  erano  con- 
venuti  proposero  alcune  queslioni  concernenli  la  fede ,  e  le  defi- 
nirono  seguitando  la  sentenza  di  Papa  Agatone  ,  che  in  Cristo  sono 
due  volonliSt  e  due  ordini  di  azioni.  11  medesimo  fecero  i  Padri, 
adunati  nel  concilio  calcedonese,  i  quali  si  tennero  alia  decisione  di 
Papa  Leone,  che  avea  definito  essere  in  Cristo  due  nature  1.  »  Da 
questa  dichiarazione  di  S.  Tommaso,  che  1'Arci vescovo  di  Firenze  fa 
ma,  risulta  in  primo  luogo,  che  il  Papa  puo  interpretare  o  spicgare 

1  S.  THOM.  in  Quaestion.  depotentia  Dei,  Quaest.  10,  art.  4. 


188  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE 

le  doltrine  della  fede,  risolvendo  i  dubbii  e  defmendo  Ic  questioni 
con  quello  stesso  valore  di  autorita,  onde  lo  puo  un  concilio  uiii- 
versale.  Si  raccoglie  in  secondo  luogo,  che  le  sue  decision!  intorno 
alle  materie  della  fede  debbono  essere  accettate  come  obbligatorie 
dagli  stessi  concilii  ecumenici,  come  fecero  il  concilio  calcedonc- 
se  per  rispetto  a  S.  Leone ,  ed  il  terzo  costantinopolilano  per  ri- 
spetto  a  S.  Agatone  ;  essendosi  1'uno  e  Taltro  protestati  di  ricono- 
scere  in  que'  supremi  Pastori  della  Chiesa  la  persona  di  Pietro,  il 
cui  insegnamento  non  puo  fallire  alia  cattolica  Yerila.  Or  chi  non 
Yede  che  chi  riconosce  una  tale  autorita  nei  Romani  Pontefici,  dee 
riconoscere  per  conseguenza  la  infallibilila  del  loro  magistero,  se 
pure  non  voglia  sostener  la  bestemmia,  che  Dio  ha  dato  alia  Chiesa 
una  regola  per  s&  fallace  di  fede? 

La  quale  assurda  supposizione  neppure  calunniando  si  potrebbe 
addebitare  a  S.  Antonino,  il  quale  in  altro  luogo  con  manifeste  pa- 
role 1'esclude,  ribadendo  anche  piu  chiaramente  e  direltamente  il 
privilegio,  che  hanno  i  Romani  Pontefici,  della  infallibilila  perse- 
nalc  nel  sentenziare  sopra  le  doltrine  della  fede.  Nella  Parte  IV  al 
titolo  VIII,  cap.  Ill,  traltando  della  virtu  della  fede,  poc'  ollre  alia 
meta  del  g.  5,  dichiara  ampiamente,  che  la  fede  della  Chiesa  univer- 
sale  non  puo  venir  meno,  e  spiega  il  modo  come  Iddio  ha  provvedu- 
to  a  questo.  «  La  sesla  cosa  da  osservare,  dice  il  Sanlo,  e  che  la  fede 
della  Chiesa  unrversale  non  puo  mancare,  avendo  detto  il  Signore 
a  Pietro:  «  lo  ho  pregato  per  te,  a  fine  che  la  tua  fede  non  venga 
meno.  »  E  per  cio  che  risguarda  Pietro,  questo  e  da  intendere  della 
infedelt^i  finale,  volendo  dire  che  non  perirebbe  persistendo  nel  pec- 
cato  della  negazione.  Quanto  poi  alia  Chiesa,  la  quale  e  designala 
nella  fede  di  Pietro,  la  cosa  si  verifica  assolutamente,  in  quanto  la 
fede  della  Chiesa  in  generale  non  puo  fallire.  La  ragione  di  queslo 
e,  perche  la  Chiesa  e  governata  dalla  diviua  provvidenza ;  cioe  di- 
rigendola  lo  Spirito  Santo  a  cio  che  non  erri.  E  sebbene  il  Papa  in 
particolare  possa  errare,  come  accade  nelle  cose  giudiziali,  in  cui 
si  procede  per  informazione ;  tuttavia  nelle  materie  che  apparten- 
gono  alia  fede  non  puo  errare  ,  quando  cioe  sentenzia  in  qualila  di 
Papa,  aYvegnache  come  particolare  e  privata  persona.  Ondeche  nel- 


INTORNO  ALLA  INFALLJBILITA  DE'  PAPI  189 

le  materie  risguardanti  la  fecle  piu  e  da  stare  alia  scntenza  proferila 
autoritativamente  dal  Papa,  die  alia  opinione  di  quali  che  sieno  no- 
mini  sapienli  1. »  11  Santo  adunque  solennemente  professa,  die  la  fe- 
de  della  Chiesa  universale  non  puo  mancare :  il  che  vuol  dire  che  la 
Chiesa  universale  non  puo  in  verun  tempo  credere  come  domma  di 
fede  una  falsa  dottrina.  Un  tal  prhilegio  egli  lo  fa  derivare  da  spe- 
ciale  assistenza  dello  Spirito  Santo,  il  quale  fa  si  che  in  queste  ma- 
terie non  possa  cadere  in  errore.  Dunque  per  suo  giudizio  la  regola 
della  fede,  per  la  quale  la  Chiesa  crede,  non  puo  esser  fallace.  Ab- 
biamo  veduto  negli  altri  luoghi  del  Santo,  esaminati  da  noi,  che  la 
regola  della  fede  nella  Chiesa  e  il  Romano  Ponlefice.  Ma  la  consc- 
guenza,  che  questa  regola  dev'  essere  infallibile,  e  qui  messa  in  lut- 
ta  la  sua  mostra,  insegnandosi  espressamente  che  il  Papa  non  puo 
errare  quando  defmisce  da  Papa,  av\egnache  senza  il  concorso,  e 
prima  del  suffragio  degli  altri  vescovi,  come  risulta  evidenteroente 
dalle  parole  etiamsi  (determine!)  ut  particular 'is  et  privata  persona. 
Aggiungeremo  un  ultimo  argomento,  dedotto  dal  capitolo  IV, 
§.  4  della  slcssa  parte  e  titolo,  dove  il  Santo  cerca  a  chi  si  appar- 
tenga  comporre  i  simboli  della  fede;  e  risponde  «  die  solo  al  som- 
mo  Pontefice  2».  Ma  quello  che  e  piu  da  nolare  e  la  ragione  che  ne 
adduce.  «  La  ragione  di  cio  (egli  dice)  e  perche  il  simbolo  e  for- 
mato  nel  sinodo  o  concilio  generate.  »  II  che  puo  sembrare  una 

1  Sextum  evf  quod  fides  universalis  ecclesiae  non  potest  deficere,  dicente 
Domino  Petro  (Luc.  22) :  Ego  rogavi  pro  te,  nt  non  deficiat  Fides  tua.  Et 
quantum  quidem  ad  personam  Petri  intelligitur  de  defectufinali;  ut  scilicet: 
quod  non  periret  persistendo  in  negationis  peccato.  Quantum  ad  Ecclesiam 
aute-m,  quae  intelligitur  in  fide  Petri,  est  simpliciter  verum;  quia  nonpotest. 
fides  Ecclesiae  deficcre.  Ratio  quare  fides  Ecclesiae  in  generali  deficere  non 
polest ;  qula  divina  providentia  Ecclesia  regitur,  scilicet  a  Spirilu  Sancto 
cam  (lirigente  ut  non  erret.  Et  licet  Papa  in  particulari  errare  possit,  ut 
in  iudicialibuSj  in  quibus  proceditur  per  informationem;  alias  in  his  quae 
pertinent  ad  fidem  errare  non  potest,  scilicet  ut  Papa  in  determinant  o, 

f'iamst  ut  particularis  et  privata  persona.  Unde  magis  standum  est  sen- 
mtiae  Papae  de  perlinentibus  ad  fidem,  quam  in  iudicio  pro  ferret  ^  quant 
pinioni  quorumcumque  sapienlwn. 
2  Com-positio  symboli  pertinet  solum  ad  mmmum  Pontifcem. 


190  LA  DOTTRINA  DI  S.  AISTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE 

nianifesta  contraddizione  coll'  inciso  precedente ;  perciocche  se  il 
simbolo  e  opera  del  concilio ,  come  dunque  egli  afferma  non  pure 
che  e  ®pera  solo  del  Papa ,  ma  di  piu  che  intanto  e  opera  solo 
del  Papa,  in  quanto  esso  e  formato  nel  sinodo  o  concilio  generale? 
Ma  la  contraddizione  svanisce  per  le  parole  che  seguono  :  «  II  Si- 
nodo generale,  egli  dice,  non  puo  essere  congregato,  che  per  la  so- 
la autorita  del  sommo  Pontefice.  Adunque  a  lui,  cioe  al  Pontefice, 
apparliene  la  formazione  del  simbolo  l.  »  E  seguita  per  lungo  tratto 
a  confermare  1'autorita  del  Papa  nelle  cose  della  fede,  argomentan- 
dola  ora  dal  valore  che  solo  per  lui  puo  avere  il  concilio  generale, 
cd  ora  dalle  decision!,  che  egli  puo  fare  da  se  slesso  senza  il  con- 
cilio. Laonde  conchiude  colla  seguente  formola  generale :  «  E  pero 
consegue,  che  alia  sola  autoritA  del  sommo  Pontefice  si  spetta  la 
formazione  di  un  nuovo  simbolo,  e  parimente  la  dichiarazione  delle 
cose  da  credere,  dove  occorressero  dubbii  2.  »  Alia  quale  senlenza 
aggiugne  peso  e  chiarezza  Y  autorila,  che  ne  reca  in  conferma,  di 
S.  Girolamo  e  di  piu  altri  santi  Padri,  che  magnificano  la  indefetti- 
bilila  della  Chiesa  romana,  e  il  magisterio  infallibile  del  Pontefice 
che  le  sta  a  capo.  Da  questa  dottrina  risulta  in  primo  luogo,  che 
1'  autorita,  che  spiega  il  concilio  nelle  cose  della  fede ,  non  e  di- 
versa  daH'autorila  del  Pontefice,  ma  e  questa  slessa  la  quale  si  ma- 
nifesta  con  un  effelto  estensivamente  maggiore.  In  secondo  luogo, 
che  il  concilio  neppure  e  condizione  necessaria  per  1'  esercizio  di 
quest'  autorita,  perche  il  Pontefice  puo  fame  uso,  e  continuamente 
ne  ha  fatto,  anche  indipendentemente  dal  concilio. 


1  Ratio  esl,  quia  editio  symboli  fit  in  synodo  sen  concilio  generali. 
Sed  synodus  generalis  auctoritatesolummodo  summi  Pontificis  potest  con- 
gregari  (ut  habelur  in  deer,  distinct.  17,  etc.) :  ergo  ad  ipsum  special 
editio  symboli. 

2  El  ideo  sequitur  quod  ad  solam  auctoritatem  Pontificis  summi  per- 
linet  nova  editio  symboli,  et  similiter  declaratio  credendorum  in  dubiis 
occurrentibus. 


INTORrsO  ALLA  INFALLIBILITA  DE*  PAP!  191 

II. 

Se  S.  Antonino  abbia  creduto  die  il  Papa  e  superior e 
al  Concilia  ecumenico. 

Alia  proposla  quistione  si  potrebbe  sufficientemente  soddisfare 
con  quella  parte  del  la  dottrina  del  Santo,  chc  abbiamo  ultimamente 
esaminata.  Nondimeno  ci  giova  ricercare  piu  direttamente  la  sua 
sentenza,  massinie  in  que'  luoghi  ne'  quali  tralta  ex  professo  de'con- 
cilii ;  e  lo  faremo ,  divisando  innanzi  tutto  in  varii  principii  i  punli 
piu  cardinali  di  dottrina  die  sono  da  lui  stabiliti. 

II  primo  di  questi  principii  e  che  dal  Papa,  come  da  unica  sor- 
gente,  si  deriva  negli  altri  prelali  la  potesla.  Sul  quale  proposilo 
reca  la  doltrina  di  S.  Tommaso  1,  il  quale  insegna,  che  sebbene 
Gesu  Cristo  avesse  conceduto  in  comune  a  tulti  gli  Apostoli  la  fa- 
colta  di  legar-e  e  di  sciogliere,  la  die  nondimeno  separatameule  al 
solo  Pietro,  acciocche  s'intendesse  che  da  lui  dovrcbbe  derivare  ne- 
gli altri  prclati  della  Chiesa  2.  II  secondo  principio  stabilises  come 
condizione  essenziale  per  la  legittimita  e  \alidita  di  un  concilio  ge- 
nerale,  che  csso  sia  convocato  per  autorila  del  sommo  Pontefice,  e 
presiedulo  da  lui  stesso,  ovvcro  da'legati  che  egli  abbia  a  quest'uo- 
po  deputati.  Se  altraraente  si  aduni  o  si  celebri ,  quello  non  e  con- 
cilio di  Crislo,  ma  conciliabolo  di  satana  3.  II  terzo  principio  po- 
ne, che  il  concilio  generale,  anche  legittimamente  conyocato  e  ce- 
lebrato,  non  puo  a\7ere  altrimenli  valore  di  qbbligare ,  o  sia  nel- 
le  nuove  definizioni  risguardanii  la  f ede ,  o  sia  ne'  precetli  concer- 

1  S.  THOM.  in  4  Sentent.  distinct.  2i. 

2  Part.  Ill,  Utul.  XXII,  cap.  VI,  §.  9. 

3  Quoddam  enim  est  generale  (concilium^,  ut  illud  quod  fit  praesente 
Papa,  vet  eius  legato  ad  hoc  specialiier  deputalo  a  Papa,  convenientibm 

'piscopis,  et  aliis  Praelatis  plurimis,  prout  ipse  ordinavit,  et  illud  non 
polesl  celebrari  nisi  auctorilate  Papae  (ut  palet  dist.Yl  etc.};  alias  nui- 
lum  esset,  et  non  concilium,  sed  conciliabulum  et  synagoga  Satanae  dice- 
et  esset.  Part.  Ill,  tit.  XXIII,  cap.  II,  et  alibi  passim. 


192  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONI^O  ARCIV.  DI  FIRENZE 

nenii  la  discipliua,  se  non  e  conferrnato  dal  Romano  Pontetice.  fi 
bene  a  questo  luogo  riferire  le  sue  proprie  parole:  « II  Romano  Pon- 
tefice  e  quello  che  da  autorita  e  vigore  a  tulti  i  concilii.  II  che  e  chia- 
ro  per  le  cose  dette  innanzi.  Poiche  se  egli  e  1'unico  capo  e  princi- 
pe  di  tutta  la  Chiesa,  se  egli  ha  la  pienezza  della  potesla  sopra  tutti, 
ed  e  il  solo  che  possa  fare  statuti  valevoli  e  perpetui,  come  colui 
che  e  il  fondamento  della  Chiesa;  ne  conseguita  che  egli  solo 
puo  dar  valore  e  forza  di  legge  agli  statuti  de'  concilii  1.  »  II 
quarto  principle  da  facolta  ai  fedeli,  quali  che  sieno,  di  appellare 
al  Papa  contro  la  sentenza  del  concilio  2.  II  quinto  principio  di- 
chiara  che  il  Papa  non  e  soggetto  alle  leggi  di  ddtto  positivo  sta- 
luile  dal  concilio  in  altra  forma,  che  come  il  principe  e  soggetto 
alle  leggi  che  fa  egli  stesso;  cioe  secondo  la  virtu  direttiva  e  non 
secondo  la  potesta  imperativa  o  la  forza  coatliva  3.  II  sesto  princi- 
pio afferma,  che  il  sommo  Pontefice  ha  facolta  non  solo  di  dispen- 
sare  ne' casi  parlicolari  dai  decreti  de'  concilii  generali,  ma  anche  di 
cangiarli.  E  qui  risponde,  coll' autorita  di  S.  Tommaso  4,  alia  diftl- 
eolta,  che  si  oppone,  di  quella  sentenza  di  Papa  Zosimo  che  dice: 
«  Non  puo  1'  autorila  di  quesla  Sede  stabilire  nulla,  ne  nulla  mutare 
contra  i  decreti  de'  Padri.  »  «  Cotesto  e  vero,  osserva  il  Santo,  dove 
si  tratti  di  decreti  di  diritto  divino,  come  sono  gli  articoli  di  fede,  de- 
terminati  ne' concilii.  Ma  le  cose  di  dritto  positivo,  stabilite  da'santi 
Padri,  sollogiaciono  all'  autorita  del  Papa ;  ed  egli  puo  o  mutarle  o 
dispensare  in  esse,  secondo  che  vuole  la  opportunita  de'  tempi  e  dei 
uegozii.  Perciocche  tutlo  quello  che  i  Padri  accolli  ne' concilii  han- 
no  statuito,  T  hanno  potuto  per  la  intervenzione  dell' autorita  del 
Pontefice,  senza  la  quale  neppure  si  puo  adunare  il  concilio  S.  » 

1  Romanus  Pontifex  dat  auctoritatem  et  robur  omnibus  condliis;  et 
haec  patent  ex  praemissis.  Quia  si  est  unicum  caput  et  princeps  totius 
Ecclesiae,  habens  super  omnes  plenitudinem  potestatis,  et  solus  potens  far- 
eere  'statuta  firma  et  perpetua,  tamquam  Ecclenae  fundamentum;  sequi- 
tur  quod  solus  potest  roborare  statuta  conciliorum  et  firmare.  Part.  Ill, 
litul.  XXIII,  cap.  Ill,  §.  2.  Item  tit.  XXII,  cap.  VI,  §.  20,  et  alibi. 

2  Loc.  cit. 

3  Ibid.  §.  21. 

4  S.  TIIOM.  in  tract,  contra  jmpugnatores  relig. 
o  Ibid.  §.  22. 


INTORNO  ALLA  IXFALLIBILITA  DE*  PAP  I  193 

9 

Da  qucsla  dottrina  del  Santo,  raccolta,  per  amor  di  chiarezza  nei 
seiesposti  principii,proviene  come  legittimo  conseguente  la  sua  sen- 
tenza della  superiority  del  Papa  sopra  il  concilio  universale.  Di  fat- 
to  se  egli  lenesse  il  contrario,  non  gia  nel  Papa,  ma  si  nel  concilio 
dovrebbe  dire  assommata  1'autorita  delle  chiavi.  Or  egli  all'oppo- 
sto  insegna  che  cotesta  autorita  dal  Papa,  come  da  prima  fonte,  e 
partecipata  ai  dhersi  prelati  e  sacerdoti  dclla  Chiesa;  e  per  rispetto 
ai  concilii,  che  essi  ne  potrebbero  converiire  senza  la  convocazione 
del  Pontefice,  ne  Icnere  le  adunanze  senza  la  sua  direzione,  ne  dar 
valore  ai  loro  alti  senza  la  confermazione  del  medesimo.  Adunque 
per  S.  Antonino  tutta  1' autorita  die  hanno  i  concilii  V  hanno  dal  Pa- 
pa, il  quale  per  conseguenza,  com'  e  il  principio  e  la  cagione  di  ogni 
loro  potesla  (ed  anzi  questa,  come  abbiam  veduto  esser  dal  Santo 
insegnato,  altra  non  e  che  la  stessa  potesta  pontificia  so  It'  altra  for- 
ma); cosi  anche  e  necessario  che  sia  ad  essi  superiore.  Di  piu  e  ve- 
rita  notissima  a  tutti,  che  V  inferiore  e  ligato  dalle  leggi  del  suo 
superiore ;  come  altresl ,  che  niuno  puo  dissolver  le  leggi  ne  cam- 
biarle  o  modificarle,  se  non  lo  stesso  legislatorc,  o  chi  ha  una  pote- 
sta maggior  della  sua.  Ora  ci  siamo  chiariti  esser  doltrina  del  no- 
stro  Santo,  che  anche  celebrato  legittimamente  e  confermato  il 
concilio,  purle  sue  leggi  non  hanno  virtu  ne  imperativa  ne  coattiva 
per  rispetto  al  Romano  Pontefice ;  e  che  qucsti  per  contrario  ha  pie- 
na  balia  di  mutarle,  secondo  che  crede  nieglio  convenire  alle  condi- 
zioni  de'  tempi  e  delle  cose.  Adunque  e  sentenza  di  S.  Antonino  che 
non  il  concilio  e  superiore  al  Papa,  ma  il  Papa  al  concilio. 

La  qual  conseguenza  ci  proviene  anche  piu  chiaramente  da  ci6 
che  il  medesimo  insegna  a  proposito  della  quislione,  seil  Papa  possa 
mai  esser  deposto  dal  suo  grado  per  cagione  di  alcun  grave  e  noto- 
rio  delitto.  Egli  la  risolve  negativamente,  eccettuato  il  solo  caso  di 
eresia;  e  ne  adduce  in  confermazione  il  parere  divarii  Dottori.  Fra 
gli  altri  cita  Pietro  della  Palude,  facendo  sua  la  sentenza  di  questo 
teologo.  Ecco  le  sue  parole  tradotte  in  italiano  :  «  Dice  similmente 
ietro  della  Palude ,  che  il  Papa ,  finche  e  Papa ,  non  puo  in  verun 

o,  ne  per  qualsivoglia  delitto,  esser  deposto  ne  dal  coneilio,  ne  da 

ta  la  Chiesa,  ne  da  tutto  il  mondo,  non  solo  perche  e  superiore, 
Serle  VII,  vol.  IV,  fasc.  446.  13  8  Ottobr e  1868. 


194  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE 

• 

e  non  ha  alcun  uomo  sopra  di  se ,  che  lo  possa  giudicare ;  ma  per- 
che la  sua  autorita  e  da  Dio,  il  quale  ha  riser vato  a  se  il  giudizio  del 
Pontefice  di  Roma  ,  intino  che  e  tale  1.  »  La  ragione  che  qui  e  ad- 
dotta ,  perche  il  Papa  non  puo  esser  deposto,  qualunque  sia  il  suo 
demerito ,  e  perche  non  vi  ha  nel  mondo  nessuna  potesta  superiore 
a  lui,  escludendosi  esplicitamente  anche  quella  del  concilio  generate. 
Si  potrebbe  desiderare  maggior  evidenza? 

Abbiamo  detto  pero  che  il  santo  Arcivescovo  eccettua  il  caso,  che 
il  Papa  fosse  caduto  nel  delitto  dell' eresia;  giacche  in  questa  ipote- 
si  concede  che  puo  esser  deposto.  Nondimeno  egli  osserva,  che  in 
quesfeo'fatto  non  avrebbe  luogo  il  giudizio  sopra  il  Papa  in  quanto 
tale ;  poiche  per  cio  stesso  che  caduto  nell'  eresia  cesserebbe  di  es- 
ser Papa.  «  Quando  il  Papa,  egli  dice,  fosse  diventato  eretico,  solo 
per  questo  fatto,  senz'  altra  sentenza  riraarrebbe  separate  dalla  Chie- 
sa.  Ma  non  puo  un  capo  reciso  dal  corpo,  finche  e  reciso,  esser  capo 
di  quel  medesimo  corpo  da  cui  e  stato  divelto.  Adunque  un  Papa,  che 
si  fosse  diviso  dalla  Chiesa  per  I'  eresia,  per  cio  stesso  finirebbe  di 
esser  capo  del  corpo  della  Chiesa.  E  cosi  un  eretico  non  puo  essere 
ne  rimanere  Papa,  perche  non  puo  fuori  della  Chiesa  a\er  le  chiavi 
della  Chiesa.  11  che  non  accade  per  gli  altri  peccati:  per  essi  e  ca- 
po languido  si  Teramente  ,  ma  pur  non  cessa  di  esser  capo  ;  e  per 
conseguenza  non  puo  esser  giudicalo  dalle  membra  2.  » 

Adunque  1'  eccezione  del  Papa  eretico,  che  puo  essere  in  quanta 
tale  deposto  dalla  Chiesa  (se  pure,  come  aggiunge  espressamenle  il 

1  Item  dicit  Petrus  de  Palude,  quod  Papa  nullo  casu,  quamdiu  est  Pa~ 
pa,  per  quodcumque  crimen  non  potest  a  concilio,  nee  a  tola  Ecclesia, 
nee  a  toto  mundo  deponi;  et  hoc  non  solum  quia  est  superior  et  nullum  ho- 
minem  habet  supra  se,  qui  eum  valeat  iudicarc:  sed  quia  est  a  Deo,  qui 
sibi  Romani  praesulis ,  quamdiu  praesul  est,  indicium  reservavit.  Ibid. 
tit.  XXII,  cap.V,  §.  3. 

2  jfi*o  ipso  quod  haereticus  est  (Papa)  ab  Ecclesia  est  praecisus.  Non  po- 
test autem  caput  a  corpore  praecisum,  quamdiu  est  praecisum,  caput  esse 
illius  corporis  a  quo  est  praecisum:  unde  Papa  per  hoc  desinit  esse  caput 
corporis  Ecclesiae.  Et  sic  haereticus  non  potest  esse  nee  manere  Papa; 
quia  extra^Ecclesiam  non  potest  habere  claves  Ecclesiae.  Per  alia  autem 
peccata  Papa  est  caput  languidum,  quod  non  propter  hoc  desinit  esse  ca- 
$ut,  necpotest  a  membris  per  consequens  iudicari.  Ibid.  cap.  VI,  §.  3, 


INTORNO  ALLA  INFALLIBILITA  DE?  PAH  19o 

Santo,  non  voglia  ritrattare  il  suo  fallo);  questa  eccezione,  diciamo, 
secondo  le  spiegazioni,  che  il  medesimo  S.  Autore  ne  da,  riconfer- 
ma  la  dottrina  dell'  assoluta  superiorita  del  Papa  sopra  il  concilio. 
Se  non  che  questa  medesima  ipotesi  di  un  Papa  eretico,  clie  pure 
S.  Antonino  ammette  per  possibile,  puo  sembrare  ad  alcuno,  che 
contraddica  al  privilegio  della  infallibilita.  La  quale  cosa  se  e  vera, 
manca  uno  de'  piu  validi  fondamenti,  sopra  i  quali  si  appoggia  1'al- 
tro  suo  attribute  della  superiority  sul  concilio. 

Cotesta  era  una  grave  difficolta  pe'tempi  del  nostro  Santo,  ne' qua- 
li correvano  come  vere  storie  non  solo  le  favole  delle  defezioni  per- 
sonali  dalla  fede  di  alcuni  Papi,  per  esempio  di  Marcellino;  ma  an- 
che  quelle  che  spacciavano  avere  alcuni  di  essi  favorita  ed  eziandio 
insegnata  1'eresia,  come  credevasi  di  Liberio,  di  Onorio,  di  Anasta- 
sio,  di  Leone  e  non  sappiamo  se  di  altri.  Con  tutlo  cio  il  S.  Dottore, 
indotto  dall'autorita  della  sacra  Scrittura,  dalla  dottrina  comune  dei 
SS.  Padri,  e  dalla  stessa  ragione  teologica,  sostiene,  come  abbiamo 
veduto,  che  ilPapa  nel  suo  magistero  di  capo  della  Chiesa  universa- 
le  e  da  se  solo  infallibile.  E  pero  se  ammette  che  puo  cadere  nel- 
1'eresia,  ed  anche  spacciare  cose  contrarie  alia  fede,  aggiunge  non- 
dimeno  che  non  potrebbe  cio  fare ,  se  non  solo  come  persona  parti- 
colare ,  e  non  gia  esercitando  V  ufficio  di  maestro  universale  della 
Chiesa.  Uno  de'mezzi  poi  (ed  e  certo  de'piu  efficaci),  pe' quali  lo 
Spirito  Santo  assiste  al  Pontefice  ,  acciocche  non  possa  fallare  nelle 
sue  defmizioni  dalla  verity  della  fede ,  lo  riconosce  nel  concilio ,  e 
in  generate  ne'sussidii  che  gli  puo  offrire  la  Chiesa  1.  Se  non  che 
di  qualche  lieve  incaglio,  che  incontra  a  quesfS  luogo  la  dottrina 
del  Santo,  per  occasione  de'  falsi  dati  di  storia ,  a  cui  abbiamo  ac- 
cennato,  ei  converra  trattare  in  luogo  piu  opportune .  Per  ora  osser- 
Yiamo,  che  dopo  che  gli  studii  ciitici  sopra  la  storia  ecclesiastica 
hanno  fatto  apparire  e\1dentemente  intemerata  la  fede  di  que'Papi , 
che  furono  calunniati  di  avere  insegnate  dalla  Cattedra  di  Pielro 
V  eresia ;  la  dottrina  in  ogni  tempo  comune  nella  Chiesa  e  veramen- 
te  cattolica  della  infallibility  pontificia  non  ha  dovuto  piu  lottare 


1  Part.  Ill,  tit.XXIIl,  cap.  Ill,  §.  4. 


196  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIIIENZE 

contra  nessun  oslacolo  di  qualche  momento.  Cio  dunque  che,  confer- 
me  a  quesla  dottrina,  e  da  tenere  assolutamente  nella  proposta  qui- 
stione,  si  e  die  il  Papa,  come  Papa,  cioe  come  maestro  universale 
della  Chiesa,  e  per  maniera  assistito  dallo  Spirito  Santo,  che  in  nes- 
sun caso  puo  insegnare  o  proporre  a  credere,  nelle  cose  appartenen- 
ti  alia  fede  o  ai  costumi,  il  falso  per  vero  1.  Quanto  poi  alia  queslio- 
ne  personale ,  che  fosse  a  fare  quando  il  Papa  come  private  si  tro- 
vasse  esser  caduto  nell'  eresia;  in  primo  luogo  la  sentenza  piu  comu- 
ae  de'  teologi  e  quella  stessa,  che  abbiam  veduto  essere  insegnata 
da  S.  Antonino,  che  cioe  quando  questo  accadesse,  quel  Papa  ccs- 
serebbe  per  cio  solo  di  esser  Papa,'e  percio  potrebb'  esser  deposto 
anche  di  fatto  2.  In  sccondo  luogo ,  per  rispetto  alia  possibilila  di 
una  tale  ipotesi,  la  piu  probabile  sentenza  ci  sembra  quella  del  Bel- 
larmino ;  vale  a  dire ,  che  non  essendosi  giammai  avverato  un  tal 
fatto,  o  almeno  non  potendosi  provare  che  siasi  mai  avverato  :  «  E 
da  credere  piamente,  che  il  sommo  Pontefice  non  solo  non  possa  er- 
rare  nella  fede  come  Pontefice,  ma  anche  come  persona  particolare 
non  possa  diventare  eretico,  credendo  pertinacemente  qualche  errore 
contro  la  Fede.  »  II  che  dice  essere  convenientissimo  a  quella  soa\e 
provvidenza,  onde  Iddio  goverua  la  sua  Chiesa  3. 

Rimettendoci  ora  nel  nostro  argomento,  un'altra  conseguenza  de- 
duce il  S.  Arcivescovo  di  Firenze  dai  principii  da  lui  propugnati,  al- 
cuni  de'  quali  sono  anche  esposti  tra  cinque  altissimi  privilegi ,  che 
esso  fa  rilevare  nella  Chiesa  romana.  La  conseguenza  e  che  non  e 
lecito  di  appellare  contro  alle  decision!  del  Papa  a  quelle  di  un'  altra 
qualsiasi  potesta.  "Arrecheremo  soltanto  due  argomentazioni ,  dalle 
quali  emerge  piu  esplicitamente  la  sua  sentenza  della  superiorita  del 
Papa  sul  concilio.  La  prima  e  derivata  da  quel  privilegio ,  per  cui 
la  Chiesa  romana  ha,  per  mezzo  del  suo  Pontefice,  la  pienezza  della 
potesta  sopra  tutta  la  Chiesa.  Ecco  il  ragionamento  del  Santo  in 
ischietta  forma  scolastica:  «  Chiunque  asserisce  che  il  Romano 
Pontefice  non  ha  la  pienezza  della  potesta  sopra  lulti,  coslui  toglie 

1  Conf.  BELLARM.  De  Rom.  Pontif.,  lib.  IV,  cap.  III. 

2  Id.  tract,  cit.  lib.  II,  cap.  XXX. 

3  Id.  tract,  cit.  lib.  IV,  cap.  VI. 


INTOMO  ALLA  INFALLIBILITA  DE'  PAPI  197 

alia  Chiesa  di  Roma  cosi  fatto  privilegio  concedutole  da  Cristo.  Ma 
chi  sente  che  puo  farsi  appello  ad  aliri  contro  i  decreti  del  Papa, 
sente  che  quest!  non  ha  la  pienczza  della  potesta  sopra  lulti.  Dun- 
que  ecc.  La  minore  proposizione  e  per  se  evidente :  perciocche 
colui,  al  quale  si  fa  appello,  deve  avere  potesta  sopra  1'altro,  contro 
cui  si  ricorre ;  giacche  deve  poter  mulare  o  riformare  la  sentenza 
di  questo  1.  » 

L'  altra  argomenlazione  riguarda  esplicltamente  il  concilio ,  ed  e 
fondata  sopra  il  privilegio  del  Romano  Pontefice  di  poter  egli  solo 
colla  sua  confermazione  dar  forza  e  vigore  a  tutti  gli  atti  de'  concilii 
general!.  Onde  il  Santo  argomcnta  nella  forma  seguente:  «  Neppu- 
re  al  concilio  generale  si  puo  appellare  contro  il  Papa.  Imperoc- 
che  il  PAPA  E  SUPERIORS  A  QUALSIVOGIA  CONCILIO,  ne  hanno  fermezza 
gli  atti  de'  concilii,  se  non  sono  avvalorati  e  confermati  dall'  autori- 
ra  del  Romano  Pontefice.  Sentire  adunque  che  e  lecito  appellare  al 
concilio  contro  il  Papa,  e  un'  eresia  contro  all'  articolo,  con  cui  si 
professa  di  credere  nella  santa  Chiesa  cattolica  2.  » 

I  cap!  della  dottrina  di  S.  Antonino,  sin  qui  esposti  da  noi  colla 
massima  fedelta,  meltono  in  chiaro,  piu  che  la  luce  di  mezzogiorno, 
il  vero  sentimento  di  questo  Dottore  intorno  a  que'due  punli,  un  tempo 
si  controversi  dalla  Chiesa  gallicana  ed  ora  appena  da  pochi  com- 
battiiti,  che  sono  la  infallibilita  del  Romano  Pontefice,  e  la  sua  su- 
periorita  sopra  il  concilio  universale.  Come  abbiam  notato  sin  da 
principle ,  cio  che  massimamente  deve  farci  apprezzare  le  sentenze 

1  Quicumquc  assent  quod  Horn-anus  Pontifex  non  habeat  plenitudinem 
potestatis  super  omnes,  auferre  conalur  primlegium  Ecclesiae  ftomanae  a 
Ckristo  traditvm,  quod  patet  per  secimdum  privileghim  supra  positum. 
Sed  sentiens  appeUandum  esse  a  Papa,  sentit  ipswn  non  habere  plenitudi- 
nem potestatis  super  omnes.  Ergo  etc.  Minor  patet,  quia  ille  ad  quern  ap- 
pellatur  habet  potestatem  super  ilium,  a  quo  appellatur ;  quia  potest  eius 
indicium  mulare  et  scntentiam  retraclare.  Part.  HI,  tit.  XXIII,  c.  HI,  §.  3. 

2  Sed  nee  ad  Concilium  generale  a  Papa  appellari  potest ;  quia  PAPA 
o.ViY/  CONCILIO  SUPERIOR  EST;  nee  robur  habet  quidquid  agitur,  nisi  auctorita- 
te  Romani  Pontificis  roboretur  et  confirmetur.  Sentire  ergo  quod  ad  Con- 
cilium a  Papa  appellari  possit,  est  haereticum,  et  contra  ilium  articu- 
lum  sanctom  Ecclesiara  catholicam.  Loc.  cit. 


198  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIY.  JDI  FIRENZE  ECC. 

espresse  da  questo  Santo  nelle  delte  quistioni,  e  1'averle  sostenu- 
te  poco  appresso  a  quel  fimestissimo  scisma  che  divise  la  Chiesa  e 
dopo  i  due  concilii  di  Costanza  e  di  Basilea,  il  primo  del  quali  par- 
ve  sminuire  non  poco  1'autorila  de'sommi  Pontefici,  ed  il  secondo, 
per  avere  attentato  anche  peggio  alia  dignita  pontificia ,  degenero 
in  conciliabolo.  Nondimeno  il  Santo  propugno  con  tanto  ardore  i  pri- 
vilegi  del  Pontiticato  ,  specialmente  que'  due  che  do^eano  sembrare 
piu  conlrarii  alle  condizioni  della  Chiesa  in  que' tristissimi  tempi. 
Cio  e  tin  nuovo  argomento,  che  quella  era  la  dottrina  di  tutti  i  Pa- 
dri  e  Dottori,  non  potuta  intorbidare  dalle  tempeste  che  tra\aglia- 
rono  per  si  gran  tempo  la  Chiesa.  Sappiamo  che  qui  e  cola  si  pos- 
sono  racimolare  di  testi,  capaci  di  fare  qualche  difikolta:  ma  quali 
che  essi  sieno  ,  non  potranno  giammai  distruggere  un  lullo  di  dot- 
trine  ,  che  si  risponde  si  mirabilmente  nelle  sue  parti ,  e  sempre  in 
guisa  da  far  risultare  quelle  due  conseguenze.  Ad  ogni  modo  noi  ci 
occuperemo  in  un  altro  articolo  anche  di  quest!  passi,  per  chiuder  la 
via  a  chi  se  ne  volesse  giovare  in  danno  della  verita ,  interpretando 
malamente  qualche  frase  un  po'  ambigua  del  grande  Arcivesco\o  di 
Firenze. 


^ 


RIVISTA 

BELLA 

STAMPA   ITALIAN  A 


DeW  immortalita  deU'anima  umana.  Discorso  della  marchesa  MA- 
BIANNA  FLORENZI  WADDINGTON  —  Firenze  1868. 

Ouesta  volta  prendiamo  in  mano  la  penna  con  molta  peritanza, 
trattandosi  di  dover  con  essa  impugnarc  nna  donna ;  cosa ,  a  dir 
vero  ,  poco  cavalleresca.  Ma  d'  altra  parte  sarebbe  bella,  se  la  de- 
bolezza  del  sesso  dovesse  servire  di  titolo  ad  impunita  e  licenza.  La 
donna ,  se  opera  male  ,  convien  clie  sia  gastigata  ancor  essa;  e  so 
dice  spropositi,  convien  che  sia  confutata  e  ripresa.  II  che  e  qui  tan- 
to  piu  ragionevole,  in  quanto  la  nostra  autrice  si  fa  maestra  di  dot- 
trina  perversissima ,  racimolando  dai  panteisti  e  idealisti  di  Germa- 
nia ,  quanto  ci  ha  di  piu  strano ,  e  solo  aggiungendovi  del  suo  qual- 
che  piu  grossolana  stranezza ,  come  vedrassi  dal  breve  esame  ,  che 
faremo  del  suo  libretto. 

Ella  come  nel  nome,  cosi  nella  filosofia,  che  segue,  poco  si  diffe- 
renzia  dal  Florentine,  di  cui  parlammo  nei  precedenti  quaderni. 
Anch'ella,  come  lui,  identitica  il  pensiere  coll'essere  l.  Anch'ella, 
come  lui,  fa  sorgere  V  intelligenza  dalla  riflessione  2.  Anch'ella,  co- 
me lui,  identifica  Dio  col  mondo  e  coll'uomo  3.  Solamente  per  ci6  che 
riguarda  la  durata  dell'  anima  umana,  ella  dissente  dai  Fiorentino ; 

1  Pag.  19.  -2  Pag.  6,  -  3  Pag.  33. 


200  RIVISTA 

giacche  dove  costui  la  vuol  morta  col  corpo,  la  Florenzi  la  vuole 
immortale.  Ma  anche  in  cio  la  sua  femminil  fantasia  le  suggerisce 
del  ghiribizzi  bizzarri.  Da  prima  essa  non  altiibuiscc  1'  immortalila 
a  tulte  le  anime  umane,  ma  a  sole  quelle,  che  abbiano  goduto  di 
svolgimento  intellettuale  e  morale.  «  Se  rimmortalita  e  dovuta  al- 
1'uomo,  come  persona  libera  ed  indipendente,  essa  non  puo  apparte- 
nere  se  non  a  coloro,  i  quali  si  sono  sollevati  a  quello  stato.  Ne  si 
deve  pensare  che  Y  immortalita  sia  \ma  conseguenza  dell'  essere  na- 
turale  dell'uomo,  in  quanto  che  esprima  il  raccoglimento  della  na- 
tura  in  un'anima;  perche,  se  fosse  cosi,  rimmortalita  apparterreb- 
be  con  pail  diritto  al  resto  degli  animali  e  forse  anche  alle  piante, 
le  quali  realizzano  fino  a  un  certo  punto  la  loro  specifica  nozio- 
ne.  Ogni  individuo  vivente  e  la  realizzazione  di  un  tipo  specifico 
universale,  il  quale  contiene  tutte  le  condizioni  proprie  di  qucl- 
1'  individuo,  ed  appartenenti  tanto  al  grado  dell'amma  quanto  a 
quello  del  corpo.  Cosi  e  parimente  deH'uomo;  se  non  che  qucsto 
arriva  a  costruirsi  un  carattere  proprio  ed  individuate  per  mezzo  del 
suo  intimo  sviluppo,  mentre  gli  altri  rimangono  tali  e  quali  la  natura 
gli-ha  prodotti.  Percio  rimmortalita  non  puo  appartenere  a  questi 
semplici  prodotti  della  natura ;  ma  e  prerogativa  esclusiva  delle  li- 
bere  creazioni  dello  spirito.  Quelli  fra  gli  uomini,  i  quali  non  si  ri- 
fanno  da  se  stessi  e  che  si  arrestano  al  grado  di  animal  ita,  sottostan- 
no  alia  sorte  medesima  degli  animali  1.  »  In  tal  guisa  la  sig.  Flo- 
renzi condanna  a  morte  in  primo  luogo  le  anime  di  tutti  i  bambini  e 
fanciulli,  che  non  ebbero  la  sorte  di  dire  To,  in  virtu  della  coscienza 
riflessa.  In  secondo  luogo  le  anime  di  quegli  adulti ,  in  cui  non  si 
svolse  r  intelletto  e  Y  indipendenza  -della  volonta.  In  terzo  luogo  le 
anime  di  coloro ,  che  poco  si  perfezionarono ;  le  quali  anime  «  sono 
rirnaste  quasi  chiuse  e  dormienli  in  se ,  di  tanta  scarsa  potenza  che 
si  potrebbero  quasi  dire  morte  sul  nascere  2.  »  Tutte  queste  anime 
debbono  considerarsi  non  come  esseri  morali  e  liberi,  ma  come  me- 
ri  prodotti  della  natura  e  pero  periranno  col  corpo.  Le  sole  anime 
de'sapienti ,  massime  se  liberali ,  e  quelle  delle  sole  filosofesse ,  lo 

1  Pag.  41.  —  2  Pag.  40. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  201 

quali  seppero  elevarsi  alia  crcazione  del  proprio  spirito,  merce  della 
rillcssione,  sono  immortali. 

Nondimeno,  queste  anime,  benche  immortali,  richieggono  semprc 
un  organismo  corporeo ;  aUrimenli  non  polrebbero  comunicare  tra 
loro,  e  cio  alia  sig.  Florenzi  non  place.  «  La  persona  umana,  ella  di- 
ce, sta  propriamente  nell'/o ;  ma  questo  non  si  puo  supporre  isolato, 
e  bisogna  riferirlo  per  necessita  ad  un  non  lo.  Questa  opposizione 
ha  per  fondamento  un'  unita  originaria.  II  non  lo  c  V  To  si  unificano 
per  un  legame  essenzialc  ed  indissolubile.  Bato  1'  /o,  e  dato  ancora 
un  mondo ,  in  cui  esso  vive.  La  persona  umana  dunque  deve  essere 
necessariamenle  col  mondo ;  percio  non  puo  trovarsi  senza  un  orga- 
nismo, essendo  questo  1'  istrumento  della  comunicazione  tra  1'  inter- 
no  spirito  e  1'esteriore  natura.  Se  anche  si  volesse  immaginare  un 
mondo  di  soli  spiriti,  quest!  per  potere  entrare  in  relazione  1'imo 
coll'altro  bisognerebbe  che  avessero  un  modo  di  estrinsecarsi.  II 
mio  interne  non  e  tale  se  non  che  per  me  solo,  per  la  mia  coscien- 
za:  verso  degli  altri  il  mio  interno  diviene  esterno,  il  soggetlo  divie- 
ne  oggelto,  e  percio  lo  spirito  diviene  natura.  Per  quesle  deduzioni 
ineluttabili  lo  spirito  non  si  puo  scompagnare  da  un  organismo  cor- 
poreo, e  sebbene  i'essenza  delle  personality  consistesse  nell'/o, 
nulla  ostante  quest' /o,  per  entrare  in  comunicazione  col  di  fuori,  de- 
ve assumere  un  istromento  o  un  organo,  il  quale  puo  variare  se- 
condo  le  circostanze  dell' ambiente  in  cui  vhe,  ma  pero  sempre  le- 
gato collo  spirito  1 .  » 

Cio  quanto  alia  filosotia  specolativa.  Quanto  allapratica,  lanostra 
filosofessa  slabilisce  che  1'uomo  e  fine  a  se  stesso.  E  come  no,  se 
di  se  slesso  e  principio?  «  L'  lo  considerato  come  oggetto  o  fine  di  se 
stesso,  divenla  coscienza  morale.  L'/o,  essendo  per  se,  vale  a  dire, 
essendo  fine  di  se  stesso  trova  in  se  la  sua  maggiore  esplicazione  : 
non  habisogno  di  uscire  fuori  per  perfezionarsi,  non  ha  bisogno  di 
iendere  a  una  meta  esterna.  L'lo  e  perfetto,  quando  si  rcalizza  piena- 
menic  come  lo  2.  »  Quindi  1'uomo  non  ha  bisogno  di  togliere  sc 
non  da  se  stesso  i  mothi  del  suo  operare.  Egli  non  e  susceltivo  di 


1  Pag.  27.  —  2  Pag.  72. 


202  RIVISTA 

premii  e  di  pene,  proposti  da  un  essere  superiore.  Egli  e  legislatore 
e  giudice  di  se  medesimo.  II  suo  premio  e  il  compiacimento  d'aver 
operate  il  bene;  la  pena,  il  rimorso  d'aver  operate  il  male.  «  L'ani- 
ma  umananon  e  immortale,  come  ordinariamente  si  crede,  per  rice- 
vere  solamente  una  ricompensa  e<l  un  castigo.  Quesla  veduta  abbas- 
serebbe  la  sua  natura,  facendola  servire  come  istromento  di  un 
agente  piu  elevato ,  il  quale  1'  avesse  destinata  ad  eseguire  un  deter- 
minate incarico,  premiandola  poi  o  punendola  a  tenore  della  dili- 
genza  posta  in  quella  esecuzione.  Cotal  modo  di  vedere  distrugge- 
rebbe  il  pregio  assoluto  della  persona,  distruggendo  cio  che  in  essa 
vi  e  di  piu  essenziale,  vale  a  dire  il  delerminarsi  da  se. . .  II  premio 
e  la  pena  stanno  nella  propria  coscienza,  come  soddisfazione  di  aver 
fatlo  il  bene  e  di  aver  adempito  il  proprio  dovere  ,  o  come  rimorso 
di  averlo  trasgredito. . .  Non  vi  e  dunque  niuna  potenza  esterna  che 
determini  1'  uomo  pel  bene  o  pel  male :  esso  determina  se  stesso  nel- 
la sua  liberta;  e  quella  divinila,  di  cui  parliamo,  non  eun  Dio  ester- 
no,  ma  intrinseco  nella  nostra  anima ,  e  la  coscienza  stessa  che  si 
determina  e  si  giudica ;  essa  si  sa  punire  e  si  sa  premiare;  sua  pu- 
nizione  e  il  rimorso  del  mal  fatto ,  suo  premio  e  il  compiacimento  e 
la  soddisfazione  del  bene  operate  l.  » 

Non  ci  e  mestieri  di  molto  studio  per  intendere  gli  strafalcioni  di 
questa  strana  sapienza,  la  quale  se  in  becca  di  un  uomo  sa  male, 
sul  labbro  di  una  donna  ha  non  sappiam  che  di  straordinariamente 
stomachevole  e  schifoso.  Lo  spirito  vien  creato  dalla  coscienza !  Ma 
la  coscienza  che  cosa  e?  Un'  azione,  colla  quale  1'operante  rigira  se 
in  se  stesso.  Essa  dunque  non  puo  procedere  che  da  uu  principle,  il 
quale  non  solamente  non  sia  materia,  ma  inoltre  sia  indipendente 
dalle  condizioni  e  dalle  leggi  della  materia.  Siffatto  principio  e  ap- 
punto  quello  che  si  denomina  spirito.  La  coscienza  dunque,  lungi  dal 
creare  lo  spirito,  lo  suppone  anzi  come  principio.  Dippiu  le  suppene 
come  soggelto.  Imperocchel' azione  richiedeil  soggetto  in  cui  riseg- 
ga;  e  trattandosi  qui  d'azione  immanente,  ilsoggette  di  essa,  e  Ten- 
le  medesimo  da  cui  deriva.  Da  ultimo  lo  suppone  come  oggetlo ; 

1  Pag.  31-33. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  203 

giacche"  la  cosdenza  e  azione  conoscitiva,  e  la  cognizione  presuppo- 
ne  il  conoscibile.  Or  qui  il  conoscibile  non  e  allro  die  lo  spirito 
stesso,  il  quale  divien  consdo  di  se  medesimo. 

La  nostra  autrice  in  cambio  di  far  sorgere  I'operazione  dall'  esse- 
re,  fa  sorgere  T  essere  dall'operazione.  E  una  filosofia  a  rovescio. 
«  Quando  dico  To,  che  e  1'espressione  della  cosdenza  riflessa,  nes- 
sun  altro  potrebbe  far  mi  pronunziare  questa  parola,  se  non  che  la 
mia  spontanea  attivila.  Elevandosi  I'anima  fino  all' To,  essa  diyenta 
spirito.  »  Ma  come  potrebbe  V  anima  elevarsi  a  proferir  To,  se  gia 
non  fosse  spirito?  II  solo  spirito  e  capace  di  coscienza  e  di  ritorno 
sopra  se  stesso.  Egli  non  prommzia  7o,  se  non  in  virtu  della  sua 
spontanea  attivita;  sta  bene.  Ma  questa  spontanea  altivita  come  po- 
trebbe aver  luogo,  senza  un  operante  proporzionato,  vale  a  dire  una 
sostanza ,  la  quale  ,  benche  per  avventura  inform!  la  materia ,  non- 
dimeno  non  dipenda  da  lei  e  pero  sia  capace  di  rivolgersi  sopra  se 
stessa  e  penetrare  il  proprio  essere?  Operatio  seqmtur  esse,  dice 
il  senso  comune ;  e  quindi  conviene  che  Y  anima,  prima  di  dire  To, 
doe  prima  di  ope  rare  ,  sia  gia  vero  spirito  ,  doe  abbia  1'  essere  ca- 
pace di  proferire  quella  parola.  Di  qui  segue  che  non  solo  1' anima 
de'  sapienti  e  delle  filosofesse  ,  ma  di  ogni  uomo  e  d'  ogni  donna  e 
immortale.  I/  immortalita  e  dote  dell' essere  e  non  conseguenza  del- 
Toperazione.  E  poiche  in  tanto  e  dote  deir essere,  in  quanto  T  esse- 
re e  indipendente  dalla  materia ,  ne  segue  che  per  avverarsi  nello 
spirito  non  d  e  bisogno  dell'  oi-ganismo.  Ne  la  mancanza  di  questo 
impedisce  gli  spiriti  dal  comunicare  tra  loro,  bastando  a  do  la  scam- 
bievole  influenza  spirittiale  ,  in  virtu  di  cui  possono  manifestarsi  i 
proprii  pensieri  e  conversare  a  vicenda.  E  cosi  S.  Tommaso,  parlan- 
do  degli  Angeli,  insegna,  che  cio  che  tra  gli  uomini  fa  il  segno  sen- 
sible ,  fa  tra  quellc  spiritual!  sostanze  V  azione  intellettuale.  Sicut 
per  signum  sensibile  excitatur  sensus;  ita  per  aliquam  virtutem  in- 
telligibilem  excitatur  mens  anyeli  ad  attendendum  1.  Anzi  tanto  c 
lungi  che  per  la  comunicazione  tra  gli  spiriti  si  richiegga  il  corpo  , 
che  esso  per  contrario  e  1'  impedimento  per  cui  le  anime  umane,  fin- 


1  Swnma  th.  I.  p.  q.  CVII,  a.  1  ad  3. 


204  RI  VISTA 

che  gli  sono  congiunte,  non  possono  pel  solo  alto  della  volonta  ma- 
nifestarsi  tra  loro,  ma  han  mestieri  cli  esterni  segni.  Clauditur  mens 
hominis  ab  alio  homine  per  grossitiem  carports.  Unde  cum  etiam 
voluntas  ordinal  conceptual  mentis  ad  manifestandum  alteri ,  non 
statim  cognoscitur  ab  alio ,  sed  oportet  aliquod  signum  sensibile 
adfiibere  1. 

Avendo  la  Florenzi  fatto  sorgere  lo  spirito  dalla  sua  operazione , 
cioe  la  causa  dall'effelto,  era  naturale  che,  second  o  il  medesimo  stra- 
volgimento  d'  idee,  facesse  sorgere  Dio  dalla  sua  crealura.  «  Dio, 
ella  dice,  essendo  il  sistema  o  il  legame  di  tutte  le  cose,  e  non  po- 
lendosi  considerare  come  un  soggetto  particolare  ,  come  molti  pre- 
tenderebbero ,  non  cade  neanche ,  net  senso  rigoroso  della  parola  , 
sotto  la  categoria  del  bene  2.  »  Qui  si  professa  manifestamente 
T  ateismo ;  giacche  non  si  ammeltono ,  se  non  le  sole  creature ,  co- 
meche  sistemate  ira  loro  e  collegate.  Ma  ogni  persona  di  buon  senso 
dimanda :  e  cotesle  creature ,  il  cui  collegamento  si  dice  esser  Dio , 
come  son  venute  all'  esistenza  ?  Ed  oltre  a  cio  chi  le  lia  sistemate  e 
collegate  con  tan  to  ordine?  fi  questa  1'  interrogazione  che  di  per  se 
si  affaccia  alia  mente  di  ognuno.  La  Florenzi  non  si  cura  di  rispon- 
dervi ;  se  non  fosse  che  parlando  dell'  Hegel ,  del  cui  panleismo 
si  professa  seguace ,  dice :  «  Hegel  non  parte  dal  nulla ,  ne  tende 
al  nulla,  come  falsamente  da  alcuni  si  crede.  Egli  al  contrario  parte 
dall'  attivita  primigenia  del  pensiero ,  ed  arriva  all'  althlta  pensante 
riflessa ,  cioe  alia  persona  umana  B.  »  Par  dunque  che  anch.e  per 
lei  il  primo  principio  delle  cose  sia  1'  attivita  primigenia.  Ma  siffatta 
attivita  primigenia  che  cosa  e?  E  una  sostanza?  E  una-forza?  Se  e 
una  forza,  corivien  che  risegga  in  un  soggetto.  E  se  e  una  sostanza, 
essa  e  non  il  legame  o  sistema  delle  cose  che  sorgon  da  lei,  sara 
Dio,  cioe  la  prima  causa  effettrice  del  mondo. 

I  panteisti  moderni  par  che  abbiano  capito,  che  il  primo  princi- 
pio di  tutto  cio  che  esiste  dev'essere  un  infinito;  giacche  il  solo  in- 
fmito  puo  dar  1' ultima  spiegazione  dell' esistenza  del  finito.  La  cau- 
sa prima  non  potrebbe  essere  autrice  di  ogni  altra  cosa,  1'ente  pel 

1  Q.  ad  2.  —  2  Pag.  33.  —  3  Pag.  4. 


DELIA  STAttPA  ITALIAN  A  205 

quale  e  tutto  quello  che  e,  se  non  contenesse  in  modo  conveniente 
lutle  e  singole  le  perfezioni  che  si  trovano  nell'  universe.  Cio  si  con- 
senle  dai  panteisti.  Ma  nel  determinare  poi  cotesto  infmito  essi ,  in 
cambio  dell' infmito  attuale  e  sussistente,  sognano  o  1' infmito  poten- 
ziale  o  1'  infmito  astratto  ed  ideale.  Essi  ricorrono  a  una  realita  di 
per  se  indifferente,  che  per  successive  forme  si  differenzia,  e  di  gra- 
do  in  grado  si  svolge ;  orvero  ricorrono  all'  idea  generalissima  dcl- 
T  ente ,  la  quale  per  virtu  di  momenti  intrinseci  si  specifica  e  si  de- 
termina ,  da  prima  nel  mondo  corporeo  ,  e  quindi  nel  mondo  ideale 
fmo  a  riceverc  nella  coscienza  deli'  uomo  il  suo  ultimo  compimento. 
Ma  S.  Tommaso  fin  da'suoi  tempi  avea  confutati  cotesti  error! ;  giac- 
che  le  vantate  conquiste  del  pensiero  moderno,  al  trar  de'  conti,  non 
sono  altro  che  ferri  vecchi,  illustrati  da  semplice  noYita  di  frasario. 
Davide  di  Dinant  stabili  che  la  prima  causa  di  tutte  le  cose  fosse 
la  materia  prima ,  vale  a  dire  una  realita  appunto  di  per  se  indiffe- 
rente ed  indeterminata,  capace  di  essere  attuata  da  innumerevoli 
forme.  S.  Tommaso  confuta  questo  errore,  che  egli  chiama  stoltis- 
simo  1,  con  questo  breve  argomento  :  La  causa  efficente  non  puo 
identificarsi  colla  materia,  non  solo  numericamente,  ma  neppure 
specificamente ;  giacche  questa  e  in  potenza,  e  quella  in  atto.  Materia 
cum  causa  efficiente  non  incidit  in  idem  numeronec  in  idem  specie^ 
quid  hoc  esl  in  potentia,  illud  vero  in  actu  2.  Ricordi  il  leltore  cio 
che  dicemmo  contro  il  Fiorentino,  cioe  che  1'atto  dee  assolutamente 
precedere  la  potenza.  Onde  il  primo  principio  produttor  delle  cose 
non  puo  essere  un  infmito  potenziale,  il  quale  e  capace  bensl  di  ri- 
cevere  ,  ma  non  di  dare.  Acclocche  un  ente  possa  dare  qualsiasi 
perfezione,  conviene  che  di  giala  contenga  o  in  modo  eguale  a  quel- 
lo, onde  la  da,  o  in  maniera  piu  alta.  Se  la  precontiene  in  maniera  piii 
bassa,  qual  e  certamente  la  contenenza  potenziale ;  il  piu  sorgereb- 
be  dal  meno ,  ossia  1'  essere  dal  non  essere ,  contradizion  manifesta. 
Ma  se  e  assurdo  stabilire  per  principio  delle  cose  1'infinito  poten- 
ziale ,  non  e  mono  assurdo  stabilire  Y  infmito  astratto ,  qual  e  la  ra- 


-, 


1  Terlius  error  fuit  David  de  Dinando,  qui  stultisslme  posuit  Deum 
materiam  primam.  Summa  th.  I.  p.  q.  III,  a.  VIII, 
Ivi. 


206  RIYISTA 

gione  universalissima  dell'  ente.  Fu  questo  1'errore  di  Almarico,  che 
S.  Tommaso  confuta  ampiamente  nella  sua  Somma  contro  i  Gentili. 
Costui,  nel  cercare  il  primo  principle  delle  cose,  procedette  appunto 
come  1' Hegel  da  astrazione  in  astrazione,  fine  a  fermarsi  neH'astra- 
zione  massima,  rappresentatrice  del  pure  essere  indeterminate.  Ma 
questo  stesso  dovea  farlo  accorto,  che  egli  smarriva  la  via;  giacche 
1'  ente  astratto  non  esisle  che  nel  pensiero,  e  il  primo  principle  pro- 
duttor  delle  cose  deve  esistere  in  se  medesimo.  Di  piu  1'ente  astratlo 
e  infmito  non  per  pienezza,  ma  per  vacuita  di  contenuto.  Imperocche 
esso  in  tanto  si  stende  ad  ogni  cosa ,  in  quanto  si  semplifica  dalla 
mente  per  rimozione  di  tutte  le  differenze  e  specification!  reali ,  di 
cui  peraltro  e  suscettivo ,,  e  che  lo  determinano  a  tale  o  tal  genere 
e  specie  e  indwduazione  particelare  nell'  ordine  dell'  esistenza.  Li- 
cet cogitetur  universale  absque  additions ,  non  tamen  absque  rece- 
ptibilitate  additionis  est  1.  Ora  si  fatto  non  e  ne  puo  essere  il 
supremo  principio  effettor  delle  cose.  Cotesto  principle  convien  che 
sussista  nella  pienezza  stessa  dell'  essere ;  escluda  da  se  ogni  esi- 
genza  di  determinazioni  possibili;  e  si  distingua  da  ogni  altro  ente, 
ed  in  se  s'  individualizzi  per  la  purezza  stessa  e  simplicita  della  sua 
perfezione.  Prima  causa  ex  ipsa  puritate  suae  bonitatis  ab  aliis 
distinguitur  et  quodammodo  individuatur  2.  Non  modo  absque  ad- 
dilione  est,  sed  etiam  absque  receptibilitate  additionis  3.  Esso 
neirinfmita  della  sua  natura  abbraccia  lutto  V essere;  e  pero  con- 
tiene  altresi  le  perfezioni  tutle  che  si  scorgono  disseminate  nelle 
diverse  sussistenze  mondiali :  ma  le  contiene  in  modo  a  se  conve- 
niente ,  vale  a  dire  non  nella  propria  loro  ragione  ,  o  ,  come  suol 
dirsi,  formalmente,  bensi  nell' attualita  d'una  perfezione  piu  alia,  o, 
come  suol  dirsi,  eminentemente.  Per  agevolarci  con  qualche  esem- 
pio  r  intelligenza  di  cio  ,  mirate  un  Principe  in  una  Monarchia  as- 
soluta,  Egli  nella  semplicita  e  purezza  d'  una  sola  ed  identica  so- 
vranita  abbraccia  tutti  i  poteri  sociali.  Cotesta  sovranita,  se  e  vera- 
mente  assoluta,  non  puo  crescere  ne  scemare  in  se  stessa.  Fuori  di 
lei  possono  darsi  altre  autorita  relative  c  subalterne ,  da  lei  create , 

1  Summa  contra  Gentiles  1.  J,  c.  26.  —  2  Luogo  citato.  —  3  Ivi. 


DELLA  STAMPA  ITALIAN  A  207 

c  da  lei  dipendenti ;  ma  esse  nan  sono  sovranita,  berisi  sue  produ- 
zioni  ed  imitazioni  imperfette.  II  Principe  creando  i  magistral*,  non 
deicrmina  in  essi  o  svolge  o  modifica  la  propria  sovranita.  La  sovra- 
nita assoluta  resta  inlatta  e  invariata,  com'  era  innanzi ;  solamenle 
essa  ha  prodotio  alcune  immagini  incompiute  di  se  medesima.  Per 
tal  produzione  non  e  avvenuto  nessun  accrescimento  di  autorita ; 
giacche  sarebbe  ridicolo  il  dire  die  V autorita  assoluta  del  Principe, 
congiunta  coll'  autorita  del  Prefetto ,  a  cagion  d'  esempio ,  o  dei  Ge- 
nerali  dell'  esercito  ,  sia  piu  autorita  che  quella  del  Principe  solo. 
La  ragione  si  e  perche  il  Principe  contiene  eminentemente  tutta 
1' autorita  de'suoi  subalterni;  e  questa  contenenza  eminente  eccede  in- 
linitamenle  qualsivoglia  contenenza  formale.  L' autorita  del  sindaco, 
1' autorita  del  giudice  e  via  diceudo  ,  si  trova  tutta  nel  Principe,  ma 
si  trova  in  maniera  a  lui  propria,  doe  come  sovranita  e  non  secondo 
1'essere  che  ha  in  quel  peculiare  e  dipendente  subbietto.  La  sovra- 
nita abbraccia  tutto  cio  che  le  inferiori  autorita  dicono  di  perfezione, 
rimossane  la  limitazione  e  la  dipendenza.  E  siccome  la  limilazione 
e  la  dipendenza  entrano  nella  essenza  di  quelle  e  in  ogni  parte  di 
tale  essenza ;  cosi  la  sovranita  non  le  contiene  formalmente ,  doe* 
secondo  la  propria  loro  ragione,  ma  in  modo  piu  alto  e  rispondente 
alia  sua  natura.  Esse  sussistono  in  loro  stesse  per  1'  influenza  della 
sovranita ;  e  dove  si  fatta  influenza  fosse  ritirata ,  elle  issofatto  ca- 
drebbero  nel  nulla,  onde  furono  tratte. 

Codesta  similitudine,  secondo  tutte  le  sue  parti,  si  applichi  a  Dio 
per  rispetto  alle  creature;  e  si  avra  un'  immagine  assai  espressiva 
del  come  Iddio  sia  la  pienezza  dell'essere  e  nondimeno  si  distingua 
realmenle  da  lutle  e  singole  le  sue  creature ;  le  produca  dal  nulla, 
senza  accrescimento.  di  perfezione  assoluta ;  le  contenga  nel  proprio 
essere,  senza  composizione  o  mescolanza  di  limiti. 

Mostrata  la  vanita  della  filosofia  panteistica  della  sig.  Florenzi, 
per  do  che  spetta  alia  pavte  specolativa,  cade  da  se  la  parte  pralica, 
la  quale  sopra  quella  fondavasi.  Imperocche  la  malla  idea  deH'uomo, 
tine  di  se  stesso  e  legislatore  e  giudice  do'  proprii  atli ,  non  ha  altro 
puntello,  se  non  il  mostruoso  concetto  di  un  Dio,  che  non  sussista 
ne  viva  se  non  nell'atto  della  nostra  niente,  contcmplante  il  sistema 


208  RIVISTA 

e  I'ordine  delle  cose.  Ma  rislabilita  1'idea  di  Dio  personate,  disiinto 
dairuniverso,  e  creatore  e  provvisore  di  tutti  gli  esseri,  clie  popolano 
la  natura;  Vetica  cristiana  riapparisce  in  tutta  la  sua  pienezza :  e  1'uo- 
mo  avra  un  fine  da  se  diverse,  e  leggi  impostegli  dal  reggitore  del 
tutto,  e  premii  e  pene,  rispondenti  alia  sua  condotta  morale.  Per- 
tanto,  scalzatele  fondamenta  del  sistema,  esso  cade  da  se  stessoper 
terra.  Tutlavia  anche  cosi  rovesciato,  sara  bene  soffermarsi  un  poco 
a  mirarlo,  per  ravvisarne  meglio  la  slolidezza. 

II  fine  della  natura  spirituale  ha  ragione  di  bene  sommo ,  che 
esaurisca  pienamente  la  sua  nalurale  tendenza,  la  perfezioni  appieno 
£  le  arrechi  felicita  perfella.  Esso  come  e  il  primo  movenle  d'ogni 
suo  desiderio,  cosi  e  1' ultimo  termine  in  cui  V  amor  suo  compiuta- 
mente  si  adagia.  Un  tal  fine  si  ama  per  se  medesimo;  ed  ogni  altra 
cosa  non  si  ama ,  se  non  per  lui.  Ora  tutii  questi  caralteri  li  Irova 
T  uomo  nella  conoscenza  di  se  medesimo  ?  Forse  la  signora  Floren- 
zi,  allorche  si  specchia  in  se  stessa,  scontra  nella  propria  personality 
fisicamente  e  moralmente  considerata ,  un  oggetto  beatifico ,  che  to- 
talmente  1'  appaga ,  e  la  inonda  di  soavita  e  di  gaudio  ,  e  dal  quale 
ogni  altro  affelto  in  lei  prende  indirizzo  e  misura.  Ma  questo  sara 
un  suo  singolar  privilegio ,  e  di  quei  pochi  die  polerono  adergersi 
alia  formola  di  Fichte :  Ama  te  stesso  sopra  ogni  cosa,  e  i  tuoi  si- 
mili  per  amor  di  te  stesso.  Ma  ogni  altro  uomo,  il  quale  non  giunsc 
a  tanta  altezza  nella  persuasione  della  propria  eccellenza,  allorcho 
contempla  se  stesso,  trova  sernpre  un  essere  sotlo  1'  aspetto ,  vuoi 
fisico  yuoi  moi'ale ,  per  molti  lati  imperfetto  e  pero  bisognoso  di 
tendere  ad  un  fine  da  se  distinto.  Oltre  i  difetti  di  vigore,  di  sani- 
ta,  di  bellezza  e  simili ,  che  riguardano  il  corpo,  egli  si  scorge  im- 
perfettissimo  nella  sapienza  e  nella  virtu,  e  tuttavia  anelante  al  coin- 
pimento  pieno  dell'una  e  dell' altra.  Egli  intende  che  un  tal  compi- 
mento  non  puo  venirgli,  se  non  dal  possesso  d'un  bene  infmito,  la 
cui  (Jirelta  e  chiara  intuizione  arricchisca  il  suo  intelletto  della  co- 
aoscenza  d'  ogni  altro  vero,  e  il  cui  amore  appaglii  pienamente  la 
sua  volonta  e  la  rettifichi  in  tultl  gli  altri  amori.  Egli  vede  che  que- 
sto bene  infmito  non  puo  esser  altro,  che  Dio;  e  che  non  gli  e  possi- 
bile  il  conseguirlo  nella  presente  vita ,  in  cui  1'anima  e  aggra\ala 


BELLA  STAMPA  ITALIAN  A  209 

dal  corpo,  e  travolta  dairallettamento  do'  sensi.  Egli  aspira  adunque 
a  ima  vita  avvcnirc,  ed  a  Dio,  come  ad  ultimo  e  bcatissimo  fine.  E 
poiche  strano  sarebbe  e  contro  ogni  regola  di  sapienza  e  giuslizia 
nel  supremo  rcggitore  del  mondo,  die  il  conseguimento  di  un  tanto 
bene  si  concedesse  indistintaniente  a  chi  debitamente  vi  si  ordino  in 
vita  c  a  chi  dispreggiollo  e  lorse  in  contraria  parte  i  suoi  passi ; 
cosi  ogni  uomo ,  non  travolto  dalla  matta  filosofia  della  Florenzi , 
capisce  senz'  alcuna  fatica  che  Y  idea  di  premio  e  di  pena ,  proposta 
ai  suoi  atti  morali,  e  inseparabile  dal  retto  ordine  delle  cose  e  dalla 
nalura  dell' cute  libero  e  capace  di  merito  e  di  demerito. 

La  Florenzi,  negando  il  Dio  personale  e  legislatore  dell'  uomo  ; 
parla  tuttavia  di  doveri,  di  coscienza  morale,  di  rimorso  per  azioni 
malvage.  Ma  in  quella  sua  ipotesi  tutte  quesle  cose  non  sono  che 
yane  voci,  adoperate  o  per  gettare  polvere  agli  occhi  de'  balordi , 
o  per  appagare  la  fantasia  di  chi  cerca  illudersi  da  se  medesirno.  II 
dovere  importa  obbligazione ;  e  1'  obbligazione  non  sussiste  senza 
1'idea  di  un  superiore,  che  vi  lega  col  suo  comando.  La  moralila  dice 
legge,  e  legge  non  deltata  dal  soggetto  stesso  che  la  riceve,  il  quale 
potrebbe  a  volonta  mutarla ;  ma  imposta  da  chi  ad  esso  prescrive 
un  fine  da  conseguirsi  ed  un  ordine  da  servarsi.  L'  azione  malvagia 
reca  rimorso?  Benissimo.  Ma  qual  azione  sara  malyagia,  se  1'uomo 
e  fine  e  legislatore  e  giudice  di  se  medesimo?  L'impudico  dira,  che 
lo  sfogo  della  sua  passione  e  anzi  effetto  d'  animo  affettuoso  e  yago 
del  bello.  11  rapitor  dell'  altrui  dira,  che  egli  e  persuaso  della  doitri- 
na  di  Prudhon  che  la  proprieta  e  un  furto.  II  vendicativo ,  il  quale 
spcgne  la  yita  del  suo  ayyersario,  soslerra  che  egli  ha  esercitato  un 
alto  di  giuslizia  distribuliva.  In  cambio  di  rimorso,  costoro  avran- 
no  il  compiacimento  d'ayer  operato  il  bene.  E  cosi  ogni  santita  di 
affelti,  ogni  onesta  di  costunai,  ogni  ordine  sociale,  ogni  pacifica  re- 
lazione  syanirebbc  come  furao  nell'  aria;  e  1'uomo  sarebbe  in  breve 
coudolto  alia  yita  dei  bruli.  E  questo  e  in  sostanza  il  sospiro  e  la 
nietadi  cotesti  sapienli ,  tra  cui  s'imbranca  la  nostra  filosofessa, 
1'  imbcsUamento  dell'imiana  societa,  condito  con  una  buona  dose 
d'  orgogjio  c  di  presunzione  stomacante,  col  credere  d'  esser  Hi  mollo 
innanzi  nclla  via  della  liberta  e  del  progresso. 
Serie  VII,  vol.  IV,fasc.  446.  14  8  Ottobre  1868. 


ARCHEOLOGIA 


1 .  D'  un  epitaffio  cristiano,  che  vedesi  ora  nel  Museo  del  Louvre  — 
2.  Un' iscrizione  pagana  di  Sardegna. 

1.  Giovera  mettere  in  luce  un  epitaffio  cristiano  che  ho  scoperto  l  in 
una  stanza  terrena  dell' imperial  museo  del  Louvre,  destinata  ai  mar- 
mi  cristiani.  Quantunque  esso  monumento  da  gran  tempo  liguri  nella 
raccolta  muratoriana  e  non  sia  dei  volgari,  ma  a  piu  titoli  singolare,  e 
sopra  modo  opportune  a  quei  che  fan  professione  d' interpretare  le 
epi graft  cristiane,  esso  nulla  di  meno  non  si  vede  citato  dai  recenti 
scrittori  epigrafisti  ne  punto  ne  poco.  Se  ne  eccettuiamo  il  P.  Zaccaria, 
che  se  ne  e  giovato  nella  Dissertazione  intorno  all'uso  dommatico  del- 
le  iscrizioni  cristiane,  ed  il  P.  Gener  che  servendosi  del  Zaccaria  ne 
riprodusse  la  citazione;  io  non  ho  trovato  alcun  autore  che  si  sia  posto 
di  proposito  ad  illustrarlo. 

Devesi  la  prima  ed  unica  trascrizione  all1  abate  Andrea  Lucchesi  di 
Messina,  il  quale  1'invio  al  Muratori  (Thes.  1916,  4).  II  monumento 
originale  conservavasi  una  volta  presso  il  nobil  uomo  Ignazio  Rizza- 
ri :  come  sia  passato  nel  Louvre,  vel  diranno  i  conservator!  di  quel  pa- 
rigino  museo.  Fu  al  Muratori  trascritto  dair abate  Lucchesi  di  Messina 
(Thes.  1916,  4),  la  cui  copia  e  abbastanza  esatta;  se  non  che  o  fos- 
se egli,  ovvero  il  Muratori,  noi  non  la  vediamo  con  quelle  imperfezio- 
ni  che  ha  sul  marmo.  Imperocche  lo  scarpellino  vi  ha  lasciato  il  piu 
delle  volte  molte  lettere  non  finite,  di  modo  che  non  si  distinguono 
spesso  i  T  e  gli  L  dall'I,  e  cosi  ha  egli  ancora  confusi  gli  E  cogliF, 
siccome  appare  dalla  trascrizione  che  ora  ne  do  alle  stampe.  La  lastra 
di  bianco  marmo,  alta  circa  tre  palmi,  larga  due  incirca,  e  quanto  si 
puo  volere  conservatissima :  e  della  scultura  nientev'e  che  sia  perito 
o  guasto. 

Wu\  i;*  t'-tt-\\\'.*/ftt\'i'{'\to3  ,£#?&?  MR);*          •.-<: '•••    .  ,  :••' 

;....,,[-[     .'r., J,   ,.;,  f.f: 

1  La  scoperta,  come  Particolo  presente,  devesi  al  ch.  P.  R.  Garrucci  d.  C.  d.  G. 


ARCHEOLOGIA  211 

Nil  AE  FJ  OREMINAE  IlSFANI  DYICISSIMAE  ATQ  IN 
NOCENTISSIMAE  FIDE  II  FACIA*  PARENSCONIOCAVIT 
QYAE  PRIDIE  NoNAS  MARTIAS  ANTELVGEMPACANA 
NATA20IIO  CORRPMENSEoCTAYoDE  CIMOFTYICEST 
MA  SE  GVNDA  DIE  COMPLEIIS  FIDFLIS  FACTAHORANO 
CTIS  OCTAYA  YITIMYMSPIRI1VMGENS  SYPERYIXlT 
BORIS  QYATlYORITAYTCONSYETA  REPLTRETAC DE 
EYNCTAHYRLE  HORADIEPRIMASEPTIMYM  KAL 
OCTOBRES  CYIYS  OCCASYM  GYM  YTERoPARENSOM 
NIMOMElSTo  FLERET  PFRNOCTEM  MNESTAT  IS 
VOX  EXTiTiT  QYAE  DEFYNCTAMLAMENTAR1PROHI 
RERET  CYIYS  CoRPYS  PRO  I  oRIBVS  MARTxPoRYM  CVAx 
IOCYI 0  SYO  PER  PROSBITE  RYM  HYMATY'E  IIIINON  OCTBR 

Le  osservazioni  che  ho  premesse  intorno  alle  lettere  lasciate  imper- 
fette  dallo  scarpellino,  ne  giovano  a  sYiluppare  un  nodo,  che  1'epigrafe 
offre  fin  dal  bel  principio  nel  nome  della  defonta,  a  cni  e  dedicate  1'epi- 
tailio,  NIIAE.  II  Muratori  o  ha  letto  Nilae,  o  gli  fu  cosi  trascritto 
dall' abate  Lucchesi:  ma  di  un  tal  nome  in  un1  epigrafe  latina,  e  certa- 
mente  non  barbara,  non  ci  possiamo  render  ragione.  Sappiamo  che  tal- 
voita  gli  antichi  assimsero  nomi  di  fiumi,  e  leggiamo  essersi  appellati 
Tibris,  Euphrates,  Oceanus,  edanche  Nilus  (Y.  Le  Blant,  Inscr.  Chret 
de  la  Gaule  I,  n.  63),  ma  qui  e  una  fanciulla  ed  aspettayasi  un  fem- 
minino  Nilis-idis,  nome  che  fu  gia  di  una  palude  della  Mauritania, 
perche  credevasi  originata  dal  Nilo  (Plin.  H.  N. ,  Y,  9,  10).  Cosi  da 
Oceanus  deriva  Oceanis,  da  Sebethus  Sebethis,  da  Achelous  Achelois. 
Nila  adimque  non  si  pote  chiamare  latinamente  la  fanciulla  defonta. 
Inoltre  il  nome  di  Nilae  non  e  se  non  una  conghiettura  di  chi  ha  YO- 
luto  interpretare  la  scrittura  NIIAE,  la  quale,  a  vero  dire,  non  soddi- 
sfa.  Perocche  quando  si  tratta  di  restituire  un  nome  eyidentemente 
corrotto,  fa  d'uopo  tenersi  alle  leggi  generali  della  nomenclatura  ro- 
mana,  le  quali  sono  che  le  donne  abbiano  due  nomi,  quello  di  fami- 
glia  e  il  personale :  il  che  qui  si  puo  ottenere  senza  veruno  sforzo , 
separando  la  prima  lettera  N  in  due  IV,  onde  leggere  IYIIAE  o  sia 
luliae.  Questa  correzione  e  in  se  ragionevole  ed  ha  inoltre  il  suo  moti- 
YO  in  questa  epigrafe,  nella  cui  linea  10  vediamo  chelo  scarpellino  ha  di 
nuovo  riunito  in  un  N  due  lettere  TA  e  T  I,  scriYendo :  MNESTATIS 
invece  di  MAIESTAT1S.  Tengasi  adunque  luliae  Florentinae  essere  il 
nome  della  fanciulla,  a  cui  il  padre  Mius ,  forse  anch'egli  cognominato 
Florentinus,  ha  posta  si  bella  epigrafe :  PARENS  CONLOCAY1T. 

Determinate  il  nome  della  defunta,  passiamo  ora  a  trattare  del  senso 
di  tutta  T  iscrizione.  Essa  facilmente  si  puo  diyidere  in  due  parti,  la 


212  ARCHEOLOGIA 

prima  delle  quali  si  deve  restringere  alle  sole  due  prime  linee,  nelle 
quali  il  senso  e  perfetto,  leggendosi  in  esse : 

luliae  Florentinae  infanti  diilcissimae  atque  in- 
nocentissiinae  fideli  factae  parens  conlocavit. 

Ma  il  padre  ha  yoluto  narrare  nella  seconda  parte  di  questa  epigrafe  le 
circostanze  della  vita  e  della  beata  morte,  di  questa  sua  dolcissima  ed 
innocentissima  figlia,  della  quale  ci  ha  detto  nella  prima  che  mori  fide  Us 
faeta,  cioe  battezzata :  la  quale  seconda  parte  dell' epigrafe  e  veramente 
preziosa  e  singolarissima,  siccome  yerro  mostrando  nel  commentarla. 

Essa  nacque  ai  6  Marzo,  prima  che  spuntasse  la  luce  del  giorno,  yisse 
diciotto  mesi  e  ventidue  giorni  compiuti.  Nella  qual  narrazione  troyiamo 
quattro  circostanze,  che  hanno  bisogno  di  essere  dichiarate.  1.°  La  prima 
e  che  la  fanciulla  dicesi  esser  nata  pagana,  PAGANA  NATA:  2.'  La  se- 
conda che  ella  nacque  ZOIIO  CORK  P,  le  quali  parole  trascritte  al  Mura- 
tori  colla  omissione  di  un  R,  20IIO  CORP,  furono  da  lui  credute  poter 
torse  significare  S(V)0  CORPore,  di  che  sara  detto  appresso :  3.°  La  terza 
che  ella  stando  presso  a  morire  fu  battezzata:  FIDELIS  FACTA  HORA 
NOGTIS  OCTAYA  YLT1MVM  SPIRITVM  AGENS:  4. °  La  quarta che dopo 
il  battesimo  sopravvisse  quattro  ore  SVPERYIXIT  HORIS  QYATTVOR, 
e  pareva  sana,  ma  di  poi  mori  nell'ora  prima  del  giorno  seguente  in  Ibla. 

La  prima  circostanza  narrataci  dal  padre  della  fanciulla  e  che  essa  na- 
cque pagana.  La  qual  voce  non  potendo  significare  la  religione  supersti- 
ziosa  della  neonata,  e  mestieri  che  significhi  essere  ella  nata  da  parenti 
pagani.  Sorge  qui  il  dubbio,  se  yeramente  il  senso  di  questa  yoce  sia  qual 
Tabbiamo  presunto,  quello  cioe  col  quale  distingueyansi  i  cristiani  dagli 
idolatri  o  infedeli:  perocche  oggi  ai  dotti  non  sembra  che  gVinfedeli  si 
cominciassero  a  chiamar  pagani,  senon  assai  tempo  dopoilsecolo  terzo, 
epoca  nella  quale  diciamo  che  fu  scritta  questa  epigrafe.  II  lessico  del 
Furlanetto,  il  quale  ci  rinyia  al  De  Yita  come  a  quello  che  ha  trattato  a 
tondo  e  dottamente  questa  materia,  insieme  arreca  un  luogo  di  Tertul- 
liano ,  non  ayvertendo ,  che  se  cio  e  yero ,  cade  tutta  la  dimostrazione 
del  De  Yita,  al  quale  egli  ci  rimette.  Imperocche  il  De  Yita  (Antiqq.  Be- 
nev.  I,  p.  276)  sostiene  che  questo  senso  non  fu  dato  alia  parola  paganus, 
se  non  sulla  fine  del  secolo  quarto,  e  inyece  Tertulliano  scrisse  quel  trat- 
tato suiresordio  del  secolo  terzo.  Ma  il  passo  di  Tertulliano  1  non  ha  il 
senso  che  gratuitamente  gli  attribuisce  il  dizionario,  eneanche  il  DeYita 
ha  ragione  di  abbassar  tanto  Tuso  del  vocabolo  nel  senso  di  infedele  o 
idolatra.  Meglio  sarebbesi  citato  il  commentario  del  Gotifredo  al  Cod. 
Theod.  XYI,  t.  X,  il  quale  ayeva  gia  dimostrato  che  bisognaya  risalire 
alVanno  368,  nel  quale  troyasi  contemporaneamente  e  nel  Codice  (in  lege 

\  De  cor.  mil.  XI  Apud  hunc  ( lesum )  tarn  miles  est  paganus  fidelis,  quam  paganus 
miles  infidelis,  ove  il  paganus  si  opponc  da  Tertulliano  al  mile*  e  non  al  fidelis,  come  ha 
ben  notato  il  padre  De  la  Cerda. 


ARCHEOLOGIA  213 

18  supr.  de  episcopis]  e  nel  trattato  di  Mario  Yittorino  (De  GJAOGUOIW  re- 
fipiendo),  e  nel  quale  si  legge:  Graeci  quos  "EXXWS;  w/  paganos  vacant, 
multos  deos  dicunt *.  Del  resto  il  Gotifredo  sostienc  che  quindi  non  puo 
provarsi  che  tal  senso  della  voce  paganus  fosse  molto  prima  ricevuto. 
Cio  e  quanto  si  e  scritto  finora  intorno  al  tempo,  in  che  apparve  la  prima 
volta  la  voce  paganus  nel  senso  di  infcdele  o  idolatra:  perocche  il  Dressel 
nella  nota  aPrudenzio  p.  403,  a.  1860,  con  insigne  impostura  dicendo  di 
non  Yoler  fare  parola  delle  antiche  opinioni  «  le  quali  per  lo  piu  fanne 
ridere  »  col  fatto  poi  non  altro  stampa  se  non  la  nota  conghiettura,  che 
avendo  Costantino  fatti  chiudere  i  tempii  pagani,  il  cnlto  superstizioso 
seguitassc  a  rendersi  nei  paghi,  e  indi  ne  derivasse  il  nome  paganus.  Ma 
questa  sentenza  che  egli  stima  prossima  al  vero  e  poggiata  sul  falso ;  non 
avendo  Costantino  chiusi  i  tempii  degli  idolatri,  ma  soltanto  fatta  cessare 
la  persecuzione  contro  ai  cristiani.  E  invccevero  chelasocietacristiana, 
formatasi  da  principio  nelle  citta  ove  aveva  chiese  e  sacerdoti  e  Yescovi, 
comincio  ad  appellare  pagani  gli  idolatri :  ed  e  percio  appunto  che  il  pa- 
fjana  nata  deirepitaffio,  invece  di  abbassarne  I1  eta,  anzi  ne  confermereb- 
be  Talta  epoca,  quantunque  non  avessimo  alcun  altro  esempio. 

Ma  vaglia  il  vero,  Tesempio  non  manca  e  fa  meraviglia  che  sia  sfug- 
gito  finora  ad  uomini  dotti,  che  si  sono  occupati  di  chiarire  il  senso  cri- 
stiano  di  quel  vocabolo.  Esso  trovasi  in  quel  luogo  medesimo  di  Tertul- 
liano,  dal  quale  si  cita  il  passo  allegato  dal  lessico,  che  in  verita  nol  diim> 
stra.  Dice  Tertulliano  in  sostanza  (de  Cor.  mil.  c.  6):  Se  alcun  soldato  si 
fa  cristiano,  o  egli  deve  abbandonare  subito  la  profession  militare,  come 
inolti  fecero,  ovvero  bisogna  che  stia  sempre  disputando  seco  medesimo, 
perche  non  faccia  nulla  contro  Dio  di  do  che  come  soldato  non  gli  4 
permesso  di  omcttcre,  ovvero  che  alia  fine  egli  per  Dio  soffra  cio  che  la 
fede  ginrata  dai  soldati  pagani  fa  che  essi  patiscano  pel  loro  principe. 
Suscepta  fide  atquc  signata,  aut  deserendum  statim  sit,  ut  multis  actum, 
ant  omnibus  modis  cavillandum  ne  quid  adcersus  Deum  committatur ,  quae 
nee  ex  militia  pcrmitiuniur ,  aut  nomssime  perpeliendum  pro  Deo  quod 
aeque  fides  pagan  a  condixit.  Nel  qual  luogo  tanto  e  il  dire  fides  paga- 
na,  (juanto  fedelta  dei  soldati  non  cristiani,  opponendo  lo  scrittore  evi- 
dentemente  il  soldato  fattosi  cristiano,  e  tuttavia  militante,  al  soldato  non 
cristiano,  col  quale  egli  e  tenuto  al  sacramento  militare,  non  meno  che  a 
Dio,  del  quale  egli  e  parimente  soldato,  perche  cristiano. 


\  Cf.  c.  t.  4,  1.  iG  supr.  tie  Hacr.  Gentiles,  quos  vultjo  paganos  appellant.  S.  AUGUST.  2, 
lietract.  '«3:  Dcorum  falsorum  malorumque  cultores,  quos  usitato  nomine  paganos  voca- 
mut.  Id-  De  op.  mouach.  c.  2:  Quis  ulique  nonnisi  gentiles,  quos  patjanos  dicimus,  vult  in- 
telligi,  c.  2:  Si  Graecot  quos  ctiam  paganos  dicimus.  Dai  quali  testi  non  ben  conchiude  il 
DC  Vita  che  tal  senso  cristiano  siasi  cominciato  a  dare  verso  quei  tempi.  Anche  nella  L.  XI  del 
C.  Th.  data  1'a.  412  e  scritto:  Qui  profano  pagani  rilus  err  ore  sen  crimine  polluuntur, 
hoc  est  gentiles;  c  nondimeno  il  senso  di  paganus  non  era  allora  nuovo  neanchc  nel  Codice, 
ovc  si  leg{je  fin  dal  668,  come  ha  notato  il  Gotifredo. 


214  ARCHEOLOGIA 

Essendo  con  cio  dimostrato  che  il  senso  della  voce  pagana  nan  si  op- 
pone  all'alta  epoca  da  me  assegnata  aircpitaffio,  yengo  ora  ad  una  pro- 
ya,  che  e  positiva. 

Sta  questa  nella  seconda  circostanza  mentoyata  dl  sopra,  yoglio  dire  nel- 
le  parole  ?OIIO  CORRP,  intese  dal  Muratori  come  se  avesse  il  padre  yo- 
luto  dire,  che  quella  fanciulla  era  nata  pagana  col  corpo :  di  che  non  puo 
imaginarsi  un  senso  piii  strano.  Che  che  ne  sia  del  vocabolo  20IIO,  che 
par  chiaro  essersi  sbagliato  dallo  scultore,  certo  e  che  le  lettere  seguenti 
CORRP  non  danno  alcun  luogo  a  simigliante  censura.  Imperocche  stando 
esse  dopo  un  nome  proprio,  a  quanto  pare,  e  almeno  in  luogo  oye  se- 
condo  tutte  le  ragioni  si  aspetta  legger  qualche  cosa  che  determini  Fepo- 
ca  della  nascita  di  qu-esta  fanciulla,  corre  spontaneamente  al  pensiero  il 
solito  modo  d'indicarla,  che  e  quella  di  citare  o  i  consoli  di  quell' anno, 
ovyero  il  governatore  della  proyincia.  Nel  qual  caso  CORRP  si  presta 
come  sigla  soleime  alia  integrazione  CORRec/ore  Vrovinciae.  Di  fatti  in  al- 
tre  epigrafi  sia  di  Correttori  sia  di  Consolari  leggiamo  CORR'P'  S,  (Tor- 
remuzza  p.  35,  n.  32  Corrector  Prov.  Siciliae)  CONS'  P-  S,  Id.  p.  37,  n.  35 
(Consularis  Prov.  Sic.},  per  tacere  di  tanti  altri  esempii,  che  non  appar- 
tengono  a  questa  proyincia,  ma  che  ne  dimostrano  il  yolgare  uso  di  quei 
tempi.  Ne  poi  fa  difficolta  il  yedere  omessa  la  sigla  S,  la  quale  non  e  ne- 
cessaria  in  un  epitaffio  della  proyincia  medesima,  e  yolendosi  determina- 
re  un1  epoca;  siccome  sembra,  se  non  necessario,  almen  conyeniente  che 
non  si  ometta  in  epigrafi  onorarie,  quali  son  quelle  citate  di  sopra,  oyc 
figura.  Accettato  il  senso  di  queste  sigle,  non  riman  dubbio  che  il  yoca- 
bolo  precedente  sia  il  nome  del  Correttore ;  oye  non  occorre,  in  mancanza 
di  confronti,  che  ci  poniamo  a  yoler  sapere  se  fosse  un  ZO-  (V'  C),  Zfeno- 
pkil)o  V(iro)  C(larissimo) l,  oyvero  un  ZOI(L)0  o  alcun  altro,  il  che  se 
potessimo  definire,  sarebbe  certamente  opportunissimo :  ma  non  potendo 
cio  fare,  resta  nondimeno  proyato  che  Tepitaffio  fu  scolpito  quando  i 
Correttori  goyernayano  la  Sicilia,  il  che  ci  riporta  agli  anni  che  corsero 
fra  i  due  imperatori  Aureliano  e  Costantino,  come  son  per  dimostrare. 

La  proyincia  della  Sicilia  fin  dal  suo  primo  ordinamento  fu  retta  da 
Pretori  e  poscia  da  Proconsoli,  i  quali  la  governarono  fino  a  che  piacque 
sottoporla  ai  Correttori.  Credeyasi  una  yolta  che  questa  nuoya  carica 
fosse  stata  introdotta  da  Diocleziano :  ma  poscia  ayutosi  notizia  da  una 
lapida,  che  Rufio  Yolusiano  ITERVM  CORRECTOR  dedico  a  Carino 
(Geryasio,  Ossery.  sulla  iscriz.  di  Mayorzio  Lolliano  p.  41),  giudicossi 

1  II  Mommsen,  Feldmessor,  p.  203  stabilisce  clie  le  sigle  V-  O,  C'V-  a(jginnte  a;  Correttori 
non  hanno  il  solito  senso  <li  Vir  Clarissimus,  Clarissimus  Vir,  ma  invece  qucllo  di  Vir  Con- 
sularis, Consularis  Vir:  ed  allega  in  prova  1'iscrizione  capuana  (T.  IV,  4087)  nclla  qualc 
P.  Elvio  Dionisio  si  appella  CONS  VIR  CORR  CAMPAN.  Alia  qual  sentenza  parnii  si  opponga 
e  il  solennissimo  uso  delle  sigle  O  V-  e  il  titolo  di  AaiMTpo'Taro;  dato  da  Costantino  a  Latro- 
niano  ap.  Ensebio,  H.  E.  X,  5,  ed  a  Calvisiano  dagli  Atti  sinceri  di  S.  Euplo  (COTELIEH,  Mon. 
Eccl.  Gr.  4,  p.  7S5.) 


ARCHEOLOGIA  215 

meglio  di  quest!  Correttori,  e  si  dissero  instituiti  da  Aureliano.  Difatti 
Trebellio  Pollione  (in  Tetrico  c.  23)  narra  die  Aureiiano  fece  Tetrico 
Correctorem  totkis  Italiae  nel  274,  ovvero  Lucaniae,  come  scrivono  Eu- 
sebio  nel  Cronico,  i  due  Yittori,  Eutropio  (IX,  13),  e  Vopisco  in  Aurelia- 
no (c.  39).  E  quindi  probabilissimo  che,  come  nella  Italia,  cosi  nella  Si- 
cilia  fossero  introdotti  i  Correttori  fmo  da  quell1  epoca. 

Ma  questo  titolo  non  si  ritenne  oltre  i  primi  decennii  del  secolo  terzo, 
perocche  essendo  aggiunta  ai  Correttori  Tonorifica  appellazione  di  Consu- 
laris  Vir  (Mommsen,  Feldmesser,  II  p.  205)  e  cominciandosi  forse  a  chia- 
mare  Consular  is  Vir  Corrector,  finirono  ben  presto  col  darsi  il  semplice 
titolo,  che  troviamo  nel  quarto  secolo  e  nel  seguente,  di  Consularis  (nunc 
a  Consularibns  administrator:  Rufi  Brev.  c.  4),  finch  c  non  piacque  a  Giu- 
stiniano  per  la  provincia  della  Sicilia  I1  anno  537  (Novell.  lustin.  LXXV, 
CIIIl)  camhiarlo  in  Praetor.  II  Boeching  (v.  Not.  Dignit.  p.  432,*  seg.), 
non  aveva  trovato  Consolari  in  Sicilia,  anteriori  a  Meinmio  Yitrasio  Orfito 
e  a  Flavio  Dulcizio  (Torremuzza,  Iscr.  della  Sicilia  p.  63)  ,  i  quali  fabbri- 
carono  una  stazione  in  Selinunte  ai  tempi  di  Costanzo  e  Costante  impera- 
tori,  cioe  fra  gli  anni  340  e  350.  Egli  e  vero  che  poscia  negli  addenda  a 
p.  1203  ci  reca  un  Latroniano  ,  tolto  dagli  Atti  del  martire  S.  Euplo,  che 
sono  riferiti  dal  Surio  ai  12  Agosto  p.  184  segg.  ,  il  quale  dicesi  in  essi 
Consularis  Siciliae  all'  anno  303  :  ma  cio  non  prova  nulla,  perche  fu  gia. 
avvertito  dal  Cotelier  che  quegli  atti  sono  posteriori  ;  laddove  gli  atti 
sinceri  scritti  neiranno  304,  essendo  consoli  Diocleziano  la  nona  volta, 
e  Massimiano  Tottava  (Cotelier,  Monum.  Ecclesiae  Graecae  1.  1)  non  lo 
appellano  altrimenti  che  chiarissimo  Correttore  p.  753,  6  xajj«rpoTaTo; 


Tolto  adunquc  di  mezzo  questo  esempio,  rimane  che  indaghiamo  il 
tempo,  nel  quale  Fappellativo  Consularis  Prov.  Sic.  prese  il  posto  di 
Corrector  Prov.  Sic.  V  ultima  notizia  che  io  trovo  di  un  Corrector  Pro- 
vinciac  Siciliae,  proviene  dalla  epigrafe  posta  dai  Lilibetani  a  Zenolilo 
(Torrem.  p.  53,  n.  XLII)  DOMINO  ZENOPIIILO  •  V-  C-  CONR-  PROY. 
SICIL*,  che  forse  e  la  persona  medesima  col  Zenofilo  console  delFan- 
no  333.  Ma  quasi  nel  tempo  medesimo  mi  si  offrono  due  Consolari  della 
Sicilia:  il  primo  e  C.  Celio  Saturnine,  stato  della  comitiva  di  Cos^antino 
Massimo  Augusto  e  console  di  anno  incerto  (Or.  Ill,  6507),  il  quale  si 
appella  CONS-  PROYINC-  SICIL,  e  il  secondo  mi  si  oft're  in  Lucio  Ara- 
dio  Yalerio  Proculo  CONS'  PR-  S,  dipoi  console  nel  340  (Grut.  361,  1). 
Di  modo  che  si  puo  indi  conchiudere,  che  tal  cambiamento  di  titolo  sia 
awenuto  sotto  Costantino,  e  negli  ultimi  anni  del  suo  governo. 

Passo  alia  terza  circostanza  deirEpitaffio  notata  di  sopra,  che  e  il 
FIDELIS  FACTA.  Ricorre  qui  la  seconda  volta  questa  locuzione,  che  noi 
gia  vedemmo  nella  breve  epigrafe  che  precede  la  estesa  narrazione.  II 
cui  senso  non  e  ignoto  cssere  quello  di  battezzato,  laddove  il  nome  Chri- 
stianus  davasi  in  alcune  chiese  comunemente  ai  catecumeni,  sin  da  quel 


216  ARCHEOLOGIA 

giorno  nel  quale  erano  ricevuti  colla  imposizione  dcile  mani.  Nel  qual 
senso  deve  prendersi  il  Canone  39  del  Concilio  di  Elvira,  oye  si  legge : 
Gentiles  si  in  infirmitate  desideraverint  sibi  manus  imponi,  si  fuerit  eo- 
rum  ex  aliqua  parte  vita  honesta,  placuit  eis  manus  imponi,  et  fieri  Chri- 
stianas (cf.  Can.  59).  L'appellazione  fidelis  nel  solenne  senso  di  battezzato 
fu  specialmente  propria  della  Cliiesa  di  Roma,  a  testimonianza  di  S.  Am- 
brogio  (Serm.  80  de  sacr.  1,  c.  1),  In  christiano  viro  prima  esl  fides:  ideo 
Romae  fideles  dittmtur  qui  baplizati  stint .  In  Chiusi  ebbero  ravvertenza 
di  congiunger  insieme  i  due  vocaboli  Christianus  e  Fidelis,  per  assicura- 
re  vie  meglio  il  senso  del  secondo.  Leggesi  usato  in  questo  modo  nel- 
1'epitafiio  di  Aurelio  Melizio,  morto  di  quattro  anni,  INFANS  CRIST  AEA- 
NYS  FIDELIS.  La  qual  citazione  ci  e  utile,  ancbe  pel  confronto  del  bat- 
tesimo  conferitogli  in  caso  di  morte.  Sogliono  gli  antichi  e  i  moderni 
scrittori  arrecare,  a  proposito  del  battesimo  conferito  ai  fanciulli  nella 
Chiesa  primitiva,  Tesempio  di  Aproniano  fanciullo,  la  cui  avola  veden- 
dolo  yicino  a  morte,  PETIYIT  AR  ECCLESIA  YT  FIDELIS  DE  SECY- 
LO  RECESSISSET  (Marini,  Arv.  p.  171).  La  benedetta  fanciulla  Giulia, 
appena  ebbe  ricevuto  il  battesimo,  semhro  essere  ritornata  alia  sanita  di 
prima,  ITA  YT  CONSYETA  REPETERET :  ma  Iddio  la  chiamo  a  se  ed 
ella  mori  nel  Signore  quattro  ore  dopo. 

La  quarta  condizione,  accennata  di  sopra,  riguarda  il  luogo  della  morte 
e  conseguentemente  della  sepoltura  DEFVNCTA  IIYRLE.  II  Muratori 
ha  annotato,  che  tre  furono  le  Ible  in  Sicilia,  la  maggiore,  la  minore 
e  la  piccola.  Finatanto  che  non  saprassi  dove  fu  trovata  la  nostra  la- 
pida,  sara  solo  per  conghiettura  che  noi  Fattribuiamo  piuttosto  alia  Pic- 
cola  che  alia  Maggiore  ovvero  alia  Minore.  Perocche  sembra  piu  ve- 
rosimile  che  siasi  trovata  nella  marittima  Ibla,-nominata  Megara  e  Pic- 
cola,  che  Pausania  negli  Eliaci  chiama  borgo  >«opi,  e  Plutarco  nel  Ni- 
cia  piccola  citta,  woxCxvwv  ^.«t?o'v,  e  che  era  tuttavia  abitata  nel  secolo 
quarto  (V.  Serv.  in  Eel.  1,  55) ;  laddove  la  Maggiore  posta  alle  radici 
delFEtna  era  del  tutto  deserta,  r(  uiv  lor.ao?  i?  aw*v,  come  Pausania  1.  c. 
afferma.  Quanto  alia  Minore,  che  non  era  riel  territorio  Catanese  come 
le  due  prime,  ma  fra  Girgenti  ed  Acri  neirestrema  parte  meridionale 
deirispla,  io  stimo  meno  probabile  che  Tepitaffio  siasi  di  si  lontano 
portato  in  Messina,  o  in  luogo  certamente  non  molto  remoto,  ove  la  po- 
te  copiare  il  messinese  abate,  che  Tinvio  al  Muratori. 

Nel  narrare  tutte  queste  cose  il  padre  della  fanciulla  ha  tenuto  in  con- 
to  e  notato  il  giorno  in  che  nacque,  quello  in  che  mori,  e  Fora  deH'uno 
e  deiraltro :  inoltre  quanto  tempo  ella  visse.  Egli  era  sicuramente  cri- 
stiano,  ma  non  sappiamo  se  battezzato,  ovvero.  tuttavia  catecumeno : 
cio  solo  risulta  dalFepitaffio,  che  quando  gli  nacque  Giulia  egli  era  an- 
cora  pagano. 

II  costume  di  noverare  i  giorni  di  vita  dei  defunti  e  le  ore  e  persino  i 
minuti,  e  se  di  notte  o  di  mattino  venuti  alia  luce,  e  trapassati,  non  e  di 


ARCHEOLOGIA  217 

sna  natura  superstizioso,  quantunque  puo  sembrare  anoi  superfluo,  che 
abbiamo  abitudini  del  tutto  diverse.  Per  un  padre  cbe  amava  lenera- 
inente  la  figlia,  parmi  sia  una  espressione  di  affetto,  la  qualc  il  condu- 
cesse  a  coutare  si  minutamente  quanto  poteva  riguardare  la  breyissima 
vita  della  bambina.  Egli  difatti  narra  cbe  quella  perdita  gli  era  stata 
amarissima,  e  che  insieme  colla  madre  ad  ogni  momenta  ne  piangeva. 
Ma  un  pianto  si  prolungato  e  senza  tregua,  non  era  certamente  lodevole 
in  una  cristiana  famiglia:  e  pero  Iddio  gli  fe  una  nolle  senlir  la  sua  voce 
che  gli  vielo  di  pianger  piii  ollre  una  fanciulla,  la  quale  in  luogo  del- 
la  yita  morlale  godeya  la  yila  elerna.  Tulto  cio  noi  leggiamo  scrillo 
neirepilaftio,  ed  e  forse  1'unico  esempio  che  se  ne  abbia.  Se  non  che 
siamo  esorlali  nei  sacri  libri  e  dai  SS.  Padri  di  cessare  il  pianlo  per  la 
merte  dei  noslri  cari,  che  hanno  lasciala  la  lerrena  yila  per  la  celesle : 
ed  e  in  acconcio  die,  volendo  far  nolare  essere  lali  senlimenli  espressi  in 
allre  cpigrafi,  io  ne  Irascelga  una,  nella  quale  avro  il  piacere  di  moslrarli 
il  primo.  Leggonsi  essi  in  un  crisliano  cpigramma  di  Tevesle,  pubbKca- 
to  nelle  Inscr.  de  P Algeria  n.  3156  da  Ire  frammenli,  in  queslo  modo: 

a                                     b  c 

...ADA  SACONIVGEFVN  I  M  I  SI 

BIBER  STALEM  CVI  PRO  DOLEA 

CRIMAS  BITAPERENNIS  DATA! 

DASNI  ITAPRIDIEKL 

MORT  tNDICTIONE 

INPACE 

.< 

L'editore  Leon  Renier,  ayyerle  che  i  due  frammenli  a  e  (f  hanno  una 
cornice,  il  primo  a  sinislra,  il  secondo  a  deslra.  Queslo  parmi  un  abba- 
glio,  cd  ha  forse  impediio  che  anch'  egli  si  accorgesse  della  yera  colloca- 
xione  dei  frammenli.  Perocche  lanlo  solo  che  il  frammenlo  c  si  inlerponga 
tramczzo  il  frammenlo  a  e  il  frammenlo  6,  e  che  il  frammenlo  a  si  solle- 
vi  piu  alto  due  linee,  si  leggera  con  lieye  supplement  Pepigranima  cosi : 

...ADA 

BIBER nela- 

CRIMAS  dIMISSA  CONIYGE  FVN 

DAS  NI  DOLEAS  TALEM  GVI  PRO 

M-ORTe  DATA   BITA  PERENNIS 

rf^p'o*ITA  PRIDIE   KL 

....  INDICT10NE 

.  .  .  .  ne  lacrimas  dimissa  coniuge  fundas 
Ni  dole-as  takm  cui  pro  morte  data  mta  perennis. 


21 8  ARCHEOLOGIA 

Ma  ritorniamo  alia  nostra  epigrafe.  E  ancor  notevole  il  modo  col  qnalc 
questo  sentimento  in  essa  si  esprime ;  perocche  MAIESTATIS  VOX  e 
posto  invece  di  Divinitatis  vox,  Dei  vox ,  nel  qual  senso  T  ha  usurpato 
Prudenzio  (Peristeph.  VI,  118-19),  ove  parlando  del  Martiri  di  Tarra- 
gona, scrive  che  la  Maesta  li  chiamo  a  se  di  mezzo  ai  torment! ,  con- 
cedendo  loro  di  morire. 

Exorata  suos  obire  tandem 
Maiestas  famulos  iubet. 

Era  costume  di  collocare,  wpcTifleo6*i,  il  cadavere  del  defonto,  lavato  ed 
unto,  nella  prima  sala  di  casa  e  incontro  alia  porta  d'  ingresso :  indi  dopo 
alcuni  giorni  gli  si  facevano  le  esequie  ed  era  portato  con  onore  al  se- 
polcro :  cio  si  diceva  efferre  mortuum  e  condere,  sepellire.  Bisogna  per 
altro  avvertire  che  collocare  ehbc  ancora  il  significato  di  sepellire,  e 
cosi  leggesi  adoperato  neirepitaffio  di  Claudiana  yergine  vestale,  del  242. 
(Grut.  369,  7) ;  se  ne  ha  inoltre  un  riscontro  in  Gapitolino  (Anton,  pio) 
ove  scrive  che  Antonino  trasporto  a  Roma  da  Baia  il  cadavere  di  Adria- 
no  atque  in  hortis  Domitiae  collocavit,  e  1'  ha  dimostrato  il  Guthero  (De 
hire  manium  I,  c.  18)  contro  al  Casaubono,  che  aveva  notato  a  quel  pas- 
so  :  cave  accipias  hie  pro  condere  el  sepellire.  Ma  nel  nostro  epitaiTso  cio 
si  legge  piuttosto  della  epigrafe  apposta  al  sepolcro  dal  padre  PARENS 
CONLOCAVIT,  che  del  cadavere  sepolto,  essendosi  poi  nelFultima  linea 
rispetto  alia  defunta  usato  il  verbo' humare :  CY1VS  CORPVS  HVMA- 
TVm  Est  IIII  NON  OCTOBR.  In  un  epitaiTio  cristiano  ci  saremmo 
aspettato  il  vocaholo  DEPOSITVM,  che  fu  di  uso  cristiano:  ma  giova 
avvertire  chcj'uso  di  queste  voci  deponere,  depositus,  dcpositio  non  era 
ancor  molto  diffuse ,  al  tempo  nel  qnale  deve  essere  stato  scritto  T  epi- 
taffio,  che  per  me  c  la  seconda  meta  del  secol  terzo.  lo  dico  che  non  era 
ancor  molto  diffuso,  dappoiche  il  trovo  in  uso  nel  marmo  di  un  ambula- 
cro,  « i  cui  sepolcri  sono  senza  dubbio  del  sccol  terzo  »  (Bull.  d'Arcli. 
crist.  1866,  p.  25).  Esso  fn  posto  da  Elio  Saturnine  a  Cassia  Feretria 
CONIVGE  BENEMERENTI  DEPOSTIO  TERTiV  NONAS  FEBRARIAS; 
e  inoltre  il  j'ivedo  in  sigla  neir  anno  290  in  altro  marmo  dedicate  a 
Catilia  IN  PACE  FILIAE  DVLCISSIMAE  D.  P.  (depositae) ;  e  in  un  terzo 
del  291  DEP  CONIVGA  INNOCENTJSSIMA;  e  in  un  quarto  del  298 
DEP. ;  indi  al  310  IN  PACE  DEP.  i  quali  esempii  si  trovano  nel  I  vol. 
delle  Inscr.  Christ.  Urbis,  edite  dal  sig.  De  Rossi  e  maestrevolmente  il- 
lustrate. E  adunque  una  buona  ragione  Yhumatum,  perche  la  nostra 
epigrafe  si  creda  piuttosto  antcccdere  1'ultimo  decennio  del  secol  terzo, 
anzi  che  assegnarla  ai  primi  decennii  del  secol  quarto. 

Stando  alle  due  note  cronologiche  registrate'  dal  padre,  il  quale  ne 
avverte  che  la  fanciulla  e  morta  HORA  DIE  PRIMA  SEPTIMVM  KAL 
OCTOBRES.(25  Sett.)  e.fu  sepolta  IIII  NON  OCTOBR  (4  Ott.),  sareb- 


ARCHEOLOGIA  219 

Lero  decorsi  dieci  giorni  di  lutto.  Sebbene  cio  non  ripugni  alle  antiche 
usanze,  e  vi  sia  anzi  una  buona  ragione  nell1  affetto  del  suoi  parent! ;  tro- 
YO  pcrtanto  un  ostacolo  nel  novero,  che  il  padre  ha  fatto  degli  anni  e  dei 
giorni  di  vita  di  questa  fanciulla.  Avverti,  dice  egli,  che  Giulia  nacque  il 
6  Marzo,  visse48  mesi  e  22  giorni :  il  che  vale,  a  conti  fatti,  che  la  morte 
accadde  il  di  28  Settembre  compiuto,  e  nella  prima  ora  del  29,  quando 
invece  e  il  giorno  25  Settembre  che  si  legge  notato  sopra.  Reca  in  vero 
maraviglia  che  siasi  sbagliato  da  im  padre,  il  quale  con  tanta  cura  ha 
voluto  farci  sapere  i  giorni  di  yita  della  sua  cara  liglia ;  ma  se  vuole  al- 
cuno  assolyerne  il  padre,  o  tutto  al  piu  lo  scriptor  tituli,  egli  e  mestieri 
supporre  alcuiia  cosa  di  piu  strano,  cioe  Tomissione  di  quattro  bissestili, 
di  che  non  so  se  si  abbiano  proye  ragionevoli. 

Resta  ora  che  diciamo  alcuna  cosa  delle  due  particolarita  notabili 
nella  epigrafe,  cioe  che  il  corpicciuolo  di  Giulia  fu  col  suo  sepolcretto 
posto  innanzi  ringresso  che  si  diceva  dei  Martiri :  PRO  FORIBYS  MAR- 
TYRORVM,  e'che  gli  rese  questo  pietoso  ufficio  un  sacerdote:  PER 
PR,(E)SB(Y)TERVM  HVMATVw  Est. 

E  notissima  la  premura  che  si  davano  i  primi  cristiani  di  essere  se- 
polti  presso  i  corpi  di  coloro  che  avevano  data  la  yita  per  Cristo :  se 
ne  trova  menzione  in  tutti  i  trattati,  anche  di  coloro  che  negano  essersi 
con  cio  prestato  nella  Chiesa  alcun  culto  ai  martiri.  Essi  intendeyano 
unire  i  loro  corpi  ai  corpi  dei  Santi  e  giusti,  per  trovarsi  con  loro  nel- 
ta  risurrezione.  Generalmente  le  espressioni  dormire,  quiescere  cum  san~ 
ctis,  inter  sanctos,  di  che  si  hanno  gli  esempii  nelle  epigrafi  cristiane  e 
giudaiche,  non  altro  riguardano,  che  la  pace  del  sepolcro;  onde  e  che 
(juando  Procula,  chiarissima  donna  serya  di  Dio,  ci  disse  nel  suo  epitaf- 
n'o,  che  essa  e  yenuta  dalla  terra  a  riposare  presso  i  martiri  (De  Bois- 
sieu,  Inscr.  de  Lyon  p.  547 ;  Le  Blant,  Inscr.  chret.de  la  Gaule  n.  58), 
non  voile  altro  intendere,  se  non  che  aveva  lasciato  il  mondo  e  le  ter- 
rene cose  (che  questo  e  il  senso  di  terra,  saeculum,  mundus  a)  per  sta- 
re in  compagnia  de'  martiri,  o  sia  dormire  il  sonno  del  Signore  presso 
alle  loro  tombe:  A  TERRA  AD  MARTYRES.  Giulio,  neofito  fervoro- 
so,  non  voile  altrove  collocare  la  sua  Giulietta,  che  alia  porta  della  Ec- 
clesia,  ove  riposavano  i  martiri,  e  che  egli  percio  chiama  fores  mar- 
tyrorum  (cosi  scritto  al  pari  di  pauperorum,  di  omniorum  che  leggonsi 
in  altri  epitaffii).  Notizia  ella  e  questa  assai  preziosa,  poiche  dei  mar- 
tiri di  Ibla  Megara,  non  si  ha  sen  tore  nei  Martirologii,  ne  nella  Storia 
ecclesiastica  di  Sicilia. 

\  II  mistico  senso  di  queste  voci  e  volgarissirao  nella  Scrittura  e  nei  SS.  Paclri ;  v.  p.  e. 
loh.  Ill,  34:  o  toy  sx  TT;  "pc  etc.  qui  est  de  terra  et  terra  est  et  de  terra  loquitur.  Nelle 
epigrafl  cristiane  s' incontra  non  di  rado  la  locuzione  tqxiivalente  VIXIT  IN  SAECYLO,  ma 
quando  si  voile  dire  yisse  nel  mondo  anni  tanti  e  di  questa  vita  passo  alia  eterna,  non  tro- 
viamo  che  quel  termioe  siasi  mai  signiGcato  cLiamamlolo  la  sede  dei  martiri,  sibbene  la  sedc 
ai  Dio,  e  pero  si  legge  IIT  AD  DEVM,  EVNTI  IN  PACE  INNOCENTI  A  DEO. 


220  ARCHEOLOGIA 

Quanto  al  sacerdote  che  presto  T  opera  sua  alia  scpoltura  non  ab- 
biamo  a  fame  maraviglia,  quasi  che  alia  dignita  sua  non  convenisse  un 
tal  officio,  a  cui  erano  deputati  cherici  inferior!,  che  chiamayansi  dalla 
loro  incombenza  copiatae,  M™-**.:  perocche  facilmente  non  furono  in- 
stituiti  questi  official!  se  non  al  secolo  quarto.  Ma  i  sepukra  martyr  urn, 
raw*  aapTupwv,  erano  chiese  consecrate  alia  loro  memoria,  e  nelle  quali 
erano  venerate  le  loro  reliquie,  e  di  queste  fabbriche  al  secol  terzo  si 
contava  per  tutta  la  cristianita  un  gran  numero ;  le  quali  poi  crebbe- 
ro  ancor  piu  e  furono  edificate  piu  ampie  come  attesta  Eusebio  (H. 
E.  VIII,  1),  nella  lunga  pace  che  ebbe  la  Ghiesa  da  Valeriano  a  Dio- 
cleziano,  il  che  ci  viene  anche  confermato  dal  filosofo  aristotelico  presso 
Magnete  (Spic.  Solism.  inAntirr.  Nicephori  p.  318)  e  da  altri.  Or  fu 
costume  di  assegnare  a  ciascun  titolo  o  chiesa  almeno  un  sacerdote,  che 
yi  celebrasse  i  divini  misteri  e  vi  facesse  i  funerali  a  quei  fedeli,  che 
yenivano  ad  interrarsi  o  intorno  alia  chiesa  o  nelle  cry^tae  sottoposte. 
Ibla  era  dei  Catanesi  ed  ayeya^alla  sua  destra  Siracusa.  Nelle  quali 
due  citta  erano  memorie  di  celebri  martiri. 

Dichiarata  cosi  la  lettura  e  il  valore  di  tutie  le  frasi  di  questa  impor- 
tantissima  epigrafe  cristiana,  la  possiamo  trascriyere  senza  le  accorcia- 
lure  e  gli  errori  dello  scrittore  del  titolo ,  e  darla  qui  tutta  per  disteso. 
Essa  dunque  deye  leggersi  come  segue. 

hdiae  Florentinae  infanti  dulcissimcw  atque  in- 

nocentissimae,  fideli  factae,  par  ens  conlocavit. 

Quae  pridie  nonas  Martias  ante  lucem,  pagana 

nata,  Zoilo  (?)  Corr.  P.  mense  octavo  decimo  et  vicesi- 

ma  secunda  die  completes,  fidelis  facta  hora  no- 

ctis  octava,  ultimum  spiritum  agens,  supervixit 

horis  quattuor,  it  a  nt  consueta  repeteret,  ac  de- 

functa  Hyble,  hora  diet  prima,  septimum  kalendas 

Octobres,  cuius  occasum  cum  utcrque  parens  om~ 

ni  momento  fleret,  per  noctem  Mai  es  tat  is 

vox  extitit,  quae  defunctam  lamentari  prohi- 

beret.  Ctiius  corpus  pro  foribus  martyr mum  cum 

loculo  suo  $vr  presbyterum  humatum  est  IH1  nonas  Octobres. 

Dalle  poche  considerazioni  sommariamente  esposte  qui  sopra,  ciascun 
puo  vedere  di  quanta  utilita  siano  le  iscrizioni  alia  storia  del  domma 
e  dei  riti  della  Chiesa,  e  come  ci  dobbiamo  rallegrare,  che  ai  tempi  no- 
stri  si  adoperino  uomini  dottissimi  in  cristiana  epigratia  a  rendere  que- 
sto  insigne  seryigio  alia  Chiesa,  dimostrando  che  la  integrita  e  purita 
della  sua  dottrina  e  della  disciplina  sua,  dai  primi  secoli  si  e  perpetua- 


ARCHEOLOGIA 

ta  senza  ombra  no  ruga,  e  cio  perche  le  ritornino  in  seno  quci  die 
gia  traviarono,  seguendo  Ferrore  di  una  falsa  dottrina,  o  piuttosto  Tistin- 
to  delle  orgogliose  loro  passioni. 

2.  Piacemi  aggiungere  a  questa  epigrafe  cristiana  la  interpretazione  (ft 
una  epigrafe  pagana,  di  recente  trovata  fra  rottami  presso  Cagliari  nel- 
Tisola  di  Sardegna,  non  si  sa  il  luogo  precise,  e  a  me  trasmessa-  dal 
Rev.  sig.  can.  Teologo  di  quella  Chiesa : 

C  •  IVLIVS  •  MYNICIPI  •  L  •  FELldO 
YIDVO  .  LOG  •  AMPLUVIT  •  V  •  C  •  L  •  M 

Felicione,  servo  del  Mimicipio  di  Cagliari,  divenuto  poi  liberto,  pre- 
se  il  nome  e  il  prenome  facilmente  da  quel  magistrate  che  lo  mano- 
mise.  Egli  e  che  ha  posto  questa  lapida,  nella  quale  dice  di  aver  adem- 
pito  un  voto,  fatto  al  dio  Viduo,  di  ampliare  il  luogo  ove  esso  dio  aveva 
culto.  Per  intendere  chi  sia  questo  dio  Yiduo  non  ci  rimanc  da  tutta 
Tantichita  se  non  un  unico  passo.  S.  Cipriano  nel  libro  de  Idololatria, 
secondo  le  edizioni  del  Gravio,  del  Pamelio,  del  Rigault,  scrive:  Vi- 
duus  deus  qui  anima  corpus  viduat,  qui  quasi  feralis  et  funebris  intra 
muros  non  habeiur.  Le  sigle  Y  .  C  .  L  .  M  in  luogo  delle  solite  Y  .  S  . 
L  .  M  non  si  potrebbero  spiegare  se  non  avessimo  due  confront!,  che 
ci  sono  somministrati  dalla  insigne  raccolta  dlscrizioni  dell1  Algeria,  pub- 
blicata  dal  sig.  Leon  Renier.  Nella  prima  leggiamo:  n.  1568  YOTVM 
COMPLEYERYNT,  e  nella  seconda  n.  2547  YOTYM  COMP.  Stando  al 
primo  esempio  io  snpplisco  il  COMP  di  questa  COMP(/en^),  in  vece  di 
YOTYM  COMP  (os) ,  che  e  il  supplement  proposto  dal  dotto  editore. 
Nella  nostra  lapida  di  Cagliari  adunque  le  quattro  sigle  si  possono  in- 
terpretare  V(ofwm)  C(omplens)  o  C(omplevit)  L(ibens]  M(erito}. 


SANCTISSIMI  DOMINI  NOSTRI 

P    I   I 

D1VINA  PROVIDENTIA 

P  A  P  A  E    IX. 

LITTERAE   APOSTOLICAE 

AD  OMNES 
PROTESTANTBS,  ALIOSQVE  ACATHOLICOS 

AD  OMNES  PROTESTJLNTES,  ALIOSQUE  ACATHOLICOS 

PIUS  PP.  IX. 

lam  vos  omnes  noveritis,  Nos  licet  immerentes  ad  hanc  Petri  Cathe- 
dram  evectos,  et  iccirco  supremo  universae  catholicae  Ecclesiae  regimi- 
ni  et  curae  ab  ipso  Christo  Domino  Nobis  divinitus  commissae  praeposi- 
tos  opportunum  existimasse,  omnes  Yenerabiles  Fratres  totius  orbis 
Episcopos  apud  Nos  vocare,  et  in  Oecumenicum  Concilium  futuro  anno 
concelebrandum  cogere,  ut  cum  eisdem  Yenerabilibus  Fratribus  in  solli- 
citudinis  Nostrae  partem  vocatis  ea  omnia  consilia  suscipere  possimus, 
quae  magis  opportuna,  ac  necessaria  sint,  turn  ad  dissipandas  tot  pesti- 
ferorum  errorum  tenebras,  qui  cum  summo  animarum  damno  ubique 


PIO  PAPA  IX. 

A  TUTTI  I  PROTESTANTI  ED  AGLI  ALTRI  ACATTOLICI. 

Gia  tutti  voi  avrete  couosciuto,  cbe  Noi,  quantunque  senza  Nostro  merito, 
Innalzati  a  questa  Cattedra  di  Pietro  e  percid  preposti  al  supremo  governo  di 
tutta  la  Cbiesa  cattolica  ed  alia  cura  d\  essa  affidataci  divinamente  dallo  stesso 
Signer  Nostro  Gesu  Cristo,  abbiamo  giudicato  opportune  di  convocare  presso 
di  Noi  i  Vescovi  di  tutto  il  mondo,  e  radunarli  neirecumeiuco  Concilio  da  ce- 
lebrarsl  Tanno  venture,  affincbe  cogli  stessi  Venerabili  Fratelli,  cbiamati  a 
parte  dellaNostra  sollecitudine,possiamo  fermare  tutti  quei  provvedimenti,  che 
siano  piu  opportuni  e  maggiormente  necessarii,  si  a  a  dissipare  le  tenebre  di 
tanti  pestiferi  errori,  che  con  sommo  danno  delle  anime  da  pertutto 


LETTERE  APOSTOLICHE  DI  S.  S.  PIO  PAPA  IX.  223 

in  dies  dominantur  et  debacchantur,  turn  ad  quotidie  magis  constituen- 
dum,  et  amplilicandum  in  christianis  populis  vigilantiae  Nostrae  con- 
creditis  verae  fidei,  iustitiae  veraeque  Dei  pacis  regnum.  Ac  vehemen- 
ter  confisi  arctissimo  et  amantissimo  coniunctionis  foedere,  quo  Nobis, 
et  Apostolicae  huic  Sedi  iidem  Yenerabiles  Fratres  mirifice  obstricti 
sunt,  qui  nunquam  intermiserimt  omni  supremi  Nostri  Pontificatus 
tempore  splendidissima  erga  Nos,  et  eamdem  Sedera  fidei,  amoris,  et 
obseryantiae  testimonia  praebere,  ea  profecto  spe  nitimur  fore  ut  ve- 
luti  praeteritis  saeculis  alia  generalia  Concilia,  ita  etiam  praesenti  saecu- 
lo  Concilium  hoc  Oecumenicum  a  Nobis  indictum  uberes,  laetissimosqne, 
divina  adspirante  gratia,  fructus  emittat,  pro  maiore  Dei  gloria,  ac  sem- 
piterna  hominum  salute. 

Itaque  in  hanc  spem  erecti,  ac  Domini  Nostri  lesu  Christi,  qui  pro 
universi  human!  generis  salute  tradidit  animam  suam,  caritate  excita- 
ti,  et  compulsi,  haud  possumus,  quin  futuri  Concilii  occasione  eos  omnes 
Apostolicis,  ac  paternis  Nostris  verbis  alloquamur,  qui  etiamsi  eumdem 
Christum  lesum  veluti  Redemptorem  agnoscant,  et  nrchristiano  no- 
mine glorientur,  tamen  veram  Christi  fidem  haud  profitentur,  neque 
catholicae  Ecclesiae  communionem  sequuntur.  Atque  id  agimus,  ut 
omni  studio  et  caritate  eos  vel  maxime  moneamus ,  exhortemur ,  et 
obsecremus,  ut  serio  considerare  et  animadyertere  velint,  nuin  ipsi  yiam 
ab  eodem  Christo  Doinino  praescriptam  sectentur,  quae  ad  aeternam 


reggiano  ed  imperversano;  sia  a  stab  Hire  ogni  di  maggiormente  ed  atnplificare 
nei  popoli  affidati  alia  Nostra  vigllanza  il  regno  della  vera  fed  ,  della  giustizia 
e  della  vera  pace  di  Dio.  E  princlpalmente  affidati  allo  stretti&simo  e  dolcissi- 
mo  patto  di  unione,  col  quale  sono  mirabilmente  legati  a  Noi  ed  a  questa  Sede 
Apostolica  gli  stessi  Venerabili  Nostri  Fratelli,  che  giammai  non  omisero  in 
tutto  il  tempo  del  Nostro  Supremo  Pontificato  di  dare  splendidissime  prove  di 
fedelta,di  amore  e  di  ossequio  a  Noi  ed  alia  stessa  Nostra  Sede,  speriamo  die, 
siccome  nei  secoli  scorsi  gli  altri  Concilii  general!,  cosi  nel  presente  secolo 
questo  Concilio  ecumenico  da  Noi  convocato  sia  per  produrre,  col  favore  della 
grazia  divina,  frutti  copiosi  e  lietissimi  per  la  maggiore  gloria  di  Dio  e  per  la 
salute  eterna  degli  uommi. 

Laonde,  sosteimti  da  questa  speranza,ed  eccitati  e  splnti  dalla  carita  di  No- 
stro  Signor  Gesii  Cristo,  il  quale  diede  Fanima  sua  per  la  salute  di  tutto  il 
genere  umano,  neiroccasione  del  futuro  Concilio  non  possiamo  trattenerci  dal- 
Tindlrizzare  le  nostre  paterne  ed  apostollche  parole  anche  a  tutti  coloro,  i 
quail,  quantunque  riconoscano  lo  stesso  Gesii  Cristo  come  Redentore  e  si  glo- 
riino  del  nome  di  cristiani,  tuttavia  non  professano  la  vera  fede  di  Cristo,  ne 
seguono  la  comunione  della  Cbiesa  cattolica.  E  cio  facciamo  ammoneadoli, 
esortandoli  e  pregandoli  a  considerare  seriamente  ed  a  riflettere,  se  eglino  se- 
guano  la  via  prescritta  dallo  slesso  Cristo  Signor  Nostro,  la  quale  conduce 


2M  LETTERE  APOSTOLICKE 

perducit  salutem.  Et  quidem  nemo  inficiari,  ac  duhitare  potest,  ipsum 
Christum  lesum,  ut  humanis  omnibus  generationibus  redemptionis  suae 
fructus  applicaret,  suam  hie  in  terris  supra  Petrum  imicam  aedificasse 
Ecclesiam,  idest  unam,  sanctam,  catholicam,  apostolicam,  eique  neces- 
sariam  omnem  contulissc  potestatem,  ut  integrum  inviolatumque  custo- 
diretur  fidei  depositum,  ac  eadem  fides  omnibus  populis,  gentibus,  na- 
tionibus  traderetur,  ut  per  baptisma  omnes  in  mysticum  suns  corpus 
cooptarentur  homines,  et  in  ipsis  semper  servaretur,  ac  perticeretur 
ilia  nova  vita  gratiae,  sine  qua  nemo  potest  unquam  aeternam  me- 
reri  et  assequi  vitam,  utque  eadem  Ecclesia,  quae  mysticum  suum  con- 
stituit  corpus,  in  sua  propria  natura  semper  stabilis  et  immota  usque 
ad  consummationem  saeculi  permaneret,  vigeret,  et  omnibus  filiis  suis 
oinnia  salutis  praesidia  suppeditaret.  Nunc  vero  qui  accurate  conside- 
ret,  ac  meditetur  conditionem,  in  qua  versantur  variae,  et  inter  se  di- 
screpantes  religiosae  societates  seiunctae  a  catholica  Ecclesia,  quae  a 
Christo  Domino,  eiusque  Apostolis  sine  intermissione  per  legitimos  sa- 
cros  suos  Pastures  semper  exercuit,  et  in  praesentia  etiam  exercet  di- 
vinam  potestatem  sibi  ab  ipso  Domino  traditam,  vel  facile  sibi  persua- 
dcre  debebit,  neque  aliquam  peculiarem ,  neque  omnes  simul  coniun- 
ctas  ex  eisdem  societatibus  ullo  mo  do  constituere,  et  esse  illam  unam 
et  catholicam  Ecclesiam,  quam  Christus  Dominus  aedificavit,  constituit, 
et  esse  voluit,  neque  membrum,  aut  partem  eiusdem  Ecclesiae  ullo 


all'etevna  salute.  E  certo  nessimo  potra  negare  che  lo  stesso  Gesu  Cristo,  per 
applicare  a  tutte  le  umane  generazioni  i  frutti  della  sua  redenzione,  abbia  edi- 
iicato  qui  in  terra  sopra  Pietro  Tunica  Chiesa,  che  e  una,  cattolica,  santa,  apo* 
stolica;  ed  a  lei  abbia  conferito  ogni  necessaria  potesta,  per  conservare  intero 
ed  inviolabile  il  deposito  della  fede,  e  per  insegnare  la  stessa  fede  a  tutti  i  po- 
poli,  a  tutte  le  genti,  a  tutte  le  nazioni,  affinche  tutti  gli  uomini  per  mezzo  del 
battesimo  siano  uniti  nel  mistico  suo  corpo  ed  in  essi  si  conservi  e  si  perfe- 
zioni  quella  nuova  vita  di  grazia,  senza  della  quale  nessuno  puo  mai  merita- 
re  e  conseguire  la  salute  eterna:  ed  affinche  la  stessa  Chiesa,  che  costituisce  il 
mistico  corpo  di  lui,  durl  e  prosperi  nella  sua  propria  natura  stabile  ed  incrol- 
labile,  fmo  alia  consummazione  dei  secoli,  e  sommmislri  a  tutti  i  suoi  figli  tutti  i 
presidii  di  salute.  Ora  poi  chi  accuratamente  consideri  e  mediti  la  condizione 
in  cui  si  trovano  le  varie  societa  religiose  discordi  tra  loro,  e  separate  dalla 
Chiesa  cattolica,  la  quale  dal  tempo  di  Gesii  Cristo  Signor  Nostro  e  dei  suoi 
Apostoli,  senza  interruzione,  per  mezzo  dei  legittimi  suoi  sacri  pastori,  sempre 
esercito  ed  anche  al  presente  esercita  la  divina  potesta  a  lei  dallo  stesso  Cristo 
Signor  ISostro  conferita,  facilmente  dovra  persuadersi ,  che  ne  veruna  delle 
stesse  societa  in  particolare,  ne  tutte  insieme  congiunte  non  costituiscono  in 
nessun  modo,  ne  sono  quell1  una  e  cattolica  Chiesa,  che  Gesu  Cristo  edified, 
costitm  c  voile  che  esistesse;  ne  si  puo  dire  in  nessun  modo  che  siano  mem- 


DI  S.  S.  PIO  PAPA  IX.  225 

modo  dici  posse,  quandoquidem  sunt  a  catholica  imitate  visibiliter  di- 
visae.  Cum  enim  eiusmodi  societates  careant  viva  ilia,  et  a  Deo  con- 
stituta  auctoritate,  quae  homines,  res  fidei,  morumque  disciplinam 
praesertim  docet,  eosque  dirigit,  ac  moderatur  in  iis  omnibus,  quae  ad 
aeternam  salutem  pertinent,  turn  societates  ipsae  in  suis  doctrinis  conti- 
nenter  variarunt,  et  haec  mobilitas  ac  instabilitas  apud  easdem  societa- 
tes nimquam  cessat.  Quisque  vel  facile  intelligit,  et  clare-  aperteque 
noscit,  id  vel  maxime  adversari  Ecclesiae  a  Christo  Domino  institutae, 
in  qua  veritas  semper  stabilis,  nullique  unquam  immutationi  obnoxia 
persistere  debet,  veluti  depositum  eidem  Ecclesiae  traditum  integerri- 
me  custodiendum,  pro  cuius  custodia  Spiritus  Sancti  praesentia,  auxi- 
liumque  ipsi  Ecclesiae  fuit  perpetuo  promissum.  Nemo  autem  ignorat, 
ex  hisce  doctrinarum,  et  opinionum  dissidiis  socialia  quoque  oriri  schi- 
smata,  atque  ex  his  originem  habere  innumerabiles  eommuniones,  et  se- 
ctas,  quae  cum  summo  christianae ,  civilisque  reipublicae  damno  magis 
in  dies  propagantur. 

Enimvero  quicumque  religionem  veluti  humanae  societatis  fundamen- 
tum  cognoscit,  non  poterit  non  agnoscere,  et  fateri  quantam  in  civi- 
lem  societatem  vim  eiusmodi  principiorum ,  ac  religiosrfrum  societatum 
inter  se  pugnantium  divisio,  ac  discrepantia  exercuerit,  et  quam  ve- 
hementer  negatio  auctoritatis  a  Deo  constitutae  ad  humani  intellectus 
persuasiones  regendas,  atque  ad  hominum  turn  in  privata,  turn  in  so- 


bra  o  parte  della  stessa  Chiesa,  quando  sono  visibilmente  divise  dalla  cattolica 
unita.  Conciossiache  queste  societa,  mancando  di  quella  viva  autorita  stabilita 
da  Dio,  la  quale  specialmente  insegna  le  cose  della  fede  e  la  disciplina  dei 
costumi  agli  uomini  e  li  dirige  e  li  governa  in  quelle  cose  die  riguardano  la 
salute  eterna,  le  slesse  societa  variarono  continuamente  nelle  loro  dottrine, 
e  questa  mobilita  ed  instabllita  delle  medesime  societa  non  cessa  mai.  Cia- 
scuno  certo  facihnente  intende  e  chiaramente  ed  apertameute  conosce  che 
questa  cosa  e  sommamente  contraria  alia  Chiesa  da  Dio  istituita,  nella  quale 
la  verita  deve  perseverare  sempre  stabile  e  non  mai  soggetta  a  nessuna  mu- 
tazione,  come  deposito  da  custodirsi  con  somma  integrita  affidato  alia  stes- 
sa Chiesa,  per  la  custodia  del  quale  fu  promesso  alia  medesima  Chiesa  la 
presenza  e  T  aiuto  dello  Spirito  Santo  in  perpetuo.  Nessuno  poi  ignora,  che 
da  quest!  dissidii  nelle  dottrine  e  nelle  opinioni  nascono  anche  civil!  divisio- 
ni ;  e  da  essi  traggono  origine  innumerevoli  comunioni  e  sette,  che  ogni  di 
piii  si  propagano  con  sommo  danno  della  cristiana  e  civile  repubblica. 

Per  la  qual  cosa,  chiunque  riconosce  la  religione,  come  fondamento  dell'u- 
"mana  societa,  dovra  pure  riconoscere  e  confessare  quanta  violenza  contro  la 
civil  societa  abbia  esercitata  siffatta  divisione  dei  principii  e  delle  religiose 
societa  tra  loro  discord! ;  e  con  quanta  veemenza  la  negazione  deirautorita, 
costituita  da  Dio  per  governare  le  persuasloni  delFumano  intelletto  e  per  di- 
"gere  le  azionl  degli  uomini,  tanto  nella  vita  privata  quanto  nella  civil  socie- 
erie  VII,  vol.  IV,  fasc.  446.  15  10  Ottobre  1868. 


226  LETTEBE  APOSTOLICHE 

ciali  vita  actiones  dirigendas  excitaverit,  promoverit,  et  aluerit  hos  in- 
felicissimos  rerum ,  ac  temporum  motus ,  et  perturbationes ,  quibus 
omnes  fere  populi  miserandum  in  modum  agitantur,  et  afiliguntur. 

Quamobrem  ii  omnes,  qui  Ecclesiae  catholicae  unitatem  et  mntatem 
non  tenent 1,  occasionem  amplectantur  huius  Concilii,  quo  Ecclesia  Ca- 
tholica,  cui  eornm  Maiores  adscript!  erant,  iioyuni  intimae  unitatis,  et 
inexpugnabilis  yitalis  sui  roboris  exhibet  argumentum,  ac  indigentiis 
eorum  cordis  respondentes  ab  eo  statu  se  eripere  studeant,  in  quo  de 
sua  propria  salute  securi  esse  non  possunt.  Nee  desinant  ferventissi- 
mas  miserationnm  Domino  offerre  preces,  ut  divisionis  murum  disiiciat, 
errorum  caliginem  depellat,  eosque  ad  sinum  sanctae  Matris  Ecclesiae 
reducat,  in  qua  eorum  maiores  salutaria  vitae  pascua  habuere,  et  in 
qua  solum  integra  Christi  lesu  doctrina  servatur,  traditur,  et  caelestis 
gratiae  dispensantur  mysteria. 

Nos  quidem  cum  ex  supremi  Apostolici  Nostri  ministerii  officio  No- 
bis  ab  ipso  Cbristo  Domino  commisso  omnes  boni  pastoris  partes  stu- 
diosissime  explere,  et  omnes  universi  terrarum  orbis  homines  paterna 
caritate  prosequi,  et  amplecti  debeamus,  turn  has  Nostras  -ad  omnes 
christianos  a  Nobis  seiunctos  Litteras  damus,  quibus  eos  etiam,  atque 
etiam  hortamur  et  obsecramus,  ut  ad  unicum  Christi  oyile  redire  fe- 


ta,  abbia  eccitato,  promosso  e  fomentato  queste  infelicissime  perturbazioni 
delle  cose  e  del  tempi,  dalle  quali  quasi  tutti  i  popoli  in  modo  miserando  sono 
sconvolti  ed  afflitti. 

Tutti  coloro  adunque,  che  non  tengono  I'unita  e  la  verita  della  Chiesa  cat- 
tolica,  devono  abbracciare  Foccasione  di  questo  Concilio,  col  quale  la  Chiesa 
cattolica,  cui  i  loro  antenati  erano  ascritti,  presenta  un  nuovo  argomento  del- 
F  intima  unita  e  deirinespugnabile  sua  forza  vitale ;  e,  secondando  il  bisogno 
del  loro  cuore,  si  devono  forzare  di  Kberarsi  da  quello  stato,  nel  quale  noa 
possono  essere  sicuri  della  propria  salute.  Ne  omettano  di  offrire  ferventissi-* 
me  preci  al  Signore  delle  misericordie,  affinche  abbatta  il  muro  della  divisione, 
dissipi  la  caligme  degli  errori,  e  li  riconduca  in  seno  della  santa  Madre  Chie- 
sa,  nella  quale  i  loro  maggiori  ebbero  salutari  pascoli  di  vita,  e  nella  quale  sol- 
tanto  si  conserva  intera,  e  s'msegna  la  dottrina  di  Gesii  Cristo,  e  si  dispensano 
I  misteri  ftella  grazia  celeste. 

Noi  certo,  per  rofficio  del  nostro  supremo  apostolico  ministero,  affidatoci 
dallo  stesso  Cristo  Signor  Nostro,  dovendo  adempire  con  sommo  impegno  a 
tutte  le  parti  di  buon  pastore,  e  seguire  ed  abbracciare  nella  paterna  carita  tutti 
gli  uomini  deir  universe  orbe;  percio  mandiamo  queste  Nostre  lettere  a  tutti 
i  cristiani  da  Noi  divisi,  colle  quali  gli  esortiamo  e  gli  preghiamo  di  nuovo  e  ri-» 
"petutamente,  affinche  si  affrettino  di  ritoruare  alFunico  ovile ;  imperocche  dal 

\   S.  August,  ep.  LX1,  al.  CCXXIII. 


DI  S.  S.  PIO  PAPA  IX. 

stinent ;  quandoquidem  eorum  in  Christo  lesu  salutem  ex  animo  sum- 
mopere  optamus,  ac  timemus  ne  eidem  Nostro  ludici  ratio  a  Nobis  ali- 
quando  sit  reddenda,  nisi,  quantum  in  Nobis  est,  ipsis  ostendamus,  et 
muniamus  viam  ad  eamdem  aeternam  assequendam  salutem.  In  omni 
certe  oratione,  et  obsecratione,  cum  gratiarum  actione  nunquam  desi- 
stimus  dies  noctesque  pro  ipsis  caelestium  luminum,  et  gratiarum  abun- 
dantiam  ab  aeterno  animarum  Pastore  humiliter,  enixeque  exposcere. 
Et  quoniam  vicariam  Eius  hie  in  terris  licdt  immerito  gerimus  operam, 
iccirco  errantium  filiorum  ad  catholicae  Ecclesiae  reversionem  expansis 
manibus  ardentissime  expectamus,  ut  eos  in  caelestis  Patris  domum 
amantissime  excipere,  et  inhexaustis  eius  thesauris  ditare  possimus.  Ete- 
nim  ex  hoc  optatissimo  ad  veritatis,  et  communionis  cum  catholica  Ec- 
clesia  reditu  non  solum  singulorum,  sed  totius  etiam  christianae  so- 
cietatis  salus  maxime  pendet,  et  universus  mundus  vera  pace  perfrui 
non  potest,  nisi  fiat  unum  ovile,  et  unus  pastor. 

Datum  Romae  apud  S.  Petrum,  die  13  Septembris  1868.  Pontifica- 
tus  Nostri  Anno  Vicesimotertio. 


profondo  deiranimo  desideriamo  sommamente  la  loro  salute  e  temiamo  di  dove- 
re  a  suo  tempo  renderne  ragione  allo  stesso  nostro  Giudice,  se?  per  quanto  sta 
in  Noi,  non  avessimo  a  loro  additata  e  preparata  la  via  di  conseguire  Teterna 
salute.  In  ogni  orazione  e  preghiera,  con  azioni  di  grazia,  certamente  non  tra- 
lasciamo  mai,  con  ogni  sforzo  giorno  e  notte,  di  chiedere  umilmente  per  loro 
air  eterno  Pastore  delle  auime  Tabbondanza  dei  beni  e  delle  grazie  celesti.  E 
siccome  qui  in  terra  abbiamo,  benche  senza  merito,  officio  dl  suo  Yicario; 
aspettiamo  a  braccia  aperte  con  sommo  ardore  il  ritorno  dei  figli  errauti  alia 
cattolica  Chiesa,  per  poterli  accogliere  con  sommo  amore  nella  casa  del  cele- 
ste Padre,  ed  arrlcchirli  cogli  inesausti  dllui  tesori.  Imperocche  da  questo  de~ 
sideratissimo  ritorno  alia  verita  ed  alia  comunione  colla  Chiesa  cattolica  dipen*» 
de,  non  solo  la  salute  di  ciascun  di  loro ,  ma  anche  massimamente  la  salute 
di  tutta  la  cristiana  societa ;  e  il  mondo  universe  non  pud  godere  della  ve- 
ra pace,  se  non  si  fa  un  solo  ovile  ed  un  sol  Pastore. 

Da  to  a  Roma  presso  S.  Pietro,  il  giorno  13  di  Settembre  1868.  L'Anno 
XXIII  del  nostro  Pontificate. 


CRONACA 

CONTEMPORANEA 


Roma  10  Ottobre  1868. 


I. 

COSE  ITALIANS. 

STATO  PONTIFICIO  1.  Concistoro  pubblico  e  segreto  del  24  Settembre;  nomine 
di  Vescovi  —  2.  Testo  della  sentenza  di  scomunica  contro  il  prete  Girino 
Rinaldi  —  3.  Circolare  spedita  dal  Guardasigilli  del  Governo  di  Firenze  in 
difesa  di  codesto  scomunicato. 

1.  La  Santita  di  nostro  Signore  Pio  Papa  IX  ha  tenuto,  la  mattina  del 
24  Settembre,  nel  palazzo  apostolico  Vaticano,  il  Concistoro  pubblicov 
per  dare  il  cappello  cardinalizio  agli  Emi  e  Rfiii  signori  Cardinal!  Inno- 
cenzo  Ferrieri  e  Lorenzo  Barili,  creati  e  pubblicati  nel  Concistoro  segreto 
dei  13  Marzo  del  corrente  anno.  Durante  il  Concistoro  il  sig.  avvocato 
concistoriale ,  Giovanni  Battista  Bonini ,  ha  per  la  prima  volta  perorata 
la  causa  di  beatificazione  della  yen.  Anna  Maria  Taigi. 

Terminato  il  Concistoro  pubblico,  Sua  Santita  ha  tenuto  il  Concistoro 
segreto;  nel  quale,  dopo  aver  chiusa,  giusta  il  costume,  la  bocca  agli  EmL 
Porporati  Ferrieri  e  Barili,  ha  proposto  le  seguenti  Chiese:  Chiese  Catle- 
drali  unite  di  Corneto  e  Civitavecchia,  negli  Stati  pontificii,  per  monsignor 
Francesco  Gandolfi,  traslatodallaChiesavescovile  di  Antipatro  nelle  parti 
degVinfedeli,  e  dal  Suffraganeato  di  Sabina.  Chiesa  Cattedrale  di  Gozo, 
isola  presso  Malta,  per  monsignor  Antonio  Grech-Delicata  Cassia  Tcsta- 
sferrata,  traslato  dalla  Chiesa  vescovile  di  Calidonia  nelle  parti  degFin- 
fedeli.  Chiesa  Cattedrale  di  Coria,  nella  Spagna,  pel  R.D.Pietro  Nunez, 
sacerdote  diocesano  di  Astorga.  Chiesa  Cattedrale  di  S.  Sebastiano  di 


CRONACA   CONTEMPORANEA  229 

Rio  Janeiro,  ncl  Bras  He,  pel  R.  D.  Pietro  Maria  de  Lacerda,  sacerdote 
di  S.  Sebastiano  di  Rio  Janeiro.  CMesa  Cattedrale  di  Pace,  nella  Bolivia, 
pel  R.  D.  Calisto  Clayigo,  sacerdote  diocesano  di  Pace.  Chiesa  Vescovile 
di  Castoira,  nelle parti  degli  infedeli,  pel  R.D.  Giovanni  Giacomo  Kraft, 
sacerdote  diocesano  di  Treveri. 

Quindi  il  Santo  Padre  ha  manifestato  le  seguenti  elezioni,  fatte  per 
organo  della  sagra  Congregazione  di  Propaganda  Fide  dall'ultimo  al- 
Todierno  Concistoro:  Chiesa  Arcivescovile  di  Filippi,  nelle  parti  degli  in- 
fedeli, pel  R.  D.  Stefano  Stefanopoli,  deputato  a  Yescoyo  greco  ordi- 
nante  in  Roma.  Chiesa  Vescovile  di  Flaviopoli,  nelle  parti  degli  infedeli, 
pel  R.  D.  Francesco  Giovanni  Laouenan,  deputato  Yicario  apostolico  di 
Pondichery.  Chiesa  Vescovile  di  Medea,  nelle  parti  degli  infedeli,  pel  R. 
D.  Cristoforo  Ronjean,  eletto  a  Vicario  apostolico  di  Jafnapatam.  Chiesa 
Vescovile  di  Nemesi,  nelle  parti  degli  infedeli,  pel  R.  P.  Fr.  Maria  Efrem, 
dei  Carmelitani  Scalzi,  prescelto  a  Yicario  apostolico  di  Quilon.  Chiesa 
Vescovile  di  Dorila,  nelle  parti  degli  infedeli,  pel  R.  D.  Giovanni  Salle- 
point,  costituito  a  reggere  il  novello  Yicariato  Apostolico  eretto  in  An- 
zona.  Chiesa  Vescovile  di  Olimpio,  nelle  parti  degli  infedeli,  pel  R.  P. 
Fr.  Leonardo  di  S.  Luigi,  dei  Carmelitani  Scalzi,  deputato  a  Coadiutore 
del  Yicario  apostolico  di  Yerapoly,  monsignorRernardinoRaccinelli,  Ar- 
civescovo  di  Farsaglia  in  partibus.  Chiesa  Vescovile  di  Pompeiopoli,  nelle 
parti  degli  infedeli,  pel  R.  D.  Francesco  Tagliabue,  eletto  a  coadiutore 
del  Yicario  Apostolico  di  Kiang-si,  monsignor  Giovanni  Enrico  Raldus, 
Yescovo  di  Zoara  in  partibus. 

2.  II  Governo  rivoluzionario,  che  da  Firenze  signoreggia  1'usurpato 
reame  delle  Due  Sicilie,  non  potea,  volendo  essere  fedele  allo  spirito  suo 
massonico,  permettere  che  si  rompessero  i  ceppi  onde  era  avvinta  la  giu- 
risdizione  ecclesiastica  dairintrusa  Legazia  apostolica  e  dal  Tribiinale 
della  Monarchia.  Percio  era  naturale  che,  avendo  a  sua  disposizione  un 
tristo  prete,  il  quale  prestavasi  ad  esercitare  le  funzioni  di  giudice  di  quel 
Tribiinale,  abolito  dalle  Lettere  apostoliche  da  noi  recitate  nel  vol.  XII 
della  Serie  sesta,  a  pag.  341-53,  si  accingesse  a  sostenerlo  con  tutti 
quei  provvedimenti  di  tirannia  fiscale,  onde  i  liberali-moderati  sanno 
valersi  ad  oppressione  delVautorita  ecclesiastica.  Laonde  non  reco  veruna 
meraviglia,  ne  il  veto  opposto  da  quel  Governo  aU'esecuzione  della  Rolla 
pontificia,  come  abbiamo  narrate  nello  stesso  vol.  XII  della  Serie  sesta, 
a  pag.  638-39;  ne  la  contumacia  con  cui  lo  sciagurato  prete  Cirino  Ri- 
naldi  persistette  nell1  esercitare  1'abolita  carica  di  Giudice  di  quel  nefasto 
Tribiinale. 

Or  ecco  volta  in  italiano  la  sentenza  di  Scomunica,  pronunziata  e  pro- 
mill  gala  solennemente  contro  il  pertinace  Cirino  Rinaldi,  il  cui  testo  la- 
tino fu  pubblicato  pure  dal  Giornale  di  Roma  del  22  Settembre. 


230  CRONACA 


«  Ai  Yenerabili  Fratelli  Arcivescovi,  Yescovi  ed  altri  legittimi  Ordinarii 
dei  luoghi ,  e  ai  diletti  Figli  ecclesiastic!  ed  uomini  religiosi,  e  a  tutti 
i  Fedeli  di  Sicilia. 

PAPA  PIO  IX 

«  Yenerabili  Fratelli  e  Diletti  Figli ,  salute  ed  apostolica  Benedizlone. 
Ciascun  di  voi  benissimo  conosce,  che  Noi  per  T  ufficio  del  Nostro  supre- 
mo apostolico  ministero,  pel  bene  di  tutta  la  Chiesa  e  per  la  salute  delle 
aniine,  caldamente  soiled ti  di  eliminare  del  tutto  quei  gravissimi  mali  e 
danni,  che  yenivano  a  cotesti  fedeli  ed  alle  Chiese  di  Sicilia  dalla  pre- 
tesa  Apostolica  Legazione  Siciliana,  cosi  detta  Monarchia,  lin  dall1  an- 
no 1864,  nel  giorno  28  Gennaro,  abbiamo  dato  le  Nostre  Lettere  Aposto- 
liche  sotto  il  Piombo  che  incominciano :  Suprema,  e  nel  giorno  10  del 
mese  di  Ottobre  1867  furono  per  Nostro  ordine,  secondo  la  consuetudine, 
pubblicate  in  Roma,  colle  quali  togliemmo  di  mezzo,  e  abbiamo  piena- 
mente  estinto  ed  abolita  la  Legazione  Apostolica,  cosi  detta  Monarcbia, 
non  che  il  Giudice  Delegato,  il  tribunale  rispettivo  e  tutte  le  persone 
addette.  Nelle  quali  Nostre  lettere,  tra  le  altre  cose,  abbiamo  prescritto 
che  dopo  due  mesi  da  computarsi  dal  giorno  della  pubblicazione  ed  af- 
fissione  delle  medesime  Lettere,  dovessero  queste  avere  il  loro  pieno 
effetto ;  e  indistintamente  colpissero ,  obbligassero  tutti  e  singoli  coloro 
cui  quelle  riguardano ,  come  se  a  ciascuno  di  essi  fossero  state  nomina- 
tamente  e  personalmente  intimate.  Ne  ignorate,  o  Venerabili  Fratelli  e 
Diletti  Figli,  con  quale  cura  ed  impegno  ci  siamo  studiati  provvedere  agli 
spirituali  bisogni  ed  all1  utilita  di  cotesti  fedeli.  Imperocche  altre  Nostre 
Lettere  abbiamo  pubblicato,  segnate  colF  anello  del  Pescatore  e  che  inco- 
minciano :  Multis  gravissimis,  e  date  in  quel  medesimo  giorno  ed  anno 
in  cui  furono  pubblicate  le  Lettere  sotto  il  Piombo.  Con  le  quali  Lettere 
abbiamo  dato  a  Yoi,  o  Yenerabili  Fratelli,  e  a  tutti  i  legittimi  Ordinarii 
di  Sicilia,  le  opportune  e  necessarie  facolta,  e  nel  tempo  istesso  abbiamo 
stabilito  il  rnodo,  col  quale  si  potessero  e  si  dovessero  giudicare  e  trat- 
tare  le  cause  spettanti  al  Foro  ecclesiastico.  E  nessun  di  voi  ignora, 
come  nel  giorno  15  Ottobre  dell1  anno  suddetto  dalla  Nostra  Congrega- 
zione  dei  Yescovi  e  Regolari  sia  stato  spedito,  per  Nostro  espresso  e  su- 
premo comando,  un  esemplare  di  quelle  medesime  Lettere  sotto  il 
Piombo  al  Sacerdote  Cirino  Rinaldi,  il  quale  esercitava  I1  ufficio  della 
cosi  detta  Monarchia,  e  come  fu  dato  allo  stesso  un  severissimo  Moni- 
torio.  Col  quale  in  nome  Nostro  e  coll1  Apostolica  Autorita  fu  intima- 
ta  al  medesimo  Sacerdote  Rinaldi,  la  pena  della  scomuriica  latae  sertr 
tentiae  da  incorrersi  ipso  facto  senza  alcuna  dichiarazione,  la  cui  as- 
soluzione  e  a  Noi  riservata,  eccetto  solo  Farticolo  di  morte,  quan- 
te  volte  quegli  o  direttamente  o  indirettamente,  e  sotto  qualsiasi  al- 


CONTEMPORANEA  231 

tro  mode  ayesse  ardito  impedire  la  esecuzione  delle  medesimc  Lettere,  o 
ritenere  il  nome  dell'  ufficio  che  trattaya,  o  irnmischiarsi  nell'  esercizio 
del  medesimo  ufficio  sotto  qualsiasi  titolo,  pretesto  o  colore,  e  con  qual- 
siasi  atto  anche  estragiudiziale  ed  economico,  anche  per  lo  mezzo  di  me- 
diata  persona.  Parimenti  si  dichiarava  al  medesimo  Sacerdote  Rinaldi, 
che  con  la  minaccia  di  questa  scomunica  non  si  derogaya  punto  alle  al- 
tre  pene  ecclesiastiche ,  e  censure ,  che  i  sacri  Canoni  e  le  apostoliche 
Costituzioni  infliggono  a  coloro,  i  quali  impediscono  la  esecuzione  degli 
atti  di  questa  Santa  Sede,  o  usurpano  la  ecclesiastica  giurisdizione  o 
impediscono  il  libero  esercizio  dell'  autorita  yescovile.  E  il  medesimo  Sa- 
cerdote replicate  yoke  nel  Nostro  Nome  si  ammoniya,  affinche  ricordan- 
dosi  di  essere  Sacerdote  consultasse  seriamente  la  sua  coscienza,  e  te- 
messe  i  seyerissimi  giudizii  di  Dio  per  gli  atti  eseguiti  abusiyamente 
nel  tempo  trascorso. 

«  Pero  quantunque  il  medesimo  Sacerdote  Rinaldi  fosse  stato  ayver- 
tito,  e  ahbia  riceyute  le  predette  Nostre  Lettere  sotto  il  Piombo,  le  quali 
si  sono  divulgate  per  tutti  i  giornali  di  Roma,  di  Firenze  e  Sicilia,  tutta- 
via  dimentico  totalmente  del  suo  uflicio,  giunse  a  tale  audacia,  che,  di- 
sprezzando  al  tutto  la  Nostra  Autorita  e  quella  di  questa  Sede  Apo- 
stolica,  e  pienamente  deridendo  la  pena  della  scomunica  maggiore,  non 
ha  temuto  di  proseguire,  con  sacrilego  e  abbomineyole  attentato,  ad  im* 
mischiarsi  nel  predetto  ufficio  di  giudice  della  cosi  detta  Monarchia,  da 
Noi  abrogata  e  pienamente  estinta,  ed  esercitare  atti  affatto  nulli, 
con  sommo  scandalo  dei  fedeli,  con  detrimento  delle  anime  e  con  grayis- 
sime  ingiurie  e  yessazioni  dei  Vescoyi.  Daole  yeramente  passare  qui  a 
rassegna  i  singoli  atti  di  usurpata  giurisdizione,  che  1'istesso  Sacerdote 
Rinaldi  con  somma  audacia  esegui,  dopo  ayer  riceyute  le  Nostre  Lettere 
ed  il  Monitorio,  non  dubitando  di  minacciare  ancora  a  Yoi,  o  Venerabili 
Fratelli,  le  multe  pecuniarie. 

«  Adunque  in  tanta  e  si  perniciosa  contumacia  di  questo  Sacerdote,  a 
difendere  la  Nostra  Potesta  suprema  e  quella  di  questa  Santa  Sede,  a 
yendicare  1' autorita  e  la  giurisdizione  dei  Yescovi,  a  rimuoyere  tanto 
scandalo,  a  curare  la  salute  dei  fedeli  di  Sicilia,  quantunque  dolenti,  pu- 
re necessariamente  abbiamo  deciso  assolutamente  seguire  da  Noi  quel 
consiglio,  che  rilevasi  dal  prescritto  nei  sacri  Canoni  e  dall'  esempio  dei 
Romani  Pontefici  Nostri  Predecessor!,  cioe  adoperarelaspada,  della  quale 
Iddio  ci  mum  per  difesa  della  Religione  e  della  Giustizia.  Laonde  con 
F  Autorita  di  Dio  Onnipotente,  e  dei  Santi  Apostoli  Pietro  e  Paolo,  e  No- 
stra, con  queste  Nostre  Lettere  solennemente  e  nominatamente  scorn  u- 
nichiamo  e  anatematizziamo  il  medesimo  Sacerdote  Cirino  Rinaldi,  il 
quale  in  forza  del  sopradetto  Monitorio  incorse  gia  nella  scomunica  mag- 
giore, e  stabiliamo,  comandiamo  e  denunziamo  essere  stato  segregate 
dal  corpo  della  Chiesa,  e  doyersi  onninamente  evitare  da  tutti. 


232  CRONACA 

«  Faccia  Iddio  ricco  in  misericordia,  che  questo  infelice  Sacerdote 
ven^a  risanato  da  questa  veramente  amara  ma  salutare  medicina,  daNoi 
in  esso  adoprata,  in  modo  che  riconoscendo  egli  stesso  i  suoi  grayissimi 
errori  si  ravveda,  e  con  sincera  e  salutare  penitenza  badi  al  bene  del- 
Tanima  sua,  affinche  non  siamo  costretti  di  procedere  ad  altri  provvedi- 

menti. 

«  Finalmente  in  quest^ticcasione  rivolgiamo  ancora  a  Voi  novamente 
T  anirao  Nostro,  o  Venerabili  Fratelli,  affinche  adorni  del  divino  aiuto 
procediate  con  maggiore  impegno  in  tanta  iniquita  e  sconvolgimento  di 
tempi ;  impavidamente  difendiate  la  causa  di  Dio  e  della  sua  Santa  Chie- 
sa,  e  curiate  la  salute  del  gregge  alia  vostra  cura  affidato. 

'«  Yi  esortiamo  pero,  Figli  diletti,  a  fuggire  con  accortezza  le  nefande 
insidie  dei  nemici  degli  uomini;  e  a  procedere  con  impegno  nelle  Tie  del 
Signore,  e  a  camminare  degnamente,  piaceudo  a  Dio  in  ogni  cosa,  pro- 
ducendo  di  buone  opere.  Ed  impartiamo,  o  Yenerabili  Fratelli  e  Diletti 
Figli,  a  Yoi  stessi  con  T  ultimo  affetto  del  Nostro  cuore,  in  pegno  della 
Nostra  Benevolenza,  T  apostolica  Benedizione. 

«  Dato  in  Roma  presso  S.  Pietro  sotto  TAnello  del  Pescatore,  nel 
giorno  23  Luglio  dell' anno  1868.  Del  Nostro  Pontificato  Anno  Yigesi- 
moterzo.  N.  Card.  Paracciani  Clarelli. 

3.  Questa  sentenza,  oltre  alia  solennita  di  promulgazione  che  ebbe 
nelle  forme  giuridiche  in  Roma,  ottenne  pure  pubblicita  straordinaria, 
per  essere  stata  ristampata  da  quasi  tutti  i  diarii  nostrani  e  stranieri, 
senza  eccettuare  i  piu  qualificati  nel  grado  e  nell1  ufficio  di  portavoce 
della  Frammassoneria.  Cosi  i  nemici  della  Santa  Sede,  per  isfogo  di  dis- 
petto,  riuscirono  a  mettere  viepiu  in  rilievo  T  esercizio  di  quella  supre- 
ma  autorita,  dalla  quale  nonyi  e  appello,  e  di  cui  Cristo  medesimo  affer- 
mo  che,  quanto  sarebbe  da  essa  legato  in  terra,  sarebbe  legato  anche 
ne1  cieli.  Tutti  i  Governi  e  tuttf  i  Magistral  di  questa  terra,  eccettuato 
il  sommo  Pontefice,  saranno  impotenti  a  prosciogliere  il  contumace  Ci- 
rino  Rinaldi  da  questa  condanna,  onde  egfi  e  reietto  dal  grembo  di  san- 
ta  Chiesa  ed  abbandonato  a  Satanasso,  finche  non  si  ravveda,  si  penta , 
si  soggetti  e  faccia  ammenda  e  penitenza  per  rendersi  meno  indegno  di 
perdono  e  riconciliazione. 

Ma  al  Governo  massonico  di  Firenze  non  importa  punto  che  codesto 
sciagurato  sia  manceppato  al  diavolo;  sibbene  gli  preme  assai  di  co- 
gliere  questa  occasione  per  affermare  viemeglio  i  tiranneschi  suoi  pro- 
positi  contro  T  autorita  spirituale  e  suprema  del  Yicario  di  Gesu  Cristo. 
E  percio ,  quasi  per  dare  un  saggio  del  modo  con  cui  tratterebhe  il 
Papa ,  qualora  un  residue  di  Sovranita  territoriale  indipendente  non  lo 
guarentisse  dagli  attentati  de'  suoi  birri ,  fu  sollecito  di  contrapporre 
alia  sentenza  di  scomunica,  proferita  dal  Papa,  le  minacce  di  pene  cri- 
minali,  contro  chiunque  osasse  riconoscerne  T  autorita  ed  osservarne  le 


CONTEMPORANEA  233 

prescrizioni.  Cosi  il  diavolo ,  loro  ispiratore  e  padrone,  accieca  codcsti 
settarii,  disponendo  Iddio  che  per  ial  modo  sia  fatto  sempre  piii  chiaro 
di  qual  maniera  e  forma  di  liber  ta  goderebbe  il  sommo  Pontefice ,  qual- 
ora  la  violenza  e  la  periidia  riuscissero  a  stabilire  quella  apparente  ri- 
conciliazione  fra  il  Papa  ed  il  Governo  italiano,  che  e  il  supremo  de- 
siderio  di  certi  concilialori  di  buon  cuore  ma  senza  cervello. 

Ecco  pertanto,  come  leggesi  nell1  Opinions  del  28  Settembre,  per  qual 
guisa  il  Guardasigilli  del  GoyerDO  di  Firenze  provvide  a  tutelare  lo 
sciagurato  Cirino  Rinaldi. 

«  II  Governo  del  Re,  dinanzi  alia  Lettera  apostolica  che  scomunica 
nominatamente  monsignor  Cirino  Rinaldi ,  giudice  della  rcgia  Monar- 
chia  ed  apostolica  Legazia  di  Sicilia,  ha  creduto  debito  suo  di  prcndere 
i  provvedimenti  che  gli  paiono  piu  opportuni  per  tutelare  i  secolari  di- 
ritti  della  Corona. 

«  II  Ministro  Guardasigilli  scrisse  il  25  corrente  una  circolare  ai  RR. 
procurator}  generali  di  Palermo,  Catania  e  Messina,  in  cui  avverte  che 
appena  e  d1  uopo  che  il  Goyerno  dichiari  novamente  quali  sono  i  suoi 
intendimcnti  a  fronte  degli  atti  di  violcnza,  che  nella  persona  di  mons. 
Cirino  Rinaldi  sono  diretti  a  colpire  i  secolari  diritti  che  la  Real  Corona 
ha  sempre  esercitato  in  Sicilia.  La  circolare  termina  inyitando  i  procu- 
ratori generali,  in- conform!  ta  di  quanto  si  e  gia  prescritto  nella  nota 
ministeriale  del  13  Novembre  scorso  anno,  ad  usare  la  massima  vigi- 
lanza  e  solerzia  affinche  anche  questo  nuovo  atto  abusiyo  della  Rom  ana 
Curia  non  riceva  nelle  proyince  sicule  alcun  legale  effetto,  provyedendo 
con  tutti  i  mezzi  di  legge  contro  coloro  che  si  attentassero  in  qualunque 
modo  di  darvi  esecuzione. 

«  Pure  con  la  stessa  data  scrisse  il  Ministro  Guardasigilli  lettera  a 
mons.  Rinaldi,  assicurandolo  che  il  Governo  non  manchera  di  prestar- 
gli  tutto  quel  maggior  appoggio  che  le  circostanze  esigeranno,  ed  infor- 
mandolo  di  aver  gia  disposto  perche  le  auforitd  gindiziarie  vigilino 
o  provveggano  con  tutti  i  mezzi  forniti  dalla  legge  a  che  nessuno  si 
atlenti  di  dare  esecuzione  ad  un  atto  cosi  inqualificabilc. 

« La  Legazia  apostolica  essendo  una  delle  istituzioni  piu  vetuste  di  Si- 
cilia,  e  naturale  che  in  quelle  proyince  T  attentato  di  yolerla  sopprimere 
produca  del  malcontento.  Gli  uomini  piu  liberali  di  Sicilia  si  mostrarono 
sempre  solleciti  di  quell'  istituzione ,  ed  il  compianto  Cordova ,  nel  me- 
morahile  discorso  fatto  in  questa  sessione  in  difesa  del  Ministero  Rica- 
soli  di  cui  faceva  parte,  si  era  specialmente  studiato  di  dimostrare  che 
dal  Ministero  non  si  era  mai  pensato  di  sopprimere  la  Legazione  apo- 
stolica. » 


234  CRONACA 

TOSCANA  E  STATI  ANNESSI  1.  Promulgazione  del  Decreto  reale  sopra  la  Conven- 
zione  del  31  Luglio  con  la  Francia,  pel  Deblto  pubblico  delle  province  usur- 
pate  alia  Santa  Sede  —  2.  Condizioni  dell'  erario,  del  bilancio  e  del  Debi- 
to  pubblico  —  3.  Bandi  repubblicaui  —  4.  Parlamento  di  operai  a  Genova 
—  5.  Minacce  dei  diarii  ufficiosi  contro  la  Francia  —  6.  Circolare  ai  Pre- 
tori  control  sommovitori  de' popoli  —  7.  Dicerie  sopra  una  nuova  Con- 
venzione  con  la  Francia,  ed  il  trasporto  della  Capitale  a  Napoli  —  8.  Di- 
chiarazioni  e  mentite  date  dal  Menabrea  nella  sua  Correspondance  italien- 
ne  —  9.  Restituzione  dei  beni  allodiali  a  S.  A.  R.  il  Duca  di  Modena. 

1.  Venne  promulgate  fmalmente  nel  n.°  256  della  Gazzetta  ufficiale 
del  Regno,  alii  20  Settembre,  un  Decreto  reale,  inserito  nel  n.°  4574  del- 
la  Raccolta  ufficiale  delle  leggi,  e  da  to  da  Torino  alii  18  Agosto ;  in  -virtu 
del  quale  si  dee  dare  plena  ed  intera  esecuzione  al  Protocollo  tirmato  in 
Firenze  alii  31  Luglio  dal  Malaret  e  dal  Cambray-Digny  sopra  la  quota 
parte  delDebito  pubblico  pontificio,  che  il  Governo  usufpatore  di  Firen- 
ze dee  pagare,  come  spettante  alle  province  da  esso  sacrilegamente  ru- 
bate,  col  puro  diritto  della  forza,  alia  Santa  Sede. 

II  testo  di  codesto  Protocollo,  di  cui  noi  abbiamo  dato  bastante  con- 
tezza  nel  precedente  volume  a  pag.  615-19,  e  riferito  nello  stesso  cita- 
to numero  256  della  Gazzetta  ufficiale;  ne  vi  abbiamo  trovato  nulla,  che 
Taiga  a  chiarire  meglio  quanto  gia  ne  abbiamo  detto. 

Ma  importa  molto  rilevare  una  brutta  perfidia  della  Correspondance 
italienne,  portavoce  del  generale  Menabrea,  presidente  del  Consiglio 
der  Ministri ;  imperocche  da  co'desto  Protocollo  il  diario  ufficioso  trae 
jjretesto  di  spacciare  una  assurda  calunnia ;  cioe  che  il  Governo  ponti- 
iicio  abbia,  col  consentire  allo  spartimento  del  suo  Debito,  bastevolmente 
riconosciuta  1'annessione  di  quelle  province  al  Regno  d1  Italia,  e  rinun- 
ziato  ad  ogni  suo  diritto  sopra  quelle,  pur  sapendo  che  Tassenso  agli 
effetti  di  quel  Protocollo  s'  intenderebbe  avere  tal  significato  e  tal  valore. 
Esponiamp  qui  i  procedimenti  e  le  parole  della  Correspondance  italienne. 

Erasi  gittato  voce  che  il  sig.  Di  Sartiges,  prima  di  smettere  la  carica 
di  ambasciadore  a  Roma,  avesse  rinnovate  le  istanze  perche  la  Santa  Se- 
de aderisse  ad  un  accordo  fra  le  Potenze  cattoliche,  le  quali  si  obbligas- 
sero  a  pagare  al  Papa  una  lista  civile  in  compenso  delle  perdute  pro- 
vince, contribuendovi  la  Francia  per  tre  milioni.  La  Patrie  tratto  di  fa- 
yola  tal  notizia,  come  se  fosse  impossible  che  la  Francia  osasse  propor- 
re  al  Papa  cosa  tanto  ripugnante  ai  suoi  diritti  ed  alia  sua  dignita.  La 
Correspondance  italienne,  lasciando  da  parte  se  fosse  vero  o  no  il  fatto  at- 
tribuito  al  Sartiges,  rimbecco,  e  con  pienissima  ragione,  la  Patrie,  per- 
che ayesse  tacciato  di  favolose  ed  assurde  tali  idee,  quando  in  un  dis- 
paccip  ufficiale  del  sig.  De  Lavalette  ambasciadore  a  Roma,  e  scritto  il 
24  Giugno  1862,  quelle  proposte  si  trovano  registrate  appuntino,  ed 
accompagnate  da  fortissime  istanze  fatte  al  Cardinale  Antonelli,  perche 
volesse  accettarle.  E  iin  gui  la  Correspondance  ebbe  pienissima  ragione. 

I  documenti  da  noi  recitati  nel  vol.  I  della  quinta  Serie,  a  pag.  508-11, 
dimostrano  che  fin  dal  Gennaio  1862  il  Governo  francese  insisteva  pres- 
so  la  Santa  Sede  perche  si  acconciasse  ad  uno,  almeno  indiretto,  rico- 


CONTEMPORANEA  235 

noscimento  dei  fatfi  compiuti;  ma  la  risposta  fatta  dair  Emo  Antonelli, 
da  noi  riferita  pure  nel  luogo  teste  citato,  fu  si  perentoria  e  si  catego- 
i  ica  pel  ritiuto,  che  doyea  Irene-are  di  botto  tali  pratiche.  Pure  il  Lavalet- 
le  era  tomato  alia  carica,  in  conseguenza  di  ordini  ricevuti  da  Parigi, 
ed  emanati  dall'Imperatore  in  ima  sna  lettera  al  Thouvenel  ministro 
sopra  gli  affari  esterni.  Questa  lettera,  il  dispaccio  del  Thouvenel,  e 
quello  con  cui  il  Lavalette  riferisce  essere  andate  a  vuoto  tutte  le  sue 
pratiche,  pel  costante  rifiuto  del  Santo  Padre  di  consentire  a  qualunque 
atto  potesse  interpretarsi  come  rinunzia  ai  suoi  diritti  sulle  province  ru- 
bate  alia  Santa  Sede:  questi  document!  ancor  essi  furono  da  noi  riferiti 
dalla  prima  all'  ultima  parola  nel  volume  IV  della  stessa  Serie  quinta , 
da  pag.  221  a  pag.  250.  Laonde  la  Correspondence  italienne  avea  su 
questo  punto  pienissima  ragione  contro  la  Patrie. 

Ma  star  nei  limit!  del  vero  e  del  giustp  e  cosa  che  torna  impossi- 
bile  a  chi  campa  di  menzogne  e  di  perfidie;  e  tale  e  il  pane  quoti- 
diano  dei  diarii  ufficiosi  del  Governo  di  Firenze.  Laonde  la  Correspon- 
dence, per  dimostrare  che  quelle  offerte  d'una  lista  civile  al  Papa,  il  qua- 
le  in  compenso  rinunzierebbe  tacitamente  ai  suoi  diritti,  non  solo  non 
erano  assurde,  ma  poteano  ammettersi  dal  Papa,  andp  oltre  .e  con  un 
tratto  di  penna,  voile  insinuare  che:  se  ilPapa  ha  gia  rinunziato  implici- 
tamente  alle  province,  coir  aderire  allo  spartimento  del  Debito  pubblico 
pontificio,  che  meraviglia  ci  sarebbe  che  vi  rinunziasse  espressamente 
per  avere  codesta  lista  civile?  LTargomento  sarebbe  valido,  se  real- 
mente  si  fosse  fatta  quella  rinunzia  coll1  aderire  allo  spartimento  del  De- 
bito pubblico.  Or  come  cio  prova  la  Correspondance?  Con  una  impostu- 
ral  «  In  codesto  Protocollo,  essa  pso  dire,  troveranno  (i  lettori)  il  sen- 
so  che  il  Cardinale  Antonelli  attribuiva  a  cotale  accordo  »,  cioe  il  senso 
d'una  rinunzia  alle  province!  Or  bene,  in  tuttp  il  Protocollo  non  ci  & 
sillaba  che,  ne  per  diretto  ne  per  indiretto,  ne  implicitamente  ne  espli- 
citamente  accenni  pure,  non  diciamo  a  rinunzia  dei  diritti  sulle  provin- 
ce, ma  almeno  ad  assenso  della  Santa  Sede  a  quella  Convenzione,  che 
fu  stipulata  con  tal  Protocollo.  Tant'e  vero  che  niuna  firma  di  perso- 
naggio  ufficiale  della  Santa  Sede  vi  apparisce,  niuna  menzione  che  es- 
sa la  riconpsca ;  ed  anzi  si  parla  sempre  di  debito  pontificio,  che  il  Go- 
verno di  Firenze  dee  pagare,  perche  riscuote  le  rendite  delle  usurpate 
province.  Ora  la  piu  elementare  nozione  di  giustizia  basta  a  far  capire, 
che  i  debiti  d'uno  Stato  si  deono  pagare  da  quelli  che,  o  con  pieno  di- 
ritto,  o  per  effetto  di  ladroneccio,  sono  di  falto  in  possesso  di  quello 
Stato  e  ne  sfruttano  le  rendite.  Se  il  Governo.  di  Firenze  non  facesse 
professione  di  non  rispettare  verun  titolo  di  giustizia,  non  ci  sarebbe 
stato  bisogno  d'  una  Convenzione  imposta  dalla  Francia  per  ridurlo  a 
pagare. 

II  Governo  di  Firenze  affetta  sempre  di  esaltare,  come  atto  di  squisita 
lealta  nella  psservanza  della  Convenzione  del  15  Settembre  1864,  questo 
suo  essersi  h'nalmente  piegato  sottola  possente  mano  imperiale,  e  ridot- 
to  a  pagare  esso  la  quota  parte  del  Debito  pontificio,  che  spetta  alle  ru- 
bate  province.  Ma  da  quando  in  qua  1'obbligo  della  restituzione  di  roba 
rapinata  scelleratamente,  con  violazione  brutale  di  tutti  i  piu  sacri  dirit- 
ti, dovra  derivarsi  da  una  Convenzione  speciale?  Si  dee  restituire  e  pa- 
gare, perche  si  e  rubato ;  ecco  il  titolo  di  quel  dovere ;  questo  e  dettato 


236  CRONACA 

(li  giustizia  che  si  capisce  e  si  pratica  dagli  Ottentoti  molto  meglio  chc 
dai  Frammasspni,  i  quali  in  Firenze  scialacquano  quanto  rubarono  ai  le- 
gittirai  sovrani  de'  yarii  Stati  d1  Italia.  Quando  pure  la  Francia  non  ayesse 
costrettoil  Governo  di  Firenze  al  Protocollo  del  31  Luglio  1868,  il  do- 
vere  per  questo  di  pagare  il  debito  spettante  alle  rubate  province  sa- 
rebbe  sempre  dovere  strettissimo  di  giustizia  naturale,  la  quale  anzi  esi- 
ge  la  restituzione  delle  province  stesse;  e  solo  quando  questa  fosse  com- 
piuta,  tornerebbe  al  Governo  pontificio  1'  obbligo  del  pagarne  il  debito 
da  se  contratto. 

2  Le  condizioni  deir  erario  del  Regno  massonico  d1  Italia  sono  pessi- 
me.  La  Gazzetta  ufpciale  del  16  Settembre,  n.°  252,  reco  le  tavole  ond'e 
espressa  la  Situazione  del  Tesoro  alii  31  del  passato  Agosto.  Gli  undi- 
ci  paragrati,  che  rappresentano  le  entrate  dal  l.'Gennaio  al  1.'  Set- 
tembre 1868 ,  dimpstrano  che  le  entrate  ordinarie  e  straordinarie  del 
bilancio  generate  si  calcolano  nella  somma  di  lire  1,118,587,403.  87; 
e  che  il  debito  fluttuante  del  Tesoro  ascende  alia  enorme  somma  di 
lire  721,905,444.  83. 

«  Ora  queste  due  cifre,  osserv&YUumtaCattoUca  del  18  Settembre, 
hanno  un  impprtanza  somma.  Infatti  ai  1,118  milioni  di  entrate  del  bi- 
lancio attivo  si  ojjpongonq  1,587,209,359  22  di  spese  del  bilancio  [>as- 
sivo.  II  che  significa  che  il  disavanzo  delVanno  corrente  al  1.°  di  Set- 
tembre e  realmente  di  468  milioni.  E  se  la  proporzipne  non  viene  a 
mutarsi  neirultimo  quadrimestre  del  1868,  lo  sbilancip  totale  deiren- 
trata  coir  uscita  sara  al  31  Dicembre  di  oltre  700  milioni.  In  questa 


quali  daranno  luogo  a  maggiori  sbilanci,  che  ommettiamo  appunto 
per  tenerci  nellp  stretto  limite  del  vero.  Non  sara  adunque  esagerato 
Popporre  a  tutti  i  sapienti  calcoli  esposti  dal  Cambray-Digny  al  Par- 
lamento  questo  sbilancio  di  700  milioni,  cbe  si  manifesta  nella  situa- 
zione  del  Tesoro. 

«  La  cifra  poi  del  debito  fluttuante  di  721  milione  parla  con  un  altro 
genere  di  eloquenza.  Essa  ci  dice  cbe  la  Banca  nazionale  e  in  credito 
verso  il  Tesoro  di  376  milioni,  e  che,  prima  di  veder  tolto  il  corso 
forzato,  bisogna  che  il  Governo  trovi  questa  somma.  Ma,  quando  lo 
sbilancio  fra  1'entrata  e  V  uscita  normale  del  Tesoro  e  di  700  milioni, 
e  lecito  sperare  che  il  Governo  ne  trovi  ancora  376  da  dare  alia  Banca?» 

Ma  un  altro  Rapporto  ufficiale  circa  le  Finanze,  durante  gli  anni 
1865  e  1866,  e  sopra  le  condizioni  del  Debito  pubblicp  all.0  Luglio 
1868  dimpstra  anche  meglio  la  portentosa  abilita  di  scialacquare,  on- 
de  rimarra  immortale  la  memoria  dei  ristauratori  deU'ordine  morale.  Al 
1.°  Luglio  1868  gli  interessi  da  pagarsi  pel  Debito  pubblico  esigevarip 
la  enorma  somma  di  lire  350,694,986;  delle  quali  una  parte,  cioe 
lire  22,442,634  per  Testinzione  del  Debito  stesso.  Codesta  somma  di 
lire  350,694,986  d1  interessi  corrisponde  ad  un  capitale  di  circa  sette 
mila  milioni,  ossia  miliardi.  Or  si  avverta  che  il  I.8  Gennaio  1865 
gl' interessi  del  Debito,  pubblico  non  richiedevano  ancora  che  la  somma 
di  lire  218,820,394.  E  chiaro  che  si  progredi  innanzi  a  rompicollo  in 
due  soli  anni ;  poiche  in  si  breve  tempo  si  gravo  lo  Stato  d'un  aumen- 
to  di  lire  131,874,592  per  interessi  di  Debit!  da  pagarsi  I 


CONTEMPORANEA  237 

Se  ci  facciamo  alquanto  piu  indietro,  doe  fino  aU'epoca  infausta  del- 
le  annessioni,  quando  air  Italia  si  promettevano  tutte  Ic  delizie  del- 
1'  Eden ,  il  confronto  e  ancora  piii  eloquente.  II  totale  del  Debito  de- 
gli  Stati  annessi  nel  1859  e  nel  I860  non  eccedeya  la  somma  di  Ijj- 
re  720,271,718,  della  quale  somma  spettavano  alle  Due-  Sicilie  fi- 
re 550,000,000  ;  allaToscana  lire  152,080,000;  alle  province  rubatc 
alPapa,  lire  16,577,120;  al  Ducato  di  Modena,  lire  11,050,380;  al 
Ducato  di  Parma,  lire  10,558,218.  Per  T  antico  Statp  del  reame  di 
Sardegna,  nel  1848,  il  DeMto  pubblico  era  soltanto  di  135  milioni  di 
lire.  Lapnde,  diffalcandp  gli  875  milioni  che  rappresentano  il  Debito 
totale  di  tutti  gli  Stati  italiani  prima  cbe  perdessero  la  loro  autonomia 
ed  indipendenza,  ed  im1  altra  somma  assai  minore  per  la  parte  del  De- 
Mto Lombardo-Yeneto  che  si  dov^tte  assumere  per  1'acquisto  di  quel- 
le  province,  tuttp  il  presente  Debito  pubblico  del  Regno  d1  Italia  e  de- 
bito  rivpluzionario ;  sicche  la  rivoluzione  costo  air  Italia  almeno  un  sei 
miliardi  scialacquati,  ede' quali  si  devono  ora  pagare  gli  interessi! 

3.  E  tuttavia  il  Cerbero  rivoluzionario  e  piu  affamato  che  prima,  e 
fa  di  tutto  per  iscatenarsi  a  nuoyi  eccessi,  affme  di  continuare  il  ne- 
fando  pasto.  La  Persevcranza  di  Milano,  del  9  Settembre,  pubblico  due 
nuovi  bandi  della  setta  che  si  costitui,  non  ha  molto,  sotto  il  titolo  di 
Alleanza  repubblicana  universale.  Nella  prima  di  queste  pappolate  si  fa 
una  sfuriata  contro  i  diarii  dalla  cpnsorteria  dominante,  si  esaltano  i 
progressi  fatti  faM' alleanza  repubblicana,  e  si  eccitanp  i  fratelli  ad  ado- 
perarsi  per  crescere  il  numero  dei  ferventi   proseliti.  Nella  seconda 
si  yuol  dimostrare  che  la  forma  repubblicana  e  la  piu  connaturale  ed 
antica  in  Italia;  si  levano  a  cielo  Mazzini  e  Garibaldi,  e  si  grida  che: 
«  quando  Fora  sara  sonata,  non  bisognera  guardare  che  alia  nostra  ban- 
diera  ed  alle  nostre  carabine! »  Stanno  freschi,  se  si  ripromettono  dagli 
eroi  di  Bagnqrea,  di  Monterotondo,  di  Yiterbo  e  di  Mentana,  con  tutte 
le  loro  carabine,  il  trionfo  della  repubblica!  Poi  in  una  poscritta,  si 
raccomanda  di  procurarela  diffusione  dei  diarii  repubblicani  YUnitd  Ita- 
liana  di  Milano,  il  Pppolo  d'  Italia,  di  Napoli,  ed  il  Dovere  di  Genova. 

La  Perseveranza  si  adonto  d'essere  detta  diario  prezzolato  della  con-, 
sorteria;  e  con  grande  stizza  eccito  i  suoi  lettpri  a  considerare  bene: 
«  che  questi  altri  fralelli  hanno  norne,  organizzazione,  titolo  diverso 
degli  a/figliati  del  Fascio  romano,  ai  quali  si  dirigeyano  quei  della 
Vendetta  di  Mentana.  Le  intenzioni  per6  sono  le  medesime :  in  lontano 
mettcre  sossopra  T  Italia;  piii  da  yicino  estorcere  denaro  ai  phi  cre- 
duli,  e  dell'  influenza  indebita  farsi  indebita  scala  a  salire,  colla  monar- 
chia  e  senza.  »  Benissimol  La  Perseveranza  ha  ragione,  ma  si  da  del- 
la  zappa  sui  piedi ;  perche  tutto  questo,  che  essa  dice  dei  nuovi  fratel- 
li, s'  attaglia  perfettamente  anche  a  quegli  altri  che  per  gli  stessi  mez- 
zi  pervennero  gia  da  pezza  a  trovarsi  ottimp  luogo  alia  mangiatoia  pub- 
blica;  e  che  ora  sono  oggetto  d'  immensa  invidia  agli  altri,  i  quali  su 
pei  gradini  della  Perseveranza,  della  Nazione,  dell1  Opinione,  della  Gaz- 
zctta  d'  Italia,  e  d'altre  cotali  scale,  si  vanno  aggrappando ,  per  salire 
su  su,  con  o  senza  la  monarchia.  Sono  tutti  d'unabuccia  e  d'una  farina. 

4.  I  portavoce  della  consorteria  modcrata  sghignazzano  con  qualche 
affettazione,  mettendo  in  beffa  1'  influenza  della  setta  dichiaratamente  re- 
pubblicana. Noi,  sc  dobbiamo  dire  schietto  il  parer  nostro,  abbiamo  assai 


238  CRONACA 

meno  in  disistima  i  pretti  mazziniani,  che  non  i  loro  compile!  che  si  di- 
cono  moderati.  Quelli  dicono  chiaro  ed  alto  i  loro  propositi,  e  cosi  ognu- 
no  puo  o  guardarsene,  o  favorirli ,  od  avyersarh ,  come  par  meglio  o 
come  delta  la  coscienza;  ma  di  questi,  Yeri  camaleonti  politici,  quorum 
Deus  venter  est,  e  che  di  tutto  fan  mercato,  non  si  puq  saper  nulla;  mas- 
sime  che  il  fiore  de'  loro  campioni  si  reca  a  debito  di  tener  sempre  ac- 
ceso  im  bel  cero  innanzi  a  S.  Michele,  e  Taltro  innanzi  al  diavolo.  1  Maz- 
ziniani almeno  sono  cinicamente  schietti ,  e  non  mutano  pelame  e  ma- 
schera  ad  ogni  mutar  di  vento. 

Se  n'ebbe  una  bella  proya  in  una  specie  di  Parlamento  tenutosi  in  Ge- 
nova,  nei  primi  giorni  del  Settembre  scorso,  sotto  titplo  di  Congresso 
operate  ligure.  L'anticp  spirito  repubblicanp  de'Liguri  ebbe  ivi  piena 
liberta  di  spaziare,  e  si  vide  chiaro  Jperche  il  Garibaldi  prediliga  tanto 
la  plebe  di  que1  paesi,  dove  infatti  raduno  il  fiore  edil  meglio,  c,  di- 
ciamo  la  verita,  i  piu  prodi  ed  audaci  de1  stioi  campioni,  quando  nel- 
l1  Ottobre  del  1867  egli  imprese  la  concjuista  di  Roma.  Tra  le  schie- 
re  garibaldine  v1  erano  a  migliaia  furfanti,  barattieri,  ladri  e  vigliacchi; 
i  quali,  yeduto  che  si  facea  davvero,  e  che  i  Zuavi  non  erano  quella 
marmaglia  che  loro  erasi  detto,  di  niuna  cosa  furono  tanto  sollecili , 
quanto  di  gettare  le  armi  e  scappare  a  rotta;  quelli  che  tennero  testa 
e  si  batterono  dawero  furono  in  gran  parte  o  soldati  delFesercito  rc- 
golare  mascherati  da  garibaldini,  o  liguri.  Quindi  si  intende  quanto 
debba  essere  accesa  ne1  superstiti  e  nei  loro  complici  la  bramosia  di 
una  riscossa,  che  loro  dia  modo  di  rifarsi  dei  danni  patiti  a  Monte  Ro- 
tondo  ed  a  Mentana. 

II  loro  diario  ufficiale,  il  Dover  e,  tutto  mazziniano,  pubblico  gli  atti 
di  codesto  Congresso ;  e  nei  suo  numero  253  del  9  Settembre  la  rela- 
zione  delle  proposte  e  dei  dibattimenti  circa  T  ottavo  fra  i  molti  que- 
siti  proposti,  che  era  della  via  da  tenere  pel  riscatto  di  Boma.  Natu- 
ralmente  furono  riconosciuti  insufficient!  i  mezzi  morali,  e  si  conchiu- 
se  che  bisognava  mettere  in  moto  la  leva  onnipotente  della  rivoluzio- 
ne.  L'Unitd  Caitolica  del  15  Settembre  trascrisse  in  parte  codesti  atti 
ufficiali  della  setta ;  ma  noi  non  vi  abbiamo  trovato  nulla  che  non  po- 
tesse  confarsi  molto  bene  anche  al  signor  generale  Menabrea,  e  che 
non  potesse  star  bene  nella  Correspondance  italienne,  nella  Nazione  e 
nell'  Opinione.  Imperocche  salta  agli  occhi  di  tutti,  che  questi  hanno 
cogli  oratori  del  Congresso  Ligure  comime  Y  intento  di  assassinare  il  Pa- 
pa e  rubarsi  Roma,  e  che  userebbero  di  bel  nuovo  anche  i  mezzi  del- 
la  aperta  violenza,  come  fecero  Tanno  passato,  se  per  ora  le  baionet- 
te  francesi  non  vi  facessero  insuperabile  ostacolo. 

5.  Infatti  alii  6  Settembre,  mentre  il  Congresso  operaio  ligure  spie- 
gava  la  bandiera  mazziniana,  Y Opinione  strombazzava,  spiegando  ban- 
diera  monarchica,  gli  stessi  propositi  contro  Roma,  intimando  alia 
Francia  che  debba  una  volta  per  sempre  sgomberare  dal  territorio 
ppntificio.  Or  che  importa  all'  Opinione  che  qui  siano  due  scarsi  Reg- 
gimenti  francesi,  se  i  suoi  padroni  sinceramente  non  agognano  air  u- 
surpazione  anche  violenta  di  Roma?  Intanto  essa  vuole  che  i  Francesi 
partano ,  in  quanto  spera  che  cosi  resti  spalancata  alle  masnade  del 
(joverno  fiorentino  la  porta  di  Roma.  Ecco  la  vera  cagione  del  suo 
irritarsi  contro  la  Patrie,  la  quale,  tolto  argomento  daH'agitazione  rivo- 


CONXEMPORANEA  239 

luzipnaria  deli' Italia,  ribadivail  chiodo  della  necessita  di  mantenere  a 
Civitavecchia  T  occupazione  militare  francese. 

VOpinione  nego  codesta  agitazione,  e  la  tratto  da  fantasima  senza 
corpo.  Ma  poi  capi  che  questo  era  un  mentire  troppo  smaccato,  e  si 
degno  di  riconoscere  che  in  verita  T  Italia  non  e  perfettamente  tran- 
quilla;  ma  voile  trarre  qualche  ulile  da  tal  cpnfessione,  e  rubo  a  tal 
line  le  frasi ,  non  pure  ai  piu  tristi  giornalacci ,  ma  allo  stesso  Gari- 
baldi, che  chiamava  il  Papato  cancro  d' Italia.  Ecco  le  parole  del  porta- 
voce  del  generate  Menabrea. 

«  Cio  non  vuol  dire  che  T  Italia  non  abbia  anche  altri  motivi  d'in- 
quietudine.  Una  maggioranza  parlamentare  mal  sicura,  vqci  insistent! 
di  mutamenti  ministerial!,  instamlita  di  ordini  amministrativi ,  agitazioni 
di  partiti  ostili  all'unita  ed  alia  monarchia:  sono  cagioni  bastevoli  ad 
impedire  quella  serena  tranquillita ,  che  si  avidamente  si  brama,  ma 
che  pur  troppo  non  si  ritrova  nemmanco  negli  altri  Stati,  perche  da 
per  tutto  si  hanno  profonde  piaghe  da  rimarginare,  gare  da  vincere, 
pericoli  da  scongiurare.  L*  Italia  ha  inollre  il  cancro  del  potere  tempo- 
rale,  sorretto  da  soldati  raccogliticci  e  da  baionette  francesi.  Non  ha 
torto  la  Patrie  affermando  che  in  Italia  vi  sono  taluni  i  quali  vorreb- 
]>ero  die  i  Francesi  non  se  ne  andassero.  Eglino  anzi  desidererebbero 
che  non  se  ne  stessero  solo  a  Civitavecchia,  ma  ritornassero  a  Roma. 
Ma  sa  la  Patrie  chi  sono  codesti?  Sono  i  clerical!,  sono  coloro  che,  mal- 
grado  i  caimpni  e  le  bombe  che  la  pieta  de'fedeli  ed  il  fanatismo  della 
reazione  politica  forniscono  al  Papa,  non  credono  il  potere  tempqrale 
abbas tanza  tutelato  e  lo  veggono  vacillare  e  cadere,  se  i  Francesi  gli 
ritirano  la  loro  protezione...  Continuando  a  Civitavecchia  la  presenza 
delle  truppe  francesi,  non  solo  il  Governo  imperiale  yien  meno  alle  sue 
promesse,  ma  compromette  i  suoi  rapporti  coll1  Italia;  ne  ci  si  potra 
persuadere  ch'  egli  abbia  piu  interesse  di  contentare  i  clerical!,  che  di 
mantenere  coll'Italia  quelle  cordiali  relazipni,tanto  piu  important!  e  pre- 
gevoli,  quanto  piu  precarie  sono  le  condizipni  delVEuropa.  » 

6.  Ma  a  smentire  le  aftermazioni  deirOpttttow,  cui  fanno  eco  la  No- 
zione  e  la  Correspondance  italienne,  ecco  uscire  sul  Movimento  di  Genova 
nna  Circolare  segreta,  attribuita  al  Prpcuratore  generale  del  Re,  e  di- 
retta  ai  Pretori.  Questa  circolare  apparisce  autentica  anche  per  cio  che 
niun  organo  ufficiale  od  ufficioso  del  Governo  ebbe  cuore  di  rivocarne  in 
dubbio  Tautenticita.  Eccone  il  testo,  trascritto  anche  fa\YUnita  Cattolica 
numero  220. 

«  Settembre  1868.  La  generale  Procura  partecipa  al  sottoscritto,  cor- 
rere  voci  di  arruolamenti  ed  annotamenti  clandestmi  nel  Regno  per  im- 
prese  militari,  e  come  i  partiti  estremi  vanno  agitandosi  allo  scopp  di 
turbare  la  quiete  pubblica  e  provocare,  se  fosse  possibile,  nuoyi  disor- 
dini.  Renche  il  Governo  del  Re  abbia  fiducia  che  questi  iniqui  divisamenti 
pel  senno  delle  popolazioni  debbano  rimanere  inefficaci,  vuole  per  altro 
che  le  autorita  avvisino  ai  modi  piu  accpnci ,  e  mettano  in  opra  tutta  la 
solerzia  per  mantenere  quella  tranquillita  di  cui  lo  Stato  ha  ora  piu  U~ 
soyno  che  mai. 

«  Fra  i  modi  piu  acconci  a  conseguire  ouesto  scopo  tengpno  principa- 
lissimo  luogo  la  vigilanza  e  lo  accordo  nelrindagare  tutto  cio  che  puo  ri- 
ferirsi  ad  arruolamenti  ed  annotazioni,  di  cui  sopra,  onde  abilitare  il 


240  CRONACA 

pubblicp  Ministero  ad  agire  prontamente  cpntro  siffatti  perturhatorj. 
Quindi  il  sottoscritto  inculca  alia  S.  V.  illustrissima  la  maggiore  solleci- 
tudine  nel  denunziargli  qualunque  atto  che  possa  mettere  a  repentaglio 
la  sicurezza  interna  ed  esterna  del  Regno.  E  doyendo  il  signer  Pretore 
assumere  preliminari  informazioni,  vorra  cio  fare  colla  maggiore  possi- 
bile  speditezza,  informando  colla  stessa  sollecitudine  questo  ufficio  di 
qualunque  reato  di  siffatta  specie  che  si  fosse  commessp  in  codesto  man- 
damento,  mettendosi  la  S.  V.  in  relazione  colFarma  dei  reali  carabinieri 
e  coH'autorita  amministrativa  per  tutto  cio  cbe  si  puo  attenere  allp  sco- 
primento  ed  alia  prova  di  detti  reati.  Vorra  ella  darmi  un  cenno  di  rice- 
Tiita  di  (juesta  circolare.  //  procuratore  del  Re,  Al  Pretore  del  manda- 
mento  di.  ...» 

7. 1  diarii  mazziniani  sono  stati  altre  yolte  i  primi  ad  annunziare  cose, 
cbe  tutto  farebbe  supporre  dover  essere  arcano  impenetrable  ad  altri, 
che  ai  piu  eccelsi  diplomatici.  Non  si  vuol  dimenticare  che  i  primi  a  sve-- 
lare  la  famosa  Conyenzione  del  15  Settembre  1864  furono  appunto  i 
Mazziniani ,  che  aveano  altresi  ayute  le  primizie  di  quanto  erasi  patto- 
"vito  contro  F  Austria  nel  1859  enel  1866.  Or  ecco  che  il  Popolo  d' It  alia, 
diario  del  Mazzini  a  Napoli,  nel  suo  n^0  254  del  14  Settembre  pubblico 
quanto  segue : 

«  Private,  ma  autoreyoli  npstre  informazioni,  recano  quanto  segue,  su 
cui  richiamiamo  Tattenzione  di  quanti  serbano  un  cuore  italiano.  L'allean- 
za  deir  Italia  con  la  Francia  sarebbe  conchiusa;  per  terza  entrerebbe  1'Au- 
stria.  11  Goyerno  italiano  prometterebbe  cento  mila  uomini,  di  cui  cin- 
(juantamila  sarebbero  aggregati  ai  Francesi  e  cinquantamila  agli  Austriaci; 
i  nostri  generali  a  ragione  non  ispirandp  nessuna  fiducia.  L1  Italia  paghe- 
rebbe  i  soldati  come  fossero  sul  piede  di  pace,  il  soprassoldo  di  guerra 
lo  darebbero  le  altre  potenze  alleate.  Compenso  delPalleanza  sarebbe :  il 
Trcntino  e  la  provincia  di  Frosinone!  » 

Per  altra  parte  la  Gazzetta  del  popolo  di  Torino. stampaya:  «  Alcuni 
giornali  si  occupano  yivamente  delle  yoci  che  corrono,  d1  impegni  presi 
dal  Goyerno  italiano  col  Goyerno  napoleonico.  Noi  yeniamo  assicurati, 
che  si  e  firmato  qualche  cosa  venerdi  stesso,  18  del  corrente  Settembre. 
Finora  perp  non  sappiamo  che  cosa  sia  questo  qualche  cosa.  »  Crebbe 
percio  Tagitazione  tra  i  Frammasoni,  memori  che  appunto  alii  18  Set- 
tembre 1864  in  Torino  giungevano  le  prime  notizie  della  Convenzione 
del  15,  onde  provennerp  poi  le  funeste  nottate  e  le  stragi  del  21  e  del 
22.  La  Nazione  fiorentina,  n.  265,  ebbe  subito  un  cenno  olimpico  dal 
Gabinetto  di  Menabrea,  e  stampo  alii  21  Settembre  queste  poche  parole  : 
«  A  tutte  queste  ypci ,  a  tutte  queste  reticenze ,  a  queste  affermazioni 
noi  siamo  autorizzati  ad  opporre  la  piu  formale  e  la  piu  esplicita  men- 
tita-  »  Conpscendosi,  per  la  dimostrazione  evidentissima  dei  fatti,  quale 
e  quanta  sia  la  lealta  e  yeracita  del  Governo  di  Firenze  e  de1  suoi  gior- 
nali ,  tra  quei  che  sogliono  dare  gran  peso  alle  dicerie  dei  Mazziniani , 
molti  sono  ora  piu  che  mai  conyinti  che  debbono  i  mazziniani  ayer  sve- 
lato  qualche  cosa  di  verq. 

8.  Le  rimembranze  di  quanto  awenne  nel  1864  non  sono  uscite  di 
mente  a  tutti,  ne  si  e  dimenticato  che  appunto  allora  quando  gia  era  pat- 
toyita  e  ratificata  la  cessione  di  Sayoia  e  Nizza  alia  Francia ,  il  Cayour 
c  T  Opinione  dayano  la  piu  formale  ed  esplicita  mentita  alia  notizia  di  tal 


CONTEMPORANEA  241 

cessione.  Lo  stesso  grado  di  importanza  pcrtanto  si  attribuisce  adesso  da 
molti  alle  dichiarazioni  e  raentite  che  il  Menabrea,  pel  suo  araldo  uffi- 
cioso  in  livrea  piu  gallonata,  mando  stampare  nei  termini  seguenti. 

«  Da  alcuni  giorni  a  questa  parte,  scriye  la  Correspondance  italienne 
del  28,  relativamente  agli  affari  italiani,  nella  stampa  estera  circolarono 
le  piu  sorprendenti  notizie.  La  piu  strana  di  tali  nptizie  e  sicuramente 
quella  che  attribuisce  al  Governo  italiano  T  idea  di  un  nuoyo  trasferi- 
mento  della  capitale  del  regnp,  per,  ottenere  che  le  truppe  francesi  ab- 
Landonino  il  territorio  pontiticio.  E  Y  Unimrs,  se  la  memoria  non  c'in- 
ganna,  che  ha  il  merito  di  tale  inyenzione.  Si  parla,  egli  dice,  del  Iras- 
ferimento  della  capitale  a  Napoli  come  di  un  pegno  offerto  al  Cabi- 
netto  delle  Tuileries  della  lealtd  del  Governo  italiano.  AHri  giornali  in- 
Yece  si  diyertono  a  fabbricare  piarii  ipotetici  di  una  occupazione  mista 
del  territorio  pontificio  per  parte  delle  truppe  francesi  ed  italiane.  La 
Presse,  per  esempio,  non  mette  nemmeno  in  dubbio,  che  oggidi  le  pretese 
dell' 'Italia  non  andrebbero  oltre  una  occupazione  mista  del  territorio 
pontificio,  vale  a  dire  che  le  basterebbe  di  vedere  accasermata  in  una 
piazza  sulla  frontier  a  deyli  Statiromani  una  brigata  italiana,  preci- 
samente  com'  e  accasermata  in  Civitavecchia  una  brigata  francese.  Fi- 
nalmente  si  fa  circolare  con  insistenza  la  ypce  che,  fra  pochi  giorni ,  il 
sig.  generale  Menabrea  debba  recarsi  aParigi  per  concludervi  un  acco- 
modamento,  il  cm  risultato  finale  non  e  perp  presentato  sptto  lo  stesso 
aspetto  da  tutti  i  giornali  che  si  occupano  di  quel  viaggio  immaginario. 
«  Presentando  ai  nostri  lettori  tutte  quelle  false  notizie,  raccolte  in  un 
fascio,  noi  non  abbiamo  nessun  altro  scopo,  tranne  quello  di  dimostrare 
loro,  come  non  sarebbe  per  nulla  serio  il  prestar  fede  alle  yoci,  che  si 
persiste  a  mettere  in  giro  relativamente  a1  negoziati  che  ora  avrebbero 
fuogo  fra  Parigi  e  Firenze,  e  che  concernerebbero  T occupazione  del  ter- 
ritorio pontificio  per  parte  delle  truppe  francesi.  A  noi  pare  che  tutti  i 
giornali,  che  si  occupano  con  tanto  ardore  di  questa  questione,  non  fac- 
ciano  altro  che  discutere  il  falso  per  sapere  il  vero.  Noi  non  possiamo 
sicuramente  avere  la  pretesa  di  apprenderlo  loro,  ma  pur  nonostante 
crediamo  di  poter  affermare,  senza  terna  di  essere  mai  smentiti,  che  tutte 
le  yoci,  a  cui  quei  periodic!  fanno  eco  con  tanta  compiacenza,  non  hanno 
neppure  Y  apparenza  della  yerita.  » 

Ma  il  Governo  di  Firenze  meritamente  gode  si  ppca  riputazione  di 
lealta  anche  presso  i  suoi  complici,  che  quando  i  diarii  ufficiosi  get- 
tano  una  mentita,  questa  si  riguarda  come  una  affermazione.  La  Cor- 
respondance  italienne  ce  lo  dimostra.  Dopo  la  solenne  sua  dichiarazionc 
qui  sopra  recitata,  le  fu  d'uopo  riconoscere  che  le  si  prestava  tanto 
poca  fede  che  le  stesse  ed  ancne  piu  gravi  dicerie  ne  rimanevano  yie- 
meglio  accreditate.  Percio  usci  fuora  dal  suo  gabinetto,  al  1.°  Ottobre, 
tutto  accigliata  ed  in  contegno  dispettoso,  dicendo  seccamente  al  rispet- 
tabile  pubblico:  «  La  Nuona  epoca  e  YUnitd  Italiana  hanno  annunziato, 
che  un  attp  sarebbe  concluso  fra  il  Goyerno  italiano  ed  il  Goyerno  fran- 
cese, relatiyainente  allp  sgombero  del  territorio  pontificio.  QuelVatto, 
che  i  giornali  anzidetti  nominano  un  allegalo,  e  una  pura  invenzionc. 
I  due  giornali,  che  ne  affermano  V  esistenza,  sanno  che  non  possono  in 
verun  modo  proyare  cio  che  asserisconp.  »  Se  per  ayyentura  la  Corre- 
spondance dice  yero,  cio  proya  solo  che  i  suoi  ayyersarii  mazziniani  han- 
Serie  VIJ,  vol.  IV.  fasc.  446.  16  10  Ottobre  1868. 


242  CRONACA 

no  imparato  bene  dai  moderati  la  lezione  circa  Fuso  dei  mezzi  morali 
contro  i  Govern!  che  si  yogliono  demolire. 

9.  Meno  male  pero  che  di  quando  in  quando  il  Governo  rivoluzipna- 
rio  di  Firenze  e  costretto  dalla  forza  a  riparare  qualche  sua  ingiustizia, 
e  restituire  una  parte  delle  sue  rapine ;  il  che  lascia  speranza  che  un 
giorno  verra  in  cui  la  Chiesa  potra  riavere  una  parte  almeno  di  quan- 
to  le  fu  rubato,  e  cosi  ristaurare  i  suoi  Semiuarii.  Intanto  ci  e  caro  di 
registrare  una  di  codeste  restituzioni,  che  e  dovuta  alia  stessa  cagione, 
cioe  di  forza  esterna,  a  cui  andarono  debitori  alcuni  dei  Reali  di  Napoli, 
se  poterono  impetrare,  come  riferimmo  nel  vol.  precedente  a  pag.  487, 
una  qualche  parziale  restituzione  di  quanto  loro  fu  rubato  dal  Cavour  e 
dai  suoi  complici  nel  1860. 

II  n.°  1597  della  Raccolta  ufpciale  delle  leggi  ecc.  registro  il  seguente 
Decreto  reale: 

«  Yisto  Farticolo  XXII  del  Trattato  di  pace  fra  il  regno  d'ltalia  e  rim- 
pero  austriaco  conchiuso  in  Vienna  il  3  Ottobre  1866  e  conyertito  in  leg- 
ge  il  25  Aprile  1867,  numero  3663 ;  sulla  proposta  del  Ministro  delle  fi- 
nanze;  sentito  il  Consigliq  dei  Ministri;  abbiamo  decretato  e  decretia- 
mo:  Art.  1.°  II  sequestro  imposto  sui  beni  allodiali  di  S.  A.  R.  Tarcidu- 
ca  Francesco  V  d1  Austria,  esistenti  nelle  proyince  di  Modena  e  Reggio  e 
sciolto  defmitivamente.  Art.  2.°  II  nostro  Ministro  delle  finanze  e  incari- 
cato  di  provvedere  alia  consegna  dei  beni  medesimi  ed  alia  liquidazione 
delle  rendite  nette  da  essi  risultanti  durante  il  sequestro.  Ordiniamo 
che  il  presente  decreto,  munito  del  sigillo  dello  Stato,  sia  inserto  nella 
Raccolta  ufficiale  delle  leggi  e  dei  decreti  del  Regno  d'ltalia,  mandan- 
do  a  chiunque  spetti  di  osseryarlo  e  di  farlo  osservare.  Dato  a  Firenze, 
addi  17  Settembrel868.  YITTORIO  EMMANUELE;  L.  G.  Cambray-Digny.  » 

II. 

COSE  STRANIERE. 

SPAGNA  1.  Indole,  elenco  e  cenni  delle  rivoluzioni  in  Spagna  dqpo  il  1812 
—  2.  Prodromi  d'una  nuova  rlbellione  militare ;  varli  Generali  sono  man- 
.dati  a  confino  ;  provvedimento  contro  il  Duca  e  la  Duchessa  di  Montpen- 
sier  —  3.  Rivoluzione  iniziata  a  Cadice  deirammiraglio  Topete  —  4.  Di-* 
missione  del  Ministero ;  laRegina  da  S.  Sebastiano  commette  il  Governo 
e  la  difesa  delta  Corona  al  maresciallo  Concha  —  5. 11  Conte  di  Gir^enti 
accorre  da  Parigi ;  rassegna  e  partenza  di  truppe  da  Madrid  —  6.  II  ge- 
nerale  Caloege  rioccupa  Santander —  7.  II  generale  Pavia,  marchese  di 
Noyaliches  marcia  in  Andalusia  contro  i  sollevati  —  8.  Governo  provvi- 
sprio  istHulto  a  Siviglia ;  il  generale  Serrano,  capo  supremo  delle  truppe 
ribelli,  marcia  contro  Madrid  —  9.  Scontro  al  Ponte  d'Alcolea  tra  i  re- 
gii  ed  i  ribelli ;  il  marchese  di  Novaliches  ferito  va  morire  a  Madrid  — 
10.  11  maresciallo  Concha  rinunzia  ai  poteri  avuti  dalla  Regina ;  in  Ma- 
drid le  truppe  si  dichiarano  per  la  rivoluzione  —  11.  La  regina  Isabella  II 
ripara  in  Francia ;  accoglienze  a  lei  fatte  dalV  Imperatore  e  dalP  Impera- 
trice  — 12.  Ingresso  trionfale  del  Serrano  a  Madrid;  Governo  provvisorio. 

1.  Una  nuova  sedizione  militare,  ordita  e  capitanata  da  Generali  am- 
biziosi,  che  questa  volta  ebbero  complici  anche  i  capi  dell'armata  navale, 


CONTEMPORANEA  243 

scoppio  la  mattina  del  19  Settembre  a  Cadice ;  ed  in  soli  dieci  giorni  riu- 
sci  al  discacciamento  della  dinastia  regnante,  ed  al  funesto  termine  di 
commettere  le  sorti  future  della  Spagna  ad  una  Assembled  Costituente, 
comppsta  di  partigiani  di  tutte  le  sette  che  da  34  anni  vennero  dilaman- 
dosi  fra  loro  senza  posa,  con  infinite  strazio  della  comune  loro  patria. 

In  mezzo  al  garbuglio  delle  innumereyoli  e  trqppo  spesso  contraddit- 
tqrie  notizie  recateci  dal  telegrafo  e  dai  giornali,  noi  non  presumiamo 
di  poter  pienamente  sceverare  dal  falso  il  vero ;  e  percio,  rimettendo  ad 
altro  tempo  la  precisa  narrazione  dei  fatti,  quando  cioe  sicure  ed  auten- 
tiche  notizie  ne  ayranno  alquanto  snebbiatp  il  yerace  andamento,  ne 
yerrenio  qui  accennando  questa  yolta  i  punti  capitali  che  paiono  messi 
in  sodo,  e  che  bastano  a  dar  ragione  di  questa  catastrofe,  onde  i  piu 
assennati  prevedonq  che  avra  principio  una  era  di  guerra  intestina  e  di 
anarchia  per  la  penisola. 

Ma  innanzi  tratto  e  manifesto ,  che  questa  fu  rivoluzione  puramen- 
te  militare,  e  che  i  capi  e  strumenti  del  suo  trionfo  non  danno  fiducia 
di  migliore  ayvenire,  se  non  ai  piu  periidi  o  piii  sfrenati  fra  i  rivohizio- 
narii,  a  quella  genia  cioe  che  si  ispira,  a  cagion  d'esempio,  in  Fran- 
cia  dal  Siecle  e  dall'  Opinion  nationale,  ed  in  Italia  dalla  Nazione,  dal- 
V  Opinions  e  dalla  Riforma.  Quei  che  conservano  ancora,  non  diciamo 
sensi  di  giustizia  e  d'onesta,  ma  almeno  di  rispetto  alle  apparenze  della 
lealta  e  del  decoro,  ne  sono  stomacati;  e  paventano  che  Vaver  abbattuto 
il  trono  di  Isabella  II,  e  dato  Tultimo  colpo  alia  dinastia  de1  Borboni, 
debba  essere  nulla  piu  che  il  prodrome  cT  immense  sciagure,  non  solo 
per  la  Spagna,  ma  eziandio  per  altri  Stati,  e  specialmente  per  la  Fran- 
cia.  II  trionfo  di  una  ribellione  militare  e  il  pcggio  che  possa  accadere 
in  onta  dei  principii,  onde  doyrebbero  essere  informati  anche  gli  Stati 
che  si  governano,  se  non  a  legge  di  Yangelo,  almeno  a  norma  dei  famosi 
principii  del  1789;  e  chi  ne  gioisce  mostra  di  non  riconoscere  altro  di- 
ritto  che  quello  della  forza. 

Quindi  e  che  vediamo  lo  stesso  giornale  dei  Debats  del  1  Ottobre , 
per  bocca  del  suo  John  Lemoinne,  che  tuttavia  e  solito  fare  buon  mer- 
cato  dei  diritti  dei  Sovrani,  quando  si  tratta  di  favorire  i  principii  rivq- 
luzionarii ,  questa  yolta  sfolgorare  con  parole  d1  alto  disprezzo  i  vinci- 
tori  sedizipsi.  Ecco  alcune  delle  sue  parole. 

«  Hayyi  alcun  che  di  profondamente  tristp  nello  spettacplo  che  ci  si 
qffre  ora  della  Spagna,  ed  e  quella  specie  d1  inerzia  e  d1  indifferenza  che 
tiene  molto  del  disprezzo,  con  che  la  massa  del  popolo  guarda  questa 
partita  di  lanzichenecco,  in  cui  marescialli,  generali  e  caporali  si  giuoca- 
np  le  sorti  ed  il  destino  della  Spagna.  »  E  qui  fatto  imo  splendido  elo- 
gio  del  carat tere  nobile  del  verp  popolo  spagnuolo,  e  messo  in  sodo 
che  questo  in  verita,  checche  si  dica,  niuna  parte  ^rese  alia  presente  ri- 
bellione, chiede  se  sia  •vicino  il  giorno  in  cui  egli  sara  libero  dairop- 
pressione ;  e  risponde :  «  Finche  noi  non  yedremo  la  yera  nazione  di- 
chiararsi,  finche  non  yedremo  succedere  un  movimento  popolare  simile 
a  quello  che  produsse  la  guerra  d1  indipendenza,  finche  yedremo  sola- 
mente  accapigliarsi  bruttamente  fra  loro,  e  soverchiarsi  a  yicenda,  mi- 
litari  che  si  contrastano  e  si  strappano  di  rnano  Tun  1'altro  la  dittatnra 
o  la  reggenza,  i  grassi  stipendii,  le  cariche  pubbliche,  le  promozioni  e 
decoraxioni :  fino  allora  noi  faremo  come  m  il  popolo  spagnuolo ;  noi 
guarderemo.  » 


214  CRONACA 

Egli  e  da  credere  che  il  Debats  pocp  speri  di  vedere  insediato  sul  tro- 
no  di  Spagna  il  suo  Duca  di  Mpntpensier ;  poiche  se  avesse  tale  speranza, 
non  dubitiamp  punto  che  egli,  guardando  con  altro  paio  d'occhiali  co- 
desti  fatti,  vi  scorgerebbc  per  contrariq,  non  gia  una  fellonia  di  sol- 
dati  ambiziosi  ed  ingordi,  ma  un  marayiglioso  accordo  di  popolo  e  di 
milizia,  per  iscuotere  il  giogo  tirannesco  d'  Isabella  II.  Per  simigliante 
motivo  i  diarii  di  Firenze,  che  sperano  Tannessione  della  Spagna  e 
del  Portogallo  in  unita  iberica  sul  modello  e  con  la  pqlitica  dett'tmtld 
ita liana,  sono  pieni  di  alto  giubilo,  di  profonda  ammirazione  e  d'en- 
tusiasmo  per  la  nuova  Spagna,  che  essi  rappresentano  essersi  leyata 
tutta  intera,  come  un  solo  uomo,  contro  la  Regina.  VOpinione  di  Fi- 
renze del  3  Ottobre,  n.°  274,  stese  un  lungo  articolo,  intitplato: 
L'unione  iberica;  nel  quale,  disaminate  le  varie  ipotesi  sopra  la  ricosti- 
tuzione  politica  della  Spagna,  dice  chiaro  che  se  Tunione  iberica  ( ossia 
Tannessione  della  Spagna  e  del  Portogallo)  si  potesse  costituire  per  ope- 
ra di  un  parti  to  forte,  illuminato,  liberale,  «  quel  parti  to  godrebbe  piu 
d'ogni  altro  »  le  sue  simpatie,  «  perche  rifletterebbe  nella  Spagna  T  im- 
magine  'di  quell1  impresa  che  noi  abbiamo  compiuta  in  Italia.  »  E  con- 
chiuse :  «  L'unione  della  Spagna  e  del  Portogallo  sarebbe  il  terzo  gran 
fotto  deU'epoca  presente,  destinato  forse  a  cementarli  tutti  quanti;  e  noi 
dobbiamo  percio  augurarci  che  preyalga.  »  Pochi  di  prima  YOpinione 
avea  sfolgorate,  con  parole  d'altissimo  biasimq  le  sedizioni  militari  spa- 
gnuole ;  ma  appena  yide  che  quest'  ultima  riusciva,  e  potea  tornare 
utile  alia  causa  della  Frammassoneria  italiana,  contro  il  Papa  e  contro 
la  Chiesa  cattolica,  ne  divenne  subito  campione  ardente  ed  ammiratq- 
re  1  Tanto  e  yero  che  xquesta  genia  non  ha  riguardo  a  qualita  di  mezzi, 
purche  bastino  al  fine.  E  pertanto  ragioneyole  il  dubitare  se  il  Debats, 
che  flagella  con  si  aspre  parole  i  soldati  e  caporali  ambiziosi  che  spyyer- 
tono  la  Spagna,  terrebbe  ancora  lo  stesso  linguaggio  di  qui  a  tre  giorni, 
quando  yenisse  a  sapere  che  il  suo  Montpensier  fu  eletto  dalla  Costi- 
tuente  a  capo  inviolabile  della  Unione  iberica.  Mettiamo  pegno  di  mille 
contro  uno,  'che  allora  egli  troyerebbe  cento  ragioni  onde  leyare  a  cielo 
quelli  che  ora  ha  cosi  coperti  di  fango. 

Checche  sia  di  cio  il  Debats  sembra  ayer  perfino  perduto  ogni  con- 
cetto deir  intrinseca  virtu  del-  sistema  costituzionale,  attesa  la  mala 
pruoya  che  egli  dice  ayer  fatto  in  Spagna.  «  La  nazione  e  stanca,  sco- 
rata  e  disgustata  di  tutto  cio  che  le  si  fa  patire  da  ben  trenfanni.  Dopp 
tanto  sangue  sparsp  nella  guerra  civile,  essa  credeya  di  aver  conqui- 
stato  un  governo  libero.  II  reggimento  costituzionale,  che  succedette 
all' assoluto ,  non  fu  per  essa  che  una  serie  di  dittature,  e,  si  potreb- 
be  dir  meglip,  di  orgie  militari.  El  rey  netto,  il  re  puro  e  semplice, 
Valeya  meglio  che  codesto  caleidoscopip  d1  uniform!  costituzionali. . . 
Cio  che  spicca,  come  carattere  deplorabile  e  miserahile  di  queste  ri- 
yoluzioni  di  caserma,  si  e  che,  scorrendo  i  npmi  e  ricercando  la  car- 
riera  di  tutti  questi  General  i  solleyati,  torna  impossibile  sapere,  per- 
che mai  essi  tengano  per  un  partito  piuttosto  che  per  F altro,  e  per- 
che non  istarebbero  tanto  bene  a  destra  quanto  a  sinistra.  Es^i  hanno 
fatto  tutti  lo  stesso  mestiere,  e  lo  farebbero  ancora.  Si  sono  a  vicenda 
proscritti,  esiliati,  deportati,  carcerati,  confiscati;  e  non  e  colpa  loro 
se  non  si  sono  tutti  fucilati  Tun  T altro...  Si  potrebbero  trarre  a  sorte 


CONTEMPORANEA  245 

i  loro  nonii  per  porli  indistintamcnte  dalla  partc  della  Regina  o  dal- 
la  parte  della  rivoluzipne,  e  niuno  si  accorgerebbe  che  essi  avessero 
caugiato  posto  p  bandiera;  anzi  neppure  essi  se  ne  accorgerebbero !  » 

Abbiamo  lasciato  al  liberals  Debate  la  cura  di  i'arci  il  bozzettp  ond'e 
scolpito  il  carattere  delle  riveluzipni  spagnuple ;  ed  affinche  i  nostri 
lettori  possano  meglio  apprezzarne  il  merito,  riferiremo  qui  un  importan- 
te  quadro,  che  del  personaggi  attivi  di  queste  rivoluzioni  di  Spagna 
trovammo  nella  liberalissima  Perseveranza  di  Milano  del  2  Ottobre.  I 
nostri  lettori  yi  vedranno,  forse  non  senza  stupore,  con  quanta  facilita 
si  siano  rimescolati  i  partigiani,  scambiandq  tra  loro  la  coccarda,  le  fa- 
zioni  e  la  casacca  e  le  bandiere,  oggi  entusiasti  per  la  Regina,  domani, 
se  metteva  a  conto,  fanatici  per  la  ribellione. 

«  Nel  1814,  il  generate  Mina  tenta  una  sollevazione  militare  per  rista- 
bilire  la  costituzione  che  il  Re  aveya  soppressa;  ma  fu  costretto  ad  emi- 
grare  in  Francia  con  parecchi  ufficiali  del  suo  esercito. 

«  Ppco  tempo  dopo,  i  bravi  generali  Lacy  e  Porbier  seguono  il  suo 
esempio,  e  pagano  la  loro  disfatta  colla  vita. 

«  Al  principio  del  1820,  Riego,  Quiroga,  Arco  Agiiero  Lopes,  Ranos 
si  sollevarono  con  alcuni  battaglioni  nella  provincia  di  Cadice,  e  O1  Dqn- 
nell  conte  di  Abisbal,  mandatp  a  combatterli,  si  rivolta  assieme  ad  essi  a 
Ocana,  con  tutta  la  sua  divisione. 

«  La  guard! a  reale  si  solleva  a  Madrid  nel  Luglio  1822,  per  rista- 
bilire  il  dispotismo. 

«  Nel  1824  Ressieres  insorge,  con  quattrp  compagnie,  contro  Ferdi- 
nando  VII,  chiamandolp  framasspne  e  complice  dei  liberali,  perche  esso 
non  ayeva  piu  yoluto  ristabilire  il  sant'uffizio. 

«  Valdes,  Manzanares,  Torrijos,  Vidal,  Marquez,  Chafrasangarra,  Mi- 
lans,  Mina,  tutti  capi  deU'esercitp,  e  molti  altri,  proyocarono  ddle  in- 
surrezioni  durante  i  10  ultimi  anni  del  regno  di  Ferdinando  VII,  e,  ad 
eccezione  dei  due  ultimi,  tutti  perirono  da  eroi,  sopra  il  palco  o  sul 
campo  di  battaglia. 

.  «  A  quest' epoca,  Y  infanteria  di  marina,  di  guarnigione  alia  Carraca, 
si  sollevo  pure:  il  goyernatore  di  Cadice  fu  ucciso  da  un  soldato. 

«  II  generale  don  Santos  Ladron  inauguro  la  ribellione  carlista,  appena 
dopo  la  morte  di  Ferdinando  VII,  e  fu  fucilato;  si  triste  fine  non  distoglie 
i  generali  Moreno,  Eguia,  Jauregui,  il  cpnte  di  Spagna  Urbistondo,  il 
tcnente  colonnello  Zumalacarregui  ed  altri  dal  seguire  il  suo  esempio. 

«  Nell 835,  don  Gaetano  Cardero  si  solleva  a  Madrid,  con  un  bat- 
taglione  di  fanteria  leggiera,  per  ristabilire  la  costituzione  del  1812. 

«  L' esercito  del  Nord  insorse,  poco  tempo  dopo,  in  fayore  della  stessa 
costituzione. 

«  Nel  1837,  3000  uomini  della  guardja  nazionale,  aventi  per  capi  tre 
sergenti,  insorsero  alia  Grangia  e  obbligarono  Cristina  a  giurare  la  co- 
stituzione delTanno  1812. 

«  Nel  1838,  i  generali  Narvaez  e  Cordoya  tentarono  a  Siyiglia  un  mo- 
yimento  che  aborti,  e  furono  obbligati  d^emigrare.  Cordoya  muore  al- 
I1  estcro. 

«  Nel  1840,  le  armate  riunite  sottp  gli  ordini  di  Espartero  assecon- 
dano  il  pronunciamento  &Q\Y ayuntamiento  di  Madrid. 

«  Un  po'  piu  tardi,  i  generali  Concha,  <T  Donnell,  Leon  eRorso  di  Car- 
minati  si  mettono  alia  testa  di  una  spedizione  militare  a  Pamplona,  Sa- 


246  CRONACA 

ragozza  e  Madrid,  per  rovesciare  i  progressisti  ed  Espartero.  I  due  ul- 
timi  yennero  fucilati,  come  pure  altri  capi  ed  ufficiali;  i  due  primi  si 
salyarono  emigrando. 

«  Nel  1843,  Prim,  Ortega,  Serrano,  Narvaez,  Concha,  Figueras,  Lara, 
Alpiroz  ed  altri,  alcuni  isolati,  altri  coi  loro  reggimenti  fecero  la  rivolu- 
zione  che  rovescio  la  reggenza. 

«  In  questo  stesso  anno,  Ametller,  Martell,  Bellera,  Balges,  Par,  Her- 
bella  e  altri  si  sollevarono  in  Catalogna  con  parecchi  battaglioni  in  fa- 
yore  della /imto  central;  a  Barcellona  si  forma  una  compagnia  soltanto 
d'ufficiali,  chiamata  compagnia  sacra. 

«  II  capitano  don  Jose  Ordax  Ayecilla  li  secondo  a  Leon,  e  altri  pren- 
dendo  parte  attiva  ai  movimenti  di  Vigo  e  di  Saragozza. 

«  Nei  primi  giorni  del  1844,  il  colonnello  Bone  si  solleva  colle  sue 
truppe  ad  Alicante  contro  la  reazione ;  i  generali  Santa-Cruz  e  Ruiz  lo 
assecondano  a  Cartagena  col  reggimento  di  Girona.  Bone  fu  fucilato  as- 
sieme  ad  una  trentina  di  capi  della  milizia.  GF  insorti  di  Cartagena  emi- 
grarono  in  Algeria. 

«  Qualche  mese  piu  tardi,  il  generate  Zurbano  e  i  suoi  figli,  ufficiali 
delFesercito,  perirono  in  una  congiura  abortita  nei  piani  della  Bioja. 

«  Nel  1846,  pressoche  tutta  la  guarnigione  di  Cadice  insorge  sotto 
gli  ordini  dei  brigadieri  Solis  e  Bubin  di  Celis,  e  il  generate  Iriarte  as- 
seconda  il  movimento  nella  vecchia  Castiglia. 

«  Nel  1848,  i  due  Ametller  e  Bellera  riaccendono  in  Catalogna  la 
guerra  civile. 

«  Nel  mese  di  Maggio  dello  stesso  anno,  il  cqmandante  Buceta  si  ri- 
volta  a  Madrid  col  reggimento  di  Spagna;  ed  in  Luglio  i  comandanti 
Portal  e  Guttierez  sollevansi  a  Siviglia  con  un  battaglione  e  tre  squa- 
droni,  coi  quali  emigrarono  in  Pprtogallo  quando  falli  il  loro  progetto. 

«  Al  principio  del  1854,  il  brigadiere  Hora  insorge  alia  testa  del  suo 
reggimento  a  Saragozza,  e  cade  crivellato  di  palle,  perche  altri  capi,  i 
quali  avevano  promesso  d'aiutarlo,  mancarono  nei  momento  decisiyo  alia 
loro  parpla. 

«  In  Giugno  dello  stesso  anno,  i  generali  Dulce,  CVDonnell,  Medlina, 
Ros  de  Olano,  Echagile  e  Serrano,  alia  te^ta  del  reggimento  del  Principe 
e  di  due  mila  cayalieri,  insorsero  a  Madrid;  qualche  giorno  piii  tardi,  il 
colonnello  Manso  de  Zurriga  li  segui  col  reggimento  di  Navarra,  a  Bar- 
cellona, e  il  capitano  generale  de)  principato,  la  Bocha,  lo  imito  nello 
stesso  giorno  con  tutta  la  guarnigione. 

«  Prima  della  fine  di  Luglio,  tutto  Tesercito  aveya  aderito  al  inovi- 
mento  iniziato  da  (VDonnell,  Dulce  e  gli  altri,  a  Madrid. 

,«  Nel  1855,  il  comandante  Corral es  solleya  a  Saragozza  due  squadro- 
ni,  alia  testa  de'  quali  usci  dalla  citta,  proclamando  Carlo  VI.  Qualche 
giorno  piu  tardi  egli  yenne  fucilato  nella  provincia  di  Lerida,  dopo  la 
dispersione  delle  sue  truppe. 

«  Nel  Luglio  del  1856,  il  generale  Ruiz,  comandante  generale  della 
proyincia  di  Gerona,  si  sollevo  con  una  parte  delle  sue  truppe  contro  il 
ministero  O'Donnell.  Rios  Rosas,  capitano  generale  di  Gallizia,  fece  al- 
trettanto ;  e  il  generale  Falcon,  capitano  generale  a  Saragozza,  li  imito 
con  tutte  le  sue  truppe ;  il  generale  Gurrea  diresse  F  insurrezione  di  Lo- 
grono,  e  il  colonnello  del  reggimento  d'Aragona,  alia  testa  de1  suoi  sol- 
dati,  contribui  alia  riyoluzione  a  Malaga. 


CONTEMPORANEA  247 

«  Nel  Luglio  1859,  si  scopersero  ad  Alicante,  Siyiglia  e  Olivenza  delle 
sedizioni  militari  repubblicane,  nel  mqmento  in  cni  dovevano  scoppiare. 
Due  sergenti  vennero  giustiziati  e  altri  inviati  alle  galere  d' Olivenza.  A 
Siviglia,  nn  sergente  cTartiglieria  fu  condannato  ad  essere  strangolato, 
e  mori  con  serenita;  quattro  altri  furono  mandati  nelle  galere. 

«  Nel  1860,  il  generale  Ortega,  capitano  generate  delle  isole  Baleari, 
si  presenta  con  piii  di  tre  mila  uomini  della  guarnigione  di  quelle  isole  a 
San  Carlos  della  Rapita,  coir  intenzione  di  proclamare  il  conte  di  Monte- 
molin  che  era  con  lui.  Le  truppe,  nel  conoseere  il  suo  progetto,  lo  ab- 
bandonarono,  ed  egli  yenne  lucilato  a  Tolosa. 

«  Nel  1861  ayeya  luoga  Tinsurrezione  capitanata  da  Albestar  Loja, 
a  Lqrca,  nella  provincia  di  Murcia,  alia  testa  di  trecento  uomini,  che  il 
Ministero  dipinse  come  repubblicani ;  fu  repressa  il  4  Luglio  dalle  truppe 
del  Governo. 

«  Nel  1865  gravi  disordini  scoppiano  alFimiyersita  di  Madrid. 

«  Nel  1866,  in  Gennaio,  comincia  Tagitazione  dei  progressisti,  capi- 
tanati  dal  generale  Prim,  con  Y insurrezione  di  alcuni  reggimenti  ad 
Aranjuez  e  a  Ocagna;  il  9  insorse  Barcellona;  il  18  fucilazione  di  due 
sergenti  a  Madrid;  il  20  Prim  varca  la  frontiera  di  Portogallo,  e  il  22 
sono  dispersi  gli  insorti  delle  province  di  Catalogna  e  Valenza.  Nel  Set- 
tembre  nanno  luogo  cinquantaquattro  deportazioni.  Nel  Dicembre  sono 
deportati  il  presidente  del  Senato  Rios  Rosas,  Salverria,  Serrano  ecc. 

«  NelFAgosto  1867,  nuova  insurrezione  nella  Gatalogna;  repressa  dal- 
le truppe  del  Governo.  » 

2.  Con  questo  ci  paiono  bastevolmente  disegnati  i  tratti  generali  ed 
il  carattere  del  presente  dramma  riyoluziqnario  della  Spagna,  e  scol- 
piti  ancbe  quelli  de'personaggi  che  yi  recitano  le  parti  principal!.  Or 
e  da  yedere  quale  fu  il  disegno  ed  il  procedimento  della  tragedia,  e  qua- 
le  sia  lo  scopo  a  cui  tende  la  setta  democraiica,  da  cui  e  partita  la  spin- 
ta  piu  efficace. 

E  per  cio  che  spetta  allo  scopq  immediato,  noi  lo  scorgiamo  ben  de- 
finito  nelle  seguenti  parole  del  sig.  Gueroult,  che  nel  suo  diario  V Opi- 
nion nationale  del  23  Settembre  e  preconizzo  la  caduta  dei  Borboni  in 
Spagna,  e  minaccio  di  egual  sorte  anche  Napoleone  HI,  se  osasse  con- 
tinuare  nella  difesa  di  quel  poco  che  resta  al  Papa  della  sua  sqvranita 
temporale.  Ecco  quello  che  il  deputato  Gueroult  non  si  peri  to  di  scrive- 
re,  e  stampare  in  Parigi,  sotto  gli  occhi  delF  Imperatore. 

«  Delle  quattro  Pptenze,  che  nel  1849  sono  andate  a  ristorare  il  tro- 
no  di  Pio  IX,  Napoli,  TAustria,  la  Spagna  e  la  Francia,  tre  passarono 
nel  campo  nemico.  Napoli  fa  parte  deir  Italia ;  T  Austria  ha  stracciato 
il  suo  Concordato  e  sta  in  guerra  aperta  con  la  Santa  Sede ;  la  Spagna 
e  in  rivoluzione,  e  questa  yolta  radicale.  Resta  la  Francia.  Per  quanto 
tempo  ancora  la  Francia,  iniziatrice  in  Europa  del  nuovo  regime,  ri- 
niarra  in  Roma  unico  sostegno  del  suo  irreconciliabile  nemico  ?  II  Go- 
verno  non  ascoltera  finalmente  la  yqce  solenne  degli  avyenimenti,  che 
proclamano  cosi  alto,  e  ad  intervalli  cosi  yicini,  che  ogni  Goyerno,  il 
qiiale  si  appoggia  su  Roma,  e  un  Goyerno  perduto?  » 

Queste  parole  nonhanno  bisogno  di  comenti.  Ma  chi  bramasse  veder- 
ne  alcuni  appropriati,  li  yada  a  cercare  \\Q\YUnita  Cattolica  del  30  Set- 
tembre. A  noi  basta  far  rilevare :  1.°  che  di  qui  si  inferisce  chiaro,  come, 


248  CRONACA 

essendo  decreto  della  setta  massonica,  che  si  tolga  di  mezzo  il  Papato, 
e  non  solamente  la  soyranita  temporale  del  Papa,  e  pure  da  quella  setta 
destinato  a  perire  ogni  Governo  che  non  sia  nemico  del  Papato;  2.°  die 
questa  setta  vuole  usufruttuare  il  siio  trionfo  in  Spagna,  per  astringe- 
re  colle  minacce,  ed  anche  coi  fatti  di  ribelliqne,  Napoleone  III  ad  ab- 
bandonare  Roma  ed  il  Papa  alia  balia  dei  rivoluzionarii  italiani. 

Or  veniamo  ai  fatti  di  Spagna.  Era  appena  freddo  il  eadavere  del 
Naryaez,  che  gia  si  presentiva  una  nuoya  rivoluzione  per  parte  dei 
nemici  della  religione,  in  maschera  costituzionale  o  sotto  le  insegne 
democratiche.  Cio  presentiva  anche  il  nuovo  Ministero  presieduto  dal 
Gonzalez  Bravo ;  ed  e  percio  che  egli  usciva  in  quelle  energiche  prote- 
stazioni,  che  abbiamo  riferito  nel  volume  II  di  questa  Serie,  a  pag.  511- 
12.  Ma  i  fatti  non  risposero  alle  parole.  Alle  intemperanze  di  libelli 
clandestini  contro  la  monarchia,  alle  congiure  dei  Generali,  airorgana- 
mento  delle  prime  bande  di  sollevati  che  cominciarono  a  mostrarsi  in 
Yarie  province,  il  Ministero  contrappose  una  repressione  languida,  ten- 
tennante,  al  tutto  inefficace.  Di  che  presero  ammo  i  cospiratori  a  serra- 
re  nieglio  le  fila  della  trama,  la  quale  doyea  avere  effetto  fin  dai  pri- 
mi  giorni  del  passato  mese  di  Luglio.  Chiare  e  precise  notizie  ne  per- 
Tennero  al  Gonzalez  Brayo,  cui  furono  perfino  rivelati  i  nomi  dei  capi 
che  doveano  cqndurre  F  impresa.  Dicono  che  da  Parigi  si  spedissero  so- 
pra  cio  a  Madrid  i  particolari  piu  minuti.  Era  allora  il  caso  di  mostrare, 
se  realmente  I'ombra  del  Duca  di  Valcnza  continuava  a  reggere  i  con- 
sigli  del  Gabinetto. 

E  si  il  fatto  diraostro  che  dell'energia  del  Duca  di  Yalenza  restava  so- 
lo una  sbiadita  memoria,  meno  che  un1  ombra.  II  Gonzalez  Bravo  ere- 
dette  aver  fatto  un  colpo  da  maestro,  quando  la  mattina  del  7  Luglio 
mando  arrestare  i  general  i  Serrano  della  Torre,  Cordova,  Dulce,  Zaba- 
la,  Serrano-Bedoya,  il  de  Rodas,  il  brigadiere  Letona,  e  parecchi  altri 
cotali.  La  Gazzetta  di  Madrid  celebro  il  plauso  con  che  Topinione  pub: 
blica  avea  accolto  tal  provvedimento,  cui  diceva  aver  aderito  anene  i 
progressist!  assennati.  Gli  arrestati  furono,  altri  spediti  alle  Canarie, 
d'onde  in  24  ore  circa  poteano  di  bel  nuovo,  c|uando  il  volessero,  tor- 
nare  in  Spagna,  altri  mandati  a  confino  in  varie  citta  della  penisola.  E 
con  questo  si  credette  spenta  la  rivoluzione!  Per  disingannare  il  Gon- 
zalez Bravo  potea  bastare  la  disinvoltura  con  cui  il  Zabala,  confmato  a 
Lugo,  se  ne  era  andato  altrove  iin  dal  3  Agosto,  quando  gia  bande  di 
sollevati  si  erano  formate  in  Aragona. 

II  Governo  della  Regina  era  stato  informato,  che  i  congiurati  aveano 
risoluto  di  far  recitare  al  Duca  di  Montpensier  quella  parte  nel  dram- 
ma,  che  gia  aveva  recitato  in  simili  congiunture  il  duca  Luigi  Filippo 
d' Orleans  suo  padre  contro  il  re  Carlo  X.  Non  sappiamo  se  il  Duca 
di  Montpensier,  e  sua  moglie  che  e  sorella  d1  Isabella  II,  fossero  o  no 
consapevoli  di  tal  disegno.  Fatto  sta  che  tra  i  Montpensier  e  la  Cor- 
te  della  Regina  le  relazioni  erano  piu  che  fredde.  II  Gonzalez  Bravo, 
dopo  ordinato  Tarresto  dei  Generali,  mando  signiticare  al  Duca  ed  alia 
Duchessa  di  Montpensier  che  il  lorp  nome  e  le  loro  persone  poteano  va- 
lere,  anche  loro  malgrado,  di  bandiera  a  fazioni  sovvertitrici ;  e  che  per 
cio  dovessero  alcun  tempo  allontanarsi  dalla  Spagna.  I  Montpensier  vi 
si  rifiutarono.  Un  ordine  della  Regina  ve  li  obbligo.  Partirono  pertanto 


CONTEMPORANEA  219 

il  di  8  Luglio  da  Siviglia,  e  scortati  da  qualche  ufficiale  superiore  do- 
vettero  a  Cadice  imbarcarsi  sopra  la  nave  Villa  de  Madrid,  che  alii  16 
Luglio  li  condusse  a  Lisbona,  dove,  dopo  lungo  indugio  presero  terra 
e  fcrmarono  loro  stanza. 

A  Madrid  si  sperava  e  si  vpleva  che  il  Montpensier  si  ritirasse  in  In- 
ghilterra.  Ma  egli  prefer!  di  restare  sui  confmi  della  Soagna,  d'  onde 
poi,  sotto  il  3  Agosto,  spedi  alia  regina  Isabella  una  altiera  e  solenne 
protestazione  contro  la  violenza  che  gli  si  era  usata,  in  onta  delle  leggi 
dello  Stato.  Questa  protestazione,  stampata  in  Francia  dal  Courrier  de 
la  Gironde,  yenne  trascritta  &&\^Debats  del  21  Agosto,  e  cjuindi  da  mol- 
tissimi  diarii  in  tutta  Europa.  E  probabile  che  la  lunga  dimora  fatta  dal 
Montpensier  sulla  Villa  de  Madrid  abbia  recato  Tultimo  colpo  alia  Re- 
gina, determinando  I'equipaggio  di  quella  nave  a  secondare  poi,  come 
fece,  T  intento  deirammiraglip  Topete  e  d'altri  ufficiali  superiori  della 
armata  di  mare,  gia  congiurati  col  Serrano  della  Torre  e  coi  principal! 
suoi  complici. 

3.  I  Generali  mandati  a  villeggiare  dolcemente  alle  Canarie  non  incon- 
trarono  veruna  difficolta  a  rannodare  le  loro  relazioni  e  continuare  le  lo- 
ro pratiche  con  i  congiurati  rimasti  in  Spagna ;  e  fors1  anche  ne  furonp 
vantaggiati  per  Topportunita  di  farsi  padroni  anche  della  marina  mili- 
tare.  Certe  corrispondenze  di  cola,  stampate  sui  giornali  di  Francia,  sve- 
laronp  uno  dei  mezzi  onde  riuscire  a  questo  intento ;  e  fu  di  non  piu  dare 
gli  stipendii  alle  ciurme  ed  ai  sbttufficiali  e  soldati  di  marina;  i  quali  pe- 
ro  erano  spesso  e  largamente  regalati  da  certi  ufficiali  superiori,  che  go- 
dono  fama  di  molta  ricchezza,  e  che  con  le  loro  liberalita  (o  dessero  del 
proprio  o  distribuissero  quello  che  aveano  intercettato  degli  stipendii 
mandati  dalFerario)  yincolarono  a  se  gli  animi  di  quanti  si  credeano  lo- 
ro obbligati  per  quei  si  generpsi  ed  opportuni  sussidii. 

A  Madrid  mtanto,  air  Escuriale,  alia  Granja  si  teneano  frequenti  con- 
sign de1  Ministri,  alia  presenza  della  Regina;  la  quale  pare  che  si  ere- 
desse  al  tutto  in  sicuro,  poiche  alii  10  di  Agosto,  invece  di  restar  nella 
sua  capitale  a  mantenere  in  fede  colla  sua  presenza  i  partigiani  tiepidi  o 
tentennanti,  si  parti  con  tutta  la  Corte  per  la  villegiatura  a  Lequeitiq 
pressp  San  Sebastiano,  dove  il  di  seguente  ebbero  luogo  i  soliti  pomposi 
riceyimenti  e  banchetti.  Da  San  Sebastiano  intanto  si  facevano  pratiche 
colla  Corte  di  Parigi,  per  un  abboccamentp  fra  Napolepne  III  ed  Isabel- 
la II.  Pareva  che  cruesto  fosse  alfme  stabilitp,  e  la  Regina  alii  18  di  Set- 
tembre  si  trasferi  da  Lequeitio  a  San  Sebastiano ;  ma  appunto  il  di  ap- 
presso,  19  Settembre,  la  rivoluzione,  avacciata  forse  per  timore  delle 
conseguenze  che  pptrebbe  avere  tale  abboccamento,  scoppid  a  Cadice, 
per  opera  deirammiraglio  Topete. 

Fino  dal  17  i  Generali  confmati  alle  Canarie  erano  giunti  a  Cadice, 
dove  pure  arrivava  al  tempo  stesso  il  Prim  da  Londra.  La  mattina  del 
19,  quando  questi  Signori  si  furono  posti  d'accordp  sui  da  farsi,  alle 
o  7,  la  citta  fu  svegliata  da  una  salve  improvvisa  di  50  colpi  di  canno- 
ne.  Erano  le  fregate  Villa  de  Madrid,  Zarayossa,  Tetuan,  Zingaro,  ed 
Isabella  II  che  inalberavano  la  bandiera  della  ribellione,  ed  intanto  ap- 
puntavano  le  artiglierie  contro  una  caserma,  i  cui  soldati  non  aveano  mo- 
strato  troppa  disnosizione  a  solleyarsi.  Due  battaglioni  p"i  truppa  di  ma- 
rina, che  erano  di  presidio  a  Cadice,  parteggiarono  subito  pel  Topete  e 


250  CRONACA 

pei  suoi  consorti ,  e  si  impadronirono  di  posizioni  important!.  II  Governa- 
tore  di  Cadice,  colto  alia  sprovveduta,  minacciato  di  un  bombardamen- 
to,  privo  di  mezzi  da  opporre  resistenza,  e  forse  segretamente  d'accor- 
do  coi  congiurati,  cedette  la  piazza,  che  divenne  loro  quartier  generate: 
Al  tempo  stesso  altre  navi  da  guerra  che  stavano  al  Ferrol  si  ribel- 
larono  egualmente  contro  il  Governo  della  Regina,  e  mandarono  la  Vi- 
ctoria ad  intimare  la  resa  alia  piazza  della  Corogna ;  il  cui  comandante 
pero  respinse  fieramente  quella  proposta,  e  Vattentato  rimase  senza 
effetto. 

4.  Pervenute  queste  notizie  a  S.  Sebastiano,  la  Regina  si  consigliava 
sopra  quel  che  fosse  da  fare,  cjuando  eccp  il  Gonzalez  Rravo  con  tutti 
i  suoi  colleghi  offerirle  da  Madrid  la  loro  dimissione ;  e,  senza  indugio, 
come  se  fossero  incalzati  col  ferro  nelle  reni,  a  treno  celere  sulla  ferro- 
Tia  correre  a  porsi  in  salvo  sul  territorio  francese,  appena  la  Regina 
ebbe  accettato  quella  dimissione  che  non  potea  rifiutare.  Essa  nomino 
capo  del  futuro  Ministero  il  maresciallo  Concha,  duca  dell'Avana,  con 
amplissime  facolta,  si  che  1'amministrazione  pubblica  e  la  difesa  dello 
Stato  e  della  Corona  fosse  cpmmessa  per  intero  al  suo  senno  ed  al  suo 
Talore,  aiutato  dai  segretarii  dei  cessati  Ministri. 

Pare  certo  che  il  Concha  sollecitamente  scongiurasse  la  Regina  di  ri- 
condursi  subito  a  Madrid,  per  dare  ammo  colla  sua  presenza  ai  difen- 
spri,  e  contenere  i  turbolenti  che  anche  ivi  si  agitavano.  Ed  e  certo  che 
gia  la  sera  del  21  Settembre  il  trenp  reale  era  pronto  aspiccarsi  da  San 
Sebastiano,  e  solo  aspettavasi  percio  la  persona  della  Regina ;  la  quale, 
ricevuto  un  dispaccip,  disdisse  la  partenza.  Perche?  Non  si  sa  bene.  Al- 
tri  afferma  che  cosi  facesse,  perche  il  Concha  poneva  come  condizione 
che  S.  M.  dovesse  leyarsi  dal  lianco  un  tal  Marfori,  intendente  della  lista 
civile,  pdiato  da  tutti  i  partiti;  alia  quale  concessione  la  Regina  credette 
doversi  ritiutare.  Altri  afferma  che  quel  dispaccip  le  rivelasse  unatrama, 
il  cui  effetto  sarebbe  stato  di  fermare  nel  tragitto  il  treno  reale,  impa- 
dronirsi  di  Isabella  II ,  e  senza  piu  metterla  sopra  una  nave  e  mandarla 
in  Francia.  Fatto  sta  che  la  Regina  si  rimase  a  San  Sebastiano;  ed  e 
egualmente  certo  che  la  via  era  libera  fino  a  Madrid. 

5.  Imperocche  lo  stesso  giprno  il  suo  genero,  Conte  di  Girgenti,  pas- 
sava  da  San  Sebastiano,  e  giungeva  il  22  Settembre  a  Madrid,  dov'  era 
volatp  da  Parigi,  lasciandpvi  la  sposa,  come  prima  ebbe  notizia  della  ri- 
yoluzione  scoppiata  a  Cadice.  II  giovane  e  prode  principe  non  indugio  un 
istante  a  pagare  il  suo  debito  d'onore,  correndp  a  prendere  il  comandp 
del  suo  reggimento  di  Ussari  che  tenea  presidio  a  Madrid,  per  quinci 
marciare  con  esso  contro  il  nemico,  gia  padrone  di  quasi  tutta  T Andalusia. 

II  maresciallo  Concha  alii  23  passo  a  rassegna  in  Madrid  le  truppe 
che  vi  teneanp  guarnigione,  e  quelle  destinate  a  combattere  la  rivoluzio- 
ne  in  Andalusia,  dove  gia  erasi  indirizzato  con  qualche  reggimento  il  ge- 
nerale Payia  marchese  di  Novaliches.  La  rassegna  fu  splendida,  e  le  ac- 
clamazioni  al  conte  di  Girgenti  parvero  entusiastiche.  II  valente  prin- 
cipe parti  subito  dopo,  e  con  rapida  marcia  raggiunse  il  Novaliches  nel- 
la  Mancia,  quando  gia  stava  quasi  a  fronte  del  nemico. 

6.  Fin  dal  19  Settembre  la  Nuova  Castiglia,  ed  il  di  dopo,  tutte  le 
province  furono  dichiarate  in  istato  d'assedio  con  bandi  prolissi  ed  al- 
tosonanti  dei  Capitani  Generali.  La  Gazzetta  di  Madrid  del  21  bandi 


CONTEMPORANEA  251 

il  tradimento  del  Topete  e  la  ribellione  di  Siviglia,  dove  il  gene-rale  Raf- 
laele  Izquierdo  avea  dato  il  segnale  del  sollevamento,  e  preso  il  coman- 
do  delle  truppe  da  lui  sedotte. 

La  Catalogna  Tersava  pure  in  gran  pericolp,  ed  il  generale  Pezuela, 
conte  di  Cheste,  accorse  in  tempo  a  frenare  i  moti  che  si  temevano  a 
Tarragona  ed  a  Barcellona.  II  marchese  del  Duero,  fratello  del  Concha, 
assumeva  la  difesa  delle  due  Castiglie. 

Intanto  Santander  erasi  sollevata,  uscendone,  perche  impotente  a  re- 
primere  la  riyoluzione,  il  debole  presidio.  Yi  accorse  con  qualche  nii- 
gliaip  cTuomini,  raccolti  a  Valladolid  e  Burgos,  il  generale  Calonge 
speditovi  da  Madrid.  Ma  trovo  che  la  citta  era  gia  stata  munita  di  can- 
noni  portativi  per  mare  da  Santona,  ancor  essa  ribellatasi ;  e  che  oltre  i 
cittadini  v'  eran  bene  armati  alcuni  battaglioni  venuti  di  fuori. 

Giunse  il  Calonge  a  Santander  sul  mezzogiorno  del  24  Settembre;  e 
comincio  Tassalto  che  duro  ben  quattr'  ore,  tanto  fu  accanita  e  dispe- 
rata  la  difesa  de1  sollevati ;  i  quali  airultimo  si  ritirarono  alia  marina 
e  risaliti  sulle  nayi  con  che  erano  venuti,  abbandonarono  la  citta  al  Ca- 
longe. Questa  yittoria  costo  ai  regii  grayi  perdite,  ma  rinfranco  un 
poco  i  tentennanti.  La  Catalogna  rimase  tranquilla.  Pero  in  quasi  tutte  le 
altre  province  qua  e  cola  si  formavano  bande  e  quindi  pronunciamenti 
che  non  si  poteano  reprimere,  perche  le  truppe  regie  doyeansi  concen- 
trare,  onde  tener  testa  al  grosso  de'  sollevati,  che  da  Siviglia  s'era  messo 
in  marcia  per  Cordova  e  quinci  verso  Madrid. 

7.  II  Generale  Pavia,  marchese  di  Novaliches,  procedeva  ancor  esso 
da  Madrid  verso  Cordova,  ma  a  stento,  perche  doyea  aspettare  le 
truppe  chiamate  dai  presidii  delle  citta  meno  minacciate  di  Castiglia 
e  Mancia.  Ogni  giorno  pero  cresceva  la  difficolta  per  lui,  atteso  T  in- 
grossare  del  nemico,  la  lentezza  con  cui  pervenivano  ai  regii  i  chie- 
sti  aiuti,  ed  il  manifesto  mal  animo  con  che  molti  de1  reggimenti  obbe- 
divano  alia  chiamata ;  il  che  facea  temere  della  loro  fedelta  al  momento 
dello  scontro.  Ed  in  fatti  egli  sembra  accertato,  che  F  avanguardia  del 
suo  corpo  d'esercito  passo  subilo  dalla  parte  de1  sollevati,  appena  si 
trovo  loro  vicina.  Di  che  rimasero  assottigliate  e  sconfprtate  le  rima- 
nenti  truppe,  che  in  tutto  si  componevano  d'un  14  battaglioni  di  fanteria, 
4  batterie  d'artiglieria,  e  di  2  Reggimenti  di  cavalleria. 

8.  Scopo  del  Novaliches  era  di  penetrare  in  Cordova,  e  quinci  piom- 
bare  sopra  Siviglia,  dov'erasi  posta  la  sede  del  Governo  proyyisorio  isti- 
tuito  dai  ribelli.  Non  basterebbe  forse  un  intero  nostro  foglio  a  ristam- 
pare  tutti  i  prolissi  e  trontii  bandi  onde  furono  tappezzate  le  pareti  di 
tutte  le  citta  e  borgate  in  cui  preyalse  la  rivoluzione.  Quasi  tutti  i  diarii 
quotidiani  li  riferirono.  Ne  pubblico  uno  il  Topete,  due  altri  il  Prim,  un 
quarto  sotto  il  1 9  Settembre  fu  spedito  da  Cadice,  e  stampato  in  cir- 
ca 200,000  esemplari,  e  firmato  dai  Duca  della  Torre,  dai  Prim,  dai 
Dulce,  dai  Serrano-Bedoya,  da  Ramoun  Nouvilas,  dai  Primo  Rivera,  dai 
Caballero  de  Rodas  tutti  General!,  e  dairammiraglio  Topete.  Un  quinto 
ne  bandi  la  Giunta  prpvinciale  di  Siviglia,  pieno  zeppo  di  portentose 
promesse  agli  Spagnuoli.  Poi  ogni  giornalista  progressista,  democratico, 
o  falYunione-liberale  mando  fuora  il  suo  programma. 

Tutti  erano  d'  accordo  in  bandire  la  necessita  d'una  Costituente  che 
desse  nuova  forma  alia  sovranita  nazionale.  I  progressisti  proclamavano 


252  CRONACA 

la  nccessila  della  repubblica ;  i  partigiani  del  Prim  Ywiione-iberica ;  al- 
tri  meno  indiscreti  Vahdicazione  della  Regina  e  la  Reggenza  con  la  suo 
cessipne  del  Principe  delle  Asturie ;  altri  piu  radicali  Fassoluta  esclusio- 
ne  di  tutti  i  Borboni,  d'ogni  ramo,  dal  Governo  della  Spagna. 

Trasandiamo  tutti  gli  altri  bandi  e  programmi,  come  quelli  che  appena 
hanno  il  valore  di  ampollose  declamazioni,  in  is  tile  e  forma  di  pessimo 
gusto,  e  con  istemperatissimi  elogi  dell'  esercito  di  terra  c  di  mare,  ad 
aiutare  il  quale  si  chiamanp  sotto  le  armi  tutti  gli  Spagnuoli.  Ma,  come 
saggio  di  quel  che  i  rivoluzionarii  promettono  a  chi  loro  vuol  credere  in 
Spagna,  recitiamo  qui  il  bando  promulgate  dalla  Giunta  provinciale  di 
Siviglia,  che  ebbe  il  raro  pregio  di  dire  almcno  alcun  che  di  determinate 
circa  1'avvenire,  e  di  essere  percio  accettato  in  gran  parte  dai  Generali 
capi  della  ribellione.  Ecco  questo  curioso  documento. 

«  Spagnuoli.  La  Giunta  rivoluzionar ia  di  Siviglia  mancherebbe  al  pri- 
mo  de'  suoi  doyeri,  se  non  cominciasse  dal  tracciare  una  yia  agli  abitanti 
di  questa  proyincia  ed  alia  nazione  tutta  intera,  facendovi  conoscere  i 
principii  che  essa  deve  sostenere  e  difendere  come  base  della  rigenera- 
zione  di  questo  disgraziato  paese,  in  cui  tanti  secqli  di  tirannia  non  han- 
no potuto  intiepidire  I'entusiasmo,  e  in  cui  la  yirilita  non  venne  oppressa 
da  tanti  anni  di  degradazione. 

«  1.'  La  consacraziqne  del  suffragio  universale  e  libero,  come  base  fon- 
damentale  della  legittimita  di  tutti  i  poteri,  e  come  la  sola  e  yera  espres- 
sione  della  volonta  nazionale.  2.°  La  liberta  assoluta  della  stampa,  senza 
deposito,  senza  cauzione  ne  editor!  resppnsabili,  e  solamente  conforman- 
tesi  alle  pene  \  ortate  dal  Codice  pei  delitti  di  diffamazione  e  di  calunnia. 
3.'  La  consacrazione  pratica  e  immediata  di  tutte  le  altre  liberta,  quelle 
deirinsegnamento,  dei  culti,  dei  traffici  e  delFindustriaecc.,  e  la  rilbrma 
prudente  e  liberate  delle  leggi  di  successione,  fintanto  che  la  situazione 
del  paese  permetta  di  stabilire  pienamente  la  liberta  di  commercio. 
4.°  L'abolizione  della  pena  di  morte  e  la  riforma  del  sistema  penale  pe- 
nitenziario.  5.'  La  sicurezza  individual  efficacemente  garantita,  come 
pure  1'assoluta  inyiolabilita  di  domicilio  e  della  corrispondenza.  6.°  L'abo- 
lizione della  costituzione  bastarda  che  ci  regge,  come  pure  di  tutte  le 
leggi  organiche  da  essa  deriyanti,  e  la  sostituzione  proyyisoria  di  quella 
che  decretarono  le  Cortes  costituenti  del  1856,  sopprimendovisi  1'articolo 
risguardante  la  religione  dello  Stato.  Soppressione  anche  del  capitolo 
relativo  alia  dinastia ,  e  delle  regole  di  successione  alia  corona ,  tulto 
ciq  che  non  fosse  cqnforme  alia  base  del  suffragio  uniyersale.  7.°  L'abo- 
lizione della  coscrizione  e  delle  matricole  di  mare,  e  1'organizzazipne  del- 
Tesercito  e  della  marina  col  sistema  dello  arruolamento  yolontario,  colle 
garanzie  yolute  dall' onorabilita  della  professione.  8.°  Uguaglianza  nel 
riparto  delle  pubbliche  imposte.  9.°  Soppressione  del  monopplio  del  sale 
e  tabaccp,  come  pure  del  diritto  di  dazio.  10.°  Unita  di  pnvilegi  e  abo- 
lizione  di  tutti  quelli  che  esistono,  compresiyi  quelli  del  clero,  salvo  i 
disciplinari.  11.°  Cortes  costituenti  ed  elette  da  suffragio  uniyersale  di- 
xetto,  perche  decretino  una  costituzione  in  armonia  coi  bisogni  dell'  epo- 
ca,  general izzando  il  suo  stretto  adempimento  median te  una  Commissione 
permanente  durante  Tinterregno  parlamentare,  che  nominera  i  Ministri 
e  li  rendera  responsabili  dei  loro  atti,  al  pan  delle  autorita  che  si  allon- 
tanassero  dal  loro  dovere. 


CONTEMPORANEA 

«  Viva  la  liberta  1  Abbasso  la  dinastia!  Viva  la  sovranita  nazlonale! 
Antonio  Aristegui,  presidente  della  Giunta  rivoluz'onaria  di  Siviglia.  » 

Sotto  questo  diluviare  di  bandi  e  di  programmi  il  maresciallo  Serrano 
duca  della  Torre  pltrepassava  colle  sue  truppe  Siviglia  e  Cordova ,  e 
marciava  verso  Ciudad  Real  nella  Mancia. 

9.  Presso  al  Ponte  (TAlcolea,  poco  discpsto  da  Ciudad  Real,  si  scontra- 
rono  il  Serrano  ed  il  Novaliches.  Ma,  prima  di  cimentarsi  a  passare  il 
Rubicone,  cioe  a  suggellare  collo  spargimento  del  sangue  la  ribellione,  il 
Serrano  si  studio  di  trarre  alia  sua  parte  il  Novaliches,  al  quale  mando 
per  un  suo  aiutante  D.  Adelardo  Lopez  de  Ayala  una  lunga  lettera,  tut- 
ta  melata ;  che  in  sentenza  invitava  Tantico  suo  commilitone  ad  aprirgli 
il  passo,  mettersi  sotto  i  suoi  ordini  con  tutte  le  truppe,  anzi  ad  unirsi 
con  lui  marciando  contro  Madrid.  Per  dimostrare  la  sua  tesi  il  Serrano 
magnificp  il  solleyamentp  della  marina  ed  i  pronunciamenti  delle  citta  di 
Andalusia;  fece  rilevare  i  danni  che  verrebbero  da  un  conflitto  tra  f'ra- 
telli  d'arme ;  appello  ai  diritti  della  comune  patria ;  inyoco  le  ragioni 
della  umanita  e  della  coscienza;  e  pose  sotto  la  malleyeria  della  Provvi- 
denza  divina  il  fatto  della  sua  fellonia  contro  la  Regina,  di  cui  promm- 
zio  irreparabile  la  caduta.  Questa  lettera,  scritta  e  spedita  alii  27,  quan- 
do  gia  le  avverse  schiere  stavano  a  fronte,  portava  per  isbaglio  la  data 
del  28  Settembre;  e  se  ne  puo  vedere  il  testo  nelF  Univers  del  4  Ottp- 
bre.  II  Novaliches  rispose,  come  leggesi  nello  stesso  diario,  con  cortesia 
ma  brevemente,  che  il  mezzo  di  evitare  tutti  i  danni  deplorati  dal  Ser- 
rano, era  appunto  questo  solo :  di  stare  alle  leggi,  osscrvare  la  fedc 
giurata  verso  la  Regina,  serbare  inviolabile  la  costituzione  e  rispettare 
il  Governo ;  che  tanto  egli  intendeva  fare,  lasciando  a  cui  spettava  il 
rendere  ragione  delle  conseguenze.  II  giornp  dopo,  28  Settembre,  ebbe 
luogo  un  combattimento ;  nel  quale  il  Novaliches  rimase  ferito  cosi  gra- 
vemente  che  appena  ebbe  modo  e  tempo  di  essere  portato  a  Madrid, 
dove  mori  alii  2  Ottobre,  vittima  della  sua  fedelta.  Quale  fu  T  impor- 
tanza  di  questo  combattimento?  Finora  non  si  sa  nulla  di  preciso.  Di- 
cono  che  buona  parte  dei  regii,  compresp  il  reggimento  che  eracoman- 
dato  dal  Conte  di  Girgenti,  con  vile  tradimento  disertarono  la  lorp  ban- 
diera  e  passarono  dalla  parte  de1  sollevati.  Certo  e  che  questi,  i  quali 
non  avrebbero  tralasciato  di  empire  il  mondo  della  propria  gloria,  se 
ayessero  incontrato  forte  resistenza  nei  regii,  si  contentarono  di  annun- 
ziare  la  disfatta  del  Novaliches.  Un  dispaccto  da  Madrid,  sotto  il  1.'  Ot- 
tobre, schiarisce  un  poco  la  cosa,  dicendo :  «  Le  truppe  comandate  da 
Novaliches  terminarono  pggi  di  fare  la  loro  adesione  al  movimentp.  » 
E  probabile  che  tale  adesione  cominciasse  al  Ponte  di  Alcolea ;  e  chi  sa 
ancpra  da  qual  mano  fu  scagliato  il  colpo  onde  cadde  il  leale  generale 
Pavia  m&rchese  di  Novaliches  1 

10.  Giuntp  il  Novaliches  a  Madrid,  il  Concha  marchese  dell'Avana 
seppe  da  lui  il  vero  stato  delle  cose,  e  disperando  di  riuscire  a  frenarc 
i  progressi  de1  sollevati,  e  paventando  forse  una  rivoluzione  nella  Capi- 
tale,  non  seppe  trovare  migliore  spediente  che  di  far  sapere  ai  vincitori 
che  egli  smetteva  la  carica  ed  affioava  il  comando  provvisorip  delle  trup- 
pe al  Marchese  del  Duero ;  di  che  al  tempo  stesso  dava  notizia  alia  Re- 
gina in  San  Sebastiano.  A  Madrid,  quando  il  Concha  si  fu  cosi  lavate  le 
mani,  si  formo  subito  una  Giunta  di  Governo,  composta  di  12  personag- 


254  CRONACA 

gi,  scelti  in  numero  pari  fra  i  tre  partiti  del  progressisti, 
berale,  e  del  democratici.  Ma  questa  Giunta  dpvea  occuparsi  solo  di  Ma- 
drid ;  per  lo  Stato  si  proyvide  poi  in  altra  guisa,  dopo  Fingresso  trion- 
fale  del  Serrano  e  de1  supi  consorti  nella  Gapitale. 

Questa  Giunta,  non  si  fece  pregare  ad  accettare  le  funzipni  a  lei  af- 
Jidate.  Le  truppe  furono  trattenute  ne1  loro  quartieri;  quindi  invitate  a 
fraternizzare  col  pppolo  e  fraiernizzarono  allegramente,  deponendo  le 
armi.  Ilpopolo,  cioe  quella  minutaglia  che  i  riyoluzionarii  hanno  sempre 
pronta  ai  loro  cenni,  chiese  di  essere  armato,  e  fu  armato  con  la  di- 
stribuzione  di  30,000  fucili;  onde  prese  subito  a  presidiare  la  Puerta  del 
Sol  ed  altri  punti  important!  della  Capitale.  Le  milizie  regolari,  disarma- 
te,  andarono  in  frotta  per  le  vie  di  Madrid  dilettandosi  della  musica  e 
degli  inni  che  si  suonavano  a  celebrare  il  trionfo  della  liberta.  Avvisati 
da  questo  fracasso  i  cittadini,  che  non  yolevano  aver  molestia,  furono 
pronti  a  far  per  la  rivoluzione  cio  che  per  egual  motivo  avrebbero  fatto 
il  di  innanzi  se  fosse  giunta  notizia  di  vittoria  del  Novaliches,  in  omag- 
gio  alia  Regina ;  e  fecero  baldoria.  Madrid  fu  illuminata  quella  sera,  ad 
onore  e  gloria  del  Serrano,  come  sarebbe  illuminata  di  qui  ad  otto  gior- 
ni  in  segno  di  tripudio  nazionale  se  un  portentoso  rivolgimento  facesse 
tornare  sovrana  a  Madrid  la  regina  'Isabella  II.  Tanto  sono  voltabili  le 
esterne  apparenze  dei  moti  che  la  rivoluzione  compie  in  nome  dei  po- 
poli  impotenti  a  resisterle  1 

11.  Queste  infauste  novelle  fecero  comprendere  ad  Isabella  II  che  og- 
gimai  tutto  era  perdutp  per  lei.  Avea  pfferta  F  abdicazione  in  favore 
del  Principe  delle  Asturie,  e  le  era  stato  risposto  col  solito :  troppo  tar- 
dil  L'ultima  nave  che  restava  a  San  Sebastiano  era  partita  per  raggiun- 
gere  rarmata  del  Ferrol,  la  quale  dicevasi  aver  gia  salpato  per  venire 
a  San  Sebastiano,  onde  dalla  parte  di  mare  la  Regina  ricevesse  queirin- 
vito  a  partirsene,  che  dalla  parte  di  terra  le  si  portava  dalle  bande  di 
soldati  ribelli  che  gia  procedevano  dalla  Castiglia:  ed  il  pericolo  non  era 
immaginario.  Infatti  il  generale  Pezuela,  conte  di  Cheste ,  sulla  cui  fe- 
delta ,  deyozione  ed  intrepidezza  erasi  iatto  assegnamento  per  contene- 
re  i  sediziosi  nella  Catalogna  e  nella  Aragona,  fu  poi  la  stessa  sera  del  29 
anch'egli  soverchiato  e  ridotto  airimpotenza.  Imperocche  i  partigiani  del 
Prim  a  Barcellona  aveano  fatta  una  specie  di  processione  politica,  che  i 
Conservatori  aveano  disturbata ;  quindi  era  nato  un  conflitto,  dal  quale 
sorse  una  Giunta.  II  Cheste  ricuso  di  riconoscerla  e  minacci6  di  farne 
fucilare  i  membri.  Questo  fece  indracare  i  sediziosi  che  proruppero  in 
violenze.  II  Cheste  appena  ebbe  un  battagliqne  che  gli  restasse  fedele, 
e  con  esso  usci  da  Barcellona;  si  porto  quindi  a  Viltoria,  ed  ivi  depose 
ogni  comando  e  carica,  dichiarando  essere  finite  per  lui  le  parti  di  fe- 
dele servitpre  della  Regina. 

In  questi  frangenti  Isabella  II  pens6  ancora  ad  uno  spediente,  di  com- 
mettere  cioe  al  vecchio  Espartero  la  tutela  del  Principe  delle  Austurie 
in  cui  favore  ayrebbe  abdicate.  Ma  o  capi  da  se  stessa,  p  le  fu  fatto  in- 
tender  da  altri ,  che  tal  partito  era  preso  troppo  tardi  e  tornerebbe 
vano  del  tutto.  Si  rassegno  pertanto  a  cercare  rifugio  in  Francia,  e  ne 
fece  dare  ayviso  a  S.  M.  Timperatore  Napoleone  III  a  Biarritz.  II  Mo- 
niteur  pariginp  del  1  Ottobre  riferl  poscia  la  seguente  nota,  avuta  per 
dispaccio  da  Biarritz  colla  data  del  30  Settembre  alle  ore  7  pomeridiane. 


CONTEMPOIUNEA  255 

«  Gli  avvenimenti  avendo  preso  dal  giorno  di  ieri  ima  piega  piu  gra- 
ve in  Spagna,  la  Regina  si  risolvette  ad  abbandonare  San  Sebastiano 
per  condursi  in  Francia.  Questa  mattina  essa  inferno  di  tal  suo  disegno 
r  Imperatore,  che  si  affretto  di  mandare  alia  1'rontiera  tre  ufficiali  della 
sua  casa :  il  generale  Castelnau,  suo  aiutante  di  campo;  il  visconte  Duma- 
noir,  ciambellano,  ed  il  luogotenente  di  vascello  Conneau,  ufficiale  d'or- 
dinanza.  II  treno  reale  giunse  ad  Hendaye  alle  ore  11,  portando  la  Re- 
gina, il  Re,  i  quattro  infant!  di  Spagna,  F  infante  D.  Sebastianq  zio  del- 
la  Regina ,  il  Ministro  di  Stato  e  molte  persone  addette  al  servizio  delle 
loro  Maesta. 

«  Gran  numero  di  ufficiali  di  San  Sebastiano  e  degli  ufficiali  della 
guarnigione  aveano  accompagnato  sino  al  confine  la  Regina,  e  le  avea- 
no  renduto  gli  onori  reali  al  momento  del  suo  uscire  dalla  Spagna.  Llm- 
peratore ,  F  Imperatrice  ed  il  Principe  imperiale,  accompagnati  dal  lo- 
ro corteggio,  aspettavano  la  Regina  alia  stazione  della  Negressa.  Dopo 
un  colloquio  improntato  di  quella  simpatia,  che  ispira  sempre  la  sven- 
tura,  il  treno  ripiglio  la  sua  corsa  yerso  Pau,  doye  la  Regina  intende 
riposarsi  qualche  tempo  nel  castello  che  Y  hnperatore  ha  messo  a  sua 
disposizione.  »  Fu  notato  che  questa  dipartita  d1  Isabella  II  da  San  Se- 
bastiano avyenne  appunto  nel  di  anniyersario  della  sua  proclamazione  ad 
erede  per  la  successione  al  trono  di  Ferdinando  VII,  fatta  ivi  stesso,  e 
che  die  il  segnale  della  guerra  civile. 

Anche  la  regina  Cristina,  niadre  di  Isabella  II,  che  staya  a  Gijon, 
poteya  correre  grave  pericolo  per  parte  dei  ribelli.  Ricorse  ai  Goyerni 
inglese  e  francese.  Quello  spedi  la  naye  da  guerra  Terrible,  questo  il 
Bougainville  perche  si  mettessero  a  disposizione  della  Regina.  Questa 
diede  la  preferenza  al  Bougainville,  ed  imbarcatasi  passo  in  Francia. 

Molti  delVaristocrazia,  o  conosciuti  come  assai  devoti  alia  causa  della 
Dinastia  de'Rorboni,  forse  per  paura  di  uno  scatenamento  d'anarchia, 
ripararono  anch'  essi  in  Francia,  tanto  che  in  due  giorni  furono  oltre 
a  2600  i  viaggiatori  che  da  Madrid,  in  carrozze  di  prima  classe,  per  la  via 
ferrata  uscirono  da'contini  spagnuoli.  II  Conte  di  Girgenti,  dopo  il  fatto 
al  Ponte  d'Alcolea,  passo,  non  sappiamo  come ,  in  Portogallo ,  e  quinci 
per  mare  in  Francia. 

12.  Intanto  a  Madrid  la  rivoluzione  procedeva  a  vapore.  I  signori 
Madoz  e  Jovellar,  nelle  cui  mani  il  Concha  avea  rassegnato  Tautorita 
commessagli  dalla  Regina,  aveano  raccolta,  come  accennammo  piu  so- 
pra,  una  Giunta  rivoluzionaria,  la  quale  fu  accresciuta  presto  lino  al 
numero  di  40  membri,  e  che  si  affretto  di  signilicare  per  telegrafo  alle 
province  la  sua  esistenza  ed  i  suoi  disegni ;  e  quindi  si  divise  in  sezio- 
ni,  e  distribul  a  ciascuno  le  parti  da  recitare.  La  Gazzetta  di  Madrid, 
in  divisa  repubblicana ,  ne  promulgo  gli  atti  ed  i  bandi  e  ne  celebro 
le  glorie. 

A.  noi  basta  per  ora  trascrivere  dal  n.°  280  della  Nazione  di  Firenze, 
che  si  e  fatta  TEco  della  Gazzetta  di  Madrid,  il  seguente  tratto  del  ban- 
do  della  Giunta,  come  auello  che  fa  intendere  quali  ne  siano  gli  spiriti 
ed  i  propositi,  e  da  fonaamento  a  presagire  un  tristo  avvenire  di  guerra 
civile  per  la  Spagna.  «  La  Giunta  rivoluzionaria  provvisoria  di  Madrid 
si  associa  alVunanimita,  al  grido  del  popolo,  che  ha  proclamato  la  sovra- 
nita  della  nazione,  la  decadenza  d'Isabella  di  Rorbone  dal  trono  di  Spa- 
gna, }' incapacita  di  tutti  i  Borboni  ad  occupare  questo  trono.  » 


256  CRONACA  CONTEMPORANEA 

Al  1  Ottobre,  col  sistema  del  suffragio  uniyersale,  per  battere  il  fer- 
ro  mentre  era  rovente,  si  prpcedette  all'elezione  di  una  Giunta  defmiti- 
ya,  la  quale  riusci  forn^ata  di  personaggi  in  numero  presso  a  poco  egua- 
le  di  ciascuna  delle  diverse  sette  liberalesche ,  democratic!,  moderati, 
progressisti,  repubblicani ,  unionist!,  e  vattel  a  pesca.  Questa  Giunta 
alia  sua  volta  nomino  il  Serrano,  Duca  della  Torre,  al  comando  supre- 
mo di  tutto  Tesercito  regolare  della  Spagna,  ed  un  Amable  Escolante, 
repubblicano  dalla  tinta  di  scarlatto,  al  comando  dei  cittadini  armati 
della  Capitale.  II  Madoz  rifiuto  Ja  presidenza  della  Giunta,  e  gli  succe- 
dette  un  Aguirre. 

Alii  3  Ottobre  la  Giunta  passo  a  rassegna  le  milizie  regolari  ed  irre- 
golari  di  Madrid ,  e  si  noto  che  la  bandiera  della  guardia  nazionale  por- 
tava  questi  motti :  Abbasso  i  Borboni;  Viva  la  Sovranita  nazionale;  Vi- 
va la  liberta  dei  culti  e  dell'  insegnamento!  Con  piccoli  cangiamenti  la 
stessa  bandiera  servira  forse  tra  non  molto  a  dimostrazioni  opposte.  II 
generale  Ros  de  Olano  comandava  questa  parata. 

La  sera  dello  stesso  giorno  3  Ottobre  giungeva  a  Madrid  il  marescial- 

10  Serrano,  e  faceva  il  suo  ingresso  trionfale  a  cavallo,  circondato  da 
uno  stuolo  di  Generali  gallonati  di  oro  dalla  testa  ai  piedi,  e  come  e  di 

'  'a  folia,  dicendo 
erano  disposti  a 
78  anni,  ringra- 

zio,  aderi  alia  rivoluzione,  e  ricuso  cli  far  altro.  II  Serrano  si  rasseynp 
allora  al  sacrifizio  di  restare  egli  capo  temporaneo  del  Governo  proYvi- 
sorio ;  ma  inyito  il  Prim  ad  andare  a  Madrid.  Or  egli  sembra  che  il 
Prim  ami  meglio  esser  primo  a  Barcellona,  dove  corse  di  fretta,  che 
non  secondo  a  Madrid. 

Anche  il  progressista  Olozaga,  che  dimora  a  Parigi,  fu  invitato  ad 
andare  a  Madrid,  per  essere  membro  d'un  triumvirato  di  Reggenza  fino 
a -che  sia  raccolta  la  Costituente.  Ma  ancor  egli  rifiuto.  Insomnia  tutto 
procedette  con  gran  concordia  fra  i  rivoluzionarii,  finche  si  tratto  solo 
di  distruggere ;  ma  ora  che  e  da  rifare  qualche  cosa,  la  discordia  ripi- 
glia  i  suoi  diritti.  Quando  vedremp  proprio  uniti  in  un  solo  proposito 
politico  (contro  la  religione  sono  gia  d'accordo)  uomini  come  il  Serrano, 

11  Prim,  I'Olpzaga,  il  Madoz,  il  Rivero  ed  altri  cotali ,  ammetteremo  an- 
che  che  il  Diavolo  fa  miracoli. 


IL  CATTOLICISMO 


LA  LIBERIA  RELIGIOSA 


Sotlo  questo  titolo  leggemmo  nella  Rivista  universale  di  Genova 
un  articolo  del  sig.  Tagliaferri,  inteso  a  dimostrare  come  giusto  in 
se  stesso  e  conforme  ed  ulile  al  Cattolicismo  il  cosi  detlo  principle 
della  liberta  religiosa.  Noi  abbiamo  Irattato  piu  volte  quest'  argo- 
mento ;  ma ,  attesa  la  sua  importanza ,  non  sara  soverchio  tornarci 
sopra  qui  con  brevi  parole ,  esaminando  la  dimostrazione  dell'  arti- 
eolo  e  notando  le  contraddizioni ,  in  cui  s  avvolge  per  la  difesa  di 
quell*  erroneo  assunto.  Ne  di  tali  contraddizioni  e  da  prendere  mera- 
viglia:  perciocche  il  Tagliaferri  appartiene  alia  schiera  de'caltolici 
liberali;  e  una  tal  professione  constando  appunto  di  una  contrad- 
dizione,  non  pud  fare  eke  non  assomigli  a  se  i  suoi  parti.  L'effetto 
si  confer  ma  alia  causa. 

E  che  questo  noslro  giudizio  sia  vero,  comincialad  apparire  fin 
dalle  prime  pagine  dell'  articolo,  in  cui  il  Tagliaferri  ragiona  della 
civiM.  Egli ,  come  cattolico ,  vuoie  essere  sottomesso  alia  Chiesa ; 
ma  tosto  come  liberale  e  costretto  a  levarsi  sopra  di  lei.  Egli  esor- 
disce  con  dire  che  da  circa  un  secolo  la  Chiesa  cattolica  e  in  lotta 
colla  cimlta  l ;  e  cercando  la  ragione  di  questa  lotta ,  la  trova  nella 
difficolt&  che  i  poco  perspicaci  sperimentano  a  distinguere  la  parte 
buona  di  tale  incivilimento  dalla  parte  rea :  «  Nel  movimento  civile 

l  Pag.  375, 
Scrie  VII,  vol.  IV,  fase.  447.  17  24  Ottotee  1868. 


258  IL  CATTOLICISMO  E  LA  LIBERIA  RELIGIOSA 

de'  nostri  giorni  v'  ha  due  corsi  ben  distinti  di  civilta :  uno  religio- 
so  ,  cristiano  ,  figlio  dell'  Evangelio  ,  T  altro ,  empio ,  anticristiano  , 
figlio  del  razionalismo  e  della  incredulita.  Questi  due  corsi  di  chil- 
li, benche  distinti ,  costituendo  una  sola  corrente,  riesce  facile  ad 
occhio  men  che  sagace  il  confonderli  insieme  1.  »  Quindi  sogghm- 
ge  che  se  la  Chiesa  riprova  nella  civilta  moderna  il  solo  lato  catti- 
vo,  fa  cosa  santa;  ma  se  la  condanna  senza  distinzione ,  fa  cosa  im- 
prudente  ed  ingiusta.  «  Quando  Roma  fa  scopo  a'  suoi  giusti  ana- 
temi  questo  falso  progresso  e  liberalismo  moderno ,  adempie  alia 
sua  divina  missione ,  fa  il  vero  bene  della  society ;  ma  se  ella  in- 
tendesse  (come  un  certo  partito  vorrebbe)  rigettare  a  fascio  e  male- 
dire  tutta  la  moderna  civilta,  senza  distinguere  il  bene  dal  male, 
il  vero  dal  falso,  farebbe ,  e'  mi  sembra  ,  cosa  ne  giusta ,  ne  utile  , 
ne  prudente.  »  E  sotto  in  nota  aggiunge:  «  Quando  la  Santa  Sede 
condannava  V  80ma  proposizione  del  Sillabo  (che  ha  provocato  tante 
ire  e  tanti  scherni),  non  ha  potuto  avere  in  mira  che  questo  falso 
progresso  e  liberalismo  moderno.  Intendendola  altrimenti ,  biso- 
gnerebbe  credere  che  essa  smentisse  questa  volta  la  consueta  sua 
sapienza  e  prudenza.  »  Qui  si  sente  subito  V  influenza  dello  spirito 
liberalesco  ,  che  vuol  farla  da  maestro  alia  Chiesa ;  e  si  scorge  il 
Tero  carattere  del  cattolico  liber  ale ,  che  e  di  sentire  bensi  con  la 
Chiesa ,  ma  a  palto  che  la  Chiesa  senta  con  luL  II  cattolico  liberate 
dice :  E  innegabile  che  il  presente  incivilimento  nella  sua  sostan- 
za  (vedremo  poscia  qual  e  cotcsta  sostanza)  sia  la  evoluzione  e  I'  at- 
tuazione  temporale  dei  principii  cristiani  2.  Dunque  noi  veneriamo 
gli  oracoli  della  Chiesa  e  della  Santa  Sede,  purche  rispetti  questa 
Terita  per  noi  sacrosanta;  se  la  offende,  ci  sara  forza  dire  che  essa 
questa  volta  ha  smentito  se  stessa  ed  ha  fatto  cosa  ne  prudente ,  ne 
giusta.  Ecco  Y  obbedienza  del  cattolico  liberate :  piegarsi  al  giudi- 
zio  della  Chiesa,  purche  il  giudizio  della  Chiesa  si  conform!  a  quello 
del  suo  infallibile  cervello.  Ma  bisognerebbe  esser  matto,  per  non 
capire  che  questa  e  un5  obbedienza  illusoria ;  e  che  per  essa  si  pre- 
tende  non  di  obbedlre  ma  di  comandare  alia  Chiesa  3. 

1  Pag.  377.  —  2  Pag.  376. 

3  S.  Bernardo  parlando  di  questa  razza  di  obbedienti,  i  quali  in  vece  di 
conformapi  al  sentimento  del  Superiore,  vogliono  che  il  sentimento  del  Supe- 


IL  CATTOLICISMO  E  LA  LIBERIA  RELIGIOSA  259 

La  contraddizione  del  nostro  scrittore  spicca  anche  piu  chiara- 
inente ,  quando  dopo  aver  detto  eke  gli  analemi  della  Chiesa  non 
debbono  riguardare  il  lato,  che  egli  crede  buono  nel  moderno  incivi- 
limento ,  dichiara  chc  quegli  anatemi  riguardano  altresi  un  tal  lato, 
perche  riguardano  cio  che  coslituisce  la  sostanza  e  la  base  del  suo 
preteso  incivilimento.  «  Queste  generiche  considerazioni  (cosi  egli) 
sulle  relazioni,  che  intercedono  tra  la  religione  e  la  civilta,  le  ho  qui 
messe  come  preambolo  di  quanto  vado  a  dire  sul  principio  fouda- 
mentale  della  civilta  moderna,  qual  e  il  principio  della  liberta  reliyio- 
so,;  principio  che  e  il  piu  contro verso  e  il  piu  avversato  finora  dal- 
rautorita  ecclesiastica  fra  tutti  quelli,  che  la  rivoluzione  dell'  89  ha 
introdotli  nella  moderna  societa.  »  E  come  avrebbe  potuto  dire  altri- 
mente,  se,  dove  lull'  altro  mancasse,  le  parole  del  Ponlefice  Pio  IX 
in  condannazione  della  liberta  religiosa  sono  si  formali  ed  espli- 
cite?  Ecco  come  parla  il  Pontefice  nella  sua  Enciclica  degli  8  Di- 
cembre  1864.  «  Contro  la  dottrina  delle  Sacre  Lettere,  della  Chiesa 
e  dei  SS.  Padri,  non  dubitano  di  asserire  ottima  essere  la  condizio- 
ne  della  societa,  nella  quale  non  si  riconosce  nell'  Impero  il  debito 
di  reprimere  con  pene  stabilite  i  violator!  della  cattolica  religione , 
se  non  in  quanto  lo  dimanda  la  pubblica  pace.  Colla  quale  idea  di 
sociale  governo,  assolutamente  falsa,  non  temono  di  caldeggiare  I'o- 
pinione  sommamente  ruinosa  per  la  cattolica  Chiesa  e  per  la  salute 
delle  anime,  dal  Nostro  Predecessore ,  Gregorio  XVIdi  venerata 
memoria,  chiamata  delirio,  cioe  la  liberty  di  coscienza  e  dei  culti 
essere  un  dihtto  proprio  di  ciascun  uomo,  che  si  ha  da  proclamare 
e  stabilire  per  leggfl  in  ogni  ben  costituita  societa  1.  »  Anche  qui 
lo  spiiito  liberalesco  esercita  la  sua  influenza  sopra  lo  spirito  cat- 
tolico  del  nostro  scriltore ,  facendo  si  che  egli  si  metta  a  compatire 
la  troppa  semplicita  e  meticolositSi  della  Chiesa  e  si  assuma  il  carico 
d'  istruivlai*  rassicurarla.  «  Piu  tosto  che  inveire  contro  di  lei  (!'  au- 
torita  ecclesiastica)  e  vituperarla  per  le  sue  troppo  naturali  paure , 

riore  si  conform!  al  loro,  dice :  Quisquisrvel  aperte  vel  occulte  satagit  ut* 
quod  habet  in  voluntate,  hoc  ei  spiritualis  Pater  iniungat ;  ipse  se  sedudt, 
[  si  forte  sibi  quasi  de  obedientia  blandiatur.  Neque  enim  in  ea  re  ipse 
Praelato,  sed  magis  ei  Praelatus  obedit.  Sermo  de  tribus  Ordin.  Ecclesiae 
1  Pag.  379. 


260  IL  CATTOLICISMO  E  LA  LIBERIA  RELIGIOSA 

e  nostro  dovere  il  compatire  alle  sue  viscere  di  madre  (poveretta !) 
rassicurarla  e  mostrarle  con  buone  ragioni  (da  lei  non  vedute)  che 
il  principio  della  liberta  religiosa,  ben  inteso,  non  si  oppone  sostan- 
zialmente  ai  principii  dell'  Evangelio  (i  cattolici  liberali,  intorno  a 
cib  che  si  oppone  al  Vangelo  ne  sanno  alquanto  piu  della  Chiesa) , 
e  che  se  ne'  regni  cattolici  pu6  produrre  la  perdita  di  alcune  anime, 
nella  sua  imiversale  applicazione ,  non  potra  riuscire  che  al  bene 
dell'  umanila  ed  al  trionfo  dell'  unica  religione  \7era  1.  »  Faciendum 
tst  malum,  lit  eveniat  bonum.  Non  e  questo  un  ottinio  principio  mo- 
rale? Sia  lode  a  Dio,  che  in  questi  nostri  calamitosi  tempi  ha  susci- 
tato  questi  uomini  di  scienza  e  di  pieta  intemerata  % ,  i  quali  sanno 
illuminare  la  Chiesa  e  farle  intendere  i  suoi  yeri  interessi,  contro  le 
Biene  di  un  partito,  che  vorrebbe  regalare  al  mondo  quella  medesi- 
ina  civilta,  ne  piu  ne  meno,  che  beava  i  Padri  nostri  nel  medio  evo; 
quella  doe  che  felicita  i  popoli  mantenendoli  in  una  perpetua  Mela 
e  lor  toyliendo  ogni  cura,  fin  quella  del  pensiero  3.  Cotesti  signori 
per  contrario  intendono  emancipare  i  popoli ,  giacche  sono  oggimai 
adulti,  e  dar  loro  balia  del  pensare,  e,  quel  che  ne  e  conseguenza, 
dell'  operare.  I  frutti  di  si  fatta  balia  li  stiamo  gia  assaporando,  e 
non  pare  che  sieno  per  riuscire  gustosi  al  palato  di  quegli  stessi , 
che  li  promossero. 

Ma  ascoltiamo,  quali  sono  queste  buone  ragioni,  colle  quali  deesi 
mostrare  alia  Chiesa  che  son  da  dismettere  le  sua  ubbie  intorno  al- 
ia liberta  religiosa?  II  Tagliaferri  distingue  due  concetti  in  quello 
della  liberta  religiosa :  la  liberta  di  coscienza  e  la  liberta  dei  culti. 
E  quanto  alia  prima  egli  dice  che  altro  e  considerarla  in  ordine  a 
Dio,  aU'Evangelio,  alia  Chiesa ;  altro  il  considerarla  in  ordine  allo 
Stato.  Nel  primo  aspetto  ella  e  un'assurdita;  nel  secondo  un  diritta, 
perciocche  lo  Stato  non  e  giudice  della  verita  religiosa.  Onde  infe- 
risce  che  la  liberta  di  coscienza  in  faccia  allo  Stato  e  conforme  alia 
ragione.  E  di  piu  conforme  al  Vangelo,  giacche  e  un  corollario 
della  spiritualita  dell'anima ;  la  quale  non  puo  essere  costretla  dalla 
forza  materiale.  Infme  e  conforme  alia  costituzione  stessa  della 

1  Pag.  376  —  2  Ivi,  —  3  Pag.  378. 


IL  CATTOLICISMO  E  LA  LIBERIA  RELIGIOSA  261 

Chiesa ,  pcrche  in  altra  guisa  non  e  possibile  la  dis-tinzione  dell'  or- 
dine  religioso  dall'  ordine  civile  e  politico. 

Quanto  alia  liberta  dei  culti  la  cosa  non  procede  si  liscia.  Qui 
1'Autore  concede  allo  Stato  il  diritto  di  limitarla.  «  La  liberta  asso- 
luta  dei  culti,  egli  dice,  non  e  logica,  che  pei  seguaci  dell'assoluto 
indifferentisrao  religioso,  per  quelli  che  negano  1'  immerisa  efficacia 
della  religione  sulla  moralita  e  sul  ben  essere  de'popoli,  e  tollerano 
tutte  le  religioni  esistenti,  come  una  fatale  e  dolorosa  necessita.  Ma 
chi  guarda  con  altro  occhio  le  religioni  nelle  loro  attinenze  colla 
sociela,  chi  melte  differenza  tra  la  verita  e  1'errore  e  tra  Y  influenza 
dell'una  e  quella  deH'altro  sulla  morale,  sui  costumi  e  sulla  felicita 
dei  popoli  non  puo  non  riguardare  la  liberta  illimitata  de' culti  come 
un  funesto  delirio.  Ed  in  vero  qual  governo  cristiano  vorrebbe  cosi 
bruttamente  sconoscere  i  proprii  diritti  e  doveri,  da  tollerare  che 
nel  seno  del  cristianesimo  si  risusciti  il  culto  di  Priapo  o  di  Yenere 
co'suoi  turpi  sacrifizii?o  che  si  stabilisca  un  culto  idolatrico  colle 
sue  ccatombe  di  sacrifizii  umani;  ovvero  un  cullo,  quale  lo  yagheg- 
gia  I'odierno  socialismo,  avente  a  suoi  dommi  la  proprieta  essere  un 
furto,  il  matrimonio  Wb-sckiamtii,  1'aulorita  paterna  e  sociale  una 
tirannia?  Yinta  dall'eyidenza  di  tali  ragioni  tulla  la  parte  assennala 
e  cattolica  del  liberalismo  e  assai  lungi  daH'ammettere  una  illimita- 
ta liberta  dei  culti  (non  vediamo  perche  queste  stesse  ragioni  non 
debbano  valere  anche  contro  la  liberta  di  coscienza).  Essa  concede 
al  potere  chile  il  diritto  di  \ietare  qualsiasi  culto  ,  il  quale  Tiolasse 
i  dettami  naturali  della  morale  e  fosse  sovversivo  dell'  ordine  pub- 
blico  :  il  che  importa  ch'  egli  abbia  gia  fino  a  un  certo  limite  il  di- 
ritto di  conoscere  ed  esaminare  la  religione  de'sudditi  1.  »  Mentre 
poi  il  lettore  si  aspettava  di  \eder  determinato  piu  in  particolare 
quali  sieno  quei. culti,  a  cui  debba  concedersi  liberta  di  professione, 
il  Tagliaferri  abbandona  questo  punto  e  torna  alia  sua  tesi  generale 
della  liberta  religiosa,  magnificando  1'  efficacia  che  essa  avra  per  la 
diffusione  del  cattolicismo,  e  declamando  contro  1'  uso  della  forza  in 
qucsta  materia. 


1  Pag.  383, 


262  IL  CATTOLICISMO  E  LA  LIBERIA  RELIGIOSA 

Da  ultimo  si  propone  due  difficolta,  alle  quali  sente  il  dovere  di 
rispondere.  L'una  e,  che  la  liberta  dei  culli  si  oppone  all'unita  reli- 
giosa,  tanto  necessaria  all'  unita  nazionale.  La  seconda,  che  la  li- 
berta de'culti  e  la  liberta  dell'  errore,  e  1'  errore  non  puo  godere  un 
diritto  che  e  proprio  della  verita.  Alia  prima  risponde,  che  1'  unita 
religiosa  e  certamente  un  bene ;  ma  deve  conseguirsi  non  col  co- 
stringimento,  bensi  colla  persuasione.  Di  phi,  se  si  ammelte  come 
necessaria  a  costituire  1'  unita  nazionale,  si  dovra  concedere  j>er 
tutti  i  popoli ;  e  allora  saranno  legittimate  tulte  le  persecuzioni  de- 
gli  infedeli  e  degli  eterodossi  contro  i  cattolici.  Alia  seconda  avea 
gia  risposto  piu  sopra  che  non  bisogna  confondere  la  verita  oggelti- 
va  colla  verita  soggettiva  1.  Qui  aggiunge  che  la  liberta  dell'errore 
non  e  altro  che  la  liberta  del  male;  e  questa  non  e  stata  da  Dio  ne- 
gata  all'  uomo.  Ma  come  la  liberta  del  male  non  puo  impedire  il 
trionfo  finale  del  bene,  cosi  la  liberta  dell'  errore,  anziche  impedire, 
agevola  il  trionfo  finale  della  verita.  «  Infine  di  che  si  tratta?  Di 
sostituire  al  sistema  dell'  intolleranza  religiosa,  che  finora  ha  domi- 
nato  il  mondo,  quello  della  liberta.  II  primo  ha  dato  i  suoi  frulti,  ed 
abbiamo  forse  a  rallegrarcene  ?  Sperimentiamo  dunque  il  secondo , 
e  da'  suoi  frutti  lo  giudicheremo  2.  »  Come  vedete,  non  si  pretende 
altro,  che  fare  un'  esperienza. 

In  tut  to  questo  discorso  1'Autore  muove  da  un  erroneo  supposto,  e 
procede  innanzi  a  via  di  equivoci  e  di  incoerenze.  Egli  muove  dal 
supposto  dello  Stato  ateo  e  separate  dalla  Chiesa.  Se  cosi  non  fosse, 
xx>me  potrebbe  concepire  la  liberta  di  coscienza  qual  diritto  in  ordine 
allo  Slato,  mentre  la  dice  un'assurdita  in  ordine  a  Dio  ed  alia  Chie- 
sa? Se  lo  Stato  riconosce  Dio,  non  puo  riguardare  se  non  come  as- 
surdita  ci6  che  e  tale  rispetto  a  Dio.  Se  lo  Slato  e  in  armonia  colla 
Chiesa,  non  puo  non  conformare  le  sue  leggi  ai  dettami  di  lei.  Vale 

1  « I/  unita  religiosa  e  necessaria  o  no  a  costituire  una  nazione  ?  Se  non  e, 
Tobbiezione  che  stiamo  esaminando  cade  da  se.  Se  e,  lo  e  per  tatti,  ed  i  Go- 
vern! eterodossi  e  idolatri  hanno  il  dovere  di  mantenerla,  non  meno  dei  Go- 
vern! cattolici.  Ma  quelli,  dirai,  non  sono  nella  verita,  come  questi.  Siamo 
sempre  al  medesimo  sofisma  di  confondere  la  verita  obbiettiva  con  la  subbiet- 
tiva. »  Pag.  390. 

2  Pag.  391. 


IL  CATTOLICISMO  E  LA  LIBERIA  RELIGIOSA  263 

qui  do  che  S.  Agostino  scriveva  al  conte  Bonifazio :  «  Quando  i  Re 
non  ancora  servivano  a  Dio ,  ma  tuttavolta  meditavano  cose  vane 
contro  il  Signore  e  il  suo  Cristo  ,  Y  empieta  non  poteva  certamente 
essere  repressa  dalle  leggi,  ma  piutiosto  fomentata.  Ma  posciache 
comincio  ad  effeltuarsi  quclla  sentenza :  Lui  adoreranno  tutti  i  Re 
della  terra,  e  a  Lui  serviranno  tutte  le  genii,  qual  uomo  di  mente 
sana  puo  piu  dire  ai  Re :  Non  vi  curate  se  nel  vostro  regno  sia 
obbedita  o  oppugnata  la  Chiesa  del  Signor  vostro,  ne  vi  caglia  che 
i  vostri  sudditi  sieno  pii  o  sacrileghi;  mentre  ai  medesimi  Re  non 
puo  dirsi :  Non  vi  caglia  che  nel  vostro  regno  si  osservi  o  no  la 
pudicizia?  0  e  cosa  piu  lieve  che  1'anima  manchi  di  fede  a  Dio,  di 
quell  o  che  la  moglie  manchi  di  fede  al  marito  1  ?  »  E  S.  Gregorio 
Magno  scriveva  a  Maurizio  Imperatore :  «  Per  questo  scopo  la  pote- 
sta  sopra  gli  uomini  alia  pieta  de'  Principi  nostri  e  stata  data  da  Dio, 
acciocche  fossero  aiutati  i  sudditi  al  bene,  e  la  via  del  cielo  piu  am- 
piamente  si  aprisse,  e  il  terrestre  regno  servisse  al  celeste  2.  »  Ma 
lo  Stato  e  impersonate  ,  e  non  e  giudice  competente  in  materia  di 
religione.  Rispondiamo :  e  irapersonale  in  astratto,  non  in  concreto. 
Dei  due  elementi  sociali,  la  moltitudine  e  I'autorita,  come  il  primo  si 
personifica  nei  sudditi ,  cosi  il  secondo  si  personifica  nel  superiore. 
Lo  stesso  Tagliaferri  attribuisce  allo  Stato  la  personality  quando  gli 
approda ;  giacche  la  dove  vuol  concedergli  il  diritto  di  limilare  la 
liberta  dei  culti,  dice:  Qual  Governo  cristiano  vorrebbe  cosl  brutta- 
mente  sconoscere  i  proprii  diritti  e  doveri,  da  toller  are  che  nel  seno 

1  Cum  Hondum  Reges  Domino  servirent  sed  adhuc  meditarentur  inania 
adversus  Domimm  et  adversus  Christum  eius,  non  utique  tune  possent  impie- 
fates  legibus  prohiberi  sed  magis  exerceri...  Posted  vero  guam  coepit  com- 
pleri  quod  scrip  turn  est:  Et  adorabunt  epm  omnes  Reges  terrae,  omnes  gentes 
servientini,  quis  mente  sobrius  Regibus  dicat:  Nolite  curare  in  regno  ve- 
stro  a  quo  teneatur  vel  a  quo  oppugnetur  Ecclesia  Domini  vestri;  non  ad 
vos  pertinent  in  regno  vestro  quis  velit  esse  sive  religiosus,  sive  sacrilegus  ; 
quibus  did  non  potest:  Non  ad  vos  pertineatin  regno  vestro  quis  velit 
pudicus  esse,  quis  impudicus  ?  An  fidem  non  servnre  levius  est  animam  Deo, 
quam  feminamviro?  Epist.  185,  alias  50. 

2  Ad  hoc  potestas  super  omnes  homines  Dominorum  nostrorum  pietati 
caelitus  data  estf  ut,  qui  bona  appetunt,  adiuventur,  ut  caelorum  via  ?or- 
giuspateat,  ut  terrestre  regnum  caelesti  regno  famuletur.  Lib.  2.  Ep.  XI, 


264  IL  CATTOLICISMO  E  LA  LIBERIA  RELIGIOSA 

del  cristianesimo  si  risusciti  il  culto  di  Priapo  o  di  Venere  ?  Ecco 
lo  State  riguardato  come  persona,  giacche  se  gli  attribuiscono  diritti. 
Anzi  eccolo  riguardato  come  persona  battezzata ,  giacche  si  chiama 
cristiano ,  e  da  tal  professione  si  derivano  in  lui  de'  doyeri.  Or  per- 
che non  si  poteva  dalla  medesima  professione  derivare  1'obbligo 
di  vietare  la  liberta  di  coscienza ;  la  quale,  essendo,  per  confessione 
dell'Autore,  un'assurdita  in  ordine  al  Vangelo,  non  puo  non  esser 
tale  agli  occhi  del  cristiano?  Non  si  poteva,  dirassi,  perche  lo  Stato 
non  e  giudice  della  verita  religiosa.  Ma  noi  non  vediamo  perche  que- 
sta  rtfgione  debba  valere  per  la  liberta  di  coscienza,  mentre  secondo 
lo  stesso  Tagliaferri,  non  vale  per  la  liberta  dei  culti.  Egli,  come  a 
pagina  383  riconosce  la  personal!  ta  dello  Stato,  dopo  averla  negata  a 
pagina  381;  cosi  dopo  aver  detto  piu  volte  che  lo  Stato  non  e  giudi- 
ce in  religione,  a  pag.  384  il  riconosce  finalmente  per  tale,  conce- 
dendogli  fino  a  un  certo  limite  il  diritto  di  conoscere  ed  esaminarele 
religioni  dei  sudditi.  E  qui  vuolsi  avvertire  che  nel  sistema  del  Ta- 
gliaferri lo  Stato  eserciterebbe  un  tal  sindacato,  dopo  avere  stabilita 
la  liberta  di  coscienza,  vale  a  dire  contraddicendo  a  se  stesso,  e  lo 
eserciterebbe  in  nome  proprio,  cioe  erigendosi  in  vero  giudice  della 
religione:  laddove  nel  sistema  degli  avversarii  della  liberta  di  co- 
scienza lo  Stato  e  consentaneo  a  se  medesimo,  e  non  proferisce  giu- 
dizio  da  se,  ma  sol  si  conforma  a  quello  della  Chiesa ,  afforzandolo 
colle  sue  leggi.  Noi  per  fermo  non  giungiamo  a  capire  la  logica  del 
nostro  Autore.  Lo  Stato,  secondo  lui,  ammaestrato  dalla  ragione,  puo 
giudicare,  per  cagion  d'esempio ,  che  il  culto  di  Priapo  viola  i  det- 
tami  della  morale  e  sovverte  1'ordine  civile;  e  non  puo,  ammaestra- 
to dalla  Chiesa  ,  giudicare  che  tale  o  tale  eresia  o  credenza  scisma- 
tica  viola  i  dettami  del  Yangelo  e  sov\erle  Y  ordine  religioso ! 

Se  cio  potesse  ,  ripigliasi ,  allora  come  gli  Stati  cattolici  han  di- 
ritto a  vietare  le  altre  credenze  per  serbare  1'  interna  pace  e  1'  unita 
nazionale ;  cosi  per  la  medesima  ragione  gli  Stati  infedeli  e  etero- 
dossi  avran  diritto  a  proibire  il  Cattolicismo.  Ed  ecco  FAchille  del 
Tagliaferri,  a  cui  sovente  ricorre.  Ma  in  primo  luogo  una  tale  diffi- 
colta  milita  anche  contro  di  lui,  giacche  egli  vuole  esclusi  dagli  Stati 
cristiani  i  culti  idolatrici.  Contro  di  lui  peitanto  puo  dirsi:  se  voi  sta- 
bilite  ci6,  gli  Stati  idolatrici  avranno  diritto  a  vietare  il  culto  crislia- 


IL  CATTOLICISMO  E  LA  LIBERIA  RELIGIOSA  265 

no,  val  quanto  dire  il  Cristianesimo;  giacche  il  Crislianesimo  non 
puo  stare  senza  cullo.  In  secondo  luogo  diciamo  che  la  ragione 
primaria  e  sostanziale,  per  cui  si  riprova  la  libei  15,  di  coscienza, 
non  e  la  pace  e  1'unila  nazionale ,  bensi  1'obbligazione  di  professare 
Tunica  vera  religione  e  di  provvedere  cosl  al  conseguimento  del 
supremo  fine  dell'  uomo.  La  pace  e  V  unita  nazionale  puo  allegarsi 
come  ragion  secondaria  (giacche  e  un  bene  ancor  essa) ,  ma  nella 
supposizione  del  possesso  della  vera  religione.  Imperocche  nell'  ipo- 
tesi  contraria  ha  luogo  piuttosto  la  sentenza  di  Cristo :  Non  veni 
pacem  mittere  sed  (/ladium ;  essendo,  senza  paragone,  minor  male  la 
discordia  nazionale,  che  la  perseveranza  nell'  err  ore  in  maleria  di  re- 
ligione, da  cui  dipende  1'eterna  salute  dell'anima.  Ma  quando  gia 
si  possiede  per  questa  parte  la  verita,  e  certo  una  nuova  ragione 
per  tener  chiuso  1'adito  alle  falze  credenze,  la  scissura  che  esse 
arrecherebbero  in  un  medesimo  popolo.  Premesse  siffatte  cose, 
rispondiamo  alia  difficolta  del  Tagliaferri  colle  sapienti  parole  del 
P.  Tarquini,  il  quale  avendosi  fatta  la  medesima  obbiezione  la  risol- 
ve  cosi:  «  Nego  il  supposto,  cioe  che  all' error e,  per  questo  capo  al- 
meno  che  non  si  erode  tale ,  competano  gli  stessi  diritti  che  alia  ve- 
rita: la  qual  cosa  e  tanto  falsa,  quanto  il  dire  che  ai  matti,  per  cio 
che  non  si  sentono  tali,  competano  gli  stessi  diritti  che  ai  sanidi  men- 
te.  In  questa  materia  deve  distinguersi  un  triplice  aspetto.  II  primo  e 
in  ordine  alia  coscienza  della  Chiesa;  il  secondo  in  ordine  alia  coscien- 
za  degli  elerodossi;  il  terzo  in  ordine  alia  cosa  stessa,  secondoche  puo 
essere  giudicata  da  un  estraneo  qualsiasi.  Per  quel  che  spetta  alia 
Chiesa,  ella,  non  tanto  per  1'opinione  propria,  quanto  per  la  testimo- 
nianza  divina,  e  certa  che  in  lei  si  trova  la  verita,  nelle  altre  false  re- 
ligioni  1'errore,  e  che  cio  appartiene  ad  articolo  di  fede,  contro  cui 
non  puo  far  nulla.  Quindi  ella  non  fauso  di  due  bilance  e  due  misure, 
masta  ferma  nella  legge  eterna,  la  quale  attribuisce  alia  verita  il  do- 
minio  sopra  1'errore,  e  nega  ogni  partecipazione  della  giustizia  colla 
iniquita  e  comunanza  tra  la  luce  e  le  tenebre  (II  Cor.  VI).  Quanlo 
agli  eterodossi,  finche  essi  sono  in  buona  fede,  godono  dello  stes- 
so  diritto  che  gli  amonti,  ai  quali  non  viene  imputato  nulla  di  cio 
che  essi  fanno  in  tale  stato.  Finalmente  per  cio  che  riguarda  la  cosa 
in  se  slessa,  ella  ha  tali  caratteri,  che  nel  foro,  almeno  estcrno,  non 


266  IL  CATTOLICISMO  E  LA  LIBERIA  RELIGIOSA 

ci  ha  persona  equa,  la  qualc  non  debba  rieonoscere  i  diritti  dclla 
Chiesa.  Imperocche,  checche  sia  dell'interna  buona  fede  degli  ete- 
rodossi,  questa  per  fermo  non  puo  esternamente  dimostrarsi  presso 
nessun  giusto  estimatore.  Conciossiache  o  essi  seriamente  e  con 
retta  volonta  pongono  mente  ai  motivi  di  credibility  della  Chiesa 
caltolica,  e  alle  note  di  falsita  della  propria  setla,  ovvero  no.  Se  in 
nessun  modo  o  indebilamente  vi  attendono,  la  loro  ignoranza,  es- 
sendo  crassa  o  affetlata,  non  puo  conciliarsi  colla  buona  fede.  Se 
vi  attendono  e  debitamente,  molto  meno  puo  ammettersi  clie  essi 
perseverino  nel  loro  errore  in  buona  fede.  Imperocche  sia  clie  pon- 
derino  dall'una  parte  1'oiigine  della  Ghiesa  cattolica,  e,  insieme  colla 
perpetua  serie  de'suoiPontefici,  la  non  mai  mutata  fede,  da  S.  Pie- 
tro  e  pero  dallo  stesso  Crislo  fino  a  Pio  IX,  che  ora  ad  essa  pre- 
siede,  la  fermezza  di  lei  e  conservazione  ed  eziandio  propagazione 
contro  le  porle  dell'  Inferno,  la  sua  santita  e  i  non  mai  cessati  mi- 
racoli,  e  gli  altri,  che  diconsi  motivi  di  credibilita  e  sono  agli  oc- 
chi  di  tulti  testimonianze  divine;  sia  che  daH'altra  parte  consi- 
derino  1'origine  della  propria  setta,  la  variazione  della  dottrina,  le 
male  arti  colle  quali  si  stabili  e  combaltd  contro  i  cattolici,  i'aridita 
dello  spirito,  lo  studio  della  carne  e  dei  temporal"!  vantaggi,  la  man- 
cenza  de'  miracoli,  la  fecondita  o  nulla  o  procurata  con  turpi  mez- 
zi,  e  le  altre  macchie,  di  cui  ogni  setta  e  insozzata;  se  essi,  di- 
ciamo,  ponderino  bene  coteste  cose,  indubitatamente  debbono  con- 
fessare ,  pur  che  abbfano  sana  la  mente ,  di  trovarsi  nell'  errore. 
Checche  sia  dunque  dell'mterno  stalo  di  ciascun  eterodosso,  del 
quale  e  giudice  Iddio,  per  certo  esternamente  nessun  giusto  esti- 
matore puo  giudicare  che  essi  sieno  in  buona  fede  1.  »  Niuna  con- 
fusione  adunque  tra  la  verila  obbiettiva  e  subbiettiva  si  fa  dai  Cat- 
tolici, allorche  negano  alle  false  religioni  i  diritti  della  vera.  Essi 
intendono  parlare  della  verila  in  quanto  informa  il  soggetto ;  giac- 
che,  in  quanto  informa  il  soggetto,  genera  in  esso  diritti :  e  cio  in 
niuna  maniera  puo  competere  all'  errore ;  poiche  primo  fondamen- 
to  del  diritto  non  e  che  il  vero.  Che  poi  taluno  stando  nell'  errore 

1  Juris  Ecclesiastici  pullid  Instilutiones }  Auctore  Camillo  Tarquini  e 
Societate  Icsu,  Juris  canonici  Professors  in  Collegio  Romano  elusdem  So- 
cietatis..  Romae  1868,  Pag.  77. 


IL  CATTOLICISMO  E  LA  LIBERIA  RELIGIOSA  267 

creda  di  essere  nella  verita  e  quindi  possedere  i  diriili  che  da  essa 
derivano ;  questo  e  un  altro  paio  di  maniche,  die  si  riferisce  non  al 
diritto  pubblico,  ma  alia  casuistica,  e  nei  casi  partieolari  non  pu6» 
essere  giudicato  da  noi ,  ma  dal  solo  Dio.  Ricordi  il  leltore  quelle- 
parole  di  Cristo  agli  Apostoli :  Venit  hora  et  nunc  est,  ut  omnis  qui 
interficit  vos  arbitretur  obsequium  se  praestare  Deo  1.  Ecco  accen- 
nati  del  persecutor!  del  Yangelo  ,  i  quali  credano  di  esercitare  non 
pure  un  diritto,  ma  un  dovere.  Ma  che  per  cio?  Cessava  forse  il 
merito  degli  Apostoli?  La  santita  del  martirio  precede  dalla  santita 
della  causa,  per  cui  s'  incorre ;  non  dalla  buona  o  mala  fede,  in  cul 
per  ventura  si  ritrovi  chi  lo  infligge. 

Piuttosto  il  sig.  Tagliaferri  incorre  in  confusione  ed  equivoci,  al- 
lorche  stabilisce  che  subbiettivamente  possono  darsi  molte  Chiese 
vere.  «  Obbiettivamente,  egli  dice,  una  e  la  vera  Chiesa,  come  una 
e  la  yerita;  ma  subiettivamente  puo  dirsi  il  medesimo?  La  Chiesa 
vera  e,  di  fatto,  riconosciuta  da  tutli  gli  Stati  e  da  tutti  i  popoli  del- 
la  terra?  Pur  troppo  no.  Dunque  dando  allo  Stato  e  alia  societa  ci- 
vile il  diritto  d'  imporre  ai  sudditi  la  fede  della  propria  Chiesa,  til 
darai  agli  Stati  eterodossi ,  alle  societa  pagane  il  diritto  di  bandire 
e  perseguitare  la  fede  cattolica  2.  »  In  prima  noi  saremmo  curiosi 
di  sapere  come  TAutore  defmisce  la  verita  subbiettiYa.  Sembra  che 
egli  pensi  che  1'adesione  dell'  animo,  quale  che  essa  sia,  debba  aver- 
si  per  verita  soggettiva.  In  cio  egli  s'  inganna  a  partito.  La  verita 
subbiettivamente  ,  cioe  in  quanto  informa  il  soggetto  ,  e  definita  da 
S.  Tommaso  1'adequazione,  ossia  la  conformita,  della  mente  coll'  og*~ 
getto.  Essa  e  la  manifestazione,  che  la  verita  oggettiva  fa  di  se  nei 
soggetto.  Dunque ,  quando  una  tal  manifestazione  non  ha  luogo , 
quando  invece  di  conformita  ci  ha  difformita  dair  oggetto ,  la  verita 
soggettiva  non  sussiste,  ma  invece  ci  ha  falsita.  Puo  la  persona  noa 
accorgersi  di  tal  falsita,  e  talvolta  invincibil mente.  Ma  questa,  come 
dicemmo,  e  un'  altra  quistione,  la  quale  riguarda  la  coscienza  dinan- 
zi  a  Dio  ,  ma  non  costituisce  nessun  diritto  nei  mondo  sociale.  Me- 
ncreste  voi  buona  ai  briganti  la  scusa  d'essere  intimamente  convinti. 

1  IOANN.  XVI,  2.  —  2  Pag.  381. 


268  IL  CATTOLICISMO  E  LA  LIBERIA  RELIGIOSA 

che  nolle  present!  condizioni  d' Italia,  in  cui  tutto  e  ladroneccio,  sia 
lecito  far  bottino  della  roba  altrui ,  e  combattere  la  forza  pubblica , 
da  loro  riputata  illegittima?  Sarebbe  retto  il  discorso,  che  se  voi 
concedete  alia  societa  il  diritto  di  punirli,  date  anche  ad  essi  il  dirit- 
to  di  punire  i  gendarmi,  che  capitassero  nelle  loro  mani?  Se  ogni 
persuasione ,  quale  che  sia ,  dovesse  dirsi  verita  soggeltiva ,  non  ci 
sarebbe  piu  errore ;  giacche  V  errore  obbiettivo  non  esiste  :  ogni  * 
errore  e  sempre  subbiettivo. 

In  secondo  luogo  il  sig.  Tagliaferri  si  firige  a  volonla  V  avversario, 
allorche  combatte  il  principio :  Avere  lo  Stato  il  diritto  d'  imporre  ai 
sudditi  la  fede  della  propria  Chiesa.  Certamente,  stabilito  un  tal  prin- 
cipio, esso  varrebbe  per  tutti  gli  Stati ,  quale  che  fosse  la  religione 
del  paese.  Ma  chi  mai  ha  sognato  di  dire  cio?  Quel,  che  si  dice,  si  e 
che,  come  1'  individuo  ,  cosi  lo  Stato  ha  il  dovere  di  abbracciare  la 
vera  religione ;  ed,  abbracciatala,  ha  non  pure  il  dirilto  ma  il  dovere 
di  assicurarne  il  tranquillo  possesso  e  la  conservazione  ai  suoi  suddi- 
ti, col  chiudere  1*  adito  alle  false  religioni;  e  cio  non  imponendo  la  fe- 
de, la  quale  s'  induce  colla  predicazione  non  colla  forza,  ma  vietando 
nell'ordine  esterno,  su  cui  solamente  ha  potere,  la  professione  de'  fal- 
si  culti.  II  che  dallo  stesso  Tagliaferri  si  riconosce,  come  notammo, 
per  rispetto  ai  culti  idolatrici ;  ne ,  a  dire  il  vero  ,  sappiamo  perche 
non  possa  egualmente  riconoscersi  per  rispetto  agli  altri  culti ,  non 
idolatrici  ma  nondimeno  eterodossi.  Non  sono  essi  altresi  contrarii 
alia  verita,  la  quale  e  una  ed  indivisibile?  Non  mettono  essi  altresi, 
sebbene  per  altra  via ,  a  ripentaglio  1'  eterna  salute  degli  uomini  ? 
Dirassi :  ma  allora  anche  gli  Stati  eterodossi  si  arrogheranno  il  di- 
ritto di  escludere  il  Cattolicismo.  Rispondiamo:  Se  cio  far  anno,  ope- 
reranno  iniquamente  per  le  ragioni  recate  di  tsopra ,  e  saranno  pu- 
niti  da  Dio ;  ma  possiamo  noi,  perche  altri  ingiustamente  si  arroga 
un  diritto  ,  negarlo  eziandio  a  cui  giustamente  compete ,  e  per  ri- 
guardo  all'  altrui  malizia ,  o  ,  se  volete ,  anche  ignoranza ,  mutare 
1'ordine  della  verita  e  della  giustizia? 

fi  curiosa  ancora  la  confusiorie  che  fa  1'Autore  tra  la  liberta  fisi- 
ca,  concessa  da  Dio  airuomo  come  risultato  della  sua  natura  razio- 
nale  finita,  e  la  liberta  morale,  che  in  ordine  al  male  Iddio  non  con- 
cede ma  nega  all'  uomo  in  virtu  della  legge  che  impone  al  medesimo, 


IL  CATTOLICISMO  E  LA  LIBERIA  RELIGIOSA  269 

e  di  cui  nella  society  viatrice  ha  costiluiti  suoi  esecutori  e  ministri  le 
legittime  autorita  sulla  terra :  Dei  minister  est ,  vmdex  in  tram  ei 
qui  maluin  ayit  1.  Lo  stesso  dicasi  del  tanto  esaltare,  che  fa  il  nostro 
Tagliaferri,  la  forza  della  verita  a  fronte  dell'errore.  Qui,  si,  egli 
confonde  Y  ordine  obbiettivo  col  subbiettivo.  Imperocche  la  verita , 
quantunque  potentissima  in  se  medesima,  nondimeno,  attesa  la  cor- 
rotta  nostra  nalura,  perde  assai  della  nativa  sua  forza  in  noi,  a  fronte 
di  errori  che  favoreggino  le  passioni.  Ubi  sumus,  dice  acconciamente 
S.  Bernardo  ,  vallis  est  lacrymarum  ,  in  qua  sensualitas  regnal  et 
consideratio  exulat;  in  qua  libere  quidem  et  potestative  se  exserit 
census  corporeus,  sed  intricatus  caligat  oculus  spiritualis  2.  Per  ri- 
guardo  adunque  della  nostra  fralezza  la  verita  e  la  virtu  ha  bisogno 
di  aiuti  e  di  presidii.  E  di  fermo,  ci  sarebbe  mai  un  padre  si  matto, 
che  permettesse  ai  suoi  figliuoli  e  alle  sue  figliuole  qualunque  com- 
pagnia,  qualunque  lettura,  qualunque  discorso,  sull'idea  che  ilbene 
e  piu  potente  del  male  e  la  verita  dell'  errore?  Ma  che  volete?  Ap- 
pena  uno  si  da  al  liberalismo  ,  benche  d'  altra  parte  persona  savia, 
non  sappiamo  per  qual  malo  fato  ,  comincia  issofatto  a  vacillare  nei 
concetti  piu  ovvii  del  senso  comune.  E  un  vacillamento  appunto  di 
tal  fatta  ci  sembra  la  conclusione  dell'  articolo  ,  che  stiamo  esami- 
nando,  allorche  propone  di  fare  lo  sperimento  della  liberta  religiosa, 
per  vedere  che  cosa  n'  esce.  Un  pun  to,  da  cui  dipende  la  morale  dei 
popoli,  e  la  felicita  non  pur  temporale  ma  eterna  d'  intere  genera- 
zioni,  metterlo  in  avventura,  fame  obbietto  di  curiosita  sped  men- 
tale  !  L' Autore  concede  che  il  sistema  contrario  ha  finora  dominato 
H  mondo.  Or  vi  sembra  piccola  bagattella  abbandonare  un  sistema, 
che  ha  per  se  il  suffragio  dell'  intera  umanita?  Ma  1  liberali  moder- 
ni ,  replicherassi ,  la  pensano  diversamente.  Molte  cose  pensano  di- 
versamente  i  liberali  moderni ;  ma  noi  piu  che  ai  loro  pensamenti 
crediamo  prudente  attenerci  ai  deltami  della  ragione  e  del  senso  co- 
mune ,  e  soprattutto  agl'  insegnamenti  di  chi  e  stato  dato  da  Dio 
maestro  e  duce  alle  genti,  quale  e  il  suo  Yicario  in  terra.  Or  la  vo- 
ce  di  questo  maestro  non  pare  che  sia  fin  qui  molto  Concorde  a  quel- 
la  dei  nostri  barbassori  liberaleschi. 


1  Ad  Rom.  XIII,  4.  —  2  De  Consideration*,  I.  V,  c.  1. 


BREVI   CENNI 

SUL  CONGILIO  ECUMENICO 


i 


Non  si  tosto  il  beatissimo  Padre  Pio  IX  ebbe  dall'  alto  della  sua 
Cattedra  intimate  ai  suoi  confratelli  nell'  Episcopate  la  raunanza  di 
un  generate  Concilio  da  tenersi  in  Vaticano,  che  ne  fu  non  solo  in 
mezzo  al  popolo  cattolico,  ma  eziandio  tra  gli  eterodossi  e  gli  scre- 
denti  un  insolito  commovimento.  I  fedeli  esultarono*  di  gioia,  per- 
suasi  dalla  lor  fede  che  non  dovesse  essere  senza  qualche  grancle 
ed  utile  scopo  un  fatto  cosi  straordinario  :  e  lo  salutarono  come  una 
aurora,  la  quale,  se  non  puo  promettere  alia  Ghiesa  uno  stato  die 
non  e  proprio  di  lei  militante,  pure  pu6  rischiararla  mirabilmente  e 
procacciarle  un  di  quei  trionfi  che  trammezzano  le  battaglie,  cui  essa 
andra  sino  alia  fine  dei  secoli  sottoposta :  e  pero  ne  accolsero  con 
giubilo  1'avviso,  con  ispirito  cristiano  vi  si  apparecchiano,  e  ne  atten- 
dono  Con  fiducia  il  frutto  desiderate.  I  miscredenti,  che  fanno  lega 
con  tutti  i  nemici  di  Dio,  alia  prima  notizia  rimasero  stupefatti ;  ma 
poi  riavutisi  dal  primiero  stupore  presero  attitudini  diverse,  secon- 
doche  il  maltalento  ad  ognuno  suggeriva.  Yollero  sulle  prime,  mo- 
strandone  non  curanza  e  dispregio,  attenuarne  Timportanza;  ma, 
siccome  gli  e  un  tal  fatto  in  se  stesso ,  che  ai  loro  pensamenti  e  di- 
rittamente  contrario,  e  contro  i  loro  disegni  sommamente  efllcace ; 
cosi  non  poterono  rattenere  a  lungo  il  bollimento  della  passione.  E 
pero  sia  nelle  aule  parlamentari ,  dove  oggimai  comandano  da  pa- 
droni; sia  nelle  sale  municipali,  dove  in  gran  numero  si  son  trafo- 
rati ;  sia  nelle  adunanze  popolari  che  a  bello  studio  hanno  convo- 


BREVI  CENNI  SUL  CO^CILIO  ECUMENICO  271 

cato  e  soprattutto  in  una  moltitudine  di  giornali  che  sono  le  cattedre 
de'  loro  quotidian!  insegnamenti,  hanno  tollo  ocl  oppugnarlo,  svilla- 
neggiarlo ,  osteggiarlo  nimicarlo  in  tulle  le  guise.  Questi  trova  che 
e  un  tornare  indielro  di  varii  secoli,  con  un  mezzo  non  piu  consen- 
tito  dall'odierna  civilta  dei  popoli;  quegli  afferma  che  e  un  insulto 
falto  ai  principii  nuovi ,  che  oramai  sono  impiantati  o  tendono  ad 
impiantarsi  in  tulta  Europa.  Altri  lo  chiania  una  sfida  insolente 
falta  ai  Monarch! ,  ai  Govern!  ed  ai  Pailamenti ;  altri  lo  dice  un  ul- 
timo sfogo  che  fa  il  sacerdozio  per  sommettere  i  popoli  che  gli  sfug- 
gon  di  mano  e  tenerlo  schiavo  tra  le  sue  catene.  Non  manco  nep- 
pure  chi  trovo,  nell'  inlimazione  fattane  essersi  mancato  di  riguardo 
ai  Principi ,  perche  non  invitati  a  soprawegliarlo,  ai  popoli  perch& 
non  ammessi  a  far  valere  le  loro  ragioni.  Yenne  in  una  parola  posta 
fuori  una  tal  moltitudine  di  ciance  e  dicerie,  che  e  difficil  il  defmir 
se  in  esse  sia  maggiore  1'ignorauza,  oppure  1'  empieta.  E  cio  per 
non  dir  nulla  della  occasione  colta  a  volo  ,  soprattutto  dai  giornali 
massonici  e  giudaici ,  per  isvelenirsi  contro  la  Chiesa,  il  Vicario  di 
Crislo,  il  Sacerdozio,  il  Cattolicismo,  poiche  vi  si  e  apportato  un 
furore  ed  una  impudenza  tale,  che  i  demonii  dell'  inferno  possono 
agguagliarla,  ma  superarla  non  mai. 

Pero,  se  la  malizia  profonda  e  1'  odio  di  Cristo  e  della  sua  Chiesa 
e  quello  che  accende  tutta  questa  guerra ,  e  anche  vero  che  essa 
non  e  guerreggiata,  siaci  lecito  di  parlare  cosi ,  se  non  sul  terreno 
dell'  ignoranza.  Yeramente  muove  a  compassione  piu  che  ad  inde- 
gnazione  il  leggere  siffatli  scritti :  tanto  sono  palmari  gli  error!  che 
s'incontrano  ad  ogni  passo.  E  poco  il  dire  che  i  piu  di  cotesti  nemici 
di  Dio  ignorano  le  dottrine  piu  volgari  del  Catechismo  cristiano  sopra 
la  fede  e  sue  condizioni ,  sopra  la  Chiesa  e  le  sue  propriela ,  sopra 
il  Romano  Pontefice  ed  i  suoi  dritti ,  sopra  T  Episcopate  e  le  sue 
attribuzioni,  e  in  una  parola  sopra  tutto  il  Cristianesimo :  perocchS 
all' ignoranza  aggiungono  tanta  moltiplicita  e  gravita  di  error! ,  che  di 
ogniina  di  queste  cose  non  formano  concetto  che  sia  giusto.  Potremmo 
dame  numerosi  esempii,  allegando  da  giornali  che  vanno  per  la  mag- 
giore ailicoli  e  frasi  e  pensamenti  affalto  maravigliosi :  ma  con  qual 
pro,  se  poi  a  risolvere  quelle  loro  obiezioni  ci  vorrebbe  tutto  un  libro 
d'  istruzione  religiosa,  che  per  niuna  ragione  mai  s  indurrebbono  a 


272  BREVI  CENNI  SUL  CONCILIO  ECUMENICO 

leggere?  Immaginate  di  grazia,  o  lettore,  che  aveste  da  persuadere 
un  villan  rozzo,  che  il  sole  supera  nella  mole  di  gran  lunga  la  nostra 
terra ,  a  qual  dimostrazione  vi  appigliereste  ?  Alia  dislanza  in  cui 
e  da  noi?  Ma  ei  lo  vede  spuntare  dalla  sua  collina.  Rieorrcreste 
alia  parallasse  ?  Prima  gli  pesteresle  il  capo  che  farvela  cntrare. 
Gliel  rappresentereste  come  il  centro  di  lutto  un  sistema...  Non  an- 
date  piu  oltre,  che  egli  non  vede  altro  centro  che  la  sua  terra,  intor- 
no  a  cui  il  sole  fa  bravamente  le  sue  girate.  Non  ha  egli ,  siccome 
e  chiaro,  gli  elementi  in  capo  per  assurgere  a  quello  che  volete  di- 
mostrargli.  Or  lo  stesso  avviene  a  molti  di  quegli  uomini  magni,  che 
in  questa  occasione  bestemmiano  del  Concilio.  Direte  loro  che  la 
Chiesainsegnante  e  infallibile?  Non  sanno  ne  che  vi  sia  infallibility 
ne  che  vi  sia  Chiesa.  Direte  loro  che  il  Romano  Pontelice  ha  convo- 
cato  i  Vescovi,  per  la  pienezza  della  sua  autorita?  Non  sanno  ne  che 
sia  autorita,  ne  come  ne  sia  investito  il  sommo  Pontefice.  Direte 
loro  che  Cristo  ha  fatto  una  tale  istituzione?  Non  comprendono  come 
un  filosofo  avesse  tale  possanza ,  e  Gesii  Cristo  per  loro  non  e  altro 
che  un  filosofo.  Delia  religione  cristiana  hanno  quella  cognizione  sot- 
tosopra  che  hanno  del  Corano ,  e  se  non  fosse  che  molto  ne  odono 
bestemmiar  per  le  conversazioni  e  nei  giornali  scrilti  dai  loro  pari, 
non  saprebbono  neppur  tanto.  Che  cosa  volete  dunque  far  con  costo- 
ro?  Prima  di  rispondere  alle  loro  difficolta  sopra  il  Concilio,  bisogna 
farli  cristiani,  e  quando  avranno  appreso  quel  che  sia  il  divin  Re- 
dentore,  la  Chiesa,  la  sua  costituzione  e  cento  altre  cose,  si  potra 
venire  alia  soluzione  delle  loro  difficolta,  se  pure  per  la  sola  intelli- 
genza  del  Cristianesimo  non  saranno  gia  sciolte. 

Che  cosa  dunque  e  quello  che  qui  s'intende  di  fare?  Dare  una 
semplice  e  quanto  si  puo  chiara  notizia  di  quel  che  sia  un  Concilio 
ecumenico,  e  darla  a  quelli  i  quali  non  solo  conoscono,  ma  la  Dio 
merce  professano  la  Fede  di  Gesii  Cristo  e  dimorano  nella  sua  Chiesa 
e  si  gloriano  di  esserle  figliuoli.  A  questi  puo  tornare  sommamente 
utile  per  molte  ragioni.  Anche  tra  fedeli,  che  sono  bastevolmente 
istruiti  della  lor  fede,  molti  non  possedono  le  cognizioni  piu  speciali 
che  riguardano  i  Concilii :  giacche  per  I'  eterna  salvezza  basta  il  vi- 
vere  sottoposti  ai  Concilii,  e  non  e  necessario  conoscerne  V  indole  e 
la  natura.  Inoltre  puo  riuscir  loro  di  salvaguardia  contro  tutte  le 


BREYI  CENKI  SIL  CONCILIO  ECUMENICO  273 

declamazioni  degli  scredenti ,  le  quali  sogliono  aver  maggior  forza 
contro  chi  non  conosce  chiaramente  la  cosa  di  cui  si  tratta.  Ma  so- 
prattutto  ne  trarranno  ineffabile  consolazione  allo  spirito,  poiche  ve- 
dranno  di  quanti  bcni  debba  riuscir  sorgente  fecondissima  il  divi- 
samento  preso  dal  santo  Padre,  di  quante  grazie  sia  ricca  ed  adorna 
la  santa  Chiesa  in  servigio  de'  suoi  figliuoli ,  e  fmalmente ,  dove  il 
vogliano  ,  potranno  concorrere  alia  maggiore  arnpiezza  del  frutto , 
inquantoche  associandovisi  colle  preghiere,  coi  voti,  colla  riforma- 
zionc  dei  costumi,  agevoleranno  per  se  e  per  gli  altri  quello  che  e  il 
fine  di  ogni  Concilio,  1'  aumento  della  fede ,  la  santita  della  vita  ,  il 
maggior  numero  e  la  maggior  perfezione  degli  eletti. 

A  quelli  poi  che  errano  phi  per  ignoranza  che  per  malizia,  il  ve- 
dersi  esposto  in  poche  parole  quello  che  la  Chiesa  pratica  in  que- 
st' occasione ,  la  sua  sapienza  celeste ,  la  sua  infallibilita  divina , 
congiunta  si  mirabilmente  colla  sapienza  e  diligenza  umana,  puo 
stenebrar  forse  I'intelletto  e  disporlo  alia  verita.  In  qualunque  caso 
dovranno  almeno  convincersi  che  non  senza  buona  ragione  si  ten- 
goHo  i  Concilii,  e  se  per  loro  sventura  non  giungono  a  scoprir  in 
essi  la  divina  sapienza,  dovranno  confessar  almeno  che  oltrepassano 
tutta  T  umana. 

Finalmente  dobbiamo  avvertire  che ,  delle  poche  cose  che  qui  si 
diranno,  le  piu  sono  tolte,  quanto  al  senso  e  spesso  eziandio  quanto 
alle  parole,  dagli  Autori  piu  gravi  che  abbiano  scritto  di  questo 
argomento  :  e  sebbene  non  siano  piu  che  notizie,  poiche  non  era 
di  questo  luogo  il  trattare  le  quistioni  che  si  agitano  nelle  scuole 
o  fra  i  cattolici  o  contro  gli  eterodossi;  tuttavia,  come  la  luce  soa- 
ve,  che  si  diffonde  dall' esposizione  auche  semplice  delle  verila,  gio- 
va  spesso  ad  illuminar  la  mente  meglio  di  qualsiasi  con  trover  sia, 
cosi  speriamo  che  non  sar&  scarso  il  lume  che  se  ne  potr&  ritrarrc 
da  chiunque  il  voglia.  Ed  acciocche  questo  si  possa  piu  sicura- 
mente  ottenere,  procederemo  con  quest'  ordine  che,  dopo  d'  aver 
descritlo  per  le  sue  cagioni  quel  che  sia  un  Concilio  ecumenico, 
indicheremo  di  qual  autorita  per  bene  della  cattolica  Chiesa  sia  for- 
nito,  e  fmalmente  come  anche  i  semplici  fedeli  possano,  volendo, 
colle  lor  opere  crcscerne  ed  allargarne  il  frutto. 
Serie  VII,  vol.  IV,  fasc.  U7.  18  24  Oltolre  1868. 


274  BREYI  CENNI  SUL  CONCILIO  ECUMENICO 

II. 

Che  sia  Concilia  e  di  quante  sorte. 

Come  nei  regni  e  nelle  repubbliche  umane  all'  occasione  di  spe- 
cial! necessita  vi  ebbe  sempre  uso  di  assembrar  in  comizii  i  Princi- 
pi,  inobili,  i  magistrati,  i  piii  adatli  al  bene  sociale;  cosi  alia  soa- 
ve  provvidenza  del  Signore,  piacque  eke  al  surger  di  nuove  con- 
troversie  od  eresie  o  pericoli  nella  Chiesa  si  facesse  altrettanto  dai 
prelati  supremi,  e  si  raunassero  per  consigliarsi  sui  partiti  da  pren- 
dere  per  bene  e  salvezza  del  popolo  cristiano.  Queste  raunanze  sono 
quelle  che  si  ckiamano  Concilii.  Di  eke  appare  subito  manifesto 
che  debbono  essere  di  vane  sorte ,  secondocke  sono  piu  o  meno 
vaste  le  assemblee  di  sacri  prelati  che  si  raccolgono.  L'  anticki- 
ta  ne  riconobbe  di  quattro  specie.  Vi  sono  in  primo  luogo  i  Conci- 
lii Generali,  nei  quali  si  raccolgono,  nel  modo  eke  sotto  diremo,  i 
Yescovi  di  tuita  la  Cristianita,  per  ragioni  eke  a  tutta  la  Ckiesa  so- 
no comuni,  e  questi  si  ckiamano  ancke  Ecumeniti,  eke  val  quanto 
dire  di  tutto  1'  orbe :  ai  quali  non  puo  presedere  autorevolmente 
altri  eke  cki  e  capo  di  tutta  la  Ckiesa ,  cioe  il  sommo  Pontefice. 
Yi  sono  i  Concilii  Nazionali,  ne' quali  intervengono  i  Yescovi  ed  Ar- 
civescovi  di  tutto  un  regno,  od  ancke  di  piu  regni,  insomnia  di  tutta 
una  nazion-e,  per  disculere  gli  affari  eke  a  quella  nazione  piu  pecu- 
liar mente  appartengono,  e  sono  preseduti  da  qualcke  o  Patriarca  o 
Primate  eke  loro  e  preposto.  La  Ckiesa  cattolica  poi  essendo  di- 
visa  in  tante  province  ecclesiasticke,  nelle  quali  ogni  Yescovo  e 
sottoposto  al  proprio  Arcivescovo  o  Metropolitan,  quando  quelli 
sotto  la  presidenza  di  questo  si  raunano  a  trattare  i  negozii  della 
propria  provincia,  formano  il  Concilio  Provinciale.  Da  ultimo  ogni 
Yescovo  suole  adunar  ai  debiti  tempi  i  proprii  saccrdoti  per  ordi- 
nar  gli  affari  della  propria  Diocesi ,  e  questo  forma  il  sinodo  Dio- 
cesano,  il  quale  impropriamente  solo  si  ckiama  Concilio,  poicke1 
non  vi  e  in  esso  cki,  trattone  il  Yescovo,  abbia  veramenle  giu- 
risdizione. 


BREVI  CENNI  SLTL  COACILIO  ECUMENICO  275 

I  Concilii  ecumenici  o  general!  (che  di  quest!  soli  intendiamo 
qui  parlare)  solennemente  e  pienamente  approval!  e  riconosciuti  non 
sono  piu  che  diciotto :  ed  eccone  in  poche  parole  il  nome,  il  tempo 
e  la  cagione  dell'averli  radunati. 

I.°  e  il  Concilio  celebre  di  Nicea  tenuto  neir  anno  327  come  pensa 
il  Bellarmino  o  nel  325  come  crede  il  Baronio,  essendo  Pontefice 
S.  Silvestro,  ed  ebbe  per  iscopo  di  difendere  contro  di  Ario  la  di- 
vinita  del  Figliuolo  di  Dio,  di  determinare  contro  i  Quartodecimani 
il  tempo  da  celebrare  la  Pasqua  e  ricomporre  lo  scisma  di  Melezio. 

II. °  e  il  Costantinopolitano  I,  tenuto  da  150  Yescovi  nell' an- 
no 381,  regnante  S.  Damaso  Papa,  ed  ebbe  per  primario  oggelto  il 
condannar  Macedonio,  che  negava  la  divinita  dello  Spirito  Santo. 

III.0  e  1'Efesino,  nel  quale  200  Vescovi,  preseduti  dal  Patriarca 
S.  Cirillo,  a  nome  del  Pontefice  S.  Celestino,  condannar ono  1'empio 
Nestorio,  che  ammetteva  in  Gesu  Cristo  due  persone,  e  negava  do- 
versi  chiamare  vera  Madre  di  Dio  la  SS.  Vergine  Maria.  Fu  tenu- 
to neir  anno  431 . 

IV.°  e  il  Calcedonese  di  430  Yescovi  o,  come  alcuni  credono,  di 
636 ,  lenuto  nell' anno  451 ,  sotto  il  Pontificate  di  S.  Leone  I.  In 
esso  fu  definite  contro  di  Eutiche  in  Cristo  trovarsi  due  nature,  e 
condannato  Dioscoro  furono  composti  altri  varii  negozii. 

V.°  e  il  Costantinopolitano  II,  tenuto  nell'  anno  453  sotto  il  Pon- 
tificato  di  Yigilio  ,  da  160  Yescovi.  In  esso  furono  condannate  di 
nuovo  1'  empie  dottrine  di  Nestorio  e  di  Eutiche ,  gli  scritti  che 
vanno  sotto  il  nome  deitre  Capitoli,  e  gli  errori  di  Origene. 

YI.°  e  il  Costantinopolitano  III,  tenuto  ai  tempi  del  Pontefice  Aga- 
tone  nell' anno  681,  e  fu  di  289  Yescovi,  e  venne  in  esso  condanna- 
ta  1'eresia  dei  Monoteliti. 

VII.0  e  il  Niceno  II,  celebrato  solto  il  Pontefice  Adriano,  nel  787, 
nel  quale  intervennero  350  Yescovi,  ed  ebbe  per  iscopo  la  difesa 
delle  sacre  immagini  di  Gesu  Cristo,  della  Yergine  e  dei  Santi. 

VIII.0  e  il  .Costantinopolitano  IV,  tenuto  nell'  anno  869,  sotto  il 
Pontefice  Adriano  II,  da  383  Vescovi,  i  quali  si  occuparono  soprat- 
tutto  della  causa  di  Fozio.  E  tutli  quest!  Concilii  furono  tenuti, 
come  da  gli  stessi  loro  nomi  appare,  in  Oriente.  Ora  ecco  quali  fu- 
rono gli  Occidental!. 


276  BREVI  CENNI  SUL  CONCILIO  ECUMENICO 

IX.°  e  il  Lateranese  I,  temito  sotto  il  Pontefice  Callisto  II,  1'an- 
no  1122,  per  ristabilire  la  pace  tra  il  sacerdozio  e  I'impero.,  lurbata 
per  cagione  delle  investiture,  e  per  provvedere  alia  disci plina.  Vi 
presero  parte  900  e  piu  Yescovi. 

X.°  e  il  Lateranese  II,  di  1000  Yescovi.  Fu  lenuto  sotto  Innocen- 
zo  II,  contro  1'Antipapa  Pietro  di  Leone,  contro  gli  eretici  Petrobu- 
siani  e  gli  Arnaldisti  e  per  ristorare  la  disciplina. 

XI.°  e  il  Lateranese  III,  di  300  Vescovi,  tenuto  nel  1179,  sotto 
il  Pontefice  Alessandro  III.  Si  occupo  della  riforma  dei  costumi, 
regolo  1'  elezione  del  sommo  Pontefice ,  e  condanno  i  Yaldesi  e  gli 
Albigesi. 

XII.0  e  il  Lateranese  IV,  di  473  Yescpvi,  oltre  a  gran  numero  di 
Abbati,  il  quale  nell'anno  1215,  sotto  il  Pontefice  Innocenzo  III,  si 
occupo  di  varie  eresie  e  soprattutto  della  liberazione  di  Terra  Santa. 

XIII.0  e  il  Lionese  I,  e  fu  tenuto  sotto  Innocenzo  IY  da  piu  di  140 
Yescovi ,  contro  Federico  II  imperatore :  e  molti  decreti  furono  pur 
fatti  per  la  riformazione  de  coslumi. 

XIV.0  e  il  Lionese  II,  tenuto  da  500  Vescovi,  sotto  Gregorio  X, 
nell'anno  1274,  per  1'unione  della  Chiesa  greca  colla  latina. 

XV.°  e  il  Viennese,  tenuto  nel  1211,  da  Clemente  V,  coll'interven- 
to  di  300  Vescovi  e  molti  Abbati.  In  esso  fu  discussa  la  causa  dei 
Templari,  i  quali  vennero  poi  condannati,  ed  anche  furono  condan- 
nati  i  Fraticelli,  i  Beguardi,  le  Beguine  ed  altre  oscure  eresie. 

XVI.0  e  il  Fiorentino,  tenuto  sotto  Eugenio  IV,  nel  1438  da  molti 
Vescovi ,  sia  Latini  sia  Greci ,  per  riconciliare  questi  alia  Chiesa 
Romana. 

XVII.0  e  il  Lateranese  V,  tenuto  sotlo  Giulio  II  e  Leone  X, 
dal  1512  duro  lino  al  1517,  si  occupo  dello  scisma  Pisano  e  della 
riforma  della  disciplina,  e  fu  sottoscritto  da  114  Vescovi. 

XVIII.0  fmalmente  e  il  Tridentino,  cominciato  nel  1545  e  termi- 
nate nel  1563.  Duro  con  varie  intermission!  lungo  il  Pontificato  di 
Paolo  III,  di  Giulio  III,  e  di  Pio  IV,  e  condauno  tutti  gli  errori  dei 
protestanti  e  promosse  in  gran  maniera  la  riforma  del  popolo  cri- 
stiano. 

Oltre  a  questi  Concilii,  che  tutti  sono  pienamente  approval!  dalla 
Chiesa,  v'  ha  pur  il  Costanziese,  che  da  alcuni  viene  ammesso  coi 


BREVI  CENNI  SUL  CONCILIO  ECUMENICO  2*77 

legittimi,  e  sarebbe  il  decimonono,  da  collocarsi  tra  il  Viennese  ed 
il  fiorentino :  ma  siccome  solo  una  parte  dei  decreti  da  esso  falti 
venne  approvata  da  Martino  V,  cosi  dal  piii  degli  Autori  non  e  an- 
no verato  tra  i  Concilii  ecumenici. 

III. 

Qual  sia  il  fine  in  genere  dei  Concilii. 

Dalla  nota  die  abbiamo  falta  dei  generali  Concilii  si  puo  racco- 
gliere  chiaramente,  quale  anche  sia  lo  scopo  a  cui  essi  vengono  or- 
dinati.  Per  tacere  di  altri  fini  meno  frequent!,  essi  perlopiu  sono 
rivolti  ad  alcuno  di  questi  quattro  primarii. 

II  primo  e  piu  grave  di  tutti  i  mali  che  mai  abbiano  affliUa  la 
Chiesa,  e  senza  dubbio  1'eresia,  la  quale  togliendo  dal  cuor  dei  cri- 
stiani  la  fede,  divelle  fin  dalla  radice  ogni  bene,  procacciatoci  da 
Gesii  Cristo.  Pero  ogniqualvolta  insurse  qualche  grave  eresia,  la 
Chiesa  potendolo,  si  raccolse  nei  Sinodi  particular  i  ed  ancora  in  ge- 
neral Concilio,  per  trafiggerla  piii  efficacemenle.  E  questo  si  puo 
vedere  verificato  soprattutto  nei  prim!  Concilii  tenutisi  in  Oriente  e 
neir ultimo  di  Occidente. 

Altra  causa  e  lo  scisma  die  potrebbe  desolare  la  Chiesa  sia  al- 
Voccasione  di  una  doppia  elezione  del  Romano  Pontefice,  sia  all'oc- 
casione  che  una  parle  di  essa  negasse  al  Pontefice  legittimo  la  do- 
vuta  obbedienza,  e  cosi  si  dividesse  in  parti  la  cristianita.  Oscu- 
ratasi  la  cognizione  del  vero  capo  e  turbata  1'  unita  del  corpo,  e  la 
Chiesa  di  Crislo  che  e  essenzialrnente  una,  appare  moltiplice.  A 
questi  gravissimi  disordini  nessun  rimedio  suol  riuscire  piii  efficace, 
che  la  riunione  di  un  Concilio.  Nei  primo  caso  V  accolta  di  tutti  i 
Pas  tori,  levando  di  ogni  dubbieta  ed  indicando  chiaramente  chi  sia 
il  capo  legittimo  di  santa  Chiesa,  provvede  al  bisogno  e  tranquilla 
lagreggia:  nei  secondo  si  spianano  col  discorso  scambievole  le 
difficolta  opposte  e  si  cerca  il  modo  dLricomporre  la  pace. 

Terza  cagione  per  raunare  un  Concilio  puo  essere  il  bisogno  di 
contrapporsi  ad  un  qualche  terribil  nemico ,  che  faccia  scempio  del- 
1'ovile  di  Cristo.  Cosi  varii  Concilii  furono  raunati  per  trovar  modo 


278  BREYI  CENNI  SUL  CONCILIO  ECUMENICO 

di  resistere  ai  Saraceni,  die  mandavano  a  ferro  e  fuoco  Asia  ed  Eu- 
ropa ;  altri  contro  gl'  Imperatori  iconoclast! ;  altri  contro  Errico  IV 
e  Federico  II,  die  con  inaudita  persecuzione  disertavano  la  Chiesa. 

Da* ultimo  cagione  piii  ordinaria  e  la  riforma  generate  degli  abu- 
si  e  dei  vizil,  che  pur  troppo  a  poco  a  poco  si  vanno  introducendo 
n@l  vivere  dei  cristiani.  Conciossiache ,  essendo  gli  uomini  .per  na- 
tura  inchinati  al  male,  e  lendendo  le  istituzioni  anche  phi  sante 
per  umana  infermita  a  degenerare  e  volgcr  al  basso ,  forza  e  che 
continuamente  vengano  ristorate,  se  gia  non  debbono  precipitare  a 
total  rovina.  E  questo  fine  e  di  tanto  rilievo  che,  quando  non  e  sta- 
to  il  solo  che  abbia  ispirata  la  convocazione  dei  Concilii,  non  ando 
mai  disgiunto  dagli  altri,  avendo  tutti  i  sinodi  sempre  stanziato  i 
provvedimenti ,  che  per  la  loro  eta  dovevano  tornar  piu  salutari  al 
popolo  fedele. 

E  ben  vero  che  tutti  questi  fini,  parlando  a  rigore,  si  possono  con- 
seguire  e  di  fatto  moltissime  \olte  si  sono  oltenuti  con  leggi  e  decreli 
emanati  dal  sommo  Pontefice  anche  solo.  Molte  eresie  da  lui  solo 
condannate  si  dileguarono,  niolti  abusi  da  lui  solo  trafilti  disparvero; 
anzi  la  storia  Ecclesiastica  fa  testimonianza  di  oltre  a  cento  eresie 
che  per  sola  sentenza  della  Sede  pontificate  condannate  prima  lan- 
guirono,  e  poi  si  estinsero  altutto,  come  testifica  di  innumerabili 
abusi  dalla  Sede  di  Pietro  sola  sradicati  e  divelti.  Ciononostante  e 
facile  il  vedere  di  quanta  eificacia  e  virtu  debba  riuscire  in  tutti  i 
casi  sopracennati  la  riunione  di  un  Concilia.  Questo,  anche  agli  oc- 
chi  dell'  umana  sapienza  e  1'  areopago  piu  solenne,  il  tribunale  piu 
autorevole,  che  possa  divisarsi  sopra  la  terra.  Lasciamo  pure  in  dis- 
parle  la  infallibilita  che  per  1'assistenza  dello  Spirito  Santo  gli  com- 
pete, ehe  di  queslo  diremo  piu  sotto,  ma  considerandolo  anche  solo 
umanamente  e  1'  apice  dell'  umana  prudenza.  Qui  si  raccolgono  da 
tutti  gli  angoli  della  terra  gli  uomini  piu  specchiati  ed  illustri  per 
probita,  per  isperienza,  per  cognizione  di  religione  non  solo,  ma  di 
ogni  piu  nobile  disciplina:  e  dovendo  soprattutto  trattar  di  religione 
e  di  costume ,  anche  naturalmente  sono  i  giudici  piu  appropriati  e 
competenti,  come  quelli  che  tutta  lor  vita  hanno  fatto  studio  peculiare 
di  costumi  e  di  religione.  Che  se  tuttocio  loro  non  basta,  essi  trag- 
gon  parlito  di  tutta  la  scienza,  oncle  rifulge  la  Chiesa  di  Dio,  chia- 


BREYI  CEXNI  SUL  COISCILIO  ECUMENICO  279 

mando  a  consiglio  tutti  i  Dollori  che  nelle  sacre  discipline  sono  piu 
rinomati,  ed  anche  de'loro  studii,  della  loro  scienza,  delle  loro 
disputazioni  ampiaraente  si  valgono. 

La  conoscenza  poi  dei  mali  de'  tempi  e  delle  persone,  a  cui  deb- 
ba  applicarsi  il  rimedio,  non  puo  essere  ne  piu  intima,  ne  piu  sin- 
cera.  Conciossiache  sono  essi  que'Pastori  medesimi,  i  quali  ban- 
no  passata  la  vita  in  mezzo  alle  greggi  crisliane  e  da  vicino  ne 
banno  riconosciulo  i  languor! ,  e  vi  hanno  apprestato  i  rimedii  sva- 
riali,  cbe  Cristo  lascio  in  deposito  alia  sua  Cbiesa.  Gli  errori  del 
mondo  li  hanno  sludiati  non  solo  sui  libri,  ma  nella  vita  degli  er- 
ranti ;  le  umane  perversita  le  banno  vedute  non  solo  nei  trattati, 
ma  imperversanli  nella  corruzione  del  secolo.  Sono  dunque  i  piu 
adatti  a  por  la  mano  sulle  vere  piagbe  degli  uomini  ed  a  curarle 
pietosameote.  Ne  v'ha  pun  to  a  temere  cbe  i  pregiudizii  della  mente 
e  le  passioni  del  cuore  debbono  aggirarli:  perocche,  lasciando  stare 
cbe  1'eta,  la  viiiu,  le  prerogative  di  quelli  cbe  compongono  un  Con- 
cilio, li  mettono  fuori  di  pericolo ;  la  varieta  delle  nazioni  da  cui 
provengono,  la  diversita  delle  indoli  onde  sono  dotati,  la  contrarieta 
degli  interessi  a  cui  temporalmente  vanno  suggetti;  fanno  si  cbe  per 
umane  ragioni  difficilmente  possano  convenire.  Laonde  quando  cospi- 
rano  in  un  medesimo  senso  e  parlano  con  voce  Concorde,  ivi  non  puo 
esservi  altra  ragione  cbe  la  forza  della  verita,  la  quale  li  abbia  pu- 
ramente  e  fortemente  soggiogati  ed  avvinti.  Dalle  quali  considera- 
zioni  si  fa  manifesto,  cbe  dove  essi  condannino  come  falsa  qualche 
doltrina,  come  erroneo  qualche  principle,  come  necessaria  o  giove- 
vole  qualebe  regola  disciplinare,  il  loro  parere  e  giudizio  e  di  gra- 
vissima  autoritA. 

II  che  avviene  non  solo  presso  i  cattolici,  i  quali  nelle  sentenze 
di  un  Concilio  scorgono  ben  altra  sapienza  che  non  e  1'umana,  ma 
persino  presso  quegli  elerodossi,  cui  Vodio  della  Cbiesa  romana  non 
f  ha  lolto  pienamenle  il  lume  dagli  occhi  ed  il  discorso  dalla  mente. 
Perocche  anche  questi  non  possono  non  vedere  che  quello  che  e  sen- 
tenziato  da  un  Concilio  e  pronunziato  da  giudici  affatto  autorevoli, 
e  pronunziato  con  pienissima  cognizione  di  causa,  e  pronunziato  dopo 
ampie  e  libere  discussioni  della  scienza,  e  pronunziato  coi  termini 
piu  assegnati  e  piu  giusti:  e,  dove  anche  non  sieno  disposti  a  sotto- 


280  BREVI  CENM  SUL  CONCILIO  ECUMENICO 

mettirvisi  per  quelle  difficollti  gravissime  che  s'  incontra  a  dichiararsi 
ingannati,  tuitavia,  se  non  sono  privi  altulto  di  quella  moderazione 
di  animo  che  debbe  apportarsi  nella  disaminsi  di  quistioni  da  cui  di- 
pende  non  solo  la  scienza  ma  1'eternita,  non  puo  fare  che  non  ne  ri- 
mangano  salutarmente  commossi.  Le  plebi  cristiane  poi  die  non  co- 
noscono  di  per  se  le  cose  piu  sotlili  e  non  possono  conoscerle,  hanno 
nella  bonta  della  vita,  neH'autorit^  del  grado,  nella  fama  della  sa- 
pienza  di  tanli  giudici  una  guarentigia  sicura  di  non  dover  essere 
ingannati  in  cosa  alcima  che  venga  loro  proposta:  e  quindi  gli  uni  c 
gli  altri  accogliendo  con  maggior  affetto  la  verita,  si  slaccano  piu 
prontamente  dagli  error!  propinati  dagli  Eresiarchi  e  dagli  screden- 
ti,  si  arrendono  piu  puramente  alle  riforme  che  loro  vengono  inti- 
mate ,  e  si  sottopongono  con  maggiore  quiete  d' animo  alle  delibera- 
zioni  che  sieno  prese  a  loro  riguardo. 

A  tuttocio  si  aggiunge  1'altro  preziosissimo  vantaggio  della  mag- 
giore sollecitudine,  che  per  1'occasione  di  un  Concilio  vicne  ad  ani- 
mare  i  Pastori  di  S.  Chiesa.  Le  risoluzioni  prese  da  una  lale  assem- 
blea  hanno  cerlo  tutto  il  loro  valore  di  per  se  stesse,  poiche  sono 
la  verita,  e  nulla  e  forle  quanto  la  verita.  Tuttam  come  la  verila. 
incojitra  molte  volte  gravissimi  ostacoli  ad  aprirsi  il  passo  negli  uma- 
ni  intelletti,  giova  moltissimo  a  farla  valere  e  tdonfare  nel  mondo 

10  zelo  di  chi  la  presenta  e  1'  inculca.  Ora  quello  che  e  opera  comu- 
ne  di  un  Concilio,  diventa  eziandio  opera  privata  di  ognuno  che  vi  e 
intervenuto:  percio,  come  ognuno  la  riguarda  siccome  cosa  propria, 
cosi  e  peculiarmente  infiammalo  a  farla  prevalere.  Gli  esempii  sareb- 
bero  innumerevoli  a  provarlo :  \agliami  1'allegarne  due  soli.  Dopoche 

11  Concilio  Efesino,  mantenendo  salda  la  doltrina  di  S.  Chiesa,  ebbe 
definite  essere  yera  Madre  di  Dio  la  Yergine  benedetta,  la  divozione 
a  Maria  gia.  si  estesa,  per  opera  di  que'  Pastori  medesimi  tornati  alle 
loro  greggi,  rifiori  di  un  culto  novello,  e  s'innalzo  una  moltitudine 
di  nuovi  templi  ad  onore  di  lei,  come  1'attestano  gli  storici  di  quei 
tempi.  Similmente  dopoche  il  Tridentino  per  V  istituzione  del  Clero 
ebbe  stanziato  Y  allevamento  dei  giovani  nei  Seminarii  appositamen- 
te  eretti ,  tutti  quei  Padri  tornati  alle  loro  Diocesi  li  fondarono  ed 
apersero  a  gara ,  con  quei  vantaggio  del  Clero  e  quindi  dei  popoli 
che  5  noto  al  mondo.  II  perche  e  manifesto  che  Y  opera  di  un  Con- 


BREVI  CENNI  SUL  CONCILIO  ECtMENICO  281 

cilio ,  tuttoche  non  necessaria  assolutamente ,  in  fmolti  casi  torna 
grandemente  giovevole,  sia  perche  ravvisa  meglio  i  danni  die  soffre 
la  Chiesa,  sia  perche  puo  apprestare  loro  un  rimedio  piu  efficace. 

IV. 

Qual  sia  il  fine  del  presente  Concilia. 

Dopo  indicate  qual  sia  in  genere  il  fine  dei  Concilii,  sarebbe  luogo 
di  ricercare  in  ispecie  qual  possa  essere  il  fine  del  Goncilio  presente. 
Noi  ne  dobbiamo  ne  vogliamo  investigare  irriverentemente  quello  che 
esso  sara  per  risolvere  o  definire ;  contentandoci  fin  d'  ora  di  sotto- 
porci  a  quanto  da  esso  verra  decretato ;  non  crediamo  pero  irreve- 
renza  il  considerare  alquanto  quello  che  lo  stesso  Yicario  di  Gesu 
Cristo  si  piacque  di  manifestarci.  «  In  questo  Concilio  generale,  di- 
ce egli  nella  sua  lettera  apostolica  di  convocazione,  si  dovranno  ac- 
curatissimamente  esaminare  e  stabilire  le  cose  che  prima  di  tulto 
riguardano  specialmente  in  questi  difficilissimi  tempi,  la  maggior 
gloria  di  Dio,  1'integrita  della  fede,  il  decoro  del  divin  culto  e  la 
eterna  salute  delle  anime  e  la  disciplina  del  clero  secolare  e  regolare 
e  la  istruzione  salutare  e  solida  dello  stesso  clero  e  1'osservanza  delle 
leggi  ecclesiastiche,  la  correzione  dei  costumi  e  la  cristiana  educa- 
caziorie  della  gioventu  e  la  comune  pace  e  concordia  di  tutti.  »  Ad 
intelligenza  delle  quali  gravissime  parole  e  da  sapersi ,  che  fin  dal 
secolo  XVI  1'eresia  luterana  gitto  nel  mondo  un  seme  perniciosissi- 
mo  di  errori,  oltre  ogni  genere  gravi.  Col  disconoscere  nella  Chiesa 
di  Cristo  rautorita  in  materie  religiose  e  sostituirvi  invece  1'arbitrio 
della  ragion  privata,  scosse  da  una  parte  1'  autorit&  piu  augusta  che 
fosse  al  mondo ,  e  spalanco  dall'  altra  la  via  a  qualsivoglia  errore. 
Gli  apologisli  piu  insigni  di  quei  giorni  videro  1'uno  e  1'altro,  e  argo- 
meutando  dai  principii  alle  conseguenze  predissero  che  un  giorno 
sarebbe  yenulo ,  in  cui  coll'  autorit&  religiosa  sarebbero  abbatlute 
tutte  le  autorita  politiche,  sociali,  domestiche :  e  che  il  predominio 
della  ragione'privata  in  fatto  di  religione  avrebbe  1'  un  dopo  1'  altro 
distrutti  tutti  i  dommi,  negate  tutte  le  verita,  schiantato  ogni  culto 
di  Dio,  lino  a  perdersi  nel  piu  lurido  ateismo. 


282  BREVI  CENNI  SUL  CONCILIO  ECUMENICO 

Or  questa  profezia  fatta  gia  dal  Bellarmino,  clai  Vallemburgesi, 
dal  Becano  e  da  altri  illuslri  apologisti,  noi  vediamo  presso  coloro 
che  adoltarono  que'  principii  pienamente  verificata.  Incominciata  la 
negazione  dall'autorita  della  Chiesa,  si  continue  nella  negazione  del- 
la  Gerarchia,  dei  Sacramenti,  della  necessita  delle  opere  buone, 
del  valore  dei  meriti  e  delle  sodisfazioni.  A  uomini  piu  arditi  parve 
poco  tuttocio,  ed  assalirono  i  misteri  piu  sagrosanti  della  Fede,  1'au- 
guslissima  Trinila  e  la  divina  Incarnazione.  Reggeva  ancor  salda  in 
mezzo  a  tante  rovine  la  divinita  della  Bibbia ;  ma  intaccata  prima  in 
questo  o  quel  libro,  fu  poi  rigettata  interamente,  e  quindi  con  uno, 
non  saprei  dire  se  piu  empio  o  piu  ingrato,  razionalismo  tulta  la  Ri- 
velazione  fatta  per  Gesu  Cristo  venrie  tolta  di  mezzo.  Pareva  che  1'i- 
niquita  con  questo  avesse  toccato  il  sommo:  ma  vi  restava  ancora  la 
divinity  da  assalire  sul  suo  stesso  trono,  ed  ognuno  sa  che  ai  di 
nostri  intere  scuole  di  bipedi  che  si  chiaman  filosofi,  come  i  mate- 
rialisti,  negano  sfacciatamente  1'esistenza  di  Dio  ;  ed  altri  moltissi- 
mi  arrrvano  allo  stesso  punto  con  maggiore  ipocrisia  ma  con  non 
minore  efficacia,  come  i  Panteisti  ed  i  Positivisti.  Quel  che  avveni- 
va  nell'  ordine  intellettuale  della  Religione ,  ebbe  la  sua  natural 
corrispondenza  nell'  ordine  pratico  della  vita.  Quindi ,  a  ma.no 
a  mano  che  scompariva  la  Fede ,  cessavano  di  essere  di  obbligo  le 
virtu  cristiane.  1  digiuni,  le  penitenze>  la  mortificazione,  la  pratica 
dei  consigli  evangelic!  nella  poverta,  castita  ed  obbedienza,  furono  i 
primi  che  cedettero  il  campo :  poi  le  stesse  virtu  umane,  come  1'umil- 
ta,  il  disinteresse,  la  modestia,  diedero  il  luogo  ai  vizii  contrarii,  cioe 
all'  amor  di  se  stesso,  al  principio  di  utilita,  a  quello  che  fu  chia- 
mato  riabilitamento  della  earner  onde  non  solo  la  bonta  soprannatu- 
rale  fu  rigettata,  ma  i  principii  stessi  della  morale  di  natura  ne  fu- 
rono grandemente  scossi  e  parecchi  di  loro  manomessi  e  calpestati. 
Questa  vastita  di  error!  intellettuali  e  pratici  poi  infettando  tutto 
1'uomo,  il  guasto  in  tutte  le  sue  relazioni  private  e  pubbliche,  dome- 
stiche  e  soeiali.  Da  essi  fu  corrotta  1'educazione  domestica,  che  fu 
un  aprire  una  fonte  d'  infiniti  disordini  in  seno  ad  ogni  famiglia :  da 
essi  venne  pervertito  1'insegnamento  sia  de'  Hcei,  sia  delle  Accade- 
mie,  che  fu  un  versar  a  torrenti  la  corruzione  in  seno  alia  societa. 
Bi  che  le  leggi  diventarono  empie,  le  amministrazioni  ladre,  i  Go- 


BHEYI  CENNI  SLL  CONCILIO  ECUMEMCO  283 

verm  atei ,  e  perduti  i  concetti  del  diritto  e  del  dovere ,  ogni  cosa 
rimessa  in  arbitrio  della  forza  brutale ,  con  quegli  sconvolgimenti 
material!  e  moral!  di  delitti,  di  empieta,  di  rivolture,  che  non  e  bi- 
sogno  d'  immaginare  perche  vediamo  cogli  occhi.  Ne  siffalti  mali  si 
restrinsero  ai  paesi ,  ne'  quali  il  Protestantesimo  ne  avea  gittato  il 
seme:  perocche  a  questi  tempi  colla  facilita  dei  viaggi,  colla  copia  dei 
libri  e  soprattutto  dei  giornali,  e  per  T  opera  molteplice  di  que'  per- 
versi  che  hanno  interesse  a  far  prevalere  1'errore,  le  dottrine  per- 
verse  si  sono  pur  troppo  diffuse  anche  nei  paesi  cattolici ;  e  dove  non 
kanno  potulo  far  accettare.tutta  una  teoria,  hanno  insinuato  un  prin- 
cipio,  dove  non  hanno  potuto  schiantare  al  tutto  la  verita,  1' hanno 
renduta  dubbiosa:  ond'&  che  non  pochi  cattolici,  e  tra  questi  anche, 
di  coloro  che  vanno  sotto  nome  di  buoni,  si  trovano  con  certe  mas- 
sime  in  capo  e  certi  affetti  in  cuore,  che  li  dimostrano  tutt'  altro  da 
quel  che  si  credono  di  essere.  Di  che  conseguenza  ultima  e  poi  la 
perdita  e  1'  indebolimento  della  fede  ,  oppure  il  decadimento  sejion 
la  perversione  del  costume,  da  cui  scaturisce  la  perdita  eterna  di 
anime  innumerevoli.  Or  a  tutti  questi  mali  la  Sede  apostolica  ha  op- 
posto  sempre  rimedii,  che  nella  sua  sapienza  ha  giudicato  i  piu  effi- 
caci,  e  molti  certo  coll'opera  sua  ne  ha  impedili,  ed  altri  o  menoma- 
ti  ed  attenuati,  o  ristretti  in  certi  confini.  Al  presente  pero  contro  si 
rea  piena  crede  spediente  di  ricorrere  a  quel  partito,  che  come  piu 
singolare  si  riserba  alle  maggiorl  necessita,  cioe  al  generale  Conci- 
lio  e  francamente  dichiara  i  fmi  per  cui  Y  ha  convocato. 

Le  grandi  Assemblee,  i  Congress! ,  i  Parlamenti  si  adunano  per 
trattare  i  grandi  affari  del  mondo :  la  Chiesa  cattolica  si  raccoglie, 
prima  che  per  qualunque  altra  cosa,  per  la  gloria  di  Dio  :  Quae  raa- 
iorem  Dei  gloriam...  respiciunt.  Perocche  come  la  divina  gloria  e 
il  fine  della  Creazione,  della  Redenzione,  della  Glorificazione  ;  cosi 
e  1'oggetto  a  cui  tiene  perpetualmente  rivolto  lo  sguardo  la  colomba 
immacolatff,  la  S.  Chiesa.  Che  cosa  saranno  per  dire  certi  mondani 
di  colesta  espressione  no!  non  sappiamo ;  ma  certo  il  miglior  parti- 
to per  loro,  posto  che  sventuratamente  non  la  intendano,  sarebbe 
il  tacere. 

La  gloria  divina  in  due  modi  singolarmente  si  procaccia,  coll'  h> 
tegrila  delle  fede  interiore,  colla  splendidezza  del  culto  anche  ester- 


284  BREVI  CENNI  SUL  CONCILIO  ECUMENICO 

no.  Quella  cattivando  1'  intelletto  in  ossequio  della  verita,  sommetle 
a  Dio  la  parte  piu  nobile  dell'  uomo  ;  questa  offrendo  coll'  ossequio 
dei  sensi  anche  i  beni  esterni,  tutto  quel  che  appartiene  all'uomo 
rende  tributario  alia  divinita.  Quindi,  dopo  la  divina  gloria,  a  quc- 
sto  dovii  rivolgere  i  suoi  pensieri  il  Concilio :  Fidei  integritatem  di- 
vinique  cultns  splendorem,  per  metterli  in  salvo  da  quegli  errori  che 
con  tanta  baldanza  e  protervia  si  diffondono  ai  di  nostri :  acciocche  si 
mantenga  intatta  nel  popolo  cristiano  quella  radice,  da  cui  debba 
germinare  1'  eterna  salvezza,  sempiternam  hominum  salutem. 

Ad  ottenere  il  detto  intendimento  ni.uno  v'  ha  che  non  vegga 
quanto  importa  la  scienza  e  la  bonta  del  clero,  sia  regolare  sia  seco- 
lare :  studii  adunque  il  Concilio  per  qual  modo  si  possa  preservarc 
dalla  malignita  dei  tempi  e  degli  uomini,  quale  istituzione,sia  letle- 
raria  sia  religiosa  meglio  convenga  ai  present!  bisogni,  e  come  si 
possa  confortare  nella  piet& ,  si  che  non  diventi  sale  infatuato ,  ma 
sia.invece  la  fiaccola  che  illumini  il  popolo  cristiano.  Utriusque  cle- 
ri  disciplinam,  eiusque  salutarem  solidamque  culturam.  AI  che  do- 
vrebbero  por  mente  certuni,  i  quali  credono  che  nei  Concilii  si  pensi 
unicamente  ad  aggravare  la  mano  sopra  dei  laici ;  quando  invece 
tutta  la  ecclesiastica  storia  dimostra  che  lo  scopo  del  Clero  nei  Con 
cilii,  quando  non  fu  Funico,  fu  sempre  uno  dei  precipui,  di  riforma- 
re  se  stesso  ritemprandosi  nel  fervore  della  propria  vocazione. 

Quanto  al  popolo  cristiano,  quattro  cose  sono  quelle  che  il  Conci- 
lio deve  procurare  principal  mente  secondo  sue  forze.  Yediamo  ogni 
giorno  piu  scadere  1'osservanza  delle  leggi  ecclesiastiche,  le  quali 
sono  pur  quelle  che  esternamente  ci  dimostrano  separati  dai  prote- 
stanti  ed  appartenenti  alia  vera  Chiesa :  dunque  di  queste  si  occupi 
primamente  il  Concilio.  Le  stolte  credenze  ingenerano  pur  troppo  la 
perversita  del  costume,  come  di  rincontro  la  perversita  del  costume 
rafforza  gli  errori  contro  la  fede:  dunque  il  Concilio  avyisi  i  mezzi 
piu  opportuni  pejr  introdurre  nel  popolo  la  costumatezza?  Alle  rifor- 
me  desiderate  nulla  concorre  piu  soayemente  e  potentemente,  che  la 
retta  istituzione  della  gioventu :  e  la  mancanza  di  questa  e  forse  la 
piaga  piu  grave  de'  nostri  tempi :  vegga  pertanto  il  Concilio  e  sluclii 
come  questa  si  possa  ottenere  nelle  circostanze  present!.  Da  ultimo 
el  teorie  novelle.della  nazionalita,  della  sovranita  popolare,  del  di- 


BREW  CENNI  SUL  CONCILIO  ECtMENICO  285 

ritto  moderno,  hanno  riempito  di  torbidi,  d'  inimicizie,  di  discordie 
i  Regni,  le  citta,  le  famiglie:  ebbene  il  Concilio  procuri  per  lulte  le 
\ie  di  ricoraporre  gli  animi  a  concordia  e  di  sbandir  le  cagioni  di 
tante  gare  ed  emulazioni :  Ecclesiasticantm  legum  observant-tarn, 
morwnque  emendationem  et  christianam  iuventutis  institutionem  et 
communem  omnium  pacem  et  concordiam.  E  a  restringer  lulto  in 
poco  «  con  impegno  intensissimo  si  deye  procurare  che  coiraiuto  di 
Dio  siano  rimossi  tutti  i  mali  dalla  Chiesa  e  dalle  civili  societa,  af- 
fmche  i  miseri  erranti  vengano  richiamati  al  retto  sentiero  della  ve- 
rita,  della  giuslizia  e  della  salute :  ed  eliminati  i  vizii  e  gli  errori, 
1'augusta  nostra  religione  e  la  salutifera  dottrina  di  lei  in  tutto  il 
mondo  riviva,  ed  ogni  di  piu  si  dilati  e  domini ,  sicche  la  pieta ,  la 
onesta,  la  probita,  la  giustizia,  la  carita  e  tutte  le  virlu  cristiane, 
con  somma  utilita  della  societa  umana,  prendano  Y-igore  e  fio- 
riscano.  » 

E  ben  vero  che  alcuni  di  quelli  che  si  credono  saputi,  perche  so- 
no  maligni,  si  faranno  beffe  degl'intendimenti  accennati  dal  S.  Pa- 
dre, e  diranno  che  sotto  cotesle  misticherie  un  Concilio  cova  ben 
altri  disegni:  ma  a  costoro  noi  risponderemo  brevemente  due  cose.  In 
primo  luogo  che  essi  errano  grandemente  nell'estimazione  dei  mez- 
zi:  conciossiache  a  cambiare  il  mondo  molto  maggior  valore  hanno 
la  giustizia,  la  moralita,  la  religione,  1'educazione,  di  cui  si  Iratla 
in  un  Concilio,  che  non  tutti  gli  spedienti  che  la  politica,  la  liloso- 
fia,  il  progresso,  la  civilta  possono  mettere  in  campo :  e  pero  quelli 
die  non  con  utopie  ma  con  isperanza  di  qualche  solido  effetto  vo- 
gliono  rimutare  il  mondo,  faranno  sempre  capo  a  quello  che  gli 
scredenti  chiamano  misticherie,  e  non  mai  a  quei  tranelli  che  si  pre- 
parano  tra  le  tenebre  ed  i  nascondigli.  I'  altra  cosa  e  che,  quando 
si  vogliono,  sotto  apparenze  mentite,  riordinate  le  fila  di  segreti  mi- 
steri,  si  fanno  le  adunanze  degli  scienziati,  dei  congressi  della  pace, 
o  degli  avvocati ,  o  dei  medici ,  o  della  statistica ,  o  dell'  agraria  o 
fin  degli  operai;  e  questi  si  tengono  a  Firenze,  a  Losanna,  a  Ginevra, 
a  Brusselle  od  a  Londra :  ma  non  si  tengono  mai  da  que'  vene- 
randi  personaggi  che^sono  i  Yescoyi ,  ne  si  raccolgono  in  una  citla 
qual  e  la  Roma  pontificate. 


I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

SCENE  STORICHE  DEL  1867 


XXXV. 

//  domani  di  Monte  Libretti. 

Lunga  e  penosa  trascorse  la  notte  agli  Zuavi  rinchiusi  nel  corpo 
di  guardia  dicontro  la  porta  di  Monte  Libretti.  Anche  di  gia  cessato 
il  fuoco ,  come  leggermente  ognuno  pensera,  nessuno  prese  sonno. 
Si  teneva  la  baionetta  incannata ,  e  il  futile  carico.  Sulle  ore  quat- 
tro  della  dimane  il  sergente  maggiore  Bach,  disperando  oggimai 
di  veder  giugnere  le  altre  colonne  comandate  a  Monte  Libretti, 
si  risolvette  di  ritornare  ai  quartieri  dond'  era  venuto.  Non  poteva 
immaginare  che  unnemico,  forte  di  oltre  mille  cornbaltenti,  si  fosse 
ritirato  da  munitissimo  castello  dinanzi  alia  sua  quadriglia,  e  con  si 
cautelato  spavento  da  mantellare  la  fuga  col  fuoco  vivo  di  tulta  not- 
te. Gl'  importava  adunque  di  partire  celatamente  per  non  esporre 
alia  vista  del  nemico,  in  guato  sulle  mura,  la  scarsita  delle  sue  for- 
ze,  e  sopra  tutlo  per  trasportare  con  sicurezza  i  suoi  feriti,  cui  non 
voleva  lasciare  in  balia  di  nemici  spietati  e  senza  legge. 

Pertanto  si  diede  a  cercare  T  uscita  di  dietro  alia  casa.  Si  smu- 
rarono  per  forza  di  baionetta  alcuni  rocchi  della  parete  rimpetto  la 
porta,  e  vi  si  aperse  una  breccia  sufficiente  ,  per  la  quale  saltarono 
giu  uno  dopo  T  altro  i  sani,  e  si  collarono  gt  infermi.  Qui  fu  dolo- 
roso  e  crudele  il  caso  di  un  prode  lussemburghese ,  di  nome  Uber- 


XXXV.  IL  DOMANI  DI  MONTE  LIBRETTI  287 

10  Mercier.  Egli  era  caporal  ranciere,  1'onore,  la  dirittura,  1'inlc- 
grita  in  persona,  onde  i  camerati  chiamavanlo  papa  Mercier.  Le 
palle  nemiche  gli  aveano  orribilmente  sfracellato  una  coscia,  men- 
tre  egli  sulla  porta  della  caseita  per  forse  venli  minuti  rispondeva 
alia  fucileria  delle  mura.  Fu  ricolto  di  sotto  il  fuoco  e  adagiato  so- 
pra  giaciglio  di  pelli  d'  animali ,  che  per  ventura  si  trovarono  nel 
luogo.  Nuotava  nel  suo  sangue,  e  lo  spasimo  davagli  ad  ora  ad  ora 

11  delirio,  ma  appena  rinsensato  ripigliava  la  preghiera  pei  morti 
della  giornata.  Si  risovvenue  ancora  di  rendere  i  conti  del  danaro 
della  compagnia,  che  gli  era  affidato.  II  disagio  e  il  fieddo  rincru- 
dirono  nella  notte  il  suo  strazio,  e  al  momento  della  partenza  tre 
volte  fu  levato  in  ispalla  dal  sergente  Bach  per  trasportarlo,  e  tre 
volte  svenne.  Allora  prese  partito  di  rimanersi  a  discrezion  dei  ne- 
mici ,  e  con  tenero  addio  accommiato  i  compagni  pel  loro  destino. 
Quivi  mori  dopo  due  ore,  assistito  solo  dal  suo  buon  Angelo,  e  da 
un  pietoso  borgese,  che  il  trov6  tuttavia  con  uno  spiro  di  vita  e 
cerco  addolcirgli  le  ultime  agonie. 

II  drappello  del  Bach  si  pose  in  marcia  per  Monte  Maggiore.  In- 
tanto  gia  vi  era  stato  preceduto  dalla  squadra  del  sergente  La  Be- 
gassiere,  la  quale  mosse  da  Monte  Libretti  allorche  il  Bach  si  fu  rin- 
chiuso  nel  suoridotto,  ed  era  giunta  tra  le  nove  e  le  dieci  della  sera. 
Appunto  in  quell'  ora  il  Comandante  del  posto  con  un  ufficiale  e  col 
cappellano  divisavano  ansiosi  della  fortuna  delle  tre  colonne  spe- 
dite  contro  Monte  Libretti ,  e  non  sapevasene  altra  novella ,  che 
qualche  colpo  di  fuoco  udito  in,quella  direzione :  quand'ecco  si  an- 
nunzia  1' arrive  di  un  Zuavo  ferito.  Era  il  trombetto  Mimmi,  che  veg- 
gendo  il  P.  Ligiez:  «  Padre  mio,  esclama  singhiozzando,  il  nostro 
buon  tenente  Guillemin  e  morto !  »  E  1'  eroico  garzone  non  si  ricor- 
dava  della  sua  mano  da  cui  troncate  erano  quattro  dita ! 

Dopo  il  messaggero  arrivo  larimanente  brigata,  tra  i  quali,  nove 
feriti,  sorretti  dai  camerati.  Bisognava  vedere  que'  Legionarii  fran- 
cesi  attorno  ai  gloriosi  reduci  di  Monte  Libretti :  i  letli  dello  Stato 
Maggiore  furono  aggiudicati  ai  feriti ,  e  chi  non  pot&  averne  uno 
compiuto  n'ebbe  un  materasso  o  un  saccone ;  i  soldati  cedevano  al- 
legramente  i  loro  stramazzi  di  paglia  ai  nuovi  ospiti,  ciascuno  si  in- 


288  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

dustriava  a  far  da  infermicre,  sfasciare  le  ferite,  lavarle,  governar- 
le,  tulti  erano  infaccenda  di  prestare  servigio.  Precedeva  coll'  esem- 
pio  il  Comandante,  capitano  Carlhian,  e  il  suo  Tenente,  tuttiin  aiu- 
tare  e  festeggiare  i  Zuavi ,  dare  ordini  per  la  refezione,  spedire  pat- 
luglie  a  raccorre  i  feriti  che  indugiavano,  e  far  trombare  tulto  in- 
torno  per  avviso  di  chi  non  conoscesse  il  cammino. 

Fu  notte  piena  di  lutto,  ma  di  lutto  sereno  e  forte,  consolato  dalla 
carit£  cristiana  e  non  dai  freddi  provvedimenti  di  un  ospedale  di  cam- 
po,  e  sopra  ogni  altra  cosa  irradiato  dalla  gioia  di  aver  compiuto  ono- 
ratamente  al  dover  di  Crociato.  Era  poi  bello  a  udire  quei  forti,  im- 
memori  di  se  stessi,  non  rimpiangere  altro  che  i  loro  amid  estinti, 
nel  tempo  stesso  che  li  chiamavan  beati  e  martiri  della  Religione. 
Nobile  sergente  Raffaele  Du  Bouays  di  la  Begassiere!  Si  era  battuto 
come  un  Hone  a  fianco  del  suo  ufficiale  di  Quelen ;  in  tre  formida- 
bili  assalti  aveva  recata  la  morte  tra  le  file  dei  nemici,  aveva  ucciso 
di  sua  mano  il  feritore  di  lui:  ma  nel  feroce  contrasto  ebbe  squar- 
ciato  il  braccio  da  una  baionettata,  che  gli  tolse  di  vedere  il  fine  del 
suo  amico.  Non  poteva  darsi  pace,  e  non  sopra  se,  ma  solo  sopra 
lui  lamentavasi  cordoglioso.  Quanto  bene  gli  splende  sul  petto  f  in- 
segna  cavalleresca,  onde  il  fregio  Pio  IX !  Con  quanto  plauso  fu  sa- 
lutato,  cinque  giorni  dopo  la  sua  ferita,  allorche  il  maggiore  di 
Troussures  gli  porto  allo  spedale  di  Santo  Spirito  il  diploma  di  uffi- 
ciale! Non  sapevasi  ben  distinguere,  se  piu  fosse  la  gioia  di  chi  re- 
cavalo,  o  di  chi  lo  riceveva. 

Un  giovane  Olandese ,  nel  furore  della  mischia  non  avea  veduto 
la  morte  del  Guillemin,  e  penava  a  credere  a'  suoi  compagni.  Ne 
dimand6  piu  sicure  novelle  al  Cappellano  :  «  Padre ,  e  vero  che  ci 
hanno  ucciso  il  nostro  Tenente?  han  proprio  ucciso  il  Guillemin? 
Ah,  se  e  cosi  io  torno  a  Monte  Libretti,  e  lo  vendicherd  di  mia  ma- 
no.  »  E  fuori  di  se,  dava  di  piglio  alia  carabina ,  voleva  uscire  in 
campagna,  non  importandogli  di  morire,  purche  fosse  punito  1'assas- 
sino  del  suo  amato  Comandante:  e  solo  il  freno  della  disciplina  pole 
rattenerlo.  Un  altro,  il  belga  Serie,  non  Toleva  essere  contato  tra  i 
feriti ,  «  perche ,  diceva  esso ,  non  potrei  piu  battermi.  »  II  prode 
Nouguier ,  marsigliese  e  veterano  delle  guerre  di  Africa ,  sebbene 


XXXV.  IL  DOMANI  DI  MONTE  LIBRETTI  289 

ferito  al  capo  ,  al  braccio  destro ,  e  perdute  due  dita  della  mano  si- 
nistra ,  se  n  era  tomato  a  piedi  senza  cedere  altnii  la  sua  carabina. 
Ai  rallegramenti  del  Legionarii  suoi  patriolti  rispondeva :  «  Quei 
Tili !  mi  hanno  lasciato  entrare  tre  volte  nella  porta,  e  non  mi  han- 
no  fmito  !  »  Un  altro,  ferito  parimente  in  testa,  interrogate  come  se 
ne  sentisse :  «  Male,  rispose;  ma  domani  torneremo  da  capo.  » 

All'  alba  seguente  il  Cappellano  celebro  il  Sacriiicio  pei  morti  di 
Monte  Libretti,  e  vi  assisteltero  i  superstiti.  Gli  ministrava  all'al- 
tare  un  Olandese ,  diguazzatosi  bravamente  dai  segni  della  batta- 
glia :  era  un  ex  seminarista,  che  fornita  la  ferma,  e  gia  sul  punto 
di  ripigliare  la  filosofia ,  aveva  chiesto  in  grazia  un  soprastamen- 
to,  per  non  perdere  il  buon  destro  di  fare  di  carabina  a  onor  di 
S.  Pietro :  cherico  e  soldato,  soldato  e  cherico  a  vicenda ,  nell'  uuo 
e  neir  altro  ufficio,  eccellente.  Intanto  faceva  Y  ora  di  scendere  alia 
stazione  di  Corese,  per  quindi  ritornare  alle  stanze  di  Monte  Roton- 
do,  di  dove  il  di  innanzi  eransi  partiti ;  la  gloriosa  squadriglia  si 
attelava  dinanzi  alia  caserma,  co'  suoi  feriti  da  mandare  a  Roma  per 
ferrovia,  e  i  Legionarii  davano  loro  il  fraterno  addio :  quand'  ecco 
spuntare  la  brigata ,  che  aveva  passato  la  nolte  sul  campo  nemico. 
Fu  accolta  con  festa  smisurata. 

E  certo  porgeva  di  se  sublime  spettacolo  quel  pugno  di  veri  ca- 
valieri  crociati :  affumati  le  mani  e  il  volto,  colle  vesti  lacere  e 
strambellate,  smarriti  i  berretti,  strappato  il  corredo,  le  daglie  gru- 
mate  di  sangue ,  spezzate  o  scavezze  le  armi.  Un  belga ,  de  Pauwo, 
aiuto  cuoco  della  compagnia  riportava  il  suo  stutzen  piegalo  in  due, 
e  i  camerati  motteggiavanlo,  perche  si  fosse  battulo  coll'  arco  e  non 
col  moscbetto :  il  vero  si  e  cbe  s'  era  battuto  colla  clava.  Alia  testa 
loro  marciava  deguamente  il  sergente  maggiore  Aloisio  Bach.  Ave- 
va di  sua  mano  morti  o  feriti  sette  od  otto  nemici,  a  palla,  a  baionet- 
ta,  a  calcio  di  fucile ;  si  era  azzuffato  a  corpo  a  corpo  tante  volte,  che 
ne  riportava  cincischiata  e  scheggiata  dalle  punte  nemiche  tulta  la 
cassa  dello  schioppo ,  e  le  vesti  sue  non  erano  insanguinate  solo , 
ma  parevano  tinte  in  un  bagno  di  sangue.  E  pure,  mirabile  a  dirsi, 
non  aveva  tocco,  non  che  una  ferita,  neppure  una  leggerissima  seal- 
ra.  Un  illustre  Porporato ,  conoscente  della  famiglia  di  lui ,  gli 
erie  VU,  vol.  IV,  fasc.  447.  19  27  Ottobre  1868. 


290  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

disse  un  giorno :  «  Cotesta  e  grazia  prodigiosa,  dovuta  alle  preghiere 
di  vostra  madre.  » 

II  Bach  chiedeva  un  soccorso  per  ritornare  a  Monte  Libretti  : 
ma  fugli  comandato  di  tornare  co'  suoi  agli  alloggi.  Appena  vi 
fu  tempo  di  dare  il  primo  governo  alle  ferite  del  novellamente 
sopraggiunti;  e  poi  questi  entrarono  nelle  file  della  compagnia 
loro :  il  Bach ,  come  se  fino  allora  avesse  riposato,  ne  prese  il 
comando,  e  ordino  la  marciata.  Alia  stazione  di  Corese,  i  passeg- 
geri  trascorrenti  da  Roma  a  Terni  li  videro  con  maravigh'a  schie- 
rati  in  ordine  di  difesa ,  colla  sentinella  avanzata  verso  Ponte  Core- 
se ,  aspettare  il  convoglio  per  Monte  Rotondo  e  Roma.  Dimandava- 
no:  —  Che  e  cotesto?  —  Perche  i  Zuavi  costl?  —  Donde  tanti  fe- 
riti?  —  Qualche  acciacco  dev'essere  stato.  —  Un  viaggiatore ,  a 
noi  ben  noto,  smonto  e  fu  a  prender  lingua  coi  sergenti,  e  ne  riporto 
le  gloriose  novelle  ai  compagni ,  e  poco  dipoi  in  varie  citta  d'  Italia, 
che  quella  scarsa  compagnia  di  prodi  aveya  assaltato  ne'  suoi  trin- 
ceamenti  ben  oltre  mille  Garibaldini ,  e  fattone  macello ,  e  campeg- 
giato  sul  terreno  conquistato.  II  che  servi  non  poco  a  smorzare  la 
galloria  vittorieggiante  del  buon  Menotti,  che  rifuggito  da  Monte  Li- 
bretti a  Nerola ,  quinci  scriveva  a  grande  agio  i  suoi  telegram  mi 
fulminei  e  spacciava  bullettini  laureati. 

A  Monte  Rotondo  i  Zuavi  ebbero  nuova  ovazione.  Perciocche  cola 
giunse  il  di  seguente  il  inaggiore  diTroussures,  un  cayaliere  all'an- 
tica  e  giusto  estimatore  del  valore  ond'  e  egli  stesso  modello  com- 
plito  ,  e  con  lui  un  corpo  di  rinforzo.  Non  e  a  dire  quali  feste  egli 
facesse  ai  reduci  di  Monte  Libretti ,  e  con  quanta  avidita  ne  Yolesse 
sapere  i  piu  minuti  particolari.  Egli  giubilava  sopra  tutto  dell'  eroi- 
ca  fierezza  di  quel  manipolo  d'  invitti,  che  tutta  jiotte  avevano  man- 
tenuta  la  posta  sotto  le  mura  e  pressoche  sotto  il  fuoco  nemico ,  e 
terminate  con  tanta  gloria  un'  impresa  cominciata  con  un'  audacia , 
che  toccava  della  temerita.  Voile  che  i  soldati  ne  facesserx)  allegria, 
e  si  ristorassero  lautamente  ,  e  pero  loro  aperse  largamente  la  pro- 
priaborsa:  quanto  alBach  poi,  oltre  a  colmarlo  di  elogi  nel  Rap- 
porto  coi  sergenti,  il  convito  alia  mensa  degli  ufficiali,  e  la  fecegli 
ridire  i  casi  della  formidabile  lotta.  Non  pago  di  cio,  ne  parlo  agli 


XXXV.  IL  BOMANI  DI  MONTE  LIBRETTI 

altri  ufficiali  superior!  di  Roma  e  al  Ministro  clelle  Armi.  II  Kanzler, 
che  di  bravura  si  conosce,  disse  ad  un  eminentissimo  personaggio  : 
«  Se  si  trovera  chi  racconti  degnamente  questo  fatto,  il  nome  del 
Bach  risonera  per  tutla  Europa.  »  Breve,  tra  pochi  di  il  Sergente 
maggiore  deponeva  il  fucile,  logorato  a  Monte  Libretti,  e  prendeva 
la  spada  di  ufficiale  ;  e  il  maggiore  di  Troussures  gliene  recava  il 
breve,  segnato  dal  Ministro,  colle  sue  gratulazioni  e  colla  benedizio- 
ne  di  Pio  IX.  Sugli  altri  commilitoni  cadde  una  pioggia  di  onorate 
medaglie  e  di  parecchi  cavalierati ;  ne  si  poteva  agevolmente  trova- 
re  piu  degni  petti  a  riceverla  e  phi  meritevoli. 

Ne  mancarono  tra  le  gioie  nrilitari  i  festeggiamenti  religiosi.  Mon- 
signore  Daniel  celebro  la  messa  in  azione  di  grazia  pel  felice  succes- 
so  della  fazione :  e  il  cappellano  P.  Yincenzo  Yannutelli,  che  aggra- 
vate da  breve  malore  non  aveva  potuto  con  suo  alto  rincrescimento 
seguitare  la  colonna  in  campagna,  raccolse  diligentemente  le  parti- 
colari  notizie  dei  caduti  in  battaglia,  ne  raccontolelaudi,  e  conchiu- 
se:  «  Pensando  a  loro,  piu  e  la  gioia  ch'io  sento,  che  il  dolore :  essi 
sono  in  cielo.  »  E  bene  era  diritto.  S.  Bernardo  chiama  altamente 
Martiri  i  morti  per  Terra  Santa ;  e  S.  Luigi  re  di  Francia  appellan- 
do  i  suor  ufficiali  ad  esequiare  gli  estinti  della  Crociata,  diceva: 
«  Andiamo  a  seppellirei  Martiri  di  Gesu  Gristo.  »  E  i  nostri  avean 
tratto  esempio  dai  commilitoni  di  S.  Luigi :  anch'essi,  giusta  il  con- 
siglio  del  gran  Siniscalco  e  compagno  del  santo  Re,  sire  di  Joinvil- 
le,  avevano  riconfortate  Tanime  loro  coi  celestiali  balsami  della  pe- 
nitenza:  tanto  che  il  loro  comandante  Guillemin  nell'animarli  nell'as- 
salto,  pole  dir  loro :  «  Yoi  siete  tutti  in  grazia  di  Dio:  non  li  conta- 
te;  cadranno  nelle  nostre  mani.  »  Egli  solo,  forse  il  solo  tra  tutti > 
non  si  era  confessato,  per  che  di  secente  sacramentatosi,  or  a  non 
avrebbe  saputo  che  dire :  cosi  parlo  egli  prima  di  partire  alia  testa 
de'  suoi ,  nel  chiedere  la  benedizione  del  sacerdote.  Degno  coman- 
dante di  Crociati  I 

Marciavano  alia  battaglia,  altri  coi  rosarii  al  collo,  altri  collo  sca- 
polare  del  Carmelo  sul  petto ,  altri  col  cordone  di  S.  Francesco  alia 
vita,  appunto  come  il  modello  dei  Crociati,  S.  Luigi,  e  come  descrive 
se  stesso  il  terziario  Dante  Alighieri.  Conqueste  insegne  della  pi 


292  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

furono  rinvenute  le  salme  benedette  del  loro  morti,  dissolterrate  dopo 
sei  mesi.  Cosi  fu  trovalo  Francesco  Martinaggi,  native  di  Tavera  in 
Corsica,  che  non  senza  acerbo  dolore  dei  compagni  erasi  dovuto  ab- 
bandonare  boccheggiante  sul  campo  della  sua  gloria :  era  ferito  co- 
me i  valorosi,  in  mezzo  al  pelto.  Cosi  apparverolreOlandesi,  Goti- 
fredo  Van  Ravenstein,  Antonio  Bongenaar,  e  Giovanni  Crone,  uno  dei 
nomi  piu  popolari  ora  nella  patria,  e  il  cui  sangue  pareva  tuttavia 
correre  vermiglio  dall'ampia  ferita  del  capo.  L'atleta  Pietro  Jong  fti 
riconosciuto  anch'esso:  aveva  il  petto  trapassato  e  scerpato  dalle  ba- 
ionelte,  la  capigliatura  bionda  e  intalta,  ed  era  stato  deposto  col  vi- 
so  verso  il  cielo.  Pur  coi  segni  della  religione  furono  ravvisali  tre 
belgi,  Uberto  Mercier  del  Lussemburgo,  Leopoldo  de  Coester,  e 
Odoardo  de  Roeck:  Odoardo,  che  nato  povero  contadino,  lascio  1'a- 
ratro  pel  fucile  per  impeto  di  valore  cristiano,  due  anni  mililo  esem- 
plare  di  pio  Crociato,  e  mori  combattendo  a  fianco  del  suo  amato  te~ 
nente  Guillemin,  di  cui  era  ordinanza,  e  nella  tomba  ancora  gli  stet- 
te  per  lunghi  mesi  a  lato.  Alfredo  Collingridge  nonfufcepolto  a  Mon- 
te Libretti :  ma  a  suo  luogo  lo  ritroveremo. 

Solo  del  beneventano  Domenico  Ciarla  non  fu  rinvenuto  il  cadave- 
re:  ma  per  sua  gloria  non  peritura  sappiamo  ,  che  egli  non  faceva 
parte  della  compagnia,  allorche  questa  parti  per  la  fronliera,  e  pure 
a  forza  di  prieghi  impetro  dal  tenentecolonnello  di  Charette ,  di  po- 
terla  accompagnare.  Cosi  scambio  1'ufficio  che  tenevadi  sartore  nel- 
la compagnia  di  maestranza,  coi  pericoli  della  campagna;  efu  udito 
dire  in  partendo:  «  Cessero  quando  saro  morto  io,  ovvero  I'ultimo 
degrinvasori.  »  Ne  fu  vano  millanto,  poiche  come  vedemmo,  cadde 
il  primo  alia  testa  dell'  assalto.  II  di  vegnente  fu  trovato,  tuttavia 
palpi tante,  da  una  masnada  di  scorridori  garibaldini:  e  quei  vigliac- 
chi  il  finirono,  squarciandogli  il  ventre.  Cosi  raccontarono  le  genti 
del  luogo. 

Per  la  intelligenza  di  questa  apparizione  di  bande  garibaldesche 
presso  Monte  Libretti,  e  da  rifarci  alquanto  addietro,  e  toccare  in  bre- 
ve dei  successi  loro,  come  del  campo  zuavo  abbiamo  fatto.  Non  e  pos- 
sibile  a  descrivere  il  disordine  che  regnava  entro  le  mura,  non  solo 
pendente  il  conflitto,  ma  fin  da  prima,  al  ferale  annunzio  della  com- 


XXXV.  IL  DOMANI  DI  MONTE  LIBRETTI  293 

parsa  del  Pontificii.  Una  circostanza,  indiffcrentc  per  se,  lo  accrebbe 
in  modo  arcano  e  pauroso.  Scoccavano  in  quel  punto  le  ore  ventitre 
all'orologio  del  Comune,  e  vi  fu  chi  grido  essere  cotesto  il  segnale 
convenuto  Ira  i  tenieri  di  dentro  e  i  Zuavi  di  fuori ,  di  dare  addosso 
ai  Garibaldini.  Lavoce  serpeggio  come  scintilla  di  folgore,  e  fucre- 
duta ;  perche  i  crudeli  trattamenti  usati  alia  terra  troppo  ne  davano 
ragione.  Quindi  un  gittarsi  sulle  arrai  precipitoso,  e  discorrere  chi 
qua  chi  la  all'impazzata,  altri  a  nascondersi,  altri  a  far  testa,  tutti 
a  strepitare  e  minacciare  come  energumeni  di  trarre  vendetta ,  e 
del  preti  e  dei  magistrati  fare  strazio  inesorabile. 

Ma  1'incalzare  dell'assako  ne  tolse  loro  il  pensiero  e  il  tempo. 
Gli  ufficiali  slessi  dello  Stato  Maggiore  di  Menotti  non  sapevano  al- 
tro  farcche  gridare  a  tutti :«  Fuori,  fuori !  all'armi!  airarmi!» 
Intanto  i  posti  avanzati  erano  inviluppati  e  Y  impeto  dei  Zuavi  piom- 
bava  sul  villaggio:  il  Comandante  generate  non  si  avanzo  oltre  la 
porta  per  sostenere  il  borgo,  che  avrebbe  presentato  una  mirabile 
posizione  di  difesa  1 :  il  maggiore  Fazzari,  che  aveva  osato  varcare 
la  soglia,  era  caduto  ferito  e  prigioniero  :  il  suo  battaglione,  che  era 
la  cletta  delle  forze,  era  stato  a  furore  di  ferro  e  di  fuoco  rigettato:  e 
la  fudleria  delle  case  ridotta  al  silenzio :  solo  a  grande  stento  si  era 
riuscito  a  chiudere  la  porta,  ne  forza  di  minacce  o  d'  improper ii  era- 
no  bastati  a  Menotti  per  ispingere  i  suoi  ad  investire  quel  branco  di 
lioni  piantatosi  in  guardia  al  di  fuori :  non  rimaneva  altro  a  tenta- 
re,  fuorche  la  ritirata,  prima  che  i  Pontificii,  ricevuto  rinforzo,  gli 
recassero  piii  irreparabile  sciagura.  E  cosi  fu  falto. 

«  Escono  in  tumulto  (parla  lo  storico  titolato  della  garibalderia), 
;in  confusione,  come  i  volontarii  (garibaldini)  quando  si  ritirano, 
dal  lato  di  settentrione  verso  Nerola  (doe  dallato  opposto  alia 
guardia  zuavd)  lasciando  in  preda  a  un  nemico  battuto  (e  come!} 
stupilo,  temente  di  trovare  in  quella  sparizione  un  agguato,  i  feriti , 
la  cassa,  i  cavalli ,  i  bagagli,  le  carte,  tutto  quanto  possedevano. 
Erano  circa  seicento  uomini  (1200,  per  lo  meno}...  che  si  ritirava- 
no  davanli  ad  ottanta  uomini ,  era,?diciamo  la  parola,  una  fuga  da- 

,  Nuova  Antol  Marzo  1868,  p.  561. 


204  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

vanti  un  fantasima.  Noi  siara  cerli  che  il  giovane  e  prode  colonnello 
(Menotti)  fara  pro  delle  lezioni  del  padre  e  della  sperienza  toccata, 
per  non  ricadere  piu  nelle  insidie  delle  proprie  allucinazioni  1.  » 

A  nostro  modo  di  avvisare,  erra  il  Guerzoni ;  e  Menotti  Garibaldi 
scelse  rottimo  de'partiti.  Gli  era  imperiosa  necessita  cercare  sicuro 
rifugio  alia  sua  truppa,  rassettare  le  compagnie  scemate  di  numc- 
ro,  rifare  gli  ordini  scompigliati  tulti  e  disfatti,  e  quello  che  piu 
era,  dare  a  ciascimo  agio  di  riaversi  dal  terrore  cieco,  ond'erano 
sbalordili  e  costernati ,  senza  di  che  sarebbe  riuscito  impossibile 
ricondurli  al  fuoco,  se  una  sola  compagnia  di  Zuavi  fosse  compar- 
sa.  II  Guerzoni  non  vide  quella  accozzaglia  rimescolata  e  senza 
ireno,  non  ne  misuro  lo  sbigottimento  e  la  disperazione,  egli  che  di 
qtiei  di  godevasi  la  sicurezza  del  suo  nascondiglio,  adagiato  di  tutti 
i  conforti  della  vita,  mentre  teneva  mano  ai  sicarii  e  agl'incendiarii 
di  Roma.  Ma  chi  ci  si  trovo  tra  mezzo  (i  terrazzani  e  i  prigionieri 
garibaldini),  e  ce  ne  diede  ragguaglio,  ci  assicurava  che  lo  sgomen- 
to  fu  tale,  che  durante  1'attacco  molti  la  dettero  pei  cam  pi  e  per  le 
macchie,  lasciando  le  robe  loro  non  che  la  mensa  gia  imbandita. 
Nelle  ventiquattr'ore  seguenti  circa  trecento  Garibaldini  avean  git- 
tale  le  armi  e  provveduto  a  se  colla  fuga.  Partivano  alia  spicciolata, 
a  nodi,  a  intere  bande,  imprecando  alia  loro  mala  ventura,  e  male- 
dicendo  i  loro  caporioni,  e  chiamandosi  altamente  traditi.  —  Ci 
avean  detto  e  ridetto,  che  il  paese  ci  accoglierebbe  col  suono  delle 
^ampane  a  gloria,  che  i  mercenarii  volterebbero  le  spalle  alle  pri- 
me fucilate :  ed  ecco  come  fuggono!  Non  e  guerra  d'uomini!  si  bat- 
tono  come  le  tigri !  a  questo  modo  non  ci  si  puo  discorrere  I  — - 

Cotali  doglianze  erano  in  bocca  di  tutti  i  Garibaldini  fatti  prigioni. 
E  non  dei  fantaccini  solamente,  ne  solo  dopo  il  fatto  di  Monte  Libret- 
ti. L'abbiamo  inteso  da  chi  le  udl  da  un  medico  garibaldese  (non  ci 
seppero  dire  il  nome)  che  sulla  pubblica  piazza  di  Viterbo  gridava 
onta  e  infamia  sopra  Garibaldi  e  i  suoi  arrolatori,  pel  tradimento 
fatto  a  tanta  gioventu,  tranellandola  coll  a  lusinga  di  avere  ad  in- 
contrare  rose  e  fiori  invece  di  piombo  e  ferro.  II  colonnello  Catta- 


llvi. 


XXXY.  IL  DOMANI  DI  MOSTE  LIBRETTI  295 

bene  se  ne  dolse  egli  pure  amaramente  a  chi  ce  Io  riferiva,  allor- 
che  ebbe  saggiato  i  Pontificii.  Non  s'  incolpi  adunque  Menolti  di 
esscrsi  ritirato  da  Monte  Libretti  dinanzi  alle  ombre,  mentre  i  suoi 
in  tanto  scompiglio  arruffati  lo  abbandonavano,  ed  egli  per  tutto  il 
giorno  seguente  dovette  carreggiare  i  feriti  a  Nerola,  e  travagliarsi 
a  rawiare  le  smarrile  ordinanze. 

Ouello  di  che  si  de'  dar  biasimo  al  Menotti,  si  e  1'  insipiente  or- 
dine  del  giorno  da  lui  segnato  a  Nerola :  ordine  che  dovette  destare 
riso  e  scherno  presso  i  suoi  volontarii.  Come?  eran  fuggiti,  piu 
che  ritiratisi,  fuggiti  di  notte,  senza  guardare  altro  ordine  che  quel- 
lo  dei  montoni  che  escon  dal  chiuso,  gittando  a  rifascio  ogni  cor- 
redo  e  fin  la  cassa  militare;  e  s'udivano  intronare  Torecchio  con  un 
fragoroso:  Compagni  d'armi,  ieri  vincemmol  Non  V  era  parola  di 
senso  in  quel  lungo  ditirambo,  fuorche  il  tratto  in  cui  si  inculcavano 
gli  obblighi  del  soldato  in  faccia  all'  inimico :  ordine,  disciplina, 
obbedienza:  cose  tutte  eccellenti,  e  che  essendo  fallile  interamente, 
avevano  costretto  il  Condottiere  a  scrivere  il  bando  della  vittoria, 
fuggiasco  dal  campo  della  battaglia.  Yero  e  che  T  ordine  del  giorno 
era  piuttosto  scritto  per  giornalisti  del  partito,  che  pei  soldati  sotto 
Tarmi.  Al  Guerzoni  non  dette  Tanimo  di  riportarlo  :  forse  gli  do- 
yette  sembrare  ridicolo  oltre  al  comportabile. 

S'  inganno  pure  il  Guerzoni  nella  susseguente  istoria:  c<  Gli  Zuavi 
occuparono  nella  nolle  lo  sgombrato  paese,  ma  alia  lor  volla  impau- 
riti  da  non  sapremmo  quale  spettro,  la  mattina  collo  stesso  precipi- 
zio  dei  Garibaldini,  lasciando  tullo  Tacquistato  bottino,  corapresi  i 
prigionieri  e  i  loro  guardiani,  si  ritirarono.  Menotti  il  di  seguente 
manda  una  compagnia  a  riconoscere  Monte  Libretti,  la  quale  trova- 
tolo  totalmenle  abbandonato  dal  nemico,  ricupera  tutto  il  perduto, 
libera  i  prigionieri,  ne  fa  al  nemico  e  riporta  in  trionfo  a  Nerola  il 
ferito  Fazzari  l.  » 

Accadde  tutto  1'opposto:  giacche  il  drappello  del  Bach,  partendo 
al  muttino  non  contava  piu  di  14  uomini,  abili  all'  armi,  e  quest! 
appena  bastavano  per  convogliare  i  feriti.  Oltreche,  troppo  sarebbe 


llvi. 


296  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

stato  imprudente  a  immaginare  die  i  Garibaldini  avessero  intera- 
mente  sgombralo  il  paese.  Non  s'  impaccio  pertanto  di  rioccuparo  il 
castello.  Ben  vi  restarono  Ire  Pontificii,  che  il  Bach  non  pote  ri- 
chiamare  all'  insegne ,  avendo  essi  durante  la  nolle  cambiato  posi- 
zione.  Erano  i  tre  custodi  del  Fazzari  e  clegli  altri  prigioni,  cioe  un 
trombetta,  un  gendarme  e  1'intrepido  Ignazio  Krome  paderbonese. 
Quei  franchi  petti  di  militari  non  ismisero  1'avuta  consegna,  e 
aspettavano  gli  ordini  de'  superior!.  Cosi  furono  sopraggiunti  dalla 
squadra  garibaldina  spedita  in  riconoscenza  da  Menolti,  poiche  fu 
accertato  esser  partiti  i  Pontificii.  Allora  fu  la  impresa,  gia  sopraac- 
cennata,  dei  masnadieri,  che  si  mentivano  paladini  d'  Italia,  e  italia- 
ni  erano  pur  troppo  per  nostra  ignominia,  e  meglio  era  per  noi,  se 
nascevano  Saracini.  Sventrarono  e  svillaneggiarono  brutalmente  il 
zuavo  Ciarla  che  rinvennero  moribondo,  prima  di  entrare  in  pacsc ; 
e  si  apparecchiavano  di  sbranare  similmente  i  rimasi  alia  guardia 
dei  prigionieri. 

Se  non  che  il  maggiore  Fazzari  loro  si  contrappose  con  giusta 
fermezza.  Si  risovvenne  egli  della  generosa  lealta,  onde  il  sergente 
zuavo  1' aveva  difeso  contro  le  baionette  de'proprii  soldati  nel  furore 
stesso  della  mischia:  e  forse  ancora  aveva  indosso  il  cappotto,  onde 
lo  zuavo  Krome,  spogliando  se,  aveva  rivestito  lui  per  proteggerlo 
contro  il  rigore  di  quella  cruda  notte. 

I  prigionieri  garibaldini  adunque  furono  liberati,  e  liberal]  pro- 
tessero  i  proprii  custodi  divenuti  prigionieri.  Menotti  propose  al 
Krome  di  cambiare  1'assisa  pontificia  col  sacco  garibaldino,  e  si  eb- 
be  sdegnosa  ripulsa.  Di  che  questi  fu  rimesso  alle  truppe  reali,  e 
senz'  altra  condizione,  come  suddito  prussiano,  ricondotto  al  confi- 
ne, donde  egli  ritorno  a  Roma,  a  compiere  gelosamente  il  tempo 
della  giurata  condolta.  Anche  il  Gendarme,  e  fu  Saverio  Maci  l, 

1  Neirarticolo  precedente,  noi  il  dicemmo  ucciso,  secondo  che  narravasi 
nei  primi  dispacci  di  quel  tempo.  Qualcbe  sospetto,  entratoci  di  poi,  ci  con- 
dusse  a  nuove  mda^ini,  e  trovammo  essere  vero  quello  che  qui  riferiamo. 

E  a  proposito  di  rettificazioni,  ci  giova  qui  protestare  la  nostra  gratitudi- 
ne  a  quei  gentili,  che  dai  registri  e  dagli  atti  di  ufficio  cosi  spesso  ci  soccor- 
rono  e  si  largamente,  che  nulla  ci  resta  a  desiderare.  E  aricora  vogliamo  far 


XXXVI.  URBANO  DI  QUELEN  297 

clopo  molio  avvolgersi,  pote  in  fine  ritornare  alia  sua  compagnia, 
e  a  ricevere,  in  premio  della  sua  invilta  fedella,  condegna  onoranza. 
Molto  piu,  per  ordine  prima  del  Fazzari,  e  poi  del  Menotti,  fu- 
rono  rispettati  i  feriti,  che  vennero  tradoiti  prigioni  in  Nerola.  Ne 
prese  diligente  e  lodevole  cura  un  cerusico  dello  spedale  garibal- 
dese,  e  ci  duole  non  saperne  il  nome.  Sopraggiunse  dipoi  cola  da 
Roma  un'ammirabile  gentildonna  americana,  la  signora  Caterina 
Slone,  la  quale  chiese  ed  ottenne  ogni  liberta  di  soccorrere  i  Zua\i 
infermi.  Menotti  Garibaldi  (altri  scrisse  Ricciotti)  di  lanto  le  fu  cor- 
lese,  chc  per  vie  meglio  assicurare  lei  e  il  suo  spedalelto  contro 
la  ciurma  selvaggia,  ch'  egli  ben  sapeva  essere  tra'suoi  venturieri, 
le  assegno  un  piantone  di  guardia.  E  cosi  pure,  piu  tardi,  fece  ren- 
dere  alia  famiglia  gli  oggetti  appartenuti  al  di  Quelen ;  e  al  canoni- 
eo  Druon,  il  quale  chiesegli  contezza  del  corpo  del  Guillemin,  ri- 
spose  con  gentilezza,  e  commendando  quel  prode  ufficiale.  Quanto 
ci  e  dolce,  in  narrando  la  storia  dei  nemici  del  diritto,  il  potere  al- 
cuna  volta  riposare  la  penna  in  alcun  fatlo  di  commendevole  civilta, 
dopo  che  1'abbiamo  logorata  in  iscrivere  troppe  barbarie ! 

iftfllrarij^ 
XXXVI. 

Urbano  di  Quelen. 

Non  ci  allonlaneremo  da  Monte  Libretti  senza  avere  sparso  un  fio- 
rc  sulla  memoria  dei  due  ufficiali  zuavi,  che  vi  trovarono  la  morte, 
c  con  esso  raccolsero  fama  e  onoranza,  inaudita  in  altre  guerre.  II 
giovane  conte  Urbano  di  Quelen  era  nipote  all'  illustre  Arcivescovo 
di  Quelen  che  mori  sulle  barricate  di  Parigi,  pec.  risparmiare  il  san- 
gue  delle  sue  pecorelle ;  e  discendeva  di  nobilissima  stirpe  bret- 
tona,  gia  chiara  nelle  battaglie  di  S.  Luigi  in  Palestina.  A  Monle 
Libretti  era  sottotenente  ,  e  comando  la  fazione  dopo  la  morte  del 


menzione  delle  Memorie,  raccolte  dal  ch.  cav.  PAOLO  MENCACCI,  dalle  quali, 
perche  a  noi  consta  essere  degnissime  di  fede,  alcuni  particolari  abbiamo  ri- 
cavato  alVuopo  noslro,  e  piu  altri  ricaveremo  in  avvenire. 


298  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

suo  tcnente  Guillemin ,  e  specialmente  i  tre  arditissimi  assalti  della 
porta,  in  cui  egli  marcio  alia  testa,  benche  gia  grondante  sangue 
dalla  ferita  del  petto.  Serravansi  intorno  a  lui  i  suoi  sergenti,  lo 
seguivano  gli  altri,  ciascuno  il  piu  presso  che  poteva,  e  nel  piu  vivo 
del  pericolo.  Cadde  in  sulla  soglia  del  passo  contrastato,  vittima 
dell'  eroica  oslinazione  onde  tentava  di  sforzarlo :  perciocche  gia 
chiusa  la  porta,  egli  osservo  che  di  sotto  (essendo  il  terreno  in  pen- 
denza)  si  apriva  tanta  luce,  da  potervi  penetrareun  uomo:  vi  guizza 
ratio  come  leopardo ,  sperando  sbaratlare  i  circostanti  difensori  e 
riaprirla.  Si  fece  piazza  infatti  fulminando  colla  spada,  ma  stretto 
dal  numero  ed  estenuato  dalla  perdita  del  sangue ,  venne  meno 
menlre  si  ritirava,  e  fu  percosso  di  ben  nove  ferite. 

Rimaso  preda  del  neniico,  fu  spogliato  per  morto,  e  abbandonato 
al  rigore  dell'  aria  notturna.  Trascorse  piu  ore,  im  giovane  Garibal- 
dino,  ben  nato  a  quanto  ci  fu  detto,  accortosi  che  1'ufficiale  tuttavia 
loltava  colla  morte,  ne  fu  mosso  a  corapassione,  e  il  trasporto  ad 
una  casa  quivi  presso,  e  fecelo  curare.  Egli  stesso  si  pianto  al  suo 
capezzale,  servendolo  con  ogni  dimostrazione  di  rispetto  e  di  amo- 
re.  II  Quelen  ritorno  in  sensi  alcuni  momenti,  quanto  basto  per  di- 
mandare  se  il  fuoco  tultavia  continuasse ,  e  rivolgere  i  suoi  pensieri 
al  cielo :  stringeva  in  tine  quella  palma  tanto  vagheggiata,  che  esso, 
ad  esempio  di  S.  Luigi,  chiaraaya  martirio,  e  di  cui  tante  volte  si 
era  intrattenuto  co'  suoi  piu  intimi  amici.  Ma  in  breve  il  delirio  il 
soprapprese.  Non  si  pole  ricorrerc  ai  conforti  della  Chiesa,  perche 
la  masnada  garibaldesca,  furibonda  contro  i  sacerdoli,  avevali  co- 
strelti  a  salvare  la  vita  altrove.  Yero  e  ch'  egli  non  era  colto  alia 
sprovveduta,  giacche  il  giorno  innanzi ,  come  ciascun  altro  della 
compagnia,  si  era  purificato  coi  divini  conforti. 

II  Garibaldino  non  si  diparti  dal  suo  fianco,  se  non  quando  gli  fu 
annunziato  1'  arrivo  di  una  compagnia  di  Zuavi ;  e  in  congedarsi  il 
raccomando  caldamente  alle  genti  della  casa,  promettendo  di  com- 
pensarli  dello  spendio  avuto.  Noi  scriveremmo  con  piacere  il  nome 
di  quel  pietoso  incognito,  se  il  sapessimo  :  ma  egli  il  tacque.  Piac- 
cia  a  Dio,  che  nel  tribunale  supremo,  la  pieta  usata  verso  il  suo  fra- 
tcllo  gli  valga  a  misericordia  della  fellonia  contro  il  Santo  Padre. 


XXXVI.  URBAN 0  DI  QUELEN 

I  Zuavi  entrarono  nel  castello,  senza  inconlrar  resistenza,  perche 
la  squadra,  speditavi  poco  anzi  dal  Menotti,  gia  n'era  partita.  Ye- 
nivano  a  bella  posta  da  Palombara  ,  per  soccorrere  I'ufficiale  e  gli 
allri  feriti,  essendo  in  numero  di  oltre  cinquanta  tra  Zuavi  e  Squa- 
driglieri,  guidati  dal  capitano  de  Yeaux  e  dal  tenente  di  Gendarme- 
ria  Poccioni.  Trovarono  gia  trasportati  a  Nerola  gli  infermi,  gia  sot- 
ierrati  i  morti,  e  il  Quelen  circondato  dai  buoni  popolani,  interamen- 
te  privo  di  conoscenza ,  e  nel  vaneggiamento  comandava  1'  assalto, 
Esaminate  dal  dottore,  venuto  appositamente  colla  colonna,  le  ferilo 
del  moribondo,  fugiudicato  inutile  al  tutto  ogni  rimedio.  Pertanto  il 
de  Yeaux,  non  potendo  altro  meglio,  bramo  sottrarlo  agTinsulti  ne- 
mici ,  e  conservare  almeno  il  corpo  agli  onori  funerali  e  alia  pieta 
della  famiglia.  Fattolo  dunque  adagiare  in  una  barella  il  consegn6' 
a'  suoi  soldati,  e  ordino  il  ritorno  a  Palombara.  Marciarono  notturni 
per  vie  fuor  di  mano,  affinc  di  evitare  una  imboscata,  che  sospelta- 
vano  essere  loro  tesa  dai  nemici  in  sulla  strada.  A  un  punto  si  ac- 
eorsero  che  il  buon  Urbano  veniva  meno ;  infalti  spiro  nel  tragilto, 
e  il  di  seguente  ebbe  dolor ose  e  nobili  esequie  da'  commilitoni. 

La  sua  povera  madre  intanlo  avvertita  di  si  gran  lutto  non  pote- 
va  averne  novelle  particolareggiate,  specialmente  le  piii  desiate  su  • 
gli  estremi  momenti.  Pochi  giorni  prima  lo  aspettava  ai  materni 
amplessi,  per  ricuperarlo  pienamente  da  una  malattia  che  1'  aveva 
indebolito,  e  da  una  ferita  toccata  nel  prestare  soccorso  alia  pubbli- 
ca  potesta  contro  un  malfattore.  Ma  udito  il  pericolo  del  Santo  Pa- 
dre aveva  rinunziato  generosamente  alle  gioie  di  riabbracciare  per 
allora  il  figlio  suo.  Ecco  alcuni  tratti  della  sua  lettera,  che  voltiamo 
dal  francese:  pare  scritta  da  una  cristiana  dei  secoli  primitivi,  che 
accommiata  il  figlio  al  martirio. 

«  Come  tu  me  lo  scrivcvi  poc'anzi,  il  dovere  e  il  servizio  vada  in- 
nanzi  a  tutto :  e  malgrado  il  piacere  che  avrei  avulo  di  abbracciar- 
ti,  capisco  che  in  un  momenlo  come  questo,  prima  di  tutto  devi  re- 
stare  al  tuo  posto.  Sappilo  bene,  carissimo  Urbano,  io,  tua  sorella, 
noi  tulti,  avremo  verso  di  te  rivolto  il  nostro  cuore,  giorno  e  nolle, 
ad  ogni  ora,  ad  ogni  momento.  Per  quanlo  e  possibile,  dammi  tuc 
novelie.  Se  nulla  li  accadesse,  fammelo  sapere,  e  benche  io  non 
possa,  ahime!  promelterli  che  verrei  a  curarti,  pure  ad  ogni  modo 


300  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

liemmi  informata  di  tut  to.  Anto  nieglio  sapere  il  giusto:  tu  lo  sai, 
la  verita  sopra  ogni  cosa  mi  |)iace.  Almeno,  in  tal  caso,  raddoppie- 
rei  lo  preghiere,  mi  unirei  a'  tuoi  scntimenli,  e  sarei  a  parte  del 
tuoi  casi  e  de'  tuoi  dolori.  Si  si,  noi  pregheremo  per  te  il  Signore 
e  la  sua  santa  Madre.  Porta  sempre  il  tuo  scapolare  e  le  tue  meda- 
glie  della  Madonna,  di  S.  Giuseppe  e  di  S.  Rocco  :  volevo  mandar- 
tene  anche  altre  per  mano  di  Bonaba,  ma  non  ci  fu  tempo  :  era  gia 
partito. 

«  Tienti  apparecchiato  sempre,  caro  figliuolo,  a  comparire  dinan- 
zi  al  tuo  Dio ,  e  degno  di  lui.  Non  si  sa  mai  cio  che  possa  accade- 
re,  ne  quando.  Bisogna  adunque  prepararsi  in  avanti,  e  stare  ogno- 
ra  aU'erla.  Se  tu  avessi  qualche  commissione  da  darmi,  mettila  in 
carta,  e  sii  certo  che  Y  eseguiro  fedelmente...  Sopra  tutto,  caro  e 
dolce  figlio  mio,  raccomanda  caldamente  al  buon  Cappellano  e  a 
ciascun  altro  di  ben  osservare  le  mie  intenzioni,  che  gia  gli  ho 
manifestate:  ehe  mi  conservi  preziosamerite  tutto  quello  die  ti  aves- 
se  appartenuto,  corredo  d'  armi  compiuto,  e  perfino  il  tuo  cagnuo- 
lo;  ma  innanzi  ogni  altra  cosa  quanto  si  potra  riavere  della  tua  ca- 
ra  persona.  Ah  si,  ti  voglio  riavere  tutto,  ahi  povera  madre !  se  ci  e 
mezzo,  o  almeno  ch'io  abbia  la  maggior  parte  possibile  del  mio  di- 
lelto  figliuolo!...  » 

Qui  sulla  lettera  originate  e  una  lacuna.  Forse  la  tenera  madre, 
si  senti  stringere  il  cuore  dal  presentimento  che  le  reliquie  le  sa- 
rebbero  pur  troppo  rendute,  e  non  il  figlio ;  la  lacuna  colmo  di  lacri- 
me,  e  poi,  ritemprato  1'animo  nella  fede,  si  continue: 

«  Se  egli  e  scritto  che  tu  debba  lasciarci,  senza  esserci  prima  ri- 
veduti  quaggiu,  ah  !  speriamo  che  il  buono  Iddio  ci  accordera  la 
grazia  e  il  favore  di  trovarci  tutti  ricougiunti  nella  patria  del  -cielo 
per  non  separarci  piii  mai ;  e  se  tu  devi  morire,  muori  da  prode, 
mio  buon  Urbano,  e  da  soldato  di  Dio,  e  degno  di  lui.  Pensa  allo- 
ra  al  tuo  padre,  ai  fratelli  e  alle  sorelle,  e  prega  Iddio,  che  e  si 
buono,  affinche  ci  prenda  nella  suadivina  misericordia,  prega  per 
la  tua  povera  madre,  che  tanto  ne  abbisogna,  ah  si,  prega,  prega 
e  pensa  a  colei  che  ti  ha  tanto  amato  sempre,  sovvengati  di  lei 
un' ultima  volta;  ma  che  il  tuo  pensiero  estremo  sia  pel  tuo  Dio :  e 
sii  certo  di  tutta  la  devozione  della  tua  tenera  madre. 


XXXVI.  URBANO  DI  QUELEN  301 

«Ma  non  vorrei,  caro  Urbano,  che  tutto  questo  ti  contristasse. 
Mira  a  Dio.  Ho  plena  fiducia  in  lui,  che  egH  vi  far  a  vincere  :  si,  ne 
ho  ferma  persuasione :  e  ci  concedera  la  cara  gioia  di  rivederci  an- 
cora  e  la  dolce  ventura  di  riabbracciarci... 

«  Ma,  addio,  carissimo  e  buono  Urbano.  Coraggio  e  bravura,  co- 
me gia  dimostrasti  altre  \Tolte :  tu  non  verrai  meno  all'  opera,  lo  so 
bene.  E  io  ti  abbraccio  teneramente,  quanto  puo  il  mio  cuore,  e 
due  e  tre  volte  ti  abbraccio  con  tutto  1'affetto  dell'anima  mia,  che  ti 
c  consacrato,  per  sempre. 

«  Tua  tenera  madre 
T.  di  Quelen. » 
. 

Questa  non  lettera,  ma  addio  pel  cielo,  dovette  pervenire  al  Que- 
len pochi  giorni  priina  di  partire  per  Monte  Libretti,  poiche  e  data 
di  Hanvec  in  Bretagna,  il  5  Ottobre.  La  sua  sorella,  dando  1'ama- 
ra  novella  della  morte  di  lui  alia  zia,  baronessa  di  Bellaing,  scri- 
veva:  «  Per  Teternita,  noi  non  possiamo  altro  che  ringraziare  il 
Signore.  »  Ma  si  ascolti  novamente  la  Contessa,  madre  di  Urbano, 
che  supplicaun  dama  sua  arnica  in  Roma,  di  raccogfiere  le  reliquie 
del  figlio :  e  un  degno  riscontro  della  sua  precedente. 

«...  Ahime!  voi  speravate:  e  a  Dio  non  piacque  contentare  n& 
le  vostre,  ahime!  ne  le  mie  speranze.  II  mio  caro  figlio  e  morto, 
e  morto  pel  suo  Dio.  Ah,  che  e  pure  in  mezzo  a  tanta  desolazione 
un  gran  pensiero  di  conforto !  Egli  e  caduto  da  forte,  difendendo  la 
Ghiesa  e  il  nostro  venerato  Pontefice.  Non  e  questo  un  favore  se- 
gnalato  concessogli  da  quei  Signore  cosi  buono,  di  averlo  messo  al 
punto  di  versare  tutto  il  suo  sangue  per  lui,  e  per  cio  stesso  acco- 
glierlo  nel  suo  santo  paradiso,  dove  Urbano  gode  fin  d'  ora,  si,  ar- 
disco  sperarlo,  la  vista  del  suo  Dio,  ed  e  beato  per  tutta  I'eternita, 
e  d'una  beatitudine  senza  mistura?  Ah  si,  e  dolce  e  grande  conso- 
lazione  pel  mio  povero  cuore  si  oppresso,  e  si  acerbamente  piagato; 
giacche  i  diritti  della  natura  non  si  deludono,  e  sento  vivissimo 
1'affanno  della  perdita  d'un  figlio,  sempre  cosi  buono,  si  amoroso, 
si  devoto.  Ma ,  voi  mio  Dio,  me  V  avevate  donato,  voi  me  lo  avete 
tolto,  per  renderlo  felice  per  una  eternita:  la  vostra  volonta  sia  fat- 
ta !  Voi  1'avete  chiamato  per  dargli  a  godere  la  presenza  vostra  nel 


302  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

cielo...  oh,  grazie,  grazie!  me  ne  senlo  aYventurosa,  e  piacciavi 
degnare  me  d'un  favore  simigliante... 

«  Noi  siamo  qui  tutti  immersi  nel  dolore,  e,  posso  dire  ancora, 
nella  gioia :  poiche  in  me  stessa  mi  esalto  del  liglio  mio  :  ha  segui- 
to  la  via  indicatagli  dal  suo  divin  Salvatorc  e  sovrano  Signore.  Ahi, 
che  forse  puo  non  averla  seguita  sempre  esaltamente  :  non  gli  ne- 
ghiamo  adunque  il  soccorso  di  qualche  preghiera,  onde  per  avven- 
tura  abbisognera  tuttavia. 

«  Mi  fu  scritto,  ch'egli  era  stato  trasportato  a  Palombara,  ov'era 
morto  circondato  dagli  amici ;  altri  mi  scrivono,  ch'egli  rimase  in 
potere  dei  Garibaldini :  non  sarei  indiscreta  a  pregarvi  di  sapermi 
dire  1'intera  verita?  Sono  apparecchiata  a  tutto:  e  preferisco  sapere 
quanto  v'ha  di  piii  acerbo,  anzi  che  restarmi  nell'incertezza. 

«  Di  pm  ho  ancora  da  chiedervi  un  altro  grandissimo  favore. 
Voi  seutite  quanto  sianio  bramosi  di  conservare  presso  noi  i  resti 
mortali  di  questo  bene  amato  figliuolo,  e  tutto  cio  cho  e  stato  suo, 
armi,  divisa  ecc.  breve,  tutto  il  suo  corredo,  ancke  il  suo  canino, 
che  nella  sua  ultima  mi  dice  avere  raccomandato  a'suoiamici  di 
farmi  pervenire. 

«  Avevo  gia  da  lungo  tempo  prevenuto  il  s-ignore  abbatc  Daniel, 
loro  buon  cappellano,  dei  miei  desiderii  e  della  mia  intenzione,  per 
ogni  caso.  Vi  pi-ego  di  prendere  con  lui  concerto  ,  e  trattare  con 
chi  di  ragione,  affinche  mi  sia  concesso  il  corpo  tutto  intero,  se  e 
fattibile,  del  mio  caro  figlio,  o,  se  assolutamente  non  posso  averlo 
tutto,  mi  si  doni  almeno  il  suo  cuore,  o  infme  qualche  parte  di  lui 
e  il  piu  possibile... 

«  Se  voi  andate  a  udienza  del  nostro  santo  e  venerato  Pontefice 
e  Re,  oh  di  grazla,  accertatelo  bene  che  io  sono  avventurosa,  cho 
il  figlio  mio  abbia  versato  il  sangue  per  lui,  e  che  la  nostra  clevo- 
zione  verso  la  sua  persona  e  a  tutta  prova.  Se  negli  ulUmi  giorni 
de'suoi  dolori,  Urbano  avesse  proferito  alcuna  parola,  che  sia  stata 
raccolta,  quaato  sarei  lieta  di  possederla !  Addio.  » 

Noi  credevamo  che  siffalte  lettere,  a  tempi  nostri  non  si  scrives- 
sero  piu,  non  si  pensassero  piu:  ma  i  document!  di  cui  abbiam  picne 
le  maui,  per  Fonore  del  Cristianesimo,  ei  hanno  disingannato. 


XXXVI.  LRBANO  DI  QUELEN  303 

Le  spoglie,  si  giustamente  bramate  dalla  madre  d'Urbano,  le  fu- 
rono  a  suo  tempo  rendute  intere.  Ma  il  primo  onore  fa  loro  tribu- 
lato  a  Paloinbara  dalla  guarnigione,  con  alia  testa  due  capitani  cui 
attendeva  non  lontana  la  palma  di  morte  simiglianlo;  e  furono  Ar- 
turo  de  Veaux  e  Diodato  Du  Fournel.  Quest'  ultimo  ,  in  veggendo 
il  corpo  del  caro  amico ,  disteso  sulla  bara ,  rapito  da  entusiasmo, 
sclamava  cogli  occhi  al  cielo  rivplti:  «  Dio  mio,  che  bella  morte! 
il  Ministro  dell' ar mi  non  mi  fara  dunque  mai  il  favore  di  spedirmi  a 
simili  fazioni?  » 

Giacque  il  corpo  in  una  cappella  di  Nostra  Signora ,  presso  Pa- 
lombara,  finclie,  posata  la  guerra,  venne  a  levarnelo  un  suo  zio  e 
compagno  d'armi,  il  tenente  Bonaba  DuPlessix-Quinquis,  accompa- 
gnato  dal  P.  di  Gerlache ,  da  piu  altri  aniici  e  da  una  squadra 
di  Zuavi.  Gii  si  rinnovarono  le  esequie,  e  quindi  fu  portato  alia 
patria.  Fu  memorabile,  che  la  stessa  nave  riportava  altresi  le  reli- 
quie  d'  un  giovinetto  Zuavo,  Gasimiro  duca  di  Blacas,  morto  sotto  i 
vessilli  della  Grociata:  quasi  perche  1'ufficiale  martire  non  rientras- 
se  sul  patrio  suolo  senza  I'ordinanza  di  eguale  gloria  fregiata. 

Quimper  lutla  si  commosse  al  mortorio  trionfale  del  Quelen:  dai 
villaggi  circostanti ,  non  che  dalle  vie  della  citta,  traeva  folia  ster- 
minata  a  venerare  il  defunto  anzi  che  a  pregare  per  lui ;  oltre  a  du- 
gento  sacerdoli  eran  concorsi  da  tutta  la  diocesi ;  il  feretro  circonda- 
to  da  amici,  e  da  comimlitoni  Zuavi  in  divisa  di  gala ;  e  sulla  coltre 
mortuaria  posava  la  spada  inlrecciata  di  allori  e  di  vermiglia  corona ; 
le  pareti  messe  a  drappi  di  lutto,  sopra  cui  rilevavano  bellamente 
gli  stendardi  della  patria  e  del  Ponlefice ;  il  Vescovo,  monsignor  Ser- 
gent,  prenunci6  le  lodi  del  defunto ,  magniticandolo  come  martire 
della  religione.  Da  lungo  tempo  la  Bretagna  non  avea  vedulo  tanto 
speltacolo  di  gloria  circondare  la  bara  d'un  giovane  tenente.  Era  la 
gran  causa  da  lui  difesa  e  suggcllata  col  sangue  che  si  ergeva  su- 
blime dinanzi  al  pensiero  de'suoi  concittadim,  e  chiamavali  a  questa 
slraordinaria  dimoslranza  di  affetlo  e  di  ammirazione. 

Riposino  in  pace  onorata  le  ossa  di  Urbano  di  Quelen  negli  aviti 
sepolcri  di  Hanvec ,  e,  per  lustro  della  Crociata  e  della  Francia , 
non  fallisca  giammai  il  motto  delle  sue  arme  gentilizie :  Vi  sono 
sempre  dei  Quelen ! 


LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO 

ARCIVESCOYO  DI  FIRENZE 

INTORNO 

ALLA  INFALLIBILITA  DE'  PAPI 

E  LA  LORO   SUPERIORITY  SUI   CONCILII  1 

IbtJpjm'M' 
in»i  .•nii»*Ml«lii'' 

4i*#rw*'* 

III. 

Difficolta  che  si  possono  opporre  per  alcuni  luoghi  di  S.  Antonino. 
Osservazioni  generali. 

•:-iJ'fihi!  -/teb  i»i'$rf'  wit*  i.rah  oil*; 

Ci  conviene  ora ,  come  promettemmo  nel  precedente  quaderno , 
esaminare  le  difficolta ,  che  possono  presentare  altri  luoghi  delle 
opere  di  S.  Anlonino  contro  a  que'  due  capi  della  tradizione  calloli- 
ca ,  si  chiaramente  propugnati  da  lui ,  che  sono  la  infajlibilita  per- 
sonale  de'  Romani  Pontefici ,  quando  definiscono  ex  cathedra  que- 
stioni  appartenenli  alia  fede ,  e  la  loro  superiorita  sopra  i  concilii 
anche  generali.  Come  notammo  allora ,  il  primo  che  si  adoperasse 
a  travolgere  in  contraria  sentenza  la  mente  del  Santo  fu  il  celebre 
Vescovo  di  Meaux,  Benigno  Bossuet,  nella  sua  Difesa  della  Dichia- 
razione  del  Clero  Gallicano.  Noi  dunque  in  primo  luogo  riportere- 
mo  con  ogni  esattezza  tutte  le  opposizioni  sopra  questo  argomento , 
che  abbiam  potuto  incontrare  nella  detta  apologia ;  e  ci  confidiamo 
non  solo  di  poterle  risolvere  ageyolmente,  ma  anche  di  ribadire 

1  V.  questo  volume,  pag.  181  e  segg. 


LA  DOTTRINA  DI  S.  AKTONIKO  ARCIY.  DI  FIRENZE  ECC.  305 

vie  meglio,  per  mezzo  di  esse,  la  vera  doltrina  del  santo  Autore.  In 
secondo  luogo,  poiche  d'  accosto  ad  alcuni  passi  allegati  dal  Bossuet, 
si  leggono  altre  sentenze  che  fanno  difficolla  molto  maggiore,  e  non- 
dimeno  sono  da  lui  Irascurate;  noi  ci  farcmo  un  dovere  di  produrle, 
non  tanto  per  merito  di  lealta  (avvegnache  anche  per  questo) ,  quan- 
to  dacche  in  quel  dippiu,  lasciato  a  bello  studio  in  disparle  dal  Prc-  , 
lato  francese,  ci  si  apre  la  miglior  via  per  isciogliere  radicalmente 
la  questione  per  rispello  a  que'  tesli  che  sono  piu  malagevoli  a  spic- 
gare  in  buon  senso. 

Cominciando  dunque  dalle  opposizioni  della  prima  specie,  premet- 
teremo  che  il  Bossuet,  per  dare  alia  dottrina  di  S.  Antonino  un  sen- 
so diverse  dal  senso  chiaro  ed  evidente  delle  parole  di  lui,  e  obbli- 
gato  di  porre  queslo  fondamento  alia  sua  ermeneutica,  che  ogniqual- 
volta  il  santo  Dottore  attribuisce  al  Papa  la  facolla  di  sentenziare  per 
maniera  infallibile  sopra  quistioni  di  fede  ,  anche  quando  espressa- 
mente  aggiunge  che  il  possa  fare  come  persona  partkolare  e  pri- 
vata  ,  c'  intenda  sempre  la  condizione ,  che  la  sentenza  proferita  da 
lui  sia  da  lulta  la  Chiesa  esaminata,  approvata  ed  accettata,  ovvero 
che  per  sentenziare  si  serva  del  concilio  generale.  Con  cio  e  chiaro 
che  rhnane  distrutto  nella  dottrina  del  Santo  il  privilegio  della  infalli- 
bilita  personale  de'  Roman!  Pontefici,  il  quale  invece  sara  attribuzio- 
ne  de'  soli  concilii  generali.  II  che  posto  i  concilii  generali  saranno 
ancora  naturalmente  giudici  de'  Romani  Pontefici,  almeno  nelle  con- 
troversie  della  fede ,  e  per  conseguenza  superiori.  In  queste  conclu- 
sion*! vanno  a  riuscire  tutte  le  argomentazioni ,  che  fa  il  Bossuet  so- 
pra i  varii  testi  che  produce  del  santo  Arcivescovo  di  Firenze,  sfor- 
zandosi  di  mostrare  o  che  rendono  per  1'  appunto  que'  sensi ,  o  che 
bisogna  supporveli. 

Noi  intanto,  prima  di  entrare  nell'  esame  de'  suoi  argomenti ,  o&- 
serveremo  in  generate ,  che  e  un  gran  pregiudizio  contro  a  siffalte 
interpretazioni  1'  intelligenza  contraria ,  che  risulta  a  prim'  occhio 
non  solo  dai  principii  dottrinali,  ma  spesso  direttamente  dalle  chiare 
espressioni  del  Santo.  II  nostro  lettore  ,  il  quale  supponiamo  avere 
con  sufliciente  attenzione  considerata  la  esposizione ,  che  noi  abbia- 
mo  fatta  della  dotlrina  di  lui ,  in  gran  parte  colle  sue  slesse  parole, 
Serie  JII,  vol  IV,  fasc.  447.  20  27  Oltobre  1868. 


306  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE 

e  giudice  competente  della  verita  che  diciamo.  Egli  sara  non  poco 
ansioso  di  vedere ,  donde  mai  e  come  a  sentenze  cosi  aperte  possa 
darsi  in  sul  serio,  e  daun  uomo  deir  ingegno  e  della  rettitudine  del 
Bossuet ,  un  senso  tanlo  ripugnante  a  quello  che  naturalmente  pre- 
sentano.  E  cresce  la  maraViglia  da  che  non  si  Iratta  di  luoghi  dispa- 
rati,  ne'  quali  si  tocchi  per  incidcnte  dell'  autorila  pontificia;  ma  dove 
se  ne  discute  di  proposito,  e  per  lunghi  capitoli,  e  se  ne  fa  argomen- 
to  di  molte  e  svariate  quistioni.  Al  che  si  aggiunge,  che  proprio  in 
que'  tempi  era  surta  la  quistione,  se  i  Pontelici  fossero  superior!  o  no 
ai  concilii  general!,  e  variamente  si  disputava,  eziandio  fra  cattolici, 
della  suprema  autorila  degli  uni  e  degli  altri  nelle  controversie  della 
fede.  Or  non  e  naturale  che  il  santo  Arciveseovo  di  Firenze,  dispu- 
lando  della  po testa  de'  Romani  Pontefici ,  dovesse  aver  present!  al 
pensiero  le  contrarie  opinion!  de'  teologi  del  suo  tempo  ,  e  che  egli 
intendesse  esporre  la  sua  sentenza,  o  sia  quella  che  favorisse  la  su- 
periorita  de'  Papi  sui  concilii ;  o  sia  la  contraria  che  anteponesse  ai 
Papi  i  concilii ,  per  maniera  che  ogni  lettore  fosse  in  grado  di  com- 
prenderla  senza  timore  di  equivoco?  Cio  posto,  se  tanto  <Jal  comples- 
so  della  dottrina  di  lui,  quanto  da'  luoghi  particolari,  il  senso  che  ad 
ogni  animo  non  preoccupato  da  interessi  di  partito  chiaramente  si  of- 
fre,  e  quello  della  infallibilita  personale  de'  Romani  Ponlefici,  quando 
definiscono  come  capi  o  maestri  della  Chiesa,  e  i'altro  della  loro  su- 
periorita  sopra  tutti  i  concilii ;  chi  potra  con  buon  fondamento  dubi- 
tare  che  egli  non  solo  serbasse  neli' animo,  ma  avesse  inteso  di  espri- 
mere  le  opinioni  a  queste  contrarie?  In  sostanza  1'essere  dall'una 
parte  lo  stato  di  quelle  quistioni,  tanto  piu  vitali  ai  tempi  del  Santo, 
costituito  negli  stessi  termini  che  ora ,  e  dall'  altra  il  trovai  e  che  il 
Santo,  o  sia  toccandole  direttamente,  o  sia  esponendo  i  principii  con 
cui  sono  intimamente  connesse,  le  risolve  sempre  in  favore  de'  Pon- 
tefici, e  solo  violentando  le  sue  parole,  o  argomentando  da  qualche 
frase  staccata  puo  essere  inteso  diversamente ;  tutto  cotesto  e  si 
grave  argomento  per  giudicare  della  vera  sentenza  di  lui ,  che  basta 
da  se  solo  per  far  escmdere  anche  a  priori  qualunque  ragione  in 
eontrario. 

,  Ma  noi,  come  abbiamo  promesso,  riporteremo  fedelmente  tutte  le 
ol)iezioni  del  Bossuet ,  recitando  i  suoi  medesimi  testi ,  e  sol  cam- 


INTORNO  ALLA  INFALLJBILITA  DE*  PAPI  30"! 

biando  alcun  poco  il  posto  material e  con  cui  esso  le  dispone  ,  o  sia 
per  meglio  servire  all'  ordine  delle  materie,  o  sia  per  ridurre  al  me- 
desimo  capo  alcune  che  si  trovano  variamente  ripetute  nell' opera. 

IV. 

Primo  capo  di  difficolta  che  op-pone  il  Bossuet. 

Cominceremo  da  quella  che  e  dedolta  dalle  parole,  con  cui  S.  An- 
tonino  inveisce  contro  i  Fraticelli ,  i  quali  accusavano  di  ereticali  e 
contrarie  non  solo  alia  Decretale  Exiit  di  Niccolo  III ,  ma  ad  altre 
definizioni  di  Pontefici  e  di  concili  general!  le  tre  costituzioni ,  colle 
quali  Giovanni  XXII  avea  condannato  i  loro  error!.  Questa  obiezio- 
ne  e  presentata  dall'  autore  della  Difesa  per  ben  tre  volte,  come  uno 
de'  piu  fort!  argomenti  a  provare  che  il  Santo  non  ammetteva  la  infal- 
libilita  personale  de'Papi.  La  prima  volta  nella  seconda  parte  dellV 
pera,  lib.  XI,  cap.  XXIV,  cor.  §.  Ill,  dove  a  proposito  della  difesa, 
che  prende  S.  Antonino  de'  decreti  del  Papa  Giovanni ,  ha  queste 
parole:  «  Intanto  S.  Antonino,  benche  esimio  sostenitore  della  pote- 
sta  pontificia,  vuole  che  quella  Bolla  (Cum  inter  nonnullos)  si  tenga 
in  conto  di  certa  e  ferma  definizione,  inquanto  fu  accettata,  appro- 
vata  ed  esaminata  dai  prelati  e  dottori.  La  quale  sentenza  o  consuo- 
na  con  quella  della  Dichiarazione  gallicana  ,  o  e  ancora  piu  forte  e 
piu  esplicita  l  » .  La  seconda  volta  la  riproduce  nel  medesimo  co- 
rollario,  §.  VIII,  colle  segiwnti  parole.  «  Quindi  lo  stesso  Antoni- 
no afferma  si  veramente  che  la  definizione  del  Pontefice  ha  valore 
di  ultima  e  suprema  sentenza ,  ma  pero  colla  condizione  che  sia  ac- 
cettata, esaminata  edapprovata,  cometeste  abbiamo  detto  2. »  Da 

1  At  sanctus  Antoninus,  potestatis  pontificiae  assertor  exmius,  ideo 
(Decretalem  loaimis  XXII)  pno  certo,  firmoque  decreto  haberi  wit,  quod  per 
praelatos  acceptata,  approbata  et  examinata  fuerit.  Quae  Declaration!  Galli- 
canae  ant  yemiiia  sunt,  aut  etiam  fortiora  et  ewplicata  clarius. 

2  Hlnc  idem  Antoninus  pontificiam  definitionem  valere  dicit  summa  et 
ultima  firmilate;  seel  acceplatam,  examinatam  et  approbatam,  quemadmodum 
mox  rctullmus. 


308  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE 

ultimo,  nc\Y  Appendice  che  soggiugne  a  lutta  1'  opera,  ritorna  per  la 
terza  volta  sulla  mcdesima  obiezione,  per  opporla  ad  un  dotto  anoni- 
mo,  il  quale  fra  gli  altri  argomenti  si  serviva  dell'autorita  di  S.  Anto- 
nino  a  fin  di  oppugnare  le  liberta  gallicane.  E  qui  finalmente  fa  gra- 
zia  di  citare  teslualmente  le  parole  del  Santo;  che  sono  le  seguenti: 
«  Ma  essi  (i  Fraticelli),  pessimi  uomini,  sono  eretici  veri,  perche  si 
ostinano  contro  la  determinazione  caltolica  fatta  per  la  Chiesa,  e  pel 
Papa  Giovanni  XXII,  e  che  da  tutti  i  successor!  di  lui,  veri  cailolici 
sommi  Pontefici,  e  da  tutti  gli  allri  prelati  della  Chiesa  e  dottori 
dell'uno  e  dell'altro  dritto,  e  moltissimi  maestri  di  teologia  di  qua- 
lunque  religione  fu  approvata,  esaminata  ed  accettata  come  veris- 
sima  1  ». 

Due  cose  vogliamo  osservare  innanzi  di  rispondere  direttamente. 
La  prima  e  die  il  Bossuet  si  confuta  da  se  stesso  con  quell'  inciso, 
con  cui  s' introduce  la  prima  volta  nell'obiezione.  «  S.  Antonino, 
egli  comincia,  esimio  sostenitore  della  potesta  pontificia  ecc.  »  Cio 
vuol  dire  che  esso  trovava  nel  Santo  un  ardore  assai  piu  notabile, 
che  nel  resto  def  dottori,  quanto  a  difendere  i  privilegi  de'  Roman! 
Pontefici.  Ora  supponiamo  che  sieno  yere  le  interpretazioni,  che  egli 
appicca  alle  sentenze  del  santo  Arcivescovo ;  non  solo  questi  non  sa- 
rebbe  un  esimio  sostenitore  della  potesta  pontificia,  ch'e  quanto  dire 
piu  segnalato  nel  difendere  i  privilegi  de'  Pontefici  che  non  e  la  ce- 
mune  de'  leologi,  ma  appena  salverebbe  il  necessario  per  non  esse- 
re  eretlco  manifesto.  La  seconda  osservazione  e,  che  egli  slesso  do- 
vette  accoi'gersi  quanto  poco  assegnamento  potesse  fare  sopra  il  ci- 
tato passo  del  Santo,  poiche  sebbene  lo  reputasse  uno  de'  migliori 
fondameriti  della  sua  interpretazione,  con  tuttocio  guardossi  bene, 
finche  pote,  di  recitarlo  testualmente :  invece  recito  la  sentenza,  che 
egli  volea  vedeiwi,  non  altrimenti  che  se  risultasse  con  immedia- 

•n-  ii-jol  >oaih9q   i 

1  Sed  ipsi  pessimi  homines  sunt  haeretici  veri,  quia  asserunt  contra  de- 
terminationem  cathoUcam  factam  per  ecclcsiam,  et  Dominum  Papam  loan- 
nem  XXII,  et  omnes  successores  eius  veros  catholicos  summos  Pontifices,  et 
omnes  alias  Praelatos  Ecclesiae  et  doctores  utriusque  (luris),  et  mayistros 
plurimos  in  theologia  cuiuslibct  religionis  acceptatam,  examinatam  et  ap- 
probatam  ut  verissimam.  Summ.  Theolog.  Part.  IV,  tit.  XII,  cap.  IV,  §.  28. 


INTORNO  ALLA  INFALLIBILITA  DE*  PAPI  309 

ia  evidenza  dalle  parole  dell'Autore.  II  che  potea  fare  senza  so- 
verchia  tema  clie  i  letloii  scoprissero  lo  scambio,  Iratlandosi  di  un 
opera,  clie  era  da  pochi  eonosciuta,  ne  facilmente  si  trover ebbe  chi 
volesse  darsi  la  briga  di  riscontrarla  nellelfiblioteche.  Per  contra- 
rio  ne\\'Appendice,  dovendo  rispondere  a  chi  gli  opponeva  I'autorita 
del  Santo,  e  per  conseguenza  dovea  conoscerne  la  dottrina,  non  pote 
fare  a  meno  di  arrecare  le  proprie  parole  di  lui,  benche  senza  mo- 
strare  il  menomo  dubbio  intorno  al  senso  che  lor  convenisse  1.  Ma 
vediamo  se  si  appone. 

II  senso  che  il  Bossuet  da  alle  citate  parole  di  S.  Anlonino,  e,  co- 
me abbiamo  vcdulo,  che  «  intanto  le  definizioni  de'Romani  Pontefiei 
possono  aver  valore  di  ultime  e  supreme  sentenze ,  in  quanto  sono 
approvate,  esarainate  ed  accettate  da  prelati  e  dottori  della  Chiesa.  » 
Rispondiamo  in  primo  luogo,  che  la  causale  in  tanto,  in  quanto 
(idea,  quod)  del  Bossuet,  donde  dipende  tutta  la  forza  del  suo  ar- 
gomento,  non  esiste  ne  letteralmente  ne  equivalentemente  nel  testo 
del  Sanlo.  Lo  scopo  di  lui  in  quel  luogo  e  di  convincere  i  Fralicelli 
di  ostinazione  erelicale,  perche  non  volevano  sottomettersi  alia  con- 
danna,  che  Giovanni  XXII  avea  fulminato  contro  i  loro  errori  colle 
sue  tre  costituzioni.  La  ragione  che  quelli  opponevano  era  che  Nio- 
colo  III  avea  colla  sua  Decretale  approvata  la  loro  dottrina,  che  inol- 
tre  si  trovava^conforme  ad  altre  decision!  di  Pontefici  e  concilii. 
Donde  conehiudevano  che  essi  erano  cattolici,  perche  si  attenevano 
alia  vera  dottrina  della  Chiesa,  e  che  Giovanni  era  eretico,  perche 
seguitava  la  contraria.  II  Santo  in  primo  luogo  confuta  il  loro  appi- 
glio,  dimostrando  che  ne  nella  Decretale  di  Niccolo,  ne  in  altre  de- 
finizioni della  Chiesa  vi  era  nulla  che  contraddicesse  alle  definizioni 
di  Giovanni.  Cio  fiitto  rivolge  contro  di  loro  l'accusa,che  essi  calun- 
niosamente  scagliavano  contro  il  Pontefice,  per  convincerli  che  con 
quella  pertinace  persistenza  ne'  loro  errori  si  chiarivano  pessimi 
erelici. 

1  Ecco  le  parole  che  soggiugne  dopo  riportato  il  testo  di  S.  Antonino.  Quo 
loco  demonstrat  quod  sit  verum  apostolicum  et  iam  irreformabile pontifidum 
iudicium;  ncmpe  illud,  quod  a  Papa  prolatum,  ab  universa  Ecclesia  acce- 
ptatum,  exaininatum  approbatumque  sit.  Appendix,  lib.  II,  cap.  V. 


310  LA  DOTTRINA  DI  S.  AXTONINO  ARCIY.  DI  FIRENZE 

Due  vie  potea  tenere  il  S.  Arcivescovo  per  provare  questa  sua 
proposizione,  Tuna  pigliando  per  mezzo  termine  la  decisione  dom- 
matica  del  Papa  senza  piu;  e  1'altra  quella  stessa  decisione,  ac- 
cettata,  con  piena  conoscenza  della  causa,  da  tutti  i  Prelati  e  Dottori 
della  Chiesa.  Chi  non  vede  che,  trattandosi  di  gente  cosi  perfidio- 
sa  e  ostinata,  la  quale  ardiva  di  tacciare  di  eretiche  le  Bolle  che  li 
condannavano,  ei  doyea  ad  ogni  patto  scegliere  la  seconda?  E  come 
altrimenti  avria  potuto  convincere  uomini  volontariamente  ostinati 
nell'eresia,  se  neppure  i  Gallicani,  benche  sinceramenle  cattolici, 
aecetterebbero  V  altro  genere  di  pruova,  dedotto  dalla  personate  in- 
fallibilita  de'  Pontefici  ?  Per  opposto ;  argomentando  S.  Antonino 
contro  ai  Fraticelli  dall'  autorita  complessiva  di  tutta  la  Chiesa,  per 
prima  veniva  a  togliere  ad  essi  ogni  occasione  di  cavilli,  non  essen- 
dovi  in  terra  altro  competente  tribunale  a  cui  ricorrere ;  ed  oltre  cio 
rivolgeva  contro  ai  medesimi  le  loro  stesse  armi,  che  erano  appunto 
i  giudizii  che  essi  vantavano  favorevoli  a  se  della  Chiesa  universa- 
le.  E  questa  medesima  e  stata  la  tattica  che  i  teologi,  anche  piu  ar- 
denti  nel  difendere  la  infallibilita  de'  Papi,  hanno  seguito  per  circa 
due  secoli  armeggiando  contro  i  Giansenisti.  Essi,  per  ridurli  al  si- 
lenzio,  non  ispiegavano  lor  contro  le  Bolle  de'  Ponlefici  senz'  altro 
appoggio,  ne  si  brigavano  di  persuaderli,  che  i  Pontefici,  allorche 
definiscono  ex  cathedra,  sono  infallibili.  L'argomento  che  li  rendea 
insuperabilmente  vittoriosi  era  1' autorita  di  tutta  la  Chiesa,  che  ao- 
cettava  le  defmizioni  pontificie,  come  ultime  e  supreme  sentenze  in 
quelle  quistioni.  Perocche  i  Giansenisti,  che  voleano  ad  ogni  patto 
comparire  cattolici,  se  poteano  schermirsi  contro  i  decreti  de'  Pon- 
tefici, senza  esser  convinti  per  cio  eretici  manifest!,  non  poteano  ri- 
fiutare  1'autorita  di  quegli  stessi  decreti,  in  quanto  accettati  da  tutta 
la  Chiesa,  senza  rinunziare  a  quell' apparenza  di  cattolici,  che  Tin- 
teresse  della  setta  li  costringeya  a  conservare.  Or  chi  direbbe  che 
que'  teologi  in  tanto  sostenevano  che  le  Bolle  pontificie  aveario  ya- 
lore  e  fermezza  irreformabile  contro  i  Giansenisti,  in  quanto  erano 
state  accettate  dai  Prelati  della  Chiesa?  Ma  non  e  identico  il  caso, 
ed  identica  la  maniera  di  argomentare  di  S.  Antonino  ? 

Rispondiamo  in  secondo  luogo  che  non  solo  la  causale  in  quanto 
costituisce  tutto  1'argomento  del  Bossuet,  non  esiste  ne 


INTOKNO  ALLA  INFALLIBILITA  DE*  PAPI  311 

lelteralmente  ne  equivalentemenle  nel  testo  di  S.  Antonino ;  ma  di 
piu  dal  medesimo  ieslo  e  positivamente  esclusa.  Di  fatlo  lo  stesso 
Bossuet,  dopo  avere  interpretate  quelle  parole  del  Santo  intorno  alia 
sentenza  del  Pontefice,  per  praelatos  et  doctores  acceptata,  appro- 
bata  et  examinata  come  una  condizione,  perche  la  delta  sentenza 
avesse  ultimo  e  supremo  valore,  conchhide  con  questa  clausola  da 
noi  citata  piu  indietro :  Quae  Declarationi  gallicanae  aut  gemina 
sunt,  aut  etiam  fortiora  et  explicate*  clarius.  Ma  egli  con  tutto 
I'acume  del  suo  ingegno  non  vide  che  quello  stesso  essere  fortiora, 
cioe  piu  arditi  delle  pretensioni  gallicane  i  sentiment!  altribuiti  da 
lui  a  S.  Antonino,  toglieva  ogni  probability  alia  sua  interpretazione. 
Conciossiache  che  e  mai  quel  maggiore  ardire,  che  assume  nella 
sua  spiegazione  la  sentenza  del  Santo  ?  E  nulla  meno  che  un  con- 
cetto ereticale.  In  effetto  il  Santo  mettendo  in  ischiera  tutti  gli  ordi- 
ni  ecclesiastici,  pe'  quali  era  stata  acceptata,  approbata  et  exami- 
nata la  decretale  di  Giovanni  XXII,  li  numera  nella  seguente  ma- 
niera...  oirmes  successores  eius  (cioe  di  Giovanni)  veros  catholicos 
summos  Ponlifices,  et  omnes  praelalos  Ecclesiae,  et  doctores  utrius- 
que  et  magistros  plurimos  in  theologia  cuiuslibet  religionis.  Se  dun- 
que,  per  senlenza  di  lui,  queste  parole  esprimono  la  condizione,  in 
virtu  di  cui  solamente  i  decreti  pontificii  hanno  valore  dommatico  in 
tulta  la  Chiesa,  ne  viene  per  conseguenza  che  il  Santo,  per  conce- 
dere  ai  delti  decreti  una  tal  forza,  esige  che  sieno  accettati,  appro- 
vati  ed  esammati  in  primo  luogo  da  un  buon  numero  di  successor! 
di  quel  Ponteftce  che  gli  ha  emanati;  in  secondo  luogo  da  tutti  i  Pre- 
lati  della  Chiesa,  durante  il  periodo  di  tempo  che  comprenda  piu 
pontificati ;  in  terzo  luogo  da  tutli  i  dottori  utriusque,  nel  corso  (da 
lui  per  aliro  non  defmito)  di  tutti  questi  anni;  in  quarto  luogo  llnal- 
mente  da  moltissimi,  se  non  da  tulti,  i  maestri  di  teologia  apparte- 
nenti  ai  divers!  Ordini  religiosi.  Altro  che  ardire  gallicano;  il  quale 
in  ultima  sostanza  e  contento  della  semplice  accettazione,  ed  anche 
tacita,  del  maggior  numero  de'  Vescovi !  S.  Antonino  li  vuole  tutti 
consenzienti,  e  consenzienti  con  essi  tutti  i  dottori,  almeno  se  sieno 
laureati  in  utroqne,  ed  una  giunta  inoltre  di  maestri  in  teologia,  scelli 
dai  diversi  convent!,  che  formino  almeno  la  maggioranza  degV  inse- 


312  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE 

gnanti  le  sacre  scienze.  Ne  tuttavia  gli  basla;  ma  chiede  inoltre  che 
colesto  suffragio  universale  si  maiitenga  in  cosi  falta  pienezza  per  lo 
spazio  di  parecchi  pontificati,  approvato  via  via  dai  Papi  che  si  suc- 
cedono;  e  allora  soltanto,  ne  altrimenti  che  cosi,  le  sentenze  pontifi- 
cie  avrebbero  ultimo  e  irrevocable  valore.  Or  chi  mettesse  innanzi 
condizioni  di  questo  genera,  per  dire  obbligati  i  fedeli  ad  acceltare 
come  definizioni  dommatiche  le  defmizioni  de'  Pontefici ,  se  ei  non 
avesse  perduto  il  cervello,  non  avrebbe  perduta  indubitatamenle 
la  fede  ?  Crediamb  bene  che  il  Bossuet,  fra  i  varii  membri,  che 
cita  il  santo  Arcivescovo,  il  suffragio  di  alcuni  direbbe  necessario 
per  queireffetto  di  obbligare  la  fede  della  Ghiesa,  e  quello  di  altri 
direbbe  una  conseguenza  del  primo.  Ma  con  quale  diritto  egli  fareb- 
be  questa  restrizione?  Se  nel  periodo  del  Santo  e  soUintesa  la  can- 
sale,  che  esso  appone  ;  questa  e  necessariamente  da  riferire  a  tutta 
la  enumerazione,  che  sta  compresa  nello  stesso  periodo,  ed  ha  un 
medesimo  reggimento  grammaticale. 

Ma  oltre  alia  scempiata  eresia,  che,  secondo  la  interpretazione 
del  Bossuet,  si  farebbe  dire  a  S.  Antonino,  sarebbe  inoltre  nel  suo 
aiodo  di  esprimersi  uno  sproposito  di  concetto  da  doverne  arrossire 
ogni  scolaretto  di  logica.  Di  falto  la  ragione  radicale,  per  la  quale 
coloro,  che  negano  la  personale  infallibilita  de'  Papi,  richieggono  il 
consenso  de'Prelati  della  Chiesa,  &  perche  potendo  i  Pontefici  cade- 
re  in  errore,  il  giudizio  di  tutti  o  della  maggior  parte  deTescovi,  che 
sono  pure  per  divino  mandato  custodi  della  fede,  possa  assicurarc 
tutto  il  corpo  de'  fedeli,  che  la  defmizione  del  Pontefice  e  conforme 
alia  dottrina  di  Gesu  Cristo  e  come  tale  da  accettarsi.  E  chiaro 
dunque  che  la  prima  cosa  che  i  Vescovi,  secondo  questa  sentenza, 
dovrebbero  fare  per  obbligo  del  loro  uffizio,  sarebbe  di  esaminare, 
benche  privatamente,  le  definizioni  pontificie,  per  \edere  se  con- 
cordino  colla  dottrina  degli  Apostoli.  Un  gallicano  che  dicesse  es- 
sere  i  Vescovi  obbligati  senz'  altro  esame  di  accettare  le  definizioni 
de'  Papi,  con  cio  solo  distruggerebbe  il  sistema.  Or  avete  avvertito 
Tordine  delle  parole  di  S.  Antonino,  nel  notare  il  fatto  della  Chiesa 
per  rispetto  alia  Decretale  di  Giovanni?  Egli,  a  cominciare  da'  suc- 
cessori  di  lui,  e  poi  numerando  a  mano  a  mano  i  prelati?  i  dottori 


INTOIWO  ALLA  INFALLIB1L1TA  DE*  PAPI  313 

in  utroque  ed  i  semplici  maestri  di  teologia,  afferma  complessiva- 
mente  che  f  accettarono,  I'  approvarono,  I'  esaminarono.  So  in  lui 
supponiamo  la  fede  nella  infallibilila  personale  de'  Papi,  la  forma  di 
dire  che  lisa  corrisponde  esattamenle  al  concetto  della  sua  menle 
ed  alia  verita  del  falto.  One' Vescovi  e  dottori  per  prima  cosa  accet- 
tarono senz'altro  esame  la  decisione  dommatica  del  Papa,  appro- 
vandola  con  piena  sommissione  di  animo.  Dopo  di  che,  dovendo 
pure  dichiararla  ai  fedeli,  e  molto  piu  confonder  con  essa  gli  ereti- 
ci,  1' esaminarono;  ch'e  quanto  dire  vi  fecero  sopra  quello  studio  cri- 
tico,  che  si  suole  di  simili  documenti  ecclesiastic!  e  delle  stesse  di- 
vine Scrilturc.  Per  conlrario  se  il  S.  Arcivescoyo  fosse  stato  della 
opinione  del  Bossuet,  o  si  sarebbe  contraddetlo  affermando  che  gli 
ordini  ecclesiastic!  accetlarono  cecamente,  prima  d'  ogni  esame  la 
Bolla  di  Giovanni,  o  la  sua  locuzione  conterrebbe  un  Orapov  wpfospov 
indegno  d'  uu  uomo  del  suo  ingegno  e  incomportabile  in  una  niate- 
ria  si  delicata. 

Rispondiamo  in  terzo  luogo,  che  quando  ancora  mancassero  tutte 
queste  ragioni  inerenti  al  testo,  sicche  fosse  dubbio  il  suo  senso,  la 
interpretazione  del  Bossuet  sarebbe  necessariamente  esclusa  da  que- 
gli  altri  luoghi  del  Santo,  da  noi  prodotti  in  abbondanza  neirartico- 
lo  precedente,  da'quali  risulta  con  pienissima  luce  la  sentenza  di  lui 
a  riguardo  della  infallibilita  personale  de'  romani  Pontefici.  E  un 
canonc  elementare  di  critica,  ammesso  da  cattolici  e  protestanti,  e 
per  rispetto  ad  autori  tanto  sacri  quanto  profani,  che  le  sentenze 
ambigue  di  alcuno  di  essi  si  debbono  spiegare  colle  sentenze  piu 
chiare,  che  si  ritrovino  dal  medesimo  espresse  intorno  allo  stesso 
soggetto  o  quistione. 

V. 

Secondo  capo  di  difficolta,  che  il  Bossuet  desume 
dalle  dottrine  del  Santo. 

IValtra  capitale  opposizione  ricava  11  Bossuet  da  quel  tralto  del- 
la  dottrina,  con  cui  il  S.Arcivescovo  insegna  essere  illecito  appella- 
re  conlro  ai  decreti  del  Romano  Pontefice,  o  sia  al  successore  di  lui, 
o  sia  al  concilio  generate,  o  tlnalmente  a  qualsivoglia  potesta.  Nel 


314  Li  DOTTRINA  DI  S.  ANTOTCINO  ARCIV.  DI  FIRENZE 

quale  proposito  il  Santo  si  oppone  questa  difficolta.  «  Potrebbe  av- 
venire  che  il  Papa  fosse  eretico,  e  volesse  promulgare  decreti  ereti- 
cali.  II  che  se  accadesse  verrebbe  a  mancare  la  fede  di  Pietro ;  poi- 
che  in  questo  caso  non  vi  sarebbe  chi  potesse  resistergli,  e  dall'altro 
canto  la  Chiesa  noil  sarebbe  legata  da'  suoi  erelici  statuti.  Sembra 
dunque  che,  almeno  in  questa  ipotesi,  sia  lecito  appellare  a  qualche 
altra  potesta  —  Alia  qual  quistione  e  da  rispondere  come  innanzi ; 
cioe  che  sebbene  il  Papa,  come  persona  particolare,  agendo  di  pro- 
prio  moto,  possa  errare  nella  fede,  siccome  e  scritto  di  Leone,  con- 
tro  a  cui  llano  pittaviese  fe'richiamo  nel  concilio  generate;  cio  non 
ostante  servendosi  del  concilio  e  addimandando  1'aiuto  della  Chiesa 
universale,  cosi  provvedendo  Cristo,  il  quale  disse  a  Pietro  :  lo  ho 
pregato  per  te  ecc.,  non  puo  cadere  in  errore.  Ne  puo  darsi  mai 
caso,  che  la  Chiesa  universale  accolga  come  domma  ca,ttolico  qual- 
che massima  eretieale ;  poiche  la  Chiesa  universale,  che  e  la  Spo- 
sa,  ed  e  e  sara  sempre  senza  niuna  macchia  ne  ruga  1.  »  Citate  le 
quali  parole  ilBossuet  soggiugne:  «  Ecco,  secondo  Antonino,  che  si- 
gnifica  che  il  Papa  possa  errare  nella  fede  come  persona  singolare. 
Imperciocche  non  si  puo  intendere  qui  il  Pontetice  che  eserciti  il 
pubblico  ed  apostolico  officio,  come  ora  si  pretende,  ma  il  Pontefi- 
ce  che  operi  di  proprio  tnoto.  Che  poi  voglia  dire  la  formola:  Pon~ 
tefice  che  operi  come  Pontefice ,  lo  dichiara  lo  stesso  Antonino ;  ri- 
chiedendo  cio.e  che  il  Pontefice  «  si  serva  del  concilio  e  addomandi 

1  Contingere  posset,  quod  Papa  haereticus  esset,  et  vellet  haeretica, 
statuta  condere:  quod  si  contingeret  deficeret  fides  Petri;  quia  non  esset 
qui  in  hoc  casu  posset  resisteref  nee  teneretur  E&clesia  haereticis  statutis 
eius  obedire.  Videtur  ergo,  in  hoc  casu  saltern,  licitum  esse  ad  aliquem 
appellare  —  Ad  istud  dicendum  sicut  prius,  quod  licet  ut  persona  singu- 
laris  y  ex  motu  proprio  agens  errare  posset  in  fide,  sicut  scribitur  do 
Leone,  contra  quern  Hilarius  pictamensis  in  concilium  generate  venit  ; 
tamen  utens  concilio,  et  requirens  adiutorium  universalis  Ecclesiae,  Deo 
ordinante  qui  dixit  Petro:  Ego  rogavi  pro  te,  etc.  non  potest  errare.  Nee 
potest  esse  quod  Ecclesia  universalis  accipiat  aliquid  tamquam  catholicum, 
quod  est  haereticum;  quia  Ecclesia  universalis,  quae  est  Sponsa,  et  erit  sem- 
per et  est  non  habens  maculam  neque  rugam.  Part.  Ill,  titul.  XXIII,  cap.  Ill, 
§.4. 


INTORNO  ALLA  INFALLIBILITA  DE*  PAPI  315 

1'  aiuto  di  tutta  quanta  la  Chiesa » ,  la  cui  decisione  per  conse- 
guenza  la  Chiesa  universale  sia  obbligata  di  accettare  1.  » 

A  cavare  il  senso  precise  da  questo  arruffamento  di  parole  con 
cui  1'Autore  della  Difesa  tortura  il  iesto  di  S.  Antonino,  per  lirarlo 
alia  propria  sentenza,  esso  si  puo  ridurre  alia  seguente  proposizio- 
ne:  «  Quando  S.  Antbnino  afferma,  che  il  Papa,  in  quanto  Papa, 
anche  come  persona  singolare,  non  puo  errare  nella  fede,  egli  non 
intende,  come  vorrebbero  i  teologi  romani,  che  il  Papa  esercili  il 
pubblico  ed  apostolico  ministero,  ma  intende  di  piu  che  Y  eserciti 
col  concorso  del  concilio  e  coll' aiuto  della  Chiesa  universale,  utens 
concilio  et  requirens  adiutorium  Ecclesiae  universalis.  »  Di  fatlo 
poco  appresso  alle  citate  parole  conchiude  nella  seguente  maniera. 
«  Cosi  dunqtie,  secondo  la  mente  di  Antonino,  il  Pontefice  inse- 
gnante  come  Pontefice  e  come  persona  pubblica,  o  sia,  come  ora 
dicono,  ex  cathedra,  e  il  Pontefice  che  si  serva  del  concilio  e  del- 
r  aiuto  della  Chiesa  universale,  la  quale  non  pub  errare ;  e  il 
Pontefice  che  dellnisca  secondo  la  sentenza  della  Chiesa,  per  maniera 
che  la  sua  definizione,  accettata  ed  esaminata,  sia  approvata  dalla 
stessa  Chiesa  2.  » 

La  risposta,  che  scioglie  radicalmente  la  difficolta  del  Bossuet,  sta 
nella  contraddizione  de'  termini  stessi  della  sentenza  che  esso  appic- 
ca  al  santo  Aicivescovo.  Imperocche,  come  si  rileva  dal  confronto 
del  testo  da  lui  allegato ,  coll'  altro  del  tutto  parallelo  allegato  da 
noi  nell'articolo  precedente,  la  sentenza  del  Santo  e:  «  Che  il  Papa, 
ayvegnache  possa  errare  nelle  cose  particolari,  a  cagion  d'esempio 

1  En,  secundum  Antoninum,  quid  sit  Pontificem  errare  posse  in  fide  ut 
personam  singularem.  Non  enim  hie  intelligendus  Pontifex  publicum  et 
apostolicum  officium  exeqnens,  quod  nunc  volunt,  sed  Pontifex  ex  motu  pro- 
prio  agens.  Quid  sit  autem  Pontifex  ay  ens  ut  Pontifex,  Idem  Antoninus 
exponit;  nempe  ut  sit  Pontifex  utens  concilio  et  requirens  adiutorium  uni- 
versalis Ecclesiae,  cuius  proinde  sententiam  universalis  Ecclesia  accipiat. 
Append,  lib.  et  cap.  cit. 

2  Sic  ergo  ex  Antonwi  mente,  Pontifex  docens  ut  Pontifex  atque  ut 
persona  publica,  sive,  ut  nunc  loquuntur  ex  cathedra,  est  Pontifex,  ut  vidi* 
mus,  utens  concilio  et  adiutorio  universalis  Ecclesiae,  quae  errare  non  po- 
test;  atque  ex  eius  sententiaita  pronuntians,  ut  eius  sententiam,  acceptatam 
et  examinatam,  ipsa  Ecclesia  approbet.  Loc.  cit. 


316  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE 

nelle  giudiziali,  nelle  quali  si  precede  per  via  d'  informazione ;  do 
non  ostante  nelle  materie  della  fede  non  puo  errare,  posto  che  sen- 
tenzii  come  Papa,  benche  lo  faccia  COME  PARTICOLARE  E  PRIVATA  PER- 
SONA 1.  »  II  concetto  e  del  tutto  somigliante  a  qucllo  del  passo  reci- 
tato  dal  Bossuet,  salvo  solo  .che  in  questo  e  soltinteso  il  comphnen- 
to  della  proposizione,  vale  a  dire,  che  il  Papa,  quando  non  pronunzii 
come  Papa,  possa  come  uomo  particolare  error  nella  fede;  e  per  con- 
trario  nell'  altro  e  messo  esplicitamente ,  dicendosi  che  il  Papa 
come  persona  singolare,  agendo  di  proprio  motivo  (cioe  non  gia  co- 
me Papa,  secondo  il  testo  precedente,  ma  per  impulso  di  propria 
passione,  come  uomo)  possa  errare  anche  nella  fede.  Or  che  fa  il 
Bossuet?  Confonde  in  uno  i  due  sensi  si  divers! ,  e  ci  regala  la  por- 
tentosa  interpretazione,  che :  «  Secondo  Antonino,  «  il  Papa  che  non 
puo  errare  quando  defmisce  come  Papa,  AVVEGNACHE  COME  PARTICO- 
LARE E  PRIVATA  PERSONA,  e  il  Papa  che  si  serva  del  concilio  e  degli 
aiuti  della  Chiesa  universale  »,  esigendo  inoltrc  come  abbiamo  ve- 
duto,  «  che,  quando  la  Chiesa  non  e  raccolta  in  concilio,  acciocche 
le  definizioni  del  Pontefice,  come  persona  particolare  e  priuata, 
abbiano  valor  e  dommatico,  debba  essa  Chiesa  esaminarle,  appro- 
varle  ed  accettarle.  »  Ma  con  questo,  come  teste  dicevamo,  lo  fa  in- 
correrein  unacontraddizione,  che  si  rileva  a  prima  vista  ne'  termini 
stessi  della  interpretazione. 

E  vaglia  il  vero,  il  concetto  inchiuso  nella  frase  «  Atti  di  persona 
particolare  e  privata  »  esclude  necessariamente  il  concorso  di  altrc 
persone,  in  que'medesimi  Atti,  almeno  secondo  la  ragione  formale 
di  questi,  e  inquanto  sono  tali  nel  lor  valore  morale.  Cosi,  a  cagio- 
ne  d'esempio,  se  io  dico  di  un  personaggio  il  quale  e  a  capo  di  una 
politica  assemblea,  pognamo  di  un  ministero,  che  egli  in  un  atfare 
qualsisia  ha  operato  come  persona  particolare  e  privata;  e  chiaro 
che  io  voglio  imputare  a  lui  solo  e  non  gia  ai  suoi  colleghi  la  buona 
o  catliva  riuscita  di  quel  negozio.  Se  poi  aggiungo,  che  egli  ha  ope- 
rato si  veramente  in  qualita  di  preside  de  minjstri,  ma  tuttavia  co- 
me persona  particolare;  io  voglio  intendere  senza  fallo,  che  esso  ha 

1  Part.  IV,  titul.  VIII,  cap.  Ill,  §.  5.  II  testo  latino  1'abbiamo  arrecatoiH 
quaderno  precedente  a  pag.  189  in  nota. 


INTOHNO  ALLA  INFALLIBILITA  DE*  PAPI  317 

operate  si  bene  come  pubblico  uffiziale,  ma  pero  indipendcntemente 
da'suoi  colleghi,  o  in  forza  delle  leggi  che  gli  dessero  un  tal  dirit- 
to,  se  ha  operate  legalmente,  o  certo  per  mandalo  straordinario  del 
principe.  Or  non  e  dunque  una  contraddizione  in  termini  affermare 
che  il  Papa  definisce  infallibilmente  anche  come  persona  particola- 
re  e  privata,  quando  definisce  insieme  col  concilio,  o  quando  1'csa- 
me  e  1'accettazione  della  Chiesa  da  valore  dommatico  ai  suoi  atti? 

E  per  rispelto  al  concilio  generate,  egli  e  indubitato,  per  senlen- 
za  di  tutti  i  teologi,  che  i  Vescovi,  legittimamenle  adunati  e  sotto 
la  presidenza  de'  Roman!  Pontefici,  non  sono  semplici  consulted 
nelle  materie  della  fede,  ma  veri  giudici,  avvegnache  non  infalli- 
bili  prinia  della  confermazione  pontificia.  E  cosi  le  difinizioni  del 
concilio,  quando  sia  stato  legittimamente  approbate ,  non  si  altri- 
buiscono  al  Papa  separatamente  da'  VescoYi ,  ma  a  tutto  il  consesso 
rappresentante  adeguatamente  la  Chiesa  universale.  II  che  vale  as- 
sai  phi  nella  sentenza  de'  Gallicani,  secondo  la  quale  le  parti  prin- 
cipal! vengono  deferite  ai  Yescovi  adunati,  i  quali  considerati  unita- 
mente  sono  detti  superior!  al  Papa.  Cio  posto,  come  potrebbe  S.  An- 
lonino,  senza  la  piu  flagrante  contraddizione,  attribuire  al  Papa,  non 
gia  principalmente,  ma  a  lui  proprio  come  a  persona  particolare  e 
privata  le  definizioni  del  concilio,  e,  quel  ch'  e  piu,  non  gia  suppo- 
nendo  ch'  egli  tenesse  la  sentenza  comune ,  che  fu  certamente  la 
sua,  ma  die  tenesse  la  gallicana ,  che  gli  si  vuole  affibbiare,  la 
quale  fa  il  Papa  inferiore  al  concilio? 

Lo  stesso  raziocinio  si  puo  fare  a  riguardo  dell'  altro  inciso,  che 
mette  per  condizione  della  infallibilita  il  ricorso  alia  Chiesa  univer- 
sale, cioe  (supponiamo)  ai  Vescovi  disgregati.  In  questa  ipotesi, 
pcrche  le  decision!  del  Pontefice  avessero  fermezza  doramatica,  sa- 
rebbe  necessario,  secondo  la  interpretazione  del  Bossuet,  non  solo 
che  egli  pronunziasse  ex  sententia  Ecclesiae-,  ma  di  piu  che  dopo 
emanate  le  sue  proposte,  la  Chiesa  universale,  cioe  i  Yescovi  di- 
sgregati ne  facessero  ciascheduno  da  se  1'esame,  e  sol  quando  si  ac- 
cordassero  tutti,  o  almeno  la  maggior  parle  ad  approvarle  eel  ac- 
cettarle,  quelle  avessero  forza  di  definizioni  di  fedc.  Or  se  questa 
e  la  mente  di  S.  Antonino,  si  domanda  come  mai,  se  non  fosse  per 
ironia,  potrebbe  affermare  che  la  infallibilita  di  quelle  definizioni 


318  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE 

si  dovesse  ascrivere  al  Papa  come  a  persona  particolare  e  privata! 
II  Papa  in  questo  caso  non  sarebbe  piu  infallibile  di  que  teologi, 
de'quali  si  fosse  servito  per  apparecchiar  le  materie  da  defmire  o  per 
formolare  le  bolle,  che  poi  i  Yescovi  dovrebbero  esaminare,  e  quin- 
di  o  accogliere  o  rigettare,  secondo  che  le  credessero  o  conformi  o 
contrarie  alle  verita  rivelate.  Ad  ogni  modo  la  cagione  della  infalli- 
bilita  non  sarebbe  il  Papa,  come  persona  particolare  e  privata,  ma 
in  primo  luogo  i  Yescovi  consenzienti,  e  di  poi  il  Papa,  inquanto  fa 
un  solo  corpo  con  essi.  Non  potrebbe  dunque  senza  contraddizio- 
ne  affermarsi,  che  nella  detta  ipotesi  il  Papa,  anche  come  persona 
particolare  e  privata,  sarebbe  infallibile. 

E  crediamo  che  non  senza  perche  il  santo  Arcivescovo,  potendo 
adoperare  altre  formole  che  esprimessero  lo  stesso  concetto,  abbia 
prescelta  questa :  come  persona  particolare  e  privata.  Per  verita 
potrebbe  sembrare  non  esser  cotesto  un  modo  di  dire  molto  felice 
per  esprimere  T  atto,  che  il  Pontefice  esercita  d'  insegnare  a'tutta  la 
Chiesa  in  qualita  di  universal  e  maestro ;  poiche  un  tal  atto  non  e  di 
uomo  privato,  ma  di  personaggio  eminentemente  pubblico.  Se  non 
che,  a  correggere  questa  qualsiasi  improprieta  di  linguaggio\  il  Santo 
ha  giudicato  che  dovesse  bastare  quell' aggiunta :  Papa  ut  Papa; 
il  Papa  reduplicativamente  inquanto  Papa.  Dall'  altra  parte  ,  perche 
difficilmente  avria  potuto  trovare  altre  parole  che  significassero  piu 
brevemente  e  piu  chiaramente  il  privilegio  della  infallibilita  perso- 
nale,  ha  preferite  quelle  :  ut  persona  particulars  et  privata,  av* 
vegnache  sotto  un  altro  rispetto  non  fossero  le  piu  esatte. 

Torniamo  ora  al  testo  citato  dal  Bossuet ,  secondo  il  quale  pare 
che  il  Santo  richiegga  come  condizione,  perche  le  definizioni  del 
Pontefice  sieno  infallibili,  che  egli  o  si  serva  del  concilio,  ovvero 
che  domandi  1'aiuto  della  Chiesa.  Ecco  le  parole  controverse :  Li- 
cet (Papa)  ut  persona  singularis,  ex  motu  proprio  agens,  err  are 
posset  in  fide  . . . ;  tamen  utens  concilio  et  reqmrens  adiutorium 
universalis  Ecclesiae  . . .  errare  non  potest.  Per  le  cose  ragionate 
sin  qui  il  Papa  che  puo  errare,  com'  e  detto  nel  primo  membro  del 
periodo,  non  e  il  Papa  che  operi  inquanto  Papa,  cioe  che  eserciti 
1'ufficio  apostolico,  ma  e  il  Papa  che  operi  come  qualunque  uomo, 
ex  motu  proprio ,  val  quanto  dire  per  privato  motivo  e  non  per  ra- 


INTORNO  ALLA  INFALLIBILITA  DE*  PAPI  319 

gione  del  suo  pubblico  minislero.  Nondimeno,  egli  soggiunge  nella 
seconda  parte  del  periodo,  se  si  serva  del  concilio,  e  addimandi  gli 
aiuti  della  Chiesa  imiversale ,  esso  non  puo  errare.  In  due  maniere 
si  possono  spiegare  queste  parole ;  la  prima :  cbe  i  concilii  e  gli  aiu- 
ti della  Chiesa  imiversale  sieno  condizioni  esclusive  per  1'  esercizio 
della  infallibility  di  guisa  che  senza  il  concilio,  o  senza  il  concor- 
so,  comunque  voglia  spiegarsi,  della  Chiesa  universale  non  possa- 
no  avervi  nella  Chiesa  definizioni  che  si  debbano  tenere  per  infal- 
libili.  La  seconda  maniera  e:  che  fra  le  condizioni,  per  le  quali  si 
verifica  1' infallibility  hanno  luogo,  benche  non  esclusivo,  i  concilii 
ed  altri  sussidii  della  Chiesa  universale.  La  prima  di  queste  spie- 
gazioni  ripugna  a  tutto  il  complesso  della  dottrina  del  Santo,  e  a 
molti  luoghi  particolari  di  senso  apertissimo,  specialmente  a  quello 
parallelo  al  presente,  che  teste  abbiamo  esaminato.  Rimarie  dun- 
que  a  dire  colla  seconda  spiegazione,  che  il  Santo  accenna  alcune 
di  quelle  condizioni,  mediante  le  quali  puo  nella  Chiesa  avere  atto 
il  privilegio  della  infallibility,  senza  escludere  le  altre. 

E  in  effetto,  il  privilegio  della  infallibilita  non  e,  come  insegna- 
no  tutti  i  teologi,  quello  di  nuove  rivelazioni  che  Iddio  faccia  os- 
sia  ai  Pontefici  ossia  ai  concilii.  Esso  consiste  nell'  assistenza  del- 
lo  Spirito  Santo,  che  per  virtu  della  promessa  di  Cristo  non  sara  per 
mancare  giammai  ai  successori  di  Pietro,  tanto  nel  tutelare  il  deposi- 
to  della  Fede,  quanto  nello  svolgere,  secondo  le  diverse  circostanze, 
i  dommi  che  vi  sono  implicitamente  contenuti.  II  che  suppone  che  i 
successori  di  Pietro  debbono  usare  i  mezzi  convenienti  per  iscevera- 
re  nelle  materie  della  fede  ilvero  dal  falso,  il  dubbio  dal  certo,  e 
cio  che  ad  essa  appartiene  da  quanto  non  la  riguarda.  E  che  il  fa- 
ranno  Be  e  mallevadrice  la  parola  di  Dio ,  il  quale  imponendo  ai  fe- 
deli  Tobbligo  di  ricevere  gl'  insegnamenti  di  quelli,  come  verita  ri- 
velate  da  lui,  non  puo  permeltere,  senza  contraddirsi,  che  insegnino 
Ferrore.  Ora  tra  i  mezzi,  che  hanno  i  Pontefici  per  esaminare  le  qui- 
stioni  della  fede,  ed  assicurarsi  se  una  qualche  proposizione  sia 
contenuta  nel  deposito  della  Rivelazione,  principalissimo  e  quello 
de'  sinodi  universal!,  e  pur  di  molta  efficacia  i  consigli,  che  essi  pos- 
sono addimandare  a  tutti  i  Yescovi  disgregati,  o  a  molli,  o  ad  alcuni 
soltanto  fra  essi.  Pero  S.  Antonino,  volendo  far  persuasi  i  fedeli  che 


320  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE 

i  Pontetici ,  benche  come  uomini  individui  agendo  di  proprio  moto 
potessero  errare,  luttavia  non  fallirebbero  nel  loro  pubblico  ed  apo- 
stolico  magistero,  cita  le  parole  di  Cristo  a  S.  Pietro,  ed  accenna  i 
mezzi  phi  possenti,  onde  i  successor!  di  questo  daranno  opera  che  la 
divina  promessa  si  abbia  infallibilmente  a  verificare.  Ha  egli  nega- 
to  con  questo  la  lor  personale  infallibilita?  Per  nulla;  poiche,  come 
abbiamo  veduto,  ne  la  presenza  del  concilio,  o  gli  altri  aiuti  che  puo 
prestare  la  Chiesa  universale  per  le  defmizioni  dommatiche  esclu- 
dono  la  infallibilita  personale  de'  Papi,  ne  la  verity  di  questa  rende 
inutili  o  non  necessarii,  come  relativamente  sono  in  alcune  circo- 
stanze,  quegli  altri  presidii. 

II  che  e  pur  manifesto  per  do  che  gli  stessi  Pontefici  operano. 
Ouante  volte  essi ,  essendo  piu  straordinariamente  la  Chiesa  trava- 
gliata  dall'eresie  e  dagli  scismi,  hanno  convocato  i  Concilii  univer- 
sali,  proclamando  che  a  cio  erano  indotti  dalla  necessita  di  quel 
mezzo  potentissimo  a  fine  di  risolvere  le  quistioni  in  gravissime 
materie  concernenti  la  Fede!  Or  chi  direbbe  che  i  Papi  avessero  in- 
teso,  cosi  protestando,  di  rinnegare  il  privilegio  personale  della  loro 
infallibilita?  Che  piu?  Lo  stesso  S.  Padre  Pio  IX,  prima  di  venire 
al  solenne  atto  di  definire  come  domma  di  fede  Timmacolato  Conce'- 
pimento  della  gran  Madre  di  Dio,  non  credette  necessario  addiman- 
dare  gli  aiuti  della  Chiesa  universale,.  scrivendo  a  tutti  i  Yescovi 
dell'Orbe  cattolico,  che  gli  esponesscro  sopra  cio  la  loro  sentenza? 
Vi  fu  egli  chi  vedesse  in  quest' atto  una  tacita  confessione  di  lui  con- 
tro  la  dottrina  della  sua personale  infallibilita  come  Papa?  Per  con- 
trario  anzi ,  dopo  che  Pio  IX ,  avuto  il  suffragio  favorevole  di  tutto 
1' Episcopate,  proclamo  di  fede  I'lmmacolata  Concezione  di  Ma- 
ria; cosi  amici  come  nemici  o  tiepidi  amici  della  S.  Sede  protesta- 
rono,  che  egli  aveva  col  fatto  sanzionata  solennemente  la  sentenza 
cattolica,  la  quale  insegna  che  i  Pontefici,  quando  definiscono  ex  ca- 
thedra sono  personalmente  infallibili. 

Se  non  che  S.  Antonino  non  solo  nel  citato  testo  non  esclude  un 
tal  privilegio  de'Pontefici,  ma  1' include  positivamente.  II  che  si  pro- 
va  prima  pel  luogo  del  Vangelo,  che  adduce,  a  tine  di  rassicurare  i 
fedeli  dal  timore,  che  le  defmizioni  pontificie  possano  mai  contener 
errori  contro  la  fede,  II  luogo  che  cita  sono  quelle  parole  di  Cristo  a 


INTORNO  ALL  A  INFALLIBILITA  Dfi'  PAPI  321 

S.  Pietro  :  Ego  rogavipro  te  ut  non  deficiat  fides  tua;  donde  appunto 
i  teologi  ricavano  il  piu  forte  argomento  per  sostenere  la  personale 
infallibilita  de' Pontefici.  II  che  non  potea  non  vedere  S.  Antonino, 
specialmente  che  in  que'  tempi  tanto  si  disputo  ,  e  appunto  co'  testi 
della  Scrittura,  della  potestSt  pontificia.  E  pero  se  egli  tenea  la  con- 
traria  sentenza,  avria  dovuto  allegare  piuttosto  quelle  altre  parole , 
dette  in  comune  agli  Apostoli  ,  dalle  quali  si  deduce  la  infallibilita 
de'  concilii  general! :  Ecce  ego  vobiscum  sum  omnibus  diebus  usque 
ad  consumationem  saeculi  1,  o  altri  luoghi  somiglianti. 

La  seconda  prova  si  ricava  dalle  stesse  parole  che  ci  vengono 
opposte.  II  Santo  dice  che  il  Papa  utens  concilio  non  potest  errare. 
Richiamiamo  alia  mente  la  dottrina  di  lui,  da  noi  largamente  espo- 
stanel  quadernoprecedente,  intorno  alle  relazioni  tra  i  Pontefici  edi 
concilii.  Quivifra  1' altre  cose  notammo,  che,  secondo  la  sua  senten- 
za, che  e  la  vera,  la  ragione  for  male  della  infallibilita  delle  defmi- 
zioni  dommatiche  de'  concilii  e  la  confermazione  pontificia,  e  quindi 
la  infallibilita  personale  de'Papi.  E  pero  vedemmo  che  egli  indiffe- 
rentemente  deriva  la  veritci  di  fede  de'simboli  tanto  da  tutto  il  corpo 
de'  concilii,  da  cui  furono  editi,  quanto  dai  Papi  isolatamente  con- 
siderati,  che  colla  loro  approvazione  diedero  il  valore  dommatico  a 
que'  concilii.  Cio  posto,  quando  egli  afferma  che  il  Papa  utens  con- 
cilio non  potest  errare,  non  fa  inlendere  chiaramente,  che  con 
queste  parole  egli  consider  a  le  defmizioni,  in  cui  non  possa  cadere 
1'  error  e,  non  in  quanto  sono  riferibili  al  concilio  che  le  formolo, 
ma  in  quanto  sono  riferibili  al  Papa,  che  colla  sua  sanzione  diede 
ad  esse  il  valore  d'  infallibili  ? 

Ma  piu  evidentemente  risulta  la  stessa  sentenza  del  Santo  dalle 
parole  che  seguono  immediatamente  appresso ,  e  sono :  Et  requi- 
rens  adiutorium  universalis  Ecclesiae  non  potest  errare.  Questo  in- 
dso,  benche  appiccato  al  precedente  ( utens  concilio)  colla  parti- 
cella  et,  e  manifestamente  disgiuntivo.  In  sostanza  egli  vuol  dire 
che  il  Papa  e  infallibile  o  sia  servendosi  del  Concilio,  o  sia  doman- 
dando  altri  aiuti  alia  Chiesa  universale.  Del  qualeuso  dell'^  si  tro- 

1  MATTH.  XXVIII,  20. 

F/7,  vol.  IV,  fasc.  447.  51  '  29  Ottolre  1868. 


322  LA  DOTTR1NA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIBENZE 

vano  infmiti  esempii  negli  autori ,  specialmente  in  quelli  che  non 
sono  molto  esatti  nel  serbare  le  proprieta  del  linguaggio.  Ma  qui-e 
necessario  spiegare  in  questo  modo  la  cosa;  giacche  altrimenti  S.  Au- 
tonino  o  avrebbe  ripetulo  inutilmente  lo  stesso  concetto,  intendendo 
per  admtonuin  universalis  Ecclesiae  il  concilio ;  ovvero  avrebbe 
delto  essere  necessarii,  oltre  al  concilio ,  altri  aiuti  della  Chiesa 
universale  per  quest'  effetto  :  il  che  e  -falso.  Domandiamo  ora :  quali 
sono  cotesti  aiuti  della  Chiesa  universale ,  i  quali  addimandando  il 
Papa  emanerebbe  definizioni  immuni  da  ogni  pericolo  di  errore?  Ab- 
biamo  sentito  rispoudere  il  Bossuet,  che  sono  /'  esame,  I'  approva- 
zione  e  I' accettazione  de'  Vescovi.  Ma  S.  Antonino,  che  visse  alcuni 
secoli  prima  che  potesse  profittare  de'  lumi  del  Yescovo  di  Meaux, 
naturalmente  intese  accennare  a  cio  che  in  ogni  tempo  hanno  usato 
I  Pontefici  nelle  quistioni  piu  gravi  e  intricate,  di  che,  come  abbia- 
mo  detto,  ci  forni  pochi  anniaddietro  1'esempio  il  S.  Padre  Pio  IX; 
cioe  di  domandare  su  quelle  quistioni  i  lumi  degli  altri  Yescovi  cat- 
tolici.  Per  opposto  non  solo  i  Papi  non  hanno  mai  dimandato  ai  Ve- 
scovi,  che  esaminassero  le  loro  decisioni  per  vedere  se  dovessero 
approvarle  ed  accettarle,  ma  anzi  hanno  imposto  sempre  a  tutti  i 
fedeli,  di  qualsivoglia  dignita  e  condizione,  e  per  conseguenza  an- 
che  ai  Vescovi ,  di  sottomettersi  ad  esse  senz'  altra  disquisizione ;  e 
ci6  sotto  pena  di  rimanere  altrimenti  separati  ipso  facto  dalla  comu- 
nione  della  Chiesa.  E  se  questo  intese  S.  Antonino  (ne  altro  potea 
intendere)  non  propugno  egli,  benche  implicitamente,  anche  in  que- 
sto testo  la  infallibilita  personale  de'  Romani  Pontefici?  Anzi,  se  ben 
si  mira  ,  la  stessa  difficolta  non  avrebbe  luogo ,  se  non  supposta  la 
infallibilita  personale  de'  Pontefici.  Poiche  non  supponendosi  questa, 
se  un  Pontefice  privatamente  erelico  (com'e  la  difficolt^t  del  Santo) 
volesse  pubblicamente  promulgare  statuti  ereticali ,  per  quahmqiie 
maniera  cio  facesse,  i  fedeli  non  si  troverebbero  impacciati;  dovendo 
in  ogni  caso,  anche  di  non  sospette  dottrine,  aspettare  raccettazione 
di  tutt'  i  Yescovi,  per  credersi  obbligati  ad  obbedire  :  quanto  piu 
nell'ipotesi  di  decisioni  dubbie  nella  fede? 

Dalle  quali  cose,  da  noi  ampiamente  ragionate,  veda  il  lettore  die 
conto  si  debba  fare  deH'ultima  conchiusione,  onde  il  Bossuet  con 
una  nuova  istanza  procura  di  ribadire  la  sua  argomentazione  sopra  il 


INTOR1NO  ALLA  INFALLIBILITA  Dfi'  PAPI  323 

piu  volte  citato  passo  del  Santo.  «  Or  dunque,  egli  conchiude,  tutto 
cio  che  Antonino  dice  nel  predetto  paragrafo  4  del  capo  terzo,  titolo 
XXIII  della  terza  Parte,  del  non  potersi  appellare  contro  il  Papa 
neppure  nella  ipotesi  che  sia  eretico,  non  presenta  nessuna  difficol- 
la.  Cio  dipende  dalla  ragione  che  altrimenti,  come  dice  lo  slesso  An- 
tonino, la  Chiesa  abbastanza  vale  per  se  stessa,  perche  non  sia  te- 

nuta  di  obbedire  ai  suoi  statuti  ereticali  1.  » 

« 

Ma  qui  il  Bossuet  aggiugne  alle  parole  del  Santo,  che  sono  le  sot- 
tolineate  da  lui  slesso,  altre  di  proprio  capo,  che  ne  alterano  total- 
mente  la  sentenza.  11  Santo,  dopo  il  periodo  da  noi  commentato,  se- 
guita  immediatamente :  Nee  potest  esse  quod  nniversalis  Ecclesia 
accipiat  aliquid  catholicum,  quod  est  haereticum,  quia  Ecclesia 
universalis,  quae  est  Sponsa,  et  erit  semper  et  est  non  habens  ma- 
culam  nee  rugam  2.  Le  quali  parole  hanno  nel  contesto  un  senso 
giustissimo  per  rassicurare  i  fedeli  contro  la  difficolta  che  si  oppone, 
che  il  Papa  essendo  eretico  occulto  volesse  proclamare  nella  Chiesa 
dommi  ereticali.  Di  fatto  egli  avea  risposto  in  primo  luogo  diretta- 
mente,  riportando  la  promessa  di  Cristo,  fatta  a  Pietro  ed  in  Pietro 
a  tutti  i  suoi  successor! ,  che  la  lor  fede ,  alineno  in  quanto  capi 
della  Chiesa,  non  sarebbe  per  mancare.  A  mostrare  poi  come  pra- 
ticamente  si  verifica  questa  promessa,  accenno  i  mezzi  piu  efficaci, 
lasciati  da  Cristo  ai  Pontefici ,  per  fornirsi  de'  lumi  necessarii  nelle 
decision!  da  fare  ;  e  sono  in  particolare  i  concilii  ecumenici ,  ed  in 
generate  gli  aiuti  di  ogni  sorta,  che  si  puo  procacciare  dalla  Chiesa 
universale.  II  che  fatto,  risponde  ora  indirettamente  ab  absurdo, 
nel  seguente  modo  :  Se  il  Papa,  come  Papa,  potesse  errare,  ne  se- 
guirebbe  che  la  Chiesa  universale  dovesse  abbracciare  come  domma 
cattolico  qualche  bestemmia  ereticale.  Ma  questo  e  impossibile,  per- 
che la  Chiesa  e  la  Sposa  sempre  immacolata  di  Cristo.  Dunque  ecc. 
Dopo  la  dimostrazione,  che  ci  sembra  conchiusa  invittamente,  de'  pre- 
cedeiiti,  questo  e  Tunico  senso  che  pu6  darsi  alle  sopraccitate  paro- 
le del  santo  Arcivescovo. 


1  Ved.  op.  cit.  di  Bossuet,  luog.  cit. 

2  Ved.  sop.  a  pag.  314. 


324  LA  DOTTRINA  Dl  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE  ECC. 

Un'  ultima  osservazione  faremo  sopra  cio  che  il  Bossuet  fa  dire  in 
generate  a  S.  Antonino  nella  ipotesi  di  un  Papa,  che,  come  privata 
persona,  fosse  cadulo  nell'  eresia.  Egli  afferma  esser  sentenza  del 
Santo,  che  neppure  in  questo  caso  si  puo  fare  appello  contro  dilui. 
Ma  il  vero  e  che  il  Santo  distingue  il  caso  di  un  Papa  eretico  oc- 
culto,  e  da  per  questa  ipotesi  la  risposta  che  abbiamo  si  a  lungo 
esaminata.  Dopo  di  cio  considera  V  altra  ipotesi  di  un  Papa  notoria- 
mente  eretico.  Per  rispetto  ad  essa  insegna,  che  neppure  sarebbe  da 
procedere  subito  alia  deposizione,  ma  si  dowebbe  usare  ogni  mez- 
zo per  farlo  rav\edere.  Se  poi,  aggiugne,  ei  volesse  persistere  nelta 
sua  contumacia,  gia  per  tio  solo  cesserebbe  di  esser  Papa,  poiche 
non  sarebbe  neppur  membro  della  Chiesa.  Con  che  fa  intendere, 
che  appellandosi  contro  lui,  o  deponendosi,  non  si  farebbe  ingiuria 
alia  dignita  papale,  che  in  lui  sarebbe  del  tutto  mancata  l.  Nulla 
aggiugneremo  intorno  a  coteste  ipotesi,  che  noi  col  Bellarmino  ripu- 
tiamo  impossibili ,  avendone  toccalo  quanto  era  necessario  nell' arti- 
lo  precedente. 

E  qui  siamo  costrelti  di  far  fine,  benche  avevamo  credulo  di  po- 
terci  spacciare  di  tutle  le  difficolta  con  un  solo  articolo.  Ma  le  male- 
rie,  come  hanno  veduto  i  lettori,  sono  troppo  spinose,  e  I'awersario 
contro  al  quale  lottiamo,  di  acutissimo  ingegno.  Domandiamo  dun- 
que  ad  essi  perdono  se  dovremo  prolungare  anche  di  un  altro  arti- 
colo ques I'  argomento:  il  che  faremo  inuno  de'prossimi  quaderni  2. 

,-A.. 

1  Si  tamen  Papa,  ut  singularis  persona  in  haeresim  laberetur  NOTORIE, 
adhuc  tamen  non  est  appellandum  a  Papa;  quia  tails  primo  monendus  est 
ab  illis,  qui  in  electione  Papae  totum  corpus  Ecclesiae  repraesentant ;  qui 
sunt  modo  Ecclesiae  romana  cwrdinales.  Et  si  admonitus  vellet  se  corrigere, 
non  deberent  eum  iudicare;  sed  ipse  humiliter  ab  honor  e  desistens  seipsum 
deberet  punire...  Si  autem  vellet  in  haeresi  pertinaciter  permanere  vldere- 
tur  a  Papatu  eo  ipso  delectus.  Loc.  et  §.  cit. 

2  Crediamo  bene  rettificare  alcuni  sbagli  di  citazione^  che  a  cagione  della 
fretta  ci  sfuggirono  nell'  articolo  precedente.  A  pag.  185  alia  fine  della  note 
invece  di  §.  4,  corr.  §.  3  —  A  pag.  192  nota  2  alia  citazione  loc.  cit.  avver- 
tiamo ,  per  iscanso  di  equivoco  ,  che  e  da  intendere  il  titolo  XXII,  cap,  VI, 
§.  20;  e  allo  stesso  titolo  e  capo  si  riferiscono  gl'  ibidem  della  citazione  3  e  5  — 
A  pag.  194  in  fine  della  prima  nota  invece  di  cap.  Y  leggi  cap.  /V;  ed  in  fine 
della  2  nota  leggi  ibidem  senz' altro. 


RIVISTA 

BELLA 

STAMP A   ITALIAN  A 


. 
.uflu' 

^ 

•  liw  i.ffljiJi 
Lo  Hegelianismo  considerate  nel  suo  svolgimento  storico  e  nel  suo 

rapporto  con  la  scienza,  per  I'abbate  GIUSEPPE  FRISCO,  profes- 
sore  private  di  filosofia  e  di  Etica  nel  Liceo  arcivescovile  di  Na~ 
poli  ~-  Napoli  1868.  Un  volume  in  grande  ottavo  di  pag.  245. 

Essendo  la  filosofiadell'Hegel,  nel  suo  svolgimento  storico,  stret- 
tamente  legata  con  quella  del  secolo  anteriore,  sia  per  Teredita  che 
ne  raccolse,  sia  per  1'opposizione  che  le  fece;  il  ch.  Professore  Pri- 
sco  giustamente  comincia  il  suo  libro  dal  ricordare  i  principii  della 
medesima. 

Benche  Cartesio  non  fosse  il  primo  a  proclamare  la  liberta  asso- 
luta  del  pensiero,  ossia  la  separazione  della  filosofia  dalla  rivelaziono 
(doltrina  cosi  assurda,  come  la  separazione  dello  Stalo  dalla  Chiesa) ; 
tuitavia  ne  fu  il  banditore  piii  fortunato.  Ben  presto  il  pensiero  e  le 
teoriche  cartesiane,  o  pure  o  associate  ad  una  falsa  inlerpretazione 
della  dotlrina  di  Platone  e  di  S.  Agostino  suU'origine  delle  idee,  di- 
vennero  comuni  in  Europa.  Nel  secolo  seguente  il  Cartesianismo  fu 
cacciato  di  nido  dal  Lockianismo,  ridotto  poscia  a  perfetto  Sensismo 
dal  Condillac.  L'Autore  ragiona  delle  cause  di  tal  sostituzione,  ripe- 


326  BIVISTA 

iendole  si  dall'istessa  doUrina  Cartesiana,  che  avea  confusa  la  sein- 
plicita  colla  spirilualita  dell'anima  e  pero  il  senso  coll'intelletto,  e  si 
dalle  tendenze  materialistiche  e  democratiche,  a  cui  si  volgeva  1'Eu- 
ropa  nel  secolo  decimoltavo. 

Condotto  il  Sensismo  alle  sue  ultime  conseguenze,  una  reazione 
ora  inevitabile ;  e  questa,  in  modo  peraltro  pusillanime  e  moneo  ed 
erroneo,  fu  I'assunto  della  scuola  scozzese,  i  cui  principii,  riguar- 
danti  1'  impotenza  della  ragione  pei  problemi  ontologici,  e  la  sua  in- 
capacita  a  travalicar  1'esperienza,  furono  poscia  da  Kant  ridotti  a  si- 
sterna,  ed  armati  di  penetrante  dialettica.  Cio  che  era  stato  in  Iscozia 
un  abbozzo  nelle  mani  del  Reid,  divenne  in  Germania  un  disegno  pei 
lavori  del  Kant.  Costui  airistinto  sostitui  le  leggi  a  priori  del  pensie- 
ro,  applicate  ai  dati  sensibili  per  1'  intermezzo  delle  forme  a  priori 
dello  spazio  e  del  tempo.  « In  questo  grande  edifizio,  dice  il  Frisco, 
che  sotto  la  mano  potente  dell'  Artefice  non  manca  di  grandezza  e 
splendore,  tutti  i  materiali  dalla  base  al  vertice  sono  semplici  vedute 
del  riguardante,  fenomeni  mentali,  che  per  niun  conto  autorizzano  la 
realta.  La  sensazione  e  subbiettiva;  subbiettive  sono  le  forme  a  prio- 
ri dello  spazio  e  del  tempo;  siibbiettive  le  dodici  categorie  dell'  in- 
telletto.  Che  cosa  dunque  bisognava  inferirne?  Impossibilita  di  affer- 
mare  alcuna  cosa  al  di  la  dei  fenomeni;  contraddizioni  radicali,  in 
cui  s'impiglia  la  umana  ragione  giudicando  di  Dio,  deH'anima  e  del- 
Funiverso;  le  quali  contraddizioni  si  traducono  nelle  antinomie  della 
Cosmologia,  nelle  ipotesi  gratuite  della  Psicologia,  ne'  paralogismi 
della  Teodicea.  Tali  furono  le  ultime  conclusioni  della  Critica  della 
ragion  pura  1.  » 

Kant  non  fu  solo  metafisico,  ma  moralista  austero.  Egli  rinnovo 
lo  Stoicismo,  proclamando  la  legge  del  dovere,  adempito  per  se  stes- 
so  e  senza  riguardo  alle  sue  conseguenze.  In  virtu  della  Morale,  egli 
ristabili  le  verita  ontologiche,  rovesciate  dalla  sua  Metafisica.  Se  vi 
ha  legge,  vi  ha  liberty  nell'uomo;  e  se  per  adempire  il  dovere  con- 
vien  talora  sacrificare  la  felicit^,  uopo  e  che  si  dia  un'  altra  vita,  in 
cui  la  virtu  armonizzi  colla  felicit& :  e  quindi  e  mestieri  riconoscere 

1  Pag.  22 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  327 

Dio ,  il  quale  compia  siffatto  accordo.  In  questa  guisa  il  Kant  costi- 
tui  la  sua  morale  in  opposizione  alia  sua  metafisica. 

Dopo  qualche  lotta  il  Kanlismo  tennc  il  campo  della  filosofia,  e 
Kant  fu  appellate  novello  Socrate,  per  aver  aperta  una  nuova  via 
alia  scienza,  il  melodo  trascendentale.  Senonche,  tra  gli  altri  difetti, 
esso  conteneva  un'  intrinseca  incoerenza :  in  quanto ,  volendo  pur 
muovere  da  un  oggetto  dato  dall'  esperienza,  non  concedeva  al  me- 
desimo  che  un  valore  fenomenico,  per  non  essere  percepito  altrimenti 
eke  sotto  forme,  originate  dal  subbietto  stesso  percipiente.  «  Or  se 
T  oggetto ,  a  noi  noto  ,  e  solo  quello  che  noi  stessi  ci  formiamo  per 
mezzo  delle  nostre  condizioni  subbiettive ,  qual  bisogno  ci  ha  di 
muovere  nel  filosofico  procedimento  da  una  qualche  cosa  distinta 
dall'  lo?  Non  sarebbe  piu  logico  partire  dal  solo  pensiero  ,  dall'  at- 
tivita  dell'Io  pensante,  e  mostrare  come  il  solo  pensiero,  la  sola  ra- 
gione  attiva  basti  a  spiegare  la  rappresentazione  del  mondo  esterio- 
re  1?  »  Fu  questa  la  rifbrma  recata  dal  Fichte.  Kant  avea  derivato 
dal  soggetto  pensante  la  forma  della  conoscenza ;  Fichte  voile  deri- 
varne  eziandio  la  mater ia. 

Per  uscire  da  siffatto  idealismo  il  lacobi  ricorse  alia  fede  istintiva 
dell'  animo  nella  verita  obbiettiva,  ammettendo  una  specie  di  armo- 
nia  preslabilila  tra  le  leggi  del  pensiero  e  quelle  della  natura.  Egli 
ripudio  ogni  processo  dimostrativo,  come  quello  che  menerebbe  in- 
dubitatamenle  al  panteismo  soggettivo ,  convinto  del  principio  di 
Fichte  che  conoscere  razionalmente  sia  lo  stesso  che  creare.  Ma  una 
reazione  piu  conforme  al  metodo  trascendentale  o  a  priori,  fu  quella 
di  Schelling  e  di  Hegel ;  i  quali  cercarono  d'  innalzarsi  all'  idea  d'  un 
lo  obbiettivo ,  vale  a  dire  di  una  sostanza  unica ,  che  fosse  insiemc 
subbietto  ed  obbietto,  essere  e  vita,  spirito  e  materia,  e  in  cui  spa- 
rissero  tutte  le  limitazioni  ed  opposizioni  diverse. 

Schelling  chiama  il  suo  sistema  la  filosofia  dell'identita.  Egli  muo- 
ve  dal  concetto  dell'Assoluto,  il  quale  e  per  lui  un  principio  imper- 

male,  un'attivita  indeterminata,  che  per  uno  svolgimento  immanen- 

si  delermina  di  grado  in  grado  per  una  serie  indefmita  di  trasfor- 

1  Pag.  42. 


328  RFVISTA 

niazioni  in  due  ordini  parallel!,  quello  delle  materie  e  quello  dello 
spirito.  Termine  di  questo  eterno  movimento,  per  cui  1'Assoluto,  noH 
altrimenti  die  ima  radice  algebrica,  rimanendo  sempre  identico  a  se 
medesimo  si  eleva  di  potenza  in  potenza,  e  quello  stato  di  potenza 
assoluta,  per  la  quale  unifica  nel  suo  seno  i  due  ordini  conlrarii ,  la 
materia  e  lo  spirito,  riducendoli  ad  unita,  e  conoscendosi  come  unico 
principio  generatore  delle  particolari  esistenze  dell'uno  e  deH'altro. 
La  conoscenza  di  cotesto  Assoluto  nella  sua  nativa  schicttezza,  si  ha 
da  noi  mediante  1'  intuizione  intellettuale,  nascosta  alia  stessa  co- 
scienza. 

Ed  eccoci  cosi  giunli  all' Hegel.  Ma  prima  di  entrare  nella  esposi- 
zione  di  questa  parte  principale  dell'opera  del  Frisco,  dobbiam  no- 
tare  che  malamente  si  formerebbe  un'  idea  adequata  della  parte  pre- 
cedente,  chi  stesse  al  semplice  schizzo  che  noi  ne  abbiamo  dato.  II 
Frisco  nel  descrivere  il  movimento  filosofico,  che  predispose  all'He- 
gelianismo,  non  si  fermaai  soli  filosofi  da  noi  indicati;  ma  con  eru- 
dizione,  non  ordinaria,  tocca  di  iutti  quelli  che  ebbero  qualche  in- 
fluenza o  rinomanza:  ne  spiega  la  dottrina,  ne  esamina  i  punti  ca- 
pitali,  ne  confuta  gli  errori;  e  tuttocio  con  una  limpidezza  di  trattazione 
e  solidita  di  argomenti,  degna  veramente  del  lucido  ed  alto  ingegno, 
di  cui  e  fregiato.  Noi  non  abbiamo  fatto,  che  indicare  alcuni  tratli 
della  bellissima  e  ordinatissinia  tela,  da  lui  tessuta.  Rimeltiamoci 

ora  in  cammino. 

-  •-*•  ?   sot*: .     r-Mhs  1  f$  tiJnfrf/Ri  ww»»H 

Hegel  segue  i  medesimi  erramenti  dello  Schelling,  ma  con  melo- 
do  assai  piu  scientifico,  e  sotto  forme  piu  vaste  e  comprensive.  An- 
ch'egli  muove  dall'identita  del  soggetto  e  dell'oggetto,  del  pensiero  c 
dell'essere,  dandola  qual  postulate  necessario  della  scienza;  la  quale 
non  sarebbe  tale,  se  non  fosse  una,  ne  potrebbe  avere  uniia,  se  non 
movesse  da  un  solo  principio.  Se  il  pensiero  si  distinguesse  dall'esse- 
re ;  nel  principio  della  scienza  vi  sarebbe  dualita.  Quindi  il  canone : 
Cib  che  e  reale,  e  altresl  rationale.  Cotesta  scienza  benche  debba  cs- 
sere  a  priori,  nondimeno  non  disprezza  i  fatti  e  la  realla  fenomenica 
del  mondo  sensibile :  ma  nello  studio  di  essi  fatti  tien  sempre  d'  oc- 
chio  1'  idea,  la  quale  manifestandosi  in  essi  sotto  forma  sensibile,  si 
purifica  e  perfeziona  nello  spirito.  «  La  filosofia  cosi  intesa  (sono  pa- 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  329 

role  dell'  Autore)  e  al  tempo  stesso  esplicatrice  e  creatrice.  Espli- 
catrice,  perche  essa  ricerca  1' assoluto,  clove  niente  e  variabile  e  con- 
iingente,  ma  tutlo  e  sommesso  a  leggi  necessarie  e  fatal! .  Creatrice, 
perche  il  pensiero  ,  veramente  filosofico  ,  essendo  identico  alia  co- 
scienza  dell'eterno  svolgimento  dell'Assoluto,  e  come  questo  la  causa 
creatrice  eel  il  fondo  essenziale  di  tulte  le  cose  1 .  »  Se  la  scienza  e 
unica,  assoluta,  creatrice,  il  metodo  che  n'  e  1'  istrumento  dee  avere 
i  medesimi  caratlcri.  Esso  dunque  non  puo  esseie  altro  che  la  vita 
stessa  deirAssoluto,  la  forma  die  1'Assolulo  piglia  in  quel  suo  pro- 
gressive svolgimento  ,  onde  va  acquistando  la  coscienza  di  se  stes- 
so. «  I/ Hegel  partendo  da  questa  nozione  del  metodo  con  la  preten- 
sione  su  cui  essa  riposa ,  e  stato  condotto  a  cambiare  il  valore  di 
lutti  i  termini  della  logica ,  ed  assorbire  in  questa  la  metafisica. 
Spiegare,  nel  linguaggio  di  Hegel,  vale  altreltanto  che  assegnare  a 
ciascuna  cosa  il  posto ,  che  essa  deve  occupare  nel  movimento  uni- 
versale  dell' Assoluto;  dimostrare  e  ridurre  i  dati  ernpirici  alia  loro 
generate  espressione ;  comprendere  torna  lo  slesso  che  trasformare 
in  un  valore  filosofico  e  specolativo  quanto  e  somministrato  imme- 
diatamente  dai  sensi  o  dall' intelletto  nella  natura  e  nella*  storia.  In- 
fine  la  verita  non  e  1'accordo  delle  cose  con  le  leggi  dell'  intellelto 
assoluto,  ne  la  conformita  delle  nostre  idee  con  i  loro  obbielti;  sib- 
bene  1'  accordo  di  un  obbietto  con  se  stesso  e  con  la  sua  nozione,  e 
percio  la  verita  e  1'idea ,  come  1'essere  e  il  pensiero.  D'onde  con- 
seguita  che  siccome  le  diverse  forme  che  1' Assoluto  piglia  nel  suo 
cosmico  svolgimento  non  adequano  mai  se  stesso,  cosi  non  v'ha  veri- 
lanel  mondo  reale,  ma  solo  nelle  regioni  sublimissime  delle  idee  2. » 
Quindi  per  Hegel  la  scienza  assoluta  e  quella  che  si  aggira  intorno 
all' idee,  V  idealismo;  ed  il  suo  metodo  e  la  dialettica.  Imperocche 
v'  ha  un  mondo  ideale,  il  quale  contiene  in  se  il  fondo  e  la  sostanza 
di  tutta  la  realist  sensibile.  Nella  serie  indefinita  delle  idee  esisto 
un  rapporto  intrinseco,  identico  all'ordine  stesso  delle  cose.  Onde 
ascendendo  d'  idea  in  idea,  deesi  rinvenire  un'  idea  madre,  la  quale 
assoluta  in  se  e  il  fondo  comune  della  idealita  e  della  realita.  Que- 

1  Pag.  113.  —  2  Pag.  115. 


330  RIYISTA 

st'idea  assoluta  e  Dio,  e  di  essa  sono  determinazioni  tutte  lealtre 
idee  particolari  e  forme  dell'  essere.  Imperocche  esso  ,  che  in  se 
non  e  se  non  pensiero  puro  ed  indeterminate,  senza  ancora  cono- 
scersi  ne  come  soggetto  ne  come  oggetto,  sente  il  bisogno  di  ope- 
rare,  affine  di  giugnere  alia  coscienza  di  se  medesimo.  Or  la  co- 
scienza  di  se  presuppone  il  diverse,  non  potendo  il  soggetto  pensan- 
le  ravvisar  se  come  tale,  senza  dislinguersi  dall' oggetto  pensato, 
che  riguarda  come  diverso  da  se.  L'  idea  dunque  soggiace  necessa- 
riamente  ad  un  intrinseco  movimento,  per  cui  modificandosi  e  de- 
terminandosi  si  espande  nella  natura  e  nello  spirito,  e  da  ultimo  ri- 
piegandosi  sopra  se  stessa  acquista  la  coscienza  di  se  medesima,  ri- 
mirandosi  qual  identita  assoluta  del  variabile  e  relative.  «  Ouando 
T  idea  raggiunge  questo  ultimo  grado  del  suo  immanente  smluppo, 
diviene  concreta  ed  assoluta  e  si  conosce  come  unita  assoluta  del 
subbiettivo  e  dell'obbiettivo,  del  pensiero  edella  natura  1.  »  Questo 
stesso  intrinseco  svolgimento  dell'  idea  s'  immedesima  colla  dialetti- 
ca;  a  cui  Hegel  trasferisce  i  tre  momenti,  che  Fichte  attribuiva  allo 
svolgimento  dell'/o.  «  Fichte  avea  ridotto  a  tre  i  momenti  dello 
svolgimento*  dell'/o,  cui  egli  rigaardava  come  Vunico  essere  reale. 
L'/o  pone  se  stesso,  indi  si  oppone  a  se  stesso,  e  crea  il  mondo 
sensible  e  la  natura,  infine  rientra  in  se  stesso  e  si  afferma  come 
assoluto.  Tesi,  antitesi  e  sintesi  sono  i  tre  momenti  della  coscienza 
e  della  esistenza  dell' Jo.  Hegel  1'applica  all' essere  in  generate; 
sicche  la  tricometia  del  sogyetto  dell'  uno  e  trasformata  dall' altro 
nella  tricometia  dell' Assoluto,  soggetto  ed  oggetto  al  tempo  stesso. 
Ma  questa  tricometica  evoluzione  dell' Assoluto,  nel  sistema  eghe- 
lianq  non  altrimenti  che  in  quello  di  Fichte,  non  e  un  obbietto  di- 
stinto  dalla  dialettica,  bensi  costituisce  1'essenza  della  medesima  2.  » 
Ma  basta  fin  qui;  giacche  a  noi  non  regge  la  pazienza  di  proseguire 
piu  oltre  in  questa  splendida  follia  di  un  cervello  ingegnoso  ma  esal- 
tato  ;  chi  piu  ne  desidera  consulti  da  se  il  libro  del  Frisco.  Venia- 
mo  piuttosto  a  dare  un  cenno  della  critica  che  il  dottissimo  Autore 
ne  istituisce. 

1  Pag.  110.  —  2  Pag.  120. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  331 

Egli  raostra  da  prima  che  i  principii  hegeliani  furono  confutati  piu 
di  due  mila  anni  fa  da  Aristotile,  disputanle  contro  i  sofisti.  Impe- 
perocche  anche  cosloro,  come  1'  Hegel,  ncgavano  il  principio  di 
contraddizione  ed  ammettevano  1'  ideiitita  de'contrarii.  Anche  costo- 
ro  riconoscevano,  come  il  divenire  dell'  Hegel,  un  mezzo  termine 
tra  1'essere  ed  il  nulla,  nel  qual  mezzo  termine  i  due  termini  oppo- 
sti  ycnissero  unificati.  «  Aristotile,  descrivendo  le  cause  dell'  antica 
sofistica,  ha  descritto  ancora  le  origini  piu  profonde  del  sistema 
hegeliano.  Egli  ha  dimostrato  che  la  negazione  de'contraddittorii  ha 
per  puuto  di  partenza  il  panteismo  e  1'abuso  della  specolazione;  per 
termine  estremo  rempirismo  e  la  sostituzione  del  fantastico  al  razio- 
nale.  Queste  cause  sono  con  tutto  rigore  applicabili  al  sistema  del- 
r Hegel.  Onde  con  fronte  alta  e  senza  tema  di  errare  si  puo  asserire 
che  THegel  e  un  sofista  del  secolo  XIX,  gia  giudicato  da  quel  som- 
mo  filosofo  della  Grecia,  cui  egli  stesso  confessa  non  avere  il  mondo 
Teduto  ne  il  simile  lie  Teguale  1. »  L'Autore  fa  lo  stesso  per  rispetto 
a  Democrito.  Imperocche  anche  Democrito,  confutato  da  Aristotile, 
spiegava  la  formazion  delle  cose  per  Turnta  di  una  ragione  imperso- 
nate, che  eternamente  esistente  ed  eternamente  mutabile,  attraver- 
so  delle  infinite  modificazioni  che  ella  riceve  e  delle  trasformazioni  a 
cui  soggiace;  fosse  al  tempo  stesso  I'invariabile  fondo  della  esisten- 
za  e  I' imperitura  sorgente  della  vita.  Anche  Democrito  riponeva 
Tessenza  di  questa  sua  ragione  in  un  flusso  perenne  e  in  un  divenire 
seriza  tine.  Anche  Democrito  negava  il  principio  di  contraddizione,  ed 
attribuiva  un  triplice  momento  alia  evoluzione  della  ragione  imperso- 
nate. Molto  meno  puo  dirsi  originate  il  sistema  di  Hegel  per  rispetto 
ai  suoi  predecessor!  di  Alemagna.  Se  altro  non  fosse,  egli  ha  comu- 
ne  con  Schelling  il  concetto  dell'Assoluto  come  identitade'confrarii; 
e  i  tre  momenti  della  sua  dialettica,  ten,  antitesi  e  sintesi,  son  tolti 
di  peso  dal  Fichte.  Premesse  queste  considerazioni  intorno  al  difet- 
to  d'originalit^i  del  sistema  hegeliano,  il  Frisco  passa  ad  assalirlo  in 
se  stesso.  Egli  dimostra  che  T  Hegel,  in  sostanza,  non  muove  da  al- 
tro principio  se  non  dal  nulla  mentale;  che  ignora  la  natura  del  pen- 

1  Pag.  133. 


332  RIVISTA 

siero  e  quella  dell' Assoluto ;  che  e  nullista  in  Onlologia,  e  scellico  in 
Psicologia;  die  neppure  e  monista,  come  pretende,  ma  dualista;  che 
il  suo  divenire  non  puo  ammettersi  come  principio  scientifico ;  che  la 
sua  dialettica  e  impotente  in  ordine  allo  scopo ,  per  cui  e  assunta. 
II  lettore  vede  da  se  di  quanta  rilevanza  e  una  siffatta  confutazione 
e  come  scalza  i  fondamenti  stessi  del  panteismo  trascendentale.  Ma 
essa  difficilmenle  potrebbe  compendiarsi,  senza  venire  sfigurata. 
II  per  che  rimettiamo  il  lettore  a  vederla  nel  proprio  fonte :  noi  qui 
staremo  contend  ad  accennarne  qualche  punto  dei  piu  capitali. 

II  Frisco  debitamente  osserva  che  la  nozione  dell'  essere,  come 
gia  dissero  gli  Scolastici ,  e  la  prima  nell'  ordine  ,  vuoi  logico  vuoi 
cronologico,  della  mente.  Ma  in  essa,  come  in  ogni  nozione  univer- 
sale,  si  dee  distinguere  1'  elemento  obbiettivo,  cioe  il  termine  inte- 
so,  dall' elemento  subbiettivo,  cioe  dalla  forma  astratta  sotto  cui  quel 
termine  viene  inteso.  II  confondere  1'uno  coll'altro  fa  si  che  credasi 
prodotto  della  mente  1'essere  stesso,  come  prodotlo  della  mente  e 
1'astrazione,  sotto  cui  il  detto  essere  si  contempla.  Queslo  primo  er- 
rore  mena  all'  altro  di  trasferire  all'  essere,  obbiettivamente  preso, 
gli  attributi  logici,  che  gli  competono  in  quanto  si  trova  sotto  la  for- 
ma astrattiva,  datagli  dalla  mente.  Cos!  gli  attributi  logici  dell'  idea 
si  convertiranno  in  reali,  e  la  logica  assorbira  la  metafisica. 

Dippiii,  allorche  la  mente  ripensa  la  forma  astratta,  secondo  cui 
contempla  1'  essere,  essa  vi  scorge  unita  e  universalita :  unita,  per- 
che  un  tal  concetto  non  esprime  che  il  solo  essere,  senza  alcuna  de- 
terminazione ;  universalita,  perche  1'essere  s'  inchiude  in  ogni  cosa, 
che  e  o  si  concepisce.  Confuso  dunque  1'  ordine  logico  coll'ontologi- 
co,  il  panteismo  e  inevitabile.  Una  tal  confusione  appunto  e  sta,ta 
fatta  dall' Hegel,  il  quale  sostitui  all'essere  sussistente,  e  determina- 
tissimo  e  attualissimo,  che  e  Dio,  1'  essere  astratto,  che  e  indeter- 
minato  ed  in  potenza. 

Di  qui  ancora  trae  origine  1'  assurdo,  dall'  Hegel  eretto  in  prin- 
cipio :  1'  essere  identificarsi  col  nulla.  Imperocche  chi  muove  dalla 
confusione  del  logico  col  reale,  e  costretto  a  dar  valore  obbiettivo  a 
tutti  gli  aspetli,  sotto  cui  la  mente  ravvisa  il  concetto.  Or  nel  concet- 
to la  mente  nell'  atto  stesso  che  ravvisa  1'  essere,  che  viene  espres- 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  333 

% 

so,  ravvisa  la  negazione  del  medesimo.  «  Nella  Fenomenologia  dello 
spirito  (cosi  il  Frisco),  la  quale  e  una  vera  introduzione  a  tuito  il 
sistcma,  1'  Hegel  viene  descrivendo  la  guisa,  onde  la  mente  spo- 
gliando  idealmeiite  gli  oggetti  concrefi  delle  proprieta,  che  li  con- 
cretizzano,  perviene  alia  nozione  dell' essere,  zlpensieropuro,  la  cui 
nozione,  almeno  come  e  descritta  nella  prefata  opera,  e  meramente 
astraltiva.  Intanto  noi  sappiarno  che  quella  nozione  astrattissima, 
termine  di  tutto  quel  lavorio  analitico  seguilo  dair Hegel  nella  sua 
Fenomenologia,  deve  costituire  il  principio  della  Logica,  la  quale 
nel  concetto  egheliano  e  una  vera  metafisica,  avente  per  base  T  es- 
sere reale.  Or  come  1'  Hegel  e  riuscito  a  cambiare  1'  astratto  col 
concrete,  1'essere  logico  col  reale?  Noi  gia  1'  abbiamo  detto :  nella 
nozione  del  1'essere  vuolsi  accuratamente  distinguere  la  forma  astrat- 
ta,  secondo  cui  la  mente  lo  pensa,  dall'essere,  termine  dell'  atto  co- 
gitative ;  quella  e  un  par  to  della  facolta  astraente,  questo  e  indipen- 
dente  da  essa  Or  1' Hegel  non  fa  questa  distinzione,  ma  alia  manie- 
ra  di  tutti  i  panteisti,  considerando  che  la  forma  astratta  della  no- 
zione dell'  essere  e  un  prodotto  della  nostra  ragione,  conchiude  che 
anche  1'essere  e  un  parto  del  nostro  pensiero.  Partendo  da  una  con- 
fusione  cosi  puerile  e  procedendo  innanzi  nella  deduzione  scientifi- 
ca  egli  e  condotto  ad  immedesimare  1'  essere  astrattissimo  con  1'es- 
sere realissimo,  1'  indeterminato  coll'  infinito.  E  difatti  1'  essere 
astratto,  in  quanto  e  aslrattovprescinde  da  ogni  peculiare  determina- 
2ione;  onde  se  esso  e  obbiettivo  anche  quanto  alia  sua  forma  astrat- 
ta, dovra  credersi  identico  all' infinito,  il  quale  nell'ordine  reale  e  il 
solo  essere,  che  vada  esente  da  ogni  limitazione.  Ancora,  1'  essere 
astrattissimo  ,  in  quanto  tale,  e  dotato  dell'  unita  e  dell'  universalita 
logica;  dunque,  convertito  che  esso  sia  nell'  essere  realissimo,  quei 
due  attributi  logici  piglieranno  il  posto  de'  due  attributi  metafisici 
dell'  essere  assoluto,  il  quale  percio  sara  la  sola  realta,  e  il  princi- 
pio e  fondo  comune  di  tutte  le  cose.  Battendo  questa  via  Parmeni- 
de  e  Plotino  tra  gli  antichi  per  nominare  i  piu  celebri ,  e  Giacomo 
Boehm  e  Spinosa  tra  i  moderni  erano  riusciti ,  anche  prima  del- 
1'Hegel,  a  cambiare  1' unita  logica  con  V  unita  metafisica,  e  1'  essere 
astrattissimo  con  1'  essere  realissimo.  Ma  Y  Hegel,  continuando  la 


334  RIVISTA 

« 

loro  tradizione  scientifica,  vi  aggiunse  un  principio  miovo,  tolto  al- 
Tantica  sofistica,  cioe  la  identita  tra  I'  essere  ed  il  nulla.  II  die 
fu  un  gran  progresso  nellavia  dell'errore;  imperocche  se,  nell'atto 
stesso  eke  si  pensa  r essere,  implicitamente  si  pensa  anche  il  nulla, 
e  se  i. concetti  logici  che  la  mente  si  forma  lavorando  sul  concetto 
astratto  deir  essere,  hanno  un  valore  obbiettivo  ed  assoluto,  anzi 
costituiscono  la  stessa  realta  assoluta,  non  vi  ha  ragione,  perclie  il 
nulla,  il  quale  si  pensa  nel  concetto  dell' essere,  non  debba  credersi 
obbiettivo  e  reale.  Si  vede  adunque  come  nel  sistema  di  Hegel  il 
punto  di  partenza  e  il  nulla  mentale,  e  le  tre  proposizioni :  il  pen- 
siero  e  I'  essere,  questo  e  un  solo,  ed  e  I' Essere- Nulla,  sono  logica- 
mente  connesse,  e  tutte  dipendono  da  una  sola  cagione,  cioe  dalla 
confusione  dell'ordine  subbiettivo  con  I'ordine  obbiettivo,  della  for- 
ma astratta  della  nozione  deir  essere  coll'  essere  stesso  1 .  » 

Hegel  ignora  la  natura  dell' Assoluto,  il  quale  sussistendo  da  se  e 
la  pienezza  stessa  dell' essere,  attualissimo  e  perfettissimo;  e  pero 
incapace  di  confondersi  con  ci6:  che  si  determina  e  perfeziona  e  pas- 
sa  dalla  potenza  all'atto;  il  qual  passaggio  non  potrebbe  eseguirsi, 
senza  Tazione  di  un  ente  gi^t  in  atto  ed  operante  nel  soggetto  muta- 
bile,  in  cui  quel  passaggio  si  com  pie.  Dippiu  Hegel  ignora  la  natu- 
ra del  pensiero,  il  quale  non  puo  mai  avverarsi  senza  un  soggetto  in 
cui  risegga  ed  un  oggetto  intorno  a  cui  si  aggiri.  II  pensiero  puro, 
che  prescinde  dal  soggetto  e  dall'oggetto,  nell'ordine  reale  e  un  me- 
ro  assurdo,  e  vale  altrettanto  che  un  moto  senza  principio  e  senza 
direzione.  Al  trar  de'conti  il  Dio  di  Hegel  e,  come  poscia  si  esprcsse 
Oken ,  uno  zero  assofato ,  a  cui  si  rapportano  le  creature  come  al- 
trettanti  zeri  relativi.  II  suo  sistema  e  la  negazione  di  Dio :  e  quando 
egli  parla  di  Dio,  non  fa  che  aggiungere  all'ateismo  una  menzogna. 

II  Frisco  neir  ultima  parte  del  suo  lavoro,  ragiona  lo  svolgimento 
svariato  che  il  sistema  di  Hegel  ricevette  poscia  nelle  mani  dei  di- 
scepoli  di  lui ,  Tintrinseco  e  progressive  legame  che  passa  tra  tuttr 
i  sistemi  razionalistici  di  quest' ultimo  periodo,  e  tra  questi  e  le  teo- 
riche  rivoluzionarie  che  apparvero  nell'  eta  nostra,  e  la  connessione 

1  Pag.  114. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  335 

di  tutto  questo  procedimento  col  priucipio  dell'  evidenza  subbiettrva 
del  Cartesio.  Travaliclieremrno  di  tioppo  i  limili  d'ima  rrvista,  se 
volessimo  esporre  comecke  succintamenle ,  luito  queslo  profondo  e 
ragionalissimo  esame  del  dolto  Aulore.  Per  farne  intendere  ai  no- 
slri  lettori  I'iinportanza  bastera  riportare  i  litoli  del  diversi  cap!- 
toll  in  cui  e  racckiuso  ,  e  sono  i  seguenti:  I.  Considerazioni  gene- 
ral! sullo  svolgimento  della  filosofia  alemanna ,  infino  all'  ultima 
scuola  egkeliana.  II.  Hegel  e  ibibliologi  razionalisti  dell'Alemagna. 
HI.  Delia  triplice  scuola  egkeliana.  IV*  Attenenze  della  giovine 
scuola  egkeliana  con  le  doltrine  di  Hegel  e  di  Kant.  V.  Parallelo  tra 
la  filosotia  alemanna  e  francese.  VI.  Origine  della  tendenza  all'uni- 
ih  assoluta  e  processo  ipotetico  della  filosofia  alemanna.  VII.  Unita 
di  principle,  introdotto  da  Cartesio  nello  scibile  umano.  VIII.  Atte- 
nenze tra  Carlesio  e  i  filosofi  alemanni.  IX.  Attenenze  tra  il  Carte- 
sianesimo  e  il  Razionalismo  biblico.  X.  Processo  ipotetico  della 
Psicologia  Cartesiana.  XL  Unita  di  principle  ammessa  dalla  filoso- 
fia  sensista,  e  processo  ipotetico  seguito  da  essa.  XII.  Attenenze 
tra  il  fondalore  del  Oiticismo  e  Condillac.  XIII.  Azione  esercitata 
dall'  Hegel  sul  razionalismo  e  materialismo  de'  tempi  present!. 

II  Prisco  e  il  continuatore  in  Napoli  della  grande  ristorazione  fi- 
losofica,  iniziatavi  dal  Sanseverino.  Egli,  come  il  suo  illustre  mae- 
stro, ka  dedicate  tutte  le  forze  del  suo  acutissimo  ingegno  e  della 
sua  profonda  dottrina  a  mettere  in  onore  la  verace  sapienza  dei  Padri 
della  Gkiesa  e  dei  Dottori  scolastici,  e  a  mostraro  come  dall'abban- 
dono  di  essae  deriyata  la  pestifera  lue  di  tanti  error!,  eke  insozzano 
oggidi  le  Accademie.  Pel  quale  glorioso  assunto  egli  e  salito  in  altis- 
sima  rinomanza,  non  solo  in  Italia  ma  in  Francia  altresi  e  in  Germa- 
uia;  dove  oggimai  il  bisogno  di  ritornare  a  quelle  pure  ed  inesauri- 
bili  fonti  del  sapere,  comincia  a  farsi  sentire  amplamente.  Fedele  a 
questa  sua  missione,  il  Prisco  conckiude  il  presente  libro,  volgen- 
dosi  ai suoi concittadini,  e parlando  lore  nella  seguente  forma:  «  Or 
vogliamo  noi  ricostruire  la  filosofia  italiana?  vogliam  essere  Italian! 
davN'ero?  Ebbene,  senz'adulazione  dinoi  stessi,  senza  matti  disprez- 
zi,  scnza  vanita  di  primato,  senza  ckiudere  gli  occki  su  cio  eke  gli 
autori  nostri  non  kan  detto  di  buono  e  di  bello,  seguiamo  esempii 


336  RIYISTA 

sl  buoni  e  si  belli,  e  camminiamo  piu  oltre.'Il  giorno,  die  ci  \erra 
falto  di  ristorare  la  filosofia  scolastica  nelle  singole  parti,  correggen- 
do  e  ampliando  solo  quella  che  ha  rapporto  alle  sole  esperienze  ;  il 
giorno  nel  quale  il  nome  di  san  Tommaso  d'  Aquino  sara  scritto  in 
fronte  all'enciclopedia  del  sapere  e  deirinsegnamento,  potremo  dir 
veramente  d'aver  riconquistata  la  virilila  del  noslro  pensare  e  del 
nostro  operare.  Sicche  lulio  considerato  conchiudero  col  piu  caro 
dei  miei  allievi,  che  se  «  nella  irruzione  barbarica  il  glorioso  Ordi- 
ne  di  san  Benedetto  salvo  dal  comune  naufragio  i  due  fallori  preci- 
pui  della  civilta,  la  scienza  cioe  e  la  virtu;  se  nel  medio  evoTOrdi- 
ne  di  san  Domenico  e  di  san  Francesco  salvarono  la  civile  societa 
di  contro  all'  irruente  Islamismo,  Y  uno  colla  profondita  della  scien- 
za, 1'altro  col  distacco  dal  soverchiante  amore  de'  terreni  piaceri  ; 
nel  secolo  XIX  la  ristorazione  della  Filosofia  e  della  Morale  di 
san  Tommaso  salvera  la  scienza  e  la  civilta  dal  naturalismo,  che 
1'una  e  1'altra  corrompe.  Cos!  1'  Italia,  ferma  rimanendo  alle  sue 
antiche  e  nobili  tradizioni,  potra  per  la  terza  Yolta  seder  e  reina  e 
maestra  di  sapere  e  civilta  intra  coloro,  che  questo  secolo  chiame- 
ranno  antico  1  ». 
r  .j^y.rff  ?:>)/-'!•>  •  •  (  '•M^**!-.^:'-t'l*unfe^!i«of(Vjh^r|  oliitB-^' 

H.  »}fto')  im  w>sooi  js  rrn,i 

*/f  :\Mb<Mn;  f»fKiNi  jf^^l^f^^^^tt**^^  ^ 

Una  Casa  fiorentina  da  vendere,  con  un  JRacconto  morale  e  un 
esercizio  lessicografico,  di  PIETRO  FANFANI.  Libretto  per  le 
scuole.  In  8.°  pice,  di  pag.  VIIl-94  —  Firenze,  tip.  all'insegna 
di  S.  Antonino,  1868. 

'fW?  jj,»a  of  llRijH  ?Mt  ,  nff-  *  -.&  #  *f4rr  V'  ^itf^Ml^l  *)<'»*»(  * 

Sanno  i  lettori  nostri  in  quanto  pregio  siasi  da  noi  sempre  avuto 
1'  ingegno  del  sig.  Pietro  Fanfani,  e  la  sua  perizia  rarissima  nell'ita- 
liana  filologia.  Vero  e  che  non  tutte  le  parecchie  volte  che.ci  e  oc- 
corso  ragionare  de'  suoi  scritti,  gli  abbiamo  date  lodi  scevre  di  bia- 


1  Sulprincipio  informatore  della  Morale  di  S.  Tommaso  e  I'organismo 
ideale  delle  sue  parti.  Discorso  di  RAIMONDO  FAVA,  Accolito  del  Clero  napo- 
litano.  Napott  1867. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  337 

simo.  Allora  ch'egli  fece  pubblico  il  suo  Vocabolario  dell' mo  tosca- 
no,  non  potcmmo  in  effetto  astenerci,  rendendone  conto,  dal  censu- 
rare  quello  che  in  esso  ci  scmbro  difcttoso,  e  dal  riprovare  aperta- 
mcnte  Ic  offese  che  v'  crano  contro  la  religione  ed  il  buon  costume. 
Onde  concludemmo,  che,  fmche  1'  opera  rimaneva  cosi  come  era,  ci 
riputavamo  obbligati  in  coscienza  a  pregare  i  padii  di  famiglia  e 
gV  istitutori  religiosi,  di  tenerla  gelosamente  lontana  dalle  mani  dei 
figliuoli  edallievi  loro  l.  Senonche,  pur  censurandolo,  adoperammo 
seco  termini  di  tale  stima  ed  argomenti  di  tale  evidenza ,  che  egli 
medesimo  non  esilo  a  riconoscerli  e  ad  esprimercene,  per  via  di  pri- 
yata  lettera,  cortesi  ringraziamenti. 

Tuttavia  prima  di  riparlare  di  qualche  altro  suo  lavoro  che  fosse 
per  uscire  a  luce,  massime  se  in  servigio  degli  adolescenli,  ci  era- 
Tamo  proposto  di  aspettare  un  cenno  autentico,che  ilchiaro  filologo 
o  avesse  emendate,  o  pensasse  di  emendare  qael  suo  Vocabolario, 
rendendolo  innocuo  affatto  cosi  alia  semplicita  dei  giovani ,  come 
all'  onore  della  toscana  letteratura.  E  cio  perche  da  una  parte, 
senza  questa  emendazione,  non  ci  credevamo  lecito  a  nessun  patto 
il  raccomandare  un  autore  che,  in  tal  caso,  all'  onesta  giovanile  sa- 
rebbe  stato  pericolosissimo:  e  dall'altra  parte,  ci  sapeva  male  il  ri- 
farci  a  toccare  sul  conto  suo  un  tasto  rendente  si  aspro  suono. 

Or  una  buona  fortuna  ci  ha  fatto  capitare  in  un  tempo  medesimo 
e  il  grazioso  libretto  della  Casa  fiorentina  da  vender  e,  che  e  qui  so- 
pra  annunziato,  ed  un  volume,  il  quale  contiene  una  lettera  del  me- 
desimo signor  Fanfani,  da  cui  veniamo  assicurati  che  il  Vocabolario 
dell'uso  toscano  riuscira  corretto  secondo  il  desiderio  dei  galantuo- 
mini.  Questa  lettera  indirizzo  egli,  non  gia  a  un  don  Basilio,  ma  ad 
un  cotal  Chiaradia,  giornalista,  non  sappiamo  se  paterino  o  giudeo, 
ma  certo  non  cattolico,  il  quale  nulla  di  meno,  come  noi  e  molti 
altri,  avea  fortemente  ripresa  la  «troppa  larghezza  delle  maniche  » 
del  sig.  Fanfani  in  quel  suo  Vocabolario ;  e  costui  1'  ha  pubblicata 
in  una  sua  miscellanea  di  articoli,  donde  ci  e  grato  levarne  la  princi- 
pale  porzione  e  metterla  sotto  gli  occhi  dei  lettori  nostri. 

1  Civ.  Catt.  Serie  quinta,  vol.  YIII,  pag.  465  seg. 
Serie  Y//,  vol.  IV,  fasc.  447.  22  29  Ottobre  1868. 


338  WYISTA 

«  Prima  di  risolvermi,  cosi  il  Fanfani  in  quella  leitera,  a  porre  nel 
mio  Vocabolario  dell'uso  tutte  le  voci  e  modi  o  troppo  grassi  o 
men  che  onesti,  mi  ricordo  di  averci  pensato  su,  e  di  essermi  con- 
doito  a  registrargli,  non  senza  un  raziocinio,  die  a  me  parve  giu- 
stoi  Ma  che  tale  non  fosse,  me  ne  ha  chiarito  la  opinione  comune, 
palesatasi  per  mezzo  del'la  stampa,  e  phi  chiaramente  ed  efficacemen- 
te  di  ogni  altro,  lo  scritto  pubblicato  da  V.  S.;  del  quale  scritto  ca- 
ramente  la  ringrazio  per  due  capi:  primo  le  troppo  onorevoli  parole 
ch'  ella  dice  di  me  :  secondo  il  salutare  rimprovero  che  la  mi  fa, 
perche  lo  vedo  mosso,  non  dal  maltalento  e  dalla  stizza  impotente 
de'  miei  avversarii,  ma  da  sincere  amore  del  bene.  Se  il  Barbera 
fara  presto  la  seconda  edizione,  ella  e  gli  altri  che  scrissero  contro 
la  troppa  larghezza  delle  mie  maniche,  toccheranno  con  mano  il 
frutto  delle  loro  parole;  intanto  dichiaro  fin  qui,  che  tali  parole 
mi  hanno  vinto,  e  confesso  di  aver  ragionato  stortamente,  quando 
mi  lasciai  indurre  a  registrare  nel  Vocabolario  quella  roba  1.  » 

Noi  ci  rallegriamo  di  cuore  col  signor  Fanfani,  per  questa  sua 
dichiarazione,  la  quale  onora  altamente  1'animo  suo;  e  molto  piu 
per  la  speranza  che  egli  ci  da  di  una  nuova  e  gastigata  edizione  di 
quel  suo  Yocabolario,  che  non  dubitiamo  debba  esser  davvero  un 
bel  canestro  di  fiori,  tutti  scelti  e  tutti  purissimamente  odorosi. 

Cio  premesso,  veniamo  francamente  e  brevemente  a  dire  del  gen- 
lilissimo  libricciuolo  della  Casa  fiorentina  da  vendere. 

Intendimento  dell'Autore  e  stato  di  fare  un  lavorietto,  per  le 
scuole  elementari,  che  avesse  ad  un'  ora  le  due  qualita  di  scrittura 
distesa  e  di  vocabolario,  e  desse  occasione  agli  studiosi  di  esercitar- 
visi,  non  solo  con  profitto,  ma  con  diletto  altresi.  Secondo  questo 
pensiero  e  fatto  il  libricciuolo  presente,  tutto  contesto  di  lingua  do- 
mestica,  quale  corre  in  Firenze.  II  Fanfani  ha  immaginato  che  in 
detta  citta  sia  una  casa  da  vendere,  la  quale  egli  minutamente  de- 
scrive  tutta  quanta,  per  aver  il  destro  di  nominare  gli  oggetti  piu 
usuali  di  tutte  le  case,  mettendo  in  carattere  corsivo  le  voci  signi- 
ficative di  essi  oggetti.  Alia  descrizione  fa  seguitare  un  Esercmo 

1  Studil  critici  e  Mlliografici  di  EVARISTO  CniARADiA,pag.  75. 

.ti'K^^.n.Hi 


DELIA  STAMPA  ITALIANA  339 

lessicografico ,  nel  quale  per  alfabeto  registra  tutte  le  \oci  scritte  in 
corsivo  nel  corpo  del  libro:  e  I' ha  fatto  stampare  in  colonna,  ac- 
clocche  vi  re&ti  margine  bianco,  dove  i  giovanetti  possano  scrivere 
dicontro  ad  ogni  voce  la  corrispondente  de'lor  dialetti.  In  fine  alia 
deserizione  ha  poi  aggiunto  un  racconto  morale,  ed  e  moralissimo 
veramente,  un  po'  per  dare  al  suo  lavoro  qualche  varieta,  ed  un 
poco  per  buono  esercizio  a'  fanciulli;  e  yi  ha  posti  qua  e  la  de'modi 
piu  vivaci  e  piu  eletti  del  parlare  fiorentino,  affinche  il  maestro  li 
spieghi  loro,  e  ne  pigli  materia  a  ragionarvi  sopra. 

Tal  e,  esposto  quasi  con  le  identiche  parole  dell'Autore  nell'^lv- 
vertimento  clie  manda  innanzi  all'  opericciuola,  il  disegno  formatosi 
e  9  modo  con  cui  lo  ha  eseguito.  E  non  puo  negarsi  che  1'  uno  e 
1'altro  sieno  effettrvamerite  commendabilissimi.  La  chiarezza,  il  gar- 
bo,  1'acume  e  quanlo  di  piacevole  puo  spargersi  in  uno  scritto  di 
questa  sorta,  il  Fanfani  tutto  ve  1'  ha  adunato,  acciocche  fosse  nel 
suo  genere  perfetto. 

Oltre  cio,  qui  non  s'incontra  un  neo,  che  in  punto  di  onesta  e 
di  religione,  discordi  dalla  regola:  Maxima  debetur  puero  reveren- 
tia,  cosi  necessaria  agl'  istitutori  della  gioventu.  Per  lo  che  noi  in- 
vitiamo  i  padrifamiglia  e  i  maestri  a  mettere  la  Casa  fiorentina  da 
vender  e  in  mano  a'  lor  figliuoli  e  discepoli,  certificandoli  che  se  ne 
chiameranno  contenti.  I  fanciulli,  ancorache  teneri  di  eta,  con  que- 
sto  libricciuolo  avanti  gli  occhi,  ed  aiutati  dalle  spiegazioni  di  uno 
sperto  precettore,  potranno  gustare  il  bello  dell'  idioma  fiorentino,  e 
addomesticarsi  per  tempo  con  quella  sua  proprieta  e  vispezza,  che 
e  di  tanta  grazia  a  chi  si  conosce  di  italianita  schietta  e  germana. 

II  Fanfani  lascia  intendere,che  questo  non  sara  il  primo  e  Tultimo 
di  tali  lavorietti,  i  quali  egli  destina  alle  scuole  elementari,  ed  anco 
alle  tecniche  di  tutta  Italia.  Se  una  nostra  parola  puo  presso  di  lui 
valer  nulla,  non  pure  lo  confortiamo  a  moltiplicare  i  libriccini  di  que- 
sto tenore,  ma  strettamente  ne  lo  preghiamo,  per  quel  Yero  amor 
patrio,  il  quale  non  mono  che  ad  altri  che  sia  ci  scaldail  pelto:  per- 
suasi  come  siamo,  che  niuno  forse  in  Italia  puo  meglio  del  sig.  Pie- 
tro  Fanfani  operarsi  a  diffondervi,  con  pro  e  diletto,  1'uso  e  1'intelli- 
genza  della  buona  toscanita. 


BIBLIOGRAFIA 


A.  G.  —  Le  mie  figlie  amano  il  leggere.  Risposta  ad  una  madre,  del  professore'; 
A.  G.  Modena,,  tip.  dell' Immacolata  Concezionel&§8.  Un  opusc. 
'dipag.  30. 


Una  savia  e  cristiana  madre  di  famiglia  si  con- 
siglio  col  professore  V.  G.,  inlorno  ai  libri  che 
fossero  da  porre  in  mano  di  due  sue  giovanettc 
tigliuole,  assai  virluosamenle  allevate.  Questa 
leltera  risponde  al  quesito;  c,  non  v'  ha  dub- 
bio,  e  sapiento  nsposta.  Noi  parlecipiamo  con 
iui  il  rigore  circa  la  leltura  del  romanzi  e  delle 
commedie.  Se  qaeste  e  quelli  non  sono  opere  di 
penne  provatamente  oneste  e  religiose,  aventi  per 


fine  il  trionfo  delia  virlii  caltolica,  debbono  per 
certo  interdirsi  alle  donzelle;  e  chi  allrinienti  pre- 
cede, espone  la  coscienza  propria  e  le  anime  gio- 
vanili  a  pericoli  non  leggieri.  Questa  lettera  me- 
riterebbe  di  essere  Ictta  da  tutte  le  madri  di  fa- 
miglia capaci  d'  iutenderla ,  e  noi  no  facciamo  Jj 
cordiali  rallegrameuti  all'  Autore ,  che  si  mostra 
persona  perita  dello  scrivere  e  niolto  innanzi  nel- 
1'arle  dell'educare. 


ALIMONDA  GAETANO  —  L'uomo  sotto  la  legge  del  Sovranaturale.  Conferen- 
ze recitate  nella  Metropolitana  di  Genova  dal  can.  Prev.  Gaetano  Ali- 
inonda.  Volume  terzo,  Tanno  1866.  Volume  quarto,  1'anno  1867.  Genova, 
tip.  della  Gioventu  presso  gli  Artigianelli,  1868.  Due  vol.  in  8.«  di 
pag.  644,  712. 


Delia  svariala  dottrina,e  dell'eloquenza  allraen- 
le  del'ch.  Prev.  Alimonda,  e  cosa  superflua  il  fare 
•iui  1'elogio,  giacche  oltre  essere  egli  nolo  all'Ila- 
lia,  noi  stessi  ne  favellammo  nell'  occasione  dei 
primi  due  volumi  di  Conferenze  da  Iui  pubblicati. 
Senza  che  le  parole  di  lodi  e  di  conforlo,  che  pei 
detti  due  volumi  gli  furono  indirizzate  in  un  Bre- 
ve da  Sua  Sanlila,  valgono  assai  piu  che  qualsi- 
voglia  encomio  di  privati  scrittori,  a  fare  avere  in 
pregio  i'illuslre  Oratore.  Qui  ci  baslera  dire  che 
sono  usciti  alia  luce  altri  due  grossi  volumi  di  sue 
Conferenze,  recilate  gli  anni  1866  e  1867  nella 
Metropolitana  di  Genova.Nei  primi  due  volumi  a- 
veva  1'Autore  svoho  quesli  due  argomenti,  intorno 
al  tema  del  Sovranalurale,  cioe  dire  —  L'  Uomo 
nelle  sue  relazioni  con  Dio  —  L'Uomo  nelle  sue 
relazioni  con  Gesu  Crislo.  Net  due  volumi  se- 
guenti  svolgonsi  quesli  allri  due  argomenti,  i 
quali  si  collegano  sempre  allo  stesso  tema:  eioe 
dire  —  L'Uomo  nelle  sue  relazioni  colla  Chiesa 
—  L'Uomo  nelle  sue  relazioni  col  cullo  catto- 
lico.  II  tema  vastisslmo,  conforme  al  concetto 


dell' Autore,  si  va  esplicando  in  tutte  le  sue  parti 
e  in  tulte  le  sue  varie  derivazioni  e  applicazioni: 
e  ad  esaurirlo  sappiamo  che  mancano  nullameno 
che  quattro  altri  volumi.  Or  quanta  sia  1'impor- 
tanza  degli  argomenti,  che  il  facondo  Oratore  ge- 
novese  vien  trattando  nei  due  volumi  lesle  dali 
alia  luce,  puo  dedursi  anche  solamente  dal  litolo 
di  ciascuna  Conferenza,  che  qui  trascriviamo.  Nei 
volume  terzo  sono  le  seguenli  Conferenze:  I.  Vita 
di vinu  della  Chiesa,  tesliflcata  dal  Vangelo.  II.  Vi- 
ta divina  della  Chiesa,  lestificata  dalla  civile  so- 
cieta.  HI.  Vita  divina  della  Chiesa,  testificala  dalla 
coscienza  umana.  IV.  Costituzlone  della  Chiesa. 
V.  Compile  lemporale  della  Chiesa.  VI.  La  Chie- 
sa cattolica  e  le  selle  protestanli.  VII.  II  prole- 
stantesimo  e  la'Civilta.  VIII.  Slabilimento  storico 
del  Papato.  IX.  La  Chiesa  e  lo  Slato.  X.  La  Chie- 
sa nazionale.  XI.  Della  liberta  di  coscienza  nella 
Chiesa  e  fuori.  Xll.  La  lemporale  dole  della  Chie- 
sa. XIII.  I  preli  in  faccia  al  secolo  decimonono. 

XIV.  Le  isliluzioni  cenobiliche  nella  nostra  eta. 

XV.  Chi  esce  dalla  Chiesa.  XVI.  La  Chiesa  nella 


BIBLIOGRAFIA  341 

Jolla  presenle.  Nel  volume  quarlo  leggonsi  que-  Messa.  VIII.  La  Confessione.   IX.  La  Comunione. 

sle  altre  Conferenze:  I.  Lc  armonie  del  culto.  II.  X.  La  Domenica.  XI.  L' Inferno.  XII.  II  Purga- 

11  Dio  Uomo.  HI.  La  Vergine  Maria.  IV.  Maria  e  torio.  XIII.  II  Paradise.  XIV.  La  liberta  dei  culti. 

gP  Italian!.  V.  I  Sanli.  VI.  La  preghiera.  VII.  La  XV.  I  frulti  esterni  del  cullo. 

ANGELONI  LUIGI  —  Per  nozze,  versi  di  monsignore  Luigi  canonico  Angeloni. 
Velletri,  tip.  Sarlori  e  C.  1868.  Un  opusc.  in  16.° 

Sono  due  brevi  ma  graziose  canzoni,  le  quali  il  ch.  Autore  ha  date  in  luce  per  occasione  delle 
nozze  Argcnti-Babini,  e  Corselti-Negroni. 

ANONIMO  —  Culto  perpetuo  a  S.  Giuseppe,  Sposo  purissimo  di  Maria  SS.  Imma- 
colata.  13.*  edizione.  Modena,  tip.  deU'Imm.  Concezione  editrice  1868. 
Un  opusc.  in  16.°  piccolo  di  pag.  148. 

-  Elogio  biografico  di  Lorenzo  Mariani.  Pisa,  tipografia  di  letture  cattoli- 
che  diretta  da  Gio.  Alisi  1868.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  325. 

Benche  queslo  Tolume  sia  pubblicato  senza  no-  sime  teologici,  che  fece  in  Roma,  essendo  alunno 
me  d'autore,  sappiamo  pero  ch'  egti  e  frullo  del-  del  Collegio  capranicense,  nell'Uuiversila  grego- 
!a  penna  del  oh.  professore  d.  Antonio  Solfanelli,  riana,  vi  sono  descritli  semplicemente,  coll' in- 
il  quale  meritamente  lo  ha  dedicato  all'Eminen-  tramessa  di  savie  considerazioni  chc  aggiungono 
lissimo  sig.  Cardinale  Cosimo  Corsi  Arcivescovo  pregio  al  racconto.  Per  lo  che,  fuori  d'ogni  dub- 
di  Pisa,  e  benefattore  insigne  di  Lorenzo  Mariani  bio,  quest'  elogio  biograQco  riusciro.  proti  tie  vole 
che  e  soggetto  di  esso  volume.  Queslo  giovane,  sopra  modo  agli  alunni  segnalamente  dei  semi- 
di  rarissime  parti  di  natura  e  di  grazia  dotato,  narii  e  dei  collegi  ecclesiastici ,  che  troveranno 
viene  rilralto  dal  Solfanelli  con  colori  assai  na-  nel  Mariani  uno  specchio  di  lutte  le  buone  qua- 
turali,  ma  pieni  di  garbo.  Le  sue  belle  virtu,  la  lita,  rkhieste  in  chi  si  appareqchia  a  divenire  de- 
tempera  del  suo  ingegno,  gli  esempii  edifican-  gno  ministro  del  Santuario. 
tissiml  della  sua  conversazione,  i  suoi  studii,  mas- 

—  La  consolazione  degli  afilitti;  ovvero  motivi  di  pazienza  nelle  sofferenze. 
Quarta  edizione.  Modena,  tip.  deU'Imm.  Concezione  1868.  Un  opusc.  in 
32.°  dipag.  32. 

-  La  diletta  del  Grocifisso,  ossia  breve  vita  della  B.  Suor  Maria  degli  Angeli, 
carmelitana  scalza  torinese,  scritta  da  un  giovane  ecclestico  della  diocesi 
di  Torino  (Dalle  Lelture  catloliche  di  Geneva).  Genova,  Direzione  delle 
Letture  cattoliche  1867.  Un  opuse.  in  16.°  di  pag.  182. 

—  L'Anlma  Desolata,  confortata  a  path*  crlstianamente,  colla  considerazlone 

delle  Massime  Eterne.  Operetta  utUissima  per  le  persone  tribolate,  che  at- 
tendono  airesercizio  dell'  orazi one  ed  al  cammino  della  perfezione,  aggiunto- 
vi  T  esercizio  della  santa  Messa,  Gonfessione  e  Comunione.  Nuovissima  edi- 
zione. MilanOj  tipografia  e  libreria  arcivescovile,  Ditta  Giacomo  Agnelli, 
via  S.  Margherita  n.  2,  1868.  Un  vol.  in  16,° piccolo  dipag.  V1I-403. 

—  Le  mle  teutazioni,  ossia  domande  rispettose  dirette  al  signer  Trois-Etoiles 
venerabile  pastore  evangelico  e  a  tutti  i  minlstri  delle  chiese  riformate,  da 
un  fedele  della  Chiesa  evangelica,  gia  cattolico  romano,  riprodotte  in  Terni 
neir  occasione  in  cui  serpeggia  in  questa  citta  la  falsa  dottrina  dei  mini- 
stri  cvangelici.  4. a  edizione  italiana.  Modena,  tip.  deU'Imm.  Concezione 
1868.  Un  opusc.  in  32.°  di  pag.  63. 

—  Manuale  del  vero  divoto  dei  Dolori  di  Maria,  e  della  Passione  di  Gesii  Cri- 
sto.  Quarta  edizione.  Modena,  tip.  deWlmmacolata  Concezione  editrice 
1868.  Unvol.  in  16." piccolo  dipag.  451. 

-  Manuale  mariano.  Volume  primo.  Seconda  edizione  aumentata  e  corretta. 
Perugia,  stabilimento  tipo-litografico  diG.  Boncompagni  e  C.  1868.  Un 
vol.  m!6 


342  BIBL10GRAFIA 

ANONIMO  —  Miscellanea,  ossia  confutazione  degli  error!  conteniUi  in  una  let- 
tera  del  dottore  *  *  *  Venezia,  tipografia  L.  Merlo  di  G.  B.  1868.  Un 
opusc.  in  16.°  di  pag.  136. 

Con  ragione  1'anonimo  Autore  di  questo  libretto,  gli  error!  madornali,  spetlanti  a  materie  svaria- 

10  ha  intitolalo  Miscellanea.  Rispondendo  egli,  tissinie.  Ma  la  confutazione  e  calzante,  robusta, 

per  confutarla,  alia  lellera  di  un  liberate  moder-  copiosa  di  begli  argomenli  e  di  ulili  erudizioni. 
no,  ha  avulo   mestieri   di  seguirne  passo  passo 

—  Triduo  ad  onore  di  sant' Antonio  di  Padova,  da  farsi  nelle  piii  ardue  neces- 
sita  de'  devoti  per  ottenere  una  qualche  speciale  grazia.  Terza  edizione  con 
una  nuova  prefazione.  Ferrara,  tipografia  di  Domenico  Taddei  18G8.  Un 
opusc.  in  32."  di  pag.  16. 

—  Yisita  a  Gesu  Sacramentato.  Ferrara  1868,  tip.  Taddei. 

BAMNI  PAOLO  —  Alia  diletta  cugina  Giulia  Babini  romana,  il  di  delle  sue  nozze 
colsignore  LuigL  Argenti  da  Yelletri,  D.Paolo  Babini,  parroco  de1  SS.  Mi- 
chele  ed  Agostino  in  Faenza,  a  significazione  di  verace  esultanza.  Faenza, 
dalla  stamperia  de'  fratelli  Novelli,  1868.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  16. 

II  sig.  D.  Paolo  Babini  e  persuasive  e  purgato  doveri  specialmente  della  donna  legata  in  matri- 

scrittore  di  materie  attenenlisi  all'educazione,  mas-  mouio,  dimostra  1'altiludine  del  Babini  a  truttare 

sime  femminile,  come  ne  fa  testimonianza  il  suo  questi  delicati  argomenti,  e  f a  invogliare  d'altri 

libro  La  vera  educatrice,  altrove  da  noi  com-  suoi  simiglianti  lavori,  che  ai  tempi  nostri  tor- 

mendato.  Questa  Leila  e  graziosa  letlera,  circa  i  nerebbero  acconcissimi. 

BARBIERI  M.  M.  *—  Nuovo  sillabario  figurato,  ossia  nuovo  metodo  fonico  silla- 
bico,  ornato  di  oltre  200  figure  atte  a  promuovere  1'attenzione  de'  fanciulli, 
ed  aiutarne  1'  intelligenza  nelV  apprendere  lalettura  con  maggior  facilita  ed 
in  brevissimo  tempo,  per  cura  del  M.  M.  Barbieri.  Torino,  prcsso  G.  B. 
ParaviaeC.  ma  Doragrossa  23.  Milano,  Galleria  De  Cristoforis  16  e 
17.  Firenze,  via  Ghibellina  110,  a  centesimi  30, 1868.  Un  opusc.  in  16.°  di 
pag.  48. 

BARONC1NI  ANTONIO  —  Vedi  Postel  V. 

BARSANTI  OTTAVIO  —  I  selvaggi  dell'  Australia  dinanzi  alia  scienza  e  al  prote- 
stantismo,  del  P.  Ottavio  Barsanti  francescano  M.  0.  missionario  apostoli- 
co  nell' Australia.  Roma,  tip.  e  lib.  poliglotta  de  Propaganda  fide.  Tori- 
no,  tip.  e  lib.pontificia  Pietro  di  G.  Mariettif  1868.  Un  vol.  in  16.°  di 
pag.  X1X-259. 

In  due  parti  e  divisa  questa  bella  scrittura  del  gognosa  steriliti  delle  missioni  protestanti,  e  la 

p.  Barsanti:    1' una  critico-scientifica,  e  1'  altra  opposita  fecondita  delle  cattoliche,  presso  i  popoli 

storico-apologetica.  Amendue  sono  ricche  di  era-  selvaggi  dell'Australia.  II  secondo  e  che  mette  in 

dite  e  curiose  notizie.  Tutlo  il  libro  poi  si  leg-  luce  la  barbaric  e  la  raffinata  bestialita  dei  colon! 

ge   volentieri ,    perche    dolato  dei   caratteri    di  europei,  macellatori  di  que'  poveri  popoli:  coloni 

veracila,  che  porta  seco  la  parola  di  un  testimo-  che  fioriscono  sollo  1'ombra  di  quell' Inghilterra 

nio  oculare,  probo  e  sincere,  il  quale  non  ha  al-  protestanle,  che  e  sempre  vantala  dai  noslri  li- 

tro  inleresse  che  il  trionfo  della  veriia.  Tra  i  berali,  come  sorgente  purissima  di  umanita  e  di 

molti  buoni  frutti  di  quest!)  libro ,  ne  noteremo  civilla  la  piu  squisita. 
due.  11  primo  e  che  fa  toccare  con  mano  la  yer- 

BATTAGLINI  FRANCESCO  —  Logicae,  metaphysicae,  ethicae  institutiones  quas, 
in  usum  seminarii  bononiensis,  secundum  D.  Thomae  Aq.  doctrinas,  trade- 
bat  Franciscus  Battaglinius  sacerdos,  philosopniae  lector.  Bononiac,  typis 
felsincis  1868.  Un  vol.  in  8."  pice,  di  pag.  712. 

Riserbandoci  a  parlare  con  miglior  agio  di  que-    nunziarlo  e  di  racromandarlo  agli  studiosi  della 
sto  nuovo  corso,  ci  conlentiamo  per  ora  di  an-    buona  fllosofia,  come  tale  che  veramente  merits 


BIBLIOGRAFIA  343 

di  andare  per  le  mani  della  giovenlu,  stanle  1'or-    sione  conveniente  a  chi  non  intende  gia.  solo 
dine,  Ja  chiarezza,  la  sanita.  delle  dottrine,  lutte    sfiorare,  ma  penelrare  le  fllosoflche  discipline, 
couformi  a  S.  Tommaso,  e  la  profondiia  ed  esten- 

BELL ARMING  ROBERTO  —  Dottriiia  cristlana,  composta  per  ordine  della  s.  me- 
moria  di  Papa  Clemente  VIII  dal  ven.  cardinale  Roberto  Bellarmino  d.  C. 
d.  G.  tradotta  in  lingua  albanese  dal  R.  Don  Pietro  Budi  da  Pietra  Bianca. 
Terza  edizione  novamente  corretta.  Roma]  stamperia  della  S.  C.  di  pro- 
paganda fideammlnistr.  dal  socio  cav.  Pietro  Marietti  1868.  Un  volu- 
mettoinlb.'  dipag.ZW. 

BENNASSUT1  LUIGI  —  La  Divina  Gommedia  dl  Dante  Alighieri  col  Commento 
cattolico,  del  sacerdote  Luigi  Bennassuti  di  Verona.  Verona,  dallo  stabili- 
mento  Ciuelli  1868.  Un  volume  in  8.°  grancle  di  pagine  XXXXI-85I,  a  cui 
vanno  annesse  10  tavole. 

Per  ora  ci  contenliamo  di  annunziare  sempli-  al  suo  Commento  cattolico  sopra  la  Divina  Com- 
cemenle  queslo  volume,  col  quale  il  chiarissimo  media.  Speriamo  che  fra  breve  ce  ne  potremo 
Bennassati,  fedele  alia  sua  promessa,  da  lermine  occupare  piu  di  proposito. 

BERTI  G1ULIANO  —  Alia  marcliesa  Clelia  Cavalli,  ed  al  conte  Ugo  Lovatelli, 
nel  giorno  in  che  il  sacramento  del  matrimouio  santamente  indissolubilmen- 
te  li  urii,  il  parroco  Giuliano  Berti  D.  D.  D.  le  seguenti  terze  rime.  Raven- 
na, stamperia  nazionale.  Un  opusc.  in  8.*  di  pag.  14. 

BOBBIO  G.  —  Vedi  Schmid  G.  En. 

BOCCALANDRO  PIETRO  —  Un  gran  tesoro,  guai  a  chi  lo  perde;  considerazioni 
proposte  al  popolo,  dal  sacerdote  Boccalandro  Pietro,  gia  rettore  in  san 
Marco  di  Genova.  Tip.  dell'orat.  di  S.  Franc,  di  Sales,  1868.  Un  opusc. 
in  32.°  dipag.  144. 

II  gran  tesoro  di  cui  6  discorso  in  queslo  vo-  locca  delle  qualila  che  dee  avere  la  fede,  deUe 

•    lumetto,  e  quello  della  fede  soprannaturale.  Dopo  ragioni  per  cui  si  perde,  e  dei  mezzi  per  con- 

moslralane  la  bellezza,  1'imporfanza  e  la  cerlezza,  servarla.  Chiarezza,  soliditk  di  dotlrina ,  metodo 

11  valoroso  don  Boccalandro    ne  espene  la  ne-  persuasibile,  sono  le  doti  che  piu  spiecano  in  qae- 

cessita,  i  bent  che  apporta  a  chi  la  possiede,  i  sto  traltatello,  che  raccomandiamo  alia  gioventu 

danni  di  chi  la  perde.  Negli  ultimi  tre  capitoli  d'ogni  condizione. 

BONETTI  GIOVANNI  —  Vita  del  giovane  Saccardi  Ernesto  fiorentino,  scritta  dal 
sacerdote  Giovanni  Bonelti,  direttore  del  seminario  diMirabello.  Torino, 
tip.  deirOratorio  di  S.  Francesco  di  Sales,  1868.  Un  opusc,  in  32.°  di 
pag.  140. 

Ernesto  Saccardi  fu  uno  di  quei  linri  di  inno-  zione  della  sua  vila  molto  edition,  e  quindi  me- 

cenza  e  di  giovanile  virtu,  che  il  cielo  sembra  rita  d'essere  difl'usa  si  tea  la  giovenlu  popolare, 

sollecito  di  presto  cogliere,  perche  le  aure  mon-  come  tra  quelia  che  nei  collegi  si  ednca  alle  arti 

dane  non  li  corroinpano.  Quesla  scmplice  narra-  nobili  ed  alle  lettere.  , 

BOTTA  FIL1PPO — Carlo  e  Giannetto.  Interessanti  osservazioni  sulV  operetta 
stampata  in  Torino,  il  Ritratto  di  Maria  come  e  ne',cieli,  delineato  dietro  i 
dati  attinti  dalla  S.  Scrittura,  per  Filippo  Botta.  2.a  edizione.  Napoli,  stam- 
peria  e  librcria  di  Andrea  Festa,  strada  Carbonara  n.  104,  1863.  Un 
opusc.  in  16.°  di  pag.  72. 

-  Una  uscita  a  Sorrento,  ossia  la  disputa  avvenuta  in  un  banchetto,  per  Fi- 
lippo Botta.  Napoli,  stamperia  e  libreriadi  A.  Festa,  strada  Carbonara, 
n.  104, 1862.  Un  opusc.  in  16.°  dipag.  22. 

La  dispula  che  forma  il  soggetto  di  questo  li-  strata  con  moHeplici  argomenti,  conlro  i  sofismi 
briceino  e  circa  la  realla.  storica  del  dituvio,  qual  e  le  obbiezioni  dei  prosontuosi  increduli  dell'et;\ 
d  narrate  da  Mose.  Una  tale  realla  viene  dimo-  noslra. 


344  BIBLIOGRAFIA 

BREVIS  COLLECTIO  ex  rituali  romano  ad  parochorum  commodum  eorumque  vi- 
cariorum  in  sacramentorum  administration e,  in  infirmorum  cura  et  eorum 
interitu.  Romae,  typis  S.  C.  de  Propaganda  Fide  soc.  eq.  Petro  Manet- 
ti  adm.  MDCCCLXVIIL  Un  opusc.  in  32.°  <fi  pag.  132. 

BRINCIOTTI  GAETANO  —  II  Sacerdote  in  contatto  colla  civil  societa ;  discorso 
accademico  deirillmo  e  Rmo  monsignor  Gaetano  Brinciotti,  arcivescovo 
di  Sebaste.  Estratto  dal  periodico  LaVeryine  A.  V.  n.  39  e  40.  Roma,  ti- 
pografia  tiberina  1868.  'Un  opusc.  in  8.  °  di  pag.  10. 

Soggetto  di  questo  discorso  accademico  e  san    relazioni  colla  societa  civile;  vale  a  dire  umile, 
Yinceiuo  de  I'aoli,  rappresentato  dall' illustre  ora-    iill'clluoso,  Concorde,  operoso. 
tore  qual  tipo  esemplare  del  sacerdote  nelle  sue 

BRUNI  ANTONIO  —  Delle  istituzioni  popolari  educative,  economiche  e  di  bene- 
ficenza  d'ltah'a;  studio  storico,  statistico,  espositivo,  delVavv.  Antonio 
Bruni,  cavaliere  deirOidine  della  corona  d' Italia.  Parte  I.  provincia  di  Ge- 
nova.  Estratto  dalla  Gazzetta  d'  Italia.  Firenze,  tipografia  eredi  Botta. 
1868.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  78. 

11  sig.  avvocato  Autonio  Bruni  si  propone  di  lore  ci  paiano  da  accettare  a  chius'occhi,  ed  al- 

passare  come  a  rassegna  tutte  le  istituzioni  po-  cune  sieno  piu  disputabili  che  egli  non   sembri 

polari  di  educazione,  di  economia  e  di  benefl-  credere,  giudichiamo  nondimeno  che  molto  utile 

cenza  che  floriscono  nell'llalia:  e  ha  dato  prin-  debba  riuscire  quesla  sua  generale  rassegna,  alia 

cipio  alia  faticosa  opera  con  questo  fascicolo,  in  quale  auguriamo  un  progresso  ed  un  esilo  pari 

cui  iilustra  quelle  della  provincia  di  Genova.  al  suo  conriuciamento. 
Benche  non  tutte  le  opinioni  delPonorabile  Au- 

BUDI  PIETRO  —  Vedi  Bellarmino  Roberto. 

BULLARIUM  MAGNUM  —  Bullarium,  dlplomatum  et  privilegiorum  Sanctorum  Ro~ 
manorum  Pontlficum,  taurinensis  editio,  locupletior  facta,  collectlone  no- 
vissima  plurlnm  brevium,  epistolarum,  decretorum  actorumque  S.  Sedis  a 
S.  Leone  Magno  usque  ad  praesens;  cura  et  studio  collegii  adlecti  Romae 
virorum  S.  Theologiae  et  SS.  canonum  peritorum,  quam  SS.D.  N.  Pius  Pa- 
pa IX  apostolica  benedictione  erexit,  auspicante  Emo  acRevmo  Dno  S.  R. 
E.  Cardinal!  Aloysio  Bilio.  Tomus  XIV  ab  Urbano  VU1  (an  MDCXXVIII  ad 
ann.  MDCXXXIX.)  Augustae  Taurinorum,  A.  Vecco  et  sociis  editoribus 
success.  Sebastiani  Franco  et  filiorum,  MDCCCLXVIll.  Un  vol.  in  4."  de 
pag:  XXXVII1-807. 

Questo  bel  volume  di  fogli  centosei  di  stampa,  lumi  gia  pubblicati  flnora  dal  X°  in  su.  Oramen- 
composto  nello  spazio  di  qualtro  mesi ,  conliene  tre  riconosciamo  dalt'una  parle  la  gentilezza  con  • 
ben  360  bolle  degli  undici  anni  di  mezzo,  dal  se-  cui  1' illustre  dilta  editrice  voile  &\  prontamente 
slo  al  decimosettimo  del  Pontificate  di  Urbano  VIH,  csaudire  i  nostri  voti,  ci  congratuliamo  dall'altro 
e  presenla  subito  da  principio  lo  stcrminato  elenco  cogli  Associati  all'Opera  imporlantissima,  del  mezzo 
di  circa  mille  dugento  emendazioni  spettanti  non  pronto  e  spedito,  che  loro  e  porto  da  un  tal  in- 
all'ortografla  delle  parole,  ma  al  senso  delle  bolle,  dice,  di  poter  conoscere  e  trovare  tantosto  un  buoo 
che  1'oculatezza  e  pazienza  degl'Editori  torinesi  numero  «?i  Bolle  pontiflcie  che  sono  bensl  nel  Bol- 
seppe  fare  all'Edizione  romana :  alcune  delle  quali  lario,  ma  non  si  crederebbe  che  ci  fossero,  ne  si 
indicate  peculiarmente  nella  prefazione,  tolgono  saprebbe  come  ne  dove  andarle  rintracciare,  per 
Tia  da  questo  prezioso  tesoro  errori  veramente  essersi  poste  fuori  dell'ordine  cronologico,  o  in-  ' 
madornali,  che  ne  rendeano  moleslissima  la  lettu-  serite  in  altre  Bolle  posteriori.  Gli  Editori  pro- 
ra  e  rinleiligenza  difflcilissima.  Al  volume  di  cui  meltono  nella  prefazione  a  questo  volume  di  darci 
parliamo,  va  unito  allresi  un  foglielto  da  appli-  entro  1'  anao  corrente  anche  il  volume  XV  che 
wrsi  al  volume  X°,  portante  Vlndiculus  SS.  Pon-  arrived  sino  alia  fine  del  Pontificate  d'  Innocen- 
lificum  conslitulionum  quae  extra  ordinem  chro-  zo  X,  cioe  all'anno  1655:  e  la  fedelta  nel  man- 
nologicum  vagantur  in  tutlo  il  corso  di  quel  vo-  tenere  la  parola  data,  di  cui  diedero  prova  coi 
lume.  Nel  nostro  quaderno.a  mezzo  di  quest'anno,  qua.ttro  volumi  di  ristampa  pubblicati  nel  corso 
noi  esprimemmo  semplicemente  che  un  tal  utilis-  di  poco  piu  di  un  anno ,  ci  fa  avere  come  gia 
slmo  indice  che  s'era  incominciato  dare  dal  vo-  fatto  quanto  promettono.  11  prezzo  di  questo  vo- 
lume XI°  in  poi,  venisse  anche  redatto  pei  vo-  lume  e  di  I.  21,  10. 


BIBLIOGRAFU  343 

CANEVA  L.  —  Studii  sulla  teoria  della  lace,  llicerche  intorno  alle  leggi  degli 
element!  cosmici,  material!  ed  eterei  e  loro  rapport!  reciproci,  nuove  vedu- 
te  fondamentali  sulla  cosmogonia,  Varco  baleno,  Fatto  della  visione,  per- 
turbazioni  delle  vicende  meteorologiche;  nuove  considerazioni  sulle  cause 
delle  alterazioni  dei  dim!,  e  loro  possibili  riparazioni,  del  dott.  L.  Caneva. 
sa  1868,  coi  tipi  Francesco  Solari.  Un  opmc.  in  8.°  dipag.  147. 


Grande  e  svariata  materia  ha  voluto  stringere  do  delle  sue  buone  inlenzioni.  E  noi  di  quesle 
in  poco  I'Autore  di  questo  libro,  il  quale  incon-  intenzioni  gli  diamo  lode,  come  gliela  dara  chiun- 
trastabilmente  addimostra  quanlo  alto  sia  il  gra-  que  per  tali  scienze  senta  affetto  particolare. 

CARUANA  S.4LVATORE  —  La  sintassi  latina  spiegata  agli  student!  del  liceo  di 
Malta,  dal  Sac.  Salvatore  Caruana,  D.D.  Malta,  tipografia  di  E.  Laferla, 
strada  reale  n.  98,  1868.  Unvol.  in  16.  dipag.  324. 

Con  chiarezza  e  con  ordine,  doti  ambedue  neces-  sintassi  latina  :  e  noi  non  dubitiamo  che  gli  stu- 
sarissime  ai  prccetlori  di  grammatica,  il  ch.  sig.  denti  del  liceo  di  Malta  sieno  per  trarre  frutto  co- 
don  Caruana  espone  in  questo  libro  le  regole  della  spicuo  da  questo  libro  dell'oHimo  loro  maestro. 

CICCODICOLA  EDOARDO  —  L'  Eroe  del  secolo  ed  il  vero  cittadino,  pel  sac.  Edoar- 
do  Ciccodicola.  Napoli,  tipografia  di  Giovanni  di  Maiu,  strada  sapienza 
n.  8,  1858.  Un  opusc.inH.0  dipag.  137. 

Con  varia  ricchezza    di   prove    e    forte    elo-  crea  il  cuore  del  caltolico  e  al  tempo  stesso  1'ac- 

quenza,  I'Autore  mostra  nel  Regnante  Ponleflce  cende  di  vivo  amore  al  Vicario  di  Crislo  ed  alia 

Pio  IX  1'  croe  del  secolo  nostro,  ed  il  vero  cit-  piu  santa  delle  cause,  che  c  queila  della  Sede  di 

tadino.  E  questa  una  scrittura,  la  cui  lezione  ri-  S.  Pietro,  tanto  oggidi  comballuta. 

CLA1R  —  I  Papi  neU'esllio,  per  R.  De  Martinis  P.  D.  M.  Napoli,  stabilimento 
npoyra/ico,  strada  Cavallerizza  a  Chiaia  47,  1867.  Un  opusc.  in  8.°  di 
pay.  VUM>6. 

Lunghissimi  e  sanguiaosi  contrast!  ebbero  a  so-  seguili  da  perpetui  Iriouli,  e  ne  ha  fatta  oiler  ta 

stenere  i  Papi,  nell'esercizio  del  loro  eccelso  mi-  ai  contemporanei  ,  acciocche  dagli  esempii  pas- 

nislero  tulto  beneflco  dell'umana  societa.  II  mar-  sati  traggano  conf&rto  nelle  presenti  calamita  cui 

Urio,  la  prigiouia,  1'esilio  e  molteplici  altre  per-  soggiace   la  S.  Sede,  e  sperino  bene  del  fuluro. 

secuzioni,  furono  spesso  quel  compenso  unico  che  II  p.  de  Martinis  poi,  volgarizzando  questa  pre- 

il  mondo    seppe   rendere  loro.  II  ch.  sig.  Clair  ziosa  scrittura  del  Clair,  ha  certo  ben  meritalo 

ha  riunite  in  un  come  quadro  tutte  le  scene  di  della  causa  caltolica  in  Italia. 
questi  palimenti  dei  Papi,  da  S.  Pietro  a  Pio  IX, 

COMBA  VIATORE  —  La  religione  dimostrata  all1  intelligenza  del  popolo,  dal  pa- 
dre Yiatore  Comba  da  Villafranca  -  Piemonte  cappuccino.  Torino,  1868, 
per  Giacinto  Marietti  tipografo  libraio.  Un  vol.  in  8.°  pice,  dipag.  584. 

Scrittore  dimostraliTe  ed  apologetiche  della  re-  ligione  cristiana  e  della  Chiesa  caltolira  appar- 

ligione  cattolica,  doltamente  composte   per  gli  tengono.  II  metodo  e  ordinato,  strettamente  espo- 

spiriti  co'ti,  grazie  a  Dio,  non  mancano,  ne  scar-  sitivo  e  persuasibile.  Lo  stile  e  semplice,  ni»  non 

seggiano  in  questa  eta  noslra.  Scarseggiano  in-  negletto,  e  chiarissimo  in  tutto  1'andamento  del- 

vece  quelle  che  sieno  piu  proportionate  alia  ca-  I'opera.  Faranno  gran  bene  coloro  che  procure- 

pacita  popolare.   Per   snpplire   a  questa  scarsi-  ranno  di  spargere  questo  utile  libro  nelle  famiglic, 

la  il  ch.  p.  Viatore  Comba  ha  felicemente  ideata  e  di  metterlo  in  mano  al  popolo.  Noi  non  dubi- 

Topera  che  qui  annunziamo,  e  che  speriamo  debba  tiamo  che  le  edizioni  di  esso  presto  si  mollipli- 

frutUBcare  copiosamente  in  Italia  ed  anche  al-  cheranno:  il  che  sara  argomento  di  meritalo  con- 

trove.  Nolle  tre  parti  in  cui  e  divisa,  comprende  forlo  all'Aulore. 
tutti  i  principal!  punti,  che  al  trattato  della  re- 

COSELLI  PIETRO  —  Assalti  protestanti  e  trionfi  cattolici.  Lettere  sul  protestan- 
tesimo,  dirette  a  varii  suoi  miuistri  in  difesa  della  dottrina  cattolica.  Bolo- 


346  BIBLIOGRAFIA 

gna,  per  Alessandro  Mareggiani  tipografo  libraio,  1868.  Un  vol.  in  16.<* 
dipag.  476. 

iSono  noli  i  soflsmi  d'ogni  maniera,  con  cui  il  lelligenza  pure  dol  volgo.  II  libro  si  chiude  COD 
proleslantesimo  e  ie  sctte  massoniche  ttntauo  di  due  appendici  piene  di  lecco.  La  prima  riguardu 
oscurare  le  verita  cattoliche  in  Italia,  e  di  per-  I'  apostata  Gavazzi  svergognato  a  Lucca,  nel 
yerlire  nel  suo  popolo  perslno  il  natural  senso  Marzo  1868  per  le  sue  bestemmie  e  provocazioni: 
dell'onesta.  Ai  molti  libri  stampatisi  dal  1859  in  la  seconda  tratta  della  rivoluzione  nel  suo  rap- 
qua,  per  dissipare  un  tanlo  nugolo  di  errori  e  di  porlo  col  cattolicismo.  Siamo  certi  di  fare  opera 
bestemmie,  siamo  lieti  che  si  sia  aggiunto  questo  di  vero  zelo  cattolico  e  patrio,  raccomandando  la 
opponunissimo  del  chiaro  sig.  d.  Pielro  Coselli,  diffusione  piu  ampia  che  sia  possibile  di  questo 
scritto  con  bella  fluidita  di  stile,  con  buona  lin-  libro,  e  pregando  con  sincerita  di  afletlo  1'oltimo 
gua,  con  ispirito  tulto  apostolico  e  con  doltrina  Aulore  a  voler  moltiplicare  le  sue  scritlure  po- 
sicura.  Appena  vi  e  materia  impugnata  dai  no-  lemiche  di  questo  gencre,  dacche  Iddio  lo  ha  ar- 
yalori,  che  egli  nelle  sue  trentadue  lettere  non  ricchito  di  doni  si  acconci  al  salutare  fine  di  com- 
tocchi.  Pregio  suo  speciale  poi  e  una  lucidila  di  battere  popoiarmentc  il  sofisma  e  di  propugnare 
forme,  che  rende  il  suo  libro  adattissimo  all'in-  la  yerita. 

CURCI  CARLO  —  Le  contrarieta  della  vita,  strumento  di  santificazione.  Di- 
scorso  in  lode  di  S.  Giuseppe  Calasanzio,  fondatore  delle  scuolepie,  detto 
in  Roma.nella  chiesa  di  S.  Pantaleo,  il  di  25  Agosto  1867  dal  P.  Carlo 
M.  Curci  d,  G.  ri.  G. ,  in  occasione  delle  feste  ivi  celebrate  pel  primo  ri~ 
corso  secolare  dalla  canonizzazione  dello  stesso  Santo.  Roma  1868.  Un 
opusc.  in  8.°  di  pag.  24. 

-  La  virtu  di  Dio  nella  croce.  Discorso  in  lode  di  S.  Paolo  della  Croce, 
fondatore  dei  Chierici  Scalzi  della  SS.  Passione,  detto  nella  basilica  dei 
SS.  Giovanni  e  Paolo,  il  di  27  Aprile  1868,  dal  P.  C.  M.  Curci  d.  C.  d.  G. 
in  occasione  delle  feste  celebrate  per  la  canonizzazione  dello  stesso  Santo, 
Roma,  coi  tipi  del  Salviucci,  1868.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  20. 

L'Autore  di  questi  due  panegirici  e  noto  pel  anche  semplicemenle  annunziati,  perche  sieno  es- 

suo  valore  oratorio  a  tulta  1'Ualia:  i  due  argo-  si  chiesti  e  letti  da  coloro  che  amano  di  cono- 

nienli  STOlti  sono  abbastanza   indicati  dal  titolo  scere  i  buoni  sermoni  della  sacra  eloqueaza  con- 

stesso  di  ciascun  Discorso.  A  noi  basta  1'averli  lemporanea. 

D'ALOIA  FRANCESCO  —  Suir  applicazione  aiCapitoli  cattedrali  delle  due  leggi 
7  Lugliol866  e  15  Agosto  1867;  lettera  al  cl^arissimo  sig.  Michefe  Quercia, 
avvocato  in  Irani.  Bari,  tipografiadi  G.  Giosi  e  C.  1868.  Un  opusc.  in  8.° 
dipag.  58. 

Solto  la  presente  tirannide  religiosa  del  Regno  dissertazione,  dopo  distinti  i  capiloli  che  non  han- 

d'Halia,  due  questioni  possono  agitarsi  rispetto  ai  no  la  pienezza  della  cura,  da  quelli  che  la  pos- 

Capitoli  Cattedrali:  1'una  risguarda  i  loro  beni,  seggono  per  organamento  speciale  della  loro  chie- 

1'allra  la  loro  personality  civile  e  canonica.  Trat-  sa,  conclude  non  essere  soggetti  a  conversions  i 

lasi  di  vedere  1°  se  i  beni  di  colesti  capitoli  Ta-  beni  dei  primi,  e  maggiormente  de'secondi;  ed 

dano  convertiti  per  1'articolo  11  della  legge  7  a  quesli  ultimi  non  essere  applicabile  1' articolo 

Luglio  MGB,  come  pretende  il  demanio;  od  in-  6  prescriyente  la  ridnzione  de'  canonical!.  Retti- 

camerati  per  la  legge  15  Agoslo  1867  come  pen-  Udine  di  principii,   perizia  niente  ordinaria  del 

sano  altri:  2°  se  per  tutti  indistintamente  tenga  gins  ciyile  e  canonico,  e  logica  piena  di  saga- 

1'articolo  6  della  seconda  legge,  relative  alia  ri-  cita  adornano  questo  bel  lavoro  che  ouora  gran- 

duzione  dei  canonical!.  L'Autore  di  questa  robusta  demente  il  sig.  canonico  d'Aloia. 

DANA  JAMES  —  Trattato  elementare  di  mineralogia.  Quinta  edizione,  aila  quale 
e  aggiunto  un  trattato  sulle  roccie  o  aggregati  minerali  con  incisioni  e  ta- 
vole  litografiche,  di  James  Dana  degli  Stati  Uniti.  Prima  traduzione  ita liana 
di  AlbertinaSaffi:  Torino,  tipografia  scolastica  di  A.  Vecco  e  C.  1868.  Un 
wl.  m!6.°  dipag.  196. 


BIBLIOGRAFIA    ^  347 

DE  CHIARA  MICHELE  —  II  primato  della  Fede  sulla  filosofia  razionale  moderna, 
per  Michele  De  Chiara.  Napoli  1868,  tipografia  di  Pasquale  Mea,  vico 
S.  Marcellino  5.  Un  opusc.  in  16.°  piccolo  dipag.  XI-204. 

Solto  questo  titolo,  I'Aulore  ha  raccolla  la  di-  e  sacro  discipline,  e  non  ha  mai  curvata  la  fronle 

chiaraz'one  da  se  fatta  di  diciotlo  tra  le  Propo-  all'idolo  della  civilla  moderna;  cos\  nell'iliustrare 

sizioni  del  Sillabo  di  alcuni  error!  moderni,  edito  le  condannazioni  del  Ponteflce  fa  uso  di  una  fran- 

per  online  del  S.  P.  Pio  IX.  aiccome  il  signor  chezza  di  stile  e  di  una  forza  di  linguaggio,  che 

De  Chiara  e  uomo  bene  istrutto  nelle  fnosollche  mostrano  la  sua  fede  ed  il  suo  cuor  generoso. 

DE  MARTINIS  R.  —  Del  silenzio  della  legge  sul  matrimonio  del  Pretl  e  delleper- 
sone  religiose,  per  Raffaele  de  Martinis  P.  D.  M.  Napoli,  stabilimento  tipo* 
grafico,  strada  Cavallerizza  a  Chiaia  47, 1866.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  38. 

In  quesla  savia  ed  erudita  lettera  ad  un  ma-  dev'essere  praticamente  inlerprelato  il  silenzio 
gistrato,  il  ch.  p.  de  Martinis  suggerisce  e  spiega  della  presenle  legge  rivoluzionaria  sul  matrimonio 
le  norme  teologiche  e  giuridiche,  secondo  le  quali  de'  preti  e  de'  religiosi  apostati. 

-  V.  Clair. 

DIAMARE  GIOVANNI  19.  —11  ritoruo  a  Maria,  ovvero  due  nuovi  amici  Aroldo  ed 
Edoardo,  per  Giovanni  M.  Diamare,  sacerdote  napolitano.  Napoli,  France- 
sco Giannini,  Belvedere  a  S.  Chiara  3  a  8,  1868.  Un  opusc.  in  16.°  di 
pag.  27. 

Queste  Ottave   gia  videro  la  luce  nell'  ottimo  vida  preghiera  di  S.  Bernardo  alia  gran  Donna 

periodico  Fieri  cattolici,  che  si  stampa  in  Napoli.  del  cielo  nel  XXXIII  del  Paradiso  di  Dante.  Non 

Mente  delPAutore  e  stata,  com'  egli  dice,  di  svol-  puo  negarsi  al  Diamare  una  certa  grazia  e  no- 

gere,  per  modo  pratico  e  per  via  di  un  fatta  spe-  bilta  di  verso,  e  una  cotale  temperanza  di  im- 

ciale,  que'sublimi  e  teneri  pensieri,  onde  tutta  magini  e  di  stile,  che  appagano  il  cuoro  e  lo 

si  compone  e  viva  e  nobilissima  risulta  la  fer-  commovono  a  dole!  alTctti. 

DIZIONARIO  della  lingua  italiana,  novamente  compilato  dai  signori  Mcolo  Tom* 
maseo  e  cav.  professpre  Bernardo  Bellini,  con  oltre  100,000  giunte  ai  prece-* 
denti  dizionarii,  raccolte  da  Nicolo  Tommaseo,  Gius.  Campi,  Gius.  Meini, 
Pietro  Fanfani,  e  da  moltialtri  distinti  filologi  e  scienziati;  corredato  di  un 
discorso  preliminare  dello  stesso  Nicolo  Tommaseo.  Torino,  dalla  Societa 
Funione  tipografico-editrice,  via  Carlo  Alberto  n.  33,  casa  Pomba  1868. 
DispensaSZ.  83.  84.  In  4.°  da  pag.  1353  a  pag.  1472. 

Con  1' ultima  di  queste  dispense,  il  presente  dizionario  giunge  alia  pag.  1472  del  vol.  II,  ed 
alia  parola  incruditissimo. 

ECO  (L')  DELLA  FEDE  pubblicazione  settimanale  pelle  famiglie  cattoliche.  An- 
no I  ecc.  Firenze,  tipografia  toscana,  via,  delle  belle  donne  n.  9,  1868. 

H  moltiplicarei  dei  giornali  religiosi  in  Italia  il  maggior  e  miglior  poslo  e  tenuto  dalla  spie- 

e  fatto  inriubitato  e  consolantissimo:  indubitato,  gazione  del  Vangelo  d'ogni  domenica,  e  dal  ca- 

priacche  non  passa  quasi  mese  che  non  no  ve-  techismo  dichiarato  popolarnjenle.  Segue  poi  una 

diamo  sorgere  uoo  nuovo  in  qaalche  cilia:  con-  cronaca  religiosa,  che  si  legge  senipre  con  sodi- 

solantissimo,~  giacche  prova  quanto  forte  sia  la  sfazione  della  pieta.  Oltre  cio,  I'Eco  contiene  ar- 

resistenza  che  nella  fede  della  nazione  incontrano  ticoli  polemic!,  moral!  e  di  educazione.,  racconti 

que'  barbari,  che  tentano  strapparle  dal  cuore  per-  ediQcanli,  rassegne  bibliograflche,  ed  inline  una 

sino  la  religiono  degli  avi  suoi.  Abbiamo  quindi  breve  cronaca  politic*.  II  prezzo  di  associazione 

a  rallegrarci  col  benemerito  sig.  Direttore  del-  per  le  province  italiane  e  di   lire  10  all'  anno, 

VEco  della  Fede,  per  la  buona  e  santa  opera  che  per  Roma  di  lire  12  presso  il  sig.  Filippo  Ranzi 

egli  fa  pubblicando  questo  suo  periodico.  In  es?o  nell'ufflcio  della  posta  pontiflcia. 

EMMANUELI  ANTONIO  —  II  tempio  dei  SS.  Prolaso  e  Francesco  in  Piacenza,  il- 
lustrato  per  Antonio  Emmanuel!,  odierno  suo  parroco.  Piacenza,  tipogra- 
fia fratelli  Bertola,  Settembre  1868.  Un  opusc.  tft  8.°  di  j)a^.XVl-93. 

II  rev.  sig.  d.  Antonio  Emmanuel!,  per  molte    slo  libro,  essendo  coslrello  di  smetlere  1'uffizio 
e  gravi  ragioni  che  espone  nel  proemio  di  que*    sue  d!  parroco,  ha  lasciata  in  ricordo  a' suo!  di- 


348  .     BIBLIOGIUFIA 

letti  parrocchian  la  preseBledescrizione  della  chie-    una  diligenza  c  con  ana  minnlezza,  che  o  nulls 
sa  del  SS.  Prolaso  e  Francesco,  da  lui  compila  con    o  ben  poco  lasciano  a  desiderate. 

FABUNI  ENRICO  —  Notizie  di  Simon  Mago,  tratte  dai  cosi  detti  filosofumeni,  di 
Enrico  Fabiani  canonico.  Roma,  tip.  di  Propaganda  fide,e  Torino  tip.  di 
Pictro  Marietti  1868.  Un  vol.  in  8.'  pice,  di  pag.  296. 

In  divers!  tempi,  e   cliremo  anche  per  diversi  delte  dall'  alemanno  Dresscl  nella  sua  e.li/ione 

fini,e  stato  composto  qucsto  volume.  Percio  1'Au-  de'carmi  di  Aurelio  Prudenzio,  e  stabilisce  il  fat-to 

tore  assai  modestamente,  flno  dall'esordio,  rico-  di  questa  venuta  con  una  ricchezza  di  argomenti 

nosce  i  difetti  iuerenti  ad  una  tale  diverstta,  mas-  e  di  testimonialize  die  alterrano  ogni  obiezione, 

sime  se  si  abbia  riguardo  al  lema  particolare  del  La  terza  espone  la  doltrina  teologioa  e  lilosotiea 

suo  volume.  Nulla  ostante  pero  le  impertezioni  di  Simon  Mago,  ed  e  per  1'importanza  e  per  la 

suddette,  il  libro  e  buono  e  cerlo  non  mancante  novila  piu  piegevole  ancora  delle  due  aulece- 

di  opporlunila.  Tre  sono   le  dissertazioni  in  cui  denti.  I  dotti  e  gli  eruditi  leggeranno  sicura- 

e  diviso.  La  prima  da  nolizie  di  Simon  Mago,  menlo  queste  pagine  con  gusto  niente  inferiore 

attinle  dai  Filosofumeni,  e  ragiona  della  venuta  a  quello,  con  cui  le  intesero  i  romani  accademici 

di  S.  Pietro  in  Roma,  de'suoi  contrast!  con  Si-  della  Immacolata  Concezione  di  Maria,  nelle  tor- 

mon  Mago,  delle  costui  geste  e  perfl'iie.  La  se-  nate  de'quali  il  chiaro  sig.  canonico  Fabiani  quasi 

conda  tralta  novamente  della  venuta  di  S.  Pietro  per  intero  vennele  recitando. 
in  Roma,attestata  dai  Filosofumeni,  esamina  cose 

F.  C.  C.  —  La  missione  di  nuova  Norcia  nell1  Australia,  per  F.  C.  C.  Variety. 

Napoli,  direzione  delle  letture  cattoliche  strada  san  Giovanni  Maggiore 

'  Pignatelli,  34;  1  e  15  Agosto  1868.  Un  opusc.  in  16.°  piccolo  dipag.  64. 

FIGLIA  (LA)  DI  MARIA  —Sulla  tomba  di  S.  Agnese  V.  e  M.  Periodico  dell'Unio- 
ne  Primaria  delle  Figlie  di  Maria  Immacolata  per  le  giovinette,  che  si  pub- 
blica  il  primo  e  terzo  mercoldi  d'  ogni  mese  con  la  speciale  Benedizione  di 
N.  S.  Pio  Papa  IX.  Roma,  tipografia  della  S.  C.de  Propaganda  Fide  am- 
ministrata  dai  socio  cav.  Pietro  Marieiti. 

Non  vi  e  oggimai  luogo  di  momento  nella  no-  porlanza  che  egli  ha,  e  quanlo  merit!  di  correrc 

stra  Penisola,  ove  non  sia  fondata  la  saluberrima  per  le  man!  delle  donzelle,  e  di  ricevere  buona 

istituzione  delle  F  if)  Ha  di  Maria,  dalla  Provvi-  accoglienza  in  seno  alle  famiglie  cristiane.  Esso  e 

denza  ispirata  per  la  conservazione  della  fede,  islruttivo,  e  dilellevole,  e  riunisce  tulle  le  parti 

della  piela  e  del  buon  costume  nella  gioventu  acconce  a  farsi  gustare  da  giovanellc.  Lc  assu- 

femminile.  L'annunziato  periodico  e  stabilito  ap-  ciazioni  si  prendono  in  Roma  presso  il  Marieiti 

punto  per  servire  alia  propagazione  ed  agl'incre-  al  prezzo  di  annue  1.  4,  00.  Nelle  primarie  cilia 

menti  di  un  tale  islilulo.  Da  cio  si  vede  la  im-  d'  It  ilia  al  pr.  di  I.  5,  00,  presso  i  libra!  religiosi. 

FOGLIANO  CARLO  ANTONIO  —  La  Madre  di  Dio  venerata  in  Oropa,  del  sacerdo- 
te  Carlo  Antonio  Fogliano,  collegiale  nel  Santuario.  Biella,  tipografia  c 
litografia  G.  Amosso  1867.  Un  vol.  in  24.°  di  pag  241. 

Scopo  di  quesla  operetta  non  e  d'illuslrare  sto-  visilano  il  Santuario.  E  cerlamenle  non  vediamo 

ricamente  od  artislicamente  il  celebre  Santuario  che  cosa  resli  da  desiderare  per  pascolo  della  sus 

di  N.  S.  d'Oropa,  il  che  si  e  fallo  in  allri  libri,  divozione  al  pellegrino,  il  quale  visitt  N.  S.  d'Oro- 

iua  di  porgere  una  sufBciente  istruzione  e  di  sug-  pa  con  questa  opericciuola  nelle  mani. 
gerire  pie  e  fruituose  pratiche  a  quei  molti  che 

GHISELLI  SALVATORE  —  Sermoni  due,  recitati  agli  ecclesiastici.  Lucca,  tipo- 
grafia Landi  1867.  Un  opusc.  in  3£.°  di  pag.  31. 

Buoni  documenii  e  vigorosi  stimoli  di  sacerdo-    e  desiderabile  che  si  aggirino  unicamente  per  k 
tali  virtu  contengono  questi  due  sermoni,  i  quali    mani  dei  sacerdoti,  e  non  di  altri. 

GIORGI  CALLISTO  —  La  Nativita  di  Maria  Santissima.  Discorso  di  monsignor 
Callisto  Giorgi.  Roma,  tipografia  di  Filippo  Cairo  1868.  Un  opusc.  in  8.' 
dipag.  18. 

Quando  la  rivoluzione  francese  tiranneggiava    religiose  famiglie,  una  sposa  di  Cristo,  florenlc 
IMtalia  e  bandiva  eziandio  in  Roma  dai  chiostri  le    di  molle  virtu,  si  ricovero  sotto  il  tetto  paren- 


BIBLIOGRAFIA 


319 


II  ch.  Monsignor  Giorgi,  nella  fesla  di  quest'an- 
no,  ha  recitato  il  panegirico  che  qui  annunziamo, 
eloquente  al  solilo,  ma  pregevole  sopra  tutto  per 
1'abilila  con  cui  ha  sapulo  proporzionarlo  alia 
condizione  de'suoi  ascollatori.  Con  felice  pen- 
siero  poi,  slampandolo,  ha  voluto  dedicarlo  al 
giovane  Monsignor  d.  Gianibattista  del  marches! 
Casali  del  Drago,  cameriere  sccreto  di  Sua  San- 
liti  e  degno  rampollo  della  nobile  stirpe,  nella 
oui  casa  si  venera  la  predetta  santa  Immagine. 


laic  dei  marches!  Casali.  Quivi  morendo  lascio 
uua  bella  e  devolissima  immagine  di  Maria  SSfua, 
a  cui  pose  tenera  divozione  la  piissima  mar- 
chesa  donna  Faustina  Casali,  ricevendone  in  ri- 
cambio  sesrnalatissime  grazie  per  se,  per  la  fa- 
miglia  e  pei  divoti.  Sino  da  quel  tempo  ncll'ora- 
torio  domestico  si  onora  ogni  giorno  la  S.  Im- 
magine, e  nel  di  sacro  allaNativita  della  Vergine, 
si  festeggia  con  pompa  solenne,  accorrendovi, 
massime  nella  sera,  mm  parte  cospicua  dei  pa- 
triziato,  con  Cardinal!  e  Prelati  onorevolissimi. 

GOURDAN  SIMONE  —  L'Adoratore  perpetuo  del  Santissimo  Sacramento,  prov- 
veduto  di  svariate  affettuosissime  pregbiere  per  la  visita  quotidiana  per 
T  assistenza  alia  S.  Messa,  in  appareccbio  e  ringraziamento  alia  SS.  Comu- 
nione,  non  cbe  per  offerire  a  Gesu  Gristo  Sacramentato  un  sacrifizio  conti- 
nue di  amore  e  di  fede  in  ogni  tempo  dell' anno,  con  una  agglunta  tutta 
speciale  pei  sacerdoti,  opera  del  P.  Simone  Gourdan,  canonico  regolare 
della  r.  abbazia  di  S.  Vittore;  traduzione  italiana  a  miglior  forma  ridotta, 
dal  sac.  milanese  Giuseppe  Riva,  penitenziere  nella  metropolitans  di  Mila- 
no.  Milano,  presso  Serafino  Maiocchi  libraio  editor 6,  via  del  Bocchetto 
n.  3, 1868.  Un  vol.  in  16.°  di  pag.  XII-451. 

GRIFONI G.  B.  —  Nuovo  serto  di  laudi  a  Maria  Santissima  di  G.  B.  Grifoni.  Mi- 
lano,  Gio.  Canti. 

—  Opere  per  canto  con  accompagnamento  d'organo  o  pianoforte,  diX*.  B.  Gri- 
foni, pievano  di  S.  Martino  a  Scopeto.  Serie  n.  4.  Dispensa  n.  12.  Mllano, 
Gio.  Canti,  da  pag.  37  a  pag.  47. 

GROU  GIOVANNI  —  Manuale  delle  anime  interne,  del  p.  Giovanni  Grou  della 
Compagnia  di  Gesii.  Nuova  traduzione  italiana.  Milano,  presso  Serafino 
Maiocchi  llbraio-editore  via  del  Bocchetto,  w.  3,  1867.  Un  vol.  in  32.° 
di  pag.  476. 

10D1CE  ALFONSO  —  La  Fisica  sperimentale,  esposta  da  Alfonso  lodice.  Napoli, 
stamperia  del  Fibreno ,  via  Pignatelli  a  san  Giov.  maggiore  1868.  Un 
opusc.  in  16.°  di  pag.  14. 

la  piena  coguizione  delle  piu  sode  e  plausibili 
spiegazioni,  che,  secomio  i  varii  sistemi  ed  ipo- 
tesi,  i  sapient!  hanno  stabilite  per  rintelligenza 
delle  cose  natural!.  Del  resto  quesl'opuscolo,  che 
conticne  il  sommario  delle  materie  esposte  dal 
giovane  alunno,  prova  quanta  sia  Pampiezza  del- 
1'insegnamento  delle  cose  flsiche  nel  seminario  di 
Napoli,  e  risponde  a  coloro  che  giudicano  inetto 
il  clero  secolare  e  regolare  ad  istiluire  i  gioyani 
nelle  scienze  natural!.  Ov'  e  in  tutto  il  Regno 
d'  Italia  un  liceo,  che  abbia  preparato  un  solo 
giovane  a  dare  1'esperimeuto  che  ha  claio  il  \a- 
loroso  cherico  Alfonso  lodice ,  in  presenza  de'  pin 
dolt!  professor!  laic!  dell' University  napolitana? 
Meritamente  adunque  quell'eminentissimo  Cardi- 
nale  Arcivescovo  fregio  in  pubblico  di  una  gran- 


Le  cose  crescono  di  pregio  e  valore,  quando 
gli  ostacoli  le  rendono  piu  malagevoli.  II  pro- 
gresso  negli  studii  non  e  1'efTetto  solo  del  buon 
TOlere  dei  maestri  e  dei  discepoli.  Sono  anche 
necessarii  molt!  mezzi.  Di  quest!  e  stato  spogliato 
il  clero  napoletano,  per  1'appropriazione  che  il 
Governo  italiano  si  e  falta  delle  rendite,  che  erano 
il  nerbo  de'  due  seminarii  arcivescovili  della  citta 
di  Napoli. 

Contuttocio  le  insUncabili  cure  dell'Eminentissi- 
mo  Arcivescovo  Sisto  Riario  Sforza,  non  ostante  la 
spogliazione  delle  rendite,  tiene  in  vigore  un  se- 
minario assai  florenle.  NelPanno  scorso  ci  fu  dato 
un  dotto  saggio  di  lingue  oriental!,  ed  in  que- 
sto  nel  dl  27  di  Agosto  fa  dato  un  magniflco 
esperimento  di  Fisica  e  di  Astronomia  dall'alunno 
Alfonso  lodice,  preparato  dal  Rdo.  professore  don 
Giuseppe  Molinari.  II  giovane  si  e  segnalato  per 


de  medaglia  lo  sludioso  giovane,  tra  i  plans!  cor- 
dialissimi  del  folio  uditorio. 


350 


BIBLIOGRAFIA 


KLITSCHE  DE  LA  GRANGE  ANTONIETTA  —  La  Vittoria:  episodic  della  guerra  del 
trent'anni,  di  AntoniettaKlitsche  de  la  Grange.  Bologna,  tip.  Mareggiani, 
via  Malcontenti  n.  1797, 1863.  Un  wl.  in  16.°  di  pag.  274. 

Moltissimi  che  visitarono  in  Roma  il  lempio 
dedicate  a  Nostra  Signora  della  Vittoria,  saranno 
lieti  di  risaperne  ia  storia.  Un  illustre  e  venera- 
bile  vegliardo,  Generale  dell'Ordine  carmelitano, 
p.  Doraenico  di  Gesu  Maria,  era  stato  spedito  dal 
Sommo  Pontefice  in  Gennania,  a  richiesla  di  Jlas- 
similiano  duca  di  Baviera,  guerreggiante  allora 
contro  i  nemici  della  religione  e  delio  Stato.  Cio 
fu  circa  1'anno  1620.  II  santo  religioso  trovo  tra 
Je  rovine  accumulate  dai  protestanti  una  imma- 
gine  della  B.  V.,  la  pose  in  venerazione  presso 
1'esercilo,  e  con  essa  lo  animo  alle  vittorie,  e  in- 
line riportolla  in  Roma,  gia  gloriosa  di  molti  e 

LONGO  AGATINO  —  Delle  accensioni  volcaniche  e  della  ipotesi  del  calore  cen- 
trale  della  terra.  Memoria  letta  all'  accademia  Gioeniana  nella  tornata  del 
di  8  Maggio  1862,  del  professore  cav.  Agatiuo  Longo,  secondo  diretto- 
re  dell'  accademia  Gioeniana  di  scienze  natural! ;  ecc.  ecc.  Catania,  ti- 
pografia  di  Crescenzio  Galatola,  strada  quattro  cantoni  n.  37, 1862.  Un 
opusc.  in  8.°  grande  di  pag.  47. 

-  Due  memorie  di  geologia  e  di  vulcanologia,  del  cav.  Agatino  Longo.  Ca- 
tania, stabilimento  tipografico  di  Crescenzio  Galatola  net  R.  Ospizio  di 
Beneficenza  1868.  Un  opusc.  in  8.°  grande  dipag.  57  —  I  litoli  delle  me- 
morie sono:  1."  Nuove  vedute  sulle  formazioni  del  globo.  2.'  Dell' eta  del- 
1'Etna,  ossia  del  primo  esordio  dei  vulcani  estinti. 


chiari  portenti.  Or  questo  avvenimenlo  viene  nel 
racconto  intrecciato  collepubbliche  vicende  della 
Germania  in  quel  secolo,  e  con  avventure  pri- 
vate, dilettose  a  leggere  e  di  eccellente  morale. 
Gia  e  noto  il  valore  della  ch.  Autrice:  pero  qui 
nou  osserviamo  altro,  se  non  che  le  qualitk  pro- 
prie  del  suo  stile,  che  sono  chiarezza  e  fluidity, 
in  questo  nuovo  libro,  spiccano  forse  piu  che  nei 
precedent!.  Veggasi,  tra  le  al'.re,  la  vaghissima 
descrizione  della  baltaglia  in  cui  la  immagine  di 
Maria  ebbe  il  nome  di  N.  S.  della  Vittoria:  e  di 
simili  ce  n'ha  molte. 


II  ch.  prof.  Longo  e  nemico  giurato  delle  ipo- 
tesi fantastiche,  e  trova  che  gli  scriltori  di  geo- 
logia  fanno  troppo  a  fidanza  col  buon  senso  dei 
loro  lettori,  espesso  soverchio  assegnamento  sulla 
credulita  dei  dotti:  percio  inena  la  mazza  a  tondo. 
Gi  e  impossibile  chiamare  a  rassegna  e  molto 
meno  ad  esame  tutte  le  sue  opinion!  sia  positi- 
ve di  sue  dottrine,  sia  negative  delle  allrui.  Ci- 
tiamone  alcune  degne  di  registrars!  a  Banco  di 
moltissime,  poste  in  voga  da  altri  geologi :  Non 
si  conosce  uulla  delta  struttura  interna  del  no- 
stro  pianeta;  il  nocciolo  incandescente  che  molti 
vi  collocanonel  centre,  e  una  supposizione  al  tutto 
graluita;la  formazione  de'monti  primitivi,per  via 
di  sollevamenti  e  avvallamenti  vulcanic!,  non  si 
prova  colle  osservazioni  fin  qui  raccolte;  le  eru- 

LUGO  AMBROGIO  —  Lettere  descrittive  di  Ambrogio  Lugo.  Bassano,  tipotito- 
grafia  di  A.  Roberti,  1868.  Un  opusc.  in  8.'  di  pag.  41. 


zioni  vulcaniche  possono  aver  luogo  per  via  di 
materie  mineral!  condensate  e  sepolle  a  poca  pro- 
fondita  dalla  superflcie  terrestre;  questa  confla- 
grazione  (!'  A.  Ja  chiama  fermentazione  lapidea) 
viene  determinata  dal  contalto  stesso  de'corpi  e 
da  altre  cause  proprie  a  cio,  e  genera  la  eruzio- 
ne  delle  lave.  Sulle  formazioni  del  Globo  tenta 
una  nuova  classiflcazione  generate  delle  rocce  e 
de'  period!  corrispondenti  alia  loro  genesi ;  e  di 
qnesti  riconosce  la  successione,  ignora  la  durata. 
Delia  prima  eruzione  dell' Etna  1'epoca  non  puo 
fermarsi  in  alcuno  de'  quattro  period!  di  forma- 
zione che  esso  stabilises,  perche  fenomeno  acci- 
dentale  e  possibile  in  ciascuno,  eccelto  che  Del 
primitivo. 


gno  e  di  Crespano,  dell'  immortale  Canova  e  della 
superstite  sua  famiglia. 


Quattro  sono  queste  lettere,  ma  dileltosissime 
a  leggere,  si  per  1'amenila  e  vivezza  dello  stile, 
come  per  le  belle  cose  che  descrivono  di  Possa- 

MANUZZI  GIUSEPPE  —  Vocabolario  della  lingua  italiana,  gia  compilato  dagli 
accademici  della  Crusca,  ed  ora  novamente  corretto  ed  accresciuto  dal  ca- 
valiere  abate  Giuseppe  Manuzzi.  Firenze,  stamperia  del  vocabolario  e  dei 


BIBLTOGRAFIA  3ol 

testi  di  lingua  1868,,  seconda  edizione,  riveduta  e  notabilmente  ampllata 
dal  compilatore:  Dispensa  79,  80. 

Con  queste  due  dispense,  che  giungono  alia  luce  la  Prefazione  da  lui  tenuta  in  ultimo,  qual 

pag.  972  del  quarto  volume,  1'illustre  abate  Ma-  suggello  di  tutte   le  sue  fatiche.  Uscita  quesla, 

nuzzi  ha  posto  termine  a  tutta  V  edizione  del  suo  potremo  dare  un  giudizio  pieno  del  presente  ma- 

Yocabolario;  ed  auehe  ai  copiosi  indici  o  tavole  gnifico  Vocabolario,  il  quale,  in  punto  di  lingua 

degli  autori  che  aveapromesso  di  pubblicare.  Re-  prettamente  classica,  rimarra  per  lungo  tempo  il 

sta  so!amente>  per  compier  1'opera,  che  metla  in  piu  bel  lavoro  che  abbia  1'Italia. 

MARCONE  GIROL4MO  —  La  causa  de"  trapassati;  discorsi  dieci,  pel  sacerdote 
Girolamo  Mar  cone,  ret  tore  de' catecumeni  in  Roma.  Seconda  edizione,  cor- 
retta  ed  accresciuta.  Genova,  direzione  delle  Letture  Cattoliche  1868.  Un 
opusc.  in  16.°  di  pag.  133. 

MAR1GLIANO  ALFONSO  —  Tesi  di  storia  sviluppate  per  Alfonso  Marigliano,  se- 
condo  rultimo  programma  per  gli  esami  di  licenza  liceale.  Napoli  1868, 
presso  I  principali  librai.  Un  vol.  in  16.°  di  pag,  236. 

MARIGLIANO  ANT.  M.  —  Vedi  Marshall  T.  W.  M. 

MASSUCCO  CLAUDIO  ANT.  —  Meditazioni  cristiane  per  tutti  i  giorni  delFanno, 
utili  ad  ogni  genere  di  persone,  e  specialmente  ai  giovani  alunni  dei  semina- 
rii  e  ad  ogni  altro  istituto  cattolico.  Opera  del  sac.  Claudio  Ant.  Massucco, 
prete  della  Missione;  data  in  luce  per  cura  della  Congregazione  ecclesia- 
stica  di  S.  Yincenzo  de1  Paoli  di  Firenze.  Yolume  I  e  II.  Prato,  tipografia 
di  Ranieri  Guasti  1868.  Due  vol.  in  16."  di  pag.  VIII-446,  IY-377. 

Assai  piu  di  quanlo  polessimo  dir  noi  in  com-  tazioni,  ollre  la  sana  dottrina,  attinta  sempre  ai 

mendazioue  di  questo  bel  paio  di  volumetti,  vale  pus  issimi  fonti  della  Scrittura  Santa  e  dei  Padri, 

1'approvazione  dell'iliustre  monsignor  Enrico  Bin-  havvi  lucida,  succosa  e  non  punlo  arida  brevita, 

di,  Vescovo  di  Pistoia  e  Prato,  aulorevolmente  con  riflessioni  spontanee  e  slringenti,  che  rispon- 

data  con  queste  parole.  «  Mi  sono  rallegrato  di  dono  egregiamente  al  fine  proposto.  Quindi  spero 

trovare  in  esse  (meditaziom)  tal  hbro,  qual  credo  che  questa  opera  tornera  molto  ulile,  e  che  ogni 

ogni  buon  Rellore  desiderasse;  perche  non  so  che  Seminario  la  ricevera  con  riconoscenza. »  Si  vende 

re  ne  fosse  uno,  il  quale  cosl  bene  sopperisse  a  al  prezzo  di  lire  it,  6,  00  franca, 
qnesto  speeiale  bisoguo.  laverOj  in  queste  medi- 

MATTEIN1  MARIANO  —  Introduzioiie  alia  lingua  latina,  ossia  breve  esposizione 
delle  otto  parti  del  discorso;  compilata  da  don  Mariano  Mattemi  riminese. 
Terza  edizione,  corretta  ed  accresciuta  dalFautore.  Rimini,  tipografia 
Malvolti  1868.  Un  opusc.  in  16.°  dipag.  80. 

Si  Tende  al  prezzo  di  centesimi  75,  franco  di  posta  per  tutto  il  Regno  d'ltalia. 

MAURIZI  LUIG1  —  Per  la  inaugurazione  della  nuova  cattedra  di  Diritto  com- 
merciale  nella  romana  Universita;  ragionamento  delVavv.  professore  Luigi 
Maurizi,  sotto  il  di  1  Aprile  1868.  Roma,  fratelli  Pallotta  tipografi, piaz- 
za Colonna.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  44. 

Vorremmo  ch«   questa  nobile  prolusione  del  quanta  sia  la  solidilk  dei  principii  e  1'ampiezza 

chiaro  sig.  professure  Maurizi,  fosse  lelta  e  con-  delle  idee  che  qui  si  hanno,   e  al  tempo  stesso 

siderala  da  quei   perpelui  detrattori  delle  cose  come  avvantaggiati  sieno  i  regolamenii  pontiflcii, 

romane,  i  qoali  in  Roma  non  sognano  altro  che  ordmati  non  gii  secoado  i  caprieci  di  uno  spi- 

ignoranza  e  barbarie.  Anche  pel  semplice  rispetto  rito  sempre  innovatore,  ma  secondo  i  savii  dettati 

del  gius  mercatorio,  queslo  discoreo  puo  pnmre  della  ragione  e  dell'esperienza. 

MONTI  B.  RAFFAELE  M.  —  Sui  diritti  e  doveri  delle  persone  che  scelgono  lo 
stato  coniugale.  Morale  trattenimento  del  P  D.  Raffaele  M.  Mouti  B.  Na~ 
poll  1868,  presso  Domenico  Morano,  strada  Quercia  n.  14.  Un  opusc.  in 
32."  dipag.  32. 


352  BIBLIOGRAFIA 

MORGANTIN  VINCENZO  —  Augusta,  owero  la  Vittoria  della  Fede;  racconto  del 
secolo  V;  per  Morgantin  ab.  Yinceuzo.  Modena,  tip.  Imm.  Concezione 
editrice  1868.  Un  opusc.  in  16.°  piccolo  di  pag.  229. 

Questo  religioso  e  moralissimo  racconto  forma    e  tanto  benemerita  della  piela  e  della  virtu  cat- 
la  dispensa  64  di  tulta  la  Collezione  di  letlure    tolioa  in  Italia. 
amene  ed  oneste  che  si  pubblica  in  Modena,  ed 

MUSSA  LUIGI  —  Vedi  Faber  Federico  Guglielmo. 

NASELLI  GIOVANNI  BATTISTA  —  Rapporti  dell1  Arcivescovo  di  Palermo,  al  Mi- 

nistro  di  grazia  e  giustizia  e  dei  culti.  Palermo,  tipografia  del  giornale  rli 

Sicilia  1868.  Un  opusc.  in  4."  di  pag.  12. 

Sono  due  ragionatissime  leltere  deirillustre  Pre-    verno,  i  dirilti  della  mensa  arcivescovile  di  Pa- 
lato,  per  tutelare,  contro  le  spogliazioni  del  Go-    lermo. 

NERRIERE  —  Voltaire  et  sa  statue;  poeme  en  cinq  chants,  dedie  aux  enfants 
du  peuple;par  le  R.  P.Nerriere,  missionnaire  da  la  Compaguie  de  Marie. 
A  saint- Laurent-sur-Sevre  chez  I'auteur.  Nantes  1868,  Libaros,  libraire 
rue  de  Tournon,  18.  Un  opusc.  in  8."  grande  di  pag.  52. 

NUZZETTI  GENEROSO  —  Dissertazioni  apologetiche  sull1  opuscolo  intitolato  il 
ri  tratto  di  Maria  in  Cielo,  per  Generoso  Nuzzetti  (Dair  Apologista  Catloli- 
co  di  Napoli).  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  45. 

L'  opuscolo  prolestante  Rilrallo  di  Maria  in  lazione  puo  somministrare  buoni  argomenti  di  ri- 

'•lelo,  che  il  Nuzzetli  strenuamente  confuta,  altro  sposta  alle  ereticali  obbiezioni,  che  ora  si  fanno 

non  e  che  un  ammasso  d'ingiurie  al  decoro  so-  correre  tra  il  popolo,  contro  la  dignita,  il  culto 

vrumano  ed  »i  privilegi  ineffabili  della  Vergine  e  le  prerogative  di  Maria  SSma. 
Madre  di  Dio.  La  lettura  di  questa  nobile  confu- 

OLMI  GASPERO  —  Lascuola  di  Santa  Geltrude,  per  G/Olmi.  Modem,  tip.  del- 
Imm.  ConcQzione  editrice,  1868.  Un  volumetto  in  32.°  dipag.  256. 

Vago  e  grazioso  libriccino  e  questo,  che  puo  coU'uuzione,  ed  allresi  con  una  cotale  gaiezza  che 

defmirsi  una  tiorita  dei  detti  e  dei  fatti  piu  belli,  tratto  tratto  railegra.  Le  donzelle  cristianamente 

che  si  leggano  nella  vita  della  santa  vergine  Gel-  educate  vi  troveranno  un  pascolo  gustoso  di  pieta, 

trude.  La  semplicila  dello  stile  vi  e  congiunta  ed  una  ricca  miniera  di  celesti  insegnamenti. 

-  Manuale  delle  madri  cristiane,  sotto  il  titolo  di  Amanti  di  Maria,  di  G.  01- 
mi.  Modena,  tip.  dell'  Imm.  Concezione  editrice  1868.  Un  opusc.  in  32.° 
gr.  dipag.  168. 

La  pia  Unione  delle  M.idri  cristiane  ha  gia  poste  niente  minore  il  bisogno  di  buone  e  cristiane  ma- 

salde  e  larghe  radici  in  molti  paesi  di  Francia,  di-i  di  famiglia,  di  quello  che  sia  altrove.  In  esso 

con  vantaggio  notabilissimo  della  pace  e  delle  sono  raccolti   tulti   gli  indirizzamenti  e  tutte  le 

virtu  domestiche.  Questo  Manuale  ha  per  flne  di  pratiche  della  pia  Unione,  a  sodisfazione  di  chiun- 

propagare  la  conoscenza  e  la  dilalazione  di  que-  que  desideri  averne  compiuta  notizia. 
sla  societa  anche  nella  nostra  Italia,  ove  non  e 

PAGGI  LUIGI  —  Eloglo  funebre  di  Domenica  Angelini  da  Forlimpopoli,  che  il 
di  29  Magglo  \  868,  nell'occasione  del  trigesimo  celebrato  per  la  medesi- 
ma,  recitava  nella  chiesa  parrocchiale  di  S.  Pietro  di  detta  citta  il  ca- 
nonico  Luigi  Paggi  di  Gesena,  gia  professore  di  eloquenza,  ed  ora  di  teo-* 
logla  dogmatica  nel  patrio  seminario.  Cesenaj  tip.  G.  C,  Biasini.  Un 
opusc.  in  8.°  di  pag.  23. 

PALLOTTINI  SALYATORE  —  Collectio  omnium  conclusionum  et  resolutionu  m 
quae  in  causis  propositis  apad  sacram  congregationem  Gardinalium  S.  Gon- 
cilii  Tridentini  interpretam  prodierunt  ab  eius  institutione  anno  MDLXIV 
ad  annum  MDCGCLX  distinctis  titulis  alphabetico  ordine  per  materias  di- 


BIBLIOGRAFIA  353 

gesta:  cura  et  studio  Salvatoris  Pallottini,  S.  Tlieologiae  doctoris  et  in  ro~ 
mana  Curia  advocati.  Romae  MDCCCLVIII,  typis  S.  Congregation'^  de 
Propag.  Fide,  socio  eq.  Petro  Marietti  administro.  Taurini,  apud  Pe- 
trum  H.  F.  Marietti,  typographnm  pontificium-  Un  fasc.  in  8.°  grande 
dapag.  489  apag.  552. 

POPOLANO  (1L)  Unico  periodico  della  provincia  di  Grosseto.  Tip.  di  Arcidosso 
Maggi-Gorgoni. 

A  pag.  98  del  presents  volume,  abbiamo  an-  ticoli  di  allri  numeri,  o  precedenti  o  successivi, 

uunziato  queslo  perio  lico,  siccome  buono  e  cat-  moslrando  che  lo  spirilo  suo  e  tutt'altro  che  buo- 

tolico  di  spirito  e  di  principle.  E  di  falto  la  lei-  no  e  caltolico  nel  vero  senso  di  questa  parola; 

tura  di  qualche  suo  laudabile  articolo,  inserito  in  ci  affrettiamo  a  fame  avvisaU  i  noslri  leltori  ai 

alcuni  dei  poehi  suoi  numeri  che  ci  furono  tras-  quali  cio  pud  importare,  affinche  si  guardino  da 

aiessi  e  raccomandati,  potrebbe  giusliflcare  que-  questo  e  da  altri  simili  camaleonli  del  giorna- 

sto  favorevol  giudizio.  Ma  pur  troppo  altri  arti-  lismo  moralepolitico  d'ltalia. 

POSTEL  V.  —II  buon  angelo  della  prima  comunione.  Libro  di  racconti,  cavati 
dalle  sacre  scritlure  e  dagli  scrittori  ecclesiastici  per  preparare  i  giovi- 
netti  al  gran  sacramento;  opera  del  sacerdote  V.  Postel,  missionario  apo- 
stolico,  canonico  onorario,  membro  di  piti  accademie  letterarie  e  scientific 
cue.  Prima  traduzione  italiana  del  sacerdote  Antonio  Baroncini,  acconsen- 
tita  ed  approvata  dair  autore;  coiraggiunta  di  un  serto  poetico  de'  princi- 
pal! scrittori  italiani,  specialmente  contemporaries,  in  lode  della  SS.  Euca- 
ristia.  Modena,  tip.  dell' Immacolata  Concezione  editrice.  Un  wL  in  16.° 
di  pag.  556. 

II  frontispizio  di  queslo  bel  volume  dice  ba-  tremmo  aggiungere  noi.  Avvertiremo  sollanto  che 

stantemente,  quale  sia  la  materia  che  comprende  questo  libro,  oltreche  acconcissimo  a  fornire  pio 

«  quale  il  fine  a  cui  mira.  Le  letlere  di  lode  am-  e  dilelloso  nulrimenlo  ai  giovanetli ,   e  altresi 

plissiina  scritte  all' Autore  daU'Eminenlissimo  Gar-  mo  I  to  idoneo  a  somministrare  lemi,  peusieri,  af- 

Jintile  Arcivescovo  di  Napoli,  da  mous.  Bailies  fetti  ed  esempii  ai  predicutori,  ai  calechisli  e  ad 

gia  Vescovo  di  Lucon  e  da  mons.  Lavigerie  Arci-  ogni  sorta  di  persone,  le  quali  vogliano  solida- 

vescovo  dt  Algeri,  lettere  che  sono  stampale  in  menle  instruire  anime  giovanili  nelle  pratiche  per 

capo  al  volume,  rendon  superflui  gli  elogi  che  po-  la  prima  comunione. 

PROF1LO  POMPEO  —  Trattato  elementare  d1  igiene  pabblica  e  privata,  pel  dot- 
tor  Pompeo  Profilo,  medico  neir  ospedale  clinico  di  Napoli,  sanitario,  e 
membro  della  commlssione  igienica  nella  sezione  municipale  Stella.  Na- 
poli 1867,  presto  Agostino  Pellerano,  via  Trinita  mag g lore  num.  11.  Un 
vol.  in  16.°  di  pag.  Xlll-256. 

Libro  che  si  legge  con  diletto  e  con  utile,  per  la  parle  che  riguarda  I'alimentazione,  e  compren- 
de tutto  il  traltato. 

HENZONl  GIUSEPPE  MARIA  —  Culto  delle  SS.  Immagini.  Ragionamento  nono, 
del  sacerdote  Giuseppe  Maria  Renzoni.  Estratto  dal  giornale  La  Vergine 
A.  V.  Roma,  tipoyrafia  Tiberina  1868.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  10. 
-  Indirizzi  di  G.  M.  Renzoni  nel  donare  di  SS.  immagini  per  il  culto.  fio- 
ma  1868,  tip.  tiberina. 

E  noto  lo  zelo  tulto  operoso  del  sacerdote  G.  M.  ha  accompagnato  il  dono  con  un  focoso  indirizzo 

Renzoni,  nel  diffondere  il  cullo  della  B.  Vergine  alle  dette  milizie.  Quest'  indirizzo  e  la  risposla 

Madre  di  Dio.  Ullimamente  ha  offerte  belle  e  de-  fattagli  cortesemenle  dal  sig.  generale  Kanzler 

corose  immagini  al   sig.  Generale  prominislro  sono  stampali  in  quest'  opuscolo,  che  si  chiude 

delle  armi,  afllnche  si  compiacesse  farle  collocare  con  un  secondo  indirizzo  ai  diocesan!  del  Vescovo 

nei  quartieri  delle  milizie  pontiucie  in  Roma;  ed  di  Tivoli,  mons.  Gigli. 

BIVA  GIUSEPPE  —  Vedi  Gourdan  Simone. 
Serie  Y/7,  vol.  IV,  fasc.  447.  -  23  31  Ottobre  1868. 


354  BIBLIOGRAFIA 

ROCCHIA  GIUSEPPE  —  Nozioni  di  grammatiea  latma,  teorico-pratica,  coordi- 
nate con  quelle  delle  class!  elementari  italiane,  dal' p.  Giuseppe  Rocchia 
D.  Sc.  Pie.  2.a  edizione  migliorata  dalF  autore.  Ovada  1868,  presso  Bian- 
chi  Giuseppe  libraio  editore.  Un  vol.  in  8:°  dipag.  295. 

—  Trattatello  teorico-pratico  sulla  prosodia  e  versificazione  latina,  sinottica- 
mente  disposto  per  utile  degli  alimni  delle  classi  ginuasiali,  dal  p.  Giuseppe 
Rocchia  D.  Sc.  Pie.  Terza  edizione.  Ovada,  Bianchi  Giuseppe  libraio-edi- 
tore  1868.  Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  30. 

ROSSI  FRANCESCO  —  Panegirico  per  la  festa  della  Purita  di  Maria  SS.,  detto  ad 
uiia  Congregazione  di  figlie.  Torino  1868,  per  Giacinto  Marietti  tipoyra- 
fo-libraio.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  16. 

ROTA  P1ETRO  —  II  cenacolo  di  Gerusalemme,  modello  del  clero  cattolico. 
Discorso  di  mons.  Pietro  Rota  Vescovo  di  Guastalla,  detto  alia  congre- 
gazione  presbiterale  tenutasi  ai  Casoni,  parrocchia  di  quella  diocesi  il  26 
Maggio  1868,  ed  ora  inviato  a  tutti  gli  ecclesiastic!  della  diocesi.  Reg- 
gio  (Emilia)  1868,  tip.  Luigi  Bondavalli  e  compagni.  Un  opusc.  in  8.' 
di  pag.  14, 

—  In  occasione  che  il  M.  R.  sacerdote  don  Stefano  Melioli  prendeva  soleiv- 
nemoate  possesso  della  prevostura  di  Campagnola  il  26  Aprile  1868.  Ome- 
lia  delta  in  quella  chiesa  parrocchiale  da  mons.  Pietro  Rota  Vescovo  di 
Guastalla.  Reggio-Emilia  1868,  tip.  Luigi  Bondavalli  e  comp.  Un  opusc. 
in  8.°  di  pag.  20. 

—  Omelia  letta  da  S.  E.  R.  mons.  Pietro  Rota  Vescovo  di  Guastalla,  nella 
nuova  chiesa  di  S.  Maria  ausiliatrice  in  Torino,  il  giorno  di  S.  Pietro  del 
1868.   Reggio  neli' Emilia  1868,  tip.  di  Luigi  Bondavalli  e  comp.  Un 
opusc.  in  8.°  di  pag.  20. 

SAFFI  ALBERTiNA  —  Vedi  Dana  James. 

SARDI  ALESSANDRO  —  Viaggio  e  feste  eseguite  in  Ferrara  per  Lucrezia  de' Me- 
dici ,  venuta  sposa  al  duca  Alfonso  II  d7  Este ;  descrizione  di  Alessandro 
Sardi.  Ferrara,  tipografia  Bresciani  1868.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  20. 

In  occasione  delle  nozze  del  sig.  doltore  Gae-  no  note.  E  scriitura  breve,  ma  spirante  la  vita 

tano  Dotti  ferrarese  colla  siguora  Margherita  Bo-  di  quel  secolo  XVI,  in  cui  i  duchi  di  Ferrara  git- 

nafalce,  il  ch.  sig.  canonico  Giuseppe  Antonelli  tarono  Unto  fulgore  di  grandezza,  di  potenza  e 

ba  folia,  pubblica  per  la  prima  volta  quesla  de~  di  gentilezza  sovrana. 
sci'izionc  del  Sardi,  ed  illuslratala  con  opporlu- 

SCHMID  G.  EW.  —  Repertorio  del  catechista,  ossia  raccolta  completa  di  spie- 
gazioni,  notizie,  similitudini  ed  esempii,  complemento  necessario  del  ca- 
techismo  istorico  di  G.  Ew.  Schniid,  catechista  nella  scuola  superiore 
delVOrsoline  di  Salzbourg.  Prima  versione  italiana  dalla  francese  del- 
Tab.  P.  Belet,  per  G.  Bobbio  sac.  Barnabita.  Volume  quarto.  Parma 
1868,  Pietro  Fiaccadori.  Un  volume  in  16."  di  pag.  498. 

SCHWETZ  GIOVANNI  —  Theologia  fundameutalis  sua  generalis,  concinnata  a 
doctore  loaane  Schwetz,  Suae  Sanctitatis  praelato  domestico,  abbate 
B.  M.  V.  de  Batta  et  C.  R.  aulae,  et  palatii  parocho.  Editio  qumta  emen- 
datior.  Volumen  I  et  II.  Viennae  1867,  sumptibus  congregations  me- 
chitharislicae.  Due  vol.  in  8.°  di  pag.  V-275  e  XVIII-332. 

SPEZI  GIUSEPPE  —  SulVunita  della  lingua  italiana,  lettera  del  prof.  cav.  Giu- 
seppe Spezi.  Roma  1868.  Un  opusc.  in  8.'  di  pag.  7. 

Intendinaento  dell'Autorc  e  mostrare,  che  1'unita    quindi  fa  bisogno  sliJlarsi  ora  Jl  cervello  per  fab- 
della  lingua  sussiste  da  piu  secoli  nell'Italia,  ne    bricarla.  Si  provocai  inrece  lo  studio  de'  nostri 


B1BLIOGRAFIA  355 

buoni  scriltori,  si  distenda  in  tulti  gli  ordini  del  4  Otlobre)  ripete  questi  biasimi.  Intanto  1'lutore, 

popolo ,  ma  sopra  tutto  s'  iutroduea  nelle  scuole  per  togliere  via  ogni  maleria  di  scandalo,  rifec* 

con  oltimi  libri.  Per  tal  modo  1'unila  della  lin-  in  Roma  una  edizione  di  cssa  letlera,  con  modi- 

gua  si  serbera,  e  sempre  meglio  diffonderassi  nella  flcazioni  notabili  e  con  una  protesta,  ed  e  la  pre- 

Peuisola.  Quesla  lettera,  pubblicata  primieramente  sente  che  annunziamo.  Avendo  noi,   per  debilo 

nel  Propugnatore,  giornale  di  studii  fllologici,  di  equila,  voluto  confenre  insieme  le  due  edi- 

Storici  e  bibliogralicu  die  Vcde  luce  in  Bologua  zioni,  ci  e  parso  che  il  sig.  prof.  Spezi  abbia  mol- 

fanno  1°  dispensa2a,  Luglio-Agosto  1868)  riporto  to  sapienlemente  operate,  levando  o  mutando,  in 

biasimi  dalla  Correspondance  de  Rome  (a.  dei  26  questa  seconda,  parecchi   tralti  che  nella  prima 

Settembre)  per  alcuni  passi  che  in  potitica  sona-  edizione  s'  inconlravano,  e  davano  presa  a  cen- 

Tano  male.  L'Unita  Cattoiica  di  Torino  (n.  dei  sure. 

SULZER  GIUSEPPE  GIORGIO  —  Trapasso  dal  Vecchio  al  Nuovo  Testamento; 
ossia  brano  della  storia  giudaica  dal  Maccabei  fino  a  Cristo,  e  alia  sus- 
seguente  dlstruzione  di  Gerusalemme;  narrato  dal  professore  Giuseppe 
Giorgior  Sulzer  sacerdote.  Piacenza  1867,  tip.  fratelli  Bertola.  Un  vol. 
in  8."  di  p*g.  1X-408. 

TAFURI  NICOLA  —  Una  ghirlanda  a  Maria,  ovvero  omaggio  di  31  sonetto  in  oc- 
casione  del  Mese  mariano,  per  Nicola  Tafuri.  Napoli,  Maggio  1867.  Un 
opusc.  in  16.°  piccolo. 

Piena  di  anima  e  di  sublimi  pensieri  e  questa    dotta  e  per  ispirazione  poelica,  passano  la  me- 
Ghirlamia,  ove  si  leggono  sonetti  i  quali,  per  con-    diocrila. 

TARING  PIETRO  —  II  libro  della  donna,  ossia  Maria  Vergine,  libro  e  modello 
della  donna  cristiaua,  pel  canonico  Pietro  Tar.no,  dottore  in  teologia  c 
filosofia,  e  prof,  di  metodo.  Seconda  edizione  notabilmente  migliorata. 
Biella  1866,  tip.  e  lit.  di  G.  Amosto.  Un  vol.  in  24.'  di  pag.  406. 

TORQUATI  GIROLAMO  —  Somma  della  vita  e  delle  virtu  di  Barbara  Costan- 
tini  di  Marino,  morta  in  fama  di  santita  neiranno  1773.  Viterbo  1868, 
presso  Sperandio  Pompei.  Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  107. 

E  una  biografia  scritu  con  unzione  e  sempli-    e  quelle  che  a  Dio  si  sono  consecrate  coi  voti 
•ita,  e  motto  idonea  ad  ediflcare  massimamente    religiosi. 
le  donne  giovani  e  le  adulle  viventi  nel  secolo, 

TRAMBUSTI  GIUSEPPE  —  Breve  narrazione  della  S.  Effigie  di  Maria  Salus  Infir- 
morum,  che  si  venera  nella  chiesa  di  S.  M.  Maddalena  dei  CC.  RR.  Mini- 
stridegrinfermi;  per  Giuseppe  Trambusti  romano,  della  stessa  Congrega- 
zione.  Roma,  tipografia  di  G.  Aureli,  piazza  Borghese  n.  89,  1868.  Un 
opusc.  in  16."  di  pag.  41. 

—  Della  immagine  di  Maria  Vergine  Salus  Infirmorum,  venerata  in  Roma  nella 
chiesa  di  S.  M.  Maddalena  dei  CC.  RR.  Ministri  degl' infermi,  non  che  del- 
PArchiconfraternita  quivi  eretta.  Racconto  storico  per  Giuseppe  Trambusti 
romano  della  stessa  Congregazione.  Roma,  tipografia  di  G.  Anreli  1868. 
Un  opusc.  in  8.'  di  pag.  104. 

-  Relazione  delia  solenne  centenaria  festivita  celebrata  nella  chiesa  parroc- 
chiale  di  S.  M.  Maddalena  dei  CC.  RR.  MM.  degriufermi,  in  onore  di  Ma- 
ria Santissima  sotto  il  titolo  Salus  Infirmorum,  T  anno  MDCCCLXVI11;  per 
Giuseppe  Trambusti  romano  della  stessa  Congregazione.  Velletri,  tipo- 
grafia Sartori  e  Comp.  1868.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  24. 

Per  illustrare  la  venerauda  effigie  della  B.  V.  di  devozione  alia  predetta  sacra  Immagine.  Que- 

di  cni  si  parla  nei  Ire  sopra  mentovati  opuscoli,  sta  si  crede  opera  del  celebre   B.  Angelico  da 

e  per  narrare  le  feale,  onde  si  e  celebrate  in  Ro-  Fiesole,  conservata  gia  nel  suo  pontiflcio  palazzo 

ma  il  secoudo  centenario  della  coronazione  di  Lei,  da  S.  Pto  V  e  passala  quindi ,  per  mirabile  di- 

il  ch.  p.  Trambusti  ha  posto  mano  alia  sua  fe-  sposizione  della  Provviden/a,  nella  chiesa  di  santa 

conda  penna,  col  frulto  di  im  notabilc  aumento  Maria  Maddalena,  ove  da  due  secoli  riceve  gran 


356  BIBLIOGRAFIA 

cullo,  si  per  lo  zelo  dei  PP.  Minislri  degl'inferml  che  a  Lei  ricorrono :  siccome  lo  provano  ampia- 
che  custodiscono  questa  chiesa,  e  s)  per  le  co-  mente  il  prime  e  il  secondo  di  questi  Ire  opu- 
piose  grazie  di  sanita  che  ne  otlengono  i  fedeli  scoli  del  p.  Trambusti. 

V.  S.  —  Le  sacre  ceremonie  della  messa  privata,  secondo  il  rito  della  Chiesa 
romana.  Prima  edizioneromana,  correlta  ed  arapliata  da  V.  S.  della  Congre- 
gazione  della  Missione,  Roma,  tip.  e  lib.Poliglotta  di  Propaganda  Fide. 
Torino,  tip.  e  lib.pontificia  Pietro  di  G.  Marietti  1868.  Un  vol.  in  16.* 
dipag.Wl. 

VACCAREZZA  SIMONE  —  Un  concilio  ecumenico  decretato  dal  Sommo  Ponte- 
fice  e  RePio  IX  da.  cominclarsi  gli  8  Xbre  1869.  Sonetto.  Tip.  Nazionale. 

VERATTI BARTOLOMEO  —  Yedi  Vida  Marco  Girolamo. 

VIDA  MARCO  GIROLAMO  —  L'  Arte  poetica  di  Marco  Girolamo  Yida  cremonese, 
vescovo  d'  Alba;  tradolta  in  versi  sciolti  da  Bartolomeo  Yeratti,  col  testo 
a  fronte,  e  co'  frammeutl  postuml  dell1  Autore.  Modcna,  tipografia  del~ 
I'erede  Soliani  1868.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  156. 

Nou  ispenderemo  molte  parole  nel  commenda-  critici,  che  fu  Marco  Antonio  Parent!,  dal  quale 

re  questa  versione  della  celebro  arte  poetica  del  1' Autore  e  fu  incoraggiato   nelle  prime   pruove, 

Vida.  Essa  rcca  in  fronte  il  nome  di  Bartolomeo  che  gliene  lesse,  e  fu  animato  a  pubblicarla  do- 

Veratti,   che  per  se  vale  un  elogio,  ed  inoltre  po  che  1'ebbe  compita. 
merito  1'approvazione  di  quel  sagacisslmo  fra  i 

V1GNOLO  GIO.  MARIA  —La  Regina  eil  Re  della  Fava;  ossia  Teodolinda  ed  Ac- 
caccio,  pelT.  Yignolo  Gio.  Maria,  vicario  foraneo  di  Cavour.  Torino,  tip. 
dell'  Oratorio  di  S.  Francesco  di  Sales,  1867.  Un  vol.  in  16."  di 
pag.  434. 

«  Dopo  tre  lustri  passati  nel  ministerio  sacer-  volte...  Leggetelo  e  vi  troverete  la  novila. »  Noi, 

dolale,  dice  1*  Autore  nel  suo  breve  preambolo,  senza  pretendere  di  definire  il  grado  di  novita 

m"  accnrsi  che  mancava  un  libro,  il  quale  s'ad-  che  questo  racconto  tocca  nel  suo  genere,  possia- 

dattasse  alia  giovenlu  studiosa.  Questo  libro  che  mo  accertare  che  si  leggera  con  dilello  e  con 

non  trovale  in  nessuna  lingua  ne  antica,  ne  mo-  ulile  dai  giovani  e  dagli  adulli,  si  per  cagione 

derna.  non  nelle  grandi,  ne  nclle  piccole  biblio-  della  sua  grande  variela,  come  per  gli  ammae- 

teche,  ho  procurato  di  dettarlo  io,   e  volesse  il  stramenti  pratici  e  per  le  notizie  storiche  che  con- 

•cielo  che  fosse  di  giovamento  a  tutti !  Dieci  anni  tiene.  L'opera  si  vende  a  beneflzio  della  chiesa 

di  fatica  mi  costo,  perche  fui  da  molte  occupa-  parrocchiale  di   S.  Lorenzo  di  Cavour,  bisogno- 

zioni  costrelto  a  lasciarlo  e  riprenderlo  le  mille  sissima  di  gravi  riparazioni. 

"VIVIANI  GUIBO  M.  —  Sulla  vita  di  san  Paolino,  primo  vescovo  di  Lucca,  cenni 
storici  dal  sac.  Guido  M.  Yiviani.  Lucca,  tip.  di  Tommaso  Torcigliani.  Un 
vol.  in  8.°  dipag.im. 

II  chiaro  sig.  ab.  Viviani,  con  quesl'opera,  pre-  monumenti  e  da  sedici  document!,  tutti  relalivi 

gevole  veramente  sopra  il  volgare,  si  e  reso  be-  alia  storia  di  S.  Paolino  e  confermativi  dei  fatti 

nemerilo  non  meno  della  pieta,  che  delle  buone  che  essa  comprende.  II  dotto  Aulore,che  sappiamo 

discipline  dellarcheologia.  Al  difetto  di  docunienti  essere  slato  consolato  di  elogi  e  di  rallegramenti 

sincroni  ha  egli  supplito  con  gli  schiarimenli  di  d'uomini  peritissimi  in  queste  materie  archeolo- 

Tiaa  costante  e  non  mai  interrotta  tradizione,  che  giche,  ha  ricevuto  un  allro  conforto  ben  piu  pre- 

dai  tempi  del  S.  Vescovo  Paolino  fino  a  noi  ha  zioso,  nel  breve  che  monsignor  Mercurelli  gli  ha 

scrbata  pei  sommi  capi  la  storia  della  sua  vita  indirizzato  per  parte  del  S.  P.  Pio  IX;  breve  dal 

e  trasmessala  fedelmente.  In  cio  si  compendia  tulto  quale  risulta  che  il  Ponteflce  ha  lelto  il  libro  e 

il  lavoro  del  Viviani.  Ma  il  metodo  da  lui  tenuto  n*  e  rimasto  grandemente  sodisfatto.  II  dotlo  Pre- 

nello  svolgerlo,  la  sagacita  usata  nella  scelta  e  lato  poi,  in  una  lettera  sua  particolare  congiun- 

nella  disquisizione  degli  argomenti,  la  molteplice  ta  al  breve ,   encomia  specialmente  il  Viviani, 

erudizione  di  che  ha  falto  prova  e  le  buone  doli  perche  «  nel  confortare  1'antichissima  tradizione 

dello  stile,  sono  cose  che  vanno  gustale  in  fonte  patria  di  ricco  corredo  di  erudizione,  ha  saputo 

e  che  non  e  agevole  far  intendere  con  brevi  pa-  conservare  quella  semplicit^i  e  quell'unzione  clie 

role.  La  parle  narrativa  composta  di  tredici  ca-  a  tali  opere  si  addice.  » 
piloli,  e  seguita  da  quinuici  illustrazioai  di  yarii 


CRONACA 

CONTEMPORANEA 


Roma  31  Ottobre  1868. 


I. 

COSE  ITALIANS. 

STATO  PONTIFICIO  1.  Soccorsl  dati  e  promossi  dal  Santo  Padre  pei  dannegglati 
dalle  inondazioni  neH'alta  Italia  —  2.  Visita  del  Santo  Padre  a  Civitavecchia. 

1.  Le  dirottissime  piogge  che,  sullo  scorcio  del  passato  Settembre  c 

sul  cominciare  d'Ottobre,  caddero  a  rovesci  sulle  Alpi,  cagionarono  nel- 

1'alta  Italia,  come  in  Savoia,  tali  piene  straordinarie  de1  torrenti  e  de1  fiu- 

mi,  che  appena  a  memoria  d'uomo  si  puo  riscontrare  alcun  che  di  simi- 

gliante.  Quindi  e  che,  malgrado  delle  tante  opere  idrauliche,  condotte  a 

perfezione  in  questi  ultimi  Jempi,  le  acque  quasi  da  per  tutto  trariparono 

con  tal  foga,  e  per  lo  piu  nel  fitto  della  notte,  che  appena  poterono  an- 

dare  salve,  e  non  sempre,  le  persone,  ma  con  grande  rovina  delle  case, 

de'  poderi  e  delle  derrate  o  gia  mietute  e  riposte,  o  ancora  esposte  nei 

campi.  I  diarii  di  cola  ne  recarono  dolorosissimi  ragguagli.  Non  era  bi- 

sogno  di  tanto  per  muovere  il  cuore  del  Santo  Padre,  che,  se  deplora  la 

persecuzione  fatta  a  Santa  Chiesa  e  le  violenze  della  scelleratissima  guer- 

ra  mossa  alia  Santa  Sede,  sa  tuttavia  essere  questa  opera  d1  una  setta, 

non  colpa  de'  popoli  di  quella  un  di  si  devota  e  cattolica  regione.  Quindi, 

cercando  modo  di  recare  qualche  sollievo  a  tanti  mali,  yolle  dare  Tesem- 

pio  e  crescere  gli  stimoli  della  carita  cristiana.  Di  che  VUnita  Cattolica 

nel  suo  n.  238  del  13  Ottobre  stampo  la  lettera  seguente  delFEmo  Card. 

Antonelli.  « Illmo  Signore.  II  cuore  paterno  di  Sua  Santita  non  pote  non 

essere  Yivamente  commosso  nel  conoscere  le  desolanti  inondazioni  che 

afflissero  i  variipaesi  dell1  alta  Italia,  Anelando  il  pietoso  Pontefice  a  pro- 


358  CRONACA 

cacciare  quel  maggior  sollievo  die  si  possa  agli  infelici  percossi  da  tale 
^alamita,  desidera  che  per  cura  della  S.  V.  Illustrissima  sia  quanto  pri- 
ma  aperta  nel  suo  giornale  una  caritatevole  sottoscrizione  a  loro  vantag- 
gio.  Al  quale  effetto  ha  egli  destinato  per  la  sua  parte  la  somma  di  lire 
tinquemila,  dolendogli  che  le  angustie,  in  cui  versa,  non  gli  permetta- 
no  di  estendere  il  suo  soccorso  in  maggior  proporzione  al  bisogno,  ed  in 
misura  piu  conforme  airimpulso  della  sua  paterna  carita. 

«  Yien  ella  pertanto  autorizzata  a  desumere  la  suddetta  somma  dal- 
Tobolo  di  san  Pietro  per  applicarla  air  uopo  indicatole.  Che  se  per  av- 
Centura  non  si  trovasse  presso  lei  disponibile  siffatta  quota,  vorra  ren- 
dermene  avvisato  per  poterlesi  da  me  fare  prontamente  la  rispettiva 
trasmissione.  In  questa  intelligenza  mi  e  grato  di  confermarle  i  sensi 
della  mia  piu  distinta  stima.  Di  V.  S.  Illma.  Roma,  10  Ottobre  1868. 
Servitor  vero  G.  Card.  Antonelli.  » 

La  sottoscrizione  per  offer ta  in  sussidio  de'  danneggiati  dalle  inonda- 
zioni  fu,  quello  stesso  giorno,  iniziata  AdYUnita  Cattolica,  i  cui  scrittori, 
dopo  registrate  in  capo  della  lista  la  somma  di  L.  5,000  donate  dal  Santo 
Padre, diedero  del  proprio  L.  500.  Questo  esempio  era  troppo  eloquente, 
e  la  voce  del  Santo  Padre  non  potea  non  trovare  piena  rispondenza  nei 
Luoni  cattolici,  che  si  affrettarono  di  mandare  loro  offerte,  non  pure  al- 
YUnita  Catlolica,  ma  eziandio  oWOsservatore  Cattolico  diMilano,  che  gia 
avea  iniziata  tale  opera  di  carita  per  Tarchidiocesi  di  Milano,  e  ad  altri 
giornali  che  si  diedero  cooperatori  air  ottimo  diario  torinese  nel  secon- 
dare  il  generoso  invito  di  Pio  IX.  Le  offerte  percio  riceyute  dalF  Unita 
Ca'tolica  il  di  29  Ottobre  ayeano  toccata  la  somma  di  L.  11,193;  la  qual 
se  si  tien  conto  delle  enormissime  gravezze  onde  il  Goyerno  di  Firenze 
ha  caricato  i  suoi  sudditi .  e  delle  tristissime  yicende  del  tempi ,  basta  a 
dimostrare  come  yogliasi  dai  cattolici  sinceri  dell'alta  Italia  dimostrare  in 
ogni  congiuntura  la  piu  filiale  devozione  ed  obbedienza  ad  ogni  cenno  di 
Colui,  nel  quale  e  riveriscono  il  Vicario  di  Gesu  Cristo,  ed  amano  il 
loro  Padre. 

Ma  qual  e  potenza  di  bonta  ed  eyidenza  di  yerita  che  basti  ad  ammol- 
lire  gli  animi  de'  settarii  che,  di  proposito  deliberato,  osteggiano  uomini 
e  cose  tutte  di  Chiesa,  per  astio  contro  Dio  ed  il  cattolicismo?  Si  giunse 
a  tale  da  alcuni  di  codesti  sciagurati  che,  temendo  Finfluenza  che  avreb- 
he  il  belPatto  del  Santo  Padre  sugli  animi  de1  percossi  dal  flagello  delle 
inondazioni,  non  rifuggirono  dall'incredibile  eccesso  di  falsificare  la  cifra 
deH'offerta  del  Santo  Padre,  riducendola  a  tali  proporzoni  da  parere  imo 
scherno,  per  cosi  rendere  odiosa  ad  un  tempo  e  Toblazione  e  la  persona 
da  cui  era  mandata.  II  diario  massonico  di  Venezia,  intitolato  il  Rinnova- 
mento,  scritto  da  certi  tristissimi  settarii,  che  lunga  pezza  ammorbarono 
di  loro  presenza  e  di  loro  scelleratezze  la  citta  di  Torino  dove  campavano 
grassamente  del  mestiere  di  emigrati,  oso  stampare,  alii  18  Ottobre,  cioe 


CONTEMPORANEA  350 

cinque  giorni  dopo  che  tutti  avevano  letto  mWUnita  Cattolica  la  lettera 
deirEmo  Antonelli,  la  nota  seguente:  «  //  Santo  Padre,  il  Principe  del 
Valicano,  offerse  pel  mille  e  mille  percossi  dall'  inondazione  la  cospicua, 
somma  di  Lire  80,  DICIAMO  OTTANTA  ».  E  per  procaeciare  fede  alia  brutta 
i'alsiticazione,  ne  aggiungeva  un1  altra,  stampando>7i  sotto  la  solita  anno- 
tazione  :  (falYUnita  Cattolica). 

Or  qui  non  vogliamo  omettere  di  registrare  le  bellissime  parole  sent- 
te  a  tal  proposito  fa\YUnita  Cattolica  del  22  Ottobre,  degne  al  tutto  che 
se  ne  serbi  memoria. 

«  Noi  ringraziamo  il  Rinnovamenio  di  quest'atto  di  onesta.  Colle  ottan- 
ta  lire  del  Papa,  abbiamo  gia  potuto  spedire  mille  lire  al  Yicario  capito- 
lare  di  Como,  mille  lire  al  Vescovo  di  Parma,  mille  lire  a  quello  di  Man- 
tova,  'mille  lire  a  quel  di  Verona,  mille  lire  a  quel  di  Novara.  I  Yescovi 
di  Parma  e  di  Novara  e  il  Vicario  capitolare  di  Como  ci  haimo  gia  spedito 
la  ricevuta  delle  mille  lire;  e  fra  breve  avremo  anche  quella  degli  altri 
Yescovi,  che  pubblicheremo.  Sono  adtinque  cinque  mila  lire  gia  spese 
dall'  Unitd  Cattolica  per  ordine  del  dilettissimo  e  veneratissimo  nostro 
Santo  Padre  Pio  IX,  padre  degli  afflitti,  padre  dei  triholati,  padre  degli 
sconsolati.  Ed  anche  in  cio  Pio  IX  si  mostra  Yicario  di  Gesu  Cristo.  II 
Papa  ha  mandato  cinque  mila  lire,  cinque  mila  lire  del  piii  povero  fra  i 
Sovrani;  cinque  mila  lire  offer  te  dalla  carita  de'suoi  figli;  cinque  mila 
lire  che  son  Tobolo  degli  infcrmi,  dei  dolenti,  dei  travagliati;  cinque  mila 
lire  che  devono  portar  fortuna  a  chi  le  riceve,  perche  sono  benedette  dal 
Padre  della  famiglia  cattolica,  dal  Yicario  di  Gesu  Cristo.  Se  avesse  of- 
fer to  ottanta  lire,  le  avremmo  registrate  con  eguale  emozione,  colle  stes- 
se  lagrime  di  riconoscenza;  perche  se  avesse  afferto  ottanta  lire,  era  se- 
gno che  non  aveva  di"  piu;  e  la  ragione  per  cui  non  avea  di  piu  il  Rinno- 
mmento  la  conosce  forse  meglio  di  noi  I  E  Pio  IX  e  realmente  poverissi- 
mo;  ma  si  senti  straziar  le  viscere  dalla  descrizione  dei  danni  recati 
dalle  acque,  e  diede  piu  di  quel  che  poteva  dare.  II  Rinnovamento  pero 
non  diede  piu  di  quel  che  poteva  dare.  Esso  non  poteva  dare  che  un'ab- 
bietta  calunnia.  » 

2.  II  Santo  Padre  parti  da  Roma,  lamattina  del  26  Ottobre,  alle  ore 
7  e  mezzo ,  e  nelle  carrozze  ns^rvate  all'  uso  peculiare  del  Sovraiio  per- 
corse  sulla  ferrovia  il  tratto  tino  a  Civitavecchia,  dove  giunse  alle  ore 
9  e  mezza.  La  stazione  di  questa  citta  era  ornata  con  ricchissimo  e  splen- 
dido  apparato  di  bandiere,  festoni,  arazzi  e  tappeti.  Gli  Emi  e  Rmi  si- 
gnori  Cardinali  di  Reisach, Quaglia  e  Guidi ;  grilliiii  e  Rmi  Monsignor 
Gandolfi,  Yescovo  diocesano ,  e  Monsignor  Scapitta  Delegate  apostolico 
della  citta  e  provincia :  inoltre  S.  E.  il  signor  Generale  Dumont,  Coman- 
dante  il  corpo  Francese  di  spedizione,  cogli  altri  Generali  ed  Ufiiziali  di 
Stato  Maggiore  si  pontificii  che  francesi ;  come  pure  le  Autorita  Munici- 
pali  e  le  Giudiziare  trovavansi  nella  Stazione  per  fare  a  Sua  Santita  i 


360  CRONACA 

primi  atti  di  ossequio.  «  Lo  sparo  del  cannoni  dalla  fortezza,  dice  il  Gior- 
nale  di  Roma  del  27  Ottobre ,  ed  il  suono  dei  sacri  bronzi  annunziarono 
F  aspettato  arrivo,  che  gli  abitanti  eransi  disposti  a  festeggiare  con  ogni 
piu  affettuosa  e  riverente  dimostrazione  di  fedelta  e  di  attaccamento  al 
venerato  Padre  e  Sovrano ,  e  con  F  apparecchio  di  ornati  che  all1  intera 
citta  avea  dato  V  aspetto  solenne  di  festa.  11  Santo  Padre,  salito  in  car- 
rozza,  al  cui  sportello  si  fece  a  cavalcare  il  Generate  Dumont,  recossi  alia 
Chiesa  caitedrale ,  e  la  spaziosa  via  che  dalla  stazione  tocca  la  porta  Ro- 
mana,  e  da  questa  mette  alia  piazza  Gregoriana , .  traverse  in  mezzo  ad 
affollato  popolo ,  che  inginocchiato  dimandava  V  apostolica  benedizione. 
Le  truppe  francesi  erano  schierate  in  ala  lungo  la  strada.  Alia  Cattedrale 
Sua  Santita  assiste  alia  benedizione  Eucaristica,  che  fu  impartita  da  Mon- 
signor  Vescovo  diocesano  ;  e  quindi  nella  sagrestia  ammise  al  bacio  del 
piede  quel  Rfuo  Capitolo  e  Clero ,  che  T  aveva  ricevuto  air  ingresso  del 
sacro  tempio.  Quest'  onore  conseguirono  ancora  gli  alunni  del  Seminario 
di  Sabina ,  che  eransi  portati  a  CrYitavecchia  per  attestare  la  loro  grata 
memoria  a  Monsignor  Gandolfi. 

«  II  Santo  Padre ,  lasciata  la  Chiesa  cattedrale ,  sempre  in  mezzo  allo 
straordinario  affollamento  di  popolo  ed  alle  schierate  milizie  Pontificie  e 
Francesi ,  percorse  a  piedi  la  via  che  conduce  al  palazzo  apostolico ,  si- 
tuato  all1  opposto  estremo  della  citta.  Quivi  nella  sala  del  trono  ammise 
al  bacio  del  piede  1'  altro  Clero  secolare  e  quello  regolare  della  citta ,  e 
poi  tutti  i  componenti  il  Corpo  Consolare  delle  estere  nazioni,  e  le  Auto- 
rita  Municipal!,  con  le  Giudiziarie,  e  gli  addetti  alle  diverse  amministra- 
zioni  governative. 

«  Intanto  nella  vasta  piazza  detta  delle  Armi,  che  spazia  dinanzi  al 
sudetto  palazzo  apostolico,  eransi  raccolte  ed  in  bella  ordinanza  disposte 
le  milizie  di  ogni  arma  pontificie  e  francesi,  le  quali  tengono  guarnigione 
nella  citta ,  e  similmente  grande  moltitudine  di  popolo.  Allora  Sua  San- 
tita, fattasi  alia  gran  loggia  del  palazzo,  che  erasi  abbellita  con  magnih'co 
padiglione,  impart!  solennemente  F  apostolica  benedizione.  A  questo  atto 
segui  tale  applauso  clamoroso  ed  entusiastico  di  quanti  erano  presenti , 
che  la  commozione  si  fece  generale  nei  circostanti.  Dopo  cio  Sua  Beati- 
tudine  riceve  gli  omaggi  speciali  da  tutta  F  Uffizialita  francese,  a  nome 
della  quale  e  della  truppa  che  sta  sotto  i  suoi  ordini,  parlo  S.  E.  il  signor 
Generale  Dumont,  significando  a  Sua  Santita  il  gaudio  provato  da  loro 
per  la  fausta  circostanza.  E  il  Santo  Padre,  accogliendo  le  parole  e  le 
proteste  del  Generale  con  F  amabilita  che  gli  e  propria,  rispose  signifi- 
cando il  gradimento  che  nel  suo  Cuore  avea  per  il  nobile  atto  sentito, 

«  II  Santo  Padre  fece  dipoi  passaggio  all'  altra  parte  del  palazzo  che 
guarda  il  mare  e  domina  il  porto,  ove  tutto  era  pur  disposto  a  festa,  e  i 
bastimenti  da  guerra  e  mercantili  di  ogni  bandiera  erano  pavesati.  Le 
salve  dell'  artiglieria  dai  fortilizii  e  dalle  navi,  F  agitarsi  delle  bandierc, 


CONTEMPORANEA  361 

c  gli  applausi  della  moltitudine  sparsa  per  gli  scali,  air  affacciarsi  del- 
F  augusto  Padre  e  Sovrano  alia  gran  loggia,  salutarono  il  Sommo  Pon- 
tefice  con  indescrivibile  entusiasmo,  che  si  rinnovo  piii  intense  dopo  che 
Sna  Beatitudine  ebbe  novamente  impartita  T  apostolica  benedizione. 

« II  Santo  Padre  salito  poscia  in  carrozza  colla  sua  nobile  Anticamera, 
ed  ayendo  sempre  allo  sportello  il  nominato  Generale  francese,  recossi 
fuori  porta  Corneto  ad  osservare  i  lavori  del  novello  fabbricato,  che  deye 
essere  sostituito  alPuso  cui  oggi  serve  la  Darsena.  Quest1  opera  gran- 
diosa,  che  tocca  omai  il  suo  termine,  yenne  corsa  da  Sua  Santita  in  tutte 
le  parti,  ed  esaminata  nelle  sue  piu  minute  particolarita ,  delle  quali 
prendeva  contezza  dagli  Uffiziali  del  Genio  pontificio,  cui  n'  e  confidata 
la  esecuzione. 

«  Tomato  il  Santo  Padre  in  citta,  e  ritiratosi  nel  suo  appartamento, 
ebbe  luogo  la  mensa  di  Corte,  alia  quale  presero  parte  i  sopra  ricordati 
Eiiii  Porporati,  Monsignor  Yescoyo  e  Monsignor  Delegato,  il  signer  Ge- 
nerale Dumout  con  gli  Uffiziali  superiori  francesi  e  poiitificii,  ed  alcune 
cospicue  persone  della  citta  e  provincia. 

«  Leyate  le  mense,  Sua  Santita  si  degno  trattenersi  affabilmente  coi 
conyitati,  e  quindi  ammettere  al  bacio  del  piede  le  dame  della  citta,  e 
le  famiglie  degli  Uffiziali  francesi.  Ricevette  ancora  le  Religiose  del  Pre- 
ziosissimo  Sangue,  che  hanno  in  cura  la  educazione  ed  istruzione  delle 
alunne  del  Conservatorio  Camerale,  e  delle  giovinette  della  citta;  i  Pa- 
dri  Dottrinarii  che  attendono  all'  insegnamento  della  gioventu  maschile ; 
ed  i  Religiosi  ospitalieri  detti  Fatebenefratelli,  che  governano  TOspedale. 
A  tutti  diresse  parole  amorevoli  ed  adatte  alle  rispettiye  loro  attribuzio- 
ni.  Eziandio  si  piacque  fermarsi  sopra  i  disegni  e  gli  studii  che  i  signori 
Burdin  e  Marzetti,  concessionarii  della  yia  ferrata  per  la  quale  la  citta  e 
provincia  di  Yiterbo  sara  unita  alia  linea  di  Civitavecchia,  ebbero  1'ono- 
re  di  sottoporre  alia  sua  sovrana  considerazione. 

« II  Santo  Padre,  avendo  in  continue  occupazioni  trascorso  il  tempo 
della  sua  dimora  in  Civitavecchia,  approssimandosi  le  ore  tre  pomeri- 
diane  lascio  il  palazzo  apostolico,  e  col  Suo  treno  recossi  alia  Stazione, 
traversando  la  citta  con  lo  stesso  accompagnamento  della  mattina,  cir- 
condato  sempre  dalle  medesime  dimostrazioni  di  riverenza  e  di  affetto 
della  milizia  e  dei  cittadini,  e  ricevendo  le  significazioni  di  comiato  dai 
personaggi  che  neir  arrivo  avevano  fatto  le  accoglienze. 

«  Alia  stazione  di  Roma  pervenne  il  Santo  Padre  sulle  ore  cinque.  Un 
popolo  afibllatissimo  erasi  raccolto  sulla  piazza  di  Termini  .a  salutare  il 
ritorno  del  venerato  Padre  e  Sovrano,  che,  per  le  vie  ancora  della  sua 
metropoli  ricevendo  eguali  dimostrazioni  di  riverenza  e  di  affetto ,  in  ec- 
cellente  condizione  di  salute,  rientrava  al  cadere  del  giorno  neir  aposto- 
lica residenza  del  Yaticano.  » 


362  CRONACA 

TOSCANA  E  STATI  ANNESSI  1. 11  Ministero  e  rattoppato  —  2.  Colloquio  a  Tori- 
no fra  Vittorio  Emmanuele  II  ed  il  principe  Napoleone  —  3.  Le  condizioni 
present!  del  regno  d'ltalia  descritte  dal  Moniteur  du  solr  —  4.  Disastri 
prodotti  dalle  inondazioni;  impertinent!  censure  dell' 'Independence  Beige 
contro  la  famiglia  reale  —  5.  Efiicacia  del  Governo  nel  riscuotere  i  bal- 
zelli  —  6.  Promessa  del  Broglio,  ministro  sopra  la  pubblica  istruzione,  che 
Roma  sara  presto  delPItalia  —  7.  Spiegazioni  ufficiose  della  Nazione  circa 
il  modus  vivendi  tra  il  regno  d1  Italia  e  Roma. 

1.  Gia  da  buona  pezza  il  senatore  Cadorna,  colpito  da  fastidiosa  in- 
fermita,  avea  smesso  la  carica  diMiaistro  sopra  gli  affari  interni;  e  sup- 
pliva  per  lui  il  sig.  Cantelli,  che  nella  carica  di  Prefetto  avea  dato  buo- 
na opinione  di  se,  come  d1  uomo  capace  nelle  cose  amministrative  ed  an- 
die  assennato  netr  indirizzo  politico.  Questo  stato  di  cose  pero  dovea 
aver  termine.  II  Governo  costituzionale  esige  Ministri  responsabili,  ben- 
che  nel  fatto  essi  non  siano  mai  mallevadori  di  punto  nulla,  e  dei  fatti 
loro  sogliano  scontare  la  pena  i  Sovrani  non  responsabili  ed  inviolabili. 

Cagione  di  si  lungo  ritardo  nel  rattoppare  il  Ministero  sdrucito  era  la 
difficolta  di  trovare  chi  volesse  acconciarsi  col  Menabrea,  di  cui  si  crede 
non  rimota  la  caduta,  tanta  e  per  una  parte  la  fiaccbezza  sua  e  del  suo 
partito,  e  per  T  altra  la  veemenza  de1  suoi  awersarii  nelF  oppugnarlo. 
Finalmente  si  riusci  ad  indurre  il  commcndatore  Ludovico  Pasini  ad  ac- 
cettare  il  portafoglio  ctei  lavori  pubblici ,  cbe  fu  deposto  dal  conte  Gi- 
rolamo  Cantelli,  il  quale  si  immol6  per  la  patria,  sobbarcandosi  al  gra- 
Te  peso  di  essere  Ministro  responsabile  per  gli  affari  interni.  Restava 
yacante  il  posto  di  Ministro  per  ragricoltura,  T  industria  ed  il  commer- 
cio;  ed  un  professore,  Antonio  Cicconi,  si  risolvettedi  portarne  gli  oneri 
ed  averne  gli  stipendii  e  gli  onori  e  il  resto.  La  Gazzetta  ufficiale  del 
24  Ottobre  annunzio  queste  nomine,  ed  al  tempo  stesso  fece  sapere  che 
dal  18  era  stata  accettata  la  dimissione  offerta  dal  conte  Guido  Borro- 
meo  dairufficio  di  segretario  generate  del  ministero  per  gli  affari  interni, 
suecedendo  a  lui  il  commendatore  Luigi  Gerra,  prefetto  della  provincia 
di  Salerno.  II  Borromeo  era  stato  il  segretario  favor ito  di  tutti  i  Minstri 
moderati,  cominciando  dal  Cavour,  cbe  si  succedettero  nel  Ministero  de- 
gli  affari  interni. 

2.  Comunemente,  per  quanto  apparisce  dai  discorsi  e  dalle  polemiche 
dei  giornali  delle  diverse  fazioni,  credesi  che  il  Gabinetto,  presieduto  dal 
Menabrea,  non  tardera  a  sfasciarsi,  non  solo  per  difetto  d1  intrinseca 
forza,  ma  eziandio  perche  segreti  accordi  fra  il  Rattazzi  e  qualche  augu- 
sto  personaggio  dovranno  fra  non  molto  ridonare  la  prevalenza  al  partito 
d'azione.  Molto  si  era  parlato  delle  escursioni  e  della  lunga  dimora  del 
Rattazzi  in  Alemagna,  dove  credeasi  che  avesse  stretto  patti  eventual^ 
corae  dicono,  col  Governo  di  Berlino,  pel  caso  che  dovesse  sorgere  un 


CONTEMPOUAISEA  363 

coiiflitto  fra  la  Prussia  e  la  Francia;  e  diceasi  che  o  una  neutral  ita  ar- 
niata  dell1  Italia  darebbe  impaccio  alia  Francia,  o  un1  alleanza  dichiarata 
dell1  Italia  con  la  Prussia  contro  la  Francia  fmirebbe  di  scontare  il  debi- 
to  di  gratitudine  verso  la  dinastia  Napoleonica  pei  benefizii  del  1851* 
c  del  1866. 

Che  cosa  fosse  di  vero  in  tali  congetture,  non  sappiamo.  Certo  e  che 
la  guerra  tra  la  Francia  e  la  Prussia  scmbra  ora  differita  d'alcun  tempo, 
ed  il  Rattazzi  pare  aver  avviate  altre  pratiche  a  Parigi,  dove  si  condusse 
e  fece  pure  lunga  dimora,  e  d'onde  torno  assai  giulivo  e  pieno  di  liete 
speranze  di  riavere  presto  fra  le  sue  mani  la  pienezza  della  podesta  di 
Governo,  a  cui  dovrebbe  essere  chiamato  dal  Re  poco  dopo  la  riapertura 
delle  Camere.  Questa  congettura  fu  avvalorata  verso  la  meta  di  Ottobre 
da  un  fatto,  che  non  manca  di  grave  importanza.  II  principe  Napoleone 
da  Prangins  in  Isvizzera,  dove  suole  andare  quando  ha  da  spacciare  certe 
sue  faccende,  passo  rapidamente  a  Torino,  ed  ivi  ebbe  lunghi  e  segreti 
abboccamenti  col  re  Yittorio  Emmanuele;  e  confer!  pure,  in  presenza 
del  Re,  col  Raltazzi,  col  Lanza,  col  Durando,  che  si  riguardano  come 
capi  del  partito  d'azione  e  di  quella  setta  di  opposizione  che  si  denomina 
la  Permanente  di  Torino,  avversissima  al  presente  Gabinetto ,  di  cui  nis- 
sun  membro  fu  voluto  a  Torino,  quando  v'  era  il  principe  Napoleone.  11 
che  si  riguardo  come  d1  infausto  presagio  pel  Menabrea  e  pei  suoi  col- 
leghi,  offertisi  ad  andare  cola  come  risponsabili. 

3.  Tuttavia  e  da  notare  una  circostanza,  che  pare  dover  riconfortare  il 
Menabrea,  e  consigliare  modestia  ai  partigiani  del  Rattazzi.  II  Moniteur 
du  soir  nella  sua  rivista  settimanale  mando  a  Firenze  un  mirallegro  tale, 
che  la  Nazione  del  25  Ottobre  ne  ando  tutta  in  giolito,  e  fece  capire  quaii- 
to  il  Ministero  si  sentisse  rinfrancato  per  1'attestato  di  buona  condotta  che 
quel  diario  ufficiale  delF  impero  francese  degnavasi  rilasciare  all1  Italia  ed 
la  presente  suo  Governo.  E  noi  crediamo  percio  doverlo  qui  trascrivere. 

«  Le  condizioni  della  penisola,  esso  scrive,  tendono  generalmente  a  mi- 
gliorare,  e  il  buon  senso  del  pubblico  sembra  lo  faccia  accorto  dei  peri- 
coli  delle  passioni  rivoluzionarie.  L1  idea  del  Parlamentino  e  fallita.  II  fla- 
gello  del  brigantaggio  diminuisce.  Le  energiche  misure  prese  dal  gene- 
rale  Escoffier,  che  concentra  a  Ravenna  i  poteri  civili  e  militari,  garanti- 
scono  nella  Romagna  il  mantenimento  dell1  ordine  pubblico.  Grazie  alFab- 
bondanza  dell' ultima  raccolta  ed  all'attivita  del  movimento  commerciale, 
ragitazione  della  Sicilia  tende  a  diminuire.  Yi  e  ragione  di  spcrare  che 
la  prossima  sessione  parlamentare  avra  luogo  in  buone  condizioni,  e  nulla 
tnrbera  Topera  di  riordinamento  amministrativo,  economico  e  finanziario, 
destinata  a  consolidare  F  opera  della  rigenerazione  italiana.  Coi  versa- 
menti  operati  all'estero,  la  massa  totale  delle  476,000  Obbligazioni  emes- 
se  dalla  Societa  dei  Tabacchi  sara  largamente  coperta,  e  si  procedera 
senza  dubbi  >  ad  una  considerevole  riduzione.  II  Governo,  aiutato  dalle 


364  CRONACA 

ultime  combinazioni,  lavora  sollecitamente  aristabilire  Fequilibriofrale 
entrate  e  le  spese,  e  a  dare  agli  interessi  materiali  del  paese  lo  sviluppo 
di  cui  sono  suscettibili.  »  E  quindi  parlando  delle  feste  degli  operai  av- 
venute  di  recente  a  Torino,  ne  conclude :  « II  ventesimo  anniversario  del- 
la  fondazione  dell1  Associazione  operaia  torinese  lascera  certo  nella  me- 
moria  del  Re  e  in  quella  delle  classi  laboriose  un1  impressione  di  mutua 
soddisfazione.  » 

La  Nazione,  tutta  in  solluchero  per  questi  complimenti,  non  disse 
chiaro  ma  lascio  intendere,  che  cio  dovea  riguardarsi  come  indizio  di  ot- 
lime  disposizioni  del  Governo  imperiale  in  favore  dell1  Italia,  soggiun- 
gendo  queste  parole :  «  Mentre  tanto  si  parla  e  si  scrive  ingiustamente 
di  noi  all'estero,  non  e  senza  importanza  veder  1'organo  ufficiale  deirim- 
pero  francese  dipingere  la  nostra  situazione  interna  a  colori  si  lieti,  e 
non  essere  avaro  sul  conto  nostro  delle  piu  rosee  preyisioni  per  V  av- 
yenire.  » 

Altre  conclusion!  furono  dedotte  da  altri,  die  payentano  o  desiderano 

10  sgombero  dei  Francesi  da  Viterbo  e  Civitavecchia,  affinche  Roma,  se- 
condo  i  prognostici  del  Corriere  italiano  del  23  Settembre,  da  noi  tra- 
scritti  in  questo  volume  a  pag.  108,  il  Governo  di  Firenze  possa  tentare 
una  seconda  impresa  di  Mentana.  Si  gli  uni  che  gli  altri  rammentarono 
che  nel  1866,  quando  le  truppe  francesi  disponeansi  ad  abhandonare  il 
territorio  pontificio,  il  Moniteur  stesso  veniva  fuori  quasi  ogni  settimana 
con  qualche  panegirico  del  mirabile  ordine  che  regnava  in  Italia,  e  delle 
disposizioni  si  del  Governo  e  si  dei  parti ti,  onde  aveasi  argomento  a  te- 
nere  per  guarentita  efficacemente  la  inviolabilita  del  Patrimonio  di 
san  Pietro.  Ma  costoro  dimenticano,  che  tali  cose  non  si  ripetono  una  se- 
conda volta  da  chi  s1  intende  di  politica;  e  noi  per  ora  non  crediamo  pun- 
to  che  i  complimenti  del  Moniteur  per  le  presenti  condizioni  dellltalia, 
come  egli  le  vede,  possano  significare  una  rinuncia  qualsiasi  al  Jamais 
fatto  suonare  si  alto  e  si  imperioso  per  bocca  del  Rouhettmita.'; 

4.  Ma  sventuratamente  quel  che  si  appresenta  al  Moniteur  sotto  quei 
rosei  colori,  apparisce  a  molti  altri  sotto  sembianze  assai  fosche  e  tetre. 
Se  qualche  atto  energico  di  repressione  adoperato  dal  generate  Escoffier 
a  Ravenna  costrinse  i  sicarii  e  malfattori  a  procedere  piu  cauti,  un  re- 
cente giudicato  della  Corte  d'assise  di  Bologna  non  puo  non  incoraggir- 

11  a  mostrarsi  di  nuovo  baldi  e  franchi.  Infatti  non  ha  mollo  i  giornali 
'  aveano  parlato  a  lungo  della  felice  scoperta  d'una  associazione  di  mal- 
fattori che  avea  sua  sede  a  Pesaro,  e  magnificata  la  sapienza  della  Po- 
lizia  e  la  energia  dei  Magistral!  in  iscovare  e  carcerare  quei  ribaldi.  Or 
bene:  questi  furono  tesle,  per  sentenza  dei  giurati,  prosciolti  alii  24  Ot- 
tobre,  e  dal  Tribunale  rimandati  tutti  liberi.  Le  ovazioni  con  cui  furono 
accompagnati  questi  eroi,  al  loro  uscire  di  carcere,  da  turbe  di  marma- 
glia  dal  ceffo  di  scherano,  ed  il  Iripudio  dei  giornali  piu  abbietli  della  fa- 


CONTEMPORANEA  365 

zione  repubblicana,  dimostrano  abbastanza  a  cui  protitto  debba  volgere 
quella  seutenza.  II  brigantaggio  e  diminuito  nel  territorio  napolitano, 
<:ome  solea  accadere  anche  gli  anni  addietro  in  questa  stagione ;  ma"  chi 
puo  ripromettersi  che  non  ringagliardisca  colle  miserie  deirinverno? 

E  la  miseria  vuol  essere  grandissima,  non  pure  su  quel  di  Napoli,  ma 
eziandio  nell'Alta  Italia,  dove  le  recent!  inondazioni  distrussero  raccolti, 
isterilirono-sterminali  tratti  di  suolo  fecondo,  che  copersero  di  arena  e 
ciottoli,  abbatterono  argini,  ponti  edighe;  mandarono  in  rovina  innume- 
revole  case  e  molte  borgate,  ed  allagarono  eziandio  intere  citta.  Le  rive 
del  Lago  Maggiore  devastate  dalla  piena  del  lago,  che  si  alzo  di  quasi 
due  metri  oltre  il  suo  livello ;  quelle  del  Ticino,  il  quale,  gontlatosi  fino 
a  7  metri  e  mezzo  al  di  sopra  del  livello  ordinario,  si  riverso  sulle  circo- 
stanti  pianure  che  le  cangio  in  paludi.  II  Po  che,  rotti  argini  e  ponti, 
mando  sotfacqua  tanta  parte  del  Cremonese  e  del  Mantovano.  La  citta 
di  Parma  che  fu  inondata  da  una  vera  cateratta  del  fiume.  Legnago,  per 
piena  dell'Adige,  empiuta  di  rovine.  Verona,  e  quante  citta  e  borgate 
sono  lambite  da  qualche  fiume  o  torrente,  ancor  esse  allagate,  con  per- 
dita  infinita  o  guasto  irreparabile  di  derrate  d'ogni  ragione.  I  danni  di 
queste  inondazioni,  descritti  per  minuto  nei  giornali  dell1  Ottobre,  oltre- 
passano  le  due  o  tre  centinaia  di  milioni. 

Or  fate  che  ai  popoli  gia  cosi  desolati  dall1  imperversare  della  stagio- 
ne, si  debba  ancora  fare  scontare  il  balzello  del  macinato;  e  poi  vedrete 
dove  andra  a  finire  la  mirabile  quiete  e  compostezza  celebrata  dal  Mo- 
niteur! 

Abbiamo  accennato,  tra  le  cose  romane,  come  il  Santo  Padre  si  mo- 
vessc  a  cercar  riparo  a  tanto  male,  ond'erano  afflitti  i  popoli,  i  quali, 
sebbene  governati  da  una  setta  che  gli  e  implacabile  nemica,  pure  sono 
suoi  figli.  Questo  bell1  esempio  ebbe  felice  successo,  e  tanto  felice,  che 
i  frammassoni  si  adontarono  di  non  potersene  usurpare  il  merito,  e  per- 
cio  ne  calunniarono  il  concetto,  qualificando,  come  atto  di  propaganda 
politica  ed  antinazionale  del  Cardinale  Antonelli,  quello  che  fu  pietoso 
consiglio  del  cuore  paterno  di  Pio  IX.  Ma,  accecati  dalla  rabbia,  si  sve- 
Jenirono  pure  contro  il  re  Yittorio  Emmanuele  II  e  contro  i  suoi  figli, 
perche  si  fossero  lasciata  togliere  dal  Papa  Toccasione  di  cattivarsi  il 
cuore  degli  Italiani.Di  qui  le  villane  censure,  percio  fatte  alia  Casa  Reale 
di  Savoia  dair  Indepenclance  Beige,  che  nel  suo  foglio  del  19  Ottobre 
stampo  una  corrispondenza  da  Firenze  in  data  dei  13;  nella  quale,  dopo 
aver  accennato  a  cio  che  hanno  fatto  i  privati  ed  il  Minis  tero  per  soc- 
correre  i  danneggiati  delle  inondazioni,  soggiunge :  «  Tutto  questo  e 
neH'ordine.  Havvi  pero  una  cosa  che  fa  meraviglia  fuori  dei  sacrifizii  che 
il  paese  sMmpone  per  venir  in  aiuto  detle  popolazioni  rovinate ;  ed  e  la 
quasi  indifferenza  di  cui  fecero  o  fanno  tuttora  prova,in  quest1  occasione, 
i  primi  pcrsonaggi  del  Regno,  o,  per  parlare  senza  ambagi ,  la  famiglia 


366  CllONACA 

reale  stessa.  Tutti  aspettavano  di  vedere  i  suoi  membri,  se  non  ii  Re,  il 
quale,  a  vero  dire,  avrebbe  potuto  senza  inconvenienti  per  lui,  mi  pare, 
ed  a  grande  profitto  clella  sua  popolarita,  sospendere-le  sue  caccie  di 
Valdieri ;  se  non  il  Re,  dico,  almeno  i  prindpi  Umberto  e  Amedeo  cor- 
rere  in  mezzo  alle  popolazioni  cosi  crudelmente  tribolate,  e  distribuir 
loro  almeno,  se  la  loro  cassetta  non  era  ali'altezza  della  loro  compassio- 
ne,  parole  d1  incoraggiamento  e  di  speranza.  Queste  parole-di  Prineipi, 
che  non  costano  piu  delle  nostre,  di  noi  semplici  mortali,  hannoil  van- 
taggio  di  far  credere  la  popolarita  di  colui  che  le  prommzia.  Dissi  che  si 
fu  stupiti  di  questa  dimenticanza  troppo  singolare,  la  parola  non  e  ab- 
bastanza  forte:  si  fu  afflitti  e  attristati.  » 

5.  Quest!  sono  certamente  prodromi  poco  lieti  pel  balzello  sul  macina- 
to ;  e  percio  credesi  che  il  Rattazzi  aspetti  il  Menabrea  al  mal  passo  del 
1.°  Gennaio  1869,  quando  deve  attuarsi  la  legge,  in  virtu  di  cui  quello 
si  dovra  riscuotere,  per  dare  il  tracollo  al  barcollante  Ministero  teste  raf- 
fazzonato.  Ma  quando  il  Rattazzi  riuscisse,  e  egli  da  credere  che  percio  tal 
legge  sarebbe  abrogata,  ed  i  popoli  verrebbero  sottratti  a  tal  peso?  Cre- 
dat  ludaeus  Apella!  La  filantropia  dei  liberali  non  va  piii  in  la,  che  a 
servirsi  di  tali  pretesti,  come  di  strumenti  per  bolzonare  e  mandare  in 
terra  gli  emoli  che  vogliono  soppiantare  nelle  cariche  e  negli  stipendii  ; 
ma  di  alleviare  le  pubbliche  gravezze  non  e  caso  mai  che  si  diano  pen- 
siero.  L1  esperienza  di  otto  interi  anni  1'ha  dimostrato  allltalia.  E  pei  re- 
nitenti  al  pagare,  i  Govern!  liberali  hanno  in  pronto  certi  spedienti  da 
disgradarne  la  benignita  amministrativa  di  Maometto  II  o  del  defunto 
Teodoro  Negus  d'Abissinia. 

II  Corriere  italiano  di  Firenze  deir  11  Ottobre  ne  pubblico  un  docu- 
mento  lampante ;  ed  e  una  circolare  del  Ministro  della  guerra,  che  dc- 
termina  gli  stipendii  da  darsi  ai  piantoni,  a  spese  del  contribuenti  mo- 
rosi,  per  costringerli  a  vendere  il  proprio  sangue  se  occorre  per  trarne 
quattrini  e  pagare  il  lisco.  Ogni  soldato  cosi  allogato  in  una  casa  do- 
yra  avere  una  lira  al  giorno  di  soprassoldo;  e  grossa  taglia  si  dovra  pa- 
gare dai  comuni  ai  drappelli  di  soldati  che  staranno  nei  villaggi  a  tute- 
la  dei  piantoni!  UUnita  Cattolica  del  14  Ottobre  ha  messo  molto  be- 
ne  in  rilievo,  colla  scorta  di  codesto  documento,  la  felicita  incomparabi- 
le  procacciata  agli  Italiani  per  le  annessioni  del  1859  e  del  1860;  onde 
spicca  sempre  piu  1'  indole  magnanima  dei  rivoluzionarii  nell1  ingrassare 
se  stessi  assassinando  i  popoli. 

6.  Di  eguale  felicita  sono  minacciati  quasi  ogni  giorno,  non  solo  dai 
settarii  garibaldini ,  ma  dai  Ministri  del  re  Vittorio  Emmanuele  II,  an- 
che  gli  abitanti  di  quei  pochi  palmi  di  terra  che  attorno  a  Roma  scam- 
parono  sin  qui,  merce  della  tutela  della  Francia,  alle  rapine  dei  ladri 
insediatisi  a  Firenze.  La  Correspondence  italienne  del  Menabrea,  YOpi- 
iiione,  la  Nasione,  la  Perscveranm  ed  il  resto  del  diarii  della  consorteria 


CONTEMPORANEA  367 

dominante,  sotto  colore  di  rifiutare  cakmnie  o  dileguare  fantasime  imma- 
ginate  dai  Garibaldini,  ribadiscono  ogni  di  piii  alto  che  non  ismettono  il 
proposito  di  rubare  anche  Roma  al  Papa,  mantenendo  il  voto  di  Roma  ca- 
pitals d' Italia.  Non  curando,  o  interpretando  a  modo  loro,  la  Gonven- 
zione  del  14  Settembre  1864,  e  beffandosi  del  Jamais,  scoccato,  per  or- 
dine  di  Napoleone  III,  dal  Rouher,  essi  ripetono  con  baldanza  imperlur- 
babile  che,  a  dispetlo  di  tutti,  Roma  sara  rubata  al  Papa. 

II  sig.  Rroglio,  cbe  pei  tanti  imbrogli  onde,  emulando  i  degnissimi 
suoi  predecessor!,  sa  yiepiu  imbarberire  Y  insegnamento,  si  e  meritato 
il  titolo  di  Ministro  sopra  la  pubblica  ignoranza:  il  sig.  Rroglio  fu  re- 
galato  al  Parlamento  italiano  dagli  eleltori  di  Bassano.  Or  egli,  alii  $ 
Ottobre,  nell'  occasione  di  un  lauto  bancbetto,  fece  cola  im  discorso ,  ai 
suoi  lettori  e  natural  men  te  vi  dovea  parlare  del  compimento  del  patrii 
destini,  dell'unita  e  del  resto  dei  disegni  massonici.  Or  ecco  come  par!6 
della  conquista  di  Roma  in  quella  sua  prolissa  pappolata,  inserita  nella 
Nazione  di  Firenze  n."  288. 

«  Nulla  potrebbe  impedire  il  compimento  dei  nostri  yoti,  poiche  sa- 
rebbe  lo  stesso  come  dire  che  il  Brenta,  perche  ingrossato,  anzichfc 
continuare  il  suo  corso,  dovesse  tornare  indietro.  E  cio  dico  e  in  riguar- 
do  a  Roma  e  in  riguardo  alle  nostre  interne  questioni  politiche,  ammini- 
stratiye  ed  economiche.  Certo  voi  mi  concederete,  signori,  che  nessun 
uomo  potrebbe  essere  si  folle  da  porre  in  dubbio,che  domani  il  sole  ab- 
bia  a  spuntare  suirorizzonte;  ora,  chiunque  guardi  al  cammino  glorioso 
della  nostra  rivoluzione  ed  allo  svolgersi  degli  avvenimenti  in  Europa  e 
nel  mondo,  non  puo  non  sen  tire  una  conyinzione  egualmente  profonda, 
che  Roma  sara  nostra  e  nostra  presto.  Ma,  per  prendere  di  fatto  quel 
possesso,  che  in  diritto  e  gia  nostro,  nessuno,  credo,  yorra  ormai  au- 
gurarsi  tentatiyi  precoci  e  inconsulti.  Questi  non  potrebbero  farci  smar- 
rire  una  meta,  la  quale  sta  nel  fatto  che  noi  dobbiamo  raggiungere,  ma 
pero  essi  ci  farebbero  perdere  tempo,  inyece  di  farcene  guadagnare.  » 

Noi  pensiamo  che  probabilmente  il  Rroglio  qui  parlasse  ispirato  da 
({iiello  stesso  genio  che  facea  sperare  al  Cavour  ed  al  Ricasoli  la  yicina 
conquista  di  Roma;  che  e  quel  genio  stesso  il  quale  indusse  tanti  setta- 
rii  a  sperare  questo  intento  yuoi  nella  congiuntura  della  morte  di  Na- 
poleone HI,  yuoi  in  quella,  che  con  animo  parricida  affrettano  ne'  loro 
desiderii,  di  una  yacanza  della  Santa  Sede. 

7.  Tuttavia  al  Menabrea  questa  dovette  parere  una  imprudenza,  che 
gli  guastava  le  uova  nel  paniere.  Fare  assegnameiito  sopra  una  riyo- 
luzione  francese  che  sbalzi  yia  Napoleone  III,  oyyero  sopra  una  va- 
canza  della  Santa  Sede,  questo  sta  nell'  indole  dei  liberali  moderati. 
Ma  altro  e  proiittare  di  tali  congiunture,  altro  il  parlarne  prima  del 
tempo.  Percio  il  Menabrea,  onde  attenuarne  Fimportanza  della  promes- 
sa  del  Broglio,  fu  soiled  to  di  far  stampare  nella  Nazione  un  articolo, 


368  CRONACA 

che  fece  poi  riproclurre  nella  sua  Correspondence  italienne,  nel  quale, 
senza  disdire  le  aspirazioni  al  pieno  e  pronto  possesso  di  Roma,  si  in- 
sinua  che  per  agevolare  tale  intento  ora  si  fanno  pratiche,  aireflfetto 
di  ottenere  che  sia  accetlato  a  Parigi  ed  imposto  a  Roma  il  modus  vi~ 
vendi  disegnato  gia  dal  Menabrea  nel  suo  dispaccio  del  24  Gennaio 
1868,  che  noi  abhiamo  recitato  nel  precedcnte  yolume,  a  pag.  244-45. 
Cos!  si  salvano  la  capra  e  i  cavoli ;  si  mantengono  intatte  le  pretensioni, 
al  possesso  di  Roma,  e  si  possono  sedare  le  impazienze  pericolose, 
mostrando  che,  sebbene  per  altra  via,  si  yiene  a  Roma. 

Ecco  in  che  modo  la  Nazione  servi  il  Menabrea.  «  Da  parecchi  giorni, 
dice  essa  nel  suo  foglio  del  17  Ottobre,  si  e  ricominciato  a  parlare  di 
negoziati  fra  il  nostro  Governo  ed  il  Gabinetto  francese  circa  gli  af- 
fari  di  Roma.  I  varii  fogli  pubblici  commentano  naturalmente  queste 
notizie  a  loro  posta,  e,  secondo  il  partito  al  quale  appartengono ,  espri- 
mono  avvisi  diametralmente  diversi.  Noi  pensiamo  sarebbe  errore  il 
credere,  che  simili  negoziati  possano  essere  ad  ogni  tratto  sospesi  o  ri- 
presi  fra  Governi  che  seguono  una  politica  ponderata  e  seria.  Non  sia- 
mo  quindi  proclivi  ad  ammettere  che  nuovi  piani  siano  stati  ventilati, 
e  che  nuove  trattative  siano  state  aperte.  » 

Qui  con  parole  contorte  accenna  che  il  mentovato  dispaccio  del  24 
Gennaio  apriva  appunto  la  via  per  accostarsi  a  Roma,  ed  agevolava  il 
compito  di  pigliarsela  a  tempo  opportuno,  costringendo  a  vivere  da 
buoni  vicini  due  Stati  che  non  si  riconoscono ;  e  si  capisce  che  cio  rie- 
see  infallibilmente  a  questo  termine,  che  il  piii  grosso  divora  il  piii  pic- 
colo. Quel  modus  vivendi  fu  allora  reietto.  Ma,  continua  la  Nazione, 
«  tracciati,  per  cosi  dire,  i  contorni  del  quadro,  non  restava  ai  due 
paesi  che  di  lavorare,  ciascuno  dal  canto  suo,  ad  apnianare  poco  a  poco 
le  difficolta  che  si  potevano  incontrare  nell'  esecuzione  del  lavoro.  Sem- 
bra  che  a  quesfopera  si  siano  accinte  dalle  due  parti  le  singole  ammi- 
nistrazioni,  attalche,  se  dobbiamo  prestar  fede  a  varie  notizie  che  ci 
pervennero,  oggidi  sono  divenuti  assai  piu  facili  e  comodi  i  rapporti  in- 
dispensabili  fra  i  due  paesi.  Una  simile  moditicazione  nella  situazione 
rispettiva  dei  due  Governi  esistenti  in  Italia,  nascendo  dal  fatto  stesso 
delle  disposizioni  che  entrambi  potevano  adottare  senza  bisogno  di  ap- 
positi  e  formali  accordi,  e  certamente  la  maggiore  guarentigia  che  si 
potrebbe  desiderare,  per  rendere  superflua  la  presenza  di  truppe  fore- 
stiere  in  Roma.  Eppero  se  i  passi  fatti  dalFuna  parte  e  dall1  altra  non 
hanno  ancora  compiuto  il  quadro  tracciato  nel  modus  vivendi ,  che  il 
Gabinetto  italiano  avrebbe  voluto  vedere  adottato  anche  da  Roma,  e 
lecito  ormai  sperare  che  le  cose  siano  gia  state  condotte  a  buon  punto. 
Questo  e  infatti  il  miglior  avviamento  alia  soluzione  della  questionc 
di  Roma. 

«  E  in  questo  senso  che  debbonsi,  a  parer  nostro,  interpretare  le  pa- 
role prommziate  daironorevole  Broglio  ai  suoi  elettori  di  Bassano.  Egli 


CONTEMPORANEA  369 

non  si  e  scostato  dal  programma  del  Ministero,  il  quale  fu  costantc  nel 
ritenere  che  la  questionc  romana  si  scioglierebbe  da  se  medesima  col 
tempo,  quando  la  soluzione  non  fosse  cercata  con  mezzi  violent!  e  pre- 
cipitosi,  ma  fosse  aspettata  con  quella  calma  che  deve  essere  la  prima 
virtii  dei  popoli,  che  sicuri  del  presente  hanno  fede  nel  proprio  avve- 
nire.  » 

Questo  parve  alia  Riforma  ed  al  resto  della  Garibalderia  un  rinim- 
ziare  a  Roma;  e  se  e  quanto  ne  inyiperissero,  Dio  vel  dical 

II. 
COSE  STRANIERE. 

SPAGNA  1.  Particolari  del  fatto  d'armi  al  ponte  d'Alcolea ;  conseguenze  della 
ferita  toccata  al  Novaliches  —  2.  Protestazione  della  Regina  Isabella  II  — 
3.  Governo  provvisorio  e  nuovo  Gabinetto  a  Madrid  —  4.  Lista  civile 
della  Regina  e  del  popolo  sovrano  —  5.  Ovazioni  fatte  al  Prim  a  Barcello- 
na  ed  a  Madrid  ;  sue  leltere  ed  apologie  —  6.  LTEspartero  si  dichiara  per 
la  rivoluzione  —  7.  Don  Giovanni  di  Borbone  rinunzia  a'suoi  diritti  in  fa- 
vore  del  suo  primogenito  Don  Carlos  —  8.  11  Serrano  mostra  di  stare  per 
la  monarcliia  costituzionale  —  9.  Ovazioni  airoiozaga  reduce  da  Parigi  — 
10.  Decreti  della  Giunta  rivoluzionaria  e  del  Ministro  di  Grazia  e  Giustizia 
per  Tabolizione  dei  corpi  religiosi  —  11.  Decreto  speciale  contro  la  Com- 
paguia  di  Gesu  — 12.  Emancipazione  di  schiavi;  difficolta  percio  sollevate 
a  Cuba  —  13.  Screzio  fra  il  Governo  provvisorio  e  la  Giunta  rivoluziona- 
ria di  Madrid,  sopra  la  competenza  a  decidere  della  forma  di  Governo  — 
14.  E  scioltala  Giunta  rivoluzionaria  di  Madrid ;  quindi  si  sciolgono  quasi 
tutte  quelle  delle  province  — 15.  Circolare  del  Ministro  degli  affari  esterni 
sopra  la  rivoluzione  e  I'avvemre  della  Spagna  — 16.  Yarie  Potenze  entrano 
in  relazioni  ufficiali  col  nuovo  Governo. 

1.  Non  erano  certamente  superflue  le  riserve  da  noi  premesse,  nel- 
Tantecedente  quaderno,  alFesposizione  dei  recenti  fatti  rivoluzionarii  della 
Spagna ;  ma  tin  qui  troviamo  una  sola  cosa  da  rettificare ;  ed  e  la  notizia 
della  morte  del  Novaliches.  Questa  era  stata  recata  da  per  tutto  come 
certa  dai  telegrammi  di  Madrid ;  ed  il  Figaro  di  Parigi  erasi  perfino 
pigliato  Tincomodo  di  descriverne  i  funerali.  Ora  e  certo  che  il  Novali- 
ches, benche  versi  in  grayissimo  pericolo  di  vita,  non  e  ancora  morto. 
II  rimanente  delle  cose  per  noi  narrate  e  confermato  pienamente.  Giove- 
ra  tuttavia  rifarci  sopra  alcuni  particolari  del  fatto,  ond1  ebbe  il  crollo 
decisive  il  trono  d1  Isabella  II . 

Al  ponte  d'Alcolea  si  venne  alle  mani,  come  fu  scritto  alia  France,  po- 
co  dopo  che  il  messo  del  Serrano  erasi  partito  dal  Quartiere  generale 
del  Novaliches,  recando  il  costui  rifiuto  di  accontarsi  con  la  rivoluzione. 
Seric  VII,  vol.  IV,  fasc.  447.  21  31  Ottobre  1868. 


370  CRONACA 

Una  divisione  di  regii ,  comandata  dal  Generaie  Lacy,  riusci  a  girare 
dietro  la  borgata  di  Alcolea;  ma  assalita  alia  sua  volta  e  circondata  da 
truppe  nemiche  in  molto  maggior  numero,  dopo  vigorosa  resistenza,  do- 
vette  darsi  vinta  e  restar  prigioniera.  Volendo  il  Novaliches  con  un  col* 
po  ardito  ristorare  le  sorti  della  battaglia,  che  gia  volgevano  poco  pro- 
pizie  pei  suoi,  respinti  da  ogni  parte,  massime  dopo  che  sei  intere  com- 
pagnie  di  cacciatori  erano  rimaste  prigioniere  perdendo  una  delle  po- 
sture piu  rilevanti,  si  spinse  innanzi  a  capo  chino  per  superare  le  sbarre 
del  ponte.  Li  fu  malamente  ferito  da  una  palla  che  gli  fracasso  il  mento. 

Parecchi  altri  officiali  superior!  caddero  al  tempo  stesso/I  regii  a  po- 
co a  poco  si  ritirarono  verso  Montoro;  ne  i  nemici  si  attentarono'd'in- 
seguirli.  II  Serrano  attese  quella  sera,  e  durante  la  notte,  a  fbrtificare  le 
posizioni  occupate,  aspettandosi  per  la  dimane  ad  un  secondo  assalto  del 
regii.  Intanto  questi,  sgominati,  venivano  in  discordia fra  loro.  La  niattina 
appresso,  quando  il  Serrano  mando  Tisitare  il  campo  di  battaglia  e  le 
posture  de'regii,  trovo  che  questi  se  n1  erano  dilungati ;  ma  non  tardo  a 
ricevere  loro  notizie,  che  furongli  recate,  ^jrima  da  Generali  ed  uffiziali 
regii  che  venivano  a  porsi  sotto  i  suoi  ordini,  poi  da  interi  hattaglioni 
e  reggimenti  che  faceano  il  loro  pronunciamcnto. 

Qui  giustizia  vuole  che  si  noti,  essere  falso  che  il  reggimento  degli 
Usseri  di  Pavia,  comandato  dal  Conte  di  Girgenti ,  fosse  tra  i  prirni  a 
tradire  i  suoi  giuramenti  e  passare  tra  le  schiere  del  nemico.  Questa  no- 
tizia  erasi  spacciata  per  una  corrispondenza  alia  Presse  parigina  dal  1  Ot- 
tobre.  Di  che  un  capitano  di  quel  reggimento,  Lorenzo  Rubio  Guillen 
y  Montero  de  Espinosa,  mando  alia  stessa  Presse  una  lettera,  ristampata 
da  quasi  tutti  i  giornali  onesti,  come  A&lYUnita  Cattolica  n.°  246,  nella 
quale  espose  la  verita  dei  fatti;  e  questi  ridondano  a  grande  onore  si  di 
quel  reggimento  e  si  del  prode  D.  Gaetano  di  Borbone  conte  di  Gir- 
genti, che  lo  comandava  col  grado  di  colonnello. 

Imperocche  il  reggimento  di  Pavia  fu  il  primo  che  si  cimento  all'as- 
salto  sotto  il  fuoco  del  nemico.  « II  Conte  di  Girgenti,  valoroso  e  tran- 
quillo,  rimase  iinperturbabilmente  esposto  al  fuoco  nemico  durante  il 
combattimento,  senza  dar  segno  veruno  di  commozione.  »  La  battaglia 
era  cominciata  verso  le  2  pomeridiane;  alle  otto  e  mezzo  di  sera  si  cesso 
il  fuoco  dai  regii,  per  difetto  di  munizioni;  fu  comandata  la  ritirata,  e 
questa  fu  protetta  dal  Conte  di  Girgenti  coi  suoi  Ussari,  che  lo  seguita- 
rono  per  tre  giorni;  fmche,  passati  omai  tutti  i  Regii  dalla  parte  del  Ser- 
rano, anche  il  reggimento  di  Pavia  dovette  sottomettersi,  ed  ebbe  ordine 
d'andare  in  guarnigione  a  Cordova.  «  Prima  di  avviarsi,  il  corpo  degli 
ufticiali  condotto  dal  Tenente  Colonnello  ando  alia  casa  abitata  dal  Conte 
di  Girgenti,  per  prendere  da  lui  un  mesto  congedo  e  deporre  a1  suoi 
piedi  protestazioni  di  rispetto  e  devozione.  »  II  valoroso  Principe  ebbe 
dal  Serrano  un  cortese  comando  di  pigliarsi  un  mese  di  congedo,  fuori 


CONTEMPORANEA  3~1 

della  Spagna;  e  fa,  in  segn.o  di  onore  o  per  maggiore  sua  sicurezza  contro 
qualsiasi  attentato,  fatto  accompagnare  sino  alle  frontiere  del  Portogallo 
da  due  aiutanti  di  campo  dello  stesso  Serrano,  ehe  dimostro,  come  del 
res  to  fecero  tutti,  amici  e  nemici,  d'avere  in  altissimo  pregio  la  bravura 
del  giovane  Principe. 

Dalla  diligente  disamina  delle  diverse  relazioni  fatte  sopra  questo  con- 
flitto  al  ponte  d'Alcolea,  risulta  che  le  perdite  dei  regii  in  morti  e  ferili, 
appunto  perche  si  spinsero  temerariamente  contro  posture  dove  i  nemici 
erano  asserragliati  al  coperto  in  troppo  maggior  nnmero,  furono  assai 
rilevanti ;  e  qnesto  spiega  come,  perduto  il  loro  capo,  generale  Pavia 
marchese  di  Novaliches,  si  rendettero  ai  vincitori,  credendo  impossible 
continuare  la  lotta.  Ma  la  vittoria  per  se  non  era  decisiva  in  favore  dei 
sollevati,  e  divenne  tale  solo  per  la  fiacchezza  del  Concha,  duca  delFAvana, 
che  reggeva  la  somma  delle  cose  a  Madrid.  II  ferito  Novaliches  era  stato 
portato  fino  a  Pinto,  a  cinque  leghe  da  Madrid,  dove  intanto  era  volata 
la  notizia  dell1  infelice  successo  deirassalto  dato  al  ponte  d'Alcolea.  Quivi 
fu  poi  visitato  alii  3  Ottobre  dal  Serrano  stesso,  che  diede  segni  di  gran- 
de  rammarico  al  vederlo  ridotto  in  si  misero  stato.  II  Concha,  o  sgomi- 
nato,  o  bramoso  di  use-ire  d'ogni  impaccio,  fu  sollecito  di  gettar  giu  Tin- 
carico  ricevuto  dalla  Regina,  abbandonando  ogni  cosa  alle  cure  del  Ri- 
Tero  e  del  Madoz,  capi  della  democrazia  di  Madrid;  e  tanto  basto  perche 
ivi,  dove  sino  a  quel  momento  tutto  era  quietissimo,  scoppiasse  il  solle- 
varaento;  di  che  avuta  notizia,  i  regii  che  ancora  poteano  tenere  testa  al 
Serrano,  si  affrettarono,  per  non  essere  colti  in  mezzo,  di  calare  le  armi 
e  rendersi.  Laonde  la  battaglia  d'Alcolea  intanto  riusci  funesta  alia  cau- 
sa d1  Isabella  II,  in  quanto  questa  avea  posto  fiducia  nel  Concha,  che 
diede  anzi  il  segnale  deirabbandono,  per  non  dire  del  tradimento. 

Ne  e  da  far  meraviglia  se  la  rivoluzione  a  Madrid  scoppio  di  tratto, 
come  una  mina  cui  s'accosta  una  facella.  Eccone  le  ragioni  descritte  dal 
Daly  News,  diario  inglese,  frammassone,e  protestante:  «  Quanto  a  Ma- 
drid, la  totalifa  del  movimento  e  dovuta  ad  un  Comitato  rivoluzionario, 
i  cui  niembri  quasi  tutti  appartengono  alia  massoneria,  che  conta  nella 
sola  capitale  centinove  logge  e  ventimmila  affigliati;  i  quali  lavoravano 
tutti  d'accordo  a  mantenere  vivo  il  fuoco  della  rivoluzione  e  a  provvedere 
di  armi  il  popolo.  Questi  sforzi  riuscirono  cosi  felici,  che  negli  ultimi 
giorm  si  trovarono  a  Madrid  ventimila  uomini  armati  di  buoni  fucili  o  ri- 
voltelle,  e  pronti  alFazione.  II  Comitato  rivoluzionario  operava  d'accor- 
do  con  Serrano,  Prim  e  socii.  Aveva  relazioni  nelle  alte  sfere,  in  guisa 
che  i  dispacci  elettrici  spediti  al  generale  Concha  erano  letti  contempo- 
raneamente  dal  generale  e  nel  Comitato  rivoluzionario.  »  II  Daly  Neics 
non  potendo  essere  sospetto  di  avversione  alia  massoneria ,  e  chiaro  che 
quanto  afferma  e  un  fatto  a  lui  noto  in  modo  autcntico.  Imparino  i  So- 
vrar.i  che  favoriscono  le  logge  massoniche. 


372  CRONACA 

2.  Pervenuta  a  sicuro  riparo  sul  territorio  francese,  la  regina  Isabel- 
la II  penso  di  dover  mettere  in  salvo  i  suoi  diritti  e  quclli  di  suo  figlio ; 
e  dal  castello  di  Pau  mando  pubblicare  la  seguente  protestazione,  che  in 
lingua  francese  leggesi  anche  nel  Memorial  diplomatique  deir  8  Ottobre 
p.  668-69. 

«  Agli  Spagnuoli:  Una  congiura,  di  cui  non  esiste,  a  cosi  dire,  esem- 
pio  in  altro  popolo  dell'  Europa,  precipito  la  Spagna  negli  orrori  del- 
1'anarchia.  Forze  di  terra  e  di  mare,  cui  la  nazione  generosamente  man- 
teneva,  e  di  cui  sempre  ricompensai  con  piacere  i  servigi,  dimenticando 
le  gloriose  tradizioni,  e  violando  i  piu  sacri  giuramenti,  si  rivolgono 
contro  la  patria  ed  attirano  sopra  di  essa  giorni  di  duolo  e  di  desolazione. 
11  grido  dei  ribelli  alzato  dalla  baia  di  Cadice,  e  ripetuto  in  qualcbe  pro- 
vincia,  da  una  parte  delF  esercito,  risuona  nel  cuore  dell'  immensa  mag- 
gioranza  degli  Spagnuoli  come  il  tuono  precursore  di  una  tempesta,  cbe 
mette  in  pericolo  gV  interessi  della  religione,  le  forze  costitutive  della 
legittimita  e  del  diritto,  1'indipendenza  e  Fonore  della  Spagna. 

«  La  serie  deplorabile  delle  defezioni,  gli  atti  d1  incredibile  slealta  cbe 
si  manifestarono  in  uno  spazio  cosi  breve  di  tempo,  feriscono  piu  i  miei 
sentimenti  di  spagnuola,  di  quello  che  feriscono  la  mi  a  dignita  di  Regi- 
na. Gli  stessi  piu  grandi  nemici  delFautorita  non  pensano  che  il  potere 
pubblico,  che  emana  da  cosi  alta  origine,  possa  essere  conferito,  modi- 
ficato  o  soppresso  dair  intervento  della  forza  materiale,  sotto  F  impulso 
cieco  dei  battaglioni  sedotti.  Se  le  citta  e  le  campagne,  cedendo  alia 
prima  impressione  della  violenza  si  sottomettono  per  un  istante  al  gio- 
go  degFinsorti,  il  sentimento  pubblico,  ferito  in  cio  che  vi  ha  di  piu  no- 
bile  e  di  piu  intimo,  non  tardera  a  risvegliarsi,  per  mostrare  al  mondo 
che,  grazie  al  cielo,  gli  ecclissi  della  ragione  e  delF  onore  sono  affatto 
passeggieri  in  Ispagna. 

«  Fino  a  questo  punto,  come  Regina  legittima  di  Spagna,  dopo  serio 
esame  e  mature  consiglio,  giudicai  a  proposito  di  cercare  negli  Stati  di 
un  augusto  alleato  la  sicurezza  necessaria  per  agire  in  questa  difficile 
circostanza  come  si  appartiene  alia  mia  qualita  di  Regina  e  al  dovere 
che  ho  di  trasmettere  intatti  a  mio  figlio  i  miei  diritti,  protetti  dalla 
legge,  riconosciuti  e  giurati  dalla  nazione,  avvalorati  inline  da  trenta- 
cinque  anni  di  sacrificii,  di  vicende  e  di  tenera  affezione. 

«  Mettendo  il  piede  su  terra  straniera,  col  cuore  e  cogli  occhi  sempre 
rivolti  verso  quella  che  e  mia  patria,  e  la  patria  dei  miei  figli,  mi  affret- 
to  di  pubblicare  la  mia  protesta  esplicita  e  solenne  dinanzi  a  Dio  e  di- 
nanzi  agli  uomini,  dichiarando  che  la  forza  maggiore  alia  quale  io  cedo, 
uscendo  dal  mio  regno,  non  potrebbe  pregiudicare  alF  mtegrita  dei  miei 
diritti,  ne  attenuarla,  ne  metterla  in  dubbio  per  nulla;  ne  potranno  in 
alcun  modo  recarle  pregiudizio  gli  atti  del  Governo  rivoluzionario,  e  tanto 
meno  le  deliberazioni  delle  sue  assemblee,  che  dovranno  necessariamente 


CONTEMPORANEA  373 

formarsi  solto  la  pressione  del  furori  demagogici  e  in  condizioni  di  vio- 
lenza  manifesta  sulle  coscienze  e  sulle  volonta. 

« I  nostri  padri  hanno  sostenuto  per  la  fede  religiosa  e  per  T  indipen- 
denza  della  Spagna  una  lotta  lunga  e  felice.  Per  riannodare  cio  che  yi 
era  di  grande  e  di  eroico  nei  secoli  passati  a  cio  che  contengono  i  tempi 
moderni  di  germi  sani  e  fecondi,  la  generazione  presente  ha  lavorato 
senza  posa.  La  rivoluzione,  nemica  mortale  delle  tradizioni  e  del  pro- 
gresso  legittimo,  corabatte  tutti  i  principii  che  costituisccno  la  forza  vi- 
va, Tanima  e  la  vigoria  della  nazione  spagnuola.  La  liberty,  nella  sua 
espansione  illimitata  e  in  tulte  le  sue  manifestazioni,  assalendo  T  unita 
cattolica,  la  monarchia  e  T  esercizio  legale  dei  poteri,  lurba  la  famiglia, 
distrugge  la  societa  domestica  ed  uccide  la  virtu  e  il  patriotismo. 

«  Se  credete  che  la  Corona  di  Spagna  portata  da  una  Regina,  che  eb- 
be  la  fortuna  di  unire  il  suo  nome  alia  rigenerazione  politica  e  sociale 
dello  Stato,  sia  il  simholo  di  questi  principii  tutelari,  rimanete  fedeli, 
come  spero,  ai  vostri  giuramenti  e  alle  vostre  credenze;  lasciate  passa- 
re,  come  un  flagello,  la  vertigine  rivoluzionaria,  nella  quale  si  agitano 
T  ingratitudine,  la  fellonia  e  rambizione;  e  state  sicuri  che  io  non  tras- 
curero  nulla  per  mantenere  intatto,  anche  nella  sventura,  questo  simbo- 
lo,  fuori  del  quale  non  vi  ha  per  la  Spagna  ne  una  memoria  che  Fattiri, 
ne  una  speranza  che  la  sostenga. 

«  L'orgoglio  dissennato  di  alcuni  sommove  e  sconvolge  pel  momento 
tutta  la  nazione,  produce  la  confusione  negli  animi  e  Tanarchia  nella  so- 
cieta. Non  vi  ha  nemmeno  posto  nel  mio  cuore  per  T  odio  contro  questo 
piccol  numero ;  imperocche  io  temerei,  che  al  contratto  di  questo  senti- 
mento  meschino  s'indebolisse  la  profonda  tenerezza  che  m1  ispirano  gli 
uomini  leali,  che  hanno  esposto  la  lor  vita  e  versato  il  lor  sangue  per 
difesa  del  trono  e  deirordine  pubblico,  e  tutti  quelli  spagnuoli  che  assi- 
i4ono  con  dolore  e  spavento  allo  spettacolo  d' un1  insurrezione  trionfan- 
te,  vergognosa  pagina  della  storia  del  nostro  incivilimento. 

«  Sulla  nobile  terra,  da  cui  oggi  vi  parlo  e  da  per  tutto  altrove,  io 
sopportero,  senza  lasciarmi  abbattere,  le  sventure  della  mia  amatissima 
Spagna,  che  sono  le  mie  stesse.  Se  io  non  avessi  altro  esempio  per  so- 
stenermi,  tra  molti  avrei  quello  del  sovrano  piu  venerando,  modello  di 
rassegnazione  e  di  coraggio ,  oppresso  egli  pure  da  tribolazioni  ed  ama- 
rezze,  ed  infine  attingerei  forza  dalla  fiducia  che  ho  nella  lealta  de1  miei 
sudditi,  nella  giustizia  della  mia  causa,  e  soprattutto  nella  potenza  di 
colui  che  tiene  nelle  sue  mani  la  sorte  degli  imperi. 

«  La  monarchia  di  quindici  secoli  di  lotte,  di  vittorie,  di  patriotismo 
e  di  grandezza,  non  puo  perdersi  in  quindici  giorni  di  spergiuri,  d1  infe- 
delta  e  di  tradimenti.  Abbiam  fede  nell'  avvenire :  la  gloria  del  popolo 
spagnuolo  fu  sempre  quella  dei  suoi  Re ;  le  disgrazic  dei  Re  cadono 
sempre  sui  popoli.  Nella  ferma  e  patriotica  aspirazione  pel  mantenimen- 


37  i  CRONACA 

to  del  diritto,  della  legittimita  e  dell'  onore,  il  yostro  spirito  e  i  yostrc 
sforzi  s1  accorderanno  sempre  colla  decisione  energica  e  coll'  affetto 
materno  della  yostra  Regina.  Castello  di  Pan,  30  Settembre  1868, 
ISABELLA.  » 

3.  Intanto  a  Madrid  la  plebe  armata,  sotto  nome  di  volontarii  della  li~ 
berld ,  gavazzaya  a  posta  sua ;  ma  la  Dio  merce  fu  assai  rneno  sanguina- 
ria  che  non  sariasi  potuto  temere.  Si  contento  di  accsppare  qualche  po- 
liziotto,  di  macellare  un  sergente  d1  artiglieria  che  avea  denunciata  al 
Narvaez  una  cospirazione  mil! tare,  e  di  raalmenare  alcuni  ufficiali  re- 
gii  creduti  troppo  devoti  ad  Isabella.  Un  segretario  di  Gonzalez  Bravo 
non  si  rassegno  alle  fischiate  ed  agli  insulti  ond'era  perseguitato  da  un 
branco  di  marmaglia,  e  se  ne  risen ti ;  tanto  has  to  perche  ne  ayesse  due 
gravi  ferite  di  baionette  e  di  daga,  per  cui  cadde  a  terra,  doye  fu  or- 
rendamente  pesto  e  straziato.  I  caporioni  della  democrazia  biasimarono 
dolcemente  quella  scveritd  del  popolo  soyrano,  come  gia  si  fece  per  F  as- 
sassinio  dell1  Anviti  a  Parma ;  ed  alcuni  diarii  ufficiali  ed  ufficiosi  d1  Euro- 
pa  plaudirono  air  ordine  che  regnava  a  Madrid.  I  fucili  tolti  alFarsenale, 
tutti  a  retrocarica  e  di  nuovo  modello,  cominciarono  a  sparire,  yenduti 
dai  volontarii  per  due  o  tre  piastre  a  chiunque  ne  yoleva ;  e  cosi  non  si 
duro  poi  gran  fatica  a  disarmare  il  popolo  soyrano. 

La  Giunta  superiore  di  Goyerno  proyyisorio,  che  si  era  costituita  da 
se  sotto  la  presidenza  del  Madoz,  mando  fuori,  per  impedire  gli  eccessi, 
i  soliti  altosonanti  proclami,  infarciti  delle  consuete  liberta;  ma  proce- 
deya,  a  quanto  pare,  con  poco  senno;  di  che  il  Madoz  rinunzio  a  pre- 
siederla,  e  gli  fu  surrogate  TAguirre.  Alii  3  Ottobre  la  Giunta  delibero 
di  commettere  al  Serrano,  cui  gia  aveya  conferito  grado  e  podesta  di 
capo  supremo  deiresercito,  Tincarico  di  formare  un  Ministero  proyyiso- 
rio. Egli  accetto ;  ed  ecco  i  nomi  dei  membri  del  nuoyo  Gabinetto  ri- 
yoluzionario,  create  alii  8  Ottobre.  Presidents  del  Consiglio,  il  mare- 
sciallo  Serrano,  Duca  della  Torre;  Ministro  sopra  la  guerra,  il  Luogote- 
nente  generale  D.  Juan  Prim,  marchese  de  los  Castillejos;  per  gli  affari 
esterni,  D.  Juan  Alyarez  Lorenzana;  per  gli  affari  di  grazia  e  giustizia, 
D.  Antonio  Romero  Ortiz ;  sopra  la  marina,  il  brigadiere  dell"Armata? 
D.  Juan  Topete;  sopra  le  finanze,  D.  Laureano  Figuerola;  Ministro 
della  gobernacion,  affari  interni  D.  Praxedes  Mateo  Sagalta;  Ministro  del 
fomento,  ossia  layori  pubblici,  D.  Manuel  Ruiz  Zorilla;  Ministro  di  ul- 
tramar,  cioe  delle  colonie,  D.  Adelardo  Lopez  de  Ayala. 

Non  yuolsi  tralasciare  di  mettere  in  nota  che  il  decreto  di  nomina 
sul  diario  officiale  comincia  con  queste  parole:  «  Adempiendo  il  man- 
dato  (e  il  Serrano  die  parla]  confidatomi  dalla  nazione,  ed  usando  i 
poteri  di  cui  sono  rivestito,  nomino  sotto  la  mia  presidenza  il  Goyer- 
no proyvisorio  seguente.  » 

II  Serrano,  il  Prim  ed  il  Topete  doyeano  di  necessita  fame  parte, 
essendo  stati  capi  del  sollevamento  militare.  Sono  unionisti,  cioe  de! 


CONTEMPORANEA  375 

partito  foWunione-liberale,  il  Serrano  F  Ortiz,  il  Lorenzana,  gia  compi- 
latore  del  Diario  national,  FAyala,  poeta  drammatico  e  lirico,  ed  il  To- 
pete.  Sono  progressist*  diehiarati  il  Prim,  il  Figuerola,  professore  di 
diritto  pubblico,  il  Sagasta,  gia  direttore  del  diario  Iberia,  ed  il  Zo- 
rilla,  giovane  avvocato  di  parlantina  sciolta  e  tutto  creatura  del  Prim. 
Vedremo  qucl  die  uscira  da  questo  centone.  Finora  si  scorge  solo  che, 
per  non  romperla,  yanno  d1  accordo  in  distrnggere  tutto  Fordine  pre- 
esistente. 

4.  Appena  costituito,  questo  Governo  provvisorio  si  occupo,  e  chi 
oserebbe  contrastarne  il  diritto  ai  liberali?  di  preparare  ai  suoi  una  buona 
lista  civile,  almeno  per  TIC  indirette.  II  Topete,  dicono,  si  mostro  severe 
e  casso  dai  ruoli  non  pochi  official!  di  marina,  probabilmente  percbe  so- 
spetti  di  poca  devozione  al  nuovo  ordine  di  cose ;  ma  ebbe  almeno  im 
certo  pudore  che  il  rattenne  dal  fare  subito  a  centinaia  le  promozioni 
de'suoi  partigiani.  Non  cosi  il  Prim.  Tutti  gli  ufficiali  che  col  Serrano 
si  dichiararono  contro  la  Regina,  furono  di  botto  promossi  d'un  grado, 
e  questo  favore  1'u  esteso  poco  dopo  a  tutte  le  altre  truppe  che  aveano 
aderito  poi  al  pronunciamento.  Ben  inteso  che  a  cert!  cospiratori  phi 
benemeriti,  i  gradi  e  gli  stipendii  furono  dati  con  piu  larghezza.  Quel 
tale  Escalante,  che  comando  a  Madrid  i  volontarii  della  liberta,  di  Capi- 
tano  fu  creato  Generate!  Cosi  a  ruffa  raffa  furono  gittati  in  ricompensa 
a  militari  felloni  e  gradi,  ed  onori  e  stipendii,  II  Prim,  per  quanto  si  di- 
ce e  si  vede,  non  dimentico  se  stesso.  Negli  splendidi  appartamenti  in 
cui  prese  alloggio,  i  banchetti  succedono  ai  banchetti,  con  tale  sfoggio 
di  prodigalita  asiatica,  che  basta  a  dimostrare,  non  essendo  egli  im  Creso 
nato,  come  egli  sappia  dove  attingere  di  che  buttare. 

Ognuno  capisce  che  il  popolo  sovrano  non  vuole  contentarsi  di'  guar- 
dare,  ma  vuole  anche  partecipare  alle  delizie  del  banchetto  nazionale, 
e  vuole  anch'egli  la  lista  civile.  Or  egli  e  bene  vedere  che  cosa  guada- 
gni  lo  Stato  al  cambio.  1  diarii  della  rivoluzione,  per  far  gabbo  ai  sem- 
pliciani,  magnificarono  Feconomia  che  deriverebbe  allo  Stato  dal  fare  a 
meno  del  lusso  costosissimo  dy  una  Regina,  secondo  la  frase  del  Mazzini ; 
ed  esagerando  le  cifre  edi*valori,  fecero  salire  alia  somma  di  franchi 
22,925,000  il  risparmio  che  si  farebbe  per  la  cessazione  della  lista  civile 
della  regina  Isabella,  e  delle  dotazioni  al  re  D.  Francesco,  alia  contessa 
di  Girgenti,  alia  regina  Cristina  ed  agli  altri  membri  della  famiglia 
reale.  II  vero  si  e  che  il  risparmio  sarebbe  solo  di  fr.  12,150,250.  Or 
vediamo  qual  sia  la  lista  civile  che  decreto  a  se  stesso  il  popolo  sovrano 
della  sola  citta  di  Madrid.  La,  fmche  non  fu  abolita  la  Giunta  di  Governo 
prowisorio,  erano  circa  40,000  i  volontarii  della  liberta,  che  riceveano 
ciascuuo  2  franchi  il  giorno,  per  andare  attorno  cantando  Finno  di  Rie- 
go,  il  che  porta  la  somma  di  fr.  2,400,000  al  mese,  cioe  circa  30  milioni 
I'anno.  Riducendola  anche  ad  un  terzo,  ora  che  i  wlontani,  sotto  nome 


376  CRONACA 

di  operai,  sono  ridotti  a  circa  14,000,  tal  lista  civile  sarebbe  pel  solo 
popolo  sovrano  di  Madrid  d'una  dccina  di  milioni.  E  il  resto  degli  Spa- 
gnuoli  vorrebbe  forse  restare  a  denti  asciutti? 

5.  Yuolsi  tuttavia  confessare  che  tale  sperpero  era  al  tutto  necessario 
per  mantenere  acceso  il  sacro  fuoco  dell'  entusiasmo  pei  liberator!  della 
patria;  e  questo  basta  a  spiegare  come  le  finalize,  che  erano  esauste  sot- 
to  il  Governo  legittimo  di  Isabella  II ,  siansi  trovate  subito  riboccanti  di 
moneta  da  gittarsi  a1  Generali,  ufficiali,  soldati  e  plebe.  II  Prim  da  Cadi- 
ce  era  andato  a  Barcellona,  dove  ebbe  accoglienze  trionfali  dai  suoi  ade- 
renti.  Quinci  passo  a  Madrid,  e  le  oyazioni  con  cui  vi  fu  ricevuto,  supe- 
rarono  di  gran  limga  quelle  che  rallegrarono  il  Serrano,  quando  vi  en- 
tro  vincitore  della  gran  giornata  d'Alcolea.  Noi  rimandiamo  i  nostri  let- 
tori  alle  descrizioni  che  di  questo  ingresso  trionfale  stamparono,  con  vi- 
vacita  incomparabile  di  poesia,  i  diarii  liberali,  affinche  possano  vedere 
cogli  occhi  loro  quanta  sia  la  potenza  dell'  oro,  che  a  delta  del  conte 
Ponza  di  san  Martino,  fa  miracoli.  Quello  che  ne  fu  scritto  all'  Unicers 
eccita  risa  inestinguibili.  Perche  se  il  Serrano  entro  in  Madrid  a  caval- 
lo,  per  essersi  la  plebe  insediata  nelle  carrozze  di  gala  della  Corte,  spe- 
dite  incontro  a  lui,  il  Prim  rischio  d'essere  soffocato  da  una  tempesta  di 
corone,  per  una  vittoria  ottenuta  senza  combattere! 

Ma  il  Prim  udi  che  si  diceva,  come  egli  gia  vagheggiasse  la  corona 
ftlmperatore  di  Spagna;  e  memore  della  volpe  che  trovava  troppo  acer- 
ba  Tuva  cui  non  poteva  raggiungere,  mando  stampare  con  solenne  giu- 
ramento  la  protesta,  .che  rinunzierebbe  anzi  alia  patria,  prima  di  accet- 
tare  quella  corona!  .Sublime  abnegazione!  Poi,  messo  alle  strette  di 
dichiarare,  egli  che  mostrava  d' aver  in  pugno  le  sorti  della  Spagna, 
che  cosa  volesse  fame,  se  una  repubblica  od  una  monarchia,  scrisse 
il  10  Ottobre  al  Gaulois,  suo  diario  ufficiale  in  Francia,  per  iscusare  la 
rivoluzione  spagnuola  accusata  di  procedere  troppo  lenta,  e  ne  colse  oc- 
casione  per  dire  il  suo  avviso  sui  destini  futuri  della  Spagna.  « Noi 
speriamo  che  col  consenso  deH'Assemblea  costituente,  la  quale  non  tar- 
dera  ad  essere  convocata,  giungeremo,  in  brevissimo  tempo,  ad  attuare 
il  nostro  programma.  Noi  saremo  allora  pervenuti  a  possedere  1'ideale 
politico  della  Spagna  contemporanea,  cioe  una  vera  monarchia  costitu- 
zionale  fondata  sopra  basi  liberali,  le  piu  ampie  che  cosiffatto  genere 
di  Governo  possa  comportare.  »  Ecco  il  progressista  Prim  modesta- 
mente  accconciarsi  a  divenire  monarchico  costituzionale,  di  ardente  re- 
pubblicano  ch'  egli  erasi  mostrato  al  momento  di  eccitare  la  rivoluzione. 

Tuttavia  una  accusa  pesava  forte  al  Prim ;  quella  cioe  di  essere  nulla 
piu  che  un  prezzolato  strumento  della  Prussia,  la  qnale  sarebbesi  av- 
valsa  di  lui  per  mandare  sossopra  la  Spagna,  all'mtento  di  creare  im- 
pacci  alia  Francia  e  rendere  impossibile  a  Napoleone  III  ogni  alleanza. 
La  Presse  parigina  del  10  Ottobre  avea  spiattellato  queste  accuse  molto 


CONTEMPORANEA  377 

chiarc.  II  Prim  se  ne  adonto,  e  per  mano  del  capo  del  suo  gabinetto  par- 
ticolare  mando  alia  Presse  una  lettera,  in  cui  disdegnosamente  le  respin- 
ge,  e  che  finisce  con  queste  parole :  « II  generale  Prim  non  si  e  recato  a 
Fontainebleau,  e  non  ebbe  per  conseguenza  a  soffrire  rumiliazione  di  un 
rifiuto  d'udienza  da  S.  M.  Vimperatore.  Quanto  ai  600,000  tailed,  che 
si  dicono  imprestati  dalla  Prussia,  questo  fatto  fu  smentito  piii  volte, 
ma  il  generale  coglie  questa  occasione  per  dichiarare  altamente,  che  la 
Spagna  si  e  liberata  coll'  aiuto  delle  sue  proprie  fortune  e  col  sangue  dei 
suoi  figli.  II  colonnello,  Manuel  Pavia.  » 

6.  Molti  pero  bramavano  di  sapere  quel  che  farebbe  FEspartero,  che, 
sebbene  vecchio  di  78  anni ,  potrebbe  essere  tentato  di  contrapporsi  al 
Prim  ed  ai  suoi  colleghi.  L'Espartero  si  dichiaro  con  la  seguente  lettera 
al  Serrano. 

«  Logrono  11  Ottobre  1868.  Mio  degno  amico.  Esprimo  a  voi  ed  ai 
yostri  colleghi  del  Ministero  i  miei  piii  vivi  ringraziamenti  per  la  stima 
e  Faffetto  che  mi  manifestate  nella  vostra  lettera  di  ieri.  Tutti  sanno 
quale  sia  la  mia  unica  aspirazione ;  non  ho  quindi  d1  uopo  di  ripeterla ;  e 
tutti  conoscono  gia  la  mia  risoluzione  verso  il  Governo  che  si  e  costitui- 
to  sotto  la  vostra  presidenza.  Questo  Governo,  non  ne  dubito,  avra  pure 
Fappoggio  dei  miei  amici  e  di  tutti  coloro  che  desiderano  veder  trionfare 
il  principio  della  sovranita  nazionale  in  tutte  le  sue  manifestazioni,  sim- 
bolo  della  gloriosa  insurrezione  incominciata  a  Cadice,  e  che  nessuno 
puo  avere  maggiore  interesse  a  serbare  intatto  che  gli  iniziatori  stessi. 
Gradite,  come  pure  i  vostri  colleghi,  F  espressione  del  mio  sincero  affet- 
to,  e  contate  su  quella  del  vostro  devotissimo  Baldomero  Espartero.  » 

7.  E  chiaro  che,  se  piacesse  davvero  al  Prim  di  adoperare  la  sua  in- 
fluenza, che  ora  prevale  d'assai  sopra  quella  del  Serrano,  in  favore,  a 
cagion  d'esempio,  dei  diritti  ereditarii  di  D.  Giovanni  di  Borbone,  FE- 
spartero,  che  fu  il  principale  autore  del  trionfo  della  madre  di  Isabel- 
la II  contro  il  padre  di  D.  Giovanni,  non  vi  si  opporrebbe  o  si  oppor- 
rebbe  indarno.  Ma  ecco  che  D.  Giovanni,  appena  saputo  come  le  sorti 
volgevano  propizie  alia  rivoluzione,  spedi  da  Londra,  dove  ha  stanza  e 
dove,  per  qnanto  dicesi,  era  in  istrettissima  intimita  col  Prim,  un  atto 
formale  di  abdicazione  dei  suoi  diritti  al  trono  di  Spagna,  in  favore  di 
suo  figlio  D.  Carlos ,   fratello  primogenito  di  quell1  egregio  principe 
D.  Alfonso,  che  ora  si  pregia  di  militare,  semplice  soldato,  fra  gli  Zuavi 
sotto  le  insegne  di  Santa  Chiesa,  a  difesa  di  Pio  IX.  La  rinunzia  e  del 
tenore  seguente.  - 

«  Non  avendo  io  altra  ambizione  che  la  felicita  degli  Spagnuoli,  cioe 
la  prosperita  interna  e  il  prestigio  della  mia  cara  patria  alFesterno,  credo 
di  dover  abdicare,  e  per  le  presenti  abdico  tutti  i  miei  diritti  al  trono  di 
Spagna,  in  favore  del  mio  diletto  figlio  D.  Carlo  di  Borbone  ed  Este. 
Firmato,  GIOVANNI  DI  BORBONE  E  DI  BRAGANZA.  » 


378  CRONACA 

I  partigiani  antichi  di  D.  Carlos  fratello  di  Ferdinando  VII,  affrettaron- 
si  subito  di  riconoscere,  sotto  nome  di  Carlo  VII,  il  giovane  D.  Carlos , 
come  legittimo  erede  del  trono  ;  e  questi,  trasferitosi  a  Parigi,  e  ivi  og~ 
getto  di  uon  poca  sollecitudine  per  i  parecchi  altri  pretendenti  alia  coro- 
na di  Spagna. 

Infatti  i  pretendenti  o  candidati  che  dir  si  vogliono  all'arduo  ufficio  di 
regnare  e  non  governare  in  Spagna  cominciarono  a  pullulare,  appena  si 
venne  a  sapere  che  il  Prim  inchinaya  alia  monarcnia  costituzionale,  e 
che  i  fautori  della  repubhlica,  sfiduciati  di  riuscire  al  loro  intento,  si  con- 
tenterebbero  d'un  re  di  lorp  scelta.  Si  parlo  subito,  come  di  candidati  al 
trono  di  Spagna,  del  principe  Alfredo  d1  Inghilterra,  del  duca  Amedeo 
di  Savoia,  del  principe  Napoleone,  del  re  Fernando  padre  del  presentc 
re  di  Portogallo,  e  di  non  sanpiamo  quali  e  quanti  altri.  Ma  i  due  che 
sembrano  ora  disputarsi  la  vittoria  sono  T  infante  D.  Carlos,  per  cui  evi- 
dentemente  si  travagliano  assai  gli  antichi  legitimisti,  ed  il  re  Fernan- 
do, di  cui  si  terrebbero  piu  sicuri  i  democratic}. 

8.  II  Serrano,  Duca  della  Torre,  si  tiene  prudentemente  sulle  genera- 
li,  quanto  alia  scelta  del  candidate,  ma  si  dichiaro  molto  bene  quanto 
alia  forma  del  Governo  scrivendo  al  Gaulois,  sotto  il  18  Ottobre,  nei 
termini  seguenti :  «  Sigeore.  lo  debbo  ringraziaryi  pei  seryigi  resi  dal 
Gaulois,  non  meno  che  dai  suoi  colleghi  liberali  di  Francia,  alia  rigene- 
razione  politica  della  Spagna.  La  rivoluzione  nata  a  Cadice  si  e  propo- 
sta  di  lasciare  al  paese,  agendo  in  tutta  la  sua  sovranita,  la  scelta  del 
Governo  che  creaerebbe  piu  degno  di  se ;  e  gli  uomini  che  si  sono  po- 
sti  a  capo  di  questo  movimento  nazionale  sono  fermamente  decisi  di  far 
rispettare  il  programma  scritto  sulla  bandiera  riyoluzionaria.  Quanto  a 
me  ip  credo,  che  una  monarchia  costituzionale,  circondata  da  tutte  le  li- 
berta  compatibili  con  questa  forma  di  Governo,  potrebbe  essere  la  for- 
mola  piu  in  armpnia  colFepoca  presente  e  collo  spirito  e  le  condizioni 
particolari  in  cui  si  trova  11  nostro  paese.  lo  spero,  o  signori,  che  voi 
continuerete  sempre  a  far  comprendere  a  quelli  de'vostri  colleghi,  che 
sono  nostri  avyersarii  politici,  quanto  noi  dobbiamo  andar  superbi  della 
nostra  rivoluzione,  e  yi  prego  di  gradire,  coll1  espressione  della  mia  ri- 
conoscenza  Tassicurazione  della  mia  stima.  /.  Serrano.  » 

9.  Qualche  intoppo  assai  grave  potrebbe  tuttavia  trovarsi  neiroioza- 
ga,  che  e  il  capo  civile  della  democrazia  progressista,  come  il  Prim  fino 
a  ieri  n'era  il  capo  militare.  Anche  costui  finalmeiite,  veduto  ben  sicuro 
il  trionfo  della  rivoluzione,  si  mosse  da  Parigi,  e,  incontrato  dal  Serrano, 
dal  Prim  e  da  altri  suoi  degni  consorti,  entro  trionfalmente  a  Madrid, 
dove  ebbero  luogo,  colla  stessa  frenesia  di  entusiasmo,  le  piu  ridicole 
scene.  L'Olozaga  dal  verone  del  palazzo  del  Governo  parlo  al  popolo,  e 
fu  acclamato,  massime  quando  si  volse  a  dare  un  abbraccio  al  Prim  che 
gli  stava  dallato,  dppo  aver  declamato  improperii  contro  Fabbattuta  di- 
nastia ,  di  cui  fu  Ministro ,  e  da  cui  si  tenne  onoratp  di  ricevere  la  deco- 
razipne  del  Toson  d'  oro.  II  Prim  si  calco  il  cappello  in  capo,  e  grido  viva 
la  liberta  1  ed  il  pubblico  ascoltatore  ripete  il  grido  a  furore. 

10.  Al  punto  di  scompiglip  amministrativo,  morale  e  religioso  cui  6 
ridotta  la  somma  delle  cose  in  Spagna ,  certo  sarebbe  gran  ventura  per 
lei  che  vincesse  il  partito,  il  quale  gia  fin  d1  ora V  intitola  di  Carlo  VII7 
per  cui  si  pubblicano  programmi  pieni  di  lietissime  promesse.  Tuttavia 


CONTEMPORANEA  379 

-ippena  ci  regge  T  animo  di  augurare  a  quel  giovane  principc  tal  vitto- 
ria.  Poiche  troyerebbe  in  Spagna  tante  ingiustizic  da  accettare,  che  for- 
se,  per  impossibility  morale  di  ripararle  ,  la  corona  gli  dovrebbe  pesare 
non  menp  sulla  coscienza  e  sul  cuore,  che  sul  capo. 

La  religione  fu  in  pochi  giorni  orrendamente  manoraessa  e  ealpesta 
<lai  vittoriosi  settarii  ;  i  qiiali,  avidi  di  preda  non  meno  che  accesi  d'odio 
contro  le  istituzioni  cattoliche,  furono  prima  <Togni  altra  cosa  solleciti 
di  ahelire  gli  Ordini  religiosi,  per  rapinarne  le  proprieta.  La  Giunta  su- 
periore  di  Madrid  diede  le  prime  mosse  a  quest1  opera,  col  seguente  de- 
creto. 

«  La  Giunta  superiore  del  Governo  di  Madrid,  considerando  che  la 
creazione  delle  comunita  e  societa  religiose,  decretata  o  consentita  dai 
Governi  precedenti,  avea  per  oggetto  di  stabilire  in  Ispagna  istituzioni 
contrarie  alia  liberta;  considerando  che  queste  comunita  religiose  faceva- 
no  parte  integrante  e  principale  del  regime  vergognoso  ed  oppressore 
che  la  nazione  ha  cosi  gloriosamente  royesciato;  considerando  che  e 
necessario  ed  urgente,  per  consolidare  la  riYoluzione  consumata  e  per  lo 
stabilimento  di  nuove  istituzioni,  di  fare  scomparire  immediatamente 
queste  comunita  ed  associazioni:  II  Governo  prorvisorio  propone  a  tito- 

10  di  misura  d'urgenza  e  di  salute  j)ubblica:  1.°  L'estinzione  di  tutte  le 
comunita  e  societa  religiose  ristabilite  o  create  dai  precedenti  Goyerni  a 
partire  dai  1835  :  2.g  Uesclaustrazione  volontaria  nelle  comunita  non  com- 
prese  nel  provyedimento  suddetto  :  3.°  L'abolizione  di  tutti  i  privilegii 
concessi  alle  corporazioni  religiose.  Madrid,  12  Ottobre  1868.  Firmato, 
Joaquim  Aguirre  pres.  » 

Sei  giorni  dopo  il  Governo  provvisorio  recavasi  a  dovere  di  sancire 
ed  eifettuare  con  suo  speciale  decreto  quello  cosi  emanato  dalla  Giunta, 
e  faceva  bandire,  come  legge  di  Stato  urgentissima  e  di  capitale  im- 
portanza,  tale  che  non  si  dovesse  nemmeno  aspettare  la  riunione  ed 

11  voto  dalle  Cortes,  il  bandp  seguente. 

«  Usando  dei  poteri  che  mi  appartengono  in  qualita  di  membro  del 
Governo  provvisorio,  ed  a  titolo  ai  ministro  di  grazia  giustizia,  ordino, 
d'accordo  col  consiglio  dei  Ministri,  do  che  segue:  Art.  1.°  Sono  soppressi 
dalla  data  di  questo  giorno  tutti  i  monasteri,  conventi,  collegi,  congre- 
gazioni  ed  altre  case  di  religiosi  dei  due  sessi  ibndati  nella  Penisola  e 
nelle  isole  adiacenti,  cominciandp  dai  29  Luglip  1837  fino  a  questo  giorno. 
Art.  2."  Tutti  gli  edifizii,  immobili,  rendite,  diritti,  ed  altrp  delle  casse  di 
comunita  dei  due  sessi  soppresse  dall'  articplo  suddetto,  diverranno  pro- 
prieta dello  Stato.  Art.  3.°  I  religiosi  e  le  religiose  che  uscirannp  dai  chio- 
stro  in  seguito  di  queste  disposizioni,  rimarranno  soggetteagli  ordinarii 
(vescovi  diocesani)  rispettivi,  e  senz'alcun  diritto  alia  pensione  accordata 
a  coloro  che  sono  entrati  nei  conventi  anteriormeate  alia  delta  data  29 


Lufilio  1837.  Art.  4.°  Le  religiose,  i  cui  conventi  sono  soppressi  in  se- 
guito di  cio  che  e  ordinato  nell'art.  1°  di  questo  decreto,  potranno  entrare 
in  altri  conventi  del  loro  Okdine  ancora  esistenti,  o  chiedere  di  essere 
esclaustorate,  riclamando  la  dote  ch'esse  avranno  portato,  entrando  in  re- 
ligione, alia  persona  o  allo  stabilfmento  in  cui  si  troveranno.  Art.  5.°  Tut- 
ti i  conventi,  monasteri,  collegi,  congregazioni  ed  altre  case  religiose, 
che  sussisteranno  a  termini  della  legge  29  Luglio  1837,  saranno  ridotti 
in  ogni  provincia  alia  meta;  e  i  Governi  civili,  dopo  aver  sentito  i  dioce- 


380  CRONACA 

sani,  designeranno  nel  corso  di  un  mese,  dalla  data  della  pubblicazione 
del  presente  decreto,  coloro  che  dovrarino  essere  conservali,  preferendo 
quelli  che  avranno  qualche  merito  artistico,  e  trasferendo  le,religiose  del 
conventi  soppressi  in  altri  del  medesimo  Ordine.  Art.  6.°  E  proibito  in 
tutti  i  monasteri  e  conventi  T  amniissione  di  novizie,  non  meno  che  la 
professione  di  quelle  che  vi  si  trovano  ancora,  quando  yi  siano  entrate 
come  prganiste,  cantatrici  o  sotto  qualunque  altradenominazione.  Art.  7.° 
Le  religiose  professe,  che  a1  termini  del  presente  decreto  potranno  restare 
nei  loro  conventi,  monasteri  ecc.,  avranno  la  facolta  di  chiedere  in  ogni 
tempo  Fuscita  dal  chiostro,  indirizzandpsi  al  gpvernatore  civile,  che  1'ac- 
cordera  immediatamente,  dandone  ayvisq  al  diocesano.  Art.  8.°  Le  reli- 
giose, la  cui  professione  sara  stata  anteriore  alia  detta  legge  29  Luglio 
1837,  avranno  diritto  alia  pensione  di  cinque  reali,  specificata  air  art.  2j) 
della  delta  legge ;  ma  quelle  che  saranno  entrate  posteriormente  non 
ayranno  il  diritto  che  di  chiedere  le  loro  doti  nella  forma  voluta  dal- 
Tart.  4.°  del  presente  decreto.  Art.  9.°  Le  snore  della  Carita  di  S.  Vin- 
cenzo  de  Paoli,  di  S.  Isabella,  quelle  della  dottrina  cristiana  e  le  altre 
conpsciute  sotto  qualunquesiasi  altra  denominazione,  che  si  consacrano 
oggidi  airinsegnamento  e  alia  carita,  sono  conseryate,  rimanendo  sog- 
gette  dal  giorno  della  pubblicazione  del  presente  decreto,  alia  giurisdi- 
zione  del  Vescoyo,  nella  cui  dipcesi  risiedono.  Madrid,  18  Ottobre  1868. 
//  ministro  di  grazia  e  giustizia,  Antonio  Romero  Ortiz.  » 

11.  Come  era  da  prevedere,  ai  religiosi  della  Compagniadi  Gesu  era 
toccato  gia  Tonore  di  un  decreto  speciale  che  colpivali  d'ostracismo , 
spogliandoli  d'ogni  cosa,  e  prima  d'ogni  altro  ordine  religiose.  Eccp 
il  tenore  del  decreto  percio  pubblicato  dalVOrtiz  il  giorno  stessp  in  cui 
la  Giiinta  super  lore  fulminaya  tutti  in  generate  i  corpi  religiosi. 

«  Ministero  di  grazia  e  giustizia.  lo  ordino  la  soppressione,  nella  Pe- 
nisola  e  nelle  isole  adiacenti,  dell1  Ordine  regolare  dettp  Compagnia  di 
Gesu.  Tulti  i  suoi  seminarii  e  collegi  doyranno  esser  chiusi  nello  spazio 
di  tre  giorni.  A  questo  fine  saranno  dati  da  chi  di  diritto,  gli  ordini  par- 
ticolari  alle  autprita  delle  proyince  in  cui  si  troyeranno  questi  stabilimen- 
ti.  Neiroccupazione  delle  temporalita  si  comprendono  tutti  i  beni  e  gli 
effetti  deH'ordine,  mobili  ed  immobili,  fabbricati  e  rendite  che  faranno 
parte  dei  beni  della  nazione,  conformemente  alia  disposizione  del  de- 
creto  reale  del  4  Luglio  1835.  1  membri  della  Compagnia  soppressa  non 
potranno  piu  riunirsi  in  corpo  e  in  comunita,  yestire  T  abito  dell1  Ordine 
ne  dipendere  in  alcun  modo  dai  superiori  della  Compagnia  esistenti  den- 
tro  o  fuori  della  Spagna;  coloro  che  non  fpssero  prdinati  insacris  rimar- 
rannp  soggetti  intieramente  alia  giurisdizione  civile  ordinaria.  lo  inca- 
rico  i  reverendissimi  Arcivescpvi,  i  reverendi  Yescpvi  e  tutti  coloro,  che 
esercitano  la  giurisdizione  civile  od  ecclesiastica,  di  cpncorrere,  in  quan- 
to  li  riguarda,  alia  fedele  esecuzione  della  presente  disposizione,  confor- 
memente alia  prammatica  sanzione  in  data  del  2  Aprile  1767  e  al  breye 
di  Sua  Santita  del  21  Luglio  1773.  Madrid,  12  Ottobre  1868.  //  Mini- 
stro di  grazia  e  giustizia,  Antonio  Romero  Ortiz.  » 

Basti  qui  accennare  che  la  plebaglia  settaria  dove  antivenne,  dove 
esegui  barbaramente  i  decreti  della  frammassoneria  dominante,  in  modp 
yeramente  selvaggip.  In  parecchie  citta  le  monache  di  tutti  i  conventi 
furono  strappate  ai  loro  sacri  asili,  ed  o  gittate  in  mezzo  alle  strade, 


CONTEMPORANEA  381 

o  riunile  tutte  insieme  in  un  solo  monasterp,  come  non  si  farebbe  cer- 
to  per  soldati  di  yarie  armi.  Per  assicurarsi  che  non  riavessero  piu  i 
loro  monasteri,  questi  furono,  dove  arsi,  dove  dirqccati  a  furore.  Sivi- 
glia  ebbe  in  questa  parte  il  privilegio  d'essere  piu  disonorata  dai  servi- 
tori  del  diavolo ;  ma  la  Dio  merce ,  fu  anche  piu  onorata  da  un  bell'  atto 
delle  sue  Dame,  che  in  numero  di  piu  centinaia  firmarono  subito  una 
nobilissima  protestazione  ed  un  indirizzo  al  Serrano,  perche  dovesse  tu- 
telare  le  sante  ragioni  della  giustizia,  della  religione,  od  almeno  del- 
rumanita,  pigliando  le  difese  di  quelle  sante  verginelle  consacrate  a  Ge- 
su  Cristo.  Questo  bell1  atto  leggesi  riferito  per  disteso  nel  n.°  292  del 
Monde  del  24  Ottobre. 

Non  ci  dimoreremo  qui  a  descrivere  i  brutali  procedimenti  onde  furo- 
no vittime,  non  pure  i  Religiosi  d'  ambo  i  sessi  ed  i  preti  in  molte  citta, 
per  opera  di  pocni  settarii  scatenati  ad  ogni  eccesso ;  ma  eziandio  vene- 
randi  Vescovi.  A  suo  tempo  saranno  registrati  nella  storia  a  perpetua 
infamia  di  codesti  riyeneratori  di  popoli.  Ma  i  nostri  lettori  ne  possono 
argomentare  le  enormezze  da  quello  che  una  giustissima  indignazione  det- 
to  al  Correspondant  del  25  Ottobre  (Tomo  quarantesimo,  p.  365-67}  che 
noi  qui  traduciamo  fedelmente. 

«  La  riyoluzione  iberica  si  svolge ;  ed  aspettando  che  il  carattere  poli- 
tico di  essa  riesca  spiccato  con  la  sceltad'una  forma  regolare  di  governo, 
quel  che  spetta  alia  religione  eccitatantoaltamente  il  dolore  e  lo  sdegno 
che  torna  impossibile  alia  coscienza  sconyolta  il  tenersi  paga  di  una  ma- 
nifestaziqne  pacata  con  ordinarie  protestazioni.  Poiche  a  Madrid  si  fa 
una  servile  parodia  delle  nostre  pazzie  del  1848,  comprese  quelle  del 
diritto  al  lavoro  e  delle  o/ficine  nazionali,  sariasi  dovuto  almeno  far  so- 
sta,  come  si  fermarono  i  vincitori  del  Febbraiq,  in  faccia  alia  religione  ed 
alia  proprieta,  che  sono  le  due  basi  delForganismo  sociale. 

«  La  riyoluzione  del  1848,  vuolsi  renderle  questo  omaggio,  non  fece 
entrare  nel  suo  programma  ne  le  proscrizioni,  ne  gli  sppgliamenti ;  essa 
non  attento  ne  alia  fede  religiosa  ne  ai  beni  dei  cittadini...  Invece  d'imi- 
t  are  questo  rispetto  dei  piii  sacri  diritti ,  i  rivoluzionarii  della  penisola 
cominciano  con  gli  sbandeggiamenti  e  conle  contische;  e,  quel  che  e  an- 
cor  piii  mostrupso,  danno  essi  pieno  sfogo  ai  rancori  ed  alle  rapacita  in 
nome  dei  principii  che  pur  calpestano  col  fatto.  Si,  in  npme  della  liberta 
dei  culti  sono  dispersi  i  Gesuiti ;  in  nome  della  liberta  di  associazione  so- 
no diroccati  monasteri  e  conventi;  in  nome  della  liberta  d1  insegnamento 
sisonpchiusi  tutti  i  collegi  tenuti  da  religiosi;  in  nome  del  diritto  di 
proprieta  sono  staggiti  e  venduti  tutti  i  beni  delle  communita  religiose: 
in  nome  deH'ordine  sono  mandate  a  sacco  e  ruba  le  chiese;  in  nome  del- 
la  liberta  personale  sono  proscritte  tali  fogge  di  vestirc  e  tali  categoric  di 
persone;  in  nome  della  Giustizia,  e  per  mano  del  Ministro  di  Giustizia 
sono  decretate  ed  effettuate  le  piu  inique  misure,  e  le  piii  svergognate 
usurpazioni. 

«  Ne  Todio  e  le  cupidigie  di  costoro  stanno  paghe  a  disfogarsi  cost 
nella  metropoli ;  vanno  oltre  i  mari  a  perseguitare  la  Chiesa ,  in  quelle^ 
colonie  lontane,  a  coniiscarne  le  istituzioni  e  le  proprieta  religiose...  Si 
concedono  ai  Gesuiti,  per  isgomberare  dalle  loro  case,  che  sono  i  piuri- 
putati  focolari  di  scienza,  non  piu  che  tre  giorni,  come  farebbesi  con  rei 
di  enormi  delitti  colpiti  da  sentenza  infamante.  Ma  e  che  male  fecero  es- 


382  CRONACA 

si?  dove  le  prove?  dove  i  process!?  Quale  la  sentenza  d'un  tribunale 
qualsiasi?  » 

II  Correspondent  ha  ragione  di  sdegnarsi ;  ma  i  latti  del  irammassoni 
spagnuoli  a  noi  paiono  la  cosa  piu  naiurale  del  mondo.  Essi  fanno  cola 
quel  che  la  loro  setta  ha  fatto  da  per  tutto  e  sempre,  e  quel  che  sta  fa- 
cendo  la  trammassoneria,  diyenuta  tiranna  dell1  Italia,  dal  1859  in  qua. 

II  Goyerno  provvisorio  di  Madrid  richiamo  dalVesilio  tutti  i  felloni  e 
traditori  chen'erano  o  fuggiti  o  esiliati;  ma  esilio  innocent!  religiosi, 
eontro  de'  quali  non  pole  allegarsi  verun  fatto  colpevole.  Largheggio  in 
rimuneraziqni  a  denaro  contante  coi  piu  abbietti  strumenti  della  setta, 
ma  dispoglio  chiese,  preti,  Seminarii  e  Vescovadi.  Aboli  T  insegnamento 
cristiano ;  ma  pubblico  subito  una  legge  di  pubblica  istruziqne,  che  fa 
desiderare  per  la  Spagna  la  liberta  coriceduta  da  Abdul-Aziz  ai  suoi  sud- 
diti  cattolici.  Insomma  aboli  quasi  tutto  cio  che  la  Spagna  possedeva  an- 
cpra  dell1  antica  sua  grandezza  cattolica,  per  dar  luogo  all1  empieta  setta- 
ria,  e  ridusse  in  ischiavitu  la  Chiesa  per  guarentir  la  liberta  dei  culti. 

12.  NelVatto  stesso  di  suggettare  al  piii  barbaro  trattamento  migliaia 
di  cattolici  spagnuoli,  le  paterne  viscere  della  (jiuntaproviisoria  si  com- 
mossero  per  gli  schiavi  negri  delle  colonie.  Quindi,  senza  altra  disamina 
di  opportunity  e  di  giustizia,  fu  pubblicato  il  seguente  suq  decreto. 

«  Considerando  che  la  schiavitu  dei  negri  e  un  oltraggio  alia  natura 
umana  ed  una  macchia  per  la  nazione,  che,  sola  nel  mondo  incivilito,  la 
mantiene  nella  suo  integrita;  Considerando  che,  in  ragione  della  sua  sto- 
ria,  del  suo  carattere,  dei  suoi  rapporti  con  tutte  le  fasi  della  vita  nelle 
nostre  Antille,  dell' importanza  d'ogni  misura  adottata  a  suo  riguardo  e 
della  grayita  che  un  colpo  irreflessivo  puo  avere  anche  pei  negri  stessi, 
la  schiavitu  e  una  di  quelle  istituzioni  ripugnanti ,  la  di  cui  sparizione 
non  deve  farsi  attendere  lungamente,  ma  che  esige  pero  I1  adozione  ma-* 
tura  e  ponderata  di  altre  misure  preventive  e  simultanee ,  d1  altra  na- 
tura, per  rendere  facile,  definitiya  e  feconda  1'opera  dell1  abolizione ; 
Considerando  che  queste  riflessioni  nondimeno  non  si  oppongono  meno- 
mamente  a  che  le  Cortes  costituenti,  dopo  avere  udito  i  deputati  delle 
colonie,  decretino  F  abolizione  immediata  della  schiavitu ,  il  Governo 
provvisorio  puo  frattanto  adottare  qualche  disposizione  per  vendicare  la 
giustizia  offesa;  e  senza  temere  alcuna  delle  complicazioni  che  costringono 
ad  ottenere  la  risoluzione  delle  Cortes,  la  Giunta  superiore  rivoluziona- 
ria  di  Madrid  propone  al  Governo  provvisorio,  a  titolo  di  misura  d'  ur- 
genza  e  di  precauzione,  cio  che  segue :  Sono  dichiarati  liberi  tutti  i  figli 
nali  da  donne  schiave,  incominciando  dal  17  Settembre  1868.  Firmati, 
Maria  Rivero,  Nicola  Salmeron,  Francisco  Salmeran,  Alonso-Telesforo 
Monterey  y  Robledo.  » 

Ma  a  Cuba,  dove  le  cose  sono  yedute  da  vicino,  questa  abolizione  della 
schiavitu,  al  lume  degli  interessi  de1  proprietarii,  apparve  cosa  da  non 
doversi  accettare  cosi  alia  leggiera.  II  Capitano  Generale  di  Cuba  fece 
sapere  al  Serrano,  che  la  rivoluzione  della  penisola  non  bastaya  ad  appa- 
gare  que'  coloni,  si  che  volessero  lasciarsi  rovinare  da  quei  decreti  di 
abolizione  della  schiavitu,  onde  i  proprietarii  sarebbero  privati  d'un 
tratto  delle  braccia  necessarie  al  lavoro  dei  poderi,  e  percio  delle  loro 
rendite.  Ne  ci  farebbe  meraviglia  che  frutto  sicuro  della  presente  rivolu- 
zione iberica  dovesse  essere  tra  non  mollo  la  perdita  di  Cuba. 


CONTEMPORANEA  383 

13.  Questa  mania  legislativa  della  Giunta  superior  e,  inforno  a  punti  di 
capitalissima  importanza,  non  aveva  verun  ibndamento  nei  principii  di 
diritto  pubblico  ammessi  dai  liberali,  e  dovea  creare,  non  pure  mollo  im- 
paccio  ai  present!  reggitori  dello  Stato,  ma  royine  irreparabili  per  Fav- 
venire.  Non  tardo  pertanto  a  sorgere  un  conflitto  tra  il  Governo  provvi- 
sorio e  la  Giunta  Superior  e.  Allp  scoppiare  della  rivoluzione  si  era  ban- 
dito  die  il  popolo  sovrano  deciderebbe  de1  suoi  destini ;  ma  quando  si 
venne  a  deliberare  circa  il  modo  con  cui  il  popolo  sovrano  dovrebbe  ma- 
nifestare  la  sua  volonta,  la  discordia,  che  e  elemento  essenziale  dellc 
sette  politiche  spagnuole,  ripiglio  subito  i  suoi  diritti.  II  Governo  prov- 
yisorio  inchinava  ad  un  plebiscite,  sulla  forma  di  quello  onde  la  Francia 
istitui  llmpero  e  conferi  a  Napoleone  III  la  corona  imperiale.  La  Giunta 
suprema,  che  scnti  T  impotenza  sua  ad  inipedire  in  tal  caso  che  si  rista- 
bilisse  la  monarchia  costituzionale,  a  cui  mchinavano  Serrano  e  Prim, 
voile  riseryala  alle  Cortes  la  scelta  della  forma  di  Governo. 

Dopo  gli  stiracchiamenti  soliti  ad  accadere  in  tali  casi,  la  Giunta  cre- 
dette  di  trarre  a  se  quella  padrona  asgoluta  che  e  la  fattizia  opinione 
pubblica,  e  promulgo  il  seguente  suo  voto : 

«  Considerando  che  la  forma  di  Governo  e  una  delle  questioni  piu  im- 
portanti  per  iVdiaamento  dello  Stato,  e  che  il  Governo  e  tanto  piu  so- 
lido  e  rispettato  quanto  piu  e  Tespressione  della  volonta  nazionale;  Con- 
siderando  che  la  risoluzione  sulla  forma  del  Governo  dev1  essere  ampia- 
mente  discussa,  e  che  un  plebiscite  che  non  e  preceduto  da  malura  deli- 
berazione  non  potrebbe  essere  Tespressipne  della  volonta  della  nazione; 
Considerando  che  il  voto  di  un  plebiscite,  prima  che  il  giudizio  degli 
elettori  sia  stato  chiarito  da  numerose  discussioni  pubbliche  e  dai  gior- 
nali,  non  sarebbe  Tespressione  coscienziosa  della  sovranita  nazionale;  Con- 
siderando che,  viste  le  circostanze  che  hanno  preceduto  la  rivoluzione 
spagnuola,  il  popolo  non  ha  potuto  illuminare  la  sua  coscienza  sulla  for- 
ma del  Governo  che  meglio  gli  conviene,  ne  giudicare  esattamente  le 
persone  che  possono  essere  proposte  per  occupare  il  primp  ppsto  dello 
Stato;  Considerando  che,  quanto  importa  lo  affrettare  la  riunione  dellc 
Cortes  costituenti  per  uscire  da  un  regime  proyvisorio  pericoloso  per  la 
rivoluzione  e  pregiudizievole  agli  altri  interessi  della  patria,  altrettantp 
e  utile  che  il  suffragio  sia  coscierzioso  per  essere  libero;  cosa  che  sara 
impossibile  se  gli  elettori  sono  chiamati  In  un  breve  lasso  di  tempo  a  de- 
cidere  della  forma  di  Governo  e  designare  il  capo  dello  Stato,  atteso  che 
essi  cederanno  a  simpatie  non  meditate  qppure  obbediranno  a  pressioni 
straniere  invece  d'inspirarsi  sd  un  giudizio  corretto :  La  Giunta  propone 
al  Governo  provvisorio  di  dichiarare  che  appartiene  unicamente  alle 
Cortes  costituenti,  cpnformemente  al  manifesto  di  Cadice,  proclamato  in 
tutte  le  province,  di  decidere  la  ciuestione  fondamentale  della  forma  di 
Governo ,  senza  che  percip  si  voglia  discpnoscere  il  diritto  di  ogni  Spa- 
gnuolo,  ed  anche  di  ogni  impiegato  pubblico,  di  emettere  il  suo  parere 
o  di  manifestare  le  sue  simpatie  individual!,  ma  esenti  di  ogni  carattere 
officiale.  » 

14.  Ma  dove  la  vittoria  e  dovuta  alia  sciabola,  le  ciarle  dei  tribu- 
ni  della  plebe  non  sogliono  prevalere.  Si  venne  a  componimento  pe- 
ro,  in  quanto  il  Governo  provvisorio  promise  che  intera  liberta  lasce- 
rebbesi  alia  nazione  quanto  alia  scelta  della  forma  di  Governo;  e  la 


384  CRONACA  CONTEMPORANEA 

(riunfa,  yeduta  T  inutilita  della  propria  esistenza,  prese  la  risoluzione 
di  sciogliersi,  dicendo  in  un  suo  bando  che  «  Tordine  pubblico  e  pie- 
namente  assicurato  e  che  il  Governo  provvisprio  e  degno  della  uni- 
versale  fiducia » ;  e-  che  percio  dovea  questo  rimanere  libero  nel  suo 
andamento. 

II  Serrano  ed  i  suoi  colleghi  usufruttuarono  subito  questa,  piu  o 
meno  spontanea ,  ma  certamente  utile  determinazione  della  Giunta  supe- 
riore  della  Metrqpoli,  e  con  un  decreto  del  20  Ottobre  ordinarono  che 
«  1°  Le  Giunte  rivoluzionarie  ora  esistenti  cesseranno  immediatamen- 
te;  2"  I  municipii,  le  deputazioni  provincial!  e  le  autorita  del  Gover- 
no rimarranno  esclusiyamente  incaricate  della  pubblica  amministrazio- 
ne  in  tutti  i  suoi  rami;  3U  Le  Giunte  rivoluzionarie  consegnerannp  ai 
Governi  delle  Capital!,  ed  agli  Alcadi  delle  altre  citta,  tutti  i  registri 
dei  processi  verbali  e  documenti  che  si  troyeranno  nelle  segreterie. » 

Coraandare  e  presto  fatto ;  ma  trovare  chi  ubbidisca  in  un  paese  ri- 
voluzionario,  di  quell' indole  ch'ela  Spagna  educata  dai  liberali,  torna 
difficile.  Alcune  delle  Giunte  si  sciolsero;  altre,  e  specialmente  quella  di 
Barcellona,  rifiutarono.  Initia  dolorum. 

15.  II  Governo  provvisorio,  nello  stesso  giorno  20  Ottobre  in  cui  riu- 
sciva  a  spacciarsi  della  Giunta  superiore  di  Madrid,  e  decretava  lo  scio- 
glimento  delle  altre  raunate  nelle  province,  prowedeva  a  farsi  rico- 
noscere  dai  Governi  stranieri;  e  per  venirne  a  capo  spediva,  per  mez- 
zo del  Lorenzana,  Ministro  sopra  gli  affari  esterni,  una  sterminata  cir- 
colare  ai  rappresentanti  spagnuoli  presso  le  Corti  straniere,  affine  di 
svolgere  la  storia  e  gli  intenti  della  rivoluzione,  e  disegnare  le  sorti 
future  della  Spagna.  Lq  spazio  ci  manca  a  dare  qui  un  analisi  di  que- 
sto documento,  che  lascia  intendere  anche  troppo  chiaro,  yoler  il  Go- 
verno provvisorio  introdurre  in  Spagna,  con  la  liberta  dei  culti  e  del- 
lo  insegnamento,  tutte  le  altre  sfrenatezze  di  licenza,  che  sono  il  cor- 
redo  delle  istituzioni  massoniche.  Questo  documento  leggesi  per  intero 
nel  Monde  del  23  Ottobre,  n.°  291. 

16.  Ma  il  rappresentante  americano  a  Madrid  non  aveva  aspettate 
queste  spiegazioni,  per  entrare  in  relazioni  diplomatiche  uiliciali  col 
Governo  rivoluzionario.  Appena  il  Serrano  era  stato  assunto  dalla  Giun- 
ta superiore  al  reggimento  dello  Stato,  il  Ministro  degli  Stati  Uniti  era- 
si  fatto  premura  di  visitarlo  ed  offerirgli  tutta  Tapprovazione  e  T  amici- 
zia  del  suo  Governo.  Questo  esempio  fu  imitato  dai  rappresentante 
del  Governo  italiano;  ed  ora  sembra  accertatp  che  anche  Tlnghilter- 
ra,  la  Francia  ed  il  Portogallo  abbiano  riconosciuto  quel  Governo  prov- 
visorio, entrando  con  esso  in  relazioni  ufficiali  diplomatiche.  La  teo- 
ria  dei  fatti  compiuti  ya  cosi  ricevendo  nuove  applicazioni,  che  faran- 
no  a  poco  a  poco  sparire  ogni  idea  del  valpre  che  ha  il  diritto ,  tut- 
to  riducendolo  a  prevalenza  di  forza  materiale. 


L'  INVITO  DEL  PAPA  AI  PROTESTANTI 

E  IL  GIORNALE  IL  TIMES 


La  Santita  di  nostro  Signore  Papa  Pio  IX,  «  eccitata  e  spinta 
dalla  carita  del  noslro  Signore  Gesu  Cristo,  il  quale  diede  1'anima 
sua  per  la  salute  di  tutto  il  genere  umano  » ,  indirizzo,  sotto  la  data 
del  13  Settembre  di  quest'  anno,  sue  Lettere  apostoliche  «  a  tutti  i 
protestanti  ed  agli  altri  acattolici,  i  quali,  quantunque  riconoscano  lo 
stesso  Gesu  Cristo  come  Redentore  e  si  glorino  del  norae  di  cristia- 
ni,  pure  non  professano  la  vera  fede  di  Gesu  Cristo,  ne  seguono  la 
comunione  della  Chiesa  cattolica  » ;  ammonendoli  «  a  cogliere  1'occa- 
sione  del  prossimo  Concilio  ecumenico,  dalla  stessa  Santita  Sua  tesle 
intimato ,  col  quale  la  Chiesa  cattolica ,  a  cui  i  loro  antenali  erano 
ascritti,  presenta  un  nuovo  argomento  dell'intima  unita  edeirinespu- 
gnabile  sua  forza  vitale,  e,  i  ispondendo  al  bisogno  del  loro  cuore, 
sforzarsi  di  togliersi  da  quello  stato,  nel  quale  non  possono  essere 
sicuri  della  loro  salute.  »  Li  esorta  inoltre  la  Santita  Sua  «  a  consi- 
derare  seriamente  ed  a  riflettere  se  essi  seguano  la  via  prescrilta 
dallo  stesso "Signore  Gesu  Cristo,  la  quale  cond\ice  all'eterna  salute  », 
e  ad  «  offerire  ferventissime  preghiere  al  Signore  delle  raiseiico:  die, 
affinche  abbalta  il  muro  della  divisione,  dissipi  la  caligine  degli  er- 
rori,  e  li  riconduca  in  seno  della  santa  madre  Chiesa,  nella  quale  i 
loro  anlenali  ebbero  gia  salutevoli  pascoli  di  vita,  e  nella  quale  sol- 
tanto  si  conserva  intera  e  s'  insegna  la  dottrina  di  Gesu  Cristo,  e  si 
dispensano  i  misteri  della  grazia  celeste.  » 
Serie  VH,  vol.  IV,  fasc.  448.  25  7  ffwmbre  T868. 


386  I/  INVITO  DEL  PAPA  AI  PROTESTANTI 

Presenta  ancora  la  Santita  Sua,  in  questa  sua  amorevolissima  let- 
tera  a  tutti  i  protestanti  ed  acattolici,  come  un  quadro  fedele  dello 
stato  miserando  cui  e  ora  ridotto  il  protestantesimo  nel  mondo.  «  Chi 
accuratamente  consider!,  dice  il  S.  P.  Pio  IX,  la  condizione  in  cui 
si  Irovano  le  varie  societa  religiose  discordi  tra  loro,  e  separate  dalla 
Chiesa  cattolica,  la  quale  dal  tempo  di  Gesu  Cristo  Signor  nostro  e 
dei  suoi  Apostoli,  senza  interruzione,  per  mezzo  de' legittimi  suoi 
sacri  pastori,  sempre  esercito,  ed  anche  ora  esercita,  la  divina  po- 
testa,  a  lei  dallo  stesso  Cristo  Signor  nostro  conferita ;  facilmente 
dovra  persuadersi  che  ne  veruna  delle  stesse  societa  in  particolare, 
ne  tutte  insieme  congiunte  non  costituiscono  in  nessun  modo,  ne  sono 
quell'Una  e  Cattolica  Chiesa  che  Gesu  Cristo  edifico,  costitui  e  voile 
che  esistesjse.  Ne  si  pu6  dire  in  nessun  modo  che  siano  membra  e 
parte  della  stessa  Chiesa,  quando  sono  visibilmente  divise  dalla  Cat- 
tolica unita.  Giacche  queste  Societa  maucando  di  quella  viva  auto- 
rita  stabilita  da  Dio,  la  quale  specialmente  insegna  agli  uomini  le 
cose  della  fede  e  la  disciplina  de'  costumi,  e  li  dirige  e  governa  in 
quelle  cose  che  riguardano  la  salute  eterna,  variarono  continuameu- 
te  nelle  loro  dottrine;  la  quale  loro  mobilita  ed  instabilita  non  cessa 
mai.  Dai  quali  dissidii  nelle  dottrine  e  nelle  opinioni  nascono  anche 
civili  divisioni,  e  sorgono  innumerevoli  comunioni  e  sette  che  ogni 
di  piu  si  propagano,  con  soinmo  danno  della  societa  cristiana  e  ci- 
vile. »  E  conchiude :  «  Noi  certo  per  Tufficio  del  nostro  suprema 
apostolico  ministero,  affidatoci  dallo  stesso  Cristo  Signor  nostro,  do- 
vendo  adempire  con  sommo  impegno  a  lutte  le  parti  di  buon  pasto- 
re,  ed  accogliere  ed  abbracciare  nella  paterna  carita  tutti  gli  uomini 
dell'  universo  orbe ,  percio  mandiamo  questa  Nostra  Lettera  a  tutti 
i  cristiani  da  Noi  divisi ,  colla  quale  li  esoitiamo  e  preghiamo  di 
cuore  e  ripetutamente  affinche  si  affi  ettino  di  ritornare  all'antico  ovi~ 
le;  imperocche  dal  profondo  deH'animo  desideriamo  sommamente  la 
loro  salute  e  temiamo  di  dovere  a  suo  tempo  rendere  ragione  allo 
stesso  nostro  Giudice  se ,  per  quanto  sta  in  Noi ,  non  avessimo  lora 
additata  e  preparata  la  via  di  conseguire  1'  eterna  salute.  » 

Dalle  quali  parole  linora  citate,  e  dalle  altre  tutte,  nelle  quali  piu 
largamente  si  estende  il  S.  Padre  nella  detta  Lettera,  questo  appari- 


E  IL  GIORJNALE  IL  TIMES  387 

see  evidentemente  in  primo  luogo,  che  unica  preoccupazioue  del  Som- 
mo  Pontefice  e  qui  1'eterna  salute  delle  anime  alia  sua  cura  e  vigi- 
lanza  affidate.  Tra  le  quali  sono  pure  le  anime  dei  protestanti  e  de- 
gli  altri  acattolici,  i  quali  come  battezzati  sono  di  diritto  solto  la  sua 
giurisdizione  e  vigilanza  apostolica,  benche  di  fatto  se  ne  siano  sot- 
tratti  come  figli  disobbedienti  e  sudditi  ribelli. 

Un'  altra  cosa  apparisce  da  lutte  le  formole  di  questa  Leltera ; 
ed  e  che  il  Santo  Padre  si  rivolge  a  tutti  e  singoli  i  protestanti  e 
acattolici  personalmente  e  direttamente,  e  non  gia  a  niuna  pretesa 
autorita  o  rappresentanza  loro:  Che  niuna  in  verita  ne  esiste  ne  puo 
esistere  in  forza  dello  stesso  principio  protestantico  dello  spirito  pri- 
vato,  secondo  il  quale  ogni  individuo  e  giudice  ultimo  e  supremo 
di  se  stesso  e  della  sua  coscienza  e  della  sua  fede.  Che  se  cio  non- 
ostante,  di  fatto  esistono  o  concistori  o  sinodi,  o  altre  quali  si  voglia- 
no  autorita,  che  si  sono  arrogato  il  diritto  di  regolare  gli  affari  delle 
singole  comunioni  e  sette  protestantiche;  e  evidente  che  queste  non 
hanno  nessuna  voce  in  capitolo  per  rispondere  all'  hrvito  del  Santo 
Padre;  se  pure  non  rispondano  personalmente  a  nome  proprio  e  in- 
dividuale,  e  non  si  usurpino  una  rappresentanza  delle  persone  altrui, 
tutte  sottratte  dalla  loro  ingerenza  in  forza  dello  stesso  protestante- 
simo  da  loro  seguitato. 

Delle  quali  due  rilevantissime  cose  non  ne  ha  intesa  niuna  il  Times 
dei  3  Ottobre,  copiato  e  commentate  da  molti  giornali  liberali  si  fo- 
rastieri  e  si  specialmente  italiani,  i  quali  specialissimamente  incapaci 
di  pur  rifleltere  sopra  le  cose  che  smt  spiritus  Dei,  hanno  ancora 
aggiunti  i  loro  agli  spropositi  ed  alle  sconvenienze  del  celebre  gior- 
nale  inglese. 

Or  noi,  senz'  andar  qui  sottilmente  esaminando  le  singole  pa- 
role sia  del  Times  sia  de'  suoi  citatori  e  commentatori ,  dei  quali 
tutti,  in  tali  materie  specialmente,  in  verita  si  pu6  dire  il  nesciunt 
quid  faciunt  e  il  quod  ignorant  blasphemant ,  e  ai  quali  si  puo  per 
conseguenza  applicare  il  non  ti  curar  di  lor  ma  guarda  e  passa;  ci 
arresteremo  invece  al  sunto  e  come  al  sugo  ed  all'espressione  dei  lo- 
ro sofismi  contro  la  citata  Lettera  e  invito  ai  protestanti  del  Sommo 
Pontefice  Pio  IX;  pigliandone  occasione  per  sempre  piu  far  risaltare 


388  L'  INVITO  DEL  PAPA  AI  PROTESTANTI 

la  sapienza,  la  carita  e  1'opportunita  dell'invito;  e  la  stoltezza,  I'  inci- 
Tilta  e  sconvenienza  del  modo,  onde  tal  invito  fu  accolto  da  chi  non 
ha  nessun  diritto  e  nessun  titolo  di  pur  metier  bocca  in  tale  affare. 

E  per  cominciare  da  quest'  ultima  riflessione,  della  quale  ci  pos~ 
siamo  sbrigar  con  poche  parole,  noteremo  come  non  solo  il  Times, 
ma  ancora  parecchi  giornali  italiani  suoi  citatori  e  commentator*!  cad- 
dero  in  quest' errore  grossolano,  di  credere  che  un  protestante  possa 
rispondere  all'  invito  del  S.  Padre  non  solo  a  nome  proprio  ,  ma  a 
norne  ancora  altrui,  del  che  niuno  ha  diritto.  E  cosi  per  modo  di 
esempio  la  Perseveranza  di  Milano  degli  8  Ottobre  dice  volcr 
xc  riassumere  1'articolo  del  Times  come  organo  del  pubblico  prote- 
stante » :  fallo  madornale ,  tanto  meno  compatibile  quanto  che  la 
Perseveranza  ha  per  capo  redattore  chi  si  pregia  di  conoscere  be- 
ne  r  Inghilterra  e  le  cose  inglesi.  Or  come  non  sa  egli  che  il  Times, 
non  solo  non  e  organo  del  pubblico  protestante,  ma  propriamentc 
non  e  organo  di  nessun  pubblico,  essendo  solo  un  eco  cotidiano  dellc 
fuggevoli  e  contradittorie  impressioni  di  tuiti  i  redattori  che  vi  scri- 
Tono?  E  se  di  tutti  i  giornali  liberali  ora  si  puo  dire  con  verita  quel 
motto  che  «  un  giornale  non  ha  coscienza  » ;  di  nessun  giornale  pero 
si  puo  questo  asserire  con  piu  fondamento  che  del  Times ,  dove  tro- 
vate  roba  per  tutti  i  gusti  e  per  tutte  le  convinzioni,  e  cio  ogni  gior- 
no  ed  in  ogni  numero  del  giornale.  Or  come  si  potra  dire  organo 
delle  coscienze  e  delle  convinzioni  altrui  un  giornale,  che  si  pregia 
di  non  avere  nessuna  coscienza  e  nessuna  convinzione  propria? 

E  con  qual  diritto  potra  discorrere  a  nome  «  del  pubblico  prote- 
stante »  un  giornale,  che  neppure  e  organo  fedele  del  pubblico  del 
suoi  molti  redattori?  De'  quali  ciascuno,  se  pure  e  protestante,  dee 
naturalmente,  e  in  forza  del  suo  essere  protestante,  conservare  tutta 
la  liberta  del  suo  spirito  privato ,  mutabile  dair  oggi  al  dimane ,  se- 
condo  le  variabili  ispirazioni  individual!  e  di  quel  momento? 

Piu  saviamente  a  questo  proposito  opero  il  dottor  Lee ,  secondo 
che  narra  il  corrispondente  di  Londra  del  giornale  di  Brusselles.  Que- 
sli,  benche  Ministro  anglicano,  non  si  crede  autorizzato  ad  accettare 
e  rifiutare  V. invito  pontificio  a  nome  altrui.  Yero  e  che  nella  conclu- 
sione  d'una  Novena  da  lui  predicata  all'uso  puseista,  per  ottenere  la 


E  IL  GIOUNALE  IL  TIMES  389 

riunione  di  tutti  i  cristiani ,  sconforto  i  suoi  uditori  dal  convertirsi 
isolatamente  al  cattolicismo,  ma  promise  die,  se  resteranno  nella  co- 
munione  anglicana,  questa  studiera  il  modo  di  torre  tutte  le  difficolta 
per  una  riunione  alia  Chiesa  cattolica.  Col  che  venne  a  concedere 
implicitamente  ad  ognuno  il  diritto  che  gli  compete  individualmentc 
di  far  a  modo  suo,  essendosi  egli  ristrelto  a  pregare  i  suoi  uditori  7 
e  consigliarli,  ed  astenendosi  da  quel  fare  autorevole  che  egli  ben 
conosce  non  competere  a  nessuno  nel  protestantesimo. 

Ma  lasciando  questo  punto,  tanto  meno  rilevante  quanto  piu  e  chia- 
ro,  che  nessun  protestante  si  lasciera  punto  regolare  in  quest'  affare 
piu  che  in  qualsivoglia  altro  risguardante  la  coscienza  dall'  autorita 
d' un  Times;  yeniamo  a  discorrere  della  seconda  considerazione, 
da  noi  qui  innanzi  fatta  sopra  V  inyito  del  S.  Padre  ai  protestanti; 
cioe  che  da  esso  traspira,  come  unica  preoccupazione,  il  desiderio 
e  la  sollecitudine  apostolica  per  Y  eterna  salute  loro,  e  nen  veruna 
altra  cura  o  interesse  di  prosperita  o  bene  qualsiasi  temporale.  II 
che  ci  basta  ora  di  aver  accennato,  dovendoci  questa  considerazione 
servire  come  di  chiaye  a  sciogliere  alcune  delle  ragioni  che  il  Times 
oppone  all'  invito  pontificio. 

Tre  sono  le  ragioni  toccate  dal  Times.  La  prima  e  che  gli  Stati  e 
i  popoli  protestanti  stanno  meglio  quanto  al  temporale,  che  non  i  po- 
poli  e  gli  Stati  cattolici.  «  Tutta  la  forza  e  prosperita  dell'Europa 
sono  nelle  mani  de'  protestanti :  tutta  la  debolezza  e  la  decadenza  in 
balia  del  Cattolicismo.  La  Francia  e  forte,  ma  la  yita  e  1'attivita  ne 
derivano  dalla  riyoluzione,  non  gia  dairultramontanismo :  e  se  1' Ita- 
lia sorge  gli  e  perche  Roma  cade.  » 

La  seconda  e  che  al  Papa ,  anche  nelle  cose  di  sua  piu  stretta 
pertinenza ,  tutto  sembra  ora  sfuggire  di  mano.  «  Ogni  cosa  sem- 
bra  sfuggir  di  mano  al  Papa.  La  sua  Italia  stessa  pone  le  mani  sul 
suo  patrimonio  e  ne  sfida  Y  autorita.  L' Austria  se  ne  e  tirata  addos- 
so  r  indignazione  yiolenta,  ripudiandone  le  pretensioni  piu  solenni. 
Egli  non  ha  piu  che  poche  miglia  quadrate  ch'egli  possa  chiamar 
sue,  e  ancor  cola  e  appoggiato  a  baionette  straniere.  Un  solo  pae- 
se  in  Europa  (la  Spagna)  gli  era  rimasto  fmo  a  questo  giorno  asso- 
lutamente  deyoto.  Ma  anche  quest'  ultimo  sostegno  gli  e  ora  tollo. 


390  L'  JNYITO  DEL  PAPA  AI  PROTESTANTI 

Insomnia  i  migliori  suddili  del  Papa  gli  si  ribellano,  e  i  Govern!  di 
iutti  i  paesi  d'  Europa  sono  diretti  a  dispelto  delle  sue  leggi.  In  tali 
circostanze  il  Papa  da  una  prova  della  sua  benignita  ben  nota  col 
rivolgere  il  pensiero  alle  coimmioni  protestanti,  da  cui  tutto  questo 
male  e  derivato.  » 

La  terza  ragione  e ,  che  quand'  anche  i  protestanti  venissero  al 
Concilio ,  non  si  sa  che  cosa  ci  verrebberg  a  fare :  «  Ogni  Yescovo 
cattolico  Romano  non  e  altro  che  1'  estremita  d'  un  portavoce,  di  cui 
r  altra  estremita  e  a  Roma  e  nelle  mani  del  Papa.  II  Papa  udirebbe 
soltanto  moltiplicata  la  sua  propria  voce  e  ricorderebbe  solo  1'  eco 
delle  sue  proprie  conclusioni.  Non  i  laici,  non  i  rappresentanti  delle 
Potenze  cattoliche  sararmo  uditi  nell' assemblea,  quand' anche  vi  fos- 
sero  ammessi  nell'uditoiio  per  semplice  privilegio.  E  quando  tutto 
fosse  tinito  che  ci  riniarrebbe?  Null' altro  che  ubbidire  e  chinare  il 
collo  al  giogo,  che  a  que'  prelati  piacera  d'  imporci,  ed  essere  in  ogni 
particolare  della  vita  servi  cento  voile  piu  obbedienti  ed  umili  che  i 
nostri  antenati.  Noi  godiamo  ora  il  diritto  di  governarci  nelle  mate- 
rie  civili  e  religiose.  Per  questa  considerazione  pensiamo  che  il  Papa 
si  avra  una  risposta  poco  lieta  al  suo  invito. » 

A  queste  tre  ragioni  del  Times  se  ne  puo  aggiungere  un' altra  re- 
cata  da  altri  protestanti,  come  lui  restii  all'  invito  pontificio,  ed  e  la 
ragione  della  moralita,  che  essi  dicono  regnare  altrettanto,  se  non  piu, 
ne'  paesi  protestanti  che  non  nei  cattolici.  Donde  si  fa  questo  breve 
e  chiaro  argomento.  Se  tanto  nelle  cose  temporali  quanto  nelle  spi- 
rituali  il  protestantesimo  si  avvantaggia  sopra  il  cattolicismo,  perche 
i  protestanti  avranno  a  farsi  cattolici,  e  non  anzi  i  cattolici  a  farsi 
protestanti?  Bisogna  pero  convenire  che  il  Times  e  in  generate  i  pro- 
testanti poco  toccano  ora  il  punto  della  morale  e  si  fermano  piu  vo- 
lentieri ,  come  si  e  veduto ,  sopra  1'  altro  della  prosperita  politica  e 
materiale  della  salute  terrestre,  della  quale  per  conseguenza  ci  con- 
vien  parlare  in  primo  luogo. 

Or  sopra  quest' argomento  della  prosperita  materiale  e  della  pre- 
ponderanza  politica,  noi  in  verita  ci  maravigliamo  come  in  una  que- 
stione  tutta  spirituale  di  verita  dommatiche  e  di  salute  eterna,  si 
venga  fuori  dai  protestanti  con  simili  argomenli.  Quand' anche  fosse 


E  IL  GIORNALE  IL  TIMES  391 

wo  quanto  dicono,  che  ha  da  fare  questo  coll'  argomento  che  e  in 
questione  ?  Certo  gli  antichi  Roman!  ebbero  prosperita  materiale  e 
preponderanza  politica,  piu  che  non  1'abbia  ora  Y  Inghilterra.  Si  dee 
forse  per  questo  conchiudere,  che  1'  Inghilterra  ha  da  ritornare  pa- 
gana,  come  era  prima  che  i  Papi  la  rendessero  cristiana  cattolica? 
Quest'  argomento  del  Times  era  anzi  spinto  molto  fortemente  dai  pa- 
gani  contro  i  cristiani.  Essi  diceano  :  «  Quando  si  adoravano  gli  ido- 
li ,  T  impero  era  potente.  Ora  che  si  abbandorio  questo  culto,  rim- 
pero  va  a  tocchi.  »  Alia  quale  obbiezione  noi  dobbiamo  1' opera  di 
S.  Agostino  de  Cimtate  Dei,  siccome  sa  ognuno. 

Al  tempo  de'  Romani  stessi,  de'  Greci,  di  Tiro  e  Sidone,  e  di  al- 
tre  civilta  fiorentissime  in  commercio ,  in  lettere ,  in  influenza  poli- 
tica, vivea  il  popolo  ebreo,  unico  popolo  che  possedesse  la  vera  re- 
ligione,  il  quale  nondimeno  era  di  tanto  inferiore  a  tanti  altri  po- 
poli,  in  opera  di  prosperita  materiale.  Dira  forse  per  questo  il  Times 
che  gli  ebrei  si  avessero  da  far  pagani,  e  che  il  paganesimo  fosse 
piu  atto  che  non  la  vera  religione  a  formare  la  felicita  degli  uomini, 
anche  in  questo  mondo? 

Che  anzi  se  si  dovesse  pigliar  argomento  della  verita  della  reli- 
gione dai  beni  temporali,  il  Times  sarebbe  molto  corifuso.  Giacche 
crede  egli  al  Nuovo  Testamento  ?  Crediamo  di  si,  se  pure  e  prote- 
stante,  e  non  incredulo  e  razionalista.  Or  bene,  che  cosa  promette 
eglitf  Vangelo  ai  veri  cristiani?  Forse  prosperita  temporale,  ricchez- 
ze,  progressi  materiali?  Ohibo!  Tutte  queste  cose  il  Vangelo  le  dis- 
prezza  ed  insegna  a  disprezzarle.  Tra  le  Beatitudini  evangeliche  non 
si  e  trovato  ancora  nessun  codice  evangeh'co  di  nessuna  famiglia,  il 
quale  ponga  le  ricchezze  e  i  piaceri.  Beati  sono  detti  quelli  che  plan-, 
gono  e  i  poveretti,  non  gia  i  gaudenti  e  quelli  che  si  chiamano  ora, 
per  antonomasia,  i  Lordi  inglesi.  Ai  veri  seguaci  di  Cristo  il  Vangelo 
promette  persecuzioni  e  croci :  Eritis  odio  omnibus  propter  nomen 
meum.  Sarete  in  odio  a  tutti  per  il  mio  nome.  Non  dice  Gesu  Cri- 
sto :  «  Sarete  da  tutti  invidiati  per  le  vostre  ricchezze  e  prosperita.  » 
Non  dice  questo  il  Vangelo.  Dice  al  contrario :  «  Vi  sara  rubato  il 
vostro,  vi  cacceranno  dalle  citta,  sarete  da  tutti  maledetti  peril  mio 
nome.  » 


302  I/  INVITO  DEL  PAPA  AI  PROTEST  AMI 

Donde  si  fa  questo  argomento.  Quella  religione  e  la  vera  cristia- 
na,  fondata  da  Gesu  Cristo,  che  e  conforme  al  Yangelo.  Ma,  secondo 
il  Times,  i  protestanti  nuotano  nolle  prosperiia  materiali  e  si  tengo- 
no  beat!  per  questo,  quando  cio  e  contro  lo  spirito  del  Yangelo ;  dun- 
que  i  prolestanti  non  seguono  la  religione  conforme  al  Yangelo. 

Vero  e  che  qui,  per  non  pigliare  un  grosso  abbaglio,  conviene 
osservare  molto  bene ,  clie  altra  cosa  e  che  una  religione  abbia  i 
suoi  professori  piii  o  meno  prosperi,  ricchi  e  benestanti,  ed  altra 
cosa  e  che  questi  professori  di  una  religione  siano  infelici  in  forza 
della  stessa  natura  della  loro  religione.  Giacche  la  natura  del  cristia- 
nesimo  non  e  certamente  fatta  per  render  miseri  i  popoli.  Che  anzi 
e  verita  riconosciuta  dal  senso  comune,  che  una  religione  vera  e 
santa  dee  necessariamente  condurre  1'uomo  anche  a  cio  che  si  chia- 
ma  ora  con  termini  generali  civil  ta  e  progresso  ben  inteso.  £  dun- 
que  da  osservare  in  primo  luogo  che,  quando  il  Yangelo  promelte  ai 
crisliani  disgrazie  e  persecuzioni,  le  promette  per  modo  di  profezia 
e  di  vaticinio  delle  persecuzioni  che  i  cattivi  avrebbero  poi  fatto 
loro  tollerare.  Non  sono  dunque  queste  persecuzioni  e  mali  diversi, 
profetati  dal  Yangelo  ai  buoni  cristiani,  come  provenienti  dalla  na- 
tura della  religione  loro,  ma  dalla  perversita  de'  loro  nemici  prepo- 
tent! e  tiranni.  Che  se  questi  non  fossero,  la  religione  cristiana  per 
se  stessa  e  fatta  per  unire  in  fratellevole  e  santo  accordo  tulti  gli 
uomini,  che  colla  scambievole  carita  ed  affezione  non  potrebbero  al- 
tro  che  felicitarsi  scambievolmente.  Quanto  poi  alle  Beatitudini  del 
piangereedel  patire,  queste  si  intendono  della  felicita  interna,  anche 
in  questo  mondo  provata  da  coloro  che  in  buona  coscienza  soffrono 
per  la  giustizia  e  si  guadagnano  cosi  per  tutta  1'  eternita  una  gloria 
ed  una  felicita  perfetta.  Ma  parlando  in  generate  della  societa  cristia- 
na, tanto  e  falso  che  la  religione  di  Gesu  Cristo  conduca  al  mal  essere 
ed  alia  miseria,  che  anzi  il  Yangelo  stesso  promette  il  contrarlo  di- 
cendo :  Quaerite  primum  regnum  Dei  et  iustitiam  ems :  et  haec 
omnia  adiicientur  wbis.  L'llaec  omnia  poi  si  estende  a  quello  che 
poco  prima  dice  il  Yangelo  esser  cercato  dalla  gente  mondana, 
Haec  omnia  gentes  mundi  quaerunt.  Quello  dunque  che  i  mondani 
cercano  come  primo  ed  unico  bene,  il  primeggiare;  Y  arricchire,  lo 


E  IL  GIORNALE  IL  TIMES  393 

star  bene  in  questo  mondo ,  tuito  questo  il  Vangelo  lo  dara  come 
appendice  e  giunta  a  coloro  che  cercheranno,  per  prima  cosa  e  prin- 
cipale,'il  regno  di  Dio  e  la  sua  giuslizia. 

Ora  noi  domandiamo  ad  ogni  uomo  savio,  se  tutti  qnesti  caratteri 
della  vera  religione  cristiana  non  s'  incontrano  ne'  popoli  cattolici 
piu  che  non  ne'  protestanti,  e  cio  per  confessione  spontanea  e,  per 
cosi  dire,  imprudente  degli  stessi  protestanti.  Giacche  se  i  popoli 
cattolici  in  generate  non  sono  cosl  dediti  come  i  protestanti  al  com- 
mercio,  all'arricchire,  alia  ricerca  del  ben  essere  in  questo  mondo, 
cio  significa  appunto  che  essi  sono  migliori  cristiani  che  non  i  pro- 
testanti, giacche  non  cercano  per  prima  cosa  haec  omnia  quae  gen- 
tes  quaenmt. 

E  se  nondimeno  i  popoli  cattolici  sono  civili  e  ben  educati  e,  co- 
me vedremo  tra  poco,  anche  piu  felici  in  questo  mondo  che  non  i 
protestanti,  cio  significa  che  si  verifica  sopra  di  loro  la  benedizione 
evangelica  dell' toe  omnia  adiicientur  vobis. 

E  se  contro  i  popoli  cattolici  specialmente  si  scatena  il  diavolo, 
che  si  serve  appunto  soventi  volte  dei  popoli  protestanti  per  immi- 
serirli  e  torment arli,  come  accade,  per  esempio,  in  Irlanda ;  questo 
pure  e  una  pruova  della  verita  di  loro  religione,  ai  cui  professor! 
furono  appunto  profetizzate  dal  Vangelo  simili  disgrazie. 

E  se  queste  disgrazie,  lungi  dal  far  perdcre  la  fede  ai  popoli  cat- 
tolici, li  confermano  anzi  e  H  perfezionario  e  li  rendono  piu  attaccati 
di  cuore  alia  loro  religione,  e  per  nulla  desiderosi  di  mutarla  colla 
protestantica ;  ed  anzi  se  ogni  giorno  si  vede  che  il  meglio  e  il  fiore 
del  protestantesimo  si  converte  al  cattolicismo,  e  il  peggio  e  il  mar- 
cio  de'  cattolici  si  volge  invece  al  protestantesimo ;  cio  dimostra 
sempre  meglio  che  regna  nel  cattolicismo  lo  spirito  di  Gesu  Cri- 
sto  e  del  Vangelo,  e  regna  invece  nel  protestantesimo  lo  spirito 
contrario. 

E  qiii  ci  conviene  toccar  brevemente  delle  falsita  del  pregiudi- 
zio  che  corre  presso  molti,  dell'  inferiorita  dei  popoli  cattolici  in 
paragone  coi  protestanti,  in  opera  di  vera  prosperita  temporale.  Di- 
ciam  di  vera  prosperita:  giacche  non  occorre  esser  cristiano,  ba- 
sta  esser  uomo  di  senno,  per  sapere  che  la  prosperita  vera  d'un 


394  I/  INVITO  DEL  PAPA  AI  PROTEST ANTI 

popolo  non  consiste  nella  sola  abbondanza  del  beni  material!,  ma 
nella  loro  giusta  misura  ben  divisa  e  adatta  ai  bisogni  di  tulti  e 
ben  adoperata  e  usaia  dagli  individui.  Ne  e  prosperita  vera  di  un 
popolo  la  ricchezza  sfondata  di  pochi,  coniperata  col  sudore  e  col- 
le  lagdme  di  molti,  come  accade  di  fatto  appunto  nell'  Inghilterra. 
E  molto  meno  e  vera  prosperita  di  un  popolo,  la  sua  forza  e  pre- 
ponderanza  politica,  comperata  con  armament!  infiniti,  con  tulta  la 
popolazione  sotto  1'  armi ,  con  tasse  smodate  ,  con  guerre  micidia- 
li  nelle  quattro  parti  del  mondo.  Tutto  questo  sara  prosperita  per  i 
pochi  che  ne  godono  i  frutti :  ma  e  tormento ,  e  miseria  pel  ve- 
ro  popolo  che  la  procura  a  sue  spese  e  col  suo  sangue.  Or  se 
ben  si  considera,  si  vedra  che  questa  appunto  e  quella  apparente 
prosperita,  ma  vera  infelicila,  che  il  Times  ammira  nei  popoli  che 
egli  chiama  phi  civili  ed  avanzati  nel  progresso  materiale.  E  ben 
ne  e  indizio  e  prova  1'  agitarsi  delle  masse  popolari  verso  il  so- 
cialismo  ed  il  comunismo  appunto  in  questi  paesi  piu  civilizzati. 
I  quali  se  avessero  il  popolo  lieto  e  prospero,  questo  non  farebbe 
tremare  i  ricchi  coi  suoi  conati  di  ladroneccio  e  colle  sue  aspira- 
zioni  ad  un  bene  che  sogna,  ma  certo  non  possiede.  Non  si  vedono 
questi  indizii  terribili  nei  popoli  cattolici ;  o  vi  si  Yedono  meno ,  e 
se  in  parte  si  vedono ,  si  vedono  appunto  in  quella  parte  di  popolo 
che  meno  ha  del  catlolico  e  piu  del  protestanle.  Del  resto  mille  vol- 
te sono  state,  e  da  noi  e  da  altri  pubblicate  le  statistiche,  le  quali  pro- 
vano  col  fatto  delle  cifre  quanto  sia  piu  prospero  in  generate  il  po- 
polo cattolico  che  non  il  protestante.  Basli  il  ricordare  1'  opera  del 
Gobbet  sopra  la  differenza  tra  il  popolo  inglese  quando  era  cattolico, 
ed  ora  che  e  protestante. 

Del  resto  in  questa  questione  della  prosperita  materiale  dei  cat- 
tolici e  dei  protestanti,  i  protestanti  hanno  si  di  versa  e  contraria 
maniera  di  argomentare  secondo  i  casi  diversi,  che  veramente  pro- 
vano  con  cio  stesso  la  falsita  di  loro  causa.  Imperocche  quando  tro- 
vano  in  un  paese  che  la  Chiesa  caltolica  e  ricca  e  potente  ed  ab- 
bondante  d'  influenze  e  di  beni  temporal! ,  lungi  dal  prendere  da 
cio  argomenlo  della  verita  e  bonta  di  una  religione  che  procura  ai 
suoi  ministri  tanta  prosperita,  strepitano  anzi  contro  questo  scanda- 


E  IL  GIORNALE  IL  TIMES  395 

Io,  c  citano  il  Vangelo  e  la  Chiesa  primitiva,  e  fanno  di  luito  per  ru- 
bare  essi  e  per  aiutar  altri  a  rubare  alia  Chiesa  caltolica  i  suoi 
beni,  e  spogliarla  di  ogni  sua  influenza  ed  ingerenza.  Quando  poi 
trovano  che  la  Chiesa  cattolica  e  povera  in  qualche  paese  e  senza 
beni  e  infmenze,  allora  dimenticano  le  prime  loro  declamazioni,  e 
ne  fanno  delle  contrarie  ,  argomentando  la  falsita  della  religione 
cattolica  e  la  veracita  della  protestante,  dalla  mancanza  di  quei 
beni  e  di  quelle  influenze,  la  cui  presenza  era  prima  per  loro  un 
argomento  per  la  slessa  conclusione.  Ma  il  vero  si  e  che  ne  la  ric- 
chezza,  ne  la  poverta,  ne  1'  influenza,  ne  la  sua  mancanza  sono 
punto  una  prova  della  verita  di  una  religione,  che  e  fondata  appun- 
to  sopra  il  disprezzo  e  Y  indifferenza  verso  quest!  beni  temporal*,  in- 
segnataci  col  suo  esempio  dal  suo  divin  fondatore  Gesu  Cristo.  E 
questa  stessa  grande  stima  esclusiva  che  fanno  di  tali  cose  i  prote- 
stanti,  e  un  segno  evidente  della  falsita  di  loro  idee  in  opera  di  reli- 
gione cristiana. 

I  quali  protestanti ,  se  per  un  poco  si  ricordassero  gli  elogi  che 
sempre  fanno  della  Chiesa  primitiva  dei  primi  secoli ,  nei  quali  sol- 
tanlo  essi  trovano  la  purita  della  religione  cristiana ,  dovrebbero 
vergognarsi  dell'  andar  ora  tanto  dietro  alia  ricchezza,  al  commercio 
ed  all' influenza  politica,  come  a  veri  frutti  del  protestantesimo  da 
loro  seguito.  Giacche  non  ci  vuole  grande  erudizione,  per  sapere  che 
nei  primi  secoli  tutti  quesli  beni  temporal!  appartenevano  ai  pagani ; 
ed  alia  Chiesa  cristiana  non  toccava  allora  che  la  spogliazione,  la 
persecuzione  e  il  martirio.  Che  se  la  potenza  politica  e  le  ricchezze 
temporal!  sono  ora  un  segno  della  vera  religione,  perche  i  prote- 
stanti non  si  ricordano  del  medio  evo,  quando  la  Chiesa  cattolica 
comandava  nei  mondo?  Sarebbe  dunque  forse ,  secondo  il  Times , 
vera  o  falsa  una  religione  a  giorni  ed  ore,  secondo  che  procura  ai 
protestanli  la  ricchezza  e  ai  cattolici  la  poverta?  Ben  apparisce  dun- 
que la  fatuita  e  nullita  di  questo  primo  argomento,  col  quale  il  Times 
ed  altri  protestanti  vogliono  conchiudere  qualche  cosa  contro  il  cat- 
tolicismo,  in  favore  del  protestanlismo.  Giacche  la  poverta  e  la  ric- 
chezza non  provano  nulla  per  se  stesse,  in  favore  di  niuna  religione: 


v396  I/  INVITO  DEL  PAPA  AI  PROTESTANTI 

e  in  quanto  provano  indireltamenle  qualche  cosa,  provaiio  in  favor e 
del  cattolicismo  anziche  del  protestantismo. 

La  seconda  difficolta  sopra  esposta  del  Times ,  benche  in  gran 
parte  simile  alia  prima,  poiche  luita  si  fonda  sulla  prevalenza  po- 
litica  e  materiale  dei  popoli  protestanti  o  poco  devoti  a  Roma,  e 
sopra  la  inferiorila  del  Papato  presentemente  nel  mondo,  solto  il  ri- 
guardo  di  potenza  politica  e  temporale,  ha  questo  pero  di  parlicola- 
re  e  di' diverse  dalla  prima,  chetocca  specialmente  della  condizione 
stessa  del  Sommo  Pontefice  Romano  e  dei  suoi  sudditi,  i  quali,  se- 
condo  il  Times ,  gli  si  ribellano  contro.  II  che  quanlo  sia  falso  di 
falto  basta  di  qui  accennarlo,  apparendo  ormai  evidente  il  conlrario; 
giacche  laddove  in  altri  paesi  sorgono  le  rivoluzioni  quasi  per  in- 
canlo,  qui  in  Roma  non  si  e  punto  mai  riuscito  dagli  intraprenditori 
di  simili  movimenti  ad  altro,  che  ad  affezionare  sempre  piu  il  popolo 
al  suo  Sovrano.  E  lo  stesso  accadeva  negli  Stati  rubati  al  Papa:  i 
quali  non  si  ribellarono ,  come  dice  il  Times  ,  ma  gli  furono  violen- 
temente  tolti  a  dispetto  del  popolo  fedele.  II  che  fu  da  noi  e  da  altri 
tante  volte  si  chiaramente  provato  ,  ed  e  ora  si  entralo  nelle  menti 
di  tutli,  che  crediamo  inutile  di  ritornar  piu  a  lungo  sopra  quest'  ar- 
gomento. 

Bensi  vogliamo  osservare  che,  quand'  anche  fosse  vero  quel  che 
dice  il  Times,  c'6  nulla  proverebbe;  giacche  siccome  non  si  dimo- 
stra  che  la  religione  Turca  sia  migliore  della  cristiana,  perche  tanti 
crisliani  sono  solto  i  Turchi ;  cosi  non  si  dimostra  cbe  la  religione 
protestante  sia  la  buona  in  paragone  della  cattolica,  perche  molti 
cattolici  sono  sotto  i  protestanti.  Molto  meno  dunque  si  puo  argo- 
mentare  in  favore  del  protestantismo,  da  queslo*  che  lo  spirito  rivo- 
luzionario,  fomentato  e  promosso  dalle  dottrine  e  dall'  oro  protestan- 
te, siasi  infiltrate  nelle  popolazioni  cattoliche  ed  abbiale  mosse  con- 
tro i  loro  legittimi  Governi.  Perocche  questo  pure  e  noto  e  lo  confessa 
il  Times,  che  lo  spirito  di  ribellione  e  frutto  dello  spirito  protestante. 
« I  migliori  sudditi  del  Papa ,  dice  il  Times,  gli  si  ribellano  eontro, 
e  i  Governi  di  tutti  i  paesi  di  Europa  sono  diretti  a  dispetto  delle 
sue  leggi.  In  tale  condizione  di  cose  egli  da  una  prova  della  sua 
benignita  col  rivolgere  il  pensiere  alle  comunita  protestanti,  da  cm 


E  IL  GIOMALE  IL  TIMES  397 

tutto  questo  male  e  derivato.  »  Se  lutto  questo  male,  come  confcssa 
il  Times,  e  derivato  dalle  comunila  protestanti,  cio  prova  che  lo  spi- 
rito  protestantico  e  per  se  stesso  spirito  di  ribcllione  e  di  anarchia 
nci  popoli  e  nei  Govern!.  E  questo  ci  apre  la  via  a  discorrere  della 
moralita  del  protestantesimo ;  il  che  faremo  in  un  prossimo  articolo. 
Conchiuderemo  intanto  questo,  coll'  osservare  che  fin'  ora  le  ra- 
gioni  addolte  dal  Times,  per  non  curare  1'invito  pontificio,  dimostrano 
anzi  che  esso  dee  esser  molto  curato  dai  protestanti,  che  riflettono. 
Giacche  pur  troppo  essendo  vero  ,  che  il  protestantismo  promuovo 
esclusivamente  la  cupidigia  sfrenata  del  ben  essere  temporale,  del 
lusso  e  della  prosperity  materiale,  apparente  piu  che  non  reale  e  so- 
da, dei  popoli  e  degli  individui,  nonche  lo  spirito  di  ribellione  e  di 
anarchia  in  tutta  Europa ;  cio  appunto  dimostra  che  il  protestantesi- 
mo non  puo  essere  la  vera  religione  di  Cristo,  che  e  religione  intesa 
innanzi  tutto  alia  salute  eterna  delle  anime ,  ed  alia  ordinata  convi- 
venza  della  umana  sbcieta,  unita  in  fratellevole  accovdo  e  carita  e 
dipendenza  dalle  legittime  autorita  ecclesiastiche  e  civili ,  secondo 
che  apertamente  insegna  il  Yangelo ,  e  predico  sempre  la  Chiesa 
Cattolica  ed  inculc6  ora  specialmente  il  Sommo  Pontefice  Pio  IX 
nel  suo  invito  ai  protestanti :  moltissimi  dei  quali  in  tutte  le  varie 
sette,  e  specialmente  nell'  anglicana,  si  mostrano,  ora,  grazie  a  Dio, 
assai  ben  disposti  a  secondarlo,  secondo  che  apparisce  anche  da  cio 
si  legge  quasi  ogni  giorno  sopra  i  giornali  dei  vari  paesi. 


UNA  RECENTE  CONFERMA 
DEL  SAGGIO  CRITICO 

BELLA  SOCIETA  MASSONICA 


Sai ,  letter  cortese ,  da  chi  ci  viene  la  recente  conferma  annun- 
ziata?  Ci  yiene  proprio  dagli  stessi  massoni,  da  massoni  italiani  e 
da  massoni  capi :  e  quello  che  riesce  piu  mirabile,  ci  e  presentata  in 
un  libro,  scritto  contro  il  nostro  Sagtjiol  Puo  essere  piu  splendida, 
piu  irrepugnabile?  II  libro  s'intitola:  La  Massoneria  e  i  suoi  detrat- 
tori:  cbi  lo  scrisse,  e  il  massone  Finocchiaro-Aprile,  il  quale  inco- 
mincia ,  dicendo  :  «  Mi  hanno  mosso  a  pubblicare  questi  articoli  Ic 
nuove  accuse,  che  il  clero  cattolico  di  tutti  i  paesi,  e  conMspecialita 
la  Civilta  Cattolica  di  Roma,  hanno  lanciato  contro  la  massoneria.  » 
Stampato  prima  ad  articoli  nell'  Umanitario ,  giornale  massonico 
della  Sicilia,  e  ricomparso,  poco  fa,  per  disteso  :  la  loggia  Giorgio 
Washington,  mossa  da  grande  stima,  ha  fatto  le  spese  della  ristam- 
pa  a  voto  unanime  di  tutti  i  socii  fratelli,  ed  il  Supremo  Consiglio 
di  Palermo,  dandogli  solenne  patente  di  appro vazione,  ne  ha  racco- 
mandato  a  tutte  le  logge  la  diffusione  colla  seguente  lettera  circola- 
re,  sottoscritla  da  Salvatore  Bozzetti  33°  Gr.\  S.\ 

«  Palermo  li  28  Luglio  1868  —  II  Sup.-.  Cons.-.  —  Letto  1'opu- 
scolo  pubblicato  dal  carissimo  Fr.\  Camillo  Finocchiaro-Aprile,  col 
titolo :  La  Massoneria  e  i  suoi  detrattori; 


UNA  RECEME  CONFERMA  ECC.  399 

«  Consider  ando,  clie  la  difFusione  del  medesimo  nella  socleta  pro- 
I'ana,  potra  grandenienle  influire  alia  propaganda  massonica  e  a  di- 
radare  semprc  piu  le  lenebre  dell'ignoranza ; 

«  Invita  tulte  le  LL.-.  a  propagare  nei  loro  00.*.  1'opuscolo  so- 
pramenzionato.  » 

'  Tihe  cosa  manca  a  questo  libro,  di  cio  che  e  approvazione,  lode, 
raccomandazione?  Nulla.  Esso  porta  il  piuillustre  contorno  che  so- 
glia  porsi  ad  uno  scrilto ,  perche  comparisca  dinanzi  a'  suoi  leltori 
raggiante  di  ima  autorita  nobile,  grande,  cospicua.  Or  bene,  cotesto 
libro  non  confuta,  come  esso  intende,  ma  conferma  quanto  abbiamo 
asserito  nel  uostro  Saygio  circa  le  origini,  la  nalura  ed  il  fine  del- 
la  massoneria.  Rese  le  debile  grazie  alia  Direzione  dell'  Umanitario, 
che  ci  ha  spedilo  corteseinente  il  prezioso  libro ,  eccoci  alle  prove. 

I. 

Nullita  deyli  argomenti,  portati  dallo  scrittore  massone 
contro  il  nostro  Saggio. 

L'argomento,  che  1'autore  del  libro  avverso  ci  appunta  contro  dal- 
la  prima  sua  mossa,  non  e  mica  cosa  da  pigliarsi  a  gabbo :  nel  suo 
intendimento  e  il  giuoco  di  una  batteria ,  che  fmo  dal  primo  colpo 
rompe,  sbaratla  e  annienla  quanto  noi  abbiamo  scrilto,  scriviamo  e 
scri\Teremo  circa  la  massoneria.  Figuratevi ,  esso  e  tratto  dal  titolo 
del  noslro  periodico:  Civilta  Cattolica!  «  E  pria  di  tutto,  egli  scri- 
ve,  essendo  la  Civilta  Cattolica  quella  a  cui  specialmente  rispondo, 
non  sai  a  un  fuor  di  opera  il  dir  qualche  parola  di  essa.  »  Udiamolo. 
«  Civilla  Cattolica  e  contraddizione  nei  termini,  e  strano  amalgama 
di  element!  eterogenei  e  fra  loro  cozzanti  e  contradditorii.  »  Provata 
la  contraddizione  ,  che  si  fmge  tra  i  due  termini  civilta  e  cattolica9 
col  fremito  di  un  onda  burrascosa  di  altitonanti  asserzioni ,  vieno 
all'  ergo  della  conseguenza.  «  Cosa  potranno  aspettarsi  i  nostri  fra- 
telli  della  Civilta  Cattolica,  a  proposito  della  massoneria?  Nient'al- 
.  tro  che  bestemmie  hrvereconde  ed  ingiuste  falsificazioni.  »  Eccovi 
il  terribile  colpo  distrultore  di  quanto  ha  detto,  dice  e  dira  la  Civilta 


400  UNA  RECENTE  CONFERMA 

Cattolica  in  genere'ed  in  ispecie,  ora  ed  in  perpetuo!  Se  non  eke  lo 
scriltore  massone  tut  to  inteso  a  considerare  ed  a  sfolgorare  la  con- 
traddizione  e  lo  strano  amalgama,  die  e  il  nome  del  nostro  perio- 
dico,  si  dimentico  che  ei  si  chiama:  Finocchiaro.  Risponda,  di  gra- 
zia,  a  questo  nostro  argomento  :  «  Che  potete  aspettarvi  dal  Finoc- 
chiaro?  II  nome  ye  lo  dice:  non  altro,  che  ciance,  bugie,  bagattelle 
per  illudervi,  per  aggiraryi.  La.botte  non  da  se  non  del  yino,  cho 
ella  ha.  II  Finocchiaro  non  puo  darvi  che  finocchi,  non  puo  die  in- 
fmocchiaryi.  II  suo  scritto  adunque  e  degno  di  tutto  il  disprezzo  : 
gittatelo  1.  »  Non  vi  pare,  che  questo  argomento  yalga  quanto  il  suo, 
pognamo  pure,  che  Civilta  Cattolica  significhi  cio  che  egli  sogna? 
II  peggio  si  e,  che  lira  la  conseguenza  «  non  doversi  aspettare 
dalla  Civilta  Cattolica  nient'  altro  che  T)estemmie  inverecoiide  eel 
ingiuste  falsificazioni  »,  dopo  avere  mandate  innanzi  una  scapestrata 
collezione  di  yere  bestemmie  invereconde  e  di  falsificazioni  ingiuste. 
TJditelo.  «  Cosa  e  Cattolicismo  ?  fi  immobilila,  dogma,  fede.  —  E  Ja 
negazione  della  yita  sociale,  perche  si  astrae  da  essa  e  yive  in 
un'  atmosfera  sua  propria.  —  E  il  piu  grande  ostacolo  alia  yita  intel- 
lettuale,  perche  stringe  il  pensiero  in  una  cerchia,  fuori  della  quale 
non  troya  che  morte.  —  Esso  distrugge  la  yita  morale,  togliendo 
all'iiomo  la  liberta,  che  lo  nobilita  e  lo  innalza  ,  e  sottoponendo  il 
sentimento  della  moralita  alle  strane  assurdita  de'  suoi  dogmi.  —  La 
responsabilita  umana  e  da  esso  annientata.  —  E  come  coronamento 
deir  edifizio  e  base  di  tutto  il  sistema,  e  innalzata  la  credenza  ad  ogni 
coslo  ,  e  presentato  come  dogma  ai  fedeli  il  Credo  quia  absurdum 
(pag.  4,  5).  »  Poteya  lo  scrittore  massone  bestemmiare  «  con  faccia 
piu  inyerecondll  »  il  cattolicismo  in  mezzo  ad  una  nazione  cattolica, 
o  spacciare  «  falsificazioni  piu  ingiuste  »  del  suo  concetto  ?  II  catto- 
licismo, per  lui  e  «  immobilita  »,  quando  ognun  sa,  che  esso  inciyili 
la  barbaric  riyersatasi  nell'  Europa  :  «  e  il  piu  grande  ostacolo  alia 
Yita  intellettuale  »  ,  quando  e  palese  ,  che  ,  sua  merce  ,  fu  scampata 


1  «  Quando  alcuno  vuol  mostrare  a  chicchessia  di  conoscere,  che  quelle 
cose,  le  quali  egli  s'ingegna  di  fargli  credere,  sono  ciance,  bugie  e  bagattelle, 
usa  dirgli:  tu  m1  infinoccW.  »  VARCH.  Ercol.  76. 


DEL  SAGGIO  CRITICO  DELLA  SOCIETA  MASSONICA  401 

da  un  totale  disfacimcnto  la  sapienza  degli  antichi ,  ed  accresciuta 
con  innumerabili  yolumi :  «  distrugge  la  vita  morale ,  annienta  la 
responsabilita  umana  » ,  quando  e  notissimo,  clie  esso  pugno  in  ogiii 
tempo  a  difesa  della  liber ta  umana,  e  che  pugna  ancora  e  contro  la 
ferrea  nccessita  di  Gal  vino  e  contro  la  irresponsabilita  di  Lutero  ; 
quando  e  notissimo,  che  incoraggio  perpetuamente  gli  atti  piu  nobili 
della  stessa  liberta,  che  gli  onoro  e  gli  onora  coi  piu  splendidi  omaggi 
al  cospetto  ditutto  il  mondo.  II  cattolicismo  «presenta  ai  fedeli,  co- 
me dogma,  il  Credo  quia  absurdum?  »  L'autore  massone  o  e  igno- 
rantissimo  delle  cose  cattoliche ,.  come  un  Otlentotto  od  un  barbaro 
dell'  Africa  centrale,  ovvero  e  il  piu  impudente  falsificatore  del  fon- 
damento  cattolico,  quando  i  bimbi,  che  apprendono  il  simbolo,  sanno, 
che  il  cattolico  crede  ai  misted,  perche  «  rivelati  da  Dio,  infallibile 
\erita,  che  non  pu6  ingannare  ne  essere  ingannato.  »  I/  accusa  di 
bestemmiare  e  di  falsare  conviene  a  chi  porta  il  titolo  di  Civilta 
Cattolica,  oppure  al  signer  Finocchiaro  ? 

Sapete  per  qual  motivo  noi,  invece  «  di  combattere  la  massoneria 
nella  sua  organizzazione ,  o  nelle  sue  peculiari  manifestazioni ,  la 
combattiamo  nelle  sue  origini,  per  mostrarla  tutta  creazione  dei  tem- 
pi moderni  ed  una  conseguenza  immediata  della  Riforma  del  seco- 

10  XVI?  »  Se  lo  ignorate,  il  nostro  massone  ve  lo  svela  di  tralto :  e 
per  e^vitare  il  pericolo  certo  di  portarne  iiaccati  i  nostri  argomenti 
fino  dal  primo  saggio.  «  Quando  il  correr  dei  tempi  non  ha  travolto 
nn'  associazione  (la  massonica)  ne'  suoi  flutti  turbinosi,  quando  essa 
sviluppatasi  progressivamente ,  e  andata  colla  civilta  e  ne  ha  spin-to 

11  progresso,  —  qualunque  argomento  opposto  e  condannato  a  peri- 
re  innanzi  all' incontras labile  evidenza  del  fatto  (pag.  11).  »  Ebbene, 
ci  dica  in  che  consista  la  natura  di  tanto  miracolo  di  associazione. 
«  La  massoneria  non  e  che  la  tendenza  dell'  Umanita ,  perehe  essa 
non  fa  che  accompagnarla  nella  sua  vita  intelleltuale  e  morale, »  AYC- 
te  capito?  una  associazione  di  uomini,  la  massoneria,  e  in  petto  e  per- 
sona « la  tendenza  della  Umanita »,  ed  e  tendenza,  perche  «  accom- 
pagna  la  \ita  intellettuale  e  morale  della  stessa  umanita !  »  Seguitia- 
mo.  «  E  questo  spir;to  universale,  idest  la  massoneria  lendenza,  non 
ha  limiti  ne  confmi :  come  una  molla  compressa  esso  \uole  svin- 

Serie  V/l,  vol.  IV,  fasc.  448.  26  7  Novembre  1868. 


102  UNA  RECENTE  CONFERMA 

colarsi  da  cio  che  Y  opprime,  come  e  quando  gli  e  possibile.  Chia- 
mate  la  manifestazione  di  questo  spirito,  Massoneria,  Illuminismo, 
Templarismo,  Manicheismo,  Essenismo,  Cristianesimo  o  altro  che 
sia,  la  forza  che  gli  ha  creati,  ossia  lo  spirito  universale,  la  masso- 
neria  tendenza,  e  identica  e  sempre  la  slessa  (pag.  11,  12).  »  Sic- 
che  sotto  la  penna  del  sig.  Finocchiaro-Aprile  la  massoneria  dap- 
prima  e  tendenza,  poi  spirito  universale,  indi  forza,  e  forza  che  crea 
la  massoneria  ed  altre  societa  sotto  forme  pugnanti.  0  che  yero  amal- 
gama  di  definizione!  o  che  vera  contraddizione  di  termini! 

I  massoni  tedeschi  e  francesi  e,  non  ha  molto,  il  professor  Zille  1 
ed  il  Marchal  2  adoperarono  in  lode  della  massoneria  lo  stesso  ar- 
gomento.  Ma  che?  tratlandolo  con  dirilta  logica,  riuscirono  a  con- 
fermare  non  gia  la  grande  antichita  della  origine  massonica ,  come 
vuole  il  sig.  Finocchiaro  colla  sua  mal  composta  definizione ,  ma 
sibbene  quanto  noi  abbiamo  stabilito  circa  la  detta  origine.  Eccovi 
come  ragiona  in  ispecie  il  secondo  dei  due  autori  citati.  «  Dove  e 
quando  incominci  la  storia  della  massoneria,  e  una  quislione  da  esa- 
minare.  Sotto  due  riguardi  si  puo  considerare  la  societa  massonica: 
o  sotto  quello  della  idea  generica ,  che  la  informa ,  o  sotto  1'  altro 
della  sua  attualila  determinata.  Nel  primo  senso  e  lecito  il  dire,  filo- 
soficamente  parlando ,  ch'  ella  e  contemporanea  alia  creazione  ;  nel 
secondo,  no.  Di  qui  il  vaneggiare  che  hanno  fatto  sull'idea  gli  scrit~ 
tori,  che  diedero  alia  massoneria  le  origini  di  un'  antichita  favolosa, 
e  le  prestarono  tante  forme  diverse,  quante  la  idea  stessa  ne  seppe 
vestire  nel  tempo  e  nello  spazio ,  mentre  in  realita  1'  associazione 
conta  nel  suo  esplicamento  storico  quattro  date  precise : 

«  1648.  —  Redazione  dei  nostri  rituali; 

*  «  1*717  (24  Giugno).  —  I  rituali  sono  messi  in  uso  per  opera 
della  G.-.  L.\  d' Inghilterra; 

«  1725.  —  Introduzione  della  massoneria  in  Francia; 

«  1772.  —  Formazione  del  Grande  Oriente.  » 
II  nostro  Saggio  non  ha  egli  affermato  altrettanto ,  dove  parla  dello 

1  Freimaurer  zeltmg,  n.  15. 

2  Etude  critique  et  phUosophique  snr  la  Maconnerie,  pagg.  56,  57. 


BEL  SAGGIO  CRITICO  BELLA  SOCIETA  MASSONICA  403 

svolgimento  fisico  e  morale  della  massoneria?  II  massone  siciliano, 
scambiando  stranamente  T  associazionc  massonica  colla  tendenza 
della  umanita,  ed  il  concrete  coll'  ideale,  e  chiaro  che  non  dovea  tro- 
varsi  d'accordo  ne  colla  Civilta  Cattolica,  ne  co'  suoi  FF.\  di  Fran- 
cia  e  di  Lamagna. 

Dalla  idea  massonica  il  F.*.  Finocchiaro  viene  ad  argomenti  di 
fatto,  e  dopo  aver  citate  piu  associazioni  antiche  si  volge  a  noi  con 
dolce  piglio:  «  Non  comprendiamo,  egli  dice,  come  la  Civilta  Catr 
tolica,  che  si  mostra  tanto  arnica  degli  studii  archeologici,  abbia  di- 
menticato  di  cennare  queste  antiche  corporazioni,  sulle  quali  riposa 
In  gran  parte  1' origine  della  massoneria  (pag.  15).  »  La  Civilta 
Cattolica  non  comprende  invece ,  a  quale  scopo  il  sig.  Finocchiaro 
abbia  cennate  cotali  associazioni.  La  massoneria  e  una  congrega 
d'  uomini ,  che  lavora  con  intendimenti  sociali.  Onde  per  dire-con 
verM,  che  essa  e  originata  da  altre  societa,  conviene  che  ne  faccia 
ritratto  almeno  quanto  alia  sostanza.  Or  bene  il  massone  avversario 
cita  in  primo  luogo  sapete  che?  le  «  corporazioni  industriali  istitui- 
te  nella  Persia,  nella  Caldea,  nella  Siria,  in  Egitto,  in  Grecia  e  in 
Roma  (pag.  13) !  »  Chi  puo  affettare  tanto  di  gravita,  che  non  gli 
fiorisca  un  sorriso?  —  Adagio:  non  si  dice,  che  coteste  corporazio- 
ni siano  origine  della  societa  massonica  in  quanto  industriali ,  ma 
In  quanto  le  hanno  prestato  e  riti  e  cerimonie ,  delle  quali  la  mas- 
soneria si  rese  osservatrice.  Anche  la  cornacehia  co  verse  ed  abbelli 
]a  natia  bruttezza  colle  splendide  penne  del  pavone :  si  dovea  dire  in 
quella  acconciatura,  che  essa  traeva  «  in  gran  parte  »  le  sue  origini 
dai  pavoni?  La  massoneria  per  comparir  altra  da  quella  che  era,  ca- 
muffandosi ,  tolse  a  prestanza  segni  e  cerimonie  da  diverse  societa. 
La  vera  sua  origine  dovra  quindi  dedursi  da  tali  societa?  La  favola 
della  cornacehia  dice  che  no.  Col  medesimo  criterio,  dopo  le  corpo- 
razioni industriali,  sono  citati  gli  operai  dionisiaci  e  i  collegi  o  sinodi 
ed  altre  comunita  di  antichi  artefici.  Ne  contento  V  aulore  di  cotes  la 
erudizione  fuor  di  luogo,  si  mette  a  spacciare,  come  verita  storiche 
irrefragabili ,  le  favolette  piu  meschine.  Cos!  egli  afferma,  che  fra 
gli  Ebrei  Vaveano  associazioni,  somiglianti  alle  citate,  divise  in  le- 
gioni,  e  che  una  di  queste  edifice  il  tempio  di  Salomone ;  trasforma 


504  UNA  RECEME  CONFERMA 

quella  buona  gente  degli  Assidei  in  una  squadra  di  cavalieri  del  tem- 
pio;  dai  medesimi  fa  sorgere  gli  Esseni,  e  colla  massima  buona  fede 
bandisce  la  favolosa  notizia  col  Renan  ,  col  Rebold,  col  Ragon ,  e 
con  altri  massoni  della  stessa  risma ,  che  Gesu  di  Nazaret  e  germo- 
glio  della  costoro  societa.  Si  guarda  bene  dall'  apporre  a  queste  as- 
serzioni  la  menoma  prova  di  alcun  documento.  Secondo  lui  sono  ve- 
rita  storiche  evident! ,  sacrosanle ,  invulnerabili ,  avendole  beute  ai 
fonti  massonici. 

Che  se  le  riferite  associazioni  offrono  «  in  parte  »  le  origin! 
della  massoneria,  il  ceppo  donde  essa  trae  la  vita  e ,  secondo  il  no- 
stro  autore,  quel  desso,  onde  spunto  il  manicheismo,  di  cui  « la  mas- 
soneria e  sorella  » :  e  quel  desso,  onde  nacque  il  templarismo  «  di 
cui  la  massoneria  e  1'  erede  universale.  »  Discendenza  piu  che  ono- 
rata!  11  signor  Finocchiaro,  conferitale  tanta  gloria,  si  duole  con 
noi,  che  i  manichei,  fratelli  maggiori  della  sorella  massoneria,  sia- 
no  rappresentati  dalla  nostra  penna,  come  altrettanti  monaci.  Lo 
preghiamo  a  legger  di  nuovo  il  nostro  scritto,  e  si  avvedra  aver 
noi  asserito  Topposto,  contro  la  sentenza  dell'  Eckert  e  del  rnassone 
Krause.  Piu  avanti  si  querela ,  perche  gli  abbiamo  detti  c<  uomini 
dissolutissimi  » ,  quando  essi  «  educavano  nelle  arli  e  nelle  scienze 
e  propagavano  i  principii  umanitarii  nel  popolo  (pag.  16)  ».  Se  egli 
vuole  che  i  manichei  fossero  maestri  delle  scienze  e  banditori  di 
dottrine  piu  che  umaflitarie ,  in  quella  maniera  cbe  adoprano  cert! 
professor!  massoni  de'  nostri  di,  insediatisi  nelle  universita  e  nei  li- 
cei,  siamo  d'accordo.  Gli  adepti  della  massoneria  sono  degni  fratelli 
degli  adepli  del  manicheismo.  Quanto  alia  dissolutezza  manichea 
sosteniamo  la  nostra  asserzione,  e  se  gli  aggrada  vegga  la  prova  in 
S.  Agostino ,  che  descrive  i  manichei  antichi ,  e  nei  sermoni  di 
Ecberto,  che  ci  da  contezza  dei  moderni. 

Premesse  queste  querule  voci,  con  somma  riverenza  e  quasi  te- 
mendo  di  se,  ci  discopre  le  misteriose  origini  della  massoneria.  At- 
tenti  I  Sono  contenute  in  due  brani  di  due  document! :  1'  uno  dei  quali 
e  tolto  da  «  un  alto  grado  massonico  »  ;  Taltro  «  da  uu  libro  masso- 
nico  di  antica  data.  »  Nel  primo  si  conta,  come  nel  lloO,  massoni 
ottantuno  (e  non  pm),  muratori,  o  cavalieri  crociati,  portatisi  di  terra 


DEL  SAGGIO  CRITICO  BELLA  SOCIETA  MASSO^ICA  405 

santa  nella  Svezia,  confidarono  al  vescovo  di  Upsala  il  sacro  depo- 
sito  della  dottrina  e  del  riti  manichei  ( e  perche  non  affidarono  tale 
deposito  a  qualche  Vescovo  dell' Italia  o  della  Francia,  con  meno  di- 
sagio?}.  II  fortunato  Prelato  corse  a  celare  il  sacro  dono  in  oscuro 
sotterraneo  (temevai  ladrineh?),  del  quale  trattolo  appresso,  il 
die  a  nove  muratori  degli  ottantano ,  che  si  erano  fatti  istitutori 
dell'  Ordine  del  tempio :  da  questo  gruppo  incomincio  a  raggiare 
la  Vera  luce  tra  i  templari.  Yero  e,  che  1'  Ordine  fu  istituito  nel 
1118  e  confermato  nel  1128  nel  Concilio  di  Troyes,  ma  che  impor- 
iano  i  documenti  autentici  della  storia?  L'alto  grado  massonico 
scrivc  altrimenli  e  questo  basta.  « II  libro  di  antica  data  »  nar- 
ra,  come  i  pochi  templari  sopravissuli  alia  ruina  dell'Ordine,  cercan- 
do  di  rafforzarsi  con  nuovi  iniziati,  trovarono  ottimi  al  primo  sag- 
gio  «  i  buoni  e  virtuosi  muratori  da  Salomone  onorati  ».  Onde 
confidati  loro  i  proprii  intendimenti  ed  acceltati,  si  ordinarono  in  so- 
ciela.  Esposto  questo  pezzo  di  storia,  «  Ecco,  esclama  venerabondo, 
1'origine  della  massoneria!  »  (pag.  17,  18).  Spaccia  egli  proprio 
da  senno  cotesle  peregrine  notizie  il  signor  Finocchiaro,  owero  per 
for  gabbo  ai  fratelli  ed  ai  profani?  Ignora  forse,  che  tali  fandonie 
sono  rigettate  dai  massoni  di  oltremoriti  colle  piu  grasse  risate,  pen- 
sando  che  i  caporali  degli  alii  gradi  massonici  abbiano  date  cotali 
panzane,  e  trovatane  piena  credenza  tra  gli  spiriti  forti  del  secolo 
passato?  Che  se  le  avesse  credute,  e  dubitasse  delle  nostre  parole, 
come  redattore  di  un  giornale  massonico  in  Italia,  chieggane  conto 
al  suo  confratello  Findel ,  redattore  della  Bauhiltte  in  Lipsia,  ed  al 
Favre,  scrittore  del  Monde  maconnique  in  Parigi :  il  primo,  con  fra- 
terna  compassione,  gV  indichera  i  luoghi  della  sua  Storia  della  mas- 
soneria,  in  cui  ne  ha  fatto  menzione,  ed  il  secondo  gli  mostrera  la 
prima  parte  del  suo  Saggio  storico  e  filosofico,  affinche  in  altro  scrit- 
to  egli  schivi  la  baia  dei  fatti  suoi  anche  nel  mondo  massonico. 

Scusaci,  lettor  cortese,  se  ti  abbiamo  intrattenuto  forse  troppo 
circa  coteste  inezie  di  argomenti.  Che  vuoi?  appunto  dalla  loro 
inezia  il  nostro  Saggio  trae  non  piccola  confermazione.  Imperoc- 
che ,  se  un  uomo  di  pezza,  come  e  il  signor  Finocchiaro,  secondo 
la  teslimonianza  resagli  della  massoneria  siciliana,  non  seppe  op- 


£06  UNA  RECEISTE  CONFERMA 

porgli  argomenti  migliori,  comien  dire  che  le  asserzioni  conte- 
nutevi  siano  altrettanti  veri  lampanti.  Eppure,  lo  crederesti?  il 
nostro  avversario  non  la  pensa  cosi.  Giunto  alia  fine  del  secondo 
paragrafo  del  suo  scritto,  conchiude  a  modo  di  trionfante:  «  Qual  e 
il  yalore  del  documenti  e  delle  osservazioni  portate  dagli  scrittori 
della  Civilta  Cattolica1?  Nullo  in  se ;  diro  colle  loro  stesse  parole, 
perche  invenzioni  della  fantasia  o  travisamenli  di  fatti :  grande  per 
noi;  perche  ci  confermano  nella  opinione.  che  gli  scrittori  cattolici 
non  si  facciano  il  menomo  scrupolo  d'  inventare,  di  allerare  e  di 
falsare  la  storia,  quando  cio  torni  a  lode  e  vantaggio  della  propria 
consorteria  (pag.  20).  »  Abbi  questa  chiusa  come  il  phi  cospicuo 
monumento  della  magnifica  fronte  dello  scrittore  massone,  il  quale 
non  avendo  ne  toccato,  ne  discusso  alcun  documento  o  fatto  dei  tan- 
ti  da  noi  portati  nelle  nostre  indagini,  ciononostante,  ad  iliusione  di 
chi  non  avesse  letto  i  nostri  articoli,  pone  la  conseguenza  che  il  va- 
lore  dei  documenti  e  delle  osservazioni  da  noi  fatte  e  nullo.  Onesta 
di  raro  esempio.. 


II. 


La  natura  ed  il  fine  della  Massoneria,  descritti  dal  nostro  Saggio, 

sono  confermati  dallo  scritto  del  massone  Finocchiaro. 
;«Aw,  r*tf^^W»mMvh 

II  massone  avversario  ci  conta  fra  i  detrattori  della  massoneria. 
Sia  pure  cosi.  Ma  sappia,  che  in  questo  caso  egli  ha  1'onore  di  sta- 
re a  capo  di  codesti  detrattori.  Imperocche  non  solamente  ei  si  con- 
tenta  di  affermare  cio  che  afferma  il  nostro  Saggio,  a  carico  della 
natura  e  del  fine  della  massoneria,  ma  eziandio  vi  ha  fatto  alcune 
giunte  da  renderne  assai  piu  ponderosa  la  derrata.  Un  po'  di  con- 
fronto  in  pruova. 

La  massoneria,  secondo  la  nostra  sentenza,  e  socleta  religioso-po- 
litica.  In  quanto  societa  religiosa,  ella  professa  il  piu  schietto  natu- 
ralismo  razionalistico ;  in  quanto  societal  politica,  la  democrazia  nel 
senso  piu  amplo  della  parola.  Ne  il  fine  che  la  determina  e  la  sem- 
plice  speculazione  di  cotali  dottrine  razionalistiche  e  democratiche, 


DEL  SAGGIO  CRITICO  BELLA  SOCIETA  MASSONICA  407 

sibbene  1'  attuazione  perfeita  delle  medes'mie,  distruggendo  a  lale 
uopo  tulte  le  forme  religiose  e  politiche,  che  eslstono  presentemen- 
te  nella  societa  umana. 

E  religioso  lo  scopo  della  massoneria  nella  sentenza  del  F.*.  Fi- 
nocchiaro?  E  il  naluralismo  razionalislico,  che  ella  professa? 
Apriamo  il  suo  scrilto.  A  pag.  8  ci  fa  sapere  che  «come  corpo  co- 
stituito,  la  massoneria  da  la  sua  soluzione  al  grande  problema  reli- 
gioso »  ;  ed  a  pag.  26  ci  afferma  «  che  essa  aspira  a  ristabilire  nei 
suoi  veri  termini  la  quistione  religiosa.  »  Qual  e  il  principio,  che  le 
vale  di  lucerna  per  dare  la  soluzione  «  al  grande  problema  »,  e  «  per 
ristabilire  nei  suoi  veri  termini  la  quistione  religiosa  »  ?  Eccovelo  in 
tutto  il  suo  chiarore  a  pag.  8,  9  :  «  La  societa  massonica  non  e  una 
Chiesa;  essa  non  si  fonda  su  di  un  dogma  o  su  di  un  culto  determi- 
nate,— essa  non  afferma  se  non  cio  che  la  ragione  puo  chiaramente 
comprendere...  II  programma  filosotico  e  religioso  della  Massoneria 
e  dunque  contenuto  nella  parola  Ragione.  »  Volete  questo  principio 
fondamentale  del  razionalismo  fiammeggiante  di  una  luce  piu  forte? 
L'avete  a  pag.  37,  «  A  cardine  dell'edifmo  tilosofico  noi  poniamo  la 
liberta  di  pensiero,  la  quale  crediamo  fermamente  di  aver  defmita, 
chiamandola :  il  diritto  alia  verita.  »  Sicche  il  rigettare  sdegnosa- 
mente,  il  deridere  e  il  bestemmiare,  come  insulsaggini,  i  misterii  piu 
alti ,  alia  cui  comprensione  non  giunge  la  piccoletta  mente  dell'  uo- 
mo,  non  e  altro,  che  la  sequela  del  diritto  che  ha  1'  uomo  alia  verita. 
Cosi  vuole  il  razionalismo  massonico ! 

Posto  cotesto  principio ,  e  chiaro  ,  che  cade  ruinata  la  fede  e  con 
essa  tutlo  Tordine  soprannaturale.  II  massone  non  lo  dissimula :  on- 
de  calpestata  la  fede,  insulta  alle  credenze  soprannaturali.  «  La  fede, 
egli  scrive ,  a  pag.  40,  41 ,  e  negativa  e  gia  distrutta  (nella  sua 
mente) ,  mentre  la  scienza  e  positiva  ed  immortale.  E  questa  scien- 
za,  riformando  c  ricostruendo  lo  sconvolto  organismo  sociale,  vi  ha 
scartata  ogni  idea  di  mistico  sovrannaturalismo,  imponendo,  come 
sola  legge  agli  uomini ,  quei  legami  nalurali  e  razionali,  che  tro- 
vauo  la  loro  applicazione  e  il  loro  sviluppo  nella  coscieuza  stessa 
dell'  umanita. »  Quinci  sgorga  un  precipuo  dovere  per  tutti  i  masso- 
ni,  ed  e  quello  «  di  combattere  il  flagello  deli'  umana  specie,  la  su- 


408  UNA  RECEME  CONFERMA 

perstizione  (ossia  il  cattolicismo),  soslituendole  il  codice  sublime 
della  morale  e  della  natura.  Ecco  il  principio  che  noi  opponghiamo 
alle  strane  ed  assurde  intellezioni  sovrannaturali  del  cattolicismo 
e  clelle  religion!  ad  esso  sorelle.  »  Questo  e  un  parlare  schietlo  e 
senza  ambagi.  II  naturalismo  razionalistico  piu  puro  e  lo  spirito 
ond'  e  informata  la  societa  massonica.  La  opposizione  diretta  che 
passa  tra  la  professione  cattolica  e  quella  della  massoneria  e  resa 
eyidente,  incontrastabile.  Non  v'e  mezzo:  esser  massone  e  cattolico 
ad  un  tempo  e  cosa  impossibile.  «  Tra  il  cattolicismo  e  la  massone- 
ria corre  un  abisso  »,  grida  il  massone  siciliano,  «  ad  alcuni  fra- 
telli  i  quali  si  ostinano  a  non  volerlo  credere  (pag.  6).  »  Noi  pure 
gridiamo:  gridiamo  a  chi  ha  dato  nel  laccio;  odi,  inorridisci  e  fug- 
gi:  gridiamo  alia  gioventu  male  avveduta;  ribulta  il  fellone  che 
vuole  arrolarti  al  tradimento  della  tua  fede :  gridiamo  a  quelli ,  che 
lianno  Y  obbligo  di  istruire  e  di  vegliare  su  la  salute  delle  anime : 
all'  erla ,  le  dottrine  die  spande  la  massoneria  sono  un  veleno  mici- 
dialissimo  della  fede:  persuadetevene.  Sono  gli  stessi  massoni,  che 
lo  dichiarano  altamente. 

L'  accordo  tra  lo  scritto  del  F.-.  Finocchiaro  e  il  nostro  Saggio 
fin  qui  e  palpabile.  Ora  incomincia  la  sua  giunta,  la  quale  ci  fa  ma- 
nifesto un  miracolo  di  lavoro ,  operate  dalla  massoneria  coll'  eserci- 
zio  del  suo  diritto  alia  verita  sopraindicato.  Ella  si  e  foggiato  il 
proprio  Dio ,  e  tale  da  risolvere  a  marayiglia  «  il  grande  proble- 
ma  religioso!  »  Non  e  per  certo  quello  dei  cattolici  modificato,  per- 
che dai  massoni  integralmente  abbonito  :  non  e  una  divinita  paga- 
na,  perche  rappresenterebbe  un  concetto  retrivo;  nemmanco  puo 
essere  un  Dio  personale,  perche  il  rinnovamento  non  sarebbe  per- 
fetto.  Esso  e  un'  idea.  Sentitene  la  descrizione  tolta  dalla  pag.  8. 
«  La  massoneria,  come  corpo  costituito,  da  anche  la  sua  soluzione 
al  grande  problema  religioso.  Pero  mentre  tutte  le  religioni  dei 
mondo  si  fondano  su  di  un  concetto  trascendentale,  essa  prende  per 
fondamento  un'  idea  tutta  affatto  positiva ,  sintetica  e  altamente  in- 
telligibile  :  I' idea  del  rapporto  e  dell'  equilibrio.  Ogni  rapporto  im- 
plica  due  fenomeni  parallel! :  rapporto  ed  equilibrio  son  dunque  si- 
nonimi.  II  Dio  dei  massoni  non  e  ne  sostanza,  ne  causa,  ne  anima, 


DEL  SAGGIO  CRITICO  BELLA  SOCIETA  MASSONICA  409 

ne  monade,  ne  creatore,  ne  padre,  ne  iiglio,  ne  verbo,  ne  amore, 
ne  niente  cli  cio  che  corrisponcle  a  un  concetto  trascendentale ;  il 
loro  Dio  e  la  persomficazione  dell'  equilibria  universale.  »  Chi  puo 
negarlo  ?  cotesto  Dio  e  un  Dio  falto  a  modo :  e  un  Dio  nuovo  da 
capo  a  pie,  e  un  Dio  adattato  agli  uomini  nuovi.  Scapestrino  pure  a 
loro  senno  i  massoni  adoratori:  ei  non  chiede  conto  a  chicchessia  ne 
del  bene,  ne  del  male.  II  pieno  sviluppo  della  liberta  e  indipenden- 
za  individuate ,  tanlo  caro  alia  massoneria,  e  guarentito  fermamenle 
ed  in  perpetuo,  sotto  questo  Dio  costituzionale,  che  regna  e  non  go- 
verna.  II  Dio  equilibria  e  un  trovato  degnissimo  del  progresso  e 
della  civilta  moderna.  Eccovi  la  giunta,  che  il  massone  Finocchiaro 
pose  a  cio,  che  abbiamo  scrilto  della  religione  massonica.  II  quale 
avrebbe  operato  piu  schiettamente,  se  ci  avesse  detto  a  dirittura : 
«  La  massoneria  ha  dato  la  sua  soluzione  al  grande  problema  reli- 
gioso,  dichiarando  di  professare  Y  ateismo.  »  Ei  rinunzio  all'  onore 
di  tanta  franchezza,  per  aver  quello  di  una  matta  filosofia,  che  con- 
verte  in  Dio  una  strana  finzione  della  fantasia,  come  e  « la  personi- 
ficazione  dell'  equilibrio  universale.  » 

Supposta  questa  foggia  di  Nume,  non  solo  senza  diritti  sovrani,  ma 
ancora  senza  la  naturale  possibilita  di  averli,  figuratevi,  se  i  masso- 
ni vogliono  riconoscerli  in  alcun  uomo.  La  sovranita  delle  moltitu- 
dini,  ossia  popolare,  e  quindi  la  democrazia  deve  essere  propugna- 
la  con  tutta  la  gagliardia  dalla  societa  muratoria.  Tant'  e :  il  nostro 
Saggio  lo  prova,  ed  il  F.\  Finocchiaro  lo  conferma.  Secondo  lui,  che 
cosa  e  la  massoneria?  Non  altro  «  che  la  scuola  della  democrazia.  » 
Da  quesla  scuola  sono  usciti  i  rivoltosi  del  1848:  lo  dice  il  loro 
stendardo,  il  quale  portava  scritto :  Liberia,  Egmglianza,  Prater- 
nita ;  «  parole  sacre,  che  da  lungo  tempo  noi  pronunciavamo  nei  no- 
slri  templi  massonici  (pag.  23).  »  Bramate  sentirne  piu  distesamente 
esplicati  i  principii?  Leggete  a  pag.  44:  «  Scopo  finale  dell'asso- 
ciazione  si  e  di  arrivare  alia  soddisfazione  dei  bisogni  inlellettuali , 
morali  e  materiali  di  tutli ,  con  T  impiego  delle  lor  diverse  attitudini 
e  il  concorso  dei  loro  sforzi.  Gli  operai,  a  modo  di  esempio,  furono 
schiavi;  furon  servi ;  oggi  sono  stipendiati ;  bisogna  tendere  a  farli 
passare  allo  stato  di  associate  A  questo  scopo  lavora  la  democrazia 


410  UNA  RECENTE  CONFERMA 

europea  ;  e  questo  \ultimo  corollario  di  tutti  i  manifest!  e  di  tutte  le 
associazioni  repubblicane :  a  questo  fine  tendono  gli  scritti  di  Giu- 
seppe Mazzini,  Ledru-Rollin,  Alberto  Darasz,  Arnaldo  Ruge  e  di 
quant'  altri  grandi  democratic!  vivono  o  sono  vissuti.  E  la  base  di 
tutto  1'  edifizio  sociale,  che  non  puo  senza  di  essa  solidamente  resi- 
stere  all'  urto  delle  passioni  politiche  e  della  prepotenza  dei  domi- 
natori.  fi  il  fermento  tremendo  degli  spiriti,  che  agita  e  commuove 
le  menti.  »  Insomnia,  che  cosa  Yuolsi  in  questo  scopo  ?  Cio  che  vuo- 
le  la  umanita.  «  La  quale  vuole  in  prima  che  1'uomo,  redento  dalla 
decadenza,  sorga  pienamente  restituito  alia  dignita  originaria  e  na- 
turale,  per  1'  abolizione  di  ogni  potere  imposto,  usurpato,  che  non 
derivo  dal  popolo ;  d'ogni  distinzione  sociale  arbitraria,  d'ogni  casta 
privilegiata  ecc.  E  questo  coll'  umanila  vuole  la  massoneria,  a  do 
tendono  i  suoi  lavori,  la  sua  propaganda,  il  suo  passato  :  su  queste 
basi  e  costituita  la  sua  esistenza.  »  La  massoneria  adunque  e  costi- 
tuita  su  i  principii  dei  Mazzini  e  dei  Ledru-Rollin,  gli  svolge  ,  gli 
propaga  e  si  e  studiata  e  si  studia  di  attuarli.  II  grido  che  esce  da 
questo  suo  lavoro  e  gia  defmito :  abbasso  la  casta  prMlegiata  dei 
sovrani,  abbasso  la  casta  privilegiata  deiricchi,  a b basso  ogni  distin- 
zione religiosa  e  civile.  «  La  umanita  vuole  il  regno  della  giustizia 
uguale  per  tutti. »  Sovranita,  ricchezze,  distinzioni  sono  ingiuste  ine- 
guaglianze.  Eccovi  la  repubblica  socialistica  bella  e  spiccata  uscire 
alia  luce  per  opera  della  massoneria. 

Ne  questo  lavoro  e  ristretto  alia  nazione  ed  alia  patria  del  mas- 
sone.  In  massoneria,  religione  patria,  politlca  patria,  vantaggio  pa- 
trio,  non  si  da,  se  non  in  quanto  armonizza  coll' ultimo  scopo.  «Che 
importa  infatti  ai  massoni  della  bassa  e  miserabile  gara  dei  partiti 
politici,  quando  essi  hanno  una  piu  grande  missione  da  compiere, 
quella  della  rigenerazione  dello  spirito  unaano  e  del  miglioramento 
morale  e  materiale  della  razza  umana  ?  »  Onde  «  nel  modo  istesso 
con  cui  nel  campo  religioso  la  massoneria  non  vede  la  religione  nel- 
le  diverse  sette  religiose ,  che  hanno  in  tutti  i  tempi  conturbato  la 
coscienza  umana ,  essa  nel  campo  politico  non  vede  la  patria  nei 
partiti  che  la  dividono  e  che  la  fanno  piu  schiava  (pag.  43,  44).  » 
La  religione  vera  o  falsa,  la  parte  che  difende  i  dritti  della  pa- 


DEL  SAGGIO  CRITICO  BELLA  SOCIETA  MASSONICA  411 

Ida,  e  quella  che  li  calpesta,  pel  massone  e  tutt'uno,  turbamento, 
ingombro,  danno,  se  1'  una  o  1'  altra  non  lavora  a  pro  del  suo  fine. 
La  massoneria  ha  «  la  missioiie  della  rigenerazione  dello  spirito 
umano  e  del  miglioramenlo  morale  e  materiale  della  razza  umana.  » 
Missione  grande,  sublime !  Ma  con  qual  lavoro  particolarmente  giun- 
ge  a  coinpierla  ii  missionario  massone  ?  II  cortese  avversario  non 
lo  dissimula.  «  La  massoneria  non  aspirando  al  solo  bene  maleriale, 
ne  volendo  la  sola  vita  iisica  degli  individui,  lavora  altresi  per  svin- 
colare  la  societa  dai  legami  dell'  ignoranza  e  del  dispotismo,  —  tre- 
mendi  ostacoli  al  progresso  e  alia  civilta,  barriera  allo  sviluppo  del- 
la  umanita,  armi  comuni  d'  tstituzioni  cadenti ,  come  I'  impero  e  il 
papato ,  che  fra  loro  si  sorreggono  per  comunila  di  fine  e  per  iden- 
tita  di  origine  (pag.  8).  »  A  che  lavorano  adunque  in  particolare  i 
massoni  ?  L'  avete  udito :  a  scalzare  i  fondamenli  dell'  autorita  so- 
vrana,  tanto  nell'  ordine  politico,  rappresentata  dall'  impero,  quanto 
neH'ordine  religioso,  rappresentata  dal  papato,  a  rovesciare  ed  an- 
nientare  V  una  e  1'  altra  per  ricostruire  la  sociela  second  o  i  principii 
razionalistici  e  socialistic!.  Yero  e,  che  con  singolare  calunnia  addi- 
ta  I'  ignofanza  e  il  despotismo  ,  quali  istrumenti  dell'  impero  e  del 
papato ,  e  che  con  menzogna  inconcepibile  da  ad  ambidue  e  comu- 
nita  di  fine,  e  identita  di  origine.  Ma  cio  die  monta?  La  .calunnia  e  la 
menzogna  giovano,  e  questo  basta.  Eccovi  ora  esposto  per  filo  Tor- 
dine  del  lavoro.  «  Contro  dei  dommi  noi  faremo  balenare  la  luce 
della  ragione  e  della  verita;  alle  virtu  teologali  opporremo  i  doveri 
umani;  ai  nomi  dei  dottori  cattolici,  i  nomi  di  Voltaire,  di  Condorcet, 
di  Desmoulins,  di  Danton,  di  Sant-Just,  di  Proudhon,  di  Garibaldi. 
Veglieremo  alia  salute  della  patria  e  ai  diritti  della  nazione,  eman- 
ciperemo  lo  spirilo  della  fede  cieca  e  dell'  obbedienza  passiva,  com- 
batteremo  ad  oltranza  il  fanatismo  e  Y ignoranza:  la  loro  religione 
sara  il  simbolo  di  Nicea  —  la  nostra  sara  la  legge  dell'  umanitiji 
(pag.  41,  42).  »  Pugna  su  tulti  i  punti;  pugna  di  sterminio;  distru- 
zione  e  ricostruzione,  tale  e  Y  ordine  del  lavoro,  e  tali  sono  le  aspi 
razioni ,  che  sogna  vanamente  la  massoneria  a  danno  della  Chiesa. 
II  niotivo  di  tanto  accanimento  non  e  punto  dubbio.  La  massone- 
ria ne'  suoi  principii  e  ne  suoi  fini  e  di  natura  oppostissima  a  tutto 


UNA  RECENTE  CONFERMA 

cio  eke  e  cattolicismo  e  sa  di  autorita  cristiana.  Di  fatto  a  eke  as- 
pira  lutta  la  congrega  come  tale?  Al  trionfo  del  diritto  nuovo,  all'at- 
tuazione  della  liberta,  dell'  eguaglianza,  della  fratellanza,  eke  lo 
rappresentano :  «  questa  trilogia  e  la  sua  parola  d'  ordine,  e  il  suo 
programma,  e  il  suo  ideale ;  fuori  di  questa  i  massoni  non  trovano 
eke  tenebre  e  morte :  lottando  per  essa,  lavorano  pel  progresso 
dei  tempi  e  per  lo  sviluppo  della  vita  universale  (pag.  9). »  Cio  po- 
sto,  risponde  il  massone  siciliano :  tutti  i  nemici  della  massoneria, 
tanto  nell' ordine  politico,  quanto  nell' ordine  religioso,  «  fusi  ed  ac- 
cordati  »  —  «  Apostoli  di  servitu  e  di  oscurantismo,  possono  avere 
a  cuore  il  trionfo  della  liberta  ?  »  Maino ,  dunque  guerra  con  essi  a 
morte.  «  Agitatori  di  caste,  predicatori  e  difensori  accaniti  delle  gra- 
dazioni  sociali,  possono  aspirare  al  trionfo  della  eyuaglianza?  »  Im- 
possibile  :  dunque  guerra  con  essi  di  sterminio.  «  Egoisti  e  nemici 
di  tutti  coloro,  eke  non  sono  del  loro  partito,  possono  essi  esser  lieti 
per  la  vittoria  della  fratellanza  ?  »  Cio  sarebbe  contro  la  loro  na- 
tura:  dunque  combatterli  ed  annientarli,  Cosi  egli  ragiona.  Ma  la 
verit^  non  ista  nelle  premesse ,  eke  sono  infinte ,  sibbene  in  cio  eke 
contiene  la  conseguenza.  La  pugna ,  eke  vi  s  inferisce ,  pro\iene 
dalla  natura  della  massoneria.  Se  essa  non  combatte  e  non  distrug- 
ge,  discade,  perisce.  0  pugnare  e  andare  innanzi  o  morire ,  ecco  il 
terribile  dilemma,  a  cui  e  posta,  essendo  essa  «  scuola  della  Demo- 
crazia  »  ;  essendosi  da  secoli  consecrata  al  culto  «  della  liberta,  del- 
V  eguaglianza,  della  fraternita  » ;  e  piu ,  percke  affine  di  «  arrivare 
ad  attingere  il  fine,  al  quale  ogni  massone  aspira  ardentemente,  fa 
d'uopo,ch|kla  massoneria  net  suo  cammino  verso  la  civilla  obbedisca 
a  una  legge  logica ,  fatale ,  implacabile  e  fuori  della  quale  essa  ca- 
drebbe  in  un  circolo  vizioso ,  declinerebbe  piu  o  meno  rapidamente 
per  cadere  poi  nella  decadenza,  dalla  decadenza  nella  ruina,  e  dalla 
ruina  nell'  oblio.  Codesta  legge  e  la  legge  del  progresso  (pag.  9).  » 
In  somma  questo  e  il  grido  garibaldesco :  Roma,  o  morte!  0  pro- 
gredire  fmo  ad  avere  atterrato  e  distrutto  Ckiesa,  papato,  imperi, 
reami  e  quante  altre  forme  di  governo  tengono  alcun  eke  del  diritto 
divino,  e  costituito  su  le  basi  razionalisticke  e  socialisticke  della  re- 
pubblica  universale  dei  Ledru-Rollin  e  dei  Mazzini  un  nuovo 


DEL  SAGGIO  CRITICO  BELLA  SOCIETA  MASSONICA 

cio;  ovvero  intisichire,  venir  meno,  perire.  Ouanto  alia  distruzione 
della  Chiesa  e  del  Papato  sforzi  sprecati;  le  ferocibrame  della  mas- 
soneria  rimarranno  deluse,  non  prevarranno. 

Tali  sono  i  principii,  a  cui  si  regge  la  massoneria;  tale  e  lo  scopo 
a  cui  essa  intende ,  tale  e  lo  sforzo  e  la  necessita ,  con  cui  si  agita 
e  combatle  per  conseguirlo.  Facciamo  ora  un  po'  di  conti.  II  signor 
Finocchiaro  ci  annovera  tra  i  detrattori  della  massoneria.  Abbiamo 
confrontato  la  sua  difesa  col  nostro  Saggio.  Ebbene,  qual  cosa  fu  det- 
to  in  questo  a  carico  della  massoneria,  che  non  s'  incontri  in  quella 
ripetuta  ed  amplamente  confermata  ?  Niuna :  difesa  e  Saggio  si  ac- 
cordano  mirabilmente.  Dovremo  porre  il  sig.  Finocchiaro  tra  i  de- 
trattori della  massoneria  ?  L'  approvazione  del  Supremo  Consiglio  di 
Palermo ,  e  la  spesa  della  ristampa ,  fatta  dalla  loggia  Giorgio  Wa- 
shington ce  lo  divietano.  Dunque  noi  rivendichiamo  il  nostro  titolo 
di  relatori  sinceri.  Cosi  convenisse  questo  titolo  a  yoi ,  sig.  Finoc- 
chiaro ,  in  cio ,  che  scrivete  intorno  al  cattolicismo.  La  detrazione, 
la  calunnia  e  la  menzogna  e  sparsa  a  piena  mano  nel  yostro  scritto. 
Voi  detraete  e  calunniate  a  danno  dei  cattolici,  dove  gli  syillaneggiate 
gridandoli «  apostoli  di  servitu  e  di  oscurantismo,  agitatori  di  caste, 
egoisti,  seminatori  della  discordia  nelle  famiglie  e  nelle  nazioni  » : 
yoi  calunniate,  mentendo  a  danno  del  clero,  dove  1'appuntate  «  di 
spionaggio  nel  confessionale,  di  mantenere  la  donna  neirinfame  cre- 
denza  di  essere  schiava  deir  uomo,  di  vietare  ai  fedeli  la  intelligen- 
za  dei  sacri  riti,  di  adoperare  la  super stizione  a  sgabello  della  igno- 
ranza ,  e  di  aver  tenuto  in  title  tenebre  il  mondo  per  timore  della 
scienza  » :  voi  bestemmiate  e  calunniate  la  religione  cdltolica ,  dove 
bandite,  che  1'  angelica  vita  del  chiostro  «  fa  le  donne  senza  scopo, 
ne  istupidisce  la  mente,  e  le  gitta  nel  fanatismo  »,  e  dove  affermate, 
che  essa  «  impone  alia  ragione  di  sommettersi  all'  assurdo.  »  Stu- 
diate,  sig.  Finocchiaro,  un  poco  il  caltolicismo  nelle  sue  dottrine  e 
nella  sua  vita  di  diciannove  secoli,  e  vi  sentirete  correre  i  rossori  sul 
volto  di  averlo,  contro  ogni  regola  di  onesta,  si  reamente  maltraltato. 
Intanto  eccovi  due  corollari  da  cio  che  avete  scritto  in  difesa  della 
massoneria. 

Corollario  primo.  La  massoneria,  secondo  voi,  «  aspira  al  bene  del- 
rUmanita,  al  bene  ed  al  miglioramento  di  tutti  gl'individui  (pag.  6), 


414  UNA  RECENTE  CONFERMA  ECC. 

cammina  verso  la  civilta ,  lavora  pel  progresso  del  tempi  e  per  lo 
sviluppo  della  vita  universale  (pag.  9). »  Ma  per  vostra  sentenza,  af- 
fme  di  giungere  al  compimento  di  tante  aspirazioni  e  di  tanto  lavoro, 
e  necessario,  che  essa  scardini  ogni  autorita  politica  e  religiosa,  che 
abballa  il  papato ,  che  stermini  la  religione  cattolica ,  che  impian- 
ti  in  tutti  i  paesi  il  reggimento  di  una  democrazia ,  professante  il 
razionalismo  ed  il  socialismo ;  dunque  le  grandi  frasi,  «  aspirare  al 
bene  della  umanita,  tendere  al  miglioramento  di  tutti  gl'  individui, 
camminare  verso  la  civilta,  lavorare  al  progresso  ed  allo  sviluppo 
della  vita  umanitaria  »,  sigaificano  in  ischietto  linguaggio  aspirare, 
tendere,  lavorare  al  trionfo  del  razionalismo  e  del  socialismo  in  teo- 
rica  ed  in  pratica ,  merce  la  distruzione  del  cattolicismo  e  di  ogni 
altra  forma  politica  e  religiosa. 

Corollario  secondo.  Per  confessione  di  voi  stesso,  « la  massone- 
ria  vuole  cio  che  predica  la  democrazia  europea:  —  a  questo  tendo- 
no  i  suoi  lavori  —  la  sua  propaganda  —  il  suo  passato  (pag.  45).  » 
Dunque  egli  e  evidente  esser  ella,  in  quanto  societa ,  direttamente 
o  indirettamente  rea  dei  moti  antisocial!  ed  antireligiosi,  che  tengo- 
no  da  tanti  anni  in  angoscia  la  societa  civile  e  religiosa.  Si  manife- 
stino  essi  in  Francia  o  nella  Spagna ,  in  Italia  o  nell' Austria ,  nella 
Germania  od  altrove ,  non  importa,  la  massoneria  impiantata  in  tali 
paesi,  vi  ha  sicuramente  la  mano,  o  come  propagatrice  dei  principii 
sovvertitori,  o  come  commovitrice. 


I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

SCENE  STORICHE  DEL  1867 


XXXVII. 

JLrturo  Guillemin. 

Non  meno  che  la  stirpe  del  Quelen  e  da  chiedere  al  cielo  si  pe- 
renni  il  tipo  dei  Crociati  simiglianti  ad  Arturo  Guillemin  ,  che  a 
Monte  Libretti  fu  il  Comandante  della  impresa,  e  uno  dei  primi  a 
profondervi  tutto  il  sangue.  Nato  di  civile  famiglia  e  religiosa,  in 
grembo  ad  una  cittadetta  della  Francia  settentrionale,  delta  Aire- 
sur-la-Lys,  vagheggio  lungamente  la  gloria  di  esporre  la  vita  per  la 
Religione.  Era  questo  un  purissimo  voto  di  martirio ;  perciocche  la 
inclinazione  alle  armi  tanto  non  la  sentiva,  che  pendeva  per  contra- 
rio  al  mite  ministero  del  sacerdozio,  e,  pure  £ia  guadagnati  gli  spal- 
lini,  non  ismise  giammai  il  pensiero  di  mutare  quando  che  fosse  la 
spada  col  sagro  calice.  Tra  cotali  disparati  indirizzi  del  cuore,  che 
tenevanlo  tulto  di  a  consigli  seco  stesso,  il  giovanetto  vide  balenare 
di  tetra  luce  il  pericolo  di  Santa  Chiesa,  e  con  questo  dileguatasi 
ogni  dubitazione,  prese  fermissima  risoluzione  di  dedicarsi  alia  Cro- 
ciata,  ne  piu  deporre  le  armi,  che  per  morte  o  per  guerra  fmita. 

Si  scrisse  al  famoso  battaglione  Francobelga,  il  ventesimo.  Come 
egli  avea  qualche  principio  di  musica,  cosi  fu  lieto  di  poter  imbocca- 
re  la  trombetta  in  una  delle  prime  mostre,  che  il  corpo  diede  in 


416  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

presenza  del  Santo  Padre.  Qualsivoglia  ufficio,  purche  di  soldato, 
abbracciava  di  gran  voglia:  fu  caporale  istruttore,  caporale  rancie- 
re.,  e  con  questo  grado  fece  le  prime  arrai  a  Castelfidardo.  Era  pres- 
soche  fanciullo,  e  la  gracilita  della  persona  mal  rispon (leva  alia  vir- 
tu deH'animo :  cio  non  di  meno  vi  si  batte  da  veterano,  e  vi  acqui- 
sto  larghe  ferite,  prigionia  contro  ogni  diritto  delle  genti,  e  gloriose 
ignominie  dal  barharo  vincitore,  elie-  mentivasi  Italiano. 

Alia  sera  di  quell'  immortale  giornata  ricuperando  i  sensi,  trovossi 
disteso  sull'  altare  d'una  chiesa  in  Loreto,  non  discosto  dallo  zuavo 
Giuseppe  Guerin  d'illustre  e  venerata  memoria;  ed  offersero  insie- 
rae  il  sangue,  onde  bagnavano  il  sacro  luogo,  in  espiazione  degli  ol- 
traggi  recati  dai  loro  compaesani  ne' tempi  addietro  ai  divini  taber- 
nacoli.  Egli  giaceva  sulla  paglia,  straziato  da  crudi  tormenti  e  aspet- 
tando  la  morte  :  presso  lui  spirava  un  suo  comilitone.  11  che  veg- 
gondo  un  cappuccino,  disse  al  nostro  Arturo :  «  Questo  e  passato  : 
ma  voi  speriamo  di  salvarvi.  »  E  Arturo:  «  Beato  lui!  egli  e  con 
Dio ;  e  io  vivo  tuttavia,  ne  so  quale  sara  il  mio  fine.  »  II  di  seguen- 
te  nel  medicai  lo,  la  piaga  che  avea  fatto  saccaia  mando  una  sgor- 
gata  di  sangue:  gli  astanti  n'erano  sbigottiti.  «  E  nulla,  diss'egli 
sorridendo,  e  un  po'di  sangue  che  sfoga :  1'avrei  tanto  volentieri 
versato  tutto !  » 

Ridottosi  con  infmiti  travagli  alia  sua  casa  paterna,  vi  sostenne 
lunga  e  pcnosa  malattia,  giacche  le  ferite  eran  nel  petto  e  profonde. 
Non  si  udiva  dal  labbro  suo  altro  lamento,  fuorche  quello  di  non 
avere  potato  spargere  T  ultima  stilla  del  sangue  suo  per  la  Religione. 
Un' aureola  di  religioso  rispetto  pareva  circondarlo;  e  gli  amicisuoi 
si  facevano  talora  mostrare  dalla  madre  di  lui  le  divise  di  Crocia- 
to,  e  venerabondi  ne  baciavano  le  macchie  sanguigne.  «  Oh,  se  io 
potessi,  sclamava  un  giorno  sospirando,  se  io  potessi  porgere  qual- 
che  servigio  al  Santo  Padre !  ma  con  queste  ferite,  sempre  aperte, 
come  potrei  presentarmi  a'suoi  piedi,  e  dirgli:  Santo  Padre,  il  vo- 
stro  Arturo  e  qui  per  difendervi?  »  Pio  IX  non  Taveva  perdulo  di 
vista,  ne  allontanato  dal  cuore :  e  cola  sul  suo  letto  di  dolore  gli 
faceva  pervenire  una  tenerissima  benedizione,  e  V  Ordine  di  cavalie- 
re  Piano.  Ma  1'  infermo  anelava  a  porlarlo  sopra  un  campo  di  bat- 


XXXVII.  ARTURO  GUILLEMIN  417 

taglia,  e  iirvece  la  malattia  lo  trascinava  inverse  il  scpolcro.  La  pie- 
tosa  sua  madre  il  veto  al  bealo  Benedetto  Labre,  e  il  Crociaio  in 
breve  si  riebbe,  contro  ogni  espeltazione,  e  racquislo  le  forze  sraar- 
rite.  Un  giorno  che  la  madre  sel  vedeva  innanzi  tulto  ritiorito  di  sa- 
nita,  e  pur  pensoso  e  tristo,  gli  disse:  «  II  tuo  cuore  e  sempre  a 
Roma,  lo  intendo  bene :  torna  dove  Dio  ti  chiama :  io  non  mi  op- 
pongo.  »  Arturo  tutlo  lieto,  ripiglio  il  cammino  di  Roma,  el'ambito 
poslo  presso  Pio  IX.  Ren  presto  riporto  gli  onori  di  sottotenenle,  e 
di  tenente  nel  1866. 

Divenuto  ufficiale  divenne  la  provvidenza  della  sua  compagnia  : 
tutti  e  ciascuno  de'  suoi  soldati  riguardava  come  figliuoli ,  vegliava 
ai  loro  bisogni,  interessavasi  nei  loro  affari,  non  pativa  che  ombra  di 
scandalo  n'andasse  tra  loro.  Nel  che  veniva  mirabilmente  secondato 
dal  suo  sotlotenente  Urbano  di  Quelen  ,  del  quale  pur  dianzi  favel- 
lammo:  erano  degni  Tun  dell'  altro.  NegH  ultimi  giorni  di  sua  vita, 
passati  in  correrie  continue,  sceglieva  i  brevi  intervalli  di  riposo  per 
raccomandare  ai  cappellani  quelli  tra  i  soldati,  cui  credesse  per  av- 
venlura  o  piu  bisognosi,  o  men  frequenti  ai  religiosi  doveri :  c  il  fa- 
ceva  con  tanta  insistenza,  e  insieme  con  tale  delicatezza,  che  meglio 
nou  avrebbe  potuto  un  zelante  e  discreto  missionaiio.  Yoleva  avere 
la  compagnia  in  pugno,  audace,  spericolata,  temeraria:  e  sapeva 
per  prova  quanto  dispregio  della  morte  s'ispira  da  una  coscienza 
pura  e  senza  rimorso.  E  sua  e  quella  parola  detta  nell'atto  di  dare 
un  attacco:  «  Voi  siete  tutti  in  grazia  di  Dio:  non  li contate,  cadran- 
no  nelle  nostre  mani.  »  La  storia  non  ci  ha  trasmesso  fin  qui  piu 
sublime  ordine  d'un  Gomandante.  E  i  soldati,  che  di  si  verace  e 
profondo  amore  scorgevansi  amati,  lui  riamavano  di  cordialissima 
affezione,  e  non  senza  religioso  riguardo  il  chiamavano  per  sopran- 
nome  «  il  nostro  Angelo  Custode,  1'Angelo  della  compagnia.  » 

Mostrava  infatti  il  candor  e  angelico  nel  sembianle,  nel  tratto  e 
nella  conversazione ,  nella  quale  riusciva  caro  e  giocondo  oltre 
ogni  dire.  Anche  una  speciale  vaghezza  sentiva,  che  e  propria  de- 
gli  Angeli,  quella  di  cantare  le  laudi  della  Regina  del  cielo.  Ouin- 
di  nelle  guarnigioni  si  piaceva  talvolta  di  toccar  1'organo  nelle  chie- 
e  rurali,  durante  il  mese  Mariano;  e  prendeva  passione  alle  divo- 
S$He  Vll,  wl.  IV,  fasc.  448  27  10  Novembre  1868. 


418  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

zioni  villerecee,  si  ridenti  di  poesia  c  cli  fcde,  che  costumano  in  Ita- 
lia; e  fu  veduto  in  divisa  militare  confondersi  coi  buoni  campagnuoli, 
e  colla  chitarra  alia  mano  accompagnare  i  divoti  cantici  alle  Madon- 
ne  delie  sirade :  il  che  gli  acquistava  inestimabile  affetto  e  venera- 
zione  presso  la  contadinanza. 

Costumi  si  soavi,  inclinazioni  si  gentili,  non  isnerbayano  pimto 
la  fierezza  del  vero  soldato;  solo  servivano  ad  appurarla.  All'uopo 
diveniva  rubesto,  lampeggiava  di  alterigia  marziale,  e  il  mansucto 
agnello  ruggiva  lione  implacabile.  Narra  il  visconte  di  Poli,  die 
incontratosi  a  conversare  con  esso  lui  entro  ad  un  caffe  di  Roma, 
videro  enlrare  una  brigata;  all'  abito  ,  al  piglio  non  eran  roraani. 
Uno  d'essi  trasse  di  soito  al  mantello  un  mazzo  di  fiori,  e  piantollo 
sul  desco  ,  attorno  a  cui  i  compagni  fecero  corona.  II  Guillemm  si 
accorse  che  i  fiori,  artatamente  disposti  in  tre  giri  concentric!,  rap- 
presentavano  la  coccarda  di  un  Sovrano  ostile  al  Santo  Padre,  e  cho 
pur  di  cotesto  quelli  prendevano  occasione  di  motteggiare  e  menar 
chiasso.  Egli  era  in  divisa,  e  non  poteva  dissimulare  1'insulto  al 
Principe  di  cui  portava  le  insegne.  Si  leva ,  strappa  il  mazzo  di 
mezzo  alia  tavola,  lo  gitla  a  terra,  lo  calpesta,  e  senza  guatare  in 
faccia  a  nessuno,  risiede.  Sursero  accesi  di  rabbia  quei  ribaldi,  e 
minacciosi  facean  attodi  metier  mano  ai  coltelli.  Arturo  non  si  mos- 
se :  si  cavo  da  lato  una  rivoltella,  la  poso  accanto  alia  sua  tazza  ,  e 
continue  a  discorrere  col  Yisconte.  Non  ci  voile  altro  avviso,  perch^ 
i  vigliacchi  patriotti  dei  fiori,  uno  dopo  1' altro  si  dileguassero  di 
presente.  Erano  cinque  soprastanti  d'una  ferrovia  in  costrazione. 

Yero  Crociato,  di  generosita  e  devozione  senza  limite  alia  siia 
bandiera,  aveva  giurato  di  tenerla  a)ta  insino  a  cessato  il  pericolo  o 
insino  alia  morte  :  e  pero  la  terra  di  S.  Pietro  amava  di  amore  pas- 
sionato  e  invitto,  si  era  dato  allo  studio  del  paese  e  della  configura- 
zione  de'  siti,  e  coll'  animo  vi  aveva  preso  stanza  fissa  e  naturalita. 
Dileguatosi  da  Roraa  il  presidio  francese  nel  1865,  un  amico  gli  fa- 
ceva  osservare,  che  1'esercito  della  Santa  Sedo  non  potrebbe  a  gran 
pezza  tener  testa  ai  grossi  battaglioni  dei  nemici  di  fuori,  e  vana 
riuscirebbe  la  difesa  dei  pochi  Crociali.  «  Non  importa,  rispose  il 
Guillemin,  non  laseero  per  questo  la  mia  bandiera.  Se  siamo  vinti, 


XXXVII.  ARTURO  GUILLEMIN  419 

mi  gittero  alia  montagna,  e  sollevero  la  guerra  de'  partigiani.  Co- 
nosco  il  terrene,  ci  vivro  facilmente,  e  saro  soldato  del  Papa  sino 
all'estremo.  »  E  fu  soldato  del  Papa  lino  all'estremo:  le  sue  ullime 
parole:  Viva  Pio  IX,  lui  solo  Re...  e  bene,  vim  Pio  IX,  erano  il 
compimento  dell'  eccelso  suo  voto.  II  Santo  Padre,  in  udirne  il  rac- 
conto,  pianse  diroltamente. 

Lo  avevan  pianto  a  calde  lacrime  i  suoi  soldati  altresi,  e  non  po- 
teano  consolarsi  della  moile  del  diletto  e  venerato  Coinandante.  11 
zuavo  Alunno,  vedulolo  spirare,  si  precipito  sopra  lui  e  tra  il  fischio 
delle  palle  gli  tolse  le  carte  di  guerra ,  tra  le  quali  era  la  serie  dei 
nomi  del  giorno  ,  e  le  decorazioni  tutle  insanguinate ,  per  sottrarle 
alia  profanazione.  II  di  seguente,  picciola  e  negletta  fossa  accolse  il 
Guillemin,  coi  compagni  di  martirio  e  con  alcuni  degli  uccisori.  Ye- 
ramcntc  fu  deplorabile  caso,  che  la  trepidazione  di  quei  fieri  giorni 
lion  lasciasse  agio  di  sceverare  nella  tomba  gli  amid  dai.  nemici  di 
Dio.  Ma  non  duro  a  lungo  si  ingiusta  offesa,  e  venne  il  giorno  della 
ristorazione.  Due  sacerdoti,  stati  spesso  compagni  dei  Ciociati,  i 
padri  Wilde  e  di  Gerlache ,  con  altri  pietosi  pellegrinarono  a  quella 
tomba,  il  di  7  Maggio  1868,  e  fu  per  volonta  espressa  di  Pio  IX. 
Sceverarono  e  raccolsero  i  preziosi  resti  dei  campioni  di  Santa  Chie- 
sa,  e  loro  rendeltero  i  religiosi  onori.  II  riposo  loro  destinato  e  un 
sepolcro  nuovo,  incavato  a  sinistra  dell'  altare,  nella  graziosa  cap- 
pelladi  Nostra  Signora  del  Passo,  cola  appunto  ov'ebbe  principio 
Teroica  fazione  di  Monte  Libretti. 

Quanto  alle  reliquie  mortali  del  Guillemin  in  parlicolare,  gia 
avean  esse  riscosso  onori  pan  al  merito ;  e  fu  per  occasione  del  rin- 
tracciar  queste,  che  ancbe  di  quelle  altre  si  ridesto  la  memoria  ed  il 
desiderio.  Un  canonico  diocesano  di  lui,  il  reverendo  D.  Carlo  Fran- 
cesco Druot,  venne  a  Roma  a  ricbiederne  il  corpo,  a  nome  della  fa- 
miglia,  della  palria  e  della  chiesa  natale.  A  lui  si  unirono  nel  difficile 
inlento  di  scoprirlo  e  riconoscerlo  un'  eletta  di  amici :  il  P.  Yincenzo 
Bailly,  cappellano,  il  capitano  Albeito  0'  Reilly  di  la  Hoyde,  irlan- 
dese,  gia  intimo  del  Guillemin ;  il  tenente  Enrico  Le  Dieu,  suo  com- 
militone  fin  dalla  giornata  di  Castelfidardo ,  e  un  gruppo  di  prodi , 
nobililati  all'  impresa  di  Monte  Libretti,  il  tenenle  Bach,  il  Loonen, 


420  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

I'Alunno,  il  Mimmi  e  altri.  Yeniva  con  loro  un  gentiluomo  francese, 
il  signer  Enrico  di  Maguelonne ,  eke  poi  dei  particolari  della  inven- 
zione  ci  fu  largamente  cortese. 

Non  era  spenta  presso  i  terrieri  di  Monte  Libretti  la  memoria  degli 
eroi  del  13  Ottobre.  Una  forese  addito  ai  viaggiatori  un  sito  a  cen- 
cinquanta  metri  dal  castello,  e  disse  :  «  Qui  il  Comandante  dei  Zua- 
vi  rendette  Tanima:  i  forestieri  per  devozione  ne  ricolgono  le  erbe, 
e  i  nostri  fanciulli  vi  accumulano  questi  sassi,  che  voi  vedete,  per  ri- 
cordo.  »  Altri  nel  borgo  mostrarono  la  casa,  dove  i  Zua\i  avevano 
vegliato  la  notte,  altri  il  luogo  dove  il  di  Quelen  era  stato  percosso 
a  morte.  Sacerdoti,  borghesi,  popolo,  tulti  concorsero  a  dare  schia- 
rimenti :  ma  piu  che  niun  altro  indizio  valse  la  parola  di  un  buon 
contadino,  che  di  sua  mano  aveva  dato  sepoltura  a  quei  morti  illu- 
stri.  «  Si  trovera,  diss'  egli,  il  suo  corpo  sopra  quello  di  lutti  gli  al- 
tri, colcato  sulla  sua  ordinanza,  con  a  piedi  un  Garibaldino:  per  ri- 
spetto  non  1'ho  spogliato;  e  cosi  1'ho  posto,  perche  egli  era  il  capo  di 
tulti.  Cosi  fu  rinvenuto  appunto  appunto.  Primo  oggetto  ad  apparire 
fu  uno  scapolare  del  Carmine:  un  ufficiale  il  raccoglie,  il  diguazza  nel- 
Facqua,  e  tutto  commosso,  esclama:  «  fi  come  il  mio!  a  lui  e  a  me 
somigliante  il  diede  la  contessa  Macchi! »  E  infatti  il  Guillemin  usa- 
va  frequente  in  questa  nobile  famiglia,  e  V  era  accolto  come  caro 
amico.  Poco  stante  si  vide  un  capo  di  bianca  funicella  :  era  il  cin- 
golo  di  S.  Francesco,  che  il  defunlo  soleva  recare  ad  esempio  di 
S.  Luigi  di  Francia,  ancora  nelle  battaglie.  Infme  tutto  il  cadavere 
si  discoperse.  Era  intatto,  e  talmente  intatto  dopo  sei  mesi,  che  la- 
vato  e  involto  semplicemente  in  un  lenzuolo,  pote  essere  lasciato  si- 
no  al  di  seguente  entro  la  chiesetta  di  Nostra  Signora  del  Passo. 

Quivi  presso  la  fossa  ebbe  le  prime  assoluzioni ;  poi  trasporla- 
ronlo  processionalmente  alia  chiesa,  e  il  di  seguente  alia  parrocchia 
per  le  esequie.  II  popolo  di  Monte  Libretti  si  adunoalla  suaparten- 
v/a  per  Roma,  e  il  saluto  con  fragorosi  Evviva!  Una  tale  acclamazio- 
ne  popolare,  novissima  dinanzi  alia  bara  d'un  morto,  e  profonda  di 
senso  maraviglioso,  e  rivela  con  luce  smagliante  il  concetto  che  si 
formano  i  crisliani  dei  caduti  nei  combattimenti  della  moderna  Cro- 
ciata.  Non  era  che  il  cominciamento  della  gloriflcazione.  Immen- 


XXXVII.  ARTURO  GUILLEMIN  421 

so  fu  il  concorso  dei  Roman!  ai  funerali  solennizzati  a  San  Luigi 
de'  Frances!;  il  Ministro  delle  armi ,  ambasciatori ,  prekti,  ufficiali 
superior!  di  varie  armi ,  tutto  il  corpo  degli  ufficiali  zuavi ,  vi  con- 
vennero  spontaneamente.  Inline  il  S.  Padre,  inteso  tutto  il  processo 
della  invenzione  del  corpo  dalla  bocca  del  canonico  Druot,  voile  che 
il  fratello  di  Arturo  sottentrasse  al  defunlo  ,  nell'  onore  di  cavaliere 
Piano,  per  giustd  e  vivace  gloria  della  famiglia. 

Ma  la  popolare,  dire!  quasi,  apoteosi  aspettavasi  vie  piu  strepi- 
tosa  nella  patria;  ne  falli,  anzi  vinse  ogni  espeltazione.  II  prezioso 
deposito  venne  accolto  dalla  famiglia  e  dagli  amici  in  una  cappella 
ardente,  decorata  non  dei  simboli  della  morte,  ma  della  gloria.  Un 
pargoletto,  nipote  ad  Arturo,  era  nato  poc'  anzi  in  quella  casa;  e  la 
madre  venne  a  posarlo  pietosamente  in  sulla  bara,  come  le  cristiane 
antiche  deponevano  i  loro  bamboli  sui  sepolcri  dei  martiri.  Al  quale 
atto  un  fremito  di  riverenza  trascorse  nell'assemMea;  e  da  quel  pun- 
to  insino  alia  levata  del  corpo  piu  non  cesso  1'affollarsi  del  popolo 
che  veniva  ad  ossequiare  il  benedetto  concittadino.  Ciascuno  voleva 
imprimere  le  labbra  in  sulla  cassa,  e  le  madri  prendevano  in  braccio 
i  fanciulli,  per  arrivarli. 

Nella  dimane  il  privato  omaggio  si  tramuto  in  pubblico  trionfo, 
Le  contrade  e  le  piazze  della  citta  di  Aire  parvero  anguste  alia  folia 
dei  pellegrini  accorsi  da  tutta  la  Francia  settentrionale  :  la  sola  citta 
di  Lilla  ne  aveva  mandate  dugento.  Incedeva  il  feretro  fregiato  dei 
segni  di  vittoria,  a  guisa  delle  urne  delle  catacombe,  lavoro  bene 
inteso  di  artefice  romano ;  e  recavalo  a  spalle  la  gioventu  cittadina, 
che  a  muta  a  muta  sottoponevasi  all'  ambijo  incarco ;  scortavalo  un 
drappello  di  Zuavi  pontificii  in  uniforme,  e  tra  questi  Augusto  Cappe, 
che  aveva  bagnato  del  suo  sangue  lo  stesso  terreno  ove  il  Guillemin 
1'avea  versato  tutto.  Gli  occhi  della  moltitudine  contemplavano  ri- 
spettosamente  i  prodi  commilitoni  del  morto,  e  si  appuntavano  con 
divota  curiosita  sopra  un  brano  della  sua  divisa  disteso  sulla  ba- 
ra ,  rinvenuto  sul  corpo  nella  prima  sepoltura ,  nel  quale  vedevasi 
lo  sdruscio  della  ferita.  Agli  angoli  del  catafalco  sorgevano  trofei  di 
bandiere  pontificie,  inghirlandate  di  alloro  trionfale:  e  a  tali  simboli 
risposero  pure  le  ripetute  laudazioni  funebri:  breve,  ai  funerali  del 


122  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

vincitore  di  Monte  Libretti  nulla  manco  di  quelle  onoranze  che  puo 
tributare  un  popolo  a  quegli  eroi,  che  esso  stima  trasferiti  dalla  glo- 
ria terrena  alia  gloria  celeste. 

Non  perira  la  memoria  di  Arturo  Guillemin,  fmche  duri  in  terra 
1'amore  alia  Chiesa  di  Gesu  Cristo,  e  finche  sara  reputato  pregio  di 
anime  eccelse  il  sapere  intrecciare  in  una  sola  corona  la  fede  del 
marlire,  1' austere  wtu  dell anacor eta,  il  valore  del  guerriero,  e  la 
gentilezza  del  cavaliere.  E  il  monumento  che  ora  gli  erge  la  comime 
ammirazione  de'  concittadini,  sara  additato  ai  posted,  come  una  torn- 
ba  che  onora  la  patria.  Arturo  fu  il  tipo  ideale  del  Crociato.  Tutto 
in  lui  prometteva  quella  fine,  degna  di  un  grande  Cristiano,  che  sorti 
infatti.  II  P.  Antonio  Bresciani,  di  chiara  memoria  e  lacrimata,  nar- 
rate avendo,  nel  suo  Zuavo  Pontificio,  i  magnanimi  gesti  e  il  san- 
gue  sparso  da  Arturo  Guillemin  a  Castelfidardo,  conchiuse  con  que- 
ste  profetiche  parole : 

«  Anima  generosa  I  io  spero  che  le  tue  ferite  ti  lasceranno  corn- 
pi  ere  il  tuo  voto.  Elle  cicatrizzeranno,  ma  la  nobil  ferita  del  tuo 
cuore  non  si  chiudera.  Ell'  e  aperta  airamore,  che  t'accende  per  la 
difesa  della  S.  Sede;  ell'e  aperta  alia  carita  che  t'anima  a  ridonare 
la  vita  per  Cristo;  questa  dolce  ferita  non  ti  dara  ne  posa  ne  requie, 
sinche  non  vedi  rotti  e  debellati  i  nemici  di  Dio,  e  la  vittoria  e  Iti 
pace  e  il  trionfo  della  Chiesa.  Forse  il  Signore  vorra  altri  martiri; 
forse  nei  suoi  profondi  consigli  permettera  che  la  perfidia,  1'ingiu- 
stizia  e  1'empieta  dilatino  ancora  Tire  e  i  furor!  contra  tutto  cio  ch'e 
santo  in  terra;  ma  spera,  nobile  Arturo;  e  se  Dio  in  questa  seconda 
lotta  non  ti  chiama  in  cielo  cogli  eroi  di  Castelfidardo,  tuoi  primi 
compagni,  vedrai  cogli  occhi  proprii  le  terribili  vendette, della  divina 
Giustizia  sopra  i  parricidi  deH'immacolata  Sposa  di  Cristo.  » 

Pagato  il  tributo  debito  ai  vivi  e  ai  morli  di  Monte  Libretti,  ripi- 
gliamo  il  filo  dell'  istoria. 


XXXVIII.  OPERAZ10NI  CONTRO  NEROLA  E  MONTORIO  ROMANO        423 

XXXVIII. 

Operazioni  contro  Nerola  e  Montorio  Romano. 

Per  quanto  riuscito  fosse  brillante  il  combattimento  di  Monte  Li- 
bretti, e  avesse  gittata  terribile  perturbazione  nel  campo  degl'  inva- 
sori,  e  guasti  i  loro  disegni ;  rimaneva  pur  tuttavia  indugiata  Y  intera 
esecuzione  del  divisato  dal  Comandante  della  Luogotenenza.  Poiche 
il  Charette  iutendeva  a  snidare  il  nemico  da  Nerola  e  da  tulto  il 
lembo  della  provincia,  dov'eraapparso,  e  ancora  piu  di  cotesto  ane- 
lava  a  dargli  una  rotta  generate,  ove  che  potesse  pur  una  volta  rag- 
giugnere  il  Menotti,  quanto  insolente  a  invaderei  puntiscoperti,  al- 
trettanto  celere  a  ritirarsi  al  primo  romore  di  armi  pontificie.  Que- 
st' ultimo  intento  sopra  tutto  era  difficilissimo  ad  ottenere. 

Menotli  infatti,  evacuato  Monte  Libretti  nella  notte  dal  13  al  14 
Ottobre,  si  rinforzo  a  Nerola,  sempve  sull'estremo  liraite  della  pro- 
vincia; e  ricevuti  novelli  rincalzi  mando  ingrossare  il  suo  corpo 
avanzato,  gia  inoltratosi  insino  a  Montorio  Romano,  inviandogli  tra 
gli  altri  un  baltaglione  de'  meglio  agguerriti ,  che  formava  come  la 
sua  guardia  pretoriana,  cui  comandava  egli  medesimo.  Anclxe  questa 
mossa  non  era  altro  che  uno  scivolare  lunghesso  il  confine ,  perche 
Montorio  giace  a  scirocco  di  Nerola ,  ne  dista  piu  che  due  miglia 
dalla  frontiera.  Vi  si  condusse  di  poi  il  Menotti  in  persona,  e  vi 
trasporto  il  quartier  generate.  La  fama  costante  ed  uniforme  e  i  rap- 
porti  giunti  al  Ministro  dell'  armi  in  Roma  raccontavano  che  egli 
avesse  cola  e  nelle  circostanze  rannodato  presso  a  6000  uomini  di- 
stribuiti  in  piu  luoghi  1 :  ma  gli  storici  di  parte  sua  scrissero  che  a 
Nerola  ne  aveva  da  2000  2  ,  forse  dimenticando  le  masse  raccolte 
contemporaneamente  a  Montorio  e  ne'  dintorni,  fino  a  Monte  Flavio. 

Quale  fosse  il  suo  obbietto  di  operazione  ,  non  poteva  argomen- 
tarsi  chiaro,  e  forse  egli  stesso  non  aveva  disegno  formato  e  ben 

1  Doc.  mss.  degli  Archiv.  14  e  15  Ott. 

2  Vedi  GUERZONI nella  N.  Antol  Marzo  1868,  p.  562. 


424  I  CROCIATI  BI  SAN  PIETRO 

colorito  in  mente  sua.  Perciocche  il  sue  avanzare  verso  Monlorio  Ro- 
mano minacciava  apertamente  Palombara,  e  si  diceva  altamente  nel 
campo  garibaldino  cola  dover  battere  i  primi  assalti,  appena  fossero 
giunti  i  battaglioni  cappali  di  Lombardia  e  di  Romagna.  Tutto  que- 
sto  era  saputo  in  Roma  l.  Intanto  1' improvviso  apparire  di  una  sua 
vanguardia  verso  Percile  e  Licenza  sembrava  accennare  sopra  Ti- 
voli:  e  d'  altra  parte  il  rioccupare  che  fece  Monte  Libretti,  dopo  la 
partita  del  capitano  de  Yeaux,  con  forse  1200  Gahbaldini,  sembrava 
un  pentimento  di  esserne  poc'anzi  diloggiato;  e  pero  correavoce  che 
tramasse  un  soprammano  contro  Monte  Rotondo  2.  Questo  solo  era 
manifesto,  che  tentando  tutta  la  frontiera  si  aveva  in  mira  alcun  ac- 
quisto  rilevante :  e  bene  poteva  tentarlo ,  avendo  in  ciascuno  de'  tre 
siti  occupati  almeno  due  cotanti  di  truppe ,  che  non  ne  comandava 
il  di  Charette  in  tulta  la  provincia.  Mancavagli  solo  1'ardhnento,  ne 
glielo  accrebbe  il  fratello  Ricciotti,  che  arriv6  al  campo  in  Nerola  il 
16  di  Ottobre  3. 

Pertanto  i  Pontificii  presero  doppio  provvedimento  :  raffermare  i 
Ire  posti  interni  piu  probabilmente  esposti  alle  incursioni,  e  appron- 
tare  una  colonna  di  spedizione.  II  Comandante  di  Palombara  ebbe 
ordine  dal  Charette  di  non  si  allontanare  dal  castello ;  prese  a  co- 
struire  sollecitamente  alcune  opere  di  difesa  piu  urgenti,  fece  viveri, 
e  scriveva  che  dair  aggressione  di  bande  non  aveva  che  paventare  i. 
La  sua  forza  componevasi  di  una.compagnia  di  Zuavi,  e  d'  una  par- 
tita di  Squadriglieri.  A  Tivoli  il  Colonnello  in  persona  disponeva  le 
difese,  e  il  capitano  d'  Albiousse  che  ivi  era  Comandante,  sebbene 
con  presidio  non  dissimile  da  quello  di  Palombara,  entrava  malleva- 
dore  di  mantenere  la  piazza  3.  Dalla  parte  di  Monte  Rotondo  .die 
piu  dappresso  toccava  Roma ,  anche  piu  vigorosi  procedevano  gli 
appresti  di  difesa  e  di  offesa. 

1  Doc.  mss.  degli  Archiv.  13  Ott. 

2  Ivi. 

3  Ivi,  17  e  18  Ott. 

4  Ivi,  16  Ott. 

5  Ivi,  13, 15, 16, 19  Ott. 


XXXVIII.  OPERAZIONI  CONTRO  NEROLA  E  MONTORIO  ROMANO       425 

Ne  erano  motivo  non  solo  le  minacce  immediate  del  Garibalde- 
schi  rientrati  in  Monte  Libretti,  ma  altre  considerazioni  di  piu  vasto 
intendimento.  Le  informazioni  giunte  da  Firenze  al  ministro  Kanzler 
per  via  di  testimonii  gravi  e  oculati  recavano,  che  una  moltitudine 
sempre  crescente  di  Garibaldini,  si  affollava  alle  ferrovie,  e  con  si 
smaccata  pubblicita,  che  nelle  stazioni  si  erano  aperti  a  posta  loro 
degli  sportelli  speciali,  per  distribuire  le  polizze  di  viaggio  1.  So- 
pravvenivano  altri  sospetti,  che  il  convoglio  da  Terni  dovesse  a  un 
giorno  prossimo,  importare  un'  orda  di  Garibaldini,  lance  spezzate  e 
armati  insino  ai  denti,  e  coll  a  violenza  del  vapor  e  intruderli  fin  den- 
tro  le  mura  di  Roma  2;  e  tali  sospetti  prendevano  valore  dagli  av- 
visi  corsi  contemporaneamente  di  frotte  di  nemici,  nascose  nelle  cir- 
costanze  della  porta  S.  Lorenzo  non  lungi  dalla  romana  stazione  di 
Termini,  probabilmente  in  altesa  e  in  soccorso  degl'invasori  3.  Ne 
ignoravasi  che  il  Garibaldi  era  stato  licenziato  a  tornare  in  terra  fer- 
ma,  ad  altizzare  le  imprese  de'  suoi  volontarii:  a  confermazione  del 
quale  rumore  concorreva  non  poco  il  vedersi  lungo  la  costiera  due 
legni  italiani  in  corso,  che  mandavano  dire  di  stare  in  caccia  del 
fuoruscito  di  Caprera*4.  Si  credeva  adunque  il  contrario. 

Contro  tali  pericoli,  si  ordinarono  pertanto  i  ripari:  si  raddoppio 
la  vigil?nza  lungo  la  marina  di  Civitavecchia;  in  che  spicc6  la  ope- 
rosita  del  colonnello  Cialdi,  il  quale  senza  strepito  e  con  oculatis- 
simo  avvedimento  dispose  talmente  la  sua  piccola  flotliglia ,  che 
ogni  sbarco  di  nemici,  fu  tentato  invano  5.  Venne  rinforzata  la  guar- 
nigione  di  Monte  Rotondo,  richiamandovi  la  compagnia  della  Legione 
da  Monte  Maggiore,  e  inviandovi  un  pronto  soccorso  6;  si  accrebbe 
la  guardia  lungo  la  strada  ferrata  7;  e,  cio  che  nel  frangente  pochi 

1  Ivi,  15  Ott.  In  un  telegramma  vi  e  la  giunta:  Renseignements  de  temoins 
graves  et  oculaires. 

2  Ivi,  17  Ott.  e  Relazioni  particolari. 

3  Ivi,  14  Ott. 

4  Ivi,  15  Ott. 

5  Relazione  mss.  della  Marina. 

6  Doc.  mss.  degli  Archiv.  14, 15  Oil. 

7  Ivi. 


426  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

seppero,  1'ingresso  della  stazione  fu  munito  militarmente,  e  fu  pro- 
poslo  uno  spediente,  onde  potere  ad  un  cenno  scagliare  in  ro\ina  il 
conyoglio  garibaldesco ,  se  fosse  riuscito  ad  irrompere  insino  a 
Roma  1. 

Restaya  da  spedire  una  truppa  a  railitare  yivamente  conlro  le  for- 
ze  nemiche,  cotanto  aumentate  sul  confine  della  Comarca,  sebbene 
non  ardite  d'  inoltrarsi :  ma  all'uopo  falliva  il  numero  necessario  di 
soldati  onde  comporla.  Perciocche  per  una  parte  i  luoghi  occupati 
dal  nemico  erano  tulti  fortissimi  per  sito  e  condizioni,  e  da  non  po- 
lersi  tentare  colla  sola  fanteria ;  per  Y  altra  parte,  cssendo  le  Ire  vie 
di  Roma  evidentemente  minacciate,  non  mettea  conto  di  sguarnire 
Tivoli,  Palombara  e  Monte  Rotondo,  che  n'erano  la  nalurale  difesa, 
e  neppure  era  possibile  di  assotligliarne  le  gia  sottilissime  guarni- 
gioni.  Con  tutto  eio  il  Chare  tie  non  si  smarriva,  ne  molto  meno  il 
Ministro  delle  armi  rimanevasi  ozioso,  siccome  scrisse  un  Censore 
da  troppo  zelo  accecato  2.  Se  mai  fu  tempo  in  tutta  la  guerra  in 
cui  1'energia  tenace  del  general  Kanzler  brillasse  in  tutto  il  suo 
splendore,  fu  certo  in  questi  giorni :  e  nelle  filze  degli  archivii  sus- 
sistono  gli  alii,  pieni  tutti  di  dispacci ,  di  provvedimenti,  di  ordini 
arditi  e  ricisi,  che  traversavano  le  province  sulle  ali  del  telegrafo,  e 
ogni  cosa  agitavano  alia  difensione  dello  Stato. 

Ma  per  non  ci  scostare  dal  nostro  cammino,  diremo  solo,  che  il 
Comandante  della  Luogotenenza  di  Tivoli ,  appena  avyisato  dei  sue- 
cessi  di  Monte  Libretti,  non  approdati  all'  ultimo  scopo  di  sgom- 
brare  Nerola  dai  nemici,  gia  telegrafava  al  Ministro :  «  Propongo 
naarciare  con  lutte  le  forze  sopra  Monte  Libretti  e  Nerola,  io  con  100 
uomini  da  Ttvoli,  100  uomini  da  Palombara,  Cirlot  con  due  compa- 
gnie  Legione  e  sezione  Zuavi  (da  Monte  Rotondo).  Se  si  approva  in 
genere,  par  tiro  per  Roma  pel  concerto  e  dettagli,  al  primo  segno  te- 
legrafico  3.  »  Con  che  egli  intendeva  mettere  in  campagna  pres- 

1  Quanto  al  modo  di  distruggere  il  convoglio  garibaldesco,  abbiamo  veduta 
la  proposta  d'un  ingegnere,  coirapprovazione  del  Ministro,  ma  non  abbiamo 
indagato  se  fosse  poi  eseguita. 

2  Lapolitique  de  resistance  a  Rome,  etc.  Blois,  1868. 

3  Doc.mss.  degli  Archiv.  15  Ott. 


XXXVIII.  OPERAZIONI  CONTRO  NEROLA  E  M01NTORIO  ROMA1NO        427 

socche  lutte  le  guarnigioni,  percuotere  un  colpo  vigoroso  con  tre- 
cento uoraini  contro  una  massa  yenti  voile  piii  numerosa,  e  rien- 
trare  nelle  piazze  di  presidio,  prima  eke  i  nemici  avessero  tempo  di 
saperle  sguernite,  non  che  tenlarne  1'acquisto.  II  Ministro  rispose: 
«  Convengo  1.  » 

Si  tenne  infatti  alia  sera  del  giorno  15  il  consiglio  di  guerra,  in 
Roma,  a  cui  inter vennero,  oltre  al  Charette,  varii  Comandanti  del- 
la  sua  Luogotenenza,  eTufficiale  Ringard,  tutti  chiamati  e  volati 
in  Roma  in  poche  ore.  II  divisamento  del  Charette  era  eccellente  e 
necessario,  sebbene  ardimentoso  in  sommo :  pero  ai  piu  sembrava 
di  non  mettere  in  avventura  T  esito  dell'  operazione,  scagliando  si 
picciole  forze  coutro  un  nemico,  che,  se  non  per  valore,  pel  numero 
almeno  e  pel  vantaggio  delle  posizioni  avrebbe  potuto  resistere. 
Ondeche  il  consigliare  si  volse  sui  modi  di  assicurare  col  maggior 
nerbo  possibile  la  spedizione.  Qui  era  il  difficile.  Coloro  chestando- 
si  in  disparte,  pretendevano  che  il  Ministro  tenesse  buona  guardia 
ne'castelli  forti,  e  intanto  avventasse  in  tultele  direzioni  colonne  vo- 
lanti  per  attaccare  le  bande  avversarie,  non  seppero  le  angustie  a  che 
era  ridotto  1'  esercito  pontiticio.  Appunto  in  questi  giorni  si  dovette 
ricusare  al  Delegato  di  una  importanle  citta  il  soccorso  di  una  sola 
compagnia ,  che  era  richiesta ,  perche  la  guarnigione  di  Roma  era 
gia  troppo  indebolita  2.  Infatti  la  vastissima  Metropoli  contava  cir- 
ca quattromila  difensori,  forza  appena  bastevole  alia  guardia  di  pa- 
ce. Ed  e  maraviglioso  per  chi  studia  i  document!  originali  di  quei 
giorni  tempestosi,  osservare  come  il  Ministro  e  Capitan  generale 
delle  Armi  sembrava  quasi  negoziare  co'  suoi  Luogotenenti,  affine 
di  ottenerne  una  compagnia  o  mezza,  e  per  tante  ore,  e  con  pro- 
messa  di  reslituzioneJ  Ecco  un  suo  telegramma,  per  saggio  :  «  Se 
potesse  questa  sera  coll'  ultimo  treno  mandarmi  due  compagnie  per 
48  ore,  si  eviterebbe  un  pericolo  a  Roma  B.  »  E  simiglianti  po- 
tremmo  allegarne  parecchi,  che  danno  la  giusta  estimazione  delle 

1  Doc.  mss.  degli  Archiv.  15  Ott. 

2  Ivi,  Telegramma  del  rainistro  Kanzler. 

3  Ivi,  16  Ott. 


428  I  CROCUTI  DI  SAN  PIETRO 

strettezze  dell'  esercito  pontificio,  gia  assalito  e  travagliato  in  tre 
province,  e  coU'espeltazione  di  piu  gravi  insulti  dalle  truppe  rego- 
lari  contra  Terracina  e  Civitavecchia  1. 

II  buon  volere  di  tutti  cospirando  allo  stesso  intento  fece  si  che 
si  raggranellarono  alquante  compagnie  di  varie  armi,  una  banda  di 
cavalli,  e  due  pezzi  di  campagna,  E  fu  allora  che  il  Ministro  scris- 
se  pei  Legionarii,  ch'  egli  distaccava  dalla  guarnigione  di  Roma, 
quell'  ammirata  commissione  :  «  Due  compagnie  della  Legione  usci- 
ranno  da  Roma,  batteranno  il  nemico  in  Nerola,  e  rientreranno.  » 
Volevasi  da  prima  far  massa  a  Palombara,  e  gia  era  spedito  1'  avvi- 
so  di  preparare  gli  alloggi  per  seicento  fanti  e  cento  cavalli  2  :  ma 
poi  fu  prescelto  Monte  Rotondo.  Alia  sera  del  16  Ottobre  tutte  le 
forze  destinate  alia  spedizione,  compresevi  quelle  chiamate  dalle 
province,  gia  vi  erano  raccolte,  e  sommavano  in  tulto  a  970  uomi- 
ni  3.  All'  alba  seguente  marciavano  in  traccia  del  nemico. 

Non  poteasi  con  maggiore  celerila,  vigore  e  audacia  apparecchiare 
tra  mille  ostacoli  la  operazione  contro  Nerola  e  Montorio  Romano. 


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Ofrfl  '{'iL1  dh'uii  -i-j  iu  ui^o.;^  ,       ••.' 

1  Doc.  wis«.  degli  Archiv.  17  Ott. 

2  Ivi,  16  Ott. 

3  Rapp.  generate  della  Luogotenenza  di  Tivoli,  nei  Doc.  mss.  degli  Arehi- 
vii,  28  Ott. 


BELLE  COSTITUZIONI  MODERNE 


Uno  del  piu  ingegnosi  e  doili  uomini,  che  sono  in  Italia,  e  gia 
noto  al  pubblico  per  opere  date  alia  luce,  ci  diresse,  ha  qualche  tem- 
po, un  suo  articolo,  in  forma  di  lettera,  sopra  le  forme  costituziona- 
li  moderne.  Noi  fin  dal  primo  leggerlo  riputammo  che,  atteso  i  ve- 
raci  principii  e  le  sapienti  considerazioni,  che  conteneva,  meritava 
d'  esser  inserito  nei  nostri  quaderni,  con  derogazione  alia  nostra 
usanza.  Senonche  le  molte  materie,  che  avevamo  per  le  mani  e  che 
non  potevano  trasandarsi,  c'  impedirono  di  farlo  fin  qui.  Ora  final- 
mente,  che  lo  spazio  eel  consente,  volentieri  il  pubblichiamo,  senza 
nulla  toglierci  o  mutarci ;  e  solo  sopprimiamo  il  nome  dell'Autore, 
per  ragioni  di  convenienze  che  ognuno  intende  da  se  medesimo. 
L'  articolo  suona  cosi : 

Agniluslri  Compilatori  della  Civilta  Cattolica.     ^ 

Associato  insin  dal  primo  anno  alia  Civilta  Cattolica  non  solo 
ne  leggo  periodicamente  i  quaderni,  ma  sovente  ritornando  sopra  le 
materie  piu  important!  mi  fo  a  studiarle,  secondo  la  tenuita  del  mio 
ingegno :  e  non  e  a  dire  se  tra  gli  argomenti,  maestrevolmente  trat- 
tati,  a  preferenza  mi  avesse  altirato  lo  Esame  dei  moderni  ordini 
rappresentativi,  siccome  suggetto  di  grande  momento  nelle  condi- 


430  DELLE  COSTITUZIONI  MODERNE 

zioni  present!  della  societa.  Or  meditando  sopra  quegli  articoli  mi 
e  stato  avviso,  che  alcuna  cosa  si  possa  osservare  intorno  alia  se- 
guente  affermazione :  Esser  possibile,  eziandio  nella  forma  costitu- 
zionale,  purche  si  depuri  dalla  infezione  eterodossa,  conseguire  i 
fini  cui  dee  mi  rare  ed  indirizzarsi  la  societa,  cioe  il  bene  ed  il  van- 
taggio  comune,  coordinati  col  rispetto  verso  ogni  diritto,  e  verso  la 
liberta  verace  e  legittima. 

Che  lo  spirito  eterodosso  ,  di  cui  sono  magagnate  le  odierne  Co- 
stituzioni,  le  renda  disacconce  affatto  a  soddisfare  alle  condizioni 
indispensabili  per  raggiugnere  i  fmi  teste  divisati,  e  cosa  che  niun 
uomo  di  mente  sana  vorra  negare.  Ma  pur  cosi  la  quistione  non 
puo  dirsi  risoluta,  ne  lo  esame  compiuto ;  in  quanto  potrebbe  di 
nuovo  proporsi  il  seguente  quesito.  Poniamo  che  si  escluda  lo  spi- 
rito eterodosso,  le  forme  costituzionali  odierne  per  se  medesime, 
considerati  i  loro  elemenli  e  la  loro  congegnatura,  non  rimarrebbe- 
ro  sempre  tali  da  non  dare  speranza  che  quei  fmi  si  ottengano? 
Ovvero,  proponendo  la  quistione  sotto  altro  aspetto,  &  egli  possibile 
purgare  degli  elementi  eterodossi  le  forme  ccstituzionali  odierne? 

Avvegnaeh^  la  soluzione  s  intraveda ,  chi  prenda  ad  istudiare 
con  animo  non  preoccupato  1'  opera  insigne  dell'  ilhistre  P.  Tapa- 
relli,  di  benedetla  e  sempre  cara  ricordanza;  nulladimeno  quel  ve- 
derla  lasciata  sulle  undicr  once,  come  suol  dirsi,  potrebbe  per  non 
pochi  farsi  occasione  di  eiTori  ed  illusion! .  Perche  son  vissulo  nel- 
la speranza  che  1'  un  di  o  T  altro,  presentandosi  congiunlura,  sa- 
rebbe  comparso  qualche  articolo  nella  Cwilta  Cattolica ,  merce 
cui  rifacendosi  i  dottissimi  Compilatori  sulla  quistione,  1'ayessero 
deter minata  e  circoscritta  nei  termini  sopra  espressi.  La  congiuntu- 
ra  si  e  data,  ne  V'articolo  si  e  fatto  aspetlare,  la  cui  epigrafe  e  «  Con- 
(lizione  morbosa  del  nuovo  parlamento  di  Firenze  1  ». 

Se  non  che  codesto  articolo  non  si  discosta,  a  quel  che  sembra, 
gran  fatto  dalla  medesima  sentenza,  che  pur  le  forme  odierne  pos- 
sono  rendersi  proficue  e  vantaggiose.  Con  tutto  cio  non  essendo 
riuscito  a  persuadermene,  mi  fo  a  sotlometlere  brevi  osseryazioni 

1  CIYILTA  CATTOLICA,  Serie  VI,  vol.  V,  pag.  5. 


DELLE  COSTITUZIONI  MODERNE  431 

all'  alta  doltrina  delle  Signorie  vos.tre,  ed  elleno  ne  useranno  secon- 
do  loro  saviezza  l. 

E  dalle  prime  considero  che  a  tre  sommi  capi  possono  ridursi  i 
vizii  delle  odierne  Costituzioni.  I.  Le  norme,  secondo  cui  si  elcgge 
la  prelesa  Rappresentanza  nazionale,  sono  essenzialmente  viziose  e 
false.  II.  La  forma,  secondo  cui  si  conferisce  il  mandate,  distrugge 
la  essenza  di  quel  contralto,  ossia  e  forma  assurda,  die  pero  puo 
rivolgersi  contro  gli  stessi  mandanli.  III.  II  fondamento,  sopra  cui 
poggiano  le  deliberazioni,  e  tale  che  toglie  ogni  guarenligia  ai  diritti, 
alia  giustizia,  alia  morale.  Si  comport!  qualche  cliiarimento  sopra 
ciascun  capo. 

Rispeito  al  primo,  a  prescindere  da  lutto  cio,  che  e  stato  gia  da 
gran  tempo  osservalo,  e  luttavia  si  viene  osservando  in  tanti  arti- 
coli  ed  in  tante  opere ;  ed  a  prescindere  dall'  esperienza  giornalie- 


1  TsToi  crediamo  di  dovere  qui  notare  due  cose.  La  prima  e  che  Tarticolo, 
a  cui  accerma  FAutore  (Condizione  morbosa  del  nuovo  parlamento  di  Firen~ 
ze)  non  concede  in  modo  alcuno  che  le  forme  odierne,  anche  spogliate  dello 
spirito  eterodosso,  possono  renders!  proficue  e  vantaggiose.  Esso  anzi  riprova 
esplicitamente  coteste  forme,  anche  riguardate  nel  pure  loro  materiale  orga- 
nismo.  Imperocche  distinguendo  nelle  moderne  costituzioni  lo  spirito,  che  le 
informa,  dalla  loro  struttura  meccanica,  non  pure  condanna  il  primo  come  de- 
riv azione  della  teorica  del  Rousseau,  ma  condanna  anche  la  seconda  come  ap^ 
plicazione  della  teorica  del  Montesquieu.  Egli  osserva  che  la  struttura  mate- 
riale del  Costiluzionalismo  moderno  e  la  pretesa  divisione  e  bilancia  de'  pen 
ten ,  conirastanti  tra  loro  ;  e  che  cio,  riuscendo  non  ai  temperamento  ma  allo 
sparpagliamento  del  potere  politico,  e  contrario  ad  ogni  idea  di  civile  Governo. 

Vero  e  che  egli  poscia  soggiunge  potere  anche  il  sistema  costituzionale  con- 
durre  a  bene ;  ma  dice  cio,  guardando  alia  pura  idea  di  un  tal  sistema,  che  ri- 
pone  nella  partecipazione  e  nel  concorso  della  nazione  alF  esercizio  della  so- 
vranila,  avente  capo  nel  Principe;  il  che  non  ha  luogo  in  rerun  modo  negli 
ordiiiamenti  politici  rap^resentativi  modern!,  poggiando  essi  n^lFidea  del 
popolo  per  se  sovrano. 

L'altra  cosa,  che  noiiamo,  si  e  che  i  tre  vizii  capital!  delle  odierne  costitu- 
zioni, giustamente  riprovati  e  confutati  dalF  Aulore,  nascono  appnnto,  come 
egli  confessa  da  ultimo,  dallo  spirito  eterodosso,  ond'esse  sono  informate,-  e 
quiudi  vennero  da  no!  condamiati  ed  esclusi  per  c!6  stesso,  che  condannammo 
ed  ^sclndeiumo  uu  tale  spirito. 


432  DELLE  COSTITUZIONI  MODERNS 

ra  che  conferma  a  posteriori  le  dimostrazioni  a  pried  degli  arlicoli 
e  delle  opere,  conferma  cioe  che  le  elezioni ,  secondo  die  sono  pra- 
ticate  oggidi ,  servono  unicamente  a  porre  in  balia  di  un  partito  il 
Governo ,  che  pero  necessariamente  degenera  in  tirannide;  a  pre- 
scindere,  ripeto,  da  lutlo  questo,  amerei  che  a  preferenza  si  ponga 
mente  sopra  un  altro  vizio  sostanziale ,  effetto  inevitable  del  modo 
odierno  di  scegliere  la  cosi  detta  rappresentanza  nazionale :  vizio  che 
passa  inavvertilo,  piu  che  non  dovrebbe. 

La  elezione  essendo  fatta  dai  cittadini  nella  semplice  qualita  di 
cittadini,  io  dico  che  propriamente  per  questo  la  Rappresentanza  che 
ne  sorge  non  racchiude,  ne  potrebbe,  gli  elemenli  indispensabili  a 
tutelare  e  guarentire  nelle  debite  proporzioni  gl' interessi  ed  i  di- 
ritti, che  in  ogni  ben  ordinata  societa  vogliono  essere,  merce  cor- 
respettiva  contemperanza,  protelti  e  guarentiti.  Per  rendersi  capaci 
di  cio,  si  rifletta  che  i  cittadini  in  quanto  cittadini  non  hanno  altra 
cosa  a  tutelare  tranne  i  diritti  che  si  riferiscono  alia  condizione  di 
uomini  e  di  cittadini.  Yeramente  altri  interessi  ed  altri  diritti  pos- 
sono  trovarsi  in  loro,  e  vi  si  rinvengono  di  fatti ;  ma  essi  li  hanno 
e  li  esercitano  non  come  semplici  uomini  e  cittadini,  sibbene  per- 
che  appartenenti  ad  una  qualche  classe  sociale,  esempigrazia  di 
proprietarii,  di  commercianti,  di  dotlori  e  via  discorrendo.  Pertan- 
to  recandosi  all'urna  iiella  semplice  qualita  di  cittadini,  e  manifesto 
come  la  rappresentanza  dipendente  da  elezioni  cosi  preordinate  non 
puo  racchiudere  nelle  debite  proporzioni  le  voci  necessarie  alia  tu- 
tela  dei  distinti  interessi,  riguardanti  le  diverse  appartenenze  socia- 
li.  Si  faccia  il  caso  che  per  una  rappresentanza  alia  moderna  non 
si  scelga  alcun  proprielario,  od  almeno  si  pongan  da  banda  i  gran- 
di  proprietarii  (essendo  eziandio  da  distinguere  gV  interessi  social! 
dei  grandi  da  quelli  del  piccoli  proprietarii) ;  o  vi  sieno  in  cosi 
scarso  numero,  da  esserne  la  voce  soffocata :  oppure  si  faccia  il  ca- 
so che  non  siasi  prescelto  numero  sufficiente  di  commercianti,  e 
Tia  via :  di  qua!  modo  si  puo  star  sicuro  che  gl'interessi  di  quelle 
Tarie  classi  sieno  difesi  e  sostenuti  nelle  discussioni  e  nelle  delibe- 
razioni  affine  di  contemperarli  tra  se,  coordinandoli  al  vero  pub- 
blico  bene?  il  quale  non  pu6  altrimenti  conseguirsi,  se  non  rispet- 


DELLE  COSTITUZIONI  MODERNS  43 ^ 

tando,  secondo  ragione,  i  diritti  c  gl'interessi  di  ciascuna  classe; 
in  somma  governandosi  secondo  i  principii  della  giuslizia  distri- 
butive. Ne  sia  soverchio  qui  notare  come  questo  capital  vizio 
delle  odierne  rappiesentanze  germogli  dalla  mostruosa  massima 
del  Govern!  ammodernati,  secondo  cui  lo  Stato  e  fonte  ed  origine 
di  iutt'i  diiitli,  illimitato  nei  suoi  poteri;  per  forma  che  un'assem- 
blea,  che  postergasse  i  dirilti  ed  i  vantaggi  di  questa  o  quella  clas- 
se, non  possa  riputarsi  iniqua,  quasi  usasse  del  suo  dirilto.  Eppure 
nulla  di  piu  sconcio,  nulla  di  piu  iniquo.  Le  famiglie,  le  corporazio- 
ni,  coi  loro  diritti,  colle  loro  proprieta,  essendo  fondamento,  e  mal- 
levadrici  della  societa  civile,  debbono  aver  sicura  la  tutela  della 
propria  rispettiva  condizione :  ed  intanto  cotesla  tutela  e  per  Tap- 
punto  addivenuta  oggi  molto  problematica,  in  grazia  delle  norme 
praticate  nelle  elezioni.  Ravvicinando  adesso  questo  difetto  agli  al- 
tri,  cui  sul  principio  accennava,  ponendoli  dall'un  dei  lati,  si  rende 
indubitato  come  le  moderne  elezioni  recano  con  se  il  germe  di  mol- 
te  e  gravi  disorbilanze  sociali.  11  secondo  capo,  se  non  m'inganno, 
non  ha  ricevuto  fmora  tutto  il  lume  che  richiede.  E  da  considerare 
che  in  ogni  mandato,  a  volerne  serbare  integra  la  essenza,  e  indi- 
spensabile  la  obbligazione  nel  mandatario  di  render  conto  al  man- 
dante  dell'  operalo.  Non  potrebbe  neppur  dispensarsi  da  siffatto  ob- 
bligo  senza  alterare  per  modo  tra  mandante  e  mandatario  i  cor- 
rispellivi  diritli  e  doveri  da  annientarli  del  tutto.  Si  puo  conferire 
al  mandatario  facolt^i  amplissima  a  traltare  e  conchiudere  secondo 
il  proprio  criterio  e  la  propria  discrezione  senza  esser  mestieri  che 
ne  interpelli  prima  il  mandante,  ma  non  lo  si  potrebbe  esimere 
dalla  obbligazione  di  render  conto  dell' operate.  Perocche  simile 
esenzione,  alterando  la  essenza  del  contralto ,  costituirebbe  il  pre- 
teso  mandatario  arbitro  del  negozio.  Laddove  poi  si  trattasse  di  tal 
negozio,  il  cui  nerbo  e  la  cui  sostanza  consistesse  tutta  in  trattarlo 
ed  amimnistrarlo  ,  la  esenzione ,  di  che  parliamo  ,  tramuterebbe  il 
mandatario  non  pure  in  arbitro  ma  in  domino ,  anzi  despota.  E 
questo  e  quel  che  inter viene  nelle  elezioni  politiche,  rispelto  ai 
deputati.  I  quali  addh'enuti  per  la  forma  assurda  del  mandato,  che 
Serie  VII,  vol.  IV.  fasc.  118.  28  10  Novembre  1868. 


134  DELLE  COSTITUZIONI  MODERNE 

non  impone  obbligazione  veruna  a  render  conto,  dominatori  del 
paese ,  possono  per  piu  vie  riuscire  impunemente  a  trasricchir  se 
medesimi,  senza  im  pensiero  al  mondo  del  daimi  gravissimi  che 
arrecano  allo  Stato  ed  ai  mandanti.  Sconcio  cotesto,  tutto  proprio 
del  tempi  moderni :  conciossiache  lion  era  negli  ordini  della  repub- 
blica  ateniese,  molto  meno  della  romana,  e  neppure  chi  voglia  pe- 
netrarvi  addentro  in  quelli  delle  repubbliche  ilaliane.  La  qual  cosa 
parmi  assai  degna  di  considerazione  1. 

Venendo  al  terzo  capo,  domandiamo  qual  e  mai  la  regola  cue  go- 
verna  le  odierne  assemblee,  innanzi  a  cui  e  forza  che  ogni  altra  leg- 
ge  ceda,  ne  ragione  o  diritto  alcuno  valga?  La  regola  e  la  prepotenza 
della  maggioranza:  prepotenza  tale,  che  arresta  perfmo  ed  affoga 
quelle  discussioni,  in  cui  il  suo  tor  to  apparirebbe  manifestissimo.  II 
che  premesso,  suppongasi,  ne  la  ipotesi  e  poi  molto  improbabile, 
che  in  un'  assemblea  la  prepotente  maggioranza  si  accordi  in  accet- 
tare  e  proclamare  le  teoriche  del  comunismo  e  del  socialismo;  ad- 
dio  famiglia,  addio  diritto,  addio  morale.  Ma  donde  e  come  cio? 
Unicamente  per  che  le  odierne  assemblee  non  riconoscendo  altra  leg- 
ge,  che  la  volonta  prepotente  della  maggioranza,  mettono  in  non  cale 
Dio,  morale,  diritto:  in  altri  termini:  merce  quella  regola  imica  ed 
assoluta,  quell' unico  ed  assoluto  fondamento,  assegnato  alle  delibera- 
zioni,  si  riesce  a  rinnegare  i  principii  stessi,  costitutivi  della  societa, 
ed  a  porla  in  tal  condizione,  quale  al  mondo  non  si  e  verificata  mai, 
ne  manco  in  tempo  del  paganesimo,  nella  condizione  cioe  da  non 
aver  riguardo  alcuno  ne  a  Creatore,  ne  a  vita  futura,  ne  a  diritti. 

I  quali  ragionamenti  ricevono  maggior  lume  e  prendono  mag- 
gior  forza  per  la  inefficacia  dei  rimedii,  onde  si  crede  poter  ovviare 
ai  vizii,  di  che  si  e  discorso  ,  o  renderli  comechessia  meno  perni- 
ciosi.  Primamente  si  contida  nel  diritto  di  petizione.  Si  sa,  per  1'espe- 
rienza,  che  se  n'  e  fatto  e  tuttavia  si  sta  facendo,  qual  vantaggio  arre- 
chi  ed  a  che  riesca  cotesto  diritlo.  Immaginiamo  (appunto  quel  che 

1  Quest!  ragionamenti  deirAutore  sono  giustissimi ;  e  del  tutto  conform! 
ad  essi  fiirono  i  fatti  da  noi  nei  due  articOli  Sul  diritto  di  suffragio  nella  So- 
cieta moderna.  Vedi  CIVILT\  CATTOLICA,  Serie  VII,  vol.  II,  pag.  641,  e  vol.  Ill, 
pag.  17. 


DELLE  COSTITUZIONI  MODERNS  435 

si  e  piu  volte  verificato)  che  di  una  petizione  comunque  numerosis- 
sima  di  firme  non  si  tenga  alcun  con  to;  qual  facolta  e  data,  qual  via 
aperta  per  sostenerne  le  ragioni  ?  Niuna :  e  da  cio,  qual  rincalzo  non 
viene  air  argomento,  tratto  dalla  forma  assurda  del  mandato?  Se- 
condamente  si  fa  assegnamento  siuT  autorita  del  Senato,  corpo  non 
eletlivo,  per  natura  propria  conservatore,  e  che  nei  passi  sdruccioli 
(cosi  si  pretende)  puo  servire  di  contrappeso  e  di  rattento  alia  foga 
della  Camera  elettiva.  Illusion!!  La  Camera elettiva  rende  a  se  ligio 
il  Ministero,  merce  la  minaccia  del  voto  di  riprovazione :  ed  una 
volta  che  Ministero  e  Camera  si  pongono  di  accordo ,  il  Senato  e 
assorbito,  vuoi  per  la  legge  di  attrazione,  vuoi  per  T  altra  in  virtu 
della  quale  gli  Algebristi  nelle  estrazioni  delle  radici,  ottenuta  la 
meta  delle  cifre  piu  una,  discoprono  le  altre  per  via  scorciatoia, 
senza  dimorarsi  piu  nella  lunga  operazione.  Yiene  il  terzo  rimedio, 
che  e  la  opinione  pubblica,  espressa  merce  la  stampalibera  dei  Gior- 
nali.  Dopo  quel  che  con  la  consueta  saviezza  ed  eleganza  e  stato 
scritlo  dalla  Cwilta  Cattolica  nell'articolo  il  Giornalismo  in  Italia  1 , 
cadrebbe  la  penna  di  mano  a  volerne  dir  altro.  Pure  per  1'ordine  del 
ragionamento  osservo,  che  attesa  la  moltitudine  dei  Giornali,  ciascu- 
no  dei  quali  propugna  opinione  diversa,  non  che  desumere  da  quelli 
la  pubblica  opinione,  od  alcun  ragionevole  costrutto,  correrebbe  ri- 
schio  che  si  ponesse  all'  opera  di  non  raccapezzarsi  piu  col  proprio 
cervello.  Inoltre  qual  prova  si  adduce  che  la  opinione  di  questo  o 
quel  Giornale  possa  tenersi  per  pubblica?  Chi  ignora  dopo  le  espe- 
rienze  avute  che  la  maggioranza,  Governo,  tiene  in  mano  potentis- 
sime  fila  per  padroneggiare  quei  Giornali,  la  cui  voce  riputasse  frut- 
tuosa?  Che  se  la  pruova  voglia  desumersi  dal  numero  degli  asso- 
ciati ,  chi  mai  li  conosce,  li  numera  o  ne  fa  rassegna  ?  Potrebbe  forso 
dirsi  che  Yeurcma  rivoluzionario  di  accreditare  per  pubblica  opinio- 
ne la  parola  dei  Giornali  sia  applicazione  in  politica  della  erronea 
dottrina  del  Lamennais  in  filosotia.  Di  vero  se  Tautorita  del  genere 
umano  dovesse  togliersi  a  criterio  di  verita  ed  a  fondamento  di  fede, 

1  SerieVI,  vol.  V,  pag.257. 


136  DELLE  COSTITUZIONI  MODERNE 

si  riuscirebbe  da  ultimo  a  sostituire  alle  doitrine,  appoggiale  sugli 
eterni  Yen,  la  opinione  di  questo  o  quell'  altro  scrittore,  secondoche 
blandisse  alle  passioni  personali  od  a  quelle  di  un  partito.  In  questo 
luogo  si  esagerano  i  vantaggi  della  discussione  nell'Aula  parlamen- 
tare.  Ma  non  si  bada,  die  ove  non  si  tratti  di  astrazioni  scientifi- 
che,  ma  di  applicazioni  pratiche,  religiose,  politiche  o  civili,le  pub- 
bliche  discussioni  sono  allora  proficue  ed  approdano,  quando  siavi 
una  legge  ed  un  magistero :  la  legge,  in  cui  si  miri  nel  fine  di  mo- 
strarla  od  applicable  o  non  violata ;  il  magislero,  superiore  alle  par- 
ti, che  defmisca  se  e  come  debba  tenersi  assodato  lo  assunto :  sicco- 
me  intraviene  nella  Chiesa  e  nei  tribunali.  Ma  quando  la  discussione 
e  tra  quei,  che  debbono  essere  autori  della  legge,  e,  sciolti  da  ogni 
riguardo  c  soggezione,  si  lengono  parimente  giudici  inappellabili 
della  equita,  giustizia,  convenienza  ed  utilita  dei  disegni  e  dei  par- 
(iti  che  si  propongono ;  la  discussione,  piuttoslo  che  giovare,  torna 
a  nocumento,  per  le  conmsioni,  i  convocii,  gli  equivoci  che  cagiona: 
e  non  di  rado  si  arriva  a  tal  punto,  che  la  maggioranza  irremovibile 
per  anticipati  accordi  da  qualche  sentenza  evidentemente  irragione- 
vole  od  iniqua,  a  cessare  la  vergogna ,  affoga  la  discussione :  di  che 
non  sono  mancali  esempii  nel  parlamento  italiano.  Ancora,  ed  ecco 
1'estremo  rimedio,  la  minoranza  parlamentare,  forte  del  diritto  di 
associazione,  puo  ben  agognare  alia  rivincita,  studiar  via  e  modo  da 
ottenerla.  Osservato  pria  di  passaggio  in  quanto  al  dirillo  di  associa- 
zione, che  la  prudenza  latina  lapensava  tutt'  altrimenti  (L.  3,  §.  I, 
D.  De  Coll.  et  Corpor.) ;  aggiungo  di  poi  che  il  rimedio  e  davvero 
dficacissimo  per  tramutare  la  convivenza  civile  in  palestra  di  frodi, 
talvolta  in  campo  di  battaglia. 

Per  la  somma  delle  discorse  cose  parmi  si  possa  di  santa  ragione 
conchiudere ,  essere  le  forme  coslituzionali  odierne  per  se  medesi- 
me,  ed  astrazion  fatta  dalla  infezione  eterodossa,  al  tutto  disacconce 
a  conseguire  i  fini  precipui  cui  dee  indirizzarsi  ogni  bene  ordinata 
societa;  essendo  esse  cagione  di  arbitrii,  d' ingiustizie,  di  perlurba- 
menti :  owero  e  a  dire  che  1'  elemento  protestante  si  trovi  talmente 
in  quelle  inviscerato,  che  non  sia  da  sperare  poterlo  escludere  man- 


DELLE  COSTITUZIONI  MODERNE  437 

tenendole  pur  sempre  nell'esser  loro  1.  Cosi  la  orgogliosa  indi- 
pendenza  della  ragione  e  inviscerata  nel  modo  delle  elezioni,  merce 
la  commistura  ed  eguaglianza  delle  classi;  e  inviscerata  nella  forma 
del  mandate  e  nel  fondamento  delle  deliberazioni ,  merce  il  potere 
non  frenato  ne  da  aulorita  umana,  e  neppure  dalla  divina,  tribuito 
ai  deputati. 

Che  se  taluno  replicasse  essere  appunto  cotesta  la  conclusione  in- 
tesa  nei  quaderni  della  Civilta  Cattolica  e  nel  precitato  articolo ;  di 
rimando  risponderebbesi  die  si  veramente,  ma  die  pure  n0n  e 
espressa,  anzi  adombrata  per  modo,  che  si  rimane  in  forse  del  con- 
trario:  il  che,  ripeto,  si  fa  occasione  di  error!  ed  illusion!  2. 

Ne  sarebbe  a  temere  che,  appresentando  il  concetto  senza  penom- 
bre,  1'accusa  di  assolutisti  e  nemici  della  liberta  si  faccia  o  meglio 
fondata  o  pm  appariscente .  Tutt'altro.  Rimarrebbe  sempre  vera  e 
pur  a  calunnia.  A  mostrarlo  gkrva  premettere  una  spiegazione  intor- 
no  alia  parola  Costituzione.  Conciossiache  tenga  essa  doppio  signi- 
ficato;  uno  geuerico,  specifico  1'altro.  Presa  genericamente  si  appli- 
ca  a  qualsiasi  maniera  di  ordini  politici ;  secondo  il  significato  spe- 
cifico si  riferisce  agli  ordinamenti  odierui.  Or  essendo  dimostrato  co- 
me questi  sieno  contrarii  al  bene  ed  ai  fini  della  convivenza  sociale; 
anziche  amico  del  dispotismo  e  nemico  della  liberta,  si  appalesa 

1  Questa  seconda  osservazione  e  piii  giusta ;  giacche  questi  vizii  di  orga- 
nizzazione,  dall'Autore  meritamente  vituperati,  nascono  non  dallMdea  di  Co- 
stituzione per  se  stessa ,  ma  dallo  spirito  eterodosso ,  onde  sono  invasati  i 
moderni  Ordini  rappresentativi. 

2  Qui  TAutore  concede  che  veramente  la  sua  conclusione  concorda  con 
la  intesa  dalla  Civilta  Cattolica  ne'  suoi  quaderni  e  segnatamente  nell'arUco- 
lo  da  lui  mentovalo :  Condizione  morbosa  del  nuovo  Parlamento  di  Firen- 
ze.  Aggiunge  per  altro  non  sembrargli  espressa  per  guisa,  che  escluda  il 
pericolo  di  credere  il  contrario.  IJn  tal  pericolo  ci  sembra  abbastanza  esclu- 
so  per  le  cose  che  ricordammo  nelle  note  precedent!.  Del  resto,  poiche  TAu- 
tore  desidera  che  noi  tornassimo  sopra  questo  argomento  degli  ordini  rappre- 
sentativi ammodernati,  per  mostrare  come  la  loro  forma  stessa  e  disacconcia 
a  procurare  il  bene  della  societa;  noi  soddisfaremo  a  questo  suo  giustissimo 
dcsiderio,  come  prima  gli  argomenti  in  corso  nei  nostri  quaderni,  o  gli  altri 
che  si  mostrassero  di  maggiore  urgenza,  ce  ne  lasceranno  il  tempo  e  lo  spazio. 


438  BELLE  COST1TUZIONI  MODERNS 

amico  deH'iimanita  chiunque  dia  opera  a  persuadere  che  il  signifi- 
cato  specifico  vuol  essere  eliminato.  E  tuttavolta  a  purgarsi  vieme- 
glio  di  quell'  accusa  converrebbe  rivolgere  lo  studio  intorno  al  si- 
gnificato  generico  del  la  parola,  e  indagare  di  qual  modo  merce  altra 
applicazione  di  quello  si  face! a  possibile  la  guarentigia  dei  diritii  ed 
il  rispetto  verso  la  liberta  verace  e  legiltima:  alia  maniera  stessa 
degli  algebisiri,  i  quali  se  per  qualche  radice  immaginaria  sieno  av- 
vertiti  essere  la  via  presa  a  risolvere  un  problema  assurda,  subito 
risalgono  airenunciato  per  iscoprire  i  cangiamenti  di  cui  son  capa- 
ci  i  dati  e  le  condizioni,  nello  scopo  di  renderne  possibile  la  so- 
luzione  l. 

Se  non  che  prendendo  a  riflellerci,  la  prima  cosa  che  ricorre  alia 
mente  e  la  solenne  doltrina  del  de  Maislre,  secondo  cui  e  temerita, 
se  non  voglia  (Mrsi  ciarlataneria,  volta  a  proprio  vantaggio,  farsi  ad 
improvvisare  Costituzioni.  Le  quali  non  possono  essere  che  opera 
lenta  dei  secoli,  opera  sorretta  e  condotta  dalla  Provvidenza:  le  ano- 
malie  che  tal volta  appaiono,  da  essa  Provvidenza  permesse,  servono 
quindi  a  riforbir  meglio  e  ritemperare  gli  ordini  da  quella  prestabi- 
liti.  Laonde  con  aver  preteso  di  costituire  per  forza  ogni  Stato  sopra 
ordinamenti  detta-ti  a  priori ,  e  tutti  di  un  medesimo  stampo ,  e  pro- 
prio aver  condannato  essi  Stati  al  letto  di  Procuste;  altra  potentissi- 
ma  cagione  della  pessima  pruova  che  han  fatto  e  stan  facendo  le 

• 

1  Da  cid,  che  qui  ed  appresso  dice  1'Autore,  apparisce  come  il  significa- 
•to  specifico  di  Costituzione  non  si  applichi  ai  soli  ordinamenli  odierni ,  ma 
possa  ricevere  ima  piu  ampia  spiegazione ;  in  quanta  non  significhi  qualsi*- 
voglia  maniera  di  ordini  politici  (che  era  il  sense  generico)  e  neppursi  re- 
stringa  a  quelli  che  lo  8pirito  eterodosso  seppe  escogitare  (ordinamenti  odier- 
ni), ma  esprima  un  siffatto  ordine  di  cose,  in  cui  senza  annullare  rautori- 
ta  del  principe,  come  fassi  oggidi,  si  chiami  anche  il  popolo  a  partecipare 
gerarchicamente  al  governo  di  se  medesimo.  Cotesto  coslituzionalismo  e  di- 
Terso  dalle  forme  costiluzionali  moderne ;  e  cio  appunto  fu  svolto  dalVarti- 
colo  piu  volte  citato:  in  cui  si  dimostro  che  esse,  anche  qnanto  alia  lore 
material  costruttura  non  sono  fondate  in  questo  legittimo  concetto,  ma  sib- 
l)ene  nell' assurda  teorica  del  Montesquieu,  la  quale  doveva  necessariamente 
menare  alia  assurdissima  teorica  del  Rousseau.  Del  resto,  come  dicemmo, 
avendone  Vagio,  torneremo  sopra  si  importante  materia. 


DELLE  COSTITUZIONI  MOBERNE  439 

forme  odierne.  La  legge  delle  quantita  costanti  e  quantita  variabili 
nelle  curve  e  legge  di  grande  momento  eziandio  in  politica.  II  ri- 
spelto  alia  religione,  all' autorita,  ai  dirilti  delle  corporazioni,  delle 
classi  e  degl'individui  sono  quantita  costanti:  le  forme  essendo  quan- 
tita variabili,  non  solo  nelle  loro  funzioni  non  debbono  porsi  in  dis- 
accordo  dalle  costanti,  altrimenti  alterano  e  guastano  la  figura,  die 
e  quel  che  accade  nelle  odierne  Costituzioni ;  ma  debbono  altresi 
mirare  a  porre  in  armonia  le  quantita  costanti  teste  accennate  con 
Vindole,  coi  bisogni,  con  le  inclinazioni,  coi  gusti  e  perfino  coi  pre- 
giudizii  di  ciascun  popolo.  Paragonate  poi  esse  forme  ad  una  mac- 
china,  conforme  le  paragona  il  prelodato  articolo,  chiarito  una  volta 
che  1'ordigno  non  e  rispondente  allo  scopo,  anzi  allontana  daquello, 
e  pur  forza  smelterla. 

Adunque  conviene  interrogare  la  storia  e  le  tradizioni.  Interrogate, 
risponderebbero:  Che  ogni  Stato  avea  il  proprio  Statuto,  raccomanda- 
to  non  gia  alia  carta,  ma  molto  meglio  alia  religione,  ai  costumi,  alle 
pratiche  delle  corporazioni  di  cui  lo  Stato  componeasi:  Serendietiam 
mores,  nee  scriptis  omnia  sancienda.  Dalla  inalterabile  osservanza 
di  quello  eran  guarentiti  i  diritti  e  la  liberta  di  ognuno:  ed  allora  gli 
Statuti  cominciarono  a  violarsi,  quando  la  Riforma  e  quindi  le  sette 
ruppero  guerra  alle  antiche  instituzioni:  il  che,  se  non  fosse  stata  la 
virtu  benefica  del  Cattolicismo,  avrebbe  gia  ricondotto  le  nazioni  eu- 
ropee  alia  putredine  e  tirannide  pagana.  Non  vi  e  mezzo:  0  liberta 
verace  e  legittima  col  rispetto  ed  osservanza  verso  le  autorita  legit- 
time  :  o  liberta  bugiarda,  appoggiata  sopra  autorita  fittizie,  che  ap- 
punto  perche  fittizie  degenerano  in  tiranniche. 

Ma  cosi  ci  converrebbe  retrocedere  di  piu  secoli.  Niente  affatto. 
lo  tuttavia  mantengo  ehe  essendo  per  una  parte  dimostrato  essere  le 
forme  odierne  essenzialmente  e  radicalmente  viziose,  e  daH'altra  es- 
ser  mestieri  in  fatto  d' instituzioni  e  di  statuli  consultar  la  storia  e  le 
tradizioni:  il  problema  utilc  da  proporre  e  studiare  sarebbe  stato  que- 
sto:  «  In  qual  misura  e  con  quali  modificazioni  e  di  qual  modo  le  an- 
«  tiche  instituzioni  potrebbero  oggi  applicarsi  allo  intcnto  di  assicu- 
«  rare  ad  uno  Stato  la  maggior  possibile  prosperita  col  rispetto  ver- 


DELLE  COSTITUZION1  MODERNS 

«  so  i  diritti  delle  corporazioni  e  degl'  individui,  verso  la  verace  e 
«  legiitima  liberta?  » 

Ilimiti  di  una  lettera  non  consentono  disamina  cosi  vasta  e  gra- 
ve: oltreche  difelterei  d'ingegno  e  mi  mancherebbero  aiuti.  Contut- 
tocio  sia  pregio  deir  opera  porre  sott'  occhio,  per  sommi  capl,  gli 
ordinamenti  precipui,  che  vigorivano  in  qualche  Stato  d' Italia.  La 
qual  cosa  puo  aversi  sommamente  giovevole ,  se  e  yero  lo  ammae- 
stramento  degli  antichi,  clie  a  conservare  e  restaurare  le  societa 
grandemente  aiuti  lo  spirito  primitiyo  delle  origini. 

PARLAMENTI. 

Parlamenti  ayeano  anch'essi  i  nostri  padri  e  maggiori,  ma  non 
gia  elezione  di  deputati  con  gli  sconci  delle  odierne  elezioni.  Nei 
parlamenti  entravano  i  Dignitarii  ecclesiastici,  i  Feudatarii  ed  i  Sin- 
dachi  delle  citta:  ma  yi  andayano  non  per  bisbigliare  e  tempestare, 
ma  si  per  vegliare  alia  conservazione  ed  integrita  dei  diritti  proprii 
o  di  quelli  spettanti  alia  rispettiva  classe.  Per  tal  modo  i  Dignitarii 
della  Chiesa  vigilavano  a  conservar  pura  ed  intatta  la  morale,  fon- 
damento  della  pubblica  e  privata  prosperita.  Societa  civile  non  puo 
sussistere  senza  morale,  ne  aversi  morale  senza  religioner  di  en- 
trambe  poi  sendo  maestri  e  custodi  i  Yescovi,  giudiziosamente  si  go- 
vern avano  i  nostri  antichi,  allorche  a  star  sicuri  che  i  partiti  a  pren- 
dere  non  offendessero  menomamente  ne  morale,  ne  religione,  rive- 
rivano  nei  parlamenti  la  voce  dell'  Episcopate .  Se  non  fosse  che  la 
separazione  dello  Stato  dalla  Chiesa  e  proposizione  condannata  nei 
Sillabo,  una  delle  tante  splendidissime  gemme  che  impreziosiscono 
1'aureola  di  gloria  di  cui  va  cinto  il  nostro  amatissimo  e  santo  Pon- 
tefice;  basterebbe,  a  mostrare  Tassurdita  di  quefl'assunto,  una  sola 
semplicissima  considerazione,  ed  e:  che  le  azioni  umane  essendo  in- 
dividue  non  possono  esser  governate  che  o  da  legge  unica  o  da  leg- 
gi  conspiranti :  alia  qual  seconda  condizione  si  satisfaceva ,  merce 
1'  intervento  deir  Episcopate  nei  parlamenti.  Dei  feudatarii  non  oc- 
corre  intrattenersi,  essendo  ordine  scomparso.  Ma  in  quanto  ai  Sin- 


DELLE  COSTITUZIONI  MODERNE  141 

daci  si  noli ,  che  erano  Ottimati ,  per  quelle  solenni  congiunture  dal 
municipio,  appellate  allora  university  prescelti;  ed  ai  quali  si  com- 
mettevano  determinati  e  designati  carichi,  cosi  circa  i  diritti  a  soste- 
nere,  come  circa  le  domande  a  porgere  :  reduci  poi  ragguagliavano 
le  autorita  e  gli  ordini  del  luogo  (vedi  appresso  municipii,  aristocra- 
zia)  dei  modi  usati  e  delle  cose  ottenute. 

COMPILAZIONE  DELLE  LEGGI. 

Conosciuti  per  via  dei  Parlamenti  i  bisogni  e  i  desiderii  dei  di- 
versi  Ordini;  la  compilazione  delle  leggi,  vuoi  che  si  riferissero  a 
quelle  domande,  vuoi  che  si  attenessero  ad  argomenti  piii  estesi  ed 
alti,  era  affidata  a  giureconsulti  di  specchiata  dottrina  e  probilti : 
unica  via  da  ottenerle,  se  non  perfette,  almeno  lodevoli.  Fu  gia  osser- 
vato  dal  Machiavelli  per  la  repubblica  fiorentina ,  che  ove  sia  amo- 
re  di  parli,  le  leggi  non  per  pubblica  ma  per  privata  utility  si  fanno; 
viceversa  le  leggi  ed  i  maestrati  del  gia  regno  di  Napoli  erano  in 
grande  riputazione  presso  Europa  tutta. 

FINANZE. 

Discreti  i  tributi,  ne  frequente  lo  accrescerli  od  aggiungerne  allri; 
e  nondimeno  1'azienda  si  equiparava.  Perocche  a  mantenere  la  quie- 
te  e  la  pace  negli  Stati,  non  turbate  allora  da  mene  rivoluzionarie, 
non  era  mestieri  di  eserciti  numerosi.  I  quali  solo  in  tempo  di  guerra 
si  aumeutavano,  ma  non  per  via  di  cerne,  dolorosissimo  trovato  dei 
Govern!  ammodernati.  Che  se  per  gli  eserciti  non  occorrevano  in- 
genti  spese,  neppur  ne  occorrevano  ingenti  per  gli  stipendii  di  coloro 
cui  si  affidavano  i  pubblici  ufficii.  I  quali  tra  per  la  semplicita  degli 
ordinamenti,  e  per  la  partecipazione,  che  vi  aveano  non  rislretta  le 
Universita,  eran  pochi :  e  tuttavia  la  cosa  pubblica  era  meglio  ammi- 
nistrala,  ne  sconvolta  peiv  insolenza  di  turbolenti  ambiziosi.  Quando- 
che  oggi  la  innumera  falange  di  coloro,  che  sono  investiti  di  ufficii 
pubblici,  divora  molta  parte  della  fortuna  pubblica,  raggruzzolata  a 
furia  di  gravezze  e  di  debili.  Pertanto,  moderati  quei  due  articoli 


442         ,  DELLE  COSTITUZIOSI  MODERSE 

della  pubblica  spesa,  tornava  facile  star  content!  ad  impostepur  mo- 
derate :  ed  a  conferraa  non  dispiaccia  soggiugnere  esempii  che  to- 
gliamo  dal  gia  regno  di  Napoli. 

I  dazii  che  oggi  addimandano  diretti  non  eran  altri  negli  anticlii 
ordinamenti  del  Regno  che  il  tributo  per  famiglie,  altrimenti  allora 
appellate  fuochi.  Of  bene  a  cotesto  tributo  che  nel  1648  non  ecce- 
deva  ducati  quattro  e  grana  venti  per  fuoco ,  doe  per  famiglia,  non 
venne  apportato  aumento  alcuno  insino  al  1780.  Che  se  in  quell 'an- 
no si  accrebbe  di  grana  cinquanta,  fu  a  compensamento  del  vettigale 
su  i  tabacchi,  che  re  Carlo  Borbone  come  troppo  pesante  ed  odioso 
aboliva.  N&  quie  da  passare  in  silenzio  un  generosissimo  tratto,  de- 
gno  veramente  di  encomio  e  di  lode.  Malgrado  1'aumento  non  piccolo 
avvenulo  nelle  popolazioni  dopo  il  1648,  ne  il  prelodato  re  Carlo,  co- 
tanto  benemerito  del  nome  napoletano,  ne  re  Ferdinando  suo  figliuo- 
lo  mai  non  s'indussero  a  prescrivere  altra  numeraziene  di  fuochi, 
comeche  ne  fosse  dato  loro  il  consiglio:  di  guisa  che  da  ciascuna  Uni- 
versita  si  riscuoteva  il  tributo,  ragguaglialo  alia  numerazione  del 
1648;  la  Universita  poi  ne  ripartiva  la  somma.  Ne  la  bisogna  anda- 
va  diversamente  rispetto  ai  vettigali,  o  sia  arrendamenti,  come  allora 
dicevano  (dazii  indiretti).  Vi  erano,  e  vero,  oltre  le  teste  riferite,  im- 
posizioni  straordinarie ,  la  principale  i  donativi :  ma  a  prescindere 
che  esse  erano  temporanee  e  per  istraordinarie  occorrenze;  se  i  do- 
nativi furon  frequenti  nel  tempo  viceregnale,  a  tre  solamente  si  re- 
strinsero,  e  moderatissimi,  nel  regno  dei  Borboni,  comunque  stra- 
grandi  fossero  state  le  spese  pel  conquisto  e  per  lo  splendoi  e  del 
regno  :  e  d'  altra  parte  la  parola  per  se  medesima  significava  che  in 
favore  si  richiedevano,  ne  somma  si  prescriveva. 

MUNICIPII,  ALTRIMENTI  UNIVERSITA'. 

I  veil  e  le  dottrine  essendo  tra  se  collegati,  accolto  un  sistema, 
poggiante  sul  vero  diramarsi  ed  allargarsi  in  diverse  applicazioni,  es- 
so  le  vivifica  e  le  migliora ;  ma  e  proprio  il  rovescio,  se  il  sistema 
poggiasse  sul  falso.  Piaatato  una  volta  lo  errore  che  le  Costituzioni 
possano  di  botto  concepirsi  a  priori,  e  che  da  quel  concetto  debba  per 


DELLE  COSTITUZIONI  MODERNE  443 

forza  esemplare  qualsiasi  Stato;  V  err  ore  si  parlecipo  agli  ordini  mu- 
nicipali,  anzi  potrebbe  dirsi  che  in  ccvlo  modo  quasi  per  pruova  si 
comincio  da  quest!:  e  vi  si  lavoro  con  alacrila  e  vigore,  perciocche 
era  via  acconcissima  a  rendere  arbitro  di  lutle  cose  il  Governo,  os- 
sia,  nelle  forme  odierne,  arbitro  di  lutle  cose  il  partito  dominante. 
II  ridurre  a  rigida  unila  di  sislema  gli  ordini  municipal!,  importava 
che  non  solo  le  straoi  dinarie  rilevantissime  e  momenlose  delibera- 
zioni  (il  che  sarebbc  slato  giuslo  con  accomodati  lemperamenti), 
ma  perfino  pei  negozii  solili  e  consueti,  e  per  ogni  piccola  occorren- 
za,  municipii,  universita  o  comuni,  che  voglian  dirsi,  dovessero  in- 
cenlrarsi  neH'autorila  superiore,  che  ne  ispirasse  il  pensiero,  ne  de-< 
lerminasse  la  volonta,  ne  indirizzasse  i  movimenli,  li  Irasformasse 
in  automi.  11  che  mentre  privava  i  cittadini  della  reale  e  non  appa- 
rente  partecipazione  che  ab  antico  godevano  in  cose  mtimamente  le- 
gate ai  loro  bisogni  ed  alle  loro  tradizioni,  ne  offendeva  per  di  piu 
1'amor  proprio,  e  ne  ammorliva  le  proporzionale  e  ragionevoli  am 
bizioni.  L'assorbimenlo  delle  varie  appartenenze  nel  tutlo,  donde  la 
panteislica  e  mortifera  teorica  del  Dio  Stato,  e  contro  natura.  Peroc- 
che  la  natura  benevola  assegna  parti  proprie  ad  ogni  essere ;  e  per 
gli  esseri  ragionevoli  la  varieta  nelle  parti  inchiude  diritti  e  doveri 
diversi,  dalle  cui  rautue  relazioni  e  gradazioni  sorge  or  dine  ammi- 
revole.  Che  pero  fu  grave  errore  di  alcuno  dei  Govern!  legitlimi  es- 
sersi  invaghito,  senza  apportarvi  convenienti  modificazioni,  dei  no- 
velli  ordini  municipali,  radicalmente  diversi  dagli  antichi:  e  non  si 
accorsero  che  con  cio  lastricavan  la  strada  ai  sovvertimenli  politici, 
Ira  pei  che  tolla  esca  alle  ambizioni  phe  si  legario  al  luogo  di  nascita, 
e  sono  sempre  le  piu  care  e  preferite,  si  mira  piu  alto;  e  perche  i 
nuovi  organamenli  riuscendo  nel  falto  ad  escludere  ogni  ragionevole 
e  libera  ingerenza,  premevano  molto  da  vicino  nelle  appartenenze 
intime  dei  ciltadini:  donde  lurbamento  negli  umori.  Ciascuna  delle 
antiche  citta  avea  prerogative  ed  onoriticenze  proprie ;  ma  nulla  fu 
rispettato,  senz'  altrimenti  distinguere  il  comportabile  dal  soverchio. 


444  DELLE  COSTITUZIONI  MODERNE 

ARISTOCRAZIA. 

Quasi  appendice  agli  antichi  ordini  municipal!  e  da  aggiungere 
qualche  parola  rispetto  all'aristocrazia.  Perciocche  cardine  di  quelli 
essendo  il  concorso  al  reggimento  civico  di  tutte  le  classi,  compar- 
tito  pero  secondo  la  idoneita  e  convenienza  di  ciascuna  classe;  a  re- 
care  in  atto  tal  compartimento  si  provvide  con  la  instituzione  dei 
seggi  e  con  la  separazione  deiceti.  Trovato  prudentissimo :  concios- 
siache  al  feudalismo,  esagerazione  dell'  elemento  aristocratico,  utile 
forse  negli  incunabili  degli  Stali,  faceva  bel  riscontro  il  patrizialo 
delle  citta,  non  partecipante  ne  contaminato  dagli  abusi  di  quello  : 
patriziato  tenuto  in  riverenza  anche  maggiore  dei  feudatarii,  massime 
se  i  feudi  eran  recenti  e  compri.  Talche  sarebbesi  potuto  eliminarc 
il  feudalismo ;  ma  abbattere  con  esso  il  patriziato,  fu  il  medesimo 
che  abbattere  la  diga  opposta  dall'  antica  sapienza  ai  marosi  della 
demagogia:  diga  non  solo  necessaria  nelle  monarchie,  ma  nelle  re- 
pubbliche  altresi.  Roma  allora  fu  preda  delle  guerre  chili  e  del 
dispotismo,  quando  1'elemento  aristocratico  si  trovo  quasi  spento:  ed 
in  Italia  se  Genova  e  Venezia  ebbero  lunga  e  gloriosa  esistenza,  lad- 
dove  altre  repubbliche  dopo  aver  lacerato  le  proprie  viscere  rima- 
sero  in  fine  vittima  delle  discordie  intestine,  e  da  recare  aU'elemen- 
to  aristocratico,  rispettato  in  quelle,  nullo  nelle  altre,  Ancora  oggi 
alle  grandiose  instituzioni  aristocratiche,  mantenute  in  Inghilterra,  e 
da  reputare  in  gran  parte  la  saldezza  della  sua  costituzione :  talche 
nel  parlamento  dell'Isola  e  molto  piu  agevole  che  la  camera  alta  at- 
tragga  a  se  la  bassa,  che  non  viceversa :  ondeche  1'esempio  inglese 
lungi  dall'  infievolire  le  cose,  in  questa  lettera  discorse,  le  avvalora 
forse  meglio:  stanteche  nei  regni  del  continente  (almeno  in  quelli 
dove  si  e  fatta  rigida  applicazione  delle  forme  odierne)  null  a  del- 
1'antico  fu  voluto  rispettare:  ordini,  patrizialo,  maioraschi,  primoge- 
niture, tutto  e  scomparso. 

Da  ultimo  e  da  ricordare  la  passata  magnificenza  aristocratica, 
adattalissima  a  comunicare  i  frutti  delle  ricchezze  alle  classi  secon- 
darie,  e  cosi  adattatissima  a  procurare  prosperita  comune,  assai 


DELLE  COSTITUZIONI  MODERNS  445 

meglio  ed  assai  piu  di  quel  che  oggi  non  sia  dato  ottenere  o  sperare 
da  gli  sformati  guadagni  accumulati  nelle  mani  del  capitalist!  e  del 
commercianti.  Ed  a  quella  magnificenza  ben  corrispondeva  la  pro- 
fondita  del  sapere,  da  lei  piu  volte  protetta  ed  aiutata.  Le  opere  co- 
lossali  dei  padri  nostri  sono  e  saranno  invidia  insieme  e  rimprovero 
delle  leggerezze  odierne.  La  brochure  et  I' article  du  journal,  os- 
servava  Chateaubriand,  semblent  etre  devenus  la  mesure  de  notre 
esprit.  Fra  gli  ordini  politici  ed  il  mondo  intelleltuale  sono  intimi  i 
legami:  1'alterazione  e  il  degradamento  di  quelli  si  riflette  nell'  altro; 
e  per  entrambi  e  sintomo  di  decadenza  quel  tutto  invadere  dei  primi, 
tutto  voler  conoscere  o  sapere  dell' altro.  Giovenale  lamentava  nei 
tempi  suoi,  tenet  multos  insanabile  scribendi  cacoethes;  e  negli  ul- 
timi  tempi  dell'  impero  bizantino  si  ebbe  gran  copia  di  compendii  e 
di  epitomi. 

^Tali  i  fondamenti  precipui  di  qualche  antico  slatuto.  Certo  non 
diro  che  al  tutto  sarebbesi  dowto  tornare  a  quelli ;  ma  ben  dico  che 
nelle  dolorose  condizioni  in  che  Italia  versa,  utilissimo  riuscirebbe 
uno  studio  comparato  tra  gli  ordini  della  vetusta  saviezza,  ed  i  ma- 
ligni  effetti  delle  odierne  Costituzioni. 


RIVISTA 

BELLA 

STAMPA   ITALIAN  A 


I. 

Saggio  di  Storia,  di  Critica  e  di  Politico,  per  PASQUALE  VILLA- 
RI  1868  --  Un  yolume  in  8.°  di  pag.  XV-460. 

Yarii  e  diversissimi  per  argomento  sono  gli  scritti  accolti  nel  vo- 
lume qui  sopra  anmmziato,  i  quali  1'Autore  ha  voluto  congiungere 
insieme  in  una  sola  edizione,  raccattandtili  da  alquanti  giornali,  in 
cui  gli  avea  in  altri  tempi  sparsamente  pubblicati.  Non  cerchiamo 
se  cotesto  sia  buon  metodo  di  formar  libri ;  ma  certo  un  cosi  fatto 
libro,  atteso  la  molliplicita  tanto  eterogenea  delle  sue  parti,  non  po- 
trebbe  da  noi  senza  danrio  di  altre  materie  esser  tolto  a  soggetto  di 
un  compiuto  esame.  Con  tutto  cio  neppure  crediamo  doverlo  lasciare 
senza  niuna  osservazione,  essendo  assai  maggiore  il  danno  che  or  a 
possono  fare  le  dottrine  che  spaccia,  mandate  in  questo  nuoyo  as- 
setto  a  pigliar  posto  piu  stabile  fra  le  opere  filosofiche.  Ed  il  sog- 
getto che  noi  prenderemo  ad  esaminare  sara  appunto  di  filosofia; 
quello  cioe  in  cui  TAutore  si  sforza  di  stabilire  il  valore  scientifico 
della  cosl  detta  filosofia  positiva  in  opposizione  del  la  metafisica  1. 

1  La  Filosofia  positiva  e  il  metodo  storico  da  pag.  1  a  pag.  36. 


RIVISTA  BELLA  STAMPA  ITALIANA  447 

Ci  teniamo  in  preferenza  a  quest'  argomento,  non  solo  da  che  per 
se  stesso  e  capitalissimo ,  traltandosi  di  primi  principii  nell'  ordine 
speculativo  e  morale ,  ma  anche  per  la  maniera  come  TAutore  lo 
tratta,  avendo  procurato  di  rappresentarlo  sotto  un'  apparenza  che 
velandone,  11  meglio  possibile  le  piu  manifesto  incongruenze,  gli  da 
agli  occhi  de'  meno  accort;  quasi  sembianza  di  ragionevole. 

Ma  in  realta  il  Positwismo  del  Villari  si  appoggia  sopra  gli  stessi, 
fondamenti  e  propugna  i  medesimi  principii,  che  quello  di  A.  Comle 
e  della  sua  scuola.  Essere  la  Metafisica  per  sua  propria  essenza  in- 
capace  di  creare  nelle  nostre  menti  la  certezza  de'suoi  obbietti  piu 
principal!.  Di  fatlo,  perche  mai  tutte  le  altre  scienze,  stabilita  una 
volta  una  qualunque  verita,  non  c'e  pericolo  che  se  la  veggano 
quinci  appresso  sottralta ,  o  almeno  intorbidata  col  dubbio  ?  Per 
contrario  la  Metafisica,  dopo  mille  e  mille  anni  che  sta  facendo 
sue  pruove  collo  strumento  de'piu  forti'e  acuti  ingegni,  non  essere 
riuscita  a  far  acceltare  definitivamente  neppure  una  delle  sue  con- 
clusioni,  n&  anco  intorno  agli  obbietti  phi  interessanti  e  vitali  che 
essa  abbia.  Ci6  derivare  dalla  qualita  delle  quistioni  che  si  propo- 
ne, non  possibili  ad  accertare ;  com'e  TAssoluto,  la  natura  dell'ani- 
ma  umana,  e  in  generate  le  prime  cagioni  delle  cose.  Di  qui  la 
diffidenza  da  prima ,  di  poi  la  disistima  e  lo  scredito  della  Metafi- 
sica, e  fmalmente  il  problema  di  trovare  un  altro  metodo  per  le 
scienze  intellettive  e  morali  da  sostituire  a  quello  della  Metafisica. 

II  Villari  opina  che  questo  metodo  e  il  Positwismo ;  e  a  definire 
che  sia  e  quanto  possa  yalere,  ecco  come  ragiona.  Tutte  le  scienze, 
egli  dice,  ban  dovuto  valicare  primieramente  lo  stadio  teologico  e  di 
poi  il  metafisico ;  intendendo  per  V  uno  e  per  V  altro  quello  stesso 
che  il  francese  A.  Comte.  Per  qual  maniera,  quinci  domanda,  le 
scienze  natural!  usclrono  finalmente  da  quello  stato  d'  incertezza , 
nel  quale  si  ritrovavano  sotto  V  impero  della  Metafisica?  Non  al- 
trimenti  che  sceverando  le  cose ,  che  si  poteano  accertare  per 
mezzo  dell'  esperienza,  dalle  altre  rispetto  a  cui  Vesperienza  non 
potea  somministrare  nessun  mezzo  di  conoscenza.  Cosi  si  ebbe 
la  fisica  colle  sue  molte  appartenenze ,  cosi  la  fisiologia,  cosi  la 
astronomia,  cosi  tante  altre.  Ora  le  dette  discipline  ed  altre  si- 


148  RIVISTA 

mili  hanno  un  tesoro  copiosissimo  di  verita,  tutte  appurate,  tutte 
certe,  tutle  incontrastabili ;  e  sono  le  leggi  potute  determinare  per 
via  appunto  dell'osservazione.  Per  opposto,  quando  queste  medesi- 
me  scienze  per  poco  si  son  volute  dipartire  dal  loro  metodo  con- 
sueto ,  e  tentare  colla  metafisica  quistioni  piu  astruse  intorno  ai 
loro  obbietti,  sono  ricadute  inevitabilraente  nell'incertezza  di  prima, 
fermandosi  bruscaraente  nel  lor  progresso.  Cosi  accadde  alia  fisio- 
logia, impigliatasi  per  gran  tempo  nella  quistione  sul  principio  vita- 
le :  e  chi  lo  poneva  nelle  forze  della  materia,  e  quale  in  un  nuovo 
elemento  sopravvegnente  alia  materia  per  avvivarla ;  ne  manco  chi 
voile  riconoscere  Y  essenza  della  vita  nell'  idea.  Che  si  ottenne  pero 
con  siffatte  disputazioni?  Alcuni  sistemi  si  veramenle;  il  dinamismo, 
il  vitalismo,  il  panteismo,  ma  non  gici  la  fisiologia.  Al  presente  in- 
vece  la  fisiologia  e  una  scienza  quasi  perfetta;  ma  di  cio  va  debitrice 
alia  via  positiva,  per  la  quale  torno  di  nuovo  a  incaminarsi,  lasciate 
da  paite  tutte  le  indagini  puramente  metafisiche. 

E  pero,  insiste  1'Autore,  se  potesse  Irovarsi  un  metodo  somi- 
gliante  per  quelle  scienze  razionali  e  morali,  che  sono  comprese 
sotto  il  nome  generico  di  Filosofia,  qual  dubbio  che  uscirebbero 
anch'  esse  dalla  trista  condizione  in  cui  tuttora  sono  tenute  dalla 
Metafisica?  Or  questo  metodo  a  sue  giudizio  v'ha;  ed  e  quello  che 
A.  Comte  avea  proposto  col  nome  di  storico.  La  teorica,  che  a  que- 
sto proposito  svolge  1'Autore  si  riduce  a  dire ,  che  noi ,  finche  esa- 
miniamo  dentro  di  noi  le  nostre  idee  non  possiamo  esser  certi  sc 
sieno  vere  o  false  :  per  contrario,  se  uscendo  fuori  di  noi  riscontria- 
mo  negli  altri  uomini  i  medesimi  concetti,  non  ci  e  dato  poter  dubi- 
tare  della  loro  certezza.  Di  qui  la  necessita  del  metodo  storico  per 
venire  in  possesso  della  verita  intorno  a  quegli  obbietti  1. 

Ci  meravigliamo  che  1'Autore  non  ha  veduto  a  prim'  occhio,  che 
questa  sua  dottrina  distrugge  radicalmente  quel  Positivismo  che  vuol 
fondare.  Perciocche  tutti  gli  uomini  sono  mirabilmente  conformi 
intorno  a  quelle  idee ,  che  costituiscono  gli  obbietti  principali  della 


1  Questa  teorica  si  trova  a  pag.  19-21.  Le  angustie  dello  spazio  ci  vietano 
<Vi  riportarla  a  verbo.  h  r.  I 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  449 

Mctafisica;  ed  anzi  neppure  il  inetodo  si  puo  dir  nuovo,  giacche  uno 
degli  argomenti ,  di  cui  questa  scicnza  si  serve  per  provarne  la  vc- 
rila,  e  per  1'appunto  il  consenso  del  generc  umano.  Ma  egli,  messo 
il  principio  ,  non  ne  accetta  la  consegucnza ;  e  percio  rilasciate ,  in 
onta  della  logica,  tuttayia  nel  dubbio  anche  quelle  idee ,  che  si  tro- 
vano  affermate  da  tutt'  i  popoli  della  terra,  invita  sollanto  a  studiare 
gli  effelti ,  che  da  quelle  sono  prodotle  nelle  umane  societa ,  suppo- 
nendo  che  solo  di  quegli  effetti  si  puo  conseguir  la  ccrtezza.  Cio  si 
rileva  dagli  esempii,  che  adduce  in  confermazione  della  teoria. 

Poniamo,  egli  dice,  che  voi  cerchiate  1'idea  del  bello.  Sevorrete 
dcavarla  dalle  teorie  de'  lilosofi,  voi  rimarrete  spaventato  dalla  mol- 
titudine  e  contrarieta  delle  lore  opinioni.  Se  poi  vi  ponete  a  pensarla 
da  voi  stesso,  voi  non  trovate  un  mezzo  di  ripruo\a,  che  vi  assicuri 
se  cio  che  avete  nel  pensiero  sia  vero  o  sia  falso.  Fate  invece  cosi: 
volgetevi  al  consorzio  degli  uomini ,  ne5  quali  dee  pur  ritrovarsi  7 
generalmente  parlando,  la  medesima  idea.  FiDgete  pero  che  essi  ne 
manchino,  e  voi  abbiate  la  facolta  d'infondeiia  nella  lor  mente,  co- 
me la  sentite  nella  vostra.  Che  cosa  ne  seguirebbe  allora?  L'imma- 
ginazione  di  quegli  uomini  si  porrebbe  in  una  subita  attivila,  e  co- 
mincerebbe  1'  architettura,  la  scultura,  la  pittura,  la  musica,  la  poe- 
sia ;  in  una  parola  sorgerebbe  quello,  che  alcuai  chiamano  il  mondo 
dell'  arte ,  il  quale  e  un  mondo  reale,  un  mondo  sensibile,  che  puo 
essere  osservato,  studiato,  classiticato  ,  come  si  fa  di  tutte  le  opere 
della  natura.  Ma  che  saranno  cotesti  si  numerosi  e  si  diversi  pro- 
dotti  dell'arte?  Non  altro  certamente  che  effetti  di  quella  idea  del 
bello ,  rivestita  di  forme  sensibili.  Di  fatto ,  supponete  in  secondo 
luogo,  che  la  delta  idea  scomparisca,  o  si  annebbii;  e  tosto  le  arti 
cesseranno  del  tutto,  o  volgeranno  in  peggio.  «  In  fine  de'  conli, 
conchiude,  come  1'altrazione  universale,  il  calore,  la  luce  produco- 
no  de'  fenomeni  nalurali,  cosi  T  idea  del  bello  produce  de'  fenome- 
iii  sociali,  che  potete  egualmenle  studiare.  E  se  v'e  stalo  possibile 
fondare  una  scienza  delle  forze,  della  luce,  del  calore,  senza  sapere 
che  cosa  sono  ;  anzi  dal  solo  momento  che  avete  rinunzialo  a  cono- 
scerc  la  loro  essenza ;  non  vi  saya  egli  possibile  fondare  una  scienza 
del  bello,  rinunziando  per  ora  a  conoscerne  1'  essenza'?  » 
Serie  Y//,  vol.  IV,  fuse.  448.  29  12  jVoww&r*  1868. 


150  m  VIST  A 

Per  gli  altri  esempii  che  adduce,  intesse  presso  a  poco  lo  stesso 
raziocinio.  Quante  diverse  opinioni,  egli  dice,  sono  corse  intorno  al- 
T  idea  del  giusto,  senza  che  nulla  si  sia  deiinito  di  certo!  E  bene, 
si  lascino  quelle  dispute,  e  si  tolgano  in  vece  a  materia  di  esame 
gli  effetti  di  quella  idea,  che  sono  le  diverse  legislazioni  de'  popoli. 
Cosi  pariraente  invece  di  cercare,  come  faceano  gli  antichi  filosofi, 
1'ottimo  governo;  ch'e  quanto  dire  un  governo  astratto,  metafisico, 
impossibile;  si  imitino  i  politici  moderni,  unicamente  intesi  a  scio- 
gliere  il  problema  di  trovare  per  una  data  societa  in  date  condizio- 
ni  quella  forma  di  governo,  che  e  relativamente  migliore.  Dal  quale 
studio  1'Autore,  con  una  semplicita  che  ci  fa  davvero  meraviglia, 
ripete  un  frutto,  che  egli  soltanto  (per  un'  astrazione  piu  che  meta- 
fisica)  ravvisa  nelle  moderne  societa ;  che  cioe  sieno  diventate  im- 
possibili  le  congiure.  «  Se  questo  nuovo  indirizzo,  egli  nota ,  e 
stato  meno  speculative  fu  assai  piu  utile  al  genere  umano  ,  ed  ha 
potuto  impedire  molti  dolori  e  molti  disastri.  Dove,  infatti,  e  piu 
quella  serie  di  congiure  impossibili,  che  aveano  luogo  nel  medio 
evo,  quando  ogni  uomo  generoso  credeva,  che  si  potesse  attuarc 
un  governo  sognato  in  un'  ora  di  esaltata  immaginazione?  »  Allo 
stesso  modo  egli  vuole  che  si  studii  il  Cristianesimo  e  le  altre  reli- 
gioni ;  negli  effetti  cioe  sociali  che  hanno  prodotto  o  producono. 
La  stessa  esistenza  di  un  Dio  personale,  a  suo  giudizio,  puo  creder- 
si  soltanto  per  fede :  ma  la  ragione  e  impotente  a  dimostrarla.  «  Eb- 
bene,  quinci  esso  conclude,  se  la  fede  ci  fa  credere  in  un  Dio,  e  la 
ragione  e  impotente  a  spiegarne  la  natura,  non  ci  ostiniamo  invano 
a  varcare  i  conlini  natural!  del  nostro  intelletto.  Se  questa  idea  si 
trova  realmente  in  rioi ,  essa  deve  portare  le  sue  conseguenze  ine- 
vitabili  nella  societa,  deve  produrre  dei  fatti  visibili,  reali  come  i  fe- 
nomeni  della  natura.  Questi  fatti  ci  sono,  e  si  chiamano  religioni. . . 
Voi  potete  studiarle,  conoscerle ,  vedere  i  monumenti,  i  riti,  i  pre- 
celti  e  1' infinite  numero  di  culti  che  esse  producono.  Che  cosa  im- 
parate  con  questo  studio?  Yoi  non  avrete  1'assoluta  e  piena  cono- 
scenza  di  Dio,  cosa  a  cui  avete  per  ora  rinunziato;  ma  potete  spe- 
rimentare  e  provare  storicamente,  come  T  idea  di  Dio  e  nata,  non 
in  voi,  ma  nell'  wo  wo;  come  risplende,  come  s  offusca,  e  che  con- 


BELLA  STAMPA  ITAL1ANA  451 

seguenze  porta  nella  civilt£  de'  popoli  questa  vicenda  continua.  » 
Un  ultimo  esempio  esso  deduce  dallo  studio  delle  lingue,  che  allora 
solo  comincio  ad  essere  veramente  scientifico,  quando  bandite  le 
Inulili  quistiom  intorno  ad  argomenti  puramente  speculathi,  com' era 
a  cagion  di  esempio  la  ricerca  dell'  01  igine ,  divina  od  umana  del 
parlare,  si  pose  1'  ingegno  a  studiare  i  diver  si  idiomi,  a  confrontarli 
fra  loro,  a  ridurli  in  gruppi  o  famiglie.  E  con  cio  si  e  venuto  in  pos- 
sesso  di  mollissime  verita  storiche  di  alto  interesse. 

Cotesto  metodo  pertanto,  cosi  dichiarato  dall'Autore,  ed  esleso  a 
tutte  le  scienze  eke  risguardino  in  qualunque  maniera  1'  uomo  nella 
societa,  metodo  essenzialmente  storico  e  percio  positivo;  e  quello 
che  esso  propone  come  unicamente  scientifico,  e  quindi  da  sostitui- 
re  al  metodo  metafisico.  Cosi,  a  suo  giudizio,  invece  degli  eterui  e 
sempre  varii  sistemi  intorno  a  quistioni  del  tutto  insolubili,  si  avran- 
no  tante  scienze,  capaci  di  certezza  e  di  perfezionamento,  quanti  sono 
gli  obbietti  specif icamente  diversi,  che  alia  considerazione  del  filo- 
sofo  puo  offerire  1'  uomo  nella  societa.  Ma  oltre  a  questo  vantaggio 
diretto  e  presente,  egli  vi  trova  un  vantaggio  indiretto  per  le  stesse 
quistioni  puramente  metafisiche ,  da  cogliere  almeno  probabil mente 
in  tempi  piu  maturi.  La  meccanica  egli  dice,  non  si  briga  di  conosco- 
re  in  che  sia  riposta  la  natura  intima  della  forza ;  e  nondimeno  collo 
scoprire  che  fa  un  numero  sempre  maggiore  delle  sue  leggi,  si  av- 
vicina  di  piu  in  piu  a  questa  cognizione :  poiche  che  altro  potrebb'es- 
sere  la  natura  della  forza  ,  se  non  la  sintesi  di  tutte  le  sue  leggi  ? 
Medesimamente,  che  altro  potrebb' essere  la  conoscenza  assoluta  del 
pensiero ,  se  non  quella  che  riunisce  in  uno  la  conoscenza  di  tutte 
le  sue  leggi?  Ed  ecco  come  il  metodo  positivo  non  solo  compensa 
pel  presente  il  difetto  della  Metafisica  con  una  nuova  scienza,  o  piut- 
toslo  con  un  gran  nuniero  di  nuove  scienze  che  crea ;  ma  da  anchc 
speranza  di  potere  un  tempo  sciogliere  quegli  stessi  problemi,  pe'qua- 
li  quella  scienza  si  e  trovata  impotente. 

Noi  abbiarno,  non  ha  guari,  esaminato  e  confutalo  a  lungo  il  Po- 
sitiwsmo ;  e  quindi  non  ci  e  mestieri  tornare  di  tutto  proposito  sopra 
I  priacipii  del  sistema.  Ricorderemo  soltanto  alcune  idee  piu  cai'di- 
nali ,  e  faremo  poche  os&ervazloni  intorno  a  quo'  temperameyoAi ,  e 


452  BIVISTA 

meglio  le  diremmo  reticcnze  ,  colle  quali  il  Villari  si  argomenta  di 
velarne  le  contraddizioni. 

Per  fermo  il  Posilivismo,  -considerate  semplicemcntc  come  un  me- 
todo  d'indagare  laverita,  non  ha  nulla  di  assurdo,  ed  anzi  per  le 
scienze  naturali  e  1'  unica  via  che  si  possa  tenere.  La  fisica,  la  bo- 
tanica,  la  zoologia,  1'astronomia,  e  tante  altre  discipline  che  si  oc- 
cupano  dello  studio  della  natura,  non  possono  dare  un  passo  senza 
T  osservazione  e  V  esperienza.  Che  se  pure  hanno  le  loro  argomen- 
iazioni  a  priori ,  queste  tuttavia  si  tengono  sopra  principii  gia  pri- 
ma  assicurati  per  quel  modo  positive,  e  che  devono  avere  una  con- 
nessione  necessaria,  evidente,  immediata  colle  conseguenze  che  se  ne 
deducono.  E  possibilc  applicare  un  somigliante  metodo  per  istudiare 
i'uomo  nella  societa?  Possibilissimo  ;  e  purche  facciasi  a  dovere, 
non  possono  fallire  ottimi  risultamenti  scientifici.  Certo  niuno  vorra 
negare,  che  non  siano  argomenti  meritevolissimi  di  essere  studiati  e 
fecondi  d'  innumerabili  e  assai  utili  conoscenze ,  quelli  che  propone 
il  Yillari.  Ne  un  tal  metodo  e  nuovo  :  esso  e  tanto  antico  quanto  so- 
no  antichi  gli  studii ;  avvegnache  in  questi  ultimi  tempi ,  per  ra- 
gioni  che  ora  e  fuori  propositoricercare,  abbiano  fatto  piu  notabili 
progressi. 

10  •.-!    :;.i 

Ma  la  quistione  non  cade  sopra  il  positivismo  precisamente  in 
quanto  e  metodo ;  ma  si  intorno  all'  obbietto,  a  cui  si  vuole  indiriz- 
zare  come  metodo,  ed  ai  risultati  che  si  pretende  ottenerne.  A.  Com- 
te ,  siccome  vedemmo  ,  ne|drvis6  lo  scopo  ,  dicendo  che  la  lilosofia 
positiva  si  propone  di  guidare  1'uomo,  com' essere  intelligente  c  mo- 
rale per  quella  via,  che  a  lui  unicamente  conviene,  e  ne  assegn<> 
gli  effetti  in  una  specie  di  morale,  che  sarebbe  piu  perfetta  di  quella 
del  cristianesimo,  ed  in  una  religione  che  sarebbe  immedesimata 
coirumanita.  Ma  il  Yillari,  in  quella  che  espone  il  suo  Positivismo, 
one  addimostra  i  mirabili  effetti  scientifici,  prescinde  affatto  dalla 
quislione  della  destinazione  o  fine  proprio  deir  uomo,  ricaccianda 
anche  questa  fra  i  problemi  insolubili.  E  pero  piu  d'una  volta  fa  ca- 
rico  ad  A.  Comte ,  che  dopo  di  aver  ripudiato  la  Metafisica,  cad& 
anch'  egli  nel  metodo  mctafisico;  «  e  si  lascia  andare  a  molte  esage- 
razioni  e  stranezze  ».e  avrebbe  dovuto  aggiungere  palmari  contrad- 
diziom. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  453 

Nondimcno  appunlo  nella  quistione  morale,  riguardante  il  fine  del- 
1'  uomo  sulla  terra,  e  riposta  1'  essenza  del  Positivismo  in  quanto  e 
messo  in  opposizione  colla  Metafisica,  e  solto  quel  rapporto  soltanto 
e  scartato  da  tutti  i  filosofi  di  senno.  Ed  a  provarlo  ci  basterebbe  la 
sola  testimonianza  del  medesimo  Yillari.  EgH  di  fatto,  nel  bel  prin- 
cipio  della  sua  disquisizione,  dopo  aver  descritto  i  dissidii  de'  filosofi 
sopra  i  punti  piu  sostanziali  della  Metaiisica,  come  sono  la  esistenza 
di  un  Dio  personate,  la  spiritualita  e  1'  immorlalita  dell'anima  uma- 
na,  e  simili ;  fa  notare  die  questo  fatto  non  taiito  e  deplorabilc  per 
se  stesso ,  quanto  per  le  conseguenze  eke  ne  provengono  nella  so- 
cieta. «  La  Filosolia  (son  sue  parole)  e  in  una  cosi  stretta  relazione 
con  ognuna  delle  scienze  morali,  che  essa  le  sottopone  tutte  allesue 
medesime  vicendc.  Quando  in  Francia  dominava  il  sensismo,  noi 
avemmo  il  contratto  sociale  del  Rousseau,  e  le  dottrine  giuridiche 
del  Bentham.  II  Condillac  scrisse  allora  un  cor  so  generate  di  studii , 
informato  tutto  ai  medesimi  principii ;  in  tutta  la  storia  egli  non  ve- 
deva  altro  che  interessi  e  sensazioni ,  mentre  il  Bossuet  non  ci  avea 
veduto  che  la  Provvidenza.  Yennero  poi  le  dottrine  egheliane  a  darci 
una  nuova  dottrina  del  dritto,  della  storia,  del  bello  ecc.  La  filoso- 
fia  infatti  abbraccia  tutta  la  \ita  intelleltiva  e  morale  deir  uomo ,  e 
pero  ad  essa  si  rannodano  tutte  le  scienze ,  che  sotto  questo  aspetto 
riguardano  1'  uomo  e  la  societa.  »  Premessc  le  quali  avvertenze  egli 
stabilisce  il  problema,  che  il  Positivismo  e  chiamato  a  risolvere,  e  lo 
stabilisce  colla  seguente  proposizionc :  «  Si  tratta  di  sapere  se  noi 
potremo  unavolta  dar  base  ferma  e  sicura  a  tutte  le  scienze  morali, 
o  se  dovremo  invece  rassegnarci  a  vederle  tutte  sottoposte  a  questa 
eterna  vicenda.  »  II  che  in  altri  termini  viene  a  dire ,  che  solo  il 
Posttmsmo  puo  fmalmente  somministrare  un  complesso  di  dotlrine- 
razionali  e  morali,  cosi  solide,  cosi  certe,  cosi  inconcusse,  che 
T  umana  societa  e  T  uomo  individuo  \i  si  dcbbano  senza  niun  con- 
Iraslo  adagiare,  sicuri  da  quegli  ondeggiamenti  che  proyarono  in  al- 
tri tempi,  specialmente  nel  secolo  passato,  perle  dottrine  del  Rous- 
seau, del  Bentham,  del  Condillac  e  di  altri. 

Or  appunto  questo  problema  si  provo  a  sciogliere  il  povcro  A. 
Comte,  dirigendo  tutto  il  suo  Positivismo  a  quest' ullimo  intento  di 


454  RIVISTA 

formare  una  nuova  societa  con  una  nuova  politica,  con  una  nuova 
morale,  con  una  nuova  religioue,  e  sforzandosi  di  persuadere,  che  egli 
dava  una  dottrina  capace  di  raffermare  in  perpetuo  gli  uomini  nel  ve- 
ro  e  nel  bene.  II  Villari  giustamente  lo  accusa  di  essersi  anche  lui 
lasciato  trascinare  dalle  speculazioni  metafisiche,  riuscendo  in  niolte 
esagerazioni  e  stravaganze :  che  e  quanto  dire  di  aver  foggiato  un 
sistema  per  1'  una  parte  contraddiltorio  co'  suoi  principii,  e  per  1'al- 
tra  erroneo,  almeno  soito  alcuni  rispetti.  Noi  facemmo  rilevare  un 
po'piu  ampiamente  coteste  contraddizioni  ed  error!  del  caposcuola 
francese:  ma  notammo  insieme,  che  in  quel  problema,  con  que'prin- 
cipii  e  con  queflecondizioni,  era  inevitable  o  urtare  in  quegli  assur- 
di  o  in  altri  somiglianli. 

II  Villari  ha  creduto  potersi  sottrarre  alle  irragionevoli  consc- 
guenze  dell'assunto,  prescindendo  affatto  da  quello,  che  anche  per 
sua  confessione  e  suo  ultimo  e  principalissimo  scopo.  A  che  si  ridu- 
ce,  a  giudicare  dalla  sua  esposizione,  il  Positivismo  di  lui?  A  storie 
ragionate  di  opere  di  arte,  d'ingegno,  di  politica,  a  studii  di  lingue, 
a  ricerche  speculative  di  civilta,  di  costumi,  di  religion!  de'  popoli, 
ed  altre  somiglianli  disquisizioni.  Con  questo  egli  ha  creduto  di  po- 
ter  ingraziare  il  Positivismo  agli  occhi  de'  semplici ;  giacche  per  qual 
ragione  dovrebbero  essi  ripudiare  come  ree,  o  sol  come  sospette,  le 
scienze  da  lui  proposte?  Ma  in  primo  luogo  ha  egli  sciolto  quel  pro- 
blema, in  che  proprio,  ed  anche  secohdo  la  sua  stessa  confessione, 
consiste  la  ragione  intima  del  Positivismo ;  e  vogliam  dire :  Cotesli 
studii  da  Itw  predicati  potranno  dare  alle  discipline  intellettive  e  mo- 
ral! quellasolida  base,  che  si  cercava,  sicche  la  societa  debba  final- 
mente  trovare  quello  stabile  riposo,  si  morale  si  politico,  che  sino- 
ra  per  colpa  della  Metafisica  non  ha  trovato?  A  questa  domanda  cosi 
giusta,  e  nella  presente  quistioue  essenzialissima ,  il  Villari  non  ha 
creduto  di  dover  rendere  nessuna  risposta.  Egli  dunque  col  suo  si- 
lenzio  ha  troppo  eloquentemente  confessato  che  il  Positivismo  e  im- 
potente  a  risolvere  il  problema ,  che  per  suo  giudizio  non  ha  potuto 
risolvere  la  Metafisica.  E  se  e  cosi ,  perche  non  lasciare  le  cose 
€om'  erano;  cioe  la  Metafisica  a  sciogliere  i  suoi  problemi  del  suo 
meglio,  e  le  scienze  positive  a  seguitare,  senz' altre  brighe  d'  impos- 
sibili  assunti,  il  loro  corso? 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  455 

In  secondo  luogo  e  poi  vero,  cio  che  il  Villari  da  per  indubitato, 
che  la  Metafisica  e  incapace  di  dar  la  certezza  de'  suoi  obbietti?  Egli 
a  provarlo  si  serve  dello  stesso  concetto ,  che  diede  A.  Comte  della 
Metafisica,  affermando  con  lui,che  questa  scienza  fu  un  naturale  svol- 
gimento  dell'  ingegno  umano  ,  il  quale  dopo  che  neir  eta  puramente 
teologica  ebbe  spiegato  i  fenomeni  naturali  per  1'  opera  di  altrettante 
drvinita,  da  cui  li  credea  dipendenti ,  passo  quindi  a  spiegarli  per 
mezzo  di  astrazioni  inerenti  (al  tempo  stesso  che  astratte)  negli  es- 
seri  naturali.  La  qual  filosofia ,  come  ci  assicura  1'Autore  ,  ebbe  il 
suo  massimo  splendore  nel  medio  evo ;  appellandosi  percio  da  molti 
scolastico  il  periodo  di  questa  scienza,  perche  allora  dominava  ap- 
punto  la  Scolastica. 

Ci  sembra  strano  che  il  Yillari  non  abbia  saputo  altronde  attinge- 
re  T  idea  della  metafisica  scolastica ,  se  non  da  A.  Comte  che  egli 
pure  taccia  di  esagerato  e  stravagante.  Se  invece  si  fosse  condotto 
a  percorrere  quegli  autori,  che  furono  i  comuni  maestri  di  tutti  i  fi- 
losofi  del  medio  evo,  se  avesse  almeno  corisultato  alcune  pagine  di 
S.  Tommaso  D' Aquino,  che  fu  quel  sovrano  Dottore  sotto  il  quale 
si  raccolsero  quasi  tutte  le  scuole  de'  detti  tempi,  non  avrebbe  fatta 
sua ,  egli  connazionale  di  quell' Aquila  fra  i  filosofi  ,  una  delle  piu 
enormi  corbellerie  del  sotista  francese.  No,  la  Metafisica  non  si  e 
proposto  in  nessun  tempo,  almeno  universalmente  e  in  quanto  tal 
scienza,  un  assunto  si  contradditorio,  di  spiegare  per  mezzo  di  con- 
cetti mentali  (che  tali  sono  le  astrazioni)  i  fenomeni  reali,  e  molto 
meno  supponendo  che  cosiffatte  astrazioni  fossero  inerenti  alle  cose. 

Falsissimo  ancora  e  cio  che  TAutore  ci  ripete  ad  ogni  pie  sospin- 
to,  che  la  Metafisica  si  sia  ostinata  di  voler  sapere  a»tutt'i  patti  1'es- 
senze  intime  delle  cose ,  come  sono  in  se  stesse ;  il  che  essendo  im- 
possibile,  ella  non  fa  altro  che  aggirarsi  perpetuamente  in  un  la- 
berinto  senza  uscita.  La  Metafisica  (intendiamo  principalmente  la 
scolastica)  conosce  assai  meglio  de'  positwsti  i  limiti  dell*  ingegno 
umano ,  il  quale  non  puo  intuire  immediatamente  la  riposta  natura 
degli  esseri,  e  solo  indirettamente,  per  mezzo  delle  propieta  che  si 
manifestano,  ha  la  maniera  di  averne  uria  conoscenza  quando  piu  e 
quando  meno  perfetta.  II  che  procurano  anch'  essi  tutti  i  coltivatori 


156  UIVISTA 

delle  scienze  positive.  Poiche  il  Fisico  non  puo  dare ,  egli  e  vero,  una 
spiegazione  esatta  della  essenza  della  luce,  e  cosl  neppure  il  Mec- 
canico  della  natura  della  forza,  o  il  Fisiologo  del  principle  \ilale 
delle  piante :  e  nondimeno  ciasclieduuo  di  essi,  argomentando  dalle 
qualita  piu  radical!,  or  della  luce,  or  della  forza,  or  della  vita,  ne 
fanno  le  loro  definizioni :  ed  e  quanto  dire  si  argomentano  di  spie- 
garne,  almeno  indirettamente ,  il  meglio  die  e  possibile  la  natura. 
Or  questo  appunto  e  cio  che  a  riguardo  de'  proprii  obbietti  ba  fatto 
e  fa  e  fara  sempre  la  Metafisica,  se  da  slrani  cervelli  non  e  balestra- 
la  fuori  della  sua  strada  nalurale ;  di  che  essa  non  e  in  colpa. 

Ma  la  Metafisica  non  puo  accertare  i  suoi  obbietti ;  perche  noi  non 
abbiamo  altro  mezzo  di  certezza,  per  difenderci  dalle  illusion!  della 
nostra  menle,  se  non  quello  dell'  osservazione  fuori  di  noi.  Ora  il 
metafisico  (cosi  lo  descrive  il  Yillari)  lutto  chiuso  nel  gabinetto  della 
sua  mente,  fatto  fondamento  di  un  concetto  quanto  si  voglia  giusto 
del  suo  animo,  da  poi  libero  campo  alia  fantasia  di  formar  sopra 
quello  un  nuovo  mondo ,  che  poscia  vorra  spacciare  come  quintes- 
senza  di  verita. 

Di  cosiffatti  filosofi  ci  e  stata  e  ci  sara  sempre  dovizia.  Ma  non  e 
questa  la  quistione.  Si  cerca  invece  sapere,  se  coteslo  e  il  proprio 
metodo  della  Metafisica  in  quanto  tale ;  e,  poiche  il  Villari  lo  vuole, 
della  Scolastica  del  medio  evo.  Or  nei  che  abbiamo  qualche  pratica 
in  quegli  studii,  lo  possiamo  assicurare  che  niente  di  piu  falso.  Ne 
gia  diciamo  che  que'  filosofi,  e  tra  costoro  anche  i  sommi,  non  po- 
tessero  qualche  volta  lasciarst  trascinare  dalla  foga  del  filosofare  in 
false  conseguenze :  erano  uomini  anch'  essi ;  e  come  osservando  e 
sperimentando  si  puo  cadere  e  spesso  si  cade  da  bravi  naturalisll 
in  grossi  abbagli;  cosi  parimente,  filosofando,  gl'ingegni  anche  piu 
esatti  ed  esercitati  sono  esposti  al  pericolo  de'sofismi.  II  melodo  pero 
era  tale,  che  nulla  di  piu  certo  e  piu  sicuro  per  arrivare  alia  veriia. 
Quali  sono  di  fatto  gli  strumenti  della  Metafisica?  I  prirni  principii; 
quelli  che  si  appalesano  alia  mente  colla  sola  apprensione  de'  ter- 
mini, tant'  e  la  loro  naturale  evidenza,  e  Tapplicazione  di  questi  prin- 
cipii coll'  uopo  dell'  attenta  osservazione  o  sia  de'  fatti  attestati  dalla 
propria  coscienza,  o  sia  di  quelli  che  si  percepiscono  co*  sensi  ester- 


BELLA  STAMPA  ITALIANA 

ni.  Ci  dicano  i  positivisti ,  se  gli  stessi  cultori  delle  science  natural! 
abbiano  altro  mezzo  per  venire  a  quelle  conclusion},  colle  quali  sta- 
biliscono  le  leggi  de'  fenomeui ,  da  qucslo  infuori  dell'  osservazione 
si  yeramente,  ma  colla  guida  de'  principii  razionali.  Perciocche  mol- 
iiplicatc  quante  volele  Y  espericnze ;  non  potrete  conchiuder  mai  per 
una  legge  universalc ,  se  non  supponendo  alcune  verita  generalissi- 
me ;  per  cagion  di  esempio ,  die  agli  effetti  debbono  essere  propor- 
zionate  le  cause  die  li  producono;  die  i  fenomeni  specificamente 
identic!  debbono  provenire  da  cause  immediate  specificamente  le 
stesse;  die  do  die  si  verifica  in  alcuni  casi,  poste  le  tali  e  tali  con- 
dizioni  con  cui  si  mostra  connesso  essenzialmente  1'  effetto  ,  si  deve 
veriiicare  in  tutti  i  casi  possibili  messe  quelle  medesime  condizioni. 
Or  questo  fa  il  metafisico,  benche  sopr'  altri  obbietti  e  con  un  modo 
piu  nobilmente  scientifico.  Egli ,  per  cagion  d'  esempio ,  esamina  le 
condizioni  comuni  di  tutti  gli  esseri  sensibili,  essenzialmente  contin- 
genti  e  mutabili,  e  ne  deduce  Y  esistenza  di  una  prima  causa  neces- 
saria  cd  immutabile.  Esamina  le  qualita  del  pensiero,  come  gli  sono 
manifestate  per  rispetto  a  se  dalla  coscienza  e  per  rispelto  agli  altri 
dalla  comunicazione  per  lo  strumento  della  parola ;  e  scoprendo  nel 
pensiero  attributi  del  lulto  indipendenti  dalla  materia,  ne  conchiude 
che  il  prindpio,  da  cui  esso  deriya,  doe  1'anima,  dev' essere  imma- 
teriale.  E  similmcnte  in  altre  quistioni. 

Per  due  ragioni  potrebbe  il  metafisico  in  questo  processo  essere 
impedito  a  non  raggiungere,  almeno  con  certezza  subbiettiva,  il  vero. 
La  prima,  se  gli  e  impossibile  scoprire  il  nesso  fra  le  cause  e  gli 
effetti,  benche  gli  effelti  sieno  sufficientemente  conosciuti;  e  cosiper 
esempio,  non  ostante  che  conosca  le  condizioni  comuni  degli  esseri 
sensibili,  non  possa  argomentare  la  natura  della  prima  causa,  daHa 
qualc  derivano.  La  seconda,  se  non  puo  conoscere,  o  almeno  non 
conosce  sufficientemente  le  condizioni  degli  effetti,  da'  quali  argo- 
menta;  e  cosi,  pognamo,  non  conoscendo  a  dovere  le  qualita  del 
pensiero,  non  possa  affermare  con  certezza  la  qualilti  del  principle, 
che  lo  produce.  Ma  quanto  alia  prima  impossibility,  essa  e  contrad- 
delta  da'  primi  principii  del  senso  comunc,  nonche  dal  metodo  die 
tengono  tutti  i  coltivalori  delle  scienze  nalurali ,  i  quali  altro  non 


4S8  RIVISTA 

fanno  che  argomentare  da'  fenomeni  le  leggi  universal! ;  ch'  e  quan- 
lo  dire  dagli  effetti  sensibili,  sufficientemente  conosciuti,  le  loro  oc- 
culte  cagioni.  Or  per  istare  neir  esempio  addotto,  non  e  piii  essen- 
ziale  il  nesso  fra  gli  effetti  contingent!  ed  una  prima  causa  necessaria, 
che  non  quello  de'  fenomeni  colle  lor  leggi?  Perciocche  il  primo  e 
assoluto  e  non  puo  esser  supplito ;  al  secondo,  senza  urtare  in  nes- 
suna  contraddizione ,  astrattamente  parlando  puo  immaginarsi  un 
compenso.  Quanto  poi  all'allra  difficolta,  che  e  il  difetto  dell'ade- 
guata  conoscenza  a  riguardo  de'  fatti  o  interni  o  esterni,  da  cui  an- 
che  il  metafisico  dee  prendere  le  prime  mosse;  cotesto  non  potrebbe 
esser  altro  che  manco  di  osservazione.  Concediamo:  e  questa  e  la 
ragione,  perche  dopo  ch'e  stata  ripudiatala  Scolastica,  i  filosofi  me- 
tafisici,  invece  della  realta,  hanno  spacciati  i  sogni  delle  lor  fantasie. 
Ma  quegli  antichi ,  fatte  com'  e  dovere  le  debite  eccezioni ,  general- 
mente  prendeano  per  fondamento  della  lor  tllosofia  i  fatti  piu  semplici 
e  volgari,  attestati  dal  comun  senso.  Cos!  procedeano  nella  dimostra- 
zione  dell'  esistenza  di  Dio  e  de'  suoi  attributi  essenziali;  cosi  nel  pro- 
Tare  la  spiritualita  ed  immortalita  dell'  anima.umana;  cosi  nell'esa- 
minare  e  defmire  il  modo  della  nostra  conoscenza  intellettuale,  e  co- 
munemente  nelle  altre  loro  quistioni. 

Ma  qui  appunto  il  Yillari,  e  con  lui  tutta  la  schiera  de'  positivisti, 
ripongono  la  causa  o  sia  delle  allucinazioni,  o  sia  almeno  dell'  incer- 
tezze,  in  cui  devono  necessariamente  rimanere  impigliati  i  metaiisi- 
ci.  Perciocche  dicono ,  quando  quelli  non  lavorino  a  tutta  fidanza 
della  lor  testa ,  il  piii  che  fanno  e  impossessarsi  di  qualche  fatto  di 
esperienza  interna  od  esterna ,  e  di  la  spiccare  il  volo  per  perdersi 
ne'  vortici  delle  loro  astrazioni.  Chi  li  tratterra?  Per  contrarioil  fisi- 
co  con  quanta  pazienza  non  tenta  la  natura  per  iscoprire  sempre 
nuovi  falti ;  con  quanta  diligenza  ripete  le  sue  sperienze  per  com- 
provarli;  con  quanta  accuratezza  gli  esamina ,  li  paragona  e  li  ri- 
duce!  Finalmente  se  riesce  ad  induzione  perfetta,  allora  soltanto,  e 
non  prima ,  qualifica  il  fenomeno  e  ne  determina  scientificamente 
la  legge. 

E  noi,  prescindendo  anche  qui  da  cio  che  pur  troppo  e  di  vero  di 
queste  accuse  ne'  moderni  metafisici,  specialmente  della  Germania, 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  459 

rispondiaino  clie  nulla  si  puo  concludere  contro  alia  Mctafisica,  per 
so  stessa  e  come  fa  coltivata  dagli  Scolastici,  da  quel  manco  che 
viene  opposto  di  esperienza.  Perciocche  gli  obbietti  della  Metafisica 
sono  immensamente  piu  universal!  degli  obbietti  della  Fisica  e  di 
altre  scienze  natural!.  Donde  consegue  che  i  fatti,  da  cui  bisogna 
che  essa  prenda  argomento  per  le  sue  conclusion! ,  sono  anche  ge- 
neralmentc  i  piu  universal!  e  piu  ovvii,  a  scoprire  i  quali  non  fa 
mestieri  ne  di  lambicchi ,  ne  di  telescopii ,  ne  di  macchine  eleltri- 
che.  Cio  che  bisogna  e  T  atlenta  considerazione  delle  lor  qualita,  lo 
studio  accurate  delle  condizioni  che  1'accompagnano,  e  molto  piu 
un  ingegno  profando  e  penetrative,  che  ne  sappia  raggiungere  le  in- 
time  e  uecessarie  relazioai.  II  Yillari  ci  promelte,  che  se  noi  studie- 
remo  la  storia  dcll'uonio  sotto  le  sue  diverse  ragioni,  forse  verra 
tempo  che  potremo  anche  conosceie  la  natura  del  pensiero  umano ; 
poiche,  dice,  che  altro  puo  essere  il  pensiero,  se  non  la  sintesi  del- 
le sue  leggi?  e  queste  leggiper  qual  mezzo  le  conosceremmo  noi,  se 
non  per  quello  della  storia?  Ma  che  cosa,  per  vita  sua,  ci  puo  dire 
la  storia  anche  di  tutt'  i  popoli  passati  e  present!,  che  ci  puo  ella 
dire  delle  leggi  universal!  del  pensiero  (di  quelle  cioe  che  si  debbono 
verificare  in  ogni  uomo) ,  che  meglio  e  piu  non  ci  dica  la  storia  in- 
terna  di  noi  medesimi,  col  raffronto  al  piu  (giacche  il  Yillari  teme 
mollo  le  interne  illusion!)  di  coloro  co' quali  conversiamo? 

Per  contrario  se  si  trattasse  di  filosofare  sopra  punt!  di  Storia, 
sopra  quella  pognamo  delle  belle  arti,  delle  istituzioni  o  altra  che 
sia ;  qual  dubbio  v'  e,  che  ci  sarebbe  mestieri  di  fatti  positivi  e  par- 
ticolarizzati,  pe'quali  soltanto  si  avrebbe  la  facolta  di  formolare  con-, 
elusion!  di  qualche  valore?  Ma  questa  osservazione  non  fa  contro  i 
metafisici ;  piuttosto  e  da  rivolgere  in  famiglia,  contro  quel  branco 
di  positivisli  della  scuola  di  A.  Comte,  che  hanno  la  matta  presun- 
zione  di  potere  colla  storia  degli  avvenimenti  passati  indovinare  a 
priori  la  storia  degli  avvenimenti  futuri.  Cosi  parimente  se  in  altri 
tempi,  per  manco  di  studii  sperimentali,  e  non  gia  come  dicono  i 
positivisti  perch5  la  Metafisica  fosse  confusa  colle  altre  scienze  1 ,  i 

1  E  un  errore  grossolano ,  benche  comune  a  molti,  quello  con  cui  si  after- 
ma  clie  la  Metafisica  nel  medio  evo  abbracciava  tutte  le  scienze  naturali.  La 


40  0  mviSTA 

cultori  delle  discipline  natural!  si  lasciarono  trasporlare  dalla  foga 
dell'  ingegno  oltre  a  do  chc  i  fondamenti  de'  falti  concedcvano ;  co- 
testo  non  e  marayiglia ;  e  certo  non  e  da  dar  colpa  alia  Metafisica, 
se  in  altre  scienze  fu  adoperato  indebitamente  il  suo  metodo. 

Ma  queste,  soggiungono  i  positrvisti,  saranno  buone  e  belle  ra- 
gioni:  il  falto  pero  e,  che  non  v'ha  dottrina  in  Metailsica  die  non 
sia  disputata  quinci  e  quindi  in  conlrario,  negando  gli  uni  cio  che  gli 
altri  sostengono,  e  ciascuno  arrecando  per  la  propria  sentenza  ar- 
gomenii  che  giudica  ineluttabili.  Or  un  tal  fatlo  e  argomento  ,  che 
gli  obbietli  della  Metalisica  sono  incapaci  per  se  di  manifcstarsi  con 
quella  evidenza,  che  e  necessaria  per  la  certezza  subbieltiva. 

Rispondiamo  brevemente  a  questo  achille  de' positrvisti.  E  prima 
osserviamo,  che  non  e  da  pretendere  dalla  Metafisica  quello  che 
non  puo  ottenersi  neppure  dalle  scienze  sperimentali,  cioe  che  in 
tulte  le  quistioni  si  possa  sceveraro  recisamente  il  vero  dal  falso. 
Sopra  assaissimi  punti  la  Fisica,  la  Chimica  ,  1'  Astronomia  ecc. 
non  hanno  che  risposte  probabili;  e  cio  pure  si  crede  un  vanlag- 
gio  scientifico  in  mancanza  di  meglio.  Perche  dunque  si  verrebbe 
dalla  Metafisica  la  verita  assolula  sopra  tutte  le  quistioni  ? 

Ma  per  altre  moltissime,  specialmente  intorno  ai  suoi  obbielti  piu 
principali,  ella  possiede  gli  argomenti  necessarii  con  che  formarne 
defmitivo  giudizio.  Osserviamo  dunque  in  secondo  luogo,  che  per  ri- 
spetto  a  queste  il  consenso  assolulo  de'  filosofi  non  e  criterio  neces- 
sario  di  verita.  Per  fermo  e  sempre  esislila  ed  esiste  tuttavia  una 
moltitudine  di  filosofi,  che  professa  per  sistema  lo  scetticismo ;  e 
a'tempinostri  sono  sorte  parecchie  scuole  di  razionalisti,  chenegano 
ogni  verit^  obbiettiva,  anche  di  quelle  cose  che  sono  soggetle  all'e- 
sperienza  de'  sensi.  Or  che?  Dovremmo  in  grazia  di  costoro  rinun- 
ziare  all' evidenza  del  mondo  sensibile,  argomentando  che  se  quclli 
o  negano  o  mettono  in  dubbio  la  realta  delle  cose ,  possa  accadere 

Metafisica  sin  da'  tempi  di  Aristotele  si  trova  esplicitamente  sceverata  dalle 
altre  discipline,  e  basta  per  accertarsene  consultare  la  partizione  che  quel  so- 
vrano  Filosofo  fa  di  tutte  le  scienze.  II  quale,  sia  detto  di  passata,  ha  pure 
un  suo  traltato  di  Zoologia ,  in  cui  mostra  quanto  bene  sapesse  adoperare 
a  luogo  proprio  il  metodo  scliiettamente  positivo. 


BELLA  STAMPA  ITALIANS  401 

che  la  evidenza  che  noi  nc  abbiamo  sia  nostra  illusione  ?  La  qui- 
slione  dunque  e  da  giudicarc  principalmente  dalla  qualita  degli  ar- 
gomenti,  che  sono  addolti  per  dimostrare  un  assunto  filosofico;  c 
poiche  1'autorita  e  una  buona  riprova  per  farci  apprezzare  il  valore 
degli  argomcnti,  ed  essa  stessa  e  un  argomento;  e  ben  dovere  che 
se  ne  tenga  ragione,  avvegnache  non  tanlo  secondo  il  numero,  quanto 
secondo  il  mcrito  si  intelleltivo  e  si  morale  delle  persone  che  la  for- 
mano.  Che  fa  dunque,  che  alcuni  filosofi  si  oslinano  a  rivocarc  in 
dubbio  T  esislenza  di  Dio,  la  spiritualita  e  1'  imrnortalita  dell'  anima 
umana ,  ed  altre  simili  verita  della  Metafisica,  quando  non  solo  il 
mio  intelletlo  e  profondamente  convinto  della  necessila  degli  argo- 
menti  che  lo  dimostrano ;  ma  veggo  inoltre  che  i  piu  grandi  filosofi 
di  tutti  i  tempi  e  di  lutte  le  nazioni  ne  hanno  espresso  il  medesimo 
giudizio  ?  Che  se  si  brama  di  piu ,  vi  ha  pure  il  consenso  di  pres- 
soche  tulto  intero  il  genere  umano,  che  attesta  il  medesimo.  Or  che 
cercar  di  vantaggio? 

Ma  YOI,  soggiugne  il  Villari,  non  potete  far  tacere  V  ateo,  il  ma- 
lerialista,  lo  scellico  ;  mentre  io  con  una  semplicissima  dimostra- 
zione  posso  far  tacere  chi  nega  che  i  tre  angoli  di  un  qualsivoglia 
triangolo  sono  uguali  a  due  retti.  Sia  pure :  ma  cio  non  dimostra  che 
sieno  inefficaci  gli  argomenti :  se  fosser  tali  non  avrebbero  guada- 
gnato  infmili  ingegni  si  acuti  e  perspicaci.  Dimostra  solo  che  il  no- 
siro  animo  puo  di  proprio  motivo  chiudersi  alia  luce  di  certe  verita 
piu  rimotc  da'  sensi :  il  che  difficilmente  si  reca  a  fare  per  altre  \re- 
rita ,  che  sono  piu  prossimamente  connessc  colle  cose  sensibili ,  si 
per  che  la  luce  di  queste  e,  diciamo  cosi,  piu  materiale,  si  perche  le 
passioni  non  hanno  niuno  interesse  a  contrastarle. 

Crediamo  che  queste  poche  considerazioni  sieno  sufficienti  per 
giudicarc  comenientemente  il  Positivismo  del  Yillari.  Esso  ammette 
I  medesimi  fondamenli  di  fatto  e  muove  dagli  stessi  principii  che 
A.  Comle ;  ma  vorrebbe  evitare  le  conseguenze  piu  assurde  di  quel 
sislema.  Percio  rapprescnta  il  suo  come  un  semplice  metodo  scien- 
tifico  da  far  valere  nello  studio  de'  diversi  rami  dclla  storia  degli 
uomini.  Ma  con  questo  ei  non  solo  non  iscioglie ,  ma  neppure  attin- 
ge  la  quistione  piu  sostanziale  del  Posithismo ,  che  e  d'  indirizzare 


RIVISTA 

moralmente  c  politieamente  Y  uomo  c  la  sociela  alia  loro  naturale 
destinazione.  Soltanto  si  contenta  di  accusare  la  Metafisica,  come 
incapace  di  farlo.  Ma  le  sue  accuse,  come  abbiamo  veduto,  non  so- 
no  altro  che  meschini  sofismi. 


'p  .'ovwtttti  II  II, 


Dei  cinque  regni  d'  Italia  libri  cinque  del  DUCA  DI  MADDALONI  — 
Lugano  1868.  Due  volumi  in  dodicesimo;  1.°  pag.  320,  2.° 
pag.  276. 
v>£*/i!  ifijon  '  'dfaw'Ytti  LfJd*>  'otorfviiV.,-  -JUT 

In  tanta  abbieltezza  di  spirit!,  quanta  generalmente  deploriamo 
oggidi  in  Italia,  in  tanta  adulazione  alia  parte  dominante,  per  turpe 
cupidigia  o  svilente  paura,  e  bello  e  confortevole  avvenirsi  talvolta 
in  uomini  cristianamente  generosi,  clie,  senza  alcun  timore  o  ri- 
guardo  a  terreni  inleressi,  alto  leyano  la  yoce  in  difesa  della  verita 
e  della  giustizia.  Tale  appunto  ci  sembra  TAutore  dell'  opera,  di 
sopra  annunziata,  e  di  cui  faremo  qui  un  brevissimo  cenno. 

Qual  sia  lo  scopo  di  essa,  e  dall'  egregio  scrittore  espresso  fin  da 
principio  in  questi  termini.  «  Parecchi  de'  nostri  conterranei  ,  e  fra 
Comoro  alcune  persone  a  noi  carissime  per  consuetudine  di  an- 
tica  amicizia,  non  una  volta  abbiamo  udito  a  dive  :  E  si  che  egli  e 
scellerato  il  presente  stato  d'  Italia,  disonestissima  la  vita  e  le  ope- 
re  de'  suoi  reggitori,  afflitte  le  cose  nostre  tutte  quante,  e  sparta  la 
comunione  dei  cittadini;  ma  non  possiamo  negare  veramente  che 
un  gran  concetto  sia  quello  deirunita.  Or  noi  ponendo  lo  ingegno  a 
questa  scrittura,  per  quanto  la  poverezza  di  esso  nel  concede,  vor- 
remmo  per  appunto  dimostrare  quale  sia  veramente  la  grandezza 
diiquesto  concetto  :  il  quale,  oltre  al  non  essere  magno,  non  e  nep- 
pure  italiano.  Esso  e  straniero;  da  stranieri  importato  nella  nostra 
Penisola  per  violenza  di  conquista,  od  accolto  per  vezzo  di  moda 
straniera,  non  altrimenti  che  foggia  di  cuffia  o  di  farsetto,  che  fac- 
ciasi  venire  di  Francia  o  d'  Inghilterra  1.  »  L'  autore  dimostra  co- 

f!J?-n-  J>'?-."*fJOn  'BfW    -Oi^'M**^!  /fOfl  "for1  (H>H  W  (i)8^Hp  MO*)  C»ly 

•I  i;  N  1  Prefazione,  pag.  VIII  /i  j  iW! 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  463 

lesto  assunio  con  rigorosa  dimostrazione  storica,  discorrendo  le 
cinque  volte  in  cui  e  stato  tentato  di  ridurre  ad  atto  cotesta  unita  : 
sotto  i  Goti,  sotto  i  Longobardi,  solto  i  Franchi,  sotto  Napoleone  I, 
sotto  i  rivoluzionarii  moderni.  Egli  descrive  le  sventure  a  cui  fu 
sempre  condotta  V  Italia  per  quel  male  augurato  concetto ,  e  1'  in- 
tento  tutt'  altro  eke  nazionale ,  avutosi  nell'  affettuarlo.  Sopratiutto 
egli  insiste  nel  tine  antireligioso  e  antisociale,  che  si  son  prefisso 
i  suoi  ultimi  promovitori.   «  La  rivoltura  moderna  (son  sue  parole) 
chiarissi  ben  altro  clie  nazionale  e  politica.  Essa  e  religiosa  e  so- 
ciale.  Essa  (1'odono  oggi  anche  i  sordi,  ed  anche  i  piu  miopi  il  di- 
scernono)  essa  vuole  abbattere  la  Croce.  Pero  ed  il  Gioberti  ed  il 
Balbo,  noi  vogliamo  credere,  riderebbero  oggi  eglino  stessi  del 
voti,  che  bonamente  facevano  sul  primo  entrare  dell  a  rivoluzio- 
ne ,  oggi  che  ben  lunge  dal  levare  a  cielo  pontefici  e  ricono- 
scere  i  benefizii  e  la  eterna  viridezza  della  Ghiesa,  voglionsi  in- 
vece  liberi  e  padroni  i  Giudei,  e  fabbricar  nuovo  ghetto  per  i 
Cattolici  1.  »  Ed  altrove  invocando  dal  cielo  contro  gli  odierni  set- 
tarii  un  nuovo  Bernardoni  o  un  nuovo  Gusmano,  soggiunge  :  «  Ne 
si  dica  che  queste  sette  moderne  sono  politiche  e  che  non  si  vuole 
adoperare  contro  esse  le  armi  di  un  religioso  Istitulo  ;  perciocche 
oggi  con  tali  parole  non  possono  uccellarsi  neppure  i  piu  niogi  de- 
gli  uomini.  Aperto,  confessato  ormai  e  come  la  guerra  politica  sia 
slata  e  sia  ancora  mezzo  per  esse,  non  fine.  Fu  schiuso  il  santuario 
del  tempio  di  cotali  sette,  ed  e  affatto  cieco  colui  che  non  vegga  il 
nume  che  vi  si  adora  invece  di  Jehova  Santo,  empio  chi  non  no 
torca  il  piede  inorridito.  La  rivoltura  moderna  e  guerra  religiosa. 
]\on  si  tratta  di  costituzione  piu  o  meno  liberate  di  Stato,  ma  si  di 
novella  costituzione  morale  dell'iimanita  2.  »  Questo  concetto  ve- 
rissimo,  che  spicca  oggidi  si  chiaro  e  lampante  agli  occhi  eziandio 
de'ciechi,  dovrebbe  essere  fmalmente  inteso  da  certi,  non  vorremmo 
dire  balordi,  ma  illusi,  i  quali  si  lusingano  di  poler  conciliare  e  ri- 
durre ad  amista  Ghiesa  e  rivoluzione,  val  quanto  dire  Cristo  e  Belial, 
1'  altare  di  Dio  e  1'  ara  idolatrica.  E  questo  il  sogno  dei  cosi  detti  cat- 

1  Vol.  1,  pag.  151.  —  2  Vol.  2,  pag.  137. 


464  BIVISTA 

tolici  liberali,  i  quali,  per  quanto  siano  in  buona  fede,  di  fermo,  per 
cio  clie  si  attiene  al  fatto  ,  son  da  riputarsi  assai  piu  nocevoli  alia 
causa  della  Chiesa,  che  non  i  dichiarati  nemici  della  medesiraa. 

Dal  pensiero  di  costoro  e  assai  lontano  il  nostro  scrittore.  Egli  si 
dichiara  contro  la  rivoluzione ;  e  invita  i  buoni  a  combatterla,  non 
solo  col  tenersene  alia  larga,  ma  anche  col  proclamarne  la  malizia 
e  sostenere  i  principii  ad  essa  contrariL  «  Noi  non  teniamo  per 
una  stessa  cosa  la  rivoluzione  e  le  mutazioni.  Queste  possono  es- 
sere  buone  o  malvage,  second oche  partoritc  o  da  verace  neeessita  o- 
da  capriccio,  doe  clie  siano  naturali  o  innaturali  progredimenti 
della  vita  storica  di  ciascun  paese  ;  quella  sempre  scellerata,  sem- 
pre  nemica  di  Dio  e  dell'  umana  famiglia :  conciossiache  la  rivolu- 
zione  altro  non  sia,  che  lo  scisma,  la  ribellione.  La  quale  ebbe  prin- 
cipio  e  s'  incarno  nei  primi  delitti.  Perocche  lo  scisma  comincio  da 
che  gli  angeli  a  Dio  ribelli,  invece  di  scegliere  il  Yerbo  Etcrno, 
idolatrarono  se  medesimi.  Essi  dicevano:  Noi  saliremo  al  cielo, 
sopra  le  stelle  di  Dio  innalzeremo  il  nostro  trono,  supereremo  1'  al- 
tezza  delle  nubi  e  saremo  simili  airAltissimo.  E  lo  spirito  del  male, 
che  e  quello  dello  scisma  e  della  ribellione  ,  sibillo  i  nostri  primi 
padri ,  promettendo  loro  quello  stesso ,  perche  gli  angeli  malvagi 
precipitarono  nelle  tenebre.  Ed  e  pero  che  la  rivoluzione  ha  la  me- 
desima  satanica  origine  che  nei  cieli ,  ed  essa  ripetesi  sotto  cento- 
forme,  in  cento  tempi  diversi,  e  per  tutte  le  province  del  mondo. 
Laonde,  chiamisi  scisma  di  Fozio,  o  guerra  di  Albigesi  o  di  Patari- 
ni,  o  di  Ussiti,  o  Riformazione  germanica,  o  Rivoluzione  francese, 
o  Risorgimento  italiano,  la  e,  la  sara  sempre  la  stessa  impresa  in- 
fernale  di  maledizione  a  Dio,  di  persecuzione  dellfuomo.  Gli  one- 
sti,  sappiamo,  combattono  abbastanza  la  rivoluzione  solo  col  non 
essere  eoi  rivoltosi.  Ma  ei  si  vuol  fare  qualcosa  di  piu :  bisogna 
confessare  il  male,  quando  si  e  veduto,  e  propugnare  il  bene  che 
puo  medicarne  le  ferile  l.  »  Non  si  potea  meglio  fare  in  due  sole 
frasi  il  vero  ritralto  del  regno  d'  Italia :  Maledizione  a  Dio,  persecu- 
zione dell'  uomo.  Ricordi  il  lettore  le  bestemmie  del  Parlamento  e 

1  Prefasione,  pag.  XIII. 


DELLA  STAMPA  ITALIAN  A  465 

della  stampa,  le  leggi  empie  contro  la  Chiesa,  la  gravezza  impor- 
tabile  del  balzellU,  la  legge  Grispi ,  la  destituzionein  massa  del  phi 
specchiati  funzionarii  pubblici ,  i  soprusi  d'  ogni  gcnere  contro  gli 
onesti  e  pacific!  cltladini. 

L'Autore  non  pure  anatematizza  le  rivolture,  ma  riprova  altresi 
la  concessione  di  liberta  troppo  larghe  e  scompigliate  ;  le  quali  non 
procedano  per  naturale  svolgimento  e  graduate  di  antichi  ordina- 
mcnli  e  costumi  peculiar!  del  paese ;  ma  s'  improvisino  all'  avventata 
e  pazzamente  s'impongano  alle  mollitudini  sbalordite.  Intorno  a  che 
non  possiamo  non  lai  gire  un  giusto  tribute  di  laude  alia  nobilta  del 
suo  animo,  onde  non  dubita  di  confessare  il  suo  tor  to,  a  riguardo  di 
Ferdinando  II,  re  delle  due  Sicilie,  allorche  questi,  per  sapiente  prc- 
veggenza,  si  mostrava  nel  48  ritroso  a  cio  che  esso  Autore,  per  gio- 
ramie  inesperienza,  imprudentemente  caldeggiava.  Ecco  le  sue  pa- 
role :  «  In  mezzo  al  vociare  di  parte  liberale  per  tutta  Europa ,  e 
V  esecrazione  d'ogni  gente,  teneva  duro  re  Ferdinando  di  Napoli,  il 
quale  conosceya  i  motivi  di  quei  falti,  sapevasi  come  mal  si  palleggi 
con  naturale  nemico ,  e  come  il  compito  delle  rivollure  bene  spesso 
fosse  tutt'  alfcro  che  quello  venne  proclamato  nel  loro  esordire.  Ya- 
gbeggiatori  noi  pure  di  riformazioni  e  d'  indipendenze  nazionali  e  di 
confederazioni  di  Principi,  e  pero  avverso  allora  a  quel  Monarca,  la 
miseria,  in  che  «ra  veggiamo  condolto  il  nostro  paese,  ne  costringe, 
come  ciisliano  e  genliluomo,  a  fare  ammenda,  e  pero  a  lodare  quel 
Principe  per  appunto  di  quella  renitenza  che  allora  teneyamo  a  mal- 
yagia.  E  re  Ferdinando,  oltre  al  comprendere  la  natura  della  rive- 
luzione  italiana  (preveggenza  del  che  era  incapace  la  inesperta  e  non 
bene  addottrinata  gioventu)  opponevasi  alle  richieste  di  rifoi  mazione, 
che  gli  Yenivano  da  tutte  parti  d'  Italia  ed  anche  di  Oltralpe ,  mo- 
strando  come  gia  i  sudditi  suoi  fossero  in  possesso  di  quegli  istituti  e 
quegli  ordinamenli,  allo  stabilimento  dei  quali  procedevasi  con  tanta 
festa  per  altre  province  italiane.  E  di  vero  non  andava  errato  3.  » 

L'  Autore  come  sincere  cattolico,  e  acerrimo  difensore  della  so- 
vranita  temporale  dei  Papi.  Egli  non  pure  ne  dimostra  la  giustizia 

1  Vol.  2,  pag.  158. 
Serle  VIJ,  vol.  7Y,  fate.  418.  30  12  Novembre  1868. 


466  BI  VISTA 

del  possesso  e  1'  assoluta  necessita  pel  libero  governo  della  Chiesa 
di  Gesu  Cristo ;  ma  fa  vedere  colla  storia  alia  mano  come  la  guerra, 
che  in  diverse  epoche  le  fu  mossa,  torno  sempre  a  danno  degli  am- 
biziosi  e  sacrilegi  che  1'intrapresero.  Anche  di  cio  riferiamo  alcun 
tratto;  e  sia  quello  che  riguarda  i  Re  longobardi.  «  E  di  vero  (mi- 
rabile  coincidenza  dei  fatti  e  certo  superna  disposizione  di  essi)  i  re 
Longobardi  mirando  ad  unificare  Italia  col  trar  Roma  ed  i  suoi  Pon- 
tefici  in  loro  servaggio ,  non  solamente  furono  egli  cagione  di  lor 
propria  caduta  dal  trono  e  dello  incremento  della  poteuza  temporale 
di  santa  Chiesa,  ma  sibbene  impedirono  a  se  stessi  il  venire  in  fama 
di  grandi.  Conciossiache  se  la  luce  di  Autari  e  di  Agilulfo  vedemmo 
irapallidire,  perdersi  quasi,  nello  splendore  della  gloria  di  Gregorio 
Magno,  nou  vedrem  meno  tapinare  la  figura  di  Luitprando  innanzi  a 
quella  di  Gregorio  II,  suo  contemporaneo,  come  accennammo.  E 
cosi  fu,  e  sara  sempre  cosi,  quando  un  peculiare  interesse  prenda 
a  combatterne  altro  universale,  affortificato  da  un'  idea  invincibile, 
come  quella  che  e  divina,  immortale  1.  »  E  parlando  posciadi  Ra- 
chi  che,  avviatosi  coll'esercito  al  conquisto  di  Roma,  fu  dal  Pontefice 
Zaccaria  non  solo  distolto  dalla  matta  impresa  ma  indotto  a  salutar 
penitenza,  fa  un'  allusione  che  non  ci  sembra  doversi  passare  sotto 
silenzio.  Egli  dice :  c<  Giunto  agli  accampamenti  dei  Longobardi  il 
santo  Pontefice,  cosi  riprese  Rachi  della  rotta  fede,  che  il  raumilio, 
ned  altrimenti  il  ritenne  della  caducita  di  ogni  mondana  grandezza, 
che  quel  trapolente  monarca,  squarciata  la  porpora  e  tolta  via  la  lo- 
rica,  ricorse  pien  di  santa  vergogna  agli  altari,  ed  egli  mosso  per 
abbatter  le  porte  di  Roma  e  stringerne  solitario  1'  impero,  egli  che 
legar  doveva  ai  Pontefici  sol  quel  tanto  della  podesta  che  veduta  & 
soverchio  a  chi  in  seggio,  egli  prescelto  a  dar  perfezione  ad  impre- 
sa, dalla  quale  Luitprando  Re  erasi  rimosso,  per  parola  d'  imbelle 
Sacerdote,  per  la  riverenza  di  frigido  sepolcro,  torse  le  spalle  a  Ro- 
ma ed  al  Mondo,  e  la  su  quella  rocca  di  pace  e  di  sapienza,  che  so- 
vranza  alia  felice  Campania ,  quasi  scala  che  conduce  dal  terrestre 
Paradiso  al  superno,  vestiva  la  cuculla  di  Renedetto,  e  la  sangui- 

1  Vol.  1,  pag.  140. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  467 

nente  corona  di  Alboino  mutava  pel  nimbo  sereno  dci  Confessori. 
Ed  oh  !  che  non  place  ai  Celesti  rinnovare  un  cosi  nobile  esempio  ai 
di  nostri  ?  Che  ad  altro  potente  monarca  non  e  conceduta  la  vittoria 
di  Radii,  che  del  gia  proibito  sentiero  di  Roraa  il  conduca  sulla  no- 
bile  vettadiCassino,  dove  le  arme  svestite  per  le  sacre  lane,  ag- 
giungerebbe  egli  alia  sua  stirpe  nuova  gloria,  al  bel  paese  darebbe 
la  pace,  ed  alia  sua  anima  il  Cielo?  Ma  ei  non  si  vuol  disperare  per 
cui  non  e  morta  la  fede  1.  » 

Con  questo  voto  pietoso  sia  fine  a  questa  nostra  rivista,  nella 
quale  piu  che  noi  abbiam  lasciato  parlare  V  Autore,  acciocche  me- 
glio  si  comprendessero  i  sensi ,  onde  e  animato  il  suo  libro.  Per 
esso  noi  non  abbiamo  che  encomii ;  e  desidereremmo  grandemente 
che  fosse  letto  da  tutti ,  e  massimamente  dai  giovani  nella  nostra 
Italia.  Soprattutto  e  da  lodare  il  coraggio  e  il  magnanimo  ardire , 
onde  T  egregio  Scrittore  affronla  le  ire  dei  nemici  della  verita  e  del- 
la  giustizia,  e  tanto  piu  li  rampogna  e  li  sgrida,  quanto  piu  essi  so- 
no  potenti :  Sicche  a  lui  possiamo  rivolgere  le  parole  di  Cacciagui- 
da  a  Dante : 

Rimossa  ogni  menzogna, 

Tutta  tua  vision  fa  manifesta, 

E  lascia  pur  grattar  dov'  e  la  rogna. 
Che  se  la  yoce  tua  sara  molesta 

Nel  primo  gusto,  vital  nutrimento 

Lascera  poi,  quando  sara  digesta. 
Questo  tuo  grido  fara  come  il  vento, 

Che  le  piu  alte  cime  piu  percuote. 

E  cio  non  tia  d1  onor  poco  argomento  2. 


J  Vol.  1,  pag.  1S7. 

2  DANTE,  Paradise  c.  XVII. 


468  HI  VISTA 

III. 

luris  Ecclesiastici  Publici  Insttiutiones ,  aiictore  CAMILLO 

e  Societate  lesu,  luris  Canonici  professore  in  Collegia  Roma- 
no eiusdem  Societatis  —  Romae,  typis  Civilitatis  Catholicae 
1868.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  VIII,  132. 

Sebbene  questa  sia  una  scconda  edizione,  ci  par  conveniente  di 
dame  un  ragguaglio  particolareggiato  ai  nostri  leltori,  per  due  ra- 
gioni.  Prima  perche  il  fatto  stesso  dell'essersi  dovuio  intraprendcre 
questa  ristampa  dimostra  il  pregio  in  die  1'  opera  del  P.  Tarquini  e 
stata  avula,  e  do  conferma  il  prognoslico  che  noi  ne  avevamo  falto 
nell'annunziarla.  Secondo  perche  le  cure  ulterior!,  poste  dall'Autore 
per  questa  seconda  edizione,  ban  reso  il  suo  libro  piu  perfelto  e  piu 
meritevole  di  essere  accollo  come  testo  nelle  scuole  ecclesiastic-he. 
Yeniamo  dunque  senz'altro  a  dire  quale  sia  la  materia  che  queste 
istituzioni  abbracciano,  e  in  qual  modo  essa  venga  ordinata  e  svolta 
nella  trattazione. 

II  Dritto  ecclesiastico  in  quanto  significa  il  sistema  delle  leggi  che 
governano  la  Cliiesa  cattolica,  dee  distinguersi  in  pubblico  e  in  pri- 
vate. II  Dritto  ecclesiastico  pubblico  definisce  h  coslituzione  orga- 
nica  della  Chiesa  medesima :  il  Dritto  ecclesiaslico  private  definisce 
le  leggi  special!  che  ne  governano  in  particolare  i  varii  membri.  Una 
tal  distinzione  e  desunta  dalla  natura  medesima  d'  una  societa  per- 
fetta  ,  qual  e  la  Chiesa :  perche  in  ogni  societa  perfetta  distinguesi 
il  dritto  coslitutivo  della  Societa  dal  dritto  particolare  dei  suoi  socii. 
Giacche  non  vi  puo  essere  Society,  la  quale  non  abbiaun'  organizza- 
zione  sua  propria,  ove  sia  stabilito  il  fine  speciale  che  si  propone, 
il  Governo  interfere  della  Sociela,  la  subordinazione  dei  varii  suoi 
membri,  i  mezzi  proprii  coi  quali  dee  conseguirc  il  suo  fine.  Tulto 
cio  abbracciasi  sotlo  il  nome  di  Drilto  costitutivo,  o  meglio  ancora 
di  Dritto  pubblico  della  Societa.  Tutle  le  altre  leggi  poi,  le  quali  re- 
golano  i  doveri  di  ciascuna  classe  di  persone,  che  ncll'  ordinamento 
della  Sociela  hanno  un  grado  o  un  ufficio  speciale,  o  che  semplice- 
mente  ne  son  membri,  vengono  riunite  insieme  in  un  corpo  a 


DELLA  STAMPA  ITALIAN!  469 

parte  die  forma  il  Drilto  private  di  tal  Societa.  Or  cio  chc  compete 
a  qualsivoglia  Societa  perfelta,  compete  massimamente  alia  Chie- 
sa, che  e  la  perfettissima  di  tulle  le  Societa.  Essa  ha  dunque  il  suo 
Dritlo  pubblico,  il  suo  Drillo  privato :  e  cio  vuol  dire  che  la  materia 
del  Dritlo  canonico  puo  separarsi  in  due  corpi,  dislinli  non  solo*  ma 
separati. 

In  queste  Istituzioni  il  ch.  P.  Tarquini  raccoglie  lulto  cio  chc  e 
maleria  propria  del  Dritlo  pubblico  ecclesiastico :  ed  e  appunto  que- 
sto  il  principal  merilo  del  suo  libro.  Poiche  esso  cosi  risponde 
al  piu  grave  bisogno  deU'eta  noslra.  II  liberalismo  moderno,  sot- 

10  la  formola  di  Separazione  delta  Chiesa  dallo  Stato,  rinnega 
appunto  questo  Dritto  pubblico  della  Chiesa :  e  sebbene  abbia  ugual- 
menle  in  disprcgio  tulto  cio  che  e  suo  Dritto  private,  pur  tuttavia 
contro  le  singolari  disposizioni  dei  canoni,  risguardanli  i  doveri  delle 
singole  persone,non  combatle  a  visiera  calata,  anzi  mostrasi  dispo- 
sto  a  qualche  accomodamento.  Cio  che  ora  dai  nemici  della  Chiesa 
non  si  tollera  si  e  appunto  la  cosliluzione  inlerna  di  questa  Chiesa, 
coi  drilti  che  ne  procedono  e  che  le  competono  per  ragione  divina. 
Se  importa  adunque  ad  ogni  cristiano  il'  conoscere  quali  siano  [i  do- 
veri del  proprio  stato,  mollo  piu  importa  il  conoscere  chiaramenle 
quali  sieno  i  dirilli  chc  alia  sua  Chiesa  ha  conceduto  il  divino  suo 
fondalorc,  affine  di  apprendere  a  rispettarli  e  a  difenderli.  II  ch. 
Autore  adunque  non  Iratta  soltanlo  la  parle  fondamenlale  di  tulto 

11  Dritto  canonico  ma  la  parte  eziandio  piu  importante  pei  tempi  che 
corrono.  Gli  antichi  trattati  di  Dirilto  canonico  non  esaminavano  le 
fonti  e  i  limili  della  polesla  ecclesiastica ;  ma  la  supponevano  qual 
essa  era  da  lutli  riconosciuta.  Ora  che  il  protestanlesimo,  il  razio- 
nalismo,  riucredulila  han  mosso  guerra  aperla  e  accanita  a  quel- 
la  polcsla ,  e  a  forza  di  sofismi  hanno  nelle  moltiludini  oscurato, 
o  almeno  affievolito  quel  concelto  universale  della  somma  aulorita 
della  Chiesa;  questa  e  da  difendere  con  lutto  il  rigorc  della  piu 
soda  e  piu  scientifica  dimostrazione,  che  se  in  altra  traltazione  de- 
fa'  csserc  convincente,  in  questa  puo  riuscire  della  piu  palpabile 
evidcnza.  Per  la  qual  cosa  il  Iraltato  del  P.  Tarquini  e  sommamente 
ulilc  non  solo  per  gli  ecclesiastic],  ma  eziandio  pci  laici  piu  dotti. 
Quivi  essi  potranno  apprendere,  intorno  alle  piu  vital!  e  important! 


470  RIVISTA 

question!  moderne,  quali  sieno  i  drilli,  che  la  Chiesa  catlolica 
propugiia  come  legit timi  e  sacrosanti,  e  sopra  quali  fondamenti  essa 
li  rivendichi  come  tali. 

Ed  affinche  yeggasi  tutta  1'importaiza  delle  quistioni  che  yen- 
gout)  esposte  in  queste  Istituzioni,  giovera  dire  nei  sommi  capi 
quali  esse  siano,  e  come  yengano  dall'Autore  ordinate.  La  pote- 
sta della  Chiesa  puo  considerarsi  o  in  se  medesima  ,  o  nelle  per- 
sone  che  ne  sono  investite.  II  primo  modo  di  considerarla  forma  la 
materia  del  primo  libro :  il  secondo  modo  forma  la  materia  del  se- 
condo.  II  primo  libro  parlando  della  potesta  ecclesiastica  in  se 
stessa  considerata,  dovrassi  distinguere  in  due  parti :  giacche  biso- 
gnera  nell'  una  indagare  qua!  sia  questa  potesta  nella  sua  generale 
costituzione ,  e  nell'  altra  qual  sia  nelle  sue  particolari  applicazioiii. 
Un  capo  adunque  di  questo  libro  e  destinato  ad  esaminare  qual  po- 
testa competa  alia  Chiesa  per  forza  della  sua  natura;  e  1'  altro  capo 
qual  potest^i  le  competa  per  forza  di  Concordat!. 

Nel  primo  capo  1'Aulore  ordina  la  materia  in  due  sezioni.  La 
prima  ricerca  i  dritti  competenti  a  qualsivoglia  societa  perfetta:  e 
nella  seconda  dimostra  che  la  Chiesa  cattolica  fu  istituita  dal  divin 
Redentore  quale  societa  perfettissima ,  di  guisa  che  nessuno  di  quei 
drilti  le  si  puo  negare.  Alia  societa  perfetta  in  genere  compete  la 
potesta  legislatiya,  la  poteslci  giudiziaria  ,  la  potesta  coattiva  yerso 
i  suoi  proprii  sudditi.  Yerso  gli  estranei  poi,  o  che  sieno  con  lei  in 
istato  di  concordia,  o  che  sieno  con  lei  in  istato  di  conflitto,  le  com- 
petono  dritti  yeri ,  che  sono  del  paro  yera  potesta.  Lo  syolgimento 
di  questo  principio  occupa  tutta  la  prima  sezione  del  primo  capi- 
tolo.  La  seconda  sezione  applica  questo  principio  alia  Chiesa  cat- 
tolica, dimostrando  che  essa  costituisce  difattoima  societa  perfetta, 
ed  ha  per  conseguenza  tutti  quei  dritti  e  tutta  quella  potesta ,  ossia 
relativamente  ai  suoi  membri,  ossia  relativamente  alle  altre  societa, 
cioe  dire  alle  societa  ciyili  dei  cattolici ,  agli  eretici  e  agl'  infedeli. 
Dicemmo  che  nel  secondo  capitolo  1'Autore  si  proponeva  di  espor- 
re  la  materia  de'  Concordati.  Premesse  in  un  articolo  le  nozioni 
general!,  tratta  negli  altri  due  della  yalidita  dei  Concordati,  e  della 
interpretazione  e  rescissione  loro.  In  un'Appendice  aggiunta  alia  fi- 
ne del  capitolo  si  ragiona  dei  Concordati  conchiusi  colle  societa 


DELL  A  STAMPA  ITALIAN  A  471 

civili  degli  eretici  e  degl'infedeli,  siccome  quelli  che  sono  sottopo- 
sti  a  principii  e  leggi  speciali. 

Nel  secondo  libro  il  ch.  Autore  entra  a  parlare  piu  peculiarmen- 
te  di  due  mater ie,  entrambe  le  quali  appartengono  alia  prima  e  piu 
generica  applicazione  dei  principii  determinati  nel  primo  luogo. 
La  prima  d'esse  riguarda  le  persone  che  sono  il  soggetto  investito 
dell'  autorita  nella  Chiesa,  o  in  altre  parole  la  gerarchia  ecclesiasti- 
ca  in  quanto  costituente  il  corpo  regolatore  della  Chiesa  medesima. 
La  seconda  riguarda  le  fonti7  dalle  quali  scaturisce  quel  dritto  pri- 
vato,  in  che  fu  fatto  da  molli  fin  qui  consistere  il  Dritto  canonico. 
Per  ultiraare  la  prima  di  queste  due  inaterie  poche  parole  sarebbero 
bastate ,  quelle  tante  cioe  che  comprendessero  la  ordinazione  della 
gerarchia  ecclesiastica,  e  i  dritti  e  doveri  spettanti  a  ciascun  grado 
di  essa,  come  1' Autore  fa  nel  primo  capo  del  libro.  Se  non  che 
questa  e  appunto  la  parte,  la  quale  e  piu  offuscata  da  una  classe 
particolare  di  nemici  che  ha  la  Chiesa ;  da  quella  classe  cioe  di  ne- 
mici,  che  ammettono  la  divinita  del  Messia,  la  fondazione  della 
Chiesa  cristiana  come  societa  vera  ed  esterna ;  ma  questa  Chiesa, 
questa  society  non  riconoscono  quale  il  divin  Redentore  la  istitui, 
si  bene  quale  1'  orgoglio  e  la  ribellione  loro  immagina  e  s'  arrabatta 
di  dimostrare.  Per  la  qual  cosa  contra  costoro  principalmente  ri- 
volgesi  la  discussione  in  questo  trattato,  e  il  P.  Tarquini  il  vien 
facendo  con  ordine  assai  hicido  e  incalzante.  Egli  dunque  pone 
un  capitolo  speciale,  ed  e  il  secondo,  per  esporre  brevemente  si, 
ma  con  molta  critica  e  lucidita,  i  cinque  sistemi  principalissimi  che 
piu  o  meno  si  allontanano  dalla  vera  e  divina  costituzione  della 
gerarchia  ecclesiastica,  e  sono  quelli  di  Marsilio  Patavino,  dei  pro- 
teslanti,  di  Edoardo  Richer,  di  Febronio  e  delle  cosi  dette  Liberta 
Gallicane.  Di  ciascun  d'essi  espone  gli  errori  e  i  vizii  cardinal!, 
i  quali  sono  come  altrettanti  perni  sopra  di  cui  tutla  la  mole  di 
quelle  erronee  teoriche  si  aggira.  Dalla  esposizione  passa  egli  alia 
confutazione  loro,  che  imprende  a  far  nel  capo  terzo  di  questo  li- 
bro, mostrando  quanto  sieno  falsi  i  principii,  da  cui  quei  sistemi 
partono,  quanto  assurde  le  conseguenze  alle  quali  conducono. 

Se  tutto  il  resto  della  tratlazione  presente  e  di  grande  importanza, 
questa  parte  e  pei  tempi  present!  d'una  somma  opportunita.  II  libe- 


RIVISTA 

ralismo  moderno  non  si  e  contentato  di  far  suo  alcuno  di  quei  cin- 
que principal!  sistemi,  chc  1'autore  espose,  ma  da  ognun  di  essi  ha 
tolto  quanto  ognuno  avea  di  piu  vizioso  e  di  phi  errato  :  e  di  questa 
mischianza  ha  costituito  quella  orrida  conmsione  d'idee  e  di  principii, 
che  genera  nel  mondo  liberaleggianle  ogni  di  una  nuova  persecuzione 
alia  Chiesa,  una  nuova  spogliazione  dei  suoi  diritti.  Saremmo  troppo 
lunghi  a  voler  pure  indicare  la  verita  di  questo  asserto  con  qual- 
che  cenno :  ne  i  nostri  lettori  ne  hanno  bisogno ,  cosi  spesso  ab- 
biam  dovuto  noi  parlare  di  questo  argomento.  II  veder  dunque  riu- 
niti  insieme  in  sistemi  special!  quest!  error! ;  vederli  con  metodo  ri- 
gorosamente  scientifico  confutati,  non  puo  non  essere  sommamcnte 
utile  a  tutti,  e  in  specie  a  quelli  che  debbono  per  la  loro  condizione 
piu  spesso  trovarsi  esposti  a  discutere  o  anche  sol  conversare  di 
questo  argomento. 

La  nuda  esposizione  delle  materie  di  questo  trattato  basta  da  per 
se  sola  a  farlo  assai  pregiare.  Ma  Y  opportunita  degli  argomenti ,  e 
r  ordine  dello  esplicarli  sono  il  suo  minor  pregio.  Cio  che  lo  ren- 
de  yeramente  prezioso  si  e  la  sodezza  della  dottrina,  la  profondita 
della  trattazione,  la  bre\  ita  somma  dello  stile,  e  spesso  ancora  la  nuo- 
ya  maniera  di  esporre  i  concetti  suoi.  Queste  quattro  qualita,  tanto 
desiderate  in  una  trattazione  scolastica,  e  cosi  difficili  a  ritrovarsi 
congiunte  insieme,  risplendono  tutte  nelle  Istituzioni  del  P.  Tarqui- 
ni.  A  volerlo  dimostrare  dovremmo  entrare  in  troppo  lunga  esposi- 
zione :  a  noi  bast!  il  darne  solo  un  saggio ,  recando  qui  tradotto  un 
brano,  che  risguarda  la  teorica  dei  Concordat!,  siccome  quella  che 
puo  nelle  circostanze  present!  tornare  piu  utile  ai  nostri  leltori.  EC- 
CO  dunque  come,  dopo  di  avere  in  generale  spiegato  la  natura  delle 
Convenzioni,  dei  Trattati,  dei  Patti  sinallammatici  e  dei  Privileyi, 
yiene  a  spiegare  la  natura  propria  dei  Concordati,  che  la  Santa  Sede 
conchiude  coi  Goyerni  catlolici. 

«  1.°  Siffatti  Concordati,  giusta  il  fin  qui  detto,  ordinariamente  e 
regolarmente  parlando,  debbono  annoverarsi  tra  i  Privilegi.  Quindi 
il  Concordato  rettamente  si  difinisce  :  Una  legge  particolare  eccle- 
siastica ,  emanata  per  nn  regno  speciale  dall'  autorita  del  sommo 
Pontefice,  ad  istanza  del  Sovrano  di  quel  reyno,  confermata  da 
ima  speciale  obbligazione  del  medesimo  Sovrano,  colla  quale  si  ob- 


BELLA  STAMPA  ITALIAN  A  473 

bliga  a  perpetuamente  osservarla.  La  ragione  si  e  che  nei  Concor- 
dali,  i  quali  si  stringono  dalla  Chiesa,  regolarmente  ed  ordinaria- 
mente  parlando,  trattasi  di  materie  appartenenti  alia  Chiesa  stessa, 
e  tali  per  conseguente  che,  o  per  se  stesse  o  per  accidente,  si  con- 
netlono  col  fine  spirituale.  Or  egli  e  cosa  indubitata  che  in  tali  ma- 
terie la  societa  chile  e  soggetta  alia  Chiesa....  1. 

«  2.°  Questi  Concordati  (almeno,  come  dicemmo,  ordinariamente 
e  regolarmente  parlando)  debbono  annoverarsi  tra  i  privilegi</ra£w7/, 

0  al  piu  al  piu  tra  i  remuneratorii ;  ma  non  mai  tra  i  privilegi  one- 
rosi,  in  quanto  almeno  questi  indicaiio  un  contratto  propriamente 
detto.  Cio  dimostrasi  agevolmente.  Come  teste  dicemmo,  in  questi 
Concordati,  si  suole  trattare  di  materie  spiritual!,  o  di  materie  an- 
nesse  a  cose  spirituali.  Ma  di  cotali  materie,  per  sentenza  comune  e 
cattolica,  non  si  puo,  senza  delitto  di  simonia,  far  contratto  propria- 
•mente  detto.  Dunque  ecc. 

«  3.°  Da  questi  due  precedent!  conseguita  che  indarno  (ordi- 
nariamente e  regolarmente  parlando)  i  Concordati  si  chiamano  dai 
Regalisti  patti  sinallagmatici.  E  cio  per  due  motivi.  Primo  perche, 
come  vedemmo,  non  si  puo  dar  patto  o  contratto  in  tali  materie  senza 
delilto  di  simonia.  Secondo,  perche  il  patto  sinallagmatico,  quantun- 
que  per  se  non  dica  altro  che  un  patto  semplicemente  bilaterale, 
nondimeno  da  molti,  e  specialmente  dai  Regalisti,  si  suol  riferire  a 
quelle  convenzioni  che  si  fanno  tra  societa  al  tutto  uguali  e  indi- 
pendenti.  Or  cio  importerebbe  1'  assoluta  eguaglianza  della  societA 
civile  colla  Chiesa  nell'autorit^  sulle  cose  spirituali;  la  qual  ugua- 
glianza,  come  gia  dimoslrammo,  e  assolutamente  falsa. 

«  Oltre  a  cio  chi  tiene  i  Concordati  per  patti  sinallagmatici,  deve, 
per  esser  coerente  a  se  medesimo,  asserire,  come  ha  fatto  lo  Schloer, 

1  segucnti  assurdi : 

a)  Che  1'  istituzione  divina  del  Primato  venga  ristretta  e  mutilata 
da  questi  Concordati. 

b)  Che  il  sommo  Pontefice  possa  con  alienazione  propriamente 
detta  alienare  i  dritti  del  suo  Primato,  si  che  non  gli  sia  piu  lecito 

1  Qui  TAutore  spiega  il  perche  dica,  ordinariamente  e  regolarmente  parlan- 
ilo,  per  escludere  cioe  le  convenzioni,  le  quali  hanno  per  oggetto  una  materia 
meramenie  temporale. 


474  RIVISTA  BELLA  STAMPA  ITALIANA 

di  esercitarli  senza  il  consenso  del  Principe,  con  cui  ha  contralto  il 
Concordato. 

c)  Che  nel  Pontificato  Romano  possa  un  predecessore  legare  i 
suoi  successor!  coi  suoi  atti,  e  restringerne  la  potesta.  Di  guisa  che, 
essendo  vivuti  da  S.  Pietro  a  Pio  IX  un  duecentosessanta  Papi ,  il 
Primalo  di  S.  Pietro  per  duecentosessanta  successive  diminuzioni 
avrebbe  potuto  oramai  ridursi  a  nulla. 

d)  Che  per  conseguente  i  singoli  Pontefici  non  immediatamente 
da  Cristo  nella  persona  di  Pietro,  siccome  la  fede  cattolica  c'  inse- 
gna,  ma  ricevano  la  potesta  del  Primato  dal  proprio  predecessore, 
nelle  cui  mani  sarebbe  1'andarla  impicciolendo  coi  Concordati. 

e)  Che  siccome  per  se  la  prescrizione  puo  cadere  sopra  tulle 
quelle  materie  su  cui  pu6  cadere  1'alienazione,  cosi  potrebbonsi  pre- 
scrivere  i  drilti  del  Primalo  contro  i  Romani  Pontefici,  e  cio  perlino 
dagli  stessi  Principi  laici. 

«  Or  tutte  quesle  proposizioni  sono  evidenlemente  erronee ,  e  ri- 
pugnanti  alia  fede  caltolica.  Erroneo  adunque  e  ripugnanle  alia  fede 
cattolica  deve  essere  altresi  il  principio,  da  cui  esse  discendono,  cioe 
dire  che  i  Concordati  siano  patti  sinallagmatici.  » 

Fin  qui  TAutore,  rendendo  con  brevita  sommamente  razionale  ed 
evidente  una  dottrina ,  la  quale  e  stata  a  bello  sludio  oscurala  tanto 
dai  legulei  e  dai  politici  liberal! .  E  cosi  come  di  questo  argomento, 
trattasi  dall'Autore  con  eguale  saldezza  e  semplicita  di  tante  altre 
quislioni,  come  e  della  liberla  di  coscienza,  delle  relazioni  Ira  Chie- 
sa  e  Stato,  del  drilto  di  coercizione  che  compete  alia  Chiesa,  ed  as- 
sai  altre  delle  piu  spinose  conlroversie  agilale  ai  nostri  di.  Laonde 
bene  a  ragione  possiamo  conchiudere  questa  breve  esposizione,  col 
raccomandare  a  tutti  i  cattolici ,  cui  piu  sta  a  cuore  la  conoscenza 
razionale  e  la  difesa  inconcussa  dei  veri  diritti  della  Chiesa  ,  lo  stu- 
dio di  questo  trattato.  Lo  raccomandiamo  altresi  a  quelli  dei  nostri 
avversarii ,  i  quali  non  per  animo  perverso  ,  ma  per  viziata  educa- 
zione  imbevvero  tanti  storti  pregiudizii  contro  V  autorita  ecclesiasti- 
ca.  In  quesla  maleria  si  avvera  alia  lettera  cio  che  in  generale  si 
suoi  dire  delle  altre  scienze :  T  infarinatura  superficial  genera  col- 
T  orgoglio  T  incredulita;  la  conoscenza  profonda  genera  o  fortifica 
coir  umilta  la  fede. 


SCIENZE   NATURALI 


1.  Progress!  nel  traforo  del  Moncenisio;  successo  della  ferrovia  a  triplice  ro- 
taia  del  Fell  —  2.  Osservazioni  dell'eclissi  del  18  Agosto  fatte  da  astronomi 
inglesi  e  tedeschi  —  3.  Osservazioni  di  astronomi  francesi  —  4.  Scoperta 
del  Janssen  e  del  Lokyer  circa  il  modo  di  studiare  le  protuberanze  gazose 
del  sole  fuori  delle  congiunture  d'  una  eclissi  —  5.  Modo  di  valersi  di  tale 
scoperta,  adoperato  dal  P.  A.  Secchi. 

1.  Uultima  volta  che  rendemmo  conto  del  progress!  nel  traforo  del 
Moncenisio  *,  i  risultati  ottenuti  faceano  sperare  che  si  continuerebbe  a 
spingere  innanzi  lo  scaro  a  ragione  di  circa  125  metri  ogni  mese;  laonde, 
siccome  alii  30  Giugno  1867  non  restavano  a  scayare  che  5,111  metri 
della  galleria,  che  tutta  insieme  dee  averne  12,220,  si  inferiva  che  que- 
sto  gigantesco  layoro  sarebbe  compiuto  in  altri  tre  anni  e  cinque  mesi; 
sicche  essendo  stato  cominciato  sul  fmire  del  1857,  sarebbe  condotto 
a  tepmine  yerso  il  fine  del  1870. 

Ma  i  computi  allora  fatti  dagli  ingegneri  non  si  sono  pienamente  ay- 
verati,  ne  noi  sappiamo  quali  cagioni  abbiano  rallentati  i  progress!  del- 
Topera.  Fatto  sta  che  di  quest'anno  1868,  fmo  al  30  Aprile,  lo  scavo 
riusci  di  soli  metri  421,35;  dei  quali  199,50  dalla  parte  italiana  di  Bar- 
donneche,  e  221,85  dalla  parte  francese  di  Modane.  A  questa  stregua, 
in  tutto  Taimo,  il  traforo  sarebbe  di  soli  metri  1204,05,  invece  dei 
1500  metri  che  si  erano  calcolati  sulla  base  di  circa  125  per  ogni  mese. 
Tuttavia  anche  questo  sarebbe  gia  un  bel  risultato  rispetto  a  quello  ot- 
tenuto  in  tutto  il  1866,  quando  a  stento  si  pervenne  a  scayare  me- 
tri 1024,99. 

\  Civiltti  Cattolica,  Serie  VI,  vol.  XII,  pag.  218-20. 


476  SCIENZE  NATURALI 

Non  e  pero  da  dimenticare  clie ,  se  la  qualita  della  roccia  piii  mor- 
bida  accrcsce  1'ageyolezza  e  la  celerita  del  layoro,  la  limghezza  cre- 
scente  della  galleria  richiede  maggiore  potenza  di  macchine  per  moltipli- 
care  le  correnti  d'aria  compressa,  si  per  muoyere  gli  scalpelli  che  prepa- 
rano  i  fori  delle  mine,  e  si  pel  trasporto  dei  material!  da  estrarre,  e  del- 
Toccorrente  a  rivestire  di  soda  muratura  la  galleria  scavata. 

Nel  passato  Aprile,  dal  giorno  1  al  30  si  scavarono  in  tutto,  non 
gia  i  125  metri  che  si  calcolayano  nel  Giugno  dello  scorso  anno,  ma 
soli  metri  109,35;  dei  quali  46,40  dalla  parte  italiana  di  Bardonneche, 
e  62,95  dalla  parte  francese  di  Modane.  Anche  qui  ignoriamo  onde  pro- 
ceda  la  differenza  di  poco  meno  che  un  terzo  tra  le  due  lunghezze,  pa- 
rendo  a  prima  giunta  che,  adoperandosi  da  ambe  le  parti  lo  stesso  siste- 
ma  di  maccfiine,  se  la  roccia  fosse  presso  a  poco  della  stessa  qualita,  co- 
me presumevasi,  dovrebbesi  pure  ottenere  risultato  presso  a  poco  egua- 
le  d'ambe  le  parti.  In  somma  pero,  alii  30  Aprile  di  qucst'anno,  do- 
yendo  la  galleria  essere  di  12,220  metri,  gia  n'erano  scayati  dalla  parte 
meridionale  di  Bardonneche  metri  4,924,  dalla  parte  settentrionale  di 
Modane,  metri  3,344;  in  tutto  metri  8,268;  restayano  dunque  a  scavarsi 
metri  3,952.  Qualora  pertanto  si  yenisse  a  capo  di  spingersi  innanzi  ogni 
mese  almeno  d'un  metri  108,  richiederebbonsi  dal  Maggio  1868  ancora 
anni  due  e  mezzo,  perche  il  passo  fosse  aperto  dall'ima  all'altra  estremi- 
ta;  e  cosi  sarebbe  sempre  yero  che  sulla  fine  del  1870  la  grand'opera 
verrebbe,  se  non  compiuta  in  tutte  le  sue  parti,  almeno  condotta  a  ter- 
mine  quanto  alia  principale  del  traforo. 

Ma  risponderanno  i  fatti  alle  speranze  ed  ai  calcoli?  Per  yerita  le  ul- 
time  notizie  non  sono  tali  che  bastino  a  dileguare  del  tutto  le  appren- 
sioni  di  coloro,  che  temeano  doyersi  incontrare,  a  mezzo  r opera,  difficolta 
si  grayi,  che  questa  ne  sarebbe  di  non  poco  rallentata.  Infatti  il  Monitor  e 
delle  Strade  ferrate  del  4Novembre  recaya,  chenella  seconda  quindicina 
di  Ottobre  il  prolungamento  in  piccola  sezione  della  galleria  fu  di  soli 
metri  62,40,  cioe  di  metri  28,30  dalla  parte  italiana  di  Bardonneche,  e 
di  metri  34,10  dalla  parte  francese  di  Modane.  Per  ingrandire  fino  alle 
disegnate  proporzioni  di  altezza  e  larghezza  questa  piccola  galleria,  e 
fame  il  riyestimento  in  muratura,  richiedesi  per  lo  meno  egual  tempo. 
Onde,  inyece  di  108  metri  di  galleria  ogni  mesc,  se  ne  otterrebbero 
poco  piu  di  60  ridotti  a  compimento.  Ora,  il  1  Noyembre,  il  tratto  gia 
scavato  d'ambe  le  parti  era  tutto  insieme  di  metri  8,958,5;  cioe  metri 
5,263,30  dalla  parte  meridionale,  e  metri  3,694,75  alia  settentrionale. 
Rimaneano  pertanto  ancora  a  scayarsi  metri  3,261,95.  II  che  basta  a  di- 
mostrare  quanto  possano  riuscire  fallaci  i  calcoli  circa  il  tempo,  in  cui 
Topera  sara  condotta  al  suo  perfetto  compimento  a  ragione  di  arte,  che 
ne  guarentisca  il  passaggio  alle  pesanti  locomotiye  necessarie  a  salire  fin 
lassu  per  le  ordinarie  yie  ferrate. 


SCIENZE  NATURALI  477 

Frattanto  il  valico  della  montagna  e  gia  abbreviate  di  parecchie  ore, 
essendosi  compiuta,  in  massima  partc  sul  piano  stesso  deirantica  via  po- 
stale,  la  ferrovia  a  triplice  rotaia,  inventata  dal  Fell,  di  cui  abbiamo  sue- 
cintamente  descritto  il  sistema  nel  vol.  XII  della  Serie-VI,  a  pag.  220-21, 
e  che  essenzialmente  differisce  dalle  vie  ferrate  ordinarie.  Sopra  que- 
ste ,  la  resistenza  allo  scivolare  delle  mote  maestre  (ossia  la  loro  ade- 
renza  alle  rotaie,  die  costituisce  il  punto  d'appoggio,  il  quale  dee  soppor- 
tare  la  reazione  dello  sforzo  onde  il  treno  ha  la  mossa  a  procedere)  e 
proporzionale  alia  carica  degli  assi  motori ,  cioe ,  in  altri  termini ,  alia 
pressione  sulle  rotaie;  il  die  obbliga  ad  accrescere  la  carica  di  codesti 
assi,  ossia  il  peso  della  macchina,  e  per  conseguenza  il  peso  totale  del 
treno,  posciache  evidenlemente  dee  esservi  comprcso  quello  della  mac- 
china stessa.  Inoltre,  siccome  la  frazione  di  questo  peso  totale,  che  la 
macchina  deve  alzare  nel  salire  per  Terta  (Tun  piano  indinato,  c  ritene- 
re  quando  nc  discende,  cresce  in  ragione  del  seno  deir  angolo  d'inclina- 
zione  della  via,  mentre  per  altra  parte  la  pressione  esercitata  sulle  rotaie 
diminuisce  in  ragione  del  coseno  del  medesimo  angolo :  non  era  stato 
possibile  per  Taddietro  alle  locomotive  di  salire  per  un  pendio  molto 
erto,  perche  la  resistenza  alia  trazione  diveniva  molto  rapidamente  assai 
superiore  alia  resistenza  del  punto  d'appoggio,  ossia  all' aderenza  delle 
mote  motrici  sulle  rotaie.  Erano  poi  tornati  inefficaci  od  esposti  a  gravi 
inconvenienti  i  sistemi  a  ruote  e  rotaie  dentate ;  c  solo  per  brevi  tratti 
poteasi  praticamente  supplire,  rimorchiando  i  treni  collo  sforzo  di  mac- 
chine  fisse  sulla  cima  dell'erta,  quando  fosse  questa  quasi  rettilinea. 

II  sistema  del  Fell  tolse  codesta  difficolta,  rendendo  indipendente  dal 
peso  della  macchina  r aderenza  sulle  rotaie  o  guide  di  ferro;  onde  si  pos- 
sono  costrurre  macchine  molto  leggieri,  e  percio  capaci  di  rimorchiare 
su  per  Terta  di  vie  anche  molto  inclinate  un  treno  proporzionato  alia  loro 
lorza  motrice.  Al  quale  effetto,  tra  le  due  rotaie  ordinarie  corre  una  ter- 
za  guida  molto  robusta  e  solidissimamente  lissata  nel  suolo,  che  viene 
serrata  fra  due  rote  orizzontali  della  machina,  a  quella  maniera  che  una 
verga  di  ferro  tra  i  cilindri  d'un  laminatoio.  Air  aderenza  naturale  delle 
ruote  verticali  della  locomotiva  sulle  due  rotaie  laterali ,  prodotta  dal 
peso  della  macchina,  si  aggiunge  pertanto  F aderenza  supplemental  del- 
le ruote  orizzontali  sulla  guida  di  mezzo,  la  quale  aderenza  risulta  dalla 
pressione  di  una  vite  e  di  molle  gagliardissime,  le  quali  tendono  a  ravvi- 
cinare  Tuna  all'altra  le  ruote  di  ogni  loro  coppia. 

La  via  ferrata  costruita  dal  Fell  secondo  questo  sistema  corre  in  parte 
sulla  strada  grande  postale,  in  parte  sulla  strada  antica,  e  talvolta  per 
breve  tratto  in  direzione  nuova;  ed  ha  la  lunghezza  di  chilometri  79,2 
da  Saint-Michel  a  Susa.  Comincia  a  722  metri  sopra  il  livello  del  mare, 
si  alza  sopra  esso  fino  a  metri  2,098,  e  discende  poscia  fino  a  metri  536, 
abbassandosi  cosi  di  metri  1,562  sopra  una  lunghezza  totale  di  metri 


478  SCIENZE  NATURALI 

27,000,  quanta  e  la  distanza  da  Susa  alia  vetta,  dov'e  il  confine  fra 
Tltalia  e  la  Francia.  Essa  occupa  il  terzo  della  larghezza  della  via  posta- 
le,  sul  ciglio  esterno  di  questa,  ed  e  separata  per  una  barriera  continua 
da  quella  parte  che  resta  destinata  ai  veicoli  ordinarii ;  laonde  quando 
pure  un  cavallo,  atterrito  dal  passaggio  del  treno  del  Fell,  s1  impennas- 
se,  non  potrebbe  ne  gettarsi  sulla  via  ferrata,  ne  correre  pericolo  di 
balzare  nei  sottostanti  precipizii. 

;Per  verita  non  sappiamo  dire,  ne  spetta  a  noi  Foccuparcene,  qual 
guadagno  debba  poter  fare  la  Compagnia,  cbe  si  tolse  \'  assunto  di  que- 
sta via  ferrata,  posciache  solo  il  15  Giugno  di  quest' anno  1868  ne  fece 
la  inaugurazione,  e  dopo  yarie  interruzioni,  comincio  a  valersene  sul  co- 
minciare  del  Settembre;  ma  sul  finire  di  questo  mese  le  dirotte  piogge 
e  le  frane  le  cagionarono  danni  gravissimi ,  che  richiesero  piii  settiraane 
di  lavori  pei  restauri  piu  urgenti  ed  indispensabili.  Ed  intanto  la  conces- 
sione  non  fu  fatta  pella  ferrovia  del  Fell  se  non  a  patto  espresso,  che 
questa  debba  essere  tolta  dalla  grande  strada  postale  per  cui  ora  corre, 
appena  sara  terminata  la  galleria  di  trafpro,  che  si  presume  dover  essere 
compiuta  il  piu  tardi  a  mezzo  il  1871.  E  £gli  possibile  che  in  meno  di 
due  anni  gli  azionisti  della  ferrovia  del  Fell  abbiano  a  rifarsi  delle  spese 
fin  qui  incontrate ,  e  di  quelle  che  dovranno  poi  aggiungere  per  levarla 
e  rimettere  la  grande  strada  postale  nello  stato  di  prima? 

II  peggio  si  e  che  le  spese  a  mantenerla  per  si  breve  tempo  sono 
gravissime ,  e  le  rendite  non  paiono  essere  proporzionate  al  lucro  che 
se  ne  ripromettevano  quei  che  P  impresero.  Infatti  una  delle  piu  gravi 
difficolta  delle  ferrovie  sulle  alte  montagne  e  quella  che  si  incontra 
nelle  nevi ,  onde  quelle  sono  coper te  poco  meno  che  la  meta  dell'  anno. 
Per  preservarne  la  ferrovia  del  Fell,  fu  d1  uopo  coprirla  in  diversi  tratti 
per  la  lunghezza  di  oltre  ad  otto  chilometri.  La  dove  erano  da  temersi 
valanghe  e  sfranamenti ,  si  dovette  proteggere  con  gallerie  murate  a 
volta;  in  altre  parti  e  difesa  da  tettoie  di  lamina  di  ferro,  Ne  cio  basta. 
Deonsi  tenere  in  pronto  sempre,  e  mettere  in  moto  due  locomotive  mu- 
nite  di  vomeri  bene  acconci  ad  aprire  sopra  le  guide  il  solco,  entro  cui 
scorrano  le  ruote  del  treno,  la  dove  la  via  non  e  coperta  da  gallerie.  Que~ 
ste  poi  producono  un  grave  inconveniente,  cioe  che  il  fumo  della  loco- 
motiva  vi  si  addensa  per  guisa,  che  i  viaggiatori  ne  sono  stomacati.  Si 
penso  di  rimediarvi  con  adattare  al  cammino  del  focolare  un  tubo  fles- 
sibile,  che  debba  condurre  ii  fumo ,  ed  i  prodotti  della  combustione ,  fin 
dietro  P  ultimo  carro  del  treno.  Ma  e  chiaro  che  sara  diminuito,  se  non 
impedito  notabilmente,  quello  che  dicesi  il  tirante  d'aria,  e  quinci  scema- 
ta  con  la  combustione  anche  la  produzione  della  forza  motrice. 

Inoltre,  per  conservare  una  sufficiente  larghezza  alia  via  postale,  e 
non  lasciar  passare  sulla  ferrovia  gli  ordinarii  veicoli,  si  dovette  ridur- 
re  a  soli  3  metri  la  larghezza  totale  della  ferrovia,  e  alle  proporzioni  di 


SCIENZE  NATURALl  479 

metri  1,10  la  distanza  fra  le  rotaic  lateral!,  invece  di  1,44,  che  e  la  con- 
sueta  di  tutte  le  altre  ferrovie.  Questo  solo  ristringimento  trae  seco  al- 
tre  gravi  spese  e  molti  inconvenienti.  Innanzi  tutto  cio  richiede  il  pas- 
saggio  de' viaggiatori  ed  il  trasporto  de'loro  bagagli  e  delle  merci  da 
un  treno  alFaltro,  e  cio  per  due  voile  nell1  intervallo  di  poco  piu  che  cin- 
que ore ;  il  che  e  spiacevolissimo  pei  viaggiatori,  e  suol  cagionare  gua- 
sti  alle  merci ;  senza  contare  la  fastidiosa  perdita  del  tempo.  Inoltre, 
essendo  piu  strette  le  rotaie,  doyette  farsi  anche  piii  stretta  la  macchina, 
e  piu  stretto  il  focolare ;  onde  la  quantita  d1  aria,  che  pu6  in  un  dato 
tempo  passare  per  esso  ad  avvivare  la  comhustione,  ne  rimane  notevol- 
mente  diminuita  in  parita  di  circostanze.  Ora  la  quantita  di  vapore  pro- 
dotta  essendo  proporzionale  alia  massa  d'  aria,  che  serve  a  bruciare  il 
combustibile,  non  si  pu6  riuscire  senza  gran  difficolta,  durante  la  salita, 
ad  apprestare  la  quantita  di  vapore  sufficiente  allo  sforzo  di  rimor- 
chiare  il  peso  ordinario.  Finalmente  la  strettezza  della  via  costringe  a 
tener  chiuse  le  porte  e  perfino  le  vetrate  delle  finestre,  onde  impe- 
dire  che  P  imprudenza,  troppo  facile  ad  accadere,  dello  sporgere  un 
tantino  il  capo,  non  abbia  per  effetto  di  farlo  sfracellare  contro  le  pareti 
delle  gallerie.  Ed  il  restare  cosi  chiusi ,  come  in  una  stufa ,  ognun  vede 
quanto  dovrebbe  allettare  i  viaggiatori ,  se  il  tratto  da  percorrere  fosse 
alquanto  piu  lungo  che  quello  del  Cenisio. 

Non  ci  indugeremo  qui  ad  esporre  per  minuto  le  molte  altre  precau- 
zioni  dovutesi  prendere,  si  per  assicurare  la  solidita  della  rotaia  di  mez- 
zo, e  mantenere  contro  di  essa  una  sufficiente  pressione  delle  ruote 
orizzontali,  e  si  per  rendere  efficacissimi  i  freni,  ed  impedire  il  treno 
dal  fuorviare  la  dove  la  ferrovia  traversa  a  livello  la  strada  postale. 
Delle  quali  cose  si  leggono  particolari  assai  rilevanti  nel  periodico  Les 
Mondes  dell'8  Ottobre,  pag.  203-06.  Basti  qui  notare  che  il  peso  totale 
delle  macchine,  col  loro  approvigionamento  di  acqua  e  carbone,  e  di  20 
tonnellate ;  e  la  pressione  esercitata  sui  lati  della  rotaia  centrale  dalle 
ruote  orizzontali  motrici  e  di  30  tonnellate  al  piu.  La  pressione  totale 
delle  otto  ruote  e  dunque  di  50  tonnellate;  e  Taderenza,  essendo  uguale 
alia  sesta  parte  incirca  della  pressione,  risulta  di  non  piu  che  8  tonnel- 
late. Ond1  e  chiaro  quanto  sia  limitato  il  peso  che  esse  possono  trarre  su. 

Tutto  riposa  sulla  solidita  della  rotaia  centrale,  la  quale  dee  bastare 
a  tre  distinti  effetti :  1."  Ad  aiutare  la  trazione  nell  a  proporzione  indica- 
ta;  2.'  nelle  curve  molto  strette,  essendo  serrata  tra  le  mote  orizzontali, 
dee  impedire  la  forza  centrifuga  dal  gettare  i  veicoli  e  farli  premere  so- 
Terchiamente  contro  le  rotaie  laterali;  3.°  essere  cosi  robusta  che  in  ca- 
so  di  bisogno  il  freno  vi  si  possa  stringere  allato  di  subito  e  con  tal 
potenza,  che  tutto  il  treno  rimanga,  per  cosi  dire,  sospeso  a  questo,  o 
moderare  a  piacimento  la  rapidita  della  discesa.  E  questo  intento  finora 
sembra  pienamente  ottenuto,  senza  che  siasi  dovuto  lamentare  verun 


480  SCIENZE  NATURALI 

disastro.  11  tempo  mettera  meglio  in  chiaro  i  vantaggi,  i  pericoli  ed  i 
ripari  di  tutto  il  sistema. 

2.  Avevamo  esposto  nel  precedente  volume,  a  pag.  522-23,  per  qua- 
li  ragioni  T  eclissi  totale  del  sole,  che  dovea  aver  luogo  il  18  Agosto, 
visibile  nella  parte  oriental e  dell' Africa,  nelFAsia  e  nelF  Oceania,  avea 
destato  la  piu  viva  sollecitudine,  non  solo  tra  i  professori  deli1  astrono- 
mia  e  delle  scienze  fisiche,  ma  eziandio  tra  i  Governi  che  hanno  il  nohile 
impegno  di  promovere  cotesti  studii,  come  fanno  principalmente  quelli 
d'  Inghilterra  e  di  Francia.  I  voti  degli  uni  e  degli  altri  furono  in  parte 
appagati ;  cosi  che  le  ingenti  spese  richieste  dalle  spedizioni  di  astrono- 
mi  e  scienziati,  a  fare  nei  punti  opportuni  le  piii  diligenti  osservazioni, 
ebbero  largo  compenso  nei  risultati  ottenuti. 

«  E  noto  ai  nostri  lettori,  dice  il  ch.  P.  A.  Secchi,  direttore  dell1  Os- 
servatorio  del  Collegio  romano,  in  un  suo  articolo  inserito  nel  Giornale 
di  Roma  del  5  Novembre :  e  noto  che  la  scienza  si  aspettava  larghi 
frutti  dalle  spedizioni  fatte  alle  Indie  per  osservare  I1  ecclisse  solare  tota- 
le del  18  Agosto  prossimo  passato.  Questi  frutti  cominciano  a  compari- 
re.  Lasciando  da  parte  cio  che  non  e  altro  che  una  conferma  di  quanto 
fu  veduto  nelle  eclissi  anterior!,  e  specialmente  in  Spagna  nel  I860, 

10  scopo  primario  delle  osservazioni  attuali  era  di  sciogliere  due  pro- 
blemi.  II  primo  era  di  riconoscere  di  qual  natura  fossero  le  prominenze 
rosate  che  si  vedono  durante  T  eclissi  sporgere  attorno  alia  luna :  la 
loro  natura  gassosa  era  congetturata ,  ma  non  dimostrata.  II  secondo 
era  di  sapere,  se  quello  strato  rosato,  che  inviluppa  tutto  il  sole  e  da  cui 
si  staccano  le  dette  protuberanze,  potesse  esser  col  suo  assorbimento  la 
causa  delle  linee  nere,  che  vedonsi  nello  spettro  solare  delle  linee  di 
Fraunhofer.  L'osservazione  dello  spettro  prismatico  di  queste  protube- 
ranze dovea  decidere  la  questione :  se  in  esso  comparivano  linee  lucide 
al  luogo  delle  nere  ordinarie,  le  masse  erano  gassose,  ed  erano  esse  la 
causa  dell1  assorbimento  che  produce  quelle  linee  nere.  V  esperienza  ha 
dimostrato  che  le  cose  passano  appunto  cosi. 

«  Malgrado  il  cattivo  tempo,  che  ha  sturbato  molti  osservatori,  pure 

11  successo  e  stato  per  diversi  senza  eccezione.  I  piu  fortunati  sono 
stati  i  signori  Janssen  e  Rayet  francesi.  Le  loro  scoperte  sono  appog- 
giate  da  quelle  degli  inglesi  Herschell  e  Tennant,  e  in  parte  dagli  astro- 
nomi  alemanni,  i  meno  fortunati  degli  altri.  Le  protuberanze  comparse 
durante  la  totalita  dell'  ecclissi  sono  state  in  numero  non  minore  di  4, 
hanno  tutte  dato  spettro  formato  di  linee  lucide  in  campo  scuro.  Fu 
singolare  una  enorme  in  forma  di  dito,  alta  tre  minuti,  cioe  circa  10 
diametri  terrestri,  analizzata  dal  sig.  Rayet  in  due  direzioni  normal!. 

«  La  posizione  delle  linee  luminose  era  stata  giudicata  per  quella  delle 
linee  proprie  del  gas  idrogeno  principalmente,  dai  piii  per  sola  appro s- 
simazione.  » 


SCIENZE  NATURALI  481 

Qui  crediamo  far  cosa  non  discara  ai  nostri  lettori,  dando  loro 
qualche  cenno  piu  particolareggiato  dei  risultati  ottenuti  dalle  osserva- 
zioni  degli  astronomi  inglesi,  alemanni  e  francesi,  mentoyati  dal  chia- 
ro  P.  Secchi. 

II  luogotencnte  Herschel  del  Genio  reale  d' Inghilterra  avea  avuto 
per  suo  speciale  incarico  di  studiare  collo  spettroscopio  i  fenomeni  lumi- 
nosi  che  appariscono  durante  Teclissi  totale,  la  corona  e  le  protuberanze 
rosse,  coirintento  di  scoprire  qual  fosse  la  natura  fisica  di  queste,  intorno 
alia  quale  s'erano  proposte  da  diversi  scienziati  varie  ed  anche  contrarie 
ipotosi.  L1  Herschel  adempi  egregiamente  il  suo  mandate,  per  quanto 
glie  lo  permise  Tavversa  condizione  del  cielo  velato  in  parte  dalle  nubi; 
ed  il  generale  Sabine,  presidente  della  Societa  reale,  ricevette  da  lui,  in 
data  del  20  Agosto,  da  Belgaum  nelFIndia,  il  seguente  lelegramma: « Nubi 
frequenti;  osservata  una  fiamma;  vedute  strie  brillanti;  nissuna  stria 
brillante  nella  corona;  polarizzazione  solare.  »  II  fatto,  posto  in  sodo, 
che  lo  spettro  delle  fiamme  ossia  protuberanze  presento  strie  brillanti, 
prova  che  quelle  sono  luminose  per  se  medesime,  e  di  natura  gazosa;  al 
contrario  Fassenza  di  strie,  e  la  polarizzazione  della  luce  nella  corona,  di- 
mostra  che  una  parte  almeno,  se  non  tutta  la  sua  luce  e  semplicemente 
luce  riflessa  del  sole  stesso. 

A  Guntoor  gli  osseryatori  inglesi  ebbero  altresi  ad  incontrare  grave 
ostacolo  alle  bramate  ricerche,  per  le  poco  propizie  congiunture  dclPat- 
mosfera.  Ecco  in  quale  modo  il  maggiore  Tennant  rcnde  conto,  in  data 
dello  stesso  giorno  18,  al  sig.  Airy  astronomo  reale,  del  modo  con  cui 
procedette  Tosservazione,  e  delle  conseguenze  che  egli  reputa  doyersene 
inferire. 

«  La  mattinata  prometteya  molto,  e  se  ayesse  continuato  come  nei 
giorni  precedenti,  avremmo  goduto  (Tun  cielo  limpidissimo;  ma  questo 
si  copri  dalla  parte  di  leyante  dnun  yelo  di  strato-cumuli  leggeri  i  qualir 
senza  intercettare  la  yista,  diminuivano  notabilmente  Tenergia  fotogeni- 
ca;  di  guisa  che  tutte  le  nostre  impronte  negative  non  si  ottennero  buo- 
ne,  e  non  ci  lasciano  scorgere  che  appena  alcune  tracce  a  bastanza  dense 
delle  protuberanze.  Le  sei  lastre  preparate  per  la  corona  furono  esposte; 
ma  il  calore  avea  talmente  concentrata  la  soluzione  di  nitrato  d'argento, 
che,  invece  di  riprodurre  il  solo  delicato  disegno  della  corona,  esse  sono 
tutte  coperte  di  macchie. 

«  II  capitano  Branfil  ha  accertato  che  la  luce  delle  protuberanze  non 
e  polarizzata;  ma  sibbene  e  polarizzata  fortemente  quella  della  corona,  e 
semprc  polarizzata  nel  piano  che  passa  pel  centro  del  sole.  Aggiungo, 
per  osseryazione  fatta  da  me,  che  la  luce  della  corona  mi  diede  uno  spet- 
tro continue;  e  che  ho  notate  delle  strie  brillanti  nello  spettro  della  pro- 
tuberanza  da  me  esaminata.  Credo  non  andar  errato  affermando  che  tre 
delle  strie  brillanti  corrispondono  a  C,  D  e  b.  Ho  veduta  una  stria  nel 
Serie  Ml,  wl.  IV,  fasc.  448.  31  14  Nowmbre  1868. 


SCIENZE  NATURALI 

verde,  presso  ad  F....  Da  ultimo  credo  avere  scoria  una  traccia  di  stria 
nel  bleu,  presso  di  G;  ma  per  distingueda  benc  era  d'uopo  cangiare  no- 
tabilmente  il  foco,  e  non  n'  ebbi  tempo. 

«  Per  mio  avviso  e  da  conchiudere,  che  Fatmosfera  del  sole  e  princi- 
palmente  formata  d'un  gas  non  luminoso,  o  languidamente  luminoso,  al- 
meno a  piccola  distanza  dal  lembo  solare.  La  protuberanza  che  ho  esami- 
nata  era  ad  un  tempo  altissima  e  strettissima,  almeno  a  mia  veduta.  Pel 
fulgore  e  pel  color  suo,  non  avendo  io  potuto  discernere  in  essa  veruna 
tinta  o  sfamatura  di  colore,  mi  sembrava  un  pezzo  di  sole  che  fosse  ve- 
duto  a  traverse  d'una  fenditura,  ed  un  poco  a  zig-zag,  come  il  guizzo 
d'un  fulmine.  Dovea  avere  almeno  tre  minuti  d'altezza,  ed  era  situata 
sulla  parte  anteriore  del  sole,  presso  la  sommita,  e  spicca  molto  benc 
sulFultima  delle  lastre  fotograiiche  di  cui  ho  parlato. 

«  Per  vero  dire  il  capitano  Branfil  vide  colorata  codesta  protuheranza, 
e  come  lui  la  videro  tale  altri  due  osservatori;  io  ed  un  ufficiale  dell'os- 
servato  io  la  vedemmo  bianca.  Devo  tuttavia  aggiungere  che  io,  per 
lungo  tempo,  non  era  mai  riuscito  a  vedere  a  d'Orione,  e  neppure  Anta- 
res  schiettamente  rosse.  U  oscurita  generale  non  era  fitta,  e  Taspetto  del 
paese  era  meno  lugubre  che  nelVeclisse  del  1857,  che  pur  era  solo  par- 
ziale  a  Delhi,  dov'io  mi  trovai  a  quel  tempo.  » 

Piu  felici  furono  gli  osservatori  che  sulla  nave  Rangoon,  in  viaggio 
verso  Bombay,  si  trovarono  al  momenta  dell'eclissi  sotto  il  15°  42m  di 
latitudine  sud,  e  59°  15'  di  longitudine  est,  sulla  linea  centrale.  II  capi- 
tano Rennoldson,  comandante  della  nave,  pote  ottenere  una  serie  di  <li- 
segni,  che  vennero  riprodotti  dal  periodico  Les  Mondes  del  22  Ottohre 
pag.  296-300.  II  Rennoldson  osservo  sul  lembo  della  luna  due  promi- 
nenze,  in  forma  di  iiamme  giallastre,  esattamente  opposte  alle  protube- 
ranze  rosse;  e  si  assicuro  che  i  colori  della  corona,  veduta  a  traverse  il 
prisma,  erano  il  rosso,  il  giallo,  il  verde,  il  bleu  ed  il  violaceo,  essenda 
quest'ultimo  rimasto  il  piii  brillante  fin  verso  la  meta  dell1  eclissi  totale 
che  duro  4  minuti  ed  8  secondi;  quindi  ricomincio  a  spiccare  meglio  il 
rosso  sino  alia  tine  del  fenomeno. 

Le  osservazioni  accennate  dal  Rennoldson  vanno  d'accordo  con  quelie 
dell1  Herschel  e  del  Tcnnant ,  e  percio  non  e  d1  uopo  riferirle. 

Furono  per  contrario  infelicissimi  i  membri  della  spedizione  alemanna, 
che  avea  scelto  Aden  sul  Mar  Rosso  per  sua  stazione.  II  cielo  era  qua- 
si che  tutto  velato  da  nubi;  onde  la  forza  chimica  della  luce  era  de- 
bolissima;  il  meglio  che  siasi  |0tuto  fai'e  si  ridusse  a  una  coppia  di 
immagini  fotogratiche,  sulle  quali  appariscono  bastevolmente  spiccate  le 
protuberanze,  da  altri  non  pure  vedttte  ma  analizzate  collo  spettrosco- 
pio.  Una  di  queste  in  forma  di  dito  ripiegalo,  vedeasi  colorata  in  tin- 
ta pressoche  porporina,  e  resto  visibile  per  un  buon  minuto  dopo  la 
fine  delFeclisse  totale;  ma  anche  ivi  collo  spettroscopio  si  noto  che,, 

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SCIENZE  NATTRALI  483 

al  mom  en  to  in  cui  questa  era  nel  suo  col  mo,  sparivano  dallo  spettro 
tutte  le  strie  oscure  del  Fratmhofer ;  c  lo  spettro  prese  nna  tinta  con- 
tinua  assai  languida  ma  visibile. 

3.  Per  contrario  la  spedizione  francese  nella  stazione  di  Whatonne, 
presieduta  dal  sig.  Stephan,  fu  oltremodo  favorita.  Le  nubi  aveano,  e 
vero,  velato  il  cielo  e  coper  to  il  sole  cosi,  che  fu  impossibile  osservare 
il  primo  contatto;  ma  per  buona  ventura  un  forte  vento  le  dissipo, 
ed  un  dieci  minuti  prima  del  secondo  contatto, il  cielo  n'  era  al  tutto 
sgombero  e  limpido  per  gran  tratto  attorno.  La  immagine  fotogratica 
riprodusse  con  mirabile  perfezione  quattro  protuberanze  d'una  tinta  di 
corallo  roseo  con  isfumatura  violacea,  la  corona,  e  quella  splendida 
aureola  die  suole  appellarsi  la  gloria. 

4.  II  sig.  Rayet,  uno  dei  membri  della  spedizione  imperiale,  attese  al- 
le  osservazioni  spettroscopiche  e  prima  di  tutto  ricerco  1'  immagine  del- 
la  piu  alta  protuberanza  che  sorgeva  sul  lato  orientale  del  sole.  «  Yi- 
di  immediatamente,  dice  egli  nel  suo  rapporto  [Les  Mondes  29  Otto- 
bre  p.  362)  una  serie  di  nove  strie  brillanti,  che,  secondo  la  loro  disposi- 
zione  nel  campo,  le  loro  distanze  relative,  il  loro  colore  e  la  fisionomia 
stessa  del  loro  complesso,  mi  sembrano  dover  essere  assimilate  alle  li- 
nee  principali  dello  spettro  solare  B,  D,  E-.  5,  una  linea  sconosciuta, 
F,  e  due  linee  del  gruppo  C.  Queste  linee  erano  fulgidissime  e  spic- 
cavano  molto  sopra  un  fondo  grigio  cenerognolo  assai  pallido.  » 

Conyiene  pertanto  il  Rayet  pienamente  coll1  Herschell  e  col  Tennant 
che :  «  le  protuberanze  sono  getti  di  una  materia  gazosa  incandescente, 
ossia  fiamme  d?  un  fenomeno  chimico  d'  una  sterminata  potenza.  »  Per 
cio  che  spetta  alia  luce  della  corona  ,  ecco  quel  che  vide  il  Rayet. 
«  La  luce  della  corona  e  debolissima,  rispetto  a  quella  delle  protube- 
ranze. Imperocche,  mentre  la  luce  di  queste  dava  uno  spettro  vivissi- 
mo ,  T  altra ,  malgrado  I'  apertura  assai  ampia  del  diaframma,  non  dava 
alcuno  spettro  colorato  sensibile.  »  Terminate  Tesame  della  prima  e 
piu  alta  protuberanza,  il  Rayet  diresse  lo  spettroscopio  alia  grande  re- 
gione  luminosa  che  anpariva  ad  occidente  del  sole ;  ed  ecco  mostrarsi 
lo  spettro  formato  di  sole  linee  brillanti,  disperse  come  in  quello  del- 
la  protuberanza,  con  questa  sola  differenza,  che  non  vi  pote  scorgere 
yeruna  stria  violacea;  ond1  egli  inferi  che  tutte  le  protuberanze  non 
paiono  emettere  luce  identica. 

Piu  awenturato  di  tutti  gli  altri  fu  il  sig.  Janssen,  mandato  anch'egli 
alle  Indie  per  cura  del  Governo  imperiale  francese,  e  che  osservo  l'ecli»- 
si  a  Guntoor.  In  una  sua  lettera,  scritta  da  Cocanada  il  18  Settembre  al 
Ministro  sopra  la  pubblica  istruzione,  quel  valente  uomo,  non  pure  con- 
ferma  quanto  riferimmo  piu  sopra,  e  che  fu  osservato  anche  da  altri  circa 
la  naUira  delle  protuberanze  e  la  qualita  della  loro  luce,  ma  accenna  una 


484  SCIENZE  NATURALI 

sua  importante  scoperta;  ond1  e  pregio  deir  opera  rifcrire  qui  le  sue 
proprie  parole. 

« Immediatamente  dopo  la  totalita ,  sono  apparse  due  magnifiche  pro- 
tuberanze :  una  di  esse,  di  oltre  a  tre  minuti  di  altezza,  brillava  di  uno 
splendore  difficile  ad  immaginare.  L'analisi  della  sua  luce  mi  ha  imme- 
diatamente  dimostrato,  che  essa  era  formata  da  una  immensa  colonna  ga- 
zosa  incandescente,  composta  principalmente  di  gaz  idrogeno. 

«  L'analisi  delle  regioni  circumsolar!,  in  cuiil  signor  Kirschhoff  pone 
1'atmosfera  solare,  non  mi  ha  dati  risultati  conform!  alia  teoria  formo- 
lata  da  questo  illustre  fisico ;  sembrami  che  quest!  risultati  debbano  con- 
durre  alia  conoscenza  della  vera  costituzione  dello  spettro  solare. 

«  Ma  il  risultato  piu  importante  di  queste  osservazioni  si  e  la  scoper- 
ta di  un  metodo,  il  cui  principio  fu  concepito  durante  T  ecclissi  medesi- 
ma,  e  che  permette  lo  studio  delle  protuberanze  e  delle  region!  circum- 
solari  ii  ogni  tempo,  senza  che  sia  necessario  di  ricorrere  all'  interposi- 
zione  di  un  corpo  opaco  davanti  al  disco  del  sole. 

«  Questo  metodo  e  fondato  sulle  proprieta  spettrali  della  luce  delle 
protuberanze,  luce  che  si  ri solve  in  un  piccol  numero  di  fascetti  assai 
luminosi,  corrispondenti  a  righe  oscure  dello  spettro  solare. 

«  La  dimane  stessa  dell1  eclissi  il  metodo  fu  applicato  con  succes- 
so ;  ed  io  ho  potuto  assistere  ai  fenomeni  presentati  da  una  nuova  ec- 
clissi, che  hanno  durato  tutta  la  giornata.  Le  protuberanze  della  prece- 
dente  erano  profondamente  modificate ;  appena  rimanevano  alcune  trac- 
ce  della  grande  protuberanza,  e  la  distribuzione  della  materia  gazosa 
era  tutt'altra. 

«  Da  quel  giorno  fino  al  4  Settembre  io  ho  costantemente  studiato  il 
sole  a  questo  punto  di  yista.  Ho  disegnate  carte  delle  protuberanze, 
le  quali  mostrano  con  quale  rapidita  (sovente  in  alcuni  minuti)  queste 
immense  masse  gazose  si  sformano  e  si  spostano. 

«  Inline ,  durante  questo  periodo ,  che  e  stato  come  un  eclissi  di  di- 
eiassette  giorni,  ho  raccolto  un  gran  numero  di  fatti,  i  quali  si  presen- 
tavano  come  da  se,  sulla  costituzione  fisica  del  sole.  » 

Questa  scoperta  faceasi  pure,  un  mese  dopo,' ma  prima  che  veruna 
notizia  potesse  essere  giunta  in  Europa  di  quel  che  avea  trovato  a  Gun- 
toor  il  Janssen ,  da  un  yalente  astronomo  inglese  sig.  Lockyer ,  che  gia 
da  due  anni  innanzi  avea  avuto  la  felice  idea  di  cercare  fuori  del  disco 
solare,  con  lo  spettroscopio,  le  protuberanze,  congetturando  che  queste 
dovrebbero  rivclare  la  loro  presenza  con  la  sostituzione  di  strie  brillanti 
alle  strie  oscure  della  luce  solare;  e  le  scopri  teste  anch1  egli  di  fatto. 

5.  Ne  meno  felice  per  avventura  dee  dirsi,  e  certamente  utilissimo  fu 
il  trovato  che,  con  ingegnoso  esperimento  fece  il  ch.  P.  Angelo  Secchi 
d.  G.  d.  G.,  direttore  dell1  Osservatorio  del  Collegio  Romano,  ond'  eb- 


SCIENZE  NATURALI  485 

be  a  poter  indicare  agli  altri  un  modo  spedito  di  potersi  giovare  della 
scoperta  del  Janssen,  e  di  ripeterne  le  esperienze  e  le  osservazioni. 

Ecco  come  egli  stesso  lo  descrisse  nel  mentovato  articolo  sul  Giornale 
di  Roma  del  5  Novembre. 

«  All'  Equatoriale  di  Mertz  e  stato  applicato  lo  spettroscopio  a  due  ec- 
cellenti  prismi  di  flint  pesante,  ottimo  lavoro  del  sig.  Hoffman /liParigi. 
Questo  e  il  solito  strumento  usato  nelle  altre  ricerche  spettroscopiche 
telescopiche.  L'apertura  dell'  obbiettivo  del  refrattore  e  stata  ridotla  a 
soli  otto  centimetri,  per  non  compromettere  Tapparato  col  troppo  calore. 
Fatto  coincidere  il  lembo  solare  colla  fessurina  dello  strumento,  dopo 
breve  ricerca  si  e  presentato  il  fcnomeno  in  tutta  la  sua  bellezza.  Al  ver- 
tice  sud  del  d;sco  solare  si  sono  vedute  le  linee  nere  C  ed  F  dello  spet- 
tro  solare  trasformarsi  in  linee  lucide  per  la  meta  della  loro  lunghezza, 
il  nero  essendo  la  continuazione  dello  spettro  dovuto  alia  luce  esterna 
al  disco.  Movendo  leggermente  lo  strumento  ci  e  riuscito  di  ottenere,  cbe 
la  linea  lucida  occupasse  il  mezzo  dello  spettro,  restando  pure  staccata 
dal  lato  dell1  orlo  solare.  Questo  prova  che  la  protuberanza,  che  dava 
quella  linea,  era  isolata  dal  disco  solare.  La  linea  C,  che  sta  nel  rosso, 
era  molto  piii  viva  e  lunga  della  sua  corrispondente  F  ,  che  sta  nelVaz- 
zurro,  la  quale  comparve  ancor  essa  trasformata  in  parte  in  linea  lu- 
cida. Anche  una  linea  del  giallo  accanto  al  gruppo  D,  dal  lato  dell'  az- 
zurro,  si  ravvivo  notabilmente.  Cercando  altri  punti  della  periferia  so- 
lare ne  trovammo  moltissimi  che  davano  queste  righe,  ma  molto  piii 
corte.  I  gruppi  principali  e  piii  belli  osservati  furono  uno  a  circa  45°  e 
un  altro  a  160°  dal  primo,  verso  ovest  apparente.  Una  intermedia  a  que- 
ste eccito  la  noslra  sorpresa  per  la  scintillazione  intermittente  che  emet- 
teva,  che  essendo  durata  per  alcuni  minuti  e  veduta  da  piu  d'un  osser- 
vatore,  non  puo  lasciar  dubbio  di  non  essere  realta. 

«  Nel  primo  studio  di  un  fenomeno  si  imponente  non  potemmo  ana- 
lizzarlo  piii  per  minuto,  dovendo  lasciar  luogo  ad  altri  che  ne  fossero 
testimonii ;  pero  fin  d'ora  possiamo  notare  tre  cose  non  avvertite  negli 
annunzii  ricevuti.  1°  Che  anche  ove  non  vedemmo  la  linea  nera  C  tras- 
formarsi in  linea  lucida,  notammo  pero  una  mancanza  di  questa  linea 
nera.  Tal  mancanza  puo  dirsi  quasi  generale,  su  tulto  1'orlo  solare. 
2°  Molte  linee  lucide  cambiano  notabilmente  di  forza  presso  Torlo  del  di- 
sco, e  non  solo  quella  presso  D  indicata  di  sopra,  ma  una  specialmente 
dentro  il  gruppo  del  magnesio  ci  apparve  rinforzarsi  assai  e  molte  altre 
con  essa.  3°  Sono  piii  copiosi  questi  punti  nelle  zone  delle  macchie  e 
presso  di  esse. 

«  La  prima  osservazione  dimostra  che  1'idrogeno  esiste  in  generale  su 
tutto  il  sole,  ma  non  e  dappertutto  abbastanza  vivo  per  sorpassare  la  luce 
della  fotosfera.  La  2a  ci  apre  un  campo  nuovo  a  molte  ricerche,  che  qui  e 
inutile  esporre.  Qui  vogliamo  rispondere  ad  una  domanda.  Essendo  cosi 


486  SCIENZE  NATURALI 

facile  il  vedere  questo  fenomeno,  com1  e  che  e  sfuggito  per  tanto  tempo 
alle  ricerche  spettrali?  La  risposta  e  semplice:  piu  volte  ci  eravamo 
proposto  fare  questo  studio,  ma  ne  eravamo  stati  distolti  dal  vedere  che 
inutili  erano  stati  i  tentativi  altrui,  e  quindi  ne  abbandonammo  il  pen- 
siero.  11  sig.  Lockyer  stesso  lo  avea  abbandonato  dopo  due  anni  di  inu- 
tili ricerche,  e  non  lo  riprese  che  air  udire  de1  risultati  avuti  dal  signor 
Rayet.  Dobbiamo  ad  ogni  modo  questa  brillante  scoperta  air  eclissi  del 
18  Agosto,  che  fu  stimolo  a  si  important!  studii.  Cosi  la  cognizionc  del 
nostro  astro  centrale  avanza  di  un  passo.  La  copia  dell1  idrogeno  in  es- 
so  trovato  non  deve  sorprendere,  poiche  dalle  nostre  ricerche  fu  dimo- 
strato,  che  la  meta  delle  stelle  non  mostrano  altre  righe  distinte,  che  quel- 
le  di  questo  gas ,  e  la  lucida  solare  accanto  a  D  molto  probabilmeiite  ad 
esso  pure  appartiene. 

«  Noi  ci  proponiamo  seguire  queste  ricerche :  per  ora  basti  questo 
cenno ,  e  sia  esso  una  pi  ova  di  quanto  giustamente  siasi  riposta  la  fidu- 
cia  di  grandi  scoperte  nella  spettroscopia.  Da  questa  infatti,  oltre  le  sin- 
golari  proprieta  de1  tipi  stellari  da  noi  scoperti ,  abbiamo  pure  potiito 
veriticare,  che  nel  pianeta  Venere  esiste  una  atmosfera  analoga  alia  no- 
stra  col  vapore  d1  acqua,  e  che  invece  in  Giove  vi  e  un  elemento  diver- 
so  a  noi  iguoto  fmora.  Le  scoperte  del  Sole  ci  aprono  un  nuovo  orizzon- 
te,  che  sara  non  meno  ampio  di  quelli  percorsi  finora  dalla  fisica  celeste.  » 


CRONAGA 

CONTEMPORANEA 


Roma  14  Novembre  1868. 


I. 

COSE  ITALIANS. 

STATO  PONTIFICIO  1.  Largizioni  del  S.  Padre -pel  danneggiati  dal  terremoto 
nell' America  meridionale,  e  delle  inondazioui  nella  Svizzera  —  2.  Visita  di 
Sua  Santita  alFabazia  delle  Tre  Frontane  —  3.  Accoglienze  faite  in  Civi- 
tavecchia al  nuovo  arabasciadore  francese,  sig.  di  Banneville;  e  ricevuto  in 
udienza  privata  dal  Santo  Padre  —  4.  Ritorno  in  Roma  deir  ambasciadore 
di  Portogallo,  Duca  Saldanha  —  5.  Promesse  e  mentite  della  Correspondan- 
ce  italienne  circa  la  quistione  romana. 

1.  Sulla  mela  d'Agosto  un  terremoto,  del  quale  forse  appena  si  puo  tro- 
vare  un  riscontro  in  altri  tempi  per  efficacia  di  devastazioni  e  di  stragi, 
infieri  sulle  coste  dell'Equatore  e  del  Peru,  caj-ionandoyi  la  totale  distru- 
zione  di  non  poche  citta,  e  molti  naufragii  delle  navi  ancorate  nei  yarii 
porti.  Quando  ne  giunsero  in  Europa  le  prime  novelle,  che  recavano  al 
numero  di  22,000  quello  delle  vittime  rimaste  sotto  le  rovine,  si  credet- 
te  che  quel  calcolo  fosse  enormemente  esagerato.  Ora  inyece,  da  rela- 
zioni  ulliciali  ed  autentiche,  e  posto  in  sodo  che  furono  oltre  a  30,000 
le  vite  umane  spente  in  quella  catastrofe. 

Non  e  qui  luogo  di  descrivere,  con  particolareggiati  ragguagli,  le 
treroende  peripezie  di  quel  flagello,  di  cui  forse  ci  occuperemo  altra 
volta.  Ma  sara  caro  a  tutti  il  sapere  quello  che  il  Giornale  di  Roma 
del  30  Ottobre  annunzio  nei  termini  seguenti : 

«  II  Santo  Padre,  che  non  ha  limit!  nella  inesauribile  sua  beneficenza 
ove  esiste  una  sventura  da  sollevare,  appena  giuntagli  la  dolorosa  no- 
tizia  degli  immensi  danni  cagionati  dal  terremoto  nelF  Equatore  e  nei 
Peru,  si  e  degnato  d'inviare  cola  pecuniarii  soccorsi  in  quella  misura, 
che  gli  hanno  consentito  le  gravissime  sue  ristrettezze.  » 

Nello  stesso  diario  ufficiale,  dell1 11  Novembre,  leggesi  inoltre  che: 
«  la  Santita  di  nostro  Signore,  commossa  dallo  stato  lacrimevole,  cui,  per 


488  CRONACA 

ie  inondazioni  teste  sofferte ,  sono  ridotte  alcune  contrade  della  Svizze- 
ra,  volendo  adoperare  verso  ianti  infelici  nella  stessa  guisa,  che  in  somi- 
glianti  circostanze  fece  verso  gli  abitatori  di  altre  region!,  ha,  per  il  pie- 
toso  scopo,  rimesso  air  Incaricato  d'affari  della  Santa  Sede  in  Lucerna 
quel  soccorso,  che  al  suo  cuore  henefico  e  stato  consentito  dalle  sue 
strettezze  economiche.  » 

2.  Nel  secondo  nostro  volume  della  presente  Serie  settima,  a  pag. 
231-34  abbiamo  narrato  come  Y  antichissima  abazia  ad  Aquas  Salvias, 
delta  comunemente  delle  Tre  Fontane,  fosse  am*  data  ai  PP.  Trappisti. 

«  Appena,  dice  il  Giornale  di  Roma  del  10  Novembre,  daH'Emo  Abate 
Commendatario  ne  furono  questi  religiosi  messi  al  possesso,  che  subito 
dierono  opera  a  cominciare  i  lavori ;  i  quali,  proprii  del  loro  istituto, 
fanno  sperare  renderanno  fra  breve  i  frutli  che  se  ne  aspettano,  c  ehe 
dal  loro  zelo  non  e  vano  ripromettersi,  per  le  luminose  riprove  che  li 
ha  resi  celebri  in  tutto  il  mondo.  La  munificenza  del  Santo  Padre  e  sta- 
ta  nobilmente  imitata  dal  francese  signor  de  Maumigny,  che  larghe 
somme  vi  ha  contribuito;  e  con  esse  si  vien  facendo  il  risananicnlo  dei 
sacri  edificii,  da  cui  si  e  cominciata  Y  opera  di  ristorazione.  Sua  Santita 
pertanto  recossi  ieri  a  vedere  i  lavori ,  e  ad  onorare  di  sua  presenza  i 
monaci  nella  nuova  residenza  che  ha  loro  accordata.  Al  discendere  di 
carrozza  fu  ricevuta  dagli  Emi  e  Rmi  sigriori  Cardinali  Milesi ,  Abate 
Commendatario  ed  Ordinario  delle  Tre  Fontane ;  Antonelli ,  protettore 
dei  Trappisti;  Pitra  e  Barili;  inoltre  dal  Riiio  Padre  abate  Cesari,  presi- 
dente  generale  dei  Cistercensi ,  e  dai  Rmi  Padri  r Abate  della  Trappa 
Maggiore  e  T Abate  delle  Acque  Belle,  di  Francia;  dal  RiTio  P.  abate  Re- 
gis, procuratore  generale,  dall1  Abate  di  governo  e  dairintera  coniunita. 
«  II  Santo  Padre  entro  prima  nella  chiesa  di  Santa  Maria  in  Scala 
Coeli,  e  vi  adoro  Y  augustissimo  Sagramento.  Dipoi  fece  passaggio  al- 
Taltra  di  san  Paolo  alle  Tre  Fontane,  ove  fermossi  ad  osservare  i  lavori 
che  sono  omai  sul  compiersi.  Sono  questi :  il  grande  canale  a  volta  che 
riceve  lo  scolo  delle  acque  e  loro  da  il  corso  necessario  per  liberare  il 
sito  dall  umidita :  il  pavimento  posato  sopra  un  vespaio  ad  arieggiare 
la  parte  inferiore  dell'  edificio ;  e  fu  contento  del  modo  col  quale,  nel 
mezzo,  vedeva  sistemato  il  grande  musaico  a  colori,  con  le  quattro  sta- 
gioni,  cavato  dalle  ruine  di  Ostia,  e  da  lui  donato  per  adornamen- 
to  maggiore  del   sacro  tempio.  Osservo  il  rimanente  del  pavimento, 
che  dovra  esser  composto  in  gran  parte  di  marmi,  che  sono  pure  suo 
dono;  e  tutto  il  restante  deir edificio  riportato  al  primiero  splendore,  cre- 
sciuto  dai  bassorilievi  con  le  storie  del  martirio  dei  Principi  degli  Aposto- 
li,  aggiunti  nelle  pareti  di  contro  airedicole  delle  fonti.  Ammiro  eziandio 
i  sarcofagi  e  le  iscrizioni  delle  prime  epoche  del  cristianesimo,  che  sono 
venuti  fuori  dagli  scavi  operati  per  i  restauri,  e  che  testimoniano  Y  anti- 
chita  del  culto  prestato  al  venerando  luogo.  E ,  mostrando  la  sovrana 
'  ' 


CONTEMPORANEA  489 

soddisfazione  per  qnanto  avea  osscrvato,  passo  alia  chiesa  del  santi 
Yincenzo  ed  Anastasio. 

«  In  questo  yastissimo  teinpio  il  Santo  Padre  fa  lieto  di  osseryare  il 
miglioramento,  che  gia  yi  si  e  conseguito,  per  le  proyyidenze  che  yolle 
adoperate  nel  liberare  le  navate  piccole  dalle  opere  murarie  che  T  in- 
gombrtfvano  fino  dal  primo  ingresso,  ed  accio  le  porte  minori  fossero 
riaperte  al  passaggio.  Entrato  poi  nel  Monastero  per  la  nuova  porteria 
sali  al  piano  superiore,  e  nella  cappella  del  coro  interno  yenero  le  sacre 
celebri  reliquie  di  S.  Anastasio,  di  san  Zenone  e  di  altri,  che  in  preziosc 
techc  vi  sono  custodite.  Osservo  pure  i  nuoyi  sacri  arredi,  copiosi  e  no- 
bili,  da  seryire  all'uso  dclle  tre  chiese,  ed  egli  yi  aggiunse  il  dono  di 
un  crocifisso  in  ayorio,  di  una  pisside  di  argento,  e  di  un  magnifico 
messale. 

«  Entrato  in  seguito  neirappartaraento  delFEmo  Cardinale  Abate,  ed 
asceso  il  trono,  ammise  al  bacio  del  piede  i  sopra  ricordati  Padri  Abati, 
con  tutta  la  famiglia  dei  monaci. »  Ammessi  poscia  allo  stesso  onore  mel- 
ti  altri  personaggi,  nostrani  e  stranieri,  il  S.  Padre  ritorno  alia  sua  re- 
sidcnza  in  Vaticano. 

3.  Con  onori  certamente  non  superior!  a  quelli  che  si  debbono  all'alta 
rappresentanza  d'un  Imperatore  francese,  ma  pur  alquanto  straordinarii, 
fu  accolto  al  suo  sbarco  in  Civitavecchia  il  nuoyo  Ambasciadore  di-Fran- 
cia  presso  la  Santa  Sede ,  ed  eccone  il  racconto  quale  fu  scritto  di  cola 
B\r  Osservatore  Romano  del  2  Noyembe;  del  di  precedente. 

«  Teri  circa  le  10  e  mezzo  antimeridiane  giunse  in  questo  porto,  pro- 
veniente  da  Marsiglia,  Tayyiso  a  yapore  da  guerra  francese  Phoenix, 
comandato  dal  sig.  De  Lanneau  capitano  di  fregata,  equipaggiato  di 
93  persone  e  i  cannoni,  ayendo  a  bordo  S.  E.  il  signer  De  Bannevil- 
le,  ambasciatore  francese  presso  la  S.  Sede,  che  yenne  immediatamen- 
te  salutaio  dalle  salve  dell1  artiglieria  pontificia;  ed  al  quale,  appena 
entrato  in  porto,  si  recavano  a  far  yisita  a  bordo  S.  E.  Rma  monsi- 
gnore  Scapitta,  Delegato  apostolico,  S.  E.  il  sig.  generale  Dumont  co- 
mandante  in  capo  dell1  armata  francese,  il  sig.  Console  di  Francia,  e  gli 
officiali  superior!  francesi  e  pontificii. 

S.  E.  scese  a  terra  circa  le  11,  salutata  dagli  urra  degli  equipaggi 
dei  legni  da  guerra  francesi  qui  ancorati,  e  si  rec6  presso  S.  E.  il  si- 
gnor  generale  Dumont,  ove  riceyette  S.  E.  Rma  monsignor  Gandolfi, 
Vescoyo  della  diocesi,  quindi  si  porto  a  rendere  la  yisita  a  monsignor 
Delegato  apostolico. 

« II  sig.  conte  Armand,  reggente  1'  ambasciata  francese,  con  tutto  il 
personale  addetto  all'  ambasciata  stessa ,  giunto  circa  la  mezza  dopo 
mezzodi  con  un  treno  espresso  da  Roma,  fu  pure  ricevuto  subito  dal 
sig.  De  Banneyille. 

«  Circa  le  2  e  tre  quarti  pomeridiane  la  stessa  Eccellenza  Sua,  in  gran 
tenuta  di  gala  e  fregiata  del  Gran  Cordone  deirOrdine  Piano,  unita- 


490  CRONACA 

mente  al  sig.  generale  Dumont  s'imbarco  di  nuoTO  sulla  Lancia  del- 
rAmmiragliato  per  andare  a  sbarcare  formalmente  allo  scalo  del  pas- 
seggieri ,  ove  era  attesa  da  tutta  P  officialita  francese  e  pontificia ,  che 
le  resero  gli  onori  militari,  e  di  la  si  reco  alia  stazione  percorrendo  a 
piedi,  accompagnata  dal  sig.  generale  Dumont  e  seguita  da  tutta  V  ofti- 
cialita,  la  strada  nella  quale  era  schierata  tutta  la  guarnigione  francese, 
con  la  fanfara  dei  Cacciatori  e  la-banda  del  42°  reggimento,  e  salutata  da 
nuove  salve  dell'  artiglieria  francese. 

«  Alia  stazione  S.  E.  fu  novamente  complimentata  da  monsignor  De- 
legato  apostolico,  e  quindi  montata  sul  treno  espresso  e  partita  alia 
volta  di  Roma,  circa  le  3  pomeridiane.  » 

Poco  dopo  il  mezzodi  del  5  Novembre  S.  E.  il  signer  De  Banne- 
ville  ebbe  poi  I'  onore  di  presentare ,  in  udienza  privata ,  alia  Santita 
di  nostro  Signore  Pio  Papa  IX  le  lettere  sovrane ,  colle  quali  viene  ac- 
creditato  ambasciadore  di  S.  M.  1'Imperatore  dei  Frances!  presso  la  San- 
ta Sede.  Sua  Santita  si  compiacque  di  accoglierlo  con  ogni  benignita  e 
con  gli  onori  e  le  formalita  che  soglionsi  praticare  in  simili  circostanze. 
Dopo  Pudienza  pontificia,  S.  E.  passo  a  complimentare  PEmo  Cardinale 
Segretario  di  Stato. 

4.  Torno  pure  in  Roma,  lo  stesso  giorno  5  Novembre,  S.  E.  il  signer 
Duca  di  Saldanha,  ambasciadore  di  S.  M.  Fedelissima  il  Re  di  Portogallo 
presso  la  Santa  Sede. 

5.  Continuandosi  pei  giornali  il  chiaccbierio  circa  nuove  pratiche  ar- 
denti  del  Governo  di  Firenze  presso  la  Corte  delle  Tuileries,  onde  ot- 
tenere  lo  sgombero  dei  Frances!  da  Civitavecchia,  continuano  pure  le 
contraddittorie  affermazioni  e  di  chi  si  crede  ben  informato  per  giurare 
che  non  si  e  conchiuso  nulla,  e  di  chi  pretende  sapere  i  segreti  di  Gabi- 
netto,  per  sacramentare  che  fra  poco  i  voti  del  Menabrea  e  del  Rattazzi 
saranno  appagati.  L'ufiiciosa  Correspondance  italienne  del  2  Novembre, 
forse  per  gettare  un1  offa  al  cerbero  affamato,  che  ululava  per  le  busse 
toccate  im  anno  prima  a  Mentana,  usci  faora  con  un  piglio  misteiioso  a 
far  capire,  che  con  un  poco  di  pazienza  si  vedrebbe  come  le  cose  proce- 
dono.  Ecco  le  sue  parole  : 

«  L'  apertura  del  Parlamento  si  avvicina,  e  noi  siamo  persuasi,  che 
Poccasione  non  tardera  a  presentarsi  al  Governo,  di  fare  conoscere  il  ve- 
ro  stato  delle  cose,  e  forse  ancora  di  deporre  sul  banco  delPex-presiden- 
za  i  documenii  relativi  alia  quistione  romana.  Sara  allora  il  momento 
opportune  di  giudicare  con  cognizione  di  causa  la  condotta  del  Mini- 
stero.  »  Queste  parole  della  Correspondance  italienne,  dice  Y  Armenia 
del  4,  dimostrano  la  strana  condizione  in  cui  si  trova  innanzi  al  paese 
Pattuale  Ministero.  Mai  veduto  dai '  oattolici,  perche  ostinato  nella  em- 
pia  e  pazza  idea  di  voler  Roma ;  combattuto  ad  oltranza  dai  rivoluzio- 
narii,  perche  creduto  inetto  a  sciogliere,  come  essi  dicono,  la  quistione 
romana,  odiato  pei  da  tutti  i  contribuenti  per  la  sua  mala  amministra- 


CONTEMPORANEA  491 

zione  e  per  le  sterminate  gravezze  onde  si  e  fatto  autore ,  il  Gabinetto 
prcsente  non  ha  die  F  appoggio  di  pochi  malconi,  suoi  pari,  ed  e  con- 
dannato  a  certissima  morte.  La  quistione  di  Roma  e  sempre  stata  la 
tomba  dei  diversi  Minister!  del  regno  d'  Italia;  e  lo  sara  certamente 
anche  di  quest' ultimo,  Aspettate  e  vedrete.1  » 

Se  vi  sono  documenti  diplomatic!  da  presentare  alia  Camera ,  e  ma- 
nifesto che  Verano  state  pratiche  per  la  quis'ione  romana, ;  e  se  il  Me- 
riabreasi  proponeva  di  presentarli,  inferivasi  che  dunque  doyeano  esse- 
re  favorevoli  ai  suoi  disegni  e  far  onore  alia  sua  diplomazia.  Dunque, 
conchiudevasi,  lo  sgombero  dei  Frances!  dee  essere  deciso,  e  forse  yici- 
no.  Ma  questo  era  un  correre  tropp'oltre;  e  la  Correspondance  italienne 
del  5,  rassicurala  gia  della  tremarella  sentita  alii  3  per  Tanniversario  di 
Mentana,  canto  la  palinodia  seguente. 

«  Da  alcuni  giorni  in  qua  i  giornali  di  tutti  i  partiti  accolsero  con 
grande  facilita  voci  relative  a  negoziati,  accordi  ed  anche  conyenzioni 
che  ayrebbero  ayuto  luogo  in  questi  ultimi  tempi  per  regolare  gli  affari 
di  Roma.  II  viaggio  intrapreso  da  un  alto  ufficiale  del  Ministero  degli 
affari  esteri  a  Parigi,  a  Londra  ed  in  Germania,  fu  commentato  come 
se  avesse  doyuto  necessariamente  avere*  relazione  con  quei  negoziati  ; 
e  giornali,  ordinariamente  bene  informati,  e  molto  circospetti  e  guar- 
dinghi  nella  scelta  delle  loro  notizie,  credettero  scorgervi,  se  non  una 
prova ,  almeno  un  indizio  della  realta  delle  yoci  ch1  erano  state  sparse. 
Le  nostre  particolari  informazioni  ci  permettono  di  dichiarare  che,  tanto 
quelle  notizie,  quanto  quei  giudizii,  sono  del  tutto  infondati.  La  situa- 
zione  di  Roma  non  subi  nessuna  modificazione  essenziale,  e  non-e  ye- 
ro  che  una  conyenzione  sia  stata  conclusa,  ne  che  sia  stato  concluso 
yerun  altio  accomodamento.  II  Gabinetto  italiano,  essendosi  tracciato 
il  programma  che  si  conosce,  per  precisare  il  significato  della  sua  politi- 
ca  rispetto  alle  difficolta  che  separano  la  Santa  Sede  dalHtalia,  non  fecc 
altro  dal  canto  suo  che  procurare  di  applicarle  lealmente,  perche  yede- 
va  neiresecuzione  di  quei  programma  la  sola  guarentigia  che  si  potesse 
redamare  da  lui.  » 

II. 

COSE  STRANIERE. 

ALEMAGNA  MEBIDIONALE  (Nostra  corrispondenza)  l.Lavorio  dei  Frammasso- 
ni  e  dei  Govern!  per  1'annessione  degli  Stati  meridionali  d'Alemagna  alia 
Prussia  —  2.  Ripugnanza  dei  popoli  a  tale  annessione  —  3.  Pericoli.o  dan- 
ni  soffrrti  o  lomuti  per  la  Chiesa  sotlo  il  dominio  prussiano. 

1.  Dopo  la  grande  vittoria  pregna  di  conseguenze,  che  riporto,  or 
ha  due  anni,  la  rivoluzione  sui  campi  di  Sadowa,  non  puo  negarsi  che  le 
yicende  politiche  presero  negli  Stati  alemanni  del  mezzodi  un  aspetto, 


192  CRONACA 

che  di  giorno  in  giorno  divien  piu  grave.  Quel  principio,  in  cui  vedesi 
adeguatamente  espressa  la  tradizionale  politica  della  Prussia,  cioe  dire: 
Avanti  o  per  ragione  o.per  forza,  va  producendo  ubertosi  frutti,  c  quel 
processo  di  fermentazione,  al  quale  a'  giorni  nostri  sottosta  la  Gel-ma- 
nia meridionale,  minaccia  di  finire  coirannientamento  della  sua  indivi- 
dualita,  col  rovesciamcnto  de'  troni  e  col  pieno  trionfo  del  prussianismo. 

Aflinche  si  raggiunga  colla  maggiore  possibile  cclerita  e  sicurczza 
queslo  scopo,  al  quale  con  tanio  calore  aspirano  gli  odierni  mestatori, 
opcrano  in  tutt'armonia  molte  cause  e  potentissime. 

Lcgati  gia  per  una  parte  colla  Germania  del  Nord,  per  mezzo  della 
Lega  doganale  (Zollverein),  gli  Stati  del  Sud,  dopo  la  stipulazione  del- 
la  lega  offensiva  e  difensiva  fatta  da1  loro  Principi  col  re  di  Prussia,  han- 
no,  secondo  Taccordo  conchiuso,  ceduto  a  questo  tutto  il'loro  esercito, 
e  sacrificato  con  cio  stesso  Telemento  piu  ragguardevole  della  propria 
sussistenza.  S1  aggiunga  che  i  Ministri,  che  hanno  in  mano  le  redini  del 
Governo,  parteggiano  pressoche  tutti  per  la  Prussia,  e  per  conseguenza 
s'adoprano  di  tutta  lena  e  sistematicamente  pel  prussianismo;  e  in  tutte 
le  quistioni  di  maggior  rilievo  proc.edono  come  se  gia  fossero  soggetti 
al  Re  di  Prussia  e  non  a'  loro  Principi,  a1  quali  pur  giurarono  fedelta. 
I  Ministri  poi  han  per  codazzo  tutto  il  partito  dei  progressist!,  che  ne- 
gli  alti  consigli  delle  Camere  ha  il  voto  decisive,  e  di  conserva  coi  Go- 
verni  muove  ogni  pietra  per  giungere  airintento  d1  incorporare  compiu- 
tamente,  e  in  hreve  ora,  TAllemagna  del  Sud  alia  Prussia.  Affinche  poi 
a  colesti  signori  mai  non  manchi  il  necessario  stimolo  e  mai  dagli  occhi 
non  sidiparta  il  sullodato  scopo,  tutta  s'impegna  e  s'arrabbatta  la  stam- 
pa  liberale,  che  a  favore  degli  Stati  del  Sud  canta  a  squarciagola  F  inno 
di  vassallagio.  Colle  piu  villane  menzogne,  che  lordano  tuttodi  i  gior- 
nali,  si  cerca  con  ogni  studio  di  gabbare  il  popolo ;  ai  veri  sentiment! 
di  esso  si  fa  con  un  certo  terrorismo  prevalere  una  cosi  chiamata  pub- 
blica  opinione,  artiticiosamente  prodotta ;  tutti  si  confondono  i  concetti 
di  diritto;  e  sotto  il  bugiardo  colore  di  aspirare  alfa  vera  grandezza,  al- 
runita,  alia  potenza  della  Germania,  si  esalta  qual  puro  patriottismo  il 
tradimento  verso  Principi  e  patria ;  laddove  gli  uomini  di  onore  e  co- 
scienza,  i  sinceri  patriotti,  pei  quali  il  dritto,  la  giustizia  e  la  fedelta  ver- 
so i  loro  Principi  sono  ancora  qualche  cosa  piu  che  frasi  prive  di  senso, 
sono  additati  quali  persone  senza  patria,  come  tali  che  fanno  aH'amore 
collo  straniero  e  col  nemico  ereditario  d'Allemagna;  che  anzi  sulFonora- 
ta  loro  fronte  s'impone  il  marchio  di  traditori  della  patria. 

Ora,  per  dire  alcuna  cosa  in  particolare  dei  singoli  Stati,  conviencon- 
fessare,  che,  per  quanto  concerne  la  difesa  di  sua  politica  sussistenza  e 
de1  proprii  tradizionali  diritti,  il  Wiirttemberg  va  senza  dubbio  gran  trat- 
to  innanzi  ai  suoi  due  vicini.  Egli  e  bensi  vero,  che  anche  cola  il  noto 
partito  si  dibatte  di  mani  e  di  piedi  per  giungere  alle  mire  della  Prus- 
sia, e  non  senza  successo ;  non  pertanto  (sia  detto  a  lode  dei  Wiirttem- 


CONTEMPORANEA  193 

burgesi )  le  aspirazioni  prussiane  trovano  quivi  nella  tenacita  del  popolo 
assai  maggiore  opposizione  che  in  altre  contrade,  nelle  quali  la  patriot- 
tiche  manifestazioni  del  popolo  o  sono  assolutamente  ignorate  o,  che  e 
piu,  vengono,  come  in  Baviera,  calpeste  come  fango  e  sozzura  d'una 
putrida  inassa,  e  date  in  balia  alle  derisioni  ed  al  dispregio. 

Piu  che  al  trove  prospero  la  prussificazione  nel  Granducato  di  Baden, 
il  quale,  siccome  e  per  gli  Stati  il  modello  del  moderno  progresso,  cosi 
vuol  diventare  modello  di  suicidio  politico.  Oltre  all'avere  di  conserva 
cogli  altri  Stati  dell'Allemagna  meridionale  sofferte  si  grand!  perdite  ri- 
spetto  alia  propria  sussistenza,  il  Baden  ha  gia  un  Ministro  della  guerra 
prussiano,  per  cosi  dire,  alia  testa ;  e  corre  voce  che  a  lui  sara  aflidato 
T  immediato  e  supremo  comando  delle  truppe  hadesi.  Arrogi  che  anche 
il  sistema  monetario  badese  fu  dalla  Prussia  a  se  annesso,  che  il  Gran- 
duca  poco  o  nulla  si  cura  del  Governo,  e  pare  che  aspetti  con  impazien- 
za  il  giorno  che  al  suo  cugino  prussiano  possa  cedere  e  corona  e  popo- 
lo, e  che  i  Ministri  in  tutti  -gli  affari  di  Stato  si  reggono  col  vento  che 
soflia  di  Prussia.  Ora  stando  a  tal  termine  le  cose,  che  resta  del  Baden 
piii  che  il  nome,  il  quale  pure,  non  appena  aggradi  a  Napoleone,  spari- 
ra  dalle  carte? 

Al  Baden  tiene  perfettamenite  bordone  la  Baviera.  Quanto  fu  detto 
piu  sopra  in  generale  delle  politiche  condizioni  deirAllemagna  meridio- 
nale, trova  in  Baviera  una  compita  applicazione.  Ministri,  Camere  e  una 
grossa  porzione  della  stampa  fanno  apertamente  a  gara  a  chi  possa  pre- 
stare  al  prussianismo  piu  rilevanti  servigi,  ed  accelerare  la  rovina  poli- 
tica  del  paese.  Alcuni  fatti  meritano  che  se  ne  faccia  speciale  menzione. 
Ed  anzi  tratto  ci  si  para  dinnanzi  il  Parlamento  doyanale  in  Berlino, 
nel  quale  i  due  Ministri  bavaresi  giuocarono  partite  assai  ragguarde- 
voli.  In  tutte  le  quistioni  sulle  tasse  e  sul  commercio,  ed  una  volta  per- 
fmo  contro  i  loro  colleghi  progressisti  del  Sud,  s'  accordarono  coi  Prus- 
siani,  di  guisa  che  da  per  tutto  essi  apparvero  come  di  fatto  appog- 
giati  alia  Prussia.  «  Ministri,  osserva  qui  il  Giornale  di  Magonza,  i  quali 
votano  con  gli  stranieri  contro  la  loro  patria,  e  contro  i  Deputati  loro 
colleghi,  per  imporre  ai  proprii  compaesani  nuovi  balzelli  per  rnano  di 
stranieri,  sono  certamente  una  singolarita  nella  storia.  Come  la  tassa 
sul  sale  reca  annualmente  dalla  Baviera  alia  cassa  della  Confederazione 
del  Nord  un  milione,  cosi  la  tassa  sui  tabacchi,  approvata  da  Hohenlohe 
e  Schlo'r  (nomi  de1  due  Ministri)  fa  il  bel  servizio  di  trasferire  ogni  anno 
dalla  Baviera  nella  suddetla  cassa  altri  70.000  talleri.  Questi  sono  gra- 
vi  tributi,  che  annualmente  contribuiamo  al  vincitore  di  Sadowa  e  gravi 
pesi  del  nostro  vassallaggio.  »  Ne  altramente  che  in  Berlino  adoperano 
i  nostri  Ministri  nel  loro  paese.  Ufficiali  pieni  di  vero  patriottismo,  che 
presso  il  trono  ed  il  popolo  hannosi  acquistati  meriti  immortal!  e  che, 
fedeli  al  loro  giuramento,  sostengono  con  coscienza  i  diritti  del  Re  e  del 
paese,  vengono,  senz'altra  ricognizione,  posti  da  canto,  perche  oppon- 


CRONACA 

gono  mi  rattento  al  sistema  domiaante  e  non  vogliono  contaminarsi  a 
segno  di  addivenire  strumenti  di  im  partito  che  tradisce  la  patria.  Di 
tanto  fanno  fede  ie  dimissioni  di  president!  provincial!,  teste  seguite.  La 
parte  infetta  della  stampa,  la  quale,  si  in  fatto  di  religione  come  in  fatto 
di  politica,  bandisce  il  rovesciamento  di  quanto  sussiste,  e  che  sul  suo 
yessillo  porta  scritta  la  cessione  della  Baviera  alia  Prussia,  vedesi  nella 
maniera  piu  sorprendente  accarezzata  dal  Governo  e  in  molteplice  guisa 
protetta ;  laddove  per  contrario  i  fogli  conservative ,  che  virilmente  pi- 
gliano  a  petto  il  mantenimento  del  trono  e  della  Costituzione,  malgrado 
della  tirannia  cui  soggiace  la  Chiesa,  vengono  osteggiati,  perseguitati  c 
co1  modi  piu  vituperosi  infrenati.  E  qui  viene  a  taglio  Fesempio,  unico 
forse  della  sua  specie,  che  ci  porse  non  ha  guari  il  processo  contro  il 
giornale  DerVolksbote  (giornale  cattolico,  ottimo,  die  si  pubblica  in  Mo- 
naco;  il  direttove  di  esso  ricevelte,  gia  anni  fa,  dal  S.  Padre  una  deco- 
razione;  egli  e  laico) ;  sul  quale  tant1  ebbe  che  dire  tutta  la  stampa  te- 
desca.  Tutto  il  processo  mostra  ad  evidenza,  che  lo  scrittore  di  questo 
giornale  fu  condannato  alia  reel usi one  di  sei  mesi,  non  tanto  per  Faccusa 
ch«  dihattevasi,  quanto  percio  che  il  partito,  assiso  ora  inBaviera  al  ti- 
mone,  volea  disfarsi  di  un  uomo,  che  era  per  lui  il  piu  deciso  avversa- 
rio.  Ei  divenne,  per  amore  alia  verita  ed  alia  giustizia,  vittima  delFodio 
di  quel  partito ;  ma  conforterallo  la  dolce  coscienza  di  essere  nel  ruolo 
de'  piii  prodi  difensori  che  abhiano  in  Baviera,  anzi  in  Germania,  la  Chie- 
sa, il  Re  e  la  patria.  La  confessione  poi  fatta  nella  sala  del  giuramenfo 
dal  procuratore  di  State,  che  chiamo  il  Votksbote  «  nemico  del  matri- 
monio  civile  e  delle  scuole  popolari  alia  moderna,  ove  non  si  ammette 
distinzione  di  confessioni,  »  colmera  d'eterna  infamia  i  suoi  uemici,  che 
furono  al  tempo  stesso  suoi  giudici. 

Di  tal  passo  vanno  ora  le  cose  in  Baviera,  dove  tutto  e  possibile.  Ma  qui 
ci  viene  la  voglia  di  chiedere  seriamente,  come  s'accordi  con  tale  proce- 
dere  de1  nostri  uomini  di  Stato,  prussiani  anima  e  corpo,  la  festa  della 
Costituzione,  ordinata  il  Maggio  di  quest1  anno  in  tutta  Baviera.  Mentre 
il  popolo.  fedele  si  raduna  da  per  tutto  ne'  templi,  affiae  di  rendere  gra- 
zie  alFAJtissirno  pei  beneiicii  da  50  anni  compartiti  alia  patria,  e  per 
porgergli  suppliche-affinche  degnisi  di  conservare  F  indipendenza  del 
trono  e  della  patria,  coloro  che  stanno  al  Governo  s'  adoprano  unanimi 
alia  prussificazione  delle  loro  contrade,  e,  degradando  la  festa  della  Co- 
stituzione, ne  fanno  una  commedia.  Cosa  mirabile!  I  cattolici,  i  cui  dritti 
furono  nel  corso  di  50  anni  a  nome  della  Costituzione  si  sovente  violati 
e  calpesti,  propugnano  la  Costituzione,  perche  questa  vuol  salva  la  sus- 
sistenza  dello  Stato  e  F  indipendenza  del  trono :  laddove  i  radical  del 
progresso,  che  da  mezzo  secolo  andarono  con  occhi  di  lince  frugaudo 
ogni  paragratb  della  Costituzione  per  incatenare  la  Chiesa,  dichiaransi 
oggidi  avversi  ad  essa  Costituzione,  che  vieta  la  cessione  della  Baviera 
alia  Prussia.  Tant'  oltre  siam  giunti  in  Baviera ;  eppure  il  popolo  nella 


CONTEMPORANEA  495 

sua  gran  pluralita  non  vuole  divenir  prussiano.  E  perche  no?  La  rispo- 
ata  a  questa  domanda  dovrebbe  anche  per  costoro  riuscire  di  qualche 
inter esse.  Proviamoci  pertanto  ad  addurre  con  ogni  brevita  i  fondamenti 
piii  rilevanti. 

2.  Nella  politica  della  Prussia,  die  tutta  si  riassume  nel  principio  Avan- 
tisempre,  o  per  ragione  o  per  forza,  gli  Alemanni  del  Sud  ravvisano  non 
solamentc  ima  politica  che  deve  necessariamente  spodestare  i  loro  Prin- 
cipi  e  mmdare  in  rovina  la  indipendenza,  che  essi  con  ogni  buon  diritto 
posseggono,  ma  eziandio  lino  scorno  ed  ima  umiriazione  per  la  Germania 
stessa.  Fin  dal  suo  nascere  la  Prussia  ebbe  sempre  in  mira  il  proprio 
ingrandimento,  fosse  pur  qualsivoglia  il  mezzo  onde  le  ])isognasse  con- 
seguirlo.  La  storia  ha  gia  con  ferreo  stile  scolpito  ne1  suoi  annali  gl'in- 
crementi  progressivi  di  quello  Stato,  e  tutti  i  ripieglii,  tutte  le  arti,  tutte 
lo  guerre  ch'essa  ha  posto  in  opera  per  ottenerli,  senza  mai  darsi  carico 
di  conservare  immune  di  macchia  il  vessillo  della  giustizia  e  delFonore. 
Essa  ha  conchiuso  Trattati  quando  le  tornava  a  conto :  si  e  sciolta  da  se 
dall'obbligo  d'osservarli  quando  nori  le  erano  piu  utili ;  nulla  curando  i 
veri  interessi  della  Germania,  la  Prussia  non  ha  mai  seguita  una  politica 
tedesca,  sibbene  una  tutta  sua  propria  politica  prussiana ;  si  e  collegata 
al  nemico  ereditario  d'Allemagna  ed  ha  posto  allo  sbaraglio  rinlegrita 
degli  Stati  tedeschi.  Senza  tema  d'errare  puo  asserirsi,  che  la  quistio- 
ne  del  Lussemburgo,  la  Nota  di  Usedom,  le  segrete  pratiche  di  Biarritz 
prima  della  guerra  del  1866,  non  erano  in  alcuna  guisa  necessarie  per 
far  vedere  a  tntto  il  mondo  che  la  Prussia  non  abborre  da  nessun  mezzo, 
che  possa  condurla  dirittamente  al  conquisto  di  tutta  la  Germania.  Ma 
i  piii  profondi  uomini  di  Stato  tedeschi  pensano  che  una  tal  politica  le  si 
rovescera  tutta  a  suo  danno.  La  rivoluzione  ora  si  yanta  di  essere  1'al- 
leata  della  Prussia,  alia  quale  servir  deve  come  strum ento,  per  fare  in 
Germania,  con  successo  peraltro  assai  piu  splendido,  il  bel  giuoco  che 
fe  il  Piemonte  in  Italia  ;  ma  come  tutto  verra  ad  essere  soggetto  ad  uno 
scettro,  la  rivoluzione  lo  fara  in  pezzi,  e  lo  stato  moderno,  la  permanente 
eresia  del  secol  nostro  sara  bell1  e  iinita ;  FAnticristianismo  ed  il  Sociali- 
smo  avranno  il  dominio.  Questa  e  la  dioina  vocazione  della  Prussia,  che 
g:a  da  piu  anni  le  hanno  destinata  i  moderni  Hegeliani  di  Milano  e  di 
Napoli.  Cosi  assai  faci linen te  si  spiegano  dalFuna  partc  le  simpatie  di  cui 
in  sommo  jrrado  si  fa  bella  la  Prussia  tra  gli  uomini  del  progresso  e  della 
rivoluzione  in  ogni  contrada ;  dalfaltra  la  profonda  avversione  di  tutte  le 
])crsone  conservative  e  ben  peusanti,  siano  esse  cattoliche  o  d'altra  ere- 
dcnza,  verso  nno  Stato  che,  lasciatasi  crescerc  in  greml)o  la  rivoluzione, 
ne  drvenne  il  piu  potente  alleato.  Ed  e  questa  la  prima  ragione  perche 
i  Tedeschi  del  mezzodi  non  voglion  saperne  di  far  parte  della  Prussia. 

Dal  (in  qui  detto  si  puo  sufficicntemente  conosccre,  che  la  decantata 
voca-ioiw  della  Prussia  non  puo  incarnarsi  nel  fatto  senza  im  consu- 


496  CRONACA 

mo  di  sorame  enormi,  senza  un  esercito  poderosissimo,  die  incuta  nel- 
1'animo  de'  popoli  il  terrore.  La  Prussia  stessa  n1  e  persuasa  appieno. 
Quindi  quegli  esorbitanti  balzelli ,  onde  gia  da  piu  anni  carica  i  suoi 
sudditi,  che  forte  se  ne  risentono  ;  quindi  quelle  gravezze,  prima  scono- 
sciute,  che  addossa  ai  paesi  annessi ;  quindi  quegli  stratagemmi ,  onde 
si  vale  per  impinguare  di  danaro  straniero  per  mezzo  del  parlamento  do- 
ganalc  la  sua  borsa;  quindi  quel  militarismo  che  non  solo  ravvolge  nella 
casacca  militare  tutti  i  figliuoli  della  patria  capaci  di  portar  armi,  ma  sen- 
za darsi  alcun  pensiere  del  vero  bene  o  della  vera  felicita  del  popolo,  gli 
stessi  padri  di  lamiglia  costringe  a  maneggiare  i  fucili  ad  ago  ed  a  portarc 
sul  dosso  il  sacco,  perche  anch1  essi  da  parte  loro  contribuiscano  a  fornia- 
re  della  Prussia,  quant'  essa  e  grande,  una  caserma.  Ora  che  una  tal  con- 
dizione  di  cose  abl)ia ,  qual  necessaria  conseguenza ,  la  rovina  materialc 
della  popolazione,  e  troppo  evidente.  Ed  ecco  un  secondo  motive  per  cui 
noi  tedeschi  del  sud  non  sappiamo  ingoiar  la  pillola  di  diventar  prussiani. 

Inoltre  per  la  maggioranza  dei  Tedeschi  del  mezzodi  e  in  modo  parti- 
colare  per  i  Bavaresi  in  massima  parte  cattolici,  v1  ha  cosa  assai  piu  rile- 
yante  delle  fin  qui  dette,  ed  e  la  causa  de'  suoi  interessi  religiosi.  Non 
dobbiamo  giammai  perdere  di  vista  che  la  Prussia,  come  ne  fa  fede  tut- 
ta  la  sua  storia,  e  il  centro  del  Protestantesimo,  al  quale  essa  va  debi- 
trice  della  sua  origine  ed  esistenza.  Conscia  a  se  stessa  di  codesta  sua 
yocazione,  la  Prussia  ha  mai  sempre  nutriti  sentimenti  ostili  verso  la  cat- 
tolica  Chiesa  e  promossa  la  Propaganda  protestante  gran  tratto  oltre  i 
suoi  confini.  La  Baviera  sopra  tutto  non  fu  mai  risparmiata.  Che  poi  la 
Prussia  anche  oggidi  sia  animata  di  questi  medesimi  sentimenti ,  vecchi 
si ,  ma  non  dismessi ,  ben  lo  dimostrano  le  gravi  e  pubbliche  violazioni 
della  eguaglianza ;  lo  dimostrauo  le  vessazioni  che  durante  la  guerra  del 
1866  furono  poste  in  iscena  contro  i  Cattolici ;  lo  dimostra  il  ritiuto,  non 
ha  molto  tempo,  seguito  di  una  Universita  meramente  cattolica  in  terra 
prussiana;  lo  dimostrano  cent'altri  fatti,  resi  di  pubblica  ragione;  lo  di- 
mostra piu  che  altro  il  sistema  onde  si  regge  la  Prussia  e  la  base  sulla 
quale  tutta  riposa. 

3.  Senonche,  dira  taluno,  e  non  V  ha  in  Prussia  liberta  religiosa?  Co- 
desta obbiezione  ha  facile  risposta.  E  vaglia  il  vero.  Oltre  alPessere,  per 
rispetto  alle  odierne  franchigie  religiose  dei  Cattolici  prussiani,  assai  piu 
quel  che  si  dice  di  quello  che  si  fa,  conviene  aver  sott'occhio  le  seguenti 
circostanze.  Quando  si  discorre  degV interessi  della  Chiesa  in  Prussia,  si 
soglion  questi  per  lo  piu  ragguagliare  colla  condizione,  in  che  trovasi  la 
Chiesa  stessa  in  Baviera  specialmente,  e  nel  Baden.  Or  bene  niuno  igno- 
ra,  che  tanto  nel  Baden  quanto  nella  Baviera  la  Chiesa  e  sistematicamente 
perseguitata,  e  per  mano  della  polizia  ignominiosamente  repressa.  Cosi, 
per  recarne  di  volo  qualche  esempio,  durano  in  Baviera  le  procedure 
contro  gli  ecclesiastici,  che  alzano  la  voce  contro  il  disegno  tutto  masso- 


CONTEMPORANEA  497 

nico  diieggi  scolastiche ;  i  Yescovi  nell'esecuzione  delleleggi  tridentine, 
tuttoche  garantite  dal  Concordats,  vengono  dalla  polizia  con  violenza  im- 
pediti,  e  prova  ne  sia  la  questione  sul  seminario  di  Spira ;  monache  e 
fanciulle  alia  loro  cura  affidate  si  esaminano  dalla  civile  autorita  sulle  in- 
tcnzioni  loro  nel  fare  orazione.  Mentrc  in  Prussia  certe  piu  stravaganti 
e  nefande  dicerie  della  stampa  contro  la  Chiesa  cattolica  sono  per  or- 
gano  della  polizia  di  quando  in  quando  punite,  s'  ban  da  yedere  in  Ba- 
viera impuniti  una  farraggine  di  shoccati  giornalacci,  che  nulla  piu  non 
riconoscono  di  sacro  e  di  santo,  che  sotto  gli  occhi  del  Goyerno  strasci- 
nano  nel  fango  la  religione,  che  sacerdoti  e  Yescoyi  caricano  d1  ignomi- 
nia,  e  punto  non  si  peritano  di  bestemmiare  il  medesimo  Cristo.  Si,  egli 
e  latto  da  tutti  riconosciuto,  che  siffatti  obbrobriosi  giornali  godono  di 
uno  speciale  favore  presso  il  partito  dominante,  ed  uno  di  essi,  la  Sud- 
dcutsche  Presse  (e  im  giornale  di  Monaco]  e  appunto  1'organo  del  Mi- 
nistero,  Ma  quanto  altrimenti  si  diporta  il  Goyerno  verso  la  stampa  cat- 
tolica! Cosi,  a  mo'  d'esempio,  nel  processo  piu  sopra  mentovato  che 
si  giro  contro  il  Volksboie  per  aver  difesa  la  dottrina  della  Chiesa  sul 
matrimonio  e  sulle  scuole  popolari,  non  ebbe  r autorita  civile  rossore  di 
fame  grave  carico  allo  scrittore  del  foglio.  Ma  quando,  come  teste-av- 
venne,  il  giornale  die  Lehrerzeitung ,  al  cospetto  di  tutto  il  popolo  catto- 
lico  di  Baviera  e  del  cattolico  suo  Re,  scaglia  in  viso  al  suo  supremo  Pa- 
store  della  Chiesa,  si  rispettato  dagli  stessi  suoi  piu  accaniti  ayversarii, 
T  infame  titolo  di  Twrco  d' Italia,  allora  non  v'ha  giudice  in  Baviera,  che 
osi  di  reprimere  una  si  inaudita  sfrenatezza.  Non  dobbiamo  dunque  farle 
meraviglie  sulle  strabocchevoli  dimostrazioni  di  stima  fatte  recentemente 
in  Baviera  all'  imperiale  famiglia  di  Russia ;  cot'ai  fatti  s'accordano  egre- 
giamente  col  sistema  oggigiorno  costi  dominante ;  e  se  la  cosa  procede  di 
questo  passo,  ben  presto  scocchera  Fora  che  in  quanto  spetta  alia  perse- 
cuzione  e  al  servaggio  della  Chiesa,  il  progresso  bavarese  gareggera  collo 
czarismo  di  Russia.  Ora  atteso  stato  si  deplorabile,  puo  egli  sembrar 
cosa  sorprendente,  che  gF  interessi  della  Chiesa  in  Prussia  sieno  in  con- 
dizione  assai  piii  vantaggiosa?  Al  paragone  delle  angarie,  sotto  le  quali 
geme  al  prescnte  la  cattolica  Baviera ,  quelle  che  i  cattolici  soffrono  in 
Prussia  sembrano  tollerabili.  Chi  pero  si  desse  per  questo  solo  a  credere, 
che  le  condizioni  della  Prussia  sieno  assolutamente  soddisfacenti,  s'in- 
gannerebbe  a  partito.  Oltre  di  cio  devesi  eziandio  por  mente  a  questa 
circostanza :  che  le  franchigie  della  Chiesa  in  Prussia  furono  per  la  loio 
maggior  parte  estorte ;  che  esse  debbono  la  loro  esistenza  all1  energica 
vigoria  e  fermezza,  che  i  cattolici  misero  in  campo  verso  il  Governo 
prussiano ;  che  esse  in  maniera  Jutta  speciale  ed  anzi  tutto  rimontano 
alFeroica  condotta  delFArcivescovo  Clemente  Augusto  di  Colonia.  Que- 
std  principe  della  Chiesa  preferi  la  prigionia  al  tradimento  verso  la  Chie- 
sa, e  per  questo  rende  grazie  oggidi  ancora  ogni  cuor  cattolico  in  Prus- 
Serie  W,  vol.  1Y,  fase  448.  32  14  Nowrnbr*  1868 


498  CBONACA 

sia  c  in  tutta  la  Germania.  Si  conducano  pare  anche  i  nostri  Yescovi, 
quando  alle  loro  proteste  fan  seguire  un  oprare  apostolico,  nelle  case- 
matte  di  una  fortezza,  e  la  Chiesa  di  Bayierav  noi  ne  siam  certi,  spezze- 
ra  i  suoi  ceppi,  gittera  da  se  le  sue  catene. 

Facciamo  per  ultimo  una  domanda  di  somma  importanza  :  lino  a 
quando  potra  la  Chiesa  gloriarsi  in  Prussia  delle  sue  liberta?  Non 
Famore  le  concesse,  non  il  convincimentq ;  le  accordo  la  politica  e  la  po- 
litica  le  lascia  sussistere.  Se  venisse  mai  un  giorno,  che  la  Prussia  giu- 
dicasse  di  non  aver  piii  bisogno  dei  cattolici  per  giungere  alle  sue  mire, 
io  non  so  se  le  animosita  protestantiche  contro  il  cattolicismo  s'  impor- 
rebbcro  piu  quel  medesimo,  benche  leggerissimo  freno,  che  ora  Finte- 
resse  ha  fatto  accettar  loro  per  necessita. 

Questi  sono  fra  le  principal!  ragioni,  e  di  non  lieve  momento,  per  giu- 
stiticare  F  alienazione  dalla  Prussia  che  nutre  in  cuore  il  popolo  della 
Germania  meridionale.  Le  elezioni  al  parlamento  furono  il  primo  grido 
di  dolore,  che  la  popolazione  degli  Stall  -meridional!  di  Germania  alzo 
contro  la  dominazione  prussiana,  e  questo  grido  penetro  fmo  agli  orec- 
chi  del  Re  di  Prussia  e  non  senza  alcun  effetto.  Anche  la  disegnata  con- 
federazione  dei  Sud,  benche  finora  non  esca  dalla  sf'era  di  un  pio  desi- 
derio,  chiaramente  appalesa,  quanto  seriamente  s'argomenti  il  popolo  di 
conservare  la  sua  liberta  contro  la  prussiana  dominazione. 

SPAGNA  1.  Impacci  del  Governo  provvisorio;  suobarido  agli  Spagnuoli  — 
2.  Lettera  del  Mazzini  al  Castelar  per  la  repubblica  —  3.  Circolare  di 
D.  Carlos  di  Borbone  per  rivendicare  i  suoi  dirilti  —  4.  Risposta  atlribuita 
a  D.  Ferdiuando  re  di  Portogallo  sopra  Tofferta  fattagli  della  corona  di 
Spagna  —  5.  Esposizione  dello  Stato  delle  Finalize ;  decrelo  per  un  im- 
prestito  di  200  milioni  di  scudi  effetlim  —  6.  Dilapidazioni  del  pubblico 
denaro  —  7.  Calcoli  sui  beni  ecclesiastic!  —  8.  Richiami  delle  Dame  di  Si- 
viglia  e  di  Madrid  sopra  le  sevizie  adoperate  contro  le  religiose  —  9.  De- 
creto  sopra  la  liberta  di  stampa  —  10.  Decreti  delle  Giimte  di  Barcellona 
e  di  Reuss  contro  il  culto  cattolico. 

1.  Gia  da  gran  pezza  veniva  struggendosi  in  Spagna  Tunica  forza  che 
in  uno  Stato,  governato  a  norma  dei  funesti  principii  del  1789,  possa  fare 
saldo  contrasto  alFimperversare  della  setta  massonica,  di  cui  oggimai 
soao  troppo  palesi  gli  intendimenti,  ed  il  cui  trionfo  riesce  ognora  al- 
Fanarchia  sociale  e  religiosa.  L'esercito,  cangrenato  fino  alle  midolla, 
cadeva  in  isfacelo.  Lo  scandalo  di  non  interrotte  cospirazioni,  preparate 
e  condotte  da  Generali,  destava  1'emulazione  e  Fingordigia  fin  nei  piu 
abietti  sottufficiali  e  soldati.  Vedendo  che,  merce  di  congiure,  ammutina- 
menti  e  reati  d'alto  tradimento,  per  lo  piu  impuniti,  si  potea  diventar 
colonnello,  generale,  conte,  duca,  maresciallo,  non  v'era  forse  soldato 
che  non  ripromettesse  a  se  stesso  alcun  che  di  simile ,  qualora  si  offe- 
risse  il  destro  di  vendersi  a  qualche  fortunato  cospiratore.  Quindi  la 


CONTEMPOBANEA  499 

facilita  incontrata  dal  Serrano,  dal  Prim  e  dal  Topete  a  trarre  seco  in 
ribellionc  tanta  parte  deiresercito,  ed  il  subitaneo  tvionfo  della  receate 
rivoluzione. 

Egli  e  troppo  manifesto,  dice  niolto  a  proposito  il  Memorial  diploma- 
tique del  5  Novembre  (pag.  273)  che  «  la  rivoluzione  cosmopolite*  riusci 
a  procacciarsi  una  parte  importante  nella  direzione  del  movimento  poli- 
tico, aw'enuto  al  di  la  dei  Pirenci.  Ne  vuolsi  dimenticare  che  il  solleva- 
mento  preparato  dal  generate  Prim,  d'  accordo  coi  Generali  Vicalvari- 
sti,  benche  il  brigadiere  Topete  ne  avesse  dato  il  segnale  fin  dal  17  Set- 
tembre,  conserve  in  mezzo  alia  generale  indifferenza  del  paese  un  ca- 
rattere  puramente  mill  tare  fino  al  di  20  seguente .;  nel  qual  giorno  il  tri- 
buno  Escalante,  che  era  il  braccio  destro  del  comitato  d'azione  del  sine- 
drio  rivoluzionario  insediato  a  Londra,  trascino  i  proletarii  di  Madrid  ad 
invadere  gli  arsenali,  ed  a  formare  la  milizia  nazionale,  destinata  a  dive- 
nire  la  guardia  pretoriana  dei  democratic!  spagnuoli.  Da  quel  giorno 
due  correnti  opposte  si  manifestano  nelF  andamento  della  rivoluzione. 
L'una  e  rappresentata  dal  triumvirato  del  Serrano,  del  Prim  e  del  To- 
pete; il  quale,  sentendosi  traballare  il  suolo  sotto  i  piedi,  cerca  di  sor- 
reggersi  sui  puntelli  della  pubblica  opiriione,  acconlandosi  colla  fede 
religiosa  e  cogli  istinti  monarchici  del  paese;  Faltra,  rappresentata  in 
prinia  dalla  Giunta  rivoluzionaria  di  Madrid,  ha  per  capo  principale  il 
Rivero,  intorno  al  quale  si  assiepano  i  radicali  che  intendono  compiere 
la  rigenerazione  della  Spagna  col  fare  tavola  rasa  di  tutto.  » 

Benissimo.  E  per  poco  che  il  Governo  provvisorio  continui  a  de- 
streggiarsi  come  fa,  pieno  di  condiscendenze  inique  verso  i  radicali,  non 
e  dubbio  che  la  tavola  sara  al  tutto  rasa,  Ma  che  sara  allora  dei  Mare- 
scialli,  Duchi,  Conti,  Marchesi  venuti  su  dalle  congiure  contro  Faugusta 
dinastia  de'Borboni?  Avranno,  ne  sianao  certi,  per  gran  merce,  se  qual- 
che  Direttorio,  forma  to  d'uomini  come  i  Rivero  e  gli.  Escalante,  lascera 
loro  la  testa  sul  busto.  E  ben  essi  sel  sanno,  e  percio  cercano  di  guada- 
gnar  tempo.  Giurarono  anch'essi  la  decadenza  di  tutti  i  Borboni  d'ogni 
ramo ;  ma  cio  noa  li  impedisce  di  favorire  sotto  mano  le  pratiche  di 
qualche  Borbone.  Giuraror.o  di  vcler  lasciare  liberissima ,  a  suffragio 
imiversale,  la  scelta  del  popolo  circa  la  forma  di  Governo ;  ma  intanto 
si  maneggiano  per  ristabilire  la  monarchia  costituzionale  da  essi  abbat- 
tuta.  Si  offerirouo  pronti  ad  inchinarsi  anche  ai  piedi  della  repubblica; 
ma,  presenlendo  quel  che  la  repubblica  farebbe  di  loro,  senza  accattar 
briga  coi  repubblicani,  si  studiano  di  attraversarne  Tinfluenza.  Annun- 
ziarono  a  suono  di  tromba  che  tutto  si  commetterebbe  al  voto  sovrano 
d'un  plebiscito;  ma  si  guardano  bene  dal  convocare  il  popolo  ai  comizii, 
paventando  i  decreti  della  Costituente  da  essi  stessi  bandita:  Lasciano 
immolarc  ed  assassinare  la  Chiesa ,  i  religiosi  e  le  monache ;  ma  cercano 
di  disarmare  a  poco  a  poco  i  pretoriani  dell'Escalante.  Yerranno  essi  a 


500  CRONACA 

capo  di  rimettere  la  ^catena  e  la  museruola  alia  fiera  tanto  improvida- 
mente  scatenata? 

Essi  vi  riusciranno,  si,  ma  ad  un  patto :  di  romperla  presto  coi  re- 
pubblicani.  Altrimenti,  nota  lo  stesso  Memorial  diplomatique,  quest! 
avranno  agio  di  disciplinarsi  e  ricevere  gli  aiuti  dei  loro  complici  cosmo- 
politi;  e  le  iniquita  cui  tiene  mano  il  Governo  provyisorio,  per  amman- 
sare  quelle  fiere,  non  serviranno  che  ad  accelerare  la  propria  sua  caduta. 
La  rivoluzione  francese  del  1790  dovrebbe  aver  potuto  bastare  ad  illu- 
minare  anche  codesti  ciechi! 

Ma  il  Governo  provvisorio  forse  non  e  ben  sicuro  della  devozione  del- 
Tesercito,  da  se  ammaestrato  alia  fellonia  ed  al  tradimento,  e  dissimula; 
e  percio  fa  melati  complimenti  a  quelli  cui  teme  di  non  poter  frenare 
altrimenti,  e  dovere  forse  o  mietere  colla  mitraglia  od  accettarc  come 
despoti.  Percio  grida  alto  che  esso  «  non  teme  menomamente  che  la  Spa- 
gna  offra  il  dcplorabile  spettacolo  d'un  popolo  pieno  di  vigore  per  ri- 
vendicare  i  suoi  diritti  ed  incapace  di  esercitarli  con  saviezza.  » 

Questa  frase  e  tolta  di  peso  da  un  Manifesto  o  bando  pubblicato 
sotto  il  23  Ottobre  in  Madrid,  e  firmato  da  tutti  i  membri  del  Governo 
provvisorio.  Quesfatto,  tessuto  di  ampollose  ciarle,  onde  si  fa  Tapotcosi 
della  compiuta  rivoluzione,  e  si  copre  di  fango  Tabbattuta  dinastia,  lar- 
gheggia  in  promesse  di  liberta  dei  culti,  di  liberta  di  stampa,  di  liberta 
tVmsegnamento,  insomnia  d'ogni  licenza;  ma  insinua  che  la  repubblica 
sarebbe  la  rovina  della  Spagna,  e  che  percio  il  meglio  e  che  il  popolo 
sovrano  s1  attenga  alia  monarchia  costituzionale  sopra  basi  liberalissime. 

Crediamo  superflao  analizzare  qui  codesto  documento,  ristampato  da 
quasi  tutti  i  giornali,  come  dall1  Unitd  Cattolica  del  3  Novembre ;  tanto 
piii  che  esso,  oltre  Tapologia  della  rivoluzione,  non  contiene  altro  che 
una  specie  di  predica  contorta  al  popolo,  affinche  badi  bene  ai  casi  suoi, 
nori  si  lasci  accalappiare  da  mestatori  che  gli  proponessero  cose  splendide 
e  nuove  ma  non  confacentisi  alia  sua  indole ,  alle  sue  tradizioni  e  costu- 
manze,  e  rovinose  pei  suoi  interessi.  Le  promesse  di  risponsabilita  dei 
Governanti  in  nome  della  monarchia  costituzionale,  di  severe  economic, 
di  imparziale  amministrazione,  di  rispetto  aU'opinione  pubblica,  sono 
olio  pei  gonzi  che  serve  a  rendere  piu  lubrica  e  facile  ad  inghiottirsi  la 
pillola  del :  guardatevi  dalla  repubblica,  e  scegliete  un  Re  che  si  content! 
di  regnare  e  non  governare,  affinche  noi  possiamo  regnare  e  governare! 

2.  Tuttavolta,  se  i  repubblicani  schietti  in  Spagna  sono  pochi,  sono 
molti  quelli  che  la  setta  massonica  ha  arruolato  sotto  le  sue  bandiere 
per  iscatenarli  anche  contro  i  proprii  suoi  confratelli  troppo  tiepidi  nel- 
T  opera  di  abbattere  ogni  ordine  legittimo  di  autorita  civile  e  religiosa. 
E  questi  non  sono  si  dolci  di  sale,  che  vogliano  lasciarsi  alloppiare  dalle 
frasi  melate  del  Governo  "provvisorio.  II  Mazzini,  corifeo  della  setta  che 
vuole  cosi  ringiovanire  TEuropa,  ha  percio  scritta  al  suo  discepolo  Emi- 
lio  Caslelar  a  Madrid  la  seguente  lettera. 


CONTEMPORANEA  501 

«  Caro  Fratello.  La  Spagna  ha  compiuto  gloriosamcnte  una  rivoluzio- 
ne  immacolata,  che  puo,  se  e  logica  colla  sua  origine,  e  se  ha  Taudacia 
die  in  certi  momenti  si  chiama  genio,  porla  a  capo  delle  nazioni  euro- 
pee,  attuando  le  speranze  che  cosi  di  sovente  mi  avete  manifestate  nelle 
nostre  conversazioni.  La  Spagna  puo  e  deve  dare  il  battesimo  dclla  real- 
la  alia  grande  idea  delFepoca,  conquistare  la  piu  gloriosa  iuiziativa, 
durante  una  lunga  tappa,  nella  via  della  civilta.  Se  non  osa  fare  cio  che 
il  mondo  da  essa  si  aspetta,  la  Spagna  si  condanna  ad  un  period o  di  in- 
ieriorita  e  di  anarchia,  e  alia  necessita  che  conviene  per  ora  evitare,  la 
necessita  di  un1  altra  rivoluzione.  Dio  voglia  aprirvi  gli  occhi !  Yostro 
ainico  Giuseppe  Mazzini.  » 

3.  L'esortazionc  del  Mazzini  e  ampiamente  commentata  e  svolta,  con 
cloqueuti  parenetiche  agli  Spagnuoli,  dai  diarii  repubblicani  di  Francia 
e  Italia;  ai  quali  non  sappiamo  se  quel  popolo,  un  di  si  leale  verso  i 
suoi  Re  e  si  devoto  al  suo  Dio,  vorra  aggiustar  credenza,  per  darsi  in 
loro  balia.  Ma  noa  ci  farebbe  pun  to  meraviglia  che  la  Spagna,  prima 
di  tornare  a  posare  sul  saldo  fondamento  d'  una  legittima  e  cristiana 
monarchia,  dovesse  essere  travel ta  nelPabisso  dell1  anarchia  repubblica- 
na  handita  dal  Mazzini,  a  cui  tengono  bordone  tanti  diarii  democratic! 
sul  gusto  della  Opinion  national  e  di  Parigi,  e  della  Unita  Italiana  di 
Milano.  E  forse  solo  dopo  tal  precipizio  la  Spagna  saprebbe  apprezzare 
il  valore  inestimabile  di  quelle  guarentigie  d'ordine  e  di  prosperita,  che 
si  trovano  in  una  monarchia  legittima  e  schiettamente  cattolica.  Ma  e 
egli  da  sperare  che  tale  debba  riuscire  una  monarchia,  che  si  ristaj)ilisse 
col  corredo  di  tutte  le  iniquita  rivoluzionarie,  perpetrate  e  sancite  in 
forma  di  leggi  contro  cio  che  v?ha  di  piu  sacro?  Noi  crediamo  che  no ; 
e  siam  certi  che  altri  sono.  gli  mtendimenti  ed  i  propositi  dell1  infante 
D.  Carlos  di  Borbone  e  d'Este,  quando,  in  forma  di  circolare  alle  Corti 
dei  Sovrani  europei,  mando  al  popolo  spagnuolo  le  sue  profferte  con 
una  lettera  del  tenore  seguente : 

«  Sire.  La  mia  nascita  e  lo  stato  presente  della  Spagna  m'  impon- 
gono  il  dovere  di  significare  a  V.  M.  V  abdicazione  del  mio  augusto  pa- 
dre: «  Non  avendo  altra  ambizione  che  la  felicita  degli  Spagnuoli, 
«  cioe  a  dire,  la  prosperita  interna  e  il  prestigio  esterno  della  mia  cara 
«  patria,  credo  dovere  abdicare,  e,  con  le  presenti,  abdico  tutti  i  miei 
«  diritti  alia  corona  di  Spagna  in  favore  del  mio  amato  figlio  Don  Car- 
«  los  di  Borbone  ed  Este.  Dato  a  Parigi  il  3  Ottobre  1858.  Giovanni  di 
«  Borbone  e  di  Braganza.  » 

«  Se  Dio ,  e  le  circostanze ,  mi  mettono  sul  trono  delle  Spagne  ,  io  mi 
sforzero  di  conciliare  lealmente  le  istituzioni  utili  della  nostra  epoca  con 
quelle  indispensabili  del  passato,  lasciando  alle  Cortes  generali,  libera- 
mente  nominate,  il  grande  e  difficile  incarico  di  dotare  Ja  mia  cara  pa- 
tra  d'una  Costituzione,  che  sara,  lo  spero,  spagnuola  insieme  e  defmiti- 
va.  II  di,  che  avro  questa  contentezza,  restringero  il  piu  che  sia  pos- 


502  CRONACA 

sibile  con  Vofctra  Maesta  le  mie  relazioni  personal',  e  con  la  sua  nazione 
quelle  della  mia  nazione.  Ricevete,  Sire,  Tassicurazione  delFalta  mia  sti- 
ma.  Carlos  di  Borbone  e  d'Este.  » 

4.  Lo  stato,  miserevolissimo  sotto  ogni  risguardo,  in  cui  fu  ridotta  la 
Spagna  da  si  lunga  serie  di  congiure,  di  sedizioni  militari  e  di  mutazio- 
ni  di  Governo,  per  vero  dire  non  sembra  tale  che  debba  allettare  troppo 
gli  avyeduti  politic!  a  volerne  assumere  il  reggimento,  o ,  per  meglio  di- 
re, il  riorganamento  politico  e  civile.  Certo  e  che  un  principe,  sul  quale 
faceano  grande  assegnamento  il  Serrano,  il  Prim  ed  il  Topete,  con  iiducia 
che  dovesse  accettare  T  incarico  di  regnare  e  non  governare  a  Madrid , 
ora  dicesi  risoluto  di  rifmtare  -T  offertagli  Corona.  Le  pratiche  condotte 
presso  D.  Fernando,  padre  del  regnante  sovrano  di  Portogallo,  fin  qui 
tornarono  vane  quanto  a  svolgerlo  dal  suo  proposito  di  non  toccare  pur 
con  un  dito  la  corona,  da  quelli  tolta  di  capo  alia  regina  Isabella  IL 
Ecco  a  tal  proposito  quanto  leggesi  nel  Memorial  diplomatique  del  5 
Novembre,  pag.  721. 

« Informazioni  attinte  a  fonti  autentiche  ci  permettono  di  aflfermare, 
chela  risoluzione  del  re  Don  Fernando ,  di  rifmtare  la  candi  datura  alia 
corona  di  Spagna,  e  irremovibile.  Una  lettera  scritta  da  Lisbona,  da 
una  persona  che  e  in  grado  di  essere  bene  informata,  riassume  nei  se- 
guenti  termini  il  linguaggio  che  S.  M.  tiene  a  questo  proposito :  —  lo 
accettai  per  dovere  e  per  amore  paterno  la  carica  di  reggente  del  re- 
gno,  che  esercitai  coscienziosamente ;  ma  troppo  ho  sentito  il  peso  del 
potere*  si  che  io  possa  volere  incaricarmene  novamente  sopra  un  teatro 
piu  vasto  e  pin  burrascoso.  Io  amo  di  passare  i  pochi  anni ,  che  Dio  mi 
riserva,  in  un  ritiro  calmo  e  tranquillo,  in  .conformita  a'  miei  gusti,  ai 
quali  e  straniera  Tambizione.  Se  malgrado  la  franchezza  colla  quale  ri- 
sposi  a  tutte  le  offerte  concernenti  la  mia  candidatura,  la  nazione  spa- 
gnuola  persiste  ad  offrirmi  la  Corona,  io  le  esprimero  la  mia  riconoscen- 
za;  per  riguardo  a  questa  nobile  nazione  io  non  rispondero  bruscamente 
con  un  rifiuto,  io  chiedero  qualche  giorno  di  riflessione ;  ma  cio  non  m1  im- 
pedira  di  pronunziarmi  nel  senso  stesso,  in  cui  risposi  il  primo  giorno  che 
me  ne  fu  parlato.  » 

§.  Con  cio  pno  dirsi,  che,  rifiutandosi  troppo  manifestamente  dal  po- 
polo  spagnuolo  ogni  candidate  non  cattolico;  poca  inclinazione  restando- 
gli  di  accettare  per  Re  uno  straniero :  la  scelta  e  posta  fra  la  repubblica 
ed  un  successore  dei  legittimi  Re  gia  sbalzati  dalle  precedent!  rivolu- 
zioni ;  e  puo  darsi  che  il  tracollo  alia  bilancia  debba  esser  dato  da  un 
lampo  di  buon  senso,  che  richiami  la  mente  del  popolo  a  scorgere,  che 
cosa  gli  fruttano  le  liberta  rivoluzionarie.  Ne  senza  arcano  disegno  della 
Provvidenza  divina  e  accaduto,  che  le  dilapidazioni  commesse  in  pochi 
gior,ni  dalle  Giunte  rivoluzionarie  e  dal  Governo  provvisorio  abbiano 
ridotto  queslo  a  dovere  denunziare  al  popolo  uno  di  codesti  deplora- 
bili  risultati,  la  cui  sola  vista  deve  fargli  ribrezzo.  La  denunzia,  per  chi 


CONTEMPORANEA  503 

sa  capirla,  e  in  forma  di  una  esposizione  dello  stato  delle  tmanze,  e  di 
un  decreto  per  un  novello  imprestito,  che  debba  aggravare  di  nuovi 
debiti  il  Tesoro.  La  Gazzetta  di  Madrid  del  29  Ottobre  pubblico  questi 
atti  del  ministro  Laureano  Figuerola ;  dei  quali  basta  recare  qui  il  simto 
seguenle 

L'csposizione  mette  in  sodo  I'aumento  del  deficit  a  2  miliardi  e  500 
milioni  di  reali  (600  milioni  di  franchi).  Essa  accerta  la  necessita  di  spe- 
sc  straordi-narie,  occasionate  dalla  fame  e  dalla  raancanza  di  lavoro ;  e  la 
necessita  di  venire  in  aiuto  agli  operai ,  senza  pero  che  questa  assisten- 
za  involga  da  parte  del  Governo  un  riconoscimento  del  diritto  al  la- 
voro. A  questa  esposizione  tien  dietro  un  decreto,  che  apre  la  soscrizio- 
ne  pubblica  ad  un  prestito  di  200  milioni  di  scudi  effettivi,  rappresen- 
tati  da  1,250,000  buoni  del  tesoro,  di  un  valore  nominale  di  200  scudi 
ciascuno,  emessi  all'80  per  cento  e  fruttanti  il  6  0[0.  Grinteressi  saran- 
no  pagabili  il  30  Giugno  ed  il  31  Dicembre  ,  cominciando  dal  1  Gen- 
naio  1869.  L'estinzione  comincera  nel  1869  e  finira  nel  1888,  col  mezzo 
(lell'estrazione  a  sorte.  IT  imprestito  e  garantito  dai  pagares,  dai  beni 
disammortizzati  edai  beni  della  Corona  fino  aconcorrenza  di  2  miliardi, 
110  milioni  di  reali.  II  Governo  fornira  alia  Banca,  prima  della  scadenza 
del  1.*  semestre,  dei  pagares  in  quantita  sufficiente  per  garantire  questo 
pagamento;  ed  ulteriormente  tutti  i  pagares  provenienti  dai  beni  sopra- 
citati.  La  sottoscrizione  sara  aperta  il  giorno  11  Novembre  e  chiusa  il 
25  dello  stesso  a  Madrid  ed  in  tutta  la  Spagna,  a  Parigi,  a  Londra  e 
nelle  colonie.  I  versamenti  anticipati  godranno  d'  una  bonificazione 
di  4  0[0. 

6.  Chi  volesse  sapere  la  vera  cagione  deiraumento  del  deficit,  non  do- 
vrebbe  certamente  contentarsi  delle  spiegazioni  del  sig.  Laureano  Figue- 
rola, cui  degni  riguardi  impedivano  dal  dire  cio  che  un  certo  pndore  e 
Tintcresse  proprio  vieta  ai  Frammassoni  di  far  sapere.  Ma  le  corrispon- 
denze  di  giornali  stranieri,  non  sospetti  di  parteggiare  pei  clericali  o  pei 
Icgittimisti,  come  sono  Y  Independence  Beige  ed  altri  cotali,  dimostrano 
che  se  le  casse  soho  tutte  yuote,  cio  accade  perche  f^irono  yuotate  da 
da  chi,  nei  primi  fervori  della  trionfante  riyoluzione,  yi  pote  cacciar  en- 
tro  le  mani  per  pagare  se  stesso  delle  sostenute  fatiche,  e  rimeritare  i 
servigi  de'suoi  complici.  Di  che,  a  tacere  di  quanto  leggesi  nell'  Univers 
e  nel  Monde,  basti  allegare  quanto  scrisse  la  Presse  parigina  del  1  No- 
vembre. «  Le  notizie  tinanziarie  di  Spagna  sono  estremamente  gravi. 
1)  >po  il  trionfo  della  rivoluzione,  tutte  le  casse,  gia  molto  sguernite, 
vennero  vuotate;  e  si  e  yenuto  al  punto  di  mettere  le  mani  sui  deposi- 
ti  falli  dai  privati  alia  cassa  dei  depositi  e  prestiti.  Questo  fatto  inaudi- 
to  ci  e  anuunziato  da  parecchie  lettere  di  fonte  autorevole  e  fededegna. 
Non  solo  la  cassa  rifmta  di  eseguire  i  rimborsi,  che  le  sono  domanda- 
ti,  ma  e  assolutamente  sfornita  di  capital! .  »  Forse  VEscalante  potrebbe 
dire  che  strada  ban  preso,  per  volare  via,  quei  depositi  e  quei  capitalil 


504  CRONACA 

Se  i  membri  del  Governo  provvisorio  lianno  ben  nette  le  mani  di  co- 
desto  ladroneccio,  e  noi  yogliamo  crederlo  e  dobbiamo  supporlo,  non 
cosi  facilmente  possono  scolparsi  della  dilapidazione  cagionata  dallo  scon- 
sigliato  provvedimento  di  ibrnire  paga  giornaliera  agli  operai  dislolti 
dalla  rivoluzione  ai  consueti  lavori ,  ed  adoperati  in  prima  a  fare  ii 
pronunciamento  del  29  Settembre,  poi  a  cacciare  monache  e  religiosi  dai 
loro  conventi ;  quindi  mantenuti  oziosi  con  titolo  di  wlontarii  delta  li- 
berta,  onde  non  venire  a  cozzo  col  partilo  d'azione  capitanato  dall'Esca- 
lante  in  prima  e  poi  da  un  degno  suo  emolo,  che  di  codesti  wlontarii 
si  deono  avvalere  per  impedire  che  Tesercito  regolare  possa  essere  im- 
piegato  a  ristabilire  qualche  ordine.  Lo  scialacquo  cbe  cosi  si  fa  e  tan- 
to,  che  perfino  la  giudaica  Opmione  di  Firenze  dell1 8  Novembre  ne  fu 
scandolezzata,  e  stampo:  «  Un  gran  numero  di  operai  lasciarono  i  loro 
opificii  per  andare  a  passeggiare,  a  2  franchi  il  giorno,  nei  lavori  del 
Municipio.  Essi  giocano  alle  carte,  e  fa  veramente  pieta  a  vederli  lavo- 
rare !  Cento  uomini  fanno  in  un  giorno  il  lavoro  di  due  persone !  Essi 
non  costano  meno  di  150,000  franchi  (cento  cinquantamilal)  per  set- 
timana.  » 

7.  Ad  aguzzare  viemeglio  T  appetito  di  cotesti  dilettanti  del  vivere  a 
ufo,  ecco  uscir  fuori  il  compute  di  quelle  che  agli  zotici  si  appresen- 
tano  come  sterminate  ricchezze  profuse  in  ingrassare,  cosi  essi  dicono 
nello  sconcio  loro  gergo  di  trivio,  branchi  di  oziosi  e  sciami  di  inutili  biz- 
zocche;  e  qui  si  capisce  che  si  parla,  colla  gentilezza  liberalesca  del 
Frammassoni,  di  religiosi  e  monache.  Lasciando  da  parte  le  costoro  cru- 
deli  villanie,  ecco  il  computo  di  quelle  immaginarie  ricchezze  dato  dal- 
V  Impartial. 

«  Nel  censimento  dei  conventi  di  religiose  fatti  nel  1860  si  contavano 
866  conventi  con  un  personale  di  12,996  religiose.  I  loro  redditi  am- 
montavano  a  8,990,620  reali  airanno.  I  monasteri  erano  in  numero  di 
32  con  719  religiosi;  ma  in  questi  ultimi  anni  queste  cifre  dovettero 
aumentare.  II  clero  spagnuolo,  il  quale  si  compone  di  53  prelati,  un 
Vescovo  ausiliario,  52  decani,  431  dignitarii  e  canonici  d'uilizio,  484  ca- 
nonici  di  favore,  756  beneficiarii,  5  individui  che  ricevono  dotazioni  ec- 
cedenti  quelle  fissate  dal  Concordato  e  26  dotazioni  di  cappellanie  al  di 
la  della  cifra  stabilita  dallo  stesso  Concordato,  costano  allo  Stato  25  mi- 
lioni  382,810  reali  all'anno.  » 

Al  leggere  queste  cifre  di  milioni,  gli  imperiti  e  gli  sciocchi,  e  Fim- 
mensa  caterva  degl'ingordi  di  roba  altrui,  stendono  le  branche  ad  arti- 
gliarne  almen  col  desiderio  il  piu  che  possono,  e  cascano  dalla  maraviglia 
che  tanta  profusione  di  tesori  si  consumi  da  preti,  frati  e  monache.  « Ma 
pognamo  pure,  dice  Y Union  de  VOuest,  che  vi  fossero  800  religiosi  in 
Spagna  al  momento  della  rivoluzione.  Eran  dunque  800  le  persone,  con- 
tro  cui  si  sono  collegati  tutti  i  rivoluzionarii,  adoperando  contro  quelle, 
quasi  mezzo  necessario  di  salute  pubblica,  la  proscrizione  ela  rapina! 


CONTEMPORANEA 

Se  codcsti  800  religiosi  non  fossero  stati  espulsi,  la  Spagna  senza  dubbio 
periva!  Che  scherno  per  la  giustizia  e  per  la  ragione!..  Si  mettono  in 
mostra  12,000  monache,  le  quali,  tutte  insieme,  godevano  la  rendita  di 
8,990,620  reali.  Or  questo  riesce  a  dire  che  ciascuna  avea  692  reali  di 
rendita  annua,  i  quali  equivalgono  a  franchi  181,  c  92  centesimi!  Ecco 
la  strabocchevole  opulenza  delle  monache  spagauole.  Niente  meno  che 
franchi  181  e  centesimi  92  per  ciascuna  ogni  anno!  Ed  il  Governo,  per 
arricchirne  lo  Stato,  le  spoglia  di  si  pingue  assegnamento !  » 

8.  La  lilantropia  massonica  non  potea  eserci tarsi  altrimenti  verso  il 
clero,  i  religiosi  e  le  monache.  Spogliazione  e  proscrizione,  e  talvolta  an- 
cora  sevizie  e  stragi,  ecco  i  niezzi  con  cui  codesti  signori  si  rendono  be- 
nemeriti  della  civilta  moderna  e  della  liberta;  ecco  i  titoli  unici  che  essi 
hanno  a  pretendere,  che  le  loro  vittime,  per  amore  di  conciliazione,  dia- 
no  loro  ogni  diinostrazione  di  ossequio  e  di  affetto.  Certi  apologisti  deli- 
beiali,  che  sono  sempre  sul  raccomandare  agli  uomini  onesti  che  debbano 
usare,  con  isquisita  urbanita,  ogni  delicatezza,  perfmo  nel  lagnarsi  delle 
sacrileghe  infamie  e  crudelta  di  codesti  loro  protetti;  leggano  questi 
apologisti,  ed  imparino  dal  tratto  seguente  d'una  petizione  firmata  da  piu. 
centinaia  di  gentildonne  di  Siviglia  al  Serrano,  quali  e  quanto  caritate- 
voli  siano  stati  i  procedimenti  de1  liberal!  in  quella  citta  contro  innocen- 
tissime  vergini  consacrate  a  Cristo,  e  contro  le  stesse  chiese. 

«  Le  persone  di  cui  parliamo  e  le  loro  abitazioni  furono  violcntemente 
assalite  a  Siviglia;  e  la  vista  o  il  racconto  delle  sofferenze  che  ebbero  ed 
hanno  a  sopportare  quelle  infelici,  strappano  abbondanti  lacrime ,  in- 
esprimibili  angosce.  Ve  n'ha  fra  esse  che  contano  oltre  a  100  anni  di 
eta  e  che  si  videro  strappare  a  quegli  asili,  che  esse  avevano  il  diritto 
di  riguardare  come  loro  casa,  loro  focolare.  Se  questo  procedere  sia 
giusto,  se  sia  cavalleresco,  venga  Iddio  e  lo  vegga;  ma  no,  lo  vede  vo- 
stra  eccellenza,  lo  vedete  voi...  Noncontenta  di  agire  in  modo  cosi  ille- 
gale  contro  le  persone  e  le  istituzioni,  la  giunta  rivoluzionaria  prese 
a  distrurre  gli  ediiizii.  Cinquantasette  chiese,  sotto  le  quali  riposano  le 
sacre  ceneri  dei  nostri  padri ;  cinquantasette  chiese,  ai  cui  fonti  battesi- 
mali  furono  fatti  cristiani  i  nostri  figli,  e  nel  recinto  delle  quali  noi  ci 
riunivaino  pacificamente  per  adorarvi  Dio,  secondo  la  nostra  coscienza ; 
cinquantasette  chiese,  i  cui  muri  furono  innalzati,  non  col  danaro  dello 
Stato,  ma  colle  pietose  elemosine  delle  nostre  famiglie,  sulle  quali  per 
conseguenza  noi  abbiamo  diritti  incontestabili ,  e  quei  diritti  special- 
mente  che  oggidi  si  proclamano  sotto  il  nome  di  liberta  dei  culti  e  di 
rispetto  alia  proprieta ;  cinquantasette  chiese  sono  condannate  dalla  Giun- 
ta rivoluzionaria  ad  una  demolizione  completa,  pronta  e  violenta,  che 
rcndera  inevitabile  la  perdita  d'  un  gran  numero  d'  oggetti  di  arte.  Me- 
morie,  tradizioni,  glorie  nazionali,  sentimenti  religiosi,  aspirazioni  della 
coscienza,  tutto  e  ad  un  tempo  assalito  e  violentato ;  misure  di  questo 


SO 6  CRONACA 

generc  producono  naturalmente  un  generale  malcontento,  senza  che  si  a 
possibile  vedere  in  esse  un1  ombra  di  bene  cbe  possa  concorrere  alia 
salute  della  patria  o  al  trionfo  stesso  della  rivoluzione.  Le  religiose 
cacciate  dai  loro  asili  e  gli  editizii  da  esse  abitati,  come  poteyano  essere 
d'ostacolo  al  paese,  perche  avesse  a  dichiararsi  circa  il  suo  avvenire  e  so- 
pra  i  suoi  destini?  E  se  non  sono  d'ostacolo,  perche  metterle  a  questo  mo- 
do  al  bando  d'ogni  legge  ?  » 

Ne  punto  meno  barbara,  anzi  bestialissinva,  fu  la  crudelta  dei  liberali 
nella  stessa  Madrid  contro  le  caste  spose  di  Gesu  Cristo.  Laonde,  impieto- 
site  di  quello  strazio,  quattro  delle  primarie  Dame  di  quella  capitale  si 
presentarono  coraggiosameute  aj  Presidente  del  Governo  proyvisorio, 
maresciallo  Serrano,  e  gli  esposero  a  yiva  yoce  i  sensi  della  cristiana  loro 
indignazione,  quindi  gli  posero  tra  le  man!  il  seguente  indirizzo  firmato 
da  631  tra  le  signore  di  Madrid. 

«  Eccellentissimo  Presidente  del  Governo  proyyisorio.  Le  sottoscrit- 
te,  spagnuole,  dimoranti  in  questa  capitale,  e  cattoliche,  aliene  dalla  po- 
litica,  a  motivo  del  loro  sesso,  non  avrebbero  mai  pensato  di  importu- 
nare  il  Governo  della  nazione,  ne  di  impedirlo  nel  corso  de'suoi  affari. 
IVIa  dacche  vedono  demolire  le  chiese  cattoliche,  e  annunciare  che  yi  sa- 
ranno  surrogate  sinagoghe  e  templi  protestanti,  e  cio  in  forza  della  liber- 
ta  dei  culti ;  dacche  yedono  la  soppressione  de1  collegi,  mentre  si  pro- 
clama  la  liborta  dell1  insegnamento ;  I1  espulsione  yiolenta  dai  loro  stahi- 
limenti  dei  religiosi  riuniti  per  servir  Dio,  mentre  si  proclama  il  diritto 
d' associazione ;  la  proibizione  di  soccorrere  i  poyeri  bisognosi,  mentre 
si  protesta  che  tutto  e  per  il  popolo :  le  sottoseritte  credono  loro  do- 
Tere,  e  loro  diritto,  dimandare  la  liberta  di  allevare  i  loro  figliuoli  nei 
collegii  soppressi,  se  lo  giudicano  conveniente  neli1  interesse  deli  a  loro 
educazione  e  della  loro  istruzione  scientifico-morale :  quella  di  poter 
pregare  nelle  Chiese  condannate  ad  essere  distrutte :  quella  di  mante- 
nere  nei  lore  stabilimenti  costruiti  e  arricchiti  colle  loro  doti  quelle  don- 
ne,  che  spontaneamente  e  dietro  V  impulso  del  loro  euore,  hanno  riso- 
lutamente  deciso  di  abbandonare  la  soeieta,  e  specialmente  di  potersi 
riunire  per  cercare  e  trovare  pane  e  yesti  agli  indigent!. 

«  Eccellenza,  colla  speranza  che  sara  esaudita  questa  nostra  doman- 
da,  noi  ripetiamo  colle  nostre  sorelle  di  Siviglia,  che  la  nostra  confiden- 
za  riposa  nel  pensiero  che  V.  E.  e  spa^nuolo,  cioe  cattolico  e  uomo  di 
oaore,  e  percio  non  potra  rifiutarsi  di  accoglkre  la  nostra  supplica,  e  di 
ordinare  la  conservazione  delle  chiese  cattoliche,  dei  collegi  e  delle  as- 
sociazioni  soppresse.  » 

Ma  s'ingannerebbe  a  partito  chi  credesse  che  i  liberali-moderati  pos- 
sano  dare  ascolto  a'richiami  in  favore  della  giustizia  e  della  religione, 
quando  sono  strmolati  dalla  paura  di  doyer  percio  fare  qualche  contrasto 
a  que'  loro  complici,  che  non  si  piccano  d'essere  moderati.  II  martello 


CONTEMPORANEA  507 

della  setta  continuo  ad  abbattere  chiese  nella  stessa  Madrid,  dove  fti  at- 
terrata  anche  quella  di  S.  Millan,  ed  era  la  settima  che  crollava  sotto  il 
cozzo  massonico  L'Arcivescovo  di  Toledo  sped!  ima  forte  protestazione 
contro  tal  vandalismo;  ma  il  Governo  provvisorio  ne  fece  quel  capitale 
che  gia  avea  fatto  della  petizione  delle  Dame. 

9.  Per  converse,  e  la  cosa  va  pe1  suoi  piedi,  in  quella  ragione  stessa 
che  si  aggrava  sriil  collo  del  cattolici  il  giogo  tirannesco  della  Frammas- 
soneria,  si  allenta  il  freno,  anzi  toglicsi  al  tutlo  ogni  rattento  alia  licenza 
delle  piu  empie  e  ribalde  passioni.  Quiridi  il  Governo  provvisorio  fu  sol- 
lecito  di  bandire  la  piu  sconfinata  liberta  di  stampa,  che  fu  sottratta  ad 
ogni  impaccio  di  censura,  per  via  d1un  decreto,  pubblicato  nella  Gazzeita 
di  Madrid  del  24  Ottobre,  e  preceduto  da  una  relazione  del  Ministro  del- 
F  interne ;  il  quale  naturalmente,  dopo  fatto  un  quadro  territico  dei  dan- 
ni  venuti  alia  Spagna  per  le  restrizioni  mantenute  a  codesta  liberta ,  e 
fondato  sulla  massima  assurda  che  «  nella  stampa  stessa  si  trova  il  cor- 
rettivo  per  combattere  il  male  alia  sua  radice ,  »  proniulgo ,  come  puo 
vedersi  anche  mlYOpinione  fiorentina  n°  301,  la  legge  seguentc. 

«  Art.  1°  Tutti  i  cittadini  hanno  il  diritto  di  emettere  liberamente  il 
loro  pensiero  per  mezzo  della  stampa,  senza  andar  soggetti  ne  a  censura 
ne  ad  altra  delle  volute  formalita.  Art.  2°  I  delitti  ordinarii,  coinmessi  per 
via  delh  stampa,  sono  passihili  delle  disposizioni  del  Codice  penale  con 
abrogazione,  in  forza  del  presente,  deirarticolo  7  del  detto  Codice. 
Art.  3°  Sono  responrabili,  per  effetto  delFarticolo  qui  sopra:  nei  giornali 
Fautore  dell'articolo  e  in  suo  difetto  il  direttore;  nei  libri,  appendici, 
opuscoli,  1'autore,  e  se  questi  non  e  conosciuto,  1'editore  e  colui  che  lo 
stampo  per  sno  ordine.  I  giornali  che  non  hanno  direttore  sono  conside- 
rati  come  opuscoli,  per  eft'etto  del  presente.  Art.  4°  Rimane  soppresso  il 
tribunale  speciale  della  stampa  con  tutte  le  sue  dipendenze.  Art.  5°  Sono 
egualmente  soppressi  Tesame  preventivo  dei  romanzi  e  la  censura  delle 
opere  drammatiche.  Art.  6°  I  direttori  dei  teatri,  e  in  difetto  gli  impre- 
sarii,  saranno  responrabili  delle  offese  aHa  morale  e  al  buon  costume  che 
si  troveranno  nelle  opere  da  essi  fatte  rappresentare.  Madrid,  23  Otto- 
bre 1868.  II  ministro  delllnterno  Prassede  Matteo  Sagasta.  » 

10.  Tuttavolta  niuno  si  dia  a  credere  che  di  questa  liberta  possano  poi 
godere  i  cattolici.  La  pratica  dei  Frammassoni  e  di  bandire  leggi  d'am- 
pia  liberta  per  tutti,  con  riserva  pero  che  dehbano  usufruttuaile  essi 
soli  ad  oppressione  degli  onesti  e  cristiani  cittadini.  Cosi  e  guarentita  la 
lil)erta  dei  en  Hi,  ma  resta  vietato  ai  cattolici  il  praticare  pubblicamente 
la  loro  religione,  pur  essendo  licenziate  tutte  le  altre  sette  a  fare  chec- 
che  loro  aggrada.  A  Rcuss  la  Giunta  rivoluzionaria  ando  piu  in  la,  e 
decreto  il  matrimonio  civile;  il  registro  civile  per  la  nascita,  pei  matri- 
monii,  per  le  morti;  Tabolizione  di  tutte  le  conlerenze  religiose  della  citta; 
la  proibizione  delle  prcghiere  pel  Papa  e  della  colletta  del  Denaro  di 


508  CRONACA 

S.  Pielro,  e  la  manifestazione  esterna  di  qualunque  culto.  La  Giunta  di 
Barcellona  si  contento  di  intimare  a  monsignor  Vesctvo  di  quella  citta 
Voukase  seguente. 

«  Considerando  che  questa  Giunta  ha  proclamato  la  liber  ta  dei  culti ; 
considerando  che  le  manifestazioni  esterne  delle  different!  religioni  che 
esistono  o  possono  esistere  in  questa  provincia  potrebbero  dar  Itiogo  a 
collisioni,  turbare  Fordine  pubblico,  al  quale  dobbiamo  vegliare;  que- 
sta Giunta  ha  risoluto  nella  seduta  di  ieri  (19  Ottobre)  di  proibire  gli 
atti  pubblici  del  culto  di  tutte  le  religioni.  Ed  e  quanto  fa  sapere  alia 
Eccellenza  Yostra  per  sua  norma,  onde  prenda  le  opportune  dispo- 
sizioni  per  V  esecuzione  della  detta  risoluzione.  » 

SVIZZERA  (Nostra  Corrispondenza)  1.  II  secondo  Congresso  dellal^a  dell  a 
Pace  e  della  Liberia  in  Berna  —  2.  Principal!  risoluzioni  dei  congregati  — 
3.  Alluvioni  —  4. 11  matrimonio  civile  nella  Costituente  di  Zurigo  —  5.  Cose 
religiose  di  Ginevra  —  6.  La  quistione  diocesana  nel  cantone  Ticino. 

1.  Se  la  cosidetta  Leg  a  della  Pace  e  della  Liberia,  che  piu  acconcia- 
mente  potrebbesi  intitolare  la  Lega  della  rivoluzione  permanente,  fece 
solennissimo  fiasco  nel  suo  primo  Congresso  del  1867  in  Ginevra,  vi  pos- 
so  accertare  che  migliore  fortuna  non  incontro  quest'  anno  nel  tenere  in 
Berna  il  secondo  Congresso,  nei  giorni  22,  23,  24,  25,  26  dello  scorso 
Settembre.  La  sola  differenza  sta  in  cio,  che  nel  passato  anno  i  framas- 
soni  della  Lega  arsero  nelle  fiamme  del  sangue  bollente  dei  Gineyrini, 
mentre  quest1  anno  rimasero  intirizziti  nella  temperatura  glaciale  dei  Ber- 
nesi.  Poco  piu  di  100  aftluirono  dall'estero  al  demagogico  convegno.  Gli 
Svizzeri,  scandalizzati  una  volta  da  tante  esorbitanze,  appena  Yi  fecero 
capolino;  gli  uditori  pochissimi.  Se  non  fossero  stati  i  giornali  amettere 
in  rilievo  il  fatto,  la  popolazione  svizzera  in  generale,  ed  in  ispecie  quella 
di  Berna,  sarebbesi  detta  ignara  di  quanto  aweniva  intorno  e  in  mezzo 
ad  essa,  tale  e  tanta  fu  la  ripugnante  apatia,  onde  i  novatori  della  dema- 
gogia  andarono  del  continue  circondati.  Anche  le  autorita  s'appalesarono 
tutt'altro  che  benigne  agli  ospiti,  giacche  il  Consiglio  federale  ricuso  di 
mettere  a  disposizione  dei  congregandi  le  sale  dei  supremi  Consigli  della 
Confederazione ;  ed  il  Municipio  di  Berna,  a  cui  era  stato  chiesto  di  con- 
cedere ,  per  aula  di  sessione  degli  uomini  della  Lega,  la  chiesa  prote- 
stante  francese,  motivo  il  rifiuto  dai  baccanali  di  Ginevra  e  dal  carattire 
anti-cristiano  che  assunse  il  primo  Congresso.  Questa  e  storia  pura  e 
pretta,  che  fa  molto  onore  al  buon  senso  ed  allo  spirito  religioso  della 
grande  maggioranza  del  popolo  svizzero.  L1  orpello  della  professione  re- 
pubblicana  non  giova  ad  arreticare  uomini  che  sanno  distinguere  il  nero 
dal  bianco,  il  male  dal  bene,  e  che  vogliono  ordine  e  liberta,  senza  licen- 
za  e  senza  tirannia.  Forse  nessun  paese  monarchico  d'Europa  avrebbe 
saputo  dare  si  belle  e  franche  lezioni  ai  pretesi  rigeneratori  della  societa. 


CONTEMPORANEA  509 

2.  Ma  e  dover  mio  di  accennarvi  almeno  le  principal!  risoluzioni  uscite 
in  qualche  modo  dalla  torbida  marea  di  questo  secondo  Congresso.  Fu 
risoluto  anzi  tutto,  che  gli  eserciti  stanziali  sono  incompatibili  colla 
pace  e  colla  liberta,  e  quindi  si  abbiano  ad  usare  tutti  i  mezzi  legitiimi 
(sic!)  per  impedire  o  far  riuscire  a  male  una  guerra  intrapresa  contro  il 
talento  dei  caporioni  della  Lega.  Si  e  Toluto  parlare  espressamente  di 
soli  mezzi  legitiimi  per  escludere  Tidea  delPassassinio  politico,  e  ci  voile 
tutta  la  prudente  rettorica  degli  infarinati  della  setta  per  indurre  la  poco 
docile  maggioranza  a  riconoscere  la  convenienza  di  celare  taluna  idea  di 
troppo  siuistro  effetto.  Gli  eserciti  stanziali  devono  cedere  il  posto  ai  po- 
polari,  perche  in  tal  guisa  la  demagogia  puo  attuare  piu  agevolmentc  i 
proprii  divisamenti. 

Dopo  aver  gettati  in  disparte  gli  eserciti  permanenti,  che  s'ha  egli  a 
fare?  Naturalmente  bisogna  scatenar  le  plebi  piu  irriflessive  e  corrotte 
e  aizzarle  alia  conquista  della  eguaglianza.  Quindi  si  spalanchino  le  portc 
al  socialismo,  al  conumismo,  alVanarchia,  iinche  la  via  rimanga  sgombra 
d'ogni  ostacolo  ai  tribimi  della  rivoluzione.  Qucsta  e  app-unto  la  teorica 
delle  pratiche  usate  sempre  dai  nemici  dell'ordine  sociale,  per  farsi  sga- 
bello  a  salir  sublime,  e  ormai  li  abbiamo  visti  tante  volte  alia  prova.  Ed 
appunto  in  questo  senso,  quantunque  un  tantino  velato,  sonosi  pronun- 
ciati  i  demagoghi  del  secondo  Congresso. 

Ora  viene  il  meglio,  o  diro  piu  rettamente,  il  peggio.  Affinche  la  so- 
cieta  e  la  famiglia,  spezzato  ogni  freno  salutare  e  tolta  qua!s;asi  vigoria 
al  cardinale  principle  di  autorita,  abbiano  a  viepiu  scompaginarsi  edis- 
solversi,  fa  mestieri  toglier  di  mezzo  il  sentimento  religioso.  Laonde  i 
congregati  in  Berna  hanno  deliberato,  che  nessun  culto  venga  officialmcn- 
te  riconosciuto;  che  siano  annullati  i  concordati  colla  Santa  Sede;  che  nes- 
suna  spesa  per  il  culto  non  apparisca  piu  nel  bilancio  dello  Stato ;  che 
I1  insegnaincnto  religioso  sia  interdetto  nelle  pubbliche  scuole;  e  che  si 
abbia  a  protestare  contro  la  conservazione  del  potere  temporale  della 
Chiesa  c  contro  ttntervento  dei  potentati  a  favore  del  Papa.  Se  dovessi 
riferiivi,  anche  soltanto  per  sommi  capi,  gli  strafalc'oni  che  risuonarono 
sulle  labbra  di  quest!  sedicenti  amici  della  pace  e  della  liberta,  correrei 
il  rischio  di  tessere  un  lungo  articolo  in  vcce  di  una  corrispondenza.  Mi 
bastera  assicurarvi,  che  si  propose  addirittura  di  far  guerra  a  morte  a 
qualsiasi  rcligione  ed  a  qualsivoglia  credenza  in  Dio,  e  che  se  questa  pro- 
posizione  troppo  chiara  ed  aperta  non  incontro  Tapparente  appoggio  del- 
la  maggioranza,  se  ne  deve  ascrivere  il  merito  ad  alcuni  oratori  svizzeri, 
i  qnali,  benche  radicalissimi,  combatterono  arditamente  cotanta  empieta. 
Queste  irreligiose  sbuft'ate  dei  campioni  della  Lega  hanno  finite  d'indi- 
spettire  la  popolazione  della  citta  federale;  ed  a  buon  diritto  un  mio  amice 
ebbe  a  scrivere  in  un  giornale,  che  la  Svizzera  puo  ben  essere  Fospcdalc, 
ma  non  la  villeggiatura  dei  matti.  Tanto  piu,  soggiungo  io,  che  questi 


510  CRONACA 

sono  matti  che  vorrebbero  far  diventar  tali  gli  altri,  e  convertire  in  un 
maiiiconiio  il  gemino  emisfero. 

Questo  rapido  cermo  delle  precipue  deliberazioni  del  secondo  Con- 
gresso  della  Leg  a  della  Pace  e  delta  Libertd  basta  a  far  comprendere  a 
quali  firncsti  e  scellerati  principii  s'inspirino  coloro  che  ne  fan  parte  o  ne 
desiderano  Tincremento;  e  al  tempo  stesso  vale  a  sopperire  alia  brevita 
delle  annotazioni,  ch'io  ho  stimato  necessario  di  raccogliere  per  sommini- 
strarne  notizia  ai  vostri  lettori.  I  popoli  dovrebbero  capire  una  volia  a 
quale  abisso  mettan  capo  le  perverse  dottrine  della  demagogia  cosmopo- 
lita,  e  qual  miserando  avvenire  sia  riservato  a  quelli  che  le  accettano  e 
ne  imprendono  Tattuazione. 

3.  La  chiusura  del  secondo  Congresso  della  Framassoneria  dei  due 
mondi  ando  sventuratamente  accompagnata  da  grandi  e  terribili  allu- 
vioni,  che  menarono  strage  e  rovina  segnatamente  nei  canloni  del  Tici- 
no,  di  S.  Gallo,  dei  Grigioni,  del  Vallese  e  d'Uri.  Fatalissima  e  funerea  fu 
in  ispecial  modo  la  notte  sopra  il  28  di  Settembre,  nella  quale  un  diluvio 
di  pioggia  si  rovesci6  su  questa  parte  della  Svizzera,  gonfiando  orrenda- 
mente  i  fiumi  ed  i  torrenti,  e  staccando  dalle  montagne  enormi  frane.  E 
impossibile  formarsi  da  lungi  un'adequata  idea  dell1  immensa  sciagura  ar- 
recata  a  codesti  luoghi  dalHmperversare  degli  elementi.  Piu  di  70  sono  le 
vittime  umane  di  tanta  catastrofe,  52  delle  quali  nel  solo  cantone  del  Tici- 
no.  Quanti  guasti  e  danni  poi  abbiano  apportato  al  pubblico  patrimonio  ed 
ai  privati  lefuriose  e  rigurgitanti  piene  del  Rodano,  del  Reno,  della  Tami- 
na,  della  Reuss,  del  Ticino,  del  Brenno,  della  Verzasca,  della  Maggia,  dei 
torrenti  che  gia  esistevano  prima  e  di  quelli  che  in  tanto  diluvio  s'improv- 
visarono  per  ogni  dove,  e  dei  laghi  adiacenti,  torna  vano  per  ora  di  rile- 
vare,  che  sono  e  resteranno  forse  incalcolabili.  lo  penso,  secondo  alcune 
informazioni  approssimative  attinte  a  sicura  fonte,  che  la  voracita  delle 
acque,  oltre  a  tante  vittime  umane,  abbia  ingoiato  non  meno  di  dodici 
milioni  di  franchi  ai  privati  ed  ai  cantoni  che  ne  furono  percossi.  La  de- 
solazione  piu  straziante  s'impadroni  degli  animi,  poiche  non  si  ricorda 
che  simile  infortunio  abbia  colpito  mai  le  nostre  contrade.  Le  piogge 
eominciarono  il  13  di  Settembre  e  continuarono,  quasi  senza  interruzio- 
ne,  fino  al  9  di  Ottobre:  nva  il  27  e  28  di  Settembre,  ed  il  3  e  4  di 
Ottobre  era  un  vero  diluvio  che  piombava  su  quelle  miserande  vallate, 
e  non  v'e  immaginazione  umana  che  giunga  ad  escogitare  il  mortale 
sbigottimento,  ond'  erano  invasi  in  que'giorni  ed  in  quelle  notti  terri- 
bili tanti  poveri  nostri  concittadini.  Ora  procedesi  con  nobile  gara  a 
venire  in  sollievo  di  si  immane  sciagura,  e  le  autorita  ed  i  privati  si 
adoprano  con  ogni  sforzo  per  sopperire  almeno  in  parte  a  danni  co- 
tanto  enormi.  In  Isvizzera,  piu  che  in  qualunque  altro  paese,  la  carita 
e  una  virtu  religiosa  e  divina  profondamente  radicata,  e  vi  accerto  che 
sara  fatto  quanto  umanamente  si  pu6  per  rendere  meno  aspra  e  crudele 


CONTEMPORANEA  511 

questa  grande  calamita.  II  clero  si  e  posto  risolutamente  a  capo  di 
un'  opera  si  degna  del  proprio  ministero,  e  da  per  tutto  da  splendido 
esempio  di  cristiana  carita  e  e  di  patriottica  abnegazione. 

4.  Ora  sono  a  darvi  una  lieta  novella,  e  cio  ch'e  meglio,  ye  la  reco 
dal  can  tone  quasi  esclusivamente  protestante  di  Zurigo.  II  radicalismo 
dottrinario,  fratello  carnale  del  moderantismo  italiano,  teneva  da  molti 
anni  le  redini  del  Governo  di  questo  cantone ;  ma  alia  fine  il  popolo  se 
ne  appaleso  stanco  e  riusci  a  dichiararsi  con  rilevantissima  pluralita  di 
suffragi  per  una  riforma  della  Costituzione  a  profitto  maggiore  delle  po- 
polari  liber  ta.  La  Costituente,  a  cui  era  stato  affidato  il  c6mpito  di  alle- 
stire  il  nuovo  scbema  costituzionale,  nella  tornata  dej,7  di  Settembre  si 
fece  a  ventilare  la  quistione  del  matrimonio  civile  obbligatorio,  propo- 
sto  da  alcuni  corifei  radicali,  e  favorito  a  spada  tratta  dalla  maggio- 
ranza  degli  ecclesiastic!  protestanti.  La  discussione  fu  viva  ed  anima- 
ta,  ma  il  principio  cristiano  del  matrimonio  riportft  un  segnalatissimo 
trionfo.  A  vergogna  di  tanti  deputati  e  governanti  cattolici,  la  Costituen- 
te del  cantone  protestante  di  Zurigo  decise,  con  ben  132  voti  contro  so- 
li 57, che i  cittadini  non  fossero  obbligati  a  contrarre  il  matrimonio  nelle 
forme  civili.  Questo  memorando  verdetto  ridonda  di  sommo  onore  e  alia 
Costituente  che  T  ha  pronunciato,  ed  alia  quasi  universalita  del  popolo 
zurigano  cbe  lo  preparo  colla  ferma  sua  avversione  al  matrimonio  civile, 
non  appena  s'addiede  che  almeno  sarebbe  stato  proposto  in  seno  alia 
Costituente. 

5.  Nel  cantone  di  Ginevra  poi  la  quistione  religiosa  sorse  sotto  un'al- 
tro  aspetto.  Saprete  che  Papa  Pio  IX,  gia  da  qualche  anno,  ha  nomina- 
to  T  illustre  abate  Gaspare  Mermillod  Vescovo  in  partibus  di  Hebron  ed 
ausiliare  di  mons  Stfefano  Marilley,  vescovo  di  Losanna  e  Ginevra,  resi- 
dente  in  Friborgo.  Ora  questa  nomina  e  le  attribuzioni  conferite  piu 
tardi  air  insigne  prelato  ginevrino  urtarono  alquanto  i  nervi  dei  'cal- 
vinisti  puritani  di  Ginevra,  fanaticissimi  delle  hro  opinioni  religiose  e 
assai  poco  tolleranti  delle  dottrine  cattoliche.  Alcuni  Deputati  di  questa 
Jega  colsero  pertanto  il  destro,  che  si  discuteva  nel  gran  Consiglio  Tam- 
ministrazione  tenuta  dal  Consiglio  di  Stato  nelPanno  1867,  per  solleva- 
re  cavilli  contro  la  ricognizione  per  parte  del  potere  civile  della  digni- 
ta  epis  -opale  di  cui  venue  insignito  mons.  Mermillod,  protestando  per- 
che  il  sommo  Ponteiice  senza  chiederne  licenza  a  questi  barbassori, 
avesse  ardito  erigere  proprio  nella  Roma  protestante  una  Sede  episco- 
pale  cattolica.  Questo  delicato  argomento  fu  trattato  a  lungo  nelle  tor- 
nate  legislative  del  3  e  del  9  di  Settembre ;  gli  antichi  partiti  politici 
scomparvero  al  cospetto  della  quistione  religiosa  e  designaronsi  di  botto 
in  nuove  falangi ;  di  ambo  i  lati  vennero  esposte  con  vivacita,  e  talora 
con  impeto  poco  decoroso,  le  reciproche  ragioni ;  che  i  deputati  prote- 
stanti lasciaronsi  di  quando  in  quando  acciecare  dai  loro  pregiudizii. 


512  CRONACA  CONTEMPORANEA 

Da  ultimo  intcrvenne  a  comporre  la  contestazione  ed  a  scdare  gli  animi 
il  Consiglio  di  Stato,  nel  quale  siedono  uomini  di  temperate  tenderize 
e  di  ragionevoli  propositi,  e  questo  intervento  giovo  a  cansare  che  nel 
cantone  di  Ginevra  s'  avesse  a  riaccendere  una  lotta  confessionale.  L'in- 
cidente  fa  esaurito  senza  risoluzione  di  sorta.  Ma  non  cremate  pero  che 
la  quistione  sia  sepolta:  essa  riapparira  la  dimane  delle  elezioni  del 
Deputati  al  gran  Consiglio,  che  compirannosi  il  15  di  Novembre.  Parmi 
che  questa  volta,  piu  che  altra  mai,  cattolici  e  protestanti  si  schiere- 
ranno  piu  decisamente  di  fronte,  ponendo  in  seconda  considerazione  le 
politiche  discrepanze.  Ed  io  stimo  che  se  i  cattolici  si  mettono  all1  ope- 
ra da  senno,  verra  lor  fatto  di  fugare  dalla  mente  .dei  puritani  calvini- 
sti  qualsiasi  idea  di  ostilita  e  d'intolleranza. 

6.  Giacche  ho  toccato  di  quistioni  diocesane,  reputo  conveniente  di 
richiamare  anche  quella  che  pende  da  oltre  nove  anni  nel  cantone  Ti- 
cino. Saprete  che  TAssemblea  federale,  col  decreto  15,  22  Luglio  1859, 
dichiaro  soppressa  ogni  giurisdizione  episcopale  estesa  sid  territorio  sviz- 
zero,  os?ia  la  separazione  meramente  civile  del  cantone  Ticino  e  dei  Co- 
muni  di  Brusio  e  Poschiavo  nei  Grigioni  dalle  diocesi  di  Como  e  di  Mi- 
lano.  Le  trattative  avviatesi  poscia  tra  i  delegati  federali  e  I1  Incaricato 
d'affari  pontificio,  trattative  nondimeno  assai  irte  di  difficolta  e  cospar- 
se  di  incresciosi  incident],  non  condussero  ad  altro,  se  non  che  a  conve- 
nire  di  premettere  alle  ulteriori  pratiche  colla  Santa  Sede  la  liquida- 
zione  delle  mutue  pretese  della  Svizzera  e  dell1  Italia  per  rispetto  al  ri- 
parto  dei  beni  diocesani.  Questa  defmizione  relativa  alia  parte  materiale 
della  separazione  aveva  luogo  iin  dal  30  Novembre  1862,  merce  una 
convenzionea  Torino  tra  i  commissarii  svizzeri  e  italiani.  Altre  question! 
rimaste  indecise  erano  poi  assestate  negli  ultimi  iHesi  dello  scorso  an- 
no. II  sig.  Pedrazzini,  uno  dei  Deputati  del  Ticino  al  Consiglio  nazio- 
nale  svizzero,  e  per  fermo  il  migliore,  nella  passata  sessione  legisla- 
tiva  di  Luglio  espose  diverse  considerazioni  sulla  anormale  situazione 
dei  cattolici  ticinesi  per  riguardo  ai  loro  rapporti  diocesani;  e  prego  il 
Consiglio  federale  di  sollecitare  lo  scioglimento  anche  della  parte  mo- 
rale e  spirituale  di  questa  modificazione  diocesana.  II  Consiglio  federale 
ha  promesso  di  prendersi  a  petto  questa  faccenda,  ma  sino  ad  oggi  non 
ha  manifestato  alcun  segno  di  darsene  pensiero.  Ecco  pertanto  il  cat- 
tolico  Ticino  civilmente  segregate  dalle  diocesi  lombarde,  senz'averne 
costituita  una  propria  od  essere  stato  annesso  ad  altro  vescovado  sviz- 
zero, ma  spiritualmente  e  moralmente  ancor  congiunto  di  diritto  e  di 
fatto  colle  antiche  Curie,  colle  quali.sotto  gli  occhi  e  I1  inevitable  in- 
differenza  delle  autorita  politiche,  non  ha  cessato  mai  di  tenersi  vinco- 
lato.  Altrimenti  che  ne  sarebbe?  In  ogni  modo  pero  questa  condizione 
di  cose  non  puo  a  lungo  mantenersi ;  e,  se  non  altro,  il  decoro  stesso 
della  Svizzera  esige  che  addivengasi  ad  un  componimento  con  Roma 
c  ad  un  definitive  assetto  della  quistione  diocesana  ticinese. 


LA  STAMPA  LIBERA 

ED 

IL  LIBERALISMO  IN  ITALIA 


I. 


fi  condizione  della  verita  in  questo  mondo,  che  ella  non  possa  a 
lungo  sostener  guerra,  senza  che  i  suoi  nemici,  pur  impugnando- 
la,  mal  loro  grado  non  le  rendano  omaggio.  Ecco  anni  ben  molti 
che  il  liberalismo  combatte  alia  disperata  contro  T  autorita,  si  reli- 
giosa  come  politica,  in  pro  della  pubblica  e  piena  liberta  della 
stampa;  che  a  quest' autorita  nega  il  dirilto  di  opporvisi,  perocche,  a 
detta  sua,  la  libera  stampa  e  costitutivo  essenziale  di  civile  prosperi- 
ta;  che  congiura  e  demolisce  troni  per  conquistarla,  o  versa  il  sangue 
dei  popoli  e  soqquadra  le  nazioni  per  mantenerla.  Indarno  il  piu  ve- 
nerando  di  tutti  gli  oracoli,  quello  del  Yaticano,  ha  sfolgorata  solen- 
nemente  una  tale  enormezza,  e  defmitala  liberta  funesta,  liberla  de- 
testabile,  liberta  di  perdizione,  delirio  e  strumento  di  popolare  cor- 
i-uttela  1.  Indarno  sapienti  uomini,  fiiosofi  e  pubblicisti,  hanno  di- 
mostrate ,  a  voce  e  in  iscritto ,  ragionevolissime  per  ogni  titolo 
queste  condannazioni ;  provando  eziandio  con  I'argomento  dei  fatti, 
che  la  libera  stampa  conduce  diritto  alia  discordia  religiosa,  alia 

1  Enciclica  Mirari  di  Papa  Grcgorio  XVI,  15  Agosto  1832;  Enciclica  Quan- 
ta cnra  di  Papa  Pio  IX,  8  Decembre  1864,  e  Sillabo  amiessovi.  Prop.  LXXIX. 
Serie  VII,  vol.  IV,  fasc.  449.  33  21  Novemlre  1868. 


SI  4  LA  STAMPA  L1BER1 

sovversione  degli  Stall,  alia  inquietezza  delle  famiglie,  al  perverti- 
niento  degli  spiriti,  al  trionfo  del  mal  costume,  al  dissolvimento 
deirunita  sociale  in  tutti  i  suoi  gradi. 

Tra  i  campioni  e  i  seguaci  del  liberalismo,  gli  empii  si  sono  con- 
tentati  di  sprezzare  con  dileggi  e  con  improperii  gli  oracoli  ponti- 
ficii :  i  meno  empii  o  i  milensi  son  ricorsi  ai  soliti  sutlei  fugii ,  di 
interesse  proprio  che  moveva  la  Chiesa  e  il  suo  Capo  a  bandirc 
quelle  condanne,  di  ambizioni  di  casta,  di  rancidumi  scolastici,  di 
ignoranza  dei tempi,  di  cabale ,  di  raggiri  e  dite  \oi.  Ai  savii  poi, 
i  quali  valorosamente  son  venuli  propugnando  quest!  oracoli,  ed  il- 
lustrandoli  con  dollrina  pari  all'evidenza,  si  e  risposto  in  generate 
beffandoli  semplicemente  di  fanatici,  di  reazionarii,  di  odiatori  del- 
la  bella  luce  moderna  e  nulla  piu.  I  loro  argomenli  pero  stanno  11 
fermi,  intatli,  ed  aspettano  ancora  una  confutazione  che  li  invalidi. 

Or  bene,  il  liberalismo,  se  non  nel  campo  delle  leorie,  che  e  itn- 
possibile,  nel  campo  della  pralica  ha  finalmente  \inta  la  sua  causa. 
Egli  regge  ora  e  governa  piu  che  mezza  Europa  co'  suoi  principii  e 
colle  sue  liherta.  Nell'  Italia  segnalamenle  esso  e,  non  che  domina- 
tore,  ma  despota  assolutissimo  di  tulta  la  pubblica  cosa :  e  quindi 
il  regno  della  libera  slampa  \i  e  da  nove  anni  tanto  florido,  quanta 
forse  per  lo  passato  sarebbe  parsa  follia  il  sognaiselo. 

IL 

Ma  quali  ne  sono  stall  finora  gli  effetti  ?  Se  noi  li  volessimo  dc- 
scriTere,  basterebbe  che  andassimo  a  rovistare  nei  nostri  quaderni 
di  dodici,  di  quindici,  di  diciollo  anni  addieti-o,  quando,  dal  Piemon- 
te  in  fuori,  niuu* ultra  contrada  della  Penisola  era  dotata  di  libera 
stampa,  e  ricopiassimo  a  verbo  le  conseguenze,  che  prenunciava- 
mo  necessarie,  infallibili  a  seguire,  ove  questa  si  fosse  intronizzata 
per  tutto  corne  nel  Picmonle.  E  le  anlivedevamo  cei  le  ed  inevita- 
bili,  come  dalle  radici  si  antivede  il  rarno,  dal  ramo  il  fiore,  dal 
fiore  il  fiulto  della  pianta.  Senonche  in  luogo  nostro  si  sono  presa 
cura  di  fame  assai  naturali  desci  izioni  i  fogli  appunto  di  quel  par- 
Uto,  che  mosse  cielo  e  terra  per  arricchire  tulta  Italia  della  pre- 


ED  IL  LIBERALISED  IN  ITALIA 

ziosa  liberta  di  stampa,  die  fu  autore  del  suo  presente  slato  morale, 
politico,  religioso,  che  ne  tiene  in  pugno  le  sorti  e  le  rendile,  e  go- 
de  fama  d'  essere  la  quintessenza  del  liberalismo  piu  railinato. 

Chi  uelle  ultime  setlimane  ha  corsi  alcun  poco  i  suoi  giornaii, 
che  sono  i  cosi  delti  «  ufficiosi  »  e  «  moderati  »,  puo  agevolme/ite 
ricordarsi  dei  quadri  a  negrofumo  che  vi  s'  incontrano  denlro,  e  dei 
commentaii  lacrimosi  che  li  accompjgnano,  tutti  a  proposito  della 
libera  stampa,  e  dei  gravi  danni  che  causa,  per  colpa  dei  liberal! 
democralici  ed  «  immoderati  ».  Noi,  dato  di  piglio  a  quello  degli 
ufficiosi  che  ci  era  piu  all?i  mano,  ed  6  \'0pinione  di  Firenze,  ca- 
nuta  ancella  di  questa  regina  di  tulle  le  liberta,  vi  abbiamo  subito 
trovato  piu  di  cio  che  desideravamo.  Ne  giudichi  il  leltore. 

La  Perseveranza  di  Milano,  si*a  giovane  consorella,  essendosi 
fatto  s°rivere  da  Firenze,  che  in  questa  citta  «  uno  spirito  conti  ario 
ad  ogni  civil  comunanza  si  comincia  ad  intiltrare  e  spargere,  per 
opera  di  una  stamp  i  indegna  che  vi  pullula  »;  YOpinione  ha  ere- 
dulo  di  dovere  aggiusfarle  il  latino  in  bocca,  insegnandole  «  che 
di  questa  stampa  indegna  ce  ne  ha  da  per  tutto  »,  non  che  solo  in 
Firenze.  Ed  ecco  in  qual  modo  glielo  ha  insegnato,  con  un  arlico- 
letlo  che  ha  per  tilolo :  Oli  eccessi  della  stampa. 

«  E  una  cospirazione  contro  il  senso  morale,  contro  le  leggi  del- 
lo  Stato,  contro  le  istituzioni  pati  ie.  Codesta  piaga  ora  si  e  eslesa 
come  un  morbo  epidemico  che  minaccia  la  sociela.  Che  v'  ha  di  ri- 
spetlato  e  sacro  per  Codesta  stampa?  La  persona  del  principe?  Lo 
Statuto?  L'  unita  nazionaie?  La  vita  privata  dei  ciltadini?...  Quao- 
do  la  licenza  ^  erelta  a  sislema,  quando  pulluk  ovunque  una  stam- 
pa mi  nuta,  una  stampa  periodica  con  caricature  sconce  ed  osccne, 
quando  essa  spinge  il  suo  sguai  do  nel  santuario  della  famiglia, 
quando  assalla  con  unanimita  di  sforzi  i  principii  su  cui  s'  incaidina 
la  civil  comunanza,  quando  altacca  la  stessa  persona  del  Re,  quaft- 
do  al  popolino  poi  ge  quotidiane  Iczioni  di  disoncsla  e  di  mala- 
fede,  allora  trallasi  di  una  guerra  dichiarala  all'  onesla,  allo  Sta- 
lo,  alle  leggi.  E  impossibile  che,  diffondenclosi  in  un  paese  una 
stampa  siffalta,  non  fmisca  per  prevalere  uu  senso  volgare  ed  ab- 
bietto.  iNemica  dichiarata  d'ogni  nobile  sentimento,  d'  ogni  idea  ge- 


516  LA  STAMP  A  LIBERA 

nerosa,  d'  ogni  pensiero  elevato,  essa  si  studia  soprattulto  di  per- 
suader le  plebi,  die  in  Italia  tutti  sono  ladri;  fa  1' apologia  del  Gag- 
gino  e  1'apoteosi  delle  stangate,  trova  che  il  piu  infame  assassino 
condannato  al  capestro  e  meno  tristo  d'un  Ministro  del  Regno  d'  Ita- 
lia^e  siccome  fra  noi  il  numero  degl'  illetterali  e  molto  considere- 
vole,  per  istruirli  alia  sua  scuola,  ha  trovato  spediente  il  linguaggio 
figurato,  la  caricatura,  in  cui  la  rozzezza  del  disegno  risponde  quasi 
sempre  alia  bassezza  del  concetto.  Ci  accade  molte  yolte  di  trovare 
su  pei  muricciuoli  delle  caricature  che  sono  un  vitupero,  e  meltono 
ribrezzo  alle  persone  colte.  Ma  come  si  permettono?  La  legge 
della  stampa  stabilisce  che  i  disegni,  le  incision!,  le  caricature  si 
debbano  consegnare  al  fisco  yentiquattro  ore  prima  che  siano  espo- 
ste  o  raesse  in  circolazione...  Quanli  sono  solleciti  della  liberta, 
debbono  di  certo  inquietarsi  di  questa  lega  della  stampa  indegna 
contro  i  principii  fondamentali  dello  Stato  e  contro  il  buon  costume. 
Grande  e  il  numero  di  quelli  che  se  ne  disgustano,  e  sarebbero  in- 
different!  die  ai  giornali  si  meltesse  la  cuffia  del  silenzio,  perche 
vedono  non  piu  jrispeltata  la  famiglia  e  turbata  la  pace  domestica  e 
farsi  ricalti,  per  mezzo  dei  diarii  impudent],  che  sfidano  i  rigori 
della  legge,  impotenle  a  colpirli  1.  » 

III. 

Confessiamo  candidamente  che,  a  leggere  queste  fiere  e  sconsola- 
te  lagnanze,  ci  e  venuto  piu  presto  il  sorriso  alle  labbra  che  il  bri- 


1  V  Opinione  n.  293.  La  Nazione  di  Firenzepoi,  nel  suo  num.  323  dei 
18  Novembre  di  quest'  anno,  rinfranca  T  Opinione,  con  un  lungo  e  disperato 
articolo,  in  cul  prova  che  T «  abuso  della  stampa  » in  Italia  «  e  diventato  dav- 
vero  un  caso  patologico  ».  E  la  Perseveranza  di  Milano,  incollerita  deH'auto- 
rita  che  la  stampa  libera  dei  Permanenti  esercita  in  Torino  a  danno  dei  con- 
^Qrti  moderati,  soggiunge :  «  Se  vi  fosse  modo  che  col  danaro  pubblico  altii 
giornali  potessero  in  Torino  stesso  diminuirne  F  influenza ,  noi  lo  dichiariama 
apertamente,  mai  danaro  pubblico  sarebbe  stato  speso  meglio  ».  Quasi  che  il 
Governo  non  iscialacqui  anche  troppo  di  questo  danaro  pubblico,  per  com- 
perare  la  libera  stampa  dei  suoi  «  ufficiosi » ! 


ED  IL  LIBERALISMO  IN  ITALIA 

vido  al  cuore :  essendoche  vi  abbiamo  scorto  poco  meno  che  un  pla- 
gio  fatto  alle  penne  cattoliche,  le  quali  da  anni  ed  anni  son  ite  ri- 
petendo,  con  le  medesime  frasi,  i  medesimi  lamenli  cd  i  gridi  me- 
desimi  di  all'  erta,  che  manda  ora  si  dolentemente  1'  Opinione,  e 
seco  mandano  tutti  i  liberal!  del  color  suo. 

—  Dunque  ,  ne  abbiamo  inferito ,  anche  i  portavoce  del  piu 
schietto  liberalismo  italiano,  ammettono  tinalmente  per  vero,  chela 
liberta  della  stampa,  quale  si  e,  per  opera  sua,  introdotta  e  stabilita 
in  Italia,  si  riduce  effettivamente  ad  una  «  piaga  » /  ad  «  un  morbo 
epidemico  »,  ad  «  una  cospirazione  contro  il  senso  morale  »,  ad 
«  una  quotidiana  lezione  di  disonesta  e  di  malafede  » ,  ad  «  un  tur- 
bamento  della  pace  domestica  »,  ad  «  una  minaccia  della  societa  », 
ad  un  «  brigantaggio  »  che  «  fa  ricatti  »  di  nuovo  genere,  i  quali  «  la 
legge  e  impotente  a  colpire  » .  Lodato  il  cielo  !  Dunque  ancor  essi 
dovranno  riconoscere,  che  con  somma  ragione  e  previdenza  la  Chie- 
sa  ha  riprovato  questo  «  delirio  »  di  liberta,  e  mlminatolo  di  male- 
dizioni.  E  noi,  scrittori  cattolici  che  abbiamo  difese  queste  condan- 
nazioni  ecclesiastiche  ,  noi  percio  dai  liberali  schernili  quai  ciechi 
oscuratori  della  luce  moderna,  noi  altresi  riusciamo  da  essi  giusti- 
ficati;  e  possiamo  consolarci  di  a\ere  \isto  e  pre^isto  piu  chjaro,  di 
chi  ora  ci  toglie  in  prestito  perfin  le  frasi  biasimatrici  di  questa  si 
millantata  liberta.  Non  puo  negarsi :  codesta  e  una  bella  gloria  per 
le  encicliche  dei  Papi ;  una  grata  soddisfazione  pe'  loro  apologist!  I 

Questa  serie  di  conclusion!  e  dialettica,  e  noi  sfidiamo  qualsiasi 
de'  liberali  pensanti  coll'  Opinione,  a  coglierci  in  fallo  di  paralogi- 
smo.  Non  ignoriamo  che  il  piato  essendosi  acceso,  non  tra  cattolici 
e  liberali,  ma  tra  liberali  di  una  bandiera  e  liberali  di  un'altra,  noi 
non  possiamo  presumere  in  loro  quel  rispetto  alia  logica,  che  il  li- 
beralismo universalmente  misconosce.  Ma  fino  a  che  le  parole  del- 
Tumano  linguaggio  avranno  un  senso,  le  sopra  riferile  dell'  Opi- 
nione  significheranno  sempre,  che  la  liberta  della  stampa  in  Italia 
si  e  convertita  di  fatto  in  una  «  piaga  » ,  in  un  «  morbo  epidemico  » , 
in  un  «  brigantaggio  »  sociale  de'  piu  tremendi.  E  tanto  a  noi  basta 
per  1'onore  della  verita,  promulgate  si  limpidamente  dalla  Chiesa 
cattolica. 


318  LA  STAMPA  LIBERA 

Per  quell o  poi  eke  spetta  alia  controversia,  direm  cosi,  dome- 
stica  tra  i  liberali  moderati  e  i  liberali  immoderati,  circa  «  gli  ec- 
€essi  della  libera  stampa  »,  noi  ci  limiteremo  ad  osseivare  sempli- 
eissiinamente,  che  i  moderati  \iolano  tulle  le  leggi  dtl  buon  discor- 
so,  menlre,  con  aperta  contraddizione,  pretendono  di  conservare  il 
principle  moderno  della  liberla  di  stampa,  e  insieme  di  rifiutarne 
le  piu  genuine  conseguenze.^  La  quale  contraddizione  torna  a  no- 
vello  confermamento  della  dottrina  cattolica,  ed  a  nobile  conforto 
de'  suoi  ossequiosi  propugnatori. 

IV. 

Qual  e  il  fondamento  sopra  cui  poggia  tutto  il  sistema  liberale- 
sco,  riguardo  alia  pubblica  stampa?  L'abbiamo  esposto  altre  voile: 
e  il  pdncipio  prolestante,  risolventesi  nella  plena  indipendenza  della 
ragione  individuale.  Ammesso  questo  piincipio,  i  lilosofi  del  libera* 
lismo  la  discorrono  in  questa  forma.  —  La  ragione  dell'  uomo  non 
soggiaee  ad  aulorila  di  \eruna  specie:  dunque  ognuno  e  libero  di 
pensare  cio  che  piu  gli  lalenta.  Ma  la  parola,  ossia  scritta,  ossia  figu- 
rata,  ossia  proferita  non  e  se  non  la  significazione  del  pensiero :  dun- 
que tanto  questa  pirola  dev'  esser  libera,  quanto  libeio  e  il  pensiero. 
N^  T  autorita  o  la  legge  hanno  diritlo  di  i  istringere  una  liberta  cosi 
fatta  negli  uomini  associati ;  poich6  1'  uomo  assuciandosi  non  puo  e 
non  deve  mai  cedere  la  indipendenza  della  sua  ragione.  Dunque  nel- 
la societa  e  libero  ad  ogni  individuo  il  pubblicare  liberamente  colla 
stampa  i  proprii  pensieri. 

Questo  e  soslanzialmente  il  processo  logico  col  quale,  dal  falso 
supposto  della  piena  indipendenza  della  ragione,  i  doltori  del  li- 
beralismo  sono  venuti  deducendo  il  nuovo  diritto  in  ciascun  ciltadi- 
no,  diritto  inaudito  ai  maggiori  noslri  anche  pagani,  di  far  pubblici 
con  ogni  liberta  i  proprii  concetti. 

La  comune  dei  liberali  non  guarda  tanto  p2r  le  soltili,  ne  punto 
si  briga  di  sapere  1'origine  razionale  di  questo  diritto,  conferito  ad 
essi  dai  loro  capiscuola.  Bista  loro  la  deduzione  ultima,  che  hanno 
sretta  a  domma  del  loro  simbolo,  ed  a  postulate  della  loro  giuris- 


ED  IL  LIBERALISMO  IN  ITALIA  510 

prudenza :  doe  che,  per  naturale  diritto,  la  parola  e  la  stampa  de- 
vono  a  ciascuno  cssere  liberissime. 

Posto  cio,  a  che  mirano  i  liberali  moderati,  quando  si  sfogano 
cosi  acerbamente,  come  ha  fatto  1'  Opinions,  contro  «  gli  eccessi >; 
della  libera  stampa  ?  Ad  annichilare  forse  il  principle ,  ad  aboliro 
1'uso  e  a  distruggere  1'  istituzione  di  questa  liberta?  Mai  no:  ch& 
intal  caso  cesserebbero  di  essere  liberali,  e  rinnegherebbero  il  loro 
Credo.  Mirano  dunque  evidentementc  a  sconfiggere  solo  1' abuso. 
Di  fatto  \' Opinions j  nell'  arlicolo  suddetto,  predica  «  per  un  bene  » 
la  liberta  della  stampa,  e  la  denomina  «  guarentigia  la  piu  sicura 
del  libero  stato,  e  freno  il  piu  possente  all'  arbitrio  ed  alia  prevari- 
cazione  *.  E  perche  non  si  dubiti  della  mente  sua  e  de'  suoi ,  ribat- 
te  il  chiodo,  con  asserire  magistralmente:  che  «  tutte  le  idee  c 
tutte  le  utopie  debbono  poter  esser  esternate,  sostenute  e  difese  ». 

La  cosa  e  manifesta.  Si  esalta  V  uso  e  si  impreca  all'  abuso  :  si 
inciela  la  liberta  e  si  scomunica  la  licenza.  11  male  pero  e,  che  i  ter- 
mini medesimi  con  cui  qui  si  defmiscono  la  pratica  deir  uso  e  la 
libeita,  inchiudono  necessariamente  la  pratica  dell' abuso  e  la  licen- 
za; e  che  quindi  gonerano  una  ridicola  contraddizione.  Si  vuole  un 
fuoco,  ma  che  non  bruci:  si  \uole  una  peste,  ma  che  non  ammorbi: 
si  vuole  un  tossico,  ma  che  non  avveleni. 

Si  vegga,  anzi  si  tocchi  con  mano.  In  che  consistono,  di  grazia, 
gli  abusi  della  stampa,  a  cui  esterminio  tona  cosi  i  omorosamente 
il  liberalismo  moderalo  d' Italia?  In  questo,  che  rimmoderalo  se 
ne  serve  per  eccitare  vili  passioni,  per  corrompei  e  la  plebe,  per 
congiurare  ai  danni  di  ogni  ordine,  e  per  infamare  il  Governo,  il 
Re  e  i  suoi  Ministri.  Ma  com'  e  possibile  che  la  stampa  non  pro- 
rompa  in  questi  abusi,  d<Uo  che  ognuno  debba  esser  libero  d'usar- 
ne  ad  esternare,  a  sostenere,  a  difendere  tutte  le  idee  e  tutte  le  uto- 
pie che  gli  bollono  nel  cervello? 

Prendete  una  societa  infetla,  com'e  presentemente  la  italiana,  da 
uomini  di  parti  diverse  e  avverse,  per  religione,  per  politica,  per 
intei  essi :  concedete  che  tutte  le  idee  e  tutte  le  utopie  vi  si  deb~ 
bono  giuridicamente  poter  esternare,  sostenere  e  difendere  alia  li- 
bera con  la  stampa;  e  poi  diteci  con  quale  miracolo  si  eviteranno 


520  LA  STAMPA  LIBERA 

gli  eccessi  di  ogni  sorta.  Se  I'uso  giuridico  porta  cio,  dunque  chi 
ha  le  idee  e  le  utopie  dei  repubblicani,  potra  sostenere  e  difende- 
re,  contro  il  Re  eletlo  dai  vostri  plebisciti,  la  repubblica  di  Giu- 
seppe Mazzini :  chi  ha  quelle  dei  socialist!,  potra  sostenere  e  di- 
fendere,  conlro  il  decalogo  ed  il  codice,  che  la  proprieta  e  un  fur- 
to  :  chi  ha  quelle  dei  comunisti,  potra  sostenere  e  difendere,  con- 
tro il  senso  della  natura,  che  il  matrimonio  e  un  servaggio,  che 
1'autorita  e  una  tirannide,  che  la  famiglia  medesima  e  un  assurdo  : 
chi  ha  quelle  degli  atei  o  degli  epicurei,  potra  sostenere  e  di  fen- 
der e,  contro  i  dettami  della  coscienza,  che  il  culto  di  Dio  e  una 
menzogna,  la  differenza  tra  vizio  e  virtu  e  un  inganno,  le  regole 
piu  ovvie  della  morale  sono  un  trovato  degl'  ipocriti. 

—  Codeste  sono  infamie!  sclamerete  \oi;  sono  orribilita  che  met- 
tono  raccapriccio ! 

— •  Yerissimo,  pur  troppo!  Ma  sono  idee:  ed  ammesso,  corae  lo 
ammettete  voi,  che  tutte  debbansi  poter  sostenere  e  di  fender  e,  avete 
gran  torto  a  lagnarvi  che  dagli  scapestrati  si  sostengano  e  si  difen- 
dano.  Se  ammettete  il  principio,  per  che  ne  ributlate  le  conseguenze? 
Se  ributtate  le  conseguenze,  perche  ne  ammettete  il  principio?  Dalle 
morse  di  queste  tanaglie  non  vi  e  scampo.  La  logica  e  inesorabile 
quanto  la  niorte :  e,  lo  sentite,  essa  vi  strozza. 

V. 

Ne  qui  terminano  le  contraddizioni.  Yi  e  quella  della  censura 
preventiva,  cui  i  liberali  hanno  sottoposto  il  linguaggio  figurato. 
«  La  legge  della  stampa,  scrive  I'Opinione,  stabilisce  che  i  disegni, 
le  incisioni,  le  caricature  si  debbano  consegnare  al  fisco  ventiquat- 
tro  ore  prima  che  siano  esposte  o  messe  in  circolazione.  » 

Notiamo  di  passata  essere  strana  cosa,  che  il  liberalismo  legi- 
slatore  abbia  eccettuata  dalla  comune  legge  di  liberta  una  istitu- 
zioiw,  qual  e  codesta  delle  caricature,  tutta  liberalesca  di  origine  e 
di  costume. 

Ma  senza  ci6,  una  tale  eccezione,  per  quanto  sia  in  se  commenda- 
bile ,  ove  debitamenle  si  osservi,  e  nondimeno  contradditoria  al 


ED  IL  LIBERALISMO  IN  ITALIA  521 

principle  informante  la  legge  della  liberta  di  stampa ,  ed  al  suo  lo- 
gico  svolgimento.  Contraddice  al  principio  della  legge:  poiche 
esclude  dalla  liberta  un  modo  di  esternare  le  idee,  il  quale  nel  con- 
cetto di  essa  liberta  e  naturalmente  compreso.  Contraddice  al  suo 
logico  svolgimento :  poiche  se  la  censura  preventiva  si  giudica  ne- 
cessaria  ad  impedire  i  mali  e  gli  scandali  della  lingua  figurata,  di 
paro  si  deve  giudicare  necessaria  altresi  ad  impedire  quelli  della 
lingua  alfabelica ;  correndo  tra  le  due  lingue  una  semplice  varieta 
accidentale,  ed  il  pericolo  dei  mali  e  degli  scandali  diversilicando 
a  pena  solo  di  grado,  non  di  specie. 

Periodic  la  buona  logica  richiede,  o  che  si  asserisca il  principio 
della  liberta  di  stampa  con  tutti  i  suoi  inseparabili  effetti ,  o  che  si 
neghi.  Ma  asserirlo  per  una  parte,  e  negarlo  per  un'  altra :  ma  ac- 
.cettare  per  legge  una  porzione  de'suoi  effetli,  e  ricusarne  similmente 
un'  altra :  ma  decretare  una  eccezione  per  le  idee  espresse  in  una 
forma,  ed  aborrirla  per  le  identiche  idee  espresse  in  un' altra,  e  ma- 
nifesta  contraddizione,  la  quale  addimostra  fallace  e  nocivo  tutto  il 
fondamento  di  questo  sistema  legale. 

0  sussiste  nei  cittadini  il  diritto  di  esternare  liberamente  tutte 
le  proprie  idee',  ed  allora  perche  ne  eccettuate  le  idee  in  figura? 
0  questo  diritto  non  sussiste;  ed  allora  perche  lo  promulgate? 

VI. 

Un'altra  niente  meno  mostruosa  contraddizione  risulta  dai  decre- 
ti  che  reprimon  gli  abusi  della  libera  stampa.  Come !  voi  liberali , 
per  tirare  i  popoli  dalla  vostra,  gridate  a  squarciagola  che,  se  a  voi 
si  rendono,  li  beatificherete  di  ogni  liberta,  e  soprattulto  di  quella  di 
stampa:  tostoche  ve  li  siete  soggiogati,  cominciate  a  mettere  innan- 
zi  i  loro  occhi,  scritto  a  lettere  di  scatola,  nei  vostri  Statuti ,  che  la 
stampa  e  libera;  ed  affinche  comprendano  chiaramente  il  significa- 
to  di  questa  liberta,  voi  stipendiate  giornali  e  giornalisti  che  inse- 
gnin  loro,  come  qualmente,  sotto  il  reggimento  a  libera  stampa, 
ogni  cittadino  ha  diritto  di  esternare,  sostenere  e  difendere  tutte 
le  idee  e  tutte  le  utopiefol  suo  cervello;  e  poi,  che  e  che  non  e? 


LA  STAMP  A  LIBER  A 

mscite  subito  fuori  coi  vostri  bei  decreti  repressivi  di  questa  accla- 
matissima  fra  le  liberta  ? 

—  Ma,  ragiona  il  popolo  col  suo  natural  scntimento,  se  vi  hanuo 
idee  ed  utopie  che  non  si  debbano  poter  esternare  e  difendere, 
senza  cadere  in  pena  di  multe  o  di  prigionie ;  perche  dunque  ci 
assordate  col  vostro  diritto  di  poter  tutto  esternare  e  difendere  ? 
E  se  questo  diritto  veramente  si  ha,  perche  ce  ne  impedite  1'  eser- 
cizio  colle  vostre  mulle  e  colle  vostre  prigionie? 

Che  possono  a  cio  rispondere  i  liberali  inventor!  del  diritto ,  au- 
tori  della  legge  di  liberta,  e  fabbricatori  dei  decreti  di  repressione? 
Una  delle  due.  0  rispondono  che  Y  esercizio  di  questa  liberta  non 
puo  essere  illimitalo,  senza  scapito  degli  ajtrui  diritti,  e  senza  ri- 
schio  di  tutto  1'ordine  sociale;  e  in  tal  caso  atterrano  da  cima  a 
fondo  il  preteso  dirilto,  ossia  il  principle  su  cui  riposa  la  legge  di 
libera  stampa.  0  rispondono  die  certamente  il  diritto  ci  e  e  si  ha; 
«d  in  tal  caso  confessano  per  iniqui  i  lore  decreti  di  repressione. 
Quindi  o  e  vero  il  diritto ,  e  sono  ingiusti  i  decreti ;  o  sono  giusti  i 
decreti,  ed  e  falso  il  diritto. 

Del  resto,  si  desidera  un  argomento  estrinse.co,  ma  convincentis- 
simo,  della  contraddizione  che  regna  tra  il  principio  della  legge  di 
liberty  e  gli  articoli  del  codice  che  ne  legano  1' esercizio?  Si  guardi 
1'infmito  lavorio,  vera  tela  di  Penelope,  fatto  e  disfatto  dal  libera- 
lismo  governante  i  varii  Slati  d'Europa,  per  mellere  praticaraente 
d'accoi  do  quest!  due  termini,  liberta  e  repressione,  in  materia  di 
stampa.  Sono  ben  ottant'  anni,  die  il  mondo  assiste  allo  speltacolo 
di  leggi  proposte,  sancite,  emendate,  ricusate,  derogate,  abrogate, 
obliate,  risuscitate,  particolari  o  totali,  perpetue  o  temporanee,  av- 
valorate  con  ordegni  1'uno  piu  mirabile  dell'  altro,  di  patenti,  di  fir- 
me,  di  diplomi,  di  responsabilita,  di  cauzioni,  di  bolli  e  di  quant' al- 
tro sepper  mai  immaginare  renlusiasmo,  il  fisco,  la  buona  fede, 
1'asluzia  ed  il  coraggio  politico.  E  dopo  cio,  che  ri  e  avvenuto?  Ne 
e  avvenuto  questo:  che  dove  prepondera  il  principio  di  liberta, 
quasi  uulla  o  arbitraria  e  la  repressione;  dove  prepondera  la  ve- 
pressione,  quasi  nullo  o  arbitral  io  e  il  prineipio  di  liberta.  Lo  Stato 
nel  quale  quesli  due  termini  vadano  in  buona  armonia,  ha  ancor  da 


ED  IL  LIBERALISMO  IN  ITALIA 

trovarsi:  e  per  fermo  non  mai  si  trovera,  fmo  a  che  stara  fermo  che 
il  bianco  non  puo  esser  nero,  e  che  il  nero  non  puo  esser  bianco. 

L'esempio  della  Francia  che,  unica  fra  tutte  le  nazioni,  ha  fattc 
mille  esperienze  per  concordare  cotesti  due  termini,  vale  un  Peru, 
Bramate  conoscere,  lettore,  a  qual  nuraero  ascendano  gli  atti,  o  leggi 
o  decreti,  o  ordinanze  concernerili  la  stampa,  che  dal  1789  al  184$ 
furono  ivi  pubblicati?  A  nulla  meno  che  81,366  :  i  quali,  in  cifra 
media,  contenendo  ognuno  50  articoli,  ci  danno  la  smisurata  som- 
ma  di  4,068,300  disposizioni,  tutte  compilate  per  tentare  la  concor- 
dia  tra  la  liber ta  della  stampa  e  la  sua  repressions  1.  Rimangona 
25  anni  per  giungere  sino  ai  di  nostri.  Di  questi  il  computo  non  e 
ancor  tirato:  ma  e  grossissimo.  E  il  sapere  che  son  decorsi  appena 
pochi  mesi,  da  che  una  nuova  legge  per  la  stampa  vi  si  e  promul- 
gata,  e  sufficiente  a  far  capire  che  la  concordia  seguita  a  cercarvisi: 
molto  piu  che  se  interrogate  il  Governo,  circa  la  nuova  legge,  esso 
dirav\i  che  la  (rede  larga  anche  troppo  di  liberta;  se  invece  ne  in- 
terrogate i  liberali ,  essi  vi  diranno  che  la  credono  eccessiva  nella 
repressions.  E  cosi  sara  sempre,  persino  a  tanto  che  si  pretenda  dar 
corpo  atta  chimera  di  una  stampa  lib  era  ad  un  tempo  e  repressa. 

VII. 

Ma,  lasciando  stare  le  sopra  accennate  contraddizioni,  forseche  il 
liberalismo  dominante,  nella  pratica  applicazione  ch'  esso  ne  fa  tutto 
giorno,  non  contraddice  pure  alle  sue  stesse  leggi  contradditorie  di 
libera  stampa?  Osserviamolo  neiritalia. 

Oui,  come  per  tutto  altrove,  la  libera  stampa  fu  da  lui  sollevata 
a  principio  supremo  di  rinnovamento  e  di  civilta,  non  perche  lo  sti~ 
masse  vero,  ma  perche  ne  avea  bisogno  al  doppio  fine  di  foggiarsene 
un'arma  di  partilo,  e  uno  strumento  di  dominazione.  Con  quest' arma 
in  mano,  esso  ha  guerreggiato  a  morte  ogni  potere  ed  ogni  forza  che 
gli  contrastassero  la  prevalenza ;  e  con  questo  strumento  in  pugno, 
e  giunto  ad  illudere  i  popoli,  ad  atterrirli  ed  a  tenerseli  assoggeltati . 
' 

1  Veggasi  il  Manuale  della  stampa  del  sigg.  Dubois  c  Jacob,  in  cui  si  legge 
questa  statistica  tntta  particolareggiata. 


324  LA  STAMPA  LTBERA 

II  polere  piu  saldo  e  la  forza  piu  viva  ch'  egli  vide  contrapporsi ,  fu 
il  polere  dell'autorita  legittima  e  la  forza  morale  eke  lo  accompagna. 
Quindi,  a  ruina  dell' uno  e  deiraltra,  rivolse  tulle  le  sue  ballerie 
della  libera  stampa.  Non  v'  ebbe  diritto,  per  sacro  che  fosse,  ch'egli 
non  disconoscesse,  non  grandezza  di  maesta  che  non  oltraggiasse, 
non  evidenza  di  principii  che  non  rifiutasse.  E  male  a  chi,  riputando 
verita  la  sua  liberta  di  stampa,  Y  avesse  adoperata  per  resistergli 
e  smascherarlo !  Tutti  i  decreti  repressivi  della  sua  legislazione  ca- 
devano  sopra  lui,  con  un  rigore  spietato.  Anzi  non  di  raro  contro 
lui  si  violava  la  legge  e  si  escogitavano  pene  tiranniche :  era  per- 
sino  abbandonato  al  furore  di  una  sozza  e  compra  plcbaglia.  Chi 
non  ricorda  le  turbe,  assoldate  dai  pretoriani  del  liberalismo,  per 
manomettere  le  slamperie,  donde  uscivano  o  fogli  od  opuscoli  in  di- 
fesa  deH'autorita  legittima  e  del  buon  diritto? 

Medesimamente  il  liberalisrao  governante  si  avvent6 ,  con  la  sua 
stampa  libera,  addosso  la  Chiesa  cattolica,  appoggio  di  ogni  autorita 
ordinata,  e  meno  di  lei,  del  suo  Capo,  de'  suoi  ministri,  de'  suoi 
riti,  delle  sue  ragioni,  de'  suoi  dommi,  do'  suoi  precetli  quello  slra- 
zio  che  ciascheduno  sa.  Nulla  giovo  che  la  religione  cattolica  fosse 
legalmente  religione  dello  Stato,  religione  di  tutto  il  popolo.  Gli  ar- 
ticoli  di  legge,  repressivi  delle  ingiurie  a  lei  recate  con  la  stampa, 
giacquero  morti  e  sepolti:  e  guai  al  pubblico  ufflciale  che  li  avesse 
disseppelliti,  per  tutela  dell'ordine  sacro  e  della  morale  cristiana!  In- 
vece  gli  scrittori  cattolici  patirono  infinite  angherie  fiscali,  per  che 
rei  di  sostenere,  con  libera  parola,  1'onore  e  i  diritti  della  fede,  della 
coscienza,  del  romano  Pontefice. 

Con  questo  insulto  perenne  alia  medesima  sua  legge  di  liberfa, 
non  che  alle  leggi  del  santo,  del  vero  e  del  giusto,  il  liberalismo 
«  dottrinario  »  e  moderate  ha  acquistato  e  mantenuto  il  suo  predo- 
rninio  politico  in  Italia.  La  gente  proba  e  pacifica,  iniendendo  ch'essa 
era  divenuta  trastullo  di  una  tirannide,  tanto  piu  odiosa  quanto  me- 
glio  dissimulata  con  le  apparenze  di  liberta,  non  potendo  altro,  si  e 
rassegnata  al  ilagello,  e  contentata  d'  implorarne  dal  cielo  la  libe- 
razione.  Gli  uomini  piu  ardent!  e  piu  arditi  si  son  venuti  destreg- 
giando ,  secondo  lor  possa  ed  a  rischio  loro ,  per  difesa  della  buona 
causa,  ed  hanno  sfidata  e  sfidano  la  liberta-tirannia  prevalente. 


ED  IL  LIBERALISMO  IN  ITALIA  325 

VIII. 

Senonche  la  giustizia  di  Dio  non  ha  per  anco  abolita  la  pena  del 
taglione.  In  cambio  degli  onesti  e  clei  cattolici,  che  non  esercitane 
vendette,  1'ira  celeste  ha  suscitati  i  garibaldeschi,  i  democratic!,  i 
repubblicani,  perch  e  menino  la  mazza  a  tondo  sul  dorso  della  signo- 
reggiante  consorleria.  Costoro,  con  gli  «  eccessi  »  della  lor  libera 
stampa,  rendono  presentemente  ai  moderati  la  pariglia  degli  «  ec- 
cessi »,  onde  questi  hanno,  alia  lor  volta,  con  la  libera  stampa, 
maltrattali  si  a  lungo  i  cattolici  e  gli  onesti.  Gli  uni  e  gli  altri  sono 
fralelli  di  lalte  e  figliuoli  di  una  sola  madre,  la  Massoneria ;  e  vero: 
gli  uni  e  gli  altri  hanno  comune  1'odio  alia  Chiesa,  al  Papa,  al  buon 
diritto,  alia  morale  cristiana ;  e  verissimo :  gli  uni  e  gli  altri  coti- 
dianamente  e  concordemente  bestemmiano,  calunniano,  vilipendono 
quanto  e  di  sacro  e  di  venerando  sulla  terra;  e  fatto  incontrastabile. 
Ma  gli  immoderati,  per  ansia  di  salire  al  comando  e  di  scavalcare 
gli  emoli  che  se  lo  godono,  e  questi  per  cupidigia  di  restarvi  e  di 
goderselo,  si  accaneggiano  a  vicenda,  si  mordono,  si  abbocconano, 
che  e  una  delizia.  E  siccome  quelli  son  piu  forti  di  audacia,  di  petu- 
lanza  c,  diciam  pure,  altresi  di  logica,  cosi  interviene  che  i  moderati 
€scono  ordinariamente  dalla  zuffa  colle  ossa  peste  e  col  capo  rotto. 

A  nessuna  cosa  ed  a  nessuna  persona,  delle  piu  rispettabili  pei 
moderati,  portano  rispetto  questi  lor  infensi  rivali.  Com'  essi  nei 
loro  fogli  hanno  gia  buttato  il  fango  sopra  tutti  i  legittimi  poteri, 
sopra  tulto  Tordine  ecclesiastico,  sopra  tutto  quanto  sa  di  cattolici- 
smo;  cosi  la  «  stampa  indegna  »  della  democrazia  butta  ora  il  fango 
addosso  il  loro  Re,  il  loro  Statuto,  i  loro  Ministri,  i  loro  Deputati,  i 
loro  Prefetti,  i  loro  aderenti,  la  loro  politica,  la  loro  amministrazio- 
ne,  la  loro  yita  pubblica  e  privata.  Cotalche  pel  liberalismo  che  ha 
fatte  le  annessioni,  che  ha  \into  a  Castelfidardo,  che  ha  espugnato 
Gaeta,  che  ha  felicitata,  come  tutti  vedono,  1'Italia,  pare  sia  proprio 
venuto  il  momento  del  reddet  animam  pro  anima,  oculum  pro  ocu- 
lo,  denlem  pro  dente,  manum  pro  manu,  pedempro  pede,  adustio- 
nem  pro  adustione,  minus  pro  vulnere,  livorem  pro  livore  1. 

1  Exod.  XXI,  23-25. 


526  LA  STAMPA  LIBEJU 

In  quel  modo  che  gli  Egiziani  di  Faraone  furono  gi&  dati  in  pre- 
da  ad  un  esercito  di  cavallelte,  nello  stesso  i  fidi  liberali  del  Regno 
italiano  sono  al  piesente  in  balia  di  uno  sciame  di  fogliettucciacci, 
i  quail,  grazie  alia  libera  stampa,  li  tormentano,  li  lacerano,  li  ira- 
figgono,  li  martirizzano  senza  posa.  Oltre  i  giornali  piu  special- 
mente  politici,  quasi  ogni  cilta  e  provincia  ha  i  suoi  giornaletli,  \c- 
spe  o  zanzarc  faslidiosissime,  che  \ivono  di  scandali,  di  cronachette, 
di  aneddoli,  di  satire,  di  maldicenze,  di  novette  ai  moderati  insoppor- 
tabili :  gli  Zenzeri,  i  Buoi,  gli  Asini  e  le  Lanterns  di  Firenze,  gli 
Stafflli  di  Bologna,  i  Gazzettini  rosei:e  rossi  di  Milano,  i  Ficcanasi 
di  Torino,  le  Malelingue  di  Napoli  e  simili,  lullo  spiano  e  lulto  trom- 
bano,  e,  quando  manca  o  scarseggia  la  realla,  suppliscono  colla  ca- 
lunnia.  Ed  alia  calunnia,  chi  mai  ha  dato  presa  piu  salda  che  i  «  con- 
sorti  »?  In  punto  massime  di  arricchimenti  subitanei,  di  peculali, 
di  furti,  di  trufle,  di  dilapidazioni,  chi  puo  affernwe  che  siano  iire- 
prensibili?  Oueslo  e  anzi  il  loro  lalo  debole,  e  quindi  il  piu  offeso 
dai  pungiglioni  avvelenati  e  dalle  lingue  Irisulche  di  quella  «  stampa 
minuta  e  faziosa,  che  tulto  ammorba  »,  come  ben  dice  la  Opinione. 
La  quale  pero  con  gran  ragione  si  lagna,  perche  una  tale  stampa 
«  si  studia  soprattutt«  di  persuadere  le  plebi,  che  in  Italia  tulti  son 
ladri  » :  tutti,  s'  intende,  i  liberali  che  maneggiano  la  meslola  del 
Governo.  Oh  «  stampa  indegna  »,  vera  «  piaga  »  di  chi  si  degna- 
inente  ha  usato  della  liberta  di  stampa ! 

Maggiormente  che  non  vi  ha  riparo  a  schermirsene.  Gli  aiticoli 
repressivi  della  legge  nienle  possono  contro  questo  «  morbo  epi- 
demico  ».  II  fisco,  quand'  anche  avesse  i  cento  occhi  di  Argo  e  le 
cento  mani  di  Briareo,  non  giungerebbe  a  dare  la  caccia  a  tanto 
sciame  d'  insetti.  I  sequestri  o  non  arrivano  in  tempo,  o  son  delusi 
dalla  malizia  e  dalla  imperlinenza  giornalistica,  II  fatto  e,  che  i  se- 
questri sono  il  mezzo  piu  efficace  di  moltiplicare  lo  spaccio  dei  fo- 
^lietti  maledici :  onde  si  ambiscono  come  fayori.  II  peggio  poi  e,  die 
i  maligni  sanno  accomodar  le  loro  capestrerie  per  forma,  che  il  li- 
sco,  posto  ancora  il  sequestro,  spesso  non  osa  citare  i  rei  a'  tribu- 
Bali,  per  tema  di  aggravare  gli  scandali,  in  luogo  di  vendicarli; 
o  perche,  citali  da  lui,  i  rei,  con  suo  danno  e  beffa,  riescono  as- 


ED  IL  LIBERALISMO  IN  ITALIA  527 

soluti.  Yalga  questo  recenlissimo  caso  per  tutli.  L'  Unith  italiana, 
diario  «  ufficiale  »  di  Giuseppe  Mazzini,  ai  15  di  Novembre,  dove1 
essere  giudicata  dal  pubblico  «  verdello  »  del  giurati  di  Milano. 
Dodici  erano  i  capi  d'accusa,  per  undici  sequestri  giuslificati,  se- 
condo  il  fisco,  da  offese  al  Re,  da  voti  per  la  dislruzione  dell'or- 
dine  monarchies,  da  eccitamenti  all'odio  e  al  dispregio  del  Governo 
regio,  da  adesioni  alia  rcpubblica,  e  Ala  via.  Ebbene,  il  magistrate 
popolare,  assolvelte  per  tulti  i  dodici  capi  il  giornale  mazziniano : 
<li  che  il  fisco  si  e  sentito  cadere  il  cuore  e  la  faccia  per  terra ;  e  si 
lia  avuto  le  fischiate  da  tutto  il  giornalismo  grosso  e  minulo  della 
democrazia  1.  II  perche,  comunque  si  guardi  e  si  riguardi,  questo, 
per  i  poveri  moderati,  e  un  malanno  senza  rimedio:  appunlo  come, 
pei  catlolici  e  per  gli  onesli,  la  persecuzione  della  stampa  dei  mo- 
derati  e  stata  linora  un  flagello  senza  scampo. 

I  liberali  doilrinarii  d'  Italia  vengon  dunque  percossi  dalla  dhi- 
im  giustizia,  colla  «  piaga  »  che  si  sono  meritata.  Eglino  errantes 
colebant,  e  tutlora  colunt,  mutos  serpentes  et  bestias  supervacuas, 
cioe  tulle  le  mostruosila  del  liberalismo  massonico,  a'  cui  malefici 
cffelti,  per  mezzo  segnatamente  della  Hbera  stampa,  sottoponevano 
e  soltopongono  la  Chiesa  ed  il  cattolicismo :  pero  Iddio  immisit 
>sopra  \oromultitudinem...  animalium  in  vindictam,  che  li  divorano 
con  la  medesima  slampa  libera,  ut  scirent,  quia  per  quae  peccat 
quis,  per  haec  et  torquetur  2.  Ed  a  colmo  d'  ignominia,  non  hanno 
altra  via  di  sottrarsene,  fuorcho  ricadere  nella  contraddizione  di 
iutte  piu  vergognosa,  che  e  domandare  «  la  cuftia  del  silenzio  »  con 
ima  nuova  legge,  la  quale,  in  nome  della  liberta,  conceda  a  sol  essi 
il  libero  stampare,  e  lo  tolga  a  tutti  che  non  la  pensino  come  loro. 
Questi  per  altro  sono  sterili  desiderii.  Yorrebbero  ma  non  possono. 
«  Yolete  forse  ridurci  al  silenzio,  imbavagliandoci,  e  coi  compri 
pretest!  di  quella  a  voi  venduta,  pei  reconditi  vostri  fmi,  muover 
guerra  a  tutta  la  stampa  onesta  e  liberale  ?  Oh  cari  !  non  indu- 
giate.  Noi  non  abbiamo  ad  additarvi  che  un  esempio?  1'esempio  della 

1  V.  la  Riforma  di  Firenze  dei  18  Novembre  1868. 

2  Sap.  XI,  16-17. 


528  LA  STAMPA  LIBERA  ED  IL  IIBERALISMO  IN  ITALIA 

Spagna.  Coloro  che  attentarono  alia  liberta  della  stampa,  resero  ua 
bel  servigio  alia  corona  di  Spagna;  e  voi,  mi  duole  il  dirvelo,  seni- 
rete  meglio  la  corona  d' Italia,  e  la  menerete  a  calcare  la  via  del- 
Fesilio  ».  Cosi  parlano  i  meno  veementi  fra  i  nemici  dei  moderati  1. 
Alle  minacce  quindi  di  «  una  cuffia  del  silenzio  »  ,  i  democratic!  ri- 
spondono  colla  minaccia  di  far  calcare  la  via  deir  esiglio  a  chi  por- 
ia  in  fronte  «  la  corona  d' Italia  ».  E  i  moderati  sanno  troppo,  che 
«  1'esempio  delle  Spagna  »  non  e  addotto  a  caso. 


IX. 


Dalle  cose  fin  qui  ragionate  ed  esposte,  pare  a  noi  che  il  gruppo 
delle  contraddizioni  teoriche  e  pratiche,  concomitanti  e  susseguenti 
il  moderno  principio  della  liberta  di  stampa,  risulti,  nell'  Italia  mas- 
simamente,  lucentissimo.  Da  un  assurdo  non  possono  derivare  che 
assurdi,  e  qualora  quest' assurdo  si  piglia  a  regola  sovrana  di  un'ap- 
partenenza  primaria  del  viver  civile,  e  inevitabile  che  ne  nascano 
disordini,  contrasti  e  perturbamenti  generator!  di  barbaric.  In  fatti, 
il  principio  d'indipendenza  assoluta  della  personale  ragione,  da  cui 
scaturisce  quello  della  piena  liberta  di  stampa,  fino  ad  ora  non  ha 
avuto  in  Europa  effettuazione,  se  non  o  arbitraria,  o  dissolutrice  della 
societa.  Da  per  tutto  pbi  e  sempre  e  soggiaciuto  a  temperament!,  sug- 
geriti  piu  dall'interesse  di  parte,  che  dai  dettami  della  ragione.  On- 
de  in  conclusione  e  stato,  ed  e,  e  sara  di  continuo  negato  o  affer- 
mato  contraddittoriamente,  secondo  il  tornaconto  di  chi,  uomo  o  par- 
tito,  occupa  il  potere  o  agogna  di  occuparlo. 

Piu  bella  e  piu  splendida  giustificazione  delle  condanne  date  dalla 
Santa  Sede  al  principio  ed  all'  uso  di  questa  calamitosa  liberta,  non 
puo  adunque  desiderarsi.  L'esperienza  di  omai  un  secolo  conferma 
quelle  condannazioni,  e  fa  palpare,  non  che  vedere  ai  popoli,  che  la 
moderna  liberta  della  stampa  e  nell'  effetto  un  delirio  ed  una  liberta 
di  perdizione  pubblica  e  privata,  politica  e  religiosa. 


1  Luce  e  Verila  di  Torino,  num.  1°  Novembrel868. 


LA  MORALE  PROTESTANTE 

E  LA  MORALE  CATTOLICA 


Una  delle  ragioni  per  le  quali  molti  protestanti  veputano  inutile  e 
da  non  tenersi  1'invito  loro  fatto  dal  S.  P.  Pio  IX  al  ritorno  aH'imita 
cattolica,  neU'occasione  del  prossimo  Concilio  ecumenico,  si  e,  come 
dicemmo  in  un  articolo  precedente  1, 1'osservazione  che  essi  dicono 
aver  fatta  sopra  la  pressoche  uguale,  se  non  anzi  forse  maggiore  mo- 
ralita,  che  essi  affermano  regnare  nelle  popolazioni  protestanti,  a  pa- 
ragone  delle  cattoliche;  donde  deducono  che  lareligione  prqtestante 
dee  essere  almeno  uguale  in  bonta  alia  cattolica,  poiche  produce  nei 
suoi  professori  i  medesimi  buoni  effetti.  E  cio  posto,  a  che  fine  mu- 
tare  di  religione? 

Se  si  dovesse  disputare  se  il  tale  o  tale  altro  protestante,  o  an- 
che  se  il  tale  o  tale  altro  villaggio  o  paese  protestante,  sia  migliore 
nei  costumi  del  tale  o  tale  altro  cattolico,  o  villaggio  e  paese  catto- 
lico,  non  ci  vorremmo  punto  fermare  in  tale  discussione,  dalla  quale 
in  ogni  caso  non  si  conchiuderebbe  nulla  in  favore  di  nessuno.  Giac- 
che  se  una  religione  si  ha  da  giudicar  buona  o  cattiva  dall'  osser- 
vanza  dei  precetti  morali,  mantenuta  da  alcuni  o  anche  molti  dei  suoi 
adepti,  potrebbe  darsi  che,  mentre  sopra  cio  disputano  cattolici  e 

1  Vedi  questo  volume,  pagina  386  e  seguenti. 
Serie  VII,  wl  IV,  fasc.  449.  34  21  Nnmltre  1868. 


330  LA  MORALE  PROTEST  ANTE 

protestanli,  venisse  un  terzo  a  dimostrare  che  i  seguaci  di  una  qual- 
sivoglia  altra  religione  hanno  anche  tra  loro  chi  forse  avanza  in 
morale  quei  tali  particolari  individui  cattolici  e  protestanti,  sopra  i 
quali  si  e  istituito  il  paragone. 

Si  sa  che,  come  la  religione  cattolica  non  rende  impeccabile  nes- 
suno,  cosi  la  setta  proteslante,  o  qualsivoglia  altro  falso  culto,  non 
rende  necessariamente  peccanti  i  suoi  seguaci.  I  quali,  se  si  trovano 
in  buona  fede,  possono  anche  salvarsi;  e  se  si  trovano  in  mala  fede, 
non  per  questo  non  possono  essere,  sia  in  se  stessi,  sia,  e  molto  phi, 
neir  eslerna  apparenza  e  agli  occhi  degli  uomini  semplici ,  manteni- 
iori  della  parola,  veritieri,  astmenti  dell'  altrui,  costumali  e,  in  una 
parola,  morali,  in  guisa  che  possano  essere  proposti  per  esempio  a 
niolti  cattolici,  che  della  loro  religione  non  osservano  i  precetti. 

Se  poi  si  considera  che  molte  contrade  che  seguono  alcune  delle 
tante  sette  protestanti,  sono  abilate  da  popoli  semplici  e  poveri,  dove 
quella  che  chiamasi  appunto  moderna  civil t£  poco  o  nulla  entro,  non 
sar£  maraviglia  se,  istituito  il  paragone  tra  i  oostumi  di  certi  dati 
popoli  protestanti,  e  i  vizii  di  certe  dale  citta  cattoliche,  si  trovi  di 
fatto  che  una  certa  morale,  almeno  in  quanto  apparisce,  e  piu  os- 
servata  dai  primi  che  non  dalle  seconde. 

Si  dee  inoltre  considerare  che  quei  protestanti  che  istituiscono 
simili  paragoni  e  simili  argomenti  sono  ordinariamente  viaggiatori, 
che  dai  loro  paesi  protestanti  muovono  nelle  terre  cattoliche,  tutti 
pieni  di  pregiudicate  opinion! ,  tutti  zelanti  dell'  onore  e  gloria  delle 
proprie  patrie  e  sette,  tutti  desiderosi  di  trovar  i  paesi  cattolici  pieni 
di  difetti  e  di  vizii,  e  tutti  naturalmente  inclinati  a  veder  tulto  in 
nero  e  in  peggio,  a  nulla  scusare,  a  tutto  esagerare  e  condannare. 
Si  credono  ciononostanle  in  ottima  fede  e  senza  pregiudizii,  e  giu- 
dici  imparzialissimi,  benche,  fra  gli  altri  loro  sbagli  ordinarii,  com- 
mettano  poi  se*mpre  questo  di  paragonare  il  popolo  delle  campagne 
protestanti,  da  loro  ben  conosciuto,  col  popolo  delle  grandi  citta  cat- 
toliche, che  sole  essi  visitano  con  qualche  cura.  Parlano  poi  e  scri- 
vono  secondo  il  giudizio  formatosi  cosi  non  solo  a  caso  ma  a  torto , 
e  sono  nondimeno  creduti  da  molti  che  si  fidano  di  loro  reltitudine 
c  naturale  onesta.  Donde  accade  che  costoro  e  quelli  che  loro  pre- 
Jtg  1£ 


E  LA  MORALE  CATTOLICA  531 

stano  ogni  fcde,  non  si  possono  facilmente  convinceve  con  argomenti 
di  fallo,  cui  dicono  avere  essi  stcssi  verificato  meglio  di  lulti  coi  loro 
occhi  e  loccato  colle  loro  mani. 

Yolendo  noi  dunque  ragionare  con  costoro  e  convincerli,  ci  con- 
yjene  prendere  la  via  delle  ragioni  che  conchiudono  per  se  e  indi- 
pendentemente  dai  faiti  speciali,  i  quali  nulla  o  poco  conchiudono  in 
questo  particolare ,  anche  quando  sono  pienaraente  verificati;  ben- 
che  sia  poi,  di  falto,  diflicilissimo  il  ben  verificarli.  Ne  a  questo  ar- 
gomento  valgono  molto  le  statisliche.  Giacche  in  primo  luogo  e  chia- 
ro  che  si  puo  facilmente  presupporre  parzialila  in  chi  le  compone, 
essendo  naturale  che  ognuno  si  serva  della  elasticita  delle  cifre  e 
delle  molteplici  arli  di  raggrupparle,  per  dar  vinta  la  causa  alia  pro- 
pria  patria  o  religione.  Quando  anche  non  si  supponesse  niuna  par- 
zialita,  alnieno  si  puo  quasi  sempre  supporre  difetto  di  qualche  ele- 
mento  statistico,  necessario  per  allro  a  dedurre  la  conclusione.  Cosi, 
per  esempio,  se  in  un  dato  paese  consta  per  la  statistica  che  il  nu> 
mero  dei  delitti  e  minore  che  non  in  un  altro,  non  per  questo  solo 
si  puo  tirar  niuna  conseguenza  sopra  la  moralita  dei  due  paesi,  se 
non  si  tiene  insieme  conto  della  solerzia  e  del  numero  degli  incaricati 
di  arrestare  e  giudicare  i  rei,  e  di  altre  circostanze  material!  e  mo- 
rali :  potendo  benissimo  accadere  che  il  minore  numero  dei  delitli 
sia  prova  di  peggior  morale,  quando  accadesse,  come  di  fatto  ac- 
cade  talvolta,  che,  o  vi  sia  molta  arle  nel  saperli  commettere  in  se- 
greto,  o  vi  sia  molta  complicity  e  negligenza  nella  polizia,  o  i  gh> 
rati  dichiai'ino  spesso  innocenli  i  rei.  In  un  paese  dove  il  senso  mo- 
rale fosse  si  depravato,  non  apparirebbe  dalle  statistiche  se  non  che 
innocenza,  mentre  invece  vi  sarebbe  la  morale  piu  scaduta  che  al- 
trove.  Per  contrai  io  un  gran  numero  di  delitti  commessi  in  un  paese 
agitato  da  gravi  circostanze  poliliche ,  non  dimostrerebbe  la  mc- 
ralil^i  sua  peggioie  di  quella  d'un  altro  paese,  in  cui  i  delilti  minori 
di  numero  fossero  pero  commessi  senza  nessun  incentivo  particolare 
di  circoslanze. 

Quand'  anche  poi  le  statistiche  dei  delilti  nei  varii  paesi  fossero 
esatlissime  e  tenessero  conto  di  tutti  gli  element!  necessarii  a  poter- 
le  rendere  apparentemente  concludenti,  anche  in  tal  caso  non  si  po- 


032  LA  MORALE  PROTESTANTE 

trebbe  nulla  conchiudere  con  sicurezza.  Perocche  chi  e  morale  e  eo- 
nosce  la  morale,  sa  che  la  moralita  di  un  individuo  non  si  misura  o 
giudica  dall'atto  esterno,  ma  dall'  interne  circostanze  che  sole  sono 
morali,  e  sole  conchiudono  per  la  moralita  dell'atto,  e  sole  appunto 
sono  invisibili  all'occhio  umano.  Dimostri  pur  dunque  la  statistica 
che  nel  tal  paese  vi  sono  piu  omicidii,  per  esempio,  che  nel  tal  al- 
tro;  cio  non  provera  nulla  per  la  moralita,  finche  non  si  sappiano  Ic 
segrete  circostanze  della  passione,  die  spesso  toglie  o  diminuisce 
1'  immorality  dinanzi  a  Dio.  Che  se,  per  converse,  nel  paese  dove  la 
statistica  non  trova  omicidii,  Dio  vede  i  cuori  pieni  abitualmente  di 
odio,  di  livore  e  di  desiderio  di  vendetta,  non  saputasi  o  potulasi  sfo- 
gare  per  codardia  o  per  altra  cagione,  e  chiaro  che  questo  paese 
sara  di  fatto  meno  morale  che  1'altro,  benche  secondo  la  statistica 
appaia  piu  morale. 

Tutte  queste  cose  non  si  dicono  da  noi  contro  la  Statistica,  che  e 
rispettabilissima  in  se  stessa  ed  acconcia  ad  utilissimi  risultali;  ma 
si  dicono  sopra  la  Statistica,  d'accordo  coi  piu  accreditati  suoi  culto- 
ri,  per  far  vedere  quanto  sia  malagevole  il  ben  usarla,  specialmente 
per  dedurne  conseguenze  sopra  la  parte  morale,  che  e  la  piu  ascosa 
agli  occhi  umani,  anche  piu  perspicaci.  Donde  vogliam  or  a  soltanto 
ricavare  che,  per  giudicare  sicuramente  e  senza  pericolo  d'abbaglio 
sopra  la  moralita  relativa  dei  popoli  catlolici  e  protestanti,  se  la  Sta- 
tistica puo  servire  a  qualche  cosa,  non  puo  dare  una  prova  conclu- 
dente ;  e  bisogna  percio  ricorrere  ad  altra  via. 

Or  questa  via  non  puo  essere  altra  fuorche  la  regia  e  comune  del 
paragone,  non  gia  tra  i  tali  protestanti  e  i  tali  altri  cattolici,  ma  tra 
la  stessa  religione  protestante  e  la  cattolica,  nella  loro  parte  morale. 
Si  tratta  cioe  di  paragonare  tra  loro  i  precelti  morali  del  cattoli- 
cismo  e  del  protestantesimo ,  e  di  giudicare  qual  dei  due  sia  piu 
morale,  se  il  protestante  che  vive  secondo  i  precetti  morali  del  pro- 
testantesimo, o  il  cattolico  che  vive  secondo  i  precetti  morali  del  cat- 
tolicismo.  Per  ferrno,  se  voi  paragonate  tra  loro  un  protestante  che 
vive  bene,  e  un  caltolico  che  vive  male,  e  chiaro  che  il  piu  morale 
dei  due  sara  il  protestante.  E  cosi  pure,  se  paragoninsi  tra  loro  un 
turco  che  vive  bene  e  un  protestante  che  vive  male,  il  piu  morale 


E  LA  MORALE  CATTOLICA  533 

del  due  sara  il  turco.  Ma  cio  che  prova?  Nulla.  Giacche  non  e  la 
quistione,  se  chi  vive  secondo  la  morale  (a  qualunque  religione  ap- 
parlenga  di  nome) ,  sia  piu  morale  di  quello  che  vive  contro  la  mo- 
rale. La  quistione  posla  cosi ,  sarebbe  assurda.  La  queslione  e  tra 
due  morali  di  due  religioni ,  non  tra  due  morali  di  due  individui. 
Esaminiamo  dunque  i  precetti  morali  del  cattolicismo  e  del  prote- 
slantesimo :  e  quando  avremo  veduto  quali  dei  due  siano  piu  morali, 
allora  avremo  sciolto  subito  e  facilmente  il  problema  della  moralita 
delle  due  religioni.  E  sciolto  questo,  sara  anche  sciolta  la  opposi- 
zione  di  alcuni  prolestanti  all'  invito  del  S.  Padre.  Conciossiache,  il 
sommo  Pontefice  non  invita  gia  i  protestanti  a  vivere  come  il  tale 
o  tal  altro  cattolico  che  vive  male,  ma  li  invita  a  ritornare  nella  re- 
ligione cattolica,  che  comanda  di  viver  bene. 

Or  benche  agli  occhi  degli  stessi  protestanti  istruiti  debba  appa- 
rire  qui  evident  e  1'avveramento  di  quel  detto,  che  un  problema  ben 
posto  e  mezzo  sciolto ;  vale  a  dire  debba  apparire  sciolta  ormai  da 
se  medesima  la  questione  in  favore  della  morale  cattolica ;  pure, 
giacche  1'occasione  si  presenta,  non  vogliamo  trascurare  di  mettere 
un'  altra  volta  in  luce  1'  immoralita ,  non  gia  dei  protestanti ,  molti 
dei  quali  certamente  vivono  moralmente,  ma  della  religione  prote- 
stante ,  secondo  la  cui  morale  chi  vive  dee  necessariamente  mal  vi- 
vere.  Per  fermo  molti  protestanti  possono  far  arrossire,  col  paragone 
della  loro  vita,  molti  cattolici.  Ma  arrossiranno  parimente  i  protestan- 
ti nell'  udire  i  precetti  di  loro  morale,  contro  i  quali  poiche  protesta- 
no,  come  amiamo  credere,  colla  loro  vita,  perche  non  protesteranno 
ancora  coll'abbandono  di  loro  setta  perversa,  e  coll'adesione  all'  in- 
vito del  Sommo  Pontefice? 

Non  ci  Yogliamo  punto  fermare  sopra  i  due  famosi  principii  im- 
nioralissimi,  ed  anzi  fonte  d'  ogni  immoralita,  collocati  pero  come 
fondamento  del  protestantesimo  dai  due  suoi  capi  principali,  Lutero 
e  Gal  vino.  L'uno  dei  quali  negando  la  necessita  delle  opere  buone, 
e  I  altro  la  responsabilita,  tolsero  i  cardini  e  i  fondamenti  di  ogni  mo- 
rale. Diceano  i  due  fondatori  del  protestantesimo,  che  questa  loro 
morale  e  dottrina  era  la  pretta  evangelica.  Ma,  se  cosl  fosse,  il  Yan- 
gelo  sarebbe  piu  immorale  del  Corano.  Gran  giudizio  di  Dio  questo, 


LA  MORALE  PROTESTANTE 

che  i  due  piu  celeLri  protestanti,  anzi  capi  delle  principal!  sette  pro- 
testantiche,  i  quali  vollero  leggere  da  se  nel  Vangelo  senza  la  guida 
della  Chiesa,  vi  trovassero  appunto  quello  che,  se  vi  fosse,  baste- 
rebbe  a  dover  far  bruciar  il  Yangelo,  come  il  maestro  di  ogni  piu 
sfrenata  immorality.  E  quest!  sono  coloro  che  predicavano  il  piiro 
Vangelo!  E  si  chiamavano  anzi,  per  anlonomasia,  predicant!!  E  co- 
storo  \?olevano  il  Vangelo  solo,  da  loro  soli  spiegato,  senza  niuna  au- 
torita  ne  ingerenza  della  Chiesa  catlolica !  E  questa  Chiesa  cattolica 
era,  ed  e  da  loro  ancor  presentemente,  accusata  di  falsar  il  Vangelo ! 
Or  bene,  con  tanta  boria,  con  tanta  superbia,  con  tanta  erudizionc 
di  greco  e  di  latino,  con  tanta  altenzione  che  essi  doveano  natu- 
ralmente  porre  a  non  cadere  in  grossi  abbagli  antievangelici ,  essi, 
i  pretesi  evangelic! ,  per  prima  cosa  ,  per  primo  fondamento  ,  per 
bocca  dei  loro  gran  capi  Lutero  e  Calvino,  trovarono  e  predicarono 
che  il  Vangelo  insegna  che  la  fede  sola  basta  senza  le  opere,  che 
1'uomo  non  e  libero,  e  non  e  responsabile  delle  sue  azioni :  in  altri 
termini  che  Y  uomo  non  e  un  animale  morale!  Non  basta  egli  forse 
questo  solo  scappuccio  morale  del  nascente  protestantesimo,  per  con- 
dannarlo  come  immorale  radicalmente,  fontalmente,  insanabilmente? 
Sappiamo  benissimo  che  i  prolestanti,  coi  quali  discorriamo,  o 
non  tengono  questi  principii ,  o  non  li  seguono  in  pratica.  Fu  pero 
elevata  teste,  per  loro  cura,  una  statua  a  Lutero  nel  centro  del  lute- 
ranismo.  ]\7e  sappiamo  quanto  sia  morale  questa  apoteosi  di  un  uomo 
che  predico  V  immorality  come  fondamento  della  religione  prote- 
stante.  Ma  non  curiamo  questo.  Solo  osserviamo  che,  poiche  i  pro- 
testanti morali  son  ora  costretti  a  protestare  contro  i  pi  incipii  moral! 
dei  principal!  capi  e  fondatori  di  loro  religione,  tanto  v&rrebbe  che 
concedessero  subito  che  la  religione  loro  nei  suoi  principii  e  immo- 
rale. Che  se  questa  loro  religione ,  quale  vogliamo  credere  che  da 
loro  presentemente  si  pralica ,  non  e  immorale ,  cio  accade  perche 
essa  non  e  da  loro  osservata  nella  parte  morale  ;  nella  quale  seguo- 
no invece,  come  amiamo  credere,  i  principii  veramente  evangelic! 
e  sempre  insegnati  dalla  Chiesa  cattolica  ,  da  cui  malamente  ed  a 
torto  si  separarono. 


E  LA  MORALE  CATTOLICA  535 

Ma  ora  i  protestanli  ci  dicono  che  il  vero  principio  di  loro  reli- 
gione, e  quello  per  cui  essa  si  distingue  veramente  dal  catlolicismo, 
non  e  altro  che  il  libero  esame,  grande  conquista  di  Lutero  e  di  altri 
capi  setta ,  i  quali ,  se  non  trovaroao  quel  principio ,  almeno  lo  dis- 
seppellirono  e  fecero  rifiorire.  Poiche,  volendo  i  protestanti  esser 
evangelici,  e  seguaci  del  Vangelo  puro,  devono  pure  negare  ai  loro 
capi  la,  gloria  di  aver  scoperto  questo  principio.  II  quale,  se  pure  e 
evangelico,  e  antico  come  il  Vangelo  e  dee  essersi  conservato  in  qual- 
che  modo  in  tulti  i  secoli ,  se  pure  la  Chiesa  evangelica  non  e  una 
volta  peiila  per  via :  il  che  certamente  non  sarebbe  evangelico.  Ma, 
o  nuovo  o  vecchio,  e  certo  che  questo  del  liber o  esame  e  il  principio 
ora  ammesso  da  tutti  i  protestanli,  come  il  fondamento  e  ii  cardine 
di  loro  religione ,  parendo  essi  in  questo  solo  d'  accordo  ;  e  quanto 
ai  principii  luterani  e  calvinisti  della  sola  fede  e  non  liberta  e  re- 
sponsabilila  umana,  avendoli  abbandonati  o  almeno  tacendone  il  piu 
che  possono,  e  quasi  vergognandosene  :  nel  che  fanno  bene. 

Ma  non  fanno  pero  bene  a  credere  che,  avendo  adottato  come  prin- 
cipio onorato-  e  da  potersi  riconoscere  e  confessare  senza  vergogna 
queslo  principio  del  libero  esame,  sia  per  questo  stesso  divenlata  la 
loro  religione  meno  fontalmente,  radicalmenle  e  insanabilmente  im- 
niorale,  di  quello  che  sia  in  forza  dei  due  principii  di  Lutero  e  di  Cal- 
vino.  Giacehe  donde  mai  Lutero  e  Gal  vino  fecero  scaturire  quei  loro 
due  immoralissimi  principii,  dai  protestanti  stessi  ora  sconfessati  e 
celati  ?  Non  certo  da  altro  che  dal  libero  esame,  applicato  da  loro 
liberissimamente  al  Vangelo.  E  donde  scaluri  ora  il  mormonismo  e 
tante  altre  sette?  Dal  libero  esame.  Che  se  alcuni  protestanti  natural- 
mente  onesli  e  retti  si  servono  ,  come  vogliamo  credere ,  del  libero 
esame  per  trovare  nel  Vangelo  quella  morale  che  vi  e,  altri  assai  pur 
Iroppo  se  ne  servono  per  trovarvi  quella  che  loro  talenta.  Della  quale 
fccondita,  mostruosa  del  protestantesimo  nel  generare  ogni  giorno 
nuovi  portenti  di  sette,  1'  una  peggiore  e  piu  pazza  dell'  altra,  ne  e 
testimonio  tutta  la  storia  ecclesiastica  di  quest!  tre  secoli,  da  che  la 
riforma  protestante  sorse  a  ruina  di  tante  anime.  Or  donde  nacque- 
ro  queste  sette  e  i  loro  errori?  Nacquero  dal  gran  principio,  cosi 
lodato  dai  moderni  evangelici,  del  libero  esame,  applicato  libera- 


536  LA  MORALE  PROTESTANTE 

mente  e  senza  ritegno,  e  nella  guisa  appunto  che  richiede  1'  esame 
per  essere  veramente  libero,  alia  guisa  protestante,  da  ogni  eslerna 
autorita,  e  regolato  solo  dallo  spirito  privato. 

Se  dunque  ben  si  consider! ,  si  vedra  che  tra  i  due  infami  e  pes- 
simi  principii  protestantici  della  non  necessita  delle  opere  e  della  non 
liberta  e  non  responsabilita  umana  (principii  per  la  loro  chiara  ed  evi- 
dente  immoralita  rinnegati  ora,  e  scouosciuti  dai  protestanti  medesi- 
mi),  e  ilterzo  principio  del  libero  esame,  portato  ora  intrionfo  in  ve- 
ce  dei  primi  due  e  mostrato  a  tutli  come  il  piu  bel  trovato  della  Rifor- 
ma;  si  vedra,  diciamo,  che  tra  questi principii,  il  peggiore  ed  il  piu 
immorale  si  e  ancora  il  terzo  del  libero  esame,  dal  quale,  come  da  fon- 
te  prima  impurissima,si  originano  e  i  due  diLutero  e  di  Gal  vino  e  tutti 
gli  altri  trovati  e  da  trovare  dalle  innumerevoli  selle  protestantiche 
dei  due  mondi,  passate,  present!  ed  avvenire.  Infatti  non  si  puo  da 
niuno  negare  che,  posio  il  principio  protestantico  del  libero  esame  da 
applicarsi  da  ciascuno  individuo  liberissimamente  al  Yangelo ,  resta 
non  solo  libero  ma  obbligatorio  in  coscienza  a  ciascuno  di  seguire  in 
pratica  quella  morale,  che  egli  avra  trovata  col  suo  privato  giudizio. 
E  cosi  sara  non  solo  libero,  ma  doveroso  ad  ogni  protestante  di  ri- 
spettare  V  altrui  opinione  morale  qualunque  siasi,  fosse  anche  quella, 
che  ora  comincia  ad  esser  alia  moda  tra  i  protestanti,  del  pretto  ra- 
zionalismo  ed  anche  dell'  ateismo ,  secondo  la  quale  ora  operano 
tanti  che  non  vogliono  piu  preslar  il  giuramento  voluto  dai  Tribu- 
nali,  perche  non  credono  in  Dio;  e  cominciano  difatti  ad  essere  ri- 
speltati  in  quesla  loro  opinione ,  modificandosi  in  favor  loro  le  leggi 
e  gli  usi  curiali.  E  se  a  costoro  verra  in  capo  di  dichiararsi  dispen- 
sati  dalle  opere  buone  e  non  liberi  e  non  responsabili,  converra 
rispettarli  anche  in  questa  loro  opinione.  11  che  veramente  non  si 
fece  finora  e  non  si  fara,  crediamo ,  mai ,  perche  1'  ordine  pubbli- 
co  e  privato  ne  anderebbero  toslo  a  soqquadro ;  e  i  tribunali,  e  le 
carceri  e  i  codici,  e  ogni  apparato  sociale  dovrebbero  abolirsi  come 
tirannici  e  immoral!,  quando  si  ammettesse  come  vero  in  pratica  cio 
che  pure  dee  ammettersi  come  vero  in  teorica,  secondo  la  morale  e 
il  principio  protestante. 


E  LA  MORALE  CATTOLICA  537 

E  poiche  e  venuto  ora  in  capo  a  molti  protestanti  di  negare  lo 
stesso  protestantesimo,  pure  pretendendo  di  rimanere  protestanti  e 
godere  le  prebende  e  gll  uffizii  del  protestantesimo,  si  e  dovuto  pie- 
gare  il  capo  a  questa  loro  pretensione  da  loro  scoperta  nel  Vangelo. 
Si  die  ora  il  protestantesimo  comprende  anche  eoloro  che  negano  la 
divinit^  di  GesuCristo*  e  la  ispirazione  soprannaturale  del  Vangelo; 
essendosi  verificato  quest'  assurdo,  che  parea  impossibile:  cioe  che 
eoloro  appunto  i  quali  si  chiamano  evangelici ,  e  del  Vangelo  fanno 
in  teoria  tanto  conto  che,  per  maggior  pretesa  venerazione  verso  di 
esso  ,  si  separarono  dalla  Chiesa  cattolica  che  abbastanza ,  secondo 
loro,  non  lo  venerava;  costoro  appunto  sono  venuti  a  negare  lo  stes- 
so Vangelo  e  lo  stesso  Cristo ,  e  ciononostante  a  credersi  ed  esser 
creduti  buoni  evangelici  e  buoni  cristiani.  Ma  cosi  dee  essere  in  for- 
za  del  principio  del  liber o  esame. 

Aqual  fine  dunque  verreino  noi  ora  partitamente  narrando  le 
particolari  e  infinite  massime  immorali,scaturite  dal  protestanlesimo 
e  mostratesi  in  tante  sue  sette,  sia  nei  secoli  passati ,  sia  al  tempo 
nostro?  II  che  del  resto  non  puo  riuscir  nuovo  a  nessuno  il  quale  solo 
si  ricordi  dei  Mormoni.  Ma  basti  1'  osservare  lo  stato  in  cui  e  ora  la 
societa  in  quasi  tutta  Europa,  in  opera  di  principii  morali.  Confesso 
il  Times,  e  lo  notammo  in  un  articolo  precedente  1,  che  lo  spirito  di 
libeita  e  di  rivoluzione,  che  regna  al  presente  nel  mondo,  e  opera 
e  frutto  del  protestantesimo.  Or  bene  quali  sono  i  principii  morali  che 
dominano  ora  nelle  sette  moventi  e  nei  popoli  mossi  all'  anarchia  so- 
ciale  de'nostri  tempi?  Tutti  sanno  che  il  socialismo  ed-il  comunismo 
professano  che  il  furto  non  solo  e  lecito  ma  doveroso,  per  rendere 
uguali,  fratelli  e  liberi  tutti  gli  uomini.  Niuno  ignora  che  il  matrimo- 
nio  e  condannato  anch'  esso  come  una  schiavitu  da  rompersi  col  ,di- 
vorzio  quando  si  vuole,o  anche  colla  stabile  comunanza  delle  mogli. 
E  notissimo  che  neanche  si  reputa  vizio  piu  ,  ne  difetio  ,  la  fornica- 
zione,  cui  si  erigono  ogni  giorno  nuovi  tempii  e  nuovi  incentivi,  con 
qnanto  puo  la  civiM  detta  moderna,  con  tutte  le  sue  arti  e  con  tutti  i 
suoi  trovati.  Si  sa  che  il  principio  che  il  fine  giustiftca  i  mezzi  non 

1  Yedi  questo  volume  pag.  396-97. 


B38  LA  MORALE  PROTEST  ANTE 

solo  e  praticato  in  segreto,  ma  predicate  in  pubblico;  tanto,  che  quan- 
do  si  mino  in  Roma  la  caserma  Serristori ,  non  solo  non  inorridi  nes- 
suno  dei  patrioti  formati  in  questa  scuola,  ma  i  loro  giornali  dissero 
anzi  chiaramente  che,  poiche  il  mezzo  era  ulile,  si  era  fatto  bene  ad 
usarlo.  E  questo  disse  il  Courrier  francais  dei  15  Novembre  1867, 
in  lisposta  all'  Union,  che  avea  accusalo  i  democratic!  di  non  aver  di- 
sapprovaio  quell' assassinio.  «Noi  confessiamo  (rispose  il  Courrier) 
che  non  solo  noi  consideriamo  gli  avversarii  dei  clerical'!  come  in 
quel  pieno  diritto  di  difesa  in  cui  tutti  i  mezzi  sono  legittimi:  ma 
ancora  noi  pensiamo  che  sarebbe  un  vero  servigio  reso  all'  umanita 
il  purgarla  di  questa  setta  malvagia  ,  e  che  tutti  i  mezzi  son  buoni 
per  yimgere  a  un  risultato  cosi  desiderabile.  »  A  pag.  533  del 
vol.  XI!  della  nostra  Serie  VI  si  trovera  il  teslo  francese  di  questa 
bella  morale. 

Che  questi  principii  siano  frutti  del  protestantesimo  apparisce 
chiaro,  sia  logicamenle  dal  principio  del  libero  esame,  sia  storica- 
mento  dal  fatto  che  la  sede  princip  ile  e  originaria  delle  setle  se- 
grete  e  appunto  queirAllcmagna,  che  e  la  sede  principle  e  origina- 
ria del  prolestantesimo,  sia,  per  cosi  dire,  giudiziariamente  dalla 
confessione  del  Times,  che  dice  doversi  attribuire  al  protestantesimo 

10  spirito  di  ribellione  che  regna  ora  in  Europa,  contrario  a  quanto 
predica  e  insegna  la  Chiesa  catlolica. 

Donde  si  ricava  che,  se  fra  i  protestanti  si  trovano,  come  facil- 
ineute  ammeltiamo,  persone  osservanti  della  vera  e  buona  mora- 
le, esse  sono  tali  non  per  che,  ma  benche  protestanti.  Vale  a  dire; 

11  protestante,  se  vive  secondo  la  morale  di  sua  setta,  dee  esser  ne- 
cessariamente  immorale;  e  se  e  morale,  cio  accade  peiche  egli  vive 
secpndo  la  morale  evangelica,  p?  edicata  ed  insegnata  dalla  Chiesa 
cattolica. 

Per  converse  il  caltolico  che  vive  male,  e  contro  i  precetti  della 
morale,  vive  cosi  a  dispetto  e  ad  onta  degli  insegnamenti  e  dei  pre-» 
cetti  della  sua  religione  e  della  sua  Chiesa;  laddove  invece  il  catto- 
lico  morale  e  santo  e  tale  in  forza  dell'  osservanza  dei  precetti  di  sua 
religione. 


E  LA  MORALE  CATTOLICA  339 

Che  poi  siano  molti  o  pochi  quei  cattolici  che  vivono  secondo  la 
morale  cattolica,  cioe  bene  e  moral mente,  cio  non  fa  propriamente 
e  direltamente  alia  questione,  piu  di  quello  che  faccia  il  sapere  se 
siano  molti  o  pochi  quei  protestanti  che  vivono  secondo  la  morale 
proteslante,  cioe  male  e  inimoralmente. 

Diciamo  che  cio  non  fa  alia  quistione  direttamente  e  propriamen- 
te :  giacche  la  propria  e  diretta  quistione  non  e  alira  se  non  che  il 
sapere,  quale  delle  due  religioni  sia  la  piu  morale  ;  e  posto  che 
questa  sia  la  cattolica,  anzi  unicamente  la  cattolica,  se  i  protestanti 
possano  scusarsi  dal  tenere  1'  invito  del  S.  Padre  per  la  possibile 
ragioue  che  tra  i  protestanti  si  trovino  molli  che  non  vivono  secon- 
do la  morale  della  loro  religione  e  percio  vivono  moralmente. 

Ciononostante  e  chiaro  che,  per  quanto  si  voglia  ammettere,  si 
per  amor  di  verita  come  di  corlesia,  che  molti  sono  tra  i  protestan- 
ii  coloro  che  a  dispetlo  del  protestantesimo  vivono  moral menle, 
pure  molto  piu  dee  esser  vero  queslo  doi  catlolid,  i  quail  hanno 
rinestimabile  vantaggio  di  trovarsi  nel  lume  della  verita  e  nel  foco- 
lare  della  caril£,colla  grazia  dei  sacramenli  e  colla  guida  infallibile 
della  Chiesa.  E  per  ferrno  sarcbbe  mollo  strano  se,  com'e  visibile  la 
vera  Chiesa,  cosi  non  fosse  visibile  la  sua  santita,  come  nella  sua 
dottrina  cosi  nei  suoi  membri.  E  che  questa  stranezza  non  abbia  pun- 
to  luogo,  e  si  verifidii  in  pratica  l.i  moral  ita  dei  caltolici  scnza  para- 
gone  maggiore  che  non  quella  dei  proteslanti,  come  si  verilica  in 
tcorica  delle  loro  massirne  e  dei  loro  principii,  apparisce  gia  abba- 
stanza  dal  delto  qui  sopra  dello  spirito  anarchico,  ribelle,  democra- 
lico  e  socialistic!)  che  e  sofliato  dal  prolestantismo  nei  popoli  catto- 
lici. Donde  si  ricava  che  i  protestanti,  che  sono  apostoli  di  questo 
spirilo  maligno,  debbono  esserne  piu  infoimati  e  compresi  che  non 
i  cattolici  che  d  i  loro  il  ricevono. 

Unaltro  indizio  chiaro  della  maggior  moralita  dei  caltolici  e  1'  apo- 
stolatocontrario,  che  dai  catlolici  e  esercitato,nello  spirito  tutto  evan- 
gclico  di  carita  e  di  beneficenza  cristiana,  verso  i  piu  miserabili  per 
solo  amore  di  Gesu  Ci  isto,  a  solo  intuilo  della  mercede  eterna,  e 
senza  niuna  umana  consolazione,  ne  gralitudine.  Quest'  apostolato 
£  si  comune  nel  cattolicismo,  che  fiorisce  come  da  se  dappertutto. 


540  LA  MORALE  PROTEST  ANTE 

E  tanto  fiorisce  che  i  cattivi  ne  sono  spaventati,  come  di  cosa  molto 
pericolosa  alia  loro  influenza.  Si  che  i  protestanti  ingelositine  vollero 
mostrare  anche  essi  do.  che  sapeano  fare  in  opera  di  carita.  Ma  i  loro 
sforzi  sono  coronati  di  piu  successo  quando  sono  diretti  a  persegui- 
tare,  calunniare  e  distruggere  le  associazioni  di  carita  cattolica,  che 
non  quando  si  volgono  a  fondarne  delle  somiglianti.  Le  suore  di  ca- 
rit&  anglicane  e  le  diaconesse  di  Berlino  sono  conosciute  soltanto  dai 
piu  eruditi.  E  i  protestanti  stessi  dovettero  concedere,  che  non  e  in 
loro  potere  di  nulla,  non  gia  fare,  ma  neanche  tentare  che  si  assomi- 
gli  pur  da  lungi  alle  suore  di  carita ,  alle  suore  dei  poveri ,  ai  mille 
ordini  di  uomini  e  di  donne,  che  nel  cattolicismo  attendono  all'  eser- 
cizio  di  ogni  carita. 

Un  terzo  indizio  della  maggior  moralitk  de'  cattolici  sta  nella  fa- 
cilila  somma  che  si  trova  in  loro,  di  dar  il  proprio  alia  loro  Ghiesa. 
Infatti  la  Chiesa  Cattolica  non  ha  bisogno,  per  esser  ricca,  che  di 
esser  lasciala  libera  di  accettare  i  lasciti  dei  suoi  figliuoli.  Rubino 
pure  i  liberal!  e  \  protestanti  alia  Chiesa  Cattolica  tutto  il  suo.  Se 
essi  pero  lasciano  nella  legislazione  uno  spiraglio  aperto  alia  Chiesa, 
perche  possa  ricevere  e  ritenere,  non  passano  molli  anni  che  essa  e 
di  nuovo  ricca  quanto  prima.  11  che  avendo  veduto  i  suoi  saccheg- 
giatori,  che  la  vogliono  povera  perche  non  possa  operare,  hanno  in- 
trodotto  nei  codici  infiniti  articoli,  al  solo  scopo  di  impedire  ai  fede- 
li  di  nulla  dare  alia  Chiesa,  ed  a  questa  di  nulla  ricevere.  Pure  la 
Chiesa  trova  sempre  tra  i  suoi  fedeli  il  modo  di  avere,  non  solo  il  nc- 
cessario,  ma  il  decoroso.  E  citiamo  qui,  a  cagion  d'onore,  per  esem- 
pio  solenne,  1'  Irlanda  cattolica.  I  protestanti  invece  hanno  bensi  ar- 
ricchita  la  loro  Chiesa  di  quanto  rubarono  alia  caltolica.  Ma  non  si 
sa  che  diano  molto  del  loro ;  benche  per  fermo  nulla  impedisca  che 
diano ,  e  quando  hanno  dato  niuno  pensi  a  rubare  alle  chiese  prote- 
stanti: le  quali ,  per  esempio ,  in  Italia,  nel  poco  che  aveano,  sono 
le  sole  che  non  siano  state  derubate. 

Dal  quale  spirito  di  carita  e  di  disinteresse,  che  tanto  regna  nel 
cattolicismo,  sorge  il  quarto  indizio  infavore  della  maggior  moralita 
dei  cattolici  nei  tanti  Santi  che  continuamente  sorsero  e  sorgono  tra 
loro.  1  quali  si  chiamano  Santi,  perche  portarono  fin  all'  eroismo 


E  LA  MORALE  CATTOLICA  541 

quello  spirito  di  perfezione,  che  il  Yangelo  in  parte  consiglia  e  in 
parte  comanda  ad  ogmmo.  Ora  sc  questa  perfezione  si  trova  attuata 
in  tanti  fra  i  cattolici ;  quanto  piu  si  trovera  attuata  in  un  gran  nu- 
mero  di  loro  quella  comune  e  diciam  cosi  volgare  e  mediocre  mo- 
ralita,di  cui  solo  e  qui  diseorso  ?  Certo  niuno  ha  udito  parlar  rnai  di 
Santi  tra  i  protestanti.  E  se  a  coloro  tra  essi  che  si  citano  come  mo- 
rali  si  facessero  i  process!  e  i  conti  addosso,  come  si  fanno  sopra  co- 
loro che  la  Chiesa  cattolica  propone  air  imitazione  dei  fedeli,  in  ve- 
rita  non  si  sa  che  cosa  ne  uscirebbe. 

E  come  mancano  i  Santi  cosi  mancano,tra  i  protestanti,  iMissio- 
narii.  Non  gia  mancano  tra  loro  i  viaggiatori  e  gli  scienziati  i  quali 
si  espongono  a  fatiche,  a  pericoli  e  anche  alia  morte,per  contentare 
la  loro  brama  di  scienza  e  di  scoperte.  Ma  dove  sono  tra  loro  quei 
zelanti  che  vadano  dove  non  e  niuna  gloria  da  sperare,  ne  nnlla  da 
imparare,  e  vi  vadano  pel  solo  desiderio  di  salvar  le  anime,  e  vi  re- 
stino  tutta  la  vita  ignorat!  dal  mondo,  non  solo  senza  speranza,  ma 
senza  niun  desiderio  ne  di  arricchire  ne  di  tornar  poi  in  patria  aven- 
do  fatta  fortuna :  e  vi  stiano  senza  comodi ,  senza  il  necessarto 
talvolta  alia  vita,  e  in  pericolo  continuo  di  morire  tra  i  torment! , 
come  accade  anche  presentemenle  ai  Missionarii  cattolici,  in  tante 
barbare  contrade?  Costoro  non  si  trovano  che  tra  i  cattolici,  e  vi  si 
trovano  in  numero  grande.  Or  facciasi  ragione  se,  dove  si  trovano 
tanti  eroi,  non  si  debbano  trovare  moltissimi  buoni,  e  piu  certamen- 
te  che  non  tra  i  protestanti ,  dove  il  zelo  di  salvar  le  anime  non  si 
dimostra  che  coll'  innocua  distribuzione  di  bibbie. 

La  terra  che  produce  i  frutti  piu  squisiti  e  delicati,  molto  pift 
produce  il  buon  frumento.  Parimente  il  cattolicismo  che  produce 
tanti  Missionarii  e  tanti  Santi,  molto  piu  dee  produrre  molti  buoni 
cristiani. 

Possono  dunque  i  protestanti  essere  sicuri  che  se,  tenendo  Tin- 
vito  del  Santo  Padre  Pio  IX,torneranno,  nell' occasione  del  Concilia 
ecumenico,  alia  male  da  loro  abbandonata  unita  cattolica,  non  solo 
torneranno  dove  s'insegna,  ma  dove  ancora  si  pratica,  grazie  a  Dio, 
da  un  immenso  numero  di  fedeli,  la  buona  morale  molto  piu  che 
non  tra  i  protestanti.  Giacche  (e  sia  questo  1'ultimo  indizio)  se  cosi 


3  42  LA  MORALE  PROTESTANT? 

non  fosse,  come  si  spiegherebbe  questo  slrano  fenomeno  che  quan- 
do  un  protestante  passa,  come  spesso  accade,  al  caltolicismo,  egli  e 
sempre  un  uomo  della  cui  perdita  altamente  si  lagQano  i  suoi , 
i  quali  in  lui  aveano  spesso  un  luminare  di  scienza  non  meno 
che  di  onesta?  Laddove  invece  quei  cattolici  che  passano  al  pro- 
testantesimo  sono  appunto  i  piu  immorali  e  i  meno  stimati,  e  vi 
passano  ordinariamente  per  motivi  umani  e  codardi  di  vendetta 
o  d'  iuteresse.  Talche,  quando  un  cattolico  si  fa  protestante,  si  dice 
tra  gli  stessi  protestanti,  quasi  a  modo  di  proverbio,  che  «  il  Papa 
scopi  la  sua  casa.  »  Sicche  puo  dirsi  in  conclusioue,  che  lo  stesso 
alto  di  passare  dall'una  religione  all' ultra,  auche  agli  occhi  ciechi 
del  mondo,  6  un  atto  di  moralita  (juando  ha  luogo  dal  protestanlesi- 
mo  alia  Chiesa  cattolica,  ed  e  un  atto  di  immoralita  quando  si  veri- 
fica  dalla  Chiesa  cattolica  al  pioiestantesimo. 

Alia  domanda  dunque  del  Times,  colla  quale  conchiude  il  suo  ar- 
ticolo  «  Che  cosa  verrebbero  a  fare  i  protestanti  al  Concilio?  »  si 
risponde  naturalmente  che  nel  Concilio,  propriamente  parlando,  5 
yerissinio  ebe  i  protestanti  nulla  avrcbbe'ro  da  fare.  E,  propriamente 
parlando,  e  anche  vero  che  niuno  ha  invitato  mai  i  protestanti  al 
Concilio.  Bensi  il  Santo  Padre  li  invito  «  a  cogliere  1'occasione  del 
prossimo  Concilio  ecumonico,  col  quale  la  Chiesa  catlolica  prescuta 
un  nuovo  argomcnto  deH'intima  unila  e  deH'inespugnabile  sua  for- 
za  vitale  »,  perche  «  rispondendo  al  bisogno  del  loro  cuore,  si  sfor- 
zino  di  toglieisi  da  quello  slato,  nel  quale  non  possono  essere  certi 
di  loro  eterna  salute,  e  si  aflVettino  di  ritornare  aU'antico  ovile».  Or 
queslo,  se  ben  il  possono  e  debbono  fare  in  ogni  circostanza  i  pro- 
testanli,  mollo  piu  e  specialmcnte  il  possono  ed  il  debbono  in  questa 
occasione,  nclh  quale,  come  ben  dice  il  Santo  Padre,  « la  Chiesa  cat- 
tolica del  un  nuovo  e  chiaro  indmo  e  argomcnio  della  sua  intima 
unita.  e  della  sua  inespugnabile  forza  vitale  » ,  vale  a  dire  della  sua 
vita  e  verita,  in  paragone  del  protestantesimoche  e  morte  ed  errore. 

Piovinsi  infalti  i  proleslanti  a  tener  un  concilio  tra  loro;  e  ve- 
dranno  che  unita  e  che  forza  di  vita!  Divisione  vi  scorgeranno  in 
quella  vece  e  corruzione ,  simbolo ,  causa  ed  effetlo  insiemc  di 
morte.  Ne  si  puo  vedere  segno  di  divisione  e  di  corruzione  ossia  di 


E  LA  MORALE  CATTOLICA  543 

morte  in  nessuna  societa  ora  piu  che  nella  protestantica,  dove  vanno 
pullulando  le  sette  sopra  le  sette,  tulle  inverminile  Tuna  piu  dell'al- 
tra,  con  quella  sola  vita  e  con  quel  solo  moto,  che  e  dato  vedere 
in  un  cadavere  che  si  disfa.  Donde  accade  che  protestantismo  ora 
yeramente  piu  quasi  non  esiste,  ma  razionalismo  e  negazione  del- 
lo  stesso  Vangelo  e  dello  stesso  Gesu  Cristo  che,  non  solo  come  Dio, 
ma  neanche  come  Uomo  e  come  Persona,  non  e  piu  riconoscitito 
da  tanti  di  loro,  i  quali  lo  hanno  ridotto  a  un  mito,  ad  una  leggenda, 
ad  una  favola.  Si  che  ora  ne  religione  ne  morale  cristiana  piu 
non  esisle  ( come  difatli  non  e  mai  in  realta  esistita )  allrove  che 
nel  cattolicismo,  il  quale  fu  sempre  ed  e  ora  piu  che  mai  la  sola  so- 
cieta visibile  che  adori  Gesu  Cristo  Dio  e  Uomo,  e  segua  il  suo  Van- 
gelo, come  1'ha  seguito  sempre  e  sempre  lo  seguira,  come  luce  sul 
monte,  al  quale  e  necessario  cheva  poco  a  poco,  secondo  la  profezia 
evangelica,  tutte  le  genti  si  accostino,  perche  si  faccia  il  solo  ovile 
sotto  il  solo  Pastore. 


BREVI   CENNI 

SUL  CONCILIO  ECUMENICO1 


Y. 

A  chi  appartenga  I'intimare  il  Concilia. 

Veniamo  adesso  a  ricercare  a  chi  appartenga  Tintimare  i  general! 
Concilii,  ed  a  determinare  quando  e  dove  debbano  essi  raccogliersi. 
La  dottrina  cattolica  a  questo  proposito  insegna  che,  come  i  Conci- 
lii diocesani  sono  da  intimarsi  dai  singoli  Yescovi,  i  provincial*  da- 
gli  Arcivescovi,  i  nazionali  dai  Primati  o  Patriarch!;  cosi  i  general! 
debbono  intimarsi  da  chi  sovrasta  qual  Capo  alia  Chiesa  universa, 
il  Pontefice  Romano.  E  la  ragione  di  cio  e  evidente,  perocche,  non 
potendo  nessuno  esercitare  giurisdizione  altro  che  sopra  i  suoi  sud- 
diti,  nessuno  fuori  del  Romano  Pontefice  pud  esercitarla  sopra  tutti  i 
Vescovi  della  Cristianita.  I  protestanti  del  secolo  XVI,  che  si  sareb- 
bero  sottoposti  a  non  so  chi,  piuttostoche  alia  Chiesa  santa  di  Gesu 
Cristo,  delirarono  che  la  convocazione  di  un  Concilio  generale  dovesse 
appartenere  al  Capo  del  Romano  Impero :  ma  la  loro  stoltezza  e  piu 
degna  di  compassione  che  di  confutazione.  Conciossiache  Gesu  Cri- 
sto,  prima  di  salire  al  Cielo,  a  chi  ebbe  affidata  la  sua  missione  ed  il 
reggimento  della  sua  Chiesa?  A  Tiberio  forse  che  allora  imperava, 

1  Vedi  questo  volume,  pag,  270  e  segg. 


BREVI  CENNl  SUL  CONCILIO  ECUMENICO  oio 

od  a  Pietro  cui  diceva:  Pasci  i  miei  agnelli,  pasci  le  mie  pecore: 
Pasce  agnos  meos,  pasce  oves  meas?  E  poi  gl'Imperatori  ed  i  Mo- 
narch! nella  greggia  di  Cristo  non  sono  forse  pecorelle  al  pari  di 
lulli  i  privati  ?  E  se  sono  pecorelle  non  hanno  bisogno  anch'  essi 
di  essere  govcrnali  e  pasciuti  da  quello  che  ebbe  la  cura.  universale 
di  tutte?  Dove  non  e  fatta  eccezione  da  Cristo,  niuno  deve  o  puo 
farla  di  sua  autorita.  privata.  II  perche  sino  a  tanto  che  appai  terra 
ai  Pas  tori  il  congregar  le  pecorelle,  e  non  alle  pecorelle  il  congre- 
gare  i  Pastori,  converra  dire  che  la  convocazione  del  Concilio  non 
appartenga  ad  altri  che  al  sommo  Pontefice. 

Senzache  un  atto  di  giurisdizione  universale  non  puo  partire  se 
non  da  un' autorita  che  all'  uni verso  si  stenda.  Ma  qual  Imperatore, 
per  quanto  abbia  posseduto  vaslo  lo  stato ,  colla  sua  civile  autorita 
si  distese  a  tutte  quelle  nazioni  a  cui  si  stendeva  la  Chiesa?  Anche 
quando  era  in  piedi  il  Romano  Impero ,  gl'  Imperatori  non  avevano 
in  ogni  tempo  autorita  sulla  Francia ,  sull'  Inghilterra ,  sull'  Italia  > 
sulla  Spagna  e  sopra  molti  altri  regni ,  i  cui  Vescovi  avrebbero  pur 
dovuto  essere  convocati ,  acciocche  si  potesse  chiamar  veramente 
general  Concilio.  Or  chi  ha  mai  in  tulti  questi  paesi  o  conosciuto  o 
riconosciuto  cotesto  diritto  ?  E  come  poteva  Y  Imperatore  essere  in- 
vestito  d'  un1  autorita  che  riusciva  impossibile  il  mai  recare  ad  effet- 
to  ?  E  cio  per  non  dir  nulla  che  la  fermezza  e  costanza  nella  fede 
non  essendo  stata  promessa  a  verun  Imperatore  poteva  darsi  il  caso 
funesto  che  1'  Imperatore  stesso  giungesse  a  perder  la  fede :  e  quindi 
con  manifesta  assurditSt  appartenesse  ad  un  eretico,  ad  uno  scisma- 
tico  ,  ad  un  aleo  il  convocare  la  Chiesa  di  Cristo.  Per  non  dir  nulla 
che  col  volger  dei  secoli ,  come  si  era  in  gran  parte  mutata ,  cosi 
poteva  sparire  affatto  Y  istituzione  del  Romano  Impero ,  il  che  noi 
abbiamo  veduto  avvenire  ,  per  dar  luogo  ad  altri  popoli  e  nazioni , 
si  che  non  rimanesse  piu  alia  Chiesa  di  Dio  chi  potesse  legittima- 
mente  raunarla.  Per  non  dir  nulla  che  la  Chiesa  non  potendo  esser 
convocata,  se  non  nel  nome,  die  e  quanto  dire  nell'  aulorita  di  Cri- 
sto, e  per  un  fine  di  ordine  spirituale  e  isoprannaturale,  riesce  tanlo 
assurdo  il  commetterne  la  convocazione  all'  Imperatore ,  quanto  il 
ncgarla  al  Yicario  di  Cristo.  E  finalmente  per  non  dir  nulla  di  tutta 
Seric  VII,  vol.  IV,  fasc.  449.  35  28  'Novmtre  1868. 


I)  16  BREYI  CENNI  SUL  CONCILIO  ECUMENICO 

ranlicliila  ecclesiastica,  la  qualemai  nontenne  per  Concilio  ecumc- 
nico  e  legittimo  qualsiasi  adunanza  di  sacri  Pastor! ,  non  convocata 
dal  Romano  Pontefice,  od  almeno  da  lui  non  riconosciuta  ed  appro- 
Tata.  Ma  cio  per  fatto  costante  e  diritto  manifesto  e  si  chiaro,  che 
non  e  mestieri  di  spender vi  piu  parole  intorno. 

Piuttosto  potrebbe  dire  taluno  che  i  Yesco\i  di  per  se  stessi, 
quando  ne  vedessero  manifesta  necessita,  potrebbero  di  comun  ac- 
cordo  raccogliersi  in  Concilio.  Ma  anche  questo  quanto  e  facile  a 
dirsi,  altrettanlo  e  impossibile  a  provarsi.  Lasciamo  pure  in  dispar- 
te  la  ragione  gravissima  che  in  tale  ipotesi,  mancando  V  autorita  di 
Pielro,  sarebbe  una  riunione  affatto  illegittima  nella  Chiesa;  ma  al- 
lora  di  tanti  Vescovi  pan  in  grado  ed  autorit£  a  chi  spctterebbe  il 
formare  giudizio  della  necessita  della  Chiesa  universale?  A  chi  il 
sentenziare  deH'opportunita  di  un  Concilio?  A  chi  1'invilar  i  lonta- 
ni?  A  chi  forzare  i  renitenti?  E  poi  di  questa  riunione  convocala 
contro  il  voler  del  sommo  Pontefice  chi  sarebbe  il  capo  ed  il  Presi- 
dente  ?  Potrebbero  i  Vescovi  obbligare  il  Yicario  di  Cristo  a  presie- 
dere  un'assemblea  che  egli  non  vuole  che  si  tenga,  o  potrebbe  que- 
st'assemblea  formare  risoluzioni  autorevoli  nella  Chiesa,  contro  la 
volonta.  del  Capo  supremo  di  questa  Chiesa? 

Ma  basti  di  quest' ipolesi  assurda.  Meglio  sara  nell* autorita  di 
convocare  i  Concilii  ammirare  la  mano  onnipotente  di  Dio.  Ad  un 
suo  umile  discepolo  Gesu  Cristo  concedette  quello  che  nella  piu  va- 
sta  loro  potenza  non  valgono  ad  ottenere  i  piu  grandi  Monarch!  del- 
la  terra.  Quante  volte  essi  si  sforzarono  di  invitare  alleati,  di  adu- 
nare  assemblee ,  per  hi  intendersi  di  affari  rilevanlissimi  speltanti 
al  bene  di  intere  nazioni  ?  Eppure  con  isforzi  inauditi ,  con  suppli- 
che,  con  preghiere,  con  tutta  Tarte  piu  sopraffina  che  sa  mettere  in 
campo  la  diplomazia,  o  non  ottennero  neppure  di  poterli  adunare,  o 
se  cio  ottennero,  per  cagione  di  volonta  pertinacemenle  discord! , 
non  conchiusero  nulla.  11  successore  di  Pietro  invece  che  non  co- 
manda  ad  una  estesa  nazione,  che  non  puo  mettere  in  campo  eserciti 
numerosi,  senza  sforzi,  senza  umiliazioni,  ora  con  un  semplice  invi- 
io,  ora  con  una  modesta  ingiunzione,  fatta  a  nome  della  sua  dignita 
ed  ufficio ,  ottiene  che  dalT  Oriente  e  dull'  Occidente,  dall'  Austro  e 


BREVI  CENNI  SUL  CONCILIO  ECUMENICO  547 

dall'Aquilone  si  muovano  i  piu  ihcliti  personaggi  e  vengano  a  fargli 
corona ,  e  imprendano  a  giudicare  delle  supreme  cause  della  Reli- 
gione,  pronli  tuttavia  a  sottostare  al  superiore  giudizio  del  Pontefice, 
Giudice  sovrano,  e  ad  ascoltarlo.  Sebbene  che  dico  ascoltarlo?  Gli  si 
porgono  riverenti ,  lo  riconoscono  Padre  ,  Pastore  ,  Maestro ,  Guida 
altutto  infallibile ,  ed  a  lui  fanno  omaggio  del  loro  intelletto ,  della 
loro  volonta ,  delle  loro  parole ,  del  loro  atli ,  di  tutto  se  medesimi. 
Essi  si  protestano  ( come  leggevasi  in  un  alto  solenne  sottoscritto 
recentemente  da  cinquecento  Yescovi  raunati  in  Roma)  di  credere 
quel  che  egli  crede ,  di  sentire  quel  che  egli  sente,  di  parlare  come 
egli  parla,  di  rigettare  quel  che  egli  rigetta,  di  non  voler  dipartirsi 
un  apice  da  quanto  egli  si  compiacera  di  prescrivere.  Cosi,  dopoche 
essi  per  primi  avranno  riverito  quella  suprema  autorita  e  ricono- 
sciuta  in  essa  quella  di  Gesu  Cristo  si  offriranno  con  tutto  lo  zelo  ed 
ardore  a  farla  riverire  ed  accogliere  dai  popoli  loro  suggetti,  fino  a 
mantenerla  e  confei  marla ,  dove  ne  sia  d'  uopo  ,  cogli  esigli ,  colle 
persecuzioni,  coi  domicilii  forzati,  colle  prigionie  e  colla  morte.  Per 
chiunque  non  sia  altutto  ignaro  di  quel  che  sieno  gli  uomini ,  del- 
r  amor  che  portano  al  proprio  giudizio ,  della  tenacita  con  cui  lo  di- 
fendono,  questo  apparira  tal  fatto  non  possibile  a  provenire  fuorche 
dalla  mano  divina  ,  la  quale  ha  dato  tal  podesta  al  suo  Vicario  in 
terra  e  gliela  mantiene  con  un'  assistenza  non  mai  interrotta. 

YI. 

Chi  debba  intervenire  al  Concitio. 

Ad  intelligenza  di  quanto  siamo  qui  per  dire  e  da  osservare  an- 
zitutto  che  nella  Chiesa  yi  sono  quattro  sorta  di  fedeli.  Altri  sono 
Chierici  ed  altri  Laici:  e  tra  i  Chierici  alcuni  sono  prelati,  altri  non 
sono;  come  fra  i  Laici  alcuni  sono  in  qualita  di  Principi ,  altri  in 
condizione  privata.  Inoltre  e  da  notare  che  per  ragioni  e  titoli  di- 
versi  si  pu6  intervenire  in  un  Concilio :  o  in  qualita  di  Giudice  per 
defmire  con  sentenza  decisiva  le  cose  di  cui  si  tratta;  o  in  qualita  di 
Consultore  per  esaminare,  di^cutere,  disputare  e  consigliare  quello 


548  BREYI  CENNI  SUL  CONCILIO  ECUMENICO 

che  puo  essere  il  meglio  ed  11  vero ;  oppure  come  notaio,  ministro, 
officiale  in  servizio  di  esso  Concilio ;  e  fmalmentc  possono  \enire 
ammessi  alcuni  per  decoro,  liberla,  sicurezza  e  difesa  del  Padri  in 
esso  raunati.  II  punto  essenziale  pern  e  di  sapere  chi  sieno  quelli 
che  debbono  aver  voce  defmitiva,  poiche  di  quest!  propriamenle  e 
formato  il  Concilio.  Ora  sentenza  cattolica  e  che  nella  Chiesa  soli  i 
maggiori  Prelati,  cioe  i  Yescovi,  hanno  diritto  ordinario  di  giudicare 
definitivamente  nei  Concilii  vuoi  provinciali ,  vuoi  generali.  Dissi 
ordinario,  perocche  per  privilegio  e  concessione  viene  esteso  questo 
diritto  anche  ai  Cardinal!  che  non  sono  Yescovi,  come  quelli  che 
compongono  il  maggior  senato  della  Chiesa,  e  poi  agli  Abbali  ed  ai 
Generali  degli  Ordini  religiosi,  come  quelli  che  spesso  hanno  una 
non  cosi  ristrelta  giurisdizione.  Quanto  ai  semplici  sacerdoti  e  con- 
suetudine  ammettere  quei  Teologi,  e  Canonist! ,  e  uomini  dotli,  die 
si  credono  giovevoli  alle  indagini  che  si  debbono  fare,  ma  non  per 
giudicare,  si  per  disputare  o  chiarire  le  materie  o  per  qualche  altro 
utile  ministero.  Alcuni  Principi  ed  Jmperatori  furono  talvolta  la- 
sciati  intervenire,  noil  mai  pero  acciocche  proferissero  alcuna  sen- 
tenza, ma  solo  o  per  difesa  e  tutela  di  esso  Concilio,  o  perche  fatti 
iestimonii  del  decreti  che  pronunziavano  i  giudici  legittimi  della  fe- 
de,  potessero  poi  con  leggi  anche  civili,  e  con  pene  eziandio  tempo- 
ral!,  frenando  i  ricalcitranti,  promuoverne  T  esecuzione.  Degli  altri 
laici  non  si  ammelte  se  non  alcuno  che  debba  prestar  qualche  utile 
servigio  al  Concilio. 

Che  poi  ai  soli  Yescovi  appartenga  veramente  il  seder  nei  Con- 
cilii, niuno,  eccettuatine  i  protestanti,  oso  mai  melterlo  in  dub- 
bio.  Perocche  e  evidente  nella  Scrittura,  che  ai  soli  Pastori  e  Dot- 
tori  venne  commesso  il  delerminare  quello  che  sia  da  credere 
e  da  praticare  dal  popolo  cristiano.  Ora  lo  Spirito  Santo  a  far- 
la  da  Dottori  e  Pastori  non  ha  posto  nella  sua  Chiesa  se  non  i 
Yescovi:  Provvedete  a  voi  e  a  tutto  quanto  il  gregge,  sul  quale  lo 
Spirito  Santo  vi  ha  coslituiti  Yescovi  a  reggcre  la  Chiesa  di  Dio  : 
Attendite  vobis  et  universo  gregi,  in  quo  vos  Spiritus  Sanctus 
posuit  Episcopos  regere  Ecclesiam  Dei.  Pero  la  Chiesa,  che  e  la 
sola  posseditrice  legiUima  del  sense  della  Scritlura,  sia  per  boc- 


BREVI  CENNI  SUL  CONCILIO  ECUMENICO  549 

ca  de'  suoi  piu  illustri  Dottori,  sia  per  la  pratica  tenuta  in  tutti 
i  suoi  Concilii,  ha  sempre  rnantenuto  i  soli  Yescovi  in  possesso  di 
questo  diritto.  Dei  Padri  e  voce  Concorde  ed  unanime  che  i  Concilii 
non  appartengono  che  ai  Yescovi,  e  chi  fosse  vago  di  riscontrarli 
ne  trovera  un  lungo  catalogo  presso  il  Bellarmino  ed  altri  autori : 
negli  alti  dei  Concilii  poi  si  vede  espressa  quesia  medesima  dotlri- 
na  in  cio  che  da  loro  soli  si  trovano  sotloscriUi.  Che  se  in  qualche 
Concilio  generale  leggesi  pure  la  sottoscrizione  dell'  Imperatore,  la 
stessa  forma  con  cui  fu  fatta  mostra,  che  non  era  punto  necessaria. 
Perocche  dove  i  Yescovi  soscrivono  come  giudici  che  sentenziano, 
gl'  Imperatori  soltoscrivono  come  semplici  fedeli  che  si  sottometto- 
no.  Un'eccezione  si  trova  nel  Concilio  di  Basilea,  dove  si  leggono  i 
nomi  anche  di  semplici  sacerdoli,  che  insieme  coi  Yescovi  appon- 
gono  il  loro  norne:  ma  questa  eccezione  appunto  conferma  la  regola 
in  contrario,  poiche  essendo  quest' uso  contrario  a  tutla  1'ecclesiasti- 
ca  antichita,  anche  per  questo  fu  quel  Concilio  dalla  Chiesa  disco- 
nosciuto  e  rigettato. 

Del  resto  la  ragion  medesima  insegna  non  dover  essere  altri- 
menti.  In  ogni  repubblica  ordinata  gli  affari  pubblici  non  si  trattano 
che  dalle  persone  pubbliche:  perche  dunque  i  negozii  pubblici  del- 
la  Chiesa  non  dovrebbero  essere  traltati  dalle  persone  pubbliche 
della  Chiesa,  quali  sono  i  Yescovi  ?  Se  si  cominciasse  in  questa  co- 
sa  a  prender  norma  o  dalla  dottrina,  o  dalle  dignita  civili,  o  da  al- 
tra  prerogativa  qualunque,  fuori  della  ecclesiastica  autorita,  ne  pro- 
verrebbero  infiniti  disordini.  Se  si  mirasse  alia  dottrina,  in  quale 
adunanza  si  potrebbero  convocar  tutti  i  dotti  che  sono  nella  Chiesa? 
E  poi  chi  formerebbe  il  giudizio  di  quelli  che  sono  tali,  in  pregiu- 
dizio  di  quelli  che  non  sono  ?  Se  si  ricorresse  alle  dignita  secolare- 
sche,  de'tanti  gradi  in  che  esse  si  partono,  chi  formerebbe  il  catalo- 
go  di  quelle  che  vi  hanno  o  non  vi  hanno  diritto?  Ed  essendo  esse 
varie  ne'  varii  paesi,  e  mutate  di  continue  col  mutare  dei  tempi,  chi 
potrebbe  darvi  regola  costante,  ed  accettabile  da  tutti?  E  soprallul- 
to  chi  potrebbe  impedire  che  queste  fossero  in  maggior  nuniero  e 
che  quindi  la  parte  maggiore  vincesse  la  migliore,  e  le  pecore  di- 
ventassero  la  guida  dei  pastori?Per  le  quali  ragioni  o  per  altre  mol- 


550  BREVI  CENNI  SUL  CONCILIO  ECUMENICO 

te,  che  non  e  difficile  ad  ognuno  il  rinvenire  da  se  slesso,  si  dimo- 
stra  la  divina  sapienza  con  cui  e  retta  la  S.  Chiesa :  nella  quale 
se  YJ  ha  il  nuraero  che  e  richiesto  all'  indagine  accurata,  non  V  ha 
lie  T  indeterminazione  che  produce  incertezza,  ne  la  moltitudine  che 
partorirebbe  confusione. 

Solo  qui  potrebbe  chiedere  alcuno  qual  sia  il  numero  a  rigor  vo- 
luto,  per  che  un  Concilio  possa  dirsi  e  sia  veramente  generate.  Se  si 
richiede  che  i  Vescovi  intervengano  tutti,  ne  vi  fu,  ne  mai  vi  sara 
alcun  Concilio  generate  possibile :  se  bastano  alcuni,  quanti  sono 
fmalmente  quelli  che  si  richiedono?  A  questa  domanda  ha  risposto 
la  Chiesa  colla  sua  pralica,  dalla  quale  si  raccoglie  esigersi  e  ba- 
stare  alia  generalita  del  Concilio  queste  tre  condizioni.  Che  1'  inti- 
mazione  sia  fatta  universalmente  a  iutti  i  Yescovi,  almeno  delle  mag- 
giori  province  di  S.  Chiesa.  Che  non  si  chiudano  le  porte  ad  alcu- 
no che  si  sappia  esser  Yescovo,  se  gia  non  fosse  per  cagione  del- 
1'esser  lui  scomunicato.  E  finalmente  che  dal  maggior  numero  delle 
cristiane  province  Yi  sia  almeno  qualcuno  che  intervenga.  Quando  i 
Coucilii  si  tennero  in  Orienle,  fu  stiinato  bastevole  che  dall'  Occi- 
dente  il  sonimo  Pontefice  inviasse  alcuni  ad  assistem,  ed  e  conYer- 
so  quando  si  tennero  in  Occidente,  basto  che  YI  prendessero  parle 
alcuni  oriental! . 

E  non  e  meraYiglia  che  sia  cosi,  perocche  se  basto  tante  volte  la 
voce  del  Romano  Pontefice,  anche  sola,  a  definir  dommi  e  condan- 
nare  eresie ;  se  bastarono  nello  stesso  scopo  Concilii  provincial!  o 
nazionali,  quando  furono  dal  sommo  Pontefice  approvati;  molto  pift 
bastera  un  Concilio  generate  anche  non  cosi  numeroso.  E  questa 
universalita  morale,  mentre  e  la  sola  che  sia  possibile,  come  ognun 
vede,  e  tale  tuttavia  che  basta  a  sciogliere  qualunque  accusa  di  pai- 
zialita  altri  volesse  muover  contro  quanto  nei  Concilii  venga  deter- 
ininato.  Conciossiache  qual  cosa  potrebbe  finalmente  unYescovo, 
od  anche  una  provincia  ecclesiastica ,  allegare  per  sottrarsi  alle  de- 
termiaazioni  ivi  prese?  Che  non  sia  egli  stato  presente,  che  non  sia 
stato  fatto  luogo  alle  sue  ragioni.  Ma  se  il  Concilio  gli  fu  intimate, 
se  fuvvi  invitato  ad  apportarle,  quando  non  voile  prevalersi  della  li- 
berta  accordatagli  si  ampiamenle ,  come  potrebbe ,  dopo  celebrata 


BREYI  CEMsI  SIL  CONCILIO  ECUMENICO 

da'  suoi  colleghi  la  radunanza,  muoverne  lamento  ?  Le  odierne  Ca- 
merc  e  Parlamenti  sono  ordinati  in  guisa ,  che.  quei  partiti  die  non 
possono  prevalere  e  non  vogliono  sottostare  alia  maggioranza ,  col 
ritrarsi  ad  ora  opportuna ,  mettono  talvolta  tutta  Y  assemblea  nel- 
1' impossibility  di  poter  nulla  risolvere  clie  loro  non  piaccia:  ma 
Gesu  Cristo  non  e  stato  cosi  improvvido  coll  a  sua  Chiesa.  Egli  ha 
disposto  in  guisa  le  cose,  che  1'  imperizia  degli  uomini,  o  peggio 
la  perversita  dei  malvagi,  non  valgano  ad  impedire  que'provvfedi- 
menli  che  a  tutto  il  popolo  cristiano  debbono  riuscir  salutari.  Ne 
sia  eternamente  glorificato. 

YII. 

Quale  autorita  abbiano  i  Vescovi  nei  Concilii. 

De'  soli  Vescovi  si  costituisce  essenzialmente  il  Concilio  genera- 
le.  Qui  pero  si  domanda  se  il  voto  che  essi  danno  nel  Concilio,  sia 
un  voto  solo  consultivo,  oppur  defmitivo :  in  altri  termini,  se  essi 
sieno  consiglieri  o  giudici  nelle  quistioni  di  fede.  Da  quel  che  abbia- 
mo  detto  nel  paragrafo  precedente,  questa  dubbiet&  potrebbe  sem- 
brare  gia  sciolta.  Se  soli  intervengono  i  Vescovi,  perche  soli  sono 
giudici  della  fede,  gia  si  fa  manifesto  in  quale  condizione  essi  sie- 
no presenti  al  Concilio.  E  cio  non  ostante  non  sara  inutile  il  ri- 
spondervi  piu  dircttamente.  Checche  abbia  detto  qualche  dottore 
particolare,  la  sentenza  comune  e  che  i  Vescovi  nel  Concilio  son 
veri  giudici,  e  non  vi  ha  altra  limitazione  che  quella  che  qui  sotto 
indicheremo.  Anche  questa  verita  e  bastevolmente  chiara  nella 
santa  Scrittura  e  poi  confermata  dalla  Tradizione  costante  di  tutti  i 
secoli.  Fin  dall'  antico  testamento  era  prescrilto  che,  insorgendo 
qualche  dubbio  intorno  alia  Legge,  si  ricorresse  al  sinedrio  dei  sa- 
cerdoti  che  a  quel  tempo  si  sarebbono  trovati,  e  che  chiunque  si 
fosse  ricasato  a  prestare  obbedienza,  fosse  dannato  a  morte.  Nel 
che  e  chiaro  che  quei  sacerdoti  esercitavano  un  vero  atto  di  autori- 
ta di  giudicare.  Ma  questo  molto  piu  ha  luogo  nella  Chiesa,  dove 
V autorita  fu  di  tanto  rafforzata  da  Gesu  Cristo.  In  fatti  in  quello 


t>  BREVI  CEN1NI  SUL  CONCILIO  ECUMENICO 

die  fu  il  tipo,  I'esempio  e  la  norma  di  tutti  i  Concilii,  vo'dir  1'Apo- 
stolico,  i  Padri  esprimono  chiaro  die  non  si  accostano  solo  al  pa- 
rere  di  Pietro:  ma  che  anche  a  loro  cosi  ne  parve:  E  parulo  allo 
Spirito  Santo  e  a  Noi:  Viswn  est  Spiritui  Sancto  et  nobis;  e  quan- 
do  si  nominano  quell  e  leggi  e  decreti  non  si  chiamano  leggi  del 
solo  Pietro,  ma  universalmente  leggi  e  decreli  degli  Apostoli:  Prae- 
cipiens  custodire  praecepta  Apostolorum  et  seniorum.  Ne  modo  di- 
verse di  parlare  si  tenne  nei  Concilii  susseguenti,  ne'  quali  i  Padri 
definiscono  da  veri  giudici  e  non  insinuano  solo  da  consiglieri.  Ouei 
del  Concilio  niceno  pregano  il  Papa  S.  Silvestro  che  si  compiaccia 
di  confermare  quello  che  essi  hanno  stabilito.  I  Padri  del  Concilio 
calcedonese  chiedono  al  Pontefice  S.  Leone  che  co'  suoi  decreti  vo- 
glia  onorare  il  loro  giudizio.  Similniente  nel  terzo  di  Costanliaopo- 
li.  Queste  cose,  dicono  i  Padri,  cosi  stabilite  e  colle  nostre  soscri- 
zioni  confermale,  decretiamo  ece.  Le  quali  tutte  espressioni,  come 
ognun  vede,  non  sono  di  chi  consiglia,  ma  di  chi  giudica  autore- 
volmente.  Che  piu?  11  modo  stesso  con  cui  gia  usano  di  sottoscri- 
yersi  i  Yesco\i  nei  Concilii,  dichiara  espressamente  cheil  fanno  sic- 
come  giudici:  lo  N.  N.  Vescovo  defmendo  ho  sottoscritto: Definiens 
subscripsi:  o  altre  formole  simiglianti. 

Pero  qui  puo  aver  luogo  una  domanda,  che  varra  a  spiegar  me- 
glio  la  natura  di  siffatti  giudizii.  Se  i  Yescovi  pronunzian  sentenza 
siccome  giudici,  il  Papa  dovra  acquetarsi  al  maggior  numero  di  loro, 
secondoche  si  usa  in  ogni  tribunale?  La  risposta  1'  abbiamo  da  Be- 
nedetto XIV.  Da  cio  che  i  Vescovi,  dice  egli,  nel  Concilio  generale 
son  veri  giudici,  guardati  bene  dall'mferirne  che  il  Romano  Ponte- 
fice nel  pronunziare  la  sua  sentenza  sia*  obbligato  a  seguire  i  piu  e 
ad  approvare  la  loro  dottrina.  Imperocche,  come  ben  ragiona  Mel- 
chior  Cano,  qiiantunque  i  Yescovi  sieno  veri  giudici,  tultavia  il  giu- 
dizio supremo  fu  da  Cristo  affidato  al  suo  Yicario  in  terra,  ed  a  lui 
venne  commesso  di  richiamare  alia  vera  fede  i  suoi  fratelli,  sieno 
essi  molti  di  numero,  sieno  pochi...  E  questa  suprema  prerogativa 
del  Romano  Pontefice  fu  riconosciuta  dal  Concilio  generale  di  Firen- 
ze,  nel  quale  Eugenio  IY,  che  lo  presedette  in  persona,  solo  adope- 
ro  la  parola  definire  scrivendo  :  lo  Eugenio  Yescovo  della  cattolica 


BREVI  CENNI  SIJL  CONCILIO  ECUMENICO  1)0 3 

Cliiesa  cosi  definendo  ho  sottoscritto ;  laddovtf  lutti  gli  altri  Yesco- 
vi  per  riverenza  al  Pontefice  si  astennero  della  parola  defmire,  c 
solo  si  contentarono  di  apporre  il  proprio  nome.  Cosi  egli. 

Tultavia  semprc  rimaiie  ne'  Yescovi  la  vera  autorita  di  giudici , 
benche  non  indipendenti  e  supremi.  Imperocche  sono  veri  giudizii 
quelli  che  si  pronunziano  comunemenle  nei  tribunal!,  luttoche  quei 
giudizii  possano  nformarsi  o  da  tribunal!  superior!  o  dal  Principe, 
Similmente,  quantunque  i  Yescovi  risolvano  con  decisiva  sentenza  le 
quistioni  di  fede  die  loro  yengono  soltoposte,  questo  non  toglie  die 
il  Romano  Pontefice  r  come  capo  di  tutta  la  Chiesa,  non  possa  rive- 
dere  i  loro  giudizii.  Del  resto  e  osservazione  di  teologi  grayissimi , 
che,  ogniqualvolta  fu  lasciata  vera  liberta  ai  Yescovi  di  sentenzia- 
re ,  rimossa  ogni  frode  ed  inganno  ,  la  voce  dei  Vescovi  congregati 
in  Concilio  legittimo  mai  non  ebbe  bisogno  d'altro  che  di  essere  dal 
supremo  Yescovo  confermata. 

Anche  nel  caso  che  la  defmizione  pontificia  preceda  la  sentenza 
de'Yescovi,  questi  neiraderire  conciliarmente  a  quel  giudizio  fanno 
atto  non  solo  di  ubbidienza,  ma  altresi  di  autorita,  defmendo  insie- 
me  con  lui  come  giudici,  benche  abbiano  nel  giudizio  di  Pietro  una 
norma  da  seguitare.  Cosi  il  giudizio  de'  Padri,  o  preceduto  o  con- 
fermato  dal  giudizio  del  Romano  Pontefice,  e  giudizio  autorevole, 
e  i  singoli  Yescovi  soscrivono  come  giudici  yeri  benche  non  indi- 
pendenti  e  supremi. 

Senonche  quando  trattasi  dell* autorita  del  Concilio  non  son  da 
mirare  isolatamente  o  da  assommare  i  giudizii  de' singoli ,  doven- 
dosi  piuttosto  considerare  i  Yescoyi  come  un  sol  corpo  insegnante 
col  loro  capo,  concorrendo  tutli  in  un  solo  supremo  giudizio  con 
autorita  infallibile.  Quindi  e  che  ad  essi,  mentre  aderiscono  conci- 
liarmente al  Pontefice,  non  convien  solo  V  infallibility  che  i  Teologi 
chiamano  passiva,  che  e  propria  de'  fedeli  in  quanto  che  non  pos- 
sono  errare  seguitando  la  fede  della  Chiesa ;  ma  partecipano  della 
infallibility  che  dicesi  attwa,  cioe  del  carisma  dell'  infallibilita  nel- 
1'insegnare,  promesso  a  Pietro  anche  solo,  e  con  lui  al  Collegio 
apostolico,  e  in  essi  ai  Roman!  Pontefici,  e  al  corpo  episcopate 
congiunto  al  capo,  o  sia  che  si  trovi  disperse  nelle  sedi  cattoliche  o 


054  BREVI  CENNI  SLTL  CONCILIO  ECUMENICO 

sia  che  raccolto  legiltimamente  in  Concilio.  Dal  che  ancora  si  scor- 
ge  che  1'  infallibilita  del  Concilio,  di  cui  phi  sotto  parleremo,  non  e 
gia  solo  infallibilita  papale ,  come  la  cliiama  per  dileggio  qualche 
protestante,  ma  infallibilita  conciliare,  propria  della  Chiesa  inse- 
gnante  e  reggente,  raccolta  sotto  Pietro  in  Concilio  per  esercitare 
unitamente,  come  un  sol  corpo,  gli  atti  di  autorita  suprema  e  in- 
fallibile  di  reggere  e  d'  insegnare. 

YIII. 

A  chi  appartenga  la  presidenza  del  Concilio. 

Final mente  resta  a  risolvere  un' ultima  quislione  a  chi  appartenga 
la  presidenza  del  generale  Concilio.  Presso  i  callolici  mai  non  vi  fu 
dubbio  che  questa  spettasse  unicamente  al  Capo  di  tutta  la  Chiesa 
che  e  il  Romano  Pontetice,  il  quale  pero  o  per  se  stesso  o  per  mezzo 
de'  suoi  legati  come  Reggitore  supremo  il  moderasse.  Si  dice  poi  o 
per  se  stesso  o  per  mezzo  de'  suoi  legati,  poiche  1'uno  e  1'altro  fu 
praticato  nella  Chiesa.  Nei  Concilii  che  si  tennero  in  .Oriente,  mai 
non  presedette  in  persona  il  Romano  Pontefice,  o  perche  non  fosse 
della  dignita  del  capo  andare  in  traccia  delle  membra,  o  perche  si  vo- 
lesse  schivar  I'incontro  deli'Imperatore,  che  talvolta  v' inter  veniva,  o 
perche,  come  io  credo,  non  fosse  convenevole  lasciar  per  tanto  tempo 
deserta  la  Sede  suprema,  o  per  qaal  altra  ragione  si  fosse ;  laddove 
in  quelli  di  Occidente  molte  volte  presedette  in  persona.  Quanto  poi 
al  diritto  di  presedere  esso  e  si  manifestamente  del  Pontefice  sommo, 
che  ci  voile  nulla  meno  che  tutto  1'odio  del  Protestantesimo  nascen- 
le  contro  la  Chiesa  Romana  per  recarlo  in  dubbio  :  al  presente  gli 
stessi  protestanti,  non  fanatici,  ne  convengono.  Fin  che  avranno 
valore  le  parole  di  Cristo:  Pasci  gli  agnelli  pasci  le  pecore:  Pasce 
agnos,  pasce  oves,  il  Successor  di  Pietro  dovra  pascere  non  solo  le 
greggi,  ma  anche  i  pastori  inferior!.  Finche  sussistera  il  Confer- 
jna  i  tuoifratelli:  Confirmafratres  tuos,  dovra  parimenti  confermare 
nella  fede  i  suoi  fratelli.  Or  a  chi  puo  cader  in  mente  che  quelli  che 
hanno  da  essere  raffermati  e  pasciuti  debbano  mai  presedere  al  lo- 


BREVI  CENNI  SUL  CONCILIO  ECUMENICO  555 

ro  reggitore  e  pastore  ?  Quelle  ragioni  stesse  per  cui  abbiamo  det~ 
to  appartenere  al  Papa  1'intimare.  il  Concilio,  quelle  stesse  valgono- 
allresi  a  dimostrare  che  a  lui  ne  appartiene  la  presidenza.  Infatti, 
per  quanto  le  numerose  assemblec  sogliano  esser  gelose  de'  loro  di- 
ritli  e  privilegi,  mai  non  Vebbe  Concilio  che  non  professasse  dal 
Romano  Pontefice  una  total  dipendenza.  A  lui  presentano  i  loro  de- 
creti,  da  lui  aspettano  la  confermazione  de'  loro  atti,  a  lui  riserbano- 
le  cause  che  non  credono  dover  ultimare ,  e  finalmente  negli  stessi 
loro  atti  non  riconoscono  valore  di  legge  ecclesiastica ,  finche  non 
hanno  riportata  la  sanzione  apostolica.  Se  questo  non  e  nn  chiaro  ri- 
conoscere  che  il  Papa  e  Capo  e  Presidente  con  suprema  autorita  nei 
Concilii,  allora  non  vi  ha  piu  nulla  che  sia  chiaro. 

Quanto  poi  all'opinione  dei  Proteslanti,  che  agl'Imperatori  Roma* 
ni  appartenga,  sia  il  raunare  sia  il  presedere  il  Concilio,  che  cosa 
diremo?  In  primo  luogo  che  Dio  non  ha  promesso  che  i  Roman! 
Imperatori  durerebbero  quanto  la  Chiesa.  Quindi  se  essi  venisser 
meno,  a  chi  apparterrebbe  quest'  autorita?  A'  giorni  nostri  non  vi  e 
piu  Impero  Romano :  dunque  percio  la  Chiesa  e  spogliata  del  diritto 
di  raunarsi  in  Concilio?  In  secondo  luogo,  quand'anche  o  esistesse, 
o  risuscitasse  1'  Impero  Romano ,  Iddio  non  ha  promesso  ai  sovran! 
di  quest'  Impero  1'indeficienza  nella  fede:  se  per  6  essi  la  perdessero, 
come  potrebbero  conservare  la  presidenza  del  Concilio?  Se  un  Impe- 
rator  cessasse  di  esser  cattolico,  come  presederebbe  non  dico  un'as- 
semblea  di  pastori,  ma  pure  di  semplici  fedeli,  se  non  sa  piu  neppure 
quel  che  sia  la  Fede?  Come  proporrebbe  le  quistioni,  come  dirige- 
rebbe  le  dispute,  come  formerebbe  i  decreti  e  soprattutto  con  quale 
autorita -li  presenterebbe  ai  fedeli?  Finche  non  si  provi  che  la  di- 
gnita  imperiale  non  confer isca  anche  1' autorita  sacerdotale  e  non  si 
dimostri  che  tocca  alle  pecore  condurre  ai  pascoli  salutari  i  pastori, 
V  ha  poca  probabilita  di  accredilare  quella  sentenza.  Per  verita,  se 
coteste  stolidezze  non  si  leggessero  coi  proprii  occhi  in  certi  libri 
proteslantici ,  nessuno  saprebbe  immaginare  che  si  potessero  pub- 
blicare. 

Ma,  osseryano  essi,  alcuni  Imperatori  si  trovarono  presenti  a  varii 
Concilii  generali  e  ad  alcuni  sottoscrissero  pure  il  loro  nome.  Yeris- 


356  BREVI  CENNI  SUL  CONCILIO  ECUMENICO 

simo  tutto  questo:  ma  tra  1'essere  presente  al  Concilio  ed  esserne  pre- 
sidente,  corre  un  gran  tralto.  L'  imperator  Costantino  fu  presente  al 
niceno,  ma  tanlo  non  intese  di  presedere,  che  voile  anzi  sedere  in 
luogo  piu  basso  che  non  i  Vescovi,  e  dove  quest!  sottosciivono  defi- 
nendo,  egli  sotloscrive  in  segno  di  adesione  e  consentimento,  ed  offre 
1'  aiuto  del  suo  braccio  per  fare  eseguire  i  decreti  che  i  Padri  hanno 
statuiti.  L'imperador  Marciano  intervenne  al  Concilio  calcedonese, 
ma,  come  egli  medesimo  attesla,  vi  venne  sia  per  dimostrare  1'osse- 
quio  della  sua  sommissione,  sia  per  lutelare  col  suo  braccio  ed  au- 
toritci  i  decreti  che  il  Concilio  avrebbe  formati.  Intervenne  Giovan- 
ni YII  imperatore  nel  Concilio  fiorentino,  ma  non  si  avvisp  mai  di 
far  altro  che  di  slimolare  i  suoi  Greci  alia  concordia  cogli  Occiden- 
tali.  In  somma  1'intervento  dei  Vescovi  fu  sempre  un  alto  di  au tori- 
la,  quello  degl'Imperadori,  quando  V  intervennero,  fu  un  atto  di  de- 
vozione.  Se  pertanto  gl'  Imperatori  e  Monarchi  de'  nostri  giorni  vo- 
lessero  fare  altreltanto,  non  credo  che  vi  sarebbero  si  male  accolti  : 
ma  essi  ora  che  regnano  e  non  governano,  pur  troppo  si  sono  posti 
in  istato  da  non  poter  rendere  agevolmente  si  utile  servigio  alia 
Chiesa. 

Che  se  nell'antichita  non  manco  qualche  Imperatore,  che  pretese 
di  poter  presedere  Concilii  come  Costanzo  infetto  di  Arianesimo,  non 
solo  non  fu  dalla  Chiesa  riconosciuto,  mane  fu  dai  piu  gran  Vescovi 
con  sentenze  terribili  sfolgorato.  S.  Atanasio  scrisse,  se  il  giudizio 
e  proprio  dei  Vescovi  a  che  c'  entra  1'Imperatore?  II  celebre  Osio 
gli  disse  in  faccia:  Non  ci  dar  comandi  in  questo  genere  di  cose,  ma 
tu  apprendile  da  noi:  a  te  Dio  affido  Timpero,  a  noi  il  governo  della 
Chiesa;  e  giunge  sino  a  chiamarlo  Anticristo,  poiche  s'e  intramesso 
delle  cose  sante:  ed  il  Vescovo  Leonzio  lo  riprese  acremente,  perche 
dimentico  de'suoi  affari,  delle  sue  guerre,  delle  sue  civili  ammini- 
strazioni,  si  brigasse  invece  delle  cure  altrui,  cioe  delle  cose  eccle- 
siasliche. 

Resta  una  difficolta  da  spianare  in  questo  punto.  Se,  come  ab- 
biam  detto,  il  Papa  puo  o  per  se  o  per  mezzo  di  Legati  presedere 
al  Concilio,  in  questo  secondo  caso,  acciocche  si  abbiano  per  irre- 
formabili  le  defmizioni  del  Concilio,  e  necessario  che  riportino  an- 


BREVI  CENNI  SIL  CONCILIO  ECUMENICO  557 

cora  un'  esplicita  confermazione  del  Pontefice,  oppure  basta  1'appro- 
vazione  del  pontificii  Legati?  A  queslo  rispondono  i  Teologi  piu  ac- 
curati,  doversi  distinguere  due  sorte  di  quistioni  che  si  possono  Irat- 
tare  nel  Concilio,  e  per  le  quali  sono  mandali  a  presedere  i  Legati. 
Possono  esserc  quistioni  determinate  ed  antecedentemente  dal  Pon- 
tefice si  conosciute,  che  sopra  di  esse  egli  abbia  gia  potuto  commet- 
lere  ai  medesimi  la  sua  sentenza:  e  possono  essere  quistioni  presen- 
tate  dagli  stessi  Padri,  delle  quali  come  non  prevedute  il  sommo 
Pontefice  non  abbia  dato  alcuna  istruzione.  Nel  primo  caso  conce- 
dono  non  essere  necessaria  altra  approvazione,  poiche  gia  si  verifica 
che  1'Episcopato  insieme  al  suo  Capo  concorrono  nella  medesima 
sentenza:  nel  secondo  caso  negano  bastare  1'approvazione  del  Legati 
a  fare  un  dccreto  irreformabile:  posciache  e  sempre  vero  che  manca 
ancora  rultimo  giudizio,  il  giudizio  di  Pietro  nella  persona  del  suo 
Successore.  E  queste  poche  cose  bastino  intorno  alle  condizioni  che 
debbono  accompagnare  un  Concilio,  acciocche  possa  stimarsi  le- 
gittimo. 

IX. 

Autorita  del  Concilio. 

Veniamo  ora  aquello  che  e  principalissimo  nel  nostro  argomento 
cioe  1'autorita  propria  di  un  Concilio.  Perche  raunare  dagli  angoli 
piu  remoti  della  terra  i  Pastori  di  tutta  la  Chiesa?  Perche  imporre 
loro  si  lunghi  viaggi,  perche  lante  spese  e  disagi?  Forse  per  nulla 
allro  che  mcttere  in  mostra  la  grandezza  di  S.  Chiesa,  od  al  piu  ri- 
trarne  qualche  lume  e  consiglio  per  gli  affari  di  lei?  Certo  anche 
per  lume  e  consiglio  si  raccoglie  quell' ill  us  tre  assemblea,  ma  la  ra- 
gione  pi  incipalissima  e  che  tale  riunione,  sia  per  lo  spirito  di  Cristo 
che  la  informa,  sia  per  I'assisfenza  dello  Spirito  Santo  che  la  reg- 
ge,  gode  il  privilegio  ammirabile  dell' infallibilita  in  quanto  pre- 
scrive  di  credenze  specolative  di  Fede  o  pratiche  di  costume ;  ed  in 
quanto  ordina  di  appartenente  alia  disciplina  e  d'  irrepugnabile  au- 
torita.  Per  arrivare  all'  inestimabil  bene  di  veder  raddrizzate  le  opi- 
nioni  torte  che  agitano  il  mondo,  per  veder  condannati  gli  error! 


558  BREVI  CENNI  SUL  CONCILlO  ECUMENICO 

che  si  spacciano,  per  vedere  stabilite  le  verita  che  si  negano,  di- 
.sciolti  i  dubbii  die  si  formano,  per  avere  in  tutto  quello  che  appar- 
tiene  al  culto  di  Dio  sopra  la  terra  que'  provvedimenti  che  i  tempi, 
le  necessita  dei  fedeli  e  soprattutto  la  gloria  divina  richiedono,  per 
questo  si  forma  si  grande  adunanza.  E  siccome  la  prerogativa  del- 
T  infallibilita  riesce  da  una  parte  di  somma  consolazione  al  popolo 
fedele,  dall'  altra  porge  occasione  di  chiarire  alcune  dottrine  neces- 
sarissime  in  questi  tempi,  cosi  verremo  se  non  dimostrando  (che 
questo  non  e  un  trattato  teologico)  almeno  indicando  i  fondamenti , 
sopra  cui  posa  Y  infallibilita  del  Concilio. 

E  da  premettere  pertanto  che  Gesii  Cristo  venuto  sopra  la  terra 
ad  ordinare  la  grand' opera  della  nostra  eterna  salute,  fondo  una  so- 
cieta  che  chiamo  sua  Chiesa  ed  alia  quale  comando  che  veiiissero 
sottoposti  quanti  volevano  appartenere  a  lui  unico  Salvatore.  Ad  essa 
Chiesa  affido  il  deposito  di  tutte  quelle  verita  che  ei  voleva  che  fos- 
sero  credute  e  le  ordino  d'  insegnarle  agli  uomini  di  tutti  i  luoghi 
e  di  tutti  i  tempi :  a  lei  confer!  il  potere  che  era  necessario  per 
guarire  le  spirituali  infcrmita  commettendole  ramministrazione  dei 
Sacramenti :  in  una  parola  la  fece  maestra*  e  guida  di  tutti  i  suoi  di- 
scepoli  nell'universo.  Pero,  come  ognun  vede,  dovendo  questa  Chie- 
sa essere  composta  d' uomini  pur  troppo  e  fallibili  e  fallaci,  dove  11 
avesse  lasciati  a  se,  troppo  sarebbe  stato  grave  il  pericolo  che  essi 
a  mano  a  mano  allontanandosi  dalla  verita,  si  contaminassero  di 
errori,  e  cosi  con  danno  inestimabile  delle  anime  si  venisse  a  per- 
dere  in  sulla  terra  quel  seme  divino  di  eterna  vita,  che  egli  vi  aveva 
portato.  INe  umanamente  vi  avrebbe  riparo,  poiche  da  una  parte 
noi  ci  fideremmo  della  Chiesa  per  comando  di  Cristo,  ed  essa  ci 
trarrebbe  in  errore :  noi  crederemmo  di  aver  sopra  di  lei  inalzato 
tutto  1'  edificio  della  nostra  salute,  ed  un  bel  giorno  troveremmo 
di  aver  fabbricato  sopra  1' arena.  Ora  e  chiaro  che  al  genere  uma- 
no  niuna  sventura  potrebbe  tornare  piu  lagrimevole.  Che  cosa  fece 
pertanto  il  Salvatore  divino?  Egli  nell' istituire  la  sua  Chiesa  la 
muni  di  tali  aiuti,  la  fortifico  di  tanta  grazia  e  protezione,  che  tanto 
nel  proporre  la  verita  da  credere,  quanlo  neirammaestrarci  de'  co- 
stumi  da  seguire,  mai  non  potesse  dare  in  fallo. 


BREVI  CENNI  SUL  CONCILIO  ECUMENICO  Ijo9 

Osservate,  o  letlore,  per  vostro  conforto  la  forza  mirabile  con  cui 
Ciesu  Cristo  V  impegna  la  sua  parola  divina.  Stava  egli  ormai  per 
iasciare  la  terra  e  sottrarre  ai  suoi  Apostoli  la  sua  sensibil  presen- 
za :  erano  essi  scorati  ed  immersi  nella  tristezza  quando  Gesu  a 
confortarli:  Ecco  che  io  sono  convoi,  disse,  fino  alia  consummazio- 
ne  dei  secoli :  Ecce  ego  vobiscum  sum  usque  ad  consummationem 
saeculi.  Colle  quali  parole  due  cose  promette  solennemente :  primo, 
che  stara  cogli  Apostoli  fin  che  vivranno;  secondo,  che  stara  coi  loro 
successor!  che  fino  alia  fine  dei  tempi  debbono  durare.  Ora  ci  vuol 
altro  a  comprendere  che  in  tal  compagnia  la  Chiesa  non  puo  dar  in 
errori?  Potrebbe  mai  Gesu  dimorare  in  una  Chiesa  degenere,  in  una 
Chiesa  contaminata  di  falsita?  Alia  perfine  Gesu  Cristo  non  ista  pre- 
sente  nella  sua  Chiesa  per  apparenza  ed  inutilmente,  ma  si  mante- 
nendo  tutte  le  sue  qualita  umane  e  tutte  le  sue  perfezioni  divine. 
Eppero  la  sua  presenza  significa  favore,  assistenza,  protezione,  co- 
operazione  e  diro  cosi  malleveria  che  egli  imprende  di  tutti  gli  atti 
che  essi  faranno.  Qualunque  err  ore,  in  cui  cadesse  la  Chiesa,  ver- 
rebbe  a  rifondersi  sopra  di  Cristo,  il  quale  entrato  mallevadore  di 
lei  colla  sua  presenza,  non  avrebbe  o  potuto,  o  saputo,  o  yoluto 
serbarla  immune.  Ma  deh !  chi  non  inorridirebbe  al  solo  pensiero 
die  Gesu  possa  esercitare  co'  suoi  ministri  un  magistero  falso  ed 
erroneo  ?  Che  possa  divenir  complice  di  una  Chiesa  che  da  la  men- 
zogna  per  verita,  la  superstizione  per  culto,  i  vaneggiamenti  degli 
uomini  per  Yangelo  ? 

Non  basta.  Le  parole  di  Cristo :  Ecco  che  io  sono  con  voi, 
hanno  ancora  un  senso  piu  profondo,  chi  le  consideri  nel  loro 
contesto.  Esse  sono  la  trasmissione  che  Gesu  fa  agli  Apostoli  di 
quella  missione  che  egli  aveva  ricevuta  dal  Padre,  esse  sigmficano 
la  sostituzione  che  egli  fa  a  se  stesso  d'  un'  altra  persona  morale 
che,  continuando  la  sua  vita  in  mezzo  agli  uomini,  eserciti  con  tutti 
j'uffizio  che  egli  era  venuto  ad  esercitare  in  terra,  e  sia  stromento 
onde  propagare  e  mantenere  la  Religione  che  egli  ha  insegnata. 
Uditelo  da  Gesu  Cristo  stesso :  «  A  me  e  stato  dato  ogni  potere  in 
cielo  ed  in  terra :  andate  dunque  ed  ammaestrate  lutte  le  genti : 
ecco  che  io  sono  con  voi  fino  alia  consummazione  dei  secoli.  »  Quasi 


1)60  BREVI  CENNI  SUL  CONGILIO  ECUMENICO 

yolesse  dire  :  To  ho  avuta  ogni  potesta,  e  questa  a  voi  comunico, 
perche  di  essa  investiti,  sosteniate  nell' alto  carico  dfinsegnare  le 
mie  veci.  Che  se  temete  della  voslra  debolezza  ed  infermila,  ras- 
sicuratevi,  poiche  io  vi  star 6  sempre  dappresso  e  colla  mia  assi- 
st enza  reggendovi  non  vi  lascero  cadere.  Ora  die  cosa  sarebbe  a 
dire  di  Cristo,  dove  egli  si  facesse  continual*  moralmente  da  una 
Chiesa,  la  quale  insegnasse  il  contrario  di  quanto  egli  ha  insegnalo, 
che  spandesse  tenebre  per  luce,  error!  per  verita?  oppure,  se  dopo 
di  averci  assicurato  che  egli  sta  con  lei,  1'avesse  miseramenlc  ab- 
bandonata?  Cristo  avrebbe  in  prime  luogo  ingannato  gli  Apostoli  e 
poi  tutto  I'uman  genere  ordinando,  siccome  ha  fatto,  di  sottostare 
ad  un'  autorita  che  doveva  poi  tutti  travolgerl!  nell'errore. 

Dopo  queste  prove  chiarissime  non  sarebbe  mestieri  recarne  al- 
tre,  ma  siccome  e  dolcissimo  al  cuor  dei  fedeli,  per  non  dir  neces- 
sario  in  tanta  malignita  di  tempi,  il  vedere  quanlo  sicuramente  essi 
possono  riposare  sull'  infallibilita  della  Chiesa,  giovi  di  aecennar 
brevissimamente  come  Gesu  per  ogni  parte  abbia  rafforzata  e  muni- 
ta  cotale  verita.  Quando  egli  parla  del  fondamcnto  sopra  cui  sara 
per  istabilirla,  ci  fa  sapere  che  e  una  rocca  al  tutto  incrollabile :  So- 
pra questa  pielra  edifichero  la  mia  Chiesa :  Super  hanc  petram 
aedificabo  Ecclesiam  meam.  Se  parla  dei  nemici  che  da  ogni  parte 
1'  assaliranno,  annunzia  subito  che  ne  coll'  astuzia,  ne  colla  violen- 
za,  ne  colla  scienza,  ne  coir  ignoranza  mai  giungeranno  a  prevalerc 
contro  di  lei :  Le  porte  (cioe,  nello  stile  biblico,  le  forze)  dell' infer- 
no non  prevarranno  contro  di  essa :  Portae  inferi  non  praevalelunt 
adversus  earn.  Se  discorre  degli  aiuli  soprannaturali  da  cui  la  sua 
Chiesa  sar&  sostenuta,  dopo  averci  indicata  la  sua  presenza,  aggiun- 
ge  che  la  Chiesa  avra  per  anima  lo  Spirito  Santo  il  quale  le  insegnera 
ogni  vero :  Docebit  ws  omnem  veritatem.  Se  parla  del  suo  Capo  visi- 
bile,  non  tralascia  di  significarci  che  ha  pregato  per  lui,  acciocche  la 
sua  fede  mai  non  venga  meno :  Rogavi  pro  te,  Petre,  ut  non  deficiat 
fides  tua.  Quando  poi  viene  a  descrivere  la  sua  costanza  immota  lun- 
go  i  secoli  nelle  credenze  veraci,  ci  fa  dire  dal  suo  Apostolo  che  essa 
e  il  tempio  di  Dio  vivo,  la  colonna  ed  il  sostegno  della  verita:  Tern- 
$lum  Dei  vim,  columna  et  firmamentum  veritatis.  Seprendea  deli- 


BREYI  CENNI  SUL  CONCILIO  ECUMENICO  06 1 

neare  labellezza  che,  in  forza  deU'iinmunila  dell' errore,  in  lei  rifulge 
di  santita  e  giustizia,  ci  dice  che  e  senza  macchia  o  ruga  di  sorta,  ma 
tutta  e  bella  ed  immacolala :  Non  habentem  maculam  aut  rugam,  aut 
aliquid  huiusmodi,  sed  nt  sit  sancta  et  immaculata.  Che  piu  ?  Essa 
e  corpo  di  Cristo  e  suo  complemenlo,  dice  Y  Apostolo,  e  corpo  al 
cui  successive  accrescimento  nella  verita  e  carita  sino  alia  fine  dei 
secoli,  Cristo  stesso  destine  Pastori  e  Dottori,  perche  non  vacilliamo 
nella  verita,  ne  siam  raggirati  dair  errore.  Or  potrebbe  la  Chiesa 
esser  corpo  e  complement  di  Cristo  ed  essere  insieme  ricettacolo 
di  empieta  e  di  eresia  ?  Potrebbe  sostare  all'  influenza  vitale  di  Cri- 
sto capo  ed  insieme  tutta  svolgersi  in  nequizie  ed  inganni?  Potreb- 
be formare  un  solo  corpo  animato  da  un  solo  spirito  e  da  una  sola 
fede  ed  insieme  esser  lacerata  in  se  stessa  da  contraddizioni  e  da 
scisme  ?  Potrebbe  ella  cessare  in  alcun  tempo  di  esistere,  quando 
Crislo  ne  stanzio  la  durata  alia  consumazione  del  secolo?  Polreb- 
bero  i  Pastori  e  Dottori  della  Chiesa,  riuscire  ministri  dell'  errore, 
quando  Cristo  per  cio  appunto  ne  provvide  la  Chiesa,  perche  essa 
compiesse  il  suo  corso  fmo  alia  fine  del  secolo  nella  carita  e  verita? 
Sono  di  tal  chiarezza  tutte  queste  illazioni,  che  il  dimostrarle  piu 
lungamente  riuscirebbe  soverchio:  veniamo  dunque  a  trarne  il  pri- 
mo  argomento  in  favore  dell' infallibile  autorita  del  Concilio,  per  la 
quale  le  abbiamo  premesse.  Se  la  Chiesa  fu  costituita  da  Cristo  in 
modo  che  non  potesse  mai  dar  nell'  errore,  e  dove  e  quando  cotesta 
sua  inerranza  apparira  piu  fulgida  che  in  un  generale  Concilio  ?  Per 
consentimento  di  lutti  i  Dottori  di  ogni  eta  e  per  evidente  ragione, 
un  Concilio  preseduto  dal  Vicario  di  Gesu  Cristo  rappresenta  tutta 
la  Chiesa,  anzi  e  in  atto  tutta  la  Chiesa  insegnante.  Ivi  sono  tutti  i 
Pastori  che  hanno  obbligo  dipascere,  ivi  tutti  i  Dottori  che  hanno 
obbligo  d'  insegnare  e  quelli  appunto  che  da  Cristo  sono  stati  desi- 
gnati  acciocche  non  vacilliamo  ed  andiamo  traspoi  tati  da  ogni  vento 
di  errore.  Ivi  e  quel  ceto  in  mezzo  a  cui  Cristo  stara  fino  alia  fine 
dei  tempi,  quello  a  cui  lo  Spirito  Santo  insegnera  ogni  vero.  Ivi  e 
quella  rocca  contro  cui  ogni  maroso  fiottera  indarno,  quella  colonna 
che  mai  non  vacillera  sotto  il  peso  dell'edifizio.  Ivi  sono  quelli  che 
lo  Spirito  Santo  ha  posto  come  Vescovi  a  reggerela  sua  Chiesa,  ivi 
Serie  VII,  wl  IV,  fasc.  449.  36  23  Novcmbre  1868. 


Mi  BREVI  CENNI  SUL  CONCILIO  ECUMENICO 

o  quello  cbe  ha  V  alto  incarico  di  raffermarli  nel  vero,  dove  ne  oc- 
corra  il  bisogno.  Qual  condizione  puo  dunqne  ancora  desiderarsi 
acciocche  esso  goda  tutta  T  ampiezza  del  privilegio  promesso  da 
Cristo  alia  sua  Chiesa,  cioe  un'  interissima  infallibilita  ?  I  Dottori 
cattolici  comunemente  insegnano,  come  vedremo  piu  sotto,  che  il 
Romano  Pontefice  anche  solo  basta  ad  insegnare  infallibilmente  il 
vero ;  ma  anche  quelli  che  irragionevolmente  in  cio  contraddicono, 
solo  che  non  sieno  pretti  razionalisti,  non  possono  rifiutarsi  a  rico- 
noscerla  almeno  nel  Papa  intorniato  da'  suoi  Yescovi ,  come  accade 
in  un  generate  Concilio.  fi  tanto  manifesta  questa  verita,  che  la  som- 
missione  ai  Concilii  fu  molte  volte  adoperata  per  tessera  a  discer- 
nere  dagli  Eretici  i  veri  fedeli.  Ai  sospetti  di  Arianesimo  si  dava  a 
giurare  la  fede  del  Concilio  niceno :  ai  sospelti  di  Nestorianismo  si 
chiedeva  se  accettassero  il  Concilio  efesino :  come  fino  ai  di  nostri 
ai  Protestanti  che  tornano  in  grembo  alia  Chiesa  si  fa  recitare  la 
professione  di  fede  del  Concilio  tridentino  distesa  da  Pio  IV.  Ecco 
qual  e  1'  autorita  di  un  Concilio :  e  Y  autorita  medesima  di  Cristo 
parlante  nelia  sua  Chiesa. 


I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

SCENE  STORICHE  DEL  1867 


XXXIX. 

La  mar  data  dei  Pontificii  alia  volta  di  Nerola. 

Non  era  possibile  in  una  sola  giornata  arrivare  a  Nerola  in  tempo 
utile  di  battaglia.  Adunque  si  prese  partito  di  fare  una  posata  a 
Monte  Libretti :  quanto  al  nemico,  che  sembrava  aver  di  nuovo  oc- 
cupato  il  castello,  fu  risoluto  di  discacciarnelo  e  accampare  sul  suo 
terreno.  Fino  a  questo  di  non  si  era  visto  altrettanto  sforzo  d'  armi 
nella  Luogotenenza,  giacche  i  Pontificii,  anche  dopo  lasciato  un  pre- 
sidio a  Monte  Rotondo,  somiAavano  a  oltre  800  uomini.  Non  si  co- 
noscevano  al  giusto  le  forze  di  Menotti ;  chi  dicevale  di  tremila  com- 
battenti,  chi  di  cinque,  chi  di  sei :  ad  ogni  modo  si  sapeva  che  il 
Capitan  generale  della  Garibalderia  trovavasi  presso  Nerola,  col 
suo  stato  maggiore,  col  quartier  generale,  col  grosso  de'  suoi  bat- 
taglioni ;  si  sperava  adunque  una  grossa  fazione,  e  si  marciava  con 
allegria  fragorosa.  Si  pregava  a  coro,  si  cantava  a  yoce  spiegata ; 
e  tra  le  laude  divote  e  le  acclamazioni  allissime  alia  Regina  del  cielo 
o  a  Pio  IX,  s'  intercalavano  canzoni  militari  con  certi  schianti  di  ri- 
pieno,  che  ne  bombivano  le  valli  e  le  montagne.  Sfavillavano  in  gio- 
lito  sopra  ogni  altro  i  Legionarii ,  francesi  tutti  e ,  i  piu ,  veterani , 


o64  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

a'  quali  la  speranza  di  giugnere  pure  una  volta  anch'  essi  a  scher- 
migliarsi  coi  Garibaldini,  non  lasciava  sentir  il  peso  dell'armi  e  del- 
le  provvigioni. 

Nessuno  potrebbe  formarsi  giuslo  concetto  deirardore,  della  sma- 
nia,  del  vero  furore  che  di  quest!  giorni  aveva  invaso  tutti  i  corpi,  di 
entrare  in  fazione,  e  come  ciascun  particolare  brigasse  di  trovar  po- 
sto  al  fuoco.  II  giorno  innanzi  a  questa  partita,  un  giovanotto  ufficiale 
dei  Dragoni  (il  Belli  di  Pesaro)  era  capitato  a  Monte  Rotondo  pel  ser- 
vizio  delle  paghe,  e  visto  il  buon  destro  di  batlersi,  se  fosse  ito  colla 
colonna ;  non  sapeva  piu  trovare  la  via  di  tornarsi  a  Roma :  inline 
tanto  si  arrabalto  presso  il  Colonnello,  che  questi  promisegli  di 
condurlo  per  ufficiale  di  ordinanza  temporario.  Ma  eccoli  sopravve- 
nire  da  Roma  un  altro,  il  tenenle  Boccanera,  dei  Cacciatori  indi- 
geni,  spedito  appunto  con  questo  incarico:  uno  aveva  1'ufficio,  1'al- 
tro  la  promessa,  ciascuno  bruciava  di  non  fallire  al  cornbattimento. 
Breve,  il  Charelte  accordo  le  parti,  dicendo :  «  Meglio  due  che  uno: 
veniteci  tutti  e  due.  »  Un  altro,  Gendarme,  ferito  in  testa  nell'as- 
salto  di  Nerola,  e  tutto  coperto  di  sangue  e  delirando,  altro  non  fa- 
ceva  che  squassare  la  carabina  e  gridare :  «  Viva  Pio  IX !  morte  ai 
Garibaldini!  »  II  sergente  Caullier,  zuavo  belga,  giunto  a  Monte 
Rotondo,  piu  ore  dopo  partita  la  colonna  per  Nerola,  si  arma  e  tulto 
solo  per  boschi  e  per  luoghi  sospelti  raggiugne  i  suoi ;  fu  uno  dei 
primi  ad  entrare  nella  rocca. 

II  Charette  poi  che  conosceva  quali  soldati  si  avesse,  in  una  sua, 
data  di  questi  giorni  ad  un  amico,  gli  scrive :  «  La  sola  cosa  che 
sto  cercando,  e  di  attirarli  (i  Garibaldini)  un  poco  entro  terra!  » 
E  in  un'  altra  allo  stesso,  parlando  di  due  quadriglie,  Legionarii 
e  Zuavi,  spedite  a  dar  la  caccia:  «  Sono  giunte  presso  al  nemico. 
Che  polpette  (ratatouille)  costoro  ne  faranno !  ma,  gua',  quelli 
scapperanno  prima.  »  Scrivendo  al  Ministro :  «  Credo  e  spero  che 
ci  verranno  ad  attaccare:  ma  li  attacchero  prima  io.  Essi  sono  pres- 
so a  poco  3500...  e  attendono  altri  3000  uomini.  »  Con  tale  spar 
vento  si  guerreggiava  contro  colui,  che  il  Guerzoni  chiama  il  piu 
temuto  cbndottiere  dei  Garibaldini. 


XXXIX.  LA  MARCIATA  DEI  POKTIFICII  ALLA  VOLTA  DI  NEROLA       565 

Cio  nondimeno  procedevasi  colla  necessaria  prudenza  e  cogli  or- 
dinarii  avvedimenti  militari.  Pero  nell'andata  sopra  Nerola,  il  Cha- 
rette,  volendosi  assicurare  le  spalle  dal  lato  di  Monte  Maggiore, 
diede  questo  contenlino  di  iornagusto  ad  una  compagnia  della 
Legione,  guidata  dal  capitano  Carlhian.  Liberi  di  carreggio  i  Le- 
gionarii  vi  giunsero  quasiche  alia  corsa,  e  trovato  il  luogo  netto, 
rilorsero  alia  volta  di  Monle  Libretti,  con  si  ralta  marciata,  che 
poterono  sorprendere  le  provvigioni  gia  sulle  mosse  pel  aampo  dei 
Garibaldesi.  Quest!  eransi  ritirati  poche  ore  prima.  Pero  non  tro- 
vato gente  da  baltagliare,  si  azzuffarono  colle  barlotte  del  buon  vino 
roraano  prese  sull'  inimico,  senza  dare  quartiere,  e  con  di  novissi- 
mi  brindisi  ad  un  mostaccio  di  Garibaldi,  die  impresso  in  una  ban- 
diera  trovarono  all'  osteria. 

Trattanto  il  grosso  della  spedizione  avanzava  lento  per  vie  aspre, 
sfondate,  impraticabili ;  impacciato  incredibilmente  da  quell'unico 
cannorie,  che  ad  ogni  modo  volevasi  condurre  air  impresa.  Intorno 
a  questo  era  il  maggior  travaglio.  Era  d'uopo  massicciare  sotto  le 
ruote  la  strada  per  non  vedere  sprofondare  nelle  filte  pezzo  e  casso- 
ni;  agli  ingressi  delle  strozze  incassate,  conveniasi  sgretolare  le 
spalle  delle  ripe,  a  gran  forza  di  picconate  in  quei  tufi  secolari,  che 
mai  non  aveano  visto  carro  d'artiglieria ;  spesso  scavalcare  il  pezzo 
e  trasportarlo  a  braccia,  e  scaricare  e  ricaricare  le  munizioni,  e  i 
mozzi  sconficcare  dalla  fanga  per  viva  forza  di  petto.  Vero  e  che  con 
festa  grandissima  vi  si  operavano  non  pure  gli  Artiglieri  e  i  Zappa- 
tori  del  Genio,  ma  persino  talvolta  i  Cappellani,  e  ben  anche  alcuni 
gcntiluomini  americani ,  che ,  come  dilettanti  soldati  di  Pio  IX,  ca- 
valcavano  colla  spedizione.  Alcuno  di  costoro  (e  non  callolico)  tan- 
to  si  cimenlo  dipoi  al  fuoco,  che  ne  ritorno  fregiato  di  nobile  ferita. 

A  questo  modo,  come  le  altre  brigate,  cosi  il  drappello  de'  Can- 
nonieri  giunse  a  pie  di  Monte  Libretti,  coH'arme  sua  e  le  munizioni, 
iumante  ognuno  di  sudore  e  pure  lietissimi  tutli  di  avere  compiuto 
un'  intrapresa,  cui  tentata  non  avrebbero,  se  ne  avessero  preveduta 
la  malagevolezza.  Quivi  rizzarono  le  tende  per  la  nottata.  Tutto  in- 
torno  al  villaggio  sorgeva  l'accampamento,  i  posti  avanzati,  le  ve- 
dette, le  scolte;  s'imbandivan  le  cene  a  pie  degli  ulivi,  e  ognicosa 


566  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

abbondava,  il  brio  bellicoso  soprattulto ;  s  incendevano  i  fuochi  di 
veglia,  e  cominciavan  gli  ufficii  delle  ronde. 

Ma  gia  inollrata  la  nolle,  mentre  il  campo  col  riposo  si  apparec- 
chiaYa  alle  fazioni  dolla  dimane,  dentro  al  castello  vegliava  tuttavia 

10  stato  maggiore,  raccolto  a  consiglio  in  casa  al  magistrate  muni- 
cipale,  che  era  ad  un  tempo  negoziante  e  albergatorc.  Forte  era  il 
dibattito  :  altri  proponeva  di  prendere  il  castello  di  Moricone,  e  di 
la  fronteggiare  Nerola  e  Montorio  Romano ;  il  che  ad  alcuni  pareva 
troppo  lenta  operaziorie :  altri  voleva  si  tirasse  dirittamente  sopra 
Montorio,  guernitissimo  luogo,  e  dove  la  fama  facea  credere  esserc 
assembrati  circa  tremila  Garibaldini.  Questo  proposito  acquistava 
favore  presso  i  piu,  e  forse  passava,  se  la  impossibilita  di  carreg- 
giarvi  il  cannone,  non  1'avesse  sconsigliato.  Inline  prevalse  il  par- 
tito  di  attaccare  Nerola,  perche  quivi  a  detta  delle  spie  (ed  era  ve~ 
rissimo  sino  a  poche  ore  innanzi)  trovavasi  il  Condottiere  supremo 
dei  nemici,  orgoglioso  del  sito  forte,  e  del  piu  forte  nerbo  di  bat- 
taglioni  che  vi  teneva.  Aggiugnevasi,  che,  se  Menotti  ancora  una 
Yolta  sfuggisse  alle  lor  mani,  mentre  era  cosi  vicino,  e  quasi  pareva 

11  sfidasse,  non  sarebbe  per  avvenlura  mai  piu  possibile  di  arrivarlo 
e  dargli  in  capo ;  e  benanche  sarebbe  forza  ritornarsi  in  Roma,  con 
poca  soddisfazione  della  pubblica  espettativa.  E  nessuno  seppe  im- 
maginare  che  Menotti  Garibaldi,  appena  odorato  Tappressarsi  di  800 
Pontificii,  sarebbe  fuggito  co'  suoi  piu  che  3000  volontarii. 

XL. 

//  campo  di  Menotti. 

Mirabili  riuscivano  i  gesti  di  Menotti,  appunto  in  questi  giorni,  e 
piu  mirabili  i  suoi  accampamenti.  In  tutti  gli  atti  suoi  e  de'  suoi  ca- 
porali  si  mostrava  in  apparenza  uno  studio  focoso  di  macchinare 
imprese,  meditare  marciate,  tramare  imboscate,  disegnare  assalti  e 
sorprese ;  e  in  realta  regnava  tra  i  piu  un  proposito  solo,  quello  di 
evitare  ogni  sconlro,  e  un  terrore  profondo  d'imbattersi  colle  baionet- 
te  pontificie.  Nei  campi  si  \edeva  una  esagerazione  pedantesca  di 


XL.  1L  CAMPO  DI  MENOTTI  567 

usi  militari ,  un'  affettazione  di  quelle  minuzie  che  nulla  costano ,  e 
colle  bande  de'  corpi  franchi  riescono ,  oltreche  d'  impaccio ,  ridico- 
lose.  Pero  chi  v'  entrava  un  tratlo,  ed  esaminava  da  presso  quei  fa- 
mosi  guerrieri  della  camicia  rossa  ,  ne  sentiva  irresistibile  disprez- 
zo,  e  come  un  puzzo  che  resta  perpetuamente  nelle  narici. 

Bastava  vederli  una  volta.  Pareva  un  accozzamento,  un  rimescolio, 
una  barabuffa  ideata  da  un  pittore  di  slraccioni  fiamminghi:  qua  un 
gruppo  di  masnadieri  incalliti  alia  vita  foresta,  bronzati,  pilosi,  sel- 
vaggi:  la  una  chiassata  di  mascalzoni  di  piazza,  sciatli,  grami,  sbra- 
cali,  col  pollice  che  facea  capolino  dalle  ciavatte;  piu  oltre  roba  di 
mezzatacca,  faitorini  di  parrucchiere,  pappini  di  spedale,  tavolinanti 
di  caffe,  tutti  per  lo  meno  sergenti ;  altrove  (e  questa  era  la  nobiltk 
del  campo)  rislretti  di  mediconzoli  e  di  flebotomi ,  avvocati  della 
fame  e  fasservizii  di  giornale ,  farmacisti  rural!  e  scribi  di  comune , 
tutta  gente  fallita  all'  arte  ,  e  gittatasi  al  volontario  per  ghiribizzo  di 
av venture  ,  e  che  nella  loro  epopea  non  potevano  raccontar  altro , 
fuorche  d'avere  attorcigliati  i  mustacchi,  e  falto  spicco  nella  divisa. 

V  era  poi  altresi  un  picciol  numero  di  giovanotti  e  di  giovanini  ben 
nati,  arreticati  nelle  maglie  dai  settarii,  e  eacciati  alia  guerra  col 
pugnale  alle  reni ;  e  qui  e  la  una  spruzzaglia  di  studenti ,  presi  dal 
capogirlo  di  fabbricare  1'Italia  a  mo'  dei  professori  delle  Universita. 
Cosloro  erano,  per  fuoruscili,  gioventu  onesta,  astinenti  dalle  rube, 
prodighi  della  vita.  E  appunto  questi  ultimi  trovavansi  i  peggio  ar- 
rivati,  e  dopo  campeggiato  una  paiata  di  giorni ,  riconoscevano  il 
loro  inganno,  si  accorgevano  che  di  patriottici  sentiment!  quasi  essi 
soli  ne  ritenevano  un  odore ,  e  pero  con  amarissimo  rimpianto  ri- 
pensavano  alia  casa,  alia  madre,  alle  sorelle;  e  molto  piu  allorche  si 
vedevano  colle  borse  a  secco ,  e  dagli  eroi  di  camerata  rubati  della 
biancheria  di  ricambio ,  e  fin  deHfarmi.  Non  sapevano  darsi  pace 
di  sentirsi  convolti  in  lanto  brago  di  malandrini,  di  sfratati  apostati, 
di  ladroni,  di  sicarii.,  di  briganti  per  mestiere,  e  di  ogni  fatta  gen- 
lame  reo  ,  o  infrollito  ne'  postriboli,  o  induratosi  alle  galere.  Sem- 
brava  a  quei  traditi  giovincelli,  non  pessimi,  di  affogare  in  «  un  ele- 
mento  impuro  e  pestilenziale  (cosi  si  esprime  un  panegirista  dei 


568  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

Garibaldini  1)  del  qualc  era  impossibile  che  Y  intero  corpo  non  sen- 
tisse  la  corruzione...  NeH'interno  delle  compagnie  era  un  pande- 
monio. 

«  Quei  poveri  disgraziati,  talvolta  del  giovanelti  delicati  e  femmi- 
nei,  che  s'erano  appena  staccali  dalle  braccia  materne  e  che  non 
avevano  mai  dormito  in  allro  letlo  che  dcntro  un  caldo  nido  di  co- 
tone  e  di  seta,  bianchi,  smunti,  rauchi,  sbracali,  seminudi,  scalzi, 
fradici  d'acqua,  con  un  palo  nero  sulle  spalle,  che  si  chiamava  per 
affettazione  facile,  con  un  pacco  di  cartucce  nel  moccichino  o  dentro 
il  petto  della  camicia,  un  pezzo  di  pagnotta,  ne'  giorni  di  ricchezza, 
infiiato  nella  baionelta  nera  come  il  fucile;  vesliti,  se  il  verbo  vestire 
non  indicasse  un  lusso  ignorato,  di  tulti  i  color! ,  di  tulle  le  fogge 
d'  ogni  stagione  tranne  che  alia  mililare,  erano  il  fiore  (questo,  no.) 
dell'esercito  liberatore  di  Garibaldi.  La  un  fez  che  compie  il  figuri- 
no  di  uno  sludente  in  soprabito  marrone  ed  in  stivali  lucidi  sfon- 
dali ;  qui  un  cencio  di  camicia  rossa  ,  reliquia  di  altri  campi,  entro 
la  quale  si  sentirebbero  tremare  due  spalle  livide  e  niagre,  sormon- 
tale  da  un  rudero  di  cilindro  inglese  Christis  best  qualities :  lutte 
le  mode,  tutte  le  cavalcalure,  lutte  le  bardalure,  speltacolo  commo- 
venle  se  si  pensa  alia  fede  che  moveva  quei  cenciosi ;  spettacolo 
pilloresco  se  lo  si  vede  riprodotto  nelle  lele  dell'  Induno  o  del  Pa- 
gliano;  ma  diciamolo  speltacolo  lerribile  e  desolante  per  quelle  po- 
polazioni,  che  vedevano  forse  rivivere  in  quelle  genii  (questo,  si.) 
le  orde  di  Odoacre ,  che  mille  e  qualtrocento  anni  prima  avevano 
peslalo  quei  campi.  » 

Noi  gli  abbiamo  veduli  enlrare  in  Roma,  prigionieri,  da  Yilerbo, 
da  Frosinone,  da  Nerola,  da  Mentana :  e  possiamo  rendere  questa 
testimonianza  al  depulalo  Guerzoni ,  che  egli  non  esagera.  Anzi  nel 
qualificare  la  impressione  provala  dai  popoli  civili  alia  vista  delle 
bande,  egli  e  si  dirillamenle  nel  vero,  che  non  ne  scatta  un  pelo;  c 
se  nella  rimanente  sua  istoria  garibaldesca,  egli  si  porgesse  ognora 
veriliero  altrellanto,  il  vorremmo  mitriare  pel  Quinto  Curzio  di  Ga- 
ribaldi Magno  :  perciocche  e'  si  lascierebbe  addietro  di  gran  lunga, 

1  GUERZONI,  N.  Antol.  Marzo  1868,  p.  553  e  seg. 


XL.  1L  CAMPO  DI  MENOTTI 

e  Yittor  Hugo,  e  Alessandro  Dumas,  e  Edgardo  Ouinet,  e  Gustavo 
Prigyesi.  per  non  parlare  degli  altri  mitologi  italiani. 

Ma  egli  ci  riesce  un  mal  bigatto  in  troppe  altre  cose  :  spesso  in- 
venta  e  sballa  a  gloria;  e  per  converse  certe  volte  patisce  di  lascia- 
ture  deplorabili  in  una  storia.  A  cagion  d'  esempio,  egli  non  rammen- 
ta  per  nulla  la  nobile  ambizione  di  comandare,  cheinvasava  ciascun 
eroe  della  camicia  rossa,  e  piu  i  piu  tristi.  Perciocche  e  da  sapere, 
clie  tra  cotesta  razzaraaglia  fioriva  tale  un  singolare  amore  di  mag- 
gioranza,  che  noi  sulle  lisle  dei  prigioni,  traendo  il  conto  degli  uffi- 
ciali  e  deigraduati,  ne  trovammo  un  formicolio:  e'  stavano  or  come 
1'uno  al  cinque,  or  come  1'uno  al  tre. 

Ora  cQtesto  sentimento  di  gloria  tornava  lanto  piu  incredibile, 
quanto  che  la  massima  parte  dei  Garibaldini  usciva  di  si  basso  luo- 
go,  che  e  difficile  immaginarne  un  piu  basso.  Assai  ce  ne  disse  nel 
parlamento  di  Firenze  il  Fambri,  buon  garibaldino  infondo;  rincari 
la  derrata  il  Nicotera,  uno  dei  colonelli  della  invasione;  peggio  ne 
parlo  il  cavaliere  Alfonso  la  Marmora,  che  in  sostanza  e  piu  gari- 
baldino di  Garibaldi.  Ma  noi  abbiam  preso  in  affezione  il  deputato 
Guerzoni,  e  da  lui  vogliamo  trarre  la  vera  fede  di  nascita  dei  pala- 
dini  del  saccon  rosso  l.  «  Ogni  rivoluzione  sotto  la  citta  legittima  e 
privilegiata  scava  una  citta  exlege  e  sotterranea  dove  va  a  cascare 
tulta  quella  popolazione  di  zingari,  di  banditi,  di  venturieri,  di  spo- 
stati,  di  scioperati,  di  miserabili  che  non  hanno  potuto  nel  rimesco- 
lio  trovare  posto  e  fortuna  alia  superficie.  Pero  ne'momenti  in  cui  la 
crosta  superiore  e  sconvolta,  tuttiquesli  abitanti  dell'averno  sociale 
rimontano  a  galla  e  rubano  anch'  essi,  quando  non  rubano*  di  piu, 
un'  ora  di  luce  e  di  trionfo.  Da  questa  legge  non  potrebbe  andare 
immune  V  Italia,  par  to  di  trent'anni  di  rivoluzioni,  poco  profonde  ma 
assai  estese,  figlia  del  suo  secolo,  non  migliore  e  non  peggiore  delle 
altre  nazioni.  Pero  anch'  essa,  come  dice  1'  Ariosto  de'  Comacchiesi 
che  pescano  bene  nel  torbido,  doveva  avere  la  sua  parte  di  questa 

gente  desiosa 

Che  il  mar  si  turbi  e  sieno  i  yenti  atroci ; 

1  Luogo  citato.  II  corsivo  e  nostro  e  non  del  Guerzoni. 


570  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

e  ad  ogni  giorno  di  sommossa,  vestita  di  rosso  o  di  ncro  o  di  azzur- 
ro  non  importa,  trovarsela  affamata  e  rabbiosa  alle  porte  del  comitcr 
sociale  a  chiedere  il  suo  posto  e  il  suo  pane.  Qui  da  noi  e  Garibaldi 
che  inconsapevolmente  (poverino  /)  la  tira  fuori  dai  nascondigli :  » 
e  la  incammiua,  aggiugniamo  noi,  con  una  rara  innocenza  sulla  slra- 
da  della  gloria,  e  la  tramuta  in  quegli  eroi  generosi,  che  poi  s'  in- 
censano  dai  Ministri  e  dal  Governo  di  Firenze. 

Se  non  che,  prima  che  si  felice  metamorfosi  fosse  compiula  e  si- 
gillata  coll'ordine  cavalleresco  de'santi  Maurizio,  e  Lazzaro,  colla 
croce  del  merito  militare  di  Savoia,  e  con  uno  spruzzolo  di  pensione, 
accadeva  che  gli  eroi,  stando  tuttavia  in  crisalide  al  campo,  senti- 
vano  ancora  del  verme  primitivo ;  e  quindi  la  svergogna  audace  che 
negli  atti  e  costumi  dell'  esercito  signoreggiava :  la  mania  di  oltrag- 
giare  ogni  cosa  santa  ancor  senza  guadagno  d'  un  danaio,  il  predare 
le  campagne,  il  rapinar  per  le  case,  ie  violenze,  i  soprusi,  il  deso- 
lamento  delle  contrade  ove  per  caso  si  fermassero  a  paesare  un  trat- 
to,  e  altre  cose  viepiu  laide  e  ciacche  e  vilipese,  che  tuttodi  si  scor- 
gevano  tra  loro  a  occhio  di  sole,  e  rimanevano  impunite.  Di  troppo 
buon  grado  ci  passiamo  di  recare  la  penna  in  cotale  imbratto :  certi 
quadri  stan  meglio  colla  cortina.  Basti ,  ch'  egli  era  il  reame  della 
lordura  governato  dall'  empieta.  Ne  tragga  innanzi  scrittore  alcuno 
garibaldese ,  che  tenti  di  smentirci :  sono  in  man  nostra  le  confes- 
sion!,  da  loro  e  dagli  amid  di  lor  parte  divulgate  a  stampa,  e  tut- 
tora  abbiam  piene  le  orecchie  di  cio  che  ad  alta  voce  dicevano  i  lo- 
ro prigionieri. 

«  I  poehi  ufficiali,  i  buoni  e  volenterosi,  prosiegue  il  Guerzoni, 
ne  divenivan  pazzi ,  »  cioe  in  vedere  la  disobbedienza  de'  loro  sol- 
dati.  Vero  e  che  i  volenterosi  eran  pochi  davvero,  e  metfo  ancora  i 
buoni ,  cioe  di  qualche  naturale  onesla  e  di  valor  militare.  Tranne 
gli  ufficiali  delle  truppe  regolari  (che  da  principio  non  furon  molti), 
la  maggior  parte  erano  gioventu  favor ita  per  cagion  del  nascimenlo, 
o  per  fama  di  ferocia  net  ladroneggiare :  in  alcuni  la  condanna  del 
galeotto  si  pareva  scritta  in  fronte.  Nello  Stato  maggiorc  e  tra  gli  uf- 
ficiali superior!  i  meglio  arnesi  erano  alquanti  Garibaldini ,  antichi 
dell'  arte,  e  pero  acconci  alia  guerra  di  partigiano.  Con  essi  torna- 


XL.  IL  CAMPO  DI  MENOTTI  571 

van  pure  utili  certi  ufficiali  forestieri,  e  tra  quest!  si  facevano  scor- 
gere  Ire  prussiani,  di  viso  marziale,  istecchiti,  rigid! ,  con  bei  baffi 
biondi,  e  col  camicione  garibaldino  che  loro  sembrava  piangere  in- 
dosso:  inviavanli  i  settarii  delle  logge  della  loro  patria,  ed  essistan- 
cavano  le  carte  corografiehe  per  raccapezzarsi  un  tratto  sui  nuovi 
luoghi  ove  erano  sbalestrati:  loro  interprete  era  il  famigerato 
Bern ,  1'  eroe  delle  barricate  di  Berlino  nel  1848,  che  in  quest! 
giorni  trovavasi  al  campo  di  Menotti.  Qualche  genliluomo  romano 
dischiattalo  dalla  sua  faraiglia,  il  quale  erasi  intruppato  con  tal  gen- 
le,  vi  rimaneva  come  un  osso  fuor  di  luogo,  sniunto  sempre  di  mo- 
neta,  riverito  in  faccia,  beffato  dietro  le  spalle. 

Lo  stesso  Menotti  non  prometteva  gran  fatto  bene  di  sua  presen- 
za  e  della  sua  abilita  come  Capitan  generate  :  e  in  realta  spesse  volte 
riuscivaun  pulcino  nelle  stoppie.  Suppliva  col  contegno  spavaldo.  Te- 
neva  corte  formata,  grandigia  di  segretarii,  di  ufficiali  d'  ordinanza, 
d'aiutanti  di  campo,  di  sentinelle  allaporta:  presentavasi  in  sacco 
rosso,  gran  peunacchio  in  capo,  sciabolone  tranato  saltelloni  die- 
iro  se ,  le  pistole  alia  cintola ,  il  pugno  sull'  anca ,  il  collo  interato , 
il  mento  per  aria :  aspro  per  lo  piu  ne'  modi,  rozzo  sempre.  Tene- 
vanlo  per  dappoco  nemici  e  amici.  Ricciotti  tornava  assai  piu  accetto 
all'unrversale  ,  perche  nulla  somigliante  al  fratello  e  al  padre:  gio- 
\arie  alto,  bruno,  pallido,  non  prho  di  civili  usanze,  mostravasi  cor- 
rente  con  ciascheduno  e  alia  mano ,  e ,  pure  in  guerra  sleale  e  sa- 
crilega,  riteneva  alcuna  cosa  di  ammodato  e  di  generoso.  Ma  il 
capo  era  Menotti. 

II  nerbo  dell'  esercito  di  lui  costituivasi  dai  battaglioni  Kene  orga- 
nizzati  de' Lombard! ,  de'  Liguri ,  de' Livornesi  e  d'alcuni  altri,  e 
Yerso  il  fine  della  campagna,  dai  soldati  di  munizione,  i  quali  con 
non  intero  mutamento  di  dhisa,  erano  stati  trasferiti  dall' esercito  del 
re  Yittorio  Emmanuele  in  quello  di  Menotti  Garibaldi.  Infatti  a  Men- 
tana  si  videro  operare  come  gente  d' ordinanza,  sviluppare  le  masse 
in  ordini  difficili ,  attelarsi  e  raccogliersi,  sfilare  e  raunodarsi  al  se- 
gno della  tromba:  erano  veri  soldati.  Davane  vigoria  altresi  i  fuor- 
usciti  di  Francia,  di  Ungkeria,  di  Polonia,  di  Spagna,  d'  Inghilter- 
ra,  di  America,  sebbene,  per  vero  dire,  non  moltissimi:  avanzi  di 


I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

barricate  e  di  coltello,  per  guisa  che  nel  campo,  e  specialmente  nei 
ritrovi  degli  ufficiali  udivansi  tutte  le  favelle.  Ben  poteva  dirsi,  che, 
come  neir  esercito  pontificio  accoglievasi  un  vero  fiore  di  gioventu 
civile  e  ferventemente  crisliana,  venuta  da  lutte  le  nazioni  cattoliche 
a  sostener  coll5  armi  la  piu  sacra  delle  cause ;  cosi  nelle  bande  ga- 
ribaldesche  era  colato  il  reciticcio  del  mondo  incivilito ,  la  schiuraa 
di  tulti  i  torbidi,  di  lutte  le  rivolture  ,  di  tutte  le  sedizioni ,  congiu- 
rata  nella  piu  atroce  fellonia  possibile,  cioe  contro  il  piu  antico  prin- 
cipato  del  mondo,  governato  dal  Yicario  di  Gesu  Cristo. 

Attorno  a  questa  armatura,  diremmo  cosi,  ed  incastellalura  divo- 
lontarii  maneschi,  venivano  di  mano  in  mano  ad  aggrupparsi  le  ban- 
de e  insaccarsi  le  brigatelle,  che  per  tutta  Italia  si  andavano  levan- 
do ,  o  speditevi  dai  precelti  minacciosi  delle  logge  massoniche  ,  o 
attrattevi  dalla  fame  di  pane,  d'oro,  di  vergogne,  o  dementate  dal 
rullio  concitato  delle  assemblee  democratiche  e  dei  giornali  di  parle 
garibaldesca.  Se  mai  fu  vero  il  proverbio,  la  ciurma  e  d'  impaccio 
alia  galera,  e'  fu  nei  campi  garibaldini.  La  massima  parte  de'  volon- 
tarii  metteva  in  cima  a  tutte  le  politiche  il  ladroneccio,  e  se  conduce- 
vansi  al  fuoco,  egli  era  solo  colla  speranza  de'  premii  loro  promessi 
dai  caporioni ,  e  a  forza  d'  inganni. 

XLI. 

Parlamento  garibaldese  in  Nerola. 

Chi  avesse  udito  le  conversazioni  che  andavano  atlorno  tra  le 
grosse  masnade  di  Nerola  e  del  contorno,  avrebbe  in  questi  giorni 
iuteso  parlare  alto  e  chiaro  del  saccheggio  di  Roma.  Per  mantenere 
i  loro  subordinati  in  cosi  lieta  lusinga ,  sbracciavansi  gli  ufficiali 
a  mentire  novelle ,  e  molti  altresi  credevano  di  pienissima  fede  le 
piu  strane ,  le  piu  incredibili  invenzioni  de'  proprii  desiderii :  tanla 
era  la  vertigine  di  quei  giorni !  Noi  non  h'ngiamo  nulla,  giusta  il  pro- 
babile;  stiamo  solo  alle  relazioni  che  ne  abbiamo  da  uomini  di  am- 
be  le  parti.  Yi  si  discorreva  continuo  con  dolorosa  ammirazione  del 
valore  dei  Zuavi ,  che  gia  si  erano  assaggiati  in  piu  conflitti ;  e 


XLI.  PARLAMENTO  flARIBALDESE  IN  NEROLA  573 

clella  Gcndarmeria  pontificia,  trovata  per  proya  inaccessibile  ai  sob- 
billamenti  di  tradigione,  e  prode  sempre  alle  fazioni  come  truppa 
di  linea :  -  -  Per  converso,  promettevano  i  capi,  vedrete  i  Legio- 
narii  francoromani,  gittare  le  armi,  rifiutare  di  batlersi.  Tali  sono 
gli  ordini  arcani  che  essi  tengono  dall'  Imperatore.  D'  inter\7ento 
francese ,  neppure  orabra  di  possibilila :  Rattazzi  ne  fa  assoluta 
malleveria.  Dei  Barbacani  (cosi,  per  istrazio,  chiamavano  gli  Ausi- 
liari  e  Squadriglieri  paesani ,  che  loro  ne  diedero  buona  pagatura  a 
Moricone  e  a  Vallecorsa)  non  e  ad  aver  un  pensiero  al  mondo :  pas- 
seranno  nelle  nostre  file :  cosi  e  conyenuto... 

—  E  la  Linea? 

—  La  Linea  e  piu  rossa  che  noi;  a  giorni  si  sollevera  in  Roma, 
gridando  Viva  Garibaldi... 

—  Ma  finora  ci  ha  tirato  fucilate  maledelte. . . 

-  Vedrete  che  infine  si  fara  la  fusione. 

—  Accidenti  alia  fusione !  se  si  fondono  come  a  Bagnorea ;  ove 
si  menavano  la  baionetta  come  indemoniati. 

-  Noi  abbiamo  tre  cotanli  di  forze  che  tutto  lo  Stato  pontificio 
insieme  unito  ;  e  ciascun  di  nuovi  rinforzi  ci  arriyano :  il  battaglione 
abbruzzese  e  gia  in  marcia :  con  noi  e  Garibaldi,  che  gia  e  salpato 
da  Caprera,  anzi  gia  in  Firenze  nascoso ;  e  tra  pochi  di  prendera  il 
comando  generale :  e  dietro  Garibaldi  marcia  1'  esercito  di  Vittorio 
Emmanuele.  — 

Con  tutte  queste  fanfaluche,  le  quali  pure  si  spacciavano  e  si  com- 
pravano  dai  babbuassi  per  oro  in  verga ,  lo  sgomento  non  cessava , 
la  yoglia  di  battagliare  non  poteva  concepire  una  scintilla.  Tre  gior- 
ni dopo  la  fazione  di  Monte  Libretti,  quando  gia  aveasi  avviso  della 
colonna  del  Charette,  uscita  di  Homa,  nel  campo  di  Nerola  si  tenne 
consiglio  di  guerra,  anzi  plenario  parlamento;  perciocche  vf  interven- 
nero  da  settanla  ufficiali.  L'  adunanza  ebbe  luogo  la  sera  de'  16  Ot- 
tobre,  dentro  il  castello,  nella  sala  di  rispetto.  Non  mancavano  gli 
arringatori  prussiani ,  in  camicia  rossa  ,  ne  gli  scribacchini  corri- 
spondenti  di  giornali  parigini,  londresi,  brnssellesi,  cui  Menolti  te- 
neva  in  grado  di  poeti  cesarei,  e  alcuni  altri  amiconi  privilegiati 
della  Garibalderia.  Alcuni  crederanno  che  tra  questi  fosse  il  signor 


514  I  CROCIATI  DI  SAN  PIETRO 

Edmondo  Beales,  gran  presidente  del  Riformisti  di  Inghilterra.  No : 
non  era  ancora  arrrvato  :  ma  aspettavasi ,  e  piu  di  lui  aspettavansi 
le  lire  sterline  dei  frammassoni  inglesi ,  di  cui  era  portatore.  A  suo 
luogo  diremo  le  feste  onde  fu  solennizzato  da  fra  Pantaleo.  Menotti 
vi  si  fece  altendere  non  poco :  infme  forbitosi  i  baffi  si  levo  di  tavola, 
e  comparve. 

Che  si  bisticciasse  tra  loro  non  monta  il  riferirlo :  il  certissimo 
e,  che  nell'  ordine  di  guerra  fermato  in  quella  adunanza  prevalse  di 
gran  lunga  lo  sbigottimento  all'  ardire.  Tenevano  in  mano  tre  fortis- 
simi  castelli,  Monte  Libretti,  Nerola,  Montorio  Romano:  quest' ulti- 
mo inaccessibile  del  tutto  al  cannone,  ciascuno  difendevole  con  due 
compagnie  di  valorosi  soldati ,  e  mirabilmente  disposti  per  soccor- 
rersi  vicendevolmente  e  prendere  alle  spalle  gli  assalitori;  per  colmo 
di  sicurezza  tutti  e  tre  toccavano  il  confine.  Con  tale  appoggio  alle 
spalle  Menotti  potea  muovere  dinanzi  a  se  la  linea  di  operazione, 
non  avendo  ad  incontrare  che  due  guarnigioni  ai  fianchi  estremi,  di 
Palombara  e  di  Monte  Rotondo,  le  quali  non  sommavano  prese  in- 
sieme  a  dugencinquanta  combattenti.  Non  restavagli  da  temere  altro 
che  la  colonna  del  Charette  di  ottocent'  uomini ,  colla  quale  poteva 
accettare  battaglia  o  rifiutarla  a  suo  piacimento,  attese  le  condizioni 
del  terreno  vallicoso  e  variato :  sapeva  egli  che  rartiglieria  del  Cha- 
rette si  riduceva  a  due  pezzi  (e  uno  fu  fermato  a  Monte  Rotondo),  la 
cavalleria  non  piu  che  un  drappello  di  forse  venticinque  Dragoni :  e 
Tuna  e  Y  altra  pressoche  inutile  in  campo,  se  egli  Menotti  scegliesse 
terreno  a  se  favorevole.  E  quasi  tutto  cio  fosse  poco,  era  in  mano  sua 
di  dividere  le  proprie  forze  in  due  o  in  piu  corpi  operanti ,  e  ognun 
d'  essi  superiore  in  numero  ai  Pontificii. 

Con  tanti  e  tali  vantaggi  pure  non  seppe  risoivere  alcun  partito  di 
guerra  assaltata,  e  delibero  tenersi  semplicemente  sulle  difese,  e  an- 
cora in  contegno  si  fiacco,  che  parve  anzi  cedere  che  persistere.  Per- 
ciocche  mando  innanzi  tutto  sgombrare  Monte  Libretti,  d'onde  cir- 
ca 1200  Garibaldini  uscirono  la  mattina  del  giorno  11.  Infatti  noi 
vedemmo  poc'anzi,  che  i  Pontificii,  marciando  alia  volta  di  Nerola, 
poterono  occupare  quel  Castello,  senza  trar  colpo.  Egli  stesso  parti 
di  Nerola  col  grosso  delle  masnade,  e  si  ritrasse  alle  sopraeminenti 


XLI.  PARLAMENTO  GARIBALDESE  IN  NEROLA  575 

alture  di  Montorio  Romano,  dove  aveva  per  rifugio  le  foreste  impe- 
netrabili  del  monti  Gennaro  e  la  frontiera  italiana.  Tuttavia  non  dis- 
mise  interamente  il  pensiero  di  sostenere  Y  impeto  dei  Pontificii.  Af- 
fido  la  custodia  del  borgo  e  della  rocca  al  maggior  Yalentini,  con 
oltre  centotrenta  presidiarii :  fece  rafforzare  di  sbarri  la  porta  prin- 
cipale  della  cinta  murala  del  borgo ,  cola  dove  s'  imbocca  la  strada 
maggiore ;  lascio  yiveri  e  munizioni  quanto  bastava  per  reggere 
agevolmente  per  molti  giorni.  Gli  die  commissione  di  sostenere 
gagliardo  almeno  per  unJ  ora  e  mezzo ,  ed  egli  piomberebbe  sugli 
assalitori  con  tremila  uomini ,  calando  da  Montorio  sul  loro  fianco 
e  sulle  spalle. 

Anche  questa  tattica  di  resistenza,  come  che  si  scarsa  al  biso- 
gno,  pure  avrebbe  travagliato  non  poco  i  Pontificii ,  se  fosse  stata 
dipoi  messa  in  opera  interamente  e  con  vigore :  e  noi  troviamo  nei 
carteggi  degli  ufficiali  pontificii  commendarsi  cotale  divisamento. 
Del  resto  per  andarne  capace  non  e  mestieri  essere  eccellente  inten- 
ditore  di  guerra :  basta  conoscere  la  configurazione  de'  siti.  E  noi  la 
porremo  or  ora  sotto  gli  occhi  dei  nostri  lettori,  anche  per  dar  lume 
alia  splendida  espugnazione  di  Nerola,  la  quale  immediatamente 
racconteremo. 


LA  DOTTRINA  DI  S.  AOTONINO 

ARCIYESCOYO  DI  FIRENZE 

INTORNO 

J      ALIA  INFALLIBILITA  DE'  PAPI 

E  LA   LORO   SUPERIORITA  SUI   CONCILII  1 


VI. 


Interrompiamo  in  questo  quaderno  il  corso  della  discussione,  im- 
pegnata  nell'  articolo  precedente  col  Bossuet  rispetto  al  senso  di  al- 
cuni  luoghi  di  S.  Antonino,  che  egli  opponeva  come  contrarii  alia 
dottrina  della  infallibilita  personale  de'  Romani  Pontefici,  e  loro  su- 
periorita  sopra  i  concilii  anche  generali.  Irivece  daremo  luogo  ad 
una  quistione  critica  intorno  all'autenticita  di  alcuui  test!  della  Som- 
ma  del  Santo,  i  quali  sono  assai  strettamente  connessi  coH'argomento 
che  traltiamo.  Trovata  la  verita  della  cosa,  non  solo  ci  sara  piu  fa- 
cile dissolvere  le  altre  difficolta  del  Vescovo  di  Meaux,  che,  a  yero 
dire,  sono  levissime ;  ma ,  come  dicemmo  in  altro  luogo  ,  anche  al- 
cune  altre  di  gran  lunga  piu  gravi,  omesse  da  lui.  Prima  pero  di 
entrare  nella  materia  ci  conviene  di  porgere  alcuni  schiarimenti  ai 
nostri  lettori, 

Allorche  il  nostro  onorabile  amico  di  Parigi  colla  gentilissima  let- 
tera,  di  che  facemmo  parola  nel  principio  di  questa  trattazione,  te- 
neaci  avvertiti  che  un  chiaro  scrittore  di  quella  citta  stava  in  sul 

1  V.  questo  volume,  pagg,  181  e  segg.j  e  304  e  segg. 


LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIY.  DI  FIRENZE  ECC.  577 

punto  di  pubblicare  una  sua  opera  in  discussione  della  comune  dot- 
tdna  intorno  alia  mentovata  questione  ;  e  che  uno  degli  argomenti 
in  contrario  die  arrecava,  era  1'autorita  di  S.  Antonino:  noi,  per  cor- 
rispondere  al  corlese  invito  die  ci  faceva ,  di  volergli ,  se  non  altro 
con  privata  lettera,  esporre  circa  tale  opinione  che  a  lui  senibrava  si 
nuova  e  si  strana,  il  nostro  sentimento,  ci  raettemmo  piu  di  proposito, 
che  non  avessimo  fatto  in  addietro,  a  studiare  nelle  opere  del  santo 
Arcivescovo.  Accennammo  in  quel  luogo  istesso  le  ragioni,  perlequali 
ci  fu  migliore  avviso  meltere  in  pubblico  la  quislione  e  pubblicamenle 
risolverla:  ora  diremo  quai  sentimenti  conseguitarono  nel  nostro  ani-. 
nio,  e  qual  giudizio  formammo  dopo  1' accurate  esarae  di  que'  trattati 
dclla  -Somma,  che  hanno  maggiore  o  minore  attinenza  colla  propo- 
sta  controversia.  In  primo  luogo  vi  trovammo  quello,  che  gia  sape- 
vamo  che  V  era,  cioe  la  dottrina  della  infallibilita  personale  de'  Ro- 
rnani  Pontefici  e  loro  superiorita  sopra  i  concilii,  in  molti  tratti  espli- 
citamente  professata,  e  con  moltissimi  altri  implicitamente  si,  ma 
necessariamente  collegata.  Y'  incontrammo  in  secondo  luogo  alcune 
sentenze,  che,  come  accade  in  tutt'  i  libri,  possono  dar  presa  a  diffi- 
colta  in  contrario  della  mente  degli  aulori,  e  in  questo  la  diedero 
effettivamente  alle  obbiezioni  di  Benign  o  Bossuet :  ma  le  risposte 
trionfanti  scorgeansi  a  prima  vista,  offerte  dagli  stessi  contest]. 
Se  non  che,  in  terzo  luogo,  ci  vennero  innanzi  due  lunghi  brani,  da 
noi ,  a  dir  vero ,  non  avvertili  altre  volte,  da'  quali  il  Bossuet  sfiora 
qualche  leggiera  difficolta,  e  lascia  il  resto  come  se  lo  scottasse.  Nel 
che  opero  da  uomo  accorto  qual  era.  Poiche  in  que'  passi  non  solo 
si  sostiene  la  fallibilita  de'  Papi  e  loro  inferiorita  ai  concilii,  ma  si 
attenla  alia  stessa  essenza  della  Chiesa  con  tutte  le  intime  proprieta 
e  note  distintive,  attribuitele  dal  suo  divino  fondatore.  Questi  sono  i 
paragrafi  VI  e  VII  (specialmente  il  VI)  del  capo  II  del  titoto  XXIII. 
Neappare  modo  di  poterli  spiegare  cattolicamente:  poiche  mentre  in 
quel  rimescolio  di  sentenze  ora  cattoliche  ora  ereticali,  e  dove  colle- 
gatc  e  dove  sconnesse,  voi  credete  di  aver  scoperta  una  sicura  via  di 
buona  interpretazione,  due  righe  appresso  ve  la  trovate  inesorabil- 
mente  chiusa :  e  cosi  a  mano  a  mano,  sinche  vi  veggiate  ridotto  dove 
non  e  possibile  niuna  uscita  ragionevole.  Or  che?  dicevamo  noi: 
Serie  VII,  vol.  IV.  fasc.  449.  37  26  Novtmtoc  1868. 


I>~8  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE 

S.  Antonino  dunque  si  e  lasciato  trascorrere  oltro  a  quello  die  oso 
insegnare  Giovanni  Huss  e  Giovanni  Wicleff,  e  anchc  buondato  piu 
in  la  che  quindi  a  un  secolo  nonjacesse  Lutero?  Che  egli  avesse 
scritto  cosl  per  malizia  di  animo,  non  era  neppur  dalla  lontana  a 
sospettare,  attesa  la  sua  eminente  santita  affermata  dal  solenne  te- 
stimonio  della  Chiesa.  Che  avesse  fallato  per  ignoranza  o  sbadatag- 
gine,  era  ipotesi  non  meno  assurda  della  prima.  Si  trattava  di  ma- 
terie  elementari  di  dottrina  cristiana:  ed  egli  era  uno  de'  piu  dotti  o 
forse  il  piu  erudito  dell'ela  sua  nelle  quistioni  teologiehe;  accuratis- 
simo  poi,  quant'  altri  mai,  nel  ricercare  e  risolvere  i  divers!  aspelti 
delle  controversie,  che  nelle  sue  opere  si  propone  ad  csaminare.  Ma 
oltre  a  cio,  piu  volte  gli  e  accaduto  nella  Somma  di  dover  toccarc 
i  medesimi  punti;  e  non  e  a  dire  se  li  risolvesse  non  solo  cattolica- 
mente,  ma  colla  massima  esattezza  teologica. 

Posle  le  quali  cose,  noi  conchiudemmo  che  i  due  paragrafi  men- 
tovati,  cosi  come  li  leggevamo  nelle  comuni  edizioni,  non  potcano 
essere  usciti  dalla  penna  di  S.  Antonino.  Del  quale  argomenlo  a 
priori  cravamo  si  altamente  convinti,  che  prima  che  avessimo  agio 
di  fare  altre  indagini,  e  sin  dall'esordio  del  primo  articolo,  non  ea- 
tammo  di  promeltere  che  i  luoghi  del  Santo,  i  quali  facevano  piu 
difficolta  ed  erano  stati  trasandati  dal  Bossuet,  sarebbero  per  noi  la 
miglior  arme,  con  cui  Irionfare  non  solo  di  qualche  obiezione  di 
maggior  momento,  opposta  da  lui,  ma  eziandio  di  allre,  che  con- 
siderate in  se  stesse  sembrerebbero  insolubili.  E  che  queste  parole 
venissero  intese  nel  senso  che  noi  ad  esse  tacitamente  davamor 
doe  che  fossero  nella  Somma  di  S.  Antonino  alcuni  luoghi  viziaii^ 
ce  ne  fu  argomento  una  cortesissima  leltera  di  un  valoroso  redattore 
di  un  giornale  cattolico,  assai  ripulato,  d'oltremonte;  il  quale  ci 
scriveva  essere  molto  desideroso  di  veder  presto  il  seguito  della  no- 
stra  trattazione,  massimamente  perche  facevamo  inlendere  troppa 
chiaramente  d'aver  scoperta  qualche  notabile  corruzione  nelle  opere 
di  S.  Antonino. 

Ma  noi  a  quel  tempo  non  avevamo  altro  criterio  per  affermarlo, 
che  quello  della  convinzione  individuale,  a  cagione  della  impossibi- 
lita,  che  ci  appariva  evidente,  di  attribuire  al  santo  Autore  error! 


INTORNO  ALLA  INFALLIBILITA  Dfi'  PAPI  $79 

si  madornali.:  ma  per  convincere  gli  altri  ci  era  meslieri  di  argo- 

menti  di  fatto.  Ora  le  edizioni  a  stampa,  a  cominciare  dalle  due  phi 

antiche ,  che  sono  quella  di  Korburger  di  Norimberga,  e  V  altra  di 

Jenson  di  Yenezia,  amendue  incominciate  nel  1477,  e  terminando 

nell'ultima  intera,  ch'e  quella  curata  nel  1740  da  PietroBalleiini  in 

Verona;  tutte  contengono  allo  stesso  modo  i  due  paragrafi  sospetti. 

La  sola  varieta,  quanto  a  questo  soggetto ,  si  e,  che  nella  edizione 

del  Ballerini,  e  apposta  ne'  luoghi  piu  sformati  alcuna  nota  per  fare 

accorto  il  lettore  di  qualche  errore  piu  grave,  che  1'editore  suppone 

caduto  inavvedutamente  dalla  penna  del  Santo.  Scrivemmo  allora  ai 

nostri  amici  di  Firenze,  che  volessero  consultare  i  codici  manoscrit- 

ti,  che  doveano  certamente  trovarsi  nelle  pubbliche  biblioteche  di 

quella  citta,  la  quale  fu  il  luogo  natale  e  dove  visse  e  mori  il  santo 

Arcivescovo.  Vi  si  rinvennero  ben  cinque  codici,  contenenti  la  terza 

Parte  della  Somma,  due  nella  Magliabecchiana  e  tre  nella  Lauren- 

ziana;  ma  anche  questi  sventuratamente  presentavano  i  due  terribili 

paragrafi,  con  qualche  variazione  tutt'al  piu  di  non  grave  momento. 

Non  rimaneva  altra  speranza,  che  ricercare  il  codice  (e  questo  in 

ogni  ipotesi  era  sempre  da  esaminare)  il  quale  contiene  gli  autografi 

del  Santo,  e  certamente  sapevamo  esser  custodito  con  somma  gelo- 

sia  dai  RR.  PP.  Domenicani  di  S.  Marco,  siccome  una  delle  piu 

venerande  reliquie  del  lor  santissimo  confratello.  Non  diremo  del- 

1'insigne  cortesia  che  ci  hanno  usato  tutti  coloro,  del  favore  de'quali 

ci  e  stato  bisogno :  ci  basta  professare  qui  in  pubblico  a  tutti  in  ge- 

nerale  eel  a  ciascuno  di  essi  in  particolare  la  piu  sentita  riconoscen- 

za.  Ma  quegli  che  a  nostra  richiesta  si  e  assunto  volentierissimo  il 

difficile  incarico  di  studiare  il  codice,  secondo  le  leggi  della  scienza 

paleografica,  di  cercare  se  vi  apparisse  frode  e  di  dimostrarla  se  vi 

fosse,  e  stato  uno  dei  piu  valenti  paleografi  d'  Italia,  il  chiarissimo 

cavaliere  Francesco  Palermo.  E  ci  fu  anche  ragione  a  volerlo  invi- 

tare  in  preferenza  d'  ogni  altro  a  questa  impresa,  perche  ci  era  nota 

la  gran  pratica  del  carattere  e  la  molta  conoscenza  che  esso  ha  delle 

opere  del  Santo ;  stanteche  dell'  una  e  dell'  altra  perizia  avea  gia 

dato  splendidissimo  saggio  per  due  opuscoli  asc|tici  pubblicati  da 

luij  T  uno  riconosciuto  come  opera  del  Santo  sopra  ia  fede  di  due  co- 


580  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE 

dici  autografi  del  medesimo,  e  Y  altro  ricavato  la  priraa  volta  da  im 
antico  manoscritto  ,  benche  d'  altra  mano,  amendue  in  volgare  l.  II 
chiaro  uomo  di  tutt'  ammo,  e  non  diremo  soltanto  per  gentilezza, 
ma  anche  per  amore  al  tema  proposto,  sin  dai  principii  di  questo 
mese  di  Novembre ;  poiche  il  passalo  Ottobre  trovavasi  assente ;  si 
e  posto  al  lavoro ,  e  vi  si  e  posto  collo  spirito  scevro  di  ogni  preoc- 
cupazione. 

I/  effetto  di  questi  studii,  compiti  da  lui  in  soli  quindici  giorni  7 
e  stato  non  pure  conforme  la  nostra  espettazione,  ma  di  gran  lunga 
superiore.  Noi  abbiamo  credulo  dover  pubblicare,  senz'  altra  dila- 
zione  e  cosi  come  ci  e  stato  graziosamente  inviato,  questo  pregevo- 
lissimo  scritto  dell'  illustre  cavaliere.  In  cio  fare  intendiamo  bene 
che  noi  veniamo  ad  alterare  il  disegno  dialetlico  gia  cominciato  ad 
eseguire  del  nostro  lavoro,  che  era  di  compier  prima  1'esame  di  quei 
passi,  che  sono  certamente  del  Santo,  e  poi  venire  a  quegli  altri  che 
son  provati  esser  supposti.  Ma  vale  pure  un  po'  di  sagrifizio  del  no- 
stro primo  concetto  quel  non  piccolo  piacere,  che  crediamo  di  arreca- 
re  ai  nostri  lettori,  anticipando  loro  questa  insigne  scoperta,  la  quale, 
dopo  quattro  secoli  e  phi  dalla  morte  del  Santo,  ne  viene  a  purgar  la 
•dottrina  da  macchia  cosi  indegna. 

Dopo  la  pubblicazione  della  scrittura  del  Palermo,  noi  non  osia- 
mo  piu  dire  se  farerno  seguire  un  solo  articolo  noslro,  o  piu  d'  uno. 
la  controversia  che  trattiamo  ha  destato  uninteresse  non  ordinario, 
non  solamente  nella  nostra  Italia,  ma  anche  fuori,  e  specialmente 
nella  Francia :  non  saremo  dunque  tanto  scrupolosi  net  misurare  lo 
spazio.  Ecco  intanto  la  monografia  del  chiaro  paleografo,  alia  quale 
non  aggiungeremo  di  nostro,  che  la  sola  versione  di  un  lungo  trat- 
to  inedito,  da  lui  scoperto,  della  Somma  del  Santo. 


1  II  primo  di  questi  e  r Opera  a  ben  vivere.  I  due  autografi  del  Santo, 
1'uno  piii  antico  appartenne  alia  Palatina,  e  T  altro  un  po'  piu  recente  si  con- 
serva  nella  Laurenziana.  II  yalente  editore  lo  pubblico  nel  1858  con  tutte  le 
\arieta  indotte  dal  medesimo  santo  autore  nel  secondo  manoscritto.  L1  altro  e 
la  Regola  della  vitcycristiana,  ricavato  da  im  codicetto  pur  esso  della  gia  Pa- 
latina,  e  pubblicato  nel  1866. 


INTOMO  ALLA  INFALLIBILITA  DE*  PAPI  581 

SOPRA  UNA  FALSITA' 

DI  DOTTRINA  E  DI  LEZIONE 

1NTRODOTTA 

NELLA  SOMMA  MORALE  DI  S.  ANTONINO 


I. 


II  Codice  che  contiene  la  terza  Parte  della  Somma  di  santo  An- 
tonino,  e  che  passa  tutto  per  suo  autografo,  e  oggi  in  san  Marco, 
nella  camera  gia  abitata  dal  Santo.  Esso  e  cartaceo  in  4.°,  con  alcune 
membrane  anche  fra  mezzo,  e  parte  autografo,  parte  di  piu  e  diver- 
si  caratteri :  copie ,  delle  quali  taluna  ha  in  qualche  faccia  torre- 
zioni  o  aggiunte  del  Santo  istesso ;  e  le  rimanenti ,  di  maggior  nu- 
mero,  non  hanno  alcun  segno  della  sua  mano.  II  Codice  certamen- 
te  fu  messo  insieme  non  pochi  anni  dopo  1'Autore.  Poiche  le  carte, 
una  porzione  fu  numerata  due  yolte :  la  prima  numerazione,  poi 
cancellata,  incomincia  col  numero  210  alia  prima  faccia,  sul  quale 
e  il  401,  primo  numero  della  seconda  numerazione.  Pruova  che  que- 
ste  carte  innanzi  farono  unite  in  due  different  modi,  con  altre  forse 
deir  Opera  istessa;  e  cosi  il  Codice,  qual  ora  e,  documenta  una  ter- 
za riforma  e  ricucitura.  £  inoltre  da'  avvertire  che  parecchie  mem- 
brane scritte  dal  Santo  non  son  numerate  in  mezzo  delle  altre  carte ; 
siccome  non  son  numerati  molti  quinterni,  dalla  meta  circa  del  Co- 
dice alia  sua  fine. 

I  fogli  e  i  qumterni  furono  collocati  qua  e  la  arbitrariamente ,  ta- 
luni  contro  Tespressa  indicazione  dell'Autore.  Alia  carta  507,  se- 
conda faccia,  egli  scrive  nel  margine:  «  Hie  ponendae  sunt  quae- 
stiones  Beati  Thomae,  quae  habentur  in  praecedenti  quinterno  in 
24  §.  de  potestate  Papae,  et  post  eas  §.  de  casibus  eo  sibi  reset- 


582  LA  DOTTRiNA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE 

vatis.  »  E  invece  le  Quaestiones,  di  altra  mano,  si  trovano  imianzi 
a  carte  494,  e  la  carta  507  e  seguita  dalla  508  anche  di  altro  ca- 
rattere,  eprincipia:  «  Incipit  Tractatus  parvus  de  superioritate 
Papae  respectu  Concilii  unwersalis,  editus  a  quodam  fratre  ordinis 
praedicatorum.  Quoniam  quidam  hostes  virtutis  etc.  Ed  e  questo 
il  capitolo  3.° del  titolo  de  Conciliis,  posio  qui,  mentre  il  titolp  stes- 
so  incomincia  a  carte  576.  II  capitolo  qui  e  detto  Tractatus,  poi- 
che,  come  noi  dimostrammo  nell'  Opera  a  ben  vivere  di  santo  Anto- 
nino  (pag.  XI),  solevan  dare  il  Home  di  Tractatus  a  que'  capitoli, 
che  cavavano  della  Sonima  soli  dal  rimanente.  Cosi  fatto  quinterno 
ebbe  poi  ad  esser  ricopiato  da  chi  non  sapeva  il  nome  dell'Autore, 
e  fu  posto  qui  dal  raccoglitore,  dopo  il  foglio  membranaceo  515  ori- 
gmale  del  Santo ,  che  in  capo  alia  prima  faccia  notava :  «  Iste  §. 
defyet  poni  supra,  in  titulo  de  statu  Cardinalium.  »  In  fondo  altresi 
alia  seconda  faccia  scriveva  a  chiamata  del  foglio  appresso :  «  Ex- 
comunicatio.  »  E  invece  il  titolo  deExcomunicatione,  il  quale  inco- 
mincia appunto  colla  parola  «  Excomunicatio  »  fu  collocato  16  carte 
dopo ;  e  la  membrana  515  non  e  gia  nel  titolo  de  statu  Cardina- 
lium, secondo  avvertiva  il  Santo,  ma  In  mezzo  al  Tractatus  e  al  ti- 
tolo de  Conciliis. 

Noi  dunque  abbiamo  questa  certezza,  che  il  Codice  fu  raccozzato 
alia  peggio,  senza  discernimento;  e  che  le  carte  di  altrui  carattere, 
e  senza  segni  del  Santo,  perche  si  trovin  nel  Codice,  non  posson 
dal  Codice,  dair  autografo,  avere  nessuna  autenticita.  Siamo  certi , 
che,  in  mancanza  di  esso  autografo,  furono  unite  copie,  come  il  Tra- 
ctatus parvus,  di  scritture  che  non  sono  del  Santo.  E  pero,  quanto 
a  questo  Codice,  nulla  vale  cio  che  scrive  il  Mamachio,  nella  Prefa- 
zione  alia  Somma,  intorno  al  Codice  che  contiene  la  prima  Parte : 
nel  quale  essendo  altresi  molti  fogli  d' altro  carattere,  egli  afferma- 
va  dovessero  avere  la  stessa  autorita  dell'  originate ,  perche  in  tutte 
vi  ritrovava  note  e  correzioni  di  mano  dell' Autore, 

II. 

Ed  or  nelle  stampe  il  titolo  de  Conciliis  (che,  come  ne'  codici , 
dov  e  il XXIII,  e  dove  il  XXIV)  al  2.°  capitolo,  ne'  §§.  VI  e  VII, 
£  introdolla  a  mo'  di  spiegazione  una  tal  dottrina  intorno  al  Papa  Q 


INTORNO  ALIA  INFALLIBILITA  DE*  PAPl  583 

a'Concilii,  la  quale,  non  die  acattolica,  e  sovversiva  deirordine  ri- 
velato ;  contraria  in  tutto  a  quello  che  dice  e  ripete  il  Santo  e  in 
questo  titolo  istesso,  e  in  quello  innanzi  sulla  Potesta  del  Papa,  e 
nella  Somma  eziandio  delle  stone.  Corruzione  la  qual  si  trova  in 
tutte  T  edizioni ,  incominciando  dalle  due  prime,  di  Norimberga  e 
del  Jenson,  amendue  del  1477;  si  trova  ne'  codici,  e  fra  gli  altri  in 
questo  degli  autografi.  II  che  vuol  dire,  essere  stato  fin  da  principio 
tolto  di  mezzo  e  distrutto  il  testo  genuino  del  Santo ,  e  posti  in  suo 
luogo  i  paragrafi  detti ,  come  or  si  leggono  e  nelle  stampe  e  ne'  co- 
dici. E  in  esso  Codice  degli  autografi  il  titolo  de  Conciliis  non  solo 
e  di  altro  carattere,  senza  il  inenomo  segno  di  man  del  Santo  ;  ma 
il  quinterno  ha  qualche  cosa  di  nuovo  rispetto  al  resto;  e,  meno  una 
scancellatura  di  due  o  tre  parole  sbagliate  nel  copiare,  non  ha  pun- 
to  correzioni:'copia  netta  ;  la  quale,  se  sia  stata  eseguita  sopra  la 
bozza  apocrifa,  e  poi  interposta  qui  frodolentemente ;  o  se,  in  man- 
canza  dell'autografo,  fosse  cavata  d' altronde  ,  ricopiata ,  come  si 
e  visto  in  altre   cose,  propriamente  alia  cieca ;  e  inutile  ricercar- 
lo.  II  fatto  e  che  ne  due  paragrafi  essendo  errori ,  che  il  Santo  ha 
ripetutamente  e  combattuti  e  dannati,  non  e  possibile  sieno  suoL 
Evidentissima  intrusione  di  un  qualche  ostinato  nelV  empieta,  che  , 
venti  anni  innanzi,  fu  sollevata  nel  Concilio  di  Basilea  :  onde  il  Con- 
cilio,  sciolto  dal  Papa  e  una  parte  ostinandosi  a  rimanerci,  addiven- 
ne  conciliabolo  ,  sinagoga  di  Satan,  come  il  Santo  I'addomandava 
neir  altra  Somma.  Di  fatto  gli  errori  de'  due  paragrafi  son  quelli 
stessi ;  e  agevolmente  potean  essersi  insinuati.  Dall' altro  canto  il 
Santo  non  lascio  la  Somma  In  un  sol  corpo  di  suo  carattere  ;  ne  i 
suoi  manoscritti  furono  dopo  lui  raccolti  ne  custoditi ;  anzi  passaron 
da  questo  a  quello.  La  prima  parte  della  Somma  ha  sul  davanti  una 
nota,  che  noi  arrecammo  in  parte,  a  fac-simile,  nell'  Opera  stessa 
del  Santo  a  ben  vivere,  e  ch'  e  riferita  eziandio  dal  Mamachio;  do- 
Ve  ricordato,  che  il  Codice  prima  del  1580  fuposseduto  da  un  fra- 
te,  il  quale  lasciollo  poi  a  un  altro  frate,  e  questi  a  un  terzo;  dondo 
venne  al  convento  di  Santa  Marria  Novella ,  e  fu  rilegato  con  seta  e 
oro.  Ne  questo  dee  credersi  un  fatto  straordinario.  II  falsar  le  ope- 
re,  fra  le  altre  le  ecclesiastiche,  nel  secolo  XV  fu  vezzo  continuato 
dai  tempi  avanti,  come  avvertiva  il  Cardinal  De  Dominici,  stato 


584  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE 

maestro  del  Santo,  nel  suo  Amore  di  Carita,  dove  scrisse:  «  AI- 
cuna  persona  empie  di  mal  ripieno  la  fabbrica  sincera  (cap.  25).  » 
Propriamenle  cio  eke  fu  fatlo  ne'  due  paragrafi  della  Somma. 


III. 


Se  non  che  nel  Codice  stesso  degli  autografi,  oltre  alia  diversa 
dottrina  e  cattolica,  come  dicemmo,  degli  altri  luogki,  voile  la  Prov- 
videnza  si  conservasse,  a  smentire  1'apocrifo,  un  documento  anche 
piii  luminoso.  A  carta  512  incomincia  senza  rubrica,  colla  parola 
Quaeritur,  modo  usato  del  Santo,  una  notabile  quistione,  un  para- 
grafo;  il  quale  non  e  separate  dal  titolo  de  Conciliis,  che  dal  fo- 
glio  515,  originate  fuor  del  suo  poslo,  come  dicemmo.  II  qual  pa- 
ragrafo  e  veramente  copia,  ma  che  ne'  margini  ha  qual  che  segno  o 
chiamata,  e  che  paion  del  Santo,  simiglicvoli  a  quelli  ch'esso  adopera 
alcuna  volla  ne'suoi  originali;  per  ogni  modo  allo  stile,  al  combaciare 
colla  dottrina  sua  stessa,  col  titolo  de  Conciliis,  allontana  ogni  dubbio 
che  possa  essere  cosa  altrui,  qui  posta  a  caso  o  per  altro  fine,  e  non 
perche ,  come  di  altre  copie ,  non  si  fosse  ben  certi  che  apparlenes- 
se  all'  opera.  II  qual  paragrafo  va  propriamente  a  distruggere  e  sra- 
dicare  gli  error!  degli  altri  due;  dimostrando  non  solo  che  il  Papa  e 
superiore  al  Concilio,  ma  che  il  Concilio  senza  il  Papa  non  ha  pote- 
sta.  Luminosa  dimostrazione,  rimasta  fuor  della  Somma  e  non  co- 
nosciuta;  evidentemente  perche  il  corrultore  de'  due  paragrafi  ebbe 
a  sopprimer  questo  nell'esemplare,  onde  e  i  codici  furono  copiati  e 
impresse  le  stampe;  sopprimerlo,  conciossia  che  troppo  diretto,  anzi 
nominatamente  sconfigga  la  sua  impostura.  Ed  eccolo,  nella  sua 
massima  parte. 

Quaeritur,  utrum  concilium  generate  a  Domino  Papa  convocatum 
et  ab  eodem  confirmatum,  habeat  potestatem  a  Papae  potestate 
d'istinctam  ? 


Si  domanda,  se  il  Concilio  generale,  convocato  dal  Papa  N.  S.,  e  da 
lui  confermato  ,  abbia  potesta  che  sia  distinta  dalla  potesta  del  Papa? 


INTORNO  ALLA  INFALLIBILITA  Dfi'  PAPI  585 

Et  quod  non  habeat  potestatem  a  Papae  potestate  distinct  am, 
probatur  his  rationibus.  Primo,  ex  fundamenlo  ordinis  naturalis. 
Nam  constat,  quod  omnis  multitudo  recipit  influxum  a  primo ,  me- 
diante aliquo  uno:  sicut,  sensibilia  resuscipiunt  influxum  a  sept  em 
orbibus,  et  illi  suam  virtutem  recipient  a  prima  causa,  mediante 
primo  mobili ,  secundum  Philosophum.  Et  omnia  corpora  lucida 
illuminantar  a  prima  causa,  non  immediate,  sed  mediante  sole ;  et 
omnia  illucida  ab  eadem  calorem  participant,  mediante  igne.  Opor- 
tet  igitar  multitudinem  praelatorum  in  Concilio  congregatorum  a 
Christo  influxum  recipere,  mediante  aliquo  uno;  nisi  dicatur  Con- 
cilium ipsum  esse  multitudinem  quamdam  contra  naturae  ordinem 
congregatam.  Et  habetur  sententia  Dionysii,  primum  entium  mo- 
vere  infima  per  media,  et  media  per  suprema.  Ad  idem  arguitur 
ex  fundamento  ordinis  politici:  in  omni  enim  principa'tu  bene  dis- 
posito ,  secundum  Philosophum  in  politica,  est  units  solus  supremus 
yrinceps,  ad  quern  pertinet  directio  omnium  de  illo  principatu.  Si 
igitur  Concilium,  quod  est  quidam  principatus,  sive  congregatio 
principum  Ecclesiae,  est  principatus  bene  dispositus,  oportet  quod 


E  che  non  abbia  potesta  distinta  dalla  potesta  del  Papa,  si  proya  col- 
le  seguenti  ragioni :  Primieramente  dal  fondaraento  dell'  ordine  natura- 
le.  Imperocche  e  certo  che  ogni  moltitudine  riceve  1'  influsso  dal  primo 
per  opera  di  uno  che  faccia  da  mezzo :  siccome  i  sensibili  ricevono  F  in- 
flusso da'  sette  cieli,  e  quelli  hanno  la  loro  yirtii  dalla  prima  causa,  me- 
diante il  primo  mobile,  secondo  il  Filosofo.  E  tutti  i  corpi  lucidi  sono  il-^ 
luminati  dalla  prima  causa ,  non  gia  immediatamenle,  ma  mediante  il 
sole;  e  tutti  gli  opachi  partecipano  dalla  stessa  il  calore,  mediante  il 
fuoco.  E  dunquc  necessario  che  la  moltitudine  de'prelati,  accolti  nei  Con- 
cilii,  riceva  F  influsso  da  Cristo  per  opera  di  nno  che  faccia  da  mezzo ;  se 
pure  non  yoglia  dirsi  che  il  Concilio  stesso  sia  una  cotale  moltitudine 
raccozzata  contro  F ordine  della  natura.  E  qui  viene  a  proposito  la  sen- 
tenza  di  Dionisio,  «  che  il  primo  degli  enti  muove  gV  inlimi  per  Fopera 
de'mezzani,  ed  i  mezzani  per  Fopera  de'supremi.  »Lo  stesso  si  argomen- 
ta  dal  fondamento  delF  ordine  politico :  coneiossiache  in  ogni  principato 
ben  disposto,  secondo  il  Filosofo  nella  Politica,  e  un  solo  supremo  prin- 
cipe,  al  quale  appartiene  la  direzione  di  tutte  le  cose  che  si  riferiscono 
a  quel  principato.  Se  dunque  il  Concilio,  che  e  un  cotal  principato,  os- 
sia  una  congregazione  de'principi  della  Chiesa,  e  un  principato  ben  dis- 


586  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE 

eius  actiones  dirigantur  per  unum,  quern  Papam  dicimus :  quoniam 
diversitates  opinionum  et  sententiarum,  quae  ex  multitudine  ca- 
pitum  ut  plurimum  consequuntur ,  debeat  reducere  ad  unitatem ; 
quia  alias  scissurae  multae  in  illo  corpore  mistico  resurgerent. 
Confirmatur  ex  fundament  o  ordinis  artificial^  Multae  enim  po-~ 
tentiae,  et  mult  a  instrumenta  bene  ordinata ,  non  applicantur  ad 
actum,  nisi  imperio  unius  principalis  potentiae :  sicut  ad  fabricam 
domus  applicatur  serra,  dolabram,  et  malleum  l,  manus,  oculi  et 
alii  sensus  exteriores,  fantasia  et  ratio,  et  ad  imperium  solius  vo- 
luntatis.  Sicut  igitur,  sublato  actu  wluntatis,  non  remaneret  ali- 
quis  motus  ordinatus  debite  tendens  ad  unum  finem ;  ita  nee  in 
Concilio,  sublata  Papae  voluntate  vel  potestate,  sed,  ut  Varro  ait, 
quot  homines  tot  sententiae.  Una  erit  igitur,  ut  supra,  potestas 
modo  praedicto,  cuius  tamen  principatus  sit  in  Papa.  Petam:  Chri- 
stus  praedixit  futurum,  ut  fuerit  unum  ovile  et  unus  pastor ;  Con- 
cilium iyitur,  ut  seorsim  a  Papa  acceptum,  aut  est  ovile  aut  pa- 


posto,  e  necessario  die  le  sue  azioni  sieno  dirette  per  mezzq  di  uno  die 
diciamo  Papa;  in  quanto  le  diversita  delle  opinion!  e  sentenze,  che  con- 
seguono  per  ordinario  dalla  moltiplicita  delle  teste,  debbansi  per  lui  ri- 
durre  alia  unita;  perche  altrimenti  moite  scissure  Yerrebbero  a  nascere 
in  quel  mistico  corpo. 

Si  conferma  il  medesimo  dal  fondamento  dell'ordine  artificiale.  Imper- 
ciocche  doye  sono  molte  potenze  e  molti  strumenti  ben  ordinati,  non  ven- 
gono  applicati  all1  atto,  se  non  per  T  impero  di  una  principale  potenza. 
In  quella  guisa  che,  per  la  fabbrica  di  una  casa ,  si  mettono  in  opera  la 
sega,  la  pialla,  il  martello,  le  mani,  gli  occhi  e  gli  altri  sensi  esterni,  la 
fantasia  e  la  ragione ;  ma  secondo  V  imperio  della  sola  volonta.  Sic- 
come  dunque,  tolto  Tatto  della  volonta,  non  rimarrebbe  alcun  mo- 
to  regolato,  che  debitamente  tendesse  a  un  solo  fine ;  medesimamente 
accadrebbe  nel  Concilio,  se  yi  mancasse  la  yolonta  o  la  potesta  del  Pa- 
pa ;  e,  come  dice  Yarrone,  tante  sarebbero  le  sentenze,  quanti  gli  uomi- 
ni.  Domandero :  Cristo  predisse  che  sara  un  solo  oyile  e  un  solo  pa- 
store.  Adunque  il  Concilio,  considerate  separatamente  dal  Papa,  e  egli 

1  Segaiamo  con  altro  carattere  qualche  sbaglio  delF  amanuense.  Qui  evi~ 
dentemenle  deve  leggersi  dolabra  et  malleus.  Nota  della  Redazione. 


INTORNO  ALIA  INFALLIBILITA  DE*  PAPI  587 

star.  Si  pastor,  quaero,  cuius  oculis  1?  Praesertim  cum  dicat  ad- 
versarius,  quod  Concilium  totam  universalem  Ecclesiam  repraesen- 
tat.  Non  est  igitur  pastor  Ecclesiae,  cum  ipsa  sit  Ecclesia:  erit  igi- 
tur  aut pastor  sui  ipsius,  aut  pastor  sine  oculis.  Si  ovile,  igitur  ali~ 
cuius  pastoris ;  non  autem  nisi  Papae;  cum  nullus  alius  homo  sit 
extm  ipsum  ovile.  Si  dicat  quod  est  pastor  respectu  eorum  qui  2 
sunt  in  Concilio,  de  quorum  salute  agitur;  contra,  quia,  ut  dictum 
est,  secundum,  eum  illos  repraesentat;  est  quidem  unum  virtualiter, 
cum  non  possit  esse  faciliter  unum  localiter.  Et  ponamus  quod  tota 
Christianitas  sit  simul  in  eodem  loco,  quod  esse  no~n  est  impossibi- 
le,  nee  implicat  contradictionem ;  istud  Concilium  cuius  erit  pa- 
stor? Si  dicat,  quod  Concilium  quidem  est  ovile,  non  Papae  sed 
Christi  qui  est  immediatus  pastor  ipsius;  hoc  est  frivolum  dicer  e  ; 
quia  pastor  et  ovile  decent  esse  unius  status.  Ideo  oportet  loqui  de 


ovile  o  pastore  ?  Se  e  pastore,  io  domando :  di  quale  ovile?  segnata- 
mente  perche  dice  T  avversario ,  che  il  Concilio  rappresenta  la  Chiesa 
universale.  Non  e  dunque  pastore  della  Chiesa ,  mentre  esso  e  la  Chie- 
sa. Sara  dunque  o  pastore  di  se  stesso,  o  pastore  senz1  oyile.  Se  poi  e 
oyile,  sara  dunque  di  qualche  pastore :  il  qual  pastore  non  puo  essere 
che  il  Papa,  essendo  ogni  altro  uomo  compreso  nell1  oyile.  Se  afferma 
che  e  pastore,  per  rispetto  a  quelle  persone  che  non  sono  nel  Conci- 
lio, della  salute  delle  quali  si  tratta;  vi  e  contro,  che  secondo  Tavyer- 
sario,  come  s1  e  detto,  rappresenta  appunto  quelle  persone,  e  forma  con 
esse  un  sol  corpo  virtualmente,  non  potendo  formarlo  localmente.  E  po- 
gnamo  ehe  tutta  la  Cristianita  sia  insieme  raccolta  in  un  medesimo  luo- 
go:  il  che  non  e  impossibile  ne  implica  contraddizione ;  cotesto  Concilio 
di  chi  sarehhe  pastore?  Se  dice  che  il  Concilio  e  certamente  oyile ,  non 
pero  del  Papa,  ma  si  di  Cristo,  come  pastore  immediate  di  lui;  ella  e 
questa  una  friyola  risposta;  essendoche  il  pastore  e  T  oyile  debhono  es- 
sere di  un  medesimo  stato :  e  cio  posto  e  necessario  tener  parola  di  qual- 

1  Oculis  e  uno  sbaglio  manifesto  deiramanuense,  invece  di  omlis.  Lo  stes- 
so sbaglio  accade  tre  righe  appresso  della  stessa  parola  invece  di  ovili.  Que- 
sta lezione  e  necessariamente  richiesta  dal  raziocinio  del  Santo.  Nota  della  Re~ 
dazione. 

2  L' argomentazione  del  Santo  esige  per  necessita  il  non,  omesso   evi- 
dentemente  per  inawertenza  dairamanuense.  Nota  della  Redazione. 


388  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE  . 

aliquo  pastore,  qui  sensibiliter  cum  hominibus  conversetur.  Pro- 
pterea  Homo  Dens  post  resurrection  em  ascensurus  in  coelum,  et  de- 
relicturus  humanum  statum  secundum  potestatis  conversationem, 
providit  depastore  conformis  conversations,  ubi  dixit  Petro:  «  Pa- 
see  oves  meas.  »  Quasi  dicat:  Ego  iam  cur  am  pastoris  immediate 
habere  non  potero,  sed  te  meo  loco  substituo.  A  quo  etiam  pastora- 
tu  ipse  Petrus  de  fecit,  cum  a  praesenti  statu  excessit. 

Si  forte  dicat,  quod  Petrus  vel  Papa  est  immediate  pastor  Ec- 
clesiae  disgregatae,  non  tamen  in  Concilio  congregatae;  hoc  vide- 
tur  leviter  dictum,  quod  aliquis  sit  pastor  ovium  disgregatarum, 
dispersarumque,  et  non  simul  congregatarum. 

Circa  hanc  quaestionem  ponuntur  aliquae  conclusiones.  Quarum 
prima  est,  quod  non  est  tarn  tribuendum  iudicio  rnultitudinis,  qum 
indicium  solius  Papae,  etiam  in  agibilibus,  possit  in  divinum  con- 
spectum  iudicio  multitudinis  praevalere.  Probatur  de  facto,  exem- 
plo  Gregorii  VI.  Qui  tarn  a  collegio  cardinalium,  quam  a  caetero 
clero  et  populo  Eomano  iudicabatur  pessimus  pastor,  et  sanguinis 
civium  effusor;  adeo  quod  ipsum  morti  vicinum,  unanimi  consensu, 


che  pastore ,  che  conversi  sensibilmente  cogli  uomini.  Appunto  percio 
F  Uomo  Dio,  dovendo  dopo  la  sua  risurrezione  ascendere  al  cielo  e  la- 
sciar  lo  stato  uraano  inquanto  al  convcrsar,  come  capo ,  cogli  uomini ; 
provyide  un  pastore  che  fosse  conforme  nella  conversazione,  la  do- 
ve disse  a  Pietro  :  Pasci  le  mie  pccore:  quasi  dicesse:  lo  oggimai  non 
potro  piu  avere  la  cura  di  pastore  immediato;  mapongo  te  in  luogo  mio. 
Dal  quale  uftizio  di  pastore  lo  stesso  Pietro  cesso,  allorche  usci  dallo  sta- 
to presente. 

Se  per  sorte  soggiugne,  che  Pietro  o  il  Papa  e  immediato  pastore  dclla 
Chiesa  disgregata,  e  non  gia  della  Chiesa  radunata  in  Goncilio ;  egli 
sembra  una  levita  il  dire,  che  uno  sia  pastore  delle  pecore  disgregate 
e  disperse,  e  non  gia  di  queste  stesse  pecore  insieme  riunite. 

Circa  la  presente  quistione  si  pongono  alcune  conclusioni.  La  prima 
delle  quali  e,  che  non  si  deve  attribuire  tanto  al  giudizio  della  moltitudi- 
ne,  che  il  giudizio  del  solo  Papa,  eziandio  nelle  cose  agibili,  non  possa 
nel  divino  cospetto  prevalere  al  giudizio  della  moltitudine.  Si  prova 
dal  fatto,  coll1  esempio  di  Gregorio  VI.  II  quale  tanto  dal  collegio  dei 
Cardinali,  quanto  da  tutto  il  Clero  e  popolo  romano  era  giudicato  pessi- 
mo  pastore  e  spargitore  del  sangue  de'cittadini:  a  tale  che  essendo  vi- 


INTORNO  ALLA  INFALLIBILITA  DE'  PAPI  589 

omnes  iudicaverunt  indignum  ecclesiastica  sepultura.  Oppositum 
tamen  ostensum  est,  divino  et  patenti  miraculo,  per  miraculosam 
apparitionem  portae  ecclesiae  sancti  Petri;  ut  habetur  in  cronica 
Martiniana. 

Secunda  conchsio  est,  quod  Concilium  -non  habet  iudicare  Pa- 
pam,  de  quocumque  defectu  notabili.  Probatur  conclusio.  Omne 
indicium  ordinatum  debet  fieri  per  superiorem  potestafem :  Con- 
cilium autem  non  habet  superiorem  potestatem  Papae,  cum  sit  una 
utriusque  potestas;  ut  probant  rationes  pro.parte  affirmatives  fa- 
ctae,  quae  in  hac  quaestione  verum  concludunt.  Turn  etiam,  quia 
potestas  popularis  non  est  potestas  primaria,  sed  secundaria;  quia 
solum  de  sui  natura  habet  potestatem,  principalem  instituentem ; 
nisi  appareat  de  submissione  eius  alterius  potestati,  per  eum  ad 
quern  spectat  ipsam  submittere.  Quod  non  apparet  de  Christo  et 
Papa  et  Conciliis ,  vel  Concilio.  Unde,  sicut  aliqua  auctoritas, 
invadens  suum  rectorem  a  principali  domino  substitutum,  lesae 
maiestatis  rea  teneretur,  cum  debuerit  recur  sum  ad  principalem 
habere;  ita  et  de  Concilio  et  Papa.  Nullam  enim  iurisdictionem 
habent  inferiores  supra  Vicarium  superioris  eornm,  nisi  eis  ex- 

cino  a  morte,  tutti  con  unanime  consenso  lo  giudicarono  indegno  della 
sepoltura  ecclesiastica.  Pure  fu  dimostrato  il  contrario,  con  divino  e 
manifesto  miracolo,  per  mezzo  della  prodigiosa  apparizione  della  porta 
della  chiesa  di  S.  Pietro ;  come  si  ha  nella  cronaca  martiniana. 

La  seconda  conclusione  e,  che  il  Concilio  non  ha  facolta  di  giudicare 
il  Papa  di  qualsivoglia  notabile  mancanza.  Si  pruova  la  conclusione. 
Ogni  giudizio  ordinato  dev1  esser  fatto  da  una  potesta  superiore :  ma  il 
Concilio  non  ha  potesta  superiore  al  Papa,  essendo  una  sola  la  potesta 
dell1  uno  e  dell1  altro,  come  provano  le  ragioni  addotte  per  la  parte  af- 
fermativa,  che  dimostrano  il  vero  nella  presente  quistione.  Si  aggiunge 
ancora,  che  la  potesta  popolare  non  e  potesta  primaria,  ma  secondaria, 
perche  di  sua  natura  ha  solamente  la  potesta  d'istituire  la  principale,  se 
pur  lion  s1  abbia  certezza  della  soggezione  di  questa  (della  potesta  princi- 
pale )  alia  potesta  di  un  altro ,  per  la  volonta  di  colui,  che  puo  sog- 
gettarla.  II  che  non  apparisce  che  abbia  fatto  Cristo  col  Papa  per  ris- 
petto  ai  Concilii  o  alcun  Concilio.  Laonde,  come  una  qualunque  autorita 
che  oppugnasse  il  suo  reggitore,  surrogate  dal  signore  principale,  sa- 
rebbe  stimata  rea  di  lesa  maesta,  conciossiache  avria  dovuto  ricorrere 
al  principale ;  lo  stesso  e  da  dire  del  Concilio  e  del  Papa.  Imperocche 
niuna  giurisdizione  hanno  gFinferiori  sopra  il  Vicario  del  loro  superiore, 


590  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE 

presse  sit  collata  aprincipe  eum  vicarium  delegante.  Debet  igitur 
Concilium  Papam  errantem  admonere  filiali  charitate,  et  obsecra- 
ri  et  hortari,  ut  errorem  suum  cognoscat  et  corrigat :  quod  si  non 
fecerit,  debet  habere  recursum  ad  Christum,  ut  ipsum  illuminet, 
vel  de  medio  toilet  1;  ut  de  Tyranno,  qui  non  habet  superiorem, 
dicit  Sanctus  Thomas  in  4°  de  Regimine  principis.  Sperandum  est 
quod  Christus  abutentem  2  potestate  sua  ostendet  indicium  suum; 
ut  fecit  inAnastasium  papam,  cum  haereticis  comunicantem  Fotino 
et  Acatio,  qui  fuit  nutu  divino  percussus. 

E  seguita  a  dimostrare,  quel  che  dice  anche  al  trove  nellc  due 
Somme,  che  il  Papa,  dandosi  all'eresia,  di  fatto  non  e  piu  Papa ;  e 
che  la  Chiesa  dall'eresia  del  Papa  non  puo  correre  alcun  pericolo; 
pero  che  le  fu  promessa  da  Gesu  Cristo  la  sua  continuata  assisten- 
za :  che  il  giudicare  la  prima  sede  Iddio  voile  serbato  a  se  stesso ; 
e,  laddove  il  Concilio  giudicasse,  sarebbe  maggiore  lo  scandalo  e  il 
male.  Le  quali  cose  sono  appunto  cosi  e  nella  Somma  teologica,  e 
nella  Somma  delle  storie.  E  in  questa  segnatamenle,  occorsogli  di 
parlare  della  caduta  di  Constantinopoli  (Tit.  XXII,  cap.  11) ;  e  dove 
anche,  intorno  al  Concilio  di  Basilea  (Ib.  cap.  10)  dice,  che  il  co- 
mandamento  del  Papa  che  lo  disciolse,  fu  voce  dello  stesso  Signore. 

E  la  quistione  dicemmo  che  di  proposito  abbatte  gli  errori  dei 
due  paragrafi  adulterati.  Nel  paragrafo  VI,  silegge:  «  Licet  conci- 
lium totam  Ecclesiam  universalem  concernat,  tamen  ibi  vere  non 
est  unwersalis  Ecclesia,  sed  repraesentativa.. »  E  qui,  come  si  e  po- 
tuto  notare :  «  Praesertim  cum  dicat  adversarius,  quod  Concilium 

se  ad  essi  non  e  conferita  espressamente  dal  principe,  che  delego  colui 
per  suo  vicario.  Deve  dunque  il  Concilio  ammonire  con  figliale  carita  il 
Papa  errante,  scongiurarlo,  esortarlo  a  riconoscere  11  suo  errore  ed 
emendarlo.  Che  se  nol  fa,  dee  ricorrere  a  Cristo,  perche  loallumini,  o  la 
tolga  di  mezzo;  siccome  a  proposito  del  Tiranno,  che  non  ha  superiore, 
dice  san  Tommaso  nel  IV  de  Regimine  principis.  E  da  sperare  che  Cri- 
sto, abusando  quello  della  sua  potesta,  gli  faccia  provare  il  suo  giudizio; 
come  fece  con  Anastasio  Papa,  il  quale  aveva  comunione  con  gli  eretici 
Fotino  ed  Acacio,  e  per  divino  volere  fu  percosso. 

1  Leg.  tollat .  N.  d.  K. 

2  Leg.  abutentij  o  pure  in  abutentem.  N.  d.  ft. 


INTORNO  ALLA  INFALLIBILITA  DE*  PAPI  591 

totam  imiversalem  Ecclesiam  repraesentat :  »  E  segue  poi  a  confu- 
tar  T  avversario,  come  in  questo,  cosi  nel  resto  che  fu  interpolato 
ne'  due  paragrafi.  Che  se  non  ostante  i  fatti,  che  persuadono  appar- 
tenere  la  Quistione  alia  Somma,  in  cui  si  ha  delle  simili,  si  volesse 
che  invece  sia  una  risposta  a  parte  del  Santo ;  noi  non  vorremmo 
contendere.  Per  noi  il  punto  e,  che  la  Quistione  sia  di  Antonino, 
come  e  impossibile  di  negarlo  ;  e  che  schianta  dalle  radici  1'apocri- 
fo,  posto  malignamente  sotto  il  suo  nome :  il  che  niuno  puo  dire  che 
non  faccia. 

IV. 

E  ne'  libridel  Santo,  non  che  la  frode,  gli  sbagli  anche  di  lezio- 
ne,  furon  di  appoggio  a  scandali  nella  Chiesa,  di  arme  in  mano 
de'  suoi  nemici.  II  Bossuet  credeva  di  seguitare  Antonino,  Jenendo 
che  il  Papa,  se  pu6  ereticare  privatamente,  come  sommo  Pontefice 
ex  cathedra  egli  non  erra,  iaddove  stia  al  Concilio.  E  cita  la  Som- 
ma  (tit.  XXIII,  cap.  3,  §.  4)  letta  cosi:  «  Licet  Papa  ut  persona  sin- 
gularis  posset  errare  in  fide ....  tamen  utens  concilio  non  potest 
errare.  »  Ma  egli,  cosi  leggendo,  si  fermo  a  qualche  stampa  che, 
come  la  prima  di  Norimberga,  ha  CONCILIO  :  senza  pur  sospetta- 
re  che  una  tal  lezione ,  non  essendo  cattolica  (nel  senso  che  le  da 
Bossuet),  ne  logica  e  mono  grammatical,  sarebbe  potuta  esser  fal- 
sa. E  di  fatti,  cattolicamente,  logicamente  e  grammaticalmente,  la 
edizione  del  Jcnson,  c  anche  altre,  hanno  CONSILIO.  E  CONSILIO,  nd 
codice  degli  autografi;  e  nc-'tre  Laurenzani,  XXVI,  1,  XXVI,  IS,  e 
LXXXII  gili  Fiesolano;  e  nei  duecodici,  ora  Megliabechiani,  il  68, 
B,  1,  che  fu  di  Santa  Maria  Novella  €  il  2555,  A,  4,  dell' Abba- 
•dia  Fiorcntina. 

Firenze  15  Novembre  1868. 

FKANCESCO  PALERMO. 


RIVISTA 

BELLA 

STAMPA   ITALIAN  A 


JRelazione  al  Consiglio  comunale  di  Verona  sui  rapporti  del  Co- 
mime  con  la  Chiesa,  e  relativa  discussione  e  consider  azione. 
Verona  1868. 

tfn  grave  scandalo  conlristo  nei  mesi  scorsi  1'  animo  di  tutti  i 
tuoni  cattolici  di  Verona,  e  fu  la  deliberazione  onde  il  Consiglio 
comunale  di  quella  illuslre  cilia  aboli  ogni  rappresentanza  e  parle- 
cipazione  del  Municipio  alle  sacre  fanzioni,  e  soppresse  ogni  spesa 
onde  solea  concorrere  allo  splendore  delle  sacre  cerimonie  del  cui- 
to  divino.  Quel  che  piu  commosse  ed  infuse  una  specie  di  orrore, 
jsi  e  che  una  deliberazione ,  si  irriverente  a  Dio  ed  alia  Chiesa,  fa 
fatla  quasi  a  pienezza  di  suffragi ;  non  essendo  sorlo  a  conlraslarla, 
che  il  solo  inlrepido  marchese  Ollavio  di  Canossa.  II  quale  in  mez- 
zo a'  colleghi,  o  muti  o  plaudenli  all'irreligiosa  proposta,  la  ripmo 
con  crisliano  coraggio ;  e,  dopo  ayer  rifiulali  i  sofismi,  a  cui  essa 
appoggiavasi ,  suggeri  che  almeno  si  dislinguessero  i  concorsi  e  le 
offer te  a  cui  eransi  obbligali  per  yoto,  da  quelle  a  cui  prestavansi 
per  ispontanea  devozione:  e  quanto  alle  prime  si  servasse  la  dala  fe- 
de,  quanto  alle  seconde  non  si  sancisse  rastenimenlo,  ma  se  ne  la- 
sciasse  libera  balia  alia  prudenza  del  Municipio.  Ne  anche  un  lem- 
peramenlo  si  mile  ed  acceltevole  sorli  Tassenso  degli  assembrali; 
tanto  la  vertigine  liberalesca  fa  vacillare  oggidi  le  tesle  eziandio  di 
persone  altrimenli  giudiziose! 

Ma  quali  furono  le  ragioni,  che  ebbero  forza  di  persuadere  una 
risoluzione  si  poco  pia?  Esse,  secondo  che  sono  espresse  nella  re- 


RIVISTA  BELLA  STAMPA  ITALIAN!  593 

lazione  della  Giunta  e  furono  sostenute  poscia  da  varii  oratori,  pos- 
sono  ridursi  a  tre.  La  prima,  che  quegli  atti  di  culto  essendo  Iiberi7 
il  Municipio  puo  ricusarvisi,  senza  offesa  del  dirilti  di  veruno.  «  Quan- 
to  all'  indole  di  siffatte  rappresentanze ,  non  sono  esse  die  semplici 
voti  religiosi  dei  nostri  padri,  non  alligati  a  verun  titolo  giuridica- 
mente  obbligatorio,  e  quindi,  senza  offendere  alcun  dirttto,  se  ne 
puo  decretare  1'  abolizione  1 .  »  Lo  stesso  dicasi  delle  pie  offertc  di 
ceri  o  pecunia.  «  Sono  sempre  solenni  e  pietosi  voti  per  impetrare 
la  cessazione  di  crudeli  calamita  o  rendere  grazie  al  cielo  d'esserne 
omai  liberati...  11  carattere  dominante  di  tali  offerte,  lo  ripetiamo, 
e  la  spontaneita,  il  loro  spirito  e  la  devozione.  Non  si  ponno  appli- 
care  ad  esse  le  norme  comuni  deH'usucapione,  quasi  fossero  censi  o 
livelli,  ribellandosi  a  tale  interpretazione  il  concetto  di  un  voto  reli- 
gioso  2.  »  La  seconda  ragione  e  che  quegli  atli  non  sono  conform! 
al  concetto  di  amministrazione  comunale,  ristretta  a  curare  i  soli 
interessi  raorali  ed  economici.  «  L'  astensione  della  rappresentanza 
municipale  dai  riti  e  dalle  funzioni  di  carattere  puramente  ecclesia- 
stico,  risponde  al  concetto  di  un' amministrazione  comunale,  a  cui  e 
demandata  la  cura  degV  interessi  morali  ed  economici  della  popo- 
lazione  3.  »  Finalmcnte  la  terza  ragione  e  la  parita  di  trattamenlo  , 
dovuta  ai  diversi  culti.  «  L'  astensione  risponde  inoltre  a  quella 
eguaglianza  di  doveri  e  di  diritti  tra  cittadini,  a  quel  rispetto  delle 
opinioni  e  credenze  individual! ,  a  quella  parita  di  trattamento  dci 
diversi  culti,  che  sono  base  d'ogni  ben  ordinata  amministrazione  e 
principii  cardinal!  del  nostro  diritlo  pubblico  i.  »  Diciamo  breYe- 
mente  qualche  cosa  di  ciascuna. 

Quanto  alia  prima,  se  ella  fosse  vera,  dimostrerebbe  al  piu  che 
la  proposta  abolizione  potea  farsi,  non  gia  che  dovea.  Per  contra- 
rio  ,  che  T  antica  pratica  dovesse  conservarsi ,  Yeniva  consiglialo  da 
sentimento  di  onore,  da  rispetto  ai  maggiori,  da  obbligo  nei  magi- 
strati  di  rafforzar  coll'  esempio  la  pieta  nel  popolo  ,  piuttosto  che 
dar  di  spalla  all'  indifferentisnio  e  alia  miscredenza,  ogni  di  piu  cre- 
scente.  Ma  il  peggio  e  che  1'addotta  ragione  in  se  stessa  e  falsa.  Im- 

1  Pag.  4.  —  2  Pfig.  7.  —  3  Pag.  5.  —  4  Ivi. 
Serle  Vll,  vol.  IV.  fasc.  449.  38  26  Xovembre  1868. 


594  RIVISTA 

perocche,  come  la  relazione  confessa ,  la  maggior  parte  di  quegli 
alii  di  culto  erano  fondati  in  pubblico  e  solenne  voto,  per  impetra- 
zione  d'alcun  favore  dal  cielo  o  per  rendimento  di  grazie.  Or  T  obbli- 
gazione,  indotta  dal  voto,  e  la  piu  grave  di  quanle  possano  contrarsi. 
So  i  deliberanti  non  ricordavansi  del  catecbismo,  avrebbero  dovuto 
almeno  rieordarsi  dell'Aligbieri,  il  quale  esorta  a  guardarsi  bene  di 

mancare  ai  voti. 

» 

Non  prendano  i  mortali  il  voto  a  ciancia ; 
Siate  fedeli l. 

E  si  ne  reputa  strelta  1'  obbligazione,  pel  patto,  die  racchiude,  tra 
1'uomo  e  Dio  e  pel  sacrifizio,  che  involge,  della  nostra  liberta,  che 
sostiene  non  potersi  in  se  stesso  sciogliere  giammai  ne  compensarsi 
con  altra  opera. 

Lo  maggior  don,  che  Dio  per  sua  larghezza 

Fesse  creando  e  alia  sua  bontate 

Piu  conformato,  e  quel  ch'ei  piu  apprezza, 
Fu  della  volonta  la  libertate. 

Di  che  le  creature  intelligent! 

E  tutte  e  sole  furo  e  son  dotate.     . 
Or  ti  parra,  se  tu  quinci  argomenti, 

L'alto  valor  del  voto,  s1  e  si  fatto, 

Che  Dio  consenta,  quando  tu  consent! . 
Che  nel  fermar  tra  Dio  e  ruomo  il  patto, 

Yittima  fassi  di  questo  tesoro, 

Tal,  qual  io  dico,  e  fassi  col  suo  atto. 
Dunque  che  render  puossi  per  ristoro? 

Se  credi  bene  usar  quel  che  hai  offerto, 

Di  mal  tolletto  vuoi  far  buon  lavoro. 

Solo  se  ne  puo  cambiar  la  materia ;  ma  questo  stesso  non  per 
proprio  talento,  bensi  per  sola  autorita  della  Cliiesa. 

Ma  non  trasmuti  carco  alia  sua  spall  a 
Per  suo  arbitrio  alcun,  senza  la  volta 
E  della  chiave  bianca  e  della  gialla  2. 

1  DANTE  Paradiso,  Canto  V.  —  2  Luogo  citato. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  595 

Cio  posto,  come  puo  sostenersi  die  1' abolizione  del  concorso  del 
Municipio  a  quegli  atti  di  culto  non  lede  il  diritto  di  veruno?  Tra  i 
dirilli ,  riconosciuti  dall'  onorevole  Consesso ,  non  ci  sono  anche 
quelli  di  Dio?  E  non  ha  Dio  diritto  all'  osservanza  per  parte  nostra 
delle  promesse,  che  a  lui  facemmo  solennemente  ?  II  voto  ci  obbliga 
verso  Dio  per  debito  non  solo  di  fedelta  ,  ma  eziandio  di  religione ; 
il  mancarvi  e  atto  non  solo  sleale  ma  ancora  sacrilego,  perche  fura 
a  Dio  quella  parte  di  liberta,  che  avevamo  a  Lui  gia  dedicata. 

Di  piu ,  h  sancita  abolizione  lede  altresi  il  diritto  della  Chiesa ; 
giacche  niuno  vorra  negare  che  la  promessa  manifestata  ed  accetla- 
ta  costituisce  vero  contratto.  Ne  vale  larisposla  del  relatore  Caperle, 
che  qnelle  rappresentanze  e  oblazioni  eran  fatte  dal  Municipio  per 
atto  di  culto  e  non  per  vantaggio  d'una  data  chiesa;  imperocche  es- 
sendo  il  culto  divino  Y  opera  precipua,  a  cui  intende  Y  azion  della 
Chiesa,  e  il  fine  principale  della  sua  esistenza,  tutto  cio  che  e  in  fa- 
vore  del  culto,  per  questo  stesso  e  in  favor  della  Chiesa. 

Finalmente  la  sancita  abolizione  lede  il  diritto  de'  cattolici  ammi- 
nistrati;  i  quali  non  possono  non  sentirsi  offesi  dal  veder  perpetrato 
in  loro  nome  un  atto  irreligioso  e  sacrilego,  che  potrebbe  richiama- 
re  sul  capo  dell'intera  citta  quei  flagelli,  pel  cui  allontanamento  si 
erano  fatte  a  Dio  quelle  pubbliche  e  solenni  promesse.  E  chi  sa  che 
i  recenti  disastri,  arrecati  cola  e  in  altre  parti  d' Italia  dalle  stempe- 
rate  piogge  ed  inondazioni ,  non  siano  pena  appunto  di  siffatla  irre- 
ligiosa  condotta  di  questo  e  di  altri  Municipii  italiani  ?  Certo  le  di- 
vine Scritture  ci  mostrano  spesso  puniti  nei  popoli  i  peccati  pubblici 
dei  loro  rappresentanti  e  reggitori.  Cio  e  effetto  della  legge ,  come 
la  dicono,  di  solidarieta  nella  convivenza  umana. 

Quanto  alia  seconda  ragione,  tolta  dal  concetto  di  amministrazio- 
ne  comunale,  a  cui  si  dice  non  esser  commessa  altra  cura  che  quella 
degl'interessi  economici  e  morali;  noi  domanderemo  se  negl'inte- 
ressi  morali  non  entrino  per  avventura  gV  interessi  altresi  religio- 
si.  Certamente  1'ossequio  a  Dio  &  il  supremo  dei  doveri  dell'uomo; 
e  una  morale  che  prescindesse  dal  supremo  dei  doveri ,  non  sa- 
premmo  concepirla.  Oltreche  non  sapremmo  concepirla  anche  per 
un  altro  verso,  in  quanto  1'  idea  di  Dio  e  fondamento  di  tutti  i  dove- 
ri dell'uomo,  non  potendosi  concepire  obbligazione  senza  legge,  no 


596  RIVISTA 

legge  senza  legislator .  Per  questo  stesso  adunque  che  la  pubblica 
amministrazione  dee  dar  opera  a  promuovere  la  morale  nei  popoli, 
dee  dar  opera  a  promuovere  in  essi  1'idea  di  Dio  e  dell'ossequio  che 
gli  e  dovulo.  Or  magnifico  modo  di  promuovere  1'ossequio  dovuto  a 
Dio  :  ricusarsi  a  ogni  atto  di  culto,-  e  negare  perfmo  la  tenue  offerta 
di  poca  cera ! 

Dirassi :  ma  « i  reggitori  del  Comune,  rappresentando  1'universale 
consorzio  dei  ciltadini,  non  devono  far  cosa  che  offenda  la  coscienza 
e  le  opinioni  religiose  di  una  parte,  benche  minima,  degli  ammini- 
slrati  1.  »  E  questa  la  terza  ragione  e  la  precipua,  a  cui  si  appog- 
giarono  gli  bnorevoli  deliberanti,  per  inferirne  che  dunque  fia  me- 
glio  asienersi  da  ogni  manifestazione  religiosa  per  serbare  eguale 
contegno  verso  ogni  culto. 

Al  che  rispondiamo  da  prima  facendo  osservare  la  contraddizione, 
in  che  il  Municipio  si  pone  con  se  medesimo.  Egli  dice  che,  altesa 
la  sua  rappresentanza,  non  dee  far  cosa  che  offenda  la  coscienza  e 
le  opinion!  religiose  di  qualsiasi  parte  dei  cittadini:  e  frattanto  prende 
una  decisione  che  offende  di  fatto  la  coscienza  e  1'  opinione  religiosa 
non  solo  di  una  parte  qualsiasi  di  cittadini ,  ma  della  gran  maggio- 
ranza,  per  non  dire  quasi  lotalila,  dei  medesimi.  I  sinceri  cattolici 
veronesi  credono  colla  santa  Madre  Chiesa  che  il  culto  dovuto  a  Dio 
sia  non  sol  private  ma  pubblico,  e  debba  prestarsi  non  solo  dai  sin- 
goli  cittadini,  ma  dalle  autorita  ancora  che  li  rappresentano.  Essi 
slimano  che  sia  sacrilegio  il  non  atlenere  le  promesse  a  Dio  fatte, 
e  che  la  sola  autorita  ecclesiastica  puo  per  giuste  ragioni  dispensa- 
re  in  tale  bisogna.  Essi  aderiscono  al  Papa,  insegnante  nel  Sillabo  e 
nell'Enciclica  dell'  8  Dicembre,  che  la  separazione  dello  Stato  dalla 
Chiesa  e  la  liberta  de'  culti  e  dottrina  erronea  e  nociva  al  ben  es- 
sere  della  societa.  Or  il  Municipio,  in  qualita  di  rappresentante  di 
quesli  cittadini  cattolici,  opera  e  parla  in  conlraddizione  di  tutto  cio. 
Egli  stanzia  che  il  culto  di  Dio  e  affare  privato,  appartenente  al  solo 
uomo  interiore ,  e-  che  la  pubblica  rappresentanza  civile  devc  al 
tutto  astenersene.  Egli  usurpa  Y autorita  ecclesiastica,  sciogliendosi 
di  proprio  arbitrio  da  obbligazioni,  assunte  per  voto.  Egli  procla- 
ma  la  separazione  dello  Stato  dalla  Chiesa.  e  la  liberta  di  coscien- 
za e  di  culti,  nell'identico  senso  e  colle  medesime  parole,  nelle  quali 


DELIA  STAMPA  ITALUNA  597 

fu  condannata  dal  Pontefice.  Or  non  souo  quest!  atti  contrarii  alia 
coscienza  e  alle  opinioni  del  cattolici?  Son  veramente  curiosi  cotesti 
Signori  nel  loro  scrupoloso  riyuardo  alle  coscienze  1 !  Essi  lemono 
di  offendere  la  coscienza  di  pochi  acattolici ,  se  in  qualita  di  pub- 
blici  rappresenlanti  offrono  poche  libbre  di  cera  per  una  festa  della 
beata  Yergine,  o  accompagnano  la  processione  del  Corpus  Domini; 
e  frattanto  non  temono  di  offendere  la  coscienza  dei  moltissimi  catto- 
lici ,  quando  in  qualita  di  pubblici  rappresentanti  fanno  cose  e  sta- 
biliscono  principii,  che  ad  essa  grandemente  ripugnano !  II  consi- 
gliere  Canossa  giustamente  osscrvo  che  per  questo  stesso  che  il  Mu- 
mcipio  rappresenta  i  ciltadini,  deve  peculiar!  riguardi  alia  religione 
della  maggioranza.  Al  che  il  medico  Caperle  rispose  ,  distinguendo 
tra  diritto  pubblico  e  diritto  privato,  e  soggiungendo  che  la  coscien- 
za, come  appartenente  a  quest' ultimo,  e  hrviolabile.  Questa  risposta 
e  fuor  di  proposito ;  giacche  qui  non  si  tralta  di  toccare  la  coscienza 
di  veruno.  0  forse  crede  il  sig.  Caperle  che  il  Municipio  intervenen- 
do  a  una  sacra  funzione  ,  come  rappresentante  della  maggioranza , 
o,  meglio,  quasi  totalita,  per  cio  stesso  coslringe  i  pochi  membri 
della  rninoranza  a  professare  la  medesima  religione? 

Ma  il  Municipio  deve  usare  egual  traltamento  verso  tulti  i  culti 
de'  suoi  amministrati.  Con  questa  replica,  rispondiamo  noi,  gli  ono- 
revoli  deliberanti  si  pongono  in  contraddizione  con  la  stessa  legge 
fondamentale  del  Regno;  la  quale  dice:  La  religione  cattolica  apo- 
stolica  romana  e  la  sola  religione  dello  Stato;  gli  altri  culti,  ora  esi- 
stenti,  sono  tollerati.  Cosl  sta  scritto  nel  primo  articolo  del  patto 
fondamentale;  il  quale  non  potrebbe  violarsi,  senza  scalzare  le  basi 
stesse  dell'  ordine  presente  in  Italia.  Or  si  elegge  il  bene  ;  si  tolle- 
ra  il  male,  quando  non  puo  schivarsi.  Direstc  voi  per  cio  che  il  male 
viene  agguagliato  al  bene,  e  si  vuole  verso  entrambi  parita  di  trat- 
tamento?  La  pura  tolleranza,  se  esclude  ogni  idea  di  coazione,  esclu- 
de  in  pan  tempo  ogni  idea  di  favore. 

Lo  Stato  in  virtu  di  questa  legge,  fondamento  primo  e  regola  su- 
prema  di  tutte  le^altre,  non  si  dichiara  ateo  o  indifferente ;  esso  an- 

%. 

1  Vedi  pag.  5. 


598  RIVISTA 

zi  dichiara  espressamenle  cli  professare  una  religione,  e  questa  dice 
essere  la  sola  cattolica  apostolica  roraana.  Uniformandosi  dunquc 
allo  Stato  le  minor!  e  subordinate  rappresentanze  dei  cittadini,  ben- 
che  debbano  tollerare  gli  altri  culti,  gia  esistenti ,  tuttavia  non  pos- 
sono  professare  altra  religione  che  la  sola  cattolica  apostolica 
romana.  Or  in  qual  guisa  professeranno  questa  religione  se  s'  ini- 
biscono  perfino  di  fare  una  tenue  offerta  in  occasione  di  pubblica  so- 
lennita,  e  di  assistere  a  una  sacra  funzione  ? 

II  Consiglio  comunale  di  Verona  e  ito  piu  oltre  di  quello,  a  chc 
si  credettero  poter  andare  i  Deputati  piu  increduli  del  Parlamento 
italiano.  Essi  per  owiare  alle  conseguenze,  favorevoli  alia  Chiesa, 
che  scendevano  da  quell' articolo  dello  Statute,  si  sforzarono  d'atte- 
miarne  il  valore,  ma  non  seppero  mai  derivarne  perfetta  egualita 
con  gli  altri  culti.  Ecco  come  la  loro  interpretazione  viene  esposta 
da  un  pubblicista  liberate,  acerrimo  difensore  della  liberta  di  co- 
scienza.  «  La  preminenza  della  religione  cattolica ,  stabilita  dal- 
r  articolo  1.°  dello  Statute ,  non  e  incompatibile  colla  liberta  dei 
culti.  Questo  articolo  non  fu  interpretato  in  altro  senso  ,  che  in 
quello  della  ricognizione  della  preminenza  di  fatto  della  religione 
della  maggioranza,  di  un  omaggio  reso  alia  medesima,  e  dell'obbli- 
go  nel  governo,  quandopartecipaadattireligiosi,  di  parteciparvi  se- 
condo  i  riti  della  religione  stessa.  Tale  interpretazione  Yenne  concor- 
demente  adottata  da  tutti  gli  scrittori  di  Diritto  costituzionale ,  san- 
cita  dalla  giurisprudenza  del  Parlamento,  ed  attuata  ed  esplicata  nel- 
le  leggi  e  negli  atli  governativi,  pubblicati  dallo  Statuto  medesimo  fi- 
BO  a  questi  giorni  1.  »  Per  quanto  arbitrariamente,  contro  la  lettera 
e  lo  spirito  dell' articolo,  qui  si  restringa  la  prerogativa  del  culto  cat- 
tolico ;  tuttawa  se  gli  concede  almeno  social  preminenza,  e  si  nega 
che  i  pubblici  rappresentanti  non  possano  partecipare  ad  atti  religiosi 
del  culto  cattolico  senza  dovere  per  questo  stesso  partecipare  a  quelli 
di  altri  culti;  giacche  lo  Stato,  in  quanto  Stato,  non  ha  altra  religio- 


1  Delia  uguaglianza  civile  e  della  liberta  dei  cnlti,  secondo  il  diritlo 
pubblico  del  regno  d'  Italia.  Esposizione  illustrata  e  docwnentata  dal  cav. 
aw.  I.  RIGNANO.  Livorno  1868,  pag.  49. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  599 

ne  clie  la  sola  Cattolica  apostolica  romana.  Or  la  Giunta  del  Munici- 
pio  di  Verona  fonda  tutta  la  sua  argomentazione  nella  massima  con- 
traria.  Ella,  insistendo  nella  sua  ubbia  di  parila  di  trattamento, 
riprovala  dalla  ragione  non  meno  che  dalla  legge  positiva,  ragiona 
cosi :  «  Ouesta  parita  di  trattamento  puo  raggiungersi  per  due  vie:  ' 
o  col  sussidiare  del  pari  tutti  i  culti  e  coir  onorare  di  rappresen- 
tanza  le  cerimonie  di  ogni  religione  avente  esistenza  giuridica  nel 
paese  ;  owero  coll'attuare  il  principio  di  separazione.  Qua!  partito 
sia  piu  conforine  all'  indole  del  nostro  mandato,  ai  principii  di 
liberta,  allo  spirito  e  dignita  della  religione  stessa ,  lasciamo  giu- 
dicare  al  senno  dell'  onorevole  Consiglio  l.  »  •  E  il  senno  dell'  ono- 
revole  Consiglio  non  vide  che  tra  i  due  proposti  partiti  vi  era  alme- 
110  il  terzo,  deirinterpretazione  cioe  data  all'  articolo  1.°  dello  Statu- 
te dagli  stessi  razionalisti  del  Parlamento ,  desiderosi  nondimeno  di 
serbare  un'  apparenza  di  rispetto  alia  legge  fondamentale  del  nuovo 
Regno.  Rigeltando  anche  una  tale  interpretazione  il  Municipio  di 
Verona  ha  commesso  un  aperto  dispregio  e  una  flagrante  violazione 
di  quell'  arlicolo;  giacche  per  lui  non  resta  piu  senso  alcuno,  co- 
meche  tenuissimo,  in  cui  possa  dirsi  che  la  religione  cattolica  apo- 
stolica romana  sia  la  sola  religione  dello  Stato.  Secondo  il  senno 
dell'  onorevole  Consiglio  bisognerebbe  dire  o  che  lo  Stato  non  pro- 
fessa  veruna  religione,  o  che  le  professa  tutte  egualmente. 

E  tanto  basti  di  questa  relazione,  non  valendo  la  pena  di  fermarci 
negli  altri  erronei  principii  e  false  massime  ,  pronunziate  con  gran 
sussiego  sopra  la  Datura  della  Chiesa,  1'idea  di  liberta,  di  conviven- 
za  civile,  di  rapporto  tra  i  due  poleri ,  di  debito  nei  pubblici  reggi- 
tori  di  seguire  1'  andazzo  del  secolb,  senza  esaminare  se  meni  a  sa- 
lute o  a  rovina. 


1  Pag.  13. 


BIBLIOGRAFIA 


ANANIA  GIAMBATTISTA  —  Elogio  funebre  di  monsignor  Forlunato  Maurizi,  Ve- 
scovo  di  Veroli ;  letto  da  Giambaltista  Anania,  canonico  della  collegiata  in- 
signe  di  S.  Paolo ,  e  professore  di  rettorica  ncl  seminar io  collegio  diocesa- 
no,  nei  solenni  funerali  celebrati  nella  Catledrale  il  28  Settembre  1868. 
Velletri,  tipografia  Colonnesi  1868.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  26: 

La  cilia  di  Veroli  piangera  lungamente  la  per-  quenza,  ma  pieno  di  santi  pensieri,  hello  d'aQetti 

dita  di  monsignore  Forlunalo  Maurizi  suo  Yesrovo.  ingenui,  e  consentaneo  a  quella  verila,  senza  cui 

poc'anzi  defonto  con  universale  dolore.  II  signor  le  lodi  oscurano,  in  luogo  di  rischiarare  la  virtu 

can.  Anania  gli  ha  tessuto  questo  elogio  degna-  dei  iodati. 
mente  ecclesiaslico,   senza  pompa  di  vana  elo- 

ANGELERI  GIOVANNI  —  Psalterium  marianum  seraphici  doctoris  S.  Bonaventu- 
rae,  in  nonorem  Beatissimae  Yirginis,  cura  et  studio  fr.  loannis  Angeleri 
Min.  Conv.  S.  Francisci.  Itomae,  typ.  S.  Congr.  de  Propaganda  fide,  soc. 
eq.  Petro  Marietti  adm.  1868.  Un  vol.  in  8.°  pice,  di  pag.  416. 

I  divoti  del  Salterio  mariano  di  S.  Bonaventu-  tntle  le  fesle  medesime.  L' opera  appare  in  miovo 

ra  troveranno  in   questo   volume    anche  gli  uf-  e  migliore  asselto.  L'edizione  e  nitida,  a  doppia 

ficii  delle  principal!  dodici   fesle  della  B.  Ver-  co'onna  e  di  caralleri  proporzionali  alle  Tiste  or- 

gine,  e  di  piu  un'appendic«  di  inni  per  quasi  dinaric. 

ANONIMO  —  Feldheim,  e  i  suoi  figliuoli.  Racconto.  Bologna,  direzione  delle 
Piccole  kit.  catt.  696,  via  Usberti,  1868.  Un  opusc.  in  32.°  grande  di 
pag.  30. 

—  IESDS.  II  mese  di  Gennaio  consecrate  al  SS.  Nome  di  Gesu.  Seconda  edi- 
zione.  Napoli,  stamperia  e  libreria  di  A.  Festa,  largo  Carrier  a  piccolo, 
n,  3,  5, 6,  rimpetto  la  stazione  cenZra/e!868.  Un  vol.  in  24.°  di  pag.  240. 

—  11  mese  di  Gennaio  consacrato  alia  S.  Infanzia  di  Gesu  Bambino,  con  varie 
altre  pratiche  di  pieta.  Foligno,  tipografia  Tomassini\8b%.  Un  volnmetto 
in  16.°  piccolo  dipag.  128. 

—  II  mese  di  Febbraio  consacrato  a  Maria  Santissima  che  si  assoggetta  alia 
legge  della  Purificazione ;  ossia  divoto  esercizio  di  varie  riflessioni  ed  ora- 
zioni  da  recitarsiin  ciascun  giorno  del  mese  suddetto.  Foligno,  tipografia 
Tomassini  1868.  Un  volnmetto  in  16.°  piccolo  dipag.  142. 

II  lipografo  Tomassini  di  Foligno  ha  impresa  annunziamo.  Gli  allri  siseguirannopuntualmente. 

la  puhbticazione  di  dodici  -volumeUi,  ognuno  dei  II  prezzo  dell'  intera  raccolta  e  di  1.  it.  6,  da  pa- 

quali  contcrrii  le  pratiche  per  la  santiQcazione  di  garsi  in  due  rale,  3  alia  meta  e  3  alia  fine  della 

un  mese  delPanno,  ad  onore  di  qualche  mislero  slampa  dei  TOlumi.  Ogni  volume  separate  costa 

di  N.  S.  G.  C.  o  della  B.  V.  o  di  qualche  Santo,  cent.  70. 
La  collezioncina  e  avviata  con  questi   due  che 


BIBLIOGUAFIA  601 

ANONIMO  —  La  guida  del  buon  fanciullo,  ossia  ricerdi  offerti  alia  giovcntu  cri- 
stiana,  con  appendice.  Bologna,  direzione  delle  Pice.  lett.  catt.  696,  via, 
Usberti,  1868.  Un  opusc.  in  32.°  grande  di  pag.  29. 

-  Le  anime  pie  al  tribunale  della  peuitenza.  II  giusto  sul  lelto  di  morte.  Bold* 
ffna,  direzione  del  periodico  La  fig li a  dell'  Immacolata  1868.  Un  opusc. 
in  32.°  dip ag.  31. 

-  Le  canzoni  profane.  Poche  gocce  cV  assenzio  in  un  vaso  di  miele.  Bologna, 
direzione  del  periodico  la  Figlia  dell'Immacolata  1868.  Un.  opusc.  in  32.° 
dipag.  30. 

Opportune  libretto,  scritto  con  brio  e  con  al-    mani  della  gioventu  popolare,  massime  della  fem- 
Jetlamenti,  il  quale  meriterebbe  di  correre  per  le    mimle,  a  cui  e  iu  piu  speciale  guisa  indirizzato. 

-  Mentana,  satire  par  un  Francois.  Rome,  imprimerie  de  la  Chambre  aposto* 
lique  1.868.  In  8.°  gr.  dipag.  34. 

Noi  noa  ci  arroghiamo  di  giudicare  il  merilo  tana:  tenero  ed  ossequioso  1'omaggio  ch'egli  rende 
lilologico  di  questa  poesia,  seritla  in  lingua  fran-  al  Ponteflce  Re,  alia  sua  causa,  alle  sue  glode. 
cese.  Ma  crediamo  di  poter  asserire  che  e  ricca  I  sensi  deila  sua  politica  tutla  cattolica  e  francese, 
di  nobili  imaiagini,  di  caldo  affetlo  ed  animala  per  rispello  alia  cosi  delta  quistione  romana,  si 
di  uno  spirilo  cavalleresco  e  cristiano,  che  ricorda  compendiano  in  questi  dodici  versi,  che  ci  piace 
i  bei  tempi  del  re  S.  Luigi.  Largo  e  il  tribute  trascrivere.  e  che  i  nostri  leltori  gusteranao.  Ri- 
di  onore  e  di  ammirazione  che  il  poda  offre  alia  vollosi  ai  faziosi  di  tutta  1'Italia,  cosl  egli  li  apo- 
valentia  dell'esercito  pontiQeio  e  dei  guerrieri  di  slrofa: 
.Francia,  alleali  nella  inunorlale  giornata  di  Men- 

Sachez  et  gravez-le  Men  dans  votre  cervelle, 

Vous  ne  I'aurez  jamais  la  Rome  universelle ; 

Jamais  du  Vatican  vous  ne  so^^^tterez  I'  air: 

La  France  ainsi  le  veul:  non  «  jamais...  est-ce  clair?  » 

Mais  c' est  peu  qua  Rouher  I'ait  dit  a  la  tribune: 

Notis  n'avons  qu'un  esprit  et  qu'une  dme  commune 

Devanl  les  ennemis  du  Pape,  sur  ma  foil 

Nous  le  voulons  a  Rome,  et  nous  I'y  voulons  Roi. 

Le  droil  nous  appartient  de  I'en  maintenir  maitre; 

Lui-mime,  il  a  de  Dieu  recu  celui  de  I'dtre; 

Et  de  cetle  doctrine,  eloquent  argument , 

Notre  canon  toujours  se  fera  I' instrument. 

L'opuscolo,  mollo  bene  stampato,  si  vende  una  lira^  presso  i  principali  librai  di  Roma,  a  utile 
del  Denaro  di  S.  Pietro. 

-  Novena  in  sollievo  delle  benedette  anime  del  purgatorio,  compilata  da  un 
sacerdote  algherese.   Torino,  tip.  dell' oratorio  di  S.  Franc,  di  Sales 
1868.  Un  opmc.  in  32.°  di  pag.  32. 

-  Orazioni  in  preparazione  alia  festa  del  patrocinio  di  S.  Giuseppe,  sposo  del- 
la  B.  V.,  proteitore  specialissimo  della  Gongreg.  della  buona  morte,  eretta 
nella  ven.  chiesa  del  Gesu.  Roma,  tip.  della  S.  C.  de  Propaganda  fide, 
amm.  dal  socio  cav.  Pietro  Marietti  1868.  Un  opusc.  in  32.°  di  pag,  30. 

A.  P.  —  Serto  di  fiori,  ossia  raccolta  di  sacri  cantici,  aggiuntovi  il  Vespro  del- 
la  Santissima  Vergine,  il  modo  di  sentire  la  santa  Messa  ed'accostarsi  de- 
gnamente  ai  sacramenti  della  Confessione  e  Comunione,  per  A.  P.  Seconda 
edizione.  Torino  1868,  tip.  Bellardi,  Appiatti  e  Giorsini,  via  Doragros- 
sa,  n.  32,  Un  volumetto  in  32.°  di  pag.  302. 

ARLOTTI  FERDINANDO—  Prolusione  ai  primi  studii  ginnasiali in Cadelbosco  so- 
pra,  per  il  conte  D.  Ferdinando  Arlotti.  fteggio-Emilia,  tip.  Luigi  Bon- 
davalli  e  compagni  1868.  Un  opusc.  in  16.°  piccolo  di  pag.  21. 

Sarebbe  felice  1'Italia,  se  in  tutte  le  sue  scuole    nella  loro  prolusione  uno  specchio  di  studii  ed 
ginnasiali,  i  maestri  potessero  con  verita  esporre    uua  somma  di  insegnamculi  rcligiosi  e  moral), 


602  BIBLIOGRAFIA 

pari  a  quelli  che  sono  contenuti  in  questo  savio    rilano  il  suo  eccellenle  spirito  e  la  lonta  e  ret- 
discorso  del  ch.  sig.  conle  d.  Ferdinando  Arlotti;    titudine  delle  sue  intenzioni. 
al  quale  auguriamo  tanlo  frutto,  quanto  lo  me- 

ATTI  ALESSANDRO  —  II  Cardinale  Duca  cli  York,  Vescovo  della  citta  e  diocesi 
di  Frascati.  Cenni  storici,  del  professore  D.  Alessandro  Atti,  vicario  gene- 
rale  della  stessa  citta  e  diocesi.  Roma  1868,  fratelli  Pallotta  tipograft-edi- 
tori  in  piazza  Colonna.  Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  111. 

AUDISIO  GUGLIELMO  —  Storia  religiosa  e  civile  dei  Papi,  per  Guglielmo  Audi- 
sio,  canonico  di  S.  Pietro  in  Vaticano  e  professore  delDiritto  razionale  delle 
genti  air  universita  della  Sapienza.  Vol.  quarto  e  quinto.  Roma,  stabili- 
mento  tipografico  di  G.  Aureli,  piazza  Borghese  n.  89,  1867-68.  Due  vol. 
inH.°  dipag.m,  416. 


Per  ora  ci  contentiamo  di  annunziare  la  pub-  del  Pontificate  di  Gregorio  XVI.  Speriamo  di  po- 

blicazione  di  questi  due  volumi,  co'  quuli  tutta  lere  con  miglior  agio  renderne  conto  particola- 

1'  opera  del  ch.  Autore  Tiene  conclusa:  giacche  reggiato  ai  lettori. 
conduce  la  sua  storia  dei  Papi  lino  al  termine 

BAZETTI  PIETRO  —  Vedi  Die  de  Saint-Joseph. 

'—  Vedi  Doublet  Vittore. 

—  Vedi  Sainte-  Marie. 

BLOT  —  II  giorno  di  Maria,  del  R.  P.  Blot  d.  C.  d.  G.;  recato  in  italiano  sulla 
decima  edizione  francese  da  un  ecclesiastico  senese.  Bologna,  libreria  del- 
I'lmmacolata  696,  via  Usberti,  1868.  Un  volumetto  in  32.°  dipag.  160. 

BOCCACCIO  GIOVANNI  —  Novelle  di  Giovanni  Boccaccio,  scelteper  nuova  cura, 
e  corredate  di  annotazioni  ad  uso  de'  giovanetti;  coir  aggiunta  della  lettera 
a  Pino  de  Rossi  e  la  descrizione  della  pestilenza,  precedute  dalla  sua  vita 
scritta  da  Matteo  Villani.  Vol.  unico.  Parma,  Pietro  Fiaccadori  1868. 
Un  vol.  in  IS.'  piccolo  dipag.  XIl^S. 

Per  molte  ragioni  lelterarie  e  morali  poco  noi  che  il  presente  volume,  diligentissimamente  pur- 

ainuuno  il  Boccaccio,  e.  meno  i  pedanteschi  suoi  gato  d'ogni  imbralto,  pud  esser  utile  all'uopo  di 

imitatori.  Pur  tuttavia  al  compimenlo  dello  stu-  far  loro  gnstare  i  pregi  di  lingua  e  notare  i  di- 

dio  classico  delta  favella  nostra,  richiedendosi  nei  felti  di  stile,  che  contraddistinguono  il  certaldese 

giovani  piu  maturi  auche  un  po'  di  conoscenza  di  novelliere. 
questo  pericolosissimo  scrittore,  non  puo  negarsi 

BRESCIANI  ANTONIO  -  Opere  del  P.  Antonio  Bresciani  d.  C.  d.  G.  volume  XV: 
Olderico  ovvero  il  zuavo  pontificio,  racconto  del  1860.  L'assedio  d'Ancona, 
frammento.  Roma,  tip.  della  Civilta  Cattolica;  Torino,  Pietro  di  G.  -Ma-* 
rietti  1868.  Un  vol.  in  8.«  gr.  dipag.  384. 

Con  questo  volume,  decimoquinto  della  Colle-  dite,  inedite  affatto,  delle  quali  gia  si  e  princi- 

zione  di  tutte  le  opere  edile  ed  inedite  del  ch.  piata  la  stampa.  Le  associazioni  per  questa  edi- 

p.  Bresciani,  si  e  dato  termine  alia  serie  de'suoi  zione  si  ricevono  presso  i  gerenli  della  Civilla 

Racconti.  Per  compiere  la  Collezione,  restano  an-  Cattolica,  nelle  diverse  citta  d'Halia  e  fuori. 
cora  due  altri  volumi  di  lettere  famigliari  ed  eru- 

CAMAYITTO  D.  L.  —  11  concilio  ecumenico;  dialogo,  per  D.L.  Camavitto.  Bolo- 
gna 696,  via  Usberti,  1868.  Un  opusc.  in  32.°  grande  di  pag.  29. 

La  intimazione  del  Concilio  ecumenico  ,  fatta  mavitto,  e  degno  di  propagazione.  Esso  rischia- 

dal  S.  Padre  Pio  IX,  come  ha  destate  le  collere  rira  gli  spiriti  di  molli  ,  anche  non  isforniti  di 

degli  empii,  cosi  ha  rianimato  lo  zelo  dei  savii  collura,  i  quali  o  per  ignoranza  di  materie  religio- 

cattolici.  Quelli  si  vengono  sfogando  in  bestem-  se,  o  per  leggerezza  di  credulila,  si  formano  false 

mie,  soflsmi  e  menzogne;  questi  si  affaticano  ad  opinioni  ed  erronei  giudizii  intorno  all'argomento 

illumiaare  c<m  la  verita  la  mente  del  volgo.  Op-  del  Concilio. 
porluno  a  tale  scopo  e  il  dialogo  del  sig.  d.  Ca- 


BIBLIOGRAFIA 


693 


sliano  caltolico  ii  modo  di  esercitare  cristianamen- 
te  la  carilk  vera  crisliana.  Ed  il  fa  con  sodczza 
di  doltrina  e  piacevolezza  di  stile  niente  triviale. 
Ad  ogni  capiloio  e  aggiunto  un  esempio  storico, 
tratlo  da  buone  fonti.  La  condotta  poi  degli  ar- 
gomenti  e  tale,  che  si  accomoda  all'uomo  colto  e 
si  fa  inlendere  dal  popolare.  Percio  1'oltimo  Au- 
tore  pud  esser  lieto  di  aver  coiuposlo  uu  libro 
buono  per  tulli,  e  merilevole  di  trovar  posto  fra 
gli  scaffali'  di  ogni  famiglia  cristiana. 


CHIARINI  GIUSEPPE  —  II  cristiano  istruito  nelPopere  della  misericordia;  lezioni 
popolari,  per  Giuseppe  Ghiarini,  prete  dell1  Oratorio.  Brescia  1$$$,  tip.  del 
Pio  Istituto  in  S.  Barnaba.  Un  vol.  16.°  piccolo  di  pag.  247. 

«  Cio  che  mi  fece  por  mano  a  questo  piccolo 
lavoro,  scrive  1'Autore  nel  suo  proemio,  e  1'egoi- 
smo  schifoso  dei  nostri  giorni,  che  si  copre  coi 
paroloni  di  fiXmtropia,  d'umanila,  di  fratellanza. 
II  bel  progresso  che  veramente  si  svolge  nel  vi- 
vere  sociale  I  Tulti  fan  gli  spasimanti  del  bene 
comune,  e  tutti  a  vicendas'  levano  la  pelle.  Quan- 
do  odi  amor  di  palria,  intendi  amor  di  borsa: 
quando  senli  fralello,  intendi  nemico.  Oolla  fede 
e  scomparsa  la  carita.  »  Questo  libro  adunque  del 
p.  Chiarini  ha  per  vero  scopo  d'insegnare  al  cri- 

CROLLALANZA  G.  B.  —  Storia  del  contado  di  Chiavenna;  scritla  dal  cav.  G.  B. 
Crollalanza,  membro  di  prima  classe  dell'  Istituto  storico  di  Francia.  Fasci- 
coloX.  Milano,  presso  Serafino  Muggiani  e  comp.librai-editorilWS. 
Un  fasc.  in  8.c  da  pag.  423  a  pag.  470. 

DA  PORTO  MAURIZIO  S.  LEON^DO  —  Opere  complete  di  S.  Leonardo  da  Porto 
Maurizio,  missionario  apostolico,  minore  riformato  del  ritiro  di  S.  Bona- 
ventura  in  Roma;  riprodotte  con  alcuni  scritti  inediti,  in  occasione  della  sua 
canonizzazione,  per  curadeiPP.  Minori  Riformali,  del  ritiro  deirincontro 
presso  Firenze,  fondato  dal  suddetto  Santo.  Vol.  I,  II  e  III.  Venezia,  tipo- 
grafia  Emiliana  1868.  Tre  vol.  in  8.°  di  pag.  XII-476,  472,  462. 

£  notissimo  1'intrinseco  merito  di  dottrina  sanla 
ed  apostoliea,  e  di  unzioue  per  cui  le  Opere  di 
S.  Leonardo  da  Porto  Maurizio  vanno  pregiate. 
Tanto  i  fedeli,  per  pascolo  di  lor  private  ammae- 
slramento,  come  i  minislri  di  Dio,  per  alimento 
della  predicazione,  le  hanno  sperimentate  giove- 
voli  sopra  modo.  Per  lo  che  non  dubitiamo  ehe 
questa  nuova  cdizione  debba  essere  accolta  in  Ita- 
lia con  gradimcnto,  massime  dal  Clero.  Essa, 
come  si  avverte  nel  proemio  al  primo  volume, 

D'  AQUINO  S.  TOMMASO  —  Sancti  Thomae  Aquinatis  doctoris  angelici  Ordinis 
Praedicatorum;  opera  omnia  ad  fidem  optimarum  editionum  accurate  reco- 
gnita.  Tomus  vigesimus  tertius.  Opuscula  varia  tomus  II,  fasc.  IV,  V  et 
VI.  Parmae,  ex  typographeo  Petri  Fiaccadori  MDCCCLXVIII.  Tre  fasc. 
in  4.°  da  pag.  273  a  pag.  511. 

DE  BEAUREPAIRE  L.  —  Girolamo  il  trombettiere.  Episodic  della  guerra  di  Ca- 
talogna,  per  L.  De  Beaurepaire.  Traduzione  dal  francese.  Bologna,  presso 
I'  uffizio  del  Messaggere  1868.  Un  volumetto  in  16. e  piccolo  di  pag.  222. 


sara  corredata  di  molti  inediti  document!.  Com- 
prendera  poi  soli  quattro  volumi,  formanti  in  com- 
plesso  cirra  120  fogli  di  16  pagine.  II  prezzo  di 
ciascun  volume  e  di  lire  it.  4.  Chi  ne  prendera 
dodici  copie,  avra  la  decimaterza  graluita.  La 
carta  e  buona,  i  tipi  sono  nitidi.  Quesla  pare  a 
noi  un'edizione  che  da  se  si  raccomandi.  Le  as- 
sociazioni  si  prendono  in  Venezia  e  in  tulle  le 
altre  citta  d' Italia  dai  principali  iibrai. 


Altre  volte  abbiamo  espresso  modestamente  il 
parere  noslro,  circa  il  gran  tradurre  e  stampare 
che  si  fa  in  Italia,  ancbe  dai  buoni  e  cattolici, 
racconti  e  romanzi  foreslieri,  benche  oltimi  di 
spirito  e  di  morale.  Pensiamo  che,  per  ulile  delle 
lettere  e  diremo  in  genere  dell'italianita  vera, 
sarebbero  da  preferire  lavori  originalmente  no- 
strali:  tanto  piu  che  in  Italia  non  mancano  ne 
gi'  ingegni  ne  le  penne  idonce  a  quest'  uopo. 
Ma  essendovi  non  poche  difflcolla  a  procurarsene 


in  quella  copia  che  occorre,  massime  alle  colle- 
zioni  periodiche,  converrebbe  almeno  che  la  scelta 
dei  forestieri  da  italianizzare  fosse  accuralissima. 
La  biblioteca  del  Messaggere,  nei  due  anni  da 
che  e  fondata,  e  stata  felice  in  questa  scelta,  e 
cerlo  non  infellce  anco  nella  clezione  dei  tradut- 
tori.  Ci  sia  pero  lecilo  di  fare  un'eccezione  per 
queslo  del  sig.  De  Beaurepaire.  In  esso,  forse  per 
amore  nazionale  esagerato,  si  commetle  la  ingiu- 
stizia  di  rappresentare  come  briganli  ed  assassin! 


604  BIBLIOGRAFIA 

gli  Spagnuoli,  die,  nella  lerribile  guerra  soste-  guerreggiavano  il  nemico  per  bande,  con  sor- 

nuta  contro  il  primo  Impero  francese,  difesero  prese  e  crudelta.  Combatlevano  come  polevano: 

la  religione  loro,  il  He  loro  e  la  loro  patria,  ini-  ed  ogni  animo  spassionato,  in  ragion  di  dirilto, 

quamente  assalite  per  ansia  di  conquista:  ed  in-  anteporra  scmpre  il  coilello  iberico,  adoperato  in 

vcce  si  tributano  lodi  continue  di  bravura  e  di  difesa  di  una  causa  giusta,  alia  spada  galiica, 

eroicita  alia  parte  assalilrice.  Qaesto  e  un  falso  usala  allora  in  soslegno  di  una  manifesta  usur- 

procedimento.  No  vale  il  dire  die  gli  Spagnuoli  pazione. 

DEGGIOVANNI  RlWlDO  —  Panegirico  del  sacro  Cuor  di  Gesii,  detto  nella  chie- 
sa  della  nobilissima  Archiconfraternita  del  medesimo  Cuore ;  per  il  cano- 
nico  Rinaldo  Deggiovanni,  missionario  apostolico  e  priore  dell'arcispedale 
della  Consolazione.  Roma,coi  tipi  della  CiviltaCattolical8§8.  Un  opusc. 
in  8."  dipag.  16. 

DELESSERT  BENIAMINO  E  DE  GERANDO  —  La  morale  in  azione,  ossia  esempti  rac- 
colti  per  cura  di  Beniamino  Delessert  e  del  barone  De  Gerando ;  illustrati 
con  disegni  di  Giulio  David,  intercalati  nel  testo  ed  intagliati  in  legno  da 
Chevin.  Traduzione  italiana  di  Emmanuele  Rocco.  Napoli,  stabilimento  ti~ 
pografico  del  commend.  G.  Nobile,  via  salata  ai  ventaglieri  n.  14, 1868. 
Un  vol.  in  16.°  di  pag.  Xl-307. 

11  libro  e  i  disegni  non  hanno  cosa  die  sia  vendibili  dal  Nobile ,  siccome  tale  che  contiene 

riprensibile.  Ma,  prima  di  farlo  girare  nclle  fa-  annunzii  indegni  d'essere  conosciuti  dalla  gio- 

miglie,  converrebbe  che,  dopo  1'indice,  si  stac-  vcntu  ben  costumata  e  dalle  persone  pudiche  e 

casse  dal  volume  il  catalogo  annessovi  delle  opere  gelose  della  fede  cattolica. 

DE-NICOLA  LUIGI  —  Orazione  letta  nella  parrocchiale  collegiata  di  Masserano 
dal  canonico  rettoreevic.  for.  De-Nicola  Luigi,  quando  il  6  Agosto  1868 
il  consorte  marchese  e  la  figlia  superstite,  con  solenni  esequie  di  trigesima 
pregavano  pace  alFanima  deirillustrissima  raarcliese  Felicita  Berzetti  Bu- 
ronzo  di  Murazzano,  nataMarchesa  Fassati  di  Balzola  e  Coniolo.  Vercelli 
1868,  tipogr.  e  litogr.  Guidetli  Perotti,  gia  De-Guadenzi.  Un  opusc.  in 
8."  dipag  AS. 

Questa  orazione  ci  pare  uscir  dal  comune,  per  le  virlu  s\  esemplari  della  marchcsa  di  Muraz- 
la  eloquenza  dello  stile,  per  la  nobile  gravitk  dei  zano  avrebber  poiuto  trovare  un  encomiatore  piu 
pensieri  e  per  la  sua  bella  condotta.  Diilicilmente  degno. 

DE  R1CHECOUR  A.  —  Un  Eveque  de  Geneve  a  Geneve.  Lettre  a  M.  le  conseiller 
d'etat  Richard;  par  A.  DeRichecour,  docteur  en  droit,  avocat  a  la  cour 
imperiale  de  Paris,  redacteur  au  journal  des  fabriques  et  au  journal  des 
communes.  Geneve,  impremerie  Pfeffer  et  Pukes,  rue  du  Mont-Blanc., 
SeptembrelSffi.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  51. 

DE  SANCTIS  MICHELE  —  Elogio  funebre  di  Federico  Gregoretti.  Roma,  lipo- 
grafia  di  Bernardo  Morini  1868.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  12. 

DE  VIT  VINCENZO  —  Totius  latinitatis  lexicon,  opera  et  studio  Aegidii  Forcel- 
lini,  seminarii  patavini  alumni,  lucubratum  et  in  hac  editione  novo  ordine 
digestum,  amplissime  auctum  atque  emendatum,adiecto  msuper,  altera  qua- 
si parte,  onomastico  totius  latinitatis ;  cura  et  studio  Doct.  Vincentii  De- 
Vitolim  alumni  ac  professoris  eiusdem  seminarii.  Tomi  III  etlV.  Distribu- 
tio  XXXI.  Livido-Mamater.  Prati,  apud  Alberghettum  et  Soc.  in  typogra- 
phic Aldina  MDCCCLXVHI.  Un  fasc.  in  4.°  grande  da  pag.  785  a  pag. 
^  830  del  vol.  Ill,  di  pag.  32  del  vol.  IV. 

DIE  DE  SAINT  JOSEPH  —  Maria,  ovvero  la  virtu  felice  d'  ignorar  se  stesso.  Rac- 
conto  della  S.»  Die  de  Saint-Joseph,  versione  del  sac.  Pietro  Bazetti.  Bo- 


BIBLIOGRAFIA 


605 


logna,  tipografia  Felsinea  696,  via  Usberti,  1868.  Un  volumetto  in  32.' 
grandedi  pay.  258. 


Quel  zelantissinio  cattolico  die  c  il  ch.  signer 
dollore  Giovanni  Acquaderni,  propagatore  inde- 
fesso  di  buoni  giornali  e  di  buoni  libri  religiosi, 
tra  le  altre  collezioni  che  ha  avviale,  c  venulo 
pure  in  pensiero  di  avviarnc  una  col  titolo  di 
Serto  di  dodici  racconti,  stampati  in  edizion- 
cine  di  garbo,  legati  alia  bodoniana,  e  tali  che 
possano  facilmente  correre  per  le  mani  di  lutte 
le  persone.  Queslo  e  il  primo  di  detlo  serto,  il 
quale  sembra  debba  comporsi  di  racconti  scrilti 
da  callolici  aulori  francesi,  ed  italianizzati  dai 
sig.  D.  Pielro  Bazelti ,  che  ha  molta  faeilita  di 
stile.  In  difetto  di  altri  racconti  originalmente 
nostrali,  certo  questo  c  assai  meglio  che  nulla, 
attesa  la  generate  avidit*  di  leggere,  e  di  leg- 


gere  cose  atteuentisi  al  romanzo.  Giacche  (ante 
penne  italiane  si  logorano  a  tradurre  barbara- 
mente  luridi  od  empii  romanzi  stranieri,  e  tanti 
tipi  s'impiegano  a  moltiplicarne  le  copie,  e  utile 
che  altre  penne  si  adoperino  a  tradurne  conve- 
nientemente  altri  onesti  e  cristiani,  e  che  allri 
lipi  ne  accrescano  gli  esemplari.  E  sempre  un 
opporre  contravveleno  a  veleno. 

11  presente  Serto  si  distendera  a  due  anni.  0$ni 
due  mesi  uscira  un  volume.  II  prezzo  di  asso- 
ciazione  e  di  lire  4  1'anno.  1  YOlumi,  dentro  il 
Regno  d'llalia,  saranno  spediti  franchi  per  posla. 
Siccome  i  medesinai  racconti  si  pubblicherano  nella 
Biblioteca  delle  famiglie  italiane,  cosi  gli  as- 
sociati  a  questa  li  avranno  uella  sua  collezione. 


DOUBLET  VITTORE  —  Amalia  Cors'mi,  ossia  T  orfanella  di  Siena;  racconto  di 
Vittore  Doublet,  versione  del  sacerdote  Pietro  Bazetti.  Bologna,  libreria 
dell' Immacolata  606,  via  Usberti,  1868.  Un  volumetto  in  32.°  grande  di 
pag.  267. 

E.G.  —  La  scuola  di  Maria  alle  giovanette  cristiane.  Operetta  dedicata  spe- 
cialmente  alle  figlie  dell' Immacolata  da  E.  G.  figlia  di  Maria  (fella  Pia  Unio- 
ne  di  Lucca,  coiraggiunta  dlvaiii  esercizii  di  pieta  ed  oraziom.  Milano,  ti- 
pografia e  libreria  artivescovile,  Ditta  Boniardi-Pogliani  di  Ermen.  Be- 
sozzi  MDCCCLXVIIL  Un  volumetto  in  32.°  grande  di  pag.  286. 


Di  operette  che  guidino  le  donzelle  cristiane 
per  1'arduo  sentiero  delta  virtu  e  della  pieta  cat- 
tolica,  non  paliamo  difetlo,  e  vero.  Ma  non  di 
meno  pensiamo  che  sia  cosa  da  rallegrarsene  il 
Tedere  come  queste  si  moltiplichino,  e  general- 
mente  <con  lode  di  buona  dottrina,  di  prudenza 
ed  ancora  di  garbo  letterario.  Di  queste  doli  e 


fornito  il  libro  che  qui  annunziamo,  nel  quale  la 
savia  Autrice  fa  parlare  Maria,  e  le  pone  in  bocca 
sanlissimi  document!,  che  cerlo  si  addicono  a  co- 
lei  che  e  Madre  della  sapienza.  E  quindi  impos- 
sibile  che  una  giovinelta,  dall'  attcnta  lettura  di 
esso,  non  ritragga  vantaggio  di  lumi  e  di  stimoli 
pel  proprio  interno  ed  eslerno  miglioramento. 


ETTORI  ANTONIO  —  L'  Atmosfera.  Traduzione  dal  francese  di  Antonio  Ettori 
d.  S.  P.,  con  note  ed  aggiunte.  Firense  a  spese  dell'  edilore,  1868.  Un  vol. 
in  16."  di  pag.  255. 

ed  alia  religione  cattolica.  11  p.  Ettori  veramente 
ha  trovato  il  modo  di  sanliflcare  la  scienza  na- 
turale,  e  di  farla  servire  ai  fini  sublimi  inlesi  dal 
Crealore  e  Redentor  nostro.  Adunque  noi  credia- 
mo  che  tulti  i  zelanti  della  buona  islruzione  ac- 
coppiala  con  la  purita  della  fede,  dovrebbero 
promo  vere  la  ditlusione  di  queslo  bello  e  caro  ». 
libro,  nelle  scuole,  nei  collegi ,  nelle  famiglie, 
nelle  biblioleche  popolari;  e  preferirlo  d' assai  a 
(anli  altri  libri  simili  pel  soggelto,  ma  a  queslo 
dissimilissimi  pel  valore  scientifico,  morale  e  re- 
ligioso,  e  sopra  tullo  pel  fine  a  cui  inirano,  che 
e  il  pervertimento  delle  anime  sotto  colore  d'in- 
civilimento. 


Libro  assai  bene  accomodato  e  questo  si  alia 
gioventu  d'ambo  i  sessi  che,  senza  dedicarsi  di 
proposilo  agli  studii  atmosferici  e  meteorologici, 
brama  per  altro  conoscerne  scientificamente  i 
principal!  fenomeni,  e  si  ancora  alle  persone 
adulte  che  di  queste  materie  desiderino  istruirsi. 
£e  il  ch.  p.  Ettori  non  lo  avvertisse,  appena  si 
sospetterebbe  che  queslo  trattato  sia  vollo  dal 
francese;  tanto  e  scritto  con  naluralezza  e  pro- 
priela  di  linguaggio.  Ma  ollreche  la  traduzione 
e  libera,  il  testo  poi  e  arricchito  di  note,  e  tulto 
il  lavoro  e  seguito  da  un'appendice,  frulto  delle 
particolari  fatiche  dell'Autore.  11  quale  non  ha  in- 
tralasciato  nessuna  occasione  di  farsi  scala  della 
natura  e  detle  sue  meraviglie,  per  salire  a  Dio 


F.  P.  —  Novena  devota  in  preparazione  alia  festa  di  san  Luigi  Gonzaga,  propo- 
sta  alia  gioventu  dal  sacerdote  F.  P.  Capodistria,  coi  tipi  di  Giuseppe 
Tondelli  1864.  Un  opusc.  in  32.'  dipag.  32. 


606  BIBLIOGRAFIA 

FRANCESCHI  ENRICO  —  Cilta  e  campagna.  Dialoglai  di  lingua  parlata,  dell'  av- 
vocato  Enrico  Franceschi.  Torino,  litografia  e  libreria  editrice  di  En- 
rico Moreno,  via  del  soccorso,  n.  15,  1868.  Un  vol.  in  16."  di  pag.  264. 

Ai  non  toscani  sludiosi  del  buon  linguaggio  Firenze.  Si  disputi  quanlo  place:  ma  chi  abbia  ua 

della  Toscana,  noi  raccomandiamo  questi  graziosi  senlore  anche  solo  di  buon  gusto,  e  impossibile 

e  Tispi  dialoghelti  del  Franceschi.  In  essi  tutto  che  legga  cose  tanto  ben  delte,  e  non  esclami 

e  flor  di  onesta  ed  oro  di  schielta  parlata,  quale  tra  se:  —  Questo  e  il  piu  bel  parlare  d'ltalia ! 
^corre  oggidi  in  quel  gentile  paese,  massime  in 

GALLI  BENEDETTO  —  Saggio  del  nuovo  quaresimale  dell'  abate  Benedetto  G'alli 
da  Pisa.  Torino,  tipografia  del  Giornale  11  Conte  Cavour,  via  Alfieri 
n.  3.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  29. 

L'abate  Benedetto  Galli  da  Pisa,  professore  di  ducono  ad  obbligarsi  di  fornire  lire  it.  2,  SO  per 

sacra  eloquenza,  rendendosi  alle  istanze  di  molti  ciascuno  dei  due  volumi  che  il  Quaresimale  com- 

anche  illustri  suoi  benevoli  ed  uinici,  ha  consen-  prendera.  Slccome  si  dara  principio  alia  stampa 

tito  che  ii  suo  Quaresimale'  sia  dato  alle  stampe.  allora  solo  che  si  sia  raccolto  un  numero  di  tirme, 

Egli  ne  ha  recitate  le  prediche  piu  volte  in  Ho-  sufficiente  a  coprire  le  spese,  cost  gli  associati 

ma,  poi  nel  Duomo  di  Firenze,  poi  in  Torino  ed  non  saranno  tenuli  a  pagare,  se  non  dopo  il  ri- 

in  parecchie  minor!  cilia  d'ltalia.  Per  saggio,  cevimento  dei  volumi.  I  patti  ci  paiono  buoni, 

1'editore  pubblica  in  questo  opuscolo  la  predica  e  1'opera  meritevole  di   essere  favorita,  pe'  suoi 

dei  libri  cattivi  ed  il  panegirico  dell'Annunziata,  pregi  e  per  1'utile  che  se  ne  pud  trarre. 
insieme  coi  palti  dell'associazione,  i  quali  si  ri- 

GANBOLFI  FRANCESCO  —  Epistola  pastoralis  ad  clerum  et  populum  universuni 
Corneti  etCentumcellarum.  Romac,  ex  typogr.  Contedini  MDCCCLXV1I1. 
Un  opusc.  in  4.°  di  pag.  XVI. 

GRASSI  MAR.  —  Delle  societa  dei  Salvatori  in  Francia.  Breve  illustrazione,  di- 
retta  a  promuoverne  la  fondazione  in  Italia,  per  Mar.  Grassi.  Catania,  sta- 
Ulimento  tipografico  di  C.  Galatola  nel  R.  Ospizio  di  Reneficenza  1868. 
Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  18. 

La  societa  dei  Salvatori  in  Francia  e  una  riu-  so  ii  raccomandarla  all'Italia,  col  fervore  che  usa 

nione  d'uomini   d'ogni  grado  e  condizione,  che  il  sig.  Mar.  Grassi.  Ma  i  tempi  sembrano  poco 

ha  per  fine  di  salvare  il  prossimo  nei  pericoli,  propizii.  Conciossiache  ora  nella  Penisola  tutte  le 

massime  di  naufragio  e  d'incendio.  Siccome  non  associazioni  un  po'  clamorose,  se   non  hanno  la 

ha  carattere  di  societa  secreta,  ed  e  fornita  di  Massoneria  per  sostegno,  facilmente  sono  disciolte 

cappellani  e  professa  pubblicamente  il  culio  cat-  dalla  forza  e  dall'astuzia  del  Governo,  o  dai  tu- 

tolico,  ed  annovera  tra  i  suoi  membri  principali  multi  delle  piazze. 
anche  i  Vescovi;  cosi  ci  pare  che  sia  vantaggio- 

LONGO  AGATINO  —  Indice  generate  delle  opere  inedite  del  cav.  Agatino  Longo, 
professore  emerito  dell'  universita  degli  studii  di  Catania,  ecc.  ecc.  Secon- 
da  edizlone  riveduta  e  corretta.  Catania,  stabilimento  tipografico  Caron- 
da  Settembre  1868.  Un  opusc.  in  4.°  di  pag.  55. 

Basta  la  semplice  lettura  di  questo  copioso  in-    e  della  quasi  prodigiosa  fecondila  e  versatilita 
dice,  per  farsi  un  concetto  dello  smisurato  studio,    dell'  ingegno  del  chiarissimo  cav.  Longo. 

fflANSI  FERDINANBO  —  Lamia  patria  Ravello,  per  monsignor  Ferdinando  Mansi. 
Roma  1868.  Un  opusc.  in  8.°  di.pag.  15. 

L'amor  patrio,  del  quale  il  ch.  Prelate  si  mo-  della  morale  naturale ,  e  molto  piu  dalla  carita 

stra  caldo  in  quest'  opuscolo,  non  e  quello  di  cui  seprannaturale.  Monsignore  esprime  i  suoi  affetti 

ai  nostri  giorni  si  mena  tanto  rutnore,  'e  che  in  con  poesie  di  varii  metri  e  di  varie  lingue,  anti- 

realta  e  nero  tradimento  e  sozzo  egoismo;  ma  si  che  e  moderne,  nolle  quali  e  perito,  come  lo  di- 

quell'altro  che  viene  ispirato  da'  diritti  principii  mostra  questo  saggio. 

MANTOVANI  PAOLO  —  Descrizione  mlneraloglca  dei  vulcani  laziali,  per  Paolo 
Mantovani,  membro  della  societa  geologica  di  Francia,  corrispondente  del- 


BIBLIOGRAFIA 


607 


la  societa  di  scienze  naturali  della  Roclielle  ecc.ecc.  ecc.  Roma  1868,  sta- 
Ulimento  tipografico  di  Giuseppe  Via,  Cor  so  387.  Un  opusc.  in  8.°  di 
pag.  31. 


Quest'opuscolo,  ollre  agli  altri  pregi,  ne  ha  per 
noi  uno  di  gran  valore;  ed  e  quello  di  mellere 
meglio  iu  lace  la  sublime  ignoranza  di  que'oolali, 
che  sono  sempre  sul  calunniare  questo  Governo 
e  questo  popolo  di  Roma,  come  se  niun  profitto 
sapessero  trarre  per  1'  industria,  da  uu  suolo  che 
essi  suppongono  ricchissimo  e  riboccante  di  te- 
sori.  II  sig.  Mantovani  fa  vedere,  che,  nella  cer- 
chia  almeno  dei  vuleani  laziali ,  uulla  potrebbe 
trovare  1'  industria  di  che  avvalersi,  tranne  una 
eerta  quanlita  di  ferro,  che  certo  non  va  ne- 
glelta.  Infatti  egli  mette  in  sodo  che  pochissimo, 
o  per  meglio  dire,  nulla  vi  si  trova  di  mine- 
rali  combustibili,  Iranne  qualche  lenuissimo  pro- 
dotto  sulfureo.  Scarsissime  vi  sono  le  terre,  ne 
Ti  si  trovano  la  potassa,  1'alluinina,  labarite,  la 
soda.  Abbonda  la  calce;  e  di  questa  descrive  il 
Mantovani  le  varie  forme,  derivando  dalle  sue 


giaciture  Torigine  e  1'epoca  dei  cristalli  di  calce 
carbonata,  dolomite,  arragonite  ed  apatite.  So- 
vrabbondano  i  silicati  e  gli  alluminali;  ma  puo 
dirsi  che  appena  si  trova  suolo  piu  povero  di 
metalli,  poiche  tutto  riducesi  al  ferro.  II  solfato 
di  ferro  o  vivianite  abbonda  nei  peperinj  di  Al- 
bano  o  di  Marino;  piu  scarso  assai  s'incontra  il 
ferro  murialo  nella  lava  basaltina  del  cratere 
Albano;  ma  in  maggior  copia  il  ferro  ossidulato 
titanoQco,  massime  nul  tufo  di  Frascaii  e  nei  pe- 
perino  di  Albano. 

Facciamo  plauso  di  cuore  al  sig.  Manlovani  au- 
gurandogli  che,  col  proseguire  le  sue  indagini, 
egli  debba  riuscire  a  qualche  seoperla,  la  quale, 
oltre  all'arricchire  la  scienza  di  utili  nozioni,  debba 
avere  per  risultato  alcuna  di  quelle  applicazioni 
pratiche,  onde  sono  talvolta  coronati  quest!  studii 
si  aridi  e  laboriosi. 


MANZO  LU1GI  —  Dizionario  di  nomenclatura  domestica  napoletana  e  toscana, 
per  cura  del  sac.  Luigi  Manzo,  quarta  edizione.  Parte  prima.  Napoli,  tipo- 
grafia di  Vincenzo  Marchese,  Largo  Donnaregina  n.  20  e  21,  1867.  Un 
opusc.  in  16.°  dipag.  64.  Parte  seconda  di  pag.  24. 

Le  quattro  edizioni  fattesi  di  questo  piccolo  di-  larmente  delle  scuole  ancor  popolari,  ben  e  certo 

zionario  moslrano  sufflcientemente,  che  in  Napoli  che  presto  la  buona  lingua  diffonderebbesi  alia 

comincia  lo  studio  della  buona  loscanila  a  preu-  gagliarda.  1  recent!  lavori  poi  di  alcuni  fiiologi 

dere  voga.  Se  altrove  in  Sicilia,  nei  Piemonte,  toscani  assai  conosciuli,  pare  a  noi  che  rende- 

nella  Lombardia,  nei  Venelo  si  compilassero  li-  rebbero  men  difficile  la  compilazione  di  tali  vo- 

breltl  manual!  di  questo  genere,  per  uso  partico-  cabolarielti. 

MARIGLIANO  ANTONIO  M.  —  II  mese  dei  morti,  ossia  meditazioni  per  ciascun 
giorno  di  Novembre,  in  suffragio  delle  anime  penanti,  per  Antonio  M.  Mari* 
gliano  S.  Napoli,  direzione  delle  Letture  Cattoliche,  via  S.  Gio.  Maggio-* 
re  Pignatelli  34, 1868.  Un  wlumetto  in  32.°  dipag.  160. 

MASETTI  PIO  TOMMASO  — -  Lettere  edificanti,  scritte  dai  Frati  Predicatori  mar- 
tirizzati  nei  Giappone,  ed  inseriti  nei  catalogo  de1  Beati  dal  regnante  sommo 
Pontefice  Pio  IX ;  raccolte  e  pubblicate  per  fare  seguito  al  commentario  isto- 
rico,  giaedito  di  loro  vita  e  martirio.  Roma,  tipografia  di  Bernardo  Mo- 
nwl868.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  Y///-115. 


Quasi  appendiee  al  oommentario  storico  dei  no- 
Telli  BB.  Martiri  giapponesi  dell'Ordine  de' Pre- 
dicatori, ehe  il  ch.  p.  Maselti  ha  poc'anzi  divul- 
gato,  si  possono  considerare  le  58  lettere  di  varii 
Ira  i  medesimi  Beati,  che  il  presente  volume  rac- 


chiude.  Sono  lettere  di  anime  apostoliche,  da  Dio 
predestinate  a  glorioso  martirio:  e  cio  basla  per 
loro  elogio.  Ma  possiumo  aggiungere  ehe  parec- 
eliie,  oltre  redilicazione,  fruttauo  eziandio  dilelto 
ed  erudizione. 


MAZZONI  E  FRANCHI  —  Biblioteca  di  sacri  oratori  moderni,  italiani  e  stranieri, 
pubbllcati  e  tradotti  da  Baldassarre  Mazzoni  e  Leopoldo  Franchi,  canonic! 
della  cattedrale  di  Prato.  Serie  Prima,  volume  VI.  Prato,  tipografia  di  Ra- 
nieri  Guasti,  1868.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  311. 

Ventitre,  tra  panegirici,  discorsi  e  spiegazioni  del  Gli  oratori  piu  illustri,  de'  quali  contiene  scritti, 
Vangelo,  comprende  questo  volume,  il  quale  pro-  sono  il  Targioni,  PAlirnonda,  il  Giorgi,  il  Ven- 
cede  in  tutto  conforme  ai  suoi  cinque  antecedent!,  tura.,  il  Faber. 


608  BIBLIOGMFIA 

MEL4NDRI  GIUSEPPE  —  Una  preglilera  a  Maria  Santissima  pel  sommo  Ponlefico 
romano,  ricavata  dauno  scrittore  greco,  e  commentata  dal  p.  Giuseppe 
Melandri  d.  G,  d.  G.  Torino,  Pietro  di  G.  Marietti  tipografo  ponlificio 
1868.  Un  opuscoletto  in  16.°  dipag.  22. 

Tulta  opporluna  alle  presenti  condizioni  della  tolico  di  due  secoli  addietro.  Quello  che  il  sopra 

Chiesa  e  del  Pontificate  romano  e  la  bellissima  c  lodato  Padre  vi  aggiunge  del  suo  souo  alcuni  brevi 

breve  preghiera  a  Maria  Sanlissima,  pel  sommo  ma  dotli  e  pii  comment!  a  ciascun  litolo,  sotto 

Pontefice,  che  il  ch.  P.  Melandri  ha  ricavato  dalle  cui  I'aulore  della  Preghiera  invoca  la  Yergine. 
opere  di  Demetrio  Fepano,  scriltore  greco  cat- 

MOLTEDO  TRANQUILLINO  —  Goralium  Balieuticon ,  Tranquillini  Moltedo  bar- 
nabitae.  Neapoli,  ex  officina  Dominici  Morano  an,  MDCCCLXVIH.  Un 
opusc.  in  8.°  grande  di  pag.  29. 

II  chiaro  Padre  Moltedo  ci  ha  futlo  guslare  con  mi  didascalici.  L'argomento  che  Iratta  e  la  Pesca 

questo  suo  poemello  un  sapore  di  poesia  latina,  de'  Coralli :  e  la  sua  lode  principale  consiste  nella 

die  a  ricordare  il  somiglianle  siam  dovuli  ricor-  rara  abilita  di  esprimere,  con  forme  assai  eleganti, 

rere   col   pensiero   ai   piu  valorosi  latinisti  del  concetti  molto  difflcili  a  rilraire. 
cinquecento  e  del  secolo  passalo  in  opera  di  poe- 

MONTI  GIAMBATTISTA  —  loannis  Baptistae  Montii  inscriptiones.  Fermo,  dalla 
tipografia  Backer  1865.  Un  opusc.  in  8.°  dipag.  12. 

Sono  epigrafl,  scritte  in  buon  latino  e  con  molto  garbo. 

MURINO  EMMANUELE  —  Alia  cara  memoria  di  Giovanni  Maria  Murino,  giova- 
netto  dodicenne,  morto  la  sera  dei  25  Luglio  1868;  ultimiufficii  del  suo  cu- 
gino  Emmanuele.  Salerno,  stab,  tipog.  Migliaccio  1868.  Un  opusc.  in  8.° 
dipag.  15. 

Tenero  veramente,  e  scritlo  con  garbo  di  lin-  cotla  vasta  inlelligenza  e  colla  sopraffina  mente, 

gua,  e  forza  e  soavita  di  concetti,  e  questo  elo-  cio  che  nel  corpo  barbaramente  gli  toglieva.  » 

gio  di  un  fanciullo  dolato  di  amabilissime  qua-  No:  la  provvida  natura,  che  e  Iddio  infinite  ama- 

lita,  e  da  Dio  collo,  quasi  Gore  d'innocenza,  nel  tore  degli  uomini,  non  toglie  a  uiuno  di  essi 

suo  primissimo  aprirsi  alle  aure  della  Tila  mo-  barbaramente  veruna  cosa.  Egli  e  sempre  buon 

rale.  Giovanni  Maria  Murino,  sin  dalla  culla  parve  Padre,  anche  allorche  li  priva  di  qualche  gran 

destinato  al  palire:  e  pati  sempre  finche  visse.  bene  temporale;  poiche  cio  fa  solo  per  amore  di 

•Ma  non  giusto,  sebben  perdonabile  alia  veemen-  una  lor  piu  smisurata  felicila  eterna.  L'operare 

za  di  un  inconsiderato  dolore,  e  il  dire  che  «  la  barbaro  tanto  in  lui  ripugna,  quanto  la  tenebra 

provvida  natura  voile  in  Giovanni  ricompensalo,  nella  luce. 

OLMI  D.  GASPARE  —  *Maria  e  le  anime  del  Purgatorio,  ossia  considerazioni, 
affelti  e  preghiere  pel  mese  di  Novembre,  del  sacerdote  D.  G.  Olmi.  Bolo- 
gna, libreria  delV Immacolata  696,  via  Usberti,  1868.  Un  opusc.  in  32.' 
dipag.  72. 

—  II  cuore  di  Gesu  Bambino.  Pensieri  ed  affetti  pel  mese  di  Gennaio,  per  G.  Ol- 
mi. Bologna,  direzione  del  periodico  La  figlia  dell'  Immacolata  1868. 
Un  opuscoletto  in  32.°  di  pag.  31. 

— •  II  mesedi  Dicembre,  sacro  a  Maria  Immacolata.  Operetta  del  sacerdote  Ga- 
spare Olmi.  Bologna,  libreria  dell' Immacolata  696,  via  Usberti,  1868 .  Un 
opusc.  in  32.°  dipag.  48. 

-  La  pia  giovanetta  nella  solHudine,  per»Gaspare  Olmi.  Bologna  1868,  tipo- 
grafia  Felsinea,  via  Usberti  696.  Un  opusc.  in  32.°  di  pag:  96. 

Fecondo  c  svariato  scrittore  di  malerie  asceti-  cresima  e  alia  prima  Comunione  o  per  altri  flni, 

che  e  il  benemerito  sig.  D.  Gaspare  Olmi,  che  bramano  fare  ua  riliro  di  pochi  giorni.   Egli  in 

in  pochi  anni  ha  inondato  1'Italia  di  sue  operette,  essa  porge  loro  lutto  roccorrente,  con  brevitl, 

cercate  e  gustate  con  proutto  non  tenue  delle  aai-  chiarezza  ed  unzione.  Noi  la  raccomandiamo  alle 

me.  Quesla  presente  ha  un'utilila  particolare  per  buone  famiglie,  ed  in  ispecialU  alle  Scuole  ed  alle 

tanle  giovanette,  le  quali,  o  in  apparecchio  alia  case  di  educazione. 


BIBLIOGRAFIA  GOO 

PASINATI  STANISLAO  L.  —  Brevi  notizie  intorno  alia  vita  di  S.  Agnese  V.  M. 

proposta  in  modello  alle  giovani  cristiane,  da  Stanislao  L.  Paginal!,  prele 

napolitano.  Napoli,  lipografia  di  Pasquale  Mea,  1868.  Un  opusc.  in  32.° 

dipag.W. 
PASSERI  GIUSEPPE  —  Prospetto  storico  deintalia,  del  Dott.  Giuseppe  Passeri 

di  Mont'Alcino.  Siena  1868,  tip.  sordo-muti,  L.  Lazzeri.  Un  opusc.  in  16.° 

piccolo  dip acj.  68. 

Al  fronlispizio  di  questo  volumetlo,  per  essere  ai  maestri  di  sloria.  II  Passeri  serive  da  uomo 

ben  determinalo  e  compilo,  maaca  1'indicazioae  sensato  e  da  buon  cattolico.  Per  allro  noa  ci  pare 

dei  tempi  che  esso  comprende;  vale  a  dire  dalie  giusta  la  proposizione,  che  gl'Imperatori  romani  i 

prime  origini,  sino  ad  Auguslo  inaperatore:  pe-  quali  si  seguirono  dopo  il  secolo  quarlo,  paga- 

riodo  di  storia  lutla  antica,   la  quale  si   com-  ni  e  cristiani  cattolici,  fossero  tulli  piu  o  meno 

pendia  nella  storia  principalmente  di  Roaia.  Piu  tiranni.  Costaatino  Magno,  dopo  il  suo  ballesimo, 

chea'giovanistudiosi,  il  presente  Prospello,  com-  noa  pecco  ceilo  per  lirannide. 
pilulo  con  brevita  e  con  erudizione,  potra  servire 

PEROS1NO  GIAN  SEVERING  —Per  lamorte  deH'ottimo  giovine  Eugenic  Costa, 
avvenuta,  in  Guayaquel  ( repubblica  dell1  Equatore )  il  30  Marzo  1868. 
Mesto  tributo  air amato  discepolo.  Carme.  Torino,  daWunione  tipogra- 
fico-editrice  1868.  Un  opuscoletto  in  16.°  piccolo  di  pag.  8. 

Assai  commendevole  e  questo  Carme  del  chiaro    anche  per  le  grazie  non  comuni  di  poesia,  di  cui 
professore  Perosmo  non  solo  pe'  nobili   affelti  di    e  fiorilO. 
pio  e  generoso  auimo,  che  Yi  sono  espressi;  ma 

—  Saggio  di  esercizii  di  \ersione  latina  della  divina  Gommedia;  ossia  aggiunia 
alia  terza  edizione  dei  trecento  temi  italiani  per  versioni ,  del  professore 
Gian  Severino  Perosino.  Torino  1868,  tipografia  Bellardi,  Appiotti  e  Gior- 
sini,  via  Doragrossa  n.  32.  Un  opusc.  in  16.°  piccolo  di  pag.  16. 

RAFFAELLI  BONAVENTURA  —  Compendio  istorico  di  nove  beati  Martin  del 
Giappone,  del  canonicoBona ventura  Raffaelli,  peniteuziere  nella  cattedrale 
di  Toscanella.  Viterbo,  presso  Sperandio  Pompei  1868.  Un  opusc.  in  8.* 
di  pag.  55. 

II  ch.  sig.  can.  Raffaelli  al  merito  di  filosofo    preziosi ,  se  avesse  potato  coltivailu  ,  come  ba 
gii  nolo,  un:sce  anche  un'  idoneita  allo  scrivere    collivati  i  severi  sludii  fllosofici. 
in  prosa  ed   in   \erso,    che  ayrebbc  data  frutti 

RINALDl  FRANCESCO  SAYERIO  —  II  Soratte  iliustrato.  Cantica  del  dottor  Fran- 
cesco Saverio  Rinaldi.  Civita  Castellana,  tipografia  di  Pietro  Del  Frate. 
Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  46. 

II  ch.  Autore  della  presente  Cantica  con  bella  principalmente,  ricorrendo  il  suo  Centcnario,  fa 

anvenzione  poetica  piglia  occasioue  di  celebrare  scritto  il  Poemelto.  In  quanto  poi  al  merito  poe- 

i  norni  piu  insigni  e  le  imprese  piu  illuslri  che  tico,  non  solo  e  da  lodare  pel  concetto  del  tuito, 

hanno  relazione  col  monte  Soratte  e  colla  sua  re-  ma  spesso  eziandio  per  la  forma,   in  cui  sono 

gione.  Si  ferma  pcro  piu  di  proposito  sopra  le  tralti  yeramente  splendidi. 
memorie  che  riguardano  S.  Nonnoso,  al  cui  onore 

ROCCO  EMMANUELE  —  Vedi  Delessert  Beniamino  e  De  Gcrando. 

SAG1DA  V.  M.  —  Una  splendida  prova  dei  giganteschi  progress!  delle  uui\  er- 
sita  italiane;  ovverosaggi  d' un"  opera  mat urata  in  trent1  anni  di  meditazioui 
e  d'insegnamento  dal  cavalier  Settembrini,  professore  di  letteratura  nel- 
T  universita  di  Napoli :  Dialoglii  e  discorsi  piacevoli,  di  V.  M.  Sagida.  VI" 
terbo,  Sperandio  Pompei  1868.  Un  vol.  in  16.°  di  pag.  230.  Trovasi  ven- 
dibile  al  prezzo  di  lire  2,  in  Napoli  presso  D.  Domenico  Paradisi,  strada, 
Seric  VII,  vol.  IV,  fate.  449.  39  28  Novemltre  1868. 


610  BIBLIOGRAFIA 

S.  Gregorio  Armeno  n.  2,  c  presso  i  siyy.  librai  Rossi  Romano,  Gabnele 
Sarracino,  Antonio  Morano. 

E  un'  eccellcnle  confulazione  degli  errori  piu  Ma  oltre  al  merito  dimostralivo,  che  e  un  vero 

madornali  del  Sellembrini  in  materia  di  lettera-  trionfo,  come  dicono  ora,  su  tulla  la  linea;  il  li- 

tura  e  di  Storia.  A  diritto  il  ch.  Autore  (che  ci  bro,  considerate  come  opera  lelteraria,  e  una  deiie 

sembra  vclato  da  linto  nome)   1'intilola  Saggi,  piu  ghiotte  letture,  tanto  che  cominciata  a  gu- 

perche  6  impossibile  tener  conlo  di  tulli  gli  stra-  stare  difficilmente  si  Ironca.  Raccomandiamo  cal- 

falcioni  del  Professore  napoletano:  de'  piu  grossi  damente  quest'  operetta,  massime  ai  giovani  del 

soltauto  cc  DC  ha  una  dovizia,  che  sbalordisce.  Napoletano. 

SAINT-MARIE  —  Cristina,  ovvero  i  conforti  della  religione  nella  sventura. 

Racconto  della  siguora  Saint-Marie;  versione  del  sacerdote  don  Pietro 

Bazetti.  Bologna  1868,  libreria  dell'Immacolata,  via  Usberti  696.  Un  vo^ 

lumetto  in  21.*  grande  di  pag.  138. 
SCOTTI-PAGLIARA  DOMENICO  —  II  mese  di  Maggio.  Sermoni  e  racconti  per  Do- 

menico  Scotti-Pagliara,  canonico  della  Cattedrale  di  Napoli.  Vol,  I  e  11. 

Napoli,  Gabriele  Rondinella  editore,  S.  Anna  de  Lombardi  8.  1867. 

Due  vol.  in  16.c  di  pag.  511,  438. 

E  conosciutissimo  il  merito  oratorio  del  chiaro  lare  ed  affettuosa:  ed  egli  vi  apparisce  abilissimo. 

canonico  napoletano  Scotti-Pagliara ,  e  noi  piu  Ci  e  anche  placiuto,  che  siasi  tenuto,  tanto  pe'sog- 

TOlte  abbiamo  ayato  1'ocoasione  di  commendarlo.  getti,  quanto  per  1'ordine,  alle  norme  del  Muzzu- 

Lanuora  operetta,  da  lui  ultimamente  pubblicata,  relli,  primo  fondatore  di  questa  soavissima  devo- 

che  e  un  corso  di  Sermoni  e  di  Racconti  pel  mese  zione.  Cosi  senza  scemarsi  il  pregio  di  aulore, 

di  Haggio,  corrisponde  adequalamente  alia  sua  nella  sostanza,  originate,  non  sacri flea  alia  vano. 

fama.  Se  non  che  la  materia,  che  qui  allo  stesso  ambizione  di  totto  innovare  quello  che  1'espe- 

tempo  e  tulta  morale  e  divota,  perche  direlta  ad  rienza  ha  dimoslrato  piu  utile.  Tutto  consideralo 

accendere  ne'cuori   la  divozione  a  Maria  SSma,  ci  sembra  che  questo  Mese  di  Maggio  sia   uno 

sopra  il  fondamento  della  emendazione  della  vita;  db'migliori,  insino  a  questo  giorno  pubblicali. 
gli  apre  il  campo  ad  una  eloquenza  molto  popo- 

SETTEMBRIM  —  Vedi  Sag  Ida. 

STSENNE  VARIE  —  Sotlo  queslo  titolo  comin-  comandiamo  ai  capi  di  iamiglia  e  di  offlcine,  ed 

ciamo  ad  annunziare   varie   strenne   per  I'  anno  agli  inslitutori  cristiani  della  gioventu,  afflncho 

1869,  scrilte  con  yero  garbo,  con  piacevole/za,  le  preferisiano  a   lante   altre,   le  quali,  benche 

con  brio  e  fornite  di  otlimi  insegnamenti ,  tutti  appariscenli  e  speciose,  nascondono  pero  soltile 

conform"!  allo  spirito  catlolico.  Qucsle  intanlo  rau-  Teleno  di  empieta  e  di  scostumatozza. 

—  ALMANACCO  DI  FAMiGLiA,  illustrate,  per  Y  anno  1809,  dedicate  agli  associati 
delle  Piccole  letture ,  anno  nono.  Genova,  presso  Domenico  Vitalim,  vico 
del  fieno  num.  3.  Un  opusc.  in  16.°  dipag,  64. 

—  CALEIDOSCOPIO,  ovvero  mischianza  di  varie  cose  dilettevoli  ed  istruttive;  op- 
portune ai  tempi  present!.  Strenna  per  Tanno  1869,  anno  nono.  Torino, 
Pietro  di  G.  Marietti,  tipografo  pontificio.  Un  volumetto  in  3-2.°  grande 
dipag.  160. 

—  D.  MSNTOBS.  Strenna  per  Tanno  nuovo,  compilata  per  opera  di  sei  giovani  sa-« 
vonesi;  dedicata  a  tutti,  ma  piu  specialmante  al  popolo  e  alia  gioventu : 
nella  quale  si  trovera  una  raccolta  di  racconti,  novelle,  dialoglii,  lette- 
re  ecc.,  parte  in  prosa  e  parte  in  poesia,  che  non  dicono  male  di  nessuno. 
Anno  XII,  1869.  Torino,  tip,  di  Giulio  Speirani  e  figli,  con  permiss.  del- 
ta rev.  Curia  Arciv.  Un  volumetto  in  16.°  piccolo  di  pag.  127. 

—  IL  BDON  SENSO,  lunario  per  T  anno  1869,  coir  aggiunta  dei  mercati  e  fierc 
che  si  fanno  in  Toscana.  Anno  nono.  Firense  1868,  libreria  di  Luigi  Ma- 
nuelli.  Un  opusc.  m  32.°  di  pag.  64. 


si  possono  avere  e,  se  no,  con  giudizii  di  periti 
resi  puhblici,  si  accertasse  meglio  che  questa  pil- 
lura,  non  e  gia  solo  della  nianiera  di  Guido  Rent, 
come  affcrma  il  Passeri  citato  dall' Autore,  ma 
e  veramente  del  proprio  pennello  di  quel  gran 
maestro. 


BIBLIOGRAFIA  Gil 

-*-  IL  GALANTUOMO.  Almanacco  per  V  anno  1869,  anno  XVII.  Strenna  offerta  agli 
associati  alle  Lett,  cattoliche.  Torino  1868,  tip.  del?  Or  at.  di  S.  France- 
sco di  Sales.  Un  opusc.  in  32.°  grande  dipag.  96. 

—  L' OMNIBUS.  Lunario  della  vespa,  correclato  di  40  sestine,  racconti,  aneddoti, 
ed  altre  poesie;  per  T  anno  1869,  anno  V.  Firenze  1868,  tip.  Birindelli 
via  dei  cerchi  n.  6.  Un  opusc.  in  32.°  grande  di  pag  64. 

TANCREDI  GIUSEPPE  —  Intorno  un  dipinto  di  Guido  Reni,  esistente  nella  col- 
legia ta  diFrosinone,  Discor  so  del  prof.  Giuseppe  Taucredi,  recitato  nella 
solenne  distribuzione  de'premii  del  ginnasio  municipale,  TAgosto  del  1867. 
Roma  1868,  fratelli  Pallotta  tipograf,  in  piazza  Colonna.  Un  opusc.  in 
16.°  grande  di  pag.lb. 

II  dipinto  die  1'Aulore  descrive  con  grande  mi- 
nutezza  o  con  istilc  grazioso,  e  un  tondo  che  cor- 
re  in  lunghezza  e  in  larghezza  un  metro  e  ot- 
tantatre  centimetri.  Esso  rappresenta  in  un  grup- 
po  la  Vergine  col  divino  Infante,  S.  Giovanni 
Battista  fanciullo  e  la  madre  sua  S.  Elisabelta. 
Sartbbe  desiderabile  che  con  document!  sicuri,  se 

TIOFILEMO  D.  —  II  campo  salutare  delle  sette  effusion!  del  Sangue  prezioso  di 
N.  S.  Gesu  Cristo,  preparato  e  compile  clalla  Vergine  addolorata  Maria 
santissima,  e  coltivato  da  ogni  anima  cristiana,  pel  sacerdote  D.  Tiofile- 
mo.  Roma  1868,  tip.  di  Benedetto  Guerra.  Un  vol.  in  16."  piccolo  di 
pag.  634. 

TRAMBUST1  GIUSEPPE  —  Delia  vita  del  beato  Gio.  Batlista  De  Rossi,  can.  del- 
la  basilica  di  S.  Maria  in  Cosmedin.  Racconto  storico  pel  padre  Giuseppe 
Trambusti,  de'chierici  regolari  ministri  degF  infermi,  esaminatore  sinodale 
della  diocesi  di  Bagnorea  e  membro  di  varie  accademie.  Roma  1861,.  tip.  di 
Bernardo  Morini.  Un  opusc.  in  4.°  di  pag.  V1I-96. 

—  Storia  della  musica,  e  specialmente  dell'ltaliana;  scritta  da  Giuseppe  Tram- 
busti romano,  dd.  MM.  dd.  II.,  socio  di  molte  accademie.  Velletri  1867, 
tip.  Colonnesi.  Un  vol.  in  16."  dipag.  IX-614. 

Opera  vasta  ed  irta  di  spinosissime   difQcolta    scia  della  cristiana.  La  terza  va  flno  a  Giovanni 

Pier  Luigi  da  Palestrina,  meraviglioso  riformato- 
re  di  quest'arte,  e  in  essa  ne  mostra  i  progress! 
colla  varietk  e  colla  distinzione  dell'uso  suo  pro- 
fano  dall'ecclesiastico.  La  quarta  flnalmente  vie- 
ne  a  far  capo  in  Gioacchino  Rossini,  al  quale  il 
P.  Trambusti  ha  dedicate  il  libro :  ed  e  la  piu 
copiosa  di  esso,  giacche  vi  discerre  abbondante- 
mente  del  teatro  moderno,  campo  in  cui  la  um- 
sica  si  e  svolla  con  una  ampiezza  inestimabile. 
Peccato,  che,  un  volume,  qual  e  questo,  nato 
fatlo  per  eccitare  la  curiosila  de'  colti  ingegni 
e  per  crescere  riputazione  al  clero,  sia  mac- 
chiato  da  tante  mende  di  starnpa,  che  ["errata- 
wrige  si  spazia  per  quattro  intere  pagine  I  Qae- 
sli  sono  libri  che,  per  1'onore  dell'arte  tipogra- 
fica  U'Halia,  dimandano  eleganza  di  forme  e  gran- 
de correzione,  attesoche  sieno  de'  piu  ncercati  dai 
forestieri. 


ha  impresa  il  ch.  p.  Trambusti ,  accingendosi  a 
tessere  una  storia  generale  della  musica,  con  un 
riguardo  speciale  all'  Italia  Esso  pero  animosa- 
mente  ha  sprezzato  gli  ostacoli  e  1'ha  condolta 
a  fine,  giovandosi  delle  storie  del  Barney,  del 
Gerbert,  del  Bonnet,  del  Bontempi,  dello  Zarlino 
e  del  Martino;  in  modo,  che  se  da  queste  ha  at- 
linto  il  flore,  non  pero  ha  pedantescamenle  co- 
piate  le  ipotesi  piu  o  men  fondate,  o  i  giudizii 
dettati  da  spirito  di  parte.  Egli  ha  diviso  I'ope- 
ra  in  quattro  parti,  che  corrispondono  ai  quat- 
tro personaggi  formanli  epoca  nella  storia  nm- 
sicale.  La  prima  che  s'inccntra  in  Pitagora,  nar- 
ra  con  brevi  ed  oscure  notizie  quello  che  dalla 
creazione  deU'uomo  si  sa  o  si  argomenta  avve- 
nuto  per  questo  rispetlo  sino  ai  tempi  del  dello 
filosofo.  La  seconda  si  distende  perfino  a  Guido 
d'Arezzo,  monaco  di  Pomposa,  e  tratta  della  ma- 
sica  dei  Greei,  dei  Romaui,  di  allri  popoli,  e  po- 


612  BIBLIOGRAFIA 

TRAMBUSTI  GIUSEPPE  —  Su  la  vita  della  santissima  Vergine  Maria,  discorsl 
storico-morali  pel  mese  cli  Maggio  a  lei  consecrate;  del  M.  R.  P.  Giuseppe 
Trambusti,  de'  CC  RR.  Ministri  degV  Infermi,  esaminatore  sinodale  della 
diocesi  di  Bagnorea,  membro  di  varie  accademie.  Napoli  1868,  tip.  dc'fra- 
telli  Testa,  vico  BagnaraVZ.  Un  vol.  in  16."  di  pag.  VIll-306. 


Due  sono  i  metodi  generalmente  in  Italia  se- 
guiti  dai  sacri  oralori,  nei  cotidiani  sermoni  al 
popolo  per  la  sanlificazione  del  mese  di  Maggio 
in  onore  di  Maria  Vergine.  Gli  uni  si  attengono 
strettamente  a  quello  iniziato  dal  P.  Muzzarelli, 
istitutore  della  pia  pratica,  e  consiste  nello  SYO!- 
gere  le  massime  elerne  ed  evangeliche  ben  con- 
catenate fra  loro,  sul  maestrevole  modello  degli 
Esercizii  di  S.  Ignazio.  Gli  altri  prescelgono  di 
esporre  argomenti  che  riguardano  piu  da  vicino 
la  Madre  di  Dio,  e  provocano  ad  imitazione  del- 
le  sue  eccelse  virtu.  II  ch.  P.  Trambusli  awerte 
che,  in  ventidue  anni  di  esperienza,  ha  trovato  che 


piu  utile  al  ben  comune  torna  1'unire  i  due  me- 
todi per  guisa,  che  alle  massime  eterne  ed  evan- 
geliche  sempre  s'innesti  qualche  tratlo  spetiante 
a  Maria.  Consiglia  pero  1'oratore  di  accomodatsi 
in  cio  alia  qualifu  dell'uditorio.  Con  questo  me- 
toilo,  risultante  dai  due  predetti  contemperati  in- 
sieme ,  ha  egli  composta  e  pubbticala  la  presents 
collana  di  discorsi ,  dalla  cui  letlura  cavcranno 
profitlo  ed  ammaestramenlo,  non  solo  i  fedeli  sem* 
plici,  ma  eziandio  i  banditori  della  divina  pa- 
rola  ,  che  desiderano  gloriflcare ,  con  Tantaggio 
pratico  delle  anime,  la  bealissima  Vergine  Madro 
di  Dio. 


VALLAURI  TOMMASO  —  II  castello  della  Chiusa  ;  novella  di  Tommaso  Vallauri. 
Torino  1868,  tip.  delVOrat.  di  S.  Francesco  di  Sales.  Un  opusc.  in  32.° 
di  pag.  57. 

Tardi  uoi  giungiamo  per  annunziare  quesla  sa-  paesano ,   che  ebbe  fama  di  uno  dei  piu  dolti 

porosa  novelletta  del  ch.  signor  prof.  Vallauri ,  scritlori  del  secolo  decimosesto,  e  fu  un  vero  n;o- 

circa  la  quale  non  polremo  che  ripetere  gli  elo-  dello  di  cristiane  e  dvili  yirtu.  Alia  parte  slo- 

gi  datile  a  huou  diritlo  dal  flore  dei  giornali  one-  rica  il  Vallauri  ha  bellamenle  contesta  la  parte 

sti,  e  massime   dall'  Vnila  Caltolica  di  Torino ,  fantaslica,  o  la  variela   dell'  intreccio  ha  sapulo 

che  per  prima  ne  notiflco  la  pubblicazione.  L'Au-  ben  accordare  colla  gaiezza  dello  stile  e  colla 

tore  con  quesla  scritlura  ha  inteso  principalmen-  proprieta  della  lingua, 
te  di  rendere  popolare  il  nome  di  un  suo  com- 

VENTURINI  P,  PAOLO  —  Umilta  e  carita;  ragonamenti  inediti  detti  agli  student! 
deiruniversita  di  Bologna.  Bologna  1868,  direzione  delle  pice.  lett.  catt. 
via  Usberti  696.  Un  opusc.  in  32.°  grande  di  pag.  29. 

Altrove  annunziammo  questi  ragionamenti,quan-  prezzo  di  unu  lira  if.,  dodici  opuscoletti  simili  a 

do  appamro  per  la  prima  volta.  La  presente  queslo  ogni  anno.   Chi  s' associa  a  12  copie  ne 

edizione e  stala  fatta  dalle  piccole  letlure  ratio-  riceve  una  in  dono. 
iichy  di  Bologna,  che  scguitano  a  propagare,  al 

VERATTI  BARTOLOMEO  —  Studii  filologici.  Strenna  pel  1869.  Modena  1868. 
Un  opusc..  in  8.°  di  pag.  80. 

Anche  al  cessare  di  quest' anno,  1'il lustre  sig.  diamo  che  quesla  nolizia  affliggera  parecchi  in 

prof.  Veralti  ha  regalato  all'llalia  la  sua  preziosa  Italia,  e  li  mOTera  a  desiderare  maggiormente 

Strenna  filologica,  ricca  di  osservazioni  e  di  esem-  che  i  celebri  Opuscoli  di  Modena  proseguano  ad 

pii,  de'quali  faranno  certamente  tesoro  gli  stu-  uscir  in  luce;  ovvero  che,  finendo,  non  traggano 

diosi  della  nostra  buona  lingta.  Nell'  ayyiso  al  seco  la  sparizione  di  un  laroro  fllologico  di  lanto 

lettore  pero  egli  ci  da  la  spiacevole  nuova  che  pregio;  il  quale  potrebbe  oltimamentc  seguitare  a 

questa,  secondo  ogni  probability  sara  1' ultima  companre  da  se  in  fascicolo  separate.  Non  ostan- 

Slrenna  ch'egli  pubblica,  se  il  periodico  degli  te  la  sua  parola  si  poco  dubitaliva,  noi  conser- 

Opuscoli,  entro  cui  fu  sempre  solilo  inserire  pur  viamo  la  speranza  che  egli  trovera  niodo  di  DOS 

le  precedenti,  termina  di  vedere  la  luce.  Noi  ere-  attenerla. 

ZAMBONI CAM1LLO  —  La  protezione  di  Maria.  Piccolo  racconto  del  secolo  XVI, 
per  D.  Camillo  Zamboni,  parroco  bolognese.  Bologna  1868,  direzione  del- 
le piccole.  lett.  catt.,  via  Usberti  696.  Un  opusc.  in  32.°  grande  di 
pag.  31. 


CRONACA 

CONTEMPORANEA 


' 
Roma  28  Novcmbre  1868. 

I. 

COSE  ITALIANS. 

STATO  PONTIFICIO  1 .  Editto  per  la  diminuzione  delle  tarifte  sui  dazii  delle  merei 
straniere  —  2.  Munificenza  e  doni  del  S.  Padre  al  Municiplo  romano  — 
3.  Visila  e  discorso  di  Sua  Santita  all'Arsenale  di  Belvedere  per  le  armi  do- 
nate da'  cattolici  —  4.  Nota  del  Giornale  di  Roma  contro  un  finto  promo- 
tore  della  causa  della  Yen.  Taigi  —  5.  Ravvedimenta  e  morte  di  due 
vittime  della  setta  massonica;  lettera  di  Giuseppe  Monti  al  S.  Padre. 

1.  Nel  Giornale  di  Roma  del  13  Noyembre  yenne  pubblicato  TEditto 
seguente  deU'Emo  Cardinale  Segretario  di  Stato. 

«  Per  aderire  alle  richieste  del  commercio,  e  promuoverne  ognor  piu 
lo  syiluppo,  la  Santita  di  nostro  Signore,  sulla  proposta  del  Tesoriere 
generate  Ministro  delle  Finanze,  avuto  il  parere  della  Consulta  di  Stata 
per  le  medesime,  ed  inteso  il  Consiglio  aei  Ministri,  ci  ha  ordinato  di 
pubblicare,  siccome  pubblichiamo  nel  sovrano  suo  Nome,  quanto  appres- 
sp:  1.°  Sono  raodificati  i  dazii  doganali  e  di  consume  degli  articoli  descrit- 
ti  nella  sottoposta  tabella  l.  2."  Le  moditicazioni  daziarie  avranno  il  lora 
pieno  effetto  dalla  promulgazione  del  presente  Editto,  anche  per  le  merci 
giacenti  nelle  Dogane  o  entrate  per  quelle  di  confine,  e  non  ancora  sot- 
toposte  a  dazio.  3.°  Sono  esonerati  dalla  bollazione  a  piombo  gli  articoli 
riportati  neirelenco,  che  fa  seguito  alia  tabella  suddetta.  II  Tesoriere  ge- 
nerate Ministro  delle  Finanze  e  incaricato  della  esecuzione.  Dalla  Segre- 
taria  di  Stato  il  9  Novembre  1868.  G.  Card.  ANTONELLI.  » 

In  un  supplemento  aggiunto  allo  stesso  numero  del  diario  ufficiale, 
sono  specificate  le  circa  200  qualita  di  merci,  i  cui  dazii  d'introduzione  o 

\  La  tabella  e  riportata  in  un  lungo  supplemento  unito  allo  stesso  foglio. 


€14  CRONACA 

d'estrazione  sono  notahilmente  attenuati  a  vantaggio  del  commercio  e 
deirindustria,  e  di  dodici  altre  che  ne  sono  exonerate  del  tutto. 

2.  «  Ci  gode  Vanimo  di  amumziare,  leggesi  nel  Giornale  di  Roma  del 
14  Novembre,  un  nuovo  tratto  di  munificenza  della  Santita  di  nostro 
Signore,chevarra  a  dimpstrare  sempremeglio  quanto  Essa  abbia  a  cuo- 
re  il  progresso  de'classici  studii  e  la  conservazione  degli  oggetti  di  arte, 
do1  quali  e  si  fecondo  il  suolo  etrusco  e  latino.  Noi  intcadiamo  parlare  del 
prezioso  dono  di  parecchi  cimelii,  dalla  Santita  Sua  largiti  al  Comune  di 
Roma,  il  di  primo  del  corrente  Novembre.  Questi  sono  i  seguenti: 

«  Un  Yaso  di  bronzo  alto  m.  0.415,  largo  m.  0.360.  La  sua  forma, 
certo  non  comune,  presenta  qualche  analogia  con  quella  dei  lebeti.  E1  mu- 
nito  di  due  anse,  ed  ha  intorno  al  collo  e  nel  corpo  due  fasce  guarnite 
di  chiovi  a  punta  rilevata. 

«  Una  Cista  di  singolare  pregio,  di  forma  cilindrica,  alta  m.  0.165, 
larga  m.  0.140,  il  cui  fodero  di  legno  restaurato  appresso  gli  antichi 
frammenti,  e  guarnitq  conlamine  d'argento.  Gli  ornati  graffiti  sul  corpo 
della  medesima  si  dividonp  in  quattro  zone;  le  tre  prime  recano  animali, 
parte  esistenti,  come  cervi,  tigri,  cavalli;  parte  immaginarii  come  sfingi, 
sirene,  arpie,  ec€.  L'ultima  zona  unitamente  al  coperchio  e  composta  di 
ornati  a  fogliami,  analoghi  a  quelli  che  veggonsi  abbellire  il  collo  delle 
anfore  tirrene.  Due  protomemuliebri,  parimenti  d'argento  raccomandate 
a  due  liste,  sulle  quali  yeggonsi  effigiati  parecchi  genii,  reggono  il  ma- 
nico,  la  cui  anima  e  di  bronzo. 

«  Due  piccole  Tazze  d'argento;  una  con  semplici  ornati  graffiti  sul- 
Torlo,  T  altra  lavorata  a  globuli  a  rilievo  contenente  nel  centro  una  testa 
muliebre  e  varii  simboli  graffiti. 

«  Una  Coppa  di  bronzo,  di  forma  elegantissima  e  di  perfetta  conserva- 
zione, larga  m.  0.65,  il  corpo  della  quale  e  ornato  di  baccelli  a  rilievo. 

.«  Finalmente  uno  Specchio  di  metallo,  nel  cui  disco  e  graffito  un  grup- 
po  di  cinque  personaggi,  rappresentanti  forse  o  un  fatto  mitologico,  o 
ima  scena  semplice  della  vita  famigliare. 

«  La  rpmana  Magistratura  dopo  aver  reso  le  piu  viye  azioni  di  grazie 
alia  Santita  Sua,  a  maggiormente  mostrare  la  sua  gratitudine  per  questq 
nuovo  atto  di  sovrana  munificenza,  fara  collocare  gli  oggetti  descritti 
nel  Museo  Gapitolino,  ove  riposti  in  apposito  armadio,  portando  scritto  il 
nome  delFaugusto  donatore,  formeranno  uno  de1  piu  belli  ornament! 
fatti  al  detto  Museo  deiramatissimo  nostro  Padre  e  Sovrano.  » 

3.  Ai  buoni  cattolici  d'ogni  parte  d'Europa  e  d1  America,  ma  special 
mente  della  Francia  e  del  Belgio,  non  bastava  che  le  masnade  garibalde- 
sche,  gia  prezzolate  e  protette  dal  Governo  di  Firenze,  fossero  state  re- 
spinte  e  costrette  ad  uscire  dall'  invaso  Patrimonio  di  S.  Pietro,  per  la 
fedelta  ed  il  valore  delle  milizie  pontificie  che,  massime  a  Mentana,  die- 
dero  si  alte  prove  d1  invitta  fortezza;  essi  volevano  inoltre  mettere,  per 
quanto  fosse  possibile,  al  sicuro  da  un  nuovo  attentato  consimile  la  Ca- 
pitale  del  mondo  cattolico.  Percio  qaelle  offerte  spontanee  e  generose, 
onde  varii  giornali  francesi  e  belgi  registrarono  le  liste,  ed  il  cui  pro- 
dotto  dovea  andare  in  mantenere  ed  armare  le  truppe  della  Santa  Sede, 
€  munire  di  opportune  fortificazioni  le  mura  di  Roma  e  Civitavecchia. 

II  giovedi  19  Novembre  il  Santo  Padre  scese  da'  suoi  appartamenti 
nel  cortile  detto  di  Belvedere,  al  Vaticano,  dov'erano  disposte  in  bella 


CONTEMPORANEA  615 

ordinanza  una  batteria  compiuta  di  cannoni  da  12,  rigati,  col  loro  tre- 
no,  offerto  a  Sua  Santita  dal  comitato  catlolico  di  Vandea  e  Bretagna ;  e 
la  batteria  pur  compiuta  di  pezzi  da  montagna  a  dossp  di  muli,  al  dono 
della  quale  avea  pur  partecipato  codesto  comitato;  ed  inoltre  le  ambulan- 
ze  offerte  dal  comitato  de'  cattplici  di  Parigi.  Una  compagnia  di  zuaviy 
armata  della  carabina  del  Ramington  era  attelata  a  guardia  d'onore,  e 
tutto  intprno  gran  numero  (Tufficiali  e  militari  d'ogni  arma  aspettavano 
sua  Santita,  al  cui  apparire  scoppiarono  vivi  plausi  di  Viva  Pio  IX,  viva 
il  Pontefice  Re. 

II  luogotente  colonnello  barone  Atanasio  De  Charette  si  fece  innanzi 
al  Santo  Padre,  ed  ebbe  Fonore  di  leggergli  un  nobilissimo  indirizzo, 
pienp  dei  piu  magnanimi  sensi  di  devozione  e  d'amore,  in  nome  dei  cat- 
tolici oblatori  di  quelle  armi.  11  testo  dell1  indirizzo  e  riferito  nella  Corre- 
spondence de  Rome  del  21  Novembre,  pag.  712. 

II  Santo  Padre  rispondeva,  come  leggesi  nel  Giornale  di  Roma  del 
24  Novembre,  in  questi  sensi : 

«  Ringraziare  tutti  per  le  testimonianze  di  ampre,  di  devozione  e  di 

fedelta  che  gli  venivano  offerte :  esser  sempre  ministro  di  pace,  anche  in 

mezzo  agli  appareccbi  di  guerra,  e  ministro  del  nostro  Dio  che  chiamasi 

anche  il  Dio  degli  eserciti,  e  che  non  vieta  a  chicchessia  di  difendere  e 

Sostenere  i  proprii  diritti,  anzi  col  suo  braccio  onnipotente  corrobora  e 

sostiene  gli  pppressi  dalle  insidie  dei  tenebrosi  nemici.  Con  questp 

principio  egli  lodare  ed  ammirare  come  da  ogni  parte  deiruniverso  si 

unissero  per  difendere  i  sacri  diritti  del  Yicario  di  Gesu  Cristo,  difenso- 

re  della  giustizia  e  della  yerita,  protettore  dei  diritti  del  mondo  intero. 

Sperare  che  colFaiuto  di  quelle  armi,  e  soprattutto  colla  protezione  del 

sommo  Iddio,  sarebbero  i  nemici  arrestali  nei  lorp  disegni  e  nelle  lorp 

marcie  contro  il  Vaticano,  giacche  (aggiungeya)  si  Deus  pro  nobis,  quiz 

contra  nos?  Desiderare  che  la  pace  non  sia  piu  turbata  in  questa  terra: 

augurare  a  tutti  quella  pace  imperitura  che  sola  puo  trovarsi  in  cielo, 

ove  non  saranno  piu  nJ  guerre,  ne  sedizioni,  ne  turbamenti  di  sorta. 

«  Terminate  il  discorso,  fra  la  emozione  piu  yiva  destatasi  in  tutti 

gli  astanti,  loro  impartiva  Vapostolica  benedizione.  Dopo  cio  il  Santa 

Padre  recavasi  ad  osservare  le  artiglierie  in  bella  ordinanza  disposte, 

ed  intrattenevasi  quindi  a  lungo  ad  esaminare  colla  piu  grande  attenzio- 

ne,  ed  interessandosi  in  tutti  i  piu  minuti  dettagli,  le  ambulanze ;  le  qua- 

li,  dirette  con  indefesse  ed  intelligenti  cure  dal  signor  dottore  Ozanam, 

spno  riuscite  le  p  u  perfette  e  le  piu  complete  in  tal  genere.  Prima  di 

rientrar  poi  ai  suoi  appartamenti,  S.  E.  il  Generale  Pro-Ministro  ebbe 

Tonore  di  presentare  a  Sua  Santita  un  drappello  delle  sue  Talorose  mi- 

lizie,  armato  dei  riuoyi  fucili  Ramington,  generoso  dono  anche  questo  dei 

cattolici  Franco-Helgi,  Olaudesi  ed^lnglesi. » 

4.  E'  pure  assai  rilevante,  per  impedire  che  si  abusi  della  buona  fede 
delle  persone  pie,  che  si  ponga  mente  alia  seguente  nota  del  Giorna- 
le di  Roma  del  23  Novembre.  «  Siamo  autorizzati  a  far  conpscere,  che 
niuna  incombenza  e  stata  affidata  al  gia  prelate  e  protonotario  apostoli- 
co,  Vittore  Laurent,  di  far  colletta  di  danaro  per  la  causa  di  beatificazip- 
ne  della  ven.  serva  di  Dio  Anna  Maria  Taigi,  quantunque  si  sapnia 
che  esso  ne  vada  indebitamente  raccogliendo  in  diverse  citta  deiraita 
Italia.  » 


616  CRONACA 

5.  Pur  troppo  accade  assai  di  rado  che  i  Frammassoni ,  o  gli  scherani 
della  loro  setta,  anchc  quando  sono  ridotti  alia  stretta  tremenda  della 
mprte ,  e  percio  impossenti  al  delitto ,  diano  ascoltp  alle  voci  della  co- 
scienza,  accettino  i  conforti  della  religione,  si  mostrino  ravveduti  since- 
ramente ,  e  diano  segni  non  dubbii  di  verace  penitenza  de'  loro  misfatti. 
Percio  tornera  assai  caro  a  tutti  i  cattolici  Y  aver  particolareggiate  noti- 
zie  intorno  al  modo,  con  che  due  sciagurati,  arreticati  dalla  setta  e  tratti 
da  essa  ad  enprmi  delitti,  e  percio  colpiti  da  sentenza  capitale,  ma  tocchi 
dalla  grazia  diyina,  si  disposero  alia  morte,  e  la  incontrarono  poi  con  sen- 
si  ed  atti  d1  insigne  pieta  cristiana.  Mentre  i  diarii  della  setta  toglieyano 
dalla  loro  conaanna  argomento  a  sfrenarsi  nei  piu  orribiji  eccessi  di  ca- 
lunnie  e  di  yrtuperii  contro  la  stessa  persona  del  Vicario  di  Gesu  Cri- 
sto,  e  contro  la  Magistratura  ed  il  Governo  pontificio,  i  due  condannati, 
cpnscri  deU'enormezza  del  loro  niisfatto,  riconosceyansi  rei,  e  studiayansi 
di  espiarlo  anche  innanzi  alia  giustizia  diDio  col  piu  sincero  pentimento. 
Laonde  crediamo  opportune  trascriycre  innanzi  tutto  quel  che  a  tal  pro- 
posito  leggesi  neir  Osservatore  Romano  del  24  Noyembre. 

«  Non  e  chi  ignori  come,  il  22  Ottobre  dello  scorso  anno,  la  riyo- 
luzione,  che  tentaya  con  tutti  i  modi  d'inapadronirsi  di  questa  eterna 
citta,  non  s'arresto  dinanzi  al  piu  spayentoso  eccesso  che  niente  uma- 
na  pqssa  immaginare,  e,  per  mano  di  due  disgraziati,  faceya  saltare 
in  aria  la  caserma  Serristori.  Ne  questa  sola  era  la  caserma  cui  ye- 
niya  riserbatq  si  miserando  eccidio :  se  non  che  le  yigili  cure  della  Po- 
lizia  romana  riuscivano  a  syentare  le  altre  consimili  macchinazioni.  Non 
pertanto  ben  yentidue  furonq  quelli  che  rimasero  incontanente  yittime 
della  esplpsione,  tra  i  quali  un  padre  colla  sua  innocente  figlipletta, 
che  transitaya  per  caso  nella  sottoposta  yia,  restando  la  madre  di  que- 
sta prodigiosamente  libera  da  morte.  Dodici  furono  dissotterrati  mal 
yiyi  dalle  macerie  e  tre  di  questi  soccombettero  poscia  alia  grayita  del- 
le  loro  ferite. 

«  II  processo  iniziato  per  si  sanguinoso  delitto  ravvolse  21  indiyi- 
dui,  10  de1  quali  contumaci.  Per  gli  inquisiti  assicurati  alia  giustizia, 
dopo  lunga  ed  accurata  inquisizione,  fu  pronunziata  sentenza  il  26  Set- 
tembre,  confermata  dal  Tribunale  supremo  della  S.  Consulta  il  16  Otto- 
bre scorso;  colla  quale  tre  degli  inquisiti  erano  condannati  a  dieci  an- 
ni  di  ergastolo,  guattro  a  yenti,  due  alia  galera  perpetua,  e  due  altri 
finalmente,  i  nominati  Monti  Giuseppe  soprastante  muratpre,  e  Tognet- 
ti  Gaetano  garzone  muratore,  air  ultimo  suppliziq.  Pei  contumaci  e 
nella  sentenza  stessa  ordinato  di  proseguire  negli  atti.  La  sentenza  ayea 
questa  mane  il  suo  pljinario  effetto  colla  morte  d'  esemplarita,  inilitta 
agli  esecutori  del  terribile  misfatto. 

«  Appena  fu  annunziata  loro  la  sentenza,  ambedue  i  condannati  yen- 
nero  abbracciati  ed  assistiti  dai  Confratelli  di  S.  Gioyanni  Decollate,  e  si 
sono  diyotissimamente  confessati  ad  un  padre  gesuita  e  ad  un  padre 
passionista,  che  si  prestarqno  con  zelo  ammirabile  appena  furono  ri- 
chiesti  dai  condannati  stessi.  Per  prepararsi  alia  comumone ,  assistette- 
ro  ad  una  prima  messa  ed  ascoltarono  la  seconda  messa  della  comu- 
nione,  che  riceyettero  per  yiatico,  con  compunzione  ed  edificazione  di 
tutti  gli  astanti,  dopo  un  commovente  fervor inp  del  sacerdote  celebran- 
te.  Finita  la  messa  della  comunione,  e  ristoratisi  alquanto,  ne  ascolta- 
rono una  terza,  dopo  la  quale  furono  condotti  al  iuogo  del  supplizio. 


I 


CONTEMPORANEA  617 

«  Tutti  due  si  dimostrarono  com  pun  ti,  e  specialmentc  il  Monti,  che  ha 
fatto  chiamare  il  colonnello  dci  zuayi  De  Charette,  e  gli  chiesc  perdo- 
no  pei  danni,  per  Teccidiq  e  per  Toffesa  recata  al  suo  Corpo,  implo- 
rando  il  perdono  di  tutli  gli  zuayi  al  seryizio  della  Santa  Scde.  Altret- 
tanto  ha  fatto  il  Tognetti. 

«  Un  sacerdote  che  lino  all'estremo,  con  tantc  altre  pie  persone,  con- 
forto  i  condannati,  rivolse  dal  palco  di  giustizia  al  numerpso  popolo  al- 
cune  parole  di  cdificazione  siilla  morte  cristiana  dei  pazienti ;  dopo  di 
che  la  folia  commossa  si  ritiro  col  massimo  ordine  e  con  perfetta  tran- 
quillita.  » 

In  tutta  lloma  parlavasi ,  non  senza  gran  commozione,  delle  singolari 
circostanze  ond'era  fatta  eyidente  la  yerace  e  perfetta  conyersione  di 
codeste  due  infelici  yittime  della  perfidia  e  scelleraggine  de'Frammas- 
soni ,  quando  yenne  a  notizia  del  puhblico ,  sull1  Osservatore  Romano 
del  25  Noyembre,  che  un  d'essi,  Giuseppe  Monti,  prima  di  incamminar- 
si  al  luogo  del  supplizio,  oltre  il  suo  testamento,  ayea  consegnato  una 
lettera  scritta  di  sua  mano  al  Santo  Padre ,  pnde  riconoscersi  reo,  implo- 
rare  ancora  una  yolta  il  nerdono  e  la  benedizione  suprema,  e  raccoman- 
dare  alia  paterna  sua  canta  un  suo  figlioletto. 

II  Santo  Padre  riceyette  in  fatti,  dopo  eseguita  la  sentenza,  codesta  let- 
tera; e,  secondando  i  yoti  in  essa  dichiarati  dal  Monti,  yolle  che  si  pubbli- 
casse;  e  percio  noi  siamo  in  grado  di  recarne  qui  il  testo  precise,  tratto 
fedelmente  dalFautografo,  e  copiatp  con  la  stessa  interpunzione  ed  or- 
tografia,  senza  mutarne  sillaba  ne  accento ;  sicche,  riscontrando  quello 
che  noi  qui  pubblichiamo  col  testo  originale  delFautografo,  niuno  possa 
mettere  in  dubbio  V  autenticita  delle  dichiarazioni  del  Monti.  Le  quali 
sono  tanto  piu  opportune  all'intento  di  lui,  di  gioyare  cioe  agli  incauti 
i  quali  fossero  in  pericolo  di  essere  accalappiati  dalla  setta,  in  quanto 
furono  da  lui  scritte  sapendo  di  doyer  porre  il  capo  sotto  la  mannaia,  e 
quando  gia  egli  era  accertato,  come  risulta  dalla  lettera  stessa,  che  sa- 
rebbesi  fatto  cio  che  cgli  steeso  ayea  ordinato,  cioe  che  il  suo  scritto  non 
peryerrebbe  al  Santo  Padre  se  non  dopo  ayer  lui  espiato  colla  morte  il 
suo  delitto. 

Pertanto,  come  chi  conobbe  la  persona  ,  il  modo  di  parlare,  e  la  for- 
ma di  scriyere  del  Monti,  non  puo  mettere  in  dubbio  T autenticita  del- 
T  autografo;  cosi  niuno  puo  sospettare  che  lo  scriyerlo  fosse  un  artilicio 
per  impetrare  grazia;  e  chi  yqrra  meditarne  le  parole  intendera  di  leg- 
geri ,  quanta  ragione  abbiasi  di  confidare  che  V  anima  di  lui,  pienamcnte 
riconciliata  con  Dio,  goda  ora  il  compenso  dell'  ayere  cosi  solennemente 
detestata,  con  la  propria  fellonia,  la  setta  nequitosa  che  copre  di  delitti 
la  misera  Italia.  Ecco  il  testo  della  lettera  di  Giuseppe  Monti. 

Beatissimo  Padre. 

« II  pentito  Gioyane,  Giuseppe  Monti,  natiyo  della  citta  di  Fermo. 
Educate,  da  Pii  e  buoni  Genitpri,  istruito  nella  sua  infanzia  nel  Colle- 
gio,  dei  P.  Gesuiti,  nella  medesima  Citta,  e  guidato  fino  aU'eta  di  circa  IS. 
anni  dal  suo  Confessore,  Religiose  dei  medesimi,  che  Dio  ha  fatto  tro- 

yare  in  Roma  in  questo  terribile  mom  en  to,  espone  come Circa  Teta 

di  anni  24.  si  porto  a  dimorare  in  questa  Dominante,  unito  con  la  sua 
sposa,  Lucia  Casali  Monti  e  meno,  lino  al  1863  :  yita  Cristiana,  medio- 


€18  CRONACA 

eremente  col  Sto  tiinor  di  Dio.  Nell1  anno  medesimo,  gli  fu  dato  di  dover 
conoscere  persone  al  tutto  ignote,  che  stringendoci  leale  amicizia,  non 
sapendo  che  fatale  doveva  riuscirgli ;  quest!  voltatagli  la  Mente,  e  verso 
il  1865:  066 :  sensa  fargli  conoscere  cio  che  faceva,  o  vero  sensa  che 
il  sudetto  penetrasse  in  qual  golfo  andava  a  rompere,  1'agregarono, 
nella  setta  de  Carbonari.  Al  sudetto  pareagli  una  buona  societa.  Ma  pe- 
ro  troppo  tardi  conobbe  la  sua  rovina,  ed'uomini,  che  niillandavano 
Amor  di  Patria,  e  Fratellanza !  Mentre  guesti  stessi,  dopo  di  aversene 
servito  per  eseguire  il  loro  intentp,  traditolo  e  consegnatolo  loro  stessi 
in  mano  al  Carnefice,  onte  salyarsi  loro  dal  giogo  del  Governo  —  Una 
piccola  devozione  fatta  ogni  giorno  alia  Madonna  mi  ha  salvato.  La  let- 
tura  dei  buoni  Libri  fatta  nel  Carcere  mi  ha  risvegliato,  i  sentiment!  dei 
Primi  anni  e  mi  ha  dato  la  ventura,  di  avere  Tant'ico  mio  Confessore,  di 
fargli  la  Confessione  generale,  e  di  comunicarmi  per  le  sue  mani 
il  5.  9bre  1868. 

«  LTumile  esponente  di  vero  cupre  Abiura,  cio  che  a  fatto,  ed'umilian- 
dosi  al  Suo  Trono,  ed'a  suoi  piedi,  dimanda  yeramente  pentito,  e  con- 
trito  perdono,  del  gran  delitto  fatto  a  Serristori,  e  di  tutto  i  suoi  pec- 
cati.  Chiedendo  nell'istesso  tempo  perdono  a  tutto  il  Mondo  intero,  e  a 
tutti  i  Parenti  di  quegrinfelici  che  perirono  a  Serristori. 

«  Pregando  la  Santita  Sua  a  volergli  concedere  in  nome  di  Dio  il  per- 
dono ,  e  TApostojica  Benedizione:  Protestando  ed'abiurando  Tinfame 
setta,  che  con  falsi  pretesti  Tiriganno  a  fare  cio  che  fece.  Pregandola  an- 
cora,  che  quando  il  miserabbile  mio  corpo  sarra  estinto,  voglia  far  co- 
poscere,  il  mio  pentimento  ed'i  miei  sentimenti  in  tutto  runiverso,  col 
mezzo  dei  Giornali,  accio  serva  di  confusione  agii  Infami  Satelliti  nemici 
della  legc  di  Dio  e  della  S.a  Chiesa.  E1  di  esempio  alia  gioventu,  onde 
non  farsi  adescare,  da  cjuesta  iniqua  Congiura  diabolica,  che  non  altro 
contiene,  se  non  infamia,  tradimenti,  ed  effeminatezza.  Serva  ancora 
questa  pubblicita,  in  espiazione  e  penitenza  del  mio  grande  delitto,  di 
aver  mancato  di  rispetto  alia  Santita  vostra  mio  Sovrano  e  Padre,  di 
aver  sacrificato  tante  vittime,  di  aver  portato  il  pianto  e  la  desolazione 
in  tante  famiglie,  e  in  riparazione  di  tutti  gli  scandali  dati  ripeto ;  —  do- 
mando  perdono  a  vostra  Santita,  della  Fellonia  e  Assassinio  da  me  com- 
messo.  lo  ho  gia  d'innanzi  a  due  testimony  chiesto  perdono  e  mostrato 
il  mio  pentimento :  ma  di  nuovo  torno  ad  implorare  da  vostra  Santita 
che  mi  benedica  e  preghi  per  quest1  uomp  che  al  riceverc  di  questa  sara 
passato  alia  eternita  e  protestandomi,  di  pregare  il  Sig.re  Iddio:  per  la 
conservazione  della  Sa  Fede,  Propagazipne  della  Madre  nostra  la  Sa  chie- 
sa,  e  la  Pace  Cattolica,  e  che  congeda  il  Perdono  a  tutti  i  peccatpri  con- 
triti,  che  voglia  tirargli  nel  numero  dei  Beati.  Umilit^ndomi  inanzi  a 
Suoi  Piedi  Dimandp  la  S.a  Benedizione,  per  me  per  i  miei,  desolati  Ge- 
nitori,  e  tutta  la  mia  famiglia,  e  per  tutti  i  fedeli  vivi  e  defunti :  e  mas- 
simamente  per  uno  oggettp,  per  me  il  piu  Sagro,  il  Pargoletto  Giro 
Monti  delVeta  di  circa,  Mesi  venti,  che  ip  glielo  raccomraando.  Bagiando 
I  Suo  Sagro  Piede,  con  vero  dessiderio,  di  nuovo  dimando  Perdono 
Protestandomi  di  vera  Fede. 

«  Uffio  cd  Ubffio,  e  Demo  Figlio  e  suddito,  11  Pentito  di  vero  Cuore. 

Giuseppe  Monti.  » 


CONTEMPORANEA  619 

TCSCANA  E  STATI  AKNESSI  1.  Diinostrazloni  del  repubblicani  coutro  il  Governo, 
per  ranniversario  della  rotta  diMenlana  —  2.  Dispaccio  contro  le  mene 
del  repubblicani  —  3.  Assassinio  di  preti  a  Siena  —  4.  Riaprimento  delle 
Gamere  —  5.  Tenerezza  dei  diarii  ufficiosi ,  e  pratiche  diplomat! che  del 
Governo  in  i'avore  di  due  omicidi  condannati  a  morte  —  6.  Tumult!  e  con- 
flitti  sanguinosi  fra  contadini  e  truppe,  presso  Bologna,  pel  pagamento  d'un 
balzello. 

1.  Quella  falange  della  setta  massonica,  che  si  pregia  di  militare  per 
la  repubblica  sotto  la  direzione  del  Mazzini,  come  ebbe  veduto  riuscire 
si  prosperamente  la  congiura  contro  la  monarchia  nella  Spagna,  senti 
raddoppiarsi  Taudacia  onde  da  gran  pezza  va  scalzandone  le  fondamenta 
anche  in  Italia;  ed  il  suo  capo,  come  per  mettere  in  mo'stra  e  passare  a 
rassegna  le  sue  forze,  diede  un  cenno  alle  sue  associazioni  operaie,  e 
queste  usciro:;o  aH'aperlp,  spiegando  la  bandiera  repubblicana,  in  forma 
d'indirizzi  di  cpngratulazione  agli  Spagnuoli  pel  prqspero  esito  dell'at- 
tentato,  da  cui  era  distrutto  1' ultimo  trono  rimasto  ai  Borboni. 

Gominciarpnp  pertanto,  tin  dai  primi  giorni  del  passato  Ottobre,  a 
stamparsi  nei  diarii  della  setta,  e  furono  fedelmente  ricopiati  eziandio  da 
quelli  del  Governo,  codesti  indirizzi,  i  quali  faceano  adeguato  cpmmento 
ai  bandi  del  Comitato  della  Alleanza  repubblicana  universale,  di  cui  pu^ 
ayersi  bastante  concetto,  leggendone  il  regolamento  ed  il  programma  re- 
citato  anche  wWUnita  Cattolica  del  4  Ottobre.  Ma,  quel  che  piu  e  da 
no  tarsi,  a  parer  nostro,  si  e  la  franchezza  con  cui  la  fazione  repubblicana 
manifesto  certi  suoi  disegni  gia  fatti  nel  1854,  pei  quali  fu  a  un  pelo  di 
avere  sua  complice  ed  ausiliare  niente  meno  che  la  formidable  potenza 
dellp  Czar,  come  risulta  dal  racconto  che  ne  fece  T  Unita  italiana,  diario 
ufficiale  del  Mazzini,  alii  3  Ottobre,  trascrittq  dalla  stessa  Unita  Cattolica 
del  4.  Si  tratto  allora,  secondo  quel  diario,  di  nulla  menp  che  d'una  stret- 
ta  alleanza  fra  la  setta  repubblicana  e  la  Russia ,  per  isterminare  T  Au- 
stria ;  il  che  avrebbe  agevolata  la  stessa  opera  contro  la  Francia  e  la 
Santa  Sede;  no  ilnora  sono  tolti  del  tutto  i  snspetti,  che  uii'altra  grande 
Potenza  monarch ica  abhia  fornito  largamente  di  denaro  i  repubblicani, 
che  abbatterono  la  monarchia  in  Spagna ,  e  stia  pur  soyvenendoli  collo 
stesso  in  lento  in  Italia. 

Da  Geneva  i  capi  deila  Garihalderia  mandarono  a  Madrid  un  indirizzo 
di  plauso  e  di  lieti  augurii ,  con  voti  per  la  repubblica ,  e  il  Mommento 
del  13,  non  omise  di  copiare  altresi  dal  Dovere,  altro  diario  mazziniano, 
delF  11  ,  le  seguenti  parole:  «  Ci  viene  riferito  che  nella  scorsa  notte 
furono  affissi  nelle  strade  della  citta  manifest!  rivoluzionarii  manoscrittir 
incitanti  alia  rivoluzione,  con  allusioni  molto  onorewli  per  Taltissimo 
perspnaggio.  Questa  mane  le  guardie  di  polizia  erano  occupate  a  strac* 
ciarli.  E'  un  segno  dei  tempi!  » 

A  codesto  indirizzo  fa\Y Associazione  dei  recluci  genovesi,  teste  mento- 
Tato,  fece  degno  riscoutro  un  alto  solenne  di  adesione  alia  repubblica, 
pubblicato  in  Torino  dal  Comitato  della  Leg  a  della  pace  e  della  liberta, 
spedito  alia  democrazia  spagnupla,  e  riprodotto  ne«  tfm'fei  Cattolica  del 
16  Ottobre,  insieme  con  un  indirizzo  della  Consociazione  operaia  di  Ge- 
nova  agli  operai  di  Spagna.  I  sensi  espressi  dai  caporioni  della  democra- 


$20  CRONACA 

zia,  sottpscritti  in  quest!  diversi  document!,  dicono  troppo  chiaro  che  a 
monarchia  si  tollera  temporaneamente  in  Italia,  si  percne  non  sono  ai- 
cora  in  pronto  i  mezzi  di  abbatterla,  e  si  perche  si  spera  di  poterne  ai- 
cora  sfruttare  quel  poco  che  le  resta  di  prestigio  e  di  forza. 

Perfmo  un  certo  numero  di  femmine  si  levarono  in  Geneva,  per  ei- 
trare  scopertamente,  novelle  Amazzoni,  nelle  file  repubblicane;  ed  ina 
cotal  Elepnora  Burelli  faceva  pubblicare  dal  Dovere  del  14  Ottobre,  die 
la  ciUadina  Bongioyanni  Carolina ,  rappresentante  del  Comitato  deiiio- 
cratico  femminile  di  Genova ,  faceagli  dono  d'  una  bandiera ,  da  se  rica- 
mata,  rossa,  colla  stella  d' Italia  nel  mezzo,  ed  il  motto:  Viva  V Italia, 
una  e  Roma  capitate!  Lo  stemma  sabaudo  a  poco  a  poco  sparisce  die- 
tro  a  quello  del  Mazzini ;  ed  una  tumultuosa  dimostrazione  repubblicana 
avvenuta  a  Bologna,  e  narrata  dalla  Gazzetta  d' Italia  del  14  Ottobre, 
16,  avrebbe  dovuto  poter  bastare  ad  aprire  gli  occhi  del  Governo,  se 
questp  non  e  volontariamente  cieco.  Ma  e  difficile  giudicare  se  la  sua  ce- 
cita  sia  necessaria  o  volontaria,  attesoche  e  imica  norma  di  politica  pel 
liberali  moderati  il  consigliarsi  solo  colla  utilita  materiale  e  presente  della 
loro  consorteria;  e  questa  ora  sembra  piu  sollecita  di  stare  in  buono  ac- 
cordo  con  la  democrazia,  cbe  non  di  tutelare  la  monarcliia. 

Cio  spiega,  se  non  andiamo  errati,  la  impassibilita  e  pacatezza  mi- 
rabile,  con  che  il  Governo  lascio  moltiplicarsi  ed  organizzarsi  le  squa- 
dre  repubblicane,  disseminate  in  molte  citta  italiane,  e  che  si  disppsero  a 
celebrare  Tanniversario  della  rotta  di  Mentana,  prima  coi  plausi  ai  re- 
pubblicani  spagnuoli,  poi  col  rinnovare  in  forma  solenne  il  giuramento 
che,  o  con  la  monarchia,  o  senza  od  eziandio  contro  la  monarchia,  com- 
pirebberp  Timpresa  di  conquistare  Boma.  Tale  e  il  voto  che  traspare 
dall'indirizzo  agli  Spagnuoli,  riferito  mWUnita  Cattolica  del  21  Ottobrc, 
e  sottoscritto  dai  capi  della  societd  dei  volontarii  di  Torino.  Tale  e  lo 
scopo  che  ebbe  YUnita  italiana  pubblicando  una  lettera  del  Mazzini,  che 
ringrazia  la  societa  dei  volontarii  garibaldini  d'Ancona,  per  gli  onpri  fu- 
nebri  renduti  al  martire  Lupatelli,  insistendo  sul  punto  che  Y  Italia  ora, 
sptto  la  monarchia,  non  ha  che  pnte,  danni  e  vergogne,  ma  non  « voto, 
ne  armi,  ne  liberta  politica  o  religiosa. »  UUnita  Cattolica  del  22  Ottobre 
fece  spiccare  Teloquenza  remibblicana  della  societd  dei  reduci  d'Anco- 
na;  ma  il  Governo,  occupato  in  tiranneggiare  i  clerical!,  non  se  ne  diede 
per  inteso. 

Forse  il  Governo  di  Firenze  si  crede  sicuro  da  ogni  pericolo  grave, 
perche  vede  che  YAlleanza  repubblicana  universale  si  accinge  a  cozzare 
anche  coirimpero  francese,  come  risulta  da  certi  bandi  riferiti  nelYUnita 
Cattolica  del  25  Ottobre;  e  si  ripromette  che  nel  caso  di  aperto  conflittp 
le  baionette  ed  i  chassepots  dei  campioni  deirimpero  non  imiterebbero  i 
fatti  deU'esercito  spagnuolo.  Di  che  aspetta  a  risolversi  in  favore  o  con- 
tro della  democrazia,  dopo  veduto  a  che  approdera  in  Francia  YAlleanza 
repubblicana,  dove  essa  gia  ebbe  divulgato  un  programma  si  truculentp 
e  sanguinario,  contro  Tlmperatore  stesso,  da  disgradarne  i  piu  tristi 
dell'eppca  del  terrore.  Chi  vuol  averne  un  saggio,  pup  vederlp  nella  piu 
volte  citata  Unitd  Cattolica  del  3  Novembre,  che  noi  alleghiamo  come 
quella  che  e  fprse  il  piu  no  to  e  piu  letto  tra  i  buoni  giornali  italiani. 

Disponeansi  intanto  i  repirbblicani  a  fare  cmalche  colpo  maestro  il  di  3 
Novembre,  sotto  pretesto  di  rendere  omaggio  ai  loro  commilitoni  caduti 


CONTEMPORANEA  621 

a  Mentana ,  ma  in  realta  per  tentare  il  Governo ,  ed  assicurarsi  se  lasce- 
rel)be  fare  o  reprimerebbe.  Parecchi  del  caporioni  garibaldescbi  dissuase- 
ro  la  marmaglia  dclla  setta  dal  cimentarsi  a  quella  prova,  conoscendone  la 
presente  inutilita  e  fors'anche  il  pericolo.  Altri  vollero  persistere;  ma  si 
contentarono  di  far  processioni  funebri,  come  a  Geneva,  ed  a  declamare  in 
loro  stile  certe  furibonde  tirate,  che  riuscivano  a  rinnovare  il  giuramen- 
to  di  vendicare  quella  disfatta.  A  Firenze  parye  che  volesscro  fare  alcuna 
cosa  di  piu.  Grosse  bande  di  ribaldaglia  e  di  monelli  tentarono  di  met- 
tere  a  rumore  la  citta  nelle  sere  del  3  e  del  4.  Ma  una  pronta  e  vigorosa 
repressione  militare  costrinse  i  sediziosi  a  spulezzare ;  ed  alcime  carce- 
razioni  a  mmonirono  i  piii  temerarii ,  che  per  questa  volta  il  Governo 
non  era  m  liberta  di  ripetere  la  scena  di  commedia,  gia  recitata  nel  Set- 
tembre  e  neirpttobre  del  1867  col  Garibaldi. 

La  cosa  dispiacque  tuttavia  ai  Garibaldini,  che  pei  loro  giornali  esage- 
rarono  enqrmemente  quella  repressione,  adoperando  a  tal  effetto  il  pre- 
ciso  frasario  e  le  arti  stesse  che  i  diarii  del  Governo,  come  la  Nazione, 
V Opinions,  la  Perseveranza  e  simili,  sogliono  praticare  contro  il  Governo 
pontiiicio.  Di  che  sdegnata  la  Nazione,  del  7  Novembre,  usci  fuora  con. 
la  seguente  ironica  difesa  dei  suoi  padroni,  senza  accorgersi  che  cosi  sere- 
ditava  la  sua  propria  mercanzia. 

« II  corrispondente  fiorentino  della  Gazzetta  di  Milano,  sempre  bene 
informato,  ci  rimprovera  di  aver  fatto  gli  indiani,  sopprimendo  nella  Cro- 
naca  la  storia  vcra  ed  imparziale  dei  fatti  avvenuti  in  Firenze  la  sera 
del  3  del  corrente.  E  noi  emendiamo  il  fallo,  raccogliendo  dalla  scrupolo- 
sa  descrizione  fatta  dal  detto  corrispondente  quanto  avevamo  omesso. 
-  Tutti  i  negozii  prima  delle  ore  8  erano  chiusi  in  Firenze.  Sembra  mo- 
struoso  o  inverosimile,  ma  e  vero,  che  il  Governo,  sapendo  come  i  dimo- 
stranti  si  recavano  al  palazzo  liiccardi,  intercelto  loro  le  comunicazioni ; 
vero  Govcrno  bisantino,  dice  con  felice  epiteto  la  Gazzetta  del  Popolo 
di  Torino.  —  /  questurini  e  gli  agenti  assalirono  alle  spalle  il  popolp, 
e  piu  di  13,000  furono  le  persone  urtate  e  risospinte  (sic)  dalle  guardie. 
—  Aggiungeremo  poi,  raccogliendolo  dalle  notizie  che  ci  fornisce  il  fede- 
le  corrispondente  del  giornale  milanese,  che,  oltre  la  truppa  la  quale  ac- 
campava  fuori  la  porta  san  Niccolo  fino  dal  %9  Seltembre,  alcune  com- 
pagnie  di  carabinieri  stanziavano  la  mattina  del  3  nel  cimitero  di  san 
Miniato,  e,  custodendo  i  cancelli  chiu-si,  che  si  veggono  nella  spianata : 
ma  che?  alle  II  antimeridiane  4000  persone,  veri  acrobatici  a  quanto 
pare,  sallarono  quei  cancelli ,  precedendo  i  due  drappelli  che  erano  pre- 
cedati  da  2  bandiere.  —  E  questo  e  proprio  storia. 

«  E  poiche  siamo  in  via  di  rettificazioni,  attingendo  il  vero  dal  corri- 
spondente fiorentino  della  Unita  Italiana,  compiremo  la  genuina  descri- 
zione di  quella  giornata,  annunziando  «  che  reggimenti  intieri  di  linea, 
battaglioni  di  bersaglieri,  squadroni  di  cavalleria,  legioni  di  reali  cara- 
binieri (per  obi  non  lo  sapesse  pgni  legione  conta  alrneno  15000  tiomini) 
hande  di  poliziotti,  sbucarono  improvvisamente  verso  la  sera  da  tutte 
Je  parti  pcrcprrendo  fanfara  in  testa,  niente  meno  che  a  baionette  spia- 
natc  le  vie  piii  centrali  e  popolose.  »  —  E  sapete  che  effetto  fece  que- 
sta  carica  di  intieri  reggimenti?...  chiamo  la  gente  nelle  vie  e  provoco 
la  curiosita,  la  folia  assunse  aspetto  di  assembramenti  e  si  eruppe  in 
grida  di  abbasso,  fra  le  quali  Evviva  la  Repubblica !  E  ci  sembra  che 


CHONACA 

basti  per  ora.  »  Al  leggere  queste  cose,  ci  panre  proprio  che  fosse  co- 
piata,  col  solo  caiigiameutp  di  qualche  nome,  vina  delle  cento  e  cento  cor- 
rispondenze  romane,  fabbricate  e  pubblicate  dalla  Nazione,  per  descrive- 
re  i  furori  del  popolo  romano,  e  le  atrocita  del  Governo  pontificio. 

2.  Tuttayia  sembra  che  il  Goyerno  cerchi  pure  qualcbe  modo  di  ri- 
mettere  la  museruola  alia  fiera,  ed  a  tal  fine  non  rifugge  da  certi  mezzi 
che  non  sappiamo  quanto  siano  cpstituzionali,  e  che  adoperati  dal  Go- 
verno pontiticio  contro  libri  osceni  o  sovvertitpri  d'pgni  principio  sociale 
o  religioso,  sarebbero  dai  suoi  diarii  qualiticati  per  tiranneschi.  Tale  e  il 
seguente  dispaccio  telegrafico  ai  Prefetti  contro  il  catechismo  repubbiica- 
no,  spedito  dal  sig.  Gerra,  segretario  generale  del  Ontelli  ministro  so- 
pra  gli  aifari  interni. 

«  Firenze,  24  Ottobre.  Prefetti  Regno.  Per  norma  ed  occorrenti  dis- 
ppsizioni ,  ayyerto  che  giudice  istruzione  Firenze  con  prdmanza  ieri  or- 
dina  sequestro  tutti  esemplari,  qualun([ue  luogo  siasi  si  troyino,  ed  an- 
cora  ufficio  postale,  del  libercolo  teste  clandestinamente  stampato  con 
titolo :  Catechismo  del  rivoluzionario  rcpubblicano  democraiico-sodali- 
sta,  che  comincia  —  Quale  prime  delitto  deH'aomo  —  si  finisce  —  La, 
rivoluzione  mondial?.  Firmato  :  Gerra.  » 

3.  A  noi  sembra  naturalissima  la  paura  che,  a  forza  di  studiare  il  ca- 
techismo rcpubblicano,  la  plebe  ne  possa  gustarc  i  prmcipii,  e  voler 
dayycro  essere  sovrana;  il  che  non  tornerebbe  a  conto  della  consorteria 
dei  liberali  moderati.  Ma  questi  non  capiscono  che,  doye  si  tiranneggia 
la  Chiesa  e  il  clero,  e  si  yihpende  quanto  insegna  il  catechismo  cattoli- 
co,  dee  di  necessita  piacere  il  catechismo  repubblicano  e  prpdurre  i  suoi 
frutti;  come  e  fruttp  della  libera  parola  del  Garibaldi,  il  quale  aizza 
ognora  i  suoi  masnadieri  a  pur g are  V Italia  dalla  sozzura  pretina,  1'as- 
sassinio  de'preti.  E]  se  n'ebbe  troppo  chiara  la  dimostrazione  in  un  fatto 
avyenuto  a  Siena,  la  sera  del  6  Novembre,  quale  saggio  della  vendetta  di 
Mentana.  Due  sacerdoti,  un  Sinibaldi  ed  un  Dpnati,  furono  pugnalati  da 
tre  scherani  garibaldini,  si  che  Timo,  il  Donati,  soprayvisse  appena  sei 
ore,  Taltrp  fu  in  gravissimp  pericplp  di  morte.  Erano  due  virtuosi  ecclc- 
siastici,  alieni  da  ogni  partitp  politico,  si  che  il  loro  assassinio  desto  or- 
rore  in  tutta  la  citta,  come  risulta  da  quanto  ne  scrissero  i  diarii  stessi 
de' Frammassoni ,  e  che  noi  trascriyiamo  dal  n.°  316  fo\V  Opinione ,  non 
sospetta  certamente  di  troppa  tenerezza  pei  preti. 

«  Ecco,  scriye  il  Libero  Cittadino  di  Siena  del  22,  maggipri  raggua- 
gli  sulP  assassinio  dell'  infelice  Donati  e  sul  tentato  assassinio  dell1  altro 

Erete  Sinibaldi.  Non  fu  in  via  di  Termini,  come  annunziammo,  che  il  de- 
tto  fu  commesso,  ma  precisamente  in  piazza  Tolomei,  appie  della  scala 
della  chiesa  di  S.  Cristoforo,  all'  imbpcco  di  via  del  Moro.  I  feriti  si  tra- 
scinarono  nella  vicina  via  dei  Termini,  per  indirizzarsi  forse  allo  speda- 
le,  e  fu  in  quella  via  che  il  Donati  svenne  e  fu  soccorso  da  qualcunp  che 
passava.  L'ora  era  tarda  e  le  vie  erano  quasi  deserte  per  la  pioggia.  11 
Donati  riporto  2  ferite  (la  terza  gli  perforo  soltanto  la  veste).  Di  quellc 
Tuna  gli  jperfpro  da  parte  a  parte  un  polmone,  V  altra  poco  manco  non 
grinvestisseilcuore.il  compagno  del  Dpnati  riporto  una  sola  ferita  e 
siamo  lieii  di  annunziare  che  ora  e  fuori  di  pericolo.  Per  non  intral- 
ciare  il  corsp  di  giustizia  ci  asteniamo  dal  dare  altre  notizie,  ed  in  specie 
quelle  che  riguardano  gli  autori  di  si  inaudito  misfatto.  Quel  che  sem- 


CONTEMPORANEA  623 

l)va  certo  pero  si  e  die  T  omicidio  fu  commesso  per  spirito  di  brutale 
malvagita,  e  che  la  polizia  ha  gia  tanto  in  mano,  da  poter  dare  in  breve 
alia  societa,  in  cosi  grave  modo  offesa,  quella  soddisfazionc  che  giusta- 
mente  reclama.  Lunedi  il  cadavere  del  povero  Dpnati  fu  associate  dai 
fratelli  deirarciconfYatemita  della  Misericordia,  di  cui  era  vice-cappella- 
no,  ed  assisteva  al  corteo  funcbre  nna  rappresentanza  degli  ufficiali  di 
quella  bcnemerita  associazione.  —  II  Donati  lascia  una  madre  ed  una 
famiglia,  di  cui  era  Tuuico  sostegno.  —  Nel  clero  senese  il  Donati  era 
esempio  di  vita  morigerata  e  fra  quei  pochi  sacerdoti  che  attendevano  al 
loro  ministerp  senza  occuparsi  in  alcun  modo  di  politica.  » 

Una  societa  in  cui  da  una  parte  gli  uni  sono  licenziati  ogni  giorno  a 

E  medicare  1'assassinio,  come  fanno  il  Garibaldi  e  gli  scrittori  delle  sue 
ittere  contro  i  preti,  e  gli  altri  sono  dalla  indifferenza  o  dalla  inettezza 
dell'autorita  lasciati  senza  difesa,  puo  ella  tal  societa  sostenersi,  mentre 
vanno  cosi  in  rovina  tutti  i  principii  fondamentali  d'ordine  e  di  convi- 
venza  civile? 

4.  Ma  i  liberali,  massime  poi  quelli  che  si  piccanp  di  essere  moderali, 
hanno  in  pronto  per  cotali  rovine  un  riparo  saldissimo,  un  puntello  che 
le  sostiene  infallihilmente,  e  che  nel  concetto  loro  basta  a  tutto ;  ed  e  il 
cbiacchierio  d'un  certo  numero  di  liberali  in  una  sala  arredata  con  infi- 
nito  lusso,  e  dove  si  gipstra  con  grande  maestria  di  artitlzii  per  rubarsi 
Tun  Tallro  i  portafogli  del  Ministero,  e  si  decretano  balzelli  sopra  bal- 
zclli  ai  popoli  heatificati  della  liberta  di  udire  le  ciarle  dei  loro  Deputati. 

Un  Decreto  reale  del  5  Novembre  riconvoco  pel  24  di  questo  mese  le 
Camere  che,  con  altro  decreto  del  24  Agosto,  erano  state  prorogate.  E1 
dunque  riaperta  Tarena,  dove  scenderanno  a  caracollare  e  menarsi  colpi 
da  valenti  schermidori  i  Menabrea,  i  Rattazzi,  i  Cambray-Digny,  i  Cri- 
spi,  i  Mordini  ed  altri  cotali  cavalieri  della  rivoluzione  cosmopolita.  Do- 
po  che  si  saranno  tra  loro  ben  esercitati  nel  mestiere,  si  daranno  un  ba- 
cio  in  fronte,  sederarmo  allo  stesso  desco,  mangerannp  ad  un  tagliere, 
ed  i  popoli  pagheranno  le  spese  dei  festino.  Si  cangino  o  no  i  Mini- 
stri  risponsabili,  tale  e  sempre  il  frutto  piu  saporoso  deiralbero  della  li- 
berta: s'ingrassano  i  rappresentanti  e  Ministri,  e  vanno  in  rovina  i 
p:poli. 

5.  II  re«to  della  sesslone  del  1868  pare  che  debba  riuscire  assai  tem- 
pestoso  pel  Ministero  preseduto  dal  Menabrea ,  contro  del  quale  sonosi 
collegati  i  malcoutcnti  delle  varie  fazioni,  in  cui  suddividesi  la  Frarn- 
massoneria  democratica.  !)i  null'altro  pare  che  si  ])Hghino  costoro,  ma 
pur  di  ahhattere  il  Menabrea,  cui  dpvrebbe  sottentrare  o  il  Rattazzi,  o 
qualche  altro  anche  piii  ardito  di  lui  e  piu  sperto  nelVarte  di  mutar 
•casacca  dalVazzurro  al  rosso,  ad  ogni  voltare  di  yentp.  Tutto  vale  di 
mezzo  nelle  mani  di  codes ta  genia,  per  oppugnare  il  Ministero ;  e  perfi- 
np  gli  rocano  a  colpa  di  nqn  aver  saputo  o  potuto  strappare  dalla  giu- 
Mizia  del  Governo  pontificip  alcuni  assassini. 

A  tutti  e  noto  con  quali  sensi  di  profonda  ed  universale  esecrazio- 
nc  siano  stati  apprezzati  dal  mondp  civile  i  procedimenti  garibaldeschi 
nella  invasione  del  territorio  pontificio,  ed  i  nefandi  attentati  con  che 
la  setta,  sussidiata  daH'oro  e  coperta  dalla  protezione  del  Governo  di  Fi- 
renze,  si  provo  di  simnlare  una  rivoluzione  dei  Rqmani  contro  il  Papa. 
Ora,  ad  accattarsi  favore  o  tolleranza  presso  i  Garibaldini,  il  Governo  di 


624  CRONACA 

Firenze  non  rifuggi  nemmenp ,  se  e  vero  quanto  spacciano  i  suoi  diarir 
ufficiosi ,  dair  eccesso  di  professarsi  protettore  diplomatico  cli  codesti 
assassin! . 

I  principali  architetti  e  direttori  di  quell  e  scelleratezzc,  salvatisi  colla 
fuga  o  con  mezzi  obbrobriosi,  pra  seggono  in  Parlamento,  come  il  Fran- 
cesco Cucchi  da  Bergamo,  ed  il  Guerzoni,  onorevoli  Deputati,che  inRo- 
ma  capitanayano  gli  scherani  raccoiti  da  tutte  le  parti  d' Italia  e  qui  man- 
dati  a  rapprescntare  il  popolo  romano,  con  prpmessa  di  aver  libere  le 
mani  ad  una  giornata  di  saccheggio  e  di  stragi ;  ovyero  vestono  le  di- 
Tise  di  ufiiciali  nel  regio  esercito ,  come  im  Giulio  Silvestri ;  molti  altri 
campano  degli  stipendii  percio  dati  loro  dal  Goycrno.  Ma  alcuni  degli 
immediati  esecutori  di  que' misfatti  non  si  sottrassero  a  tempo,  furono- 
consegnati  ai  Magistral!  ordinarii  e  competent,  e  condannati  a  tenorc 
delle  leggi.  Tra  i  delitti  piu  orribili  la  storia  registrera  ccrto  (juello  della 
mina,  che  neirintento  del  Cucchi  e  de'suoi  complici,  dovea  far  crollare 
tutta  la  caserma  di  Serristori,  e  schiacciare  sotto  le  sue  rovine  piu  cen- 
tinaia  di  quel  fior  di  prodi  clie  sono  gli  Zuayi  pontiticii.  Iddio  attenuo 
gli  effetti  di  quel  delitto,  e  sole  34  furono  le  vittime  Ira  le  moltissime 
piu  destinate  al  macello  da  cjuegli  onorevoli  assassini.  Dei  settarii ,  cbe 
prestarono  a  cio  T  opera  diretta  ed  efficace ,  due  furono  condannati  a 
morte.  Or  ecco  quello  che  sopra  questi  sciagurati  leggevasi  neir  Opinio- 
ne,  diario  del  Ministero,  nel  n.  323,  del  20  Novembre. 

«  Le  LL.  AA..  RR.  il  principe  e  la  principessa  di  Piemonte  partiranno 
domani,  sabato,  alia  yolta  di  Napoli,  pigliando  la  strada  di  Foggia,  afti- 
ne  di  evitare  di  passare  per  Roma.  Questa  determinazione  dei  principi, 
che  aumenta  gl  incomodi  del  yiaggio,  sensibili,  specialmente  per  la 
gioyane  principessa,  fu  consigliata  da  un  pensiero  di  convenienza  e  di 
delicatezza.  Era  stato  annunziato  che  il  Santo  Padre  ayeva  fatto  grazia 
della  yita  ai  due  condannati  per  lo  scoppio  delle  mine  della  caserma  Ser- 
ristori. Questa  notizia  non  solo  non  e  stata  confermata,  ma  si  sa  ufficial- 
inente,  che  finora  la  grazia  non  e  accordata,  e  che  si  fanno  premure  per 
indurre  il  Papa  a  riliutarla.  Si  e  per  questa  incertezza  sulla  sortc  dei 
due  condannati,  ed  anche  per  eyitare  qualsiasi  dimostrazione  che  po- 
tesse  essere  cagione  di  nuoye  insistenze  degli  avversarii  della  grazia, 
che  i  principi  hanno  scelto,  per  recarsi  a  Napoli,  una  yia  piu  lunga  e 
disagiata.  »  Di  qui  niuno  e  che  non  debba  interire,  che  il  principe  Um- 
herto,  e  la  principessa  Margherita,  erano  talmente  accesi  di  desiderio  che 
fosse  fatta  grazia  della  yita  a  que1  due  sciagurati,  che,  per  timpre  di  re- 
caryi  ostacolo,  preferirono  gravi  disagi.  Per  poco  quel  Principe  non  e 
detto  complice  de1  condannati ! 

Ma  troppo  piu  che  la  Opinione  si  rendette  colpeyole  di  talc  oltraggio 
ai  Reali  di  Savoia  la  Nazione  del  22  Noyembre,  la  quale  voile  ricalcare 
loro  in  faccia  quell1  impronta,  aggiungendovi  anche  una  nuoya  dimostra- 
zione della  complicita  dal  Governo  di  Firenze  negli  ^attentati  del  22  Ot- 
tobre  1857  in  Roma.  Ecco  le  parole  della  Nazione. 

«  Gli  insistent!  ufficii  fatti  dal  Governo  italiano,  col  mezzo  della  diplo- 
miazia  estera,  a  favore  degli  infelici  Monti  e  Tognetti,  condannati  dal  tri- 
bunale  di  Roma  alia  pena  capitale,  non  sortirono  quell1  esito  che  si  aveva 
tutte  le  ragioni  d1  attendere.  La  reazione  europea,  rappresentata  in  Ro- 
ma dai  piu  inesorabili  fra  i  suoi  capi,  esigeva  almeno  una  vittima  e  Tot- 


CONTEMPORANEA  G25 

temie.  Abbiamo  pur  troppo  la  dolorosa  notizia  die  il  Papa,  dopo  lungbe 
esitanze,  ha  accordata  la  gra/ia  ad  uno  soltanlo  del  condannati,  e  ratifi- 
cato  la  sentenza  a  carico  deiraltro.  Per  V  esecuzione  crasi  con  raffinata 
nequizia  scclta  appunto  T  ora,  nella  quale  i  RR.  Principi  dovevano  giun- 
gere  alia  stazione  di  Roma  diretti  a  Napoli.  Di  cio  informato  il  nostrp 
(jOYernp  consiglio  alle  LL.  AA.  RR.  di  prendere  la  Yia  di  Foggia,  evi- 
tando  di  toccare  il  territorio  pontificio,  e  cosi  si  fara.  II  fatto  non  ha  bi- 
sognodi  commenti. 

«  II  GoYcrnp  romano  si  propose  eyidentemente  lo  scono  di  suscitare 
il  giusto  nsentimento  degli  Italiani,  di  rinfocolare  le  passioni  popolari  c 
di  recar  imbarazzi  al  Govcrno  del  Re.  Ma  non  riescira:  il  senno  e  il  pa- 
triottismo  del  paese  non  si  lasceranno  sorprendcre,  e  il  nuovo  sangue, 
cbe  oggi  il  Papato  temporale  pone  fra  se  e  1' Italia,  non  fara  che  affret- 
tare  lo  scioglimento  della  grande  questione.  » 

Al  leggere  questa  nota,  pubhlicata  a  grossi  caratteri,  piu  che  inde- 
gnazione  per  le  falsita  in  essacontenute;  piu  che  orroredel  perYertimen- 
to  morale  onde  si  guarda  con  tanta  tenerezza  di  compassione  chi  si  ren- 
clette  reo  di  si  enorme  misfatto;  piu  che  ribrezzo  per  le  scellerate  insi- 
nnazioni  contro  il  Pontefice,  come  se  fosse  zimbellp  di  partigiani  astiosi,  e 
contro  il  GoYerno  romano;  piu  di  tutto  questo  ci  invaseT  animo  un  sen- 
so  di  profonda  e  sincera  commiserazione  per  rpiella  augusta  Casa  di  Sa- 
Yoia,  i  cui  antenati  riftilsero  gia  di  tanta  gloria  in  tutta  Europa,  ed  i  cui 
eredi  vedevamo  ora  cosi  ritratti,  dai  giprnali  del  proprio  loro  Gpyerno, 
pocp  meno  che  in  semhianze  di  complici  e  protettori  di  assassini  con- 
fessi  e  corrvinti !  Qual  e  dunque  il  gran  peccato,  per  cui  codesta  Casa, 
che  pur  diede  piu  Santi  alia  Chiesa  ed  al  cielo,  ora  debba  essere  tanto 
Yituperata  da  cost  ignominiosi  seryitori,  che  osanp  pubblicamente  impu- 
tare  al  Principe  ereditario  una  specie  di  solidarieta  cogli  scherani  d1  un 
Cucchi  e  d'  un  Guerzoni  ? 

Che  poi  il  GoYerno  di  Firenze  abbia  impiegato  gli  insistenti  ufficii  della 
sua  diplomazia,  per  salYare  dalla  meritatapena  i  suoi  prezzolati  assassi- 
ni, non  fa  meraviglia;  e  poiche  la  Nazione  lo  dice,  npi  non  abbiamo  ra- 
gione  Yeruna  di  negarle  fede  a  questo  proposito.  Osiamo  quasi  dire  che 
a  lui  ne  correva  un  doYere.  Non  erano  forse  que1  condannati  gli  istru- 
menti  dei  Cucchi,  del  Guerzoni,  dei  Perfetti,  dei  SilYestri  e  consorti,  i 
cruali  alia  loro  yolta  eranp  esecutori  dei  disegni  fatti  col  Rattazzi,  presi- 
dente  del  Consiglio  de'Ministri  e  capo  del  GoYerno  di  Firenze?  E  se  an- 
che  non  avesse  ceduto  a  tal  sentimento,  il  Menabrea  dovea  pur  curare  il 
suo  interesse  (che  e  Tidolo  dei  liberali  moderati]  cercando  di  rabbonire  il 
partito  d'  azione  coll1  assumere  le  difese  de'suoi  sicarii.  Fin  qui  tutto  e 
in  regola.  Ma  che  la  diplomazia  straniera  siasi  aYYilita  a  segno  di  farsi 
niezzana  di  codesti  insistenti  ufficii,  questa  e  cosa,  non  pure  falsa,  ma 
impossibile  ed  assurda.  Citi  la  Nazione,  se  pup,  quali  furonp  codesti 
diplomatici  stranieri,  che  a  suo  dire,  non  rifuggirono  da  tale  infamia! 
Noi  siamo  in  grado  di  aflfermare  che  T  interYento  della  diplomazia  stra- 
uiera  non  e  che  una  pretta  iiwenzione  del  diario  ufficioso  di  Firenze,  come 
fu  sua  pretta  invenzione,  intesa  ad  aizzare  i  furori  de'Garibaldini,  quella 
per  cui  afTerm6  che,  per  eseguire  la  sentenza  di  morte,  si  fosse  ad  arte  fis- 
sato  il  giprno  in  cui  il  principe  Umbertp  sarebbe  passato  per  Roma.  I  dia- 
rii  del  Ministero  di  Firenze  mtorno  a  cio  mentiYano,  sapendo  di  mentire. 

Serie  VII,  wl.  IV,  fasc.  449.  40  28  Novcmbre  1868. 


C26  CRONACA 

A  meglio  chiarire  T  enormezza  della  ribalderia  cosi  perpetrata  da  co~ 
desti  moderati,  basti  accennare  che,  dato  da  essi  il  tono  della  musiea,  tut- 
to  il  codazzo  del  giornalacci  liberali  d'ogni  tinta  si  sfiato  in  esagera- 
re  vie  Deggio  le  imposture  e  le  calunnie  inventate,  a  servigio  del  Ga- 
ribaldini,  dai  portavoce  de1  moderati ;  onde  il  furore  di  codesti  ener- 
gumeni  tocco  il  colmo  del  parossismo.  Non  e  qui  luogo  dl  trascrive- 
re  quel  die  stamparqno  percio  la  Riforma,  il  Diritto,  e  gli  altri  della 
stessa  setta.  Ne  ci  cagiono  senso  alcuno  di  meraviglia  che  questi  si  sve- 
kiiissero  coatro  la  ferocia  papale,  contro  le  icne  sitibonde  di  sanyue, 
per  quello  che  essi  dicono  oltraggio  alia  civilta,  cioe  pel  castigo  di  due 
loro  complici  nel  meditato  assassinio.  Nel  loro  codice  sta  scritto  che 
Jion  e  da  fare  distinzione  tra  i  mezzi,  piirche  servano  al  line;  e  che 
quando  questo  fine  e  politico,  cioe  per  gli  interessi  della  Frammasso- 
neria,  il  furto  non  e  furto,  la  rapina  non  e  rapina,  T^ssassinio  non  c 
assassinio,  ma  ogni  scelleraggiiie  anzi  e  da  levarsi  a  cielo  come  opera 
santa. 

Sibbene  uon  sappiamo  con  quali  termini  si  possa  adeguatamente  qua- 
lillcare  la  condotta  dei  moderati,  e  dei  loro  diarii,  quali  sono  la  Perse- 
veranza,  la  Nazione,  YOpinione  e  simili,  quando  si  fingoiio  inorriditi  del- 
la  condanna  c  della  pena,  di  cui  furono  colpiti  gli  sciagurati  che,  per 
obbedire  agli  ordini  e  per  iscampare  alle  minacce  d'un  Francesco  Cuc- 
chi,  deputato  al  Parlamento  italiano,  d'un  Giulio  Silvestri,  ufficiale 
dell'  esercito  italiano,  d1  un  Perfetti  e  d1  altri  cotali,  commisero  un  ese- 
crando  delitto.  onde  furono  morte  26  persone,  e  colpite  non  meno  di  34. 

Ne  vale  il  dire  che  questi  furono  strumenti  secondarii,  e  che,  se 
yanno  impuniti  i  principal!  che  disegnarono  il  delitto,  doveano  trovar 
mercc  quelli  che  lo  eseguirono,  siccome  men  colpeyoli.  Chi  cosi  par- 
la,  disconosce  o  rinnega  i  piu  vdlgari  principii  delle  leggi  penali  di  tut: 
ti  gli  Stati,  compreso  il  Regno  d' Italia;  tanto  piu  che,  se  i  Cucchi  ed  i 
(juerzpni  vanno  irapuniti,  e  solo  in  virtu  dell'egida  onde  essi ,  capi  di 
•assassini,  sono  coperti  dal  Governo  italiano,  e  dalle  200,000  l)aionet- 
le,  colle  quali  questo  pu6  difendere,  come  le  sue  rapine,  cosi  le  sue 
iniquita. 

Ancora  meno  possono  i  moderati  allegare  la  qualificazione  di  reato 
politico  per  attenuare  la  enormezza  del  misfatto.  Se  essi  avessero  sen- 
so di  pudore,  non  che  di  probita,  si  sentirebbero  strozzare  la  parola  in 
Locca,  prima  di  poter  biasimare  una  pena  qualsiasi  inflitta  per  tali  rca- 
ti  politici!  E  che?  non  sono  essi  che  diedero  pieni  poteri  ai  Pinelli 
ed  ai  Fumel,  perche  dovessero  spffocare,  nelle  stragi  e  nel  sangue  di 
centinaia  e  migliaia  d'uomini,  ogni  reazione  politica  contro  Tusurpazione 
piemontese  del  regno  di  Napoli?  Dalle  macerie  fumanti  di  Pontelan: 
dolfo  e  di  Casalduni  non  si  levarono  forse  a  gridar  vendetta  le  voci 
delle  centinaia  di  vittime  barbaramente  trucidate  per  un  sollevamento 
politico  di  quelle  borgate,  messe  percio  a  ferro  e  fuoco?  E  come  osano 
Pcirlare  di  vittime  coloro  che  sancirono  le  leggi  del  Pica,  e  che  le  ap- 
plicarono  con  barbaric  peggio  che  da  turchi  ?  Essi  appellano  delitto  la 
pena  legale  di  due  sciagurati,  rei  di  26  omicidii  in  un  colpo  solo;  e 
dimenticano  che  essi  faceano  fucilare  a  10  ed  a  15  per  volta,  senza 
processo,  senza  giudizio,  senza  sentenza,  senza  aiuti  religiosi,  i  miseri 
che,  per  difendere  la  causa  del  legittimo  re  Francesco  II,  erano  ap- 


CONTEMPORANEA  627 

pellati  briyanti?  Chi  non  ricorda  i  macelli  del  compagni  del  Borjes  e 
di  quel  fiorc  di  nobilta  die  era  il  giovane  belga  marchese  Alfredo  di 
Trazigaies? 

Ma  pogniamo  chc  domani  gli  autonomist  siciliani  ( i  quali  hanno  per 
lo  meno  sullaloro  patria  quel  diritto,  die  il  Governo  di  Firenze  coi  degiii 
suoi  satelliti,  i  Cucchi  ed  i  Guerzoni,  pretendono  su  Roma)  tramassero 
contrq  il  Governo  di  Yitlprio  Emmanuele,  per  iscuoterne  il  giogo,  un 
millesimo  di  quello  che  gli  onorevoli  assassini,  che  seggono  nel  Parlamen- 
to  di  Firenze,  fecero  compiere  qui  in  Roma;  pogniamo  che  per  riuscirvi 
prezzolassero  due  popolani  e  facessero  cosi  scoppiare  con  le  mine  una 
Caserma  di  bersagiieri:  con  qua!  norne  si  chiamerebbe  a  Firenze,  dai  mo- 
derati  della  "'azione  e  dell1  Opinione,  tal  fatto?  Come  si  vorrebbero  da 
essi  traltati  i  colpevoli?  Risponde  troppo  chiaro  la  strage  ed  il  bombar- 
clamcnto  di  Palermo,  cfiiandq  questa  si  sollevo  nel  Settembre  del  1866;  e 
rispondono  le  centinaia  di  vittime  allora  sgozzate.  E  costpro  si  levanq  ad 
esecrare  la  Magistratura  romana,  perche  dono  un  anno  di  tempo,  laseiato 
larghissimo  campp  alle  difese,  messa  in  soao  la  reita  dei  colpevoli  con- 
fessi  e  convinti,  li  ebbe  colpiti  della  meritata  pena? 

Laonde,  non  solo  fa  orrore,  ma  mette  schifo  codesta  ribalda  genia  dei 
vtioderaii,  quando,  cqlle  man!  ancora  grqndanti  del  sangite  non  di  cento, 
ma  di  mille  c  mille  vittime,  latte  assassinare  nel  solo  reame  delle  Dne 
Sicilie,  prorompe  in  parole,  quali  sonole  seguenti,  stampate  ndYOpinio- 
ne  del  23  Novembrc.  «  II  tetegrafo  ci  reca  la  nptizia  che  Monti  e  To- 
gnetti  furono  decapitati  stamattina  a  Roma.  Noi  vorremmo  poter  cre- 
dere ancora,  che  la  Corte  pontiiicia  non  abbia  commesso  un  atto  che  sarel> 
be  un  crrore,  non  meno  che  uti efferata  bartarie...I\  Governo  del  Papa 
ayrebbe  voluto  provare  all1Europa,  che  esso  e  tanto  piit  crudele,  quanto 
piu  si  sente  debole  c  prossimo  alia  sua*fine?  »  Ma,  sia  lode  a  Diol  code- 
sti  furori  della  selta  perversa  hanno  almeno  un  lato  buono;  ed  c  di  met- 
tere  sempre  meglio  in  e\7idenza  la  complicita  della  setta  dei  moderati  con 
quella  dei  mazziniani  nelle  sacrileghe  nefandezze,  onde  Roma  fu  scon- 
volta  Tanno  passato.  L'avvenire  poi  di  Roma  e  della  Corte  di  Roma,  che 
essi,  quasi  minacciando  vendette  e  rappresaglie  per  la  morte  di  quei  due 
condannati,  rappresentano  gia  abbandonata  alia  loro  merce:  TaYvenire 
sta  nelle  niani  di  Dio,  ne  qui  si  teme  d'essere  abbandonati  da  Dio. 

6.  Y1  ha  tuttavia  una  circostanza  che  rende  viepiu  esecrabili  codesti 
liberali  moderati;  ed  e  che  nel  giorno  stesso,  in  cui  essi  si  levarono  a  fu- 
rore coiitro  il  Santo  Padre,  perche  avea  laseiato  libero  corso  alia  giusti- 
zia  dccretata  con  tanta  ponderazione  dalla  Magistratura,  in  quel  giorno 
stesso  sotto  le  mura  di  Bologna,  le  autorita  politiche  e  militari  del  regno 
dltalia,  per  riscuotere  il  balzello  d'un  maiale,  metteano  alia  disperaaio- 
nc  mezzo  un  popolo,  e  per  reprimere  il  tunnilto,  faceano  moschettare 
quella  turba  alia  rinfusa  da  compagnie  di  granatieri.  II  fatto  e  uarrato 
^er  disteso  nella  Gazzetta  d'ltalia  del  25  Novembre.  Non  erauo  appena 
iinite  le  intimaziom  legali,  che  il  Comandantc  delle  truppe  comando  «  ai 
suoi  soldati  di  far  fuoco...  Undici  persone  caddero  al  suolo,  e  tutto  il 
resto  si  diede  alia  fuga...  Di  quest!  undici,  due  rimasero  morti  sul  luogo 
e  nove  sono  feriti  piu  o  meno  graveniente.  »  Or  quanti  erano  i  tumul: 
tuanti?  I  diarii  stessi  del  Governo  dicono  che  al  piii  una  cinquantina  di 
contadini.  E  contro  questi  spianaron  le  armi  e  fecero  fuoco  due  compa- 


628  CRONACA 

gnie  di  granatieri.  E  il  Governo,  che,  per  non  lasciar  perdere  la  tassa  di 
poche  lire  sopra  im  maiale,  ricorre  a  tali  mezzi,  codesto  Governo  psa  far 
minacciare  di  distruzione  il  Governo  pontificio  per  essersi  eseguita  una 
cpndanna  di  morte  cpntro  due  rei,  confess!  e  convmti  di  premeditato  omi- 
cidio  di  26  innocenti? 


II. 

COSE  STRANJERE. 


( Nostra  corrispondenza)  \ .  Nuove  elezioni  secondo  la  nuova  leg- 
ge  elettorale  —  2.  Una  strana  funzione  di  alcuni  Ritualisti  anglicani  - 
3.  Opposizione  di  un  Ritualista  al  Vescovo  anglicano  —  4.  tin  convento 
ritualista  di  pretese  adoratrici  perpetue  —  5.  Un  opuscolo  sopra  il  Papa 
Onorio  contro  F  infallibilita  pontificia  —  6.  Due  belle  confutazioni  —  7.  II 
partito  razionalistico  nell'universita  di  Oxford. 

1.  Dacche  vi  scrissi  F  ultima  volta,  non  accaddero  mold  fatti  che  pos- 
?ano  interessare  i  vostri  lettori. 

Compiutosi  il  registro  de'nomi  di  quelli  che  han  diritto  a  votare 
per  Felezione  de'membri  del  Parlamento,  le  prime  elezioni,  secondo  la 
nuova  legge  elettorale,  si  faranno  in  Novemhre.  La  questione  intorno  la 
Chiesa  anglicana  stabilita  in  Irlanda  e  quella  che  avra  maggior  influen- 
za -sulle  elezioni;  e  per  comun  avviso,  nel  nuovo  Parlamento,  avremo 
una  decisa  pluralita  per  F  abolizione  della  mentoyata  Chiesa.  La  nuova 
legge  elettorale  da  il  diritto  di  votare  a  tutti  gli  uomini  che  ahitano  in 
citta  e  che  pagano  almeno  150  franchi  (sei  lire  sterl. )  annui  di  pigione, 
sia  per  tutta  una  casa,  sia  per  una  parte  o  anche  solo  per  una  stanza  ; 
mentre  prima  per  aver  diritto  alia  votazione  richiedevasi  che  il  votan- 
te  avesse  in  affitto  un'intera  casa  a  prezzo  non  minore  di  10  lire  sterl. 
(250  franchi).  Questa  mutazione  fa  che  entrino  tra  i  votanti  mold  piu 
che  prima  della  classe  degli  operai. 

2.  Forse  vi  sara  di  maggior  interesse  saper  qualche  cosa  del  partito 
ritualistico  tra  gli  Anglicani.  Dal  line  della  raccolta  essi  presero  occa- 
sione  di  far  alcune  funzioni  straordinarie  nelle  loro  Chiese.  Ne1  fogli  se 
ne  legge  una  minuta  descrizione  scritta  da  una  penna  del  partito.  Le  ve- 
sti  sacre  indossate  dai  Ministri  son  descritte  in  modo  curioso;  per  esem- 
pio  si  dice  che  vi  furono  due  celebrazioni  (secondo  la  loro  fraseologia) 
del  SS.  Sacramento,  e  che  alia  prima  si  usarono  i  paramend  vecchi,  alia 
seconda  i  nupvi ;  e  che  al  principle  di  questa  venue  fuori  dalla  sacre- 
stia  un  fanciullo  con  una  handiera  del  SS.  Sacramento,  ovc  era  dipin- 
ta  Fostia  e  un  gemmato  calice  d'oro.  Appresso  veniva  il  servente  in  sot- 
tana  paonazza,  e  cotta  can  merletto  di  Fiandra  e  una  specie  di  pelliccet- 
ta  corale,  recando  il  libro  pel  servigio  delFaltare  o,  come  noi  diremmo, 
il  messale;  finalmente  venne  il  Ministro  celebrante  ne'suoi  nuovi  pa- 


CONTEMPORANEA  629 

ramenli,  recando  velati  i  vasi  sacri  (come  il  Sacerdole  cattplico  reca  il 
calice  c  la  patena).  Ma  la  parte  piu  curiosa  della  descrizione  e  quella  che 
riguarda  I1  altare.  Oltre  fieri  e  candele ,  non  solo  vi  erano  covoncelli 
di  grano,  ma  altri  vegetabili.  Nel  corso  della  funzione  furon  recate 
c  postc  sull'  altare  varie  offerte,  e  tra  1'altre  delle  pagnotte,  e  pani  an- 
cor  di  butirro,  con  sopravi  IMmpronta  A.  M.  D.  G.  e  canestrelh  d'ova, 
e,  cio  che  e  anche  piu  strano,  una  testa  di  maiale.  Oh  auesta  ha  provo- 
cato  sdegnose  protestazioni  anche  dal  Church  Times  e  da  altri  fogli  che 
piu  generalmente  favoriscono  il  partitp  ritualistico',  e  i  medesimi  del  par- 
tito per  quanto  sian  desiderosi  di  rimetter  in  uso  e  riti  e  eeremonie 
nella  Chiesa  stabilita,  s'accorgono  che  I'opinione  pubblica  non  e  ancor 
matura  per  questa  esposizione  di  teste  di  maiale. 

3.  Un'altra  funzione,  alquanto  simile  alia  descritta  benche  non  cosi  stra- 
na,  diede  occasione  a  un  memoriale  di  ricorso  al  Yescovo  anglicano, 
con  ccntinaia  di  firme :  pero  il  Yescovp  interdisse  al  Ministro  di  ufficiar 
quindi  innanzi  nella  sua  diocesi ;  ma  il  Ministro  rispose  che  quella  chie- 
sa  era  di  sua  privata  proprieta,  e  che  pero  il  Vescovo  non  vi  entraya 
per  nulla.  Per  decidere  la  questione  ci  yorrebbe  una  lite;  ma  la  spe- 
sa  della  lite  sarebbe  grave;  e  pero  il  Yescovo  si  e  contentato  di  far 
sapere  ai  memorialist},  che  se  cnialcuno  dVessi  volesse  assumersi  que- 
sfincarico,  non  ci  sarebbe  nulla  in  cpntrario,  e  percio  la  cosa  e  restate  fin 
*qui  indecisa.  Ma  questo  fatto  c1  indica  una  gran  mutazione  di  spirito  nel 
parti  to  cosi  dctto  della  Chiesa  alta  a  cui  appartengono  i  Ritualisti.  La 
scrie  dei  famosi  trattatelli  di  Oxford  (Tracts  for  the  Times)  che  puo  dirsi 
dar  vita  al  partito,  mirava  a  sostenere  i  diritti  dei  Vescoyi  contro  lo  Sta- 
to:  questo  fu  lo  spirito  del  Dr.  Newman,  e  de1  primi  capi  di  quella  scuo- 
la.  Ma  adesso,  una  porzione  di  questo  partito,  come  sono  i  Ritualisti 
si  leva  contro  i  Yescovi  colla  protezione  aella  legge  civile.  I  magistral! 
deir  alta  corte  non  se  la  sentono  di  dar  vittoria  a  questo  p  quel  partito 
della  Chiesa  anglicana,  e  molto  meno  se  la  sentono  di  dare  braccio 
ai  Vescovi  nell1  esercizio  di  lor  autorita.  II  risultato  si  e  che  un  Yescovo, 
dopo  le  spese,  le  noie,  lo  scandalo  d?  una  lite,  non  riesce  ad  altro  che  a 
far  piu  manifesta  la  propria  debolezza. 

4.  TJno  degli  ultimi  fatti  del  partito  ritualistico  e  la  fondazione  di  un 
convento  di  donne,  che  si  attribuiscono  il  nome  di  Benedettine  anglica- 
ne,  e  che  prpfessano  T  adorazione  perpetua  di  cio  che  esse  pur  ehia- 
mano  Santissimo  Sacramento,  per  ottenere  che  il  Papa  possa  aver  il 
coraggio  di  adunare  i  Yescovi  della  Chiesa  orientale  e  dell1  anglicana 
( che  secondo  loro  sono  due  rami  della  vera  Chiesa )  insieme  coi  Yesco- 
vi della  Chiesa  cattolica  romana  al  Yaticano,  affinche  il  Concilip  pos- 
sa, secondo  esse,  dirsi  veramente  ecumenico.  Si  dice  che  un  fabbricante 
cattolico  di  oggetti  di  chiesa  abbia  ricusato  la  commissione  ricevuta  di 
fare  un  ostensorio  di  tal  forma ,  che  il  pane  ed  il  vino  vi  potessero  esse- 
re  esposti  per  Vadoraziorie  nel  convento  di  queste  poverette. 

5.  II  sig.  Renouf,  convertitp  da  piu  anni  ed  ora  uno  degli  Ispettori 
governativi  delle  scuole  cattoliche,  ha  recato  molto  piacere  ai  nemici  del 
Cattplicismo  in  Inghilterra  pubblicando  un  opuscolp  contro  la  infallibilita 
Pontificia.  II  sup  grande  argomcnto  c  fondato  sul  fatto  di  Onorio,  da  cui 
il  libretto  e  intitolato :  ma  in  un?  appendice  si  parla  altresi  brevemente 


630  CRONACA 

della  pretesa  caduta  diLiherio  e  d'altri  soliti  argomenti  del  gallicanismo.  A 
giudicarlo  dalle  sue  previe  produzioni,  il  signer  Renouf  apparisce  iiomo  di 
estese  c  varie  cognizioni ;  a  giudicar  dalla  presenle,  pare  che  egli  si  ten- 
ga  per  profondo  conoscilore  della  storia  ecclesiastica ;  ma  in  do  s'ingan- 
na  a  partito.  Egli  si  mette  innanzi  con  grande  arroganza,  dicendo  per 
esempio  di  avere  studiata  tutta  la  quistione  nellc  sue  fonti,  e  ch'egli 
non  vuol  esscr  giudicato  da  altri  che  da  suoi  pari,  doe  da  persone  die 
abbiano  attiutc  le  lor  cognizioni  ai  medesimi  fonti  original! .  Ma  il  1'atto  si 
e  che  la  sua  erudizione  intorno  ad  Onorio  e  dovivfa  specialmente  al 
Dr.Dolliuger,  di  cui  il  sig.  Renouf  e  caldo  ammiratore,  e  in  alcuni  punts 
egli  ha  adottate  le  sviste  e  gli  error!  del  suo  predecessors.  II  libro  e 
scritto  in  un  tuono  aspro  e  offensive;  e  i  piii  famosi  scrittori  cattolici  a  lui 
contrarii  nelle  controversie  d'  Ouorio  son  da  lui  trattati  con  disprezzo, 
e  accusati  di  slealta,  giungendp  a  dire  die  un  qualdie  argomento  a 
favor  di  Onorio  non  era  possibile  che  fosse  tenuto  per  buono  da  quel- 
li  stessi  che  se  ne  avvalevano. 

6.  Pure  questo  malaugurato  libretto  ha  prodotto  qualche  bene,  dando 
occasione  a  varie  rispostc :  e  specialmente  il  Dottor  Ward  sulla  Rivista  di 
Dublino  mette  in  chiara  luce  la  distinzione  che  corre  tra  il  Papa  consi- 
derate personalinente  come  dottore  private,  e  come  dottor  della  Chiesa 
universale ;  sotto  il  quale  rispetto  non  puo  insegnare  una  falsa  dottrina ; 
e  fa  manifesto  che  Onorio  non  solo  non  insegno  Teresia  monotelitica  come 
dottore  della  Chiesa,  il  che  basterebbe  alloscopo;  ma  neppure  come 
dottore  private.  Ora  poi  il  P.  Bottalla  della  Compagnia  di  Gesii  ha  esau- 
rita  la  quistione,  citando  i  documenti  originali,  spiegandone  il  sense,  e 
mostrando  e  confutando  gli  error!  del-sig.  Renouf. 

7.  La  pubblica  attenzione  piii  universalmente  e  stata  rivolta  ad  alcuni 
indizii  di  guasto  nelFistruzione  che  si  da  attualmente  nell1  Universita  di 
Oxford.  Questa  Universita  fu  sempre  riguardata  come  la  prima  sede  del- 
Tinsegnamento  religiose  e  ortodosso  secondo  la  Chiesa  Stabilita.  Dalla 
Ri forma  sine  ad  era  il  partito  piu  forte  dei  graduati  ad  Oxford  e  stato> 
di  quelli  tra  i  prptestanti,  che  han  ritenuto  piu  degli  altri  delle  dottrine 
cattoliche.  Ma  gia  da  vari  anni  si  e  andata  aprendo  la  via  nell1  Universita 
un' al  tra  scuola  di  ben  altre  dottrine,  che  sono  professate  e  propagate 
da  tali,  i  quali  pel  posto  che  tengono  debbono  influire  assai  sui  giovani 
student!  che  aspirano  agli  onqri  accademtci ,  che  si  ottengono  special- 
mente pel  merilo  di  un  esame  in  tilpsofia.  Ppiche  uno  studente,  che  vi  si 
prepara,  dee  studiare  tutti  i  sistemi  filosofici,  die  sa  esser  tenuti  in  con- 
to  dagli  esaminatori,  eel  e  troppo  naturale  che  le  menti  giovanili  senta- 
no  rinfluenza  delle  opinioni  de'  lor  maestri.  Ora  tra  gli  Esaminatori  e 
Professori  Ve  una  buona  parte  di  seguaci  del  Panteismo  in  varie  forme 
e  della  filosoiia  positiva  di  Augusto  Comte.  Sappiamo  dalla  Rivisla  di 
Dublino  die  uno  di  quest!,  non  e  gran  tempo,  cpnfesso  in  chiari  termini 
ad  un  suo  scolare,  die  i  principii  da  lui  spstenuti  nclle  sue  lezioni  non  si 
accordano  colla  fede  dell'esistenza  di  un  Dio  personale;  e  un  altro  disse  a 
caso  a  persona  neppur  confidente,  ch'egli  gia  da  gran  tempo  non  credea 
piu  air  immortalita  deiranima.  L'eiTetto  di  un  tale  insegiiamento  sulla 
inente  e  sul  cuore  de'giovani  puo  bene  prevedersi :  rincredulita  specula- 
tiva  generalmente  va  congiunta  con  la  pratica  corruzione  morale.  Que- 


CONTEMPORANEA 

sta  scuola  di  aperto  ateismo  o  pantcismo  e  alYatto  nuova  in  Inghilterra : 
fmo  a  quest!  ultimi  tempi  appena  potea  caderne  sospetto ;  ma  che  ora 
tali  dottrine  abbian  corso  ad  Oxford  e  un  i'atto  innegabile,  che  ci  Tien 
detto  da  araenduc  i  partiti,  si  da  quci  die  dcplorano  que&to  stato  di  cose, 
come  da  quei  che  godono  di  veder  questo  progresso  di  eio  che  essi  chia- 
mano  Libero  pcnsicro ,  benche  non  ne  approvino  tutte  le  conseguenze. 
Che  ne  avverra?  Ne  io,  ne  altri  possiamo  dar  sieura  risposta  alia  qui- 
stione,  se  sara  per  prevalere  il  parti  to  dell'  incredulita,  o  se  sia  per  sue- 
cedere  una  reazione  dello  spirito  cristiano  nell1  insegnamento. 


OLANM  (Nostra  corrispondensa)  1.  Rumori  intorno  ad  mi  trattato  com- 
merciale  e  militare  tra  la  Francia  e  FOlanda  —  2.  Sguardo  sulle  sette 
dissident!  nelFOlanda  —  3.  Mandamento  collettivo  de' Vescovi  olandesi 
sull' insegnamento  puibblico  —  4.  Stampa  cattolica. 

1.  Gia  sonp  parecchi  mesi  che  sui  fogli,  specialmente  del  Belgio,  cor- 
rono  dicerie  intorno  ad  un  trattato  diplomatico,  che  sarebbe  conchiuso 
o  starebbe  per  conchiudersi  fra  le  corti  di  Parigi  e  delFAia.  Fin  qui  non 
me  ne  sono  trattenuto  coi  nostri  lettori,  poiche  dapprima  li  considerai 
come  di  nessun  valore  e  donati  soltanto  alle  smanie  dei  giornali,  i  quali 
quando  lor  mancano  delle  noyelle  vere,  ne  inventano  delle  false  per  dar 
pascolo  alia  sfrenata  cnpidigia  di  sentir  delle  cose  nuove.  Di  piii  quei 
rumori  erano  abbastanza  forti  sia  per  la  fonte  d'  onde  sorgono,  sia  per 
T  oggetto  loro.  Ma  ora  ban  preso  una  certa  consistenza,  e  non  yi  ha 
piu  yeruno  che  non  li  crcda  alquanto  fondati  almeno  nell'  intenzione  del 
Ooverno  francese. 

Qual  dunque  sarebbe  T oggetto  di  cotesto  trattato  diplomatico?  Se- 
condo  alcuni  non  sarebbe  da  principio  che  solamente  commerciale,  ma 
tale  che  prepara  la  via  per  una  unione  militare,  e  per  conseguenza  ad  un 
trattato  oflfensivo  e  difensivo.  Altri  poi  dieeva  che  sarebbe  in  un  tratto 
e  commerciale  e  militare. 

La  medesima  varieta  dei  pareri  vi  ha  intorno  allo  stato  delle  tratta- 
zioni  diplomatiche.  Me^itre  alcuni  lo  vogliono  gia  conchiuso  e  segnato, 
pensano  altri  che  fin  qui  non  si  sono  passati  i  limiti  delle  conferenze 
preliminari  e  confidenziali ;  e,  per  non  tacere  niente  di  cio  che  si  dice, 
y*  e  chi  lo  afferma  conchiuso  e  segnato ,  ma  che  deve  rimanere  segreto 
sino  al  giorno  che  una  guerra  sia  scoppiata  fra  la  Prussia  e  la  Francia. 

Molte  corrispondenze  parigine,  indirizzate  ai  giornali  del  Belgio,  ed 
eziandio  ad  un  giornale  olandese,  scritto  pero  in  lingua  francese,  ac- 
cennano  ordinariamente  i  rumori  mentovati.  Affermano  i  corrispondenti 
d'aver  preso  le  loro  informazioni  alle  sorgenti  piu  sicure  e  che  non  te- 
mono  nessuna  contraddizione.  Infatti  le  contraddizioni  non  mancarono. 
Cltimamente  affermo  altamente  T  officioso  Constitutionnel  che  quei  ru- 
mori erano  senza  alcun  fondamento ;  ma,  cosa  maravigliosa!  quella  con- 
traddizione quasi  governativa ,  produsse  Tefletto  contrario :  giacche  da 
quei  punto  mold  giornali  della  Francia,  del  Belgio  e  delFOlanda  comin- 
ciarono  a  credere  che  qualche  cosa  in  aria  yi  doyeya  essere.  Quanto  a 


632  CRONACA 

me  non  mi  pare  del  tutto  improbabile  quel  trattato ;  poiche  nei  tempi 
andati  il  Govcrno  olandese  ha  mostrato  la  voglia  di  cercare  la  protezione 
della  Francia  pel  caso  che  la  Prussia  volesse  inghiottirci ;  e  la  Francia 
dal  canto  suo  diede  pruova  di  prendere  vplentieri  FClanda  sptto  la  sua 
protezione.  Certo  e  che  T  Olanda  ebbe  ricorso  alia  corte  di  Francia , 
quando  nelPanno  1866  la  Prussia  si  annesse  gli  Stati  limitroii.  Nee 
meno  certo  che  la  Francia  in  quel  tempo  accolse  benissimo  il  ricorso 
dell'  Olanda,  e  che  ,nel  notissimp  affare  del  Lussemburgo  promise  la  sua 
protezione,  se  mai  quella  quistione  fosse  riuscita  ad  una  militare  ag- 
gressione.  Se  inoltre  si  consider!  la  condizione  d1  isolamcntp,  in  cui  tro- 
vasi  la  Francia  e  la  rivalita  che  esiste  fra  essa  e  la  Prussia,  non  deve 
recare  meraviglia ,  se  queila  grande  potenza  slimi  utile  per  lei  una  al- 
leanza  cogli  Stati  di  terza  grandezza. 

Quei  corrispondenti  francesi,  i  quali  dicono  che  un  trattato  gia  sia  con- 
chiuso  o  stia  per  conchiudersi,  sembrano  aver  dimenticata  una  circostan- 
za  rilevantissima :  cioe  che  il  Governo  dell'Aia  puo  ben  fare  dei  trattati 
diplomatic!;  ma  essi  debbono  averela  ratificazione  di  ambedue  le  Camere 
legislative  per  aver  forza  di  legge.  Oraropinione  generalmcnte  seguita 
nell'  Olanda  dagli  uomini  politici ,  si  e  che  Y  Olanda  deve  collocare  la 
speranza  della  sua  salvezza  in  una  strettissima  neutralita ;  e  che  per 
conseguenza  si  ha  da,evitare  tutto  cio  che  puo  in  alcun  modo  offendere 
qual  si  sia  potenza.  E  chiaro  poi  che  un  trattato  militare  fra  la  Francia 
e  T  Olanda  sarebbe  per  la  Prussia  un1  offesa  gravissima,  la  quale  potreb- 
be  un  giorno  costare  molto  alia  debole  Olanda.  Quindi  parmi  che  il  Par- 
lamento  olandese  non  sara  giammai  per  approvare  il  detto  trattato; 
che  anzi  il  Ministero,  il  quale  T  avesse  conchmso,  non  potrebbe  esistere 
per  molto  tempo. 

Da  tutto  cio  che  fin  qui  ho  discorso  segue  a  fil  di  logica,  se  non  va- 
do  ingannato,  che  nessun  trattato  e  intervenuto  o  interverra;  e  se  mai 
intervenisse,  che  non  sara  pubblicato  fino  al  giorno  che  la  Prussia  voles- 
se apertamente  impadronirsi  deH'Olanda.  Ecco  cio  che  mi  ware  di  poter 
raccogliere  come  certo  da  tutti  i  rumori  detti  e  contradetti  sino  a  que- 
sto  giorno. 

2.  II  Santo  Padre,  come  sapete,  ha  indirizzatp  una  lettera  apostolica 
a  tutte  le  sette  protestantiche  ed  ai  non  cattolici ,  per  invitarli  a  por 
mente  alia  divina  unita  della  Chiesa  cattolica,  la  quale  si  palesera  con 
nuovo  splendpre  nei  Concilip  universale  dell'  anno  prossimo,  affmche  si 
affrettino  di  ritprnare  all1  unico  ovile.  Essa  fu  tradotta  in  lingua  olandese 
e  pubblicata  nei  fogli  cattolici.  Quale  ne  sara  il  risultato?  Quella  chiama- 
ta  misericordiosa  del  Yicario  di  Cristo  sara  ella  o  accplta  o  rigettata  da 
tanti  cosi  miseramente  sviati  dal  cammino  della  verita?  Grandi  sono 
certamente  le  misericordie  del  Signore ;  grande  e  la  forza  della  sua  gra- 
zia,  la  quale  in  un  momento  seppe  fare  un  Paolo  apostplo  da  un  Saulo, 
persecutore  de1  cristiani ;  ma  eziandio  grande  e  la  cecita,  e,  diciamolo 
pure,  grande  e  la  superbia  dei  protestanti  moderni  nell'Olanda. 

Si  distinguono  in  due  classi:  i  moderni  e  gli  ortodossi.  I  moderni,  i 
quali  sonp  piu  numerosi  ed  a1  quali  appartengono  quasi  tutti  i  letterati, 
sli  scienziati  e  gli  uomini  di  maggior  grado,  sonp  semplicemente  incre- 
fluli.  Per  loro  le  sacre  Scritture  non  sono  che  libri  comuni,  anzi  meno 


CONTEMPORANEA  633 

che  un  libro  comune,  poiche  le  reputano  falsiticate  dalla  superstizione 
de' cristiani  nel  secolo  secondo  e  terzo  della  Chiesa.  Per  loro  Tunico  cri- 
tcrio  del  yero  e  V  esperienza  e  T  osservazione ;  quindi  tutto  cio  che  su- 
pcra  la  sfera  del  fatti  e  nulla  o  almeno  incerto.  Un  Dio  personale  ed 
indipendente  nella  sua  essenza  dalle  cose  visibili ,  non  e  ammesso  da 
parecchi  di  loro:  nemmeno  riconoscono  un'anima  indipendente  dalla 
materia;  quindi  V  immortalita  dell1  anima  e  per  loro  un  problema  inso- 
labile.  Yi  sono  bensi  alcuni  che  ammettono  un  Dio  personale;  ma 
generalmente  tutti  negano  la  divina  proyvidenza.  Dio  e  un  Re  co- 
stituzionale  che  regna ,  ma  non  governa.  Dal  principio  della  creazione 
ha  assoggettate  le  sue  creature  a  leggi  fisse  ed  immutabili,  e  tutto 
nel  mondp  accade  a  norma  di  dette  leggi.  Da  cotes  to  errore  segue 
che  e  inutile,  anzi  assurdo  il  pregare  Dio,  per  qualche  favore  od  aiuto ; 
stanteche  tutto  arrivera  secondoche  le  leggi  comportano. 

Si  ricordera  forse  il  lettore  di  cio  che  scrissi  in  una  corrispondenza 
dell1  anno  1866,  come  in  quell'  anno  mplti  si  offesero  contro  il  Re, 
poiche  ebbe  domandato  dai  Vescovi  pubbliche  preghiere  nel  tempo  del 
cholera.  II  yero  motivo  perche  alcuni  si  offesero,  fu  perche,  secondo 
loro,  i  mali  fisici  debbono  rimediarsi  unicamente  rimovendo  le  cause 
prossime,  alle  quali  Tuomo  e  dato  in  balia  dal  Creatore. 

Giechi  sono  essi ,  quanto  mai  uomo  puo  essere  accecato ;  e  nondi- 
meno  credonsi  essi  i  piu  savi  del  mondo.  Danno  i  loro  errori  come 
i  risultati  della  piu  profonda  scienza  e  della  piu  sublime  sapienza. 
Delle  dottrine  cattoliche  non  hanno  nessuna  contezza ;  anzi  le  tengono 
in  grande  disprezzo. 

Gli  ortodossi  poi  appartengono  alia  parte  meno  colta.  Si  sono  in  gran 
parte  separati  dalla  cniesa  riformata  officiale,  ove  oramai  domina  la  piu 
smaccata  incredulita.  La  cagione  della  separazione  sono  i  ministri  pro- 
testanti  stessi,  i  quali  hanno  T  ardire  ne1  tempi  nostri  di  predicare  al- 
tamente  i  sopra  mentovati  errori.  Gli  ortodossi  in  luogo  di  risalire 
alFunita  e  all  autorita  della  Chiesa  cattolica,  fanno  ritorno  alle  pristine 
confessioni  ed  ai  libri  dei  primi  riformatori:  e  come  questi  abbonda- 
no  di  calunnie  e  d1  insulti  contro  la  Chiesa  cattolica ,  quindi  si  riac- 
cende  Vantico  fanatismo  contro  i  cattolici. 

Per  dire  tutto  in  una  sola  parqla,  la  Chiesa  cattolica  in  Olanda  e 
disprezzata  da1  protestanti  moderni  ed  odiata  dagli  ortodossi.  Vi  pare 
dunque,  che,  umanamente  parlando,  siano  disposti  ad  accogliere  rin- 
vitazione  caritatevole  del  sommo  Pontefice? 

Con  tutto  cio  quell1  inyitazione  non  passera  senza  qualche  frutto. 
Non  vi  e  dubbio  che  attired  sopra  di  se  Tattenzione  de1  protestanti : 
la  gazzetta  ecclesiastica  de1  protestanti  ne  ha  dato  contezza,  lodando  il 
tono  gentile  della  lettera  e  concedendo  che  grande  e,  come  dice  il 
Santo  Padre,  il  disordine  fra  loro:  chi  sa  se,  nel  leggere  quella  pa- 
rola  veramente  apostolica,  ii  Signore  non  aprira  gli  occhi  ad  alcuni? 

Restano  ancora  i  giansenisti,  de'  quali  ognuno  si  dimanda  :  cosa  fa- 
ranno?  Hanno  essi  sempre  fatto  appello  al  Concilio  universale.  Se  yi 
yanno  e  si  spmmettono  alia  decisione,  che  si  puo  prevedere  fin  d'ades- 
so  quale  sara,  il  loro  scisma  e  terminato.  Se  non  yi  yanno  e  loro  tol- 
ta  Tiiltima  scusa  e  lo  scisma  e  troppo  manifesto.  Pare  dunque  impos- 


634  CRONACA 

sibilc  die  essi  restiuo  indifferent!  relativamente  al  Concilio.  Sin  ora 
pero  non  han  dato  segno  alcuno,  dal  quale  si  possa  conghietturare  sulla 
loro  futura  condotta. 

3.  La  lettera  enciclica  del  Santo  Padre,  della  quale  ho  discorso  fin  qui7 
mi  fa  pensare  ad  una  lettera  circolare  de1  npstri  Vescovi  sopra  V  istruzio- 
ne  puhblica,  data  or  sono  due  mesi,  e  letta  in  tutte  le  chiese  deirOlanda, 
E  quest'atto  deirautorita  vescovile  di  somma  iinportanza  per  la  religione 
cattolica;  il  libcralismo  stesso  sen'e  hen  accorto.  I  fogli  liberal!  ne  fanno 
ancora  gran  rumore ,  e  nelle  Camere  stesse  legislative  i  liberal!  ne  han 
levato  le  alte  grida.  Sono  pero  costretti  di  confessare  die  i  prelati  par- 
larono  in  modo  nobile  e  moderate ,  e  che  furono  ispirati  per  uno  zelo 
sincero  delle  anime.  Infatti ,  i  Yescovi  non  fanno  altro  che  esporre  con 
somma  chiarezza  i  principii  cattolici,  quali  li  ha  insegnati  il  glorioso  Pon- 
tefice  Pio  IX  nel  Sillabo  e  Gregorio  XVI  nella  lettera  sua  del  Gennaro 
1841,  indirizzata  a'  Yescovi  d'lrlanda. 

Insegnano  dunque,  die  la  Chiesa  cattolica  desidera  per  i  suoi  figli  la 
scienza,  della  quale  essa  lu  sempre  la  protettrice;  ma  che  cotesta  scienza, 
specialmente  nelle  scuole  elementari,  deve  essere  religibsa;  che  rinse- 
gnamento  della  religione  ha  da  essere  il  priricipale  nelle  scuole  popolari; 
e  che  Vinsegnamento  delle  scienze  umane  deve  essere  penetrato  dair  ele- 
niento  cristiano.  Da  questo  principio  deducono  che  im  sincero  cattolica 
non  puo  dare  la  sua  approvaziono  al  sistema  delle  scuole  mistc,  ove  non 
si  tiene  verun  conto  della  fede  cattolica ;  che  anzi  1$  scuole  miste  sono 
inmfficienti ,  poiche  non  danno  alia  gioventu  il  pascolo  piu  neccssario;  che 
sono  pericolose  ne1  nostri  tempi  di  libertinaggio  e  d'incredulita,  poiche  i 
maestri  essendo  talvolta  atei,  materialist],  increduli,  possono  iacilmente 
instillare  il  veleno  nelle  tenere  menti.  In  seguito  esortano  i  p^arenti  ed  i 
tutori  di  scegliere,  gnanto  e  possibile,  per  i  fanciulli  loro  anidati,  delle 
scuole  cattoliche  e  di  non  mandarli  alle  scuole  miste ,  se  non  net  caso  di 
manifesta  necessita.  Se  poi  sieno  costretti  di  mandarli  alle  scuole  miste, 
inculcano  loro  fortemente  il  dovere  di  vegliare  sopra  le  dottrine  die 
quivi  s'insegnano,  e  di  allontanare  i  pargoli  dalle  scuole,  se  riuscissero- 
dannose  per  le  anime  loro. 

Ecco  in  breve  il  sunto  di  quel  Mandamento,  il  quale  si  puo  chiamare 
con  ragione  un  atto  degno  dei  Yescovi  piu  zelanti  della  Chiesa.  Esso 
ha  gia  prodotto  lietissimi  frutti ;  le  scuole  cattoliche  esisteuti  sono  col- 
me,  ed  in  molti  luoghi ,  ove  non  ancora  esistono,  si  fa  tutto  il  possibile 
per  fondarvele.  Ma  Terezione  ed  il  mantenimento  d'una  scuola  cattolica 
costa  molto  in  Olanda.  Essa  non  riceve  verun  sussidio  dal  Governo ;  e 
pure  sono  obbligati  i  maestri  di  ricevere  dal  Governo  un  diploma  di  ca- 
pacita ,  che  non  si  da  se  non  dopo  un  esame  assai  vasto  e  rigorosp.  Bi- 
sogna  poi  sostener  la  gara  colle  scuole  del  Governo,  ove  i  maestri  som> 
ben  retribuiti  dalla  Cassa  comune  ed  hanno  abbondanza  di  mezzi. 

Dal  discorso  fin  qui,  voi  potete  argpmentare  la  triste  condizione  de'cat- 
tolici  olandesi  per  riguardo  airistruzione  pubblica.  II  Governo  esige  e 
mantiene  coi  danari  di  tutti  delle  scuole  miste,  delle  quali  noi  cattolici 
non  possiamo  fare  uso;  poi  debbono  i  cattolici  contribuire  un1  altra  vol- 
ta,  se  vogliono,  secondo  il  loro  dovere ,  avere  delle  scuole  cattoliche ; 
e  poi  queste  scuole,  erette  e  matenute  coi  denari  dei  cattolici,  rimango- 


CONTEMPORANEA  635 

no  sottoposte  all'ispettore  del  Governo;  cd  i  maestri  obbligati  ad  im 
esame  streldssimo.  Cotcsto  esame  e  tanto  difficile,  che  i  maestri  e  le 
maestre  debbono  ordinariamente  prepararsi  per  parecchi  anni  prima  di 
poter  presentarsi  con  qualche  speranza  di  riuscimento. 

Dimandano  dunquc  con  molt  a  istanza  e  pcrseveranza  i  cattolici  che  la 
legge  suirinsegnamentp  pubblico  sia  cambiata  in  modo,  che  le  scuole 
cattoliche  siano  sussidiate  daU'erarip  pubblico,  che  1' esame  sia  mcno 
vasto  e  rigoroso,  che  le  scaole  miste  si  restringano  allo  stretto  necessario, 
e  che  siano  senza  pericolo  per  la  fede  ed  i  costumi. 

Si  oppongono  contro  questa  inutazione  i  lil)erali  con  tutte  le  forze  loro; 
ed  ecco  la  grande  lotta  della  Chiesa  cattolica  neirOlanda  contro  il  lihera- 
lismo  e  Vincredulita  cor  rente.  Non  so  a  chi  spettera  la  vittoria ;  ma  posso 
dire  con  piena  certezza,  che  i  cattolici,  sotto  la  direzione  de'Vescovi  e  del- 
la  Santa  Sede,  lottcraimo  e  non  depprranno  le  avmi  prima  d'aver  vintp. 

4.  II  progresso  della  stampa  cattolica  e,  al  mio  avviso,  un  segno  lietis- 
simo  della  yita  vigorosa,  deHa  quale  vive  in  Olanda  la  santa  Chiesa. 
Diede  la  prima  mossa,  come  a  tutte  le  altre  grand!  imprese  del  tempo 
nostro,  il  glprioso  Pontefice  Pio  IX,  quando  scrisse  a1  yescoyi  d1  Italia: 
«  Per  comprimere  la  contagione  dei  libri  cattivi  e  pestilenziali,  sara  di 
somma  utilita,  se  gli  uomini  di  segnalata  e  sayia  dottrina  divulgheranno, 
coirapprovazione  delVautprita  ecclesiastica,  libri  anche  di  piccola  mole, 
per  Teducazione  ed  istruzione  del  popolo.  »  (Lilt.  Encycl.  Nobis  et  no- 
biscum  8  Dec.  1849.)  I  nostri  Yescoyi,  adunati  in  Concilio  provinciate, 
€onformandosi  alle  intenzioni  della  Santa  Sede,  racommandarpno  a'sacer- 
doti,  cprredati  dell1  ingegno  e  della  dottrina  necessaria ,  di  difendere  co- 
gli  scritti  la  causa  della  verita  e  della  religione,  e  promisero  loro  tutto 
F  aiuto  possibile.  La  parpla  de1  Pastori  non  fu  detta  ad  orecchi  sordi ;  e 
senza  esagerazione  parmi  di  poter  dire ,  che  proporzionalmente  in  yerun 
paese  progredisca  quanto  qui  la  stampa  cattolica. 

Gia  da  piu  di  venti  anni  abbiamo  il  giornale  De  Tyd,  considerate  da 
tutti  come  Torgano  degli  interessi  cattolici,  la  quale  considerazione  me- 
rita  con  ogni  diritto.  Cospira  col  Tyd  nella  difesa  degli  interessi  cattolici 
un  altro  giornale,  scrittp  in  lingua  francese,  le  Courrier  de  la  Meuse,  ben- 
che  nelle  quistioni  pplitiche  sia  spesso  d'ayyiso  diyerso.  Fu  questo,  se 
non  m1  inganno,  il  primo  giornale  che  Tanno  1860  aperse  nelle  sue  colon- 
ne  una  sottoscrizione  per  il  Santo  Padre,  la  qnale  rendette  quell1  anno  piu 
di  132,000  franchi.  Abbiamo  inoltre  molti  altri  fogli  cattolici,  che  appa- 
riscpno  una,  o  due,  o  tre  volte  la  settimana.  Bisogna  indicare  tra  questi, 
il  piu  recente,  un  giornale  ebdomadario,  de  Maasbode,  che  nel  mese  d'Ot- 
tobre  e  incominciato  in  Rotterdam,  collo  scopo  di  combattere  il  libera- 
lismo,  il  quale  in  detta  citta  ha  gettato  nrofonde  radici.  Gia  si  illustra 
pel  suo  coraggio  e  vigpre.  Distinguesi  eziandio  pel  suo  zelo  e  per  I1  abi- 
lita  un  altro  foglio  settimanale  De  Kerkelyke  Cowdnt ,  che  scrive  esclusi- 
yamente  sopra  pggetti  religiosi  ed  ecclesiastici. 

A1  due  periodici,  gia  da  molti  anni  esistenti,  emolto  meritevoli  DeKat- 
lolick  e  de  Gods  dienstmiend,  si  aggiunsero  negli  ultimi  tempi  quattro 
altri ,  che  gia  fanno  un  gran  bene  e  ne  promettono  ancor  maggiore.  II 
primo  e  Ret  Dompertje  (lo  Smorzatoio)  il  cjuale  in  forma  sarcastica  espp- 
ne  alle  risate  le  sciocchezze  e  le  baldorie  de'  liberali  e  degli  increduli. 
Si  tira  a  12,000  copie. 


636  CRONACA  CONTEMPORANEA 

Yiene  poi  I'lllustrazione  cattolica,  tirata  a  30,  000  copie  c  ricercata  a\i- 
damente  da  qgni  classe  di  persone,  si  per  i  suoi  buom  articoli,  si  per  le 
leggiadre  incisioni  onde  e  adornata. 

Due  laici  ,  medici  ambedue  ,  insieme  con  alcuni  altri  uomini  di  molta 
riputazione,  hannp  dato  in  questi  giorni  cominciamento  ad  un'  opera  uti- 
lissima  ,  che  ha  per  fine  di  cpmbattere  gli  errori  correnti  in  libretti  di 
piceola  mole  ed  a  prezzo  modico.  Per  assicurare  la  sanita  delle  loro  dot- 
trine  hanno  inyitato  a  far  parte  della  loro  societa  un  ragguardevolc 
ecclesiastico. 

Vengono  in  fine  gli  Studii  intorno  ad  oygetti  appartenenti  alia  Reli- 
gione,  alia  Storia  ed  alia  Scienza.  Le  tre  dissertazioni,  pubblicate  sinora, 
sono  tutte  scritte  dai  religiosi  della  Compagnia  di  Gesu.  Benche  il  titolo 
di  Studii  sembri  indicare  qualche  cosa  01  men  popolare,  apparisce  pero 
dalla  terza  pubblicazione  cne  essi  trattano  le  cjuistioni  correnti  e  yitalissi- 
me  del  tempo  nostro.  Essa  e  una  gagliarda  difesa  del  Mandamento  de'Ve- 
scoyi  sopra  T  istruzione,  contro  gli  assalti  della  stampa  liberate,  special- 
mente  cfeir  Ilandelsblad,  Torgano  principale  deMiberali.  Yedete  che  noii 
si  puo  fare  a1  sacerdoti  olandesi  rimprovero  d'essere  cani  muti.  Speria- 
mo  che  tante  voci  arnionizzino  sempre  insieme  per  la  cristiana  obbc- 
dienza  e  carita. 

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AVVISO  IMPORTANTE 

RELATIVO  ALLE  NOTIZIE  DEL  PROSSIMO  CONCILIO  ECUMENICO 


II  prossimo  anno  1869  sara  insigne  per  1'apertura  del 
Concilio  universale ,  dal  regnante  Pontefice  Pio  IX  solen- 
nemente  convocato.  L'  attenzione  del  mondo  e  natural- 
mente  rivolta  a  questo  fatto,  il  quale  desta  affezioni  diver- 
se secondo  le  diverse  persone,  ma  niuna  ne  lascia  indif- 
ferente  e  molto  meno  dispregiatrice.  Benedizioni  e  giubi- 
lamenli,  e  congratulazioni  altissime,  speranze  ben  fonda- 
te,  timori  o  giusti  o  appresi,  sdegni  male  repress!,  oppo- 
sizione  or  palese  or  occulta ,  ingiurie  e  perfino  minacce , 
furono  gli  affetti  manifestati  in  ogni  parte  del  mondo 
civile,  ove  pervenne  la  notizia  di  quella  nobilissirna  adu- 
nanza.  Ne'  parlamenti ,  nelle  note  diplomatiche ,  nei  li- 
bri,  nei  giornali  si  videro  finora,  e  si  vedranno  viepiu 
nel  proseguimento ,  le  impronte  di  queste  cosi  diverse 
anzi  cosi  contrarie  affezioni.  Nessuna  delle  different!  chie- 
se  cristiane  non  fu  scossa  a  quell'  annunzio.  Gli  eretici 
orientali,  gli  ortodossi  russi,  gli  scismatici  greci,  i  prote- 
stanti  inglesi  e  tedeschi,  i  giansenisti  olandesi,  non  meno 
die  le  sette  massoniche  e  liberalesche  7  tulti  pendono  an- 


~638  A^YISO  IMPORTANfE 

cora,  quali  piu  quali  meno,  indecisi  intorno  al  partito 
*che  debbono  prendere  in  questa  gravissima  congiuntura. 
In  tanto  agitarsi  di  spirit!  la  Chiesa  cattolica  serenamente 
tranquilla  preparasi  a  compiere  degnamente  quel  cosi  ra- 
ro  e  cosi  solenne  suo  atto.  II  sommo  Pontefice  colla  coo- 
perazione  dei  Vescovi  della  Chiesa  cattolica  e  col  sussidio 
dei  teologi  piu  eminenti  della  cristianita,  studia  i  bisogni 
dell'  immenso  suo  gregge ,  gli  errori  che  minacciano  la 
purita  della  fede,  e  gli  abusi  che  maculano  la  santita  dei 
costumi:  esamina  le  cagioni  e  i  pretesti  che  mantengono 
separati  dall'  unico  ovile  di  Cristo  tante  anime  batlezzate, 
affine  di  agevolarne  la  riunione  :  discute  i  provvediraenti, 
che  le  mutazioni  sopravvenute  nelle  societa  civili  consi- 
gliano  d'introdurre  nella  disciplina  ecclesiastica.  I  fedeli 
cattolici  daH'altro  lato  s'uniscono  ai  loro  paslori,  ani- 
mandoli  colla  loro  adesione,  e  sovvenendoli  delle  inces- 
santi  loro  preghiere. 

Una  tale  condizione  di  cose,  appena  da  noi  adombra- 
ta,  mantiene  naturalmente  desta  in  tutti  la  curiosita  di 
sapere  do  che  si  dice ,  cid  che  si  fa,  cio  che  si  prepara 
pel  Concilio.  Legittima  curiosita:  perche  di  avvenimento 
gravissimo,  che  interessa  tutti  egualmente,  e  interessa 
cio  che  vi  e  di  piu  vivo  nell'  uomo,  la  coscienza.  II  no- 
stro  ufficio  di  scrittori  periodici  c'impone  adunque  Tob- 
bligo  di  darle  quella  piii  conveniente  soddisfazione  che 
per  noi  si  potra ;  e  ci6  ci  proponiamo  di  fare  nei  qua- 
derni  del  prossimo  anno.  Per  la  qual  cosa  nostro  divi- 
samento  e  di  nulla  omettere  di  quanto  possa  importare 
ai  lettori  cattolici  di  conoscere  intorno  al  Concilio  ecu- 
menico.  E  pero,  oltre  a  quegli  argomenti ,  i  quali  piu 


AVVISO  IMPORT A1NTE  639 

o  meno  strettamenle  si  altengono  al  Concilio,  e  che  noi 
svolgeremo  negli  articoli  dottrinali  del  fasdcolo;  e  oltre 
le  discussion!  cogli  avversarii  intorno  alle  obbiezioni  che 
essi  possono  muovere  solto  diversi  aspetti ,  e  che  noi 
iutraprenderemo,  quando  ve  ne  sara  bisogno,  nelle  con- 
suete  Riviste  della  stampa;  vi  sara  nei  nostri  quaderni  una 
parte  specialmente  dedicata  alia  storia  dei  fatti  die  risguar- 
dano  il  Condlio,  Essa  dark  in  esteso  gli  atti  della  S.  Se- 
de,  e  quelle  inaggiori  informaziotii  che  potremo  di  do  che 
si  va  preparaudo  o  facendo  in  Roma  per  questoConcilio: 
riferira  o  integralmente  o  in  compendio  i  piu  important! 
atti  dei  Vescovi  cattolid:  porra  la  lista  commentata  con 
proporzionata  critica  dei  libri  o  degli  opuscoli,  che  nelle 
varie  lingud  si  verranno  pubblicando  intorno  a  questo 
argomento :  ed  infme  a  modo  di  cronaca  riferira  do  che 
nei  varii  Stati  cristiani  accade  di  piu  importante  o  in 
espettazione,  T)  in  apparecchio,  o  in  opposizione  al  Con- 
cilio  stesso.  Con  do  crediamo  di  abbracciare  quanto  e 
piii  degno  di  notizia,  o  di  discussione>  e  di  abbfacciarlo 
non  solo  come  semplici  cronacisti,  ma  eziandio  come 
critic!  investigator!  della  verita* 

Non  d  e  ignoto  che  un  cdmpito  >  presso  a  poco  somi- 
gliante  al  nostro,  altri  scrittori  cattolici  si  son  tolti  nei  va- 
rii paesi  dell'  Europa.  Ma  oltre  a  che  questo  fatto  ci  ha 
mostrato  piu  evidente  il  dovere  clie  a  noi  correva  di 
porgere  agli  antichi  nostri  amici  e  sostenitori,  quali  sono  i 
nostri  associati,  quel  servigio  che  tutti  dalla  stampa  catto- 
lica  si  aspettano;  esso  ce  ne  ha  indicato  la  indispensabile 
necessita  per  due  capi  spedali.  II  priino  si  e  la  circostan- 
za  che  noi  dimoriamo  in  Roma,  il  gran  centro  donde  par- 


640  AWISO  IMFORTANTE 

tono  a  guisa  di  altrettanti  raggi  gli  stinioli  al  moviinento 
religiose  che  per  tutto  si  manifesta ;  e  dove  ritornano  ad 
incontrarsi  novamente  i  singoli  atti  separati  di  tutti  i  Ve- 
scovi  e  di  tutli  i  fedeli.  E  pero  in  Roma  sol  potendosi 
ottenere  quella  pieaezza  d'informazioni,  che  sola  puo  gio- 
vare  alia  giusta  estimazione  di  cosi  straordinario  avve- 
niinento :  strana  cosa  parrebbe  se  chi  vi  scrive  periodi- 
camente  sopra  argomenti  sociali  e  religiosi,  non  s'occu- 
passe  di  esso  in  guisa  specialissima,  mentre  altrove  tan- 
ti  altri  il  fanno  con  si  grande  e  lode  vole  sollecitudine. 
II  secondo  capo  si'  e  che  in  Roma  come  la  pienezza , 
cosi  ancora  la  sicurezza  delle  informazioni  e  quale  non 
puo  essere  altrove.  Abbiamo  veduto  in  fatto  che  varie 
nofizie  inesatte  sonosi  infiiio  ad  ora  promulgate  qua  e 
cola,  e  sonosi  da  tutti  credute  e  ripetute,  senza  che  nep- 
pure  un  sospetto  siasi  manifestato  della  loro  inesattezza. 
Di  questa  speciale  condizione  di  chi  scrive  in  Roma  noi 
cercheremo  di  avvantaggiarci,  ponendo  studio  grande  e 
specialissimo  ad  essere,  piu  ancora  che  copiosi,  fedelis- 
simi  narratori. 

Speriamo  che  questo  disegno  sia  per  essere  gradito 
a  tutti  i  nostri  associati ,  siccome  esso  e  stato  da  molti 
di  loro  desiderato,  e  in  parte  anche  suggerito.  E  appun- 
to  per  rispondere  ai  loro  inviti,  e  assicurarli  che  noi  ci 
prepariamo  a  pienamente  secondarli,  conforme  alle  no- 
stre  forze,  abbiam  fin  d'  ora  voluto  partitamente  signifi- 
care  quel  tanto,  che  senza  le  costoro,  a  noi  non  ingrate, 
impazienze  sarebbe  bastato  di  cominciar  senz'altro  nel 
futuro  quaderno  del  1.°  Sabbato  di  Gennaro. 


LA  TORNATA  DEL  25  NOVEMBRE 
NEL  PARLAMENTO  DI  FIRENZE 


Un  sozzo  e  schifoso  spettacolo  porsero  di  se  in  Firenze  Deputati 
e  Ministri  nella  iornala  del  25  Novembre :  da  assertori ,  eke  sareb- 
bero  dovuti  essere,  e  vindici  della  giustizia,  si  tramutarono  in  enco- 
miatori  ed  avvocati  dell'assassinio.  Essi  andarono  anche  piu  ollre: 
fecero  causa  comune  cogli  omicidi ,  e  nella  loro  condanna  si  dickiara- 
rono  offesi  personalmente.  Stenteranno  i  posteri  a  credere  un  tanlo 
eccesso ;  eppure  esso  e  cosi,  come  noi  lo  diciamo :  e  percke  ne  resti 
memoria  ne'  nostri  quaderni,  ne  faremo  qui  un  piccolo  cenno. 

Come  prima  si  seppe  in  Firenze  T  esecuzione  capitale  del  Monti  e 
del  Tognelti,  autori  della  morte  di  27  persone,  perite  per  lo  scoppio 
della  Caserma  Serristori;  i  pretesi  rappresentanli  della  nazione,  fos- 
se ira  o  rimorso  che  li  pungesse ,  si  affrettarono  a  muoverne  inter- 
pellanza  al  Ministero.  Venutosi  pertanto  ai  ferri,  si  comincio  da  un 
fragoroso  battibuglio  (esordio  obbligato  d'  ogni  discussione  in  quella 
grave  assemblea),  a  cagione  della  contesa  sorta  Ira  il  Bonfadini  e  il 
Bertani,  contendentisi  1'  onore  di  bestemmiare  pel  primo.  II  parapi- 
gliaduro  una  buona  mezz'ora:  Rumori,  Mormorioprolungato,  Ru- 
mori  a  destra  ,  Rumori  a  sinistra ,  Molti  Deputati  dimandano  di 
parlare;  son  queste  le  postille,  di  cui  abbonda  Tesposizione  fattane 
negli  Atti  ufficiali.  Caduta  iinalmente  la  sorte  sopra  il  Bonfadini, 
questi  si  conlento  del  solo  proemio,  pregando  la  Camera  ad  assume- 
je  la  solidarieta  del  dolor  nazionale  per  I'odioso  attentato  commes- 
Serie  VII,  wl  IV,  fasc.  450.  41  5  Dccembre  1868. 


LA  TORNATA  DEL  25  NOVEMBRE 

so  dal  Governo  papale,  e  commise  al  Checchetelli  il  carico  di  pro- 
Tare,  in  qualita  di  uomo  dilegge,  1'intero  assunto.  L'uomo  di  legge 
adunque  cominci6  1'  arringa,  dimostrando  che  la  condanna  di  quei 
due  infelici  fu  ingiusta :  primieramente,  per  che  nel  regolamento  pe- 
nale  romano  vi  e  un  articolo,  che  infligge  la  pena  capitale  ne'  reati 
politic!  ai  soli  capi,  e  il  Monti  e  il  Tognetti  non  furono  capi  ma  ese- 
cutori ;  secondariamente,  perche  il  suffragio  dei  giudici  non  fu  una- 
nime,  e  a  Roma,  per  antica  consuetudine,  non  si  sanciscono  le  sen- 
tenze  capitali ,  se  non  sieno  rese  ad  unanimita.  Al  che  si  aggiunge 
che  nel  caso  presente  la  pena  inflitta  ha  ragione  non  di  difesa  ma  di 
vendetta,  bassissima  tra  le  umane  passioni.  Falta  questa  magnifica 
dimostrazione,  1'oratore  passo  alia  perorazione,  sfolgorando  la  reazion 
clericale ,  che  e  sitibonda  di  sangue  ,  e  la  mostruosita  del  connubio 
dei  due  poteri ,  che  produce  quesli  eccessi ,  contrarii  alia  civil ta , 
all'  umanita  e  alia  stessa  religione.  In  fine  dimando  al  Governo,  se 
avesse  fatto  tutto  quello  che  era  in  lui  per  impedire  la  minacciata 
catastrofe ,  e  se ,  non  essendo  riuscito ,  associasse  il  suo  sdegno  a 
quello  «  ond'e  compresa  la  Nazione  contro  un  Governo  che  e  respon- 
sabile  di  tali  atti ,  i  quali  valsero  al  Governo  di  Ferdinando  II  la 
qualifica  di  negazione  di  Dio  1.  »  Sceso  dalla  bigoncia  il  Checche- 
telli,  vi  sail  il  Bertani.  II  Bertani  non  e  uomo  di  legge,  ma  di  cerotti : 
e  un  cerotto  appunto  chiese  al  Governo.  Imperocche  dopo  aver  affer- 
mato  che  i  due  condannati  non  erano  rei  di  altro,  che  di  aver  volulo 
unire  1'  Italia  a  Roma,  e  dopo  aver  proferite,  secondo  1'usanza  sua,  le 
piu  villane  parole  contro  il  Papa  e  la  religione ;  prego  la  Camera  che 
dovesse  recare  a  tanto  male  un  pronto  rimedio :  «  prendendo  quelle    - 
determinazioni  che  valgano  a  riparare  Toffesa  patita,  lf  insulto  fatto 
air  Italia,  al  Parlamento,  alia  civilta,  air  umanita,  » 

Noi  lasciamo  stare  il  medico ,  alle  triviali  insolenze  del  quale  per 
tutta  risposta  potremmo  rinfacciargli  la  codarda  sconoscenza,  onde 
ricambia  il  Governo  pontificio  dell'  avergli  perdonata  la  vita  e  re- 
stituita  la  liberta  ,  quando  fatto  prigioniero  a  Mentana  tra  le  ordo 
garibaldine,  poteva  benissimo,  secondo  il  diritto  delle  Genti,  essere 

1  Atti  ufficMi  del  Parlamento,  Tornata  del  fcSNoyemb.  1808,  foglio  121L 


NEL  PARLAMENTO  DI  FIRENZE  643 

sottoposlo  al  rigor  delle  leggi.  II  dabben  medico  era  stato  uno  del 
capi  organizzatori  di  quelle  invaditrici  masnade;  e  pero,  dove  fosse 
stato  consegnato  ai  tribunal!,  non  sappiamo  se  ne  avrebbe  riportata 
jnlcra  la  lingua  a  bestemmiare ,  come  ora  fa ,  conlro  i  suoi  gene- 
rosi  perdonatori.  Ma  queste  anime  basse  non  son  capaci,  die  d'  odio 
c  di  rancore  :  ogni  generositSt  con  loro  e  sprecata.  Lasciando  dun- 
que  stare  costui,  diciamo  qualche  cosa  del  Checchetelli. 

E  verainente  curioso  il  defmire,  che  egli  fa,  per  delitto  politico 
la  proditoria  uccisione  di  27  persone!  II  valentuomo  appartiene  alia 
parle  moderata  della  Camera.  Or  noi  vorremnio  sapere  se,  qualora 
i  Deputati  della  sinistra  in  uno  di  quei  tumulti  parlamentari,  si  facili 
a  suscitarsi  nell'aula  dei  cinquecento,  si  scagliassero  sopra  i  Depu- 
iati  della  deslra ,  accoppandoli  dal  primo  all'  ultimo ,  affine  di  far 
prevalere  la  loro  politica ;  vorremmo  sapere,  diciamo,  se  egli  qua- 
lificherebbe  tale  carnellcina  per  semplice  delitto  politico.  II  caso,  chi 
ben  lo  mira ,  e  lo  stesso :  s'  intende  di  far  prevalere  un'  idea ,  e  ac- 
ciocche  prevalga  di  fatto,  si  rimuove  Y  impediment  con  lo  spacciar- 
si  degli  oppositori.  Ma  senza  ricorrere  ad  ipotesi,  un  fatto  simile  a 
quello  della  Caserma  di  Serristori,  fu  operato  dai  Feniani  in  Inghil- 
terra.  Yolendo  essi,  per  motivo  politico,  far  saltare  in  aria,  median- 
te  un  barile  di  polvere,  il  muro  d'  una  career  e,  cagionarono  la  morte 
di  varie  persone.  Or  che  fece  il  Governo  inglese  ?  Quivi  non  era 
la  reazione  clericale,  chiedente  sangue  al  Sovrano  di  Roma,  non  la 
mostruosita  del  connubio  dei  due  poteri ;  bensi  era  Y  ideale  della  ci- 
vilta,  della  umanita,  del  progresso,  dell' intendimento  del  verace  di- 
ritto.  Non  e  cosi ,  sig.  Checchetelli  ?  Eppure  quel  Governo  non  ri- 
sparmio  il  capestro  ai  due  esecutori  dell'  orribile  attentato ,  ne  la 
Regina  credette  spediente  al  ben  pubblico  il  commutarne  la  pena. 
Or  perche  gli  onorevoli  di  Firenze  non  dissero  allora  contro  di  lei 
il  millesimo  di  ci6 ,  che  dicono  ora  contro  del  Papa  ?  Forse  la  giu- 
slizia  mutasi  col  cambiare  de'  luoghi,  e  quel  che  fu  giusto  a  Londra 
diviene  ingiusto  a  Roma?  Ma  senza  andare  a  cercare  esempii  sto- 
nier!, ci  dicano  gli  onorevoli  di  Firenze,  se  essi  qualificano  per  de- 
litto politico  il  brigantaggio  delle  province  meridional!?  0  5  mag- 
gior  delitto  fare  un  ricatto  e  combattere  in  carnpo  aperto  la  forza 


644  LA  TORNATA  BEL  25  NOVEMBRE 

pubblica,  die  tramar  tra  le  tenebre  la  morte  di  fedeli,  quanto  valo- 
rose,  milizie,  con  1'effelto  seguito  sopra  27  persone?  Rimossa  dun- 
que  T  arbitraria  conversione  del  delitto  comune  in  delillo  politico 7 
benche  commesso  per  fine  politico  (il  fine  non  giustifica  i  mezzi); 
il  primo  argomento  del  nostro  uomo  di  legge  cade  per  terra.  Quan- 
to al  secondo,  esso  non  ha  bisogno  di  cadere,  essendo  gia  in  terra, 
per  esser  false  ambedue  le  parti  dell'  asserzione ,  a  cui  voleya  ap- 
poggiarsi.  E  falso  che  la  sentenza  non  fu  data  ad  unanimiia  di  suf- 
fragi ;  ed  e  falso  del  pari  che  nella  contraria  ipotesi  non  suol  darsi 
corso  a  pene  capitali.  La  sentenza  fu  segnata  da  tulti  i  giudici :  e , 
sebben  in  Roma  per  la  mitezza  del  Principe ,  mancando  1'  unanimita 
de'  suffragi  suol  farsi  grazia,  pur  non  di  rado  avviene  anche  il  con- 
trario,  dipendendo  cio  dalla  qualita  del  caso  e  dalla  opportunity  del- 
le  circostanze. 

Quanto  poi  a  quello,  che  dice  il  Checchetelli  del  doversi  fondare  la 
pena  nel  diritto  di  difesa  e  non  nella  vendetta,  bassissima  tra  le  pas- 
sioni ;  rispondiamo  che  egli  non  capisce  cio  che  importa  la  prima , 
ed  equivoca  sopra  il  concetto  della  seconda.  La  difesa  sociale  non  e 
tanto  verso  il  delinquente,  quanto  e  piuttosto  verso  il  delitto,  per  im- 
pedir  che  ritorni.  Ond'  essa,  purche  si  avveri  la  debita  proporzione, 
puo  stendersi  fino  al  supplizio,  quando  una  pena  minore  si  mostri 
inefficace.  La  vendetta  poi  e  passione,  e  bassissima,  nella  persona 
privata  e  per  motivo  private ;  non  gi&  nella  persona  pubblica  e  per 
ragion  pubblica.  Potremmo  dimostrar  1'  assertiva  coU'opinione  degli 
stessi  onorevoli  di  Firenze ,  non  escluso  il  Presidente  del  Consiglio, 
sig.  Menabrea;  i  quali  e  il  quale  gridarono  a  squarciagola  che  alme- 
no  colla  riprovazione  si  dovesse  infligger  gastigo  al  Governo  ponti- 
ficio.  Anzi  il  Bixio ,  uomo  di  guerra  al  modo  stesso  che  il  Checche- 
telli e  uomo  di  legge,  e  il  Bertani  uomo  d'  impiastri,  pretese  che 
questo  gastigo  dovesse  essere  nientemeno  che  la  guerra  immediata, 
da  dichiararsi  al  Pontefice.  Di  che  il  Civinini,  con  ironico  piglio  lo- 
dollo  nella  seguente  foggia :  «  Rispondero  all'  onorevole  Bixio ,  che 
troppo  deboli  trovava  le  mie  parole,  troppo  dottrinaria  e  timida  la 
mia  dichiarazione,  e  vorrebbe  si  facesse  la  guerra  e  subito;  Ebbene 
fatela;  Toltraggio  stabilisce  un  incontestabile  caso  di  guerra;  di- 


NEL  PARLAMENTO  DI  FIRENZE  645 

cbiaratela ,  e  svanira  naturalmente  ogni  mia  riflessione  ,  ed  io  saro 
agli  ordini  dell'  onorevole  Generale.  »  Or  che  altro  e  il  gastigo  in- 
flittoad  alcuno  in  contracambio  d'un'  offesa  recata,  se  non  appunto 
do  cbe  si  cbiama  vendetta?  II  sig.  Cbeccbetelli,  se  non  crede  alle 
nostre  parole,  potra  consullare  il  vocabolario;  e  se  trova  che  la  co- 
sa  e  cosi,  dovra  con  venire  che  per  giudizio  dei  suoi  stessi  colleghi, 
a  cui  certamente  non  vorra  ripugnare ;  la  vendetta  quando  e  fatta 
dall'  ordinatore  pubblico  e  per  ragion  pubblica,  lungi  dall'  essere 
bassa  passione,  e  sentimento  nobilissimo,  inspirato  dall'amore  della 
giustizia,  e  tale,  che  puo  penetrare  anche  negli  animi  eccelsi  dei 
Deputati  del  regno  ilalico. 

Ma  senza  cio,  1'idea  di  pena  inchiude  essenzialmente  1'idea  di 
vendetta;  non  essendo  altro  la  pena,  nella  sua  ragion  fondamentale, 
che  la  reazione  dell'  ordine  contro  il  disordine.  Onde  chi  ha  cura 
deH'ordine,  non  puo  dispensarsi  dall'esercitarla,  non  potendosi  di- 
spensare  dal  provvedere  alia  conservazione  di  esso  ordine  e  al  re- 
stauro  delle  sue  violate  ragioni.  E  cosi  veggiamo  che  Dante  1'at- 
tribuisce  anche  agli  Angeli  santi, 

Yuolsi  cosi  cola,  dove  Michele 

Fe'  la  vendetta  del  superbo  strupo  l. 

Anzi  Iddio  santissimo,  e  certamente  scevro  d'ogni  ombra  di  passio- 
ne, la  richiaraa  a  se,  come  cosa  sua  propria:  Mihi  vindicta,  et  Ego 
retribuam  2.  Onde  le  autorita  sociali  intanto  hanno  diritto  di  eser- 
citarla,  in  quanto  partecipano  T  autorita  divina.  E  poiche  questa 
partecipazione  deirautorita  divina  e  fatta  loro,  acciocche  veglino  al 
mantenimento  dell' ordine  e  delle  ragioni  della  giustizia ;  V  esercizio 
della  sociale  vendetta  e  in  essi  non  solo  un  diritto  ,  ma  ancora  uno 
stretto  dovere,  ne  possono  ometterla,  senza  tradire  il  proprio  ufficio 
e  mancare  all'intenziorie  divina.  Di  che  il  Checchetelli  potrebbe  in- 
tendere  non  esser  sempre  lecito  al  principe  rimetter  la  pena  al  reo  ; 
ma  solo  allorquando  lo  stesso  ben  pubblico  persuade  Tuso  di  tale 
indulgenza.  Onde  il  sig.  Checchetelli  e  compagni,  invece  di  schia- 

1  Inferno  c.  7. 

2  Hebr.  X,  30. 


€46  LA  TORNATA  DEL  2o  NOVEMBRE 

mazzare  e  inverecondamente  sgolarsi  conlro  la  piu  yeneranda  auto- 
rita  che  sia  sulla  terra,  quella  cioe  del  Pontefice;  avrebbero  operate 
con  ineno  stoltezza,  se.  avessero  cercato  di  dimoslrare  che  il  ben  pub- 
blico  consigliaya  in  questo  caso  clemenza.  Ma  cio  essi  non  hanno 
neppur  tenlato;  perche,  oltre  a  non  trovare  ragioni  a  cui  appoggiar- 
si,  sentivano  d'avere  contro  di  se  1'opinione  di  tutli  i  Gabinetti 
d'Europa.  Conciossiache  dall'una  parte  e  presumibile  che  il  Governo 
italiano  abbia  brigato  presso  tutte  le  Corli,  per  indurle  ad  interpor- 
re  i  loro  ufficii  per  liberare  dalla  morte  i  due  rei  (giacche  il  sig.  Me- 
nabrea  assicura  che  il  Ministero  nulla  omise  di  quanto  era  in  suo 
potere,  e  se  non  ha  fatto  questo,  non  sappiamo  che  cosa  abbia  fatto); 
e  dall'altra  parte  e  certissimo  che  non  trovossi  neppure  un  sol  Go- 
verno, il  quale  volesse  spendere  una  sola  parola  d'  inter cessione  o 
preghiera  per  1'oggetto  richiesto.  II  che  dimostra  nella  piu  lampan- 
te  raaniera,  che  tulli  coucordemente  giudicarono  non  essere  espe- 
dientc  al  bene  della  sociela,  non  solo  romana  ma  europea,  mitigare 
il  corso  della  giustizia,  conlro  un  delitto  si  atroce.  E  una  confer- 
ma  di  si  fatto  giudizio  ce  la  porge  ora,  che  scriviamo  ,  la  stampa 
parigina ;  la  quale  con  unanime  accordo  rimprovera  il  Parlamento 
italiano,  ed  approya  la  pena  inflitta  ai  due  colpeyoli.  Per  saggio  ri- 
feriremo  solamente  le  parole  del  Pays.  «  Si  trattaya  ,  egli  dice  ,  di 
due  scellerati,  i  quaii  intendevano  di  ammazzare  centinaia  di  soldati 
onorati,  se  la  loro  congiura  non  fosse  stata  scoperta.  II  Papa  e  Sa- 
cerdote,  ma  e  altresi  Sovrano ;  e  come  Sovrano  ha  sudditi  da  pro- 
ieggere  e  da  difendere.  Quando  reprime  i  cospiratori  e  punisce  il 
delitto  ,  egli  compie  un  sacro  dovere.  Abbiano  almeno  i  nostri  ay- 
versarii  per  la  brava  gente  un  po  di  quella  pieta,  che  mostrano  di 
yoler  tenere  in  serbo  pei  soli  furfantL  »  E  la  Liberte  alia  sua  \olta 
soggiunge :  «  Non  s'  innalzi  ( ai  due  condannati )  un  piedistallo,  che 
non  si  meritano ;  e  si  lascino  dormire  in  pace  nella  fossa  comune 
dei  volgari  scellerati ;  giacche  non  sono  nulla  di  piu.  » 

II  Debais  concede  che  il  Papa,  come  principe  temporale,  aveadi- 
ritto  di  condannare  que'  due  colpevoli,  ed  ammette  altresi  che  forse 
ne  ayea  auche  il  dovere.  Ma  soggiunge  die  questo  e  agli  occhi  suoi 
la  condanna  del  doppio  carattere,  di  cui  il  Papa  e  rivestito,  e  per 


NEL  PARLAMKNTO  DI  FIRENZE  617 

cui  si  trova  dall'una  paile  nella  necessita  di  usare  clemenza,  come 
sacerdote,  e  dall'  altra  giustizia  come  sovrano. 

Ben  si  scorge  che  gli  occhi  del  Debats  si  abbarbagliano  troppo 
facilmente.  L'  unione  della  clemenza  colla  giustizia,  del  sacerdozio 
colla  sovranita  e  colla  giudicatura,  non  e  poi  im  oggetto  si  difficile 
a  vedersi  come  egli  crede.  Per  persuadersene,  basterebbe  conside- 
rare,  che  Iddio  e  giusto  insieme  e  clemente,  punisce  e  perdona, 
mortifica  e  yivitica,  secondo  le  diverse  esigenze.  Basterebbe  altresi 
ricordarsi  che  Cristo,  benche  eterno  sacerdote,  e  nondimeno  giudicc 
dei  vivi  e  dei  morti.  Or  perche  sara  impossibile  nel  Yicario  di  Cri- 
sto T  unione  di  quegli  attributi,  che  si  verifica  in  Cristo  stesso  ? 

Due  cose  possono  qui  cercarsi:  la  compatibilita  e  la  convenienza. 
Se  si  cerca  la  prima,  ogni  persona  di  senno  capisce  facilmente  che 
dove  son  compatibili  i  fmi,  son  compatibili  ancora  i  poteri  che  ri- 
spondono  ai  detti  fini.  Or  la  felicita  temporale,  che  e  il  fine  a  cui 
guida  T  autorita  polilica,  e  compatible  si  o  no  colla  felicita  sempi- 
terna,  che  e  il  fine  a  cui  guida  1'  autorita  ecclesiastica  ?  Dire  che  no, 
sarebbe  un  disordinare  tutta  V  economia  intesa  da  Dio,  un  separare  la 
vita  presente  dalla  futura,  uno  scindere  Y  uomo  in  due  parti  discor- 
dant! tra  loro.  Dunque  i  due  fini  armonizzano ;  e  quindi  armonizzano 
altresi  i  poteri,  che  ad  essi  corrispondono  ;  e  se  armonizzano,  son 
compalibili  nel  soggetto  medesimo.  Dunque  niente  vieta  che  il  sa- 
cerdote sia  altresi  sovrano,  ed  eserciti  tutte  le  attribuzioni  di  sovra- 
no. E  cosi  vedemmo  in  altra  eta  varii  Yescovi,  specialmente  in  Ger- 
mania,  avere  altresi  principato  civile.  Cio  riguarda  la  compatibilita, 

Ma  se  e  compatibile  tale  unione  ,  e  ancora  conveniente  ?  Rispetto 
al  sommo  Ponteticenon  solo  e  conveniente,  ma  e  del  tutto  necessa- 
ria  ;  come  &  stato  dimostrato  mille  volte,  attesa  Y  indipendenza  po- 
lilica,  di  cui  deve  godere  il  supremo  ordinatore  delle  coscienze  e  il 
supremo  banditore  e  interprete  della  legge  divina.  E  questo  un  in- 
teresse  non  solo  religioso,  ma  ancora  sociale,  di  ordine  si  elevato, 
che  a  fronte  di  esso  ogni  altro  sparisce  e  non  ha  forza,  se  non 
presso  gl'  increduli  e  difensori  del  Dio  stato ,  comunque  camuffati 
del  nome  di  Hberali.  Ma  torniamo  al  Checchetelli. 

Ella  e  cosa  del  tutto  da  forsennato  il  rimproverare  Ferdinan- 
do  II  di  fierezza,  per  esecuzioni  capitali;  mentis  si  sa  che  quel 


648  LA  TORNATA  DEL  25  NOYEMBRE 

Principe  in  tutto  il  suo  regno  ne  avea  quasi  dismesso  1'  uso,  e  forse 
oltre  i  termini  d'una  ben  intesa  clemenza;  e  d'  altro  lato  il  Gover- 
no  rivoluzionario  d' Italia  gronda  talmente  di  sangue,  eke  nelle  sole 
province  meridional!'  gli  uccisi  da  lui,  in  questi  otto  anni  di  tiranni- 
de  liberalesca,  si  fanno  ascendere  niente  meno  eke  all'  orribile  cifra 
di  venliquattroinila ,  oltre  a  una  trentina  tra  citta  e  villagi  bruciati. 
E  voi,  con  questo  carico  addosso,  osate  di  rimproverare  altrui?  Hy- 
pocrita,  eiice  primum  trabem  de  oculo  tuo,  et  tune  valebis  eiicere 
festucam  ab  oculo  fratris  tui  1. 

Senoncke  nostro  intendimento  si  e  di  mostrare  non  tanto  gli 
sragionamenti  degli  onorevoli  di  Firenze,  nella  difesa  dei  due  giu- 
stiziati,  quanto  la  turpitudine  di  far  propria  la  loro  causa.  In  cio  fu- 
rono  concordi  Deputati  e  Ministero;  e  son  degne  d'  infame  memoria 
lo  vergognose  parole,  eke  vennero  proferite.  II  Ferrari  avendo  pro- 
posto  un  ordine  del  giorno,  in  cui  si  diceva:  La  Camera  proclama 
i  cittadini  Monti  e  Tognetti  martiri  della  liberta  italiana ;  nel  com- 
mentarlo  dickiaro  espressamente  eke  i  due  giustiziati  erano  loro 
amici,  eke  bisognava  rivendicarli  all'Italia,  e  gloriarsene.  «  Al  ria- 
prirsi  del  Parlamento  il  Papa  ka  calcolatamente  voluto  insultare  la 
Rappresentanza  italiana  col  supplizio  di  due  nostri  amici,  da  lui 
gettati  al  carnefice  come  malfattori...  Signori,  con  quest'ordine  del 
giorno  da  me  proposto,  noi  rivendickiamo  i  nostri  morti,  noi  li 
prendiamo  sotto  la  nostra  bandiera,  sono  cosa  nostra  (Benissimo). 
Sono  sotto  la  nostra  protezione,  noi  ce  ne  vantiamo...  Sono  questi 
i  nostri  martiri,  i  nostri  santi...  Yera  necessita  di  religione  e  per 
noi  questa ,  di  proclamare  i  nostri  martiri,  »  Potea  spingersi  piu 
oltre  il  cinismo  e  la  sfrontatezza?  Far  V  apoteosi  dell'  assassinio  ! 
ckiamar  santi  coloro ,  eke  uccisero  a  tradimento  27  persone ,  e  piu 
avrebbono  voluto  ucciderne!  Mitriarli  della  corona  di  martiri  per  la 
morte  incorsa,  in  pena  di  si  orribile  eccesso !  0  noi  andiamo  ingan- 
nati,  o  queste  sono  enormezze,  eke  neppure  si  odono  tra  le  comitive 
dei  briganti  e  de'  ladroni.  Ed  esse  furon  proferite  tra  gli  applausi 
dei  pubblici  rappresentanti  d'una  nazione  civile  e  cristiana,  e  con- 
senziente  il  presidente  de'  Ministri!  0  Italia,  o  misera  Italia,  a  quan- 

1  MATTH.  VII,  5. 


]NEL  PARLAMENTO  DI  FIRENZE  619 

la  ignominia  ti  traggono  quest!  tuoi,  11011  figli,  ma  nemici  spietati  e 
perfidi  svergognatori ! 

L'ordine  del  giorno  proposto  dal  Ferrari  fn  confortalo  dai  discorsi 
di  raolti  oratori;  e  se  non  venne  sancito  dal  solenne  voto  della  Ca- 
mera, fu  per  la  ragione,  addolta  dal  Civinini  e  dal  De  Boni,  cho  cioe 
esso  sarebbe  stato  un  pleonasmo,  tanto  la  cosa  era  per  se  eviden- 
te.  /  loro  meriti  ognun  li  sa,  disse  il  primo;  e  il  secondo  :  E  inuti- 
le acclamare  -martin  quelli,  che  gia  lo  sono,  e  eke  tutta  Italia  co- 
nosce  esser  martiri.  Quest!  meriti ,  che  cangiavano  in  aureola  di 
mar  tire  Y  onta  del  supplizio  ,  erano  ,  non  puo  abbastanza  ripetersi , 
1'  aver  tramato  contro  Y  autorita  del  Pontefice,  e  V  avere  estinto  collo 
scoppio  d'  una  mina  27  persone,  quasi  tulti  giovanelti  e  italiani.  Or 
la  morte,  cosi  barbaramente  procurata  a  tanti  infelici,  non  rei  d'  al- 
tro  che  d'  essere  al  soldo  del  loro  legitlimo  Sovrano,  non  trova  una 
parola  di  commiserazione  nelle  pietose  anime  dei  rappresentanti  del- 
la  ragion  sociale  in  Italia;  e  per  contrario  la  morte  giustamente  in- 
ilitta  a  quelli  che  li  trucidarono,  li  muove  non  che  a  commiserazione, 
ad  indicibile  rammarico,  anzi  a  furore  siffatto,  che  li  converle  in  al- 
trettanti  energumeni.  Ci  ha  di  phi.  Senliamo  dire  che  quasi  nel  tem- 
po stesso,  in  cui  si  eseguiva  in  Roma  la  pena  capitale  del  Monti  e  del 
Tognetti ,  venivano  giustiziati  a  Marsiglia  tre  malfattori ,  tutti  e  tre 
piemonlesi.  Or  perche  gli  onorevoli  di  Firenze  non  muovono  nep- 
pure  un  lamento  di  quest' altra  funesta  catastrofe?  Non  eran  quest! 
altresi  loro  connazionali?  Non  avevano  essi  altresi  qualche  gran  me- 
rito,  atteso  qualche  grave  misfatto ,  per  cui  vennero  dannati  a  mor- 
te? Qual  e  la  cagione  di  si  diversa  contegno?  La  cagione  I'accenno 
il  Civinini,  dicendo;  che  con  la  esecuzione  romana  erano  state  tolte 
loro  due  vite  preziose.  La  vita  di  due  sicarii ,  pronti  ad  immolare 
in  niassa  quante  phi  vittime  si  vogliano,  e  certamente  una  cosa  pre- 
ziosa  agli  occhi  della  setta ,  oggidi  dominanle  in  Italia ;  il  che  non 
si  avvera  dei  delinquent!  di  altro  genere.  Percio  i  prelodati  Onore- 
voli niente  si  curano  del  supplizio  dei  second!;  ma  del  supplizio 
de'  primi  non  possono  non  sentire  atroce  cordoglio.  Essi  incorsero 
per  la  morte  di  quelli  una  duplice  iatlura :  lucro  cessante ,  e  danno 
emergente.  Lucro  cessante,  perche  perdettero  uno  strumento,  cosi 
bane  sperimentato ;  danno  emergente ,  perche  il  loro  supplizio  puo 


050  LA  TORNATA  DEL  25  NOVEMBRE 

coll'  esempio  dissuader  molti  altri  dal  mettersi  a  simigliante  sba- 
raglio.  II  supremo  supplizio  e  propriamente  quello,  che  spaventa  i 
rivoluzionarii.  La  gal  era  non  gia;  perocche  essa  puo  anzi  essere 
scaliho  a  satire  ai  piu  alti  posti  social!.  Ne  siano  prova  parecchi  del 
Beputati  italiani. 

Noi  non  vogliauio  stomacar  piu  i  nostri  lettori  con  questo  lezzo  di 
discorsi  tenuti  nel  recinto  del  Parlamenlo  di  Firenze.  Ma  non  sappia- 
mo  passarci  al  tutlo  di  quello  del  sig.  Seisinit-Doda ,  aileso  un  suo 
singolare  concetto ;  in  quanto  dice  di  approvare  che  i  due  sicarii  giu- 
sliziati  vengano  proclamati  martlri  per  questo  motivo,  acciocche  val~ 
gano  di  modello  ai  gio\7ani  italiani ,  invece  dei  Santi  della  Chiesa. 
Parra  incredibile  tanta  impudenza,  o,  diciam  meglio,  forsennalezza ; 
ma  ecco  le  sue  parole :  «  A  quell'  ordine  del  giorno  dell'  onorevole 
Ferrari ,  che  proclama  martiri  due  patrioti  immolati  alia  vendetta 
politica  del  Pontefice,  io  mi  associo  di  gran  cuore,  o  signori;  perche 
In  questa  dichiarazione  havvi  una  pro  testa  del  diritlo  contro  la  for- 
za,  dell'  idea  contro  le  armi,  e  perche  auguro  che  oggi,  in  questo 
giorno,  al  quale  per  una  strana  coincidenza  del  caso,  si  associa  nel 
mondo  cattolico  il  ricordo  d'  una  santa ,  che  F  onorevole  Menabrea 
invocava  allra  volta,  santa  Gaterina  da  Siena ;  auguro,  dico,  che  oggi 
uel  doloroso  libro  del  lungo  martirologio  italiano  sieno  piutiosto  iscrit- 
li  i  nomi  di  coloro,  che  caddero  per  Roma  auspicata  all' Italia,  e  sieno 
quei  nomi  come  cara  tradizione  domestica  ai  nostri  figli,  meglio  di 
quello  possano  esserlo  le  tradizioni  del  fanatismo  cattolico  1.  »  Co- 
stui  conosce  tanto  le  tradizioni  del  fanatismo  cattolico,  che  confon- 
de  santa  Cater ina  da  Siena  con  santa  Caterina  martire.  la  cui  so- 
lennita  cadeva  in  quel  giorno,  25  Novembre.  MaTignoranza  appun- 
to  di  questo  frenetico  valga.di  scusa  prcsso  Dio,  affinche  sperda  il 
nefando  augurio  che  egli  fa  ai  suoi  innocenti  iigliuoli  e  a  quelli  dei 
suoi  colleghi.  Ma  basti  di  tanto  sozzume ;  volgiamoci  piuttoslo  a 
qualche  considerazione,  che  sorge  spontanea  nell'animo  di  ciascuno. 

II  conte  Grotti  giustamente  osservo  essere  strano  che  un  Parla- 
mento  entrasse  a  discutere  gli  affari  intcrni  di  un  altro  Stato.  «  Io 
non  mi  associo ,  egli  disse  ,  a  nissuno  di  quegli  oratori  che  hanno 

1  Altiuffidali,}w«o  citato. 


NEL  PARLAMENTO  DI  FIRE^ZE  651 

parlato  con  im  sentimento  cosi  vivo ,  per  un  cosi  delto  amor  di  pa- 
tria  che  intendono  a  modo  loro.  Non  solo  non  posso  associarmivi, 
ma  lo  rigetlo;  e  come  Deputato  credo  mio  dovere  di  domandare  la 
questione  pregiucliziale ,  perche  noi  trattiamo  cosa  che  la  Camera 
non  ha  diritto  di  trattare  (Bumori).  Noi  trattiamo  una  cosa  che  noi* 
ci  appartiene,  cioc  la  giustizia  criminale  di  un  altro  paese.  Non  ah- 
biamo  diritto  di  farlo  (Segni  ironici  d'  approvazione).  »  Per  fermo 
nella  storia  dei  popoli  civili  un  tal  fafto  e  inaudito;  non  solo  il  diritto 
ma  la  convenienza  altresi  vi  ripugna.  E  questa  fu  una  delle  ragioni, 
per  cui  nessun  Gabinetto  d'  Europa  voile  aderire  alle  premurose 
istanze  del  Governo  Haliano  d'  interporre  i  suoi  ufficii  in  tale  biso- 
gna-  Ma  la  grave  assemblea  rappresentativa  del  regno  italico  si 
ride  del  pari  della  convenienza  e  del  dirilto.  Essa  risponde  coir  iro- 
nia  e  col  sogghigno  all'osservazione  del  Crotti ;  la  quale ,  messa  ai 
voti,  non  trove  niuno  che  1'appoggiasse,  neppure  tra  quei  pochi,  che 
quivi  continuano  a  professarsi  cattolici ,  e  che  taciti  assistettero  al- 
T  inverecondo  baccano.  Diciamo  taciti,  perche  le  poche  e  timide  pa- 
role del  Conti  non  esprcssero  altro,  se  non  che  egli  si  asteneva  dal 
votare,  perche  tali  discussioni  commuovono  fieramente  il  paese,  pel 
quale  sono  di  gravissimo  pericolo.  Del  resto  dichiaro  che  come  cat- 
tolico  liber  ale  anch'  egli  voleva  I'linM  d' Italia  e  che  Roma  si  consi- 
derasse,  anche  politicamente,  come  citta  italiana ;  e  si  associo  agli 
altri  nel  deplorare  il  fatto  di  Roma. 

Ma  per  qunnto  sconvenevole  e  fuor  d'ogni  diritto  sia  Tingerenza 
che  la  Camera  di  Firenze  si  arroga  nei  fatti  altrui ;  il  suo  vitupe- 
ro  principale  non  e  questo,  bensi  e  quello  che  notammo  piu  volte  e 
qui  torniamo  a  notare,  il  patrocinio  cioe  tolto  dell'  assassinio,  Tapo- 
teosi  fatta  di  due  sicarii,  la  comunanza  di  causa,  voluta  coi  medesi- 
mi.  Che  gli  onorevoli  esprimessero  questi  loro  nobili  sentiment!  nel- 
le  conventicolc  della  setta,  a  cui  i  piii  di  loro  appartengono ;  do  non 
avea  nulla  d'irregolare.  Che  li  pubblicassero  altresi  nella  Gazzetta 
del  popolo,  nel  Diritto,  nella  Perseveranza,  ne\Y  Opinions  ed  allri 
consimili  giornalastri;  anche  questo  potea  passare.  Ma  che  li  ban- 
dissero  solennemente,  in  qualita  di  rappresentanti  del  paese,  in  pub- 
bliclic  c  legali  adunanze;  oh  questa  c  inverecondia  senza  esempio, 
se  pur  non  vogliamo  dirla  stupidita  manifesta.  Diciamo  stupidila 


052  LA  TORNATA  DEL  25  NOVEMBRE 

manifesta,  perche  queslo  fu  non  pure  un  rotolarsi  nel  fango,  ma  mi 
darsi  della  zappa  sui  proprii  piedi.  Imperocche  in  qual  conto  la  ci- 
vile Europa  dovra  quinci  appresso  avere  un  Parlamento,  die  pensa 
e  parla  in  modo  ,  da  disgradarnc  gli  stessi  assassini?  Non  dovra 
quinci  appresso  riputarlo  non  altro,  che  un  covo  di  seUarii,  e  setlarii 
d'inilma  specie?  Ne  vuol  tacersi  I'insipienza  del  Ministero,  che, 
in  cambio  di  dar  sulla  voce  a  quei  forsennati  e  cosi  salvare  al- 
meno  1'onore  del  Governo,  propriamente  delto,  per  bocca  del  pro- 
prio  Presidente,  si  associo  loro  e  si  compiacque  di  vedere  sopra  un  tal 
punto  tanta  unanimita  nella  Camera.  «  Signori,  son  parole  del  Me- 
nabrea,  noi  siamo  stall  tutti  contristati  dal  falto  succeduto  a  Roma, 
e  in  questo  sentimento  ci  e  stata  unanimita,  tanto  a  destra  che  a  si- 
nistra,  salvo  poche  voci...  Alcuno  di  voi  ha  detlo  benissimo,  che  il 
supplizio  inflitto  a  Roma  e  una  sfida  allf  Italia,  e  una  occasionc  datale 
perche  essa  si  divida.  Or  bene,  signori,  facciamo  almeno  in  questa 
circoslanza  che  vi  sia  unanimita  nella  Camera,  quando  daperlutto  e 
stala  unanime  1' indignazione  l.  »  Si  vede  chiaro  che  m  questo  ci- 
vilissimo  regno  d' Italia  Ministri  e  Deputatl  valgon  lo  stesso. 

Ma  fia  pregio  dell'  opera  paragonare  da  ultimo  colesti  Deputali  e 
cotesli  Ministri  con  quegli  stessi  rei,  di  cui  presero  scioccamente  la 
difesa.  Monti  e  Tognetti,  benche  colpevoli  di  atrocissimo  delilto,  ripa- 
rarono  con  esemplar  penlimenlo  il  loro  peccato,  e  non  omisero  nulla 
di  quanto  era  in  loro  per  fame  ammeiida.  Vegga  il  lettore  il  fedele 
racconto,  che  noi  nc  riportiamo  in  questo  medesimo  quaderno  in 
capo  alia  Cronaca  delle  cose  romane.  Appena  letla  a  quegl'  infelici 
la  sentenza,  che  li  dannava  al  supplizio,  essi  invece  di  querelarsene, 
ne  riconobbero  la  giustizia,  e  chiesero  di  tosto  riconciliarsi  con  Dio 
nel  sacramento  della  penitenza.  II  che  ripeterono  soventi  volte  nei 
molti  giorni,  che  corsero  fino  alia  esecuzione.  Ne  paghi  d'aver  ese- 
crata  la  loro  colpa  dinanzi  a  Dio,  la  esecrarono  piu  volte  dinanzi 
agli  uomini;  e  chiamato  il  colonnello  Di  Charette  dimandarono  con 
profuse  lagrime  a  lui,  e  in  lui  a  tulto  il  Corpo  dei  Zuavi,  perdono 
del  perfido  aitentato  commesso  contro  di  loro.  Alia  presenza  di  testi- 
monii  abiurarono  la  setta  Hberalesca  a  cui  eransi  ascritti,  e  la  qua- 

1  Atti  nffidali. 


NEL  PARLAMENTO  DI  FIRENZE  C53 

le,  come  altcsta  il  Monti  nella  sua  lettera  al  Pontefice ,  non  altro 
contiene  se  non  infamia,  tradimenti  ed  effeminatezza.  Pregarono 
il  Santo  Padre  che  volesse  perdonarli  dell'  offesa  recatagli ,  acco- 
glierli  a  penlimento,  e  ribenedirli.  Supplicaronlo  altresi  istantemen- 
te,  che  volesse  far  nota  all'  intero  universo  questa  loro  ritrattazione 
e  resipiscenza.  «  Serva  ancora,  scriveva  il  Monli,  questa  pubblicila 
in  espiazione  e  penitenza  del  mio  grande  delitto  di  aver  mancato  di 
rispetto  alia  Santita  Yostra,  mio  Sovrano  e  Padre,  di  aver  sacrificato 
tante  viltime,  di  aver  portato  il  pianto  e  la  desolaziorie  in  tante  fami- 
glie;  e  in  riparazione  di  tulti  gli  scandali  dati  1.  »  Lo  stesso  a  voce, 
giacche  non  sapeva  lettere,  fece  il  Tognelti.  Si  paragonino  que- 
sli  sensi  con  quelli  degli  onorevoli  di  Firenze,  e  si  giudichi  se  tutto 
ben  computato  non  sieno  da  pregiarsi  meno  gli  avvocati,  che  i  rei. 
Quesli  da  delinquenti  che  furono  si  tramutarono,  contro  loro  stessi,  in 
assertori  e  vindici  della  giustizia;  quelli,  come  dicemmo  fin  da  prin- 
eipio,  da  assertori  e  vindici,  che  sarebbero  dovuti  essere,  della  giu- 
stizia si  convertirono  in  patroni  e  lodatori  del  delitto.  Questi ,  atteso 
il  loro  sincero  ravvedimento  e  il  fervore  della  loro  penitenza ,  con 
grande  probabilita  e  possiam  dire  quasi  morale  certezza,  sono  stati 
accolti  cfa  Dio  a  salvazione  ed  han  ristorata  la  loro  fama  nel  mondo; 
quelli ,  atteso  il  patrocinio  che  tolsero  del  delitto ,  e  il  bestiale  fu- 
rore ,  onde  si  rivolsero  contro  chi  dalle  ragioni  della  giustizia  era 
slato  costrelto  a  punirlo ,  si  copersero  d'  infamia  dinanzi  agli  uomi- 
ni,  e  contrassero  un  grave  debito  da  scontare  col  sommo  Giudice. 
Questi  mostrarono  che  sebbene  nati  in  basso  stato  e  perverliti  da 
perfidi  compagni,  nondimeno  avevano  sortita  e  conservata  un'anima 
nobile,  che  seppe  sotto  i  conforti  della  divina  grazia  tornare  a  virtu; 
quelli ,  benche  posti  in  assai  miglior  condizione,  mostrarono  d'ave- 
re  ricevuto  da  nalura  o  fattasi  da  se  per  arte  un'anima  vile,  che  tut- 
tavia  ama  la  scelleraggine  e  si  pasce  di  odio  contro  Dio  e  la  Chie- 
sa.  Strana  opposizione  per  verita!  ma  che  mostra  una  volta  di  phi 
la  differcnza  che  passa  tra  Roma  papale,  ed  un  regno  creato  e  retto 
dal  liberalismo  moderno.  La  prima  sa  cambiarti  uomini  micidiali  in 
fervidi  penilenti ;  il  secondo  ti  converte  in  propugnatori  deir  iniquita 
coloro,  che  piii  di  tulti  dovrebbero  abborrirla. 
1  Vedi  il  precedente  quaderno. 


GLI  ABUSI  DEL  SOPPRESSO  TRIBUNALE 

BELLA  REGIA  MONARCHIA. 

IN   SI  CILIA1 


II  S.  Padre  Pio  IX,  con  le  sue  Lettere  apostoliche  del  23  Luglio 
1868,  dichiaro  scomunicato  yitando  Y  infelice  prete  Cirino  Rinal- 
di,  perche  nonostante  la  Bolla  di  soppressione  ed  il  Monitorio  del  15 
Ottobre  1867,  prosegui  ad  esercitare  le  funzioni  di  Giudice  dell'abo- 
lito  tribimale  ecclesiastieo,  appellate  della  regia  Monarcbia  ed  apo- 
stolica  Legazia  di  Sicilia.  II  Ministro  Guardasigilli  del  Regno  alle 
Lettere  apostoliche  oppose  le  sue ,  per  sostenere  lo  sventurato  Ri- 
naldi.  Da  cbi  sar&  egli  ubbidito? 

Ai  16  Aprile  1868  un  illustre  Advocate  scriyeya  da  Palermo  in 
questo  modo :  c<  lo  mi  sono  rifiutato  a  soslenere  qualunque  causa 
presso  il  detto  sac.  Ciiino,  il  quale  e  ritenuto  da  tutti  come  scomu- 
nicato ,  dopo  le  espresse  ammonizioni  del  Pontefice ,  alle  cui  ripe- 

1  Quest'  articolo,  comunicatoci  da  persona  molto  dotta  e  bene  informata  in 
tal  argomento,  svela  molti  di  quegli  abusi  che,  contro  ogni  dirilto  anche  pre- 
teso,  formavano  in  pratica  i  canoni  regolatori  del  tribunale,  ora  abolito,  detto 
della  Regia  Monarcliia  neir  isola  di  Sicilia.  Ci  e  percio  paruto  degno  di  essere 
pubblicato ,  a  sempre  maggior  dimostrazione  della  necessita ,  in  cui  era  il 
S.  Padre  Pio  IX  di  prpvvedere  a  si  nobil  parte  della  Chiesa  in  Italia,  e  a  sem~ 
pre  maggior  confusione  di  coloro,  che  osano  ribellarsi  ad  alto  si  legittimo  c 
doveroso  di  autorita  apostolica.  (Nota  della  Compilazionc.) 


GLI  ABUSI  DEL  SOPPRESSO  TRIBUKALE  DELLA  REGIA  MONARCHIA     65 1> 

lule  ingiunzioni  si  mostra  ribelle.  In  Palermo  fa  maraviglia,  die  ua 
nomo  come  il  sac.  Cirino,  carico  di  anni  e  ricco,  per  1'  ambizione  di 
an  potcre  eflimero,  si  ostini  a  ritenere  1'  esercizio  di  un  potere  illc- 
gale.  Queslo  uomo  sciagurato,  sotto  il  peso  della  pubblica  esecrazio- 
nc,  piu  non  csce  di  casa,  vivenello  slato  d'isolamento,  conuna  bile 
concentrata  contro  tutli  coloro,  die  da  lui  si  sono  allontanati.  La  su- 
perbia  e  1'  orgoglio  di  rancide  dottrine  1'liamio  perduto.  »  Questo, 
quando  ancora  il  Rinaldi  non  era  slato  nominatamente  dichiarato 
•scomunicaio  vitando.  Chiunque  ha  buon  senso  s'  immagini  die  ne 
sia,  c  sara  dopo  di  cio. 

E  da  gran  tempo  che  1'  universale  dei  Sicilian*! ,  anziclie  avere 
affetlo  a  queslo  tribunale,  ne  desiderava  la  soppressione.  Fosse  o  non 
fosse  autentica  la  Bolla  di  Urbano  II,  poco  imporla.  II  certo  e  che 
niuno  ha  poluto  rispondere  alle  ragioni  del  Card.  Baronio,  o  convin- 
cere  di  falso  i  document!  da  lui  prodolti.  Che  che  ne  sia  di  questo, 
c  ugualmente  certo  che  il  suddetto  Iribunale  ebbe  poi  legittima  isti- 
tuzione  per  la  Bolla  Fideli  ac  prudenti  dispensatori,  data  da  Bene- 
detto XIII  ai  30  Agoslo  1128,  Quindi  la  presente  questione  sarebbe, 
se,  dopo  questa  epoca,  la  S.  Sede  ebbe  nuovi  motivi  gravissimi  per 
dolersi,  e  poi  di  abolirlo  a  tempi  nostri.  Reali  Rescritti  del  1818, 
il  Breve  lamdiu  di  Papa  Gregorio  XVI ,  le  note  istanze  di  soppres- 
sione fatte  da  tutto  1' Episcopate  siciliano  raccollo  in  sinodp  nel  1850, 
ed  il  Breve  Pecultaribus  moti  causis  di  Pio  IX ,  sono  document! 
autenticissimi  degli  abusi  sempre  piu  crescent!  di  cotale  istituzione, 
dell'  impegno  dei  Re  e  dei  Papi  a  richiamarla  ai  limili  proprii  e 
dell'  osiinazione  di  tali  Giudici  nel  tenere  la  stessa  via  d'  irregolari- 
ta  e  disordine. 

Nella  Bolla  Supremo,  del  10  Ottobre  1867,  il  Pontefice  accenna 
ai  gravissimi  disordini  che  1'  indussero  all'  abolizione  di  questo  tri- 
bunale ,  c  dei  quali  non  e  mestieri  addurre  prova ,  baslando  la  pa- 
rola  del  Pontefice.  Sarcbbc  ad  esaminarsi,  se  mai  fossero  slati  abusi 
aali  e  transitorii  di  tali  Giudici,  o  disordini  slabiliti  in  forma 
dijsislcma,  che  viziarono  1'intima  sostanza  del  tribunale.  Tutti  i  Si- 
cilian!, periti  in  dritto  ed  imparziali,  che  ebbero  Toccasione  di  tratlar- 
^\  aiTari,  conobbero  ch'era  in  tutlo  degenerato  dalla  sua  primitiva 


656  GLI  ABUSI  DEL  SOPPRESSO  TRIBUNALS 

istituzione ;  e  questo  intimo  viziamento  fondavasi  in  regie  disposizioni 
provocate  dagli  stessi  Giudici,  avidissimi  di  ampliare  la  loro  autorita. 
€io  appare  chiarissimo  a  chi  sappia  quali  sacri  poteri  costoro  si  ar- 
rogavano,  su  qual  codice  ecclesiastico  fondavano  i  proprii  giud'zii , 
con  quale  procedura  si  ordinavano ,  su  quanti  affari  stendevano  le 
loro  mani,  ed  in  qual  modo. 

Era  questo  un  tribunale  ecclesiastico,  istituito  con  la  Bolla  di  Be- 
nedetto XIII,  ed  i  Giudici  doveano  percio  contenersi  negli  stretti  11- 
miti  della  giurisdizione  concessa  al  loro  officio.  Ma  questi  limiti  era- 
no  sdegnati  da  essi  e  dai  loro  curiali.  Ammaliati  dai  titoli  di  regia 
monarchia  ed  apostolica  Legazia,  si  reputavano  come  rappresentan- 
ti  la  stessa  persona  del  Re,  e  non  solo  come  forniti  dei  sacri  poteri 
di  pontificii  Legati  a  latere,  ma  quali  altrettanti  sommi  Pontefici 
della  Sicilia. 

I/anno  1840  fu  stampato  in  Palermo  nella  tipografia  del  Solli  un 
libro,  intitolato:  «  Cenni  sulla  giurisdizione  ecclesiastica  della  Mo- 
narchia di  Sicilia,  del  sac.  Giuseppe  Laudicina  »  e  ne  furono  man- 
date copie  a  tutte  le  curie  ecclesiastiche.  In  questo  libro ,  da  pa- 
gina  92  a  pagina  101,  sono  citate  le  disposizioni  del  re  Giacomo  , 
di  Federico  III ,  del  capitolo  178  del  re  Alfonso ,  la  sicola  sanzio- 
ne  del  24  Marzo  1734 ,  dell'  imperatore  e  re  Carlo  YI ,  e  le  Pram- 
matiche  del  1744  e  1748,  per  le  quali  s'  insegna  die,  non  ostan- 
te  la  Bolla  Fideli  ac  prudenti  dispensatori ,  si  compete  al  giudice 
della  regia  Monarchia  il  supremo  diritto  di  avocare  a  se  da  tut- 
te le  curie  ecclesiastiche  tutte  le  cause,  in  qualsivoglia  stato  della 
lite,  anche  prima  della  prolazione  della  sentenza,  laddove  le  proce- 
dure fossero  illegali,  o  che  ritardato  venisse  il  cor  so  della  giustizia. 
Le  cause  dei  suffraganei  passano  immediatamente  a  lal  Giudice 
quando  costoro  nel  corso  di  un  giudizio  regolare  dessero  qualchc 
erroneo  provvedimento,  o  le  parti  si  provvedessero  dinanzi  a  questo 
Giudice  per  via  di  ricorso ,  o  per  causa  di  gravame ,  contro  i  de- 
creti  dei  Vescovi ,  le  sospensioni  a  divtnis  fulminate  contro  gli  ec- 
clesiastici  delle  loro  rispettive  diocesi ,  e  chiamate  dai  medesimi 
alle  loro  corti  in  qualsiasi  maniera ,  anche  estragiudiziaria ,  e  per 
qualsivoglia  motivo  anche  occulto.  I  gravami  possono  portarsi  avan- 


DELLA  REGIA  MONARCHIA  IN  SICILIA  657 

ti  il  Giudice  della  regia  Monarchia  anclie  per  le  ordinanze  economi- 
che  e  pastorali  del  Vescovi,  e  per  gli  atti  disciplinary  Sebbene  non 
possa  il  Giudice  della  R.  M.  ingerirsi  motu  proprio  et  ex  officio , 
ne  fare  atli  primarii  negli  articoli  cli  disciplina  e  dell'  interno  rego- 
lamento  dei  Regolari ,  pure  addivenendo  contenziosi  siffatti  articoli , 
ed  iraplorando  la  parte  gravata  di  essere  soccorsa  dal  Re,  non  puo 
detto  Giudice  rifiutare  Y  istanza  e  negare  giuslizia.  Ognuno  die  sia 
versato  in  diritto  canonico  ed  abbia  letto  la  suddetta  Costituzione 
di  Benedetto  XIII ,  conosce  a  prima  vista  che  tali  pretensioni  giuri- 
diche  dei  prefati  Giudici  sono  contrarie  al  diritto  comune  ed  alle 
disposizioni  contenute  nei  §.  1,  6,  18,  30,  31,  32  e  33  della  Bolla 
Fideli  ac  prudenti  dispensatori.  Yale  a  dire  che,  con  tali  regie 
Prammatiche  e  sanzioni ,  venne  tutta  capovolta  la  Bolla  di  Benedet- 
to XIII,  islitutore  di  questo  tribunale  e  datore  della  giurisdizione 
assegnatagli.  Ad  esempio  luculentissimo  dello  strayolgimento  di 
questa  ecclesiastica  istituzione  basta  esaminarne  il  §.  30 ,  ove  e 
statuito :  Nullatenus  quoque  idem  Index  ecclesiasticus  nee  in  pri- 
ma instantia ,  nee  in  gradu  appellationis,  aut  recur sus,  aut  per 
7nodum  provisionis  sese  ingerat  in  quomodolibet  concernentibus  di- 
sciplinam  et  observantiam  regularem  personarum  utriusque  sexus. 
Queste  parole  escludono  qualunque  ingerenza  contenziosa;  e  non 
solo  la  cosi  delta  dal  Laudicina  «  ingerenza  motus  proprii,  ex  offi- 
cio ,  e  di  atti  primarii.  »  Contro  questo  evidente  testo  canonico  si 
prctesero  far  yalere  le  anteriori  e  posteriori  sicole  sanzioni  e  re- 
gie Praramatiche  del  regno,  per  le  quali  si  attribuiva  al  suddetto 
Giudice  potesta  giuridica  contenziosa  sopra  tutta  la  monastica  di- 
sciplina, abbcnche  disdettagli  dal  sommo  Pontefice,  fondatore  o 
restitutore  di  questo  tribunale  e  della  sua  giurisdizione.  I  paragra- 
fi  30,  31,  32,  della  Bolla  di  Benedetto  XIII,  sono  connessi  e  tral- 
tano  della  stessa  maleria ,  spiegandola  sempre  piu.  Yero  e  che  ncl 
§.  32  e  anche  stabilito:  In  causis  aut  em  inter  Regular  es  vere  con- 
tent iosis,  et  in  quibus  esse  potest  de  iure  locus  appellationi,  expleto 
cursu  iudicii  in  unoquoque  ordine  Regulari  a  suis  Constitutionibus 
praefinito ,  si  succumbentes  prosequi  intendant ,  tune  causae  ad 
Serle  VJI,  vol.  IV,  fasc.  450.  42  5  Decemlre  1868. 


C58  GLI  ABUSI  DEL  SOPPRESSO  TRIBUNALE 

praedictum  ludicem  ecclesiasticum  devolvantur.  Ma  qui  dovea  at- 
tenders!  a  tre  gravissime  cose. 

La  prima  e  che  la  facolta  di  potersi  appellare  al  tribunale  della 
regia  Monarchia  nelle  cause  veramente  contenziose  dei  Regolari  non 
era,  ne  poteva  essere  distruUrice  del  $.  30 :  Nullatenus  se  ingerat  in 
quomodolibet  concernentibus  disciplinam  el  observantiam  regula- 
rem.  Invece  era  un  fatto  ordinario  e  giornaliero  che  cotali  Giudici 
accettavano  e  davano  corso  a  qualsiasi  ricorso,  anche  dell'infimo  re- 
golare  contro  i  proprii  superior!,  anche  per  inezie.  La  seconda  co- 
sa  da  notarsi  si  e,  che  nel  §.  32  e  detto  :  In  causis.vere  conten- 
liosis:  ma  nel  §.  30  e  decretato  :  Nullatenus  nee  in  prima  istantia 
nee  in  gradu  appellationis,  aut  recur sus,  aut  per  modum  provi- 
sionis  sese  ingerat  in  quomodolibet  concernentibus  disciplinam  et 
observantiam  regular  em,  ed  in  questo  §.  30  e  nei  susseguenti 
§§.  31  e  32  sono  chiaramente  espressi  come  articoli  di  disciplina 
la  distribuzione  degli  officii,  la  collocazione  dei  religiosi  uei  mona- 
sleri,  la  celebrazione  dei  Capitoli,  la  deputazione  dei  medesimi  ne- 
gli  officii  di  letlori,  maestri  e  simili  e  la  destituzione  dagii  stessi 
posti:  rimanendo  vietata  altamente  ai  Giudici  della  regia  Monarchia 
qualsiasi  menoma  ingerenza ,  anche  provvisionale ,  o  per  ricorso  di 
gravame,  o  per  appello.  E  dunque  evidentissimo  che  queste  mate- 
rie  non  poteano  mai  addh'enire  contenziose ,  ed  il  prefato  Giudice 
dovea  astenersi  da  qualsiasi  ingerenza  nelle  stesse,  fosse  pure  eco- 
nomica  e  privata.  La  terza  cosa  gravissirna  da  notarsi  e  che  nel  ci- 
talo  §.  30  e  prescrilto  che,  per  le  cause  veramente  contenziose  dei 
Hcgolari,  possa  appellarsi  al  Giudice  della  regia  Monarchia  sola- 
niente  expleto  cursu  iudicii  in  unoquoque  Ordine  Regulari  a  suis 
Constitutionibus  praefinito.  In  quasi  tutte  le  Gonstituzioni  degli  Or- 
dini  regolari  lo  stabilito  corso  dei  giudizii  e  che  dalla  sentenza  del- 
le  curie  provincial!  si  appelli  alia  curia  dei  padri  General!  resident! 
in  Roma  o  altrove :  e  possono  addursi  gli  esempii  di  centinala  di 
cause  di  religiosi  Sicilian!,  trattate  in  Roma  dai  padri  General!  dei 
rispeltm  Ordinl,  prima  e  dopo  la  Bolla  di  Benedetto  XIII.  Tuttavia 
quando  le  parti  refraltarie  si  auguravano  migliore  sorte  in  Sicilia, 
si  sotlraevano  dalle  curie  dei  proprii  General!;  e  si  pretese  slabilire 


BELLA  REGIA  MONARCIIIA  IN  SICILIA  659 

come  norma  che  fosse  un  delitlo  di  lesa  maesla  del  tribunale  della 
regia  Monarchia  F  appellare  ai  Padri  General!  e  loro  curie,  per  irre- 
golarita  e  nullita  di  capitoli  provincial! ,  o  altrettali  materie  nelle 
quali  e  fatta  espressa  e  peculiare  proibizione  d'  ingerenza  al  Giu- 
dice  della  rcgia  Monarchia.  Del  clie  sono  evidente  prova  le  Pram- 
matiche  ed  i  Diplomi  recati  dal  Laudicina,  da  pag.  105  a  pag.  127, 
e  1'  erroneo  insegnamento  si  ripetutamente  fat  to  da  esso  Laudicina 
e  da  altri  scrittori  siciliani.  Stante  il  procedere  di  questo  tribunale 
in  tale  irregolarissimo  modo ,  dopo  gravi  querele  degli  Ordinarii , 
il  re  Ferdinando  I,  con  real!  rescritti  del  29  Aprile  1818  e  30  No- 
yembre  1819,  prescrisso  al  Giudice  della  regia  Monarchia  di  tener- 
si  negli  strelti  limit!  della  Bolla  di  Benedetto  XIII,  per  I'  esercizio 
della  sua  giurisdizione.  In  forza  dei  richiami  del  Rifio  Fr.  Angelo 
Porta  da  Cuneo,  allora  Yisitatore  generate  delle  province  sicilianc 
del  suo  Ordine  e  poi  confessore  del  lodato  re  Ferdinando  I,  e  Ve- 
scovo  di  Termopoli,  con  real  rescritto  del  24  Gennaro  1820  il  Re 
dichiaro  che  le  disposizioni  disciplinari  e  correzionali,  fmche  non 
si  riducono  ad  atti  positivi  ed  irretrattabili,  non  possono  diventar 
raateria  contenziosa ,  e  debbono  rimanere  esenti  da  ogni  ingerenza 
del  tribunale  di  Monarchia,  secondo  il  disposlo  dalla  Bolla  benedet- 
tina.  Dichiaro  ancora  «  che  non  possa  dalla  stessa  disposizione  de- 
sumersi  di  essere  vietato  ai  padri  Generali  degenti  fuori  di  Sicilia  di 
conoscere  le  cause  dei  loro  dipendenti  siciliani.  »  Questo  real  rescrit- 
to fu  dal  real  Minis tcro  di  Napoli  comunicato  al  Ministro  di  Stato, 
residente  presso  il  Luogotenente  generate  di  Sicilia ,  e  da  costui  al 
Giudice  della  regia  Monarchia,  Quanlo  qui  e  esposto  per  le  materie 
disciplinari  c  correzionali  dei  Regolari,  vale  a  capcllo  riguardo  ai 
Vescovi  c  loro  preti  diocesani  per  le  materie  disciplinari,  che  non 
possono  giammai  addivenire  materie  contenziose ;  e  ne  sono  eviden- 
ti  le  prescrizioni  della  Bolla  di  Benedetto  XIII,  nei  §§.  1,  8,  33. 
E  per  tutelare  la  libera  potesta  dei  Vescovi  su  queste  materie  furono 
emanali  i  reali  rescritti  del  28  Aprile  1818  e  30  Novembre  1819. 
Di  questi  c  del  citato  rescritto  del  24  Gennaro  1820,  non  mai  tennc- 
ro  conto  i  prefati  Giudici,  i  quali  continuarono  ad  esercitare  la  loro 
giurisdizione  su  tutte  le  materie  disciplinari,  che  non  possono  addi- 


G60  GLI  ABUSI  DEL  SOPPRESSO  TRIBUNALS 

venire  materie  contenziose,  fondandosi  su  le  vecchie  Prammaliclie 
del  1733  e  1744,  ed  altrettali  regii  dispacci  distrultori  della  Bolla 
di  Benedetto  XIII,  citati  e  trascritti  dal  suddetto  Laudicina  da  pa- 
gina  93  a  pagina  120.  Per  metier  e  un  freno  a  tanti  abusi  e  ine- 
glio  lasciare  libera  la  giurisdizione  del  Yescovi  nelle  materie  cor- 
rczionali,  fu  dal  Santo  Padre  Pio  IX  emanato  il  Breve  Peculia- 
ribus  moti  causis  del  21  Gennaro  1856.  Ma  questo,  per  opera  del 
Rinaldi ,  ultimo  e  scomunicato  Giudice  della  regia  Monarchia ,  fu 
rivocato  e  gli  fu  tolto  ogni  vigore  di  legge  per  decreto  del  prodit- 
tatore  Mordini  nel  1860.  Dunque,  non  per  abuso  personale  e  tran- 
sitorio ,  ma  per  iniquo  ed  illegittimissimo  sistema ,  fondato  sopra 
Prammatiche  regie  del  1734  e  susseguenti  anni  e  sopra  un  decreto 
del  prodittatore  Mordini,  il  prefato  Giudice  si  arrogava  drilti  e  poteri 
di  suprema  giurisdizione  ecclesiastica,  che  gli  erano  negati  ed  asso- 
lutamente  vietati  dal  diritlo  comune,  dalla  Bolla  di  Benedetto  XIII  e 
dal  Breve  Peculiaribus,  che  erano  la  vera  ed  unica  legge  ecclesia- 
stica della  Sicilia.  Sopra  questo  erroneo  ed  iniquo  sistema  abbiamo 
vedulo  trattati  in  foro  contenzioso  e  condannati  come  ingiusti ,  de- 
creti  correzionali  fatti  dai  Yescovi  in  sacra  visita,  decreli  di  so- 
spensioni  a  dwinis  emanate  ad  beneplacitum,  destituzioni  di  cap- 
pellani  di  monache,  e  di  rettori  di  seminarii  vescovili,  ed  altre  di- 
sposizioni  di  simil  nalura. 

Inoltre  per  diritto  comune  cesareo  e  pontiticio,  quando  le  parti 
convengono  ad  eleggersi  per  giudice  quello  che  per  diritto  non  sa- 
rebbe  proprio  ordinario,  ma  un  estraneo,  questo  tuttavia  diviene  un 
loro  giudice  competente  per  la  loro  propria  scelta.  Questo  principio 
di  dritto  comune  val  molto  piu  pel  sommo  Pontefice  e  per  la  Santa 
Sede,  cui  niuno  ecclesiastico  e  estraneo.  Sopra  questo  principio  la 
Giunta  dei  President  e  Consullore  decise  in  Palermo  ai  16  Genna- 
ro 1726,  che:  Quando  di  accordo  ambe  le  parti  agitano  le  loro  cau- 
se in  Roma,  non  vi  e  pregiudizio  della  regia  Monarchia.  Nondi- 
meno  dai  Giudici  suddetti  e  stato  riputato  un  delitto  di  lesa  Maesta  il 
ricorrersi  dai  Siciliani  alia  S.  Sede  per  la  decisione  di  loro  cause, 
eleggendo  di  comune  accordo  uno  di  quei  sacri  Tribunal!.  II  com- 
mento  a  chi  legge. 


BELLA  REGIA  MONARCIIIA  IN  SICILIA  661 

Un  altro  disordine  gravissimo  di  questa  sicula  specialita  era  nel 
Codice  peculiare,  su  cui  pretendeva  fondare  i  suoi  giudizii  e  Ic  sue 
sentenze.  I  Icgulei  siciliani  ed  anche  alquanli  uomini  dotli,  affascinati 
da  falso  amorc  patrio,  hanno  creduto  che  la  Sicilia  abbia  un  Codice 
ecclesiastico  tutto  suo,  e  possa  iure  govcrnarsi  con  esso.  Ouesto 
Codice  poi  non  si  ripone  nel  diilto  comuno  e  nelle  pontiflcie  costi- 
tuzioni  emanate  per  la  Sicilia,  ma  in  una  mollitudine  di  Prammati- 
che,  Sanzioni,  Leggi,  Dispacci  e  reali  Rescritti,  emanati  dai  Re  di 
Sicilia  sopra  materie  ecclesiastiche.  E  volgare  storia,  che  nel  se- 
colo  scorso,  anche  in  Toscana  e  nel  regno  di  Napoli  e  Sicilia, 
ad  imitazione  di  Giuseppe  II  di  Austria,  si  fecero  moltissime  leg- 
gi  civili  sopra  materie  ecclesiastiche  in  aperta  opposizione  ai  sa- 
cri  Canoni.  La  collezione  di  queste  leggi  cesaree  anticanoniche 
e  stata  da  parecchi  autori  proclamata  come  Codice  ecclesiastico  si- 
Colo.  Basti  per  tutti  leggere  le  opere  del  can.    Rosario  Grego- 
rio,  del  Giampallari ,  del  Diblasi,  del  can.  Stefano  Dichiara,  e  del 
sig.  Andrea  Gallo,  la  memoria  del  sac.  Gioacchino  Russo  profes- 
sore  dell1  Universita  di  Catania,  ed  altre  opere  slampate  in  Palermo 
aigiorni  nostri.  Nella  sua  Memoria  stampata  I'annol862,  il  profes- 
sore  sac.  Russo ,  a  pag.  26  e  27  ,  pretende  che  i  Yicarii  capitolari 
non  possono  neppure  concedere  la  facolta  ai  giovanetti  di  portare  la 
veste  clericale,  perche  cio  e  loro  proibito  dai  reali  dispacci  di  Giu- 
gno  e  Setlembre  1767,  e  di  Febbraro  1774  e  1775.  A  pag.  146-1 47 
inscgna,  che  in  Sicilia  non  e  necessario  il  Beneplacito  apostolico  per 
Ic  alienazioni  dei  beni  ecclesiastici,  perche  cosi  dispongono  i  reali 
Dispacci  del  1779, 1784  e  1833.  A  pag.  146, 147, 148  insegna  che 
i  Vescovi  siciliaui  non  possono  sospendere  ex  informata  conscien- 
tia  i  loro  preti  a  divinis,  perche  cio  e  loro  vietato  dai  reali  Dispacci 
del  1761,  1768,  1787,  1798,  e  che  sebbene  col  Breve  Peculiartbus 
molt  camis  sia  stata  dichiarata  propria  dei  Vescovi  siciliani  cotal  fa- 
colta ,  a  questo  Breve  fu  lollo  ogni  vigore  di  legge  col  decreto  del 
proditlalore  Mordini.  Questa  memoria  del  prof.  sac.  Russo  fu  pre- 
sent ata,  per  la  causa  della  sua  remozione  dai  rettoralo  del  Seminario 
vescovile  di  Catania,  al  tribunale  dclla  regia  Monarchia;  ed  il  giudi- 
cc  sac.  Rinaldi,  nella  sentenza  pronunziata  a  favore  del  sac.  Russo 


662  GLI  ABCSI  DEL  SOPPRESSO  TRIBUNALS 

ai  23  Agosto  1862,  inyoco  questo  preteso  DriUo  canonico  siciliano. 
In  specie  agitur  de  destitutione ,  quae  in  officiis  etiam  collatis  ad 
beneplacitum  sine  temporis  limitatione,  quidquid  sit  inspecto  lure 
communi,  ex  lure  pubblico  ecclesiastico  siculo,  sine  honesta  et  ratio- 
naMli  causa,  legitime  probata  etludici  regiae  Monarchiae  et  A.  L. 
omnino  aperienda ,  in  casu  recursus  gravaminis  ob  remedia,  mlide 
ferri  non  potest.  Da  quesla  sentenza  e  apertissimo  di  qual  Codice  ec- 
clesiastico sicolo  si  valessero  e  il  Rinaldi  e  i  suoi  antecessori  Giudici. 

Se  questo  fu  un  disordine  sistematico  in  ogni  tempo  deplorabilis- 
simo,  lo  e  stato  piu  a'  tempi  nostri.  A  tor  re  via  cotanti  abusi  e  disor- 
dini  fu  fatto  il  Concordato  del  1818;  e  che  questo  appartenga  anche 
alia  Sicilia,  e  evidentissimo  dai  suoi  articoli  3,  11,  28,  29,  31  e  32, 
e  da  molti  regii  Decreti.  In  questo  Concordato  agli  art.  30  e  31  e 
decretato  quanto  siegue:  «  Art.  30.  Quanto  agli  altri  oggetti  eccle- 
siastici,  dei  quali  non  e  stata  fatta  mehzione  in  questi  articoli,  le  cose 
saranno  regolate  a  tenore  della  vegliante  disciplina  della  Chiesa ;  e 
sopravvenendo  qualche  difficolta,  il  Santo  Padre  e  Sua  Maesta  si  ri- 
servano  di  concertarsi  insiemc.  Art.  31.  II  presente  Concordato  5 
sostituito  a  tutte  le  leggi,  ordiriazioni  e  decreti,  emanati  sinora  nel 
regno  delle  Due  Sicilie,  sopra  materie  di  religione.  »  Questo  art.  31 
fu  testualmente  inserito  nella  susseguente  Legge  reale  del  21  Mar- 
zo  1818. 

Eccone  il  testo  :  «  Art.  11.  Nella  pienezza  del  nostro  sovrano  Po- 
tere,  dichiariamo  che  il  presente  Concordato  e  sostituito  a  tutte  le 
leggi,  ordinazioni  e  decreti,  emanati  finora  nel  nostro  regno  delle 
Due  Sicilie  sopra  materie  di  Religione.  »  Yero  e  che  col  Decreto  reale 
del  5  Aprile  1818,  fu  sancito  che  merce  questo  Concordato  non  era- 
no  aboliti  i  privilegi  di  questo  Tribunale ;  ma  cio  non  si  disse  dei  pri- 
yilegi  e  poteri,  abusivamente  ed  iniquamente  attribuitigli  dalle  regie 
ed  imperiali  Prammatiche  e  dalle  leggi  Tanucciane;  bensi  fu  decre- 
tato nel  seguente  tenore:  «  Art.  1.  Col  suddetto  art.  22  (del  Concor- 
dato del  1818)  non  sono  aboliti  i  legittimi  e  canonici  privilegi  del 
Tribunale  della  Monarchia  di  Sicilia,  contenuti  nella  Bolla  del  sommo 
Pontefice  Benedetto  XIII,  che  lo  riguarda.  »  Dunque  per  ineluttabilc 
conseguenza  giuridica  sono  aboliti  gl'  illegittimi  e  anticanonici poteri 


BELLA  REGIA  MONARCHIA  IN  SICILIA  663 

e  privilegi  allribuiligli  con  Prammatiche  eDispacci  reali,  totalmenle 
contrarii  alia  Bolla  di  Benedelto  XIII,  ed  avversarii  del  maggior  nu- 
mero  delle  canoniche  disposizioni  di  questo  Pontefice.  Dippiu,  poiclie 
coi  reali  Rescrilti  del  29  Aprile  e  30  Novernbre  1819,  e  24  Gennaro 
1820,  fu  ordinalo  al  Giudice  della  regia  Mouarchia,  «  di  non  oltrepas- 
sare  i  confini  iissati  dalla  Bolla  del  sovrano  Pontefice  Benedelte  XIII, 
nella  quale  si  contengono  i  canonic!  privilegi  di  esso  Tribunale,  ma 
di  contencrsi  stretlamente  nei  limili  della  sopradetta  Bolla  Benedet- 
tina  »;  ne  il  prefato  Giudice,  ne  i  suoi  curiali  poteano  piu  avere  pre- 
testo  veruno  ad  invocare  come  pubblico  Drilto  sicolo  ecclesiastico  un 
complesso  di  leggi  chili  anticanoniche,  revocate  dal  Concordato  e 
dalla  Leggc  reale  del  1818.  Che  se  continuarono  perlinacemenle  gli 
abusi  da  parle  dei  giudici  della  Monarchic! ,  e  qualche  disposizione 
governatoria  venne  fuori  abusivamente,  per  impegno  del  suddetli 
Giudici,  come  quella  del  19  Aprile  1838  falta  dal  Duca  di  Lauren- 
zana,  luogotenenle  generate  della  Sicilia;  a  quesli  abusi  fu  provisto 
da  Papa  Gregorio  XYI,  col  Breve  lamdiu  del  3  Marzo  1846,  e  dal 
S.  Padre  Pio  IX  col  Breve  Peciiliaribus  del  21  Gennaro  1856,  ed 
ogni  cosa  restiluita  al  suo  posto  e  vigore  canonico. 

Dunque  slandosi  ai  veri  principii  di  sacra  e  civile  giurispruden- 
za,  e  secondo  il  metodo  del  Nomocanone  di  Giovanni  Seolastico,  sin 
dal  secolo  seslo  in  onore  presso  i  cattolici,  standosi  alia  Legge  reale 
del  21  Marzo  1818  ed  ai  reali  Rescritli  del  29  Aprile  e  30  Novem- 
bre  1819,  e  20  Gennaro  1820  e  all'articolo  31  del  Concordato 
del  1818,  si  dec  concliiudere  che  il  vero  Driilo  pubblico  e  private 
ecclesiaslico  sicolo  sino  al  1867  costava  di  due  parti  ugualmente  in- 
tegrali.  l.a  Della  veglianle  disciplina  dclla  Chiesa  universale;  cioe,  il 
Dritto  comune  aulenlicamente  inlerpretato  ed  applicato  ai  fatti  ed 
alle  persone  dalle  Coslituzioni  pontificie  e  da  tulli  gli  atti  solenni  del- 
la  S.  Sede.  2.a  Del  Dritto  canonico  speciale  della  Sicilia,  consistente 
nella  Bolla  pontificia  di  Benedetto  XIII,  Fideli  ac  prudenti  dispen- 
satori;  della  Bolla  di  Benedetlo  XIV  Convenit  providae  Apostolicae 
Sedis  benignitati  delV8  Luglio  1*741,  e  susseguenle  Motus  proprius 
del  16  Novembre  1742,  dello  slesso  Pontefice,  riguardanti  il  real 
Cappellano  maggiore,  sua  curia  e  giurisdizionc;  del  Concordato  del 


664  GLI  ABUSI  DEL  SOPPRESSO  TRIBUNALS 

16  Aprile  1818  tra  Pio  YII  e  Ferdinando  I,  e  di  tutte  le  disposizioni 
pontiiicie  a  questo  relative;  del  Concordato  del  16  Aprile  1834  tra 
Papa  Gregorio  XVI  e  re  Ferdinando  II ,  e  di  ogni  altra  Bolla  pon- 
tificia  o  Breve  apostolico  emanati  per  le  Chiese  e  Diocesi  siciliane ; 
del  Breve  lamdiu  di  Gregorio  XVI;  del  Breve  Peeuliaribus  di  Pio  IX, 
non  che  di  tutte  le  legitlime  consuetudini  ecclesiasticlie,  e  di  tuttc  le 
leggi  e  reali  rescritti,  emanati  prima  e  dopo  il  Concordato  del  1818, 
in  pieuissima  conformita  del  Drilto  comune  e  delle  pontificie  Costi- 
tuzioni  fatte  per  la  Sicilia.  Tutto  questo  e  non  altro  pole  formare  il 
legittimo  Diritto  sicolo  ecclesiastico,  da  servire  di  legge  e  di  norma 
per  ogni  privato  e  per  ogni  curia  ecclesiaslica  di  Sicilia.  Ma  pei  Giu- 
dici  della  regia  Monarchia  e  pei  loro  curiali  legulei  ed  insigni  liti- 
ganti ,  la  miglior  parte  del  Codice  sicolo  ecclesiastico  stava  nelle 
regie  Prammatiche  e  reali  Diplomi,  rivocati  da  tutle  le  citate  leggi 
del  1818,  e  nel  decreto  del  prodittatoreMordini.  Chi  ha  fede  e  sen- 
no  di  cattolico  ne  giudichi. 

» L'altro  vizio  sistematico  e  perpetuo,  che  guastava  questo  Tribu- 
nale  siciliano,  era  la  slrana  pretensione  di  vantare  una  procedura 
ecclesiastica  tutta  propria.  Di  questa  non  esiste  verun  Codice  an- 
tentico.  Nel  1843  il  Laudicina  pubblico  in  Palermo  im  «  Manuale 
'  teorico  pratico  della  procedura  ecclesiaslica  di  Sicilia  » ,  le  cui  copie 
furono  fatte  comprare  da  tutle  le  Curie  e  Conventi  dell'  Isola.  Ma 
questo  non  avea  ne  poteva  avere  valore  di  Codice  autentico.  Era 
un  libro  privato  ,  cui  il  Cancelliere  del  Tribunale  opponeva  talvol- 
ta  le  disposizioni  di  un'  arcana  Prammatica  reale  ,  a  lui  solo  nota. 
Cos!  facevasi  dagli  avvocati  e  dagli  stessi  Giudici.  Tanlo  che  un 
dotlo  magistrate  della  Corte  civile  avea  preparato  nel  1862  un  la- 
voro,  ed  esorlato  un  canonista  siciliano  a  collaborare  contro  si  stollo 
sistema.  Che  cio  sia  una  verita  storica,  oltre  all'  esposto,  ne  sia  di 
prova  un  falto  recentissimo. 

E  norma  giuridica  di  procedura,  statuita  dal  Drilto  civile  e  cano- 
nico,  che,  prommziata  una  senlenza  defmitiva,  il  giudice  ha  compito 
il  suo  officio,  e  gli  reslano  legale  le  mani.  Sarebbe  un  attenlato  con- 
tro la  legge,  ed  un  alto  illegale  o  nullo,  da  venire  dichiarato  irrito  e  ri- 
vocalo,  qualunque  allo  nuovo  che  egli  facesse  conlro  il  convenulo,  o 


BELLA  REGIA  MONARCHIA  IN  SICILIA  665 

reo ,  o  attore  condannato ,  nel  corso  dei  dieci  giorni  eoncessi  dalla 
legge  a  potere  appellare,  dopo  la  protesta  di  appello.  E  altresi  norma 
indubitabile  che,  trattandosi  di  sentenze  interlocutorie,  gli  appelli  non 
legano  le  mani  al  giudice,  se  non  per  gli  alti  che  sarebberodi  osta- 
colo  al  corso  dell'  appello ;  ma  pel  tutto  della  causa  il  Giudice  a  quo 
resta  libero  a  proseguirla.  Ove  pero  il  giudice  superior e  proibisce 
all'  inferiore  il  proseguimento  della  causa,  costui  deve  obbidire,  e 
sarebbe  un  attentato  qualunque  suo  atto  nuovo.  E  una  terza  norma 
di  pari  certezza  ed  inviolabilita  che,  negli  appelli  estragiudiziali  fatli 
per  gravami  coutro  decreti  ed  atti  disciplinari,  cotali  appelli  non  le- 
gano le  mano  ai  giudici  o  prelati  ordinarii ,  se  non  per  la  inibitoria 
che  il  prelalo  superiore  fa  aH'inferiore  e  dal  giorno  della  data  proi- 
bizione.  Queste  nor  me  giuridiche  di  procedura  sono  evidentemente 
inculcate  nella  Bolla  di  Benedetto  XIII,  nella  Prammatica  del  1744 
neir  istruzioni  del  \  Gennarol784,  an.  15,  fatte  daMons.Airoldi  e 
nel  Manuale  del  Laudicina  a  pag.  284,  285.  Tuttavia  per  non  si  sa 
quale  arcana  regia  prammatica  si  teneva  una  pratica  ben  diversa. 
Questa  era  che  alle  private  proteste  di  gravame,  o  appelli  estra- 
giudiziali, falti  dai  sospesi,  o  rimossi,  o  puniti  ecclesiastic!,  sopra  il 
decreto  di  sospensione,  o  simile,  per  mano  dello  stesso  prete,  nel- 
1'atto  di  essergli  iutimato  il  decreto,  si  attribuiva  tutto  il  vigore  del- 
la  protesta  di  appello  dalle  sentenze  definitive.  Questa  nor  ma  illega- 
lissima  fu  applicata  in  casi  di  preti  rimossi  da  officii  manuali,  di 
sospesi  a  divinis,  e  di  altri  simili,  in  cui  non  potea  aver  luogo  1'ap- 
pello  giudiziario,  ne  il  giudizio  contenzioso. 

Per  non  allontanarci  dai  citati  libri,  che  sono  di  pubblico  domi- 
nio,  trascriviamo  da  quello  del  professor  e  D.  Gioacchino  Russo, 
quanto  sta  nella  sentenza  del  25  Agoslo  1862  dettata  a  suo  favore  e 
da  lui  pubblicata.  Essa  e  questa :  Legalis  exsistentia  Decreti,  quo 
iste  de  Russo  tterum  destituitur  est  omnino  posterior  gravaminis 
protestatione  ab  eodem  de  Russo  intimata,  prout  ex  actis  exhibitis 
liquido  constat.  Ex  dtctis  veluti  prono  alveo  fluit  secundam  destitu- 
tionem,  de  qua  agitur,  fuisse  attentatam.  Quibus  praemissis...  le- 
sus...  Declaretur  fuisse  et  esse  illatum  gravamen  attentato  qualifi- 
catum.  I  fatli  erano  questi.  Ai  7  Marzo  1862  ,  il  Vicario  capitolare 


666  GLI  ABLSI  DEL  SOPPMSSO  TRIBUNALS 

convoco  la  Deputazione  per  prender  consiglio  su  la  remozione  del 
sac.  Russo  dall'officio  cli  reltore.  II  Russo  protesto  di  gravame  con- 
tro  questa  adunanza  lo  stesso  di  7  Marzo.  L'indomani,  con  decreto 
del  medesimo  giorno  8  Marzo,  il  lodato  Yicario  capitolare  lo  rimos- 
se  dall'officio  di  Rettore.  II  Russo  riprotesto  di  gravame,  ed  ai  10 
Marzo  la  prcsento  nelle  forme  legali.  Secondo  i  principil  di  qualsia- 
si  legale  procedura,  come  ci  entrava  in  questo  caso  la  legge  degli 
attentati?  Cio  si  faceva  per  arcane  Prammatiche,  note  al  solo  ean- 
celliere.  Eccovi  adunque  die  cosa  era,  per  un  complesso  sistematico 
di  abusi,ilTribunale  della  regia  Monarchia.  Eraun  tribunale  eccle- 
siastico,  di  cui  il  giudice  si  arrogava  anche  a'di  nostrisommi  poteri 
di  ecclesiastica  giurisdizionc,  disdeltagli  dal  dritto  commie  e  da  spe- 
cialissime  Costituzioni  pontificie ;  la  quale  abusiva  giurisdizione  gli 
era  stata  attribuita  da  abusive  ordinazioni  reali,  legittimamente  rivo- 
cate  da  solenni  leggi  civili  e  canoniche.  Essa  si  regolava  con  un  co- 
dice  ecclesiastico  speciale  formato  di  regii  Diplomi  Anticanonici,  so- 
lennemente  rivocati  dalla  stessa  regia  Sovranita:  e  vanlava  una  pro- 
cedura tulta  propria,  non  fondata  sopra  verun  codice  autentico,  ma 
sul  capriccio  dei  Curiali.  Questa  era  nel  fatto  la  famosa  Monarchia 
ed  apostolica  Legazia  di  Sicilia. 

A  colmo  di  tutti  questi  disordini  un  allro  male  gravissimo  si  ag- 
giungeva,  ed  era  questo.  Per  gl'  incessanti  impegni  dei  Giudici,  usi 
considerarsi  come  rappresentanti  del  Re  e  del  Papa  in  tutte  le  mate- 
rie  ecclesiastiche ,  ne  sorse  il  sistema  che,  ricorrendosi  al  real  Go- 
verno  per  qualsiasi  affare,  i  Direttori  dei  reali  Minister!  mandava- 
no  tutto  al  giudice  della  regia  Monarchia ;  ed  il  voto  di  costui  era 
T  oracolo  da  seguirsi.  In  Roma  la  trattazione  degli  affari  ecclesia- 
stici  e  sapientissimamente  distribuita  in  piu  classi,  o  generi,  ed  af- 
fidataamolte  sacre  Congregazioni,  secondo  la  differenza  delle  mate- 
rie.  Ogni  Congregazione  e  composta  di  otto  o  dieci  Cardinal!  pre- 
sent!, di  Vescovi  e  di  consul  tori,  fra  quali  i  piu  sono  prestantissimi 
canonist!,  e  teologi  sommi :  e  gli  affari  si  discutono  in  gran  consi- 
glio ,  dope  lette  le  consulte  di  peritissimi  e  dottissimi  consulto- 
ri ,  dei  quali  sempre  havvi  un  buon  numero  in  ogni  Congregazio- 
ne. Per  lo  contrario  in  Sicilia,  sia  per  via  contenziosa,  sia  per 


DELLA  REGIA  MONARCHIA  IN  SICILIA  667 

T  economica  governatoria ,  tulti  gli  affari  ecclesiastic! ,  giurisdi- 
zionali,  beneficiarii,  ceremoniali,  disciplinarii  di  qualsiasi  genere 
erano  deferiti  al  Giudice  della  regia  MonarcMa;  ed  un  uomo  so- 
lo, non  assislito  da  un  collegio  di  suoi  pari  come  i  PrefelU  delle  sa- 
cre  Congregazioni,  non  coadiuvato  da  un  corpo  di  doHissimi  e  pe- 
ritissimi  Consul  tori;  ma  sol  circondato  da  un  prelino  suo  segreta- 
rio,  da  un  cancellicre  e  da  un  attuario,  e  da  avvocati  tulti  laici,  dove* 
va  decidere  di  ogni  genere  di  cose  ecclesiastiche.  Yero  e  che  il  real 
Governo  negli  affari  gravissimi  richiedeva  il  voto  della  consulta  di 
Stato,  e  talvolta  le  consulte  di  Arcivescovi,  o  di  altri  prelati,  o  di  ri- 
putati  ecclesiastic!.  Ma  cio  era  in  casi  eccezionali,  e  per  uomini  che 
aveano  grand!  protezioni,  o  molto  oro  da  dare  agli  avvocali.  Consta 
a  chi  scrive  che  qualche  volta  il  Direttore  del  real  Minis lero  degli 
affari  ecclesiastici  accorgendosi ,  che  il  -voto  del  giudice  della  regia 
Monarchia  non  era  informato  da  equo  spirito,  non  lo  curava  niente 
e  faceva  diversamenle.  Potrebbe  lo  scrivente  narrare  due  grand!  ca- 
si relativi  ad  ecclesiastici,  poverissimi  di  professione  e  di  fatto,  in  cui 
!  giudici  della  Monarchia  fecero  consulte  gravissime  a  carico  di  perso- 
ne  probe  e  zelanti  della  disciplina,  ed  in  favore  di  uomini  indegnis- 
simi  e  tiranni :  ed  il  real  Ministero  dispose  con  forte  mano  ed  im- 
parziale  giudizio  tutto  1'opposto.  Ma  quest!  erano  casi  eccezionali.  11 
sistema  e  fatto  ordinario  era,  che  lutti  gli  affari  ecclesiastici  dipen- 
dessero  da  questo  unico  uomo,  appellate  Giudice  della  regia  Mo- 
narchia, circondato  da  uomini  laici,  potentemente  guidato  dai  suoi 
personal!  principii,  e  dalle  ispirazioni  di  avvocati  patrocinatori  e 
camerieri  suoi  confidenli;  ed  or  a  la  vincevano  i  prelaliedora  i  sud- 
diti  secondo  la  maggior  potenza  delle  ispirazioni.  Non  vi  e  uomo 
ingenuo,  pratico  di  tali  materie,  che  possa  mettere  in  dubbio  quest! 
fatti  e  questo  sistema. 

Un  altro  gravissimo  abuso  viziava  questa  istituzione  nelle  curie 
secondarie  della  medesima.  Nel  g.  3  della  Bolla  di  Benedetto  XIII 
e  statuito :  Si  vero  antedictus  Index  gravamen  inferat,  tune,  ut 
uppellationis  atque  extremae  provocations  remedio  christifideles 
praedicti  regni  uti  et  frui  possint,  idem  Siclliae  Bex  eiusque 
successores  providebunt,  ut  apertum  atque  patens  sit  omni  tempore 


668  GLI  ABTJSI  DEL  SOPPRESSO  TRIBUNALS 

tribunal,  sive  curia,  in  qua  tamen  vir  etiam  in  dignitate  ecclesia- 
slica  constitutes,  cum  tribus  aim  Assessoribus  in  utroque  iure  ver- 
satis  ius  reddat.  Atque  primum  diligenter  expendat,  an  appellatio 
reiici,  vel  admitti  debeat.  Quoties  vero  causa  fuerit  visa  digna  ulte- 
riori  cognitions ,  earn  primo  cognoscat  et  iudicet  idem  modo  dictus 
Index ,  adhibito  consilio  eorumdem  Assessorum.  Appare  evidente- 
mente  da  questa  disposizione  canonica,  ed  e  fermo  presso  lull!  i  giu- 
risti,  asserito  in  cento  canoni,  ed  insegnato  francamente  dal  dotto 
avvocato  D.  Andrea  Gallo,  nel  suo  Codice  sicolo  ecclesiastico  a 
pag.  209,  nota  49  del  vol.  1,  che  all'  ufficio  di  cotali  Assessor!  pos- 
sono  essere  assunti  uomini  laid,  purche  siano  laureati ;  ma  il  loro  of- 
ficio  e,  e  dev' essere  di  semplice  voto  consullivo,  la  sentenza  deven- 
do  essere  data  dal  solo  Giudice  ecclesiaslico.  Or  qual  era  il  sistema 
invalso  in  qu?ste  curie  secondarie  della  regia  Monarchia  ?  Tutto  V  op- 
posto.  Gli  Assessor!  erano  elelti  tra  i  migliori  Giudici  attuali  delle 
corti  laiche  civili,  ove  ciascuno  dei  Giudici  ha  voto  decisivo.  Costo- 
ro  trassero  il  loro  giuridico  sistema,  dalle  curie  laiche  civili,  alle  cu- 
rie ecclesiastiche  di  appello  dalle  sentenze  del  Giudice  della  regia 
Monarchia ;  e  concesso  al  Giudice  ecclesiastico  il  solo  onore  della 
presidenza,  si  arrogavano  a  se  soli,  laici  Assessor!,  il  voto  decisivo, 
escludendone  il  Giudice  -ecclesiastico,  cui  solo  da  Benedetto  XIII  era 
data  la  giurisdizione  ut  cognoscat  et  iudicet.  II  lodato  dottore  Andrea 
Gallo,  Assessore  della  prima  Curia  ecclesiastica  nel  1862,  ebbe  la 
virtuosa  sincerita  d'  insegnare  nel  suddetto  suo  libro,  che  i  Giudici 
ecclesiastic!  di  queste  curie  sono  obligati  a  richiedere  il  voto  degli 
Assessor!,  non  a  seguitarlo:  ma  essi  Giudici  ecclesiastic!  non  ebbe- 
ro  mai  il  coraggio  di  abolire  Y  invalso  sistema  illegale ,  benchc 
nel  1862  uno  di  essi,  il  canonico  Ragusa,  fosse  professore  di  sacri 
Canoni  nella  regia  University  degli  studii ;  e  1'  allro  Mons.  Calcata, 
avesse  goduto  Y  onore  e  la  dignita  di  Yicario  generate  dell'  Arcive- 
scovo  di  Palermo.  Dicevano  che  questo  era  il  sistema  invalso,  e  bi- 
sognava  seguitarlo.  Erano  dunque  queste  curie  ecclesiastiche,  o  lai- 
che? Era  canonico  e  legale  il  loro  procedere?  Lo  dicano  i  buoni 
pubblicisti,  e  chiunque  conosce  i  principii  di  queste  scienze. 


BELLA  REGIA  MONARCHIA  IN  SICILIA  669 

Potrebbe  dirsi  di  altri  graYissimi  abusi  che  \iziavano  questa  isti- 
tuzione  e  la  rendevano  perniciosa,  non  solo  in  questi  ultimi  tempi, 
ma  in  ogni  tempo.  Ma  il  gia  esposto  e  piu  che  bastevole,  perch  e  gli 
imparziali  e  sayii  estimator!  di  queste  cose  possano  conoscere,  so 
per  gravissimi  motivi  e  con  giustizia,  il  Pontefice  gloriosamente  re- 
gnante,  il  gran  Pio  IX,  soppresse  ed  irrevocabilmente  aboli  questo 
famoso  tribunale  della  regia  Monarchia  ed  apostolica  Legazia  di 
Sicilia.  II  yetuslissimo  privilegio  dato  da  S.  Gregorio  Magno  allc 
Chiese  siciliane  e  stato  conservato  intero  alia  Sicilia  dallo  stesso 
gloriosissimo  Pio  IX,  e  non  vi  sara  buon  cattolico  siciliano,  che  non 
gliene  sappia  grado,  e  non  ne  lodi  la  giuslizia,  la  prudenza  e  la 
saviezza. 


SAGGIO   CRITICO 

BELLA  SOCIETA  MASSGNICA1 


LA    LOGGIA 


La  definizione  non  rappresenta  1'obbietto  vivo,  spirante  e  tutto  in 
atto,  sicche  1'anima  si  vegga  come  trasfusa  per  i  sensi,  ma  lo  gitta 
dinanzi ,  figurato  dal  semplice  contorno  delle  proprieta  essenziali : 
poiche  essa  disegna  e  non  colora.  Or  essendo  nostro  intendimento  di 
&r  conoscere  la  massoneria  lale  quale  apparisce  in  se  stessa  e  nel 
suo  operare,  ed  atanto  non  potendo  bastare  la  data  definizione,  con- 
viene  che  determiniamo  cio  che  in  essa  e  rimasto  indeterminato,  vale 
a  dire  i  principii,  onde  la  societa  niassonica  si  agita  e  scuote,  le  forze 
con  che  opera,  gli  strumenti ,  di  che  si  vale  ne'  suoi  conati:  breve, 
conviene,  che  incarniamo  il  disegno,  presentatoci  dalla  definizione. 
Fatto  questo,  potremo  dire  con  franchezza :  eccovi  la  massoneria. 
II  luogo  ove  ella  si  discopre  nelle  sue  forme  piu  semplici  essendo  la 
loggia,  leltor  cortese,  se  pur  ti  aggrada,  entriamovi  per  vederle.  Non 
ti  ritraggano  le  descrizioni  paurose,  che  per  avventura  leggesti,  In 
cui  la  loggia  viene  rappresentata  come  un  antro  cieco ,  o  un  covo 
secreto,  profondo,  ovt  il  fioco  lume  di  una  fiammella  rompe  a  rnalo 
stento  la  tenebria  circostante,  ed  il  misero,  che  vi  mette  il  pie  la 
prima  volta,  trasalisce  di  Iratto  in  tratto,  or  alia  visione  repenlina  di 

1  V.  questo  volume  pag.  39  e  segg. 


SAGGIO  CRITICO  DELIA  SOCIETA  MASSONICA  671 

orribili  ceffi,  or  al  baleno  de'  \ibrati  pugnali,  ed  ora  al  gorgoglio  ed 
al  fumar  del  sangue,  chc  spiccia  da  qualche  vittima.  Nulla  di  tulto 
questo  s  incontra  nella  loggia  moderna.  Affidati  al  proposto  iimto 
con  fidanza. 

I. 

Descrizione  delta  Loggia. 

Loggia  in  senso  massonico  importa  due  significati:  « il  luogo,  in  cui 
i  massoni  si  adunano  per  farvi  lor  arte,  appararvi  i  misterii  deH'anti- 
ca  sapienza,  e  rendersene  perfetti  maestri,  e  V  adunanza  dei  massoni 
convenutrvi.  »  Aprite  la  Enciclopedia  delta  Frammassoneria,  scritta 
dal  Lenning  ed  illustrata  dal  Mossdorf,  ed  alia  pagina  326  troverele 
la  loggia  definita  per  Tappunlo  cosi  l.  Sicche  volendo  noi  pigliarne 
intera  contezza  nella  \isita ,  che  stiamo  in  sul  punto  di  fade,  e  me- 
stieri  che  consideriamo  :  1.°  la  forma  del  luogo;  2.°  V adunanza 
massonica,  che  ^vi  si  tiene;  3.°  il  fine,  a  cui  tvvolto  1'uso  della  log- 
gia. Incominciamo  dalla  prima 

A  non  divagare  per  le  lunghe,  teniamoci  a  cio,  che  e  di  ordina- 
ria  necessita  per  una  loggia.  Quattro  sono  le  stanze,  che  ne  com- 
pongono  il  corpo.  Varcata  la  porta,  che  mette  nel  sacro  ricinto, 
apriamo  quest'  uscio  :  eccoci  nella  camera  della  riflessione.  Negro 
e  il  parato,  che  la  copre  da  capo  a  fondo  :  cranii,  stinchi,  costole  ed 
altri  ossami,  aggruppati  e  sciolti  in  diverso  modo,  rompono  qua  e  la 
il  tristo  colore,  e  di  mezzo  a  cotali  fregi  spiccano  queste  ed  altre  sen- 
tenze :  —  «  Se  vana  curiosila  li  ha  qui  condotto ,  yattene  tosto.  — 
Se  temi  di  essere  ammonito  de'  tuoi  difetti ,  non  hai  che  fare  in 
questo  luogo.  —  Se  tu  sei  capace  di  simulare,  trema:  sarai  scoper- 
to.  —  Se  ami  le  umane  distinzioni,  esci ;  qui  non  si  conoscono.  — 
Si  potranno  richiederti  i  piu  grandi  sacrifizii ,  ed  anche  quello  della 
Tita.  Yi  se'  tu  rassegnato?  »  —  Guardiamo  1'arredo.  Esso  e  un  roz- 
zo  e  piccolo  desco  e  sopravi  un  yaso  d'  acqua  con  un  pane  secco , 

1  EncyclOpadie  der  Freimaurerei  wn  Lenning,  durchgesehen  und,  mit 
zusatzcn  vermehrt,  herausgegeben  von  einem  Sachkundigen,  Leipzig  1824. 


672  SAGGIO  CRITICO  DELIA  SOCIETA  MASSONICA 

un  calamaio  e  un  foglio  di  carta,  e  di  fianco  una  bara  faneraria. 
A  questo  desco,  su  questa  scraima  con  un  lumiccino  dinanzi  deve 
11  nuovo  recipiendo  rimanersi  solo  per  qualche  tempo,  scrivere  bur- 
lescamente  il  proprio  testamento  e  la  risposta  a  tre  determinate  do- 
mande  1.  Ti  pare  che  si  possa  immaginare  un  giuoco  piuridicolo  in 
se,  o  piii  noioso  ad  un  giovane  malcapitato?  Usciamone.  Qui  siamo 
nel  vestibolo  della  loggia,  detlo  altrimenti  passo  smarrito.  Gli  ar- 
madii,  che  tu  vedi,  contengono  gli  arredi  e  gli  ordigni  apparterienti 
alia  loggia:  che  stante  il  secreto  niuno  di  essi  puo  essere  portato 
al  trove.  Di  costinci  si  va  alia  Camera  di  mezzo  :  funerei  drappi  , 
tempestati  di  candide  lagrime  la  rives  tono  tulta.  In  essa  fanno  le 
loro  adunate  i  Maestri  ed  iniziano  i  Compagni  al  proprio  grado. 
La  e  T  ingresso  alia  loggia.  La  porta,  che  ci  si  mostra,  e  a  due  bat- 
tenti:  cosi  porta  il  sacro  rito.  Trapassiamone  le  soglie  sicuramente. 
Eccoci  nella  loggia.  Al  primo  sguardo  si  palesa  per  una  sala  di 
forma  quadrilunga;  i  quattro  lati  rappresentano  i  quattro  punti  car- 
dinali  del  mondo:  il  lato  della  porta  si  denomina  Occidente,  1'oppo- 
sto  Orients;  Nord  e  Sud  gli  altri  due.  La  linea  piu  lunga  corre  tra 
i  due  primi.  La  soflitta  ,  a  somiglianza  del  cielo,  gira  a  tondo,  ed  e 
tinta  in  azzurro  e  seminata  di  stelle.  Due  cave  colonne  di  bronzo  di 
ordine  corinzio  stanno  a  guardia  dell'  entrata,  e  portano  in  capo  tre 
mclogranate  aprentesi  in  soave  riso  :  sul  fusto  1'  una  ha  il  marchio 
della  lettera  J  e  V  altra  la  lettera  B  ;  cinque  adornano  il  fianco  Nord 
e  cinque  il  fianco  Sud  ,  e  per  lo  lungo  dell'  architrave  ,  che  su  vi 
poggia  ,  corre  ondeggiante  un  cordone  ,  che  a  luogo  a  luogo  si  an- 
noda  dodici  volte  in  altrettanti  laccid'amore  e  mette  colle  sue  time, 
terminanti  in  nappe  merlettate,  sopra  le  colonne  di  bronzo.  Su  le 
pareti,  se  lo  comporta  1'  architettura,  paiono  simboleggiate  le  arti, 
la  industria  ,  V  agricoltura  e  la  guerra  ,  ovvero  la  semplice  tinta 
bianco-azzurra  o  verde,  secondo  che  la  loggia  e  di  rito  moderno  o 
scozzese. 


1  V.  CLAVEL,  Histolre  pittoresque  de  la  Franc-maconnerie,  pag.  3.  —  PA- 
VIA,  II  libero  Mwatore  teorico-pmtico,  pag.  40.  —  RAGON,  Rttuel  de 
prenti,  pag.  21. 


SAGGIO  CRITICO  BELLA  SOCIETA  MASSONICA  673 

La  in  fondo  sul  lato  di  Oriente  si  leva  il  trono  del  Yenerabile  o  Prc- 
sidente.  E  degno  di  somma  considerazione :  avviciniamoci.  —  Guar- 
dati  ai  pie  :  sacro  e  il  luogo,  che  tu  calpesli  e  te  lo  mostra  la  scena, 
die  qui  a  mezzo  della  sala  mill  disegnata  in  sul  suolo.  Essa  conliene 
il  quadro  della  loggia.  Da  basso  v'  e  un  pammento  a  mosaico,  che 
iigura  quello  del  portico  del  tempio  di  Salomone ;  levansi  quindi 
selte  gradi,  e  sopra  di  quesli  apparisce  la  porta,  per  cui  entravasi 
nel  medesimo.  Sorgono  ai  lati  le  due  colonne  mister 'iose,  segnate 
col  monogramma  J.*.  e  B.-.  e  tra  1'una  e  1'  altra,  all'  altezza  dei  ca- 
pitelli,  si  apre  il  compasso  colle  punte  in  su.  Quel  rozzo  masso  a 
manca  della  colonna  J.'.  e  la  pietra  greggia;  quell'  altro  lavorato  a 
destra  della  colonna  B.*.  e  la  pietra  cubica  a  punta.  Tengono  il 
mezzo  il  traguardo  o  la  livella,  la  squadra,  Y  archipenzolo,  e  1'  alto 
a  diritta  il  sole  sfolgorante,  a  sinistra  la  luna  accesa  poco  oltre  il 
quarto  :  ciascuno  dei  tre  lali  Occident  e,  oriente  e  mezzodl  presenta 
disegnata  una  fenestra  ed  il  cordone  dalle  nappe  merlettate  compie 
il  pittoresco  lavoro ,  circumcingendo  la  scena  da  sommo  ad  imo. 
Questo  quadro  e  dipinto  in  tela,  o  delineato  col  gesso  sul  pavimen- 
to prima  delle  riunioni  massoniche,  cancellato  dopo.  II  secondo  modo 
e  consigliato  da  piu  savii  massoni,  affine  di  schivare  il  reo  uso,  che 
altii  potrebbe  fame,  se  venisse  a  mano  di  qualche  profano  la  sacra 
e  misteriosa  scena  1.  Oltrepassiamola  colle  ginocchia  della  mente 
inchine.  ^., 

Siamo  dinanzi  al  trono  del  Yenerabile.  Tre  gradi  lo.  solfevano  dal 
suolo,  una  balaustrata,  girandolo,  1'  adorna  da  pie,  e  gli  procaccia 
decoro  e  maesta  un  baldacchino  di  color  azzurro,  se  la  loggia  e  del 
rito  moderno ,  ross^parlatto,  se  dello  scozzese.  A  sopraccapo  del 
baldacchino  fiammeggia  il  mistico  Delta.  II  sole  raggia  a  destra ,  a 
sinistra  si  alluma  la  luna  bicornuta  e  da  un  lato  campeggia  il  vessil- 
lo  della  loggia.  Davanti  al  trono  levasi  su  tre  gradi  1'  altar  e ,  che  e 

1  A  chaque  tenue,  on  y  dessinera  ce  tableau  misterieux,  avec  de  la  crate, 
et,  apres  les  travaux,  on  I'effacera  avec  line  eponge  legerement  imbibee  d'eau. 
C'est  le  moyen  d'eviter  la  depense  et  I'abus  d'  un  tableau  peint,  qui  pent 
tmber  dans  des  mains  profanes.  RAGON,  Rituel  de  Vapprenti  pag.  22,  23. 
Pavia  ripete  la  stessa  cosa  nel  lib.  cit.  pag.  38. 
Serie  VII,  vol.  IV,  fasc.  450.  43  9  Decembre  1868, 


674  SAGGIO  CRITICO  DEUA  SOCIETA  MASSONICA 

nn  tavolino,  covcrto  della  slessa  maniora  di  drappo  che  il  baldaechi- 
no,  con  sopravi  un  maglietto,  un  compasso,  la  spada  fiammeggian- 
te,  il  libro  degli  Statuti  general],  un  candeliere  a  tre  bracci,  e  so 
vuoi,  in  alcuni  riti  anche  la  Bibbia.  —  Queste  due  panclie,  condolte 
a  cerchio,  e  poste  qui  att'Oftente,  servono  per  i  fratelli  forestieri. 

Le  panchette  ordinate  lungo  i  lati  nord  e  sud  diconsi  colonne,  e 
vi  s'  impancano  i  fratelli  della  loggia  secondo  il  loro  grado.  Ouindi 
«  colonna  nord,  colonna  sud  »  significa  nel  linguaggio  massonico 
la  colta  dei  socii,  che  tiene  il  lato  nord  o  il  lato  sud,  e  «  porre  o 
bruciare  tra  le  due  colonne  »  vale  nel  mezzo  della  loggia.  A  mano 
manca  del  trono  ed  a  capo  della  colonna  sud  siede,  presso  a  quel 
deschetto,  I'Oratore  coi  Regolamenti  e  gli  Statuti  generali  dinanzi, 
il  Tesoriere  alia  sua  costa,  il  Segretario  ed  il  Limosiniere  di  f rou- 
te, ossia  a  capo  della  colonna  nord.  In  quel  seggiolone  presso  la 
colonna  J.*.  sta  il  prirao  Sopravvegliante,  e  nell'altro  presso  la  co- 
lonna B.-.  il  secondo:  indi  correggono  le  due  colonne  a  colpi  di  quel 
maglietto,  che  tengono  sul  proprio  tavolino.  Nel  rilo  scozzese  v'  c 
tra  essi  scambio  di  posto. 

Gli  autori  sopra  citati  appie  di  pagina  non  fanno  motto  di  certa 
divozione,  che  usasi  nelle  logge.  Eccola  quale  ci  viene  disvelata  da- 
gli  Statuti  generali,  pel  rito  scozzese,  stampati  in  Napoli  nel  1863. 
I  buoni  cristiani,  come  tutti  s anno,  costumano  di  tenere  accese  lam- 
pane,  o  bruciar  candele  avantUe  statuette  di  que'  santi,  a  cui  si  pro- 
fessano  divoti.  I  massoni  hanno  pure  i  loro  santi,  e  nell'onorarli 
osservano  il  costume  cattolico.  Tre  sono  quelli,  a  cui  portano  sin- 
golare  di\ozione  :  Minerva,  Ercole  e  Venere.  Onde,  come  tu  puoi 
vedere,  tengono  esposte  le  statue  perpetuamente  in  loggia  :  del  pri- 
mo  non  guari  lontano  dal  seggio  del  Yenerabile  a  mano  diritta,  del 
secondo  presso  al  primo  Sopravvegliante,  del  terzo  accosto  al  secon- 
do, e  qual  segno  di  particolare  divozione  arde  innanzi  a  ciascuna 
di  esse  un  cereo  durante  i  lavori  massonici,  come  a  simboli  della 
Sapienza,  della  Forza  e  della  Bellezza  l. 

1  «  §.  30.  Cio  che  e  comune  ai  due  riti  (moderno  e  scozzese)  si  e....  9.° 
Le  statue  di  Minerva,  di  Ercole  e  di  Venere  rappresentanti  la  Sapienza,  la 
Forza  e  la  Bellezza,  la  prima  alia  diritta  delForiente  a  poca  distanza  del  tro- 
no, la  seconda  presso  lo  scanno  del  primo  sorvegliante,  e  la  terza  presso  a 

jB    •     - 


SAGGIO  CRITICO  BELLA  SOCIETA  MASSONICA  675 

Le  singole  logge,  per  distinguersi  dalle  sorelle,  portano  un  litolo 
particolare  col  nome  della  citta,  dove  sono  aperte,  a  modo  di  esem- 
pio :  Dovere-Diritto  all'  Orienie  di  Pisa.  Da  principle  traevanlo 
dalla  casa,  in  cui  nascevano.  E  sic-come  questa  era  una  birraria  od 
una  taverna,  cosi  per  la  piu  corta  esse  distinguevansi  dall'  insegna, 
con  che  e  birrai  e  tavernai  sogliono  far  conoscere  il  luogo  del  pro- 
prio  traffico.  Sicche  la  prima  loggia  di  Londra  nominossi  dalF  in- 
segna «  del  1'  Oca  e  della  Graticola  »,  la  seconda  dalla  birraria 
«  alia  Corona  »,  la  terza  dalla  taverna  alia  insegna  «  del  Melo  » ; 
la  quarta  dalla  osteria  all'  impresa  «  del  pieno  Bicchiere  »  e  cosi 
le  altre,  che  venivano  a  mano  a  mano  nascendo  1.  Ma  quando  la 
societa  sentissi  bene  a  panni,  disdegno  cotesti  luogacci  e  la  vilta 
dei  lore  titoli,  e  prese  a  pigione  o  fabbricate  ampie  starize,  iugentili 
anche  i  nomi  delle  logge.  Finiamo  il  quadro  con  una  rarita.  Eccoti 
la  formola,  ch  si  usa  piu  o  meno  lunga  al  cominciamento  degli  atti 
e  delle  lettere  delle  logge  — «11  gioruo  27.°  del  10.°  mese,  1'anno 
della  vera  luce  5856,  il  G.  Oriente  di  Francia,  regolarmente  convo- 
cato,  e  fraternamente  riunito  sotto  il  punto  geometrico,  noto  ai  soli 
veri  massoni,  in  un  luogo  cMarissimo,  regolarissimo  e  fortissimo, 
dove  reynano  il  silenzio,  la  pace  e  I'equita  ecc.  »  — 

Che  ti  pare  di  quel  punto  geometrico,  di  quei  tre  aggiunti  su- 
perlativi  dati  alia  loggia,  e  di  quel  nuovo  regno  della  pace,. del  si- 
lenzio e  della  equita?  Che  ti  sembra  di  tutto  il  quadro,  che  ti  porge 
di  se  stessa  la  loggia?  Quanto  a  noi  la  idea,  che  ci  domina,  si  e  che 
la  loggia  nel  suo  esterno  apparato  raffiguri  appuntino  la  sala  del 

quello  del  secondo  sorvegliante :  10.°  Tre  candelabri  situati  ove  sono  le  sta* 
tue.  »  Statuti  sopra  citati. 

\  The  Masons  in  London  and  its  environs...  resolved  to  cement  themsel 
yes  under  a  netc  Grand  Master,  etc.  With  this  view,  the  Lodges  at  the  Go(h 
se,  and  Gridiron;  the  Crown;  the  Apple-rce  Tavern;  and  the  Rummer  and 
Grapes  Tavern...  met  at  the  Apple-tree  Tavern  above  mentioned  in  Februar 
ry,  1711.  PRESTON,  Illustrations  of  Masonry,  ed.  by  Oliver.  London  1861, 
pag.  155,  156.  VediK-LOss,  Geschichte  der  Freimaurerei  in  England ,  Ir- 
land  und  Schottland,  presso  del  quale  a  pag.  5  leggesi :  Die  Logen,  wel* 
che  zusammentraten,  waren:  1  die  zur  Gans  und  Rost,  in  einem  Bierhause: 
•J  zur  Krone,  in  einem  Bierhause:  3  zum  Apfelbaurne,  in  einem  Weinhause: 
4  sum  Homer  (lezione  sbagliata)  und  Trauben,  in  einem  Weinhause. 


676  SAGGIO  CRITICO  BELLA  SOCIETA  MASSONICA 

giocoliere  e  del  prestigiatore,  pcrche  ambedue  simili  nella  stranezza 
degli  obbietli,  delle  loro  partizioni  e  delle  rappresentanze  e  simili 
ancora  nell'effetto  di  colpire  la  fantasia  in  modo  parlicolare  del  gio- 
vane  che  vi  pone  il  piede.  Per  cio  die  spetta  all'  onorevolissima  no- 
menclalura  acconciatale,  ce  ne  rapportiamo  al  massone  Rebold,  il 
quale,  dopo  di  averla  un  tantino  derisa  con  qualche  sdegno,  soggiun- 
ge :  «  Quanto  al  luogo  chiarissimo ,  dove  regnano  il  silenzio,  la  pace 
e  I'equita  ci  sia  concesso  di  contestare  la  verila  di  cotesta  descri- 
zione  :  perche  non  avremmo  a  far  altro,  che  citare  certi  fatti  acca- 
duti  e  menzionare  il  tempio  di  Venere,  stabilitosi  nel  ricinto  di 
quello  dei  frammassoni ,  per  dimostrarla  per  lo  meno  fuor  di  luogo 
Bella  bocca  dei  massoni  di  Parigi.  1  »  Se  lo  scandalo  duri  tuttavia, 
se  sia  cosa  di  altre  G.  Logge,  oppure  il  contrario,  non  e  qui  nostro 
intendimento  di  cercarlo.  Noiiamo  solamente  la  falsita  della  magni- 
fica  descrizione  in  laude  ed  onoranza  della  loggia. 

II. 

Della  regQlarita  delle  adunanze  massoniche. 

Tale  e  la  loggia  massonica  al  rito  simbolico  quanto  alia  sua  for- 
ma. Ma  questa  con  tulle  le  sue  acconciature  non  basta :  conviene 
che  la  loggia  sia  giusta  e  perfetta  in  massoneria  2.  Senza  quesla 
nola,  irregolari  sarebbero  le  adunanze,  irregolari  i  massoni,  che 
ve  le  lenessero,  misconosciuti  gli  atti,  disapproval!  altamente  gli 
autori  dalla  universila  massonica.  Affinche  non  manchi  alia  loggia 
cotanla  qualila,  occorrono  piu  cose.  E  mestieri  prima  di  tullo  che 
intervenga  nella  fondazione  1'autorila  del  G.  Oriente,  e  per  ottenerla 
T'  hanno  forme  da  non  prelerire.  Selte  debbono  essere  i  precipui 
fondatori,  e  questi  lulli  massoni,  tutti  per  lo  meno  graduati  mae- 
stri: debbono  riunirsi  in  loggia  temporanea,  organarsi  in  gerarchia 
massonica,  riconoscere  i  gradi  degli  altri  Fratelli  presenti,  e  scelto 
il  nome  da  darsi  alia  loggia,  scrivere  una  petizione  al  G.  Oriente 
domandandone  la  fondazione,  e  con  questa  inviare  il  ruolo  di  lutti 

1  Histoire  cit.  pag.  288,  289. 

2  Cf.  Allgemeines  Handbuch  e  la  Encyclopadie  der  Freimaurerei  del 

alia  voce  Loge. 


SAGGIO  CRITICO  BELLA  SOCIETA  MASSONICA  677 

quelli,  che  vogliono  pigliarvi  parte,  con  minuta  descrizione  di  cio 
che  essi  sono  e  come  massoni  e  come  cittadini.  Ricevuto  dall'al- 
tezza  del  G.  Oriente  un  rescritto  favorevole,  convien  procedere  al- 
T  insediamento. 

Ouesto  si  suol  fare  con  grande  solennita  massonica.  II  G.  Maestro 
nomina  a  tale  uopo  tre  commessarii,  i  quali  fissano  il  di,  o  per  dire 
il  vero,  la  sera  flell'  insediamento ;  giacche  i  lavori  massonici  si  fan- 
no  nelie  tenebre  della  nolle,  come  tempo  piu  proprio  alia  lor  natura: 
i  fondatori  della  loggia  fanno  invili  ed  apprestamenti.  La  sera  de- 
terminata  e  all'ora  posla,  i  fratelli  convengono  nella  loggia;  ciascu- 
no  si  asside  al  suo  luogo  cogli  arnesi  e  colle  divise  proprie  della 
dignita  e  del  grado.  Gli  official!  portano  a  modo  di  collana  un  na- 
stro  azzurro  marezzato;  da  questo  pende  un  gioiello,  die  e  la  squa- 
dra  pel  Yenerabile  :  la  livella  adorna  il  primo  Sopravvegliante,  il 
regolo  il  secondo,  un  libro  aperto  fregia  1' orator  e  ecc. :  la  spada 
ed  il  grembiule  di  pelle  bianca  legato  ai  fianchi  sono  arnesi  comum 
a  tutti.  Accolli  i  massoni  delle  altre  logge,  delti  visitatori,  e  signi- 
ficato  con  brevi  parole  dal  Yenerabile  il  fine  della  adunala,  inco- 
mincia  la  cerimonia.  All'annunzio,  che  i  tre  commessarii  sono  ar- 
rivati  nella  sala  del  passo  smarrito,  eccovi  spiccarsi  tre  Deputati 
della  loggia  per  riconoscere  le  patenli  della  loro  autorita.  Trovatele 
a  modo  e  riferitolo  all'adunanza,  nove  fratelli  armati  Tuna  mano  di 
spada,  e  Taltra  di  una  stella,  ossia  di  un  torchio  acceso,  muo\7ona 
in  divota  processione  verso  i  commessarii  per  introdurli  onorata- 
mente.  II  Venerabile  e  i  due  Sopravyeglianti  vengono  alia  porta,  sta 
loro  accanto  un  Maestro  di  cerimonie ,  in  atto  di  offerire  tre  ma- 
glietti  giacenti  sopra  un  cuscinetto,  e  le  due  colonne,  fatle  due  ri- 
ghe  ed  iucrociate  1'  une  coll'  altre  le  spade,  formano  la  volta  di  ac~ 
ciaio.  Spalancasi  la  porta  della  loggia :  i  commessarii  sono  intro- 
messi  dal  corteo  dei  nove  confratelli,  e  presentati  i  maglielti  COB 
ossequiose  parole  dal  Venerabile,  si  drizzano  per  la  wlta  di  acciaio 
verso  V  Oriente :  una  melodia  accompagna  i  loro  passi  e  mancando 
questa,  le  scariche  ripetute  delle  batterie,  ossia  un  fragoroso  siion 
di  mani  batlute  a  legge. 

Messosi  ognuno  al  proprio  luogo,  il  Yenerabile  si  porta  appie  del- 
1'altare  e  la  «  giura  solennemente  di  obbedire  senza  ristringimenlo 


678  SAGGIO  CRITICO  BELLA  SOCIETA  MASSONICA 

agli  Statuti  ed  ai  Regolamenti  generali,  e  di  restore  inviolabilmenle 
soggetto  al  G.  Oriente.  »  Lo  giurano  a  voce  i  due  Sopravveglianti, 
lo  giurano  colle  sottoscrizioni  lutli  i  fratelli,  chiamati  ad  uno  ad  uno. 
II  Presidente,  uno  del  tie  conimessarii,fa  una  calorosa  allocuzione, 
«  inspirata  dalle  circostanze  e  dalla  gravita  del  ministero,  che  .egli 
compie.  »  Finitala,  da  un  colpo  di  maglietto,  ed  avverte,  che  il 
grande  atto  della  installazione  e  in  sul  punto  di  eseguirsi.  II  silen- 
zio  e  cupo,  universale,  mentre  egli  pronunzia  d'  une  voix  ferine 
questa  formola :  «  Alia  Gloria  del  Grande  Architetto  dell'  Universe, 
a  nome  e  sotto  gli  auspicii  del  G.  Oriente  di  Francia,  in  virtu  dei 
poteri  delegatici,  noi  installiamo  in  perpetuo  all' Oriente  di...  spar- 
timeuto  di...  una  loggia  di  rito...  sotlo  il  titolo...  »  Pronunziale  que- 
ste  gelide  parole,  batte  «  i  tre  colpi  misteriosi  »  col  suo  maglietto, 
e  soggiunge :  «  La  rispeitabiie  Loggia  e  installata.  »  I  tre  colpi  e 
1'annunzio  sono  ripetuti  dai  due  Sopravveglianti: la  funzione  e  fornita. 
E  qui  altra  allocuzione  del  Presidente,  nuova  pailata  del  Venerabile, 
predica  dell'  Oratore,  discorsi  di  quanti  amano  sciorre  lo  scilingua- 
gnolo.  Le  lodi  della  massoneria,  le  enumerazioni  de'  suoi  benefizii, 
le  esortazioni  a  ben  vivere  in  essa,  le  invettive  contro  il  fanatisnio 
piovono  da  tuttte  le  parti.  Stanchi  i  corpi  e  gli  spiriti  a  tanto  lavoro, 
conviene  riconfortarli.  Ghiuso  lo  spettacolo,  eccovi  le  due  colonne 
comporrc  un' altra  processione,  e  col  vessillo  alia  testa,  ed  al  suono 
di  musici  istromenti  o  dei  battenti  maglietti,  entrar  difilato  nella 
sala  del  banchetto,  dove  un  lauto  desinare,  ossia  il  lavoro  della 
masticazione,  secondo  il  linguaggio  massonico,  pone  un  valido  sug- 
gello  alia  pia  impresa  (di  quella  notte  1 . 

La  loggia  porta  ancora  il  titolo  di  Tempio,  e  come  tale  ha  conse- 
crazione  e  feste  particolari.  Abbiamo  sott'  occhio  la  descrizione  di 
quest' atto  religioso,  compitosi  a  Bordeaux  il  quindici  del  Dicembre 
del  1' anno  passato.  Sfioriamola.  Edificatasi  a  spese  di  sei  logge  un 
ampla  loggia,  fu  nominate  dal  G.  Oriente  a  Presidente  della  sacra 
funzione  massonica  il  F.\  Hermitte.  All'ora  fissa,  convenuti  i  fra- 
telli delle  sei  logge  e  con  essi  da  trecento  massoni  di  altri  Orienti, 
ed  intromessi  i  commessarii  colle  cerimonie  della  installazione, 

1  VediRAGON,  Rituel  d' Installation  d'une  Log  e:  Statuts  et  Reglements 
gtntraux  de  I'Ordre  maconnique  en  France  1859,  art.  112-119. 


SAGGIO  CRITICO  BELLA  SOCIETA  MASSONICA  679 

il  Presidente  incomincia  i  lavori.  Chiede  a  die  fine  sia  stato  co- 
struito  il  IMOYO  tempio;  il  primo  Sopravvegliante  risponde :  «  come 
tutle  le  opcre  massoniche,  cosi  il  nuovo  tempio  e  stato  levato  alia 
Gloria  del  G.*.  Architetto  dell'  U.*.  e  destinato  al  perfezionamento 
deH'umanita.  »  Domanda  qual  sia  il  dome  che  strmge  i  present! : 
risponde  il  secondo  Soprayvegliante :  «  onorare  le  insegne  del  lavoro 
e  raccomandarne  la  pratica.  »  Ad  un  cenno  il  Maestro  di  cerimonie 
porta  appie  dell'altare  cotali  insegne:  squadra,  compasso,  regolo  ed 
una  spada.  Celebrato  il  lavoro  con  amplissime  laudi,  il  Presidente 
interroga,  che  significhi  la  spada.  E  1'oratore,  che  qui  risponde : 
«  per  i  massoni  la  spada  e  la  sanzione  della  legge,  senza  la  quale 
niuna  societa  e  possibile:.e  la  guarentigia  della  pace,  che  i  tristi 
sludiano  sempre  di  turbarc  1.  »  Ottimamente.  Ma  se  e  cosi,  noi 
ripigliamo,  perche  i  massoni  dell'  Italia  hanno  menato  tanto  seal- 
pore  per  i  caduti  a  Mentana  e  dentro  e  fuori  delle  logge  ?  perche 
giurano  tante  \7endette  ?  perche  tante  maledizioni  e  tante  minacce 
al  Governo  pontiticio,  per  la  morte  di  un  Monti  e  di  un  Tognetti? 
Non  fu  forse  la  spada  «  sanzione  delta  legge  »  e  «  guarentigia  della 
pace  »  che  si  adopero  nell'uno  e  nell'altro  caso?  Non  erano  forse 
i  garibaldeschi  «  tuibatoi  i  della  pace  »  ;  ed  il  rovesciamento  della 
caserma  di  Scrristoii,  colla  ucclsrone  di  tanti  hmocenti,  non  e  forse 
da  riputarsi  un  atto  contro  la  legge  ?  Lettor  cortese,  la  spada  per  i 
nostri  massoni  e  «  la  sanzione  della  legge  »,  e  «  la  guarentigia  della 
pace  » ;  sai  quando?  quando  eglino  sono  a  capo  dello  Stato,  quando 

10  reggono  colle  proprie  leggi ;  in  questo  caso  le  migliaia  di  Yittime 
cadono  sotto  il  ferro,  sanzione  delta  legge  e  guarentigia  della  pace. 

11  Governo  formato  alia  massonica  ha  solo  il  diritto  d'  imperare :  gli 
altri  no:  sono  usurpatori,  sono  fuori  della  legge,  e  pero  il  ribellare 
e  dovere  di  giustizia;  1'assassinare  un  merito;  degni  di  lode  i  tradi- 
menti,  le  mine;  lecito  ogni  altro  mezzo  che  giovi  al  fine ! 

Torniamo  alia  consacrazione.  La  loggia  si  chiama  Tempio.  Eb- 
bene,  ripiglia  il  Presidente,  «  che  cosa  conviene  farvi?  »  Risposta: 

1  Pour  les  Macons,  le  glaive  est  la  sanction  de  la  loi,  sans  laquelle  nulle 
society  nest  possible.  II  est  la  garantie  de  la  paix  que  les  mediants  cherchent 
toujours  a  troubler  et  qui  est  le  but  principal  des  societe's.  Bulletin  de  Grand 
Orient  de  France,  Avril  1868,  pag.  68. 


680  SAGGIO  CRTTICO  BELLA  SOCIETA  MASSONICA 

«  onorar  Dio  e  studiare  i  suoi  disegni,  per  fame  regola  delle  nostre 
azioni ,  ed  apparecchiarci  per  le  opere  della  vita  presente  alia  ini- 
ziazione della  vita  futura,  che  chiamano  morte.  »  Iniziazione  alia 
vita  futura!  Di  qual  grado  sara  cotale  iniziazione,  che  si  chiama 
morte  ?  di  qual  rito  ?'I1  Presidente,  comeche  sia  giunto  al  culmine 
dell'  altezza  massonica,  dove  si  fruisce  la  luce  piu  limpida,  non  lo  sa 
di  certo ;  «  la  tomba ,  ei  soggiunge ,  e  il  cammino  misterioso  di  eo- 
tanta  iniziazione  1.  »  Questo  ei  couosce,  e  non  piu.  Portera  tin  tale 
cammino  alia  trasmigrazione,  portera  alia  ricompensa  il  giuslo,  ed 
alia  pena  1'  iniquo?  Ei  lo  igaora.  Quale  debba  essere  la  futura  vita 
immortale  dell'  anima,  per  lui  massone  e  un'  incognita,  e  un  proble- 
ma  avviluppato  dalle  tenebre  piu  filte  del  mislero :  ed  ecco  i  suoi 
uditori  e  fratelli  lanciati  nel  piu  crudele  scetticismo  circa  la  sorte  fu- 
tura della  parte  piu  nobile  di  se  medesimi.  Checche  sia  di  cio,  poco 
monta.  Si  passa  oltre.  Per  suo  ordine  V  incenso  e  giltato  a  struggersi 
nel  fuoco  sacro.  Una  prece,  un  voto  sale  al  cielo  coll'  odoroso  fumo 
e  la  colonna  dell' armonia  (i  suonatori)  tocca  gli  stromenti  con  re- 
ligiose note,  au  milieu  du  recueillement  general.  Si  ode  quindi  una 
voce  alta,  che  grida:  «  In  pie  ;  all'  ordine,  »  E  obbedita  in  istante. 
Siamo  all'  atto  venerando  della  consecrazione.  «  A  nome  del  Gran- 
de Oriente  di  Francia ,  il  Tempio  edificato  dalla  massoneria  bor- 
delese  essendo^stato  riconosciuto  giusto,  perfetto  ed  al  coperto  (da 
ogni  sguardo  profano)  e  inaugurato  all'  Oriente  di  Bordeaux  que- 
sto  di  15°  del  10°  mese,  1'  anno  della  vera  luce  5867.  Noi  facciamo 
accesi  voti  per  la  felicita  dei  massoni,  che  esso  accogliera,  e  per  la 
prosperita  dei  loro  lavori  2.  »  Chi  non  sente  le  ineffabili  dolcezze 
di  affelto  che  sgorgano  da  questa  orazione  ?  Chi  non  e  rapito  dalla 
sublimita  dei  suoi  concetti?  o  chi  non  e  rapito  dal  sentimento  di 

1  Honorer  Dieu  et  etudier  ses  desseins  pour  en  faire  la  regie  de  nos 
actions  et  nous  preparerpar  les  oeuvres  de  la  vie  presente  a  cette  initiation 
a  la  vie  future,  qu'on  appelle  la  mort  et  dont  la  tombe  est  le  chemin  mystc* 
rieux.  Loc.  cit,  pag.  69. 

2  Au  nom  du  Grand  Orient  de  France,  le  Temple  elevepar  la  Maconneric 
bordelaise  ayant  ete  reconnu  juste,  parfait  et  a  convert,  est  inaugure  a 
V Orient  de  Bordeaux  ce  15C  jour  du  10C  mois  de  I'  an  de  la  vrai  lumiere 
3867.  Nous  faisons  des  voeux  ardents  pour  le  bonheur  des  Macons  qu  il 
abritera  et  pour  la  prospe'rite  de  leurs  travaux.  Ibid. 


SAGGIO  CRITICO  DELL  A  SOCIETA  MASSONICA  681 

profonda  devozione  in  questa  cerimonia?  Essa  e  degnissima  della 
triplice  batter ia  o  batlimano  massonico,  delle  grida  di  acclamazioni 
teatrali,  ond'  e  seguila,  e  dclla  sonata,  con  die  si  chiude. 

Vcngano  ora  i  massoni  a  farsi  beffe  delle  cerimonie  cattoliche ; 
chiamino  superstizioni  le  pratiche  della  Chiesa,  ridano  delle  divo- 
zioni  dei  fedeli.  Noi  additeremo  i  loro  templi,  indicheremo  le  loro 
feste,  rammenteremo  la  loro  istallazio'ne  e  la  consecrazione  e  il  pro- 
fondo  raccoglimento,  con  che  vi  assistono.  Si  puo  dare  cosa  piu 
grottesca  di  cotesta?  Non  sai,  se  ti  trovi  ad  uno  spettacolo  profano, 
o  ad  una  funzione  religiosa,  ovvero  ad  una  scena  comica,  strana- 
mente  composta  dell'  una  e  dell'altra.  Un  tempio,  che  e  officina,  un 
Dio,  che  e  un  grande  Architetto;  il  G.  Oriente,  che  entra  nelle  for- 
mole  sacre,  geloso  del  suo  diritto  di  fronte  al  Dio  massonico.  Un 
uomo  grave,  che  presiede  ad  una  grave  adunanza,  e  le  parla  per 
altra  bocca,  che  prega,  consacra  e  fa  voti  senza  dire  o  sapere  a  chi, 
cd  una  grave  adunanza  in  un  tempio  die  ora  e  piamente  raccolta  ed 
ora  batte  le  mani  e  grida  come  in  teatro;  e  cento  altre  insipienze. 
Giusto  giudizio  di  Dio  su  1'umana  superbia,  la  quale,  dispettando  il 
•  sublime  culto  della  Chiesa  appropriate  alia  natura  dell' uomo,  voile 
immaginarne  uno  tutta  da  se.  Ma  che?  scimmia  di  cio  che  fa  la  Chie- 
sa, diede  nella  ridicolaggine  e  nella  contraddizione. 

III. 

Del  fme,  per  cui  i  massoni  si  adunano  nelle  loyge. 

Passiamo  dalle  cose  ridicole  alle  serie.  A  quale  scopo  convengo- 
no  i  massoni  nelle  loggie?  Gli  statuti  inglesi,  che  nella  prima  edi- 
zione  del  1717  velaronlo  sotto  il  vocabolo  generico  «  lavorare  »,  la, 
significarono  piu  apertamente  in  quelli  del  1815,  in  cui  dicono,  che 
«  i  massoni  si  adunano  nelle  loggie  per  lavorare ,  istruirsi ,  e  ren- 
ders! dolti  a  perfezione  nei  misteri  deR'antica  sapienza.  »  Dottrina 
e  lavoro ,  ossia  teorica  e  pratica ,  secondo  Y  arte  massonica ;  ap- 
prendervi  Y  una  e  Y  altra  fino  ad  uscirne  perfetti  maestri :  ecco  lo 
scopo  delle  adunanze  massoniche.  «  E  che?  scrivea  Chemin-Du- 

ntes,  volete  che  nelle  nostre  loggie  trattiamo  argomenti  di  astro- 


ponlei 


682  SAGGIO  CRITICO  BELLA  SOCIETA  MASSONICA 

nomia,  di  archeologia  o  di  fisica?  No,  no  :  bon  altro  e  V  oggetto  dci 
nostri  intrattenimenti.  Esso  consiste  nei  principii,  che  si  contengo- 
no  nei  varii  gradi  massonici,  consiste  nelle  dottrine,  che  si  ricavano 
dai  medesimi,  lutte  acconce  a  reggerci  nella  nostra  vita.  Da  questo 
trae  tutto  il  suo  pregio  la  massoneria ;  in  questo  e  riposto  il  grando 
interesse  del  genere  umano  e  di  ciascuno  di  noi  1 .  Chi  non  vede 
qui  esposto  senza  velame,  come  nelle  adunanze  massoniche  si  in- 
segnano  dottrine,  e  dottrine  proprie  dell'  Ordine,  e  dottrine  che  ri- 
guardano  non  meno  I'individuo,  che  la  vita  sociale  di  tutta  1'uma- 
nita?  Yolete  ora  conoscere  in  che  consiste  il  lavoro,  ossia  lo  studio 
della  pratica?  Leggele  questo  tratto  dello  Schleiermacher,  applicato 
dal  Findel  agli  csercizii  della  loggia.  «  Tutti  i  massoni,  a  guisa  di 
chi  attende  ad  un'arte,  si  studiano  in  generate  di  conformare  la 
vita  ai  principii  della  santita  e  della  ragione  (net  modo  inteso 
dalla  massoneria)  ed  in  particolare  adoperano  ogni  sforzo  per  riu- 
scire  perfetti  in  certi  punti.  Regna  fra  essi  una  nobile  gara,  e 
il  desiderio  di  fare  alcun  che,  degno  di  tale  e  tanta  societa,  sprona 
ognuno  ad  assegaire  con  tulta  la  diligenza  quello  scopo,  che  e  piu 
appropriato  alia  sua  natura.  Quanto  maggiore  e  la  cura  e  la  buona 
volonta,  che  pongono  nei  comunicarsi  e  parted  par  si  mutuamente 
1'esito  fortunato  dei  loro  conati,  tanto  piu  grande  e  il  ravvicina- 
menlo  aquella  unita,  che  deve  tutto  dominare  ».  In  somma  essi  de- 
vono  in  loggia  studiare  1' applicazione  dei  principii,  immaginare,  pro- 
porre  e  discutere  i  mezzi  piu  acconci,  fame  saggio  di  fuori,  comu- 
nioarne  gli  effetti  ottenuti  e  va  dicendo.  Sicche  alia  loggia  conviene  a 
capello  la  defmizione,  che  il  Findel  deduce  dal  luogo  citato,  vale  a 
dire :  «  esser  ella  una  scuola  pratica  destinala,  non  solamente  a  fe- 
deli  amici  che  vivono  in  comunanza  secondo  la  regola  della  vita  so- 
ciale piu  perfetta  (in  quanto  massonica),  ma  eziandio  indirizzata 

1  L'  objet  principal  de  notre  institution  ce  sont  les  enseignments,  que 
nous  donnent  les  differcnts  grades  pour  la  conduite  de  la  vie.  Elle  ri  a  plus 
de  prix  que  par  la;  c  est  le  grand  intirfo  du  genre  humain  et  de  chacun  de 
nous.  Ferons-nous  dans  nos  ateliers  des  cours  d?  astrowmlc3  d'archcologie, 
de  physique?  Cela  ne  servirait  ni  a  faire  de  meilleurs  M aeons,  ni  a  reculer 
les  limites  de  ces  sciences,  Cours  pratique  de  Franc-maconnerie,  I  CaMer.  Pa- 
ris 1841,  pag.  VII. 


SAGGIO  CRITICO  DELIA  SOCIETA  MASSONICA  68$ 

partieolarmente  all'  educazione  de  suoi  membri,  ed  a  formarli  m 
pro  del  mondo  e  della  umanita  1 .  » 

Questa  medesima  sentenza  trovasi  inculcata  e  nella  Scuola  del 
Frammassone  del  secolo  passato,  e  nel  Manwle  per  lo  stesso  del 
presente  2.  Istruzione  leorico-pratica  nella  loggia!  -  e  il  grido  ripe- 
tuto  dagli  scrittori  massoni.  II  Wieland  addita  in  prova  del  dovere, 
die  ne  corre  alle  logge,  cio  che  simboleggia  il  Tempio  massonico  3: 
il  Krause,  sbozzando  la  forma  del  Maestro  in  cattedra  o  Venerabile, 
pone  come  precipuo  incarico  ,  che  egli  islruisca  la  loggia  tanlo  nei 
principii,  quanto  nella  pratica  secondolo  scopo  massonico  £.  Lade- 
ficienza  di  questa  istruzione  e  sfolgorata  come  il  supremo  guaio 
della  massoneria  dal  Boubee  57  dal  Dupuis  6,  dal  Bertrand  7,  dal 
Rebold  8,  da  Bernard- Acarry  9,  i  quali  nei  loro  discorsi  e  nei  loro 
scritti  or  appuntano  amaramente  la  trascuratezza  del  G.  Oriente, 
or  assegnano  mezzi  per  ovviarvi,  or  descrivendo  il  rilasciamento  di 
qualche  loggia  ne  menano  alte  querele,  come  se  tutta  la  Societa  des- 
se  la  volta  e  sprofondasse  nel  nulla.  La  loggia  adunque,  secondo 
le  testimonianze  di  tanti  valentuomini ,  e ,  o  almeno  deve  essere 
un'  ampla  scuola  dove  si  appara  in  teorica  ed  in  pratica  la  scienza 
massonica. 

Ebbene,  in  che  consiste  la  teorica,  che  si  apprende,  e  la  pratica, 
di  che  si  fa  pruova  in  loggia  ?  Abbiamo  veduto  negli  articoli  ante- 
cedenti,  che  dalla  massoneria  e  professato  il  razionalismo  piu  schiet- 

1  La  loye  est  done  un  instilut  pratique  destine  non  senlement  a  des  amis 
fideles,  vivant  en  societe  d'une  manure  conforme  aux  donnees  de  la  vie  so- 
ciale  la  plus  parfaite,  mais  destine  surtout  a  I'  education  de  ses  membres, 
destine  a  les  former  pour  le  monde  etpour  I'  humanite.  Histoire  de  la  Franc* 
maconnerie,  v.  I,  pag.  19. 

2  L  Ecole  des  Francs-Macons.  Jerusalem  1748^  pag.  2.  Manuel  macon* 
nique.  Paris  1820,  Avant-propos. 

3  Analekten,  Heft\,yz%.  34. 

4  Allgemeines  ffandbuch,  vedi  Meistervom  Stuhl 

5  Etudes  sur  la  Maconnerie,  pag.  179  e  segg. 

6  La  Franc-Maconnerie  du  G.  Orient  de  France,  pag.  26. 

7  Bulletin  du  G.  Orient,  numero  de  Mai  1847,  pag.  159. 

8  Histoire  des  trois  Grandes  Loges,  pag,  287;  418  ed  altrove. 

9  La  Franc-Maconnerie  du  G.  Orient  cit.  par  BERNARD-AC  ARM,  PERE,  30. 


SAGGIO  CRITICO  BELLA  SOCIETA  MASSONICA 

to,  e  la  democrazia  piu  pura,  e  che  1'uno  e  1*  altra  unit!  ne  costi- 
tuiscono  la  natura  ed  il  fine.  Messo  a  base  questo  fatto,  potrebbero 
!e  dottrine  e  la  pratica  della  loggia  esser  diverse  da  quell  e  che  spac- 
ciano  e  cercano  di  attuare  i  razionalisli  e  la  democrazia?  Impossibi- 
le:  altrimenti  la  massoneria  in  loggia  non  sarebbe  piu  massoueria. 
Dunque  e  uopo  conchiudere ,  che  le  doltrine  predicate  nelle  adu- 
nanze  massoniche  siano  fiore  di  razionalismo  e  di  democrazia,  e 
che  gli  adunati  a  poco  a  poco  ne  escano  razionalisti  e  democratic!  in 
fino  al  midollo,  ardenti  e  sperti  ad  un  tempo  a  propagare  ed  a  prati- 
care  nel  mondo  profano  quanto  hanno  appreso  nella  loggia. 

Tale  e  di  fatto  il  loro  dovero.  Quindi  la  loggia  e  scuola  istituita 
won  solamente  in  pro  dei  massoni,  ma  eziandio,  merce  1'opera  del 
costoro  apostolato,  a  vantaggio  dei  miseri  profani.  E  pcro  il  F.\  Ruf- 
foni,  considerandola  solto  questo  riguardo,  dicea  che  «  ogni  loggia, 
a  guisa  di  corpo  luminoso,  dee  raggiare  la  coscienza  dell'  umani- 
&  1;  »  ed  il  F.-.  Frapolli  scrivea ,  che  la  pura  scienza  massonica, 
fiammeggiando  dagli  alii  gradi  infmo  a  minimi  delle  loggie  simboli- 
ehe,  dee  riverberare  da  queste  su  tulta  la  nazione  2.  Questi  sono  ap- 
punlo  i  voti  che  fece  il  F.\  Hermitte  nella  consecrazione  delTempio 
di  Bordeaux  3.  Tant'  e:  giacche  «  la  prima  e  vera  missione  della 
massoneria  e  quella  di  rischiarare  1'umanita,  di  far  penetrare  la 
istruzione  (secondo  i  principii  massonici)  in  lutli  gli  ordini  dei  cilta- 
dini,  di  combaltere  e  \incere  lo  spirito  invasore  d'uomini,  che  con 
alto  tradimenlo  del  loro  divino  mandato  (i  preti?),  yogliono  soffocare 
la  intelligenza,  affine  di  dominare  piu  sicuramente  4.  »  Che  se  non 

1  Bref,  il  faut  qif  on  sache  que  toute  loge  maconnique  est  un  point  hi- 
mineux,  d'  on  rayonne  la  conscience  de  I'humanite.  Bulletin  du  Grand  Orient, 
n.  d'Avril  1859,  pag.  51.  Cf.  REBOLD,  loc.  cit.  pag.  311,  312. 

2  La  Franc-Maconnerie  reformee. 

3  Que  de  cette  Loge  la  Maconnerie  repande  son  enseignement  et  ses  bien- 
faits;  qu  clle  rayonne  ait  midi,  an  nord ,  a  I' Occident  et  a  I' orient. 
Loc.  cit. 

4  Notre  premiere,  notre  veritable  mission,  c'est  d'eclairer  I'humanite,  de 
faire  penetrer  V  instruction  dans  tous  les  rangs,  de  combattre  et  vaincre 
I' esprit  envahisseur  d'  hommes,  qui  trahissant  leur  divin  rnandat,  veulent 
etouffer  toute  intelligence  afin  de  mieux  dominer.  Bulletin  du  Grand  Orient 
n.  d'Octobre,  Novembre  1856,  pag.  246. 


SAGGIO  CRITICO  BELLA  SOCIETA  MASSONICA  G85 

foste  ancora  persuasi  di  cotesta  missione,  aprite  gli  Statuti  della 
Massoneria  italiana  alRito  simbolico.  Leggete:  «  Art.  1.°  La  Mass.*. 
Italiana  e  una  societa  di  persone  riunile  insieme  da  un  patto  di  fede 
comune  nei  principii  universali  della  Mass.*.  e  di  mutuo  impegno  a 
cooper  are  in  comune  al  loro  trionfo.  —  Art.  3.  Suo  fine  diretto  e 
immediate  si  e  di  concorrere  efficacemente  all' attuazione  progres- 
siva  di  questi  principii  nell'Umanita,  si  che  divengano  gradual- 
mente  legge  effettiva  e  suprema  di  tutti  gli  atti  della  vita  individua- 
ls, domestica  e  civile  ».  Aprite  questi  altri,  pubblicati  dal  G.  Orien- 
te  della  Massoneria  in  Italia  1'anno  passato.  Eccovi  \  articolo  4: 
«  Tutti  i  membri  dell'ordine  sono  ^ww^'d'istruirsi,  perfezionarsi  ed 
aiutarsi  reciprocamente;  di  cooperare  con  assiduo  lavoro  a  compie- 
re  la  missione  sua  ».  Quelli  che  si  osservano  dalle  logge  dipendenti 
dal  Supremo  Consiglio  di  Palermo,  favellano  nel  medesimo  metro: 
«  §.  15.  Estendendosi  lo  scopo  della  istituzione  al  perfezionamento 
di  tutta  la  specie  umana,  il  libero  muratore  impiega  tutti  i  mezzi  di 
fortuna  e  di  talento  per  giungervi ».  Consuona  alle  voci  della  mas- 
soneria  italiana  la  massoneria  francese  ne'  suoi  nuovi  statuti  «  rac- 
comandando  a  lutti  i  fratelli  la  propaganda  massonica  per  la  paro- 
la,per  gli  scritli  e  pel  buon  esempio  l.»  Debbono  dunque  i  massoni 
farsi  maestri  dei  principii  razionalistici  e  democratici,  che  appren- 
dono  in  teorica  ed  in  pratica  dentro  il  ricinto  della  loggia,  debbono 
propagarli,  debbono  attuarli  con  tutto  1'ardore  e  coll'  opera  di  tulti 
i  mezzi,  che  hanno  tra  mano,  nella  societa  profana.  E  questo  un  do- 
vere,  che  sgorga  dal  fine  della  loro  societa,  e  un  obbligo  raccoman- 
dato  e  imposto  dagli  Statuti.  Un  massone,  che  non  vi  si  adoperasse, 
sarebbe  un  massone  da  null  a,  sarebbe  reo  al  cospetto  della  massone- 
ria di  non  compiere  il  lavoro,  a  cui  si  e  strettamente  obbligato.  Se  ti 
rimembri,  lettor  cortese,  non  abbiamo  noi  provato  negli  articoli  ante- 
cedent!, che  tali  principii  sono  anticristiani,  e  rovesciatori  degli  ordi- 
ni  sociali  present!?  Non  abbiamo  provato,  che  lo  scopo  a  cui  inten- 
dono  tulti  gli  sforzi  della  massoneria,  si  e  la  distruzione  di  tutte  e 

1  Art.  4.  La  Franc-Maconnerie  aspirant  a  ctendre  a  tons  les  membres  de 
I'humaniM  les  liens  fraternels  qui  unissent  les  Francs-Macons  sur  toute  la 
face  du  globe,  lapropagande  maconnique,  par  laparolef  les  cents  et  le  bon 
exemple,  est  recommandee  a  tons  les  Macons. 


680  SAGGIO  CRITICO  BELLA  SOCIETA  MASSONICA 

singole  le  forme  religiose  e  politiclie  esistenti  e  la  ricostruzione  pro- 
gressiva  della  societa  umana,  su  le  basi  razionalistiche  e  democra- 
tiche  secondo  le  sue  dollrine?  Ebbene,  eccoti  la  conseguenza,  che 
fila  diritta  da  queste  premessc:  —  «  La  loggia  e,  e  deve  essere  il 
centro  del  moto  agitatore  del  popoli  contro  tutti  gli  ordini  social!  c 
religiosi !  »  —  Laonde  fintantoche  MI  sara  una  loggia  al  mondo, 
sussistera  ancora  un  focolare,  da  cui  partono  gTincentivi,  prima  di 
agitazione  negli  spirit!,  e  poscia  di  ribellione  nel  corpo  socialc. 

Gravissima  conseguenza,  ma  pur  verissima.  I  massoni  si  piac- 
ciono  di  lumeggiarla  descrivendo  r opera  della  massoneria.  Cosi  un 
massone  di  alto  grado  dicea:  «  Nel  secolo  passatole  voci  Liberia, 
Eguarjlianza  suonavano  reamente  alle  orecchie  dei  casli  depositarii 
del  potere.  La  loro  autorita  non  era  assaltata  dalla  violenza,  della 
quale  la  massoneria,  checche  ne  dicano,  non  ha  fatto  mai  mo,  ma 
invece  veniva  scalzata  la  base  delle  loro  pretensioni,  delle  loro  teo- 
riche  e  del  loro  dispotismo  politico  e  religioso  ,  per  mezzo  di  una 
strumento  assai  piu  terribile,  vale  a  dire  per  mezzo  del  pensiero, 
che  a  poco  a'poco  traevasi  dal  collo  il  giogo,  sotto  cui  credevasi  di 
poterlo  infrenarc.  II  piu  profondo  sccreto,  che  celasse  la  macchina, 
era  quindi  sommamente  necessario.  E  pero  con  veniva  che  i  parti- 
giani  della  nuova  fede,  allora  in  picciol  numero,  avessero  ricoveri 
sicuri  ed  ignorati,  dove  potessei  o  profondere  liberamente  le  proprie 
credenze,  manifestare  i  proprii  voti  e  le  proprie  speranze,  tenere 
continuamente  acceso  il  fuoco  sacro  della  Yestale  loro  confidato:  con- 
veniva  che  questi  pacifici  cospiratori  avessero  un  segno  incognito  ai 
profani,  il  quale  a  guisa  di  verga  magica  trasfor masse  di  tratlo  uno 
straniero  in  un  fratello,  e  desse  cosi  1'agio  di  parlargli  in  verita  di 
cuore.  I  principi  si  avvidero  della  forza,  che  stava  nella  massone- 
ria. Alcuni  tentarono  di  farsene  strumento  alle  proprie  brame;  po- 
chi  la  servirono;  molti  la  perseguitarono.  Sforzi  inutili  I  II  santo 
contagio  della  verita,  uscito  del  Tempio,  si  appicco  a  poco  a  poco 
al  mondo  profano,  invase  quegli  ordini  di  cittadini,  che  a  cagione 
dei  loro  privilegii  doveano  piu  che  verun  altro  temere  lo  spirito 
massonico.  E  un  di,  quando  il  terreno  fu  apparecchiato  a  bastanza, 
la  magnitica  esplosione  del  1789  venne  a  scrivere  nel  diritto  pub- 


SAGGIO  CRITICO  DELIA  SOClETA  MASSONICA  687 

blico  della  Francia  i  principii,  che  noi  conosciamo  e  professiamo  da 
lungo  tempo  l.»  Che  bramate  di  piuevidente?  E  un  fallo  dedotto  da 
storiche  osservazioni.  La  teorica,  la  quale  gitto  1'  agitazione.  negli 
aniffli  e  produsse  la  magnified  esplosione  del  1789,  donde  quellc 
del  1792  e  1793,  ebbe  a  scuola  la  loggia,  a  secret!  e  fidi  discepoli 
i  massoni,  chc  propagandola  di  fuori  ne  aceeseroed  agitarono  fiera- 
mente  le  moltUudini.  Yolete  un  esempio  della  pratica?  Ne  abbiamo 
uno  di  fresca  data.  Entrata  in  sospelto  la  Sezione  Concistoriale  del 
Hi  to  scozzese,  sedente  nella  vallea  del  Sebeto,  ossia  in  Napoli,  che  i 
Paolotti  direlli  «  dai  figli  tenebrosi  del  Loyola  »  avessero  formate 
adunanze  in  su  lo  stile  massonico ,  eccovela  tutta  all'  opera  per  an- 
nientare  gli  sforzi  dei  temuli  a^7ersarii.  Da  il  grido  di  «  all'arme  »  a 
tulte  le  logge  dipendenti  con  una  lettera  circolaro  :  «  le  infelicicon- 
dizioni  dell'  Italia  domandare  altamenle,  che  la  massoneria  adoperi 
tulto  il  suo  vigore  primitivo,  e  che  ridi^7enga  quell'  operaia  atlivissi- 
ma,  che  fa  in  altri  tempi:  il  pericolo  minacciare  non  solamente  V Ita- 
lia, ma  ancora  1'Ordinc.  Onde  per  ripararlo  tutte  le  logge  si  metta- 
110  al  lavoro  con  tutta  la  forza,  cliiudano  la  porla  in  faccia  a  quei 
f ratelli,  che  avessero  maculato  o  tentassero  di  maculare  comechessia 
i  principii  massonici,  rannodino  piu  strettamente  le  loro  file,  le  ac- 
crescano  connuovi  afruolati,  nclla  Camera  di  mezzo  fsi  propongano 
e  si  discutano  lull!  que'  mezzi,  che  paiono  piu  opportuni  a  troncare 
1'  ordilura  tencbrosa,  e  infine  dichiarino  al  Concistoro  quanto  repu- 
tano  piu  glo\evole  all'  Alleanza,  a  jischiarare  il  popolo  ed  a  com- 
baltere  1'crrore,  ed  i  pregiudizii.  »  Avete  sentito  cio  che  soglio- 
no  fare  i  massoni  a  sostegno  delle  proprie  teoriche  ?  Spiano  i  cat- 
tolici  chc  haimo  in  conto  di  avversarii  funesti,  ne  studiano  i  divisa- 
menli:  scopei  tili,  i  capi  chiamano  a  consiglio  tutti  i  f  ratelli,  propon- 
gono,  delibcrano  il  modo  piu  acconcio  con  che  attraversarli,render- 
li  inefficaci  presso  ogni  ordine  di  cittadini. 

Tale  e  la  loggia  massonica  :  ridicola  nel  suo  apparato,  super sti- 
ziosamente  comica  nelle  sue  cerimonie,  centra  di  agitazione  e  di  ri- 
beUlone  contro  T  ordine  politico  ereligioso  nellc  sue  adunanze. 

1  Monde  ma^onnique  18G3,  pag.  145. 


LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO 

ARCIYESCOYO  DI  FIRENZE 

INTORNO 

«J      ALLA  INFALLIBILITA  DE'  PAPI 

E  LA  LORO   SUPERIORITA  SUI   CONCILII  1 


VII.  t^ 

Argomento  che  il  Bossuet  deduce  da  alcune  parole  di  S.  Antonino 
riguardo  al  concilio  di  Basilea  ,  per  inostrarlo  favorevole  alia 
sentenza,  che  i  concilii  generali  sono  superiori  ai  romani 
Pontefici.  Si  espongono  brevemente  gli  atli  diquel  concilio ,  che 
porgono  il  fondamento  alia  diflicolta. 

Dopo  die  abbiam  veduto  con  quali  deboli  argomenti  il  Bossuet 
si  e  sforzato  di  oscurare  la  dottrina  si  chiara  di  S.  Antonino  intorno- 
alia  infallibilita  personale  dei  romani  Pontefici;  passiamo  ad  esami- 
nare  le  pruoye  che  adduce  per  farlo  apparire  favor evole  alia  sentenza 
analoga,  la  quale  tiene  che  i  concilii  generali  abbiano  suprema  au- 
lorita  sopra  quelli.  Uno  de'suoi  argomenli  e  il  giudizio  che  il  Santo 
pronunzia  del  concilio  di  Basilea  colle  seguenti  parole:  «  II  simile  6 
da  dire  del  Concilio  di  Basilea,  il  quale  da  principio  si  aduno  cano- 
nicamente ;  ma  quinci  appresso ,  dopoche  fu  sciolto  o  piuttosto  tra- 
sferito  dal  Papa  Eugenio  IV  nell'  anno  del  Signore  1437 ,  divenne 
conciliabolo  2.  »  Donde  cosi  argomenta  il  Bossuet :  «  Adunque  gli 

1  V.  questo  volume,  pag.  304  e  segg.,  e  pag.  376  e  segg. 

2  Simile  concilium  basileense,  congregatum  prius  canonice;  sed  post  dis- 
solutionenij  sen  mutationern,  per  Eugenium  Papam  IV  an.  Dom.  1437^  fac- 
tum  est  conciliabuhim.  Part.  Ill,  tit.  XX11I  cap.  I,  in  prooem. 


LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE  ECC.  689 

atti  basileesi,  anterior!  a  questo  discioglimento  o  piuttosto  trasla- 
zione,  sono  per  Antonino  atti  canonicameate  compiuti;  awegnache 
in  essi  yengano  raffermati  i  decreti  di  Costanza,  come  a  suo  luogo 
yedremo  1 .  »  In  sostanza  vuol  dire ,  che  come  il  Concilio  di  Basi- 
lea ,  anche  prima  di  diventare  scismatico ,  avea  sancito  i  celebri 
decreti  del  Concilio  di  Costanza  riguardanti  la  superiorita  dei  Con- 
cilii  general!  sopra  i  Pontefici,  e  aveal!  sanciti  in  nn  senso  assoluto 
e  non  gia  solamcnte  pel  caso  dei  Pontefici  dubbii,  come  da  molti 
erano  spiegati  que'di  Costanza;  cosi  S.  Antonino,  riconoscendo  come 
canonici  tutli  gli  atti  di  Basilea  compiuli  in  tal  tempo;  veniva  a  ri- 
conoscere  come  canoniche  e  quindi  ad  accettare  le  definiziom,  che 
dichiararono  la  superiorita  dei  concilii  general!  sopra  i  Papi  an- 
die  certi. 

II  Bossuet  ci  appella  a  cio  che  esso  scrive  intorno  al  Sinodo  di 
Basilea,  a  fine  di  dimostrare  il  valore  conciliare  e,  se  piace  a  Dio, 
anche  dommalico  di  que*  Decreti.  E  noi  terremo  1'hrvito,  recandoci 
dal  canto  nostro  ad  esaminare  i  suoi  argomenli ;  non  per  vero  biso- 
gno  che  v'  abbia  di  difendere  per  tal  modo  S.  Antonino;  ma  piu  ve- 
ramente  perche  si  vegga  a  quali  ree  conseguenze  condusse  il  Bos- 
suet  ,  e  debba  per  se  condurre,  la  dottrina  da  lui  sostenuta.  Ma  in- 
nanzi  tratto  ci  e  uopo  esporre  brevemente  gli  Atti  basileesi,  che  so- 
no il  fondamento  di  tutta  la  quistione. 

II  Concilio  di  Basilea  2,  benche  legittimamente  convocato  gia  tem- 
po innanzi  da  Martino  V  e  di  poi  dal  suo  successore  Eugenio  IV ; 
nondimeno  quasi  prima  che  cominciasse  fu  dichiarato  sciolto  dallo 
stesso  Eugenio :  il  quale  invece  ne  intimaYa  un  altro  in  Bologna, 
che  sarebbesi  aperto  quindi  a  diciotto  mesi;  e  prometteva  d'interve- 
nirvi  egli  stesso.  Gravissime  cagioni  indussero  il  S.  Padre  a  questa 
mutazione :  le  principal!  che  accennava,  erano :  lo  scarsissimo  nume- 
ro  dei  Padri  convenuti  in  Basilea ;  i  tumulti  accaduti  e  che  temeansi 

1  Ergo  anterlora  basileensia  ante  hanc  dissolutlonem,  sive  potius  trans- 
lationem,pro  canonlce  attis  habet  Antoninus;  licet  in  his  actis  Constantien- 
sia  decreta  firmcnlur,  ut  suo  loco  videbimus.  Append,  lib.  II,  cap.  4. 

2  Quesia  nostra  csposizione  e  ricavata  per  la  massima  parte  dalla  grande 
Collezione  de'  Concilii  del  Labbe,  e  degli  Annali  ecclesiastici  del  Rainaldo. 

Sent  VIJ,  vol.  IV,  fasc.  450.  il  9  Decembre  1868. 


690  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIY.  DI  FIRENZE 

maggiori  in  questa  citta ;  le  guerre  che  infierivano  nei  \icini  paesi 
fra  i  duchi  d'  Austria  e  di  Borgogna;  e  massimamente  la  promessa 
dell'imperatore  di  Costantinopoli,  che  i  Greci  ben  volentieri  inter- 
verrebbero  al  Concilio,  per  trattare  della  loro  riunione  colla  Cliiesa 
latina,  se  questo  si  celebrasse  in  una  citta  dell'  Italia.  Se  nori  che  il 
Cardinale  legato ,  Giuliano  Cesarini ,  a  cui  era  indirizzato  quest'  or- 
dine  del  Papa,  presso  il  medesimo  tempo  avea  con  sue  lettere  invi- 
tato  al  Concilio,  a  nome  suo  e  dei  Padri,  gli  eretici  ussiti  di  Boe- 
mia;  vituperando  cio  che  la  Chiesa  ayea  prima  d'  allora  operato  con- 
tro  essi,  e  proponendo  condizioni  ingiuriose  alia  causa  cattolica.  Pero 
tro\andosi ,  si  per  questa  e  si  per  altre  ragioni ,  gravemente  impe- 
gnato  nella  prosecuzione  del  Concilio,  e  cio  altamente  desiderando 
i  Padri  adunati ;  scrisse  al  Pontefice  una  lettera  poco  rispcttosa,  con 
cui  rispondeva  alle  sue  ragioni,  dimostrando  alia  stess' ora  la  nc- 
cessila  del  Concilio  in  quel  luogo  :  e  senz'  attendere  la  risposta  del 
S.  Padre  intimo  o  fe'  proseguire  la  prima  sessione,  com'  era  sollcci- 
tato  dai  piu  ardenti. 

DaU'  allra  parte  il  Pontefice,  avuta  contezza  dclla  imprudente  let- 
tera del  legato  ai  Boemi,  prima  ancora  che  gli  giugnesse  la  notizia 
del  proseguimento  illegale  dell'  adunanza,  die  fuori  un  editto  col 
qnale  biasimava  la  forma  dell'  invito,  fatto  dal  legato  agli  erelici 
boemi;  dichiarava  sciolto  il  concilio  inBasilea;  e  promulgava  il  de- 
creto  della  traslazione  in  Bologna.  In  quesli  medesimi  sensi  scrisse 
a  Sigismondo,  gia  eletto  imperatore,  benche  non  ancora  incoronato ; 
sollecitandolo  insieme  a  mandare  suoi  legati  all'  imperatore  greco. 

Da  quel  punto  cominciarono  i  procedimenti  apertamente  ostili  de- 
gli  adunati  di  Basil ea.  Conciossiache  persistendo  il  S.  Padre  nella 
presa  deter minazione,  ne  lasciandosi  smuovere  o  sia  dalle  istanze 
del  Carflinale  legato  ,  o  sia  dalle  suppliche  di  Sigismondo;  cio  non 
ostante  fu  celebrata  la  seconda  sessione  1 ;  messovi  per  fondamento 
dei  futuri  atti  un  decreto,  col  quale  si  stabiliva  1'assoluta  superiorita 
dei  Concilii  general!  sopra  il  Papa,  e  proponeasi  come  una  fra  le  opere 
da  compiere  la  riformazione  della  Chiesa  nel  Capo  e  nelle  membra. 

1  II  di  IS  Marzo,  1432. 


INTORNO  ALL!  INFALLIBILITA  DE*  PAPI  691 

A  quest!  si  ardiii  passi  dicdero  la  spinta  varie  favorevoli  circostan- 
ze  :  la  risposta  de'  Boemi,  che  accettavano  le  offerte  condizioni  per 
trattare  nel  Concilio  I'accordo:  il  numero  de'  Padri  die  veniva  ogni 
di  crescendo:  1'  asscnso  di  re  Carlo  alia  doraanda  di  un'  assemblea  di 
26  prelati  della  chiesa  gallicana ;  i  quali,  dichiarata  la  necessita  di 
proseguire  il  Concilio  in  Basilea,  lo  pregavano  che  si  facesse  in- 
terceditore  presso  il  S.  Padre  per  la  continuazione  di  quello,  c  in- 
tanto  desse  facolta  ai  Vescovi  francesi  di  par  tire  per  Basilea:  un  si- 
mile favore  ottenulo  dal  re  Airigo  d' Inghilterra ,  dopo  tre  consulte, 
che  per  ordine  del  medesimo  furono  tenute  in  tre  luoghi  diversi  da 
alcuni  prelati  inglesi :  fmalmente  Y  arrivo  di  nuovi  orator!  del  Re  di 
Castiglia. 

E  gli  atti  di  ostilita  contro  il  S.  Padre  crebbero  ancora  nelle  se- 
guenti  sessioni.  Nella  terza  1  osarono  intimargli,  che  dovesse  prc- 
sentarsi  al  Concilio  o  di  persona,  o  almeno  per  mezzo  di  legati.  Nella 
quarta  2  fu  dato  amplissimo  salvocondotto  agli  eretici  di  Boemia  per 
venire  al  Concilio  e  disputarvi.  Quivi  pure  fu  decretato,  che  se  per 
caso,  durante  il  Concilio,  il  Papa  venisse  a  morte;  non  altrove  che 
nello  slesso  Concilio  si  dovesse  eleggere  il  successore.  II  qual  de- 
creto  fu  confermato  in  piu  altre  sessioni,  manifes'.andosi,  come  notano 
gli  storici,  e  lo  stesso  Eugenio  in  una  sua  lettera,  troppo  manifesta- 
mente  in  taluni  la  voglia  di  salire  sopra  il  trono  di  S.  Pietro.  Nella 
stessa  sessione  fu  vietato  al  Papa  di  creare  nuovi  Cardinali.  Nella 
quinta  3  si  arrogarono,  contra  ogni  dritto  e  consuetudine,  1'arbitrio 
delle  cause,  nominando  a  quest' uopo  giudici  che  le  dovessero  dec!- 
dere,  e  stabilendo  che  non  potessero  differirsi  oltre  a  tre  mesi.  Del- 
la  quale  usurpazione  non  fu  consigliatrice  la  superbia  soltanto  ,  ma 
anche  Vavarizia,  come  osservo  Eugenio,  rimproverando  a  que'  pre- 
lati di  aver  cangiato  il  Concilio  in  un  emporio  forense  4. 

Dall'  altro  lato  il  S.  Padre,  desideroso  di  pur  ricondurre  quell'  as- 
semblea a  ragionevoli  sentimenti,  ne  omai  polendosi  piu  fidare  del 
Cardinal  Cesarini ;  vi  spedi  suoi  legali  straordinarii ,  i  principal! 

1  II  di  29  Aprile. 

2  II  di  20  Giugno. 

3  II  di  13  Agosto. 

4  In  lilt,  datis  an.  1436,  n.  8.  Vid.  RAIN,  ad  an.  1432,  n.  XI. 


092  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE 

de'  quali  furono  Andfea  di  Costantinopoli  areivescovo  di  Colossi ,  e 
Giovanni  arcivescovo  di  Taranto.  Parlarono  a  lungo  prima  1'  arcive- 
scovo  di  Colossi  e  poi  qucllo  di  Taranto;  dall'una  parte  meltendo 
in  moslra  i  privilegi  del  Romano  Ponliticato,  e  dall'  altra  facendo 
rilevare  con  buone  maniere  il  lorto  del  Concilio.  Per  rispetto  poi  al 
trasferimento  in  Bologna,  ne  dimostrarono  1'  opportunity,  massima- 
mente  per  non  porre  ostacolo  alia  intervenzione  de'  Greci ,  i  quali 
melteano  per  condizione  die  il  Sinodo  fosse  celebrato  in  qualche  cit- 
la  dell'  Italia.  Nofy  doversi  anteporre  alle  promesse  sincere  de'  Greci 
le  subdole  de'  Boemi.  Che  se  questi  operano  con  retto  animo,  non  es- 
ser  per  essi,  come  pe'  Greci,  buona  difficolta  la  distanza  del  luogo. 
Per  ogni  modo,  se  ai  Padri  non  piace  Bologna,  propongano  qua- 
lunque  allra  citta  d' Italia;  e  il  S.  Padre  senz'  altro  differimento  fara 
la  convocazione  del  Sinodo ;  e  vi  presedera  egli  stesso  in  persona. 

Cosi  temperate  proposizioni  furono  accolte  con  dispetto  da'  congre- 
gali  di  Basilea.  Nella  riunione  che  fu  tenula  alcuni  giorni  appresso, 
con  superbo  discorso  accusarono  il  Papa  di  peccato  contro  lo  Spirito 
Santo  perche  brigavasi  d'  impedire  il  proseguimento  del  Sinodo  le- 
gittimamente  adunato,  e  che  aveva  da  Gesu  Cristo  suprema  auto- 
rita,  anche  sopra  il  Pontefice.  Dicluararono  quindi  di  avere  operato 
con  giuslizia  citando  Eugenio  al  Concilio,  e  di  persister  tuttora  negli 
stessi  sentimenti.  Di  fatto  nella  sesta  sessione,  a  cui  fu  dato  princi- 
pio  tre  giorni  dopo  1,  fu  mossa  solenne  accusa  contro  Eugenio;  per- 
che avvisato  di  revocare  1'editto  di  scioglimento  del  Concilio,  e  ve- 
nirvi  di  persona  o  mandarvi  suoi  legati,  non  avea  obbedito.  Pro- 
testarono  i  Nunzii  pontificii ;  e  \'  arcivescovo  di  Taranto  scongiuro 
eon  gravi  e  amorevoli  parole  i  Padri,  che  non  volessero  dar  lo 
scandalo  di  aprire  con  teraerario  attentato  un  giudizio  contro  il  Capo 
della  Chiesa.  Quelli  risposero  arrogantemente  che  avrebbero  delibe- 
rato.  Ma  poco  stante  1'  attore  delle  cause  sinodali  accuso  di  contu- 
macia  i  Cardinali,  che  chiamati  non  erano  intervenuti.  Nella  setti- 
ma  e  nell'ottava  sessione  2  si  confermarono  alcuni  de'  decreti  gia  fat- 
ti  in  onta  della  potesta  pontificia.  Nell'  otlava  segnatamente  fu  rinno- 

1  II  di  6  Settembre. 

2  A'  6  di  Novembre  e  a'  18  di  Decembre. 


INTORNO  ALL  A  INFALLIBILITA  DE*  PAPI  693 

vato  il  monitorio  sinodale  al  Papa,  che  nel  termine  di  sessanta  gior- 
ni  dovesse  revocare  1'  editto  di  dissoluzione  del  Concilio  di  Basilea, 
e  recarvisi  di  persona  o  mandarvi  legati :  non  obbedendo  si  sarebbe 
proceduto  eontro  di  lui.  Ai  Cardinal!  poi,  che  non  intervenissero, 
fu  rainacciata  la  perdita  della  dignita  cardinalizia,  e  la  degradazione 
se  sacerdoti;  e  eontro  a  quelli  che  andassero  a  Bologna  fu  pronun- 
ziata  la  pena  della  scomunica  e  della  inabilita  di  esser  ordinati  sa- 
cerdoti anche  dal  Papa.  Presso  il  medesimo  tempo,  con  altro  atto  di 
singolare  arbitrio,  crearono  preside  di  Avignone  e  della  contea  di 
Yenosa  Alfonso  Gardinale  di  S.  Eustachio,  che  si  valse  della  sua 
nuova  potenza  per  combattere  eontro  il  Sommo  Pontefice. 

II  S.  Padre,  cosi  acerbamente  offeso  da  que'  rioltosi,  non  tralascio 
di  ammonire  i  fedeli  con  sue  pubbliche  lettere  della  illegalita  degli 
•atli  di  Basilea,  dichiarando  sciolto  quel  concilio,  e  proibendo  ai 
prelali  di  accorrervi.  Cio  non  ostante,  supplicato  vivamente  da  Sigis- 
mondo  e  da  altri  principi,  specialmente  di  Germania,  i  quali  aveano 
grande  speranza  nel  Concilio  per  la  riduzione  degli  eretici  di  Boe- 
mia,  si  Liscio  indurre  a  trattare  novamente  di  accordo,  mandando  a 
questo  fine  come  Nunzii  straordinarii  Gristoforo  vescovo  di  Cervia, 
Giovanni  Mella  notario  e  due  abbati.  Le  principal!  fra  le  istruzioni 
die  diede  ad  essi,  erano:  quanto  al  luogo  del  Concilio,  di  offrire  ai 
Padri  la  scelta  di  qualunque  citla  d'  Italia,  acciocche  il  S.  Padre  po- 
tesse  aver  agio  d'  intervenirvi  di  persona :  il  die  sembrava  neces- 
sario.  Che  se  per  ogni  modo  volessero  esclusa  1'  Italia,  nominasse- 
ro  dello  stesso  lor  numero  dodici  deputati,  i  quali  di  comune  accor- 
do dovessero  designare  quella  citta  che  lor  piu  piacesse  della  Ger- 
mania, sol  che  non  fosse  Basilea.  Ouanto  poi  alle  cose  da  trattare 
nel  Concilio,  i  capi  da  proporre  erano :  la  riduzione  dei  Boemi ; 
la  riforma  della  disciplina  ecclesiastica ;  la  concordia  da  procurare 
Ira  i  principi  cristiani.  Intanto  i  Padri  annullassero  tutti  gli  atti  giu- 
diziarii,  compiuti  in  Basilea,  com'esso  annullava  lutli  gli  alti  emana- 
ti  eontro  il  Concilio.  In  conformita  a  quest'  ultima  condizione ,  il 
S.  Padre  concedeva  ai  suoi  legati  ampia  facolta  di  assolvere  i  con- 
gregati  di  Basilea  da  tutte  le  censure,  incorse  per  gli  attentati  com- 
messi  eontro  la  potesta  pontificia. 


694  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE 

Presso  il  tempo  clic  decretavasi  questa  Icgazione,  giunsero  in 
Basilea  i  deputali  de'Boemi;  e  furono  con  molta  solennita  e  singo- 
lari  dimostrazioni  di  onore  ricevuti  dai  cittadini  e  dal  Concilio.  Circa 
cinquanta  giorni  vennero  consumati  in  dispute;  le  quali,  come  avea 
preveduto  il  S.  Padre,  non  riuscirono  ad  altro  che  a  scambievoli  d- 
picchi,  ed  a  maggiore  ostinazione  dalla  parte  degli  eretici.  Fu  allo- 
ra  deciso  di  mandare  nella  Boemia  alcuni  ambasciatori  del  Sino- 
do;  i  quali,  evitando  ogni  discussione,  trattassero  co'  capi  della  fa- 
zione,  e  concedessero  loro,  intorno  ai  quattro  articoli  stati  propo- 
sti  nel  Concilio ,  tutto  cio  che  era  possibile  senza  pregiudizio  della 
fede  e  scandalo  de'  fedeli.  La  missione  sorti  in  buona  parte  1'  effet- 
to  desiderato;  e  la  speranza,  che  si  sarebbe  facilmente  venuto  ad  un 
felice  accordo,  ebbe  gran  forza  nell'  animo  del  S.  Padre,  per  farlo 
condiscendere  alle  replicate  istanze  di  Sigismondo  e  di  altri  principi 
in  favor  del  Concilio,  non  ostante  le  nuove  e  sempre  maggiori  inso- 
lenze  di  questo. 

In  effetto  i  congregati,  rigeltata  come  ingiuriosa  V  amorevole 
esibizione  del  Pontefice,  di  farli  prosciogliere  per  mezzo  de' legati 
dalle  incorse  censure  (perciocche  protestavano  d'aver  operato  con 
giustizia  e  santamenle) ;  nella  decima,sessione  1  rifmtarono  anche 
ogni  proposta  diconcordia,  facendola  essi  dipendere  essenzialmente 
dalla  continuazione  delle  sessioni  in  Basilea ;  ed  anzi  rinnovarono  il 
decreto  contro  il  S.  Padre  per  non  aver  abrogate  1'  editto  del  trasfe- 
rimenlo  in  Bologna.  Per  contrario  il  S.  Padre,  longanime  nella  pa- 
zienza  ed  invitto  nella  carita,  non  volendo  che  la  persistenza  nel  suo 
proposito  creasse  impedimenti  alia  conversione  de'  Boemi,  e  cedendo 
alle  nuove  istanze  che  gli  faceano  i  principi  elettoi  i  con  una  legazio- 
ne  straordinaria ;  si  contento  di  ristaurarc  il  Concilio  di  Basilea  con 
suo  Diploma,  che  comincia  Ad  sacram  Petri  Sedpm,  ed  ha  la  data 
del  di  16  innanzi  alle  calende  di  Marza.  In  esso  espone  le  ragioni 
del  Decreto  anterior  e  di  traslazione,  e  quelle  per  cui  ora  muta  pare- 
re :  promette  che  quanto  prima  mandera  suoi  legati  a  presedere :  e 
stabilisce  la  materia  delle  cose  da  trattare  nel  Concilio ,  la  qualo 

1  II  di  19  Febbraio  1433. 


INTORNO  ALLA  INFALLIBILITA  DE'  PAPI  695 

reslringe  alia  riduzione  de'  Boemi  eretici,  ed  alia  concordia  da  pro- 
curare  fra  i  principi  cristiani. 

Quest'  alto  del  Pontefice,  corn'  e  chiaro  per  le  date,  ebbe  luogo 
circa  il  medesimo  tempo,  che  i  suoi  Nunzii  traltavano  co'  Padri  so- 
pra  il  fondamento  delle  istruzioni  avute  I'aimo  precedente.  II  nuovo 
edilto  giunse  ad  essi  nel  mese  di  Marzo,  e  lo  mostrarono  ad  alcuni 
e  forse  anche  a  tutli  i  prelati  di  Basil ea.  Ma  facendo  questi  difficol- 
ta  sopra  cio  che  diceva  il  Pontefice,  che  ei  manderebbe  nuovi  presi- 
di :  il  che  era  come  un  convocare  novamente  il  Concilio  in  Basilea, 
e  non  riconoscere  i  suoi  atti  precedent! ;  i  legati  credettero  bene 
spedire  in  Roma  il  vescovo  di  Cervia  per  indurre  il  S.  Padre  a  fare 
piu  larghe  concessioni ,  e  tor  re  cosi  ogni  pretesto  agli  scandali.  11 
S.  Padre  tenne  una  via  di  mezzo.  Scriveva  con  data  de'  9  Maggio, 
essere  stata  sua  intenzione  che  il  Concilio  non  patisse  indugio ;  e 
percio  aver  destinato  quattro  Cardinali ,  che  dovesseio  tosto  partire 
per  presedervi.  Ma  poiche  al  loro  pronto  viaggio  s'  erano  frapposti 
impediment!,  destinava  a  surrogarli  interinamente  quattro  prelati 
che  si  trovavano  in  Basilea.  A  questi  con  altra  lettera  de'  10  ag- 
giunse  lo  stesso  Cardinal  Cesarini,  statogli  cosi  infedele.  Presenta- 
te  queste  scritture  dal  Cerviese  con  calda  esortazione  ai  Padri,  che 
finalmente  si  volessero  riconciliare  col  Capo  della  Chiesa  e  loro; 
non  ne  fu  nulla.  Diceano  che  il  Papa  non  avea  punto  ubbidito  alle 
ammoniziom  del  Concilio  :  avere  si  veramente  provveduto  al  Conci- 
lio per  1'avvenire;  ma  non  riconoscere  ne  confermare  gli  atti  prece- 
dent]. OHre  che  restringeva  1'  autorita  di  esso  a  due  capi  soltanto ; 
alia  riduzione  degli  eretici,  ed  alia  pace  da  conciliare  fra  i  princi- 
pi: e  per  contrario  era  data  tal  potesta  ai  Cardinali  legati,  che  se  il 
Concilio  alcuna  cosa  decidesse  che  quelli  non  approvassero,  il  de- 
creto  non  avesse  valore.  E  pure  non  solo  i  presidi,  ma  altresi  il 
Pontefice  dover  soltostare  alia  potesta  anche  coattiva  del  Concilio. 
Prolestarono  dunque  di  non  accettare  i  nuovi  legati  coll'  autorila, 
che  era  ad  essi  attribuita ;  pretendendo  inoltre  che  il  Pontefice  do- 
vesse  approvare  tutte  le  innovazioni ,  attentate  siri'  allora  contro  la 
ponlificia  autorita. 


696  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE 

Con  queste  ree  disposizioni  adunatisi  per  la  undecima  sessione  1 , 
sancirono  di  nuovo  die  il  Pontefice  fosse  temito  di  venire  al  Concilio 
o  mandarvi  legati.  Che  se  tentasse  scioglierlo  o  mutarne  il  luogo, 
e  passati  quattro  mesi  non  si  emendasse ,  rimanesse  sospeso  dal- 
1'esercizio  della  potesta  ponlificia ;  il  cui  uso  sarebbe  intanlo  devo- 
luto  al  Concilio.  Se  poi  per  altri  due  mesi  persistesse  neir  ostina- 
zione,  si  tralterebbe  di  deporlo.  Rinnovarono  il  decreto,  con  cui  fa- 
ceano  lecito'ai  Cardinali  di  recarsi  al  Concilio  contro  alia  volonta  del 
S.  Padre,  e  statuirono  che  non  potesse  ne  esser  sciolto  ne  trasferi- 
to,  se  non  concorrendo  i  voti  di  due  terze  parti  de'  congregati. 

Presso  il  medesimo  tempo  accadde  la  incoronazione  deirimperatorc 
Sigismondo  in  Roma ;  e  fu  compiuta  con  tutte  le  solennita  che  erano 
di  rito.  In  questa  occasione,  avendo  esso  dovuto  pronunziare  i  con- 
sueti  giuramenti  a  tutela  e  difesa  della  S.  Sede,  si  era  in  particolare 
impegnato  di  fare  ogn'  opera  per  guarentire  i  supremi  diritti  del  Pon- 
tefice contro  le  macchinazioni  di  Basilea.  Con  tutto  ci6 ,  nel  tempo 
istesso  che  indirizzava  in  Basilea  gravi  lettere  per  distornare  i  per- 
versi  intendimenti  contro  il  S.  Padre ;  dall'  altro  lato  facea  ogni 
forza  nell*  ammo  di  questo  per  farlo  accondiscendere  alle  propostc 
de'Basileesi.  Ne  cio  per  infinto  animo  ne  ostile;  poiche  anzi  non  avea 
giammai  aderito  ai  temerarii  atti  di  quell'  adunanza :  ma  egli  credea 
certo  che  sol  per  mezzo  di  un  concilio ,  che  si  fosse  tenuto  in  Basi- 
lea, era  possibile  la  soggezione  de'Boemi  e  la  pace  dell'impero. 

Dair  altro  canto  i  congregati  di  Basilea,  non  facendo  nessun  caso 
delle  raccomandazioni  dell'  Imperatore,  proseguirono  i  loro  alti  con- 
tro il  Pontefice.  E  pero  nella  sessione  decimaseconda  2  protestarono 
pubblicamente  di  aver  mandati  oratori  ad  Eugenio  per  ismoverlo 
da'  suoi  propositi ;  lo  stesso  aver  tentato  V  Imperatore ,  ma  inutil- 
mente :  essersi  percio  istituito  il  giudizio  contro  di  lui ;  ed  egli  aver- 
lo  eluso.  Si  esigeva  dunque  che  dichiarasse:  Avere  il  Concilio  avuta 
continuazione  sin  dal  principio,  ed  aver  la  tuttavia.  Conformemente 
alia  quale  dichiarazione ,  aderisse  puramenle  e  semplicemente  ad 
esso  Concilio;  notificando  la  Revocazione  de'  suoi  editti,  la  sua  Di- 

1  II  di  27  di  Aprile. 

2  II  di  15  di  Luglio. 


INTORNO  ALL!  i:\FALLIBILITA  DE*  PAPI  697 

ckiarazione  e  1'Adesione  al  medesimo,  per  mezzo  di  Bolle  secondo 
Ie  forme  consuete;  e  cio  nel  termine  di  60  giorni  a  cominciare  da 
quello.  Yalico  il  tissato  termine  senza  un  tal  alto,  lo  dichiaravano 
decaduto  dall'  esercizio  della  potesta  pontificia.  Fecero  anche  un  de- 
creto  intorno  alia  elezione  de'  presuli  delle  chiese,  e  con  esso  tolsero 
al  Pontcfice  il  diritto  delle  riserve  alia  S.  Sede,  se  non  fosse  per  ri- 
spelto  a  quelle  che  si  trovassero  negli  Stall  pontificii,  o  venissero 
espressamente  mentovate  nelle  leggi  canoniche. 

II  S.  Padre,  sollecitato  da  Sigismondo  a  trovar  maniera  di  accor- 
do  per  la  pace  della  Ckiesa,  che  \ersava  nel  pericolo  di  un  funestis- 
simo  scisma;  accelto  una  transazione,  che  questi  gli  proponeva:  essa 
era  di  ammetter  la  formola,  che  il  Concilio  avesse  avuto  seguito  si- 
no  a  quel  termine.  Diede  dunque  col  1  di  Agosto  un  Decreto,  con 
cui  dichiarava,  che  non  sussistendo  oggimai  alcune  fra  le  princi- 
pali  cagioni ,  per  cui  aveva  decretato  il  trasferimento  del  Concilio  , 
e  niente  desiderando  meglio,  se  non  che,  pacificati  gli  animi  si  vol- 
gesse  ogni  cura  alia  eslirpazione  dell'eresie,  a  far  cessare  le  guerre, 
ed  alia  riforma  de'  costumi  nel  popolo  cristiano;  secondo  il  consiglio 
e  per  istanza  di  Sigismondo  imperatore,  e  udito  ancora  il  parere 
de' Cardinal!,  si  contentava  e  voleva  che  il  Concilio  di  Basilea  s'in- 
lendesse  continuato  dal  suo  principio,  e  dovess'essere  conlinuato  per 
rispetto  alle  malerie  accennale.  Che  pero  rivocava  tutti  i  decreti  di 
scioglimento,  e  dichiarava  di  accettare  puramente  e  semplicemente 
c  con  affelto  di  carita  il  Concilio,  e  gli  prometteva  ogni  suo  favore. 
II  Concilio  dal  canto  suo  fosse  obbligalo,  di  ammettere  i  legati  pon- 
tificii alia  presidenza ,  e  prima  di  ogni  altra  cosa  annullare  tutti 
gli  atti  lesivi  dell'  autorita  pontificia,  o  emanati  contro  i  Cardinali  c 
qualsivoglia  persona,  che  avesse  favorita  la  causa  della  Santa  Sede. 

Ma  neppure  a  quest'  ampia  adesione  si  acquetai  ono ;  trovando  ca- 
gioni di  appiglio,  massimamente  sopra  quella  espressione  «  ci  con- 
tentiamo  »  ,  la  quale  a  lor  parere  indicava  piuttosto  una  tolleranza , 
che  una  sincera  approvazione  degli  antecedenti  del  Concilio.  E  per- 
cio  rifiutate  le  pontificie  concessioni ,  sarebbero  prorotti  nella  deci- 
materza  sessione  1  a  nuoyi  atti  contro  il  S.  Padre,  se  il  Duca  di  Ba- 

\ 

1  11  di  13  di  Settembre. 


698  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE 

viera,  che  tenea  le  veci  cleir  Imperatorc,  non  si  fosse  opposto,  vo~ 
lendo  che  si  aspettasse  il  ritorno  di  questo.  Ritorno  di  fatto  qualche 
mese  appresso  Sigismondo,  ed  intervenne  decorate  degli  abiti  e  del- 
le  insegne  imperial!  alia  decimaquarta  sessione  1.  Ma  non  ostante 
il  prestigio  della  imperiale  maesta  e  le  gravi  parole  che  pronunci6,  il 
meglio  che  gli  venne  fatto  di  ottenere  fu,  che  il  termine  de'  sessanta 
giorni,  iissati  al  Pontefice  per  la  comparsa  al  Concilio,  venisse  pro- 
rogato  a  novanta;  e  intanto  ei  prometteva  di  adoperarsi  a  tutto  potere 
a  fine  d'indurre  il  S.  Padre  ad  assentire  alia  formola  d'accordo,  che 
essi  stessi  proper  rebbero,  purche  tale  che  fosse  accettabile. 

La  formola  che  fu  proposla  da  essere  presentata  al  S.  Padre  c  sot- 
toscritta  da  lui,  si  contenea  ne'  seguenti  sensi:  «  Che,  essendo  surte 
gravi  dissensioni,  e  maggiori  temendosi,  per  la  dissoluzione  intima- 
ta  del  sacro  e  generale  Concilio  di  Basilea,  legittimamente  adunato 
per  la  estirpazione  dell'eresie,  per  la  generale  riformazione  della 
Chiesa  nel  Capo  e  nelle  membra,  e  per  altre  cose  relative  alle  stesse 
materie;  il  S.  Padre,  avendo  sommamente  a  cuore,  che  le  predette 
sante  opere  sortissero  il  desiderate  effetto ,  decretava  che  il  mento- 
vato  generale  Concilio  di  Basilea  dal  tempo  del  suo  cominciamenlo 
era  stato  legittimamente  continuato,  che  lo  era  tuttavia,  e  dovesse 
aver  seguito,  pe'  fini  sopraddelti  ed  altre  cose  relative  ad  essi,  non 
altrimenti  che  se  nessun  decreto  di  dissoluziene  fosse  stato  interposto. 
Anzi  che  il  S.  Padre,  dichiarando  irrita  e  nulla  la  sopraddetta  dis- 
soluzione, accettava  lo  stesso  sacro  Concilio  di  Basilea  puramente, 
semplicemente  ed  in  effetto,  e  con  ogni  devozione  lo  favoriva  ed  in- 
tendeva  favorirlo.  »  Seguita  la  forma  della  rivocazione  de' process!, 
delle  censure,  delle  sospensioni,  delle  privazioni  contro  i  membri 
del  Concilio  e  suoi  aderenti,  e  di  lulti  gli  atti  emanati  in  pregiudizio, 
lesione  e  derogazione  degli  stessi.  In  particolare  si  prescriveva  1'an- 
nullazione  delle  bolle,  Inscrutabilis  ed  In  arcano,  emanate  negli 
ultimi  mesi  contro  il  Concilio  ,  ed  anche  di  una  terza  apocrifa  Dens 
novit;  esigendosi  per  cautela  che  venissero  inserite  verbo  a  verbo 
nel  nuovo  Atto.  Termina  il  documento  colla  dichiarazione  o  promes- 
sa,  che  imponeasi  al  S.  Padre,  di  stare  al  giudizio  del  Concilio  per 

0 

1  II  dl  3  di  Novembre. 


INTORNO  ALL  A  INFALLIBILITA  DE*  PAPI  099 

quel  che  concerncva  il  valore  della  fattagli  citazione  e  della  sua 
difesa  *. 

Grandissiraa  sin  qui  era  stata  la  condiscendenza  del  S.  Padre;  e 
chi  esamina  i  molteplici  document!,  nel  tempo  delle  accennate  con- 
tese,  o  sia  di  pubblici  atti,  o  sia  di  private  lettere  dirette  a  principi 
e  cospicui  personaggi,  specialmente  a  Francesco  Foscari  duca  di 
Venezia;  vedra  facilmente  quanto  fosse  il  suo  desiderio  di  ristabilire 
nella  Chiesa  la  concordia,  anche  a  costo  di  grandi  sagrifizii,  purche 
non  fossero  della  coscienza  e  dell'onore  di  Dio.'Or  egli  era  combattu- 
to  fra  due  contrarii  partiti:  o  accelterebbe  la  formola;  e  questo,  oltre 
che  tornava  a  grandc  umiliazione  della  S.  Sede,  darebbe  appiglio  ai 
nemici  di  essa  di  dedurne  conseguenze  in  pregiudizio  de'  diritti,  di- 
vinamente  conferiti  al  Pontificato  romano :  o  esso  non  accetterebbe; 
e  il  pericolo  di  uno  scisma,  forse  piu  funesto  dell'  estinto  poc'  anzi, 
era  imminenle. 

Di  fatto  1'ostinazione  e  pervicacia  de'  Basileesi  si  dimostrava  ogni 
di  maggiore:  con  essi  stavano  quasi  tutti  i  principi,  alcuni  per  inte- 
ressi  di  parte  contro  la  S.  Sede,  e  i  piu,  come  poco  intendenti  delle 
ragioni  ecclesiastiche,  per  la  opinione  concepita,  che  la  importuna 
resistenza  del  Pontefice  impediva  i  sommi  \antaggi,  si  religiosi, 
si  pubblici,  che  il  mondo  intero  si  aspettava  dal  Concilio.  Dall'altro 
canto  Eugenio  si  trovava  attorniato  da  nemici  esterni ,  che  da  ogni 
lato  lo  combatlevano,  principale  do/  quali  era  il  Duca  di  Milano;  ed 
inoltrc  oppugnato  fieramente,  nella  sua  stessa  capitale,  dalla  fazione 
de'  Colonnesi.  Di  fatto  in  quest'  anno  medesimo  ei  si  trovo  ridolto  a 
dover  fuggire  di  celato  in  Firenze,  per  non  esser  sorpreso  e  tradotto 
\  iolentemente  al  Concilio ,  com'  era  minacciato  :  e  nella  detta  citt& 
ebbe  quasi  miracolosamente  a  campare  da  un  somigliante  pericolo, 
per  le  insidie  che  gli  furono  tese  da  alcuni  fautori  del  Duca  di  Milano. 

Adunque  il  S.  Padre,  messo  dal  Concilio  a  strette  cosi  crudeli  e 
in  cosi  fatte  condizioni  di  tempi,  credette,  secondo  anche  il  censi- 
glio  de'  Cardinali,  di  poter  accettare  in  buona  coscienza  la  formola 
che  gli  era  proposta,  unico  mezzo  di  soffogare  lo  scisma  in  sul  pri- 
mo  suo  nascerc. 


cominc 


1  Abbiamo  tradotto  letteralmente  le  parti  sostanziali  di  questa  formola,  che 
cia:  Dudum  sacrum  generate  Concilium,  etc. 


700  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIY.  DI  FIRENZE 

L'Atto  del  Pontefice  fu  letto  nella  decimasesla  sessione  1 ,  ed  ac- 
colto,  a  parole,  assai  favorevolmente  dall' assemblea.  Diciamo  a  pa- 
role ;  poiche  non  tardo  guari  e  le  ostilita  contro  il  Papa  ricomincia- 
rono  come  prima :  in  tanto  che  i  legati ,  la  cui  autorita  nella  XVII 
sessione  2  fu  ridotta  alia  sola  presidenza  di  onore,  a  fine  di  prote- 
stare  piu  energicamente  ,  per  alquante  di  quelle  riunioni  si  astenne- 
ro  d'intervenire. 

Ma  noi  non  verremo  narrando  gli  altri  atti  di  temerita,  die  quin- 
di  appresso  dopo  la  ristorazione  del  Concilio  si  succedettero  senza 
inter rompimenlo  ;  poiche  non  toccano  direttamente  la  nostra  quistio- 
ne.  Noteremo  soltanto  che  gli  stessi  eccessi,  a  cui  era  condotta  la 
moltitudine  dalla  pervicacia  e  prepotenza  del  partito  avverso  alia 
S.  Sede,  fecero  rinsayire  i  piu :  di  guisa  che,  come  attesta  Eugenio 
in  una  sua  lunga  apologia  falta  pubblicare  nell'anno  1435,  1&  doye 
col  ristaurarsi  del  Concilio,  i  Vcscovi  che  \i  convennero  toccavano  i 
150,  dopo  appena  un  anno  o  poc'  oltre  non  vi  si  contayano  piu  di 
25.  Finalmente  nel  1437  la  miglior  parte  di  quelle  reliquie  di  Con* 
cilio  convenne  col  S.  Padre  di  trasferirsi  in  Ferrara,  per  dare  agio 
ai  Greci  d'  intervening :  e  cosi  fu  falto.  Se  non  che  gittatasi  in  quella 
citta  una  fiera  pestilenza ;  il  Sinodo  nel  seguente  anno  si  tramulo  in 
Firenze;  e  quivi  proseguito  per  circa  due  lustri,  da  ultimo  fu  con- 
chiuso  felicemenle  in  Roma.  Intanto  la  parte  piu  fecciosa  di  Basilea, 
quasi  tutta  del  minor  clero ,  rimase  li  a  continuare  ostinatamente  lo 
scisma,  che  ebbe  suo  coronamento  colla  elezione  in  an ti papa  di  Ame- 
deo  di  Savoia,  il  quale  prese  il  nome  di  Felice. 

Sopra  la  serie  di  questi  fatti  argomenta  il  Bossuet,  per  molti  capi- 
toli  del  libro  sesto  della  sua  Difesa,  a  fin  di  dedurne  la  conseguenza, 
che  la  superiorita  del  Concilio  generale  sopra  il  Papa  fu  nella  Chie- 
sa  esercitata  di  fatlo ,  e  riconosciuta  di  dritlo.  Donde  inferisce  nel- 
YAppendice,  che  avendo  S.  Antonino  dato  il  titolo  di  conciliabolo  al 
Sinodo  di  Basilea,  sol  da  quel  punto  che  fu  trasferito  in  Ferrara ; 
egli  riconosce  come  canonici  i  suoi  atti  antecedent!,  e  quindi  am- 
mette  il  fatto  e  il  dritto  della  detta  dottrina. 

1  A' 13  di  Gennaio  delTanno  1434. 
2Ildi28diAprile. 


INTORNO  ALLA  INFALLIBIL1TA  DE'  PAPI  701 

VIII. 

Confutazione  deyli  argomenti,  die  il  Bossuet  deduce  dal  Concilia 
di  Basilea.  Soluzione  delta  difficolta,  opposta  dal  citato  passo 
di  S.  Antonino. 

Prima  di  rispondere  all'  argoraento ,  rica\ralo  dalle  parole  di 
S.  Antonino,  ci  conviene,  come  abbiamo  promesso,  esaminare  quel- 
li,  pe'  quali  il  Bossuet  crede  poter  inferire  dagli  Alt!  di  Basilea,  non 
sappiamo  se  come  domma  di  fede  cattolica,  ma  certo  come  verita 
teologica,  la  superiorita  de'  concilii  generali  sopra  il  Papa.  Ed  ecco 
il  processo  della  sua  dimostrazione. 

La  prima  cosa  che  fa,  nell'  entrare  in  questo  arringo,  e  di  met- 
tere  in  sodo  che  il  Concilio,  sino  da'  suoi  principii,  non  solo  de- 
fmi  la  sua  superiorita  e  quella  di  tutti  i  concilii  generali  sopra  il 
Pontefice ;  ma  diportossi  come  superiore  per  tutto  il  tempo  che  fu 
continualo.  Non  possiamo  negare  che  la  sua  dimostrazione  per  que- 
sto capo  concluda:  diremo  anzi  che  il  Bossuet,  per  la  soverchia  fi- 
ducia  che  aveva  nella  tesi,  se  la  passa  troppo  leggermente  sopra  le 
sue  pruove,  omeltendo  le  piu  rilevanti  circostanze ,  con  che  avria 
potuto  mettcrla  in  maggior  evidenza.  Ma  a  questo  supplisce  col  tac- 
ciare  che  fa,  sebbene  colle  altrui  parole,  le  intenzioni  di  quel  piissi- 
mo  Papa  che  fu  Eugenio,  quasi  anteponesse  i  meschini  inleressi  del- 
T  amor  proprio  ai  vantaggi  della  Chiesa ;  e  dall'altra  parte  coll'esal- 
tare  lo  zelo,  la  prudenza  e  pur  anco  la  moderazione  de'prelati  di  Basi- 
lea, come  se  avessero  operate  da  eroi  nel  far  resistenza  al  Pontefice. 

Se  non  che  il  fatto  per  se  non  pruova  il  dritto.  E  nel  casopresente 
il  fatto  della  superiorita,  voluta  esercitare  dai  prelati  di  Basilea  so- 
pra il  Papa,  dimostrera  usurpazione,  violenza,  sacrilegio  e  spirito 
scismatico,  se  esso  fu  scompagnato  dal  drilto.  Laonde  il  Bossuet  fa 
ogni  sforzo,  con  nove  capitoli  e  piu,  di  far  costarc  questo  drilto;  e  cio 
per  la  slessa  autorita  del  Pontefice  Eugenio.  A  noi  e  impossibile 
metterci  a  discutere  i  singoli  argomenti ,  da  lui  ampiamente  svolti 
per  si  lungo  tratto;  a  che  sarebbe  uopo  di  un  libro.  Ma  neppure  e 
necessario.  Tutti  cotesti  suoi  argomenti  si  tengono  sopra  un  comune 
fondamento,  che  e  la  formola  Dudwn  sacrum,  imposta  dal  Concilio^e 


702  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE 

mandata  al  S.  Padre,  clie  dovesse  inserirla  verbalmenle  nella  sua 
Bolla/  Ma  noi  mostreremo  ad  evidenza,  eke  da  questo  documento 
non  seguita  nessun  vantaggio  alia  sentenza  del  Bossuet ;  e  con  cio 
solo  sara  risposlo  con  sufficienza  a  lulte  le  argomentazioni ,  che  vi 
fa  sopra  ,  senza  che  sia  bisogno  d'  infastidire  i  leltori  colla  confuta- 
zione  del  singoli  sofismi. 

Ecco  intanto  il  fondamento  di  lutti  gli  argomenti  del  Bossuet.  Le 
cose,  egli  dice,  che  furono  dal  Concilio  proposte  al  Papa  colla  formo- 
la  Dudmn  sacrum,  e  che  il  Papa  accetto  apponendovi  la  sua  firma,  si 
riducono  ai  cinque  capi  seguenti.  1.°  Che  il  Concilio  dal  suo  eomin- 
ciamento  avesse  avuto  ed  avesse  continuazione.  2.°  Che  la  dissolu- 
zione  promulgata  per  Eugenio  fosse  stata  di  niun  valore.  3.°  Che  si- 
milmente  niun  valore  avessero  avuto  e  dovessero  avere  le  tre  Bolle, 
Inscntiabilis,  In  arcano  e  Deus  nomt,  edite  conlro  il  Concilio.  4.° 
Che  ugualmente  nullo  si  dichiarasse  qualunque  atto  pontificio  sia  con- 
tro  i'membri  del  Concilio,  sia  contro  i  fautori.  5.°  Che  il  Pontefice 
dovesse  stare  al  giudizio  del  Sinodo,  se  la  sua  citazione  e  difesa  fosse 
stata  legiltima.  Ma  questi  punti  sono  la  piu  evidente  dimostrazione 
della  superioriia  del  Concilio  generale  sopra  il  Papa  anche  certo,  co- 
rn' era  Eugenio  :  Adunque,  egli  conchiude,  e  cosa  indubitata  che  1'au- 
torita  del  Concilio  ecumenico  sapra  il  Papa  anche  certo,  fu  non  solo 
dichiarata  ma  anche  messa  in  pratica  dal  Sinodo;  e  che  il  Papa  stes- 
so  la  riconobbe  per  mezzo  di  un  diploma,  di  cui  non  puo  darsi  il  piu 
solenne,  perche  promulgate  nello  stesso  Sinodo  ecumenico,  e  confer- 
mato  dalla  sentenza  di  questo. 

Prima  d'  ogni  altra  cosa  osserviamo,  che  il  punto  principale  del 
Bossuet  e  di  provare,  che  quei  decreti  del  Concilio,  co'  quali  fu  de- 
finita  la  superiorita  de'  sinodi  generali  sopra  il  Papa,  avessero  valore 
per  la  confermazione  pontificia.  Ma  una  tale  confermazione  non  ri- 
sulta  per  nulla  dalla  detta  Bolla.  II  che  si  pruova,  in  primo  luogo, 
per  lo  stesso  tenore  della  Bolla;  giacche  in  essa  non  si  fa  motto  dei 
decreti;  ma  solo  si  consenle  a  dire,  che  il  Concilio  legittimamente 
incominciato,  si  dovesse  intendere  aver  avuto  seguito  sino  a  quel 
punto.  II  che  non  equivale  a  confermarne  gli  atti;  giacche  in  tal  ca- 
so  ogni  concilio  generale,  per  cio  solo  che  riconosciuto  legittimo  dal 
Pontefice ,  non  avrebbe  altro  bisogno  perche  i  suoi  decreti  s'  inten- 


INTORNO  ALLA  INFALLIBILITA  DE'  PAPI  703 

dessero  confermati  da  questo.  Anzi  sc  negli  altri  concilii,  i  decreti 
emanati  dai  Padi  i ,  anche  solto  la  presidenza  e  col  suffragio  del  le- 
gati  pontificii,  hanno  bisogno,  per  aver  valore,  della  confermazione 
del  Ponlefice;  molto  piu  ne  aveano  necessita  quei  decreti  basilcesi,  i 
quali  furono  emanati  non  pure  senza  1'  intervento  dei  legati,  ma  dopo 
che  il  Papa  avea  intimata  la  dissoluzione  di  quell'  adunanza.  In  se- 
condo  luogo  si  prova  coll'  autorita  dello  stesso  Concilio  di  Basilca. 
Perciocche  ,  come  attesta  il  Cardinale  Torrecremata ,  testimonio  di 
presenza,  quei  Padri,  dopo  ottemita  la  Bolla  di  cui  trattiamo,  benche 
s'  adoprassero  coi  loro  orator!  e  per  via  di  calde  supplicazioni ,  di 
ottenere  da  Eugenio  1'  appro vazione  e  confermazione  dei  lor  docreti, 
non  1'ebbero  mai:  Numquam  tamen  talem  approbationem  aut  con- 
firmationem  habere  potuerunt  1.  Erano  dunque  persuasi  che  nella 
Bolla  Dudum  non  conteneasi  una  tale  confermazione.  In  terzo  luogo 
si  prova  coll'  autorita  del  medesimo  Eugenio ;  poiche  come  attesta 
il  mentovato  Torrecremata,  in  una  pubblica  disputa  sopra  certe  tesi, 
che  esso  in  minore  fortuna  difendeva  in  Firenze,  essendo  presente  il 
Papa  e  molti  Cardinali  e  prelati,  il  Cardinal  Cesarini,  facendo  le  par- 
ti di  arguente ,  gli  allego  contro  il  Diploma  Dudum  sacrum  di  Eu- 
genio. A  questo  prese  la  parola  lo  stesso  Eugenio,  e  dichiaro  pub- 
blicamente,  che  esso  con  quella  Bolla  avea  si  bene  approvato  il  pro- 
cedimento  del  Concilio,  volendo  che  proseguisse,  come  avea  comin- 
ciato;  ma  che  non  ne  avea  menomamente  approvati  i  decreti.  Nos 
quidem  bene  (furono  le  testuali  parole  del  S.  Padre)  progressum  Con- 
cilii adprohavimus,  volentes  ut  procederet,  sicut  inceperat;  non  ta- 
men adprobavimus  ems  decreta. 

Non  puo  dunque  farsi  quistione,  per  rispetto  a  quei  decreto  ba- 
sileese ,  di  niuna  conferma  pontificia ,  per  la  quale  soltanto  possono 
acquistare  valore  defmitivo  i  decreti  de'  concilii,  com'  e  forza  che 
concedano  gli  stcssi  gallicani  se  vogliono  esser  cattolici.  E  pero  e 
falso  cio  che  tante  volte  il  Bossuet  si  argomenta  d'inferire  per  1'ac- 
cennata  Bolla;  vale  a  dire,  che  la  superiorita  del  Concilio  sopra  il 
Papa  e  una  verita  appartenente  alia  fede,  ed  anzi,  se  piace  a  Dio, 
un  domma  di  fede  catlolica. 

1  Card.  BE  TURRECRENATA  Sum,  de  Eccl.  lib.  II,  c.  100. 


704  LA  BOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE 

La  quistione  che  puo  farsi  sul  proposito  di  qaella  Bolla  riguar- 
da  da  prima  il  riconoscimenlo  del  Concilio  per  quel  tempo  che 
era  stato  annullato,  dichiarandosi  per  quest' effetto  di  niun  valore 
le  Bolle  che  1'annullavano :  ed  in  secondo  luogo  la  promessa  che 
da  il  Pontefice  stesso  di  stare  alia  sentenza  del  Concilio  quanto  al 
valore  della  citazione  che  gli  fu  fatta,  e  della  sua  difesa. 

Ma  fu  libera  la  Bolla  Dudum ,  che  il  Papa  fu  obbligato  di  sotlo- 
scrivere?  Basta  di  porre  mente  a  tutte  le  circostanze,  si  antecedent! 
come  concomitanti,  per  esser  convinto  che  ben  altri  erano  gl'inten- 
dimenti  del  Papa,  e  che  se  pose  la  sua  lirma  a  pie  di  quelle  pagine, 
lo  fece  costrettovi  da  massima  violenza  morale.  Per  cio  che  spetta 
agli  anlecedenti,  si  dia  uno  sguardo  a  tutti  gli  atti,  che  esso  die  fuori 
liberamente,  per  intendere  quali  fossero  i  suoi  veri  sentimenti  Che 
se  mai  per  nuove  cagioni  avesse  mutato  parere  quanto  al  trasferi- 
mento  del  Concilio  dalla  citta  di  Basilea  in  altra  qualunque ;  avreb* 
be  mai  di  proprio  senno  sancito,  che  durante  il  tempo  dell'annulla- 
zione,  il  Concilio  continuato  contro  le  sue  decretazioni  fosse  stato 
legittimamente  proseguilo?  E  pognamo  che  si  fosse  accorto,  che  le 
cagioni  per  le  quali  lo  avea  disciolto,  erano  cagioni  apprese  ma  non 
vere ;  non  bastava  la  sua  ferma  volonta,  tante  volte  manifestata,  di 
non  volere  la  continuazione  del  Concilio,  tingiamo  anche  per  cagioni 
insussistenti,  perche  il  Concilio  cosi  continuato  contro  i  suoi  voleri 
fosse  illegittimo?  E  se  mancarono  altre  giuste  cagioni,  non  erano 
sufficientissimi  per  volerlo  giustamente  disperse  i  temerarii  atti,  ten- 
tati  contro  di  lui?  E  mancando  eziandio  questi,  non  era  bastante,  a 
far  che  il  Concilio  fosse  nullo,  1'  esser  celebrato  senza  i  legati  ponti- 
ficii?  Adunque  per  questi  fatti  antecedent!  e  impossibile  che  il  Pon- 
tefice ,  di  proprio  moto  e  liberamente  ,  volesse  sentenziare  che  il 
Concilio  fosse  stato  legittimamente  continuato  ,  e  i  suoi  editti ,  che 
dichiaravanlo  sciolto,  non  avessero  avuto  valore. 

Ma  piu  direttamente  si  fa  chiara  la  stessa  verita  per  le  circostan- 
ze concomitanti.  In  quali  condizioni  il  S.  Padre  accett6  e  fece  sua 
la  Bolla  Dudum,  fattagli  presentare  dai  Basilesi?  Quando  tutt'i 
principi,  quali  per  mai  animo,  e  quali  in  buona  fede,  si  erano  ac- 
costati  al  Concilio,  e  i  piu  devoti  della  S.  Sede,  com' erano  Sigismon- 
do  imperatore,  gli  elettori,  il  Re  di  Francia,  il  duca  di  Baviera  e  lo 


INTORNO  ALLA  INFALLIBlLITA  Dfi'  PAPI  705 

stesso  ambasciatore  veneto,  il  quale  in  altri  tempi  s'era  mostrato  uno 
de'piu  caldi  difensori  del  S.  Padre,  gli  facevano  intendere  che  non 
ci  era  altro  modo  di  evitare  supremi  mali  nella  Chiesa ;  e  die,  dove 
fermasse  1'animo  a  tuttavia  resistere,  correa  pericolo  d'esser  abban- 
donato.  Quando  il  S.  Padre  era  circondato,  dentro  e  fuori  la  sua  me- 
tropoli,  da  nemici;  i  quali  o  in  aperta  guerra,  o  per  insidia,  avreb- 
bero  potuto,  come  pur  troppo  minacciavano,  mettergli  addosso  le 
sacrileghe  mani,  e  trascinarlo  come  reo  innanzi  al  Concilio.  Quando 
finalmente  i  convenuii  in  Basilea  si  mostravano  disposlissimi  di  ve- 
nire airultimo  eccesso  di  pronunziare  lui  decaduto  dalla  cattedra  di 
S.  Pietro,  e  d'insediarvi  un  antipapa.  Or  quali  funeste  conseguenze 
doveano  rappresentarsi  alia  mente  di  lui,  compiuto  che  fosse  un  tal 
atto,  il  quale  avrebbe  rinnovato  e  forse  superato  per  intensila  ed 
estensione  i  mali  cagionati  dallo  scisma,  che  solo  poc'  anni  addietro 
€  dopo  un  mezzo  secolo  s'  era  potuto  ammorzare? 

Pertanto  se  1'  apprensione  di  rnali  molto  minori  e  capace  di  far 
\iolenza  ad  animi  anche  forti;  non  sara  delta  violenza,  questa  che 
pati  il  S.  Padre,  non  gia  per  1' apprensione  ma  per  I'imminenza  di 
gravissime  sciagure,  e  che  non  pur  riguardavano  la  sua  persona  par-, 
iicolare,  ma  eran  volte  a  sterminio  della  Chiesa  e  rovina  eterna  di 
milioni  di  anime?  E  pero  se  la  violenza  morale ,  che  toglie  la  pie- 
nezza  della  liberta,  toglie,  siccome  e  noto  per  gli  elementi  del  drit- 
to  si  civile  si  ecclesiastico,  ogni  valore  giuridico  agli  atli  che  si 
compiono  sotto  la  sua  impressione ;  qual  valore  giuridico  puo  avere 
la  Bolla  Dudum,  imposta  colla  minaccia  di  estremi  mali ,  pubblici 
della  Chiesa  e  privati  del  Pontefice? 

A  quest' argomento,  il  quale  per  la  sua  evidenza  fu  subito  pro- 
do  tto  dagli  apologisti  della  S.  Sede  1  appena  venne  fuori  la  Bolla, 
il  Bossuet  soggiugne  la  seguente  risposta.  Egli  dice,  che  la  violen- 
za morale  toglie  si  veramente  il  valore  giuridico,  ma  solo  per  que- 
gli  atti  che  non  sono  obbligatorii ;  e  T  alto  che  fu  imposto  ad  Euge- 
nio  T  obbligava.  Ma  esso  non  vide  che  una  tale  risposta  suppone 
proprio  quella  cosa  che  e  in  quistione ,  e  cio  ch'  e  piu  la  suppone 


1  Vedi  TORRECREMATA  loc.  cit. 
Ser ie  VII,  vol.  IV,  fasc.  450.  45  11  Decembre 


706  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTO.MNO  ARCIY.  DI  FIRENZE 

come  universalmentc  indubitata.  Di  fatto  affermando  eke  Eugenic 
era  obbligato  di  obbedire  al  Concilio,  egli  nan  solo  suppone  che  il 
Concilio  e  superiore  al  Papa ;  che  e  il  punto  di  che  si  controverte  ; 
ma  suppone  inoitre  che  cosi  fatta  superiorita  sia  unrversalrnente  ri- 
-conosciuta;  essendo  questa  certezza  una  condizione  necessaria,  per- 
ehe  abbia  luogo  1'  obbligazione  di  cui  si  traita.  Ora ,  ecceltuala  la 
scuola  gallicana,  la  universalila  de'  doltori  insegna  il  contrario. 
Adunque  la  risposta  del  Bossuet  pecca  dall'  una  parte  per  petizione 
di  principio,  e  dair  altra  per  falso  supposto. 

Ma  non  per  questo  vorremmo  essere  ingiuriosi  alia  veneranda 
memoria  di  Eugenio,  argomentando  che  egli,  all'aspetto  de'  mali  an- 
che  gravissimi  che  soprastavano  a  lui  ed  alia  Chiesa,  si  fosse  in- 
dolto  ad  un'  opera  intrinsecamente  illecita,  come  sarebbe  stalo  men- 
tire  pubblicamente,  e  con  atto  cosi  solenne,  in  cosa  si  grave.  No: 
erano  a  tulti  note  le  circostanze,  sotto  1'impero  delle  quali  egli  sot- 
toscrissc;  e  ognuno  poteva  e  doveva  pigliar  la  norma  da  quelle 
stesse  circostanze  per  dare  il  giusto  valore  alle  sentenze  sotloscritte. 
E  certo  fra  i  punti  proposti,  ne  i'annullamento  delle  Bolle,  per  quel- 
la  parte  che  imponeva  la  dissoluzione  del  Concilio,  ne  1'  assoluzio- 
ne  dalle  censure  fulminate  contro  i  membri  del  Concilio  e  loro  fan- 
tori,  possono  ammetter  difiicolta,  benche  si  dia  tutto  ilvalore  die  si 
voglia  all'  atto  di  annullamento  e  diassoluzione.  Ouanto  poi  a  quei 
capi ,  che  sembravano  essere  contraddittorii  in  se  stessi  e  lesivi 
de'  diritti  della  S.  Sede;  le  terribili  strelte  a  cui  fu  messo  il  Pontefice, 
offerivano  quella  ragionevole  interpretetzione,  di  cui  le  parole  eran  ca- 
paci.  S'imponeva  che  il  S.  Padre  dichiarasse  che  il  Concilio,  benche 
sciolto  da  lui,  benche  senza  suoi  rappresentanti,  fosse  stato  legitti- 
mamente  continuato.  E  bene;  il  S.  Padre,  anche  tenendo,  come  cer- 
tamente  teneva,  che  il  Concilio  proseguito  contro  la  espressa  volon- 
ta  del  Papa  era  di  niun  valore;  potea  per  giuste  ragioni,  con  un  atto 
susseguente  legiUimare  gli  atti  preceduti,  supplendo  cosi  a  quell'au- 
torita  che  di  lor  natura  non  a\eano.  Ne  la  materia  facea  ostacolo  a 
cotesta  legittimazione ;"  poiche  i  capi,  seeondo  i  quali  gli  veniva  pro- 
posto  di  dichiarare  la  continuazione  del  Concilio,  erano  1'  estirpazio- 
ne  dell'  eresie  ,  la  riforma  de'  costumi  nella  Chiesa ,  i  mezzi  di  pro- 
curare  la  concordia  fra  i  priacipi  cristiani ,  ed  altre  cose  a  questo 


IKTOBNO  ALLA  1NFALLIBILITA  DE*  PAPI  707 

relative :  soggetti,  ne'  quali  il  Concilio  non  aveva  fallato.  Cio  posto 
la  interpretazione,  che  naturalmente  poteano  avere  in  quelle  circo- 
stanze  le  parole  del  Papa,  era  chc  esso,  legiltimando  gli  atti  del 
Concilio  per  rispetto  ai  capi  predetti,  veniva  sotto  un  tale  riguardo 
acollocarlo  nella  stessa  condizione,  che  se  fosse  stato  legittimamen- 
te  continuato. 

La  quale  interpretazione  ammettevano  implicitamente  ,  benche 
senz'avvedersene,  gli  stessi  Basileesi.  Perciocche  se  essi  addiman- 
darono  con  tanle  istanze,  e  pretesero  finalmente  con  si  aperta  vio- 
lenza  quella  dichiarazione  del  Papa;  cio  fu  segno  che  credevano 
necessaria  i'unione  del  Papa  col  Concilio,  acciocche  gli  atti  di  questo 
avesser  valore.  Ma  qualsivoglia  dichiarazione  pontificia  non  avreb- 
be  giammai  potuto  fare,  che  nel  passato  ci  fosse  stata' quella  unione 
che  in  realta  non  vi  fu :  solo  era  possibile,  che  la  pontificia  autorita 
supplisse  a  cotesto  difetto,  avvalorando  i  preteriti  alti,  non  altdmen- 
ti  che  se  fossero  stati  compiuti  colia  debita  unione  del  Concilio  col 
Capo  della  Chiesa.  Quest'  ultimo  senso  era  dunque  il  solo,  che  la 
domanda  de'  Basileesi  polesse  avere  senza  contraddizione ;  e  un  tal 
senso  per  conseguente  poteva  e  dovea  unicaniente  esser  inteso  nella 
dichiarazione  che  il  S.  Padre  concedette. 

Finalmenle,  quanto  all'  ultimo  capo,  che  il  Pontefice  Eugenic  si 
limelteva  a  cio  che  il  ConciUo  sentenzierebbe  intorno  al  valore  del- 
la  citazione  a  lui  fatta  e  della  sua  difesa ;  la  risposta  e  anche  piu  fa- 
cile. Egli  potea  benissimo  riconoscersi  superiore  al  Concilio  (e  niu- 
no  puo  dubitare  che  tale  non  si  credesse ) ,  e  intanto  per  impedire  i 
supremi  mali  intentati  alia  Chiesa,  rimettersi  al  giudizio  de'  suoi  m- 
feriori.  In  questo  non  era  ne  falsita  ne  contraddizione. 

Dalle  cose  sin  qui  ragionate  conseguita  chiaramente,  che  la  Bolla 
Dudum  sacrum,  per  qualunque  verso  si  consider*,  non  sancisce  per 
nulla  la  senlenza  gallicana  della  superior ita  del  Concilio  sopra  il 
Papa;  e  interpretata  nel  solo  senso,  di  cui  e  capace,  non  contiene 
nessuna  concessione  ingiuriosa  alia  S.  Sede.  Gli  argomenti  adun- 
que,  che  per  uove  capitoli  vi  fabbrica  sopra  il  Bossuet,  cadono  da 
se  stessi  per  manco  di  fondamento. 

Per  contrario  noi  ai  sofismi  ed  alle  conseguenze  del  Bossuet  op- 
porremo  alcune  nostre  semplici  osservazioni;  le  quali ,  a  vero  direr 


708  LA  DOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  4RCIV.  DI  FIRENZE 

sono  il  frutto  che  abbiamo  inteso  colla  presente  discussione ,  per  se 
non  necessaria,  come  abbiamo  sin  da  principle  avvertito,  per  rispon- 
dere  con  sufficienza  all' argomento  dedotto  da  S.  Antonino. 

/a  Osservazione.  II  Bossuet  qualifica  sempre  come  ecumenico  il 
Concilio  di  Basilea,  anche  pel  tempo  che  da  Eugenio  fu  dichiarato 
sciollo,  e  prima  che  venisse  rinvalidato  dallo  stesso  Eugenio  colla 
Bolla  Dudum  sacrum.  II  che  viene  a  dire,  che  secondo  la  sentenza 
gallicana,  fedelmente  esposta  dal  Bossuet,  un  Goncilio  generale, 
purche  legittimamente  convocato,  se  avvenga  che  si  separi  dal  Pa- 
pa, potra  cio  non  ostante  conservare  il  suo  essere  di  ecumenico,  e, 
benche  senza  il  Capo,  rappresentare  adequatamente  il  corpomistico 
della  Chiesa  insegnante. 

IP  Osservazione.  II  Concilio  di  Basilea  e  tenuto  allo  stesso  modo 
per  ecumenico,  dopoche,  avvenuta  la  reintegrazione,  si  separo  di 
nuoyo  dal  Pontefice,  non  volendo  ammettere  i  legati  coll'  autorita 
che  lor  competeva,  e  fu  per  questo  ed  altri  dissidii  colla  S.  Sede 
abbandonato  dalla  maggior  parte  de'vescovi,  che  da  150 ,  come  te- 
ste  ricordavamo,  si  ridussero  a  25.  II  che  viene  a  dire  che  25  ve- 
scovi ,  separati  dal  Papa ,  possono  far  leggi  che  obblighino  tulti  i 
fedeli  ed  anche  il  Papa. 

///a  Osservazione.  II  Bossuet  purga  dalla  taccia  non  solo  di  rea 
doUrina ,  ma  anche  di  scisma  quell'  assemblea ,  ostinatasi  a  prose- 
guire  le  session!  pur  dopo  che  pe'  voti  della  parte  piu  eletta  fra 
loro  e  per  la  Bolla  ponlilicia ,  il  Concilio  fu  trasferito  in  Ferrara. 
Bond'  e  lecito  inferire,  che  esso  riconosce,  almeno  implicitamente, 
come  canonica  la  deposizione  di  Eugenio,  e  la  elezione  di  Ame- 
deo  in  luogo  di  quello.  E  cio  logicamente :  perciocche  era  stato 
sancito  nella  undecima  sessione,  che  non  potesse  il  Concilio  esse- 
re dal  sommo  Pontefice  trasferito,  e  molto  meno  sciollo,  se  il  par- 
tito  non  fosse  approvato  almeno  da  due  terze  parti  de'  voti.  Ora  le 
due  terze  parti  non  s'  ebbero ;  perche  il  clero  minore  che  costituiva 
la  maggioranza  si  oppose.  Adunque  secondo  la  sentenza  gallicana 
(almeno  stando  alia  logica;  come  par  che  ci  stieno  il  Bossuet  e  Na- 
tale  Alessandro  1),  il  Concilio  di  Basilea  seguito  ad  esser  legitlimo 

1  Rechiamo  per  saggio  degli  ardiri  del  Bossuet  soltanto  T  ultima  sentenza 
del  capitolo,  destinato  a  difendere  i  Basileesi  e  lo  stesso  antipapa  per  tutto  il 


INTORNO  ALLA  INFALLIBIL1TA  DE*  PAPI  709 

ed  ecumenico :  e  se  fu  questo;  I'altro  di  Ferrara,  tramutatosi  poscia 
in  Fircnzc,  non  pole  esser  altro  eke  conciliabolo. 

7Ya  Osservazione.  Coteslo  scisrna  di  Basilea  sarebbe  stato  moral- 
mente  impossibile,  sc  a  quel  tempo  si  fosse  trovata  defmita,  come 
domma  di  fede ,  la  infallibility  personate  del  Romano  Pontefice  e  la 
sua  suprema  autorita  sopra  i  concilii  anche  generali.  Per  fermo, 
tanto  i  principi  che  favorirono  il  Concilio  contro  il  Papa ,  quanto  , 
diremo  ancora,  la  maggior  parte  dei  Padri,  general  mente  parlando, 
erano  animati  da  buone  intenzioni.  E  pero  se  vennero  agli  eccessi, 
che  le  storie  ci  ricordano  ,  fu  perche  applicarono  indebitamente  al 
caso  di  im  Pontefice  certo  i  decreti  di  Costanza,  emanati  per  la  con- 
tingenza  di  Pontefici  dubbii ;  avvegnache  ne  que'  decreli  sieno  stati 
mai  approval! ,  ne  il  Concilio  di  Costanza  fosse  ecumenico  in  quel 
tempo  che  li  sanci.  Per  contrario  se  i  membri  piu  autorevoli  dcl- 
1'  adunanza  basileese,  e  poi  anche  i  principi  laid  a  mano  a  mano  se 
ne  staccarono,  aderendo  alia  intimazione  pontificia  di  un  nuovo  Con- 
cilio in  Ferrara ;  fu  perche  all'  aspetto  minaccioso  di  uno  scisma 
imminente,  rinunziarono  col  fatto  a  questa  dottrina.  Se  dunque  la 
contraria  dollrina  si  fosse  trovata  definita  di  fede ,  sarebbero  state 
senza  dubbio  respinte  sin  da  principio  e  la  delta  senlenza  e  le  sue 
conseguenze,  siccome  ereticali  e  scismatiche. 

Dopo  le  cose  riferite,  ogni  leltore  anche  inesperto  degli  sludii 
teologici  puo  far  la  risposta  all'  argomento  dedotto  da  S.  Antonino. 
Questo  santo  Dottore,  obbiettava  il  Bossuet,  non  da  al  Sinodo  basi- 

tempo  del  Siuodo  e  dopo.  Nulli,  egli  dice,  imputalus  error,  nulli  schimati- 
cm  animus,  omnes  bono  animo,  bona  fide  adversm  translationem  egisse  con* 
stabat  (lib.  VI,  cap.  XIV).  E  quesla  rettitudine  e  buona  fede  seguito  a  per- 
sistere  invitta  died  anni  e  piu,  ancbe  dopo  la  creazione  deU'antipapa,  contro 
le  scomunicbe  di  Eugenio  e  TSiccolo  V ,  e  contro  lo  stesso  giudizio  di  tulta  la 
Chiesa ,  che  teneali  per  scismatici.  Quanto  a  Natale  Alessandro  e  notabile  fra 
£li  altri  il  seguente  tratlo  a  riguardo  dell'  antipapa:  Tarn  religioswn  princi- 
pem  schismaticum  fuisse  qui  dixerit,  faJeatur  homines  in  schismate  sanctos 
esse  posse,  et  Deum  ad  eorum  inter cessionem  miracula  patr are  (Hist.  eccl. 
torn.  XVI11,  Diss.  VII,  art.  VII).  Ma  i  miracoli  di  Felice  hanno  la  stessaauteu- 
licila  di  quelli  cbe  il  Bossuet  attribuisce  al  Cardinale  arelatese,  principale  au- 
tore  dello  scisma,  dicendo  di  lui  cbe  obiit  clarus  miramlis  (loc.  cit.). 


~10  LA  BOTTRINA  DI  S.  ANTONINO  ARCIV.  DI  FIRENZE 

leese  la  qualifkazione  di  conciliabolo,  se  non  da  quel  tempo  che  si 
ostino  a  persislcre  in  Basilea,  dopo  che  Eugenio  lo  voile  trasfcrito  in 
Ferrara.  Da  do  inferisce,  che  S.  Anlonino  accetta  e  tiene  in  conto 
di  canonic!  tutti  gli  Atti  di  delto  Concilio  innanzi  che  fosse  tramuta- 
to.  Or  siccome  tra  questi  ha  principalissimo  luogo  il  decreto  ,  tanle 
Yolte  riconfermato ,  della  superiority  de'  Concilii  general!  sopra  il 
Papa;  eosi  conchiude  che  S.  Antonino  ammelte  una  tal  dotlrina,  co- 
vme  verita  defmita  canonicamente  e  conciliarmente.  Ma  questo  conse- 
guente  e  cento  raiglia  piu  lungo  e  cento  piu  largo  del  suo  anteceden- 
te.  Conciossiacche  tra  questi  due  termini:  che  un  concilio  non  sia  di- 
chiarato  notoriamente  conciliabolo;  e  quest' altro,  che  tutti  i  suoi  Atti 
abbiano  il  necessario  valore  canonico  per  obbligare,  vi  corre  infini- 
ta  distanza.  E  noi  abbiam  veduto,  sopra  la  fede  di  ccrtissimi  docu- 
menti,  che  conto  si  debba  fare,  cosi  di  questo  decrelo  del  Concilio 
basileese,  come  <di  molti  altri  di  simil  tenore  prima  che  diventasse 
notoriamente  scismatico. 

Del  resto,  perche  s'intenda  in  tutta  la  sua  pienezza  il  giudizio  del 
Santo  intorno  a  questa  radunanza,  anche  rispetto  ai  tempi  che  prece- 
dettero  lo  stato  dichiaratamente  scismatico ;  rechiamoci  a  consultarlo 
iii  quel  luogo,  dove  ne  discorre  posatamente  e  di  proposito.  Questo  si 
trova  nella  Somma  delle  storie,  al  titolo  XXII,  cap.  X,$.  IV;  e  noi 
lo  riporteremo  fedelmente  tradotto  in  ilaliano.  «  Avvertendo  Euge- 
nio (cosi  il  Santo),  secondo  che  gli  era  fedelmente  riferito  da  mol- 
ti, che  que'congregati  (di  Basilea)  non  attendevano  punto  alia  eslirpa- 
zione  dell' eresia  de' Boemi ,  ne  alia  riformazione  della  Chiesa;  pe' 
quali  fini  era  stato  ordinato  il  Concilio  :  ma  che  piuttosto  si  briga- 
vano  di  disformare  la  Chiesa  e  ordire  cospirazioni  contro  la  sua  per- 
sona, con  intendimento  di  deporlo  siccome  fautore  di  guerre  e  di- 
scordie,  dissipatore  de'  beni  della  Chiesa,  uomo  di  sangue,  e  scan- 
dalo  alia  Chiesa  ;  per  impedire  che  ne  seguisse  uno  scisma,  depu- 
to  alcuni  prelati  che  dovessero  recarsi  al  Concilio  in  qualita  di  suoi 
solenni  inviati.  Uno  di  questi  fu  TAbbate  di  Sicilia,  allora  vescovo 
di  Palermo ,  colui  che  fu  autore  di  tina  notevole  scrittura  sopra  le 
Decretali :  ed  esso  e  i  suoi  compagni  aveano  Tincarico  di  ammonire 
coloro,  che  desistessero  da'  loro  divisamenli,  convincendoli  con  ra- 


INTORNO  ALL  A  ISFALLIBILITA  DE*  PAPI  711 

gioni  a  non  voler  proseguire  V  opera  attentata.  Ma  ostinandosi  essi, 
il  Concilio  fu  sciclto  per  T  apostolica  autorita ,  ed  il  Legato  fu  da 
quclla  presidenza  rivocato.  Ouei  non  pertanto  si  turarono  gli  orec- 
chi  per  non  udire  la  voce  del  Signore  ;  e  divenuta  la  loro  congrega 
un  conciliabolo  senza  nessun  valore,  se  non  inquanto  sinagoga  di  Sa- 
tana ;  colla  sola  autorit£  della  lor  temeraria  presunzione  ,  comincia- 
rono  a  citare  Eugenio,  che  dovesse  comparire  innanzi  al  Concilio  : 
sollecitati  a  questo  dal  Duca  di  Milano,  che  mal  comportava  il  ponti- 
ficato  di  Eugenio,  perche  non  gli  era  fayorevole.  »  E  qui  narrato 
degli  sforzi  di  Sigismondo  per  dissuaderli  da  tanto  attentato;  della  in- 
tercessione  de'  Veneti  presso  il  Pontefice  per  ottenere  la  reintegrazio- 
ne  di  alcuni  Cardinal! ;  e  toccato  di  altri  fatti  che  al  nostro  scopo  non 
rilevano,  senza  punto  far  parola  della  Bolla  che  riabilitava  il  Conci- 
lio (poiche  in  effetto  rimase  morta  per  le  disorbitanze  di  questo),  in- 
tramette  un  breve  cenno  biografico,  niente  pero  onorevole,  di  Ame- 
deo  di  Savoia ;  e  conchiude  nella  seguente  maniera :  «  Pertanto  i 
congregati  di  Basilea,  fra  i  quali  erano  non  pochi  che  Eugenio  avea 
privati  o  sia  del  Vescovado,  o  sia  di  allre  dignita  per  le  loro  scel- 
leratezze;  dando  corso  alia  propria  temerita,  deposto  Eugenio  dal 
Pontificato,  si  elessero  in  idolo  il  predetto  Amedeo  duca  di  Savoia; 
il  quale  divenuto  apostata  denominarono  Felice.  »  Adunque  per 
S.  Anlonino  il  Concilio  di  Basilea  era  diventato  ccnciliabolo  fin  da' 
suoi  primi  dissidii  col  Pontefice,  e  tal  si  mantenne  insino  alia  fine  : 
altro  che  accettare  come  canonici  i  efecreti  da  lui  fatti ! 

Oualche  altra  difficoltli,  e  specialmunte  la  pra  grave  del  Bossuet, 
la  riserbiamo  per  Tultimo  artieolo ,  nel  quale  esamineremo  i  luoghi 
apocrifi  di  S.  Antonino,  e  il  brano  rimasto  inedito,  che  pubblicam- 
mo  nel  quaderno  precedente. 


R I V I  S  T  A 


BELLA 


STAMPA   ITALIANA 


fi.jfjsi  ftNMfc  MM  dtiaf)  j4*y,,.fc-  /M'tfiuK- 

Monografia  statistica,  economtca,  amministratwa  delta  provincia 
di  Forli  Yol  I  di  pag.  XII-340,  vol.  II  di  pag.  262,  vol.  Ill 
di  pag.  407.  Edizione  di  lusso  in  4.°  gr.  con  molteplici  tavole. 
Forli,  a  spese  provincial!,  tip.  Bordandini  e  Casali  1866-67. 

Quesli  tre  ponderosi  volumi  riccamente  stampati  e  ricchissima- 
mente  infarcili  di  minime  notiziette ,  sono  dovuti  all'  impulso  ed 
anco  ai  sudori  di  un  tal  Giuseppe  Cam  pi,  il  quale,  reggendo  come 
prefetto  del  Regno  d'  Italia  la  provincia  di  Forli,  penso  die  niiina 
opera,  a  spese  de'  suoi  governati,  potesse  immortalar  meglio  il  no- 
me  suo,  di  questa,  che  ridonderebbe  altresi  in  lustro  e  in  fama  clella 
provincia  da  se  amrninistrata.  Per  lo  che,  lasciatasene  dare  commis- 
sione  dal  Consiglio  provinciale,ed  assicuratosi  il  concorso  di  parecchi 
valenti  uomini  della  provincia  medesima,  si  affretto  di  porre  mano  al 
lavoro  e  di  condurlo,  con  grande  alacrita,  in  due  anni,  molto  pres- 
so  al  termine  stabilito;  poiche  delle  quattro  parti  che  dee  compren- 
dere,  gia  tre  sono  in  luce,  e  la  quarta  non  sembra  debba  indugiar 
troppo  ad  apparirvi,  comeche  il  Campi  sia  stato  tolto  a  Forli  e  spe- 
dito  al  governo  della  provincia  di  Bari. 

Quanto  al  pregio  materiale  della  nitidezza  e  nobilta  del  caratteri, 
della  speciosita  delle  mappe,  della  diligenza  e  disposizione  delle  ta- 


RIVISTA  BELLA  STAMPA  1TALIANA  713 

vole  e  simili,  non  puo  negarsi  die  c  notabile;  essendo  cotesta  una  di 
quelle  edizioni  di  lusso,  die  raramente  in  citta  di  provinciasi  soglio- 
no  fare,  e  die  mostra  1'arte  tipografica  essere  in  Forli  molto  piu  in- 
nanzi,  che  per  sorte  generalmente  non  si  sarebbe  creduto.  Del  che  ci 
rallegriamo,  siccome  di  cosa  onorifica  alle  Romagne,  tanto  calunnia- 
te  di  barbare  dagli  araici  e  dai  nemici  del  presente  ordine  politico 
dell' Italia.  II  qual  merito  di  arte  e  cosi  incontrastabile  ed  eviden- 
te,  che,  il  decorso  anno  1867,  fu  riconosciuto  persino  dai  giudici 
della  Esposizione  universale  di  Parigi,  i  quali  pero  decretarono  agli 
autori  di  questa  edizione  il  premio  di  non  sappiarao  quali  e  quante 
medaglie. 

Vero  e  che  1'  opera  ed  il  premio  parigino  pagaronsi  dalla  provin- 
cia  di  Forli  a  carissimo  prezzo,  attesoche  risulti  da  document!  an- 
tentici  die  flnora,  per  la  sua  Monogrtifia,  essa  ha  sborsate  ben  ven- 
timila  lire:  larghezza  della  quale  ci  vien  riferito  essersi  fatte  e^farsi 
tuttora  vive  lagnanze  dai  For  lives!  che,  nel  massimo  lor  numero, 
avrebbero  prcscello  un  uso  piu  modesto  e  piu  utile  del  comune  dena- 
ro.  Tanto  piu  che,  per  universale  opinione,  la  bonta  e  bellezza  in- 
trinseca  di  questa  grandiosa  raccolta,  non  corrisponde  niente  affatto 
alia  bonta  e  bellezza  materiale  dei  lipi,  del  sesto,  dell'  inchiostro  e 
della  carta. 

Di  tali  lagnanze  e  di  tale  opinione  si  ebbe  un  indizio  nel  seno 
pure  del  Consiglio  provincial,  sempre  cosi  «  unanime  »  nell'  ap- 
pro vare  nuovi  «  fondi  »  per  mandar  avanti  la  Nonografia.  Ed  effet- 
tivamente  leggiamo  negli  Atti  di  esso  Consiglio,  che,  nella  sessione 
dei  22  Novembre  1867,  il  signor  avvocato  cavaliere  PioTeodorani, 
consigliere  del  circondario  di  Cesena,  a  proposito  di  un  «  quarto 
fondo  »  che  si  dimandava  per  la  suddetta  opera,  dichiaro  «  di  non 
rammentare  se  fosse  partecipe  del  voto  che  valse  ad  ordire  cotesto 
poderoso  lavoro.  Se  fu,  disse  che  ne  proverebbe  rimorso.  Ne  gi^i 
pel  merito  che  la  Monografia  s'  abbia;  che  nol  giudica  e  neppure  ha 
tolto  in  esame:  ma  perche  pensa  che  il  dauaro  che  costa,  meglio 
poteva  darsi  alle  strade,  che  ora  ci  duole  condurre  si  lentamente  in- 
nanzi.  Al  certo,  per  piccola  provincia  come  questa  e,  deggiono  pa- 
rer  troppi  i  volumi  ed  il  sesto,  E  prenda  diletto  chi  vuolc  delle  ot- 


714  RIVISTA 

tcnute  medaglie  imperiali.  A  lui  cale  chiedere  se  sia  presto  la  fine,  o 
piuttosto  se  debbasi  aspettare  un  canone  perpetuo  1.  » 
i  Al  regio  Commissario  poi,  che  gravemente  si  scandalizzo  di  que- 
sto  linguaggio,  si  dissono  dalla  consueta  «  unanimita  »  in  tale  ma- 
teiia,  e  si  poco  ammirativo  del  premio  ottenuto  dalla  provincia,  il 
sopra  mentovato  signer  car.  Teodorani  venue  replicando,  che  «  egli 
non  avea  giudicata  la  Monografia.  Solo  voile  dolersi  della  forle  spe- 
sa :  la  quale  poteva  menomarsi ,  sceverando  non  piccola  parte  del- 
le  adunate  notizie,  buone  da  allogarsi  in  taluna  di  quelle  strenne  c 
di  quegli  almanacchi,  che  poi  non  sono  affalto  spregevoli,  e  che 
tanto  phi  speditamente  vanno  nelle  mani  di  tutti  2  »/. 

Ci  e  piaciuto  riportare  le  parole  di  questo  savio  consigliere,  per 
dueragioni.  Primieramente  perche  nianifestano  la  scontentezza  popo- 
lare,  che  il  frutlo  di  tanti  balzelli,  spremuti  col  sangue  della  pove- 
ra  gente,  si  sciupi  in  impresa  di  uno  sfarzo  disdicevole  alle  condi- 
zioni  della  provincia.  Secondariamente  perche  accennano  uno  del 
molti  grossi  difetli  dell' opera :  cioe  il  difetto  di  temperanza  e  di 
modo,  neiraccumulamento  e  nello  sminuzzamento  delle  cose  onde  va 
carica.  E  in  vero,  per  grazia  di  esempio,  chi  s  immaginerebbe  che 
i  compilatori  avrebbero  stimata  imperfetta  questa  Monoyrapa,  se 
non  recava  anche,  fra  le  altre,  la  peregrina  noiizia  che,  nella  pro- 
\7incia  di  Forli,  T  oncia  e  di  due  mezze  once,  e  la  mezz'  oncia  e  di 
due  quarti  d'  oncia  3  ?  Questa  in  verit&  e  erudizione  che  moverebbe 
a  riso,  avvegnache  lelta  in  una  strenna  od  in  un  almanacco.  Cosi 
dicasi  di  molte  altre. 

Se  non  che  questo  e  per  avventura  il  minore  dei  difetti  che  mac- 
chiano  il  bello  e  il  buono  di  tutta  I"  opera.  L'illustre  storico  rimine- 
se  sig.  cav.  Luigi  Tonini,  ha  gia  pubblicato  un  arguto  opuscolo  cri- 
tico  di  una  porzione  solamente  di  questa  Monografia;  cioe  di  quella 
«  che,  die'  egli,  riguarda  principalmente  la  storia  e  gl'mteressi  del- 

1  Atti  del  Consiglio  provinciale  di  Forli,  coavocazione  straordinaria  2i, 
27  Agosto  1867,  e  sessione  ordinaria  1867,  pag.  68.  Forli,  presso  L.  Bordan- 
dinil868. 

2  Ivi. 

3  Vol.  in,  pag.  340. 


DELLA  STAMPA  ITALIAN  A  715 

la  cilta  e  del  circondario  di  Rimini »  ;  c  la  sua  critica  non  ha  prcteso 
che  fosse  «  cosa  intera  e  compiuta,  ma  solo  di  quel  tanto  che  gli  e 
caduto  sott'occhio  scorrendo  »  quella  porzione  1.  Or  si  desidera 
sapere  ache  somma  salgano,  per  questa  unica  porzione,  gli  errori, 
gli  anacronismi,  le  omissioni,'gli  equivoci ,  le  falsita  ?  Ad  oltre  ses- 
santa.  E  il  Tonini  ne  tesse  diligente  catabgo,  e  ne  soggiunge'la 
emendazione,  con  una  esattezza  e  lucidila  che  debbono  avere  falto 
arrossire  il  prefetto  Campi  e  vari  de'  suoi  aiutatori.  Ma  se  tanti  sono 
gli  spropositi  per  nna  non  massima  porzione,  quanti  saranno  pel  re- 
sto  di  tutto  il  lavoro?  Chi  si  conosce  di  questa  specie  di  opere,  non 
ignora  di  qual  pregiudizio  sia  pel  loro  credito  un  anteeedente  cosi 
fatto,  e  come  basti  a  spogliarle  di  autorita. 

Potremmo  eziandio  fermarci  a  censurare  un  altro  difetto  genera- 
lissimo e  propriamente  sconcissimo  di  questa  Monografia,  ed  e 
quello  della  lingua  incolta  e  inforastierata,  e  dello  stile  tronfio  e  sca- 
pigliato  in  che  e  tutta  composta.  -~  Peccato;  abbiam  detto  piu  \olte 
fra  noi  e  noi,  syolgendone  i  magni  tomi;  peccato  che  tanta  barbaric 
sia  stampata  cosi  pomposamcnte,  e  col  pane  tolto  di  bocca  al  popolo- 
forlivese!  Ci  si  risponderaforse,  che  codesti  sono  difetti  di  semplicc 
forma,  e  quindi  appena  osservabili  in  opera  di  questa  natura.  Ma 
noi  ripiglieremo,  che  sono  anzi  osservabilissimi  e  biasimeyolissimi, 
trattandosi  di  scriltori  die  nelle  loro  pagine  non  esaltano  altro  che 
F  Italia,  la  rigcnerazione  d'  Italia,  la  nazionalita  d'  Italia,  e  buttano 
fuoco  e  fiamme  contro  gli  stranieri  contaminatori  delle  italiche  bel- 
lezze.  E  non  e,  a  dir  poco,  vergognoso,  che  uomini  tali  non  sap- 
piano  mngniticare  «  T  Italia  »  ed  anatematizzare  il  «  barbaro  »,  sc 
non  con  lingua  e  stile  da  veri  barbari  all'  Italia  yera? 

Per  altro  la  magagna  che  piu  scema  valore  alia  Monoyrafia, 
non  e  quella  degli  assaissimi  spropositi  della  specie  notata  dal  chia- 
ro  sig.  cav.  Tonini,  e  neppurc  quella  di  essere  scritta  in  idioma 
italogalloteutonico ;  ma  e  quella  di  essere  da  cima  a  fondo  un  libello, 
dettato  da  spirito  di  parte  iperbolico,  contro  il  Governo  pontificio, 

1  Di  questo  giudizioso  e  sapiente  opuscolo  facemmo  parola  nel  vol.  HI 
di  questa  nostra  Serie  a  pag.  352. 


716  RIVISTA 

a  cui  la  provineia  di  Forli  va  debilrice  di  quasi  tutto  il  pubblico 
bene  che  ancora  gode,  ed  in  glorificazione  del  Regno  d'  Italia,  eke 
alia  stessa  provineia  ha  portati  quasi  lulli  i  mali  pubblici  da  cui  e 
desolata. 

Noi  ottimamente  intendiamo,  che  un  prefetto  del  nuovo  Regno 
non  poleva  impiegare  le  sue  fatiche  e  le  migliaia  di  lire  de'suoi  am- 
xninislrati,  per  giuslificazione  ed  onore  del  Governo  della  Santa  Se- 
de :  anzi  intendiamo  altresi  che,  con  tali  spese,  dovesse  mirare  sopra 
tulto  ad  innalzare  il  nuovo  Regno  e  ad  abbassare  il  preceduto  Go- 
verno dei  Papi :  ma  non  intendiamo  per  nulla,  che  in  cio  fare  avesse 
da  mettere  da  banda  ogni  ombra  di  quel  pudore,  che,  anche  retlori- 
camenle  parlando,  sarebbegli  stato  di  buon  aiuto  al  line.  E  in  vero 
a  che  pro  nella  Monografia  statistica,  economica,  amministrativa  di 
una  provineia,  che  ha  da  essere  una  ponderata  e  fredda  esposizione 
di  falti,  di  cifre,  di  computi  e  di  ragguagli,  a  che  pro  tante  ampol- 
losita  di  encomii  idolatrici  alia  rivoluzione  italiana  del  1859-60,  ai 
suoi  aulori,  alle  sue  conseguenze?  A  che  tante  prostrazioni  servili 
e  tante  ridicole  incensate  ?  A  che  1'  uso  persino  del  carattere  maiu- 
scoletto,  quando  si  nomina  Yittorio  Emanuele,  Cavour,  Farini,  Ri- 
casoli,  Garibaldi  1?  Piu,  a  che  pro,  non  contento  il  Campi  di  intona- 
re  un  ditirambo  al  passato,  si  e  messo  a  can  tare  profeticamente  nel 
1865  «  il  di  in  cui  le  vittoriose  schiere  dei  soldati  italiani,  guidate 
alia  pugna  dal  Re  soldato,  squarcierauno  colla  punta  della  loro  ba- 
ionetta  le  tristi  gramaglie  di  cui  tuttora  si  ammanla  la  povera  Yene- 
zia  »  2?  Questa  prefezia  gli  deve  pur  essere  tornata  amara  la  mat- 
tina  dei  25  Giugno  1866,  quando  udi  il  bell'esito  delle  «  vittoriose 
schiere  guidate  dal  Re  soldato  »  alia  fazione  di  Custoza  !  E  chiaro 
adunque  che.  col  pretesto  della  Monografia  descriltiva  di  una  pro- 
vineia, si  e  voluto  canonizzare  la  rivoluzione,  e  al  tempo  stesso  fare 
ostentazione  di  una  spasimata  tenerezza  alia  nuova  Italia,  per  ispi- 
rito  settario  e  per  aver  litoli  a  setlarie  ricompense. 

Medesimamenle  com'  entravano  in  un  lavoro  di  questa  fatta  tante 
contumelie  e  tante  villane  ingiurie  al  Governo  pontificio?  Come  gli 


1  Vol.  Ill,  pag.  617.  -  2  Ivi  pag.  49. 


3ELLA  STAMPA  ITALIANA  717 

oltraggi  air  «  oligarchia  clericale  »  che  «  flagellava  le  popolazioni»? 
Come  ttnsulto  alia  «  casta  privilegiata  »,  cioe  al  clero,  paragonato  ai 
« turchi  in  Oriente  »  1?  Se  ravvocato  Campi,  per  usare  liberamente 
la  lingua  dci  trecconi  e  dei  beccai  contro  1'ordine  ecclesiastico,  si  di- 
menticava  che  cgli  e  chiamato  «  cavaliere  »;  si  sarebbe  dovuto  al- 
mcno  ricordare  del  ne  quid  nimis,  opportune  anche  nell'infamare  e 
viluperare  plebeamente  gli  avversi:  perocche  vi  ha  certe  calunnie  che 
recano  nella  lor  propria  enormita  la  mentita :  stanteche  spesso  scor- 
gesi  al  prim'occhio,  che  vincit  opinionem  sceleris  magnitudo.  E  per 
cio,  come  dall'eccesso  delle  adulazioni  fuori  di  luogo,  cosi  dall'ec- 
cesso  delle  villanie  affettate,  si  deduce,  che  la  presente  e  opera  tutta 
di  parte,  e  in  vero  studio  compilata  per  interesse  partigiano. 

Tuttavia  chi  sappia  leggerla  ed  interpretarla  con  buon  criterio, 
trovera  che  il  Campi  si  e  piantata,  come  dicono,  la  zappa  nel  piede, 
ed  ha  effettivamente  ordita  una  stupenda  apologia  alia  Santa  Sede, 
ed  al  suo  temporale  Governo. 

Sarebbe  Jroppo  lungonegozio  addimostrare  pei  singoli  capi,  come 
il  maggior  numero  dei  dati  statistici  e  delle  notizie  amministrative, 
poslo  ancora  che  gli  uni  e  le  altre  sieno  veraci,  conducano  a  sma- 
scherare  le  ipocrisie  della  rivoluzione,  ed  a  giustificare  il  reggimento 
dei  Papi  nella  provincia  di  Forli.  Ed  a^vertentemente  esprimiamo 
dubbio  circa  la  veracita  :  conciossiache  per  un  verso  Tignoranza  di 
parecchi  compilatori,  provata  con  piena  luce  dalle  censure  del  si- 
gnor  cav.  Tonini,  e  per  1'altro  la  loro  mala  fede,  chiarita  dalle  men- 
daci  lodi  ai  consorti  e  dalle  manifeste  calunnie  ai  contrarii,  conferi- 
scano  diritto  di  metterne  in  sospetto  la  qualita  di  veraci. 

Ci  ristringeremo  pertanto  ad  un  qualche  saggio  e  nulla  phi.  Pren- 
diamo,  verbigrazia,  la  popolazione.  Questa  nel  1805,  per  tutta  la 
provincia  di  Forli,  era  di  153,792  e  nel  1861  di  225,503  anime. 
Nel  corso  adunque  di  56  anni  1'aumento  e  stato  di  71,711 ,  pari  al 
0,83%  in  media  annuale  2.  Se  non  che,  eccetto  i  dieci  anni  che  la 
provincia  visse  soggetta  al  Regno  napoleonico  fino  al  1815,  e  i  due 
che  e  stata  sotto  il  dominio  del  Regno  piemontese  fino  al  1861,  gli 
altri  44  anni  e  rimasta  suddita  dei  Papi,  e  quindi  il  suo  crescimento 


1  Vol.  HI,  pag.  89.  —  2  Vol.  I,  pag.  570. 


718  RIVISTA 

maggiore  si  e  effclluato  durante  la  signoria  della  Santa  Sede :  tanto 
piu  che  questa  non  1'aggravo  inai  del  peso  della  coscrizione,  la  quale 
suole  essere  cttmpedimento  al  moltiplicarsi  delle  famiglie.  Ond'e 
die  il  benefizio  di  tali  aumenti,  significativi  per  ordinario  di  abbon- 
danza  e  di  prosperita,  e  da  meltersi  tutto  a  conlo  del  Governo  pon- 
tificio,  e  per  niente  a  quell o  del  Regno  d' Italia. 

Prendiamo  sirailmente  le  strade.  «  Un  paese  non  e  incivilito,  se 
non  in  proporzkme  dei  mezzi  di  comunicazione  che  vi  si  trovano  1 ». 
Con  questa  sentenza  del  Say  si  apre  il  capitolo  che  rende  conto  delle 
strade  nella  provincia.  La  loro  lunghezza  complessiva,  tra  nazionali, 
provincial!  e  comunali,  e  di  chilometri  1,016,286:  tale  cioe  che,  da 
una  tabella  statistica,  pubblicata  nel  1863,  lisulta  la  provincia  di 
Forli  essere  per  le  strade  in  «  condizioni  superior!  a  moltissime  al- 
tre  del  Regno,  e  poco  dissimili  dalle  toscane,  le  quali  (fatta  ecce- 
zione  della  Lombardia  e  del  compartimento  territoriale  Emilia-Urn- 
bria-Marche)  fioriscono  sopra  le  altre  per  estese  -vie  di  comunica- 
zione 2  ».  Ma,  soggiungiamo  noi,  queste  «  condizioni  superior!  » 
chi  le  ha  procurale  alia  provincia  di  Forli ,  non  che  al  «  compar- 
timento territoriale  Emilia-Umbria-Marche  » ?  Non  il  novello  Regno 
d'  Italia,  poiche  la  provincia  le  possedeva  prima  che  ei  nascesse. 
Dunque  gliele  ha  procurate  il  Governo  pontificio.  Dunque,  se  e  vera 
che  la  proporzione  della  civilta  di  un  paese  va  di  pari  passo  con 
1'  ampiezza  delle  sue  strade ;  e  certissimo  che  la  provincia  di  Forli 
ha  raggiunto  il  suo  alto  grado  di  «  civilta  »  sotto  i  Pontefici ,  ed  a 
questi,  non  punlo  al  Regno  d' Italia,  se  n'ha  da  chiamare  debitrice. 

Nella  parte  della  Monografia  che  parla  dei  diritti  politici  ed 
espone  il  movimento  elettorale,  troviamo  alquanti  cenni  che  uon  so- 
no  da  preterire.  Lasciamo  andare  i  preamboli,  gonfii  come  palloni, 
che  si  premettono  al  prospetti,  e  consideriamo  le  cifre.  Pel  celebre 
plebiscito  del  1860,  in  virtu  del  quale  si  aveva  ad  eleggere  in  re 
di  Romagna  il  re  di  Piemonte,  quanti  nella  provincia  di  Forli  si  af- 
ferma  essere  stati  i  votanti?  In  proporzione  degli  abitatori  furono- 
II  18,05-%,  compresivi  5880  militari  stranieri,  i  quali  tutti  na- 
turalmente  votarono  pel  re  di  Piemonte  3.  Eppure  quella  votazione 

1  Vol.  J,  pag.  103.  —  2  Ivi  pag.  106.  —  3  Vol.  ID,  pag.  1&  .\<j7 ^ 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  719 

precede  a  caso,  senza  sindacato,  senza  guarcntige  c  con  frodi  aper- 
te,  come  ne  fanno  fede  nelle  Romagne  tulti  coloro  che  non  hanno 
Interesse  a  mentire.  Quest' esito,  ammessolo  anclie  vero,non  mostra 
per  certo  quel  furibondo  delirio  del  Forlivesi  per  lo  scetlro  del  Re 
sabaudo,  che  si  voile  far  credere  ai  sempliciani,  e  molto  meiio  mo- 
stra che  i  Forlivesi  furono  tutti  concord!  neir  abborrire  la  «  tiran- 
nide  teocratica»  di  Roma.  Toltine  i  5880  militari,  speditinella  pro- 
vincia a  propagarvi  T  amoroso  delirio  per  ViUorio  Emmanuele,  bi- 
sogna  confessare  che  il  reslo  dei  deliranti  era  ben  poca  cosa,  ri- 
spetto  al  gran  numero  degl'insensibili. 

Per  le  elezioni  poliliche  al  Parlamento  subalpino  del  1860,  noi 
abbiamo  che,  in  lutta  la  provincia,  di  soli  5915  inscritti  nelle  liste, 
concorsero  alle  urne  appena  2498.  Per  quelle  del  1861,  di  soli 
3394  inscriiti,  vi  concorsero  appena  1296.  Per  quelle  del  1865,  di 
7350  inscritti,  vi  concorsero  appena  1853  1.  Con  queste  cifre  sotto 
gli  occhi,  puo  asserirsi  con  verita,  che  la  provincia  di  Forli,  popo- 
lata  d'ollre  225,000  anime,  sia  calda  per  1'esercizio  dei  diritti po- 
litici,  regalatile  da  chi  la  soltrasse  al  reggimento  del  Santo  Padre, 
solto  colore  che  essa  fremeva  per  ismania  di  esercitare  appunto 
codesti  diritti? 

JNulla  men  magro  successo  hanno  avuto  le  elezioni  dei  consiglieri 
municipal!  nei  Comuni,  e  quelle  dei  consiglieri  provincial!  nei  Man- 
damenti  della  provincia.  Eccone  lo  specchio. 

ELEZ10NE  DEI  CONSIGLIERI  MUNICIPAL! 

ELETTORI 

Anno  inscritti ,  votanti             per  100  inscritti 

Elez.  gen.  del  1860  .  14,680  5021 34,20 

Elez.  part,  del  1860  .11,783  1493 12,67 

it.  del  1861  .  5,772  1153 19,98 

it.  del  1862  .  5,886  1367 23,22 

it.  del  1863  .  5,939  1541 25,95 

it.  del  1864  .  6,114  1597.     ....  26,12 

1  Ivi,  Allegato  n.  3. 


720  RIVISTA 

ELEZIONE  DEI  CONSIGLIERI  PROYINCIALI 

ELETTORI 

Anno  inscritti,  votanti  per  100  inscritli 

Elez.  gen.  del  1860  .  14,680    5021 34,20 

Elez.  part,  del  1860  .  8,235      934 19,50 

it.  del  1861  .  3,640      633 17,39 

it.  del  1862  .  4,143      996 24,04 

it.  del  1863  .  3,201  885  .     ....  27,65 

it.  del  1864  .  4,108    1074 26,15 

it.  del  1865  .  6,357     1627 25,59   1. 

La  Monografia  non  va  oltre  il  1864  per  le  elezioni  municipal!,  ed 
il  1865  per  le  provincial!.  Ma  le  cifre  di  quest!  anni  ci  porgono  suf- 
ficiente  indizio,  a  giudicare  del  fervore  die  agita  i  petti  del  Forlivesi 
per  le  urne  di  qualunque  specie  sieno.  «  Appunto  per  che  il  Comu- 
ne  e  proporzionatamente  la  Provincia  (parla  il  testo  illustrative  di 
questi  specchi)  ottengono  cosi  viva  ed  intima  parte  nel  cuore  dellc 
moltitudini,  il  pensiero  si  arresto  ad  un  fatto,  che  e  contrario  a  na- 
tura,  e  che  pure  carapeggia  e  risulta  principalissimo.  Dico  Y  asten- 
sione  delta  grande  maggioranza  degli  eleltori,  prevalente  in  tutti  i 
municipii,  e  venuta  a  tale,  che  ben  meno  di  died  voti  sono  bastati 
piu  volte  a  dar  nome  di  consigliere  di  Comune,  laddove  gli  elettori 
Iscritti  avanzano  i  cento;  e«talora  men  di  cmquanta  a  conferire  seg- 
gio  di  consigliere  di  Provincia,  laddove  avanzano  gli  ottocento  ».  E 
come  spiegare  questo  fatto  contrario  a  natural  II  sig.  Angelo  Per- 
ri,  che  ha  illustrato  questo  capitolo  delle  elezioni,  si  leva  spaziando 
pei  secoli  del  medio  evo  e  poscia,calato  in  piana  terra,  e  costretto  di 
riconoscere  che,  passate  «  le  prime  e  purissime  gioie  del  trionfo  » 
della  rivoluzione,  svanl  subito  anche  1'ardore  per  le  urne:  ed  in  sua 
Toce  «  1' acre  lievito  d' intolleranza  d'ogni  autorita,  stillatoci  nelle 
rene  dall'alvo  materno,  ribolli  2  ».  Cosi  spiega  egli  il  precitato  falto 
contrario  a  natura.  Noi  ripuliamo  piu  naturale  spiegazione  il  dire, 
che  la  grande  maggioranza  si  astiene,  perocche  essa  non  ha  fatta  la 
rivoluzione  contro  il  Papa,  ne  si  cura  di  partecipare  comechessia  ad 
un  ordine  di  cose,  che  e  contraddittorio  a  giustizia. 

1  Ivi  pag.  26-34.  Alleg.  n.  6.  —  2  Ivi  pag.  11-13. 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  721 

I/'avvocato  Campi  ha  scoperto  ed  assevera,  che  il  tribute  della 
Leva  e  «  la  piu  nobile  e  cavalleresca  fra  le  social!  istituzioni  ».  Al- 
t' opposto  la  Santa  Sede  non  ha  mai  scoperta  questa  «  nobilta  »  e 
questa  «  cavalleria  »  in  un  tiibuto  di  sangue,  a  cui  pagare  i  popoli 
tanto  ripugnano  :  e  per  cio  essa  non  ne  ha  gravati  c  non  ne  grava 
i  suoi  sudditi  temporal!.  Questo  sommo  benefizio  del  suo  Governo, 
questo  favore  agV  increment!  deiragricoltura  e  delle  art!,  questo  ri- 
spetto  alia  liberta,  alia  pace  ed  al  riposo  delle  famiglie,  il  Camp! 
schernisce  beffardamente,  appropriandosi  le  parole  di  un  non  si  sachi, 
il  quale  ha  scritto  del  contadino  suggetto  al  Pontefice  :  «  Aggiogare 
i  giovenchi,  coltivare  il  campo,  custodire  la  vigna  riassumeva  il  tut- 
to  quanto  eragli  consentito  dai  suoi  reggitori.  Alieno  da  ogni  idea 
di  liberta,  di  cittadinanza,  di  patria,  educato   alia  sofferenza  ed  alia 
rassegnazione,  alimentata  da  un  sensismo  di  religione  sterile  ed 
agghiacciante ,   egli  non   andava  oltre  il  desco  ed  il  talamo,  il 
campo  e  la  chiesa  1  ».  E  par  poco  questo  all'  avvocato  Campi  ed 
al  simile  suo?  11  contadino  che  ha  un  desco,  e  soprani  un  onesto 
pane ;  che  ha  un  talamo,  centro  delle  sue  consolazioni  domestiche ; 
che  ha  un  campo,  oggetto  delle  sue  cure ;  che  ha  una  chiesa,  al- 
bergo  d'  ogni  suo  conforto  presenle  e  futuro ;  non  gode  forse  quel- 
la  felicita  maggiore  che  gli  sia  possibile  in  questo  mondo  ?  Per  cre- 
scergliela,  vuole  adunque  il  Campi,  che  gli  sieno  slrappati  i  figli 
dalle  braccia,  e  gli  sieno  mandati  a  farsi  fucilare  dai  briganti  del  na- 
politano,  o  macellare  dai  cannone  di  altre  Custoze,  o  annegare  nelle 
acque  di  altre  Lisse  ?  E  cio  perche  egli  ed  i  par!  suoi  seguilino  ad 
avere  la  «  liberta  »  di  comandare  da-«  prefetti  »,  e  di  alzare  la 
sferza  sopra  «  la  cittadinanza  »,  in  nome  della  «  patria  »  ?  Oh  si, 
montava  appunto  il  pregio  di  smungere  ventimila  lire  alia  provincia 
di  Forli,  per  istampare  queste  insolenze,  ed  aggiunger  la  irrisione 
ai  gravami  che  opprimono  i  suoi  contadini ! 

Queste  ceremonie  poi  mette  egli  innanzi  per  inferirne :  «  Nessu- 
na  meraviglia  quindi,  che  quest!  uomini  (i  contadini  del  Forlwese 
e  degliStati  pontificii)  suiqualila  patria  rinno\ellata,  1'esercito  na- 

1  Ivi  pag.  37. 
Serf*  VII,  wl  IV,  fasc.  450.  46  11  Deccmbre  1868. 


722  RIVISTA  BELLA  STAMPA  ITALIANA 

zionale  sorto  per  incanto,  come  quello  di  Deucalione,  lo  straniero 
fuggente  colla  sanguinosa  sua  verga  eran  frasi  vuote  di  senso,  ri- 
spondessero  ai  primi  appelli  con  una  fuga  vergognosa  1  ».  Onde  re- 
sta  certificaio,  che  i  popoli  agricoli,  si  di  quella  provincia  come  del- 
le  altre  usurpate  alia  Santa  Sede,  agli  «  appelli  »  della  rivoluzione 
che  chiamavali  alle  armi,  risposero  con  la  fuga.  Taut'  era  1'  odio  di 
que'  popoli  al  Governo  dei  Papi,  e  tanto  1'amor  loro  alia  rivoluzione 
ed  alle  sue  «  nobili  e  cavalleresche  istituzioni  »  ! 

Ma  nonla  (Iniremmo  cosi  presto,  se  ci  pigliasse  vaghezza  di  co- 
gliere  ad  una  ad  una  tutte  le  prove  che  questa  Monografia  fornisce, 
in  lode  e  giustiiicazione  del  reggimento  dei  Pontefici.  Per  non  al- 
lungarci  di  piu,  passeremo  in  silenzio  parecchi  altri  capi  :  quello 
delle  parrocchie,  che  vi  si  asserisce  «  eccedere  i  bisogni  spiritual! 
delle  popolazioni  2  »  :  quello  della  «  riduzione  delle  Diocesi  »,  sot- 
to  fmta  di  «  compensare  piu  degnamente  il  minor  clero  3  »,  spo- 
gliando  al  solito  questo,  dopo.derubato  il  maggiore  :  quello  curio- 
sissimo  dei  tribuiiali  e  delle  cause,  con  la  conseguenza  del  parados- 
so  comico,  che  la  provincia  di  Forli,  fra  le  niani  della  rivoluzione, 
ha  «  guadagnato  assai  in  moralita  e  giustizia  4  »  :  quello  del- 
T  istruzione,  che  vorrebbesi  «  obbligatoria  »,  secondo  il  sistema  ti- 
rannico  dei  liberali  S?  e  che  si  dimostra,  nella  parte  classica  mas- 
simamente,  in  pessime  condizioni  6  ;  ed  intorno  alia  quale  si  trag- 
gono  in  campo  dottrine  e  metodi  da  far  ridere  le  telline.  Di  tutto 
questo  e  di  altro  taceremo  per  mancanza  di  spazio,  e  concluderemo 
che  la  Monografia  statistica,  economica  ed  amministrativa  della 
provincia  di  Forli,  quanto  e  laudabile  materialmente  pei  lipi  e  per 
le  tavole,  ed  anche  scientificamente  per  vari  buoni  studii  e  raggua- 
gli,  altrettanto  e  condannabile  per  lo  spirito  di  parte  che  la  deturpa, 
per  gli  errori  che  la  bruttano,  per  lo  stile  che  la  guasta,  e  pei 
principii  politici,  moralie  religiosi  ond'  e  corrotta. 


1  Vol.  Ill,  pag.  38.  —  2  Vol.  I,  pag.  128.  —  3  Ivi.  -  4  Vol.  Ill,  pag.  115. 
—  5  Ivi  pag.  146,  171,  172.  —  6  Ivi  pag.  157. 


RELAZIONE  DEGLI  ULTIM!  GIORNI 
DI  GIUSEPPE  MONTI  E  DI GAETANO  TOGNETTI 

GRSTIZIATI  IN  ROMA  IL  DI  24  NOVEMBRE  1868 


1.  E  di  publica  e  uiiiversale  notorieta,  che  nella  sera  del  22  Ottohre 
1867  in  Roma  fa  minata  e  distrutta  gran  parte  di  una  caserma  delta  di 
Serristori,  alloggio  di  un  corpp  di  Zuavi  pontificii.  La  mina  ebbe  per  ef- 
fetto  la  morte  di  Tenticinque  di  quei  militari,  e  di  due  borghesi;  e  fa  da 
benedire  la  divina  Provvidenza,  la  quale  dispose,  che  la  casuale  sortita 
d'una  compagnia  salvasse  la  massima  parte  di  quel  fiore  di  gipyentu  de- 
stinato  all'eccidio  da  uomini  malvagi.  Di  questo  e  di  altri  simili  misfatti 
era  motore  e  anima  Francesco  Cucchi,  deputato  al  Parlamento  di  Fi- 
renze,  iusieme  con  piu  altri  che,  dopo  lunga  dimora  in  Roma,  colla  fu- 
ga  camparono  al  rigore  delle  leggi :  ma  Giuseppe  Monti  e  Gaetano  To- 
gitetti,  che  tra  i  colpeYoli  erano  del  piu  pperosi  ed  accaniti,  caddero  in 
potere  della  giustizia,  e  furono  giudicati,  siccome  agenti  principali,  a 
quella  pena,  che  ne'  tribunal!  rpmani  dices!  morte  di  esemplaritd,  ed  e  la 
decollazione  con  pubblica  infamia,  onde  si  atterriscano  i  popoli  daldelitto. 

Giuseppe  Monti  era  in  eta  di  anni  33,  ammogliato,  di  professione  so- 
vrastante  muratqre.  Fu  coiwinto  da  prima,  e  poi  da  se  diedesi  reo  con- 
fesso,  di  avere  di  sua  mano  messo  fuoco  ai  barili  di  polvere  collocati  in 
una  stanza  terrena  al  di  sotto  della  caserma.  Gaetano  Tognetti,  in  eta 
di  25  anni  (cosi  affermo  nel  testamento,  essendqsi  prima  detto  di  anni 
23),  celibe,  garzone  muratore,  fa  compagno  indivisibile  del  precedente, 
e  complice  fin  airullimo,  Di  questo  consta  pei  processi  formati  e  messi 
a  stampa,  e  dalla  sentenza  renduta  dal  tribunale  supremo  della  sagra 
Consul ta,  nella  causa  Romana  di  lesa  maesta  in  primo  grado,  renduta  il 
giorno  10  di  Ottobre  1868,  ed  eseguita  il  24  Novembre  susseguente. 

Non  fu  upmo  alcuno,  che  animp  e  costume  umano  serbasse,  il  quale 
non  inorridisse  di  si  atroce  assassinamentp.  Nel  popolo  poi  di  Roma,  piu 
vivamente  pltraggiato  neironore  e  nella  yita  di  tanti  suoi  figli,  e  nella  de- 
solazione  di  tante  famiglie,  regnaya  impazieriza  somma  di  vedere  bale- 
nare  la  giusta  vendetta  delle  leggi;  e  come  awiene  nelle  moltitudini, 
che  male  intendono  le  lunghe  e  gravi  solennita  dovute  ai  giudizii  capi- 
tali,  gia  ne  andaya  attorno  scandalo  e  mormorazione.  Fu  scritto  per  con- 


724  RELAZIONE  DEGLI  ULTIMI  GIORNI 

trario,  che  si  facessero  pratiche  da  uomini  di  Stato  presso  la  Santa  Se- 
dc,  affine  di  ottenere  la  clemenza  del  Principe  in  favore  degli  accusati. 
Ma  il  vero  si  fu,  che  ne  pendente  il  giudizio,  ne  dopo  la  sentenza,  niun 
diplomatico  si  contaminq  in  causa  si  obbrobriosa :  muno  chiese  la  grazia 
del  Monti  e  del  Tognetti,  piii  che  non  si  chiedesse  pei  falsi  patriotli  fe- 
niani  alia  Regina  d1  Inghilterra,  o  pei  falsi  patriotti  Orsini  e  compagni  al- 
Flmperatore  dei  Francesi.  Lo  stesso  Governo  di  Firenze,  chealcuni  dis- 
sero,  avere  accolto  in  sua  tutela  i  condannati,  o  non  voile  o  non  pote 
trovare  alcun  uomo  puhblicq,  il  quale  tpgliesse  sopra  di  se  di  avvocare 
presso  il  Sovrano ,  di  Roma  in  pro  degli  assassin!,  o  di  scusarne  o  atte- 
nuarne  le  reita.  E  falso,  anzi  ridicolo  a  pensare,  che  il  Reggimento  dei 
Zuavi  formasse  istanza  cqntro  alia  vita  degli  assassini  dei  loro  camerati : 
gran  parte  dei  loro  ufficiali  sono  cavalieri,  e  molti  ancora  dei  sottouffi- 
ciali  e  comuni.  Nello  stesso  modo  e  falso  ancora  che  i  Zuavi  si  concertas- 
sero  tra  loro,  e  porgessero  una  supplica  al  Santo  Padre  per  sottrarli  al- 
ia morte. 

Ma  se  la  civile  societa  fu  costretta  a  rigettare  e  rccidere  colla  spada 
della  legge  due  de1  suoi  membri;  la  Religione,  la  cui  carita  si  infbrma 
della  divina  e  infinita,  H  raccolse  tra  le  braccia;  e  porgendosi  essi  di 
buon  grado  alia  sua  materna  pieta,  ne  furono  per  guisa  rinobilitati ,  che 
di  proscritti  ed  esecrati  dalla  citta  umana ,  diventarono  degni  cittadini, 
per  quanto  lice  sperare,  della  patria  celeste.  Da  lungo  tempo  Roma  non 
avea  vedutq  due  giustiziati  lasciare  dopo  di  se  tali  e  tante  prove  di  sin- 
cere ravyedimento,  e  cosi  preclari  esempii  di  virtii  cristiana.  Ne  furono 
testimonii,  o  qculari  q  auricolari,  quanti  y1  ha  abitanti  di  questa  grande 
metropoli,  e  piu  specialmente  i  soprastanti  e  i  custodi  delle  Carceri  Nuq- 
ve,  i  varii  sacerdoti  che  visitavano  i  condannati  a  fine  di  aiutarli  delPani- 
ma,  i  gentiluomini  deirArciconfraternita  di  S.  Giovanni  Decollate,  i  mi- 
litari  intervenuti  airesecuzione,  e  il  popolo  spettatore,  che  questa  volta 
fu  oltre  il  solito  numeroso,  e  in  singolare  guisa  commosso  e  compunto. 

2.  Comunicatasi  la  sentenza  capitale  agli  inquisiti,  Monti  e  Tognetti, 
loro  non  rimase  quaggiii  altra  speranza,  fuorche  quella  di  venire  gra- 
ziati  della  vita  per  clemenza  sovrana.  Ma  Tautorita  ecclesiastica  provvi- 
de  incqntanente  per  ogni  eventq,  quanto  era  da  se,  alia  salute  eterna  di 
quegli  sventurati:  e  il  provvedimento  fu  incaricare  due  religiosi,  di  zelo 
sperimentato,  di  prendere  specialissima  cura,  ciascimo  di  uno  dei  due.  I 
scelti  furono  un  P.  Passionista  e  un  P.  Gesuita.  II  giorno  27  Ottobre  il 
P.  Passionista  cominci6  le  sue  visite  ad  amhedue  i  condannati,  nelle 
Carceri  Nuove;  e  fece  ai  segretanti,  tanto  delle  segrete  inferiori,  ov1  era 
Gaetano  Tognetti,  quanto  alle  superior!,  ov'era  Giuseppe  Monti,  un  di- 
scorso  sulla  Ronta  di  Dio  nelP  accogliere  fra  le  braccia  della  sua  miseri- 
cordia  i  poveri  peccatori  pentiti.  Nei  giorni  seguenti  prese  a  dare  gli 
esercizii  spiritual!  per  tutti  coloro  che  erano  nelle  segrete.  L'esito  fu  che 
molti  si  giovarono  della  grazia  offerta ;  e  T  ultimo  giorno  tra  i  parteci- 
panti  alia  sacra  mensa  vi  furono  pure  i  due  condannati  a  morte,  che  gia 
sapevano  la  loro  condanna. 

Era  nel  Tognetti  (a  detta  di  quanti  lo  trattaronq  durante  questo  tem- 
po) un  buon  fqndo  di  religione,  e  nella  estremita  in  cui  vedeyasi,  ricqr- 
reva  alle  pratiche  di  pieta,  edera  tutto  in  divozione  alia  Vergine  Maria, 
rifugio  degl1  infelici.  Ogni  sera  recitava  il  rosario,  e  invitava  a  recitarlo 


DI  GIUSEPPE  MOMI  E  DI  GAETANO  TOGISETTI  T25 

con  se  anche  gli  altii  cinque compagni  di  syentura  dannati  a  yarie  pene, 
che  dimoravano  nella  stessa  segreta.  Quasi  tutta  la  giornata  spendeva 
sul  Jibro  delle  Massirae  eterne,  e  inaltre  letture  pie :  nello  spazio  di  ven- 
ticmque  giorni  lesse  tutta  la  \itadi  S.  Paolo  della  Croce. 

II  sacerdote  cercava  di  disporlo  alia  rassegnazione  per  ogni  caso,  par- 
landogli  molto  dell'  abbandono  nelle  braccia  di  Gesu  Cristo,  e  recandogli 
esempii  e  sentenze  per  indurlo  a  fare  il  sacrifizio  dell'onore  e  della  yita. 
Pure  poco  guadagnava,  e  il  condannato  lusingavasi  sempredi  poteressere 
graziatp.  Pero  il  sacerdote,  il  giorno  20  diNovembre,  nonvedendo  appa- 
rir  novita  favorevole,  gli  confesso  che  veramente  credeva  oggimai  resta- 
re  poco  lumc  di  speranza.  II  Tognetti  allora  dette  nelle  smanie  e  prorup- 
pe  un  trattp  in  aspre  parole:  ma  fu  uno  sfogo  passeggero;  e  subito  ri- 
conoscendo  il  suo  tor  to,  rientro  in  migliori  sentimenti,  chiese  scusa  del 
suo  eccesso,  e  prego  il  Padre  di  volerlo  compatire,  dicendo  che  la  pas- 
sione  era  quella  che  cosi  Taveva  fatta  straparlare. 

3 .  Appressandosi  T  esecuzione,  il  sacerdote  n'  ebbe  secreto  ayviso , 
affinche,  senza  darne  mostra,  disponesse  il  condannato  al  vicino  trapas- 
so.  E  questo  un  delicato  temperamento  e  veramente  cristiano,  usato,  af- 
fmcbe  ne  T  uomo  agonizzi  soyerchiamente  nella  espettazione  del  suppli- 
zio  inevitabile,  ne  il  cristiano  sia  mandato  al  tribunale  di  Dio  senza  ma- 
turo  e  riposato  apparecchio.  Quella  empia  filantropia,  che  oggidi  pre- 
yale  in  certi  paesi,  dove  un  condannato  yien  preso  improyyiso  e  rapito  al 
supplizio,  come  bestia  air  ammazzaloio,  in  llpma  solleyerebbe  universa- 
le  e  giusta  csecrazione.  Per  tanto  presentatqsi  al  Tognetti,  a  mezza  mat- 
tina,  il  buon  religioso,  non  pote  tanto  dissimulare  che  quegli  non  gli 
leggesse  in  yolto  una  disusata  turbazione.  —  Eh,  P.  Giuliano,  gli  disse, 
die  notizia  mi  porta  ? 

—  Ti  porto,  Gaetano  mio,  i  saluti  e  le  benedizioni  de'tuoi  poveri  ge- 
nitori,  i  quali  ieri  sera  sono  yenuti  a  trovarmi  al  Ritiro  dei  santi  Gioyan- 
ni  e  Paolo. 

—  Come  stanno  ? 

-Eh!  lo  lascio  considerare  a  te:  afflitti  e  sconsolati,  all' ultimo 
segno. 

-  Ma  dunque  non  y1  e  speranza  affatto  ? 

-  Figlio  mio,  non  so  che  cosa  dirti.  Solo  tidico,  che  preghi  assai,  e 
che  ti  cerchi  rifugio  nelle  Piaghedi  Gesu  Crocilisso....Io  presto  ritorne- 
ro  e  ti  recherp  quajche  notizia  certa.  — 

Cosi  dissc  il  ministro  di  Dio,  e  usci,  in  grande  apprensione,  non  forse 
il  povero  gioyane,  in  ycdersi  poi  alia  sera  tardi,  cioe  otto  ore  prima  del- 
la  morte,  tradurre  in  confprteria,  non  avesse  a  rompere  in  escandescen- 
ze.  Ma  non  fu  vero.  Venuti  i  carcerieri  ad  ammanettarlo,  dormiya  pro- 
fondamente,  e  si  desto  in  quella  che  gli  metteyano  le  manette  ai  polsi. 
Diede  un  grido  e  disse :  «  Non  mi  fate  male ;  che  non  mi  muoyo.  Gia 
lo  so.  Sognayp  che  ero  moribondo,  e  che  il  padre  Giuliano  mi  racco- 
mandava  I1  anima,  e  mi  daya  Tassoluzione...  Sia  fatta  la  santissima  yo- 
lonta  di  Dio  !...  Andiamo.  »  Lettagli  la  sentenza,  e  inteso  della  esecu- 
zione per  la  mattina  seguente,  si  dolse,  senza  amarezza,  che  mentre  i 
caporioni  della  rivoluzione  erano  campati,  toccasse  a  lui  solo  pagarne  la 
pena:  ma  subito  si  rassegno.  Fu  rimesso  alle  mani  della  Compagnia  del- 
la  Misericordia. 


726  RELAZIONE  DEGLI  ULTIMI  GIORM 

Aveyano  i  Confratelli  disposta  ogni  cosa  nella  conforlcria  dclle  Carceri 
Nuoye.  II  Tognetti  cola  condotto,  dopo  la  mezza  nolle  bramoriconfessar- 
si,  e  si  tralteime  lungamente  col  conlessore.  Dopo  il  sacramento  di  per- 
dono  dimorandosi  tuttayia  a  ragipnare  col  sacerdole,  usci  in  qucsle  pre- 
cise parole :  —  P.  Giuliano,  io  mi  sen  to  nel  cuore  qualche  cosa  che  non 
so  che  cosa  sia. 

—  Di  pure,  Tognetti  mio,  eke  cosa  senli  di  nuovo. 

—  Mi  senlo  nel  cuore  una  quiele ,  una  pace,  nna  contentezza,  che 
solo  un'allra  volla  mi  pare  averla  provata  cosi ;  e  fu  agli  esercizii  che 
feci  a  Ponte  Rotto.  (Luogo  pio,  oye  mollissimi  Romani ,  special  men  le  del 
popolo,  si  ritirano  in  dali  tempi  a  fare  gli  esercizii  spiriluali,  e  massime 
i  giovanelti,  per  apparecchiarsi  alia  prima  Comunione.)  E'  una  conten- 
tezza  lale,  che  non  la  so  spiegare...  e  pure  devo  andare  alia  morte :  ma 
che  sara  quesla  cosa? 

—  Gaetano  mio,  rispose  il  religioso,  questa  non  e  forza  ne  yirtu  no- 
stra,  ma  e  la  grazia  di  Gesu  Cristo,  che  yuole  trionfare  sppra  di  le  e 
della  natura :  e  il  Signore,  che  cjuandp  con  una  manp  morlifica,  sa  con 
1'altra  yiyificare  e  consolare.  Ringrazia  di  cuore  il  Signore,  che  si  mo- 
slra  cjsi  huono  con  le.  — 

Fu  condotto  poscia  nella  prossima  sala  per  fare  quelle  disposition! 
testamenlarie  che  yolesse.  II  poveretto  non  aveva  altro  di  cui  testare, 
che  alcuni  cenci,  i  quali  lascio  pei  poyeri;  e  22  soldi,  che  si  Irovava  in 
tasca,  e  consegno  al  Provveditore  della  Confralernila,  per  una  Messa  in 
suffragio  delle  Anime  del  purgatorio.  Con  questa  occasione  si  dichiara 
altamente  pentilo  del  male  falto,  in  nresenza  dei  Fratelli  lestimonii,  e 
insieme  manifeslo  i  piu  belli  e  crisliani  sentimenti,  che  udir  si  possano 
iu  bocca  ad  un  cristiano,  yerso  i  suoi  genitori,  parenli  ed  amici. 

Ci  piace  recarne  qui  alcuni  tratti,  che  leyiamo  dalForiginale,  disleso 
per  mano  del  fratello  Provvedilore,  D.  Giovanni  de'principi  Chigi,  fa- 
cienle  le  yeci  di  nolaio.  «...  Disse,  si  facessc  preghiera  ai  medesimi 
«  (parenti)  che  non  si  dimenlichino  di  lui  e  lo  b-enedicano,  ed  esso  non 
«  si  dimentichera  di  loro...  Disse  di  ayere  qualche  debito,  che  per  la 
«  sua  miseria  non  puo  soddisfare,  ma  che  in  compenso  di  questi,  si  ri- 
ft cordera  di  raccomandare  i  suoi  creditori  al  Signore.  Professa  di  mori- 
«  re  da  buon  cristiano,  rassegnalo  alia  yolonla  di  Dio,  perdonando  al 
«  suo  prossimo  qualunque  offesa  possa  egli  aver  riceyulo,  come  spera 
«  che  il  Signore  perdoni  a  lui  i  suoi  peccati.  Questo  intende  che  sia  i! 
«  suo  ultimo  leslamenlo,  che  di  propria  mano  lirma.  (segnato)  Gaelano 
«  Tognetti.  »  Di  un  altro  suo  atto,  similmente  firmalo,  diremo  piu  sottp. 

Yolje  poi  yedere  il  Capitano  delle  carceri,  signor  Alessandro  Rosalbi, 
e  tutti  i  cuslodi  delle  segrete  e  delle  comuni,  e  specialmenle  i  fralelli 
Angelo  e  Yincenzo  Vinci  e  Luigi  Rergami,  i  quali  con  molta  umanila 
ayeyanlo  sempre  cuslpdito ;  e  chiese  a  lutti  perdono  dei  mali  esempii 
dati,  e  ringraziolli  dei  buoni  trattamenti  avuli,  e  quelli  il  baciarono. 
Gli  pcchi  di  ciascuno  erano  pieni  di  lagrime  di  lenerezza.  Mando  cercare 
di  Pietro  Cosla,  custode  dei  cancelli,  e  di  Costanlino  De  Magistri,  cu- 
slode  del  carcere  aggiunto :  a  quesl'ullimo  fece  parlicolari  ringraziamen- 
ti  dei  buoni  avyisi  datigli,  durante  la  prigionia,  e  poi  alia  sua  volta  gli 
disse:  «  Costantino  mio,  ecco  giuntaTora  della  mia  rcdenzione :  senti, 
amico,  lu  hai  famiglia,  bada  alia  famiglia  lua,  a  le  stesso,  abbi  il  santo 


DI  GIUSEPPE  MONTI  E  DI  GAETANO  TOGIS'ETTI  127 

timor  di  Dio,  c  non  ti  far  confondere  dai  compagni.  Vedi  tu,  come  mi 
trovo  io  per  essermi  fatto  confondere?  Dillo  a  tutti,  sai,  affinche  il  raio 
esempio  serva  a  tanti  poveri  giovani.  »  Queste  ed  altre  parole  soggiun- 
se,  mostrando  vivo  desiderip,  che  la  propria  sveiitura  e  il  ravvedimen- 
to  avcssero  grande  pubWidta  a  bcne  altrui.  Di  che  sono  concord!  le  te- 
stimonianze  de'gentiluomini  presenti,  in  ufficio  di  confratelli,  e  di  quan- 
ti  altri  intervennero. 

4.  Dopo  di  che  il  Tognetti  fu  condolto  alia  cappella,  ove  gia  trova- 
yasi  itMoiiti.  Questi  aveva  richiestp  di  vederlo  e  di  abhracciarlo.  Ma 
il  Tognetti,  memore  delle  rivelazioni  fatte  da  colui,  che  a  se  erano  tor- 
nate  assai  nocive,  non  seppe  trattenersi  dal  dire  a  chi  Tinvitava,  che 
egli  avea  perdonato  di  cuore,  ma  che  temeva,  !a  vista  di  Monti  non  lo 
rimescolasse  troppo.  Rincorollo  il  confessore,  facendogli  notare  che  ne 
Dio  ne  gli  uomini  Tohbligavano  di  vedere  il  Monti :  ma  che  se  egli  vo- 
lontariamente  lo  vedesse  e  si '  perdonassero  a  vicenda,  sarebhe  prezioso 
merito  aggiunto  alia  corona  del  paradiso,  e  ne  avrebbe  gusto  grande 
Gesu  Cristo. 

—  Credete  proprio,  Padre,  che  darei  gusto  a  Gesu  Cristo?  ripigli6 
il  Tognetti. 

-  Non  ne  dubito:  sarebbe  un  belVatto  di  virtu. 

-  E  hene,  andiamo.  Ditemi  tutto  quello  che  ho  da  fare. — 

Al  suo  cntrarc  il  Monti  leyossi  in  piedi  dal  seggiolone  ove  sedeva , 
e  gli  ando  incontro:  allora  il  Tognetti  disse  queste  parole:  «  Peppe, 
ecco  giunta  1'ora  della  nostra  redenzione,  e  di  raccogliere  il  fruttp  del 
Sangue  di  Gesu  Cristo  (espressione  divenutagli  familiare  suU'nUimo) : 
tra  poco  speriamo  pei  meriti  di  Gesu  Cristo,  di  troyarci  insieme  in  pa- 
radiso. »  E  cio  dettp  si  abbracciarono  e  si  diedero  il  bacip  del  perdono. 
Se  questi  sono  modi  e  parole  di  settario  impenitente,  noi  preghiamo  a 
noi  stessi,  e  a  Mti  i  huoni  cristiani  di  poter  parlare  in  simil  guisa,  al 
punto  di  comparire  al  tribunale  di  Dio. 

Quindi  si  posero  in  ginocchio  alia  balaustrata,  col  Crocifisso  in  mano, 
che  ciascuno  aveva  ricevnto  dal  proprio  confessore,  ed  erano  tutti  e 
due  grandi  e  divoti.  Non  si  saziavano  di  stringerli  al  petto,  tanto  il  To- 
gnetti quanto  il  Monti,  e  li  coprivano  di  baci,  ricercandone  le  cincme 
Piaghe :  che  era  una  tencrezza  per  gli  astanti.  Ascoltarono  cosi  la  prima 
Messa,  che  fu  celebrata  per  loro ;  ppi  una  seconda  del  Cappellano  della 
Confraternita,  monsig.  Raimondo  Pigliacelli,  canonico  di  S.  Maria  Mag- 
giore,  il  quale  anche  disse  un  acconcio  fervorino,  per  disporli  alia  santa 
Comunione,  chefu  loro  amministrata  come  viatico  deireternita;  e  dopo 
questa  assistettero  ad  una  terza  ancora,  e  ad  una  quarta,  in  ringra- 
ziamento. 

In  tuttq  qucsto  tempo  il  Tognetti  altro  non  fece  che  pregare.  Aveva 
per  sua  diyozione  quel  libretto  tanto  comune  in  Roma,  dettp  Massime 
cterne,  e  ripeteva  fervorosamente  le  belle  preghiere  che  quivi  si  conten- 
gono,  e  tra  le  altre  le  sette  offerte  del  Sangue  preziosissimo  di  N.'^S. 
Gesu  Cristo,  TOrazione  al  SS.  Croc;tisso,  TOrazione  alia  SS.  Yerginc 
Maria,  composta  dal  Yen.  Bartolomeo  da  Saluzzo.  Dimando  eziandio  la 
corona,  per  recitorla  ad  onore  della  Madonna,  notando  egli  stesso,  che 
opportunamente  correvano  quel  di  i  Misteri  dolorosi.  Due  volte  repli- 
co  la  Via  Crucis,  sebbene  stando  al  suo  posto.  A  questo  modo  gli  tra- 


128  RELAZIONE  BEGLI  ULTIMI  GIORNI 

scorsero  le  ore,  insino  al  punto  che,  dovendo  oggimai  muoversi  il  trislo 
convoglio,  il  sacerdote  religiose,  suo  assistente,  gli  disse,  che  lo  pre- 
cedeva,  e  Faspetterebbe  nella  conforteria  presso  S.  Maria  in  Cosmedin. 

Giunto  il  paziente  a  questo  luogo,  vicinissimo  alia  piazza  de'Cerchi 
ove  si  aveva  ad  eseguire  la  sentenza,  si  trattenne  in  continue  preghierc 
e  giaculatorie,  e  diceva  a  mente  molte  orazioni  che  sapeva,  tramezzan- 
dole  con  un  Pater,  Ave,  Gloria  e  con  una  Salve  Regina.  E  il  faceva  in 
voce  sensibile,  il  che  ricmpiya  di  cpnsolazione  i  sacerdoti  circostanti,  e 
quei  nobili  signori  della  Conlraternita.  Avendo  fatto  pregare  il  colon- 
nello  dei  Zuavi  di  venire  a  lui ,  e  questi  avendolo  appagato ,  il  pove- 
ro  Tognetti  chiese  perdono  del  suo  delitto  a  lui  colonnello  dei  Zua- 
Yi",  e  in  sua  persona  a  tutto  il  Reggimento.  II  che  fece  con  tale  mode- 
stia  e  sincerita  di  espressione,  che  quel  generoso  cavaliere  ne  fu  com- 
mosso  profondainente ,  e  per  segno  dell1  accordato  perdono  gli  rispose 
dandogji  il  bramato  amplessp  di  pace,  e  promettendogli  che  niuno  piu 
teneagli  rancore,  e  che  aiizi  i  Zuavi  penserebbero  a  soccorrere  la  sua 
povera  madre. 

Del  resto  non  fu  solo  il  tenente  colonnello  dei  Zuavi  che  si  lasciassc 
intenerire:  l'attitudine  del  paziente,  la  sua  rassegnazione,  il  pieno  rav- 
vedimento  ayevano  per  siffatto  modo  scancellato  in  lui  il  marchio  del  mal- 
fattore  micidiale,  che  ciascuno  lo  riguardava  come  un'  anima  benedet- 
ta,  nella  quale  gia  raggiava  Famicizia  di  Dio  e  la  srjeranza  della  gloria 
celestiale :  era  un  commoviinento  universale.  I  bupni  Conl'ratelli  si  rac- 
comandavano  pgnuno  in  particolare  alle  sue  orazioni,  per  queiristante 
in  cui  fosse  giunto  al  cospetto  di  Dio.  Lo  stesso  fece  Tegregio  religio 
so  che  1'assisteva.  Egli  a  tutti  rispondeva  con  voce  tranquilla,  che  spe- 
rava  di  andar  salvo  pei  meriti  del  Sangue  di  Gesu  Cristo,  e  che  appe- 
na  giunto  in  paradiso,  si  sarebbe  ricordato  di  lorp.  A  questa  scena  pie- 
tosa  era  presente,  per  suo  doyere,  tra  i  molti  altri  un  Uffiziale  superio- 
re  dei  Gendarmi,  e  anch'  egli  si  senti  vinto  da  tale  cqnmipzione,  che 
si  scoperse  il  capo,  e  disse  al  paziente:  «  Eh  Tognetti  mio,  ricordati  pu- 
re di  me  e  della  mia  famiglia:  »  e  cip  dicendq  lo  abbraccio  e  bacio, 
e  toslo  usci  dalla  presenza  cogli  occhi  pieni  di  lagrime. 

5.  Ma  la  piu  tenera  scena  fu  quella  che  precedette  immediatamente 
il  supplizio.  II  sacerdote  gli  fece  recitare  la  professione  di  fede,  e  for- 
mare  altri  atli  cristiani,  conyenienti  al  bisogno,  lo  assolvette  sacramen- 
talmente,  e  gli  applico  la  indulgenza  papale  in  articulo  mortis,  come 
usasi  coi  moribondi,  gli  fece  venerare  il  santo  Legno  della  Crpce,  e 
cpn  esso  formo  sopra  di  lui  la  benedizione:  tinalmente  lo  ayverti,  che 
si  ar masse  piu  che  mai  di  coraggio  e  prendesse  fiducia  nei  meriti  di 
Gesu  Cristp,  e  nel  patrocinio  di  Maria  santissima. 

—  Che,  e  ora?  dimando  il  paziente. 

—  Pochi  minuti  ancora...  Adesso  viene  il  ministro  di  giustizia :  pos- 
so  lasciarlo  entrare? 

—  Si  si,  rispose  fermo  il  Tognetti,  venga  pure. 

Entro  quegli,  e  nel  legarlo  diceva:  —  Non  temere,  Tognetti,  che  non 
ti  stringp :  fo  lento  lento. 

—  Stringi,  pure:  non  potrai  mai  stringer  tanto,  qnanto  fu  stretto 
Gesu  Cristo.  Oh!  ha  patito  tantp  Gesu  Cristo  pei  miei  peccati:  e  non 
potrp  patire  un  poco  io,  che  merito  Vinferno?  Che  e  questo  in  parago- 
ne  di  quello  che  ha  sofferto  Gesu  Cristo?  Fa,  fa  pure.  — 


DI  GIUSEPPE  MONTI  E  DI  GAETANO  TOGNETTI  729 

In  dire  questo  fu  legato.  II  Crocifisso  gli  fu  posto  in  mano,  c  Tabi- 
lino  del  Carmine.  Voile  andar  bendato,  per  non  distrarsi,  diceva  es- 
so.  Ne  altrimenti  sarebbe  convenuto,  essendo  gia  il  palco  insanguinato 
dal  suo  compagno,  che  fu  primo  a  morire.  Prego,  con  ammirabile  pre- 
senza  di  spirito,  il  sacerdote,  che  V  accompagnasse  nel  tragitto  dalla 
conforteria  al  patibolo,  e  che  prima  di  cader  la  mannaia  gli  desse  an- 
che  un  volta  la  sacramentale  assoluzione  den  suoi  peccati.  Si  avvio  al 
supplizio,  stampando  di  bad  il  Crocifisso,  e  tutto  da  se  ripetendo  le  piii 
tenere  e  infocate  preghiere,  tanto  che  non  era  d'uopo  nulla  suggerire. 
Apple  del  palco ,  rendette  il  Crocifisso  al  sacerdote,  non  senza  averne 
novellamente  baciate  le  Piaghe:  e  mentre  il  ministro  di  salute  eterna  lo 
esortava  a  pensare  al  divin  Redentpre  e  alia  Madre  di  Misericordia,  che 
Faccoglierebbero  in  paradiso,  i  ministri  della  umana  giustizia  T  acconcia- 
rono  alia  ferale  esecuzione. 

Tutto  intprrio,  con  un  popolo  sterminato,  regnava  un  religiose  silen- 
zio;  per  guisa  che,  quando  il  paziente  a  yoce  alta  e  distinta  invocava  i 
nomi  santissimi  di  Gesu  e  Maria,  sariasi  potuto  ancor  da  lungi  nove- 
vare  ogni  sillaba;  e  parimenti  allorche  il  sacerdote  proferi  Festrema  for- 
mola  di  assoluzione.  A\YAmen  il  Tognetti  appena  pote  soggiungere:  Ge- 
su... e  in  questo  il  ferro  gli  tronco  la  yoce  e  la  vita.  «  Cadde  recisa  la 
testa  (cosi  conchiude  il  sacerdote  la  sua  narrazione),  e  Tanima  si  troyo 
nel  seno  di  Dio,  come  ho  tutto  il  fondamento  di  credere.  »  Noi  possia- 
mo  aggiungere  che  tale  fu  pure  la  persuasione  di  quanti  o  per  carita  a 
per  utlicio  o  per  curiosita  si  trovarono  presenti  a  quegli  ultimi  e  edi- 
iicantissimi  tratti  di  Gaetano  Tognetti. 

6.  Non  meno  interessante  la  storia,  ne  meno  pietosa  fu  la  morte  di 
Giuseppe  Monti,  che  di  pochi  istanti  il  precedette  sul  patibolo.  Questi 
era  di  piu  apertura  di  mente,  di  piu  spiriti,  e  nelVarte  sua  eccellente: 
nel  ragionare  poi  accorto  in  modo  singolare,  e  neiresprimere  i  suoi  sen- 
si  facondo  e  acconcio  piu  assai  che  non  sembravano  comportare  le  sue 
poche  lettere.  Non  senza  perche,  nelle  trame  deirOttobre  1867,  fu  seel- 
to  alle  imprese  piu  arrischiate. 

Fu  avvertito  il  religiose,  che  di  costui  doveva  incaricarsi,  il  di  27  Ot- 
tobre,  dal  suo  proprio  superiore,  che  gli  disse:  «  Giuseppe  Monti,  di 
Fermo,  gia  condannato  a  morte,  ragionando  fece  menzione  di  lei :  veg- 
ga  dunque  di  fargli  una  yisita,  alle  Carceri  Nuove.  »  Risppse  che  vi  an- 
drebbe  quanto  prima.  II  giorno  appresso  interessp  varii  monisteri  di 
sacre  vergini  a  pregare  molto  per  la  piena  conversione  del  po\ero  con- 
dannato. Intanto  una  pia  dama,  tutto  da  se,  eraglisi  pfferta  a  colletta- 
re,  per  soccorrere  il  Monti  e  la  desolata  famiglia  di  lui.  II  di  29  si  con- 
dusse  il  detto  Padre  alle  Carceri  Nuove,  ma  con  molta  trepidazione  di 
animp,  conoscendo  per  esperienza,  che  con  gente  impigliata  in  trame 
politiche  poco  o  nulla  si  ottiene:  e  procurava  di  darsi  animo  sperando 
neir  aiuto  divino  e  nella  mediazione  di  Maria  santissima  e  di  S.  Giu- 
seppe, del  quale  quell1  infelice  portava  il  nome.  Del  resto  anche  il  De 
Felice,  giustiziato  T  11  Luglip  1855,  tuttoche  settario,  si  ravvide,  e 
in  presenza  di  molti  testimonii,  a  voce  alta  si  ritrattb,  dicendo :  «  Ab- 
borro  tutte  le  sette  a  cui  sono  stato  ascritto,  e  mi  hanno  rovinato.  » 
U  atto  e  (irmato,  nei  registri  della  Confraternita  di  S.  Giovanni  Dc- 
collato,  dal  Proweditore  marchese  Sacchetti. 


730  RELAZIONE  DEGLI  ULTIMI  GIORPrt 

11  religioso  si  yide  yenirc  incontro  un  iiomo  di  trentatre  anni,  di  mez- 
zana  statura,  piuttosto  di  bella  persona,  il  quale  gli  si  accosto  con  modi 
molto  rispettosi.  Si  posero  a  sedere  in  un  angolo  del  corridoiq  fuori 
della  segreta,  e  il  sacerdote  aperse  il  discorso:  —  So  che  mi  avete 
nominate  con  ima  persona,  e  che  avete  mostrato  de&iderio  di  vedermi: 
in  che  vi  posso  seryire?  — 

Ed  egli :  —  Ma  lei  non  mi  conosce?  lo  da  fanciulio  venivo  alle  scuo- 
le,  (juand'ella  era  retlore  del  collegio  di  Fermo.  Se  ne  ricorda  della 
famiglia  Monti  ?  stavamo  in  quella  casa  di  fronte  al  collegio.  Non  le 
sovviene  che  quando  ella  venne  a  Roma,  io  venni  a  ritrovarla?  — 

II  religioso  non  ricordava  nulla  di  tutto  cotesto,  ma  procure  di  gio- 
varsene  a  bene,  e  gli  disse,  che,  se  gia  lo  conosceva,  era  an  he  me- 
glio,  e  doveva  percio  essere  persuaso  che  il  solo  desiderio  di  aiutare 
lui  conducevalo  in  quel  luogo ;  pero  aprisse  liheramente  Tanimo  suo, 
ed  egli,  in  cosa  che  fosse  possibile,  volentieri  1'aiuterebbe.  Allora  que- 
gli,  tutto  acceso  comincio  a  discorrere  della  sua  condanna,  a  dolersi 
che  gli  fosse  fatto  torto  da  un  non  so  quale  ufticiale  subalterno  del 
tribunale,  attenuare  il  SUQ  delittq,  e  interessare  il  sacerdote  ad  im- 
petrargli  la  grazia,  della  quale,  si  vedeva  chiaramente,  nutriva  forte 
lusinga.  Ma  questi  essendo  mandato  dalla  potesta  ecclesiastica,  con  uf- 
ficio  di  disporlo  a  ben  morire,  non  yolle  entrare  nella  quistione,  e  ven- 
ue dirittamente  al  punto,  dicendogli :  —  Sara  tutto  quello  che  dite :  ma 
credete  voi  di  essere  colpevole  di  avere  incendiata  la  mina,  e  di  aver 
fatto  morire  ventiquattro  persone,  e  aleune  forse  in  disgrazia  di  Dio? 

II  Monti  rispose  con  franchezza  senza  pari :  —  Padre,  non  sono  ven- 
tiquattro, ma  ventissette  le  persone  che  ho  sacrificato,  questo  lo  con- 
fesso. 

—  Or  bene,  mio  caro,  sapete  pure  che  chi  di  coltel  ferisce,  di  col- 
tel  perisce.  Vorrei  potervi  dare  migliore  speranza,  ma  io  temo  forte, 
che  la  grazia,  nella  quale  contidate,  possa  essere  un  sogno.  Non  v?  il- 
ludete  colla  grazia  tempo-rale,  provvedete  alia  eterna.  Forse  Iddio  vuo- 
le  che  acquistiate  la  beatitudine  del  paradiso  con  questa  condanna,  che 
e  un  mezzo  il  piii  doloroso,  il  piii  umiliante :  ma  questo  e  ancora  me- 
glio,  che  avere  la  grazia  ora,  e  poi  cadere  in  altri  peccati,  e  dannarvi. 
Ci  credete  voi  a  queste  verita? 

-  Ci  credo.  Non  ho  perduta  mai  la  fede:  ho  sempre,  ogni  giorno 
che  fui  al  mondo,  recitato  una  preghiera  alia  Madonna  del  Pianto,  e 
spero  mi  salvera.  «**-/; 

Allora  il  religioso,  prendendo  animo,  gli  ragiono  a  lungo,  sopra  tut- 
to  dipingendogli  al  vivo  la  storia  di  un  famoso  malfattore,  carico  di 
delitti,  che,  stando  in  prigione  e  come  lui  condannato  a  morte,  fu  in- 
dotto  a  fare  i  santi  esercizii,  e  si  confesso  generalmente  e  con  tale 
compunzioney  che  comincio  a  desiderare  il  supplizip,  in  espiazione  del 
suoi  peccati;  e  tanto  ardentemente  si  risolvette  di  salire  al  cielo  per 
questa  via  dolorosa,  che  essendogli  poi  offerta  la  grazia,  la  ricuso,  e 
prego  Iddio  di  farlq  morire  almeno  in  carcere,  di  che  fu  esaudito,  e 
mori  lasciando  opinione  di  un  sarito  penitente.  II  Monti  ascoltava  con 
yiva  attenzione,  e  questo  esempio  gli  entraya  visibilmente  nel  cuore. 
Sul  fine  piu  non  potendo  resistere  alia  grazia,  ruppe  in  pianto  dirot- 
to,  e  disse :  —  Ancora  noi  abbiamo  gli  esercizii,  e  li  da  il  P.  Giuliano 


DI  GIUSEPPE  MONTI  E  DI  GAETANO  TOGNETTI  731 

passionista.  Anch1  io  voglio  farmi  una  confessione  generate,  e  voglio 
deporre  il  pensiero  della  grazia,  voglio  espiare  il  mio  delitto  colla  mor- 
ie,  e  voglio  fare  tutto  quello  che  lei  mi  dira.  — 

7.  Venuto  il  giorno  prefisso,  il  Monti  si  trattenne  lungamcnte  col 
confessore  e  con  evidenti  segni  di  perfetta  conversione.  Prima  di  ri- 
cevere  Fassoluzione  ebbe  pensiero  di  chiamare  due  custodi,  Luigi  Mon- 
ti e  Colombo  Pozzi,  coi  quali  aveva  preso  contidenza,  a  cagione  del 
modi  umani  onde  il  trattavano,  e  alia  toro  presenza  voile,  per  qnanto 
poteva,  emendare  lo  scandalo  dato  col  suo  delitto,  dichiarando  che  lo 
detestava  e  pregandoli  che  essi  pubblicassero  il  suo  ravvedimento.  Sup- 
plico  in  grazia  il  confessore,  che  non  1'ahbandonasse ;  c  non  pagp  del- 
le  ripetute  conferenze  anteriori,  desiderava  essere  con  lui  ogni  giorno. 

Al  5  Novembre,  cadea  la  chiusa  dei  santi  esercizii  dati  dal  religioso 
passionista;  ed  egli  avrebbe  voluto  accostarsi  alia  sacra  mensa  cogli 
altri  condannati.  Ma  non  gli  fu  concesso  dai  soprastanti.  Adunque,  per 
appagarlo,  fu  celebrata  una  Messa  dal  suo  confessore,  per  lui  solo, 
nella  cappella  detta  del  Braccio  nuovo.  II  penitente  se  ne  valse  per 
abbandonarsi  viepiu  liberamente  alia  sua  divozione.  Si  riconcilio  di  bel 
nuovo,  e  durante  il  santo  Sacrificio  oraya  con  grande  fervore,  e  a  certi 
tratti,  colle  braccia  levate  in  croce.  Giunto  F  istante  della  Comunio- 
ne,  recito  ad  alta  voce  il  Credo,  poi  si  rivolse  ad  un  ufficiale  e  a  tre 
custodi,  e  novellamente  domando  perdono  degli  scandali  suoi,  infine  si 
tolse  le  scarpe  e  a  piedi  ignudi,  in  segno  di  penitenza,  si  accosto  al- 
1'altare.  E  i  present!  piangevano  di  tenerezza. 

In  quel  giorno,  merce  di  qualche  soccorso  mandatogli  da  pie  per- 
sone,  pote  fare  piu  lauta  refezione:  i  soprastanti  gli  concessero  da  in- 
di  in  poi  alciin  cbe  piu  di  liberta,  ed  egli  diceva  candidamente,  che 
era  stato  questo  il  piu  bel  giorno  della  sua  vita.  Tutti  erano  mara- 
vigliati  della  profonda  mutazione,  che  traspariva  in  ogni  suo  atto,  in 
ogni  sua  parola.  Sopra  ogni  altra  cosa  era  di  stupore,  che  avendo  fi- 
no  a  pochi  giorni  prima  sempre  avuto  in  bocca  la  grazia  sovrana,  da 
indi  in  poi  non  ne  fece  piu  parola:  tanto  sinceramente  fin  da  prin- 
cipip  aveva  rivolto  Tanimo  a  morire  cristianamente,  in  penitenza  dei 
suoi  falli! 

La  sentenza,  sebbene  fosse  stata  proferita  in  tribunale  il  di  1 6  Otto- 
bre,  com'e  scritto  nella  sentenza  stessa,  e  potesse  eseguirsi  dopo  pochi 
giorni ;  pure  non  fu  compilato  F  atto,  ne  presentato  al  Sovrano  se  non 
torse  qumdici  giorni  dopo.  Orae  stile  della  giustizia  romana,  chequando 
la  sentenza  e  dimorata  alquanti  giorni  sullo  scrittoio  del  Sovrano,  e  que- 
sti  non  e  intervenuto  a  far  grazia  (giacche  il  Sovrano  di  Roma,  nei  giu- 
dizii  capitaii,  non  interviene  in  alcun  modo,  fuorche,  se  vi  e  ragione, 
per  accordare  il  perdono),  e  T  ha  renduta  senza  osservazioni,  sia  man- 
data  quanto  prima  ad  effetto.  Corse  anche  voce  che  dovcsse  eseguirsi  il 
di  J22  Ottobre,  anniversario  del  delitto,  e  dirimpetto  alle  mine  tuttayia 
non  ristorate  della  cascrma  Serristori :  ma  questa  non  fu  che  una  giu- 
stificazione  della  severita,  onde  il  popolo  romano  aspettava  di  veder  pu- 
nito  un  delitto,  che  lo  avea  cosi  profondaniente  commosso. 

Ad  ogni  modo  il  povero  Monti  riguardo  la  dilazione  come  una  prov- 
videnza ,  e  ne  rendeva  continue  grazie  a  Dio  come  di  singolare  bene- 
ficio:  atteso  che  a  questo  modo  aveva  potuto  assistere  agli  esercizii 


RELAZIOSE  DEGLI  ILTIMI  9IORNI 

spiritual!,  predicati  dal  p.  Passionista,  del  quale  mostraya  grande  stima 
ed  affetto.  Volentieri  trattenevasi  con  questo  yenerabile  religiose,  col 
suo  confessore  e  con  altri  sacerdoti  yisitatori  amorevoli  dei  careers ti,  e 
non  era  mai  sazio  di  conferire  con  essi.  Ne  mai  era  yisitato  dal  suo  pe- 
culiare  assistente,  ch1  egli  non  yolesse  rinnoyarsi  la  grazia  della  sacra- 
mentale  confessione.  Non  cqntento  di  discorrere  di  cio  clie  allora  gli  ca- 
desse  in  mente,  appuntayasi  in  iscritto  le  cose  sulle  quali  yoleya  consi- 
glio.  Meditaya  la  Passione  del  'diyino  Redentore,  e  ne  traeya  conforto 
inestimabile  pel  suo  bisogno,  e  feryore  a  tollerare  i  suoi  patimenti,  dei 
quali  non  solo  non  lamentayasi,  ma  desideraya  accrescerli. 

La  sua  conversione  era  stata  generosa,  piena  e  perfetta:  e  quindi  riu- 
sciva  consolante  a  yedere,  come  tutti  i  sentimenti  di  buonp  sposo,  di 
buon  figliuolo,  di  buon  cittadino,  di  buon  cristiano  fossero  rinnoyati  in 
lui  e  ritipriti  per  guisa;  che  anche  in  qualsiasi  altra  persona  sarebbero 
paruti  piu  che  ordinarii. 

8.  Pensava  niolto  alia  sua  poyera  moglie,  che  lasciaya  senza  proyyc- 
dimento  di  sorta  alcuna,  gioyane  e  con  un  bambino  di  yenti  mesi.  Quan- 
te  yolte  yedeva  il  suo  confessore,  altrettante  parlaya  di  lei  e  del  tiglio. 
La  raccomandaya,  affinche  questi  prendessene  cura,  e  soprattutto  la  in- 
dirizzasse  al  bene  deiranima.  La  derelitta  Lucia  (cosi  chiamasi)  si  prc- 
sentava  spesso  al  religioso,  col  suo  bambino  in  braccio,  ed  era  diyen- 
tata  come  stupida,  pel  caso  fatale  del  marito.  Campaya  con  otto  baioc- 
chi  al  giorno,  che  guadagnaya  con  porgere  seryizio  in  una  casa,  e  coi 
soccorsi  della  carita  crisiiana,  i  quali  non  le  vennero  nieno.  Desidero  il 
Monti  yederla  dopp  la  sua  comunione,  ma  non  gli  fu  permesso  dal  re- 
golamento;  ed  egli  disse:  «  Sia  fatta  la  yolonta  di  Dio!  »  L1  ultima  yolta 
che  il  sacerdote  ando  a  yisitarlo  nella  segreta,  gli  disse:  «  Che  yuol  es- 
sere,  che  mia  moglie  non  mi  porto  i  panni?  che  stesse  ppco  bene?  che 
la  creatura  stia  male?  Vegga  un  poco.  Le  raccomando  il  mio  Giro  (nomc 
del  bambino):  quando  sara  grande,  s1  impegni  lei  per  farlo  mettere  in 
S.  Michele  e  non  altrove.  »  Preferiva  S.  Michele,  ad  o^ni  altro  ospizio 
di  Roma,  e  questo  suo  desiderio  espresse  molte  yolte.  Ora  sappiamo 
che  la  carita  pubblica  e  privata  gia  ha  proyveduto  e  tuttavia  proy- 
yede.  II  S.  Padre  manifesto  il  suo  animo  benetico  di  dare  alia  donna  c 
al  bambino  un  conyeneyole  ricoyerp. 

Ancora  pesayagli  grandemente  il  pensiero  de'  suoi  debiti,  sia  perche 
non  poteya  soddisfarli,  sia  pel  timpre  che  i  creditor!  non  dessero  mole- 
stia  alia  sua  yedoya.  Per  mettervi  qualche  rimedio,  scrisse  diligente- 
mente  la  nota  de'  suoi  creditor!  e  dell'  ayere  di  ciascheduno  (nell'auto- 
grafo  che  noi  yedemmo,  somma  il  debito  totale  a  scudi  77  e  bai.  30); 
affinche  si  potesse  raccomandare  il  pagamento  alia  carita  dei  benefatto- 
ri,  e  ne  avesse  riposo  Tanima  sua,  e  quiete  la  moglie.  II  poyero  Monti 
dalla  setta  malvagia,  che  1'  aveva  adoperato  come  strumento  di  assassi- 
nio,  e  affidatigli  tra  gli  altri  i  due  orrendi  misfatti,  uno  eseguito  a  Ser- 
ristori,  el' altro  simile,  attentato  alia  caserma  di  Cimarra,  era  stato  ri- 
pagato  con  estrema  miseria ;  tanto  che  dal  5  Ottobre,  giorrio  in  cui  si 
levo  dal  layoro,  per  mettersi  interainente  al  soldo  del  Cucchi,  non  pote 
ayanzare  un  centesimo,  e  in  prigione  andaya  lacero  dei  panni,  come  r  ul- 
timo dei  pezzenti. 

Non  avendo  altro  a  lasciare  alia  redova,  le  lascio  una  fotografia  (rab- 
biamo  yeduta),  che  una  pia  dama  ayeva  inyiato  a  lui  nel  carcere.  Rap- 


DI  GIUSEPPE  MONTI  E  DI  GAETAJsO  TOGNETTI  733 

presenta  un  Gesu  Nazareno  e  la  Madonna  del  Buon  €onsiglio;  ed  egli 
vi  scrisse  sul  rovescio  queste  parole  di  sua  mano :  «  Lucia !  quest'  im- 
«  magine  el'eredita  che  ti  lascio.  Ricordati  di  tenerla  a  caro  piii  della 
«  rita  mia.  Ogni  yolta  che  Y  avrai  in  mano,  ricordati  di  pregarla  die 
«  ti  salvi  1'anima  e  che  salvi  e  aiuti  il  nostro  piccolo  figlio,  e  ricpr- 
«  dati  di  me  e  di  chi  mi  dono  la  suddetta.  Quando  Giro  sara  grandc, 
«  gliela  darai.  Addio.  Sii  bupna.  Tuo  Peppe,  10  Novembre  1868.  » 

9.  II  npme  del  suo  piccolo  Giro  era  continuamente  sulle  sue  labhra,  e  an- 
che  a  lui  voile  lasciare  quel  solo  che  poteva,  un  libretto  di  Massime  eter- 
ne;  inculcando  caldamente  al  sacerdote  che  lo  visitava,  di  farglielo  per- 
venire,  come  quegli  ibsse  giunto  all'  uso  di  ragione.  Ed  ecco  le  belie 
parole  che  il  povero  padre  vi  scrisse  sopra  di  suo  pugno,  e  che  noi  vi  leg- 
gemrao:  «  Amato  figlio,  ti  prego  tenere  questo  libretto  in  memoria  dcl- 
«  1'infelice  padre  tuo,  ed  ogni  volta  che  leggerai  questi  sentimenti, 
«  ricordati  di  recitare  una  terza  parte  di  rosario  in  suffragio  dell'anima 
«  di  tuo  padre.  Figlio  mio!  questo  libretto  e  Tunica  eredita  che  ti  lascio. 
«  Sappi  che  ti  fruttera  il  mille  per  certo.  Questo  e  stato  I'ultimo  amico 
«  mio  piu  fedele.  Figlio  mio,  fuggi  i  compagni  cattivi,  e  rifletti  che  i 
«  compagni  cattivi  mi  hanno  condotto  su  di  un  patibolo.  A  ma  e  rispetta 
«  dopo  Dio  e  la  B.  Yergine,  la  tua  cara  madre,  cosi  sarai  felice.  Confes- 
«  sati  spesso,  almeno  una  volta  al  mese,  e  la  vendetta  che  devi  fare  di 
«  tuo  padre,  sara  di  non  abbandonare  mai  questo  libretto,  e  non  parlare 
«  mai  con  chicchessia  della  mia  fine,  e  quando  ti  faranno  questi  parlare, 
«  ti  prego,  anzi  ti  scongiuro,  tu  yoltare  via  senza  rispondere.  Figlio  mio? 
«  quest1  c  stato  V  ultimo  mio  desiderio,  e  spero  che  lo  eseguirai.  Studia 
«  e  vivi  da  vero  cristiano,  che  Iddio  ti  aiutera.  Prendi  la  divozione  allat 
«  Madonna,  e  non  fare  passar  giorno  che  non  preghi  Maria  Santissima 
«  che  ti  faccia  eseguireT ultimo  mio  desiderio.  Rispetta  i  miei  parent^ 
«  se  ti  troverai  con  essi.  Se  tua  madre  tornera  a  maritarsi,  tu  vattene  a 
«  Fermo,  e  quando  avrai  21  anni  ritorna  con  tua  madre,  ma  non  deyi 
«  mai  dimenticarla.  lo  voglio  questo,  accio  tu,  o  amato  Giro,  non  stii 
«  sotto  la  tutela  di  un  padregno  che  tu  rispetteresti  piii  di  tua  madre.  Ti 
«  prego  di  un'altra  cosa,  ed  e  che  questo  libretto  non  lo  consegni  mai  a 
«  nessuno.  E  la  memoria  del  padre  tuo,  che  tu  non  hai  potuto  conoscere, 
«  perche  i  compagm  te  ne  hanno  private.  Figlio  mio!  se  il  Signpre  mi 
«  concede  la  salvezza  deiranima,  io  preghero  per  te,  e  tu  esaudisci  cio 
«  che  ti  ho  detto,  e  spero  che  non  vorrai  trasgredire  gli  ultimi  sentimenti 
«  del  tuo  padre.  Addio!  vivi  in  pace,  e  dandoti  la  S.  Benedizione  e  mille 
«  bagi  ogni  volta  cbe  leggerai  il  suddetto  libretto.  Addio !  sono  tuo  pa- 
«  dre  Giuseppe  Monti.  » 

10.  Travagliavasi  di  molto  dell'acerbissimo  dolore,  che  i  suoi  vecchi 
genitori  prenderebbcro  della  sua  fine  infame,  e  del  dispnore  che  ne  rica- 
drebbc  sopra  tutta  la  famiglia  huona  e  cristiana.  A  riparazione  di  che 
scrisse,  la  vigilia  della  comunione,  una  lettera,  che  diede  aperta  al  solito 
sacerdote,  allinche  per  vie  private  la  facesse  pervenire  alia  destinazione, 
come  fu  fatto:  ed  ecco  il  tenore  della  lettera,  la  quale,  attesa  la  espressa 
volonta  dello  scrivente,  si  puo  pubblicare:  «  Amati  miei  genitori.  Padre 
«  mio!  questa  e  Tultima  lettera  che  Tinfelice  figlio  vostro  vi  scrive.  Que- 
«  sta  sara  la  memoria  della  infelice  mia  fine.  Tutto  ho  saputo,  quanto 
«  avete  camminato  per  la  mia  salvezza.  Padre  mio,  io  ve  ne  ringrazio,  e 


734  RELAZIONE  BEGLI  ULTIMI  GIORNI 

«  vi  prego  di  consolaryi  e  di  consolare  Faddolorata  madre  mia,  mentre 
«  sappiate  che  moltissimi  sono  stall  gVimpegni  che  gli  uomini  hanno  avu- 
«  to  per  me,  ma  Iddio  non  vuole  che  resti  impunitp  un  cosi  grave  delitto, 
«  e  percio  vuole  che  io  muoia  e  salvarmi.  Io  muoio  rassegnatissimo :  ho 
«  richiesto  il  mio  confessore  il  p.  Blosi  che  yoi  conoscete,  al  quale  ho  fatto 
«  gia  la  confessione  generale,  e  domani  Giovedi  5  Noyembre  mi  accosto 
«  indegnamente  alia  mensa  eucaristica.  Consolate  i  miei  fratelli  e  la  mia 
«  sorella.  Yi  domando  in  ginocchio  perdono  di  tutti  i  dispiaceri  e  disub- 
«  bidienze  che  vi  ho  fatto,  e  spero  che  BOD  vorrete  negarmi  tanta  grazia. 
«  Cosi  domando  perdono  all'amato  mio  fratello  Filippo,  ed  io  perdono  di 
«-cio  che  per  nulla  ci  fece  irare  fra  noi.  Domando  perdono  a  tutti  e  tre, 
«  o  amati  fratelli  e  sorella,  di  tutti  gli  scandali  che  yi  ho  dato.  Spero  che 
«  non  vorrete  negarmi  il  perdono  che  di  yero  cuore  io  reciprocameute  vi 
«  mando.  Yi  prego  di  non  abbandonare  i  nostri  amati  genitori  e  conso- 
«  larli  in  questo  gran  dispiacere,  e  aiutarli  nella  loro  vecchiaia.  0  madre 
«  mia!  qual  contentezza  sarebbe  stata  per  me,  abbracciarvi  per  Y ultima. 
«  yolta.  Mi  consolo  pero  che  ci  abbraccieremo  iri  paradiso.  Consolatevi 
«  e  pregate  Dio,  che  salvi  Tanima  deir  infeliee  yos*ro  figlio,  e  bacio  al- 
«  meno  col  desiderio  le  yostre  mani,  o  miei  genitori,  e  vi  chiedo  la  S.Be- 
.«  nedizione.  Yi  raccomando  il  mio  figlio  Giro,  Tinfelice  Lucia  mia  con- 
«  sorte.  Addio,  Addio.  Non  posso  piu  scrivere.  Yostro  figlio  Giuseppe 
«  Monti.  » 

11.  Che  se  il  Monti  si  risoyvenne  del  debito  di  buon  figliuolo  verso  i 
parenti  per  sangue,  molto  piu  ebbe  a  cuore  il  dover  suo  verso  il  Padre 
universale  dei  fedeli.  Non  aveva  messo  mano  ai  delitti  per  istudio  di 
parte,  e  molto  meno  per  odio  al  suo  Sovrano:  ma  solo  trascinatovi  daila 
catena  di  setta,  e  per  quella  crudele  necessita,  che  nasce  da  un  primo 
passo  messo  in  sul  pendio  del  precipizio;  ed  e  incredibile  a  dirsi,  quanto 
si  affliggesse  della  fellonia  contro  il  Santo  Padre.  Pertanto  nelle  ore  dopo 
la  comunione,  il  giorno  o  Novembre.  senza  che  niuno  ve  lo  esortasse, 
penso  di  chiedere  scusa  anche  a  lui.  Disse  poi  di  avere  cio  fatto,  anche 
per  rallegrare  il  cuore  del  Sauto  Padre,  dandpgli  a  conoscere  la  propria 
conversione.  Mostro  in  questo  un  sincero  e  delicatissimo  sentimento:  poi- 
che  temendo  non  forse  paresse,  che  con  quell'atto  egli  dimandasse  la  gra- 
zia, deila  quale  aveva  smesso  al  tutto  ogni  pensiero,  nel  consegnare  la 
lettera  al  sacerdote  suo  confidente,  gli  fece  promettere  che  la  lettera 
non  sarebbe  presentata  al  Pontcfice  prima  della  morte  sua. 

Noi  gia  ne  pubblicammo  il  testo,  sulFautografo  stesso  del  Monti,  nel 
quademo  antecedente,  a  pag.  617.  Basterebbe  questa  lettera  anche  sola 
a  smentire  i  suoi  calunniatori,  che  tentarono  far  credere,  il  Monti  essere 
andato  a  morire  impenitente,  e  con  in  bocca  discorsi  di  settario  ostinato. 
Di  siffatte  cose  mostrava  anzi  un  orrore  sommo,  couoscendo  a  pray  a,  che 
senza  la  perversita  delle  sette,  non  sarebbe  dirovinato  nel  baratro  di  syen- 
ture  ove  gemeva.  E  non  solo  parlavane  cosi  col  suo  confessore,  ma  ezian- 
dio  con  altri,  che  ce  ne  diedero  testimonianza.  Di  spacciare  lettere  poli- 
tiche,  neppure  un1  ombra  di  pensiero  caddcgli  in  mente:  e  gli  scritti 
suoi,  dopo  la  sentenza  di  morte,  sono  tutti  pieni  di  spirituale  rawedi- 
mento.  Quanto  alia  lettera  o  piuttosto  supplica  e  ammenda  indirizzata  al 
Santo  Padre,  questa  era  scritta  in  foglio  aperto.  II  Sacerdote  ritennela 
nel  portafogli  lino  all'  ultimo  giorno :  e  il  Monti ,  poche  ore  prima  di 


DI  GIUSEPPE  MONTI  E  DI  GAETANO  TOGNETTI  735 

nwoversi  dalle  career!  per  andarc  al  patibolo ,  gli  dimando  con  viva 
islanza,  se  avrebbe  poi  consegnata  la  lettera.  Allora  quest!  la  trasse  t'uo- 
ri,  alia  presenza  degli  astanti,  confratelli  ed  altri,  e  glicla  mostro,  dicen- 
dogli :  «  Questa  mattina,  quando  tu  sarai  in  cielo,  questa  lettera  sara 
deposta  ai  piedi  del  Santo  Padre. »  Oi  che  il  Monti  si  mostro  molto  sod- 
disfatto. 

La  earta  fu  tosto  consegnata  a  Monsig.  Samminiatelli,  Cameriere  se- 
creto  di  Sua  Santita,  che  anch'esso  essendo  confralello  della  Misericor- 
dia,  e  coneorso  cogli  altri  gentiluomini  al  pietoso  ufh'cio  di  confortalore, 
trovayasi  presente  e  colle  divise  della  Confraternita.  Questi  promise  di 
eseguire  la  volonta  del  Monti  entro  poche  ore:  e  cosi  fece.  II  Santo  Padre 
poi,  facendo  ragionc  al  manifestato  desiderio  del  pcnitente,  permise  che 
si  pubblicasse,  per  commie  ediiicazione. 

Alcimi  osarono  gittar  duhbio  snir  autenticita  di  questa  scrittura :  ma 
noi  crederemmo  tall  ire  al  decoro,  se  anche  solo  tentassimo  di  addurrc 
ragioni  o  altri  tcslimonii ,  mentre  abbiamo  cogli  occbi  nostri  veduto 
1' autografo :  autografo  rimesso  ad  un  prelato  illustre  da  un  venerando 
uomo,  in  presenza  di  persone  qualiticate,  autografo  concorde  con  gli  al- 
tri atti  pubblici  dello  scrivente,  e  sportoci  con  degnazlone  sovrana  da 
ima  mano,  di  cui  non  \i  e  piu  augusta  e  veiieraricja  sulla  terra.  Non 
iscriyiamo  qui  per  discutere,  molto  meno  per  convincere  gli  uomini  di 
mala  fede :  si  solo  per  editicare  i  fedeli. 

12.  E  certo  riusci  in  tutta  Roma  di  singolare  esempio :  percioccbe  an- 
cbe  yolendo  chiedere  perdono  al  Santo  Padre,  non  era  necessario  che  ii 
Monti  si  accusasse  pubblicamente  per  Carbonaro.  In  questo  si  vide  la  ge- 
nerosita  del  suo  animo  veramente  rayyeduto.  E  ancora  si  scorge  nello 
scrittp  il  desiderio  grande  che  eragli  surto  nelVanimo,  di  riparare  come 
che  si  fosse  allo  scandalo  dato,  richiamando  altrui  dal  cattiyo  'senliero. 
La  carita  del  prossimo  brillava  in  tutte  le  sue  azioni.  Go-glieya  a  yolo  Ic 
occasion!  tutte  di  operar  qualche  bene,  e  si  angustiaya  di  non  poter  ri- 
meritare  quelli  che  taceyano  del  bene  a  lui.  Spesso,  anche  neirultimo  e 
col  pensiero  della  morte  giu  imminente,  diceva:  «  Non  so  corne  ringra- 
ziarc  i  cnstodi  dai  quali  riceyo  tanti  piaceri :  non  mi  negano  cosa  alcuna 
che  mi  abbisogni,  e  ci  rimettono  della  borsa,  poveretti !  » 

Or  ecco  pcrche  costoro  mostra\ansi  cosi  cortesi.  Parra  incredibile,  c 
pure  e  certo,  cbe  tale  era  redificazione  ch'egli  daya  colla  sua  condotta, 
che  nelle  Carceri  Nuove,  soprastanti  e  cnstodi  gli  ayeyano  sul  tine  posto 
comeuna  specie  di  venerazione,  e  non  si  peritayano  di  dire:  «  Poyer'uo- 
moi  non  si  conosce  piu:  ora  sembra  un  angelo.  »  E  questo  il  sappiamo 
da  chi  lo  intese  piu  voite  dalla  loro  bocca. 

Alcuni  mesi  addietro  era  stato  airinfermeria  delle  earceri,  e  un  came- 
rata  condaunato  a  piu  anni  di  detenzione  lo  ayeva  servile  da  infermiere 
con  molto  affetto.  11  Monti  si  appenava  di  non  poterlo  ricompensare. 
Percio  non  cessava  di  raccomandarlq  al  confessore,  affmche  questi  si  in- 
isse  per  eolui.  Venuti  i  signori  della  Courraternita  per  confortarlo 
airestremo  defla  vita,  non  si  scordo,  in  si  ferale  distretta,  del  suo  infer- 
miere; e  conoscendo  che  essi,  principi  e  prelati,  polrebbero  di  molto 
giovargli  colle  loro  intercession!,  li  prego  affinche,  porgendosi  T  occa- 
casione  propizia,  pagassero  essi  il  suo  debito  di  riconoscenza,  impetran- 
do  al  povero  coridannato  una  diminuzibne  di  pena;  ne  si  quieto,  tinchc 
non  gli  fu  promesso,  che  sarebbe  fatto  secondo  il  suo  desiderio. 


736  RELAZIONE  DEGLI  LLTIMI  GIORNI 

Gli  era  statp  aggiunto  per  compagno  di  segrcta  un  giovane  inquisito 
di  fur  to.  Costui  era  rozzo  e  ignorante  assai.  II  Monti  prese  a  insegnar- 
gli  la  Dottrina  cristiaua,  clie  esso  sapeya  benissimo ;  gli  yeniva  sugge- 
rendo  buoni  consigli;  ed  esortavalo  a  confessarsi  e  confessarsi  bene.  Ot- 
tenne  pienamente  il  suo  intento.  II  che  gli  riusci  d' incomparabile  conso- 
lazipne :  perciocche  gli  sembraya  con  questo  di  soddisfare  alia  divina  giii- 
stizia,  per  coloro  ch'egli  ayeya  cosi  scelleratamente  (com'egli  stesso  di- 
ceya)  niesso  a  morte,  privandoli  periino  dei  sacramenti;  della  quale  ul- 
tima circostanza  manifestaya  profondo  sentimento  e  dolore.  Spesse  \olte 
altresi  ripeteva :  «  Povera  Rpsina !  che  male  ayeyi  tu  fatto  ?  »  e  yoleva 
compiangere  una  bambina  di  sei  anni,  cosi  chiamata,  rimasa  oppressa 
sotto  le  ruine  della  caserma  Serristori. 

13.  Ma  egli  anelaya  a  giovare  ancbe  piu  yastamente,  massime  alia 
gioyentu,  e  pero  si  pose  in  cuore  di  recitare  sul  palco  del  supplizio  una 
arringa.  La  scrisse  tutto  da  se,  e  tenevala  studiosamente  apparecchiata, 
per  leggerla  in  quest1  estremo  momento.  Di  poi  riflettendo  che  forse  cio 
non  sarebbegli  facilmente  riuscito,  si  risolvette  di  leggerla  alia  presen- 
za  di  molti  assistenti  prima  della  sua  Comunione  per  Viatico ;  e  a  cjuesto 
fine  recayalasi  in  petto,  quando  fu  tradotto  alia  prima  conforteria.  Gli 
fu  fatto  osseryare,  che  non  praticandosi  altrettanto  dal  suo  compagno 
di  sciagura,  questi  potrebbe  ayerne  non  so  quale  dispiacere.  Si  rendet- 
te,  ma  non  dismise  interamente  il  pensiero :  solo  il  cambip  affidando  la 
carta  al  suo  confessore,  e  incaricandolo  di  dare  la  maggipre  pubblici- 
ta  possibile  allo  scritto,  che  egli  intitolaya;  Testamento  spirituale.  Eccolo 
fedelmente  ricopiato. 

«  lo  Giuseppe  Monti  da  Fermo,  d'anni  33,  neiratto  di  salire  sul  palco 
«  di  morte,  aove  dovro  tra  poco  espiare  il  mip  delittp  e  comparire  tosto 
«  al  tribunale  deirAltissimo,  riyolgo  a  tutti  gli  uomini  della  terra  queste 
«  ultime  parole,  che  desidero  siano  tradotte  in  tutte  le  lingue,  affinche  la 
«  mia  morte  tragga  molti  e  molti  dalla  yia  della  iniquita. 

«  Condotto  dal  mio  delitto  a  morire  per  mano  del  carnefice,  prima 
«  di  esalare  I1  ultimo  spirito,  a  yoi  tutu  a  cui  e  arrivato  airorecchio 
«  la  notizia  del  mio  delitto  a  Serristori,  riyolgo  spontaneamente  que- 
«  ste  mie  parole,  mestamente  nel  carcere,  doye  piu  yolte,  anche  in  pre- 
«  senza  di  testimonii,  ho  esecrato  la  mia  condotta. 

«  Se  io  ayessi  seguito  la  mia  coscienza,  le  yoci  della  religione ,  le 
«  prime  massime  avute  nella  mia  infanzia  dai  miei  buoni  yecchi  genito- 
«  ri  che  lascio  immersi  nel  piu  acerbo  cordoglio,  se  ayessi  fuggito  i  cat- 
«  tiyi  compagni,  non  mi  sarei  condotto  a  questo  passo. 

«  Lo  conosco,  ma  troppo  tardi,  quindi  mi  riyolgo  a  voi  che  ayele 
«  preso  scandalo  dal  mio  operate  e  vi  domando  perdono.  Deh,  siete 
«  amacti  della  Santa  Chiesa  Cattolica,  Apostolica,  Romana,  fuori  della 
«  quale  non  yi  e  salute. 

«  Ah,  quali  consolazioni  ha  avuto  ranima  mia  da  piu  giprni,  in  cui 
«  mi  sono  accostato  ai  santi  Sacramenti  istituiti  da  nostro  Signor  Gesu 
«  Cristo !  La  sola  religione  cattolica  apre  le  porte  del  cielo  ai  suoi  cre- 
«  denti :  tutte  le  sette  non  hanno  che  inganno,  assassinio  e  morte. 

«  Io  ho  gia  scritto  al  sommo  Pontefice  mio  Sovrano,  chiedendogli  per* 
«  dono  della  fellonia  e  assassinio  da  me  cominessi,  e  pregandolo  che  fa- 
«  cesse  pubblici  i  miei  sentimenti. 


DI  GIUSEPPE  MONTI  E  DI  GAETANO  TOGNETTI  737 

v(  Dunque  voi  tutti  che  mi  avete  imitato  nclla  colpa,  imitatemi  nella 
«  penitenza,  praticate  la  religione  cattolica,  locche  si  ottiene  colla  fre- 
«  quenza  ai  Sacramenti ,  coll1  intervenire  alia  dottrina  cristiana ,  alia 
«  spiegazione  del  Vangelo,  coll1  astenersi  dalla  raaledetta  bestemmia, 
«  coironorarc  i  superiori,  col  fuggire  le  compagnie  cattive  e  cpll'essere 
«  devoti  della  Madonna  del  Pianto  (Titolo  di  Santaario  divotissimo  in 
«  Fermo,  e  altrove).  Una  piccola  divozione,  fatta  ogni  giorno  alia  Ma- 
«  donna,  mi  ha  salvato. 

«  Leggete  libri  buoni.  La  lettura  dei  buoni  libri,  fatta  nell'anno  della 
«  mia  detenzione,  mi  ha  illuminato  rintelletto  e  mi  ha  mutato  il  cuore. 
«  Confortato  dai  Sacramenti  desidero  espiare  colla  morte  il  mio  delittq. 

«  Spero  pei  meriti  di  Gesu  Crislo,  di  Maria  Santissima,  di  S.  Giu- 
«  seppe,  di  cui  porto  indegnamente  il  nome,  di  andar  in  paradiso.  Ma 
«  se  Dio  benedetto  volesse  che  penassi  qualche  tempo  in  purgatorio, 
«  santi  sacerdoti,  buoni  cristiani,  mi  raccomando  alle  yostre  orazioni. 

«  Ringrazio  i  custodi  che  mi  hanno  usato  lanta  carita :  ringrazio  tutti 
«  quelli  che  mi  hauno  prestato  assistenza.  Perdono  a  tutti  quelli  che  nil 
«  (hanno)  fatto  del  male,  come  desidero  che  loro  perdonino  a  me  i  miei 
«  mancamenti,  e  che  sopra  ogni  cosa  Dio  perdoni  a  me,  povero  pecca- 
«  tore.  Cosi  spero  udirmi  nel  cuore  quelle  parole  che  Gesu  Cristo  (dis- 
«  se)  al  buon  Ladro:  Oggi  sarai  meco  in  paradiso.  Giuseppe  Monti.  » 

Dal  contesto  medesimo  di  questo  scritto,  si  scorge  ch'egli  avevalo  con 
grande  studio  apparecchiato,  per  gli  estremi  momenti.  Ma  anche  senza 
tale  recitazione,  riuscirono  questi,  oltre  ogni  dire,  edificanti. 

14.  A  differenza  del  Tognetti,  il  Monti  seppe  sicuramente  la  dccretata 
esecuzione  fin  dalla  mattina  del  giorno  precedente.  Fu  provvidenza  di 
Dio.  II  suo  confessore,  avvertito  deirimminente  supplizio,  si  reco  da  lui 
il  giorno  di  domenica,  22  Novembre,  e  il  dispose  quanto  pote,  e  lascio- 
gli  ancora  un  buon  soccorso  in  danaro  e  un  regalo  di  sigari ;  ma  tacque 
al  tutto  la  fatale  notizia.  II  giorno  seguente  non  fu  possibilc  celarla  piu 
oltre.  Ed  ecco  in  qual  modo  egli  venne  a  capo  di  risapere  quello  che 
bramava  e  temeva  al  tempo  istesso.  Quel  Yenerabile  sacerdpte,  che  so- 
pra  dicemmo  essere  stato  incaricato  di  disporre  il  Tognetti  prossima- 
mente  alia  morte,  dopo  dette  alcune  parole  a  costui,  opportune  al  bisq- 
gno,  senza  svelare  cniaramente  il  segreto ;  passo  a  Yisitare  il  Monti. 
Trovollo  tuttavia  seduto  sul  letto  ,  e  di  questa  novita  chiesegli  la 
cagione. 

-  Padre  rispose  quegli,  gia  da  piu  ore  sono  sveglio,  ma  sono  stato 
cosi  per  dirmi  tutte  le  mie  orazioni  e  preghiere  con  piu  raccoglimen- 
to.  —  Poi  chiamando  piu  presso  a  se  il  ministro  di  Dio,  gli  dimando  con- 
iidentemente :  —  CTe  nulla  di  nuovp  ? 

-  Che  vuoi  che  ti  dica,  figlio  mio?  per  ora  non  ti  ppsso  dir  nulla. 
Ed  il  Monti,  che  accqrto  era  e  pronto  :  —  Padre  ,Giuliano,  a  me  sta  in 

rapo,  che  domani  mattina  si  eseguira  la  sentenza.  E  vero?  C'indo\ino? 
II  religipso  si  strinse  nelle  spalle,  ne  seppe  altro  rispondere.  Allora 
quegli  ripiglio :  —  Via,  me  lo  dica  pure,  che  a  me  non  fa  nulla :  anzi, 
se  me  lo  dice,  mi  fa  una  carita,  perche  cosi  non  mi  fara  tanto  senso 
<|uando  yerranno  i  custodi  ad  ammanettarmi,  ed  anche  perche  cosi  og- 
gi  me  ne  sto  piu  racoolto,  e  passero  la  notte  in  orazione  c  piu  iinito 
con  Dio. 
Serie  V/7,  vol.  IV,  fasc.  450,  47  12  Deembre  18C8. 


738  RELAZIONE  DEGLI  ULTIMI  GIORNI 

II  buon  sacerdote  yedendo  si  straordinarie  disposizioni,  credettc  pm- 
dentemeiite  poter  passarsi  delle  regole  ordinarie,  pero  soggiunse: 
— -  E  bene,  Monti  mio  caro  stattene,  pure  raccolto  in  Dio  e  in  orazione, 
perch  e  dimani,  come  spero  nella  misericordia  del  Signore ,  sarai  unito 
con  lui  nella  beata  eternita. 

Non  fece  segno  di  sbigottimento  alcuno  il  povero  condannato :  ma  pre- 
se  la  mano  del  sacerdote,  la  strinse  fortemente,  alzando  gli  occhi  al  cie- 
lo ;  e  poi  baciando  replicatamente  la  mano:  —  Padre,  disse,  io  la  rin- 
grazio  tanto,  tanto...  Mi  raccomandi  ai  Signore.  — 

Interrogato  dipoi  la  mattina  della  sua  morte,  se  quel  terribile  annunzio 
Tavesse  messo  in  agitazione :  —  No,  rispose  egli,  anzi  mi  e  servito  per 
prepararmi.  Non  sono  andato  a  dormire  ier  sera,  ho  fatto  orazjone  tutta 
la  notte.  —  Fece  anche  meglio :  perciocche  dopo  la  fatale  rivelazionc 
ayendo  veduto  il  custode  Luigi  Monti,  gli  disse,  che  egli  presentiva  la 
intima  da  farsegli  nella  prossima  notte,  e  lo  pregava  di  volerlo  ammanet- 
tare  ad  un'  ora  di  notte,  e  condurlo  nella  cappella,  affine  di  aspettare  il 
Capitano  din  anzi  air  altare,  e  quiyi  ascoltare  la  lettura  della  sentenza.  11 
custode  resto  ammirato  di  tale  proposta,  ma  non  ardi  esaudirla  di  suo 
arbitrio :  e  il  Monti  ne  ebbe  solo  il  merito  dinanzi  a  Dio.  Allorche  giunta 
la  Confraternita  della  Misericordia,  e  aperta  la  conforteria,  si  presenta- 
rono  i  custodi  per  ammanettare  il  Monti  e  condurlo  ad  ascoltare  la  fatale 
lettura,  il  trovarono  che  gia  li  attendeva  in  preghiera.  Lascio  egli  a  co- 
storo  compiere  il  loro  dovere,  poscia  udita  la  sentenza,  disse : « Signore, 
ti  ringrazio :  io  merito  anche  peggio...  Sia  fatta  la  tua  santa  yolonta !  » 

15.  Allora  lurimesso  nelle  mani  dei  confortatori,  econdottp  alia  con- 
forteria, per  passare  poi  alia  cappella,  e  farvi  le  sue  divozioni,  come 
si  disse  di  sopra  parJando  del  Tognetti.  La  prima  cosa,  entrando  in 
conforteria ,  fu  domandare  a  yoce  alta  e  con  somma  ansieta  al  confra- 
tello  Proweditore ,  che  gli  facesse  yenire ,  al  piu  tosto  possibile ,  il  suo 
confessore.  Del  resto  era  tranquillo  e  rassegnato  alia  sua  sorte.  Sola 
rammaricayasi  pensando  alia  moglie  ed  al  tenero  figliuolo :  e  per  sol- 
leyarlo  da  cjuesta  angoscia,  il  confessore  promisegli  che  ne  prende- 
rebbe  sollecitudine  egli  medesimo,  e  attesa  la  carita  romana,  non  man- 
cherebbe  ospizio  per  Tuna  e  per  Faltro. 

Desidero  riconciliarsi  noyellamente  in  confessione :  il  che  fu  fatto  in 
pochi  istanti,  ayendo  gia,  nei  giorni  precedent! ,  spddisfatto  a  se  stesso. 
Dopo  di  che  il  confessore ,  che  ayeya  notata  la  diyozione  singolare  del 
penitente  yerso  la  Madonna  del  Pianto,  yeneratissima  in  Fermo ,  patria 
di  lui ,  trasse  fuori  un  quadretto  in  cui  posta  ayeya  la  immagine  ap- 
punto  della  Madonna  del  Pianto.  Fu  come  un1  apparizione  celeste:  il  po- 
yero  condannato  la  prese  in  mano ,  se  la  strinse  al  petto,  la  stampaya 
di  caldi  baci,  e  comincio  a  yoce  alta  un  colloquio  tenerissimo,  come  s& 
dalla  patria  fosse  yenuta  la  Vergine  benedetta  a  consolare  le  sue  agonie. 
«  Cara  Madre ,  sclamaya  egli  pur  continuandq  a  baciare  la  immagine, 
quanti  anni  spno  che  non  ti  ho  yeduto!...  Ah,  ti  sei  ricordata  di  me,  nel 
mio  grande  bisogno...  Ah,  quanto  ti  ringrazio...  Sei  proprio  yenuta  per 
aiutarmi?...  Che  sii  benedetta,  cara  Madre  del  Pianto.  »  Con  queste  e 
simili  parole ,  chn  egli  proferiya  con  animq  infocato ,  si  trattenne  a  suo 
belVagio,  e  fmalmente  si  pose  T  immagine  in  sent,  e  quando  levossi  per 
assistere  ginocchioni  alia  S.  Messa,  la  colloco  a  suo  fianco  sulla  baluu- 
strata,  ne  piu  yolle  diyiderla  da  se,  sino  all1  ultimo  istante  della  yita. 


DI  GIUSEPPE  MONTI  E  DI  GAETANO  TOGNETTI  739 

Allora  pure  ebbe  il  colloquio  col  Tognetti,  di  cui  sopra  parlammo,  e 
si  interesso  perche  fosse  ricapitata  dopo  la  sua  morte,  la  lettera  di  scusa 
al  S.  Padre,  e  diyulgato,  com'esso  esprimevasi,  per  tutto  il  mondo  il  sup 
Testamento  spirituale.  «  Vorrei  diceva  egli  con  grande  spirito,  vorrei 
che  i  cattivi  cessassero  di  peryertire  i  poveri  figli  di  madre  ( modo  ro- 
manesco,  per  significare  la  giovenlu  in  generate).  Sarebbe  tempo  di 
farla  finita.  »  E  piii  yolte  ancora  ripete:  «  Oh  potessi  convertire  tutto 
11  mondo  1  » 

I  Confratelli  il  condussero  in  una  stanza  vicina,  dov'era,  giusta  il  con- 
suetp,  il  Provveditore,  il  quale  suol  fare  da  notaip,  e  altri  della  confra- 
ternita,  che  servono  come  testimonii,  a  (Fine  di  ricevere  legalmente  le 
sue  ultime  volonta.  Ed  ecco  alcuni  brani  dell1  atto,  di  cui  abbiamo  vedutp 
r  originate,  ed  e  tutto  di  pugno  del  confratello  Provveditore,  D.  Giovanni 
de1  Drincipi  Chigi,  e  che  sara  trascritto  ne'registri  della  Confraternita. 
«  Disse,  essere  suo  desiderio,  dopo  la  morte  sua,  di  voler  far  sapere  di 
«  esser  morto  da  buon  cristiano;  e  domanda  Ipro  (  ai  parenti )  perdono 
«  di  tutto  in  che  abbia  potuto  offenderli...  Disse  non  dover  dar  nulla 
«  ad  alcuno  (  aveva  gia  provveduto,  come  sopra  fu  detto).  Protesto  mo- 
«  rire  da  buon  cristiano ,  rassegnato  alia  volonta  di  Dio ,  domandando  a 
«  tutti  perdono.  Raccomanda  alia  Confraternita  la  povera  sua  infelice 
«  consorte  Lucia,  e  il  suo  figlio  Giro,  di  20  mesi,  pnde  per  quello  che 
«  dalla  Confraternita  si  potra  fare,  non  manchino  di  soccorso.  » 

Questo  primo  atto  e  sottoscritto  dal  paziente,  con  manp  sicura  e  per 
Hulla  tremante,  col  solo  nome  Giuseppe  Monti.  Ma  ppco  di  poi  fu  preso 
da  un  novello  pensiero ,  e  si  dovette  stendere  una  giunta  in  questi  ter- 
mini :  « II  paziente  Giuseppe  Monti,  prima  di  ricevere  la  S.  Comunione, 
«  rinnova  a  tutti  il  suo  animo  di  peraonare  a  chiunque  gli  avesse  recato 
«  qualunque  offesa ;  ed  accetta  con  cristiana  rassegnazione  anche  la 
«  morte ;  e  prega  cbe  questo  suo  atto ,  se  fosse  possibile ,  fosse  no  to  a 
«  tutto  il  mondo,  pnde  potesse  seryire  di  lume  a  quanti  Tavessero  imi- 
«  tato  o  volessero  imitarlo  ne1  suoi  falli.  Di  piu ,  dichiara  essere  state 
«  somme  le  grazie  con  le  quali  il  Signore  T  ha  aiutato  in  tutto  il  tempo 
«  che  e  stato  nella  carcere;  e  specialmente  in  questi  momenti ,  che  per 
«  esso  sono  gli  estremi.  »  Qui  il  Monti  sottpscrisse  con  mano  egual- 
mente  ferma :  «  Giuseppe  Monti ,  mano  propria  confermo  quando  (sic) 
sopra.  » II  quale  atto  conosciutosi  dal  Tognetti,  che  ivi  pressp  era,  voile 
anch'egli  formarne  uno  somigliante:  e  fu  incontanente  copiato  quello 
del  Monti  a  pie  del  testamento  del  Tognetti ,  e  da  costui  sottoscritto. 
Dopo  atti  si  nobili  e  cristiani,  alle  ore  due  e  mezzo,  secondo  il  privilegio 
dell1  Arcicpnfraternita ,  comincio  la  celebrazione  delle  Messe  per  la  san- 
ta  Comunione. 

IB.  Prima  di  muovere  per  F ultima  conforteria  fu  offerto  ai  pazienti 
un  convcnevole  ristoro.  Inoltre  avvenne  un  piccolo  incidente,  che  alcuni 
malamente  trayisarono ,  e  noi ,  non  iscrivendo  qui  per  contrastare,  ci 
contenteremp  di  ridurlo  alia  pura  verita.  Avevano  i  Confratelli  con  som- 
iiia  oarita  disposto,  che  1'  ultimo  a  morire  non  fosse  amareggiato  dalla 
vista  del  precedence  supplizio  del  compagnp,  e  neanche  il  yedesse  an- 
dare  al  palco.  Percio  eressero  due  conforterie  sul  luogp,  situate  cosi, 
che  una  non  vedesse^  Paltra;  ei  pazienti  ci  anplarono  in  due  distinte 
carrozze.  Inquella  che  vi  dovean  salire  i  pazienti,  due  Gendarmi  si  pre- 


740  RELAZI01SE  DEGLI  ILTIMI  GIORNI 

sentarono  per  prender  posto  al  loro  fianco.  Yi  si  oppose  ilsignor  GarineL 
aiuto  del  Provveditore  della  Confraternita ,  adducendo  il  contrariq  uso 
della  Confraternita,  la  quale  dal  punto  dell'intimata  sentenza  in  poi,  so- 
la si  accosta  al  condannato,  e  giudica  da  se,  quando  convenga  nchiede- 
re  la  presenza  della  forza  ^armata,  e  quando  sia  superflua.  Fu  riferita  la 
differenza  al  Provveditore.  E  da  no  tare  che  T  autonta  del  Provveditore 
in  questi  casi  e  somma.  Si  vede  piu  volte  colla  sua  parola  fermare 
eziandio  Tesecuzione  della  giustizia,  e  sospenderla  per  piu  ore,  quando 
egli  lo-reputa  necessario  alia  salute  eterna  del  paziente.  Cotale  arbilrio 
gli  viene  ordinariamente  commesso  dal  Pontetice.  II  Provveditore  adun- 
que  giudico  non  essere  necessaria  la  presenza  dei  Gendarmi  nelle  car- 
rozze,  attese  le  disposizioni  cristiane  dei  pazienti.  DalValtra  parte  non 
potevano  cedere  i  Gendarmi,  avendo  la  consegna  di  accompagnare  i 
pazienti.  Onde  fu  d'uopo  ricorrere  al  superiore  loro,  il  quale  ,  appena 
accennato  del  contrario  uso  della  Confraternita,  con  somma  cortesia, 
desistette. 

Molto  meno  ci  tratterremo  a  smentire  la  pretesa  barbaric,  commessa 
contro  i  pazienti,  nell1  annunzio  della  loro  vicma  morte.  dato  con  ipocrite 
parole  sulle  cantonate.  In  Roma  tutti  conoscono  le  cosi  dette  Tavolozze, 
che  non  si  composerp  a  bello  studio  per  Monti  e  Tognetti,  ma  sono  ta- 
vole  di  legno,  che  si  conservano  nelle  Confraternite,  sempre  le  medesi- 
me,  se  non  in  quanto  loro  si  aggiunge  un  biglietto,  manoscritto  o  stam- 
pato,  col  nome  del  paziente  e  il  delitto  per  cui  va  a  morire.  In  esse  s1  in- 
vita  il  p^polo  a  pregare  per  la  buona  morte  de1  pazienti.  Ed  e  uso  pie- 
tosissimo,  degno  di  essere  imitato  dovunque  sicrede  cheTuomo,  anciie 
reo  di  qualsiasi  misfatto,  ha  tuttavia  un1  anima  redenta  col  Sangue  di 
Gesu  Cristo.  Le  potesta  politiche,  giudiziarie,  civili,  in  Roma  non  ban- 
no  che  vedere  colle  Tavolozze ;  queste  sono  invece  tutto  opera  della  pie- 
ta  cristiana,  la  quale  s1  interessa  alia  salute  eterna  di  coloro,  cui  la  leg- 
ge  ha  gia  giudicato  a  perdere  la  vita  temporale.  E  il  buon  popolo  roma- 
no  in  fatti  accorre  alle  chiese  per  cotesto;  e  cbi  non  puo,  prega  in  fami- 
glia.  E  quando  poi  ode  dire,  cne  i  pazienti  hanno  dato  segno  di  ravve- 
dimento,  ciascunq  respira  e  si  consola ;  laddove  se  cio  non  accade,  rad- 
doppia  le  orazioni  con  somma  ansieta,  e  si  attrista,  se  non  ottiene  (caso 
rarissimo)  il  suo  intento. 

17.  Appena  giunto  il  Monti  alia  conforteria  presso  il  patibolo,  non 
avendo  veduto  quale  milizia  fosse  venuta  per  assistere,  ne  dimando  ai 
confratelli  assistenti ;  e  ripostogli  cbe  i  Zuavi  erano  presenti :  —  Tanto 
meglio,  soggiunse  egli;  bramerei  parlare  col  loro  Capo.  —  E  da  notare 
che  ve  n1  erano  due  battaglioni,  incaricati  di  formare  il  quadra  to,  e  non 
piii,  com'  altri  scrisse ;  delle  altre  armi  poi  un  distaccamento  per  cia- 
scheduna,  secondo  Tordinario.  II  confratello  marchese  D.  Giovanai  Pa- 
trizi  si  mbsse  adunque  per  contentare  il  povero  paziente.  Comandaya 
i  Zuavi  il  tenentecolonello  di  Charette,  il  quale  ayeya  fatto  il  possibile 
per  non  intervenire  neppure  al  supplizio,  e  non  vi  si  era  condotto  altri- 
menti  che  fqrzalo  dal  regolamento,  e  per  non  iscaricare  sopr'  altri  quel 
penoso  ufficio :  pure  appena  udito  il  desiderio  dell1  infelice  monbondo, 
consenti  ad  appagarlo. 

Entro  in  conforteria  in  quella  che  il  Monti,  avendo  gia  fatta  la  profes- 
sione  di  fede,  e  altri  atti  preparatorii  alia  morte  cristiana,  recitava  a  vo- 
ce  alta,  econ  incredibile  affettodi  umilta  e  di  compunzione  il  famoso  Atto 


DI  GIUSEPPE  MONTI  E  DI  GAETANO  TOGNETTI  741 

di  contrizione  del  Vener.  Paolo  Segneri :  i  circostanti  erano  tutti  lacri- 
mosi,  un  religioso  della  Madre  di  Dio,  confratello  della  Misericordia 
anch'esso,  piangeva  come  un  fanciullo:  e  il  di  Charette  fu  cpmmosso 
profondamente.  E  molto  piii,  allorche  il  Monti  si  rivplse  a  lui  suppli- 
candplo  del  perdono,  e  pregandolo  replicatamente  di  far  noto  il  suo 
pentimento  at  Reggimento  dei  Zuavi,  Ma  nulla  tanto  T  inteneri,  quanto 
il  raccomandare  che  il  Monti  fece  alia  pieta  dei  Zuavi  la  moglie  sua 
poveretta  e  il  tiglio,  e  chiedere  al  colonnejlo,  di  dargli  un  segno  del  suo 
perdono.  Fu  allora  che  il  colonnello  dei  Zuavi  lo  abbraccio  e  gli  die- 
de  il  bacio  del  perdono,  dicendogli :  «  Noi  tutti  vi  abbiam  perdpnato, 
siatene  certo,  e  ai  vostri  cari  gia  i  Zuavi  hanno  pensato.  »  E  usci  scla- 
mando :  «  Povero  disgrazialo !  »  E  fecc  tosto  distendere  un  breve  rap- 

Sprto,  ch'egli  gentilniente  voile  comunicare  anche  a  noi,  accompagnato 
i  una  lettera  autografa:  la  colletta  per  via  di  sottoscrizione  era  gia  co- 
minciata. 

A  noi  sembra  che  questo  atto  del  Monti,  il  quale,  condotto  presso  al 
palco  ferale,  non  vuole  comparire  al  tribunale  di  Dio  senza  il  perdono 
#uavi,  e  1'  atto  del  Colonnello  di  questi  che  gliel  accorda  con  tali  circo- 
stanze,  sieno  una  sWria  sublime,  e  degna  di  pennello  quanto  ogni  altra. 
Sarebbe  atta  a  rivelare  i  frutti  e  la  bellezza  della  giuslizia  civile,  cristia- 
namente  conlbrtata  dalla  misericordia  religiosa;  e  nel  tempo  stesso  a  com- 
mendare  la  memoria  del  ppvero  Monti,  piii  assai  che  non  tutti  i  gridori 
di  mal  cauti  complici,  per  istrappargli  di  fronte  T  aureola  della  peniten- 
za,  suo  unico  onore. 

18.  A^enuto  il  Ministro  di  giustizia  per  approntare  il  Monti  airestrema 
comparsa,  questi  porse  il  capo  ad  essere  tosato,  e  disse: «  Unisco  questa 
umiliazione  alia  Coronazione  di  spine.  »  E  mentre  ii  legavano  :  «  Unisco 
questa  umiliazione  alle  funi  onde  fu  legato  Gesii  Cristo.  »  Chiese  di  sali- 
re  il  palco  a  piedi  scalzi,  e  da  se  stesso  levpssi  le  scarpe.  Dimandp  anco- 
ra  se  fosse  piu  mortificazione  andare  a  morire  bendato,  o  libero.  Rispose- 
gli  il  Cappellano  della  Confraternita,  che  certo  sarebbe  piu  acerbita  ve- 
dersi  la  morte  ad  occhi  aperti:  il  Monti  ritiuto  subitp  le  bende.  A  questo 
modo,  con  passo  fermo,  ma  senza  baldanza,  si  avvio.  Gli  occhi  teneva 
raccplti  sul  Crocifisso  e  sulla  Madonna  del  Pianto,  che  gli  portavano  di- 
nanzi  al  volto  i  due  sacerdoti  che  raccompagnavaRp,  ed  erano  il  confes- 
sore  e  il  predetto  cappellano,  Monsignor  Pigliacelli.  Spesso  ancora  vol- 
gevasi  cogli  occhi  al  cielo ;  e  allorche  fu  mostra  la  sua  testa  al  popolo, 
teneva  tuttavia  le  pupille  aperte. 

II  Cappellano,  disse  dal  palco  alcune  poche  parole,  e  non  altro  che  in 
comrnendazipne  dei  due  defunti :  e.i  pietosi  Confratelli  levarono  i  corpi 
per  le  esequie  e  per  lasepoltura.  Ci  disse  uno  degli  assistenti:  «  Ho  do- 
vutp  assistere  a  molte  morti  di  malfattori :  non  ho  mai  yisto  si  esempla- 
ri  disposizioni  nei  pazienti,  ne  mai  altrettanto  commovimento  religioso 
nie  circostanti:  fu  un  vero  trionfo  della  misericordia  di  Dio,  piu  che  della 
giustizia  degli  uomini.  II  popolo  guardava  con  ansieta  i  ministri  di  Dio 
nel  ritorno,  e  con  una  specie  di  spddisfazione  pareva  dire:  Yi  ringraziamo 
del  bene  fatto  a  quegli  sventurati.  »  Noi  non  li  chiameremo  piii  sventu- 
rali:  la  fede  c  insegna  che  il  perdono  di  Dio,  non  pure  ricopre  d'un  vela 
la  colpa,  ma  la  scancella  e  1  annienta;  e  il  piii  colpevole  degli  uomini, 
dopo  quel  perdono  onnipotente,  non  e  piu  altro  che  un  amico  di  Dio,  e, 
neir  altra  vita,  un1  anima  gloriosa  in  sempiterno. 


GRONACA 

CONTEMPORANEA 


Roma  12  Decembre  1868. 


1. 

COSE  ITALIANS. 

STATO  PONTIFICIO  1.  Udienza  privata,  data  dal  S. Padre  al  Conte  di  Trauttmans 
dorff,  nuovo  ambasciadpre  d'  Austria  —  2.  Nota  delV  Osservatore  Ro- 
mano sopra  le  dimostraziqni  di  simpatia  e  di  complicita  del  Governo  di 
Firenze  con  settarii  omicidii  —  3.  Minacce  de'Diarii  ministeriali  di  Firen- 
ze  contro  Ja  S.  Sede;  nuove  calunnie,  e  dichiarazioni  della  ufficiosa 
Correspondance  italienne  circa  rimpossibilita  di  ricorrere  alVuso  della 
forza  contro  Roma  —  4.  Nota  del  uiornale  di  Roma  sopra  le  calunnie 
spacciate  dai  rivoluzionarii  a  proposito  della  vedova  d'un  giustiziato. 

1.  Sul  mezzo  giorno  del  30  Novembre,  S.  E.  il  signor  Conte  di  Trautt- 
mansdorff  ebbe  Vonore  di  essere  riceTuto,  in  udienza  privata,  dalla  San- 
tita  di  nostro  Signore,  per  presentare  le  Lettere  sovrane,  cbe  lo  accre- 
ditano  Anibasciadore  straordinario  di  S.  M.  llmperatore  d' Austria  e  Re 
cTUngberia,  presso  la  Santa  Sede.  Sua  Beatitudine  riceve  Tillustre  per- 
sonaggio  con  ogni  benignita,  e  con  gli  onori  e  le  formalita  solite  prati- 
carsi  in  simili  circostanze.  Quindi  S.  E.  passo  a  far  visita  aU'Emo  Car- 
dinale  Segretario  di  Stato,  che  Taccolse  con  tutti  i  riguardi  dovuti  al- 
Falta  sua  rappresentanza. 

2.  L'esperienza  del  passato  ci  ha  anche  troppo  persuasi  e  convinti, 
cbe  neppure  Tevidenza  del  fatto  esposto  piu  sopra  da  noi,  a  pag.  723, 
e  notorio  in  tutta  Roma,  non  varra  pun  to  nulla,  ne  a  temperare  i  fer- 
vori  del  partito  d'azionein  fare  Fapoteosi  dell1  esecrando  misfatto  del 
deputato  Cucchi,  di  cui  i  miseri  Tognetti  e  Monti  furono  ad  un  tempo 
€  strumenti  e  vittime ;  ne  ad  qttenere  dai  liberali  moderati  un  po'  nieno 
di  cinismo  nella  professione  di  quella  politica  scellerata,  che  tiene  sem- 
pre  il  piede  in  due  staffe.  Delia  quale  politica  abbiamo  chiara  prova 
nella  presente  condotta  del  Governo  di  Firenze.  Imperocche  possiamo 
affermare^  senza  paura  che  si  possano  allegare  prove  concludenti  in  con- 


CRONACA  CONTEMPORANEA  743 

trario,  che  al  Menabrea  stesso  non  premea  molio  di  impetrare  la  grazia 
del  due  condannati,  e  che  i  languidissimi  ufficii  da  lui  fatti,  per  mezzo 
d'un  suo  agente,  aveano  tutto  il  carattere  d'una  cerimonia  compiuta  al 
solo  fine  di  poter  ppi  dire:  abbiamo  fatto  sforzi  grandi,  e  quanto  era  pos- 
sibile,  ma  tutto  fu  indarno!  E  malgrado  di  cio,  egli  stesso,  oltre  alle  di- 
chiarazioni  obbrobriose  di  solidarieta  coi  decapitati  Monti  e  Tognetti, 
fatte  nella  Camera  in  nome  del  Governo  e  di  tutta  Italia,  egli  stesso,  il 
sig.  generate  Menabrea  licenzio,  se  pur  anche  non  spinse,  i  diarii  ufficio- 
si  a  spacciare  le  piu  assurde  e  mostrupse  imposture  contro  il  Gpyerno 
pontificio,  onde  furono  avvalorate  le  gia  inventate  dai  Garibaldini  che 
egli  accarezza,  perche  ne  ha  paura. 

Ma,  come  suole  accadere,  chi  si  mette  a  gridare  per  paura,  grida  an- 
che piu  forte  di  chi  lo  fa  per  mestiere.  Ed  in  fatti  i  liberali  moderati  ban- 
no  questa  volta  il  bel  vanto  d'aver,  non  pure  superato  se  stessi,  ma  gli 
stessi  Garibaldini  e  Mazziniani,  per  cio  che  riguarda  e  la  perfidia  delle  im- 
posture e  la  plebea  violenza  delle  declamazioni. 

Appena  aveano  ricevuta  notizia  della  condanna  a  morte  dei  due  rei , 
e  gia  la  Nazione,  V  Opinions  e  il  resto  dei  diarii  della  consorteria  re- 
gnante,  senza  troppo  offendere  il  Governo  pontificio  che  avea  lasciato 
intera  liberta  ai  Giudici,  yituperavano  principalmente  la  Magistratura 
romana,  inventando  falsita  che  dovessero  farla  apparire  iniqua.  Pub- 
blicata  la  sentenza,  e  sfatate  le  imposture  spacciate  contro  i  Giudici,  i 
liberali  moderati,  cplla  solita  lorp  lealta  ed  onesta,  si  voltarono  a  gareg- 
giare  coi  Garibaldini  piu  accesi  nelle  inyettiye  contro  il  Goyerno  pon* 
tificio,  anzi  contro  la  persona  stessa  del  Papa,  caricandolo  di  appella- 
zioni  tanto  contumeliose,  che  peggio  non  potrebbesi  fare  contro  un  san- 
guinario  malfattore.  Cosi  procedono  quei  liberali-moderati ,  coi  quali 
certi  liberali-cattolici  osano  pretendere  che  il  Papa  si  metta  d'accordo, 
e  che  sono  sempre  sul  rampognare  chi,  nel  trattar  di  loro  o  con  loro, 
non  usa  tutte  le  piu  profumate  squisitezze  di  cortesia  e  di  amoreyolezza! 
Ma  alcuni  di  essi,  men  yillani,  non  osando  al  tutto  contendere  al  Papa  il 
diritto  di  lasciare  che  si  facesse  giustizia,  sia  per  rassicurare  Finnocenza 
contro  il  delitto,  sia  per  omaggip  alia  integrita  e  liberta  dei  Giudici,  si  die- 
dero  a  dimostrare :  che  almeno  il  Papa  avea  commesso  uno  sbaglio  cru- 
dele,  improyvido,  imprudente,  provocatore,  permettendo  che  si  facesse 
giustizia  cost  tardi,  un  anno  intero  dopo  il  delitto.  Ma  a  codesti  ippcriti 
rispose  molto  bene  Tegregio  corrispondente  deWOsservatore  Cattolico  di 
Milano  del  28  Noyembre,  con  queste  parole.  «  Ma  dopo  un  anno!  Si, 
dopo  un  anno,  meglio  che  dopo  alcuni  di;  allora  sarebbe  apparsa  ven- 
detta ispirata  dai  recenti  misfatti,  mVespiazipne  piii  opportuna  che  gh> 
sta;  e,  diciamolo  francamente,  renormita  dei  fatti  era  tanta,  che  il  sup- 
porre  non  intera  la  liberta  deiranimo  de1  giudici  era  facile  sospetto.  Ora, 
dopo  un  anno  di  esami  e  d'indagini  d'uomini  e  di  cose,  dopo  confront! 
accurati,  e  ripetuti  e  lunghi  silenzii,  e  cessata  ogni  apparenza  di  timore, 
od  ira,  o  precipitazione,  il  giudizio  presenta  anche  esternamente  ogni 
guarentigia  di  sicurezza  e  imparzialita.  Basta  leggere  con  animo  spas- 
sionato  la  relazione  officiale  del  processo,  per  essere  costretti  ad  ammet- 
tere  la  dolorosa  necessita  della  pena.  » 

Non  vogliamo  tuttayia  discpnoscere  una  verita,  ed  e  che  i  moderati 
hanno  troppa  ragione  di  sentirsi  tralitti  ancor  essi  da  quella  giustizia ; 


744  CRONACA 

ppiche,  oltre  all'  aver  comune  coi  Garibaldini  T  intento  che  li  spinse  al 
misfatto,  ne  ricevettero  non  poco  danno  al  loro  interesse.  Se  col  loro 
gridio  strappavano  al  S.  Padre  la  grazia,  essi  ottenevano  con  cio  solo 
niplti  intenti.  1.°  Di  snervare  sempre  piu  f'autorila  del  Governo  pon- 
tificio,  facendolo  apparire  timido  e  sotto  Tinfluenza  della  setta;  2.°  di 
rialzare  la  propria  autorita  nel  concetto  del  Garibaldini;  3."  di  guaren- 
tire  in  qualche  modo  rimpunita  dei  delittiche  si  tornerebbero  ad  appre- 
stare,  coU'uso  dei  mezzi  morali,  contro  Roma  ed  il  Papa;  4.°  di  autenti- 
care,  persino  coir  operate  della  Santa  Sede,  Tassurdo  principio:  che  i  de- 
litti ,  anche  piu  enormi,  purche  commessi  per  iscopo  politico,  non  sono 
piu  delitti;  5.°  di  fare  un  passo  di  piu  su  quella  via  di  conciliazione  fra 
il  Papato  e  Tltalia,  che  dee  riuscire  allo  spogliamento  ed  airpppressione 
delPapato  sotto  la  tiranriia  massonica;  6."  inline  di  assicurarsi  anticipata- 
mente  il  concorso  e  T opera  dei  piu  arrisicati  assassini  d'ogni  razza  euro- 
pea,  pel  momento  in  cui  potessero  avyalersene,  affine  di  tentare  un  nuo- 
vo  sollevamento  spontaneo  dei  Romani  contro  il  Papa.  Or  tutto  questo 
bel  disegno  andava  fallito  dal  momento  che  q^Wa  giustizia  tenea  fermo, 
e  dava  qualche  esempiq  onde  apparisse,  come  in  Roma  non  comanda  an- 
cora  la  setta,  e  come  si  sa  e  si  vuole  ancora  attuare  le  leggi ,  per  re- 
primere  i  sicarii. 

Del  resto,  oh  si-davvero  che  il  Governo  del  Menabrea  era  proprio 
quello,  a  cui  richiesta  dovea  il  vindice  supremo  della  verita  e  della  giu- 
stizia inchinarsiumilmente  e  dire:  a  tanlo  intercessor  nulla  si  neghi!  Non 
professa  forse  quel  Governo,  ogni  giorno  ed  in  tutte  le  forme,  di  aver 
comune  coi  Mazziniani  lo  scopo  di  rubare  anche  Roma  al  Papa?  Egli  che 
vuol  ridurre  il  Vicario  di  Gesu  Cristo  e  Pontefice  sommo  a  cjuella  condizio- 
ne,  a  cui  stanno  in  Italia  tanti  Cardinal!,  e  Vescovi,  cui  un  giudeo  magistra- 
to  qualsiasi  puo  a  ppsta  sua  far  ammanettare,  chiudere  in  carcere,  stra- 
scinare  sul  banco  dei  rei  e  condannare  alia  galera:  egli  osava  dunque  spe- 
rare  che  il  Papa  dovesse  a  lui  immolare  la  giustizia  e  la  propria  uign  ta? 
Puo  forse  aver  diritto  ad  impetrar  favori  un  Governo,  che  per  bocca 
dei  suoi  ministri,  e  deputati,  e  coi  fatti  dei  suoi  pubblici  uificiali,  si 
professa  complice  di  vulgarissimi  assassini?  Or  bene  ecco  quel  che  a 
ial  proposito  leggesi  nella  Nazione  di  Firenze  del  2  Dicembre:  «  Giun- 
se  T  altro  ieri  a  Napoli  uno  dei  fratelli  dell1  infelice  Tognetti.  Ricevu- 
to  dal  Prefetto,  si  ebbe  da  lui  per  intanto  un  soccorso  di  200  lire, 
oltre  ad  un  assegno  fissp  di  lire  2  al  giorno,  ed  un  impiego  sui  layori 
delle  ferrovie  al  tronco  di  Ariano. » Or  chi  era  questo  eroe,  che  merito  di 
essere  ricevuto  dal  Prefetto  di  Napoli ,  e  rimunerato  cosi  generosamente? 
Un  altrp  assassino  1  Infatti  F  Osservatore  Romano,  che  gia  ayea  saputo 
tal  notizia,  stampava  il  1*  Decembre  la  nota  seguente:  «  Un  giornale  ita- 
liano  ci  reca  la  peregrina  novella,  che  uno  dei  fratelli  del  giustiziato  To- 
gnetti era  giunto  in  Napoli.  Costui  implicato,  con  non  minor  dolo  del 
fratello,  ne1  delitti  perpetrati  in  questa  Capitale  nel  passato  autunno,  e 
resosi  per  soprapiu  omicida  a  tradimento  di  un  pover  uomo  inerme , 
che  nella  sera  del  22  Ottobre  dell1  anno  decorso  gli  apriva  la  porta  della 
casa  in  cui  dimorava,  si  salvaya  colla  fuga  dalle  mani  della  giustizia.  Ora 
questo  assassino,  ci  narra  il  diario  in  questione,  giunto  a  Napoli,  venne 
ricevuto  dal  Prefetto,  ne  riceveva  una  sovvenzione  di  L.  200,  un  as- 
segno giornaliero  di  L.  2  e  un  impiego  nel  tronco  ferroviario  di  Aria- 


CONTEMPORANEA  745 

no.  Tal  linea  di  condotta  non  ci  stupisce ;  poiche  consuona  a  meraviglia 
colla  condotta  che  il  Governo  di  Firenze  ha  tenuto,  con  sua  grande 
infamia,  in  questi  ultimi  giorni ;  colla  condotta  di  un  Governo  che  fq 
r  apologia  di  due  assassini,  e  maledice  alia  memoria  di  venticinque 
zuavisepolti  sotto  le  ruine  della  Caserma  Serristori,  quantimque  per  la 
maggior  parte  italiani,  e  Ipro  fratelli.  » 

Non  fa  pertanto  meraviglia ,  che,  sotto  I1  impulso  di  tal  Governo , 
gia  parecchi  Municipii  che  da  lui  dipendono  abbiano  votato  fondi  alle  fa- 
miglie  dei  sciagurati  che  espiarono  in  Roma  Tatroce  loro  delitto;  e  che 
siasi  giunto  a  tal  grado  di  cinismo  nelFapoleosi  delV  assassinio,  che  si 
vogliono  pareggiati  nel  martirologio  settario  il  Monti  ed  il  Tognetti  a 
Felice  Orsini  e  ad  Agesilao  Milano.  Di  che  stanno  in  prova  le  sottoscri- 
zioni  di  offerte  per  erigere  a  codesti  due  infelici  un  monumento;  delle 
quali  parleremo  al  trove.  Ma  dai  sussidii  decretati  dai  Frammassoni  ai 
congiunti  di  quei  due  loro  complici,  fu  ispirata  un'altra  nota,  che  ven- 
ne  pure  in  luce  suWOsservatore  Romano  del  30  Novembre,  nei  termini 
seguenti. 

«  Parecchi  giornali  italiani,  per  dare  qualche  sfogo  alFodio  infernale 
che  li  accende  contro  questa  incrollabile  Pietra,  su  cui  Tidra  della  rivo- 
luzione  cozza  invano  da  tanti  secoli,  hanno  aperto  sottoscrizioni  in  favo- 
re  delle  famiglie  de'giustiziati  Monti  e  Tognetti.  Povere  queste  fami- 
glie,  se  loro  non  restasse  che  Ja  sola  pieta  di  questi  tristi  protettori ! 
Sarebbe  infatti  per  esse  saponto  il  pane  porto  loro  dalle  mani  di  coloro 
che,  dopo  aver  eccitato  quei  disgraziati  all'infame  delitto,  non  dubitarono 
poi  di  abbandonarli  alle  conseguenze  che  doveano  necessariamenle  de- 
riyarne,  conseguenze  cui  seppero  essi  lealmenfe  sottrarsi.  Ma...  val  me- 
glio  non  entrare  in  queste  storie  di  turpitudini.  Avremmo  pero  delle 
altre  famiglie  a  raccomandare  alia  filantropia  di  questi  signori.  Non  di- 
ciamo  carila,  poiche  la  carita  appartiene  ai  cristiani ;  e  d'altronde  la 
maggipranza  delle  firme  che  abbiam  lette  sulle  esili  liste  de1  giornali  pro- 
motori  sono  di  ebrei,  giornalisti  e  deputati  al  Parlamentq.  Le  famiglic 
delle  quali  intendiamo  parlare  spno  quelle  dei  giovani  italiani:  Desideri 
Cesare,  Poggi  Giacomo,  Mancini  Pietro,  Portanuovo  Andrea,  Tartavini 
Domenico,  Chiusaroli  Fortunato,  Soldati  Oreste,  Flamini  Luigi,  Carletti 
Carmine,  Cesarini  Giuseppe,  Deworschek  Giovanni  (bolognese),  Miran- 
da Francesco,  Mancini  Michelangelo,  Lanni  gioyanni,  Silvestrelli  Nic- 
cola,  giovani  italiani,  che  rimanevano  schiacciati  sotto  le  macerie  della 
casernia  Serristori,  a  seguito  deH'mmmo  di  ouesti  martin  della  libertd 
{non  intendiamo  con  questo  epiteto  recare  offesa  ai  defonti,  ma  rispon- 
dere  soltanto  ai  nostri  avversarii);  i  quali,  di  notte  tempo,  proditoriamen- 
te  accendevano  le  mine  che  cagionaronp  lo  spaventpso  eccidio.  Non  ba- 
sta:  v'e  una  povera  donna,  che  s'aggira  tra  quei  ruderi  sanguinosi  e 
fumanti  per  cercare  il  marito  e  la  figlia.  Ma  la  povera  donna  cerca  inva- 
no. La  sventurata  non  e  piu  moglie,  non  e  piu  madre!...  Suvyia!  que- 
ste famiglic  disgraziate  hanno  perduto  i  loro  giovani  sostegni ,  hanno 
perduto  Voggetto  piu  tenero  del  cuore;  e  siete  voi,  e  sono  i  vostri  mar- 
tin che  hanno  sparso  tanto  sangue,  cagionato  tante  syenture...  ma  per 
queste  la  rivoluzione  non  ha  viscere  di  pieta!  Che  le  importano  le  scia- 
gure,  le  stragi,  il  sangue  che  semina  nella  via  che  percorre?  Pero  tre- 
menda  responsabilita  pesa  in  faccia  all'Europa  sul  Parlamento  di  Firen- 


"146  CRONACA 

ze,  e  specialmente  sul  presidente  del  Consiglio  dei  Ministri !  Che  la  so- 
lidarieta  cogli  assassini  fosse  confessata  da  un  giornalismo  senza  pudo- 
re,  sta ;  ma  che  si  proclamasse  cosi  sfacciatamente  in  pieno  Parlamento, 
e  dal  rappresentante  di  un  Governo  costituito,  e  tale  atto,  di  cui  il  regno 
d'ltalia  dovra  tosto  o  tardi  render  conto  alfEuropa,  al  mondo  civile.  » 

3.  Ma  oltre  le  sottoscrizioni  ed  i  monumenti  ai  due  assassini,  il  Go- 
verno di  Firenze  giudico  doversi  pur  fare  qualche  cosa  di  piu ;  cioe  a 
guisa  di  riparazione  d'onore  esigere  dalla  Francia  lo  sgombero  delle  sue 
truppe  dal  territorio  pontificio,  e  per  giunta  far  sentire  a  questo  le  piii 
gravi  minacce  di  rappresaglie.  E  di  queste  riboccano  i  diarii  ministerial! 
ed  ufficiosi,  cominciando  dalla  Perscveranza ;  che,  in  forma  di  consiglio  al 
Governo,  ne  manifesto  uno  dei  disegni,  di  sospendere  cioe  il  pagamento 
del  debitq  pubblico  pontificio  per  la  parte  che  gli  spetta ;  e  venendo  fino 
alia  Opinione  che  fa  presentire  prossimo  il  giorno  della  vendetta. 

La  buona  volonta  di  fare  questa  vendetta  non  manca  certo  a  quel  Go- 
verno ;  ma  pare  che  ora  non  si  senta  in  forze  da  provarvisi,  perche  la 
Francia  noi  permette.  Di  che  la  Correspondance  italienne  del  sig.  Mena- 
brea  facea  esplicita  dichiarazione  pochi  giorni  prima  che  la  morte  dei 
due  condannati  le  mettesse  in  corpo  quella  giunterella  di  paura,  che  essa 
ha  pei  furori  piu  o  meno  simulati  dei  Garibaldini.  Ecco  la  fedele  versio- 
ne  delle  parole  uscite  pel  portavoce  del  sig.  Menabrea ;  che  cosi  pro- 
fesso  ancora  una  volta  a  aver  comuni  co|  Garibaldini  i  disegni  ed  i  pro- 
positi  contro  Roma,  e  di  astenersene  solo  per  non  esporsi  ad  una  secon- 
da  rotta  di  Mentana. 

«  Essendo  oggimai  posto  in  sodo,  nel  conyincimento  nostro,  che  la 
quistione  di  Roma  non  si  puo  decidere  colla  violenza,  e  dovere  del  Go- 
verno, anche  prescindendo  dalla  Convenzione  del  Settembre  (1864),  di 
non  tollerare,  anzi  di  reprimere  con  tutta  la  severita  della  legge,  i  ten- 
tativi  estralegali,  gli  assalti  a  mano  armata  contro  il  territorio  pontifi- 
fieio.  H  Governo  non  potrebbe  dare  a  persona  veruna  privata  la  facolta 
di  mcttere  a  repentaglio  la  sicurezza  esterna  dello  Stato,  e  di  travolgere 
il  paese  in  una  guerra  esterna.  » 

Questo  e  parlar  chiaro !  Si  impedira  Vassassinio  contro  il  territorio 
pontificio,  ma  solo  perche  e  fmche  la  Francia  vi  si  oppone.  Se  si  potesse, 
senza  rischio  di  dover  cozzare  con  la  Francia,  rinnovare  T  invasione 
del  1867,  la  leale  Correspondance  non  ci  trqverebbe  altra  difficolta,  che 
quella  Convenzione,  di  cui  fu  detto  dai  diplomatic!  italiani,  come  del 
Trattato  di  Zurigo,  che  tan  to  vale  quanto  la  carta  su  cui  e  scritta.  II 
solo  qstacqlo,  per  codesti  onorati  uqmini,  e  la  forza  armata  prevalente; 
i  motivi  di  lealta  sono  ad  abundantiam.  Infatti  ecco  come  prosegue  a 
<iire  la  Correspondance. 

«  Che  i  Frances!  siano  o  non  siano  a  Civitavecchia,  poco  monta ;  e 
niuno  ignora,  e  sarebbe  puerilita  il  volerlo  nascondere,  che  tra  noi  e 
Roma  sta,  per  ora,  la  Francia.  Noi  ne  abbiamo  fattq  Tanno  scorso  la  tri- 
sta  esperienza,  in  un  momento  di  ebbrezza  e  di  delirio.  »  Sta  bene  ed^e 
verissimo.  Rattute  le  bande  de'maladrini  che  doveanq  spianare  la  via  ed 
aprire  le  porte  ai  Regii,  anche  questi,  al  solo  annunzio  della  marciata  di 
due  reggimenti  francesi  verso  Viterbo,  dovettero  piu  che  di  fretta  ri- 
pararsi  al  di  la  delle  violate  frontiere,  come  lumaconi  che  ad  ogni  mini- 
mo  rumore  ritirano  le  corna  e  rientrano  nella  chiocciola.  II  che  per  veri- 


CONTEMPORANEA  747 

ta  non  e  di  tal  natura  chc  basti  a  consolare  quel  Goycrno  del  suoi  tripnfi 
di  Custozza  e  di  Lissa!  Ma  se  si  avesse  a  farecoi  soli  15,000  Pontiticii,  i 
valorosi  200,000  Italiani  oh  come  sarebbero  ardimentosi  per  tentare,  in 
yenti  contro  vino,  la  prova  di  mietere  gli  allori  di  un  secondo  Castel- 
fidardo  in  vendetta  di  Mentana ! 

Per  ora  adunque,  stando  ancora  fermo  il  terribile  Jamais,  prpferitp  so- 
lennemente  dal  Rouher  in  nome  di  Napoleone  III,  i  campioni  invitti  del 
Menabrea  devono  contentarsi  di  fucilare  briganti  o  renitenti  al  pagamento 
della  tassa  d'un  maiale ;  ed  il  Menabrea  si  studia  di  rifarsene  coi  mezzi 
morali.  Nel  che  e  valorosamente  servito  dalla  sua  Correspondence  ita- 
licnne. 

Questo  diario  ufficioso,  ayendo  letto  le  fiere  parole,  onde  il  Pays,  la 
Patrie,  il  Constitutionnel  ed  altri  cotali  portayoce  parigini  esecravanp 
T  appteosi  delFassassinio,  fatta  il  25  Novembre  dal  Menabrea  e  dai  suoi 
degni  colleghi  nella  Camera  dei  Deputati  di  Firenze,  per  attenuarne  1'ef- 
1'etto  ebbe  ricorso  ai  soliti  suoi  mezzi  morali,  cioe  a  rifriggere  menzo- 
gne  e  calunnie.  Ecco  le  sue  parole. 

«  Quando  tutte  le  circpstanze,  che  banno  preceduto  ed  accompagnato 
questa  sanguinosa  tragedia,  saranno  ben  conosciute  dal  pubblico,  quando 
si  sapra  che  si  erano  combinate  le  cose  in  modo  da  far  coincidere  la  cse- 
cuzione  degli  infelici  Monti  e  Tognetti  col  passaggio  di  due  giovani  prin- 
cipi  (sic],  i  quali  non  doveyano  che  trayersare  Roma  per  recarsi  a  Na- 
poli,  noi  non  disperiamo  di  yedere  la  Datrie  e  la  France  rimettersi  dalla 
prima  impressione,  e  unire  le  loro  yoci  alia  nostra,  per  biasimare  atti 
che  non  sono  piu  del  nostro  tempo,  e  che  provano  fino  alFeyidenza,  co- 
me T  unione  del  pastorale  colla  spada  della  giustizia  sia  oramai  diye- 
tvuta  incpmpatibile.  » 

Ora  noi  ripetiamo  qui  altamente  che  menti  il  Menabrea,  se  egli  ispiro 
queste  imposture  alia  Correspondance ;  imperocche  egli  al  pari  di  noi  sa 
Lenissimo  che:  1.°  e  al  tutto  falso  che  si  fosse  studiatamente  cercato  di 
far  coincidere  il  giorno  dell1  esecuzione,  con  quello  del  passaggio  dei  gio- 
yani  principi  di  Casa  Sayoia  per  Roma ;  2.°  il  motivo  vero,  onde  quest! 
principi  mutarono  la  yia  yerso  Napoli ,  fu  tutt1  altro,  sicche  la  esecuzio- 
ne  dei  due  settarii  non  y'entra  per  nulla.  Tutto  adunque  in  questa  nota 
fo]\ai  Correspondance  e  menzogna  e  calunnia,  Ed  il  perfidiare  anche  ora 
a  ribadire  tal  menzogna  mostra  tale  peryertimento  morale,  che  fa  schifo. 

i.  Posto  che  con  tanto  solenne  impudenza  si  mentisce  dai  diarii  ispirati 
direttamente  dal  Goyernp,  e  scritti  sotto  il  dettato  di  chi  regge  la  cosa 
pubblica,  non  e  merayiglia  che  il  codazzp  de' rivoluzionarii  proceda  con 
eguale  cinismo  nelfuso  dei  mezzi  morali  contro  la  Santa  Sede.  II  Gior- 
nale  di  Roma  del  10  Dicembre  stampo,  a  questo  proposito,  la  nota  se- 
guente. 

«  II  giornalismo  ostile  alia  Santa  Sede,  fra  le  altre  menzogne  di  cui 
riempie  le  colonne  de'  suoi  diarii,  prendendo  occasione  dalVarrivo  a  Fi- 
renze della  moglie  del  giustiziato  Giuseppe  Monti,  afferma  che  questa  fu 
sottoposta  ad  inaudite  torture  fisiche  e  morali  prima  e  dopo  la  esecuzipnc 
del  marito;  che  i  soccorsi  a  lei  promessi  non  sussistevano;  e  che  nel  gior- 
np  Terale  le  fu  perfmo  negate  di  che  saziare  la  fame.  Questi  scrittori,  do- 
minati  come  spno  notoriamente  dallo  spirito  di  calunnia,  non  si  resteran- 
no  giammai  di  sbrigliare  la  loro  immaginazione  sull1  argomento,  per  in- 


748  CRONACA 

ven tare  quanto  di  piu  seducente  giovera  a  trarre  in  inganno  i  loro  cre- 
duli  leggitori.  E  invenzioni  sono  le  torture,  la  fame  e  le  altre  notizie  che 
raccompagnanq.  11  yero  e  che  la  moglie  del  Monti  non  perde  mai  la  sua 
liherta,  e  che  di  questa  si  valse  prima  della  esecuzione  della  sentenza  per 
frequentare  il  lamficio  al  quale  era  addetta,  e  dopo  la  esecuzione  per  ac- 
cordarsi  con  chi  voile  trafugarla :  che  i  mezzi  rispondenti  alia  sua  condi- 
zione  non  furonle  giammai  negati  dalla  cristiana  carita ;  e  che  se  nel 
giorno,  che  fu  1'estremo  per  il  Monti,  non  si  gioyo  di  quelli  piu  abbondanti 
che  furonle  somministrati,  cio  non  si  deve  attribuire  a  mancanza  dei  me- 
desimi,  o  a  violenza,  ma  si  alia  forza  del  dolore  che  il  suo  cuore  dovea 
naturalmente  provare:  e  che  intesa  la  sua  intenzione  di  rimanere  a  Roma, 
per  ritorla  al  miserabile  abituro  in  cui  dimorava,  le  fu  allestita  abitazio- 
ne,  non  gia  in  un  monastero,  ma  in  luogo  libero,  prossimo  pero  ad  un 
Conservatorio,  diretlo  da  Suore  che  attendono  air  esercizio  della  carita, 
dal  quale  all'occorrenza  ricevere  opportuni  soccorsi.  » 

TOSGANA  E  STATI  ANNESSI  1.  Gara  di  ribalderia  fra  i  moderati  ed  i  democratici 
—  .2.  Ririunzia  del  Garibaldi  airuflicio  di  Deputatq;  elezione  del  Man  alia 
presklenza  ctella  Camera ;  interpellate  e  dichiarazioni  del  .Miuistero  circa 
la  solidarieta  del  regno  italiano  con  due  assassini ;  professione  di  fede  dei 
cattolid-liberali ;  voto  della  Camera  —  3.  Programma  del  Mazzini,  e  sua 
dichiarazione  di  guerra  alia  mpnarchia  italiana  —  i.  Insulti  a'  membri  della 
Casa  reale  —  5.  Sottoscrizioni ,  per  un  monumento  a  due  assassini,  e  sus- 
sidii  alle  loro  famiglie  --  6.  E  reietta  una  proposta  di  lesge,  fatta  alia  Ca- 
mera, per  dotazione  a  tali  famiglie  —  7.  Legge  che  concede  la  cittaclinanza 
italiana  a  tutti  i  siulditi  di  province  non  ancora  annesse  —  8.  Proposta  di 
legge  per  toeliere  ai  chierici  rimmunita  dal  servizio  militare  —  9.  Dispac- 
cio  del  Menaorea  a  Parigi. 

1.  E  yeramente  merayigliosa  la  sfrontatezza  con  che  ora,  sullc  scene 
della  rivqluzione  italiana,  si  ripete  per  la  terza  yolta  dai  comici  della 
consorteria  moderata  e  della  garibalderia,  la  stessa,  istessissima  scena, 
che  gia  fu  recitata  nel  1860,  quando  il  Cayour  diede  il  La  al  La  Farina, 
pqco  prima  della  invasions  delle  Due  Sicilie ;  e  che,  con  poche  varianti, 
gia  erasi  ripetuta  nel  1867,  qnde  dare  rultinia  mano  agli  apparecchi  per 
V  invasione  del  Patrimonio  di  san  Pietro.  Noi  siamo  persuasi  che  quando, 
dietro  al  sipario,  il  Menabrea  va  a  dare  una  cortese  stretta  di  mano  al 
Checchetelli,  al  Cucchi,  al  Guerzoni  od  al  Bertani,  ed  i  moderati  della 
Opinione  e  della  Nazione  trincano  coi  furibondi  della  Ri forma  e  ddYUni- 
ta  italiana,  deono  ridere  cordialmente  della  pecoraggine  degli  spettato- 
ri,  che  pigliano  sul  serio  la  farsa.  Infatti  basta  non  fare  professione  di 
scempiaggine,  per  accorgersi  che  tutto  lo  sfuriare  di  codesti  comici  per 
la  sentenza  di  morte  eseguita  contro  due  vulgarissimi  settarii,  non  e 
che  risultato  d1  un  accordo  tacito,  se  cosi  vuolsi  dire,  ma  inteso  dalle 
due  schierc  settarie,  onde  imperversare  contro  il  Governo  pontificiq ; 
ma  con  diverso  intento  sott1  altri  aspetti ,  sapendosi  da  tutti  come  in 
realta  quelle  si  contendono  a  Firenze  la  podesta  di  tqsare  le  pecore  ita- 
liane,  e  spremerne  quel  dolcissimo  latte  de'quattrini,  onde  si  sono  gia 
cosi  ben  satolli  un  discrete  numero  di  Ministri  ed  onorevoli  della  Came- 
ra dei  Deputati. 

Parliamo  fuor  di  metafora.  I  democratici  delle  fazioni  garibaldesca  e 
mazziniana  stavano  alia  vedetta  di  un  pretesto  qualsiasi  per  mettere  la 


CONTEMPORANEA  749 

consorteria  moderata  alle  strette  fra  questi  due  partiti;  o  di  dichiararsi 
scopertamente  a  loro  servizio  contro  Roma,  o  di  cimentarsi  ad  una  lot- 
ta,  in  cui  la  consorteria  potesse  essere  scayalcata.  II  pretesto  si  offeri 
per  la  morte  di  due  settarii,  esecutori  degli  ordini  che,  d'  accordo  col 
povernq  di  Firenze,  aveanp  dato  certi  onpreyoli  capi  d'assassini,  come 
il  Cucchi,  il  Guerzoni,  il  Silvestri,  venuti  di  cola  a  Roma,  a  pprtarvi 
col  tradimento  le  stragi  ed  il  saccheggio.  II  Menabrea  se  ne  ay  vide,  e, 
per  cessare  il  proprio  pericolo,  si  fece  egli  stessp  paladino  e  campione  di 
quei  due  sciagurati  nel  Parlamentp  e  nelle  pagine  dei  supi  giornali  uffi- 
ciosi,  come  l&Corrcspondanpe  italienne,  la  Nazione,  Y  Opinions,  e  simili; 
e  decreto  loro  1'apoteosi,  e  bandi  la  crociata  contro  il  Goyerno  pontificio. 
Ecco  dato  il  La!  Gli  emoli,  non  potendo  desiderare  meglio,  cantarono  su 
cjuel  tono,  e  si  sentironp  licenziati  a  far  d'ogni  erba  fascio ;  e  gia  ne  pro- 
(ittano  per  menare  colpi  da  orbo,  non  pure  al  Papa  ed  alia  Francia,  ma 
eziandip  alia  consorteria,  che  speraya  cosi  ammansarli.  Quindi  il  gridiq 
massonico  levarsi  da  un  capo  all'  altrp  d'  Italia;  quindi  le  spttoscrizioni 
per  le  famiglie  dei  decapitati;  quindi  i  voti  ed  i  sussidii  dei  municipii; 
quindi  le  liste  di  offerte  per  erigere  un  moniimento  ai  due  eroi  e  martiri 
della  patria. 

Ma  il  Menabrea  per  giunta  credette  che  gli  si  pfferisse  uiia  felice  op- 
portunita  di  pigliare  due  colombi  ad  una  faya ;  cioe  salvare  i  portafogli 
per  la  consorteria,  senza  romperla  con  la  fazione  garibaldesca ;  e  per 
giunta  ayer  un  titolo  diplomatico  onde  insistere  aParigi,  affine  di  ottene- 
re  lo  sgpmbero  delle  truppe  francesi  da  Civitavecchia.  E  pero,  dato  ai  ga- 
ribaldini  il  cenno  di  scatenarsi  e  far  trambusti  e  chiassi ,  egli  pote  met- 
tersi  tutto  in  aspetto  di  upmo  triste,  sgominato,pieno  di  ansieta;  e  dices! 
che  scrivesse  a  Parigi,  alii  29  Novembre,  dispacci  pressantissimi  per  dire, 
che  gia  da  ogni  parte  Tira  popolare  contro  it  Goyerno  pontificio  trabocca 
come  torrente  rovinoso;  che  omai  il  Goyerno  italiano  stesso  sta  per  esse- 
re soverchiato  e  travoltp;  che  indarno  si  cerca  qual  argine  opporre  a  tan- 
to  infuriare  deH'onda  minacciosa;  che  la  Francia  stessa  potrebbe  sentirne 
qualche  scossa ;  che  a  rimuovere  o  ritardare  il  pericolo  forse  appena,  se 
pur  si  facesse  subito,  potrebbe  bastare  il  togliere  al  Governo  pontificio 
i  puntelli  stranieri,  che  lo  sprreggpnp  e  da  cui  essp  prende  baldanza  a 
provocare  il  sentimento  nazipnale  italiano ;  e  cosi  via  via  di  questo  pas- 
so.  A  Parigi  si  cede?  Ecco  il  Menabrea  in  odore  di  santita  presso  i  Ga- 
ribaldini  e  divenuto  irnmortale.  A  Parigi  si  sta  saldo  sul  no?  Ed  ecco  il 
Menabrea  in  grado  di  dimostrare  che  egli  fece  imprese  erculec,  e  che  se 
non  riusci  dee  cio  recarsi  alia  prepotente  volonta  d'un  sovrano  stranie- 
ro;  e  Pilato  si  lava  le  mani.  ^ 

Laonde  e  manifesto  a  tutti,  che  Taccordo  fra  i  moderati  della  consor- 
teria regnante,  cd  i  Garibaldini,  che  aspirano  a  scavalcarla,  epienissimo 
ecordiale,  quanto  all1  assalire  il  Governo  pontificio;  ma  ciascuna  delle 
fazioni  ha  inoltre  un  suo  proprio  scopo;  appunto  come  nel  1860  il  Cavpur 
aiutava  il  Garibaldi  alia  mvasione  della  Sicilia,  con  animo  di  appropriar- 
sene  poi  la  conquista;  ed  il  Garibaldi  credeva  di  layorare  pel  Mazzini,  da 
cui  ricevea  pure  aiuti  e  direzione.  Vinse  allora  il  piu  furbo  ed  il  piu  for- 
te, e  la  monarchia  picmontese  artiglio  la  preda  rapinata  dalla  repubblica. 
Ma  ora  puo  egli  supporsi  che  il  Menabrea  valga  nella  pplitica  volpesca 
al  pari  a  un  Cavour  ?  La  forza  maggiore  sta  forse  a  servigio  della  con- 


750  CRONACA 

sorteria  modcr ata  ?  Per  la  buona  causa  y'ha  chi  desidera,  anzi  sostiene 
doyer  tornare  utilissimo  che  yincanp  i  garibaldini;  perche  i  loro  eccessi 
saranno  necessariamente  passeggieri,  ma  ayranno  per  eftetto  di  riscuo- 
tere  mold,  che  sonnecchiano  allpppiad  dalle  arti  perfidissimc  de1  mode- 
rati;  i  quali  sono  tanto  piii  permciosi,  in  quanto  essi  sanno  fare  il  male 
sistematicamente,  con  calcoli  profondi,  e  con  irreparabili  conseguenze. 

2.  Ma,  o  yiiicauo  i  moderati,  o  trioniino  i  loro  ayyersarii,  la  Chiesa 
sara  sempre  bersaglio  ai  colpi  della  setta  massonica,  la  quale  ha  gia  trpp- 
po  chiaramente  syelati  anche  in  Italia  i  suoi  disegni,  di  abbattere  cioe 
non  meno  rautprita  spirituale  che  la  temporale  del  sommo  Pqntefice,  e 
di  tuftare  lltalia  stessa  in  quel  bestiale  paganesimo,  che  oggidi  si  pre- 
dica  sottq  nome  di  libero  pensiero  e  di  positivismo.  E  in  questa  impresa 
la  setta  riceye  poderosissimo  aiuto  dal  Goyerno  e  dalla  Camera  di  Firenze. 

Questa,  come  accennammo  nel  precedente  quaderno,  fu  riaperta  il  21 
Novembre.  II  Menabrea  annnnzio  le  mutazioni  awenute  nel  Consiglio 
de'Ministri;  cioe  la  rinunzia  del  Cadorna  alia  carica  di  Ministro  per  gli 
affari  interni,  affidata  dal  Re  al  Cantelli;  e  la  nomina  di  Lodoyico  Pasini 
a  ministro  sopra  i  layori  pubblici,  e  del  professore  Antonio  Ciccone  a  mi- 
nistro  per  Tagricpltura,  Tindustria  ed  il  commercio.  Quindi  la  Camera, 
seriza  most-rare  ne  sorpresa  ne  rammarico,  o  chiedere  spiegazioni,  udi 
leggersi  dal  yicepresidente  Restelli  un  bigliettino  del  mazziniano  Mattia 
Montecchi,  il  quale  scriyeya  cosi:  «  Soddisfaeendo  oggi  al  desiderio,  che 
io  espressi  prima  che  gli  elettori  del  Collegio  di  Terni  mi  onorassero  del 
loro  mandate,  dichisro  di  cessare  dalle  funzioni  di  Deputato.  »  Quindi 
ima  lettera  anche  piu  laconica  deir^roe  del  due  Mondi,  che  dal  suo 
olimpo  della  Caprera  fulminaya  Tltalia  col  seguente  terribilissimo  annun- 
zio:  «  Esseridpmi  impossibile  assistere  al  Parlamento,  io  presento  a  Y.  S. 
la  mia  dimissione.  » 

11  resto  di  quella  tornata  si  passo  languidamente  in  ciarle  sopra  certe 
proposte  d'interpellanza,  ed  una  appendice  al  bilancio  del  1869,  e  nella 
discussione  sopra  un  nuoyo  regolamento  della  Camera  stessa  da  attuarsi 
temporaneamente.  Pel  di  seguente  fu  stabilita  la  elezione  del  nuoyo  pre- 
sidente  della  Camera.  A  questo  yarco  i  sinistri  aspettavano  il  Goyerno 
per  dargli  un  primo  schiaffo,  contrapppnendq  un  dei  loro  alFayyocato 
Mari  candidato  del  Goyerno.  Ma  Ip  schiaiTo  ricadde  sulla  loro  guancia. 
I  yotanti  erano  295;  la  pluralita  richiesta  doyea  essere  di  148  yoti;  al 
primo  scrutinio  il  Mari  ne  riporto  185;  il  Crispi,  candidato  della  sinistra, 
n'ebbe  soli  93,  mentre  a  tre  degni  suoi  colleghi  tocco  il  suffragio  bef- 
i'ardo  espresso  da  8  yoti  per  G.  Ferrari,  dilyoto  pel  Bertani,  e  di  1  yoto 
1^1  Lanza.  La  sinistra  cosi  rimase  sconiitta.  Ma  ebbe  a  consolarsi  alquaii- 
to  nella  elezione  del  Yicepresidente.  Imperpcche  per  questa,  i  yotanti 
essendo  279,  e  doyendo  la  pluralita  essere  di  yoti  140,  il  Mordini  ne  ri- 
porto 158,  toceandone  soli  106  al  suo  competitor  Ferrari  della  falange 
medesima.  Sbrigato  questo  negozio,  la  Camera  s'ingplio  nel  pelogo  scbi- 
foso  delle  interpellanze  circa  la  pena  capitale  inflitta  in  Roma  a  due  mar- 
tin della  patria,  Monti  e  Tognetti. 

Di  questa  scena  infame  recitata  dalla  Frammassoneria,  abbiamo  detto 
basteyolmente  in  ([uesto  stessp  quaderno,  la  doye  a  pag.  641  e  seg.  abbia- 
mo preso  a  disamina  i  procedimenti  delle  yarie  fazioni  nella  tornata  del 
25  INoyembre.  Oui  ci  bastera  di  registrare  alcnne  dichiarazioni,  tanto  dei 


CONTEMPORANEA  751 

Garibaldini  quanto  del  moderati,  di  cui  sembraci  doversi  serbare  menio- 
ria.  II  Bertani,  minacciando  rappresaglia  e  vendetta  contro  il  Papa,  in- 
feri  dal  supplizio  di  quei  due  syenturati,  strumenti  della  setta,  esserc 
afiatto  inutile  il  pensare  a  conciliazione  tra  lltalia  ed  il  Papalo,  od  a  qual- 
siasi  modus  vivendi,  giacche  da  Roma  si  rispondeva  mandando  per  mes- 
saggere  alia  Camera  il  carncfice.  E  crediamo  che  il  Bertani,  con  le  forme 
selvagge  che  si  addicono  bene  ad  un  pari  suo,  abbia  detto  una  verita. 
La  conciliazione  fra  lltalia  massonica  ed  il  Papato  e  impossibile;  e  per- 
€io  sono  o  ipocriti  o  stglidi  quei  che  la  promovono. 

II  Checchetelli  ed  il  Curti,  arnesi  ignobili  di  quei  famosq  Comitato  na- 
zionale,  che  avea  atteso  tanti  anni  a  preparare  una  riyoluzione  in  Roma, 
strinsero  i  panni  addosso  al  Menabrea,  perche  dovesse  dire  1 '  che  cosa 
ayea  fatto  «  per  istornare  una  talc  sciagura  »;  2°  « che  cosa  intende  Tare  il 
Governo  dopo  che  una  tale  sciagura  e  avvenuta  »  (Atti  uff,  n.  1211, 
pag.  4777). 

Sqrse  allora  il  Menabrea,  e  recite  un  breve  discorso  che  da  tutli  gli 
uomini  oncsti,  non  pure  d' Italia  e  Francia,  ma  di  tutta  Europa,  gia  gH 
merito  la  patente  di  insigne  vigliacco.  Egli  si  guardo  bene  dal  dire  quei 
che  avea  latto  per  impedire,  e  quei  che  farebbe  per  vendicare  quella 
sciagura;  ma  deluse  la  domanda  col  Fare  dichiarazioni  che  esprimono  la 
piu  svergognata  solidarieta  del  Governo  italiano  cogli  assassini,  che  nel- 
F Ottobre  del  1867  insanguinarono  le  province  del  poco  territoriq  non 
ancora  rubato  al  Papa,  e  disegnarono  ed  in  parte  compierono  atrocissimi 
misfatti  uella  stessa  Roma.  «  La  notizia  dell' esecuzione  del  Monti  e  del 
Tognetti  ci  ha  dolorqsamente  contristali.  Noi  speravamo  lino  air  ultimo 
islante  che  un  alto  di  clemenza  avesse  risparmiata  la  vita  a  quei  due  in- 
felici;...  il  fatto  per  cui  furono  condannati  avea  un  carattere  politico, 
perche  esso  era  principalniente  diretto  contro  quella  truppa  straniera, 
che  piu  d'ogni  altra  avea  suscitato  lo  sdegno  del  popolo  romano.  Gredia- 
mo  che  quest'atto  sara  coasiderato  come  una  inutile  vendetta,  e  non  ser- 
vira  certo  a  rialzare  il  prestigiq  di  un'autorita,  la  quale  non  si  regge  che 
per  le  influenze  straniere.  II  Ministero,  o  signori,  non  ha  trascarato  nulla 
<li  quanto  era  nelle  sue  facolta,  per  fare  in  modo  che  fossero  sottratti  al- 
Fultimo  supplizio  quei  due  infelici.  » 

Cosi  il  Menabrea  giustifico  gli  assassini  come  infelici,  sol  perche  il 
falto,  non  il  dditto  loro,  avea  carattere  politico ;  onde  coDsegue  che  egli 
autorizzo  lin  d1  ora  i  Napolitani  ed  i  Siciljani  a  far  saltare  in  aria  quante 
caserme  di  Bersaglieri  polranno  minare,  purche  cio  facciano  coll1  iutento 
politico  di  rovesciare  il  Governo  usurpatore,  e  di  appagare  il  giuramen- 
to  di  vendetta,  loro  dettato  dalle  migliaia  di  fuciiate  eseguite  contro  i 
loro  compaesani;  onde  sono  cosi  esecrati  cola  i  Piemontesi.  Inqltre  egli, 
senza  avvcdersene,  condanno  come  aljbominevole  sotto  ogni  riguardo  il 
Governo  di  cui  esso  e  capo,  condannando  per  indiretto  come  inutili  ven- 
dctle  quelle  tante  migliaia  di  pene  capitali  inflittc,  neH' usurpato  rcame 
delle  Due  Sicilie,  a  chi  per  intento  politico  erasi  levato  contro  gli  usur- 
patori. 

Di  cio  che  avea  fatto  a  favore  dei  due  infelici,  non  voile  dir  nulla  di 

o;  ed  ebbe  ragione  di  far  cosi.  Perche  egli  sapea  b^ne  cho  tutlo  si 

ridusse  a  lauguide  suggestioni  fatte  a  Roma,  per  mezzo  (fun  suo  ayeule 

che  non  ha  verun  titolo  ufficiale;  ed  a  morLiiicantissimi  riliuti  incontrati 


752  CRONACA 

presso  la  diplomazia  straniera,  che  egli  cerco  di  trarre  seco  nel  brago 
di  quella  ignominiosa  protezione  di  due  yulgari  assassin! . 

Questo  non  pptea  appagare  gli  sdegni  de'settarii;  ed  il  Ferrari,  d'ac- 
cordo  col  Cucchi  e  col  Guerzoni  (che  aveano  prezzolato  e  sospinto  al 
misfatto  i  due  infelici]  propose  che  il  Monti  ed  il  Tognetti  fossero  dalla 
Camera  proclamati  «  martiri  della  liberta  italiana.  »  Noi  non  vediamo 
perche  la  Camera  ed  il  Governo  non  vi  ahbiano  prontamente  cousentito. 
«  Sono  quesli  i  nostri  martiri,  gridava  colla  spuma  allabocca  il  Ferrari, 
'quest!  i  nostri  santi....  Vera  necessita  di  religione  e  per  noi  questa  di 
proclamare  i  nostri  martiri...  Noi  rispondiamo  al  pontefice  colla  profes- 
sione  di  fede  della  nosfra  religione... I  due  cittadini  ora  immolati  a  Roma 
saranno  forse  i  due  ultimi  martiri  nel  gran  moto  che  scuptc  il  mondo. 
Noi  siamo  alia  vigiliadel  trionfo  e  tremi  il  pontefice!  »  (Atiiuff.n.  1211, 
p.  4777,  col.  3).  I  nostri  lettori  ora  sanno  qual  e  la  religione  di  cqloro, 
con  cui  certi  cattoiici-liberali  vogliono  che  debba  il  Papa  riconciliarsi , 
e  verso  i  cjuali  essi  pretendono  che  da  noi  si  abbia  ad  usare  ogni  riguar- 
do  di  squisitissima  cortesia  ed  amorevolezza.  Meglio  le  mille  volte  aver 
che  fare  coi'Musulmani ! 

II  Bixio  ed  il  Seismit-Doda  inferocirono  principalmente  contro  la  Fran- 
cia,  ma  non  tralasciarono,  con  la  cortesia  propria  de1  frammassoni ,  di 
appellar  canaylia  il  Governo  romano,  e  principe  spietato  il  Papa  PiolX; 
Indarno'il  conte  Crotti,  il  solo  tra  i  Deputati  che  senz'altri  appellatiyi 
si  professa  cattolico,  fece  rilevare  che  la  Camera  era  incompetente  a  di- 
scutere  i  giudicati  de1  tribunali  stranieri  ed  i  fatti  dvun  sovrano  indi- 
pendente.  Niuno  gli  diede  retta;  e  quelli  stessi  del  piccolo  manipolctto  di 
cattoliti-liberali,  che  seggono  al  Parlamento  di  Firenze,  non  trovarono 
ne  parole  per  sostenere  la  proposta  del  Crolti,  ne  una  sillaba  per  ripro- 
vare  le  enormezze  del  Menabrea  e  le  infamie  de1  Garibaldini.  Essi  nser- 
yano  forse  la  loro  eloquenza  per  dare  addosso  a  chi  non  riverisce  umi- 
lissimamente  codesti  campioni  della  liberta,  e  non  ne  accetta  la  religio- 
ne. Tacquerp  quando  poteano  almeno  sostenere  la  proposta  del  Crotti  ,- 
e  Tun  d'essi,  Augusto  Conti,  solo  disse  poche  parole  che  meritano  d'es- 
sere  qui  riferite,  onde  si  vegga  qual  pro  debm  aspettarsi  la  giustizia 
ed  il  ca-ttolicismo  da  certi  catiolici-liberali,  in  cui  nome  sembra  ch'egli 
parlasse. 

«  Noi  possiamo  dolerci,  disse  egli,  del  fatto  acccaduto  ieri  a  Roma ; 
anzi  ce  ne  dogliamo  profondaniente...  L'animp  nostro  se  ne  afflisse  yi- 
vamente.  Ma  noi  ci  asteniamo  dal  votare  1'ordine  del  giorno  Bpnfadini ; 
non  perche  non  deploriamo  quel  fatto,  non  perche  non  desideriamo  che 
iinalmente  si  venga  a  migliori  attinenze  fra  Roma  e  Tltalia,  imperoc- 
che  Roma  non  puo  non  essere,  anche  politicamente,  una  citta  italiana; 
ma  noi  ce  ne  asteniamo,  perche  tali  aiscussioni  commovono  tieramente 
il  paese,  pel  quale  sono  di  grayissimo  pericolo;  poiche  noi  cattplici, 
si  schiettamente  cattolici,  pur  siamo  liberali,  ed  amiamo  e  vogliamo 
questa  unild  del  regno  italiano  »  (Atti  uff.  1212).  Dip  sia  laudato!  Ab- 
biamo  Iinalmente  ben  chiaro  il  programma  dei  cattolici-liberaU  che  seg- 


CONTEMPORANEA  753 

larsi  senza  consummate  lo  spodestamento  c  Tassassinio  del  Papa,  anehe 
questo  essi,  i  cattolici  scliictti,  anche  questo  amano  e  vogliono.  Bravil 

II  Bpnfadini  avca  proposto  che  la  Camera  sentenziasse  cosi :  «  Udite 
le  dichiarazioni  del  Ministero,  la  Camera  passa  all'ordine  del  giorno  » ; 
ma  poi  yi  rinunzio  ed  aderi  alia  proposta  fatta  dal  Correnti  con  quat- 
tro  altri,  che  si  dovesse  dire  cosi :  «  La  Camera,  associandosi  ai  senti- 
menti  di  riproyazione  espressi  dal  presidente  del  Consiglio,  passa  al- 
Fprdine  del  giorno.  »  La  riprovazione  del  Menabrea  andaya  a  colpire  la 
giustizia  delta  Santa  Sede,  qualificata  da  lui  come  inutile  vendetta  contro 
due  infelici,  in  favore  dei  quali  il  Goyerno  di  Vittorio  Emmanuele  ayea 
fatto  il  possibile.  II  yoto  della  Camera  sanci  questa  splenne  dichiarazio- 
ne  di  sohdarieta  del  Goyerno  cogli  assassini  decapitati  in  Roma.  Sorse 
qualche  difficolta  per  le  parole  passa  all'ordine  del  giorno.  Alcuni  non 
ce  le  Yolevano,  per  tener  aperto  il  campo  a  nuoye  giostre  su  tale  ar- 
gomento.  Si  dovette  yotare  anche  circa  queste  parole,  che  furono  am- 
messe  da  147,  respinte  da  119,  essendpsi  astenuti  9  dei  275  yotanti. 
Tra  gli  astinenti  erano  i  cattolici-liberali. 

3.  Tempo  verra  che  il  Regno  d1  Italia  ayra  da  scontarc,  a  prezzo  di 
castighi  tremendi,  cotali  nefandczze;  ed  il  giorno  in  cui  trionfera  la 
setta  mazziniana,  stanca  di  essere  strumento  della  monarchia,  e  servira 
di  flagello  tra  le  mani  di  Dio  sul  capo  di  chi  non  ebbe  ribrezzo  di 
adoperare  tale  strumento  contro  la  Chiesa  ed  il  Yicario  di  Gesu  Cri- 
sto:  questo  giorno  e  forse  troppo  piu  yicino  che  non  credesi  a  Firenze. 

Inf'atti  il  1.*  Dicembre  Y  Unitd  italiana,  diario  ufficiale  del  Mazzini, 
registraya  Tordine  di  sequestro  contro  il  suo  n.°  331,  emanate  dal  Pro- 
curatore  Generale,  pel  yoto  iyi  espresso  della  distruzione  delVordine 
monarchico ;  e  per  mostrare  quanto  ne  fosse  o  sgominata  o  rimossa  dai 
suoi  propositi,  usci  i  giorni  seguenti,  lino  al  5  Dicembre,  recando  in  capo 
alia  sua  prima  colonna,  ben  incorniciata  e  in  caratteri  speciali,  la  seguen- 
te  lettera  di  Giuseppe  Mazzini. 

«  Noi  yogliamo  Roma;  ma  sappiamo  che  la  sua  liberta  non  puo 
uscire  oggimai  da  una  frazione  di  partito ;  e  che  essa  deye  essere  ope- 
ra di  un'impresa  nazionale.  Ayversate  dunque  deliberatamente,  aperta- 
mente  ogni  tentativo  simile  ai  passati.  Roma  si  libera  in  MILAND,  PALER- 
MO, GENOVA,  NAPOLI,  TORINO,  BOLOGNA,  FJRENZE.  Ottobre  1868.  Giuseppe 
Mazzini.  » 

Se  questo  non  e  un  bando  solenne  di  guerra  alia  monarchia  in  Italia, 
che  sara  egli  mai?  E  come  puo  liberarsi  Roma  in  Milano,  Palermo  e  via 
dicendo,  se  non  col  rovesciare  nelle  mentoyate  citta  quel  Goyerno,  da 
cui  la  setta  mazziniaua  non  ispera  (Tavere,  a  seconda  del  suoi  disegni,  su- 
bito,  eflicace  aiuto  alia  conquista  di  Roma? 

11  fiscq  di  Milano  tprnaya  a  sequestrare  V  Unitd  italiana  alii  7  Dicem- 
bre;  ed  il  diario  usciya  alii  8  pubblicando  un  frammento  di  lettera  scrit- 
ta  dal  Mazzini,  ad  un  nucleo  dei  reduci  dellepatrie  battaglie.  In  esso  le- 
yasi  a  cielo  quanto  si  fece  finora,  poi  si  tracciano  le  linee  maestre  del 
nuoyo  layoro:  «  Aver  Roma  ad  ogni  costo  e  quanto  piu  rapidamen- 
te  si  pup.  »  Pertanto  disapproya  le  sottpscriziom,  i  monumenti,  le  pro- 
teste  pei  morti  e  pei  martin  della  patria ;  c  yuole  che  tutte  le  forze, 
la  pecunia,  le  mene,  le  armi,  siano  yolte  a  quest' unico  intcnto.  Non  si 
pensi  ad  imprese  dirctte  contro  Roma,  come  quella  che  condusse  Gari- 
Serie  Vll,  vol.  IV.  fuse.  450.  48  12  Decembre  1868. 


754  CRONACA 

baldi  a  Mentana.  «  II  nrio  profondo  conyincimento  guarda  al  presente 
non  a\passato.  Era  bene  tentare;  ritcntare  sarebbe  danno  ». 

Dimostrato  assai  diffusamente,  perche  non  si  ha  piu  a  fare  come  pel 
passato,  il  Mazzini  accenna  quel  che  si  ha  da  fare  per  «  aver  Roma  e  sen- 
za  indugio.  »  Ecco  le  sue  parole.  «  La  nazione  padrona  di  se;  le  forze 
militari,  amministrative,  tinanziarie  che  essa  possiede,  fidate,  prima  che 
un'Assemblea  costituente  ppssa  raccogliersi  nella  metropoli  d1  Italia,  a 
pochi  ,uomini  devoti,  capaci,  arditi,  scelti  dal  popolo  e  mallevadori  ad 
esso.  E  questo  il  come,  at  quale  piu  sopra  accennai,  come  unico  proble- 
ma  ora  da  sciogliersi;  ogni  altra  soluzione  e  inefficace.  » 

Ecco  spiegata  in  pieno  meriggio  la  bandiera  repubblicana  1  Quanto 
ci  vprra  prima  che  si  debba  attuare  questo  programma,  o  tentare  alme- 
no  di  attuarlo? 

4.  1  diarii  del  Segno  d' Italia,  anche  ministerial!  ed  ufficiosi,  ridevano 
saporitamente  e  si  deliziavanp  al  leggere  in  certi  diarii  spagnuoli  e  fran- 
cesi  appellare  col  nome  di  signora  Isabella  quell' augusta  sovrana,  che 
le  congiure  del  Prim  e  la  fellouia  del  Serrano  e  del  Topete  sbalzarono 
dal  trono  in  esilio.  La  Camera  dei  Deputati  di  Vienna  faceane  essa  pu- 
re le  grasse  risate,  quando  udiva  da  un  Deputato  tirolese  lamentare 
cotanta  villania,  che  potea  essere  presagio  di  dover  fra  poco  udir  par- 
lare  anche  in  Austria  a  un  certo  signor  Francesco  Giuseppe.  Dopo  aver 
riso  della  signora  Isabella,  i  Deputati  di  Vienna  manifestarono  tuttavia 
la  piu  viva  indegnazione  perche  supponeasi  possibile,  con  ingiuria  al- 
rimperatore,  che  si  dovesse  poi  ivi  parlare  d'un  certo  signor  Francesco 
Giuseppe.  Ma  qui  in  Italia  si  va  piu  spacciatamente. 

I  diarii  mazziniani  non  si  sentono  punto  compresi  di  orrore,  anzi  accen- 
nano  apertamente  a  parlare  d1  un  certo  signor  Vitlorio  Emmanuele,  d1  un 
certo  signor  Umberto,  ed'una  cerla  signora  Margherita.  Non  si  gridi 
air  esagerazione,  perche  citiamo  la  prova.  II  Dovere,  diario  mazziniano  di 
Genova,  nel  suo  numero  323  del  19  Novembre,  stampo  alcune  righe,  che 
sono  ad  un  tempo  e  un  insulto  a  due  membri  della  Casa  reale,  e  pro- 
gramma  di  comunismo.  Ecco  le  sue  precise  parole:  «  leri  sera  abbiamo 
visto  air  amenissima  passeggiata  dell1  Acquasola  il  signor  Amedeo  rf'Ao- 
sla  e  la  signora  Cistcrna  del  Pozzo.  Un  buon  operaio  s'tava  addentando 
la  sua  pagnotta;  e  ci  si  narra  che,  vedendo  il  magnifico  treno  di  quei  si- 
gnori,  loro  si  rivolse  gridando:  co testa  e  carrozza  pubblica,  ancfriopagp 
le  tasse  e  ci  voglio  entrare.  II  cocchiere,  sentendo  queste  parole,  sierzo 
i  cavalli  e  si  allontano  rapidamente.  Non  garantiamo  T  autenticita  del  fat- 
to.  » II  Dovere,  facendo  capire  che  questa  e  una  sua  invenzione,  vuole 
che  si  impari  la  lezione  cosi  insegnata.  La  capiranno  i  moderati! 

5.  Si  noti  bene  che  gia  da  pezza  i  diarii  di  cjuesta  setta  gettano  a  piene 
mani  (con  licenza  poco  minore  di  quella  che  il  Governo  di  Firenze lascia 
a  tutti,  anzi  incoraggisce  e  paga,  contro  il  Papa)  ogni  ludibrip  appcna 
velato  contro  il  Re  e  la  Casa  reale  di  Savoia;  e  questi  stessi  diarii  sono 
ora  i  piu  fervidi  nel  rivaleggiare  con  quelli  del  Governo,  quanto  all1  im- 
pegno  nel  raccogliere  sottoscrizioni  ed  offerte  di  sussidii  per  le  famiglie 
del  Monti  e  del  Tognetti,  e  per  erigere  un  monumento  a  questi  due  mar- 
tiri  della  liberta,  la  cui  morte  afflisse  tanto  anche  i  cattolm-liberali, 
in  cui  nome  parlava  nella  Camera  Augusto  Conti.  Si:  non  pure  si  raccol- 
gono  danari  col  pretesto  o  con  I1  intento  di  fame  dono  ai  congiunti  delle 


CONTEMPORANEA  755 

Tittime  che  espiarono  col  delitto  proprio  anche  quello  dei  deputati  Cuc- 
chi e  Guerzoni;  ma  per  giunta  vuplsi  pcrpetuare  la  memoria  del  glorio- 
so  fatto  con  un  monumento  ad  essi  dedicate . 

L'ufficioso  Constitutionnel  di  Parigi,  stomacato  della  condotla  del  Me- 
nabrea  nella  Camera  dei  Deputati,  e  del  chiasso  che  faceano  i  giornali 
ufficiosi  italiani  pel  Monti  e  pel  Tpgnetti,  si  yolse  loro  sdegnato  e  grido: 
«  Se  intendono  fare  ima  dimostrazione  politica,  noi  troviamo  che  non  fan- 
no  abbastanza;  perche  non  erigonp  essi  una  statua  agli  assassini?  »  II 
Constitutionnel  non  sapeva  che  gia  il  monuraento  era  decretato,  e  si  sta- 
Tano  percio  raccqglienqo  denari.  \&Gazzetta  dclpopolo  di  Torino  alii  9 
Dicembre  avea  gia  registrato  i  nomi  di  oblatori  per  la  sqmma  di  L.  1493  ; 
e  cosi  avea  degnamente  commentato  le  parole  del  Mari,  presidente  della 
Camera  dei  Deputati.  II  quale,  nel  prendere  possesso  del  suo  seggio  alii 
26  Novembre  avea  detto:  «  Tra  un  Governo  forte  e  ordinato,  che  tran- 
quillamente  precede  per  le  vie  della  liberta  e  del  progresso,  onorato  dalle 
simpatie  delle  genti;  ed  un  Governo. pauroso,  che  non  sa  sostenersi  se  non 
col  presidio  di  armi  straniere,  col  terrore  e  col  sangue,  il  giudizio  del 
mondo  civile  non  puo  a  lungo  esitare  »  (Atti  uff,  n.  1213,  p.  4781, 
col.  3).  Yivi  applausi  dei  Deputati  avevano  corouato  (juelle  parole  del 
degnissimo  loro  Presidente;  le  qnali  il  Constitutionnel  giudico  essere  \  a- 
pologia  di  quello  che  «  e  agli  occhi  delFEuropa  civile  un  atrocissimo  as- 
sassinio  ». 

6.  Ma  alia  magnanimita  dei  rappresentanti  del  popolo  italiano  non 
dovea  poter  bastare,  che  spontanee  offerte  di  denarp  ed  un  monumento 
attestassero  la  solidarieta  della  setta  regnante  con  gli  assassini  prezzolati 
dal  Cucchi  e  dal  Guerzoni.  E  percio  lu  propqsto  alia  Camera,  firmato 
non  solo  da  questi  due,  ma  eziandio  dal  Cairoli,  dal  Bertani  e  da  piu  al- 
tri  cotali  capi  di  scherani,  in .  numero  di  28,  una  legge  che  dovea  asse- 
gnare  alia  vedova  del  Monti  una  pensiqne  di  annue  Lire  2000,  che  sa- 
rebbe  devoluta  per  L.  1500  ai  ligli  di  lui,  nel  caso  di  morte  della  vedo- 
ya  o  del  suo  passaggio  a  seconde  npzze;  ed  inoltre  Lire  1000  annue  al 
padre  del  Tognetti,  finche  durasse  in  vita. 

Questa  legge,  il  cui  testo  puo  vedersi  anche  nell1  Unita  Cattolica  del 
4  Dicembre,  per  essere  posta  in  discussione  pubblica  alia  Camera  dovea 
essere  approvata  dai  tre  quarti  dei  voti  del  Comitato,cui  erane  commes- 
sa  la  prima  disamina,  a  tenore  del  nupvo  regolamento  temporaneo.  Non 
si  raggiunse  questo  numero  di  voti  favorevoli ;  e  la  legge  fu  messa  da 
parte,  con  grande  rammarico  dei  suoi  promotori,  i  cui  nomi  sono  tutti 
registrati  neiri/wY«  Cattolica  del  5  Dicembre. 

Per  riparare  a  questo  sconcio  il  Cairoli,  ed  altri  della  sua  risma,  propo- 
sero  nella  seduta  del  3  Dicembre,  che  si  p'ovesse  modih'care  quel  malau- 
gurato  art.  70  del  regolamento,  cosi  che,  invece  dei  tre  quarti,  bastassero 
i  due  terzi  dei  voti  del  Comitato  private,  affine  di  poter  mettere  in  di- 
scussione i  disegni  di  legge  d1  iniziativa  privata.  Cio  fu  facilmente  con- 
sent! to  ;  ed  il  Ferrari,  uno  dei  degni  colleghi  del  Cucchi  e  del  Guerzo- 
ni, fu  sollecito  di  stendere  e  presentare  subitp  un  altro  schema  di  legge 
per  dotazione  nazionale  alle  famiglie  del  Monti  e  del  Tognetti.  Ma  anche 
questo  fu  scartato  dal  Presidente  stesso,  poi  dalla  Camera,  che  sentenzio 
non  potersi  rimettere  in  deliberazione  un  punto  gia  giudicato. 

Ma  non  per  questo  atra  a  patirne  discapito  V  onore  nazionale ;  che  c 
rivendicato  dai  Municipii  di  Fermo,  di  Genova,  di  Milano  ed  altri  assai 


756  CRONACA 

die  decretarono  pension!,  pfferte,  sussidii  ai  parent!,  e  contribuzioni  al 
monumento  del  due  giustiziati.  II  pubblico;  compresa  quella  immensa 
pluralila  che  ha  ancora  in  esecrazione  Tassassinio  orpellato  di  politica, 
ne  fara  le  spese.  A  noi  pare  die  avrebbero  iriyece  domito  far  tutto  que- 
sto,  a  proprie  spese,  que1  die,  dopo  ayer  sospinto  que1  sciagurati  al  de- 
litto,  come  fecero  quegli  onorewli  legislator!  di  Firenze,  poi  scappando, 
1!  abbandonarono,  se  pur  anche,  per  salvare,se  stessi,  non  li  denunzia- 
rono  e  yendettero  alia  Polizia  pontificia.  E  usanza  dei  capi  di  assassin! 
di  spacciarsi  dei  loro  scherani,  quando  hanno  fatto  qualche  colpo  ardito! 

7.  Prcvedevano  tuttavia  codesti  paladini  deiV  assassinio  politico  po- 
ter  darsi  il  caso  che  qualche  nuovo  loro  attentato  fallisse,  ed  i  loro 
mandatarii  cadessero  nelle  mani  della  giustizia  pontilieia;  e  sapeano 
che  questa  dee  ancora  dar  sentenza  contro  altri,  che  essa  tiene  in  car  ce- 
re, come  imputati  di  delitti  non  meno  gravi  di  quello,  onde  furono  pu- 
niti  il  Monti  ed  il  Tognetti.  Laonde,  per  assicurarsi  d'aver  poi  un  pre- 
testo  di  usare  la  diplomazia  ed  anche  T  esercito  regolare  per  sottrarre 
alia  meritata  pena  i  loro  sicarii  e  masnadieri,  proposerq  alia  Camera 
una  legge,  che  estende  i  diritti  civili  e  politic!  agli  Italiani  delle  proyin- 
ce  che  non  fanno  ancora  parte  del  Regno.  La  relazione  sopra  questo 
schema  di  legge  e  negli  Alti  ufficiali,  n.°  1219  e  1220,  pag.  4808-09. 
La  discussione,  spacciata  in  pochi  minuti,  avvenne  nella  tornata  del 
30  Novembre,  e  gli  Atti  ufficiali  la  registrarono  nel  n.°  1223.  II  mini- 
stro  Cantelli  fece  rileyare  alcune  difficolta  che  presentereJ^be  Tattuazio- 
ne  d'una  legge,  che  non  definisce  chiaro  quali  sono  le  province  italia- 
ne  a  cui  si  estende  tal  favore,  ne  il  modo  di  fame  Tapplicazione ;  ma 
non  si  oppose. 

Pertanto  questa  legge  fu,  a  grande  pluralita  di  voti,  approvata  nella 
stessa  seduta.  Or  resta  a  yedere  come  passera  in  Senato ,  dove  fprse  si 
capira  benissimo,  che  essa  yuolsi  ora  applicare  solo  pei  sudditi  dello 
Stato  pontificio ,  ma  tultavia  tenere  in  serbo ,  senzapero  applicarla  su- 
bito,  anche  per  quelli  di  Nizza,  del  Tirolo,  deiristna,  della  Dalmazi^, 
che  pur  si  rivendicano  dai  mazziniani  come  province  italiane.  Onde  se  il 
Senato  fara  come  la  Camera  elettiva,  il  Re  sancira  senza  dubbio  la  leg- 
ge, e  questa  servira  di  incoraggiamento  e  di  schermo  ad  altri  assassini, 
i  quali  confideranno  che  essa  debbe  bastare  a  sottrarli  ad  ogni  giustizia 
per  delitti  perpetrati  sul  territorio  pontificio.  Inoltre  tal  legge  avra  anco- 
ra il  carattere  d'un  secondo  yoto  nazionale  per  rivendicare  il  possessp  di 
Roma,  e  di  tutte  le  altre  mentovate  province  italiane  da  annettersi  al 
presente  Regno  d'ltalia.  II  che  non  sappiamo  quanto  possa  tornare  gra- 
dito  e  comportabile  ai  Gabinetti  di  Pangi  e  di  Vienna. 

8.  Ma,  come  per  compenso,  il  Governo  che  e  si  facile  a  concedere  i 
diritti  ciyili  e  politic!  ai  Romani,  ai  Tirolesi,  a  quei  del  Cantone  Ticino, 
agli  Istriani  e  Dalmati,  ai  Nizzardi,  anzi,  se  a  Dio  piace,  anche  ai  Mal- 
tesi,  si  sentiva  tratitto  a  morte  dairimmunita  della  leva  militare  onde  go- 
devano  ancora,  in  ristrettissimo  numero,  i  chierici  delle  diverse  Diocesi. 
Percio  il  ministro  sopra  la  Guerra,  jgcnerale  Rertole-Yiale,  volendo  in- 
graziarsi  i  Mazziniani,  fu  sollecito  di  presenlare  alia  Camera,  nella  tor- 
nata del  18  Novembre,  uno  schema  di  legge,  che  abolisce  tale  immunita 
e  toglie  cosi  alia  Chiesa  ogni  modo  di  rifornirsi  di  giovani  ecclesiastici 
in  vece  di  quelli  che  muoiono.  La  relazione  del  sig.  Ministro  e  regi- 


CONTEMPORANEA  757 

strata  negli  Atti  ufficiali  n.  1228,  pag.  4844  ;  e  noi  siamo  persuasi 
die  la  sua  proposta  non  incontrera  gravi  difficolta  ,  attese  le  qualita 
religiose  e  moral!  dei  legislator!  di  Firenze. 

9.  Per  quanto  ilMcnabrea  si  destreggi  affine  di  appagare  i  rivoluziona- 
rii  Italian!  senza  venire  a  cozzo  col  Governo  impenale  di  Parigi,  dovette 
pur  capire,  almeno  dalle  gravi  parole  onde  i  diarii  ufticipsi  di  cola  col- 
pi  ronp  (Tinfamia  r  operate  nella  Camera  e  dai  Municipii  pei  settarii 
Monti  e  Tognetti  ,  che  tali  scene  e  tali  insolenze  disgustavano  chi  ha  di- 
rilto  ad  esigere  piii  rispetto  e  gratitudine.  Scrisse  pertanto  il  29  Novem- 
bre  un  dispaccio  a  Parigi  ,  di  cui  si  riferisce  in  diversa  forma  la  cpnte- 
ncnza.  Altri  dice  che  in  esso  egli  attenuasse  1'  importanza  delle  dichiara- 
zioni  fatte,  rappresentandole  come  pur!  spedienti  onde  calmare  T  efler- 
vescenza  dei  Garibaldini  ;  altri  pretende  sapere  che  con  quello  si  chie- 
desse  alteramente  alia  Francia  lo  sgombero  dei  suoi  soldati  dal  territo- 
rio  pontificio.  Ci  riserbiamo  a  parlarne  di  proposito  auando  siasi  avuta 
plena  certezza  sopra  Tautenticita  di  quel  documento,  die  dai  giornali  del 
Menabrea  e  detto  apocrifo,  almeno  nella  forma  in  cui  venne  pubblicato. 

II. 
COSE  STRANIERE. 


v  1.  Decreto  per  la  liberta  delle  riunioni  —  2.  Ricompense  ai  soldati  ri- 
belli  —  3.11  Prim,  create  capitano  generate,  manda  divieto  all'  esercito  di 
occuparsi  di  cose  politiche,  racconiandando  la  disciplina  —  4.  Demolizio- 
ne  di  chiese  cattoliche;  erezione  di  un  tempio  protestante  a  Madrid  — 
5'.  Atti  deirepiscopato  —  6.  Altri  indirizzi  e  nuove  protestazioni  di  Dame 
spagnuple  sopra  gli  attentati  contro  il  cattolicismo  —  7.  Legge  per  la  cari- 
ta  iiffidale. 

1.  I  Frammassoni  sono  sempre  coerenti  al  loro  programma  politico 
di  bandire  amplissime  liberta,  che  tuttavia  nella  pratica  applicazione 
riescono  alia  licenza  per  tutto  quel  che  favorisce  gli  mteressi  della  setta, 
cd  alia  tirannia  piii  inesorabile  per  quello  che  s'attiene  alia  religione 
ed  alle  morale  cattolica.  Percip  vediamp  che  in  Spagna,  in  nome  di 
tutte  le  diverse  forme  di  liberta,  si  applicano  agli  ecclesiastic!,  ed  alle 
persone  religiose,  tutte  le  sevizie  cui  deve  sottostare  lo  schiayp,  cioe 
sppgliamento  ,  carcerazione,  coniische  e  perfino  perdita  dei  diritti  ci- 
vili;  a  cio  equivalendo  Tessere  sbandeggiato  senza  reato  veruno,  senza 
processo,  senza  sentenza. 

Lo  strazio  fatto  di  migliaia  di  religiose,  strappate  ai  lorp  sacri  asili, 
dcrubate  delle  loro  case  e  doti,  cacciate  sul  lastrico  delle  vie  come  ap- 
pena  farebbesi  di  mandre  di  agnelle,  e  la  applicazione  fatta  in  Spagna 
dai  liberali,  verso  la  Chiesa,  del  gran  principio  della  liberta  di  associa- 
zione  e  di  riunione.  Ed  ognuno  vede  quanto  essa  sia  filantropica  e  ri- 
sppndente  ai  principii  decantati  dalla  loro  setta.  Certi  araldi  della  con- 
ciliazione  tra  il  Papato  e  la  setta  niassonica  farebbero  bene  ,  se  hanno  a 
cuore  il  conservare  le  appellazioni  splendide  di  cui  si  paoneggiano,  fa- 
rebbero bene  a  suggerire  a'  loro  protetti  qualche  poco  di  cautela  e  mo- 


758  CRONACA 

derazione,  almeno  nelle  forme  esteriori  onde  quelli  applicano  cerli  prin- 
cipii ,  a  cui  essi  osano  pretendere  che  debba  inspirarsi  e  confprmarsi 
la  Chiesa.  Ma  se  questa  e  inceppata  ed  oppressa,  sono  scioltissimi  i 
Frammassoni;  e  cio  basta,  per  quanto  sembra,  se  non  ad  appagare  i 
Toti  dei  conciliatori,  almeno  a  fare  che  aspettino  con  tutta  pace  dalla 
munificenza  dei  Frammassoni  quello  che  vorrannp  poi  tollerare,  col 
tempo,  rispetto  alia  Chiesa.  Sono  dispersi  i  Frati,  disperse  le  Monache? 
Pazienza!  1  Frammassoni  godono  pero  la  liberta  di  riunirsi  a  piaci- 
mento. 

Ecco  il  decreto,  in  forma  di  legge,  pubblicato  percio  dal  Governo 
provvisqrio  di  Madrid. 

«  1.°  E  sanzionato  il  diritto  di  pacifica  riunione  per  fmi  non  riprovati 
dalle  leggi.  2.°  Per  tenere  riunioni  pubbliche  se  ne  dara  ayyiso  alrauto- 
rita  locale  24  ore  prima,  indicando  Toggetto  e  la  localita  in  cui  si  ter- 
ranno.  3.°  Le  riunioni  che  avranno  luogo  airaperto,  sono  sottoposte  alle 
prescrizioni  delle  ordinanze  municipali  in  cio  che  potrebbero  intercettare 
la  via  pubblica  e  porre  ostacolo  alia  libera  circolazione.  4,°  Le  riunioni 
pubbliche  perderanno  il  loro  carattere  di  riunioni  pacifiche  e  rimarran- 
no  escluse  dalle  disposizioni  del  presente  decreto,  dal  momento  in  cui 
uno  o  piu  cittadini  che  vi  prendessero  parte  si  presentassero  colle  armi. 
5.°  II  fine  delle  riunioni  pubbliche  sara  considerate  compiuto  con  esse, 
e  le  loro  deliberazioni  non  potranno  produrre  effetti  posteriori  d'una  na~ 
tura  periodica  e  permanente.  6.°  Sono  abrogate  tutte  le  disposizioni 
amministrative  e  legali,  contrarie  in  tutto  od  in  parte  al  presente  decre- 
to. Madrid,  1.°  Noyembre  1868.  II  ministro  deirinterno  Praxedes  Mateo 
Saqasta.  » 

Licenziati  cosi  i  liberali  d'ogni  fazione  a  raunarsi,  come  loro  pare  e 
piace,  per  cqstituire  in  forma  di  club  o  meeting  altrettante  assemblee  po- 
litiche,  e  chiaro  che  la  influenza  di  queste  sulla  cosa  pubblica  sara  di 
ben  altra  natura  ed  importanza,  che  non  poteano  essere  le  raunate 
delle  povere  monache  negli  stalli  del  loro  coro  e  della  lor  chiesa  a  can- 
tarvi  le  laudi  del  Signore  e  della  Vergine  santissima.  Tuttayia  queste, 
come  pericolose  per  lo  Stato  e  per  la  liberta,  doyeansi  divietare  a  ri- 
gore  di  legge;  e  per  meglio  assicurarsi  da  tanto  pericolo,  si  doyeano 
eziandio  abbattere  le  chiese  ed  i  conyenti!  Cqsi  yuole  lo  spirito  e  la  giu- 
stizia  dei  liberali;  appunto  come  certi  conciliatori  non  trovano  mai  una 
parola  seyera  di  rampogna  contro  le  scelleraggini  dei  Frammassoni,  cui 
anzi  carezzano  coi  guanti  gialli;  ma  per  contrario  sono  sempre  sul  dare 
lezioni  di  carita  e  soayita  evangelica  ai  difensori  della  giustizia  e  della 
Chiesa,  se  mai  lasciano  trasparire  qualche  indegnazione  contro  gli  auto- 
ri  di  orribilissime  scelleratezze. 

2.  Appagata  con  la  liberta  delle  riifnioni  la  yoglia  che  i  Frammassoni, 
anche  di  qrdine  secondario,  pur  sentono  di  guidare,  almeno  cqlle  ciarle  e 
con  le  strida,  le  cose  dello  Stato,  bisognaya  anche  pagare  gli  strumenti 
della  rivoluzione.  IJ  Prim  ayea  gia  generosamente  fatte  le  parti  sue  yersq 
1  esercito  di  terra.  Richiamati  in  patria,  e  restituiti  nei  loro  gradi,  onori 
e  diritti  e  stipendio  tutti  gli  ufficiali,  sottufficiali  e  soldati,  che  per  le 
precedenti  ribellioni  n'  erano  sbanditi  o  protughi.  Inoltre  promossi  tutti 
d'un  grado  gli  ufficiali  e  graduati  delle  truppe,  che  col  Serrano  eransi 
dichiarate  contro  la  Regina,  yerso  cui  poco  prima  aveano  rinnoyato  il 


CONTEMPORANEA  759 

solenne  giuramento  di  fedelta.  Quindi  estesi  gli  stessi  favori  agli  ufficiali 
delle  truppe,  che  dopo  il  fatto  al  ppnte  d'Alcolea  erano  passate  a  servizio 
della  rivoluzipne.  I  soldati  semplici  consolati  d'un  po1  di  denaro,  e  della 
speranza  che  in  altra  rivoluzione  potranno,  se  sono  destri  e  arditi,  diven- 
tar  anch1  essi  Colonnelli,  Marchesi,  Capitani  general!  e  Duchi!  Poteano 
stare  content! . 

Ma  restavano  a  ricompensare  quei  dell'armata  di  mare,  che  questa 
volta  erano  stati  i  primi  a  ribellarsi,  ed  ai  quali  principalmente  era  dovu- 
to  il  trionfo  della  rivoluzione.  II  Topete,  prima  trmmmro,  poi  Ministro  del- 
la  marina,  non  dimentico  se  stesso;  cjuindi  pensp  agli  altri.  Pertanto  alii  2 
Novembre  mando  un  bando  a  tutti  i  prodi  suoi  cooperatori,  con  un  de- 
creto,  nel  quale  dichiaro  la  sua  riconoscenza  «  alia  patriotica  risoluzione 
con  cui  tutte  le  fprze  navali  dello  Stato  secondarono  la  gloriosa  solleva- 
zione  nazionale,  iniziata  nella  baia  di  Cadice  il  di  18  del  passatp  Settem- 
bre.  »  Quindi,  a  maniera  di  compenso  e  di  premio  loro  signified,  che  sa- 
rebbe  diminuita  di  due  anni  la  durata  del  loro  servizio  militare,  e  per 
giunta  assegno  un  aumentp  di  soldo  a  tutti,  e  fece  piovere  un  diluvio  di 
prompzioni  a  grado  superiore.  Qra,  finche  qualche  nuova  cospirazione 
non  riesca,  e  sperabile  che  F  esercitp  continuera  ad  essere  quello  spec- 
chio  di  devozione  e  di  lealta  che  divenne,  dacche  ebbe  giurato  eterna 
fedelta  alia  regina  Isabella  II. 

3.  Ma  le  ricompense,  le  decorazioni,  le  prompzioni,  le  larghezze  d'ogni 
sorta  erano  state  profuse  a  piene  mani  anche  dai  diversi  Ministeri  che,  in 
nome  della  regina  Isabella  11,  aveano  successivamente  governata  la  Spa- 
gna;  il  che  non  avea  impedito  pero  che  si  moltiplicassero,  in  quella  ra- 
gione  stessa  che  le  ammstie  e  le  liste  di  promozipni,  le  congiure,  gli  am- 
mutinamenti,ele  sedizioni  armata  mano  di  quelli  che  non  ne  rimanevano 
contenti,  o  perche  si  credeano  posposti  ad  altri  men  degni,  o  perche  non 
erano  pervenuti  fin  dove  pretendeano,  o  perche  sperayano  che  una  uuo- 
va  ribellione  li  porterebbe  anche  piu  alto.  II  Prim,  piu  che  ogni  altrp, 
dovea  sapere  quauto  tali  disposizioni  d'animo  fossero  comuni  neireserci- 
to  spagnuolo;  e,  come  si  vide  giunto  al  col  mo  degli  onori  e  del  pptere, 
dopo  essere  stato  un  anno  innanzi  privato  d'ogni  titolo,  grado  e  dignita 
per  la  sua  ribellione,  cerco  modo  di  rassicurarsi  contro  un  nuovo  capi- 
tombolo,  a  cui  fosse  data  la  spinta  da  nuova  sedizione  militare. 

A  tal  effetto  il  Prim,  in  sua  qualita  di  Ministro  sppra  la  guerra,  indi- 
rizzo  a  tutti  i  capitani  generali  una  circolare,  sotto  il  6  Novembre,  nella 
quale  espose  le  condizioni  della  Spagna  ancora  in  piena  effervescenza, 
pel  sublime  trionfo  della  causa  liberale;  e,  fatto  Telogio  di  quel  che  ope- 
ro  T  esercito  per  tale  causa,  inculca  loro  di  amplificare  alle  truppe  poste 
sotto  i  loro  ordini  la  traccia  seguente  di  predica  morale :  «  L  esercito 
dee  vedere  senza  gclosia  e  puo  anzi  essere  altero  della  soddisfazione  le- 
gittima  del  popolo,  per  la  liberta  e  Y  onore  del  quale  esso  ha  combattu- 
tp,  del  popolo  da  cui  egli  e  uscito,  del  popolo  per  cui  nutre  le  sue  affe- 
zioni  e  con  cui  dee  partecipare  al  godimento  di  tutti  i  diritti ,  rientran- 
do  nel  suo  grembo.  Ma  e  mestieri  che  voi  gli  facciate  comprendere  nel 
medesimo  tempo,  che  per  la  difesa  della  patria,  la  conservazione  della 
legge  e  la  sicurezza  deirordme  pubblico,!1  esercito  non  ha  altra  fprza  mo- 
rale e  materiale  che  quella  che  gli  viene  dall1  unita  del  suo  spirito  e  del 
suo  carattere ;  che  F  unita  non  ha  altra  forza  che  quella  della  sua  disci- 


760  CRONACA 

plina,  e  che  le  manifestazioni  e  gli  atti  spontanei,  di  qualunque  nalura 
essi  sieno,  sono  la  sua  negazione  la  piu  completa,  e  mettono  il  braccio 
forte  della  nazione  in  balia  della  soggezione  dei  partiti ,  delle  radunan- 
ze  e  fors1  anche  delle  indrvidualita  che  le  sono  piii  essenzialmente  ostili. 
E1  dunque  necessario  che  Y.  E.  non  permetta  alle  classi  militari  di  pren- 
der  parte  a  nessuna  delle  associazioni  o  riunioni  piu  o  meno  pubbliche, 
tendenti  ad  esprimere  un'  idea  od  un  oggetto  politico  qualunque.  E'  un 
assioma  generalmente  riconosciuto  nella  scienza  politica,  che,  colla  som- 
ma  della  liberta  di  cui  godono  i  pppoli ,  deve  essere  in  relazione  precisa 
la  severita  e  la  rigidita  della  disciplina  tra  le  istituzioni  militari  incari- 
cate  della  loro  conseryazione.  »  Chi  fosse  va go  di  leggere  il  resto4el 
sermone,  ne  sara  appagato  AalYUnita  Cattolica  del  13  Novemhre,  n.  265. 

Questa  predica  non  sappiamo  precisamente  quali  affetti  destasse  in 
cuore  ai  capitani  generali  colleghi  del  Prim ;  ne  possiamo  ben  dire  con 
qual  sincere  fervore  essi  ne  facessero  poi  la  spiegazione  agli  nfliciali  c 
soldati,  e  qual  protitto  sodo  di  conversione  questi  ne  abbiano  rica^ato. 
Ben  sappiamo  che  T  udire  il  Prim,  stato  cospiratore  tutta  la  sua  Tita, 
raccomandare  agli  ufficiali  e  soldati  di  non  mescolarsi  di  politica,  e  di 
contentarsi  d'  essere  strumenti  docili  e  disciplinati  di  chi  a  furia  di  co- 
spirazioni  ghermi  il  supremo  potere  strappato  ai  legitimi  eredi  di  Carlo  V, 
questa  e  cosa  che  sembra  aver  dato  sui  nervi  a  molti.  AI  Memorial  diplo- 
matique, che  pure  non  suole  patir  di  scrupoli  ed  e  sempre  pronto  a  tr'o- 
var  ragioni  per  lodar  checchessia,  parve  certo  di  udire  il  lupo  che  fa  la 
predica  alle  agnelle ,  e  mastico  fra  i  denti  queste  parole :  «  Egli  ha  un 
bel  yoler  passare  la  spugna  sul  suo  passato.  L1  esempip  che  egli  non 
cesso  mai  di  dare  in  tutto  il  corso  della  sua  carriera  militare  fu  troppo 
funesto,  perche  la  recente  snacircolare  ne  possaattenuarele  triste  consc- 
guenze.  L'  esercito  e  cangrenato  dallo  spirito  di  indipendenza  e  di  am- 
mutinamento.  Egli  e  d'uopo'o  disfarlo  del  tutto,  o  lasciare  che  ciascuno 
continui  a  meritarvi  gradi  e  promozioni  col  merito  delle  rivolture  e  delle 
sedizioni.  »  (12  Nov.pag.  743.) 

k.  Non  vogliamo  dire  che  realmente  tutto  T  esercito  spagnuolo  gia  sia 
ridottp  in  quella  condizione  che  e  cosi  descritta  dal  Memorial:  e  certo 
augufiamo  ben  di  cuore  alia  Spagna,  che  il  suo  esercito  si  riorganizzi  e 
riacquisti  yigoria  di  disciplina  rigorosamente  militare.  Imperocche  la  do- 
ye  si  allentano  o  si  troncano  i  freni  si  possenti  della  morale  e  della  re- 
ligione,  se  non  si  vuole  che  tiranneggi  Y  anarchia,  e  d'  uopo  che  regni 
almeno  la  forza  ordinata  deir esercito,  onde  e  siano  represse  le  malvage 
passioni  e  si  guarentiscano  le  persone  e  le  robe  dei  cittadini.  Or  egli  e 
pur  troppo  eyidente,  che  la  massoneria  in  Spagna  lavora  a  tutto  po- 
tere per  isneryare  il  cattqlicismo  e  stremarlo,  se  fia  possibile,  della  salu- 
tare  influenza  sui  popoli.  AI  quale  intento  non  pure  son  dirette  le 
continue-  demolizioni  di  chiese  e  di  chiostri,  ma  la  giunta  che  a  questi 
sacri  cdifizii  destinati  alPesercizio  della  vera  religione  si  sostituiscono 
templi  protestanti  e  scuole  di  razionalismo  e  di  scostumatezza. 

Molte  ed  antiche  ed  insigni  chiese  caddero  gia  sotto  il  martello  mas- 
sonico;  ma,  come  per  compenso,  il  sig.  Ortiz,  minis tro  sopra  le  cose  di 
grazia  e  giustizia  e  dei  culti,  fece  pubblicare  nel  diario  El  Imparcial  di 
Madrid,  del  12  Noyembre,  un  suo  decreto  del  9,  per  cui  e  fondata  mm 
chiesa  protestante  in  quella  metropoli.  Questo  decreto  non  comparye 


CONTEMPORANEA  761 

subito  sulla  Gaceta  ufliciale,  ma  fu  riprodottp  da  tutti  gH  altri  gior- 
nali  di  cola,  ed  e  del  tenore  seguente,  cd  indirizzalo  all'Alcade  del  Mu- 
uicipio  di  Madrid. 

«  Ministero  di  grazia  e  giustizia.  -  3a  Divisione.  Con  questa  data  dico 
a  D.  Giorgio  Fitch  quanto  segue :  —  Ragguagliatp  il  signor  Ministro 
di  grazia  e  giustizia  dalla  esposizione  di  yossignoria,  che  domanda  le 
yenga  permesso  di  erigere  in  questa  capitale  un  tempio  protestante, 
e  pronto  a  darle  la  licenza,  perche  possa  incominciarne  la  costruzione, 
purche  nel  compierlo  si  adatti  al  prescritto  dai  regolamenti  municipal!. 
Lo  che,  d'ordine  del  suddettp  signor  Ministro,  partecipq  a  Vossignoria 
per  gli  effetti  consecutiyi.  Dio  conservi  Y.  S.  per  molti  anni.  II  sotto 
secretario  Trinidad  Sicilia.  » 

5.  Cotali  enprmezze,  onde  pur  si  risen tono  ancora  la  piu  gran  parte 
degli  Spagnuoli,  come  d'uno  oltraggio  troppo  intollerabile  alia  coscien- 
za  ed  all'onore  nazionale,  produssero  qua  e  cola  qualche  reazione;  e  yi 
cbbe  luogo  dove  i  proleslanli,  avendo  cominciato  a  metier  mano  ai  la- 
vori  per  fondare  loro  sinagoghe,  dovettero  piu  che  di  fretta  fuggire, 
onde  sottrarsi  al  furore  popolare.  I  Vescoyi  non  Iralasciarono  di  fare 
guanlo  era  in  poter  loro  onde  serbare  alia  Spagna  il  prezioso  e  fin  aui 
inviolato  tesoro  del  cattolicismo.  In  saggio  di  che  basti  accennare  alle 
energiche  protestazioni  indirizzate  dal  Vescovo  di  Cordova  alTOrliz  Mi- 
nistro di  grazia  e  giustizia,  e  dal  Vescovo  di  Astorga  al  Serrano.  I 
quali  atti,  riferiti  ndYUnivers  dell' 11  Novembre,  ppsero  in  pienissima 
luce  le  iniquita  perpetrate  contro  i  diritti  e  le  proprieta  della  Chiesa  e 
la  vera  liberta  delta  coscienza.  Ne  sono  meno  energici  i  richiami  per- 
cio  indirizzati  all'O  tiz  dal  Metropolitan  e  dai  suffraganei  della  provin- 
cia  ecclesiastica  di  Burgos,  la  cui  esposizione  di  diritti  e  di  falli,  calda 
di  vera  eloquenza,  e  riferita  nello  stesso  Univers  del  13  Novembre. 

Altri  Prelati,  o  npn  serbassero  speranza  veruna  di  trovar  ascolto 
presso  cotali  Ministri  e  Governanti,  o  scorgessero  piu  efficace  un  ap 
pello  diretto  a1  loro  diocesani,  a  questi  si  yplsero  con  bellissime,  leltere  . 
pastorali,  dove  con  quella  gagliardia  che  da  lo  zelo  evangelico  e  la  co- 
scienza della  giusta  causa  che  si  difende,  fortemente  assalirono  a  vise 
scoperto  il  nemico,  ne  posero  in  moslra  le  scelleraggini  e  la  tirannia, 
ed  invitarono  i  popoli  a  custodire  il  prezioso  deposito  della  loro  fede. 
Tale  e  T  atto  pubblicato  nel  Bollettino  ufficiale  ecclesiastico  delFArcive- 
scavado  di  Santiago  di  Compostella,  riprodolto  nelF  Univers  del  24  No- 
vembre. 

6.  Ne  per  avyentura  tprnarono  meno  efficaci  gli  indirizzi  firmati  da 
migliaia  e  migliaia  di  gentildonne  e  popolane  cTogni  grande  citta  in  dife- 
sa  delle  povere  religiose,  che  esse  vedeano  discacciate  da'  loro  chiostri, 
derubate  delle  loro  doti,  e  respinte  colla  violenza  in  quel  mondo  che 
esse  ayeano  abbandonalo.  Ben  17  mila  furono  le  firme  apposte  ad  un 
cotale  indirizzo  dalle  donne  della  citta  di  Valenza,   popolata  p"i  circa 
100,000  anime;  ed  il  Serrano  tantp  ne  sent!  la  fprza,  ed  i  pericoli  del 
persistere  nel  consummare  quelle  inique  espulsioni,  che  mando  cola  or- 
dine  di  sostare. 

7.  Ma  si  sa  che  i  Frammassoni,  quanto  detestano  le  istitutioni  pie 
ed  anche  caritatevoli  che  sono  ayvivate  da  spirito  callolico,  e  percio 
le  vogliono  dislrutte,  altrettanlo  si  mostrano  rautori  delle  filantropiche 


CRONACA  CONTEMPORANEA 

od  anche  puramente  caritatevoli,  a  patto  di  averle  sotto  la  loro  dire- 
zione  ed  amministrazione,  affine  di  sfruttarle  secondp  i  loro  disegni  ed 
a  protitto  della  setta.  Percio  il  Ministro  degli  affari  interni  fu  sollecito 
di  mantenere  dove  esistevano,  di  promovere  che  si  istituissero  dove 
non  esistevano,  societa  o  compagnie  dette  di  carita ;  suggettandole  tut- 
tavia  senza  eccezione  veruna  alia  direzione  amministrativa  del  Gqver- 
no,  ed  escludendone  con  somma  cura  quanto  potesse  saper  di  chiesa. 
Ecco  gli  articoli  del  decreto  percio  emanato  dal  sig.  Sagasta. 

«  Art.  1 .  °  E  consacrata  dalla  legge  la  esistenza  <Mle  antiche  associa- 
zioni  di  dame,  dopo  la  presentazione  e  T  approvazione  dei  regolamenti 
non  autorizzati  dai  Goyerni  che  hanno  esistitq  fmora.  Art.  2.°  I  gover- 
natori  civili  delle  province,  dove  avrannq  esistitq  queste  associazioni,  in- 
viteranno  le  dame  che  le  formano  a  costituirsi  di  nuovo,  offerendo  loro 
tutto  Tappoggio  e  la  protezione  del  Governo  provyisorio,  per  Tesercizio 
e  la  pratica  deiroggetto  esclusivo  della  loro  associazione.  Art.  3.'  I  go- 
vernatori  delle  province,  dove  associazioni  sifiatte  non  avranno  esistito, 
si  sforzeranno  di  cqstituirle,  facendo  appello  ai  sentimenti  carilatevoli 
delle  dame  d'una  virtu  e  d'una  filantropia  notoria,  in  nome  delle  class! 
sofferenti  e  bisognose.  Art.  4.°  Qaesti  governatori  procureranno  di  sta- 
bilire,  nelle  province  affidate  alle  loro  cure,  delle  associazioni  d'  uomini 
per  lo  stesso  oggetto,  cipe  delFesempio  della  carita  a  domicilio,  piglian- 
do  per  base  quelle  che  si  formarqno  durante  Tultima  invasione  epidemi- 
ca,  sotto  la  denominazione  tfAmici  dei  poveri.  Art.  5.°  Nessuna  di  que- 
ste associazioni  potra  riconoscere,  ne  dipendere  da  un1  autorila  stabilita 
in  paese  straniero  Art.  6.8  Alia  associazione  delle  dame,  appena  sara 
costituita  e  in  grado  di  consacrarsi  in  modo  pratico  allo  scopo  della  sua 
creazione,  si  renderanno  le  somme  in  danarp  e  gli  effetti  tuttora  servibi- 
li,  che  appartennero  alle  conferenze  di  S.  Vincenzo  de  Paoli,  per  essere  i 
detti  danari  ed  effetti  impiegati  e  distribuiti  conformemente  ai  regola- 
menti  che  le  governano.  Madrid,  3  Novembre  1868.  II  ministro  dell1  In- 
ierno  Prpssede  Matteo  Sagasta.  » 


INDICE 


Di  tre  vizii  del  regno  d'  Italia  che  ne  minacciano 

la  durata pag.  5 

11  Codice  Vaticano  delta  Bibbia  greca  e  la  sua 

Edizione 19 

Saggio  critico  della  Societa  massonica  Natura  e 

fine,  39  -  La  Loggia 670 

Una  recente  conferma  del  saggio  critico  della  socie- 

ta  massonica 398 

Di  un  giovinetto  crociato,  morto  il  giorno  dell 'As- 

sunzione  di  Maria,  1868 *  .  60 

Gli  esami  de'  Licei  e  il  sislema  dell' istruzione  pub- 

blica  in  Italia , 129 

/  Crociati  di  san  Pietro,  scene  storiche  del  4867. 

XXXIII.  Gli  accampamenti  dei  Crociati,  149- 

XXXIV.  Monte  Libretti,    13  Ottobre,    158  - 

XXXV.  II  domani  di  Monte  Libretti,  286.  - 

XXXVI.  Urbano  di  Qu&en,  297  -  XXXVII. 
Arturo  Guillemin,  415  -  XXXVIII.  Operazio- 
ni  contro  Nerola  e  Montorio  Romano,  423  - 
XXXIX.  La  mareiata  dei  Pontificii  alia  volta  di 
Nerola,  563  -  XL.  II  campo  di  Meriotti,  566- 
XLL  Parlamento  garibaldese  in  Nerola.   .   .  572 

La  rivoluzione  in  Ispagna,    nuova   condanna  del 

liberalismo  moderno 168 

La  dottrina  di  S.  Antonino  Arcivescovo  di  Firenze 
intorno  alia  infallibilita  de'  Papi  e  la  loro  mpe- 

riorita  sui  Concilii 181,  304,  576,  688 

Sopra  una  falsita  di  dottrina  e  di  lezione  introdotta 

nella  Somma  morale  di  S.  Antonino 581 

//  Cattolicismo  e  la  Liberia  religiosa 257 

Brevi  cenni  sul  Concilio  ecumenico 270,  544 

L'invito  del  Papa  ai  Protestanti  e  il  giornale   il 
Times .  385 


764  INDICE 

Delle  Costiliizioni  moderne.  , ,    pag.  4-29 

La  stampa  liber  a  ed  il  liber  alismo  in  Italia.   .   .   .  513 
La  morale  protestante  e  la  morale  caltolica.  .   .  .  529 
La  tornata  del  25  Novembre  nel  Parlamento  di  Fi- 
renze   , Oil 

Gli  abusi  del  soppresso  tribunals  delta  regia  Monar- 

chia   in  Sicilia.          .   .          .  ,  ,  654 


RIVISTE  BELLA  STAMPA  ITALIANS 

//  Concilia  Ecumenico :  Diario  e  Storia.  Si  pubblica  il 
giovedl  in  quaderni  da  8  a  32  pagine  —  Milano  1868  .  .  79 

Dell' immortalita  dell'anima  umana.  Discorso  della  mar- 
chesa  MARUNNA  FLORENZI  WADDINGTON  —  Firenze  1868.  .  .  199 

Lo  Hegelianismo  consider ato  nel  suo  svolgimento  storico  e 
nel  suo  rapporto  con  la  scienza,  per  I'abbate  GIUSEPPE  PRI- 
sco,  professors  prtvato  di  Filosofia  e  diEtica  nel  Liceo  arci- 
vescovile  di  Napoli —  Napolil868.  Un  volume  in  grande  ot- 
tavo  di  pag.  245 325 

Una  Casa  fwrentina  da  vendere,  con  un  Racconto  mo- 
rale e  un  esercizio  lessicografico,  di  PIETRO  FANFANI.  Libret- 
to per  le  scuole.  In  8.°  pice,  di  pag.  YI1I-94  -*-  Firenze,  tip. 
all  insegna  di  S.  Antonino,  1868 336 

Saggio  di  Storia,  di  Critica  e  di  Politica,  per  PASQUALE 
VILLARI  1868  —  Un  volume  in  8.°  di  pag.  XV-460  ...  447 

Dei  cinque  regni  d' Italia  libri  cinque,  del  DUCA  DI  MAD- 
DALONI  —  Lugano  1868.  Due  volumi  in  dodicesimo;  1.°  pa- 
gine 320,  2.°  pag.  276.  .  .  . 462 

luris  Ecclesiastici  Publici  Inslitutiones ,  auctore  CAMILLO 
TARQUINI  e  Societate  lesu ,  Juris  Canonici  Professore  in 
Collegio  Romano  eiusdem  Societatis  —  Romae,  typis  Civili- 
tatis  Calholicae  1868.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  VIII,  152  .  .  468 

Relazione  al  Consiglio  comunale  di  Verona  sui  rapporti 
del  Comune  con  la  Chiesa,  e  relativa  discussione  e  conside- 
razione.  Verona  1868  .  '. 592 

Monografia  statistica,  economica,  amministrativa  della 
provincia  diForll.  Vol.  I  di  pag.  XII-340,  vol.  II  di  pag.  262, 
vol.  Ill  di  pag.  407.  Edizione  di  lusso  in  4.°  gr.  con  molte- 
plici  tavole  —  Forli,  a  spese  provincial!,  tip.  Bordandini  e  Ca- 
sali  1866-67.  712 


INDICE  765 

BIBLIOGRAFIA pag.    92,    340,    600 

Sanctissimi  Domini  Nostri  Pii  divina  providentia  Papae  IX.  Lit- 
terae  apostolicae  ad  omnes  Episcopos  I  cclesiarum  ritus  orientalis 
communionem  cum  Apostolica  Sede  non  habentes 99 

ARCHEOLOGIA  1.  D'un  epitaffio  cristiano,  che  vedesi  ora  nel  Museo 
del  Louvre—  2.  Un'iscrizione  pagana  di  Sardegna 210 

Sanctissimi  Domini  Nostri  Pii  divina  Providentia  Papae  IX.  Lit* 
'terae  Apostolicae  ad  omnes  protestantes,  aliosque  acatholicos    .    .    .      222 

SCIENZE  NATURALI  1.  Progressi  del  traforo  del  Moncenisio;  successo 
della  ferrovia  a  triplice  rotaia  del  Fell  —  2.  Osservazioni  dell'eclis- 
si  del  18  Agosto  fatte  da  astronomi  inglesi  e  tedeschi  —  3.  Osserva- 
zioni di  astronomi  francesi  —  4.  Scop'erta  del  Janssen  e  del  Lofajer 
circa  il  modo  di  studiare  le  protuberanze  gazose  del  sole  fuori  delle 
congiunture  d'una  eclissi  —  5.  Modo  di  valersi  di  tale  scopertaf  ado- 
perato  dal  P.  A.  Secchi 47  i 

Relazione  degli  ultimi  giorni  di  Giuseppe  Monti  e  di  Gaetano  To- 
gnetti,  giustiziati  in  Romaildl  24  Novembre  1868 725 


CRONACHE  CONTEMPORANEE 

DAL  12  AL  26  SETTEMBRE 

I.  COSE  ITAUANE  —  STATO  PONTIFICIO  1.  Pubblicazione  dell' End- 
clica  del  Santo  Padre,  che  invita  al  Concilio  ecumenico  i  Vescovi 
orient ali f  separati  dalla  Chiesa  romana  —  2.  Senlenza  che  dichiara 
scomUiiicato  vilando  il  pretc  Cirino  Rinaldi,  contumace  nell'esercisio 
dell'abolito  Tribunale  della  MonarchiadiSicilia  —  3.  Visita  del  San- 
to I'adre  all'Ovpedale  militare  —  4.  Imposture  dei  rivoluzionarii, 
smentite  rfo/rOsservatore  Romano  —  5.  IlCardinale  Reisach  condan- 
nato  a  multa  dal  Governo  usurpatore  dcgli   Stati  della  Chiesa  — 
6.  Nuove  dichiarazioni  e  minacce  dei  diarii  u/ficiosi  di  Firenze  con- 
tro  Roma  e  contro  la  Francia  —  7.  Opere  inscritte  neir  Indice  dei 

libri  proibiti 105 

II.  COSE  STRAN1ERE  —  FRANCIA!.  Splendide  acco,jlie,nze  fatte  a 
Fontainebleau  al  Conte  e  alia  Contessa  di  Girgenti  —  2.  Ulmpera- 
tore  al  campo  di  Chalons;  sue  parole  di  comm'iato  —  3.  Commo  -io- 
ne  eccitata  in  Francia  da  un  discorso  del  re  Gujlielmn  a  Kiel  — 
4.  Giudizio  dei  giornali  ufficiosi  parigini  sopra  una  diminuzione 
temporanea  dell'ewrcito  prussiano  —  5.  Spiegazione  di  do  data  dal 
Constitutionnel  —  6.  Pericoli  chiaritl  dalla  Liberte 109 

AMERICA  SRTTENTRIONALE  (STATI  UnUi)  1.  Candidate  diversi  e  lotta 
dv'partiti  per  la  elezione  del  Presidente  — 2.  Proposta  del:  Johnson 
al  Congresso  circa  la  durata  ed  il  modo  di  elezione  del  Presidente 
—  3.  Provvedimenti  pel  debito  pubblico  —  4.  Con  'izioni  deplora- 
bili  degli  Stati  del  bud:  turbolenze  nella  Luigiana  —  5.  Riconci- 
liazione  del  Gabinetto  ai  Washington  con  quello  di  Londra  — 
6.  Congetture  sopra  i  disegni  degli  Stati  Uniti  nel  Mediterraneo  — 
1.  Qualita  e  forza  dell'armata  navale  amencana  —  8.  Pratiche  di 
pace  fra  gli  Stati  Uniti  e  gli  Indiani,  condotte  dal  P.  De  Smet 
-  9.  Splendido  omaggio  renduto  dal  Maggior  Generate  Stanley 
all'  influenza  dei  Missionarii  cattolici 116 

DAL  26  SETTEMBRE  AL  10  OTTOBRE 

I.  COSE  ITALIANS  —  STATO  PONTIFICIO!.  Concistoro pubblico  e  se- 
grelo  del  24  Settembre;  nomine  di  Vescovi  —  2.  Testo  della  sentensa 


766  INDICE 

di  scomunica  contro  II  prele  Cirino  Rinaldi  —  3.  Circolare  spedita 
dal  Guardasigilli  del  Governo  di  Firenze  in  difesa  di  codesto  sco- 
municato pag.  226 

TOSCANA  E  STATI  xmESSil.Proniulgazione  del  Decreto  reale  sopra 
la  Convenzione  del  31  Luglio  con  laFrancia,pel  Debito  pubblico  delle 
province  usurpate  alia  Santa  Sede  —  2.  Condizioni  dell'erario,  del 
oilancio  e  del  Debito  pubblico  .—  3.  Bandi  repubblicani  —  4.  Parla- 
mento  di  operai  a  Genova —  5.  Minacce  del  diarii  ufficiosi  contro  la 
Francia  —  6.  Circolare  ai  Pretori  contro  i  sommovitori  de'popoli  — 
7.  Dicerie  sopra  una  nuova  Convenzione  con  la  Francia,  ed  il  trasporto 
delta  Capitale  a  Napoli  —  8.  Dichiarazioni  e  mentite  date  dal  Mena- 
Irea  nella  sua  Correspondance  italienne  —  9.  Restituzione  del  beni 
allodiali  a  S.  A,  R.  il  Duca  di  Modena 234 

II.  COSE  STRANIERE  —  SPAGNA  1.  Indole,  elenco  e  cenni  delle  ri- 
voluzioni  in  Spagna  dopo  il  1812  —  2.  Prodromi  d'una  nuova  ribcl- 
lione  militare;  varii  Generali  sono  mandati  a  confino;  provvedimento 
contro  il  Duca  e  laDuchessa  di  Montpensier —  3.  Rivoluzione  inizia- 
ta  a  Cadice  dell'ammiraglio  Topete —  4.  Dimissione  del  Minister o;  la, 
Regina  da  S.  Sebastiano  commette  il  Governo  e  la  difesa  delta  Coro- 
na al  maresciallo  Concha  —  5.  II  Conte  di  Girgenti  accorre  da  Parigi; 
rassegna  e  partenza  di  truppe  da  Madrid  —  6.  //  generate  Calonae 
rioccupa  Santander  —  7.  //  generate  Paviaf  tnarchese  di  Novalicnes 
marcia  in  Andalusia  contro  i  sollevati  —  8.  Governo  provvisorio  isti- 
tuito  a  Siviglia,;  il  aenerale  Serrano,  capo  supremo  delle  truppe  ribelli, 
marcia  contro  Madrid  —  9.  Scontro  al  Ponte  d'Alcolea  tra  i  regii  ed 
i  ribelli;  il  marchese  di  Novaliches  ferito  va  morire  a  Madrid  — 
10.  II  maresciallo  Concha  rinunzia  ai  poteri  avuti  dalla  Regina;  in 
Madrid  le  truppe  si  dichiarano  per  la  rivoluzione  —  11.  La  regina 
Isabella  II  rip  ar  a  in  Francia;  accoglienze  a  lei  f at  t  e  dall' Imp  era- 
tore  e  dall'Imperatricc — IV.Ingresso  trionfale  del  Serrano  a  Madrid; 
Governo  provvisorio 242 

DAL  10  AL  31  OTTOBRE 

I.  COSE  1TALIANE  —  STATO  PONTIFICIO  1.  Soccorsi  dati  e  pro- 
mossi  dal  Santo  Padre  pei  danneggiati  dalle  inondazioni  nell'alta 
Italia  —  2.  Visita  del  Santo  Padre  a  Civitavecchia 357 

TOSCANA  E  STATI  ANNESSI  1.  11  Ministero  e  rattoppato  —  2.  Co^o- 
fjuio  a  Torino  fra  Vittorio  Emmanuele  ed  il  principe  Napoleone  — 
3.  Le  condizioni  presenti  del  regno  d'Halia  descritte  dal  Monileur  du 
soir  —  4.  Disastri  prodotti  dalle  inondazioni;  impertinenti  censure 
de/rindependance  Beige  contro  la  f  ami  alia  reale  — 5.  Efficacia  del 
Governo  nel  riscuotere  i  balzelli  —  6.  Promessa  del  Broglio,  mini" 
stro  soyra  la  pubblwa  istruzione,  che  Roma  sara  presto  detr  Italia  — 
7.  Spieyazioni  ufficiose  della  Nazione  circa  il  modus  Vivendi  tra  il 
regno  d  Italia  e  Roma 362 

II.  COSE  STRANIERE—  SPACNA  1.  Particolari  del  fatto  d'armi  al 
ponte  d'Alcolea;  conseguenze  della  ferita  toccata  al  i\ovaliches  — 
2.  Protestazione  della  regina  Isabella  II —  3.  Governo  provvisorio  e 
nuovo  Gabinetto  a  Madrid  —  4.  Lista  civile  della  Regina  e  del  popolo 
sovrano  —  S.  Ovazioni  fatte  al  Prim  aBarcellona  ed  a  Madrid;  sue 
lettere  ed  apologie  —  6.  L' Espartero  si  dichiara  per  la  rivoluzione 
—  7.  Don  Giovanni  di  Borbone  rinunzia  a'  suoi  diritti  in  favore  del 
suo  primogenito  Don  Carlos  —  8.  II  Serrano  mostra  di  stare  per  la 
mpnarchia  costituzionale  —  9.  Ovazioni  all'Olozaga  reduce  da  Pa- 
rigi— 10.  Decreti  della  Giunta  rivoluzionaria  e  del  Ministro  di  Gra~ 
zia  e  Giustiziaper  I'abolizione  del  corpi  religiosi  —  11.  Decreto  spe- 
ciale  contro  la  Compagnia  di  Gesu  —  12.  JSmancipazione  di  schiam; 


INDICE  767 

tftfKcolta  percid  sollevate  a  Cuba  — 13.  Screzio  fra  il  Governo  prov- 
visorio  &  la  Giunta  rivoluzionaria  di  Madrid ,  sopra  la  competenza 
a  decidere  della  forma  di  Governo  —  14.  E  sciolta  la  Giunta  rivolur 
zionaria  di  Madrid;  quindi  si  sciolgono  quasi  tutte  quelle  delle  pro- 
Vince  —  15.  Circolare  del  Minis tro  degli  affari  esterni  sopralari- 
voluzione  e  Favvenire  della  Spagna  —  16.  Varie  Potenze  entrano  in 
relazioni  ufficiali  col  nuovo  Governo pag.  369 

DAL  31  OTTOBRE  AL  14  NOVEMBRE 

I.  COSE  ITALIANS  —  STATO  PONTIFICIO  1.  Largizioni  del  S.  Pa- 
dre pei  danneggiali  dal  iremuoto  nell' America  meridionale,  e  dalle 
inondazioni  nella  Svizzera  —  2.  Visita  di  Sua  Santita  all'Abazia 
delle  Tre  Fontane  —  3.  Accoglienze  fatte  in  Civitavecchia  al  nuovo 
ambasciadore  francese,  sig.  Banneville;ericevuto  in  udienza  privata 
dal  Santo  Padre  —  4.  Ritorno  in  Roma  dell' ambasciadore  di  Porto- 
gallo,  sig.  Saldanha  —  5.  Promesse  e  mentite  della  Correspondance 
italiemie  circa  la  quistione  romana  .    .    .    • 487 

II.  COSE  STRANIERE  —  ALEMA6NA  MERIDIONALE  (ISostra  corrispon- 
denza)  \.  Lavorio  del  frammassoni  e  del  Governi  per  I'annessione  de- 
gli Staii  meridionali  a'Alemagna  alia  Prussia  —  2.  Ripugnanza  del 
popoli  a  tale  annessione  —  3.  Pericoli  e  danni  sofferti  o  temuti  per  la 
Chiesa  sotto  il  dominio  prussiano 491 

SPAGNA  l.Impacci  d el  Governo  provvisorio ;  suo  bando  agli  Spa- 

fnuoli  —  2.  Lettera  del  Mazzini  al  Castelar  per  la  repu'bblica  — 
.  Circolare  di  D.  Carlos  di  Borbone  per  rivendicare  i  suoi  diritti  — 
4.  Risposta  attribuita  a  D.  Ferdinando  re  di  Portogallo  sopra  roffer- 
ta  fattagli  della  corona  di  Spagna  —  5.  Esposizione  delle  Finanze; 
decretoper  un  imprestito  di  "200  milioni  di  scudi  effettivi — 6./>i/a»t- 
dazioni  delpubblico  denaro  —  7.  Calcoli  sui  beni  ecclesiastici  —  8.  Hi- 
chiami  delle  Dame  di  Siviglia  e  di  Madrid  sopra  le  sevizie  adoperate 
contro  le  religiose  —  9.  Decreto  sopra  la  liberta  di  stampa  — 10.  De- 
ereti  delle  Giunte  di  Barcellona  e  di  Iteuss  contro  il  culto  caltolico.  .  498 

SVIZZERA  (Nostra  corrispondenza )  1.  77  sccondo  Congresso  della  Lega 
della  Pace  e  della  liberta  in  Berna — 2.  Principali  risoluzioni  dei  con- 
gregati  —  3.  Alluvioni  —  4.  //  matrimonio  civile  nella  Costituente  in 
Zurigo  —  5.  Cose  religiose  di  Ginevra  —  6.  La  quistione  diocesana 
nel  cantone  Ticino  . , 508 

DAL  14  AL  28  NOVEMBRE 

I.  COSE  ITALIANS  —  STATO  PONTIFICIO  1.  Edittoper  la  diminuzio- 
ne  delle  tari/fe  sui  dazii  delle  merci  straniere  —  2.  Munificenza  e  do- 
ni  delS.  Padre  al  Municipio  romano  —  •'{.  Visita  e  di-scorto  di  Sua 
Santm,  all'Arsenale  di  Belvedere  per  le  armi  donate  da'cattolici  — 
4.  Nota  del  Giornale  di  Roma  contro  un  finto  promotore  della  causa 
della  Ven.'Taigi  —  5.  Ravvedimento  e  morte  di  due  viitime  della  setta 
massonica;  lettera  di  Giuseppe  Monti  al  S.  Padre     ......      613 

TOSCANA  E  STATI  ANNESSI  1.  Dimostrazione  dei  repubblicani  contro 
il  Governo,  per  I'anniversario  della  rotta  di  Mentana  —  2.  Dispac- 
cio  contro  le  mene  dei  repubblicani  —  3.  Assassinio  di  preti  a  Siena 
—  4.  Riaprimento  delle  Camere  —  5.  Tenerezza  dei  diarii  ufficiosi,  e 
yratiche  diplomatiche  del  Governo  in  favore  di  due  omicidi  condan- 
nati  a  morte  —  6.  Tumulti  e  conflitti  sanguinosi  fracontadini  e  trup- 
pe,  presso  Bologna,  pel  pagamento  d'un  balzello  .  ' 619 

II.  COSE  STRANIERE  -  INGHILTERRA  (Nostra  corrispondenza)  1.  mo- 
ve elezioni  secondo  la  nuova  legge  elettorale  —  2.  Una  strana  funzio- 
ne  di  alcuni  Ritualisti.  anglicani  —  3.  Opposizione  di  un  Ritualista  al 


768  INDICE 

Vescovo  anglicano  —  4.  Un  convcnto  ritualista  di  pretese  adoratrlci 
perpetue  —  5.  Un  opuscolo  sopra  il  Papa  Onorio  conlro  I'infallibili- 
ta  pontificia  —  6.  Due  belle  confutazioni  —  7.  11  pariito  razionali- 
stico  nell'universita  di  Oxford  .......  ....  pag.  628 

OLANDA  (Nostra  corrispondenza)  1.  Rumori  intor  no  ad  un  tratta- 
to  commerciale  e  militare  tra  la  Francia  e  I'  Olanda  —  2.  Sguardo 
sullesette  dissidenti  nell'Olanda  —  3.  Mandamento  collettivo  de  Ve- 
scorn  olandesi  sull'insegnamento  pubblico  —  4.  Stampa  cattolica  .  .  031 

Avviso  importante,  relativo  alle  notizie  del  prossimo  Concilio  ecu- 
menico  .....  ............  ....  637 

4k 

DAL  28  NOYEMBRE  AL  12  DECEMBRE 

I.  COSE  ITALIANS  —  STATO  PONTIFICIO  1  .  Udienza  privata,  data 
dal  S.  Padre  al  Conte  Trauttmansdorff,  nuovo  ambasciadore  d'  Au- 
stria —  2.  Nota  de/fOsservatore  Romano  sopra  le  dimostrazioni  di 
slnwatia  e  di  complicila  del  Goverw  di  Firenze  con  settarii  omicidi  . 

—  o.  Minacce  dediarii  ministeriali  di  Firenze,  contro  la  S.  Sede; 
nuove  calunnie,  e  dichiarazioni  delta  ufficiosa  Correspondance  ita- 
lienne  circa  I'  impossibility  di  ricorrere  all'uso  della  forza  contro 
Roma  —  4.  Nota  del  Giornale  di  Roma  sopra  le  calunnie  spacciate 

dai  rivoluzionarii  a  proposito  della  vedova  d'ungiustiziato.     .     .      742 

TOSCANA  E  STATI  ANNESSI  1.  Gara  di  ribalderie  fra  i  moderati  ed 
i  democratici  —  2.  Rinunzia  del  Garibaldi  all'uffido  di  Deputato; 
elezwne  del  Mari  alia  presidenza  della  Camera;  interpellate  e  di- 
chiarazioni del  Ministero  circa  la  solidarieta  del  regno  italiano  con 
due  assassini;  professione  di  fede  del  cattolici-liberali  ;  voto  della  Ca- 
mera —  3.  Pro  gramma  del  Mazzini,esua  dichiarazione  d<  guerra 
alia  monarchia  italiana  —  4.  Insulti  a  membri  della  Casa  reale  — 
S.  Sotloscrizioni  per  ,un  monumento  a  due  assamni,  e  sussidii  alle 
loro  famiglie  —  6.  E  reietta  una  proposta  di  legge,  fatta  alia  Ca- 
mera perdotazione  a  tali  famiglie  —  7.  Legge  che  concede  la  cittadi- 
nanza  italiana  a  tutti  i  sudditi  di  province^  non  ancora  annesse^  — 
8.  Proposta  di  legge  per  togliere  ai  chierici  I'  immunita  dal  servizio 
militare  —  9.  Dispaccio  del  Menabrea  a  Parigi  ......  .  748 

II.  COSE  STRAJNIERE  —  SPAGNA  1.  Decreto  per  la  liberta  delle  riu- 
nioni  —  2.  Ricompense  ai  soldati  ribelli  —  3.  II  Prim,  crealo  capita- 
no  generale,  manda  divieto  all'esercilo  di  occuparsi  di  cose  politiche, 
raccomandando  la  disciplina  —  4.  Demolizione  di  chiese  cattoliche, 
erezione  di  un  tempio  protestante  a  Madrid  —  5.  Atti  dell'episcopato- 

—  6.  Altri  indirizzi  e  nuove  protestazioni  di  Dame  spagnuole  sopra 
yli  attentati   contro   il  cattolicismo  —  7.  Legge  per   la   carita 
ufficiale  .....................      757 


ERRATA  CORR1GE 

Pag.  185  alia  fine  della  npta  §.4  §.3 

»  194  alia  fine  della  primanota  cap.  V  cap.  IV 

»      »    in  fine  della  seconda  nota  ibid,  (senz'  altro) 

»  213  lin.  ult.  668  368 

»  229    »    4    Castoira  Castoria 

»  436    «    3    In  questo  In  quarto 
_ 

IMPRIMATUR  —  Fr.  Marianus  Spada  0.  P.  S.  P.  A.  Magister- 


BX   804    .C58  SMC 


La  Civi Itaa  cattolica 
AIP-2273   (awab) 


Does  Not  Circulate 


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