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Full text of "La Civiltà cattolica"

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LA 

f      CIVILTA  CATTOLICA 

I  ANNO  VIGESIMOSECONDO 


20  mar  so  1871 


LA 


CIVILTA  CATTOLICA 


ANNO  VIGESIMOSECONDO 


Beatus  populut  cuiut  Dominus  Deue  eiug 
PSALM.  CXLI11 ,  15. 


VOL.  II. 

BELLA  SERIE  OTTAVA 


FIRENZE 

PRESSO  LUIGI  MANUELLI  LIBRAIO 

Via  del  JProoonsolo  16. 
presso  S.  Maria  in  campo 

1871. 


fTB  -  41957 


PROPRIETA    LETTERARIA. 


Prato  ,  Tip.  Giachetti  ,  Figiio  e  C. 


LA  NECESSITl 
DELLE  ASSOCIAZIONI   CATTOLICHE 


i. 


Un  invito  pressante  e  universale  corre  da  qualcbe  tempo 
per  tutta  T  Europa  cattolica,  il  quale  dice  alto  a  tutti  gli 
uomini  di  buona  volonta :  valetevi  del  diritto  di  associazione, 
stringetevi  in  societa.  Persone  di  ogni  ordine  di  cittadim 
non  si  sono  mostrate,  ne  si  mostrano  sorde  a  tale  invito:  e 
gia  le  associazioni  cattoliche  si  moltiplicano  nelF  Austria  , 
si  affoltano  in  Germania,  fioriscono  nel  Belgio  e  si  (5rdinano 
e  disciplinano  nella  Spagna,  nel  Portogallo  e  nell'  Inghil- 
terra.  Quale  ne  sia  la  cagione  non  e  cosapunto  sconosciuta: 
ella  si  e  il  palese  bisogno  di  una  difesa  pronta,  gagliarda, 
continuata  e  a  tutta  oltranza  contro  un  nemico,  che  minac- 
cia  totale  sterminio  alia  religione  e  danni  estremi  alia  so- 
cieta. La  rivoluzione,  divenuta  orgogliosa  per  le  vittorie 
ottenute  coll'  opera  di  tenebrose  congiure  e  sotto  T  ombra 
di  governi  impotenti  od  imbecilli,  ed  ingrossata  da  falangi 
di  adepti,  assale  e  fa  immensi  conati  per  demolire,  mediante 
un'autorita  usurpata ,  tutte  le  dottrine,  tutte  le  istituzioni 
religiose,  e  rovesciata  la  societa  cattolica  stabilire  fra 
gli  uomini  la  forsennata  societa  degli  increduli.  A  tanta 
ruina,  che  sta  compiendosi  in  piena  luce  del  di,  i  cattolici 


Q  LA  NECESSITA 

han  gridato  al  riparo  :  e  come  al  torrente  che  irrompe ,  si 
oppongono  nuove  moli,  alia  forza  che  invade  altra  forza  piu 
gagliarda,  ed  agli  assalti  di  nuove  falangi  altre  falangi 
ardlte;  cosi  essi  stringendosi  in  societa  a  guisa  di  robuste 
moli  e  di  nuove  forze  e  di  generose  falangi  si  -oppongono 
alia  furia  della  rivoluzione  per  conquiderla  ed  annientarla. 
Eccovi  il  nemico :  eccovi  il  compito  della  difesa.  Le  asso- 
ciazioni  cattoliche  sono  le  sacre  falangi,  che  sotto  Tegida 
della  legalita  sorgono  e  pugnano  per  le  istituzioni  del  cat- 
tolicismo ,  per  i  suoi  principii  e  per  la  societa  contro  la 
rivoluzione. 

II  pericolo  che  corre  presentemente  la  religione  e  il 
civile  consorzio,  guardato  in  se  stesso,  non  e  cosa  nuova. 
Si  affaccio  in  terribile  aspetto,  alloraquando  le  orde  barba- 
riche  dei  mussulmani  tentarono  d'  invadere  tutta  I'Europa 
cattolica.  Come  il  cattolicismo  in  quei  giorni  lego  insieme 
e  spinse  contro  cotali  orde  que'  tanti  ordini  cavallereschi, 
di  che  e  piena  la  storia ;  cosi  al  presente  contro  il  nuovo 
nemico  oppone  le  schiere  delle  associazioni  cattoliche. 

Ne  si  creda,  che  la  similitudine  sia  punto  esagerata. 
Diciamo  di  piu,  che  il  pericolo  dei  nostri  di  e  piu  grave,  che 
non  fosse  quello  del  tempo  antico.  Vedetelo.  II  pericolo 
proveniente  dall'invasione  barbarica  era  pericolo,  che  stava 
tutto  dalla  parte  di  fuori ;  era  pericolo  cagionato  dalla  forza 
brutale,  sotto  il  cui  pondo  puo  rimanere  nel  vinto  la  sal- 
dezza  dei  principii  e  la  speranza  del  ripristinarli  a  tempo 
opportune ;  era  pericolo  che ,  minacciando  alia  scoperta 
tutto  il  ben  essere  materiale  dello  Stato,  della  famiglia  e 
dell'individuo ,  valea  grandemente  a  produrre  la  unione  di 
tutte  le  forze  alia  difesa.  Ben  altrimenti  il  pericolo  che  ci 
viene  dalla  rivoluzione :  giacche  esso  e  un  pericolo  causato 
da  un  nemico,  che  sorto  in  grembo  della  stessa  societa  catto- 
lica si  e  impadronito  delle  sue  forze  civiche ;  da  un  nemico, 
che  pone  ogni  opera  nel  consumare  e  distruggere  negli 
animi  i  principii  cristiani,  e  nell'abbatterne  le  istituzioni,  per 
mtrudervi  nel  medesimo  tempo  le  teoriche  e  gl'  istituti 


DELLE   ASSOCIAZIONI    CATTOLICHE  7 

avversi;  da  un  nemico,  il  quale  precede  sotto  1' ombre  della 
congiura  e  dell'  inganno,  il  quale  blandisce  le  passion!  piu 
fervide  dell'  uomo  civile  a  nome  dell'  indipendenza,  e  pro- 
scioglie  1'  uomo  morale  colla  sfrenata  liberta  di  coscienza , 
portando  con  cio  negli  animi  lo  snervamento  a  danno  delle 
lotta,  la  discordia  a  danno  della  unita,  ed  il  falso  apprezza- 
mento  a  danno  della  vera  scienza  delle  dottrine  e  dei  fatti. 
Per  ovviare  a  tale  nemico,  chi  non  vede  e  non  tocca  con 
mano  la  necessita  che  quanti  sono  cattolici  operino  attiva- 
mente  con  unita  di  scopo,  con  unita  di  sentimenti,  con  ar- 
monia  di  mezzi,  che  e  quanto  dire  la  necessita  di  una  po- 
tente  ed  operosa  associazione  cattolica  ? 

Ma  siccome  tanto  piu  e  pronta  la  mano  al  riparo,  quanto 
piu  e  palese  il  danno,  diamo  un  sguardo  alle  opere  che  ha 
compiute  e  sta  compiendo  la  rivoluzione  nell'  Italia  contro 
la  religione  cattolica.  Chi  non  lo  sa?  1'  ha  bestemmiata  per 
bocca  de'  suoi  adepti  nei  pubblici  dibattimenti :  1'  ha  corn- 
battuta  su  le  cattedre  delle  universita;  1'  ha  derisa  ne'teatri; 
Tha  inceppata  nella  sua  liberta ;  1'ha  oltraggiata  col  ristrin- 
gimento  del  suo  culto  ;  1'ha  impoverita  colla  confisca  dei 
suoi  beni ;  1'  ha  manomessa  ne'  diritti  de'  suoi  seminarii;  1'ha 
stremata  de'  suoi  ministri  colla  leva;  1'ha  offesa  nelle  sue 
istituzioni  piu  sacre  colla  soppressione  degli  Ordini  religiosi; 
1'  ha  messa  al  bando  dalle  scuole  togliendone  la  educazione 
religiosa,  dall'esercito  rimandandone  i  cappellani,  dalle  fa- 
miglie  dissacrandone  il  matrimonio,  e  dallo  Stato  concul- 
cando,  o  lasciando  conculcare  le  sue  leggi  e  contrariando 
all'msegnamento  de' suoi  Pastori.  E  tutte  queste  opere  in 
danno  della  religione  cattolica  non  sono  rese  viepiu  peri- 
colose  sia  da  cio  che  si  macchina  contro  i  diritti  piu  sacri 
del  Vicario  di  Cristo,  sia  dalla  stampa  al  soldo  della  rivo  - 
luzione  che  balda  della  impunita  addenta  e  lacera  ogni  di 
da  furibonda  le  cose  piu  sacre  ?  Le  alte  querele  di  tutt'  i , 
sacri  Pastori,  i  solenni  lamenti  tahte  volte  replicati  dal 
Pontefice  e  la  indegnazione  sparsa  in  tanti  scritti  di  uomini 
onesti  ne  formano  irrepugnabile  testimonianza. 


g  LA  NECESSITY 

II. 

Che  hanno  fatto  gl1  Italian!  per  opporsi  al  compimento 
di  tanta  demolizione  e  per  ripararne  il  danno  ?  Molto :  sa- 
remmo  ingiusti,  se  dicessimo  il  contrario.  Valga  ad  esempio 
di  conferma  quello  che  hanno  operate  per  testificare  la  lore 
devozione  verso  del  Papa,  e  protestare  contro  gli  atti  sacri- 
leghi  della  rivoluzione.  Le  centinaia  di  migliaia  di  sotto- 
scrizioni  comparse  nei  giornali,  e  suggellate  colla  offerta  di 
piu  milioni  sono  testimonianze  senza  replica.  Contuttocio  po- 
tremmo  noi  affermare,  che  essi  hanno  operate  motto  ed  accon- 
damente  ?  No,  non  lo  potremmo.  E  per  qiial  motivo  ?  Perche 
essi  in  generale  hanno  operato  individualmente,  e  non  per 
via  di  ordinata  associazione.  Non  sono  le  falde  sottilissime 
della  neve,  cadenti  le  une  divise  dalle  altre  quelle  che 
formano  la  forza  della  valanga,  ma  quelle  altre,  che  stac- 
catesi  dall'  alto  fianco  di  una  montagna  precipitano  a  valle, 
facendo  massa  con  quante  incontrano  nei  rapidi  rivolgi- 
menti.  Non  sono  le  gocce  di  acqua  disperse,  quelle  che 
cagionano  I'impeto  della  piena,  ma  quelle  che  fatto  corpo 
entro  due  sponde  corrono  a  far  capo  nei  mare.  Non  sono  i 
franchi  tiratori  quelli  che  vincono  gli  eserciti,  ma  i  grossi 
battaglioni  lanciati  in  ordine  contro  il  nemico .  Volete 
acquistar  forza ,  volete  opporvi  con  esito  fortunato  al  pro- 
gresso  del  nemico,  volete  portare  alcun  riparo  al  male 
cagionato?  Fate  massa,  associatevi  ed  operate. 

La  ragione  e  piu  che  evidente ,  stanteche  le  leggi  di- 
namiche  valgano  non  meno  nelFordine  fisico,  che  nei  morale. 
Applicate  voi  una  forza  materiale  qualunque  a  centellini  ? 
Avrete  un  effetto  di  centellini.  Che  se  invece  T  applicate 
tutta  di  un  colpo  e  bene  armonizzata,  avrete  tutto  Teffetto, 
.di  che  ella  e  capace.  Dite  altrettanto  di  quale  che  siasi 
forza  morale.  Pognamo  che  le  centinaia  di  migliaia  di  sotto- 
scrizioniin  favore  del  Papa,  spedite  in  dodici  volumi  a  Roma 
dalla  Unita  Cattolica  Tanno  1865,  non  fossero  uscite  divise 


DELLE   ASSOCIAZIONI    CATTOLICFIE 


ed  ognuna  per  conto  proprio,  ma  tutte  insieme  ed  armo- 
nizzate  in  un  medesimo  concetto  di  protesta ;  qual  effetto 
mirabile  non  avrebbero  esse  cagionato  su  gli  animi  di 
qualunque  partito  ?  Centomila  voci,  che  levano  d'accordo 
un  grido  di  protesta,  che  lo  ripetono  ad  un  bisogno,  che 

10  prolungano,  avrebbero  trascinate  dietro  a  se   col  loro 
peso  ben  altre  migliaia ;  avrebbero  fatto  parlare  altamente 
di'se  in  ogni  paese,  come  accadde  del  pellegrinaggio  alia 
tomba  di  S.  Bonifacio  in  Germania,  e  dei  meetings  tenuti 
in  Dublino  ed  a  Londra;  avrebbero  messo  in  gravi  pensieri 
gli  avversarii,  o  se  non  altro  avrebbero  reso  noto  al  mondo 

11  sentimento  delF  Italia  cattolica.  Invece  quelle  tante  sotto- 
scrizioni,  essendo  comparse  le  une  dopo  le  altre,  a  modo  di 
individui  staccati,  non  produssero  che  un  minimo  effetto  e 
la  replica  di  tante  liste  uscite  in  tempi  differenti  passd 
pressochS  inosservata,  siccome  cosa  a  cui  si  era  gia  acco- 
stumato  Tocchio  del  lettore.  E  che?  la  forza  morale  della 
loro  protesta  e  forse  minore  in  s&  stessa  ?  Ne  punto ,  ne 
poco.  Ma  essa  veniva  applicata  a  centellini,  e  senza  Tar- 
monia  di  una  falange  ordinata.  Vedete   adunque  quanto 
importi  operare  viribus  unitis,  a  forze  associate. 

A  questa  ragione  aggiungete  Taltra,  che  1'  unione  ge- 
nera forza.  Ponete  una  societa  bene  ordinata :  voi  la  vedrete 
operare  con  maggiore  ardimento ,  operare  con  comunanza 
di  concetto  piu  precise,  operare  in  quella  giusta  misura 
e  con  quella  savia  opportunity  di  tempo  e  di  modo,  che  la 
discussione  di  parecchi  porta  d'  ordinario  nelle  delibera- 
zioni.  Or  chi  non  sente  di  qual  utile  siano  al  consegui- 
mento  del  fine  tutte  queste  circostanze  ?  E  percio  voglio- 
no  i  cattolici  pigliare  una  seria  difesa  della  religione  e 
della  societa ,  vogliono  opporsi  con  efficacia  ai  perversi 
conati  della  rivoluzione  ?  Si  associino.  La  legge  ne  da  loro 
tutto  il  diritto  :  se  ne  valgano. 

Tanto  piu,  che  gli  avversarii  se  ne  valgono  largamente. 
Uno  sguardo  alia  massoneria.  Da  questa  sono  pullulate  le 
teoriche  della  rivoluzione,  da  questa  son  pure  usciti  gli  uo- 


JO  LA  NECESSITY 

mini  che  le  hanno  attuate  in  parte,  e  che  si  adoperano  per 
attuarle  in  tutta  la  loro  estensione.  Ma  quale  fu  ed  e  il  mezzo 
usato  per  giungere  allo  scopo?  Quello  dell1  associazione . 
Essainfatti  non  e  altro,  che  una  vasta  associazione,  avente 
principii  e  fine  tutto  proprio  e  tendente  ad  attuarli.  Volete 
vederlo  ?  La  sovranita  nel  popolo  e  la  liberta  di  coscienza 
sono  sue  dottrine  fondamentali.  Dopola  ristorazione  europea 
del  quindici  parvero  mezzo  del  tutto  acconcio,  o  piuttosto 
via  diritta  per  arrivare  all'  attuazione  di  esse ,  gli  Ordini 
rappresentativi  ammodernati  in  que'  molti  paesi ,  dove  non 
erano  in  opera.  Non  fu  un  continue  battere  e  ribattere  il 
concetto  della  convenienza  di  tale  sistema  politico  attesa 
la  maturita  dei  popoli,  e  il  dovere  di  concederlo  nei  sovrani 
stante  il  diritto  di  partecipare  al  governo  nei  sudditi,  e  il 
vantaggio  della  pubblica  cosa  pel  concorso  di  tanti  ingegni 
conosciuti  come  grandemente  adatti  dai  voti  della  nazione? 
Riandate  di  grazia  i  giornali  ed  i  libri ,  stampati  fuori  e 
dentro  Italia  prima  del  quarantotto,  e  vedrete  mirabile  con- 
sonanza  di  dottrine,  mirabile  consonanza  di  mezzi,  mirabile 
consonanza  di  lodi  e  di  domande,  in  favore  degli  ordmi 
rappresentatwi  e  del  codazzo  di  quelle  liberta,  che  ormai 
tutti  sanno.  E  questa  consonanza  non  v'  indica  apertamente 
r opera  di  una  associazione? 

Un1  altra  conferma.  Osservate  tutti  i  paesi  in  cui  si  e 
stabilito  il  moderno  liberalismo.  Non  incontrate  la  stessa 
lotta  aspra  e  continuata  contro  il  cattolicismo  nei  giornali 
istituiti  a  suo  soldo  ?  Non  incontrate  le  stesse  proposte  di 
leggi  avverse  al  cattolicismo  nei  parlamenti  ?  La  soppres- 
sione  della  immunita  del  clero,  la  confisca  deibeni  ecclesia- 
stici,  la  introduzione  del  matrimonio  civile  e  simili,  sono  atti 
comuni  a  tutti  govern!  ammodernati.  Qualche  anno  fa,  non 
fu  proposta  e  ventilata  in  tre  grand!  parlamenti  ad  un  tempo 
la  legge  di  mettere  al  bando  delle  scuole  la  istruzione  religio- 
sa.  Non  si  parlo  in  tutti  di  separare  la  Chiesa  dallo  Stato  ? 
Ne1  parlamenti  di  maggioranza  liberalesca  vedrete  bensi  i 
varii  membri  bisticciarsi  fra  loro,  astiarsi,  invidiarsi  il  por- 


DELLE   ASSOC1AZIONI    CATTOLICHE 

tafogli,  lavorare  di  accuse  e  di  gherminelle  per  carpirlo, 
ma  non  li  coglierete  mai  in  dissenso,  quando  si  tratta  di 
vessare  la  Chiesa ,  di  gravarla  con  leggi  ostili ,  di  con- 
trastarne  1'  azione.  In  questo  procedono  sempre  d'  accordo : 
se  v'  e  qualche  differenza  di  opinione ,  si  aggira  circa  1'  o- 
perare  con  piii  o  meno  furore  contro  la  Chiesa ,  non  mai 
circa  la  sua  difesa. 

Cosi  e:  tutti  gli  adepti  del'liberalismo  e  fuorie  dentro 
il  parlamento  marciano  all1  impresaassociati,  quale  ordinata 
falange.  Se  i  cattolici  italiani  non  si  associano  prontamente, 
non  pugnano  ordinati,  saranno  impotenti  a  resistere,  saranno 
sohiacciati  dagli  avversarii  nella  loro  credenza.Vero  e,  che 
Cristo  ha  promesso  la  indefettibilita  della  Chiesa,  ma  non 
ha  promesso,  che  ella  non  abbia  a  mancare  in  tutto  o  in 
gran  parte  tra  un  popolo,  il  quale  vedendola  assaltata  non 
sorse  a  difenderne  il  tesoro  colle  armi  acconce,  concesse 
dalla  legge. 


III. 


Tanto  della  necessita,  diremo  cosi,  intrinseca  alia  cosa. 
Ma  stringe  ancora  la  necessita  morale  del  dovere.  II  cat- 
tolico  in  forza  del  Battesimo  e  seguace  dichiarato  di  Cristo, 
e  in  forza  della  Confermazione  e  sacro  soldato  delle  sue 
dottrine.  Indi  sgorga  il  dovere  manifesto  di  seguitar  Cristo 
e  di  seguitarlo  da  soldato  nella  pugna.  Quali  sono  gli  av- 
versarii contro  dei  quali  Cristo  ha  pugnato?  Gli  ha  indicati 
apertamente  egli  stesso  a  Pilato.  Egli  ha  pugnato  contro  la 
menzogna,  ha  pugnato  contro  Terrore  ,  non  meno  teorico 
che  pratico,  colle  opere  e  colla  voce,  predicando  le  verita, 
che  ha  lasciato  in  retaggio  alia  sua  Chiesa :  Ego  in  hoc 
natus  sum  et  ad  hoc  veni  in  mwndum,  ut  testimonium  perhi- 
leam  veritati :  omnis  qui  est  ex  veritate,  audit  vocem  meam  ] . 
In  questo  egli  chiamossi  re  :  re  della  verita  :  Tu  dicis,  quia 
rex  sum  ego.  Dal  moderno  liberalismo  non  sono  combattute 

1  Joann.  XVIII,  37. 


1%  LA  NECESS1TA 

le  verita  da  Cristo  predicate,  non  sono  derise,  non  si  cerca 
d'  intenebrarle  con  un  nuvolo  di  errori,  non  si  macchina  la 
distruzione  stessa  della  Chiesa,  che  le  trasmise  intatte  da 
Cristo  infino  a  noi  ?  Volete  essere  veri  seguaci  di  Cristo  , 
volete  mostrarvi  soldati  fedeli?  Seguitelo  in  questa  pugna, 
associatevi,  combattete  la  menzogna  e  Fen-ore,  che  spin- 
gono  le  falangi  de'proprii  seguaci  contro  la  verita  e  contro 
la  Chiesa,  che  ne  e  la  naturale  tutrice.  Che  direste  di  quei 
soldati,  i  quali  alia  vista  di  un  nernico,  che  invade  le  pro- 
vince del  regno,  se  ne  restassero  inerti,  o  rifiutassero  di 
usare  le  armi  necessarie  a  vincerlo  ed  a  fugarlo  ?  Non  gli 
stimereste  vili,  o  per  lo  manco  improvvidi  ?  L' ora  della 
pugna  contro  Cristo  e  contro  la  sua  Chiesa  e  sonata  :  i  suoi 
nemici  vengono  all1  assalto  da  ogni  parte  :  Tassociazione  e 
mezzo  di  guerra  necessario.  Chi  non  vi  concorre  e  convinto 
o  di  vilta  o  d1  imprudenza. 

Ne  il  solo  nome  o  titolo  di  cattolico  stringe  a  tale  dovere. 
A  questo  conviene  aggiungere  quello  della  propria  difesa 
individuale .  Che  ogni  cristiano  sia  obhligato  a  sicurare 
coi  mezzi  opportuni  la  propria  salute,  niuno  puo  dubitarne, 
avendolo  scritto  S.  Pietro  in  questa  conchiusione :  Quapro- 
pter  fratres  magis  satagite,  ut  per  lona  opera  certam  vestram 
wcationem  et  electionem  faciatis.  T  Or  bene,  considerate  un 
po'  la  condizione  di  chi  dee  vivere,  conversare  e  trattare 
nella  presente  societa.  Puo  egli  dispensarsi  dal  leggere  i 
giornali  liberaleschi,  zeppi  di  torti  principii,  di  menzogne 
e  di  calunnie  contro  la  religione,  quando  ne  parlano,  ed 
il  parlarne  e  cosa  di  ogni  di?  Difficilmente .  Puo  egli  o 
per  debito  di  ufficio,  o  per  necessita  d'interessi,  o  per 
domestiche  relazioni  ritrarsi  dal  conversare  e  dal  trattare 
con  persone  ripiene  il  capo  di  pregiudizii  contra  la  Chiesa 
e  contro  il  suo  Capo,  bevuti  alia  nuova  scuola  della  liberta 
ammodernata  ?  Impossibile  .  II  parlamento ,  le  leggi ,  la 
stampa,  il  teatro,  le  universita,  i  municipii,  i  pubblici  in- 

1  II,  Epist.  I,  10. 


DELLE  ASSOCIAZ10NI   CATTOLICHE  13 

teressi  e  buona  parte  del  privati  ritraggono  0  vita,  o  va- 
lore  o  almeno  sembianza  dai  principii  liberaleschi  in  corso 
oggidi.  Egli  si  muove  in  un  aere,  che  n'  e  sommamente 
impregnate.  Pu6  egli  vivervi  lungo  tempo  senza  rimanerne 
ammorbato,  o  comecbessia  tocco  in  modo,  cbe  la  sua  fede 
non  ne  patisca  alcun  detrimento,  e  la  franchezza  nel  par- 
lare  ed  operare  da  fermo  cattolico  non  sia  punto  meno- 
mata?  Se  ci6  ancbe  fosse,  il  rischio  non  sarebbe  meno 
evidente.  E  percio  ad  ovviarlo  egli  abbisogna  di  un'altra 
atmosfera,  in  cui  brilli  purissima  la  luce  della  verita  cat- 
tolica,in  cuifioriscano  gli  esempii  dei  forti  propositi  e  delle 
generose  risoluzioni  cattolicbe ;  perche  con  tali  aiuti  sia 
dissipata  T  ombra  di  qualche  pregiudizio,  che  si  fosse  per 
avventura  insinuato  nella  sua  mente,  ed  il  suo  animo  forse 
affievolito  ,  o  scorato  alia  vista  della  baldanza  rivoluzio- 
naria  signoreggiante ,  pigli  nuova  forza  per  non  restarne 
vinto.  Sapete  dove  ei  la  trovera  ?  Nel  seno  di  una  associa- 
zione  cattolica  legalmente  costituita  e  bene  ordinata,  cbe 
scbieratasi  in  campo  a  difesa  del  cattolicismo  conti  fra  le 
cose  sue  proprie  la  scbietta  verita  cattolica ,  e  T  operare 
generosamente  secondo  i  dettati  della  medesima. 

Vi  e  di  piu:  il  pensiero  della  bandiera,  la  persuasione 
cbe  la  lotta,  non  e  dei  singoli,  ma  di  tutto  il  corpo,  e  la 
vista  dei  validi  campioni  cbe  a  migliaia  pugnano  al  me- 
desimo  tempo  per  la  stessa  causa  sono  altrettanti  stimoli 
ed  altrettante  forze  morali  di  gran  valore  per  incontrare 
nella  franca  professione  della  propria  fede  e  dicerie  e  beffe 
ed  oltraggi  ed  anche  peggio,  quando  fosse  bisogno.  Ognun 
sa  quanto  siano  paurosi  i  giovinotti  di  cotesti  argomenti, 
e  come  il  naufragio  della  pieta  in  essi  provenga  il  piu  delle 
volte  dal  soverchio  timore  di  un  motteggio.  Ebbene  ec- 
covi  qua  settanta  giovinotti  bresciani ,  i  quali  mettendosi 
sotto  de1  piedi  ogni  riguardo  umano  sfilano  devotamente 
colla  bandiera  della  lor  fede  levata  in  asta  nella  solenne 
processione  del  Corpus  Domini.  Ove  abbiano  attinto  cotanta 
gagliardia  di  spirito,  non  e  dubbio:  fa  nella  societa  della  gio- 


f4  LA    NECESSITY 

ventu  catlotica,  in  cui  si  erano  stretti.  Per  tal  legame,  es- 
sendo  T  uno  divenuto  sostegno  all'altro,  osano  associati  cia 
che  non  avrebbero  osato  non  associati.  Lo  Spirito  Santo  ha 
detto  che  pater  qui  adiuvatur  a  fratre  quasi  civitas  firma. 
V  associate  merce  Taiuto  de'compagni,  a  guisa  di  citta 
incrollabile  agli  urti  dei  nemici,  rimarra  fermo  nelle  sue 
credenze  e  ne'suoi  propositi,  ed  assicurera  la  sua  salute. 

IV. 

Ma  Tindividuo  non  vive  a  se  solo.  Esso  trovasi  stretto 
ancora  da  vincoli  sociali,  ed  eccovi  sotto  questo  riguardo 
sorgere  nuovi  doveri,  che  inducono  al  mezzo  dell'associa- 
zione.E  egli  padre  di  famiglia?  In  tanti  scandali  di  opinioni 
e  di  fatti  egli  e  tenuto  a  dare  a'suoi  Tesempio  e  1'ammae- 
stramento  di  una  fede  tanto  piu  vigorosa,  quanto  e  piii 
oltraggiata  pubblicamente.  A  tale  uopo  noi  non  conosciamo 
per  fermo  alcun  modo  piu  cospicuo,  o  piu  spedito  del  farsi 
dichiarato  campione  della  fede  in  una  associazione  cattolica. 

Oltrediche,  i  genitori  sono  obbligati,  in  quanto  possono, 
a  torre  gPintoppi,  che  si  frappongono  alia  savia  e  cattolica 
educazione  della  prole.  Quindi  essi  debbono  procurare,  che 
la  istruzione  religiosa  abbia  la  parte  conveniente  nelle 
scuole,  che  le  fonti  della  scienza  non  siano  avvelenate,  che 
il  divertimento  e  T  usare  in  societa  non  torni  in  onta  della 
onesta  giovanile.  Con  qual  pro,  presi  ad  uno  ad  uno,  lamen- 
terebbero  la  sfrenata  liberta  della  cattedra  nelle  universita, 
e  la  clamorosa  licenza  della  stampa  giornalistica,  e  le  empie 
ed  oscene  rappresentazioni  dei  teatri,  ed  il  pubblico  spaccio 
delle  irreligiose  e  sconce  caricature?  Con  niuno.  Legate 
tutti  i  paclri  di  famiglia  italiana  in  una  associazione  catto- 
lica, e  fate  che  tutti  ad  un  tempo  ed  in  nome  della  loro 
societa  levino  il  griclo  di  dolore  con  proteste  nei  giornali, 
e  con  pressanti  petizioni  al  parlamento  contro  tanta  soz- 
zura.  L'effetto  sarebbe  sempre  grande .  Imperocche,  o  il 
governo  metterebbe  alcun  riparo  al  male  traboccante ,  o 


DELLE  ASSOCIAZIONI   CATTOLICIIE  15 

no:  nel  primo  caso  sarebbesi  ottenuto  lo  scopo,  nel  secondo 
rimarrebbe  viemeglio  scoperta  la  nequizia  della  rivoluzione 
e  delle  sue  liberta,  la  mente  degli  uomini  piu  volgari  sarebbe 
tratta  a  considerare  la  nefandita  delle  opere  detestate  dalle 
societa  cattoliche ,  e  indi  T  abborrimento  e  la  fuga  diver- 
rebbe  a  mano  a  mano  piu  universale ;  o  se  non  questo,  i 
genitori  cattolici  associati  avrebbero  il  conforto  di  aver 
compiuto  nel  modo  piu  efficace  il  proprio  dovere. 

Fuori  della  famiglia  vi  sono  i  cittadini.  E  un  errore 
grossolano  il  pensare,  che  all'un  cittadino  non  importi 
punto  degli  altri.  II  signore  ha  imposto  ai  singoli  la  cura 
'degli  altri  a  misura  del  proprio  grado  e  delle  proprie  forze. 
L'abbiamo  nell1  Ecrclesiastico,  dove  sta  scritto  al  capo  XVII: 
Mandavit  illis  unicuique  de  proximo  suo ,  ed  al  capo  XXIX: 
Recupera  proximum  secundum  mrtutem  tuam.  II  progresso , 
€he  va  facendo  la  incredulita  e  la  corruzione  per  opera  dei 
principii  teorici  e  pratici,  disseminati  a  larga  mano  dalla 
rivoluzione,  e  cosa  spaventosa.  Ma  quanti  non  vi  cadono ,  o 
perche  non  v'  e  cbi  con  una  savia  parola  ne  palesi  le  insidie, 
o  chi  ne  sorregga  con  opportuno  conforto  la  debolezza ,  o 
chi  offra  nn  ricovero  a  fuga  delle  societa  perverse?  Gli 
uomini  di  buon  volere  si  associino  in  tutte  le  citta.  II  loro 
esempio,  i  loro  sentimenti  ovunque  manifestati  con  fran- 
chezza,  e  piu  le  opere  informate  a  schietto  cattolicismo  , 
saranno  lucerna  agli  incerti ,  conforto  ai  deboli  e  di  potente 
attraimento  per  la  medesima  via  a  tutti.  Centinaia  ed  anche 
migliaia  di  cittadini  potranno  essere  o  scampati  dalpericolo 

0  ritratti  dai  loro  falli. 

E  cosa  notissima  come  sia  nata,  non  e  guari  la  societa 
della  Gioventu  cattolica,  come  siasi  distesa  pressoche  in  tutti 

1  regni  dell'  Europa,  e  come  ogni  di  piu  divengano  nume- 
rose  le  schiere  dei  prodi,  che  vi  si  sono  ascritti.  Credete 
voi,  che  se  non  fosse  stata  istituita  cotale  societa ,  tutti  i 
giovani  presentemente  arrolati  sarebbero  rimasti  illesi  dai 
pestiferi  principii  che  corrono?  Forse  si,  e  forse  no :  e  giu- 
dicando  da  cio  che  suole  comunemente  accadere ,  e  assai 


16  LA  NE€ESSITA 

piu  probabile  il  no.  A  chi  il  merito  di  avere  posta  in  salvo 
tanta  gioventu  ?  A  ehi  la  bella  gloria  di  averne  formato 
una  sacra  e  potente  falange  in  difesa  della  religione?  Chi 
ne  puo  dubitare?  Prima  agli  istitutori  e  poscia  ai  propa- 
gatori  della  medesima  nei  different*  paesi.  Volete  parteci- 
pare  a  simil  gloria  ed  a  merito  somigliante  ?  Istituite  nel 
vostro  suolo  natale  le  associazioni  cattoliche.  Che  se  non 
potete  far  tanto  almeno  ascrivetevi  ad  esse. 

A  questo  vi  stringe  il  titolo  di  cattolico  ;  vi  stringe  il 
titolo  della  propria  difesa  contro  gli  assalti  delle  ree  dot- 
trine  e  de'piu  rei  esempii;  vi  stringe  da  piu  capi  il  titolo  di 
padre ;  vi  stringe  il  titolo  di  cittadino. 

V. 

Eppure  v1  ha  altri  argomenti,  creati  dalle  nuove  condi- 
zioni  di  cose  introdotte  fra  noi .  L'  Italia  e  retta  a  statuto, 
in  forza  del  quale,  si  voglia  o  no,  il  potere  sovrano  e  par- 
tecipato  a  tutta  la  nazione.  E  percio  siccome,  quando  go- 
vernavala  la  inonarchia  assoluta ,  il  principe  solo  dovea 
rispondere  a  Dio  ed  agli  uomini  della  amministrazione  di 
tutto  lo  Stato ;  cosi  ora  e  responsabile  tutta  la  nazione  in 
generale  e  gl1  individui  in  particolare  secondo  il  posto,  che 
tengono.  Di  qui  il  dovere  di  concorrere  alia  retta  ammini- 
strazione in  tutti  e  nei  singoli  a  misura  del  proprio  grado  •' 
il  ministro  da  ministro ,  il  deputato  da  deputato ,  i  cittadini 
da  cittadini.  Or  T  amministrazione,  guardata  dal  lato  reli- 
giose, e  retta,  pel  cattolico  quando  essa ,  o  in  forza  di  rei 
principii ,  a  cui  e  informato  il  governo,  o  per  abuso  di  po- 
tere ,  in  chi  regge  la  cosa  pubblica,  non  offende  menoma- 
mente  la  religione  cattolica  e  Y opera  sua.  Quindi  e  chiarito 
quale  sia  il  dovere  in  tutti  i  component!  la  nazione,  il  quale 
si  e,  di  cooperare,  affinche  dall'  amministrazione  siano  sban- 
diti  i  principii  avversi  al  cattolicismo,  e  tolti  quegli  abusi  di 
potere,  che  per  awentura  si  fossero  introdotti  contro  la  ret- 
titudine  delle  sue  leggi.  L'obbligo  di  tale  cooperazione  grava 


DELLE  ASSOCIAZIONI   CATTOLICHE  17 

con  tutto  il  suo  peso  in  primo  luogo  il  governo  e  i  deputati; 
ma  supposto  il  caso,  in  cui  il  governo  e  i  deputati  non  lo 
adempiano,  quali  mezzi  dovranno  usare  i  cittadini  per  com- 
piere  il  proprio  dovere  ?  Quelli  che  sono  messi  in,  lor  mano 
dallo  statute:  vale  a  dire  quello  delle  petizioni,  quello  delle 
proteste,  quello  della  stampa,  e  soprattutto  quello  delle 
associazioni ,  il  quale  essendo  di  sua  natura  acconcissimo 
a  disporre  e  ad  usare  in  modo  efficace  gli  altri  mezzi  no- 
minati  e  non  nominati,  deve  essere  il  primo  a  porsi  in  opera. 

Veniamo  a  noi.  Hanno  bisogno  gl'  Italiani  di  praticare 
con  tutto  lo  studio  e  subito  cotesti  mezzi?  Osservino  i 
principii  di  che  e  informata  in  generale  T  amministrazione, 
osservino  i  fatti,  che  vanno  ogni  di  confermandosi  in  danno 
della  religione ;  considerino  ci6 ,  che  si  passa  nelle  univer- 
sita,  ponderino  le  leggi  proposte  presentemente  al  Parla- 
mento ,  badino  ai  sentimenti  della  piu  gran  parte  dei  de- 
putati ,  che  vi  seggono ;  e  poi  decidano.  Pognamo ,  che 
motivi  particolari  tutti  proprii  del  nostro  paese  li  ritraggano 
dalle  elezioni,  quale  sconsigliatezza  non  sarebbe  o  aste- 
nersi  dall'  uso  dei  mezzi  concessi  dallo  statuto  od  esser 
lenti  nelPusarli?  Sta  scritto,  chepotentes  potenter  torguen- 
tur,  vale  a  dire,  che  i  principi  rei  d'inique  leggi  sono 
oltremodo  puniti  dalla  divina  giustizia;  e  cio  per  la  semplice 
ragione,  che  in  questo  caso  tutto  il  male  commesso  dalla 
nazione  e  da  imputare  a  chi  ha  fatto  ed  imposto  la  iniqua 
legge.  Fate  che  tutta  intera  la  nazione  sia  messa  a  parte 
del  potere  sovrano  legislative ,  e  che  non  si  valga  di  tal 
potere ,  a  misura  del  diritto  concesso ,  e  lasci  compiersl 
leggi  e  fatti  iniqui.  A  chi  saranno  imputati  tutti  i  mali , 
che  ne  provengono?  La  risposta  e  ovvia:  a  tutta  la  nazione. 
Bramano  gl1  Italiani  di  non  partecipare  alia  iniquita,  e  di 
scansare  con  questo  la  responsabilita  presso  Dio  e  presso 
gli  uomini  ?  Usino  i  mezzi  concessi  dalla  legge  in  pro  del 
bene  e  contro  il  male . 

Fra  i  mezzi  legittimi  sopra  indicati ,  di  quale  dovranno 
valersi  in  modo  particolare  ?  Ripetiamo  ancora :  di  qifello 
Serie  VIII,  vol.  II,  fasc.  499.  2  20  marzo  1871. 


18  LA   NECESSITA 

della  associazione.  Molti  sono  i  vantaggi  pratici  immediati: 
stanteche  per  Tassociazione,  1°  possono  ottimamente  di- 
sporsi  e  mettersi  in  opera  piii  ampiamente  e  con  maggior 
efficacia  il  mezzo  delle  elezioni  municipal]' ,  il  mezzo  delle 
petizioni  e  il  mezzo  della  stampa :  2°  si  effettuano  con  ra- 
pidita  e  cio  con  sommo  vantaggio  gli  atti  creduti  necessarii 
all'  intento:  3°  si  procaccia  autorita  e  forza  non  piccola  alle 
petizioni,  alle  proteste  ed  a  qualunque  altra  dimostrazione 
pubblica ,  fatta  a  nome  della  associazione  :  4°  i  cattolici 
sono  in  grado  di  fare  una  viva  e  continuata  opposizione 
agli  sforzi,  che  fa  la  rivoluzione  per  corrompere  a  danno 
della  Chiesa  ogni  ordine  di  cittadini  e  porll  a'  suoi  servigii 
per  mezzo  dei  tanti  circoli  e  delle  tante  societa,  che  sor- 
gono  ogni  di  nelle  citta  italiane :  5°  dalle  manifestazioni 
associate  di  tutti  i  cattolici  italiani  il  mondo  intero  cono- 
scera  cio  che  1'  Italia  conosce ,  se  1'amplissima  maggioranza 
sia  pro  o  contro  le  offese  e  le  onte  fatte  dalla  rivoluzione 
alia  Chiesa.  Mano  alia  opera  e  questo  subito  senza  darsi 
posa  o  requie.  I  nemici  son  tutti  in  arme. 

La  massoneria,  come  ci  fa  sapere  la  Riforma  nella  ne- 
crologia  del  massone  Pio  Aducci,  e  in  sul  punto  di  com- 
porsi  in  unita  di  corpo  in  Roma ,  e  la  fare  un  nuovo  patto 
di  non  rimanersi  infino  a  che  non  abbia  schiacciato  e 
messo  in  perpetuo  sperpero  il  cattolicismo  in  Italia.  L'  ora 
aclunque  della  lotta  suprema  e  sonata.  Quanti  sono  i  cat- 
tolici di  animo  generoso  nell'  Italia  sorgano  ed  oppongano 
diligenza  a  diligenza ,  ardore  ad  ardore ,  mezzi  a  mezzi , 
principii  a  principii ,  il  vessillo  della  scuola  di  Cristo  al 
vessillo  della  scuola  di  Satana'. 

No  si  creda  di  servire  in  questo  alia  sola  religione  :  la 
piu  gran  parte  del  bene  ridondera  all'  individuo  ed  alia 
nazione.  Fate,  che  entrino  in  capo  e  vi  si  assodino  i  prin- 
cipii :  I1  anima  morire  col  corpo ,  non  darsi  alcuna  ricom- 
pensa  e  pena  al  di  la  della  vita,  Dio  essere  un'  invenzione, 
ed  altri  somiglianti  di  forma  pratica  intorno  la  famiglia 


DELLE   ASSOCIAZIONI    CATTOLICHE  10 

e  la  societa,  che  si  predicano  dalle  cattedre  delle  universita, 
che  si  spargono  dagli  oratori  nelle  adunanze  dei  circoli , 
che  si  diffondono  colla  stampa,  e  che  si  sentono  piu  o  meno 
esplicitamente  bandit!  dalla  bocca  di  qualche  deputato  nel 
Parlamento .  Che  ne  avverra  ?  La  virtu  e  il  delitto  saranno 
parole  vuote  di  senso :  ogni  individuo  diverra  il  Dio  di  se 
stesso ,  riputera  lecito  il  libito ,  e  lo  sfogo  sconfinato  delle 
passioni  si  proporra  a  meta  piii  alta  del  suo  operare.  Dove 
se  n1  andra  la  pubblica  fede ,  dove  la  onesta  delle  famiglie, 
dove  la  fermezza  dello  Stato  e  della  nazione?  Andra  tutto  a 
soqquadro.  Iprincipii  pratici  o  tosto  o  tardi  portano  neces- 
sariamente  il  frutto  delle  loro  conseguenze,  ed  il  sociali- 
smo,  che  ha  gittato  qualche  ruggito  dai  congressi,  tenutisi 
gli  anni  passati  nella  Svizzera,  e  da  qualche  societa  operaia 
ne  sono  la  prova.  Or  chi  non  vede ,  che  combattuta  e 
conquisa  la  rivoluzione ,  che  e  la  maestra  e  la  piu  calda 
propagatrice  dei  riferiti  principii,  sara  salva  non  meno  la 
religione,  che  la  societa?  Nella  lotta  presente  son  messe  in 
rischio  del  pari:  la  religione  e  la  societa.  La  vittoria  della 
prima  e  ancor  vittoria  della  seconda.  II  soldato  della  reli- 
gione e  anche  il  soldato  della  societa. 


VI 


Qui  sorgono  le  difficolta.  —  A  che  proaffaticarci?  Tempo 
gittato.  Le  petizioni  non  avranno  corso ,  come  accadde  a 
quelle  in  difesa  degli  Ordini  religiosi ;  le  proteste  saranno 
un  vano  suono;  la  stampa  proseguira  1'  opera  sua;  T  acqua 
continuera  ad  andarsene  per  la  sua  china.  Vi  vuol  altro,  che 
associazioni !  —  Scuse  di  chi  non  vuol  far  nulla.  Sia  quanto 
dite.Ma  intanto  colle  petizioni,  colle  proteste, colla  stampa 
o  con  altro  mezzo-,  adoperato  in  societa,  non  avrete  compito 
il  vostro  dovere  e  come  cattolico  e  come  cittadino?  Non 
avrete  glorificato  la  virtu  e  la  religione,  ponendovi  dal  suo 
lato  nel  tempo  della  lotta  ?  Non  avrete  procurato  di  salvare 


20  LA  NECESSITY 

la  nazione  dalF  abisso  della  rivoluzione,  secondo  il  vostro 
potere  ?  E  questa  vi  par  cosa  di  niun  conto?  Sareste  in  er- 
rore.  Fu  e  sara  sempre  cosa  grande  il  compiere  il  proprio 
dovere ,  porsi  dal  lato  della  virtu  e  della  religione  offesa  in 
ogni  evento,  e  tentare  di  salvar  la  patria  con  tutte  le  proprie 
forze.  Del  resto,  se  non  e  falsa ,  e  grandemente  esagerata  la 
mala  sorte  degli  sforzi  di  una  associazione  cattolica.  Sup- 
posto  che  le  petizioni  e  le  proteste  per  gli  Ordini  religiosi  non 
fossero  venute  da  gruppi  isolati  di  cittadini  e  da  alcuni  paesi, 
ma  da  un1  associazione  forte ,  ben  disciplinata  e  stesa  in 
tutta  la  penisola,  con  tutti  gli  altri  aggiunti,  che  crescono 
autorita  alle  domande,  pensate  voi  che  sarebbero  cadute 
indarno?  La  esperienza  del  Belgio,  della  Baviera  e  dell1  Au- 
stria dice  che  no.  Credetelo ,  Taudacia  della  rivoluzione 
procede  con  tanta  baldanza,  perche  fa  assegnamento  su  la 
niuna  unita  di  corpo  tra  i  piu  generosi,  e  la  inerzia  di  molti 
altri. 

—  L'  impresa  di  una  associazione  generale  non  e  im- 
presa  da  pigliarsi  a  gabbo.  Essa  torna  a  un  medesimo,  che 
esporsi  acl  affronti ,  a  villanie ,  a  dimostrazioni  ed  anche  a 
peggio.  Non  e  toccato  tutto  questo  ai  propagatori  dell'  as- 
sociazione cattolica ,  che  si  e  iniziata  qua  e  la  in  Italia 
nel  1866  ?  Non  furono  tratti  a  domicilio  coatto,  se  pure  non 
salvaronsi  colla  fuga  in  altro  paese?  —  Ebbene  dunque 
avete  paura.  Se  cosi  e,  ritiratevi  pure.  Ora  il  cattolicismo 
ola  societa  abbisognano  di  uomini  di  grande  ammo  e  corag- 
giosi.  Ma  ritirandovi  pensate,  che  voi  tradite  il  vostro  dove- 
re  ,  che  disconoscete  quella  milizia,  a  cui  vi  siete  ascritto  col 
santo  Battesimo,  che  obliate  il  detto  di  Cristo,  il  regno  del 
cielo  non  essere  del  neghittoso  e  del  vigliacco ,  ma  di  chi 
si  fa  violenza  e  pugna  arditamente  per  conquistarlo.  Su  via, 
pigliate  ammo.  Per  la  caduta  dei  primi  non  e  da  disperare 
della  vittoria.  II  battaglione ,  che  vede  colpite  le  prime  file 
non  indietreggia ,  ma  reintegrandole  avanza,  carica  il  ne- 
mico  e  vince.  Ai  primi  oppressi  iniquamente  dalla  rivolu- 


DELLE  ASSOCIAZIONI   CATTOLICHE  21 

zione  sottentrino  altri  piu  animosi ,  tutto  il  corpo  si  levi 
alia  difesa  dei  caduti:  tutti  siano  per  uno,  ed  uno  per  tutti; 
e  vedrete  miracoli  di  success!  in  tale  armonia  di  forze. 

—  Abbiamo  famiglia ,  dicono  altri ,  abbiamo  interessi 
da  guardare,  abbiamo  relazioni  social!  da  custodire.  Noi 
siamo  e  vogliamo  rimanere  cattolici,  e  percio  niuna  parola 
ci  esce  dal  labbro  ,  che  possa  comechessia  offendere  la 
credenza  nostra :  ma  tuttavia  non  ci  brighiamo  di  cio , 
che  dicono  e  fanno  altri,  contenti  di  attendere  pacifica- 
mente  alle  cose  nostre.  —  Siete  contenti  di  tanto?  Vi  con- 
tentate  di  troppo  poco.  Non  e  piu  il  tempo  di  tenersi  lon- 
tano  dalla  lotta :  le  mire  e  le  opere  della  rivoluzione  sono 
palesi  infino  a'  ciechi :  conviene  opporre  ai  suoi  conati  una 
resistenzauniversale.  Qm  non  estmecum  contra  meest,  disse 
Cristo.  Nel  caso  nostro  ha  tutta  la  forza  cotesta  sentenza.  Si: 
chi  non  e  con  Cristo  dichiaratamente,  e  contro  di  lui.  Fa 
bisogno  di  professare  apertamente  la  sua  sequela :  la  via  di 
mezzo  e  del  tutto  esclusa.  E  che?  se  andasse  a  fuoco  la 
casa  di  vostro  padre,  o  del  vostro  amico,  e  voi  vi  rima- 
neste  pacific!  spettatori,  o  attendeste  alle  cose  vostre 
senza  occuparvi  di  essi,  non  sareste  convinto  di  amare  o 
poco  o  nulla  il  padre  e  Y  amico  ?  Intorno  alia  Chiesa  di  Cristo 
e  ai  vostri  concittadini  ferve  Y  incendio  di  una  gravissima 
lotta ,  appiccato  dalla  rivoluzione ,  e  voi  vi  contentate  di 
rimanere  indifferent!  spettatori  di  tanto  danno ,  o  di  non 
badarvi ,  come  se  nulla  vi  calesse  della  Chiesa  di  Cristo  o 
della  societa?  La  vostra  indifferenza,  la  vostra  non  curanza 
e  indegna ,  e  colpevole.  Non  basta  ora  che  pugni  il  prete , 
non  basta  che  si  gitti  nella  lotta  il  vescovo.  fi  necessario 
che  tutti  i  fedeli  si  rannodino  e  combattano  insieme  coi  loro 
Pastor!.  La  lotta  presente  non  e  lotta  soltanto  di  difesa ,  ma 
e  lotta  di  esistenza,  non  e  lotta  particolare,  di  poche  forze, 
ma  universale  ,  ostinata ,  vigorosa.  E  venuta  1'  ora ,  in  cui 
come  scrisse  Tertulliano,  ogni  cristiano,  e  soldato,  e  come 
tale  e  un  debito  di  associarsi ,  e  disciplinarsi  per  la  pugna. 


UNA  MODERNA  EDUCATRIGE 

DELLA 

DONNA  ITALIANA 


IV. 

La  religione. 

E  impossibile  trattare  di  educazione  e  lasciare  da  parte 
la  religione,  com'e  impossibile  tracciare  la  pianta  di  un 
qualunque  siasi  edifizio  e  non  riguardarne  le  fondamenta. 
In  ogni  luogo ,  in  ogni  tempo  e  presso  ogni  popolo ,  non 
del  tutto  inselvatichito,  e  stato  ed  e  assioma  ricevutissimo, 
che,  come  la  vita  morale,  cosi  T  educazione  del  cuore  umano 
dee  muovere  dal  timore  di  Dio  e  nel  timore  di  Dio  conso- 
lidarsi. 

Ben  e  vero  ,  osserva  con  molto  giudizio  un  sapiente 
scrittore  italiano,  ben  e  vero  che  qualche  aiuto  di  buon 
principio,  qualche  utile  regola,  qualche  sufficiente  motivo 
pratico  si  possono  trarre  dall'  istinto  e  dal  senso  ingenito, 
in  quanto  scoprono  alcun  lume  della  naturale  giustizia  e 
della  bellezza  oggettiva  dell1  ordine  e  della  onesta,  e  del 
vantaggi  conseguibili  da  chi  ne  assume  il  culto  e  T  osser- 
vanza.  Ma  tutto  questo  e  pochissima  cosa;  e  se  vuolsi , 
quale  si  dee  volere,  un  sistema  di  moralita,  che  nell'anima 
dell'educando  riesca  vivo,  vitale  e  profondamente  e  costan- 
temente  operative,  e  al  tutto  forza  stabilirlo  nelle  verita 


UNA   MODERNA  EDUCATRICE   BELLA  DONN'A  ITALIANA  23 

metafisiche,  o  diciamo  oltramondane  e  soprammondane ; 
cioe  nella  credenza  in  un  Dio  onnipotente ,  onnisciente , 
provvidentissimo  reggitore  d1  ogni  cosa ,  fonte  e  termine 
della  giustizia  e  suo  vindice,  e  percio  stesso  rimuneratore 
cosi  delle  opere  buone  come  delle  malvage,  tanto  nella  vita 
presente,  come  in  una  vita  avvenire.  E  per  conchiudere  tutto 
il  concetto  in  una  sola  parola ,  diremo  che  1'educazione 
morale,  la  vera  educazione,  si  dee  fondare  nella  religione  T. 
Gli  antichi  gentili  riepilogavano  questa  dottrina  nel  loro 
motto:  Ab  love  principium,  il  quale,  al  nostro  proposito , 
equivaleva  un  dire,  che  fuor  di  Dio  non  pud  essere  alcun 
avviamento  alP  onesto  vivere.  E  sono  degni  di  considera- 
zione  i  due  nostri  proverbii  popolari  e  tutti  cristiani: 

Ama  Dio  e  non  fallire; 
Fa  del  bene  e  lascia  dire  ; 

e :  —  Ama  Dio  di  cuore  e  lascia  dir  chi  vuole  — ;  che  si- 
gnificano  in  modo  piu  sublime  la  stessa  verita,  tanto  evi- 
dente,  che  persino  quel  mezzo  volteriano  di  Giuseppe  Giusti 
cosi  ebbe  a  commentarli:  «  Lasciar  dire  chi  vuole  senza  il 
pensiero  di  Dio,  sarebbe  cosa  molto  pericolosa ,  perche  sa- 
rebbe  fare  a  suo  inodo,  senza  norma  che  diriga  o  che  assolva 
la  volonta  ». 

Ma  se  tutto  questo  e  filosoficamente  giustissimo,  par- 
landosi  in  genere  di  educazione,  diventa  incontrastabile  se 
discorrasi  in  particolare  di  educazione  della  donna,  e  della 
donna  cristiana  e  cattolica.  Abbiamo  accennato  altrove 
quanto  la  donna,  per  disposizione  anche  naturale,  sia  incli- 
nata  a  ci6  che  tiene  del  religiose.  Questo  accade  si  perche, 
attesa  la  sua  debolezza  rispetto  all1  uomo  e  la  sua  destina- 
zione  a  maggiori  sofferenze ,  tende  piu  di  lui  a  cercare 
conforti  ed  alleviamenti  nelPordine  superiore  al  mondano  ; 
e  si  perche,  atteso  T  uffizio  suo  di  madre,  ella  dee  col  latte 
istillare  negli  animi  de'  piccoli  figliuoli  i  primi  germi  della 

1  CAVAZZONI  PEDERZINI  FORTUNATO,  Osservazioni  intorno  alle  donne  ed  alia 
loro  educazione.  Cap.  IV. 


£4  UNA   MODERNA  EDUCATRICE 

vita  morale  e  quindi  della  pieta  verso  Dio ,  a  cui  percio 
propende  con  sensibilita  di  cuore  piu  delicate.  II  che  senza 
paragone  meglio  si  scorge  nelle  donne  cattoliche,  le  quali 
pel  battesimo  sono  state  arricchite  dei  sovranaturali  doni 
infusi  loro  dallo  Spirito  Santo,  che  le  ha  incorporate  a  Cristo; 
per  T  Eucaristia  hanno  partecipato  della  carita  increata  e 
gustatala  in  fonte;  e  pel  Sacramento  del  matrimonio  han 
ricevute  le  grazie  proprie  di  questo  loro  stato,  fra  cui  e  potis- 
sima  quella  di  educare  a  Dio  in  Gesu  Cristo  la  tenera  prole. 

Posto  tutto  cio,  come  mai  la  signora  Rosa  Piazza  avrebbe 
potuto  presentare  al  pubblico  U  mazzolino  de'  suoi  Pensieri 
intorno  all1  educazione  della  donna  italiana,  senza  introdur- 
vene  alcuno  che  olezzasse  di  religione?  La  cosa  non  sarebb<3 
stata  possibile.  Si  sarebbe  detto  subito :  —  Ecco  una  donna 
irreligiosa,  una  libera  pensatrice,  che  viene  ad  appestare  di 
ateismo  le  nostre  famiglie  !  —  Ed  il  suo  giornale  ed  il  suo 
libercolo,  da  molte  madri  e  da  molte  istitutrici,  si  sarebber 
gittati  nel  fuoco,  o,  alia  men  trista,  fra  le  carte  destinate  al 
pizzicagnolo  per  involgervi  le  acciughe. 

Era  dunque  necessario  che  la  signora  Rosa,  se  pure  volea 
farsi  leggere  un  poco,  toccasse  alcun  che  della  religione. 
Ed  essa,  benche  non  mostri  avere  nessuna  religione,  tuttavia 
ha  piegato  il  capo  alia  dura  necessita  e  scritto  un  articoletto 
intitolato :  La  religione,  che  vale  un  Peru. 

«M'accadde  talora,  cosi  ella  esordisce,  di  udir  accennare 
su  questo  argomento  ad  idee  svariatissime,  a  progetti  com- 
pletamente  opposti.  Bisogna  che  la  donna  sia  religiosa,  dice 
taluno,  e  indispensabile  che  lo  sia:  guai  per  lei  e  per  la 
societa ,  se  il  divino  timore  ispirato  dalla  religione  non 
ponesse  un  freno  alle  sue  passioni,  se  gli  affetti,  spesso  in 
lei  prepotenti  e  disordinati,  non  fossero  guidati  e  repress! 
dalla  religione!  Altri  spaventati,  e  non  a  torto,  dall'  abisso 
di  superstizione,  di  pregiudizii,  di  malignita  in  cui  caddero 
molte, anzi  troppe  donne  per  un  malinteso  spirito  di  religione. 
il  cui  nome  fu  presso  di  loro  profanato  da  taluno  veramente 
nemico  del  bene  sociale ;  cadono  nelPestremo  opposto  e 


BELLA  DONNA   ITALIANA  25 

salutano  la  donna  razionalista  come  la  piu  saggia,  la  piii 
illuminata,  la  meglio  atta  a  compierela  propria  missione.  Fra 
due  pareri  cosi  opposti  esitai,  lo  confesso;  esitai,  rifuggendo 
con  terrore  dai  mail  che  io  credeva  di  scorgere  d'  ambo  le 
parti.  » 

Bella  confessionelUna  educatrice  di  donne  italiane,  che 
esita  a  risolvere,  se  la  donna  abbia  o  non  abbia  da  professare 
il  culto  di  Dio;  debba  o  non  debba  essere  irreligiosa!  E 
questa  femmina  sa  di  scrivere  in  un  paese,  che  e  il  piii 
cattolico  della  terra!  Basta  ci6  a  far  vedere  che  essa  non 
ha  religione. 

II  suo  modo  di  ragionare  e  similissimo  a  quello  di  chi 
cosi  la  discorresse:  —  Ho  inteso  dire  che  Tuomo,  per  vivere, 
abbisogna  di  alimenti:  se  non  mangia,  muore.  Ma  d'altra 
partesi  conoscono  pur  troppo  i  funesti  effetti  dell'  intempe- 
ranza,  le  malattie,  i  disordini  e  le  morti  che  ne  provengono. 
Ond1  io  esito,  lo  confesso,  esito  a  sentenziare,  se  convenga 
suggerire  air  uomo ,  che  muoia  di  fame  per  non  morire 
d' intemperanza,  ovvero  che  muoia  d1  intemperanza  per  non 
morire  di  fame. 

Ma,  signora  Rosa,  non  avete  mai  udito  come,  tra  due 
estremi  cosi  opposti,  quali  sono  la  irreligiositay  che  vuol 
dire  mancanza  di  religione,  e  la  sujperstmone,  che  vuol  dire 
religione  falsa ,  si  trovi  un  mezzo  eccellentissimo ,  ed  e 
quello  della  vera  religione ;  non  altrimenti-che,  tra  il  morire 
d'inedia  e  il  morire  d' intemperanza,  si  trova  per  T  uomo  il 
mezzo  conosciutissimo,  di  vivere  nutrendosi  temperata- 
mente  ? 

Senonche  Tau trice  rifiuta  per  vera  la  religione  che  gli 
uomini  e  le  donrie  dell'  Italia  professano,  cioe  la  cristiana, 
cattolica,  apostolica  e  romana.  Si  legga  di  fatto  questo  ca- 
polavoro  di  descrizione,  che  ella  offre  della  donna  «  bigotta  », 
la  quale  contrappone  alia  donna  «  materialista  »,  e  si  noti 
che  T  aggiunto  di  ligotto,  nel  vocabolario  della  scuola  mas- 
sonica,  vale  cattolico. 


26  UNA   MODERNA   EDUCATRICE 

«  Da  un  lato  la  donna  bigotta,  schiava  dei  pregiudizji 
( la  fede  rivelataj  aspirante  ad  un  cielo  ( la  vita  eterna  del 
Paradise)  che  sarebbe  un  inferno,  se  corrispondesse  alia  sua 
idea  (Videa  che  ne  da  il  Vangelo  di  Qesh  CristoJ,  non  curante 
del  bene  della  patria  (TItalia  faziosaj  e  della  societa  (infor- 
mata  dalla  massoneria);  la  donna  che  guarda  con  terrore 
ogni  fenomeno  fisico,  in  cui  crede  ravvisare  una  punizione 
divina  (che  riconosce  doe  la  provvidenza  di  Dio  nel  mondo  e 
la  sua  giustizia  nei  pulUici  Jlagelli  J  ;  che  sacrifica  talora 
I'avvenire  della  propria  famiglia,  per  obbedire  alle  sugge- 
stion! di  tale,  che,  abusando  di  un  carattere  che  lo  rende 
sacro  a'  di  lei  occhi,  fa  trionfare  i  proprii  interessi  o  quelli 
della  casta,  giuocandole  abilmente  dinanzi  una  sacra  fan- 
tasmagoria  (qui  si  calunniano  e  deridono  i  sacerdoti  direttori 
delle  coscenze,  amministratori  del  sacramento  della  penitenza 
e  banditori  della  parola  di  Dio) ;  la  donna  sorda  ad  ogni 
nobile  ( liberalesco  j  sentimento,  insensibile  ad  ogni  azione 
generosa  ( partigiana  )  ,  collegata  ai  nemici  della  patria 
(della  rivoluzione) ,  della  civilta  (della  setta  massonicaj.  » 

Questo  e  il  ritratto  che  la  signora  Rosa  si  compiace  fare 
delle  donne  cristiane  e  cattoliche.  Al  quale  mette  contro 
il  ritratto  della  donna  materialista  «  che  non  riguarda  nella 
societa  che  una  convenzione  stabilita  un  di  fra  gli  uomini ; 
che  considera  come  inveterati  pregiudizii  i  piu  nobili  sen- 
timenti  di  morale  e  di  onore;  che,  schiava  delle  proprie 
passioni,  alle  quali  non  oppone  piu  il  freno  eccetera  ecce- 
tera,  rovina,  per  un  troppo  rapido  e  spesso  fiorito  pendio , 
in  un  abisso  di  veri  mali,  di  vera  depravazione.  » 

Abbozzatisi  nella  fantasia  questi  due  quadri  e  postasi  a 
contemplarli:  «  chinai  la  fronte  confusa,  narra  ella  inge- 
nuamente,  chiedendo  a  me  stessa  con  terrore:  Quale  sara 
dunque  T  avvenire  della  donna  ?  Chi  le  additera  la  via  da 
percorrere  fra  i  due  precipizii  ?  » 

Povera  signora  Rosa  !  che  ambasce  e  che  distrette 
non  dove  mai  patire  a  questa  si  terribile  contemplazione ! 
Ma  fortunata  lei,  che  e  in  diretta  ed  immediata  comunica- 


DELLA   DONNA   ITALIANA  27 

zione  con  un  genio,  con  uno  spirito  consolatore ! «  Una  voce 
soave  parve  risolvere  il  mio  dubbio,  ripetendomi  con  insi- 
stenza:  £?  ectucazfone,  la  luce  della  civilta.  » 

Qui  non  si  scherza.  Noi  ci  sentiamo  tremare  la  penna 
fra  le  dita,  poiche  ci  awediamo  di  essere  a  fronte  con  una 
illuminata,  con  una  pitonessa,  con  una  di  quelle  donne  in 
somma,  veramente  «  fenomenali  »,  che  serban  commercio 
con  gli  spiriti  dalla  «  voce  soave  ». 

All' ispirazione  seguit6  il  sacro  entusiasmo.  «  lo  salutai 
quella  voce  che  mi  ridonava  la  speranza,  che  distruggeva 
le  mie  incertezze,  che  mi  rassicurava  sull' avvenire.  »  Al 
sacro  entusiasmo  tenne  dietro  la  visione.  «  Allora  la  donna 
d' Italia  m'apparve  bella  di  fede  e  di  virtu,  irradiata  dalla 
luce  benefica  del  progresso,  e  la  vidi  camminare  giuliva 
colla  civilta,  salutando  dalP  intimo  del  suo  cuore  generoso 
lo  Spirito  motore  della  natura,  senza  ambagie  terrori,  senza 
pregiudizii  ed  ipocrisie  !  » 

Se  noi  fossimo  nel  bel  seicento.  sclameremmo  che  la 
Rosa  Piazza,  con  un  perfettissimo  anagramma  alia  veneziana, 

ci  si  trasforma  qua  in lo  indovinino  i  lettori;  giacche 

stranezze  piu  insensate  e  piu  matte  di  queste,  ci  pare  difficile 
che  si  possano  o  dire  'o  scrivere  da  una  donna ,  la  quale 
abbia  dato  il  cervello  a  rimpedulare. 

Come !  State  investigando  se  la  donna  debba  o  non  debba 
avere  una  religione ,  sopra  la  quale  si  fondi  P  educazione 
sua,  state  enumerando  i  mali  del  Ugottismo  (ossia  del  catto- 
licismo)  e  del  materialismo;  e  poi,per  conclusione,  ci  uscite 
fuori  con  una  «  voce  soave  »,  la  quale  vi  ripete  che  la 
«  educazione  »  e  la  « luce  della  civilta  »  rimedieranno  a  tutt* 
questi  mali,  e  date  in  ciampanelle  con  un  linguaggio  da 
baccante  visionaria?  Dov' e  la  logica,  dov'e  il  criterio,  dov'e 
F  assennatezza  conveniente  a  una  donna  matura  e  grave  , 
quale  dev'  essere  una  pari  vostra?  L'  «  educazione  »  che,  in 
vece  della  religione,  sara  fondamento  dell'  educazione :  che 
bisticcio  e  codesto?  La  «  luce  della  civilta  »  che  diviene 
religione:  religione  una  luce!  che  inaudita  babbuassaggine  ! 


28  UNA   MODERNA   EDUCATRICE 

Inoltre  voi,  che  non  avete  fiele  se  non  contro  le  «  super- 
stizioni  »  e  le  «  bigotterie  »,  venite  poi  a  contare  al  pub- 
blico ,  in  un  giornale  e  in  un  libretto ,  le  storielle  delle 
rivelazioni  e  delle  visioni  e  delle  estasi  che  godete!  Non 
vi  accorgete  che,  con  queste  ridicolezze,  vi  rendete  la  favola 
delle  donne  italiane  e  non  italiane  ? 

Ma,  poste  da  banda  tali  buffonerie ,  non  e  da  pensare 
che  1'autrice  se  ne  sia  servita  a  caso.  La  signora  Rosa  e 
donna,  come  abbiamo  avvertito  altre  volte,  senza  religione 
ed  avversissima  alia  cattolica.  II  dichiarare  formatamente , 
che  essa  non  ne  ha  alcuna  e  vorrebbe  che  le  sue  donne 
italiane  fossero  com1  ella'e,  ripugnava  a  certi  riguardi  che , 
per  meglio  infinocchiare  i  semplici,  ama  di  serbare.  Percio 
e  ricorsa  al  partito  della  «  voce  soave  »  e  della  «  luce  » 
del  «  progresso  »  e  della  «  civilta  »  e  delle  poetiche  visioni, 
come  ad  una  scappatoia  che  le  risparmia  Tonta  di  prote- 
starsi  incredula. 

Noi  per  altro  stimiamo  di  dover  insistere  sopra  questo 
punto ,  che  ella  non  ha  religione ,  che  non  ammette  altro 
culto  se  non  quello  della  massoneria,  ed  a  questo  intende 
che  sia  educata  la  donna  d' Italia:  ci  preme  di  smascherarla 
ben  bene,  affinche  la  turpitudine  della  costei  ipocrisia  ri- 
manga  svelata,  e  le  donne  italiane  possano  guardarla  in 
faccia  e  vedere  quel  ch'ella  e. 

I  fratelli  raassoni  e  le  sorelle  Mopse,  quanto  a  religione, 
si  dividono  in  due  sohiere  apparentemente  contrarie.  La 
prima  nega  Dio  e  si  professa  atea:  1'altra  riconosce  un  Dio, 
che  venera  sotto  nome  di  grande  ArcMtetto  deir  universo,  o 
di  Spirito  motore  della  natura;  ma  questo  non  e  il  Dio 
de1  cristiani;  non  creatore,  non  redentore,  non  santificatore 
delle  anime:  e  un  Essere  di  cui  si  suppone  la  esistenza , 
solo  per  fuggire  la  taccia  ignominiosa  di  ateismo.  In  fondo 
le  due  schiere  si  accordano  apieno ;  giacche,  allo  stringer 
dei  conti,  tanto  e  ateo  chi  nega  Iddio,  quanto  chi  si  crea 
per  Dio  una  chimera  a  libito  di  capriccio. 


T.Q 


DELLA   DONNA   1TALIANA  29 

La  signora  Rosa  mostra  di  appartenere  alia  seconda 
schiera;  non  si  per6  che  non  s'acconci  colla  prima .  Ella 
caldeggia  il  culto  del  progresso  e  della  civilta,  nella  cui 
compagnia  camminando,  la  donna  italiana  dell'avvenire 
«  salutera  dalPintimo  del  suo  cuore  generoso  lo  Spirito 
motore  della  natura,  senza  ambagi  e  terror! ;  senza  pregiu- 
dizii  ed  ipocrisie  ». 

Conyertito  questo  linguaggio  massonico  in  termini 
volgari,  a  che  se  ne  riduce  il  significato?  A  dire  che, 
vivendo  come  le  pare  e  piace  (ecco  il  progresso  e  la  civiltfr), 
la  donna  dell'  avvenire  stara  in  pace  amichevole  col  Dio  che 
si  &  foggiato  in  testa  (lo  Spirito  motore  della  natura)  senza 
le  ambagi  dei  rimorsi  e  i  terrori  che  le  pene  dell1  inferno 
incutono ;  senza  ipregiudizii  della  fede  cattolica  e  dei  sa- 
cramenti  e  le  ipocrisie  della  virtu ,  della  pieta  e  delle  pra- 
tiche  cristiane. 

Tal  e ,  estratto  dalla  corteccia  settaria ,  il  midollo  della 
teologia  che  questa  femmina  insegna  e  propaga.  L'ateismo, 
sotto  coperta  di  naturalismo  appoggiantesi  a  un  Dio  tutto 
ideale  e  fantastico,  il  quale  potrebbe  anche  essere  (e  noi 
non  giureremmo  che  non  sia)  un  eufemismo  di  Lucifero.  Di 
fatto  la  signora  Rosa  poco  piu  innanzi  sostiene,  che  «  tutte 
le  religioni  sono  benefiche  e  grandi,  quando  compiono  la 
loro  missione  »:  principio-di  un'empieta  sacrilega;  poiche 
mette  a  paro  la  religione  vera,  la  quale  non  puo  essere  che 
una,  come  uno  e  Dio,  colle  religioni  false  e  da  Dio  male- 
dette.  E  cosi  per  questa  femmina  il  buddismo,  il  talmudismo, 
il  maomettismo  e  il  feticismo  piu  sozzo  sono  religioni  «  be- 
nefiche e  grandi  »,  com'e  il  cattolicismo  istituito  dal  Fi- 
gliuolo  di  Dio.  Medesimamente  sostiene  che  con  la  religione 
cade  anche  la  morale,  in  quella  «  donna  ignorante  »,  che  c 
«  abituata  a  considerare  come  una  cosa  sola  religione  e  mo- 
rale » :  altro  principio  sovversivo  di  tutto  T  ordine,  siccome 
quello  che  separa  la  religione  dalla  morale,  e  costituisce  la 
nuova  regola  della  «  morale  indipendente  »  da  Dio,  dai  suoi 
soccorsi  e  dalla  sanzione  de'  suoi  premii  e  delle  sue  pene. 


30  UNA   MODERNA   EDUCATRICE 

Finalmente  questa  femmina  suggella  gli  spropositi  e  le 
bestemmie,  di  che  ha  infardato  il  suo  libello,  mantenendo 
che  « la  religione  non  &  virtu  assolutamente  indispensabile 
alia  donna  »,  e  che  «  anche  la  donna  razionalista  e  mate- 
rialista  puo  essere  virtuosa,  quando  la  sua  mente,  arricchita 
di  cognizioni  ed  il  suo  cuore  eduoato  a  nobili  affetti ,  cono- 
sceranno  il  bene  e  1'  ameranno  ».  Eppure  poco  dianzi  aveva 
simulato  di  patire  un  martirio  di  orrore ,  a  considerare  «  la 
donna  razionalista  che,  schiava  delle  proprie  passioni , 
rovina,  per  un  troppo  rapido  e  spesso  fiorito  pendio,  in  un 
abisso  di  veri  mali,  di  vera  depravazione!  » 

A  noi  sembra  che  una  femmina  la  quale,  in  materia  re- 
ligiosa,  si  fa  banditrice  di  tali  esecrabili  dottrine  e  di  si 
perfide  contraddizioni ,  si  svergogna  da  se ,  apertamente 
palesandosi  empia ,  incredula  e  senza  Dio.  Pur  troppo  non 
vi  ha,  a  parer  nostro,  disonore  piu  infamante  in  una  donna, 
che  la  irreligiosita;  poiche  noi  teniamo  per  certo,  con  la 
nostra  autrice,  che  la  femmina  irreligiosa,  o  razionalista, 
o  materialista  e  «  schiava  delle  proprie  passioni  >>  e  ruinata 
«  in  un  abisso  di  vera  depravazione.  »  Or  se  alia  signora  Rosa 
Piazza  garba  di  essere  cosi  giudicata  dal  pubblico,  a  cui  con 
le  sue  panzane  educative  si  manifesta,  tal  sia  di  lei.  Noi 
non  abbiamo  nulla  a  ridire.  Ci  consoliamo  anzi  che  sia  co- 
nosciuta  per  quella  dessa  che  e,  perche  piu  si  rivelera  e 
meno  potra  nuocere. 

Intanto  gioviraccogliere  datutte  queste  enormita  alcuni 
avvisi,  i  quali  daranno  lume,  per  iscoprire  le  frodi  e  le 
macchinazioni  che  dalla  massoneria  si  tramano,aperdimento 
delle  donne  in  Italia;  e  vorremmo  che  esse, e  in  particolare 
le  madri  di  famiglia  e  le  istitutrici ,  ne  facessero  tesoro. 

Primieramente  non  si  fidino  mai  di  chi,  ossia  uomo  ossia 
donna ,  a  voce  o  in  istampa ,  vuole  loro  persuadere ,  che  si 
hanno  da  migliorare  per  virtu  di  «  progresso  »,  di  «  luce 
della  civilta  »,  di  «  legge  dell1  umanita»  e  d'  altrettali  gar- 
bugli  di  parole  indeterminate,  equivoche  o  furbesche.  Quest! 
sono  arzigogoli  massonici  pretti  e  puri ,  i  quali  ascondon 


BELLA   DONNA    ITALIANA  31 

sensi  ingannevoli,  maligni,  sottili.  In  pari  modo  si  guardino 
dai  libri  o  dalle  persone  che  tentano  alienarle  da  tutto  cio 
che,  in  argomento  religiose,  riprendono  di  «  bigotteria  », 
di  «  pregiudizio  »,  di  «  superstizione  »,  di  «  ignoranza  »,  di 
«  fantasmagoria  »  e  simili .  Ancora  questi  vocaboli  sono 
inventati  nelle  logge  massoniche,  per  dinotare  con  disprezzo 
tutto  quanto  e  di  piii  venerabile  nella  Chiesa  cattolica. 

Che  se  amano  convincersi  di  quel  che  asseriamo ,  pro- 
vino  a  stringere  un  poco  i  panni  addosso  di  chi  loro  tiene 
questo  linguaggio.  Interroghino  e  preghino  di  spiegare  che 
cosa  s1  intenda  per  «  progresso  »,  per  «  civilta  »,  per  «  su- 
perstizione »,  per  «  pregiudizio  »;  ne  si  appaghino  di  risposte 
fra  i  denti  e  a  mezz'aria;  ma  incalzino,  premano  e  mettano 
alle  strette  i  loro  interlocutori  o  le  loro  interlocutrici.  Alia 
fine,  o  vedranno  che  si  confondono  e  perdon  la  bussola,  o  ne 
caveranno  confessioni  e  dichiarazioni  francamente  irreli- 
giose  ed  empie. 

Cotesta  e  Tarte  piu  scaltra  dei  gabbamondi  e  delle  zin- 
gare  della  massoneria:  gittare  la  del  continue  quella  loro 
dozzina  di  frasi  e  di  termini  anfibologici,  che  possono  signi- 
ficare  bene  e  male ,  vero  e  falso ;  ed  applicarli  astutamente 
sempre  a  sfregio  della  virtu,  della  pieta  e  delle  usanze 
cristiane.  Ma  Dio  liberi,  che  mai  osino  aprire  il  senso  schietto 
di  questo  lor  gergo!  Cosi,  credete  voi  che  la  signora  Rosa 
indichi  punto ,  in  una  sola  riga  delle  sue  sessantanove  pa- 
ginette ,  il  valore  arcano  di  tutta  la  fraseologia  massonica, 
onde  le  ha  infiorate  come  un  giardino  di  maggio  ?  Mai  no !  II 
valore  ha  da  indovinarlo  chi  legge,  A  lei  basta  insinuare 
destramente,  che  molte  cose,  riputate  sante  e  divine,  pos- 
sono qualificarsi  di  «  pregiudizii  »  e  di  «  superstizioni.  » 

Onde  le  savie  madri  e  le  accorte  educatrici  debbon 
prender  per  regola,  generalmente  infallibile,  di  allontanare 
dalle  loro  famiglie  e  dalle  mani  delle  loro  figliuole  od  alunne 
tutti  i  libri  e  i  giornali  che  adoperano  questo  insidioso  ar- 
tificio :  e  non  abbian  paura  di  far  giudizii  temerarii.  Sieno 
severe ,  sieno  inesorabili ;  ne  dubitino  di  dare  alle  figliuole 


32  UNA  MODERNA    EDUCATRICE 

ed  alle  alunne  il  buon  esempio  di  gittar  nelle  fiamme,  sotto 
i  loro  occhi,  quei  libri  e  quei  giornali.  Benedetta  la  madre, 
che  facesse  questo  bel  complimento  ai  fogli  della  Donna  di 
Venezia  e  a  questo  libello  della  signora  Rosa  Piazza ! 

Secondariamente  stieno  sull'  avviso  e  cautamente  schi~ 
fino  quei  libri  o  quelle  persone,  che  affettano  si  una  certa 
religiosita ,  ma  ideale ,  astratta ,  generica  e  rimota  sempre 
da  Gesu  Cristo.  Questi  libri  e  queste  persone  sclameranno], 
verbigrazia ,  come  la  signora  Rosa :  «  fe  bella  la  Fede ,  e 
bellissima  la  Religione  ,  bisogno  dell'  anima  angosciata  ed 
illusa!  »  Ottimamente !  Ma  quale  fede?  quale  religione  ?  La 
fede  cattolica?  Ohibo!  La  fede  «  del  progresso  e  della  ci- 
vilta  »:  la  religione  dello  «  Spirito  motore  della  natura.  » 

In  sostanza  si  contentano  che  si  creda  a  un  Dio  qualun- 
que  e  se  ne  abbia  un'idea  anche  grande;  ma  s'ingegnano 
di  distruggere  Tidea  di  Gesu  Cristo  e  di  strappare  lui  dalle 
anime.  Questo  e  propriamente  scristianiwo/re  T  uomo  ;  cioe 
separarlo  da  Cristo ,  dalla  sua  fede ,  dai  suoi  sacramenti , 
dalla  sua  Chiesa,  dalla  sua  vita;  che  e  il  fine  vero  ed  ultimo 
della  massoneria,  la  quale  non  altro  spira,  come  Satana  suo 
capo,  che  odio  immortale  a  Cristo  Verbo  incarnato. 

Intorno  a  questo,  il  celebre  Biagio  Pascal,  tutt1  altro  che 
«  bigotto  »,ha  un  passo  che  ci  pare  utilissimo  di  trascrivere, 
voltato  in  italiano  ed  abbreviate  quanto  ci  sara  possibile. 
Ogni  suo  periodo  meriterebbe  di  essere  impresso  nel  cuore 
dei  cattolici,  e  massime  di  chi  educa  gioventu,  a  lettere 
di  fuoco. 

«  La  Divinita  dei  cristiani  non  consiste  in  un  Dio  sem- 
plicemente  autore  delle  verita  geometriche  e  dell1  ordine 
degli  elementi :  questo  e  dei  pagani .  Neppure  consiste 
semplicemente  in  un  Dio ,  che  esercita  la  sua  provvidenza 
sopra  la  vita  e  sopra  i  beni  degli  uomini ,  per  concedere 
una  serie  di  anni  felici  a  coloro  che  T  adorano :  questo  e 
de1  giudei.  Ma  il  Dio  de1  cristiani  e  un  Dio  d'amore  e  di 
consolazione ;  e  un  Dio  che  riempie  1'  anima  ed  il  cuore  che 
egli  possiede;  e  un  Dio  che  fa  loro  sentire  interiormente  la 


DELLA   DONNA  ITALUNA  33 

miseria  loro  e  la  sua  misericordia  infinita..,.  II  Dio  de' cri- 
stiani  e  un  Dio  che  fa  sentire  air  anima  che  esso  e  T  unico 
bene  di  lei ,  e  che  ella  non  avra  riposo  altro  che  in  lui;  che 
ella  non  avra  riposo  se  non  amandolo;  ed  il  quale  nel  tempo 
medesimo  le  fa  abborrire  gli  ostacoli ,  che  la  rattengono  e 
1'  impediscono  d'  amarlo  con  tutte  le  forze.  L1  amore  proprio 
e  la  concupiscenza  divengono  per  essa  intollerabili.  Lo  stesso 
Dio  fa  a  lei  sentire  che  essa  ha  codesto  fondo  di  amor  pro- 
prio ,  e  che  egli  solo  ha  potenza  da  guarirnela. 

«  Ecco  che  sia  conoscere  Dio  al  modo  cristiano.  Ma 
per  conoscerlo  cosi,  fa  mestieri  conoscere  all'ora  stessa  la 
propria  miseria  ed  il  bisogno  che  si  ha  di  un  mediatore, 
per  avvicinarsi  a  Dio  e  con  esso  lui  unirsi .  Guardiamoci 
dal  disgiungere  queste  cognizioni ;  poiche,  disgiunte  che 
sieno,  riescono  non  solamente  inutili ,  ma  nocive .  E  per 
verita  la  cognizione  di  Dio,  senza  quella  della  nostra  mi- 
seria ,  fa  nascere  T  orgoglio  ;  la  cognizione  della  nostra 
miseria,  senza  quella  di  Gesu  Cristo,  fa  nascere  la  dispe- 
razione.  Laddove  la  cognizione  di  Gesu  Cristo  ci  scampa  e 
dalF  orgoglio  e  dalla  disperazione;  perciocche  vi  troviamo 
tutto  insieme  Dio,  la  nostra  miseria  ed  il  mezzo  unico  di 
mettervi  riparo...;  poiche  Gesu  Cristo  non  e  semplicemente 
Dio,  ma  un  Dio  riparatore  delle  nostre  miserie.  Conseguen- 
temente  tutti  coloro  che  cercano  Dio  senza  Gesu  Cristo, 
non  trovano  veruna  luce  che  loro  soddisfaccia  e  veramente 
li  aiuti.  Conciossiache  o  non  giuiigono  fino  a  conoscere 
che  v'  e  un  Dio,  o,  se  vi  giungono,  non  giova  loro,  dacche 
si  formano  un  mezzo  di  comunicare  senza  mediatore  con 
un  Dio,  che  essi  conobbero  senza  mediatore.  E  quindi  tra- 
boccano  nel  deismo  o  nell1  ateismo,  che  sono  amendue  cose 
che  la  religione  cristiana  abbomina  per  ugual  modo...  Gesu 
Cristo  e  il  vero  Dio  degli  uornini,  cioe  de'  miserabili  e  dei 
peccatori.  Egli  e  il  centro  di  tutto  e  il  fine  di  tutto,  e  chi 
non  conosce  lui  non  conosce  nulla,  ne  nelFordine  del  mondo, 
ne  in  se  medesimo.  Stantech5  non  solo  non  conosciamo 
Dio  che  per  Gesu  Cristo,  ma  non  conosciamo  noi  medesimi 
Serie  VIII.  vol.  II,  fasc.  499.  3  21  marzo  1871. 


34  UNA   MODERNA   EDUCATRICE 

se  non  per  lui.  Senza  Gesii  Cristo  e  forza  che  T  uomo  sia 
nel  vizio  e  nella  miseria:  con  lui  e  esente  dal  vizio  e  dalla 
miseria.  In  Gesu  Cristo  e  tutta  la  felicita  nostra,  la  nostra 
virtu,  la  vita,  la  luce,  la  speranza  nostra:  fuori  di  lui  non 
vediamo  che  oscurita  o  confusione,  tanto  nella  natura  di 
Dio,  come  nella  nostra  propria  natura  l.  » 

Adunque  le  madri  cordate  e  le  educatrici  non  si  lascino 
illudere  dal  misticismo  di  frasi  vacue  di  senso  cristiano,  ed 
accettabili  ancora  da  chi  non  sia  battezzato,  o  viva  sepa- 
rate dalla  Chiesa  cattolica.  Questo  naturalismo  mistico  e 
assai  inculcato  dai  seduttori  della  massoneria,  in  particolar 
guisa  alle  donne,  perche  in  vista  non  offende  la  loro  in- 
nata  religiosita;  ma  le  dispone  gradatamente  a  perder  di 
mira  T  oggetto  concrete  e  reale  di  ogni  loro  culto,  che  e 
Gesu  Cristo,  e  pian  piano  ne  paganizza  lo  spirito,  la  co- 
scienza,  il  cuore. 

Con  tale  garbo  procede  anche  la  signora  Rosa  nel  suo 
libercoletto.  Gesu  Cristo  e  la  sua  Chiesa  non  vi  sono  mai 
pure  nominati,  come  per  lei  non  esistessero  e  per  le  sue 
donne  italiane  non  dovessero  punto  esistere.  E  nondi- 
meno  vi  tratta  di  religione  e  vi  si  innalza  fino  al  sublime 
di  rivelazioni,  di  visioni  e  di  estasi  ridicolissime  .  Vuole 
ingarbugliare  le  teste  delle  povere  donne ;  e  percio  sugge- 
risce  loro  che  possono  essere  «  virtuose  »  ed  ottime,  anche 
senza  Gesu  Cristo  ;  anzi  ancora  professandosi  «  materiali- 
ste  »,  cioe  non  credendo  ne  a  Dio,  ne  nell'anima,  ma  rite- 
nendosi  bestie  come  le  scimmie  ed  i  ciacchi .  Veclete  la 
profonda  filosofia  e  la  nobile  morale,  che  si  racchiude  in 
questo  misticismo  massonico  della  signora  Rosa  !  Or  ap- 
punto  il  reputarsi  bestia  ed  il  vivere  da  bestia  e  1' ultima 
conseguenza  pratica  di  tutto  il  sistema,  che  scristiahizza 
Tuomo  e  la  donna. 

In  terzo  luogo  le  sapienti  madri  ed  istitutrici  stieno  in 
guardia  dai  libri  e  dalle  persone  che  mostrano  zelo  per  la 
«  tolleranza  »  di  tutte  le  cosi  dette  «  opinioni  »,  circa  la 

1  Pensees.  Part.  deux.  cap.  XV,  §.  2. 


BELLA   DONNA    ITALIANA  35 

religione  e  la  morale.  Questa  e  un'altra  volpina  .destrezza 
della  scuola  massonica,  per  ingenerare  nelle  anime,  prima 
teoricamente  e  poi  praticamente ,  la  mdifferenza  verso 
Dio  e  verso  la  onesta.  L'errore  ed  il  vizio  non  possono  per 
se  tollerarsi ,  ossia  rimirarsi  coll1  occhio  medesimo  che 
la  verita  e  la  virtu.  Uno  e  Dio  ;  dunque  una  sola  pu6  es- 
sere  la  religione  vera  ;  e  noi  sappiarno  per  fede,  e  anche 
per  umano  discorso,  che  e  la  cattolica,  apostolica  e  romana. 
Uno  e  Dio  ;  dunque  una  sola  pu6  essere  la  onesta  vera ;  e 
noi  sappiamo  che  e  quella  compresa  nell1  Evangelio.  Chi 
segue  una  religione  falsa  e  chi  vive  disonestamente  potra 
bensi  dai  privati  «  tollerarsi  »,  nel  senso  che,  secondo  gli 
aggiunti  prudenziali,  non  gli  recheranno  molestia  e  non 
ringiurieranno  :  non  mai  nel  senso  che  mostreranno  di 
approvare,  o  approveranno  col  cuore,  il  suo  falso  culto  ed 
i  suoi  vizii. 

Oltre  di  che  non  e  lecito  avere  per  opinions  una  reli- 
gione evidentemente  certa  e  divina,  com1  e  la  cattolica; 
ed  una  morale  che  e  intimamente  connessa  ancora  con  la 
naturale  ragione.  Si  chiamano  opinioni  le  sentenze  o  le 
verita  dubbie  e  disputabili ,  non  le  provate  e  sicure.  Ma 
contro  la  religione  cattolica  e  la  morale  cattolica ,  non 
vi  ha  religione  o  morale  che  sia  anche  solo  dubbiamente 
e  clisputabilmente  vera ;  poiche  nessuna  verita  puo  stare 
contra  la  verita.  Quindi  quelle  che  si  spacciano  per  opi- 
nioni sono  effettivamente  falsita.  Eppure  nel  codice  della 
moda  e  delitto  di  civilta  lesa,  il  rifiutare  questo  principio 
della  tolleranza  di  tutte  le  opinioni  in  materia  religiosa  e 
morale.  Si,  di  lesa  civilta  massonica  e  anticristiana,  della 
quale  nessuna  donna  timorata  di  Dio  dee  farsi  schiava;  se 
nulla  cura  la  purita  della  sua  fede  e  I1  onore  della  sua  co- 
scienza.  Come  al  pane  si  ha  da  dir  sempre  pane  ed  al  sasso 
sasso,'cosi  I1  errore  si  dee  sempre  chiamare  errore  ed  il 
vizio  vizio;  senza  arrossire  di  questa  schietta  proprieta  di 
favella,  che  e  lrornamento  delle  bocche  cristiane. 


v3(5  UNA   MODERNA   EDUCATRICE 

II  pronmlgare  che  «  con  riti  diversi ,  sotto  diverse  ap- 
parenze ,  con  manifestazioni  persino  opposte ,  tiitte  le  reli- 
gioni  sono  benefiche  e  grandi  »,  e  pero  tutte  sono  da  tol- 
lerare  e  da  rispettare  ;  e  faccenda  che  va  lasciata  al  cervello 
della  signora  Rosa  Piazza  e  delle  sue  consorti.  La  quale  e 
le  quali  dovranno  poi,  se  vogliono  essere  logiche,  pro- 
mulgare eziandio  che  «  grandi  e  benefiche  »  e  tollerabili  e 
rispettabilissime  sono  pure  le  religioni,  come  la  maomettana, 
che  santificano  la  vendita  sui  pubblici  mercati  delle  mogli, 
delle  figliuole  e  delle  serve,  ne  piu  ne  meno  che  se  fosser 
pecore  o  giumente.  Oh,  perche  non  si  mettono  a  speri- 
mentare  la  «  grandezza  »  del  «  benefizio  »,  che  e  T  essere 
cosi  mercanteggiate  ? 

Sopraccio  conviene  osservare,  che  i  campioni  e  le  cam- 
pionesse  di  questa  tolleranza,  in  fatti  SODO  gente  la  piu  intol- 
lerante  che  respiri  sotto  le  stelle ;  perocche  ogni  cosa  tol- 
lerano ,  eccetto  quelle  che  a  loro  non  garbeggiano.  Quindi 
non  che  tollerino,  ma  perseguitano  a  spada  tratta  la  religione 
cattolica  e  quanto  a  lei  si  attiene :  e  questo  dicon  di  farlo, 
con  la  scusa  che  la  religione  cattolica  e  intollerante.  Cosi 
vediamo  la  tollerantissirna  signora  Rosa  non  avere  bile  che 
basti  per  isfogarsi  contro  il  cattolicismo ,  adombrato  da  lei 
nei  vocaboli  di  «  bigotteria  »  e  di  «  superstizione.  »  0  stu- 
penda  maestra  di  tolleranza  liberalesca ! 

Tutte  queste  malizie  e  tutte  queste  ciurmerie  hanno  da 
tener  d'occhio  le  vigilant!  madri  ed  institutrici,  per  iscoprire 
a  tempo  la  serpe  velenosa  dei  covi  massonici,  e  preservar 
da'  suoi  morsi  le  loro  fanciulle  innocenti. 

Finalmente  stieno  guardinghe  dai  libri  e  dalle  persone 
che  esaltano  la  morale  indipendente  dalla  religione.  Con 
questo  nuovo  tranello.  gli  arfasatti  e  le  civette  della  mas- 
soneria  pretendono  stabilire  la  credenza,  che  un  uomo  e 
una  donna  possono  essere  fieri  di  onesta  illibatissima ,  an- 
corche  non  professino  veruna  religione  e  si  stimino,  quanto 
all'  anima ,  uguali  ai  bruti.  La  bestialita  delle  conseguenze 
che  ne  derivano  e  proporzionata  alia  bestialita  del  principio. 


BELLA   DONNA   ITALIANA  37 

Posto  che  la  religione  essenzialmente  non  conferisca  nulla 
alia  onesta,  cade  da  se  ogni  osservanza  religiosa,  la  quale 
al  piu  si  considerera  come  affare  di  supererogazione,  a  pascolo 
di  un  certo  sentimentalismo  del  cuore  ;  cade  il  freno  poten- 
tissimo ,  che  e  il  timore  delle  pene  riservate  neir  altra  vita 
a  chi  male  opera  in  questa ;  cade  lo  stimolo  efficacissimo 
al  bene  operare,  che  e  la  speranza  della  ricompensa  im- 
mortale,  promessa  ai  virtuosi;  e  cade,  per  dir  tutto  in  poco, 
T  ordine  intero  della  moralita ,  il  quale  poggia  in  Dio  e  nel 
debito  che  ha  la  creatura  di  sottomettersi  alia  legge  del 
Creatore.  Onde  la  virtu  stessa  si  riduce  ad  una  finzione,  ed 
il  virtuoso  convertesi  in  un  sepolcro  imbiancato,  che  di  fuori 
e  candido ,  ma  di  dentro  e  laidezza  e  fecce. 

La  verita  adunque  e,  che  religione  e  morale  sono  per 
noi  inseparabilmente  congiunte ,  e  che  in  effetto  non  si 
possono  separare  senza  annientarle  ambedue.  E  la  ragione 
sta  in  cio,  che  T  uomo  e  ordinato  alia  vita  futura,  ove 
trovasi  il  suo  fine  eternamente  immutabile.  Mala  condizione 
richiesta  necessariamente  ad  ottener  questo  fine,  e  la  mo- 
ralita, ossia  T  adempimento  della  divina  volonta  in  questa 
vita.  Chi  vive  bene,  secondo  il  voler  di  Dio,  avra  salute;  chi 
vivemale,  contro  questo  volere,  avramiseria  eterna.  Senon- 
che  la  regola  della  volonta  di  Dio  ci  e  nota  per  mezzo  della 
religione,  che  conferma  la  legge  naturale  di  onesta  ed  ag- 
giunge  il  lume  della  rivelazione  soprannaturale  .  Di  piu 
il  premio  ed  il  gastigo,  che  costituiscono  la  sanzione  eterna 
di  questa  regola,  ci  sono  manifestati  dalla  religione.  Inoltre 
gli  aiuti  di  grazia,  indispensabili  alia  fiacchezza  nostra 
contro  le  passioni  per  seguire  questa  volonta  di  Dio,  ci  son 
indicati  e  somministrati  dalla  religione.  Per  lo  che  tanto  e 
disgiungere  questa  dalla  morale,  quanto  distruggerle  tutte 
e  due. 

E  di  fatto,  chi  ha  incontrato  nel  mondo,  eziandio  gen- 
tilesco,  un  uomo  veramente  virtuoso,  che  fosse  privo  di 
religione  e  non  ricoDoscesse  un  Dio  ?  E  nel  cristianesimo 
chi  ci  sapra  mostrare  questo  portento  di  un  uomo  o  di  una 


38  UNA   MODERNA  EDUCATRICE   DELLA   DONNA    ITALIANA 

donna  professanti  T  ateismo,  e  sinceramente  onesti  nell'a- 
nimo  e  nelle  azioni?  Fino  a  che  T  uomo  e  la  donna  saranno 
figli  di  Adamo  e  di  Eva,  la  morale  indipendente  dalla  re- 
ligione formera  sempre  scellerati  ipocriti,  o  popolera  le 
galere  ed  altri  luoghi  che  tacere  e  bello.  E  non  e  sfuggito 
pur  anco  dalla  penna  della  signoraRosadistratta,  che  «  la 
donna  razionalista  rovina  in  un  abisso  di  vera  depravazione»? 
Or  donna  razionalista  e  colei  che  intende  prat ic are  la  mo- 
rale indipendente  dalla  religione  rivelata.  Che  sara  poi  della 
donna  materiaUsta,  la  quale  nega  anima  e  Dio,  spirito  e 
coscienza  ? 

II  secreto  di  questa  dottrina  satanica  e,  che  si  vorrebbero 
sottrarre  bellamente  i  presidii  della fede  e  della  grazia  celeste, 
abolendo  la  pratica  e  la  stima  della  religione,  con  indurre 
nelle  menti  T  idea,  che  non  se  n'  ha  bisogno  per  adornarsi 
di  virtu,  ed  essere  onestissimo  uomo  e  donna  integerrima. 
E  dato  cio,  a  che  fine  tante  preghiere,  tante  divozioni  alia 
Madre  di  Dio  ed  agli  Angeli  ed  ai  Santi?  A  che  fine  tanta 
frequenza  di  sacramenti,  di  chiese,  di  prediche,  di  buone 
letture?  A  che  fine  tanta  custodia  di  se,  tanto  timore  di 
offender  Dio,  tanta  apprensione  deH'inferno  e  delpurgatorio? 
Se  la  morale  non  dipende  dalla  religione,  e  la  religione 
non  soprasta  la  morale,  ma  sussistono  amendue  disgregate 
fra  se,  che  puo  importare  a  Dio  che  siamo  o  non  siamo 
probi,  e  che  puo  importare  a  noi  che  Dio  ci  vegga  buoni 
o  malvagi?  E  orribile  questa  conclusione:  etuttavia  scende 
legittimamente  fil  filo  dalla  infame  premessa,  che  la  morale 
e  dalla  religione  indipendente. 

Qui  porremo  termine  agli  avvisi  che  ci  e  caduto  in  ta- 
glio  di  suggerire  alle  madri  di  famiglia  ed  alle  educatrici 
cristiane,  per  occasione  delle  enormezze  empie  e  sacrileghe 
insegnate  dalla  signora  Rosa  Piazza  nel  suo  libello.  E  noi 
vivamente  desideriamo  che  questi  avvisi  sieno  accolti  con 
favore  e  meditati,  e  fruttifichino  quanto  piu  e  possibile.  Co- 
si  il  male  delle  bestemmie,  propalate  dalla  irreligiosa  au- 
trice,  avra  il  compenso  di  aver  prodotto  un  poco  di  bene ; 
e  dall'amaro  si  sara  cavato  il  dolce. 


I  DISORDINI  DI  ROMA 


NELLA .MATTINA  DEL  1O  MARZO 


Fra  le  frequent!  aggression! ,  onde  i  Roman!  fedeli  a 
Dio  e  al  suo  Vicario  son  fatti  segno,  da  che  le  bombe  del 
Bixio  e  i  cannon!  del  Cadorna  recarono  nella  santa  citta 
T  ordine  morale ,  una  sopra  le  altre  gravissima  avveniva 
fuori  e  dentro  la  Chiesa  del  Gesu,  il  giorno  10  del  corrente 
mese  di  marzo.  Per  non  esser  tacciati  di  esagerazione,  no! 
la  ricorderemo  colle  stesse  parole  dei  giornali  liberaleschi, 
e  solo  vi  aggiungeremo  qualche  circostanza,  attinta  da  re- 
lazione  di  persone  che  furono  present!  al  fatto. 

La  Capitale  nel  suo  numero  166  racconta  cosi :  «  Que- 
sta  mattina,  poco  dopo  il  mezzo  giorno,  una  folia  immensa 
di  popolo  si  raduno  fuori  della  Chiesa  del  Gesu  *.  Usciva 
in  quel  momento  il  solito  uditorio,  del  quale  facevano  parte 
molt!  reazionarii  e  caccialepri  2,  che  il  giorno  innanzi  ave- 
vano  provocato  il  Santini,  luogotenente  della  nostra  guardia 


1  II  Tempo  la  fa  ascendere  a  piu  di  duemila  persone.  «  Termina'ta  la  pre- 
dica  al  Gesu  duemila  e  piu  persone  stavano  oziose  nella  piazza  a  vedere  sfilare 
la  gente,  ehe  usciva  di  Chiesa.  »  (Numero  458).  Vuolsi  avvertire  peraltro  che 
cotesta  moltitudiue  era  cornposta  in  gran  parte  di  plebe  sudicia  e  di  paltoniei  i 
da  mezza  lira,  razzolati  per  lo  piu  tra  gli  Ebrei  del  Ghetto. 

2  Con  questo  nome  i  rivoluzionarii  designano  quella  eletta  schiera  di  giovani, 
alcuni  appartenenti  alia  nobilta,  il  resto  alia  borghesia  romana,  i  quali,  capi- 
tanati  da  Principi  roniani,  formavano  una  specie  di  milizia  urbana,  al  servizio 
del  S.  Padre  e  alia  difesa  della  citta. 


40  I    DISORDINI    DI    ROMA 

nazionale  T.  La  folia  cominci6  a  fischiare ;  ed  uno  dei  cac- 
cialepri, fattosi  sopra  gli  altri,  incomincib  in  aria  di  scherno 
a  batter  le  mani.  Uno  della  folia  gli  scagli6  allora  un  ba- 
stone  che  non  lo  percosse  2.  Fu  quello  il  segnale  di  una 
dimostrazione  ostile  e  molto  minacciosa.  Caccialepri  e  li- 
beral! s'azzuffarono  sulla  porta  della  Chiesa  che  guarda  il 
palazzo  Altieri.  Fu  una  pugna  generale,  accanita.  Schiaffi 
e  bastonate  volavano  in  tutte  le  direzioni.  Dalla  porticina 
laterale  la  zuffa  si  trasporto  piu  viva  nella  piazza  del  Gesu.  » 
La  Liberia  nel  suo  numero  58  narra  il  fatto  in  questi 
termini .  «  Anche  oggi  sono  avvenuti  ^nuovi  disordini  al 
Gesu.  Due  dei  nostri  collaborator!  ci  riferiscono  i  fatti  se- 
guenti,  di  cui  furono  testimonii  oculari.  La  predica  del  P. 
Tommasi  non  ebbe  nulla  di  straordinario  .  II  Predicatore 
tratto  della  confessione,  ma  non  fece  nessuna  allusione 
politica  5.  In  Chiesa  Vera  meno  gente  del  solito.  Intanto 
fuori  della  Chiesa  si  erano  adunati  alcuni  giovani ,  assai 

1  Per  intendcre  in  che  consistesse  questa  provocazione,  e  da  sapere  che  il 
detto  Santini,  il  giorno  innanzi,  insieme  con  altri  giovinastri  della  sua  stessa 
risma,  essendo  entrato  in  Chiesa  in  tempo  di  predica,  si  era  messo,  con  voce  ab- 
bastanza  alta  a  befleggiare  il  predicatore  t  in  guisa  da   stomacarne  i  vicini. 
Uscito  di  Chiesa  in  mezzo  alia  folia  ,  comincio  dire  :  Non  credete  alle  ciance 
che  ha  predicate  quel  frate  ,  ed  altre  simili  cose  in  dispregio  della  parola  di 
Dio  .  Indegnati  alcuni  giovani  cattolici  gli  diedero  sulla  voce.  Di  qui  nacque 
tra  11  Santini,  fiancheggiato  dai  suoi  satelliti,  e  i  giovani  cattolici  una  violenta 
barufla,  con  percosse  e  ferite  dall'una  parte  e  dall'altra. 

2  In  cio  son  conformi  le  relazioni  degli  altri  giornali  liberaleschi.  Per  loro 
confessione  adunque  la  provocazione  fu  da  parte  dei  rivoluzionarii,  prima  coi 
tischi,  poscia  col  bastone  scagliato,  a  segnale  del  premeditate  tumulto.  Vuolsi 
peraltro  avvertire  che,  oltre  il  bastone,  furono  scagliate  delle  palle  di  piombo; 
«  che  non  erano  fischiati  soltanto  i  cosi  detti  caccialepri,  ma  quanti  uscivano 
ddla  Chiesa,  e  tra  questi  alcune  famiglie  inglesi,  americane,  prussiane  ,  dae 
nobilissimi  signori  della  deputazioue   austriaca  ,  venuti  in  questi   giorni  per 
IK-escntare  un  indirizzo  al  S.   Padre  ,   ed  anche  1'  incaricato   della    legazione 
fraucese,  che  piu  tardi  usciva  dall'attigua  casa    del    Gesu.  Alcuni    di   questi 
gia  indirizzarono  richiami  ai  loro  rispettivi  Governi  per  1'insulto  ricevuto. 

3  Anche  il  Tribuno,  benche  sozzamente  maledico  contra,  tutto  cio  che  sa 
di  sacro  ,  e  costretto  a  dire :  «  La  predica  di  frate  Tommasi  si  e  versata 
sulla  Confessione  e  non  ha  avuto  nulla  di  politico.  »  (Num.  67).  Non  puo  dunque 
spacciarsi  che  le  parole  del  predicatore  avessero  dato  occasione  al  tumulto. 


NELLA  MATTINA  DEL  10  MARZO 


41 


conosciuti  in  Roma  per  le  loro  opinion!  liberali .  Poco  a 
poco  i  capannelli  andarono  ingrossando,  tantoch&  e  sulla 
piazza  e  nelle  strade  adiacenti  vedevasi  una  folia  del 
tutto  insolita.  Finita  la  predica  un  poco  piii  tardi  del  so- 
lito ,  primi  ad  uscire  dalla  Chiesa  furono  alcuni  Cacciale- 
pri.  Questi  si  avanzarono  con  aria  minacciosa  e  quasi  di 
sfida  T.  Alcuni  dei  giovani  liberali  che  si  trovavano  nella 
folia,  e  che  erano  come  chi  dicesse  in  prima  linea,  si  fecero 
avanti,  fischiando  i  Caccialepri .  Nacque  fra  gli  uni  e  gli  altri 
una  deplorabile  collisione,  e  furono  scambiati  dei  colpi  di 
bastone  e  varie  percosse  a  mano. 

«  Mano  mano  che  i  Caccialepri  uscivano  di  Chiesa,  erano 
chiamati  a  nome  e  fischiati.  Intanto  di  rinforzo  della  Guar- 
dia  di  pubblica  sicurezza  e  dei  carabinieri,  che  gia  si  tro- 
vavano sulla  piazza,  sopraggiunsero  due  Compagnie  del  62° 
reggimento  fanteria,  gia  consegnate  una  nel  Convento  del 
Gesu  e  Taltra  alia  Minerva ;  una  parte  di  esse  fece  fronte 
al  popolo  voltando  le  spalle  alia  Chiesa ;  il  resto  chiuse  gli 
sbocchi  delle  strade ,  che  mettono  alia  piazza  del  Gesu. 
Furono  fatte  le  intimazioni  legali ;  ma  la  folia  numerosis- 
sima  non  vi  abbado ,  tantoche  la  truppa  fu  costretta  ad 
eseguire  ripetute  cariche  alia  baionetta  per  disperderla.  Per 
fortuna  quelle  cariche  non  produssero  alcuna  disgrazia 2.  La 
folia  ritirandosi  dinanzi  alle  truppe ,  si  riformava  appena 
erano  passate  ,  e  continuava  ad  accogliere  con  fischi  e 
segni  di  disprezzo  coloro,  che  uscivano  dalla  Chiesa,  e  sono 
piii  noti  per  la  loro  avversione  al  regno  d'  Italia  8. 

1  Questa  e  una  delle  solite  menzogne  dei  giornali  liberaleschi.  Figuratevi, 
se  pochi  giovani,  coraggiosi,  si,  ma  virtuosi  e  modesti,  quali  son  quelli  a 
a  cui  la  canaglia  da  il  nome  di  Caccialepri  ,  volessero  uscir  di  Chiesa  in  aria 
di  sfida  verso  una  moltitudine  tanto  maggiore,  e  pronta  ad  ogni  eccesso!  L'aria 
minacciosa  e  quasi  di  sfida,  che  dice  il  giornale,  non  era  altro  che  un  digni- 
to&o  contegno,  proprio  di  persone  educate  e  d'animo  intrepido. 

*  Manco  male !  Persone,  che  furono  presenti,  ci  riferiscono  che  quelte 
cariche  apparivano  manifestamente  fatte  per  sola  cerimonia. 

8  Torniamo  a  ripetere  che  erano  accolti  con  fischi  e  villani  insulti  ed 
oscenissime  parole  tutti  quelli  che  uscivano  di  Chiesa,  non  escluse  le  donne, 
eziandio  di  alta  condizione. 


42  I    DISORDINI    DI    ROMA 

«  Mentre  questi  fatti  accadevano  sulla  piazza  del  Gesu, 
fatti  non  meno  spiacevoli  e  dolorosi  avvenivano  nelF  in- 
terno  della  Chiesa.  »  Qui  i  giornali  liberaleschi  tessono  una 
filatessa  di  bugie,  dicendo  che  la  forza  pubblica  dovette 
entrare  in  Chiesa  per  rimettervi  Fordine  e  raccogliere  ba- 
stoni,  stili,  ed  altre  armi.  «  Una  parte  del  popolo,  alcuni 
ag-enti  della  pubblica  forza  ed  alcuni  soldati  entrarono  in 
Chiesa  ove  il  disordine  era  grandissimo.  Furono  immedia- 
tamente  sequestrati  molti  bastoni,  appartenenti  per  la  mag- 
gior  parte  a  coloro  che  gia  trovavansi  in  Chiesa;  e  si  e 
riconosciuto  che  alcuni  di  essi  erano  animati  dallo  stocco. 
Ci  viene  riferito  che  siano  stati  sequestrati  anche  degli 
stili  T .  »  Ma  il  vero  e  che  essendosi  sul  principle  del  taffe- 
ruglio  della  piazza  chiuse  le  porte  del  ternpio;  tutto  ad  un 
tratto  si  vide  venirne  spalancata  una  ed  entrare  per  essa 
furiosamente  una  turba  di  carabinieri,  di  guardie  nazionali, 
di  guardie  di  pubblica  sicurezza  colle  spade  e  daghe  sguai- 
nate,  seguite  da  soldati  coi  fucili  spianati.  E  questo  furioso 
irrompere  d:armati  nella  Chiesa  fu  la  vera  cagione  del  di- 
sordine in  essa  avvenuto,  massime  per  lo  spavento  delle 
signore  che  vi  erano  dentro.  Varii  furono  gli  arresti,  che  si 
fecero  nella  Chiesa  di  giovani  onestissimi  e  civilissimi,  rei 
non  di  altro  che  di  essere  intervenuti  alia  sacra  concione  ; 
e  tra  questi  di  un  giovine  prete,  figlio  del  conte  Barbiellini, 
e  dello  stesso  celebrante  che,  finita  la  Messa,  al  veder  tanto 
baccano  in  Chiesa,  indegnato  sgrido  i  violatori  della  casa 
di  Dio. 

Sara  bone  riportar  qui  quasi  per  intero  una  lettera  di 
un  sacerdote  spagnuolo,  sig.  de  Costa,  il  quale  fu  testimo- 
nio  insieme  e  vittima  del  bestiale  contegno,  tenuto  dagli 
agent!  del  Governo  nel  penetrare  in  Chiesa.  «  Trovandomi 


La  Liberia  luogo  sopraccitato.  Quanto  cio  sla  false,  si  pu6  argomentare 
da  questo  solo  che  tutti  i  giovani  cattolici,  arrestati  furono  dopo  28  ore  ri- 
inossi  in  liberta.  Avrebbe  la  questura  liberalesca  usato  verso  loro  tanta  in- 
dulgeuza,  se  si  fossero  trovati  dctentori  di  armi  violate? 


NELLA  MATTINA  DEL  10  MARZO  43 

ieri,  dice  il  prelodato  sacerdote ,  alia  Chiesa  del  Gesu  ad 
ascoltare  la  predica,  terminata  questa  voleva  partire :  ma 
dovetti  restare  per  ubbidire  agli  ordini  di  alcuni  agenti  della 
pubblica  autorita,  che  dalla  porta  ci  comandavano  di  non 
uscire .  Sperava  come  tutti  gli  altri  fedeli,  che  cessasse  la 
ingiustificabile  aggressione,  che  molti  uomini  della  plebe 
facevano  contro  i  fedeli  cattolici.  Ma  quando  credeva  che 
la  forza  pubblica  arresterebbe  gli  ammutinati  e  i  capi  loro,  o 
almeno  scioglierebbe  Tammutinamento,  affin  di  lasciar  libero 
il  passaggio;  vidi  con  grande  e  dolorosa  mia  sorpresa  che 
la  plebe  continuava  i  suoi  vili  insulti  e  schiamazzi,  facendo 
un  compatto  cerchio  intorno  alia  Chiesa,  senza  essere  per 
nulla  impedita;  e  che  numerosi  agenti  dell1  autorita  go- 
vernativa ,  uno  -dei  quali  col  sigaro  in  bocca,  invasero  il 
sacro  tempio,  ingiuriando  con  sconce  parole  quanti  erano 
la  radunati ,  e  ministrando  colpi  di  sciabola  a  diritta  ed  a 
sinistra.  Vedendo  che  non  avevano  nessun  riguardo  ne  pel 
sesso  ne  per  1'eta,  giudicai  opportune  fare  ad  essi  osservare 
attentamente  il  mio  carattere  sacerdotale  e  che,  essendo 
spagnuolo,  mi  sarei  lagnato  al  mio  ambasciatore,  se  segui- 
tavano  ad  ingiuriarmi  con  parole  o  fatti.  Fu  allora  che  in- 
vece  di  arrestarsi ,  uno  degli  agenti  dell'  autorita,  alzando 
il  braccio,  scaricd  sopra  la  mia  testa  un  colpo  di  sciabola 
che,  cadendo  sulla  spalla  sinistra,  taglio  la  mia  sottana  e 
gli  altri  panni  che  indossava;  ma  per  misericordia  divinanpn 
mi  fece  che  una  fortissima  contusione,  le  cui  conseguen-" 
ze  non  sono  state  gravi,  perche  io  potei  schermire  in  parte 
il  colpo.  Domandai  soccorso  agli  altri  agenti  del  Governo , 
e  questi,  invece  di  calmare  la  cieca  rabbia  del  loro  com- 
pagno,  m'insultarono;  ed  uno  di  essi  miappoggio  la  punta 
della  sua  sciabola  sul  petto,  sforzandosi  di  ferirmi.  Giudico 
inutile,  signor  direttore,  ogni  commento  su  questi  fatti. 
Come  sacerdote  e  come  cattolico,  perdono  di  tutto  cuore  ai 
miei  offensori ;  ma  come  spagnuolo,  offeso  gravemente  da- 
gli  agenti  della  pubblica  autorita  di  Roma,  ho  dovuto  ri- 


44  I    DISORDINI   DI    ROMA 

ferire  quest!  fatti  scandalosissimi  a  S.  E.  T  Ambasciatore  di 
Spagna  a  Firenze,  per  mezzo  del  sig.  Incaricato  di  affari  di 
Spagna  presso  la  Santa  Sede,  affincKe  protegga  efficace- 
mente  gli  altri  sudditi  spagnuoli  contro  simili  aggression! 
nella  Capitale  del  mondo  cattolico.  » 

Questa  lettera  sottoscritta  dal  De  Costa  e  inserita  nel 
numero  60  dell'  Osservatore  romano;  dove  si  trova  altresi 
un1  altra.  lettera  del  sacerdote  Collalti  ( il  celebrante  che 
venne  arrestato )  nella  quale  vengono  riferiti  piu  minuta- 
mente  ancora  gli  atti  d1  irriverenza  e  d'  insensata  ferocia  , 
che  commisero  nel  santo  tempio  gli  agenti  della  pubblica 
forza,  e  le  bestemmie  invereconde  che  alcuni  di  loro  pro- 
ferirono  T.  Ne  e  meraviglia;  giacche  molti  di  costoro  sono 
o  increduli,  o  protestanti  stranieri  alia  citta,  o  ebrei.  E  a  si- 
mil  genia  dovrebbe  essere  affidata  in  Roma  la  maesta  del 
Pontefice  e  la  riverenza  al  culto  cattolico!  E  intanto  che 

1  «  . .  .  Proseguendo  la  celebrazione  del  S.  Sacrificio  fui  incradibilmente 
frastornato  dall'  allarme,  dai  gridi,  dall'urto  d'armi  che  ognora  piu  cresceva 
dcntro  la  stessa  Chiesa ,  e  mi  avvidi  che  fin  dentro  al  Presbiterio  eran  pe- 
nctrati  i  soldati,  e  sopra  i  gradini  dello  stesso  Altare  Maggiore.  E  potei  ine- 
glio  accertarmene  quando,  voltomi  per  dire  \\Misereatv-r  affine  di  ministrare 
la  S.  Comunione  ad  alcuni  fedeli,  rnirai  soldati  di  ogni  arma  con  pistole  alia 
inano,  sciabole  e  fucili,  i  quali  intimavano  recisamente  alle  persone  divote 
assistenti  alia  S.  Messa  di  ritirarsi  ed  uscire  dal  Tempio. 

«...  Appena  mi  rivoltai  per  il  Misereatur ,  preso  da  zelo  cattolico,  mi 
indirizzai  ai  soldati  che  mi  circondavano  entro  il  Presbiterio,  e  dissi,  che  si  al- 
lontanassero  perche  quello  non  era  posto  per  loro,  e  che  tutti  erano  scomunicati. 

«...  Non  volendo  deporre  i  sacri  arredi  prima  di  parlare  col  Superiore 
della  Chiesa,  e  protestare  innanzi  a  lui  dell' insulto  fattomi,  oltre  ad  altre  in- 
credibili  villanie  ed  ingiurie  al  sacro  carattere  ,  ed  agli  abiti  santi  che  rive- 
stiva  ,  una  Guardia  nazionale  disse :  «  leghiamolo  cosi  da  Pulcinella  e  da 
Fantoccio  e  portiamolo  ammanettato  per  Roma.  »  Risposi  che  questo  io  de- 
siderava.  Senonche  un  Delegate  osservo  che  cio  non  si  poteva  ,  ma  che  m» 
avrebbe  lasciato  chiuso  in  quella  camera  senza  rnangiare  con  due  guardie. 
Allora  la  detta  guardia  soggiunse  ,  sorridendomi  in  faccia  e  digrignando  i 

denti,.  ma  no,  portiamolo  ammanettato,  perche  ha  maneggiato  quel (ho 

ribrezzo  a  dirlo) .  Ed  uno  dei  Reali  Carabinieri  (credo  basso  ufficiale,  perche 
aveva  due  striscie  all'uniforme)  rivolgendosi  a  me,  e  beffeggiandomi  disse,  che 
egli  voleva  mettere  le  manette  non  solo  a  me,  ma  ancora  a  quel  Boia  di  Pio  IX, 
e  che  lo  trascinerebbe  per  tutta  Roma.a 

Lettera  del  Collalti  stampata  nell'  Osservatore  romano. 


NELLA  MATTINA  DEL  10  MARZO  45 

ha  fatto  il  Governo  per  punire  cotanta  infamia?  Nulla.  II 
Collalti  si  profferiva  al  Questore  di  riconvenire  il  turpe 
carabiniere  delle  sue  impudenti  parole.  Ma  il  Questore  cre- 
dette  bene  di  svignarsela,  col  volgere  altrove  il  discorso  e 
mettere  subito  in  liberta  il  Collalti.  E  intanto  a  Firenze  si 
canguetta  di  guarentige  e  di  eguaglianza  del  Papa  al  Re 
nel  rispetto  dovutogli  ! ! 

Or  quali  sono  le  considerazioni  che  suggerisce  un  si 
tristo  avvenimento?  Moltissime .  Ma  noi  ne    sceglieremo 
una  sola ,  ed  e  che  questi  disordini,  divenuti  oggimai  si 
frequenti,  sono  una  prova  di  fatto  di  ci6  che  dimostram- 
mo  in  un  altro  articolo ,  della  impossibility  cioe  di  coe- 
sistenza  in  Roma  di  due  Sovranita,  Tuna  spirituale,  Taltra, 
temporale .  Fra  gli  altri  argomenti,  che  noi  quivi  recam- 
mo  per  dimostrare  una  tale  incompatibility  uno  era  tolto 
dalla  dura    condizione ,  in  che  si  sarebbero  trovati  i  fe— . 
deli,  di  cui  perfino  gli   atti  di  cristiana  pieta,   o  di  de- 
vozione  al  Vicario  di  Cristo,  sarebbero  interpretati  in  senso 
politico  e  come  dimostrazioni  reazionarie  ed  ostili  ai   so- 
pravvenuti  padroni.  Noi  vorremmo  che  ben  si  capisse  co- 
testo  punto,  il  quale  e  di  somma  rilevanza  nella  presente 
quistione.  Roma  non  e  come  qualunque  altra  capitale  an- 
nessa  al  regno  d1  Italia,  quali  sarebbero  a  cagion  d'esem- 
pio  Napoli  o  Firenze.  In  queste  i  Principi  contendenti ,  il 
detronato  e  V  occupants,  essendo  ambedue  laici,  la  reli- 
gione  puo  restare  fuori  della  contesa,  e  i  fedeli  possono 
praticarla  liberamente,  senza  dare  con  cio  sospetto  al  Go- 
verno ed  eccitar  la  rabbia  dei  liberaleschi.  In  Roma  non  e 
cosi.  In  essa  la  politica  e  di  natura  sua  intimamente  con- 
nessa  colla  religione ;  e  gli  atti  dell1  una  difficilmente  pos- 
sono sceverarsi  appieno  dagli  atti  dell'altra.  Cio  nasce  da 

1  Si  vegga  altresi  la  lettera  del  sig.  Barone  di  Nagel  Stlingen,  ufficiale 
prussiano,  riportata  dall'  Osservatore  romano  nel  suo  nurnero  63,  nella  quale 
quell' onorevole  signore,  come  testimonio  di  veduta ,  riferisce  i  fatti  scanda- 
losi  della  plebaglia  fuori  della  Chiesa  e  degli  Agenti  del  Governo  dentro  la 
Cbiesa. 


46  I    DISORDINI    DI    ROMA 

questo,  che  in  Roina  il  Principe  spossessato  e  capo  altresi 
della  Religione,  e  la  sua  civile  sovranita  e  sacra  siccome 
guarentigia  e  tutela  clella  sovranita  spirituale  .  Guardate 
infatti  ai  luoghi ,  dove  accadono  cotesti  conflitti  ;  e  alia 
ragione  che  i  liberal!  ne  adducono.  Quanto  "B!  luoghi,  essi 
non  sono  le  porte  dei  circoli  Cavour  e  Bernini ;  dove  i  libe- 
ral! si  assembrano  ad  infernale  tregenda.  Non  sono  il  teatro 
Corea,  o  i  viali  dello  Sferisterio,  dove  essi  convengono  a 
celebrarvi  le  loro  orgie  e  i  loro  saturnali.  Neppur  sono  i 
teatri,  e  gli  altri  ritrovi  per  la  veglia,  per  la  danza  e  per 
altre  cose,  che  il  tacere  e  belio.  Siffatti  luoghi  sono  im- 
muni  da  tumulto,  perche  i  buoni  cattolici  se  ne  tengono 
lontani.  Ma  i  luoghi,  dove  spesso  accadono  scandali,  ba- 
ruffe,  lotte,sono  ordinariamente  i  tempi!  e  gli  oratorii.  Cos! 
avvenne  alia  basilica  Vaticana,  alia  Chiesa  di  s.  Ignazio,  a 
s.  Nicola  in  Arcione,  alia  Chiesa  nuova,  alia  Pace,  e  massi- 
mamente  al  Gesu,  dove  i  fedeli  sogliono  accorrere  in  mag- 
gior  nurnero. 

E  qual  e  la  ragione  che  ne  recano  i  liberali?  Le  provoca— 
zioni  da  parte  de'cattolici.  «  Noi  vogliamo  avvertire  i  clerical! 
di  Roma,  che  essi  fanno  troppo  a  fidanza  colla  longanimita  e 
generosita  della  nazione,  e  che  questa  un  di  o  1'altro  potrebbe 
far  loro  sentire  quanto  terribile  sia  ilpeso  della  sua  potenza. 
Xoi  vogliamo  constatare  qui  che  le  Chiese  son  divenute 
appostamenti  di  aggressor!,  e  che  il  partito  sanfedista,  pi— 
gliando  per  debolezza,  per  paura ,  la  moderazione  della  na- 
zione, trascorre  alle  pia  auclaci  provocazioni.  »  Cosi  la  Ca- 
pitalemun  furibondo  articolo,  scritto  in  occasione  del  fatto 
dicui  ragioniamo.Eil  Tempo,  altro  giornale  liberalesco,par- 
lando  del   medesimo   avvenimerito,  esclama:  «  Se  i  cleri- 
cal! ci  sfidano    e  ci  provocano  col  loro  contegno  ,  possono 
essi  trovare  tutti  i  giorni  un'uguale  tolleranza?  »  E  sullo 
stesso  metro  gridano  gli  altri  giornali,  del  partito  dominante. 
Queste  parole  a  prima  vista  potrebbero  sembrare  da 
ebbro.  Imperocche  come  puo  dirsi  che  provocatori  sieno  i 
cattolici,  quando  non  sono  essi  quelli  che  vanno  a  cercare 


NELLA  MATTINA  DEL  10  MARZO  47 

i  liberal!  nei  loro  convegni,  dove  bestemmiano  contro  ogni 
cosa  piii  santa ,  ma  sono  i  liberal!  che  vanno  a  cercare  i 
€attolici  per  fischiarli  e  dileggiarli  e  percuoterli  all'  uscir 
dalle  Chiese  ?  Di  due  famiglie  rival!  che  si  azzuffino  in  una 
delle  rispettive  lor  case,  quale  sara  dal  senso  comune  giu- 
dicata  la  provocatrice  e  quale  la  provocata?  La  risposta  nes- 
suno  esitera  a  daiia.  Chi  rimanendo  nella  casa  propria  viene 
assalito,  quest!  e  certamente  il  provocato:  chi  va  ad  as- 
salir  1'altro  nella  sua  dimora  e  il  provocatore.  Applicate 
ora  questo  dettame  del  piu  volgare  buon  senso  al  caso 
nostro,  e  giudicate  se  i  liberal!  possano  essere  stati  essi  i 
provocati.  Singolar  provocazione  che  sarebbe  veramente 
cotesta !  Per  metterla  in  effetto  i  liberal!  si  son  data  la  in- 
tesa  fra  loro,  si  sono  radunati  a  bella  posta  in  una  piazza, 
han  fatto  massa  insieme  ;  e  tutto  questo  unicamente  per 
attendere  con  tolleranza,  con  moderazione,  con  longanimita 
la  provocazione  dei  cattolici.  I  cattolici  al  contrario  a  far 
.  questa  provocazione  hanno  aspettato  giusto  il  momento,  nel 
quale  intrigati  tra  la  folia,  impacciati  nella  stretta  d'un'u- 
scita,  non  poteano  neppur  movers!  non  che  far  forza  e  vio- 
lenza  altrui!  E  come  intendere  poi  che  tali  provocatori  sieno 
andati  a  mescolarsi  cosi  alia  rinfusa  con  vecchi,  con  fan- 
ciulli ,  con  donzelle,  con  matrone ,  e  si  sieno  preparati  ad 
unassalto  premeditate  col  passare  delle  ore  intere  in  Chiesa, 
ascoltando  un  lungo  e  per  nulla  battagliero  discorso  sopra 
la  eonfessione? 

Senonche  cessa  ogni  meraviglia ,  se  si  considera  che 
questo  appunto  e  considerate  dai  liberal!  qual  provocazio- 
ne :  il  dar  pubblica  mostra  di  cristiana  pieta.  Questo  pei 
liberal!  e  un  insulto  da  non  potersi  tollerare.  Essi  lo  ri- 
guardano  come  un  atto  non  solo  di  devozione  a  Dio  ,  ma 
di  fedelta  al  Pontefice. 

Si  e  detto  'da  alcuni  che  le  provocazioni  consistessero 
nelle  allusion!  politiche,  .che  si  facevano  dai  sacri  oratori. 
MaTmettezza  di  un  tal  sotterfugio  apparisceperfino  a!  ciechi. 
Se  cosi  fosse ,  la  rabbia  libertina  si  sarebbe  sfogata  contro 


48  1   DISORD1NI   DI    ROMA 

essi  sacri  oratori,  e  non  gia  contro  il  popolo  fedele,  che  n'era 
innocente.  In  secondo  luogo  gli  stessi  giornali  liberaleschi, 
come  vedemmo,  furono  costretti  a  confessare  che  la  predica 
del  P.  Tommasi  non  aveva  avuta  nessuna  allusione  politica. 
In  terzo  luogo  se  T  accusa  fosse  fondata,  ci  sono  i  tribunal! 
e  le  autorita  governative,  che  si  mischiano  volentieri  di  tali 
faccende  e  le  quali  sono  interessate  a  cercare,  come  suol 
dirsi,  il  pelo  neir  uovo  in  tutto  cio  che  si  dice  o  si  fa  dai 
cattolici .  Or  per  quanto  i  giornali  liberaleschi  abbiano 
schiamazzato  contro  le  pretese  allusioni,  ha  potuto  mai  la 
pubblica  autorita  avverarne  niuna?  Mail  fatto  e  che  cotesta 
accusa  in  cambio  d'  indebolire,  conferma  anzi  la  nostra  pro- 
posizione.  Imperocche  i  liberali  veggono  un'  allusione  po- 
litica in  qualsiasi  verita  evangelica  che  si  annunzii.  Se  un 
sacro  Oratore  parla  contro  il  furto  sacrilego  delle  cose  ap- 
partenenti  al  divin  culto,  si  dice  che  egli  sfolgora  T  occu- 
pazione  di  Roma.  Se  inveisce  contro  i  violator!  del  sesto 
precetto,  si  dice  che  egli  intende  ferire  il  tale  o  il  tal  altro  - 
dei  governanti.  Se  ragiona  delle  censure  ecclesiastiche,  si 
dice  che  richiama  alia  memoria  la  scomunica,  incorsa  dagli 
invasori  della  State  della  Chiesa.  Se  esalta  Tossequio  ma- 
nifestato  al  Vicario  di  Cristo  con  tanto  commovimento  del 
mondo  cattolico  in  suo  favore,  si  dice  che  invoca  e  pro- 
mette  agli  uditori  1'  intervento  straniero.  Oggimai  non  ci 
e  punto  di  domma  o  morale  cristiana,  che  un  predicatore 
possa  toccare  impunemente;  ed  e  simigliante  a  miracolo  che 
avendo  il  P.  Tommasi  parlato  della  Confessione ,  non  ci  si 
sia  veduto  un  invito  al  pentimento,  per  coloro  che  aderi- 
rono  al  Governo,  mancando  di  fede  a  Dio  ed  al  Pontefice. 

Ecco  pertanto  T  insopportabile  condizione  che  e  fatta 
ai  cattolici  in  Roma :  non  poter  esercitarsi  pubblicamente 
in  atti  di  religione  e  di  amore  al  Pontefice,  senza  divenir 
segno  ai  furori  dei  liberali  e  alle  vessazioni  del  Governo. 

La  qual  dura  condizione  si  rende  anche  piu  grave  dalla 
qualita  di  carafctere  del  Romano.  II  Romano  non  e ,  come 
molti  altri  cattolici  di  altre  citta  d' Italia,  timidetto.e  riguar- 


NELLA  MATTINA  DEL  10  MARZO  49 

doso;  sicche  ceda  alle  minacce  e  si  ritiri  dinanzi  alPassalto. 

II  Romano  e  pieno  di  magnanimita  e  di  coraggio,  ed  inclina 

piuttosto  all' audacia  che  al  timore.  Ben  si  vide  nel  fatto 

dell'  8  dicembre,  dinanzi  alle  porte  del  Palazzo  Vaticano , 

quando  pochi  giovani   armati  del  solo  ombrello  sosten- 

nero  impavidi  le  aggressioni  della  numerosa  bordaglia  liber 

ralesca ,  fornita  di  armi  da  taglio  e  da  fuoco ;  sicche  altri 

ne  fugarono  ed  altri  ne  disarmarono.  E  benche,  come  era 

naturale,  alcuni  di  loro  rimanessero  feriti,  non  si  sbigottiro- 

no  percio,  maanimosi  tennero  testa,  finche  non  intervenne 

la  forza  pubblica.  Cristianamente  poi   generosi  rinunzia- 

rono  ad  ogni  azione,  dinanzi  ai  tribunali,  contro  degli  ag- 

gressori.  Tale  e  il  carattere  del  Romano.  Di  qui  nasce  che 

in  Roma  quanto  piu  il  Governo   o  il  popolaccio,  venuto 

massimamente  di  fuori,  si  sforza   d' intimidire  i  cattolici, 

tanto  piu  si  aumenta  in  questi  la  deliberata  volonta  di  mo- 

strarsi  pii  all'aperto  ossequiosi  a  Dio  e  devoti  al  Vicario 

di  Cristo.  Quindi  il  pericolo  di  lotte  e  di  zuffe  in  cambio 

di  diminuire  ,  andra  anzi  sempre  piu  crescendo  col  tempo. 

Al  che  si  aggiunge  la  qualita  delle  persone ,  a  cui  e 

affidato   Tordine  pubblico,  le  quali  sono  ben  liragi  dal- 

Tispirare  fiducia   per  1' avvenire.  Fu  nptato  dagli   stessi 

fogli  liberaleschi  che  i  tumultuanti  al  Gesu,  il  giorno  10, 

erano  principalmente  composti  di  guardie  nazionali.  «  leri 

dalle  ore  11  in  poi  in  piazza  del  Gesu  e  nella  via  dello 

stesso    nome  formavansi  parecchi  capannelli  di  giovani, 

appartenenti  in  gran  parte  alia  guardia  nazionale,  tutti 

vestiti  in  borghese .  »    Cosi  il  giorno  appresso  al  taffe- 

ruglio  narrava  il  fatto  la  Nuova  Roma  \  Di  piu  fu  anche 

osservato  che  i  gendarmi  e  le  guardie  di  pubblica  sicu- 

rezza,  che  circolavano  intorno  alia  Chiesa,  sul  finir  della 

predica   si   allontanarono ,  andando  verso  il  Campidoglio 

e  la  piazza  di  Venezia ,  quasi  licenziando  con  tal  atto  i 

male  intenzionati  ad  operare  liberamentefc  Come  poi  si  dipor- 

1  Numero  70.  /  disordini  di  ieri  al  Gesu. 
Serie  VIII,  vol.  II,  fasc.  499.  4  21  marzo  1871. 


50  I    DISORDINI   DI   ROMA 

tassero  in  Chiesa,  lo  abbiamo  accennato  piu  sopra.  Infme  lo 
stesso  Governo  colla  quasi  nullita  delle  precauzioni ,  mostr6 
che  quasi  avesse  gusto  di  cio  che  apparecchiavasi.  Onde  per- 
fino  la  Liberia,  foglio  ufficioso,  non  pote  contenersi  dal  far- 
gliene  pubblico  rimprovero.  «  Ci  sembra,  ella  scrisse,  che  la 
Questura  non  si  sia  condotta  con  quella  prudenza  che  T  e 
abituale.  Fino  dalle  prime  ore  di  questa  mattina  si  parlava 
di  disordini  che  sarebbero  avvenutiin  piazza  del  Gesu,  dopo 
la  predica ;  e  le  voci  corse  furono  ben  tosto  confermate 
dalla  riimione  di  alcuni  capannelli .  Era  pertanto  dovere 
della  Questura  d1  impedire  che  i  disordini  avvenissero,  ri- 
correndo  a  qualche  provvedimento  straordinario,  ma  giu- 
stificato  sempre  dalla  necessita  suprema  che  Tordine  sia 
mantenuto  T.  »  La  negligenza  nel  prevenire  e  superata  dalla 
ingiustizia  nella  punizione.  Benche  gli  aggressori  fossero 
i  liberali,  gli  arrestati  farono  quasi  tutti  del  numero  de'cat- 
tolici.  De'cattolici  appunto  alcuni  sono  feriti,  e  tra  questi 
un  giovinotto  ventenne  e  in  pericolo  di  morte;  sicche  nel 
momento,  in  cui  scriviamo,  ha  gia  ricevuti  gli  ultimi  sa- 
cramenti.  II  Governo,  per  mostrarsi  zelante,  ha  aperto  un 
processo;  ma  i  nostri  lettori  si  ricordino  questo  presagio : 
il  processo  o  non  si  proseguira,  o  il  risultato  del  giudizio 
sara  un  Non  consta;  come  accadde  dell'  altro  giudizio  sui 
fatti  deirs  dicembre.  E  qui  sorge  spontanea  alia  mente  di 
ciascuno  questa  interrogazione :  Se  cosi  si  comporta  il 
Governo  mentre  e  tuttavia  sugl' inizii  e  nelF  impegno  di 
mostrare  al  mondo  cattolico  che  egli  sa  guarentire  in  Roma 
la  dignita  del  Pontefice  e  la  liberta  della  Chiesa;  che  do- 
vremo  aspettarci ,  quando  egli  si  credera  gia  assodato  e 
libero  da  un  tal  pensiero  ? 

Da  ultimo,  un  altro  capo,  rende  difficile  la  condizione 
de'Romani  a  fronte  del  Governo  e  delpartito  liberalesco,  ed 
o  la  gran  moltitudine  di  coloro,  che  pubblicamente  si  son 
dichiarati  di  rimanere  anche  civilmente  fedeli  al  Pontefice. 
Del  clero  secolare  e  regolare  non  occorre  discorrere  ;  la 

1  Nniucro  68. 


NELLA  MATTINA  DEL  10  MARZO  51 

cosa  s'  intende  da  se.  Quanto  alia  Nobilta,  essa  quasi  tutta 
ha  fatto  le  sue  solenni  protestazioni  con  indirizzi  al  Ponte- 
fice,  pubblicati  sopra  i  giornali.  Quanto  alia  borghesia,  basti 
notare  il  fatto,  unico  al  mondo,  delFaver  gl'impiegati  di  tutte 
le  amininistrazioni,  quasi  inmassa  rifiutato  di  prestar  giura- 
mento,  sicche  i  rimasi  in  ufficio  possono  noverarsi  sulle  dita. 
L'esercito,  come  saognuno,  erapiu  che  per  meta  composto  di 
sudditi  pontificii.  Or  questi,  fatte  rarissime  eccezioni,  hanno 
tutti  negato  di  militare  sotto  la  nuova  bandiera ;  benche  il 
Pontefice  li  abbia  prosciolti  dalF  anterior  giuramento.  Fi- 
nalmente,  per  conoscere  i  sentiment!  del  minuto  popolo, 
basti  considerare  che  quando  vuol  farsi  una  dimostrazione 
liberalesca,  bisogna  pagarla  a  buoni  contanti,  e  reclutarne  i 
rappresentanti  parte  nel  Ghetto,  parte  fra  la  bordaglia  di 
tutta  la  Penisola,  che  in  Roma  ha  piantato  il  nido,  e  parte 
tra  la  feccia,  la  quale  in  ogni  popolosa  citta  suol  abbondare, 
e  sarebbe  miracolo  da  nonpreteadersi,  se  in  Roma  mancas- 
se  del  tutto .  Cio  posto,  ognun  vede  che  un  tale  stato  di 
cose;  dee  di  necessita  partorire  maggior  risolutezza  nei  buoni 
dali1  un  dei  lati ,  e  dall'  altro  maggior  dispetto  e  sdegno 
nei  tristi.  Da  qual  parte  poi  debba  traboccar  la  bilancia 
del  Governo,  non  e  uopo  cercarlo,  tanto  solo  che  si  guardi 
airinnata  tendenza,  che  ogni  essere  ha  della  propria  con- 
servazione.  E  un  tale  stato  del  tutto  singolare  di  Roma  non 
fu  potuto  nascondere  dallo  stesso  ministro  Lanza,  il  quale, 
rispondendo  a  un1  interpellanza  sopra  1'avvenuto  al  Gesu , 
il  giorno  10,  disse  :  «  Le  condizioni  di  Roma  sono  diverse 
da  quelle  delle  altre  citta.  Vi  e  un  partito  (qual  sia,  questo 
partita  lo  vedemmo  teste  }  che  non  vuol  tollerare  il  nuovo 
ordine  (meglio  disordine)  di  cose;  e  vi  sono  agitatori 
impazienti  ed  intolleranti  dell'  indugio  pel  trasporto  della 
Capitale  .  Per  cio  e  .facile  che  accadano  urti  '  ».  Queste 
parole  in  bocca  al  ministro  italiano  ,  sono  assai  signifi- 
canti .  Esse  fanno  risovvenir  di  quel  detto :  A  buon  inten- 
ditor  poche  parole. 

1  Vedi  Osscrvatore  Romano,  n.  60. 


RIVISTA 


BELLA    STAMPA   ITALIANA 


I. 

La  teorica  delict,  Filosofta  di  Antonio  Martinazzoli,  membra  ef- 
feUivo  dell'  Accademia  del  concorsi  scientifico-letterarii.  Milano 
1870.  Un  volume  in  12°  di  pag.  176. 

E  questo  il  primo  lavoro,  che  da  alia  luce  un  giovane  ma  fer- 
vente  cultore  della  scienza  filosofica.  II  motivo,  che  lo  ha  spinto  a 
pubblicarlo,  e  esposto  da  lui  in  questi  termini.  «  Non  devo  su  questo 
confessarmi  interamente  al  pubblico :  bastigli  sapere  che  sul  punto  di 
dedicarmi  ex  professo  a  questi  studii,  ai  quali  natura  m'inclina,  ho 
creduto  bene  tentarlo  e  dargli  tanto  che  potesse  recare  un  giudizio , 
onde  avermi,  dagli  spiriti  dotti  e  colti,  una  parola  sincera  d'incorag- 
giamento,  od  un  franco  avviso  pel  quale  mi  ritiri  e  cessi  da  una  car- 
riera,  sulla  quale  con  nessuna  mia  gloria  e  poco  vantaggio  della  societa 
mi  potrei  lanciare.  E  questo  lo  scopo  immediato  del  libro  che  hai  tra 
mano,  o  lettore,  ed  in  questo  hai  pure  una  ragione  dell'  essere  stato 
precipitate  e  dato,  forse  anzi  tempo,  alia  luce  1.  » 

Quanto  a  questo  lodevolissimo  scopo,  se  abbiamo  ad  esprimere 
il  nostro  giudizio,  ci  sembra  che  gli  spiriti  dotti  e  colti  possono  pure 
con  tutta  verita  dare  al  giovine  Autore  i  piu  caldi  incoraggiamenti 
a  proseguire  con  lena  nel  preso  arringo,  sicuro  che  riuscira  a  meta 
onorata  per  se  e  vantaggiosa  per  altrui .  Imperocch6  la  lettura  del 
libro  ci  ha  persuasi  che  il  Martinazzoli  e  dotato  di  felice  ingegno, 
di  buona  logica,  di  chiarezza  di  esposizione.  Inoltre  egli  scrivecon 
affetto,  con  brio,  e  spesso  ancora  con  eloquenza.  Siane  esempio  il 
tratto  seguente.  Parlando  egli  dell'amore  dice:  «  Triste  e  dolorosa 
vicenda  di  quaggiu,  ove  bisogna  piangere  per  conoscere  la  vita!  Se- 
dotto,  attratto  quasi  alia  bellezza  d'  un  oggetto,  spinto  da  forza  in- 
domabile  tu  ti  precipiterai  a  lui,  te  lo  costringerai  palpitando  al  seno; 
ma  non  cessa  ancora  1'estasi  di  quel  primo  istante,  dura  tutta  via  quel 
primo  mebbriamento  dell'anima,  ch'egli  ti  si  scolora,  impallidisce , 
langue!  II  tuo  amore,  la  tua  vita  alzeranno  un  grido  di  spavento  ; 
ma  egli  continua  a  divenir  freddo;  il  veleno  mortale  della  distruzione 
gli  serpeggia  per  le  vene,  il  suo  labbro  e  mosso  appena  dall'alito  vi- 
vihcatore,  il  suo  occhio  s'offusca  e  travolge,  egli  ti  si  riversa  dinanzi 

1  Pag.  8. 


RIVISTA   DELLA   STAMPA   ITALIANA  53 

senza  vita:  si  rilascia,  si  dissolve,  va  in  polvere.  Ti  chinerai  a  ba- 
ciar  quella  polvere;  ma  la  troverai  muta,  gelata.  Da  lei  non  ti  pu6 
piu  sgorgare  la  vita ,  perche  non  puoi  amare  un  pugno  di  terra  che 
a  tutta  1'altra  si  mescola  e  confonde.  Allora  cordogliando  inconsola- 
l)ile,  ti  sentirai  stretto  da  mortale  angoscia,  oppresso,  soffocato,  vinto 
da  indicibile  aflanno.  Allora  ti  rompera  dal  petto  esagitato  quel  grido 
disperato:  Tutto  e  fmito  per  me.  E  tale  sarebbe  il  destino  non  evi- 
tabile  dell'  uomo,  ove  la  cerchia  della  sua  esistenza  venisse  circoscritta 
dal  mondo  sensibile,  e  la  sua  vita  non  s'  avesse  il  suo  principio  e 
rinvenisse  il  suo  fine  al  di  la  di  quest' universe  corporeo  l.  »  In  que- 
sto,  come  in  tanti  altri  luoghi,  1'Autore  mostra  apertamente  di  se- 
pararsi  da  quel  vile  materialismo,  ond'e  insozzata  quasi  tutta  la  fi- 
losofia  del  risorgimento  rivoluzionario  italiano.  Ma  diciamo  qualche 
cosa  piu  in  particolare  della  dottrina  contenuta  nel  libro. 

L' operetta  e  divisa  in  .due  parti:  1'  una  tratta  dell' obbiettivo, 
l"altra  del  subbiettivo.  Nella  prima  prende  a  confutare  lo  scetticismo, 
sotto  il  cui  nome  intende  comprendepe  tutti  i  falsi  sistemi  filosofici 
del  tempo  nostro.  « Assume,  egli  dice,  praticamente  il  nome  scetti- 
cismo, come  quello  che  indica  ed  abbraccia  in  fatto  tutti  gli  errorf, 
scettici  o  razionalistici;  avvegnache  realmente  il  razionalismo,  il  cri- 
ticismo,  lo  psicologismo,  1'idealismo,  lo  scetticismo  non  danno  altro 
che  le  varie  fasi  del  medesimo  sistema,  ed  esprimono  a  capello  i  tre 
stadii  di  vita  dello  stesso  principio,  se  di  lui  vogliamo  ad  essi  sottoporre 
e  la  garrula  fanciullezza  e  la  balda  gioventii  e  la  decrepita  vecchiaia. 
Con  tal  nome  pertanto  intendo  tutti  quegli  errori,  che  per  infinite  gra- 
dazioni  procedendo  devono  inevitabilmente  cola  capitare  e  morire  2.  » 

Dichiarato  cosi  che  cosa  comprende  sotto  il  nome  di  scetticismo, 
egli  passa  a  determinare  Terror  capitale  di  un  tal  sistema,  quello  cioe 
in  cui  esso  si  riassume;  e  dice  che  si  fatto  errore  e  la  negazione  della 
realta  e  obbiettivita  della  conoscenza.  A  stabilire  ci6  egli  si  vale  delle 
parole  stesse  del  Franchi ,  il  quale  si  spaccia  per  principale  rappre- 
sentante  di  esso  scetticismo.  Costui  dunque  nelle  lettere,  da  lui  det- 
tate  sopra  tale  argomento,  spiegatamente  dichiara  che  la  questione 
tra  lo  scetticismo  e  i  suoi  avversari  si  riduce  a  sapere  se  oltre  il  fe- 
nomeno  subbiettivo,  debba  amrnettersi  o  n6  1' esistenza  di  una  realta 
oi)biettiva  3.  E  piu  sotto  soggiunge.  «  L'ente  intanto  esiste,  in  quanto 
£  percepito  dalla  mente  umana  ;  ossia  egli  e  una  creazione,  un  pro- 
dottodell'umana  intelligenza.  Ora,  vi  sovviene?  quest' era  precisamente 
la  dottrina  scettica ,  che  io  contrapposi  sempre  alia  vostra  dogmatica : 
noi  toon  conosciamo  altro  essere  delle  cose,  che  quello  relative  alia 
mente  umana,  cioe  il  subbiettivo:  ma  il  loro  essere  in  se  ed  assoluto, 
cloe  1' obbiettivo,  non  cade  sotto  la  nostra  conoscenza,  e  per  noi  6  nulla.» 

I  Pag.  139.  —  2  pafir.  9.  __  3  Lettera  quarta. 


54  RIVISTA 

L'Autore  prende  a  confutare  un  tanto  errore.  Egli  dimostra  quanto 
sia  stolta  la  baldanza  dello  scetticismo  nel  ripudiare  tutto  ci6  che  i  piu 
sublimi  intelletti  insegnarono  intorno  a  Dio,  all'  anima  umana,al  mondo 
corporeo;  quanto  sia  contraddittoria  la  sua  dottrina,  la  quale  nella  ne- 
gazione  stessa  si  mostra  dommatica;  quanto  sia  assurda  la  sua  po- 
sizione  di  negar  1'essere  ammettendo  il  fenomeno,  quando  non  altro 
e  il  fenomeno  che  la  manifestazione  dell'essere.  L' ente,  si  dice,  e 
una  creazione  del  nostro  spirito.  Ma  questo  spirito,  che  crea,  e  reale, 
o  e  anch'esso  apparente?  e  se  e  apparente,  sara  il  prodotto  di  un 
essere  o  di  un'anteriore  apparenza?  Lo  scetticismo  da  se  medesimo  si 
caccia  in  un  pecoreccio,  da  cui  in  niun  modo  puo  trovare  1'uscita. 
Esso  non  puo  sbrigarsene  altrimenti,  che  col  distruggere  le  leggi  stesse 
del  pensiero,  e  stabilire  non  correre  differenza  tra  raziocinio  e  para- 
logismo,  illazione  e  inconseguenza,  verita  ed  assurdo,  coerenza  e  con 
traddizione;  ma  tutto  esser  lo  stesso  ed  avere  lo  stesso  valore.  Con 
cio  vien  distrutto  non  solo  1' essere,  ma  anche  il  fenomeno;  ed  e  reso 
impossible  ogni  discorso  razionale  della  mente. 

L'Autore  passa  a  esaminare  piu  in  particolare  i  diversi  capi  del 
s'stema  scettico  e  le  dottririe  dei  diversi  tilosofi  che  concorsero  a  fab- 
bricarlo.  Ne  lascia  altresi  di  notare  il  pervertimento,  a  cui  mena,  nel 
giro  della  morale,  vuoi  privata,  vuoi  pubblica.  Nel  quale  arringo  egli 
procede  sempre  sanamente  e  ragiona  conlogica  robusta  e  serrata.Manoi 
ci  asteniamo  dal  seguirlo  in  questo  cammino,  perche  ci  dilungheremmo 
troppo;  massimamente  perche  intendiamo  sofiermarci  un  poco  piu  posa- 
tamente  neH'esame  della  seconda  parte,  nella  quale  discordiamo  da  lui. 

In  questa  egli  prende  a  trattare  del  subbiettivo,  cioe  della  cono- 
scenza  riguardata,  non  rispetto  all'oggetto  ma  in  se  medesima ,  e 
cerca  segnatamente  dell'origine  deile  nostre  idee.  Intorno  a  cio  egli 
opina  non  potersi  concepire  potenza  senza  un  atto.  E  poiche  1'atto 
dell*  iritelletto  e  1'idea;  egli  crede  non  esser  possibile  che  si  trovi  tem- 
po, in  cui  1'uno  sia  senza  dell'altra.  «  Intelletto  senza  un'idea,  senza 
una  cognizione,  e  un  assurdo  l.  »  Di  qui  segue  che  a  spiegare  la  ge- 
nesi  della  nostra  conoscenza  intellettuale  si  dee  muovere  necessaria- 
mente  da  un'idea  presupposta;  la  quale  per conseguenza  vuoi  essere 
innata.  Ne  solo  una  prima  idea  dee  presupporsi,  ma  ancora  una  prima 
parola.  E  cio  altresi  conseguenza  dell'  impossibility  d'  una  potenza  spo- 
gliata  deli' atto.  «  E  uopo  pertanto  concedere  all' anima  un'  idea  gene- 
rale  e  primigenia,  un  nome,  una  parola  universal,  che  contenga 
quasi  in  germetuttele  altre2.*  Quindi  ogni  processo  di  cognizione 
nell'uomo  e  tra  gli  uomini.  «  Conviene  altresi  che  come  la  prima  idea 
cosi  la  prima  parola  si  fecondi  e  generi.  L'  intelletto  dee  progredire  su 
questo  passo,  e  cavare  da  quella  prima  idea  e  da  quel  primo  nome  le 

I  Pag.  118.  —  2  pU£.  127. 


DELLA  STAMPA  ITALIANA 


55 


altre  idee  e  gli  altri  nomi :  poiche  invano  egli  avrebbe  conosciuto  e 
nominato  se  stesso,  quando  ogni  altra  cognizione  gli  fosse  vietata  da 
intrinseco  difetto  di  potenza,  o  interdetta  dalla  mancanza  di  im  mezzo 
sicuro,  per  protendersi  all'oggelto  troppo  alto  o  lontano.  La  cognizione 
resa  possibile  dalla  parola  e  1'  unico  veicolo,  pel  quale  la  verita  puo 
trasportarsi  dal  campo  della  realta  a  quello  deir  idea.  E  incontrasta- 
bile:  tanto  noi  sa'ppiamo  intendere,  quanto  sappiamo  nominare  1 .  » 
E  qual  e  quest' idea,  che  informa  la  mente  dell'  uomo  fin  dal  princi- 
pio  della  sua  esistenza? «  E  1'idea  dell'essere,  che  rinviene  in  se  stessa, 
la  riconosce  nominandola  e  se  la  passa  alia  mano  rendendosela  u- 
suale  e  profittevole  2 . »  Quanto  poi  alia  parola  primitive,  pare  che 
secondo  lui  sia  un  nome  espressivo  appunto  di  quell' idea.  Imperocche 
egli  scrive:  «  Ciascuno  dovea  leggere  la  prima  verita,  che  natura  gli 
offriva  in  se  stesso;  e  per6  ne  dovea  assumere  la  parola,  che  la  co- 
stringeva  e  la  teheva,  quasi  cornice  il  quadro,  e  questa  parola  dovea 
essere  la  stessa  in  tutti  3. »  E  piu  sotto :  «  L'uomo  intese  questa  pa- 
rola, che  trovo  scritta  nella  parte  piu  riposta  di  se  medesimo ,  e  ne 
deduce  e  costruisce  altre  parole  e  altre  idee,  ed  indi  1' interne  pro- 
cesso  del  pensiero  4 .  »  Quindi  conchiude  :  « Ecco  pertanto  la  prima 
idea  e  la  prima  parola  innata  all' uomo  e  germe  e  fondamento  a  tutto 
che  da  queste  ne  puo  derivare.  Ecco  1'origine  dell' idee5.  »  E  piu 
sotto: « Idea  e  parola  infuse  nell'anima  al  primo  istante  della  sua  vita 
ed  a  lei  perfettamente  contemporanea ,  come  alia  materia  e  di  neces- 
sita  simultanea  una  forma6.  » 

Se  prescindiamo  dalla  faccenda  della  prima  parola,  innata  in 
tutti  gli  uomini,  ma  di  cui  non  sappiamo  quanti  tinora  siensi  ac- 
corti;  questo  sistema  del  Martinazzoli  non  si  differenzia  gran  fatto 
dal  sistema  ideologico  del  Rosmini,  il  quale  parimente  spiegava  1'ori- 
gine della  conoscenza  per  1'  idea  innata  dell'  ente  7.  Laonde  esso  va  in- 
contro  alia  medesima  difficolta  ed  incorre  la  medesima  confutazione, 
che  gia  ne  fu  fatta  piu  volte.  Noi  per  non  entrare  qui  in  una  lunga 
discussione,  notiamo  soltanto  che  cotesta  idea  innata  dell' ente  e  del 
tutto  inutile,  attesa  1' impossibility  di  cavare  da  lei  tutte  le  altre  idee. 
Chi  dice  ente,  non  dice  corpo,  non  dice  vita,  non  dice  organismo, 
non  dice  senso,  non  dice  causa,,  non  dice  spirito,  non  dice  innume- 
revoli  altre  cose,  intorno  a  cui  la  nostra  cognizione  si  aggira.  L'  idea 
dell'ente  astrae  da  tutto  ci6;  ella  ci  presenta  da  questo  lato  un  vuoto, 
die  bisogna  -riempire  per  ottenere  conoscenze  determinate.  D'onde 
adunque  esse  ci  vengono?  L'Autoreci  dice  che  si  svolgono  dall' idea 
dell'ente.  Ma  per  isvolgersi  una  cosa  da  un' altra,  convien  che  vi  sia 
contenuta  almeno  virtualmente,  e  di  piu  che  vi  sia  una  causa  la  quale 

i  Pag.  128.  -  2  pag.  127.  —  '*  Pag.  130.  -  *  Pag.  131.  —  5  Ivi.  —  e  pag.  135. 
7   11  Martinazzoli  negherebbe  cio ;  giacche  dice.  «  Non  mi  piaca  P  idea  rosminiana.  » 
Ma  noi  non  vediamo  il  fondamento  di  questa  negazione. 


56  RIV1STA 

determini  un  tale  svolgimento.  Ora  1'  idea  dell'ente  non  contiene  vir- 
tualmente  le  altre  idee,  ma  solo  potenzialmente.  Se  fosse  altrimenti, 
ella  non  potrebbe  attribuirsi  ad  un  subbietto  determinate,  senza  che 
al  medesimo  si  attribuissero  virtualmente  tutte  le  altre  perfezioni . 
L'idea  dell'ente,  astrattissima  e  generalissima,  qual  ella  e,  non  pre- 
senta  che  un'attitudine,  una  potenzialita  ad  essere  determinata  a  tale 
o  tal  concetto.  Ma  la  determinazione  attuale  non  puo  venirle,  se  non 
dalla  percezione  intellettuale  delle  singole  essenze,  esistenti  nell' uni- 
verse. Or  se  I'intelletto  ha  virtu  di  apprendere  coteste  essenze  e  for- 
marne  1'  idea,  perche  non  avra  egualmente  virtu  d' apprendere  la  ra- 
gione  stessa  di  ente  e  d'esprimerla  idealmente?  Non  si  trova  ella 
concreta  e  reale  nei  singoli  esseri  della  natura?  E  a  concepirla  sotto 
aspetto  generate,  non  basta  astrarla  dalle  sue  specificazioni  e  contem- 
plarla  in  se  stessa?  Che  bisogno  c'e  di  supporla  innata?  Rispetto  alle 
altre  idee  basta  per  1' Autore  la  precontenenza  virtuale."  Or  perche,  que- 
sto  stesso  non  puo  dirsi  a  riguardo  delT  idea  dell'ente?  E  posto  cio, 
a  spiegarne  la  precontenenza  virtuale,  si  richiede  altro,  che  una  virtu 
capace  di  produrla,  come  accade  di  tutti  gli  altri  effetti,  che  osserviamo 
nella  natura  e  che  sono  virtualmente  precontenuti  nelle  loro  cagioni? 

Dira  1'  Autore;  la  necessita  di  ammettere  non  in  virtu  ma  in  atto 
innata  in  noi  1'idea  dell'ente,  nasce  da  questo,  che  non  si  puo  concepire 
la  potenza  intellettiva  senza  un  atto  intellettuale.  Ma  se  cosi  fosse,  nep- 
pur  potremmo  concepire  una  potenza  visiva,  senza  una  visione  attuale. 
Or  basta  chiuder  gli  occhi,  per  persuadersi  del  contrario.  Certamente 
allorche  uno  si  addormenta,  non  si  accieca;  ritiene  la  facolta  di  veder.e, 
e  nondiineno  non  la  esercita.  Ha  la  potenza,  senza  1'atto.  Allora  ripu- 
gnerebbe  una  potenza  non  attuata,  quando  ella  dovesse  stare  in  se  stessa, 
e  non  gia  come  qualita  in  un  soggetto  attuale  e  reale.  Or  come  la  virtu 
visiva  risiede  nell'occhio,  cosi  la  virtu  intellettiva  risiede  neH'aniraa. 
Essa  dunque  puo  esistere  come  atto,  in  quanto  e  qualita  dello  spirito,  ed 
essere  al  tempo  stesso  mera  potenza,  in  quanto  all'operazione  d'intendere. 

Replicherassi :  una  sostanza  che  attualmente  esista  e  stia  inerte, 
ripugna.  Rispondiamo  che  1'anima  umana,  anche  quando  non  intende 
in  atto,  non  e  inerte.  Cio  sarebbe  se  essa  fosse  puro  intelletto,  corns 
e  dell'angelo;  il  quale  pero  non  pud  esistere  senza  intendere.  Ma 
1'anima  umana  e  principio  di  triplice  vita  nell'uomo;  di  vita  cio& 
intellettiva,  sensitiva,  vegetativa.  II  perche  anche  quando  non  opera 
coll' intelletto,  come  accade  nella  prima  infanzia  e  nel  sonno  profondo, 
non  cessa  tuttavia  di  operare  colle  inferiori  potenze,  relative  all'or- 
ganismo  corporeo.  Or  quantunque  ripugni  una  sostanza  che  non  open 
aflatto,  e  strano  pretendere  che  essaoperi  sempre  e  tin  da  principio 
con  tutte  je  sue  facolta.  Si  persuada  1'Autore  che  la  dottrina  scola- 
slica  deli'intellezione  da  principio  in  sola  potenza,  e  tradotta  all' atto 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  57 

per  la  virtu  dell' intelletto  agente  che  astrae  le  idee  da'sensati,  non 
e  tanto  dispregevole  come  a  lui  sembra.  Per  giudicarla,  bisogna  stu- 
diarla;  e  noi  gli  consiglieremmo  di  giovarsi  a  tal  uopo  degli  scritti 
del  Klutgen  l,  o  del  Liberatore  2.  Per  quel  che  poi  spetta  alia  parola 
parimente  innata,  sarebbe  statobene  esprimerla  in  particolare;  giac- 
che  essa,  secondo  1'Autore,  dev'essere  di  versa  dai  singoli  linguaggi 
delle  nazioni,  siccome  comune  a  tutti  qual  fondamento  della  loro  scam- 
bievole  analogia.  Ma  fine-he"  non  ci  viene  indicata,  non  sapremmo  che 
dime.  Solamente  ci  sembra  che,  rimossa  la  necessita  dell' idea  innata 
dell'ente,  viene  di  perseacadere  la  necessita  della  parola  innata; 
la  quale,  mancando  1'idea,  non  avrebbe  nulla  da  esprimere;  Di  piu 
1'autorita  del  Vico,  a  cui  1'Autore  s'appoggia,  non  ci  sembra  molto 
a  proposito.  Imperocche  la  lingua  mentale,  che  il  Yico  dice  comune 
a  tutte  le  genti,  non  e  altro  in  sua  sentenza  che  la  conoscenza  del 
vero,  di  cui  i  singoli  concetti  sono  altrettante  interne  parole,  colle 
quali  1'animo  parla  a  se  stesso.  Questa  conoscenza,  nei  suoi  principii 
fondamentali,  e  frutto  spontaneo  della  natura ;  e  pero  si  trova  in  ogni 
uomo  il  quale  abbia  spedito  1'uso  della  ragione. 

L' Autore  discorre  altresi  dell'amore,  mostrandocome  loscetticismo 
ne  dissecca  la  vena  e  ne  snerva  e  disvia  il  movimento.  Nota  1' in- 
fluenza che  il  cuore  puo  avere  sull'  intelletto  nella  disquisizione  stessa 
del  vero.  Da  ultimo  ragiona  del  criterio  della  verita,  confutando  se- 
gnatamente  il  Conti,  il  quale  ne  stabiliva  cinque.  II  Martinazzoli 
sostiene  che  il  criterio  e  uno  ed  e  posto  nell'evidenza,  onde  il  vero 
riluce  all' intelletto.  A  noi  sarebbe  piaciuto  che  avesse  distinto  un 
doppio  criterio,  1' uno  interne  al  vero,  1' altro  esterno;  riponendo  il 
primo  nell'evidenza,  il  secondo  nell'autorita  divina  ed  umana.  Cosi, 
sembra  a  noi,  avrebbe  ragionato  con  piu  precisione  in  questa  mate- 
ria:  giacche  trattandosi  d'intelligenza  finita,  che  non  puo  scoprire 
tutto  il  vero,  la  predetta  duplicita  di  criterio  nasce  dalla  stessa  na- 
tura del  subbietto;  il  quale  necessariamente  ha  una  duplice  tendenza: 
quella  di  aderire  al  vero  che  gli  si  fa  evidente,  equella  di  adagiarsi 
nell'altrui  testimonianza,  rispetto  ai  veri,  a  cui  non  si  stende  la  sua 
conoscenza.  Ne  vale  il  dire  che  la  testimonianza  per  meritare  il  nostro 
assenso  convien  che  si  dimostri  autorevole,  cioe  sciente  e  verace.  Im- 
perocche una  tal  dimostrazione  serve  ad  accertare  il  criterio,  non  co- 
stituisce  il  criterio  stesso.  Se  fosse  altrimenti  non  ci  sarebbe  piu  di- 
stinzione  tra  fede  e  scienza,  e  la  certezza  morale  si  convertirebbe 
in  certezza  metafisica,  contro  cio  che  la  filosofia  c'  insegna,  ed  anche 
senza  di  lei  il  buon  senso  fa  sentire  a  ciaseuno. 

1  La  filosofia  antica  esposta  e  difesa  del  P.  Giuseppe  Kleutgen,  d.  C.  d.   GK  cinque 
volumi  in  dodicesimo ,  Roma  stamperia  di  Propaganda. 

2  Delia  conoscenza  intellettuale.  Trattato  di  Matteo  LiBeratore  d.  C.  d.  G.  Due  vo- 
lumi in  grande  ottavo .  Roma  stamperia  della  Civ.  Cattolioa. 


58  R1VISTA 

II. 

Sul  prodigioso  movimento  degli  occhi  dell' immagine  Ave  Regina 
Caelorum ,  posto  nel  santuario  di  S.  Maria  delta  Croce  presso 
Cremaf  Articoletti  e  pocumenti  con  altri  scritti  pel  sac.  Silvio 
della  Noce.  Milano,  tipografia  dell' Osservatore  Cattolico  diretta 
da  Rocca  Giuseppe,  1870.  Un  volume  in  8°  di  pag.  304. 

I  fatti  prodigiosi  raccontati  in  quest'opuscolo  diedero  materia  da 
discorrere  ai  giornali  d' Italia  si  buoni  come  cattivi;  e  prima  ancora 
che  avesse  cominciato  ad  esaminarli  il  tribunale  ecclesiastico ,  voile 
porvi  mano  il  tribunale  civile.  Mentre  i  popoli  fedeli  lodavano  Iddio 
nelle  sue  maraviglie,  e  mentre  la  stampa  cattolica  divolgava  codeste 
magnificenze ,  gli  spiriti  forti  dicevano  e  scriveano  nei  loro  fogli, 
parere  impossible ,  che  nella  plena  luce  del  secolo  decimonono  si 
trovasse  tanta  stoltezza  da  credere  ai  miracoli.  E  che  ?  domandavano 
arrabbiatamente,  si  ritorna  al  medio  evo?  E  la  Lombardia,  celebrata 
come  un  giardino  di  scienza  e  d'ingegno,  vuol  diventare  una  Beozia? 

Un  Giudice  istruttore  chiamo  al  suo  cospetto  gli  ecclesiastici , 
i  quali  custodiscono'  il  santuario  di  S.  Maria  della  Croce,  cioe  della 
immagine  miracolosa  ;  fece  loro  diverse  domande  e  trattolli  come  fa- 
natici.  Con  essi  cito  anche  il  sac.  Don  Silvio  della  Noce,  scrittore 
dell' opuscolo,  che  annunziamo,  e  fra  altri  rabbuffi  gli  diede  questo: 
«  Non  ha  ella  veduta  la  precipitazione  e  1'  imprudenza ,  che  com- 
metteva  nel  rivelare  un  tal  fatto  (il  prodigio  della  sacra  immagine) , 
senza  aver  premesso  il  dovuto  esame  intorno  alia  realta  del  mede- 
simo,  e  distrutti  tutti  gli  argomenti  che  poteano  dichiararlo  un  in- 
ganno  ed  una  illusione?  Non  ha  ella  pensato  al  pericolo,  che  v'era 
di  commovere  gli  animi  e  turbare  le  coscienze?  »  Che  oltimo  Padre 
spirituale  sarebbe  riuscito  questo  Giudice  istruttore  ! 

Ma  ecco  che  si  affaccia  la  Commissione  del  Governo.  «  Essa , 
cosi  narra  Y  Osservatore  Cattolico^  egregio  giornale  di  Milano  nel 
n°  126  del  6  giugno  1869,  piombo  repentinamente  cola,  con  una  gran 
voglia  di  mettere  sotto  catenaccio  il  santuario,  e  menarne  prigioni 
i  preti,  i  chferici,  gli  spazzini ,  siccome  rei  convinti  d'impostura  e 
di  frode.  Ma  che?  visto  e  rivisto,  scarabocchiato  un  grosso  scarta- 
faccio  di  processo,  e  ordinato  in  nome  della  legge  di  levare  dalla 
sacra  immagine  il  vetro  che  la  ricopriva ,  quei  signori  se  ne  anda- 
rono  con  un  pugno  di  mosche,  stettero  chiotti  e  zitti,  senza  dire  ne 
stampare  verbo  contro  il  miracolo.  »  Ma  ognuno  intende,  che  il  silenzo 
di  cotali  persone  equivale  ad  una  vera  testimonianza  del  prodigio : 
perche  se  punto  nulla  si  fosse  da  loro  potuto  scorgere  d'impostura, 
ne  avrebbero  menato  un'rumore  dell'altro  mondo. 

Continuando  il  prodigio,  venne  eletta  una  Commissione  eccle- 
siastica  a  fin  di  raccogliere  ed  esaminare  le  testimonialize  e  le  prove 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  59 

<Jel  medesimo;  il  che  dovea  servire  come  preparazione  di  un  regolare 
processo.  L'immagine,  in  cui  si  osservava  il  portento,  e  venerata  fin 
dal  secolo  decimoquinto;  ed  e  un  quadro  in  creta  alto  65  centimetri 
e  largo  45.  Rappresenta  la  Beata  Tergine  seduta  col  suo  divin  Bam- 
bino fra  le  braccia.  Le  figure  sono  inverniciate  e  dipinte  in  campo 
dorato.  Or  quanto  ivi  accadde  di  straordinario  e  brevemente  de- 
scritto  nella  relazione ,  che  quella  Commissione  di  Ecclesiastici  fece 
all'illmo  e  rmo  monsignore  Yicario  di  Crema.  «  Nel  1490,  cosi  essa 
dice,  fu  veduto  soltanto  e  per  soli  due  giorni  nn  moto  impercetti- 
bile  delle  palpebre,  vale  a  dire  che  i  circostanti  vedevano  bensi  gli 
occhi  ora  aperti  ed  ora  chiusi,  ma  non  potevano  avvertire  il  moto 
progressive  delle  palpebre  medesime.  Ora  invece,  come  costa  dalle 
numerosissime  e  la  piu  parte  giurate  dichiarazioni  scritte ,  che  ab- 
biamo  esaminate,  il  fatto  si  e  manifestato  nelle  piu  svariate  ma- 
niere .  Senza  temer  di  errare  puo  dirsi ,  che  quanto  si  puo  immagi- 
nare  in  un  movimento  di  palpebre  e  di  pupille,  tutto  fu  veduto.  Fu 
veduto  ii  moto  percettibile  e  1'  impercettibile,  il  lento  e  il  rapido, 
il  continue  e  1'interrotto,  e  parlando  delle  pupille,  il  verticale  e  piu 
spesso  1'orizzontale.  Devesi  aggiungere  che  talora  il  movimento  era 
visibile  a  tutf  i  presenti  e  talora  soltanto  ad  alcuni.  Molti  hanno 
marcato  1'  espressione  del  movimento ,  la  quale  tal  fiata  e  di  dolore 
•e  tal  altra  di  gioia,  quando  di  pieta  e  di  dolcezza  e  quando  di  rim- 
provero  e  di  severita ,  e  via  discorrendo.  Da  parecchie  dichiarazioni 
risulta  ancora,  che  il  movimento  non  solo  e  naturale  come  di  due 
persone  vive,  non  solo  e  espressivo  in  grado  sommo;  ma  accompa- 
gnato  talora  anche  da  altre  doti  straordinarie,  una  delle  quali,  spe- 
cialmente  rapporto  agli  occhi  del  Bambino ,  e  un  fulgore  che  li  fa 
brillare  come  diamanti  e  come  stelle.  Notevole  altresi  e  1'impres- 
sione,  che  la  piu  parte  attesta  di  aver  ricevuto  al  veder  muoversi  gli 
occhi  di  questa  immagine.  Alcuni  sentirono  un  sacro  raccapriccio , 
altri  un'interna  dolcissima  consolazione;  quali  prima  1'uno  e  poi 
T altra,  o  viceversa;  e  quali  ancora  un  misterioso  misto  di  entrambi, 
per  tacere  di  tutte  le  altre  svariatissime  emozioni ,  che  lasciarono 
scritte  i  dichiaranti.  Ecco  pertanto  il  fatto  straordinario,  che  dovette 
essere  1' oggetto  delle  nostre  attente  e  spassionate  disamine.  Dopo 
le  quali  noi  possiamo  dire:  non  essere  questo  falto  per  nulla  spie- 
gabile  colle  leggi  della  nalura.  Questa  e  la  proposizione,  che  noi 
dobbiamo  dimostrare  colla  massima  evidenza.  » 

Intorno  a  questi  prodigi,  i  quali  ebbero  principio  il  26  aprile 
del  1869  e  continuarono,  benche  interpolatamente,  sino  a  tutto  il  1870, 
versa  1'opuscolo  annunziato,  che  &  diviso  in  quattro  parti.  La  prima 
comprende  varii  articoletti,  nei  quali  si  da  una  sufficiente  relazione 
delle  maraviglie  accadnte ,  e  si  risponde  ad  alcune  domande  che  le 


60  RIVISTA  DELLA   STAMPA   ITAL1ANA 

riguardano.  Quattordici  di  quest!  articoli  erano  gia  stati  pubblicati 
nel  Giardinelto  di  Maria,  periodico  religioso  di  Bologna,  nel  se- 
condo  seraestre  del  1869.  La  seconda  parte  contiene  alcuni  document! 
sul  medesimo  prodigio  ed  un  gran  numero  di  attestazioni  giurate  di 
coloro,  che  ebbero  la  ventura  di  osservarlo.  Fra  codesti  testimonii 
si  contano  uomini  autorevolissimi  per  dignita  e  per  dottrina.  Uno  poi 
dei  document!  e  del  rmo  Padre  Giovanni  Maria  Cavalleri  Barnabita, 
uomo  a  niuno  secondo  nella  conoscenza  della  Fisica  e  in  modo  spe- 
ciale  dell'  Ottica ,  il  quale  ha  reso  illustre  il  proprio  nome  in  Italia 
e  fuori  per  le  important!  scoperte,  che  ha  fatte  e  per  gl'  eruditissimi 
scritti,  che  ha  pubblicati  sulla  medesima.  Ebbe  questi  dalla  Com- 
missione  ecclesiastica,  nominata  di  sopra,  1'  incarico  di  osservare  il 
santuario  ed  il  quadro  della  Vergine,  e  di  esaminare  se  quelle  ap- 
parenze  de'  moti  nelle  palpebre  potessero  ascriversi  alia  luce,  prove- 
niente  dalle  candele  o  dalle  finestre  o  dalla  porta  del  tempio.  II  dotto 
Padre  esegui  con  somma  diligenza  1' incarico,  osservo  ogni  cosa, 
ogni  cosa  esamino,  e  indi  a  pochi  giorni  comunico  i  suoi  giudizii 
in  uno  scritto,  dal  quale  togliamo  le  sole  parole  seguenti:  «  lo  as- 
serisco,  che  il  fatto  veduto  e  giurato  da  moltissimi  dell' aprirsi  e 
chiudersi  degli  occhi  del  Bambino  e  della  Madonna,  del  girare  ora 
orizzontalmente  ora  verticalmente  de'medesimi,  non  puo  in  niun 
modo  attribuirsi  ai  giuochi  sopraccennati  di  luce,  ne  inoltre  attri- 
buirsi  a  ridessione  di  luce,  a  rifrazione,  a  diffrazione,  a  polarizza- 
zione,  e  in  generale  ad  alcuna  conosciuta  legge  fisica.E  cio  attesto 
con  qualche  cognizione  di  causa  in  fatto  di  Ottica  fisica ,  essendo 
stato  inventore  e  costruttore  di  parecchi  ottici  strumenti,  ed  avendo 
in  proposito  pubblicato  molte  Memorie  ottiche,  che  lessi  pubblica- 
mente  alle  Accademie,  e  specialmente  al  R.  Istituto  Lombardo  di 
Milano,  di  cui  son  membro ,  quaii  Memorie  trovansi  negli  atti  stam- 
pati  del  medesimo  Istituto.  » 

Se  altro  non  vi  fosse  che  la  relazione  di  questo  cattolico  scien- 
ziato,  dovrebbe  a  fronte  di  essa  ammutolire  la  turba  infinita  degli 
sciocchi  increduli. 

La  terza  parte  dell'opuscolo  da  un  cenno  de'  prodigii  somiglianti, 
avvenuti  in  altri  santuarii;  e  1'ultima  e  una  raccolta  di  devote  pre- 
ghiere,  composte  nella  congiuntura  del  miracolo  di  S.  Maria  della  Croce. 

In  mezzo  alle  presenti  calamita  di  Santa  Chiesa,  gl' increduli 
specialmente  italiani  scherniscono  apertamente  la  divina  provvidenza, 
e  deridono  quelli  che  in  essa  confidano.  E  quindi  mestieri,  che  i 
buoni  cattolici  raflermino  vie  meglio  la  loro  fiducia  in  Dio,  e  sappiano 
esser  superiori  alle  befle  di  codesti  miscredenti.  Tali  ottimi  frutti 
vale  a  produrre  la  lettura  del  libro  del  sac.  Don  Silvio  della  Noce; 
e  mirando  a  cio  noi  abbiamo  voluto  spendere  queste  poche  pagine, 
perche  e?so  sia  conosciuto  e  letto  dalle  pie  famiglie  della  nostra  Italia. 


BIBMOGRAF1A 


Se  volessimo  seguitare  il  metodo  tenuto  fmora  nelle  nostre  Bi- 
bliografie,  la  piu  gran  parte  di  questo  fascicolo  sarebbe  occupata 
dagli  annunzii  del  libri,  ricevuti  da  noi  specialmente  in  quest!  ultinri 
sei  mesi.  In  tutto  questo  tempo  appena  una  volta  ci  fu  consentito  di 
dedicarvi  poche  pagine:  cosicche  i  libri  ci  si  sono  ammucchiati ,  e 
la  loro  quantita  e  un  vero  impedimento  per  darne  conto,  conforme 
al  consueto.  Dall'altra  parte  non  vogliamo  defraudare  i  nostri  lettori 
della  notizia  di  tanti  buoni  libri  che  possono  loro  riuscire  vantag- 
giosi;  e  dobbiamo  pagare  agli  autori  ed  agli  editori  il  debito  che  la 
loro  cortesia  c'impone  col  darne  contezza  al  pubblico.  Ci  contenteremo 
adunque  di  annunziarli  il  piu  brevemente  che  ci  sara  possibile,  e  con 
caratteri  che  occupino  poco  spazio. 

Domandiamo  adunque  per  queste  ragioni  scusa  deH'astenerci  dalle 
lodi,  che  molte  di  queste  opere  veramente  meriterebbero .  Allo  stesso 
tempo  dichiariamo  espressamente  che  noi  non  componiamo  un  cata- 
logo  di  tutti  i  libri  e  periodici  cattolicamente  scritti  nell' Italia  in 
questi  ultimi  mesi,  ma  soltanto  pubblichiamo  i  titoli  di  quelli  che  ci 
sono  stati  inviati,  e  abbiamo  potuto  esaminare. 

Cio  diciamo  di  tutte  le  classi  qui  sotto  mentovate,  ma  special- 
mente di  due,  quella  delle  Pastorali  del  Vescovi,  annunziandoue  noi 
appena  una  piccolissima  parte  delle  tante  che  sono  uscite  alia  luce 
in  tutte  le  Diocesi  d'  Italia,  e  1'altra  dei  Periodici  cattolici  italiani* 
essendovene,  oltre  quelli  da  noi  registrati,  parecchi  altri  che  non  ci 
e  riuscito  di  avere  nelle  mani. 

•  E  bene  ancora  far  notare  che,  raccomandando  noi  ai  nostri  lettori 
cotesti  libri  siccome  buoni,  non  intendiamo  con  cio  approvare  qua- 
lunque  sentenza  possa  in  essi  contenersi,  ne  darli  tutti  per  opere  da 
ogni  lato  perfette.  A  noi  basta  che  non  contengano  errori  contro  la 
fede  e  la  morale.  Ma  una  tal  riserva  non  puo  toccare  che  &olo  po- 
chissimi. 


£2  BIBLIOGRAF1A 

Finalmente  facciamo  considerare  ai  lettori  ,quanto  sia  consolante 
il  vedere ,  anche  solo  in  questo  tenue  saggio ,  1'  operosita  dei  cattolici 
Italiani,  specialmente  nella  stampa  dei  giornali  e  dei  periodici.  Non 
crediamo  che  verun  altro  paese  possa  contendere  in  cio  la  palma 
all'  Italia. 

TEOLOGIA  DOMMATIGA 


Bullarium  Magnum  Romanum  ,  Augustas 
Taurinorum  editum  Tom.  XIX.  sumptibus  A. 
Vecco.  MDCCCLXX.  in  fol.  di  pag.  1008. L. 25. 

«  aiNlonc  (Antonio  Sac.  nap.).  La  teocra- 
zia  ,  ovvero  diritti  della  Chiesa  sugli  stati 
cristiani  esposti  e  difesi:  Dissertazioni.  A"o- 
poli,  tip.  di  Stanislao  de  Leila,  1871,  in  8°  di 
pag.  90.  L.  1. 

DC  Vivo  (Gennaro].  TJniversse  teoreticae 
revelationis,  systema,  juxta  Romanae  Eccle- 
siaedoctrinam  et  canones-  Tomus  111.  Neapoli, 
ex  typ.  dicto  del  Tasso,  anno  MDCCCLXV111. 
3  vol.  in  8°  (3 i  pag.  1278. 

Ilurtcr  (H).  Sanct.  Patrum  opuscula 
selecta  ad  usum  praesertim  studiosorum 
theologiae.  Vol.  XIII  continens  ss.  martyrum 
acta  selecta.  Oeniponti  ,  libraria  academica 
Wagnariana,  1871,  in  8°  di  pag.  304. 

ftliirteSH  (Can.  Pasqua'e).  Osservazioni 
sopra  la  vita  di  Gesu,  scritta  da  Ernesto 
Renan  membro  dell'Istitnto  di  Francia.  Fi- 
renzf,  tip.  Cenniniana,  1870,  in  S°  di  pag.  20. 

ESair,7.o4<a  ;cfrt  Filadelfia  Ex-provinciale). 
Libro  il  quale  con  tutta  analisi  svolge  che 
raziocimo  e  lihero  esame  si  struggono  a  vi-. 
cenda,  come  i!  cattolicismo  del  Sillabo  e  1'es- 
sere  protestante  :  onde  dedurre  esser  tenuti 
attenerci  al  raziocinio  e  al  Sillabo  per  quanto 
amiamo  ragione,  religione  e  salute.  Roma  , 
tip.  delle  Belle  Arti  1870,  in  8°  di  pag.  208. 
L.  2  75. 

—  il  panteismo  e  opposto  al  cattolicismo, 
come  il  falso  al  vero;  ma  il  primo  e  smentito 
dalla  filosofia  e  dal  Sillabo  di  Pio  IX,  nell'atto 
che  il  secondo  e  confermato  dalla  ragione  e 
dalla  rivelazione.  R,)ma  ,  tip.  Rcmana,  1870, 
in  8°  di  pag.  168.  L,  2  75. 

—  Lezioni   preliminari  che   spiegano  ci6 
che  a' tempi  nostri  si  richiede  per  sentirsi  il 


valore,e  quale  sia  Torganismo  della  ragione 
canonica.  Roma,  tip.  delle  Belle  Arti,  1870,  in 
8°  di  pag  208.  L.  2  75. 

lUazxotta  (da  Fila-lelfia  Ex-provinciale). 
Dal  Sillabo  del  Vicario  di  Gesu  Cristo  al  Con- 
cilio  Vaticano  ;  per  dimostrare  i  veri  dritti 
della  Chiesa  Cattolica  Apostolica  Bomana,  in 
fronte  ai  pretesi  dritti  del  Cesarismo;  e  corne 
Stati  e  Governi,  che  voglUno  verita  e  giusti- 
zia ,  devono  soggettarsi  alle  deflnizioni  del- 
1' iniziato  Concilio  Ecumenico.  Roma,  tip. 
delle  iselle  Arti,  1870,  in  8°  di  pag.  Vi-176. 
L.  275- 

Rugusa  (Can.  Francesco).  San  Giuseppe 
meritevole  del  cnlto  di  somma  dulia:  Ragio- 
namenti  e  voti.  Modena,  tip.  dell'Imm.  Con- 
cezione,  1870,  in  8°  di  pag.  348. 

Schon}>pe  (  Francesco  Saverio  d.  C.  d. 
G.).  Cursus  Scripturae  Sacrae  Seminariorum 
usui  accommodalus,oo  intuitu  ut  facilius  san- 
ctuarii  candidati  iuxta  regulam  SS.  Patrum  ad 
sacri  textus  intelligentiam  solide  sinnil  ac 
practice  instituantur.  Bruxellis ,  excudebat 
H.  Goemaere,  summi  Pontificis  typ.  Eboraci 
novi  (New-Yorck)  et  Cincinnati  apud  fratres 
Benziger,  1870,  2  vol.  in  8°  di  pag.  608,  656. 

—  Evangelia  de  Communi  Sanctorum  , 
explicationibusad  mentem  sanctorum  patrum 
aliorumque  interpretum  ,  dilucidata ,  ut  non 
minus  populi  instructioni  quam  sacerdotum 
devotioni  serviant ,  adiunctis  nonnullis  ex 
Evangeliis  ferialibus  quadragesimae.  Bru- 
xellis,  Excudebat  H-  Goemaere,  Summi  Pon- 
tificis typ.  1869,  in  8°  di  pag.  X,  50't. 

Vitoazi  (Simoiie  Pret.  nap.).  Della  fede 
cattolica  al  proposito  della  prima  costituzione 
dommatica  del  Concilio  Vaticano.  J\'apoli,  ar- 
ticoli  estratti  dalla  raccolta  La  scienza  e  la 
fede.  1871,  in  8°  di  pag.  82. 


TEOLOGIA  GATEGHISTIGA 

Alcssnndro  da  Crccchao  (  Cronolo-  Anonimo.  II  Papa  in  generale  e  Pio  IX 

Ordine  Scr.  ).  Saggio  intorno    alle  col  suo  A7on  possumus  in  particolare  ;  per  un 

erogative  del  Romano   Pontefice  .    Roma,  amico del  popoloe  della  gioventu.  Torino,  tip. 

up.  fealviucci,  1870,  in  16°  di  pag.  16D.  diGiulioSpeirani  e  figli,  1870,  in  16°  di  pag.84. 


BIBLIOGRAFIA 


63 


AVOH.NU  [Giuseppe  dolt,  in  S.  Teol. ).  A. 
due  domande  sulla  dcfinizione  dogmatica 
della  infallibilita  del  Romano  Pontefice :  ri- 
sposte.  Salerno,  Stab.  tip.  Migliaccio,  1871, 
in  8°  di  pag.  K6.  Cent.  50. 

Bersani  (Sac.  Angela).  Compendio  della 
dottrina  cristiana  pel  giovinetti  da  ammet- 
tefsii  alia  prima  comunione,  diviso  in  trenta 
lezioni.  Lodi,  tip.  Vescovile  di  Carlo  Cagnola, 
1870,  in  8°  di  pag.  264. 

Ciolli  (  Alessandro ) .  La  Pietra  divina; 
ossia  I' infallibilita  del  Papadichiarata  in  tut  to 
le  sue  parti.  Firenz",  tip-  all1  Insegna  di  S.  An- 
tonino,  1871,  in  16°  di  pag.  36.  Cent.  35. 

Felix  (  d.  C.  d.  G. ).  Della  Infallibilita 
Papale;  tradottaedannotata  da  R.De  Martinis 
P.  D.  C.  D.  M.  A'apoW,  tip.  di  Stanislao  de 
Leila,  1870,  in  64°  di  pag.  68. 

FrussineUi  (  Priore  Giuseppe ) .  Cate- 
chismo  al  popolo  sopra  il  simbolo  Apostolico 
e  istnizioni  della  sacramentale  confessione. 
Genova,  tip.  della  Gioventu  ,  1870,  in  8°  di 
pag.  275. 

Guillois  (Ambrogin).  Spiegazione  storica, 
dommatica,  morale  e  liturgica  del  catechismo, 
per  I'ab.  Ambiogio  Guillois,parrocodi  Mans, 
da  Ini  stesso  compendiata  dalla  sua  opera  in 
quattro  volumi :  traduzione  italiana  del  Can. 


Baldassarre  Mazzoni.  Prato  ,  tip.  di  Ranieri 
Guasti,  1870,  in  16°  di  pag.  4I4.  L.  2. 

Prineiti  (G-).  Compendio,  delle  verita 
religiose,  ad  usodei  giovanetti  delle  famiglie 
crisliane.  V^ghera,  tip.  di  Giuseppe  Gatti,  1 860, 
in  16°  di  pag.  24. 

—  Nuovo  saggio  sulle  falsiflcazioni  degli 
evangelii,  appendice  all'opuscolo,  «  disputa 
fra  un  cattolico  ed  un  protestante.  »  Voghera, 
tip.  di  Giuseppe  Galti  1870,  in  8°  di  pag.  12. 

Rossi  (Sac.  Liborio )  .  Accogliamo  con 
amore  la  verita:  tre  dialoghi  tra  un  prete  e 
u»  laico  suo  amico.  Milano ,  tip.  Arciv.  di 
G.  B.  Pogliani  e  comp.  1870,  in  16°  pag.  100. 
Cent.  30. 

SeraUno  da  CUitella  (Cappucc.).  ili- 
sposta  all'  articolo  dell'  ex-frate  Giuseppe 
Moreno,  ministro  evangelico,  Bolcgna,  tip. 
delle  piccole  letture  cattoliche,  1870,  in  16° 
di  pag.  228. 

Zwcrger  (Giovanni  Principe ,  Vescovo 
di  Seckau)  .  Che  cosa  insegna  1'  ecumenico 
Concilio  Vaticano  intorno  alia  infallibilita  del 
Papa?  Risposta  diretta  ai  suoi  diocesani  da 
S.  Altezza  reverendissima  Don  Giovanni 
Zwerger,  Principe  Vescovo  di  Seckau.  Trento, 
M.  Kupper-Fronza  tip.  edit.  1870,  in  16°  di 
pag.  140. 


TEOLOGIA  ASGETIGA 


Anonimo.  Antico  uffizio  de  Gaudiis  Glo- 
riosas  Virginia  Mariae.  Modena,  tip.  dell'Erede 
Soliani,  1870,  in  8°  di  pag.  30. 

—  11  Pianto  de'Giusti  nella  perdita  de'loro 
cari  ec.  Roma,  tip.  di  Benedetto  Guerra,  1870. 
In  12,  pag.  426. 

—  Breve  mese  di  marzo  in  onore  del  G. 
P.  S.  Giuseppe ,  dichiarato  protettore   della 
Chiesa  Universale:  composto  per  un  Sac.  della 
Missione,  autore  dell'  altro  mese  intitolato  : 
Chi  e  s.  Giuseppe?  Torino,  tip.  Speirani,  1871, 
in  16°  di  pag.  152. 

—  Brevissima  istruzione  sulla  .regola  del 
terzo  ordine  di  penitenza  del  P.  S.  Francesco 
d'Assisi,  a  comodo  delle  persone  che  vi  sono 
ascritte.  Milano,  tip.  di  Giacomo  Pirola,  1865, 
in  16°  di  pag.  8. 

—  Catechismo  della  regola  del  terz'ordine 
di  S.  Francesco  d'Assisi.  Milano ,  presso  Se- 
rafino  Maiocchi,  1870,  Cent.  15. 

—  Collezione  di  massime  pratiche  e  gia- 
culatorie  pel  mese  di  maggio,  proprie  d'ogni 
genere  di  persone  .  Pubblicate  dalla  Societa 
delle  letture  religiose  popolari  pratesi.  Prato, 
a  spese  degli  editori,  1870,  in  64°.  Ogni  col- 
lezione ,  composta  di  14  serie  di  pag.  36,  e 
vendibile  per  cent.  70. 


Anonimo.  Corona  del  purgatorio,  con  in 
fineil  voto,  ossia:  Atto  eroico  di  carita  verso 
delle  SanteAnimepurganti.  Bologna,  tip.  Pont. 
Mareggiani,  1871,  in  32°  di  pag.  56.  Cent.  15. 

—  Corona,  di  dodici  novene,  in  prepara- 
zione  alle  feste  della  B.  Vergine  Maria.  Par- 
ma, 1870,  tip.  Fiaccadori   in   3i°  di  pag.  94. 

—  Direzione  della  mente  e  del  Cuorealla 
pieta,  ad  uso  del  popolo  cristiano.  Sarsana, 
tip.  Lunense  di  Cosimo  Fedriani,  18(54.  in  32,° 
di  pag.  418. 

—  II  Gore  di  S.  Giuseppe,  ricordo  del  mese 
di  marzo,  Torino,  tip.  Speirani  e  figli,  1871, 
in  64°  di  pag.  32,  stampato  in  nero,  rosso  e 
verde. 

—  II  Manualino  spirituale    ossia  raccolta 
di  massime,  sentenze  e  ammaestramenti   di 
perfezione  cristiana,  con  aggiunte,  preghiere 
e  pie  pratiche.  Bologna ,   tip.  PontiUcia  Ma- 
reggiani ,  1871,  in  32°  di  pag.  160.  Cent.  35. 

—  II   mese  Mariano  per  ogni  genere  di 
persone.  Perugia,   tipo-litografia  di  G.  Bon- 
compagni  e  comp.  1870,  in  8°  di  pag.  VIII,  480. 

—  Invito  ad  amar  Gesu  Cristo  in  ripara- 
zione  del  sacrilego  oltraggio  fatto  in  Roma  al 
SS.  suo  nome,  e  pratiche  diverse  per  lo  stesso 
fine,  proposte  dal  Vescovo  di  Mondovi.  Mon~ 


64  B1BLIOGRAFIA 

dovl,  G.  Bianco  tip.  Vescovile  1871,  in  16°  di 
pag.  64.  Cent.  20  a  beneflzio  del  danaro  di 
s.  Pietro. 

Anonimo.  L'adorazione  perpetua  del  SS. 
Sacramento  fra  persoue  secolari.  Modena,  tip. 
deU'Imm.  Concezione,  1870,  in  6i°  di  pag.  32. 

—  L'  anima   penitente  ,   ossia   il    nuovo 
Pensateci  bene  dell'Ab.  Baudrand  ,  aggiuntevi 
la  preparazione   e  il  ringraziamento   per  la 
sacramentaleconfessione  e  comunione,  e  modo 
pratico  per  ascoltare  la  S.  Messa .  Bologna , 
tip.  Pont.  Mareggiani/1871,  in32<>  di  pag.  272. 
Cent.  50. 

—  Manuale  e  regola   del  terz'  ordine  di 
S.  Francesco  d'Assisi,  con  le  orazioni  per  la 
S.  Messa  ,  confessione,  comunione,  visita  al 
SS.  Sacramento  ed  a  Maria  SS.  e  alcune  no- 
vene  .  Monza ,  tip.  dell'Istituto  dei  Paolini. 

—  Manuale  di  devozione   per  gli  ascritti 
al  terz' ordine  secolare;  di  Penitenza  del  Se- 
rafico  Patriarca  S.  Francesco  d'Assisi  ,  com- 
pilato  da  un  sacerdoto  secolare  della  diocesi 
di  Trento.  Mezzolombardo,  tip.  Recla,  in  16° 
di  pag.  96. 

—  Massime  tratte  dalle  opere  di  S.  Fran- 
cesco di  Sales.  Parma,  1870,  tip.  Fiaccadori 
in  32°  di  pag.  64. 

—  Omaggioal  Patriarca  S.  Giuseppe^fTerto 
rialla  direzione  del  periodico«  L'Ecodelpur- 
gatoriov,  in  occasione  e  festeggiamento  della 
sospirata  di  lui  proclamazione  a  Patrono  della 
Chiesa  Cattolica.  Bologna,  presso  la  direzio- 
ne del  Periodico.  1871,  in  16°  di  pag.  28. 

—  Modo  pralico  di  santificare  la  quaresi- 
ma-  Bari,  tip.  Cannone,1871,in  16°  di  pag.  68. 
Cent.  20. 

—  Novena  del  Patriarca  S.  Giuseppe  ed 
altre  preci  in  onore  diLui,  arricchite  d'indul- 
genze.  Genova,  presso  la  direz.  delle  letture 
cattoliche,  in  16°  di  pag.  16.  Cent.  5. 

—  INovena   di  preghiere   in  preparazione 
alia  festa  di  S.  Giuseppe  sposo  di  Maria  Ver- 
gine,  Patrono  della  Chiesa  Cattolica.  Bologna, 
tip.  llareggiani,  1871.  in  IGOdipag.  8.  Cent.  8. 

—  Novena  in  onore  del  P.  S.  Giuseppe  , 
Patrono  della  Chiesa  universale  ;  considera- 
zioni    e   conforti  nelle    presenti  tribolazioni 
della  S.  Religione,  per  un  sacerdote  suo  divotn. 
Modena,  tip.  dell'Imm.  Coucezione,187l  ,in  16° 
di  pag.  88.  ( ent.  30. 

—  Orazioni  da  recitarsi  nella  visita  della 
Chiesa  in  ogni  settimana  di  quaresima,  e  nella 
visita  dei  SS.Sepolcri.  Parma,  tip.  Fiaccado- 
ri, 1871,  in  3i°  di  pag.  80-  Cent.  30. 

—  Orazioni  recitate  nella  Cattedrale   Ba- 
silica di  Recanati,nel  triduo  celebrate  ne'gior- 
ni  6,  7,  8  Gennaio  1871,  in  ringraziamento  al 
Signore  per  la  proclamazione,  fatta  dal  S.  Pon- 
teOce  Pio  IX,  di  S.  Giuseppe  Sposo  di  M.  V. 


a  protettore  della  Cbiesa.  Recanati,  tip-Ba- 
daloni,  1871,  in  16°  di  pag.  11. 

Anoiiimo.  Rappresaglia  Cattolica:  ossia 
avvertenze  e  pregbiere  per  le  presenti  luttuose 
circostanze,  proposte  ai  sinceri  cattolici  da  un 
sacerd.  italiano.  Modena,  tip.  dell'Imm.  Con- 
cezione, in  32°  di  pag.  56. 

—  Regola  del    terz'ordine  di  penitenza  , 
istituito  dal  Serafico  Patriarca  S.  Francesco 
d'Assisi,  ridotta  in  compendio  ad  uso  de'ter- 
ziarii  di  penitenza.  Milano ,  presso   Seraflno 
Maiocchi,  in  16°  di  pag.  60. 

—  Regola   del   terz'  ordine    di  Penitenza 
istituito  dal  Ser.  Patriarca  S.  Francesco  d'As- 
sisi, con  un  cenno  storico  sul  terz'ordine,  i 
sommarii  delle   indulgenze,  i   modi    di   dar 
1'abito,  di  professare,  e  dare  1'assoluzione  ge- 
nerate e  alcune  noveae,  ad  uso  dei  terziarii 
Cappuccini .  Firenze ,  tip.   di  Federigo  Ben- 
cini,  1870,  in  16°  di  pag.  126. 

—  Regolamenti    di   vita  devota    proposti 
alle  fanciulle    cristiane  .  Parma ,  1870,   tip. 
Fiaccadori,  in  32°  di  pag.  64. 

—  Viva  il  S.  Cuor  di  Gesu.  Libro  dei  sa- 
criflzii,  ove  per  ogni  giorno  dell'anno  e  posta 
una   massima ,    e   lasciate   due  colonne    in 
bianco,  nelle  quali  ciascuno  possa  scrivere  i 
FIORl  che  offre  al  S.  Cuore,  e  le  SPINE  che 
soffre  per  lui.  Modena,  tip.  dell'  Imm.  Con- 
cezione, 1871,  in  16°  di  pag. 368. 

-BclEarmino  (Card.  Roberto^.  De  septem 
verbis,  a  Christo  in  cruce  prolatis:  libri  duo. 
Ferrarice,  ex  typ.  Dominici  Taddei,  1869,  in 
160  di  pag.  270. 

falirini  (Francesco  d.  C.  d.  G.^.  Raccol- 
ta  di  pratiche  divote  in  onore  dei  SS.  Cuori 
di  Gesu  e  Maria.  Bologna,  tip.  Pont.  Mareg- 
giani,  1871,  in  16°  di  pag.  112.  Cent.  30. 

4  amilli  (Nicola  Giuseppe  Min.  Conv.). 
L' anima  cristiana,  guidata  all'acquisto  della 
vera  divozione  nel  gran  Patriarca  S.  Giuseppe, 
per  1'esercizio  del  mese  di  marzo  a  Luicon- 
sacrato:  Considerazioni  preghiere  e  pratiche  . 
.Modena  ,  tip.  dell'  1mm.  Concezione,  1871,  in 
1G°  di  pag.  200.  Cent.  50. 

fostamagna  (  Coslanzo  Miss.  Apost.). 
S.  Giuseppe  Patrono  primario  della  Chiesa 
universale :  ragionamento.  Torino,  tip.  del- 
1' oratorio  di  S.  Francesco  di  Sales,  1870,  in 
16°  di  pag.  27. 

B>.  15.  P.  Pia  associazione  di  flgli  di  Maria, 
approvata  da  Mons.  Pietro  Maria  Ferre  Vesco- 
vo  di  Casale.  Torino,  tip.  dell  Oratorio  di 
S.  Francesco  di  Sales,  1870,  in  16°  di  pag.  44- 

De  Sayn-WHtgenstein  (  Princesse 
Caroline,nle  Iwanowska).  Dela  priere  par  une 
femme  du  mond.  Rome,  Imprimerie  de  J.  Au- 
reli,  1869,  di  pag.  376. 


BIBLIOGRAFIA 


65 


DC  Segiir (Mons.)  La  Confessione e  la SS. 
Comunione.  Modena,ilp.  dell'Iaim.  Concezione, 
in  64°  di  pag.  224. 

—  La  SautaMessa,  versionedel  Dott.  Ugo 
Flandoli.  Bologna  ,   tip.   Felsinea  ,  in  16°  di 
pag.  143.  Cent.  15. 

—  II  terz'ordine  di  S.  Francesco.  Milano, 
Serafino  Maiocchi ,  1870 ,    in  16°  di  pag.  80. 
Cent.  15. 

Erricbctti  (Gaetano  Maria).  Concetti  di 
dolori  e  di  desolazione  della  Madre  di  Dio 
Maria  SS.  per  la  passione  e  morte  del  suo 
figlio  Gesu,  e  di  divota  condoglienza  a  pra- 
ticarsi  dai  suoi  figli,  contemplati  sulla  para- 
frasi  dell'inno  Stabai  mater.  Napoli,  tip.  Gioia, 
1870,  in  16°  di  pag.  340. 

Fancr  ( Federico  Guglidmo  Prete  dell'Orat.) 
Progressi  dell'  anima  nella  vita  spirituale, 
pel  Teol.  Federico  Guglielmo  Faber  ,  tradu- 
zione  del  cav.  Teol.  Luigi  Mussa.  Torino, 
Pietro  di  G.  Marietti,  tip.  Pontificio.  flowa, 
tip.  e  lib.  Poliglotta  de  Propag.  Fide,  Napoli, 
presso  Enrico  Peridola  libraio,  1870,  in  8°  di 
pag.  XVI  432. 

Frassinctti  (Giuseppe).  Amiamo  Gesu. 
Bologna,  tip.  Mareggiani,  1870,  in  32°  di  pag. 
64.  Cent.  15. 

Cuerra  (Sac.  Almerico  )  Novena  in  onore 
di  S.  Giuseppe,  Patrono  della  Chiesa  CattoHca. 
Lucca,  tip.  Giusti,  1871,  in  16°  di  pag.  32. 

Xnrdi  (Mons.)-  Del  Museo  Vaticano,  opera 


e  proprieta  dei  Pontefici,  in  8°  pag.  20  Roma, 
Propaganda,  1871. 

Olmi  (Gispero).  L'anima  in  solitudiue  col 
Cuor  SS.  di  Gesu  e  la  B.  Margherita  Alacoque. 
Modena,  tip.  dell'Imm.  Concezione,  in  16°  di 
pag.  192.  Cent.  70. 

—  La  scuola  di  S.  Agnese ,   aperta  alia 
Vergine  Cristiana.  Modena,  tip.  dell  1mm.  Con- 
cezione, 187!,  in  64°  di  pag.  136. 

—  Un  giorno  consacrato   al  pensier  della 
morte.  Modena,  tip.  dell'  Imm.  Concezione,  in 
16°  di  pag.  84.  Cent.  30- 

Pizzardo  (Prevosto  Giuseppe).  II  giorno 
del  Signore,  ossia  la  santiflcazione  della  do- 
menica.  Lettere  istruttive  e  Tamilian  ad  un 
giovane.  Bologna,  tip.  Pont.  Mareggiani, 1870, 
in  32°  di  pag.  224.  Cent.  50. 

1*.  I*,  in.  Sentenze  scritturali  ad  uso  delle 
scuole  dirette  dai  reverendi  sacerdoti  secolari 
della  congregazione  della  dottrina  cristiana 
colla  versione  a  fronte  di  mgr.  Martini  com- 
pilate  da  P.  P.M.  sacerdote  della  stessa con- 
gregazione. Roma,  tip.  Menicanti,  18GO,  in  8° 
di  pag.  171.  L.  1  60- 

Zamboni  (Cammillo  Parroco  Bolognese). 
11  consigliere  delle  giovinette.  Modena  ,  tip. 
dell'Imm.  Concezione,  1868,  2  vol.  in  64° 

—  II  mese  di  marzo  in  onore  di  S.  Giu- 
seppe ,  sposo  purissimo   di  Maria  Vergine  , 
per  D.  Cammillo  Zamboni  Parroco  Bolognese. 
Bologna,  tip.  Pont.  Mareggiani,  1871,  in  32° 
di  pag.  160.  Cent.  30. 


MORALE  CRISTIANA  ED    EDUGAZIONE 


Anfossi  (Sac.  Giovanni).  11  sordo-muto, 
Considerazioni  e  fatti.  Torino,  1870.  Collegio 
degli  Artigianelli ,  tip.  s.  Giuseppe ,  in  8°  di 
pag. 110. 

BclSati  (Anton  Franceses  di  C.  d.  G. ). 
Obblig^zioni  di  un  marito  cristiano  verso  la 
moglie.  Modena,  tip.  dell'Imm.  Concez.,  1870, 
in  8°  di  pag.  96. 

Ciampi  (Carlo  Maria  Sac.  rom.).  Delle 
virtu  della  liberalita  e  della  castita ,  e  dei 
vizii  loro  opposti;  istruzioni  dette  ai  giovani. 
Torino,  Pietro  di  G.  Marietti,  in  8°  di  pag.  598. 

D'  Alessandro  (Giur.  Luigi).  L'istru- 
zione  che  deve  11  padre  al  figlio  nel  magistero 
della  vita  sociale.  Praia,  tip.  Giachetti,  F.  e  C. 
1869,  in  8°  di  pag.  98.  L.  1  50. 

De  Sayn  Wittgenstein  (  Princesse 
Carolyne  ne'e  Iwanowska).  SouiTrance  et  pru- 
dence. Rome,  imprimerie  de  J.  Aureli,  1869, 
in  8°  di  pag.  40. 

Feletti  (Ansaldo  Dott.  in  med.  e  chir.). 
11  medico  e  la  societa.  Bologna,  tipi  Fava  e 
Caragnani,  1870 ,  in  8°  di  pag.  280.  L.  2  50. 

Serie  VIII,  vol.  II,  fasc.  499. 


Frassiuetti  (Giusei>pi).  La  forza  di  un 
libretto.  Dialoghi  tra  Virginia  ed  Elisa.  Mo- 
dena, tip.  dell'Imm.  Concezione,  1871.  in  64° 
di  pag.  256. 

Ottini  (Ciriaco  P.  d.  M.J.  II  Concilio  Va- 
ticano ed  il  giovine  clero:  saggio  sull'edu- 
cazione  ecclesiastica.  Firenze ,  tip.  all'inse- 
gna  di  S.  Antonino,  in  8°  di  pag.  3-'8  L.  2,50. 

fi'ucci-Sisti  (Can.  Raffaello  Prof,  di  Sie- 
na}. La  parrocchia,  vera  scuola  di  scienza  e 
di  educazione  cristiana ,  quanto  utile  e  ne- 
cessario  il  frequentarla.  Modena,  tip.  dell'Imm. 
Concezione,  1871,  in  10°  di  pag.  84. 

Kagusa  (Can.  Francesco).  Del  dovere , 
che  hanno  le  madri  cristiane  di  educare  a 
Gesu  Cristo  i  Qgtiuoli.  Firenze,  tip.  all'  inse- 
gna  di  S.  Antonino,  in  8°  di  pag.  12- 

Richctti  (Carlo  Emm.  Teol.  Prof,  e  Cav.) 
I  dovefi  degli  uomini  di  Silvio  Pellico,  ridotti 
in  compendio  ad  uso  delle  scuole  elementari, 
tecniche  e  ginnasiali.  Torino,  tip.  della  Ban- 
diera  dello  studente,  1870,  in  16°  di  pag/20. 
Cent.  15. 

5  23  marzo  1871- 


66 


BIBLIOGRAF1A 


SACRA    ELOQUENZA 


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popoli  nella  guerra  del  1870  e  1871 .  Due  Con- 
ferenze  recitate  nella  Metropolitans.  Genova, 
libreria  di  Luigi  Lanata,  piazza  S.  Lorenzo 
1871,  in  8°  di  pag.  66. 

—  Ilsovrannaturale  nell'uomo  Gonferenze 
recitate  1' anno  1868,    nella  Metropolitana. 
Genova,  tip.  della  Gioventii  presso  g!i  Arti- 
gianelli,1870,2vol.  in 8°,  pag.  XX-620,  656. 

EScrsani  (Angela  prel.  dom.J  Panegirici. 
Lodi,  tip.  vesc.  di  Carlo  Cagnola,  1870,  in  8° 
di  pag.  820.  L.  2  50. 

Cangcr  (Ferdinando  d.  C.  d.  G.)  Sermoni 
e  Panegirici. Napoli,  tip.  di  Stanislao  de  Leila, 
1870,  2  vol.  in  8°  di  pag.  368,  376. 

Catiania(Cflr/o;ll  trionfodel  Crocifisso: 
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1870,  in  S°  di  pag.  Vlll-72. 

—  Panegirico  in    onore   di  s.  Francesco 
Solano.  Guastalla,  tip.  Osvaldo  Lucchini  1870, 
in  8°  di  pag.  40- 

Cure!  (P.  Carlo  d.  C.  d.  G.).  Nella  inau- 
gurazione  della  Societa  romanaper  gl'  interessi 
catlolici:  tre  ragionamenti,  in  8°  pag.  58.  Pi- 
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Da  Civezza  (Marcellino,  M.  0.)  11  cantico 
di  Mosein  rispetto  al  misterodeU'incarnazione 
e  del  concepimento  imrnacolato  di  Maria.  Di- 
scors'i.  Napoli,  tip.  di  G.  Argenio,  1870,  in  8° 
di  pag.  117.  L.  1. 

Deggiovanni  (Can.  Rinaldo).  Ragiona- 
mento  a  benefizio  delle  povere  serve  alia 
carita  romana.  Roma,  1870,  tip.  di  Benedetto 
Guerra,  in  S°  di  pag.  28. 

156  Canossa  (  Luigi  vesc.  di  Verona ) . 
Panegirico  di  s.  Francesco  Savcrio  ,  detto 
nella  Chiesa  del  Gesu  in  Roma  nel  1869. 
Torino,  tip.  di  Giulio  Speirani  e  figli  ,  1870, 
in  8°  di  pag.  20. 


Fabcr  (  Francesco  M, )  .  La  Redenzione 
esposta  e  commentata  in  XIV  ragionamenti, 
alia  quale  fa  seguito  il  Trattato  di  s.  Agostino 
del  combattimento  cristiano  volgarizzato . 
Parma,  tip.  Fiaccadori.  1870,  in  8°  di  pag. 264, 
L.  1  45. 

I^azio  (Gio.  Bartolomeo  del.  scol.  mand). 
Delia  instruzione  popolare.  Lettura  tenuta  a 
Varazze.  Genora,  tip.  di  Anna  Rocci.  Ved. 
Faziola,  1870,  in  8°  di  pag.  22. 

Gasoni(Francesco).IlSacerdoziocattolico. 
Omelia.  Verona, 'tip.  Apollonio  ,  1870  ,  in  8° 
di  pag.  iiO. 

Giacomo  dalia  Picve  (  Cappuccino  ). 
Predica  sopra  i  trionG  della  Cattolica  Chiesa 
dal  suo  nascimento  fino  a'nostri  ginrni.  Alberi- 
ga,  tip.  vesc.  di  T.  Craviotto,  1870,  in  b°  di 
pag.  24. 

Looni  (Pievano  Lodovico).  I  Martiri  del 
Giappone.  Discorso  apologetico.  Firenze,  tip- 
del  Vocabolario,  1869,  in  8°  di  pag.  27. 

Mcrighi  (Can.  Pietro}.  11  regno  di  Dio 
e  il  regno  dell'uomo  ,  ossia  il  cattolicismo  e 
il  proiestantesimo:  Confercnze.  Torino,  Pietro 
di  G.  Marietti  tip.  pontificio,  in  8°  di  pag.  '219. 

Pttsinagi  (  Prof.  Stanislao  Luigi  )  Sulla 
importanza  degli  studii  liturgici .  Discorso 
inaugurate  ad  un'accademia  di  sacra  liturgia. 
Napoli,  tip.  Governativa,  1870,  in  8°  di  pag.  16. 

Pazzaglia  (  ljasquale ) .  La  infallibilita 
pontiflcia.  Discorso.  Bologna,  tip.  Mareggiani, 
1870,  in  16°  di  pag.  32- 

Scheriiio  (Can.  Giovanni).  Maria  e  la 
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poli,  tip.  dei  fratelli  Testa,  1870,  in  4°  di 
pag.  164. 

Tripepi  (Mons.  Luigi).  Dogma  e  morale: 
Discorsi.  Bologna,  tip.  pont.  Mareggiani,  1870, 
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POLEMIGA  CATTOLICA  E  SOC1ALE 


Allscri  (Eugenin).  Del  dominio  temporale 
della  Chiesa.  Firenze,  tip.  di  M.  Ricci  e  comp. 
in  8°  pag.  14. 

.inonitiio.  Fede  e  buon  senso  .  Bari , 
tip.  Cannone,  1870,  in  8°  di  pag.  32. 

—  La  chiusura  delle  scuole  del  Collegio 
Romano  d.  C.  d.  G.  Prato,  tip.  Giachetti,  h'glio 
e  comp.  1870,  pag.  16. 

—  La  Monaca  di  Cracovia,  osservazionidi 
un  Vogherese.  Voghcra,  tip.  di  Giuseppe  Gatti, 
^1870,  in  16°  di  pag.  14. 


—  L'inviolabilita  del  Papa  e  le  gnarentige 
rivoluzionarie:  Lettera  di  un  Prelate  ai  oat- 
tolici,  Firenze,  tip.  di  M.  Ricci,  1871,  in  16°  di 
pag. 30. 

—  Speranze  e  timori,  ossia  profezie  e  va- 
ticinii  intorno  alia  Chiesa  e  all'Europa.  Bolo- 
gna, tip.  Mareggiani,  1870,  di  pag.  32.  L.  10. 

Amaldi  (Domenico).  Jl  progettodi  legge 
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BIBLIOGRAFIA 


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sposta  a  varii  scritti  del  dolt.  G.  Pietrogande. 
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—  Delia  preponderanza  Germanica  sul- 
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dell'Imm.  Concezione,  1871,  in  8°  di  pag.  56. 
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e  pubblico,  preceduti  da  un  Proemio  Storico, 
intorno  alia  condizione  giuridica  degli  stra- 
nieri,  presso  i  popoli  dei  tempi  andati  .  To- 
rino, 1870,  tip.  del  Giornale  il  Conte  Cavour, 
in  8°  di  pag.  80. 

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destini  del  Regno  di  Gesii  Cristo  e  di  Roma 
sua  capitale  .  Milano ,  tip.  arciv.  Giacomo 
Agnelli,  1871,  in  16°  di  pag.  80-  L.  1. 

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che  fanno:  Schizzi  adombrati  in  una  gita  a  Roma 
dopo  il  20  settembre  '1870.  Napoli,  tip.  degli 
Accattoncelli,  1871. 

—  Non  vi  pu6  essere  italiana  prosperita 
senza  Cristo  CrociBsso:  cenni  indiritti  a' veri 
patriotti,  perche  nello  interesse  connazionale 
rendessero  ovvia  questa  nrgentissima  verita. 
Napoli,  tip.  degli  Accattoncelli,  1870,  in  8°  di 
pag.  24. 

Cantalupo(GJacmJo). Mezzo  secolo  d'in- 
cessanti  meditazioni  di  un  patriotta  italiano, 
nella  ricerca  delle  norme  necessarieal  sociale 
benessere.  Napoli,  tip.  del  Tasso,  1870,  in  8° 
pag.  64. 

»e  Chiara  (Cav.  Michele).  La  Chiesa  e  il 
Regalismo.  Napoli,  stab.  tip.  1870,  in  16°  di 
pag. 120. 

Folgori  (Ferdinando  Conte  di  Acciano). 
La  logica  e  le  garanzie  del  Papa  ;  brevi  os- 
servazioni.  Napoli,  tip.  1'  Italia,  1871,  in  8°  di 
pag. 56. 


Franco  (Secondo  d.  C.  d.  G.)-  Srg'i  affari 
presenti ;  Lettere  quattro  alia  nobil  donoa 
Marchesa  N.  N.  Torino,  Pietro  di  G.  Marietti^ 

1870,  in  16°  pag.  112. 

Garnarini  (Avvoc.fMimfo).  11  Papato 
e  la  Rivoluzione.  Parma,  tip.  Fiaccadori,  1871, 
in  8°  di  pag.  V1II-320.  L.  4. 

Ghilardi  (Vesc.  di  Mondovi;.  La  legge 
Ricotti,  abolitiva  della  surmgazione  dellaleva, 
condannata  dalla  storia,  c!alla  religione,  dalla 
societa,  dalla  Chiesa  e  dal  laicato  Cattolico 
prima  di  sua  nascita.  Mondovi,  tip.  G.  Bianco, 

1871,  in  8°  di  pag.  124.  Cent.  60. 

—  Reclami  religioso-politici  del  Laicato 
Cattolico  contro  le  leggi  abolitive  della  esen- 
zione  de'Chierici  dalla  leva  militare ,  ripro- 
dotti  contro  la  legge  Ricotti, Mondovi, G. Bianco 
tip.  Vescovile,  1871 ,  in  16°  di  pag.  56.  Cent.  30. 
I*e  Koux  (Desiderata}.  II  drammadi  Metz; 
ossia  Bazaine  davanti  alia  storia  ;  Episodic 
della  guerra  Franco-Prussiana.  Roma,  Regia 
tip.  1871,  in  8°  di  pag.  96-  L.  1. 

IVardi  (Mons.  Francesco).  Del  Museo  Va- 
ticano,  opera  e  proprieta  dei  Pontefici.  Discorso 
in  8J  pag.  20.  Roma  Propaganda,  1871. 

Paria  (  Giuseppe  d.  C.  d.  G. ;.  II  iivello 
degli  studii  liceali  nel  Regno  d' Italia  e  nelle 
scnole  romane  dal  1859  al  1869,  determinato 
sopra  document!  ufficiali.  Roma,  tip.  di  Pro- 
paganda, 1871,  in  8°  pag.  34. 

Handazzini(L^enoMa).  La  religione 
del  collo  ritto  e  del  capo  alto  del  gazzettino 
La  pubblicita  di  Caltagirone  .  Catania,  stab, 
tip.  di  C.  Galatola  nel  R.  Ospizio  di  Benefi- 
cenza,1871,  in  8°  di  pag.  24. 

Taccone-Gallucci  (  Barone  Nicola). 
L'Europa  senza  il  Papato:  Pensieri,  Napoli, 
tip.  degli  Accattoncelli  1870,  in  8°  pag.  40. 

Toscanelli  (Deput.  Giuseppe).  Discorso 
contro  1'art.  4°  del  progetto  di  legge  per  le 
garanzie  del  Sommo  Ponteflce.  Firenze,  eredi 
Botta  1871,  in  8°  pag.  27. 

V.  !¥.  11  Papa  ed  il  Red' Italia  in  Roma, 
ovvero  il  progetto  delle  guarentige  pel  Pa- 
pato, Roma,  tip.  Romana,  1871 , in  16°  di  pag.88. 
Cent.  60. 


LETTERE  PASTORALI 


Alberani  (Elia  Antonio  Vesc.  di  Ascoli). 
Lo  spirito  vero  di  preghiera  rimedio  nelle 
presenti  calamita  della  Chiesa.  Ascoli,  tip. 
Cardi,  1871,  in  8°  pag.  10. 

Andreoli  (Francesco  Vesc.  di  Cagli  e 
Pergola) .  Snlle  verita  proclamate  dal  Concilio 
Vaticano.  Cagli,  tip.  Balloni,  1871,  in  foglio. 


Angeloni  (Alessandro  Arc.  di  Urbino). 
La  sostituzione  dommatica  sopra  la  Chiesa 
di  Cristo,  pubblicata  nella  sess.  IV  del  Con- 
cilio Vaticano.  Urbino,  tip.  Rocchetti  e  Ricci, 
in  8°  di  pag.  14. 

Arrigoni  (Gmlto  Arc.  di  Lucca).  Come 
si  sogliono  ora  frantendere  le  parole  Popolo- 


68 


BIDLIOCRAFIA 


Liberta-Nazione-Roma.   Lucca,   tip.  Landi ,    dell'Ospizio  di  Beneficenza,  1871,  in  4°  di 
1871,  in  8°  di  pag.  24.  Pag-  4- 

Bindi'Ennco  Vescovodi  Pistoia  e  Prato).  lannuzzi  (Giuseppe  Vesc.  di  Lncera,Ri- 
La  vita  iudefettibile  della  Chiesa,  manifestata  medii  nelle  present!  tribolazioni  della  Chiesa. 
in  quest!  nostri  tempi,  benche  per  lei  pieni  dj  G  c  in  8<>  di  pag  18 
di  calamita.  Pistoia-,  tip.  Vesc.  degli  eredi 
Bracali  1871,  in  8°  pag.  48. 

Buscarini  (  Giuseppe  Vic.  gen.  cap.  di 
Borgo  P.  Donnino).  Sulla  definizione  vaticana 
della  infallibilita  del  Papa.  Borgo  S.  Donnino, 
tip.  Verderi,  1871,  in  16°  pag.  40. 

Calogera  (Marco  Vesc.  di  Spalato  e  Ma- 
carsca  )    S.  Giuseppe   Patrono  della   Chiesa 
universale,  e  preghiere  pei  hisogni  del  Pom-    Vicario  in  terrr. ,  alia  Chiesa   sna   sposa  ,  ed 
mo   Pontefice,   Spalato,  tip.    Zannoni   in  4°    alle  anime   redente  dal  suo  sangue.  Rimini  , 

tip.  Malvotti;  1871,  in  8°  di  pag.  16. 

Itlorcthfi  (Vinconzo  Vesc.  d'lmola)  .  Ne- 


fjmherfi  (Giovarchino  Arc.  di  Firenze). 
II  Concilio  Vaticano  e  I' infallibilita  Pontificia. 
Firenze,  tip.  Arcivescovile,  1871,  in  8°  pag.  32. 

Lnxi  f  Giacinto  Vesc.  di  Narni ) .  Gesi'i 
Cristo  e  via,  veriia  e  vita.  Foligno  ,  stabili- 
mentn  Pgariglia,  1871,  in  8°  pag.  16. 

Itfiariofti  (  Lnigi  VGKC.  di  Montefeltro). 
j,a  goerra  che  si  fa  ora  a  Gesu  Cristo,  al  suo 


pag.  4. 

<Tasasola  (Andrea  Arc.di  Udine).  L'edu- 

cazione  cristiana   dei   figliuoli.    Udine,   tip.    cessita  della  preghiera  .• 
lacob  e  Colmegna,  in  8°  pag.  28. 

—  S.  Giuseppe  Patrono  della  Chiesa  uni- 
versale. Wine,  1871.  in  8°  pag.  8. 

Do   Alarfis    (Angela  M*   Vesc.   di    Gal- 
telli-Nuoro ).  Intorno  allo   spirito  di  umilta, 


pia  pratica  del  S. 
Rosario.  Jmola ,  tip.  Vescovile  ,  1871  in  fol. 

_  5.  Giuseppe  Patrono  della  Chiesa  Cat- 
tolica.  Jmnla,  tip.  Veso.  1871,  in  fol. 

Biocinrili  (Mariano  Arciv.  di  Reggi" 
f  aiabria  ).  I  dovpri  dei  fedeli  nelle  traversic 


mortificazione  e   preghiera.  Cagliari,  tip.  Ti-    e  npj  pericoli  della  Chiesa  loro  madre. 


mon,  1871,  in  16°  psg- 20. 

6Be  Vcra  (Carlo  3!a  Abb.  ord.  di  Monte 


Calnbn'a,  stamperia  Siclari  1871,  in  S°  pag.  18. 
Rofa  (Pit-tro  Vesc.  di  Gnastalla).  La'  re- 


Cassino  ).    La   propagazione  della  fede.  tip.    ]jgione   cattolica  e   la    relig'one  del   potere 


Cassinense  1871.  in  4°  pag.  16.  temporale  e    della   societa.    Guastalla  ,   tip. 

Fault  (Anselmo  Vesc.  di  Grosseto).  Con-    Vescovi!e(  ^71.  in  8°  pag.  16. 

Hosa?i  (Giovanni  Vesc.  di  Todi).  L'auto- 
rita  e   1' infallibilita  del   Romano    Pontefice. 


tro  la  bestemmia  e  1'  inosservanza  de'  di 
festivi.  Grosselo ,  tip.  Golluzzi  ,  1871,  in  8° 
pag.  16- 

Fcrrcrio    (  Lorenzo   Vic.    gen.   cap.    di 


Toili,  tip.  Koglietti,  187!,  in  8°  pag.  6. 

Snlviaii  (Felitissimo  Arciv.  di  Camerino). 
Vercelli  )  Sulla  coritinuazione  del  Giubbileo  Indizione  per  gli  esercizii  sptritnali  al  Clero. 
pel  Cone.  Vaticano.  VerceHi,  tip.  Guidetti,  Camerino,  tip.  Bargarelli,  1871,  in  8°  pag  7. 

—  L'infallibilith  pontificia,  e  S.  Giuseppe 
Patrono  della  Chiesa  Cattolica.  Camerino,  lip. 


Trionfetti  (Bernardino  Vesc.  di  Terraci- 


1871,  in  8°  pag.  14. 

Gallucci  (Tommaso  Vesc.  di  Recanati  e 

Loreto).  LTbbidienza  alia  Chiesa.  Becanati,  Borgarelli,  1871,  in  8°  pag.  8. 
tip.  Badalon,  187 1,  in   16°  pag.  20. 

Gantlolfi  (Mgr.  Francesco).   Lettera  pa-  na  Sezze  e  Piperno).  Gli  errori  moderni,  la 

storale  al  clero  e  popolo  di  Corneto  e  Civi-  loro  origine,  e  i  loro  rimedii  nelle  definizioni 

tavecchia.  Roma,  1871,  in  8°  di  pag.  17.  del  Concilio  Vaticano.   Roma,  tip.   Monaldi  , 

Ghilardi   (  Giov.   Tommaso  Vescovo  di  1870,  in.  8°  di  pag.  30- 

Mondovi).  Inaugurazione  del  Patronato  di  S.  Valcnxiani  (Anton  Maria  Vesc.  di  Fa- 
Giuseppe  sulla  Chiesa  universale.  Mondavi,  briano  e  Matelica  ).  Necessita.  della  preghiera 
pressoG.  Bianco,  tip.  Vesc.  1871,  in  8°  pag.  35.  Camerino,  tip.  Saving  1871,  in  fol. 

Guttadauro    (Giovanni  Vesc.    di    Cal-  Verzieri  (  Girolamo  Vesc.  di  Brescia), 

tanisetta  Reggio ).  La  fede  cattolica  definita  e  S.Giuseppe   Patrono  della   Chiesa  cattolica. 

proposta   dal    Sacrosanto  Concilio   Vaticano.  Brescia,  tip.  Vescovile,  1871,  in  8°  di  pag.  8. 

i,  stab.  tip.  dell'Ospizio  di  Bene-  ftunnui  Casula  (Francesco  Vescovodi 


ficenza,  1870,  in  8°  pag.  32. 


Ales  e  Terralba).  Le  angustie  del   Sommo 


—  L'osservanza  dei  precetti  della  Chiesa,    Pontefice   Pio   IX  ed  i  doveri  de'suoi   figli 
la  preghiera,  e  1'elemosina.  Caltanisetta,  tip.    verso diLui.  Cagliari,  tip.Timon,  in4°pag.24. 

PERIODIGI  ITALIANI    GATTOLIGI 

Annali  Franciscan!  .  Due  volte  al         Aiinali  dolla  Madonna  della  Sa- 

mese  in  Wilann,  in  8°  di  pag.  24.  Annata  in    letie.  Mensile  in  Venezia,  in  8°  di  par;.  1(5. 
Italia  L.  V.  Ann.  L.  4. 


B1BLIOGRAFIA 


69 


Annali  delta  Propagazione  della 
Fede.  Mensile  in  Lione,  in  8°  pag.  96. 

Ape  Iblea.  Quotidiauo  in  Palermo,  in  4° 
gr.  di  pag.  4.  Annata  per  1' Italia  L.  18. 

Apologista  Cattolico  Eeclesiastico 
Ogni  mercoledi  in  Mondavi,  in  8°  di  pag.  32. 
Annata  per  1' Italia  L.18. 

Armenia.  Quotidiano  in  Firenze.  In 
foglio  di  pag.  4.  Annata  per  V  Italia  L.  25. 

Basilisco.  Redatto  e  pubblicato  gratis 
dal  Cav.  Micbele  de  Chiara  in  Aversa,  in  4° 
di  pag.  4. 

Biblioteca  prcdicabile.  Si  pubblica 
insieme  coll'  Apologisla  in  Mondovl .  Annata 
dei  due  periodici.  L.  12. 

Buona  Novella.  Ogni  mercoledi  e  sa- 
bato  in  Firenze,  in  8°  di  pag.  32.  Annata  in 
Italia  L.  13  80. 

Buona  Settimana.  Ogni  sabato  in 
Torino,  in  8°  di  pag.  8.  Annata  per  1'Italia 
L.  3. 

Buonsenso.  Quotidiano  in  Roma,  in 
foglio  gr.  di  pag.  4.  Annata  per  1'It.  L.  24. 

Carita.  Mensile  in  JSapoli ,  in  8°  di 
pag.  128.  Annata  perl'  Italia  L.  13. 

Commercio.  Mercoledi  e  sabato  in  Fi- 
renze, in  fol.  pic.  pag.  4.  Annata  per  1' Italia 

750. 

Conciliatore.  Quotidiano  in  Napoli,  in 
fog.  di  pag.  4.  Annata  per  1' Italia  L.  22. 

Conservatcre.  Ogni  martedi  giovedie 
sabato  e  mezzo  foglio  le  domeniche,  in  Fi- 
renze, in  foglio  di  pag.  4.  Annata  per  1'  Italia 
L.  24. 

Credente  Cattolico.  Mercoledi  e  do- 
menica  in  Lugano,  in  4°  di  pag.  4.  Annata 
per  1'Italia  L.  10. 

Dalmazia  Cattolica.  Ogni  domenica 
in  Zara,  in  4°  di  pag.  8.  Annata  per  la  Monar- 
chia  Austro-Ungarica  fior.  6. 

Diritto  Cattolico.  Quotidiano  in  Mo- 
dena,  in  foglio  di  pag.  4.  Annata  per  I' Italia 
L.  23. 

Oivin  Salvatore.  Due  volte  la  setti- 
rnana  in  Roma,  in  4°  di  pag.  8.  Annata  per 
J'ltalia  L.  16. 

Domenica  (la).  Ogni  domenica  in  Ve- 
nezia,  in  8°  di  pag.  8.  Annata  per  1'  Italia  L.  5 
per  8  copie  -  L.  3  per  4  copie:  piu  le  spese  post. 

Eco  cattoEico  delle  Gloric  di  8. 
Giuseppe.  Settimanale  in  Verona,  in  4°  di 
pag.  8.  Annata  per  1'Italia  L.  3. 

Eco  del  Divin  Salvatore.  Ogni  Do- 
menica in  Roma,  in  8°  pag.  8. 

Eco  della  Fede.  Ogni  domenica  in 
Firenze,  in  4°  di  pag.  16.  Annata  in  It.  L.  10. 

Eco  della  giovcntu  Cattolica  Ita- 
Hana.  Ogni  ultimo  giorno  del  mese  in  Bo- 


logna, in  foglio  gr.  <Ji  pag.  4.  Annata  per 
1'Italia  L.  1  80. 

Eco  del  Pnrgatorio.  Pubblicazione 
mensuale  in  Bologna ,  in  8°  di  pag.  32.  An- 
nata per  T  Italia  L.  2  50. 

Educazione  religiosa  della  fami- 
glia.  Mensile  in  Firenze ,  in  4°  di  pag.  50. 
Annata  per  1'  Italia  L.  7. 

Figlia  di  Maria  sulla  tomba  di 
S.  Agncse.  Ogni  primo  e  terzo  mercoledi 
del  mese,  in  4°  di  pag.  8.  Annata  per  1' Ita- 
lia L.  5. 

Foglietto  di  Vicenza.  Ogni  domenica, 
in  8°  di  pag.  4.  Annata  per  1'  Italia  L.  2  52. 

Frusta.  Quotidiano  in  Roma.  In  foglio 
piccolo.  Annata  per  1' Italia  L.  19  50. 

Genio  Cattolico.  II  1°  e  il  16  di  cia- 
scun  mese  in  Reggie  d'  Emilia  ,  in  8°  di  pa- 
gine  64.  Annata  per  1'Italia.  L.  12. 

Giardinetto  di  JUaria.  Ogni  sabato 
in  Bologna,  in  4°  pic.  di  pag.  16.  Annata  per 
1'Italia  L.  6. 

Gigli  a  Maria.  Due  volte  al  mese  in 
Napoli,  in  8°  di  pag.  56.  Annata  per  1'Italia 
L.  12. 

Giornale  degli  Studiosi.  Ogni  sabato 
in  Genova,  in  8°  di  pag.  16  e  talvolta  32.  An- 
nata per  1'  Italia  L.  12. 

Giubileo  Pontificate  di  Pio  IX.  11 
giorno  21  d'ogni  mese  in  Bologna,  in  4°  di 
pag.  16.  Annata  per  1'Italia  L.  4. 

imparziale  di  Roma  Cattolica . 
Quotidiano  in  Roma.  In  foglio  di  pag.  4.  An- 
nata per  1' Italia  L.  17. 

Letture  della  Domeniea.  Ogni  do- 
menica in  Bologna,  in  16°  di  pag.  4.  Annata 
L.  5  per  8  copie. 

fcetture  del  popolo.  Al.  fine  d'ogni 
mese  in  Venezia,  in  16°  di  pag.  16.  Annaia 
per  1'  Italia  L.  2. 

Liberta  Cattolica.  Quotidiano  in  A7«- 
poli.  In  foglio  di  pag.  4.  Annata  per  1' Italia 
L.  18. 

Madre  di  Famiglia.  Mensile  in  Bolo- 
gna, in  8°  pag.  64  con  uaa  incisione  di  figu- 
rini,  quattro  lavori  donneschi,  e  un  pezzo  di 
Musica.  Annata  L.  12. 

Manuale  del  Purroco.  Mensile  in 
Milano ,  in  4°  di  pag.  50.  Annata  per  lltalia 
L.  5. 

Afcssaggcre  del  Sacro  Cuor  di 
Gesu.  Mensuale  in  Bologna,  in  8°  di  pag.  64. 
Annata  per  1'Italia  L.  4. 

Opuscoli  religiosi ,  letterarii  e  morali. 
Bimestrale  in  Modena,  in  8°  di  pag.  160.  An- 
nata'per  1'  Italia  L.  11. 

Ortodosso.  Al  principle  di  ogni  mese  in 
Tonno/jn  4°  pag.  24.  Annata  per  1'Italia.  L.6. 


70 


BIBLIOGRAFIA 


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Milano.  In  foglio  pag.  4.  Annata  per  1' Italia 
L.  24. 

Osservatore  Romano.  Quotidiano  in 
Roma.  In  foglio  pag.  4.  Annata  per  1' Italia 
L.  23. 

Parola  Cattolica.  Tre  volte  la  setti- 
mana  in  Messina,  in  fog.  pic-  pag.  4  Annata 
per  1'  Italia  L.  10. 

Pcllcgrino  di  Terra  Naiita  .  Men- 
si  le  in  Firenze,  in  16°  pag.  96.  Annata  per 
I'  Italia  L.  3  per  I'estero  L.  4. 

Prigioniero  Apostolico.  Settimanale 
in  Bologna,  in  4°  di  pag  8.  Annata  per  Plta- 
lia  L.  5. 

Prime  tetture.  Due  volte  al  mese  in 
Milano,  in  4°i'pag.  16  con  illustrazioni.  Annata 
per  1' Italia  L.  8. 

Progresso  Catlolico.  Ai  6  ed  ai  21 
d'  ogni  mese  in  Salerno,  in  8°  di  pag.  32. 
Annata  per  1' Italia  L.  8. 

Home  on  la  Patrie  Catholicguc. 
Settimanale  in  Roma ,  in  4°  gr.  di  pag.  16. 
Annata  per  1' Italia  L.  15;  per  I'estero  L.  20. 

Santa  Eucaristia.  1°  e  III0  sabato 
d'ogni  mese  in  Palermo,  in  16°  di  pag.  32. 
Annata  per  1' Italia  L.  3. 

Santificazione  della  festa.  Ogni 
domenica  in  Bologna,  in  16°  di  pag.  4.  An- 
nata per  1' Italia  L.  4  per  8  copie. 

Scienza  e  Fede.  Ogni  quindici  giorni 
in  Napoli,  in  8°  pag.  da  80  a  98.  Annata  per 
P  Italia  L.  12. 

Mcnola  ed  csempio  del  Cattolici- 
suio.  Ogni  prima  settimana  del  mese  in 
Prato,  in  16°  di  pag.  32-  Annata  per  1' Italia 
L.  2  30. 

Settimana  religiosa.  Ogni  sabato  in 
Genova,  in  8°  pag.  8.  Annata  L.  1,50. 

Settimana  religiosa.  Ogni  sabato 
in  Firenze,  in  8°  di  pag.  4.  Annata  per  1'Italia 
L.  1  50. 

Stampa  (la)  o  bibliograQa  cattolica  .  Ogni 


"trimestre  un  numero,  in  8°  g.  16  pag.  a  due 
colonne.  Annata  per  P  Italia,  L.  1. 

Stella.  Ogni  mercoledi  e  sabato  in  Roma, 
in  fog.  di  pag.  4.  Annata  per  1'  Italia  L.  6  50. 

Stendardo  Cattolico.  Quotidiano  in 
Genova,  in  fog.  di  pag.  4.  Annata  per  PItalia 
L.  28. 

Trovatore.  Quotidiano  in  Napoli,  in  4°. 
pag.  4. 

tt  nitii  Cattolica.  Quotidiano  in  Torino, 
in  fog.  p.  di  pag.  4.  Annata  per  P  Italia  L.  28 

Bui  verso.  Ogni  giorno  in  Napoli,  in  4* 
di  pag.  4.  Annata  in  Italia  L.  20. 

Veneto  Cattolico.  Quotidiano  in  Ve- 
nezia,  in  fog.  di  pag.  4.  Annata  per  P  Italia 
L.  24. 

Vera  Luce.  Edizione  ordinaria  quoti- 
diana  in  Firenze, in  fog.  pic.di  pag.  4.  Annata 
per  PItalia  L.  15. 

—  Edizione  straordinaria  a  vario  intervallo 
in  Firenze,  in  fog.  p.  di  pag.  almeno  8.  An- 
nata per  PItalia  insieme  all'edizione  ordina- 
ria L.  30- 

Vergine  (La).  Ogni  mercoledi  in  Roma, 
in  4°  di  pag.  8.  Annata  per  1'ltalia 

Veridico.  Esce  in  Roma,  in  4°  piccolo 
pag.  8. 

Vero  (il).  Quotidiano  in  Napoli,  in  4°  di 
pag.  4.  Annata  per  PItalia  L.  2.0. 

Yespa.  Mercoledi  e  sabato  in  Firenze, 
in  fog.  pic.di  pag.  4.  Annata  per  PItalia  L-10. 

Voce  Catto.iica.  Ogni  martedi  giovedi 
e  sabato  in  Trento,  in  fog.  di  pag.  4.  Annata 
per  PItalia  L.  8. 

Voce  di  Alaria  Ausiliatrice.  Men- 
sile  in  Siena  ,  in  8°  di  pag.  64.  Annata  in 
Italia 

Zagara  (la).  Mensile  in  Reggio  ,  di  Ca- 
labria, in  8°  di  pag.  20.  Annata  in  Italia 
L.  4. 

aelo  Cattolico.  Due  volte  al  mese  in 
Venezia,  in  4°  di  pag.  16.  Annata  per  1' Italia 
L.  6. 


FILOSOFIA  E  MATEMATIGA 


Buscarini  (Monsign.  Giuseppe).  Dialo- 
ghi  Politico-filosofici  ai  bagni  di  Tabiano. 
Bologna,  tip.  Mareggiani,1870,  in  16°  pag.  185. 

Coco  Zanghi  (Giuseppe).  Antropologia. 
L'uomo  e  la  scimmia.  Memoria.  Catania,  tip. 
di  G.  Galatola,  1871,  in  4°di  pag.  44. 

De  Rossi  (  Cav.  Michele  Stefano).  Se- 
condo  rapporto  sugli  studii  e  sulle  scoperte 
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Romana.  Roma, 'tip.  delle  belle  arti,1868, 
ia  S°  di  pag.  48. 


Foglini  (G/acomod.  C.'d.  G.j.Corsodi 
meccanica,  preceduto  da  un'introduzione  so- 
pra  i  principii della  geometria  analitica  e  del 
calcolo  inQnitesimale,  e  seguito  da  un'appen- 
dice  intorno  all'acustica  e  all'ottica,  Roma, 
coi  tipi  della  Civilta  Cattolica,  1870,  in  8°  di 
pag.  468. 

Giuria  (Pietro}.  Lf  uomo,  la  scienza  e  la 
societa,  osservazioni  precedute  da  una  lettera 
del  P.  Angelo  Secchi.  Genova,  1871,  tip.  di 
LuigiSambolino,in4°di  pag.  220.  L.  3  75. 


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—  Considerazioni  sopra   il  credito  e    le 
Banche  dettate  alia  bnona.  Firenze,  tip.  di  M. 
Ricci  e  C.  1869.  in  8°  pag.  48. 

—  Developperaents  sur  le  projet  des  colo- 
nies libres  en  Halie  Marseille,  typ.  etlith.  Bar- 
latier-Feissat. 1869    In  8°  pag.  16 

—  Le  Banche  ed  il  Tesoro.  Considerazio- 
ni ,  ne  bancofobe   ne  bancofile  ,  dedicate  al 
Parlamento.  Firenze ,   tip.  Fodratti,  1870.  In 
8°  pag.  62. 

Ariiiti  Ciacomo.  La  terra  e  le  sovra- 
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tip.  Giachetti  figlio  e  C.  1868.  In  8°  pag.  24. 

Cerboni  (Giuseppe).  Cagioni  che  impe- 
dirono  ed  impediscono  lo  aspettodella  conta- 
bilita  delle  Imposte  dirette.  Firenze ,  tfp.  la 
.Minerva,  1869.  in  8°  pag.  166. 

Chicca  (  Giuseppe).  Se  pu6  dispensarsi 
la  iscrizione  d1  uflicio:  questione  discussa  . 
Lucca  tip.  Giusti  In  8°  pag.  12. 


Fangarczzi  (  Aw.  Cesare  G. ).  Intorno 
alia  necessita  di  una  riforma  delle  scienze  eco- 
nomiche.  Reggio  (Emilia),  tip.  di  Luigi  Bon- 
davalli  e  Compagni.  1868.  In  8°  pag.  31. 

Ferroglio  (Aw.  Gaetano).  I  debiti  pub- 
blici :  Studii.  Torino,  tip.  C.  Favale  e  Comp. 
1869,  di  pag.  124. 

GarcEli  (Aw.  Alessandro  Slefano).  Le 
Banche  d'emissione.  Torino,  tip.  C.  Favale 
e  C.a  1869,  in  8°  di  pag.  122. 

Nticci  (Carlo).  t,e  coalizioni  dei  padroni  e 
degli  operai,  innanzi  al  tribunale  dell'economia 
politica  e  della  legge  penale:  Dissertazione. 
Torino,  stamp,  dell' Unione ,  1870,  in  8°  di 
pag.  84. 

Semenza  (Gaetano).  L' Associazione  dei 
capitali  per  mezzo  della  liberta  delle  Banche. 
Firenze,  tip.  di  Giovanni  Polizzi  e  Comp.  1869, 
in  16°  di  pag.  30. 

Keppa  (Aw.  Domenico).  La  scienza  finan- 
ziaria  nelle  sue  relazioni  coll'  economia  po- 
litica e  col  diritto  pubblico.  Firenze ,  Tipo- 
grafia  Fodratti,  1870,  in  16°  di  ,pag.  304. 


STORIA,  GRONAGA,  AGIOGRAFIA,  BIOGRAFIA, 
NECROLOGIA 


Alessandro  da  Crccchio.  Cenno  sto- 
rico  sulle  inondazioni  del  Tevere .  Roma, 
tip.  Menicante  1871,  in  16°  di  pag.  40. 

Allotli  (Giovanni  Maria  Prof,  di  Teol.}. 
Commentariolum  Sacrum  piae  Memoriae  Fe- 
licis  Cantimorri,  parmensis  Episcopi.  Parmae, 
1870,  ex  officina  *  laccadoriana.  in  8°  di  pag.  24 

Anonimo.  Memoria  del  giovanetto  fran- 
cescano  Andre  Salvat ,  terziario  Francescano 
col  nome  di  Fra  Luigi  Gonzaga,  morto  a  Esta- 
gel  in  Francia  il  16  settembre  1869,  nell'eta 
di  anni  14.  Bologna,  tip.  Mareggiani,  1870,  in 
16°  di  pag.  32  cent.  20. 

—  Necrologia  di  Mons.  Giacinto  Morera. 
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Anselmo  di  m.  I^uigi  Gonzaga 
(Def.  Gen.  dei  CC.  S.).  Vita  della  B.  Maria 
degli  Angeli ,  religiosa  professa  carmelitana 
scalza.  Torino,  tip.  Speirani.  in  8°  di  pag.  268. 
L.  2. 

Anton  M"  da  Yicenza  (  M.  R.  Lett. 
Teol).  Vila  della  V.  serva  di  Dio  suor  Ma- 
ria di  Gesii  di  Agreda,  francescana  scalza  con- 


cezionista.JBo/ofl'na,  tip.  Pont.  Mareggiani.  1870 
in  8°  di  pag.  144.  L.  1  2o. 

Anton  Ma  da  Viccnza  (  M.  R.  Lett. 
Teol.  Compendio  della  vita  dell'  illustre  peni- 
tente  S.  Margherita  da  Cortona,  delterz'or- 
dinedi  S.  Francesco.  Bologna,  tip.  Mareggiani. 
1871,  in  16°  di  pag.  64.  Cent.  35. 

—  Vita  di  S.  Diego  d'Alcala  Mi-nore  Os- 
servante.  Bologna, tip.  Pont.  Mareggiani.  1870, 
in  16"  di  pag.  64.  Cent.  30. 

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Memorie  intorno  alia  vita  del  Venerabile  Fran- 
cesco Sav.  Ma  Bianchi ,  sacerdote  Barnabita, 
raccolte  dal  P.  Francesco  Ma  Sav.  Bianchi, 
sacerdote  della  stessa  Congregazione.  Napoli, 
tip.  editrice  degli  Accattoncelli.  1871.  in  16° 
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Biginclli  (Lw'gi  prof,  di  fil.).  Biografla 
del  Deputato  Edoardo  Crotti  ,  dei  Conti  di 
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lebrati  da' cattolici  pisani  in    S.  Eufrasia  il  ditta   Agnelli  ,  in  16°  di   pag.  290.  L.  1.  50.' 

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venzione   del   corpo  di  S.  Settimio  Martire,  16°  di  pag.  60. 

Protovescovo  e  patrono  Jesino,  celebrate  in  —  Cenni  bibliografici  del  disegnatore  e  pit- 

Jesi  nel  settembre  1869,  memorie  storiche  con  tore  Tommaso  Minardi  di  Faenza.  Faenza  , 

appendice.  Jesi,  Gaetano  Fazzi,  1870,  in  8°  di  tJP-  Novelli,  1871,  in  8°  di  pag.  32-  Cent.  75. 

pag.  176,  ed  80.  Parascandolo  (Luigi).  La  Frammas- 

Cavriani  (Corradino  Prot.  Apost.)  Me-  soneriafiglia  ed  erededel  JManicheismo.  Studii 

morie  storiche  della  B.  Elisabetta  Picenardi  storici-  T.  IV  di  pag.  295  in  8°.  Napoli,  An- 

e  del  suo  secolo  XV,  insieme  a  una  breve  vita  Sel°  de^'a  Groce»  1 869. 

di  San  Filippo   Benizi,   comprotettore  della 

Diocesi  mantovana.  Mantova,  presso  gli  Eredi 

della  Bibl.  Ascetica,  1870,  in  16°  di  pag.  208. 
Fcrrara    (P.    Efisio).    Un   monumento 

della   fede  sarda  nel   secolo  XIX  fossia  feste 


r»»i«ati  (Prof.  Stanislao  Luigi).  Storia 
degli  Ottocento  Beati  Martiri  d'  Otranto,  nar- 
rata  in  compendio.  Napoli,  tip.  del  Buon  Pa- 

store'  1870»  in  16°  di  pa§-  4°' 

PcHcgrino  da   Forli  (Cappucc.).  La 

-secolari  ed  incoronazione  di  N.  S.  di  lionaria:     nuova  chiesa  e  convento  dei  padri  cappuc- 
Kacconto  e  panegirico.  Cagliari  ,  tip.  Timon.' 
1870,  in  16°  di  pag.  1  48  ' 

Forcclla    (  Vincenzo  ).    Iscrizioni    delle 


cini  in  Trieste  •  Trieste,  tip.  Weis,  1871,  di 
Pa§-  '&• 

~  BiograQa  di  Aions.  Felice  Cantimorri 

Chiesee  d'altriediflcii  di  Roma  dal  secolo  XI  delll°rdine  de'Cappuccini,  Vescovo  di  Parma. 

Veneisia>  UP-  di  G-  Coen'  1870»  in  8°  di  PaS-  24. 

Picrallini(.A/berto).  BibliografiadiMons. 
Gi°vanni  di  Giovanni.  Palermo  ,  tip.  di  Mi- 
chele  Amenta.  1869,  di  pag.  24. 

«*rofllo  (  Vinceslao  d.  SS.  PP.).  Vita  di  S. 


fino  ai  giorni  nostri,  raccolte  e  pubblicate  da 
Vincenzo  Forcella.  fiomn,  tip.  delle  scienze 
matematiche  e  flsiche.  1870  in  4°.  E  uscita  la 
Dispensa  VII  del  vol.  II. 

Giuliozzi   (Avv.  Giulio,}  Della  Tregua  , 
avvenuta    nell1  ottobre    MCDXI    fra    Onofrio    Cecilia  sPosa  Vergine  e  Martire  ,  pubblicata 


Smeducci  di  Sanseverino  ed  il  Comune  della  Per  cura  e   d'vozione  de^la  famiglia   Gaetani 

Citta  di  Macerata:  documenti  storici,  pubbli-  di  Gall'co.  Napoli,  Stab.   Tip.  di  Francesco 

cati    per   la   prima   volta.  Macerata,  tip.  di  Giann>ni'  1871,  in  8°  di  pag.  XX,  252, 

A.  Mancini  1869,  in  80  di  pag.  16.     '  Homer  (Pasquale}.  Un  modello   di    ras- 

Guasjini    (  Luigi  Agost.1.    Discorso   fu-  segnazione  cristiana  o  biografia  del  Servo  di 

nebre  in  lode  di  Sua  Eminenza  Reverendis-  Dio  Michele  Ignesti .  Roma,  tip.  di  Bernardo 

sima  il  Cardinaie  Cosimo  Corsi,  Arcivescovo  Marini.  1870,  in  8°  di  pag.  24. 

Pisa,  letto  nei  solenni  funerali   celebrati  B&icci  (Mauro,  d. -  S.  P.^.  Guido    Palagi  , 

I  la  congregazione  dei  Parrocbi  nella  Chiesa  Canonico  della  Metropolitana  Fiorentina:  Ri- 

i  S.  Michele  in  Borgo,  il  di  19  dicembre  1870  cordo.  Firenze,  Libreria  Chiesi.  1871,  in  8°  di 

,t,p.  delle  LettureCatt.  1871,  in8°,  pag.36.  pag.  92.  L.  1.50- 

Ippolito  (Gennaro  Rett.  del  Santuario).  ffilusso    (Giuseppe).  Cenni  su  la    vita    e 


. 
s  ecultodi  S.  Filomena  V.e  M.  Nuova 


le  opere  di  Raffaello  Politi.  Gt>0en«,tip.  pro- 


cdizione;rettiflcataenotabilmenteaccresciuta    vinciale    commerciale  di    Salvadore   Monies. 
importanti   notizie  e  di  varie  pratiche  di-    1870.  in  8°  di  pag.  48.  L.  1.  25. 

Stracker  (Lavinia).  Cenni  bibliografici 
del  Sacerdote  Jacopo  StrakerMissionario  Apo- 
Lacroix  (Abb6  M.  T.).Le  Prince  Eugene,    stolico,  laureate  nelle  scienze  e  nelle  lettere, 
Essai    hiographique.  Modine  ,  tip.  de  1'lmm.    martire   del  suo  zelo,  spento  nel  fiore  degli 

anni  a  Firenze  il  6  settembre  1867,  scritti  da 

Bfenghi   (  Can.  Paolo  ).  Elogio  funebre    una  sua  sorella.  Modena,  tip.  dell'  Immacolata 
della  Contessa   Giovanna    Francesca    Genti-     Concezione.  1870,  in  8°  di  pag.  480. 
lucci-Mei,  letto  il  14  giugno  1870,  pel  rinno- 
vamento  di   solenni    esequie    nella    insigne 


vote.  Napoli,  stab.  tip.  dell' Italia,  1870  in  16° 
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LETTJ5RATURA  E  FILOLOGIA 


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visione  di  Tantolo  da  un  cod.  del  XIV  sec. 
della  capit.  bibl.  di  Verona,  or  posto  in  luce 
per  Mr  Gio.  Batt.  C.  Giuliari.  Bologna,  Gae- 
tano  Romagnoli,  1870,  in  8*  di  pag.  96.  L.  4. 

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18*70,  in  8°  di  pag.  16. 

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stan/e  in  acconcio  della  gioventu  studiosa. 
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Sales.  1870,  in  16°  di  pag.  XVI-216.cent.  70. 

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analisi  grammatico-radicale-comparativa  in 
applicazione  della  grammatica  di  G.  Curtius. 
P.  1a  Avviamento  all' analisi:  16  favole  di 
Esopoealtri  classic!  scrittori.  Napoli,  stamp, 
del  Fibreno  1869,  in  8°  di  pag.  114. 

—  L' insegnamento  del  greco  in  Italia,  e 
la  grammatica  di  G.  Curlius.  Napoli,  tip. 
De  Angelis,  1869,  in  16°  di  pag.  79.  L.  1,  50. 

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nardo Gappello,  tratte  dagli  original!  che  sono 
nell'  archivio  governativo  di  Parma  ,  e  pub- 
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presso  Gaetano  Romagnoli,  1870,  in  16°  di 
pag.  XX-108.  Lire  4. 

Carini  (Sac.  hidoro).  Sul  dialetto  greco 
di  Sicilia  ed  un  opuscolo  del  sig.  G.  Arens  . 
Palermo,  tip.  del  Giornale  di  Sicilia,  1870, 
in  16°  di  pag.  34. 

Cavalca  (Domenico).  Volgarizzamento 
degli  atti  Apostolici.  Le  sette  opere  di  peni- 
tenza  di  S.  Bernardo.  I  pianti  della  V.  Maria. 
Testi  del  buon  secolo.  Parma,  tip.  Fiacca- 
dori,  1871,  in  16°  di  pag.  156.  L.1,  50. 

Da  itlundavilla  (Gio.).  I  Vjaggi  di  Gio. 
da  Mandavilla ,  volgarizzamento  antico  to- 
scano,  ora  ridoUo  a  buona  lezione,  coll'  aiuto 
di  due  testi  a  penna,  per  cura  di  Francesco 
Zambrini.  Bologna,  Gaetano  Romagnoli,  1870, 
in  8°  di  pag.  184.  L.  7. 

Be  Angelis  (Clemente).  Precetti  di  Pro- 
sodia  latina  in  versi  italiani.  Bologna,  tip. 
Mareggiaoi,  1870,  in  16  di  pag.  32. 


Bella  Valle  (Giuseppe)  Supplimeoto  al 
libro  —  11  senso  geografico  aslronomico  ecc.  — 
Ovvero  aggiunte  e  nuove  dichiarazioni  sopra 
alcuni  de'  luoghi  della  Divina  Commedia . 
Faensa,  tip.  Novelli,1870,in8°di  pag.62.L.1. 

Girolamo  (S.).  Epistolu  di  S.  Girolamo 
adEustochio,  volgarizzamento  antico,  secondo 
la  lezione  di  un  codice  della  biblioteca  mu- 
nicipale  di  Geneva,  pubblicato  per  cura  di 
I.  G.  Isola.  Bologna,  presso  Gaetano  Roma- 
gnoli, 1869,  in  16°  di  pag.  214  L.  1,70. 

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ratura  italiana  ad  uso  delle  scuole.  Milano, 
tip.  arciv.  di  G.  B.  Pogliani  e  comp.  1871,  in 
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Isola  (/.  G.J.  La  lingua  comune:  Dia- 
logo.  Bologna,  tip.  Fava  e  Garagnani,  1870,  in 
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di  S.  Francesco  di  Sales,  1870,  in  16°  di  pa- 
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greca,  contenente  1'etimologia,  lasintassi,e 
la  prosodia  .  Napoli ,  tip.  Trani  ,  in  8*  di 
pag.  214.  Lire  3,  50. 

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che  desiderano   apprendere  la  lingua  greca  . 
i\apoti,  stab.  tip.  di  A.  Trani,  1867.  cent.  64. 

Petrarca  (Francesco).  Prima  liberta  , 
dal  giogo  di  Martino  della  Scala,  addi  21  mag  - 
gio  1341:  Canzone  politica  di  Francesco  Pe- 
trarca, nuovamente  esposta  e  ridotta  a  mi- 
glior  lezione  ,  dal  Prof.  Francesco  Berlan. 
Bologna ,  presso  Gaetano  Romagnoli ,  1870, 
in  16°  di  pag.  202.  L.  6.  50. 

Porretti  (Ferdwando).Grammatica  della 
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Milano,  presso  G.  B.  Paravia,  1871,  in  8°  di 
pag.  320.  L.  1.50. 

—  Novissimo  sillabario  graduate  ad  i>so 
degli  asili  d'infanzia,  e  delle  scuole  popolari. 
Presso  G.  Paravia, i860,  in  16°, pag. 72.  cent. 20. 


74 


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torio-  di  S.  Franc,  di  Sales,  in  16°  pag.  340. 

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classic!  aevi  scriptorum  praestantia,  quantis- 
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Scolari  (Cav.  Filippo,  Dott.)  Iscrizioni  del 
p.  Antonio  Angelini  d  C.d.  G.  per  gli  onori 
fiuiebri  resi  dalla  romana  gioventu  alia  me- 


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Bacci  (Giovanni).  De  sole.  Ad  Secchium 
e  soc.  Jesu  astronomum  celeberrimum  Joan- 
nes ISaccius  sac.  Prati,  Ex  officina  Contrucci 
et  soc.  1871,  in  8°  di  pag.  7. 

ECnroni  ( elements).  Prose  e  poesie  varie, 
ultimo  dono  offerto  alia  gioventu  studiosa  , 
HlHtuio,  Presso  la  libreria  lioniardi  Pogliani, 
1870  in  16°  di  pag.  184. 

Carlctfti  A.  (S.)  Alia  nob.  donzella  Cle- 
mentina Griccioli,  quando  in  sacro  nodoasso- 
ciavasi  al  Conte  Emilio  Tolomei  —  Iscrizioni. 
Sitna,  tip.  dell'  Ancora  1870,  in  8° 

C  as<oiS.\.j;io  (  Can.  Cosiautino).  Poesie 
raorali.  Torino,  tip.  C.  Favale  e  comp.  1870, 
in  8°  di  pag.  120. 

C'esareo  (Paolo}.  Versi.  Malta,  tip.  Al- 
bion Press,  in  8°  di  png.  176. 

Costamagna  (Teol.  Gaetano).  Serto  di 
iodi  al  c.u ore  di  Maria  Vergine  SS  :  ossia  i 
t.toli  delle  litanie  in  altretlanti  sonetti.  To. 
jT/iO,  tip.  Speirani,  1871,  in  16°  di  pag.  70- 

DC  Ghisi  (Giuseppe  Carlo).  La  musica. 
Pocmadi  Don  Tommaso  Yriarte,  tradottodallo 
spagnuolo  in  versi  italiani.  Firenze,  1868,  in 
S°  di  pag.  xx,  "224. 

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secolo,  P.  Angelo  Secchi  della  compagnia  di 
(Jesu:  Carmi  letti  nella  tornata  del  16  geri- 
naio  1871,  tenuta  dall'accademia  della  Gio- 
ventu cattolica  napoletana,  ad  onore  dell'in- 
signeastronomoche  gentilmentev'intervenne. 
A'a/)o/»,  stab.  tip.  r  Italia  1871 ,  in  8U  di  pag.  16. 

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confectae  anno  1848,  nunc  editae  primum. 
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in  8°  di  pag.  23. 

Pirotta  (P/efro'Boemondod'Altemburgo: 
Dramma  in  quattro  atti  ridotto  per  collegi  ed 
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Milano,  Serafino  Maiocchi,  1870,  in  16"  di  pag. 

57,  22,  16.  Cent.  50. 

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tip.  lacob  e  Colmegna,  1870,  in  8°. 

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Ricordi.  Acireale,  tip.  di  V.  Strano  Melh,1871 , 
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in  8°  di  pag.  268.  L.  1  50. 

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Rosalia:  ovvero  le  spine  d'una  rosa,  racconto 


I»ii>  de  St-Joscph  (Signora) 
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Bologna. presso  1'ufFiciodel  Messaggere,  1870, 
in  16°  di  pag.  152.  Cent.  80.  cezione,  1870,  in  16°  di  pag.  260.  L.  1  50. 

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delMessaggere,  1870,  in  16°  dipag.  263. L.  1,25.  di  yincenzo  Santucci,  1870,  in  16°  di  pag.  64. 


JKanara  (  Mons.   A.).    Elisa   ossia 


PcElkcani    (Anlonio).  Le   vittime    dello 


pellegrinaggio  in  terra  santa.  Bologna,  libre-  spiritismo:  racconto  popolare.  Torino,  tip.  di 

ria.deH'lmmacolata,  in  8°  di  pag.  308.  Giulio  Speirani  e  figli,  1870,  in  16°  di  pag  272. 
—  11  cuHo  delle  sacre  immagini:  scene         *Uchom»ne(Fara/i2/).Giulianoed Alfonso: 

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ARGOMENTI  VARII 

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canto  in.chiavedi  sol  con  accompagnamento  di  geodesia  e  d' icodometria.  Discorso.  Roma, 

di  pianoforte,  di  A.  C. Italia,  in  8°  pag.  12. L. 5.  ^P-  delle  Belle  Arti,  1870,  in  8°  di  pag.  24. 


Almanacco  dei  cani  per  1'anno  1871. 
Anno  secondo.  Bologna,  tip.  Mareggiani,  1870, 
in  16°  di  pag.  176.  Cent.  60- 

Balcslra  [Pier  Paolo}.  11  maestro  del 
canto  sacro.  Firenze,  tip.  alPinsegna  di  S.  An- 
tonino,  1869,  in  8°  di  pag.  62. 

Ceresa  [Francesco  Giuseppe).  Sguardo 
cronologico  della  campagna  del  1870,  dal  2 


Lavinio  da  liamuio  (  Francescano 
Belga).  Guida  indicatrice  di  Terra  Santa.  Tra- 
duzione  dal  francese  del  P.  Cipriani  da  Tre- 
viso.  M.  0.  Venezia,  tip.  Antonelli,  1870,  in  16° 
di  pag.  752.  L.  3  25. 

guatiro  frustate  per  carita.  Strenna 
della  biblioteca  delle  giovinelte.  Modena,  tip. 
dell'  Imm.  Concezione,  1871 ,  in  32«  di  pag.  6k 

Bavioli  (Camilla).  Viaggio  della  spedi- 


luglio  al  31  dicembre  1870.  2'orino,  tip.  C.  Fa-    zione  Komana  in  E  ittj 
vale  e  Comp.  1871,  in  8°  di  pag.  48. 


escluda  il  flutto  corrente  come  causa  del  suo 
insabbiamento.  Roma,  tip.  delle  Belle  Arti, 
1870,  in  8°  di  pag.  30.  —  Les  Ports-chenaux 
et  Port-Said.  Paris,  J.  Baudry  libr.  edit.  1870, 
in  8°  di  pagine  XLIII-120. 

Cronista  (»'/).  Strenna  popolare  per  Tan- 


Marina  dello  Stato.  Compendiato  sui  docu- 
rnenti  ufficiali,  con  aggiunte  ecc.  Roma,  tip. 
delle  Belle  Arti,  1870,  in  8°  di  pag.  XIV-272. 
(Lorenzo).  Dissertatio  ad  legem 
urbis 

Komae  et  Constantinopolitanae.  Lib.  XI.  tit. 
XVIII.  Komae,  typ.  Brancadoro,  1870,  in  4°. 
Strenne  ofTcrte  ai  Roman!  dal 


no187l,pubblicata  per  cura  del  Circolo  della    BuonSenso(Giornale)  pelnuovo  anno  187 1. 
gioventu  cattolica  monzenese.  Milano,  1870, 
libr.  Boniardi-Pogliani,  in  32*  di  pag.  86. 

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Firenze,  presso  L.  Manuelli,  1871.  Cent.  50. 

Trotta(jLui<7i  Alberto).  ParallelotraMolise 
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CRONACA 


Firenze  22  marzo  18717 


I. 
ROMA 

Nostra  Corrispondenza . 

Donna  Prassede  del  Manzoni,  avendo  risoluto  di  togliere  affatto 
Renzo  dalla  memoria  di  Lucia ,  non  aveva  trovato  mezzo  migliore 
che  di  parlargliene  spesso;  siccome  ora  dei  Gesuiti  coi  Romani  vanno 
facendo,  mentre  vi  scrivo,  questi  cosi  detti  giornalisti  di  qui.  Costoro, 
poveretti,  in  questa  quistione  dei  Gesuiti  (come  del  resto  in  tutte  le 
altre ,  ma  in  questa  specialmente )  se  non  si  puo  dire  che  abbiano 
perduta  la  testa ,  cio  accade  soltanto  perche  della  testa  non  hanno 
mai  dato  indizio  di  possedere  altro  organo,  che  quello  onde  narra 
Esopo  che  si  servi  una  volta  il  Leone  nella  sua  societa  reale  della 
Caccia : 

Yenari,  Asello  comite,  quum  vellet  Leo 
Contexit  ilium  frutice,  et  admonuit  simul 
Ut  insueta  voce  terreret  feras. 

Cosi  i  capi  guidatori  della  caccia  gesuitica  mascheparono  da  giorua- 
listi  cotesti  arnesi  di  qui,  incaricandoli  di  aprire,  come  dicono,  il  fuoco. 
La  loro  voce  insueta  una  volta  e  spaventosa ,  ora ,  col  progresso 
odierno,  e  divenuta  consueta  e  innocua.  Fecero,  come  gia  vi  scrissi, 
un  buon  mese  di  esercizii  rettorici  e  vocali;  e  i  sette  colii  ne  echeg- 
giarono,  si  che  pareva  di  maggio.  Ma  niuno  vi  bado,  piu  che  non  si 
facesse  al  campanone  di  Campidoglio  nei  primi  giorni  dopo  il  20  set- 
tembre,  quando  sonava  da  mane  a  sera  ed  anche  di  notte,  e  sone- 
rebbe,  dicono,  ancor  adesso,  se  il  campanile  infine  stanco  non  avesse 
minacciato  di  cadere  sul  municipio. 


CRONACA   CONTEMPORANEA  77 

Avendo ,  benche  un  po'  tardi ,  capito  fmalmente  che  colla  sola 
eloquenza  rion  facevano  profitto,  i  cacciatori  dei  Gesuiti,  gente  ma- 
nesca  piu  che  erudita,  si  appigliarono  infme  a  quelle  sole  armi  di 
cui  hanno  qualche  esperienza ;  e  se  avessero  avuto  cura,  come  gia  in 
tempi  migliori,  di  assicurarsi  le  spalle  e  di  accordarsi  con  chi  con- 
veniva,  non  ci  e  dubbio  che  la  yittoria  sarebbe  stata  tanto  certa 
quanto  gloriosa.  Ma  avendo  trascurate  le  alleanze,  non  fecero  che  un 
fiasco  militare,  come  gia  ne  aveano  fatto  uno  letterario.  Non  manco 
la  gloria;  ma  manco  la  vittoria;  colla  giunta  di  essersi  dimostrati, 
dinanzi  a  tutta  Roma,  ed  anzi  a  tutta  Europa  (che  sempre  sta  guar- 
dando,  come  e  noto)  per  gente  che  ha  dimenticato  1'  abbicci  del  ine- 
stiere  di  dimostrante .  II  quale  consiste  nel  fare  le  dimostrazioni  in 
tal  tempo  ed  in  tal  guisa,  che  il  Governo  se  ne  possa  servire  come 
di  argomento  presso  la  gente  colta,  per  compire  e  perfezionare  egli 
medesimo  quello,  a  che  desiderava  essere  dolcemente  spinto  dal  po- 
polo  sovrano  e  dalla  pubblica  opinione. 

Non  vi  narrero  i  fatti  del  Gesu.  Voi  gia  sapete  che  il  di  11 
marzo,  essendo  il  popolo  romano  in  quella  Chiesa  a  predica,  contem- 
poraneamente,  per  uno  di  quei  casi  che  accadono  spesso  nei  paesi 
irrorati  da  un  plebiscite  unanime,  un  altro  popolo  romano  si  trovaya 
parimente  in  piazza  al  posto  suo.  L'incontro  dei  due  popoli  ebbe 
questo  di  singolare,  che  fece  uscir  fuori  1' intervento  forestiero  di  un 
terzo  popolo  romano  di  adesso ,  composto  di  questurini ,  carabinieri , 
poliziotti  e  simili  tutori  nati,  ed  anzi  portatori  dell'ordine  morale  in 
Italia.  Cbe  cosa  sarebbe  succeduto  senza  quest'  intervento  forestiero 
non  si  sa  di  certo.  Ma  si  sa  di  certissimo  che  quest' intervento  port6 
il  disordine  anche  dove  non  ci  era ,  cio&  in  chiesa. 

Questo  disordine  portato  dai  portatori  dell'ordine,  tanto  che  i 
percossi  (che  non  furono  pochi,  e  tutti  del  popolo  della  Chiesa)  lo 
furono  quasi  tutti  dai  sullodati ;  questo  disordine,  verainente  fuori 
dell'  ordine  ordinario,  non  fu  pero  il  solo  caso  memorabile  della  gior- 
nata.  Non  intendo  narrarvi  le  ccse  per  filo  e  per  segno.  Ma  come  ta- 
cere  del  pubblicisla  arrestato  in  piazza?  Giacche  per  amore  di  verita, 
e  anche  per  rendere  le  dovute  lodi  ai  tutori  nati  dell'ordine,  non 
devo  dissimulare  che,  del  popolo  della  piazza,  benche  niuno  fu  percossa 
(ci  sarebbe  voluta  anche  questa!)  due  pero  furono  carcerati  per  pochi 
istanti ,  dei  quali  uno  fu  da  tutti  i  giornali  qualificato  per  Pubbli- 
cista.  Ci  siamo  stillato  il  cervello  in  questi  giorni  in  Roma  per  in- 
dovinare  che  razza  di  professione  dovesse  essere  questa  di  quel  car- 
cerato  in  piazza.  Finalmente  si  sono  divise  le  opinioni.  Alcuni  credono 
che  dovesse  essere  un  qualche  strillone  di  giornali.  Altri  opinano  che 
possa  essere  un  appiccicatore  di  avvisi.  E  tutta  gente  addetta  alia 
pubblicitd;  o,  come  direbbe  ii  Parlamento,  all'  emanazione. 


78  CRONACA   \- 

Altro  caso  memorabile  fa  la  fischiata  solenne  anzi  che  no,  con 
cui  fu  accolto  dal  popolo  dei  pubblicisti  di  piazza ,  un  inviato  di 
una  grande  potenza.  Qualche  Esopo  dovette  trovarsi  in  mezzo  a  quei 
pubblicisti,  il  quale  dovette  dir  loro :  Venit  nunc  dives  etpotens* 
Huic  similiter  impinge  lapidem,  et  dignum  accipies  praemium. 

II  premio  di  questo  errore,  e  di  molti  altri  simili  accaduti  in 
quel  giorno ,  dee  a  quest'  ora  averlo  gia  ricevuto  in  Firenze  il  Mi- 
nistro  Visconti  Venosta ,  secondo  che  leggo  nella  Perseveranza  di 
Milano  dei  15  marzo.  «  lo  sono  certo,  dice  cola  un  pubblicista,  che 
quei  tafferugli  di  Roma  faranno  passare  piu  quarti  d'ora  importuni 
al  Ministro  degli  affari  esteri ,  al  quale  la  voce  della  diplomazia  eu- 
ropea  non  suona  meno  frequente  e  meno  allarmante,  percio  solo  che 
Feco  ne  resta  muto  tra  le  quattro  pareti  del  suo  gabinetto.  » 

L' eco  pero,  per  quanto  muta,  aveva  echeggiato  perfino  a  Mi- 
lano fin  dal  15  di  marzo.  E  che  sia  giunta  anche  a  Roma,  si  ricava 
chiaramente  dal  muta  to  tenore  di  scrivere  dei  nostri  pubblicisti  di 
qui.  I  quali,  dopo  essere  stati  non  so  bene  se  pagati  o  pregati  per 
sonare  una  canzone  di  caccia ,  debbono  ora  certamente  avere  rice- 
vuta  la  missione  di  sonare  a  raccolta.  E  bisognerebbe  che  foste  qui 
a  udire  con  che  eloquenza,  con  che  sonorita  di  voce  questi  pubblicisti 
presero  subito  il  tono  comandato.  Oso  dire  che  questi  colleghi  della 
socieia  della  caccia,  oltre  a  buone  voci,  hanno  anche  buoni  orecchi. 
Come  se  non  fosse  loro  fatto ,  come  se  non  avessero  sonato  a  caccia 
per  un  mese ,  come  se  Auritulus  clamorem  non  tulisset  tolls  viri- 
bus  ;  in  un  subito,  all' improvviso ,  con  faccia  tosta,  e  colla  mede- 
sima  sonorita  di  voce,  presero  a  sonare  a  raccolta.  «  Non  piu  di- 
sordini  »  diceva  la  Nuova  Roma  del  14  marzo;  e  notava  con  fina 
politica  che  «  i  Gesuiti  provocano  a  bella  posta  tali  disordini,  onde 
farsene  arma  presso  le  potenze  estere.  »  Ma  per  disgrazia  la  Liberia 
dei  12  marzo  aveva  gia  detto  due  giorni  prima  che  «  alia  tranquil- 
lita  ci  consiglia  anche  la  ragione,  che  all'  estero,  malgrado  le  piu 
patenti  prove ,  si  credera  difficilmente  che  i  provocatori  siano  i  cle- 
ricali.  »  La  quale  informazione  la  Liberia  dovette  certamente  averla 
dall'  eco  muta  delle  quattro  pareti  del  ministro  degli  esteri  di  Fi- 
renze.  Che  se  la  Liberia  avesse  un  corrispondente,  ugualmente  ben 
informato  presso  il  ministero  degli  Interni ,  saprebbe  che  lo  stesso 
appunto  accade  nell'interno. 

E  cosi  grazie  alle  potenze  estere  e  alia  niuna  fede  che  queste 
hanno  «  malgrado  le  piu  patenti  prove  »  alle  assicurazioni  italiane, 
si  vede  ora  in  Roma  questo  nuovo  spettacolo  di  liberal!  quieti  come 
agnelletti ,  non  ostante  che  siano  tutto  il  giorno  vittime  di  provoca- 
zioni  clerical!  che,  come  dice,  credo,  il  Berni,  caverebbero  le  ceffate 


CONTEMPORANEA  79 

di  mano  di  San  Francesco.  Sicche  e  ora  il  momento,  credo,  che  voi 
potete  tornar  a  Roma  sicuramente. 

Non  credeste  mica  pero  che  non  vi  si  farebbe  guerra.  Ma  sarebbe 
una  guerra  tollerabile,  con  arme  di  nuovo  modello  suggerita,  dalla 
Nuova  Roma  dei  13  marzo.  «  La  citta  ha  compreso,  dice  essa ,  che 
1' arme  migliore  contro  i  Gesuiti  e  ildisprezzo.  »  La  qual  arme  ha 
questo  di  buono ,  secondo  la  Nuova  Roma  ,  che  non  solo  serve  di 
arme  offensiva,  ma  anche  di  difensiva,  secondo  che  essa  notd  nel  suo 
N°  seguente  de'  14  marzo,  dicendo .  «  In  quanto  alle  mene  dei 
nostri  nemici,  sventiamole  col  disprezzo.  »  Ecco  un' arme  che  io 
consiglierei  volentieri  nel  prossimo  Congresso  della  pace. 

Che  se  poi  si  accettasse  la  modiiicazione  proposta  a  quest'arrae 
•dall' Opinione  dei  13  marzo,  credo  che  ne  potreste  rimanere  anche 
piu  soddisfatta.  Giacche  quel  giornale  prudente,  vecchio  e  nemico  di 
violenze,  propone  il  sorriso  della  compassions .  «  Non  posso  far  a 
meno,  dice  essa,  di  gridare  ai  buoni  patriotti  romani :  resistete  alia 
tentazione;  fatevi  forti  di  moderazione  e  di  prudenza;  alle  provoca- 
zioni  rispondete  con  un  sorriso  di  compassione.  » 

Io  m'immagino  con  un  vero  sorriso  di  compiacenza,  il  piacere 
che  proverested'or  innanzi,  tornando  in  Roma,  dove  al  solito  passeg- 
gio,  non  incontrereste  che  sorrisi  di  compassione.  E  siccome  di  es- 
terno  e  visibile  non  vi  sarebbe  che  il  sorriso,  e  la  compassione  ri- 
marrebbe  di  natura  sua  interna  ed  invisibile,  niuno  potrebbe  vietarvi 
di  pigliare  quei  sorrisi  nel  senso  letterale.  Cesserebbero  allora  subito 
le  provocazioni  vostre,  e  clericali,  e  sarebbe  fatta  la  pace  generale. 

Non  vorrei  pero  che  la  guastassero  certi  figuri  niente  sorridenti 
che,  dopo  aver  salvata  la  Francia,  come  sapete,  si  vedono  arrivare 
ogni  giorno  a  gruppi  a  salvare  non  so  che  cosa  in  Roma.  Ho  gran 
paura  che  costoro  romperanno  le  ova  nel  paniere  della  Nuova  Roma> 
della  Liberia,  e  dell'  Opinione.  Gia  minacciavano  di  non  voler  piu 
oltre  tollerare  le  provocazioni  dei  clericali,  iin  dal  primo  giorno  del 
loro  arrive.  II  di  di  S.  Giuseppe  poi  volevano  vendicare  non  so  che 
botte,  ricevutepur  troppo  da  loro  piu  volte  dentro  Roma  e  nei  contorni. 
Essi  non  provocavano  nessuno  allora :  e  si  sa  anzi  da  tutti  che  faro- 
no  i  clericali  quell  i  che  andarono  a  cercarli  a  Mentana,  dove  stavano, 
^redo,  in  chiesa  alia  predica.  II  fantasma  delle  potenze  estere,  che 
turba  1'eco  nel  gabinetto  del  ministro  degli  Esteri  di  Firenze,  per 
quanto  ripercosso  loro  negli  occhi  dagli  specchi  ministerial  dell'O- 
pinione,  della  Nuova  Roma3  della  Liberia  ed  altrettali,  non  ispa- 
venta  punto  questi  pubblicisti  reduci  dall' aver  salvata  la  Francia 
colla  compera  di  una  bandiera  prussiana.  Essi  sfidano  anzi  tutte  queste 
potenze  estere,  e  vorrebbero  il  loro  intervento ,  d'  accordo  in  questo 


80  CRONACA 

coi  clerical!.  Quest' intervento  estero  darebbe  loro  T occasione  deside- 
rata di  mostrare  il  loro  valore,  non  che  la  loro  camicia,  la  quale  ora 
sono  costretti  dalla  Questura  di  tenere  nascosta  con  loro  grande  ram- 
marico,  e  anche  nostro  ,  che  mai  non  abbiamo  avuta  la  fortuna  di 
vederla  pulita  e  vincitrice.  Non  crediate  che  io  voglia  male  a  questi 
.  reduci.  Oltre  che  hanno  gia  salvata  Roma  una  volta  nel  quarantotto 
e  possono  risalvarla  nel  settantuno,  meritano  ancora  il  mio  rispetto 
per  gli  avanzamenti  che  hanno  procurati  a  molti  zuavi  e  caccialepri 
miei  amici.  Inoltre  se  io  non  li  rispettassi  davvero  nel  fondo  del 
cuore  pei  motivi  detti  e  per  altri  ancora,  li  dovrei  rispettare,  direi 
quasi  per  forza:  giacche  costoro ,  a  chi  non  mostra  di  rispettarli , 
vanno  innanzi  come  fecero  ai  bravi  scrittori  della  Frusta  in  dieci  o 
dodici  contro  uno  o  due.  Che  se  fossero  iti  cosi  in  Prussia,  davvero 
che  conquistavano  bandiere  senza  spendere.  Ma  in  Roma  conquistarono 
la  gloria  di  una  dichiarazione  della  Frusta,,  che  dichiara  d'ora  innanzi 
nulle  ed  irrite  tutte  le  ritrattazioni  politiche  fatte  da  lei  o  da  farsi: 
giacche  costoro  non  ammettono  repliche  ne  scuse .  0  ritrattarsi ,  o 
essere  sconfitto.  Mi  ritratto  fin  d'ora  di  tutto;  a  uso  Frusta. 

II. 

COSE  ROMANS 

\.  False  dicorie  d' un  supposto  Concistoro  —  2.  Provviste  di  diocesi  e  no- 
mine di  Vcscovi  —  3.  Decreti  per  1'  appropriazione  di  otto  convent!  e 
rase  ecclesiastiche  —  4.  Guerra  ai  Gesuiti ;  violenze  e  profanazioni  nctta 
Chiesa  del  Gesu'  —  5.  Maleiizii  dei  Gesuiti  —  6,  Breve  del  Santo  Padre 
all'  Emo  Card.  Patrizi ,  a  tal  proposito. 

1.  Sui  primi  giorni  di  marzo  corse  voce  che  il  Santo  Padre  fosse 
per  tenere  Concistoro  in  Vaticano.  I  diarii  della  consorteria  fioren- 
tina  furono  solleciti  di  raccogliere  quella  diceria,  darle  corpo  di 
verita,  e  descrivere  anticipatamente ,  come  gia  avvenuto,  quello  che 
loro  tornava  a  conto  d'  inventare  a  tal  proposito.  Percio  varii  corri- 
spondenti,  e  specialmente  quello  della  Gazzetta  d'  Italia,  scrissero 
ai  rispettivi  loro  padroni ,  per  filo  e  per  segno ,  le  discussion!  che 
aveano  preceduta  tal  risoluzione ;  i  contrast!  acrimoniosi  tra  il  Car- 
dinale  Antonelli  e  gli  inevitabili  Gesuiti;  la  parte  presa  dal  S.  Padre 
e  dai  Cardinal!  percio  consultati;  1'ondeggiare  tra  il  si  ed  il  no;  il 
tenore  d&ll'allocuzione,  distesa  da  tre  Padri  della  Compagnia  di 
Gesu  ;  le  aggiunte  arrecatevi  da  Sua  Santita ;  la  forma  dibattuta  , 
modificata ,  ammessa  in  maniera  da  salvare  le  apparenze  di  pri- 
gionia  e  pur  compiere  I'  atto  del  Concistoro ;  e  le  ragioni  tutte  ac- 


CONTEMPORANEA  81 

campate  dalle  parti  contenderiti.  —  Chi  vuol  divertirsi  a  vedere  sopra 
cio  una  portentosa  collezione  di  favole  e  di  bisticci ,  pu6  trovarne 
una  dovizia  nella  Gazzetta  d'  Italia,  n.1  68,  69,  70  e  71.  Ben  inteso 
che  tutto,  da  cima  a  fondo,  tutto  e  pura  invenzione.  Falso  che  siasi 
tenuto  Concistoro;  falso  che  percid  fossero  contrasti  nel  Sacro  Col- 
legio;  falso  che  i  tre  innominati  ed  innominabili  Gesuiti  preparas- 
sero  una  violentissima  allocuzione;  falso  che  il  Santo  Padre  la  re- 
eitasse. 

Ma  questo  non  impedi  che  il  6  marzo  1'  Agenzia  Slefani  spedisse 
per  tutta  Europa,  ed  i  giornali  del  Governo  di  Firenze  accreditassero 
come  autentico,  il  fatto  del  Concistoro,  ed  il  sunto  dell' immaginaria 
allocuzione. 

Cio  diede  giusta  ragione  di  notare  che,  se  per  via  del  telegrafo 
di  Roma  e  dei  giornali  del  Governo  si  possono  divolgare  e  far  cre- 
dere come  dette  dal  Papa  parole  che  non  disse  mai ;  cogli  stessi  mezzi 
si  puo  togliere  fede  agli  atti  veramente  suoi ;  e  cosi  rendere  ognora 
incerto  o  sospetto  1'  esercizio  del  ministero  apostolico  del  Papa. 

A  smentire  quelle  imposture,  maliziose  in  parte,  ed  in  parte 
assurde ,  1'  Osservatore  Romano,  n°  56  del  9  marzo,  accennando  al 
mentovato  dispaccio  dell'  Agenzia  Stefani,  stampo  le  seguenti  parole: 
«  Siamo  in  grado  di  dichiarare  che  nel  medesimo  dispaccio  non  si 
contiene  nulla  di  vero,  poiche  esso  non  e  che  una  spiritosa  inven- 
zione di  cattivo  genere.  » 

2.  La  verita  e  semplicissima.  La  mattina  del  6  marzo,  convocati 
dal  Santo  Padre,  gli  Eriii  Cardinali  si  radunarono  in  Vaticano;  ed 
in  loro  presenza ,  non  avendo  il  Santo  Padre  pur  aperto  bocca  a 
dire  una  parola ,  fu  promulgata  I'  ultima  Provvista  di  chiese,,  nella 
forma  precisa  che  vedesi  nello  stesso  Osservatore  Romano  ,  n°  54 
del  7  marzo ,  e  che  qui  trascriviamo. 

«  LA  SANTITA  DI  NOSTRO  SIGNORE  PAPA  Pio  IX,  volendo  occorrere 
ai  bisogni  della  Chiesa,  si  e  degnata  di  provvedere  quanto  appresso: 

«  Chiesa  Metropolitana  di  Evora ,  nel  Portogallo,  pel  R.  D. 
Giuseppe  Antonio  Pereira  Bilhano,  sacerdote  diocesano  di  Aveira, 
Parroco  del  SSmo  Salvatore  in  Ilhavo,  e  Baccelliere  formato  in  di- 
ritto  canonico.  Chiesa  Cattedrale  di  Porto  Vecchio,  di  nuova  ere- 
zione,  nella  repubblica  dell'  Equator  e,  per  Monsignor  Luigi  Tola, 
traslato  dalla  Chiesa  di  Berissa  in  partibus.  Chiesa  Cattedrale  di 
Martinicca,  o  S.  Pietro ,  nell'  isola  omonima,  Antille,  pel  R.  D. 
Amando  Fava,  Vicario  Generale  della  Diocesi  di  Reunion,  o  S.  Denis. 
Chiesa  Cattedrale  di  Erbipoli  y  o  Wurzburg,  nella  Baviera,  pel 
R.  B.  Giovanni  Valentino  Reissmann,  sacerdote  diocesano  di  Erbi- 
poli, Prevosto  in  quella  Cattedrale,  Vicario  Capitolare  della  stessa 
Serie  VIII,  vol.  II,  fasc.  499.  6  23  marzo  1871. 


82  CRONACA 

diocesi,  e  Dottore  in  sagra  teologia.  Chiesa  Cattedrale  di  Vittoria, 
o  Tamaulipas ,  di  nuova  erezione ,  nel  Messico ,  per  Monsignor 
Ignazio  Montes  de  Oca  y  Obregon ,  sacerdote  diocesano  di  Leon, 
Cameriere  segreto  soprannumerario  di  SUA  SANTITA  e  Dottore  in  sagra 
teologia  ed,in  arabe  le  leggi.  Chiesa  Vescovile  di  Filadelfia  nelle 
parti  degl' infedeli ,  per  Monsignor  Luigi  Giordani,  sacerdote  arci- 
didcesano  di  Ferrara ,  Prelato  Domestico  di  SUA  SANTITA  ,  Uditore 
deila  Sagra  Rota  Romana,  e  Dottore  in  sagra  teologia  e  nell'  uno  e 
1'  altro  diritto.  Chiesa  Vescovile  di  Gerasa  nelle  parti  degl'  infedeli, 
pel  R.  D.  Ayres  d'  Ornellas  de  Vasconcellos,  sacerdote  di  Funchal , 
Decano  in  quella  Cattedrale,  Vicario  Generale  della  stessa  diocesi, 
Dottore  in  sagra  teologia ,  e  deputato  Coadiutore  con  futura  succes- 
sione  di  Monsignor  Patrizio  Saverio  de  Moura,  Vescovo  di  Funchal. 
Chiesa  Vescovile  di  Arsinoe,  nelle  parti  degl'  infedeli ,  pel  R.  D. 
Luigi  Carcamo,  Sacerdote  diocesano  di  San  Salvatore ,  Canonico  di 
grazia  in  quella  Cattedrale,  e  deputato  Coadiutore  con  futura  suc- 
cessione  di  Monsignor  Tommaso  Michele  Pineda  y  Saldana,  Vescovo 
di  S.  Salvatore  nell' America  Centrale.  Chiesa  Vescovile  di  Joppe, 
nelle  parli  degl'  infedeli,  pel  R.  D.  Carlo  Francesco  Prurha,  sacer- 
dote arcidiocesano  di  Praga ,  Canonico  Scolastico  in  quella  Metro- 
politana ,  Dottore  in  sagra  teologia,  e  deputato  Ausiliare  dell' Emo 
e  Rmo  signer  Cardinale  Federico  Schwarzenberg  ,  Arcivescovo  di 
Praga.  Chiesa  Vescovile  di  Dora,  nelle  parti  degl' infedeli ,  pel 
R.  D.  Giovanni  Maria  Majoli ,  sacerdote  di  Ravenna,  Arcidiacono  in 
quella  Metropolitan,  Vicario  Capitolare  della  stessa  Arcidiocesi  e  Dot- 
tore  in  ambe  le  leggi. 

«  Dal  mese  di  giugno  passato  in  poi  sono  state  provvedute  per 
Breve  le  altre  che  seguono  :  Chiese  Suburbicarie  unite  di  Ostia  e 
Velletri,  alle  quali  ha  ottato  ]'  Emo  Rmo  signor  Cardinale  Costantino 
Patrizi,  Decano  del  Sagro  Collegio,  traslato  dalle  Sedi  di  Porto  e 
S.  Rufina.  Chiese  suburbicarie  unite  di  Porto  e  S.  Rufina ,  alle 
quali  ha  ottato  1'  Emo  e  Rmo  signor  Cardinale  Luigi  Amat  di  S.  Fi- 
lippo  e  Sorso,  sotto-Decano  del  Sagro  Collegio,  traslato  dalla  Sede 
di  Palestrina.  Chiesa  Suburbicaria  di  Palestrina,  alia  quale  ha  ottato 
1'  Emo  e  Rmo  signor  Cardinale  Carlo  Sacconi,  dimesso  il  Titolo  Pre- 
sbiterale  dTS.  Maria  del  Popolo.  Chiesa  Metropolitana  di  Quebec, 
nel  Canada,  pel  R.  D.  Alessandro  Taschereau,  Professore  di  sagra 
teologia,  e  Rettore  nell'universita  di  Lavalle,  Vicario  Generale  del- 
rarcid.iocesi  di  Quebec,  e  Dottore  in  diritto  canonico.  Chiesa  Catte- 
drale di  Lugos,  di  rito  Greco  Rumeno,  in  Ungheria,  per  Mons. 
Giovanni  Olteanu,  sacerdote  diocesano  di  Lugos,  di  SUA  SANTITA  Ca- 
meriere d'onore  in  abito  paonazzo,  Arcidiacono,  e  Professore  di  reli- 


CONTEMPORANEA  83 

gione,  di  lingua  e  letteratura  romana  nel  ginnasio  di  Lugos.  Chiesa 
Cattedrale  di  Briinn,  nella  Moravia,  pel  R.  D.  Carlo  Noettig,  sa- 
cerdote  arcidiocesano  di  Olmutz,  Canonico  nella  Cattedrale  di  Brunn, 
assessore  di  quel  Vescovile  Concistoro  e  Tribunale  giudiziario  dio- 
cesano.  Chiesa  Cattedrale  di  Agen,  in  Francia,  pel  R.  D.  Ettore 
Alberto  Chaulet  d'Outremont,  sacerdote  di  Tours,  Canonico  in  quella 
Metropolitana ,  e  Vicario  Generale  della  stessa  arcidiocesi .  Chiesa 
Cattedrale  di  Soutwark,  in  Inghilterra ,  pel  R.  D.  Giacomo  Danell, 
Canonico  della  medesima  Cattedrale.  Chiesa  Cattedrale  di  Ardagh, 
in  Irlanda,  pel  R.  D.  Giorgio  Couray,  sacerdote  Irlandese,  Dottore 
in  sagra  teologia.  Chiesa  Cattedrale  di  Raphoe,,  in  Irlanda  f  pel 
R.  D.  Giacomo  Mac  Devitt,  Professore  nel  Collegio  di  Maynooth. 
Chiesa  Cattedrale  di  Clonfert,  in  Irlanda,  pel  R.  D.  Ugo  O'Rorke, 
Professore  nel  Collegio  di  Maynooth.  Chiesa  Cattedrale  di  Nicopoli, 
nella  Bulgaria  3  pel  R.  P.  Ignazio  Paoli  del  Bambin  Gesu,  della 
Congregazione  de'  Chierici  Scalzi  della  SSma  Croce  e  Passione  di 
N.  S.  G.  C.  Consultore  Generale,  deputato  ancora  Amministratore 
Apostolico  della  Valachia.  Chiesa  Vescovile  di  Retimo ,  nelle  parti 
degl'  infedeli,,  pel  R.  D.  Giacomo  David  Ricards,  sacerdote  del  Vi- 
cariato  Apostolico  del  distretto  Orientale  del  Capo  di  Buona  Speranza, 
deputato  Vicario  Apostolico  del  medesimo  distretto.  Chiesa  Vescovile 
di  Massimopoli,  nelle  parti  degl'  infedeli ,  pel  R.  P.  Paolo  Carne- 
vali,  dell'  Ordine  de'  Minori  Osservanti,  Missionario  Apostolico  nel!a 
Cina ,  deputato  Coadiutore  di  Monsignor  Luigi  Moccagatta ,  Vicario 
Apostolico  di  Xan-Si.  Chiesa  Vescovile  di  Conco,  nelle  parti  de- 
gl 'infedeli ,  pel  R.  D.  Michele  Ester  Leturdu,  del  seminario  delle 
Mission]  straniere,  deputato  Coadiutore  di  Monsignor  Giovanni  Bat- 
tista  Boucho,  Vicario  Apostolico  del  Siam  Occidentale.  Chiesa  Ve- 
scovile di  Eucarpia,  nelle  parti  degl'  infedeli^  pel  R.  D.  Lodovico 
Maria  Fink,  dell'  ordine  di  S.  Benedetto ,  Priore  del  monastero  Be- 
nedettino  in  Kansas ,  deputato  Coadiutore  di  Monsignor  Giovanni 
Battista  Miege,  Vicario  Apostolico  di  Kansas. 

«  Si  e  fatta  1'istanza  del  sagro  Pallio  per  la  Chiesa  Metropo- 
litana di  Evora.  » 

3.  Dopo  le  menzogne,  sfruttate  dai  giornalisti  e  dagli  agenti  del 
Governo  di  Firenze,  sopra  1' immaginario  Concistoro  e  la  supposta 
allocuzione  del  Santo  Padre ,  avvennero  realmente  in  Roma  molti  e, 
sotto  un  certo  rispetto,  anche  gravi  fatti;  dei  quali  siamo  astretti,  per 
difetto  di  spazio,  a  rimandare  la  succinta  ma  esatta  narrazione  al 
prossimo  quaderno.  Tali  sono  i  dissidii  e  le  metamorfosi  del  Consi- 
glio  e  della  Giunta  conmnale;  i  primi  atti  delPalladio;  1'anniver- 
sario  della  nascita  di  Vittorio  Emmanuele  e  del  Principe  Umberto ; 


84  CRONACA 

10  scatenamento  della  setta  massonica  contro  gli  Ordini  Religiosi;  ed 
altri  cotali ,  che  mettono  in  buona  luce  1'  indole  della  ristorazione 
morale,  portata  in  Roma  colle  bombe  del  20  settembre. 

Qui  ci  ristringeremo,  per  questa  volta,  a  registrare  i  fatti  gia 
consumati  per  la  spogliazione  di  varii  Ordini  Religiosi,  e  le  sacri- 
leghe  violenze  che  funestarono  e  profanarono  la  Chiesa  del  Gesu  nei 
giorni  9  e  10  marzo. 

Rispetto  al  primo  capo,  era  evidente  che  la  Frammassoneria , 
portando  in  Roma  la  sovrana  sua  sede,  di  necessita  dovea  discac- 
ciarne  gli  Ordini  religiosi,  ed  appropriarsene  i  beni  e  le  case.  Per 
fare  la  cosa  con  un  poco  di  garbo ,  si  trasse  cagione  dall'  urgente 
bisogno  di  apprestare  stanza  ai  Ministeri  ed  agli  ufficii  del  Governo, 
come  ai  due  rami  del  Parlamento  ed  ai  rispettivi  ufficiali. 

II  R.  Commissario  Gadda,  nel  famoso  suo  bando  di  classica  me- 
moria:  Nell'  assumere  di  rappresentare  ecc.,  avea  detto  chiaro  es- 
sere  il  principale  dei  suoi  uffizi  «  quello  di  preparare  il  trasferimento 
della  Capitale  »;  ossia,  per  chi  sapea  leggere  e  capire,  di  spazzar 
fuori  dai  loro  conventi  e  monasteri  i  religiosi  e  le  monache,  per 
(Jar  luogo  ai  liberatori  gloriosi  e  trionfanti  del  20  settembre .  Le 
Commissioni  percio  deputate  dal  Governo  furono  sollecite  di  visitare 
i  conventi  e  monasteri  e  le  case  di  regolari  che,  per  la  postura , 
rampiezza,  la  forma  e  solidita  dell' edifizio,  meglio  poteano  giovare 
aU'intento.  Quelli  che  furono  visitati  intesero  subito,  che  la  faccenda 
procederebbe  presso  a  poco  a  quel  modo,  che  nel  1793  pei  giudizii 
del  Tribunale  rivoluzionario  a  Parigi;  dove  chi  era  citato  gia  sapea 
d'essere  condannato.  A  Roma  1'essere  onorato  dalla  visita  della  Com- 
missione  dovea  valere  quanto  1'  essere  cacciato  fuor  di  casa.  Primi 
ad  aver  1' onore  di  tal  visita,  ed  a  sentirne  gli  effetti ,  furono  otto 
tra  conventi  e  case  di  regolari ,  che  dalla  operosita  del  R.  Commis- 
sario Gadda  furono  condannati  all'  espropriazione. 

La  Libertd-Gazzelta  del  Popolo,  n°  65  dell'  8  marzo,  ne  reco 

11  merito  al  Gadda,  dicendo:  «  Certo  egli  non  ha  potuto  contentare 
quegli  scipiti  grullarelli ,   che  vorrebbero  si  procedesse  a  rompicollo 
scnza  alcun  criterio  di  cid  che  si  fa  o  si  ha  da  fare;   ma  certo  al- 
tiesi  tutti  gl'  imparziali  dovranno  dar  lode  all'  on.  Gadda  della  sua 
sollecitudine.  L'  occupazione  indispensabile  di  otto  conventi  e  dovuta 
principalmente  a  lui ;  il  quale ,  convinto  che  non  si  poteva  fame  a 
meno ,  ha  promosso  ed  ottenuto  il  decreto  di  espropriazione.  » 

Questo  decreto  venne  pubblicato  nella  Gazzetta  ufficiale  di  Roma 
n°  16(3  del  mercoledi  8  marzo;  e  come  schema  di  quel  che  dee  toe- 
care  alia  massima  parte  dei  conventi  e  delle  case  religiose  di  Roma, 
lo  riferiamo  distesamente. 


CONTEMPORANEA  85 

«  Yista  la  Legge  3  febbraio  scorso  sul  trasferimento  della  Ca- 
pitale  ed  analogo  Regolamento  piibblicato  con  Nostro  Decreto  dello 
stesso  giorno  n.  36;  Vista  la  Legge  25  giugno  1865,  num.  2359  pub- 
bwcata  nella  Provincia  di  Roma  con  Decreto  Nostro  del  17  novem- 
bre  1870,  sulle  espropriazioni  per  causa  di  pubblica  utilita;  Yisto  il 
voto  della  Commissione  Governativa  di  che  agli  articoli  3  e  5,  iettere 
A  ed  M  del  Regolamento  3  febbraio  predetto ; 

«  Ritenuto  che  in  seguito  alle  deliberazioni  prese  dall'  accennata 
Commissione  in  ordine  al  collocamento  di  molte  Amrninistrazioni  dello 
Stato ,  fu  gia  disposto  per  la  occupazione  di  tutti  i  locali  di  ragione 
Demaniale  esistenti  in  Roma ,  e  che  malgrado  ci6  rimane  ancora  a 
provvedere  per  molti  altri  pubblici  servizii ;  Ritenuta  quindi  1'urgenza 
di  valersi  indilatamente  delle  facolta  date  al  Governo  dalla  precitata 
Legge  sul  trasferimento  della  Capitale,  occupando  alcuni  stabili  ap- 
partenenti  a  Corporazioni  Religiose,  i  quali  a  ragione  tanto  della 
loro  ubicazione ,  quanto  del  numero  e  qualita  dei  locali  sono  i  piii 
adatti ;  Ritenuto  che  importa  provvedere  in  pari  tempo  alle  esigenze 
del  servizio  religioso,  alia  conservazione  delle  Biblioteche ,  Musei , 
Archivii  ed  altri  Istituti  Scientifici  che  si  trovassero  negli  edificii  da 
espropriare ; 

«  Sulla  proposta  del  Nostro  Ministro  Segretario  di  Stato  pei  La- 
vori  Pubblici,  Commissario  Governativo  in  Roma;  Sentito  il  Consi- 
glio  dei  Ministri ,  Abbiamo  decretato  e  decretiamo : 

Articolo  1.°  Sono  espropriati  per  causa  di  pubblica  utilita  e  per 
servizio  pubblico  dello  Stato  i  locali  denominati:  1°  S.  Maria  in 
Vallicella,  Oratorio  e  Casa  Religiosa  detta  dei  Filippini.  2°  SS.  Do- 
did  Apostoli,  Convento  dei  Padri  minori  conventual!.  3°  S.  Silvestro 
e  Stefano  in  Capite,  Monastero  di  Monache  di  S.  Chiara.  4°  S.  Sil- 
vestro a  Monte  Cavallo,  Casa  ed  Orto  dei  Signori  della  Missione. 
5°S.  Maria  delle  Verging  Monastero  di  Monache  Agostiniane.  6°S.  An- 
drea Apostolo  detto  della  Valle,  Casa  dei  PP.  Teatini.  7°  S.  Maria 
Sopra  Minerva,  Convento  dei  PP.  Domenicani.  8°  S.  Agostino,  Con- 
vento dei  PP.  Agostiniani:  posti  nella  citta  di  Roma,  e  descritti  negli 
uniti  piani,  firmati  d' ordine  Nostro  dal  Ministro  Segretario  di  Stato 
pei  Lavori  Pubblici. 

Articolo  2°.  11  Governo  prendera  possesso  degli  accennati  stabili 
nel  termine  di  quindici  giorni,  decorrenti  dalla  data  della  notifica- 
zione  del  presente  Decreto. 

Articolo  3.°  Con  successivi  Nostri  Decreti  verra  autorizzata  la 
iscrizione  sul  gran  Libro  del  Debito  Pubblico  della  rendita  5  0^0,  da 
darsi  in  correspettivo  ai  corpi  morali  espropriati  a  termini  dell'  art.  7 
della  Legge  3  febbraio  1871,  osservate  le  altre  prescrizioni  stabilite 
dalla  Legge  medesima. 


86  CRONACA 

Articolo  4.°  Con  speciali  disposizioni  Ministerial!  sara  assegnata 
dopo  la  occupazione,  la  parte  dei  locali  che  occorresse  di  riservare 
per  il  servizio  delle  Chiese,  e  sara  provveduto  alia  conservazione 
degli  oggetti  di  arte  ed  antichita,  delle  Biblioteche  ,  Archivii,  Musei 
ed  altri  stabilimenti  scientific!  che  si  trovassero  negli  accennati  Con- 
venti . 

«  II  Nostro  Ministro  dei  Lavori  Pubblici  Commissario  Governa- 
tivo  in  Roma,  di  concerto  con  i  Ministri  di  Grazia  e  Giustizia  e  della 
Pubblica  Istruzione,  per  do  che  rispettivamente  puo  riguardarli  e 
incaricato  della  esecuzione  del  presente  Decreto. 

«  Dato  a  Firenze  il  4  marzo  1871.      YITTORIO  EMANUELE. 

C.  Correnti  —  G.  De  Falco  —  G.  Gadda.  » 
II  sacrifizio  di  queste  otto  prime  vittime  fu  consumato  con  un 
Bando  della  Commissions  Governativa.,  promulgato  dalla  Gazzetta 
ufficiale  di  Roma  n°  172  del  14  marzo;  nel  quale,  ricordato  il  di- 
sposto  del  precedente,  e  per  soddisfare  al  prescritto  dalla  legge  del 
3  febbraio  1871,  da  noi  recitata  nel  precedente  volume  a  pag.  621-23, 
si  stabilisce  quanto  segue. 

«  Ritenuto  essersi  adempiuto  con  quell'  atto  all'  obligo  nei  con- 
front! cogli  espropriati ,  di  che  neli'  art.  7.  ultimo,  capoverso  della 
Legge  3  febbraio  p.  p.  N°  33,  perche  di  questo  adempimento  sia 
fatto  constare  anche  pegli  effetti  di  che  nello  Art.  52  della  legge  25 
giugno  1865  N°  2359  pubblicata  in  Roma  il  17  novembre  1870  ul- 
timo scorso:  Visto  1' Art.  5,  lettera  m  del  Regolamento  pubblicato 
col  R.  Decreto  3  febbraio  p.  p.  N°  36. 

Decreta  Sia  notificato    al  pubblico,  per  chiunque  possa  avervi 
interesse ,  che  la  rendita  5  per  0|0  pari  al  reddito  di  ciascuno  de- 
gl'  immobili  come  sopra  espropriati  venne  offerta, 
Al  Convento  di  S.  Maria  in  Yallicella  nella 

somma  di Lire  12487  42 

Al  Convento  dei  SS.  12  Apostoli  ...»  15264  90 

Id.  di  S.  Silvestro  in  Capite »  12707  31 

Id.  di  S.  Silvestro  al  Quirinale.     ...»     5985  65 

Id.  di  S.  Maria  delle  Vergini »     5093  84 

Id.  di  S.  Andrea  della  Yalle »     7483  23 

Id.  di  S.  Maria  sopra  Minerva.      ...»  26466  41 

Id.  di  S.  Agostino »  30685  — 

II  Presidente  Cappa.  » 

4.  All'apparire  di  questi  decreti  e  bandi ,  ed  al  vederli  pron- 
tamente  eseguiti,  il  coro  dei  giornali  massonici  a  servizio  del  Go- 
verno  e  della  rivoluzione  proruppero  in  alte  strida  di  sdegno.  Come ! 
solamente  otto!  E  tra  questi  sacrificati  neppure  uno  dell' abborrita 


CONTEMPORANEA  87 

Compagnia  di  Gesu!  E  perche  tale  immunita  verso  cotestoro,  per 
cui  neppure  si  pu6  avere  la  magnanimita  della  tolleranza  ?  Dunque 
si  vogliono  eccettuare  i  Gesuiti  ?  E  il  popolo  non  fara  nulla  ? 

Si  recitava  cosi  la  commedia  tacitamente  gia  concordata.  11  man- 
dare  via  i  Gesuiti  con  un  prosaico  decreto  reale ,  che  li  mettesse  in 
ischiera  coi  religiosi  d'  altri  Ordini ,  era  un  far  loro  troppa  grazia. 
Bisognava  che  si  potesse  veder  chiaro  come  il  sole  di  mezzodi,  che 
i  Gesuiti  erano  spogliati  e  cacciati  per  risoluto  ed  irresistibile  volere 
del  popolo  sovrano  ;  e  che  il  Governo  usava  verso  loro  con  molta 
benignita  e  grazia:  mentre ,  volens  satisfacere  populo,  che  gridava 
unanime  il  tolle,  lolle,  crucifige,  egli  si  contentava  di  spogliarli  e 
cacciarli  via. 

Al  quale  effetto ,  inteso  dalla  setta,  se  non  voluto  positivamente 
dal  Governo,  crebbe  a  dismisura  la  furia  del  bandire  la  croce  ad- 
dosso  ai  Gesuiti ;  onde  la  Liberia ,  la  Nuova  Roma ,  il  Tempo ,  il 
Tribuno,  li  vennero  designando  a  tutte  le  furie  infernali,  con  ogni 
piu  ribalda  imputazione  di  delitti  imperdonabili. 

Dalle  grida  a  voce  ed  a  stampa  si  venne  a'  fatti  il  9  marzo.  Al 
Gesu  predicava  il  P.  Tommasi.  Gli  stessi  compilatori  della  Liberia, 
presenti  alia  predica,  attestarono  che  questa  non  avea  nulla  di  straor- 
dinario,  e  non  contenea  veruna  allusione  politica.  Malgrado  di  cio  un 
tal  E.  Santini,  ufficiale  del  Palladia  o  Guardia  nazionale,  non  si 
contenne  dal  dare  tali  segni  di  disapprovazione  e  di  sprezzo,  che 
moltissimi  degli  astanti  ne  sentirono  vivo  sdegno;  ed  all'  uscire  di 
chiesa  gli  dissero  che  o  non  vi  tornasse  piu ,  o  vi  si  contenesse  da 
cristiano.  Egli  rispose  con  quella  buona  creanza  e  con  quella  mode- 
razione  che  sola  puo  trovarsi  in  un  pari  suo.  Ne  nacque  un  diverbio 
aspro,  quindi  un  conflitto ,  nel  quale  tocco  alquante  busse.  Non  ap- 
proviamo  le  busse;  ma  da  tutti  puo  vedersi,  e  fu  confessato,  anche 
a  stampa,  da  fogli  suoi  complici  e  partigiani ,  che  egli  avea  provocato 
col  suo  contegno  quel  parapiglia.  Se  chi  lo  percosse  manco  di  mo- 
derazione ,  egli  certo  avea  stancata  la  loro  pazienza .  Ed  e  indubitato 
che  He  i  Protestanti  nel  loro  4empio,  n£  i  Giudei  hella  loro  sinagoga 
sarebbero  stati  da  costui  insultati,  come  egli  fece  nella  Chiesa  del  Gesu. 

Furono  arrestati  dalla  questura  parecchi  come  imputati  d'aver 
percosso  il  Santini.  Intanto  si  preparo  un  fiero  tumulto  per  la  domane. 
La  Nuova  Roma  disse  chiaro  che  i  militi  di  tre  compagnie  del  batta- 
glione,  cui  e  ascritto  il  Santini,  si  appostarono  quella  mattina  sulla 
piazza  del  Gesu ,  all' intento  di  pigliarsi  una  rivincila ,  coll'assalire 
e  bastonare  per  bene  i  caccialepri ,  ossia  i  giovani  cattolici  che, 
dopo  aver  portate  le  armi  a  difesa  del  S.  Padre,  ora  usavano  alia 
Ghiesa  del  Gesu.  La  Polizia  n'era  avvisata ,  e  sulla  piazza  erano 


88  CRONACA 

disseminati  Carabinieri  e  molte  Guardie  di  pubblica  sicurezza .  La 
predica  fu  di  soggetto  morale,  e  senza  pure  un  cenno  di  cose  poli- 
tiche.  Appena  cominciarono  ad  uscire  i  giovani  cattolici  dalla  por- 
ticina  laterale,  furono  investiti  con  urli,  fischiate  e  minacce;  e  con- 
tinuando  essi  a  procedere  oltre  senza  mostrarne  timore,  quei  prodi 
furono  loro  addosso  con  mazze  a  percoterli  furiosamente ,  costrin- 
gendoli  a  rientrare  in  chiesa,  anche  per  salvarsi  dalle  palle  di  piombo 
che  erano  loro  scagliate  alia  testa  e  in  petto.  Cinque  di  essi  ne  furono 
feriti ,  e  1'un  d'essi  a  morte.  Al  rientrar  delle  vittime  in  chiesa,  vi 
penetrarono  pure  i  vindici  del  Santini ;  e  cosi  nel  Santuario  stesso 
si  distese  il  tumulto.  Al  tempo  stesso  per  una  delle  porte  maggiori 
che  mettono  in  piazza  si  precipitarono  entro  la  Chiesa  drappelli  di 
soldati  colle  baionette  spianate ,  Guardie  di  sicurezza  pubblica  colla 
daga  imbrandita,  Guardie  municipali  o  Pizzardoni  che  dimenavano 
la  sciabola ,  Carabinieri ,  ufficiali  di  linea ,  tutti  occupati  a  perse- 
guitare  chiunque  tenesse  un  bastoncino,  rovesciando  e  percotendo 
donne  e  fanciulli ,  ed  operando  come  se  d'  assalto  avessero  superato 
una  barricata. 

Al  sacerdote  che,  sul  terminare  della  messa,  intimava  a  codesti 
profanatori  il  rispetto  della  chiesa  e  denunziava  la  scomunica ,  essi 
rispondeano  coll'intimargli  1' arresto.  Veggasi  di  cio  la  relazione  del 
Sacerdote  Collalti ,  stampata  nell'  Osservatore  Romano .  Noi  non 
ci  stenderemo  nella  descrizione  delle  infamie  compiute  in  chiesa 
e  sulla  piazza.  Ne  abbiamo  dato  un  cenno  altrove.  Quello  che  ne 
pubblicarono  gli  stessi  diarii  delle  sette  e  piu  che  sufficiente  a  di- 
mostrare  che:  1°  i  Gesuiti  non  ci  entravano  per  nulla;  2°  che  la 
provocazione  fu  fatta ,  ed  il  tumulto  fu  eccitato  dai  settarii ;  3°  che 
la  questura ,  o  non  seppe  prevedere ,  o  non  voile  reprimere  il  tu- 
multo; 4°.  che  gli  arresti  furono  fatti  aH'impazzata  e  quasi  tutti  a 
carico  delle  vittime:  5°.  che  tutto  quell' affare  era  diretto  ad  eccitare 
il  tolle  >  tolle  cruciftge  che  molti  veri  Giudei  urlavano  sulla  piazza 
del  Gesu,  e  che  dovea  dar  pretesto  alia  oppressione  dei  Gesuiti. 

II  parapiglia  nella  Chiesa  dur6  buona  pezza.  Fino  a  tarda.sera 
sulla  piazza  e  nelle  prossime  vie,  dove  chi  usciva  dalla  Chiesa  o 
dalla  casa  del  Gesu  era  fatto  segno  ai  piu  brutali  insulti,  benche 
protetto  da  un  delegato  e  da  guardie  della  questura  o  da  ufficiali 
dell'esercito. 

I  Gesuiti  hanno  giusto  motivo  d'  andarne  alteri ,  vedendosi  cosi 
posti,  come  bersaglio  ai  colpi  della  iniquita  vittoriosa,  partecipando 
alia  sorte  del  Sommo  Pontefice. 

Di  che,  per  evitare  ogni  maligna  interpretazione,  ci  basta  re- 
citare  una  particella  di  quel  che  leggesi  nell'  Osservatore  Romano. 


CONTEMPORANEA  89 

n°.  64  del  18  marzo,  sotto  il  titolo:  I  Gesuiti,  diretto  a  sfatare  le 
abbominevoli  calunnie  della  Gazzetta  d'  Italia;  la  quale  ha  scoperto 
che  tutti  i  malanni  d' Italia,  tutti  i  suoi  tormenti,  tutte  le  sue  pene 
provengono  dai  Gesuiti.  L'Osservalore,  con  ironia  calzante  e  chia- 
rissima  ne  fa  i  suoi  rallegramenti  con  la  Gazzetta,  maravigliandosi 
perd  d'averla  veduta  giungere  cosi  tardi  a  cosi  importante  scoperta. 

«  Non  era  infatti  necessario  un  troppo  sottile  accorgimento  per 
acquistare  certezza  che  se  il  Sommo  Pontefice  non  voile  mai  che  la 
Chiesa  cattolica  venisse  a  transazione  coll'ateismo  e  coll'empieta,  cio 
accadde  soltanto  per  le  arti  maligne  all'  uopo  adoperate  dai  Gesuiti. 
Se  la  Santa  Sede  condanno  coraggiosamente  i  turpi  error!  e  le  stolte 
dottrine  che  la  falsa  civilta  moderna  vorrebbe  sostituire  alle  norme 
inconcusse  ed  inalterabili  della  religione ,  della  giustizia  e  della  mo- 
ralita,  cio  deve  attribuirsi  soltanto  alle  perfide  insinuazioni  dei  Ge- 
suiti; se  in  Roma  e  vivissirao  e  quasi  universale  il  malcontento  ed 
in  tutti  i  paesi  cattolici  unanime  e  prepotente  1'agitazione,  tutto  cio 
non  e  che  una  commedia ,  un  artificio,  una  gherminella  dei  Gesuiti. 
E  similmente  allorche  si  legge  in  qualche  foglio  liberale  che  il  Papa 
parte  da  Roma ,  nessuno  manca  di  riconoscere  nei  Gesuiti  gli  autori 
di  questa  risoluzione;  se  altri  affermano  che  il  sommo  Pontefice  non 
partira,  bisognerebbe  esser  ciechi  per  non  vedere  che  i  Gesuiti  vo- 
gliono  con  questo  mezzo  mettere  in  imbarazzo  il  Governo;  se  il  Papa 
non  esce  dai  Vaticano,  egli  e  perche  i  Gesuiti  hanno  inventato  questo 
artificio  di  una  prigionia  simulata;  se  fa  elemosine  e  soccorre  coloro 
cui  il  civilissimo  Governo  italiano  tolse ,  contro  ogni  equita  .  il  ne- 
cessario sostentamento  giornaliero,  quelle  elargizioni  e  quei  sussidii 
rivelano  da  mille  miglia  lontano  un  espediente  immaginato  dai  Gesuiti 
per  apparecchiare  e  muni  re  una  poderosa  reazione;  se  finalmente  il 
governo  unitario  non  fa  che  aumentare  a  dismisura  ogni  giorno  la 
serie  degli  spropositi  e  se  non  ne  indovina  una ,  chi  oserebbe  negare 
che  siano  i  Gesuiti  la  vera  e  genuina  ragione  di  tanta  bestialita? » 

Troppo  largo  compenso,  per  le  calunnie  e  le  violenze  di  cui  sono 
vittime,  trovano  i  Padri  della  Compagnia  di  Gesu  nel  conforto  che 
ricevono  dai  Sommo  Pontetice  Pio  IX;  del  quale,  senz'altro  com- 
mento ,  vogliamo  qui  recitare  il  Breve,  diretto  all'  eiiio  Card.  Patrizi 
Vicario  Generate  di  S.  S,  nelle  cose  spiritual!  di  Roma  e  suo  distretto. 
Questo  documento ,  di  cui  non  e  bisogno  che  noi  facciamo  rilevare 
1'importanza  nelle  presenti  congiunture ,  fu  pubblicato  nella  Corre- 
spondence de  Geneve,  da  cui  lo  trasse  il  diario  romano  il  Buon  Senso, 
n°.  78  del  19  marzo,  ed  e  del  tenore  seguente. 


90  CRONACA 

Venerabile  Fratello  Nostro,  salute  ed  Apostolica  benedizione. 

La  Chiesa  di  Dio ,  quale  Regina  abbigliata  di  gemmate  vesti 
siccome  fu  decorata  dello  splendido  ornamento  di  diversi  Ordini  Re- 
golari ,  cosi  si  valse  sempre  della  attivita  loro  a  propagare  la  gloria 
del  nome  di  Dio,  a  spedire  gli  aftari  concernenti  il  popolo  fedele  e 
ad  introdurre  o  promuovere  nelle  nazioni  la  civilta.  Quindi  e  che 
quanti  furonvi  nemici  della  Chiesa,  tutti  acerbamente  perseguitarono 
gli  Ordini  Regolari,  e  fra  questi  principalmente  accaneggiarono  la 
Compagnia  di  Gesu,  come  quella  che  stimarono  piu  operosa,  e  percio 
alle  loro  mire  piu  infesta.  Cio  vediamo  con  dolore  ripetersi  al  pre- 
sente,  mentre  gli  usurpatori  del  Nostro  Stato  agognando  ad  una  preda 
sempre  fa  tale  ai  rapitori,  pare  che  vogliano  dalla  Compagnia  di  Gesu 
esordire  la  soppressione  di  tutte  le  famiglie  religiose.  Al  qual  delitto 
per  farsi  strada,  le  vanno  concitando  contro  I'  odio  del  popolo  ,  e  1'ac- 
cusano  di  inimicizia  col  presente  Governo  e  soprattutto  di  tale  in- 
fluenza e  potere  presso  Noi ,  che  ci  soprafi'accia  per  guisa,  da  nulla 
fare  che  non  ci  venga  suggerito  da  lei  e  da  renderci  piu  ostili  allo 
stesso  Governo.  La  quale  sciocca  calunnia  se  volgesi  in  sommo  di- 
spregio  di  Noi,  che  veniamo  riputati  inetti  del  tutto  ed  incapaci  di 
prendere  una  qualunque  risoluzione,  e  poi  manifestamente  assurda, 
conoscendo  tutti  che  il  Romano  Pontefice,  dopo  aver  implorato  il  lume 
e  la  grazia  divina,  fa  ed  ordina  cio  che  stima  giusto  ed  utile  alia 
Chiesa:  e  che  negli  afFari  piu  gravi  suole  valersi  dell' opera  di  quelli, 
siano  pure  di  qualunque  grado ,  condizione,  od  Ordine  Regolare,  i 
quali  essendo  piu  periti  della  materia  di  cui  trattasi ,  pensa  che  pos- 
sano  emettere  un  parere  piu  savio  e  prudente .  Spesso  certamente  ci 
serviamo  anche  dei  Padri  della  Compagnia  ed  affidiamo  loro  diversi 
officii,  massimamente  quelli  che  riguardano  il  ministero  sacro ,  ed 
essi  nell'eseguirli  ci  mostrano  sempre  piu  chiaramente  quello  zelo 
ed  impegno,  pei  quali  frequent!  ed  amplissime  lodi  meritarono  dai 
nostri  Predecessori.  Ma  il  nostro  afietto  e  stima  giustissima  della 
Compagnia,  che  tanto  bene  ha  meritato  sempre  della  Chiesa,  di  que- 
sta  Santa  Sede  e  del  popolo  cristiano,  e  ben  lungi  da  quel  servile 
ossequio  che  fantasticano  i  nemici. di  lei;  la  calunnia  dei  quali  sde- 
gnosamente  rigettiamo  da  Noi  e  dalla  umile  divozione  degli  ottimi 
Padri.  Abbiamo  giudicato  opportune,  Venerabile  Fratello  Nostro,  il 
significarvi  queste  cose,  affinche  siano  poste  in  chiaro  le  insidie  tese 
alia  Compagnia,  il  pensar  Nostro  sconciamente  e  scioccamente  tra- 
volto  sia  raddrizzato ,  ed  alia  medesima  inelita  Compagnia  sia  dato 
un  nuovo  attestato  della  Nostra  particolare  affezione. 

«  Ci  piacerebbe  al  certo,  cogliendo  questa  occasione,  1'intrat- 
tenervi  piu  a  lungo  delle  sempre  crescenti  cause  del  Nostro  dolore; 


CONTEMPORANEA  91 

ma  siccome  tanta  ne  e  la  copia  da  non  potersi  racchiudere  nei  ter- 
mini di  una  lettera,  toccheremo  del  solo  trovato  delle  concessioni  che 
dicono  guarentige,  nel  quale  mal  si  saprebbe  se  primeggi  1'assur- 
dita,  o  1'astuzia,  o  il  ludibrio,  ed  intorno  a  cui  gia  da  molto  tempo 
laboriosa  ed  inutile  opera  spendono  i  rettori  del  Subalpino  Governo. 
Imperocche  dalle  comuni  proteste  dei  cattolici,  e  dalla  politica  neces- 
sita  costretti  a  mantenerci  una  qualche  apparenza  del  sovrano  Nostro 
potere,  onde  non  dobbiamo  essere  stimati  sottoposti  ad  alcuno  nel- 
1'esereizio  del  supremo  reggimento  della  Chiesa,  banno  creduto  po- 
tere raggiungere  questo  scopo  per  mezzo  di  concessioni.  Ma  richie- 
dendo,  di  sua  natura,  la  concessione  nel  concedente  una  potesta  sopra 
quello  cui  si  concede,  ed  assoggettando  questo,  almeno  relativamente 
alia  cosa  concessa,  al  potere  ed  all'arbitrio  di  lui,  necessariamente 
ne  segue,  che  costoro  perdono  1' opera  in  puntellare  la  Nostra  sovra- 
nita  con  quei  mezzi  che  la  sovvertono  e  distruggono.  L'intrinseca 
natura  poi  delle  concessioni  e  tale,  che  ognuna  di  esse  porta  seco 
una  particolare  servitu;  la  quale  e  resa  anche  piu  dura  dalle  ernen- 
dazioni  posteriormente  arrecatevi .  E  inline  lo  spirito  frodolento  ed 
ostile  che,  quantunque  insidiosamente  velato,  ne  emerge,  viene  sif- 
fattamente  rischiarato  dalla  continua  serie  dei  fatti,  che  imprime  loro 
un  evidente  carattere  di  scherno.  Ma  se  la  Chiesa  deve  in  se  espri- 
mere  1'immagine  del  di  vino  suo  Autore,  non  dovremo  Noi,  che, 
quantunque  immeritevoli ,  sulla  terra  rappresentiamo  Gesu  Cristo, 
rendergli  grazie  perche  permette  che  Noi  ancora  siam  circondati  di 
schernevoli  insegne  di  regno?  Egli  al  certo  cosi  vinse  il  mondo;  e 
cosi  pure  per  mezzo  della  sua  sposa  la  Chiesa  ne  trionfera  di  nuovo. 

Intanto,  Venerabile  Fratello  Nostro,  vi  preghiamo  abbondanza 
di  celesti  grazie ,  ad  arra  delle  quali ,  ed  a  pegno  della  particolare 
benevolenza  Nostra  vi  compartiamo  amorevolmente  1'  apostolica  be- 
nedizione. 

Dato  a  Roma,  presso  S.  Pietro,  il  di  2  marzo  dell'  anno  1871, 
vigesimo  quinto  del  nostro  Ponteficato.  PIO  PP.  IX. 

III. 

COSE  STRANIERE 

FRANCIA  —  1.  Le  elezioni  in  Francia  —  2.  Primi  atti  dell'Assemblea  co- 
stituente  —  3.  Thiers  capo  del  potere  esecutivo  —  4.  Protesta  dell'Alsazia 
e  della  Lorena  —  5.  Programma  del  nuovo  governo  —  6.  I  partiti  e  la 
repubblica  in  Francia  —  7.  Preliminari  di  pace. 

1°  La  capitolazione  di  Parigi  venne  a  confefmare  le  previsioni 
della  diplomazia  e  del  giornalismo  che  doe  dal  giorno  della  resa  si 


92  CRONACA 

sarebbero  seriamente  iniziate  trattative  di  pace  fra  le  parti  bellige- 
ranti.  II  Sig.  Favre  recatosi  al  quartiere  generale  tedesco,  vi  aveva 
trovato  un'accoglienza  assai  piu  cordiale  che  nei  primi,abboccamenti 
dello  scorso  settembre;  e  appena  firmata  la  capitolazione,  quantunque 
dall'ima  e  dall'altra  parte  si  proseguissero  gli  apprestamenti  militari, 
pure  ogni  cosa  nelle  relazioni  fra  le  due  parti  recava  un'impronta 
di  maggior  fiducia  che  pareva  un  presagio  sincero  di  pace. 

L'  armistizio  di  Versailles  aveva  a  scopo  primario  di  dar  tempo, 
mediante  la  sospensione  delle  ostilita,  alia  Francia  di   convocare 
un'Assemblea,  la  quale  avesse  un  mandate  legittimo,  quanto  lo  con- 
sentivano  le  circostanze,  per  costituire  un  governo  e  trattar  la  pace.  II 
partito  piu  imperiosamente  dettato  dall'  armistizio  era  la  convocazione 
dei  Collegi  elettorali  in  tutta  la  Francia.  I  Tedeschi  consentivano  alle 
elezioni,  anche  nei  dipartimenti  occupati  dalle  loro  truppe,  e  promette- 
vano  rispettare  il  libero  voto  delie  popolazioni.  Nei  dipartimenti  del- 
1'Alsazia  e  della  Lorena  il  sig.  Bismark  non  riconosceva  in  realta 
quelia  votazione,  ma  chiudeva  un  occhio  e  lasciava  fare.  Percio  un 
decreto  del  governo  della  difesa  Nazionale  di  Parigi  convocava  il  po- 
polo  francese  nei  Comizii,  per  il  giorno  8  febbraio,  e  1'Assemblea  sorta 
da  quel  voto,  a  Bordeaux  pel  giorno  12  successive.  Questo  spazio  bre- 
vissimo,  come  lo  disse  lo  stesso  Sig.  Favre  neH'Assemblea,  non  sarebbe 
bastato  in  altre  circostanze;  ma  nelF  urgenza  presente  fu  prefisso  ed 
accettato  dal  paese.  Non  e  pero  a  credere  che  in  questa  confusione 
della  Francia  e  brevita  di  termini,  le  elezioni  procedessero  colla  mas- 
sima  regolarila;  che  anzi  ad  aggiungere  confusione  si  vennero,  per 
colpa  degli  stessi  governanti,  ad  accrescere  le  difficolta.  II  decreto 
di  convocazione  fu  spedito  a  Bordeaux  dal  Favre  per  telegrafo,  col- 
1'annunzio  che  un  membro  del  governo  di  Parigi  seguiva  la  stessa 
via  per  arrecare  a  quelia  Delegazione  le  maggiori  spiegazioni  che 
fossero  necessarie  all'uopo.  Ma  i  membri  della  delegazione  di  Bor- 
deaux non  aspettarono  1'  arrive  del  messaggero  di  Favre;  che  tro- 
vando  troppo  pericolosa  la  liberta  massima  lasciata  alia  scelta  degli 
elettori,  essi  pubblicavano  un  altro  decreto,  di  cui  diamo  il  tenore: 

«  I  membri  del  Governo  della  difesa  nazionale,  delegati  per 
rappresentare  il  Governo  ed  esercitarne  i  poteri ; 

«  Considerando  esser  giusto  che  tutti  i  complici  del  regime,  il 
quale  comincio  con  1'  attentato  del  2  dicembre  per  finire  con  la  ca- 
pitolazione di  Sedan,  lasciando  in  legato  alia  Francia  la  rovina  e  la 
devastazione  .  sieno  puniti  momentaneamente  colla  stessa  perdita  dei 
diritti  politici,  inflitta  alia  dinastia  per  sempre  maledetta,  di  cui  essi 
furono  i  colpevoli  strumenti; 

«  Considerando  che  questa  e  una  sanzione  necessaria  della  re- 
sponsabilita  che  essi  incorsero,  aiuta.ndo  scientemente  I'-ex-imperatore 


CONTEMPORANEA  93 

nel  compimento  dei  diversi  atti  del  suo  Governo,  atti  che  misero  la 
patria  in  pericolo; 

«  Decretano : 

«  Art.  1.  Non  potranno  essere  eletti  rappresentanti  del  popolo 
all' Assemblea  nazionale  gl'  individui  che  dal  2  dicembre  1851  fino 
at  4  settembre  1870  accettarono  le  funzioni  di  ministro,  senatore, 
consigliere  di  Stato  e  di  prefetto. 

«  Art.  2.  Sono  egualmente  esclusi  dall'  eliggibilita  all'  Assemblea 
nazionale  gl'  individui,  i  quali  alle  elezioni  legislative,  che  ebbero  luogo 
dal  2  die.  185!  finoal  4  sett.  1870,  accettarono  la  candidatura  officiale, 
e  i  cui  nomi  figurano  nelle  liste  delle  candidature  raccomandate  dai 
prefetti  ai  suffragii  degli  elettori,  e  furono  pubblicati  nel  Moniteur  Of- 
ficiel  con  la  seguente  menzione —  Candidate*  del  Governo,  candi- 
date dell'  amministrazione ,  o  candidate  officiale. 

«  Art.  3.  Sono  nulle,  di  nullita  assoluta,  le  schede  portanti  i 
nomi  degl' individui  compresi  nelle  categoric  sopra  indicate.  Queste 
schede  non  saranno  contate  nella  enumerazione  dei  voti . 

«  Fatto  a  Bordeaux,  li  31  gennaio  1871. 

«  A.  CREMIEUX  —  L.  GAMBETTA  —  GLAIS  BIZOIN  — L.  FOURICHON.  » 

Questo  decreto  dest6  una  impressione  sfavorevolissima.  Fu  di- 
sapprovato  non  solo  dal  governo  di  Parigi  e  dalla  massima  parte 
della  stampa  francese,  ma  anche  all'estero  da  quanti  nutrivano  sim- 
patie  per  quella  disgraziata  nazione;  e  il  Conte  di  Bismark  affret- 
tavasi  a  protestare  contro  quella  violenza  che  volevasi  fare  al  libero 
suffragio  della  nazione  francese.  Frattanto  arrivava  a  Bordeaux  il 
Sig.  Jules  Simon,  Delegate  del  governo  di  Parigi ,  e  dopo  due  giorni 
di  dispute  e  di  agitazione,  il  governo  di  Parigi  cassava  quel  decreto 
della  Delegazione  di  Bordeaux ;  e  questa  dichiaravasi  tutta  insieme 
dimissionaria. 

Le  elezioni  per  1'  Assemblea  costituente,  per  quanto  venissero  re- 
pentine  e  si  tenessero  per  un  buon  terzo  della  Francia  alia  presenza 
degli  eserciti  nemici ,  pure  e  per  la  varieta  delle  opinioni  che  libe- 
ramente  si  manifestarono ,  e  per  1'ordine  che  relativamente  si  mao- 
tenne ,  e  per  la  serieta  con  cui  vennero  fatte,  si  possono  ritenere  come 
esemplari  nella  storia  del  governo  rappresentativo  di  Francia.  Lilla, 
Bordeaux,  Lione,  Marsiglia,  Tolone,  Tolosa,  quasi  tutte  le  citia  apersero 
le  porte  dell'  Assemblea  ad  uomini  di  tutti  i  partiti  politici.  E  si  puo 
dire  che  non  mai  la  Francia  abbia  espresso  cosi  esattamente  le  pro- 
prie  intenzioni,  come  questa  volta  che  senza  programmi,  senza  can- 
didati  officiali,  alia  presenza  di  un  nemico  soverchiante,  ogni  Francese 
cercava  nel  suo  cuore,  non  la  soddisfazione  di  una  passione  politica, 
ma  la  salute  del  suo  paese.  Uomini  di  tutti  i  partiti  erano  eletti:  dal 


94  CRONACA 

Principe  Napoleone.,  dai  duchi  di  Joinville  e  d'  Aumale,  da  Charrette 
e  da  Thiers,  fino  a  Gambetta,  a  Cremieux  e  a  Garibaldi:  si  puo  dire 
che  gli  uomini  tenuti  in  qualche  conto  erano  designati'a  quel  consesso, 
senza  distinzione  di  opinione  politica ,  per  provvedere  colla  rfunione 
del  fior  della  Francia  al  bene  della  patria  pericolante. 

Ed  in  vero  1'  Assemblea  di  Bordeaux  si  mostro  assai  piu  degna 
del  suo  mandate,  che  tante  altre  assemblee  precedenti,  e  si  vide 
fiorire  assai  piu  senno  e  moderazione  in  questa,  cui  incumbeva  1'onere 
di  conchiuder  con  si  grandi  sacrificii  la  pace,  che  non  in  quella  dalla 
quale  era  uscito  con  tanta  leggerezza  il  segnale  della  guerra.  La  sola 
citta  di  Parigi  si  mostro  ostinata  nella  demagogia  :  ad  eccezione  di 
Thiers,  nella  Capitale  della  Francia.  tutti  gli  altri  uomini  appar- 
tenenti  in  qualche  modo  al  partito  dell'ordine,  qualunque  ne  fos- 
sero  i  principii  politici ,  dovettero  cedere  il  posto  ai  V.  Hugo,  L.  Blanc, 
Quinet,  Gambetta,  Garibaldi,  Rochefort,  Pyat,  Martin,  Dorian,  Dufraisse, 
Greppo,  Floquet  e  ad  altri  men  noti  caporioni  del  partito  anarchico. 

2.  II  G  fehbraio  arrivavano  a  Bordeaux  i  signori  Pelletan,  Gamier 
Pages  e  Arago,  Delegati  del  governo  di  Parigi ,  per  reggere  gli  affari 
della  Delegazione,  in  lnogo  di  Gambetta  e  socii  che  eransi  dimessi. 
Prima  cura  di  questi  signori  fu  di  provvedere  un  locale  all'  Assemblea 
costituente,  e  per  1' urgenza  del  tempo  fu  giocoforza  raccoglierla  nel 
teatro  grande  di  quella  citta.  L'  architetto  Burgnet  avea  disposto  nel 
seguente  modo  la  sala.  Chiuso  affatto  il  palco  scenico  con  un  grande 
tavolato.  L'  ufficio  della  presidenza  si  innalza  sull'  antica  loggetta  del 
suggeritore .  La  tribuna  sta  innanzi  alia  presidenza ,  dove  sedeva 
prima  il  capo  orchestra.  La  platea  del  teatro  e  disposta  a  piano  in- 
chinato,  e  dalla  tribuna  si  innalza  fmo  alia  prima  fila  dei  palchi  per 
modo  che  gli  stalli  dei  deputati  si  succedono  elevandosi  gradata- 
mente  dal  centro  della  platea  fino  all'  ultimo  ordine  di  seggi,  che  sta 
nella  gran  loggia  di  prima  fila.  Le  gallerie  del  secondo  e  terzo  piano 
sono  destinate  al  pubblico:  una  loggia  del  proscenio  e  riservata  al 
corpo  diplomatico,  altre  ai  giornalisti.  Gli  ufficiali  dell'  ex-corpo  le- 
gislative sono  venuti  tutti  da  Parigi  a  Bordeaux,  dal  Sig.  Vallette  se- 
gretario  generale  e  dagli  stenografi,  segretarii  e  redattori  fino  agli 
uscieri.  In  questa  sala  cosi  novamente  disposta  1' Assemblea  costituente 
tenne  le  sue  sedute,  cominciando  dal  12  febbraio  scorso. 

II  Sig.  Benoist  D'  Azy,  decano  d'  eta,  tenne  il  seggio  della  Pre- 
sidenza provvisoria  alia  presenza  di  circa  300  deputati.  Fin  dal  mat- 
tino  la  folia  assiepava  la  piazza  del  teatro,  ma  si  conteneva  in  ordine, 
mostrando  curiosita  di  conoscere  i  deputati ,  gran  -parte  dei  quaii 
affatto  nuovi  alia  vita  politica.  La  guardia  nazionale  e  qualche  di- 
staccamento  di  fanteria  e  cavalleria  di  line  a  custodiva  gli  accessi 


CONTEMPORANEA  95 

alia  sala.  II  22°  corpo  d'armata  francese  dell' esercito  di  Faidherbe 
era  stato  chiamato  in  fretta  da  Lilla,e  imbarcatosi  a  Dunkerque  veniva 
a  Bordeaux,  per  mantenere  1' ordine  nella  citta.  Questo  corpo,  com- 
posto  in  gran  parte  di  soldati  sfuggiti  alle  rotte  di  Metz  e  di  Se"dan, 
era  il  meglio  in  arnese  che  allor  possedesse  la  Francia. 

La  prima  tornata  dell'  Assemblea  non  ebbe  importanza.  Benoist 
D'  Azy  fu,  come  dicemmo,  riconosciuto  Presidente  d'  eta ,  e  i  quattro 
deputati  piu  giovani  eletti  a  segretarii.  Nell'  occupare  il  seggio  della 
presidenza  D' Azy  disse  che  quantunque  ristretta  di  numero  1'. Assem- 
blea, stante  la  gravita  delle  circostanze  dovea  costituirsi  al  piu  presto. 
La  costituzione  provvisoria  venne  vqtata  senza  ostacolo.  De-Larcey 
propose  che  appena  arrivati  la  meta  piu  uno  dei  750  deputati  che  la 
compongono,  1'  Assemblea  dovesse  procedere  alia  costituzione  del  suo 
uffizio  di  presidenza. 

Nella  tornata  del  14  febbraio,  il  Sig.  Favre  si  trovava  presente. 
Erano  pur  presenti  circa  450  deputati.  II  Sig.  Favre  depose  con  un 
discorso  eloquente  e  spesso  applaudito ,  il  potere  nelle  mani  dell'  As- 
semblea costituente ;  dichiaro  che  tanto  egli  quanto  i  suoi  compagni 
avean  raccolto  il  governo  in  un  momento  di  pericolo,  ed  eran  lieti  di 
deporlo  nelle  mani  dei  rappresentanti  legali  della  Francia.  Si  astenne 
dalparlare  delle  quistioni  relative  alia  pace;  solo  osservo  che  «  r Assem- 
blea decidera  in  piena  liberta,  come  s'  appartiene  ai  rappresentanti  del 
paese,  i  quali  non  prendono  consiglio  che  dalla  salute  della  Francia 
e  non  hanno  altra  sollecitudine  che  il  suo  onore  (applausi).  Ecco  cio 
che  il  nemico  deve  sapere !  »  Questa  tornata  poi  si  chiuse  con  un  in- 
cidente  eroico-comico  sollevato  dall'  onorev.  Garibaldi.  E  noto  che  Ga- 
ribaldi eletto  a  deputato  a  Parigi,  a  Nizza,  in  Savoia,  nel  Basso  Reno,  a 
Digione  e  in  Algeria,  quando  vide  che  T  immensa  maggioranza  del- 
1'Assemblea  componevasi  di  uomini  che  volean  la  pace,  diede  le  sue 
dimissioni  per  mezzo  di  una  lettera  al  Presidente,  la  quale  fu  letta  in 
principio  della  tornata.  Alia  fine  poi  della  tornata  medesima  avvenne 
cio  che  leggiamo  nel  resoconto  ufficiale  di  quella  seduta. 

«  Presidente.  La  seduta  pubblica  e  sciolta.  (Alcuni  istanti  dopo 
che  il  Presidente  e  disceso  dal  suo  seggio,  il  gen.  Garibaldi  si  alza  e 
domanda  la  parola. ) 

Varie  voci.  E  troppo  tardi!  —  La  seduta  e  sciolta  !  —  Non  si  ha 
piu  diritto  di  parlare  in  un' assemblea,  quando  si  sono  date  le  di- 
missioni! (Una  certa  agitazione  si  manifesta  nell' Assemblea  e  nel- 
1'  uditorio) . 

Presidente  (Che  e  risalito  al  seggio  e  tiene  il  cappello  in  capo). 
Ho  dichiarato  la  seduta  sciolta  e  non  posso  che  esortare  i  miei  col- 
leghi  a  raccogliersi  negli  uffizii.  Ordino  che  le  tribune  siano  imme- 
diatamente  sgombrate. 


96  CRONACA 

Da  molte  parti  della  sala.  Benissimo!  Benissimo! 

La  ragione  di  questa  freddissima  accoglienza  fatta  ali'eroe  del  due 
mondi  dall'Assemblea  francese,  si  trova  nel  discorso  che  costui  indirizz6 
al  pubblico,  raccolto  sulla  piazza  all'  uscire  dalla  seduta.  Ecco  il  sunto, 
quale  lo  troviamo  nella  Liberte  del  14 :  «  Ho  sempre  saputo  distinguere 
«  (furono  presso  a  poco  le  sue  parole)  tra  la  Francia  monarchica ,  la 
«  Francia  dei  Preti  e  la  Francia  repubblicana.  Le  due  prime  France 
«  non  meritano  che  esecrazione;  ma  la  Francia  repubblicana  deve 
«  avere  tutto  il  nostro  amore  e  tutta  la  nostra  devozione.  Finch&  il 
«  popolo  avra  a  rimproverarsi  di  aver  dato  i  suffragi  a  monarchici 
«  e  a  preti,  il  popolo  sara  ingannato  e  condannato  alia  miseria  e  alia 
«  schiavitu.  Ma  questa  assemblea,  da  cui  esco,  lasciatela  durare  il  piu 
«  che  sia  possibile;  e  un  mezzo  piu  che  sicuro  di  screditare  il  partito 
«  monarchico  che  rappresenta,  e  di  affrettare  il  ritorno  della  sovranita 
«  del  popolo.  »  Un  linguaggio  cosi  insolente  spiega  la  freddezza  del- 
1'Assemblea  per  chi  ebbe  il  coraggio  di  usarlo ;  ne  gli  si  puo  ragio- 
nevolmente  attribuire  altro  motivo  che  il  mal  represso  livore  di 
vedersi  deluso  nelle  proprie  -mire  ambiziose,  e  uno  sfogo  puerile  di 
questo  livore.  Ma  basti  di  cio. 

L'  Assemblea  procedette  nelle  sedute  del13,  U  e  15  alia  verifica 
dei  poteri,  e  approvo  rapidamente  un  gran  numero  di  elezioni ,  la- 
sciando  in  disparte  quelle,  intorno  alle  quali  nascevano  dissensi,  che 
avuto  riguardo  allo  stato  della  Francia  nel  tempo  de'voti  doveVano 
necessariamente  esser  molti.  Si  aggiungevano  due  altre  cause  speciali 
di  irregolarita.  In  primo  luogo,  molti  prefetti  avevano  mantenuto  in 
vigore,  malgrado  1'abrogazione  fattane  dal  Governo  di  Parigi,  il  decreto 
di  Gambetta  e  socii,  del  1°  febbraio  e  da  noi  riferito  piu  sopra,  col 
quale  si  creavano  molte  categoric  di  ineleggibili.  In  secondo  luogo  si 
avevano  le  elezioni  di  due  principi  della  famiglia  d' Orleans,  i  Duchi 
di  Joinville  e  di  Aumale ,  che  in  forza  di  due  leggi ,  di  cui  riesce 
impossibile  aver  la  data ,  ma  che  vennero  pubblicate  dopo  le  rivolu- 
zioni  del  31  o  del  48,  erano  ineleggibili.  Quanto  alle  prime  elezioni  esse 
vennero  in  gran  parte  rimandate,  talune  pero  furono  ammesse  dopo 
assai  vive  discussioni.  Quanto  poi  a  quella  dei  Duchi  d' Orleans, 
T  Assemblea  parve  disposta  a  dimenticarsi  delle  leggi  di  esclusione 
che  pesavano  sovra  di  loro,  ed  accolse  in  silenzio  la  conclusione 
dell'ufficio  che  «  il  ritardo  non  pregiudicava  nulla ,  e  che  soltanto 
la  Camera  aveva  il  diritto  di  stabilire  il  principio!  »  Ma  sapevasi 
che  i  principi  d'  Orleans  erano  intanto  partiti  da  Twikenham  in 
Inghilterra  dove  risiedono  ordinariamente ,  per  venire  in  Francia. 
Si  aveva  infatti  fra  gli  orleanisti  la  speranza  che  la  gran  maggio- 
ranza  dell' Assemblea  fosse  favorevole  al  ritorno  di  quella  famiglia  sul 
trono  di  Francia. 


CONTEMPORANEA  97 

Pero  nella  seduta  del  16  febbraio,  in  cui  si  costitui  definitiva- 
mente  1'  Assemblea,  la  presidenza  venne  conferita  eon  519  voti  sovra 
538  votanti,  cioe  alia  quasi  unanimita,  ad  un  antico  repubblicano 
moderate  il  Sig.  Grevy.:  il  che  non  prova  certo  che  tutti  coloro  i 
quali  votarono  per  Grevy  fossero  repubblicani ,  ma  puo  provare  che 
nessun  partito  monarchico  sentendosi  forte  abbastanza ,  tutti  i  mo- 
narchici  votarono  per  un  repubblicano ,  siccome  tale  che  escludendoli 
tutti  in  genere,  non  ne  esclude  nessuno  in  ispecie.  Pero  nelle  no- 
mine secondarie  gli  orleanisti  ebbero  dappertutto  un  facile  trionfo. 
Vennero  infatti  eletti  Vice-presidenti :  Martel  con  417  voti;  Benoist 
D' Azy  con  391  ;  Vitet  con  319;  Malleville  con  385;  questori  Baze, 
Martin,  Palliere  e  Princeteau;  segretarii  Bethmont,  Barante,  R6- 
musat,  Johnston,  Castellane,  De  Meaux:  e  di  tutti  questi  i  perso- 
naggi  piu  noti  o  sono  antichi  orleanisti ,  o  persone  che  non  ricuse- 
rebbero  di  divenirlo.  La  fisonomia  della  Camera  in  quella  seduta 
del  1 6,  in  cui  si  costitui  ed  ebbe  nel  suo  seno  538  de'  750  deputati 
di  cui  dovrebbe  comporsi,  fu  descritta  dai  giornali.Quei  540  deputati 
si  potevano  ripartire  in  quattro  grandi  categoric,  cioe  120  repubbli- 
cani ;  50  legittimisti ;  350  orleanisti  o  monarchic!  costituzionali  e  un 
20  bonapartisti.  I  repubblicani  poi  si  diyidevano  in  due  gruppi  distinti; 
una  cinquantina  formavano  la  cosi  detta  montagna,  gli  altri  si  avvici- 
navano  piu  al  centro  sinistro  e  al  centro,  che  era  la  parte  piu  popolata 
dell' Assemblea.  L'aspetto  deH'Assemblea  era  singolare:  vi  si  vedevano 
generali  in  grande  uniforme,  e  guardie  mobili  in  blouse,  non  piu 
quegli  abiti  gallonati  ed  uniformi  delle  assemblee  dell'  impero ,  ma 
fogge  di  vestire  diverse  1' una  dall'altra.  Vi  si  vedeano  camice  rosse 
e  perfmo  due  preti,  uno  attempato  che  sedeva  alia  sinistra  ed  un 
altro  piu  giovane  alia  destra.  II  governo  della  difesa  aveva  preso 
posto  sui  due  primi  banchi  a  sinistra ,  ma  Gambetta  ammalato  non 
erasi  presentato  ancora  alia  Camera.  Sui  banchi  in  faccia,  a  destra, 
sedevano  Thiers,  Changarnier,ed  altri  personaggi  influenti  dello  stesso 
partito.  Un  solo  senatore  dell'  Impero  il  Sig.  Chasseloup-Laubat  e  stato 
eletto.  Nelle  tribune  si  vedevano  assiduamente  il  ministro  italiano 
Comm.  Nigra,  1' ex-prefetto  di  polizia  Keratry  e  altri  che  sono  men 
noti  ai  nostri  lettori . 

3.  Alia  fine  di  quella  tornata  i  signori  Dufaure,  Malleville,  Yitet 
e  altri  presentarono  al  presidente  la  mozione  che  segue :  «  1  sotto- 
scritti  rappresentanti  propongono  all'Assemblea  nazionale  la  seguente 
mozione  : 

«  II  Sig.  Adolfo  Thiers  e  nominato  capo  del  potere  esecutivo 
della  Repubblica  Francese :  egli  lo  esercitera  sotto  la  sorveglianza 

*  i  iv  t  -  C.  .      .> 

Serie  VIII.  vol.  II,  fasc.  499.  1  24  marzo  1871- 


98  CRONACA 

( controle )  dell'  Assemblea  e  destinera  i  ministri  che  dovranno  as- 
sisterlo. » 

Questa  proposta  venne  immediatamente  trasmessa  agli  uffizii 
della  Camera.  E  gli  uffizii  essendosi  dichiarati.  favorevoli,  nella  succes- 
siva  seduta  del  17  il  sig.  Thiers  venne  eletto  capo  del  potere  esecutivo 
alia  unanimita,  giacche  sovra  582  deputati  present!,  non  ve  ne  furono 
che  tie  o  quattro  contrarii.  Anche  questo  fa  un  fatto  straordinario 
dell'epoca  presente,  non  essendovi  esempio  nei  tanti  governi  che  si 
cerco  quella  nazione,  di  un'  unanimita  cosi  piena,  come  nella  seduta 
dell' Assemblea  Costituente  del  19  febbraio. 

4.  Pero  prima  di  questa  votazione  sorse  un  incidente  che  poteva 
avere  gravissime  conseguenze.  II  dep.  Keller,  a  nome  di  tutti  i  suoi 
colleghi  dell'Alsazia  e  della  Lorena,  presentava  alia  Camera  la  dichia- 
razione  che  segue; 

«  Noi  sottoscritti,  cittadini  francesi,  scelti  a  deputati  dai  dipar- 
timenti  dell' Alto  Reno,  del  Basso  Reno  e  della  Mosella  per  portare 
alia  Assemblea  nazionale  1'espressione  dei  sentimenti  dei  nostri  con- 
cittadini ;  dopo  d'esserci  riuniti,  e  di  comune  accordo;  abbiamo  deciso 
di  esporre  nella  presente  dichiarazione  i  loro  diritti  e  la  loro  volonta 
di  rimanere  per  sempre  Francesi.  L'  Assemblea  nazionale,  la  Francia 
e  F  Europa  che  videro  lo  spettacolo  delle  esazioni  prussiane ,  non 
consumeranno,  ne  lasceranno  consumare  un  atto  che  abbia  per  effetto 
lo  smembramento  dell'Alsazia  e  della  Lorena  dalla  Francia.  Noi  siamo 
e  vogliamo  rimanere  sempre  Francesi.  L' Alsazia  e  la  Lorena  non  vo- 
gliono  punto  essere  cedute.  Da  due  secoli  unite  alia  Francia,  tanto 
nella  buona  come  nell'avversa  fortuna,  esse  hanno  suggellato  col  loro 
sangue  ecolla  loro  abnegazione  1' indissoluble  patto  che  leunisce  alia 
Francia.  Esse  affermano,  attraverso  di  tutte  le  sventure,  la  loro  fedelta 
alia  patria  comune.  Alsaziani  e  Lorenesi,  tutti  unanimi ,  gli  uni  col 
voto,  gli  altri  combattendo,  significarono  alia  Europa  il  loro  immuta- 
bile  volere  di  rimanere  cittadini  francesi.  La  Francia  non  potrebbe 
abbandonare  quelli  che  non  vogliono  separarsi  da  essa.  Un'Assemblea 
uscita  dal  suffragio  universale  non  potrebbe  neppure  essa  ratificare  una 
pretensione  distruttiva  della  nazionalita  di  tutto  un  popolo.  E  cio  che 
1' Assemblea  non  potrebbe  fare,  il  popolo  stesso  riunito  nei  suoi  comizii 
neppur  lo  potrebbe.  La  Francia  pud  subire  un  colpo  dalla  forza,  ma  non 
puo  sanzionare  le  disposizioni  di  questa.  L'  Europa,  da  parte  sua,  non 
puo  ratificare  questo  attentato;  essa  non  puo  lasciar  trattareun  popolo 
come  un  branco  di  pecore;  ella  sa  d'altronde  che  1'unita  della  Francia 
e  una  garanzia  essenziale  dell'  equilibrio  e  della  pace  d'  Europa.  La 
pace,  a  prezzo  di  una  cessione  territoriale ,  non  sarebbe  una  pace 
durevole,  sarebbe  tutto  al  piu  una  tregua  momentanea,  tosto  seguita 


CONTEMPORANEA  99 

da  nuova  guerra.  In  quanto  a  noi  Alsaziani  e  Lorenesi,  siamo  pronti 
a  ricominciare  la  guerra.  In  conseguenza  riteniamo  anticipatamente 
come  nulla  e  non  avvenuta  qualsiasi  offerta,  trattato,  voto  o  plebiscito 
che  avesse  per  iscopo  di  separare  dalla  Francia  1'Alsazia  e  la  Lorena. 
Noi  proclamiamo  il  diritto  degli  Alsaziani  di  rimanere  uniti  alia  terra 
francese,  e  tutti  prendiamo  impegno  di  difendere  il  nostro  onore  e  la 
nostra  dignita  ». 

La  quistione  sollevata  dai  deputati  dell'Alsazia  e  della  Lorena 
poleva  avere  conseguenze  gravissime.  L'  accettarla  era  un  rispingere 
affatto  ogni  trattativa  colla  Prussia;  il  rispingerla  era  un  abbandonare 
quelle  disgraziate  province.  La  mozione  e  passata  agli  ufficii.  Thiers 
&  circondato  e  interrogate  dai  deputati  ansiosi  ed  inquieti :  «  L'ado- 
zione  della  proposta,  dice  egli,  implica  la  guerra  ad  oltranza,  la  reie- 
zione  invece  implica  la  pace  ad  ogni  costo  ».  Si  studia  percio  un 
mezzo  termine :  una  presa  in  considerazione ,  come  si  suol  dire  in 
termini  parlamentarii,  che  senza  offendere  i  Lorenesi  e  Alsaziani,  non 
offenda  la  Prussia.  Eccone  la  formola: 

«  L'Assemblea  accogliendo  colle  piu  vive  simpatie  la  dichiara- 
zione  dei  deputati  dell'Alsazia  e  della  Lorena,  se  ne  rimette  alia 
sagacia  e  al  patriottismo  de' negoziatori.  »  Questa  proposta  e  approvata 
all'  unanimita,  meno  i  deputati  delle  province  interessate  che  si  asten- 
gono. 

5.  II  giorno  18  fu  spesoda  Thiers  nel  dare  ordine  alle  cose  piu 
urgenti  della  sua  nuova  carica,  e  a  comporre  il  ministero.  II  giorno 
seguentepoi,  si  presento  alia  Camera  accompagnato  dai  nuovi  ministri, 
e  vi  diede  lettura  di  un  magnifico  programma.  In  esso  protestasi , 
che  non  accetta  il  potere  conferitogli,  se  non  solo  perche  la  sua  pa- 
tria  e  infelice  e  sofferente;  e  inculca  non  bisognar  ora  occuparsi 
della  forma  defmitiva  del  Governo,  ma  sibbene  di  conchiuder  la  pace, 
sbarazzare  ilterritorio  dalla  occupazione  tedesca,  riorganizzare  1'am- 
ministrazione,  1'esercito,  il  lavoro,  rappacificare  gli  spiriti,  rialzare  il 
credito,  ristorare  in  una  parola  la  patria  dalle  immense  sciagure 
sofferte.  Cio  conseguitosi  nel  piu  breve  tempo  possibile,  doversi  allora 
solo  pensare  al  governo  che  voglia  darsi  la  Francia.  Tutto  cio  fu 
esposto  con  quella  limpidezza  e  nobilta  che  sono  le  doti  proprie  della 
sua  eloquenza. 

Con  quest' atto  si  compieva  il  primo  dovere  dell' Assemblea  di 
Bordeaux,  cioe  di  dare  un  governo  alia  Francia.  II  secondo  dovere, 
cioe  quello  di  assicurarle  la  pace,  non  potea  compiersi  che  dopo  le 
trattative  di  Versailles.  Percio  il  potere  esecutivo  doveva  trasferirsi 
a  Parigi,  per  attendere  alacremente  a  questa  gravissima  occupazione. 
II  governo  avea  percio  proposto  che  1' Assemblea  si  prorogasse,  per 
aspettare  che  le  fosse  presentato  il  trattato  di  pace  .  Come  pero  la 


100  CRONACA 

Camera  non  avea  concesso  a  Thiefs  che  un  esercizio  condizionato  del 
potere  esecutivo,  sotto  la  propria  sorveglianza  (controle)  ,  cosi  si 
convenne  di  nominare  una  commissione  di  15  deputati,  i  quali  col 
mandato  dell'Assemblea  assistessero  inParigi  alle  trattative  della  pace. 
Questa  commissione  di  15  membri  venne  nominata  nella  stessa  tor- 
nata  del  19  febbraio,  e  riuscirono  eletti  i  sigg.  Benoist  d'Azy,  Tes- 
serencDe  Bord,  De  Merode,  De  Selligny,  Victor  le  Franc,  Laurenceau, 
Lesperut,  S.  Marc  Girardin,  Barthelemy  S.  Hilaire,  gen.  Aurelles,  Le 
Nourry,  Pouyer-Quertier,  Yitet,  Balbie',  1'Ammiraglio  Saisset. 

Nella  sera  del  26  febbraio  i  rappresentanti  dell'  Inghilterra , 
Austria,  ed  Italia,  si  recarono  presso  il  sig.  Thiers  per  riconoscere  il 
nuovo  capo  dello  Stato  e  la  nuova  forma  di  governo.  Al  domani 
fecero  un  passo  analogo  la  Turchia  e  la  Svizzera,  e  prima  del  20  la 
massima  parte  delle  poterize  incaricarono  della  stessa  missione  i  rap- 
presentanti che  tenevano  a  Bordeaux.  Altre  potenze,  i  ministri  delle 
quali  erano  rimasti  in  Parigi  durante  1'assedio,  lo  riconobbero  al- 
1'arrivo  del  Sig.  Thiers  in  Parigi. 

Ottenuto  infatti  dall' Assemblea  Costituente  il  mandato  di  trattar 
la  pace,  Thiers  preparavasi  a  partire  per  Parigi  e  Versailles.  Si  tenne 
un' ultima  seduta  dell'Assemblea  il  19,  come  abbiamo  detto,  per  la 
nomina  dei  commissarii  alle  trattative  di  pace,  ela  Camera  si  prorogo 
indefinitamente  fino  al  giorno,  in  cui  il  potere  esecutivo  fosse  in  grado 
di  sottoporle  il  trattato  di  pace.  In  questo  spazio  di  tempo  i  deputati 
non  istettero  inoperosi,  ma  si  divisero  in  commissioni,  per  provvedere 
alia  riorganizzazione  dell'esercito,  al  riordinamento  delle  finanze,  al 
ristabilimento  delle  amministrazioni  e  dell'ordine  pubblico  etc. 

Intanto  il  Sig.  Thiers,  accompagnato  dai  ministri  Favre  e  Pi- 
card  e  dai  15  membri  della  comraissione,  recavasi  a  Parigi,  dove 
arrivava  nel  pomeriggio  del  iO  febbraio;  e  il  domani  i  plenipoten- 
ziarii  francesi  presentaronsi  a  Versailles,  dove  il  sig.  Thiers  ebbe 
una  udienza  dall'Imperatore  Guglielmo  di  Germania,  e  subito  dopo 
si  tenne  una  prima  conferenza  con  Bismark ,  che  duro  intorno  a 
cinque  ore.  Ma  di  queste  conferenze,  alle  quali  erano  pure  stati  chia- 
mati  i  primi  ministri  dei  piccoli  Stati  tedeschi  alleati  della  Prussia, 
parleremo  piu  estesamente  nel  seguito. 

6.  Ora  ci  conviene  dire  alcune  cose  delle  condizioni  della  Francia. 
La  capitolazione  di  Parigi  e  la  gita  del  sig.  Favre  a  Versailles  erano 
stati  ricevuti  in  Francia  e  all'estero  come  un  preludio  di  pace.  I  varii 
partiti,  che  dividono  la  opinione  de'Francesi  intorno  alia  forma  del 
governo,  cominciarono  ad  agitarsi.  Legittimisti,  Orleanisti  ed  anche 
i  Bonapartisti  consideravano  la  Francia  come  in  tempo  di  interregno, 
e  speravano  che  da  questo  stato  di  confusione  avesse  ad  uscirne  il 
trionfo  dei  rispettivi  candidati.  Enrico  V,  Duca  di  Bordeaux,  non  omise 


CONTEMPORANEA  101 

di  affermar  novamente  i  suoi  diritti  al  trono  di  Francia,  ma  non 
discese  a  fare  agitazioni ,  ben  conoscendo  la  fermezza  dei  principii 
e  degli  uomini  che  si  raccoglievano  intorno  al  suo  nome.  I  principi 
d' Orleans  i  quali  avevano  lasciato  in  Francia  molti  aderenti  e  i 
ricordi  di  un  governo  assai  prospero  quanto  agli  interessi  materiali , 
ed  inoltre  vedevano  i  loro  antichi  ser.vitori  alia  direzione  della  cosa 
pubblica,  si  diedero  molto  attorno  per  assicurarsi  un  gran  numero  di 
partigiani  nella  nuova  assemblea.  Napoleone  III  infine  dalla  sua  pri- 
gione  di  Wilhelmshohe  mandava  a  sua  volta  un  manifesto  al  Popolo 
francese  che  crediamo  debito  di  cronista  recitare  testualmente.  Eccolo: 
«  FRANCESI!  Abbandonato  dalla  fortuna,  dopo  la  mia  prigionia,  ho 
serbato  quel  profondo  silenzio  che  e  il  lutto  della  sventura.  Fino  a 
tanto  che  gli  eserciti  si  stavano  di  fronte,  io  mi  astenni  da  ogni  passo, 
da  ogni  parola,  che  avesse  potuto  produrre  una  scissura.  Oggi  per 
le  grandi  sciagure,  che  hanno  colpito  la  nazione,  non  posso  piu  a  lungo 
avvolgermi  nel  silenzio  senza  parere  insensibile  ai  dolori  di  lei.  Nel 
momento  in  cui  io  fui  costretto  ad  arrendermi  prigioniero,  non  poteva 
iniziare  alcuna  trattativa  di  pace.  Non  essendo  libero,  si  sarebbe  po- 
tuto credere  che  le  mie  decision!  fossero  state  dettate  da  riguardi 
personali.  Lasciai  al  Governo  della  reggenza ,  che  risiedeva  in  Parigi 
col  Parlamento,  il  dovere  di  decidere  se  1'interesse  della  nazione 
imponeva  di  continuare  la  lotta.  Malgrado  sventure  inaudite,  la  Francia 
non  era  soggiogata,  le  nostre  piazze  forti  resistevano  ancora ,  Parigi 
era  in  grado  di  difendersi,  e  si  poteva  ancora  porre  un  argine  allo 
accrescersi  continue  delle  nostre  disgrazie.  Ma  mentre  tutti  gli  sguardi 
erano  rivolti  al  nemico,  scoppio  in  Parigi  una  insurrezione;  si  fece 
violenza  alia  rappresentanza  nazionale,  si  minaccio  la  imperatrice. 
Per  sorpresa  fu  installato  un  Governo  nel  palazzo  municipale,  e  1'im- 
•pero,  che  poco  prima  era  stato  per  la  terza  volta  acclamato  dalla 
nazione  intera,  fu  rovesciato  da  coloro  che  erano  stati  chiamati  a 
difenderlo.  Reprimendo  il  mio  giusto  sdegno  dissi  a  me  stesso:  «  Che 
importa  della  dinastia,  se  la  patria  puo  essere  salvata!  »:  e  invece 
di  protestare  contro  1'offesa  del  diritto,  feci  voti  ardentissimi  per  i 
successi  della  difesa  nazionale ,  e  la  patriottica  devozione  dimostrala 
da  tutte  le  classi  e  partiti  del  popolo  mi  empi  di  ammirazione.  Ma 
ora  che  la  lotta  6  cessata  e  che  la  capitale,  dopo  una  eroica  resistenza, 
ha  ceduto  ,  ora  che  ogni  ragionevole  lusinga  di  vittoria  &  svahita , 
ora  e  tempo  di  chieder  conto,  a  coloro  che  hanno  usurpato  il  potere, 
delsangue  inutilmente  versato,  dei  saCrifizii  accumulati  senza  motive, 
delle  ricchezze  del  paese  sprecate  senza  controllo.  La  sorte  della  Francia 
non  pu6  essere  abbandonata  ad  un  Governo  senza  mandate,  ad  un 
Governo  che,  mentre  disorganizzo  ramministrazione,  non  lascio  sus- 
sistere  neppur  una  di  quelle  autorita  che  traevano  la  loro  origine  dal 


102  CRONACA 

plebiscite.  Una  nazione  non  pud  a  lungo  presfare  obbedienza  ad  un 
Governo  che  non  ha  nessun  diritto  di  comandare.  Non  si  puo  con- 
seguire  ordine,  fiducia  e  una  pace  sicura,  se  il  popolo  non  e  stato 
interrogato  sulla  forma  di  governo,  che  egli  giudica  piu  atta  a  libe- 
rare  la  patria  dai  suoi  dolori.  Nei  solenni  momenti  in  cui  ci  troviamo 
di  fronte  all'  invasione  e  all'Europa  attenta ,  e  necessario  che  la  Francia 
sia  una  nei  suoi  sforzi,  nei  suoi  desiderii,  nelle  sue  deliberazioni. 
Questa  e  la  meta  che  tutti  i  buo-ni  cittadini  devono  sforzarsi  di  rag- 
giungere.  Per  quello  che  mi  riguarda,  affranto  da  tante  ingiustizie 
ed  acerbe  disillusioni,  io  non  voglio  oggi  far  valere  i  miei  diritti, 
che  voi  per  quattro  volte  in  venti  anni  mi  avete  confermati.  In  faccia 
alia  sventura,  che  ci  circonda,  non  vi  e  posto  per  1'ambizione  per- 
sonale;  ma  fin  tanto  che  il  popolo  regolarmente  convocato  nei  suoi 
comizii  non  avra  manifestata  la  sua  volonta,  e  mio  dovere,  come  vero 
rappresentante  delta  nazione ,  di  rivolgermi  a  lei  e  dirle:  «  Tutto 
«  quello  che  avviene  senza  la  vostra  diretta  partecipazione  e  illegale  ». 
Soltanto  un  Governo  sorto  dalla  sovranita  popolare,  il  quale  sappia 
elevarsi  al  di  sopra  dell'egoismo  dei  partiti,  sara  in  grado  di  sanare 
le  vostre  ferite,  di  riaprire  i  vostri  cuori  alia  speranza,  le  chiese 
profanate  alle  vostre  preci,  e  ricondurre  in  seno  alia  patria  il  lavoro, 
la  concordia  e  la  pace.  Wilhelmshohe,  4  febbraio  1871.  NAPOLEONE  ». 
Ma  se  nell'assemblea  si  trovavano  in  maggioranza  non  i  repub- 
blicani, si  bene  Legittimisti  e  Orleanisti  cio  si  dovea  principalmente 
all'essere  divisi  in  queste  opinioni  quasi  tutti  gli  uomini  politici  del 
paese.  La  repubblica  non  avea  nomi  da  porre  innanzi :  nei  breve 
periodo  della  sua  esistenza  erano  sorti  tutti  i  giorni  uomini  nuovi,  ma 
i  continui  rovesci  della  guerra  ne  avevano  svilita  la  popolarita  prima 
ancora  che  1'avessero  acquistata.  I  repubblicani  di  vecchia  data  erano 
repubblicani  di  nome,  ma  rompicolli  di  fatto,  e  i  Francesi  non  erano 
in  circostanze  da  lasciarsi  illudere  da  costoro.  Favre,  Trochu,  Ducrot, 
Faidherbe,  tutti  gli  uomini  di  qualche  merito  erano  stati  eletti,  e 
varii  di  essi  in  piu  d'un  collegio.  La  Francia  poteva  essere  irritata 
con  Gambetta,  perche  aveva  spinto  la  difesa  troppo  piu  oltre  il  con- 
venevole,  ma  aveva  trovato  al  servizio  della  repubblica  e  nei  luogo 
del  pericolo  uomini  di  cuore  e  di  mente,  i  quali  avevano  servito  il 
paese  con  maggior  zelo  che  non  le  creature  dei  precedenti  governi. 
Inoltre  nessuna  delle  dinastie  scadute  godeva  popolarita  sufficiente 
per  nutrire  speranza  di  riunire  prontamente  la  Francia  in  un  solo 
partito:  la  forma  repubblicana  aveva  questo  di  buono,  che  ofleriva  un 
governo  immediate,  e  permetteva  di  raccogliere  tutte  le  forze  del  paese, 
senza  scontentar  nessuno,  perche  ogni  frazion  dei  monarchic!  vi  si 
rassegnava  senza  riluttanza,  aspettando  dall' avvenire  il  compimento 
delle  sue  speranze. 


CONTEMPORAIS'EA  103 

Ne  taluno  pens!  che  ignoriamo  i  grandi  disordini  avvenuti  in 
Francia  sotto  il  governo  della  difesa  nazionale:  le  gozzoviglie,  che 
i  giornali  ci  narrarono  delV  Hotel  de  Ville  di  Parigi,  dove  si  consu- 
marono  durante  T  assedio  5000  bottiglie  di  vini  scelti;  i  vergognosi 
guadagni  fatti  nella  negoziazione  degli  imprestiti,  che  misero  un  se- 
gretario  di  Gambetta  in  gradg  di  comperare  per  quattro  milioni  uno 
dei  piu  grandiosi  fabbricati  di  Parigi ;  le  enormi  malversazioni  della 
amministrazione  della  guerra,  ed  altrettali  ladrerie.  Ma  simili  abusi 
non  offendono  tanto  il  sistema  repubblicano,  quanto  dimostrano  la 
corruzion  dei  costumi  e  la  depravazione  delle  menti,  che  trionfa  sempre 
nei  tempi  di  torbidi  e  di  ^uerre,  combattute  senza  organizzazione  o 
disciplina  di  eserciti.  Ne  si  puo  rendere  risponsabile  la  repubblica  delle 
iniquita  di  Lione  e  di  Marsiglia,  dove  il  governo  era  in  mano  alia 
plebaglia  corrotta  piu  dall'immoralita  dei  governi  precedent!,  che  dalle 
passioni  repubblicane.  Ma  torniamo  alia  narrazione. 

7.  Arrivati  i  merabri  del  potere  esecutivo  e  i  15  delegati  dell'As- 
semblea  da  Bordeaux  a  Parigi  nel  pomeriggio  del  20,  immediatamenle 
si  recarono  a  Versailles  e  si  comincio  a  trattar  della  pace.  Le  trat- 
tative  di  Versailles  non  erano  che  preliminari,  i  quali,  quando  ve- 
nissero  approvati  dall'  Assemblea  Costituente  di  Bordeaux,  avrebbero 
poi  dato  luogo  alia  discussione  del  definitive  trattato  di  pace. 

Cio  che  sia  avvenuto  in  quelle  discussioni  si  ignora  in  questo 
tempo  in  cui  scriviamo.  Una  volta  ammesso  dai  plenipotenziarii  fran- 
cesi  il  principio  di  una  cessione  di  territorio,  la  quistione  si  restrin- 
geva  per  essi  a  salvare  la  piazza  forte  di  Metz.  Dicesi  che  il  Thiers 
andasse  perfino  a  proporre  di  comperare  il  Lussemborgo  e  darlo  poi 
alia  Prussia  in  cambio  di  Metz;  ma  Bismark  vi  si  rifiuto.  Thiers  avrebbe 
perfino  offerto  un  bilione  di  talleri  (3,500  milioni  di  franchi)  per 
quella  citta  ;  ma  Bismark  fu  inesorabile.  Insieme  a  Metz  la  Francia 
cedeva^una  parte  della  Lorena;  e  cosi  si  cedeva  coll'Alsazia  tutta 
quella  porzione  della  Francia  ove  si  parla  comunemente  il  tedesco.  Gia 
dallo  scorso  agosto  erasi  pubblicata  in  Germania  un'  accuratissima 
carta  di  questa  parte  della  Francia,  che  dai  confini  segnati  nella  me- 
desima  salvo  la  citta  di  Belfort  aU'estremita  meridionale  dell'Alsazia, 
e  ultimo  baluardo  della  Francia  indebolita  contro  la  Germania  pre- 
ponderante.  Dicesi  che  il  Conte  di  Bismark,  ai  plenipotenziarii  fran- 
cesi ,  ai  quali  doleva  che  i  Prussiani  volessero  entrare  in  Parigi , 
proponesse  1'alternativa  o  di  cedere  Belfort,  e  in  tal  caso  i  Tedeschi 
non  sarebbero  entrati  nella  capitale  della  Francia,  oppure  di  conser- 
vare,  pagandola  con  quell'  umiliazione,  quella  citta  forte.  I  plenipo- 
tenziarii francesi  fecero  perfino  di  ci6  un  argomento  per  ricusare 
1'occupazion  di  Parigi,  ma  noi  esitiamo  a  credere  a  questa  diceria. 


104  CRONACA 

II  fatto  sta  che  vennero  finalmente  consentiti  fra  le  parti  i  seguenti 
preliminari,  che  coraprendiamo  sopra  il  testo  del  trattato. 

Art.  1.°  L'Assemblea  nazionale,  subendo  una  necessita  di  cui 
mm  e  responsabile,  adotta  i  preliminari  di  pace  firmati  a  Versailles 
il  26  febbraio. 

La  Francia  rinunzia  a  favore  dell'  impero  tedesco  ai  suoi  diritti 
sul  seguente  territorio:  Un  quinto  della  Lorena,  comprese  Metz  e 
Thionville,  e  I'Alsazia,  meno  Belfort. 

Art.  2.°  La  Francia  paghera  5  miliardi  di  franchi ,  di  cur  uno 
nel  1871,  ed  il  restante  nello  spazio  di  3  anni. 

Art.  2.°  La  evacuazione  comincera  dopo  la  ratifica  del  trattato. 
Allora  i  Tedeschi  sgombreranno  1'  interno  di  Parigi  e  diversi  dipar- 
timenti, compresi  per  la  maggior  parte  nelle  regioni  dell'ovest.  Lo 
sgombero  dei  dipartimenti  dell'  est  si  eftettuera  gradatamente  dopo 
il  pagamento  del  primo  miliardo,  e  di  mano  in  mano  che  yerranno 
eilettuati  i  pagamenti  degli  altri  miliardi.  Le  somme  che  resteranno 
a  versarsi  produrranno  un  interesse  del  5  per  cento,  a  datare  dalla 
ratifica  del  trattato. 

Art.  4.°  Le  truppe  tedesche  si  asterranno  dalle  requisizioni  nei 
dipartimenti  occupati,  ma  il  loro  mantenimento  si  fara  a  spese  della 
Francia. 

Art.  5.°  Alle  popolazioni  dei  territorii  annessi  si  accordera  un 
termine  perche  decidano  a  quale  delle  due  nazioualita  vogliano  ap- 
partenere. 

Art.  6.°  I  prigionieri  verranno  restituiti  immediatamente. 

Art.  7.°  L'apertura  dei  definitivi  negoziati  per  la  pace  avra  luogo 
a  Bruxelles  dopo  la  ratifica  dei  trattati. 

Art.  8.°  L'amministrazione  dei  dipartimenti  occupati  sara  affidata 
a'funzionarii  francesi,  sotto  gli  ordini  dei  capi  dei  corpi  tedeschi. 

Art.  9.  II  presente  trattato  non  conferisce  alcun  diritto  sul  ter- 
ritorio non  occupato. 

Art.  10.°  Questo  trattato  sara  sottoposto  alia  ratifica  dell' Assem- 
blea  della  Francia. 

Questi  preliminari  vennero  firmati  al  mattino  per  tempissimo 
del  28  febbraio,  dopo  un'ultima  conferenza  che  avea  durato  tutta  la 
notte.  Thiers  dovea  portarsi  subito  a  Bordeaux  per  ottenerne  1'ap- 
provazione  immediata  daH'Assemblea.  Fino  a  quel  momento,  un  corpo 
di  30  mila  fra  Prussiani ,  Bavaresi,  Wurtemberghesi  e  Sassoni  do- 
vevano  occupare  un  quarto  della  citta  di  Parigi,  cioe  la  riva  destra 
della  Senna  fino  al  sobborgo  S.  Onorato.  Infatti  la  sera  dei  1°  marzo 
le  vanguardie  tedesche  entrarono  in  Parigi,  precedendo  il  grosso  delle 
truppe  che  non  entrarono  che  il  mattino  del  2. 


CONTEMPORANEA  105 

Intanto  Thiers  correva  a  Bordeaux :  presentava  i  preliminari  di 
pace  fin  dallo  stesso  giorno  28  febbraio.  I  preliminari  vennero  tra- 
smessi  agli  uffizi  e  il  domani  dopo  breve  e  assai  viva  seduta  furono 
approvati  con  546  voti  contro  107. 

Appena  ottenuto  questo  voto  e  trasmesso  ufficialmente  a  Parigi, 
i  Tedeschi  si  ritrassero  dalla  citta. 

Ma  questi  ultimi  avvenimenti  avendo  ancora  bisogno  di  essere 
schiariti  in  molte  parti  al  momento  in  cui  scriviamo,  ci  riserviamo 
tornarvi  sopra  in  altro  numero,  ove  speriamo  eziandio  di  parlare 
degli  ultimi  luttuosi  avvenimenti  della  citta  di  Parigi. 

IV. 

SPAGNA.  1.  Pratiche  del  maresciallo  Prim  per  trovare  un  Re  —  2.  Speranze 
dell'  Unione  Iberica ,  per  un  rivolgimento  politico  in  Portogallo  —  3.  La 
corona  di  Spagna  e  offerta  dal  Prim  all'Espartero,  il  quale  la  rifiuta  — 
4.  Legge  per  la  elezione  futura  del  Monarca  —  5.  Bando  di  D.  Carlos  di 
Borbone,  duca  di  Madrid  —  6.  II  Prim  si  rifiuta  a  qualsiasi  componi- 
mento  per  la  ristaurazione  del  Borboni ;  le  Cortes  sono  prorogate  fino  al 
3 1  ottobre  1870  —  7.  Abdicazione  della  Regina  Isabella  II  in  favore  di  suo 
figlio  D.  Alfonso  —  8.  Candidatura  del  principe  Leopoldo  di  Hohenzollern 
al  trono  di  Spagna  —  9.  Opposizione  del  Governo  e  del  giornalismo 
francese  ;  nota  del  7  luglio  spedita  dal  ministro  spagnuolo  degli  affari 
esterni  —  40.  II  principe  Hohenzollern  rinunzia  alia  candidatura  —  11.  II 
Prim  rannoda  le  pratiche  presso  la  Corte  di  Firenze ;  candidatura  del  duca 
d'Aosta  —  12.  Risposte  ufficiali  delle  Potenze  alia  Nota  per  cio  spedita 
da  Madrid  —  13.  Riapertura  delle  Cortes;  Circolare  del  Sagasta  —  14. 
Nuovo  rifiuto  dato  dall' Espartero  ai  suoi  partigiani —  15.  Battibuglio  e 
vdto  delle  Cortes  per  1'elezione  del  duca  d'Aosta  a  re  di  Spagna  —  16. 
Domanda  ufficiale  pel  consenso  del  Re  Vittorio  Emmanuele  II  —  17.  De- 
putazione  delle  Cortes  a  Firenze  per  offerire  la  corona  al  duca  d'Aosta, 
che  1'accetta  —  18.  Protestazioni  della  Regina  Isabella  II  e  di  D.  Carlos 
di  Borbone  —  19.  II  re  Amedeo  I  entra  in  viaggio;  il  maresciallo  Prim  e 
assassinate  e  muore  —  20.  Ingresso  del  re  Amedeo  I  a  Madrid;  egli  presta 
giuramento  di  fedelta  alia  Costituzione  innanzi  alle  Cortes — 21.  Lettera 
di  Amedeo  I  al  Santo  Padre  Pio  IX. 

1.  La  rivoluzione,  costante  sempre  nei  suoi  propositi  contro  la 
dinastia  dei  Borboni,  tramata  nei  covi  della  Massoneria,  iniziata 
<}air  armata  di  mare ,  capitanata  da  Generali  traditori ,  fiaccamente 
combattuta  da  uomini  o  inetti  o  colti  alia  sprovveduta,  trionfava  in 
Ispagna  sullo  scorcio  del  settembre  1868,  abbattendo  il  trono  d' Isa- 
bella II,  costretta  a  riparare  in  Francia  ed  acercare  nell'esilio  quella 
sicurezza  per  la  propria  persona,  e  per  D.  Alfonso  suo  figlio,  che 
indarno  essa  avea  sperato  di  ottenere,  colmando  di  onori,  di  ricchezze 


106  CRONACA 

e  di  benefizii  que'  medesimi  spergiuri,  che  piu  d'una  volta  essa  avea 
perdonato  e  rimessi  in  sua  grazia.  Questa  Massoneria  vittoriosa  riu- 
sciva,  come  sempre  e  da  per  tutto  altrove,  efficacissima  nel  distrug- 
gere  quel  poco  o  molto  di  bene  che  restava,  dopo  piu  di  45  anni  di 
incessanti  rivolture,  negli  ordini  amministrativi ,  politic!  e  religiosi 
della  Spagna.  Ma  quanto  al  riediticare  qualche  cosa  di  buono  e  di 
saldo,  tranne  la  privata  fortuna  di  non  pochi  tra  i  capi  della  rivolu- 
zione,  si  mostro  al  tutto  impotente.  Sotto  il  Governo  provvisorio,  come 
sotto  la  Reggenza  che  succedette,  la  storia  della  Spagna  non  potra 
narrare  che  una  serie  lagrimevole  di  cospirazioni ,  di  ammutinamenti 
militari,  di  sollevamenti  partigiani,  di  repression!  sanguinose  e  cru- 
deli,  di  lotte  faziose  tra  i  settarii  rappresentati  nelle  Cortes  costituenti , 
e  di  combattimenti  spietati  tra  gli  uomini  d'  azione  nelle  province, 
sotto  le  varie  bandiere  del  Governo  costituito,  d' Isabella  II,  di  Don 
Carlos,  della  Repubblica. 

Di  codesta  lagrimevole  tragedia  abbiamo  esposto  nella  precedente 
serie  VII  le  scene  principali;  e  tra  queste  registrammo  con  la  debita 
cura  le  pratiche  condotte  dal  Prim  con  varii  Principi  stranieri,  per 
impetrare  che  1'  un  d'  essi ,  quanto  piu  inesperto  di  politica  tanto  piu 
gradito,  s'inducesse  ad  accettare  la  corona  di  Spagna;  al  quale  dono, 
s'intendea  bene,  dovea  corrispondere  come  compenso  la  reale  dittatura 
dello  stesso  Prim. 

Or  qui  ripiglieremo  la  succinta  esposizione  dei  fatti  accaduti  dopo 
T ultima  volta  che  narrammo  le  cose  di  Spagna,  nel  vol.  XI  della 
precedente  serie  settima,  pag.  117;  dove  lasciammo  quella  nazione  in 
balia  delle  lotte  politiche  e  settarie,  delle  quali  aspettava  il  termine 
nella  elezione  del  Re. 

Fin  dalla  domenica  6  giugno  1869  era  stata  promulgata  la  huova 
Costituzione;  il  cui  articolo  33,  approvato  ii  20  di  maggio  con  214 
voti  contro  71  negativi,  esplicitamente  definiva  che  la  Spagna  dovesse 
reggersi  a  forma  di  monarchia  costituzionale.  Una  monarchia  senza 
Re  e  impossibile;  e  codesto  Re  non  si  trovava.  A  piu  riprese  si  tento 
la  costanza  di  D.  Ferdinando  padre  del  presente  Re  di  Portogallo;  il 
quale  vi  si  ritiuto  con  disdegnosa  alterezza.  Si  offeri  quel  trono  al 
Re  Yittorio  Emmanuele  II,  pel  Duca  d'Aosta  suo  secondogenito;  e  la 
ragione  di  Stato  allora  consiglio  al  Re  Vittorio  un  cortese  rifiuto.  Si 
tribolo  con  ogni  maniera  d'  insistenze  la  Duchessa  di  Genova,  vedova 
del  principe  Ferdinajido  Maria  di  Savoia,  perche  consentisse  a  lasciar 
proclamare  Re  di  Spagna  il  quindicenne  suo  figliuolo,  il  principe 
Tommaso;  ma  la  forte  donna  non  consent!  mai  ad  esporre  quel  caro 
pegno  dell'amor  suo  ad  incontrare  la  sorte  toccata  a  Massimjliano 
d' Austria  nel  Messico. 


CONTEMPORANEA  107 

II  Prim  vedea  benissimo  che  la  Reggenza  non  potea  durare,  e 
che  stancavasi  la  pazienza  degli  Spagnuolr,  ma  non  era  punto  dispo- 
sto  a  tollerare  che  una  nuova  rivoluzione,  o  riconducesse  a  Madrid 
gli  espulsi  Borboni  dell'  uno  o  dell'  altro  ramo  che  si  fossero,  ovvero 
desse  alia  setta  repubblicana  tutto  1'  agio  di  distruggere  ad  un  tempo 
e  la  nuova  costituzione  e  la  fortuna  di  chi  1'avea  imposta  alia  Spa- 
gna.  Si  rivolse  pertanto  aH'Alemagna,  per  trarne  un  principe,  che 
per  casato  fosse  degno  d'impugnare  lo  scettro,  per  la  privata  sua  for- 
tuna fosse  disposto  a  gradire  1'offerta,  e  per  religione  si  professasse 
cattolico,  affine  di  non  offendere  troppo  il  sentimento  religioso  della 
Spagna.  Queste  condizioni  propizie  per  un  candidate,  secondo  il  cuore 
e  le  idee  del  Prim,  si  riscontravano  nel  principe  Leopoldo  della  casa 
non  regnante  di  Hohenzollern ,  nato  il  22  settembre  1835,e  colon- 
nello  al  seguito  del  1°  Reggimento  della  Guardia  prussiana  a  piedi. 
Le  pratiche  a  tal  effetto  furono  avviate  nel  1869,  poi  abbandonate, 
poi  riprese  dopo  gli  smacchi  ricevuti  da  D.  Ferdinando,  dal  Duca 
Amedeo  e  dal  Duca  Tommaso;  e  probabilmente  gia  eransi  inoltrate 
nella  prima  meta  del  maggio  1870,  quando  il  Prim  dichiarava  alle 
Cortes,  che  quel  mese  non  finirebbe  senza  che  la  Spagna  avesse  tro- 
vato  il  suo  Re.  Per  ragioni  a  noi  ignote  il  Prim  dovea  pero  covare 
in  silenzio  quel  suo  disegno;  e  percio  diceva  alle  Cortes,  nella  tor- 
nata  dell' 11  giugno,  svelando  la  mala  riuscita  delle  tre  prime  can- 
didature, che:  «  II  Ministero  non  e  stato  felice  in  questi  negoziati ; 
egli  non  lia  canditato  da  presentarvi  per  la  Corona  di  Spagna ;  egli 
non  ne  ha  per  ora;  ma  1' avra  domani?  »  E  qui  una  seguenza  di 
riboboli  cabalistici  di  quel  che  farebbe  il  Governo,  di  quel  che  do- 
vrebbe  pensare  anche  la  Camera ,  e  della  necessita  di  uscire  dal  prov- 
visorio. 

2.  Vero  e  che  di  que'  giorni  tornava  a  far  capolino  il  disegno 
massonico  dell'  Unitd  iberica.  Nella  notte  sopra  il  19  maggio,  il  ma- 
resciallo  Saldanha,  capitanandoalcuni  battaglioni  di  truppe  ribellatesi 
al  Gabinetto  presieduto  dal  Duca  di  Louie",  s'era  impadronito  a  Lisbona 
del  forte  di  S.  Giorgio ;  poi  avea,  con  poco  sforzo  e  poco  sangue,  su- 
perata  la  resistenza  delle  guardie  del  palazzo  reale  di  Ajuda;  e  pre- 
sentatosi  al  Re  D.  Luigi ,  1'avea  facilmente  indotto  a  licenziare  i! 
Gabinetto  del  Louie',  ed  a  commettere  al  Maresciallo  stesso  1'  incarico 
di  formare  un  nuovo  Governo.  Qui  non  e  luogo  di  narrare  le  peripezie 
e  le  conseguenze  di  questo  colpo  di  stato  del  Saldanha .  Bastera 
accennare  che  quasi  al  tempo  stesso  il  partito  dell'  Unione  iberica 
ricomincio  ad  agitarsi,  e  vennero  in  campo  i  piu  arditi  disegni ;  tra 
i  quali  pareva  che  ottenesse  qualche  favore  il  seguente.  II  Re  D.  Luigi 
avrebbe  abdicata  la  corona  di  Portogallo  in  favore  di  suo  figlio, 


108  CRONACA 

bambino  di  pochi  anni ,  lasciando  lui  ed  il  Regno  sotto  la  tutela  e 
reggenza  dell'avo  D.  Ferdinando.  Egli  D.  Luigi  con  Maria  Pia  sua 
consorte  si  sarebbero  trasferiti  a  Madrid,  chiamativi  dalle  Cortes,, 
ossia  dal  Prim  e  dalla  sua  consorteria ,  a  sedere  sul  trono  d'  Isa- 
bella II.  E  questo  sarebbe  stato  come  un  fare  il  lastrico  alia  effet- 
tuazione  deU'unitd  nazionale  ib erica  J  cominciando  dalla  unitd  di- 
nastica. 

Corse  voce,  di  quel  tempo,  ed  ando  pei  giornali,  che  il  Saldanha 
segretamente  favorisse  tal  disegno ;  e  che  la  sua  impresa  del  1 9 
maggio  avesse  ricevuto  1'  impulso  da  due  motivi  efficacissimi,  ossia: 
1°  dalla  necessita  di  scampare  cosi  da  un  cortese,  ma  poco  meno  che 
inevitabile  esilio  a  cui  1'avea  condannato  il  Louie,  destinandolo  alia 
ambasceria  di  Parigi  o  di  Londra ,  a  sua  scelta ;  2°  dalla  speranza 
di  poter  poi,  se  il  Re  D.  Luigi  passasse  a  regnare  in  Ispagna,  sot- 
tentrare  egli  al  timone  dello  Stato  in  Portogallo,  con  gli  onori  e  la 
potenza  di  Reggente,  od  almeno  di  capo  del  Governo. 

Checche  sia  di  cio,  le  Cortes  di  Madrid  per  una  parte  si  com- 
mossero  all'annunzio  del  rivolgimento  compiutosi  a  Lisbona  ,  e  molti 
di  fatto  manifestarono  la  persuasione  che  il  Prim  e  la  sua  consorteria 
vi  avessero  dato  mano  per  tranellare  il  Portogallo ;  e  per  altra  parte 
molti  deputati  della  Camera  portoghese,  temendo  di  veder  pericolare, 
per  gli  intrighi  del  Prim,  1'autonomia  della  loro  patria,  si  affrettarono 
di  pubblicare  le  piu  energiche  protestazioni  contro  ogni  legame  di- 
nastico  o  politico  tra  il  Portogallo  e  la  Spagna.  Di  che  il  Gabinetto 
di  Madrid  fu  ridotto  a  dover  ripetutamente  smentire  quelle  imputa- 
zioni  di  disegni  ambiziosi ;  ed  il  24  maggio,  per  mezzo  del  rappre- 
sentante  spagnuolo  a  Lisbona ,  fece  deporre  tra  le  mani  del  Generale 
Saldanha  una  nota,  con  cui  dichiaravasi  che:  «  La  nazione  spagnuola 
rispetta  ora  e  rispettera  sempre  in  avvenire  1'autonomia  della  na- 
zione portoghese,  come  era  manifesto  dalle  prove  di  condotta.leale 
tin  qui  tenuta ;  e  che  essa  non  si  scosterebbe  mai  da  quello  scrupo- 
loso  ossequio  che  professa  pel  patriottismo  portoghese.  » 

3.  Con  cio  ebbe  termine  1'agitarsi  di  quella  fazione,  piccola  di 
numero  ma  audacissima,  che  agognava  a  fare  cola  quel  che  alia  setta 
era  cosi  ben  riuscito  in  Italia.  Ma  v'era  un  altro  partito  che  riusciva 
molesto  alia  Reggenza.  Un  certo  numero  di  deputati,  sia  per  dispetto 
di  sottostare  cosi  lungamente  alia  dittatura  del  Prim,  sia  per  timore 
di  veder  la  Reggenza  soverchiata  da  qualche  impeto  della  Repubblica, 
sia  per  calcolo  politico  di  sostituire  la  propria  influenza  a  quella  della 
consorteria  dominante ,  si  erano  fitto  in  capo  il  proposito  di  aver 
presto  un  Re.  Esclusi  i  Rorboni  d'amendue  i  rami,  e  detestando  anche 
personalmente  il  Montpensier ,  costoro  aveano  gittato  gli  occhi  sul 


CONTEMPORANEA 


109 


vecchio  Espartero,  duca  della  Vittoria,  e  avean  fatto  disegno  di  crearlo 
Re  costituzionale. 

Non  si  sa  bene  se  il  Prim  's'acconciasse  schiettamente  e  di  buon 
grado  a  questa  idea ,  o  se  mostrasse  di  gradirla  solo  air  intento  di 
guadagnar  tempo ,  continuare  a  padroneggiare  sopra  la  Spagna  in 
nome  dell'ormai  decrepito  maresciallo-Re ,  ed  intanto  prepararsi  a 
succedergli  in  quel  trono  medesimo,  nel  quale  egli  1'avrebbe  sollevato. 

Dato  pure  che  amendue  queste  ipotesi  non  avessero  bastevole 
fondamento  di  vero,  certo  e  che  il  Prim,  avveduto  e  scaltro  com'era, 
non  voile  essere  preceduto  da  verun  altro  nelle  pratiche  per  fare 
dell' Espartero  un  Re  ;  e  gli  scrisse,  alia  meta  del  maggio  (1870)  la 
seguente  lettera,  pubblicata  nei  diarii  di  Spagna,  e  riferita  dal  Me- 
morial diplomatique,  pag.  404-405. 

«  Serenissimo  duca  della  Villoria.  II  Governo  di  S.  A.  il  Reg- 
gente  del  regno  crede  giunto  il  momento  di  terminare  I'opera  rivo- 
luzionaria ,  eleggendo  un  monarca.  I  degni  Ministri  di  questo  Go- 
verno, ch'  io  ho  1'onore  di  presiedere,  sono  animati  dai  sentimenti 
piu  patriottici .  Quando  si  tratto  di  scegliere  un  monarca,  i  vostri 
amici  si  sono  ricordati  del  pacificatore  della  Spagna  per  quest'occasione, 
e,  coll'autorizzazione,  nelle  debite  forme,  del  Governo  nelle  circostanze 
analoghe,  io  vorrei  che  vi  compiaceste  dirci :  se  accettereste  la  corona 
di  Spagna ,  nel  caso  in  cui  voi  foste  eletto  dalle  Cortes  costituenti. 
II  Governo  non  ha  candidatura ;  ma  e  suo  dovere  di  evitare  che 
qualche  fazione  si  agiti  in  favore  d'un  candidate,  cui  non  dovesse 
accettare.  Comprenderete  il  patriottismo  con  cui  in  questa  circostanza 
agisce  il  Governo  consultandovi ,  come  fa.  Io  vi  ho  spedito  questa 
lettera  per  1'  intermedio  del  mio  antico  amico  Pasquale  Madoz ,  de- 
putato  alle  Cortes,  uno  dei  vostri  piu  caldi  partigiani.  Sono  colla  piu 
grande  considerazione.  Firmato:  —  II  marchese  di  Los  Castillejos.  » 

II  maresciallo  Espartero,  benche  vecchio  ed  accasciato  dai  ma- 
lanni,  non  era  scimunito;  e  capi  subito  che,  o  il  Prim  voleva  soltanto 
scandagliare  le  sue  disposizioni  per  potergli  piu  efficacemente  far 
contrasto;  ovvero,  se  parlava  con  sincerita,  intendeva  altresi  d'aver 
alia  mano  un  fantoccio  da  incoronare,  a  patto  di  conservare  per  se 
la  podesta  sovrana  del  Governo.  Pertanto  non  indugio  a  rispondergli 
con  un  rifiuto,  nei  termini  seguenti. 

«  Eccellente  marchese  di  Los  Castillejos.  II  signor  Pasquale 
Madoz  mi  ha  rimesso  la  vostra  lettera,  colla  quale  mi  dimandate  se 
io  accetterei  la  corona  di  Spagna,  nel  caso  in  cui  fossi  eletto  dalle 
Cortes  costituenti.  Col  piu  profondo  del  mio  cuore,  io  rendo  le  grazie 
che  devo  al  Governo  che  voi  rappresentate  si  degnamente,  e  debbo 
dire  ch'  io  sono  sempre  disposto  a  darvi  la  mia  vita  per  la  liberta 


<|  10  CRONACA 

e  la  felicita  della  patria;  ma  un  dovere  di  coscienza  mi  obbliga  a 
dichiararvi  rispettosamente,  che  non  mi  sarebbe  possibile  d'accettare 
funzioni  cosi  elevate ;  la  mia  salute  e  la  mia  eta  non  mi  permettereb- 
bero  di  adempierle.  Sono  con  considerazione.  Firmato:  —  //  Duca 
della  Vittoria.  » 

I  partigiani  dell'  Espartero  non  percio  si  diedero  vinti,  e  ripe- 
teano :  se  malgrado  del  suo  no,  le  Cortes  lo  eleggeranno,  egli  allora 
accettera,  e  cosi  usciremo  tutti  da  questo  stato  d'  incertezza  che  uccide. 
Ma  il  Prim,  che  in  cuor  suo  forse  dovea  essere  lietissimo  del  rifiuto 
dato  dall'  Espartero,  si  costitui  campione  del  rispetto  con  cui  doveasi 
riguardare  la  risoluzione  dell'  illustre  maresciallo,  ed  intone  alto  e 
fermo  che :  «  il  Governo ,  essendosi  accertato  del  rifiuto  categorico 
dell'  Espartero,  dovea  rigorosamente  conformarvisi.  »  Laonde  questa 
candidatura  fu  allora  messa  da  parte ;  ma  poi  fu  tratta  fuora  un'altra 
volta,  come  diremo  a  suo  luogo. 

4.  Intanto,  per  dare  alia  Spagna  un  Re,  mancava  non  solo  un 
candidate  accetto  alle  varie  fazioni  rivali,  ma  eziandio  la  legge  che 
delinisse  la  forma  con  cui  doveasi  procedere  alia  elezione.  Una  com- 
missione,  composta  di  deputation  massima  parte  fautori  del  Duca 
di  Montpensier,  ne  avea  presentato  uno  schema.  Le  Cortes  lo  accet- 
tarono ,  a  patto  che  vi  si  arrecassero  que'  cangiamenti  che  la  di- 
scussione  avrebbe  dimostrati  necessarii  al  buon  accordo  dei  varii 
partiti.  Net  primitive  disegnoera  detto  che  per  la  validita  dell'elezione 
del  Re  dovesse  bastare  che  prendessero  parte  alia  votazione  la  meta 
piu  uno  dei  deputati  present!,  e  che  il  candidate  ottenesse  la  plura- 
lita  assoluta  dei  voti. 

Con  cio  solo  era  quasi  assicurata  la  elezione  del  Duca  di  Mont- 
pensier. Imperocche  tra  i  deputati  si  contavano  ben  1 10  suoi  partigiani 
dichiarati,e  vincolatisi  a  dargli  ii  proprio  voto;  mentre,  per  contrario, 
ciascuna  delle  altre  fazioni,  cioe  degli  Esparteristi ,  degli  Alfonsi- 
sli,  dei  Repubblicani,  dei  partigiani  della  Reggenza  da  continuarsi , 
discordi  fra  loro,  non  potea  contrapporre  alia  falange  dei  Montpen- 
sieristi  che  un  30,  40,  od  al  piu  60  voti.  A  sventare  la  mina  cosi 
ben  preparata  dal  Montpensier,  si  fece  innanzi  il  deputato  progres- 
sista-democratico  signer  Rojo  Arias ;  il  quale  propose ,  in  forma  di 
emendamento ,  che  il  Re  dovesse  essere  nominato  dalla  meld  pm 
uno  del  numero  totale  dei  deputati  riconosciuti,  ancorche  assenti  o 
astenutisi  dal  votare.  II  che  importava  che  il  candidate  dovesse  ot- 
tenere  171  suffragio .  E  questo  tornava  impossibile  al  Montpensier. 
Questa  proposta  fu  approvata  dalle  Cortes  ed  accolta,  con  triplice 
salve  di  plausi,  dal  rispettabile  pubblico  delle  gallerie  e  dagli  ono- 
revoli  della  Sinistra.  Fin  d'allora  apparve  chiaro  che  al  Montpensier 


CONTEMPORANEA  111 

poca  o  niuna  illusione  dovea  rimanere,  di  poter  salire  sul  trono,  da 
<mi  era  stata,  in  buona  parte  per  opera  sua,  travolta  giu  sua  cognata 
la  Regina  Isabella  II. 

II  testo  intero  della  legge  sancita  il  10  giugno ,  in  virtu  della 
quale  fu  poi,  cinque  mesi  dopo,  eletto  in  Re  di  Spagna  il  principe 
Amedeo  di  Savoia  Duca  d'Aosta ,  conteneva  1 1  articoli ,  die  deter- 
rainavano  i  piu  minuti  particolari  del  procedimento  da  osservarsi  per 
lo  scrutinio;  ma  ci  pare  inutile  di  qui  riferirlo,  e  ci  basta  accennare 
che  puo  vedersi  anche  nel  Memorial  diplomatique  del  28  giugno, 
pag.  510-511. 

5.  Tre  giorni  prima  che  le  Cortes  sancissero  codesta  legge,  il 
Duca  di  Madrid,  D.  Carlos  di  Borbone,  avea  tentato  di  ridestare  il 
fervore  e  lo  zelo  dei  suoi  partigiani  legittimisti ;  e  scritta  percio  una 
lettera  alia   Giunta  centrale  cattolica  monarchica ,  ed  alle  altre 
Giunte  del  Regno;  la  qual  lettera  era  in  verita  un  bando  agli  Spagnuoli, 
i.nteso  a  dimostrare ,  che  le  intestine  discordie  loro  non  avrebbero 
mai  ne  posa  ne  tregua,  finche  essi  non  si  rannodassero  tutti  intorno 
all'antico  vessillo  della  patria,  proclamando  quel  principio  di  legit- 
timitd ,  di  cui  esso  D.  Carlos  era  il  rappresentante .  E  qui  veniva 
come  un  programma   del  Governo  che  egli  darebbe  alia  Spagna  . 
Questa  lettera,  data  da  La  Tour,,  il  7  giugno  1870,  ando  su  quasi 
tutti  i  giornali,  come  nell' Osservatore  Romano  del  21  giugno;  ma 
non  ebbe  effetto  veruno. 

6.  Con  cio  non  vogliam  dire  che  D.  Carlos  non  avesse  che  pochi 
e  tepidi  partigiani;  ma  si  che,  per  un  arcano  giudizio  di  Dio,  appena 
egli  si  faceva  innanzi,  e  tutti  gli  altri  partiti,  benche  discordi  fra  loro 
nel  rimanente,  subito  si  collegavano  per  opporglisi  a  tutta  oltranza. 
Senza  di  che,  il  Prim  era  giurato  nemico  della  ristaurazione  di  Casa 
Borbone,  come  apparisce  dalla  seguente  lettera  pubblicata  in  Francia 
dal  Gaulois,  organo  ufficiale  della  setta  repubblicana. 

«  Madrid  4  febbraio  1870.  Mio  caro  amico.  Ho  letto  con  atten- 
zione  la  vostra  lettera  del  28  gennaio,  dove  mi  rendete  conto  del- 

1' abboccamento  avuto  col  signor Vi  prego  d' informare  imme- 

diatamente  codesta  persona ,  che  io  non  accetto ,  in  forma  veruna , 
qualsivoglia  proposta,  il  cui  scopo  fosse  per  riuscire  alia  ristaurazione 
della  dinastia  detronizzata  nel  settembre  1868.  Yi  autorizzo  a  fare 
di  questa  lettera  1'uso  che  giudicherete  conveniente.  J.  Prim.  » 

II  Prim,  benche  soltanto  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri, 
in  verita  esercitava  una  vera  dittatura,  avendo  tutte  in  pugno  le  forze 
dell'esercito.  Posto  adunque  ch'egli,  ben  consapevole  di  quel  che  avea 
falto  contro  la  Casa  di  Borbone,  non  ne  sperasse  piu  ne  merce  ne 
grazia,  era  naturale  che  operasse  da  giurato  nemico;  e  percio  come 


CRONACA 

andarono  fallite  le  pratiche  del  fautori  d' Isabella  II  per  ammansarlo, 
,cosi  doveano  tornar  inutili  i  conati  dei  legittimisti  per  1'avvenimento 
di  Carlo  VII. 

L'  ultima  seduta  delle  Cortes  fu  tenuta  il  24  giugno;  nella  quale 
un  deputato  repubblicano  propose  che,  per  rappattumare  tra  loro  tutti 
i  partiti  politic!,  e  disporre  il  paese  a  quel  tranquillo  assetto,  che  si 
conveniva  per  fmire  di  mettere  in  atto  la  nuova  Costituzione ,  si 
bandisse  una  piena  amnistia  politica  a  favore  di  tutti  indistinta- 
mente  i  condannati  politici,  dopo  la  rivoluzione  del  settembre  1868. 
II  maresciallo  Prim  capi  dove  potea  parare  il  colpo.  Non  temea 
punto  degli  sforzi  che  potrebbero  tentare  i  legittimisti  reduci  dall'e- 
silio;  si  ripromettea  pure  di  non  incontrare  grossi  guai  dai  parti- 
giani  d' Isabella  II  o  di  D.  Alfonso.  Ma  1'oro  e  le  aderenze  del  Mont- 
pensier  gli  davano  motivo  di  sospettare,  che  qualche  frazione  di 
repubblicani  o  di  progressist!  potesse  mettersi  sotto  la  bandiera  del 
principe  Orleanese,  con  riserva  di  tradirlo  poi  e  sbalzarlo  alia  sua 
volta  e  stabilire  la  Repubblica .  Pertanto  il  Prim ,  molto  accorta- 
mente,  non  si  rifiuto  ad  ammettere  1'idea  deW amnistia;  ma  solo 
chiese  che  la  quistione  dell'opportunita,  e  la  scelta  delle  congiunture, 
in  cui  si  dovesse  compiere  questo  voto  comune  di  conciliazione ,  si 
lasciasse  al  potere  esecutivo.  Le  Cortes  assentirono,  ed  il  Prim  usci 
d'  impaccio ,  piu  potente  che  mai ;  poiche  nella  stessa  seduta ,  che 
valse  come  un  voto  di  fiducia  nel  Prim,  le  Cortes  si  prorogarono 
fino  al  31  ottobre . 

7.  Appunto  un  giorno  dopo  ,  il  25  giugno,  compievasi  in  Parigi 
un  altro  fatto  di  non  poca  rilevanza,  e  che,  pel  momento,  serviva 
ai  disegni  del  maresciallo  Prim.  La  Regina  Isabella  II  gia  da  pezza 
erasi  accorta  che -sempre  piu  rattepidivasi  lo  zelo  dei  non  molti 
ne  poderosi  suoi  partigiani.  Le  illusion!  d' una  probabile,  se  non 
salda,  sua  ristaurazione  eransi  dileguate.  I  dissidii  tra  lei  e  suo  ma- 
rito,  il  Re  D.  Francesco  d'Assisi,  erano  riusciti  ad  un  divorzio  e  ad  un 
componimento  d'interessi,  di  cui  era  stato  arbitro  Napoleone  III.  La 
repressione  energica  usata  contro  i  tentativi  dei  Carlisti  avea  anti- 
cipatamente  dimostrata  1'  inanita  di  quelli,  a  cui  volessero  accingersi 
g\' Isabellisti.  In  tal  frangente  la  Regina  Isabella  II,  indirizzata  dai 
consigli  di  sua  madre  Maria  Cristina  e  dai  voto  dei  pochi  suoi  fedeli 
servitori  ed  amid,  si  appigiio  all'  unico  spediente  che  le  rimaneva, 
per  non  perdere  tutto ;  e ,  troppo  tardi ,  si  arrese  a  quel  che  gia  da 
molto  tempo  erale  suggerito,  risolvendosi  di  abdicare  in  favore  di  suo 
figlio  D.  Alfonso,  principe  delle  Asturie,  nato  il  28  novembre  1857. 

Quest'  atto  fu  compiuto  con  molto  apparato  di  pompa  nel  palazzo 
Basilewski  a  Parigi,  alia  presenza  della  regina  madre  Maria  Cri- 


CONTEMPORANEA  1  I  3 

stina,  dell' infante  D.  Sebastiano,  del  Conte  d'Aquila,  e  delle  fi- 
gliuole  della  stessa  Isabella  II ;  assistendovi  pure  tm  certo  numero 
di  personaggi  politic!  e  militari  Spagnuoli ,  che  le  erano  rimasti  grati 
e  devoti . 

Con  atto  speciale  furono  determinate  le  condizioni  tutte  della 
tutela  sotto  cui  restava  il  minorenne  D.  Alfonso,  e  della  dotazione  as- 
segnata  a  lui,  alia  regina  Isabella  II,  ed  a  D.  Francesco  d'Assisi, 
che  si  astenne  dall'  assistere  a  quella  cerimonia.  Un  bando  assai  pro- 
lisso,  che  e  come  1' apologia  del  regnod' Isabella  II,  riprodotto  nel 
Memorial  diplomatique  del  30  giugno  1870  (pag.  519-520)  fu  indi- 
rizzato  agli  Spagnuoli;  ma  potendosi  leggere  in  quasi  tutti  i  diarii 
di  que'giorni,  come  nell*  Armonia  del  6  luglio,  bastera  recitare 
T  ultimo  tratto  che  defmisce  i  diritti  riservati  ad  Isabella  II  ed  i  suoi 
propositi  per  1'avvenire  di  D.  Alfonso  XII. 

«  Sappiate  adunque  che  in  virtu  di  un  processo  verbale  so- 
lenne,  redatto  nella  mia  residenza  di  Parigi  ed  in  presenza  dei  mem- 
bri  della  mia  regale  famiglia ,  dei  grandi  dignitarii,  dei  generali  ed 
uomini  pubblici  di  Spagna,  nominati  dal  detto  processo  verbale,  ho 
abdicate  la  mia  regia  autorita  e  tutti  i  miei  diritti  politici,  senza  al- 
cuna  specie  di  coazione  e  soltanto  di  mia  spontanea  e  liberissima 
volonta,  trasmettendoli ,  insieme  con  tutti  quelli  che  appar'tengono 
alia  corona  di  Spagna,  al  mio  amatissimo  figlio  Don  Alfonso,  principe 
delle  Asturie ,  in  conformita  alle  leggi  della  mia  patria ;  mi  riservo 
tutti  i  diritti  civili,  e  la  condizione  e  la  dignita  personale,  che  esse 
mi  conferiscono,  specialmente  la  legge  del  12  maggio  1865.  In  con- 
seguenza,  conserve™  sotto  la  mia  custodia  e  tutela  Don  Alfonso, 
finche  risedera  fuori  della  sua  patria  e  finche ,  proclamato  da  un 
governo  o  dalle  Cortes  rappresentanti  ii  voto  legittimo  della  nazione, 
io  ve  lo  rimetta,  come  spero  e  come  ne  sento  ancora  la  forza,  ben- 
che,  mentre  qui  ve  lo  prometto,  il  mio  cuore  materno  sia  lacerato. 
Frattanto  mi  sforzero  d'inculcare  alia  sua  intelligenza  le  idee  gene- 
rose  ed  elevate  che  son  conformi  alle.  sue  inclinazioni  natural],  e  che 
lo  renderanno  degno,  ne  ho  la  fiducia,  di  cingere  la  corona  di  San 
Ferdinando  e  di  succedere  agli  Alfonsi  suoi  predecessori ,  i  quali 
hanno  legato  alia  patria  e  gli  legano  un  tesoro  di  glorie  imperiture. 
Cos!  Alfonso  XII  dovra  essere,  da  oggi,  il  vostro  vero  Re,  Re  spa- 
gnuolo,Re  degli  Spagnuoli,  non  Re  di  un  partito. 

«  Amatelo  cosi  sinceramente  come  egli  vi  ama .  Rispettate  e 
proteggete  la  sua  gioventu  coll' irremovibile  fermezza  dei  vostri  cuori 
cavallereschij  mentre  io  prego  ardentemente  1'Onnipotente  di  dare 
lunghi  giorni  di  tranquillita  e  di  felicita  alia  Spagna,  e  di  concedere 
nello  stesso  tempo  al  mio  giovane  figliuolo,  che  benedico,  saviezza, 
Serie  VIII,  vol.  77,  fasc.  499.  8  24  marzo 


114  CRONACA 

prudenza,  rettitudine  nel  governo  e  maggior  felicita  sul  trono  die  non 
ne  abbia  avuto  la  sua  infelice  madre,  che  fu  vostra  regina.  ISABELLA.  » 

Quasi  al  tempo  stesso ,  sia  per  aiutare  la  causa  del  pupillo 
D.  Alfonso  XII,  sia  per  amore  di  giustizia  e  verita ,  fu  pubblicato 
un  opuscolo,  scritto  da  un  Enrico  de  Lazeu,  che  fu  gia  segretario 
del  principe  D.  Giovanni  di  Borbone,  padre  di  D.  Carlos  di  Borbone 
ed  Este  Duca  di  Madrid.  In  codesta  scrittura,  intitolata:  La  legitti- 
onitd  in  Ispagna,  con  molto  apparato  di  ragioni,  con  esposizione  di 
fatti,  con  ravvicinamento  di  date,  con  allegazione  di  document!  e 
di  lettere  inedite,  si  vuol  porre  in  sodo  questa  tesi:  D.  Giovanni  era 
1'unico  erede  dei  diritti  avventizii  di  suo  fratello  il  conte  di  Monte- 
molin,  che  li  avea  redati  dal  loro  padre  D.  Carlos  fratello  di  Ferdi- 
nando  VIII.  Ora  D.  Giovanni  rinunzio  formalmente,  e  senza  riserva 
alcuna,  ne  per  se  ne  pei  suoi  figli,  a  codesti  diritti,  in  favore  di  Donna 
Isabella  11  e  dei  suoi  eredi  e  successori.  Dunque  D.  Carlos  duca  di 
Madrid  non  ha  piu  ragione  veruna  al  trono  di  Spagna.  Noi  non 
possiamo  seder  giudici  in  tal  litigio,  e  rimettiamo  i  nostri  lettori  al 
citato  libro,  ed  al  sunto  che  ne  diede,  con  qualche  documento ,  il 
Memorial  diplomatique  del  30  giugno  1870,  pag.  517-518. 

Ma  piu  che  ad  Isabella  II  o  a  D.  Alfonso,  dovea  questa  scis- 
sura  tra  i  Borboni  giovare  ai  disegni  del  Prim,  che  intanto  toccava 
la  meta  sospirata,  e  trovava  un  principe  disposto  a  fare  da  Re  di 
Spagna,  sotto  1'  alto  dominio  del  Prim  e  della  sua  consorteria. 

8.  Come  un  fulmine  a  ciel  sereno,  appena  chiuse  le  Cortes  a 
Madrid  e  divulgata  1'  abdicazione  d' Isabella  II ,  scoppiava  1'annunzio 
che  il  principe  Leopoldo,  del  ramo  non  regnante  della  Casa  di  Hohen- 
zollern,  avea  accettata  la  candidatura  al  trono  di  Spagna,  col  con- 
senso  del  Re  di  Prussia,  e,  come  diceasi,  per  gli  intrighi  del  Bi- 
smark,  voglioso  di  suscitar  brighe  tra  la  Spagna  e  la  Francia.  Di 
che  abbiamo  succintamente  riferito ,  coll'  autorita  delle  dichiarazioni 
ufficiali ,  quanto  bastava ,  nella  settima  serie  precedente ,  vol.  XI , 
pag.  256  e  pag.  372-373.  Quello  fu  come  il  lampo  foriero  della  tre- 
menda  tempesta,  in  cui  dovea,  per  1'infausta  politica  di  Napoleoiie  III, 
naufragare  la  Francia,  rompendo  perci6  guerra  alia  Prussia. 

Ma  e  curioso  a  notarsi  che,  appunto  mentre  si  stringevano  a 
Berlino  le  pratiche  per  cotal  candidatura,  il  signor  Emilio  Ollivier, 
presidcnte  del  Consiglio  dei  Ministri  di  Napoleone  III,  affermava  al 
Corpo  Legislative,  il  30  di  giugno,  per  ribattere  certi  argomenti  di 
Giulio  Favre,  che  la  pace  era  salda  piu  che  mai.  Ecco  le  sue  parole. 
«  11  Governo  non  nutre  inquietudine  di  veruna  sorta;  in  nessuna 
epoca  il  mantenimento  della  pace  fu  piu  sicuro;  da  per  tutto,  do- 
vunque  si  guardi,  non  havvi  alcuna  quistione  irritante.  »  Eppure  la 


CONTEMPORANEA  115 

quistione  irritante  esisteva,  e  certo  non  era  ignota  al  Gabinetto  del 
Sig.  Ollivier . 

Infatti  gia  da  quasi  un  anno  il  Drouin  de  Lhuys  avea  fatto 
sapere  a  Napoleone  III,  che  tra  il  Bismark  ed  il  Prim  si  trattava  di 
mettere  sul  trono  di  Spagna  un  Hohenzollern;  e  Napoleone  III  dovea 
aver  avuto  sentore  che  le  pratiche  eransi  ripigliate  e  strette  nel  giugno 
del  1870;poiche  fin  dai  primi  giorni  del  luglio,  il  giornale  ufficioso 
La  France,  copiato  dall'  Opinione  di  Firenze  n°  190,  pubblicava 
d'  aver  saputo  che  alii  3  il  Prim  avea  scritto  all'  Olozaga  suo  am- 
basciadore  a  Parigi,  in  questi  termini. 

«  Finalmente  ho  un  candidate.  Egli  sara  sgradevole  alia  Fran- 
cia ,  lo  so ,  perche  e  un  prussiano  ;  ma  ha  accettato .  »  Ed  allo  stesso 
tempo  il  Gaulois  attribuiva  egualmente  al  Prim  ed  al  Bismark  il 
merito  dell*  invenzione  di  tal  candidate,  e  designava  perfino  come 
mezzana  delle  trattative  la  contessa  di  Fiandra ,  sorella  del  candi- 
date principe  di  Hohenzollern .  Tutti  i  giornali  poi  discorrevano  dei 
violenti  diverbii,  che  aveano  percio  avuto  luogo  tra  Napoleone  III  e 
1'antico  suo  amico  Olozaga,  rappresentante  della  Spagna.  Percio,  piii 
che  strane,  debbonb  parere  o  malaccorte  o  assurde  le  parole  dette  dal 
duca  di  Gramont  al  Corpo  Legislative  di  Francia,  nella  tornata  del 
6  luglio,  quando  fu  posto  alle  strette  di  dichiarare  a  che  punto  sta- 
vano  le  cose,  rispetto  a  tal  candidatura. 

II  Gramont,  ministro  per  gli  affari  esterni,  dovette  allora  confes- 
sare  che  il  Prim  avea  offerta  all' Hohenzollern  la  corona  di  Spagna;  ma 
mostr6  di  confidare  che  i  voti  degli  spagnuoli  riuscirebbero  contrarii 
al  candidate;  ed  aggiunse:  «  Non  abbiamo  cessato  mai  dall'attestare 
la  nostra  benevolenza  alia  nazione  Spagnuola ,  e  di  evitare  tutto  cio 
che  avrebbe  potuto  avere  le  apparenze  d'  un  ingerirsi  negli  affari 
interni  d'  una  nobile  e  grande  nazione  nel  pieno  esercizio  della  sua 
sovranita;  non  siamo  usciti  mai,  rispetto  ai  varii  prelendenti  al 
trono,  dalla  piu  stretta  neutralita,  e  non  abbiamo  mai  dimostrato 
per  alcun  d'  essi  ne  preferenza  ne  avversione .  »  E  finiva  con  una 
spacconata  circa  1'  indifferenza  con  cui  la  Francia  guarderebbe  le  cose 
di  Spagna,  atteso  che  mai  queste  non  potrebbero  «  mettere  a  ci- 
mento  gli  interessi  e  I'.onore  della  Francia.  » 

Gli  eventi  dimostrarono  poi  che  un  nonnulla ,  un  puntiglio  di- 
plomatico,  basto  davvero,  appunto  a  proposito  di  questa  candidatura, 
a  cimentare  gli  interessi  e  1'  onore  della  Francia  in  quella  lolta  cbe 
le  torno  si  fatale.  Onde,  nel  citato  periodo  del  Gramont,  v'e  qualche 
cosa  di  vero,  e  molto  piu  di  falso. 

E  vero  che  il  Governo  di  Napoleone  III  si  mostro  in  tutto  e  per 
tutto  pieno  di  deferenza  verso  i  rivoluzionarii  trionfanti  del  settem- 


116  CRONACA 

bre  1868.  Ma  era  questo  un  sincere  amore  per  gli  Spagnuoli  e  per  la 
loro   indipendenza?  E  vero  che  non  si  impose   alia   Spagna  questo 

0  quel  candidate;  ma  e  falso  che  non  si  adoperasse  tutta  la  prepon- 
deranza   diplomatica   per  escluderne  il  Montpensier.  E  vero  che  si 
osservo  la  neutralita  nelle  lotte  tra  i  partiti  rivoluzionarii,  cioe  fra 

1  democratici,  i  repubblicani,  i  progressisti,  i  federalisti  ed  altrettali; 
ma  e  falso  che  siasi  usata  eguale  imparzialita  verso  i  sostenitori  della 
Legittimitd.  Imperocche  coi  partigiani  d' Isabella  II  si  fece  quanto 
bastava  per  rendere  loro  impossible  una  rivincita ;  coi  partigiani  di 
I).  Carlos  si  fece  peggio ;  e  le  spie  francesi  denunziarono  al  Governo 
di  Madrid  i  loro  preparativi ,  ed  i  capi  furono   confmati  nel  centro 
della  Francia ,  e  D.  Carlos  ne  fu  espulso .  Ben  altrimenti  erasi  fatto 
coi  promotori  della  rivoluzione  del  settembre  !  Essi  erano  stati  aiutati' 
con  un  favore  che  eccedeva  di  molto  la  tolleranza .  La  rivoluzione 
spagnuola   ne   ripago   la  imperiale   Francia   con   quella  gratitudine 
stessa,  che  1'  Italia  rivoluzionaria  us6  poi  alia  sua  volta  verso  Napo- 
leone  III. 

9.  Ad  ogni  modo  certo  e  che  appena  la  candidatura  dell'Hohen- 
zollern  fu  divulgata  in  Francia ,  si  dichiaro  pure  dalla  parte  del  Go- 
verno imperiale,  sostenuto  in  cio  dal  voto  quasi  unanime  del  Senato 
e  del  Corpo  Legislativo,  e  dal  concerto   sonoro  di  tutti  i  giornali, 
una  opposizione  si  fiera  ,  che  naturalmente  a  Berlino  doveasene  ri- 
sentire  il  piu  alto  sdegno.  Ne  a  sedare  quei  bollori,  sintomi  tristis- 
simi  della  febbre  bellicosa  onde  fu  consumata  la  Francia,  valse  punto 
uulla  un  lungo  dispaccio  spedito  dal  Ministro  degli  affari  esterni  di 
Madrid,  sotto  la  data  del  7  luglio,   e  di  cui  i'  Opinione  di  Firenze 
del  14,  n°  193,  reco  un  sunto  copioso  ed  un  tratto  importante.  Con  essa 
dimostravasi  il  diritto  che  avea  il  Governo,  pel  voto  delle  Cortes, 
di  cercare  un  candidate   accettevole  alia  nazione;  faceasi  il  panegi- 
rico  dell'  Hohenzollern ;  si  esprimeva  la  fiducia  che  il  voto  nazionale 
darebbe  ragione  alia  Reggenza,  che  con  tale  scelta  voleva  uscire  dal 
provvisorio  ed  attuare  la  decretata  Costituzione ;  e  scolpavasi  il  Prim 
d'  ogni  imputazione  d'intrighi,  o   diretti    da  influenze  straniere,  od 
ostili  ad  una  qualsiasi  tra  le  Potenze  o  le  Case  regnanti.  Onde  con- 
cludeva  che  tal  candidatura  non  era  n&  potea  essere  indizio  di  al- 
tcrazione   veruna   negli   amichevoli  rapporti  con   tutte  e  singole  le 
Potenze  e  Corti  europee. 

10.  Non  cosi  la  pensd  Napoleone  III,  die  ebbe  consenzienli,  se 
non  anche  istigatori ,  i  suoi  ministri  risponsabili  a  romperla  con  la 
Prussia,  come  se  essa,  per  estendere  la  sua  influenza  in  Europa, 
avesse  ispirata  al  Prim    la   scelta  dell' Hohenzollern.  Dai  richiami 
temperati  si  passo  alle  domande  formali  di  spiegazioni,  che  poi  si  ri- 


CONTEMPORANEA  117 

putarono  insufficienti.il  ministro  francese  a  Berlino,  Sig.  Benedetti, 
incalzo  le  pratiche  con  una  insistenza,  che  parve  offendere  la  dignita 
del  Re  Guglielmo  I,  il  quale  se  ne  irrito.  II  principe  Antonio  di 
Hohenzollern,  padre  del  candidate,  o  vedesse  da  se  a  qual  termine 
rovinoso  potea  riuscire  quella  pratica,  o  vi  fosse  consigliato  dal  Re 
Guglielmo,  preparato  si  alia  guerra  ma  non  voglioso  di  provocarla, 
credette  di  porre  termine  al  dissidio,  col  rinunziare  per  se  e  per  suo 
figlio  a  quella  candidatura,  disdicendo  il  consenso  dato.  II  Governo 
spagnuolo  n'  ebbe  subito  formale  notizia ;  e ,  non  potendo  altro,  per 
cessare  da  s&  1'odiosita  d' aver  gittato  in  mezzo  all' Europa  un  tiz- 
zone  d'  incendio  si  spaventoso ,  fu  sollecito  di  far  pervenire  a  Parigi 
T  annunzio  ufficiale  di  quella  rinunzia ;  la  quale  parea  cosi  dover 
sedare  il  conflitto .  Ma  il  Governo  imperiale  non  si  appago  di  questo. 
Non  si  dichiaro  nemmeno  soddisfatto,  quando  Guglielmo  I  disdisse  da 
parte  sua  il  consenso  dato  a  quella  candidatura ;  e  pretese  anzi  che 
il  Re  Guglielmo  I  dovesse  obbligarsi  anche  per  1'  avvenire  a  non  con- 
sentire  a  tali  disegni. 

II  Benedetti ,  incaricato  di  mettere  alle  strette  il  Re  di  Prussia, 
adopero  modi  che  S.  M.  giudico  equivalent!  ad  una  intimazione  di 
dipendenza  dai  voleri  della  Francia  imperiale;  ed  incontro  un  secco 
riliuto.  II  Governo  di  Parigi,  o  fosse  realmente  gia  risoluto  di  fare 
la  guerra  e  cercasse  solo  un  pretesto  per  dichiararla  ,  o  vi  fosse  tratto 
da  quella  disdegnosa  ripulsa,  scaglio  a  Berlino,  il  19  luglio,  quel  guanto 
di  sfida,  che,  raccolto  con  dolore,  fu  come  la  sorgente  d'infiniti  guai 
per  due  potentissime  nazioni,  straziate  da  una  guerra  di  sterminio. 

11.  La  Spagna  allora  si  trasse  in  disparte,  e  stette,  net  prov- 
visorio ,  aspettando  di  vedere  quale  dei  duellanti  fosse  per  soccom- 
bere  nell' orrido  conflitto.  Prostrate  1'Impero  Napoleonico,  piu  che 
dalla  catastrofe  di  Se"dan,  dalla  rivoluzione  plebea  del  4  settembre 
in  Parigi ,  il  Governo  di  Madrid  si  senti  sciolto  all'  operare ;  e , 
consigliatosi  colla  comunanza  delle  origini  e  degli  interessi  settarii, 
penso  che  facilmente  e  felicemente  al  suo  intento  potrebbe  rannodare4N 
le  pratiche  per  aver  dalla  Casa  di  Savoia  un  principe,  da  mettere  sul 
trono  di  Spagna. 

II  Governo  di  Firenze  anch'esso,  dopo  la  caduta  del  benefico  suo 
tutore  imperiale,  come  avea  tratto  vantaggio  dagi'imbarazzi  della  Fran- 
cia per  impadronirsi  impunemente  di  Roma,  cosi  vide  che  il  porre  lo 
scettro  della  Spagna  tra  le  mani  d'un  principe  della  dinastia  regnante, 
rinforzerebbe  il  nuovo  regno  d' Italia,  per  la  politica  comune  che 
praticherebbesi  da  Firenze  e  da  Madrid  rispetto  alia  Santa  Sede.  Le 
proposte  del  Prim  furono  accolte  con  molto  favore  $  Firenze,  tanto 
dal  Governo  quanto  dalla  Corte;  e  1'ufficiosa  Opinions  del  1°  no^ 


CRONACA 


vembre,  n°  303,  diede  fiato  a  tutte  le  sue  trombe  per  annunziare 
il  fausto  evento.  Con  quella  facilita  e  sveltezza  singolarissima,  onde 
F  Opinions  seppe  ognora  mutar  teoriche,  programmi  e  livrea,  se- 
condo  1'interesse  dei  padroni  cui  dovea  servire,  V  Opinions,  di  ac- 
canita  avversaria  che  era  stata,  a  proposito  del  Duca  d'Aosta  e 
del  Duca  di  Genova  ,  d'  una  cotal  candidatura  divenne  banditrice 
fervidissima.  E  dimostro,  come  due  e  due  fan  quattro,  che  siccome, 
mutate  le  congiunture,  erasi  fatto  bene  ad  adoperare  contro  Roma 
la  violenza  dapprima  tanto  sconsigliata;  cosi  ora  1'  Italia  dovea  co- 
gliere  al  volo  1'opportunita  di  dare  un  Re  alia  Spagna,  nella  per- 
sona di  quello  stesso  Principe,  di  cui  altra  volta  avea  dimostrato  che 
farebbesi  crudo  sacrifizio,  quando  si  consentisse  ai  disegni  del  Prim. 

12.  Soltanto  si  pose  da  Firenze  la  doppia  condizione  che:  1°  II 
Duca  Amedeo  d'  Aosta  fosse  chiamato  al  trono  da  una  imponente 
pluralita  dei  voti  nella  Cortes;  2°  che  si  impetrasse  il  consenso  previo 
delle  varie  Potenze  ,  affinche  non  avessero  a  sorgere,  per  la  scelta 
del  Sabaudo,  conflitti  di  natura  simigliante  a  quelli,  ond'  erano  seer- 
pate  la  Francia  e  la  Germania  per  la  malaugurata  candidatura  del 
Prussiano. 

Da  Madrid  fu  pertanto  spedita  una  circolare  ai  rappresentanti 
presso  le  Corti  straniere,  onde  notificare  la  scelta  del  principe  Amedeo 
di  Savoia,  Duca  di  Aosta,  come  candidate  preferito  dal  Governo 
della  Reggenza  ,  e  da  presenters!  alle  Cortes;  e  chiedere  1'avviso 
dei  rispettivi  Sovrani  e  Governi  sopra  tal  negozio,  e  conoscerne  gli 
intendimenti. 

Cotali  ufficii  furono  coronati  da  pieno  successo,  e  1'  Opinions  di 
Firenze,  n°  317  del  15  novembre,  stampo,  come  avuto  dal  suo  cor- 
rispondente  (ufficiale)  di  Madrid,  il  testo  delle  risposte  dei  varii  Ga- 
binetti,  il  giorno  stesso  in  cui  la  Gazzstta  ufficiale  lo  pubblicava 
in  Madrid.  Per  1'  importanza  che  avra  Delia  storia  tal  documento, 
crediamo  di  doverlo  qui  trascrivere  distesamente. 

«  1°  Gran  Bretagna  (in  data  del  22  di  ottobre).  Se  la  can- 
didatura del  duca  D'  Aosta  fosse  gradita  alia  nazione  spagnuola  ,  il 
Governo  di  S.  M.  vedrebbe  con  gran  piacere  che  S.  A.  fosse  accettato 
come  Re  di  Spagna;  ed  invio  una  comunicazione  in  questo  senso  al 
ministro  di  S.  M.  a  Firenze. 

«  2°  Russia  (%%  ottobre).  Giusta  i  principii  che  sempre  hanno 
diretto  le  relazioni  del  Governo  imperiale  con  le  Potenze  estere,  la 
Russia  crede  di  dovsrsi  astenere  da  qualunque  giudizio  intorno  al 
regime  interno  che  la  Spagna  si  vorra  imporre. 

«  3°  Belgio  (2k  ottobre).  Aderendo  al  di  Lei  desiderio  ho  1'  o- 
nore  di  ripeterle  per  iscritto  cio  che  dissi  a  voce  a  Y.  E.  che  mi  do- 


CONTEMPORANEA  119 

mando  se  il  Belgio  avesse  da  fare  qualche  osservazione  sulla  can- 
didatura  al  trono  di  Spagna  di  S.  A.  R.  il  principe  Amedeo. 

«  II  Belgio,  Potenza  neutrale,  .desiderando  di  rimanere  stretta- 
mente  nella  posizione  che  i  trattati  e  il  diritto  pubblico  europeo  le 
hanno  fatta ,  non  ha  da  manifestare  alcuna  opinione  su  questo  argo- 
mento.  lo  mi  credo  pero  interamente  autorizzato  a  dichiarare  a  V.  E. 
che  S.  M.  il  Re  ed  il  suo  Governo  gradiscono  la  cortese  deferenza  di 
quella  domanda,  e  che  facendo  vivi  e  sinceri  voti  per  la  prosperita  della 
Spagna,  non  potranno  a  meno  d'applaudire  alle  risoluzioni  di  un  po- 
polo  amico  che  dispone  da  se  stesso  de'propri  destini. 

«  4°  Portogallo  (%  ottobre).  Rispettando  sempre  le  delibera- 
zioni  del  Governo  spagnuolo,  il  Governo  portoghese  ha  veduta  con 
grande  soddisfazione  1' annunziata  elezione. 

«  5°  Francia  (Tours ,  25  ottobre).  Favorisca  la  S.  V.  di  rin- 
graziare  il  Governo  spagnuolo  per  la  comunicazione  che  la  prego  di 
trasmetterci,  in  occasione  della  candidatura  del  duca  d'Aosta ;  e  ri- 
sponda  che  il  Governo  della  difesa  nazionale ,  in  mezzo  alle  present! 
difficolta  e  atteso  lo  stato  delle  sue  relazioni  con  gli  altri  Stati,  non 
puo  prendere  una  decisione  precisa,  rispetto  alia  domanda  che  il  go- 
verno  spagnuolo  si  degno  d' indirizzargli .  Senza  duhbio,  la  candi- 
datura del  duca  d'  Aosta  e,  fra  tutte  quelle  che  potevano  presentarsi 
dal  punto  di  vista  monarchico,  quella  che  maggiormente  ci  conviene; 
perd,  fedele  al  sentimento  della  propria  origine  ed  al  principio  della 
volonta  popolare,  il  Governo  della  difesa  nazionale  rispetta  la  deci- 
sione del  paese,  rappresentato  attualmente  dalle  Cortes. 

«  6°  Svezia  e  Norvegia  (Stoccolma ,  27  ottobre).  Si;  S.  M. 
vedra  con  piacere  la  soluzione  che  indicate. 

«  7°  Confederazione  della  Germania  del  Nord  (28  ottobre). 
Siamo  stati  i  primi  a  riconoscere  in  un  discorso  del  Trono  il  diritto 
che  spetta  alia  Spagna  di  decidere  intorno  al  proprio  avvenire.  Noi 
non  ci  allontaneremo  da  questo  principio ,  ne  imiteremo  1'  esempio 
dato  prima  della  guerra  dalla  Francia,  che  voile  immischiarsi  negli 
affari  interni  della  Spagna,  facendo  d>pendere  dal  proprio  consenso 
la  soluzione  della  questione  spagnuola. 

«  Aspettiamo  le  risoluzioni  che  la  Spagna  prendera  ne'proprii 
afiari ,  e  ne  riconosceremo  il  risultato ,  facendo  i  piu  sinceri  voti  per 
la  sua  felicita. 

«  8°  Olanda  (L'  Aiaf  28  ottobre).  II  Re  vedra  con  soddisfa- 
zione 1' elezione  del  Duca  d'Aosta.  S.  M.  spera  che  quest' elezione 
contribuira  ad  assicurare  la  prosperita  della  Spagna. 

«  9°  Austria  (30  ottobre).  Desiderate  conoscere  1' opinione  del- 
T  I.  R.  governo  sulla  eventuale  candidatura  di  S.  A.  R.  il  Duca 
d'  Aosta  al  trono  di  Spagna . 


120  CRONACA 

«  Oggi  ho  1'onore  di  poter  partecipare  a  V.  E.  che,  lungi  dal 
sollevar  la  minima  obbiezione  a  questa  candidatura,  il  Governo  di 
S.  M.  I.  R.  apostolica  fa  voti  affinche  1'  elezione  di  quel  Principe 
possa  assicurare  la  quiele  e  la  prosperita  della  Spagna. 

«  10.  Turchia  (Pera,  3  novembre).  II  Gran  Visir  m' incarica 
di  far  sapere  a  V.  E.  che  il  Governo  ottomano  vedrebbe  con  grande 
soddisfazione  1'  elezione  del  Duca  d' Aosta  al  trono  di  Spagna.  Questa 
candidatura  e  sommamente  gradita  al  Sultano,  che  conosce  perso- 
nalmente  il  Principe. 

«  11°  Roma  ft  novembre)  L' incaricato  d'  affari  spagnuolo 
al  Ministro  degli  affari  esteri  a  Madrid.  Avendo  io  notificata  la 
Reale  candidatura,  il  cardinale  Antonelli  ha  risposto  che  fa  i  piu 
sinceri  voti  affinche  la  Spagna  si  costituisca  definitivamente  quanto 
prima,  rassodandosi  il  Governo.  Stasera  il  cardinale  ne  parlera  al 
Papa,  e  domani  conoscer6  la  risposta  diretta  di  S.  Santita.  » 

13.  Rassicurato  cosi  circa  il  consenso  delle  Potenze,  il  Gabinetto  di 
Madrid,  appena  furono  riaperte  le  Cortes,,  loro  presento,  alii  3  no- 
vembre, come  candidate  alia  corona  il  principe  Amedeo  di  Savoia , 
Duca  d' Aosta;  e  fatta  una  esposizione  dei  motivi  per  cui  erasi  ritirato 
il  Principe  di  Hohenzollern,  e  recitatone  il  panegirico,  il  Prim  si  di- 
stese  in  magnificare  i  titoli,  che  avea  il  nuovo  candidate,  degnissimo 
di  conquistare  1'amore  come  gia  dovea  eccitare  1'ammirazione  di  tutti 
gli  Spagnuoli.  L'annunzio  fu  accolto  con  significazioni  diverse  di 
sentimenti  tutt'altro  che  propizii,  da  parte  dei  repubblicani,  dei  le- 
gittimisti  e  della  fazione  del  Montpensier.  Si  udirono  risonare  alto 
fiere  minacce  e  parole  tutt'altro  che  lusinghiere  pel  novello  candidate. 
Ma  il  Prim  si  era  gia,  in  certe  raunanze  preparatorie,  assicurato  della 
pluralita  dei  voti,  e  scnza  turbarsi  punto  stette  saldo ,  pensando  che 
alle  voti  delle  protestazioni  contrarie  egli  potea  opporre  quelle  troppo 
piu  sonore  dei  cannoni  e  dei  fucili. 

11  giorno  appresso,  4  novembre,  il  Sagasta,  ministro  per  gli  affari 
esterni,  spedi  ai  rappresentanti  spagnuoli  presso  le  Corti  straniere 
una  circolare,  riferita  anche  dall'  Opinions  di  Firenze,  n.  821  del 
19  novembre;  nella  quale  ripeteva  sottosopra  quello  che  dal  Prim 
erasi  detto  alle  Cortes,,  ragionava  i  motivi  della  scelta  del  candi- 
date Duca  d' Aosta,  dava  un' ultima  incensata  al  principe  d'  Hohen- 
zollern, celebrava  la  magnanimita  del  Gabinetto  spagnuolo  pei  sacri- 
fizii  fatti  onde  antivenire  la  guerra  franco-prussiana:  ed  annunziava 
1'  avvenuta  presentazione  ufficiale  di  Amedeo  di  Savoia  come  can- 
didate al  Trono. 

Ma  siccome  in  cotali  faccende  &  di  gran  rilevanza  il  far  presto', 
cosi  il  Sagasta,  mentre  spediva  la  suddetta  circolare,  era  sollecito 


CONTEMPORANEA  11 

di  dare  per  telegrafo  la  stessa  notizia  alle  varie  legazioni  spagnuole 
d'Europa;  ed  ecco,  tratte  pure  dall'  Opinions  n.  317,  le  risposte  chQ 
ne  ricevette,  per  la  stessa  via ,  e  nello  stesso  giorno  4  novembre. 

«  1°  Brusselle  (k  novembre}.  Ho  ricevuto  il  dispaccio  telegrafico 
di  V.  E.,  in  data  d'oggi,  che  mi  partecipava  la  presentazione  alle 
Cortes  della  candidatura  del  duca  d'Aosta,  e  1'  ho  comunicato  a  questo 
Governo,  giusta  le  istruzioni  di  V.  E.  Questo  signor  ministro  degli 
affari  esteri  ha  udito  colla  massima  soddisfazione  una  si  importante 
notizia. 

«  2°  (Tours  4  novembre).  Giusta  1'  ordine  inviatomi  da  V.  E.  con 
suo  telegramma  di  ieri,  ho  partecipato  al  conte  di  Chaudordy  che  il 
presidente  del  Consiglio  dei  ministri  aveva  presentato  alle  Cortes  co- 
stituenti  la  candidatura  del  Duca  d'Aosta  al  trono  di  Spagna;  e  il 
conte  di  Chaudordy  mi  rispose,  a  nome  di  questo  Governo,  che  acco- 
glieva  col  maggior  piacere  quella  notizia ,  desiderando  sinceramente 
che  la  nazione  spagnuola  inauguri,  colla  sua  defmitiva  costituzione, 
una  nuova  era  di  pace  e  prosperita. 

«  3°  Londra  (5  novembre).  Rispondendo  al  biglietto  Con  cui  io 
gli  annunziava  la  presentazione  alle  Cortes  della  candidatura  del  Duca 
d'Aosta,  lord  Granville  si  congratula  col  Governo  spagnuolo  per  aver 
proposto  quella  candidatura,  e  aggiunge  che  gli  rechera  pure  sod- 
disfazione  il  vederla  gradita  dalle  Cortes  e  dalla  nazione. 

«  4°  Roma  (5  novembre.)  Sua  Santita,  informata  della  candi- 
datura Reale  presentata  alle  Cortes,  ha  risposto  che  prega  Dio  con 
fervore  affinche  la  Spagna,  coll'elezione  del  Re,  assicuri  sopra  fer- 
missime  basi  la  quiete  ed  il  benessere,  per  la  prosperita  del  paese 
e  r  incremento  della  religione. 

«  5°  Vienna  (5  novembre).  II  cancelliere  di  quest' Impero,  conte 
di  Beust,  a  cui  ho  partecipata  la  presentazione  alle  Cortes  della 
candidatura  del  Duca  d'Aosta  al  trono  di  Spagna,  mi  risponde  che 
come  ha  gia  telegrafato,  e  V.  E.  sa,  per  mezzo  del  rappresentante 
austriaco  a  Madrid,  questo  Governo  vede  con  soddisfazione  quella 
candidatura,  che  ha  meritato  il  consenso  dei  Gabinetti  europei.  » 

1 4.  Naturalmente  la  candidatura  del  Duca  d'  Aosta  dovea  ben 
poco  andar  a  sangue  del  Duca  di  Montpensier ,  che  cosi  vedea  darsi 
il  colpo  di  grazia  alle  sue  ambiziose  mire ,  coltivate  con  tanto  amore 
e  con  enorme  dispendio  di  denaro  e  d'artifizii.  Saputo  che  nella  riunione 
de'Senatori  di  parte  monarchica  il  generate  Contrerassi  era  fieramente 
dichiarato  contrario  all'elezione  del  Savoino,  il  Montpensier  gli  scrisse 
una  lettera,  della  quale  basta  recitare  le  seguenti  linee:  «  Mi  con-" 
gratulo  con  voi  pel  vostro  patriottico  discorso  nell'  adunanza  monar- 


CRONACA 

chica  del  Senato.  Se  avessi  Tonore  di  sedere,  come  voi,  nell'As- 
semblea  costituente,  sarei  il  primo  a  dare  il  mio  voto  all'  illustre  Duca 
della  Vittoria.  » 

La  magnanimita  del  Montpensier  giuwgeva  fino  a  tale  eccesso! 
Purche  gli  riuscisse  di  far  mettere  da  parte  il  Duca  d'Aosta,  compe- 
titore  omai  vittorioso,  egli  avrebbe  dato  il  voto  pel  vecchio  ottuage- 
nario  Espartero,  non  senza  speranza  di  raccoglierne  poi  1'eredita! 

Si  pensava  dunque  ancora  a  far  dell' Espartero  un  Re?  Vi  pen- 
savano  almeno  molti  di  quei  che  non  volevano  affatto  il  Duca  d'Aosta, 
ed  i  repubblicani ;  poicbe  gli  uni  e  gli  altri  si  proponevano  di  tornare 
poi  alia  carica  pel  rispettivo  loro  scopo,  quando  1'effimero  regno  del 
vecchio  maresciallo  fosse  con  lui  disceso  nella  tomba.  Percio  ritentarono 
i  suoi  partigiani  la  prova  di  strappargli  il  consenso,  onde  inalberare 
la  sua  bandiera  e  contrapporla  a  quella  del  candidate  Savoino. 

L'  Espartero ,  benche  vecchio ,  sdegno  di  divenire  cosi  uno  stru- 
mento  di  partito;  ed  ebbe  questa  volta  un  lampo  di  vero  amor  patrio, 
per  cui  rifiuto  di  prolungare  1'  agonia  della  Spagna.  La  sua  lettera  di 
risposta,  riferita  nell'  Opinione  n.  326,  e  data  da  Logrono  sotto  il 
7  novembre,  fu  indirizzata  ad  un  Cipriano...  che,  a  nome  dei  suoi 
colleghi  gli  avea  offerta  la  corona;  e  merita  d' essere  qui  riferita; 
perche  e  forse  uno  dei  migliori  atti  politici  della  sua  vita. 

«  Da  cio  che  tu  mi  dici  e  da  quanto  leggo  nei  giornali ,  vedo 
che  vi  sono  dei  deputati ,  i  quali ,  obbedendo  ad  un  sentimento  di 
affetto  di  cui  li  ringrazio  cordialmente ,  hanno  Fidea  di  darmi  i  loro 
voti  nella  prossima  elezione  del  monarca.  In  differenti  occasioni  ho 
espostole  ragioni,  e  non  ho  bisogno  di  reiterarle,  che  m'impedirebbero 
di  accettare  una  si  alta  missione,  quand'  anche  essa  mi  venisse  con- 
ferita  dalle  Cortes.  Questa  risoluzione  essendo  irrevocable,  desidero 
che,  senza  tener  conto  dei  sentimenti  di  aftezione  personale,  ed  in- 
spirandosi  al  piu  puro  patriottismo ,  come  le  circostanze  lo  esigono 
in  questi  momenti  solenni ,  per  la  liberta  e  I'  avvenire  del  popolo 
spagnuolo ,  i  deputati  appoggino  coi  loro  voti  il  candidate  ch'  essi 
giudicheranno  piu  degno  d' occupare  il  trono ,  facendo  astrazione  dal 
mio  nome.  La  maggior  fortuna  per  me  sarebbe  di  vedere  la  mia  patria 
libera  e  felice ,  e  la  mia  unica  aspirazione,  in  questo  momento,  e,  che 
le  Cortes  cosliluenti  abbiano  la  gloria  di  giungere  ad  eleggersi  un 
Re  che  possa  realizzare  questo  scopo  tanto  caro .  Comunica  a  tutti 
questa  lettera  del  tuo  aff'ezionato  BALDOMERO  ESPARTERO.  » 

15.  II  giorno  16  di  novembre  era  stato  posto,  d'accordo  fra  il 
Governo  e  le  Cortes,  per  discutere  e  votare  sopra  la  candidatura  del 
Duca  d'  Aosta.  La  seduta  fu  aperta  alle  ore  due  e  mezzo  pomeridiane, 


CONTEMPORANEA  123 

sotto  la  presidenza  di  D.  Manuel  Ruiz  Zorilla.  Si  comincio  col  leggere 
le  scritte  di  tre  deputati  infermi.  II  primo,  D.  Manuel  Pasqual  y 
Silvestre  mandava  con  la  sua  lettera  il  voto  pel  Duca  d'  Aosta.  II 
secondo,  che  era  il  Garrido,  si  dichiarava  per  1' elezione  dell'Espar- 
tero,  patriarca  della  liberld  spagnuola.  II  terzo,  Lopez  Ruiz  voleva 
eletto  il  Duca  di  Montpensier.  Quindi  si  passo  a  prendere  notizia  di 
varii  indirizzi  e  di  varie  protestazioni,  firmate  da  grandissimo  numerp 
di  Spagnuoli  di  diverse  province,  contro  il  Duca  d'  Aosta.  Cio  diede 
ansa  all'  onorevole  Yinader  per  iscatenarsi ,  non  pure  contro  il  can- 
didato ,  ma  anche  contro  suo  padre.  Ne  venne  un  gran  tumulto ,  e  la 
baruffa  divenne  rabbiosa ,  per  le  recriminazioni  di  slealta  che  gli  uni 
e  gli  altri  si  mandavano  e  rimandavano  con  pochissimo  decoro.  Si 
venne  perfino  a  leggere  la  lista  ufficiale  di  quelli  che ,  dopo  essersi 
mostrati  partigiani  caldissimi  d'  Isabella  II,  a  cui  aveano  giurato  fe- 
delta ,  aveano  poi  con  egual  fervore  proclamata  la  sua  decadenza.  Con 
cio ,  dicea  il  deputato  Abazzuza,  il  future  monarca  potra  capire  qual 
conto  egli  debba  fare  di  certe  lealta ! 

Messa  la  questione  su  tal  pendio  ripido  e  pericoloso ,  chi  sa  dove 
sarebbe  precipitata,  se  il  Presidente  non  avesse  ricordato  a  tutti,  che 
«  la  legge  sopra  1'  elezione  del  Monarca  proibiva  ogni  discussione 
durante  gli  otto  giorni  precedenti  a  quello  dell'  elezione ;  e  che  percio 
non  si  poteano  ne  leggere  ne  udire  proposte  di  veruna  sorta  ».  Con  cio 
fu  posto  argine  al  torrente  che  gia  traboccava ,  e  si  procedette  ai  voti 
per  via  di  schede,  in  cui  ciascuno  nominava  il  candidate  di  sua  ele- 
zione. 

Finito  lo  scrutinio  coll'esame  delle  schede,  fu  accertato  che  stavano 
pel  Duca  d'Aosta  191  elettori;  per  la  Repubblica  federale  ad  esclu- 
sione  di  qualunque  Re,  contro  la  legge  gia  bandita  della  nuova  Co- 
stituzione,  si  dichiararono  60;  votarono  pel  Duca  di  Montpensier  27 
suoi  fedeli  partigiani;  gittarono  nell' urna  una  scheda  bianca  19  Spa- 
gnuoli, che  con  cio  si  lavarono  le  mani  di  tal  faccenda,  come  p  inutile 
ai  bene  della  Spagna  ,  o  impossible  ad  impedirsi ;  all'  Espartero  Duca 
della  Yittoria  tocco  1'  umiliante  regalo  di  8  voti;  soli  2  ebbero  il 
coraggio  di  protestarsi  in  favore  d'una  schietta  Repubblica  assoluta 
della  Spagna;  altri  2  per  D.  Alfonso  di  Borbone  erede  d' Isabella  II; 
per  una  Repubblica  temperata  un  solo,  ed  un  solo  per  la  Duchessa 
di  Montpensier  sorella  d' Isabella  II. 

II  segretario  delle  Cortes  promulgo  il  risultato  dello  scrutinio 
con  le  laconiche  parole  seguenti.  «  II  numero  dei  Signori  deputati 
ammessi  e  di  344,  la  pluralita  prefissa  della  meta  piu  uno  e  di  173. 
Ha  pertanto  ottenuto  piu  della  pluralita  il  signor  Duca  d'  Aosta.  » 


124  CRONACA 

In  verita ,  bench&  tra  i  deputati  present!  alle  Cortes,  si  nume- 
rassero  soli  191  pel  principe  Savoino,  egli  ottenne  193  voti,  compu- 
tando  quelli  di  2  deputati  assenti,  che  gli  diedero  il  proprio  per 
iscritto.  Sicche,  tenuto  conto  di  questi  2,  il  Savoino  deve  il  suo  trono 
ad  una  pluralita  relativa  di  soli  12  voti;  non  computandoli,  la  sua 
vittoria  e  merito  di  quei  10  piu  della  meta,  che  stettero  per  lui.  Un 
trono  per  10  voti! 

II  Ruiz  Zorilla,  con  tono  maestoso ,  pronunzio  il  trionfale:  «  Resta 
eletto  Re  di  Spagna  il  signer  Duca  d'  Aosta.  »  Quindi  sospese  per 
breve  tratto  la  seduta;  al  ripigliarsi  della  quale  lo  stesso  Ruiz  Zo- 
rilla recito  un  breve  ed  enfatico  panegirico  del  Re  eletto;  e  questo, 
coi  corni  dei  suoi  elettori,  puo  vedersi  in  quasi  tutti  i  giornali  di 
quel  tempo,  come  nell'  Unitd  Cattolica  n.  271  del  24  novembre. 

16.  Benche  il  maresciallo  Prim  non  avesse  piu  verun  ragionevote 
motive  di  temere  che  gli  potesse  scivolar  di  mano  la  sua  creatura  ed  il 
Re  tanto  cercato,  fu  tuttavia  sollecito  di  spedire  a  Firenze  un  messo, 
che  fu  il  colonnello  Garcia  Cabrera;  il  quale  dovesse  presentare  al 
Re  Yittorio  Emmanuele  II  una  sua  lettera,  per  impetrarne  il  consenso 
alia  fatta  elezione.  La  contenenza  di  tal  lettera  fu  indicata  dall'uffi- 
ciosa  Opinions  nel  n.  325  del  23  novembre ,  nei  termini  seguenti. 

«  Con  questa  iettera  il  signor  maresciallo  espose  la  situazione 
politica  della  Spagna,  rassicurando  la  M.  S.  chela  grande  maggio- 
ranza  liberale  di  quella  generosa  nazione  applaudiva  alia  candidatura 
dell' augusto  suo  figlio,  il  Duca  d' Aosta,  e  che  1'esercito  e  1'armata 
1'aveano  salutata  entusiasticamente.  S.  M.  degnavasi  rispondere  al 
conte  di  Reuss,  felicitandolo  per  gli  sforzi  fatti  dal  Governo  della 
Reggenza  per  il  consolidamento  delle  istituzioni  liberali,  datesi  dal 
popolo  spagnuolo,  e  per  1' opera  efficace  con  cui  il  signor  maresciallo 
coopero  a  far  superare  alia  sua  patria  i  pericoli  di  uno  dei  piu  glo- 
riosi  rivolgimenti  politici.  » 

17.  Intanto  partiva  da  Madrid ,  nella  notte  del  24  novembre,  con 
onori  reali,  una  numerosa  deputazione  delle  Cortes  costituenti,  ca- 
pitanata  dal  Ruiz  Zorilla  suo  presidente;  ed  andava  ad  imbarcarsi  a 
Cartagena  sopra  una  squadra  ivi  preparata  dal  Ministro  della  Marina, 
e  quinci  salpava  alia  volta  di  Genova.  Giunsevi  di  fatto  due  giorni 
dopo.  Ma  siccome  a  Rarcellona  avea  menato  strage  la  febbre  gialla,  e 
temeasi  che  Cartagena  non  ne  fosse  al  tutto  immune,  la  Deputazione 
soprastette  in  quarantena  a  Genova ,  mentre  a  Firenze  allestivasi  la 
pompa  ufficiale  pel  suo  solenne  ricevimento. 

Questo  ebbe  luogo,  con  istraordinario  apparato  di  onori  regii, 
al  Palazzo  Pitti,  la  mattina  del  4  dicembre,  assistendovi,  oltre  i 


CONTEMPORANEA  125 

membri  della  Casa  reale  di  Savoia ,  tutt'i  president!  e  membri  del 
grandi  Corpi  dello  Stato.La  relazione  della  cerimonia  venne  pubblicata  I 
lo  stesso  giorno  dalla  Gazzetta  ufflciale  del  Regno.  II  breve  discorso  a 
con  cui  il  Ruiz  Zorilla  chiese  al  Re  Vittorio  Emitfanuele  la  permissione 
di  offerire,  in  nome  della  nazione  e  delle  Cortes  di  Spagna,  quella 
corona  al  principe  Araedeo  suo  figlio ;  la  breve  ed  affettuosa  risposta 
del  Re;  il  tronfio  discorso  del  Zorilla  al  Duca  d'Aosta;  la  risposta, 
non  estemporanea,  poich&  preparata  dal  Correnti  ministro,  ma  bene 
appropriate,  con  cui  il  Duca  d'Aosta  accettd  il  trono  offerto,  sono 
documenti  che  la  storia  potra  registrare  nel  rituale  di  quella  cerimonia; 
ma  non  ci  sembrano  meritare  il  sacrifizio  di  tre  o  quattro  pagine  in 
questa  cronaca. 

Terminata  la  recita  dei  discorsi  gia  preparati  di  comune  accordo, 
ilVisconti-Venosta,segretario  di  Stato  per  gli  affari  esterni,  come  notaio 
della  Corona,  lesse  1'  atto  percio  disteso ,  onde  suggellare  1'  offerta  o 
T accettazione.  II  quale  atto,  con  le  firme  del  Re,  del  principe  Ame- 
deo,  dei  principi  Umberto  ed  Eugenio  di  Savoia,  porto  pure  quelle 
del  senatore  G.  Capponi,  dei  generali  Menabrea,  e  Gialdini,  e  del- 
1'  onorevole  Urbano  Rattazzi,  come  testimonii.  Quindi,  firmatisi  tutti 
i  28  membri  presenti  della  Deputazione  spagnuola ,  il  Visconti-Ve- 
nosta  1'autentico  col  suo  riverito  nome;  ed  Amedeo  di  Savoia,  Duca 
d'Aosta,  fu  riconosciuto  Re  di  Spagna. 

Non  c'  indugeremo  qui  a  discorrere  dei  banchetti  e  dei  festini , 
onde  fu  onorata  la  Deputazione  spagnuola  per  piu  giorni ,  finche  tor- 
nata  a  Genova  ,  riprese  il  mare ,  ed  ando  a  Madrid  per  disporre  ogni 
cosa  al  ricevimento  del  nuovo  Re. 

18.  Pubblicato  il  fatto,  S.  M.  la  Regina  Isabella  II  si  credette 
in  dovere  di  bandire  una  solenne  protestazione ,  contro  quella  che 
essa  riguardava  una  usurpazione  del  trono  spettante  a  suo  figlio 
D.  Alfonso,  a  favore  del  quale  essa  avea  abdicate.  Quest'  atto,  indi- 
rizzato  agli  Spagnuoli  e  divulgato  da  per  tutto,  e  stampato  nel  Times 
dell'8  dicembre,  fu  riferito  anche  dall'  Opinione,  n.  344  del  12.  Esso 
porta  1'  impronta  dei  sensi  d'una  Regina  tradita,  derelitta,  spogliata, 
che  pur  vuol  tutelare  i  diritti  di  suo  figlio,  e  fa  un  fervido  appello 
ai  sensi  cristiani  e  leali  degli  Spagnuoli.  Non  pare  che  abbia  prodotto 
gran  commozione,  neppure  tra  i  devoti  ad  Isabella  II. 

Anche  D.  Carlos  di  Rorbone  ,  duca  di  Madrid,  si  richiamo  contro 
la  violazione  dei  suoi  diritti,  appellando  alia  giustizia  degli  Spagnuoli 
e  di  Dio,  e  dimostrandosi  risoluto  di  rivendicare,  come  meglio  po- 
tesse ,  le  ragioni  al  trono  dei  suoi  avi.  II  testo  di  tal  documento  non 
ci  venne  sott'occhio;  ma  pare  che,  come  pochi  furono  i  partigiani 


\ 26  CRONACA 

di  D.  Carlos  nelle  Cortes,  cosi  niuno  per  ora  credesse  opportune  di 
i:  levarsi  per  sostenere  la  sua  causa. 

a  19.  II  nuovo  Re  Amedeo  1  tomato  a  Torino  per  accomiatarsi 
dalla  sua  consorte ,  che  fresca  di  parto  non  potea  accompagnarlo,  fu 
a  Firenze  il  25  dicembre  per  ricevere  da  suo  padre  1'  ultimo  abbrac- 
cio ,  e  prendere  licenza  da  tutta  la  famiglia.  La  sera  della  solennita 
del  S.  Natale  parti  alia  volta  della  Spezia,  ed  addestrato  poi  fino  a  Ma- 
drid, dal  Generale  Enrico  Cialdini ,  datogli  non  sappiamo  bene  se 
come  guida  o  tutore ,  ma  certamente  qualificato  in  termini  ufficiali 
come  «  ambasciadore  in  missione  temporanea  presso  S.  M.  il  Re  di 
Spagna  ».  Accompagnarono  pure  S.  M.  alia  Spezia  il  principe  Um- 
berto  suo  fratello  primogenito,  e  S.  A.  il  principe  Eugenic  di  Ca- 
rignano.  Giunto  sul  mezzodi  del  26  alia  Spezia ,  e  salutato  dai  can- 
noni  della  squadra  spagnuola  ed  italiana,  ivi  surte  suU'ancore,  il 
Re  Amedeo  sali  a  bordo  della  nave  capitana  Numancia  f  ivi  ricevuto 
dall'  ambasciadore  di  Spagna.  Dopo  un  lieto  banchetto ,  il  Re  parti 
verso  le  4  pomeridiane  alia  volta  di  Cartagena.  Gli  altri  personaggi 
della  Real  casa  di  Savoia  ed  i  Ministri  che  aveano  assistito  alia 
partenza,  tornarono,  quali  a  Torino  e  quali  a  Firenze.  Ma  il  dramma 
rivoluzionario  dovea  chiudersi  con  una  trista  scena. 

Mentre  la  Numancia  solcava  rapidamente  il  mediterraneo,  per 
condurre  alia  Spagna  il  Re,  donatole  dal  maresciallo  Prim  ,  questi 
soccombeva  sotto  il  piombo  d'assassini,  rimasti  finora  sconosciuti.  La 
sera  del  27  dicembre,  il  Prim  tornava  dalle  Camere  alia  sua  residenza, 
dopo  aver  assicurato  le  Cortes  che ,  compiuto  oggimai  il  suo  compito 
di  dare  assetto  saldo  e  liberate  alle  cose  di  Spagna,  intendeva  trarsi 
al  tutto  fuori  dalle  brighe  politiche.  Non  ebbe  tempo  da  dimostrare 
col  fatto  la  sincerita  della  sua  promessa.  Allo  sbocco  d'  una  via,  poco 
distante  dal  palazzo  del  Prim  ,  il  passo  era  ingombro  da  due  car- 
rozze  ferme,  d' onde  uscirono  sei  o  sette  assassini  ,  armati  di  cara- 
bine ;  i  quali  accostandosi  alia  vettura  del  Prim  che  erasi  dovuta 
fermare,  il  tolsero  di  mira  ,  e  prima  che  egli ,  avvertito  dal  suo  uffi- 
ciale  d'ordinanza,  potesse  curvarsi  e  schivare  icolpi,  onde  fu  ful- 
minato,  fu  gravemente  ferito  alia  mano  sinistra  ed  alia  spalla.  Gli 
assassini  si  sperperarono  in  un  baleno  per  le  vie  vicine,  trovarono 
pronti  vclocissimi  cavalli  e  di  gran  camera  si  posero  in  salvo.  Piu  I 
di  150  persone  sospette  furono  arrestate;  ma  finora  non  si  venne  in  i 
chiaro  di  nulla,  che  basti  ad  indicare  gli  aatori  ed  esecutori  dell'as-  j 
sassinio. 

II  misero  Prim ,  portato  in  carrozza  di  gran  corsa  a  casa,  pote  I 
sccnderne  da  se  e  salire  le  scale;  e  suite  prime  si  ebbe  qualche  spe-f 


CONTEMPORANEA  157 

ranza  di  salvargli  la  vita.  Furono  estratti  felicemente  sei  o  sette 
proiettili  dalla  spalla ;  gli  fu  amputate  un  dito  della  mano  sfracel- 
lata ;  e  si  avea  fiducia  nella  tempra  robusta  della  sua  complessione. 
Ma  poco  stante  la  febbre  si  dichiaro  gagliarda ,  e  poche  ore  prima 
che  il  Re  Amedeo  I  prendesse  terra  a  Cartagena  ed  avviassesi  a  Ma- 
drid ,  il  maresciallo  Prim,  conte  di  Reuss,  cessava  di  vivere ,  senza 
aver  veduto  il  Re  di  sua  elezione.  Non  ci  venne  fatto  di  leggere  in 
alcun  giornale  che  gli  fossero  in  tempo  (forse  perche  questo  manco) 
amministrati  i  soccorsi  della  religione.  Rensi  vedemmo  pompose  de- 
scrizioni  del  mortorio  regale ,  onde  fu  onorato  il  corpo  dell'  estinto, 
che  dalla  dittatura  passo  cosi  in  un  subito  alia  tomba.  Dio  abbia 
avuto  misericordia  deli'  anima  sua ! 

20.  Con  questi  poco  lieti  auspicii  ii  Re  Amedeo  I  giungeva  a 
Madrid,  fra  grande  apparato  militare,  ma  senza  mostra  di  entusiasmo 
popolare;  il  che  fu  attribuito  al  lutto  per  la  morte  del  Prim.  Nella  Gaz- 
zetta  Piemontese  fu  stampata  una  corrispondenza  da  Madrid ,  sottd 
il  29  dicembre;  nella  quale,  accennato  al  prossimo  arrivo  del  Re, 
dicevasi :  «  Tutte  le  stazioni  ferroviarie  per  cui  passera  il  nuovo  Re, 
saranno  guernite  di  truppe;  un  mio  amico  venuto  or  ora  da  Granada, 
dice  che  in  molti  paesi  di  quella  provincia  si  abbruciarono  uomini 
di  paglia  rappresentanti  il  duca  d'Aosta,  e  continuarono  fmo  ad  avan- 
t'ieri  la  presentazione  per  parte  di  deputati  dell'opposizione,  di  peti- 
zioni  firmate  in  tutte  le  citta  della  Spagna,  contro  1'elevazione  al  trono 
del  duca  d'Aosta.  L'associazione  dell'aristocrazia  spagnuola  si  e  ra- 
dunata  ultimamente,  ed  ha  deciso  di  sciogliersi  fintanto  che  rimanesse 
in  Ispagna  un  rey  extrangero,  di  protestare  contro  1' elezione  del  duca 
d'Aosta,  di  non  riconoscerlo  come  re,  e  di  non  mai  presentarsi  alia 
Corte;  questa  dichiarazione  venne  firmata  da  tutta  1'  aristocrazia  spa- 
gnuola all' infuori  di  13  membri  che  erano  assenti.  » 

Erasi  prudentemente  disarmata  e  sciolta  la  guardia  civile  di 
Madrid;  erasi  epurala  la  guardia  Nazionale;  grosso  nerbo  di  truppe, 
sotto  il  comando  di  Generali  tutti  devoti  al  Prim,  di  cui  erano  crea- 
ture, assicuravano  il  buon  ordine;  e  questo  nonfu  punto  turbato  quando 
il  Re  eletto  presto  al  cospetto  delle  Cortes  il  giuramento  di  fedelta 
alia  Costituzione.  Di  che  ci  pare  inutile  il  recitare  le  descrizioni,  che 
vennero  spacciate  pei  giornali. 

21.  Sentiva  il  Re  Amedeo  I  qual  pro  farebbe  ai  suoi  avversarii 
la  presente  condizione  di  Casa  Savoia  rispetto  al  Papa  ed  alia  Santa 
Sede.  Onde  eda  credere  che  di  buon  grado  accettasse  di  firmare  una 
lettera,  preparata  dal  Gabinetto  all'intento  di  dimostrare  ai  cattolici 
spagnuoli  che  essi  aveano  un  Re  cattolico;  e  per  bandire  al  tempo 


-J28  CRONACA   CONTEMPORANEA 

stesso  quali  sarebbero  le  sue  relazioni  colla  Chiesa,  e  quale  la  sua 
osservanza  per  le  ragioni  della  Santa  Sede,  al  tutto  informate  da 
principii  liberal!.  Codesta  lettera,  indirizzata  al  Papa  Pio  IX,  fu  ve- 
ramente  un  programraa  di  indifferenza  religiosa  bandito  ad  uso  del 
liberali,  ma  con  la  debita  vernice  pei  cattolici:  il  che  si  puo  leci- 
tamente  congetturare  da  questo  indizio,  che  tal  lettera  comparve 
stampata  nei  giornali  di  cola  e  d'  Italia,  prima  che  pervenisse  tra  le 
mani  del  Santo  Padre  a  cui  era  indirizzata.  Fu  dunque ,  per  parte  di 
chi  la  sottopose  alia  firma  di  Amedeo  I,  un  bando  ad  uso  politico,  piu 
che  un  atto  d'ossequio  al  Sommo  Pontefice.  Eccone  il  tenore  pubblicato 
anche  nell'  Unitd  Cattolica,  n°  23  del  28  gennaio  1871. 

«  Santissimo  Padre.  Essendoci  stata  offerta  dalle  Cortes  costi- 
tuenti  sovrane  della  nazione  spagnuola  la  Corona  di  questo  nobile 
paese,  abbiamo  giudicato,  dopo  d'avere  acquistato  la  certezza  che 
questa  elezione  non  potra  opporre  ostacoli  alia  pace  dell' Europa,  di 
dover  accettare  con  gratitudine  un' offerta  cosi  onorevole  per  noi,  in 
quella  che  ci  e  di  si  grave  peso  e  c'  impone  cosi  difficili  doveri  da 
compiere.  Ma  noi  ci  siamo  decisi  di  accettarla  colla  ferma,  inaltera- 
bile  risoluzione  di  compiere  tutti  i  nostri  sforzi  e  consacrare  tutta  la 
nostra  vita,  per  ottenere  la  fortuna  e  la  prosperita  di  questo  gran  po. 
polo.  Nato  ed  educate  nel  seno  di  una  religione,  che  riconosce  Vostra 
Santita  come  Capo  visibile,  e  Re  presentemente  di  una  nazione  cat- 
tolica  i  cui  cittadini,  liberi  di  scegliere  e  praticare  quel  culto  che 
preferiscono,  conservano  tuttavia,  nella  loro  gran  maggioranza,  viva 
e  fervorosa  la  fede  dei  loro  avi,  sara  nostra  principale  sollecitudine 
far  si,  col  nostro  rispetto  e  colla  nostra  adesione  a  Vostra  Beatitudine, 
che  le  costanti  relazioni  tra  Vostra  Santita  e  questa  generosa  nazione 
siano  quelle  die  col  Padre  spirituale  dei  fedeli  debbono  avere  i  suoi 
veri  figli.  Consentaci  percio,  Vostra  Beatitudine,  che,  dopo  d'aver  recato 
a  sua  notizia  il  nostro  avvenimento  al  trono,  che,  previo  il  nostro 
giuramento  di  osservare  e  di  far  osservare  la  Costituzione  della  Mo- 
narchia,  ebbe  luogo  il  2  del  corrente,  uno  dei  primi  atti  del  nostro 
Regnosia  quello  di  attestarle  il  filiale  amore  e  la  profonda  venerazione 
che  le  professiamo.  Pregando  Vostra  Santita  di  volerci  concedere  la 
sua  santa  benedizione  apostolica,  come  pegno  di  sicurezza  per  compiere 
degnamente  i  nostri  nuovi  ed  elevati  doveri,  supplichiamo  con  tutto 
il  nostro  cuore  1'  Onnipotente,  perche  conservi  la  Vostra  preziosa  vita 
per  lunghi  e  prosper!  anni.  Santissimo  Padre,  di  Vostra  Beatitudine, 

Data  dal  Palazzo  di  Madrid,  il  5  gennaio  del  1871.  —  Umile  e 
devoto  figlio  AMEDEO.  » 


IL  PROTESTANTESIMO  ED  IL  CATTOLICISMO 

NELLA 

GUERRA  FRANCO-GERMANICA 


Tra  i  varii  argomenti  di  scandalo  contro  la  Provvidenza, 
che  i  pusilli  di  spirito  e  i  miscredenti  hanno  tolti  dalla  guerra 
teste  cessata,  non  ultimo  e  questo :  che  il  protestantesimo, 
colle  vittorie  della  Germania,  ha  riportato  il  suo  pieno  trionfo 
sopra  il  cattolicismo ;  e  quindi  la  guerra  5  riuscita,  secondo 
alcuni ,  ad  un  grande  abbassamento  e ,  secondo  altri ,  al 
totale  annientamento  della .  forza  cattolica  neir  Europa . 
Quantunque,  cosi  com1  e  esposto,  Targomento  appaia  esa- 
gerato ,  pure  non  lascia  di  avere  molto  dello  specioso.  Per 
questo  riputiamo  che  meriti  il  pregio  di  una  qualche  pon- 
derazione.  II  che  faremo,  esaminando  brevemente  la  qualita 
degl'  interessi  che  nella  guerra  si  sono  disputati ;  la  con- 
dizione  degli  eserciti  che  1'  hanno  combattuta ;  e  gli  ef- 
fetti  o  certi  o  probabili  della  vittoria ,  riguardo  si  alia  na- 
zione  vincitrice  ,  come  alia  vinta . 


I. 


Qual  parte  ha  avuta  la  religione  nelle  cause  storiche  e 
giuridiche  della  guerra tra  Fraacia  ed  Allemagna?  Per  quanto 
si  cerchi  e  si  studii,  non  se  ne  trovera  alcuna.  Codesta  e 
Serie  VIII.  vol.  II,  fasc.  500.  9  1  aprite  1874. 


130  IL    PROTESTANTESIMO   ED   IL   CATTOLICISMO 

stata  una  guerra  tutta  di  rivalita  politiche,  di  necessity 
dinastiche  e  di  amor  proprio  nazionale.  Napoleone  III  Tha 
temerariamente  voluta  per  fiaccare  la  possanza  prussiana, 
che  soverchiava  la  Germania  ed  accennava  a  primeggiare, 
con  iscapito  del  predominio  francese ,  nel  continente  eu- 
ropeo :  1'  ha  intimata  senza  i  debiti  apparecchi ,  per  raffor- 
zare  il  suo  trono  imputridito  nelle  fondamenta  da  venti 
anni  di  pubbliche  corruttele:  e  1'  ha  impresa  per  dilatare  i 
confini  della  nazione,  che  ambiva  stenderli  fino  al  Reno .  II 
pretesto  che  ne  determine  lo  scoppio ,  fu  un  piccolo  pun- 
tiglio ,  mendicato  dalla  successione  alia  povera  corona  di 
Spagna.  La  Germania  capitanata  dalla  Prussia  ha  colto  il 
guanto  gittatole  dal  Bonaparte  ,  per  sua  difesa.  Lasciamo 
andare  se  sia  vero  o  no,  che  soppiattamente  la  Prussia  avesse 
apprestato  il  laccio  ,  in  cui  Napoleone  III  cadde  rompendo 
la  guerra.  Questa  perfidia  non  e  provata  da  nessun  docu- 
mento.  Ma  postane  ancora  la  verita ,  essa  dimostrerebbe 
soltanto  che  questa  Potenza  mirava  ad  uscire  da  un'  incer- 
tezza  di  cose,  la  quale  doveva  sempre  riuscire  a  grossa 
guerra :  giacche  la  rivalita  della  Francia  con  lei  era  ine- 
stinguibile,  dopo  i  suoi  ingrandimenti  del  1866;  e  che  ago- 
gnava ,  per  via  delle  armi ,  alia  ricostituzione  di  un  Impero 
germanico  ,  unicamente  contrastatole  dalle  gelosie  e  dagli 
interessi  francesi. 

In  questo  cozzo  di  competenze  e  di  ambizioni  mera- 
mente  politiche ,  la  religione  non  entro  per  nulla,  ne  dal 
lato  di  Napoleone  che  provoco  la  guerra ,  ne  da  quello  di 
Guglielmo  che  Taccetto.  E  adunque  contrario  ad  ogni  buon 
criterio  il  colorire  di  religiose  le  cause  di  un  fatto ,  che  non 
ne  ebbero  pure  le  apparenze. 

Che  se  oltre  i  motivi  storici  indaghiamo  i  principii  giti- 
ridici,  dai  quali  la  guerra  fu  determinata ,  vedremo  che  la 
bandiera  della  Francia  vi  rappresentava  o  sosteneva  ragioni 
tutt'altro  che  cattoliche.  Non  era  cattolico,  perche  iniquo, 
il  fine  materiale  di  essa  guerra,  cioe  la  conquista  di  pro- 
vince, per  origine  e  per  lingua  tedesche,  da  incorporare  al 


NELLA  GUERRA  FRANCO-GERMANICA  13^ 

territorio  francese.  II  ricantato  principle  delle  nazionalita , 
onde  Napoleone  III  si  era  costituito  paladino  neU'Europa, 
in  questo  caso  era  violato ,  con  manifesta  contraddizione 
dello  stesso  diritto  nuovo  che  egli  patrocinava.  Medesima- 
mente  non  era  cattolico ,  perchS  iniquo,  il  fine  morale  della 
guerra,  cioe  I1  introduzione  armata  nella  Gerinania  dei  fa- 
mosi  principii  del  1789 ,  in  nome  dei  quali  il  Bonaparte 
promulgo  di  far  marciare  gli  eserciti  di  Francia  verso 
Berlino.  Questi  principii  sovversivi  di  ogni  ordine  religioso 
e  civile,  anticattolici  per  essenza  ed  anticristiani  nei  loro 
frutti  sociali ,  sarebbero  bastati  a  togliere  ogni  prestigio 
di  cattolicismo  alia  bandiera  innalzata  da  Napoleone  III ; 
quando  ancora  si  fosse  eretto  a  rappresentante  della  causa 
cattolica  in  questa  guerra.  Ma  T  infelice  non  si  eresse  a 
rappresentante  di  altro  che  della  Rivoluzione. 

In  quella  vece  la  Germania ,  sfidata  ad  una  guerra  che 
si  vedea  dover  essere  sanguinosissima ,  e  sfidatavi  per  un 
pretesto  chiaramente  futile,  ma  per  iscopi  evidentemente 
ingiusti  in  se  e  dannosissimi  a  tutta  la  nazione,  assunse  la 
parte  di  difenditrice  del  buon  diritto .  che  e  sempre  antico 
e  sempre  nuovo  a  un  modo ;  e  ben  lungi  dalP  inalberare 
in  questa  congiuntura  il  vessillo  speciale  del  protestante- 
simo ,  inalberb  quello  dell1  ordine  e  della  giustizia  interna- 
zionale ,  troppo  a  lungo  dalla  nequizia  fortunata  del  Bo- 
naparte calpestato  in  Europa. 

Se  pertanto  la  religione  non  concorse  nulla  nei  motivi 
reali  e  nei  titoli  giuridici  del  conflitto,  con  qual  senno  puo 
asserirsi  che  il  protestantesimo  e  rimasto  vincitore  del  cat- 
tolicismo ,  per  questo  solo  che  la  Germania  n1  e  uscita  vit- 
toriosa  e  vinta  la  Francia  ?  Forseche  la  vittoria  di  Napo- 
leone III  avrebbe  vantaggiata  la  causa  cattolica ,  introniz- 
zando  nella  Germania  anche  le  ultime  conseguenze  politiche 
e  sociali  del  protestantesimo,  contenute  nei  millantati 
principii  del  1789?  Forseche  T  avrebbe  vantaggiata  nella 
stessa  Francia,  consolidandovi  sempre  piu  il  suo  sistema 
dissolvitore  d'  ogni  umana  e  cristiana  socialita  ? 


132  IL  PROTESTANTESIMO   ED    IL   CATTOLICISMO 

i  L'errore  sta  dunque  nel  doppio  false  supposto,  che  i 
trionfi  della  Germania,  in  questa  guerra,  sieno  da  riputarsi 
trionfi  del  protestantesimo ,  perche  protestante  e  la  mag- 
gior  parte  di  quella  nazione;  e  le  disfatte  della  Francia 
sieno  da  deplorarsi  come  disfatte  del  cattolicismo ,  perche 
cattolico  e  il  popolo  francese.  Se  non  che  la  guerra  ne  fa 
voluta,  da  chi  sovraneggiava  la  Francia,  per  riguardi  cat- 
tolici ;  ne  fu  accettata.  da  chi  capitanava  la  Germania,  per 
riguardi  protestantici.  Anzi,  pur  troppo  dobbiam  dirlo  poi- 
che  cosi  e  in  verita,  negli  esordii  di  questa  campagna ,  fra 
i  due  belligeranti,  molto  piu  si  e  accostato  alia  giustizia 
cattolicail  tedesco,  respingendo  un'  iniqua  e  rivoluzionaria 
aggressione ,  che  non  il  francese,  assalendolo  in  virtu  di 
principii  rivoluzionarii  che  la  giustizia  cattolica  altamente 
riprova.  6  duro  il  confessarlo ;  ma  e  vero. 

Che  se  piace  di  considerare  anche  il  modo  col  quale  si 
die'  principio  alia  guerra ,  si  scorgera  che  dalla  parte  del 
Governo  francese  neppure  si  penso  punto  alia  religione. 
Napoleone  III  sembro  vergognarsi  di  supplicare  Iddio  e 
d'  implorarne  pubblicamente  T  aiuto.  Nel  suo  bando  guer- 
riero  si  contento  di  promettere,  con  ridicola  arroganza,  che 
Dio  benedirebbe  i  suoi  sforzi.  Non  si  preg6  popolarmente , 
non  si  mostro  ai  fatti  di  avere  nessun  bisogno  del  celeste 
soccorso.  Ma  si  precede  alle  offese  ,  come  se  le  forze  ter- 
restri  e  marittime  della  Francia  si  componessero  di  genti 
ne  battezzate ,  ne  credenti  in  Dio.  I  cantici  favoriti  e  pro- 
mossi  dal  Bonaparte  e  da'  suoi  satrapi  erano  quei  piu  luridi, 
che  s'intonavano  dalla  plebe  dei  Marat  e  dei  Robespierre,  nei 
giorni  nefasti  della  grande  Rivoluzione.  Non  gia  che  ne- 
ghiamo,  i  soldati  francesi  aver  dato  in  grande  numero  splen- 
didi  esempii  di  fede  e  di  pieta  cattolica.  Affermiamo  sem- 
plicemente  che  chi  li  spinse  nei  campi  di  battaglia  non  si 
cur6  punto  piu  della  loro  religione  e  salvezza  eterna ,  di 
quello  che  si  curasse  del  sangue  e  della  vita  loro.  La  guerra 
si  fece  dal  Governo  di  Napoleone  in  modo  ateistico ,  come 
ateistici  erano  gl1  intendimenti  che  esso  nel  farla  si  propo- 


NELLA   GUERRA   FRANCO-GERMANICA 


133 


nea.  Doveche  il  duce  degli  eserciti  tedeschi ,  sebbene  pro- 
testante,  intimb  solenni  preghiere  e  un  digiuno  in  tutti  gli 
Stati  del  suo  dominio ,  e  ne'  suoi  manifest!  ai  popoli  ed  alle 
milizie  germaniche  tenne  un  linguaggio  si  umile  e  devoto 
verso  Dio  e  i  suoi  ineffabili  attributi,  che  avrebbe  dovuto 
coprir  di  rossore ,  se  ne  fosser  state  capaci ,  le  fronti  del 
Bonaparte  e  de'  suoi  ligi ,  che  pur  si  professavano  cattolici. 
Fu  detto  e  ridetto  il  re  Guglielmo  avere  cosi  adoperato  per 
finissima  ipocrisia.  Non  par  verosimile  tale  accusa.  Ma  an- 
corchS  fosse ,  sarebbe  stato  desiderabile  che  di  questo  pec- 
cato  si  fosser  macchiati  anche  i  governanti  di  Francia ,  piii 
tosto  che  scandolezzare  il  mondo  col  loro  dispregio  sacri- 
lego  del  Dio  adorato  dai  FrancesL 

Tutte  queste  irrepugnabili  prove  di  fatto  sovrabastano 
a  mettere  in  evidenza,  che  il  protestantesimo  ed  il  catto- 
licismo  non  vennero  ad  alcuna  gara  in  questa  lacrimabile 
contesa.  Non  vogliamo  tuttavia  preterirne  un'  altra,  che  ha 
gran  valore,  e  fu  la  mediazione  di  pace,  che  il  sommo  Pon- 
tefice  Pio  IX  offerse  all'  imperatore  dei  Francesi  ed  al  re  di 
Prussia,  incontanente  che  le  ostilita  furono  dichiarate.  Se 
la  religione  cattolica  fosse  stata  impegnata  in  questo  si 
grave  contrasto,  il  Capo  del  cattolicismo  si  sarebbe  mai  po~ 
tuto  interporre  com'  egli  fece  ?  Non  sarebbe  stato  anzi  suo 
debito  favorire  calorosamente  la  parte,  che  avrebbe  soste- 
nuti  gF  interessi  cattolici  ?  In  quel  cambio  il  magnanimo 
Pio  IX  scongiurb  con  identica  lettera  i  due  monarchi ,  a 
rinfoderare  le  spade  prima  d'insanguinarle,  ed  a  rimettere 
nelle  sue  mani  le  cause  del  litigio,  che  egli  si  profferiva 
di  comporre  a  legge  della  piii  scrupolosa  giustizia.  Or  chi 
non  ricorda  che,  dei  due  contendenti,  il  protestante  Gu- 
glielmo s'inchinb  alPontefice,  e  glirispose  ci6  che  avrebbe 
dovuto  un  sovrano  cattolico ;  ed  il  cattolico  Napoleone  fece 
la  sorda  orecchia,  e  rispose  al  Papa  cid  che  solo  poteva 
aspettarsi  da  un  sovrano  protestante  ? 

Dalla  considerazione  degl'  interessi  disputati  nella  ul- 
tima guerra  franco-germanica  e  da  tutti  gli  aggiunti  che 


134  1L   PROTESTANTESIMO   ED   IL   CATTOLICISMO 

ne  accompagnarono  la  rottura,  risulta  dunque  apertissima- 
mente,  che  la  religione  vi  fu  e  vi  rimase  straniera ;  e  che  e 
ludibrio  della  fantasia  il  vederne  accomunati  i  vantaggi 
o  gli  scapiti  alle  vittorie  od  alle  sconfitte  delle  due  nazioni 
competitrici. 

II. 

Osserviamo  ora  se  la  conseguenza  medesima  si  ritragga 
dalle  condizioni  dei  due  eserciti  opposti. 

Un  buon  terzo  del  tedesco  era  formato  di  cattolici  della 
Baviera,  della  Westfalia,  della  Renania,  del  Posen  e  d'altre 
regioni,  i  quali,  in  punto  di  religiosita  congiunta  a  bra- 
vura, non  la  cedono  ai  cattolici  di  qualsivoglia  altro  paese. 
Aciascheduno  dei  loro  reggimenti  era  addetto,  com'e  sem- 
pre,  un  cappellano  cattolico :  ma,  per  la  contingenza  della 
guerra,  il  Governo  prussiano  aminise  di  buon  grado  molti 
sacerdoti  in  qualita  di  cappellani  straordinarii,  cui  diede 
soldo  e  trattamento  di  capitani,  perche  assistessero  col  loro 
ministero  i  soldati  cattolici  negli  accampamenti  e  nelle  in- 
fermerie  militari.  Onde  al  cominciar  della  guerra  si  videro 
centinaia  di  ecclesiastici  o  di  religiosi  e  centinaia  di  suore 
della  Carita,accompagnare  e  seguire  i  tre  eserciti  germanici 
e  spendersi,  senzarisparmio  anche  della  vita,  nellacura  spi- 
rituale  e  corporate  dei  militi  cattolici.  E  dopo  le  battaglie  di 
Weissembourg  e  di  Woerth,  i  corpi  cattolici  che  invasero 
T  Alsazia  e  la  Lorena  diedero  tanta  edificazione  a  quei  po- 
poli,  che  ci  rammenta  aver  letto  nei  fogli,  che,  ricorrendo 
la  festa  dell'Assunta,  le  chiese  furono  piu  frequentate  in 
quel  giorno  solo  da  uomini  tedeschi ,  che  in  tutto  T  anno 
non  venissero  frequentate  da  uomini  francesi  l. 

Per  converse  alle  milizie  francesi  tutte  cattoliche ,  il 
Governo  si.ostino  sempre  inrifiutare  un  numero  di  cappel- 
lani, che  passasse  quello  di  uno  per  circa  diecimila  soldati: 
e  chi  ha  tenuto  dietro  alia  storia  della  guerra,  sa  quanti 

1  V.  L' Univers  numeri  dei  20  —  25  agosto  1870. 


NELLA   GUERRA    FRANCO-GERMANICA  135 

clamori  si  levassero  in  tutta  la  Francia,  per  questa  irreli- 
giosa  grettezza  dei  proconsoli  militari  del  Bonaparte ;  e  come 

10  zelo  privato ,  cosi  ardente  in  quella  nazione ,  dovesse 
sopperire  alia  empia  freddezza  dei  governanti.  I  quali,  sotto 

11  rispetto  religiose,  trattavano  le  soldatesche  ne  piu  ne 
meno  che  se  non  ne  dovessero  praticare  alcuna. 

«  Come  vedere,  scrive  a  tal  proposto  un  illustre  pub- 
blicista  cattolico  alemanno,  come  vedere  soldati  cattolici, 
non  dir6  nei  Turcos,  ma  negli  ufficiali  francesi  che  entrano 
in  guerra  al  canto  della  Marsigliese,  che  non  mettono  mai 
piede  in  un  tempio  di  Dio,  che  sminuiscono  al  possibile  i 
cappellani  militari?  Pu6  aversi  in  conto  di  campione  del 
cattolicismo  un  esercito,  che  la  domenica  si  addestra  negli 
esercizii  e  non  e  mai  condotto  alia  messa  ?  Dir6  di  piu , 
quando  leggete  alle  porte  delle  caserme,  come  in  una  citta 
di  guarnigione  che  non  voglio  nominare,  questa  spiritosa 
inscrizione :  E  vietato  I'  ingresso  alia  polizia,  ai  cani  ed  ai 
preti;  potete  mai  figurarvi  cattolica  la  milizia  che  dentro 
vi  si  acquartiera?  II  soldato  cattolico  e  apparso  in  Francia 
nelP  esercito  della  Loira,  sotto  i  De  Charette  e  i  Chatheli- 
neau.  Prima  vi  abbattevate  in  individui  cattolici ,  ma  la 
religione  non  aveva  1'  ombra  di  autorita  sopra  lo  spirito 
delle  milizie.  Per  questo  verso  1'  esercito  prussiano  era  piu 
cattolico  che  il  franc ese  T  ». 

II  qual  riscontro  e  sufficiente  a  dimostrare  che,  mentre 
i  Tedeschi  erano  alienissimi  dal  pensiero  di  guerreggiare 
la  Francia  per  utile  del  protestantesimo ;  i  Francesi  alia 
loro  volta  nemmeno  si  sognavano  di  portare  le  armi  contro 
la  Germania ,  per  incremento  del  cattolicismo.  Nell1  un 
campo  e  nell'  altro  si  combatteva  per  interessi  politici  e 
nazionali ;  con  questo  pero  che  i  cattolici,  sotto  le  insegne 
germaniche,  faceano  comunemente  T  obbligo  loro  da  veri 
ebuoni  cattolici;  in  quella  che  assaissimi  Francesi,  sotto  le 
insegne  dell'  Impero  napoleonico  e  della  Repubblica  demo- 

1   Wo  ist  Europa',  s  zukunft  ?  pag.  56-57.  Freiburg  imm  Breisgau  1871. 


136  1L   PROTESTANTESIMO   ED    IL   CATTOLICISMO 

cratica,  pugnavano  senza  fede  in  Dio  e  seiiza  conforti  cri- 
stiani. 

Intorno  a  che  sara  opportune  allegare  la  testimonianza 
del  P.  Marchal,  cappellano  della  guardia  imperiale  ,  nel 
suo  racconto  H  dramma  di  Mefa,  che  in  poche  settimane 
ha  avuto  piu  di  sei  edizioni.  Ecco  le  sue  gravi  parole,  ove 
s1  ingegna  di  esporre  le  cause  delle  incredibili  disfatte  della 
Francia.  «  Siamo  giusti  pure  verso  i  nostri  nemici,  e  con- 
fessiamo  che ,  quanto  a  religione  ed  a  morale ,  T  esercito 
germanico  potrebbe  insegnarne  al  francese.  I  nostri  gre- 
garii  non  si  fanno  caso  di  trascorrere  in  bestemmie  che 
inettono  raccapriccio.  Molti  si  sfrenano  in  eccessi  lamenta- 
bill  diubbriachezza  e  di  disonesta,  e  nel  resto  cercano  spesso 
piu  il  soverchio  che  il  necessario.  Nei  nostri  spedali  militari 
abbiamo  avuto  agio  di  notare,  che  i  feriti  nostri  guarivano 
difficilmente  e  gli  amputati  morivano  quasi  tutti.  Ci6  deri- 
vava  per  sicuro  dalla  penuria  che  pativamo,  durante  T  in- 
vestimento  della  piazza ,  di  viveri  e  di  medicine  ;  ma  al 
tempo  stesso  indicava  un  sangue  ben  magagnato.  II  gre- 
g'ario  prussiano  e  piu  onesto,  piu  sano  e  guarisce  piu  sol- 
lecitamente. 

«  II  soldato  francese  conserva  pochissima  fede  e  nulla 
riluce  si  poco  in  lui ,  come  il  senso  della  religione.  A  sen- 
tirlo  parlare  sembrerebbe  quasi  che,  a  giudizio  suo,  basti 
servire  Tlmperatore  per  essere  dispensato  dal  servire  Iddio. 
Accoglie  con  facilita  il  ministero  del  sacerdote  nell'  ora 
estrema;  ma  di  raro  lo  richiede.  II  tedesco  e  piu  mistico  e 
molto  piu  considerato.  Porta  nel  suo  zaino  una  bibbia  ed 
un  libro  di  preghiere ,  e  nel  cuore,  come  nell'elmo,  tiene 
scritta  questa  bella  divisa:  Con  Dio  e  col  Re,  per  la  terra 
del  padri  nostri. 

«  Quanto  ai  nostri  ufficiali ,  il  sacerdote  con  difficolta 
puo  restare  fra  loro ,  perche  ai  loro  occhi  rappresenta  pre- 
cetti  impraticabili  e  dommi  assurdi.  Alcuni  si  mostrano 
francamente  cattolici  ed  anco  pii;  gli  altri  sono  deisti  o 
spiritisti,  e  i  piu  materialisti.  I  primi  possono  essere  va- 


NELLA   GUERRA   FRANCO-GERMANICA  137 

lorosi,  giacche  un  uomo  convinto  che  una  morte  eroica 
apre  1'  adito  ad  un  mondo  migliore,  pu6  incontrarla  con  in- 
trepidezza:  ma  non  si  sa  intendere  come  i  secondi  possano 
esser  bravi.  Chi  e  persuaso  di  non  essere  altro  che  una 
macchina  piii  o  meno  'perfettamente  organizzata ,  dee  pur 
soggiacere  ad  una  violenta  tentazione  ;  a  quella  cioe  di 
salvare  questa  preziosa  macchina  dai  colpi  dell'  avversario, 
per  tema  che  non  si  guasti. 

«  Mi  si  perdoni  questa  cruda  schiettezza  e  niuno  mi  ac- 
eitsi  che  manco  di  patriottismo.  Dio  sa  quanto  amo  i  po- 
veri  nostri  soldati,  ci6  che  ho  fatto  per  essi ,  e  il  molto 
che  mi  costa  rendere  cosi  giustizia  ai  nemici  della  mia 
patria.  Ma  la  verita  ha  diritti  imperscrittibili ,  e  la  via  di 
rimediare  al  male  non  e  di  nasconderlo  l.  » 

Del  rimanente  che  le  condizioni  morali  di  ordine ,  di 
disciplina  e  di  religiosita  rendessero  molto  piii  degno  1'e- 
sercito  alemanno,  anche  nella  sua  pluralita  protestantica , 
di  combattere  per  la  causa  buona ,  che  non  il  francese ;  lo 
hanno  riconosciuto  eziandio  non  pochi  pubblicisti  di  Fran- 
cia ,  i  quali  ebbero  T  occasione  di  ammirare  1'  operosita ,  il 
portamento  e  la  strettissima  osservanza  gerarchica  delle 
milizie  €he  assediavano  Parigi.  Il  che  indusse  un  giornale 
cattolico  del  Belgio ,  amantissimo  della  Francia,  a  scrivere: 
«  In  queste  belle  doti  dell'  esercito  alemanno ,  cosi  dai 
francesi  ammirate ,  sta  pel  loro  popolo  una  sorgente  di  ot- 
time  lezioni.  La  disciplina  di  quest'  esercito ,  e  conseguen- 
temente  il  secreto  della  sua  preminenza,  e  nel  prestigio 
deirautorita.  Si  vede  subito  che  gl'  immortali  principii  del 
1789 ,  vale  a  dire  la  ribellione  permanente  e  la  disubbidienza 
eretta  in  domma ,  non  1'  hanno  tocco.  Non  ostante  il  pro- 
testantesimo ,  che  e  la  Rivoluzione  nella  Chiesa ,  la  Ger- 
mania  ha  serbato,  nelle  sue  tradizioni  e  ne'suoi  costumi, 
la  riverenza  a  Dio  ,  la  river enza  al  Re ,  la  river enza  al  padre 
di  famiglia:  tre  cose  appunto  che  il  liberalismo  rivolmionarw 
e  venuto  a  capo  di  annientare  nella  Francia  *.  » 

1  Le  drame  de  Metz ,  sixieme  edition  pag.  31-32.  Lyon  1870. 

2  Le  Bien  Public,  N.  dei  26  febbraio  1871. 


138  IL   PROTESTANTESIMO   ED    IL   CATTOLICISMO 

Qui  5  la  risposta  alia  trita  obbiezione  che  si  ode  fare 
contro  il  cattolicismo ,  dedotta  dallo  scadimento  in  cui  si 
trovano  i  popoli  cattolici  di  stirpe  latina,  a  rincontro  dei 
popoli  protestanti  di  stirpe  teutonica.  Dapprima  e  falso  die 
moralmente  i  popoli  cattolici  pigliati ,  come  si  suol  dire,  in 
massa,  siano  inferiori  ai  protestanti,  se  la  moralita  s'intende 
nel  suo  vero  significato.  In  secondo  luogo  e  falso  che  il 
difetto  di  moralita  provenga,  in  una  vasta  porzione  dei  popoli 
cattolici ,  dagl'  influssi  della  religione.  All'  opposto  proviene 
dall'  essere  stati  sottratti  a  questi  influssi ,  per  opera  della 
Rivoluzione,  dissolutrice  d' ogni  onesta  si  cristiana  come 
naturale.  Onde  lo  scadimento  dei  popoli  detti  latini  e  fratto 
dell' apostasia  sociale  dal  cattolicismo,  che  i  Governi  ri- 
voluzionarii  hanno  loro  imposta  colla  forza  e  cogringanni. 
Percio  se  dee  concedersi  che  il  protestantesimo  e  meno 
corrompitore  del  liberalismo,  in  quanto  salva  dal  perver- 
timento  i  principii  di  una  certa  naturale  probita  e  di  una 
certa  religiosita  che  questo  distrugge ;  dee  pero  negarsi 
affatto  che  il  protestantesimo  abbia  e  possa  mai  avere  al- 
cuna  prestanza  morale  sopra  il  cattolicismo ,  di  cui  e  uni- 
camente  proprio  il  santificare  le  anime  e  infondere  in  esse 
le  divine  virtu  del  cristianesimo.  Donde  segue  che  gli  one- 
sti  protestanti  sono  migliori  dei  cattolici  rivoluzionarii , 
attesoche  T  apostasia  religioso-sociale  della  Rivoluzione 
comprende  una  negazion  di  principii  assai  piu  larga,  che 
1' apostasia  religioso-cattolica  del  protestantesimo;  e  i  pro- 
testanti mantengono  di  fatto  un  avanzo  di  cattolicismo  che 
i  rivolmionarii  pazzamente  ripudiano :  ma  ne  segue  altresi 
che  i  sinceri  cattolici  sono  incomparabilmente  migliori  dei 
protestanti  anche  onesti  ,  perche  vivono  incorporati  alia 
sola  vera  Chiesa  di  Cristo ,  unica  fonte  di  moralita  evan- 
gelica  e  di  santita  soprannaturale  .  L'  onesta  quindi  che 
s'incontra  tuttora  nei  popoli  protestanti,  massime  dei  con- 
tadi,  e  frutto  delle  reliquie  di  cattolicismo  rimaste  in  mezzo 
a  loro,  dopo  il  gran  naufragio  del  secolo  XVI ;  non  e  dono 
del  protestantesimo  :  il  quale  anzi,  se  avesse  totalmente 


NELLA  GUERRA  FRANCO -GERMANICA  139 

sviluppati  i  mortal!  germi  de'suoi  principii,  e  rigettate  ezian- 
dio  quelle  reliquie  di  cattolicismo  che  tra  loro  sussistono, 
li  avrebbe  ridotti  piu  presto  ad  un  degradamento  assai 
peggiore  di  quello,  in  cui  abbrutisce  la  parte  dei  popoli 
cattolici  traviati  dalla  Rivoluzione. 

Del  rimanente  il  secondo  periodo  della  passata  guerra 
ha  fatto  toccare  con  mano,  d'onde  procedesse  la  inferiorita 
morale  dell'esercito  francese  rimpetto  all'esercito  alemanno. 
Le  gloriose  legioni  dei  cattolici  della  Brettagna  e  della 
Vandea  e  dei  gia  Zuavi  pontificii,  sotto  il  comando  dei  Cha- 
rette  e  dei  Cathelineau,  si  per  la  inviolabile  disciplina  e  si 
per  Teroismo  nei  campi  di  battaglia,  divennero  la  meravi- 
glia  della  Francia  e  riscossero  applausi  fino  dai  nemici ;  i 
quali  ebbero  a  protestarsi  che,  se  T  esercito  francese  del 
Reno  fosse  stato  della  tempera  medesima  che  i  Zuavi  di 
Pio  IX  e  i  legionarii  brettoni;  mai  nn  solo  Tedesco  non 
avrebbe  posato  il  piede  nel  suolo  della  Francia.  Or  da  che 
veniva  questa  saldezza  negli  ordini  e  qnesta  eroicita  nelle 
pugne  ?  Dalla  fede  cattolica  che  avvalorava  i  petti  di  quei 
generosi,  i  quali  per  bandiera  alzavano  le  immagini  di 
Gesu  Cristo  e  della  sua  divina  Madre.  —  Voi  vi  confessate 
e  vi  comunicate,  e  le  nostre  truppe  no  :  ecco  la  forza  mi- 
steriosa  che  fa  di  voi  i  primi  soldati  della  Francia ;  —  di- 
cevano  ai  Zuavi  del  Papa  quei  generali  deU'esercito  della 
Loira,  che  vedeano  i  loro  reggimenti  sbandarsi,  sotto  il  fuo- 
co  tedesco  come  torme  d'uccelli,  mentre  i  bravi  del  Charette 
e  del  Cathelineau,  sotto  quei  fuoco  medesimo,  facevano  mi- 
racoli  di  valore  ,  e  salvavano  se  non  altro  T  onore  delle 
giornate. 

Da  tutto  cio  si  concluda,  quanto  sia  fantastico  1'  im- 
maginarsi  che  Tesercito  germanico,  condotto  da  Guglielmo 
di  Prussia,  e  1'esercito  francese,  condotto  da  Napoleone  III 
e  poi  dalla  Repubblica  del  Gambetta,  costituiti  ed  animati 
ambedue  com'  erano,  si  battagliassero  per  far  prevalere  in 
Europa,  quello  il  protestantesimo  e  questo  il  cattolicismo. 


|40  IL   PROTESTANTESIMO   ED    IL   CATTOLICISMO 

III. 

Ma  non  e  meno  avventato  T  inferire ,  dall1  esito  della 
guerra,  che  il  protestantesimo  ha  vinto  in  Europa  11  cat- 
tolicismo  ;  e  che  quincT  innanzi  essa  dovra  sottostare  al 
primato  politico  di  Martin  Lutero. 

Premettiamo  una  giusta  avvertenza  del  chiaro  pubbli- 
cista  cattolico  alemanno,  da  noi  sopra  citato.  «  II  prote- 
stantesimo, in  quanto  religione  positiva,  e,  per  cosi  dire, 
inorto  e  sepolto  :  non  pu6  dunque  salire  al  Campidoglio 
col  prussiano  eroe  coronato.  In  quanto  poi  e  neffazione, 
il  protestantesimo  esiste  da  per  tutto  ;  ed  anzi  esiste  piu 
ampiamente  in  certi  paesi  cattolici  che  non  nella  Prussia, 
dove  ha  fatto  minori  danni  appunto  il  protestantesimo.  Per 
isvolgere  questo  pensiero,  i  limiti  di  un  opuscolo  sono 
angusti,  bisognerebbe  un  volume.  Ma  basti  notare  che  chi 
precipita  da  un  quinto  piano,  fa  peggiore  caduta  che  chi 
precipita  da  un  primo:  cormptio  optimi  pessima  T.  »  La  re- 
ligione di  Martin  Lutero,  fuori  degli  ordini  popolari  che  si 
sono  serbati  piu  cristiani  del  patriarca  del  protestantesimo, 
si  e  risoluta  da  un  pezzo  nelle  caligini  del  razionatismo.  II 
luteranesimo  e  un  cadavere.  Quindi  molto  vano  e  il  timore 
che  la  spada  vittoriosa  della  Germania  possa  dominare  in 
Europa,  tra  mani  incadaverite.  Un  primato  protestantico 
equivarrebbe,  nei  tempi  nostri,  ad  un  primato  razionalisti- 
co,  ossia  rwolmionario.  Ma  la  Germania  e  forse  in  tale  stato, 
che  possa  mettersi  a  capitaneggiare  la  Rivoluzione  euro- 
pea,  dopo  che  teste  ne  ha  lacerato  il  vessillo  in  pugno  a 
Napoleone  III?  In  verita  Tapprensione  e  troppo  chimerica; 
e  pensiamo  che  muova  a  sorriderne  gli  stessi  protestanti 
piu  arcigni . 

Si  avverta  inoltre  che,  a  parlare  con  verita,  la  Germa- 
nia non  ha  vinto  il  cattolicismo  ch'essa  non  ha  punto  com- 

1  L.  c.  pag.  56. 


NELLA  GUERRA   FRANCO-GERMANICA  141 

battuto ;  ma  ha  vinta  la  Rivoluzione,  tiranneggiante  un 
gran  popolo  cattolico .  «  Ci6  che  perisce  oggi ,  ha  detto 
sapientemente  il  Vescovo  d'Orleans,  non  e  altro  che  la 
Francia  corrotta  :  la  Francia  buona,  la  Francia  cattolica  re- 
sta  e  risorgera  a  vita  piu  gloriosa.  » 

La  guerra  5  appena  terminata;  e  per  questo  i  suoi 
effetti  nel  future  si  possono  in  qualche  modo  congetturare, 
ma  non  accertare.  Tuttavolta  ne  abbiamo  gia  due  sicuri  e 
indubitabili.  L'uno  riguarda  la  Prussia  vincitrice  che,  grazie 
alle  vittorie,  si  5  trasformata  in  Impero  federale  della  Ger- 
mania .  L1  altro  riguarda  la  Francia  debellata  che ,  grazie 
alle  sue  sconfitte,  si  e  liberata  dal  giogo  del  Napoleonide 
e  vien  riconoscendo  universalmente  il  suo  peccato  rivoln- 
zionario.  Codesti  sono  due  effetti  immediati  della  guerra, 
ed  effetti  incontrastabjli.  Contentiamoci  di  studiarli  un  poco. 

La  costituzione  del  novello  Impero  germanico  potrebbe 
mai  consentire  alia  Prussia,  ancorache  il  pretendesse  di 
ei'igere  il  protestantesimo  a  dominatore  delFAlemagna  ?  I 
cattolici  formanti  questo  Impero,  colFaggiunta  dell'Alsa- 
ziae  della  Lorena,  sommano  a  circa  quindici  milioni;  ossiaa 
molto  piii  di  un  terzo  di  tutti  i  Tedeschi  confederati.  L'ope- 
ra  della  costituzione  e  in  sul  farsi :  e  per  cio  la  Prussia 
abbisogna  di  grandi  cautele,  per  cementare  Tunione  di  tutti 
gli  Stati,  con  altro  che  colla  forza.  Non  &  dunque  mani- 
festo che,  per  prima  cosa,  dovrk  trattare  con  grandi  riguardi 
la  liberta  del  cattolicismo  nell'  Impero  ?  Ed  un  segno  non 
oscuro  che  anche  il  voglia ,  si  ritrae  dal  modo ,  con  cui 
yiene  ordinando  T  insegnamento  pubblico  nelle  novelle 
province  alsati  e  lorenesi .  Le  scuole  cattoliche  vi  sono 
cosi  moltiplicate  e  con  tanta  equita  sottomesse  alia  libera 
vigilanza  del  clero  r  che  un  giornale  cattolico  non  si  e 
potuto  ritenere  daU'esclamare,  dopo  esposto  questo  savio 
ordinamento :  «  E  doloroso,  ma  utile  forse  il  riconoscerlo: 
le  province  francesi  annesse,  perdendo  la  loro  nazionalita, 
acquistano  la  liberta  dell1  insegnamento  cristiano,  e  i  padri 
di  famiglia  potranno,  sotto  lo  scettro  di  un  monarca  pro- 


142  IL   PROTESTANTESJMO   ED   IL   CATTOLICISMO 

testante,  meglio  che  sotto  quello  d1  Irnperatori  e  di  Re 
cattolici,  allevare  i  figliuoli  nella  fede  degli  avi  loro  I.  » 

Consolidandosi  questo  nascente  edifizio,  e  assi  verosi- 
mile  che ,  in  una  guisa  o  in  un'  altra ,  attiri  a  se  pure  i 
Tedeschi  sottoposti  alia  corona  d1  Austria.  Ci6  portera  ad 
oltre  ventidue  milioni  i  sudditi  cattolici  dell'  Impero  ger- 
manico  ;  che  e  dire  a  piu  della  meta  della  sua  popolazione. 
Questo  avvenendo,  potrebbe  chiamarsi  protestantico  una 
Stato,  composto  per  piu  che  la  meta  di  cattolici,  aventi  i 
medesimi  diritti  politici  e  religiosi  che  i  non  cattolici? 
Piu  tosfco  non  sarebbe  questo  un  tal  fatto  che  renderebbe 
impossible  il  predominio  del  protestantesimo  nella  Germa- 
nia,  non  che  nel  resto  di  Europa? 

Ardua  cosa  e  pronosticare  i  destini  di  questo  Impero , 
sorto  come  per  incanto  dalle  due  immani  guerre  del  1866 
e  del  1870.  Le  istorie  ci  ammaestrano,  che  i  grandi  Stati 
i  quali  rapidamente  per  virtu  delle  armi  si  fondano,  anche 
rapidamente  crollano  e  si  dismembrano  ,  com'  e  accaduto 
degl'  imperi  di  Giro ,  di  Alessandro ,  di  Tamerlano  e  del 
primo  Napoleone  .  Che  ne  sara  del  presente  germanico , 
posto  insieme  ieri  dal  ferro  di  Guglielmo  di  Prussia  ?  Sara 
una  meteora  transitoria  od  un  astro  duraturo  ?  Quale  che 
ne  sia  per  essere  la  diuturnita,  certo  e  che,  nei  disegni  della 
Provvideriza,  ha  un  ufficio  da  compiere  nell'  Europa,  e  non 
cadra  innanzi  che  Tabbia  eseguito.  Ma  quest'ufficio  non  e, 
non  sara  e  non  potra  mai  essere,  di  sostituire  nella  cristia- 
nita  gl'  influssi  del  protestantesimo  a  quelli  del  cattolici- 
smo.  Invece,  a  molti  indizii,  sembra  che  debba  essere  di 
apparecchiare,  quale  instrumento  della  giustizia  superna,  un 
non  lontano  trionfo  al  cattolicismo,  flagellando  i  Governi 
ed  i  popoli  cattolici  che,  ribellatisi  alia  Chiesa,  pazzeggiano 
dietro  le  insanie  della  Rivoluzione,  per  rivocarli  a  miglior 
senno.  Forse  e  ancora  destinato  a  fare  nel  tempo  mede- 
simo  argine,  colla  sua  potenza,  contro  una  non  improbabile 
invasione  degli  Slavi ,  guidati  dal  Moscovita  padrone  di 

1  Le  Bien  public.  N.  dei  14  marzo  1871. 


NELLA   GUERRA   FRANCO-GERMANICA  143 

Oriente,  nel  centre  e  nel  mezzogiorno  d'  Europa ;  invasione 
che  davvero  tornerebbe  funestissima  alia  civilta  cristiana, 
poiche  vi  porterebbe  in  mezzo  la  spada  di  Maometto  nelle 
mani  di  Fozio.  Per  Tuno  e  per  Faltro  ufficio  apparisce  gran- 
demente  idoneo  il  novello  Impero  germanico ,  piantato 
nel  centre  del  continente  nostro,  dotato  di  ima  forza 
guerriera  che  tiene  del  miracoloso,  e  conseryante  nell'  or- 
ganismo  suo  politico  e  sociale  istituzioni,  che  ripugnano 
ai  principii  rwolmionarii  di  licenza  sotto  nome  di  liberta, 
e  di  anarchia  sotto  colore  di  uguaglianza.  Percio  fino  a 
tanto  che  T  Impero  tedesco  si  manterra  saldo  e  costituito, 
come  ora  e,  sara  necessariamente  avversario  della  Rivolu- 
zione ,  che  gia  incomincia  a  paventarlo ,  e  rivale  della 
Russia,  che  incontrera  nella  sua  bellicosa  fortezza  un  osta- 
colo  insormontabile  ad  ambizioni  disorbitanti .  Prevedere 
piu  oltre  non  e  lecito,  a  chi  intenda  usare  con  prudenza  dei 
criterii  congetturali.  Gli  altri  occulti  disegni  di  Dio  sono 
impenetrabili.  Ma  queste  previsioni,  dedotte  dagli  aggiunti 
intrinseci  ed  estrinseci  in  che  5  nato  e  versa  il  novello 
Impero ,  comprovano  V  assunto  che  non  avra  e  non  potra 
mai  avere  la  destinazione  di  surrogarsi  al  cattolicismo,  e  di 
prostrare  la  Chiesa  di  Gesu  Cristo,  ai  cui  incrementi  tutte 
le  vicende  mondane,  fino  alia  consumazione  dei  secoli,  sono 
preordinate. 

II  temporaneo  abbattimento  della  Francia  poi  avra  non 
piccole  conseguenze  salutari  pel  cattolicismo.  L'essere  stata 
sottratta  dalla  recente  guerra  al  giogo  rivoluzionario  di 
Napoleone  III,  e  gia  per  lei  un  imparagonabile  beneficio. 
Ora  non  e  piu  schiava  della  menzogna  larvata  di  liberta, 
ne  della  corruttela  palliata  di  nazionale  grandezza.  Se  il 
regno  di  questfuomo  fatale  sopra  di  lei  fosse  durato  ancora 
dieci  anni,  si  sarebbe  spenta  da  se  nella  putredine,  senza 
bisogno  di  altra  forza  estrinseca  che  1'uccidesse.  La  tabe 
Tivolmionaria  1' avrebbe  consunta .  Senonche  le  vittorie 
germaniche  T  hanno  liberata  da  questo  certo  pericolo  di 
morte.  La  Francia  e  oggidi  sicura  di  poter  vivere  e  ridi- 
venire  quella  dessa  che  fu  in  altri  tempi.  E  per  lei  un  gran 


144     IL   PROTESTANTESIMO   ECC.   NELLA  GUERRA  FRANCO-GERMANICA 

bene  tra  un  abisso  di  mali  grandissimi ;  ed  5  un  pegno 
di  lieta  speranza  per  la  cattolicita :  poiche  la  Francia  po- 
derosa  e  cattolica  sara  sempre  un  validissimo  baluardo 
umano  per  la  Chiesa  di  Oristo.  Onde  se  questa  generosa 
nazione  risorge  cattolica  dalle  mine,  non  che  deplorare  la 
serie  fuori  d'esempio  delle  sue  odierne  sconfitte,  dovrassi 
anzi  benedire ,;  stanteche  si  sara  avverato  il  desiderio  di  un 
celebre  suo  scrittore,  il  quale,  al  primo  rompersi  delle  osti- 
lita,  facea  voti  che  nella  guerra  soccombesse  la  Rivolu- 
zione  personificata  nel  Bonaparte,  e  vincesse  la  Francia.  E 
la  Francia  in  verita  si  avrebbe  a  dire  uscita  vittoriosa  dalle 

sue  disfatte. 

Che  questo  risorgimento,  graduale  si  ma  verace,  sia 
probabile,  ne  e  arra  la  generale  persuasione  dei  Francesi, 
che  le  loro  presenti  sventure  sono  tutte  causate  dall'  errore 
rivolmionario,  cui  la  nazione  si  e  data  in  preda  per  ot- 
tant'  anni.  Eccetto  i  diarii  demagogic  i,  tutti  gli  altri  che  si 
pubblicano  in  quel  paese,  qualunque  ne  siail  colore  politico, 
si  accordano  in  riconoscere  questo  legame  di  causalita.  In- 
darno  la  setta  socialistica ,  legittima  erede  del  Bonaparte, 
si  affatica  e  si  sbraccia  a  rimovere  dagli  ariimi  questa  per- 
suasione. Piu  trasmoda  in  eccessi  per  impedirne  gli  effetti 
pratici,  e  piu  cresce  la  universale  evidenza,  che  per  risto- 
rare  la  nazione  fa  d'uopo  rinnegare  la  rivoluzione. 

Ora  se,  com' e  credibilissimo ,  questo  avvenimento  si 
compie  e  la  Francia,  abiurata  Tapostasia  rivoluzionaria,  si 
ribattezza  cattolica,  tanto  rimarra  falso  che  nella  guerra 
franco-germanica  abbia  vinto  il  protestantesimo ,  che  la 
futura  generazione  apporra  forse  e  senza  forse  ad  una  tal 
guerra,  il  principio  di  un  rifiorimento  glorioso  del  cattoli- 
cismo ;  e  si  meraviglierk  che  ai  di  nostri  fossero  nella  cri~ 
stianita  uomini  di  spirito  cosi  pusillo  e  di  fede  cosi  morta, 
che  potessero  scandolezzarsi  della  Provvidenza  di  Dio,  nel 
disporre  casi,  dai  quali  sarebbe  seguita  una  delle  maggiori 
vittorie  che  la  Chiesa  cattolica  potesse  riportare,  sopra  la 
doppia  Rivoluzione  del  protestantesimo  e  del  liberalismo 
nel  mondo. 


L'  UNITA  ITALIAN  A 

E 

L'  INTERVENTO  STRANIERO 


L'  Opimone  di  Firenze  nel  suo  numero  54  del  corrente 
anno  da  al  tribunale  del  pubblico  una  specie  di  querela 
contro  i  giornali  cattolici,  da  lei  designati  col  nome  di 
clericali,  accusandoli  come  nemici  della  patria  e  per6  degni 
dell1  odio  universale .  Dimostra  poi  che  essi  sono  nemici 
della  patria,  perch&  avversano  Tunita  italiana  ;  e  a  disfarla 
accettano  ogni  mezzo  piii  turpe,  non  escluso  Tintervento 
sfraniero.  «  Ben  sappiamo,  (son  sue  parole)  che  i  giornali 
clericali,  sebbene  italiani,  detestano  la  nazionalita  ed  unita 
italiana,  e  per  distruggerla  farebbero  ricorso  alia  reazione 
piii  spietata,  alia  guerra  civile  ed  alFintervento  straniero. 
Per  loro  la  guerra  sarebbe  santa ,  ed  onesta  ogni  anna 
purch5  adoperata  a  disfare  ci6,  che  la  rivoluzione  ha  fatto.» 
E  piii  sotto :  «  Si  pub  senza  tema  di  esagerazione  affermare 
ciie  la  stampa  clericale  italiana  5  nemica  della  sua  patria. 
Non  solo  essa  osteggia  le^  interne  franchigie,  ma  di  continuo 
fa  Invito  alle  passioni  piu  brutali  ed  abbiette,  alle  ambizioni 
e  alia  cupidigia  straniera,  affine  di  turbare  la  quiete  e  com- 
promettere  la  stabilita  delle  istituzioni  nazionali .  »  Quindi 
conchiude  che  questo  partito  «  presentandosi  alle  Potenze 
estere  per  supplicarle  di  volerle  appoggiare  con  le  loro 
Serie  F//7,  vol.  //,  fasc.  500.  10  1  aprile  1871. 


146  L'UNITA  ITALIANA 

baionette,  come  gia  la  Francia  appoggiava  con  le  sue  il 
poter  temporale,  esso  non  potra  avere  altra  risposta,  fuor- 
ch&  questa:  Voi  siete  nemici  del  vostro  paese.  »  L'imputa- 
tazione,  senza  dubbio ,  e  gravissima,  e  conviene  assoluta- 
mente  che  le  sia  data  una  risposta. 

Innanzi,  tratto  ci  sembra  che  da  essa  debbano  sceverarsi 
quelle  parti,  le  quali  peccano  evidentemente  di  falsita.  Tali 
sono  la  taccia  che  i  clericali  odiano  la  nazionalita,  e  T  altra  di 
far  ricorso  a  reazioni  spietate,  ed  a  guerre  civili,  e  di  suscitar 
I'ambizione  di  potentati  stranieri.  Quanto  alia  prima,  ognun 
vede  che  1'  Opinions ,  al  solito  dei  liberali,  confonde  T  idea 
di  unita  nazionale  con  quella  di  unita  statuale  della  na- 
zione.  Or  basta  il  naturale  buon  senso  per  capire,  che  queste 
cose  son  diversissime.  Puo  una  nazione  esser  una,  in  quanto 
tale ,  e  nondimeno  esser  divisa  in  diversi  Stati ;  e  possono 
diverse  nazioni  esser  unite  in  un  solo  Stato.  Non  e  una  la 
nazione  alemanna,  benche  la  Baviera  formi  un  regno  di- 
verso  dalla  Sassonia,  e  dall'uno  e  dall'altro  si  distingua 
il  Wurtemberg  ?  Ne  si  obbietti  la  recente  creazione  del- 
rimpero  germanico;  giacche  esso  e  meramente  federative, 
e  non  toglie  la  personality  e  autonomia  dei  singoli  Poten- 
tati. Oltreche  i  sette  milioni  di  Tedeschi  che  sono  nell'  Au- 
stria, non  cessano  certamente  di  appartenere  alia  nazione 
alemanna,  quantunque  sudditi  di  un  diverse  impero.  Per 
coutrario  bench&  different!  di  nazione  sieno  gl'  Inglesi  dagli 
Irlandesi,  e  dagli  Scozzesi;  costituiscono  nondimeno  con 
essi  un  sol  regno.  Dite  il  medesimo  della  Svizzera,  della 
Confederazione  americana,  dell1  impero  Austro-Ungarico  ; 
e  dei  tanti  diversi  popoli  riuniti  sotto  lo  scettro  dell'  Auto- 
crate  Russo.  V  unita  dello  Stato  di  una  nazione  puo  essere 
un  bene  e  puo  essere  un  male,  secondo  la  diversifca  delle 
circostanze,  in  cui  essa  nazione  si  trova.  Ad  ogni  modo  una 
tale  unita  vien  determinata  da  cause  del  tutto  diverse  da 
quelle,  che  formano  TuDita  nazionale.  I  liberali  sostengono 
che  questa  non  puo  stare  senza  di  quella.  Ma  la  nostra  cu- 
riosita  di  sapere  da  quali  principii  cio  si  deriva  e  con  quali 


E   L'  INTERVENTO   STRANIERO  147 

raziocinii  si  dimpstra,  non  e  stata  ancor  soddisfatta.  Finche 
dunque  V  Opinione  o  per  s&  o  per  mezzo  di  altri  non  ci  pre- 
sent! chiara  e  lampante  una  tal  dimostrazione,  toiler!  be- 
nignamente  che  i  clerical!  pensino  1'  opposto ,  e  credano 
che  una  nazione,  benche  divi^a  in  divers!  Stati,  possa  non- 
dimeno  godere  di  vera  unita  nazionale,  ed  essere  anzi  piii 
fiorente  e  felice  che  se  formasse  un  solo  Stato.  Certo  il 
paragone  tra  1'  Italia  presente  e  la  passata  non  e  molto  ac- 
concio  a  rimuovere  una  tale  persuasione.  * 

Noi  dobbiamo  ragionare  dei  popoli  in  modo  analogo  a 
quello,  onde  ragioniamo  delle  famiglie.  Possono  molti  in- 
dividui  essere  d'  una  stessa  prosapia,  e  tuttavolta  non  for- 
mare  una  sola  casa,  una  sola  societa  domestica.  Possono 
anzi  alcuni  di  loro,  dove  cosi  richieda  il  proprio  vantaggio  o 
alcun  obbligo  da  essi  contratto,  voler  piuttosto  formare 
una  sola  casa  con  persone  di  altro  lignaggio,  senza  che 
per  questo  i  vincoli  di  sangue  e  le  relazioni  di  parentela 
abbiano  a  patirne  verun  detrimento.  II  somigliante  avviene 
delle  nazioni.  E  non  abbiamo  noi  veduto  in  pieno  secolo 
decimonono,  in  cui  tanto  si  esagera  T  unita  nazionale,  gli 
Alsaziani  e  i  Lorenesi,  benche  indubitatamente  Tedeschi, 
desiderare  contuttoci6  di  rimanere  unit!  alia  Francia  e  sol 
per  forza  esserne  staccati  ?  E  il  Lussemburgo,  quantunque 
ancor  esso  alemanno,  non  ha  mosso  ogni  pietra  per  rima- 
nere autonomo  e  separato,  piuttosto  che  ricongiungersi  alia 
gran  patria  germanica?  Oserebbe  T  Opinione  dare  a  quei 
popoli  la  taccia  di  traditori ,  come  fa  gentilmente  coi  cat- 
tolici  italiani  ?  In  quella  guisa  che  la  stirpe  rimane  identi- 
ca,  benche  le  persone  che  ad  essa  appartengono ,  vivano 
disgregate  in  piii  famiglie  ;  cosi  molti  popoli ,  aventi  la 
stessa  o  quasi  la  stessa  origine  e  parlanti  la  medesima 
lingua,  possono  costituire  una  sola  nazione,  bench&  divisi 
in  diversi  Stati.  L'unita  nazionale  e  opera  della  natura  e  del 
tempo ;  T  unita  statuale  e  opera  dell'  arte  e  di  circostanze 
svariatissime,  or  conform!  ed  ora  contrarie  all'interesse  dei 
popoli. 


148  L'UNITA  ITALIANA 

VOpiniane  adunque,  se  cosi  le  place,  accusi  pure  la 
stampa,  da  lei  detta  clericale,  di  avversare  T  unita  statuale 
d' Italia;  ma  non  si  renda  ridicola  col  dire,  che  cosi  ella 
avversa  Tunit^,  altresi  nazionale .  Eran  forse  per  divenire 
Tedeschi  i  Napoletani,  e  Francesi  i  Fiorentini ,  quando  i 
primi  dominavano  il  Regno  delle  Due  Sicilie  e  i  secondi  il 
Granducato  di  Toscana? 

Sia  pure,  come  voi  dite,  ripigliera  1'  Opimone ;  non  per 
questo  e  men  vero  che  la  stampa  clericale  percio  solo,  che 
avversa  T  unita,  statuale  d'  Italia ,  si  mostra  nemica  della 
sua  patria;  perohS  da  gran  Regno,  che  ora  ella  e,  la  vorrehbe 
di  bel  miovo  sminuzzata  in  Dio  sa  quante  parti. 

Per  vedere  se  e  giusta  1'accusa,  cosi  ristretta ,  propo- 
niamo  ^  Opinions  il  seguente  caso.  Fingiamo  una  famiglia, 
la  quale  sia  divenuta  ricca  e  potente  per  mezzo  di  ladronecci 
e  di  rapine.  Ed  acciocch&  T  Opinions  si  ponga  in  grado 
di  apprendere  piii  facilmente  la  forza  di  questa  ipotesi , 
finga  che  cotesti  furti  e  cqteste  rapine  siensi  perpetrati  a 
dauno  di  ehrei.  Sia  dunque  il  caso  che  una  famiglia  di  cri- 
stiani  siasi  ingrandita  ed  arricchita  manomettendo  e  deru- 
bando  altre.  famiglie  di  pacifici  Israeliti.  Di  piu  finga  T  Opi- 
nions che  la  prelodata  famiglia,  per  mantenersi  nelle  mal 
fatte  annessioni,  si  sforzi  di  estinguere  nei  suoi  membri 
ogni  senso  di  religione  e  di  moralita ;  sicche  li  licenzii  e 
gl'  istighi  ad  ogni  genere  di  bestemmie,  di  slealta,  di  lai- 
dezze  e  di  ogni  altra  piu  vituperosa  azione.  Frutto  di  tanta 
turpitudine  per  Tanzidetta  famiglia  sia  stato  la  perdita  di 
ogni  pace  all'interno  e  d'ogni  onore  all'esterno;  sicche  i 
vicini  ed  i  lontani  Tabbiano  in  sommo  disprezzo ,  non  si 
fidino  piu  di  lei,  e  novellino  de'fatti  suoi,  come  si  farebbe 
d1  un  covo  di  ladroni  o  di  sgualdrine .  Intanto  ci  sieno 
alcuni  de1  suoi  vecchi  amici,  i  quali  vorrebbero  che  questa 
famiglia  si  riformasse  radicalmente ;  e  cominciasse  la  sua 
riforma  dal  restituire  il  mal  tolto ;  acciocch5  rimessasi  cosi 
sul  sentiero  della  onesta  e  dell'  onore ,  cercasse  di  salire 
a  grandezza  per  altre  vie.  AlFincontro  ci  sieno  altri,  i  quali 


E   L'  1NTERVENTO   STRANIERO  U9 

la  consiglino  a  non  far  nulla  di  ci6 ;  ma  la  confortino  a 
star  salda  nel  cammino  intrapreso  ,  e  soprattutto  a  non 
cedere  un  briciolo  di  quanto  ha  acquistato,  benche  per 
mezzi  iniqui  e  disonorevoli.  Supponga  pure  che  la  ragione 
che  ne  rechino  sia,  perche  altrimenti  essa,  da  opulenta  e 
temuta,  tornerebbe  povera  e  spregiata.  Chiediamo  alia  in- 
genua  Opinwne ,  quale  di  queste  due  classi  di  persone 
debba  ritenersi  per  arnica  di  quella  famiglia,  e  quale  per 
nemica  ?  Mentre  lasciamo  a  lei  il  tempo  per  la  risposta,  e 
la  cura  di  fame  Tapplicazione,  noi  passiamo  ad  esaminare 
un'  altra  parte  della  sua  accusa. 

L1  Opmione  rimprovera  alia  stampa  clericale  il  far  invito 
alle  passioni  phi  brutali  ed  abbiette ,  alia  guerra  civile , 
all'  ambizione  ed  alia  cupidigia  straniera,  affine  di  turbare 
la  quiete  e  compromettere  la  stabilita  del  regno  d'  Italia. 
Questo  e  non  solo  un  mentire,  ma  un  rovesciare  sull'altrui 
capo  il  proprio  vifcupero.  Qual  prova  pu6  recare  il  giudaico 
giornale  di  si  impudente  calunnia?  A  quali  abbiette  passioni 
ha  fatto  mai  appello  un  sol  giornale  cattolico  ?  Qual  guerra 
civile  e  qual  cupidigia  straniera  ha  mai  eccitata?  Noi,  si, 
per  contrario  possiamo  rinfacciare  alia  stampa  e  al  partito 
liberalesco  di  aver  fatta  Tuna  cosa  e  Faltra.  Si  ricordino  qui 
i  virulenti  proclaim  e  le  sozzissime  mene  adoperate  per 
muovere  alia  rivolta,  contro  i  loro  legittimi  Principi,  i  po- 
poli  della  Penisola.  II  danaro  profuso  a  tale  scopo;  i  tra- 
dimenti  politici  ,moltiplicati ;  le  arti  volpesche  e  le  men- 
zogne  ed  i  raggiri ,  e  i  sotterranei  maneggi .  Si  giunse 
perfino  a  non  aver  piu  riguardo,  non  che  alia  fede  pubblica 
delle  nazioni,  ma  neppure  alP  onor  diploinatico,  convertendo 
in  occulti  cospiratori  i  Ministri  accreditati  presso  Potenze, 
a  cui  si  professava  amicizia  in  apparenza,  ma  di  nascosto 
si  tramavano  insidie.  Che  fecero  in  Roma  i  Migliorati  e  i 
de  la  Minerva?  Che  in  Firenze  i  Boncompagni?  E  che  i 
Villamarina  in  Napoli?  Ma  per  tacere  di  tutto  questo,  chi 
patteggid  con  Napoleone  III  la  cessione  di  Savoia  e  di  Nizza 
per  averlo  ligio  ai  proprii  disegni  ?  Furono  forse  i  clericali? 


>I50  L'UNITA  ITALIANA 

Fu  il  partito  appunto,  a  cui  da  umile  ancella  serve  1'  Opi- 
nione,  e  di  cui  palpa  i  raggiri.  Or  non  fa  ci6  un  eccitare 
Fambizione  e  la  cupidigia  straniera  a  danno  della  patria? 

Ma  i  clerical!  invocano  Tintervento  straniero ;  e  cosi  si 
mostrano  nemici  d'ltalia.  Era  questa  Tultima  parte  dell'ac-  • 
cusa,  che  1'  Opinions  moveva  contro  di  loro.  La  stessa  que- 
rela  intenta  ad  essi  la  Capitate  nel  suo  numero  181,  in  un 
furibondo  articolo  intitolato  :  L*  appello  allo  straniero  dei 
clericali;  chiamandoli  per  ci6  traditori  e  nemici. 

Se  i  clericali  invocassero  1'  intervento  straniero  ,  non 
farebbero  che  imitare  i  liberali.  Imperocche  non  furono 
i  liberali  quelli  che  invocarono  T  intervento  straniero  sullo 
scorcio  del  passato  secolo,  per  convertire  in  repubblica  gli 
Stati  italiani  ?  E  per  non  evocare  memorie  antiche ,  non 
fecero  essi  appunto  coll'intervento  straniero  questo  regno 
d'ltalia?  Con  qual  diritto  adunque  potrebbero  lagnarsi  che 
altri  imiti  il  loro  esempio  ?  Direte  che  invocaste  T  inter- 
vento di  uno  straniero,  ma  per  discacciare  d1  Italia  un  altro 
straniero  ?  II  medesimo  vi  risponderebbero  i  cattolici  ,  i 
quail  hanno  voi  in  conto  di  stranieri ,  e  peggio  ancor  che 
stranieri.  I  Romani  chiamano  gli  odierni  occupatori  della 
loro  eitta  i  nuovi  Longobardi;  ed  altrove  i  domirianti  le 
diverse  province  son  designati  col  nome  dove  di  Ostro- 
goti  e  dove  di  Musulmani. 

Ma  giacche  T  Opinione  c'  invita  a  discutere  cotesto 
punto;  e  bene  sopra  di  esso  chiarirsi  un  poco  le  idee.  Il 
Sillcibo  condanna  il  cosi  detto  principio  di  non  intervento. 
Proclamandum  est  et  observandum  principium,  quod  vocant, 
de  non  interventu;  e  questa  la  sessantesimaseconda  delle 
proposizioni  quivi  proscritte  dal  Romano  Pontefice.  Cio  vuol 
dire  che  T  intervento  non  5  sempre  illegittimo  e  da  ripro- 
varsi.  Quel  preteso  principio  fu  inventato  da  Napoleone  III, 
perche  allora  giovava  ai  suoi  perfidi  intendimenti.  Ma  egli 
che  T  invento ,  fu  quegli  che  ne  provo  poscia,  piu  d'ogni 
altro,  i  perniciosi  effetti.  Lasciato  solo,  senza  soccorso,  sotto 
i  fieri  colpi  dei  Prussiani,  perde  vituperosamente  quella 


E  L' INTERVENTO  STRANIERO  151 

corona,  per  ctri  conservare  avea  messo  in  non  cale  coscienza 
e  onore.  Incidit  in  foveam,  quam  fecit.  Ma  stando  non  alle 
capricciose  dottrine  di  chi  conia  principii,  secondo  le  cir- 
costanze  del  suo  tornaconto ,  ma  a  quelle  che  detta  la  ra- 
gione  e  il  buon  senso,  T  intervento  di  estranei  puo  talvolta 
essere,  non  che  lecito,  doveroso.Se  una  mano  di  assassini 
invadesse  la  vostra  casa ,  condannereste  voi  come  nemici 
della  vostra  famiglia  chi  invitasse  i  vicini  ad  accorrere  in 
vostro  soccorso?  E  non  sarebbe  quell'  intervento  comandato 
anzi  dalla  legge  di  comune  benevolenza  tra  gli  uomini? 
Or  non  ci  sono  due  Morali  e  due  Diritti :  T  uno  pei  privati, 
1'  altro  per  la  pubblica  societa.  La  Morale  e  la  giustizia  e 
una;  solo  il  subbietto,  a  cui  essa  si  applica,  e  diverse.  Se 
dunque  la  legge  di  natura  prescrive  ad  ogni  uomo,  che 
il  possa,  di  venire  in  aiuto  dell1  assalito  da  iniqua  violenza; 
lo  stesso  vuol  dirsi  delle  nazioni.  fi  questo  1'  effetto  del 
vincolo  di  scambievole  amore ,  che  tutti  ci  stringe  in  uni- 
versal societa ,  sotto  lo  scettro  del  comun  principe ,  Iddio. 
I  liberal! ,  quando  fa  per  loro ,  intendono  benissimo  cotesta 
dottrina ;  e  pero  invocano  ed  esercitanq  T  intervento,  senza 
curarsi  della  contraddizione ,  che  incorrono.  Non  vedemmo 
ultimamente  il  Garibaldi  accorrere  insieme  co'suoi  in  aiuto 
de'  repubblicani  di  Francia ,  contro  le  armi  prussiane .  E 
benche ,  ignaro  di  guerra,  qual  e ,  riuscisse  piuttosto  d'  im- 
paccio ,  che  di  difesa ;  tuttavolta  non  e  men  vero  che  egli 
col  fatto  disdicesse  la  famosa  teorica ;  come  T  avevano  gia 
disdetta  il  Cavour  e  i  suoi  dottrinarii  col  ricorso  a  Napo- 
leone  III,  per  fare  il  regno  d' Italia.  L' intervento,  torniamo 
a ripetere, in  aiuto  delf'innocente  oppresso,  e  sempre  lecito; 
talvolta  pu6  essere  eziandio  obbligatorio.  E  ci6  non  solo  per 
parte  di  chi  lo  esercita,  ma  ancora  di  colui  in  favore  del 
quale  si  esercita.  Se  un'  orda  nemica  assale  la  tua  famiglia, 
e  tu  non  hai  forza  a  respingerla ,  non  ti  crederai  obbligato 
ad  invocare  il  braccio  della  pubblica  autorita  o  il  concorso 
di  pietosi  amici,  per  francare  i  figliuoli  e  i  domestici  dal- 
Tingiusta  aggressione?  Riputeresti  ben  fatto  a  lasciarli  as- 


152  L'UNITA  i  TALI  ANA 

sassinare  e  disonorare  e  sgozzare,  per  non  incorrerela  taccia 

di  aver  invocato  T  altrui  intervento  ? 

Ci6  in  generate.  In  ordine  poi  al  Pontefice  ed  a  Roma, 
la  cosa  e  anche  piu  chiara .  Pel  Pontefice  T  intervento 
de' cattolici,  a  qualunque  nazione  appartengano ,  non  e  in- 
tervento di  stranieri,  ma  di  figliuoli.  L'  Opinions  ragiona 
del  Papa  e  di  Roma ,  come  si  ragionerebbe  dello  Czar  e  di 
Pietroburgo.  Ma  ella  s'inganna  a  partito.  II  Papa  e  il  Padre 
comune  di  questa  immensa  famiglia,  cbe  e  la  Chiesa  catto- 
lica,  e  Roma  e  la  casa  di  questo  gran  Padre.  Tutti  i  popoli 
battezzati  son  figliuoli  di  lui,  e  stretti  tra  loro  con  legame 
di  fratellanza.  In  ci6  il  popolo  italiano  e  eguale  agli  altri ; 
esoltanto  ha  il  privilegio  di  essere  riguardo  ad  essi  il  fratel 
primogenito.  Or  in  ogni  famiglia,  se  il  primogenito  manca 
di  rispetto  al  Padre  ,  tutti  gli  altri  figliuoli  hanno  non  solo 
il  diritto  ,  ma  il  dovere  di  ridurlo  eziandio  colla  forza  alia 
debita  soggezione.  Pei  cattolici  tutto  ci6  che  riguarda  il 
Pontefice  e  Roma  e  affare  domestico.  Onde  giustamente  il 
Conte  di  Montalembert  in  quella  sua  celebre  lettera  al  Conte 
di  Cavour  diceva  agl'  Italiani :  Trattando  del  Papa  voi  non 
avete  a  fare  col  solo  Papa ,  voi  avete  a  fare  eziandio  con 
noi.  A  noi  altresi  dovete  render  conto  del  vostro  operare. 
Ma  senza  ricorrere  al  Conte  di  Montalembert,  non  banno 
gli  stessi  Ministri  italiani  dichiarato  in  pubblico  Parlamento, 
che  cio  che  riguarda  il  papa  e  affare  internazionale?  Se  e 
affare  internazionale,  ban  diritto  le  altre  nazioni  ad  occu- 
parsene  e  far  valere  le  loro  ragioni  eziandio  colle  armi. 

L'  Opinione  e  consorti  vorrebbero  che  la  sovranita  tem- 
porale  del  Papa  fosse  considerata  sotto  il  puro  aspetto  po- 
litico ,  agguagliata  a  tutti  gli  altri  Principati,  e  sottoposta 
alle  stesse  vicende.  Ma  questo  loro  desid^rio  non  pub  ap- 
pagarsi.  La  sovranita  temporale  del  Papa  non  pu6  separarsi 
dall'  aspetto  religioso.  Essa  e  la  forma  sociale  della  sua  so- 
vranita spirituale ,  e  guarentigia  indispensabile  dell1  indi- 
pendenza  di  questa.  La  Chiesa  e  stabilita  da  Dio  in  forma 
di  regno ,  di  cui  la  capitale  e  Roma  e  province  le  region! 


E   L'  1NTERVENTO    STRAMERO  153 

tutte  della  terra.  Come  capitale  di  questo  regno  immortale, 
Roma ,  benche  piu  volte  devastata  da'  barbari ,  e  sempre 
risorta  dalle  sue  ceneri.  Essa  si  e  rifatta,  ingrandita,  abbel- 
lita  col  concorso  di  tutto  il  mondo  cattolico.  Senza  di  ci6, 
ella  avrebbe  incorsa  la  sorte  di  tutte  le  altre  capitali  degli 
antichi  imperi;  e  di  lei  altro  non  resterebbe  che  le  rovine. 

Per  contrario  ella  vive ;  e  vive  piena  di  grandezza  e  di 
gloria .  A  chi  ella  deve  la  sua  vita  e  il  suo  splendore?  Agli 
sforzi  e  all'  oro  del  Cattolicismo .  Se  il  regno  d1  Italia  do- 
vesse  restituire  alle  altre  nazioni  tutto  quello ,  che  esse 
hanno  profuso  di  do vizie  in  Roma ,  non  gli  basterebbe  T  in- 
tero  suo  erario.  I  Cattolici  adunque  ban  ragione  di  consi- 
derare  Roma  come  cosa  loro ;  e  la  condizione  in  essa  del 
Papa,  come  affare  che  ad  essi  appartiene.  II  loro  intervento, 
convien  persuadersene,  e  domestico  non  e  straniero. 

E  come  tale  appunto  sempre  lo  riguardarono  i  Papi ;  i 
quali  in  ogni  tempo  ad  essi  ricorsero  per  esser  difesi  e  mante- 
nuti  nel  sacro  lor  principato.  Fia  bello  qui  il  ricordare  fra  gli 
altri  il  gran  Pontefice  Stefano  II,  allorche  minacciato  nella 
sua  Roma  dal  fedifrago  Astolfo,  fe'  ricorso  a  Pipino,  Re  dei 
Francesi.  Egli  in  una  delle  lettere,  che  gli  scrisse  per  sol- 
lecitarne  la  venuta,  introduce  a  parlare  lo  stesso  Apostolo 
S.  Pietro ;  e  sara  grato  ai  lettori  udirne  alcuni  tratti .  La 
lettera  dice  cosi:  «  Pietro,  chiamato  all'Apostolato  da  G.  C. 
figliuol  di  Dio  vivo,  e  per  mio  mezzo  tutta  la  Chiesa  cat- 
tolica,  apostolica,  e  romana,  col  suo  Pontefice  Stefano:  La 
Grazia,  la  pace ,  e  la  forza,  per  liberare  questa  Chiesa  ed 
il  suo  popolo ,  sia  data  abbondantemente  dal  signor  vostro 
Dio  agli  eccellentissimi  Re,  Pipino,  Carlo  e  Carlomagno;  ai 
Santi  Vescovi,  Abbati,  Preti,  Monaci;  come  pure  ai  Duchi, 
Conti,  e  generalmente  a  tutti  gli  uommi  d'  arme,  e  a  tutto 
il  popolo  di  Francia.  lo,  Pietro,  Apostolo  di  Dio,  cui  egli 
degn6  singolarmente  confidare  la  greggia  sua  e  le  chiavi 
del  celeste  regno,  io  vi  considero  tutti  come  figliuoli  miei 
adottivi ,  e  contando  sull'  amor  vostro ,  vi  scongiuro  di  li- 
berare prontamente  la  citta  mia,  il  mio  popolo,  il  santuario, 


154  L'UNITA  ITALIANA 

nel  quale  si  riposano  1'ossa  mie  dalle  scelleratezze  e  dalla 
prepotenza  de'  Longobardi ;  perciocche  questa  misleale  na- 
zione  barbaramente  opprime  la  Chiesa,  confidatami  dal  Ri- 
sorto.  Credete  ,  figliuoli  miei,  credete  che  io  stommi  nel 
cospetto  vostro  colla  vera  persona  mia,  per  iscongiurarvi 
di  cio  tutti  colla  voce  e  coir  esortazione  piu  calda ;  voi 
effettivamente ,  o  magnanima  gente  franca,  la  quale  secondo 
le  promesse  del  Redentor  nostro  noi  teniamo  in  estimazione 
principale  sulle  altre.  La  benedetta  sempre  Vergine  e  ma- 
dre  delF  umanato  Signore  vi  ripete  le  nostre  istanze ,  vi 
sollecita  e  vi  comanda,  secondata  da  tutti  i  cori  degli  An- 
geli ,  da  tutti  i  Santi,  dai  Martiri  e  dai  Confessori  di  Cristo, 
perche  sulle  tribolazioni  di  Roma  vi  dobbiate  commuovere 
finalmente.  Voi  difendetela,  preservatela  dai  Longobardi; 
onde  questi  persecutori  non  profanino  il  corpo  mio ,  gia 
sacrificato  per  Cristo ,  non  veggansi  contaminare  la  Chiesa 
nella  quale  ho  riposo .  Voi  soccorrete  al  mio  popolo  con 
alacrita  di  volere  ,  con  ispeditezza  di  fatti ,  perche  io  alia 
mia  volta  proteggavi  nel  giorno  del  paventoso  giudizio , 
vi  ricompensi  d'  una  sede  nel  regno  non  corruttibile,  non 
afflitto  da  persecuzioni  ed  oltraggi.  Si  sa  che  fra  tutte  le 
nazioni  quella  dei  franchi  mi  si  manifesto  devotissima;  ed  io, 
Pietro  Apostolo ,  vi  raccomandava  per  questo  nelle  inchie- 
ste  del  mio  Vicario  che  piacessevi  di  liberare  la  romana 
Chiesa,  confidatami  dal  Signore.  Per  questo  io  medesimo 
vi  sovvenni  nei  bisogni  vostri,  appena  me  ne  ricercaste ; 
per  questo  vi  diedi  sempre  vittoria  sui  nemici  vostri ,  e 
sempre  ve  la  dar6,  se  voi  vi  solleciterete  ora  di  volare 
in  aiuto  della  citta  mia.  Che  se  non  obbedite  all'  invito, 
io  nel  potere  della  santa  ed  unica  Trinita,  per  la  grazia 
dell' Apostolato  concedutami   dal  Signore,  in  castigo  di 
trasgressione  siflatta,  vi  rimuovo  dal  reame  di  Gesu  Cristo  , 
e  dalla  sempiterna  mercede.  l  » 

1  V.  ROHRBACHER,  Storia  universal  della  Chiesa  Cattolica  Vol.  VI,  libro  52. 


E   L'  INTERVENTO   STRANIERO  155 

II  medesimo  ricorso,  prima  di  Papa  Stefano,  avevano 
fatto  in  simigliante  circostanza,  Papa  S.  Gregorio  II, 
S.  Gregorio  III  e  S.  Zaccaria;  e  poscia  fecero  i  Papi 
S.  Paolo,  l  Stefano  III,  ed  Adriano.  L'esempio  di  questi 
grandi  Pontefici  fu  quindi  seguito  dai  Pontefici  posteriori ; 
i  quali  per  la  difesa  dei  loro  sacrosanti  diritti,  che  son  di- 
ritti  dell'intera  Chiesa  cattolica,  invocarono  learmi  or  della 
Francia,  or  delF  Austria,  or  di  tutti  insieme  i  regni  della 
Cristianita. 

Sappiamo  bene  che  di  ci6  i  liberali  menano  alto  seal- 
pore,  e  lo  recano  a  gravissiina  colpa  dei  romani  Pon- 
tefici. Ma  se  volessimo  dare  retta  ai  liberali,  dovremmo 
non  pure  rinunziare  ad  ogni  piu  ragionevole  dottrina,  ma 
pervertire  ogni  idea  di  verita  e  di  giustizia.  I  Pontefici 
cosi  facendo  non  solo  usarono  un  loro  diritto,  respingendo 
colla  forza  di  devoti  figliuoli  la  violenza  parricida  di  altri 
figliuoli  degeneri;  non  solo  adempirono  un  loro  dovere 


1  Avendo  riportato  piu  sopra  una  lettera  di  Papa  Stefano  II,  ci  piace  qui 
far  menzione  di  un'altra  di  Papa  S.  Paolo  all'intera  nazione  de'Franchi,  nella 
quale  tra  le  altre  si  leggono  queste  parole : 

«  Non  essendomi  possibile  di  darvi  prova  conveniente  della  mia  gratitu- 
dine,  mi  conforta  il  pensiero  che  havvi  su  in  cielo  un  giusto  giudice,  dal  quale 
vi  sara  resa  fa  dovuta  mercede.  Perocche  il  nome  della  vostra  nazione  si  e 
innalzato  sopra  quello  d'ogni  altra;  e  il  regno  de'Franchi  luminosamente  ri- 
splende  agli  occhi  di  Dio  per  la  gloria,  onde  si  abbella,  d'aver  dei  Re  fattisi 
liberator!  della  cattolica  ed  apostolica  Chiesa.  Di  fatto,  un  nuovo  Mose,  un 
nuovo  Davidde  e  comparso  al  mondo  nella  persona  di  Pipino,  nostro  figliuolo 
cristianissimo  e  nostro  compadre  spirituale.  La  merce  dello  zelo  di  questo  Re, 
ognor  vittorioso,  trovasi  la  Chiesa  di  Dio  esaltata  ;  e  la  protezion  sua  e  come 
scudo  che  la  fede  ortodossa  mantiene  incolume  dall'eretiche  saette.  Miei  can 
figliuoli,  voi  siete  una  nazione  santa,  un  sacerdozio  regale,  un  popolo  di  con- 
quista,  che  il  Dio  d'Israele  privilegi6  di  sua  benedizione .  Rallegratevi  im- 
pertanto  che  i  nomi  vostri  e  quelli  dei  vostri  Re  sono  scritti  in  cielo,  e  che 
la  vostra  mercede  e  grande  at  cospetto  di  Dio  e  degli  Angeli  suoi ;  concios- 
siache  un  possente  protettore  vi  siete  voi  acquistato,  il  beato  Pietro  principe 
degli  Apostoli,  a  cui  il  Redentore  ha  conferita  la  potesta  di  legare  e  sciogliere 
i  peccati  lassu  nel  cielo  e  quaggiu  sulla  terra.  »  Vedi  ROHRBACHER,  Storia 
universale  della  Chiesa  tomo  VI,  libro  53. 


156  I/UN1TA    ITALIANA    E    L'  INTERVENTO    STRANIERO 

usando  i  mezzi,  che  Iddio  avea  posto  nelle  loro  mani,  per 
la  difesa  di  ci6  che  erano  obbligati  a  tutelare;  ma  sal- 
vando  1'  indipendenza  politica  del  Pontificate ,  salvarono 
T  indipendenza  della  Chiesa ;  e  per6  la  liberta  e  la  civilta 
stessa  del  mondo.  fi  questo  un  bene  di  ordine  si  elevato; 
che  ogni  altro,  quale  che  esso  sia,  si  abbassa  nel  paragone 
e  svanisce. 

L'  audacia  liberalesca  nel  vituperare  in  ci6  1' opera  dei 
Papi,  dee  muovere  a  stomaco  ogni  persona  sensata.  E  quale 
impudenza,  diciamo  anzi,  quale  stoltezza  maggiore ,  che 
riprendere  come  ingiusto  ed  improvvido  il  costante  operare 
di  quelli,  a  cui  fu  affidato  da  Dio  il  governo  della  sua  Chie- 
sa e  il  magistero  della  sua  legge  ?  Quand'  anche  non  appa- 
rissero  manifeste  le  ragioni ,  che  ad  ogni  uomo  d'intelletto 
dimostrano  legittimo  e  sapiente  quell'  operare  dei  Papi ;  la 
sola  loro  uniforme  condotta  dovrebbe  bastare  a  provarlo . 
Imperocche  qui  non  si  tratta  di  un  mero  fatto  o  partico- 
lare  giudizio  in  causa  privata,  ma  si  tratta  di  atti  solenni, 
relativi  all'  interesse  generale  della  Chiesa,  e  che  implicano 
e  in  se  racchiudono  un  principio  morale  e  giuridico.  In  cose 
tali  i  Pontefici  sono  assistiti  in  modo  speciale  da  Dio ,  e 
non  &  possibile  che  cadano  in  pernicioso  errore.  II  loro  pra- 
tico  insegnamento  e  norma  di  verita,  di  giustizia. 

Senonche  non  occorre  affaticarsi  a  difendere  sopra  co- 
desto  punto  i  romani  Pontefici ;  il  solo  vederli  ripresi  dai 
liberali  e  per  essi  la  piu  splendida  apologia.  Essendo  carat- 
tere  distintivo  della  fazione  liberalesca  il  dire  ~bonum  malum, 
et  malum  ~bonum ;  il  biasimo  che  essa  da  ad  una  cosa,  e 
T  encomio  che  fa  di  un'  altra  e  criterio  infallibile  per  rav- 
visare  la  pravita  della  prima  e  la  bonta  della  seconds 


UNA  STORIA  DELIA  CITTA  DI  ROMA 1 


Al  primo  compiere  la  lettura  di  quest'Opera  monumen- 
tale ;  ecco  una  Storia ,  dicemmo  ,  veramente  degna  della 
maesta  e  grandezza  di  Roma;  ecco  uno  scrittore,  degno  di 
assidersi  fra  i  Principi  della  storia  moderna.  E  la  medesima 
impressione  siam  certi  che  si  produrra  neiranimo  di  chiun- 
que  vorra,  non  diciamo  sostenere  la  fatica,  ma  procacciarsi 
il  diletto  di  leggere  posatamente  le  oltre  a  3600  pagine 
che  quest'  Opera  compongono. 

II  Barone  di  Reumont  e  gia  noto  da  gran  tempo  al 
mondo  letterario  pei  molti  ed  insigni  lavori,  onde  illustro 
specialmente  la  storia  italiana;  ma  a  tutti  questi  lavori  egli 
ha  posto  oggidi  la  corona  colla  Storia  della  citta  di  Roma. 
Ne  certo  potea  coronarli  piu  nobilmente,  o  si  consideri  il 
soggetto  del  suo  libro ,  vero  centre  e  vertice  di  tutta  la 
storia  d'  Italia,  anzi  del  mondo ;  o  si  riguardi  T  ampiezza  e 
la  diligenza  somma,  con  cui  egli  questo  nobilissimo  sog- 
getto elaboro.  D'altra  parte,  la  sua  storia  di  Roma  non  potea 
venire  in  luce  in  tempo  per  avventura  piu  opportune  e  piu 

1  Geschichte  der  Stadt  Rom.  von  ALFRED  VON  REUMONT:  Storia  della  citta 
di  Roma ,  di  ALFREDO  DI  REUMONT.  —  Berlino  ,  regia  stamperia  del  Decker , 
1867-70.  Splendida  edizione  in  8°  gr.  in  tre  volumi. 

Volume  I,  di  pag.  XVII-868,  con  sette  Tavole  genealogiche  e  due  Carte 
topografiche. 

Vol.  II,  di  pag.  XIII-1254,  con  dodici  Tavole  genealcgiche. 

Vol.  III.  Parte  Ia  di  pag.  IX-574  con  nove  Tavole  genealogiche  e  due 
Icnografie.  —  Parte  II»  di  pag.  X-950  con  due  Carte  topcgraficha. 


^58  UNA  STORIA  BELLA  CITTA   DI   ROMA 

acconcio  ad  acquistarle  nel  mondo  rapida  voga ;  essendo 
che  oggi  appunto  Roma  tiene  piu  che  mai  rivolti  e  ansio- 
samente  fissi  sopra  di  se  gli  sguardi,  gl'  interessi,  gli  af- 
fetti  di  tutto  il  mondo ,  a  lei  oggidi  piu  passionatamente 
che  mai  amico  o  nemico. 

Ad  intraprendere  questa  grand' opera  fu  il  Reumont  in- 
vitato  e  mosso,  com'  ei  medesimo  ci  narra,  dal  passato  Re 
di  Baviera,  Massimiliano  II,  gran  promotore  degli  studii 
storici  ed  ammiratore  delle  romane  grandezze.  La  prima 
proposta  gliene  fu  fatta,  per  parte  del  Re,  nella  primavera 
del  1863;  e  nell'anno  seguente,  «  quando  io  vidi  (scrive 
egli)  per  1'  ultima  volta  Massimiliano,  alia  villa  Malta  sul 
Pincio,  il  di  innanzi  al  suo  ritorno  in  Monaco,  dove  la  voce 
della  patria  per  cagione  dei  tempi  agitati  richiamavalo , 
staccandolo  dalla  citta  eterna,  in  cui  egli,  a  fin  di  rinfran- 
care  la  sanita  da  lungo  tempo  vacillante ,  avea  disegnato 
di  passare  1'inverno,  e  cui  abbandono  con  giusto  rammarico 
bensi,  ma  fermo  nel  sentimento  del  suo  dovere  di  Re  e  degli 
obblighi  che  lo  vincolavano  al  suo  popolo ;  egli  mi  espresse 
con  somma  affezione  e  gradimento  il  suo  giubilo,  pei  pro- 
gressi  d'un  lavoro,  che  allora  mi  teneva  gia  da  piu  mesi 
occupato,  ma  che  non  doveva  essermi  concesso  di  presen- 
targli  finito  T.  »  Alia  memoria  pertanto  di  Massimiliano  II, 
1'Autore  ha  intitolato,  nella  Dedica,  la  sua  Storia  di  Roma; 
ed  insieme  a  quella ,  che  egli  non  potea  disgiungerne ,  di 
Federico  Guglielmo  IV,  re  di  Prussia,  alia  cui  liberalita  e 
cortesia  il  Reumont  professa  parimente  viva  gratitudine , 
soprattutto  perche  il  carico  di  ambasciatore  presso  le  corti 
d'ltalia,  che  egli  per  piu  anni  in  nome  di  quel  Re  sostenne, 
gli  ebbe  fornita  comodita  amplissima  a  quegli  studii  che  ei 
vagheggiava.  , 

Di  questi  regii  auspicii,  sotto  cui  nacque,  la  Storia  del 
Barone  di  Reumont  porta  1'impronta  anche  nella  splendi- 
dezza  materiale  della  stampa.  Non  e  una  edizione  di  lusso, 

1  Vol.  1,  pag.  X,  XI. 


UNA   STORIA  BELLA  CITTA   DI    ROMA  159 

essendo  destinata  alia  moltitudine  del  lettori  di  mezzana 
coltura  e  di  borsa  mediocre;  ma  quanto  a  pregi  sostanziali 
non  la  cede  a  qualsiasi  edizione  di  lusso.  I  tipi  sono  nitidi 
ed  eleganti ;  i  caratteri,  di  forma  latina  e  tonda ;  ci6  che 
ne  rende,  almen  fuor  di  Germania,  piu  agevole  la  lettura, 
non  affaticando  I'occhio  su  quelle  ispide  e  angolose  forme 
teutoniche.  La  correttezza  poi  della  stampa  e  squisita  e 
rara,  quanto  a  fatica  saprebbe  esigersi  anche  dalla  diligenza 
tedesca ;  da  tante  centinaia  di  pagine  appena  ci  si  e  ab- 
battuto  Tocchio  in  quattro  o  cinque  leggieri  sfalmi,  oltre 
ai  pochissimi  gia  notati  nella  errata-corrige  alia  fine  di 
ciascun  volume. 

Ma  la  esteriore  bellezza  dell'edizione  &  superata  di  gran- 
dissima  lunga  dal  merito  intrinseco  dell'opera:  ben  diversa 
in  ci6  da  molte  produzioni  moderne,  il  cui  pregio  &  quasi 
tutto  nell'eleganza  e  nel  lusso  tipografico,  sotto  il  cui  bril- 
lante  orpello  si  studiano  di  nascondere  agli  occhi  del  volgo 
la  propria  miseria.  Massimiliano  II  difficilmente  avrebbe  po- 
tuto  trovare  nella  dotta  Alemagna  uno  scrittore  piu  ac- 
concio  del  Reumont  ad  incarnare  e  compiere  il  bel  disegno 
della  grand'opera  da  se  ideata,  e  nel  quale,  colle  richieste 
qualita  deH'ingegno,  concorressero  piu  felicemente  anche  le 
circostanze  esteriori  della  vita,  ad  agevolargli  Timpresa. 
II  Reumont  infatti  avea,  gia  da  piu  di  trent'  anni,  tenuto 
soggiorno  in  Italia,  parte  in  qualita  di  ministro  diplomatico 
della  Prussia,  parte  come  privato  e  come  cittadino  volon- 
tario  del  Bel  Paese,  divenuto  a  lui  quasi  seconda  patria. 
Firenze  e  Roma,  sue  stanze  predilette,  erano  a  lui  famigliari 
e  conte,  quanto  Aquisgrana  e  Berlino,  Tuna,  sua  citta  na- 
tiva,  e  1'altra,  capitale  dello  Stato,  di  cui  era  rappresentante. 
Siccome  poi  cultore  appassionato  degli  studii  e  delle  arti 
belle,  in  quei  trenfanni  egli  avea  occupati  i  suoi  ozii  ad 
acquistare  della  nostra  Italia  una  conoscenza,  non  meno 
profonda  di  quellache  gia  ^avesse  della  sua  Germania;  stu- 
diandone  la  storia  e  Tindole  sotto  tutti  i  rispetti,  civile  e 
religioso,  letterario  ed  artistico,  antico  e  moderno;  gli  occhi 


>|50  UNA  STORIA   BELLA  C1TTA  DI   ROMA 

tenendo  specialmente  rivolti  alle  due  citta,  che  nella  storia 
italiana  maggiormente  campeggiano ,  Roma  e  Firenze;  e 
dei  suoi  titoli  diplomatic!  giovandosi  a  penetrare  piii  libe- 
ramentenelle  biblioteche  e  negli  arcbivii  pubblici  e  privati, 
dovunque  giacciono  di  quella  storia  i  monumenti  piuriposti. 
Di  questi  studii  poi  avea  di  tratto  in  tratto  dato  splen- 
didi  saggi  in  varie  opere  da  lui  pubblicate,  le  piii  in  lingua 
tedesca,  taluna  anco  in  italiano.  /  Carq/a  di  Maddaloni, 
ossia  Napoli  sotto  il  dominio  spagnuolo;  La  Contessa  d'Al- 
lany;  La  giovinewa  di  Caterina  de1  Medici;  le  Biografie  e  Ri- 
tratti  di  Contemporanei ;  e  soprattutto  i  sei  volumi  delle 
Aggiunte  alia  Storia  italiana '  aveano  gia  dimostrato  agl'in- 

1  Ecco  i  titoli  originali  e  le  date  di  coteste  opere  Die  Carafa  von  Mad- 
daloni-Neapel  unter  spanischen  Herrschaft-  1851,  2  vol.;  Die  Grafin  von  Al- 
bany -  \  860,  2  vol.;  Die  Jugend  Caterings  de*  Medici  -  1767;  Zeitgenossen- 
Biografien  und  Karakteristiken  -  1862.  2  vol.;  BcAtr&ge  zur  italienischen  Ge- 
schichte  -  1 852-5? ,  6  vol.  Di  quest' ultima  opera,  forse  sara  caro  ai  nostri 
lettori  di  conoscere  i  titoli  delle  materie  di  ciascuu  volume.  Essi  SODO  come 
segue : 

VOL.  I.  Diplomatic!  italiani  e  relazioni  diplomatiche  —  Vittoria  Golonna 

—  Galilei  e  Roma  —  Agnolo  Firenzuola  e  la  Novella  italiana  —  La  Duchessa 
di  Paliano. 

VOL.  II.  Atalanta  Baglioni  e  i  suoi  —  Francesco  Burlamacchi  —  Antonio 
Foscarini  e  Paolo  Sarpi —  Paoli  e  la  Corsica  —  I  tesori  d'arte  rubati  dai  Fran- 
cesi  a  Firenze  —  Storia  italiana  del  Balbo  —  II  busto  di  Paolo  Renier  —  Don 
Mauro  Cappellari  e  Gasparo  Salvi  —  Giacomo  Leopardi. 

VOL.  III.  II  cardinal  Volsey  e  la  S.  Sede  —  Gaeta.  Ricordanze  dell*  an- 
no 1849  ~  Magliabeehi,  Maratori  e  Leibnitz  —  Costituzione  politica  della  Sa- 
voia  e  del  Piemonte  nel  medio  evo  —  Gli  ultimi  anni  di  Benvenuto  Cellini 

—  I  duchi  di  Urbino. 

VOL.  IV.  L'  ultima  eta  dell'  Ordine  Gerosolimitano  —  Eleonora  Cybo  e  i 
suoi  attenenti  —  Gregorio  Correr  —  Rimembranze  dei  Bonaparte  in  Toscana 

—  La  Storia  Orvietana  del  Montemarte. 

VOL.  V.  Storie  di  famiglia  r  i  Colonna ,  i  Barberini ,  gli  Strozzi ,  i  Bor- 
ghcse,  i  Trivulzio,  gli  Albani ,  i  Rinuccini  —  Letteratura  poetica  degl'Ita- 
liani  nel  secolo  XIX  —  Un  artista  italiano  in  Germania ,  nella  Guerra  dei 
trent'anni. 

VOL.  VI.  Tentative  di  fuga  della  Regina  di  Etruria  —  Tratti  biografici 
di  donne  italiane  artiste  —  Per  la  storia  dell' Accademia  della  Crusca  —  II 
Duca  di  Norfolk  —  Canova  e  Napoleone  —  Tratto  storico  dei  tempi  della  Ri- 
forma  —  Or  San  Michele  in  Firenze  e  Andrea  del  Verrocchio  —  Schizzi  bio- 


UNA  STORIA   DELLA   CITTA   DI    ROMA  161 

tendenti  quanta  fosse  nel  Reumont  la  vastita  dell'  erudi- 
zione,  la  solidita  del  giudizio,  la  classica  eleganza  e  dignita 
dello  stile,  e  quanta  insieme  la  operosita  della  penna;  ep- 
percib  1'areano  additatoare  Massimiliano,  siccome  1'uomo, 
piud'ogni  altro,  abile  e  preparato  ad  intraprendere  la  gran- 
d' opera  della  Storia  di  Roma,  alia  quale  que'suoi  trent'anni 
di  studii  Italian!  parevano  essere  stati  un  preliminare  non 
fortuito,  ma  premeditate.  Ne  ad  altri  per  avventura  sarebbe 
riuscito  di  comporre  in  soli  sette  anni,  quanti  egli  ve  ne 
spese,  di  lavoro,  comeche  assiduo,  un' opera  di  tale  arduita 
e  di  tal  mole,  e  soprattutto  di  tal  pregio,  qual  e  quella  che 
ora  abbiamo  sotto  gli  occhi. 

E  quanto  all'arduita  dell'impresa,  ella  era  tale  per  verita 
da  sgomentare  a  prima  fronte  qualunque  cuore  piu  saldo. 
Lo  scrivere  una  storia  della  citta  di  Roma  porta  con  se  dif- 
ficolta,  quali  non  offre  a  gran  pezza  niun'altra  storia  mu- 
nicipale:  difficolta  che  nascono,  come  ben.nota  il  Reumont, 
parte  dalla  vastita  del  tema,  parte  dalla  sua  limitazione 
medesima.  Infatti,  die' egli,  esponendo  nella  Prefazione  del 
1°  Volume  T  intendimento  del  suo  libro ,  «  ivi  si  tratta  di 
rappresentare  la  Roma  antica  e  la  Roma  cristiana  dei  tempi 
ce.sarei,  la  Roma  del  medio  evo  e  la  moderna.  Dev' essere 
la  storia  d' una  citta,  ma  d"  una  citta  capitale  del  mondo. 
Bisognava  dunque  trovare  la  giusta  misura  delle  propor- 
zioni  che  siffatta  storia  dee  serbare  colla  storia  dei  popoli 
italiani  e  della  maggior  parte  degli  Stati  delF  antichita , 


grafici  di  alcuni  contemporanei :  Strocchi,  Ricci,  Taverna;  Giuseppe  Giusti ; 
Giovanni  Berchet ;  Torti ,  Marchetti ,  Carrer ;  Sebastiano  Ciampi  ;  Francesco 
e  Giovanni  Inghirami  ;  Giuseppe  Cadorin  ;  Maria  Francesco  Avellino  ;  Luigi 
Canina  ;  Samuele  lesi ;  Paolo  Toschi. 

A  queste  opere  tedesche  sono  da  aggiungere  due  italiane:  cio  ssno  le 
Tavole  Cronologiche  della  Storia  fiorentina,  e  la  Bibliografia  dei  lavori  pub- 
blicati  in  Germania  sulla  Sloria  d'ltalia :  la  quale  Bibliografia  1'Autore  pub- 
blicd  da  prima  nell'  Archivio  storico  di  Firenze,  da  lui  arricchito  anche  d'altri 
lavori  pregevoli,  e  poi  in  libro  a  parte;  ed  e,  per  la  copia  delle  indicazioni 
e  notizie,  e  per  la  saviezza  dei  giudizii  critici  sopra  gli,  autori  e  le  loro  opere, 
libro  indispensabile  a  chiunque  voglia  studiare  a  fondo  la  storia  italiana. 
Serie  VIII,  vol.  II,  fasc.  500.  11  4  aprile  1871. 


UNA   STORIA   DELLA   CITTA   DI    ROMA 

colla  storia  della  Chiesa  e  del  Papato ,  e  finalmente  colla 
storia  delFItalia,  qual  essa  risorse  dalle  vicissitudini  e  dalle 
tempeste,  primieramente  della  rovina  dell'Impero  Romano, 
e  poi  della  dissoluzione  della  monarchia  Carolingia,  colla 
storia  cioe  del  secondo  Impero  e  con  quella  degli  Stati 
modern!.  Bisognava  inoltre  dare  il  debito  campo  alia  de- 
scrizione  locale ,  senza  cui  la  storia  d'  una  citta  manca  di 
vita;  senza  intraprendere  nondimeno  una  topografia  pro- 
priamente  detta:  e  mettere  sott'occhio  Tinterno  diRoma, 
senza  invadere  tuttavia  il  vasto  dominio  delle  romane  an- 
tichita.  Per  ultimo,  era  necessario  tenere  costantemente  in 
mira  lo  scopo  primitive ,  onde  questo  libro  fu  ispirato ;  il 
quale  fu  di  mettere  alia  portata  delle  persone  colte  i  ri- 
sultati  piu  rilevanti  delle  indefesse  ricerche ,  fattesi  nei 
tempi  antichi  e  nei  moderni ;  raccontando  e  descrivendo  •> 
senza  niun  apparato  d1  erudizione  e  niun  ingombro  di  di- 
scussione  critica.  Egli  sarebbe  in  me  temerita  lo  sperare 
che  il  presente  libro,  in  tutto  e  per  tutto,  uniformemente 
risponda  a  queste  intenzioni;  per  quanto  del  resto  io  sia 
consapevole  a  me  stesso  d'averlo  intrapreso  con  tutto  1'im- 
pegno  e  con  animo  leale,  senza  opinioni  preconcette  e  senza 
spirito  di  parte,  e  d'averlo  eseguito  con  diligenza  e  con 
amore.  Ma  ben  saro  pago,  se  si  trovera  che  1'opera  mianon 
sia  rimasta  troppo  da  lungi  allo  scopo ,  e  die  per  lei  si 
acquisti  veramente  una  immagine  della  Citta,  che  in  tutti 
i  tempi  e  per  tutti  i  risguardi  e  stata  al  mondo  la  piu  im- 
portante;  della  Citta,  in  cui  fanno  capo  le  fila  della  storia 
di  tutto  il  mondo,  siccome  da  lei  e  partito  Tindirizzo  che 
di  tutto  il  mondo  guido  i  destini  l.  » 

Cosi  T  Autore :  ed  e  gia  in  lui  non  picciol  merito  di 
scrittore  assennato,  ne  leggiero  titolo  alia  fiducia  de'suoi 
lettori,  la  giusta  apprensione  che  fin  dal  principio  egli  mo- 
stra  della  difficolta,  pari  alia  grandezza  del  suo  tema,  e  la 
modesta  peritanza,  con  cui  entra  nell'arduo,  non  men  che 

1  Vol.  I,  pag.  VIII. 


UNA   STORIA   BELLA   CITTA   DI   ROMA  163 

nuovo,  aringo.  E  diciamnuovo  aringo;  perocche  il  Reumont 
pub  dirsi  il  primo  in  verita,  che  abbia  preso  a  scrivere,  in 
cosi  ampie  dimension! ,  una  storia  della  Citta  eterna;  la 
difficolta  della  quale  sembra  che  spaventasse  finqui  ancora 
i  piii  animosi.  Egli  e  ben  vero,  che  di  Roma  scrissero  mi- 
gliaia  di  autori,  antichi  e  moderni ;  delle  opere  dei  quali 
potrebbe  comporsi  una  vasta  biblioteca.  Ma  niuno  pose  mai 
Tanimo,  o  voile  mai  cimentare  la  penna  a  descrivere  della 
Citta  una  storia  intiera,  quale  e  quanta  la  veggiamo  nei 
volumi  del  Reumont.  6  vero  altresi,  che  in  questo  nostro 
secolo  stesso,  cosi  fecondo  di  studii  e  di  lavori  storici ,  non 
&  mancato  chi  imprendesse  a  fare  anche  la  Storia  della  citta 
di  Roma.  In  Inghilterra  il  Dyer  ',  ed  in  Germania  il  Papen- 
cordt2  e  il  Gregorovius5,  hanno  pubblicato  ainostri  di  opere 
che  portano  in  fronte  lo  stesso  titolo ,  che  quella  del  Reu- 
mont ,   del  quale  per6  sembrerebbero  potersi  chiamare  a 
buona  ragione ,  se  non  i  maestri ,  almeno  i  precursori  o  i 
rivali:  ed  il  Reumont  medesiirio,  rendendo  a  ciascun  d'essi 
il  debito  onore,  riconosce  liberalmente  il  loro  merito.  Ma 
tutto  ci6  non  toglie,  che  al  Reumont  non  debba  ascriversi 
il  vero  primato  della  grand'opera.  Imperocche,  quanto  al 
Dyer,  qualunque  sia  il  pregio  della  sua  compilazione,  non 
e  che  un  Compendio,  da  non  potersi  a  niun  patto  mettere 
in  confronto  colFopera  del  Reumont.  Dei  due  alemanni  poi, 
il  Papencordt  e  il  Gregorovius,  oltreche  amendue  ristrin- 
gono  la  loro  Storia  al  solo  medio  evo,  1'uno  e  1'altro,  per 
diversi  titoli,  sottostanno  di  gran  lunga  al  Reumont. 

Infatti ,  il  libro  del  Papencordt ,  piuttosto  che  Storia 
finita,  deve  chiamarsi  un  abbozzo  di  storia:  abbozzo  cer- 
tamente  di  mano  maestra ,  e  non  men  pregevole  e  utile  a 
studiarsi  dagli  eruditi ,  di  quel  che  siano  agli  artisti  i  car- 
toni  di  Raffaello  e  gli  schizzi  di  Michelangelo;  ina  troppo 

1  TH.  H.  DYER,  History  of  the  City  of  Rome.  London,  1865. 

2  F.  PAPENCORDT,  Geschichte  der  Stadt  Rom  in  Mittelalter.  Paderborn,  \  867. 

3  F.  GREGOROVIUS  ,  Geschichte  der  Stadt  Rom  in  Mittelalter.   Stuttgart , 
4858  e  segg. 


154  UNA  STORIA   BELLA   CITTA   DI    ROMA 

lontano  tuttavia  da  quella  finitezza  e  perfezione  che  il  mae- 
stro gli  avrebbe  data,  se  una  morte  immatura  non  gliel 
avesse  impedito.  L'  opera  postuma  del  Papenccrdt  per  cura 
del  suo  dotto  amico,  Costantino  Hofler,  e  opera  pregevole 
per  copia  di  notizie ,  scelte  e  sicure  e  con  sugosissima  bre- 
vita  condensate ,  per  vasta  e  diligente  disquisizione  di  fonti 
storiche ,  per  critica  sagacita ,  per  sapienza  di  giudizii  e 
rettitudine  intemerata  di  sentimenti  in  politica  e  in  reli- 
gione;  ma  e  opera  manchevole,  non  solo  quanto  apienezza 
ed  eleganza  di  forme  ,  ed  a  movenza  drammatica  e  pitto- 
resca  vivacita  nel  racconto,  ma  eziandio  quanto  ad  ampiezza 
e  giusta  proporzione  nel  disegno  generale,  poco  o  nulla 
occupandosi  ( se  si  eccettua  1'  ultima  epoca  fino  a  Sisto  IV, 
col  cui  Pontificate  il  libro  finisce)  delle  lettere  e  delle  arti, 
Ghe  pur  sono  tanta  parte  della  Storia  di  Roma ,  ne  il  debito 
sviluppo  concedendo  alle  relazioni  importantissime,  che  la 
storia  particolare  di  Roma  ha  ad  ogni  passo  colla  storia 
universale  dell'  Italia ,  del  Papato ,  del  mondo. 

L'  opera  del  Gregorovius  al  contrario ,  non  puo  negarsi 
che  non  sia  sommamente  elaborata.  Come  la  mole  de'  suoi 
volumi  vince  d'  assai  1'  unico ,  e  non  grande  volume  del 
Papencordt,  cosi  an  che  T  ampiezza  del  disegno,  la  mimi- 
tezza  del  racconto  ed  il  corredo ,  anzi  lo  sfarzo  dell'  eru- 
dizione ,  vi  e  a  molti  doppii  maggiore.  Aggiungasi  la  splen- 
dida  eleganza  del  dettato  e  la  brillante  vivezza  della  nar- 
razione,  la  quale,  non  che  allontanarsi  dalle  aride  e  digiune 
forme  del  Papencordt ,  sembra  dare  talvolta  eziandio  nel 
manierato  e  nell'  enfatico.  Con  tutti  questi  pregii  nondimeno 
di  grand' erudito  e  di  gran  letterato,  il  Gregorovius  ha  un 
difetto  gravissimo:  e  questo  e  la  poca  solidita  del  giudizio 
storico.  0  sia  natural  debolezza  e  stortura  d' intelletto ,  o 
acciecamento  cagionato  dai  !pregiudizii  Protestantici ,  il 
certo  si  e  che  egli  troppo  sovente  scapestra  in  materie 
gravissime;  sicche  a  noi,  avendo  voluto  prenderne  un  saggio 
nei  primi  volumi,  e  avvenuto,  in  certi  capitoli,  di  inciam- 
pare  quasi  ad  ogni  pagina  in  grossi  svarioni :  onde  non  ci 


UNA    STORIA   BELLA   CITTA   DI    ROMA  165 

fa  maraviglia ,  che  il  Reumont  confess!  «  in  molti  casi  non 
andar  egli,  quanto  a  materie  politiche  e  religiose,  (T  accordo 
col  Gregorovius  T  »;  la  qual  frase ,  nello  stile  modestissimo 
del  Reumont ,  significa  assai  piii  che  al  primo  suono  non 
sembra.  A  parer  nostro ,  il  Gregorovius  e  stato  infelice  nella 
scelta  del  tema ;  la  storia  di  Roma  papale,  quale  fu  soprat- 
tutto  la  Roma  del  medio  evo ,  non  essendo  cosa  da  un  pari 
suo.  Imperocche  ,  quantunque  abbiamo  veduto  ai  giorni 
nostri  scriversi  da  autori  Protestanti  istorie ,  non  solo  tol- 
lerabili,  ma  lodevoli  di  alcuni  Pontefici,  prevalendo  in  quelli 
agli  istinti  antipapali  del  Protestantesimo  il  lume  della  ra- 
gion  critica  e  il  candido  amore  della  verita  ;  il  fatto  non- 
dimeno  e  piuttosto  di  eccezione  che  di  regola :  e  poi,  altro 
e  scrivere  di  un  Papa,  altro  il  tessere  la  storia  di  tutto 
il  Papato  del  medio  evo:  cimento  troppo  terribile,  a  cui 
il  Gregorovius  non  dovea  poter  reggere ,  senza  prima  di- 
sfarsi  Protestante,  o  ricevere  dalla  natura  una  nuova  tempra 
d'  intelletto,  assai  piii  salda  di  quella  che  ei  sorti  nel  nascere. 
La  sua  Storia  pertanto  ,  la  quale  a  piii  d1  un  titolo  pud 
chiamarsi  Romanzo,  potra  bensi  fare  le  delizie  in  Alemagna 
di  tutti  quei  Protestanti ,  che  della  Riforma  serbano,  almeno 
per  ultima  reliquia,  1'  odio  a  Roma  ed  al  papa,  e  le  delizie 
inoltre  di  quella  numerosa  classe  che  sono  dappertutto  i 
semidotti ,  vaghi  piii  delP  appariscente  che  del  solido ,  piii 
della  bellezza  artistica  che  della  verita  nei  libri  storici ;  ma 
non  potra  mai  essere  accolta  come  storia  autorevole  dai 
veri  dotti  e  sapientL 

Or  bene ,  ai  difetti  che  rendono ,  per  diversi  riguardi, 
manchevoli  le  opere  del  Gregorovius  e  del  Papencordt , 
ha  pienamente  sopperito  il  Reumont  colla  sua  Storia  di 
Roma.  Egli  ha  con  arte  e  felicita  maravigliosa  incarnato, 
per  dir  cosi ,  nelle  sue  pagine  tutta  la  bellezza  e  maesta 
ideale  del  grandioso  soggetto  :  talmente  che ,  salvo  le  po- 
che  riserve  che  piii  sotto  dovrem  fare ,  appena  pu6  im- 


1  Vol.  H,  par*  1176. 


166  UNA   STORIA   BELLA   CITTA   DI    ROMA 

maginarsi ,  per  1'  universalita  dei  lettori  a  cui  il  Reumont 
s1  indirizza ,  un  libro  meglio  fatto  del  suo ,  sotto  qualsiasi 
rispetto  ei  si  consider!. 

Primieramente  ,  la  storia  del  Reumont  non  lascia  nulla 
a  desiderare  quanto  a  larghezza  di  disegno  e  ricchezza  di 
materiali.  Ella  abbraccia  i  fasti  della  citta  eterna  dalle 
prime  sue  origini  fino  al  mezzo  del  corrente  secolo  XIX, 
da  Romolo  fino  a  Pio  IX ;  e  in  tutto  questo  gran  periodo  di 
ventisei  secoli ,  non  v1  e  niun  fatto  ,  o  personaggio ,  o  mo- 
numento ,  o  istituzione ,  o  checche  altro  si  sia  appartenente 
a  Roma  e  degno  di  memoria,  che  in  queste  pagine  non 
abbia  il  debito  luogo.  L' Autore  non  si  restringe  gia  alle  cose 
politiche  ,  militari  e  civili ,  che  sogliono  dal  volgo  con- 
siderarsi  come  il  tema  capitale  e  quasiche  unico  dello  sto- 
riografo ;  anzi  egli ,  con  queste  e  dopo  queste ,  assegna 
parte  larghissima  alia  religione  ,  alia  letteratura ,  ^alle  arti 
belle  ,  ai  monumenti ,  alia  topografia,  ai  costumi  della  vita 
pubblica  e  domestica,  alia  biografia  dei  personaggi  illustri, 
alia  genealogia  delle  nobili  famiglie ,  e  andate  dicendo . 
La  prodigiosa  sua  erudizione ,  la  perizia  profonda  di  tutta 
la  storia  antica  e  moderna ,  delP  archeologia  sacra  e  pro- 
fana ,  dei  tempi  classici  e  dei  tempi  barbari ,  del  mondo 
pagano  e  del  mondo  cristiano ,  han  reso  agevole  a  lui  il 
gigantesco  compito ,  che  ad  altri  sarebbe  tomato  un  peso 
importable.  Ma  quanta  lettura  e  quanta  fatica  siagli  co- 
stato  questo  tesoro  di  scienza,  lo  mostra  quel  copiosis- 
simo,  e  non  pertanto  incompiuto,  elenco  di  Autori,  che 
egli  inserisce  tra  le  aggiunte ,  poste  in  fine  di  ciascun 
volume,  sotto  il  titolo  di  Annotazioni:  Anmerkungen.  Quivi 
egli  indica  al  lettore  le  fonti ,  donde  ha  attinto  succes- 
sivamente ,  libro  per  libro  e  quasi  pagina  per  pagina ,  la 
ricchissima  vena  del  suo  racconto;  ed  enumera  gli  scrittori, 
antichi  e  moderni ,  che  della  medesima  materia  trattarono; 
recando  anche  talora  (e  cosi  T  avesse  egli  fatto  piu  spesso) 
di  questi  scrittori  e  di  quelle  fonti ,  in  brevi  parole ,  un 
giudizio  critico.  Ed  ivi  si  vede  altresi ,  qual  sia  il  possesso 


UNA   STORIA   DELLA    CITTA   DI    ROMA  167 

e  la  padronanza ,  dal  Reumont  acquistata  ,  di  tutte  le  que- 
stion! e  controversie  e  opinion!  e  sistemi  vecchi  e  nuovi, 
intorno  ad  ogni  parte  della  storia  e  dell'archeologia  e  della 
letteratura  romana :  donde  poi  e  scaturito  in  lui  quel  fiume 
cosi  largo  di  eloquenza  storica,  e  quel  procedere  cosi  franco 
e  sicuro  nel  narrare  e  descrivere  e  ragionar  d'  ogni  cosa , 
e  quella  pienezza  infine  e  minufcezza  di  notizie  ,  per  cui , 
tra  le  infinite  cose  capaci  d'  interessare  la  curiosita  del 
lettore ,  —  ed  in  Roma  qual  cosa  e  si  piccola  che  non 
T  interessi  ?  —  niuna  trovasi  che  sia  sfuggita  alia  diligenza 
dell'  Autore  e  di  cui  egli  non  dia  liberale  contezza. 

Quasi  poi  non  bastasse  al  Reumont  il  vastissimo  campo 
che  gia  &  per  se  sola  la  storia  municipale  di  Roma  pro- 
priamente  detta,  egli  ne  ha  esteso  generosamente  i  confini, 
sino  a  fame  pressoche  una  storia  mondiale.  Infatti ,  non 
solo  egli  rnette  perpetuamente  in  chiarissimo  risalto  le  re- 
lazioni  cjie  Roma  collegano ,  in  ogni  eta,  colla  storia  civile 
e  religiosa  di  tutto  il  mondo  e  soprattutto  d' Italia ;  ma 
si  spazia  non  di  rado  e  trascorre  cosi  liberamente  per  ogni 
parte  della  storia  italiana  ed  europea,  che  quasi  direste 
aver  esso  talora  dimenticato  la  Citta,  donde  prese  le  mosse 
e  perduto  di  vista  T  oggetto  capitale  del  suo  libro.  Certo 
e  che  ,  se  in  tal  materia  puo  farsi  all'  Autore  qualche  ap- 
puntatura,  egli  deve  accusarsi  non  di  difetto,  ma  si  di 
eccesso  e  di  esuberanza:  eccesso  nondimeno  ed  esuberanza, 
di  cui  appena  sara  chi  voglia  fame  colpa  e  non  anzi  pro- 
fessargliene  gratitudine ;  tanto  egli  e  narratore  incantevole 
e  valente  giudice  in  qualunque  materia  storica  gli  piaccia 
di  entrare :  e  men  d1  ogni  altro  vorran  fargliene  colpa 
gl'  Italian! ,  i  quali  nella  sua  Storia  di  Roma  si  troveranno 
tutto  insieme  alle  rnani  un  eccellente  compendio  di  tutta 
la  storia  d'  Italia. 

A  cosi  dovizioso  e  nobile  materiale  di  storia  accresce 
inestimabil  pregio  1'  arte  sapiente  ,  con  cui  dal  nostro  Sto- 
rico  e  messo  in  opera ,  e  la  bellezza  delle  forme  letterarie 
onde  vien  rivestito.  Grazia  alF  ordine  lucidissimo ,  con  cui 


168  UNA   STORIA   BELLA  CITTA   DI    ROMA 

ogni  cosa  e  distribuita ,  la  moltitudine  qui  non  genera  con- 
fusione ;  e  benche  la  storia  italiana ,  neir  eta  media  e  nella 
moderna,  sia,  come  e  noto ,  una  delle  piu  intralciate  e 
malagevoli  a  chiaramente  descrivarsi ,  per  la  moltiplicita ' 
svariatissima  e  la  complicazione  delle  parti  che  debbono 
comporla,  T  arte  del  Reumont  e  nondimeno  riuscita  con 
felicita  mirabile  a  trionfare  d'  ogni  ostacolo. 

Tutta  T  Opera ,  in  primo  luogo,  e  divisa  in  nove  Libri, 
ciascun  dei  quali  abbraccia  una  delle  grandi  epoche,  in 
cui ,  avvegnacbe  assai  disuguali  per  durata ,  naturalmente 
si  divide  la  storia  di  Roma ;  ed  ban  per  titolo :  1°  /  Re 
e  lo  Stato  liber o;  2°  QV  Imperatori  fino  al  terminare  degli 
Antonini;  3°  Decadenza  e  divisions fino  al  cessare  delV  Im- 
pero  d1  Occidente ;  4°  Germani  e  Bizantini:  Potere  temporale 
del  Papa.  Impero  dei  Garolingi;  5°  GV  Imperatori  tedescM 
e  gli  Angib.  Altezza  e  decadimento  del  Papato ;  6°  L'esilio 
Babilonico.  II  grande  scisma;  7°  Compimento  della  monar- 
cJua  papale;  8°  H  secolo  di  Leone  X;  9°  Premlenw  delle 
tendenze  ecclesiastiche. 

Ciascun  libro  poi  e  suddiviso  in  tre,  e  taluno  in  quattro 
Sezioni;  ed  ogni  Sezione  in  piu  capitoli  di  conveniente 
ampiezza.  L1  Indice  dei  capitoli  e  della  contenenza  di  cia- 
scun d'essi,  prefisso  ad  ogni  volume,  onre  al  lettore,  fin 
dalle  prime  pagine,  una  generale  e  lucida  prospettiva  di 
tutto  il  lavoro  ;  ed  alia  fine  del  volume,  una  esatta  Tavola 
cronologica  degli  awenimenti  e  personaggi  piu  notabili,  in 
esso  descritti,  giova  grandemente  a  stampargliene  piu  netta 
in  capo  tutta  la  serie.  A  cio  aggiungansi  i  due  Indici  ge- 
nerali,  posti  al  fine  delPopera,  dove  son  registrati  per  ordine 
alfabetico,  nell'uno  ttitti  i  nomi  proprii  di  persone  e  di 
luoghi,  menaionati  nella  storia,  nell1  altro  tutte  le  cose  in- 
signi  di  Roma ,  arcbi ,  basilicne ,  catacombe,  cbiese,  fori , 
palazzi,  piazze,  obeliscbi,  terme,  acquedotti,  vie,  torri,  ville 
e  giardini,  eccetera ;  aggiungansi  le  quattro  Carte  topogra- 
ficlie  della  citta  e  della  campagna  romana,  antica  e  moderna, 
colle  due  Icnografie  delle  principali  basilicbe,la  Lateranense 


UNA  STORIA   BELLA   CITTA   DI    ROMA  \  69 

e  la  Vaticana,  anch'esse  secondo  la  loro  forma  antica  e 
moderna;  aggiungansi  le  numerose  Tavole  genedlogiche  delle 
dinastie  imperial!  e  regie ,  e  delle  famiglie  papali,  princi- 
pesche,  baronali,  od  altramente  illustri  nella  storia  italiana; 
aggiungansi  le  eruditissime  Annotazioni  ed  illustrazioni , 
colla  gran  Bibliografia  storica,  di  cui  sopra  dicemmo ;  e  per 
ultimo  quella  sceltissima  raccolta  di  Iscrizioni  romane,  onde 
T  Autore  voile  adornato  in  fine  ogni  volume  ,  e  le  quali 
sommando  tutte  insieme  a  ben  233,  nell'atto  stesso  che 
illustrano  la  storia  e  la  topografia ,  formano  un  bel  saggio 
dell'epigrafia  profana  e  sacra  di  Roma  in  tutte  le  sue  eta: 
e  da  tutto  cio  vedrassi,  come  il  Reumont  non  abbia  per- 
donato  a  niuna  diligenza  e  fatica  affin  d1  agevolare  al  lettore 
F  intelligenza  e  lo  studio  della  sua  Roma ,  e  come  abbia 
largamente  satisfatto  a  tutte  quelle  parti,  che  oggidi  dagti 
editori  di  opere  storicbe  il  mondo  erudito  suol  esigere. 

Se  non  che  questi  sono  meramente  aiuti  materiali,  che 
conferiscono  bensi,  ma  troppo  e  lungi  che  bastino  a  co- 
stituire  la  chiarezza  e  la  belta  d'una  gran  composizioDe 
storica.  II  sodo  dell'arte  consiste  nella  benintesa  armonia 
e  concatenazione  di  tutte  le  parti,  dalle  maggiori  divisioni 
fino  alle  minime  particolarita ;  nella  naturalezza  e  disin- 
voltura  dell'andamento ,  sicche  non  appaia  niuno  studio , 
non  che  stento,  di  artifizio ;  nella  grazia  e  dignita  dello 
stile,  appropriate  e  conveniente  alia  varieta  continua  del 
soggetto;  nella  evidenza  e  vivacita  della  rappresentazione; 
nella  giusta  movenza  e  proporzione  delle  scene  che  deb- 
bono  a  mano  a  mano  spiegarsi  sotto  Tocchio  del  lettore,  e 
rifargli  dinanzi,  quasi  in  ideale  compendio,  tutto  il  dramma 
del  mondo  che  fu,  sicche  gliene  rimanga  scolpita  nella 
anima  viva  e  fedele  T  immagine.  Ora  il  Reumont  5  in  que- 
st'arte  maestro  ;  n&  tra  i  moderni  sapremmo  trovare  chi  in 
tal  maestria  gli  stesse  a  paro,  se  non  i  due  grandi  storici, 
di  Francia  e  d'  Inghilterra,  Adolfo  Thiers,  descrittore  im- 
pareggiabile  delP  Impero  napoleonico,  e  Tommaso  Babing- 
ton  Macaulay,  pittore  classico  dell'  Inghilterra  del  seoo- 


UNA   STORIA   DELLA   CITTA   DI    ROMA 

10  XVII.  Effetti  e  segno  indubitato  di  quest'arte  si  e  quel 
cotal  fascino,  da  cui  il  leggitore  riman  preso  fin  dalle 
prime  e  incatenato  quasi    con  inagica  attrazione  al  suo 
Autore,  sicche  il  seguitarne  i  passi  e  la  voce,  per  dovun- 
que  a  questo  piaccia  di  condurlo  ,  non  solo  mai  non  gli 
riesce  di  faticao  di  tedio,  ma  anzi  di  diletto  sempre  nuovo 
e  crescente.  Ma,  laddove  nelle  storie  del  Macaulay  e  del 
Thiers,  e  nelle  prime  specialmente,  cotesta  magia  di  stile 
e  di  racconto  torna  talvolta  in  danno  dei  lettori,  traendoli 
in  funesti  inganni  di  ree  dottrine ;  nel  Reumont  al  contrario 
ella  e  non  pure  innocua,   ma   altamjente  benefica,  onde 

11  lettore,  siccome  a  Fata  saggia,  puo  sicuramente  abban- 
donarsi  al  suo  incanto. 

Quanto  alia  purita  ed  eleganza  della  lingua,  adoperata 
dal  Reumont,  noi  non  possiamo  esser  giudici:  questo  pero 
ben  possiamo  per  esperiniento  nostro  attestare,  che  la  ma- 
niera  del  suo  scrivere  ha  una  cotal  venusta  e  sapore  di 
classicismo,  assai  raro  ad  incontrare  negli  autori  alemanni 
d'oggidi.  Nulla  e  in  lei  di  quella  oscurita  ed  asprezza,  di 
quel  fare  contorto  e  pesante,  di  cui  gl'  intelletti  latini  so- 
gliono  offendersi  non  di  rado  nelle  scritture  germaniche; 
nulla  di  quelle  stravaganze  romantiche,  di  quelle  temerita 
e  bizzarrie,  che  oltremonti  da  molti  si  ammirano  come  ar- 
ditezze  d'ingegno.  Al  contrario  ella  precede  sempre  limpida 
e  disinvolta,  piena  di  vita,  di  forza  e  di.brio,  tutto  succo  e 
nervo  di  pensieri,  e  nobilmente  adorna  bensi,  come  al  nobile 
argomento  cqnviensi,  ma  con  quella  saggia  sobrieta  e  con- 
venienza  che  e  il  piu  sicuro  paragone  del  buon  gusto :  di 
modo  che  ben  si  pare,  come  Tingegno  del  Reumont  siasi 
lungamente  nudrito  alle  fonti  classiche  e  modellato  sugli 
antichi  maestri,  e  come  a  fecondarlo  abbiano  innuito  i  lim- 
pidi  Soli  d1  Italia  e  specialmente  di  Roma,  dov'egli  compose 
quasi  per  intiero  la  sua  opera. 

Con  tutto  questo  pero  noi  non  abbiamo  ancor  detto  il 
pregio  principale  della  Storia  del  Reumont.  A  fare  un  buono 
Storico  non  bastano  i  tesori  dell1  erudizione  e  le  grazie  dello 


UNA   STORIA   BELLA   CITTA   DI    ROMA  171 

stile:  quel  che  in  lui  si  richiede  soprattutto,  si  e,  rigorosa 
verita  nel  racconto  dei  fatti,  e  solido  senno  a  dirittamente 
giudicarli :  le  quali  duex  parti  qualora  manchino ,  potrassi 
avere  bensi  un  erudito  e  bel  romanzo,  non  gia  una  Storia. 
Ora  nel  Reumont  elle  non  solo  non  mancano,  ma  si  trovano 
amendue  in  grado  esimio. 

II  suo  racconto  e  da  capo  a  fondo  di  una  verita  cosi 
precisa  e  squisita,  che ,  se  si  eccettuano  le  poche  sviste 
che  fra  breve  noteremo ,  difficilmente  altri  potra  rinvenire 
dove  riprenderlo  di  falso  o  di  temerario.  Quanto  a  noi  cer- 
tamente,  per  quel  poco  di  perizia  che  abbiamo  nei  fatti  di 
Roma  pagana  e  di  Roma  cristiana,  possiamo  far  fede  d'averlo 
trovato  generalmente,  eziandio  in  quei  tratti  che  pigliammo 
a  riscontrare  con  piu  rigido  e  minuto  esame,  d'una  fedelta 
ed  esattezza  maravigliosa,  non  solo  quanto  alia  sostanza 
dei  fatti,  ma  fino  alle  loro  particolarita  piu  minute.  Cola  poi, 
dove  la  Storia  di  Roma  presenta  oscurita  ed  incertezze  (e 
quante  non  ne  offre ,  sia  nelle  sue  origini  e  ai  tempi  della 
Repubblica,  sia  nei  primi  secoli  del  Cristianesimo,  sia  an- 
cora  nella  confusione  del  medio  evo,  tutte  oggetto  di  studii 
e  litigi  perpetui  agli  archeologi  edagli  eruditi!)  ivi  il  Reu- 
mont fa  meglio  che  mai  prova  di  narratore  diligente  e  in- 
tegerrimo;  le  cose  dubbie  e  non  possibili  ad  accertarsi 
esponendo  come  dubbie ;  dai  fatti  autentici  distinguendo  le 
mere  tradizioni  o  leggende;  le  favole  rigettando  col  dispre- 
gio  che  meritano;  nelle  questioni  fra  i  dotti  agitate,  a  quella 
sentenza  attenendosi  che  e  piu  accreditata  e  probabile;  ogni 
cosa  insomma  sottoponendo  al  cimento  di  buona  critica,  e 
nulla  presentando  ai  suoi  lettori,  che  non  sia  oro  fino  di 
scienza  storica. 

Questa  rara  esattezza  e  diligenza  nell'  esposizione  dei 
fatti,  e  accompagnata  da  una  giustezza  e  sapienza  ancor 
piu  rara  nella  estimazione  dei  medesimi.  In  un1  opera  di 
tanta  mole,  in  una  storia,  la  quale  coi  fasti  della  citta  re- 
gina  del  mondo  abbraccia  per  oltre  a  venti  secoli  gli  awe- 
nimenti  e  le  rivoluzioni  piu  famose  del  mondo;  in  un  teatro, 


172  UNA  STORIA  DELLA  CITtA  DI    ROMA 

sulla  cui  scena  vengono  a  mano  a  mano  presentati  al  pub- 
blico  giudizio  i  personaggi  piii  eminent!  e  piii  celebri  eke 
il  mondo  abbia  avuto  in  qualsivoglia  genere  di  grandezza; 
in  un  campo,  dove  vengono  a  intrecciarsi  e  far  nodo  le  piii 
gravi  questioni,  politiche  e  religiose,  che  abbiano  agitato 
la  societa ;  in  una  storia  insomma,  che,  per  la  qualita  me- 
desima  del  suo  tema,  compendia  in  se  sola  le  arduita  e  i 
pericoli  di  tutte  le  altre;  egli  e  veramente  uno  stupore  a 
vedere,  con  che  saldezza  e  profondita  di  senno  il  Reumont 
di  tutto  discorra  e  di  tutto  giudichi.  Se  egli  parla  di  politica 
e  di  qualsiasi  punto  attenentesi  a  governo  di  popoli ,  si 
vede  in  lui  I'uomo  di  Stato,  che  ad  una  squisita  conoscenza 
di  tutte  le  ragioni  e  finezze  politiche  congiunge,  cosa  rara, 
una  rettitudine  e  onesta  di  coscenza  intemerata.  Se  entra 
a  parlare  di  religione  e  di  Chiesa  ed  egli  debbe  entrarvi 
ad  ogni  poco,  si  sente  in  lui  insieme  colFeruditcK,  versatis- 
simo  in  ogni  parte  della  ecclesiastica  istoria,  il  cristiano 
sincere  e  lo  schietto  cattolico,  pieno  di  fede  e  di  riverenza 
altissima  verso  la  Chiesa,  n&  di  questa  riverenza  mai  di- 
mentico  anche  allorquando  gli  conviene,  pel  suo  debito  di 
storico ,  esporre  le  piaghe  che  la  affl  issero,  e  i  disordini  del 
ministri  che  la  disonorarono.  In  materia  poi  di  lettere  e  di 
belle  arti ,  alle  quali  il  Reumont  nella  sua  Storia  ha  con- 
cesso  quella  parte  amplissima  che  alia  citta,  stata  sempre 
metropoli  delle  arti  e  delle  lettere,  troppo  bene  conveni- 
vasi ;  in  questa  materia,  diciamo,  egli  dimostra  ad  un  tempo 
colla  passione  anzi  col  fuoco  dell1  amatore,  la  perizia  e  fi- 
nezza  estetica  del  maestro.  A  molti  parra  cosa  incredibile> 
non  che  maravigliosa,  che  uno  straniero  potesse  conoscere 
cosi  a  fondo  la  nostra  lettexatura  italiana  (non  diciamo  della 
latina  che  e  patrimomo  universale),  e  dare  giudizii  cosi 
giusti  ed  acuti,  non  solo  sopra  il  movimento  letterario  in 
generale,  ma  anche  sopra  le  singole  opere  e  gli  autori  sin- 
goli;  e  ad  alcuniforse  parra  anche  strano,  che  un  uomo  di 
oltralpe  potesse  sentire  cosi  al  vivo  le  bellezze  della  nostra 
architettura,  e  penetrarne  tutti  i  segreti,  e  le  graziose  sue 


UNA   STORIA   DELLA   CITtA   DI    ROMA  173 

opere,  insieme  con  quelle  delle  due  arti  sorelle,  descrivere 
con  tanto  garbo.  Eppure  tant'  e :  quei  magnifici  capitoli,  in 
cui  il  Reumont,  di  epoca  in  epoca,  viene  esponendo  i  pro- 
gressi  delle  lettere  e  delle  arti  belle ,  entro  quella  vasta 
cerchia  di  cui  Roma  e  sempre  stata  il  centro,  sono  un  te- 
soro  di  storia  letteraria  ed  artistica,  non  solo  per  la  copia 
e  sceltezza  delle  notizie  ivi  addensate,  ma  soprattutto  per 
la  sapienza  del  giudizii ,  con  cui  le  opere  piu  famose  dei 
nostri  letterati  ed  artisti  vengono  apprezzate. 

Eguale  poi  alia  bonta  dei  giudizii  che  dal  nostro  Au- 
tore,  sopra  ogni  genere  di  materie  quantunque  svariatis- 
sime,  sono  formati,  e  in  lui  la  felicita  dell'esprimerli  e  farli 
penetrare,  limpidi  e  netti  nella  mente  dei  lettori.  Egli  ha 
soprattutto  una  singolar  maestria  a  caratterizzare  i  fatti  e 
i  personaggi  che  gli  vengono  tra  mano  ;  un'arte  rara  di 
cogliere  la  natura  nel  vivo,  e  mettere  in  rilievo,  in  ogni 
persona  e  in  ogni  fatto  o  complesso  di  fatti,  quei  linea- 
menti  appunto  piu  originali  e  proprii,  onde  si  contraddi- 
stingue.  Quindi  e  che  in  poche  pennellate  egli  vi  da  il 
ritratto  parlante  d'  un  Imperatore,  di  un  Papa,  d'un  guer- 
riero,  d'un  letterato,  o  di  chicchealtri  si  sia,  dipingendovene 
con  maravigliosa  giustizia  il  carattere,  e  mostrandovene  le 
luci  e  le  ombre,  il  bene  e  il  male,  le  grandezze  e  le  debo- 
lezze,  con  imparzialita  lontana  egualmente  dalle  esagerate 
lodi  e  dal  passionate  biasimo ;  e  in  poche  linee  del  pari  vi 
da  si  nettamente  scolpita  1'  indole  d'un  regno ,  d'una  di- 
nastia,  di  una  impresa,  di  una  epoca  intera,  che  e  un  di- 
letto  insieme  ed  una  meraviglia .  Laonde,  a  chi  bramasse 
di  formarsi  in  capo  una  giusta  idea  dei  fatti  e  degli  eroi 
principali  della  storia,  non  solamente  di  Roma,  ma  di  quasi 
tutta  Europa,  difficilmente  noi  sapremmo  indicare  un  libro 
piu  sicuro  insieme  e  piu  comprensivo  di  questo  del  Reu- 
mont. 

Ma,  dove  maggiormente  spicca  per  avventura  1'abilita 
e  il  senno  dell'Autore  nel  giudicare  e  dipingere  i  perso- 
naggi storici,  si  e  cola ,  dov'egli  parla  dei  Romani  Ponte- 


174  UNA   STORIA   BELLA  CITTA   DI   ROMA 

fici  e  della  loro  corte  :  gran  pietra  (T  inciampo ,  come 
ognuno  sa,  a  molti  storici,  eziandio  cattolici,  i  quali,  o  tras- 
viati  da  passioni  politiche,  o  assordati  e  confusi  dagli  schia- 
mazzi  del  nemici  della  Chiesa,  si  arrecano  sovente  a  be- 
stemmiare  quei  che  lor  debito  sarebbe  di  adorare .  II 
Reumont  ha  in  somma  venerazione  il  Papato ;  eppero  nella 
sua  Roma  mette  in  luce,  con  isquisita  diligenza  ed  amore, 
i  meriti,  le  grandezze,  le  glorie ;  giacche  finalmente,  come 
egli  stesso  nota,  tutta  la  vita  e  grandezza  di  Roma,  da 
almeno  quindici  secoli  in  qua,  non  altronde'deriva  die  dai 
Papi.  Quindi  altresi  egli  la  lor  memoria  difende  dalle  in- 
giuste  accuse ;  confuta  le  calunnie  e  scopre  Porigine  delle 
favole  a  denigrarla  inventate  ;  interpreta  in  buona  parte, 
spiegandone  le  ragioni,  certi  fatti  che  dagli  uomini  mali- 
gni  o  leggieri  sogliono  torcersi  in  sinistro;  scusa  ed  atte- 
nua  sempre  che  puo  con  opportune  riflessioni,  quei  difetti 
e  quelle  colpe  eziandio  che  non  possono  negarsi  ne  debbono 
tacersi. 

Imperocche,  dalFaltra  parte,  egli  come  leale  ed  intero 
narratore  ,  non  dissimula  punto  ne  tace  quel  che  la  vera 
storia  in  alcuni  Papi,  non  che  nei  Cardinali  o  Prelati  ro- 
mani,  riprende ;  seguitando  in  cio  la  liberta  del  Baronio  e 
del  Pallavicino,  ma  imitando  al  tempo  stesso  il  riverente 
riserbo  e  la  dignitosa  temperanza  di  quei  due  storici  nobi- 
lissimi.  In  tal  guisa  egli  si  tiene  ugualmente  lontano  dagli 
eccessi  e  d'una  adulazione  malintesa  e  di  una  peggio  stu- 
diata  virulenza.  La  virulenza  ,  onde  scorgonsi  avvelenate 
tante  penne,  nostrali  e  straniere,  liberalesche  e  protestan- 
tiche,  contro  Roma  e  i  Papi,  toglie  ogni  fede  alia  storia, 
degenerante  allora  in  libello:  ma  non  poco  vale  altresi  a 
scemarle  credito  1'adulazione ,  che  la  storia  trasforma  in 
panegirico  e  pretende  di  difendere  nei  Papi  ogni  cosa.  Cio 
che  non  sembrano  intendere  certi  pii  e  zelanti,  ma  improv- 
vidi  autori,  i  quali,  a  dispetto  di  fatti  e  date  incontrastabili, 
ripigliando  a  perorare  certe  cause,  non  s'avvedono  che  non 
solamente  si  travagliano  indarno ,  ma  che ,  non  potenda 


UNA  STORIA   DELLA   CITTA   DI    ROMA  175 

tosto  o  tardi  evitare  il  flagello  o  il  riso  della  critica,  si 
troveranno  infine  aver  peggiorata  col  loro  patrocinio  la 
causa  che  avean  tolto  a  difendere.  Non  cosi  il  Reumont. 
Egli  di  Alessandro  VI  come  di  Urbano  VI,  di  Leon  X  come 
di  Paolo  IV,  di  Clemente  VII  come  di  Urbano  VIII,  narra  e 
biasima  i  difetti  e  le  esorbitanze,  le  leggerezze  e  le  impru- 
denze  politiche,  le  debolezze  o  i  rigori  eccessivi;  mettendo 
pero  al  medesimo  tempo  in  bel  rilievo  tutte  le  virtu  e  qua- 
lita, per  cui  onorarono  la  Sede  di  S.  Pietro.  Egli  censura 
nel  nepotismo  dei  Papi  gli  abusi  che  lo  resero  scandaloso 
e  funesto  alia  Chiesa  e  allo  Stato  ;  ma  d'altra  partenon  di- 
mentica  punto  i  vantaggi  che  piu  volte  arrecd ,  e  molto 
meno  le  eccellenti  qualita  di  molti  cardinali  nipoti  e  i  me- 
riti  egregi  che  colla  Chiesa  e  collo  Stato  acquistarono.  Egli 
narra  e  deplora  la  leggerezza  e  la  licenza  del  vivere,  con 
cui  parecchi  Prelati  e  Cardinali ,  massimamente  in  certe 
epoche  sciagurate,  disonorarono  pur  troppo  la  santita  ed 
eminenza  del  loro  grado ;  ma  insieme  fa  risplendere  agli 
occhi  del  lettore  bellissimo  il  quadro  delle  virtu,  dei  talenti, 
dei  meriti  e  delle  opere  grandiose,  per  cui  il  sacro  Colle- 
gio  e  la  romana  Prelatura  in  ogni  tempo  brillo  e  provossi 
al  mondo  il  piu  angusto  e  venerabil  Senato  che  mai  ve- 
desse  la  terra.  In  simil  guisa  egli  precede  coiraristocra- 
zia  laicale  di  Roma  e  col  popolo.  Dei  Baroni  romani'  e  dei 
cittadini  e  della  plebe  egli  dipinge  al  vivo  i  costumi  e  le 
geste  di  ogni  eta,  dicendone  il  bene  e  il  male,  le  belle 
qualita  e  le  tristi,  le  glorie  e  le  infamie,  con  imparzialita 
di  giudicio,  non  ad  altra  norma  regolantesi  che  a  quella 
dei  fatti  e  documenti  autentici. 

In  ogni  cosa  insomma  e  in  ogni  genere  di  persone  che 
gli-  vengano  alle  mani,  e  si  presentino  al  tribunale  della 
sua  storia,  il  Reumont  fa  egregiamente  le  parti  di  giudice, 
sapiente  del  pari  ed  incorrotto  ;  sagace  a  penetrare  i  me- 
riti, buoni  o  rei,  di  ciascuna.  causa,  ed  intrepido  a  procla- 
marli ;  non  avente  altro  di  mira  che  la  verita  e  la  giustizia 
per  tutti ;  ed  inclinato  bensi  ad  abbondare  alquanto  nella 


176  UNA  STORIA.  DELLA   CITTA   DJ    ROMA 

benevolenza  e  nella  lode,  cid  che  e  segno  d'animo  buono 
e  gentile,  ma  sempre  saldo  a  condannare  inesorabilmente 
cio  che  merita  assolutamente  condanna. 

Tali  sono  i  pregi  principal!  che  adornano  la  Storia  della 
citta  di  Roma  del  Reumont.  A  dir  tutto  in  breve,  egli  si 
mgstra  in  essa  grand1  erudito,  grande  scrittore,  gran  cri- 
tico  ;  raccogliendo  cosi  in  se  solo  ,  in  grado  raro  ed 
eminente,  tutte  le  qualita  che  richieggonsi  a  formare  un 
grande  storico. 

Noi  avremmo  voluto  offerire  qui  ai  nostri  lettori  qual- 
che  bel  saggio  della  sua  Storia:  ma  come  mai  in  poche 
pagine  dar  saggio  di  un' opera  cosi  vasta?  oppure  qual 
tratto  scegliere,  infra  i  tanti  che  ve  ne  ha,  tutti  di  singo- 
lar  bellezza,  da  capo  a  fondo  dell' opera?  II  solo  che  far 
possiamo  per  ora,  si  e  d'accennare  cosi  in  globo,  certi  capi 
principali  che,  nel  corso  di  questa  Storia,  ci  paiono,  per  la 
egregia  maniera  in  cui  sono  trattati,  maggiormente  degni 
di  lode.  Tali  sono,  nel  1°  Volume:  le  origini  di  Roma;  lo 
svolgimento  successive  delle  sua  costituzione  civile  sotto 
i  Re,  sotto  i  Consoli,  sotto  gl'Imperatori ;  i  tempi  di  Giu- 
lio  Cesare;  1'indole  dell'impero;  i  ritratti  degl' Imperatori, 
stupenda  collezione  di  fotografie  storiche ;  T  introduzione 
del  Cristianesimo ;  le  cagioni  prossime  delle  persecuzioni 
che  ei  sostenne ,  da  Nerone  a  Diocleziano ;  la  descriziorte 
delle  Catacombe ;  il  trionfo  del  Cristianesimo  e  il  suo  splen- 
dido  sviluppo  nel  IV  secolo ;  la  reazione  e  le  ultime  agonre 
del  Paganesimo  romano.  Nel  2°  volume:  le  origini  e  lo 
stabilimento  della  Sovranita  temporale  dei  Papi;  il  caos 
politico  di  Roma-  e  d'  Italia  nel  secolo  X,  mirabilmente  de- 
scritto  e  stenebrato ;  la  gran  questione  delle  Investiture  e 
la  lunga  lotta  che  ne  segui  tra  il  sacerdozio  e  1'  Impero ; 
i  moti  repubblicani  di  Roma  nel  secolo  XII  e  le  successive 
mutazioni  della  sua  costituzione  municipale;  il  miserartdo 
quadro  di  Roma  durante  la  cattivita  avignouese  e  il  grande 
scisma.  Nel  3°  volume :  il  risorgimento  di  Roma  al  ritorno 
dei  Papi;  il  movimento  letterario  del  secolo XV;  le  gesta, 


UNA   STORIA    DELLA   ClTTA   DI    ROMA  177 

le  conquiste  e  le  sventure  del  Papi  politic! ;  gli  splendori  e 
le  ombre  del  regno  di  LeoneX;  Torrenda  catastrofe  del  Sacco 
di  Roma  nel  1527:  la  granRiforma  cattolica  e  i  suoi  felic* 
progress!  da  Paolo  III  a  Sisto  V :  dopo  il  cui  famoso  Pon- 
tificato  FAutore,  atteso  le  nuove  condizioni  di  Roma,  piii 
tranquille  e  meno  influent!  nella  storia  politica  del  mondo, 
precede  fino  ai  di  nostri  in  modo  piii  rapido  e  compendio- 
so.  E  in  tutti  tre  i  volumi  finalmente,  la  descrizione  to- 
pografica  e  monumentale  della  Citta  e  Campagna,  insieme 
colla  storia  di  tutte  le  trasformazioni ,  a  cui  di  mano  in 
mano  Tuna  e  1'altra  venne  soggiacendo;  la  quale  dal  Reu- 
mont  e  trattata  con  singolare  accuratezza,  e  forma,  in  una 
colla  pittura  dei  costumi  romam  nelle  varie  eta,  una  delle 
parti  piii  nuove,  piii  erudite  e  piii  belle  di  tutta  1' opera. 

Del  rimanente  noi  speriamo  che  un' opera  di  tanto  pregio, 
e  di  soggetto  cosi  eminentemente  italiano,  non  tardera  a 
trovare  fra  noi  qualche  valentuomo  che  voglia  sobbarcarsi 
alia  fatica,  certamente  non  leggiera,  ma  utilissima,  di  dar- 
ne  all' Italia  una  traduzione  per  intiero:  una  traduzione, 
diciamo,  fatta  con  amore  e  con  quella  esquisita  diligenza, 
che  vedesi  il  Reumont  aver  posto  nell'  opera  originale ;  una 
traduzione  che,  recando  quest'  opera  in  veste  italiana,  non 
le  scemi  nulla  di  quella  bellezza  e  maesta,  che  ella  ha  cosi 
felieemente  sortito  nella  sua  germanita  nativa. 

Agli  elogi  nondimeno  che  finqui  abbiamo,  per  debito  di 
giustizia,  renduti  in  generale  alia  Storia  romana  del  Reu- 
mont, la  giustizia  esige  altresi  che  aggiungiamo  qui  per 
ultimo  qualche  censura ;  e  noi  crederemmo  di  mancare,  non 
dhe  al  dover  nostro  verso  i  lettori,  anche  alia  somma  sti- 
ma  che  professiamo  per  1'  Autore,  se  dopo  avere  in  lui  com- 
mendato  quel  che  ci  parve  degno  di  lode,  trasandassimo  di 
notare  eziandio  con  eguale  schiettezza  ci6  in  che  ci  sem- 
bra  meritevole  di  critica.  Non  ci  consentendo  lo  spazio  di 
farlo  in  questo  fascicolo,  lo  rimettiamo  al  seguente. 

Serie  VIII.  vol.  II,  fasc.  500.  12  4  aprite  1871. 


LA  SAVIA  E  LA  PAZZA 


RACCONTO  DEL  PRINCIP10  D!  QUESTO  SECOLO 


VIII. 

I    FRATELLI  DELL'  AMICIZIA    CRISTIANA. 

—  Ma  voi  avete  al  tutto  messa  la  vostra  Roma  nel 
dimenticatoio  !  —    Cosi  parlava  la  nipotina  Clelia  a  zio 
Chiaffredo,  non  osando  aggiugnere  cio  che  pensava  inoltre, 
cioe  che  il  papalino  zio  T  aveva  fradicia  col  tanto  novellare 
di  Papa  e  di  Roma ,  e  le  avrebbe  fatto  un  piacere  dell1  ani- 
ma,  a  prender  Tambulo  e  tornarsi  cola  ond'era  venuto.  Ma 
il  valentuomo ,  dando  vista  di  si  accorgere  della  malignosa 
punta  involta  nella  dimanda  innocentina ,  rispondeva  :  — 
Come  vnoi  che  io  torni  a  Roma  ?  Roma  non  ci  e  piu. 

—  0  che,  se  1'hanno  rosicchiata  i  topi? 

—  Bimba  mia ,  tu  hai  a  sapere  ,  che  per  ogni  fedel  cri- 
stiano  Roma  non  e  altro  che  il  Papa.  Ora  il  Papa  non  e  a 
Roma ,  dunque  per  me  non  ci  e  piu  Roma.  Vedrai  come  il 
frullo  di  tornarvi  mi  saltera  addosso ,  appena  sentiro  dire 
che  il  Papa  ci  e  tomato.  Ci  entrer6,  come  gli  staffieri  del 
Papa ,  dietro  la  sua  carrozza. 

Con  siffatti  discorsi,  che  la  Clelia  ripeteva  al  padre  suo, 
T  accorto  Chiaffredo  cercava  di  dissimulare  al  fratello  gia- 


LA   SAVIA   E   LA   PAZZA —   I   FRATELLI    DELL' AMICIZIA   CRISTIANA   179 

cobino  la  sua  protratta  dimora  in  Torino;  ove  era  trattenuto 
dall'impegno  accollatosi  in  servigio  della  segreteria  di  Stato. 
Ben  diversamente  espandevasi ,  allorche  s1  incontrava  a  tu 
per  tucon  uomini  di  fede  inviolata,  e  nelle  brigate  dei  sin- 
ceri  patriotti,  devoti  a  Dio  e  al  proprio  sovrano.  Interve- 
niva  con  infinite  diletto  alle  tornate  dei  Pastori  della  Dora, 
che  sotto  T  ombra  di  palestra  letteraria  veniano  Tun  1'altro 
provocandosi  alia  longanime  costanza.  Dolci  gli  trascor- 
revano  le  ore,  tra  quegli  eccelsi  cristiani,  piu  nobili  assai 
che  i  loro  chiari  nomi,  Cesare  Saluzzo,  Francesco  Galeani 
Napione  ,  Michele  Fea,  Carlo  Denina,  Alessandro  Sclopis, 
Luigi  Andrioli ,  Giacinto  della  Torre ,  Tommaso  Valperga 
Caluso,  Emmanuele  Bava,  Giuseppe  Franchi  Pont,  Prospero 
Balbo;  e  tornando  dalle  loro  conversazioni,  soleva  dire  che 
egli  aveva  passato  un'  ora  nella  sua  vera  patria ,  e  assapo- 
rato  tutta  1'  antica  fierezza  della  lealta ,  della  cavalleria , 
della  coltura  piemontese  . 

Con  vie  maggiore  abbandono  lasciavasi  andare  alle  ri- 
trovate  geniali  dell'  Amiciiia  cristiana,  nella  quale  appunto 
quest1  anno  fu  accolto  come  socio  novmo.  Perciocche  in 
questa  orribile  stagione  di  ribellamento  contro  Cristo  e 
il  suo  Vicario ,  era  germinata  in  Torino  una  fratellanza  di 
fedeli ,  che  con  voti  e  giuri  solenni  si  dedicavano  a  mante- 
nere  la  religione  e  serbar  fede  al  Romano  Pontefice.  La 
loro  societa  nutricavasi  dei  piu  alti  dettami  della  perfezione 
evangelica,  e  operavasi  nell' apostolato  concesso  ai  seco- 
lari ,  con  zelo  degno  della  Chiesa  primitiva.  Oltre  al  dar 
mano  alle  opere  benefiche ,  cristianeggiarle  al  possibile  , 
difenderle ,  moltiplicarle ,  tenevano  in  cima  dei  loro  doveri 
sociali  quello  di  combattere  a  oltranza  le  pestifere  dottrine 
allora  prevalent!  in  Europa,  e  cio  conseguivano  colla  in- 
gegnosa  ed  efficace  propagazione  de'buoni  libri.  Spesseg- 
giavano  le  riunioni  sino  a  due  volte  per  settimana.  Dopo 
breve  lettura  e  piu  breve  preghiera  si  trattavano  gF  inte- 
ressi  di  Dio,  altri  riferiva  sugli  increment!  e  sui  detriment! 
della  religione  nel  Cristianesimo ,  altri  sopra  i  libri  usciti 


180  LA  SAVIA   E   LA    PAZZA 

novellamente  alia  luce,  altri  sugli  scapiti  o  vantaggi  del- 
T  Amicmacristiana,',  proponevano  nuovi  disegni  di  miglio- 
ranze ,  nuove  macchine ,  nuovi  ingegni  di  sterpare  i  mali 
libri,  e  d1  introdurre  per  tutto  giovevoli  scritture;  ventilate 
e  passato  un  partito,  di  presente  se  ne  sceglieva  Tesecutore. 
Infine ,  levata  la  seduta ,  che  non  poteva  oltrepassare  1'  ora 
e  mezzo,  si  confondevano  in  amichevoli  e  gioconde  con- 
versazioni. Una  delle  piu  gravi  question!  soleva  sempre 
riuscire  T  esame  dei  novelli  candidati.  Perciocche  non  a 
far  gente  associavansi,  come  gli  arruffatori  politici,  si  bene 
a  propugnare  la  verita  e  il  bene ;  e  T  esperienza  loro  aveva 
dimostro,  a  ci6  piu  conferire  Tazione  di  un  franco  e  prode 
confratello,  che  il  tentennio  di  numeroso  stuolo  di  dubbii 
o  tepidi  o  timorosi. 

Percio  il  postulante  doveva  assoggettarsi  a  un  anno , 
cosi  chiamavasi,  di  noviziato :  ingaggiarsi  sull'onor  suo  di 
rinnovare  lo  spirito  con  una  generale  confessione  della  vita 
trascorsa ,  alimentare  la  pieta  con  assidua  frequenza  ai  sacri 
misteri ,  consacrare  ogni  di  un'  ora  alia  contemplazione  delle 
verita  celestiali  e  una  seconda  ora  alia  lettura  dilibri  asce- 
tici.  Cosi  temperato  lungamente  alle  forti  virtu  la  mente  e 
il  cuore ,  il  novizzo  obbligavasi  coi  voti  proprii  dslY  Ami- 
dzia  cristiana:  obbedire  al  direttore  di  essa,  nelle  appar- 
tenenze  della  societa  medesima ,  coltivare  se  stesso  con  let- 
ture  salutari  almeno  una  volta  per  settimana ,  non  leggere 
alcun  libro  proscritto  dalla  potesta  ecclesiastica.  La  corona 
dei  voti  poneva  chi  il  volesse  (e  tutti  il  volevano)  con  un 
solenne  giuramento ,  che  era  tessera  di  perfetto  cattolico 
a  un  tempo ,  e  capolavoro  di  odio  radicale  contro  la  rivo- 
luzione  e  le  societa  settarie.  «  Professo,  diceva  il  novizo, 
di  riconoscere  la  Santa  Cattolica  Apostolica  Romana  Chiesa, 
madre  e  maestra  di  tutte  le  chiese.  Prometto  e  giuro  vera 
obbedienza  al  Romano  Pontefice  successore  di  Pietro,  prin- 
cipe  degli  Apostoli  e  Vicario  di  Gesu  Cristo,  confessando  che 
niuno  puo  essere  vero  cattolico,  senza  Tunione  colla  Chiesa 
Rornana ,  ne  puo  salvarsi  senza  un'  obbedienza  sincera  al 


I   FRATELLI    DELI/AMICIZ1A  CRISTIANA  181 

Romano  Pontefice ,  quale  professero  sempre  senza  eccezioae 
e  restrizione.  Riconosco  ancora  T  infallibilita  del  Romano 
Pontefice  ne1  suoi  giudizii  dati  ex  cathedra ,  e  detestero 
sempre  ogni  no  vita  di  dottrina  a  questo  riguardo.  » 

Questa  si  rigida  e  austera  mole  di  doveri,  sembrava,  in 
apparenza ,  acconcia  a  sgomentare  i  novellini ,  vaghi  di 
arrolarsi  sotto  quella  straordinaria  bandiera ;  sopra  tutto  in 
eta  si  sbrigliata  qual  era  la  corrente.  Ma  tutto  all'  opposto 
scorgevasi  nella  realta.  Uno  scopo  nobile ,  santo ,  precise , 
mezzi  sicuri  ed  efficaci ,  per  quanto  appariscano  ardui  a 
primo  aspetto,  irradiano  tale  splendore,  che  quanto  se 
ne  allontanano  i  poveri  di  cuore ,  altrettanto  ne  restano 
affascinati  i  magnanimi.  1C  proprio  delle  robuste  istituzioni 
allettare  gli  spiriti  robusti.  E  molti  eccellenti  uomini,  che 
brillarono  quasi  stelle  di  primo  chiarore  nel  cielo  ottene- 
brato  d' Italia,  si  faceano  gloria  di  avere  professato  i  voti 
dell'  Amicizia  cristiana,  ne  tenevan  alto  il  vessillo,  e  ne 
frequentavano  le  adunanze.  Nella  sede  primaria  di  Torino, 
tra  tanti  eletti  ingegni,  vi  si  affratellavano  il  conte  Giuseppe 
de  Maistre  col  suo  figlio  Rodolfo,  il  cavaliere  Renato  d'  A- 
giiano ,  il  conte  Luigi  Roasenda  del  Melle ,  il  marchese 
Massimino  di  Ceva,  il  barone  di  La  Tour,  il  marchese  Cesare 
Taparelli  d' Azeglio,  il  cavaliere  Luigi  di  Collegno,  chiaris- 
simi  tutti  per  libri  pubblicati  o  per  opere  egregie  istituite. 
V  intervenivano  aitresi  personaggi  forestieri ,  allorche 
incontravansi  di  passaggio  in  Torino,  come  il  gran  vescovo 
Pietro  Giuseppe  Rey,  il  barone  Penkler  di  Vienna,  il  cava- 
liere Leopoldo  Ricasoli  di  Firenze ,  il  conte  Francesco 
Pertusati  di  Milano,  e  altri  in  gran  numero.  Perciocche  il 
huon  seme ,  oltre  al  barbare  profondo  nel  natio  terreno , 
gittava  lieto  e  fecondo  di  vigorose  propaggini,  a  Milano,  a 
Verona,  a  Firenze,  a  Ciamberi ,  ad  Annessi,  a  Soletta  e  a 
Friborgo  di  Svizzera,  a  Scialon,  a  Bordo,  a  Tolosa,  aParigi, 
a  Vienna,  ad  Augusta.  Le  Amicizie,  esemplate  dalla  torinese, 
appellavansi  colonie,  e  al  tutto  si  reggevano  alle  leggi  della 
madrepatria.  Ne  rampollarono  consimili  istituti  di  sacerdoti, 


182  LA  SAVIA   E   LA  PAZZA 

e  di  dame :  e  forse  dalle  loro  tradizioni  fu  seminato,  dopo 
un  mezzo  secolo,  il  primo  pensiero  delle  Conferenze  di  San 
Vincenzo  de'Paoli. 

Chiaffredo  pronunzib,  a  suo  tempo ,  i  voti  della  societa 
nell1  assemblea  di  quegl'  incliti  cristiani ,  nelle  mani  del 
Lanteri,  che  ne  era  1'  anima  e  il  maestro.  Non  sappiamo  se 
ci6  avvenisse  nel  palazzo  del  principe  Della  Cisterna,  o  in 
quello  del  marchese  D'  Azeglio ;  giacche  in  entrambi  i  luoghi 
soleva  il  Lanteri  tenere  adunanze .  Adoperavasi  altresi  di 
formare  proseliti :  —  Presso  noi,  diceva  egli,  non  si  tramano 
occulte  rivolture,  non  si  designano  vittime  al  pugnale,  non 
si  preparano  opere  bieche,no:  tutt1  all'  opposto:  noi  disde- 
gniamo  le  fraudi  ancora  nei  principi  di  corona,  non  patteg- 
giamo  col  partito  soverchiante ,  dispregiamo  i  tiranni 
oppressori,  e  li  dispregiamo  in  faccia  al  sole.  Ogni  nostra 
carta  puo  sciorinarsi  in  tribunale,  e  non  dimostrera  altro  di 
noi,  fuorche  la  invitta  fedelta  nostra  a  Dio,  al  Pontefice,  al 
Sovrano.  Se  alcun  tribunale  ci  condannasse,  sua  vergogna! 
noi  assolvera  la  coscienza  del  santo  diritto,  e  la  storia,  e  il 
di  finale.  Noi  cospiriamo  come  i  martiri  contro  le  leggi  di 
Nerone . 

IX. 

CHE    FA   IL    PAPA    A   PARIGI  *? 

Non  riuscirono  di  piccolo  sussidio  gli  ufficii  (lelYAmwwia 
cristiana  all'impresa  di  Chiaffredo.  Tenevano  gli  Amid  un 
registro  clie  chiamavano  la  carta  geografica  dei  galantuo- 
mini ;  e  in  esso  venivano  inscrivendo  i  nomi  de1  socii  di 
ciascuna  citta  dentro  e  fuori  <T Italia:  uomini  di  ardire  pru- 
dente,  e  volenterosi  di  servire  la  Chiesa,  a  rischio  pur  del 
carcere  e  della  vita,  come  i  fatti  provarono.  Costoro  diven- 
nero  i  perni  maestri  delle  poste  pontificie.  A  Torino  poi  ne 
ottenevano  in  ricambio  ,  oltre  al  merito  della  pericolosa 
prova,  eziandio  la  soddisfazione  di  risapere  sinceramente 


CHE   FA   IL   PAPA  A  PARIGI?  183 

le  novelle  d'  oltremonti :  giacche  le  gazzette  di  que'  tempi, 
tenute  gelosamente  sotto  la  ferrea  verga  de1  governanti , 
erano  ridotte  ad  un  ordigno  poliziesco,  onde  imbavagliare 
la  verita,  ed  orpellare  la  menzogna,  a  libidine  del  tiranno. 

Chiaffredo  si  presentava  alle  sale  del  marchese  d1  Azeglio, 
e  tutto  arzillo  gridava  fin  dalla  porta:  —  Buone  nuove ! 

—  Avanti,  non  dimandiamo  altro,  risposero  gli  Amid, 
circondandolo  con  impazienza.  Che  ci  e  per  aria  ? 

—  II  Papa  e  a  Parigi,  sano  e  salvo.  Nel  tragitto,  per 
tutto  trionfi,  come  a  Torino :  la  religione  si  ridesta  nel  suolo 
francese :  ogni  passo  del  Papa  vi  scancella  le  vestige  della 
rivoluzione.  II  Papa  1'  ha  proprio  indovinata . . . 

—  Ma  T  Imperatore  come  T  ha  ricevuto  ? 

—  Un  po'gelosetto  di  tanti  onori,  che  egli  non  aveva 
stanziato  nel  programma  preventive,  ma  cosi  su  per  giu,  il 
Papa  se  ne  chiama  arcicontento. 

—  Or  via,  sfilate  la  corona,  non  ci  date  le  chicche  a 
strappate :  noi  facciamo  silenzio,  e  voi  raccontateci  tutto, 

tutto,  ve'. 

Chiaffredo,  datosi  un'occhiata  intorno,  si  cavo  del  por- 

tafogli  una  cartucciaccia  stazzonata ,  che  in  nulla  avea 
forma  di  lettera,  e  comincid  a  percorrerla,  leggendo  tratto 
tratto  alcune  righe,  tra  un  silenzio  di  immensa  aspettazione. 
«  L'  imperatore  e  venuto  incontro  al  Papa  in  Fontainebleau, 
smonto  da  cavallo ,  si  abbracciarono  con  visibile  commo- 
zione ;  T  imperatore  sali  il  primo  in  vettura,  per  lasciare  il 
luogo  piii  degno  al  Papa...  Pio  VII  disse  a  un  ministro,  che 
T  interrogava ,  come  avesse  trovata  la  Francia :  Non  ci 
aspettavamo  di  vederla,  come  Tabbiamo  veduta,  tutta  in 
ginocchio  sul  nostro  passaggio.  Dio  sia  benedetto  !  » 

—  Dio  sia  benedetto !  sclamarono  ad  una-  voce  i  cir- 
costanti ,  Dio  sia  mille  volte  benedetto  !  II  Malbrouch  si 
continue  :  «  II  viaggio  e  la  dimora  del  Papa  in  Francia 
riescono  ad  una  bella  e  buona  ristorazione  degli  scandali 
mondiali  dati  dal  passato  governo  dei  diavoli :  e  la  gente 
dice:  leri  abbiamo  perseguitato,  carcerato,  ammazzato  il 
Papa,  e  oggi  il  Papa  ci  passa  in  trionfo  sotto  i  baffi. !  » 


\Sk  LA    SAVIA  E   LA   PAZZA 

—  E  cio,  dopo  tutto  lo  scatenato  regno  deH'Anticristo! 
internrppe  il  conte  Rodolfo  de  Maistre. 

—  Confidite:  ego  vici  mundum:  aggiunse  il  Lanteri. 

—  «  A  Parigi  il  Papa  accolse  trenta  deputati  del  se- 
nato,  del  corpo  legislative  e  del  tribunato.  Uno  recitb  un 
pomposo  elogio  del  Governo  pontificio,  passando  ogni  cosa 
in  rassegna,  leggi,  amministrazione,  awenimenti  memora- 
bili .  Fu  una   ammenda  onorevole   alle  bricconate   finora 
spappagallate  dai  giacobini.  II  presidente  del  senato  disse 
che  la  coronazione  render^  piii  venerabile  la  maesta  im- 
periale  e  piii  cara  Tautorita  pontificia  alia  Francia,  la  quale 
egli  intitolo  di  nuovo  la  fille  ainee  de  V  figlise  romaine.  Po- 
vera^Zfe  ainee  !  disse  in  sentenza  un  altro  presidente,  per 
poco  ne  facevano  una  fille  publique :  ma  buon  per  lei  che 
1'  imperatore  T  ha  ciuffata  pei  capelli,  ribattezzata,  e  ricon- 
dotta  a1  pie  del  Papa,  salvandola  cost  dalla  barbarie  sel- 
vaggia  a  cui  era  incamminata:  col  concordato  T  imperatore 
ha  yoluto  riconoscere,  diceva  il  presidente,  che  perseguitare 
la  religione  e  lo  stesso  che  perseguitare  la  societa,  et  qm 
tout  attentat  contre  le  diristianisme  est  un  attentat  contre  la 
societe.  Mi  fece  1'effetto  di  un  cordiale,  il  sentire  e  vedere 
questo  solenne   mea  cutya  del  capo  del  corpo  legislativo 
della  Francia,  e  ispirato  dall'  imperatore,  a'  piedi  del  Papa.  y> 

A  queste  parole,  nella  sala  fu  una  esplosione  di  rin- 
graziamenti  a  Dio.  —  Lodato  Iddio !  Chi  Tavesse  detto  ! 

—  Noi  usciamo  finalmente  dal  caos !  Ah...  ah...  si  re- 
spira ! 

—  Beata  la  Francia,  se  sapra  andare  alia  radice  dei 
suoi  mali ! 

—  Piano  piano  !  s1  intromise  qui  con  flemma  il  Lanteri. 
Non  ci  lasciamo  guadagnare  da  precoci  entusiasmi:  piii  su 
sta  monna  luna.  Certo  5  da  benedire  Iddio  del  bene  che 
fa  1' imperatore :  e  se  il  Papa  va  a  coronarlo,  ci6  vuol  dire 
che  lo  riguarda  come  il  meno  male  possibile  per  ora  nella 
Francia,  se  non  come  legittimo  da  tutti  i  lati :  ma  vi  e  un 
punto  che  guasta  la  coda  al  fagiano.  Non  sappiamo  ancora 


CHE   FA  IL   PAPA  A   PARIGI  ?  185 

come  Napoleone  si  accomodera  la  coscienza  per  le  pro- 
vince della  Santa  Sede ,  che  egli  tiene  di  sacrilegio  a 
danno  del  Papa.  Sentite,  amici,  il  Papa  potra  dissimulare 
un  momento  per  non  cimentare  interessi  maggiori,  ma 
mettere  la  cosa  in  tacere,  questo  no:  dunque  si  verra  al 
quid,  e  al  quare  me  repulisti.  Allora,  solo  allora  che  V  im~ 
peratore  e  re  dira :  «  Santo  Padre,  vi  rendo  cio  che  vi  ho 
rubato  come  re  d1  Italia ,  perdonatemi  »  ;  io  comincero  a 
credere,  che  siamo  all'aurora  :  per  contrario,  finche  di  que- 
sto non  si  parla,  finche  tiene  un  pollice  di  Patrimonio  di 
S,  Pietro,  quel  pollice  e  una  fucina  di  maledizione  per  luL 
fi  vero  che  Iddio  si  pu6  servire  dei  maledetti,  degli  sco- 
municati,  del  diavolo  stesso  a  far  qualche  hene  particolare; 
ma  non  e  suo  costume  valersene  ad  una  piena  ristorazione 
della  Chiesa  e  della  societa.  Aggiungete  poi  che  T  impe- 
ratore  vive  tuttavia  in  tresca  sconsagrata ,  che  pute  di 
concuhinato  alle  mille  miglia... 

—  Pel  concuhinato,  no,  e  affare  finito.  —  Cosi  prosegu* 
Chiaffredo,  percorrendo  la  seconda  pagina  della  carta. 

—  Leggete,  leggete ! 

—  «  V  Imperatore  ha  raccomandato  alia  clemenza  del 
Papa  alcuni  V^scovi  costitmionali,  ma  Pio  VII  non  voile 
graziarli  di  sua  udienza,  se  non  dopo  la  loro  piena  ritrat- 
tazione.  A  madama  Talleyrand  il  Papa  fece  dire,  si  guar- 
dasse  hene  di  presentarsi,  perche  concuhina  d:  un  vescovo 
sacrilego ;  e  il  sor  ministro  ci  dovette  stridere.  Due  pic- 
cole  vittorie  di  guerriglia,  preludio  di  una  vittoria  campale. 
II  Santo  Padre  prese  informazioni  sicure  sul  matrimonio  di 
Napoleone  con  Giuseppina,  e  venne  a  scoprire  come  e  qual- 
mente  si  erano  data  la  mano  solamente  dinanzi  al  sindaco. 
Intim6  adunque  ricisamente,  che  mai  e  poi  mai  non  avrehhe 
posta  la  corona  imperiale  sulla  testa  di  questo  mogliazzo 
da  cani.  Capite  hene,  che  non  proferi  queste  precise  parole, 
ma  un  heir  incirca,  sciroppato  e  confettato  di  mele  diplo- 
matico  :  e  1'  imperatore  che  non  e  tondo,  senti  henissimo 
la  niffata  sul  grugno,  sali  su  tutte  le  furie.  Voleva  dire, 


186  LA  SAVIA  E   LA   PAZZA 

fare,  brigare,  darsi  al  diavolo:  ma  il  Papa  fermo  e  incrollabile. 
Breve,  il  matrimonio  sara  celebrate  domani  nella  cappella 
delle  Tuilerie,  a  porte  chiuse,  nell'alto  della  notte,  coi  soli 
testimonii  scelti  da  Napoleone  ;  e  fara  la  funzione  il  cardi- 
nale  Fesch,  delegate  parroco  dal  Papa.  Fuori  non  n1  e  tra- 
spirato  nulla :  guai  a  chi  ne  desse  sentore !  Si  sapra  col 
tempo  ,  anzi  dovra  pubblicarsi  per  levare  lo  scandalo  del 
pusilli.  Costi  in  Roma  si  puo  cominciare  a  gittarne  qualche 
voce,  senza  pero  rivelarne  la  sorgente  :  tanto  da  mettere  la 
mordacchia  a  certi  sputasentenze,  che  credono  sempre  il 
Papa  in  pericolo  di  stramazzoni,  se  nol  tengono  essi  per  le 
dande.  » 

—  E  chiaro !  interruppe  il  Lanteri.  Ora  basta  ai  galan- 
tuomini  sapere  che  il  Papa  ha  creduto  bene  di  procedere 
all'  incoronazione :  solo  i  giansenisti  possono  avere  il  ca- 
tarro  di  censurare  i  fatti  del  Papa.  Per  me  ci  avrei  messo 
la  mano  nel  fuoco,  che  la  marachella  del  concubinato  si 
accomodava  in  un  modo  o  in  tm  altro,  prima  della  corona: 
cio  non  toglie  che  il  signer  Malbrouch  colla  spiegazione  di 
quest1  involtura  non  m'abbia  tratto  una  spina  dal  cuore.  Solo 
vorrei  sapere  ora  come  Napoleone  se  la  sfanghera  per  la 
communione,  che  e  prescritta  nel  rituale.... 

—  A  ogni  fascio  v'e  la  sua  ritortola,  gli  rispose  Chiaf- 
fredo :  questa  lettera  e  una  magia,  e  scritta  con  mano  pro- 
fetica,  giusto  giusfco  per  cavarvi  le  vostre  curiosita  be- 
nedette,  Udite.   «  Si  fanno  miracolosi  apparecchi  per  la 
solennita .    Si   dice  il   Papa  dispensera   sulla    comunione 
sacramentale    degl' incoronandi .    L'ha  chiesto   in    grazia 
Napoleone  stesso ,  confessando  ingenuamente  che  non  era 
tanto  buono  da  poter  fare  una  comunione  buona  come  la 
sua  prima  comunione ,  ne  tanto  cattivo  da  volerne  fare  una 
cattiva.  » 

—  Meno  male  !  esclamo  il  piissimo  Luigi  di  Collegno. 
Ha  proprio  infilato  T  unica  gattaiola  che  gli  restava  aperta. 
Viva  lui! 


CHE   FA   IL   PAPA  A   PARIGI?  187 

—  E  Dio  gli  conceda  di  fame  una  buona  quando  che 
sia!  disse  il  Lanteri.  Piii  mi  da  speranza  questa  parola  di 
Napoleone,  che  cento  fanfanate  di  sue  scritture  diplomat!- 
che:  ci  e  fede,  fede  da  peccatore,  ma  vera  fede. 

—  Ma  se  Tho  detto,  riprese.il  Malbrouch,  che  questa 
lettera  &  fatata.  Parla  tutto  a  modo  vostro.  Dopo  Tincoro- 
nazione  si  trattera  degli  affari  di  chiesa,  e  delle  province 
usurpate.  L'Imperatore  personalmente  da  buone  speranze, 
e  preso  della  mansuetudine  del  Papa,  a  tu  per  tu  col  Santo 
Padre  si  mostra  reverente  ed  affettuoso.  II  Papa  dice  che 
quest1  uomo  non  e  malvagio  per  sistema,  non  ha  smarrito 
la  fede,  si  ricorda  ancora  del  catechismo,  ha  una  penetra- 
zione  di  aquila,  e  intende  mirabilmente,  piu  che  tutti  i 
suoi  ministri  pigiati  insieme ,  come  un  poco  di  religione 
intorno  al  suo  trono  gli  darebbe  un  rincalzo  infinito,  giacche 
una  dinastia  poggiata  sulF  empieta  non  pu6  radicarsi  nel- 
T  amore  dei  popoli.  II  Papa  gli  perdona  molto,  perchS  scorge 
in  lui  una  tal  quale  buona  volonta.  Intanto  pero  figuratevi 
che  gusto  per  noi  poveri  monsignori  a  stendere  le  scritture 
di  trattati  e  di  guarentige  per  la  Chiesa,  mentre  sappiamo 
che  intorno  all'  Imperatore  ronzano  gli  ex-preti  della  dea 
Ragione,  apostati,  ladri  insigni,  assassini,  regicidi,  insomma 
tutto  il  colaticcio  della  rivoluzione  passata,  che  si  chiama 
Fouch6,  Talleyrand,  Massena,  Cabanis,  Savary,  Lareveill6re- 
Lepaux,  Ginguene,  Sieyes,  et  cetera  animalia.  Basta,  ci  e 
anche  Pio  VII,  e  piu  su  vi  e  Domineddio.  Speriamo.  » 

—  Non  c'&  altro,  conchiuse  Chianredo,  ripiegando  la 
lettera. 

—  Scusate  se  &  poco,  dissero  alcuni.  Ne  sappiamo  piu 
noi  con  cotesto  scaccolo  di  carta,  che  non  se  ne  sa  forse 
in  molte  cancellerie  di  Europa. 

—  Basta  bene,  per  una  prima  di  cambio ,  aggiunse  il 
marchese  D'Azeglio.  Noi  vi  siamo  obbligati  e  riconoscenti 
in  secula  seculorum.  Per  me ,  quando  avete  di  cotesti  zuc- 
cherini ,  venitemi  a  svegliare  di  notte ,  e  sarete  ricevuto 
come  il  re  ,  se  ci  tornasse  a  Torino.  — 


jgg  LA   SAVIA   E    LA   PAZZA 

Licenziata  T  adunanza ,  rimase  Chiaffredo  a  desinare  col 
D'Azeglio ,  insieme  col  Lanteri  e  il  cavaliere  Renato  D'A- 
gliano.  —  Quest!  era  un  invitto  e  imperterrito  campione  del 
Papa,  e  prendeva  diletto  mirabile  di  ciascun  particolare  di 
servigio  della  Santa  Sede..  Per6  non  si  tenne  che  non  ri- 
chiedesse  a  Chiaffredo:  —  Ma  donde  e  come  avete  voi  tali 
lettere?e  come  le  fate  arrivare  al  Quirinale? 

Chiaffredo  sorrise,  e-guatando  maliziosamente  il  padre 
Lanteri,  dimando :  —  Mi  posso  fidare  del  cavaliere  D'  Aglia- 
no?  —  e  si  dicendo  traeva  fuori  la  lettera  e  tornava  a 

spiegarla. 

—  Ma  il  D'Agliano,  che  neppure  per  celia  sosteneva  si 
mettesse  in  dubbio  la  sua  terribile  devozione  al  Santo  Pa- 
dre: —  Bravo,  signor  Malbrouch!  anco  questa  ci  mancava. 
Non  sapete  ch'io  son  uomo  di  salire  in  poste,  e  trovare  il 
Papa  tra  cento  manigoldi ,  e  dire  e  fare  tutto  ci6  che  cre- 
dessi  di  suo  piacimento?  contento  di  essere  fucilato  dope 
in  un  fosso ,  come  il  duca  di  Enghien  ? 

Chiaffredo  non  rispose  altrimenti  che  mettendogli  sotto 
gli  occhi  la  carta ,  in  calce  alia  quale  si  leggeva :  «  Rico- 
piate  la  presente  in  carattere  ignoto  ,  spedite  copia  a  chi 
sapete ,  bruciate  T  originale.  »  E  aggiunse :  —  Questa  5 
giunta  da  Parigi  per  un  corriere ,  ossia  corriera  straordi- 
naria,  ad  una  dama  che  si  dimora  in  una  villa  presso  Torino: 
di  la  e  entrata  dentro  una  paniera  di  agli,  ora  sara  tra- 
scritta ,  e  poi  arrivera  al  Quirinale,  si  impenetrabile,  ch'  io 
sfido  tutte  le  polizie  del  mondo  a  scovarla. 

II  padre  Lanteri  aggiunse  :  —  Cavaliere ,  io  scrivo  il 
vostro  nome  nel  taccuino,  con  un  segno  cabalistico  a  lato. 
Ci6  vuol  dire  che  quando  avro  necessita  d'un  procaccio 
spericolato,  sapro  sopra  cui  fare  assegnamento.  —  E  il 
fece  a  suo  tempo,  con  infinite  rischio  del  D'Agliano,  e 
memorabile  servigio  di  Santa  Chiesa . 

Clotilde  era  la  segretaria  incaricata  delle  copiature .  E 
sapeva  tenere  credenza  con  tale  una  finissima  gelosia,  che 
bene  giustificava  la  fiducia  in  lei  riposta.  A  cio  si  rinser- 
rava  nella  sua  cameretta,  poneva  sullo  studiolo  un  leggio 


CHE   FA   IL  PAPA  A   PARIGI  ?  189 

con  sopravi  aperte  le  Avventure  di  Telemaco,  e  sotto  la  sal- 
vaguardia  del  libro,  sbrigava  ratto  il  suo  compito  in  pulita 
e  netta  scrittura.  Piu  d'  una  volta  fu  sul  punto  di  venir 
cOlta  sul  lavoro:  ma  essa  scriveva,  coll' orecchio  atteso 
come  la  lepre ,  al  primo  scarpeggio  sentisse  nella  stanza 
vicina ,  guizzava  la  carta  tra  il  cassetto  e  la  ribalta,  e  re- 
stava  con  un  bel  quaderno  avanti,  propriamente  in  atto  di 
esercitarsi  in  calligrafia ,  sulla  falsariga . 

Appena  si  puo  credere  di  quante  arti  sieno  capaci  i  gio- 
vani  e  le  giovinette  in  questa  prima  eta ,  in  cui  si  aprono 
al  mondo,  e  di  quale  acerrimo  zelo  infiammare  si  possano 
al  bene  come  al  male,  secondo  educazioni.  Nelle  sommosse 
parigine  del  1848,  certi  battaglioni  di  monelli  diedero  fac- 
cenda  ai  reggimenti  d'ordinanza  piu  accanitamente  che 
non  le  barricate  degli  operai:  a  Roma,  nella  Crociata  del 
1867,  garzonetti  gentili  e  imberbi  si  batterono  da  leoni,  e 
dilaniati  di  crudeli  ferite  li  vedemmo  spirare  con  un  sor- 
riso  da  martiri.  Pur  troppo  bambine  di  poca  eta  si  veggono 
con  orribile  scaltrezza  operarsi  al  delitto  ;  mentre  altre  , 
angiolette  cresciute  lungi  dall'aere  afato  del  mondo  ,  vi- 
gorite  dalla  preghiera ,  cibate  di  Cristo,  palpitano  solo  agli 
aliti  dello  Spirito  Santo,  orridiscono  ad  ogni  sembianza  di 
colpa,  e  le  opere  eccelse  abbracciano  con  una  generosita 
soprannatura. 

Non  cosi  la  infelice  Clelia,  maggiore  di  due  anni  alia 
Clotilde ,  e  in  ogni  virtuosa  disposizione ,  minore .  Non 
traboccavasi  per  verita  a  disordini  estremi :  1'  eta  non  li 
comportava.  Ma  ella  vogava  in  mare  incerto,  con  fragile 
palischermo  e  battuto  da  tutti  i  venti  che  spiravano  a  lei 
d'intorno,  senz'ancora  di  pieta  salda,  e,  che  peggio  era^ 
senza  timor  di  naufragio,  mentre  correva  in  balia  della  rotta 
fortuna.  Per  quanto  le  si  adoperasse  attorno  il  Lanteri,  non 
venne  a  capo  di  padroneggiare  un  cuore  sparso  in  cento 
bagattelle,  irritabile  fino  alle  piu  soavi  rappresentanze,  non 
che  tollerante  di  austere  ammonizioni.  E  pure  Testerno 
delle  due  sorelle  di  poco  differenziavasi,  e  di  si  poco  che 
tranne  T  occhio  indagatore  dello  zio ,  niuno  si  era  addato 


190      LA  SAVIA  E  LA  PAZZA  —  CHE  FA  IL  PAPA  A  PARIGI? 

del  radicale  divario.  Cosi  avviene  talora  nelle  famiglie,  che 
accanto  al  nido  della  colomba,  si  forma  il  covo  della  serpe: 
colpa  la  cecita  del  genitori . 

De'  segreti  servigetti  a  cui  la  sorella  porgeva  Tindustria 
sua,  la  Clelia  non  ebbe  mai  vento  ne  sentore:  perche  la 
Clotilde  ,  sebbene  di  candidissimo  tratto  con  lei,  pure  seppe 
sempre  resistere  al  solletico  di  confidarle  il  segreto.  Talvolta 
Clelia  prendeva  maraviglia  del  vederla  divenuta  si  chiesa- 
stica  oltre  all'  ordinario,  sino  a  raddoppiare  e  triplicare  le 
sue  divozioni.  —  Ma  tu  fai  de1  gran  peccati,  le  diceva,  che 
vai  si  spesso  al  confessionale. 

Cui  Clotilde ,  sorridendo :  —  Ma  tu  dei  essere  divenuta 
la  gran  santa,  che  ci  vai  solo  a  Pasqua.  Credi  a  me,  vienci 
anche  tu:  mi  farebbe  piu  piacere... 

—  Oh  perche  andarci  piu  del  comandato?  La  religione 
si,  sta  bene;  ma  le  bigotterie,  o  no  davvero  . 

—  Che  bigotterie?  Vedi,  son  sempre  quella:  ma  il  con- 
fessore  mi  dice  che  ora  bisogna  pregar  molto  ,  e  offrire  la 
comunione  pel  Santo  Padre. 

Clelia  rispose  con  una  spallucciata. 

II  vecchio  zio  invece,  comeche  desse  vista  di  non  ba- 
dare  piu  che  tanto  ai  fatti  casalinghi ,  pure  coglieva  ogni 
atto  delle  nipoti,  notava,  pesava  tutto;  e  scorgendo  il 
giudizietto  precoce  della  Clotilde,  e  T  animo  naturato  al 
bene,  alcuna  volta  la  riguardava  tra  compassionevole  e 
affettuoso :  —  Peccato ,  diceva  tra  se  e  se ,  ch1  io  non  possa 
educarmi  in  Roma  questajsi  svelfca  segretarietta !  Saprei 
ben  io  tirarla  su  con  altre  massime,  che  le  giacobinerie  di 
suo  padre.  E  se  qui  la  sorella  ne  avvelena  il  candore  colle 
sue  frascherie  di  libriciattoli ,  di  modacce ,  di  andazzi  alia 
mondana?. . .  Gua' ,  e  se  la  chiedessi  a  suo  padre?...  puh, 
non  sarebbe  po'poi  il  diavolo...  Clotilde  mi  metterebbe  un 
po'di  romoreper  casa,  un  po1  di  vita,  un  po'  di  festa...  Ma 
lui  la  vorra  presso  di  se  per  darle  marito...  Ma  che  ?  non 
potrei  io  trovarle  uno  sposino  a  garbo ,  quando  fosse  tem- 
po?... Chi  ci  sarebbe?  vediamo...  Ci  e,  ci  e...  come  non  ci 
sarebbe  ?  glielo  scelgo  dal  mazzo...  Basta,  ci  pensero.  — 


RIVISTA 

DELIA 

STAMPA    ITALIANA 


Etica  nuova,  ossia  arte  di  esser  felice,  di  GIUSEPPE  RICCIARDI  gid 
Deputato  al  Parlamento  Ualiano. 

II  nome  dell'  autore  e  il  titolo  di  quest'  opera  bastano  per  se  a 
fame  rilevare  il  contenuto .  Giuseppe  Ricciardi ,  come  ognun  sa ,  e 
un  libero  pensatore ;  nemico  per  conseguenza  di  ogni  religione,  e  in 
particolare  della  cattolica.  Adunque  la  sua  Etica  altro  non  puo  essere 
die  un  sistema  di  morale,  sceverata  da  ogni  principio  religiose;  e 
la  felicita,  che  colla  pratica  di  cosiffatta  morale  promette,  dev'essere 
una  felicita  senza  Dio.  E  cosi  e  per  1'appunto.  Onde  noi  potremmo 
senz'altro  porre  da  parte  questo  libro,  i  cui  principii,  quando  anche 
la  loro  assurdita  non  fosse  manifesta  per  se  stessa,  ci  troviamo  di  aver 
confutato  alcuni  anni  addietro ,  in  un  esame  che  allor  facemmo  del- 
1'  empio  sistema  della  cosiddetta  morale  indipendente.  Nondimeno  ci 
e  sembrato,  che  pur  varrebbe  la  pena  tornar  brevemente  sulla  me- 
desima  questione,  tanto  piu  che  il  Ricciardi,  benche  fondi  il  suo  sistema 
sopra  i  principii  della  morale  indipendente,  con  singolare  disinvoltura 
ne  schiva  la  discussione;  e  in  quella  vece  da  al  suo  trattato  una  cotal 
vernice  di  rettitudine,  che  di  leggieri  potrebbe  far  gabbo  ai  piu  sem- 
plici.  Sara  dunque  bene  esaminarne  accuratamente  il  valore  secondo 
il  concetto  generico  e  secondo  i  principii  piu  cardinali;  e  per  farlo  con 
ordine  esporremo  da  prima  brevemente  la  somma  di  tutto  il  libro. 

II  fine  adequato  fall*  Etica  del  Ricciardi  e  la  felicita  dell'uoim> 
nella  vita  presente ;  giacche  o  egli  non  riconosce  una  vita  avvenire, 
o  almeno  la  condizione  della  vita  avvenire  &  per  lui  affatto  indipen- 


\  92  RIVISTA 

dente  dagli  atti  morali  della  presente.  Cio  posto,  tutto  quello  che  pu6 
conferire  per  1'una  parte  a  rendere  1'uomo  contento  e  soddisfatto  in 
questa  vita,  sia  co'  godimenti  dello  spirito  sia  co'  piaceri  del  sense,  e 
dall'altra  ad  allontanare  o  almeno  a  mitigare  tanto  i  dolori  dell'animo 
quanto  i  patimenti  del  corpo,  entra  come  parte  integrante  del  suo 
sistema  morale,  o  altrimenti  come  mezzo  immediate  per  ottenere  la 
felicita  della  vita  presente,  che  ne  costituisce  il  fine. 

Alia  felicita  del  qual  genere,  e  per  conseguenza  alia  morale  che 
e  ordinata  a  procacciarla ,  egli  pone  per  fondamento  la  buona  co- 
scienza :  e  questo,  perche  dove  1' animo  senta  il  rimorso  di  qualche 
grave  fallo  anche  occulto,  non  pu6  trovare  solida  soddisfazione  in 
verun  altro  bene  esteriore ;  e  per  contrario  dove  sia  buona  coscienza, 
la  pace  e  la  tranquillita  che  da  essa  deriva,  compensa  sufficientemente 
il  difetto  d'ogni  altro  bene,  e  fa  patire  con  animo  equabile  mali  an- 
che estremi. 

Colla  norma  di  questi  principii  1'autore  tratteggia  i  dettami  della 
sua  Etica;  i  quali  per  conseguenza  non  sono  altrimenti  proposti,  che 
come  mezzi  particolari,  accomodati  alle  diverse  condizioni  della  vita, 
o  circostanze  in  cui  1'  uomo  possa  trovarsi ,  o  sia  per  ischivare  o 
sminuire  le  sofferenze,  o  sia  per  procurarsi  il  piacere.  Ecco,  per 
cagion  d'esempio,  com'egli  moralizza  intorno  alia  fatica  e  al  dovere 
che  formano  il  soggetto  del  capo  IV.  «  Se  non  faticasse,  godrebbe 
1'  uomo ,  siccome  gode ,  e  nei  riposarsi ,  e  nel  ristorare  le  forze  col 
cibo  e  col  vivifico  umor  della  vite ,  e  nel  baloccarsi  ne'  di  festivi  ? 
Vaggiungi  questo,  che  chi  lavora  non  prova  il  male  terribile  della 
noia;  che  anzi ,  se  ha  un  qualche  dolor  nell'anima,  il  sente  men 
grave,  se  pure  per  poco  non  lo  dimentica.  Quanto  al  dovere  poi , 
quale  dolcezza  ne  puo  ne  dee  scaturire  per  I'uomo  generoso  ?  ecc.  » 
Cosi  parimente  nel  capitolo  V  descrive  con  bei  colori  la  vita,  che 
dovrebbe  nienare  un  ricco  in  opere  di  beneficenza.  Ma  il  solo  argo- 
mento  che  sa  addurre  per  consigliarne  la  pratica,  e  la  maggiore  sod- 
disfazione, che  il  ricco  stesso  si  creerebbe  con  questo  genere  di  vita. 
II  capitolo  VI  per  contrario  e  una  lusinghiera  dipintura  della  vita 
del  povero ;  e  1'autore  la  preferisce  alia  vita  del  ricco,  perche  com- 
putata  ogni  cosa,  la  somma  de' piaceri  e  maggiore  in  quella  del  primo, 
che  in  quella  del  secondo. 

La  qual  morale  del  piacere  e  delineata  piu  direttamente  cosi  in 
un  trattato  intorno  ai  sensi  del  corpo  ed  ai  diletti  che  li  riguardano, 
come  altresi  in  altri  non  pochi  capitoli,  sparsi  per  tutta  1'opera, 
che  hanno  relazione  allo  stesso  soggetto  del  piacere.  Intorno  a  I 
quale  non  riconosce  che  due  sole  limitazioni :  la  prima,  che  nel  pro- 
cacciamento  delle  sensazioni  dilettose  si  debbano  evitare  non  pure 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  193 

que'  maggiori  eccessi  che  potrebbero  stemperare  la  sanita,  ma  anche 
que'minori,  i  quali  sminuiscono  1'attivita  de' sensi  e  li  rendono 
meno  disposti  a  percepirle.  La  seconda  e,  che  nel  cercar  di  soddisfare 
a  certe  passion! ,  che  non  fa  uopo  nominare,  si  dee  badare  a  non 
ledere  il  dritto  del  terzo.  II  dritto  del  terzo,  tanto  in  questa  quanlo 
in  ogn'altra  materia,  lo  vuole  cosi  rispettato,  come  ognuno  desidera  che 
sia  rispettato  il  proprio. 

Non  manca  per  altro  in  quest' Etica  un  trattato  speciale  de'vizii 
e  delle  virtu ;  e  cio  ch'  e  piu  singolare ,  gli  uni  e  le  altre  hanno  le 
medesime  denominazioni ,  non  certamente  il  valore,  che  nel  Cate- 
chismo  cattolico.  Ma  non  ci  e  accaduto  di  trovare  altri  argomenti  per 
isfuggire  i  primi ,  se  non  i  gravi  mali  che  producono  o  nel  corpo 
per  le  infermita  che  ne  sono  la  conseguenza,  o  nello  spirito  pe'di- 
spiaceri  che  gli  procacciano.  E  i  beni  contrarii  a  questi  mali  sono 
gli  unici  incentivi  per  esercitare  le  virtu,  com'egli  le  propone.  Queste 
sono  la  fede,  non  gia  in  Dio,  ma  nel  progresso  continue,  infinite* 
dell'uman  genere,  al  quale  vuole  che  tutli  cooperiamo  secondo  le 
nostre  forze :  la  speranza ,  non  punto  nel  premio  della  vita  fu- 
tura  (in  cui  si  protesta  di  non  credere,  perche  nessuno  e  tomato  dal- 
1'  altro  mondo  a  dargliene  contezza ) ;  ma  nel  contento  della  propria 
coscienza,  e  nella  stima  e  nell'  amore  de'  buoni:  la  caritd  per  le 
opere  di  misericordia  spirituale  (come  pu6  intenderle  un  libero  pen- 
satore),  e  per  quelle  della  misericordia  corporale:  finalmente  le  virtu 
cardinali ,  e  le  altre  morali  ed  intellettuali ,  intorno  a  cui  non  ci 
accade  di  fare  altra  speciale  avvertenza,  essendo  sempre  lo  stesso  il 
principio  movente  alia  pratica  di  esse. 

E  con  cio  ci  sembra  di  avere  data  una  sufficiente  idea  deWEtica 
del  Ricciardi,  cosi  per  rispetto  ai  principii  generali,  come  per  rispetto 
alle  applicazioni  particolari ;  a  quelle  almeno ,  che  sono  necessaria- 
mente  connesse  co' principii:  giacche  di  altre  proposizioni,  non  meno 
empie  ed  assurde,  ma  che  non  sono  cosi  strettamente  legate  col  sog- 
getto,  non  sarebbe  questo  ne  il  tempo  ne  il  luogo  di  occuparsi.  Ve- 
diamo  ora  se  un  tal  sistema  di  morale  sia  veramente  morale,  avuto 
riguardo  a  cio  che  gli  manca;  o  se  piuttosto  gli  convenga  un'appel- 
lazione  del  tutto  contraria  per  ragione  de'  principii  su  cui  poggia. 

Diciamo  dunque  in  primo  luogo,  che  questo  sistema  manca  della 
qualita  piu  sostanziale  a  potersi  dire  morale.  E  vaglia  la  verita:  intanto 
un  atto  puo  dirsi  morale,  inquanto  ha  relazione  ad  una  legge  prece- 
dente,  conosciuta  siccome  tale,  a  cui  se  esso  e  conforme,  e  riputato 
virtuoso,  se  per  contrario  e  difforme  vien  giudicato  vizioso.  II  che 
e  tanto  vero ,  che  se  per  ipotesi  impossibile  potesse  cancellarsi  uni- 
versalmente  dagli  animi  umani  qualsivoglia  idea  di  legge,  cesse- 
Serie  VIII,  vol.  //,  fasc.  50.0.  13  5  aprile  1871. 


\  94  RIVISTA 

rebbe  allo  stesso  tempo  ogni  differenza  fra  virtu  e  vizio;  siccome 
non  esiste  ne'bruti  animali,  incapaci  di  legge  propriamente  detta, 
perche  privi  di  ragione. 

Se  dunque  esistono  atti  morali,  deve  esistere  necessariamente  una 
legge  la  quale  sia  norma  comune  di  essi,  e  criterio  generate  per  giu- 
dicarli.  Ma  se  questa  legge  esiste,  dove  si  trova  essa  registrata,  chi 
e  il  legislator  che  la  impose,  e  quale  la  sanzione  che  le  diede?  A 
queste  domande  non  e  difficile  la  risposta,  tanto  solo  che  ci  piaccia 
consultare  la  ragione,  e  non  ostinarci  contro  i  giudizii  di  lei.  La 
ragione  dunque  ci  fa  sapere,  che  questa  legge  morale  essa  la  trova 
impressa  in  se  medesima,  perche  antecedente  ad  ogni  umana  legi- 
slazione,  perche  uniforme  ne'  primi  principii  presso  qualsivoglia  po- 
polo  e  in  tutt'  i  tempi ,  perche  finalmente  nessuna  barbaric  giunse 
mai  a  sradicarla  dagli  animi.  E  se  e  cosi ,  chi  mai  pote  imporla,  se 
non  1' autore  stesso  della  natura  ragionevole? 

Sappiamo  bene  che  i  liberi  pensatori  non  riconoscono  questo 
autore  della  natura,  almeno  qual  essere  distinto  dalla  natura  stessa, 
come  fa  il  Ricciardi  nella  presente  opera,  segnatamente  nel  capo  XXIV; 
ovvero  si  richiudono  in  un  dubbio  universale,  che  nel  fatto  equivale 
alia  negazione.  Ma  con  cio  che  altro  fanno,  se  non  negare  allo  stesso 
modo ,  ed  anzi  a  piu  forte  ragione ,  quella  legge  morale ,  che  pur 
ostentano  con  tanta  millanteria  di  voler  tutelare?  E  in  vero,  ogni 
legge  suppone  necessariamente  come  un  soggetto  che  la  riceva,  colla 
stretta  obbligazione  di  doverla  osservare ,  cosi  un  legislatore  che  la 
imponga  colla  vera  autorita  di  obbligare.  Una  legge  che  non  obbligasse, 
o  sia  perche  lasciasse  libero  al  soggetto  che  la  riceve  di  fare  o  non 
fare  secondo  le  sue  prescrizioni;  o  sia  perche  quei  che  la  da  non  avesse 
la  necessaria  autorita  per  obbligare,  per  cio  solo  non  sarebbe  piu 
legge.  Ora  domanderemo  noi  al  sig.  Ricciardi  e  ad  ogni  libero  pen- 
satore  come  lui:  la  legge  morale  obbliga  si  o  no,  indipendentemente 
da  ogni  legge  positiva?  Se  essa  non  obbliga,  non  esiste  moralita  nelle 
azioni  umane;  ne  sotto  questo  rispetto  sono  biasimevoli  quegli  atti,  ai 
quali  si  da  il  nome  di  viziosi,  siccome  non  sono  commendevoli  quegli 
altri  ai  quali  si  da  il  vanto  di  virtuosi.  Se  poi  la  legge  morale  ob- 
bliga ;  qual  e  quell'  autorita  che  pone  un  tal  vincolo  ?  Forse  la  co- 
scienza?  Ma  che  altro  e  finalmente  la  coscienza,  se  non  una  facolta 
deli'animo  umano?  Se  essa  dunque  fosse  il  primo  e  adequate  principio 
della  obbligazione,  uno  stesso  sarebbe  il  principio  che  obbliga  ed  il 
soggetto  che  e  obbligato :  il  che  tornerebbe  allo  stesso  che  non  avervi 
obbligazione. 

La  qual  verita  ci  e  confermata  con  immediata  evidenza  dalla 
stessa  interna  esperienza.  Perciocche  qual  e  il  proprio  atto  della  no- 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  195 

stra  coscienza  per  rispetto  alia  legge  morale,  se  nonquello  di  avvertirci, 
che  la  tale  azione  e  da  praticare  perche  voluta  da  questa  legge,  e  la 
tale  altra  da  omettere  perche  da  essa  proibita.  Ma  questo  non  e  certo 
crearsi  un' obbligazione ,  si  bene  riconoscere  un' obbligazione  che  si 
aveva.  Or  chi  potea  scolpire  cotesto  intimo  sentimento  di  dovere  in 
tutte  le  umane  coscienze ,  se  non  1'autore  stesso  della  natura  ragio- 
nevole;  il  quale  per  conseguenza  non  pud  concepirsi  identificato  e 
confuso  colla  medesima  natura,  senza  che  si  ricada  negli  assurdi 
teste  notati  ? 

II  qual  discorso  vale  altresi  per  soddisfare  all' ultima  domanda, 
con  cui  si  cercava  se  vi  avesse  una  sanzione,  e  da  chi  posta,  a  gua- 
rentigia  della  detta  legge.  E  che  debba  esservi  non  v' ha  dubbio; 
perocche  come  non  si  da  legge  senza  obbligazione,  cosi  non  si  da 
obbligazione  di  legge  senza  una  sanzione;  e  questa  non  puo  altronde 
proyenire,  se  non  dall'autore  stesso  della  legge. 

Quanto  poi  alia  qualita  della  detta  sanzione,  i  liberi  pensatori  non 
sanno  trovarla  in  altro  che  nella  stessa  coscienza,  dicendo  che  come  la 
buona  e  premio  a  se  stessa,  cosi  la  rea  e  la  piu  terribile  punitrice 
de'  suoi  misfatti.  Ma  qual  umano  legislatore  sarebbe  cosi  inetto ,  che 
pensasse  di  poter  tutelare  la  societa  contro  gli  omicidi,  contro  i  ladri, 
e  contro  ogni  altra  ragione  di  furfanti;  e  per  opposto  di  poter  ot- 
tenere  atti  anche  difficilissimi  in  ogni  opera  di  virtu,  proclamando 
a  sanzione  del  suo  codice  premii  e  gastighi  di  questo  genere?  Or  dopo 
le  cose  ragionate,  non  e  egli  assurdo  immaginare,  che  il  legislatore 
supremo  nell'  imporre  quella  legge,  che  e  il  fondamento,  la  norma  e  il 
modello  d'ogni  altra  retta  legislazione,  e  la  cui  osservanza  e  connessa 
co'  beni  del  piu  alto  interesse  di  tutto  il  genere  umano,  si  fosse  con- 
tentato  di  raffermarla  con  un  presidio  siffatto,  che  adoperato  da  qualsi- 
voglia  altro  legislatore  lo  renderebbe  ridicolo?  Perciocche  a  metter  da 
parte  ogni  altra  piu  profonda  osservazione,  basta  il  senso  comune  piu 
volgare  per  far  capire,  che  cosi  fatti  gastighi  e  cosi  fatti  premii  ap- 
punto  in  que'casi,  in  cui  sarebbe  maggiore  il  bisogno,  perderebbero 
ogni  efficacia.  II  rimorso  e  un  gastigo  del  delitto,  non  pud  negarsi: 
ma  e  un  gastigo  che  non  tocca,  o  tocca  di  rado  e  assai  rimessamente 
chi  e  piu  abituato  alle  opere  ree;  che  e  quanto  dire  chi  merita  un 
gastigo  maggiore  pe'delitti  commessi,  ed  ha  bisogno  di  un  freno  piu 
efficace  per  non  tentarne  di  nuovi .  E  cosi  pure  la  soddisfazione  della 
touona  coscienza,  quand' anche  si  voglia  dire  un  premio  dell' opera 
virtuosa,  ne  ha  proporzione  colle  piu  difficili,  ne  offre  per  queste  nel 
piu  de'casi  un  sufficiente  allettamento.  La  sanzione  dunque  della  legge 
morale  ha  da  essere  una  sanzione  propriamente  detta,  la  quale  con- 
sista  nella  retribuzione  di  premii  e  di  pene,  che  un  giudice  supremo 


•>|  96  R1VISTA 

applichi  ai  buoni  e  ai  rei,  a  seconda  de'meriti  e  de' demerit!  di  ciascuno: 
in  qua!  misura ,  dove ,  e  con  quale  durazione  non  e  di  questo  luogo 
indagarlo. 

Messe  le  quali  cose,  ecco  il  primo  vizio  che  magagna  nella  radiee 
il  sistema  morale,  proposto  dal  Ricciardi  colla  sua  Etica:  il  manco  del 
principio  formale,  che  consiste  nel  riconoscimento  di  una  legge  eterna, 
immutabile,  imposta  dall'autore  stesso  della  natura  agli  esseri  ragio- 
nevoli;  tolta  la  quale,  siccome  cesserebbe  ogni  ragione  di  moralita  negli 
atti  umani ,  cosi  non  e  possibile  nessun  sistema  che  possa  proporsi 
come  regola  de'medesimi. 

Ma  non  e  questo,  ne  esser  potrebbe  il  solo  vuoto  d&M'Elica  del 
Ricciardi.  Un'Etica  che  non  riconosce  nessuna  religione,  e  per  que- 
sfaltro  verso  un' Etica  contraddittoria.  Perciocche  come  la  causa  for- 
male della  moralita  degli  atti  umani  e  la  conformita  colla  legge  morale; 
cosi  la  causa  finale  degli  atti  moralmente  buoni  e  1'obbedienza  e  1'os- 
sequio  della  creatura  ragionevole  al  suo  creatore  e  supremo  legi- 
slatore .  E  percio  il  primo  e  piu  ,sostanziale  precetto  della  legge 
morale  e  il  culto  di  Dio,  in  che  consiste  la  religione.  Un' Etica  dun- 
que,  come  quella  del  Ricciardi  e  in  generale  di  tutti  i  liberi  pensa- 
tori,  che  si  dichiara  indipendente  da  ogni  religione,  e  necessariamente 
incompiuta,  perche  manca  di  quel  complesso  di  doveri  che  si  riferi- 
scono  alia  religione  e  sono  i  piu  principal! ;  ed  e  necessariamente 
contraddittoria,  perche  agli  atti  umani,  che  essa  pretende  di  regolare, 
toglie  1'indirizzo  a  quel  fine,  al  quale  inquanto  tali  sono  essenzial- 
mente  ordinati. 

E  vaglia  la  verita ;  se  Iddio  colle  opere  della  creazione  si  ma- 
nifesta  alia  creatura  ragionevole  principio  e  fine  di  tutte  le  cose,  non 
puo  non  esigere  da  essa  che  come  tale  sia  riconosciuto  ed  onorato. 
11  primo  dovere  adunque  che  la  ragione  dimostra  all'uomo  e  quello 
di  onorare  Iddio:  in  che  appunto  consiste  il  culto  religiose,  che  ne 
prescrive  le  pratiche  e  i  modi.  E  percio  un'Etica,  che  prescinde  affatto 
dalla  religione,  manca  della  parte  piu  essenziale  de'  doveri  che  dee 
comprendere. 

Ma  inoltre  e  un'Etica  contraddittoria.  Imperocche  sebbene  la  legge 
morale  non  abbia  per  obbietto  immediato  solamente  il  culto  divino, 
siccome  quella  che  oltre  ai  doveri  verso  Dio,  assai  altri  ne  prescrive 
e  verso  se  stesso  e  verso  il  prossimo;  nondimeno  anche  per  quegli 
atti,  il  cui  obbietto  immediato  non  &  il  culto  divino ,  ha  essenziale 
relazione  all'  onore  di  Dio.  Di  fatto  la  legge  morale,  tutta  quanta  e, 
consiste  nella  conservazione  dell'ordine,  prescritto  agli  esseri  ragio- 
nevoli,  per  mezzo  di  diritti  da  salvare  e  di  doveri  da  compiere.  Donde 
consegue  che  1'atto  moralmente  buono,  che  &  posto  per  conservare 


DELLA    STAMPA    ITALIANA  197 

cotest'  ordine,  riesce  di  sua  natura  in  ossequio  del  creatore,  il  quale 

10  ha  stabilito  e  lo  vuol  conservato.  II  che  e  tanto  vero,  che  in  tutti 
i  tempi  e  presso  tutti  i  popoli,  non  solo  professanti  la  vera  religione, 
ma  anche  idolatri,  si  e  sempre  creduto  che  come  le  opere  virtuose, 
anche  quelle  che  non  avessero  per  obbietto  immediate  il  culto,  tor- 
nano  in  onore  della  divinita,  cosi  le  malvage  1'offendono  e  le  fanno 
disonore :  e  percid  in  tutte  le  nazioni  le  cerimonie  religiose,  istituite 
per  espiare  i  delitti  ,  sono  state  in  ogni  tempo  adoperate  non  solo 
per  espiare  i  delitti  contro  la  religione,  ma  quelli  ancora  di  ogni 
altra  qualita.  Adunque  un'Etica,  la  quale  si  professa  separata  da  Dio 
e  da  ogni  religione,  non  manca  soltanto  de'doveri  piu  essenziali  al- 
F  uomo,  ma  toglie  agli  atti  umani  il  fine  intrinseco  che  hanno  di  loro 
natura  inquanto  morali ;  e  percio  e  un'  Etica  che  non  e  morale,  ossia 
un'  Etica  contraddittoria. 

Se  non  che  1'autore  di  essa  alle  cause  generatrici  della  morale, 
le  quali  nega,  distruggendo  per  conseguenza,  come  abbiam  veduto, 

11  concetto  stesso  della  moralita ,  sostituisce  altre  cause ,  le  quali , 
tanto  lungi  dal  poter  tutelare  1'  atto  almeno  materiale  dell'  opera  mo- 
rale ,  sospingono  per  se  ad  ogni  dissoluzione  e  scapestramento.  Pro- 
viamolo. 

Le  cause,  che  generano  la  bonta  morale,  abbiam  dimostrato 
esser  due:  la  finale,  la  quale, consiste  nel  motivo  intrinseco  all'atto 
morale,  che  e  la  conservazione  dell' ordine  prestabilito  da  Dio  agli 
atti  umani;  e  la  formale,  che  e  riposta  nella  conformita  dell'  atto  con 
quest'ordine,  in  altri  termini,  colla  legge  morale  impressa  dallo  stesso 
autore  di  essa  negli  animi  umanL  Or  qual  e  la  causa  finale  dell'Etica 
del  Ricciardi  ?  L'  abbiam  notata  dal  principio :  e  la  felicita  della  vita 
presente  da  procacciarsi  per  mezzo  de'piaceri,  sia  dello  spirito,  sia 
del  corpo.  La  causa  formale  poi  par  che  la  ponga  nella  conformita 
dell'atto  col  giudizio  della  coscienza,  almeno  in  un  senso  negative, 
inquanto  non  sia  da  questa  condannato;  poiche  stabilisce  che  fon- 
damento  della  felicita  e  la  buona  coscienza.  Facciamoci  dalla  prima. 

11  Ricciardi  negando  la  vita  avvenire  o  prescindendone  affatto,  e 
necessariamente  costretto  a  stabilire,  come  fa,  il  fine  dell'  uomo  nella 
felicita  della  presente.  Ne  egli  si  da  nessuna  pena  di  dimostrarlo:  sup- 
pone  la  cosa ,  come  se  fosse  un  principio  primo  per  se  noto ,  e  sopra 
esso  stabilisce  tutto  il  suo  edifizio  morale,  sottintendendolo  in  ogni 
teoria  e  dettame  pratico.  Che  poi  faccia  consistere  una  tale  felicita 
ne'  piaceri  tanto  dello  spirito  quanto  del  corpo ,  lo  raccogliamo  da 
questo :  che  come  1'  ultimo  scopo  oltre  al  quale  non  sia  altro  da  cer- 
care,  che  egli  propone  alle  operazioni  dell'  uomo  anche  nell'esercizio 
•delle  virtu  morali ,  e  il  proprio  contentamento ,  se  non  altro  col  te- 


198  R1VISTA 

stimonio  della  buona  coscienza ;  cosi  questo  stesso  contentamento  e 
1' ultimo  frutto  che  gli  promette,  da  dover  conseguire  come  premio 
adeguato  di  tutte  le  sue  fatiche.  Ball'  altro  canto ,  poste  quelle  due 
negazioni  si  della  vita  avvenire,  come  della  legge  morale,  imposta  da 
Dio  colla  sanzione  di  premii  e  di  pene  da  retribuirsi  da  lui  stesso; 
ed  anzi  negata  la  stessa  esistenza  di  Dio,  come  di  essere  distinto 
della  natura ,  non  rimaneva  nessun  altro  fine,  che  potesse  asse- 
gnare  ultimamente  aH'uomo,  come  scopo  adeguato  de'suoi  atti.  Or 
questo ,  come  dicevamo ,  anziche  principio  di  moralita ,  e  principle 
della  qualita  contraria ,  e  dee  trascinare  necessariamente  ad  ogni  cor- 
ruzione. 

E  prima  di  tutto  noi  vogliamo  supporre,  che  cio  che  si  dice  in 
teoria  possa  valere,  con  qualche  universalita,  anche  nella  pratica : 
vale  a  dire ,  che  chi  si  proponga  come  ultimo  fine  di  cercare  nel 
miglior  modo  il  proprio  contentamento  nella  vita  presente,  si  possa 
allo  stesso  tempo  facilmente  persuadere,  che  questo  modo  migliore 
consista  nell'  esercizio  delle  morali  virtu,  guardandosi  massimamente 
dal  commettere  nessun'  opera  rea  .  Fingiamo  ancora  che  cosi  fatta 
persuasione  si  possa  verificare,  similmente  con  qualche  universalita, 
anche  nella  pratica;  sicche  non  solo  alcuni  pochi,  ma  molti  operino  in 
questa  guisa.  Potrehbero  gli  atti  di  costoro  essere  riputati  morali  ? 
Se  si  guarda  alia  loro  apparenza,  parrebbe  di  si:  ma  tutt'altra  e  la  so- 
stanza.  Imperocch&  ogni  atto  prende  essere,  o  come  dicono  le  scuole, 
e  specificato  dal  fine  al  quale  e  diretto:  con  questa  differenza  fra 
gli  atti  intrinsecamente  rei,  e  gli  atti  buoni  o  indifferenti,  che  i  primi 
non  possono  essere  giustificati  da  un  fine  retto,  e  i  secondi  possono 
essere  e  sono  realmente  o  modificati  da  un  fine  indifferente,  o  maga- 
gnati  da  un  perverso.  Cosi  per  cagion  di  esempio,  se  alcuno  facesse 
un  atto  di  larghezza ,  donando  a  un  poverello  acciocche  questi  pas- 
sasse  una  giornata  negli  stravizii  e  nella  crapola;  cotesta  non  sarebbe 
certo  un' opera  di  virtu  da  encomiare,  ma  piuttosto  una  malvagia 
da  punire.  Or  che  e  mai  il  contentamento  di  se  stesso,  da  cercare 
in  ogni  cosa ,  anche,  e  massimamente  se  si  vuole ,  colle  opere  vir- 
tuose, se  non  I'egoismo  piu  raffinato,  elevato  a  fine  ultimo  dell'uomo? 
E  pero  che  altro  potrebbero  essere  tutti  gli  atti  di  lui,  se  non  al- 
trettante  Industrie  dell'  egoismo ,  il  quale  se  compie  opere  buone , 
intanto  le  compie,  inquanto  valgono  piu  delle  triste  a  contentarlo? 

^Donde  si  scorge  la  inconseguenza  di  quell' accusa,  che  1'autore, 
com'e  il  consueto  di  tutt'  i  liberi  pensatori ,  muove  ai  buoni  cattolici, 
dicendo  che  tutte  le  loro  virtu  si  riducono  ad  un  calcolo  d'  interesse,  o 
sia  per  liberarsi  dall'  inferno,  o  sia  per  meritarsi  il  paradiso.  No:  il  fine 
adeguato  della  legge  cristiana  e  la  carita  verso  Dio,  di  cui  e  una  forma 
particolare  quella  verso  il  prossimo :  In  Ms  duobus  mandatis,  come 


DELIA  STAMPA  ITALIANA  199 

dichiaro  il  divino  Maestro,  universa  lex  pendet  et  prophetae.  1  E 
percio  anche  quando  dal  cristiano  si  opera  in  vista  del  paradiso  da 
conseguire  o  dell'  inferno  da  campare,  purche  non  venga  escluso  for- 
malmente  il  riguardo  all'ultimo  fine,  1'atto  di  sua  natura  vi  e  diretlo; 
il  quale  per  conseguenza  benche  compito  prossimamente  in  conside- 
razione  del  premio  o  della  fuga  del  gastigo ,  ultimamente  si  risolve 
nei  fine  universale  della  carita  verso  Dio,  piu  o  meno  perfettamente 
attinto,  secondo  le  altre  circostanze  dell' opera  e  dell' operante.  Per 
contrario  nella  teoria  del  Ricciardi ,  1'  ultimo  intento  e  sempre  alia 
propria  soddisfazione ;  e  percio  anche  quando  1'  obbietto  immediato 
dell'  opera  fosse  un  eroico  sagrifizio  a  bene  del  prossimo ;  1'  opera 
ultimamente  si  risolverebbe  in  pretto  egoismo,  percbe  compiuta  uni- 
camente  per  soddisfare  a  se  stesso.  Donde  consegue  che  anche  le 
opere  materialmente  virtuose  resterebbero  magagnate  nella  loro  so- 
stanza ,  prendendo  una  qualita  tanto  distruttiva  della  virtu,  quanto 
e  1'egoismo  elevato  in  principio,  e  preso  com'  ultima  e  adeguata  norma 
de'proprii  atti. 

Se  non  che  noi  siamo  partiti  dalla  ipotesi ,  che  1'  uomo  potesse 
persuadersi  di  trovare  maggior  soddisfazione  nell'esercizio  delle  virtu 
che  nel  contentamento  delle  passioni  contrarie,  e  per  questa  sua 
persuasione  si  mettesse  all'  opera  di  esercitarle  davvero  ne'  casi  anche 
difficilissimi,  massime  se  imposti  da  precise  dovere.  Or  non  e  questa 
una  speranza  del  tutto  chimerica?  La  virtu  per  quanto  bella  a  va- 
gheggiare  nelle  pagine  fiorite  di  un  romanzo;  altrettanto  si  mostra, 
non  diciamo  solo  disaggradevole,  ma  nel  maggior  numero  de'  casi  di 
una  somma  difficolta  alia  nostra  natura,  per  le  ripugnanze  che  ad 
essa  ispira.  Come  dunque  potrebbe  questa  povera  nostra  natura  at- 
tingere  le  forze  necessarie  per  operare  virtuosamente  dall'  apprensione 
di  un  piace^e,  il  quale,  quando  proprio  sarebbe  il  bisogno,  o  punto 
non  si  manifesta,  o  si  manifesta  assiepato  da  disgusti  di  tal  fatta, 
che  debbano  di  gran  lunga  preponderare  nella  contraria  estimazione? 
E  sia  pure  che  in  qualche  caso  particolare  si  possa  da  qualche  animo 
meglio  disposto  apprendere  per  si  fatta  maniera  la  bellezza  morale  di 
un'  opera  eroica  di  virtu ,  che  la  soddisfazione  di  compierla  valga 
nell'  atto  pratico  o  a  non  fargli  apprendere  gran  fatto  le  difficolta 
contrarie ,  o  a  fargliele  superare .  Ma  qui  non  si  tratta  di  cio  che 
possa  accadere  qualche  volta,  e  in  qualche  natura  meglio  condizio- 
nata  :  si  tratta  di  ci6  che  debba  valere  per  se  e  universalmente  negli 
uomini,  quanto  ad  esser  motivo  efficace  ad  operare  virtuosamente.  Or 
questo  non  &  per  fermo  il  piacere  che  si  possa  sperare  dall'esercizio 
della  virtu. 

i  MATTH.  XXII,  40. 


200  RIVISTA 

Anzi  aggiungiamo,  che  ammesso  il  principle  del  Ricciardi,  neppur 
sarebbe  secondo  ragione  operare  virtuosamente ,  se  non  a  patto  di 
trovarci  il  proprio  gusto,  e  questo  maggiore  che  nell'  opera  contraria. 
E  vaglia  il  vero,  e  dell'  essenza  di  ci6  che  e  ultimo  fine,  esser  vo- 
luto  assolutamente  e  per  se  stesso;  ed  e  condizione  delle  altre  cose 
che  sono  mezzo  a  questo  fine,  esser  volute  in  ordine  ad  esso,  e  solo 
in  quanto  e  nella  misura  che  vi  conducono.  II  che  posto,  se  il  fine 
adeguato  dell'uomo  e  la  felicita  della  presente  vita  da  procacciare 
co'  piaceri  sia  deH'animo  sia  del  corpo,  cio  che  1'uomo  ha  da  volere 
per  se  e  come  termine  ultimo  di  sue  brame  e  appunto  il  piacere.  E 
pero  se  egli  prova  soddisfazione  maggiore  nel  coltivare  lo  spirito  e 
nell' esercitare  le  opere  che  diconsi  virtuose,  egli  operera  secondo 
ragione  cercando  questi  beni :  se  per  contrario  sente  gusto  maggiore 
nella  soddisfazione  delle  passioni  piu  obbrobriose,  egli  operera  allo 
stesso  modo  secondo  ragione  secondandole.  Questo  e  secondo  la  teoria: 
nella  pratica  per6,  siccome  i  piaceri  del  corpo  hanno  sul  comune  degli 
uomini  una  forza  molto  maggiore  per  lusingare  i  desiderii,  che  non 
i  piaceri  dello  spirito,  massimamente  se  per  arrivare  a  questi  sia  bi- 
sogno  di  superare  gravi  difficolta ;  ne  viene  in  conseguenza  che  il 
principio  che  nella  pratica  dovrebbe  dare  la  norma  agli  atti  umani, 
sarebbe  quello  dello  sbrigliamento  di  tutte  le  passioni,  e  quindi  della 
massima  corruzione  morale. 

Ne  questo  principio,  che  abbiamo  detto  essere  la  causa  finale 
nell'  Etica  del  Ricciardi ,  potrebbe  venir  corretto  dall'  altro  correla- 
tive della  causa  formale,  che  nel  sistema  di  lui  pare  che  sia  il  giu- 
dizio  della  coscienza.  Imperocche  una  volta  che  il  fine  ultimo  del- 
l'uomo si  riponga  nel  piacere,  non  potra  la  coscienza  aver  che  ridire, 
se  quel  piacere  che  uno  trova  nell'operare  con  virtu,  un  altro  creda 
di  trovarlo,  e  lo  trovi  veramente  piu  sentito  nel  disfogamento  delle 
passioni.  Ed  anzi  come  supposto  quel  principio  il  nome  di  virtu  e  un 
suono  senza  significazione ;  cosi  quello  di  coscienza  non  ha  piu  il 
valore  di  un  giudice  interno  della  bonta  o  reita  de'  pfoprii  atti ,  ma 
quello  solo  di  testimonio  de'  proprii  atti ,  col  dovere  di  approvarli 
tutti,  quali  che  sieno. 

Sappiamo  bene  che  quest' ultima  conseguenza,  benche  provenga 
necessariamente  dal  principio,  e  nondimeno  disdetta  da'  liberi  pensa- 
tori ;  e  in  particolare  il  nostro  autore  con  un'oflesa  alia  logica,  che  in 
questa  occasione  gli  fa  onore,  seguita  a  volere  che  la  coscienza  debba 
esser  la  regola  morale  degli  atti  umani.  Ma  come  potrebbe  cid  una 
coscienza  separata  onninamente  da  Dio?  Per  fermo  chi  si  sente  nel 
diritto  di  separarsi  da  ogni  religione  e  sino  di  negare  1'esistenza  di 
Dio;  perche  mai  si  dovrebbe  sentir  legato  da  un  giudizio  che  oda 
pronunziarsi  dal  fondo  del  suo  cuore,  in  riprovazione  di  quesjto  o  di 


DELLA  STAMPA  ITALIAN  A  201 

quell' atto,  al  quale  dall'  altro  canto  e  violentemente  mclinato?  Non 
riusci  egli  a  soffbcare  un  grido  assai  piu  forte  della  stessa  coscienza, 
da  cui  era  ammonito  della  esistenza  di  un  Essere  supremo,  e  de'doveri 
gravissimi  che  gli  correvano  verso  di  lui  ?  Non  potra  dunque  con 
molto  maggiore  facilita  disprezzare  richiami  men  forti  e  stimoli  men 
acuti  di  quelli?  E  diciamo  meno  acuti ,  perche  nel  sistema  del  Ric- 
ciardi,  il  rimorso  della  coscienza  non  e,  ne  altro  pu6  essere  che  una 
sensazione  disaggradevole ,  da  doversi  evitare  inquanto  tale.  Ora  se 
chi  si  accinge  a  commettere  un  delitto  pu6  persuadersi,  che  vale  la 
pena  accettare  questa  sensazione  disgustosa,  per  procacciarsene  di  altre 
piacevoli  in  genere  diverse,  non  dovra  parimente  persuadersi  che  egli 
opera  ragionevolmente?  E  un  baratto  di  sensazioni,  e  nulla  piu. 

Ma  anche  di  cotesta  pena  del  rimorso  puo  in  qualche  modo  sba- 
razzarsi ,  se  non  sempre  nel  fatto  (giacche  non  e  facile  disvestir  la 
natura,  come  si  niegano  i  principii),  almeno  in  forza  del  sistema, 
chi  volesse  seguirlo.  E  in  vero  un  libero  pensatore  non  e  forse  1'arbitro 
egli  stesso  della  sua  coscienza?  Non  consiste  anzi  in  questo  1'essenza 
del  libero  pensiero?  E  posto  ci6  qual  cosa  piu  facile,  che  ritenere 
non  solo  come  opera  lecita ,  ma  come  santa ,  quella  che  aggrada , 
avvegnacha  da  altri  sia  reputata  malvagia?  E  che?  pu6  il  Ricciardi 
sperare  di  fare  una  morte  placida  e  quieta,  dopo  di  aver  combattuto 
Dio  e  rinnegata  ogni  religione;  e  non  pud  sperare  altrettanto  chi 
si  e  appropriate  1'altrui,  o  violati  i  diritti  .maritali  di  un  terzo?  Ma 
il  Ricciardi  vuole  inviolata  la  proprieta,  e  rispettata  la  fede  coniu- 
gale .  Ma  i  comunisti  non  riconoscono  questi  vincoli .  Or  perche  si 
dovrebbe  credere  piuttosto  al  Ricciardi,  che  non  crede  in  Dio,  che  ai 
comunisti,  i  quali  possono  rimaner  tali,  anche  ammettendo  1'esistenza 
di  Dio? 

Possiam  dunque  con  diritto  conchiudere,  che  YEtica  del  Ricciardi 
non  solo  toglie  ogni  fondamento  alia  moralita,  ma  pone  principii,  i 
quali  e  per  s6  stessi,  e  molto  piu  per  le  ree  inclinazioni  che  trovano 
nella  nostra  natura ,  debbono  condurre  ad  ogni  estremo  di  morale 
corruzione.  Le  parti  buone  quanto  ai  dettami  particolari ,  che  certo 
non  mancano  nel  libro,  non  appartengono  al  sistema.  Se  esse  pro- 
vano  qualche  cosa,  provano  contro  il  medesimo,  perche  ripugnanti  ai 
principii  in  esso  stabiliti.  Per  contrario  sono  la  piu  bella  apologia 
della  morale  cristiana,  giacche  se  in  pratica  hanno  coteste  parti  una 
piena  e  universale  applicazione,  1'  hanno  appunto  nel  cristianesimo,  e 
per  opera  di  quelli  che  lo  professano  non  a  parole  solamente ,  m  a 
a  fatti.  E  questo  appunto  e  il  miglior  frutto  dell'opera  del  Ricciardi: 
di  persuadere  ognuno,  che  non  si  pu6  professare  davvero  ne  praticare 
pienamente  la  morale,  salvoche  professando  e  praticando  la  religione 
cristiana  nella  sua  unica  vera  forma,  che  e  il  cattolicismo. 


CRONACA 


Firenze  4  aprile  1871. 


I. 

ROMA 

Nostra  Corrispondenza . 

Che  il  Vaticano  e  i  clerical!  tentassero  colle  loro  provocazioni  di 
i'ar  perdere  ilcapo  e  la  pazienza  all'Italia  e  ai  liberal!,  tanto  da  spingerli 
a  qualche  grosso  sproposito  che  dovesse  loro  tornar  fatale,  io,  per 
dirvela  qui  in  confidenza,  me  n'era  gia  accorto  da  un  pezzo.  Da  un 
pezzo  il  Papa  provocava.e  minacciava.  Fin  da  quando  Egli  era  re 
del  suo  Stato  intero,  fin  d' allora  minacciava  all'Italia  ed  al  Re  di 
Sardegna.  E  tanto  e  vero  questo  che  Cialdini,  Fanti  e  1' ex-ammiraglio 
Persano  furono  costretti  di  salvare  1'  Italia,  come  vi  dovete  ricordare, 
prendendo  una  buona  parte  dello  Stato  pontificio.  Lasciarono  qualche 
cosa.  Ma  questa  qualche  cosa  minacciava  e  provocava  sempre  in  modo, 
che  fu  necessario  prendere  al  Papa  qualche  altra  cosa.  Si  sarebbe 
creduto  che  il  Papa,  ridotto  cosi  ai  minimi  termini,  avrebbe  finito  di 
provocare  e  minacciare.  Ma  minacciava  e  provocava  sempre,  si  che  fu 
necessario  prendergli  anche  Roma,  lasciandogli  il  solo  Vaticano. 

Ora  ecco  che  dal  Vaticano  il  Papa  segue  a  provocare  e  minac- 
ciare. Specialmente  il  di  otto  dicembre,  giorno  deirimmacolata  Con- 
cezione,  il  Papa  dal  Vaticano  provocd  e  minaccio  cotanto,  che  fu  ne- 
cessario che  T Italia  si  armasse  contro  e  si  difendesse.  Se  alcuni  bravi 
giovanotti  non  si  armavano,  quel  giorno  1'  Italia  era  perduta.  II  Vati- 
cano usciva  dal  Vaticano  e  invadeva  Roma  e  1' Italia.  Grazie  a  Dio 
si  trovo  chi  si  oppose  al  Vaticano  e  salvo  1' Italia  e  Roma.  Vi  narro 
le  cose  in  succinto,  perche  so  che  le  sapete  d'altronde. 

Poi,  sempre  per  quel  maledetto  gusto  di  minacciare  e  provocare 
i  poveri  liberal! ,  non  e  egli  venuto  in  capo  a  quattro  o  cinque  preti 


CRONACA   CONTEMPORANEA  203 

di  stilettarsi  da  se'per  Trastevere?  E  che  quella  fosse  un'arte  clericale 
per  provocare  e  rendere  odiosi  i  liberal! ,  si  puo  arguire  da  questo,  che 
di  fatto  e  accaduto  che,  per  quelle  stilettate,  i  liberali,  non  dico  che 
perdessero  credito,  ma  crebbero  nel  discredito,  in  che  gia  erano  per  1'an- 
teriore  provocazione  di  Porta  Pia  e  del  Vaticano.  E  siccome  suol  ac- 
cadere  che  i  ladri  perdono  ogni  giorno  piu  il  loro  credito  a  cagione 
dei  furti  che  si  commettono;  donde  tutti  i  savii  arguiscono  per  diritta 
conseguenza  che  i  ricchi  sono  quelli  che  si  rubano  da  se  per  rendere 
odiosi  i  poveri  ladri;  cosi  i  clericali  per  porre  in  mala  voce  i  liberali 
ne  studiano  adesso  ogni  giorno  una  nuova.  Non  contenti  di  essersi 
presi  tra  se  a  colpi  di  accetta  1'8  dicembre,  di  essersi  bastonati  e 
carcerati  il  10  marzo,  si  sonoperfmo  schiaffeggiati  in  Chiesa,  avendo 
pero  avuta  cura  quella  volta  di  far  cadere  lo  schiaffo  sul  viso  di  un 
liberate  contiguo,  che  non  ci  avea  che  fare  ed  era  cola  per  pregare. 
II  qual  equivoco  e  accaduto  pure  la  sera  del  10  marzo,  quando  andando 
alcuni  clericali  di  notte  gridando  Abbasso  e  Morte  e  rompendo  i  vetri 
alia  Casa  del  Gesu,  un  non  si  sa  bene  chi  getto  dalla  finestra  un  non 
so  ben  che,  che  dai  giornali  liberali  del  mattino,  i  quali  doveitero 
verificare  da  vicino  la  cosa,  fu  qualificato  per  acqua  «  non  nanfa  ». 
La  quale  dicono  che  cadesse  sulla  bandiera  tricolore.  Ma  io  spero  che 
una  buona  parte  sara  anche  caduta  sul  banderaio  clericale  e  provo- 
catore.  Ora  poi  i  clericali,  non  contenti  di  queste  e  mille  altre  angherie, 
hanno  preso  a  rompere  le  Madonne  per  le  strade  e  a  lacerare  e  lordare 
gli  Inviti  sacri  di  nascosto,  di  nottetempo,  quando  i  liberali  dormono. 
Hanno  anche  piu  sottili  avvedimenti, siccome  leggo  nel  Tempo  dei 
26  marzo.  «  leri,  dice  quel  giornale ,  ieri  un  uomo  stava  in  atto  di 
preghiera  dinanzi  ad  un'  immagine,  sull'angolo  del  palazzo  Castellani, 
a  pochi  passi  dalla  Chiesa  dei  SS.  Vincenzo  ed  Anastasio.  Sorse  fra  gli 
astanti  il  sospetto  che  quell' uomo  fosse  un  fariseo,  mandato  cola  ap- 
positamente  dai  Gesuiti  perche  il  popolo  l'insultasse.  »  Ed  io  credo 
che  la  cosa  fosse  appunto  cosi .  Contro  arti  si  fine ,  e  provocazioni 
si  nere  del  Vaticano  e  dei  clericali,  non  so  davvero  come  avreb- 
bero  potuto  resistere  i  liberali ,  se  non  fossero  in  buon  punto  arri- 
vati  i  reduci.  Ringraziamo  Dio  che  sono  arrivati  di  marzo;  che  al- 
trimenti  la  cosa  passava  male  pei  mercanti  di  flanelle.  Giacche  mi 
ricorderd  sempre  con  raccapriccio  che  la'  Gazzetta  d'  Italia,  in  una 
sua  corrispondenza  di  gennaio  scritta  da  un  certo  sig.  Armando , 
ci  faceva  una  gelata  descrizione  di  questi  garibaldini  in  Francia  di 
inverno  senza  flanelle.  Questo  solo  pensiero  metteva  freddo.  Se  giun- 
gevano  in  Roma  di  febbraio,  io  avea  pensato  di  prevenire  1'assessore 
Samuele  Alatri,  Piperno  professore  di  filosofia,  il  giornalista  Arbib 
direttore  della  Liberia  ed  altrettali  negozianti  di  flanelle  che  chiu- 


204  CRONACA 

dessero  i  negozii  a  tempo.  Grazie  a  Dio  giunsero  senza  flanelle,  ma 
di  marzo,  quando  non  ce  n'e  piu  bisogno.  Costoro  amano  i  pericoli. 
Non  ne  hanno  trovati  in  Francia.  Hanno  bensi  cercati  i  Prussian! : 
ma  non  li  hanno  trovati.  Se  li  avessero  trovati,  sono  certo  che  avreb- 
bero  avute  flanelle.  La  cosa  e  chiara.  Dicono  che  hanno  fatti  tanti 
prigionieri  prussiani.  Questi  prigionieri  aveano  flanelle  ?  Credo  di  si. 
Ss  le  avevano,  suppongo  che  il  corpo  garibaldino  se  ne  sarebbe  vestito; 
e  se  ne  fa  sempre  svestito,  come  assicura  la  Gazzetta  d' Italia,  cio 
prova  che  i  garibaldini  non  trovarono  Prussiani. 

Percio  sono  venuti  a  Roma  a  cercare  i  pericoli  e  a  sfidare  le 
minacce  e  le  provocazioni  del  Vaticano  e  forse  chi  sa?  forse  sono  venuti 
anche  per  trovare  qui  quel  bottino,  che  la  France  ci  narra  aver  fatto 
sui  Prussiani  il  Generate  garibaldino  Bordone.  II  quale  mando  a  sua 
moglie  in  Italia  dalla  Francia  ventidue  casse.  Queste  rentidue  casse 
furono  sequestrate  e  aperte  alia  frontiera.  E  che  cosa  vi  si  trovo? 
Pissidi,  calici,  ostensorii,  ed  altrettali  bandiere  prussiane.  Checche  sia 
di  questo,  il  certo  e  che  il  Vaticano  minaccia  sempre.  Si  fa  ora  con- 
tro  il  Vaticano  il  gioco,  ossia  la  guerra,  che  si  e  fatta  al  resto 
dello  Stato  Pontificio .  Non  resta  ai  Papa  che  il  Vaticano .  Sicco- 
me  contro  il  resto  si  scatend  gia  il  valore  garibaldesco,  acciocche 
poi  il  valore  governativo  avesse,  come  si  dice  adesso,  il  diritto  ed 
il  dovere  di  venirlo  a  salvare;  cosi  ora  che  il  Vaticano  provoca  e 
minaccia  cosi  fieramente,  si  e  chiamato  in  soccorso  il  corpo  dei  re- 
duci.  I  reduci  sentono  da  lontano  1'odore  del  pericolo  e  dei  conventi, 
delle  bandiere,  e  de'  calici  da  conquistare:  e  subito,  con  quel  coraggio 
che  li  distingue,  abbandonano  Francesi  e  Prussiani ,  e  accorrono  dove 
vi  e  sangue  da  versare.  II  governo  sapra  poi  salvare  il  Vaticano,  come 
salvo  il  Quirinale. 

Poco  manc6  che  teste  i  clerical!  non  compromettessero  questa 
buona  gioventu,  reduce  dall'aver  salvata  la  Francia.  Sapete  che  cosa 
aveano  pensato  questi  clerical!  incorreggibili?  Aveano  pensato  di  or- 
ganizzare  un  tumulto  il  di  di  San  Giuseppe.  Non  vi  riuscirono,  perche 
I'autorita  regnante  fu  avvisata  questa  volta  a  tempo.  Che  anzi  manco 
poco  che  i  clericali  non  fossero  questa  volta  colti  sul  fatto,  secondo 
che  leggo  in  un  giornale  garibaldo  di  qui,  che  si  chiama  il  Tempo, 
nel  suo  n°  del  22  marzo.  «  II  giorno  19  (narra  quel  povero  provo- 
cato)  alcuni  reduci  garibaldini  (i  garibaldini,  come  sapete,  per  quanto 
vadano  lontano,  trovano  sempre  il  modo  di  esser  reduci)  vollero  fe- 
steggiare  1' anniversario  del  loro  duce  in  una  vigna  (questo  poi, 
Tempo  mio  hello,  non  ci  era  bisogno  di  dirlo :  e  dove  volevi  che 
andassero?).  Nel  ritornare  in  citta  si  videro  ad  un  tratto  circondati 
dalle  guardie  di  questura.  L'indovinereste?  Questi  reduci  garibaldini 


CONTEMPORANEA  205 

erano  stati  scambiati  coi  caccialepri.  D'onde  1'equivoco.  Riconosciuto 
1'errore  fu  un  bel  ridere.  »  Fin  qui  il  Tempo.  Voi  avrete  capita  la 
cosa  al  volo .  Se  erano  caccialepri  che  tornassero  dalla  chiesa ,  la 
provocazione  era  bella  e  provata,  I'arresto  mantenuto,  1'Europa  in- 
formata  della  nuova  provocazione  clericale.  Ma,  grazie  aDio,  noa 
erano  che  garibaldini  reduci  dal  loro  santuario  della  vigna;e  la  cosa 
fini  in  un  bel  ridere  tra  garibaldini  e  questurini. 

Cosi  che  il  mio  povero  parere  sarebbe  che  voi,  i  quali  dovete 
avere  qualche  credito  sopra  questi  provooatori  clerical! ,  scriveste 
loro  una  bella  lettera  e  li  consigliaste  a  smettere  infme  queste  pro- 
vocazioni.  Tanto  piu  che,  come  dice  benissimo  la  vostra  Nazione  di 
Firenze  nel  suo  n°.  dei  15  marzo,  i  clericali  hanno,  come  altrove,  cosi 
in  Roma,  varii  mezzi  tutti  leciti  e  onesti  di  soddisfare  al  loro  zelo 
senza  ricorrere  alle  provocazioni.  «  La  religione  cattolica  (dice  la 
Nazione)  ha,  per  soddisfare  lo  zelo  dei  suoi  piu  ferventi,  le  preghiere 
e  i  digiuni.  II  resto  dee  essere  considerate  come  politico  e  come  tale 
punito.  »  Preghino  dunque  e,  sopra  tutto,  digiunino  i  clericali.  II  di- 
giuno  e  ora  facile  in  Roma,  dopo  le  ricchezze  venuteci  il  20  settembre: 
tanto  che  so  di  buon  luogo  che  digiunano  ora  perfino  molti  liberali . 

Che  se  i  clericali  si  ostinassero  a  voler  far  altro  che  pregare  e, 
sopratutto  digiunare,  secondo  che  con  tanta  nostra  edificazione  fanno 
ara  perfino  molti  liberali  specialmente  dei  reduci ,  sappiano  che  si 
esporranno  cosi  a  dure  rappresaglie.  La  Capitate  fin  dai  9  marzo  ci 
cantava  chiaro  che  «  i  clericali  devono  persuaders!  che  se  si  dovesse 
toroare  indietro,  non  resterebbe  del  loro  edifizio  pietra  sopra  pietra, » 
Si  tratta ,  come  vedete ,  di  distruggere  Roma ,  la  quale  questi  nostri 
liberali  amano  proprio  pazzamente.  Si  sa  che  volcano,  o  almeno  mi- 
nacciarono  di  distruggere  Roma  fin  dal  49,  quando  dovettero  abban- 
donarla.  Ma  se  1'avessero  distrutta  allora,  come  avrebbero  fatto  a 
riconquistarla  adesso?  Rinunziano  dunque  fin  d' ora  ad  essere  reduci 
un'altra  volta?  Ma  e  vano  discorrere  con  questi  innamorati  pazzi,  i 
quali  ben  mostrano  di  non  possedere  tutto  il  giudizio  di  Salomone. 
Questo  savio  principe,  tra  le  due  donne,  di  cui  ciascuna  pretendeva 
essere  la  madre  di  quel  bambino,  giudicd  esser  madre  falsa  e  bu- 
giarda  quella  appunto  che  preferiva  vedere  il  bambino  distrutto, 
anziche  vederlo  in  braccio  deli'  altra .  E  cosi  Roma  pud  ora  inten- 
dere  quale  sia  la  sua  vera  madre:  se  la  Chiesa  o  1' Italia  de'liberali. 
Se  T  Italia  de' liberali ,  che  non  vuol  partire  da  Roma  senza  distrug- 
gerla,  affinche  non  sia  della  Chiesa,  o  se  la  Chiesa  che  per  conser- 
varla  incolume  non  permise  nemmeno  che  fosse,  come  poteva  essere, 
piu  a  lungo  difesa,  * 

Ma  non  saranno  gia  questi  poveretti  di  reduci,  gente  nata  a  di- 
struggere vettovaglie  anziche  citta,  coloro  che  distruggeranno  Roma. 


206  CRONACA 

Piuttosto  Roma  ha  da  temere  ora  assai  da'  suoi  architetti.  Tutti  ar- 
chitettano  ora  in  Roma,  chi  per  alzare,  chi  per  abbassare,  chi  per 
edificare,  chi  per  distruggere.  Questi  scava ,  quegli  rettilinea,  quel- 
1'  altro  prolunga.  Specialmente  sono  ora  occupati  gli  architetti  a  in- 
gravidare  (metafora  che  rubo  ad  un  giornale  romano)  cortili  classici.  II 
cortile  di  Montecitorio  partorira  le  leggi:  il  cortile  del  palazzo  Madama 
le  lecchera  ed  educhera.  Nel  cortile  del  Quirinale  sta  sempre  pendula 
la  sala  da  ballo,  la  quale  non  e  colpa  degli  architetti  se  non  s'  in- 
stallo  gia  ( questa  non  si  puo  dire  metafora )  nella  gran  Cappella 
Papale  Paolina.  Yi  figurate  voi  il  bell'  efletto  che  avranno  poi  da  fare 
queste  fabbriche  pregne?  Si  visiteranno  dai  forestieri  a  scorza  a  scorza 
come  le  cipolle;  o  a  foglia  a  foglia  come  lo  storico  carciofo,  di  cui 
saranno  il  simbolo  visibile. 

Grazie  a  Dio  mancano  i  danari.  Che  altrimenti,  con  questi  fu- 
rori  architettonici,  non  so  che  cosa  rimarrebbe  in  piedi  di  Roma  pre- 
sente.  I  progetti  s'  incalzano,  che  1'uno  non  aspetta  1' altro.  Sefossimo 
di  state  quando  il  sollione  scotta,  credo  che  ammireremmo  pel  Corso 
alle  vetrine  de'  fotograii  i  progetti  di  torcere  le  vie  diritte  e  stringere 
le  larghe,  o  almeno  di  stendere  di  gran  padiglioni  sopra  le  vie  e  le 
piazze  che  si  troverebbero  essere  gia  troppo  larghe  e  troppo  ampie  al 
bisogno  del  fresco  e  dell'omtfra.  Ma  costoro  ci  sono  venuti  in  un  au- 
tunno  indiavolato,  e  si  godettero  poi  un  inverno  piuttosto  piovoso; 
ed  ora  siamo  in  una  primavera  assai  incerta.  E  percio  non  si  vedono 
che  progetti  di  allargamenti  di  vie,  e  di  aperture  di  piazze,  in  com- 
penso  dei  gran  cortili  che  si  rimpinzano.  Gli  architetti  meno  pericolosi 
sono  i  raddirizzatori  delle  vie  torte.  Costoro  butteranno  bensi  giu  qual- 
che  cosa  qua  e  cola,  ma  daranno  luogo  e  comodita  ai  venti  di  tramon- 
tana  e  di  scirocco  di  aiutarci  a  camminare,  nella  mancanza  presente  di 
danari  per  andar  in  carrozza.  Sceglieremo  le  vie  secondo  il  vento,  e 
pregheremo  i  Persani  della  marina  italiana  di  volercisi  rendere  utili 
almeno  per  terra. 

Mi  e  venuto  in  mente  che  questo  genio  guastatorio  entrato  ora 
in  capo  ai  nostri  architetti  sia  il  sintomo  di  una  qualche  crociata 
di  Roma  vecchia  contro  Roma  nuova .  Non  parlo  di  congiure  contro 
1'  Italia,  del  Yaticano  e  dei  soldati  del  Papa.  Parlo  della  Roma  vecchia, 
repubblicana,  imperiale  e  pagana,  la  quale,  dalle  sue  mura  rimaste  e 
dalle  sue  ruine  comechessia  conservate,  si  ribella  adesso  anch' essa, 
contro  la  Roma  presente,  civile  e  specialmente  sacra.  Credo  che  e 
una  vendetta  lungamente  covata  dentro  qualche  mitreo  inesplorato. 
Si  sa  che  Roma  presente  sorge  in  gran  parte  sull'  antica ,  o  almeno 
fu  eretta  coi  marmi  e  coi  mattoni  dell' antica.  Se  le  fabbriche  mo- 
derne  romane  potessero  parlare,  credo  che  parlerebbero  latino.  Tra- 


CONTEMPORANEA  207 

vertini,  marmi,  mattoni  potrebbero  presentare  la  loro  fede  di  nascita 
nel  Colosseo,  nelle  Terme,  nei  Tempii,  negli  Acquedotti,  nei  Fori.  Penso 
che  tutti  questi  marmi ,  mattoni  e  travertini  debbono  avere  stretta  tra 
se  una  framassoneria  o  lega  settaria  e  congiura.  Hanno  comperati  e 
sedotti  gli  architetti.  La  congiura  sta  per  iscoppiare.  Siccome  tempo  fa 
gli  architetti  passati  ruinarono  la  Roma  antica  per  fabbricare  la  Roma 
presente ;  cosi  ora  gli  architetti  moderni  stanno  architettando  di  rui- 
nare  Roma  presente  per  fabbricare  la  Roma  dell' avvenire.  Abiteremo 
sottoterra  intanto,  e  la  mangeremo  anche,  a  quello  che  penso,  come 
i  Trogloditi,  per  dar  gusto  e  gloria  agli  architetti. 

Un  architetto  e  gia  per  se  stesso  un  ente  pericoloso.  Ma  se  si 
co-involve  seco  1'archeologo,  e  un  pericolo  sociale.  Un  architetto  archeo- 
logo,  che  fosse  libero  a  quello  che  vuole  e  avesse  danari  a  suo  talento, 
sarebbe  un  Alarico  scientifico,  un  Roberto  Guiscardo  letterato:  con 
questo  divario  che  quegli  salv6  le  chiese  e  questi  non  distrusse  che 
la  regione  lateranense:  laddove  1'  archeologo  architetto  distruggerebbe 
i  sette  colli  sani  sani.  Un  architetto  archeologo  non  sogna  che  ruine. 
La  sua  casa  sono  le  macerie.  II  suo  cibo  (letterario,  s'intende)  e  la 
polvere.  La  lucerna  &  il  suo  occhio.  Dei  viventi  non  si  cura.  Pensa  a 
violare  i  sepolcri,  dove  cerca  tesori.  La  sua  vita  e  sotterranea.  Tutto 
questo  va  bene  quando  il  zelo  e  discrete.  Ma  ora  vi  e  una  indiscre- 
zione  di  scienza  soprabbondante.  Si  ruinanoalForo  mura  colossali  fab- 
bricate  per  ricingere  1'antico.  Si  riscava  lo  scavato  e  si  alzano  li  presso 
monti  di  terra  smossa  le  mille  volte,  che  poi  gli  architetti  archeologi 
futuri  torneranno  a  smuovere  e  cercare.  I  danari  pero  sono  e  saranno 
sempre  nuovi ;  e  s'  intascheranno  con  sempre  nuovo  piacere  dagli 
scavatori . 

Deh  perche  non  lasciano  costoro  in  pace  il  vecchio  e  il  mo- 
derno?  Yi  e  tanto  a  far  di  nuovo!  Vi  e  tanto  terreno  libero  dove 
ognuno  pud  mostrare  il  proprio  ingegno,  che  invero  non  si  capisce 
come  questi  pigmei  osino  por  le  mani  e  le  zappe  sopra  i  lavori  dei 
vecchi  maestri.  Ma  si  direbbe  che  a  costoro  non  preme  ne  il  vecchio 
ne  il  nuovo.  Preme  loro,  come  ai  muratori,  soltanto  di  lavorare.  La- 
sceranno  di  se  bella  e  grata  memoria !  Abbiamo  il  bello  povero  del 
400,  il  bello  del  500,  il  brutto  ricco  del  600,  il  brutto  povero  del  700. 
Avremo  il  bruttissimo  e  il  poverissimo  di  costoro.  In  verita  i  forestieri 
che  non  corrono  ora  a  Roma  hanno  torto.  Facciano  presto  a  venire.  Se 
tardano  non  vedranno  piu  che  piazze:  Campos  ubi  Roma  fuit. 

'Per  prima  cosa  hanno  deciso  di  sperdere  dalla  memoria  dei  vi- 
venti la  via  dei  Tre  Ladroni,  che  nel  48  si  chiamava  dal  popolo  la 
Via  dei  Triumviri  (anzi  vi  ho  veduto  io  scritto  questo  nome),  perche 
conduce  al  palazzo  della  Consulta,dove  quei  tre  aveanoposta  la  loro  resi- 


208  '•'•-''*    CRONACA 

denza.  Conduce  anche  al  Quirinale  come  sapete:  ed  e  condannata  percid 
ad  essere  allargata  e  a  sparire  e  a  chiamarsi,  forse,  la  via  d' Italia. 
Poi  vi  e  tutta  la  via  Pia  da  riformare  a  piazza  d'armi  e  a  scuderie. 
Perderemo  quattro  o  cinque  chiese  e  altrettanti  conventi.  Perderemo 
anche  qualche  lavoretto  del  Bernini;  ma  sara.poco  male.  Dei  Bernini 
ne  abbiamo  ora  a  dozzine.  Quello  di  che  manchiamo  in  Roma  sono 
scuderie  e  piazze  d'  armi.  Manchiamo  di  scuderie  specialmente;  giac- 
che  odo  che  anche  la  chiesa  e  la  casa  di  S.  Silvestro  al  Quirinale 
hanno  da  essere  cambiate  in  scuderie.  Monte  Cavallo  si  chiamera 
d'  or  innanzi  Monte  dei  Cavalli. 

Un  altro  architetto  •  d'  ingegno  ha  trovato  che  con  pochissima 
fatica  si  puo  buttar  giu  un  attro  poco  di  Roma  e  traforare  il  Quiri- 
nale, per  far  una  via  larga,  lunga  e  diritta  che  vada  dal  suo  prin- 
cipio  al  suo  fine  come  sogliono  fare  tutte  le  vie  di  questo  mondo. 
Avviso  pero  quest'  architetto  ingegnoso  che,  sotto  il  Quirinale,  tro- 
vera  le  Terme  di  Costantino,  che  gia  hanno  dato  teste  molto  che 
fare  a  coloro  che  vollero  intaccarle  per  la  nuova  salita .  Fara  anche 
bene  a  porre  a  mezza  via  di  quel  suo  sotterraneo  una  buona  far- 
macia,  con  discreta  provvigione  di  chinino  di  buona  qualita,  a  uso  di 
chi  vi  passera  nei  mesi  estivi. 

Aggiungete  la  Roma  quadrata,  progettata  da  un  altro  architetto 
che  vuole  quattro  vie  larghe,  diritte  e  lunghe,  le  quali  con  pochissima 
distruzione  di  case,  darebbero  ai  cittadini  futuri  la  comodita  di  an- 
dare  dalla  Trinita  de' Monti  a  Ponte  sant'  Angelo,  da  Ponte  sant'An- 
gelo  al  Foro  Romano,  dal  Foro  Romano  a  S.  Maria  Maggiore,  da 
S.  Maria  Maggiore  alia  Trinita  de'Monti,  tutti  luoghi  dove  ora  nessuno 
puo  andare  in  quadro.  Aggiungete  il  pensiero  anche  piu  radicale  di  chi 
vuol  distruggere  le  fabbriche  e  chiese  del  Foro  Romano  moderno  per 
ritrovare  1'  antico  :  aggiungete  1'  idea  felice  di  chi  vuol  allargare  e 
allungare  il  Campidoglio,  rubando,  questo  s'intende,  1' orto  ed  il 
convento  ai  Padri  di  Araceli :  e  poi  negate ,  se  potete ,  che  non  sia 
una  vera  provvidenza  che  in  tanta  abbondanza  d'  ingegni,  manchino 
pero  i  danari,  secondo  che  leggo  nel  Tempo  dei  28  marzo:  «  I  lavori 
sul  progetto  d'ingrandimento  della  citta  sono  stati  di  fatto  sospesi, 
avendo  la  Giunta  dichiarato  di  non  aver  piu  danari' da  impiegare  in 
tali  studii.  »  Benedetti  gli  architetti  studiosi!  Nei  loro  studii  hanno 
mangiati  tutt'  i  danari :  si  che  per  buona  fortuna  nulla  ne  rimane  per 
1'esecuzione  dei  loro  studii  preziosi. 

Due  di  questi  ingegni  miracolosi  che  abbiamo  ora  in  Roma  si 
sono  incontrati,  secondo  che  suol  accadere,  il  22  marzo  a  dire  Top- 
posto  sopra  lo  stesso  argomento.  «  Sono  sei  mesi,  dicea  la  Liberia,  che 
Roma  e  libera  e  noi  possiamo  guardare  il  passato  con  compiacenza.  » 


CONTEMPOHANEA  209 

II  Tempo  invece  diceva  lo  stesso  giorno :   «  leri  sono  compiuti  sei 
mesi  da  che  il  governo  italiano  e  in  Roma...  Ed  il  governo  che  ha  fatto 
pei  Roman!  ?  Ha  regalato  loro  il  ministro  Gadda,  le  guarentige,  i  con- 
sorti,  il  diritto  di  asilo,  gli  appaltatori  del  dazio  consume,  le  leggi  ec- 
cezionali,  la  Regia  di  Balduino,  qualche  migliaio  d'  impiegati  piu  o 
meno  piemontesi  (a  Roma  si  chiamano  piemontesi  i  non  Romani,  come 
in  Piemonte  si  chiamano  italiani  i  non  piemontesi)  tutta  quella  caterva 
di  tasse  che  per  noi  sono  tanto  piu  piacevoli  pel  modo  come  sono  state 
applicate.  Roma  e  un  paese  conquistato,  dove  e  permesso  far  man  bassa 
di  quanto  vi  e  di  buono, »  e  segue  a  lamentarsi  specialmente  dell'  o- 
stracismo  dato  ai  Romani,  cacciati  ormai  da  tutti  gli  impieghi,  e  perBno 
dai  lavori  di  sterri  e  di  muratura  dove  non  si  acceltano  che  forestieri. 
Del  che  lagnavasi  acerbamente  tests  anche  un  operaio  in  una  lettera 
pubblicata  dal  Tribuno  net  suo  n°  dei  18  marzo.  «  La  guerra  che  si 
muove  a  noi  romani ,  dice,  e  aperta  su  tutta  la  linea.  Non  solo  nei 
lavori  di  Montecitorio,  ma  fra  gli  artisti ,  bottegai  e  commercianti  vi 
&  una  lega,  affinch^  niun  romano  venga  occupato  in  veruna  guisa. 
Essi  vennero  in  Roma  non  come  patriotti  ma  come  dominated,  e  fanno 
di  tutto  per  avvilirci.  II  20  settembre  apri  le  porte  a  costoro  che  a 
schiere  vennero  a  sminuire  le  nostre  risorse,  le  nostre  Industrie.  »  Chi 
dice  queste  cose?  Un  clericale?  No.  Un  liberale  che  si  vanta  «  di  aver 
lavorato  molto  per  la  causa  nazionale  ».  Ora  ha  la  ricompensa  meritata. 
Del  resto,  e  questions  dipane  quella  che  muove  i  signori  padroni 
ad  impiegare  ed  allogare  i  forestieri.  Cosi  disse  un  romano  pur  troppo: 
ma  un  Romano  emigrate,  che  rientrd  per  Porta  Pia,  e  che  per  prima 
cosa  allogo  ed  impiego  molto  bene  se  medesimo.  Poi  prese  a  cacciare 
i  suoi  compatriotti  romani  da  tutti  gli  ufficii  posti  sotto  la  sua  dire- 
zione,  dicendo  ad  uno  di  loro:  *  io  non  vi  caccio  per  demeriti:  ma 
perche  e  questione  di  pane  da  dare  alia  turba  dei  nuovi  arrivati.  » 
Abbiatevi  cio  per  autenticoe  come  se  1'avessi  udito  io-colle  mie  orec- 
chie.  Col  che  non  intendo  di  diminuire  la  fede  che  si  dee  ad  una 
lettera  ministeriale  di  Firenze,  debitamente  registrata  e  protocollata 
in  Roma  (secondo  che  ho  letto  nei  giornali),  nella  quale  si  avvisava 
confidenzialmente  un  capo  di  governo  di  qui  che  trovasse  assoluta- 
mente  il  modo  di  cacciare  piu  Romani  che  poteva  dagl'  impieghi  ed 
ufficii;  cio  esigendo  1'alta  politica  massonica  e  settariache  non  vuole 
tra  i  piedi  gente  di  antica  morale.  La  morale  si  ama,  questo  si  sa  : 
ma  la  morale  nuova :  quella  di  Porta  Pia,  o  Piglia  come  dicono  i 
Romani. 


Serie  VIII,  vol.  If,  fasc.  500  U  5  aprile  1871. 


210  CRONACA 

II. 

COSE  ITALIANS 

•CosE  ROMANE  —  1.  Peripezie  del  Consiglio  e  della  Giunta  comunale  —  2.  Pra- 
tiche  tra  la  Giunta  comunale  ed  il  Ministero  sopra  leFinanze  per  la  tassa 
di  Dazio  consumo  —  3.  Cenni  sopra  le  sedute  del  Consiglio  ;  suo  voto 
per  partecipare  all'  espropriazione  delle  case  religiose  —  4.  II  principe 
D'Oria  Pamphili  rifiuta  ogni  uflicio  nella  Giunta  municipale,  e  diviene 
Prefetto  del  palazzo  reale  e  maestro  di  cerimonie  ;  nuova  Giunta  comunale 
—  5.  Rendiconti  del  sussidii  pei  danneggiati  dall'  inondazione  del  Tevere  — 
6.  Atti  del  Governo  e  del  Municipio  circa  le  Opere  Pie  ;  provvedimento  del 
Card.  Vicario  e  protestazione  dei  Card.  Vescovi  Suburbicarii  e  dei  Ve- 
scovi  della  provincia  di  Campagna  —  7.  Giuramento  della  Guardia  na- 
zionale  —  8.  Rassegna  militare  e  feste  varie  per  1'anniversario  della  nascita 
di  Vittorio  Emmanuele  II  e  del  principe  Umberto  —  9.  Seduta  del  Con- 
siglio comunale  alii  30  marzo,  pel  Dazio-consumo. 

I.  Le  peripezie  del  Consiglio  e  della  Giunta  comunale  di  Roma, 
cominciate  col  giorno  20  settembre  di  bellicosa  memoria,  per  quanto 
risulta  dai  fogli  liberaleschi  di  cola  iniziati  ai  misteri  capitolini,  sono 
ancora  ben  lungi  dal  toccare  il.termine  desiderate.  La  capitale  del 
mondo  cattolico ,  acclamata  capitale  del  regno  massonico  d'  Italia , 
continua  ad  essere ,  dopo  sei  mesi  interi ,  un  corpo  senza  testa,  che 
e-  sorretto,  come  su  due  grucce ,  da  un  Reggente  la  PrefeUura  e  da 
un  ff.  di  Sindaco  ,  ed  a  cui  fanno  puntello  un  certo  numero  di  as- 
sessori ,  i  quali  fmo  ai  30  marzo  non  si  sapeva  bene  se  fossero  o  non 
fossero  ancora  investiti  di  tal  ufficio,  a  cui  rinunziarono  il  di  stesso 
che  loro  fu  conferito .  La  storia  dei  dissidii  municipali  in  questi  sei 
mesi,  quale  apparisce  dai  giornali  La  Liberia,  La  Nuova  Roma_, 
11  Tempo  e  La  Capitale ,  porgerebbe  facile  argomento  ad  un  poema 
eroico-comico  da  digradarne  la  Secchia  rapita  del  Tassoni.  Ma,  in 
mezzo  alle  tante  scene  luttuose  che  veggonsi  in  Roma ,  non  ci  pare 
die  sia  tempo  da  folleggiare  e  dare  nelle  risa  ;  e  percio  ci  contente- 
remo  di  accennare  qui  le  principali  vicende  di  codesto  corpo  deca- 
pitato. 

II  principe  Filippo  Andrea  D'  Oria  Pamphili,  che  per  condiscen- 
dcnza  al  desiderio  del  suo  Re  Vittorio  Emmanuele  IT,  erasi  rassegnato 
alia  noia  di  rappresentare  un  ff.  di  Sindaco,  tirava  innanzi  alia  meglio, 
sebbene  con  grande  stento,  perche  sentivasiaddestrato  dall'onesto  israe- 
lita  Samuele  Alatri,  ed  avea  per  consultore  o  Mentore  Taw.  Placidi. 
Ma  alia  perfme  la  pazienza  ha  ancor  essa  i  suoi  limiti;  ed  alii  26 


CONTEMPORANEA  21  I 

del  passato  gennaio  1'  angustiato  principe ,  non  ne  potendo  piii ,  si- 
diede  vinto  e  scrisse  al  generate  La  Marmora,  allora  Luogotenente 
del  Re ,  per  dirgli  tondo  :  che  non  volea  piii  saperne.  La  sua  lettera, 
pubblicata  nella  Liberia ,  n°  28  del  29  gennaio  ,  accennava  che  do- 
vendosi  riunire  il  Consiglio  straordinario  comunale  alii  30  di  quel 
mese ,  ed  essendo  necessario  di  procedere  alia  nomina  d'  un  nuovo 
assessore  in  vece  del  Lunati ,  che  si  era  dimesso,  non  si  dovea  per- 
dere  tale  occasione ,  e  dare  anche  a  lui  un  successore.  Ed  allegavane 
i  motivi  seguenti :  la  sua  pochezza ,  gli  interessi  proprii  e  della  sua 
famiglia  ,  ed  il  dovere  di  partecipare  ai  lavori  del  Senato,  per  rive- 
renza  al  Re  e  per  amore  di  patria. 

Avuta  notizia  di  tal  rinunzia,  gli  assessori  B.  Placidi,  G.  Ange- 
lini,  A.  Silvestrelli,  Mario  duca  Massimo,  e  S.  Salvati  s' affrettarono 
d'  imitare  si  bell'  esempio ,  e  rassegnarono  il  carico  tra  le  mani  del 
La  Marmora;  il  quale  non  seppe  inventar  altro  di  meglio,  che  gua- 
dagnar  tempo,  e  percio  impetrava  da  quello  e  da  questi  che  conti- 
nuassero  ad  esercitare  le  rispettive  funzioni  fino  al  6  febbraio,  aggior- 
nando  a  tal  di  una  seduta  straordinaria  del  Consiglio  per  1'elezione 
d'una  nuova  Giunta.  Se  ne  adontarono  certi  Consiglieri,  sospeltando 
a  torto  che  con  cio  gli  assessori  e  il  ff.  di  Sindaco  volessero  sottrarsi 
al  dovere  di  rendere  conto  di  quanto  aveano  operato ;  e  ne  levarono 
spiacevoli  querimonie.  Onde  i  dimissionarii ,  a  sfuggire  ogni  taccia 
men  che  onorevole ,  si  arresero  a  rimanere  fino  alia  riunione  del 
Coasiglio  comunale,  che  poi  non  si  pote  effettuare  fino  alii  13  febbraio. 

2.  A  tale  risoluzione,  ed  ai  buoni  uffici  del  La  Marmora  per 
trattenere  gli  infastidjti  assessori,  davano  gagliarda  spinta  i  conflitti 
sorti  tra  il  Municipio  romano  ed  il  Ministero  sopra  le  finanze,  circa  la 
somma  che  quello,  a  rigore  di  legge,  dovea  pagare  a  questo,  come 
tassa  pel  dazio-consumo  e  pel  macinato ,  le  cui  delizie  doveansi 
godere  da  Roma  al  pari  che  dalle  altre  citta  del  Regno.  II  ministro 
Quintino  Sella,  fatti  bene  i  conti,  aragguaglio  strettissimo  colletariffe 
sancite  dalla  legge,  impose  al  Comune  romano  la  discretissima  quota  di 
L.  3,800,000.  La  Giunta,  fatti  pure  anch'essa  i  suoi  conti,  vide  che  per 
trarre  dalle  tasche  dei  romani  questa  giunterella  alle  pubbliche  gra- 
vezze,  dovrebbe  proprio  metterli  alia  tortura;  e,  non  piacendole  punto 
di  fare  tal  mestiere  a  danno  dei  proprii  concittadini  per  servigio  del 
nuovo  Governo,  dichiaro  di  non  poter  dare  che  tutt' al  piii  un 
2,000,000  di  lire.  II  Sella  stette  fermo,  col  suo  quod  scripsi,  scripsi. 
La  Giunta  vide  tornar  vane  del  paro  le  preghiere  come  le  argomen- 
tazioni  eloquenti  del  buon  Samuele  Alatri .  Pare  che  al  Sella  desse 
animo  a  tener  fermo  1'offerta  fattagli  da  certi  scorticatori  per  me- 
stiere, che  erano  pronti  a  pigliarsi  1'appalto  di  ievare  quel  balzello, 


212  CRONACA 

daado  al  Governo  le  volute  lire  3,800,000.  Tornando  inutili  i  richiami 
per  lettere,  il  principe  Filippo  Andrea  D'Oria,  assistito  dall'Alatri 
e  dal  Placidi,  tento  lo  spediente  di  dibattere  a  voce  la  cosa  coi  Mi- 
nistri  in  Firenze ;  ma  ebbe  a  convincersi  che  del  Sella,  trattandosi 
di  quattrini  da  affondare  nell'abisso  delle  Finanze,  puo  e  potra  dirsi 
con  tutta  verita ,  che:  illi  robur  et  aes  triplex  circa  pectus  erat. 
Senza  aver  nulla  ottenuto ,  il  ff.  di  Sindaco  ed  i  due  assessor!  se  ne 
tornarono  com'erano  andati.  II  Sella  ottenne  poi ,  dalla  nuova  Giunta, 
le  volute  L.  3,800,000,  come  diremo  a  suo  luogo. 

3.  Non  e  a  dire  se  questo  fiasco  pesasse  sulle  spalle  del  ff.  di 
Sindaco!  Alii  13  febbraio,  sul  mezzogiorno,  si  radun6  il  Consiglio 
comunale.  II  D'  Oria  vi  lesse  un  discorso,  in  cui  fagionavasi  la  sua 
risoluzione  di  rinunziare  a  quell' ufficio,  allegando  i  motivi  gia  dati 
al  La  Marmora,  ed  aggiungendo  il  novissimo  che  era  cornel' ultima 
spinta:  «  S.  M.  il  Re  voile  assolutamente  compartirmi  1'onore  di  una 
attribuzione  distintissima  presso  la  sua  persona;  la  quale  attribu- 
zione ,  da  me  accettata ,  mi  rende  oggimai  del  tutto  impossibile  il 
perseverare  nel  mio  posto  di  assessore.  »  Codesto  discorso  venne 
subito  pubblicato  nella  Liberia ,  n°  44  del  14  febbraio.  Finito  che 
ebbe  di  parlare  il  D'Oria,  la  Giunta  espose  ancor  essa  i  motivi  delle 
sue  dimissioni,  fondati  sul  timore  di  non  godere  a  bastanza  la  fiducia 
della  citta  e  del  Consiglio. 

II  Consiglio,  invece  di  esplorare  il  grado  di  risoluzione  degli 
assessed  quanto  all'andarsene  o  rimanere,  pose  a' voti  il  partito,  se 
si  dovesse  accettare  o  no  quella  dimissione;  e  si  conchiuse  pel  no. 
Ed  ecco  levarsi  parecchi  della  Giunta,  e  dichiarare  che  al  tutto  volcano 
essere  spacciati  di  quelle  brighe.  Come  fare?  S'ando  a  pranzo,  per 
aver  tempo  da  pensarvi.  II  di  vegnente  ebbe  luogo  la  seconda  se- 
duta,  che  s' incomincio  col  decidere  che  si  lasciasse  in  sospeso  la 
questione  della  Giunta;  e  dopo  un  fitto  garbuglio  di  ciance ,  di  pro- 
poste,  e  controproposte,  si  riuscl  a  decidere  che  si  approvava  V  eser- 
cizio  provvisorio  del  bilancio  municipale  pel  marzo ,  e  che  la  Giunta 
s'  ingegnasse  di  fare  un  debito  di  500,000  lire  per  sopperire  alle 
spese  piu  urgenti.  In  ci6  il  Consiglio  comunale  si  mostro  degno  emulo 
del  Parlamento  nazionale,  che  incomincia  sempre  col  decretare  IV 
sercizio  provvisorio  del  bilancio  e  la  creazione  di  nuovi  debit!  e 
nuove  gravezze  pubbliche. 

II  Consiglio  comunale,  dopo  si  enormi  fatiche,  senti  il  bisogno  di 
riposarsi,  e  si  abbandono  ai  sollazzi  del  carnevale.  II  23  febbraio 
torno  a  riunirsi;  ma  tale  seduta,  dice  la  Nuova  Roma,  «  ha  frut- 
tato  pochissimo;  si  sono  spese  quasi  tre  ore  a  fare  delle  chiacchiere, 
senza  concludere  nulla  di  utile;  non  si  e  fatto  altro  che  nominare 


CONTEMPORANEA  213 

due  Commissarii  per  la  ricchezza  mobile  3  »  cioe  per  governare  la 
faccenda  di  riscuotere  questo  balzello  nuovo  pe'Romani.  A  questo 
modo  procedettero  le  seguenti  tornate ;  per  via  di  battibugli  e  pet- 
tegolezzi  tra  certi  Consiglieri,  scavalcando  ad  ogni  poco  1'  ordine 
del  giorno.  Le  conclusion!  piu  important!  furono  le  seguenti.  1°  Si 
debbano  collocare  in  Campidoglio  lapidi  commemorative  dei  patriotti 
romani  morti  nelle  patrie  battaglie ;  ma  non  si  sa  bene  se  debba 
avervi  la  sua  anche  il  decapitato  Tognetti;  e  questo  grave  negozio  si 
decise  nella  seduta  del  28  febbraio.  2°  A  spese  del  Municipio  si  tra- 
sporti  da  Londra  a  Roma  il  cadavere  di  Mattia  Montecchi ;  e  si 
destini  gratis  un' arcata  del  camposanto  per  un  monumento  alia 
memoria  di  questo  ex-triumviro  della  repubblica  romana  del  1848-49. 
II  rimanente  delle  discussioni  ando  circa  il  Regolamento  delle  sedute 
municipali  ed  un  disegno  pec  1'  ampliamento  della  citta.  II  primo  fu 
raffazzonato  alia  meglio;  il  secondo,  proposto  da  una  Commissione 
i  cui  membri  se  1' intendeano  tra  loro  come  i  gatti  in  febbraio,  fu 
smozzicato,  poi  lasciato  li.  E  non  senza  stiracchiature  si  venne  a  capo 
di  nominare  i  membri  della  Congregazione  di  carita,  della  quale  par- 
leremo  piu  sotto . 

Ma  i  dibattimenti  sopra  il  disegno  per  1'  ampliazione  della  citta 
ebbero  un  risultato  assai  grave,  benche  ottenuto  per  indiretto.  Da 
pezza  La  Liberia,  diario  a  servigio  del  Governo,  rampognava  il  Mu- 
nicipio romano,  perche  non  s' adoperava  con  bastante  sollecitudine  e 
docilita,  onde  agevolare  al  Governo  il  trasporto  della  Capitale;  al 
quale  intento  bisognavano  locali  e  case  per  gli  impiegati .  Aspettare 
die  si  fabbricassero  le  nuove  case  dei  disegnati  quartieri  tra  Porta  Pia 
e  Porta  S.  Lorenzo ,  era  un  rimandare  la  faccenda  al  di  la  da  venire. 
Quelle  due  cime  d'uomini  che  sono  1'avv.  Biagio  Placidi  e  Yono- 
revole  Emanuele  Ruspoli,  trovarono  subito  il  modo  di  cogliere  due 
piccioni  per  una  fava ;  cioe  far  ammutolire  quei  molesti  censori ,  e 
•  mettere  tra  gli  artigli  del  Municipio  una  grassa  preda.  Veduto  che 
il  Governo  avvalevasi  delle  sue  facolta  per  applicare  ai  Convent!  ed 
ai  Monasteri  la  legge  di  espropriazione  per  causa  di  utilita  pubblica, 
quei  due  padri  della  patria  se  1'  intesero  fra  loro  e  dissero :  II  Go- 
verno piglia ;  perche  non  piglieremmo  anche  noi ,  cosi  a  buon  mer- 
cato,  quei  che  ci  occorre?  Detto,,  fatto.  Nella  tornata  del  6  marzo, 
quando  gli  uni  volevano ,  gli  altri  rifiutavano  il  disegno  di  ampliare 
la  citta  verso  Porta  S.  Lorenzo,  il  Placidi  ed  il  Ruspoli  proposero 
un  ordine  del  giorno*  col  quale  s'  invitava  la  Giunta  a  fare  presso 
il  R.  Governo  le  pratiche  opportune ,  onde  quella  comodissima  legge 
di  espropriazione  potesse  essere  applicata,  per  conto  del  Municipio 
Romano,  ai  conventi ,  ai  monasteri,  alle  case  dei  privati,  alle  casu- 


214  CRONACA 

pole  dei  poveretti ,  ai  fienili  di  cui  e  ingombra  Roma ,  affine  di 
adattare  tali  edifizii  e  giovarsi  di  quelle  aree  ad  uso  di  abitazioni  ci- 
vili.  Iltesto  di  tal  proposta  venne  subito  pubblicato  nella  Nuova  Roma 
n°  67  dell'  8  marzo. 

Al  Consiglio  municipale  parve  di  veder  cosi  scoperto  un  nuovo 
Peru,  a  profitto  proprio.  Poter  mandare  a  spasso  e  metter  sul  lastrico 
i  frati  e  le  monache  di  157  tra  conventi  e  monasteri,  designati  dal  Pla- 
cidi  e  dal  Ruspoli !  Poter  avere  tanti  vasti  edifizii ,  in  luoghi  cen- 
trali ,  facili  a  ridursi  ad  uso  de'privati ,  e  cio  con  nulla  piu  che  un 
decreto,  e  col  mettere  in  mano  agli  spogliati  proprietarii  alcuni  titoli 
di  rendita,  calcolata  con  1'equita  che  usava  il  Governo  stesso  verso  i 
frati  e  le  monache!  Tal  partito  non  ammetteva  dubbiezze.  II  Con- 
siglio Comunale  non  si  fece  pregar  punto,  ammise  la  proposta,  pro- 
cedette  a'  voti ,  e  conchiuse  che  appunto  cosi  s'  avesse  a  fare . 

4.  II  principe  Filippo  Andrea  D'  Oria  Pamphili  capi  allora  che 
bella  parte  gli  era  riservata  a  recitare ,  se  restava  nella  Giunta  mu- 
nicipale ;  e  ne  senti  tale  ribrezzo  che  ,  senza  porre  tempo  in  mezzo, 
scrisse  una  lettera  al  Consiglio  Comunale ,  a  cui  fu  letta  al  comin- 
ciare  della  seguente  tornata  del  7  marzo;  e  con  essa  annunziava: 
essere  suo  irremovibiie  proposito  di  non  avere  piu  ingerenza  alcuna 
nella  Giunta,  appunto  a  cagione  dell'  ordine  del  giorno  votato  nella 
seduta  precedente,  e  col  quale  s'  invocava  ad  utilita  e  discrezione  del 
Comune  di  Roma  1'applicazione  della  legge  d' espropriazione  dei  con- 
venti. 

Pochi  giorni  dopo  il  principe  se  ne  ando  a  Firenze,  fu  introdotto 
al  Senato,  presto  il  giuramento  e  prese  possesso  del  suo  stallo  se- 
natorio ;  quindi  assunse  pure  1'  esercizio  della  «  attribuzione  distin- 
tissima  »  presso  la  persona  del  Re ,  cio&  della  carica  di  Prefetto  del 
palazzo  Reale  e  maestro  di  cerimonie.  Prosit!  Come  dovrebbe  andarne 
altero  il  suo  antenato,  il  famoso  ammiraglio  Andrea ! 

II  Consiglio  comuoale  fece  di  necessita  virtu;  accetto  quella  omai 
troppe  volte  ripetuta  rinunzia  del  D'  Oria,  e  procedette,  in  quelLa 
tornata  del  7  marzo,  alia  nomina  della  sua  Giunta;  ed  al  primo  scru- 
tinio  riuscirono  eletti  assessori  i  signori  Giovanni  Angelini,  Mario 
duca  Massimo,  Biagio  Placidi,  Samuele  Alatri,  e  D.  Francesco  prin- 
cipe Pallavicini.  Al  secondo  scrutinio  riusci  eletto  il  sig.  Spada;  il 
quale,  senza  indugio,  alzo  la  voce  e  disse,  che  i  suoi  affari  non  gli 
permettevano  di  tenere  tal  carica.  Grande  scompiglio!  Restavano  ad 
eleggere  due  altri  assessori  ordinarii,  e.gli  assessori  supplenti.,Ed 
ecco  levarsi  il  sig.  Mario  Massimo  e  dire  che:  atteso  I' ordine  del 
giorno  contro  i  conventi ,  ammesso  nella  tornata  del  giorno  innanzi, 
non  gli  era  possibile  di  restare  a  far  parte  della  Giunta.  Sbalordi- 


CONTEMPORANEA 

mento  universale!  I  padri  della  patria  come  trasognati  si  guardano 
tra  loro,  in  atto  di  chi  dice:  ma  perche  costui  non  si  e  dichiarato 
prima?  Ed  ecco  si  leva  alia  sua  volta  1'onesto  israelita  Samuele  Alatri, 
e  dichiara  che,  per  suoi  affari  ed  interessi  particolari  vedeasi  obbligato 
a  rifiutare  F  onore  conferitogli,  e  che  non  voleva  punto  ritenere  la 
carica  di  assessore.  S'immagini  chi  pud  la  confusione  ed  il  dispetto 
degli  elettori.  Ne  nacque  un  diverbio  circa  il  punto :  se  tali  dichia- 
razioni  avessero  a  riguardarsi  come  dimissioni  o  come  semplici  non 
accettazioni.  Tornava  impossibile  mettersi  d'accordo;  e  si  sospese  il 
dibattimento.  Nella  tornata  del  seguente  venerdi  10  marzo,  si  com- 
pierono  le  elezioni  degli  assessori ,  e  la  Gazzetta  ufficiale  di  Roma 
dell'11  marzo  ne  rec6  il  seguente  elenco. 

Assessori.  Angelini  Giovanni  —  Massimo  Duca  D.  Mario  —  Pla- 
eidi  aw.  comm.  Biagio  —  Alatri  cav.  Samuele  —  Pallavicini  principe 
D.  Francesco  —  Spada  aw.  Alessandro  —  Gatti  dott.  Serafino  —  Fe- 
liciani  prof.  Alceo. 

Assessori  supplenti.  Venturi  aw.  Pietro —  Ricci  Nataletti  Felice 
—  Ramelli  Alessando  —  Gui  Giovanni. 

Al  comparire  di  questa  lista  ufficiale,  rimase  alia  sua  volta  stu- 
pito  il  rispettabile  pubblico.  Dunque  i  signori  Massimo,  Alatri  e  Spada 
accettarono  poi  chetamente  quello  che  con  tanta  solennita  aveano 
rifiutato?  e  perche?  Sono  interrogazioni  indiscrete,  a  cui  finora  non 
s'ebbe  soddisfacente  risposta.  Ma  in  conclusione  la  Giunta  e  vera- 
mente  costituita  dai  nominati  personaggi?  Questo  non  si  sapeva 
ancora  il  29  di  marzo,  di  cbe  levavano  aspre  querele  i  diarii  libera- 
leschi  di  Roma .  Pure  diceasi  che  i  tre  illustratisi  col  magnanimo 
rifiuto  stavano  ancora  saldi  sul  no,  e  che  solo  prestavano  F opera 
loro  per  carita  di  patria.  Sicche  Roma ,  allo  scorcio  del  marzo,  restava 
ancora  senza  Prefetto,  senza  Sindaco,  senza  ff.  di  Sindaco,  con  una 
Giunta  incerta,  e  sotto  la  direzione  d'  un  Reggente  la  prefeltura  e 
dell'ufficioso  governo  del  Placidi,  che  firmava  i  bandi,  i  manifesti, 
gli  inviti;  appunto  come  se  gli  assessori  piu  anziani,  Angelini  e 
Massimo,  si  fossero  tratti  fuori  di  quel  pecoreccio! 

5.  L'uscita  del  D'Oria  dal  Gabinetto  di  ff.  di  Sindaco  e  dalla  Giunta 
comunale  reco  qualche  disgusto  a  chi  voleva  servirsi  del  suo  nome  per 
molte  altre  belle  cose;  ma  produsse  un  piccolo  vantaggio  a  soddisfa- 
zione  della  curiosita  pubblica.  II  Consiglio  comunale  avea  nominata  una 
Commissione  di  soccorso ,  che  dovesse  sovrintendere  alia  buona  opera 
di  raccogliere  e  distribuire  le  offerte,  a  benefizio  dei  danneggiati  dalla 
inondazione  del  Tevere.  Le  gazzette  ufficiali  registravano  continua- 
mente  lunghe  liste  di  oblazioni  fatte  da'  Consigli  provinciali  e  co- 
munali  d' Italia,  e  da^privati,  a  tale  effetto.  Ma  tali  somme  erano 


21 6  CRONACA 

realmente  pervenute  a  Roma?  Chi  le  avea  ricevute?  Chi  e  come  aveale 
distribute  ?  Quali  erano  stati  i  preferiti  nella  distribuzione? 

Quando  certe  cose  non  si  dicono  a  tempo,  si  lascia  ingigantire 
la  curiosita  plebea ,  e  la  calunnia  sa  subito  dar  corpo  alle  ombre.  Si 
dicea :  che  assai  poco  si  fosse  avuto  in  moneta  di  quel  molto  che 
erasi  promesso  sulla  carta;  che  di  quel  poco  una  gran  parte  fosse 
andata  in  provviste  di  bandiere  distribute  poi  gratis,  per  festeggiare 
certi  avvenimenti;  che  si  fossero  fatte  odiose  distinzioni  di  parte 
papalina  e  di  parte  liberate.,  quanto  a  cio  che  erasi  dato  in  sussidii 
a' danneggiati ;  e  cosi  via  via. 

Per  ovviare  a  tal  inconveniente  la  Commissione  di  soccorso  avea 
fatto  stampare  nella  Gazzelta  ufficiale  di  Roma,  n°  145  del  15  feb- 
braio,  una  sua  nota  in  cui  dicea:  «  Quantunque  le  somme  promesse 
ammontino  a  circa  L.  800,000,  pure  quelle  incassate  a  tutt'oggi  non 
ascendono  che  a  L.  430,125: 10.  Le  suppliche  presentate  poi  sono  8206, 
di  maniera  che  gl'incassi  furono  gia  in  parte  erogati,  per  sopperire 
ai  bisogni  urgentissimi  di  quella  categoria  che  mancava  di  letto,  ed 
altre  masserizie  necessarie  alia  vita,  come  pure  ad  aiutare  e  rista- 
bilire,  per  quanto  possibile,  la  piccola  industria  della  Citta.  Si  lascia- 
rono  a  parte  e  momentaneamente,  come  t©rza  categoria,  coloro,  che 
quantunque  grandemente  danneggiati ,  il  loro  stesso  danno  prova  in 
generale  la  non  ristretta  posizione  sociale,  ai  quali  si  provvedera 
proporzionatamente,  ed  a  seconda  della  somma  che  rimarra  disponi- 
bile,  esaurita  la  seconda  categoria.  » 

La  indiscreta  curiosita  del  pubblico  non  era  percio  punto  appa- 
gata;  e  continuavansi  le  ciarle  impertinenti.  Facea  nausea  vedere  che 
si  fosse  incassato  poco  piu  che  la  meta  delle  somme  promesse ;  e 
posto  che  in  questa  fossero  comprese  le  lire  200,000  assegnate  dal 
Re,  a  carico  delle  finanze,  restava  che  quasi  tutti  quei  magnanimi 
oblatori  si  fossero  contentati  di  parole!  Poi  dore  sono  andate  k 
Lire  430,000  riscosse?  Chi  ne  dee  dare  conto? 

AI  principe  D'Oria  spiaceva  lasciare  intorno  a  cio  qualche  dubbfo, 
tuttoche  infondato,  onde  si  potesse  gettare  ombra  sulla  sua  ammini- 
strazione;  Percid,  tre  giorni  dopo  aver  volte  le  spalle  al  Campidoglio, 
mando  a  stampare  nella  Gazzetta  ufficiale  di  Roma,  n°  178  del  10 
marzo,  un  particolareggiato  rendiconto  delle  somme  da  lui  ritirate, 
e  dei  depositi  fatti  da  lui  alia  Banca  romana.  Qui  basta  accennarne 
i  punti  principal!.  Apparisce  dal  resoconto  del  D'Oria  che  si  incas- 
sarono,  di  quelle-800,000  lire  offerte  :  1°  lire  290,168.  26  provenienti 
da  varie  liste;  e  queste  furono  depositate  in  9  rate  alia  cassa  della 
Banca  romana:  2°  lire  200,000  che  per  ordine  del  Re  le  finanze  dello 
Stato  dovettero  consegnare  alia  Commissione.  3°  lire  20,000  che  il 


CONTEMPORANEA  21  7 

Comune  di  Roma  avea  offerte  in  attestato  di  gratitudine  all'esercito 
liberators,  e  che  questo  destind  a  sussidio  dei  danneggiati  dall'  inon- 
dazione.  Di  guisa  che  in  tutto  s' incassarono  sole  lire  510,168  26. 
Questo  denaro  fu  ritirato  dal  sig.  Remigio  Manassei,  Cassiere  nomi- 
nate dalla  Commissione  di  soccorso,  per  essere  distribuito,  ad  ecce- 
zione  di  L.  100,168.26  rimaste  in  cassa.  Ma  a  chi,  con  quali  norme, 
fu  fatta  la  distribuzione?  Questo,  finora,  non  si  sa,  ne  si  pu6  sapere. 
6.  Ad  un'altra  grande  e  nobile  impresa  avea  posto  mano  il 
Consiglio  comunale;  cio6  a  concorrere  per  parte  sua  col  Governo  a 
far  si  che  le  raolteplici  e  numerose  Opere  Pie,  di  cui  Roma  abbonda 
a  beneflzio  dei  poveri,  dovessero  mutarsi  in  opere  filantropiche ,  e 
passare  dal  sindacato  e  dall'  amministrazione  della  Chiesa  sotto  la 
esclusiva  tutela  ed  amministrazione  del  Governo  e  del  Municipio.  Fin 
dal  1°  decembre  1870  erasi  perci6,  con  Decreto  Reale,  pubblicata  in 
Roma  e  nelle  province ,  la  legge  del  3  agosto  sopra  le  Opere  Pie.  Poi 
il  Gerra,  Consigliere  di  Luogotenenza  per  1' interne,  avea  fatto  pub- 
blicare  nella  Gazzetta  uffidale  di  Roma,  n°  128  del  29  gennaio,  una 
sua  circolare  ai  direttori  ed  amministratori  delle  Opere  Pie ;  nella 
quale  veniva  rainutamente  indicando  quello  che  doveano  fare,  e 
come,  e  quando,  per  1'osservanza  esatta  di  quella  legge  ed  in  ossequio 
ai  diritti  della  Deputazione  provinciate,  sotto  la  cui  tutela  quelle 
erano  poste.  AI  tempo  stesso,  e  nello  stesso  foglio,  era  pubblicata  un'altra 
circolare  del  Gerra  ai  Sindaci  e  Commissarii  Regii ,  con  che  loro 
notificava  il  dovere  di  procedere  alia  nomina  delle  Congregazioni 
comunali  di  caritdj  da  scegliersi  fra  i  consiglieri  comunali,  in  nu- 
mero  definite  a  proporzione  di  quello  degli  abitanti  del  Comune;  le 
quali  Congregazioni  doveano  alia  loro  volta  concorrere  a  formare 
la  Deputazione  provinciate,  cui  spettava  il  supremo  dominio,  sotto 
la  vigilanza  del  Governo,  per  quanto  spetta  le  Opere  Pie. 

Notava  pero  bene  il  Gerra  che  1'  autorita  di  codesti  signori  non 
si  estendeva  a  tutte  le  Opere  Pie.  Ecco  le  sue  parole.  « Per  evitare 
ogni  equivoco ,  e  riserbandomi  d'  impartire  dettagliate  (sic)  istruzioni 
ai  President!  delle  Congregazioni  di  carita ,  non  appena  istituite , 
credo  utile  avvertire  sin  d'ora,  che  queste  devono  prendere  la  direzione 
soltanto  e  1'  amministrazione  di  quelle  Opere  Pie,  od  istituzioni  di 
beneficenza  in  genere,  che  non  hanno  un' amministrazione  propria. 
Sarebbero  tra  queste,  ad  esempio,  le  doti,  i  lasciti  per  limosine  a'  po- 
veri, le  donazioni  eventuali ,  e  simili.  » 

II  Consiglio  Comunale  di  Roma,  nella  tornata  del  venerdi  25  feb- 
braio  nomino  la  sua  Commissione  o  Congregazione  di  caritd,  nelle 
persone  dei  Consiglieri  signori :  Principe  Filippo  Andrea  D'Oria,  pre- 
sidente  —  Marchese  Gavotti  -—  Silenzi  —  Troiani  —  Conte  Pianciani 


21 8  CRONACA 

—  Principe  Gabrielli  —  Principe  Odescalchi  —  Donarelli  —  Giovanni 
Costa. 

Messi  cosi  sulF  avviso ,  i  Dlrettori  ed  Amministratori  delle  Opere 
Pie  si  consigliavano  intorno  a  quel  che  doveano  fare,  all'intento 
d'  impedire  che  istituzioni  e  rendite  di  natura  loro  ecclesiastiche ,  o 
poste  sotto  la  immediata  tutela  della  Chiesa,  a  scopo  di  carita  e  di 
religione,  divenissero  uria  appartenenza  municipale,  sotto  1'autorita 
e  la  direzione  laica  di  uomini,  che  poteano  essere  protestanti  o  giudei ; 
e  cosi  perdere  la  propria  loro  indole ,  con  violazione  manifesta  della 
volonta  dei  fondatori  e  benefattori  defunti.  L'  Emo  Card.  Vicario  da 
parte  sua  fece  sapere  a  tutte  le  Opere  Pie ,  che  non  dovessero  dare 
passo  veruno,  senza  saputa  e  consenso  della  competente  autorita 
ecclesiastica.  Questo  non  garbava  a  chi  e  incaricato  d'  incivilire  Roma, 
levandole  quanto  sa  di  beneficenza  strettaraente  cattolica ,  ed  infor- 
mandola  di  filantropia  liberalesca. 

Avuti  pertanto  gli  ordini  ab  alto,  il  Borroni,  Reggente  la  R.  Pre- 
fettura  di  Roma,  spedi  una  sua  circolare  a  tutte  le  Congregazioni  di 
carita,  amministrazioni  e  direzioni  di  Opere  Pie,  per  esigere  anzi 
tutto,  entro  il  termine  prefisso  del  mese  di  marzo,  il  bilancio  pre- 
ventive delle  entrate  e  delle  spese  presunte  pel  1871 ;  e  conchiudeva 
colle  pin  energichecomminatorie.  Questo  documento  venne  pubblicato 
nella  Gazzetta  ufficiale  di  Roma,  n°  170  del  12  marzo. 

Dal  canto  suo  1'Emo  Card.  Yicario  del  Santo  Padre  non  indugio 
punto  a  fare  quanto  per  lui  poteasi  onde  salvare,  se  fosse  possibile, 
le  ragioni  della  giustizia  e  della  religione,  in  questa  metamorfosi  delle 
Opere  Pie,  ed  intanto  evitare  conflitti,  in  cui  la  forza  dovea  neces- 
sariamente  uscir  vittoriosa.  Fu  spedita  pertanto  a  tutti  gli  ammini- 
stratori  delle  Opere  Pie  la  seguente  Circolare. 

«  Dalla  segreteria  del  Vicariato,  U  15  marzo  1871. 

« I  signori  amministratori  delle  Opere  Pie  di  pubblica  beneficenza, 
che  con  circolare  del  7  corrente  marzo  loro  diramata  dal  Reggente 
della  Prefettura  della.  Provincia  di  Roma,  sono  stati  richiesti  del  bi- 
lancio preventivo  pel  corrente  anno  1 871 ,  restano  avvertiti  di  darlo, 
premettendo  la  seguente  protesta:  «  I  sottoscritti  amministratori  del- 

«  1'  Opera  Pia  N ,  invitati  con  circolare  del  7  corrente   marzo  a 

«  produrre  il  bilancio  preventivo  pel  corrente  anno  1871,  non  piu 
«  tardi  della  fine  del  suddetto  mese,  dichiarano  di  non  poterlo  spon- 
«  taneamente  produrre.  Poiche  pero  nella  circolare  istessa  si  mi- 
«  naccia,  che  in  caso  di  rifmto  verranno  adottate  misure  di  rigore,  sia 
«  contro  gli  amministratori,  sia  contro  1'  Opera  Pia  medesima,  i  sot- 
«  toscritti  esibiscono  il  richiesto  bilancio,  protestando  e  dichiarando 
«  di  cedere  alia  fofza.  PLACIDO  canonico  PETACCI  Segretano  del  Vi- 
«  cariato.  » 


CONTEMPORANEA  219 

Quasi  al  tempo  stesso  i  sei  Cardinali  Vescovi  Suburbicarii  manda- 
vano  al  R.  Commissario  Gadda  la  protestazione  seguente,  pubblicata 
nell'  Osservatore  Romano  n°  67  del  22  marzo. 

«  Con  decreto  emanato  dal  Governo  e  pubblicato  nella  Gazzelta 
ufficiale  del  29  gennaio  p.  p.  si  dichiara,  che  tutte  le  Opere  Pie 
passano  sotto  le  leggi  dello  Stato,  sono  sottratte  alia  legittima  Auto- 
rita  Ecclesiastica,  si  ordina  ai  Superior)  di  consegnare  lo  stato  orga- 
nico  di  tutto  il  personale,  e  si  prescrivono  altri  atti  da  farsi  intorno 
alle  medesime. 

«  Tale  decreto,  da  cui  nonponnoderivare  chefunesteconseguenze, 
ha  profondamente  commosso  e  addolorato  i  sottoscritti  Vescovi  Car- 
dinali, si  per  riguardo  a  Roma,  che  alle  suburbicarie  Diocesi ,  alia 
pastorale  loro  cura  rispettivamente  affidate.  Quindi  e  che  i  medesimi 
presentano  a  Y.  E.  i  loro  giusti  reclami,  onde  si  facciano  pervenire 
a  chi  di  dovere;  e  protestano  contro  il  disposto  dello  stesso  decreto, 
anche  per  corrispondere  agli  ordini  del  S.  Padre,  e  per  impedire 
che  il  loro  silenzio  non  abbia  ad  essere  interpretato  dai  fedeli  in 
senso  di  connivenza. 

«  Non  puo  V.  E.  disconoscere  che,  ben  ponderate  le  cose,  le  Opere 
Pie  sono  oblazioni  fatte  a  Dio  in  profitto  de'  fedeli,  e  percio  rivestono 
1'  indole  dei  voti,  sono  consacrate  dalla  Religione,  ed  appartengono 
per  tal  modo  alia  Chiesa. 

«  A  ci6  si  aggiunge,  che  talune  di  tali  Opere  sono  talmente 
congiunte  col  culto  e  col  servizio  di  Dio,  che  apporre  su  di  esse  le 
mani,  o  lo  strapparle  dalla  Chiesa,  e  un  vero  ingerirsi  nelle  cose  di 
religione,  e  un  togliere  al  Clero  quello  che  per  sua  natura  gli  spetta. 
«  E  se  per  talune  delle  Opere  pie,  attesa  la  loro  qualita,  non 
vi  e  alcuna  intrinseca  ripugnanza  che  sieno  amministrate,  dirette  e 
sorvegliate  dai  laid  e  dal  potere  secolare,  non  pu6  dimenticarsi,  che 
la  Chiesa,  sia  per  averle  fondate,  sia  per  averle  dotate  coi  suoi  beni, 
sia  per  averle  inspirate  e  santificate  nella  loro  istituzione  e  direzione, 
sia  per  F  espressa  volonta  di  quelli  che  le  eressero,  sia  per  F  intrinseca 
loro  connessione  con  quella  carita  cristiana,  di  cui  essa  sola  e  vivi- 
ficatrice  e  custode,  o  con  quel  cristiano  insegnamento,  del  quale  ha 
ricevuta  F  esclusiva  missione  dal  suo  divino  fondatore:  non  pu6  di- 
menticarsi, ripetono,  che  la  Chiesa  per  queste  ed  altre  ragioni  e  la 
legittima  custode  delle  medesime. 

«  E  se  in  qualsiasi  luogo  sarebbe  un  grave  attentato  portato 
alia  Chiesa  il  privarla  di  tali  diritti,  resi  pm  sacri  ed  inconcussi  perche 
corroborati  dalle  stesse  legislazioni  civili,  e  dall'  uso  costante  di  tanti 
secoli,  quanto  non  sara  maggiore  il  medesimo  in  questa  Sede  del 
Cattolicismo,  e  nelle  Diocesi  suburbicarie,  nelle 'quali  tutte  le  Opere 


920  CRONACA 

ed  i  Luoghi  Pii  debbono  la  loro  fondazione  ed  organizzazione,  od  il 
loro  incremento',  alia  generosita,  operosita  e  sagacita  de'  Sommi  Pon- 
tefici  e  del  Cardinal!  di  S.  Madre  Chiesa? 

«  Se  non  ostante  si  solide  ragioni  e  riflessi,  che  i  sottoscritti  si 
astengono  di  sviluppare,  perch&  trattasi  di  cose  troppo  ovvie,  e  perchfc 
non  voglion  rendersi  gravi  con  prolisse  esposizioni,  si  volesse  pro- 
cedere  oltre  allo  spoglio:  essi  dichiarano,  che  per  an  sacro  dovere 
di  coscienza  non  potranno  cedere ,  ne  far  cedere  che  alia  violenza. 

«  E  un  precise  dovere  dei  sottoscritti  di  rammentare  il  disposto 
del  S.  Concilio  di  Trento  (il  quale  &  tuttora  legge  vigente  nello  Stato 
a  cui  mai  si  e  espressamente  derogate)  al  capo  XI  della  Sessione 
XXII  de  Reformat,  e  le  scomuniche,  che  giusta  il  medesimo  e"  la 
Costituzione  ApostoliccE  Sedis,  s'incorrerebbero  da  coloro,  i  quali  si 
rendessero  colpevoli  di  tali  spogli,  e  di  tali  violenze. 

«  Dopo  avere  con  questo  atto  adempito  a  un  doveroso  obbligo 
di  coscienza,  si  lusingano  i  sottoscritti  che  le  esposte  gravi  ragioni 
siano  prese  dal  Governo  superiore  in  seria  considerazione,  e  che  in 
conseguenza  non  si  tardi  a  prendere  una  misura  corrispondente  ai 
loro  voti;  ed  in  tale  intelligenza  esprimono  a  V.  E.  i  sentimenti  della 
loro  considerazione. 

«  gg  Costantino  Card.  Patrizi,  Vescovo  di  Oslia  e  Velletri^Vicario 
Generate  di  Sua  Santitd.  gg  Luigi  Card.  Amat,  Vescovo  di  Porto 
e  S.  Ruflna.  gg  Niccola  Card.  Clarelli  Paracciani,  Vescovo  di  Fra- 
scati.  gg  Cammillo  Card.  Di  Pietro,  Vescovo  di  Albano.  gg  Giuseppe 
Card.  Milesi,  Vescovo  di  Sabina.  gg  Carlo  Card.  Sacconi  Vescovo 
di  Palestrina.  » 

Somigliante  protestazione  fa  mandata  al  R.  Commissario  Gadda, 
e  pubblicata  nelT  Osservatore  Romano,  n°  74  del  31  marzo;  con  la 
quale  dichiararonsi  di  aderire  in  tutto  all' atto  dei  Cardinali  Vescovi 
suburbicarii,  i  Vescovi  della  provincia  di  Campagna,  cioe  delle  diocesi 
di  Alatri,  Anagni,  Ferentino  e  Veroli. 

Finora  non  sappiamo  qual  esito  ottenesse ,  presso  il  R.  Com- 
missario, e  presso  il  Governo  di  Firenze ,  cotal  dignitoso  richiamo 
dei  legittimi  tutori  delle  Opere  Pie  di  Roma.  Stando  alle  voci  corse, 
e  divolgate  dai  giornali  della  setta  in  Roma ,  e  pur  troppo  da  credere 
che  siasi  fatto  di  tali  protestazioni  quel  capitale  stesso  che  delle  altre 
gia  emesse ,  per  altri  motivi ,  dal  Santo  Padre  Pio  IX.  E  probabile 
che  siasi  risposto ,  come  leggiamo  in  qualche  giornale ,  che  si  proce- 
derebbe  con  tutti  i  riguardi  nell'  eseguire  la  legge;  ma  che  la  legge 
doveasi  irrevocabilmente  effettuare. 

7.  Con  cio  le  Opere  Pie  sono  avviate  a  patire  quella  trasforma- 
zione,  che  equivale  a  distruzione,  che  gia  si  effettuo  nelle  altre  pro- 


CONTEMPORANEA  221 

vince  d' Italia.  In  Roma,  per  altra  parte,  si  da  opera  a  rassodare, 
in  quanto  e  possibile,  il  moderno  edifizio  coi  rispettivi  contrafforti. 
L'edifizio  politico  costituzionale,  gia  si  sa,  non  puo  fare  a  meno  d'un 
esercito  cittadino  che  all' uopo,  come  accade  ora  a  Parigi,  possa  te- 
nere  in  iscacco  1' esercito  militare;  quello  di  natura  sua  e  destinato 
a  tutela  del  potere  legislative,  questo  deve  servire  solo  contro  i  ne- 
mici  esterni ,  sotto  gli  ordini  del  Re ,  e  del  potere  esecutivo .  II 
primo  e  il  Palladia  degli  ordini  rappresentativi.  Come  tale,  la  Guar- 
dia  nazionale  merita  tutte  le  cure  dei  reggitori  della  cosa  pubblica.  Ma 
anche  qui  il  Palladia  stentava  molto  a  formarsi  e  costituirsi.  Final - 
mente  sullo  scorcio  del  febbraio  la  faccenda  era  a  buon  punto.  Gli 
ufficiali  erano  nominati,  vestiti ,  in  grado  di  far  bella  mostra;  i 
soldati ,  poco  numerosi ,  ma  prodi  e  con  le  armi  benche  senza  le 
munizioni  convenient!  al  loro  scopo. 

Per  dare  a  cosi  rispettabile  corpo,  distribuito  in  quattro  formi- 
dabili  legioni,  sotto  gli  ordini  del  Generale  Tito  Lopez,  1'ultima  forma 
che  ne  cementasse  gli  elementi  robusti ,  mancava  solo  la  presenta- 
zione  degli  ufficiali  ai  rispettivi  battaglioni  ed  alle  singole  compagnie: 
poi  il  giuramento  degli  ufficiali  al  Re  ed  allo  Statuto;  e  da  ultimo 
una  splendida  rassegna. 

II  valoroso  Generale  Tito  Lopez  convocd  pel  26  febbraio  le  sue 
quattro  Legioni  al  Campo  Pretoriano ,  perche  vi  dovessero  compiere 
una  prima  rassegna,  come  in  prova  della  grande  e  solenne.  Ma  che? 
Voile  il  caso  che  quel  giorno  il  Lopez  o  fosse  di  molto  cattivo  umore. 
o,  come  altri  narro,  avesse  pranzato  con  troppo  appetito.  Fatto  sta  che 
la  rassegna  non  si  pote  eseguire ;  e  che  i  Colonnelli  delle  Legioni , 
istizziti  della  misera  figura  a  cui  erano  stati  esposti ,  ed  offesi  di 
qualche  tratto  un  po' troppo  liberalesco  del  Lopez,  diedero  le  loro 
dimissioni.  Bisognava  al  tutto  che  o  il  Generale,  o  gli  Uffiziali  Supe- 
riori  a  lui  soggetti ,  smettessero  1'  onore  di  comandare  al  Palladia . 
II  magnanimo  Tito  Lopez,  immolandosi  pel  bene  della  patria,  si  getto 
da  se  stesso  nel  baratro  apertogli  innanzi,  e  diede  la  sua  dimissione, 
Non  potendosi  trovare  subito  un  altro  Generale,  da  sostituire  a  lui, 
fu  dato  il  comando  al  Sig.  Tittoni,  colonnello  anziano  di  una  delle 
quattro  Legioni.  II  Lopez  si  consold  con  le  insegne  di  Commendatore 
nell' Ordine  equestre  della  Corona  d' Italia,  ond'egli  era  stato  fre- 
giato  con  decreto  reale  del  19  febbraio,  in  compagnia  del  Questore 
L.  Berti,  del  principe  Francesco  Pallavicini,  del  duca  Mario  Massimo, 
e  dell'  aw.  Lunati. 

La  Domenica  12  di  marzo,  ebbe  luogo  Gnalmente  la  solenne 
cerimonia  del  giuramento  e  della  presentazione  degli  Uffiziali.  I  cri- 
stiani  giurarono  sul  Vangelo,  i  Giudei  sulla  Bibbia.  Poi  si  fece  la 


22*2  CRONACA 

sfilata,  che  riusci  splendida;  e  la  giornata  fmi  con  latfte  cene  e  pranzi 
di  lusso  per  chi  aveva  onde  spendere;  per  gli  altri,  come  poteano. 

8.  Questa  funzione  era  come  un  preparative  alia  grande  rasse- 
gna  di  truppe  e  di  Guardia  nazionale,  con  cui  doveasi  poi,  il  mar- 
tedi  14  marzo,  festeggiare  1' anniversario  della  nascita  di  Vittorio 
Emmanuele  II  e  del  principe  ereditario  Umberto.  II  sig.  Biagio  Pla- 
cidi  avea  eccitato  i  Romani  con  un  bando  eloquente,  a  manifestare 
in  tal  congiuntura  quella  esuberanza  di  affetto  che  aveano  pel  Re  dato 
loro  dal  20  settembre.  Un'i  distribuzione  copiosissima  di  bandiere  assai 
belle,  e  donate  gratis,  fece  si  che  anche  i  meschini  abituri  de'po- 
verelli  ne  fossero  fregiati,  poiche  loro  si  portarono  con  ordine  di  spie- 
garle  fuora.  Molti  altri  addobbarono  le  loro  case,  vuoi  perche  vera- 
mente  cio  loro  piaceva,  vuoi  perche  non  volcano  molestie.  La  rassegna 
piacque  assai.  Alia  sera  una  dimostrazione  con  bandiere  e  fiaccole , 
organizzata  dai  capi  dei  Circoli  e  di  corporazioni   varie,   ando  ac- 
clamare  il  Principe  e  la  principessa  al  Quirinale ,  facendo  pero  ri- 
sonare  altre  vie  e  piazze  colle  grida  filantropiche  di  Abbasso  i  Preti! 
Fuori  i  Gesuiti!  Morte  ai  Gesuili !  Morte  ai  Cacdalepri!  Non  ebbe 
luogo  alcuna  violenza  di  fatti. 

9.  Dopo  questo,  il  piu  rilevante  avvenimento  da   registrare  tra 
le  cose  proprie  della  Capitale  decapitata,  fu  la  prima  seduta  pubblica 
del  Consiglio  Comunale,  che  ebbe  luogo  il  30  di  marzo.  Vi  presero 
parte  42  consiglieri.  Un  discrete  numero  di  curiosi  rappresentava  il 
rispettabile  pubblico.  Anche  pei  sacerdoti  della  slampa  romana  eransi 
preparati  scanni  e  tavole ;  ma  soli  5  accettarono  1'  invito :    «  il  che 
prova,  dice  La  Capitale  n°  187,  che  si  desiderano  sempre  le  cose 
che  non  si  possono  avere ,  e  le  si  disprezzano ,  quando  si  sono  ot- 
tenute.  » 

Circa  il  modo  con  che  procedette  quella  seduta  capitolina,  non 
crediamo  poter  far  meglio  che  riferire  qualche  tratto  di  cio  che  ne 
pubblico  il  cronista  della  Capitale^  che  sembra  essere  stato  uno  dei 
cinque  zelanti  di  tutta  la  non  piccola  schiera  dei  giornalisti  di  Roma. 

«  La  fisonomia  del  Consiglio  e  cupa  anzi  che  no.  Prima  che  il 
ff.  di  Sindaco,  Sig.  Angelin.i,  condannato  contro  sua  voglia  a  por- 
tare  la  pesante  croce  della  presidenza,  guoni  il  campanello  fatale,  i 
consiglieri  formano  qua  e  la  de'  capannelli ,  discutendo  con  molto 
calore.  E  all' ordine  del  giorno  la  questione  del  dazio  di  consumo, 
che  in  Roma  ha  assunto  il  carattere  di  una  questione  di  primaria 
importanza. 

«  Fra  i  Consiglieri  notiamo  il  duca  Massimo,  dalla  cera  beata, 

si  da  potersi  confondere  con  quella  d'  un  cardinale  a  doppio  piatto 

-1'Alatri,  la  cui  figura  ha  molti  riscontri  con  quella  d' un  anti- 


CONTEMPORANEA 


223 


quario  del  primo  Impero  —  il  Gaetani,  incassato  dentro  una  cravatta 
da  coscritto  di  prima  categoria  —  il  Pantaleoni,  la  cui  magra  figura 
mal  risponde  ai  gross!  bocconi  (non  escluso  il  canonicato  di  S.  Pie- 
tro )  che  gli  somministra  1'  Ospedale  di  S.  Spirito  —  il  Tittoni  che 
rugge  sotto  una  selva  di  peli  scorrettamente  canuti  —  1'  Odescalchi 
dall'  aria  ingenua  —  il  Pallavicini  dall'  aria  truce  —  il  Piperno  dal- 
1'aria  accorta  —  il  Feliciani  che  sonnecchia  piacevolmente  —  1'  An- 
gelini  che  (poveretto!)  vi  fa  la  figura  dell'  Ajo  nelV  imbarazzo — 
ed  il  Ruspoli  (dulcis  in  fundo)  che  si  compiace  della  tribunizia  sua 
tinta....  all'  acqua  di  rosa. 

«  Dichiarata  aperta  la  seduta  ,  si  vota  un  indirizzo  di  condo- 
glianza  a  Benedetto  Cairoli ,  si  da  atto  della  rinunzia  definitiva  di 
Spada  e  Massimo,  e  si  rifmta  il  dono  fatto  dall'  artista  Simonetta  di 
Torino  di  un  busto  di  Cavour. 

«  Alatri  incomincia  I'  esposizione  delle  pratiche  corse  tra  la 
Giunta  ed  il  Ministro  Sella,  a  proposito  del  dazio  di  consumo;  dice 
che  la  Giunta,  dopo  lunghe  trattative,  ha  fmito  coll'accettare  la  per- 
cezione,  per  proprio  conto,  della  tassa  del  dazio  di  consumo  e  ma- 
cinato,  per  la  somma  di  3  milioni  e  800  mila  lire  nei  primi  3  anni, 
e  di  4  milioni  per  gli  altri  due,  essendo  il  contratto  duraturo  per 
anni  5.  Dichiara  che,  a  suo  giudizio,  il  contratto  deve  accettarsi  nel 
modo,  ch'e  dalla  Giunta  proposto.  » 

Finito  che  ebbe  1'  israelita  Alatri  di  esporre  le  pratiche  fatte  per 
conchiudere  si  oneroso  contratto,  si  levo  il  Ruspoli  per  biasimare  il 
Governo  come  troppo  rigido,  e  combattere  il  contratto  come  ingiusto, 
criticando  severamente  1'  operate  dalla  Giunta.  L'  Alatri  si  difese  alia 
meglio,  ed  in  suo  aiuto  volo  alia  riscossa  il  Placidi.  Ma  il  duca  Mario 
Massimo ,  dichiarando  di  cedere  solo  alia  forza ,  col  sottomettersi  a 
quella  dura  legge,  disse  che  «  il  ministro  Sella  tenne  con  Roma,  nelle 
trattative  del  Dazio  di  consumo,  un  contegno  poco  dignitoso  » ;  ed 
insistette  perche  il  Consiglio  comunale  si  protestasse  in  guisa  da  far 
capire  che  «  il  contratto  lo  si  subisce  per  ragioni  estrinseche ,  non 
avendo  intrinsecamente  alcun  titolo  per  farsi  approvare.  » 

Siamo  persuasi  che  tutti,  in  cuor  loro,  davano  ragione  al  Mas- 
simo .  Pertanto  non  poteva  trovare  efficace  opposizione  la  proposta 
del  Ruspoli,  che  pose  in  mezzo  il  seguente  ordine  del  giorno. 

«  II  Consiglio  approva  la  proposta  della  Giunta  d'accettare  ii 
canone  di  L.  3,800,000  per  i  primi  tre  anni  e  di  4  milioni  per  gli 
altri  due  anni,  domandati  dal  Governo.  II  Consiglio  tiene  fermi  i 
diritti  del  municipio  all'  indennizzo  calcolato  dalla  Giunta  stessa 
a  2,000,000  di  lire  per  aver  dovuto,  nel  periodo  dal  20  settembre  1870 
alia  fine  di  marzo  1871,  soggiacere  a  maggiori  spese  per  gli  aumen- 
tati  servizii  senza  fruire  d'  un  adeguato  corrispettivo.  » 


CRONACA 

«  Massimo  vorrebbe  che  dopo  le  parole  II  Consiglio  si  aggiun- 
gessero  le  seguenti :  «  stretto  dalla  necessitd  »  (segni  di  adesionej. 
II  Placidi  protesta  contro  questa  aggiunta,  che  potrebbe  essere  jn- 
terpretata  come  poco  favorevole  verso  il  governo.  Piperno  divide  la 
stessa  idea;  dice  che,  trattandosi  d' un  affare,  lo  si  deve  accettare  se 
buono,  respingere  se  cattivo;  ogni  altro  apprezzamento  essere  estraneo 
alia  questione.  Si  domanda  la  votazione  separata  dei  due  periodi, 
onde  componesi  1'ordine  del  giorno  Ruspoli.  » 

Qui  1'  ouesto  Alatri  si  richiam6  degli  impacci  in  cui  sarebbe  posta 
la  Giunta,  se  si  ammettesse  la  seconda  parte  della  proposta  del  Ru- 
spoli, troppo  chiaro  essendo  che  il  Governo  si  rifiuterebbe  ad  am- 
mettere  gli  allegati  diritti.  Ne  nacque  un  confuso  e  fervido  discutere 
a  molti  insieme,  con  una  specie  di  parapiglia,  esemplato  evidente- 
mente  dagli  spettacoli  di  tal  genere  che  si  danno  nella  Camera  dei 
Deputati.  Per  cessare  il  tumulto,  il  duca  Massimo  dichiaro  che  riti- 
rava  la  sua  particella:  stretto  dalla  necessitd.  II  Gatti,  membro  della 
Giunta,  dichiar6  che  la  riproponeva  egli.  II  Placidi  prego  il  Gatti  di 
dichiarare  che  quella  era  proposta  sua  personale  e  non  della  Giunta. 
II  Piperno  voile  alia  sua  volta  parlare.  Nuovo  tumulto,  durante  il 
quale  il  cieco  Gaetani  di  Sermoneta  stilla  contro  la  consorteria  ca- 
pitolina.  La  baruffa  si  fa  seria.  II  Tittoni  va  diritto  al  principale,  e 
strepita  perche  il  contratto  si  respinga  assolutamente .  La  tempesta 
pare  che  cominci  a  calmarsi.  II  duca  Massimo  allora  suggerisce  che 
la  seconda  parte  della  proposta  del  Ruspoli  si  modifichi,  nella  forma 
seguente. 

«  II  Consiglio  incarica  la  Giunta  di  far  valere  coi  mezzi  piu  ef- 
licaci  il  diritto  del  Comune  di  conseguire  dall'  erario  governativo  il 
compenso  dovutogli  per  le  maggiori  spese  sopportate  senza  corre- 
spettivo  fino  al  1°  aprile,  epoca  in  cui  il  Comune  -medesimo  comin- 
cera  a  percepire  tutte  le  sue  rendite  attribuitegli  dalla  legge.  » 

II  D'Oria  domanda  che  prima  di  venire  ai  voti  si  faccia  Fap- 
pello  nominale.  II  Pantaleoni  vuole  ancora  partare  per  un  altro  emen- 
damento;  e  suscita  un  nuovo  uragano,  che  questa  volta  si  scarica 
presso  di  lui ,  in  forma  di  risate  sonore,  onde  alia  fine  e  ridotto  a 
tacere.  [1  Pianciani  ne  propone  un  terzo,  cioe  che  sia  da  intendersi 
sciolto  e  casso  il  contratto  quando,  come  ne  ha  fatto  espressa  riserva 
il  Ministro  delle  fmanze,  si  togliesse  al  Comune  la  percezione  della 
tassa  pel  macinato.  Si  grida  ai  voti!  ai  voti! 

«  II  presidente  e  imbarazzato,  come  un  pulcino  nella  stoppa,  e 
non  sa  a  quale  dei  varii  ordini  del  giorno  dare  la  preferenza.  L'or- 
dine  del  giorno  Ruspoli,  come  piu  lato ,  e  fmalmente  posto  a  vota- 
zione dal  presidente,  il  quale  guarda  a  destra  e  sinistra,  implorando 
dai  consiglieri  un  benevolo  aiuto.  » 


CONTEMPORANEA 

La  prima  parte  della  proposta  del  Ruspoli  fu  approvata  a  plu- 
ralita  di  voti;  poi  venne  una  infilzata  di  spiegazioni  date  da  alcuni 
di  quei  che  1'  aveano  approvato  e  da  altri  che  1'aveano  rifiutato.  Dalle 
quali  tutte  pero  traspariva  molto  malumore  contro  il  Governo,  o  per 
meglio  dire  contro  lo  spietato  Sella.  Si  passo  quindi  alia  votazione 
per  la  seconda  parte,  secondo  il  testo  proposto  dal  Duca  Mario  Mas- 
simo; e  questa  fu  approvata  all'unanimita. 

«  II  presidente  proclama  il  risultato  della  votazione;  i  consiglieri 
si  alzano;  la  seduta  pare  fmita.  Ma  1'Alatri  fa  osservare  che  bisogna 
votare  1'  esercizio  provvisorio  almeno  per  altri  due  mesi.  «  Chi  ap- 
prova  si  alzi  » (grida  il  presidente,  non  badando  che  tutti  i  consiglieri 
sono  levati)  ed  hanno  il  cappello  in  testa.  Si  alzano  le  mani  in  segno 
di  approvazione,  e  la  seduta  e  tolta  alle  5.  pom.  » 

Sembra  a  noi  che  questo  schizzo  della  prima  seduta  pubblica  del 
Consiglio  Comunale  di  Roma,  tratto  dalla  relazione  della  Capitale, 
debba  essere  sufficiente  a  far  capire;  con  che  sapienza  e  quale  efficacia 
saranno  sempre  tutelati  gli  interessi  dei  Romani. 

III. 

COSE  -STRANIERE 

FRANCIA  1.  Voto  dell'Assemblea  nazionale  di  Bordeaux  contro  la  dinastia  dei 
Bonaparte  —  2.  Protestazione  di  Napoleone  III  —  3.  Atti  del  Governo  del 
sig.  A.Tbiers  per  1'esercito  e  la  Guardia  nazionale  —  4.  Deliberazioni  e 
voto  dell'Assemblea  nazionale  pel  trasferimento  del  Governo  a  Versailles 

—  5.  Plenipotenziarii  francesi  a  Bruxelles  pel  trattato  di  pace  —  6.  Di- 
missione  di  Deputati  repubblicani ;    s'  istituisce   in   Parigi    un  Comitato 
segreto  di  resistenza  al  Governo  —  7.  Primi  attentati  della  Guardia  Na- 
zionale —  8.  Bandi  e  provvedimenti   del  Governo  per  sedare  la  ribellione 

—  9.  Conflitto  nel  quartiere  di  Montmartre  ;  assassinio  dei  general!  Tho- 
mas e  Lecomte  —  10.  Incrementi  della  ribellione  ;  moti  a  Lione,  a  Tolosa, 
a  Marsiglia  ed  a  S.  Etienne  ;  strage  sulla  piazza  Vendome  a  Parigi  — 
41.  Ritirata  dell'esercito  fegolare  a  Versailles;   nomina   dell' ammiraglio 
Saisset  al  comando  della  Guardia  nazionale  di  Parigi. 

1.  II  19  settembre  1870,  in  quell' ora  stessa  che  1'esercito  del  re 
Vittorio  Emanuele  stringevasi  d'ogni  parte  sotto  le  mura  di  Roma, 
stremata  d'ogni  valida  difesa  per  opera  di  Napoleone  III;  e,  con  la 
licenza  di  Giulio  Favre,  apprestate  le  batterie,  disponeasi  a  bom- 
bardarla  e  prenderla  d'assalto:  appunto  in  quell' ora  le  truppe  ale- 
manne,  impadronitesi  di  Versailles  e  delle  alture  di  Meudon,chiu- 
devano  1' ultimo  varco  di  quella  cerchia  fatale,  onde  Ire  mesi  dopo 

Serie  VIII,  vol.  II,  fasc.  500.  15  7  aprile  1871- 


226  CRONACA 

cominciavano  il  bombardamento  di  Parigi ,  senza  che  ne  la  disperata 
resistenza  degli  asserdiati,  ne  gli  sforzi  degli  eserciti  di  soccorso 
bastassero  ad  impedir  loro  di  entrarvi  trionfanti  la  mattina  del  2. 
marzo  1 87 1 .  II  notare  tal  coincidenza  ben  puo  trarre  un  sorriso  di 
scherno  sul  labbro  di  chi,  rinnegato  ogni  senso  di  fede  nell'inter- 
vento  della  Provvidenza  Divina  nelle  cose  di  quaggiu,  non  apprezza 
che  il  presente  successo  della  forza.  Ma  ben  dee  averne  sentito  il 
peso  sul  cuore  lo  sciagurato  sostegno  e  promotore  della  rivoluzione 
massonica  d' Italia!  11  compimento  dell' impresa  giurata  nei  ricetti 
de'  Carbonari  segnava  per  lui  il  momento  d'una  caduta  irreparabile 
entro  1'abisso,  che  colla  sua  politica  italiana  s'era  da  se  stesso  scavato 
sotto  i  piedi. 

Infatti,  mentre  le  truppe  alemanne  vittoriose  e  balde  sfilavano 
sotto  1'arco  trionfale  della  Stella,  e  spingevansi  fino  alle  Tuileries , 
ed  il  loro  comandante  prendea  stanza  nella  residenza  favorita  di 
Napoleone  III  al  palazzo  degli  Elisi;  1'Assemblea  nazionale  francese, 
radunata  a  Bordeaux ,  in  quello  stesso  giorno  2  di  marzo,  decretava 
la  decadenza  di  Luigi  Napoleone  Bonaparte  e  della  sua  dinastia, 
chiamandolo  mallevadore  delle  immense  sciagure,  per  cui  la  Francia 
era  smembrata  e  coperta  di  sangue  e  di  rovine.  Ecco  in  che  modo 
fu  dato  1' ultimo  colpo  nil*  Impero  liberate  9  che  Napoleone  III  credea 
stabilito,  in  guisa  da  sfidare  ogni  piu  grande  cozzo  di  tempesta, 
sull' immobile  rocca  dei  7,350,143  si  dell' 8  maggio  1870. 

Reduce  da  Versailles,  il  sig.  A.  Thiers  capo  del  potere  esecutivo, 
alii  29  febhraio  sottoponeva  subito  aH'Assemblea  nazionale  i  concordat! 
articoli  preliminari  di  pace,  da  noi  riferiti  nel  precedente  quaderno 
a  pag.  104;  e  supplicava  che  non  s'indugiasse  a  prendere  una  riso- 
luzione,  quanto  dolorosa  altrettanto  necessaria,  col  ratificare  quel 
trattato;  se  pure  non  voleasi  esporre  Parigi  a  grandi  dolori  ed  a  qualche 
disastro.  Egli  sperava  ancora  d'  impedire  F  ingresso  degli  Alemanni 
nella  metropoli  della  Francia,  paventando  che  qualche  sconsigliata 
reazione  della  plebe  j)arigina  desse  ai  vincitori  il  diritto  di  atroci 
rappresaglie .  Ma  era  pure  indispensabile  che  i  preliminari  di  pace 
fossero  esaminati  e  discussi  negli  uffizii  deH'Assemblea,  poi  si  mettesse 
a  partito  1'accettarli  o  il  rifiutarli.  In  questo  si  dovette  spendere  il 
giorno  1°  di  marzo.  L'Assemblea  si  riuniva,  il  2,  per  udire  la  rela- 
zione  che,  a  nome  degli  ufficii,  dovea  farsi  dal  deputato  Yittorio  Lefranc. 
L'impressione  risentita  da  tutti  fu  terribile;  ma  era  evidente  1'im- 
possibilita  di  sottrarsi  al  passo  di  quelle  forche  caudine;  ne  potea 
destar  altro,  che  la  commiserazione  dovuta  ad  un  matto,  la  proposta 
del  poeta  Vittor  Ugo,  che  proclamava  il  rimedio  eroico ,  infallibile , 
della  resistenza  ad  oltranza,  fidando  nei  destini  della  repubblica.  Tutti 


CONTEMPORANEA 

gli  altri  sentivano  che  non  era  tempo  da  badare  ad  utopie.  11  deputato 
Bamberger,  esclamando  che  quel  trattatd  era  un  decreto  di  morte  per 
la  Francia,  grido  che  un  solo  uomo  dovea  firmarlo,  cioe  Napoleone  III, 
«  perche  il  suo  nome  restasse  eternamente  inchiodato  sulla  colonna 
infame  della  storia.  »  Un  prolungato  scoppio  di  plausi  manifesto  le 
disposizioni  dell'Assemblea.  Ne  rimase  trafitto  il  corso  deputato  Conti, 
fedele  sempre  alia  fortuna  dei  Bonaparte;  e  si  levo  a  protestare  contro 
quelle  parole.  Con  cio  scatenavasi  contro  lui  ed  i  Bonaparte  una  vera 
tempesta;  tanto  che  il  Presidente  Grery  minaccio  di  sospendere  la 
tornata. 

II  diverbio  continuava,  benche  con  furore  represso,  quando  il  de- 
putato Bethmont  usci  in  queste  parole:  «  Bisogna  troncare  la  quistione, 
proclamando  la  decadenza  dell'imperatore  e  della  sua  dinastia.  »  Qui 
di  nuovo  applausi  prolungati  da  ogni  parte  dell'Assemblea,  levatasi 
quasi  tutta  in  piedi  per  trasporto  di  entusiasmo;  poi  da  capo  gran 
tumulto  per  le  protestazioni  del  Conti,  astretto  a  scendere  dalla  bi- 
goncia;  onde  il  Presidente  sospese  la  tornata;  e  I'interruzione  duro 
poco  meno  di  mezz'ora.  Ripigliatasi  alle  ore  2  ed  un  quarto  pomeri- 
diane,  il  Presidente  diede  la  facolta  di  parlare  al  deputato  Target , 
per  una  mozione  d' or  dine.  Qui  basta  trascrivere  il  resoconto  della 
seduta. 

«  Target  propone  di  adottare  la  risoluzione  seguente:  «  L'As- 
semblea  nazionale  chiude  1'incidente,  e  nelle  circostanze  dolorose  che 
attra versa  la  patria,  ed  attese  certe  proteste  e  riserve  inaspettate,  confer- 
ma  la  decadenza  di  Napoleone  III  e  della  sua  dinastia,  gia  pronunziata 
dal  suffragio  universale,  e  lo  dichiara  responsabile  della  rovina,  del- 
1'invasione,  e  dello  smembramento  della  Francia. —  Firmati:  Target, 
Bethmont,  Jules  Buisson,  Rene',  Brice,  Ch.  Rolant,  Tallon,  le  due  D. 
Marmier,  Pradie',  Ricard,  Girard,  Lambert  de  Sainte  Croix,  Wilson, 
€h.  Alexandre,  Baragnon,  Leon,  Say,  Victor  de  Laprade,  Louis  Viennet, 
Farcy,  P.  Dupin,  Marcel  Barthe,  comte  d'Osmoy,  Wallon,  Charles  Rives, 
comte  de  Brettes,  Turin,  Villain. » 

«  L'Assemblea  si  alza  in  mezzo  a  rumorose  acclamazioni ,  ed  alle 
grida:  Ai  voti!  Ai  voli! 

«  Gavini  (alia  tribuna,  in  mezzo  al  rumore) .  L'  Assemblea  non 
ha  il  diritto  di  pronunziare  la  decadenza...  Essa  non  e  costituente. . . 
L'Impero  fu  istituito  e  consacrato  dal  suffragio  universale,  e  non  puo 
essere  dichiarato  decaduto  se  non  dal  suffragio  universale.  (Agitazione 
—  Ai  voti!  ai  voti! ) 

«  Thiers,  capo  del  potere  esecutivo,  sale  alia  tribuna.  (Vivi  ap- 
plausi.) Signori,  io  vi  ho  proposto  una  politica  di  conciliazione  e  di 
pace;  sperava  che  tutti  comprenderebbero  la  riserva,  nella  quale  ci 


CRONACA 

racchiudiamo,  rispetto  al  passato.  Ma,  quando  questo  passato  si  rizza 
davanti  al  paese  (acclamazioni) ,  questo  passato,  che  e  la  causa  di 
tutte  le  nostre  disgrazie  (nuovi  applausi)  ;  in  quella  che  noi  vor- 
remmo  dimenticare  che  sotto  il  peso  appunto  de'suoi  errori  e  de'suoi 
delitti  noi  chiniamo  la  testa  (gli  applausi  si  raddoppiano):  sapete 
voi,  o  signori,  che  cosa  dicono  i  Principi  che  voi  rappresentate?  Di- 
cono  che  non  sono  essi  gli  autori  di  qtiesta  guerra,  e  che  la  Francia 
]'ha  voluta.  Ebbene!  lo  loro  do  qui  la  piu  fonnale  mentita  (Bravo!). 
No,  la  Francia  non  voile  questa  guerra.  Siete  voi  che  1'avete  voluta. 
(Nuove  acclamasioni) .  Ed  e  una  punizione  del  cielo  questa,  di  ve- 
dervi  gia  costretti  di  subire  il  giudizio  della  nazione ,  che  sara  il 
giudizio  dei  posteri.  Voi  volete  giustificare  il  padrone  che  avete  servito. 

10  rispetto  il  vostro  coraggio,  e  sel'Assemblea  ascoltasse  il  mio  avviso 
essa  vi   lascerebbe  parlare    (Benissimo !  benissimo!).  Si,  venite  a 
parlarci  dei  servigi  che  avete  reso!  Noi  vi  risponderemo.  Ma  se  1'As- 
semblea  vuole  chiudere  1'incidente,  io  credo  che  questo  sara  il  partito 
piu  savio  e  degno.  Voi  dite  che  noi  non  sianio  un'Assemblea  costi- 
tuente;  e  una  questione.  Ma  cio  che  non  e  questione,  egli  e  che  noi 
siamo  un'Asseinblea  sovrana.  E  la  prima  volta,  da  piu  di  venti  anni, 
che  le  elezioni  sono  state  libere.  ( Lunghi  applausi.  —  Ai  voti!  Ai 
voti ! ) 

«  Presidents.  Metto  ai  voti  la  chiusura  dell'incidente.  —  La  chiu- 
sura,  nei  termini  della  proposta  del  signor  Target,  e  adottata  da  una 
immensa  maggioranza.  (Nuovi  e  vivi  applausi.) 

«  Wilson.  All'  unanimita,  eccetto  sei  voti.  » 

Cosi  quel  principe  che  ben  quattro  volte,  per  suffragio  univer- 
sale,  dichiaratosi  in  favor  suo  con  6  e  7  milioni  di  voti,  era  stato 
posto  a  capo  della  nazione  francese,  e  ne  avea  governato  le  armi  e 
diretta  la  politica  e  padroneggiato  le  sorti ,  fu  sbalzato  via  dal  trono 
in  meno  d'un  quarto  d'ora,  con  un  ordine  del  giorno,  ed  in  con- 
giunture  che  debbono  avergli  tolta  ogni  speranza  di  mai  piu  risalirvi. 

2.  Al  ricevere  1'annunzio  di  questo  decreto ,  Luigi  Napoleone 
Bonaparte  dovette  rimaner  come  smemorato.  Imperocche  pare  che  egli 
perdesse  ogni  rimembranza  delle  risposte  date  e  delle  dichiarazioni 
fatte  nel  1859  e  nel  1860;  quando,  per  le  armi  della  Francia  da  lui 
adoperate  a  servigio  della  Frammassoneria  italiana,  e  per  le  arti  della 
sua  diplomazia,  il  Governo  del  piccolo  Piemonte  riusciva  all'intento 
di  abbattere  il  trono  ed  impadronirsi  degli  Stati  di  S.  M.  il  Re  Fran- 
cesco II  delle  Due  Sicilie,  del  Granduca  di  Toscana,  del  Duca  di 
Modena,  del  Duca  di  Parma  e  Piacenza,  e  potea  impunemente,  contro 

11  voto  espresso  della  nazione  francese  e  di  tutte  le  genti  cattoliche, 
rapire  con  la  violenza  delle  armi  i  quattro  quinti  delle  province  degli 


CONTEMPORANEA  229 

Stati  della  Chiesa,  che  erano  sacro  retaggio  dato  da  Dio  a  guarentigia 
di  Roma  e  della  indipendenza  del  Sommo  Pontefice.  Se  di  quelle  sue 
pratiche,  e  risposte  e  dichiarazioni  avesse  il  Bonaparte  serbata  qualche 
reminiscenza,  per  certo  non  avrebbe  avuto  coraggio  ne  di  scrivere  ne 
di  firmare  la  seguente  protesta,  pubblicata  nei  giornali  di  Londra 
del  10  marzo. 

«  Al  signor  presidents  dell' Assembled  nazionale,  a  Bordeaux. 

«  Sig.  Presidente.  Net  momento  in  cui  tutti  i  Francesi,  profon- 
damente  afflitti  per  le  condizioni  della  pace ,  non  pensavano  che  ai 
mali  della  patria ,  1'Assemblea  nazionale  ha  pronunziato  la  decadenza 
della  mia  dinastia,  ed  ha  affermato  ch' io  solo  era'risponsabile  delle 
pubbliche  calamita. 

«  Io  protesto  contro  cotesta  dichiarazione  ingiusta  ed  illegale. 

«  Ingiusta,  perche  quando  fu  dichiarata  la  guerra,  il  sentimento 
nazionale,  eccitato  oltremodo  da  cause  indipendenti  dalla  mia  volonta, 
avea  prodotto  uno  slancio  generale  ed  irresistibile. 

«  Illegale,  perche  1'Assemblea,  nominata  unicamente  allo  scopo 
di  conchiudere  la  pace,  ha  oltrepassato  i  suoi  poteri ,  decidendo  que- 
stioni  al  di  la  della  sua  competenza;  e  quando  pur  essa  fosse  stata 
una  (tostituente,  non  avrebbe  potuto  mai  sostituire  la  sua  volonta  a 
quella  della  nazione.  L'  esempio  del  passato  viene  a  provarlo.  L'osti- 
lita  dell' Assemblea  costituente  del  1848  cadde  a  terra  innanzi  alia 
elezione  del  dieci  dicembre;  e  nel  1851  il  popolo  con  piu  di  7  milioni 
di  voti  mi  sostenne  contro  1'Assemblea  legislativa. 

«,Le  passioni  politiche  non  possono  prevalere  contro  il  diritto; 
e  il  diritto  pubblico  francese,  per  la  fondazione  di  qualunque  Go- 
verno  legittimo,  sta  nel  plebiscite .  Fuori  di  questo,  non  vi  ha  che 
usurpazione  per  gli  uni,  ed  oppressione  per  gli  altri.  Io  sono  pronto 
percio  ad  inchinarmi  innanzi  alia  libera  espressione*  della  volonta 
nazionale ;  ma  innanzi  ad  essa  sola. 

«  In  presenza  di  avvenimenti  dolorosi,  che  impongono  a  tutti 
1'annegazione  ed  il  disinteresse,  avrei  voluto  serbare  il  silenzio;  ma 
la  dichiarazione  dell'  Assemblea  mi  costringe  a  protestare  in  nome 
della  verita  oltraggiata  e  dei  diritti  non  considerati  della  nazione. 

«  Ricevete,  signor  Presidente,  1'assicurazione  della  mia  alta  stima. 
Wilhelmshohe,  6  marzo  1871.  NAPOLEONE.  » 

Questo  atto  di  Napoleone  III  fu  ricevuto  in  Francia  con  una 
noncuranza  peggiore  d'ogni  insulto.  Se  qualcuno  mostrd  di  fame 
qualche  caso,  fu  appunto  un  di  quelli  che,  dopo  aver  portato  la  livrea 
imperiale  e  tenute  le  sue  parti,  1'avea  rinnegato  nell'ora  dei  rovesci. 
La  paura  di  veder  rinnovata  1'  impresa  di  Napoleone  I  al  ritorno  dal- 
1'isola  d'Elba,  spinge  cosiffatti  partigiani  ad  invocare  dal  Governo 


230  CRONACA 

repubblicano  la  piu  rigorosa  vigilanza  contro  le  mene  e  gli  attenlali 
del  vinto  di  Sedan.  Di  che  si  ha  un  tristo  saggio  nel  Debats  del  ve- 
nerdi  17  marzo. 

Questo  giornale,  che  per  lunghi  anni  era  stato  campione  dichia- 
rato  e  fedele  degli  Orleanesi,  si  era  da  ultimo  dedicate  ai  servigi 
de\\' impero-liberale  ;  che,  pei  7,350,143  si  del  plebiscite  nel  maggio 
del  1870 ,  parea  rassodato  in  guisa  da  escludere  ogni  probabilita  di  ri- 
torno  agli  esuli  figli  e  nipoti  di  Luigi  Filippo.  Or  ecco  in  quali  termini 
il  Debats  parla  della  recitata  protestazione  del  prigioniere  di  Wilhelm- 
shohe. 

«  L' ultimo  manifesto  di  Napoleone  III  e  apprezzato  dagli  stra- 
nieri  al  modo  stesso  che  qui  da  noi  in  Francia;  e  da  per  tutto  il 
prigioniero  di  Wilhelmshohe  eccita  gli  stessi  sentimenti.  «  II  contegno 
«  piu  decoroso  che  debba  osservarsi  verso  di  lui ,  dice  un  giornale 
«  di  Cassel,  e  di  voltargli  la  schiena.  Costui  e  giudicato  in  Alemagna 
«  ed  in  Francia ;  e  tal  condannato  non  potrebbe  ispirare  ne  compas- 
«  sione  ne  ammirazione  ad  alcun  popolo  che  si  rispetti.  Gli  si  lasci 
«  I'  incognito  del  disprezzo.  »  II  male  pero  sta  in  cid;  che  quest' uomo 
non  vuole  punto  rassegnarsi  all'  incognito,  suggerito  dal  giornale  di 
Cassel.  Egli  lien  duro.  La  casa  gli  par  comoda  e  doviziosa,  e  pretende 
rientrarvi,  e  dichiara  che  1'Assemblea  nazionale  e  incompetente  a 
mandarnelo  fuori.  » 

Qui  il  Debats  con  ironia  e  scherno  atroce  rammenta,  a  dileggio 
dello  sventurato  Napoleone  III,  ie  imprese  di  Boulogne  e  di  Strasbourg; 
tinge  di  paventare  nuovi  attentati  consimili;  e  grida  che  si  badi  bene 
a  scoprire  le  sue  trame! 

I  buoni  cattolici  non  dimenticano,  come  il  Debats  dimentica  gli 
stipendii  ricevuti,  i  servigi  che  Napoleone  III ,  cedendo  al  voto  mani- 
festo della  Ffancia  cristiana ,  rendette  talvolta  alia  Santa  Sede ;  e 
rammentano  con  gratitudine  il  soccorso,  tardo  si  e  momentaneo,  ma 
pur  efficace,  che  egli  mando  nell'ottobre  del  1867  a  salvar  Roma  ed 
il  Vicario  di  Gesu  Cristo  dai  furori  delle  masnade  settarie,  vittoriose 
a  Monterotondo  e  sconfitte  a  Mentana.  Percio  con  senso  di  sincera  e 
profonda  commiserazione  vediamo  fatto  bersaglio  a  vigliacchi  insulti 
un  principe,  che  per  venti  anni  ebbe  1'arte  e  1'onore  di  governare 
la  potentissima  nazione  francese;  e  che,  se  commise  il  fallo  di  sacri- 
ficare  gli  interessi  della  Chiesa  e  di  Roma  alia  Massoneria  italiana,  e 
di  rompere  una  guerra,  a  cui  non  era  preparato,  contro  una  nazione 
allestita  di  tutto  punto  a  sostenerla,  ebbe  in  cio  consenziente  il  Senate, 
il  Corpo  Legislativo,  e  tutta  quella  immensa  moltitudine  di  giornali  e 
di  turbe  plebee,  che,  rappresentando  I' opinions  pubblica*  nel  passato 
luglio  faceano  echeggiare  le  vie  e  le  piazze  della  Francia  colle  loro 


CONTEMPORANEA  231 

grida  A  Berlin!  A  Berlin!  I  nemici,  provocati ,  riuscirono  vittoriosi; 
e,  meglio  che  disfogarsi  in  crudeli  contumelie  contro  Napoleone  III, 
gioverebbe  riconoscere  ed  adorare  nei  rovesci  delle  armi  francesi  1'ar- 
cano  giudizio  di  Dio,  che  certo  scorgeva  nella  Francia,  e  soprattutto 
in  Parigi,  ribellioni  diuturne  contro  le  leggi  della  religione  e  del  buon 
costume,  e  piaghe  inciprignite  da  curarsi  col  ferro  e  col  fuoco.  La  Fran- 
cia torni  ad  essere  cattolica,  e  riacquistera  il  primato  tra  le  nazioni. 
Se  no ,  andra  perduta  irreparabilmente. 

3.  Appena  eletto  e  costituito  Capo  del  potere  esecutivo,  il  sig.  A. 
Thiers  ricevette  la  visita  di  varii  rappresentanti  di  potenze  straniere, 
che  furono  solleciti  di  riconoscerlo  nella  sua  qualita  ufficiale;  e  cosi 
fecero  gli  Ambasciatori  d' Austria,  di  Spagna  e  Portogallo. 

Nella  tornata  del  19  febbraio  il  Thiers  ringrazio  1'Assemblea 
dell'onore  conferitogli,  ed  accettato  per  puro  araore  di  patria ;  ed 
annunzio  i  nomi  dei  membri  del  Consiglio  dei  Ministri  da  se  eletti. 
Essi  furono:  il  sig.  Dufaure  pel  ministero  della  Giustizia  ;  il  sig.  Giulio 
Favre  pel  ministero  sopra  gli  affari  esterni ;  il  sig.  Ernesto  Picard 
per  quello  degli  interni ;  il  sig.  Giulio  Simon  per  1'  istruzione  pub- 
blica ;  ii  generale  Le  Flo,  pel  ministero  della  guerra;  1'ammiraglio 
Pothuau  per  la  marina ;  ed  il  sig.  De  Larey  pel  commercio.  II  mi- 
nistro  designate  per  le  Finanze  era  ancor  lontano,  e  forse  non  avea 
ancora  accettato;  ma  fu  promulgate  qualche  giorno  dopo,  ed  era  il 
sig.  Powyer-Quertier. 

Non  e  bisogno  entrare  in  discorsi  per  giustificare  1'  avvedimento 
del  sig.  Thiers  nel  mantenere  alia  direzione  pubblica  varii  dei  mem- 
bri del  Governo  della  difesa  nazionale  o  dichiarati  repubblicani , 
come  il  Favre,  il  Picard,  il  Simon  ed  il  Le  F16.  II  primo  dovea  con- 
chiudere  le  pratiche  avviate  col  Bismark;  e  non  era  possibile  trovare 
chi  gli  volesse  succedere  in  si  ardua  ed  ingrata  faccenda.  Altri,  mal- 
levadori  ed  autori  in  gran  parte  della  infausta  rivoluzione  del  4  set- 
tembre,  come  il  Picard,  il  Simon  ed  il  Le  Flo,  erano  da  ritenersi 
come  quelli  che  aveano  influenza  ;e  quasi  padronanza  sulla  fazione 
repubblicana ;  il  rimoverli  valeva  quanto  far  credere  che  era  decisa 
la  distruzione  della  repubblica;  ed  il  sig.  Thiers  paventava  fin  d'allora 
I'efFetto  di  tal  presunzione,  onde  sarebbero  aggravate  da  intestina 
guerra  civile  le  sciagure  della  Francia.  I  repubblicani  del  4  settembre 
aveano  avuta  massima  parte  nel  volere  il  prolungamento  della  guerra 
e  la  resistenza  ad  oltranza ;  toccava  a  loro  sobbarcarsi  al  giogo  del 
vincitore  per  le  coridizioni  della  pace. 

Percio  il  Thiers  non  ristavasi ,  nel  suo  discorso  del  19  febbraio, 
dall'  inculcare  che  per  amore  della  patria  comune  si  lasciasse  da  parte 
la  quistione  costituzionale,  della  forma  cioe  di  reggimento,  a  cui  in 
avvenire  dovrebbe  appigliarsi  la  Francia;  fmche  stavasi  nella  di- 


232  CRONACA 

stretta  degli  artigli  alemanni,  'dibattendosi  con  un  vincitore  ine- 
sorabile,  premeva  star  uniti  e  non  cercar  altro  che  il  modo  di 
uscire  col  minore  strazio  possibile  del  misero  stato  presente.  Ottenuto 
questo  scopo,  egli  rassegnerebbe  il  carico  e  la  nazione  manifesterebbe 
la  sua  volonta  .  Era  un  dire:  il  compito  della  presente  Assemblea  e 
di  conchiudere  la  pace  e  riorganare  1'  amministrazione  e  1'esercito  na- 
zionale ;  poi,  pel  resto,  provvedera  una  Assemblea  costituente. 

Con  questo  proposito,  mentre  il  Thiers,  assistito  dai  15  Deputati 
scelti  dall'  Assemblea,  negoziava  la  pace  a  Versailles,  i  Ministri  dise- 
gnarono  il  modo  di  riordinare  1'esercito,  e  ricondurre  la  quiete  a  Pa- 
rigi, dove  tutto  era  in  subbuglio  per  1' enorme  accumulamento  di 
soldati  inermi  ed  oziosi,  di  Guardie  nazionali  pagate  lautamente  e 
spesate  a  carico  del  Comune,  di  Guardie  mobili  che  smaniavano  di 
tornarsene  alle  case  loro,  e  soprattutto  di  settarii  e  malandrini,  pei 
quali  il  ritorno  della  pace  era  una  sventura.  Almeno  250,000  operai 
era  no  allora  mantenuti  a  spese  del  pubblico,  senza  lavorare  punto, 
ed  intenti  solo  a  discutere  i  governi  passati,  il  presente  ed  il  futuro. 
Ognuno  prevedeva  die  grossi  guai  scoppierebbero,  tosto  che  la  par- 
tenza  delle  truppe  prussiane  avesse  lasciati  gli  onesti  cittadini  alia 
merce  di  turbe  sfrenate,  ed  avvezze  a  padroneggiare  in  nome  della 
difesa  della  patria.IIBismark,  presago  dell'avvenire,  esigeva  che  si  dis- 
armassero  le  Guardie  nazionali  di  Parigi.  Giulio  Favre,  per  punto  d'o- 
nore,  impetro  che  loro  si  lasciassero  le  armi;  e  ne  fu  crudelmente  punito. 

Promulgati  i  preliminari  di  pace,  e  ratificati  in  nome  dell' As- 
semblea a  Versailles,  gli  Alemanni  sgomberarono  da  Parigi  48  ore 
dopo  esservi  entrati.  E  subito  appresso  v'  entrarono  alcuni  reggimenti 
francesi,  che  aveano  fatto  parte  dell'esercito  comandato  gia  dal  generale 
d'Aurelle  de  Paladine  ad  Orleans,  poi  dal  Chanzy  al  Mans.  I  reggi- 
menti di  Guardie  mobili,  a  poco  a  poco,  furono  avviati  ai  rispettivi 
loro  spartimenti,  elicenziati.  Al  comando  della  Guardia  nazionale  di 
Parigi  fu  nominate  il  generale  d'Aurelle  de  Paladine,  uomo  energico, 
d'indomata  costanza  e  capace  di  organizzare  una  milizia  forte,  e 
d'introdurvi  la  disciplina ;  come  1'avea  dimostrato  col  fatto  nel  tener 
testa  alle  vittoriose  schiere  bavare  e  prussiane.  II  generale  Vinoy, 
che,  succedendo  al  Ducrot,  avea  tenuto  il  comando  supremo  di  tutte 
le  forze  armate  di  Parigi,  ritenne  solo  quello  delle  truppe  di  linea. 
Per  le  milizie  appartenenti  agli  eserciti  di  S6dan  e  di  Metz,  fatti  pri- 
gionieri,  si  bandi  la  lista  delle  citta  e  dei  comuni,  in  cui  ciascun 
Reggimento  dovea  mandare  i  suoi  ufficiali  e  soldati,  di  mano  in  mano 
che  tornassero  dal  loro  confine  in  Alemagna ;  poi  si  risolvette  e  de- 
cret6  che  quei  corpi  fossero  al  tutto  sciolti,  per  essere  in  miglior  forma 
organizzati,  escludendone  gli  ufficiali  o  inetti  o  screditati,  e  sceve- 
randone  i  soldati  noti  per  misfatti  contro  la  disciplina.  Provvedimenti 


CONTEMPORANEA  233 

ben  pensati;  ma  che  il  tempo  e  lo  spirito  di  ribellione,  ond'era  ani- 
mata  la  marmagliaparigina,  prezzolata  ed  aizzata  dai  caporioni  della 
setta  ddYAlleanza  internazionale  per  la  repubblica  universale,  non 
permise  di  mandare  tutti  ad  effetto  con  la  necessaria  prontezza.  FOP- 
S' anche  la  mancanza  d'un  Prefetto  di  polizia  favori  le  mire  dei  riot- 
tosi.  II  sig.  Cresson,  che  avea  tal  carica,  1'avea  dimessa  da  un  mese. 
Piu  tardi  gli  si  diede  un  successore,  uomo  capace;  ma  che  per  di- 
fetto  di  agenti  sicuri  e  di  gendarmi,  o  nascosti  o  fuggiti,  non  pote 
far  nulla. 

4.  Fin  dai  primi  giorni  che  Parigi  fu  libera  dalla  presenza  delle 
truppe  alemanne,  vi  si  commisero  abbominevoli  eccessi  a  furore  di 
plebe.  Onesti  cittadini,  guardie  di  pubblica  sicurezza,  e  sergenti  mu- 
nicipali,  furono  barbaramente  trucidati  e  gettati  ad  affogare  nella 
Senna ,  per  un  grido  di  qualche  birbone  che  designavali  come  spie, 
come  prussiani,  come  nemici  della  repubblica.  Le  Guardie  Nazionali 
di  Montmartre,  e  di  Belleville,  col  pretesto  di  sottrarre  una  preda  ai 
Prussiani,  s' impadronirono  di  oltre  a  245  pezzi  d' artiglieria,  cannoni, 
mortai,  obici,  e  di  un  60  mitragliatrici,  e  se  le  portarono  nelle  alture 
di  Montmartre ;  cui  cinsero  di  barricate  e  trincere,  con  troniere  pei 
cannoni,  in  apparato  di  difesa,  non  certo  contro  i  Prussiani,  ma  contro 
il  Governo  deH'Assemblea.  Le  diatribe  dei  giornali  doll' Alleanza  in- 
ternazionale pareano  copiate  dai  piu  odiosi  fogliacci  della  rivoluzione 
del  1793;  e  bandivano  apertamente,  non  il  socialismo  soltanto  ed  il 
comunismo,  ma  la  piu  bestiale  anarchia,  provocando  i  proletarii  a 
levarsi  una  volta  e  spacciarsi  dei  proprietarii .  II  Generale  Vinoy, 
valendosi  dei  diritti  dello  stato  d'assedio,  ne  sospese  sei,  che  erano: 
il  Vengeur,,  il  Cri  du  peuple,  il  Mot  d'  ordre,  il  Pere  Duchene,  la 
Caricature,  la.  Bouche  de  fer.  Con  lo  stesso  bando,  dell' 11  marzo, 
il  Vinoy  vietava  che  si  pubblicassero  nuovi  diarii  di  materie  soeiali 
e  politiche ;  per  impedire  che  i  sospesi  riapparissero  sott'altro  nome 
e  titolo.  Cio  non  valse  punto  a  sgominare  le  trame  dei  settarii,  e  parve 
anzi  produrre  1' effetto  dell' olio  gettato  sul  fuoco.  I  bandi  che  s'af- 
figgevano  per  le  vie  e  le  piazze  di  Parigi  portavano  scolpito  il  ca- 
rattere  d'una  fazione  sanguinaria,  la  quale  aspirava  ad  essere  lasciata 
signora  di  dettare  la  legge  alia  Francia.  Queste  cose,  ed  altre  assai, 
che  per  brevita  dobbiamo  omettere,  persuasero  al  Governo  ed  al- 
T  Assemblea  di  Bordeaux,  che  mal  sicuro  sarebbe  il  soggiorno  dei  po- 
teri  dello  Stato  in  quella  metropoli,  travagliata  da  tale  sobbollimento 
interno  di  passioni  infrenabili.  Si  pose  a  partito  che,  non  potendosi 
agevolmente  da  Bordeaux  governare  la  Francia,  1' Assemblea  dovesse 
si  ricondursi  presso  la  Metropoli,  ma  porre  la  sua  sede  in  una  delle 
vicine  citta;  e  si  designarono  Fontainebleau  o  Versailles.  Ma  presto 


234  CRONACA 

si  riconobbe  che  troppo  era  disadatta  la  citta  di  Fontainebleau ,  e  si 
ondeggiava  nella  scelta  fra  Tours  piu  lontana,  e  Versailles. 

Nella  tornata  del  6  marzo  il  Thiers  insistette  caldamente  presso 
1'Assemblea,  affinche  fermasse  qualche  risoluzione  a  tal  proposito,  non 
essendo  piu  tollerabile  quel  che  avea  gia  fatto  si  mala  prova,  sotto  il 
Governo  delta  difesa  nazionale,  cioe  che  il  Consiglio  dei  Ministri 
si  troncasse  in  due  pezzi,  e  1'  uno  restasse  a  Bordeaux  con  1'  Assem- 
blea, 1'altro  si  trasferisse  a  Parigi.  Una  Commissione  di  15  membri  fu 
deputata  a  disaminare  tal  quistione,  e  essa  si  divise  nelle  opinioni.  Cin- 
que di  essi  volevano  che  ii  tutto,  Assemblea  e  Governo,  si  riconducesse 
subito  a  Parigi;  gli  altri  dieci  sosteneario  che  s'andasse  pur  via  tutti 
da  Bordeaux,  ma  per  insediarsi  in  ogni  altro  luogo,  piuttosto  che  a 
Parigi.  Questa  Commissione,  di  cui  era  presidente  il  Sig.  Yitet,  e 
segretario  il  Sig.  Paris,  era  composta  dei  deputati  Maille,  Flaud,  Beule, 
barone  Vast-Vimeux,  de  Lasteyrie,  Buffet,  Baze,  de  Cumont,  Galien- 
Arnoult,  Brun,  Mortimer-Ternaux,  conte  Daru  ex-ministro  di  Napo- 
leone  III,  e  Carayon-Latour.  II  Sig.  Buffet  ebbe  1'  incarico,  che  poi 
cedette  ad  altri,  di  riferire  all'  Assemblea  le  ragioni  e  le  conclusion! 
della  Commissione,  dove  il  dibattimento  fu  lungo,  ostinato  e  fervido ; 
ma  piu  ardente  fu  la  discussione  nell' Assemblea  stessa,  in  grazia 
delle  implacabili  furie  d'  alcuni  demagoghi  deputati  di  Parigi. 

Finalmente,  nella  tornata  del  10  marzo,  dopo  un  eloquente  e 
passionate  discorso  del  Thiers,  1'  Assemblea  procedette  ai  voti  sulle 
proposte  dibattute;  e  fu  reietta  con  427  voti  contro  154  quella  per 
cui  doveasi  trasferire  direttamente  a  Parigi  la  sede  dell'  Assemblea 
e  del  Governo;  e  fu  ammessa  con  461  voti  contro  104  la  proposta, 
sostenuta  dal  Thiers,  perchc  Tuna  e  1'altro  prendessero  stanza,  tem- 
poraneamente,  a  Versailles;  dove  fu  deciso  che  terrebbesi  la  prima 
adunanza  il  di  20  marzo. 

5.  II  Governo,  per  iscongiurare  la  tempesta  che  vedea  sempre 
piu  addensarsi  sopra  Parigi,  pubblico  la  mattina  del  9  un  bando, 
molto  approvato  anche  dal  Dcbats  del  10  marzo,  in  cui  faceasi  alta 
e  solenne  professione  di  voler  mantenere  la  repubblica  e  far  giustizia 
alle  ragioni  di  Parigi ;  ma  si  designavano  come  nemici  della  patria 
quelli  che,  sotto  gli  occhi  dei  Prussiani,  padroni  dei  forti  a  setten- 
trione  ed  a  levante  della  Metropoli,  ed  accampati  sotto  le  sue  mura, 
spargevano  a  piene  mani  tra  la  plebe  i  germi  della  ribellione  e  della 
guerra  civile.  II  Journal  officiel  parigino,  nel  giorno  stesso  che  pub- 
blicava  tale  bando,  annunziava  che  il  Cav.  Nigra  avea  presentato  al 
Thiers,  il  giorno  5  marzo,  le  lettere  che  lo  accreditavano  in  qualita 
d'Inviato  straordinario  e  Ministro  plenipotenziario  di  S.  M.  il  Re 
d'  Italia.  Strane  dicerie  corsero  poi  a  carico  del  Nigra. 


CONTEMPORANEA  235 

Seguiva  poscia  nel  diario  ufficiale'  la  nota  dei  personaggi  nomi- 
nati  dal  Presidente  del  potere  esecutivo  della  Repubblica,  in  qualita 
di  Ministri  plenipotenziarii ,  per  negoziare  coll'Impero  Germanico  il 
trattato  definitive  di  pace;  ed  erano  i  Signori :  Baude,  gia  rappre- 
sentante  della  Francia  ad  Atene;  rl  Generale  CaiHe",  il  Sig.  Goulard, 
membro  dell' Assemblea  nazionale,  ed  il  Sig.  Declercq.  La  scelta  di 
questi  diplomatic!  era  stata  significata,  fin  dal  7  marzo,  al  Sig.  Bi- 
smark  Cancelliere  dell'Impero  Germanico,  con  preghiera  di  designare 
il  piu  presto  possibile  i  plenipotenziarii  dell'  Alemagna,  e  di  deter- 
minare  il  giorno  prossimo,  per  quauto  potevasi,  dell'apertura  delle 
pratiche.  Fu  poi  scelta  la  citta  di  Bruxelles,  come  sede  la  piu  ac- 
concia  a  tenervi  tal  pacifico  congresso. 

6.  Questo  avviamento  a  riordinare  la  Francia  in  qualche  assetto 
di  pace  non  tornava  a  conto  dei  caporioni  della  demagogia  europea, 
e  soprattutto  irritava  i  membri  del  Comitato  dkigente  dell'  Alleanza 
internazionale  per  la  repubblica  universale.  Percio  1'ordine  fu  spe- 
dito  ai  loro  capipopolo  in  Parigi,  che  al  tutto  vi  dovessero  mantenere 
desta  e  vivace  1'  opposizione  al  Governo.  Per  attizzare  il  fuoco  che 
gia  divampava,  massime  per  opera  del  deputato  CIe"menceau  sindaco 
del  circondario  di  Montmartre  e  fautore  della  ribellione,  a  cui  gia 
erano  trascese  le  Guardie  nazionali  di  quel  turbolento  e  corrottissimo 
quartiere  di  Parigi,  parecchi  della  sua  consorteria,  notoriamente  ascritti 
alia  setta  della  Alleanza  internazionale.,  diedero  la  loro  dirnissione 
dall'ufficio  di  deputati;  di  che  porsero  primi  1'esempioi  famigerati 
Rochefort,  Rane,  Malon,  Tridon  e  Felice  Pyat;  alcuni  dei  quali  erano 
anche  Sindaci  di  qualche  circondario  di  Parigi;  ed  i  piu  di  costoro 
si  condussero  alia  metropoli  a  dirigere  le  masnade  di  plebe,  gia  in- 
vaghite  degli  orrori  d'  un  perfetto  comunismo,  o  piuttosto  delle  stragi 
del  1793.  Alquanti  Garibaldini  italiani,  che  il  De'bats  chiama  schifosi 
bruchi  rossi,  vi  portarono  il  concorso  della  loro  empieta  e  della  lore? 
ferocia.  Un  Comitato  *di  resistenza,,  di  cui  si  tennero  segretissimi  i 
membri,  comincio  a  diffondere  proclamazioni  incendiarie,  degne  di 
comparire  accanto  a  quelle  dei  Voraces  che  nel  1848  invasero  la 
Savoia.  Le  Guardie  nazionali  di  Montmartre  e  di  Belleville  divennero 
i  Pretoriani  di  cotesti  vigliacchi  tiranni,  ed  oggimai  nulla  mancava 
allo  scoppio  della  guerra  civile. 

7.  II  Generale  D'Aurelle  de  Paladine  vide  tornare  inutili  tutte 
le  sue  pratiche  presso  il  sindaco  demagogo  Ctemenceau,  per  indurlo 
a  far  restituire  i  cannoni  e  le  mitragliatrici,  di  cui  quella  sua  Guar- 
dia  nazionale  erasi  impadronita.  I  componimenti  discretissimi  proposti 
per  mitigare  le  pretensioni  di  quei  frenetici,  furono  reietti.  Un  bando, 
tra  1'amorevole  e  Faustero,  con  che  il  d'Aurelle  cerco  d'indurre  a 


236  CRONACA 

migliori  sensi  quei  settarii,  fu  bersaglio  a'loro  oltraggi,  e  parve  dare 
loro  coraggio  ad  ostentare  piu  baldanza.  Catturarono  e  distribuirono 
fra  loro  le  munizioni  da  guerra,  che  da  truppe  regolari  si  scortavano 
sopra  molti  carri,  a  fine  di  rifornire  i  forti  sgomberati  dai  Prussiani.  As- 
salirono  e  saccheggiarono  allo  stesso  modo  varie  polveriere.  Costrin- 
sero  i  cittadini  pacific!  a  dar  di  piglio  ancor  essi  alle  armi,  e  lavorare 
alle  fortificazioni  delle  alture  di  Montmartre.  Per  mezzo  di  emissarii, 
provveduti  di  denaro  ed  ardenti,  sommossero  la  plebe  del  quartiere  di 
Montrouge,  all' opposta  estremita  raeridionale  di  Parigi,  dirimpetto  a 
Versailles;  la  quale ,  emulando  gli  alti  fatti  dei  ribelli  di  Montmar- 
tre, s'inipadroni  del  forte  d'Issy;  mentre  grosse  bande  di  malandrini. 
armati  e  di  Guardie  Nazionali  assalivano  i  custodi  della  carcere  in  cui 
erano  chiusi  il  Flourens  ed  i  suoi  complici  delle  rivolture  del  31  ot- 
tobre ,  condannati  a  morte ,  e  li  liberavano .  L'  anarchia  cosi  allar- 
gavasi  dalla  parte  settentrionale  verso  il  centre  di  Parigi,  e  si  eccitava 
ancbe  nella  meridionale.  Le  pratiche  fatte  dal  Picard  presso  i  Maires 
o  Sindaci,  tornarono  inutili  del  pari  che  quelle  del  D'  Aurelle  de  Pa- 
ladine  presso  i  comandanti  delle  Guardie  Nazionali ;  i  piu  dei  quali, 
presso  lui  convocati ,  si  rifiutarono  a  difendere  con  lui  la  causa  del 
buon  ordine,  dichiarandogli  die  non  volevano  riconoscerlo  per  loro 
capo,  non  per  disprezzo  della  sua  persona,  ma  perche  pretendeano 
aver  diritto  quai  militi  di  scegliere  da  se  liberamente  i  loro  Generali, 
colonnelli,  ed  ufficiali  tutti. 

8.  II  Governo,  come  se  inorridisse  al  pensiero  di  dover  spargere 
qualche  goccia  del  sangue  francese  risparmiato  dal  piombo  e  dal  ferro 
tedesco,  pazientava,  dissimulava,  tentava  tutte  le  vie  della  concilia- 
zione,  abbondava  in  promesse  onde  s'  impegnava  a  mantenere  intatta 
la  repubblica;  e  confidavasi  che  col  tempo,  le  sue  esortazioni  ed  i  suoi 
benigni  provvedimenti  potessero  mansuefare  quelle  fiere,  senza  dover 
ricorrere  a  spedienti  di  forza;  da  cui  rifuggiva  eziandio  per  la  funesta 
certezza,  che  la  rilassata  disciplina  delle  stesse  truppe  regolari  non 
ispirava  veruna  fiducia  di  poterle  adoperare  con  la  dovuta  energia. 

Giunse  il  Thiers  il  15  marzo  a  Versailles,  e  si  tenne  Consiglio; 
dopo  il  quale  i  tre  ministri  Giulio  Favre,  Giulio  Simon  e  1'aimm- 
raglio  Pothuau  tornarono  a  Parigi.  Pare  che  in  tale  adunanza  si  ri- 
solvesse  di  tentare  ancora  le  pratiche  possibili  di  conciliazione,  ab.bon- 
dando  in  concessioni  verso  i  battaglioni  ammutinati  dalla  Guardia 
Nazionale,  il  cui  numero  veniva  crescendo  di  giorno  in  giorno,  pel 
timore  incusso  dal  Comitato  segreto  e  dalle  sevizie  dei  suoi  sicarii. 
Tristo  indizio  del  pessimo  stato ,  in  cui  gia  erano  ridotte  le  cose , 
aveasi  da  cio  che,  commiste  ai  militi  della  Guardia  Nazionale,  ed 
armate  fino  ai  denti,  vedeansi  schierate  od  appostats  in  sentinella 
non  poche  di  quelle  sozze  megere,  cui  la  vita  brutale  fin  qui  condotta 


CONTEMPORANEA  237 

pare  avesse  tolto  ogni  sapore  d'altri  diletti,  e  dato  invece  una  sete 
rabbiosa  di.umano  sangue.  Queste  si  mostravano  anche  piu  feroci  al 
tratto  e  nelle  parole;  ed  a'fatti  furono  poi  vere  tigri. 

II  Sig.  A.  Thiers  vide  allora  meg-lio  come  ingrossava  la  tempe- 
sta,  e  nomino  Prefetto  di  Polizia  di  Parigi,  con  decreto  del  15  marzo, 
il  generale  Valentin;  il  quale  dovea,  non  solo  cercare  di  mettere 
qualche  freno  alia  minuta  plebe  settaria,  ma  studiarsi  d'  impedire  le 
sevizie,  con  cui  si  maltrattava  e  talvolta  ancora  s'uccideva  per  le  vie 
e  nelle  piazze  chi  era  designate  come  tedesco  o  prussiano.  Era  troppo 
da  paventare  che,  se  tali  barbaric  non  erano  represse  efficacemente, 
il  sig.  De  Bismark  ne  esigesse  tal  conto  severo  e  tal  gastigo,  da  re- 
care  la  desolazione  piu  grande  in  Parigi.  Ma  i  capi  della  Alleanza 
internazionale  non  percio  si  ristavano  dall'eccitare,  con  bandi  da  ener- 
gumeni,  la  plebe  e  la  Guardia  nazionale,  a  resistere  iino  all'  estremo. 
Un  bando  del  Blanqui,  affisso  in  cartelloni  di  rosso  fiammante,  e  ri- 
prodotto  nel  Debats  del  1 7  marzo,  pud  valere  come  saggio  di  tal  let- 
teratura  infernale.  Ogni  giorno  sulla  piazza  della  Bastiglia  erano 
saturnali  demagogici,  attorno  alia  colonna,  sulla  quale  dalla  statua 
della  Liberia,  coperta  il  capo  del  berretto  frigio,  sventolava  un'  enor- 
me  bandiera  rossa.  Chi  non  le  prestava  ii  culto  preteso  da  quei  frene- 
tici,  era  percosso  e  minacciato  di  morte. 

La  mattina  del  18  marzo  il  Governo  tentd  un  ultimo  ripiego.  Un 
bando  eloquente,  firmato  dal  Thiers  e  da  tutti  i  ministri,  svelava  ai 
Parigini  i  tristi  disegni  dei  sediziosi ;  rappresentava  loro  i  danni  im- 
mensi  che  produceva  quella  ribellione  li  sotto  gli  occhi  delnemico; 
esponeva  le  pratiche  benigne  fatte  con  longanimita  senza  esempio  per 
richiamare  all'ordine  i  forsennati ;  e  finiva  coll'esprimere  la  risolu- 
zione  di  adoperare  la  forza,  quando  la  ragione  non  fosse  apprezzata 
e  la  legge  continuasse  ad  essere  vilipesa. 

Con  altri  bandi  dei  Ministri  e  del  d'Aurelle  de  Paladine  si  esor- 
tava  la  Guardia  nazionale  a  soffocare  quella  ribellione,  se  volevasi  salva 
la  patria  e  la  repubblica. 

9.  La  risposta  dei  felloni  fu  pronta  e  chiara.  Gia  da  piu  giorni 
essi  aveano  caricati  e  volti  contro  i  quartieri  pacifici  della  citta  i  loro 
cannoni.  II  Governo  aveva  capito  che  non  era  piu  tempo  d'  indugiare;  ed 
in  sull' alba  del  18  avea  mandate  buon  nerbo  di  truppe  che,  sotto  gli 
ordini  di  Vinoy,  dovessero  circondare  le  alture  di  Montmartre  per 
levarne  le  artiglierie.  In  sulle  prime  la  cosa  procedette  felicemente. 
Ma  poco  stante  sopraggiunsero  bande  di  Guardie  nazionali  e  donnacce 
furibonde,  che  assalirono  la  scorta,  ond' erano  accompagnati  i  45 
primi  cannoni  presi;  staccarono  i  cavalli,  ed  incussero  tal  terrore  a 
quei  fantaccini ,  che  non  solo  cedettero  le  armi ,  ma  si  sbandarono 


238  CRONACA 

o  fecero  causa  comune  coi  ribelli.  Alcuni  ufficiali,  che  tentavano 
trattenere  i  loro  soldati  ne  furono  uccisi ;  altri ,  per  aver  comandato 
il  fuoco,  furono  squarciati  dalle  baionette  del  loro  soldati.  Ingros- 
sava  la  turba  delle  Guardie  nazionali ,  che  senza  riguardo  tiravano 
titto  contro  le  truppe ;  queste ,  in  poco  d'  ora ,  o  mal  dirette  ,  o  in- 
disciplinate,  diedero  volta  addietro;  e,  per  giunta,  col  calcio  del  fucile 
in  aria.  Di  che  non  e  a  dire  se  crescesse  la  baldanza  dei  masnadieri 
del  Comitato,  che  di  subito  si  distesero  ad  occupare  i  quartieri  vicini, 
e  chiudere  le  vie  con  isbarre  e  trincee ,  perseguitando  le  truppe  che 
teneano  testa,  ed  accoppando  ufficiali  e  soldati.  In  sulle  4  e  mezza  pom. 
la  orribile  tragedia  ebbe  una  scena  piu  spaventosa.  II  generate  Cle- 
mente  Thomas ,  che  era  stato  poc'  anzi  comandante  supremo  della 
Guardia  nazionale ,  ed  il  generale  Le  Comte,  giunto  poco  prima  a 
Parigi ,  accusati  di  aver  fatto  contrasto  ai  decreti  del  Comitato  e 
comandato  il  fuoco  contro  il  popolo  sovrano,  il  che  era  falsissimo , 
furono  scopcrti ,  riconosciuti  ,  tralti  con  orribile  strazio  delle  loro 
persone  innanzi  al  Comitato  nella  Rue  des  Rosters ,  e  poco  stante 
fucilati  barbaramente  nel  giardino  della  casa ,  ove  tenevano  il  loro 
covo  quelle  fiere. 

10.  L'  annunzio  di  tale  atrocita,  tanto  piu  crudele  in  quanto  le 
due  vittime ,  non  solo  erano  innocenti  del  sangue  sparso  ,  ma  si 
professavano  di  parte  repubblicana,  commossead  orrore  tutta  la  parte 
sana  di  Parigi.  1  ministri  ivi  residenti ,  cioe  i  signori  Dufaure,  Giulio 
Favre,  Ernesto  Picard ,  Giulio  Simon,  1' ammiraglio  Pothuau  ed  il 
generale  Le  Flo,  mandarono  a  pubblicare  nel  Journal  Officiel  un  nuovo 
bando  alia  Guardia  Nazionale!  Appunto  come  se  in  tali  congiunture 
si  badasse  alle  parole  piii  o  meno  eloquent!  degli  avvocati  ministri 
e  rivoluzionarii  emeriti!  Nello  stesso  diario  ufficiale  fu  pubblicata  pure 
la  relazione  del  modo,  onde  avvenne  la  trista  scena  della  Rue  des 
Rosiers,  come  puo  vedersi  nei  diarii  parigini  del  19.  Mail  Comitato 
poteva ,  quanto  a'  bandi ,  fare  buona  scuola  ai  Ministri ;  il  che  ap- 
parisce  da  quelli  veramente  sanguinarii,  che  nello  stesso  giorno  fece 
affiggere  da  per  tutto,  e  questa  volta  sottoscritti  dai  membri  di  quella 
congrega,  dei  quali  giova  registrare  i  nomi,  che  sono :  Assi,  Billioray, 
Ferrat,  Babick  ,  Ed.  Moreau  ,  Ch.  Dupont,  Varlin,  Boursier,  Mortier? 
Gouhier,  Lavalette,  Fr.  Jourde ,  Rousseau,  Ch.  Lullier,  Blanchet, 
J.  Grollard,  Barroud,  II.  Geresme,  Fabre,  Pougeret. 

Di  tutti  questi  assassini,  due  soli  sono  conosciuti ;  cioe  1'Assi, 
che  e  quel  medesimo  soprastante  di  operai  macchinisti ,  il  quale, 
come  promotore  e  capo  delle  sedizioni  armate  e  degli  scioperi  al 
Creuzot  nel  passato  anno  1 870,  era  stato  condannato  alia  pena  di  galera ; 
ed  il  Lullier ,  noto  anch'  egli  come  demagogo  oratore  delle  famose 


CONTEMPORANEA  239 

riunioni  pubbliche  a  Belleville.  Gli  altri  devono  essere  qualche  cosa 
di  piu  abbietto  nell' ordine  sociale.  Ma  duolci  di  dover  dire  che  i 
earnefici  adoperati  da  questi  assassin!  furono  soldati  regolari ,  sban- 
dati  e  disertori,  cioe  cacciatori  a  piedi,  fantaccini  ed  artiglieri,  che 
parvero  lieti  di  trucidare  due  Generali ! 

Ottenuta  questa  vittoria ,  i  settarii  s'  affrettarono  di  profittarne. 
Loro  emissarii  gia  erano  disseminati  negli  spartimenti ;  e  mentre  il 
Comitato  in  Parigi ,  respingendo  la  fiacca  opposizione  d'una  piccola 
parte  di  Guardia  nazionale  rimasta  fedele  al  Governo,  allargava  le 
sue  barricate  fino  al  Palazzo  municipale  (Hotel  de  Ville)  ed  alia 
piazza  Vendome ;  e  quinci  bandiva  1'  istituzione  della  Comune  di 
sanguinosa  memoria :  nelle  province  si  ientava  lo  stesso  colpo.  Riu- 
sciva  in  parte,  per  la  imprevidenza  o  la  impotenza  dei  Prefetti  e 
dei  comandanti  militari,  a  Lione,  a  Tolosa,  a  Marsiglia;  dove  i  ri- 
belli  con  poco.  sforzo  s' irapadronivano  delle  Prefetture,  catturavano 
Prefetti  e  Comandanti  militari ,  spiegavano  la  bandiera  rossa  e  pro- 
clamavano  la  Comune,  ossia  il  regno  del  terrore.  Ma  quella  treg- 
genda  in  pochi  giorni  finiva  nelle  province;  benche  atroce  fu  il  primo 
successo  a  S*  Etienne,,  dove  il  sig.  De  1' Espee,  Prefetto,  cedendo  a 
miti  consigli,  si  abbandono  alia  tutela  della  Guardia  nazionale,  ri- 
movendo  di  la  un  poco  di  truppa  che  v'  era  di  passaggio  e  parea 
ben  disposta.  I  settarii  deWAlleanza  internazionale  3  dopo  un  satur- 
nale  nefando,  uccisi  a  furore  parecchi  cittadini,  assalirono  la  Pre- 
fettura ,  s'  impadronirono  del  Prefetto  tradito  dalla  Guardia  nazionale 
che  scappo,  e  lo  condannarono  a  morte;  ed  egli  percio  fu  condotto  in 
sulle  dieci  pomeridiane  nella  sala  municipale,  per  essere  fucilatoin- 
siemecolsig.  Gubian,  sostituto  del  procuratore  della  Repubblica.  Giai 
carnefici  erano  appostati.  Ma  uno  dei  demagoghi,  un  tale  Filion  di 
Macla,  voile  aver  1'onore  di  uccidere  di  sua  mano  le  vittime,  e  scarico 
a  bruciapelo  una  pistola  nella  testa  al  sig.  De  1' Espee;  al  tempo 
stesso  partiva  una  scarica  di  fucilate,  dirette  contro  il  De  1' Espee 
ed  il  Gubian ,  onde  restava  morto  il  Filion  ed  un  operaio  suo  com- 
plice. Cio  accadeva]  il  venerdi  24  marzo. 

Assai  piu  luttuoso  era  stato  il  successo  dei  settarii  in  Parigi,  il 
22  marzo ,  alia  piazza  Vendome.  Scossi  dall'  eccesso  dei  maii  che  gia 
si  vedeano,  e  da  quel  peggio  che  poteasi  paventare,  uncerto  numero 
di  cittadini  dei  quartieri  non  ancora  soggiogati  dagli  insorti,  eransi 
risoluti  di  opporre  qualche  argine,  col  dimostrarsi  fedeli  al  Governo 
costituito,  ma  evitando  conflitti.  Percio,  raunatisi  in  piu  migliaia,  con 
bandiere  che  portavano  un  motto  espressivo  del  loro  proposito,  percor- 
sero  varie  strade,  e  poi  si  affacciarono  allo  sbocco  della  Rue  de  la 
Pa*,x  che  mette  sulla  piazza  Vendome.  I  faziosi,  che  v'erano  accampati, 
corsero  alle  armi ,  e  le  spianarono.  I  partigiani  dell'  ordine,  gridando 


240  CRONACA 

s£  essere  inermi,  e  voler  solo  conciliazione  e  quiete,  credettero  d'aver 
die  fare  con  uoraini  e  non  con  belve,  e  procedettero  oltre.  Allora 
in  un  subito  i  sollevati  cominciarono  a  tempestarli  di  furiose  scariche, 
e  li  volsero  in  fuga  scompigliata  e  dirotta,  restando  assai  morti  e 
feriti  sulla  piazza  e  nelle  vie  prossime. 

II  Governo  di  Versailles  allora  capi  meglio  dove  accennava  quel 
movimento.  Accetto  la  rinunzia  del  D'Aurellesde  Paladine,  e  diede 
all'  Ammiraglio  Saisset  il  comando  della  Guardia  nazionale,  e  richia- 
mo  fuori  di  Parigi  tutte  le  truppe  regolari,  adunandole  sotto  Ver- 
sailles. 

Ma  di  questo ,  e  delle  pratiche  fatte  presso  i  Sindaci  di  Parigi, 
e  della  cattura  del  Generale  Chanzy  per  parte  dei  sollevati,  e  dei 
dispacci  corsi  tra  il  Quartier  Generale  delle  truppe  Alemanne,  ed  il 
Governo  di  Versailles  ed  il  Comitato  di  Parigi,  diremo  nel  seguente 
quaderno ,  quando  saranno  meglio  chiariti  i  fatti ,  e  svolte  le  loro 
conseguenze. 

IV. 

SVIZZERA  (Nostra  Corrispondenza) 

1.  La  usurpazione  di  Roma  e  la  Svizzera.  —  2.  La  Svizzera  e  la  guerra 
Franco-germanica  —  3.  Mire  dei  radical!  nella  riforma  della  Costituzione 
federate  —  4.  La  frammassoneria  nei  cantoni  d'Argovia,  Soletta  e  Lu- 
cerna  —  5.  L' Italia  e  il  cantone  Ticino  —  6.  La  quistione  costituzio- 
nale  ticinese  —  7.  Attentati  del  socialismo  in  Zurigo. 

1    ; 

1.  Siccome  ho  interrotto  le  mie  corrispondenze  dal  di  che  le  sol- 
datesche  del  Cadorna  e  del  Bixio,  in  nome  di  Vittorio  Emanuele,  ir- 
ruppero  violentefnente  nel  territorio  pontificio  e  s'impadronirono  con 
facile  vittoria  del  residue  Stato  della  S.  Sede;  cosi  convienmi  anzi- 
tutto  farvi  parola  deU'effetto  prodotto  nella  Sviz/era  da  quell' avveni- 
mento.  II  paese  nostro,  nell' interesse  della  integrita  ed  indipendenza 
sua,  non  puo  di  certo  mirare  con  corapiacenza  la  forzata  scomparsa 
delle  piccole  nazionalita,  ed  il  trionfo  delle  idee  che  partoriscono  le 
grandi  agglomerazioni  di  razze,  di  lingue,odi  qualsiasi  altro  ele- 
mento,  invocato  da  mingherlini  politicastri  per  mettere  a  soqquadro 
il  vecchio  mondo  e  stabilire  il  diritto  nuovo.  Qiyndi  e  che  V  inva- 
sione  e  la  susseguente  annessione  degli  ultimi  lembi  del  dominio  del 
S.  Padre  &\V  Italia  leg  ale ,  com'ebbe  a  difmirla  1'  ex-ministro  Jacini 
per  distinguerla  MY  Italia  reale,  vennero  generalmente  disapprovate 
dagli  Svizzeri,  anche  dagli  stessi  protestanti,  ad  onta  dell'odio  piu  o 


CONTEMPORANEA  241 

meno  aperto  che  nutrono  contro  il  Papato.  Ma  piu  di  tutti  ed  e  age- 
vole  a  comprendersi ,  ne  furon  commossi  e  profondamente  indegnati 
i  cattolici ,  i  quali  ravvisano  per  giunta  in  quel  fatto  una  flagrante 
violazione  dei  diritti  della  S.  Sede.  Da  un  capo  all'altro  della  Con- 
federazione  i  cattolici ,  preceduti  strenuamente  dail'  episcopate  e  dal 
clero,  levarono  un  alto  ed  unanime  grido  di  protesta,  e  fecero  per- 
venire  al  Sommo  Pontefice  le  loro  condoglianze  ed  i  fervidi  loro  voti, 
per  una  non  lontana  restaurazione  del  potere  temporale.  E  le  milizie 
pontificie  reduci  dalla  eterna  citta,  fra  le  quali  noi  contavamo  tanti 
prodi  compatrioti ,  vennero  accolte  dappertutto  colla  piu  festante  sim- 
patia  e  sovvenute  nelle  loro  angustie.  Dalle  schiette  labbra  di  quei 
crociati  si  apprese  per  filo  e  per  segno  la  brutta  storia  delle  eroiche 
geste  dei  Cadorna  e  dei  Bixio,  e  mi  si  assicura  che  gli  ufficiali  supe- 
riori  svizzeri  al  servizio  di  Roma,  i  signori  generate  De  Courten,  il 
colonnello  dei  zqavi  Allet,  il  colonnello  e  il  tenente  colonnello  dei  cara- 
binieri  esteri  Jeannerat  e  Castella,  intendono  di  pubblicare  una  fedele 
narrazione  dei  fasti  rivoluzionarii  italiani  nella  cosi  detta  campagna 
romana  del  settembre  1870. 

2.  Mentre  il  santo  Padre,  per  opera  ignominiosa  de\Y  Italia  legate, 
diveniva  1'  augusto  prigioniero  del  Vaticano ,  la  Svizzera,  la  picciola 
repubblica  quasi  sei  volte  secolare  nel  centro  d'  Europa ,  era  tutta 
in  ansieta  ed  esitanza  per  proteggere  i  suoi  confini,  minacciati  ora 
dagli  eserciti  germanici  ed  ora  dai  frantesi.  Puo  dirsi  che  dal  17  di 
luglio  del  1870  al  12  di  marzo  del  1871  noi  abbiamo  mantenuto  ai 
confini  nord-est  una  guarnigione  media  di  25,000  uomini  delle  diverse 
arini.  Queste  milizie  permanenti  esaurirono  in  breve  1'erario  federate, 
talch&  si  dovette  far  ricorso  a  mutui  temporanei  per  20  milioni  di 
franchi,  i  quali,  benche  aperti  al  tasso  limitato  del  4  1|2  p.  100, 
pure  vennero  immantinenti  coperti  pel  quintuple  valore.  Bella  prova 
codesta  di  fiducia  nei  poteri  costituiti  e  nella  saldezza  delle  istituzioni 
e  in  pari  tempo  di  generoso  patriottismo.  Importa  poi  di  osservare 
che  la  Svizzera  non  avrebbe  potuto  compiere  meglio  la  propria  mis- 
sione  nel  gigantesco  conflitto  franco-germanico:  perocche  non  solo 
custodi  gelosamente  la  sua  neutralita,  ma  accorse  con  magnanimo 
slancio  a  sollevar  le  miserie  delle  assediate  popolazioni  di  Strasborgo 
e  di  Belfort,  giovo  non  poco  ai  Tedeschi  espulsi  di  Francia  dal  mi- 
nistero  Palikao,  contribui  potentemente  ad  alleviare  1'angoscia  dei 
feriti  d'entrambi  le  nazioni  belligeranti,  e  infine,  per  la  mediazione 
del  suo  ministro  in  Parigi,  appiano  la  via  alia  conclusione  dell'ar- 
mistizio,  da  cui  doveva  poscia  scaturire  la  pace.  Vi  fu  un  momento 
assai  critico  per  noi,  quando  Y  esercito  francese  dell'  Est,  eccettuato 
dall'  armistizio  e  stretto  per  ogni  dove  dalle  truppe  di  Werder  e  Man- 

Serie  VIII.  vol.  II,  fasc.  500.  16  1  aprile  1&71. 


242  CRONACA 

teuffel,  pote  indietreggiare  soltanto  per  una  quinta  parte  sopra  Lione, 
mentre  ben  85,000  uomini  si  videro  costretti  a  cercare  salvamento 
sul  suolo  elvetico.  In  quella  occasione,  le  nostre  autorita  militari  e 
civili  diedero  saggio  di  raro  senno  e  di  squisito  tatto,  di  guisa  che 
il  disarmo  di  tante  soldatesche ,  la  loro  distribuzione  nei  diversi  can- 
toni  e  le  cure  onde  vennero  a  gara  circondati ,  riscossero  1'  ammira- 
zione  universale.  Niuna  meraviglia  pertanto  che  i  governi  di  Germania 
e  di  Francia  siansi  affrettati  a  tributare  i  piii  sinceri  encomii  e  le  piu 
vive  grazie  al  Consiglio  federale,  per  la  condotta  veramente  commen- 
devole  serbata  dalla  Svizzera  per  tutta  la  durata  della  guerra  franco- 
alemanna. 

3.  E  pero  da  deplorare   in  sommo  grado   che,   nell'atto  stesso 
in  cui  il  nostro  paese  strappa  il  plauso  all'Europa,  pel  modo  che  tiene 
nel  regolarc  i  suoi  rapporti  internazionali  e  nel  prestarsi,  con  insu- 
perabile  abnegazione  e  spontaneita,a  beneficio  e  sollievo  della sventura, 
il  partito  radicale  s'  argomenti  di  rinfocolare  in  mezzo  a  noi  le  dis- 
sidenze  politiche  e  religiose.  Vi  ho  discorso  altra  fiata  della  riforma, 
omai  decisa  della  Costituzione  federale  del  1848,  e  vi  ho  soggiunto 
che  le  idee  dei  razionalisti  in  religione  ed  in    politica  difficilmente 
avrebbero  vinto.  Duolmi  di  dover  correggere  alquanto  1'  espressione 
della  mia  speranza;  giacche,  quantunque  i  Consigli  legislativi  della 
Confederazione  debbano  aspettar  qualche  mese  ancora,  prima  di  de- 
liberare  intorno  alle  vagheggiate  innovazioni;  e  quantunque  rimanga 
sempre  a  nostra  guarentigia  la  votazione  del  popolo,  tuttavia  1'esordio 
e  tutt'altro  che  lusinghiero.  Le  commissioni  dei  due  Consigli,  com- 
poste  in  massima  parte  di  radicali  purissimi,  intendono  di  statuire 
principii  politici  e  religiosi,  che  per  niun  conto  potrebbersi  accogliere 
dagli  onesti  di  ogni  partito  e  di  ogni  culto.  lo  confido  bensi  che,  a 
conti  fatti,  le  ree  proposte  saranno  respinte  dalla  maggioranza  del- 
1'Assemblea  federale,  od  almeno  del  popolo;  ma  cio  non   distrugge 
il  fatto  che  il  radicalismo,  fatto  baldo  dalla  momentanea  soppressione 
del  potcre  temporale  del  Papa  e  dalla  prostrazione  della  Francia,  non 
raddoppia    i  suoi  conati ,   per  corrompere  la  fede  ed  irnbrattare  la 
purezza  patriottica  del  popolo  svizzero.  Gli  onesti  pero  non  esiteranno 
a  collegarsi  e  ad  operare  con  indomita  fermezza  per  frenare  questi 
odiosi  attentati,  e  combatteranno  come  un  uomo  solo  per  Dio  e  per  la 
patria. 

4.  E  non  pure  sul  campo  delle  istituzioni  federali  il  radicalismo 
ripiglio  la  lotta  contro  il  principio  religioso  e  conservatore,  ch&  anche 
in  parecchi  canton  i  questa  lotta  e  di  nuovo  e  piu  o  meno  ardente- 
mente  impegnata.  I  governi  frammassoni  d'  Argovia,  di  Soletta  e  di 
Lucerna  danno  il  friste  spettacolo  di  questa  cospirazione  permanente, 


CONTEMPORANEA 

contro  i  retti  principii  politic!  ed  i  diritti  della  Chiesa.  II  vescovo 
diocesano,  1'insigne  mons.  Eugenic  Lachat,.e  il  centre  delle  ire  e 
persecuzioni  radicali;  tanto  piu  che  il  medesimo ,  in  bell'accordo  cogli 
altri  vescovi  svizzeri,  non  fa  risparmio  di  zelo  e  di  dottrina  a  difesa 
e  propagazione  delle  verita  cattoliche  ed  a  condanna  delle  eresie 
d'ogni  foggia  e  degli  eresiarchi  e  sacrileghi  d'ogni  grado  e  d'ogni 
colore.  Nessuno  stupore  che  i  protestanti  ed  i  cattolici  rinnegati  di 
Argovia,  antesignani  sempre  nei  male,  inviperiscano  contro  la  Chiese, 
i  suoi  pastori  ed  i  suoi'fedeli;  in  quel  cantone  non  e  troppo  facile  un 
cambiamento  di  governo.  Ma  non  si  puo  affermare  altrettanto  dei  canton  i 
di  Lucerna  edi  Soletta,  nei  quali  la  maggioranza  schiettamentecattolica 
e  conservatrice ,  operando  sul  serio,  potrebbe  senza  soverchio  ostacolo 
assicurarsi  in  mano  le  redini  del  comando.  Nella  entrante  primavera 
si  rinnoveranno  integralmente  i  Consigli  legislativi  di  ambedue  questi 
cantoni,  ed  io  spero  e  faccio  voti  che  gli  uommi  d'ordine  procedano 
con  perfetta  unione  nelle  eiezioni,  per  modo  che  ottengano  ii  so- 
pravvento  e  procaccino  alle  popolazioni  una  grata  pace  politica  e 
confessionale. 

5.  Si  direbbe  che  1'  Italia  legale,  tronfia  e  pettoruta  per  la  mol- 
tkesca  sua  campagna  di  Roma  del  settembre  1870,  aspiri  ad  arraf- 
fare  qualche  brandello  anche  della  Svizzera,  poniamo  il  cantone  Ticino 
e  le  valli  Mesolcina  e  Calanca  nei  Grigioni.  II  ministro  Cesare  Cor- 
renti,  in  un  discorso  tenuto  lo  scorso  novembre  in  Milano,  par.lo  del 
diritto  che  vanta  la  Penisola  ad  avere  certi  lembi.  «  Coll'acquisto 
di  Roma  (egli  disse)  1'  unita  e  1'indipendenza  sono  compiute;  restano 
ancora  alcuni  lembi ,  che  verranno  per  accessione.  »  Se  il  Fisco 
regio  non  mel  vietasse,  sarei  tentato  di  riferirvi  la  terribile  risposta 
che  mando  al  ministro  di  Yittorio  Emanuele  il  giornale  dei  conser- 
vator! ticinesi ,  La  Liberia  di  Lugano,  scritta  dal  Sig.  Aw.  Carlo 
Conti.  Mi  consta  che  il  console  italiano  ed  altri  agenti  polizieschi 
alia  Curletti ,  stanziati  nei  cantone  Ticino ,  fecero  larga  incetta  di 
copie  di  quel  periodico  e  le  spedirono  premurosamente  a  Firenze,  e 
so  eziandio  che  il  Correnti  se  ne  mostro  alquanto  stizzito.  Ma  perche 
dee  lagnarsi  il  ciarlatano  che  vien  morso  dalla  biscia  ?  Certo  e  bene 
che  La  Liberia  rispose  con  parole  di  fuoco,  ma  esse  traducono  colla 
piu  fedele  precisione  i  sentimenti  profondamente  svizzeri  del  popolo 
ticinese,  e  I'abbominio  in  cui  &  tenuta  fra  noi  la  consorteria  rivolu- 
zionaria  italiana.  Tanto  cio  e  vero  che  il  foglio  luganese  conchiudeva 
qiiella  polemica  colle  seguenti  parole.  «  Questa  e  T  unica  risposta  che, 
oggi  e  sempre,  devono  aspettarsi  dagli  svizzeri  italiani  i  briganti  in 
livrea,  che  scorticano  e  dilaniano  nell' italica  penisola  ventiquattio 
milioiii  di  misere  creature  umane.  Est-ce  clair,  sig.  ministro  Correnti?» 


244  CRONACA 

Che  se  1' appetite  viene  col  mangiare,  potrebbe  darsi  che  1'  Italia 
legale  perdesse  lo  stomaco,  il  di  in  cui  le  balenasse  la  cattiva  idea 
di  allungar  lo  zampetto  felino  verso  la  Svizzera. 

6.  Non  e  improbabile  che  la  teoria  del  confini  nalurali,  esco- 
gitata  dai  Bixio  e  dai  Durando  contro  di  noi,  siasi  tramutata  sulle 
labbra  del  Correnti  in  quella  del  diritto  ai  lembi,  per  la  lusinga  che 
le  discordie  ticinesi,  delle  quali  altra  volta  vi  ho  ragionato,  doves- 
sero  far  volgere  da  pochi  o  molti  ticinesi  lo  sguardo  verso  1' Italia, 
come  a  tavola  di  salvamento  o  a  terra  di  rifugio.  Vanita  delle  vanita ! 
Vi  scrissi  prima  d'ora  che  il  concetto  della  nazionalita  svizzera  e 
altamente  impresso  nell'animo  di  tutta  la  cittadinanza  del  cantone 
Ticino,  eccettuati  quei  rarissimi  demagoghi  cosmopoliti  che  agognano 
alia  Repubblica  Universale  di  la  da  venire.  Ora  devo  soggiungere 
che ,  grazie  all'  efficace  e  benevolo  intervento  dei  poteri  federali ,  il 
pericolo  di  uno  smembramento  del  cantone  svizzero-italiano  e  scom- 
parso,  e  il  nuovo  Gran  Consiglio  ticinese,  fino  dall' 11  marzo,  ha 
stipulate  le  condizioni  di  un  componimento  delle  discordie  intestine. 
Si  ha  ragionevole  motive  di  confidare  che,  soddisfatti  il  meglio  pos- 
sibile  i  bisogni  ed  i  voti  delle  popolazioni,  e  provveduto  al  risorgimento 
morale,  politico  e  finanziario  del  paese,  spunteranno  giorni  piu  tran- 
quilli  e  lieti,  anche  pei  nostri  fratelli  confmanti  col  vostro  Regno.  II 
ministro  Correnti  puo  dunque  lasciare  ogni  speranza. 

7.  Ben  e  vero  che  la  demagogia  cosmopolita  s'  argomenta  di 
venire  in  sussidio  allo  spirito  d'usurpazione  monarchica,  per  mandare 
in  isfacelo  la  Svizzera.  Vi  saranno  certamente  note  le  male  prove 
gia  fatte  in  questo  intendimento  dalla  frammassoneria  europea ,  a 
Ginevra  ed  a  Losanca,  ora  per  mezzo  della  cosi  detta  Lega  della  pace 
e  della  libertd,  ora  colle  geste  della  Lega  internazionale  degli  operai. 
E  sempre  il  socialismo  che  mira  a  convertir  la  Svizzera  in  un  suo 
covo,  affine  di  estendere  da  qui  la  malefica  sua  influenza  sul  gemino 
emisfero.  Ma  tanta  insania  cadde  a  vuoto  in  ogni  circostanza,  di  fronti 
all'  incrollabile  buon  senso  del  popolo  svizzero.  Anche  di  recente ,  nei 
giorni  9,  10,  11  e  12  marzo,  una  cospirazione  socialistica  scoppio 
nella  citta  di  Zurigo ,  accompagnata  da  scene  sanguinose  e  da  disor- 
dini  deplorevolissimi.  Pretesto  di  questi  gravi  torbidi   fu  1'avere  i 
tedeschi,  dimoranti  in  quella  citta,  festeggiato  con  alquanta  solennita 
le  vittorie  della  Prussia  e  de'  suoi  alleati,  e  la  conclusione  della  pace 
si  favorevole  alia  Germania.  Istigarono  e  diressero  quell' infame  at- 
tentato  gli  emissarii  della  Lega  internazionale  degli  operai,  i  quali 
arreticarono  nella  trama  alcune  centinaia  di  disperati  della  plebe , 
coll'appoggio  di  non  pochi  soldati  ed  ufficiali  francesi  dell' esercito 
dell'Est  cola  acquartierati.  Nei  diversi  scontri  avvenuti  fra  gli  assa- 


CONTEMPORANEA  245 

litori  da  una  parte,  e  dall'  altra  i  tedeschi  o  le  truppe  svizzere,  v'eb- 
bero  9  morti  e  56  feriti ,  i  piu  di  essi  tra  gli  agitatori.  La  citta  di 
Zurigo  versd  in  quei  giorni  nella  piu  tetra  costernazione;  ma  le  autorita 
del  cantone,  e  meglio  ancora  quelle  della  Confederazione  riuscirono 
a  domare  il  primo  divampar  dell'incendio,  che  sicuramente  avrebbe 
potuto  pigliare  le  piu  terribili  e  vaste  proporzioni.  II  Consiglio  fede- 
rale  delego  tosto  sul  luogo  un  suo  commissario  con  pieni  poteri  po- 
litici  e  militari,  e  colla  scorta  di  un  buon  nerbo  di  milizie;  fece  sgom- 
brare  incontanente  tutti  gli  ospiti  dell'esercito  francese;  ordino  una 
severa  inchiesta  penale  contro  gli  autori,  correi  e  complici  di  quella 
sanguinosa  perturbazione,  e  giunse  in  tempo  a  ricondurre  nelle  carceri 
molti  di  quei  briganti,  ch'erano  gia  stati  strappati  a  forza  dalle  pri- 
gioni.  Non  v'ha  dubbio  ehe  fu  questa,  sotto  mentite  spoglie,  una 
guerra  iniziata  dal  lavoro  contro  il  capitale,  dal  socialismo  contro 
la  borghesia.  Ma  i  demagoghi  si  fissino  ben  bene  in  capo  che  la 
Svizzera  non  e  il  paese,  in  cui  le  loro  dottrine  pazze  e  gl'  iniqui  loro 
attentati  possano  incontrare  la  simpatia  e  la  cooperazione  dell'  im- 
mensa  maggioranza  del  popolo. 

V. 

MOVIMENTO  CATTOLICO 

4.  Cenni  general!  del  Movimento  Cattolico  pel  S.  Padre  e  per  Roma  —  2.  De- 

putazione  belga  al  Vaticano  —  3.  Deputazioue  alemanna  —  4.  Deputa- 
zione  austriaca  —  5.  Preghiere  pel  S.  Padre  e  per  Roma  a  S.  Giuseppe, 
Patrono  della  Chiesa. 

1 .  La  Civiltd  Cattolica,  riprese  appena  le  sue  pubblicazioni,  in 
un  articolo,  continuatosi  per  ben  tre  quaderni,  si  occupo  della  Grande 
manifestazione  della  Europa  catlolica  nei  primi  mesi  dopo  I'  inva- 
sione  di  Roma.  Ed  ora  che  coll'andar  del  tempo  vediamo  quella  ma- 
nifestazione sempre  piu  ingigantire,  ci  sembra  di  aver  tardato  gia 
troppo  a  tornar  novamente  sopra  quell'  argomento .  Ora  che  sotto 
il  titolo  di  Movimento  Cattolico^  divenuto  come  parola  d'ordine,  i 
fogli  cattolici  di  varie  lingue  e  nazioni  vengono  quasi  ogni  di  rac- 
contando  le  tante  e  si  grand!  raanifestazioni.  dello  spirito  cattolico  pel 

5.  Padre  e  per  Roma ;  ancor  noi,  il  piu  frequentemente  che  per  noi 
si  possa,  alia  Cronaca  contemporanea  delle  cose  italiane  e  straniere, 
aggiungeremo  un  saggio  della  Cronaca  contemporanea  di  questo  Mo- 
vimenlo,  che  veramente  cattolico ,  s'  incentra  in  Roma  e  s'allarga 
per  1'universo. 


246  CRONACA 

Nulla  piu  che  un  saggio  puo  aspettarsi  da  un  periodico  bimen- 
sile,  mentre  a  tener  ragione  di  tutto  appena  bastano  i  fogli  quotidian!. 
Nei  tanti  fogli  caltolici,  che  riceviamo  d'ogni  parte,  vediamo  lunghe 
colonne  piene  di  descrizioni  e  di  narrazioni  particolari  di  questo 
universal  movimento :  della  sola  Assemblea  generale,  tenutasi  a  Bru- 
xelles  il  2  febbraio,  abbiamo  sotto  degli  occhi  una  bellissima  narrazione 
in  un  intero  libretto:  Compte  rendu  de  I' Assembles  generale  de  I'Oeu- 
vre  du  denier  de  Saint- Pierre,  tenue  a  Bruxelles  le  ^fe'vrier  1  871  ,  fete 
de  la  Purification  de  la  S.  Vierge,  en  I'figlise  de  Saint-Jacques  sur 
Caudenberg.  (Bruxelles,  H.  Goemaere,  1871  in  8°  di  pag.  32).  Nei 
primi  tre  quaderni  del  passato  volume,  dipingendo  come  in  iscorcio  la 
grandemanifestazione  dell' Europa  cattolica,  demmo  un  succinto  rag- 
guaglio  di  pubbliche  preghiere,  di  processioni  espiatorie,  di  devoti 
pellegrinaggi,  di  generose  oblazioni,  d'assemblee  cittadine,  provincial, 
nazionali,  internazionali,  di  proteste,  d'  indirizzi  al  Papa,  di  petizioni 
ai  Sovrani,  insomma  d'ogni  sorta  di  religiose  e  politiche  dimostrazioni 
dell'  Europa  cattolica  in  favore  del  Papa  e  di  Boma.  Ma  omai  non  e 
piu  possibile  anche  sol  noverarle;  tanto  si  sono  esse  moltiplicate  non 
solo  nell'  Europa,  ma  ancbe  nell'America  meridionale  e  settentrionale, 
insomma  in  tutto  il  mondo  cattolico.  Le  grandiose  manifestazioni 
degli  ultimi  mesi  del  1870  andaron  sempre  crescendo  nei  primi  mesi 
del  1871,  e  van  crescendo  tuttora;  e  omai  sembra  che  le  feste  del- 
1'  anno  ecclesiastico  segnino  anche  i  progress!  e  per  cosi  dire  i  fasti  di 
questo  movimento  cattolico.  Tridui  di  pubbliche  preghiere  al  prin- 
cipiare  dell' anno  e  per  la  solennita  dell'Epifania ;  nella  testa  della 
Cattedra  di  S.  Pietro  nuovi  attestati  di  devozione  al  successore  di 
Pietro,  e  tra  gli  altri  un'  indirizzo  colle  firme  di  oltre  a  trenta  mila 
romani ;  tridui,  processioni,  pellegrinaggi  per  la  festa  dello  sposalizio 
della  Vergine  e  di  S.  Giuseppe,  e  assai  piu  nella  festa  piu  solenne 
della  Purificazione.  Gli  stessi  giorni  di  carnevale  diedero  occasione 
a  processioni  ed  altre  devozioni  espiatorie.  Giunse  la  Quaresima  e  le 
Pastorali  dei  Yescovi  infervorarono  sempre  piu  il  cuor  dei  fedeli,  e 
da  ogni  diocesi  in  questo  sacro  tempo  salirono  al  trono  di  Dio  fer- 
vorose  preghiere,  che  presto  o  tardi  discenderanno  esaudite :  la  festa 
di  S.  Giuseppe,  Patrono  della  Chiesa  cattolica,  ravvivo  il  fervore  e 
la  speranza;  la  festa  dell' Annunziata  volse  novamente  i  cuori  a 
Maria;  ed  ora  le  settimane  consecrate  alia  memoria  della  dolorosa 
passione  e  della  gloriosa  risurrezione  di  Gesu  Cristo,  suggerendo  tanti 
riscontri  con  cio  che  ora  accade  nei  suo  Vicario ,  danno  un  nuovo 
conforto  per  questi  giorni  di  prova,  ed  avvivano  la  speranza  di  un 
glorioso  trionfo.  Cosi  il  movimento  cattolico  riceve  ogni  di  nuovo 


CONTEMPORANEA  247 

impulso,  e  divien  piu  ampio  ed  intense,  sicche  ben  si  vede  quanto 
sarebbe  ardua  impresa  il  descriverne  una  generate  Cronaca  contem- 
poranea.  Che  se  fermiamo  il  nostro  sguardo  in  Roma,  ove  s'incentra 
tutto  questo  gran  movimento,  quanto  vi  sarebbe  a  dire,  se  si  volesse 
scrivere  un  Diario  anche  solo  di  tutto  cio  che  accade  al  Vaticano ! 
I  fogli  cattolici  di  Roma,  ben  che  spesso  ne  parlino,  non  ne  dicono 
pero  abbastanza  :  e  noi,  nei  nostri  quaderni  bimensili,  che  altro  piu 
potremmo  offrire  che  un  semplice  saggio  della  Cronaca  contemporanea 
'del  Movimento  cattolico? 

2.  Or  dopo  questi  cenni  cosi  generali  per  dare  in  questo  quaderno 
un  saggio  particolare  di  questo  movimento ,  che  riguardi  non  solo 
Roma,  ma  piu  nazioni,  riporteremo  quel  che  ban  detto  i  fogli  della 
venuta  al  Vaticano  delle  Deputazioni  di  cattolici  di  varie  contrade.  Ora 
non  si  fa  piu  pellegrinaggio  soltanto  alia  Rasilica  Vaticana ;  ma  il  pa- 
lazzo  Vaticano,  ove  il  successore  di  Pietro  e  moralmente  prigioniero, 
e  sacro  come  un  santuario,  e  qua  son  volti  gli  sguardi  e  i  cuori  di 
tutti  i  fedeli.  Nulla  diciamo  delle  Deputazioni  di  ogni  ordine  di  per- 
sone  della  stessa  citta  di  Roma,  che  ha  offerte  si  belle  prove  di  fedelta: 
nulla  delle  Deputazioni  di  citta  particolari,  come  quella  celebratissima 
di  Bologna,  che  recava  le  firme  di  trentadue  mila  cittadini:  parliamo 
solo  delle  Deputazioni  cattoliche  nazionali  venute  a  rendere  omaggio 
al  Pontefice  Re.  La  proposta  di  mandare  deputazioni  di  cattolici  a 
Roma  dai  diversi  paesi  d'Europa  fu  fatta  a  Ginevra  nell'assemblea 
internazionale  presieduta  da  Mgr.  Mermillod.  II  Relgio  ne  porse  per 
primo  1'esempio,  come  die'  gia  il  primo  esempio  di  quella  carita  che 
e  divenuta  la  carita  del  mondo  cristiano,  sotto  il  nome  di  Danaro 
di  S.  Pietro.  Dopo  la  Deputazione  belga,  venne  la  Deputazione  ale- 
manna,  e  poi  1'Austriaca;  e  mentre  scriviamo  e  pur  giunta  in  Roma 
la  Deputazione  Inglese,  e  se  ne  vanno  preparando  ancor  altre  in  altri 
paesi.  Ne  togliamo  ora  il  ragguaglio  specialmente  dai  u.[  17,  22,  e35 
del  Divin  SalvatoreJ  che  tra  i  fogli  cattolici  di  Roma ,  come  esclusi- 
vamente  religioso ,  non  e  secondo  ad  alcuno  in  tener  dietro  al  Mo- 
vimento cattolico.  Elle  son  cose  gia  note  ai  piu  dei  nostri  lettori ;  ma 
sarebbe  troppo  grande  difetto  della  riostra  Cronaca  contemporanea,  se 
almeno  di  questi  fatti  si  memorandi  nelle  nostre  pagine  non  restasse 
memoria. 

Domenica  15  gennaio  il  S.  Padre  riceveva  la  Deputazione  dei 
Signori  belgi,  venuti  a  deporre  ai  suoi  piedi  insieme  coi  loro  proprii, 
sentimenti  quelli  dei  loro  nazionali,  ai  quali  la  Chiesa  e  la  Santa 
Sede  devono  le  piu  insigni  prove  di  generosita  e  di  coraggio.  II  Santo 
Padre  li  ricevette  nella  sua  biblioteca  privata.  II  Sig.  avvocato  Ve- 
speyen  lesse  un  bell'  indirizzo,  che  qui  diamo  tradotto : 


248  CRONACA 

«  Beatissimo  Padre. 

«  Noi  siamo  venuti  a  Roma  per  deporre  ai  piedi  della  Santita 
Vostra  i  voti  dei  cattolici  Belgi,  le  primizie  del  Denaro  di  San  Pietro 
di  quest'  anno  e  insieme  una  protesta  solenne  contro  1'attentato  sa- 
crilego,  che  offende  1' indipendenza  del  Vicariodi  Gesu  Cristo,  e  priva 
tutta  la  Chiesa  del  suo  legittimo  patrimonio.  La  nostra  voce  non  e  che 
1'eco  delle  nostre  grandi  riunioni  di  Malines  e  di  Gand,  di  quelle  peti- 
zioni  al  Re  dei  Relgi  che  si  sottoscrivono  in  tutto  il  nostro  paese,  e  di 
que'  pellegrinaggi  nazionali  e  diocesani,  che  sono  la  preghiera  di  tutto 
un  popolo  al  Re  dei  Re.  II  Nostro  patriottismo  si  unisce  alia  nostra 
fede  per  riprovare  il  trionfo  della  violenza;  poiche  il  Relgio,  qual  nazione 
neutrale  e  debole,  e  direttamente  minacciato  pel  delitto  commesso  con- 
tro la  neutralita  dello  Stato  Pontificio,  e  F  augusta  materna  debolezza 
della  Chiesa.  I  Belgi  riguardano  come  loro  gloria  indistruttibile,  e  noi 
riguardiamo  come  I'onore  della  nostra  vita  d'essere  stati  i  primi  nel- 
1'ordine  delle  nazioni  cattoliche,  che  verranno  success! vamente  a  con- 
solare  la  vostra  prigionia  e  rivendicare  contro  1'iniquita  trionfante  il 
diritto,  che  hanno  le  coscienze  cristiane  di  vedere  affatto  libera  la 
Chiesa  e  il  suo  Capo.  Noi  abbiamo  la  dolce  speranza,  che  il  Belgio 
sapra  mostrarsi  degno  di  questo  bel  privilegio,  e  rispleiidere  sempre 
tra  i  popoli  per  la  sua  devozione  alia  Sede  apostolica,  pel  suo  amore 
alia  verita,  di  cui  Pietro  e  infallibile  interprets,  e  per  la  sua  fedelta 
alia  giustizia,  di  cui  esso  e  il  supremo  custode.  Noi  saremo  ben  felici, 
Beatissimo  Padre,  se  le  nostre  opere  e  le  nostre  preghiere  potranno 
affrettare  il  trionfo  dei  vostri  diritti,  di  cui  noi  riconosciamo  la  pie- 
nezza,  e  cosi  contribuire  alia  ristorazione  del  regno  di  Gesu  Cristo 
nelle  anime,  e  sovra  le  nazioni.  Che  la  Santita  Vostra  si  degni  di 
benedire  questi  sensi  e  questi  proponimenti ,  e  dare  cosi  ai  nostri 
sforzi  quel  coraggio  che  trionfa  degli  ostacoli,  e  quella  perseveranza 
che  e  pegno  sicuro  di  un  felice  e  durevole  risultato.  » 

II  S.  Padre  avendo  ascoltato  commosso  queste  nobili  parole,  si 
degno  rispondere  presso  a  poco  nei  seguenti  termini :  «  Queste  novelle 
prove  dell'  attaccamento  del  Belgio  mi  commuovono  profondamente. 
Per6  non  ne  avea  d'uopo,  per  sapere  come  il  Belgio  sia  sempre  fe- 
dele.  La  sua  devozione  alia  causa  del  Pontefice  e  della  Chiesa  non 
e  nuova,  ma  antica .  Vi  ringrazio  d' esser  venuti  a  confortarmi  in 
queste  penose  circostanze.  Dio  senza  dubbio  e  il  nostro  principale  so- 
stegno;  ma  e  ben  naturale,  che  1'affezione  de'figli  venga  a  sostenere 
il  coraggio  del  Padre.  II  Belgio  mi  professa  ben  di  sovente  le  sue 
testimonianze  di  fedelta.  Continuate  nella  via  per  la  quale  camminate; 
non  vi  lasciate  abbattere.  Cio  che  accade  oggi  non  e  che  una  prova, 


CONTEMPORANEA  249 

e  la  Chiesa  e  nata  in  mezzo  alle  prove,  visse  sempre  in  mezzo  ad 
esse  e  in  esse  terminera  la  sua  carriera  sulla  terra.  E  nostro  dovere 
di  lottare  e  d'esser  fermi  in  faccia  al  pericolo....  Noi  abbiamo  un  pro- 
verbio  italiano  che  dice  :  -  altro  e  parlar  di  morte,  altro  il  morire.  - 
Si  parla  spesso  comodamente  delle  persecuzioni,  ma  qualche  volta  e 
ben  difficile  sostenerle.  II  mondo  offre  oggi  uno  spettacolo  ben  dolo- 
roso,  e  sopra  tutto  questa  Roma,  in-cui  vediamo  cose,  alle  quali  i 
nostri  occhi  non  erano  avvezzi.  Preghiamo  tutti  insieme,  perche  Dio 
liberi  quanto  prima  la  sua  Chiesa,  e  ristabilisca  1'ordine  pubblico, 
cosi  profondamente  turbato.  I  vostri  sforzi ,  le  vostre  preghiere ,  le 
vostre  riunioni,  i  vostri  pellegrinaggi  tendano  a  questo  fine,  onde  di 
tutto  cuore  lo  benedico  essi  e  voi,  il  vostro  paese,  le  vostre  province, 
i  vostri  comuni,  le  vostre  famiglie,  i  vostri  pensieri,  le  vostre  imprese. 
Bmedictio  Dei  Omnipotentis,  etc.  » 

Quindi  invitoquegli  ottimi  Signori,  rapiti  e  commossi,  a  seguirlo 
nel  suo  solito  passeggio  del  mezzodi. 

Sappiamo  che  il  Belgio  invio  in  questi  ultimi  tempi  alia  S.  Sede 
circa  200,000  franchi,  e  che  quella  stessa  Deputazione  depose  ai  piedi 
del  Santo  Padre  1'obbligazione  di  mantenere  per  tre  anni  12  giovani, 
figliuoli  d'  impiegati  Pontificii,  rimasi  fedeli  al  S.  Padre,  presso  1'uni- 
versita  cattolica  di  Lovanio,  mediante  12,000  fr.  annui. 

1  signori  component!  questa  prima  Deputazione  erano  i  seguenti: 
i  Signori:  Abbate  Van  de  Branden  de  Reeth,  i  due  baroni  Alessandro 
e  Giovanni  Gilles  di  S' Gravenerezel  della  diocesi  diMalines;  Giu- 
seppe De  Hemptinne  e  Guglielmo  Verspeyen  di  quella  di  Gand; 
Conte  di  Nedonchel,  e  J.  Houtart  di  quella  di  Tournai;  Canonico  Be"- 
thune  e  Barone  di  T'Serclaes  di  quella  di  Bruges. 

3.  Non  ancora,  era  giunta  la  notizia  del  ritorno  in  patria  della 
Deputazione  belga,  ed  ecco  giungere  quella  della  Germania.  Essa  era 
composta  dei  personaggi  piu  illustri  per  nobilta,  per  dottrina  e  per 
religione;  giungeva  in  Roma  negli  ultimi  giorni  di  gennaio,  e  il  di 
della  SS.  Purificazione  aveva  1'onore  di  essere  ammessa  ad  assistere 
alia  Messa  celebrata  da  S.  Santita  nella  Cappella  Sistina.  Sulle  ore 
9  e  1|2  infatti  di  quel  solenne  giorno,  sacro  alia  Beata  Yergine,  il 
S.  Padre  discese  nella  suddetta  Cappella,  dove,  assunti  gli  abiti  sacri, 
celebro  la  Messa,  sul  fine  della  quale  distribui  il  Pane  Eucaristico  a 
buon  numero  di  fedeli  d'ambo  i  sessi.  La  Cappella  rigurgitava  di 
persone  distintissime  si  romane  e  si  estere ,  fra  le  quali  notavasi 
S.  E.  il  sig.  Conte  di  Trauttmansdorf,  Ambasciatore  di  Austria  presso 
la  S.  Sede,  con  la  Contessa  sua  consorte.  Sua  Santita,  dopo  ascoltata 
un'altra  Messa,  celebrata  da  uno  dei  cappellani  segreti,  ritorno  ai  suoi 


250  CRONACA 

appartamenti ;  e  indi  a  poco  nella  sua  biblioteca  pnvata  riceveva  la 
Deputazione  del  Cattolici  della  Germania,  che,  insieme  a  copiose  of- 
ferte  per  1'  Obolo  di  S.  Pietro,  umilio  ai  suoi  piedi  il  seguente  indi- 
rizzo,  che  togliamo  dall'  Osservatore  Romano  : 

Beatissimo  Padre.  —  Noi  ci  presentiamo  a  Vostra  Santita  per 
offerirvi  1'omaggio  piu  rispettoso  del  nostro  amore,  del  nostro  attac- 
camento  e  della  nostra  fedelta.  Un  grido  d'  indignazione  e  di  ripro- 
vazione  risono  in  tutte  le  regioni  della  Germania,  quandol'incredibile 
notizia  della  spogliazione  sacrilega  si  diffuse  nelle  sue  contrade.  Noi, 
rappresentanti  delle  diocesi  alemanne,  ci  siamo  riuniti  oggi  davanti 
a  Vostra  Santita,  per  rendervi  testimonianza  di  questi  sentimenti 
unanimi  dei  Cattolici  germanici,  e  darvi  1'assicurazione  ch'essi  ripro- 
vano  con  tutta  la  forza  della  loro  anima  1'  abbominevole  attentato 
del  governo  italiano.  Essi  sono  pienamente  convinti,  Beatissimo  Padre, 
che  il  Patrimonio  di  San  Pietro  vi  e  necessario  per  esercitare,  libe- 
ramente  e  pel  bene  maggiore  della  Chiesa,  il  potere  delle  Chiavi  che 
dal  Signore  Yi  fu  commesso.  Noi  Vi  promettiamo,  Padre  Santo,  che 
adopereremo  tutti  i  mezzi  che  sono  in  nostro  potere,  accio....  non 
terminiamo  il  concetto  perche,  contenendo  un  voto  di  distruzione 
dall'attuale  ordine  di  cose  in  Italia,  non  saremmo  liberi  di  rife- 
rirlo.  Beatissimo  Padre!  Noi  crediamo  di  non  dire  vane  parole,  nel 
deporre  ai  piedi  di  Vostra  Santita  1'espressione  rispettosa  dei  senti- 
menti dei  Cattolici  della  Germania.  Uno  sguardo  gettato  sul  movimento 
generale,  che  si  e  impadronito  dei  figli  della  Chiesa  cattolica  nella  no- 
stra patria,  Vi  servira  di  prova,  che  i  fatti  risponderanno  alle  nostre 
parole;  e  siamo  lieti  di  potervi  in  qualche  modo  venire  in  aiuto  nelle 
Vostre  attuali  strettezze.  Umilmente  prostrati  ai  Vostri  piedi  nell'im- 
plorare  la  Vostra  Santa  paterna  benedizione,  Santissimo  Padre,  ci  ri- 
putiamo  fortunati  di  essere  e  di  restare  sempre  con  amore  il  piu 
tenero  e  colla  pieta  piu  filiale.  Di  Vostra  Santita,  umilissimi  ed  ob- 
bedientissimi  figli  e  servi.  —  Seguivano  nell'Indirizzo  i  nomi  dei 
componenti  la  Deputazione,  che  furon  recati  piu  esattamente  dal  Divin 
Salvatore  nel  n°  25.  Nicolo  Adames,  Vescovo  di  Lussemburgo  -  Caio 
Conte  di  Stolberg  Stolberg  del  regno  diSassonia  -  Conte  di  Schaesberg 
di  Vestfalia  -  Costantino  Conte  di  Waldburg-Zeil  del  Wiirtenberg  - 
Vilderico  Conte  di  Walderdorf  -  Barone  di  Dorth  -  Filippo  Barone  di 
Wambolt  -  Francesco  Giuseppe  Conte  di  Stolberg  Stolberg  del  regno 
di  Sassonia  -  Guglielmo  Contedi  Hoensbroeck  di  Vestfalia  -  Giovanni 
Blauen  di  Magonza  -  Enrico  Neusester  di  Magonza  -  Carlo  Conte  di 
Schoenburg  del  regno  di  Sassonia  -  Dr.  Leonhardt  di  Colonia  -  An- 
tonio Conte  di  Hardumal  e  Chamare  della  Slesia  -  Conte  di  Henkel 


CONTEMPORANEA  251 

Donnersmark  della  Slesia  -  Giuseppe  Oechslein  di  Eichstaaett  -  Conte 
d'Arco  Zinneberg  di  Monaco. 

Terminata  la  lettura  dell'  indirizzo,  Sua  Santita  rispose  brevi , 
ma  sentite  parole,  con  le  quali  fece  palese  la  gioia  deli' animo  suo 
allo  scorgere  1'efficace  movimento  cattolico,  che  si  svolge  in  Germania, 
e  si  manifesto  compresa  da  vera  riconoscenza  per  )e  reiterate  prove 
di  afletto  e  di  devozione  che  riceve  da  quei  cattolici.  Disse  cbe  fa- 
cendo  ritorno  ai  loro  focolari  domestici  avessero  pregato  e  fatto 
caldamente  pregare  per  i  bisogni  della  Chiesa  e  del  suo  Capo,,  la 
cui  conservazione  si  rende  oggidi  tanto  piu  necessaria  a  motivo  dei 
niolteplici  mali  che  aggravano  la  societa  e  che  minacciano  di  mag- 
giormente  aggravarla.  Toccato  infine  che  nelle  attuali  luttuose  cir- 
costanze  non  si  compiono  le  funzioni  religiose  colla  pompa  e  solennita 
degli  andati  tempi,  affine  di  non  essere  esposti  alle  derisioni  ed  agli 
insulti  degli  empii ,  imparti  agli  illustri  deputati  1'Apostolica  Bene- 
dizione. 

La  Deputazione  stessa  poi  assiste  nella  Sala  del  Trono  alle  obla- 
zioni  di  cerei,  presentate  alia  Santita  Sua  dalle  Chiese  Patriarcali, 
Collegiate  ed  altre  rappresentanze  ecclesiastiche  di  Roma,  conforme 
e  di  consuetudine,  per  la  grande  festivita  in  questo  giorno  dalla 
Chiesa  solennizzata;  e  S.  Santita  si  degno  regalarne  quei  nobili  Alle- 
manni,  che  ne  uscirono  consolati  da  cosi  segnalato  favore. 

4  La  descrizione  del  ricevimento  della  Deputazione  austriaca , 
la  toglieremo  da  una  corrispondenza  Romana  d'un  testimonio  ocu- 
lare,  diretta  il  6  marzo  all'  Osservatore  Cattolico  di  Milano,  e  all' Os- 
servatore  Romano. 

leri,  Domenica  5  marzo,  a  mezzo  di,  il  S.  Padre  riceveva  nella 
sala  del  trono  la  Deputazione  dei  Cattolici  dell' impero  d' Austria. 
Essa  rappresentava  veramente  tutte  le  classi  del  vasto  Impero,  e 
presso  i  Principi  e  i  Conti  vedeansi  dei  contadini  della  Stiria,  e  della 
Carniola  nelle  loro  vesti  nazionali.  Erano  in  tut.ti  43,  alia  testa  dei 
quali  stava  1'Altgravio  di  Salm.  Notammo  il  Baron  Brenner,  Consi- 
gliere  intimo  dell'  Imperatore  d'Austria  che  stipuld  la  pace  di  Praga, 
il  Conte  Fries,  i  Conti  Emmanuele,  Giuseppe,  e  Francesco  di  Thun, 
il  Conte  di  Avernas,  il  Conte  Brandis,  il  Principe  Egone  di  Hohenlohe, 
i  Conti  Liitzow,  e  Pergen,  i  Baroni  Andrian,  e  Frankenstein ;  quindi 
il  Preposito  Allinger  di  Vorau,  il  Preposito  Riedl  di  Gratz ,  il  Ca- 
nonico  Bradac'  di  Praga,  Monsig.  Conte  di  Coudenhove  Canonico  della 
Metropolitana  di  Vienna,  il  D.  Doliak  preside  del  Circolo  cattolico  di 
Gorizia,  e  1'  Ab.  Albi ,  segretario  del  Circolo  stesso ;  quindi  altri  ec- 
clesiastici  e  laici  di  Austria ,  Boemia ,  Stiria  ,  Carniola  e  Tirolo.  II 


252  C RON AC A 

S.  Padre  entro  nella  sala  del  trono,  circondato  dagli  Emi  Cardinali 
Deangelis,  Bernabo  e  Bizzarri,  e  da  molti  Prelati.  Tutti  genuflessero; 
il  S.  Padre  sali  il  primo  gradino  del  trono,  e  1'Altgravio  di  Salm, 
piegato  ch'ebbe  il  ginocchio  a  terra,  lesse  in  lingua  francese  il 
bellissimo  indirizzo  che  qui  diamo  fedelmente  tradotto. 

«  Beatissimo  Padre, 

«  Gli  atti  sacrileghi  che  successivamente  privarono  Vostra  Santita 
dei  suoi  Stati ,  dei  quali  1'  ultimo ,  1'  entrata  di  viva  forza  in  Roma, 
compi  1'  opera  dell'  iniquita  ,  sono  attentati  di  cui  la  storia  conosce 
pochi  esempii,  ma  di  cui  essa  scolpi  nei  suoi  annali  il  terribile  ca- 

stigo,  che  non  si  e  fatto  aspettare  giammai.  Questi sollevano  lo 

sdegno  del  mondo  civilizzato.  Tutti  gli  uomini  che  vogliono  1'  ordine 
gli  abominano  come  una  violazione  del  diritto  delle  genti,  ed  anche 
coloro  che  non  hanno  come  noi  la  fortuna  di  appartenere  al  Vostro 
ovile.  Grande  e  il  dolore  di  milioni  di  credenti,  sparsi  su  tutte  le 
parti  del  Globo.  Ma  come  dipingervi,  Santo  Padre,  la  tristezza,  e  la 
costernazione  del  vasto  impero  al  quale  noi  apparteniamo  !  Quell'Au- 
stria  cattolica ,  governata  da  Principi  che  sono  sempre  stati  difen- 
sori  della  Santa  Chiesa,  e  dei  quali  1'augusto  discendente,  il  nostro 
Imperatore,  appena  montato  sul  trono  de'suoi  antenati,  ha  contribuito 
cosi  potentemente  a  ricondurvi  nella  capitale  del  Cristianesimo;  quel- 
1' Austria,  nella  quale  la  vita  cattolica  non  e  mai  stata  sospesa,  nella 
quale,  che  che  vogliano  far  credere  i  propagatori  di  false  dottrine, 
la  purita  della  fede,  la  pieta  e  la  devozione  pel  Vicario  di  Cristo,  si 
trasmettono  di  generazione  in  generazione  nei  palazzi  dei  grandi , 
come  nelle  case  dei  cittadini ,  e  nelle  capanne  del  popolo ,  abomina 
questi  fatti  nei  piu  profondo  delFanimo.  A  noi,  Beatissimo  Padre,  fu 
dato  1'incarico  dalle  Societa  Cattoliche  dell'Austria  di  essere  presso  la 
Santita  Yostra  gli  interpret  di  questi  sentimenti,  e  manifestarvi  non 
solo  il  dolore  che  noi  proviamo,  ma  altresi  la  speranza,  e  la  devozione 
filiale  per  la  Santa  Sede,  che  nei  buoni  come  nei  cattivi  giorni ,  si 
manterra  sempre  eguale.  Padre  Santo,  noi  e  quelli  che  qui  c'  invia- 
rono,  non  esitiamo  ad  affermare ,  che  1'  immensa  maggioranza  degli 
abitanti  del  nostro  grande  paese ,  ha  sempre  amato  in  Pio  IX  il  buon 
Pastore,  e  venerato  in  lui  1'eroe,  che  non  ha  mai  cessato  di  com- 
battere  valorosamente  per  la  causa  della  Chiesa  di  quel  Cristo  di  cui 
esso  e  Vicario.  Oggi  noi  ammiriamo  in  lui  il  martire  che  accetta  (oh 
dolore,  ma  insieme  nobile  ed  edificante  spettacolo !)  dalle  mani  della 
Provvidenza  con  tranquilla  rassegnazione  le  prove  crudeli,  che  noi 
vediamo  sostenersi  dalla  nostra  Santa  Chiesa  in  questi  tempi  cala- 


CONTEMPORANEA  253 

mitosi.  Noi  ci  avvlcmiamo  dunque  a  Voi,  Santo  Padre,  con  dolore, 
ma  nel  tempo  stesso  con  indicibile  gioia ,  e  sopra  tutto  colla  ferma 
speranza ,  che  Dio ,  nella  sua  misericordia ,  fara  ben  presto  sparire 
la  cause  della  nostra  comune  afflizione ;  che  egli  tocchera  i  cuori  del 
Potent!  della  terra ,  perche  ascoltino  la  voce  della  loro  coscienza  e 
dei  popoli  cattolici  ,  mettendo  prontamente  fine  a'  disordini  che 
minacciano  i  loro  troni  ancor  piu  che  quello  di  S.  Pietro  ,  e  infine 
che  il  nostro  grande  e  santo  Pontefice  vivra  abbastanza  per  vedere 

condizione  essenziale  della  sua  indipendenza  .  Noi  domandiamo  a 
Vostra  Beatitudine  pel  nostro  Imperatore ,  per  1' Austria,  per  le  Societa 
che  c'  inviarono,  e  per  noi  la  Vostra  santa  e  apostolica  benedizione.  » 

II  S.  Padre  rispose  con  preziose  parole ,  che  qui  purtroppo  non 
possiamo  che  compendiare,  impediti  come  fummo  dallo  scriverle  men- 
tre  si  proferivano.  Tenteremo  di  esser  fedeli,  ma  non  possiamo  nep- 
pur  lontanamente  prometterci  di  dare  nella  loro  integrita  quei  nobili 
concetti. 

In  mezzo  all'  empieta  e  alle  tristizie  del  nostro  tempo,  che  sov- 
vertono  ogni  cosa,  mi  e  di  grande  consolazione  questo  sentimento 
di  affetto  e  pieta,  che  si  manifesta  in  ogni  parte  della  Chiesa  catto- 
lica.  Esso  mi  da  anche  la  forza  di  sostenere  questa  guerra  ,  che  da 
molti  o  per  malizia,  o  per  cecita  vien  fatta  alia  nostra  religione  e  a 
questa  sede  del  Vicario  di  Cristo.  Abbiamo  veduto  cadere  infranto 
un  trono,  e  ne  vediamo  vacillare  un  altro  piu  vicino.  La  tempesta 
crescera  molto,  ma  dovra  altresi  indietreggiare;  io  non  so  ne  il  tem- 
po, ne  1'ora,  ma  verra  certo  un  giorno  in  cui  il  Signore  dira  ai 
flutti  tumultuosi  di  arrestarsi,  e  dira:  Usque  hue  et  non  ultra;  hie 
confringes  tumentes  fluctus  tuos.  So  peraltro  che  il  Signore  nelle 
opere  sue  suol  servirsi  della  manodegli  uomini.  L' ordine  ritornera; 
ma  quando  quelli  che  siedono  sui  troni  avranno  compreso  che  colla 
eccessiva  liberta  della  stampa ,  e  coll'  odierna  sfrenatezza,  e  impos- 
sibile  che  quei  troni  non  vacillino ,  e  come  questo  lasciarsi  trascinare 
dalla  rivoluzione,  in'  modo  cosi  sempre  debole  e  ondeggiante,  deva 
necessariamente  riuscir  loro  fatale:  Erudimini  qui  iudicalis  lerram. 
So  che  il  vostro  Imperatore  vorrebbe  in  cuor  suo  il  trionfo  della 
religione  e  della  Chiesa;  esso  ha  dimostrato  con  molti  fatti,  anche 
durante  il  mio  pontificate,  di  esser  degno  discendente  della  famiglia 
che  protesse  cosi  spesso  i  diritti  della  S.  Sede.  E  voi  ritornando  cola 
ditegli  che  il  Papa  lo  ama ,  che  pre^ga  per  lui ,  e  per  la  famiglia 
imperiale,  e  che  spera  di  vedere  compiuti  coi  fatti  quei  sentimenti 
che  ha  uell' animo.  Io  benedico  la  famiglia  imperiale,  voi  tutti,  le 


254  CRONACA 

vostre  famiglie ,  coloro  che  vi  hanno  mandate ,  e  tutti  i  cattolici 
dell'  Impero.  Prego  Dio  che  questa  benedizipne  vi  accompagni  nel 
viaggio,  vi  segua  nella  vita,  e  vi  sia  di  conforto  nell'  ora  della 
morte,  affinche  possiate  godere  la  gloria  del  Signore.  Benedictio  Dei 
omnipotentis  etc.  » 

Tutti  profondamente  commossi  s'  inginocchiarono  a  ricevere  la 
benedizione.  Poi  1'Altgravio  di  Salm  present6  ad  uno  ad  uno  i  mem- 
bri  della  Deputazione ,  molti  dei  quali ,  ed  anche  i  contadini  Sloveni, 
gli  offrirono  dei  doni  speciali ,  oltre  all'  offerta  generosissima  che  il 
Presidente  della  Deputazione  avea  messa  ai  piedi  del  S.  Padre,  a  nome 
dei  suoi  committenti.  II  Canonico  di  Praga  presento  al  S.  Padre  gli 
omaggi  dell'Imperatore  Ferdinando ,  e  dell'  Imperatrice  Maria  Anna, 
quindi  quelli  del  Cardinale  Arcivescovo,  Principe  di  Schwarzenberg. 
II  Rev.  Direttore  spirituale  del  Seminario  di  Olmiitz  rese  a  S.  S.  1'omag- 
gio  di  Mgr.  Landravio  Fiirstenberg  Arcivescovo  di  Olmiitz  e  del  suo 
insigne  Capitolo  metropolitano.  Cosi  i  Presidi  delle  Unioni  cattoliche 
di  Austria,  Boemia,  Moravia,  Stiria,  Carniola,  Gorizia,  Bressanone  e 
Trento,  e  i  sacerdoti  che  gli  accompagnavano  offrirono  quelli  dei  loro 
Vescovi.  II  S.  Padre  invito  la  Deputazione  a  seguirlo  nella  sua  pas- 
seggiata  per  il  giardino  e  le  gallerie ;  dopo  la  quale  li  raccolse  di 
nuovo  attorno  a  se  nella  sala  della  biblioteca ,  conversando  fami- 
gliarmente  con  essi  intorno  alle  cose  ecclesiastiche  di  Austria  e  Ger- 
mania.  Li  benedisse  di  nuovo,  e  si  congedo  da  loro,  lasciandoli  pieni 
di  profonda  commozione. 

Questa  mattina  assistono  tutti  alia  sua  Messa  e  ricevono  dalle 
sue  mani  la  S.  Cornunione:  domani  la  riceveranno  nella  Cripta  di 
S.  Pietro  sulla  tomba  degli  Apostoli.  Fin  qui  lacitata  corrispondenza. 

II  Divin  Salvatore  aggiunse  la  lista  intera  dei  nomi  dei  43  De- 
putati,  e  sono  i  seguenti. 

S.  E.  il  Conte  Roberto  di  Salm  -  S.  E.  il  Barone  Adolfo  di  Bren- 
ner -  Principe  Egone  d'Hohenlohe  -  Conte  Antonio  Brandis  -  Conte 
Ferdinando  Brandis  -  Conte  Maurizio  Fries  -  Conte  Carlo  Liitzow  - 
Conte  Antonio  cli  Pergen  -  Conte  Enrico  Desenffans  d'  Avernas  - 
Barone  Enrico  di  Frankenstein  -  Barone  Goffredo  d'Andrian-  Wer- 
burg  -  Barone  Gordiano  Gudenus  -  Conte  Emanuele  Thun  -  Conte 
Giuseppe  Thun  -  Conte  Francesco  Thun  -  Francesco  di  Zallinger  - 
Avvocato  Carlo  Doliak  -  Domenico  Albi,  Mansionario  della  Metropo- 
litana  di  Gorizia  -  Matteo  Huemer  -  Giovanni  Lentner  -  Francesco 
Eipeldauer  -  Giuseppe  Hubert  -  Conte  Raimondo  Wagensperg  -  Rmo 
Vincenzo  Bradac'  Canonico  della  Metropolitan  di  Praga  -  Rdo  Conte 
Ludovico  Coudenhoven ,  Canonico  della  Metropolitan  di  Vienna  - 


CONTEMPORANEA  255 

Parroco  Decano  Giuseppe  Rosmanu  -  M.  R.  Don  Mattia  Sternad, 

Cappellano  -  M.  R.  Don Posch,  Cappellano  -  Giorgio  Kola- 

ric'  -  Monsignor  Luca  Jeran  -  Rmo  Pietro  Urh,  Canonico  -  Parroco 
Decano  Matteo  Koguh  -  Parroco  Primus  Peterlin  -  Giacobbe  Ber- 
gant  -  Martino  Debelak  -  Michele  Potanik  -  Michele  Blagis  -  Rmo 
Preposto  Giovanni  Riedl,  primo  parroco  di  Gratz  -  Rmo  Odoardo 
Trummer,  Canonico  di  Seckau  -  Rmo  Abate  infulato  Isidore  Allinger 
di  Vorau  -  M.  R.  Norberto  Lampel,  Canonico  regolare  di  Vorau  - 
Triberto  Lampel  -  M.  R.  Don  Guglielmo  Blaz'ek,  Direttore  Spirituale 
del  Seminario  di  Olmiitz. 

5,  Un'altra  volta  parleremo  della  Deputazione  inglese  e  di  altre 
che  si  aspettano :  ora,  giacche  questo  quaderno  vedra  la  luce  tra  la 
festa  di  S.  Giuseppe  e  quella  del  suo  Patrocinio,  ci  cade  opportune 
di  terminare  con  dir  qualche  cosa  delle  nuove  manifestazioni  del 
movimento  cattolico  per  tale  occasione.  Ma  qui  pure  1'abbondanza 
della  materia  contrasta  colla  strettezza  dello  spazio  che  ci  rimane. 
Vorremmo  dire  delle  tante  Pastoral i  dei  Vescovi  sopra  il  titolo  di 
Patrono  della  Chiesa  Cattolica  decretato  a  S.  Giuseppe,  dei  tanti  tridui 
celebrati  in  suo  onore  pregando  pel  S.  Padre  Pio  IX ;  del  mese  in- 
tero  di  marzo  consecrato  al  suo  culto  in  tante  chiese  e  specialmente 
nella  sua  santa  casa  di  Loreto  J;  della  Chiesa  monumentale,  da  erigersi 
presso  Londra,  di  cui  fu  gittata  la  prima  pietra  nel  di  stesso  della 
festa  da  Mgr.  Manning,  Arcivescovo  di  Westminster,  come  leggiamo 
nel  Tablet  (March.  25);  della  grande  dimostrazione  religiosa  insieme 
e  politica,  fatta  in  quella  festa  dai  Cattolici  del  Palatinato  superiore 
e  specialmente  di  Amberga ,  come  leggiamo  in  una  corrispondenza 
9\YUnitd  Cattolica  (26  marzo);  dei  pellegrinaggi,  durante  tutto  il 
mese  sacro  a  S.  Giuseppe,  nella  diocesi  di  Paderbona ;  e  di  tant'altri 
pellegrinaggi ,  e  processioni- e  assemblee :  ma  mentre  avevam  presi 
gli  appunti  per  dir  tante  cose  siam  costretti  a  tacere.  Una  sola  cosa 


1  Per  rispetto  alia  Santa  Casa  non  possiamo  omettere  almeno  un  cenno :  ai  23  gen- 
naio,  festa  dello  sposalizio,  messa  solenne  e  Te  Deum,  present!  il  Vescovo  e  tutto  il  capitolo, 
per  solennizzare  la  promulgazione  del  decreto  che  dicliiara  S.Giuseppe  Patrono  della  Chiesa 
Cattolica :  il  19  marzo  nello  stesso  modo  messa  solenne,  panegirico,  benedizione  :  il  Vescovo 
per  un'ora  intiera  dispens6  la  santa  Comunione  ai  fedeli,  ehe  accorsero  alia  sacra  mensa 
appunto  per  implorare  da  Dio  il  trionfo  della  Chiesa  merce  T  intercession  di  S.  Giuseppe. 
In  tutto  il  mese  di  marzo,  in  ciascun  d\  una  messa  nella  Santa  Casa  ad  onore  del  Santo 
per  lo  stesso  fine  per  ispontanea  devozione  del  Capitolo,  a  cui  si  unl  il  clero  secolare  e 
regolare :  ogni  d\  numerose  comunioni,  e  nuovo  fervore  nella  pratica  del  Culto  perpetuo  di 
S.  Giuseppe.  Lode  allo  zelo  dei  venerabili  Custodi  di  quell1  augusta  Casa,  ove  soggiorn5 
il  S.  Patriarca ! 


256  CRONAGA  CONTEMPORANEA 

riporteremo ;  ed  e  la  preghiera  che  fu  sparsa  a  migliaia  di  copie  in 
Roma  ed  e  gia  volta  in  piii  lingue,  ed  esprime  il  sentimento  di  tutto 
il  mondo  cattolico  nello  stato  attuale  del  S.  Padre  e  di  Roma. 

Al  novello  Protettore  della  Chiesa  S.  Giuseppe 

ORAZIONE 

Gloriosissimo  Patriarca  S.  Giuseppe,  una  voce  autorevole  piu 
assai  di  quella  ,  che  un  giorno  parti  dal  trono  egiziano ,  ha  detto 
poc'anzi  alia  gran  famiglia  cristiana  che  faccia  nei  suoi  bisogni  ri- 
corso  a  voi :  Ite  ad  Joseph.  Eccola  dunque  questa  grande  famiglia, 
che  vi  fu  data  a  proteggere,  eccoci  tutti  appie  del  vostro  celeste 
trono,  ad  implorare  merce  nei  mali  gravissimi,  da  cui  al  presente 
siam  travagliati.  Come  i  fratelli  dell'antico  Giuseppe;  a  Voi  ne  ve- 
niamo  umiliati  e  confusi  dei  nostri  falli,  che  hanno  chiamato  sul 
nostro  capo  1'ira  del  cielo:  ma  in  mezzo  a  noi  vi  sono  pure  molti 
Beniamini  innocenti,  che  soffrono  e  piangono  senza  lor  colpa.  Quello 
per6  che  piu  ci  sta  a  cuore,  e  il  venerando  Padre  nostro,  il  pio  e 
mansueto  Giacobbe,  che  dolcemente  si  lagna,  che  I'ultimo  periodo 
della  sua  vita  gli  viene  amareggiato.  Pieta  vi  prenda  de'suoi  bianchi 
capelli,  e  fate  che  non  chiuda  gli  occhi  al  sonno  dei  giusti,  prima 
di  aver  veduto  spuntare  per  tutta  la  sua  famiglia  un'  era  di  pace  e 
di  salute.  Questa,  o  gran  Santo,  e  la  prima  grazia  che  vi  chiedia- 
mo,  dopo  che  foste  proclamato  nostro  universale  Protettore:  avrete 
cuore  di  darci  una  ripulsa  ?  Ah!  noi  invece  speriamo  che  il  secondo 
Giuseppe  si  mostrera  pietoso  piu  ancora  del  primo,  e  con  questa 
fiducia  ripetiamo  concordi: 

SANCTE   JOSEPH  ,    ORA    PRO  NOBIS. 

A  questa  orazione,  presentatagli  da  pie  persone,  il  S.  Padre  di 
proprio  pugno  sottoscrisse  le  seguenti  parole. 

Die  23.  feb.  1871.  Filii  carissimi  ite  ad  Joseph,  et  Ipse  inter- 
cede! pro  nobis  in  angustiis  nostris.  PIUS  PP.  /X. 


I  LIBERALI  ITALIANI 

ED 

I  COMUNISTI  FRANCESI 


"OS* 


I. 


Da  che ,  cessata  appena  la  guerra  franco -tedesca ,  il 
comunismo  ha  eretta  dentro  Parigi  la  testa  sanguinosa , 
nel  campo  liberalesco  di  tutta  Europa,  ma  segnatamente 
d'  Italia,  si  e  notato  uno  stupore  di  attitudini  ed  uno  sbi- 
gottimento  di  linguaggio,  che  ha  fatto  sorridere  di  pieta  i 
pensatori  cattolici;  come  appunto  fa  sorridere  il  veder  bimbi 
sgomentarsi  che  un  solfanello  acceso  abbia  appiccato  fuoco 
ad  una  girandola,  o  lo  spostamento  di  un  trave  abbia  at- 
terrato  un  palco,  che  sopra  vi  si  reggeva.  E  in  vero  non  e 
cosa  da  ridere,  che  gente,  la  quale  professa  per  sistema  di 
scalzare.  piu  o  meno  copertamente,  tutte  le  basi  della  socia- 
lita  ed  ha  finora  plaudito  ad  ogni  novella  ruina  che  la 
rivoluzione  faceva  nell1  edifizio  della  ciyilta  cristiana ,  si 
affanni  e  si  addolori  pei  trionfi  del) a  barbarie  rinascente  in 
Parigi,  e  minacciante  di  estendere  per  tutto  altrove  il  suo 
ferale  dominio  ?  Certo  move  a  riso  verbigrazia  Y  Opimone, 
quando ,  spaventata  delle  conseguenze  logiche  di  quei 
principii  e  di  quei  fatti  rivoluzionarii,  che  ella  si  e  invec- 
chiata  a  propagare  ed  a  consolidare  fra  noi,  si  picchia  il 
petto  e  predica  ad  alta  voce  :  «  Insomma  e  venuto  per 
tutti  il  tempo  di  far  giudizio .  Deve  proprio  continuare 
eterno  questo  periodo  di  rivoluzioni,  che  affatica  le  nazioni 
Serie  VIII,  vol.  77,  fasc.  501.  17  22  aprite  1871. 


258  1    LIBERALI    ITALIANS 

e  le  espone  a  cosl  grand!  pericoli  ?.  Se  la  lezione  che  si 
ricava  dai  lagrimevoli  avvenimenti  attuali  non  giova  a 
tutti  i  popoli,  bisognera  proprio  dire  che  la  mano  di  Dio 
si  fa  sentire  pesante  su  di  essi  l .  »  Parimente  eccita  un 
sorriso  la  Nuova  Antologia,  scritta  in  gran  parte  da  penne 
educate  nella  setta  massonica ,  quando  piange  i  pericoli 
che  alia  Europa  genera  la  setta  internazionale,  divenuta  in 
Parigi  forza  pubblica  e  Governo  2.  Era  dunque  necessario 
che  la  Comune  parigina  sorgesse  a  ripetere  le  belle  imprese 
del  1793  ,  per  fare  che  i  nostri  dottrinarii  del  liberalismo 
riconoscessero  la  mano  di  Dio  punitrice,  schernita  da  loro 
finche  fu  prenunziata  dai  clerical!,  e  deplorassero  la  tra- 
sformazione  delle  sette  in  Governi,  undici  anni  dopo  che  la 
setta  loro  si  era  mutata  in  Governo  dell'  Italia,  con  quello 
stesso  buon  diritto  con  cui  il  socialismo  e  diventato  Governo 
in  Parigi ! 

In  sostanza,  ottimamente  s'  intende  che  uomini  di  que- 
sta  sorta,  per  interesse  di  conservare  i  loro  proprii  acquisti, 
si  sbigottiscano  delle  enormita  che  gli  applicatori  dei  loro 
principii  e  gl1  imitatori  de'  loro  esempii  commettono  in 
Parigi ;  ma  non  si  capisce  che ,  senza  dare  nel  comico, 
pretendano  di  rimproverare,  in  nome  della  societa  e  della 
civilta,  agli  aderenti  della  Comune,  di  essere  troppo  dia- 
lettici  nell'applicare  gP  insegnamenti  e  troppo  attivi  nello 
imitare  gli  esempii  delle  loro  Signorie  liberali  e  conser- 
vatrici. 

Quest'uffizio  di  dir  pane  al  pane  e  ladro  al  ladro  per 
puro  amore  della  verita ,  e  indipendentemente  dai  buon 
successo  dei  fatti  compiuti ,  i  liberali  di  qualunque  siasi 
colore  lo  lascino  a  noi  cattolici,  e  cattolici  senza  epiteti :  a 
noi  che,  fino  da'suoi  esordii,  abbiamo  sfolgorata  la  rivolu- 
zione  italiana  e  nelle  idee  sue  e  nelle  sue  geste  ;  e  mai 
non  abbiamo  patteggiato  colla  menzogna  e  col  delitto,  a 
rischio  di  diventare  o  di  rimanere  Y omnium  peripsema  usque 

1  Num.  dell'41   aprile  1871. 

2  Fascicolo  di  aprile  1871,  pag.  979. 


ED    I   COMUNISTI     FRANCESI 

adhuc: l  a  noi  i  quali  abbiamo  dimostrato  continuamente  che 
il  liberalismo  conduce  per  necessita  al  socialismo  :  a  noi 
che  abbiamo  sempre  difesi  tutti  i  diritti,  anche  piu  impo- 
polari ,  unicamente  perche  diritti ;  e  condannate  tutte  le 
iniquita,  anche  piu  fortunate,  unicamente  perche  iniquita: 
a  noi  infine  che,  colFEnciclica  Quanta  cura  e  col  Sillabo  di 
Pio  IX  alia  mano  ,  abbiamo  costantemente  mantenuto  e 
illustrato  il  dilemma :  —  0  cattolici  col  Papa,  o  barbari  col 
socialismo .  Questa  e  la  sola  gloria  di  cui,  grazie  a  Dio  r 
andiamo  lieti  e  che  gli  awersarii  non  ci  hanno  mai  negata: 
di  aver  tenuta  in  pugno  sempre  la  medesima  bandiera,  di 
non  averla  mai  abbassata  in  omaggio  del  nemico  e  di  non 
aver  cagione  alcuna  di  arrossirne,  ne  dentro  il  cuore,  ne 
di  fuori  nella  fronte,  sotto  la  luce  del  sole.  Noi  scrittori  del 
giornalismo  schiettamente  cattolico  dell1  Italia ,  di  quel 
giornalismo  cioe  che  non  ha  mai  ambito  altri  aggiunti  che 
di  apostolico  e  di  romano;  noi  questa  gloria  sentiamo  di 
averla,  e  di  averla  solamente  noi.  E  quindi,  per  vituperare 
le  scelleraggini  del  comunismo  debaccante  in  Parigi,  non 
abbisogniamo  punto  di  contraddire  a  noi  stessi ,  come  i 
liberali ;  ma  ci  basta  ricorrere  a  quelle  stesse  dottrine,  in 
virtu  delle  quali  abbiamo  vituperate  sempre  le  scellerag- 
gini del  liberalismo  tiranneggiante  T  Italia. 

E  in  effetto  pigliamo  ad  osservare  un  poco  le  curiose 
contraddizioni  in  cui  i  nostri  liberali  italiani  danno  di  cozzo, 
nel  fulminare  che  fanno  i  comunisti  parigini. 


II. 


Per  non  dilungarci  in  preamboli,  rimetteremo  ad  una 
altra  volta  le  prove  della  consanguinita  che  passa  in  ge- 
nere  tra  il  liberalismo  ed  il  socialismo,  di  cui  il  comunismo 
non  e  che  una  delle  molteplici  forme.  Quest1  argomento 
merita  di  essere  illustrato  con  qualche  accuratezza  mag- 
giore,  che  non  ccnsenta  una  semplice  prolessi.  Al  casa 

1  I.  Cor.  IV,  13. 


260  I    LIBERAL!   1TALIANI 

nostro,  per  ora,  possono  essere  sufficient!  due  irrefragabili 
autorita. 

La  prima  e  di  Giuseppe  Moatanelli,  il  quale,  fino  da 
circa  venti  anni  addietro,  non  .ammetteva  gia  piu  che  il 
liberalismo  fosse  nn  sistema  sussistente  da  s&  e  diviso  dal 
socialismo ;  ma  voleva  identificato  1'  uno  coll'  altro  nel- 
Testrinseco  vocabolo,  come  sono  nell'  intrinseco  concetto. 
II  perche  scriveva  e  stampava :  «  Per  la  stessa  ragione  per 
cui  ci  dicemmo  filosofi  nel  secolo  passato  e  liberali  nella 
prima  meta  del  secolo  presente,  d'ora  in  poi  ci  dobbiamo 
chiamare  socialisti,  perche  il  socialismo  e  divenuto  il  verlo 
della  riwluiione,  come  la  filosofia  e-il  liberalismo  ai  loro 
tempi  lo  furono  T.  » 

La  seconda  autorita  e  di  Giuseppe  Ferrari,  che  al  tempo 
stesso  pubblicava  il  programma  del  partito  socialistico , 
eseguito  fino  ad  ora,  per  una  buona  porzione,  alia  lettera 
dai  nostri  liberali ,  e  la  formola  ultima  del  suddetto  verlo 
della  rivoluzione. 

Ecco  questo  programma  limpido  e  schiettissimo  . 
1°  «  Guerra  al  Pontefice,  guerra  alia  Chiesa  cattolica , 
apostolica,  romana,  regnante  in  Roma,  dominante  per  tutta 
1'  Italia.  L'  Europa  ha  intimato  a  Roma  una  guerra  di  re- 
ligione,  ne  potremo  avanzare  d'un  passo,  senza  rovesciare 
la  croce.  »  2°  «  Guerra  al  Re.  II  clero,  per  se  stesso,  non 
ha  forza  ed  e  nullo  :  egli  e  tutto,  col  favore  dei  Principi  e 
dei  Re.  Chi  lavora  pei  Re,  lavora  alia  ristaurazione  della 
Chiesa,  alia  schiavitu  dell1  Italia.  »  3°  «  Creazione  delle 
Repubbliche:  Repubbliche  di  Lombardia ,  di  Venezia,  di 
Toscana,  di  Roma,  di  Napoli,  di  Piemonte,  di  Parma,  di 
Modena.  »  4°  «  Federazione  delle  Repubbliche,  presiedute 
dalPassemblea  nazionale,  o  eonsesso  sovrano  dei  deputati 
di  ciascuna  Repubblica.  Quale  sara  la  federazione  repub- 
blicana?  Essa  rappresenta  la  rivoluzione  italiana;  rappre- 
senta  adunque  T  Italia  insorta  contra  V  Europa  cristiana, 
contra  U  sistema  della  cristianita  2 »  . 

1  Introduzionc  ad  alcuni  apptinti  storici  cap.  X. 

2  La  federazJone  repubblicana  cap.  I.  cap.  XII. 


ED    I    COMUNISTI     FRANCESI 


261 


Quanto  poi  alia  formola  esprimente  il  moderno  verbo 
delta  rivoluzione,  e  questa.  La  rivoluiione  non  e  che  la  guerra 
contro  il  Cristo  e  contro  Cesare :  ossia,  se  si  vuole  piu  chiara: 
Virreligione  e  la  legge  agraria ;  ecco  V  ultimo  termine  del  pro - 
gresso  l .  La  guerra  contro  il  Cristo  dovra  produrre  F  ir- 
religione  ,  cioe  T  ateismo  ;  e  la  guerra  contro  Cesare  T  an- 
nientamento  di  ogni  diritto  proprio  e  personale,  che  e  dire 
la  legge  agraria ,  o ,  se  meglio  piace ,  il  comunismo  nella 
sua  crudissima  realta. 

Si  conferiscano  insieme  questo  programma  e  queste 
formole  socialistiche,  con  tutte  le  teorie  del  nostro  libera- 
lismo  e  con  tutto  il  suo  operato  fino  al  presente,  e  si  vegga 
se  possa  divisarsi  consanguinita  piu  stretta  fra  i  due  siste- 
mi,  e  se  il  Montanelli  avesse  poca  ragione  di  affermare,  che 
«  d'ora  in  poii  liberali  si  debbono  chiamare  socialistic. La 
guerra  al  Cristo,  donde  ha  da  germinare  I1  irreligione,  con- 
tienel'essenza  del  liberalismo,  qualunque  ne  sia  la  specie, 
poiche  egli  e  sostanzialmente  la  ribellione  airautorita  so- 
prannaturale  della  fede  ed  a  qualunque  altra  naturale 
autorita,  che  non  sia  la  immaginata  da  s^.  Dunque  6  forza  che 
comprenda  ancora  la  guerra  a  Cesare,  ovverQ  all'  autorita 
civile  ed  alia  ordinata  societa,  d'onde  si  ha  da  svolgere 
la  legge  agraria.  Questo  e  T  inevitabile  corollario  del  sim- 
bolo  racchiuso  nei  due  infamemente  celebri  versi  del  Diderot: 

Et  des  'boyaux  du  dernier  prttre 
Serrer  le  cou  dil  dernier  roi; 

simbolo  che  il  liberalismo  ripudia  soltanto  a  parole.  II  di- 
ritto umano  di  Cesare  non  pu6  esistere  disgiunto  dal  diritto 
divino  di  Cristo  nel  mondo.  II  liberalismo ,-  per  conservarsi 
al  potere  e  salvare  la  borsa,  si  contende  di  mantenerlo  in 
essere  senza  Cristo ,  trasformandolo  in  un  diritto  ateo  di 
-  Cesare-popolo :  di  qui  il  suo  domma  della  sovranita  popo- 
lare.  Ma  la  logica  e  inesorabile  :  e  dove  lo  svolgimento 
pratico  delle  conseguenze  addivien  possibile ,  come  te»te 
in  Parigi,  il  diritto  ateo  del  Cesare-popolo  si  risolve  nel 
1  TV*  cap.  II.  iv. 


I    LIBERALI    ITALIANI 


despotismo  della  Comune,  livellatrice  di  tutte  le  proprieta 
a  paro  che  di  tutte  le  personality  cittadinesche. 

Premessi  quest!  schiarimenti,  che  definiscono  la  condi- 
zione  vera  dei  nostri  liberal!  e  dei  comunisti  latent!  in  Italia 
e  trionfanti  in  Parigi,  veniamo  ai  rimproveri  piii  osservabili, 
che  quelli  nel  loro  giornalismo  fanno  a  costoro.  Non  ne 
troveremo  uno  solo  che  i  comunisti,  con  ottima  dialettica  e 
ad  hominem,  non  possano  ritorcere  loro  in  faccia. 


III. 


Primo  rimprovero :  —  La  vostra  rivolta  contro  il  Governo 
costituito  della  Francia  e  un  fatto  immorale:  ripugna  al  bene 
del  paese  e  non  e  legittimata  da  verun  principle  di  diritto 
pubblico. 

Risposta:  —  A  voi  non  e  lecito  parlar  di  morale  in  queste 
materie.Dopoilcolloquio  di  Plombieres, trail vostro  Cavour 
e  il  Bonaparte,  quando  si  stabili  coi  principal!  cospiratori 
del  liberalismo  italiano  il  disegno  della  rivoluzione  da  farsi, 
qual  fu  la  base  proposta  dal  Cavour  ed  ammessa  da  tutti 
i  suoi  ligi?  Che  non  si  avesse  alcun  rigiiardo  alia  morale. 
La  rivoluzione  da  voi  operata,  contro  T  ordine  costituito 
nell1  Italia,  fu  dunque  un  perpetuo  fatto  immorale,v.Q\  senso 
che  ora  lo  rinfacciate  a  noi :  eppure  questo  fatto  cosi  im- 
morale e  stato  ed  e  tuttora  da  voi  divinizzato,  perche  com- 
pito.  Lasciate  che  la  nostra  rivolta  divenga  ancor  essa/flz^o 
compito :  che  avrete  a  ridirgli  contro?  Saremo  pari.  La 
teoria  dei  fatti  compiti,  surroganti  il  diritto  storico  e  na- 
turale,  e  tanto  vostra  quanto  nostra. 

Circa  il  bene  del  paese,  come  voi  ve  ne  faceste  giu- 
dici  da  per  voi,  allorche  si  tratto  di  ricostituire  I1  Italia  ad 
unita  piemontese;  cosi  noi  ce  ne  facciamo  giudici  da  per 
noi,  in  questo  caso  in  cui  si  tratta  di  ricostituire  la  Francia 
ad  unita  di  Oomune.  Quel  che  fu  diritto  per  voi  e  diritto 
per  noi. 

Molto  meno  poi  vi  si  affa  il  ragionare  di  principii  di  diritto 
pubblico.  Quali  furono  per  voi  cotali  principii,  legittimanti 


ED    I    COMUNISTI    FRANCES1  263 

la  vostra  rivoluzione  italiana?  Quelli  che  vi  torn6  conto  di 
creare.  Noi  altresi  abbiamo  feconda  la  vena  creativa.  Voi 
atterraste  Fordine  legittimamente  costituito  in  Italia,  a  nome 
della  liberta  e  della  namonalita.  Noi  vogliamo  atterrare  quello 
costituito  in  Francia,  a  nome  &&IV u/u&gtiqnza,  perfeziona- 
mento  della  liberta,  e  a  nome  delY  umamtd,  perno  di  ogni 
nazionalita.  Oltre  di  che  avete  proprio  bel  garbo,  a  venirci 
innanzi  col  rispetto  ai  principii  di  diritto  pubblico  !  Voi  per 
anni  parecchi,  fino  a  che  il  cannone  francese  guardava 
Roma,  sosteneste  sempre,  che  1'invadere  questa  citta  colla 
forza  e  il  toglierla  al  Papa  era  contrario  ai  principii  di  di- 
ritto pubblico.  Non  appena  il  cannone  francese  fu  ritirato 
da  Civitavecchia  e  rimosso  il  vicino  pericolo  che  vi  tor- 
nasse,  e  voi  subito  invadeste  colla  forza  quella  citta, e  la 
toglieste  al  Papa.  II  vostro  rispetto  ai  principii  di  diritto 
pubblico  si  riduceva  quindi  ad  un  semplice  timore  del  can- 
none  del  Bonaparte.  Tal  e  stato  finora  anche  il  nostro. 
Subito  che  ci  siamo  visti  in  assetto  di  poter  soverchiare  il 
cannone  deH'Assemblea  di  Versailles,  ai  18  marzo,  abbiamo 
smessi  i  riguardi  ai  principii  di  diritto  pubblico;  ne  piu  ne 
meno  che  li  smetteste  voi  a' 20  settembre.  Lo  vedete?  Siamo 
piu  simili  che  due  gocce  d'acqua.  In  punto  di  morale  e 
d'osservanza  del  diritto  pubblico,  voi  siete  noi  e  noi  siamo 
voi . 

Secondo  rimprovero  —  Ma  le  offese  al  diritto  di  pro- 
prieta non  possono  giustificarsi.  Voi  confiscate,  voi  sac- 
cheggiate,  voi  erigete  il  furto  in  domma  sociale. 

Risposta  —  Noi  seguiamo  le  stesse  regole  che  voi;  con 
questa  sola  differenza,  che  siamo  di  voi  piu  equi.  II  diritto 
di  proprieta  e  stato  prima  offeso  da  voi  in  Italia,  colla  con- 
fisca  di  tutto  il  patrimonio  ecclesiastico,  da  voi  fatta  per 
legge.  II  diritto  di  proprieta  ,5  uno  ed  indiyisibile.  Se  vi 
siete  fatto  lecito  voi  il  derogarci  verso  la  Chiesa,  perch& 
non  ci  faremo  lecito  noi  il  derogarci  verso  i  particolari  ? 
Perche  dev'essere  stata  santa  impresa  per  voi  T  appropriar- 
vi ,  esempligrazia,  in  Roma  il  Quirinale,  palazzo  del  Papa, 
e  dev'  essere  per  noi  infame  atto  T  esserci  appropriate  in 


264  I   LIBERALl    ITALIANI 

Parigi  il  ricco  palazzetto  del  sig.  Thiers?  Forse  perche  il 
Quirinale  fu  da  voi  preso  dopo  un  giudizio  del  vostro  con- 
siglio  di  Stato?  Ma  anche  il  palazzetto  del  sig.  Thiers  fu  da 
noi  preso  dopo  un  decreto  della  nostra  Comune.  Noi  non 
ci  vantiamo  d1  essere  apostoli  solamente  della  liberta,  come 
fingetevoi:  ci  dichiariamo  apostoli  ancora  &e\Vuguaglianza. 
Perche  si  ha  da  differenziare  il  clero  dagli  altri  cittadini? 
0  il  diritto  di  proprieta  e  legittimo  per  se,  ed  allora  e 
iniquo  spogliarne  il  clero  perche  clero:  o  e  per  se  illegit- 
timo,  ed  allora  e  giusto  spogliarne  tutti  aunmodo.  I  due 
pesi  e  le  due  misure  si  adoperano  dai  frodolenti,  non  dagli 

onesti. 

II  saccheggio  e,  come  dicono,  questione  di  forma.  Tra  un 

agente  del  fisco  che  entra,  con  sei  o  sette  birri,  in  un 
convento  o  in  una  canonica,  per  dire  ai  frati  o  ai  preti:  / 
rostri  leni  sono  del  demam'o ;  ne  prendo  posses  so :  e  un 
gruppo  di  nostre  guardie  nazionali  che  entrano  in  una  casa 
e  dicono  ai  padroni:  Veniamo  a  pigliarci  qiiello  die  ci  ac- 
comoda;  il  divario  e  ben  poca  cosa:  tutto  si  riduce  alia 
formalita  di  un  brauo  di  carta.  Secondo  il  diritto  antico , 
sarebbero  furti  ambedue:  ma  non  secondo  il  nostro  nuovo. 
Se  voi  ci  rampognate  di  erigere  il  furto  in  doinma  sociale, 
noi  vi  rimandiamo  la  palla:  e  sfidiamo  chi  che  sia  a  senten- 
ziare,  che  lo  erigiamo  noi  e  non  lo  avete  prima  eretto  voi. 
Potrernmo  anche  toccare  il  soggetto  delle  tasse  cosi 
enormi,  che  voi  imponete  ai  cittadini,  vostri  dilettissimi  sud- 
diti,  ed  esaminare  se  sieno  o  non  sieno  pur  queste  un  vero 
saccheggio,  un  latrocinio  legale,  che  viola  il  diritto  di  pro- 
prieta ,  a  ctii  fate  mostra  d1  inchinarvi .  Ma  non  ci  piace 
guardarla  tanto  per  le  sottili  con  voi.  In  conclusione  siete 
nostri  fratelli  piu  che  non  vorreste  parere. 

Terzo  rimprovero:  —  Voi  siete  una  minoranza  che  vi 
sovrapponete  alia  nazione  colla  forza,  e  con  forza  in  parte 
straniera;  giacche  la  vostra  Comune  e  spalleggiata  da  un-a 
accozzaglia  di  gente  d'ogni  paese. 

Risposta  —  E  voi  forseche,  quando  faceste  la  rivolu- 
zione  vostra  d1  Italia,  eravate  altro  che  una  minoranza?  E 


ED   I   COMUNISTI     FRAKCESI  265 

forseche,  dopo  undici  anni  di  dominazione,  siete  divenuti 
la  pluralita  dell'  Italia  ?  II  vostro  Jacini  non  ha  dimostrato 
sino  all'  evidenza,  che  tra  voi,  menomo  numero,  i  quali  pur 
siete  T  Italia  legate,  e  la  nazione  quasi  tutta,  che  e  T  Italia 
reale,  corre  un  abisso  di  idee,  di  affetti,  d'interessi  e  di 
aspirazioni?  E  nondimeno  vi  e  mai  sorto  nel  cervello  di 
ritirarvi  in  massa,  per  non  durare  ad  essere  una  minoranza 
sovrappostasi  alia  nazione?  Tutto  cio  non  ostante  guai  anzi 
a  chi  non  riconosce  tremebondo,  al  vostro  cospetto,  che  voi 
siete  il  Governo  nationals  !  Oggimai  voi  e  noi  siamo  con- 
sumati  maestri  di  rivoluzioni;  e  troppo  bene  sappiamo  che 
queste  non  si  fanno  mai  dalle  pluralita,  ma  dai  partiti,cioe 
dalle  minoranze,  e  in  vantaggio  dei  partiti,  eioe  delle  mi- 
noranze.  II  nome  del  popolo  e  della  nazione  s'invoca  per 
palliativo.  0,  stiamo  a  vedere  che  abbisognate  proprio  d'im- 
parare  da  noi  queste  cose  elementari! 

Se  mettiamo  a  riscontro  noi  della  Comune  di  Parigi  colla 
vostra  Camera  dei  deputati,  sapete  che  ne  uscira?  Ne  uscira 
che  la  nostra  Comune  rappresenta  una  minoranza  assai  piu 
considerable  della  citta  di  Parigi,  che  quella  dell'  intera 
Italia,  rappresentata  dai  vostri  legislated.  Di  fatto  la  sta- 
tistica  delle  ultime  vostre  elezioni  ci  da  508  deputati,  no- 
minati  da  soli  152,400  elettori:  appunto  300  voti  per  depu- 
tato.  II  che,  sopra  una  popolazione  di  almeno  25  milioni , 
mostra  che,  per  ogni  100  Italiani,  6  unicamente  sono  rap- 
presentati  nella  Camera:  cioe  dire  che  voi,  in  quanto  partito, 
state  alia  nazione,  come  6  sta  a  100.  Che  mintitezza  mi- 
croscopica  !  In  quella  vece  gli  elettori  dei  92  membri 
della  nostra  Comune,  nella  sola  citta  di  Parigi,  passarono 
i  180,000..  Onde  ognuno  dei  nostri  delegati,  o  bene  o  male, 
rappresenta  non  meno  di  1945  Parigini ;  vale  a  dire,  di 
ogni  1000  Parigini  ne  rappresenta  111  ;  un  quasi  venti 
volte  piu.degl'  Italiani ,  che  i  vostri  deputati  rappresentano 
nella  Camera  di  Firenze.  Or,  dopo  ci6,  come  ardite  voi ,  o 
atoini  della  massa  nazionale  d' Italia,  deridere  noi  molecole 
della  massa  civile  di  Parigi  ? 


266  I   LIBERALI    ITALIANI 

Osate  ancora  rinfacciarci  la  forza  di  cui  ci  vagliamo  , 
per  far  predominare  la  Comune;  e,  quel  che  e  peggio,  la 
forza  straniera.  Ma  di  grazia,  la  vostra  rivoluzione  si  e  per 
avventura  incominciata  e  si  e  compiuta  colle  carezze?  Per 
prendervi  le  Umbrie  e  le  Marche,  non  entraste  voi  in  quelle 
provincie  con  60,000  uomini;  e  non  v'impadroniste  diPesaro, 
di  Perugia  e  d'Ancona  a  furia  di  cannonate  e  delle  bombe 
della  vostra  flotta?  E  per  prendervi  il  regno  delle  Due  Si- 
cilie,  non  inviaste  prima  il  Garibaldi  co'  suoi  mille  a  Mar- 
sala; e  quindi  non  gli  teneste  dietro  col  grosso  esercito 
che  avea  conquistato  le  Umbrie  e  le  Marche;  e  non  as- 
sediaste  per  lungo  tempo  Gaeta,  ultimo  rifugio  dell' abban- 
donato  e  tradito  Francesco  II?  E  ultimamente  siete  forse 
entrati  in  Roma  per  via  d'amore?  Non  cingeste  la  citta 
con  50,000  soldati  e  non  ne  sforzaste  1'ingresso  con  2,000 
belle  bombe,  tutte  avvampanti  di  fuoco  amoroso  pei  Ro- 
mani,  che  intanto  pregavano  Dio  di  fare  scendere  fra  le 
truppe  vostre  Tangelo  di  Sennecaribbo? 

E  non  pertanto  queste  vostre  belle  prodezze  sarebbero 
state  sogni,  se  innanzi  non  fossero  calati  in  Italia  200,000 
Francesi,  a  rendervi  possibile  la  rivoluzione;  e  se  poscia  i 
Prussiani  non  avessero  conquistato  per  voi  a  Sadowa  quel 
Quadrilatero  e  quella  Venezia,  che  davvero  non  conquistaste 
co1  vostri  allori  di  Custozza  e  di  Lissa.  E  poi  avete  fronte  di 
cacciarci  in  volto  gli  stranieri,  che  combattono  con  noi  e 
per  noi  in  Parigi ! 

Ma  voi,  senza  lo  straniero ,  che  sareste  voi  dunque?  Lo 
straniero  vi  ha  fatti  regno  d' Italia;  e  lo  straniero  vi  ha 
conservati.  Se  il  Bonaparte  non  vi  avesse  sempre  assistiti 
colle  forze  della  Francia,  promulgando  e  mantenendo  il 
non-intervento  in  favor  vostro ;  che  sarebbe  stato  di  voi , 
anche  dopo  le  non  vostre  vittorie  di  Magenta  e  di  Solferino? 
Ed  ora  che  vi  sentite  mancare  il  puntello  di  questo  vostro 
creatore  e  conservatore,  e  vedete  di  essere  ricaduti  in  balia 
di  voi  medesimi ,  non  tremate  forse  da  capo  a  piedi,  e  non 
v1  industriate  di  strisciarvi  ai  piedi  del  Prussiano ,  affinche 
si  degni pigliarvi  in  protezione?  Oh  tacete,per  vita  vostra, 


ED    I    COMUN1STI     FRANCES!  267 

ne  vi  salti  mai  piu  il  ticchio  di  rimproverare  ad  altri  il 
soccorso  che  possa  ricevere  da  forze  straniere  !  Noi  non 
conosciamo  in  tutta  la  storia  un  Governo,  che  debba  tanto 
agli  stranieri  ed  abbisogni  tanto  degli  stranieri,  per  sus- 
sistere,  come  il  vostro. 

Similmente  vergognatevi  di  vilipendere,  come  accoz- 
zaglia  di  gente  d'ogni  paese,  gli  ausiliarii  esterni  della 
nostra  Comune.  Voi  li  avete  invocati,  assoldati  e  glorificati 
prima  di  noi.  Sono  tutti  di  quella  generazione  medesima 
di  cui  eran  formate  le  legioni  straniere ,  che  arrolaste  voi, 
per  assodare  i  vostri  acquisti  nel  regno  di  Napoli.  Sono  di 
quegli  American! ,  di  quei  Polacchi ,  di  quegli  Ungheri , 
che  servirono  voi  e  la  vostra  bandiera  in  compagnia  dei 
garibaldeschi,  a  cui  pur  dovete  quasi  la  meta  del  vostro 
essere.  Ah ,  questi  bravi  dunque  erano  cime  d'  eroi ,  allor- 
che  militavano  sotto  il  vostro  vessillo  contro  gl'  Italiani  di 
Francesco  II,  i  quali  accoglievano  la  vostra  liberta  a  colpi  di 
fucile;  e  sono  un' accozzaglia  di  gente,  ora  che  militano 
sotto  il  vessillo  nostro,  e  fanno  a  fucilate  contro  i  Francesi 
delFAssemblea  di  Versailles!  Siete  proprio  incoiTeggibili ! 
Sempre  due  pesi  e  due  misure! 

Quarto  rimprovero:  —  Col  sangue,  col  terrore  e  colle 
violenze  avete  disonorata  la  causa  della  liberta. 

Risposta:  —  Sia  vero.  Non  Tavremo  mai  disonorata 
quanto  Voi.  I  piu  di  noi  hanno  deplorate  le  fucilazioni  ar- 
bitrarie  dei  primi  giorni  della  riscossa.  Ma  senza  cio,  che 
sono  le  nostre,  appetto  delle  vostre  fucilazioni  in  Italia  ? 
Appena  posaste  il  piede  in  Perugia,  non  cominciaste  col 
fucilare  un  povero  prete ,  riconosciuto  innocente  dopo  che 
fu  assassinate?  II  vostro  generale  di  Sonnaz  pu6  dirvene 
qualche  cosa.  Gli  otto  o  diecimila  fucilati  da  voi  nel  napo- 
litano,  senza  riguardo  ad  eta  ed  a  sesso  e  rei  in  generale 
solamente  di  non  parteggiare  per  voi,  indicano  forse  il 
carattere  mite  e  soave  della  vostra  rivoluzione?  Per  questo 
capo  voi  siete  finora  stati  piu  violenti  di  noi .  II  terrore  lo 
avete  incusso ,  quando  vi  mettea*  conto ,  piu  di  noi  e  me- 
glio.  Voi,  signori,  sapete  alFoccasione  essere  terroristi  e 


268  1    LIBERAL!    ITALIANI 

socialist!  quanto  noi  e  piu  di  noi .  I  nostri  piu  fieri  comu- 
nisti  non  hanno  che  insegnare  ai  vostri  Cialdini ,  ai  vostri 
Pinelli,  ai  vostri  Fumel  e  via  via.  Noi  non  abbiamo  ancora 
arse  borgate  e  citta,  per  vendetta,  comele  avete  arse  voi 
nel  regno  di  Napoli.  II  sangue  e  le  mine  di  Pontelandolfo 
e  di  Casalduni  non  gravano  le  coscienze  di  noi  comunisti , 
siccome  gravano  quelle  di  voi,  liberali  dalle  parole  melate. 
Noi  non  abbiamo  per  anco  pubblicato  Taforismo  cbe  la  pieta 
e  nn  delitto  ,  come  lo  bandi  il  feroce  vostro  proconsole  Pi- 
nelli ,  alle  truppe  regie  che  comandava. 

Siamo  stati  severi  e  violenti  coi  nostri  nemici;  si,  certo. 
Abbiamo  deposti  ufficiali  militari  e  civili ,  abbiamo  arrestati 
sospetti,  abbiamo  aboliti  giornali.  Ma  in  questo  abbiamo 
seguito  il  vostro  esempio .  Voi  ci  avete  addiinostrato  come 
debba  procedere  un  Governo,  che  colla  forza  s'insedia  al 
potere,  per  mantenervisi .  L1  Italia  e  piena  di  ufficiali  mili- 
tari e  civili  da  voi  destituiti ,  quando  vi  insignoriste  degli 
Stati,  cui  quelli  servivano.  Sono  morti  e  muoiono  di  fame 
sotto  i  vostri  occhi,  e  voi  ben  lungi  dal  compiangerli ,  ne 
g-odete  in  cuor  vostro.  Uno  sguardo  a  Roma.  Che  avete 
fat  to  dei  Romani  che  erano  agli  stipendii  del  Papa  loro  Re? 
Li  avete  gittati  sul  lastrico  tutti.  E  codeste  sono  le  dol- 
cezze  con  cui  avete  inzuccherati  ai  sudditi  di  Pio  IX  i  pd- 
mordii  della  vostra  dominazione.  Noi  comunisti  di  .Parigi 
avremmo  forse  fatto  meno :  per  fermo  non  avremmo  fatto  piu. 

Abbiamo  ancora  arrestato  i  sospetti ;  e  vero  .  Ma  in 
ci6  altresi  abbiamo  seguito  i  vostri  esempii .  Quando  sccppio 
la  guerra  tra  voi  e  V Austria,  non  ricordate  piu  una  certa 
vostra  legge ,  restata  nella  memoria  degl' Italian!  col  nome 
di  legge  crispma?  Questa  legge  colpiva  appunto  i  sospetti, 
soloperche  sospetti,  e  li  confinava  nelle  prigioni  dello  Stato, 
o  nei  vostri  celebri  domicilii  coatti.  La  faceste  per  paura  e 
Tosservaste  con  rigore.  Ancora  noi,  in  questi  giorni  per 
noi  di  pericoli ,  siamo  ricorsi  allo  spediente  medesimo . 
Sara  illecito  a  noi  quello  che  fu  lecitissimo  a  voi?  A  voi 
parve  cosa  naturalissima  carcerare  in  diversi  anni  frati , 
preti,  vescovi  e  cardinali;  e  sara  per  noi  un  delitto  Tavervi 


ED    I    COMUNISTI     FRANCESI 

imitati?  E  notate,  che  noi  non  siamo  giunti  a  spopolare 
interi  villaggi,  per  deportarne  gli  abitanti  nelT  insalubre 
Sardegna,  come  faceste  voi  nel  napolitano,  per  iscemarvi 
la  noia  di  tener  d'  occliio  i  briganti  e  i  loro  rnanutengoli . 
Noi  comunisti  in  somma  siamo  per  anco  piu  umani  di  voi 
liberali.  Una  legge  Pica  non  e  ancora  uscita  dalF  aula  della 
Comune. 

Abbiamo  inoltre  fatti  tacere  i  giornali  che  ci  davano 
uggia.  Era  nostro  diritto.  Voi,  dovunque  siete  entrati  a 
prender  possesso  colle  baionette  delle  citta  d1  Italia,  avete 
fatto  il  medesimo.  Subito  che  vi  foste  accampati  in  Roma, 
imponeste  silenzio  ai  giornali  devoti  al  Papa,  e  stabiliste 
una  vostra  censura  per  la  stampa.  A  queste  bassezze  non 
siamo  discesi  noi.  Altrove  soldaste  bande  di  mascalzoni,  che 
andassero  ad  assalire  le  tipografie,  ove  si  stampavano  i 
giornali  a  voi  esosi.  Noi  queste  codardie  le  lasciamo  a  voi. 
Decretiamo  e  ci  basta.  La  guerra  alia  liberta  che  non  e  la 
nostra,  noi  la  facciamo  a  viso  scoperto.  II  farla  con  ipocrisie 
vigliacche  e  privilegio  vostro.  I  comunisti  di  Parigi  non  ve 
Tinvidiano. 

Or  ecco  il  perche  la  causa  della  liberta  eornincia  ad 
essere  cosi  disonorata  in  Europa:  perche  voi  e  i  vostri  si- 
mili  T  avete  insozzata  con  un  cumolo  di  ipocrisie  brtittis- 
sime.  Voi  pretendete  che  noi  abbiamo  assai  di  marcio.  Si 
conceda .  Ne  abbiamo  forse  tanto  quanto  voi ,  non  piu :  ma 
abbiamo  eziandio  qualche  cosa  di  sano ,  e  piu  "di  voi .  Noi 
inostriamo  a  tutti  e  da  per  tutto  quel  che  siamo ;  il  marcio 
ed  il  sano.  Voi  invece  occultate  il  molto  marcio  ed  imbel- 
lettate  il  poco  sano ,  per  farvi  credere  diversi  da  noi  e  mi- 
gliori  di  noi.  II  mondo,  che  sente  il  vostro  marcio  attraverso 
le  apparenze  della  vostra  sanita,  vi  piglia  in  fastidio  e 
conclude  che  la  liberta,  quale  si  presenta  da  voi  ai  popoli, 
non  e  che  un  sepolcro  imbiancato ;  cioe  il  vostro  ritratto. 
Noi  a  rincontro  non  inganniamo  nessuno  :  mostriamo  la 
liberta  nostra  qual  e,  col  suo  marcio  e  col  suo  sano .  Chi 
Taggradisce  Taccetta,  chi  la  disaggradisce  la  rifiuta.  Ma 
nessuno  pu6  tacciarla  di  sepolcro  imbiancato.  Questo  di- 


$70  I    LIBERALI    1TALIANI 

sonore  alia  causa  della  liberta  lo  avete  procurato  voi .  La 
vostra  ipocrisia,  e  non  la  franchezza  nostra,  I1  ha  screditata. 

Ma  c'  e  di  piu.  Noi  abbiamo  in  Italia  un  buon  numero 
di  consorti;  e  sono  i  vostri  famosi  irregolari ;  quelle  bande 
garibaldesche,  che  vi  hanno  resi  tanti  e  cosi  insigni  ser- 
vigi,  per  farvi  diventare  quello  che  siete.  Allorche  li  ado- 
peraste  nel  1860  per  conquistare  la  Sicilia,  e  nel  1867  per 
provare  il  conquisto  di  Roma,  onorarono  essi  o  disonorarono 
la  causa  della  liberta?  Se  T  onorarono,  dunque  T  onoriamo 
noi  pure;  stanteche  noi  sottosopra  ci  diportiamo  in  Parigi, 
com1  essi  diportaronsi  nella  Sicilia  e  nelP  agro  romano.  Se 
la  disonorarono,  dunque  voi  siete  T  onta  e  T  ignominia  di 
questa  causa ;  giacche  essi  operarono  per  conto  vostro , 
mossi  da  voi,  stipendiati  da  voi,  armati  da  voi,  sorretti  in 
ogni  cosa  da  voi.  Sarebbe  bella  davvero  che  lo  spargere 
sangue ,  T  ingerir  terrore  e  T  usare  violenze  divenissero 
atti  di  virtu  celeste,  quando  sono  per  interesse  vostro,  e 
.rimanessero  un1  abbominazione,  quando  sono  per  interesse 
altruL  I  saccheggi,  gli  assassinamenti  e  i  ladronecci  per- 
petrati  in  Roma  dalle  masnade  maschili  e  femminili ,  che 
v1  entrarono  il  20  settembre  1870  dietro  le  vostre  milizie, 
che  furono?  Opere  sante  o  delitti  ?  Se  delitti,  voi  ne  siete 
i  rei,  perche  voi  in  pro  vostro  introduceste  nella  citta  dei 
Papi  quel  fiore  di  nostri  confratelli  e  di  nostre  consorelie. 
£e  opere  sante ,  cessate  alia  buon'ora  di  fare  carico  a  noi 
delle  simiglianti  che  adempiamo  in  Parigi.  Voi ,  signori 
eccellentissimi,  intendereste  che  fossimo  sempre  la  zampa 
del  gatto,  per  trarre  dal  fuoco  i  marroni  che  fanno  gola  a 
voi.  Ma  questi  fanno  gola  a  noi  pure.  Un  po'per  uno.  Finora 
abbiamo  onorata  la  causa  della  liberta,  facilitandovi  ilnian- 
giare  a  due  palmenti.  Giusto  5  che  onoriamo  la  inedesima 
causa,  pensando  un  tratto  anche  all'  epa  nostra. 

Quinto  rimprovero :  —  Voi  mancate  di  amor  patrio  e 
sospingete  la  Francia  in  una  voragine.  Delia  vostra  incom- 
parabile  Francia  fate  lo  scandalo  dell'Europa. 

Risposta :  —  Oh  si ,  voi  siete  proprio  al  caso  di  dare  a 
noi  lezioni  di  amor  patrio !  Voi,  liberali  delle  varie  region! 


ED    I    COMUNISTI     FRANCESI 


271 


d' Italia,  non  avete  sacrificate  le  patrie  vostre,  sulPaltare 
deH'unita  piemontese,  per  fondare  il  vostro  glorioso  Regno? 
II  preferire  le  grandezze,  i  codici,  le  istituzioni,  le  tradizioni 
e  le  autonomie  dei  singoli  Stati  alle  cose  ed  al  regime 
del  paese  meno  italiano  che  fosse  in  Italia,  non  fa  da  voi 
imputato  a  crimine  di  lesa  nazionalita  ?  Per  fare  la  vostra 
Italia  vi  metteste  il  vero  amor  patrio  ,  che  beffavate  di 
amor  di  campanile,  sotto  le  calcagne.  Ed  ora  vi  accingete 
ad  insegnare  a  noi  1'  amor  della  patria  ? 

Vi  scuserete  con  dire  che ,  da  quei  grandi  cuori  che 
siete,  dilataste  Famore  e  lo  stendeste  alia  intera  nazione. 
Noi,  che  vi  conosciamo,  potremmo  ben  definirvi  quello  che 
si  asconde  sotto  la  parola  nazione.  I  clericali ,  che  vi  co- 
noscono  sotto  il  pelo  quanto  noi,  sostengono  che  per  voi  la 
nazione  non  e  altro  che  la  greppia;  onde  del  vostro  amor 
patrio  un  cotale  poetava: 

Che  tutto  si  riduce,  a  parer  rnio, 
A  dir:  esci  di  qua,  ci  vo'star  io. 

Ma  lasciamola  li  sulle  undici  once  e  prendiamo  per  buona, 
la  vostra  scusa.  Noi  in  quel  cambio  vi  replicheremo,  che 
abbiatno  il  cuore  piu  largo  del  vostro ;  e  che  se  voi  immo- 
laste  le  vostre  patrie  al  bene  della  nazione,  noi  amiamo  di 
immolare  la  nostra  al  bene  felVumanita,  madre  e  centro  di 
tutte  le  nazioni.  Liberi  foste  voi  di  consumare  il  facile  vostro 
sacrifizio:  dunque  liberi  dobbiamo  essere  anche  noi  di  con- 
sumare il  nostro,  assai.  piu  difficile  del  vostro.  Giacche  noi 
siamo  soli ,  e  con  iscarsi  aiuti  a  farlo :  dovech&  voi  aveste 
i  200,000  Francesi  del  Bonaparte,  che  col  loro  sangue  lo 
fecero  quasi  tutto  per  voi.  Ah,  signori  liberali  del  regno 
d1  Italia,  voi  siete  i  piu  fortunati  martiri  politici,  che  il  vostro 
bel  sole  vedesse  mail  Avete  trovato  chidiede  il  sangue  per 
voi,  chi  pag6  le  spese  per  voi,  e  in  ultimo  chi  vi  coron6 
dell1  aureola  che  vi  stilla  in  bocca,  da  undici  anni,  una  fonte 
inesauribile  di  dolcezze  paradisiache.  In  questo  beatissimo 
stato  e  agevol  cosa  cantare  inni  all1  amor  di  patria.  Ma  cosi 
fatte  fortune  non  son  piovute  in  capo  ai  comunisti  di  ParigL 


272  I    L1BERALI    JTAUANI 

Essi  al  bene  delP  umanita ,  come  T  intendono ,  offrono  11 
sangue,  offrono  la  vita  e  finora  non  ricevono  in  contrac- 
cambio  dai  liberali  che  il  marchio  degli  scellerati.  Che  dif- 
ferenza  di  stato  fra  voi  e  noi,  eh  ?  Eppure  siamo  fratelli ! 

Le  voragini  poi  sono  spauracchi  relativi.  I  veri  conser- 
vator! di  tutto  Torbe  asseriscono  e  provano,  che  voi  avete 
bell'  e  inabissata  I1  Italia  in  una  voragine  senza  fondo.  Voi 
per  contro  asserite  e  provate,  che  T  avete  sublimata  a  un 
grado  di  prosperita  senza  esempio.  Tutto  sta  in  ben  capirsi. 
L'  Italia  vera,  ossia  la  reale,  come  si  esprimerebbe  il  vostro 
Jacini ,  e  effettivamente  nell1  abisso.  L'  Italia  vostra,  ossia 
la  legate,  secondo  il  predetto  Jacini,  e  in  un  Eden  di  delizie. 
Voi  godete  i  pingui  salarii,  voi  i  primi  onori,  voi  le  croci 
che  vi  costellano  il  petto,  voi  i  lucri  piu  grassi,  voi  i  mo- 
nopolii,  voi  le  regie,  voi  le  banche,  voi  i  nuovi  palazzi,  voi 
gl'  insperati  patrimonii:  com1  e  possibile  dubitare  che  T  I- 
talia  vostra  posi  felice  sulFale  della  fortuna?  Alia  fin  dei 
conti  non  avete  sempre  detto  e  ridetto  che  I1  Italia  siete 
voi?  Purch&  non  saliamo  al  potere  noi,  per  profanare  i  tempi! 
del  vostro  dio  quattrino,  cioe  le  vostre  horse ;  e  non  entrino 
le  baionette  straniere  a  levarvi  di  posto,  chi  piu  prosperosi 
di  voi,  ossia  dell1  Italia  vostra  f 

Cosi  pensiamo  debba  essere  anche  della  nostra  patria . 
Sia  pure  che  sospingiamo  la  Francia  dei  legittimisti,  degli 
orleanisti  e  dei  clericali  in  una  voragine.  Che  importa  a 
noi?  Purche,  pel  bene  delFumanita,  possiamo  aver  tra  le 
mani  le  redini  del  paese  e  il  pubblico  erario,  come  lo  avete 
voi  pel  bene  della  vostra  Italia,  noi  saremo  contenti  a  guisa 
di  voi;  e  lasceremo  che  voi  piangiate  la  Francia  nella  vo- 
ragine, per  colpa  nostra,  come  voi  lasciate  che  altri  pianga 
I1  Italia  nell1  abisso,  per  colpa  vostra.  Volta  e  gira,  vedete 
che  tra  noi  e  voi  la  partita  torna  sempre  pari.  E  non  pu6 
essere  altrimenti.  Siamo  fratelli ! 

Di  quale  Europa  temete  voi  che  facciamo  divenire  scan- 
dalo  la  Francia  ?  Delia  vostra  ?  Ce  ne  ridiamo.  Di  quella  dei 
clericali?  Non  ce  ne  curiamo  punto.  Ecco  anni  undici  che 


ED    I   COMUNISTI     FRANCESI  273 

dell'  Italia  vostra  avete  fatto  lo  scandalo  del  mondo  cristia- 
no.  Non  v'  ha  contrada  o  parlamento  o  riunione  popolare  , 
nei  due  emisferi,  in  cui  non  sia  stata  carica  di  obbrobrii. 
L'  hanno  intitolata  una  ladronaia,  un  nido  d'infamie,  un  ol- 
traggio  al  genere  umano,  un'officina  di  tradimenti,  una  pe- 
renne  e  viventebestemmia  contro  Dio.  E  voi,  signori  liberal!, 
ne  avete  niai  perduto  1'  appetite  ?  II  medesimo  accade  di  noi, 
Votateci  pure  in  testa  il  dizionario  dei  vituperii  e  metteteci 
pure  al  bando  della  vostra  civilta:  faremo  come  voi.  Con- 
serveremo  vivace  Tappetito  pelbene  dell' umanita,  che  ha 
molto  phi  bisogno  di  noi ,  per  progredire ,  di  quello  cho 
abbia  T  Italia  di  voi ,  per  tenersi  in  piedi. 


IV. 


Qui  poniamo  termine  a  codesto  dialogismo  ad  hominem, 
tra  i  nostri  liberali  moderati  e  i  comunisti  parigini.  Po- 
tremmo  prolungarlo  a  bel  diletto.  Ma  non  sarebbe  che  un 
crescere  luce  soverchia  all1  evidenza  della  indubitabile  ve- 
rita,  che  i  liberali  non  possono  riprendere  in  nulla  i  comu- 
nisti, senza  contraddire  ai  principii  ed  ai  fatti  lor  proprii,  e 
senza  sentirsi  rimbeccare  amaramente  le  loro  madornali 
contraddizioni. 

Resta  quindi  chiarito  che  tutto  il  grandissimo  zelo  di 
questi  signori ,  nei  present!  giorni ,  contro  il  socialismo 
delirante  in  Parigi,  e  zelo  acceso,  non  da  convincimento, 
ma  da  interesse  e  alimentato  ,  non  da  vero  affetto  alia 
giustizia,  ma  da  paura.  E  uno  zelo  ridicolo  ,  ridicolissimo 
in  loro ;  poiche  tutto  si  restringe  in  maledire  le  conse- 
guenze  dialettiche  delle  premesse,  che  eglino  professano 
verbo,  corde  et  opere  ;  ed  in  negare  ai  loro  fratelli  quei  di- 
ritti,  il  cui  uso  ed  abuso  vorrebbero  limitato  per  privilegio 
a  se  soli.  E  una  nuova  dimostrazione  di  quell'  apotemma , 
che  il  vero  liberale  si  arroga  la  liberta  per  s5  e  pretende 
la  servitu  a  s&  degli  altri.  Ma  intanto  il  fatto  &,  che  i  casi 
di  Parigi  hanno  prodotta  in  Italia  questa  bizzarra  manife- 
Serie  VIII.  voi  77,  fasc.  501.  18  22  aprile  1871. 


274  1    LIBERALI    ITALIATU 

stazione  di  zelo  liberalesco  contro  i  principii  sovversim, 
non  gia  del  buon  diritto,  ma  della  mangiatoia;  e  che,  per 
amore  di  quest1  idolo,  i  liberal!  hanno  pigliato  in  prestito 
la  lingua ,  lo  stile  ed  anche  un  po'  di  sani  principii  dai 
clericali;  tanto  che  persino  i  giudei  dell'  Opinions  (risum 
teneatis  amici?)  si  sono  improvvisati  predicatori  della  mano 

di  Dio. 

—  Ma  dunque,  ci  si  domandera,  e  giustificato  questo 

terrore  dei  liberali  gaudenti,  che  anche  nelF  Italia  possa 
con  probability  avvenire  quello  che  in  Parigi  ? 

Non  sapremmo  che  rispondere  con  buon  fondamento. 
Certo  lo  sgomento  di  tutti  questi  signori,  dalle  alte  sfere 
alle  ime,  sembra  accennare  aqualche  probabilita  dipericolo; 
giacche  chi  meglio  di  loro  conosce  i  polli  domestic!  del 
regno  d'  Italia  ?  E  chi  piu  di  loro  sa  il  molto  che  si  e  fatto, 
per  corrompere  sino  al  midollo  dell'animo  le  plebi  italiane? 
E  a  cui  meglio  che  a  loro  e  nota  la  indifferenza  universale 
per  essi,  e  Tabbominio  in  cui  si  ha  dalle  popolazioni  il  loro 
paterno  reggimento? 

Tuttavia  noi  incliniamo  a  credere  rimoto  questo  peri- 
colo.  L'  Italia,  per  grazia  di  Dio,  non  ostante  T opera  cor- 
rompitrice  del  liberalismo  e  delle  sette  in  questi  anni  di 
rivoluzione,  si  e  mantenuta  quasi  miracolosamente  piu  cat- 
tolica  che  non  fosse  dato  sperarlo.  I  contadi  sono  ancora 
intimamente  religiosi :  nelle  citta ,  una  porzione  grande- 
mente  notabile  della  plebe  si  serba  fedele  a  Gesu  Cristo. 
Del  che  e  testiinonianza  1'aumento  di  fede  e  di  pieta  che 
hanno  risvegliato  in  tutti  i  nostri  popoli  d' Italia  i  fatti  di 
Roma,  bugiardamente  compiti  dall'ipocrita  nostro  liberali- 
smo, appunto  sotto  pretesto  di  appagare  le  aspirazioni  na- 
zionali.  Inoltre  T  Italia  non  ha  citta  ove  sieno  agglomerati 
a  migliaia  ed  a  migliaia  meccanici,  come  ha  la  Francia, 
Queste  due  condizioni  particolari  della  nostra  Penisola 
sembrano  rendervi  per  ora  alquanto  difficile  un  attentato 
socialistico,  simile  al  francese. 

Si  aggiunga  che  T  esercito,  benche  ritragga,  rispetto  al 
Governo ,  deirindifferenza  generale  e  del  resto  che  anima 


ED    I    COMUNISTI     FRANCES!  275 

il  paese  ;  nulladimeno ,  trattandosi  di  custodire  1'  ordine 
pubblico  e  di  tutelare  i  beni  ed  il  riposo  delle  famiglie,  e 
da  ritenersi  che  non  si  lasci  disarmare  facilmente  dalla 
piazza:  tanto  piu  che,  se  non  altro,  Tinteresse  lega  i  suoi 
cap!  al  Governo  che  li  paga.  Ne  il  garibaldismo  militante, 
in  cui  il  socialismo  troverebbe  unicamente  T  appoggio  ne- 
cessario,  sarebbe  forza  da  impensierire  le  truppe,  sia  pel 
numero,  sia  pel  rimanente  che  e  notorio  ad  ognuno. 

Per  queste  cagioni.  noi  propendiamo  ad  opinare  che , 
per  ora ,  uno  scoppio  del  socialismo  o  non  sia  verisimile 
neir Italia  o,  se  fosse ,  non  abbia  probabilita  di  buon  esito. 

Ma  le  cose  urnane  sono  sempre  incertissime,  e  noi  vi- 
viamo  in  tempi  ne'quali  cio  che  parrebbe  impossibile  diventa 
fatto.  E  le  apprensioni  oggidi  sono  tanto  piu  ragionevoli , 
quanto  piu  vediamo  dal  nostro  liberalismo  provocarsi  1'  ira 
di  Dio  in  modi,  che  toccano  Teccesso  estremo.  Dopo  quel 
che  si  e  fatto  e  si  fa  in  Roma  e  di  Roma,  un  secreto  pre- 
sentimento  di  grossi  guai  stringe  il  cuore,  non  meno  dei  li- 
beral! che  dei  buoni  cattolici.  Tutti  temono  e  tremano,  senza 
sapere  per  appunto  di  che  :  e  piu  si  mostrano  tremebondi  i 
liberal!  che  i  cattolici;  e  ne  hanno  ben  onde.  II  guizzo  del 
flagello  di  Dio  si  vede  come  per  T  aria.  Non  vi  ha  chi  non  lo 
reputi  imminente;  e  piu  forte  lo  presagisce  nell'anima,  chi 
piu  affetta  di  non  crederlo  colla  bocca. 

Quale  sara  codesto  flagello,  che  tutti  aspettiamo  e  tutti 
riconosciamo  debitissimo  a!  delitti  ond'  e  macchiata  questa 
povera  Italia  ?  Potrebb'  essere  un  passeggero  trionfo  del 
socialismo,  che  rendesse  al  liberalismo  il  pane,  per  la  fo- 
caccia  fatta  da  lui  ingoiare  ai  cattolici .  PotrebV  essere 
qualche  altra  cosa.  Noi  non  siamo  ne  profeti  ne  figliuoli  di 
profeti:  ma  ci  vien  detto,  una  profezia  asserire  che  il  prossi- 
mo  flagello  sara  intelligent^;  e  purghera  T  Italia  dal  loglio, 
con  poco  detrimento  del  buon  grano.  Ci  pensino  un  po'co- 
loro  che  sentono  d'essere,  innanzi  a  Dio,  piu  della  natura 
del  loglio ,  che  del  grano. 


RICHIAMI   DELLA    NAZIONE 

CONTRO  L'  INVITO 

ALLE    ASSOCIAZIONI    CATTOLICHE 


Fra  i  giornali  liberaleschi,  che  credettero  occuparsi  di 
noi  nel  ripigliar  che  facemmo  qui  in  Firenze  le  pubblica- 
zioni  della  Civilta  Cattolica,  fu  de'primi  la  Nazione.  Essa 
cogliea  cagione  da  una  nostra  frase  per  accusarci  di  con- 
traddizione,  siccome  quelli  che  dalPuna  parte  combatte- 
vamo  la  liberta,  adoperando  tutte  le  nostre  forze  per  di- 
struggerla ,  e  dall'  altra  eravamo  costretti  invocarla  ed 
appoggiarci  in  essa,  scegliendo  Firenze  come  luogo  piii 
opportune  a  noi,  appunto  pel^/$  largo  uso  di  liberta  che 
vi  avremmo  trovato.  I  diarii  cattolici ,  innanzi  che  tornasse 
la  voltadel  nostro  quaderno,  si  diedero  fretta  di  rispondere 
allaridicola  obiezione,  e  fra  essi  segnatamente  il  Conservative 
di  Firenze,  che  lo  fece  da  pari  suo,  cioe  egregiamente,  con 
apposito  articolo  .  Rispondemmo  anche  noi  quando  fu  il 
tempo;  e  credevamo  che  la  Nazione  fosse  giunta  finalmente 
a  capire  il  senso,  per  se  troppo  facile  e  chiaro  di  quella  frase. 
Ma  quello  che  non  si  vuole,  difficilmente  s'intende.  La  No- 
zione  supponendo  inconcusse  le  sofistiche  illazioni,  dedotte 
da  lei  dal  largo  uso  di  liberta  in  Firenze,  di  cui  dicevanio 
che  faremino  il  nostro  pro ,  ritorna  alia  carica ,  parte  per 
ribadire  e  parte  per  ampliare  quelle  sue  conseguenze  , 
fondandosi  sopra  cio  che  abbiamo  scritto  nel  penultimo 


RICHIAMI    BELLA   NAZIONE   CONTRO    L'  INVITO   ECC.  277 

quaderno  intorno  alia  necessita  delle  associazioni  caltoliche. 
Essa  lo  fa  la  prima  volta  con  un  articolo  di  fondo  nel  n. 
94  del  4  aprile;  e  quasi  cio  fosse  poco,  vi  torna  sopra  con 
un  secondo,  anch1  esso  di  fondo,  in  quello  del  7.  Raccogliere 
con  formole  esatte  la  sostanza  di  ci6  che  dice,  non  e  opera 
tanto  facile;  giacche  la  cosa  che  maggiormente  si  fa  desi- 
derare  nelle  diatribe  de'giornali  liberali,  massime  quando 
sono  ispirati  dalla  rabbia  insieme  e  dal  timore,  e  il  filo 
del  discorso  e  la  limpidezza  de' concetti.  Noi  camminando 
sulle  sue  tracce,  benche  scompigliate  ,  raccoglieremo  in 
alcuni  capi  i  suoi  appunti  e  richiami,  riportandoli,  quanto 
sara  possibile,  colle  sue  stesse  parole,  e  rispondendo  ad 
ognuno  separatamente .  Se  questo  metodo  puo  sembrare 
meno  artifizioso,  e  ci6  non  ostante  piu  chiaro;  e  appunto 
per  questo  lo  preferiamo. 

1°  Appunto-:  inutilita  de'mem  progosti  dalla  Civilta  Cat- 
tolica  colle  associazioni. 

La  prima  cosa  che  la  Nazione  trova  da  opporre  contro 
T  appello  della  Civilta  Cattolica  alle  associazioni ,  e  la 
inutilita  di  quosto  mezzo  di  resistenza  alia  Rivoluzione  o  al 
Governo,  che  essa  suggerisce.  La  Chiesa  cattolica,  dice  la 
Nazione,  per  se  stessa  e  una  grande  e  universale  associa- 
zione  di  perfettissimo  organismo,  nel  quale  tutte  le  parti 
sono  armonizzate  ad  operare  con  mirabile  rispondenza  fra 
loro  e  con  un  centro  comune ;  e  cosi  per  T  appunto  hanno 
operate  sinora.  Con  tutto  cio  non  ha  potuto  frastornare  il 
predominio  dei  moderni  principii ,  i  quali  hanno  sottratta 
alia  sua  influenza  la  maggior  parte  dell'  Europa  .  Come 
dunque  la  Civilta  Cattolica,  con  mezzi  del  medesimo  genere, 
ma  di  molto  .minor  efficacia,  potrebbe  sperare  d' impedire 
lo  svolgimento  di  questi  stessi  principii  nel  lor  massimo 
trionfo  ?  A  questo  argomento  ci  pare  almeno  che  riesca  la 
prima  domanda  che  essa  ci  move ,  e  noi  recheremo  colle 
sue  stesse  parole  : 


278  RICHIAMI    DELLA   NAZ10NE 

«  Vorremmo  domandare,  ella  dice,  alia  Civilta  Cattolica: 
ma  questa  associazione  generale,  a  cui  oggi  esortate  cosi 
vivamente  gli  uomini  religiosi,  non  esiste  gia,  non  ha  esi- 
stito  per  lunghi  secoli?  Che  cosa  e  dunque,  che  cosa  era 
la  Chiesa  cattolica  apostolica  romana,  se  non  Tassociazione 
generale  di  tutti  i  credent! 7  Che  cosa  mancava  alia  solidita, 
al  vigore,  alia  potenza  del  suo  organismo?  Aveva  un  capo 
venerato  da  tutti,  la  cui  parola  era  oracolo,  legge  la  vo- 
lonta;  ubbidivano  al  suo  cenno  ministri  maggiori  e  minori 
che  penetravano  sino  agli  ultimi  gruppi  della  compagine 
sociale,  e  avevano  in  pugno  le  coscienze  cosi  dei  grandi 
come  degF  imi ;  essa  raccoglieva  tributi  da  tutta  la  terra, 
e  possedeva  la  piu  gran  parte  del  territorio  europeo  per 
poco  che  fosse  aperto  a  qualche  cultura;  i  re  combattevano 
per  lei  e  si  facevano  esecutori  delle  sentenze  da  lei  pro- 
nunciate;  i  dogmi  e  i  precetti  di  lei  erano  predicati  auto- 
revolmente  ai  quattro  venti  da  un  esercito  di  migliaia  e 
migliaia  di  frati  piegati  dalla  piu  ferrea  e  dalla  piu  osser- 
vata  delle  discipline.  Per  comprimere  le  passioni  piu  fervide 
suscitate  nelFuomo  civile  a  nome  della  indipendenza  delle 
azioni  e  del  pensiero ,  aveva  la  rigidita  del  dogma  e  la 
tortura  di  Galileo;  per  mantenere  intero  Tuomo  morale 
tentato  dalla  liberta  di  coscienza,  aveva  Tlnquisizione.  Si 
immagina  la  Civilta  Cattolica  un'  associazione  generale  piu 
formidabile  di  questa?  Ebbene:  la  Civilta  Cattolica  ne  con- 
templi  ifrutti:  spezzata  F  unita  della  fede;  piu  di  tre  quarti 
delFEuropa  ribelli  all' oracolo  di  Roma,  testimonio  e  prova 
colla  loro  grandezza  e  colla  loro  prosperita,  che  la  eman- 
cipazione  del  laicato,  la  liberta  del  pensiero,  la  liberta  di 
coscienza,  la  liberta  insomma,  sono  i  piu  potenti  fattori 
della  civilta  delle  nazioni  ».  (n.  del  4  aprile). 

Prima  di  rispondere  direttamente  a  questa  domanda, 
La  Nazione  permettera  anche  a  noi  di  fargliene  un'altra, 
colla  giunta  di  una  semplice  osservazione.  La  interroghe- 
remo  noi  dunque  alia  nostra  volta  :  Siete  voi  veramente 
persuasa  che  tutti  gli  sforzi ,  che  possano  fare  i  cattolici 


CONTRO    L'  INVITO  ALLE   ASSOCIAZIONI    CATTOLICHE  279 

colle  legali  associazioni ,  alle  quali  gl'  in  vita  la  Civilta, 
non  possano  riuscire  a  nessun  valevole  effetto  quanto  ad 
impedire  i  progress!  della  Rivoluzione  ,  o  come  voi  dite, 
dello  Stato?  Ma  se  5  cosi,  perche  dunque  impensierirvene 
tanto?  Perche  gittare  il  grido  d'allarme  con  due  articoli 
furiosi  entro  il  campo  liberale  ?  Non  vi  parrebbe  per  lo  meno 
ridicolo  chi  prendesse  sul  serio  i  tentativi  di  un  branco  di 
fanciulli,  i  quali  si  argomentassero  di  sbalzare  una  roccia 
e  precipitarla  nel  mare  ? 

Se  non  che  la  Nazione  non  ha  posto  mente,  che,  per 
iscoraggiare  i  cattolici  con  questo  suo  primo  appunto,  veniva 
a  distruggere  ogni  fondamento  agli  altri  che  fara  seguire. 
Essa  dice  che  la  Chiesa  cattolica  e  una  grande ,  universale 
e  perfettissima  associazione.  Bene  sta,  se  la  Naaione  si  con- 
tenta  di  ridurre  a  giusta  misura  i  mezzi,  usati  una  volta, 
della  Inquisizione,  e  di  scartare  del  tutto  le  tragiche  nenie, 
mille  volte  confutate,  della  tortura  fatta  patire  a  Galileo. 
Tolte  queste  accuse  ed  esagerazioni,  la  Naiione  dice  vero. 
Non  e  esistita ,  n&  pu6  esistere  un1  associazione  cosi  ben 
compatta  e  disciplinata  nel  suo  tutto  e  nelle  sue  parti,  com'  e 
la  Chiesa  cattolica.  Donde  conseguita,  e  la  stessa  Nazione 
lo  fa  intendere,  che  non  pu6  nel  suo  seno  formarsi  nessuna 
payticolare  associazione,  consentanea  allo  spirito  di  lei,  che 
non  sia  un  atteggiamento  rispettivo  e  un1  applicazione  de- 
terminata  di  quella  grande  e  universale  associazione  che  e 
essa  stessa.  Posto  ci6,  in  qualunque  maniera  i  cattolici  si 
adunino,  non  offendendo  dall1  un  canto  nessuna  legge  dello 
Stato,  e  dall'altro  pigliando  la  norma  dallo  spirito  della 
Chiesa  e  conformandosi  alle  sue  istituzioni,  essi  altro  non 
faranno,  che  riprodurre  una  forma  particolare,  mettere  in 
moto  una  parte,  un  lato  speciale,  di  tutto  T  organismo  cat- 
tolico.  Come  poi  con  questa  confessione  la  Nazione  si  tolga 
ogni  fondamento  ai  suoi  richiami,  lo  vedremo  fra  poco.  Per 
ora  rispondiamo  direttamente  alia  sostanza  deirargomento. 

La  Nazione  dunque  mena  trionfo  della  vittoria,  che,  a 
suo  modo  di  pensare,  lo  spirito  del  secolo  ha  fiportato  sopra 


280  R1CH1AMI    BELLA    NAZIONE 

la  Chiesa;  e  dalla  somma  efficacia  de'mezzi,  posseduti  da 
lei  per  mantenersi  in  essere,  non  ostante  i  quali  fu  supera- 
ta,  argomenta  1'  efficacia  e  il  valore  della  nuova  civilta  che 
e  prevaluta  nelle  parti  piii  colte  dell'  Europa. 

Ma  ci  dica  la  Nazione:  essa  che  ha  descritto  si  bene, 
avvegnache  con  tratti  generali,  1' organismo  della  Chiesa, 
crede  per  ventura  che  sia  cessato  di  esistere  inquanto 
tale ,  o  almeno  che  sia  stata  colpita  di  piaga  mortale  in  qual- 
che  parte  piii  vitale  di  questo  suo  organismo?  No :  essa  dice 
espressamente  che  la  Chiesa  cattolica,  la  quale  non  e  se  non 
V  associations  generate  di  tutti  i  credenti,  appunto  come  tal-e 
associazione,  esiste  gia,  come  ha  esistito  per  lunghi  secoli.  Or 
come  mai  una  istituzione  di  cosi  compatta  unita,di  forma  cosi 
perfetta,  e  di  tanto  ammirabile  disciplina ,  la  quale  dopo 
diciannove  secoli  circa  perdura  tuttavia  ne'suoi  costitutivi 
essenziali,  cosi  appunto  come  fu  ordinata  dal  suo  fondatore, 
e  nelle  parti  secondarie  si  e  venuta  sempre  perfezionando 
in  quanto  societa ;  come  mai,  ripetiamo,  una  istituzione 
cosi  fatta  puo  dirsi  vinta  e  soverchiata?  —  Ma  il  secolo  la 
combatte,  la  combatte  vivamente,  e  con  mezzi  potentissimi, 
quali  ora  gli  vengono  da'Governi,  piu  o  meno  apertamente  a 
lei  ostili.  —  E  che?  Non  ha  letto  dunque  la  Nazione  nessuna 
storia  della  Chiesa?  Non  sa  che  e  nata  in  mezzo  alle  cqn- 
traddizioni,  che  e  cresciuta  fra  le  battaglie,  e  che  frutto 
per  T  appunto  de'  suoi  combattimenti  e  stato  1'impero,  gua- 
dagnato  da  lei  su  tutto  il  mondo?  —  Ma  questo  impero  e 
proprio  quello  che  ora  le  sfugge.  I  Governi  non  obbedi- 
scono  piu  alle  sue  leggi,  la  liberta  del  pensiero  e  della  co- 
scienza  guadagnano  ogni  di  terreno  in  mezzo  ai  popoli  suoi 
sudditi,  e  ben  tre  quarte  parti  dell' Europa  da  gran  tempo 
si  son  del  tutto  sottratte  alia  sua  dominazione. 

—  Di  grazia  non  confonda  la  Nazione  due  cose  fra  se 
diversissime,  T  azione  diciam  cosi  intrinseca  della  Chiesa,  e 
F  effetto  estrinseco.  Ci6  che  ad  essa  essenzialmente  com- 
pete e  F  organismo  di  tale  societa ,  secondo  il  quale  fu 
costituita  dal  suo  divino  fondatore.  A  quest' organismo  non 


CONTRO   L'  1NV1TO   ALLE   ASSOCIAZIOPU    CATTOLICHE  281 

pu6  mancare  1'  atto  suo  proprio,  siccome  all'  organismo  ani- 
male,  finche  rimane  nella  sua  naturale  interezza.  Ben  per6 
pu6  mancare,  ne'  casi  particolari,  o  sia  1'  obbietto  esterno  a 
quest' atto,  inquanto  si  sottragga  alia  sua  influenza,  o  sia 
T  effetto  del  medesimo,  inquanto  da  cause  esteriori  venga 
frastornato.  Alia  Chiesa  non  obbediscono  piu  i  Govern!? 
Male  per  essi :  ma  da  cio  non  consegue  che  la  Chiesa  abbia 
perduto  il  diritto  di  lor  comandare  nelle  cose  die  spettano 
la  sua  giurisdizione.  Ad  ogni  modo,  se  i  Governi  non  ascol- 
tano  la  voce  della  Chiesa,  Tascoltano  i  popoli.  —  Ma  fra  i 
popoli  stessi  si  allarga  la  incredulita,  sotto  i  titoli  speciosi 
di  liberta  di  pensiero  e  di  coscienza.  Gravissimo  danno  non 
v'ha  dubbio.  Tuttavia  se  la  tutela,  che  porgono  i  Governi 
a'rei  principii  di  empieta  e  irreligione  5  a  molti  occasione 
di  prevaricare;  moltissimi  altri,  non  ostante  lo  scandalo,  si 
raffermano  ognora  piu  nella  fede  ed  offrono  esempii  sempre 
piu  ammirevoli  di  docilita  e  obbedienza  ai  legittimi  pastori. 
Tre  quarte  parti  dell'Europa  da  gran  tempo  hanno  ab- 
bandonata  la  Chiesa,  e  colla  prosperita  a  cui  sono  pervenute 
in  virtu  di  questo  abbandono ,  mostrano  alle  altre  nazioni 
qual  e  la  via  della  civilta  che  debban  seguire,  se  vogliono 
diventare  prospere  allo  stesso  modo.  Gravissima  disgrazia 
anche  questa,  e  la  pessima  di  tutte,  se  fosse  vero  univer- 
salmente,  che  coll'apostasia  dalla  Chiesa  andassero  con- 
giunti  notabili  miglioramenti  materiali.  Con  tutto  ci6  se  la 
Chiesa  ha  avuta  una  destinazione  cattolica,  cioe  universale; 
ci6  vuol  dire  che  tutti,  e  individui,  e  popoli  e  nazioni,  sono 
obbligati  di  far  parte  del  suo  corpo,  se  bramano  ottener  la 
salute ;  vuol  dire  che  questo  gran  corpo  deve  spandere  per 
lulto  il  mondo  le  sue  membra;  vuol  dire  che  nessun' altra 
religione  pub  vantare  uguale  diffusione  sia  nello  spazio,  sia 
nel  tempo :  non  per  questo  per6  i  singoli  popoli  e  le  singole 
nazioni  hanno  ricevuta  sicurta  di  far  sempre  parte  della 
Chiesa;  ne  alia  Chiesa  e  stata  fatta  la  promessa,  che  con- 
serverebbe  nel  suo  seno  tutte  le  genti  una  volta  acquistate. 
Come  se  ne  separano  ogni  di  individui,  cosi  se  ne  possono 


282  RICHIAHI    DELLA   NAZIONE 

separare,  e  se  ne  sono  di  fatto  separati  popoli  e  nazioni 
intere.  Che  fa  dunque  che  una  parte  dell'Europa  si  sia 
staccata  da  questa  divina  societa?  Non  iscorge  la  Nazione 
i  compensi  soprabbondanti,  che  la  Provvidenza  le  ha  of- 
ferto  in  altre  regioni  della  terra,  scoperte  e  convertite  alia 
fede,  circa  i  medesimi  tempi  della  quasi  totale  apostasia 
del  Settentrione  dell'  Europa?  Non  si  avvede  che  fra  que1  po- 
poli medesimi,  sgraziatamente  staccatisi  dal  centre  della 
cattolica  unita,  se  la  fede  ha  perduto  di  estensione,  ha  gua- 
dagnato  tuttavia  d'intensita;  ed  anzi  che  la  stessa  esten- 
sione va  prendendo  ogni  di  maggiori  proporzioni  per  le 
continue  conversioni,  che  vengono  da  per  tutto  a  dila- 
tare  le  file  de'cattolici?  In  sostanza  in  questa  guerra,  che 
la  Chiesa  dal  primo  di  della  sua  istituzione  sta  sostenendo 
colle  potesta  della  terra  e  dell'  inferno,  si  e  sempre  avve- 
rato  e  si  avvera  anche  adesso  quello  che  in  ogni  guerra; 
cioe  che  anche  vincendo  bisogna  sostener  delle  perdite. 
Solo  col  trionfo  finale  andra  congiunta  la  certezza  di  non 
avere  a  patire  nessun  altro  detrimento. 

E  con  cio  la  Nazione  puo  persuadersi,  che  non  sono 
inutili  gli  sforzi,  i  quali  coll' opera  delle  associazioni  pos- 
sono  opporre  i  cattolici  contro  i  progress!  della  Rivoluzione. 
Per  quanto  scarso  se  ne  voglia  immaginare  1'  effetto ,  e 
sempre  un  vantaggio;  e  nelle  battaglie  anche  i  piccoli  van- 
taggi  si  stimano  assai,  e  non  di  rado  sono  quelli  che  pre- 
parano  la  vittoria. 

Ma  assai  piu  grave  e  il  timore,  che  l&Nazione  si  adopera 
di  dissimulare,  sotto  le  apparenze  del  disprezzo.  Concios- 
siache  se  coteste  associazioni,  considerate  come  sono  per 
se,  pur  potrebbero  qualche  cosa;  quanta  non  dee  dirsi  la 
loro  efficacia,  se  si  riguardano  come  manipoli,  diciam  cosi, 
particolari  di  quel  tutto  militante,  si  ben  composto  e  di- 
sciplinato ,  che  e  la  Chiesa  cattolica?  —  Ma  questo  tutto  si 
ben  composto  e  disciplinato,  soggiugne  la  Nazione,  non  ha 
potuto  impedire  i  vantaggi  della  Rivoluzione.  Sia  pure:  ma 
non  vede  ella  dunque  la  conseguenza  del  tutto  contraria 


CONTRO  L'INVITO  ALLE  ASSOCIAZIONI  CATTOLICHE  283 

che  deriva  daquesto  antecedente?  Perciocche  in  una  guerra 
non  sarebbe  buona  ragione  di  dover  lasciare  le  forze  nel- 
1'  ordinamento  generale,  perch&  essendo  cosi  disposto  ha 
patito  una  grave  perdita:  cotesta  anzi  sarebbe  ragione  per 
dover  riordinare  con  piu  minuti  avvedimenti  e  piu  parti- 
colari  disposizioni  le  forze  che  si  hanno. 

2°  Appunto:  irragionevolewa  della  guerra,  die  intima  la  Ci- 
vilta  Cattolica  alia  Rivoluzione,  colla  proposta  delle  asso- 
ciazioni  legali. 

La  Nazione  ci  domanda  in,  secondo  luogo,  in  che  la 
Rivoluzione  o  il  Governo  abbiano  offesa  la  Chiesa  cattolica: 
ed  ecco  le  sue  parole: 

«  Lo  Stato,  la  rivoluzione,  com'  essa  (la  Civilta  Cattolica} 
dice,  sciogliendosi  tra  noi  dai  vincoli  e  dalla  soggezione 
della  Chiesa,  in  che  I1  ha  offesa  ?  Ha  soppresso ,  voi  dite , 
gli  ordini  religiosi:  ma  non  ha  soppresso  la  liberta  di  as- 
sociazione;  ha  tolto  loro  la  persona  civile,  com1  era  suo 
diritto  e  suo  dovere.  Ha  tolto  Tistruzione  religiosa  dalle 
scuole:  ma  ha  considerate  1'istruzione  religiosa  come  cosa 
di  giurisdizione  paterna,  e  al  padre  di  famiglia  ha  lasciato 
di  decidere  se  e  come  il  figlio  doveva  essere  religiosamente 
instituito.  Ha  dissacrato  il  matrimonio:  ma  non  ha  soppresso 
ne  impedito  il  matrimonio  religioso;  solo  ha  voluto  che 
deDa  unione  dei  coniugi  per  gli  effetti  civili  facesse  testi- 
monianza  un  atto  civile.  »  (num.  cit.). 

.  Da  questi  e  da  somiglianti  concetti ,  piu  largamente 
ancora  esposti  nell'altro  articolo  del  numero  del  7  aprile, 
si  rileva  chiaramente  che  la  flazione  accusa  come  irragio- 
nevole  almeno  il  motivo,  che  mette  innanzi  la  Civilta  Cat- 
tolica per  combattere  la  Rivoluzione,  o,  se  meglio  le  piace, 
il  Governo  inquanto  fa  causa  comune  colla  Rivoluzione ; 
poiche  dice  che  la  Rivoluzione  o  il  Governo  non  hanno  in 
nulla  ofiPesa  la  Chiesa.  Per  rispondere  a  questo  appunto,  noi 
potremmo  citare  gran  numero  di  articoli  della  stessa  Nazione 
•  e  di  altri  giornali  di  parte  liberale,  e  mostrare  con  essi  come 


284  RICHIAMI    DELLA   NAZIONE 

lo  s'copo,  pin  ardentemente  inteso  e  spesso  apertamente 
confessato  di  cotesto  partite ,  non  &  soltanto  di  fare  oppo- 
sizione  in  qualunque  modo  alia  Chiesa  Cattolica,  ma  di 
annientarla.  Potremmo  ricordare,  se  non  i  singoli  atti,  i 
principali  almeno  della  Rivoluzione  e  del  Governo ,  diretti 
manifestamente  al  medesimo  fine.  Ma  non  e  uopo  di  tanto. 
A  noi  basta  richiamare  alia  memoria  quello  che  la  stessa 
Nauone  asserisce  con  tanto  calore  nella  domanda  prece- 
dente,  per  confutare  invittamente  cio  che  affernm  nel  pre- 
sente.  Si  ricorda  ella  di  quanto  avea  scritto  poche  righe 
innanzi  ?  Avea  scritto  che  la  Chiesa ,  non  ostante  i  sommi 
vantaggi  che  le  offeriva  la  sua  perfettissima  costituzione, 
per  opera  appunto  della  Rivoluzione,  avea  perduti  tutt'  i 
frutti  delle  passate  conquiste  .  Aveva  aggiunto  che  «  tre 
quart!  dell'  Europa,  ribelli  all1  oracolo  di  Roma,  sono  testi- 
monio  e  prova  colla  loro  grandezza  e  prosperita  che  la 
emancipazione  del  laicato ,  la  liberta  del  pensiero ,  la  liberta 
di  coscienza  (i  principii  stessi  della  Rivoluzione)...  sono  i  phi 
potenti  fattori  della  civilta  dell6  nazioni.  »  E  dopo  ci6  essa 
domanda  in  che  mai  la  Rivoluzione  ha  offeso  la  Chiesa?  Ma 
dunque  non  sono  nulla  tutte  coteste  perdite,  che  voi  dite 
averle  fatto  patire,  e  che  in  parte  son  vere,  e  certamente 
sono  intese  da  voi,  non  in  parte  soltanto  ma  universalmente? 
Non  recate  voi  stessa  in  esempio  di  grandezza  e  prosperita 
nazionale  (secondo  che  voi  V  intendete)  i  tre  quart!  di  Eu- 
ropa ribellatisi  alia  Chiesa ,  e  venuta  a  quella  grandezza  e 
prosperita  in  virtu  de1  principii  che  voi  promovete  ?  E  non 
confessate  con  questo  che  voi,  studiandovi  con  ogni  mezzo 
di  far  valere  dappertutto  i  detti  principii,  vagheggiate  1'  i- 
deale  di  staccare  dalla  Chiesa  tutt'i  popoli  e  le  nazioni, 
ch'S  quanto  dire,  di  clistrugger  la  Chiesa?  E  dopo  tutto 
questo,  avete  il  coraggio  di  domandarci  in  che  offendete, 
in  che  avete  offesa  la  Chiesa?  Voi,  dal  canto  vostro,  mirate 
a  nulla  meno  che  ad  annullarla.  Se  T  opera  vostra  e  una 
carezza,  sono  irragionevoli  e  caliHiniose  le  nostre  lagnanze. 


CONTRO    L*  INVITO    ALLE   ASSOCIAZ10NI    CATTOLICHE  285 

3°  Appunto:  contraddiiione  della  Civilta  Cattolica. 

Ecco  come  la  Nazione  ci  viene  a  stringere  dal  lato  della 
contraddizione.  «  Quando  la  Civilta  Cattolica  cerca  nelle 
nostre  istituzioni,  nei  nostri  ordinamenti  il  punto  di  consi- 
stenza  per  combatterli,  per  migliorarli,  se  vuole,  ella  li  ri- 
conosce  e  li  accetta  nella  loro  sostanza:  ella  riconosce  che 
la  liberta  e  uno  strumento  utile  a  fare  buone  cose.  Pren- 
diamo  atto  della  confessione.  Vedremo  poi  da  che  parte  sia 
Fabuso  della  liberta:  discuteremo  e  combatteremo,  poiche 
finalmente  ella  entra  nel  nostro  terreno  per  discutere  e  per 
combattere. 

«  Abbiamo  mai  voluto  di  piu  noi  ?  abbiamo  domanda<to 

di  piii  ? 

«  Noi  non  avevamo  per  noi  alcun  argomento  di  forza 
che  non  fosse  morale.  I  governi  vigili  e  sospettosi ,  non 
responsabili  ad  alcuno  delle  opere  loro,  ci  erano  avversi,  ci 
perseguitavano ,  ci  carceravano ,  ci  mandavano  a  morte. 
Erano  i  bei  tempi  della  Civilta  Cattolica.  Eppure  abbiamo 
vinto  !  abbiamo  vinto,  la  Civilta  Cattolica  lo  riconosce,  sen- 
z'  armi,  senza  violenze,  colla  perseveranza,  colla  ostinazione 
in  un'idea  grande,  semplice,  feconda;  F  idea  della  liberta. 
Provi  la  Civilta  Cattolica  se  la  liberta  fosse  buona  ad  uc- 
cidere  la  liberta. 

«  Ma  badi :  a  quest'  ora  ella  e  gia  fuori  del  grembo  della 
pura  ortodossia,  e,  quantunque  con  sante  intenzioni,  ella  e 
gia  incorsa  negli  anatemi  del  Sillabo !  (num.  cit.).  » 

fe  un  bel  disputare,  lo  confessiamo,  con  questa  Naiione, 
la  quale  non  sa  recare  un  argomento,  che  non  abbia  o  poco 
innanzi  confutato,  o  che  non  confutera  poco  appresso.  Non 
ci  avea  detto  teste ,  che  le  associazioni  consigliate  da  noi 
non  approderebbero  a  nulla,  perche  la  Chiesa  era  essa  stessa 
una  grande  associazione,  di  cui  quelle  altre  non  sarebbero 
che  forme  o  applicazioni  particolari?  Come  dunque  ora  ci 
rimprovera  che  noi  cerchiamo  nelle  istitmioni  e  negli  ordina- 
menti  liberali  il  modo  di  combatterli?  Con  molto  miglior 
ragione,  ci  pare,  potremmo  noi  rimproverare  alia  Naiione 


286  RICHIAMI    DELLA   NAZIONE 

e  al  suo  partito  di  avere  copiato,  per  quanto  potevano,  non 
solo  dal  grande  organismo  della  Chiesa,  ma  da  molti  istituti 
particolari ,  opera  di  essa  Chiesa,  le  parti  piu  sostanziali  e 
piu  acconce  de'loro  ordinamenti  politic!. 

Se  non  che  noi  siamo  ben  lungi  di  accusare  per  questo 
di  contraddizione  i  liberali :  siccome  (valga  la  cosa  come 
un  semplice  esempio)  siccome  di  tutt'altra  colpa,  che  di 
contraddizione,  sarebbe  da  accagionare  un  malandrino  di 
strada,  il  quale,  guadagnata  T  arma  al  viandante,  gliela  sca- 
ricasse  nel  petto.  E  pero  quaud' anche  non  esistesse  nella 
Chiesa  il  tipo  di  perfettissime  associazioni,  e  ci  fosse  ne- 
cessario  di  modellarle  su  quello  de1  liberali,  quale  contrad- 
dizione sarebbe  in  cio  ?  Le  associazioni  sono  un  mezzo  per 
ottenere ,  coll' opera  ben  congegnata  di  molti,  cio  che  i 
molti,  operando  senza  intesa  e  concerto,  difficilmente  ot- 
terrebbero.  Se  e  lecito  il  fine,  a  cui  s'intende,  se  onesto,  se 
pio,  e  dall'  altro  canto  sieno  rispettate  in  primo  luogo  le 
leggi  della  giustizia  naturale  e  dipoi  quelle  del  paese, 
T  associazione  e  lecita,  e  onesta,  5  pia.  Per  contrario  se  il 
fine  e  scellerato,  rimanendo  T  associazione  materialmente 
la  stessa,  diviene  anch'  essa  scellerata. 

Ma  forse  la  Nazione,  quando  ci  accusa  di  contraddirci  , 
non  tanto  allude  ai  congegni  delle  associazioni,  quanto  alle 
facolta,  che  onrono  i  Governi  liberali  per  poterle  ordinare 
e  far  operare:  certo  intende  anche  questo.  Ma  non  e  percio 
meno  assurda  T  accusa.  Pensa  la  Nazione,  che  perche  i  liberali 
concedano,  pognamo,  la  liberta  della  coscienza,  liberta  che 
non  ammettono  i  cattolici  pe'  culti  anche  falsi,  non  possano 
questi,  a  meno  di  contraddirsi,  esercitare  liberamente  il  loro, 
che  e  il  vero  ?  0  perche  ogni  maestro  di  errore  e  licenziato, 
fingiamo,  a  divulgare  per  la  libera  stampa  ogni  piu  rea  e 
perversa  dottrina,  non  possano  i  biioni,  che  gridano  contro 
un  sistema  si  rovinoso,  servirsi  senza  contraddizione  della 
libera  stampa,  o  sia  per  confutar  quegli  errori  o  sia  per 
illustrare  le  contrarie  verita?  In  virtu  di  questa  logica  por- 
tentosa  se  in  un  paese,  dominato  dall1  anarchia,  i  ladri  e  gli 
assassini  avessero  plena  balia  di  portare  le  armi  ed  usarle 


288  RICHIAMI    DELL'A   NAZIONE 

corre  un1  enorme  differenza,  fra  noi  che  stiamo  colla  Chiesa 
e  co1  cattolici,  ed  il  partito  della  Navione ,  che  rappresenta 
il  liberalismo.  La  Nazione  fa  T  innocente,  e  con  un'ammi- 
rabile  ingenuita  ci  domanda :  Abbiamo  noi  usati,  ne'  tempi 
de1  passati  Governi,  altri  mezzi  da  quelli  che  ora  voi  inten- 
dete  usare,  per  ottenere  la  liberty  che  al  presente  godiamo? 
Perche  dunque  combattete  in  noi  quello  stesso  che  scegliete 
per  voi?  Ma  la  Nazione  dovrebbe  averperduta  ogni  memoria 
del  passato,  e  sin  delle  cose  scritte  da  lei,  per  poterci  in  sul 
serio  indirizzare  questa  domanda.  Come!  nonricordale  con- 
giure,  ordite  con  tanto  mistero,  e  promosse  con  tantidelitti 
per  rovesciare  i  Governi  che  allora  esistevano?  Non  ricorda 
i  tradimenti,consumati  a  danno  de'poteri  legittimi,  coll'opera 
di  coloro,  che  potevano  sotto  T  ombra  del  diritto  delle  genti 
essere  impunemente  perfidi  ?  I  nomi  de1  Conti  della  Minerva, 
de"  Villamarina,  de'Pepoli  sono  dunque  scomparsi  affatto 
dalla  labile  memoria  della  Nazione  ?  E  neppure  rammenta 
le  infami  arti  del  conte  di  Cavour,  per  torre  il  regno  delle 
due  Sicilie  al  suo  legittimo  possessore;  e  i  scellerati  ac- 
cordi,  stretti  dal  medesimo  Cavour  col  Sire  della  Francia, 
per  usurparsi  una  parte  degli  Stati  della  Chiesa ;  e  il 
macello  di  Castelfidardo ,  frutto  di  un  alto  tradimento  piu 
crudele  del  primo,  che  pose  nelle  mani  dello  stesso  conte 
di  Cavour  un1  altra  parte  piu  notabile  ancora  de1  Dominii 
pontificii?  Non  rammenta  una  certa  spedizione,  fallita  ve- 
ramente  a  Mentana,  ma  che  nondimeno  fu  promossa  da 
lei,  come  impresa  da  gloriarsene,  e  sostenuta  con  ogni  sorta 
di  aiuto  da  chi  avea  debito  d'  impedirla?  E  per  finire  una 
serie  di  domande ,  che  potremmo  protrarre  per  piu  pagine, 
non  rammenta  le  solenni  dichiarazioni,  fatte  da  due  ministri 
di  Stato,  le  quali  non  piu  che  un  mese  dopo  doveano  avere 
dal  fatto  la  mentita  che  ebbero  col  bombardamento  di 
Roma  e  colla  breccia  di'Porta  Pia?  Son  forsequesti,  o  simili 
a  questi  i  mezzi  che  usiamo  noi,  che  usano  i  cattolici  per 
godere  di  quella  liberta,  la  quale  ci  compete  di  diritto,  e 
nessuna  costituzione,  nessun  governo  ci  potrebbe  negare 
senza  essere  irigiusto?  Se  mai  per  ottenere  cosi  fatta  liberta 


CONTRO    L    ItfVITO   ALLE   ASSOC1AZIONI    CATTOLICHE 

i  cattolici  usassero  la  centesima  parte  di  que'mezzi,  che 
hanno  adoperati  i  liberal!  per  acquistare  la  loro,  essi  non 
avrebbero  solo  a  provare  il  rigor  delle  leggi,  che  certo 
verrebbe  applicato  nella  sua  massima  misura;  iha  sarebbero 
anche  sconfessati  dalla  Chiesa,  la  quale  ha  sempre  riprovata 
coirinsegnamento  e  colla  pratica  larea  dottrina  liberalesca, 
che  il  fine  giustifica  i  mezzi. 

4°  Appunto :  Spiegazione  della  pretesa  contraddizione  delta 
Civilta  cattolica. 

La  Nazione ,  come  abbiamo  accennato,  torna  con  un 
secondo  articolo  neln.  del  7  aprile  sopra  lo  stesso  soggetto, 
'trattato  in  quello  del  4.  Lo  scopo  che  si  propone  e  di  dare 
una  ragionevole  spiegazione  di  quella  contraddizione,  che 
ci  aveva  apposta  nel  precedente;  la  quale  percio  procura 
di  ribadire  con  nuovi  argomenti.  Recheremo  i  tratti  prin- 
cipali  del  suo  discorso. 

«  Come  mai  la  Civilta  Cattolica,  dopo  di  avere  per  20  anni 
continui  oppugnato  a  cagione  di  empieta  gli  ordini  liberi,  si 
risolve  adesso,  proprio  il  primo  di  aprile  dell'anno  corrente, 
ad  invitare  i  suoi  adepti  perche  si  stringano  in  associazioni 
cattoliche,  al  fine  di  fare  lor  pro  di  questa  sacrilega  liberta? 

«  Non  e  che  di  questa  liberta  ella  e  i  suoi  non  abbiano 
largamente,  sia  pure  di  sbieco,  profittato  finora 

«  Nemmeno  e  che  la  Civilta  Cattolica  e  i  suoi  abbiano 
inculcato  T  osservanza  del  precetto  ne  eletti  ne  elettori  cosi 
rigorosamente,  che  le  elezioni  arnministrative  o  politiche  si 
siano  davvero  compiute  sempre  senzala  loro  intromissione.... 

«  Come  mai  dunque  la  Civilta  Cattolica  si  risolve  oggi 
ad  abbattere  solennemente  le  fragili  barriere  ch'  ella  aveva 
elevato,  e  chiama  a  raccolta  i  fedeli  perche  entrino  nel 
campo  finora  vietato  e  combattano? 

«  Si  trattava  forse  di  preservare  la  purezza  del  dogma  o 
di  salvare  dagli  estremi  oltraggi  i  ministri  della  religione? 
Niente  affatto:  I1  Italia  domandava  il  suo  posto  fra  le  Nazio- 
ni,  domandava  di  godere  di  quei  liberi  ordinamenti,  coi 
Serie  VIIJ,  vol.  II,  fasc.  50 i.  19  °25  aprile  1871. 


290  RICHIAMI   BELLA   NAZ10NE 

quali  ormai  quattro  quinti  d'Europa,  senza  pericolo  e  senza 

ingiuria  delle  cose  sante,  si  reggevano  ecc 

«  Fra  noi  e  la  Civilta  Cattolica  non  fu  pertanto  contra- 
sto  di  credenze  religiose,  fu  contrasto  di  esistenza  politica 
e  nazionale.  La  Oivilta  Cattolica  e  il  partito  cattolico  in 
Italia  non  ci  combatterono  perche  da  noi  si  oppugnasse 
uno  o  un  altro  articolo  del  Credo,  una  o  un'  altra  architettura 
di  gerarchia  ecclesiastica,  una  o  un1  altra  forma  liturgica;  ma 
perche  da  noi  si  voleva  una  tale  costituzione  nazionale,  che 
pareva  contraria  ai  loro  interessi,  e  un  tale  ordinamento,  che 
nondinegando  a  loro  i  diritti  conferiti  a  tutti,  liprivava  della 
supremazia  e  dell1  arhitrio  che  intendevano  esercitare. 

«  Finche  la  supremazia  e  1'arbitrio  trovarono  campioni 
nelle  armi  straniere,  la  Civilta  Cfattolica  si  astenne  e  allon- 
tano  i  suoi  dalla  palestra  politica.  Conculcare  le  dovea  pa- 
rere  piu  comodo  e  di  piu  certo  effetto  che  discutere.  Oggi 
la  speranza  degli  aiuti  stranieri  si  dilegua  ogni  di  piu,  se 
non  e  perduta  del  tutto:  il  mondo,  se  vuol  tutelata  la  indi- 
pendenza  del  Pontefice,  non  moverehbe  un  dito  pel  suo 
principato:  e  la  Civilta  Cattolica  fa  un  disperato  appello  ai 
fedeli ,  perche  si  riuniscano  e  scendano  alia  riscossa  nel 
campo  della  liberta  e  della  legge.  » 

Dopo  le  cose  ragionate,  poco  ci  rimane  ad  aggiungere 
per  dileguare  gli  equivoci,  chela  Nazione  si  studia  di  rad- 
densare  in  questo  secondo  articolo.  Le  fa  meraviglia  che 
la  Civilta  Cattolica,  dopo  aver  combattuto  per  venti  anni, 
com'  essa  dice,  gli  ordini  liberi.  ora  d'  improvviso,  non  cu- 
rando  la  palpabile  contraddizione,  inviti  i  cattolici  a  fare 
lor  pro  di  questa  sacrilega  liberta?  Ma  puo  smettere  lo 
stupore.  Se  ha  letti  i  nostri  articoli  sopra  questo  soggetto 
(e  i  principali  si  trovano  accolti  tutti  insieme  in  due  volumi 
separatamente  stampati),  noi  abbiamo  fatto  perpetuamente 
distinzione  fra  le  forme  de'Governi,  e  lo  spirito  che  invade 
queste  forme.  Le  forme  per  noi  sono  indifferenti;  e  il  loro 
valore  e  piu  relativo,  che  non  assoluto ;  da  giudicarsi  cioe 
non  tanto  per  cio  che  valgono  in  se  stesse  considerate 
•  astrattamente ,  quanto  per  cio  che  possono  valere  avuto 


CONTRO    L'  INVITO   ALLE   ASSOCIAZIONI    CATTOLICHE  291 

riguardo  alle  indoli  edai  costumi  de'popoli,  a  cui  vogliansi 
applicare,  ed  ai  diritti  preesistenti.  Ci6  che  puo  rendere  rea 
qualunque  forma  di  Governo,  la  piu  dispotica  non  meno  che 
la  piu  libera,  e  lo  spirito  che  la  invade,  non  tanto  nel  suo 
meccanismo  amministrativo,  quanto  ne' principii  che  vi  si 
stabiliscono,  e  nella  legislazione  che  ne  e  T  applicazione. 
Libere  erano  senza  dubbio  le  repubbliche  del  medio  evo; 
ma  lo  spirito  che  le  governava  era  schiettamente  cattolico. 
E  non  si  sovviene  la  Nazione  quante  volte  le  abbiamo  noi 
encomiate,  e  quante  altre  abbiamo  desiderate  alle  moderne 
costituzioni,  con  ugual  liberta,  uno  spirito  egualmente  reli- 
gioso?  Per  contrario,  qual  forma  di  monarchia  piu  assoluta 
di  quella,  pognamo,  del  Granturco  ?  Ma  quale  altra  insieme 
piu  ripugnante  al  sentimento  cristiano,  se  non  forse  le  va- 
gheggiate  da'liberali?  Si  persuada  dunque  la  Nations:  la 
quistione  non  cade  sopra  le  forme,  ma  intorno  ai  principii ; 
o  se  cade  anche  sopra  le  forme,  lo  e  solo  sotto  questo  ri- 
spetto,  che  certe  forme  si  credono  piu  opportune  per  far 
valere  certi  principii. 

Piuttosto  a  noi,  dopo  le  cose  ingenuamente  confessate 
dalla  JVazione,  sembra,  non  diciamo  solo  meravigliosa,  ma 
se  eel  consente,  sfrontata  la  sua  protesta,  che  la  quistione 
tra  noi  e  lei,  i  liberali  ed  i  cattolici,  &  meramente  politica. 
«Fra  noi  e  la  Civilta  cattotica,  essa  dice,  non  fu  contrasto  di 
credenze  religiose...  La  Civilta  cattolica  e  il  partito  cattolico 
in  Italia  non  ci  combatterono,  perche  da  noi  si  oppugnasse  uno 
od  un  altro  articolo  del  Credo. ..»  Sotto  un  solo  rispetto  si  puo 
ammetter  lacosa,  inquanto  la  guerra  che  fa  il  liberalismo  alia 
Chiesa,  non  e  come  quella  degli  eretici,  che  si  versa  intorno 
a  qualche  domma  particolare,  ma  e  una  guerra  di  esterminio. 
che  vuol  compirsi  colla  distruzione  di  essa  Chiesa,  e  colla 
negazione  o  almeno  colla  ignoranza  di  Dio,  elevata  a  domma. 

Dissipata  pertanto,  per  tutto  cio  che  abbiam  ragionato, 
ogni  apparenza  di  contraddizione  a  carico  nostro,  vien  meno 
per  conseguenza  qualsivoglia  fondamento  agli  arzigogoli 
che  fa  la  citata  gazzetta,  per  ispiegare  quell' antitesi  che 
le  e  sembrato  vedere  nel  nostro  periodico.  Aggiungeremo 
una  sola  dichiarazione  per  rispetto  alle  elezioni  politiche. 


RICHIAMI   BELLA   NAZ10NE   CONTRO   LlNVITO   ECC. 

NelFarticolo  del  4  aprile,  la  Nazione  riconosce  espressamente 
che  la  Civilta  Cattolica,  fra  tutt'  i  mezzi  che  propone  di  legale 
opposizione  alia  guerra  che  il  Governo  fa  alia  Chiesa,  esclude 
quello  che  sarebbe  per  se  il  piu  efficace,  di  prender  parte 
alle  elezioni  politiche,  e  reca  quasi  testualmente  la  nostra 
sentenza.  Nel  secondo  del  7,  non  asserisce  precisamente  il 
contrario,  giacche  sarebbe  stata  troppo  patente  la  contrad- 
dizione:  tuttavia,  se  non  ci  accusa  apertamente  di  promovere 
un  tal  mezzo,  usa  frasi  cosi  involte  ed  elastiche,  che  lo  la- 
sciano  quasi  supporre.  Ora  vuoltoccare  con  mano  \&Nazione 
se  la  nostra  guerra,  poiche  cosi  le  piace  chiamarla,  e  leale  • 
se  la  nostra  quistione  e  di  forme  di  Governo,  ovvero  di  prin- 
cipii ;  se  finalmente  quella  che  ci  occupa  e  quistione  politica 
o  religiosa?  Ascolti:  noi  le  ripetiamo  ad  alta  voce,  che, 
stando  come  stanno  le  condizioni  d'  Italia,  in  primo  luogo  e 
cosa  difficilissima  nella  questione  delle  elezioni  salvare  le 
ragioni  della  coscienza,  perche  non  sembra  da  sperare  mai  il 
Governo  si  conduca  ad  accettare  il  giuramento  che  solo 
potrebbero  dare  i  deputati  cattolici:  in  secondo  luogo,  che 
quand'  anche  si  potesse  salvare  la  coscienza,  ed  il  Governo 
fosse  contento  del  giuramento  restrittivo  de' cattolici,  non 
sarebbe  per  nulla  ne  spediente  ne  opportune  agl'interessi 
religiosi,  che  i  cattolici  accorressero  alle  urne.  Le  ragioni  di 
questa  nostra  sentenza  le  sponemmo  altre  volte.  Ora  invece 
ci  risponda  la  Nazione:  se  il  nostro  intendimento  fosse  pura- 
mente  o  almeno  principalmente  politico;  se  noi  non  facessimo 
differenza  fra  mezzi  e  mezzi  per  arrivare  ad  un  fine,  potremmo 
rinunziare  alia  facolta  che  da  lo  Statute  a  tutt'  i  cittadini 
di  concorrere  alle  elezioni  de'rappresentanti  della  nazione? 
E  se  tutt'i  cattolici  v*  intervenissero,  obbedendo  all1  impulso 
che  noi  ed  altri  piu  autorevoli  di  noi  potrebber  dare,  non  si 
otterrebbe  assai  facilmente  una  maggioranza  cattolica?  E 
cotesta  maggioranza  non  sarebbe  in  grado  di  far  valere  la 
politica  piu  rispondente  alia  lor  parte?  Se  questo  non  si  fa, 
se  anzi  si  dichiara  essere  nelle  presenti  circostanze  o  ille- 
cito  o  inopportune,  e  segno  evidente  che  il  nostro  ultimo  e 
adequate  intendimento,  e  quello  de'cattolici  del  nostro  pen- 
sare,  non  e  per  nulla  politico,  ma  unicamente  religiose. 


SPIRITO 

DELLE    ASSOCIAZIONI    CATTOLICHE 


i. 

Tutte  le  societk  di  quale  che  siansi  natura  marciano  al 
conquisto  di  un  fine,  che  torreggia  loro  dinanzi  piu  o  meno 
lontano  a  guisa  di  citta  proposta  all1  assalto.  Le  associa- 
zioni  cattoliche,  a  somiglianza  di  tutte  le  altre,  hanno  pure 
dinanzi  a  s&  un  fine  da  conquistare  e  un  frutto  del  cui  pos- 
sesso  godere.  Quale  sia  tal  fine  Tabbiamo  indicate  altrove : 
esso  e  la  vittoria  della  Chiesa  contro  il  nuovo  islamismo  , 
distruttore  di  ogni  religione  e  di  ogni  civilta,  la  rivolmione. 
Cotesto  mostro  insignoritosi  per  poco  dei  poteri  dello  Stato, 
e  presso  un  secolo  che  va  coprendo  di  cumuli  di  ruine  le 
intere  nazioni,  e  che  sfidando  a  tenzone  e  cielo  e  terra 
minaccia  nella  sua  orgogliosa  ferocia  nuovi  rovesciamenti, 
e  nuovi  rivi  di  sangue  .  Le  associazioni  cattoliche  per 
giungere  alia  vittoria  proposta  debbono  passare  sul  corpo 
di  questo  potente  nemico  abbattuto  e  conquiso.  Non  Ve 
altra  via.  L'impresa  non  5  facile,  esige  una  gagliardia  non 
ordinaria,  una  generosita  assoluta,  a  tutta  prova.  Ma  la 
compiranno,  ed  alia  fine  canteranno  T  inno  del  trionfo  , 
purche  esse  muovano  air  assalto,  e  pugnino  collo  spirito 
proprio  della  loro  natura;  collo  spirito  cattolico.  La  vittoria 
&  sicura,  ma  a  questo  patto. 

La  semplice  ragione  lo  dichiara.  L1  opera,  od  il  lavoro 
di  una  societa  deve  essere  proporzionato  al  fine  proposto, 


294  LO  SPIRITO 

come  forza  all'effetto  inteso.  E  egli  possibile,  che  le  ope- 
razioni  di  un  esercito  siano  proporzionate  ad  una  data  im- 
presa  guerresca,  se  Vha  in  esso  difetto  o  dello  spirito  di 
disciplina  nelle  mosse,  o  dello  spirito  di  sommessione  al 
comando  dei  capi  negli  assalti,  o  dello  spirito  di  abne- 
gazione  neirincontrare  i  pericoli,  nelF  affrontare  la  morte ; 
in  una  parola  se  manca  in  esso  lo  spirito  proprio  della 
societa  militare?  Sarebbe  una  insania  il  pensarlo?  Dite 
altrettanto  delle  associazioni  cattoliche.  La  loro  impresa 
essendo  un1  impresa  religiosa,  essendo  una  crociata,  che  si 
propone  a  fine  della  lotta  la  vittoria  delle  dottrine  e  delle 
istituzioni  della  Chiesa,  e  impossible,  che  operino  vigo- 
rose,  che  fatichino  instancabili,  che  accolgano  immote  Turto 
degli  avversarii,  che  ne  vincano  i  principii,  che  ne  di- 
rompano  gli  sforzi ,  se  non  sono  animate,  rette  e  rafforzate 
da  quello  spirito,  che  e  proprio  della  associazione  cattolica. 
Mancherebbono  dello  spirito  proporzionato  all'impresa,  pro- 
cederebbono  con  forze  inadequate  alFuopo,  e  comparendo 
debili  e  tapine  diverrebbono  lo  scherno  dei  loro  avversarii. 
Lo  spirito  proprio  delle  associazioni  cattoliche  sapete 
qual  e  ?  Non  altro,  che  lo  spirito  di  fede.  Sacre  falangi  di 
una  religione,  che  ha  per  fondamento  la  fede;  ristoratrici 
li  principii,  che  vengono  dalla  fede;  proteggitrici  di  isti- 
tuzioni, che  si  appoggiano  alia  fede;  come  possono  lottare 
senza  che  i  loro  pensieri  siano  animati  dallo  spirito  della 
fede,  senza  che  le  loro  deliberazioni  ne  siano  informate  , 
senza  che  illoro  operare  ne  sia  il  visibile  risultamento  ?  Si : 
lo  spirito  di  fede  e  lo  spirito  proprio  delle  associazioni  cat- 
toliche ,  e  la  propri'eta  essenziale,  che  le  qualifica,  e  tutto 
insieme  il  grande  segreto,  onde  il  cattolico  co1  suoi  atti  sale 
alFeroismo  della  virtu.  Dateci  associazioni  cattoliche  animate 
da  uno  spirito  di  fede  vivido,  fiammeggiante,  e  i  grandi 
fatti  non  tarderanno.  Valgano  di  esempio  quelle  immense  e 
grandiose  moli  di  sacri  templi,  eretti  quando  accendeva  i 
petti  de'nostri  padri  lo  spirito  della  fede,  per  cui  bastava 
la  proposta  dei  disegni,  perche  si  venisse  all'  opera,  e  quelle 


DELLE   ASSOCJAZIONI    CATTOLICHE  295 

schiere  magnanime  di  tanti  cavalieri,  i  quali  crociatisi  con- 
tro  la  rabbia  musulmana  cadeano  si,  trafitti  da  mille  punte, 
su  la  zolla  data  loro  in  guardia,  ma  non  cedeano. 

Le  associazioni  cattoliche  con  questo  spirito  in  seno  non 
paventino  la  potenza  degli  avversarii ,  non  facciano  gran 
conto  del  loro  mimero.  La  fede  nella  dura  lotta  e  lorica,  che 
non  patisce  sdruscio,  e  scudo  che  non  conosce  fenditura,  e 
vessillo  che  novera  tante  vittorie,  quante  sono  le  pugne 
combattute  sotto  la  sua  ombra.  Tutti  i  membri  delle  asso- 
ciazioni  cattoliche  procedano  coperti  da  questo  arnese  di 
guerra,  e  saranno  invincibili.  Tanto  consiglia  s.  Paolo  aquei 
di  Tessalonica;  !  tanto  consiglia  e  promette  lo  stesso  Apo- 
stolo  a  quei  di  Efeso ;  2  tanto  consiglia  ed  afferma  s.  Gio- 
vanni. Che  volete  di  piu  ?  secondo  la  testimonianza  di  questo 
apostolo,  fede  e  vittoria  sono  sinonimi :  Omne  quod  natum 
est  ex  Deo ,  vincit  mundum :  Jiaec  est  victoria ,  qiiae  mncit 
mundum,  fides  nostra.  z 


II. 


Badate  pero,  che  questo  spirito  di  fede  non  deve  essere 
uno  spirito,  che  va  alia  cieca,  o  sotto  un  lume  fioco,  alia  con- 
quista  della  vittoria.  Le  associazioni  con  tale  spirito  in  se 
procederebbono  lente,  senza  nervo  e  con  niuno  e  scarsis- 
simo  pro  dell1  inipresa.  II  motivo  e  semplice,  essendo  certo, 
che  tanto  piu  ardente  si  lancia  1'animo  ad  un1  impresa , 
quanto  piu  e  compreso  dalle  ragioni  inerenti ,  che  scorge 
in  essa.  Egli  e  quindi  evidente  far  di  mestieri,  che  lo  spirito 
delle  associazioni  cattoliche  sia  spirito  conoscitore  della  sua 
impresa.  La  rivoluzione,  grande  maestra  nelle  arti  della 
ipocrisia,  grande  venditrice  di  ogni  specie  di  argomenti  in 
suo  favore  merce  la  liberta  della  stampa,  e  grande  sedut- 

1  Induti  loricam  fidei  et  caritatis.  I,  Thess.  V,  8. 

8  Accipite  armaturam  Dei,  ut  possitis  resistere  in  die  malo,  et  in  omnibus 
perfect!  stare.  State  ergo  succinti  lumbos.  ...  in  omnibus  sumentes  scutum 
fidei,  in  quo  possitis  omnia  tela  iniquissimi  ignea  extinguere.  Ephes.  VI,  H-17. 

3  I,  loan.  V,  4. 


296  LO      SPIRITO 

trice  per  i  beni,  che  offre ,  se  non  perviene  a  trarre  nelle 
sue  file  i  veri  cattolici ,  semina  per  lo  meno  nell'  animo  di 
parecchi  tali  pregiudizii  da  renderli  meno  ostili  all'  opera 
sua,  e  non  poco  lenti  nel  pigliar  le  difese  del  cattolicismo^ 
che  e  la  causa  della  verita  e  della  giustizia.  Ecco  il  primo 
intoppo  da  torre  alia  operosita  delle  associazioni  cattoliche. 
I  socii  individui  a  tal  uopo  non  si  fermino  alle  belle 
inostre,  colle  quali  la  rivoluzione  sa  loro  presentarsi .  La 
qualita  e  la  bonta  naturale  dell'  albero  non  si  conosce  dalle 
foglie,  ma  dal  saggio  del  frutto.  E  quindi  necessario  ,  che 
sciolto  1'  incanto  delle  forme  estrinseche ,  penetrino  nella 
sostanza  dell'opera  proseguita  dalla  rivoluzione.  Oh  quali 
fonti  di  motivi  ad  operare  gagliardamente  non  vi  discopri- 
ranno  animati  dal  vero  spirito  cattolico !  Un  rapido  sguardo 

ne  sia  la  prova. 

Osservate  T  online  religioso .  11  socio  cattolico  consi- 
deri  sotto  questo  riguardo  un  paese,  in  cui  la  rivoluzione 
ha  messo  per  qualche  tempo  il  pie.  Le  scene  piu  empie  e 
piu  luttuose  gli  si  parano  tosto  dinanzi :  oppressa  la  Chiesa 
nella  sua  liberta,  beffata  ne'suoi  ministri,  assaltata  da  ogni 
banda  con  inique  leggi  e  scritti  infami,  giuratone  lo  ster- 
minio  ;  Cristo  impugnato  nelle  sue  dottrine,  deriso  ne'suoi 
sacramenti,  negatagli  la  divinita ;  Dio  eliminate  dalle  leggi, 
sbandito  dalla  scuola,  e  quasi  a  trofeo  di  vittoria  contro  di 
lui,  uomini  aggruppati  che  in  piena  luce  del  di  collo  sten- 
dardo  del  libero  pensiero  in  mano  gridano  da  forsennati: 
non  est  Deus ,  non  vi  e  Dio. 

Passate  &\Y  ordine  sociale .  Eccovi  un  nuovo  spettacolo 
di  dolore :  qua  e  posto  in  opera  ogni  mezzo  per  rapire  alia 
mente  delle  intere  nazioni  il  lume  delle  comuni  credenze, 
ed  indi  gl'individui  precipitano  in  folia  nel  disperato  pelago 
della  incredulitl ;  la  vien  diffusa  una  fitta  tenebria  di  error! 
pratici ,  onde  allentate  le  briglie  delle  coscienze,  i  popoli 
divengoao  vili  mancipii  delle  piu  sfrenate  e  truculente  pas- 
sioni;  altrove  scavato  il  fondamento  di  ogni  autorita  umana 
e  divina,  crollano  le  societa  piu  potenti  e  minacciano  di 
cadere  in  balia  o  della  tirannide  della  forza,  o  della  anarchia. 


DELLE   ASSOCIAZIONI    CATTOL1CHE  297 

Considerate  la  natnra  dei  mezzi  adoperati.  Quale  tristi- 
zia  non  si  preseuta  qui  allo  sguardo  ?  Congiure  perpetue , 
tradimenti  vergogaosi,  frodi  e  inganni  smaccati,  menzogne 
e  calunnie  merce  di  tutto  il  di,  oppression!  e  violenze  da 
barbari.  Di  questi  arnesi  munita  non  vedesi  la  falange  ri- 
voluzionaria  procedere  balda  a  guerreggiar  Dio,  a  guer- 
reggiar  Cristo,  a  guerreggiar  la  sua  Chiesa?  Tant'e.  Ed  a 
guisa  di  donna  senza  fronte  non  ne  arrossisce,  anzi  se  ne 
loda  e  mena  orribile  vanto  del  sozzo  riuscimento. 

Ponderate  i  reissimi  effetti .  Distmtta  ogni  credenza 
religiosa,  annientati  od  oscurati  i  principii  della  morale  , 
rovesciataTautorita,  eccovi  apparire  dinanzi,  quale  efFetto 
necessario,  una  societa  composta  d1  individui  senza  certezza 
di  fine  a  cui  tendano,  senza  legge  immobile  che  li  cor- 
regga,  senza  un  nodo  di  affetto  che  li  colleghi.  Indi  lo 
sfogo  di  tutte  le  passioni,  T  egoismo  a  legge  universale, 
la  forza  e  1'astuzia  ad  armi,  la  mutua  demolizione  per  con- 
seguenza.  La  rivoluzione  francese  antica  ne  e  la  prova,  e 
la  moderna  di  Parigi  ne  e  la  conferma .  II  rivoluzionario 
Gueroult  lo  testifica,  scrivendo  di  essa,  «  che  e  il  disordine, 
che  e  lo  scompiglio,  che  e  Tabbandono  di  se  stesso,  che  e 
la  decomposizione  putrida  di  una  societa  senza  convinci- 
menti ,  senza  bussola ,  senza  ideale  l  ».  Eccovi  tutti  gli 
effetti  della  rivoluzione,  che  in  una  parolasono:  iinbestiare 
gli  individui,  imbestiare  la  societa. 

Un'associazione  cattolica,  che  considera  tale  opera  della 
rivoluzione  al  lume  della  sua  fede,  che  ne  giudica  i  mezzi,  che 
nepondera  i  tristissimi  effetti,  pub  ella  annighittire,  operare 
riinessamente  ?  Non  e  possibile  :  sorgera  al  grido  dei  diritti, 
veramente  inalienabili  di  Dio,  di  Cristo  e  della  Chiesa,  em- 
piamente  manomessi :  sorgera  al  grido  delle  credenze  re- 
ligiose rapinate  nei  popoli,  e  dei  principii  della  ragione 

1  Un  ecrivain  librc-penseur,  M.  Gueroult,  que  trop  souvent  a  donne  aux 
passions  aujourd*  hui  deckalnees  une  pdture  digne  d'elles ,  resumati  hier  en 
ces  mots  energiques,  rnais  vrais,  la  situation  de  Paris  :  «  C'est  le  desordre, 
le  gdchis,  V&bandw  dc  soi-mgm.e,  la  decomposition  putride  d'une  societe  sans 
conviction,  sans  bussole,  sans  ideal.  »  Bien  public,  n.  82. 


298  LO   SPIRITO 

morale  inviliti:  sorgera  plena  di  onta  per  la  societa,  dove  si 
effettua  tanta  infamia  di  mezzi,  dove  avvengono  tanti  guasti, 
e  dove  si  lascia  compiere  un' opera  terribile  e  vergognosa. 
Sorgera,  e  lavorera  al  riparo  con  tutta  la  gagliardia,  di  che 
e  capace.  A  tanto  la  spronera  lo  spirito  della  propria  fede, 
profoudamente  scosso  dai  motivi ,  che  escono  incalzanti 
dalle  indicate  considerazioni.  Energiche  sono  nel  loro  ope- 
rare  le  associazioni  cattoliche  della  Germania:  energiche  sono 
pure  quelle  dell' Austria.  Ma  il  fiore  delle  loro  forze  e  tratto 
da  uomini,  i  quali  hanno  studiato  1'andamento  della  rivo- 
luzione,  ne  hanno  considerata  Topera ,  giudicati  i  mezzi , 
compresi  gli  effetti.  Questo  ci  e  dimostrato  dai  resoconti 
dei  loro  Casini,  dai  discorsi  dei  loro  solenni  congressi  e 
dagli  articoli  dei  loro  giornali.  Credete  voi,  che  gl'  italiani 
strettisi  in  associazioni,  non  saranno  informati' allo  stesso 
spirito  di  fede  attiva,  se  essi  pure  considereranno  la  rivo- 
kizione  nella  loro  patria? 

III. 

Poderosi  appaiono  i  motivi  qui  allegati,  ma  disaggra- 
devole  e  la  materia,  da  cui  son  tratti.  Ve  n'ha  altri  di  dolce 
sapore  e  non  meno  potenti.  Fra  i  quali  e  da  contarsi  la  no- 
bilta  del  fine,  a  cui  mirano  le  associazioni  cattoliche.  Im- 
perocche  questo  non  e  il  piacere  di  vendicare  la  disfatta  di 
un  altro  ordinamento  politico,  come  fu  calunniato:  non  e  la 
soddisfazione  di  una  brama  smodata  di  primeggiare,  come 
fu  sognato.  Le  associazioni  cattoliche,  vivificate  dai  vero 
spirito  di  fede,  non  guardano  si  basso .  Esse  pongono  la 
mira  in  cose  di  ben  altra  natura.  II  nome  che  portano,  gli 
statuti  che  professano,  e  le  opere  compiute,  dove  sono  gia 
stabilite,  lo  dicono  chiaro.  II  loro  fine  in  particolare  si  e 
di  trarre  1'uomo,  divenuto  preda  della  rivoluzione,  dai  cupo 
abisso  della  incredulita,  e  di  ricattarlo  dai  profondo  invili- 
mento  morale,  in  cui  fu  traboccato  da  rei  principii.  Si  e  quello 
di  ricomporre  la  societa  su  le  vere  sue  basi  della  verita  e 
della  giustizia,  in  gran  parte  gia  demolite,  e  di  ridonare  la 


DELLE   ASSOCIAZ10NI    CATTOL1CHE  299 

tranquillita  ai  popoli  in  mille  guise  agitati,  qual  mare  in 
tempesta,  dalle  ire  dei  partiti  e  da  furiose  dottrine.  Si  e 
quello  di  rivendicare  a  Dio  la  debita  soggezione,  a  Cristo 
il  debito  onore,  alia  Chiesa  i  suoi  diritti,  a  tutti  gli  uomini 
la  vera  liberta,  quale  e  designata  nel  santo  Vangelo,  e  ri- 
tiratili  dalla  vile  e  sozza  beatitudine  predicata  dalla  rivo- 
luzione,  metterli  in  quella  tutta  propria  dell'  uomo  ragio- 
nevole  e  cristiano.  La  rivoluzione  pone  tutto  in  rischio : 
religione,  societa,  individui ;  1'  associate  cattolico  se  ne  di- 
chiara  campione. 

Tale  e  Taltezza  del  fine,  a  cui  mirano  le  associazioni 
cattoliche :  indi  la  nobilta  della  lotta,  che  hanno  ingaggiata 
per  giungervi.  Che  cosa  e  infatti  cotesta  lotta  ?  Essa  non 
e  altro,  che  la  lotta  della  verita  contro  T  errore,  del  diritto 
contro  la  forza,  della  civilta  contro  la  barbarie,  del  dovere 
verso  Dio,  il  suo  Cristo  e  la  sua  Chiesa  contro  la  empieta, 
la  bestemmia  e  la  ingiustizia.  La  rivoluzione  e  fra  gli  uo- 
mini il  rinnovamento  della  grande  ribellione,  consumata 
dagli  spiriti  felli  nelPempireo:  le  associazioni  cattoliche 
sono  le  falangi  fedeli  a  Dio  ed  al  suo  Cristo,  che  a  simi- 
glianza  di  quelle  di  S.  Michele  si  attestano  contro  le  rubelli, 
e  pugnano  al  grido:  quis  ut  Deus  et  Christus  eius?  Chi  si- 
mile a  Dio  ed  al  suo  Cristo? 

Grido  di  lotta,  il  quale  ha  la  sublime  ricompensa  di  es- 
sere  esplicitamente  commendato,  e  per  modo  di  dire  pub- 
blicamente  canonizzato  dal  Verbo  di  Dio.  Le  sue  parole  sono 
riferite  da  S.  Matteo,  da  S.  Marco,  da  S.  Luca  e  con  aperta 
allusione  da  S.  Paolo.  Chiunque,  egli  disse,  mi  confessa  in 
mezzo  a  questa  generazione  adultera  e  peccatrice,  chiunque 
fa  pubblica  professione  della  mia  dottrina,  anch'  io  lo  con- 
fessero  dinanziagli  angeli,  lo  guarentiro  dinanzi  al  tribunale 
del  Padre,  lo  pubblichero  per  mio  nel  giorno  estremo  J.  La 
presente  generazione  non  si  da  pubblico  vanto  di  fare  di- 
vorzio  da  Dio  e  dal  suo  Cristo  ?E,  gittate  le  briglie  sul  collo 
delle  passioni  colla  liberta  di  coscienza  e  colla  predicazione 

1  Cf.  MATTH.  X,  32,  33;  MARC.  VIII,  38  ;  Luc.  Xll,  8;  II,  TIM.  11,  12. 


300  LO    SPIRITO 

di  rei  principii,  non  va  ing'olfandosi  vie  peggio  nelle  sozzure 
del  peccato?  Gli  associate  cattolici  sorgendo  animosi  in 
mezzo  a  tale  generazione  confessano  Cristo  a  fronte  aperta; 
affermano  pubblicamente  le  sue  dottrine  e  le  difendono  in 
faccia  a1  suoi  nemici.  E  pero  ad  essi  appartengono  le  lodi 
di  Cristo,  ad  essi  le  sue  divine  promesse,  ad  essi  le  sue 
irrevocabili  guarentigie  presso  il  trono  del  Padre.  Man- 
tenendosi  eglino  costanti  nella  lotta,  operando  da  veri  cam- 
pioni  della  religione  di  Crisfco,  la  loro  sorte  non  e,  ne  puo 
essere  punto  dubbia. 

Sorgano  adunque  le  associazioni  cattoliche,  e  inorridite 
all'  impresa  della  rivoluzione,  animate  dall1  altezza  e  nobilta 
della  propria,  e  rassicurate  dall'  appoggio  di  Cristo  sciol- 
gano  generose  il  sacro  vessillo,  ed  affrontino  impavide  il 
vessillo  dell'  avversaria.  Umanita,  liberta,  progresso,  luce 
sta  scritto  su  questo ,  ma  sono  voci  della  menzogna,  sono 
farti  sacrileghi.  Non  e  il  vessillo  della  umanita  quello  che 
ne  conculca  i  diritti,  ma  quello  che  li  difende,  ne  della 
liberta  quello  che  rende  Tuomo  mancipio  della  passione, 
ma  quello  che  lo  franca,  ne  del  progresso  quello  che  manca 
di  termine,  ma  quello  che  hallo  fisso  e  certo,  ne  della  luce 
quello  che  porta  la  oscurita  nelle  intelligenze,  spegnendone 
i  principii  piu  ovvii,  ma  quello  che  le  rischiara  colla  divina 
rivelazione ;  e  questo  si  e  il  vessillo  delle  associazioni 
cattoliche  ,  e  percio  il  vessillo  della  umanitti ;  il  vessillo 
della  liberta,  il  vessillo  del  progresso,  il  vessillo  della  luce. 


IV. 


Affinche  piu  forze  unite  operino  con  tutto  T  impulso  di 
forze  associate,  e  mestieri,  che  siano  disposte  in  modo  da 
operare  di  conserto.  Siano  pure  i  singoli  membri  dell'asso- 
ciazione  cattolica  simili  a  forze  vigorose,  perche  animati 
da  uno  spirito  di  fede  ardente  ed  operativa:  non  basta.  E 
necessario  ancora,  che  siano  tra  se  disposti  in  maniera  da 
operare  di  conserto.  A  tale  uopo  la  prima  condizione  es- 


DELLE   ASSOC1AZIONI    CATTOLICHE  301 

senziale  si  e:  Varmonia  delle  intelligence.  Guai  alia  societa, 
ne'cui  membri  vi  abbia  opposizione  6  diversita  di  principii! 
Somigliante  a  macchina,  le  cui  ruote  non  s'  impernano  in 
modo  rispondente,  o  non  si  addentano  giustamente,  mal  si 
terrebbe  insieme;  andrebbe  in  ruina.  Vogliono  adunque  i 
socii  cattolici  agire,  ed  ottenere  grandi  successi  a  misura 
dell'ardore  del  loro  spirito  di  fede?  Sia  in  essi  uniformita 
di  principii ,  e  1'  armonia  delle  intelligenze  sara  un  fatto 
co  mp  into. 

Nei  principii  generalrnente  presi  la  cosa  cammina  senza 
difficolta;  ma  non  cosi  nelle  applicazioni  particolari.  Se  voi 
interrogate  un'  adunanza  cattolica  a  che  intenda  di  mirare, 
tutti  dal  primo  all'  ultimo  i  socii  adunati  vi  risponderanno : 
alia  propagazione  ed  al  rassodamento  dei  principii  del  cat- 
tolicismo,  ed  al  loro  trionfo.  Ma  se  yenite  ai  particolari  del- 
T  applicazione,  vi  puo  occorrere  un  grande  intoppo  inaspet- 
tato,  che  vi  metta  in  forse  il  buon  esito  dell1  associazione. 
Esplichiamoci.  Fate,  che  in  un  gruppo  di  persone,  acco- 
munatesi  per  gl1  interessi  religiosi,  si  annoverino  alcuni 
cattolici  dal  titolo  di  liberali.  Incontrerete  voi  difficolta 
circa  la  questione  generale  del  trionfa  del  cattolicismo? 
Niuna:  anzi  la  gagliardia  delle  loro  proteste  ed  il  calore 
delle  loro  parole,  ve  li  mostreranno  piu  cattolici,  che  voi  non 
siete.  Tastateli  su  alcuni  punti  partidolari  e  la  scena  sara 
mutata.  Voi,  a  mo1  di  esempio,  negherete  il  diritto,  solle- 
vato  a  teorica,  della  liberta  di  coscienza,  ed  essi  1'afferme- 
ranno :  voi  rifiuterete  nel  medesimo  senso  il  diritto  della 
liberta  di  pensare  e  di  scrivere,  ed  essi  Tammetteranno: 
voi  sosterrete,  che  no.n  pu6  aver  luogo  alcuna  conciliazione 
tra  il  Papato  e  la  Italia  moderna  della  rivoluzione,  ed  essi 
grideranno,  che  si.  Se  argomenterete  contro  le  loro  as- 
serzioni,  vi  risponderanno  alcun  che  di  sghimbescio;  se 
replicherete  stringendo  loro  i  panni  addosso,  vi  tratteranno 
da  uomo  di  congrega,  da  cieco  sostenitore  di  un  ordine  di 
cose,  che  non  puo  tornare,  da  nemico  deir  Italia  e  cagione 
delle  gravi  difficolta,  in  cui  la  nazione  trovasi  intricata.  Dal- 


302  LO    SPIR1TO 

T  altra  parte,  come  adagiarsi  ai  diritti  ed  alia  conciliazio- 
ne,  che  essi  ci  danno  quali  verita  inconcusse  e  qual  panacea 
sicurissima  per  tutti  i  mali,  quando  veggiamo ,  che  i  due 
pretesi  diritti  sono  la  forza  iniziale  della  rivoluzione  e  come 
tali  messi  a  capo  degli  statuti  della  Loggia ;  quando  ab- 
biamo  letto,non  e  molto,  che  1'  Italia  moderna  ha  procacciato 
alia  massoneria  il  piu  grande  trionfo  nella  presa  di  Roma, 
e  percio  festeggiata  con  lettere  circolari  e  con  rallegra- 
menti  di  tutta  la  universa  famiglia  massonica1?  Laonde  in 
questo  caso  vi  avra  cozzo  di  sentenze,  niun  pro  dalla  di- 
sputa  e  scissura  inevitabile .  fi  dunque  tanto  necessario 
eliminare  da]F  associazione  cotesti  urti  di  principii,  quanto 
e  necessaria  1'armonia  delle  intelligenze ,  qual  elemento 
essenziale . 

Come  fare?  L' associazione  tenga  fermo  il  suo  grado> 
ne  se  ne  smuova  a  qualunque  patto,  ed  avralla  eliminata. 
Ella  e  1.°  societa  di  essenza  laicale;  dunque  non  le  appar- 
tiene  per  niun  capo  il  decidere  le  quistioni  di  principii:  2.°  ha 
fine  pratico,  cioe  di  annientare  T  opera  della  rivoluzione; 
d'introdurre  dove  non  sono,  e  di  raffermare,  dove  sono,  i 
principii  del  cattolicismo ;  dunque  non  e  del  suo  compito 
il  determinarli :  3.°  porta  il  titolo  di  cattolica;  dunque  nel 
caso  di  qualche  dubbio,  sa  che  deve  ricorrere  alia  Chiesa 
insegnante  ed  acquetarsi  alle  sue  decision!.  Ripetiamolo : 
T  associazione  cattoli'ca  tenga  fermo  il  suo  posto  determi- 
nate dalla  sua  natura,  dal  suo  fine  e  dal  suo  titolo,  e  tra  i 
suoi  membri  non  vi  avra  cozzo  di  sentenze,  non  se  ne  an- 
dra  il  tempo  delle  adunanze  in  dispute  inutili,  non  accadra 
alcuna  scissura:  ma  con  tutto  lo  sforzo,  di  che  e*  capace 
la  sua  fede,  progredira  con  dignita,  con  sicurezza  e  con 
frutto  nella  sua  impresa. 

A  conferma  di  che,  eccovi  un  bel  tratto  del  discorso 
pronunziato  da  S.  Eminenza  il  Card.  Scharwzenberg  nel 
Congresso  generale  delle  associazioni  cattoliche,  tenutosi 

1  Vedi  lettera  circolare  della  loggia  Szechenyi  all'Oriente  di  Arad  in  Un- 
gheria,  riferita  dal  giornale  massonico  Die  Bauhiitte,  n.  45,  WO. 


DELLE   ASSOCIAZIOM    CATTOLICHE 

inPraganel  1860:  «Ilcompito  delle  associazioni  cattoliche, 
disse  T  eminente  Prelato,  si  e  quello  di  consultare,  come  si 
possa  introdurre  ed  assestare  gli  ammaestramenti  ed  i 
principii,  i  precetti  e  i  desiderii  della  Chiesa  nella  scuola , 
nella  vita  del  cittadino  e  della  famiglia,  tra  gli  uomini  di 
negozio  e  di  commercio.  II  compito  delle  associazioni  cat- 
toliche si  e  quello  di  dar  fermo  appoggio  alia  Chiesa  inse- 
gnante  col  consiglio  e  colla  cooperazione.  II  compito  delle 
rnedesime  associazioni  si  e  di  riconoscere  con  lieto  animo 
tutti  gl' insegnamenti  della  Chiesa,  seguitarli,  diffonderli, 
sostenerli. ]  »  Facciano  cosi  le  associazioni  cattoliche  del- 
1' Italia,  non  falliscano  al  loro  uffizio,  non  dimentichino  il 
proprio  dovere,  giovino  coll'  opera  la  Chiesa  insegnante,  ne 
accolgano  con  pronto  animo  le  dottrine  ;  e  la  loro  impresa 
non  verra  meno  nel  suo  progresso. 

Chi  non  ammira  il  gran  bene  operate  dalle  associazioni 
cattoliche  tedesche  nel  corso  dei  non  molti  anni ,  dacche 
furono  stabilite  ?  Ma  se  voi  ne  studiate  la  causa  precipua, 
la  trovate  nella  imperturbata  armonia  delle  intelligenze. 
Lo  spirito  del  cattolicismo  liberale  soffiava  forte  e  tempe- 
stava  intorno  ad  esse  assai  piii  gagliardo,  che  in  altri  paesi 
stante  il  vicino  protestantesimo,  dal  quale  ritrae  alcun  che: 
ma  senza  pro.  II  perche  non  e  punto  nascosto.  I  socii  memori 
del  titolo  dell1  associazione  e  del  proprio  dovere  si  teneano 
stretti  alia  cattedra  dei  loro  Pastori,  e  soprattutto  a  quella 
del  Romano  Pontefice,  e  seguendone  gl'insegnamenti  senza 
sottili  distinzioni  e  senza  commenti,  fattivi  sopra  a  talento, 
progredivano  con  fortunato  cammino  per  la  loro  via. 

Valga  in  prova  dei  loro  sentimenti  un  tratto  dell'  indi- 
rizzo  scritto  al  Papa  dalla  giunta,  noininata  in  Innsbruck, 

1  'Dies  1st  die  Aufgabe  der  Katholiken-Vereine,  zu  berathen,  vie  die  Lehren 
und  Grundsatze,  Gebote,  und  Wiinsche  der  Kirche  in  der  Schule  im  biir- 
gerlichen  Leben  ,  im  Familienleben  ,  in  Handels-und  Verkehrsleben  durch- 
ziifuhren  und  anzuwenden  seien.  Es  ist  die  Aufgabe  der  Katholiken-Vereine 
durch  Berathung  und  Mitwirkung  die  lehrende  Kirche  zu  unterstutzen.  Es 
ist  die  Aufgabe  der  Katholiken-Vereine,  das  was  die  Kirche  lehrt  ,  freudig 
zu  bekennen,  zu  befolgen,  zu  verbreiten  und  zu  vertheidigen. 


304  LO  SPIRITO 

a  farvi  i  debiti  preparativi  pel  Congresso  generate  delle 
associazioni  cattoliche  tedesche  nel  1867,  che  voltiamo 
dalla  lingua  latina  nella  volgare.  «  Nei  giorni  9,  10,  11 
e  12  di  settembre,  col  consentimento  e  col  favore  del  Re- 
verendissimo  Vescovo  di  Brixen,  si  aduneranno  i  cattolici 
in  Innsbruck,  capitale  del  Tirolo,  affine  di  difendere  con 
forte  animo  la  cosa  cattolica  in  quanto  lo  permettera  Dio 
e  le  loro  forze,  e  rigettati  gli  errori  e  le  menzogne  di  uo- 
mini  vani,  che  nelle  vostre  Encicliche  avete  con  pienezza 
di  autorita  disegnati  e  condannati,  prendere  que'  salutari 
consigli,  che  sono  richiesti  dal  tempo  e  dalle  cose,  merce  i 
quali  rifiorisca  la  vita  e  la  carita  cattolica  sotto  il  patrocinio 
della  B.  Vergine  Maria.  Immensa  guerra,  siccome  Voi,  o  Bea- 
tissimo  Padre,  avete  dinunziato  al  mondo,  e  sorta  contro  la 
divinarivelazione,  contro  la  Chiesa  cattolica,  contro  la  vostra 
Sede  apostolica,  anzi  contro  i  buoni  costumi  e  la  stessa 
carita  cristiana,  reina  di  tutte  le  virtu.  Mentre  questa  in- 
fierisce,  ogni  cattolico  e  soldato  di  Cristo  :  ma  non  potremo 
guerreggiar  luona  e  diritta  guerra ,  se  con  tutto  I'  ardore 
dell' animo  non  ci  terremo  congimiti  colla  Sede  apostolica,  e 
stretti  a  qiiella  Pietra,  die  Dio  ha  posto  in  Roma;  e  se  non 
saremo  aiutati  e  sostenuti  dalla  vostra  autorita  suprema  e 
dalla  vostra  efficace  lenedizione.  Di  die,  con  tutto  il  desiderio 
nostro  Iramiamo  sempre  e  godiamo  di  venerare,  di  se  guitar  e 
e  di  ascoltare  Voi  Vicario  di  Cristo ,  Voi  Sommo  Pastore 
di  tutto  il  gregge  del  Signore,  Voi  Padre  di  tutti  i  fedell. 
Questa  sara  la  sola  voce  di  tutti  quelli,  che  si  aduneranno 
nel  settembre  ad  Innsbruck,  questa  la  Irama  universale ,  e 
tutti  animati  da  questo  2^nsiero  ,  volendo  Dio ,  difende- 


ranno  la  dottrina  e  la  carita  cristiana  T.  » 


1  Itaque  post  festum  Nativitatis  Bealissimae  Virginis  et  Matris  Mariae 
9,  10,  11  et  12  septembris,  consentiente  et  favente  Reverendissimo  Episcopo 
Brixinensi,  Vincentio  nostro,  viri  catholic!  Oeniponte,  quod  est  caput  regionis 
tirolensis,  congredientur  ,  ut  rem  catholicam  ,  quantum  .Deus  dabit  et  ipsi 
possunt,  forti  animo  defendant ,  erroribus  et  commentis  hominum  inanium  , 
quae  Encyclicis  Tuis  plena  auctoritate  notasti  et  repulisti,  ornnino  repudiatis, 
consilia  capiant  quae  res  et  tompus  postuhnt  salutaria,  quibus  vita  ct  cha- 


DELLE   ASSOCIAZIONI   CATTOL1CIIE  305 

Tale  sia  la  voce  di  tutte  le  associazioni  cattoliche,  che 
spuntano  di  nuovo,  tali  i  sentimenti  del  loro  programma, 
su  di  essi  posi  il  fondainento  del  loro  Statute.  Lo  spirito  di 
pronta  sommessione  alle  decision!  della  Chiesa  insegnante 
sia  cosa  tutta  lor  propria.  Questa  e  una  semplice  conse- 
guenza  del  primo  elemento  della  vita  cattolica.  Stantech5 
Cristo  non  abbia  detto  al  teologo,  al  dotto,  allo  storico 
erudito,  a  questa  od  a  quella  societa  siate  maestri  della 
Chiesa,  e  chi  non  vi  ascolta,  non  avro  in  conto  di  miei 
fedeli ;  ma  lo  ha  detto  ai  Vescovi  ed  al  Papa  nella  persona 
degli  apostoli  e  di  Pietro.  Chi  e  profondamente  accecato 
dal  proprio  orgoglio  pub  dimenticare  questo  ordinamento 
fondamentale  della  religione  cattolica.  Imperversi  pure  in- 
torno  alle  associazioni  il  vento  delle  varie  interpretazioni, 
date  a  certi  principii  dal  liberalismo  cattolico  ;  corrano 
pure  a  batterle  fieramente  al  piede  i  torrenti  delle  opinion! 
rivoluzionarie.  Esse  appoggiate  allo  spirito  di  sommessione, 
come  su  roccia  incrollabile  si  manterranno  ferme,  e  Tazione 
delle  loro  forze  operera  con  mirabile  conserto. 

Non  e  solo  nelYarmoma  delle  intelligence,  in  cui  deve 
manifestarsi  lo  spirito,  proprio  delle  associazioni  cattoliche. 
V  ha  ancora  la  concordia  delle  volonta  e  la  coordmaztone  dei 
mezzi,  elementi  del  paro  essenziali  a  qualunque  societa,  nei 
quali  deve  pure  risplendere.  Ma  qui  facciamo  punto  per 
non  oltrepassare  i  giusti  limiti,  proponendoci  di  parlarne 
in  altro  quaderno. 

ritas  cntholica,  B.  Virgine  Maria  patrocinante,  promoveatur.  Ingens  bellum,  ut, 
Tu,  Beatissime  Pater,  voce  apostolica  proclamasti,  exortum  est  contra  divinam 
revelationem,  conira  ecclesiain  catholicam,  contra  Sedern  Tuam  Apostolicarn, 
imo  contra  bonos  mores  et  ipsam  charitatera  christianam,  illain  virtutuin  om- 
nium reginam.  Tanto  bello  sneviente  quisque  catholicortim  miles  Christi  ost  : 
at  beue  recteque  militare  non  poterimus,  nisi  omni  ardore  animi  cum  Sedc 
apostolica  coniuncti  et  Petraa  illi,  quam  Deus  Romae  posuit,  uniti,  nisi  Tua 
et  auctoritate  in  terris  suprema  et  benedictione  efficaci  adiuti  et  sustentati 
erimus.  Itaque  Te  Vicarium  Christi,  Te  summum  Pastorem  universi  dominici 
gregis,  To  Patrem  omnium  fidelium  venerari,  sequi,  audire'omni  semper  dc- 
siderio  cupimus  et  laetamur  .  Haec  erit  una  omnium  vox,  qui  Oenipontem 
mense  septembri  convenient,  hoc  omnium  votum,  hoc  studio  animati  cuncti 
doctrinam  et  charitatem  christianam  Deo  volente  tuebuntur. 
Serie  VIII.  vol.  If,  fasc.  501.  20  25  aprile  1  871. 


IL  GIORNALISMO  LIBERALE 

E 

L'INTERVENTO   STRANIERO 


Noi  non  dubitavamo  punto  che  il  nostro  articolo:  L'wnita 
nazionale  e  V  intervento  straniero  T,  avrebbe  destato  clamori 
nella  stampa  liberalesca  d1  Italia.  La  nostra  previsione  si  e 
avverata.  Primo  a  strillare,  contro  le  cose  da  noi  discorse 
in  quell'  articolo,  e  stato  il  Diritto  di  Firenze,  e  per6  egli 
merita  d'essere  preferito  agli  altri  nella  risposta. 

Esso  incomincia  con  uno  svarione  di  Logica,  degno  di 
scudiscio .  Egli  dice :  «  La  Civilta  G'attolica  nel  suo  nu- 
mero  d'  oggi  fa  appello  all1  intervento  straniero  ,  perche 
I'unita  statuale  dell' Italia,  com'essa  la  chiama,  sia  distrutta 
e  perche  Roina  sia  restituita  al  Papa  3.  »  E  per  provare  che 
noi  facciamo  appello  all1  intervento  straniero,  ricorda  gli 
argomenti ,  coi  quali  noi  dimostravamo  che  quell'  appello 
non  e  straniero .  Di  fatto  cosi  prosegue :  «  Pel  Pontefice 
T  intervento  de1  cattolici ,  a  qualunque  nazione  apparten- 
gano,  non  e  intervento  di  stranieri  ma  di  figliuoli...  Se  cio" 
che  riguarda  il  Papa  (come  fu  dichiarato  da  tutti)  e  affare 
internazionale  ;  hanno  diritto  le  altre  nazioni  ad  occupar- 
sene  e  far  valere  le  loro  ragioni  eziandio  colle  armi. ...  I 
cattolici  hanno  ragione  di  considerare  Roma  come  cosa 
loro  ;  e  la  condizione  in  essa  del  Papa  come  affare,  che  ad 
essi  appartiene.  II  loro  intervento,  convien  persuadersene, 

1  Vcdi  il  fascicolo  precedents. 

2  Anno  XVIII,  num.  '104. 


IL   GIORNAL1SMO    L1BERALE   E    L*  1NTERVENTO    STRANIERO  307 

e  domestico,  non  e  straniero.  —  Tali  sono  letteralmente  le 
proposizioni,  con  cui  la  Cimlta  Cattolica  sostiene  il  suo  as- 
sunto  \  »  Quale  assunto  ?  L'appello  allo  straniero.  Ma  dolce 
Diritto,  non  v'accorgete  che  queste  son  prove  da  noi  recate 
per  dimostrare  Fassunto  contrario,  cioe  che  Tappello  ai  cat- 
tolici  nella  causa  del  Papa  non  e  appello  allo  straniero  ? 
Com'  e  possibile  che  non  capiate  cio  che  e  detto  con  tanta 
chiarezza,  e  che  voi  non  solamente  leggete,  ma  trascri- 
vete  2  ? 

Dopo  ci6  qual  meraviglia  che  il  democratico  giornale 
per  tutta  confutazione  dei  nostri  argomenti ,  ci  dica  che 
quelle  nostre  parole  sono  scellerate  ed  insensate3?  A  giu- 
stificazione  della  qual  villania  non  reca  altra  prova  da'que- 
sta  in  fuori,  che  tale  e  il  sentimento  di  tutta  la  societa  civile 
ed  illuminata  d'  Europa.  Senonche  a  penetrare  il  valore  di 


1  Luogo  citato. 


2  Anche  MOp'mione  e  graziosissima  sopra  un  tal  punto.  Nel  rispondere  che 
essa  fa  a  quel  nostro  articolo,  dice  che  noi  odiamo  il  principio  di  non  inter- 
venfo,  perche  con  esso  e  stata  fatta  1'  Italia.  «  Riconosciamo  che  ne  il  Papa, 
ne  la  Cimlta  Cattolica  hanno  torto  di  fare  il  broncio  alia  politica  del  non 
intervento,  sotto  la  cui  egida  si  e  costituito  il  Regno  d' Italia  (XXIV,  nu- 
mero  10o).  »  Tutto  il  contrario.  II  regno  d' Italia  si  e  costituito  colla  politica 
dell'  intervento,  cioe  coll'aiiito  delle  anni  di  Napoleone  III.  Se  pur  non  vogliamo 
dire  che  il  regno  d' Italia  siasi  costituito  coll'una  e  coll'altra  politica.  Con  quella 
dell'  intervento,  quando  esso  tornava  a  conto  della  causa  liberalesca  ;con  quella 
del  non  intervento ,  quando  esso  avrebbe  potuto  nuocerle.  Allorche  i  liberali 
annunziano  un  principio,  si  errerebbe  a  credere  che  essi  lo  annunziano  in  senso 
assoluto ;  essi  lo  annunziano  sempre  in  senso  relative,  cioe  sotto  quell'aspetto 
in  cui  e  loro  giovevole.  Sotto  1'aspetto  in  cui  loro  e  pregiudiziale,  continuano 
a  sostenerlo  colle  parole,  ma  col  fatto  lo  calpestano.  Guardate  gli  insorti  di 
Parigi,  i  quali  potrebbero  considerarsi  come  il  fiore  del  liberalismo.  Essi  hanno 
continuamente  sulla  bocca  i  grandi  principii  dell' 89:  Eguaglianza ,  liberta> 
fraternita.  Come  li  applicano?  Imprigionando ,  saccheggiando,  trucidando.  E 
la  logica  liberalesca. 

3  L'  Italic,  giornale  tutto  ligio  al  Ministero  di  Firenze,  si  associa  alia 
sentenza  del  Diritto,  cosi  scrivendo  :  «  Le  dernier  numero  de  cette  revue  (la 
Cimlta  Cattolica)  developpe  en  effet  la  these  que  les  catholiques  ont  le  droit 
de  retablir  par  la  force  le  pouvoir  temporel,  car  Rome  leur  appartient  en  pro- 
pre.  —  Leur  intervention  est  domestique  et  non  etrangere.  —  Le  Diritto:  trouve 
ces  paroles  plus  insensees  que  scelerates.  Nous  croyons  que  ces  epithetes  leur 
conviennent  parfaitement  toutes  deux.  Samedi  45  Avril  1871.  » 


308  IL    GIORNALISMO    LIBERALS 

siffatta  prova  convien  rammentarsi  che  i  liberal!  per  societa 
civile  ed  illuminata  intendono  se  medesimi.  Fatta  la  quale 
ipotesi,  essi  argomentano  in  questo  modo :  La  tal  cosa  non 
piace  a  noi ;  dunque  e  insensata.  La  tal  altra  e  nocevole  a 
noi;  dunque  e  scellerata.  La  faecenda  camminerebbe,  come 
ognun  vede  pel  verso  suo,  se  non  fosse  che,  supposto,  come 
ipotesi  piu  probabile,  che  la  fazione  liberalesca  sia  misera- 
mente  accecata  (per  la  sua  sconoscenza  del  vero)  e  strana- 
mente  incivile  (per  la  sua  non  curanza  del  diritto) ,  si  po- 
trebbe  ritorcere  1'argomento :  La  tal  cosa  displace  ai  liberali; 
dunque  e  sapiente.  La  tal  altra  e  loro  opposta ;  dunque  £ 
santa. 

Noi  non  ricusiamo  la  discussione  con  chicchessia ; 
ma  giustamente  pretendiamo  che  le  nostre  proposizioni 
sieno  prese  nel  senso,  in  cui  sono  da  noi  stabilite.  Ora  noi 
neirarticolo,  impugnato  dal  Diritto,  per  cio  che  riguarda 
1'intervento,  affermamrno  due  cose  ben  distinte  tra  loro. 
L1  una  ,  che  T  intervento ,  eziandio  di  stranieri ,  in  difesa 
dell'  innocente  assalito,  e  sempre  lecito  e  talvolta  eziandio 
doveroso.  L' altra,  che  1'  intervento  de'  cattolici  in  difesa  del 
Papa,  non  puo  riputarsi  ne  dirsi  straniero.  Poiche  il  Diritto 
mostra  di  non  aver  in  niun  modo  capita  la  nostra  argo- 
nientazione,  sarabene  cacciargliela  di  bel  nuovo  sugli  occhi. 

Noi  dimostravamo  la  prima  parte  dalla  legge  di  scam- 
bievole  amore,  che  stringe  tra  loro  tutti  gli  uomini,  sia  che 
si  riguardino  individualmente,  sia  che  raccolti  in  societa. 
L'uomo  scorge  nel  suo  simile  un  altro  se,  attesa  Tidentita 
specifica  di  natura.  Quindi  il  precetto  :  Ama  il  tuo  prossimo 
come  te  stesso.  Dal  qual  precetto  non  solo  nasce  1'obbliga- 
zione  di  non  offendere  il  prossimo,  ma  quella  altresi  di  po- 
sitivamente  aiutarlo.  Fa'agli  altri,  cio  che  vorresti  fatto  a 
te  stesso .  Ecco  il  dovere  di  beneficenza .  II  qual  dovere 
dalla  sfera  privata  delle  individue  person  e,  si  estende  alia 
pubblica  dei  civili  consorzii;  sottoposti  anch'essi  alia  mede- 
sima  legge  di  natura.  Questa  5  dotti'ina,  che  il  nativo  buon 


E    L'  INTERVENTO   ST.RANIERO  809 

senso  detta  ad  ognuno,  ed  e  generalmente  insegnata  da 
tufti  i  sani  scrittori  di  morale  e  di  diritto.  «  Se  la  natura 
(cosi  uno  del  piii  recent!)  impose  agl'  individui  di  a'marsi 
scambievolmente  e  di  volere  per  gli  altri  lo  stesso  bene  che 
si  vuole  per  se;  ci6  a  piii  forte  ragione  dee  dirsi  delle 
intere  nazioni:  le  quali  rappresentano  1'uomo  in  modo  assai 
piii  perfetto,  non  solo  per  la  moltitudine  delle  persone,  onde 
constano,  ma  ancora  per  gl1  increment!  della  civilta  che 
contengono .  Laonde  esse  offrono  un  subbietto  assai  piii 
degno  delle  cure  della  natura,  nel  quale  piii  vivamente  si 
fa  sentire  1'  esigenza  dell1  ordine  e  con  piii  imperiosa  voce 
la  legge  della  ragione  esprime  i  comandi.  . . .  E  poiche  i 
doveri,  che  stringono  uomo  con  uomo,  non  solo  sono  negati- 
vi,  cioe  vietanti  che  1'  uno  noccia  all'altro,  ma  sono  anche 
aflfermativi,  in  quanto  comandanodi  beneficarsi  a  vicenda  e 
soccorrersi ;  cio  a  piu  forte  ragione  ha  vigore  tra  popolo  e 
popolo...  Quindi  se  accade  che  un  popolo  sia  dilaniato  da 
intestina  guerra  civile ,  sicche  corra  a  certa  rovina,  o  sia 
ingiustamente  assalito  da  alcun  prepotente  nemico ;  Y  in- 
ternazionale  carita  comanda  che  le  vicine  genti,  in  quel 
modo  che  possono,  gli  rechino  aiuto,  specialmente  se  egli 
stesso  lo  implora.  Nel  che  fare  si  provvede  anche  al  pro- 
prio-bene;  giacche  il  male  e  il  pericolo  dei  vicini  facil— 
mente  si  propaga  nei  circostanti.  II  che  vale  contro  quello 
inetto  principio  del  non  intervento,  che  i  corrompitori  del 
diritto  naturale,  contro  ogni  ragione,  si  studiano  d'  incul- 
cate e  promuovere.  Questo  principio,  del  tutto  ripugnante 
airamore,  che  stringe  le  nazioni  tra  loro,  fu  condannato  dal 
Sommo  Pontefice  con  le  seguenti  parole  :  —  Non  possiamo, 
fra  le  altre  cose,  astenerci  dal  deplorare  il  funesto  e  per- 
nicioso  principio,  che  dicono  di  non  intervento,  recentemente 
proclamato  da  alcuni  Governi,  tollerandolo  gli  altri,  e  di 
gia  applicato,  dove  trattisi  d'  ingiusta  aggressione  di  uno 
Stato  contro  di  un  altro  :  di  guisa  cbe  sembra  quasi  san- 
cirsi  Timpunita  e  la  licenza  di  assaltare  ed  usurpare  vio- 


310  IL   GIORNALISMO    LIBERALE 

lentemente  i  diritti  altrui,  le  proprieta  e  le  signorie  stesse, 
contro  le  leggi  divine  ed  umane  (Alloc.  del  28  sett.  1860 '.  » 
II  Diritto ,  se  avesse  voluto  procedere  con  quella  di- 
gnita,  che  si  addice  a  chi  rispetta  almeno  se  stesso,  avrebbe 
dovuto  ribattere  le  ragioni  da,  noi  arrecate,  e  dimostrare  o 
che  gli  uomini  non  sono  stretti  Tun  verso  Taltro  da  vicen- 
devole  amore ,  o  che  questo  amore  dalla  cerchia  privata 
non  trapassa  alia  pubblica  delle  nazioni,  o  almeno  che  da 
doveri,  che  inchiude  siffatto  amore,  resta  escluso  quello  di 
prestarsi  scambievole  aiuto  contro  un  ingiusto  aggressore. 
II  Diritto  non  fa  nulla  di  tutto  cio;  e  solo  con  urbanita  libe- 
ralesca  ci  scaglia  sul  viso  insulti  e  villanie. 

L1  Opinione  fa  peggio.  Stravolge  i  nostri  argomenti . 
Essa  dice:  «  Conviene  che  la  Civilta  Cattolica,  acuta  siccome 
e,  siasi  avveduta  delle  difficolta  del  suoassunto;  perocche 
non  sapendo  su  qual  principio  di  pubblico  diritto  appog- 
giarsi ,  ci  parla  di  gente  che  ha  presa  la  roba  altrui.  »  Ma 
basta  dare  una  leggerissima  occhiata  a  quel  nostro  articolo 
per  vedere  che  quivi,  a  provare  la  legittimita  delFintervento 
nei  detti  casi,  ci  appoggiamo  al  principio  di  sociale  bene- 
volenza,  che  lega  tra  loro  le  nazioni,  e  al  diritto  di  respin- 
gere  Tingiusta  aggressione  (vim  vi  repellere}  non  solo  da 
se  ma  ancora  dal  prossimo.  II  qual  diritto  talvolta  si  con- 
verte  in  dovere,  quando  alcuna  evidente  ragione  obbliga 
ad  accorrere  in  difesa  dell'assalito  o  dell1  oppresso;  come 
appunto  accade  del  Pontefice  nel  caso  presente.  L'esempio 
poi  d'una  famiglia  ingranditasi  a  via  di  frodi  e  di  rapine, 
era  recato  da  noi  per  ribattere  coloro,  che  credono  carita 
patria  esortare  1'  Italia ,  o  meglio  il  suo  Governo ,  a  star 
fermo  nei  mali  acquisti.  Noi  invitavamo  F  Opinione  a  fame 
da  se  medesima  T  applicazione  ;  ma  essa  non  ha  saputo,  o 
piuttosto  non  ha  voluto  farla;  ed  ha  amato  meglio  confondere 
tra  loro  i  due  diversi  assunti . 

1  Istituzioni  di  Etica  e  Diritto  naturale  di  M.  Liberatore  D.  C.  D.  G. 
Traduzione  di  G.  L.  riveduta  dall'Autore.  Parte  terza  Diritto  internazionale 
pa-.  376,  380,  381. 


E    L* INTERVENTO   STRANIERO  311 

L'amore  per  la  confusione  lo  fa  uscire  altresi  in  queste 
sentenze:  «  La  politica  del  non  intervento  e  fondata  sul 
rispetto  dell1  autonomia  nazionale;  quella  dell1  intervento 
ha  per  base  la  solidarieta  del  dispotismo.  »  Qui  prende  per 
intervento  Fingerirsi  negli  affari  puramente  interni  d'una 
nazione.  In  tal  senso  niuno  ha  mai  sognato  che  I1  intervento 
fosse  legittimo ;  come  non  e  legittima  1'  intromettenza  dello 
Stato  negli  affari  meramente  domestici  delle  famiglie.  Ma 
qui  non  si  tratta  di  questo,  ne  questo  s^ntende  per  inter- 
vento. Per  intervento,  secondo  che  qui  si  disputa,  s^ntende 
I1  accorrere  di  uno  Stato  in  difesa  di  un  altro  Stato,  ingiu- 
stamente  assalito ;  o  I1  accorrere  di  una  nazione  a  salvare 
una  parte  di  altra  nazione ,  iniquamente  straziata  dall1  altra; 
o  I1  accorrere  degl1  interessati  in  un  diritto  comune,  a  soste- 
nerlo  e  ristabilirlo  contro  la  violenza  di  perfidi  usurpatori. 
Cosi  intesa  la  quistione,  risulta  chiaro  che  la  politica  del 
non  intervento  si  risolve  nel  rispetto,  non  dell1  autonomia 
nazionale,  ma  dell1  assassinio;  quella  dell1  intervento  nella 
solidarieta,  non  del  despotismo ,  ma  del  diritto.  Quindi 
s'intende  perche  la  Civilta  Cattolica  sostiene  questa  e  ri- 
getta  quella;  e  per  contrario  I1  Opinione  co^uoi  consorti 
sostiene  quella  e  rigetta  questa.  Ma  torniamo  al  Diritto. 

II  medesimo  tenore,  d1  inveire  villanamente,  egli  serba, 
rispetto  all1  altra  parte  della  nostra  tesi,  nella  quale  dimo- 
stravamo  che  I1  intervento  de1  cattolici  nell1  affare  di  Roma 
non  e  straniero.  Egli  risponde  con  una  invereconda  ingiuria 
ai  Romani  Pontefici ,  in  questi  termini :  «  Parlando  (la  Cimlth 
cattolica]  di  quei  Papi  di  esecrata  memoria,  che  diedero  tante 
volte  I1  Italia  in  braccio  allo  straniero,  cosi  li(difende  :  I  Pon- 
tefici cosi  facendo  (cioe  invocando  le  armi  or  della  Francia, 
or  dell1  Austria,  or  di  tutti  insieme  i  regni  delle  Cristianita) 
non  solo  usarono  un  loro  diritto  respingendo  colla  forza  di 
devoti  figliuoli  la  violenza  parricida  di  altri  figliuoli  dege- 
neri;  non  solo  adempirono  un  loro  dovere,  usando  i  mezzi 
che  Iddio  avea  posto  lor  nelle  mani,  per  la  difesa  di  ci6 
che  erano  obbligati  a  tutelare ;  ma  salvando  Vindvpendenza 


312  IL    GIORNALISMO    LIBERALE 

politico,  del  Pontefice,  salvarono  Tindipendenza  della  Chiesa, 
e  pero  la  liberta  e  la  civilta  stessa  del  mondo. »  Ma  perche 
non  confutare  tutto  questo  tratto:  mostrando  o  che  lo  spo- 
gliare  i  Papi  dei  loro  diritti  non  e  violenza  parricida ;  o 
che  tal  violenza  non  dee  respingersi  (non  potendo  altrimenti) 
colla  forza;  o  che  i  Papi  non  hanno  obbligo  di  tutelare  i 
diritti  del  Pontificate ,  loro  affidati ;  o  che  avendo  tal  ob- 
bligo non  son  tenuti  ad  adoperare  i  mezzi,  di  cui  dispon- 
gono;  o  che  Tindipendenza  politica  dei  Papi  non  e  neces- 
saria  all'indipendenza  della  Chiesa;  o  che  questa  indipen- 
denza  della  Chiesa  non  sia  un  interesse  d1  ordine  supremo, 
che  dee  prevalere  ad  ogni  altro  interesse;  o  che  non  sia 
necessaria  alia  liberta  delle  coscienze  cattoliche  e  della  ci- 
vilta verace  dei  popoli?  In  cambio  di  tutto  cio,  il  Diritto  si 
contenta  di  dire  che  i  Papi ,  i  quali  adempirono  quel  loro 
dovere,  furono  di  esecrata  memoria.  Colla  quale  bestemmia 
egli  da  novella  prova  della  sua  empieta;  giacche  ben  cin- 
que di  quei  Pontefici  furono  dalla  Chiesa  esaltati  agli  onori 
degli  altari,  e  gli  altri  tutti  son  rimasi  presso  lei  in  memo- 
ria di  benedizione.  Ma  i  liberali  avendo,  come  dicemmo,  per 
distintivo  il  dire  lonum  malum  et  malum  lonum,  son  tenuti 
ad  esecrare  qtiello  appunto  che  e  piu  venerando;  e  se  si  do- 
vesse  pigliar  norma  dalla  loro  esecrazione,  niente  di  buono 
resterebbe  nel  mondo,  non  escluso  lo  stesso  Dio.  Esecrino 
pertanto  a  loro  posta ;  i  cattolici  per  F  opposto  nell'  opera 
di  quei  Pontefici  riconoscono  Tuso  legittimo  di  un  diritto, 
confermato  non  solo  dalla  voce  della  natura,  ma  dall'auto- 
rita  stessa  di  Dio.  E  vaglia  il  vero  ,  tanto  S.  Gregorio  II, 
e  S.  Gregorio  III  nel  loro  ricorso  a  Carlo  Martello  contro 
gli  assalti  di  Luitprando  ,  tanto  Stefano  II  e  suo  fratello 
Papa  S.  Paolo  nel  loro  ricorso  a  Pipino  e  a'  suoi  figliuoli 
Carlo  e  Carlomanno,  contro  gli  assalti  di  Astolfo,quanto  Papa 
Adriano  nel  suo  ricorso  a  Carlomagno  contro  gli  assalti  di 
Desiderio,  rappresentano  Taiuto  armato  in  difesa  della  So- 
vranita  temporale  della  S.  Sede  come  azione  santa,  voluta 
da  Dio  e  meritoria  di  vita  eterna.  Or  una  siffatta  dichiara- 


E  L'INTERVENTO  STRANIERO  313 

zione  de1  Romani  Pontefici  non  pub  in  alcun  modo  andar 
soggetta  ad  errore ;  siccome  quella,  che  riguarda  i  costumi 
ed  ammaestra  i  fedeli  intorno  a  doveri  e  diritti ;  nel  che  i 
Romani  Pontefici  per  assistenza  divina  sono  infallibili. 

Noi  non  ci  meravigliamo  che  il  Diritto,  da  buon  incre- 
dulo,  non  siasi  curato  di  questo  argornento,  che  pei  cre- 
denti  e  perentorio;  ma  ben  ci  fa  meraviglia  che  egli  abbia 
posto  in  non  cale  quello,  che  non  pu6  trascurarsi  neppure 
dai  pari  suoi,  vale  a  dire  1' argomento,  da  noi  fatto,  ad  ho- 
minem,  traendolo  dalla  confessione  stessa  del  Governo  di 
Firenze.  Questo  Governo  ha  confessato  e  solennemente  di- 
chiarato,  che  la  questione,  riguardante  il  Papa,  e  quistione 
internazionale.  Ora  in  una  quistione  internazionale  gli  Stati 
interessati  han  certamente  diritto  d'  intervenire,  e  d'inter- 
venire  eziandio  colle  armi ,  quando  T  ingiusta  ostinazione 
d'una  delle  parti  a  cio  li  costringa.  Questo  e  quello,  che  noi 
dicevamo.  Or  pu6  il  Diritto  rifiutare  cio?  E  se  il  pu6,  quali 
sono  le  ragioni  a  cui  si  appoggia?  Egli  invece  ama  di  ret- 
toricare  e  declamare  ,  inveendo  contro  la  setta  gesuitica, 
ed  invocando  il  coltello.  «  Guerra  al  coltello.  La  nuova  Italia 
deve  cadere,  perche  F  indipendenza  politica  della  Chiesa  e 
creduta  necessaria  dai  santi  padri  del  Gesuitismo.  »  Ed  af- 
finche  all1  eloquente  diceria  non  manchi  altresi  la  parte  pa- 
tetica,  apostrofa  cosi  pietosamente  gl'Italiani.  «  E  voi  tutti, 
cittadini  operosi  che  sperate  coll'  onesto  lavoro  e  colla  vita 
intemerata  di  onorare  il  vostro  paese  e  di  assicurare  la 
quiete  e  il  ben  essere  delle  vostre  famiglie,  siete  avvertiti : 
la  vostra  terra  e  maledetta,  i  vostri  figli ,  i  vostri  fratelli 
saranno  dispersi ;  soldati  stranieri  calpesteranno  i  vostri 
canxpi ,  distruggeranno  i  vostri  opificii ,  assassineranno  le 
vostre  donne,  a  maggior  gloria  di  Dio  e  del  Pontificate 
romano  '.  »  Che  finimondo!  Si  tratta  qui  certamente  di  un 
nuovo  Alarico  o  di  un  nuovo  Attila,  che  scenda  sulle  nostre 
contrade!  Ma  non  s'accorge  il  dabben  Diritto  che  egli,  con 
queste  ampollose  perorazioni,  si  rende  ridicolo?  Mettiamo 

1  Ivi. 


314  1L    GIORNAL1SMO    LIBERALE 

un  po' d1  ordine  in  questa  scompigliata  farragine  d'insulse 
parole. 

Da  prima  il  Diritto  in  questa  faccenda  dell'  indipen- 

denza  politica  del  Papa  non  vede  altro  che  Gesuiti .  Ma,, 
diteci  di  grazia,  son  forse  Gesuiti  quei  milioni  di  catto- 
lici,  che  in  tutte  le  parti  non  solo  delFEuropa  ma  del 
mondo,  fanno  proteste  contro  T  usurpazione  degli  Stati  del 
Papa,  e  sottoscrivono  indirizzi  ai  loro  Governi  invitandoli 
a  vendicarla  ?  Son  composte  di  Gesuiti  quelle  Deputazioni, 
inviate  al  Pontefice  dalla  Germania,  dalF  Austria,  dal  Bel- 
gio,  dall'Inghilterra  a  recitarvi  sul  muso  la  sentenza  con- 
dannatrice  delle  vostre  usurpazioni  ?  E  per  parlare  dei  soli 
romani ,  son  forse  Gesuiti  quegl'  impiegati ,  che  si  dimisero 
in  massa  piuttosto  che  riconoscere  il  nuovo  Governo?  Son 
Gesuiti  quei  militari,  che  tranne  rarissimi,  preferirono  Tin- 
digenza  alia  defezione?  E  son  nomi  di  Gesuiti  quelli  di 
quasi  tutta  la  nobilta  romana,  che  leggiamo  si  di  frequente 
sopra  i  .giornali  in  copiosissime  liste  in  attestato  di  amore 
alPapa  e  di  detestazione  de'suoi  spogliatori?  Lo  stesso  dite 
dei  numerosi  stuoli  di  cittadini,  appartenenti  ad  ogni  classe, 
che  giornalmente  si  recano  alia  dimora  pontificia  per  si- 
gniiicare  al  loro  Sovrano  i  sensi  della  loro  inalterable 
fedelta1. 

In  secondo  luogo,  voi,  o  Diritto,  inenzionate  il  coltello. 
Ma  che  entra  qui  il  coltello  ?  Combattono  forse  con  esso 
gli  eserciti?  Con  talmenzione,  v'intendiamo,  voi  accennate 
a  una  minaccia  per  parte  dei  vostri  consorti.  Ma  con  cio 
venite  sempre  piu  a  chiarire  che  i  liberali  sono  ben  lungi 
da  quella  civilta  e  onoratezza,  che  vorrebbero  dare  ad  in- 
tendere.  II  coltello  eTarma  degli  assassini.Pei  liberali  adun- 
que  non  ci  e  via  di  mezzo:  essi  dichiarano  che  il  loro  esercizio 
dev'essere  o  la  dominazione  o  Tassassinio.  Hanno  dunque 

1  Cio  valga  di  risposta  altresi  aH'Opmione,  la  quale,  se  spropositasse  per 
ignoranza  e  non  per  malizia,  potrebbe^da  questo  solo  intendere  come  pensa  il 
vero  popolo  romano.  E  che  resta  di  un  popolo,  se  voi  ne  eccettuate  1'  intero 
clero ,  la  nobilta,  la  rnilizia,  la  borghesia  ?  Restano,  direte,  gli  operai  e  i  pic- 
coli  commercianti.  Ma  quest!  altresi  nella  loro  gran  maggioranza  maledicono 
i  nuovi  venuti,  parte  per  coscienza  e  parte  per  interesse. 


E  L'INTERVENTO  STRANIERO  315 

ragione  i  cattolici  a  crederli  peggiori  dei  Longobardi  e  dei 
Musulmani.  Quanto  poi  alia  buffonesca  apostrofe,  colla  quale 
ci  dipengete  dispersione  di  uomini ,  sgozzamento  di  donne, 
distruggimento  di  opificii,  nel  caso  di  ristorazione  del  poter 
temporale  per  le  armi  cattoliche,  saremmo  curiosi  di  sapere 
perche  non  vi  ricorse  all1  animo  una  simile  dipintura,  quando 
trattossi  di  chiamare  in  Italia  gli  eserciti  di  Napoleone  III 
per  fare  il  beatissimo  Regno?Non  temeste  allorachele  donne 
venissero  assassinate ,  gli  uomini  dispersi ,  gli  opificii  ma- 
nomessi ,  calpestate  le  messi,  e  gli  operosi  cittadini  impe- 
diti  dal  procurare  il  ben  essere  delleloro  famiglie  coll'one- 
sto  lavoro,  e  colla  vita  intemerata?  Di  tutti  questi  mali 
non  ci  fii  in  quel  caso  ombra  di  pericolo,  in  quest1  altro  ci 
sarebbe  certezza.  Perche  tal  differenza  ?  La  ragione  e  chia- 
rissima:  allora  trattavasi  di  favorire  la  causa  liberalesca, 
adesso  quella  del  Cattolicismo.  Siamo  intesi.  Ma  almeno 
un  po1  di  pudore  avrebbe  dovuto  vietarvi  il  far  menzione  di 
vita  intemerata  ,  di  ben  essere  delle  famiglie  mediante 
I1  onesto  lavoro,  di  assicurazione  di  quiete  e  di  onore  del 
paese!  Attribuendo  tali  cose  al  beatissimo  vostro  Regno,  voi 
evidentemente  mostrate  di  beffarvi  dei  vostri  lettori.  Vita 
intemerata!  Ma  non  si  fa  oggidi  in  Italia  ogni  opera  affin  di 
spegnere  nel  petto  dei  cittadini  ogni  sentimento  di  virtu 
e  di  religione,  ed  aprire  ogni  via  alia  corruttela  e  pravita 
de1  costumi  ?  Ben  essere  delle  famiglie !  E  non  avete  voi  col- 
renormita  delle  tasse  e  dei  balzelli  ammiserita  ogni  classe 
della  nazione,  e  stremato  in  mano  dell1  operaio  perfino  il 
tozzo ,  die  egli  si  ha  procacciato  col  sudor  della  fronte  ? 
Quiete  cittadinesca !  Vi  rispondano,  se  non  fosse  altro,  le 
sole  Romagne ;  dove  voi  stessi  siete  costretti  a  narrare  che 
perfino  la  vita  dei  cittadini  e  alia  discrezion  del  pugnale. 
Non  parliamo  poi  dell1  onore  del  paese ;  il  quale,  sotto  la 
slealta  e  perfidia  liberalesca,  e  divenuto  oggimai  favola 
delle  genti.  Ben  altro  era  I1  Italia  sotto  il  governo  de^uoi 
legittimi  Principi. 

II  Diritto   conchiude  con   una    spavalderia    contro   la 
Francia.  «  Se  ai  figli  di  S.  Luigi ,  egli    dice,    prendesse 


316  1L    G10RKALISMO   L1BERALE 

vaghezza  di  ritentare  una  nuova  Crociata,  non  trovereb- 
bero  la  vecchia  Italia,  divisa,  disarmata ,  lacerata  dalle 
fazioni;  ma  bensi  una  nazione  giovane  e  vigorosa,  dispo- 
sta  ad  affrontare  qualunque  cimento  per  mantenere  la 
sua  unita,  la  sua  indipendenza,  e  la  sua  liberta  T .  »  II  Di- 
ritto  ha  dimenticato  troppo  presto  gli  allori  di  Custoza 
e  di  Lissa,  quando  F  Italia  dei  liberali  non  era  ne  vecchia, 
ne  divisa,  e  molto  meno  disarmata.  Ha  dimenticato  altresi 
il  fremito  delle  province  meridionali ,  non  potuto  finora 
attutarsi  con  dieci  anni  di  feroce  compressione,  e  che  ri- 
vela  T  ostinata  ritrosia  di  quei  popoli  ad  una  tirannide 
innaturale  e  distruggitrice  d1  ogni  loro  prosperita  e  gran- 
dezza .  Ma  che  province  meridionali !  Oggimai  tutte  le 
parti  della  Penisola  sono  stanche  del  giogo,  imposto  loro 
colla  frode  e  colla  violenza. 

Laonde  il  Diritto,  se  avesse  senno,  in  cambio  di  rabbuffi, 
avrebbe  dovuto  darci  lode,  per  quel  nostro  articolo,  in  cui 
dissipavamo  T  equivoco  di  coloro ,  che  con  grave  pregiu- 
dizio  della  nostra  Italia,  confondono  I1  unita  di  nazione  con 
1' unita  di  Stato ;  e  mostravamo  nel  suo  verace  aspetto 
T  intervento  de' cattolici,  che  la  cecita  liberalesca,  non  il 
desiderio  dei  cattolici,  ha  reso  inevitable  con  T  occupa- 
zione  di  Roma.  Che  cosa  e  piu  giovevole?  Scioccamente 
cullarsi  in  folle  sicurezza;  o  niirare  in  faccia  e  ravvisare  a 
tempo  tin  pericolo ,  che  sovrasta?  Or  egli  e  certo  ,  non 
giova  illudersi ,  che  V  intervento  per  la  ristorazione  del 
poter  temporale  de'Papi  ci  dovra  essere.  Potra  tardare  di 
mesi  e,  se  volete,  anche  di  anni,  ma  non  manchera.  Non 
intendiamo  punto  esprimere  voti  illegali,  ma  affermare  un 
giudizio  che  e  comune  a  tutti  i  politici  piu  profondi,  e  si 
e  esposto  altresi  con  libere  parole  da  varii  deputati  nella 
Camera,  e  da  molti  giornali  liberaleschi.  0  crede  il  Dintto 
che  i  cattolici  di  tutto  il  mondo  vorran  contentarsi  di  tol- 
lerare  in  pace  la  servitu  del  loro  Pontefice  e  Tabbassamento 
della  loro  religione,  pei  begli  occhi  dell1  Italia  rivoluzio- 
naria?  Qual  sia  la  disposizione  dei  loro  animi  ben  lo  dimostra 


E    L' INTERVENTO    STRANIERO  317 

I'universale  commovimento,  che  si  e  destato  dappertutto,  e 
invece  di  scemare  ingigantisce  ogni  di.  E  tuttavia  non  si  son 
ancora  veduti  pienamente  gli  effetti  della  invasione  e  sconsa- 
crazione  diRoma.  Siamo  appena  sugl'inizii.  Che  sara  quando 
Tintero  programma  liberalesco  sara  eseguito?  Quando  col 
trasporto  della  Capitale ,  la  prigionia  morale  del  Papa  sara 
resa  piu  dura?  Quando  si  saranno  incamerati  tutti  i  beni 
ecclesiastici;  soppressi  tutti  gli  Ordini  religiosi;  i  Cardinal! 
e  i  Prelati  della  Chiesa  assoggettati  alia  giurisdizione  laica; 
cresciuta  la  baldanza  degli  empii;  diffusa  sempre  piu  Tedu- 
cazione  e  Fistruzione  razionalistica;  impedito  il  libero  svolgi- 
mento  in  Roma  degP  istituti  delle  diverse  nazioni  cattoliche? 
e  andate  voi  discorrendo  di  tutto  il  resto .  Allora  a  qual 
grido  salira  T  indignazione  universale  del  mondo  cattolico? 

II  Diritto  e  T  Opinions  si  consolano  e  vanno  in  giollto, 
perche  al  presente  non  veggono  quale  degli  Stati  europei 
sia  in  grado  di  recar  soccorso  al  Papato ;  e  ci  rimproverano 
di  non  conoscere  la  storia  contemporanea.  Ma  a  noi  sembra 
assai  peggio  il  non  conoscere  la  storia  del  passato.  Quante 
volte  i  Papi  si  son  veduti  derelitti  d'ogni  appoggio  terreno? 
Con  tutto  ci6  la  lor  dinastia,  se  cosi  piace  chiamarla,  si  e 
perpetuata  nel  regno  per  dodici  secolu  0  e  forse  piu  dispe- 
rata  la  condizione  di  Pio  IX  di  quello  che  fosse  la  condizione 
di  Pio  VII,  sotto  Napoleone  I?  Eppure  sappiamo  la  mutazione 
che  avvenne  in  un  girar  di  ciglio.  6  troppa  infelice  la  sicu- 
rezza  di  un  giorno,  quando  si  ha  contro  di  se  T  ineluttabile 
forza  di  una  necessita  assoluta.  Or  il  poter  temporale  de'Papi 
e  appunto  di  necessita  assoluta,  e  sorge  dall1  intrinseca  na- 
tura,  non  alterabile  del  Papato.  I  Papi  in  Roma  non  possono 
altrimenti  essere,  che  sovrani  davvero,  e  non  da  burla. 

Ma  il  Diritto  ripiglia:  per  restituire  Roma  al  Papa,  con- 
verrebbe  disfare  1' Italia.  Che  volete  che  vi  rispondiamo?  Se 
la  cosa  sta  propriamente  in  questi  termini,  noi,.senza 
emetter  voti  che  la  legge  ci  vieta  di  esprimere,  dimande- 
remo  semplicemente :  fi  forse  nostra  la  colpa  d1  esservi 
costituiti  in  questa  fatale  esigenza?  Chi  e  causa  del  suo 
iaal,  pianga  se  stesso. 


RIVISTA 

DELLA 

STAMPA    ITALIANA 


I. 

Deusdedit  presbyteri  Cardinalis,  tituli  Apostolorum  in  Eudoxia, 
.     Collectio  Canonum  e  codice  vaticano  edita  a  Pio  Martinucci, 
praefeclo  allero  Bibliothecae  vatican'ae.  Venetiis,  ex  tipographia 
yEmiliana  MDCCCLXIX.  Un  volume  in  8°  di  pag.  XIX,  520. 

I  vantaggi,  che  gli  studiosi  di  cose  sacre  possono  ricavare  dalle 
collezioni  dei  canoni ,  non  sono  di  piccol  numero ,  ne  di  poca  im- 
portanza.  Fra  i  quali  ci  giova  nominare:  1°!'  intima  conoscenza,  che 
da  tale  studio  si  acquista  intorno  al  saldo  organamento  di  quella  gran 
macchina  sociale,  che  e  la  Chiesa,  ed  il  progresso  della  via,  battuta 
dalla  medesima  attraverso  i  secoli :  2°  il  lume  non  dubbio ,  che  se 
ne  trae  per  disciorre  i  nodi  d'  intralciati  avvenimenti,  o  per  ravvi- 
sare  la  dirittura  di  altri  malamente  riferiti  e  peggio  giudieati:  3°  i 
validi  argomenti,  che  se  ne  soglion  dedurre  in  prova  della  medesi- 
mezza  dei  principii ,  conservata  dalla  Chiesa  nella  sua  costituzione , 
contro  chi  le  rinfaccia  il  reato  della  mutabilita  per  colpa  dell'ambizione 
e  dell'  interesse  de'suoi  reggitori.  Tre  vantaggi,  nell'ordine  scientifico, 
storico  e  polemico,  che  basterebbono  di  per  se  soli,  come  ognun  vede,  a 
dimostrare  1'alta  importanza  delle  collezioni  dei  canoni  per  gli  studiosi. 

Se  non  che  cotesti  ed  altri  vantaggi  erano  rimasti  infino  ai 
nostri  giorni  storpiati  non  poco,  stante  la  mancanza  di  un  bel  gruppo 
di  collezioni  non  ancora  pubblicate  per  la  stampa,  ma  giacenti  tra 
i  codici  delle  biblioteche.  Questo  prezioso  anello  della  serie  era  com- 
posto  delle  lodatissime  collezioni  di  S.  Anselmo  Incense,  del  Bonizzone 
e  del  Cardinale  Deusdedit,  appartenenti  allo  scorcio  del  secolo  XI,  e 


RIVISTA   DELLA   STAMPA   ITALIANA  319 

del  prete  Gregorio  e  del  Cardinale  Laborante,  spettanti  al  secolo  XII. 
Vero  e,  che  non  giacevano  sconosciute,  anzi  erano  state  studiate  a 
quando  a  quando,  piu  o  meno  profondamente,  da  insigni  eruditi,  e 
se  ne  aveano  e  saggi  ed  utile  non  poco :  ma  questo  appunto  era  la 
cagione,  onde  grandemente  invogliatosene  il  comune  degli  studiosi 
ne  bramava  una  fedele  pubblicazione.  II  chiarissimo  Mons.  Martinucci 
i'ha  soddisfatto  in  parte:  perche  messo  mano  all' opera  trasse  dai 
codici  vaticani  la  collezione  dei  canoni,  composta  dal  Cardinale  Deus- 
dedit,  e  ne  procure  la  stampa,  mandandole  innanzi  una  breve  e  suc- 
cosa  prefazione.  Nel  che  ebbe  la  ventura,  che  al  pregio  del  libro  fosse 
congiunto  quello  dei  tipi  e  della  correzione,  merce  la  diligente  opera 
della  tipografia  emiliana.  Salutata  con  animo  gratissimo  la  comparsa 
di  tal  collezione,  e  datone  1'annunzio  bibliografico,  abbiamo  promesso 
di  parlarne  in  particolare.  Ora  il  facciamo  assai  di  buon  grado:  tanto 
piu,  che  confrontati  i  tempi,  in  cui  scrisse  il  Cardinale  Deusdedit 
coi  nostri,  v' incontriamo  una  grande  somiglianza  di  circostanze. 

Qual  fosse  la  patria,  quale  il  casato  del  Cardinale  Deusdedit  6 
cosa  incerta.  II  Cardella  lo  fa  nato  nella  Germania  inferiore,  e  di  la 
capitato  a  Roma  l :  ma  non  ne  arreca  alcun  documento  in  prova.  Fiori 
a'  tempi  di  Papa  Gregorio  VII,  di  Vittore  III  e  di  Urbano  II.  Rotta 
dall'  imperatore  Federico  asprissima  guerra  alia  S.  Sede,  egli  stette 
con  questa,  e  la  servi  coll'opera  e  con  la  penna  2.  Creato  Cardinale, 
secondo  il  Ciacconio  3,  da  Papa  Gregorio  VII  col  titolo  di  S.  Pietro 
in  VinculiS;  indi  retta  per  doaici  anni,  secondo  il  Grimaldi,  la- Ba- 
silica vaticana  in  qualita  di  Arciprete,  e  sostenuta,  come  vuole  il 
Cardella,  la  legazione  di  Spagna,  o  meglio  ito  in  Germania,  vi  mori 
nel  1098,  o  nel  1099.  Giacche  nell'ottobre  appunto  di  quest'anno  una 
Bolla  di  Papa  Pasquale  II  ci  da  il  titolo  di  S.  Pietro  in  Vinculis 
non  piu  come  tenuto  dal  nostro  Cardinale,  ma  da  un  certo  Alberico. 

Detto  alcun  che  dell'autore,  veniamo  al  libro.  La  occasione  del 
comporlo  venne  dalla  fiera  lotta,  che  ardea  tra  la  Chiesa  e  1'  impero. 
Rinnegato  il  fine  della  sua  costituzione ,  avea  questo  manomessi  i 
beni  ecclesiastici,  conculcati  i  diritti  spirituali  piu  sacri  ed  occupate 
le  terre  appartenenti  al  dominio  temporale  della  Santa  Sede.  E  sic- 
come  non  v'e  uomo  si  nequitoso,  il  quale  non  brami  dar  aria  di 
onesta  alle  sue  opere  piu  scellerate ;  cosi  1'  imperator  Federico  avea 
procurato  di  avere  al  psoprio  soldo  ingegni  e  penne,  tutte  acconce  al 
suo  bisogno.  Contro  gli  scritti  di  cotesta  genia  vendereccia  il  Cardi- 

1  Memorie  storiche  de'Cardinaii  della  santa  Romana  Chiesa.  —  Cardinali  di  S.  Gre- 
gorio VII. 

1  Cf.  Baronium  ad  ann.  1059,  1080,  1081. 

'  Vitae  et  res  gestae  Romanorum  Pontificum  et  S.  R.  E.  Cardinalium  vol.  I  —  Gre- 
gorius  VII. 


320  RIVISTA 

nale  Deusdedit  compose  e  pubblico  due  opere ,  la  prima  col  titolo : 
Collectio  canonum,  sedendo  Papa  Vittore  III,  a  cui  la  dedico;  la 
seconda  con  quello  di  Libellus  contra  invasores  et  simoniacos  et 
rcliquos  scismaticos ,  sotto  Papa  Urbano  II.  Un  paio  di  volumi ,  i 
quali  non  solo  meritaronsi  le  piii  alte  lodi  dei  contemporanei ,  ma 
ancora  degli  uomini  piu  eruditi  dei  tempi  posteriori  inlino  a  noi. 

Quanto  alia  Collezione  di  cui  parliamo,  essa  e  rammentata  da 
Pandolfo  Pisano,  dall'Anonimo  Melicense  e  da  Bernardo  da  Pavia.  E 
lodata  grandemente  dal  Baluzio  e  dal  Turriano,  ed  il  Baronio  la  giudica 
utilissima  alia  Chiesa  1.  II  Piteo  le  rivendica  il  pregio  della  origina- 
lita,  contro  chi  diceala  un  compendio  del  Burcardo  2.  Alberto  Fabrizio 
ne  fa  memoria  con  grande  stima,  tanto  nella  sua  Biblioteca  greca, 
quanto  nella  latino,,  e  si  mostra  forte  maravigliato  che  il  Roccaberti 
non  1'abbia  posta  nella  sua  Biblioleca  pontiftcia.  Le  quali  lodi  sono 
confermate  e  dai  romani  correttori  del  Graziano,  che  se  ne  giovarono 
nel  condurre  il  loro  strenuo  lavoro  3,  e  dall'Holstenio,  che  ne  trasse 
parecchi  documenti  inediti,  dei  quali  arricchi  la  sua  Collezione  ro- 
mana  4,  e  dallo  Zaccaria,  che  si  valse  pure  di  molti  di  essi  per  rischia- 
rare  alcuni  punti  storici,  intorbidati  dalla  mala  fede  dei  nemici  della 
Chiesa  5.  II  primo  a  dare  una  distinta  cognizione  delle  due  opere  del 
Cardinale  Deusdedit  fu  Antonio  Agostino  6,  ed  i  primi  a  scrivere  di 
proposito  intorno  alia  Collezione  dei  Canoni  ed  a  farcela  conoscere 
tale  qua!'  e,  furono  gli  eruditissimi  Ballerini  di  Verona,  i  quali  stu- 
diandola  vi  rinvennero  nuovi  documenti  non  veduti  o  trascurati  dal- 
1'  Holstenio  7.  Contuttocio  cotesta  Collezione  e  miniera  si  ricca,  che 
il  Mai,  dopo  aver  menzionati  gli  scrittori  che  ne  aveano  fatto  lor  pro , 
conchiude:  Quae  cum  ita  se  habeant  multo  lamen  plum  in  prae- 
dicto  doctissimi  Cardinalis  codice  adhuc  supersunt,  quae  vel  meam, 
vel  cuiusvis  demum  industriam  ut  divulgenlur ,  expectant  8. 

1  Hoc  anno,  vivente  adhuc  Victore  Papa,  Deusdedit  presbyter  Cardinalis  tituli  Eu- 
doxiae,  commentarium  elaboravit,  his  temporibus  opportunum,  pro  Ecclesia  oatholica  contra 
.schismaticos,  quern  et  dedicavit  Victori  Papae.  Extat  eiusmodi  lucubratio,  tanto  viro  digna, 
in  vaticana  Bibliotheca,  CoUectio  Canonum  nuncupata.  Ad  aun.  1087,  n.  22. 

*  Hunc  quidam  Burcardi  breviatorem  dixerunt:  male.  Vidimus  aliquando  exemplar 
iiuius  Collectionis  in  Bibliotheca  Dominicanorum  Valentini   quatuor  in  libros   distinctum, 
eontiuens  multa  ex  Rom.  Ecclesiae  scriniis,  quae  Burchardus  non  viderat.  Cf.  Histor.  iur. 
c-an.  II.  273. 

1  Cf.  Praefat. 

Collectio  Romana  bipartita   veterum   aliquot  historiae  ecclesiasticae  monumento- 
rum  etc. 

*  De  rebus  ad  historian*  atque  antiquitates  Ecclesiae  pertinentibus.  Vol.  II,  Diss.  X, 
De  Patrimoniis  fc>.  R.  E. 

De  quibusdam  veteribus  canonum  ecclesiasticorum  collectoribus  iudicium  ac  cen- 
fiura,  c.  28. 

7  Disquisitiones  de  antiquis  colloctionibus  et  collectoribus  canonum.  P.  IV,  c.  XIV 

8  I.oc.  cit. 


DELLA   STAMPA   ITALIANA 

Tale  e  la  stima  ed  i  giudizii  portati  dai  dotti  in  favore  della 
Collezione  del  Cardinale  Deusdedit.  II  codice,  da  cui  fu  tratta,  e 
palimpsesto,  il  quale  contenea  un  Capitolare  degli  Evangeli,  come 
appare  dalle  vestigia  rimastevi  dell'antica  scrittura.  A  capo  di  esso 
leggonsi  quattro  annotazioni :  le  due  prime  risguardano  i  sinodi  ge- 
nerali,  la  terza  i  particolari,  la  quarta  le  decretali  primitive.  Alle 
quattro  annotazioni  tien  dietro  il  catalogo  dei  Romani  Pontefici  da 
S.  Pietro  a  Pasquale  II:  indi  viene  la  lettera,  con  che  il  Cardinale 
Deusdedit  intitola  1' opera  sua  a  Papa  Vittore  III.  Questa  dedica  ci 
discopre  il  tempo,  in  cui  dovette  oomporsi  la  Collezione.  Imperocche 
essendo  stato  Yittore  HI  creato  Papa  nel  maggio  del  1086,  e  spento 
per  morte  nel  settembre  dell'anno  seguente,  e  chiaro,  che  essa  e  da 
giudicarsi,  al  piu  tardi,  per  lavoro  pubblicato  nel  1087.  Pretermesse 
le  annotazioni  ed  il  catalogo  dei  Papi,  siccome  opera  di  altra  penna,  la 
edizione  del  chiarissimoMgr.  Martinucci  incomincia  dalla  lettera  citata. 

Circa  il  pregio  del  codice  i  giudizii  non  sono  d'accordo.  11  Car- 
dinal Mai  gli  da  la  insigne  lode  di  praestantissimus  3  e  lo  fa  coi 
Ballerini  coevo  all'autore  della  Collezione.  II  chiarissimo  editore  non 
conviene  pienamente  in  tale  sentenza.  Non  in  cio  che  tocca  la  qualita 
datagli  di  praestantissimus,  e  perche  di  lettura  assai  difficile,  come 
mostra  il  fac-simile  cavatone;  e  perche  seminato  di  errori,  come  prova 
la  stampa  del  libro,  conforme  in  tutto  al  manoscritto.  Non  in  cio  che 
spetta  alia  eta  del  medesimo:  perche  il  catalogo  dei  Papi,  messo  in- 
nanzi  alia  Collezione,  finendo  in  Pasquale  II  vivente,  creato  Papa 
1'agosto  del  1099  e  morto  nel  1118,  ne  segue,  che  1'amanuense  di 
poca  lettera  e  di  cattiva  mano  dovesse  copiarlo  tra  1'agosto  del  1099 
ed  il  1118,  che  e  quanto  dire  dopo  la  morte  dell'autore  della  Col- 
lezione. Checche  ne  sia  della  bonta  e  del  tempo  del  codice,  il  fatto  si  e, 
die  il  contenutovi  fu  lavoro  di  un  grande  uomo  e  stimatissimo  presso 
il  fiore  degli  eruditi,  come  abbiamo  veduto. 

II  quale  giudizio  e  validamente  fondato  nei  pregi  della  tratta- 
zione.  Difatto  quanto  alia  materia,  questa  non  puo  essere  piu  capitale. 
Quattro  sono  i  punti  presi  di  mira,  e  svolti  in  quattro  libri.  Lo  stesso 
autore  nella  dedica  a  Papa  Vittore  III  ce  gl'  indica ,  notando  tutto 
insieme  il  rapporto  che  1'uno  ha  coH'altro.  « II  primo  libro,  egli  scrive, 
contienc  il  privilegio  dell'autorita ,  inerente  alia  Chiesa  romana .  E 
siccome  la  Chiesa  non  puo  sussistere  senza  il  suo  clero,  ne  il  clero 
senza  le  cose  di  che  vive  temporalmente;  cosi  misi  dopo  il  primo  il 
secondo,  che  tratta  del  clero,  e  .il  terzo,  che  si  versa  intorno  alle  cose 
della  stessa  Chiesa  romana.  Ma  la  podesta  del  secolo  si  sforza  a  tut- 
t'uomo  di  rendersi  mancipia  la  Chiesa;  quindi  nel  quarto  in  modo 
particolare  si  prova  la  liberta  della  Chiesa,  del  clero  e  delle  cose 


Serie  VIII.  vol.  II,  fasc.  501. 


27  aprite  1871. 


32*2  R  i  VISTA 

temporal!  appartenenti  allo  stesso  ».  A  tanta  gravita  di  soggetto  cor- 
risponde  la  gravita  della  trattazione.  Giacche  intorno  al  primato  ed 
alia  podesta  della  Chiesa  romana  spese  dugento  cinquantuno  titoli  o 
capitoli,  sul  clero  centotrentadue,  per  le  cose  della  Chiesa  centocin- 
quantanove,  e  circa  la  liberta  della  Chiesa,  del  clero  e  di  ci6  che  gli 
spetta  nell'ordine  temporale  censessantadue. 

Correa  a'  suoi  tempi  lo  scritto  del  Pseudo-Isidoro.  Ma  egli  non  si 
lascio  gran  fatto  adescare  a  tale  autorita.  Che  se  pure  la  segui  in 
alcun  luogo,  la  cosa  relativamente  al  tutto  e  si  poca  da  non  doversi 
curare.  I  fonti  da  cui  il  valente  Cardinale  attinse  le  sue  prove,  sono 
sinceri,  e  ne  abbiamo  dalla  sua  penna  questa  savia  ragione  :  «  Ho 
adoperato  tutto  lo  studio,  perche  le  cose  quivi  raccolte  fossero  d'  in- 
terissima  autorita ,  assai  bene  conoscendo ,  che  insieme  con  quelli , 
a  cui  torncranno  gradite,  non  mancheranno  quelli  a  cui  sapranno 
di  agro  ».  E  percio  gli  argomenti,  che  egli  porta,  sono  tratti  o  dalla 
Scrittura,  o  dai  canoni  dei  Concilii,  o  dalle  autorita  dei  Pontefici  o 
da  storie  sincere,  o  dai  document!  autentici,  che  si  conservavano  nel- 
1'archivio  della  Basilica  lateranense,  di  cui  si  valse  largamente  e  il 
meglio  che  pote.  Yolete  vedere  a  qual  segno  montava  la  sua  diligenza 
nel  riferire  il  senso  veridico  dei  document!?  Eccovi  un  esempio.  Tre 
sono  le  antiche  versioni  latine  dei  canoni  dei  Concilii  tenuti  in  Grecia: 
Isidoriana,  Prisca  e  Dionisiana.  Accade,  che  le  parole  dell'una  non 
si  accordino  con  quelle  dell'altra,  benche  nel  fondo  il  senso  sia  lo 
stesso.  II  Cardinale  Deusdedit  incontrando  tale  discordia  nei  canoni, 
che  dovea  citare,  non  tiensi  pago  di  aver  recato  il  canone  di  una 
versione,  mavi  soggiunge  all'uopoanchequello  dell'altra,  che  variava. 
L'  importantissimo  canone  VI  del  Concilio  I  niceno  ne  sia  la  prova 
dataci  nella  forma  della  Prisca  e  della  Dionisiana. 

Ne  pensi  alcuno,  che  un  libro  di  sacri  canoni,  raccolti  ed  ordi- 
nati  per  gli  uomini  del  secolo  undecimo,  non  sia  di  alcun  utile  per 
quelli  del  secolo  decimonono.  Nihil  sub  sole  novum.  Gli  error!  e  le 
lotte  sorte  nella  Chiesa  di  quel  tempo  hanno  molta  somiglianza  agli 
errori  ed  alle  lotte  del  nostro.  Le  rabbiose  favelle  del  febronianismo, 
del  giansenismo,  del  regalismo  e  del  gallicanismo  in  comunella  col 
liberalismo,  fatte  sentire  contro  I' autorita  pontificia  dalle  penne  di  al- 
cuni  scrittori,  durante  1'  interrotto  Concilio  vaticano,  non  sono  gran  fatto 
diverse  da  quelle,  che  si  udivano  dagli  scismatici  e  dagli  imperialisti 
del  secolo  undecimo.  Leggete  il  libro  primo  della  Collezione,  di  cui 
parliamo,  e  incontrerete  un  cumulo  di  autorita,  con  che  schiacciare  i 
detrattori  dei  diritti  divkii  della  S.  Sede,  o  1'audacia  di  chi  vorrebbe 
comechessia  diminuito  il  potere  sovrano  del  Pontefice,  sia  nel  reg- 
gimento  della  Chiesa  universale ,  sia  nelle  decision!  delle  controver- 
sie,  sia  nelle  condanne,  sia  nella  promulgazione  ed  imposizione  delle 


DELLA  STAMPA  ITALIANA 


323 


leggi.  Hanno  un  bel  che  dire  i  liberal!  e  contro  I'Enciclica:  Quanta 
cura  ed  il  Sillabo.  Ma  la  teorica,  che  il  Card.  Deusdedit  togliedalla 
tradizione  della  Chiesa  e  pone  nel  libro  I  e  IV,  batte  qua  :  tutti  i 
cattolici  debbono  soggettarsi  alle  dottrine  ed  alle  sentenze  pronunziate 
dal  Papa  in  quanto  capo  della  Chiesa.  Non  lo  fanno?  Peggio  per 
essi:  rifmtandole  scientemente,  indarno  si  stimano  di  appartenere  alia 
vera  Chiesa.  Circa  poi  i  reggitori  della  societa  e  detto  e  provato  con  tre 
capitoli:  Quod  saeculi  potestas  praecipue  a  beati  Petri  sede  ea,  quae 
vera  sunt  debet  cognoscere.  Figuratevi,  che  in  tali  capitoli  si  tratta 
esplicitamente:  De  obedientia  eiusdem  (saeculi  potestatis)  erga  eam- 
dem  (beati  Pelri  sedem);  De  reverentia  etc.  Se  v'ebbe  tempo,  in  cui 
con  grande  spaccio  di  legalita  furono  condannati  allo  sperpero  i  beni 
ecclesiastic!  e  cancellato  il  diritto  di  possedere  nella  Chiesa,  e  senza 
fallo  il  presente.  Leggansi  su  questo  punto  i  libri  III  e  IV  :  la  lettura 
non  sara  cosa  inutile  in  ordine  alia  polemica  e  per  questo  capo  di 
quistioni  e  per  altri  affini. 

Un  errore  si  e  fitto  in  capo  di  alcuni  studiosi,  tuttoche  e'siano 
di  buona  volonta,  cagionato  dagli  scritti  febbroniani  e  gallicani,  il 
quale  e  che  il  reggimento  della  Chiesa  abbia  patito  sostanziali  mu- 
tazioni  nel  medio  evo,  per  colpa  dei  documents  falsati  o  interpolati  del 
Pseudo-Isidoro.  Chi  ne  fosse  tocco  si  faccia  a  studiar  un  poco  attenta- 
mente  quelli  del  Deusdedit,  dai  quali  rilevando  facilmente,  che  nel 
medio  evo  i  Papi  e  la  Chiesa  tutta  reggevasi  secondo  i  principii  e 
le  disposizioni  dei  Concilii  anteriori,  rimarra  di  leggeri  convinto,  che 
come  non  ebbe  mutamenti  quello  adopcratosi  nel  medio  evo ,  cosi 
non  li  ricevette  il  presente. 

II  P.  Zaccaria,  merce  le  schede,  lasciate  in  morte  dall'llolstenio, 
ed  il  suo  studio  particolare,  raccolse  tanti  e  si  preziosi  document!  dei 
Papi  Gelasio  e  Pelagio  I,  conservatici  dal  Card.  Deusdedit,  che  sciolse 
storicamente  la  quistione  dei  patrimonii  posseduti  ab  antico  dalla 
Chiesa  romana.  II  Baronio  collo  studio  della  stessa  Collezione  pote 
chiarire  i  rei  fatti  degli  scismatici  a'  tempi  di  Papa  Gregorio  YII  e  dei 
seguenti,  ed  a  far  nota  la  loro  mala  fede  nel  falsificare  il  decreto  di 
Papa  Nicolo  II  circa  la  elezione  dei  Pontefici.  Chi  si  fara  a  studiarvi 
la  maniera  del  reggimento  della  Chiesa  di  quei  tempi,  conoscera  quali 
erano  i  regni  dell'Europa,  datisi  in  protezione  alia  Sede  apostolica,  e 
cio  che  importavano  i  giuramenti  di  vassallaggio,  fatti  dai  medesimi, 
e  i  diritti  su  cui  i  Pontefici  s' intromettevano  nelle  cose  politiche,  or 
deponendo,  or  raflermando,  or  rampognando  i  principi.  I  rimproveri 
fatti  ai  Papi  di  ambizione,  d' interesse  o  di  altro,  per  quello  che 
hanno  operate  coi  principi  e  coi  re,  considerati  al  lume  della  storia,  non 
sono  che  misere  calunnie,  fondate  su  la  ignoranza  e  su  la  mala  fede. 


324  Rl  VISTA 

Quest!  ed  altri  saranno  i  vantaggi,  che  lo  studioso  della  Collezione 
del  Card.  Deusdedit  potra  raccorre,  sia  per  la  conoscenza  dell'ordi- 
namento  della  Chiesa,  sia  per  la  polemica  religiosa,  sia  per  la  storia. 

II. 

77  Clero  cattolico  e  la  Civilta,  per  N.  C.  MARISCOTTI.  Volume  terzo. 
Modena,  tipografia  dell'Immacolata  Concezione  editrice,  1868. 
Un  volume  in  4°  di  pag.  928. 

Questo  volume  fu  cominciato  a  stampare  nel  1868,  ed  e  stata 
terminate  nell'anno  che  corre.  Con  esso  1'egregio  Conte  Mariscotti  ha 
dato  compimento  ad  un' opera,  la  quale  rimarra  monumento  dello 
zelo,  ond'egli  ha  cercato  di  giovare  alia  presente  societa  nel  miglior 
modo  che  e  possibile;  cioe  dichiarando  le  soprannaturali  eccellenze 
della  vera  Religione,  e  le  divine  prerogative  della  Chiesa  cattolica, 
la  quale  custodisce  e  propaga  la  Religione  medesima  per  mezzo  del 
suo  Clero.  Rimandiamo  i  nostri  lettori  al  volume  X  deila  sesta  serie 
del  nostro  periodico,  pag.  209  e  seg.,  ed  al  volume  V  della  settima 
serie,  pag.  704  e  seg.,  ove  demmo  un  cenno  e  lodammo,  secondo  il 
merito,  i  due  volumi  precedent!;  e  venendo  senz'altro  a  questo  ul- 
timo volume,  recentemente  pubblicato,  diciamo  innanzi  tratto,  che  ad 
esso  compete  piu  propriamente  quel  titolo  generale:  II  Clero  catto- 
lico e  la  Civiltd,  che  il  ch.  Autore  ha  voluto  dare  a  tutta  1' opera. 
Negli  altri  due  volumi  1'assunto  e  svolto,  per  cosi  dire  soltanto  nei 
suoi  fondamenti  e  nei  suoi  principii;  poiche  ivi  si  tratta  delle  verita 
fondamentali  della  Religione  cristiana,  si  stabilisce  la  verita  del  Cri- 
stianesimo  medesimo,  e  se  ne  determina  la  forma,  che  e  unicamente 
la  Chiesa  cattolica;  laddove  il  terzo  volume,  discendendo  in  certo  modo 
dalla  teorica  alia  pratica,  e  tutto  in  rappresentare  1'azione  del  Clero 
cattolico,  e  nel  dimostrare  come  per  1'efficacia  della  vera  Religione 
esso  e  il  fattore,  Teducatore  e  il  conservatore  della  vera  civilta. 

Chi  prende  a  magniticare  la  dottrina  cattolica,  e  quindi  il  Clero 
della  vera  Chiesa  di  Gesu  Cristo,  per  questo  capo,  cioe  per  esser  1'una 
fonte  e  1'altro  strumento  di  civilta,  si  accinge  a  rendere  una  testi- 
monianza  nobilissima  alia  verita;  giacche  e  rigorosamente  vero,  che 
la  civilta  genuina  e  perfetta  non  ha  ne  pud  avere  altra  origine,  se  non 
la  dottrina  e  il  Clero  della  Chiesa  cattolica.  E  se  egli  manda  felicemente 
a  termine  il  suo  disegno ,  sic-come  lo  ha  mandato  1'egregio  Autore, 
oltre  a  questo  testimonio  che  da  alia  verita,  risponde  ancora  alle  ne- 
cessita  ed  alle  esigenze  del  nostro  tempo.  Ad  ogni  tratto  si  ode  oggi 
ripetere  il  nome  di  civilta,  tutti  desiderano  e  vantano  la  civilta.  Ma 
intanto,  poiche  se  ne  ignora  pur  troppo  il  vero  concetto,  avviene  che 
i  piu,  invece  di  tendere  alia  civilta,  si  precipitano  nella  corruzione 


DELLA   STAMPA   ITALIANA  3*25 

e  nella  dissolutezza  del  costumi  pagani .  Ad  oscurare  poi  il  sincere 
concetto  della  civilta  conferiscono  non  poco  alcuni  scrittori,  uomini 
sedotti  e  forse  anche  seduttori,  i  quali  non  vogliono  distinguere  le  due 
maniere  di  civiita,  Tuna  reale  e  salutifera,  1'altra  apparente  e  venefica. 

II  Mariscotti  proclama  altamente  tal  distinzione,  fin  dalle  prime 
pagine  del  suo  volume.  «  Un  principio,  egli  dice ,  si  oppone  ad  un 
principio,  un  progresso  ad  un  progresso,  una  civilia  ad  una  civilta ; 
e  come  un  tempo  i  figli  di  Dio  erano  osteggiati  dai  figli  degli  uomini, 
cosi  principio,  progresso,  civilta  del  cattolicismo  lo  sono  da  principio, 
progresso  e  civilta  del  secolo;  ma  come  a  quel  prirao  osteggiare  tenne 
dietro  il  diluvio,  cosi  a  questo  secondo  terrebbe  dietro  la  barbaric,  se 
principio,  progresso  e  civilta  del  cattolicismo  potessero  esser  mai  so- 
verchiati  ed  oppressi l.  » 

Quella  confusione  poi  di  concetti  che  si  fa  da  molti  scrittori,  fra 
i  quali  non  mancano  alcuni  cattolici,  e  da  lui  descritta  e  condannata 
in  questi  termini.  «  Se  vi  e  parola,  di  cui  siasi  in  mille  modi  abu- 
sato,  se  vi  e  concetto,  che  sia  stato  alterato  e  confuso,  nessuni  si  lo 
furono  come  questo  di  civilta;  imperocche  ognuno  1'abbia  intesa  e  de- 
finita  dal  punto  di  vista  del  pregiudizio  proprio,  della  passione  o  del 
fanatismo.  Quegli  entusiasta  della  piu  recondita  antichita,  vi  paria 
della  civilta  indiana  ed  egizia,  e  poco  sta  che  non  chiami  barbari  il  cri- 
stianesimo  ed  i  tempi  presenti .  Questi  con  gli  occhi  abbarbagliati 
dallo  splendore  delle  arti  e  dallo  spirito  cosmopolitico  della  Grecia,  vi 
fa  il  panegirico  dello  incivilimento  di  quel  popolo ;  ed  innanzi  ai  genii 
ateniesi  spariscono  i  moderni,  e  sotto  a  Platone  non  si  teme  di  porre 
Gesu  Cristo.  L'uno  stupefatto,  che  una  sola  gente  abbia  potuto  sten- 
dere  la  sua  ala  su  tutto  il  mondo,  rimpiange  la  grandezza  romana,  e 
la  evocherebbe,  se  potesse,  dalle  sue  rovine  a  dispetto  della  egua- 
glianza  e  della  fraternita  manomesse  da  un  popolo,  che  misurava  i 
diritti  degli  uomini  e  delle  nazioni  sulla  sua  lancia  .  L'altro  spasi- 
mante  di  liberta,  insofferente  di  qualunque  ritegno  religioso,  morale 
e  civile,  poco  meno  che  non  parla  di  civilta  di  popoli  viventi  in 
condizione  di  tribu  o  selvaggi .  Per  la  maggior  parte  infme  degli 
uomini  del  secolo  decimonono  che  cos'  e  la  civilta?  La  lotta  e  il  trionfo 
della  liberta  contro  la  fatalita.  E  questa  fatalita  sapete  che  cos'  e  ?  E 
Dio,  e  Gesu  Cristo,  e  la  rivelazione,  e  la  legge  morale2.* 

Rigettate  queste  pazze  definizioni,  egli  ripone  il  concetto  della 
vera  civilta  ;iel  cammino  graduale  e  progressive  della  creatura  ra- 
gionevole,  religiosa  e  sociale  verso  il  perfetto .  E  siccome  niuno  e 
assolutamente  perfetto,  tranne  Dio,  cosi  con  una  legittima  deduzione, 
egli  afferma  che  Iddio  e  lo  scopo  o  il  fine  ultimo  della  vera  civilta. 
Essendo  poi  manifesto,  che  i  principal!  elementi  della  coltura  di  una 

I  Pag.  18.    _    2  pag.  13>  14. 


3*26  RIVISTA 

creatura  ragionevole  sono  quelli,  che  nobilitano  lo  spirito  della  me- 
desima,  esso  conchiude  chela  vera  civilta  deve  ispirarsi  alia  religione 
cattolica;  mentre  in  questa  le  facolta  intellettive  ed  operative  del 
nostro  spirito  sono  ad  un  tempo  inn,alzate  ad  atti  soprannaturali,  e 
siamo  premuniti  da  quegli  errori  pratici  e  da  quelle  colpe ,  in  cui 
cadremmo  senza  il  beneficio  di  questa  religione.  Finalmente  stabi- 
lisce  che  lo  strumento  della  vera  civilta  e  il  Clero  cattolico,  poiche 
essoe  quello  che  conserva  ed  insegna  le  verita  rivelate,  onde  e  sol- 
levato  I'intelletto,  ed  amministra  i  sacramenti  i  quali  confortano  ad 
operare  secondo  la  rettitudine  e  la  giustizia. 

Ma  dunque,  dirai,  questo  e  un  libro  clericale:  il  che  se  a  molti 
varra  quanto  una  comrnendatizia,  presso  molti  altri  sara  un  titolo  de- 
cretorio  per  chiudere  il  libro  e  metterlo  da  parte.  Rispondiamo  che  il 
I ibroe clericale,  echeintanto  per  impedirequel  che  tu  temi,il  ch.  Autore 
nelle  prime  pagine  e  quasi  in  luogo  di  prefazione,  ha  rappresentato 
nel  suo  vero  aspetto  e  confutato  questo  pregiudizio  del  nome  di  cle- 
ricale. Egli  dimostra  che  un  tal  nome  e  uno  spauracchio,  formato  dalla 
malvagita  di  alcuni,  a  fine  di  fare  apparire  abbominabile  quanto  vi 
ha  sulla  terra  di   vero  e  di  buono.  Sono  dcgne  di  esser  riferite  le 
iiobilissime  parole,  colle  quali  egli  pone  termine  a  questa  confutazione. 
«  Cattolici ,  egli  esclama,  eclericali!  A.nzi,  clerical]',  perche  cattolici! 
Tal  e  la  nostra  divisa,  tale  lo  stendardo,  sotto  al  quale  miiitiamo,  Gre- 
garii  della  Chiesa  noi  c'  inchiniamo  al  Clero,  che  e  deputato  con  la 
varia  gerarchia  a  capitanarci.  La  vittoria  e  a  patto  della  disciplina 
e  della  obbedienza;  ora  se  noi  non  volessimo   vincere,   a  qua!  pro 
combatteremmo?  Cattolici  e  clericali !  lo  ripetiamo  ancora  una  volta. 
Se  non  arrossiremo  del  prirno  nome,  perche  arrossiremmo  del  secondo? 
e  pregiandoci  di  quello,  ci  reputeremmo  avviliti  per  questo?  Cristiano 
('  il  mio  nome.,  Cattolico  il  cognome,  cosi  diceva  un  Padre  della 
Chiesa,  combattendo  contro  gli  eretici  del   suo  tempo   per  chiudere 
ogni  adito  all'equivoco;  e  rioi  nella  presente  condizione  del  secolo  , 
in  cui  Iddio  ci  ha  fatto  vivere,  ripetiamo  modestamente,  ma  con  in- 
trepidezza:  Cattolico  e  il  nostro  nome,  Clericale  il  cognome.  Se 
non  vergognavano  di  san  Pietro  i  cristiani  del  primo  secolo,  perche" 
vergogneremmo  noi  oggi  di  Pio  Nono?  Se  i  primi  cristiani  formavano 
tutta  un'anima  co'  Vescovi  e  co'  sacerdoti  loro ,  perche  dovremmo  noi 
separarci  dall'  episcopate  e  dal  sacerdozio  ?  lo  son  cattolico,  ma  non 
clericale  si  e  udito  piu  fiate,  e  tuttodi  si  ode  ripetere  da  questi  e  da 
quelli.  Si?  dunque  non  accettate  il  domma,  che  la  voce   infallibile 
del  Supremo  Gerarca  dichiara?  dunque  ripudiate  il  ministero  sacer- 
dotale?  Abborrite  dai  sacramenti,  col  mezzo  dei  quali  la  Chiesa  di- 
spensa  la  virtu  del  Cristo?  Se  nulla  di   tutto  questo  accettate ,  con 
qual  coraggio  vi  nomereste  cattolici?  E  se  invece  accettate,  con  quale 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  327 

incoerenza  vergognereste  a  dichiararvi  e  ad  esser  predicati  clericali  ? 
Bando  pertanto  al  coraggio  per  meta :  oggi  ferve  calorosa  la  pugna , 
ed  ella  e  ad  oltranza;  ne  il  ciero  vien  meno  al  suo  ufficio  di  capitano, 
imperocche  combatta  nelle  prime  file,  e  c'infonda  coraggio  con  lo 
esernpio.  Saremmo  noi  codardi  tanto  da  lasciarlo  alle  prese  col  nemico, 
ritraendoci  non  dinanzi  ai  colpi  micidiali,  ma  ad  una  parola ,  ch'  e 
una  malignita  od  una  stoltezza?  l  » 

Ecco  ora  in  poche  parole  come  viene  svolto  1'  accennato  concetto 
del  libro.  Si  rappresenta  il  Clero  cattolico  qual  padre  della  civilta,  in 
primo  luogo  per  1'  innalzamento  dell'  intelletto,  in  secondo  luogo  per 
1'  accrescimento  della  forza  della  volonta,  e  finalmente  per  1'  espansione 
dell' amore.  L' innalzamento  dell' intelletto  proviene  dalla  rivelazione 
de'misteri,  come  per  esempio,  dai  dommi  rivelati  della  Unita  e  Tri- 
nita  di  Dio,  e  da  quelli  della  Incarnazione,  della  vita  futura,  e  della 
istituzione  e  conservazione  della  Chiesa  cattolica .  L'  accrescimento  di 
forza  nella  volonta  e  effetto  della  dottrina  anche  rivelata  sulla  natura 
e  sulla  gr.zia,  e  della  efficacia  de'  sacramenti,  specialmente  di  quelli 
della  Confessione  e  della  Eucaristia.  L' espansione  poi  dell' amore  si 
appalesa  dai  frutti  del  nuovo  comandamento  di  Cristo,  cioe  del  co- 
mandamento  della  carita,  praticato  dalla  sua  Chiesa.  Per  mezzo  della 
carita  il  Clero  cattolico  ha  trasformato  il  mondo;  per  essa  egli  ha 
raddirizzato  il  principio  dell'  autorita ,  ha  restaurato ,  secondo  1'  or- 
dine,  le  liberta  individual!  e  politiche,  e  ha  diffuso  i  veri  concetti 
della  uguaglianza  della  fraternita  e  della  tolleranza. 

Su  questi  argomenti  ragiona  il  ch.  Mariscotti  in  tre  capi  di- 
stinti,  con  assai  dottrina  ed  erudizione.  Molte  verita  si  vedono  ivi 
mirabilmente  dichiarate;  e  al  cospetto  di  queste  egli  cita  le  stoltissime 
teoriche  dei  nemici  della  Chiesa,  promotori  di  falsa  civilta  e  di  falso 
progresso.  Le  esamina  colla  meritata  severita ,  e  le  confuta  trionfal- 
mente.  Leggasi,  per  cagion  d' esempio,  tutto  quel  tratto  2,  ov' egli 
discorre  de' famosi  principii  del  1789,  cosi  vantati  dalla  rivoluzione 
francese,  i  quali  pero  nel  fatto  hanno  spremuto  tanto  pianto  e  tanto 
sangue  da  quella  nazione,  che  e,  non  sappiamo,  se  piu  generosa  o  phi 
infelice.  Si  vegga  con  quale  aggiustatezza  e  insieme  con  qual  forza  ei 
parli  di  quegl' infausti  e  malagurati  principii,  e  quanto  saggiamente 
conchiuda  dicendo,  che:  «  Accettare  i  principii  del  1789,  come  simbolo 
di  giustizia  naturale  e  politica,  e  indegno  per  un  cattolico;  e  sarebbe 
un  omaggio  reso  alia  statua  di  Nabucco,  senz'  altra  differenza,  tranne 
quella  che  intercede  tra  una  corona  e  un  berretto  frigio.  »  E  sog- 
giunge  bene  a  proposito,  che:  «  II  cattolico  glorifica  a  sua  volta  i 
principii,  ma  quali?  quelli  ch' erano  in  principio,  e  sono  nel  pre- 
sente,  e  saranno  pe' secoli  de'se&oli.  I  secoli  si  accavalcheranno  ai 

T  Pag.  12.    —    2  pag.  460  e  seg. 


328  RIVISTA 

secoli ;  le  generazioni  umane  saran  trasportate  sulle  loro  onde  al  gran 
mare  della  eternita;  le  societa  civili  si  trasformeranno;  m?ine  tempi, 
ne  uomini  nuovi  potranno  aggiungere  un  jota  ai  principii,  custoditi 
illesi  da  ogni  alterazione,  nella  Chiesa  cattolica  l.  » 

Seguono  tre  altri  capi ;  l^uno  de'  quali  e  intitolato :  /  pericoli 
della  civiltd  e  il  Clero  cattolico;  e  dimostra  che  gl'impedimenti  alia 
vera  ci villa  nascono  dalle  tre  maniere  di  concupiscenza,  cioe  dalla 
sensualita,  dalla  ciipidigia  e  dalla  superbia,  e  che  il  solo  Clero  cat- 
tolico puo  rimuovere  siff'atti  impediment!.  L'altro  ha  per  titolo:  II 
Clero  cattolico  e  le  questioni  sociali;  e  parla  del  modo  con  cui  si 
hanno  a  sciogliere ,  secondo  la  dottrina  della  Chiesa,  le  tre  questioni 
che  agitano  il  nostro  secolo ,  intorno  alia  economia  politica,  intorno 
al  pauperismo  e  intorno  al  lusso.  II  terzo  e  intitolato:  II  Clero  catto- 
lico e  I'  estetica  ;  e  prova  come  questo  Clero,  appunto  perche  maestro 
di  verita  e  dispensatore  di  virtu  ,  conserva  illibato  il  segreto  della 
bellezza  ed  e  il  natural  patrono  delle  arti  liberali . 

II  capo ,  con  che  si  termina  tutta  1'  opera ,  occupa  piu  di  una 
terza  parte  del  volume ,  di  cui  parliamo.  Esso  versa  sulle  istituzioni 
monastiche,  sugli  ordini  di  chierici  regolari  e  sulle  pie  congregazioni 
di  uomini  e  di  donne .  II  ch.  Mariscotti  difende  a  viso  aperto  tutti 
questi  santi  istituti  dalle  calunnie  delle  genti  perverse,  e  cogli  ar- 
gomenti  innegabili  dei  fatti  li  magnifica  quali  potentissimi  aiutatori 
del  Clero  cattolico,  nel  diffbndere  fra  i  popoli  i  benetizii  della  vera 
civilta.  Per  cio ,  che  in  particolare  spetta  a  noi ,  saremmo  in  vero 
scortesi ,  se  non  gli  rendessimo  grazie  di  quanto  esso  dice  a  lode 
della  nostra  Compagnia,  e  del  rispondere  che  fa  alle  accuse,  con  cui 
ci  esercitano  gli  avversarii  di  Santa  Chiesa ,  ed  anche  a  quelle  che 
ci  vengono  da  taluni  cattolici.  Tra  le  quali  egli  enumera  cio  che  al- 
cuni  anni  fa  un  vivente  Autore,  il  quale  e  in  fama  di  uomo  versato 
negli  studii  storici,  scrisse ,  per  non  dire  altro  inconsideratamente,  a 
carico  de'nostri  confratelli  di  Francia  2.  Noi  dunque  di  tutto  questo 
ringraziamo  1'egregio  Conte  Mariscotti;  ed  a  conforto  di  coloro  i  quali. 
come  lui,  ci  riguardano  con  occhi  benevoli,  vogliamo  citare  queste 
sue'  parole.  «  In  altra  epoca ,  cosi  egli  dice,  potevamo  esser  dubbiosi 
intorno  alle  cagioni  di  tanta  guerra;  ma  in  un  tempo,  che  ha  generato 
nel  breve  periodo  di  quarant'anni  circa  Strauss  e  Renan ,  elleno  si 
rinvengono  con  facilita;  e  pensiamo,  che  il  nome  del  sodalizio  ci  porga 
la  chiave  per  decifrare  lo  enimma.  Ei  si  chiamano  Gesuiti',  in  questa 
parola  sta  la  ragione  della  guerra;  e  di  vero  qual  maraviglia,  che 
s'  odino  i  padri  della  Compagnia  di  Gesu ,  quando  si  odia  Gesu?  che 
si  guerreggino,  quando  si  guerreggia  Gesu?  che  si  dicano  furbi ,  ma- 
neggiatori,  impostori  pur  anco,  quando  e  furbo  e  maneggiatore  ed 

I  Pag.  478.    —    2  pag.  7(54  e  seg< 


DELLA  STAMPA  1TALIANA  329 

impostore  e  state  chiamato  Gesu?  Che  raaraviglia,  che  vengano  messi 
in  voce  di  gente  inimica  delia  liberta ,  quando  Gesu  fu  chiamato  la 
pietra  sepolcrale  della  liberta  ?  II  protestante  Kern  lo  ha  detto  a  chiare 
note  fin  dal  1824:—  Lo  spirito  del  secolo ,  avendo  risoluto  di  ster- 
minare  il  cristianesimo ,  rivolse  le  sue  prime  operazioni  contro  i  Ge- 
suiti.  Abbasso  i  Gesuiti;  piu  tardi  si  grido :  Abbasso  Gesu  l  ». 

Poniamo  fine  a  questo  cenno  del  contenuto  del  libro,  dicendo  che 
il  libro  medesimo  e  si  pieno  di  solide  considerazioni,  ed  e  scritto  con 
tanta  vivezza  di  stile  e  con  tanta  persuasione,  che  percorrendolo  tu 
devi  di  necessita  venire  a  quella  conclusione,  a  cui  viene  1'Autore 
medesimo.  La  conclusione  si  e:  Che  non  si  pud  mettere  il  Clero  catto- 
lico  in  voce  di  ostile  alia  civilta  e  al  progresso,  se  non  per  ignoranza 
della  storia,  o  perche  si  vogliano  civilta  e  progresso  scevri  della  Verita, 
della  Grazia  e  deU'Amore  di  Gesu  Cristo.  Ma  coloro,  i  quali  vogliono 
siffatta  civilta  e  si  (fa  tto  progresso,  sono  essi  i  nemici  deli'una  e  del- 
1'altro,  perche  non  puo  esistere  ne  civilta  ne  progresso,  se  non  a 
patto  di  esser  cristiani ,  e  quindi  dove  non  regna  Gesu  Cristo,  regna 
la  barbaric. 

Dopo  cio  siamo  certi,  che  non  si  vorra  ascrivere  ad  altra  inten- 
zione,  se  non  a  quella  di  rendere  omaggio  alia  verita,  il  soggiungere 
che  facciamo  di  avere  scorti  alcuni  nei  ne  11' opera  lodata  del  conte 
Mariscotti.  Diciamo  nei,  perche  veramente  non  sono  di  gran  rilievo, 
come  si  puo  argomentare  da  quei  due,  che  qui  appresso  noteremo,  i 
quali'  pur  ci  sembrano  piu  gravi  dei  rimanenti. 

II  primo  e,  che  tutte  le  volte  che  al  ch.  Autore  occorre  di  par- 
lare  delle  pene  ecclesiastiche  ,  egli  parla  con  una  certa  esitazione  del 
dritto,  che  ha  la  Chiesa  cattolica  di  punire  con  pene  corporali.  Cosi 
in  un  luogo  dice  quanto  segue:  «  Ebbene,  in  che  consiste  per  lo  piu 
il  rigore  estremo  della  Chiesa  contro  Terrore,  che  resiste  ad  ogni 
persuasione  e  mezzo  di  convincimento?  In  un  riniedio  aflatto  spiri- 
tuale,  qual  e  consentito  daila  sua  natura  di  potenza  spirituale  2  ». 
Poco  appresso  si  fa  questa  obiezione:  «  Ma,  dira  qui  qualche  con- 
tradittore,  noi  non  disdiremo  alia  Chiesa  il  diritto  di  punire,,  ed 
anco  di  cacciare  dal  proprio  seno  chi  siasene  reso  indegno;  bensi 
la  Chiesa  non  si  e  ristretta  all'uso  delle  pene  spirituali,  ma  ha 
oppresso  i  dissidenti  con  tulta  I'  acerbitd  delle  pene  temporally  e 
i  roghi  e  la  scure  han  fatto  soventi  fiate  tremenda  giustizia  di  un 
delitto  meramente  spirituale  ».  Al  che  ei  risponde  ne' termini  se- 
guenti:  «  Noi  non  esitiamo  a  rispondere,  che  in  questa  accusa  non 
e  ombra  di  verita,  e  si  prende,  innocentemente  o  con  malizia,  un 
madornale  equivoco,  confondendo  il  fatto  della  Chiesa  col  fatto  dei 
Governi  secolari...  3  »  La  stessa  esitazione  egli  appalesa  in  tutto  quel 

i  Pag.  762,  m  —  3  Pag.  414.  —  s  Pag.  417. 


330  1UVISTA 

lungo  tratto,  ove  discorre  della  Inquisizione  -.  Dice,  per  cagion  d'e- 
sempio,  che  « la  Chiesa  ristringevasi  alle  pene  spiritual!,  ma  i  Prin- 
cipi  colpivano  con  la  spada  temporale  2.  »  Afferma  essere  un  canone 
istorico,  che  il  tribunale  della  Inquisizione  altra  cosa  non  fu,  se  non 
un  tribunale  di  penitenza  ecclesiastica,  ne  degenero  mai  finche  non 
fu  divelto  dal  naturale  suo  ceppo,  la  Chiesa  3.  E  poco  prima  di- 
chiara  meglio  come  egli  intende  1' Inquisizione  non  degenerata,  di- 
cendo  che:  «  Essa  cosi  innanzi  come  dopo  rimase  mezzo  coercitivo 
d'  indole  spirituale  e  meramente  ecclesiastico  4.  »  Finalmente  afferma, 
die:  «  La  Chiesa  non  ha  mai  esercitato  coazione  materiale,  perche 
altri  si  confessasse  del  misfatto  e  ne  desse  risarcimento  a  Dio  ed 
alia  societa  de'fratelli:  soltanto  per  la  eresia  la  materna  sollecitudine 
della  Chiesa  esercito  un  ufficio  inquisitoriale,  indagava  cioe  se  eretici 
vi  fossero  in  seno  alia  comunione  de'  fedeli,  e  gli  espelleva,  quando 
pernessun  mezzo  avessero  voluto  convertirsi  e  ripudiare  lo  errore  5.  » 

Questi  concetti  incerti  e  questo  parlare  dubbioso  non  sono  proprii 
del  solo  ch.  Autore,  ma  comuni  ad  altri  scrittori  cattolici  dei  nostri 
giorni.  Essi  celebrano  la  mitezza,  con  cui  la  Chiesa  cattolicaha  sempre 
proceduto  contro  i  suoi  figli  colpevoli,  e  pongono  in  confronto  di  questa 
mansuetudine  la  ferocia  somma,  esercitata  dagl'  infedeli  e  dagli  eretici 
a  danno  de'cattolici  innocenti.  Parlano  della  Inquisizione,  e  la  con- 
siderano  in  se  medesima ,  e  la  dimostrano  scevra  da  quegli  eccessi, 
che  si  commisero  nella  Spagna,  allorche  questa  istituzione  religiosa 
trasmutossi  in  un  tribunale  politico.  In  tutto  cio  sono  da  lodarsi. 
Ma  dall'altro  canto,  sembra  che  essi  perdano  il  cuore,  quando  e  piii 
necessario  di  averlo,  cioe  quando  si  viene  al  punto  di  affermare  il 
menzionato  diritto,  che  ha  la  Chiesa  cattolica  di  punire  con  pene 
corporali  anche  severe  i  cristiani  trasgressori  delle  sue  leggi,  e  spe- 
cialmente  gli  scismatici  e  gli  eretici . 

La  Chiesa  ha  usato  un  tal  diritto  tutte  le  volte,  che  ha  potuto, 
benche,  come  teste  abbiamo  accennato,  fra  i  limiti  di  una  ordinata 
mansuetudine;  e  il  non  averlo  potuto  e  il  non  poterlo  usare  non  e 
altro,  che  un  segno  e  un  effetto  dei  tempi  tristissimi,  che  sono  corsi 
per  I'addietro,  e  di  quelli  che  corrono  al  presente.  1  Concilii  anche 
ecumenici  e  i  sommi  Pontefici  hanno  solennemente  proclamato  il  dritto 
medesimo,  condannando  coloro  che  osarono  di  negarlo.  Cosi,  per  cagion 
d'esempio,  dal  Concilio  di  Trento  venne  fulminato  coll'anatema  chiun- 
que  sostiene,  che  non  si  debbono  adoperare  altre  pene  se  non  le  spi- 
rituali ,  a  correggere  i  battezzati  traviati :  Si  quis  dixerit  baptizatos 
non  alia  ponna  ad  chrislianam  vitam  cogendos,  nisi  ut  ab  Euchari- 
stiae  aliorumque  Sacramentorum  perceptione  arceantur,  donee  resi- 
piscant,  anathema  sit  6.  E  di  questi  giorni  il  professore  torinese  Nuytz, 

i  Pag.  686  e  seg.  -  2  pag.  689.  -  3  pag.  703.  -  *  Pag.  690.  -  *  Pag.  692. 
b  Sess.  VII,  can.  XIV. 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  331 

che  si  ostinava  ad  insegnare  siffatto  errore,  e  stato  condannato  dal 
regnante  Pontefice  Pio  IX,  nella  Enciclica  Ad  Apostolicce  del  22  ago- 
sto  1851,  e  nell'altra  Enciclica  Quanta  cura  del  8  dicembre  1864;  e 
il  suo  errore  si  legge  nel  Sillabo  sotto  il  numero  XXIV. 

Per  venire  ora  alle  parole  del  ch.  Autore  citate  di  sopra,  cioe 
che:  «  II  rigore  estremo  della  Chiesa  contro  1' errore,  consiste  per  lo 
piu  in  un  rimedio  affatto  spirituale,  qual  e  consentito  dalla  sua  natura 
di  potenza  spirituale  »;  diciamo,  che  esse,  contro  alia  intenzione  del- 
1' Autore  medesimo,  confinano  coll' errore  teste  menzionato.  Poiche  se 
veramente  la  Chiesa  e  di  sua  natura  potenza  spirituale,  e  se  quindi 
non  le  sono  consentiti  se  non  i  rimedii  affatto  spirituali ,  qual  sara 
la  conseguenza  necessaria?  Sara,  che  la  Chiesa  trasmoda,  tutte  le  volte 
che  pone  mano  a  qualsiasi  rimedio  corporale.  Senonche  tutto  questo 
discorso  zoppica  appunto  dal  principle,  che  si  assume,  cio6  che  la 
Chiesa  sia  di  sua  natura  una  societa  o  una  potenza  meramente  spi- 
rituale. Egli  e  vero,  come  insegna  il  Suarez,  che  la  Chiesa  e  un  regno 
spirituale,  se  tu  consideri  il  fine  a  cui  tende,  e  alcuni  principali 
mezzi ,  di  cui  si  serve;  contuttocio  se  riguardi  le  persone,  ond'e 
composta,  ella  e  nel  medesimo  tempo  una  societa  terrestre,  e  le  azioni, 
colle  quali  si  deve  governare,  ordinare  e  correggere,  sono  altresi 
terrestri,  cioe  esterne  e  sensibili;  e  per  loro  mezzo  si  deve  conservare 
la  pace,  1'unita,  la  religione ,  e  tutte  le  rimanenti  cose,  che  sono 
necessarie  al  buon  andamento  di  questa  societa .  E  dunque  in  tal 
regno  necessaria  una  potesta  suprema,  la  quale  con  maniera  umana 
e  sensibile  diriga  e  governi  le  sue  membra  e  le  azioni  delle  mede- 
sime  in  ordine  alia  salute  eterna.  Cosi  1'  esimio  dottore  l.  Intanto 
se  ti  piace  di  toccare  con  mano  la  verita  di  questa  dottrina,  osserva 
che  tra  gli  stessi  mezzi  principali  di  santificazione  si  contano  i  sa- 
cramenti,  i  quali  son  composti  di  parole  e  di  cose  sensibili,  e  con 
esse  infondono  nelle  anime  la  grazia  spirituale  che  contengono,  e  i 
doni  dello  Spirito  Santo.  Ove  tu  fossi  puro  spirito,  dice  ii  Crisostomo, 
Iddio  ti  avrebbe  largitodonativi  tutti  incorporei  e  spirituali,  ma  poich& 
•  il  tuo  spirito  trovasi  congiunto  con  un  corpo,  egli  ti  somministra  le 
cose  intelligibili  per  mezzo  delle  sensibili  2. 

Or  piu  forti  ragioni  militano  per  la  necessita ,  di  cui  parliamo, 
delle  pene  sensibili.  Se  altra  non  ve  ne  fosse,  basterebbe  quella, 
che  gli  uomini  colpevoli  giungono  talora  a  tanta  pervicacia ,  che  si 
burlano  di  tutte  le  pene  meramente  spirituali .  Non  ve  ne  ha  forse 

1  Licet  Ecclesia  quoad  finem  et  praecipua  media  spirituale  regnum  sit,  nihilominus 
quoad  personas  ,  ex  quibus    constat,  etiam    est  terrestris;  et   actiones  ,  in  quibus  regi  vel 
dirigi  et  corrigi  debet ,  terrestres  etiam  sunt,  idest  externae  et  sensibiles;  et  illis  median- 
tibus  servanda  est  pax,  unitas,  religio  et  cetera  omnia,  queo  ad  convenientem  huius  cor- 
poris  gubernationera  sunt  necessaria.  Ergo  non  'minus  est  in  hoc  regno  necessaria  potestas 
suprema,  quae  humano  et  sensibili  modo  membra  eius  et  actiones  eorum  in  ordine  ad  seter- 
nam  salutem  dirigat  et  gubernet.  Dcfensio  ffidci  catholicce.  Lib.  Ill,  cap.  VI. 

2  Si  incorporeus  esses,  nuda  et  incprporea  tibi  dedisset  ipse  dona:  sed  quoniam  anima. 
corpori  conserta  est,  in  sensibilibus  intelligibilia  tibi  prsebet.  Ilomllia  60,  ad  populum  Antioch 


332  RI  VISTA 

in  questo  momento  la  prova  di  fatto?  I  fulmini  delle  scomuniche  non 
hanno  impedito  1'assalto  e  1'occupamento  sacrilege  di  Roma,  ne 
impediscono  la  sacrilega  profanazione  di  quella  santa  Citta. 

Neanche  possiamo  passare  sotto  silenzio  quelle  altre  parole  del 
Mariscotti,  pur  di  sopra  riferite,  con  cui  egli  afferma,  che:  «  non 
si  deve  confondere  il  fatto  della  Chiesa  col  fatto  de' Principi  seco- 
lari;  »  e  che:  «  la  Chiesa  restringevasi  alle  pene  spirituali ,  ma  i 
Principi  colpivano  con  la  spada  temporale.  »  Noi  concediamo  ,  che 
que'due  fatti  non  si  hanno  a  confondere;  ma  pero  vogliamo  notare, 
che  non  hasta  ad  ottener  cio  il  solo  affermare ,  com'  egli  fa ,  che 
la  Chiesa  restringevasi  alle  pene  spirituali,  e  che  i  Principi  colpi- 
vano colla  spada  temporale;  e  molto  meno  cio  basta,  se  tali  parole 
si  potessero  volgere  a  significare,  che  la  sola  spada  spirituale  ap- 
partiene  alia  Chiesa,  e  che  la  spada  materiale,  la  quale  punisce  i 
delitti  ecclesiastici,  non  e  della  medesima,  ma  tutto  propria  de'Prin- 
cipi secolari.  Sarebbe  questa  una  spiegazione  erronea  di  que' fatti  ed 
apertamente  contraria  a  quanto  insegna  Bonifacio  VIII  nella  sua  de- 
cretale  dommatica ,  che  incomincia:  Unam  sanclam  Ecclesiam . 
Amendue  le  spade,  dice  questo  Pontefice  nella  sua  decretale,  cioe 
tanto  la  spada  spirituale  quanto  la  spada  materiale ,  appartengono 
alia  potesta  ed  all'  autorita  della  Chiesa  :  Uterque  in  potestate  Ec- 
clesice,  spirilualis  scilicet  gladius  et  materialis.  La  spada  materiale, 
egli  soggiunge,  si  adopera  per  la  Chiesa,  la  spirituale  dalla  Chiesa 
medesima;  questa  si  brandisce  dal  Sacerdote,  quella  e  in  mano  ai 
Re  e  soldati ,  i  quali  la  impugnano  al  comando  che  da  loro,  e  colla 
paziente  misura  che  loro  prescrive  il  Sacerdote:  Sed  is  quidem  pro 
Ecclesia,  ille  vero  ab  Ecclesia  exercendus;  ille  SacerdotiSj  isle  in 
manu  Regum  el  mililum,  sed  ad  nulum  el  palienliam  Sacerdolis. 

Ecco  stabilita  secondo  la  verita,  e  spiegata  con  somma  chiarezza 
la  difTerenza  de'due  fatti.  E  per  qual  altra  ragione,  se  non  per  questa 
vera  e  sola  diflerenza,  sono  stati  sempre  chiamati  col  nome  di  bracci 
secolari  della  Chiesa  i  Principi  cristiani?  Una  tale  appellazione  mostra 
a  sufficienza,  che  questi  Principi,  allorche  reprimevano  i  delitti  eccle- 
siastici colle  pene  corporali,  non  esercitavano  undritto  sovrano,  giacche 
niuna  autorita  sovrana  essi  hanno  sulle  cose  sacre;  ma  compivano  il 
dovere  che  loro  corre  di  difendere  la  Chiesa,  la  quale  sola  ha  1'autorita 
suprema  di  giudicare  e  di  punire  quei  delitti.  Essi  non  ordinavano  in 
cio  da  capi,  ma  eseguivano  come  braccia.  La  Chiesa  e  oggi  priva  di 
simili  bracci.  Ma  che  prova  cio?  Prova  la  tristissima  condizione,  come 
sopra  dicevamo,  de'nostri  tempi,  e  la  detestabile  apostasia  dei  Governi, 
i  quali  si  son  separati  dalla  Chiesa,  perche  ban  rigettato  con  una  perfidia 
giudaica  il  regno  di  Gesii  Cristo:  Nolumus  hunc  regnare  super  nos  l. 

'  San  Luca,  19,  14. 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  333 

Non  occorre  stenderci  di  vantaggio  su  tal  argomento,  intorno  a 
cui  ogni  scrittore  sinceramente  cattolico,  senza  veruna  esitazione, 
parlerebbe  con  esattezza  e  con  verita,  se  non  facesse  capo  ad  altri 
scrittori ,  i  quali  o  ritengono  il  solo  nome  di  cattolici,  o  hanno  anche 
rinunziato  a  questo  nome.  Si  ricorra  invece  a  quegli  Autori,  la  cui 
dottrina  ecomunemente  ricevuta  come  sicura,  ed  e  lodata  nella  Chiesa; 
quali  sono  per  esempio  il  nominate  di  sopra,  cioe  ilSuarez,  luminare 
del?la  Teologia,  ed  il  cardinal  Bellarmino,  principe  della  Controversia. 

II  secondo  neo,  che  abbiamo  avvertito,  e  in  quel  tratto,  ove  il 
ch.  Mariscotti  discorre  dell'augusto  mistero  della  santissima  Trinita . 
Dice  ivi,  parlando  dello  Spirito  Santo,  che: «  La  facolta  di  amare, 
comune  alia  essenza  del  Padre  e  del  Figlio,  si  eleva  a  sua  volta  in 
Dio  a  grado  di  Persona ,  ed  e  Dio  alia  sua  volta  l.  »  A  parlar  piu 
correttamente ,  non  e  la  facolta  o  1*  atto  di  amare  cio  che  in  Dio  si 
eleva  a  Persona,  ma  invece  e  il  termine  di  questo  atto.  Ed  in  vero 
il  nome  di  Spirito  Santo ,  che  e  proprio  della  terza  Persona  divina, 
vale  santamente  spirato,  e  la  sussistenza  del  medesimo  e,  siccome 
la  chiamano  i  teologi ,  la  spirazione  passiva .  Che  poi  la  facolta  o 
1'  atto  di  amare ,  il  quale  si  appella  spirazione  attiva ,  non  si  elevi 
a  Persona,  e  manifesto  da  cio,  che  siffatta  spirazione,  come  dice 
bene  il  ch.  Autore,  e  comune  al  Padre  ed  al  Figliuolo.  Non  si  puo 
devare  a  Persona  quello  che  e  comune .  Senonche  non  dovea  egli 
dirla  comune  alia  essenza  del  Padre  e  del  Figlio,  ma  bensi  comune 
alle  Persone  dei  medesimi.  Quella  spirazione  attiva  non  e  un  attribute 
essenziale,  altrimenti  apparterrebbe  non  solo  al  Padre  e  al  Figlio, 
ma  anche  allo  Spirito  Santo;  non  e,  come  abbiamo  detto,  una  pro- 
prieta  personale,  altrimenti  non  potrebbe  esser  comune  al  Padre  ed 
al  Figlio;  ma  e  una  perfezione  nazionale,  come  dicono  i  teologi,  la 
quale  adorna  queste  sole  due  Persone,  identificandosi  colla  Paternita 
dell'  una,  e  colla  Filiazione  dell'altra.  E  per  ragione  di  tal  virtu  in- 
divisa  e  comune  al  Padre  e  al  Figlio ,  lo  Spirito  Santo  precede  da 
tutti  e  due,  come  da  un  principio  unico. 

Non  vogliamo  tacere ,  che  a  ragionare  di  queste  piccole  mende 
ci  ha  dato  animo  il  modo,  con  cui  1' egregio  Mariscotti  ha  accolte 
le  nostre  osservazioni  su  quelle  altre  poche,  le  quali  incontrammo 
nel  primo  Volume  della  sua  opera.  Con  una  generosita,  la  quale  non 
£  cosi  comune  ad  uomini  di  lettere,  almeno  in  quel  grado  in  che  egli 
ha  mostrato  di  possederla,  ha  riconosciuto  que'difetti,  e  li  ha  ri- 
trattati  alia  fine  del  presente  volume,  in  un  paragrafo  intitolato:' 
Schiarimenti  e  Correzioni .  La  stima,  che  a  lui  proviene  da  una 
tale  generosita ,  non  e  inferiore  a  quella  che  gli  hanno  a  meritare 
i  pregi  innumerevoli  dei  suoi  volumi ;  i  quali ,  come  nel  principio 
abbiamo  detto,  resteranno  a  monumento  della  sua  dottrina  e  del  suo  zelo. 

l  Pag.  134. 


BIBLIOGRAFIA 


ALIMONDA  GAETANO  —  N  sovrannaturale  nell'uomo.  Conferenze  recitate  n'illa 
metropolitana  di  Geneva  dal  Can.  Prev.  Gaetano  Alimonda  T  anno  1868, 
Genovn,  tip.  della  Gioventu  presso  gli  Artigianelli,  1870.  1  vol.  in  8°  di 
pag.  620,  656,  L.  10. 

Di  questa  egregia  opera  daremo  piu  specials  contezza  in  una  delle  nostro  riviste. 

AXOMMO  —  Con«siderazioni  intorno  al  titolo  primo  del  progetto  di  legge  suller 
guarentige  delle  prerogative  pel  Sommo  Pontcfice  e  della  Santa  Sede ,  o, 
sulle  Relazioni  dello  Stato  colla  Chiesa,  approvato  dalla  Camera  dei  Depu- 
tati  nella  tornata  dei  21  marzo  1871.  Firenze  1871,  tipografia  all' insegna 
di  S.  Antonio,  piazza  di  Cestello  n°  1  prezzo  centesimi  40. 

Moltissimi  hanno  scritto  di  queste  gua-  che e  voee  sia  scritto  dal  ch.  Barone  D'On-" 

rentige ,  e   non  poclii   egregiamente  5   sicche  des  Reggio,   sMncontrano  non   poche   rifles- 

parrebbe  che  Fargomento  debba  dirsi  esau-  sioni  del  tutto  nuove;  e  quelle  osservazioni  gi* 

rito.  E  pure  nelPopuscolo  qui  annunziato,  e  fatte  prima  sou  qui  messe  in  nuova  luce. 

—  La  necessita  del  Potere  temporale  del  Papa  e  la  citta  Leonina.  Roma,  tip. 
Gerdili  1871,  in  16°  di  pag.  32  cent.  30. 

—  Memuna  per  servire  alia  storia  di  Lucca,  Tomo  IX,  Parte  seconda.  Lucca f 
tip.  Giusti  4870.  Un  volume  in  4°  di  pag.   VI,  2^6  con  30   Tavole. 

Questo  IX    volume  delle    Memorie  sto-  Lucca,   la  storia   illustrativa   della  Zecca  & 

riche  di  Lucca    e   pregevolissimo  lavoro  del  delle  monete  lucchesi :    ma  la  morte  gl1  im- 

ch.  sig.  Domenico  Massagli,  e  va  distinto  ia  ped\  di  compierla.  II  suo    incarico  fu  quindi 

quattro  parti  —  Introduzione  alia  Storia  della  trasmesso  al  Massagli,  che  lo  ha  felicementer 

Zecca  e  delle  Monete  luochesi  —  Discorsi  so-  condotto  a  termine  in  questo  volume,  ove  noii 

pra  la  Zecca  e  1-a  monete  di  Lucca  —  Sfro-  solamente    la    monografia    numismatica    di 

gistica  —  Catalogo.  II  Conte  Giulio  Cordero  quella  illustre  citta,  ma  la  storia  stegsa  ne  e 

di  S.  Quintino  avea  cominciato  per  cspressa  in  molti  punti  egregiamente  dilucidata. 
commissione  avutane  dalla  R.  Aceademia  di 

—  Quattro  antiche  sposizioni  in  versi  dell'Ave  Maria  da  un  codice  capitolar« 
del  Secolo  XIV.  edite   dal   Can.    Giuliari  .  Verona,  tip.  Rossi    1871.   Un 
opusrolo  in  4°  di  pag.  8. 

—  L'  unione  del  Clero  nella  direzione  delle  anime  in  ordine  ai  nostri  tempi, 
per  un  sacerdote  del  Clero  Agrigentino.  Girgenti,  stamperia  di  Salvatorff 
Monies  1870;  in  12°  di  pag.  12. 

In  queste  poche  pagine  sono   additati  i  delPonore  di  Dio,  e  della  salute  delle  anime 

principal}  pericoli,  ai  quali  $i  trova  esposta  ad  opporvi  gli  opportuni  rimedii,per  ci6  che 

in  modo  speciale  la  gioventu  de1  nostri  tempi;  possono  ,  massime    amministrando  il  sagra- 

e  si  fa  un  amoroso  invito  ai  sacerdoti  zclanti  mento  dolla  penitenza. 


BIBLIOGRAFIA 


335 


BEIISAM  ANGELO  —  H  mese  di  maggio;  Discorsetti  ad  onore  della  Vergine 
per  Mons.  Angelo  Bcrsani,  estratti  dal  Periodico  II  buon  Pastore.  Lodi,  tip. 
vescovile  di  Carlo  Cagnola  1871,  un  vol.  in  19  gr.  di  pag.  292  L.  2  80. 

Per  ogni  giorno  del  mese  di  maggio  v'e    dare  a  Maria  SS.  la  Chiesa  nelle  Sue  Litanie. 
UQ  sermone   sopra  uno   dei   titoli ,  che  suol 

—  Triplice  corso  di  sermoni  sugli  evangel!  delle  Domeniche  di  tutto  1'anno 
per  Mons.  Angelo  Bersani,  Prelato  Domestico  di  S.  S.  Estratto  dal  Perio- 
dico il  Buon  Pastore.  2*  Edizione  riveduta  ed  aumcntata.  Lodi,  lipografia 
Vescovile  di  Carlo  Cagnola  1871.  Due  vol.  in  8°  di  pagine  352.  L.  5. 

BIANCHINI  FRANCESCO  —  Carte  da  gioco  in  servizio  dell'  Istoria  e  della 
Croriologia,  designate  e  descritte  da  Mons.  Francesco  Bianchini  Veronese, 
secondo  1'autografo  della  Capitolare  biblioteca .  Verona  ,  tip.  Vicentini  e 
Zanchini  1870.  Un  opuscolo  in  4°  di  pag.  26. 


Credesi  comunemente  che  sia  un1  inven- 
•zione  recente  quella  di  facilitare  ai  giovani 
lo  studio  della  geografia,  o  delle  scienze  na- 
turali  per  mezzo  di  alcuni  giuochi  graziosi. 
E  pure  esso  e  antico,  ed  in  Italia  non  solo 
ideato  ma  eseguito  e  a  varii  studli  appli- 
£ato.  Mgr.  Francesco  Bianchini,  quel  s\  eru- 
dito  e  profondo  storico  del  sec.  XVII  avea 


antica  e  moderna.  Ognuno  dei  period!  era 
da  lui  divisato  in  quaranta  ripartimenti , 
ed  ogni  ripartimento  aveva  la  sua  carto- 
lina.  Cos!  componevansi  tre  mazzi  di  qua- 
ranta carte  ciascuno:  e  sopra  questi  tre 
mazzi  avea  ideato  varii  giuochi,  coi  quali  si 
poteano  ricordare  e  imprimere  nella  mente  i 
gran  fatti  della  storia.  Di  alcune  di  queste 


raccolti  ed  incisi  in  separate  cartoline  alcuni  carte  offre  il  disegno,  e  del  concetto  del  Bian- 

gruppi    di   monument!  e  figure,  onde   vclea  chini  parla  con  graziosa  dissertazione  il  ch. 

contrassegnare  ognuno  dei  tre   periodi   sto-  Can.  Giuliari  Carlo, 
rici,  nei   quali   esso  divideva  tutta  la  storia 

BONCOMPAGNI  —  P.  —  Bullettino  di  Bibliografia  e  di  storia  deile  Scienze 
inateniatiche  e  iisiche  pubblicato  da  P.  Boncompagni.  Roma  ,  tip.  delle 
Scienze  mateinatiche  e  ftsiche  1870. 

I.e  due  ultimo  dispense  di  questa  dotta  pubblicazioni .    Specialmente    vi    si    discorre 

pubblicazione,  vanno  dalla  pag.  '221  alia  pa-  della  vita  e  delle  opere  di  Giovanni  Battista 

gina  298  del  tomo  III.  Vi  e  secondo  il  con-  Amici ,  e  di  tre  letters  di   Galileo    Galilei  , 

sueto  un   compitissimo    aiinunzio  di  recenti  tratte  dalPArchivio  del  Gonzaga. 

CANCER  FERD1NANDO  —  d.  C.  d.  G.  Sermoni  e  Panegirici.  Napoli  tipografta 
di  Stanislao  de  Leila,  1870,  2  vol.  in  8°  di  pag.  368,  376. 


Crediamo  di  fare  un  yero  regalo,  massi- 
mamente  ai  giovani  saeerdoti  che  si  adde- 
jstrano  neiraringo  della  sacra  eloquenza,  an- 
nunziando  loro  questi  due  volumi  di  Sermoni 
e  Panegirici  di  uno  de1  piu  valenti  sacri 
Oratori  d1  Italia,  qual  6  il  chiaro  P.  Gan- 
ger. Non  pochi  ne  comuni  sono  i  pregi  , 
che  noi  abbiamo  ammirato  nelle  sue  orazioni. 
Quelli  per6  che  a  nostro  parere  debbono 
piu  invogliare  i  novelli  predicatori  a  fame 
lor  pro,  si  riducono  ai  seguenti:  Topportu- 
nita  e  novita  insieme  del  soggetto,  concepito 
per  maniera,  che  nel  mentre  dall1  una  parte 
giova  solidamente  gli  uditori,  dall1  altra  gli 
Mletta  in  modo  singolare  per  quell1  aspetto 
non  comune  sotto  cui  lo  presenta:  la  pienezza 


dello  svolgimento,  che  compie  tutta  la  ma- 
teria:  la  forza  deirargomentazione  chiara , 
serrata,  convincente:  la  proprieta  dello  stile, 
corretto,  scorrevole  ,naturale,  e  lumeggiato 
di  tutti  quei  colori,  che  lo  possono  rendere 
proporzionato  al  soggetto,  ed  acconcio  a 
produrre  le  volute  impressioni:  finalmente 
uu  calore  non  ordinario  di  affetto ,  che  e  la 
cosa  forse  piu  difficile  a  conseguire,  e  quella 
che  piu  assicura  il  fvutto  delle  sacre  coucioni. 
i?i  vende  in  Napoli  alia  stamperia  di 
Stanislao  de  Leila,  stradaS.  Giovanni  Mag- 
giore  Pignatelli  n°  34.  II  prezzo  deMue  vo- 
lumi 6  di  lire  7  per  la  cittk  di  Napoli  ,  e  di 
lire  7,  5j  per  tutte  le  province  d1  Italia. 


336 


BIBL10GRAK1A 


C4R4VITA  ANDREA  —  I  Codici  e  le  arti  di  Monte  Cassino  per  D.  Andrea 
Caravita.  Montecasino,  tip.  delta  Badia,  1870,  2  vol.  in  8°  di  pag.  327. 
L.  5  I'intiera  opsra  L.  15. 

Quest1  opera  del  ch.  D.  Audrea  Caravita    codici  della  celebre  Badia  di  Monte  Cassino, 
fu  gia  al   pubblicarsi    del   primo  volume  da    ineieme  colle  giunte  che  si  trovano  in  alcuni 


noi  annunziato  e  lodata  nel  vol.  X  della  Serie 
VII  a  pag.  195.  II  secondo  volume,  che  ora 
vede  la  luce,  contiene  dotte  osservazioni  sui 


di  essi  codici,  intorno  a  materie  estranee  al 
loro  titolo.  II  prezzo  di  questo  volume  e  di 
lire  5,  00. 


CARLESI  MICHELANGELO  —  Vita  e  Miracoli  di  S.  Alberto,  confessore  dell'or- 
dine  della  B.  V.  Maria  del  Monte  Carmelo,  raccolta  e  pubblicata  dal  P.  M. 
Michelangelo  Carlesi  del  medesimo  ordine.  Viterbo,  presso  Sperandio  Pom- 
pel,  1870,  un  vol.  in  8°  di  pag.  20/t. 

Gloria  dell1  Ordine  Carmelitano,  "non  che  che  una  vita  del    detto    Santo    non  si  trova 

della  Sicilia  e  S.  Alberto,  insigne  per  san-  facilmente    da    leggere.    Per   supplire    a   tal 

tita,  insigne  per  prodigi  che  vivendo  operb  ,  mancanza,  il  rev.  P.  Carlesi  ha  composto  la 

insigne  per  la  protezione  che  impartl  sempre  presente  storia,   raccogliendo   insieme   tutte 

ai  Siciliani,  e  specialmente  alla[citta  di  Mes-  quelle  notizie,  che  negli  antichi  scrittori  gli 

sina.    Moltissimi  scrittori   narrarono  le   sue  fu  dato  di  rinvenire,  e  ordinandole  con  buon 

geste,  o  le  esaltarono:  ma  le  loro  opere  non  metodo,  e  con  semplicita  di  stile  e  molta  pieta 

possono  pervenire  nelle  mani  di  tutti,  cosic-  di  affetti. 

CHECCUCCI  BERNARDINO  —  Dio  parla  a'scmplici.  Racconto  del  Canonico  Ber- 
nardino Checcucci.  Firenze,  tip.  Birindelli,  1871,  un  vol.  in  16°  di  pa- 
yine  320,  cent.  90.  Si  spedisce  franco  dalla  Libreria  Manuelli  di  Firenze. 

Non  si   pub    leggere    questo  libro  senza    di  essere  ad  una  vera  scuola  ne  attinge  coa 


soavita  gl1  inseg-namenti.  Lo  raccomandiamo 
adunque  con  molto  calore  ,  assicurando  che- 
nessun  si  trovera  scontento  dalPaverlo  letto. 


restarne  convinti  e  commossi.  Quivi  per  la 
bocca  di  un  povero  e  semplice  fraticello  si 
danno  conaigli  e  istruzioni  sapientissime  della 
vita  cristiana  :  ed  il  lettore  senza  accorgersi 

CICCODICOLA  EDOARDO  —  H  Concilio  Vaticano  pictra  di  paragone  pei  Cat- 
tolici,  pel  Sac.  Edoardo  Ciccodicola,  membro  di  rnolte  Accademie  Scienti- 
fiche  e  Letterarie,  Napoli,  si  vende  presso  Pasquale  Tom  as,  Largo  Merca- 
tellon0  43.  Un  opuscolo  in  16°  di  pag.  100,  cent.  60. 


Ha  ragione  il  ch.  autore.  La  pietra  di 
paragone,  onde  discernere  ora  i  cattolici  dai 
non  cattolici  e  il  Concilio  Vaticano:  la  cui 
principalissima  decisione  e  stata  quella  della 
Infallibilita  del  Papa  parlante  ex-cattedra. 
Quindi  egli  dopo  di  aver  dimostrato  tutto  il 

COLLANA  DI  YITE  DI  SANTI  —  Monza 
Annoni  e  Comp.  1871. 

Poiche  nessun1  altra  lettura  deve  tanto 
raccomandarsi ,  quanto  quella  delle  vite  dei 
Santi,  che  sono  la  migliore  e  piu  svariata  e 
utile  scuola  della  morale  cristiana:  ci  piace 
di  qui  riferire  per  disteso  i  patti  di  assoeia- 
zione  alia  Collana  di  Vite  di  Santi  ,  che  si 
pubblica  in  Monza,  affinche  tutti  abbiano  il 
modo  di  procacciarsela  facilmente. 

Di  questa  Collana  (che  di  presente  conta 
J21  vol.)  si  danno  sei  volumetti  all1  anno,  uno 


valore  di  quella  definizione  ccn  molta  dot- 
trina,  ma  chiaramente  esposta,  conchiude  che 
i  cattolici  si  discerneranno  specialmente  dalla 
riverenza  e  dairossequio  al  Sommo  Pontefice,. 
loro  capo  visibile  in  terra. 

,  tip.  dell'  Istituto  de'  Paclini  di  Luigi 

ogni  due  mesi ,  di  pag.  192  ia  16\  col  ri- 
tratto  del  Santo  al  priucipio  d^gni  vita.  II 
prezzo  annuale  d1  associazione  e  di  italianer 
L.  3,  00,  da  pagarsi  anticipatamente  ai  primi 
di  gennaio.  Chi  procura  5  associati  ,  avra 
una  sesta  copia  in  dono.  I  volumetti  ,  entro 

10  Stato,  si  spediscono  franchi  di  porto;  al- 

11  estero  con  aumento  proporzionato.  Ai  libra! 
si  accorda  lo  sconto  del  15  per  100.  I/asso- 
ciazione  fc  obbligatoria  perun  anno:  chi  pero- 


BIBLIOGRAFIA  337 

non  intende  di  continuare  nei  successive,  e  in    una   sola   volta   una   intera    copia   della 

tenuto  a  darne  avviso  al  ricevere  dell1  ultima  Collezione,  pagando  anticipatamente  a  con- 

dispensa.  Ciascuna  Vita  separata  vien  cal-  tanti,   avra   uno   scon  to  del  15  per   100.  Le 

colata  un  prezzo  maggiore,  in  base*  al  numero  associazioni  si   ricevono   in  Monza   a  que'sta 

delle  pagine.  Chi  prende  un1  annata  intera,  Tipografia,  Piazza  di   S.  Agata  n°  480.  — 

I1  avra  al  prezzo  d^ssociazione.  E  chi  prende  Lettere,  gruppi  ecc.  franchi  di  porto. 

CORSI  COSIMO  —  Discorso  funebre  in  lode  di  S.  Em.  R.ma,  il  card.  Cosimo 
Corsi  arcivescovo  di  Pisa,  letto  dal  P.  Luigi  Guastini  agostiniano,  nei  so- 
lenni  funerali  celebrati  dalla  Congregazione  dei  Parrochi ,  ecc.  Pisa  ,  tip. 
Letture  catt.  ,  1871,  in  8°  di  pag.  36. 

—  II  Buon  Pastore,  o  il  card.  Cosimo  Corsi  arciv.  di  Pisa:  parole  dette  dal 
sac.  prof.  Aldo  Lnigi  Brogialdi  ne' funerali  solenni  celebrati  da' cattolici 
Pisani,  ecc.  Ivi,  1 870,  in  8°  di  pag.  40. 

Riuniamo  sotto  il  nome  delPEminentis-  nale   Corsi  risplendera  tra  i  posteri ,   come 

simo  defunto  due  laudazioni  funebri,  recitate  uno  dei  prelati  italiani  piu  nobili  per  pieta, 

da   illustri    oratori  ,    come  ultimo  commiato  per  iscienza,  per  amor  della  Chiesa,  per  sa'nte 

datogli  dal  clero  e  dal  popolo  diocesano.  Non  isfcituzioni ,  per  tribolazioni  patite ,   per  zelo 

ci  stendiamo  sui  meriti    egregi   ne  dell1  una  esercitato.  Sembra  eziandio  che  i  sopranna- 

ne  deiraltra :  solo  notiamo  che  sono  piene  di  turali   carismi    non   gli   difettassero   intera- 

particolari  sullavita,  stemmo  per  dire,  del  mente,  perche  la  vigilia  della   sua  morte  fu 

Santo.   A  questo    titolo  ,    quando  altro  non  udito  dai  circostanti  dire  a  un    personaggio 

fosse,  sono  degne  entrambe  di  essere  accolte,  invisibile:  Sancte  Angele,  minister  Dei,  veni 

lette ,    studiate   da  ogni  cristiano,   e  messe  hue  ....  Quid  respondes?  E  poco  dipoi:  Ha 

tra   i    monumenti  della   storia  ecclesiastica,  dettoche  verra  domanialle  10.  E  alle  10  antim. 

per  gli  scrittori  avvenire:   giacche  il  cardi-  del  giorno  appresso  spirava  (Brog.  p.  37.) 

C.  U.  M.  L.  —  Corso  di  cristiana  educazione  applicato  alle  principali  eta  e 
condizioni  umane.  Modena,  tip.  deli' Immacolata  Concezionc,  1871,  primo 
volume  in  8°  di  pag.  232.  L.  2. 

L1  autore  di  quest1  opera   intende   di  ab-  tempo  stesso,oltre  alia  dottrina  schiettamente 

bracciare    in  tutta  la  sua   ampiezza  I1  argo-  cattolica,  una  grande  prudenza  nei  consigli, 

mento  che    si    e   proposto ,  e  di  svolgerlo  di  e  una  grande  varieta  di  avvedimenti  utilissi- 

parte    in    parte    in    altrettanti  libri.  Questo  mi.  Le  giovani  spose,  che  vogliano  conoscere 

primo  tratta   della   educazione    dei  bambini,  i  loro  doveri  piii  sacri  e  piu  dilicati,  faranno 

Noi  vi  abbiamo  trovato  molto  ordine,  molta  bene  a  procacciarsi  questo  libro ,  dal    quale 

larghezza  di  materia,  molta  semplicita:  e  al  avranno  molto  da  apprendere. 

D'ALFIANO  GIOVAN  PAOLO  —  Maestro  Domenico ,  Fiaba  di  Giovan  Pacio 
d'  Alfiano. 

E  un  racconto  graziosissimo,  d^nvenzione  simi,  il  gran  mutamento  in  peggio,  che  ha  in- 
tutta  nuova,  destinato  a  mostrare ,  col  vivo  trodotto  ne1  popoli  la  rivoluzione  trionfante. 
riscontro  de1  coetumi  un  po^ntichi  co'novis- 

DE  CAMILLE  —  J-  E.  Storia  della  setta  anticristiana  per  J.  E.  De  Camille. 
Volume  primo.  Firenze,  tipografia  all'  insegna  di  S.  Antonino,  Piazza  di 
Cestello  n°  1.  in  8°  di  pag.  324,  prezzo  del  presente  volume  L.  3. 

Di  questo  lavoro,  promesso  dall1  autore  di  esporre  le  sue  idee,  e  il  suo  racconto.  Egli 

alcuni  mesi    or  sono,  vede  ora  la  luce  il  1*  comincia  dal  proporre  Targomento  che  vuol 

volume,  il  quale  sodisfa  alFespettazione  che  trattare  nella  sua  prima  lettera;ede  Tarre- 

«e  ne  avea.  II   metodo   prescelto  dal  ch.   De  care  le  molte  ragioni  per   le   quali   non  sia 

Camille  e  quello  di  esporre  le  sue    conside-  lecito  ad  un  cristiano,  ad  un  cittadino,  Fascri- 

rav.ioni  per  via  di  lettere;  ci6  che  gli  consente  versi  alia   Massoneria.  Nelle  tre  lettere   se- 

una  maniera.spigliata,  facile,  quasi  familiar*  guenti  descrive  il  mondo  moderno  nei  costu- 

Serie  VIII,  vol.  I,  fasc.  501.  22  27  aprile  1871. 


338 


BIBLIOGRAFIA 


mi  ,  nella  politic* ,  e   nella   storia  ,  per   poi  deve  dedursi  dacongetture  e  da  ragionamentj 

conchiudere    nella   quarta  ch'e   quanto    v1  e  critici.  E  il  nostro  autore  vi  fa  buona  prova: 

di  sconvolto,  di  corrotto,  di  rovinoso  nel  mon-  e  lascia  intravedere  che  molto  piu  di  quello 

do  moderno  e  principalmente  opera  dei  fram-  che  ha  detto  in  questo  primo  volume  gli  re- 

jnassoni.  E  qui  si  apre  il  campo  a  dire    chi  sta  a  dire  nel  secondo.  Noi  siam  certi  che  egli 

sieno  essi:  come  ordinati,  quali  miti  ammet-  manterra  la  promessa:  ed  esortiamo   chiun- 

tuno,  quali  riti  seguano,  qual  simbolo  pro-  que  ha  interesse  d1  istruirsi  intorno  alia  na- 

f,  ssino :  e  cos\  ne  da  ai  lettori    una    giusta  tura,  agFintendimenti,  alia  storia  della  setta 

<-onoscenza.  Nelle  ultime    cinque   lettere    ne  massonioa,  di  leggere  e  studiare  il  libro  del 

espone  la   origine  e  derivazione ,  o    come  la  Camille  :  perche    esso  e  pieno  di  notizie  im- 

ciiiamano   la    filiazione    logica  e  storica,   la  portanti,  condotto  con  ragionarnento  stretto, 

quale    piu   che    da    documenti    irrefragabili  e  scritto  con  molto  vigore  e  brio  di  stile. 

DE  SANCTIS  SANTO  —  Elogio  funebre  di  Vincenzo  Andrea  M.»  Grande,  Ar- 
civescovo  di  Otranto,  per  Santo  de  Sanctis.  Lecce,  tip.  editrice  Salenti- 
na,  1871,  un  opuscolo  in  8°  di  pag.  28. 

DE  SEGUR  —  La  SS.  Comunione  per  Msgr.  de  Segur.  Torino,  tip.  dell' Ora- 
torio di  S.  Francesco  di  Sales,  187-1,  un  opuscolo  in  16°di  pag.  68.  Una 
copia  cent.  15.  Cop.  100.  L.  10. 

FANNY  R,  —  Luisella:  Racconto  Napolitano  dei  giorni   nostri  per  la  Signora 
Fanny  0.  Bologna,  tip.  Felsinea  Via  Usberti    ./V"  69G  Un  vol.  f>.  in  16°  di 
pag.  2!  6.  L.  1.  25. 
Semplicissima  la  tessitura  dei  casi,  molto     il  quale  per  la  sua  sana  moralita  pu6  essere 


letto  da  tutti  non  solo  senza  danno,  ma  anche 
con  profitto. 


nuturale  lo  svolgimento,  e  la  soluzione  del 
nodo,  affetti  temperati  e  virtuosi,  stile  corretto 
e  schietto,  soiio  i  pregi  di  questo  romanzetto; 

FANUCCHI  GIUSEPPE  —  Vita  di  S.  Frediano  Vescovo  di  Lucca  e  notizie  de'suoi 
tempi,  descritta  da  Moris.  Giuseppe  Franchi,  Protonotario  Apostolico  ec. 
Lucca,  tip.  Landi,  1870.  Un  vol.  in  8°  di  pag.  224. 

Da  quella  non  piccola  schiera  di  scrittori  do,  cosicche  ha  potuto  s-tenderne  una  vita  com. 

eruditi,  che  trattarono  o  di  proposito  o  di  pas-  piuta,  alia  quale  aggiugne  molto  interesse  il 

«;iggio  dellegeste  di  S.  Frediano,  il  ch.  Mons  discorrere  che  esso  fa  dei  tempi  di  quel  Santo 

Fanuechi  ha  tratto  le  principali  notizie,  che  Vescovo.  Ai  quali  meriti,  diciamo  c-osl,  iiitrin- 

'•onfortate  dalla  critica  storica,  e  dai  monu-  seci  e  sostanziali  di  questo  lavoro,  si  deve  ag- 

nienti  esistentipossono  essere  accettate  ancora  giugnere  una  certa  nobilta  molto  semplice  di 

<lui  piu  schifiltosi.  Queste  notizie,  con  tanto  stile,  confacente  alia  gravita  del  soggetto. 
•studio  raccolte,  le  ha  ordinate  con  bel  meto- 

FERRARI  FRANCESCO  SAVERIO  —  Sul  Concilio  Vaticano  poemetto  polimetro. 
Napoli  stamperia  del  Fibreno ,  via  Pignatelli  a  s.  Giovanni  Maggiorc; 
\  870;  in  1 2°  di  pag.  48  ( vendibile  al  prezzo  di  cent,  50  presso  I'  au- 
tore ,  strada  S.  Giuseppe  de'  nudi  n°  25 ;. 

Grandioso   e  Targomento,  tolto  dal  ch.  sta  ha  iucontrate  ne'suoi  procedimenti,  e  le 

;iutore  a  soggetto    della  sua  poesia;  e  dob-  vittorie  da  lei    iniziate   colla   proclamazione 

bium  dire,  che  per  quanto  lo  comporta  la  mala-  delle  cattoliche  verita,  sancite  nel  suo  seno ; 

gevolezza  della  materia,  la  bonta  della  poesia  e  che  nelFora    designata  dalla  divina  prov- 

corrispondealla  grandezza  del  soggetto.  Esso  videnza  avranno  effetti  piu   ampii  e  piu  uni- 

vien  diviso  in  tre  parti:  la  prima  e  intitolata  versali  per  tutto  il    mondo.  Vario  e  lo  stile 

la  Convocazione  del  Concilio;  la  seconda  la  del  componimento,  secondo  che  esige    la  va- 

Lotta;  la  terza  il  Trionfo.  Tutte  e  tre  sono  rieta  de'metri  che  sono  adoperati;  ma  sempre 

syoltfl  per  mezzo  di  finzioni  ed  immagiai  poe-  colto,  sempre  vivace  e  fecondo,  benche  alcuna 

iiche,  colle  quali  il  Poeta  adombra  vagamen-  volta  possa  sembrare    piu  del  dovere    ridon- 

*  le  cause  che   hanno    ispirate   al  Sovrano  dante.  II  che  e  da  attribuire   alia    fantasia 

Pontefice    il   consiglio    di    adunara   la  sacra  troppo  ricca  dell1  autore. 
A&semblea  Va^cana,  le  opposizioni  che  que- 


B1BLIOGRAF1A  339 

FERRERI  SEVERINO  —  Istruzioni  sul  vangelo,  ossia  le  quattro  parti  della  dot- 
trina  Cristiana,  esposta  in  tre  anni  di  spiegazioni  evangeliche,  aggiuntavi 
un'appendice  sulle  feste  di  N.  S. ,  di  M.  SS.  e  dei  Santi,  del  Sac.  Seve- 
rino  Ferreri.  Torino,  tip.  e  libr.  S.  Giuseppe  nel  Collegio  degli  Artigia- 
nelli  Corso  Palestro  N°  1 4.  Vol.  2°  in  8°  di  pag.  388.  Chi  desidera  tutta 
T  opera  si  rivolga  a  D.  Pietro  Borra  Prevosto  di  Robella  Monferrato . 

FRANCO  SECONDO  —  Sugli  affari  present!,  lettere  quattro  alia  N.  D.  Mar- 
chesa  N.  N  ,  del  p.  Secondo  Franco  d.  C.  d.  G.  Torino  e  Roma,  Pietro 
di  G.  Marietti.  Napoli,  Pendola.  Un  opuscolo  in  16°  di  pag.  112.  Terza 
edizione. 

Compendiare  in  poche  pagine  la  teologia  alle  Signore,  ma  eziandio  ai  loro  mariti,  figli 

morale  relativa  alle  correnti  questioni  politi-  e  fratelli.  Tanto  piu  che  in  questa  edizione  si 

che  religiose ;  risolverle  in  modo  piacevole  e  tratta  eziandio,  con  una  lettera  aggiunta,  la 

pur  sodissimo;  ecco  il  cbmpito  propostosi  dal  questione  dell1  occupazione  di  Roma.  E  una 

ch.  Autore.  Sono  scritte  in  guisa  incantevole,  guida  sicura  e  compita  per  chi,  tra  gli  errori 

e  lettane  una,  non  si  pub  reggere  al  solletico  e  ipregiudizii  della  societa  anticristiana,  vuole 

di  arrivarealla  fine.  Le  raccomandiamo  non  solo  salvare  la  coscienza  e  1'  anima  sua. 

GARRONE  LORENZO  —  La  vita  Cristiana  modellata  sulla  Vita  di  Maria:  tren- 
tadue  discorsi  storici-morali  pel  mese  di  maggio  del  C.  C.  P.  Lorenzo  Gar- 
rone,  Missionario  Apostolico.  2*  edizione  riveduta  e  accresciuta.  Alessan- 
dria, Tip.  Astuti  1871.  in  12°  di  pag.  281.  (Prezzo  lire  2.  Dirigersi  con 
lettera  franca  all' A.  Cav.  Can.  Prevosto  Lorenzo  Garrone.  Alessandria. 
Via  S.  Chiarab). 

La  prima   edizione  di  questo   Mese  Ma-  Mica,  I1  Osservatore  Cattolico  e  lo  Stendardo 

riano  fu  lodata  non  solo  dalla  Civilta  Oatto-  Cattolico:  i  cui  giudizii  si  leggono  in  fronte 

h'ca,ma  da   altri  giornali  cattolici  d'ltalia:  a  questa  seconda  edizione,  riveduta  ed  accre- 

il  Divin  Salvatore,  YArmonia,  la  Liberia  Cat-  seiufca  dal  ch.  A. 
tolica,  T  Unita  Cattolica,  I1  Indipendenza  Cat- 

GEROLA  LORENZO  —  II  libro  per  tutti.  Raccolta  di  istruzioni,  esempii  ,  me- 
1  ditazioni  e    preghiere  per    chiunque  voglia  vivere  da   buon   Cristiano  del 
Sac.  Lorenzo  Gerola,  2a  edizione.  Lendinara,  tip.  di  Luigi  Buffetti.  Un  vol. 
in  46  di  pag.  802,418. 


11  Libro  per  tutti  del  Rev.  Sig.  Gerola  con- 
tiene  ietruzioni  sopra  le  virtu  e  i  vizii :  esempii 
che  confermano  quelle  istruzioni;  meditazioni 
intorno  alle  massime  cristiane;  eottimepra- 
tiche  ed  esercizii  per  nutrire  la  pieta.  E  ve- 
ramente  per  tutti :  giacche  non  v:  e  classe  di 
persone  che  non  possa  giovarsene  :  e  invece 


di  libro  noi  lo  chiameremmo  volentieri  una 
piccola  biblioteca:  giacchfc  nelle  sue  1220  pa- 
gine di  carattere  minuto  contiene  la  materia 
di  parecchi  volumi.  11  maggior  pregio  suo  si 
e  la  dottrina  veramente  sicura,  e  quel  fervore 
di  pieta  che  istilla  nei  lettori,  e  che  spira  da 
ogni  sua  pagina. 


GIACONE  —  Maria  Peres,  o  amore  e  sventure;  racconto  storico  del  barone  Gia- 
cone.  Torino,  cav.  Pietro  di  G.  Marietti;  Roma,  tip.  Propaganda;  Napoli, 
lib.  Pendola,  1871,16°  grande  di  pag.  285. 


Dopo  che  quasi  tutti  i  buoni  giornali  dal- 
Tun  capo  all1  altro  d1  Italia  hanno  encomiato 
3faria  Peres,  tornerebbe  superflua  ogni  nostra 
raccomandazione.  Si  aggira  sopra  i  dolorosi 
avvenimenti  della  Sicilia,  dal  1860  al  1866, 
dipingendo  la  desolazioue  di  questa  nobile 


contrada,  con  vivace  lingua,  e  ardite  tinto, 
pur  troppo  storiche !  LMsola  fu  coperta  di 
sangue  e  di  lutto,  a  nome  e  a  gloria  del  go- 
verno  italiano.  Abbiaia  reduto  anche  giornali 
frammassoni  confessare  che  il  Giacone  rac- 
conta  la  pura  verita,  e  che  la  Sicilia  ha  qui 


340  BIBLIOGRAFIA 

una  storia  patria,  luttuosa  s\ ,  ma  pur  degna  fine  approdato  al  porto  .  II  complesso  forma 

di  impararsi  a  mente.  II  nodo  della  storia  (che  cib  che  i  critic!  francesi  direbbero  un  romanzo- 

favola  appena  si  pu6  appellare  j  e  un  amore  tesi.  Ottima  tesi,  ottimo  romanzo. 
contraddetto  dalle  sciagure   pubbliche,  e  in 

GIBELLI  GAETANO  —  Vita  di  S.  Tommaso  d' Aquino  scritta  dal  Prof.  Gaetano 
Gibelli.  3/onza,  tip.  dell'  Istituto  dei  Paolini,  di  Luigi  Annoni,  4870.  Un 
vol.  in  16°  di  pag.  460. 

Destare  nei  giovani  il  desiderio  dMmitare  penria.  E  veramente  Tottiene:  con  tan  to  gar- 
la  virtu,  e  di  studiare  le  opere  di  S.  Tommaso  bo  ,  con  tanta  soave  insinuazione  e  scritta 
fu  il  fine  che  pose  in  mano  al  ch.  Gibelli  la  questa  vita ! 

GIOVIIVE  RAIMONDO  —  L'anima  che  fa  compagnia  a  Maria  Addolorata  a  pie 
della  croce,  per  Raimondo  Giovine  Sac.  Nap.,  2a  Edizione.  Napoli,  tip.  di 
Gaetano  Sautto  Vico  S.  Gregorio  Armeno  N°  10.  2  volumi  in  16°  di  payi- 
ne  344,  354. 

Molte  pie  persone  hanno  la  costumanza  sti  gli  esercizii  proposti  per  ciascuna  setti- 

lodevole  di  consacrare  un    giorno  della  set-  mana  delFanno.  Ne  queste  considerazioni  sono 

timana  alia  speciale   commemorazione  e  ve-  staccate  e  per  cosl  dire  saltuarie:  esse  anzi 

nerazione  dei    dolori    di    Maria  SS.   Codeste  si  collegano  in  un  tutto  intiero  e  ragionato; 

buone  anime  non    possono  trovare  libro  piu  cosicche  al  tempo  stesso  che  Topora  si  divide 

adatto  per  loro ,  quanto  quello  testfe  annun-  in  settimane  ,  si  divide  altresi  in  parti  e  in 

ziato  del  Rev.  Sig.  Giovine.  Una  considera-  capitoli ,  connessi  insieme  con  ordine  logico 

zione  quanto  devota    altrettanto    ragionata  :  e  ragionato.  A  quest' opera  fa  seguito  Tofficio 

alcuni  esempii  tratti  dalle  vite  piu  autenti-  che  pur  annunziamo.  Tutta  Topera  insieme 

che  dei  Santi  :  un   ossequio  da  praticarsi  in  all1  oflicio  si  vende  per  lire  2. 
onor  di  Maria  SS.  e  una  giacolatoria:  son  que- 

—  OHicio  della  cornpassione  di  Maria  Santissima  composto  da  S.  Bonaventura, 
con  versione  italiana  e  annotazioni  per  Raimondo  Giovine  Sac.  Nap.  Na~ 
poli,  tip.  dell'  Italia,  1871.  Un,  opuscolo  in  16°di  pug.  72. 

—  L'anima  clie  conversa  con  Gesu    Bambino  nella  grotta  di    Betlemme  per 
Raimondo  Giovine  Sac.  Nap.  2a  edizione.  Nnpoli,  tip.  di  Vincenzo  Marchese 
Largo  Donnarcgina  N°  20  e  21.  Trevol.  in  16°  di  pag.  204,  396, 192.  L.  2,50. 

Nei  tre  volumi ,  dei  quali  componesi  que-  nella    grotta    di   Betlemme:  e    finalmente  le 

sta  pia  opera,  trovansi  unite  le  considerazioni,  vane  pratiche  di  pieta  per  far  commemora- 

le  pratiche,  gli  esercizii  pii  acconci  a  vene-  zione  della  nascita  di  Gesu  il  25  d'ogni  mese. 

rare  il  sacro  mistero  della  Nativita  di  N.  S.  Vi  sono  meditazioni,preghiere,  esempii,  laudi 

Gesu  Cristo.  Dapprima  propongonsi  i  mezzi  spirituali    e   piu   altri   esercizii  di    pieta  ,    e 

per  disporsi  bene  nelTAvvento  e  nella  Novena  tutti  pieni  di  santo  fervore.  Pu6  dirsi  il  Ma- 

al  S.  Natale;   poi  gli  esercizii    piu  adatti  a  nuale  dei  devoti  di  Gesu  Bambino, 
venerare  per  quarauta  giorni  Gesii  Bambino 

—  L' oflicio  e  If,  tre  mosse  del  Santo  Natale,  con  versione  italiana  e  annota- 
zioni per  Rnimondo  Giovine  Sac.  Nap.  Napoli,  tip.  di  Vincenzo  Marchese 
Largo  Donnaregina  N°  20  e2l.  Unvol.in  16°  di  pag.  144.  Cent.  80. 

—  Vita  del  Gran  Servo  di  Dio  D.  Gennaro  Maria  Sarnelli,  Padre  della  Gon- 
gregazione  del  SS.  Redentore  e  di  quella  delle  Apostoliche  Mission)  ,  eretta 
nel  Duomo  di  Napoli,  per  Raimondo  Giovine  Sac.  Nap.  Napoli,  tip.  e  libr. 
di  Andrea  Festa  Strada  Carbonara  N°  104.  2  vol.  in  16°  dipag.  224,  228. 

S.  Alfonso  dei  Liguori,  che  di  virtti  e  di  lo  chiamava  un  Gran  Servo  del  Signore,  e 
santita  s1  intendeva  moltissimo,  nel  conchiu-  sperava  che  sorgesse  chi  ne  scrivesse  diste- 
dere  il  Compendio  della  Vita  del  P.  Sarnelli,  samente  la  vita.  II  Rev.  D.  Raimondo  Giovine, 


BIBLIOGRAFIA  341 

prete  napoletano,  intraprese  quest1  opera:  e  vita  il  Sarnelli,  che  colla  predicazione,  colla 

giovandosi  del  document!  piu  autentici  che  penna,  coi  sacri  mi»isteri  trasse  tante  animo 

potfc  avere  nelle  mani,  ne  ha  diatesa  con  or-  alia  salute,  e  oper6  s\  gran  bene,  che  quan- 

dine,  con  chiarezza,  e  senza  soverchia  prolis-  tunque  trapassato  da  bene  136  anni ,  la  sua 

sita  la  storia  intiera.  Da  essa  appare  quanto  m«moria  vive  in  benedizione  di  lodi  ovunque 

grande  e  zeloso  missionario  fosse  stato  in  sua  egli  spese  le  sue  fatiche  nelle  sante  missioni. 

JUNGMANN  BERNARDO  —  Institutions  Theologiae  dogmatics  specialis .  Tra- 
ctatus  de  Deo  uno  et  Trino  ,  auctore  Bernardo  Jungmann  Phil.  S.  Theol. 
Doct.  ac  Theologiae  Professorein  Serainario  Brugensi  1870.  Ratisbonce,  typ. 
Puttel.  In  8°  di  pag.  337. 

Pocopiu  di  200pagine  contengono  il  pri-  altrove  notammo  (  quad.  461  )  neir  altro  suo- 

mo  trattato  de  Deo  Uno,  e  poco  meno  di  100  il  trattato  de  Gratia,  e  ci  auguriamo  di  veder 

secondo  de  Deo  Trino.  Non  conosciamo  altro  presto  gli  altri  trattati,  approvati  gia  per  la 

libro  che  con  altrettantabrevita  esponga  que-  stampa  dal  vie.  gen.  di  Bruges,  con   quests 

ste  trattazioni  teologiche  con  altrettanta  chia-  parole:  hoc  opus  eximium  libenter  approbamus 

rezza  e  profondita.  II  dotto  Autore  con  tatto  et  in  votis  habemus  ut  in  universi  Cleri  nostri 

squisito  di  professore  dice  tutto  e  solo  ci6  che  manibus  versetur:  51  qual  voto  vorremrao  esteso 

couviene  per  un  corso  ordinario  e  come  con-  oltre  i  confini  della  diocesi  e  del  Belgio. 
viene.  Qui  troviamo  gli  stessi  pregi  che  gia 

LOMONACO  GIOVANNI  —  H  potere  sociale  del  Papato  nel  Medio  Evo  per  Gio- 
vanni Lomonaco  Napoli,  direzione  delle  Letture  Cattoliche,  Via  S.  Giovanni 
Maggiore  Pignatelli.  1871  Un  opuscolo  in  16°  di  pag.  64. 

MAFFEI  SCIPIONE  —  Che  cosa  un  uomo  di  sano  intelletto  debba  pensare  in 
argomento  di  religione.  Pensieri  inediti  del  March.  Seipione  Maffei,  tratti 
dall'  originate  conservato  nella  Capitolare.  Verona  ,  tip.  di  Antonio  Rossi, 
1868  Un  opuscolo  in  16°  di  pag.  22  Cent.  25. 

—  Discorso  di  Seipione  Maffei  al  Consiglio  Comunale   di  Verona  in  Dialetto: 
tratto  dall'  autografo  della  Cattedrale  ,  per  cura  del  Can0.  Carlo  Giuliari, 
e  pubblicato  in  occasione  delle  fauste  nozze  Faccioli-Marangoni.    Verona  > 
Stab.  Civelli.   Un  opuscolo  in  4°  di  pag.  6,  23. 

—  Parere  sul  migliore  ordinamento  della  R.  Universila  di  Torino,  alia  S.  M.  di 
Vittorio  Amedeo  II,  per  Seipione  Maffei,  dall' autografo  nella  Capitolare  di 
Verona.  Verona  ,  tip.  di  Antonio  Rossi  1871,  un  vol.  in  4°  di  pag.  48. 

MAGENIS  GAETANO  MARIA  —  Vita  di  S.  Andrea  Avellino,  Chierico  regolare 
Teatino,  secondo  il  P.  Gaetano  Maria  Magenis,  Sac.  del  medesimo  ordine- 
Monza ,  tip.  dell'  Istituto  dei  Paolini  di  Luigi  Armoni  e  C°  1870,  2  Vol. 
in  16°  di  pag.  176,  224. 

MARCONE  ANTONIO  —  La  parola  di  Pio  IX  ;  ossia  Raccolta  di  discorsi  e  detti 
di  Sua  Santita,  dal  principio  del  suo  Pontificato  sino  ai  nostri  giorni,  pel 
sacerdote  Antonio  Marcone,  della  societa  Ligure  di  Storia  Patria.  Genova, 
Direzione  delle  Letture  Cattoliche  1871.  un  vol.  in  16°  di  pag.  264  L.  2.  20. 

La  parola  di  Pio  IX  fu  il  titolo  di  un  vo-  primo.  Noi  siamo  certi  che  esso  avra  lo  stesso 

lume  pubblicato  nel  1864  dal  ch.  Sacerdote  buon  successo:  poiche  non  v^e  cosa  che  tan  to 

Antonio  Marcone,  ed  accolto  con  grande  avi-  alletti  alia  lettura,  che  faccia  tan  to  pregiare 

dita  da  per  tutto:  poiche  esso  conteneva  al-  e  amare  Pio  IX,  quanto  quella  bonta  paterna, 

cune  delle  risposte,  delle  istruzioni,  dei  col-  quella  prudenxa,  quella  proatezza  e  vivacita, 

loqui  familiari   del  S.  Padre  ,    che  poterono  tutte  doti  particolari  della  sua  conversazione, 

giugnere  alia  conoscenza  del  pubblico.  Questo  e  che  mirabilmente  spiccano  in  tante  varieta 

stesso  titolo  si  riproduce  ora  m    quest1  altro  di  casi  e  di  aneddoti ,  quante  ne  sono  raccolte 

volume ,  che  pub  dirsi  una  continuazione  del  in  questo  caro  volume. 


342  B1BLIOGRAFIA 

MELLA  CAMMILLO  —  Istoria  della  propria  vita  di  Santa  Teresa,  per  la  prinna 
volta  fatta  interamente  italiana,  raerce  il  riscontro  dell' autografo ,  ed  il- 
lustrata  dal  P.  Cammillo  Mella  D.  C.  D.  G.  Modem,  tip.  deW  Imm.  Con- 
cezione  4871.  Un  vol.  in  8  di  pag.  XXVIII  760.  L.  8. 

Le  opere  di  Santa  Teresa,  appunto  per-  ingiungeva,  ed  essi  ne  dettero  una  accurate 

chfe  di  autorita  somma,  ebbero  la  sventura  di  e  fedelissima  versione  francese.  II  concetto  di 

non  essere  eino  a  pochi  anni  or  sono,  pub-  fame  una  uguale  versione  italiana  venne  in 

blicate  mai  senza  qualehe  lacuna,  e  qualche  mente  ad  un  loro  confratello,  il  P.  Sestini : 

infedelta,  tanto  nel  loro  testo  spagnuolo  ori-  il  quale  recatosi  in  Ispagna  vi  spese  intorno 

ginale,  qiaanto  e  molto  piu  nelle  loro  versioni.  gli   studii  e  le   fatiche  di   lungo  tempo  .  Ed 

Non  fcquesto  il  luogo  di  arrecarne  le  cagioni:  era   molto   inn  an  zi   nel   lavoro  ,   quando   da 

il  fatto  e  certissimo,  e  ora  di  universale  no-  morte  immatura  fu  chiamato  al  cielo.  Rimane- 

torieta.  Or  sono  circa  vent'anni,  per  istiga-  vanoa  volgarizzarsi  la  vita  scritta  dalla  Santa 

zione  di  alcune  religiose  teresiane,  venne  in  stessa,  e  le  lettere  :  e  ne  assunse  il  compito 

pensiero  a  due  egregi  e  dotti  religiosi  fran-  il  ch.  P.  Mella.  I/edizione  di  questa  nuova  e 

cesi,  P.  Bouix  e  P.  Turquand  di  darne  una  fedele  versione  6  stata  splendidamente  intra- 

edjzione  coscenziosamente   fedele   e  minuta-  presa  dalla  tipografia  dell1  Immacolata  Con- 

mente  esatta.  Iti  in  Ispagna,  quivi  con  molte  cezione  di  Modena  :    la  quale  ha  creduto  di 

ricerche,  e  molti  viaggi  si  adoperarono  pazien-  pubblicare  anche  a  parte  in  un  bel  volume  la 

temente  di  aver  nelle  mani  tutti  gP  autografi.  Vita  della  Santa,  chequi  abbiamo  annunziata. 

della   Santa  ,    di    cui   s1  avea  conoscenza :  li  II  Sestini  ed    il    Mella   sono    nomi   noti  alia 

copiarono  con  cura  somma  e  dilicata,  colla-  Italia  pei  varii  lavori  dati  alia  luce  :  ma  da 

zionarono  la  copia  colPoriginale  :  fecero   cia-  ci6  che  abbiam  veduto  in  questa  nuova  lovo 

scuna  copia  confrontare  ed  autentieare  legal-  fatica  crediamo  che  nella  versione  delle  ope- 

mente  dairautorita  Diocesana,  e  dai  euperiori  re  di  Santa  Teresa  hanno  vinta  la  lor  farna 

dei  conventi  Teresiani  ove  si  conservavano  ,  medesima :  tanto   nobile  ne  e  lo  stile,  lucida 

e  cos\riebbero  integro  il  testo.  Del.  pubblicarlo  la  costruzione,  e  pieno    di    savissimi  e  dotti 

nella  lingua  sua  originale  lasciarono  il  pen-  avvisi  il  commento  illustrative  che  vi  hanno 

siero  al    Governo  spagnuolo  ed  ai   religiosi  aggiunto. 
Carmelitani,  come  un  delicato  riguardo  loro 

MIGNANI  VINCENZO  —  Cenno  bibliografico  dei  Cardinal  Giuseppe  Mezzofant.i 
Bolognese;  con  I'  Elenco  di  tutte  le  lingue  e  dialetti  dal  medesimo  parlati. 
Bologna  ,  Societa  tip.  de'  compositori ,  \  871 . 

Per  cura  del  Sig   Can.  Vincenzo  Mignani  sommo   poliglotta   unastatua,e   Taltro    di 

la  memoria  del  celebratissimo  Card.  Mezzo-  coniare  una  medaglia  e  costruire  un  monu- 

fanti  sara  perpetuata  ai  posteri  dai  Bolognesi.  mento  in  occasione  del  prossimo  centenario 

II  nome  dato  alia  contrada  ov1  egli  nacque  ;  della  sua  nascita  (1874),  sono  sua  principale 

Pabitazione  della  prima  infanzia  cons-srvata  oriera. 
e  ricordata  ai  posteri,  il  disegno  di  elevare  al 

NARDI  MONS  FRANCESCO  —  Del  Museo  Vaticano  ,  opera  e  proprietadei  Pon- 
telici.  Discorso  letto  all'  accademia  pontificia  d' Archeologia  nella  seduta  del 
26  gennaio  1871  da  Wons.  Francesco  Nardi,  Uditore  di  S.  Rota.  Opusc- 
in  8°  di  pag.  20. 

II  discorso  annunciato  fu  gia  in  tutto  o  Autore    la  discioglie  in  favore  del    Papa   in 

in  parte  riferito  dai  giornali  cattolici.  Solle-  quanto   Papa.  L/argomentazione  fondata  su 

vatasi  la  quistione,  se  il  Museo  Vaticano  ap-  molteplice  erudizione  storica  scorre  limpida, 

partenesse  al  Papa,  in  quanto  Papa,  ovvero  calzante  e  vivificata  daunagrande  concisione 

al  Papa  in   quanto  sovrano  di  Roma,  il  ch.  e  vigoria  di  stile. 

PALERMO  FRANCESCO  —  Vita  e  fatti  di  Vito  Nunziante  per  Francesco  Pa: 
lermo.  Firenze,  stabilimento  Ciielli,  via  Panicale  n°  39,  1870.  In  8°  d* 
pag.  414. 

Vito  Nunziante  ebbe  molta  parte,  e  sem-    litari  del  regno  delle  due  Sicilie,  dall1  ultimo 
pre  lodevolo  negli  avvenimenti    politici  e  mi-    scorcio  del  passato  secolo  insino  alia  sua  mor- 


BIBL10GRAFIA 


te.  Sotto  questo  rispetto  una  biografia  di  lui,  vole  questa  che  ne  ha  scritta  T  illustre  Mar- 

acritta  con  verita  ed  esattezza,  non  puo  riu-  chese  Palermo ;siccome  tale  che  reca  airaperto 

scire  che  di  sommo  interesse  per  la  storia.  Ma  non  pochi  fatti  di  grave  importanza  politica, 

un'altra  ragione  rende  asaai  piu  commende-  che  insino  ad  ora  erano  rimasti  ignorati. 

PARASCANDOLO  LUIGI  —  La  Frammassoneria  figlia  ed  erede  del  Manicheismo. 
Studii  storici  per  Luigi  Parascandolo,  sacerdote  del  clero  napoletano.  T.  IV, 
di  pag.  293,  in  8°. 


Questo  e  il  quarto  volume,  che  esce  dalla 
penna  del  ch.  sac.  Parascandolo,  in  prosecu- 
zione  del  suo  lavoro  intorno  la  Massoneria. 
11  titolo  messogli  a  capo,  si  e:  Documenti. 
II  metodo  che  tiene  nel  riferirli  non  e  quello 
di  recarli  per  disteso  senza  alcuna  conside- 
razione,  ma  P  altro  di  portarli  in  parte  o 
interi,e  trarne  le  opportune  conseguenze/Fra 
i  molti  raccolti  insieme  ve  ne  ha  de"1  uostrali 
e  dei  forestieri ,  cavati  dagli  scritti  massonici 
e  da  altri  non  massonici.  Vhanno  le  con- 


danne  pontificie  fulminate  contro  la  setta  ,  e 
quelle  venute  dalla  parte  dei  protestanti  ,  ed 
i  giudizii  di  uomini  illustri  in  conferma  delle 
stesse  condanne.  Traquesti  e  da  notare  Tau- 
toritadel  Lidler  di  Berlino,la  quale  aggiunge 
alle  accuse  contro  la  massoneria  non  piccolo 
peso,  stante  la  gravita  dei  documenti,  a  cui 
si  appoggia.  Benche  noi  desideriamo  nel  pre- 
sente  volume  alquanto  piu  di  ordine,  di  strin- 
gatezza  e  di  scelta,  pure  non  sara  letto  senza 
utilita  ed  interesse. 


PICONE  GIAMBATTISTA  —  Primalita  del  diritto,  studii  dell' aw.  Giambattista 
Picone.  Girgenti,  tip.  E.  Romito  Palazzo  Granet,  1870.  Un  vol.  in  due 
parti  in  8°  di  pag.  168. 

Alia  pag.  715  del  quaderno  492  invitammo  i  sommi  principii  generatori  del  Dritto  ,  che 

i  lettori  a  leggere  la  1*  parte    di  questo  la-  egli  appella  Primalita;  e  li  segue  a  svolgere 

voro  del  ch.  Aw.  Picone.  Ora  esce  alia  luce  con    quella   stessa  erudizione,    dottrina,  ed 

la  seconda:  nella  quale  segue  egli  a  svolgere  evidenza  che  sono  i  pregi  suoi  proprii. 

PIZZARDO  GIUSEPPE  —  La  buona  maestra,  ossia  la  mormorazione,  dialogo  dej 

Prevosto  Giuseppe   Pizzardo  da  Savona.  Bologna,  tip.  Pont.  Mareggiani 

1871.  In  32°  di  pag.  112. 
PROMIS  VINCENZO  —  Cento  lettere  concernenti  la  storia  del  Piemonte,  dal 

MDXLIV  al  MDXCII,  edite  da  Vincenzo  Prornis.  Torino,  st.  reale,  1870, 

in  8°  di  pag.  2  57. 

Importantissirne  ci  sembrano  queste  cento  e  interessano  la  storia  di  Europa  tutta,  ol- 

iettcre,  estratte  dal  torn.  IX  della  Miscellanea  treche    dipingono   al    vivo    quel  grande  cri- 

di  Storia  italiana,  dove  furono  per  la  prima  stiano  e  non  men  grande  sovrano.  Le  racco- 

rolta  pubblicate  eugli  originali  degli  archivii  mandiamo    agli    studiosi    della    verita    nelle 

di  corte.  Molte  sono  di  Emmanuele  Filiberto,  storie. 

PUCCINI  VINCENZO  —  Vita  di  S.  Maria  Maddalena  de'Pazzi,  carmelitana  os- 
servante,  del  Sac.  Vincenzo  Puccini,  accresciuta  dietro  gli  atti  della  Cano- 
nizzazione.  Monza,  tip.  dell' Istiluto  de'  Paolini  di  Luigi  Annoni  e  Comp. 
3  volumi  in  46°  di  pag.  208,  192,  16i. 


II  fiorentino  Puccini  fu  direttore  spiri- 
tuale  della  Santa  Carmelitana  negli  ultimi 
anni  della  vita  di  lei ;  e  fu  il  primo  a  sten- 
derno  la  vita  con  divota  semplicita.  Poco  dopo 
la  vita  del  Puccini  fu  ampliata  da  scrifr- 
tore  anonimo,  che  si  valse  degli  atti  per  la 
canonizzazione  della  Santa.  Questo  secondo 


lavoro  ,  se  da  un  lato  1'eca  piu  vaste  notizie, 
dall1  altro  riesce  piu  ampolloso  e  piu  freddo. 
Una  mano  molto  esperta  ha  cercato  di  ri- 
donarci  la  vita  del  Puccini  non  priva  delle 
giunte  posteriori,  ma  non  ispoglia  neppure 
della  sua  nativa  semplicita.  Questa  e  la  vita 
che  qui  abbiamo  annunziata. 


344  BIBLIOGRAFIA 

REUSCH  ENRICO  La  Bibbia  e  la  Natura:  lezioni  sulla  storia  Mosaica  della 

creazione  e  i  suoi  rapporti    con  le  scienze    naturali,  del    Dott.  F.  Enrico 
Reusch.  Parma,  tip.  Fiaccadori)\81\.  Un  vol.  in  8°  di  pag.  308.  L.  1.  60. 

La  Bibbia  e  la  Natura,  ambedue  parole  esaminare  le  singole  quistioni  ,  agitatesi  in- 

«li  Dio ,   debbono   accordarsi :  e  dove  si  dice  fino  ad   ora    sulle  cattedre  e  nei   libri ,  per 

che  sia  una  contraddizione,  essanon  6  di  fatto  venire,  non  solo  partendo  da  generali  prin- 

in  quei  due  gran  libri,  ma  solo  nei  loro  in-  cipii  teologici  e  razionali,  ma  dairesame  pra- 

terpreti.  E  questa  la  base  da  cui  deve  par-  tico  dei   singoli  punti   controversi,  a  questa 

tire  chiunque  voglia  veramente  esaminare  nei  conclusione:  che  cioe  nulla  b  stato  mai  tro- 

suoi  particolari  le  teoriche  fisiche  in  rapporto  vato  nello  studio  della  natura  che  contrad- 

ai  fatti    biblici.  E    da   questa   base   parte  il  dica  a  quello  che  leggesi  nella  Bibbia.  Somma 

ch.   Sig.    Reusch    in   questa   sua   opera ,  la  perizia  nelP  esegesi  biblica,  conoscenza  vasta 

quale  e  considerata   come  la   piu   dotta  e  la  ed  esatta  delle  teoriche  fisiche  ancor  pid  re- 

piii  sicura  tra   le    molte  recentemente  pub-  centi ,  aggiustatezza  nella  critica ,  facilita  e 

blicate    intorno  a    questo    studio   compara-  semplicita    di    esposizione;  sono    le   qualita 

tiro.  II  ch.  autore   comincia    dal  fissare  con  che  renclono  quest1  opera  non  solo  utile,  ma 

tutta  esattezza    le  regole   che  debbono  con-  opportunissimaai  nostri  tempi.  La  traduzione 

durre    un  teologo  e  un  naturalista  nei  cer-  stampatasi    ora   dal    Fiaccadori    e    fatta  da 

care  dalla Bibbia  la  confermazione  delle  teorie  penna  molto  perita  delle  due  lingue,  e  bene 

della   fisica :  e  in  far    questo  riesce  somma-  addentro  negli  studii,  che  Topera  del  Reusch 

ment«  prudente  e  temperate.  Vien  poscia  ad  richiede  per  essere  fedelmente  interpretata. 

RICCI  MAURO  ~  Guido  Palagi,  canonico  della  metropolitana  fiorentina.  Ri- 
cordo  di  Mauro  Ricci,  delle  Scuole  Pie.  Firenze  Libreria  Chiesi ,  via  dei 
Martelli  palazzo  Ricasoli;  e  Borgo  S.  Lorenzo  23,  1871,  in  8°  di  pag.  91. 

Sotto  il  modesto   vocabolo    di  Ricordo  il  gasse  gli    esemplari  per  le  famiglie.  I  laici 

valentissimo  P.  Ricci   offre  in  queste  pagine  altresi  vi  troveranno  molti  savii  documenti  ed 

uno  di  queVitratti,  che  egli  solo  possiede  Tarte  arguti  avvisi  che  fanno  per  loro.  Si  vende  a 

di  fare  si  semplici  e  si  finiti.  Leggere  questo  beneficio  dei  cherici  coscritti.  Questa  dunque 

volumetto  e  innamorarvi  della  celeste  anima  e  un^pera  di  squisita  pieta,  diretta  a  un  fine 

del  Palagi  e  del   cuore  di  chi  ve  la   dipinge  di  sublime  carita.  Benedetto  il  P.  Ricci,  che 

cosibella,  e  tutt'uno.  Noi  vorremmo  che  ogni  pu6   far    tanto    valere  la    sua  incomparabilo 

membro  del  clero    italiano  si    pascesse  della  penna ! 
deliziosa  lettura  di  questa   vita  e  ne  propa- 

SCALA  STEFAXO  —  La  questione  d'  oriente  ossia  teorica  degli  stretti  secondo 
il  diritto  e  le  convenzioni  internazionali  per  1'  avvocato  Stefano  Scala- 
Torino,  tip.  G.  De-Roxsi  1871.  in  8°  di  png.  104.  L.  3. 

La  questione    d1  Oriente,    che    periodica-  degli  stretti ,  si  per  riguardo  al  dritto  si  per 

mente   si    presenta    alia   diplomazia,  &    una  riguardo  alle  convenzioni  internazionali.  Ben- 

questione  che  ha  molti  aspetti ,  e  la  cui  so-  ch6  di  tenue  mole,  questo  libretto  dilucida  e 

luzione  dipende  da  molti  element!,  assai  dif-  chiarisce  questo  punto  della  controversia  assai 

ficili  a  conciliare  insiemo.  II  dotto  Sig.  Aw.  bene:  e  deve  naturalmente  attivare  T  atten- 

Scala  la  esamina  in  questa  sua  dissertazione  zione   degli    uomini  di  stato  del  pari  che  di 

sotto  un    lato  solo:  quello  del  possedimento  studio. 

SCHERILLO  GIOVAMI  —  De  vinculis  quae  Italiam  inter  et  Classicos  latinos 
scriptores  intercedunt;  sive  quaenam  Italiae  ex  classicis  latinis  scriptoribus 
gloria  affulgeat,  quantoque  studio  ab  Italis  sint  excolendi :  auctore  JOANNE 
CAN°  SCUERILLO.  Neapolt ,  typis  ftbrenianis  MDCCCLXX.  In  8°  di  pag.  22. 

L'assunto  di  questa  latina  orazione,  come  sici  scrittori  quanto  a  gloria  letteraria,  per 
si  rileva  dal  titolo  ,  e  di  mostrare  I1  intima  argomentare  da  cosiffatta  relazione  la  somma 
connessione,  che  passa  fra  T  Italia  ed  i  Clas-  cura  e  diligenza,  che  debbono  porre  gl'  Ita- 


BIBLIOGRAFIA 


345 


liani  nello  studio  de1  medesimi.  II  chiarissimo 
autore  svolge  il  proposto  soggetto  da  pari 
suo;  cioe  con  gran  corredo  di  erudizione  ed 
eleganza  non  comune  di  dettato.  La  brevita 
di  un  articoletto  bibliografico  non  ci  consente 
di  esporre  tutto  Pandamento  del  discorso:  ci 
bastera  accennare  il  primo  e  fondamcntale 
argomento.  Questo  6  il  noto  principio,  che 
gli  scrittori  di  qualche  raerito  soao  comune- 
mente  Tespressitfne  della  vita  intellettuale  e 
morale  de^opoli  a1  quali  appartengono.  Ond'e 


che  ogni  ffierito  de1  latini  scrittori  viene  na- 
turalmente  a  rifonderei  dapprima  nel  popolo 
romano  e  dipoi  anche  nel  rimanente  dell'Ita- 
lia,  alia  quale  fu  a  poco  a  poco  accomunata 
la  coltura  romana.  II  che  e  da  lui  riconfer- 
mato  con  un  argomento  indiretto  e  come  di- 
cono  i  rotori  a  contrariis  ,  «he  e  tolto  dal 
decadimento  della  latina  eloquenza ,  dovuta 
appunto  a  nuove  cause  sopravvenute,  che 
mutarono  ie  condizioni  intellettuali  e  moral! 
de1  popoli. 


SCOTTI  PAGLIARA  DOMENICO  —  II  Mese  di  maggio  ad  uso  delie  Monache 
per  Domenico  Scotti  Pagliara.  Napoli,  Sac.  Luigi  Manzo  editore  Via  Or- 
ticelli  n°  9.  Un  vol.  in  46°  di  pag.  476.  Cent.  60. 

TACCONE-GALLUCCI  NICOLA  —  L'Europa  senza  il  Papato,  pensieri  del  Barone 
Nicola  Taccone-Gallucci .  Napoli,  tipografta  editrice  degli  Accattoncelli, 
In  8°  di  pag.  40. 


guerra  gia  da  gran  tempo  accesa  contro 
questa  Sede  apostolica*,  Ci  dovemmo  per  certo 
dilettare  di  quella  stringata  e  grave  argo- 
mentazione, colla  qualetu,consideratarazione 
del  Papato  sopra  I1  indole,  il  regime  e  le  re- 
lazioni  del  consorzio  domestico  e  civile;  come 
altres\  la  natura  e  gli  effetti  di  questo  e  de- 
gli errori  correnti ,  chiaramente  dimostrasti 
la  estrema  rovina  che  minaccia  Tuno,  quando 
Taltro  sia  sottratto.  Piacesse  a  Dio  che  ci6 
che  la  Chiesa  inculca  col  suo  insegnamento, 
e  con  iscritti  piu  piani  e  tratto  tratto  insi- 
nuate nel  popolo  *.  cib  stesso  posto  dinanzi 
agli  occhi  con  piu  profonda  trattazione  e  con 
metodo  piu  severo.  valesse  a  revocare  gl1  in- 
cauti  daU'errore,  e  liberare  i  ciechi  e  duci  di 
ciechi  dalbaratro  in  che  rovinano  essi  e  verso 
cui  spingono  gli  altri.  Questo  premio  nobi- 
lissimo,  e  certo.da  te  sommamente  desiderate 
Noi  preghiamo  da  Dio  a1  tuoi  travagli ;  e  in- 
tanto  come  auspicio  del  suo  favore  e  pegno 
della  nostra  singolare  benevolenza,  t1  impar- 
tiamo  amorosissimamente  la  benedizioue  apo- 
stolica. 

Dato  in  Roma  in  S.  Pietro  il  d\  20  feb- 
braio  del  1871,  Tanno  vigesimoquinto  del 
Nostro  Pontificato.  » 


L^logio  migliore,  che  noi  possiamo  fare 
di  questo  egregio  lavoro  del  chiarissimo  gio- 
vine  Taccone-Gallucci,  e  riportare  il  Breve, 
che  il  S.  Padre  si  degnb  d1  indirizzargli  in 
risposta  alia  umile  lettera,  colla  quale  gliene 
offeriva  un  esemplare.  Lo  faremo,  traducendo 
letteralraente  il  testo  latino.  Dice  dunque 
cos\: 

«  Diletto  figliuolo  e  nobile  uomo,  salute 
e  benedizione  apostolica.  La  tua  lettera,  e 
Topuscolo  alia  medesima  unito  che  ha  il  ti- 
tolo  «  L^uropa  senza  il  Papato  »  per  si 
chiara  maniera  manifestano  T  ossequio  e  lo 
amor  tuo  verso  di  Noi,  congiunto  a  grande 
ardore  per  gl1  interessi  religiosi  e  civili,  che  ne 
rimane  egregiamente  coufermata  quella  opi- 
nione  intorno  alia  tua  pieta  e  dottrina ,  che 
Ci  aveano  posto  neiranimo  i  colloqui  avuti 
con  te  ed  i  tuoi  scritti.  Ci  rallegriamo  poi 
che  tu  non  solo  volentieri  ponderi  colPanimo 
tuo  il  testimonio  della  Nostra  benevolenza  per 
te,  maCirendi  per  esso  ampii  ringraziamenti, 
e  ce  li  rendi  per  una  ragione  che  Ci  riesce  di 
sommo  gradimento.  Imperocche  desiderando 
Noi  ardentemente  che  i  diritti  della  Chiesa 
sieno  validamente  propugnati ,  e  si  mettano 
in  chiara  mostra  i  pericoli,  a  cui  viene  espo- 
sta  la  umana  societa  a  cagione  dell'  empia 


TANARI  ANTONIO  —  L'  Alessandrina  e  1'  Ebreo  di  Verona ,  versi  di  Antonio 

Tanari. 

/ 

Chi  haletto  T  Ebreo  di  Verona  del  com-  primitiva;  specialmente  poi  e  cos\  armonica 

pianto  P.    Bresciani   conosce  T  episodic,  che  cosl  affettuosa  la  verseggiatura,  che  il  poe- 

forma  il  soggetto  di  questi  versi.  Quello  per6  metto  non  ne  perde  nulla  anche  sotto  il  ri- 

che  vi  ha  aggiunto   del  suo  il  ch.   Tanari  e  spetto  della  originalita. 
tanto,  e  si  accorda  cos\  bone  colla  invenzione 


346 


BIBLIOGRAFIA 


VALLAURI  TOMMASO  —  De  voce  divus  in  christianis  inscriptionibus  perpe- 

ram  usurpata,  disseruit  Thomas    Vallaurius.  Augustae    Taurinorum ,  ex 

o/ficina  regia,  1871,  m  8°  di  pag.  16. 
YAULLET  SACERDOTE  —  Meditazioni   per  tutti  i  giorni    dell' anno   ad    uso 

delle   religiose.  Op^era   del  Sac.  Vaullet.  Torino,  Giacinto  Marietti,  1871. 

Quattro  Vol.  in  16°  di  pag.  416,  440,  416,  448.  L.  5. 


Per  Tesercizio  della  meditazione  giorna- 
liera ,  che  tutte  le  religiose  debbono  fare , 
questo  libro  offreunaguida  veramentebuona. 
Gli  argomenti  delle  meditazioni  sono  tratti 
principalissimamente  dai  doveri  che  loro  in- 
combono ,  dalle  virtu  proprie  del  loro  stato, 
<ldi  pericoli  ai  quali  possono  andare  soggette, 


dai  mezzi  che  debbono  adoprare  per  sottrar- 
j?ene,  dalle  virtu  che  debbono  praticare.  Essa 
per  le  applicazioni  pratiche  s'interna  nell<3 
piu  minute  particolarita  della  vita  religiosa, 
delle  quali  mostra  Tautore  di  aver  plena 
conoscenza. 


YEHUROLI  MARCELLING  —  L'uomo  preistorico,  osservazioni  critiche  del 
dottor  Marcellino  Venturoli.  Bologna,  I stituto  tip.  nello  Stab.  delV  Imma- 
colata,  via  Galliera  n.  483.  L.  1;50. 


In  nome  delle  scienze  naturali  ed  ar- 
cheologiche  si  suole  ora  da  alcuni  dare  una 
mentita  alia  Bibbia,  amrtettendo  generazioni 
d'uomini  preesistentialla  creazionedi  Adamo. 
Or  nulla  di  piu  falso,  quanto  il  voler  annun- 
ziare  un  tale  errore  in  nome  di  quelle  scienze. 
Esse  per  lo  contrario  non  solo  nulla  hanno 
fin  qui  arrecato  di  concludente  contro  quel 
f'atto  biblico,  ma  studiate  a  dovere  lo  hanno 


compiutamenta  confermato  .  Molti  dottissimi 
uomini  hanno  cib  asseverato ,  e  dimostrato 
a  punta  di  validissimi  argomenti.  La  dimo- 
strazione  loro  la  riprende  da  capo,  Tamplifica, 
la  dilata,  e  la  pona  alia  portata  di  tutti  i 
lettori  il  ch.  dott.  Venturoli  in  questo  libro, 
che  noi  altamente  raccomandiamo  alia  gio- 
ventu  studiosa  italiana. 


V.  F.  ^-  Alfredo  o  il  ritorno  di  un  figlio.  Racconto  del  Giovane  Italiano  V. 
F.  Bologna,  Direzione  della  collana  de'Racconti ,  696  via  Usberti.  3  vol. 
in  16°  di  pag.  167,  156,  192,  L.  3,75. 


L1  insegnamento  per  via  di  racconti  e  piu 
proprio  deiTeta  matura ,  che  della  giovanile. 
Pur  tuttavia  al  giovane  scrittore  di  questo 
romanzetto  non  e  mal  riuscita  la  pruova.  Esso 
intende  a  porre  in  guardia  i  suoi  pari  di  eta 
dai  pericoli  e  dalle  seduzioni  ch-s  incontrauo 
ad  ogni  passo  vivendo  in  questa  eta  nostra, 


e  in  questa  societa  cosi  viziata.  Lo  fa  met- 
tendo  sotto  gli  occhi  i  casi  di  un  giovane 
prima  sedotto ,  poi  ravveduto.  Come  libro 
pieno  di  ottimi  consigli  lo  raccomandiamo 
molto;  come  lavoro  letterario  lo  pregiamo 
ancora,  qual  fiore  di  una  pianta  che  pu5  al 
tempo  dare  frutti  gustosi  e  nutritivi. 


YILLEFRANCIIE  G,  M.  —  Due  orfanelle.  Racconto  del  sfg.  G.  M.  Villefranche 
tradotto  dai  Francese  da  F.  R.  Bologna,  Direzione  della  collana  de'Rac- 
ccnti,  via  Usberti  696,  2  vol.  in  16°  di  pag.  224,  216.  L.  3. 

11  Racconto  del  Villefranche  interessa  vi-  carita  che  interviene  per  alleviarle  ,  e  riesce 

vamente  il  lettore  dai  capo  al  fondo  della  nar-  a  vincere  e  a  convertire  il  colpevole,  e  a  ripa^- 

razione.  DalFun  lato  i  casi  pietosidi  due  care  rare  i  mali  da  lui  cagionati;  fail  provare  pari 

orfanelle,  ridotte  ad  ogni  estremo  di  sventure  alia  commozione  deiranimo  il  frutto  morale 

dalForgoglio  di  un    loro  avo  :  dall1  altro  la  di  questo  ottimo  romanzetto. 


CRONACA 


Firenze  26  aprile  1871 


ROMA  —  Nostra  Corrispondenza. 


LA    SCUOLA   ROMANA. 

Per  quanto  le  mie  forze  intellettuali  me  lo  permetteranno,  vorrei 
ora  parlarvi  della  Scuola  Romana. 

Non  e  impresa  da  pigliar  a  gabbo  il  parlare  della  Scuola  Ro- 
mana. Non  diro  cbe  sia  come  uno  stuzzicare  il  vespaio:  se  dicessi 
questo ,  stuzzicherei  il  vespaio  davvero.  Ma  ben  posso  dirvi  che  e 
come  uno  stuzzicare  le  industriose  pecchie.  Le  prose  vi  si  stendono 
subito  d'  innanzi,  e  i  versi  vi  si  sciolgono  contro  in  tutte  le  figure 
delle  nove  Muse :  in  lettere  sul  quinci  e  quindi ,  in  ballate  incom- 
poste,  articoli  azzimati.  sonetti  caudati,  letture  da  fare  scoppio  e  pro- 
lusioni  prolisse  con  estro  traboccante,  come  se  procedessero  propria- 
mente  inlinea  retta  e  discendenza  legittima  dall' Estro,  detto  altrimenti 
Tafano,  bestiolina  poetica  e  intelligente,  della  quale  dice  il  dizionario 
(giacche  coi  pretendenti  letteratura  bisogna  sempre  procedere  armati 
di  dizionario)  «  che  quando  depone  le  sue  ova  nel  naso  delle  pe- 
core,  il  verme  che  ne  nasce  produce  in  loro  un' agitazione  che  e 
quasi  furore  »  poetico. 

Consta  da  document}  autentici  che  la  Scuola  Romana  fu  edu- 
cata  in  un  Gaffe.  La  volgar  fama  pretende  che  fosse  il  Caffe  Nuovo 
at  Corso.  Ma  il  piu  vecchio  documento  che  io  conosca  a  tal  propo- 
sito  non  parla  che  di  un  Caffe  in  generale.  II  documento  data  fin 
dal  4  novembre  del  1870,  e  si  troya  registrato  nel  numero  di  quel 
giorno  della  Gazzetta  uffldale  di  Roma  moderna  alia  pagina  quarta 
prope  finem.  Esso  (giacche-  la  sua  importanza  per  la  storia  letteraria 
di  questo  secolo  mi  consiglia  a  trascrivervelo  qui  per  intero,  tranne 


348  CRONACA 

alcuni  periodi  che  non  fanno  al  caso)  esso  dice  cosi:  «  Una  eletta 
schiera  di  nostri  concittadini  che  malgrado  alia  (sic)  severita  clericale, 
che  poco  stimd  1*  umana  ingegno,  studio  in  quei  felicissimi  tempi  nel 
segreto  della  casa  domestica ,  e  confusa  poi  tra  gli  inosservati  fre-1 
quentatori  di  un  caffe,  si  riuni  alia  sera  per  tener  discorso  di  let- 
tere :  che  poi  postasi  all'  opera  dette  alia  luce  lavori  che  ( ossia  i 
quali  lavori)  per  la  forbitezza  dello  stile,  per  la  scelta  dei  pensieri 
meritolle  (ossia  meritaronle)  da  Italia  tutta  ii  giusto  titolo  di  Scuola 
Romaha:  fa  (da  un  giornale  romano)  chiamata  coi  nomi  di  vecchi 
e  nuovi  pastorelli  d' Arcadia ,  di  pecore,  di  adulatori,  e  di  altrr 
appellativi.  II  sottoscritto  pero  si  fa  un  dovere  (come  si  dice  negli 
annunzi  delle  Nuove  Trattorie)  di  far  conoscere  ai  compilatori  di 
quel  giornale  che  quel  Circolo  che  i  letterati  Romani  istituirono  nella 
loro  citta  sorse  non  e  molto  etc.  N.  Argenti,  socio  del  circolo  let- 
terario  romano.  » 

La  maraviglia  fu  grande  quel  giorno  4  novembre  in  Roma  tutta. 
Italia  tutta  sapeva  dunque  da  un  pezzo  che  fioriva  in  Roma  una 
eletta  schiera ,  la  quale ,  benche  nota  a  Italia  tutta ,  stava  pero  in 
Roma  nascosta  ed  inosservata  in  un  Caffe  a  studiar  belle  lettere! 
Italia  tutta,  avea  gia  battezzata  quella  schiera  non  meno  eletta  che 
nascosta  col  giusto  titolo  di  Scuola  Romana;  e  Roma  tutta  non 
ne  aveva  mai  saputo  niente!  E  perche  noi  Romani  fossimo  informati 
del  talento  prezioso  che  custodivamo  cosi  sotterrato,  era  stato  neces- 
sario  che  A".  Argenti  socio  del  circolo  letter  ario  romano,  non  che 
ingegno  umano  poco  stimato  dalla  severita  clericale,  ce  ne  facesse 
avvisati  con  una  sua  opera  di  quattro  periodi  fiorita  di  due  soli  leg- 
gieri  spropositi  non  imputabili  certamente  che  o  alia  severita  cleri- 
cale o  alia  trascuraggine  dei  correttori  della  tipografia  ufficiale! 

So  pero  di  buon  luogo  che  al  primo  accesso  di  giusta  maravi- 
glia, successe  presto  in  Roma  tutta  un  secondo  accesso  di  gioia,  ov- 
vero  letizia,  o  vogliamo  dire  allegria,  la  quale  si  mostro  periino  in 
aperte  risa.  Le  quali,  per  quanto  dai  benevoli  si  potessero  interpre- 
tare  per  isfogo  legittimo  di  gaudio  a  cagione  della  scoperta  fattasi 
di  quella  Scuola  Romana  si  nota  a  Italia  tutta  e  nondimeno  si  na- 
scosta in  un  caffe  romano,  dovettero  nondimeno  a  piu  di  uno  sem- 
brare  eccessive  relativamente  a  quello  che  potevasi  onestamente  ri- 
chiedere  da  una  modesta  ilarita.  E  quanto  a  me,  fino  a  prova  contraria, 
amo  persuadermi  che  tra  questi  dovettero  tenere  il  primo  luogo  i 
fondatori  appunto  del  Circolo  letterario-romano ,  tutti  letterati  di 
vario  grido  e  valore,  ma  letterati  infine ;  dei  quali  parecchi  sono  noti, 
se  non  a  Italia  tulta  e  forse  nemmeno  a  Roma  tutta  (colpa  la  se- 
verita clericale  che  poco  stimo  I 'umano  ingegno),  almeno  pero  cer- 
tamente alia  Repubblica  letteraria  che,  disgraziatamente,  non  e  ora 


CONTEMPORANEA 

cosi  numerosa  come  forse  credono  alcuni  Socii,  che  con  un  articolo 
o  una  ballata  pensano  poter  arrivare  di  botto  alia  vetta  pindarica 
della  notorieta  d' Italia  tutta.  Questi  letterati  fondatori,  dotti,  savii  e 
modesti,  come  si  addice  alia  professione,  debbono  aver  gustata  assai 
poco  quella  fragorosa  loro  canonizzazione  promulgata  da  quel  loro 
troppo  zelante  socio,  il  quale,  (tutti  siamo  soggetti  a  sbagliare)  avendo 
creduto  rivelarli  cosi  al  mondo  come  una  cosa  preziosa  fin  allora 
sotterrata,  e  battezzarli  ancora  a  nome  d'  Italia  tulta,  con  un  nome 
pomposo  e  invidioso,  li  aveva  invece,  senza  niuna  loro  colpa,  esposti 
ad  una  poco  invidiabile  ammirazione  di  Roma  tutta.  Del  quale  loro 
ben  giusto  mal  umore,  credo  aver  trovato  un  indizio  chiaro  in  una 
lettera  relativamente  cortese  e  certamente  letteraria,  che,  capta  oc- 
casione,  e  quasi  a  rimediare,  uno  di  questi  veri  letterati  fondatori 
pubblico  poco  dopo  in  quel  giornale  appunto,  dalle  cui  parole  il  troppo 
zelante  socio  aveva  preso  pretesto  di  quella  sua  imprudente  scoperta. 
Ed  io  credo  che  della  Scuola  Romana  non  si  sarebbe  parlato 
piu  a  questo  mondo,  se  voi,  nel  vostro  fascicolo  del  21  gennaio  di 
quest'  anno  non  aveste  ristuzzicato  1'  alveare  con  queste  parole:  «  Di 
stampa  liberate  romana  non  vi  fu  altro  sintomo  in  Roma,  n&  cre- 
diamo  che  vi  sia  mentre  scriviamo  (ed  io  vi  posso  assicurare  che 
non  vi  e  neanche  adesso)  che  la  Scuola  Romana.  Che  cos'e  questa 
Scuola  Romana^  della  quale  si  6  riso  alquanto  (un  po'piu  di  al- 
quanto)  in  Roma  tra  la  gente  colta?  Ecco  che  cos'e  questa  Scuola 
Romana ,  e  una  raccolta  di  giovani  e  non  giovani ,  romani  o  del 
vicinato,  i  quali,  fin  dai  tempi  antichissimi,  anteriori  al  20  settem- 
bre,  pubblieavano  un  giornale  letterario  (voi  volevate,  credo,  indi- 
care  il  Buonarroti)  del  quale  anche  noi  facemmo  elogi  (anche  troppi) 
perche,  quantunque  mostrasse  un  po' di  liberalismo,  era  pero  un 
liberalismo  riveduto  corretto  ,  e  trattenuto ,  in  limiti  assai  conve- 
nienti,  (doe  nel  pur  o  necessario).  Yi  era  poi  erudizione  (ordinaria) 
e  letteratura  (non  sublime)  bastevole  ad  attirare  se  non  gli  elogi , 
almeno  gli  incoraggiamenti.  Questa  raccolta  di  letterati  credette  fin 
dai  primi  giorni  dell'  imbandieramento  universale  e  spontaneo,  come 
si  sa,  di  Roma  liberale,  credette,  diciamo,  dover  ardere  anch'essa  un 
granello  d' incenso  alia  nuova  epoca,  che  sorgeva  nella  Storia  di 
Roma.  Non  manco  chi  rise  o  piuttosto  sorrise  (furono  pur  troppo 
risa  dichiarate)  di  tal  liberalismo  si  poco  liberale  in  tutti  i  sensi . 
Giacch6  era  poco  liberale  nel  senso  vero  e  classico  della  parola  i'af- 
frettarsi  cosi  a  dar  il  calcio  del  letterato  a  chi  non  avea  a  quei  let- 
terati fatto  altro  che  bene  (se  non  altro  chiudendo  gli  occhi  su 
quel  caffe  dove  non  accadeva  che  si  nascondessero,  se  il  loro  scopo 
non  era  che  di  studiare  belle  lettere).  E  quanto  al  liberalismo  mo- 
derno  e  niente  classico,  ve  n'  era  (relativamente)  cosi  poco  in  quei 


350  CRONACA 

letterati  romani,  che  noa  valeva  la  pena  di  mostrarlo.  II  che  fa  ve-» 
ramente  1'  elogio  (anche  adesso)  di  quella  per  molte  parti  rispetta- 
bile  raccolta  di  letterati.  Ma  quel  riso  o  sorriso  (fu  riso  e  non  sorriso) 
taluno  di  quei  valentuomini  non  seppe  tollerarlo  liberalmente.  Cor- 
sero  percio  lettere  e  repliche  molto  asciutte  e  illiberal!,  dalle  quali 
si  e  veduto  chiaro  che  i  letterati  bisogna  pigliarli  sul  serio.  In  una 
di  queste  lettere  uno  di  questi  letterati  (N.  Argenli  sopralodatoj 
chiamo  Scuola  Romano,  il  corpo  o  raccolta  di  letterati  cui  egli  ap- 
parteneva:  e  questa  fu  la  sola  parte  che  alia  stampa  liberale  pren- 
desse  Roma.  » 

Ho  citato  questo  vostro  testo  perche  esso  ristuzzico,  come  dissi, 
1'  alveare  o  almeno  una  di  quelle  industriose  pecchie.  La  quale,  non 
avendo  piu  trovata  questa  volta  ospitalita  sul  timo  della  gazzetta 
ufficiale,  ando  a  posarsi  sulla  menta  del  Tevere  giornale  quotidiano, 
politico,  amministrativo  e  (sopra  tutto)  industrials,  che  costa  due 
soldi  al  numero  invece  di  un  solo,  quanto  costano  quasi  tutti  i  suoi 
confratelli  liberali  di  Roma  con  gran  danno  delle  fmanze  dello  Stato, 
ossia  nostre  che  paghiamo  la  differenza.  E  questo  e  il  motivo  per  cui  vi 
annunzio  qui  quel  giornale  barchereccio  con  tutti  i  suoi  titoli:  giac- 
che  non  e  sua  lieve  gloria  il  non  essere  mantenuto  interamente  a 
nostre  spese.  Renche  ho  qualche  duhbio  che  egli  dovette  avere  a  meta 
del  prezzo  (il  che  non  sarebbe  che  onesta  industria  di  un  giornale 
industriale)  la  carta  giallognola  sulla  quale  si  stampa;  la  quale  ha 
tutta  1'  apparenxa  di  essere  un  fondo  di  bottega  di  quella  buon'anima 
della  defunta  Correspondence  italienne,  organo  francese  del  gia  mi- 
nistero  italiano  Menabrea.  Laddove  di  questi  altri  giornali  liberali 
di  Roma  non  si  sa  proprio  intendere  da  nessuno  come  possano  cam- 
pare,  vendendosi  ad  un  soldo.  Si  sa  anzi ,  o  almeno  si  dice,  che 
hanno  debiti ;  e  per  fermo  dovrebbero  averne,  se  fosse  vero  do  che 
leggo  nel  Tribuno  dei  18  aprile,  che,  non  so  bene  se  per  zelo  del 
bene  pubblico  o  del  private,  si  lagna  fieramente  di  queste  limosine 
governative  che  piovono  nelle  casse  altrui.  Dice  dunque  il  Tribuno 
che  «  per  far  un  giornale  serio  ci  vuole  un  recipe  mensile  di  tre  a 
quattro  mila  lire  italiane  sui  fondi  con  cui  si  pagano  le  spie.  Ag- 
giungi  un  gran  lenzuolo  di  carta,  il  cui  costo  prima  di  stamparlo  e 
di  mezzo  soldo  appunto;  locche  non  impedisce,  dopo  impresso,  di 
cedersi  per  lo  stesso  prezzo  ai  gridatori,  ed  avrete  una  Nuova  Roma 
qualunque. »  E  quel  che  dice  della  Nuova  Roma,  credo  che  potrebbe 
dirlo  anche  di  altri  giornali  liberali  romani. 

Checche  sia  di  questo  e  certo  che  il  Tevere,  cio  che  spende  in 
carta,  dee  guadagnarlo  altrimenti.  Credo  pero  che  sia  una  calunnia 
quello  che  di  lui,  o  almeno  di  alcuni  suoi,  disse  il  Tempo  dei  31  marzo. 
«  Siamo  invitati  (dice)  a  dichiarare  che  i  fondatori  e  proprietarii  del 


CONTEMPORANEA  351 

Monitors  Romano,,  il  quale  ora  si  e  fuso  con  un  giornale  intitolato 
il  Tevere,  non  hanno  pagato  un  soldo  agli  scrittori .  Questi  signori 
che  non  mantengono  i  loro  impegni  che  si  mostrano*  riottosi  a  pagare 
i  loro  debiti,  che  danno  esempio  di  incredibile  sconvenienza,  saranno 
citati  a  rendere  ragione  dinanzi,  ai  tribunali.  »  Non  credo  che  il  Te- 
vere,  benche  fuso  ora  coi  sullodati  Signori;  faccia  di  tali  economic. 
Ma  certamente  dee  fame  assai  sopra  la  correzione  di  starapa,  dove 
e  chiaro  che  egli  fa  molta  economia.  Se  non  altro  1'  ha  fatta  grandis- 
sima  sopra  la  pubblicazione  dell'interessante,  ben&he  lunghetto  lavoro 
letterario  con  cui  Uno  della  scuola  Rornana,  com' egli  si  sottoscrive, 
voile  rispondere  a  quei  vostri  periodi  sopracitati .  In  verita  il  Padre 
Tevere  con  assai  poca  cortesia  accolse  chi  veniva  cosi  a  buttarsi 
lealmente  nel  suo  biondo  regno;  tanti  sono  e  tali  gli  spropositi  onde 
quel  giornale  fluviatile  deturpo  quella  risposta,  non  mancante  pero 
di  arte  e  di  forbitezza.  Far6  percio  di  ripescarne  il  piu  prezioso, 
ripulendolo  e  riforbendolo,  per  quanto  potro,  da  quella  melma  tibe- 
rina,  di  cui  voi  nella  vostra  diligente  stamperia  non  potete  avere 
nessuna  idea. 

II  piu  prezioso  e  fuori  di  ogni  dubbio  la  storia  esatta  ed  ufficiale 
delle  prime  ed  antichissime  origini  della  Scuola  Romana;  la  quale 
nessuno,  e  voi  meno  di  qualsivoglia  altro,  avrebbe  sognato  mai  che 
fosse  una  figliazione,  qd  affigliazione  della  Compagnia  di  Gesu.  Che  se 
aveste  saputo  questo,  ne  avreste  certamente  parlatocon  anche  maggiore 
rispetto.  Ma  ora  quello  che  e  fatto  e  fatto:  e  per  giusto  vostro  castigo 
vi  tocca  di  sapere  adesso  dal  numero  dei  27  febbraio  del  Tevere,, 
qualmente  «  Convien  sapere  che  in  Roma,  educate  alle  sane  lettere 
da  quel  valoroso  maestro  che  fu  Luigi  Maria  Rezzi,  sorse  da  alquanti 
anni  un  drappello  di  giovani  (i  piii  vecchi  avevano  poco  oltre  i 
trent'anni)  che,  datisi  a  scrivere  in  prosa  ed  in  verso,  seppero  tener 
vivo  1'onor  nazionale,  persuasi  che  fa  pessima  prova  il  dirsi  e  van- 
tarsi  italiani  quando  la  lingua  e  lo  stile  si  prostituivano  nel  fango. 
Mancato  il  Rezzi,  1'amore  per  le  lettere  di  quei  giovani  (sempre  gio- 
vani, non  manco:  ma  raccoltisi  in  amichevole  brigata,  ciascun  d'essi, 
come  piu  seppe  meglio,  diede  saggio  dei  proprio  valore  pubblicando 
alcune  poesie  tutte  foggiaie  alle  norme  eterne  della  classica  scuola, 
della  quale  ii  Rezzi  era  stato  sovrano  propugnatore. » 

Or  siccome  Luigi  Maria  Rezzi  fu  gesuita  com'e  noto,  e  dalla 
Compagnia  vostra  si  porto  seco  il  bello  stile  ed  il  buon  gusto  che  vi 
aveva  imparato,  ne  segue  che  la  vera  fondatrice  della  Scuola  Romana 
e  la  Compagnia  di  Gesu. 

E  ci6  posto  io  vi  con&iglio  a  tenervi  amici  questi  giovani  e  non 
giovani ;  i  quali  in  fondo  sono  in  gran  parte  buoni  figliuoli ,  e  di 
liberalismo,  come  dicevate  voi  in  quell' articolo  vostro,  sono  appena 


352  CRONACA 

scolari,  appunto  perche  romani  e  letterati  di  buon  gusto ;  i  quali 
sanno  che  «  fa  pessima  prova  il  dirsi  e  vantarsi  italiani  quando  la 
lingua  e  lo  stile  si  prostituiscono  nel  fango  »  non  solo  delle  sgram- 
maticature  e  dei  neologismi,  che  e  fango  letterario ;  ma  delle  contumelie 
agli  antichi  maestri,  dell'ingratitudine  agli  antichi  benefattori,  della 
poca  curanza  dell' antica  fede  civile  e  religiosa;  che  e  fango  morale. 

Del  resto  tenue  gloria  e  in  Roma  1'essere  letterato  ed  autore  di 
prose,  di  versi  e  di  commedie  togate;  secondo  che  nella  sua  storia 
letteraria  della  Scuola  Romano,  c'  informa  a  lungo  Farticolista  del 
Tevere,  il  quale  non  dimentica  nessuna  Ode,  Sonetto  ,  Novella, 
o  Commedia  uscita  da  quella  Scuola  in  quest' anni  passati.  E  quan- 
d'anche  fosse  verissimo  che  «  fu  letto  sopra  parecchi  giornali  della 
Toscana,  cui  fecero  eco  altri  giornali  della  Penisola,  come  in  Roma 
fossevi  una  Scuola  Romana  seguace  fida  dei  nostri  Classici  »  ( il  che 
non  proverebbe  che  il  titolo  di  Scuola  Romana  non  fosse  provenuto 
forse  da  taluno  della  Scuola  Romana,  scrittore  o  corrispondente  di 
quei  giornali),  non  avea  pero  1' autore  della  difesa  il  diritto  di  aggiun- 
gere  che  «  la  Scuola  Romana  era  percio  del  tutto  di  versa  dalle  altre 
scuole  d' Italia  :  »  dove  dappertutto,  a  Napoli  come  a  Firenze,  a  Mi- 
lano  come  a  Venezia ,  i  letterati  studiano  i  Classici.  Ondeche  quel 
titolo  di  Scuola  Romana,  o  nato  in  casa  o  partito  di  casa,  significa 
troppo  o  troppo  poco.  Significa  troppo  se  si  vuol  dar  ad  intendere 
che  nella  sola  Roma  si  studiano  i  classici  italiani.  Significa  troppo 
poco  se,  presupponendosi  che  in  tutta  Italia  i  letterati  studino  i  clas- 
sici ,  si  riservi  pero  ai  soli  letterati  romani  il  nome  di  scolari,  quando 
molti  di  loro  possono  a  buon  diritto  chiamarsi  maestri. 

Molto  meno  poi  1' autore  della  difesa  dovea  dire  che  «  sforzavasi 
ognuno,  per  quanto  potesse  consentirlo  la  romana  servitu,  a  far  palese 
che  il  sacro  fuoco  delle  lettere  e  dell' amor  della  patria  in  questa 
citta  infelice  di  Roma  non  era  gia  spento  ».  Chi  confessa  di  essere 
stato  istradato  al  bello  stile  ed  al  buon  gusto  da  un  gesuita,  in  Roma 
stessa,  in  pubblica  scuola,  dove  il  poi  abate  Luigi  Maria  Rezzi  insegno 
alia  Sapienza  le  belle  lettere  per  tanti  anni,  e  vera-mente  da  compa- 
tire  quando  ci  viene  a  contare  che  in  Roma  infelice,  era  spento  senza 
di  loro  il  sacro  fuoco.  Che  vi  abbiano  soffiato  sopra  anche  loro;  dopo 
che  Roma  e  i  Gesuiti  ebbero  posto  loro  in  petto  il  liato  necessario;  che 
parecchi  di  loro  abbiano  anche  levata  bella  fiamma,  questo  si  sa  e  si 
riconosce.  Ma  non  istiano  gia  a  credere  che  senza  di  loro  si  spegneva 
il  fuoco ;  ne  molto  meno  si  diano  a  pensare  che,  se  taluno  di  loro  ha 
profittato  dentro  a  quel  caffe  in  liberalismo  piu  che  non  in  letteratura, 
cio  sia  per  colpa  della  romana  servitu .  Se  avessero  frequentata  la 
scuola  piu  che  il  Gaffe,  e  i  classici  piu  che  i  politicanti  (al  che  la 
servitu  romana  non  avrebbe  posto  nessun  ostacolo),  alcuni  di  loro 


CONTEMPORANEA  353 

sarebbero  adesso  nel  caso  di  scrivere  molto  meglio  che~non  facciano, 
odi,  ballate  e  commedie  togate. 

Col  che  non  intendo  gia  dire  che  la  toga  romana  non  sia  fatta 
per  vestire  qualche  cosa  di  meglio  che  non  commedie.  E  questa  pre- 
tensione  di  alcuni  letterati  (pochi  e  non  i  migliori)  di  essere  un  gran 
che  ed  accenditori  di  fuoco  sacro,  perche,  dopo  lungo  studio,  sono 
riusciti  a  scrivere  comechessia,  se  altrove  e  tollerabile,  in  Roma  eccita 
se  non  le  risa  almeno  i  sorrisi.  La  letteratura  e  sale:  condisce  ma 
non  nutre.  Le  pecore  sole,  che  io  sappia,  amano  il  sale  per  se  mede- 
sime.  Gli  altri  preferiscono  il  pane  senza  sale  al  sale  senza  pane.  E 
molto  preferita  in  Roma  la  dottrina  non  condita  di  letteratura,  alia 
letteratura  priva  di  dottrina,  secondo  che  lo  stesso  Orazio  dice:  Sen- 
bendi  recte  sapere  est  et  principium  et  fons.  In  nessun  luogo  quanto 
in  Roma  si  capisce  e  si  sente  questo.  Qui  si  va  al  sodo  nelle  cose:  e 
benche  nulla  in  Roma  si  disprezzi,  ed  ogni  studio,  ed  anche  il  let- 
terario,  abbia  il  suo  onore ,  il  suo  culto  ed  i  suoi  premii,  forse  piu 
che  altrove;  non  si  puo  negare  pero  che  la  tendenza  naturale  ed  istin- 
tiva  del  vero  Romano  non  sia  a  cose  piii  sode,  piu  alte,  piu  nobili  e 
piu  utiK.  Perflno  Roma  antica  e  pagana  diceva  che:  Agere  et  pati , 
fare  e  patire,  e  non  gia  qualche  cosa,  ma  fortia,  romanum  est.  Ai 
greci,  che  i  Romani  chiamavano  greculi,  lasciavano  le  belle  lettere  e 
le  belle  arti.  I  Romani  si  contentavano  di  governare  e  reggere  i  popoli 
ed  anche  gli  artisti  e  i  letterati  greculi ,  secondo  il  precetto  del  loro 
vecchio  Nonno  Anchise: 

Excudent  alii  spirantia  mollius  aera,, 
Credo  equidem,  vivos  ducent  de  marmore  vullus  ; 
Orabunt  causas  melius,  caelique  meatus 
Describent  radio  et  surgentia  sidera  dicent  : 
Tu  regere  imperio  populos  Romane  memento. 
Hae  tibi  erunt  artes:  pacisque  imponere  morem, 
Parcere  subiectiSj  et  debellare  superbos. 

Tra  questi  superbi  vi  erano  anche  i  greculi ,  letterati  ,  artisti, 
sotisti  e  anche  politici  fini,  non  che  autori  di  odi  e  di  ballate:  i  quali 
tutti  furono  sconfitti  e  debellati  dai  Romani  ruvidi  ed  agresti ,  ma 
costumati  e  pii.  I  Greci  vinti  vennero  ad  ornare  Roma  vincitrice  di 
statue,  di  bronzi ,  di  poesie  e  di  ballate.  Si  faceano  pagar  bene,  e 
benche  schiavi,  erano  contenti.  Finirono  perfino  col  diventar  padroni 
di  casa.  Grcecia  capta  ferum  victorem  cepit;  et  artes  intulit  agresti 
Latio.  1  Romani  si  lasciarono  incantare  da  questi  poeti  e  da  questi 
artisti;  cominciarono  anch'essi  a  soffiare  nel  fuoco  sacro.  Soffiarono 

Serie  V//7,  vol.  II,  fasc.  501.  23  29  aprile  1871. 


354  CRONACA 

tanto,  poetarono  tanto,  che,  vincitori  e  vinti,  Romani  e  Greculi,  casca- 
rono  in  mano  ai  barbari  che  fecero  casa  nuova. 

Orazio ,  la  cui  traduzione  italiana  e  una  delle  buone  cose  del 
Rezzi  Fondatore  Gesuita  della  Scuola  Romana,  1'  aveva  gia  quasi 
profetato,  cantando : 

Romae  duke  diu  fuit  et  solemne,  reclusa 
Mane  domo  vigilare  ;  clienti  promere  iuraf 
Cautos,  nominibus  certis,  expendere  nummos  : 
Maiores  audire:  minori  dicere  per  quce 
Crescere  res  posset,,  minui  damnosa  libido. 

Ma,  per  disgrazia, 

Mutavit  mentem  populus  levis  et  calet  uno 

Scribendi  studio:  pueri^  patresque  severi 

Fronde  comas  vincli  coenant  (in  un  Gaffe)  et  carmina  dictant. 

Per  questo  e  venuta  la  barbarie. 

Ma,  Dio  grazia,  Roma  non  e  citta  mortale.  Sopra  le  mine  della 
pagana,  sorgeva  la  sacra  e  cristiana  che  anch'  essa  ha  per  impresa  il 
vecchio  motto  di  Anchise.  Tu  regere  imperio  populos  Romane  me- 
mento ;  Parcere  subieclis  ct  debellare  superbos .  II  motto  si  trova 
anche  adesso  a  Ponte  S.  Angelo;  e  i  nuovi  arrivati  faranno  bene  a 
leggerlo  con  attenzione  sotto  le  statue  che  cola  si  trovano  di  s.  Pietro 
e  di  s.  Paolo.  Hinc  humilibus  venia  dice  s.  Pietro  mostrando  le  chiavi. 
Hine  retributio  superbisj  dice  s.  Paolo  che  mostra  la  spada.  Bene- 
dire  e  scomunicare,  reggere  e  sconfiggere,  insegnare  e  condannare 
ecco  rufficio  di  Roma  sacra,  e  moderna,  come,  sott'altro  rispetto,  era 
stato  di  Roma  pagana  e  antica.  Hae  tibi  sint  artes,  dicea  Anchise, 
Parcere  et  debellare :  non  gia  poetare. 

Infatti  Roma  sacra  e  cristiana  e  succeduta  alia  pagana  nel  do- 
minio  del  mondo  con  questa  sola  differenza  che  la  pagana  lo  possl- 
debat  armis,  e  la  sacra  lo  tenet  colla  Religione  .  E  la  Roma  sacra 
presente,  come  la  pagana  antica,  quando  era  grande  e  potente,  rive- 
risce  e  stima  le  lettere  e  le  arti,  le  incoraggisce,  le  paga  bene ;  ma 
non  si  lascia  pero  regolare  da  questi  greci .  Le  arti  e  le  lettere  i 
poeti  e  i  prosatori  debbono  bensi  servire  a  Roma,  ma  comandare  no. 
Quando  servono  bene,  artisti,  e  letterati,  sono  pagati  ed  onorati  bene. 
La  Chiesa  ha  sempre  incoraggiate  e  favorite  le  arti  e  le  lettere.  Ma 
il  fuoco  sacro  non  lo  lascia  in  custodia  a  costoro.  Anche  Omero  dor- 
mitat  talvolta  :  pensate  poi  questi  letterati!  Lascerebbero  spegnere  i! 
fuoco  sei  notti  per  settimana. 

E  osservazione  veechia  e  fatta  le  mille  volte  che  Ronla  si  antica 
e  si  moderna  fu  ed  e  sede  ed  attrice  delle  belle  arti  e  delle  belle 


CONTEMPORANEA 


355 


lettere  in  questo  senso  die  tutti  convengon  qui  d'  ogni  paese ;  e 
vi  trovano  quiete,  onori,  protezioni,  gloria  e  danari.  Virgilio  vi  venne 
da  Mantova,  Catullo  da  Verona,  Cicerone  da  Arpino,  Orazio  dalle 
Puglie,  Livio  da  Padova.  Terenzio  dall'  Affrica,  Ennio  da  Calabria, 
Ovidio  dagli  Abruzzi,  e  andate  dicendo.  Non  mancano  letterati  nati 
in  Roma  o  nel  contorno.  Ma  chesono  in  paragone  della  fama  letteraria 
romana  ?  Romani  pero  sono  sempre  stati  quelli  cui  hanno  servito 
questi  letterati,  avvocati,  poeti  forestieri  che  in  Roma  cercarono  e  tro- 
varono  sede,  protezione  e  Mecenati.  Lo  stesso  e  anche  piu  dite  degli 
artisti,  scultori,  pittori,  architetti:  tutti  o  quasi  tutti  greci;  ma  lavora- 
vano  a  servizio  ,  a  gloria  e  a  spese  di  Roma. 

E  Roma  moderna  chi  1' ha  fabbricata?  I  forastieri.  Roma  ha 
sempre  avuta  la  missione  di  comandare,  dirigere,  regolare,  pagare,  pro- 
teggere.  Raffaele,  Michelangelo,  Bernini,  Rramante,  ed  altiettali  fab- 
bricatori  e  decoratori  forastieri  di  Roma  moderna ,  lavorarono  per 
conto  e  per  gloria  di  Roma. 

Da  un  Papa  prese  il  nome  il  secolo  moderno  delle  belle  arti  e 
delle  belle  lettere.  Ma  si  sa  nondiraeno  che  ne  il  Papa  era  Romano, 
ne  Romani  furono  i  letterati  e  gli  artisti  principali ,  gloria  nondi- 
meno di  Roma  e  dei  Romani  perche  in  Roma  lavorarono,  ed  in  Roma 
furono  coronati,  protetti,  pagati,  e  ispirati.  Gli  artisti  nascono  in 
Firenze,  dice  il  Vasari,  ma  in  Roma  lavorano  e  vivono. 

Scuola  Romana,  nel  vero  senso  della  parola,  e  dunque  la 
scuola  che  forma  i  grandi  reggitori,  legislatori,  conquistatori,  padroni 
del  mondo:  scuola  di  idee  e  non  di  .chiacchiere,  di  idee  pratiche  e 
non  di  vane  astrazioni,  di  inspiratori  di  artisti  piu  che  non  di  ar- 
tisti, di  degnissimi  di  poema  e  di  storia,  anziche  di  poeti  e  di  storici, 
di  confessori  e  martiri  della  fede  Romana  anziche  di  maestri  di  fede 
greca.  Scuola  Romana  furono  quei  «  moltissimi  santi  Martiri  i  quali 
(come  dice  il  Martirologio  romano  il  ?4  di  giugno)  sotto  Nerone  Im- 
peratore,  accusati  calunniosamente  di  aver  messo  fuoco  per  la  Citta, 
furono  per  suo  comandamento  uccisi ;  dei  quali  altri  coperti  di  pelli 
di  fiere,  furono  esposti  ai  laceramenti  dei  cani,  altri  messi  in  Croce, 
altri  abbruciati,  accid,  mancato  il  giorno,  servissero  per  far  lume 
la  notte.  Tutti  questi  erano  discepoli  degli  Apostoli,  e  primizie  dei 
Martiri,  li  quali,  la  Romana  Chiesa  fecondo  campo  di  Martiri ,  avanti 
la  morte  degli  Apostoli,  mando  al  Signore  '»  Scuola  Romana  e  que- 
st' esercito  romano  moderno  di  soldati  e  di  impiegati ,  che  per  non 
violare  la  santita  del  loro  giuramento  e  della  loro  fede,  ricusarono 
servire  agli  uomini  per  servire  nel  Papa  a  Dio .  Scuola  romana  e 
questa  vera  e  soda  letteratura  di  tanti  giornali  cattolici  romani  scritti 
da  Romani,  pagati  da  Romani,  comprati  e  letti  da  Romani,  che  cresce 

ogni  giorno  di  numero  e  di  brio.  Giacche  dovete  sapere  che  all'  Os- 

• 


356  CRONACA 

servatore  Romano  decano  e  quasi  capitano,  al  Buon  Senso  fedele 
al  suo  nome,  alia  Frusta  vero  modello,  che  non  ha  ancora  il  suo 
simile  in  niuna  citta  italiana,  di  giornale  popolare,  alia  Stella  organo 
grazioso  e  benissimo  accordato  del  zelante  Circolo  di  S.  Pietro,  com- 
posto  del  fiore  della  gioventu  Romana,  alia  Vergine  ed  al  Divin 
Salvalore  zelantissimi  propagatori  di  quanto  favorisce  la  pieta  cri- 
stiana  e  ad  altri  giornali  che  altre  volte  ebbi  occasione  di  nominarvi, 
si  e  ora  aggiunta  la  Voce  della  Veritd,  che  subito  ha  saputo  gua- 
dagnarsi  le  simpatie  comuni ,  e  la  Fedeltd  giornale  della  Societd 
romana  dei  Reduci  dalle  battaglie  in  difesa  delPapato,  ii  cui  primo 
numero  e  molto  ben  redatto,  e  promette  molto  per  1'  avvenire.  Scuola 
Romana  £  la  Societd  romana  per  gli  interessi  cattolici^  che  in  sul 
bel  principio  di  sua  fondazione  conto  ben  mille  e  cinquecento  socii, 
ed  ora  e  cresciuta  ancora  piu  del  doppio :  societa  attiva,  intrapren- 
dente,  pia,  zelante,  senza  rispetti  umani,  e  dai  cui  operoso  zelo  ogni 

bene  puo  aspettarsi. 

Scuola  Romana  sono  i  venti  e  piu  mila  romanij,  che  si  sotto- 
scrissero  in  pochi  giorni  in  cartelle  che  si  conservano  per  fare  la 
S.  Comunione  pel  Santo  Padre  Pio  IX  i!12  aprile.  Scuola  Romana 
sono  i  trenta  e  piu  mila  Romani  che  si  sottoscrissero  finora  per  pro- 
testare  contro  I'  espulsione  dei  PP.  Gesuili.  Laddove  per  chiederne 
1'  espulsione  non  si  trovarono  che  pochissimi  non  romani,  si  che  ora 
mi  si  dice  smessa  del  tutto  1'  idea  di  quella  sciocca  postulazione. 
Scuola  romana  e  questo  stesso  intero  popolo  romano  che  riconosce 
il  suo  maestro  al  Yaticano  e  non  in  Piazza  paganica  dove  ora ,  da 
quel  caffe  misterioso ,  trasporto  le  sue  variopinte  tende  Ja  Scuola 
Romana  del  Circolo  letterario. 

In  quel  caffe  misterioso  la  Scuola  Romana,,  se  si  ha  da  cre- 
dere ai  suoi  storici  official!,  si  era  dovuta  gia  nascondere,  per  isfug- 
gire  alia  severitd  clericale  che  poco  stimo  I'umano  loro  ingegno. 
Ma  qual'  &  la  severitd  nuova  che  impedisce  ora  alia  redenta  Scuola 
di  fiorire  a  Piazza  paganica?  Giacche  e  da  sapere  che  cola  poco  o 
nulla  fiorisce  ora  la  Scuola  Romana.  E  questo  lo  so  di  certo,  dalla 
Liberia  dei  16  marzo  la  quale  ci  informa  che  «  alcuni  membri  del 
Circolo  letterario  si  lagnano  che  i  suoi  fondatori,  si  sono  DATI  ALL'AC- 
CIDIA.  II  locale  delle  riunioni  al  Palazzo  Mattei  in  Piazza  Paganica  e 
un  poco  fuori  del  centro :  ma  questo  sarebbe  nulla,  se  i  socii  tenessero 
delle  riunioni.  Dopole  due  che  hanno  seguita  fe  serata  d'inaugurazione, 
non  si  e  fatto  piu  nulla.  Sotto  il  governo  pontificio,  (Oh  Circolo  lette- 
rario! Oh  Scuola  Romana!  Ridotta  dalla  tua  accidia  a  dover  ricevere 
tali  correzioni  dalla  severita  liberale !  Sotto  il  governo  pontificio  i 
colti  giovani  liberali  si  lagnavano  di  non  potersi  riunire .  Sotto  il 
governo  attuale  pare  inesplicabile  (ma  F  accidia  spiega  tutto)  che 
questa  liberta  non  sia  usufruita.  »  Fin  qui  la  Liberia  marzolina. 


CONTEMPORANEA  357 

La  Liberia  di  aprile  poi  nel  suo  n°  97,  seguendo  ad  informare 
la  repubblica  letteraria  del  fasti  celebri  della  Scuola  Romana,  ci 
narra  che  «  il  circolo  letterario  si  riuni  per  conferire  sul  trasferimento 
della  sua  sede.  Si  decise  che  il  primo  piano  del  Palazzo  Righetti, 
dirimpetto  al  palazzo  Doria  sarebbe  stato  il  piu  adatto.  Ma  (doloroso 
ma!)  fu  convenuto  di  aumentare  la  quota  mensile  fino  a  lire  cinque.  » 
E  si  nota  per  modo  di  Scolio  che,  «  il  numero  dei  socii  gia  inscritti 
e  insufficiente.  »  Povera  e  nuda  vai  Scuola  Romana! 

Pure  questi  letterati  nostri  Romani,  in  qualunque  citta  si  mo- 
strassero  d'  Italia  tutta,,  sarebbero  tenuti  gran  cosa.  Giacche  non  si 
puo  negare  merito  non  ordinario  a  parecchi  di  loro,  e  ad  alcuni  anche 
straordinario.  Ma  in  Roma  molte  cose  e  molte  persone  anche  Prin- 
cipali  paiono  e  sono  piccole,  che  altrove  sarebbero  giganti.  E  i  let- 
terati specialmente  non  sono  tenuti  che  per  quello  che  sono;  per 
letterati.  Pensate  che  si  chiamano  Lelterati  a  Roma  perfino  i  Miche- 
letti,  ossia  gli  alunni  dell' Ospizio  apostolico  di  S.  Michele!  Pensate 
che  si  ride  qui  talvolta  perfino  dell' Arcadia,  alia  cui  giusta  fama 
letteraria  ci  vorra  un  pezzo  prima  che  arrivi  la  Scuola  Romana! 
E  se  1' Arcadia  fosse  altrove,  varrebbe,  credo  io,  almeno  quanto  la 
Crusca,  che  nella  vostra  Firenze  e  in  tutta  Italia  e  stimata  meri- 
tamente  un  gran  che.  Sebben  da  un  pezzo,  non  so  per  quale  seve- 
ritd, non  ne  odo  piu  parlare.  Laddove  sotto  la  severitd  clericale  era 
una  gloria  viva  e  senza  accidia.  Dal  che  si  potrebbe  concludere  che 
la  severitd  liberale  e  piu  severa  verso  le  buone  lettere  che  non  la 
clericale.  E  chi  sa  che  la  nostra  Scuola  Romana  non  pianga  gia 
fin  d'ora  i  bei  tempi  in  cui,  secondo  N.  Argenti  «  studiava  nel  segreto 
della  casa  domestica  (ora  si  studia  in  piazza)  e  confusa  poi  tra  gli 
inosservati  frequentatori  di  un  Gaffe  si  riuniva  la  sera  per  tener  di- 
scorsi  di  lettere  »  senza  dover  pagare  per  cio  cinque  lire? 

II. 

COSE  ITALIANS 

COSE  ROMANS  —  1.  Protestazione  dei  Vescovi  delle  province  romane  pei  diritti 
della  Chiesa  e  della  S.  Sede  —  2.  Istruzione  ai  Confessori  per  la  Pasqua 
del  1871  —  3.  Risposta  del  Gadda  al  Card.  Vicario  circa  le  Opere  Pie; 
replica  del  Card.  Vicario  —  4.  Funerali  massonici  a  Mattia  Montecchi  — 
5.  Contegno  dei  liber  i-pensat  or  i,  e  dei  cattolici  nel  venerdi  santo  —  6.  So- 
lennita  della  Pasqua  in  Roma  —  7.  Anniversario  del  12  aprile;  indirizzi 
e  doni  di  Dame  romane  e  forestiere  al  Santo  Padre  ;  parlate  di  Sua  San- 
tita  —  8.  Violenze  di  plebe  settaria  —  9.  Teatro  comico  nel  palazzo  apo- 
stolico del  Quirinale  il  venerdi  14  aprile. 

I.  Nell'  Osservatore  Romano,  n°  73  del  30  marzo  p.  p.,  venne 
pubblicata  una  energica  protestazione  indirizzata  al  Santo  Padre ,  e 


358  CRONACA 

firmata  da  ventidue  Vescovi  delle  province  romane,  annesse  al  regno 
d' Italia  in  virtu  dei  diritti  acquisiti  colle  cannonate  del  20  settem- 
bre  e  col  plebiscite  del  2  ottobre.  Siccome  il  R.  Fisco  non  abuso  delle 
sue  facolta  col  procedere  contro  i  Vescovi  o  col  sequestrare  il  giornale 
che  stampava  questo  importante  documento,  cosi  crediamo  di  poterne 
qui  riferire  alcuni  squarci,  e  darne  un  sunto  a  bastanza  preciso. 

«  I  nemici  della  verita  e  della  giustizia ,  dicono  gli  intrepidi 
prelati,  sotto  mentito  nome  di  liberta  e  di  nazionali  aspirazioni,  dopo 
avere  da  oltre  dieci  anni  spogliato  la  Chiesa  della  maggior  parte  dei 
suoi  temporali  dominii,  consummarono  non  ha  guari  la  sacrilega  usur- 
pazione  coll'occupare  la  citta  metropoli  dell'Orbe  cattolico,  e  coll'ab- 
battere  il  piu  antico,  il  piu  sacro  ed  il  piu  legittimo  dei  troni.  » 

Accennato  poscia  come  e  perche  essi  riputassero  inutile  il  por- 
gere  loro  richiami  «  a  chi,  tenendo  la  somma  delle  cose,  sarebbe  in 
obbligo  di  porre  un  argine  alia  plena  di  tanti  mail,  da  cui  e  afflitta 
e  travagliata  la  Chiesa  di  Dio  » :  dichiarano  di  volgersi  al  Santo  Padre 
per  la  speranza  di  poter  recare  qualche  conforto  alle  tante  amarezze 
che  1'affliggono.  E  qui,  esposta  la  dottrina  e  sentenza  concorde  del- 
1' Episcopate  cattolico,  che  «  proclamd  essere  necessario,  nel  presente 
stato  delle  umane  cose,  il  civile  principato  della  Santa  Sede  pel  libero 
csercizio  dello  spirituale  potere  » :  ne  ccnfortano  la  dimostrazione  col 
fatto  della  prigionia,  alia  quale  da  ben  cinque  mesi  il  Santo  Padre 
e  moralmente  astretto  per  gli  eccessi  settarii  gia  perpetrati,  e  per 
quelli  a  cui  altrimenti  andrebbe  esposta  la  sacra  sua  persona.  Dato 
quindi  delle  famose  guarentige  quel  giudizio  che  si  conviene,  tra- 
passano  a  dire  delle  «  inique  leggi  che  sovvertono  1'ordine  morale, 
che  snervano  1'ecclesiastica  disciplina  e  che  osteggiano  i  dommi  di 
quella  fede  »,  che  il  Papa,  come  maestro  infallibile  di  verita,  dee 
custodire  e  trasmettere  ai  suoi  successori  pura  ed  intemerata.  Fra 
codeste  leggi  i  Vescovi  sfolgorano  principalmente  quelle  sopra  il 
matrinionio  civile,  sopra  la  coscrizione  militare  a  cui  si  assoggettano 
i  cherici,  sopra  I'affrancamento  dei  canoni  dei  luoghi  pii,  quelle  per 
I'abolizione  del  foro  ecclesiastico  e  per  1'espropriazione  forzata  dei 
Conventi  e  dei  Monasteri;  ed  altre  cotali  gia  promulgate  in  Roma.  E 
qui  dobbiamo  recitare  le  loro  precise  parole. 

«  Contro  tali  leggi  pertanto,  di  unanime  consenso,  protestiamo 
innanzi  al  cielo  ed  alia  terra;  e,  posti  come  noi  siamo  a  reggere 
quella  porzione  del  gregge  di  Cristo,  alia  pastorale  uostra  cura  affi- 
dato,  arnmaestreremo  i  fcdeli  a  ben  guardarsi  dall' osservare  cid 
che  viene  dal  diritto  di  Dio  e  della  Chiesa  riprovato.  Mostreremo 
coi  fatti  agli  increduli  ed  ai  libertini  dei  giorni  nostri,  che  la  Chiesa 
cattolica  non  e,  siccome  essi  bestemmiano,  altrimenti  morta,  ma  che 
vive  di  quella  vita,  che  Cristo,  capo  invisible  di  questo  mistico 


CONTEMPORANEA  359 

corpo,  continuamente  trasfonde  nelle  sue  membra .  Mostreremo  coj 
fatti,  che  la  Chiesa  cattolica,  aU'infierire  della  persecuzione ,  non 
viene  meno  per  timore,  non  s'arresta,  e  non  indietreggia;  ma  che 
invece  progredisce  e  si  avanza  piu  vigorosa  e  piu  forte,  rassicurata 
mai  sempre  dalle  promesse  infallibili  del  suo  divino  fondatore.  » 

Sono  firmati  i  Cardinal!  Vescovi  di  Ostia  e  Velletri,  di  Porto  e 
S.  Rufina,  di  Frascati,  di  Albano,  di  Sabina,  di  Palestrina;  ed  i  Vescovi 
di  Tivoli,  di  Segni,  di  Corneto  e  Civitavecchia;  di  Civita-Castellana, 
Orte  e  Gallese;  di  Ferentino,  di  Alatri,  di  Anagni;  di  Terracina,  Sezze 
e  Piperno;  di  Montefiascone;  di  Sutri  e  Nepi;  di  Bagnorea,  di  Veroli; 
di  Viterbo  e  Toscanella ;  il  Vescovo  di  Listri  in  parlibus  ammini- 
stratore  apostolico  di  Acquapendente;  il  vescovo  di  Tripoli  in  partibus 
amministratore  apostolico  dell'Abbazia  di  Subiaco;  e  1'Abate  di  S.  Paolo 
fuori  le  mura. 

2.  Un  altro  atto  ecclesiastico  di  gran  rilevanza  dobbiamo  qui 
registrare ,  e  da  cui  e  sempre  meglio  posta  in  sodo  la  qualita  dei 
diritti  acquisiti  colle  bombe  del  20  settembre  e  col  plebiscite  del  2 
ottobre.  E  del  poter  cio  fare,  con  sicurezza  d'impunita  ,  andiamo  de- 
bitori  al  giornale  La  Nazione  di  Firenze  ,  che  lo  stampo  sotto  gli 
occhi  del  Governo  nel  suo  numero  96  del  giovedi  6  aprile.  E  noi  gliene 
siamo  obbligatissimi,  perche,  col  darci  modo  di  poterlo  qui  trascri- 
.  vere,  ci  porse  il  destro  di  supplire  in  qualche  parte  alia  pubblica- 
zione,  che  finora  ci  e  vietata,  della  Enciclica  Respicientes  ea  omnia, 
data  dal  Vaticano  il  1°  novembre  1870,  e  sequestrata  dal  R.  Fisco.  La 
Liberia- Gazzetta  delpopolo,,  diario  che  si  stampa  in  Roma  a  servigio 
del  Governo  di  Firenze,  ne  diede  un  sunto  nel  n°  93  del  5  aprile.  La 
Nazione,  piu  generosa,  ne  reco  il  testo  latino  e  la  traduzione  ita- 
liana ;  e  cosi  furono  promulgate  ad  un  tempo ,  e  le  pene  di  scomunica 
e  censure  ecclesiastiche,  incorse  dagli  invasori  dello  Stato  pontificio 
e  dai  loro  complici,  e  le  condizioni  rigorose  imposte  dal  Sommo  Pon- 
tefice  per  chi  vuole  sinceramente  esserne  prosciolto.  Noi  crediamo  che 
basti  qui  riferire  il  testo  latino  delle  Istruzioni  per  cio  distribuite  ai 
Confessori,  al  cominciare  dell' aprile,  sopra  le  facolta  di  assolvere. 

«  1°  Absolvendi  Apostolica  auctoritate  a  censuris  et  poenix 
ecclesiasticis  omnes  et  singulos  poenitentes,  qui  rebellioni  Ditionis 
Pontiftciae  cooperati  sunt ,  vel  adhaeserunt,  aut  quocumque  modo 
operam  suam ,  vel  favorem  praestiterunt ,  sive  votum  pro  unione 
Italiae  sub  unico  rege  dederuut,  aut  Immunitatem  ecclesiasticam 
violaverunt ;  dummodo  tamen  prius  verae  resipiscentiae  signa 
exhibuerint,  illatum  scandalum  meliori  modo  quo  poterunt,  pru- 
denti  iudicio  Ordinarii^  sen  Confessarii,  reparaverint^  et  obedien- 
tiam  S.  Sedi,  Eiusque  mandatis  ferendis  iuramento  promiserint: 
iniuncta  singulis ,  pro  modo  culparum ,  congrua  poenitentia  sa- 


360  CRONACA 

lutari ,,  aiiisque  iniunctis  de  iure  iniungendis .  Exceptis,  tamen 
rebellionum  MagistrisJ  Coriphaeis ,  Instigatoribus  ac  Officialibus 
publicis  ;  et  exceptis  illis ,  qui  violaverunt  Immunitatem  Ecclesia- 
sticam  per  manuum  iniectionem  in  Cardinales ,  Episcopos ,  aul 
alios  Ecclesiasticos  in  dignitate  constitutes,  pro  quibus  omnibus 
recurrendum  erit  in  singulis  casibus  ad  S.  Poenitentiariam. 

«  2°  Absolvendi,  sub  praefatis  conditionibus  et  exceptionibus, 
Ecclesiasticos  si  qui  in  praemissis  culpabiles  extiterint ,  postquam 
tamen  aliquam  religiosam  domum  ingressi  fuerint,  ibique  saltern 
per  mensem  exercitiis  spiritualibus  vacaverint;  et  cum  eisdem,  super 
Irregularitale  et  violatione  dictarum  Censurarum  quomodocumque 
contracta  ,  Apostolica  Auctoritate  misericorditer  dispensandi ; 
iniuncta  singulis  congrua  poenitentia  salutari_,  iniunctis  de  iure 
iniungendis  ;  exceptis  tamen  semper  personis  in  num.  1 .  exceptis. 

«  3°  Absolvendi  similiter,  sub  conditionibus  expressis  sub 
num.  I.  a  Censuris  et  Poems  ecclesiasticis  milites,  qui  arma  tule- 
runt,  et  dimicarunt  contra  PontiftciamDitionem,,  dummodo  tamen 
animo  parati  sint ,  quamprimum  poterunt  sine  periculo  vitae , 
miustam  militiam  deserere,  et  interea  abstinere  ab  omnibus  actibus 
hostilitatis  in  subditos  et  milites  legitimi  Principis,  et  ab  actibus  con- 
tra bonaj  iura  et  Personas  Ecclesiasticas :  iniuncta  pariter  singulis 
pro  modo  culparum  congrua  poenitentia  salutarif  el  obligatione 
reficiendi  damna,,  prout  de  iure,,  si  quae  alicui  certo  suo  privato 
ausu  intulerint ;  aiiisque  iniunctis  de  iure  iniungendis  ,,  exceptis 
tamen  Ducibus  et  officialibus  .,  qui  sine  vitae,  out  alterius  gravis- 
simae  poenae  periculo  se  dimittere,  et  militiam  deserere  poterant,, 
et  exceptis,,  ut  supra,,  illis,,  qui  Immunilatem  Ecclesiasticam  vio- 
laverunt per  manuum  iniectionem  in  Cardinales  3  Episcopos,,  aut 
alios  Ecclesiasticos  in  Dignitate  constitutos ,  pro  quibus  omnibus 
recurrendum  erit  in  singulis  casibus  ad  S.  Poenitentiariam.  » 

II  corrispondente  della  Nazione  aggiunge  poi  quello  che  ,  con 
piu  minuti  particolari  ,  era  stato  divulgato  dalla  Liberia  di  Roma, 
circa  i  doveri  del  militi  della  Guardia  Nazionale,  nei  termini  seguenti. 

«  Oltre  queste  istruzioni  emanate  a  stampa,  Tautorita  diocesana 
ha  ordinato,  che  nessun  milite  della  Guardia  nazionale  romana,  dal 
sergente  in  su,  possa  essere  assolato  dai  confessori  ordinarii.  E  tut- 
tavia  riservata  facolta  ai  parrochi  di  udirne  la  confessione,  e  di  as- 
solverli ,  se  mettano  in  iscritto  di  proprio  pugno,  e  con  giuramento, 
di  lasciare  il  servizio  della  Guardia  nazionale.  Nel  caso  che  non  vo- 
lessero  scrivere,  dovranno  fare  la  loro  promessa  in  faccia  a  due  testi- 
moni .  » 

La  Liberia- Gazzetta  del  popolo  so»stiene  in  Roma  le  stesse  parti 
che  1'  Opinione  inFirenze.il  giudeo  Arbib,  direttore  della  prima, 


CONTEMPORANEA  36! 

cammina  sulle  pedate  del  giudeo  Giacob  Dina,  direttore  della  seconda. 
Non  segue  verun  programma  fisso  di  politica,  ma  veste  e  porta  la 
livrea  del  Governo,  e  gli  serve,  secondo  le  congiunture ,  vuoi  di 
tromba  vuoi  di  staffile,  come  occorre.  Dopo  aver$  alii  5  aprile  pro- 
mulgate il  sunto  delle  istruzioni  pontificie  ai  Confessori ,  il  giudaico 
araldo  della  Questura  diede,  alii  6  aprile,  fiato  alia  sua  tromba  con 
quanto  avea  di  forza ,  per  metterne  bene  in  rilievo  il  valore.  Come 
saggio  della  sua  eloquenza,  ne  trascriviamo  qui  un  solo  periodo. 

«  E  voi  Re  d'ltalia,  che  la  storia  chiamera  Galantuomo  ;  e  voi 
principi  e  principesse  reali ,  che  tutti  cooperaste  al  risorgimento  na- 
zionale,  che  ebbe  per  bandiera,  e  per  fine,  Roma  capitale  d'  Italia ; 
voi  illustri  magistral,  dotti  giureconsulti ,  voi  rappresentanti  della 
nazione,  voi  tutti  infirie  che  cooperaste  alia  redenzione  della  patria... 
tutti  all' inferno,  perche  per  voi  non  c'e  assoluzione.  » 

Mille  grazie  alia  Liberia!  Codesta  applicazione  cosi  cruda  della 
sentenza  gia  bandita  nell'Enciclica  Respicientes  ea  omnia,,  niun  pre- 
dicatore  o  giornalista  cattolico  1'avrebbe  potuta  fare  impunemente. 
Pazienza  per  gli  ufficiali  dell'esercito,  di  cui  la  Liberia  si  mostra 
tanto  tenera;  pazienza  pei  magistral,  senatori  edeputati!  Ma  trarre 
in  mezzo  anche  il  Re  Galantuomo^  anche  i  principi  e  le  principesse 
reali!  Questa  e  una  audacia,che  sarebbe  imperdonabile,  se  potesse 
imputarsi  ad  altro  giornale.  La  Liberia  e  privilegiata ;  ma  non  ne 
abusi  troppo  ! 

Pero  e  da  fare  un'altra  osservazione.  II  giudeo  Arbib,  non  seppe 
resistere  alia  tentazione  di  buttar  giu  una  grossa  bugia  ,  e  professo 
cinicamente  una  supina  ignoranza  delle  piu  elementari  noziohi  che, 
non  solo  la  Chiesa  cattolica,  ma  anche  la  Sinagoga,  anzi  la  ragione 
stessa  insegnano  con  tutta  evidenza.  Egli  infatti  conchiudeva  «  tutti 
all'  inferno,  perche  per  tutti  voi  non  c'  e  assoluzione.  »  Falso,  falsis- 
simo.  II  testo  stesso  delle  istruzioni  da  lui  recitate  dimostra  che  egli 
ha  mentito,  e  per  mentire  mostro  di  non  capir  nulla.  Giacche  quelle 
istruzioni  definiscono  appunto  le  condizioni  da  porre  perche  lulti , 
se  vogliono  davvero,  siano  assoluti  e  non  vadano  all'  inferno;  e  cosi 
quelle  istruzioni  offrono  a  ciascuno  dei  colpevoli  scomunicati  quel 
mezzo,  che  il  giudeo  dice  essergli  negato,  mentre  dovrebbe  darglisi, 
prima  di  mandarlo  dannato ,  «  affinche  col  riconoscere  le  proprie 
colpe,  acquisti  virtu  di  cancellarle  .  »  Dunque  voi  confessate,  Si- 
gnor  Arbib,  che  il  colpevole  deve  riconoscere  le  proprie  colpe ?  Sta 
bene.  Perdonereste  voi  a  chi,  avendovi  offeso,  non  pure  non  volesse 
riconoscere  il  mal  fatto,  ma  persistesse  nel  mal  fatto,  e  pretendesse 
aver  fatto  bene?  Bisogna  pertanto  che  lo  scomunicato  si  riconosca 
colpevole,  se  ne  penta,  ne  chieda  perdono,  si  sottometta  a  dare  la 
dovuta  satisfazione  penale ,  e  voglia  davvero  riparare  il  mal  fatto  • 


362  CRONACA 

Ov'  egli  compia  questo  dovere,  sia  egli  Re  o  suddito ,  magistrate  o 
soldato ,  puo  essere  assolto ,  e  non  va  all'  inferno.  Se  egli  si  rifiuta, 
se  pretende  essere  innocente  quando  le  violate  leggi  divine  ed  eccle- 
siastiche ,  e  lo  stesso  diritto  di  natura ,  lo  hanno  condannato  come 
reo;  egli  in  tal  caso  tutto  da  se  si  mette  nell' impossibility  di  essere 
assoluto,  e  va  all'  inferno.  Se  il  giudeo  Arbib  non  capisce  queste  cose, 
o  non  crede  all'  insegnamento  della  Chiesa  cattolica,  vada  almeno  al 
ghetto  di  Roma,  interroghi  il  Rabbino;  e  non  dubitiamo  punto  che 
ne  avra  la  stessa  risposta.  Va  irremissibilmente  perduto  e  dannato  chi, 
cssendo  reo  di  peccato  mortale  e  di  sacrilegio,  non  se  ne  pente,  anzi 
ostinasi  nel  dirsi  innocente.  Non  pure  la  Chiesa,  ma  Dio  stesso  non 
pud  perdonare,  per  cagion  d'esempio,  al  ladro  sacrilego  che,  non 
solo  vuole  restare  in  possesso  dei  beni  scelleratamente  rapiti ,  ma 
periidia  inoltre  in  gridarsi  innocente .  Se  dunque  i  tutti  mentovati 
dalla  Liberia  andranno  -all'  inferno ,  v'andranno  perche  vogliono, 
nientre,  come  Dio,  cosi  la  Chiesa  li  vuol  tutti  salvi ,  e  ne  offre  loro 
i!  mezzo  e  ne  spalanca  loro  la  via  sicura. 

3.  Ma  il  peggio  si  e  che  codesti  Signori,  sopra  i  quali  si  e  tanto 
impietosito,  per  paura  dell'  inferno,  il  giudeo  Arbib  ,  non  solo  non 
accennano  punto  di  volersi  riconoscere  colpevoli,di  pentirsene  e  di 
riparare  al  mal  fatto;  ma  ogni  giorno  accrescono  la  mole  gia  dismi- 
surata  dei  loro  reati  contro  le  leggi  di  Dio  e  le  ragioni  della  Chiesa 
e  della  Santa  Sede  .  Abbiamo  recitato  nel  precedente  quaderno ,  a 
pag.  217-20,  gli  atti  ed  i  documenti  spettanti  alle  Opere  Pie,  e  la 
protestazione  dei  Cardinali  Yescovi  suburbicarii  e  dei  Vescovi  della 
provincia  di  Campagna.  Non  ci  siamo  apposti  male,  quando  abbiam 
congetturato  che  farebbesi  di  tali  richiami  lo  stesso  capitale,  che  delle 
protestazioni  emesse  dal  Papa  Pio  IX  per  fatti  troppo  piu  gravi.  Ecco 
la  risposta  scritta,  sotto  il  3  d'aprile,  dal  R.  Commissario  ministro 
Gadda  all'Emo  Cardinale  Vicario. 

«  Eminenza:  II  Signer  Presidente  del  Consiglio,  Ministro  dell'In- 
terno,  ha  ricevuto  ed  esaminato  la  protesta  che  1' Eminenza  Vostra  e 
gli  Eminentissimi  Cardinali  Yescovi  Suburbicarii  gli  hanno  diretta, 
per  opporsi  all'attuazione  della  legge  sulle  Opere  Pie.  Le  dottrine 
esposte  in  quel  documento  gli  sembrarono  cosi  contrarie  ai  principii 
fondamentali  del  diritto  pubblico  comune  a  tutti  gli  stati  moderni , 
ch'Egli  non  crede  possano  dar  luogo  a  una  discussione  proficua.  II 
Governo  di  Sua  Maesta  nou  potrebbe  accettarle  senza  fare  atto  di 
soggezione  alia  Chiesa;  la  quale,  non  solo  in  fatto  di  Opere  Pie,  ma 
in  ogni  ramo  della  cosa  pubblica  continua  a  pretendere  un  dominio 
che  non  e  piu  dei  nostri  tempi. 

«  Sua  Eccellenza,  apprezzando  altamente  la  saggezza  e  1'esperienza 
degli  Eminentissimi  soscrittori  della  protesta,  ama  credere  che  Essi 


CONTEMPORANEA  363 

ben  comprenderanno,  come  in  queste  ed  in  altre  simili  occasioni  il 
Governo  abbia  il  dovere  di  far  eseguire  le  Leggi  del  Regno,  le  quali 
sono  1' espressione  della  volonta  generale  dei  cittadini,  e,  riposando 
sopra  principii  che  hanno  messo  salde  radici  nella  coscienza  dei  po- 
poli  piu  colti  e  piu  progrediti,  rispondono  alle  esigenze  della  civilta 
moderna. 

«  Saro  grato  all'Eminenza  Vostra  se  vorra  avere  la  compiacenza  di 
far  couoscere  queste  dichiarazioni  agli  Eminentissimi  Cardinali  suoi 
Colleghi  ed  ai  Reverendissimi  Vescovi  che  aderirono  alia  loro  protesta. 
Aggradisca  I'  Eminenza  Vostra  1'  espressione  dei  miei  sentimenti  di 
perfetta  riverenza  e  di  distinta  considerazione.  II  Ministro  GADDA  ». 

Di  qui  e  manifesto  che  il  Governo,  volendo  spacciarsi  del  diritto 
sacrosanto  della  Chiesa  rispetto  a  quelle  che  sono  istituzioni  sue , 
fondate  del  suo,  e  per  iscopo  cristiano,  non  seppe  trovare  altra  ra- 
gione  che  quella  data  dai  Giudei  a  Pilato,  quando  esclamarono  contro 
Gesu  Cristo:  JVos  habemus  legem,,  et  secundum  legem  debet  mori. 
Questa  formola  era  piu  concisa  e  piu  espressiva,  che  quella  adoperata 
dal  Ministero ;  ed  il  Governo  di  Firenze  avrebbe  potuto  addirittura 
servirsene,  senza  recare  in  mezzo  certi  principii  di  diritto  rivoluzio- 
nario,  e  massonico,  che  la  Chiesa  cattolica  non  potra  mai  ammettere. 

L'Emo  Card.  Vicario  non  voile  che  il  silenzio  potesse,  dopo  tal 
risposta,  riguardarsi  come  un  consenso  o  come  una  tacita  accettazione 
dei  principii  a  cui  appellava  il  Governo  di  Firenze;  e  percio  fu  sol- 
lecito  di  spedire  al  R.  Commissario  Ministro,  sotto  il  di  5  aprile,  la 
seguente  replica. 

«  Sig.  Comm.  Gadda.  Non  posso  fare  a  meno  di  non  replica:e 
brevemente  al  foglio  direttomi  da  Y.  E.  in  data  3  corrente,  e  lo 
faccio,  non  gia  perch6  speri  di  far  recedere  il  Sig.  Presidente  del 
Consiglio  dei  Ministri  dalle  massime  esternate,  in  proposito  del  ro- 
clamo  da  me  avanzato  in  nome  pure  dei  Cardinali  Vescovi  Subur- 
bicarii,  sulla  legge  risguardante  le  Opere  Pie;  ma  perche  le  massime 
stesse  mi  sono  sembrate  cosi  esorbitanti,  e  tanto  offensive  alia  Chiesa, 
che  il  lasciarle  passare  senza  risposta  sarebbe  per  me  una  positiva 
mancanza  al  proprio  dovere,  e  all'obbligo  che  mi  corre  di  non  ta- 
cere  la  verita. 

«  Sostiene  il  Sig.  Presidente  che  le  dottrine  esposte  nel  men- 
tovato  reclame  gli  sono  sembrate  cosi  contrarie  ai  principii  fonda- 
mentali  del  diritto  pubblico  comune  a  tutti  gli  stati  moderni ,  che 
non  danno  luogo  a  discussione. 

«  Ma  dove  mai  si  trova  che  il  diritto  pubblico,  inteso  nel  vero 
suo  senso ,  si  opponga  perche  la  Chiesa  abbia  una  piena  ingerenza 
sull'amministrazione  delle  Opere  Pie?  Lo  stesso  appellarsi  Opere  Pie 
chiaramente  dimostra  avere  queste  una  origine  religiosa,  e  si  chia- 


364  CRONACA 

mano  Opere  di  Beneficenza,  perche  sono  basate  sopra  la  carita,  fon- 
damento  della  Religione  Cattolica.  Ed  infatti  come  opere  essenzial- 
mente  religiose  sono  state  sempre  riconosciute  fino  ai  giorni  nostri 
dal  comune  consenso  delle  nazioni  civilizzate,  consenso  che  forma 
appunto  il  pubblico  diritto.  £  se  sono  tali,  domandero  un'altra  volta> 
perche  dovra  essere  esclusa  la  Chiesa  dal  dirigerle  e  tutelarle? 

«  A  cio  che  si  aggiunge,  che  il  governo  di  Sua  Maesta  non 
possa  accettare  cosiffatte  massime,  perche  con  cio  farebbe  atto  di 
soggezione  alia  Chiesa,  giova  meglio  omettere  una  risposta  che  non 
potrebbe  piacere;  cio  peraltro  che  non  posso  affatto  ammettere  e  che 
la  Chiesa  nell'  usare  di  tali  diritti  usurpi  un  dominio  che  non  e  piu 
dei  nostri  tempi.  Quest' assertiva  e  di  tal  portata,  e  cosi  ingiuriosa 
alia  Chiesa  stessa ,  che  solo  puo  accamparsi  da  chi  voglia  in  tutto 
osteggiarla.  Sembra  veramente  inconcepibile  che  sotto  1'  oppressione 
in  cui  attualmente  si  tiene  la  Chiesa  ed  il  Yenerando  suo  Capo,  si 
avanzino  proposizioni  di  tal  natura  dai  Ministri  di  uno  Stato  che 
chiamasi  cattolico. 

«  Ricorda  infine  il  Sig.  Presidente  del  Consiglio ,  che  le  leggi 
del  Regno,  che  si  vogliono  onninamente  osservate,  sono  1'  espressione 
della  volonta  generale  dei  cittadini,  e  riposando  sopra  principii,  che 
hanno  messe  salde  radici  nelle  coscienze  dei  popoli  piu  colti,  rispon- 
dono  alle  esigenze  della  civilta  moderiia,  e  su  questa  base  vuol  fare 
intendere  ai  Cardinali  reclamanti,  che  debbano  persuadersi  della  inu- 
tilita  delle  loro  proteste. 

«  Mi  sia  pero  permesso  dire,  che  un  tal  discorso  non  sarebbe 
che  una  petizione  di  principio,  pretendendosi  cioe  di  provare  la  giu- 
stizia  di  una  legge  dalla  sua  esistenza  ,  ed  escludendo  ogni  ragio- 
nevole  reclamo  contro  la  medesima  per  il  solo  motivo  che  la  legge , 
e?iste.  Ma  di  piu,  si  potrebbe  coscienziosamente  asserire  che  la  legge 
di  cui  trattiamo,  sia  in  realta  1' espressione  della  volonta  generale  dei 
cittadini,  o  non  piuttosto  la  voce  di  un  partito  avverso  a  quanto  sa 
di  Chiesa  e  di  Religione,  a  cui  il  Governo  stesso  (vorrei  sperare  suo 
malgrado)  e  costretto  di  cedere? 

«  Dopo  cio  non  mi  resta  die  rinnovare  a  V.  E.  i  sensi  della 
mia  distinta  considerazione.  —  C.  Card.  PATRIZI  Vic.  Gen.  di  Sua 
Santild.  » 

4.  I  principii,  a  cui  s'informa  e  s'inspira  il  Governo  di  Firenze 
nella  sua  condotta  verso  il  Santo  Padre,  la  Chiesa  e  la  religione 
cattolica,  meglio  assai  che  dalle  ciance  parlamentari  o  dalle  circolari 
diplomatiche,  si  manifestano  evident!  nei  fatti,  la  cui  eloquenza  non 
ammette  necessita  di  spiegazioni.  Tra  questi  va  notato  uno  che  di- 
mostra  qual  valore  diasi  dal  Governo  al  primo  articolo  dello  Statuto, 
che  dichiara  la  religione  cattolica,  apostolica  e  romana,  religione  dello 


CONTEMPORANEA  365 

Stato.  Dall'una  parte  vediamo  che  in  Roma,  pei  cattolici,  il  raccogliersi 
in  una  chiesa,  in  certe  congiunture  solenni,  a  pregare  od  a  sentir 
prediche,  si  definisce  dai  settarii,  e  dagli  stessi  Ministri  in  Parlamento, 
come  una  provocazione,  come  un  oltraggio  alle  aspirazioni  nazio- 
nali;  e  si  sa  che  le  provocazioni  scusano  e  talvolta  giustificano  le 
reazioni  settarie ,  espresse  con  le  bastonate ,  coi  colpi  di  pistola  e 
d'accetta,  e  con  le  carcerazioni  per  parte  della  Questura  a  carico  dei 
cattolici  provocatori.  I  fatti  dell' 8  dicembre  1870  al  Vaticano,  e  del 
10  marzo  1871  alia  Chiesa  del  Gesu,  e  le  spiegpzioni  date  dal  mi- 
nistro  Lanza  alia  Camera  dei  Deputati,  mettono  in  sodo  che  dalla 
parte  dei  cattolici  appena  e  lecito,  sotto  pena  di  essere  tacciati  e  con- 
dannati  come  provocatori,,  di  palesare  i  loro  sentimenti  cattolici.  I 
fatti  del  12  aprile  confermarono  questa  teorica  settaria,  come  vedremo 
a  suo  luogo.  Per  contrario  ad  ogni  piu  ribalda  setta  politica,  ad  ogni 
superstizione  religiosa,  e  guarentito  il  piu  profondo  rispetto.  I  rinne- 
gati  apostati  bestemmiano  a  loro  posta,  come  il  Gavazzi,  contro  la 
Chiesa,  e  coprono  di  villanie  il  Papa  nella  sua  Roma;  ai  giudei  nella 
loro  sinagoga,  e  lecito  e  guarentito  il  pregare  ed  ascoltare  quel  che 
loro  piace  ;  al  tempio  protestante  ognuno  puo  recarsi  senza  paura  di 
villanie  o  violenze.  Va  cosi  pei  cattolici?  Pur  troppo,  da  quel  Governo 
di  Firenze  che  mostra  di  offenders!  quando  gli  si  muove  rimprovero 
di  osteggiare  la  Chiesa  ed  il  cattolicismo ,  oggimai  i  cattolici  ed  il 
Papa,  nella  stessa  Roma,  sono  ridotti  a  dover  desiderare,  ma  non 
isperare,  quel  rispetto  e  quella  protezione,  di  cui  esso  e  prodigo  per- 
fino  verso  la  piu  pericolosa  tra  le  sette  politiche,  qual'  e  quella  dei 
Liberi-pensatori. 

Morto  di  subito  a  Londra  il  libero-pensatore  Mattia  Montecchi, 
ardente  repubblicano  e  giurato  nemico  della  monarchia,'  ii  Municipio 
romano  gli  decreto  gratis,  come  a  benemerit.o  della  patria,  un'arcata 
del  cimitero  al  Campo  Verano,  perche  vi  si  eriga  un  monumento;  e 
per  giunta  funebri  onori  pubblici.  Tutti  i  frammassoni  e  garibaldini 
accolti  in  Roma,  ed  il  popolo  del  20  settembre,  furono  convocati  per 
codesta  apoteosi  dell'ateismo ;  e,  per  maggiore  oltraggio  al  principio 
cattolico,  la  pompa  funebre  al  cadavere  del  morto  settario,  portato  da 
Londra  a  Roma  a  spese  del  Comune,  si  voile  celebrare  il  mercoledi 
santo,  verso  le  3  pomeridiane,  quando  nelle  Chiese  doveano  comin- 
ciare  gli  uffizii  delle  Tenebre. 

La  direzione  di  cotesta  pompa  infernale  era  affidata  ai  cittadini 
Trouve,  del  Gallo,  Parboni  e  Franceschini.  Ecco  1'ordine  del  corteggio 
descritto  dalla  Capitate,  n°  193  del  7  aprile. 

«  Due  Compagnie  di  guardia  nazionale  aprivano  la  marcia; 
veniva  quindi  il  concerto  dei  Vigili ;  seguivano  subito  i  legionarii 
del  48  e  49  e  la  Societd  dei  reduci  dalle  patrie  battaglie,  con  fiori 


366  CRONACA 

e  bandiere,  tra  le  quali  ne  notammo  una  bianca  coll'  iscrizione  «  Re- 
dud  di  Mentana.  »  Dietro  i  reduci ,  che  erano  assai  numerosi ,  di 
tutte  le  class! ,  e  pieni  il  petto  di  medaglie  commemorative,  veniva 
la  Societd  del  tipografi  e  1'  Associations  universitaria ;  poscia  la, 
banda  della  guardia  nazionale  ed  un  drappello  di  guardie  municipal* 
schierate  in  doppia  fila.  Poscia  una  rappresentanza  della  Massoneria 
con  le  fasce  simboliche. 

«  Questa  rappresentanza  attirava  1*.  attenzione  del  pubblico,  es- 
sendo  questa  la  prima  volta  che  in  Roma ,  dove  la  Massoneria  era 
cosi  avversata  dal  governo  pontificio ,  si  mettessero  in  mostra  i  di- 
stintivi  dell'ordine  massonico.  Avanti  il  feretro  era  lo  stendardo  bianca 
della  Societd  del  liberi  pensatori  di  Roma,  la  quale,  per  esser  ap- 
partenuto  il  Montecchi  a  quella  di  altre  citta,  non  voile  mancare 
agli  obblighi  di  fratellanza  verso  1'  aniico. 

«  Intorno  al  carro  funebre  —  dal  quale  si  era  tolto  ogni  emblema 
religioso,  volendosi,  per  rispetto  alle  convinzioni  dell'estinto,  chela 
cerimonia  fosse  paramente  civile  —  notavansi  le  piii  distinte  perso- 
nalita  di  Roma,  tra  cui  il  conte  Pianciani,  Ting.  Calandrelli,  1'avv.  Pe- 
troni,  il  generate  Lante  di  Montefeltro,  1'Agnemi,  Costa  Giovanni  ecc. 
La  giunta  municipale  vi  era  nella  sua  maggioranza  —  1'Alatri,  il 
Placidi,  il  Feliciani,  il  Venturi,  I'Angelini  ecc.  —  e,  subito  dietro  il 
feretro,  notavansi  molti  Consiglieri,  fra  due  file  di  guardie  nazionali. 
Di  funzionarii  governativi,  nessuno. 

«  Dopo  la  magistratura  cittadina  venivano  lo  Stato  maggiore  e 
molti  ufficiali  della  guardia  nazionale,  quindi  alcune  compagnie  della 
stessa  guardia,  divise  per  pelottoni,  poscia  una  rappresentanza  della 
stampa  cittadina,  il  Circolo  Romano  (al  quale  si  deve  in  gran  parte 
il  buon  esito  di  questa  dimostrazione)  il  Circolo  Bernini,  il  Circolo 
popolare  centrale,  i  Liberi  Pensatori,  il  Circolo  artislico,  il  tecnicOj 
il  legale,  1'  Associazione  costituzionale  permanente,  la  Societd  ope- 
raid,  ed  altre  corporazioni,  come  quelle  di  mutuo  soccorso,  dei  mar- 
misti,  degli  orelici,  dei  parrucchieri,  dei  beccai,  dei  maccaronai,  dei 
cocchieri,  dei  cappellai,  degli  ebanisti,  pittori,  sarti,  ecc.,  non  che 
altri  gruppi  dei  cittadini  dei  varii  rioni,  come  Ponte,  Monti,  Tra- 
stevere,  Borgo  ecc.  ecc.  Tutte  queste  societa  avevano  piu  bandiere 
ciascuna,  nella  maggioranza  tricolori;  la  Societd  operaia  ne  avea 
una  turchina;  una  rossa  il  Circolo  popolare  centrale.  Altre  asso- 
ciazioni  vi  erano  pure  rappresentate ;  ma  ci  fu  impossibile  di  pren- 
derne  nota :  fra  le  omesse  non  lo  fu  a  caso  il  Circolo  Cavour  che, 
(tanto  per  non  guastare)  non  intervenne.  Basti  dire  che  il  corteo, 
(chiuso  da  un  terzo  concerto,  composto  di  musicanti  borghesi,  c  da 
altre  due  compagnie  di  guardia  nazionale)  dilungavasi  per  oltre  un 
chilometro.  Un  7000  individui  ne  facevano  parte.  » 


CONTEMPOUANKA  367 

Questo  corteggio,  a  servizio  del  quale  non  pochi  padroni  di  bot- 
tega ,  ascritti  alia  sctta ,  aveano  ricevuto  1'  ordine  di  lasciar  liberi  i 
loro  operai ,  parve  a  molti  che  fosse ,  piu  che  una  pompa  funebre , 
nna  rassegna  delle  forze  raccolte  in  Roma  per  la  repubblica,  contro 
la  monarchia,  ad  uso  delYAlleanza  internazionale.  Taluno  di  quei 
che  portavano  bandiera  nazionale  avea  avuto  il  delicato  pensiero  di 
avvolgerla,  per  guisa  che  solo  la  parte  rossa  sventolasse  spiegata.  Se 
la  Questura,  per  miracolo,  avesse  fatto  qualche  richiarao,  si  svolgeva 
un  lembo  del  resto;  e  tutto  andava  in  regola.  Sarebbe  lecito  ai  cat- 
tolici  1'  associare  qualche  illustre  defanto  con  bandiere  bianco-gialle? 
No  certo.  Sarebbe  una  provocazione.  Ma  pei  Garibaldini  e  Liberi 
pensatori,  il  Governo  non  pud  avere  che  deferenza  ed  ossequio. 

Dalla  piazza  della  stazione  alle  Terme  di  Diocleziano,  per  le  vie 
di  S.  Nicola  da  Tolentino,  piazza  Barberini,  Due  Macelli,  Mercedi, 
Corso,  piazza  Colonna,  di  Venezia  e  Colonna  Traiana,  dall'Arco  del 
pantani  per  la  via  della  Madonna  de'  Monti  a  S.  Maria  Maggiore,  e 
quinci  al  campo  Yerano ,  questo  corteggio  ostento  1'  empieta  della 
setta  cui  apparteneva  il  Moniecchi,  e  pose  in  evidenza  i  sensi  reli- 
giosi  e  politici  del  Consiglio  Municipale  di  Roma.  Giunto  il  cadavere 
e  deposto  in  mezzo  al  cimitero,  gli  si  recitarono  orazioni  funebri  da 
parecchi  liberi-pensatori ,  che  furono  i  citladini :  Romolo  Federici , 
1' aw.  Petroni,  il  D'Annibale,  il  De  Andreis,  poi  da  capo  il  Petroni, 
quindi  un  Plantulli. 

Chi  potesse,  scnza  troppo  ribrezzo,  e  volesse  leggere  le  infilzate 
di  bestemmie  contro  la  religione  e  di  professioni  settarie  recitate  da 
costoro,  ne  troverebbe  copia  nel  citato  foglio  193  della  Capitals  pub- 
blicata  pel  venerdi  santo;  la  cui  relazione  scritta  il  giovedi,  con- 
chiudevasi  con  queste  parole:  «  La  dimostrazione  di  ieri  fu  maestosa, 
imponente,  solenne.  Onorando  il  Montecchi ,  aflermavasi ,  in  forma 
pubblica,  una  nuova  fede  civile,  col  massimo  ordine,  in  mezzo  alia 
soddisfazione  di  tutto  un  popolo.  Era  necessaria  in  Roma,  1'anticacitta 
dei  preti,  questa  splendida  affermazione  della  coscienza  emancipata.  » 

In  altri  termini :  si  voile  cosi  fare  un  pubblico  e  solenne  oltraggio 
all'autorita,  alia  dottrina,  alia  metropoli  della  Chiesacattolica,  sotto  gli 
occhi  del  Papa.  E  questa  si  o  no  una  provocazione  contro  i  cattolici?  Po- 
trebbe  il  Papa,  salva  la  sua  dignita  e  fors'anchesalva  la  sua  persona, 
esporsi ,  uscendo  dalla  sua  prigione ,  all'  jncontro  d'  altra  consimile 
pompa  funebre  ? 

La  Nuova  Roma,  pubblicata  il  giovedi  santo  C  aprile ,  aggiunse 
che  la,  al  campo  Verano,  cinque  signore  deposero  sulla  cassa  del 
morto  corone  di  fiori;  e  che  «  una  specie  di  Grand'  Oriente  della 
frammassoneria  benedi  tre  volte,  con  alcuni  particolari  segni  di  mano, 


368  CRONACA 

il  feretro.  »  Cio  nel  Campo  Verano,  ove  le  migliaia  di  martiri  furono 
sepolti,  e  che  dalla  Chiesa  era  santificato  per  accogliervi  i  resti  mor- 
tali  del  fedeli  cattolici,  accanto  alle  reliquie  di  Santo  Stefano  Pro- 
tomartire  e  di  S.  Lorenzo! 

Ognuno  ha  potuto  rilevare ,  tutto  da  se  ,  la  splendida  parte  che 
presero  la  Guardia  Nazionale  romana  ed  il  Consiglio  Municipale  a 
codesta  apoteosi  deU'empieta.  E  non  vale  il  dire  che  il  defunto  set- 
tario  era  membro  di  codesto  Consiglio,  e  percio  gli  si  doveano  quelle 
onorificenze  di  associazione.  Cio  e  falso.  Niuna  fegge,niun  regolamento, 
nissun  precedents,  come  dicesi,  autorizzava  codesto  intervento  in  forma 
pubblica.  II  solo  vero  motivo  fu,  ne  potea  essere  altro,che  il  proposito 
di  bandire  cosi  in  forma  solenne,  come  disse  La  Capitale 3  1'apo- 
stasia  di  Roma  liberale  dalla  Chiesa  cattolica. 

5.  Ma,  viva  Dio  !  che  Roma  si  mostro  cattolica  piu  che  mai. 
Quando  pure  non  fosse  enormemente  esagerata  la  cifra  di  7,000  set- 
tarii,  onde  la  Capitale  affermo  composto  il  corteggio  del  Montecchi, 
qual  conto  dovrebbe  farsene  per  una  citta  di  200,000  anime?  Ognuno 
vede  che,  computando  il  non  piccolo  numero  di  Giudei  e  di  Gari- 
baldini,  che  componevano  il  grosso  di  quella  schiera,  e  quella  turba 
di  popolo,  che  rientro  in  Roma  per  la  breccia  di  Porta  Pia,  non 
tornava  difficile  il  raccogliere ,  tra  operai  mandati  dai  settarii  loro 
padroni  e  gentaglia  pronta  a  tutto  per  due  lire,  quanto  bastava  per 
dare  a  quella  rappresentazione  1'  aspetto  voluto. 

II  vero  popolo  romano  si  manifesto  invece  nei  tre  ultimi  giorni 
della  Settimana  Santa  ,  e  nel  giorno  solenne  di  Pasqua ,  quel  me- 
desimo  che  esso  fu  sempre ;  cioe  pieno  di  fede,  e  di  pieta  cristiana,. 
dolente  si  per  la  privazione  delle  consuete  pompe  religiose,  ma  com- 
posto e  grave  anche  neH'atto  stesso  di  riparare ,  con  istraordinaria 
frequenza  ai  divini  ufficii,  gli|oltraggi,  di  cui  1'empieta  Massonica 
avea  scelto  a  bersaglio  la  persona  di  Gesu  Cristo  nel  Venerdi  Santo. 

Imperocche  se  i  Liberi-pensatori  in  Roma  aveano  iniziata  la 
profanazione  di  quei  santi  giorni  coi  funerali  civili  al  Montecchi, 
altri  loro  consort!  aveano  bandito  qualche  cosa  di  piu  sacrilego,  per 
ostentare  il  loro  disprezzo  verso  la  religione  cristiana,  sotto  la  be- 
nigna  tutela  del  Governo  di  Firenze ;  che  nulla  trovo  a  ridire  contro 
tali  provocazioni  d'  alcune  decine  di  miscredenti,  verso  la  fede  della 
immensa  pluralita  del  popolo  iialiano. 

Fin  dal  15  marzo  la  Commissione  dei  Liberi-pensatori  di  Pisa 
avea  spedila,  a  stampa  ,  una  circolare  d' invito  ai  socii  per  banchet- 
tare  il  Venerdi  Santo  «  onde  affermare  i  principii  da  loro  professati 
e  fame  atto  pubblico  di  protesta.  »  Gia  gli  anni  addietro  cotal  sa- 
crilego banchetto ,  esemplato  forse  da  quello  del  Principe  Napoleone 
e  dal  Sainte-Reuve  in  Parigi,  erasi  fatto  a  Pisa  in  tal  giorno,  she- 


CONTEMPORANEA 


369 


vazzando  e  gozzovigliando  apple  d'un  gran  Crocefisso,  cui  rendeano 
il  beffardo  onore  di  un  saluto,  come  al  primo  democratico  ed  apo- 
stolo  del  principle  umanitario.  L'  annunzio  di  tale  infamia  percosse 
tutti  i  cuori  cattolici.  I  Vescovi  dl  Mondovi,  di  Saluzzo,  tra  1  Vescovi; 
11  senatore  Conte  Cesare  di  Castagnetto  tra  i  laici,  furono  del  priml  a 
levar  alto  la  voce  contro  si  enorme  eccesso ,  obbligando  se  stessi  ed 
invitando  ogni  fedele  cattolico  ad  opere  straordinarie  di  espiazione. 
L'  Unild  Cattolica ,  che  nel  n°  73  del  28  marzo ,  aveva  gettato  11 
primo  grido  di  orrore,  venne  ogni  giorno  registrando  le  piu  belle  e 
vigorose  protestazioni  di  singole  persone  e  di  intere  associazioni  di 
cattolici,  contro  11  nefando  sacrilegio.  II  Governo  continue  a  non  dar- 
senecura;  i  Liberi-pensatori  poterono  a  piacer  loro  schernire  Gesu 
Cristo  ed  insultare  la  Chiesa. 

Anche  in  Roma  essi  vollero  pigliarsi  questa  soddisfazione.  Ma  il 
contegno  del  popolo  romano  11  dissuase  dal  fame  mostra  romorosa. 
Nel  loro  covo  a  Piazza  Barberini  fu  allestito  ed  imbandito  11  ban- 
chetto,  come  ando  su  varii  giornali ,  e  specialmente  nel  Divin  Sal- 
valore.  Tuttavia,  paventando  forse  che  1*  ira  repressa  del  buoni  romani 
dovesse  traboccare  finalmente,  e  far  giustizia,  non  ne  diedero  quel 
pubblico  spettacolo  che  prima  aveano  divisato. 

Per  contro  il  vero  popolo  romano ,  si  nel  Giovedi  santo  quando 
recavasi  alia  visita  del  Sepolcri,  e  si  nel  Venerdi  santo,  quando 
assistette  in  folia  incredibile  alia  Via  Crucis  nel  Colosseo  ed  in  molte 
Chiese,  alle  tre  ore  d'  agonia  ed  alia  funzione  della  Desolata,  diede 
tale  mostra  di  se,  che  i  liberatori  del  20  settembre  capirono  la  ne- 
cessita  di  andar  piu  cauti  nell'  insultarlo. 

Altrettanto,  sottosopra  accadde  a  Firenze,  a  Pisa  ed  a  Venezia. 
II  Libero  pensiero  di  Firenze,  alii  13  aprile,  lieto  della  licenza  la- 
sciata  agli  epicure!,  di  insultare  sporcamente  a  Gesu  Cristo,  ne  diede 
la  notizia  e  ne  pubblico  gli  atti,  senza  temere  molestia  veruna  dal  fi- 
sco,  che  pure  non  sopporterebbe  certo  la  minima  ingiuria  ad  una 
sinagoga  di  Giudei  o  contro  una  congrega  di  Protestanti.  Ecco  le 
parole  di  codesto  diario  ufficiale  dell'empieta,  scritte  sotto  la  data 
dell'  8  aprile. 

«  leri  verso  le  4  pomeridiane  i  Liberi-pensatori  radunavansi  a 
fraterno  banchetto ,  dopo  11  quale  furono  fatti  varii  brindisi  ai  grandi 
rappresentanti  della  liberta  del  pensiero,  a  Voltaire,  a  Buchorer,  a 
Moleschott,  agli  enciclopedisti  ecc.  E,  cosa  degna  di  rimarco,  tutti 
i  banchettanti  si  trovarono  d'  accordo  nel  fare  voti  per  la  federazione 
di  tutte  le  societa  del  Liberi  pensatori,  lo  statute  della  quale,  stato 
discusso  dalla  societa  di  Firenze  appunto  nella  seduta  del  Giovedi 
Santo,  pubblichiamo  in  questo  stesso  numero. 

Serie  VIII,  vol.  //,  fasc.  501.  24  29  aprile  1871. 


370  CRONACA 

«  Nella  sera  altri  Liberi-pensatori  in  numero  di  venti  circa  , 
tenevano  un  nuovo  banchetto,  allo  scopo  di  non  perdere  il  diritto 
alia  loro  parte  di  scomunica;  banchetto  al  quale,  essendo  stati  gen- 
tilmente  invitati ,  abbiamo  pure  voluto  assistere .  Anche  in  quel  ban- 
chetto si  propino  alia  concordia  ed  alia  fratellanza  che  deve  stringere 
tutti  i  Liberi-pensatori  in  un  fascio;  alia  liberta,  a  Castellazzo,  a 
Garibaldi  ecc.  ecc.  » 

Segue  poscia  una  filza  di  telegrammi  scambiati  tra  gli  epicurei 
di  Firenze,  di  Pisa  e  Venezia,  firmati  da  uno  Stefanoni,  da  uno 
Swift  e  da  un  Taddei. 

Per  colmo  di  scherno  ai  cattolici ,  i  settarii  di  Firenze,  in  mezzo 
ai  vapori  del  vino  ed  agli  urli  delle  bestemmie,  ebbero  1' idea  di 
spedire  all'  Unitd  caltolica  un  telegramma  in  questi  termini :  «  I 
Liberi  pensatori  di  Firenze,  riuniti  in  fraterno  banchetto,  incaricano 
i!  sottoscritto  di  ringraziarla  per  la  guerra  a  loro  fatta.  Fanno  voti  per 
la  distruzione  del  cattolicismo  e  pel  trionfo  della  ragione.  KHANIKOFF.  » 

Lo  stesso  voto  «  per  la  distruzione  d'  ogni  superstizione  reli- 
tiiosa  »  e  espresso  nei  mentovati  telegrammi  da  Firenze  a  Pisa;  ma 
con  frase  piu  diabolica  nella  formula  per  1' ammessione  dei  socii, 
aggiunta  ai  cinque  articoli  dello  Statute  di  federazione ,  e  che  dice 
cosi :  «  I  Liberi- Pensatori  dichiarano  di  vivere  e  morire  fuori  dal 
?eno  di  qualsiasi  Chiesa  o  credenza  dommatica ,  senza  ministero  di 
sacerdoti.  » 

Pare  a  noi  che  sia  sull' orlo  d'  un  precipizio,  che  dee  ingoiarlo, 
quel  Governo  d'  uno  stato  cattolico,  retto  dallo  scettro  d'  un  principe 
tattolico,  che  lascia  menar  trionfo,  per  la  stampa,  di  cotali  principii 
sovversivi,  non  pure  della  religione,  ma  della  stessa  civile  societa. 

In  Roma  la  congrega  di  cotesti  adoratori  di  Satanasso  non  fece 
tanto  parlare  di  se.  Ma  la  Voce  della  Veritd,  giornale  teste  fondato 
dalla  Societa  romana  per  gli  interessi  cattolici,  stampo  nel  n°  6 
del  15  aprile  il  cenno  seguente.  «  Circola  per  Roma  una  voceche, 
verificandosi,  mostra  a  qual  punto  estremo  noi  siamo  giunti  in  ma- 
teria  di  religione.  II  Venerdi  santo ,  fra  le  tante  profanazioni  occorse 
in  diverse  parti  dei  riti  augusti ,  all'  Ospedale  della  Consolazione 
alcuni  giovinastri,  certo  di  quella  famiglia  sanitaria,  insultarono 
ignominiosamente  alia  passione  di  Nostro  Signore  Gesu  Cristo.  L'un 
d'essi  lascio  legarsi  mani  e  piedi,  bendarsi  il  viso,  portarsi  in 
braccio,  e  coprirsi  di  quegli  obbrobrii,  che  gli  antichi  loro  confratelli 
rccarono  al  Divin  Salvatoue.  La  mattina  poi  del  Sabato  Santo,  con- 
gegnatasi  con  due  travi  una  croce,  stavansi  pronti  i  masnadieri  coi 
martelli  in  mano  per  affiggervi  il  fmto  Cristo,  e  compiere  in  tutto 
la  sacrilega  parodia;  quando  giunse  in  buon  punto  il  Deputato  del 
Pio  Luogo,  il  quale,  tocco  dai  suoi  sentimenti  religiosi,  sconcerto 


CONTEMPORANEA  371 

V  infernale  disegno.  »  Non  ci  venne  fatto  di  trovare  in  veruno  del 
giornali  liberaleschi  di  Roma  un  cenno  di  mentita  a  questo  racconto. 

6.  Laonde  puo  dirsi  che  la  lotta  fra  1'  empieta  e  la  religione  e 
ora  al  suo  colmo.  Non  dubitiamo  punto  che ,  siccome  al  terzo  giorno 
Cristo  risorse  trionfando  dei  suoi  crocifissori  e  dell'  inferno,  cosi  anche 
Roma  tra  non  molto  uscira  vittoriosa  dall'aspra  battaglia,  che  contro 
la  sua  fede  le  danno  i  vincitori  del  20   settembre.  Mesti,  ma  tran- 
quilli ,  passarono  i  tre  ultimi  giorni  della  settimana  santa ,  come  se 
il  popolo  fosse  inorridito  della  nefandezza  compiutasi  il  mercoledi 
santo.  Venne  il  giorno  solenne  della  Pasqua.  11  santo  Padre  quella 
mattina  celebro  privatamente  la  santa  Messa  nella  Cappella  Sistina, 
assistendovi  una  eletta  di  Dame  romane  e  forestiere  con  molti  nobili 
personaggi.  II  popolo  trasse  in  gran  numero  alia  basilica  di  S.  Pietro, 
benche  sapesse  che  quest'  anno  il  Santo  Padre  non  potea,  ne  celebrare 
il  solenne   pontificale,  ne  impartire    dalla  Loggia  della  basilica  la 
benedizione  Urbi  et  orbi. 

La  Giunta  Comunale  era  assordata  dai  richiami  del  popolo  che, 
attesa  la  prigionia  del  Papa,  e  ridotto  alia  miseria  per  1' assenza 
dei  forestieri  e  per  la  quasi  totale  cessazione  di  quel  commercio  che 
gli  anni  scorsi  fruttava  i  quindici  e  venti  milioni  in  pochi  giorni ; 
e  percio  cercava  di  attirar  gente  a  Roma  con  qualche  spettacolo.  Fece 
dunque  preparare  i  fuochi  artificial}  per  la  Girandola ,  e  mando 
significare  al  Capitolo  di  San  Pietro,  che,  dove  volesse,  come  pel 
passato,  fare  la  sera  di  Pasqua  1'illuminazione  della  Basilica,  il  Mu- 
nicipio  secondo  il  consueto  ne  farebbe  le  spese.  Mons.  Theodoli  rispose 
che:  solendosi  fare  quella  luminaria  per  festeggiare  la  coronazione 
del  Papa,  troppo  era  evidente  come  le  presenti  congiunture  non 
permettevano  che  ora  si  facesse  quella  dimostrazione  festosa. 

La  Giunta  comunale,  s' aspettasse  o  no  questo  rifiiito,  non  pote 
altro  che  riconoscerlo  come  ragionevole.  Mancando  la  luminaria  a 
S.  Pietro,  la  Domenica  di  Pasqua,  non  aveasi  piu  ragione  di  dare 
lo'  spettacolo  della  Girandola  nella  sera  del  lunedi.  Fu  dunque  so- 
speso ,  o,  per  meglio  dire,  continuato  lentamente  il  lavorio  della 
macchina  pirotecnica  al  Pincio;  dove  si  incendiarono  poi  i  fuochi  gia 
commessi,  e  che  doveansi  pagare,  nella  congiuntura  della  festa  poli- 
tica  per  la  fondazione  di  Roma,  alii  21  aprile,  e  del  ritorno  da  Napoli 
dei  RR.  Principi  di  Piemonte. 

7.  II  mercoledi  dopo  la  Domenica  di  Pasqua  ricorreva  1'anni- 
versario   del    ritorno  di  Pio  IX  dall'  esilio  di  Gaeta  e  di  Portici,  e 
della  prodigiosa  sua  preservazione  da  certo  pericolo  di  morte  nella 
rovina   accaduta  a  S.  Agnese   fuori  le  mura  il   12  aprile  1855.  La 
prigionia,  nella  quale  egli  e  moralmente  tenuto  pei  fatti  compiuti 
dal  Governo  entrato  in  Roma  ii  20  settembre,  non  permetteva  ne 


372  CRONACA 

al  Santo  Padre  di  uscire,  ne  al  popolo  romano  di  festeggiarlo  come 
gli  anni  passati.  Ma  non  percid  furono  meno  espressive  e  commoventi 
le  dimostrazioni  di  amore  e  di  fedelta  che  gli  furono  date  dai  suoi 
Roraani,  ed  anche  dai  non  molti  forestieri  presenti  in  Roma,  come 
dai  lontani. 

La  setta  che  paventava  di  dover  assistere  a  qualche  pubblica 
manifestazione  dei  sensi,  onde  sono  animati  i  Romani  verso  il  loro 
Padre  e  Sovrano  Pontefice ,  s'  adopero  con  le  arti  sue  consuete  per 
renderla  impossibile,  spacciando  che  certi  fanatici  e  caccialepri  si 
disponevano  pel  12  aprile  a  provocare  i  liberali  e  ad  insultare  il 
Governo  del  Re  Yittorio  Emmanuele;  ed  esortando  ipocritamente  i 
liberali  a  disprezzare  cotali  provocazioni ,  pronosticavano  tuttavia 
un  terribilio  di  guai,  se  quei  fanatici  osassero  effettuare  il  loro  disegno. 

Si  capi  da  tutti  quel  gergo;  ed  infatti ,  con  tacito  accordo,  i 
buoni  romani  si  risolvettero  di  onorare  quel  di  1'  amatissimo  Pio  IX 
principalmente  con  la  preghiera  e  con  accostarsi  ai  SS.  Sacramenti. 
Moltissimi,  certo  piu  di  5,000,  concorsero  a  ricevere  la  SS.  Eucaristia 
all'altare  della  Cattedra  in  San  Pietro.  Molte  altre  Chiese,  e  spe- 
cialmente  quella  del  Gesu,  furono  quella  mattina  affollate  di  divote 
persone  d'ogni  sesso  ed  eta;  onde  si  e  calcolato  che  in  quella  mat- 
tina un  25,000  comunioni  furono  offerte  al  Signore ,  come  vittime  di 
propiziazione  per  Pio  IX,  e  pei  bisogni  presenti  di  Santa  Chiesa.  I 
masnadieri  della  setta,  comunque  ne  fremessero,  non  ebbero  cosi 
pretesto  veruno  a  disfogare  il  proprio  livore.  Dicono  che  il  Questore 
L.  Berti  si  trovasse  anch'egli  in  S.  Pietro  al  Vaticano,  per  assicu- 
rarsi  che  niun  disordine  turbasse  quella  tacita  si  ma  imponente  di- 
mostrazione  dei  Romani. 

Ma  poco  prima  del  mezzodi  la  via  di  Rorgo,  da  Castel  S.  An- 
gelo  al  Vaticano,  tornava  a  dare  di  se  in  parte  quel  lieto  aspetto  che 
gli  anni  addietro  in  tal  giorno.  Erano  centinaia  di  carrozze  che  por- 
tavano  al  Yaticano  il  fiore  del  patriziato  e  della  cittadinanza  romana, 
per  farvi  omaggio  d' amore,  di  devozione  e"  di  fedelta  inconcusse  al- 
Tapostolico  prigioniero.  II  Santo  Padre,  nell' uscire  dai  suoi  appar- 
tamenti,  trovo  le  vaste  sale  ed  anticamere  piene  di  fedeli  suoi  figli, 
che  facevano  a  gara  per  significargli  i  sentimenti  che  li  conducevano 
ai  suoi  piedi.  Yarii  indirizzi  furono  letti  a  nome  dei  varii  ordini 
di  persone  ivi  accolte.  Ma  quello  che  parve  piu  vivamente  commo- 
vere  il  Santo  Padre  fu  il  vedersi  innanzi,  nella  gran  sala  del  Con- 
cistoro,  una  numerosissima  radunanza  di  Dame  romane,  bramose  di 
offerirgli  un  dono  e  ricevere  la  sua  benedizione.  Qui  non  sapremmo 
far  meglio,  che  trascrivere  quanto  leggesi  a  tal  proposito  nella  Voce 
della  Verild,  n°  4  del  12  aprile. 


CONTEMPORANEA  373 

«  Noi  non  amiamo  lodare  chi  vive,  fuorche  se  il  comandi  1'  uti- 
lita  dell'esempio;  ma  1'esempio  che  danno  anche  oggi  le  Dame  ro- 
mane,  con  lievi  eccezioni,  e  tale,  che  pu6  citarsi  a  edificazione  di 
tutta  Italia,  anzi  di  tutte  le  terre  nelle  quali  si  stende  la  Chiesa 
cattolica.  Fedeli  ai  principii  che  hanno  ereditato  col  sangue,  e  alia 
storia  delle  loro  famiglie,  esse  vivono,  parlano  ed  operano  come  vuole 
in  questi  duri  tempi  1'  amore  alia  loro  Chiesa,  che  vedono  spogliata 
ed  oppressa.  Lontane  dalla  vita  pubblica,  alia  quale  ogni  cosa  da- 
rebbe  loro  diritto,  altri  luoghi  non  conoscono  che  la  casa,  la  chiesa, 
le  scuole  e  gli  asili  dei  poveri,  le  pie  istituzioni  e  il  Vaticano,  dove 
sta  chi  per  esse  nella  sua  oppressione  doppiamente  rappresenta  1'Au- 
tore  d'ogni  nostra  speranza. 

«  Esse  oggi  erano  cola  in  gran  numero,  recandovi  i  piu  bei  nomi 
di  Roma,  e  con  quelle  semplici  ma  belle  parole  che  diamo  qui  sotto, 
gli  offerivano  un  segno  dei  loro  sentimenti.  E  un  bellissimo  tappeto 
per  la  gran  loggia  di  S.  Pietro,  da  usarsi  quel  di,  in  cui  potremo  di 
nuovo  ricevere  pubblicamente  la  benedizione  apostolica.  II  nobile  e 
gentile  pensiero  di  questo  dono  appartiene  alia  signora  Contessa  di 
Marsciano,  che  fu  subito  secondata  dalla  Marchesa  Serlupi,  Dama  che 
alia  fermezza  inglese  aggiunge  il  fervore  italiano,  pronto  ad  ogni 
opera  buona.  N£  minor  parte  vi  ebbero  quelle  illustri  e  pie  Dame, 
che  troviamo  sempre  alia  testa  di  quel  molto  che  si  fa  a  Roma  per 
1'onore  di  Dio  e  il  bene  dell'umanita:  le  Marchese  Patrizi  e  Caval- 
letti,  la  Principessa  Antici-Mattei,  e  la  Contessa  Moroni,  che  com- 
ponevano  la  Commissione;  poi  le  due  Principesse  Rorghese,  1'Aldo- 
brandini,  la  Sarsina,  la  Salviati,  la  Sulmona,  la  Yiano,  la  Palestrina, 
la  d'Arsoli,  la  Lancellotti,  la  Rospigliosi,  1'Odescalchi,  la  Sora,  la 
Randini,  che  nominiamo  quasi  a  caso,  non  potendo  loro  posporre 
quelle  altre  che  seguono  in  questa  lunga  lista.  II  tappeto  rappresenta 
in  isquisito  lavoro  lo  stemma  del  Pontefice  coi  simboli  della  sua  au- 
gusta  dignita.  La  scelta  dei  colon,  il  buon  gusto  degli  ornati,  la  ric- 
chezza  e  perfezione  del  trapunto  sono  degni  d'ogni  lode,  e  noi  sper 
riamo  vivamente  che  possano  presto  ammirarlo  quelle  molte  migliaia, 
che  riverenti  e  festose  soleano  affollarsi  sotto  la .  loggia  nella  gran 
piazza  di  S.  Pietro,  alle  quali  ora  successe  la  solitudine  e  il  silenzio. 

«  II  Santo  Padre  accolse  le  Dame  nella  gran  sala  del  Concisto- 
ro,  e  la  Contessa  di  Marsciano,  a  cui  spetta  il  primo  onore  di  questa 
nobile  dimostrazione,  prese  a  leggere  1'indirizzo  che  segue: 
Beatissimo  Padre 

«  Piene  il  cuore  di  sentimenti  misti  di  esultanza  e  di  dolore, 
ci  avviciniamo  in  questo  giorno  al  Trono  della  Santita  Vostra.  II 
fausto  avvenimento  del  25°  anniversario  del  glorioso  Vostro  Ponti- 
ficate, che  sta  per  compiersi,  ci  riempie  1'anima  di  gaudio;  mentre 


374  CRONACA 

i!  vedere  V.  S.  ancora  assoggettata  a  si  dura  prigionia,  ci  attrista  e 
ci  addolora.  II  12  di  aprile,  negli  anni  passati,  giorno  si  lieto  e  fe- 
stivo  per  Fintiero  popolo  Romano,  quest' anno  si  passa  nel  silenzio 
e  nel  lutto.  Ma  non  creda,  Padre  Santo,  che  sia  rimasta  nell'obblic, 
la  memoria  del  fortunati  avvenimenti  che  esso  ci  ricorda;  e  noi, 
dame  Romane,  figlie  devote  della  Santa  Sede,  non  potendo  in  altro 
modo  mostrare  la  nostra  aftezione,  il  nostro  attaccamento  verso  la 
Santita  Yostra,  e  la  parte  che  prendiamo  a  tutto  cio  che  la  riguar- 
da,  sia  di  esultanza  sia  di  dolore,  prostrate  a'vostri  piedi,  umilmente 
preghiamo  Vostra  Beatitudine  a  degnarsi  di  accettare  dalle  nostre  mani 
questo  tappeto  per  la  Loggia  di  S.  Pietro,  mentre  innalziamo  i  piu 
fervidi  voti  all'Altissimo,  perche  affretti  il  giorno  in  cui  partecipare 
alia  gioia  universale  nel  ricevere  pubblicamente  dalla  S.  V.  1'Apo- 
stolica  Benedizione,  che  ora  genuflesse  imploriamo.  » 

Appena  la  Contessa  di  Marscrano  ebbe  finito  di  leggere  questo 
indirizzo,  il  Santo  Padre  rispose,  come  riferi  la  Voce  della  verila, 
n°  5,  nei  termini  seguenti:  «  II  delicato  pensiero,  e  il  dono  che  mi 
avete  presentato  non  puo  a  meno  di  non  commuovere  profondamente 
il  mio  cuore.  Voi,  nell'  offrirmi  questo  prezioso  ornamento,  avete  es- 
presso il  desiderio  che  presto  possa  servirmi  per  dare  la  solenne  be- 
nedizione  dalla  loggia  dela  basilica  Vatic-ana.  Quando  cio  sara  io  nol 
so;  ma  a  tal  proposito,  leggendo  poco  fa  il  Vangelo,  ho  notato  come 
S.  Pietro  intento  alia  pesca  con  altri  discepoli  sudo,  e  fatico  tutta 
notte  ma  inutilmente,  giacche  nessun  pesce  pote  trarre  dalle  acque. 
Quando  poi  fu  sull'  aurora,  richiesto  appunto  del  pesce  dal  Signore 
risorto,  rispose  mestamente:  Tola  node  laborantes  nihil  coepimus. 
Allora  fu  che  il  Signore  gli  ordino  di  gettare  novamente  le  reti  alia 
destra,  e  fece  quella  pesca  tanto  miracolosa. 

«  Nello  stesso  modo  potete  dirmi  anche  voi  in  questi  tempi  di 
tenebre  e  di  tribolazione,  in  cui  siamo  sotto  il  potere  dei  nostri  ne- 
mici:  Anche  noi  abbiam  faticato;  tante  preghiere  si  sono  innalzate 
verso  il  cielo,  tante  lagrime  sono  state  sparse,  eppure  finora  tutto  e 
stato  inutile.  Verra  il  momento  di  usare  questo  dono;  ma  quando? 
Tola  nocte  laborantes...— Veramente  i  Romani  hanno  pregato,  hanno 
dato  saggio  di  fedelta  e  pieta  anche  nel  buio  e  nella  notte  della  pre- 
sente  catastrofe;  eppure  null' hanno  sinora  ottenuto.  —Ma  che!  Non 
sono  un  trionfo  coteste  testimonianze  d'  afletto  che  vengono  continua- 
mente  date  alia  S.  Sede?  Non  e  forse  un  gran  trionfo  quel  sentimento 
di  preghiera  spiegatosi  in  Roma  e  in  tutto  1'Orbe  cattolico?  Non  vi  e 
plaga  cosi  deserta,  non  vi  e  lido  cosi  lontano,  da  dove  non  si  mandino 
voti  e  preghiere  al  Signore  per  la  nostra  liberazione.Le  vostrecomunio- 
ni,  le  vostre  preghiere  furono  come  altrettante  suppliche  che  avete 
deposte  a  pi6  degli  altari  che  non  possono  aver  mancato  al  loro  scopo. 


CONTEMPORANEA  375 

«  Yoi  direle  pero  clie  ancora  ha  da  venire  il  vero  e  finale  trionfo ; 
ma  anche  questo  non  puo  tardare.  La  condanna  e  la  riprovazione  che 
sta  sulla  bocca  di  tutti  i  buoni,  ed  anche  de'meno  buoni,  del  presents 
ordine  di  cose,  1'  annuncia  vicino.  Fosse  pur  fatta  1'  Italia,  fossero 
pur  giunti  a  formarla  forte  e  compatta  sicche  come  le  altre  grandi 
potenze  pesasse  sui  destini  di  Europa!  Ma  un' Italia  grande  senza  Dio, 
senza  fede,  senza  religione,  ecolla  distruzione  che  inutilmente  si  tenta 
del  Papato,  no,  non  si  fa.  L'  Italia,  coi  present!  sistemi,  cogli  uomini 
presenti  sara  sempre  un  oggetto  da  destare  in  molti  la  compassione, 
in  altri  il  disprezzo.  Dunque  aspettiamo,  che,  come  insegno  a  Pietro 
ove  dovesse  gettare  la  rete  per  far  preda  di  molti  pesci,  cosi  insegni 
a  noi  la  via,  che  ci  faccia  risorgere  dall'abisso  de'mali  ove  Corse  i  nostri 
peccati  ci  hanno  piombato.  Ci  e  duopo  lanciare  le  reti  a  destra,  cioe 
tenerci  sulla  via  retta  della  verita,  della  giustizia,  della  legge  di  Dio, 
e  allora  possiamo  sperare  con  piena  tiducia.  Se  non  sara  questo  Vi- 
cario  di  Gesu  Cristo,  sara  certo  un  suo  successore  fqui  la  commo- 
zione  s'  impadroni  di  tutti  gli  astanti)  che  vedra  questa  nostra  citta 
ritornata  allo  stato  primiero  e  cosi  tranquilla  e  fiorente,  com'  era  sino 
ad  alcuni  mesi  sono,  e  vedra  la  Santa  Sede  ristaurata  ne'  suoi  antichi 
diritti.  Egli  potra  servirsi  del  dono  che  voi  mi  avete  fatto  in  quest' oggi 
per  dare  dalla  fronte  di  S.  Pietro,  da  quella  Loggia  famosa,  la  sua 
benedizione  alia  citta  e  a  tutto  il  mondo  cristiano.  Questa  benedi- 
zione  io  adesso  la  imploro  da  Dio  su  di  voi.  Esso  benedica  i  vostri 
corpi,  le  anime  vostre,  le  vostre  famiglie,  vi  sostenga  nella  vita  e 
nell'  ora  della  morte,  affiiiche  possiate  lodare  Iddio  per  tutta  1'  eternita. 
.Benedicto  Dei  etc.  » 

E  indescrivibile  la  profonda  commozione  onde  tutti  glr  astanti 
furono  compresi  all'  udire  questa  parlata  del  prigioniero  Vicario  di 
Gesu  Cristo.  Tutte  quelle  egregie  Dame  s'  accostarono  a  baciare  la 
mano  al  Santo  Padre,  da  lui  accolte  con  quella  sua  dignitosa  affabi- 
lita,  che,  senza  menomare  punto  1'  augusta  maesta  del  Pontefice,  rivela 
tutta  la  bonta  del  Padre  e  sa  guadagnarsi  tutti  i  cuori. 

Ecco  1'elenco  delle  firme  poste  sotto  1' indirizzo  ietto  dalla  con- 
tessa  di  Marsciano;  e  sono  di  tali  persone,  di  tal  grado  sociale,  ed 
in  tal  numero,  che  basta  questo  solo  a  mostrare  per  chi  sta  1' ari- 
stocrazia  romana. 

«  Contessa  Marsciano  nata  Longhi,  march.  Serlupinata  Fitz  Gerald, 
marchesa  Cavalletti  nata  Durazzo,  marchesa  Patrizi  nata  Altieri,  con- 
tessa  Moroni  nata  Pfyffer,  principessa  Antici  Mattei  nata  Gallarati 
Scotti,  principessa  Adelaide  Borghese  nata  Rochefoucauld,  principessa 
Teresa  Borghese  nata  Rochefoucauld,  principessa  Aldobrandini  nata 
Hunyady,  principessa  di  Sulmona  nata  Appony,  principessa  Corsini 
nata  Scotto,  principessa  Massimo  nata  della  Porta-Rodiani,  principessa 


376  CRONACA 

di  S.  Faustino  nata  Massimo,  principessa  di  Viano  nata  Archinto,  prin- 
cipessa  Lancellotti  nata  Aldobrandini,  principessa  di  Sarsina  nata 
Rochefoucauld,  principessa  Barberini  Colonna  di  Sciarra  nata  Pisco- 
pagano,  principessa  di  Palestrina  nata  Orsini,  principessa  Rospigliosi 
nata  Nompere-Champagny,  principessa  di  Campagnano  nata  Sayn- 
Wittgenstein-Lonisbourg,  principessa  Odescalchi  nata  Branichi,  prin- 
cipessa Bandini  Giustiniani  nata  Massani,  principessa  d'Arsoli  nata 
Lucchesi  Palli ,  principessa  Gabrielli  nata  Bonaparte,  duchessa  Sal- 
viati  nata  Fitz  James,  duchessa  di  Sora  nata  Borghese,  duchessa 
Grazioli  nata  Lante  della  Rovere,  duchessa  di  Gallese  nata  Lezzani, 
donna  Caterina  Chigi  nata  Capranica,  donna  Teresa  Colonna,  mar- 
chesa  Laura  Theodoli  nata  Simonetti,  marchesa  Sacchetti  nata  Or- 
sini, marchesa  Spinola  nata  Patrizi ,  marchesa  Lepri  nata  Patrizi, 
marchesa  Lepri  nata  Lascaris  Darmes,  marchesa  Antici  Mattei  nata 
Altieri,  marchesa  Serlupi  nata  Spinola,  marchesa  Bourbon  del  Mon- 
te nata  Scarampi ,  marchesa  Ricci  nata  Eustace ,  marchesa  Raggi 
nata  Spinola,  marchesa  Del  Bufalo  della  Valle  nata  Resta,  marchesa 
Sampieri  nata  De'  Cinque,  marchesa  di  Paganico  nata  Villa  Rios, 
marchesa  Laura  Potenziani,  marchesa  Cavalletti  nata  Heron,  marchesa 
Sacchetti  nata  Spreca,  Isabella  de'  marches!  Sacchetti,  marchesa  Vi- 
telleschi  nata  St.  Laurent,  marchesa  Yitelleschi  nata  De  Gregorio, 
marchesa  Marini  nata  Giusso,  Giulia  de'  Cinque  marchesa  Quintili, 
marchesa  Casali  nata  Barberini,  marchesa  Sacripante  Vituzzi  nata 
Sacchetti,  marchesa  Emilia  Longhi  nata  Gaetani,  marchesa  Eugenia 
di  Baviera  nata  Maldura,  marchesa  Campanari  nata  Vincentini,  mar- 
chesa Lorenzana  nata  Santa  Croce,  marchesa  De  Gregorio  nata  Vil- 
lamil,  marchesa  Pellegrini  Quarantotto,  marchesa  Antici  Mattei  nata 
Cenci  Bolognetti,  marchesa  Lezzani  nata  Corsetti,  marchesa  Celestina 
Ferrari,  marchesa  Francesca  Ferrajoli,  marchesa  Cavalletti  nata  Cic- 
colini.  Contessa  Giacinta  di  Brazza  nata  Simonetti, contessa  Pietromarchi 
nata  Capranica,  contessa  Macchi  nata  Cenci  Bolognetti,  contessa  Macchi 
nata  Theodoli,  contessa  de  Witten  nata  Macchi,  contessa  di  Campello 
nata  Bonaparte,  contessa  Antonelli  nata  Dandini,  contessa  Antonelli 
nata  Folchi,  contessa  Antonelli  nata  Gargia  de  la  Palmira,  contessa 
Malatesta  nata  Ripanti,  contessa  Cardelli  nata  Del  Bufalo,  contessa 
Filomena  Dandini,  contessa  Virginia  Celani  nata  Righetti,  contessa 
Spreca  Ved.  Costaguti,  contessa  degli  Oddi  nata  Cardelli,  contessa 
Bezzi  nata  Pfyfler,  contessa  Moroni  nata  dell'  Asta,  contessa  Albor- 
ghetti  nata  Biondi,  contessa  Mattei  nata  Patrizi,  contessa  Negroni 
Toruzzi  nata  Calcagni,  contessa  Negroni  Toruzzi  nata  Guidotti,  con- 
tessa Simonetti  nata  Marsciano,  contessa  di  Carpegna  nata  Lepn , 
contessa  Cini  nata  Prospero  Buzzi.  Baronessa  Cappelletti  nata  Caval- 
letti ,  baronessa  Coletti  nata  Ricci,  baronessa  Trasmondo  Frangipane 


CONTEMPORANEA  377 

nata  Trasmondo  di  Mirabello,  baronessa  Chiara  Datti  nata  Senni, 
baronessa  di  Collalto  nata  Cavalletti.  Marchesa  Giacinta  Pietramellara 
nata  De'  Cinque,  Contessa  della  Porta  Rodiani  nata  Vivaldi,  Contessa 
Cardelli  Collicola. 

Parecchi  dei  giornali  settarii,  che  tuttodi  fingono  di  struggersi 
per  sensi  di  tenerissimo  amore  e  di  devozione  profonda  verso  una 
augusta  signora,  cui  danno  per  enfasi  il  titolo  d'  Angela  d' Italia, 
non  poterono  celare  la  stizza  e  la  rabbia  loro  per  questa  si  eloquente 
manifestazione  di  tutta  1'aristocrazia  romana.  E  diciamo  tutta  ;  perche 
1'eccezione  di  cinque  o  sei  Dame,  le  quali,  per  motivi  ed  attinenze 
di  famiglia,  dovettero  accettare,  o  scelsero  di  per  se,  d'appartarsi  da 
cosi  nobile  schiera  per  servire  ad  altri,  tale  eccezione  nulla  puo  de- 
trarre,  anzi  forse  migliora  la  significazione  di  codesto  elenco.  I  men- 
tovati  giornali  disfogarono  il  loro  corruccio  dicendolo  una  lista  di 
quattro  beghine ,  ovvero  di  caccialepresse.  Cio  risponde  alia  squi- 
sita  cortesia  e  civilta  propria  dei  liberatori  del  20  settembre.  Ma  ci 
sembra  che  avrebbero  fatto  assai  meglio,  essi  che  con  piglio  di  si 
alto  disdegno  parlarono  delle  quattro  beghine,  se,  per  offuscare  al 
tutto  1'  importanza  della  loro  manifestazione ,  avessero  stampato  per 
nomi,  cognorai,  e  titoli  1'elenco  delle  nobili  Dame  che,  quali  stelle 
del  firmamento  fanno  corona  come  dicono  essi  all'  Angela  d'  Italia, 
ossia ,  come  diciamo  noi  piu  rispettosamente,  alia  principessa  di 
Piemonte.  Ci  ricorda  bene  d'aver  letto  un  breve  elenco  di  signorine 
della  borghesia ,  che,  capitanate  da  una  Irene  Cipolla  moglie  del 
noto  comm.  architetto  di  tal  nome,  presentarono  a  S.  A.  R.  la  princi- 
pessa Margherita  un  copripiedi  per  uso  di  carrozza.  Ma  non  ci  sov- 
viene  affatto  di  aver  veduta  la  lista  delle  Dame  che  sollecitarono  ed 
ottennero  1'onore  di  servire  a  Corte  la  principessa  di  Piemonte. 

Quella  stessa  mattina  del  12  aprile  erano  deposte  ai  piedi  del 
Santo  Padre  le  oblazioni  dei  fedeii  suoi  figliuoli  d'ogni  parte  d1  Italia, 
raccolte  faWUnitd  Cattolica  pel  danaro  di  S.  Pietro.  Era  una  somma 
di  oltre  50,000  lire.  Altre  10,000  erano  offerte  a  sua  Santita  da  fio- 
rentini  d'ogni  condizione,  sottoscritti  ad  un  bellissimo  indirizzo ,  le 
cui  firme,  in  numero  di  circa  diecimila ,  formavano  un  bel  volume 
elegantemente  legato,  che  il  Santo  Padre  ricevette  da  una  Deputazione 
di  egregie  signore,  in  presenza  della  sua  nobile  Corte  e  di  varii 
Cardinali  e  Prelati. 

Ma  troppo  a  lungo  ci  trarrebbe  il  rendere  conto  particolareggiato 
di  tutte  le  singole  Deputazioni  ed  offerte,  che  in  tal  congiuntura 
attestarono  al  Santo  Padre  1'  inconcussa  fedelta  e  devozione  dei  suoi 
Romani  e  delle  varie  province  italiane,  e  che  si  veggono  registrate 
nei  giornali  cattolici  di  Roma,  come  La  Voce  della  Veritd,  L'Osser- 
valore  romano,  il  Buon  Senso,  ed  altri. 


378  CRONACA 

Tuttavia  non  possiamo  Irasandare  una  speciale  menzione  del- 
1'oniaggio  renduto  a  Pio  IX  da  una  numerosa  ed  eletta  societa  di 
Dame  forestiere  che  con  pari  affetto,  benche  quattro  giorni  dopo,  alii 
16  aprile,  ebbero  solenne  udienza  dal  Santo  Padre.  «  Erano,  dice 
La  Voce  delta  Veritd,  n°  7,  delle  terre  le  piu  lontane  e  delle  lingue 
piu  diverse  .  C'era  una  principessa  reale  di  Portogallo  ,  parecchie 
principesse  di  case  regnanti  o  che  hanno  regnato  in  Alemagna,  altre 
illustri  Dame  tedesche,  altre  pur  nobilissime  di  Polonia,  Austria, 
Spagna,  Francia,  Inghilterra;  ed  altre  milanesi ,  venete ,  toscane, 
perugine,  napoletane.  » 

Punte  di  nobile  emulazione  verso  le  Dame  romane,  queste,  che, 
sebbene  d'altro  paese  e  d'altra  lingua,  hanno  comune  con  quelle  lo 
amore  alia  loro  religione  ed  alia  Santa  Sede,  vollero  offerire  a  Sua 
Santita  il  dono  d'un  magnifico  baldacchino,  da  usarsi  nella  solenne 
benedizione  della  Pasqua,  a  compimento  del  tappeto  ofterto  dalle  Dame 
romane.  Yi  contribuirono  pure,  e  furono  accolte  con  amore  di  padre 
da  Pio  IX,  eziandio  alcune  Dame  protestanti .  «  E  perche  no?  dice 
La  Voce  della  Verild.  La  grazia  di  Dio  non  ha  loro  ancora  concesso 
di  vedere  nel  Papa  il  Vicario  di  Cristo  sopra  la  terra;  ma  il  sentimenlo 
della  giustizia,  dell'onore,  della  coscienza,  della  legge  divina,  fa  vedere 
anche  ad  esse  nel  Papa  un  Principe  ingiustamente  e  crudelmente  spo- 
gliato,  una  grande  religione  offesa  nella  sua  base,  un  cardine  del  mondo 
morale,  in  cui  vivonoanch'esse,  scrollato  a  comun  danno  di  tutti  i  paesi 
e  d'ogni  credenza  religiosa.  Onde  il  S.  Padre  accolse  anche  queste, 
ed  anche  su  di  esse  invoco  i  lumi  e  la  benedizione  del  Signore.  » 

II  S.  Padre  entrato  nella  gran  sala  del  Concistoro,  vi  trovo  quelle 
egregie  Signore;  e,  salito  al  primo  gradino  del  trono,  ascolto  il  seguente 
indirizzo  leltogli  in  lingua  francese  dalla  principessa  Elisabetta  di 
Solms-Braunfels,  e  che  noi  voltiamo  fedelmente  in  lingua  italiana. 

«  Deatissimo  Padre.  —  Vogliate  permettere  che  noi  deponiamo 
ai  vostri  piedi  questo  baldacchino,  che  compira  1'oflerta  delle  Dame 
romane,  e  che,  come  noi  speriamo  dal  fondo  deH'anima,  servira  ben 
presto  all'augusta  cerimonia ,  che  tutti  i  fedeli  vostri  figliuoli  chie- 
dono  con  tulto  1'ardore  e  tutta  la  tenerezza  dei  loro  cuori.  Beatissimo 
Padre !  degnatevi  d'accettarlo  e  di  benedire  noi  e  le  nostre  famiglie.  » 

Questo  indirizzo  recava  le  seguenti  firme  che  noi  trascriviamo 
testualmente. 

«  D.  Isabel  Maria  Infante  de  Portugal  -  D.  Maria  de  Almeida  - 
D.  Maria  de  Lima  -  Princesse  de  Solms  Braunfe  nee  Comtesse  Kin- 
sky  -  Princesse  Elisabeth  de  Solms  Braunfelse  -  Princesse  Caroline 
de  Sayn  Wittgenstein  nee  Comtesse  Ivanowska  -  Princesse  Hohenlohe 
Schillingsfurst  nee  Princesse  Wittgenstein  -  Princesse  The're'se  Hohen- 
lohe nee  Comtesse  Thurn  -  Comtesse  Catherine  Potocka  ne'e  Comtesse 


CONTEMPORANEA 


379 


Branika  -  Comtesse  Emilie  0'  Donell  -  Princesse  de  Salm  Reiffer- 
scheidt  ne'e  Comtesse  de  Spiegel  -  Princesse  de  Lowenstein  ne'e  Prin- 
cesse Liechtenstein  -  Madame  Pecoul  -  Madame  WaJpole  -  Princesse 
Pignatelli  Ruffo  -  Princesse  Pignatelli  ne'e  Pignatelli  -  Marquise  de 
Dosaguas  -  Les  Comtesses  Scotti  -  Marquise  The're'se  Venuti  -  Marquise 
Venuti  Pagliucchi  -  Marquise  Forti  -  Marquise  Imperiale  Caracciolo 
d'Avellino  -  Marquise  Arnat  de  Villa  Rios  -  Comtesse  Millingen  - 
Comtesse  Pisani  -  Comtesse  de  Resie  -  Mesdames  Bertie  Mathewse  - 
Madame  Sharon  -  Mademoiselle  Sharon  -  Madame  Hepburn  -  Ma- 
demoiselle Hepbusn  -  Baronne  Guerra  -  Baronne  della  Penna  - 
Comtesse  Lomay  -  Madame  Lepri  nee  Colonnesi  -  Madame  Naldini  - 
Comtesse  Emilie  de  Raymond  ne'e  Comptesse  de  Manley  -  Comtesse 
Conestabile  della  Staffa  -  Mademoiselle  Hall  -  Comtesse  Killmansegge 

-  Mademoiselle  Henrietta  de  Sperling  -  Mademoiselle  Marie  de  Sper- 
ling -  Comtesse  Brandies  de  Poitiers  -  Mademoiselle  C.  de  Dembinska 
Madame  Hassell  -  Mademoiselle  Edes  -  Madame  Healy  -  Mademoiselle 
Brewster  -  Madame  Sinard  -  Comtesse  de.  Stainlein-Saalenstein  - 
Madame   Vansittart  -  Mademoiselle  Busk  -  Madame   Coppinger  - 
Comtesse  Laura  Muccioli  -  Madame  Dubois  -  Mademoiselle  Marie 
Dubois  -  Mademoiselle  Jeanne  Dubois  -  Madame  Marco  del  Pout  - 
Madame  Caroline  Courballay  -  Madame  Angelini  ne'e  Vannutelli  - 
Madame  Terwangne  -  Comtesse  Vinci  -  Comptesse  Garcia  de  la  Pal- 
mira -  Comtesse  Campbell  Smith  -  Mademoiselle  Terwangne  -  Ma- 
demoiselle Winter  -  Marquise  Talenti  -  Mademoiselle  Cristine  Gor- 
man -  Mademoiselle  Letitia  Gorman  -  Mademoiselle  Byrne  -  Made- 
moiselle Fleming  -  Mademoiselle  Foljambe  -  Comtesse  Rzewuska  - 
Comtesse   Kielhorska  nee  de  Szlubowska   -  Comtesse  Czapska  ne'e 
Comtesse  de  Mielzynska  -  Madame  de  Monkowski  -  Madame  Cobb  - 
Mademoiselle  Cobb  -  Mademoiselle  Chapman  -  Madame  Mac  Intyre 

-  Mademoiselle  Mac  Intyre  -  Madame  Jervis  -  Baronne  de  Schonberg 
Roth  Schonberg  nee  Baronne  de  Malortie  -  Baronne  Pauline  de  Gie- 
gling  -  Baronne   Daumesnil   nee    Baronne   Rappa  -  Mademoiselle 
Therese  Morizot  -  Madame  Tobin  -  Baroune  de  Martini  -^Comtesse 
Amalia  Cagiano  de  Azevedo  -  Baronne  Sophie  Villapiano  -  Com- 
tesse Zelle  Gamier  -  Comtesse  Barbiellini-Amedei  -  Mademoiselle 
Norton   Smith  -  Mademoiselle  Dora  Tyrrell  -  Madame  Martin  -  Ma- 
dame Ramsden  Bennet  nee  Gladstone  -  Mademoiselle  C.  Kearney.  » 

Dopo  avere  ringraziato  le  Dame  dei  sensi  espressi  nel  loro  in- 
dirizzo,  e  del  prezioso  dono  che  lo  accompagnava ,  il  Santo  Padre, 
volse  loro  un  discorso,  che  1'  Qsservatore  Romano  n°  88  del  1 8  aprile 
riferi  nei  termini  seguenti. 

«  Una  fabbrica  per  essere  compita  abbisogna  di  tre  diversi  ele- 
menti.  Un  fondamento  sul  quale  possa  fissare  1'appoggio,  le  mura 


380  CRONACA 

che  sono  indispensabili  per  innalzarlo,  e  finalmente  la  copertura  che 
serva  a  difenderla  dalle  intemperie ,  e  che  veramente  potrebbe  chia- 
marsi  la  corona  dell'  edifizio.  Senza  quest!  tre  element!  non  pu6 
esistere  fabbrica  al  mondo,  ne  materials,  ne  morale. 

«  Veniamo  ora  all'  applicazione  del  principio, 

«  Tutte  le  anime  veramente  cristiane  non  solo,  ma  tutte  le  anime 
nobili  e  rette,  pensano  alia  presente  condizione  della  umana  so- 
cieta; e  vedendola  quasi  nave  agitata  dai  venti  in  mezzo  ad  un 
mare  tempestoso,  esposta  a  perdere  da  un  momento  all'  altro  il  re- 
golatore  della  nave ,  il  timone ,  per  essere  abbandonata  ,  fra  gli  scogli 
del  comunismo,  della  incredulita,  del  socialismo,  alzano  tutti  la  voce 
al  cielo,  e  gridano  piene  di  spavento  e  timore;  Deh!  Signore  sal- 
vateci;  deh  ci  soccorrete  perche  siamo  presso  a  perire:  soccorreteci 
colla  vostra  Benedizione ,  la  quale  allontani  il  pericolo ,  e  ricacci  nei 
piu  profondi  abissi  d' inferno  tutti  quei  professori  delle  dottrine  dia- 
boliche,  che  vorrebbero  fare  della  societa  uno  steccato  di  fiere  desti- 
nato  a  divorarsi  a  viceHda. 

«  Mio  Dio !  date  nuova  forza  al  Vostro  Vicario  in  terra ,  nuovo 
vigore  alia  sua  voce  e  al  suo  braccio ,  sicche  sia  posto  in  situazione, 
quasi  segno  di  riconciliazione  e  di  pace ,  di  benedire  un'  altra  volta 
tutto  il  popolo  Cattolico  dall'alto  della  Loggia  Vaticana,  rito  rnando  cosi 
col  vostro  aiuto  la  societa  alia  calma  e  alia  pratica  delle  cristiane  virtu. 

«  Lo  stendardo  designa  le  mura  dell'edificio;  il  baldacchino  qui 
presente,  che  con  tanta  cura  e  affetto  avete  condotto  a  termine,  e 
la  sua  copertura ,  ma  la  Benedizione  di  Dio  e  il  fondamento. 

«  Eccovi  espressa  in  poche  parole  la  impressione  che  ha  fatto 
nel  mio  spirito  il  vostro  grazioso  dono ,  o  dilettissime  figlie. 

«  Avvalori  Iddio  questo  presagio;  unisca  con  voi  e  illumini  quelle 
anime  nobilissime  qui  presenti,  che  hanno  voluto  con  voi  partecipare 
al  compimento  del  bel  lavoro,  affinche  partecipino  ancora  ai  frutti 
della  stessa  fede  e  della  stessa  carita :  ut  una  sit  fides  mentium  et 
pietas  actionum ,  lo  diro  colle  parole  della  Chiesa  che  abbiamo  lette 
in  questi  giorni. 

«  E  poiche  queste  dame  che  mi  fanno  corona  appartengono  a 
diverse  nazioni  ed  anche  alia  Francia  ,  le  invito  a  pregare  per  questa 
cattolica  e  illustre  nazione,  la  quale  trovasi  ora  immersa  nella  de- 
solazione  e  nel  lutto;  a  pregare  particolarmente  per  la  sua  Capitale, 
che  se  talvolta  fu  il  centre  di  molti  mali ,  ora  e  fatta  segno  dei  piu 
severi  castighi. 

«  Ah!  preghiamo  si  per  la  Francia;  ma  preghiamo  altresi  per 
TEuropa  e  per  tutta  la  umana  famiglia,  affinche  Iddio  muova  i  cuori, 
e  apra  a  tutti  gli  occhi  della  mente  per  vedere  il  baratro  che  si  spalanca 
avanti  i  loro  piedi,  dando  forza  ai  traviati  per  prender  diverse  cammino. 


CONTEMPORANEA  381 

«  Ho  letto  ieri  in  un  giornale  che  esce  qui  in  Roma,  e  che  chiaman 
moderate,  ho  letto  dissi  con  orroe  come  si  desidera,  da  chi  scrive  un 
certo  articolo ,  che  resti  a  Parigi  la  vittoria  a  favore  del  comunisti. 

«  Ma,  lasciamo  i  ciechi  e  i  conduttori  del  ciechi,  e,  accelerando 
col  desiderio  e  colla  preghiera  i  momenti  della  Divina  Misericordia, 
riceviamo  adesso  come  caparra  di  qaella  Benedizione  che  dovra  im- 
partirsi  dal  Vicario  di  Gesu  Cristo,  sedente  sulla  Loggia  Vaticana, 
riceviamo  dissi  quella  Benedizione,  che  Dio  stesso  in  questo  momento 
comparte  a  voi  colla  mano  del  suo  indegno  Vicario. 

«  Ah!  possa  questa  Benedizione  essere  per  ciascuno  di  voi  un 
pegno  d'amore  celeste. 

«  Vi  benedica  Dio  benedetto:  Benedictio  Dei  Omnipotentis  etc.  » 

8.  Pare  al  tutto  certo  che  cotali  manifestazioni  dell'affettoe  del 
voti  dei  cattolici  romani  e  stranieri  verso  il  Sovrano  Pontefice  recas- 
sero  gran  noia  a  quelli  che,  in  virtu  delle  bombe  edei  famosi  40,000 
si  gli  tolsero,  non  che  gli  Stati,  perfmo  il  palazzo  di  sua  abitazione  al 
Quirinale.  II  linguaggio,  non  solamente  iracondo  ma  rabbioso  dei 
giornali,  che  in  Roma  servono  il  Governo  di  Firenze,  era  un  indizio 
troppo  chiaro  del  loro  desiderio  di  vendetta.  II  Corriere  Ilaliano  di 
Firenze,  n.  108  del  18  aprile,  ebbe  anche  1'  indiscrezione  di  svelare  i 
disegni  gia  fatti  per  impedire  che  si  rinnovino  simili  dimostrazioni 
accennando  che  sia  risoluta  1'  espulsione  da  Roma  di  certi  personaggi 
stranieri  cattolici,  per  quanto  siano  essi  tutelati  dall'egida  diplomatica; 
e  che  per  averne  qualche  pretesto,  si  dara  rimbeccata  a  qualche  De- 
putato  romano,  il  quale  debba  recitare  la  sua  parte  in  commedia  con  le 
solite  interpellate  neila  Camera.  Ecco  alcune  delle  parole  del  Corriere. 

«  II  commendatore  Gadda  ha  scritto  al  presidente  del  Consiglio 
lagnandosi  acerbamente  del  modo  in  cui  si  comportano  a  Roma  non 
poche  notabilita  cattoliche  straniere  che  vi  dimorano.  Si  direbbe  che 
costoro  si  studiano  di  provocare  col  loro  contegno  la  popolazione,  per 
poter  cosi  fornire  ai  giornali  clerical!  argomento  a  declamazioni  infinite 
sulle  condizioni  mediocri  della  pubblica  sicurezza  in  Roma.  Mi  assi- 
curano  che  il  Lanza  e  risoluto  a  non  voler  tollerare  oltre  un  somi- 
gliante  stato  di  cose,  del  quale  a  Roma  muovono  pubblicamente  giusto 
lamento  tutti  gli  onesti.  » 

Per  buona  ventura  c'  e  un  proverbio  che  dice  :  dal  detto  al  fatto 
corre  gran  tratto.  Per  un  po'di  tempo  ancora  si  dovra  tener  qualche 
conto  de'  riguardi  dovuti  agli  stranieri  sostenuti  dalla  diplomazia,  ed  a 
certe  persone  portare  quel  rispetto  che  si  deve  al  loro  casato.  Perci6 
tanto  le  Dame  romane  quanto  le  forestiere,  e  le  numerose  Deputazioni 
accorse  al  Yaticano  pel  12  aprile,  andarono  salve  dalle  sassaiuole  libe- 
ralesche;  e  la  Questura  non  permise  neppure  che  sulla  piazza  di 
S.  Pietro  si  rinnovassero  contro  i  provocatori  e  le  provocatrici  (cosi  si 


382  CRONACA 

qualiGcano  da'liberali  coloro  che  danno  qualche  attestato  di  amore  alia 
Chiesa  o  di  devozione  al  Papa)  le  scene  dell'  8/licembre  o  del  10  marzo. 

Tuttavia  la  Questura  subodoro ,  ed  i  suoi  segugi  scoprirono  che 
qualche  buona  famiglia  cristiana  reputava  lecito  di  fare  la  sera  del 
12  aprile  la  luminaria  consueta  degli  altri  anni.  La  Questura  si  reputo 
in  dovere  d'irapedire  codesto  attentato,  ingiurioso  pel  trionfo  delle 
aspirazioni  nazionali.  Mando  pertanto  certi  suoi  ufficiali  a  perorare 
presso  una  signora,  forestiera,  che  le  spie  aveano  denunziata  come 
rea  d'aver  premeditate  tal  delitto,  affinche  la  inducessero  ad  usar 
prudenza.  L'  esito  di  questa  missione  non  corrispose  all'intento  della 
Questura.  II  Buon  senso,  n°  103  del  20  aprile  seppe  che:  «  Dopo  un 
lungo  dialogo  tra  la  signora  e  gli  inviati  dalla  Questura,  si  venne 
a  questa  conclusione  concorde ;  che  la  signora  avea  diritto  di  illu- 
minare  la  sua  abitazione,  e  la  Questura  avea  dovere  di  reprimere 
i  temuti  disordini;  e  si  convenne  per  conseguenza  che  la  Questura 
avrebbe  inviato  sul  luogo  i  suoi  agenti  prima  ddl*  Ave  Maria.  »  Ma 
sembra  che  poi,  fatti  meglio  i  suoi  conti,  la  Questura  sconfessasse  il 
concordato  dei  suoi  inviati,  e  non  riconoscesse  ne  quel  diritto ,  ne 
quel  dovere;  e  di  fatto  gli  agenti  non  antivennero  i  temuti  disor- 
dini,  come  la  Questura  si  mostro  assai  fiacca  (non  diciamo  altro  per 
usar  prudenza)  nel  reprimerli.  Anzi  La  Liberia  -  Gazzetta  del  Po- 
polo  di  quel  giorno,  n°  99,  ebbe  a  stampare  la  nota  seguente,  che  dava 
il  La  della  musica. 

«  Siamo  assicurati  che  questa  sera  alcuni  dei  piu  sfegatati  pa- 
pisti  intendono  di  fare  qualche  dimostrazione  in  ricorrenza  del  12 
aprile.  Tratterebbesi  di  iiluminare  qualche  casa  e  di  mettere  alia  fi- 
nestra  qualche  trasparente.  E  evidente  che  questi  signori  non  hanno 
altro  scope,  da  quello  in  fuori  di  provocare  Y  opinione  pubblica  e 
di  far  nascere  qualche  disordine.  » 

Questo  cenno  del  giornale  del  Governo  e  della  Questura  fu  ca- 
pito  dai  soliti  professori  di  chiassi  e  di  tumulti  e  da  quella  schiera 
di  comparse,  che  dal  20  settembre  e  incaricata  di  rappresentare  il 
popolo  romano.  II  dare  qualche  segno  di  letizia  pel  ritorno  di  Pio  IX 
da  Gaeta,  e  per  la  salvezza  sua  dal  disastro  a  S.  Agnese,  era  defi- 
nito  una  provocazione.  Dunque  potendosi,  da  chi  ha  la  forza  in 
mano,  rispondere  irnpunemente  alle  provocazioni  colla  violenza,  que- 
sta fu  adoperata  contro  i  pochi  che,  malgrado  di  quell' avviso,  com- 
inisero  I'  orrendo  attentato  di  mettere  qualche  lume  alle  finestre  delle 
loro  case.  Un  brav' uomo  in  Trastevere,  un  altro  presso  il  palazzo 
Borghese  ebbero  percio  sfracellate  le  lastre  delle  finestre  a  furia  di 
sassate,  con  tale  accompagnamento  di  fischiate,  di  urli  e  di  minacce, 
che  vi  dovettero  correre  soldati  di  linea  con  le  loro  bajonette,  piz- 
zardoni  e  questurini,  per  impedire  qualche  peggiore  eccesso. 


CONTEMPORANEA     '  383 

Ma  la  festa  piu  splendida  fu  presso  la  Trinita  dei  Monti.  Ivi  ha 
nobile  stanza,  in  un  palazzo  che  torreggia  sulla  Piazza  di  Spagna,  la 
contessa  De  Stainlein-Saalenstein,  fervida  cattolica  del  Belgio.  Essa 
non  pote  persuadersi  che  un  omaggio  al  Papa  Pio  IX  dovesse  ri- 
guardarsi  dal  Governo  di  Vittorio  Eramanuele  II,  re  cristiano  catto- 
lico,  come  un  insulto  al  sentimento  nazionale  degli  Italiani ;  e  fece 
illuminare  senza  sfarzo  le  sue  fmestre  con  alcuni  motti  di  fedelta, 
onore,  lulto,  ed  un  trasparente  che  rappresentava  la  Croce  di  S.  Pietro. 

Una  masnada  di  quel  certo  popolo,  che  tutti  conoscono,  si  raduno 
li  poco  appresso,  e  forse  gia  stava  appostata  a  recitare  la  sua  parte, 
ed  infuriando  con  fischiate  e  sassaiuole,  mandd  in  frantumi  i  cristalli 
di  quei  balconi,  provandosi  anche  ad  abbattere  la  porta  per  procedere 
a  peggiori  enormezze.  La  Liberia,  nel  n°  100,  fece  una  minuta  de- 
scrizione  del  fatto,  condannando,  ben  inteso,  la  Signora,  senza  una 
parola  di  biasimo  contro  la  violenza  di  quella  patriolica  turba.  Fu 
d'uopoche  accorresse  una  compagnia  di  linea,  con  molteguardie  e 
molti  carabinieri,  per  far  cessare  quella  treggenda.  La  Liberia  ha 
la  gentilezza  di  stampare  che:  «  Poco  manco  che  alcuni  giovani  della 
guardia  nazionale,  che  abitano  case  vicine  di  quella  della  Signora 
Stanlein,  non  iscaricassero  i  loro  fucili  nelle  sue  fmestre.  A  malapena 
furono  trattenuti  dai  loro  parenti. »  Avviso  a  chi  tocca!  Sesono  animati 
da  tale  spirito  i  paladini  del  Palladia  romano,  per  la  difesa  dell' or- 
dine  pubblico  e  della  sicurezza  delle  persone1,  della  liberta  e  delle 
proprieta  dei  cittadini,  vuolsi  confessare  che  il  fiore  dei  paladini  dee 
essere  di  quella  eroica  natura  che  dimostrano  le  Guardie  nazionali  della 
Comune  parigina ;  e  percio  fa  bene  davvero  il  Governo  a  lasciarli 
armati  solo  di  fucili  vecchi  a  percussione  e  senza  munizioni! 

La  stessa  Liberia  dichiard  nel  suo  n°  100  che  «  la  responsa- 
bilita  del  fatto  cade  tulta  quanta  su  chi  1'ha  provocato  nel  modo 
piu  violento,  piu  indegno,  piu  deplorabile.  Una  persona,  straniera  al- 
1' Italia,  ha  avuto  Tinqualificabile  ardire  di  insultare  al  sentimento 
della  nazione;  costei,  sola  in  Roma,  si  e  permesso  di  commemorarc 
con  segni  di  letizia  1'anniversario  d'un  fatto,  che  per  gli  Italiani  tutti 
e  pei  romani  in  specie  rammenta  una  sventura....  Accecata  dal  fana- 
tismo  ha  mancato  alia  educazione.  » 

Queste  parole,  in  un  giornale  che  e  ai  servigi  dei  Governo  ed 
e  portavoce  della  Questura,  ci  tirano  alia  penna  delle  chiose,  che  la 
prudenza  ci  vieta  di  scrivere.  Contentiamoci  di  qualche  quesito.  Sa' 
ella  La  Liberia  qual  era  1'  anniversario  che  festeggiavasi  il  12  aprile  ? 
Certo  che  si.  Ed  ella  osa  qualificare  come  sventura  italiana  e  romana 
il  ritorno  del  Papa  a  Roma?  Come  insulto  al  sentimento  nazionale 
un  segno  di  letizia,  perche  Pio  IX  non  rimase  sepolto  sotto  le  rovine 
a  S.  Agnese?  E  se  i  portavoce  del  Governo  cosi  trattano,  e  la  Que- 


384  CRONACA   CONTEMPORANEA 

stura  ed  il  fisco  lasciano  cosi  trattare  chi  gode  di  veder  tomato  a 
Roma  il  Papa  e  di  vederlo  sottratto  a  pericolo  di  cruda  morte:  che 
farebbero  essi  quando,  uscendo  per  avventura  Pio  IX  dalla  sua  pri- 
gionia  del  Vaticano,  i  buoni  romani  osassero  dimostrargli  che  i  loro 
sentimenti  sono  sempre  quelli  di  prima?  E  qual  valore  avranno  in 
pratica  Ie  famigerate  guarenlige,  se,  accennando  al  Yicario  di  Gesu 
Cristo,  non  e  pur  lecilo  attestargli  con  quattro  lumicini  amore  e  fe* 
delta?  Se  il  godere  che  il  Papa  sia  sano  e  salvo  e  un  insulto  vio- 
lento  all' Italia,  quest'  Italia  professa  forse  la  religione  del  diavolo  e 
la  civilta  delle  Pelli  rosse  e  dei  Piedi  neri? 

9.  Per  buona  ventura  i  diarii  liberaleschi  e  democratici  di  Roma 
ebbero,  due  giorni  dopo,  altra  materia  intorno  a  cui  esercitare  i  loro 
talenti,  celebrando  degnamente  una  rappresentazione  teatrale  ed  una 
cena  squisita,  onde  allietavansi,  la  sera  del  venerdi  14  aprile,  le  sale 
del  pontificio  palazzo  apostolico  al  Quirinale. 

Gia,  durante  la  Quaresima,  codesti  giornali  aveano  spesso  ra- 
gionato  con  molta  gravita  sopra  le  peripezie  ed  i  successi  delle  pro- 
ve, con  cui  le  cinque  o  sei  Dame  della  Corte  dei  Reali  Principi,  che 
ivi  hanno  posta  loro  stanza,  si  preparavano  a  dare  saggio  dei  loro 
talenti  comici  e  della  loro  attitudine  a  rivaleggiare  con  le  piu  rinomate 
virtuose.  Nominavano  1'augusta  Signora  che  compiacevasi  di  assi- 
slervi,  e  lodavano  le  cure  della  Ristori,  che  dava  1'  ultima  forma  e 
perfezione  al  gesto,  alia  declamazione,  alle  movenze  delle  illustri  at- 
trici;  parlavano  delle  gare  nella  distribuzione  delle  parti,  del  bistic- 
ciarsi  talvolta  un  pochino  questa  con  quella  signorina;  ma  se  ne  ri- 
prometteano  gran  festa.  E  questa  ebbe  luogo  il  venerdi  14  aprile. 

II  programma  era  stato  mandate  pubblicare  anche  a  Firenze  in 
questi  termini.  «  Eccovi  esattamente  il  programma  della  serata.  Si 
comincera  con  Les  soldiers  de  kal,  rappresentati  dalla  principessa  Pal- 
lavicini  e  dalla  marchesa  Lavaggi;  verra  dopo  Fra  moglie  e  marito 
non  mettere  un  dito,  al  quale  prendono  parte  la  duchessa  di  Rigna- 
no,  la  marchesa  Lavaggi,  don  Marcantonio  Colonna  e  Giorgio  Capra- 
nica  del  Grillo,  il  giovane  figlio  della  signora  Ristori:  finalmente  nella 
piccola  commedia  Les  erreurs  de  Jean  si  faranno  applaudire  la  prin- 
cipessa d'Avellino,  la  principessa  Pallavicini,  don  Marcantonio  Co- 
lonna, il  marchese  di  Montereno  ed  il  Marchese  Alessandro  Guiccioli. 

La  festa  riusci  splendidissima.  li^Tempo  decreta  la  palma  e  la 
corona  del  merito  all' attrice  principessa  Pallavicini,  dicendo:  «  Era 
del  resto  lungo  tempo  che  conoscevamo  la  valentia  artistica  della  gra- 
ziosa  principessa,  si  che  la  udimmo  sicuri  di  un  esito  felicissimo.  » 
II  principe  Pallavicini,  teste  nominato  Sindaco  di  Roma,  dee  andare 
altero  di  tanta  gloria! 


LA  GAVERNA  DEL  GIGLOPE 


PEL,  REGNO  D'  ITALIA 


I. 


Da  che,  dopo  dichiaratolo  atto  contrario  alia  giustizia, 
il  Governo  d'  Italia  si  avventb  sopra  Roma  con  un  grosso 
esercito,  la  tolse  al  Papa  e  vi  si  accampb  promulgandola 
sua  Capitate,  si  e  notato  generalmente  in  tutti  i  suoi  ligi, 
addetti,  creati  e  servitori  un  cotal  senso  d1  inquietezza  e  di 
trepidazione,  che,  ben  lungi  dal  sedarsi,  anzi  si  e  venuto 
sempre  piu  accrescendo  col  tempo.  Di  questo  fanno  fede 
i  giornali  suoi  piu  intimi  o  devoti,  le  dicerie  de'suoi  mini- 
stri  ne1  banchetti  o  nella  tribuna,  i  dispacci  de'suoi  diplo- 
matic! e  i  discorsi  de'  deputati  e  senatori  suoi  nelle  aule 
del  Parlamento.  Non  trovasi  quasi  forma  possibile  di  espri- 
mere  ansieta,  sbigottimento  e  terrore,  che  non  s1  incontri 
in  alcuna  di  queste  fonti,  manifestative  delFopinione  di  chi 
muove  o  serve  la  macchina  del  Regno.  Ed  e  osservabile 
cosa  che  queste  paure  si  aggirano  intorno  ad  un  presen- 
timento  di  morte,  il  quale  sembra  sottentrato  ai  presagi  di 
perpetua  floridezza,  fatti  concepire  da  dieci  anni  di  inspe- 
rate  fortune. 

Gia  questo  ferale  presentimento  comincio  ad  abbuiare 
gli  spiriti  prima  ancora  che,  colle  bombe  della  Porta  Pia, 
si  apparecchiasse  Roma  aU'onore  novello.  Di  fatto  ricor- 
diamo  che  alquanti  giorni  innanzi  1'  impresa  del  20  set- 
tembre  1870  ,  uno  dei  fogli  piu  interessati  alia  vita  del 
Serie  VIII,  vol.  II,  fasc.  502.  25  6  maggio  1871. 


386  LA  CAVERNA  DEL  CICLOPE 

Regno  stampava  a  lettere  di  scatola,  che  esso  Regno,  av- 
viandosi  verso  la  citta  dei  Papi,  non  vi  andava  a  fabbri- 
carsi  altro  che  «  una  magnifica  tomba  '.  »  Or,  mutate  le 
figure  rettoriche,  questo  pronostico  identico  si  ripete  anche 
oggidi,  sette  mesi  dopo  che  il  Regno  della  rivoluzione  ha 
piantata  la  sua  bandiera  nel  Campidoglio  ;  e  si  ripete  da 
tali  serittori,  che  una  volta  rnostravano  di  credere  come 
domma  assai  piu  T  immortalita  dell1  Italia  rigenerata,  che 
quella  delle  anime  loro .  Cosi  la  Nazione  esempligrazia 
paragonava  teste  1'entrata  dell' Italia  nella  sua  Capitale,  alia 
entrata  nella  caverna  del  Ciclope  ;  e  tremava  che  questo 
Ciclope  non  avesse  a  «  divorarla  2  ».  E  pochi  giorni  dopo, 
coi  brividi  nolle  ossa,  gridava  :  «  Bisogna,  proseguendo  il 
fatale  andare,  prepararsi  a  sopportare  prove  tanto  dure  e 
tanto  difficili,  che  quelle  sopportate  dal  48  in  poi  parranno 
giuochi  da  fanciulli  5.  »  E  il  Guerzoni  dianzi,  nella  Nuova 
Antologia,  detto  che  un  fato  ineluttabile  ha  spinta  la  rivo- 
luzione italiana  in  Roma,  esclamava  che  «  dovra  regnare 
o  morire  con  essa  4  ».  In  somma  piu  s'  avvicina  il  tempo 
in  cui  dovrebbero  trasportare  la  Capitale  nella  metropoli 
delForbe  cristiano,  e  piu  i  nostri  politicastri  sentono  dentro 
il  cuore  e  confessano  tremebondi,  che  FATALE  E  ROMA;  e  in 
luogo  del  seggio  di  loro  stabile  dominazione  sopra  1'Italia, 
prevedono  che  vi  avranno  la  «  tomba  »,  magnifica  solo 
percio  che  servira  di  base  a  future  novelle  magnificenze 
del  Vaticano. 

Ne  dissimulano  le  ragioni  di  tante  loro  inquietudini  e 
malinconie.  «  Noi  andiamo  a  Roma,  si  legge  nella  Nazione. 
a  fare  un  grancle  esperimento ;  tanto  grande,  che  crediamo 
non  abbia  riscontro  nella  storia ;  lo  facciamo  col  Papa  ;  lo 
facciamo  con  una  citta  che  non  somiglia  a  nessun1  altra  di 
Italia ;  lo  facciamo  con  tutto  il  mondo  cattolico,  con  tutto 

1   (jazzetta  d' Italia  X.  dei  7  settembre   1870. 
-  N.  dei  Jo  aprile   1871. 

3  N.  dei  24  aprile  1871. 

4  Fascicnlo  di  aprile  -1 871,  pag.  783-84. 


PEL    REGNO    D'  ITALIA  387 

il  mondo  politico  T.  »  Se  lo  spaurito  gazzettiere  avesse 
aggiunto,  che  questo  «  grande  esperimento  »  si  va  anche 
a  fare  colla  giustizia  di  Dio,  dopo  che  questa  ha  esem- 
plarmente  prostrato  nella  polvere  il  Bonaparte,  unico  so- 
stegno  che  avesse  T  Italia  per  reggersi  e  conservarsi , 
avrebbe  addotte  con  pienezza  le  ragioni  del  terrore  che  si 
ha  ad  entrare  nella  caverna  del  Ciclope. 

Sono  per6  tutte  ragioni  gravissime.  E  noi  ci  rallegriamo 
che  finalmente,  sebben  tardi,  i  zelanti  lacch&  del  Regno 
sieno  divenuti  un  poco  accessibili  alia  ragione;  e  vedano  e 
tocchino  con  mano,  dopo  il  fatto,  la  verita  di  quei  tremendi 
pericoli  per  loro,  che  noi  clericali  prenunziavamo  costan- 
temente,  prima  del  fatto  compiuto  di  Roma.  Siccome  non 
tutte  le  ciambelle  riescono  col  buco,  cosi  non  tutti  i  fatti 
compiuti  riescono  a  seconda;  e  sempre  avviene  (conforme 
tuttodi  i  processi  criminal;  lo  addimostrano)  che,  di  fatto 
compiuto  in  fatto  compiuto,  si  giunge  fino  a  quello  che 
li  fa  poi  scontare  insieme  tutti  in  una  volta.  Questi  signori 
portatori  instancabili  di  livree  rivoluzionarie  aveano  da 
pensarci  a  tempo  suo.  Ora,  lo  ridiciamo  ,  e  troppo  tardi. 
Del  senno  di,poi,  dovean  sapere,  che  sono  piene  le  fosse. 

Per  altro  ci  e  occorso  di  avvertire  che  gli  allegati 
pericoli,  i  quali  certo  rendono  la  nuova  Capitale  formida- 
bile  al  Regno  che  ha  da  assidervisi,  non  si  sono  ugualmente 
bene  considerati.  Quelli  che  nascono  dal  fare  il  «  grande 
esperimento  »  col  Papa,  con  tutto  il  mondo  cattolico  e  con 
tutto  il  mondo  politico,  sono  stati  chiariti  in  cento  modi 
dai  ministri,  dai  deputati,  dai  senatori  e  dagli  scribi,  mas- 
sime  aproposito  della  farnosa  legge  per  le  guarentige  papali, 
che  comprende  appunto  in  se  tutta  la  ragione  di  codesti 
pericoli.  Non  cosi  vediamo  essersi  posti  in  vera  luce  quelli 
che  si  originano  dal  fare  il  grande  esperimento  con  una 
citta,  che  non  somiglia  a  nessun'  altra  d*  Italia.  Eppure  anco 
da  questo  lato  i  pericoli  sono  grossissimi ! 


N.  cit. 


388  LA   CAVERNA   DEL   C1CLOPE 

A  un  tale  difetto  ci  e  venuto  in  animo  di  supplire  un 
poco  noi;  e  cio  perche  della  citta  la  quale  non  somiglia  a 
nessuri*  altra  d'  Italia  abbiamo  un  conoscimento  maggiore, 
che  non  tutti  gli  scribi  del  Regno  e  i  loro  padroni.  Onde 
stimiamo  di  fare  ad  essi  buon  officio,  illuminandoli  sempre 
meglio  circa  le  condizioni  della  caverna,  dentro  cui  ilfato 
ineluttabile  li  spinge  al  temuto  divoramento  del  Oidope. 

II. 

Si  vuol  sapere  in  che  stia  propriamente  il  no-do  dei 
pericoli ,  risultanti  al  Regno  d1  Italia  dalla  citta  che  si  e 
presa  per  Capitale  ?  Da  questo,  che  Roma,  in  quanto  citta, 
gli  e  nemica. 

Roma  non  somiglia  a  Torino ,  che  si  trovo  Capitale  di 
tutta  Italia,  perche  essa  era  il  quartier  generale  delle  forze 
che  la  conquistarono  a  pezzo  a  pezzo ;  ed  inoltre  perche 
era  giuridica,  storica  e  natural  sede  del  Governo  che,  pro- 
tetto  dalle  baionette  straniere,  a  se  incorporo  tutti  gli  Stati 
italiani.  Per  lo  che  Torino,  fino  a  che  rimase  Capitale,  si 
riguardo  piu  tosto  qual  centro  politico  di  un  gran  Piemonte, 
che  quale  metropoli  di  uu  gran  Regno  italico  .  Di  qui  le 
ire  di  Torino  e  del  Piemonte,  incarnate  nella  Permanente, 
allorche  \\fato  ineluttabile 9  retto  dal  Bonaparte,  mobilit6 
la  Capitale  del  Regno  e  la  spinse  in  Firenze  :  ire  cosi  ine- 
stinguibili  e  profonde,  che  da  molti  si  reputa  sieno  state 
le  vere  ispiratrici  del  fatto  di  PortaPia,  a  ruina  delFunita: 
n&  il  sospetto  pu6  tassarsi  di  temerario ,  se  si  considerino 
gli  autori  politici,  diplomatici  e  militari  di  quel  fatto  au- 
dacissimo ;  tutti  schiettissimi  piemontesi. 

Roma  neppure  somiglia  a  Firenze ,  che  accolse  la  mo- 
bile Capitale  con  ironia  gentile  e  con  una  epigrammatica 
freddezza,  che  facea  singolare  contrasto  colle  disperazioni 
e  coi  furori  di  Torino.  Firenze  non  aveva  un'  ombra  di  fede 
nella  permanenza  entro  le  sue  mura  di  questa  tribii  nomade, 
che  s1  intitolo  Capitale  d'  Italia.  Non  1'  avea ,  perch5  fu  co- 


PEL    REGNO   D'  ITALIA  389 

stretta  ad  ospitarla  in  grazia  di  una  Convenzione  fondata 
sopra  un  equivoco ;  onde  si  vide  da  tutta  Italia  schernita 
coll'inelegante  soprannome  di  tappa:  e  non  1'avea,  perche 
non  credeva  punto  duraturo  T  ordine  di  cose  create  dal  Bo- 
naparte nella  Penisola.  Ma  Tindifferenza  in  lei,  argutissima 
e  temperatissima  delle  citta,  non  assunse  le  forme  di  ni- 
micizia.  Si  contento  di  ricavare  per  se  i  maggiori  utili  che 
potesse  dal  soggiorno  di  questa  tribu,  ingrassata  del  sangue 
di  tutta  Italia;  ne  sostenne  con  civile  e  cristiana  mansue- 
tudine  V  invasione;  se  ne  sollazzo  bellamente  ;  si  accomuno 
seco  il  meno  che  fosse  possibile;  e  quando  intese  che  le 
bombe  del  20  settembre  aveano  aperto  1'ingresso  di  Porta 
Pia  alia  tribu ,  che  da  cinque  anni  stava  attendata  nel  suo 
ricinto ,  son6  le  campane  a  gloria  e  s1  imbandiero  a  festa , 
non  senza  sclamare  con  voce  bassa :  —  Povera  Roma ! 
Quindi  come  senza  alterarsi,  nel  1865,  fece  luogo  nelle  sue 
strade  alia  tribu  che  veniva  a  rizzarvi  i  temporanei  padi- 
glioni ;  cosi  senz' alterarsi,  nel  1871,  assiste  ai  comincia- 
menti  del  suo  sgombero;  e  ride  saporitamente  di  questi 
nomadi,  che  interpretano  per  sublime  amor  nazionale  la 
sua  ironica  apatia;  quasi  che  sia  per  lei  eroico  sacrifizio  il 
lasciarli  quietamente  partirsi  dalle  deliziose  rive  delPArno, 
ed  avviarsi  alia  caverna  del  Ciclope,  che  alle  sponde  del 
Tevere  li  aspetta,  Altri  amori  e  la  incredulita  politica  resero 
Firenze  indifferente  albergatrice  della  Capitale  d  Italia;  ed 
altri  amori  ed  una  piu  assoluta  incredulita  politica  ne  la 
rendono  indifferentissima  accomiatatrice:  se  pur  si  eccettui 
il  suo  municipio,  che  si  becca  il  cervello  per  pagare  lo 
scotto  dell'  ospitalita  concessale,  piu  da  generoso  partigia- 
no,  che  da  accorto  amministratore. 

Ma  in  Roma  1'ambulante  Capitale  non  incontrera  ne 
1'  amore  interessato  di  Torino ,  ne  la  freddezza  satirica  di 
Firenze.  Roma  e  citta  ostile  al  Regno  che  Tha  conquistata 
colle  bombe.  II  fatto  e  certo ,  irrefutabile  ,  lampante  agli 
occhi  di  chiunque  iinparzialmente  abbia  studiati  gli  umori, 
il  genio,  le  inclinazioni  e  gli  odierni  casi  di  quella  grande 


390  LA   CAVERNA   DEL   CICLOPE 

citta.  L1  evidenza  di  questo  fatto  si  puo  negare  dalla  torma 
stipendiata  perche  neghi  ogni  giorno  anche  la  luce  del 
sole :  si  pu6  menomare  da  chi  trova  il  suo  tornaconto  ad 
offuscare  la  chiarezza  della  verita.  Ma  ne  il  negarlo  ne  il 
menomarlo  toglie  la  certitudine  a  questo  fatto. 

III. 

V  ostilita  di   Roma   al  Regno  rivoluzionario  d1  Italia, 

fabbricato  in  Piemonte  per  opera  del  Bonaparte ,  si  e  resa 

manifesta  nei  dieci  anni  decorsi,  tra  la  sua  edificazione  e  il 

bombardamento  della  Porta  Pia.  Per  quanto  gli  agenti  suoi 

e  notorii  e  secreti,  spalleggiati  dalla  diplomazia  e  dalla  po- 

lizia  napoleonica ,  si  affaticassero  e  coll'  oro  e  cogl'  inganni 

e  colle  promesse  e  colle  minacce,  mai,  nel  giro  di  questi 

dieci  anni,  poterono  ottenere,  non  diciamo  un  simulacro 

di  sollevamento  popolare  contro  il  Pontefice  in  favore  del 

Regno,  ma  una  tenue  dimostrazione,  la  quale  non  fosse  piu 

che  ridicola  e  puerile.  Fuori  di  qualche  petardo,  fatto  scop- 

piare  nottetempo  in  alcun  angolo  appartato ,  o  di  poche 

banderuole  nazionali,  appiccicate  col  loto  ai  muri  delle  vie, 

o  strette  alia  coda  dei  cani  per  le  piazze,  o  legate  alle  penne 

di   alcun  uccello  nei  teatri;    il   Regno  d' Italia  in  Roma 

non  giunse  a  conseguire  altre  pubbliche  mostre  di  simpatia 

cittadinesca.  Si  tento  di  far  sottoscrivere  indirizzi ;  ma,  per 

impinguarli  di  segnature,  si  dove  ricorrere  alia  bell'  arte  di 

mendicarle  nelF  albo  dei  defonti,  o  in  quello  piu  vasto  dei 

nascituri.  Anzi  nei  giorni  persino  che  i  cinquantamila  uo- 

mini  del  Cadorna  cingevano  d'  assedio  le  sue  mura,  ed  era 

imminente  il  fuoco  di  dugento  cannoni  contro  di  lei,  non 

fu  possibile  suscitarvi  dentro  neppure  la  finta  di  un  moto, 

con  tutto  che  vi  s'  introducesse  una  somma  di  molte  decine 

di  migliaia  di  lire  in  contanti,  per  agevolarlo  e  renderlo 

piu  spontaneo.  Finalmente  T  ostilita  di  Roma  era  cosi  pa- 

tese  ai  governanti  del  Regno,  che,  per  farvi  la  rivoluzione 

del  20  settembre,  dovettero  intromettervi,  dietro  le  truppe, 


PEL    HEGNO    D'  ITALIA  391 

un  esercito  di  bande  maschili  e  femminili  d'  ogni  razza  e 
paese ,  affinch&  rappresentassero  con  indite  geste ,  nella 
citta  dei  Papi,  il  nuovo  popolo  romano,  degno  dei  suoi  nuovi 
dominatori.  E  quando  si  ebbe  da  metter  mano  al  plebiscite, 
convenne  spedirvi  ben  ventimila  persone  da  tutte  le  pro- 
vince delRegno ;  e  poscia,  fino  al  di  d1  oggi,  se  si  5  voluto 
darvi  spettacolo  di  un  popolo  entusiasta,  e  stato  necessario 
mantenervi  una  legione  di  vagabondi  peninsular^  con  quei 
frutti  della  moralita  e  della  sicurezza,  che  cotidianamente  i 
diarii  romani  fanno  vedere  al  mondo. 

Roma,  presa  nella  generalita  della  sua  cittadinanza,  puo 
dividers!  in  due  disugualissime  porzioni.  Piu  di  nove  decimi 
de'suoiabitanti  sono  pel  Papa,  si  mantengono  fedeli  al  Papa 
e  non  riconoscono  altra  Roma  che  quella  del  Papa.  L'altro 
meno  che  decimo  forma  la  parte  liberale;  ma  con  questo , 
che  il  massimo  numero  dei  componenti  tale  frazione  e  di 
liberali  alia  democratica,  alia  garibaldesca,  alia  mazziniana; 
e  non  punto  alia  foggia  che  bisognerebbe  agli  uomini  del 
Governo,  i  quali  hanno  interesse  a  comparire  uomini  del 
Regno  e  non  uomini  della  Repubblica  d'ltalia.  I  cosi  detti 
moderati ,  cioe  i  liberali  alia  subalpina  e  i  pretesi  monar- 
chici,  vi  sono  sempre  stati  un  gruppo  quasi  che  impercet- 
tibile :  il  quale  si  teneva  cosi  a  cavallo  del  fosso,  per  van- 
taggio  della  borsa  o  per  isfogo  di  ambizione :  ed  al  presente 
si  &  ancora  piu  assottigliato,  quando  si  e  avveduto  dello 
strazio  orribile  che  i  conquistatori  hanno  menato  della  sua 
incomparabile  patria,  e  del  poco  o  nulla  che  restava  a  pro 
suo  nella  greppia  del  Regno,  dopo  dieci  anni  di  mandu- 
cazione  voracissima  fattavi  dai  fratelli  primi  arrivati.  Per 
lo  che  puo  affermarsi  con  ogni  verita  che  Roma,  nella  sua 
immensa  maggioranza,  e  ostile  al  Regno,  perche  devota  si 
Pontificate ;  e  nella  sua  minima  minoranza  e  ostile  al  Re- 
gno, perche  sacra  alia  democrazia.  I  fautori  del  Regno  non 
vi  fanno  numero,  perche  in  effetto  sono  un  numero  senza 
valore,  senza  credito  e  senza  forza.  Si  riducono  quasi  tutti 
ai  cortigiani  dei  pranzi  e  delle  cene  dell1  odierno  Quirinale. 


392  LA   CAVERNA   DEL   CICLOPE 

Ecco  la  Roma  reale,  siccomo  sussisto  noi  sette  colli, 
non  la  fantastica,  che  le  gazzette  servili  tutto  giorno  di- 
pingono  a  ludibrio  dei  gonzi. 

Si  domandano  prove?  Ma  la  storia  veridica  di  quest! 
sette  mesi  d'occupazione  della  citta,  ne  e  una  catena  inces- 
sante  .  Pigliate  il  giornalismo.  Di  vero  giornalismo  indi- 
gene romano,  non  vi  e  che  il  cattolico,  tutto  papale.  Son 
oltre  dodici  i  periodici  cattolici,  anche  cotidiani,  che  vedon 
la  luce  in  Roma ;  e  difendono  a  spada  tratta  la  causa  del 
Papa.  Essi  hanno  una  diffusione  amplissima,  si  manten- 
gono  a  spese  dei  loro  lettori  e  sono  divorati.  Uno  solo 
di  essi,  giornaletto  popolare  che  sferza  romanescamente 
gli  uomini  e  le  cose  entrate  in  Roma  per  la  breccia  di 
Porta  Pia,  si  spaccia  a  seimila  copie  ogni  giorno.  Invece 
il  giornalismo  straniero,  cioe  il  rivoluzionario,  scritto  quasi 
interamente  dallo  scarto  degli  scarabocchiatori  lombardi, 
napolitani  e  piemontesi,  se  appartiene  alia  fazione  demo- 
cratica,  ancorche  sia  diretto  da  ex-valletti  imperiali  e  reali, 
si  tiene  in  piedi  a  stento,  ma  pure  si  tiene  in  piedi;  se  ap- 
partiene alia  fazione  moderate,  non  puo  campare,  senza  che 
i  fondi  secreti  del  Governo  gF  infondano  il  sangue  e  la  vita. 

Se  e  articolo  di  fede  liberalesca,  che  1'opinione  del  gior- 
nalismo esprime  le  vere  condizioni  politiche  di  un  paese, 
quale  prova  piu  stringente  di  questa,  a  dimostrare  che 
Roma,  nella  sua  massima  parte,  e  del  Papa  e,  nella  sua 
minima,  e  della  democrazia  ;  ma  non  e  quasi  niente  del 
Regno  d'ltalia,  che  pur  Tha  conquistata  al  prezzo  di  bombe 
duemila  ? 

Non  basta  T  argomento  del  giornalismo?  Ricorriamo  a 
quello  delle  dimostrazioni,  che,  pei  liberal!,  e  perentorio.  II 
Regno  ha  imprudent emente  opposto  il  Quirinale  al  Vati- 
cano.  Di  quali  dimostrazioni  sono  state  segno  finora  le  due 
pontificie  residenze,  la  illustrata  dalla  prigionia  del  Papa, 
e  la  ingombrata  dal Regno?  E  possibile  un  confronto?  Gl'in- 
dirizzi,  colle  venti  e  trenta  e  piu  mila  firme  di  Roman!,  si 
sono  presentati  al  Quirinale  o  al  Vaticano?  Le  quattromila 


PEL    REGNO    D    ITALIA 


393 


donne  romane  hanno  offerto  il  loro  al  Quirinale  o  al  Vati- 
cano?  E  la  quasi  totalita  delle  dame  del  patriziato,  per  ben 
due  volte  in  questi  mesi,  si  e  adunata  a  presentare  il  suo 
nel  Quirinale  o  nel  Vaticano  ?  E  tutti  gli  ordini  della  citta, 
non  esclusovi  1'infimo  delle  poverelle  accattanti,  hanno 
mandate  continue  deputazioni  al  Quirinale  o  al  Vaticano  ? 
E  il  fiore  della  nobilta  si  aSretta  giornalmente  a  fare  la  corte 
al  Quirinale  o  al  Vaticano?  E  i  sontuosi  doni  simbolici  si 
vanno  a  porgere,  da  ogni  fatta  di  signori  e  di  cittadini,  al 
Quirinale  o  al  Vaticano?  E  le  migliaia  di  ufficiali  civili  e  mi- 
litari,  tutti  romani,  che  hanno  prescelta  la  fame  ad  un 
giuramento  che  ripugnava  alia  loro  fedelta  al  Pontefice, 
vanno  a  rigiurare  fede,  sino  all1  ultima  goccia  del  loro  san- 
gue,  al  Quirinale  o  al  Vaticano  ?  I  sei  o  sette  nobili  romani 
d'ambo  i  sessi ,  che  sono  stati  gli  unici  consolatori  delle 
solitudini  aristocratiche  del  Quirinale,  sono  cresciuti  di  una 
sola  unita,  dal  23  gennaio  fino  al  di  d'oggi?  Ma  basti  cosi. 
II  decoro  vieta  di  protrarre  il  paragone. 

In  quel  cambio,  per  fare  le  dimostrazioni  di  piazza,  che 
pur  erano  richieste  da  certe  convenienze  del  Regno,  a  chi  si 
e  dovuto  far  capo?  Alia  parte  prettamente  rivoluzionaria  ed 
alia  legione  dei  vagabondi  peninsulari,  pagando  un  tanto 
per  testa:  e  cio  con  si  poco  ritegno,  che,  in  una  certa  so- 
lenne  contingenza,  si  e  potuto  perfino  stampare  dai  giornali 
cattolici  il  numero  civico  delle  case  in  cui  si  salariarono 
i  dimostranti  e  la  quota  del  salario.  Or  queste  turbe  di  plebe, 
romana  e  non  romana,  sotto  quale  bandiera  militano?  Sotto 
quella  della  democrazia ;  non  sotto  quella  del  Regno.  Sono 
le  turbe  che,  quando  hanno  da  fare  dimostrazioni  di  loro 
gusto  e  non  pagate,  festeggiano  gli  anniversarii  dei  Cairoli, 
delPAiani,  di  Ciceruacchio,  del  Garibaldi  e  del  Mazzini. 

Intorno  a  questo  soggetto  delle  dimostrazioni  ayremmo 
di  che  tessere  una  cronaca  splendidissima.  Ma  sono  fatti 
pubblici.  Chiunque  vuole,,puo  esserne  ragguagliato  .  Chi 
poi  non  crede  a  quanto  asseriamo,  vada  in  Roma,  esplori, 
vegga ,  s1  informi  e  poi  ci  smentisca ,  se  gli  da  il  cuore. 


394  LA   CAVER1U   DEL   CICLOPE 

Cosi  ha  fatto  recentemente,  fra  gli  altri,  tin  uomo  politico 
di  Firenze ,  legato  a  fil  doppio  col  Regno .  &  andato ,  ha 
esplorato ,  ha  veduto ,  si  e  informato ;  e  tornatone  e  stato 
costretto  di  dire  nella  Camera  dei  deputati  ad  un  crocchio 

di  amici: Persuadetevi,  che  il  piii  ed  il  meglio  di  Roma 

e  tutto  pel  Papa  contro  noi,  e  ci  detesta.  Per  noi  non  ab- 
biamo  che  la  piazza.  Questa  dimani  ci  applaudira  per  tradirciy 
e  posdimani  ci  lapiderk  per  mettersi  al  luogo  nostro. 


IV. 


La  Naiione,  che  cosi  opportunamente  ha  definita  caverna 
del  Ciclope  la  citta  di  Roma  rispetto  al  Regno  d' Italia,  si  e 
lambiccato  il  celabro,  per  indovinare  le  cause  di  tanta  osti- 
lita,  ed  ha  creduto  di  averle  scoperte  negl'interessi  ma- 
teriali  e  morali  dei  Romani ,  che  il  Regno  ha  pregiudicati 
e  deve  ancora  peggio  pregiudicare,  trasferendo  in  mezzo 
a  loro  la  sua  sede. 

«  Non  dovete  credere,  amici  miei,  cosi  si  e  fatto  scrivere 
da  un  amico  suo,  che  Roma  riceva,  colla  vostra  Capitale, 
un  vantaggio  assoluto;  essa  si  accomoda  a  riceverla  come 
una  indennita,  pel  danno  immenso  che  noi  le  rechiamo  . 
Togliendola  dal  suo  grado  di  citta  mondiale,  per  ridurla 
citta  italiana,  noi,  moralmente  e  materialmente ,  mutiamo  le 
sue  condizioni  in  un  modo  cosi  grave,  che  non  e  quasi  pos- 
s-ibile  misurarne  gli  effetti.  A  questo  danno  ogni  compenso, 
che  sia  in  facolta  dell'  Italia ,  e  inadeguato  .  Bisognerebbe 
che  gl'  Italiani  fossero  disposti,  come  gli  antichi  8ocii9  a 
conquistare  per  la  citta  regina  la  Macedonia,  T Asia,  TAnrica 
e  T  Iberia.  Ora  sapete  che  gl1  Italiani  moderni  non  hanno 
di  queste  intenzioni,  e  che  a  tal  prezzo  parrebbero  anche 
troppo  cari  al  Sella,  che  e  il  piu  romano  dei  Piemontesi,  il 
nome  e  i  diritti  di  cims  romanus.  Quindi  il  solo  piccolissimo 
conforto  (una  consolaiione  mi  pare  si  dica  nelle  corse  dei 
cavalli)  che  possiamo  dare  a  questa  grande  citta,  ridotta 
da  mondiale  a  italiana,  e  almeno  di  mandarle  i  nostri  mi- 


PEL    REGNO   D'  ITALIA  395 

nistri,  i  nostri  senator!,  i  nostri  deputati  e  un  40,000  o 
50,000  persone,  fra  impiegati,  sollecitatori,  oziosi,  truffatori, 
bindoli,  ladri  e  meretrici,  che  compongono  il  corteggio  na- 
turale  e  necessario  di  una  Capitale  moderna  !  ». 

E  piii  sotto,  rincalzando  T  argomento ,  prosegue :  «  Ri- 
cordatevi  che  in  fondo,  una  Capitale  moderna,  e  special- 
mente  la  Capitale  d'  Italia ,  non  &  poi  una  citta  dominants ; 
&sede,  e  asilo  del  Governo,  ma  non  governa  essa;  governa 
tutta  la  nazione:  e  la  sua  autorita  legale  sta  come  5  a  508. 
La  gran  Roma,  la  Roma  dei  Cesari,  la  Roma  dei  Papi,  Ca- 
pitale o  no,  contera  nel  Parlamento  per  2^101  e  una  picco- 
lissima  frazione,  rispetto  a  tutta  1'Italia;  7  volte  meno  di 
Napoli  e  4  volte  piii  di  Campi-Bisenzio  2  ». 

Finalmente,  toccando  la  fibra  piu  delicata  del  suo  cuore, 
la  borsa,  ecco  in  che  modo  ne  discorre.  «  Sanno  eglino 
veramente  costoro  (cioe  i  pochissimi  Romani  del  color  po- 
litico della  Nazione,  specialmente  gli  ebrei  del  ghetto) 
ganno  che  cosa  e  la  Capitale  d1  Italia  ?  Non  c'  e  egli  peri- 
colo  che  sbaglino  una  cosa  per  1'  altra?  Potrebbe  essere 
ch1  e'  credano  che  noi  poveri  diavoli ,  ministri ,  senatori , 
deputati ,  impiegati ,  giornalisti  del  Regno  d1  Italia ,  veri 
rappresentanti  della  miseria  e  della  pidocchieria  sulla  terra, 
siamo  qualche  cosa  di  simile  agF  imperatori  e  ai  re  che 
solevano  visitare  la  tomba  degli  apostoli,  o  a1  cardinali, 
arcivescovi,  vescovi,  patriarchi  e  abati  che  andarono  al 
Concilio?  Certo,  se  fosse  cosi,  avrebbero  un'amara  delusione. 
In  genere  chi  governa,  chi  fa  la  politica,  chi  amministra  le 
cose  pubbliche  in  Italia  (se  5  un  bene  o  un  male,  non  cade 
qui  il  discorso)  sono  le  classi  medie ;  e  fra  noi  le  classi  me- 

die  sono  piuttosto  povere E  quindi  se  Roma  aspettasse 

che  una  sessione  del  Parlamento  porti  in  citta  tant'  oro, 
quanto,  per  esempio,  il  centenario  di  S.  Pietro,  s'inganne- 
rebbe.  Anche  per  questa  parte,  bisogna  che  Roma  discenda: 
dalle  sterline  bisogna  venire  alle  lire  italiane  5  ». 

1  N.  dei  22  aprile  1871. 

2  Ivi. 
8  Ivi. 


396  LA    CAVERNA    DEL    CICLOPE 

Noi  concediamo  al  diario  della  consorteria  toscana  che 
queste  cagioni,  tolte  dagFinteressi  piu  vitali  di  una  citta 
qual  e  Roma,  conferiscono  di  molto  a  renderne  gli  abitanti 
cosi  alieni  al  Regno,  come  si  addimostrano.  Ma  queste  non 
sono  le  piu  gagliarde .  Quella  che  tutte  le  domina  &  di 
origine  piu  elevata,  e  consiste  nella  religione  di  quella  citta 
impareggiabile,  la  quale,  siccome  in  altre  doti,  cosi  segna- 
tamente  in  questa,  non  somiglia  a  nessun'altra  &  Italia.  II 
Romano,  sia  nobile,  sia  cittadino,  siaplebeo  ha  la  fede  cat- 
tolica  ed  apostolica  immedesimata  colle  viscere;  e  per  an- 
tonomasia  figliuolo  di  san  Pietro,  e  per  lui  la  fede  nel  Papa 
Vicario  di  Cristo  e  nel  Papa  suo  Re,  si  e  da  secoli  conver- 
tita  quasi  in  seconda  natura.  II  Romano  e  essenzialmente 
monarcJiico  perche  essenzialmente  catiolico.  Egli  e  avvezzo 
ad  esecrare  qual  sacrilegio  tanto  un  atto  di  fellonia  civile, 
quanto  un  atto  di  rivolta  religiosa  al  Pontefice.  Per  lui  sono 
sacri,  inviolabili,  venerandi  tutti  i  diritti  maestatici  del  Santo 
Padre.  Chi  tocca  il  Papa,  iu  qualunque  siasi  delle  sue  pre- 
rogative o  regie  o  pontificie,  tocca  lui  neirintimo  delle  sue 
piu  care  affezioni.  Chi  lo  eccita  a  ribellarsi  al  Re  gli  offende 
la  coscienza,  non  meno  di  chi  lo  eccita  a  ribellarsi  al  Papa. 
II  Romano,  per  essere  rivoluzionario,  bisogna  che  perda,  con 
ogni  sentimento  religiose,  an  che  ogni  sentimento  rnonar- 
chico.  Un  Romano  monarchico  alia  liberalesca  e  un  assurdo. 
0  e  cattolico  fedelissimo  al  Papa,  od  e  ateo  venduto  alia 
Repubblica.  0  ha  coscienza,  e  sta  in  tutto  col  Papa;  o  non 
ha  coscienza,  e  sta  in  tutto  col  Mazzini. 

Cio  fu  ricoriosciuto  ancora  da  Terenzio  Mamiani,  quando, 
nella  repubblicana  assemblea  del  1849,  sentenzio  che  Roma 
non  puo  essere  che  del  Papa  o  di  Cola  da  Rieuzo.  E  cio  fu 
riconosciuto  pure  da  Massimo  d'Azeglio,  quando,  per  di- 
stogliere  il  suo  Regno  piemontese  dal  sostituirsi  al  Papa  in 
Roma,  facea  balenar  in  aria  lo  stile  che  recise  la  iugulare 
a  Pellegrino  Rossi ;  e  gridava  centre  «  1'  ambiente  »  di 
quella  citta  « impregnato  de'miasrni  di  2,500  anni  »;  am- 


PEL   REGNO   D'  ITALIA  397 

biente  clie  non  giudicava  atto  «  ad  infonder  salute  e  vita 
nel  Governo  di  un' Italia  giovane  T  ». 

Per  questo  la  sola  setta  che  sia  attecchita  un  po1  in 
Roma,  e  la  setta  che  professa  un  ugual  odio  al  Papa  ed  ai 
Re,  a  Cristo  ed  a  Cesare.  La  setta  che  arma  del  classico 
pugnale  la  mano  de'  suoi  adepti.  La  setta  che,  dopo  il  20 
settembre  1870,  piu  si  dilata  nell1  infima  plebe  e  forma  il 
nuovo  «  proletariate  romano  inqualificabile,  composto  spe- 
cialmente  di  giovanetti,  i  quali  incutono  un  certo  che  di 
terrore  agli  onesti  » ;  di  cui  1'  ebraico-piemontese  Liberia 
di  Roma  comincia  amaramente  a  dolersi  2. 

Questa  e  la  cagione  propria  e  adeguata  delFavver- 
sione  di  Roma  al  Regno  italico:  perche  nella  sua  quasi  in- 
tegrita  e  sovranamente  cattolica  e  quindi  monarchica ;  e 
nel  suo  menomissimo  numero  e  atea  e  quindi  democratica. 

Non  sappiamo  se  e  quanto  questa  filosofia  della  storia 
e  della  politica  della  citta  di  Roma  garbi  alia  Nations 
ed  ai  filosofi  del  suo  pelo.  Ma ,  le  garbi  o  no ,  e  la  sola 
vera  e  la  sola  che  dia  ragione  del  fenomeno,  per  cui  la  citta 
di  Roma  non  somiglia  a  nessun'  altra  d' Italia. 


V. 


Stando  le  cose  in  questi  termini ,  sara  utilissimo  che 
mostriamo  ben  bene  agli  uomini  del  Regno  il  grifo  del  d— 
dope,  che  lo  attende  nella  caverna  vicino  al  Tevere. 

Premettiamo  un  ricordo  storico.  Dieci  anni  fa,  e  preci- 
samente  nel  nostro  primo  quaderno  del  giugno  1861,  ra- 
gionando  del  proposito  espresso  dal  Regno  d1  Italia ,  nato 
allora  in  Torino  ,  di  insignorirsi  di  Roma  e  detronarvi  il 
Pontefice ,  pubblicammo  le  seguenti  citazioni,  che  furono 
riprodotte  e  commentate  da  assaissimi  giornali  e  nostrani  e 
forestieri.  Quellanostra  pagina,  che  ristampiamo  quia  verbo, 
era  cosi. 

1  Quistioni  urgenti,  pag.  41-42.  Fireuze,  1861, 

2  N.  del  24  aprile  1871. 


398  LA   CAVERNA   DEL   CICLOPE 

«  Stimiamo  che  meritino  specialissima  considerazione 
i  seguenti  passi  di  Giuseppe  Mazzini ,  donde  si  dedurra 
che  il  Piemonte,  anelando  a  impadronirsi  di  Roma,  ovvero 
in  bello  studio  rispiana  la  via  alia  Repubblica ,  ovvero  si 
butta  ciecamente  in  un  abisso.  Ecco  le  parole  del  dema- 
gogo.  Roma,  la  nostra  Capitale ,  la  nostra  citta  sacra,  e 
vietata  alia  monarchia.  Pub  un  Re  togliere  Roma  al  Papatof 
Pub  un"  AUTORITA  derwdta,  secondaria,  cancellare,  avwrsando 
risolutamente  il  Papato,  la  sorgente  d'ogni  autorita  neW Eu- 
rope dell'oggi?  Pub  un  Re  landir  guerra  a  tutta  quanta 
V  Europa  governativa,  consumando  IL  PIU  GRANDE  ATTO  RIVO- 
LUZIONARIO  CH'  OR  FOSSA  iDEARSi?  E  fra  gli  uomini,  die  si 
dicono  monarchies ,  utopista  si  ardito  che  osi  qffermarlo  %  II 
solo  modo,  col  quale  il  principio  monarchico  potrebhe  tentare 
difare  una  Italia,  sarelle  col  tentar  di  commetterla  tutta,  da 
un  capo  all1 altro,  alia  dominazione  del  Papa.  V'e  chi  lo  creda 
possibile  o  desiderate?  (Pensiero  ed  Azione  1°  settem- 
bre  1858,  pag.  4.)  Caduto  il  Papa,  cadono,  prive  di  lase,  le 
Monarchic.  Pub  un  Re,  rimanendo  tale,  vibrare  quel  colpo  e 
costituirsi  carnefice  del  principio,  in  virtu  del  quale  egli  stesso 
regge?  (Ivi,  15  novembre  1858,  pag.  85.)  Che  penseva  il 
Mazzini,  a  vedere  al  presente  i  liberali  monarchici  d' Italia, 
disfarsi  per  ismania  di  consumare  questo  massimo  degli 
atti  rivoluzionarii?  di  vibrare  questo  colpo  regicida?  x  » 

Riportata  questa  pagina,  a  mero  titolo  di  documento 
storico ,  pagina  che  sommettiamo  al  buon  giudizio  ed  al 
criterio  logico  degli  uomini  del  Regno,  facciamo  loro  una 
semplice  interrogazione. 

Qual  e  il  partito  politico  che,  da  dieci  anni  in  qua,  ha 
piu  strepitato  e  si  e  piu  maneggiato  ,  affinche  il  Regno 
entrasse  in  Roma  e  la  togliesse  al  Papa?  II  monarchico  o 
il  democratico  ?  Ed  al-  presente  di  quale  fazione  sono  quei 
deputati,  quei  giornalisti,  quei  capipopolo  che  piu  tempe- 
stano ,  perche  il  Regno  non  tardi  un  giorno  a  trasferire  la 
Capitale  nella  citta  dei  Pontefici  ?  Delia  monarchica  o  della 
democratica  ? 

1  V.  Civiltd  Catt.  Serie  Quarta,  vol.  XI,  pag.  90-94. 


PEL    REGNO    D    ITALIA 

La  risposta  non  5  dubbia.  Roma  fu  sempre  il  grido  di 
guerra  del  garibaldisino  e  del  mazzinianismo  militante  e 
cospirante  contro  il  Governo  del  Regno.  «  II  partito  dal 
quale  usci  il  primo  grido  di  Roma  Capitate,  scrivea  Massimo 
d'  Azeglio  fino  dal  1861,  fu  quello  clie  aveva  accettata  la 
solidarietk  con  Agesilao  Milano  e  cogli  accoltellatori  del 
6  febbraio  1853  l  ».  Sfidiamo  tutti  i  destri  e  tutti  i  centrali 
della  Camera  e  i  loro  aderenti  a  negarlo.  La  Capitale  a 
Roma  e  oggidi  il  grido  di  guerra  di  tutta  la  democrazia 
italiana,  contro  i  veri  o  supposti  indugi  del  Governo  del 
Regno  a  traslocarvela. 

Che  significa  questa  febbre  smaniosa  della  democrazia 
di  vedere  una  volta  il  Regno  attrabaccato  in  Roma  ?  6 
forse  prodotta  da  un  eccesso  di  amore  alia  monarchia  ?  0 
non  e  anzi  effetto  naturale  di  ci6  che  il  Mazzini  ha  preve- 
duto,  nella  pagina  da  noi  sopra  citata  ? 

Sottoponiamo  ancora  queste  dimande  al  senno,  alPacume 
ed  alia  saviezza  degli  uomini  del  Regno. 

A  noi  non  si  addice  internarci  troppo  in  questo  spinaio. 
Gli  uomini  del  Regno  conoscono,  che  noi  non  parteggiamo 
pei  democratici  ne  pei  repubblicani,  e  andiamo  percio  im- 
muni  da  ogni  sospizione  di  predicare  o  augurare  il  trionfo 
della  democrazia  e  della  Repubblica.  Essi  non  ignorano  che 
noi  siamo  pel  buon  diritto ,  e  che  come  da  undici  anni 
francamente  sosteniamo ,  secondo  le  forze  nostre,  il  buon 
diritto  del  Papa;  cosi  e  colla  medesima  franchezza  siamo 
pronti  a  sostenere  il  buon  diritto  altrui,  quando  Iq  vedes- 
simo  conculcato.  Per  noi  il  buon  diritto  e  uno,  e  sempre 
antico  e  nuovo  a  un  modo,  a  Roma  come  a  Torino,  a  Fi- 
renze  come  a  Napoli,  in  Italia  come  in  Francia  e  nella 
Spagna.  Noi  non  abbiamo  due  pesi  e  due  misure.  Per  noi  e 
sacro  ed  inviolabile  ne'suoi  diritti  il  re  Vittorio  Emanuele, 
com1  e  sacro  ed  inviolabile  nei  suoi  il  Sovrano  Pontefice 
Pio  IX.  Onde,  che  noi  provochiamo  sul  serio  e  non  da  burla  i 
monarchic!  del  Regno  d'  Italia  a  ben  guardare  in  faccia 
il  Ciclope  che  li  affascina  entro  la  caverna  del  Tevere,  non 

1  Op.  cit.  pag.  42, 


400  LA   CAVERNA   DEL   CICLOPE 

deve  parer  loro  nuovo  ne  strano.  Cio  presupposto ,  siaci 
lecito  rrvolgere  a'  tutti  i  liberal!  che  in  Italia  sono  o  si 
stimano  monarchic!  Tammonizione  seguente. 

VI. 

Signori ,  a  quel  che  dite  ,  siete  oggimai  sul  punto  di 
pellegrinare  colla  vostra  Capitale  da  Firenze  in  Roma.  Voi 
impallidite  e  tremate  al  solo  pensiero  di  questo  fatale  pel- 
legrinaggio ;  e  ne  avete  ragione  grandissima.  Voi  v1  in- 
camminate  ad  ingaggiare  cola,  nel  tempo  medesimo,  tre 
grandi  hattaglie:  una  contro  ilPapato,  una  contro  il  mondo 
cristiano,  ed  una  contro  la  democrazia  cosmopolita;  e  cio, 
mentre  siete  fiacchi  assai  di  forze  vostre  e  sprovveduti  al 
tutto  di  forze  e  di  protezioni  straniere.  Ma,  quel  che  &  peg- 
gio,  andate  ad  impegnare  queste  tre  grandi  battaglie  dif- 
finitive  sopra  un  terreno  nemico. 

Roma  vi  e  ostile.  Voi  alzerete  le  tende  fra  una  popo- 
lazione,  la  cui  pluralita  smisuratissima  non  si  armera  contro 
di  voi,  ma  vi  guatera  in  cagnesco,  quali  Ostrogoti  o  Lon- 
gobardi,  e  vi  opporra  la  piu  formidabile  resistenza  passiva 
che  possiate  immaginare.  Voi  troverete  la  citta  di  Roma , 
la  vera  e  la  regia  Roma,  tutta  rnoralmente  schierata  in- 
torno  al  suo  Pontefice  nel  Vaticano.  Troverete  un'  altra 
picciolissima  parte  di  questa  Roma,  il  suo  rifiuto,  schierata 
intorno  al  Campidoglio  ,  ma  a  quel  Campidoglio  donde,  il 
9  febbraio  1849,  si  promulgo  la  Repubblica  del  Mazzini.  A 
ingrossare  questa  piccola  frazione  di  Roma,  ed  a  fiancheg- 
giarla,  troverete  un  esercito  di  nuove  genti.  Saranno  quei 
patrioti,  che  vi  mandaste  dietro  le  vostre  milizie ,  e  vi 
manteneste  affinche  assumessero  di  rappresentare  quel  po- 
polo  romano,  che  non  era  con  voi.  Queste  legioni,  di  cui  vi 
siete  serviti  per  grintendimenti  vostri,  si  sono  prestate  a 
voi,  perintendimenti  del  tutto  ai  vostri  contrarii.  Esse  non 
sono  per  voi  piu  di  quello  che  siano  i  Romani.  Formano  la 
falange  sacra  della  democrazia,  che  vi  ha  attirati  in  quella 
citta  per  tentare  di  darvi  T  ultimo  acciacco.  Questa  demo- 


PEL   REGNO    D'  ITALIA  401 

crazia  5  il  vero  e  proprio  Ciclope  che ,  nella  caverna  del 
Tevere,  arrota  i  denti  per  divorarvi. 

Chi  vi  difendera  in  quella  caverna,  mentre  alFora  stessa 
dovrete  esaurire  il  pochissimo  di  forze  che  avete,  per  reg- 
gervi  nella  battaglia ,  da  voi  temerariamente  ingaggiata, 
contro  il  mondo  cattolico  e  contro  il  Vaticano?  I  Romani  ? 
Non  v1  illudete .  Imiteranno  i  Prussiani  intorno  a  Parigi . 
Come  questi  rimangono  impassihili  ad  osservare  1'esito  della 
lotta  tra  la  Comune  e  il  Governo  di  Versaglia;  cosi  i  Ro- 
mani, senza  muovere  dito,  staranno  a  contemplare  la  tra- 
gedia  della  vostra  battaglia  colla  dernocrazia,  nelle  loro 
mura.  Rinnoverete  ai  lor  occhi  lo  spettacolo  dei  gladiatori; 
ma  di  gladiatori,  pe'quali  non  si  disagerarmo  ad  implorare 
grazia,  n&  dal  crelo  ne  dalla  terra.  Non  isperate  di  poter 
legare  ai  vostri,  gli  affetti  di  Roma.  Per  italianmare  i  Ro- 
mani, come  vorreste  voi,  vi  sarebbe  necessario  scattoliciz- 
iarli.  Ma  il  Romano  scattolicizzato  non  s1  italianizza  alia 
moda  vostra;  e  piu  logico:  s' italianizza  alia  moda  dei  co- 
munisti  di  Parigi.  Per  questo  voi,  seminando  in  Roma  em- 
pieta  verso  Dio  e  fellonia  al  Papa ,  non  mietete  altro  che 
scherno  a  voi  e  odio  democratico  alia  vostra  bandiera. 

Voi  quindi  nella  tremenda  caverna  sarete  soli,  indeboliti 
dai  combattimenti,  sopraffatti  da  quei  nemici  stessi  che  vi 
siete  educati  colla  vostra  insensata  politica  di  tanti  anni. 
E  percio  (badate  che  noi  non  esprimiamo  voti,  ma  un  timore 
che  ci  agita  fortemente  il  petto)  e  percio,  se  non  resterete 
prima  divorati  dal  Ciclope  del  mondo  cattolico,  vi  e  somino 
pericolo  che  lo  restiate  dal  Ciclope  della  democrazia.  State 
in  sull'avviso:  tenetevi  in  guardia.  \\fato  ineluttabile,  che 
vi  spinge  ora  nella  caverna  tiberina ,  non  e  piu  quello 
guidato  dal  Bonaparte,  che  vi  spinse  nella  tranquilla  citta 
dei  fiori.  II  fato  odierno  e  un'  altra  cosa.  1C  quella  cosa  che 
prima  ha  spinto  il  Bonaparte  nella  caverna  di  Sedan,  tra  le 
zanne  del  Ciclope  tedesco.  Sapete  come  si  chiama?  Ve  lo 
dice  la  Civilta  Cattolica :  abbiatene  memoria.  Si  chiama  la 
GIUSTIZIA  DI  Dio. 

Serie  VIII,  voi  77,  fasc.  502  26  6  maggio  187  J. 


UNA  STORIA  BELLA  CITTA  DI  ROMA 1 


Nel  precedente  quaderno  abbiamo  posto  in  quella  lace 
inigliore  che  per  noi  si  potesse  i  pregi  sommi,  e  diremo 
anche  rari,  che  rendono  la  Storia  della  citta  di  Roma,  scritta 
dall1  illustre  sig.  Barone  di  Reumont,  un1  opera  per  tutti  i 
Yersi  pregevolissima.  Lo  spazio  c1  impedi  di  far  notare  al- 
cuni  tratti,  che  ci  sembrano  o  men  perfettamente  trattati 
o  meritevoli  a  parer  nostro  di  qualche  censura:  e  ci  ri- 
serbammo  di  parlarne  nel  seguente  fascicolo.  Adempiamo 
ora  a  questa  promessa.  Lasceremo  per6  da  parte  alcuni 
punti  di  minor  momento,  ed  altri  che  per  T  incertezza  ed 
oscuritaloro  sono  disputabili  e  debbono  quindi  abbandonarsi 
alle  libere  opinioni  dei  dotti ;  ed  esporremo  in  succinto 
quelli  che  a  noi  sembrano  degni  di  essere  notati  e  corretti. 

Nel  1°  Volume,  a  pag.  549,  rende  mal  suono  ad  orecchi 
cattolici  che  i  Papi  Vittore,  Zefirino  e  Callisto  venissero 
avvolti  anch'  essi  negli  erramenti  o  nelle  differenze  che, 


1  Geschichte  der  Stadt  Rom.  von  ALFRED  VON  REUMONT:  Storia  della  cittb 
di  Roma  ,  di  ALFREDO  DI  REUMONT.  —  Berlino  ,  regia  statnperia  del  Decker , 
1b67-70.  Splendida  edizione  in  8°  gr.  in  tre  volumi. 

Volume  I,  di  pag.  XVII-868,  con  sette  Tavole  genealogiche  e  due  Carte 
topografiche. 

Vol.  II,  di  pag.  XIIl-4254,  con  dodici  Tavole  genealogiche. 

Vol.  III.  Parte  I*  di  pag.  IX-574  con  nove  Tavole  genealogicbe  e  due 
Icnografie.  —  Parte  Ha  di  pag.  X-950  con  due  Carte  topografiche. 


UNA    STORIA    DELLA   CITTA   DI    ROMA  403 

intorno  al  domma  della  natura  di  Cristo  e  intorno  alia 
disciplina,  allora  agitavano  la  Chiesa;  e  che  lo  Stato  tut- 
tor  a  fluttuante  del  domma  e  la  mancama  di  una  autorita 
universalmente  riconosciuta  rendano  facilmente  ragione  di 
cotali  agitazioni.  Le  quali  frasi  nel  concetto  dell'  Autore 
hanno  certameate  un  senso  ortodosso,  ma  dal  lettore  pos- 
sono  agevolmente  pigliarsiin  significato  sinistro,  cioe  nel 
senso  degli  antichi  eretici,  calunniatori  di  quei  tre  santi 
Pontefici,  e  degli  eretici  moderni,  detrattori  del  Primato 
pontificio.  Poco  appresso,  a  pag.  656  e  672,  accennandosi 
il  fatto  di  Papa  Liberio,  si  da  come  certo  che  egli,  sacri- 
ficando  al  voler  di  Cesare  il  rigore  dell1  ortodossia,  sot- 
toscrivesse  formole  semiariane  e  con  ci6  ottenesse  il  ritorno 
a  Roma:  laddove,  secondo  i  migliori  critici  moderni  dal 
Zaccaria  in  qua,  cotesta  caduta  di  Liberio  e  al  tutto  falsa; 
e  ad  ogni  modo  non  pu6  asseverarsi  come  storicamente 
provata.  Certamente  falsa  e  poi  1'  accusa,  data  gia  da  altri 
ad  Innocenzio  I,  che  egli  secretamente  permettesse  in  Roma 
di  far  ricorso  all'arte  degli  aruspici  e  scongiuratori  etruschi, 
per  difendersi  dall1  invasione  dei  Goti :  accusa,  riferita  dal 
Reumont,  a  pag.  738,  con  termini  dubitativi,  in  luogo  di 
essere  rigettata,  come  dovea,  quale  assurda  calunnia. 

Nel  2°  Volume,  a  pag.  62,  Papa  Vigilio  e  rappresentato 
sotto  alcuni  dei  tristi'  colori,  in  cui  fu  solito  dipingersi 
dalla  storia ,  prima  che  le  ricerche  del  Bianchi  e  d'  altri 
valentuomini  non  lo  recassero  in  piu  bella  luce.  Egli  viene 
tacciato  di  leggerezza  e  quasi  di  contraddizione ,  siccome 
colui  che  reduce  daU'esilio  della  Propontide  a  Costantinopoli, 
comprd  la  pace,  piegandosi  ai  voleri  di  Giustiniano  ed  ap- 
provando  decreti  che  prima  aveva  incautamente  condannati; 
mentre  il  vero  si  e,  che  tutto  il  contegno  di  Vigilio  a  Co- 
stantinopoli, se  si  esaminano  bene  i  fatti,  e  se  messi  da 
parte  gli  Atti  apocrifi  e  i  calunniosi,  si  ascoltano  i  soli  Atti 
genuini,  dimostra  in  lui  una  sapienza  e  costanza  tanto  piu 
maravigliosa,  quanto  piu  difficile  era  la  condizione  in  cui  tro- 
vavasi.  Inoltre,  a  pag.  48  e  61,  si  suppone,  aver  egli  ot- 


404  UNA   STORIA   DELLA   CITTA   DI    ROMA 

tenuto  con  arti  inique  il  Papato,  comprandolo  coll1  empie 
promesse  fatte  a  Teodora  imperatrice,  e  facendosi  poco 
meno  che  carnefice  di  S.  Silvestro :  le  quali  atrocita,  ignote 
a  Procopio  Cesariense,  a  cui  era  pure  notissima  tutta  la 
storia  arcana  e  scandalosa  della  Corte  bizantina,  ma  messe 
fuori  la  prima  volta  dai  pin  ardenti  avversarii  di  Vigilio, 
e  ripetute  poi  in  buona  fede  dal  torrente  degli  storici,  oggidi 
tuttavia,  se  non  si  vogliono  risolutamente  negare,  non  si 
possono  da  un  accurato  storico  riferire,  senza  grave  du- 
bitazione. 

A  pag\  583,  si  attribuisce  ai  tempi  di  S.  Luigi  re  di 
Francia  una  prammatica  Sanzione,  ingiuriosa  all'autorita 
della  Chiesa:  laonde  FAutore  sembra  non  conoscere  la  bella 
Dissertazione,  ove  il  Gerin,  pochi  annisono,  dimostro  quel- 
1'Atto  esser  apocrifo,  e  la  famosa  Prammatica  gallicana, 
contro  cui  i  Papi  sernpre  protestarono,  esser  nata  nel  se- 
colo  XV.  A  pag.  603,  si  afferma  forse  con  troppa  facilita, 
siccome  cosa  appena  possibile  a  diibitarsene ,  che  Niccolo 
III  fosse  consapevole  delle  trame  di  Giovanni  di  Procida 
contra  gli  Angio,  le  quali  riuscirono  poi  al  famoso  Vespro 
siciliano.  Dal  racconto  medesimo  che  TAutore  subito  sog- 
giugne  di  coteste  trame ,  s1  inferisce  piuttosto ,  quella 
complicita  del  Papa  rimanere  assai  incerta.  Del  resto,  ove 
anche  nulla  vietasse  I'ammetterla,  come  molti  fanno,  sarebbe 
facile  il  giustificarla ;  giacche,  ne  mancavano  a  Niccolo 
buone  ragioni  di  sostituire  in  Sicilia  all'  Angioino  I1  Ara- 
gonese,  ne  percio  deve  a  lui  imputarsi  la  strage  dei  Vespri, 
scoppiata  all'  improvviso,  e  succeduta  assai  dopo  la  morte 
di  Niccolo,  eppercio  da  lui  non  potuta  tampoco  antivedere 
come  possibile,  non  che  voler  futura. 

Al  contrario,  ci  pare  soverchiamente  timido  TAutore, 
quando,  a  pag.  638,  parlando  del  consiglio  che  Dante  narra 
avere  Guido  di  Montefeltro  dato  a  Bonifacio  VIII,  per  la 
presa  di  Palestrina,  lascia  la  questione  al  tutto  dubbiosa  e 
giudica  non  essere  provato  piu  il  no  che  il  si .  Eppure 
contro  gli  argomenti  estrinseci  pel  no,  recati  dal  Tosti 


UNA   STORIA   DELLA   CITTA    DI    ROMA       {  405 

nella  sua  Storia  di  Bonifacio  VIII ,  il  Reumont  non  ad- 
duce, ne  puo  addurre,  a  veder  nostro,  niuna  soda  ragione: 
e  quando  alia  forza  loro  aggiungasi  T  intrinseca  inverosi- 
miglianza,  per  non  dire  assurdita,  di  quelle  parole  vera- 
mente  eb~bre,  messe  dal  poeta  in  bocca  di  un  Papa:  Finor 
t'assolvo  '  ecc.  e  dell'  incredibile  semplicita  di  Guido  nel 
credersi  per  esse  lavato 

Di  quel  peccato,  ov'  io  mo'cader  deggio ; 

noi  non  sappiamo  intendere,  come  altri  possa  tuttavia  ri- 
manere  in  forse  di  rigettare  cosi  sconcia  favola.  Anche  in 
altri  punti  1'Autore  si  mostra  poco  favorevole  e  men  giusto 
del  suo  costume  verso  quel  gran  Papa ;  di  lui  preferendo 
gravar  la  memoria,  anziehe  incolpar  Dante  di  calunniatore. 
Veramente  e  stata,  com'egli  dice  a  pagine  655,  una  sven- 
tura  per  Bonifacio  VIII.  aggiunta  ad  altre  sventure,  clie 
1'uomo,  la  cui  parola  divent6  per  tutti  i  tempi  futuri  la  piu 
terribile  bitagliente  spada,  Dante  Alighieri,  a  lui  attribui- 
sca,  a  diritto  o  a  torto  (certamente  a  torto)  la  rovina  della 
sua  diletta  patria  e  la  infelicita  della  propria  vita.  Ma  non 
e,  soggiungiamo  noi,  sventura  men  dolorosa,  che  i  colpi 
di  cotesta  spada  diano  talora  le  vertigini  alle  teste  ancor 
piu  salde,  e  che  anche  i  piu  savii  critici  non  sempre  di- 
scernano  abbastanza  nell1  Alighieri  dal  sommo  poeta  Tap- 
passionato  partigiano.  A  questa  doppia  sventura  va  sog- 
getto,  con  Bonifacio  VIII,  anche  Clemente  V  ;  poiche  la 
taccia  ftingannatore,  da  Dante  affibbiataglipelsuo  contegno 
verso  Yalta  Arrigo  2,  e  dal  Reumont  giudicata  parola  dura 
bensi,  ma  appena  ingiusta  (pag.  769). 

Nel  3°  Volume,  alcuni  giudizii  sopra  Eugenio  IV  (par- 

te  I,  p1.  67,  106),  e  poi  sopra  i  Papi,  daH'Autore  chiamati 

-politici,  e  tra  questi  specialmente  sopra  Sisto  IV  ed  Ales- 

sandro  VI,  sarebbero  per  avventura  da  notare  come  poco 

giusti  o  troppo  severi ;  e  talvolta  egli  ci  sembra  aver  dato 

1  Inferno  XXVII. 

2  Par  ad.  XVII. 


406  UNA   STORIA   BELLA   CITTA   DI    ROMA 

troppo  leggermente  fede  all'  Infessura  e  ad  altre  male 
lingue  cotali,  a  cui,  come  egli  medesimo  saggiamente 
avverte,  si  vuole  andare  con  gran  cautela  nel  credere.  Ma 
generalmente  nel  descrivere  quel  periodo,  per  Tuna  parte 
cosi  scabroso  insieme  e  lubrico,  e  per  1'altra  cosi  splendido 
e  fecondo,  che  11  Papato  attraverso  da  Sisto  IV  a  Paolo  III, 
e  fu  Tanello  tra  lo  spirare  del  medio  evo  e  il  formarsi  della 
eta  moderna ,  il  Reumont  ha  fatto  cosi  mirabil  prova  di 
profondita  e  sapienza  storica,  che  alle  poche  e  deboli  cen- 
sure, onde  potrebbe  esser  notato,  vien  meno  la  voce,  con 
cui  farsi  udire  in  mezzo  al  vasto  concento  di  elogi ,  ad 
ogni  pagina  cosi  ben  meritati. 

Piu  intemerata  eziandio,  benche  meno  brillante ,  e  la 
narrazione  dell'Autore  neirultimo  periodo  della  sua  storia, 
dove  descrive  la  Roma  dei  tre  ultimi  secoli.  Un  solo  tratto 
ci  e  parso  degno  di  riprensione ;  ed  e  quello  che  leggesi  a 
pag.  552  e  553  (Vol.  Ill,  parte  2a)  intorno  alia  censura  dei 
libri  e  alFIndice.  Ivi  egli  sembra  aver  perduto  di  vista  il 
vero  scopo  e  frantesa  F  importanza  dell'  istituzione  delF  In- 
dice :  altrimenti  non  Favrebbe  chiamata  cosa  malintesa  in 
se  e  internments  inutile,  ne  avrebbe  fatto  eco  alle  consuete 
accuse  degli  antichi  e  moderni  libertini  del  pensiero,  che 
gli  eccessi  delF  Inquisizione  e  i  rigori  della  censura  incol- 
pano  di  aver  incatenata  la  liberta  e  soffocato  la  vita  dello 
intelletto  italiano. 

Ma  le  pecche  fin  qui  notate,  in  un'opera  cosi  yasta  e 
splendida  di  tante  bellezze,  scompaiono,  a  dir  vero,  quasi 
nei  impercettibili.  Piu  grave  e  la  censura  che  ci  rimane  a 
fare  intorno  ad  un  punto  capitalissimo  della  storia  di  Roma; 
il  quale,  per  essere  stato  dal  nostro  Autore  male  inteso,  gli 
fu  pietra  d'  inciampo  a  cadere  in  non  pochi  errori ;  ed  e  il 
solo  lato  veramente  debole,  a  parer  nostro,  del  suo  lavoro, 
per  tutto  il  rimanente  cosi  solido  e  stupendo. 

Questo  punto  nero  riguarda  le  relazioni  del  Papato  col- 
T  Impero  del  medio  evo  :  relazioni  che  formano ,  come 
ognuno  bene  intende,  il  perno  di  tutta  la  Storia  di  Roma 


UNA   STORIA   DELLA   CITTA  'oi    ROMA 


407 


per  parecchi  secoli.  II  Reumont,  narrando  T  istituzione  del 
nuovo  Impero  romano  fatta  da  Leone  III  in  Carlomagno, 
afferma,  tra  altre  inesattezze,  essere  Carlomagno,  per  tal 
titolo,  dlvenuto  sovrano  della  citta  di  Roma  e  dello  Stato 
pontificio ;  discendendo  il  Pontefice,  in  forza  del  medesimo, 
al  grado  di  suddito  nelle  cose  temporali  l.  E  quindi  a 
Carlo  ed  ai  seguenti  Imperadori  egli  attribuisce  costante- 
mente,  come  diritto  indubitato,  coH'alta  sovranitk  (Qiber- 
Jierrschaft ,  OberherrlicJikeit ,  Oberhoheit)  di  Roma,  tutti  i 
diritti  della  potesta  suprema,  pognamo  che  tra  essi  il  piu 
cospicuo  nella  pratica  fosse  il  potere  giudiziario;  e  rap- 
presenta  in  generale  il  Papato,  come  subordinate  politica- 
mente  all'  Impero  2. 

Ora  questo  e,  secondo  noi,  errore  gravissimo.  Niun  atto 
autentico,  niun  fatto  legittimo  pub  addursi  a  provare  co- 
testa  sovranita  degl1  Imperatori  sopra  i  Papi  e  sopra  Roma. 
Pel  contrario,  tutti  i  monumenti  sinceri  della  storia,  dal 
secolo  VIII  in  qua,  cospirano  a  dimostrare  che  in  Roma  la 
potesta  sovrana  appartenne  sempre  di  diritto  ai  soli  Papi ; 
che  la  potesta  degl'  Imperatori  ivi  non  era  potesta  di  So- 
vrano, ma  solamente  di  protettore,  di  difensore,di  avvocato 
della  romana  Chiesa,  della  quale  assoluto  e  sommo  Prin- 
cipe era  sempre  il  Papa ;  e  che  i  diritti  e  le  prerogative  di 
questa  nuova  potesta  imperiale  non  altronde  emanavano 
che  dal  Papa,  siccome  del  Papa  era  stata  creazione  il 
nuovo  Impero,  ed  al  Papa  apparteneva  Telezione  e  T  inve- 
stitura  delle  persone  e  delle  dinastie,  chiamate  di  mano  in 
mano  alia  corona  imperiale.  Noi  ben  sappiamo,  che  il  non 
essersi  da  principio  ben  definite  le  attribuzioni  della  nuova 
dignita  imperatoria;  e  il  nome  stesso  di  Imperator  Roma- 
norum,  congiunto  alia  memoria  delFantico  Impero  e  del- 
Fautocrazia  dagli  antichi  Cesari  esercitata;  e  Tambizione 
di  molti  dei  nuovi  Cesari ,  troppo  degeneri  dalla  pieta  e 
grandezza  di  Carlomagno;  e  Tadulazione  dei  loro  cortigiani 

1  Vol.  II,  pag.  1 36. 

2  Ivi,  pag.  188,  208,  240,  243,  245,  286,  ecc. 


408  UNA    STOR1A   BELLA   CITTA   DI    ROMA 

e  giuristi,  sempre  pronti  ad  esagerare  i  diritti  della  maest& 
imperiale  ;  ben  sappiamo  che  queste  ed  altre  cagioni  a 
poco  a  poco  alterarono,  e  poi  col  volgere  del  tempi  falsa- 
rono  per  si  fatto  modo  il  concetto  genuino  e  primitive  del 
sacro  Impero,  che  presso  molti  e  gravi  autori  e  divenuto 
quasi  assioma  :  la  sovranita  di  Roma  e  la  temporale  supe- 
riorita  sul  Papa  essere  stato  diritto  inseparable  dalla  im- 
periale dignita.  Questa  idea  tutta  ghibellina,  proclamata 
come  articolo  di  fede  dai  legisti  di  Arrigo  IV,  di  Barba- 
rossa,  e  di  Federigo  II,  e  della  quale ,  tra  i  moderni,  fa 
presso  di  noi  principale  campione  il  Muratori,  non  e  rnara- 
viglia,  che  in  Germania  specialmente  abbia  sempre  goduto, 
e  goda  tuttora,  per  le  ragioni  che  ognuno  di  leggieri  indo- 
vina,  singolarissimo  favore :  ma  ben  ci  duole  di  vederla 
seguita  anche  dal  Reumont,  dalla  cui  dottrina  e  sapienza 
istorica  dovevam  prometterci  di  vederlo  preservato  dal 
comune  contagio. 

Imperocche,  lo  ripetiamo,  cotesta  opinione  e  un  gra- 
vissimo  errore,  e  di  moltissimi  altri  errori,  di  tutta  la  storia 
del  medio  evo  corrompitori,  necessariamente  fecondo.  Qui 
certamente,  non  possiamo  stenderci  a  spiegare  di  questa 
nostra  affermazione  le  prove;  a  svolger  le  quali  si  richie- 
derebbe  un  giusto  libro.  Ma  ci  basta  additarne  in  generale 
le  fonti  precipue  :  ed  a  cosi  buono  intenditore,  qual  e  il 
Reumont,  un  cenno  e  sufficiente,  perche  egli  senta  tosto  di 
tali  prove  tutta  la  forza.  Coteste  fonti  sono  :  in  prime  luogo, 
i  Patti  e  Concordati  autentici,  stipulatisi  tra  i  Papi  e  gli 
Imperatori;  in  secondo  luogo,  le  Lettere  e  Decretali  dei 
Papi,  risguardanti  T  Impero  ;  dalle  quali  assai  meglio  e  piu 
sicuramente,  che  non  dalle  scritture  imperiali,  troppo  spesso 
contaminate  di  ambiziose  passioni,  si  rileva  qual  fosse  la 
vera  indole  e  lo  scopo,  quali  i  diritti  e  i  doveri  dell'  Impero 
verso  Roma  e  il  Papato.  Imperocche,  niun  savio  estimatore 
degli  uomini  e  delle  cose,  e  men  d'ogni  altro  il  Reumont, 
ci  neghera,  che  la  vera  dottrina  e  tradizione  intorno  alia 
natura  del  sacro  Impero,  in  niun  altro  luogo  dovesse  con- 


UNA   STORIA   DELLA   CITTA   DI    ROMA  409 

servarsi  piu  pura  e  intera  che  in  Roma,  nella  Curia  pon- 
tificia,  nella  mente,  nel  cuore  e  nella  coscienza  dei  Papi, 
che  erano  stati  di  quell'  Impero  i  creatori,  e  ne  erano,  ad 
ogni  nuova  elezione,  i  perpetui  facitori  e  i  soli  padri  legit- 
timi.  E  parimente  niun  savio  dubitera  delle  due  parti  con- 
tendenti  intorno  ai  diritti  dell1  Impero,  a  qual  debba  piu 
facilmente  credersi;  se  ad  un  Arrigo  IV,  ad  un  Federigo 
Barbarossa,  ad  un  Ottone  IV,  ad  un  Federigo  II  e  ai  loro 
avvocati  di  corte ;  oppure  ad  un  Gregorio  VII ,  ad  un 
Adriano  IV,  ad  un  Alessandro  III,  ad  un  Innocenzo  III,  ad 
un  Gregorio  IX,  ed  a  tanti  altri  Papi,  per  altezza  di  mente, 
per  profondita  di  scienza,  per  santita  di  costumi,  per  inte- 
grita  intemerata  di  coscienza,  quanto  tenace  del  vero  e  del 
dritto,  altrettanto  abborrente  da  ogni  usurpazione  e  men- 
zogna,  a  tutto  il  mondo  notissimi ;  e  tutti  concordi  e  coe- 
renti  nel  difendere  la  stessa  causa,  ed  aventi  in  questa  il 
consenso  inoltre  di  tutti  quegli  Imperatori  che  o  durarono 
sempre  ossequenti  alia  S.  Sede,  ovvero  pentiti,  ritrattarono 
in  fine,  gli  eccessi  della  loro  ribellione.  Or  bene,  ed  in  quei 
Patti  autentici  e  in  queste  Epistole  papali,  non  solo  non  si 
contiene  niun  fondamento  di  quella  Oberherrscliaft,  Sovra- 
nita  sopra  Roma  e  lo  Stato  pontificio,  che  il  Reumont  a  Car- 
lomagno  ed  ai  seguenti  Imperatori  attribuisce,  come  uno 
dei  diritti  cesarei,  Kaiserrechte,  inerenti  alia  loro  dignita; 
ma  anzi  cotesta  Sovranita  viene  esclusa,  negata,  combat- 
tuta  come  usurpazione. 

Da  questo  errore  fondamentale,  il  nostro  Autore  forza 
era  che  venisse  tratto,  come  poc'  anzi  accennammo,  in  pa- 
recchi  altri.  Tra  i  quali  il  piu  perdonabile  si  e,  Tammettere 
ch'  egli  fa,  almen  come  dubbii,  certi  documenti  sfavorevoli 
alia  sovranita  pontificia,  quali  sono  il  famoso  Privilegium  di 
Leone  VIII  antipapa  ad  Ottone  I  !,  e  il  Diploma  di  dona- 
zione  di  Ottone  III  a  Silvestro  II  2 :  Documenti,  che  da  gran 
tempo  la  sana  critica  ha  gia  sfatati,  come  apocrifi.  Ma  errori 

1  Vol.  II,  pog.  290. 

2  Ivi,  pa^.  313. 


410  UNA   STORIA   DELLA   CITTA   DI    ROMA 

assai  piu  gravi  e  di  piii  ree  conseguenze  sono,  le  accuse, 
onde  egli  grava  talora  la  S.  Sede,  tacciandola  di  pretension! 
esagerate,  di  mire  ambiziose,  di  esorbitanze  T,  cola  dov'  ella 
non  facea  che  difendere  e  rivendicare  i  proprii  diritti;  e  le 
incolpazioni  che  da  a  parecchi  gran  Papi  (coi  quali  egli  non 
e  avaro  per  altro  di  splendidi  elogi)  come  Gregorio  VII, 
Adriano  IV,  Innocenzo  III,  Gregorio  IX  2,  rei  non  d1  altro  che 
d'avere  intrepidamente  mantenuti  contro  le  arroganze  del- 
Tlmpero  i  diritti  della  Chiesa;  e  1'acerbita,  con  ctii  tratta 
specialmente  Innocenzo  IV  3,  per  la  guerra  a  oltranza  da  lui 
combattuta  contro  Federico  II,  il  piu  accanito  e  pericoloso 
nemico  che  per  avventura  la  S.  Sede  mai  avesse ;  e  la  par- 
zialita  che  mostra  verso  gli  ultimi  Hohenstaufen,  non  gia 
dissimulando  i  loro  gran  torti,  ma  scusandoli  con  amore  di 
partigiano  piu  che  con  equita  di  storico  e  facendo  sulla  loro 
caduta  un  lungo  compianto  \  fino  ad  attribuire  a  lei,  sic- 
come  a  cagione  piu  o  men  prossima,  non  che  altri  guai 
d?  Italia,  ma,  chi  lo  crederebbe?  eziandio  T  invasione  di  Car- 
lo VII,  avvenuta,  piu  di  due  secoli  dopo  5;  e  per  necessario 
contrapposto  a  tal  parzialita,  T  astio  che  palesa  verso  gli 
Angio  e  il  rimprovero  che  muove  ai  Papi  d1  averli  chiamati 
a  campioni  della  Chiesa  e  capitani  di  parte  guelfa  in  Italia 6; 
e  finalmente  le  false  imputazioni,  ond'  egli  carica  il  Papato, 
d'aver  proso  modiol'istitiizione  stessa  dell1  Impero,  e  quindi 
aver  tolto  sistematicamente  ad  abbassarlo,  a  combatterlo, 
fino  ad  annientarlo,  riducendolo  a  un  nome  vano;  e  percio 
doversi  la  Chiesa  chiamare  per  buona  parte  in  colpa  dei  danni 
che  da  si  lunga  guerra  e  di  cotanta  disfatta  ridondarono 
gravissirai  non  solo  allo  Stato,  ma  a  lei  medesima;  avendo, 
coll' iminischiarsi  che  percio  ella  fece  oltre  il  convenevole 
in  politica,  e  coll'abuso,  a  cui  fu  condotta,  delle  armi  spi- 
rituali  in  pro  del  temporale,  provocato  Falienazione  dei  po- 

1  Ivi,  pag.  487,  503,  080,  ecc. 

2  Ivi,  pag.  44S,  489,  501,  509,  ecc. 

3  Ivi,  pag.  o04,  534-546. 

*  Ivi,  pag.  566,  58 1,  723. 

"  Vol.  Ill,  parte  I,  pag.  208. 

6  Vol.   II,  pag.  565,  581,  605,  607,  621. 


UNA   STORIA   DELLA  CITTA   DI   ROMA  411 

poli,  la  gelosia  del  Principi,  e  quelle  tante  invasion!  del  po- 
tere  laicale  nelle  cose  di  Chiesa,  di  cui  Filippo  il  Bello  e  la 
scuola  de'suoi  legulei  diedero  al  mondo  il  tipo  classico  *. 

Tutte  queste  falsit^  e  ingiustizie  storiche  hanno  radice, 
come  ogmm  vede,  in  quel  primo  errore  che  sopra  indicam- 
mo;  e  forse  anche  in  un  cotale,  diciam  cosi,  germanismo 
ghibellinesco,  cui  T  Autore  attinse  sul  Reno  dalle  tradizio- 
ni,  a  tutti  gli  Alemanni  cosi  care  e  gloriose,  delFantico  Im- 
pero,  e  di  cui  ben  non  seppe  spogliarsi  in  riva  al  Tevere. 
Del  rimanente,  nelP  esprimere  questi  suoi  sensi,  egli  ado- 
pera  sempre  tal  modestia  di  termini  e  dignita  di  linguag- 
gio,  che  ben  si  scorge,  essergli  dettati  non  da  animosita  di 
cuore  ostile  alia  S.  Sede,  verso  la  quale  anzi  professa  somma 
riverenza,  ma  si  da  schietta,  comeche  falsa,  persuasione 
d'  intelletto.  II  qual  contegno,  se  dall'una  parte  puo  rendere 
piu  autorevoli  e  percio  piu  pericolosi  a  chi  legge  i  suoi 
errori;  dall'altra  pero  dimostra  sempre  meglio  la  lealta  e 
candidezza  delF  Autore,  e  quindi  acquista  maggior  fede  a 
quella  parte,  smisuratamente  piu  ampia,  di  elogi  e  di  testi- 
monianze  onorevolissime,  che  egli  in  tutta  1'  opera  sua  ren- 
de,  siccome  stretto  debito  di  giustizia  storica,  alia  Chiesa 
ed  al  Papato. 

Di  cotesta  lealta  e  candidezza  del  Reumont  noi  siamo 
cosi  persuasi,  che  non  dubitiamo  punto,  qualora  queste  no- 
stre  riverenti  censure  gli  giungano  sott1  occhio,  ed  egli, 
rifattosi  a  considerare  piu  attentamente  i  punti  criticati^ 
trovi  giusto  il  modificare  le  sue  prime  sentenze,  non  dubi- 
tiamo punto  ch'  ei  non  sia  per  farlo  con  prontissimo  animo, 
siccome  quegli  che  altro  non  cerca  fuorche  la  verita.  Ed 
in  tal  caso  noi  ci  chiameremmo  felici,  d'aver  in  qualche 
parte  contribuito  al  miglioramento  e  all1  ultima  perfezione 
d'  un'  opera,  la  quale  ad  ogni  modo  e  fin  d'  ora  la  piu  corn- 
pita  e  bella  storia  che  si  abbia  della  Citta  di  Roma,  e  rimarra 
sempre  uno  dei  piu  grandiosi  monumenti  della  moderna  let- 
teratura  storica. 

1  Vol.  II,  pag.  486,  642,  723;  Vol.  Ill,  parte  I,  pag.  80,  122. 


LA   SAVIA  E  LA  PAZZA 


RACCONTO  DEL  PRINCIPIO  Dl  QUESTO  SECOLO 


X. 

NAPOLEONE  E  LA  CAPITALE  DELLA  CRISTIANITA. 

Volgeva  un  di  e  un  altro ,  e  le  novelle  di  Pio  VII  in 
Parigi  cangiavano  verso,  come  una  banderuola  in  tempo  di 
burrasca.  Talvolta  le  fandonie  piu  incredibili  avean  corso 
per  piu  settimane,  le  piu  liete  e  le  piu  sinistre  invenzioni 
paurose  si  avvicendavano  senza  tregua,  destando  timori  e 
speranze ,  gioia  e  desolazione  ,  egualmente  sragioDevoli . 
Perciocche  i  negoziati  gravissimi  del  Papa  e  dell'  impera- 
tore ,  che  dipoi  furono  tratti  a  luce  e  risplendettero  a  sole 
di  meriggio ,  in  quei  giorni  avvolgevansi  in  tenebre  im- 
penetrabili ;  non  volendo  divulgarli,  il  Pontefice  per  deli- 
catezza ;  Napoleone  per  onore.  Pero  beato  riputavasi  chi 
perveniva  a  scoprirne  alcuna  favilla;  e  Chiaffredo  ,  per  le 
cui  mani  passavano  i  dispacci  arcani,  veniva  accolto  a 
trionfo  ne'ritrovi  delY  Ammzza  cristiana. 

—  Voi  siete  sempre  la  nostra  aurora!   cosi  salutavanlo 
i  confratelli ,  in  una  tornata  a  mezzo  il  marzo   1805.  Che 
c1  e  di  vero  sul  tornarsi  o  restarsi  del  Papa  ? 

—  Sunt  lona  mixta  malis ,  rispondea  Chiaffredo ;  riso 
e  chiodi  al  solito,  un  moccolo  a  S.  Michele  e  uno  al  diavolo. 


LA  SAVIA  E  LA  PAZZA  —  NAPOLEONE  E  LA  CAPITALE  ECC.    413 

—  Cotesto  gia  si  sa :  ma  il  punto  forte  e  sapere  se  e 
vero  o  falso,  che  1'imperatore  voglia  trattenere  il  Papa  in 
Francia. 

—  Oh  chi  vi  ha  messo  cotesta  pulce  nelP  orecchio  ?  In 
Torino  non  ne  ho  inteso  fiato. 

—  Via,  signor  Malbrouch ,  non  fate  lo  gnorri ;  prese  a 
dire  il  cavalier  Renato  d'Agliano.  Lo  scrive  da  Roma  il  conte 
Lamarmora.  Voi  sapete  che  egli  sta  col  nostro  ,re,  e  baz- 
zica  coi  monsignori  del  Quirinale ;  e  come  papalone  a  prova 
di  homba  trova  agevolmente  chi  con  lui  si  confida  e  apre 
lo  zipolo.  Ora  lui,  proprio  lui,  scrive  qua,  che  in  Roma  co- 
mincia  a  saper  di  forte  cotesto  radicarsi  del  Papa  in  Francia: 
non  solo  i  trasteverini  ci  fanno  su  i  castelli  in  aria,  a  loro 
modo ;  ma  se  ne  mormoracchia  ne'  salotti  degli  ambascia- 
dori,  e  ne'  ristretti  de'  preti  in  calze  paonazze  e  anche  in 
calze  rosse.  Qualcosa  di  buio  ci  ha  da  essere  :  dov'  e  fumo, 
e  foco. 

—  Altro  non  iscrive  il  Lamarmora?  dimando  Chiaffredo; 
e  udito,  che  nient'  altro,  soggiunse  :  —  Si  vede  che  il  conte 
e  sempre  quel  savio  e  valente  gentiluomo,  che  noi  abbiamo 
ammirato  sul  campo  e  alia  corte.  Dico  cio,  perche  a  me 
consta ,  ch'  egli  sa  piu  la  di  quello  che  scrive ;  non  fosse 
altro ,  per  le  carte  che  gli  ho  trasmesso. 

—  E  dalli  coi  misteri !  Qui  tra  noi... 

—  Ma  io  non  fo  misteri:  vi  dico  tutto  quello  che  so, 
perche  son  certo  che  le  mie  parole  muoiono  II  a  quella  por- 
tiera.  Il  timore  ci  era  pur  troppo:  quel  mtilo  corso  imper- 
mali  a  un  tratto,  volto  le  groppe  e  faceva  segno  di  sparare 
un  rivellino  di  calci.  Dopo  tante  promesse  fatte,  dopo  tanta 
degnazione  del  Papa,  non  si  sa  come,  Napoleone  fu  preso 
dalla  divozione  di  non  separarsi  piu  dal  Santo  Padre;  e 
percio  disegnava  di  tenerlosi  a  Parigi.  Si  dice  che  ne  git- 
tasse  un  motto  all'ambasciadore  di  Austria,  non  come  d'un 
proposito  fatto ,  ma  come  d'  un'  ipotesi  vaga ;  e  che  questi 
fingendo  di  non  badare  alia  gravita  della  proposta,  rispon- 
desse :  Piuttosto  che  a  Parigi  mi  sembrerebbe  acconcio  al- 


414  LA   SAVIA   E   LA   PAZZA 

loggiarlo  a  Vienna.  Napoleone  senti  tutta  la  forza  di  qaeste 
quattro  parole,  e,  com'  egli  inorridiva  al  pensiero  di  vedere 
la  Francia  dipendere  da  un  Papa  di  Vienna,  cosi  disperd 
che  le  potenze  cattoliche  si  volessero  di  buon  grado  rasse- 
gnare  a  vedere  il  Papa  in  potere  d'  un  principe  francese. 
Tuttavia  gli  sembrava  possibile  di  imporre  questa  tirannia 
al  mondo,  sePio  VII  avesse  un  po'lasciato  fare  o  per  sedu- 
zione  o  per  paura  di  peggio.  Percio  dissimulava,  inventava 
pretesti  da  menare  in  lungo  il  soggiorno  del  Papa,  sempre 
colla  lusinga  di  trovar  pure  il  destro  di  commettere  una 
parola  sulla  bella  pensata.  Poi  temendo  lo  schiaffo  di  un  no 
tondo  e  sonoro,  credette  meglio  di  mandarsi  innanzi  gli 
esploratori  a  tentare  il  guado  per  via  di  discorso  accade- 
mico.  Fece  parlare  d'un  magnifico  pakzzo  in  Parigi,  con 
parco  e  giardini :  T  augusta  gabbia  sarebbe  indorata  col 
nome  di  possesso  pontificio  estraterritoriale,  e  T  ingabbiato 
si  chiamerebbe  Sovrano ,  con  corte  e  onori  sovrani,  senza 
le  noie  e  gl1  impacci  di  amministrare  un  regno  temporale, 
si  aggiugnevano  agevolezze  mirabili  pel  governo  della 
Chiesa,  nunziature  indipendenti  d'  ogni  ingerenza  francese, 
franchige  d'  ambasciatori  accordate  ai  ministri  esteri  de- 
putati  alia  Santa  Sede ;  stanza  libera  alle  congregazioni 
pontificie;  e  per  giunta  milioni  a  iosa,  gingilli,  nastri,  gio- 
cattoli  quanti  ne  gradisse  il  Papa  per  baloccarsi,  un  codice 
intero  di  genuflessioni  prescritte,  incenso  anubi,  ave  rabli 
a  pieno  coro  in  tutto  Fimpero.  Pio  VII  naturalmente  non 
facea  segno  di  abboccare  1'  esca.  Adunque  si  profferse  una 
stia  piu  salubre,  piu  ariosa,  piu  soleggiata :  il  Papa  si  ac- 
quartierasse  nella  citta  d'Avignone,  con  palazzo,  corte  e 
balocchi,  ut  supra.  E  Pio  VII  ascoltava  distratto,  come  se 
udisse  raccontare  il  sogno  d'  una  fantesca.  Allora  ,  ponza 
ponza,  vennero  in  mostra  altri  disegni  a  garbo  ,  uno  piu 
lusinghiero  che  1'altro,  e  dietro  la  fantasticheria  cortese 
comincib  a  udirsi  romoreggiare  lontano  lontano  un  tuono 
che  dicea :  Ti  tengo  nelle  mie  granfie  ,  o  mangiar  questa 
minestra,  o  saltar  questa  finestra.  II  Papa  n'  avea  diserte  le 


NAPOLEONE   E    LA   CAPITALS    DELLA   CRISTIANlll  115 

orecchie,  e  intendeva  benissimo  donde  venisse  la  ragia ; 
perche  niun  uomo  a  Parigi  sarebbe  ardito  di  entrare  in  tali 
propositi ,  senza  espresso  mandate .  Per6  a  diroccare  una 
volta  per  sempre  il  fondamento  dei  castelli  in  aria,  si  lascio 
sfuggire  una  riflessione  accademica :  —  Le  sono  chimere, 
le  sono  chimere :  niun  Papa  vi  consentirebbe  mai.:.  la 
coscienza  lo  vieta. 

—  Si,  ripiglio  il  furbo  mezzano,  niun  Papa  vi  si  adagera 
mai,  per  sua  elezione :  ma  dove,  cio  diventasse  una  necessita 
politica... 

—  In  tal  caso,  interruppe  maestosamente  Pio  VII,  quel 
Papa  pubblicherebbe  una  bolla,  che  da  lungo  tempo  ter- 
rebbe  inluogosicuro,  apparecchiata,  come  spada  nel  fodero, 
a  troncarei  nodi  gordiani:  colla  bolla  si  spoglia  il  triregno; 
un  altro  diventa  Papa  libero;  e  chi  si  credesse  avere  preso 
nella  rete  un  Papa,  vi  troverebbe  un  meschino  monacello, 
per  esempio  fra  Barnaba  Chiaramonti.  — 

—  Bravo!   Viva   Pio   VII!  questo  e  parlare  da  Papa ! 
esclamarono  ad  una  voco  gli  astanti,  che  fino  allora  pen- 
devano  dalle  labbra  di  Chiaffredo ,  senza  batter  palpebra . 

E  il  marchese  D'Azeglio:  —  Ma  la  cie  poi  cotesta  bolla? 

Cui  Chiaffredo ,  abbassando  la  voce :  —  Ci  e  la  bolla 
con  tutti  i  fiocchi,  segnatain  buona  forma,  colla  istruzione 
per  fulminarla  quando  ne  fosse  d'uopo;  e  sta  depositata  in 
mano  a  un  cardinale  in  Sicilia ,  e  la  Sicilia  e  protetta  dal- 
rarmata  inglese. 

A  queste  parole  i  Viva  Pio  VII!  scoppiarono  piii  festosi 
che  mai. 

—  II    fatto  e,  continue  Chiaffredo,  che  dopo  questa 
antifona,  non  si  parlo  piu  di  castelli  in  Francia.  II  Papa 
torna  a  Roma ,  a  giorni  1'  avremo  qui  in  Torino. 

—  Intanto ,  dimandft  Rodolfo  de  Maistre ,  non  si  parla 
di  rendere  Bologna,  Ferrara,  Ancona? 

—  Sicuro  che  se  ne  parla.  Napoleone  ha  capito ,  che 
in  faccia  alia  cristianita  resterebbe  in  eterno  bollato  come 
ladrone  sacrilege ,  se  non  avesse  mostrato  almeno  un  cenno 


41 6  LA   SAVIA   E    LA   PAZZA 

di  buona  volonta  su  questo  particolare.  E  qui  viene  il  l>ello: 
udite.  II  Santo  Padre ,  tra  le  altre  proposte  di  conciliazione 
formolo  una  ricisa  dimanda  di  restituzione.  Da  parte  sua 
T  imperatore  mand6  lavorare  una  minuta  di  risposta.  Ora 
alia  richiesta  sul  mal  tolto ,  gli  scribi  e  farisei  del  governo 
avevano  riscritto...  Aspettate:  ho  qui  le  carte  (e  le  cerc6 
nel  portafogli),  avevano  riscritto:  «  Si  riconosce  che  il 
Santo  Padre ,  nel  rivolere  le  sue  province  e  mosso  da  con- 
siderazioni  sante,  e  pure  di  personale  interesse,  ma  si 
spera ,  che  egli  voglia  altresi  riconoscere ,  che  per  ora  il 
g'overno  francese  e  nella  impossibilita  di  secondarne  i  voti.  y> 

—  Come  dicono  tutti  i  debitori  ladri ! 

E  Chiaffredo :  —  Lo  senti  anche  Napoleone ;  fece  scan- 
cellare  la  minuta ,  e  detto  di  sua  bocca  un  nuovo  para- 
grafo:  «  Se  Iddio  ci  concede  la  durata  di  vita,  ordinaria 
tra  gli  uomini ,  speriamo  di  trovare  congiunture  propizie, 
in  cui  ci  sara  permesso  di  consolidare  il  Dominio  del  Santo 
Padre ,  e  di  estenderlo. . .  » 

—  Di  estenderlo^ 

—  Cosi  e  scritto  ,  Consolider  et  etendre  le  Domaine  du 
Saint-Pere.  Non  basta.  «  E  gia  fin   d1  ora  vogliamo  por- 
gergli  una  mano  soccorritrice ,  per  aiutarlo  ad  uscire  dal 
caos  delle  difficolta,  a  cui  Fhanno  trascinato  le  crisi  della 
guerra  passata  ;  e  dare  cosi  al  mondo  una  prova  della  nostra 
venerazione  pel  Santo  Padre ,  e  della  protezione  per  la  Ca- 
pitale  della  cristianita.  »  E  termina  con  solenne  protesta, 
di  riporre  la  sua  gloria  principale  a  divenire  il  piu  fermo 
sostegno  della  Santa  Sede.  Questa  risposta  di  Napoleone , 
e  in  iscritto ,  e  nelle  mani  del  Papa. 

—  Miracolo!  miracolo!  esclamarono  alcuni. 

—  Se  son  rose ,  fioriranno ;  disse  freddamente  il  padre 
Lanteri.  Quello  che  e  certo  si  e ,  ch'  io  veggo  due  Napo- 
leoni ,  due  imperatori ,  due  uomini  in  un  solo.  Vi  e  il  prin- 
cipe  politico ,  forse  non  empio ,  vi  e  il  genio  dallo  sguardo 
aquilino  ,   il  quale  prepone  la  gloria  di  Carlomagno    alia 
gloria  del  re  longobardo:  ma  vi  e  altresi  Tuomo,  coi  sette 


NAPOLEONE  E    LA  CAPITALS   DELLA   CR1STIANITA  417 

vizii  capital!,  Tuomo  tratto  a  rimorcliio  dai  vani  rispetti, 
padroneggiato  dalla  superbia.  Ora  e  in  trattato,  e  io  lo  so,  di 
tagliarsi  un  manto  reale  in  Italia,  oltre  al  paludamento 
imperiale :  la  stoffa  si  prendera  nella  repubblica  cisalpina, 
ed  egli  non  vorrebbe  scorciare  il  lembo  del  nuovo  regno 
d1  Italia ,  stralciandone  le  province  di  sacrilege  acquisto. 
Ora  udite  bene  la  profezia  che  io  fondo  sulla  Bibbia,  e 
sulla  storia  di  sessanta  secoli.  Se  in  lui  prevale  )'  orgoglio 
del  conquistatore  scomunicato ,  e  Dio  lo  confondera ;  e  noi 
vedremo  in  un  monte  di  ciarpa  il  suo  trono ,  il  suo  scettro, 
le  sue  corone,  i  suoi  inanti  imperiali  e  reali.  Non  vi  dia  ter- 
rore  la  sua  possanza  sconfinata :  T  ernpio  oggi  esalta  il  capo 
tra  le  stelle  ;  pare  signore  dei  nembi  e  della  folgore ;  alia 
dimane  cercatelo,  e  agguagliato  al  fango,  e  sotto  il  fango  che 
si  calpesta.  Che  se  invece  neH'animo  di  Napoleone  soprav- 
vince  la  fede,  e  segno  che  Iddio  Tha  suscitato  per  donargli 
un  regno,  e  insertare  sua  progenie  tra  le  stirpi  dei  re,  a  loro 
esempio,  ovvero  a  loro  gastigazione .  Mirate :  da  cencin- 
quant1  anni  il  male  ci  vien  dai  gran  monarchi:  i  re  -trali- 
gnati  ci  abbordellano  le  corti  e  i  regni ,  succiano  il  vivo 
sangue  dei  popoli  per  intrattenere  lo  scandalo  a1  dissan- 
guati ,  di  dieci  o  venti  guerre  sterminatrici  dell1  Europa , 
appena  due  o  tre  ne  contiamo ,  accese  dai  diritto,  le  altre 
furono  assassinio  e  disertamento  organizzato  dalle  feroci 
superbie  dei  regnanti.  Vilmente  forti  contro  la  loro  madre, 
la  Santa  Chiesa  ,  lungamente  si  piacquero  a  nimtcarla ,  a 
lacerarne  la  sacra  veste  ,  a  dilaniarle  il  seno ;  e  poi  piii 
vilmente  abbietti  dinanzi  alle  sette  de1  giansenisti,  dei  filo- 
sofi  e  dei  frammassoni,  loro  immolarono  la  giustizia  e  la 
religione  e  la  felicita  de'  loro  popoli.  Vi  potrei  nomare  tale 
principessa  coronata,  che  scrisse  di  suo  pugno  in  com- 
mendazione  dei  franchi  muratori...  dopo  tutti  i  fulmini  del 
Vaticano .  Infelice  !  ha  espiato  sul  patibolo  la  sua  cecita 
volontaria.  Si,  vi  dico,  Napoleone  sara  verga  dei  re,  che 
troppo  Than  meritata :  ma  se  egli  seguira  le  loro  pedate, 
altri  saranno  verga  di  Napoleone.  — 
Serie  VIII.  vol.  II,  fasc.  502.  27  9  maggio  1871. 


LA    SAV1A   E   LA   PAZZA 

Nell'  assemblea  era  entrato  un  sacro  orrore  alle  parole 
del  venerando  sacerdote ,  le  quali  a  primo  aspetto  arieg- 
giavano  al  giacobino  ;  e  in  fondo  non  erano  che  una  le- 
zione  di  filosofia  cristiana,  detta  in  tuono  d'uomo  commosso, 
come  soleva  il  Lanteri ,  allorche  nella  conversazione   gli 
cadeva  il  discorso  sul  gran  delitto  del  suo  secolo,  le  cor- 
tigiane  nimista  contro  il  Vicario  di  Gesu  Cristo.  Avea  di- 
nanzi  agli  occhi  le  miserande  istorie  di  Venezia,  di  Parma, 
di  Napoli,  di  Torino ;  gli  si  affacciavano,  circondati  di  luce 
sinistra,  i  nomi  di  Luigi  XIV,  delReggente  Filippo  D'Orle- 
ans,  di  Luigi  XV,  di  Vittorio  Amedeo  II  di  Savoia,  di  Carlo  III 
di  Spagna,  di  Giuseppe  I  di  Portogallo,  di  Pietro  Leopoldo 
di  Toscana,  di  Giuseppe  II  d1  Austria,  e  tanti  altri.  Parea 
che  i  potentati  d'  Europa  avessero  preso  a  petto  di  pub- 
blicare  la  propria  apostasia  dalle  tradizioni  di  rispetto  verso 
la  religione  e  il  Padre  dei  fedeli,  che  n1  e  il  supremo  rap- 
presentante  in  terra.  In  quella  vece  sottentrava  ,  in  certe 
corti ,  il  giansenismo,  il  regalismo ,  la  empieta  piu  dirotta, 
e  una  morale  pubblicamente  esemplata  dai  bagni  de'ga- 
leotti  e  dagli  harem  di  Costantinopoli.  Quindi  la  corruzione 
baldanzosa  ne'  patriziati  e  nelle  plebi  ,   e  accumulato  il 
fango  che  poco  dipoi  fermento  sotto  il  soffio  delle  societa 
settarie  ,  e  misto   d'  ira  e  di  sangue  risali  sino  a  sover- 
chiare  i  troni.  I  delitti  dei  popoli  punironoi  delitti  dei  re: 
quelli  dei  popoli  erano  gia  puniti. 

XL 

CHI    VUOL    VENIRE    A    ROMA? 

L'assenablea  di  casa  D'Azeglio  si  disciolse.  E  il  cava- 
liere  D1  Agliano ,  punto  dalla  solita  curiosita ,  nel  discen- 
dere  le  scale  passo  un  braccio  al  braccio  di  Chiaffredo ,  lo 
arresto  sotto  il  portone ,  dicendo :  —  Or  via ,  signer  Mal- 
brouch,  come  diascolo  arrivate  voi  a  spillare  secret!  "si 
reconditi  ? 


CHI    VUOL   VENIRE   A    ROMA?  419 

—  Che  ?  voi  e  gli  amici  sapete  ch'  io  son  un  traffichino 
del  Papa :  mi  sono  fatto  corriere ,  portalettere ,  portavoee, 
eccetera ,  e  tutto  questo  senza  titolo ,  solo  ad  honorem : 
ora  e  ben  giusto  ch'  io  mi  becchi  qualche  scaccolo  di  carta 
in  compenso  del  mio  impiego. 

—  Ma  troppo  ne  beccate ,  vi  beccate  il  meglio ,  il  piu 
saporito.  Cotesto  e  ci6  che  mi  fa  venire  1'  acquolina  in  bocca 
per  invidia  die  vi  porto. 

—  Volete  sapere  com'io  ho  avuto  quel  mazzo  di  buone 
nuove  ?  Dentro  la  testiera  d1  un  cappellino  d'  ultima  moda. 
II  cappellino  viaggi6  in  poste  ad  una  famosa  crestaia  di 
Lione  ,  ov'  ebbe  1'  indirizzo  a  mia  nipote.  Io  poi  senza  la- 
sciarmi  impietosire  ne  dalle  trine,  ne  dai  fiori,  Fho  bru- 
talmente  sbuzzato  colle  forbicine  ,  sciorinate  le  carte ,  e  ri- 
dato  loro  il  volo  verso  il  Quirinale. 

—  Doh ,  santissima  bricconata  che  voi  fate !  Ma  per 
giugnere  a  Roma  converra  passare  sotto  le  poste  francesi... 

—  So  la  fedelta  delle  poste ,  e  vi  assicuro  che  se  per 
braccheggiare   ne'  fatti  della  se^reteria   pontificia ,   quei 
ficchini  non  hanno  altri  moccoli  che  le  lettere  da  me  spe- 
dite ,  e'  non  vedranno  che  buio  pesto  .  I  miei  plichi  arri- 
veranno  franchi  da  tutti  i  segugi  polizieschi,sino  allo  studiolo 
secreto  del  cardinal  Consalvi,  o  in  mano  di  miei  amici  : 
arriveranno  nella  pedana  d1  un  paio  di  pantaloni ,  saldate  a 
fuoco  nel  piede  d'  un  calice  ,  dentro  un  limone  ,  in  un  can- 
nello  di  carbone,  e  che  so  io.  Sono  girandole  che  abbiamo 
apprese  dai  frammassoni ;  e  cosi  prendiamo  il  diavolo  per 
le  corna  e  Io  costringiamo  di  servire  a  Dio.  — 

II  certo  si  e  che  durante  la  dimora  di  Pio  VII  in  Parigi, 
vegli6  sempre  sollecita  corrispondenza  fra  la  sua  corte  di 
Parigi  e  i  ministri  in  Roma.  Vi  si  porgevano  con  ardore  varii 
signori ,  di  uguale  zelo  e  prudenza ,  risoluti  di  incontrare 
all'  uopo  ogni  danno  e  persecuzione,  per  amore  della  Chiesa. 
II  .che  si  rinnovo  di  poi,  nella  prigionia  del  Pontefice  a 
Savona.  Si  dispregiarono  con  invitta  costanza  le  atroci  mi- 
nacce  del  despota  oppressore  del  Papa ,  e  si  deluse  la  raf- 


420  LA  SAVIA  E  LA  PAZZA 

finata  vigilanza  de'  suoi  vilissimi  carcerieri.  E  chi  a  questo 
modo  scherniva  la  legge  del  tiranno ,  sapeva  di  acquistar 
grazia  presso  Iddio :  niuna  umana  legge  valendo ,  contro 
i  diritti  infinitamente  prevalent!  del  Vicario  di  Gesu  Cristo. 
Clelia  e  Clotilde  non  sapeano  che  si  pensare  di  zio 
Chiaffredo  ,  che  per  la  prima  volta  in  vita  sua ,  s'  intic- 
chiava  d'  infrascarle  di  mode  francesi ;  molto  meno  indo- 
vinavano  perche  siffatti  gingilli  egli  ritenesse  nella  sua 
stanza ,  e  mostrassero  poi  qualche  sberleffo  da  doverli  rac- 
conciare.  Mauro  ci  sogno  gatfci.  Oltre  a  ci6  il  frequente 
parlottare  della  Clotilde  col  padre  Lanteri ,  le  moltiplicate 
visite  de'signori  dell'  Amicizia  cristiana,  e  di  dame  torinesi, 
mentre  Chiaffredo  era  tutt1  altro  che  gentildonnaio,  la  vita 
di  lui  piu  del  consueto  andereccia  e  faccendiera ,  il  misero 
da  prima  in  avviso  e  poi  in  sospetto.  Pero  avutolo  un  giorno 
a  quattr1  occhi ,  gli  par!6  chiaro  :  —  Chiaffredo ,  senti ,  io 
temo  che  tu  non  metta  in  compromesso  la  quiete  della 
famiglia. 

—  E  perche  ? 

—  Ci  facciamo  troppo  scorgere  con  cotesto  viavai  di 
persone  in  uggia  al  governo :  mi  parrebbe  meglio ,  se... 

—  Non  credo:  ad  ogni  modo  sarebbe  per  poco,  giac- 
che  io  sono  sul  prendere  le  poste. 

—  Non  dico  gia  cotesto.  Anzi  mi  saprebbe  male ,  che 
t1  immaginassi  d' essere  di  peso  in  casa  mia...  Che  dico 
casa  mia?  in  casa  tua.  Stacci ,  qui  sei  padrone  come  me: 
tu  vedi  alia  prova  quanto  io  e  le  mie  bambine  ti  deside- 
riamo.  Solo  mi  accrescerebbe  il  piacere,  ti  parlo  in  confi- 
denza  da  fratello,  se  non  dessimo  tanto  nelF  occhio  della 
polizia ,  che  e  sospettosa  in  eccesso.  Sono  tempi  di  ferro , 
ne  convieni  ? 

—  0  che  ci  posso  io,  se  la  gente  mi  viene  a  trovare  ? 
Basta ,  oramai  e  finito,  sono  risoluto  di  tornarmi  a  Roma  il 
piu  presto;  e  non  per  altro ,  che  per  assistere  alFingresso 
del  Papa,  fi  la  mia  debolezza  solita :  non  c'  e  ombra  di  di- 


CHI  VUOL  VENIRE  A  ROMA?  421 

sgusto  per  cose  di  famiglia.  Anzi ,  prima  di  partire  hai  a 
sentire  una  mia  idea,  che  forse  ti  va  anche  a  te. 

—  Sentiamo.  —  Quel  poco  o  molto  di  ben  di  Dio,  che 
mi  trovo  avere  ,  te  1'  ho  detto  altre  volte,  lo  vo1  lasciare 
alle  tue  figliuole  :  gia,  a  chi  altri  lo  potrei  lasciare  ?  Noi 
due ,  su  per  giu  siamo  vecchi ,  tutto  il  piu  T  usufrutto,  e 
n'  abbiamo  di  sopravvanzo.  Ora  ti  darebbe  dispiacere,  ch'  io 
ti  dimandassi  una  di  quelle  due  creature  ? 

—  Come  intendi  ? 

—  Ecco ,  tu  ne  ritieni  Tuna,  Faltra  me  la  porto  meco  a 
Roma.  Vedi ,  sono  in  mano  di  famigli ,  e  mi  comincia  a 
noiare  il  non  avere  intorno  a  me  chi  mi  metta  un  bottone; 
non  mi  fa  pro  quel  desinar  solo  ,  non  potendo  barattare 
quattro  chiacchiere.  Tante  le  volte  rientro'in  casa.  la  sera; 
e  mi  fa  malinconia  il  sentirvi  solo  la  mia  sveglia  ,  tic  tac, 
tic  tac  ;  non  ci  e  altro ;  perche  il  servitore  e  il  cuoco 
stanno  nel  quartiere  di  sotto  .  Manco  male  ,  avendo  in  casa 
una  nipote  ,  le  terrei  una  donna  di  camera  ,  si  fa  subito 
numero ;  un  giorno  le  sono  in  faccenda  per  dare  il  bucato 
alia  lavandaia,  un  altro  per  raccattarlo,  rimendare,  stirare; 
un  altro  succede  un  avvenimento  d'  un  gatto  ,  o  d'  un  ca- 
narino ;  se  ne  discorre ,  le  donne  sono  in  moto  ;  non  c'  e 
piu  quel  silenzio  di  cimitero.  Che  ne  dici  ? 

—  Io  non  ci  veggo  grandi  difficolta  ;  rispose  Mauro , 
dopo  averci  ripensato  un  momento.  Ma  quale  delle  due  vor- 
resti  condurre  a  Roma  ? 

—  Quale  vuoi ,  piu  volentieri  per6  la  piccola.  Mi  pare 
piu  quietina:  io  non  voglio,  intendi,  avere  a  strillare.  Clo- 
tilde ,  secondo  me  ,  si  acconcerebbe  facilmente  alia  mia 
vita  casalinga. 

—  Capisco:  ma  sarebbe  tua  intenzione  poi,  scusa,  sono 
padre ,  e  debbo  prevedere  tutto ,  sarebbe  tua  intenzione  poi 
di  privilegiarla... 

—  Che  discorsi !  esse  sono  mio  sangue  egualrnente  : 
dunque  partito  eguale.  Bada ,  se  ti  cadesse  il  buono  di  dare 


422  LA    SAV1A   E   LA    PAZZA 

loro  stato ,  io  concorrero  con  piacere  a  formare  una  soprad- 
dote  :  e  ,  tienlo  a  mente,  quello  che  dessi  alF  una,  mette- 
rei  in  serbo  per  T  altra ;  non  un  testone  di  piu ,  non  un 
testone  di  meno.  — 

Poche  altre  parole  abbisognarono  per  ultimare  la  riso- 
luzione ,  che  per  Mauro  riusciva  tutta  di  puro  tornaconto. 
Quanto  alFaffezione  paterna,  egli  non  potea  non  confessare 
a  se  stesso ,  che  la  figliuola  affidata  a  Chiaffredo  ,  riposava 
in  mani  sicure,  e  meglio  che  le  sue  proprie:  e  oltre  a  cio, 
la  scelta  gli  andava  dirittamente  pel  suo  verso  ,  perche 
egli  prediligeva  Cielia.  Voleva  pertanto  chiamare  di  pre- 
sente  la  Clotilde,  e  avvisarla.  —  No,  disse  Chiaffredo; 
aspettiamo  gli  ultimi  giorni.  Cosi  evitiamo  le  ciarle  pro  e 
contro  del  parentado,  i  congedi  si  sbrigano  in  una  inaiti- 
nata ,  con  risparmio  di  lacrime  e  di  sospiri.  Lasciami  fare 
a  rnodo  mio  :  io  gliene  parlero  a  suo  tempo. 

—  Fa  tu;  rispose  Mauro  ,  noi  siamo  d'accordo.  — 
Intanto  Pio  VII  traversava  lentamente  le  province  dcl- 
1"  inipero  francese ,  ed  era  giunto  a  Lione.  N1  era  un  gran 
dire  a  Torino  ,  dove  i  cittadini  speravano  riospitarlo  (come 
in  fatti  avvenne)  a  miglior  agio  che  nelP  andata ,  e  si  pro- 
pone vano  di  magnificare  le  accoglienze  vie  piu  strepitose. 
Chiaffredo,  volendo  antivenire  il  Papa  a  Roma,  era  duri- 
que  in  sul  partire.  Dopo  desinare,  non  rifiniva  di  raccontare 
il  viaggio  della  comitiva  pontificia ,  e  ne  riferiva  i  parti- 
colari ,  come  se  viaggiasse  in  seggia  dietro  il  convoglio  . 
—  II  Papa  cammina  tra  i  trionfi  ,  diceva  egli ,  uno  co- 
raincia  dove  termina  1'  altro.  Poveri  francesi !  quel  popolo  e 
sempre  migliore  del  suo  governo.  Non  e  piu  quella  razza- 
maglia  d1  indemoniati ,  che  rotolavano  giu  dall'  Alpi  a  fare 
il  mangiaprete.  Ma  gia,  non  erano  ne  francesi,  ne  uomini  i 
giacobini;  costoro  non  ban  patria,  come  non  hanno  legge. 
Ora  si  vede  il  francese  nato  e  sputato,  il  francese  del  nous 
sommes  catholiques.  Pareva  una  nazione  andata  ai  cani ;  ed 
occoli  li,  assediare  il  Papa  per  esserne  segnati  e  benedetti... 


CHI   VUOL   VfcNIRE   A    ROMA?  4*2o 

Che?  che  ?  che?  quello  era  un  parossismo  di  febbre  tifoidea ; 
ora  per  poco  non  si  fanno  arrotare  dalla  carrozza  del  Santo 
Padre. 

—  Eh  via ,  notava  Mauro  ,  seguono  il  vento  che  spira . 

—  II  vento  lo  pigliano  quei  camorri  di  ufficiali  della 
pagnotta:  io  parlo  invece  del  popolo ,  del  vero  popolo.  Non 
sapete  che  a  Lione  il  Papa  n1  andava  trasportato  dalFonda 
popolare ,  come  un  vascello  a  discrezione  della  tempesta? 
Una  volta  entrato  nel  palazzo  del  cardinal  Fesch ,  non  po- 
teva  piii  uscirne.  Eh,  il  caso  era  grave:   il  povero  Papa 
guardava  la  vettura ,  lontana  dugento  passi ,  ne  v1  era  spe- 
ranza  di  farla  accostare :  la  folia  tra  mezzo  fiottava  'densa  , 
fitta  ,   stipata  ,   ostinata  .  I  gendarmi ,  vedutisi  al  perso  , 
pregano  il  Papa  che  vada  lui  alia  vettura ,  essi  lo  scorte- 
ranno  sino  ad  approdarvi.  Saltano  a  cavallo  ,  zampeggiano, 
bravano ,  minacciano  ,  fanno  un  po1  di  corsia.  II  Papa  a  piedi 
tra  i  cavalli,  andava  dando  di  qui  e  di  la  la  benedizione.  II 
bello  fu,  che  quando  si  credeva  quasi  in  porto ,  fu  per 
naufragare.  Nel  mettere  un  pie  sulla  montatoia  ,  si  senti 
afferrare  1'altro  piede.  Barcollo  il  Papa,  e  gitto  le  mani 
sui  gendarmi  di  sportello:  e  quelli  afferrare  le  mani  e  co- 
prirle  di  baci :  ma  del  riavere  il  piede  era  nulla ;  se  lo  teneva 
stretto  con  due  maiii  una  damigella  sguisciatasi  sotto  le 
zampe  dei  cavalli ,  e  intendeva  baciare  il  piede  al  Papa  a 
suo  bell1  agio ,  e  farlo  baciare  alia  sua  buona  mamma  ,  che 
stava  li  dietro... 

—  Ah ,  se  ci  fossi  stato  io  in  suo  luogo  !  sclamo  inte- 
nerita  la  Clotilde  :  quando  sara  a  Torino  ,  vedremo  se  non 
ci  arriver6. 

—  Non  e  sempre  festa,  le  rispose  Chiaffredo.  Gia ,  chi 
ti  otterrebbe  T  udienza?  Oh,  se  fossimo  in  Roma,  allora  si, 
sarebbe  facile  ad  ottenere.  Su  via ,  quale  di  voi  vuol  venir 
meco  a  Roma? 

—  Io  io ,  disse  Clotilde ;...  ma  poi  chi  mi  riconduce  a 
Torino  ? 


424  LA   SAVIA    E    LA    PAZZA  —  CHI   VUOL   VENIRE   A   ROMA  ? 

—  Gia  si  sa,  chi  viene  ci  ha  da  restare  sinche  io  torni. 
Babbo  qui  e  contento  ,  neh  vero  ? 

—  Io  si ,  rispose  Mauro ,  sicuro.  Che  difficolta,  se  lo 
vuole  barba  Chiaffredo  ? 

E  Chiaffredo:  —  Bene ,  dunque  tirate  alle  buschette , 
chi  ha  da  venire. 

Clotilde  si  trov6  sulla  punta  della  lingua  un:  Ci  vengo 
io :  Clelia  invece  un :  Per  me  non  ci  ho  voglia.  Ma  1'  una  e 
T  altra,  per  diversi  rispetti,  si  tacquero.  Parlo  in  loro  luogo 
Mauro.  —  Non  tante  buschette ,  accomodo  io  ogni  cosa  :  la 
primogenita  resta  con  babbo  ,  la  seconda  puo  andare  con 
zio.  —  E  in  questo  dire ,  strinse  un  braccio  attorno  alia  vita 
di  Clotilde ,  che  le  stava  presso  ,  e  dandole  un  bacio  affet- 
tuoso:  —  Vuoi  andare  col  tuo  barba?  le  disse:  si  parte  pos- 
dimani,  e  si  torna  1'  anno  seguente  ?  —  Alia  viva  imrnagi- 
nazione  di  si  subito  distacco,  Clotilde  senti  1'acuta  punta 
dell1  amore  filiale  e  sorellevole,  e  ansiando  ,  appena  pote 
mormorare  a  mezza  bocca  un  si,  e  subito  aggiunse  :  — 
Ma  tu  e  Clelia  verrete  a  vedermi  ?  —  Gia  le  guance  sue 
eran  di  porpora  ,  facea  bocca  di  piangere ,  e  due  virtuose 
lacrimette  le  perlavano  alle  palpebre.  Mauro  e  Chiaffredo  a 
gara  la  confortarono ,  promettendole  che  si  rivedrebbero 
fra  breve. 

L1  altra  dimane  zio  e  nipote  salivano  in  poste  ,  tra  le 
abbracciate  dei  parent! ,  e  gli  augurii  di  felice  viaggio ,  e 
le  promesse  di  scriversi  e  riscriversi  di  gran  lettere.  Clelia 
rimase  indifferente  ,  se  non  contenta. 

Chiaffredo  aveva  gia  ne'  suoi  disegni  raffazzonata  la 
Clotilde  tutta  a  nuove  idee,  Taveva  rimodellata  sul  proprio 
stampo  ,  e  collocatala  per  corona  della  sua  vecchiezza ,  ad 
uno  sposo  secondo  il  cuor  suo.  Aspettava  solo  il  consenso 
degli  anni  e  del  suo  fratello. 


LO  SFIRITO 


DELLE    A880CIAZIONI    CATTOLICHE 


Un'  associazione  cattolica  che,  merce  lo  spirito  di  som- 
messione  alle  dottrine  della  Chiesa  insegnante,  si  e  assicu- 
rata  1'arrnonia  delle  intelligenze,  marcia  su  la  via  dirittae 
puo  sperare  assai  bene  della  sua  impresa.  Ma  quante  volte 
non  accade ,  che  un  grave  impedimento ,  una  barriera  in- 
sormontabile  attraversi  o  tagli  la  marcia  bene  aggiustata 
ad  una  falange  audace,  e  tronchi  all'  improvviso  le  conce- 
pute  speranze  della  vittoria?  Ecco  il  pericolo,  che  puo  in- 
contrare  un' associazione  cattolica  ottimainente  avviata:  un 
impedimento,  una  barriera  invincibile  nella  inaspettata  di- 
scordia  delle  volonta.  Se  avvenga  che  questo  mal  seme  si 
svolga  e  germini  in  essa,  dite  pure  che  ella  e  ita  in  dis- 
soluzione .  L'elemento  delFarmonia  delle  intelligenze  non 
basta ,  fa  di  mestieri  ancor  T  altro  della  concordia  delle 
volonta  non  meno  essenziale  al  successo  dell' associazione- 

Egli  e  cosa  evidente,  che  per  mantenere  tale  concordia 
conviene  eliminare  le  cause,  che  valgono  a  turbarla.  Due 
sono  i  semenzai ,  onde  possono  germinare  :  il  primo  dei 
quali  pu6  incontrarsi  nei  rapporti  interni  della  societa . 
Unite  le  intelligenze  circa  i  principii  da  sostenere.  e  fer- 


LO    SPIRITO 

vidamente  c'oncordi  le  volonta  circa  il  fine  da  conseguire, 
tutto  il  lavoro  dei  socii  dee  volgersi  alia  scelta  dei  mezzi- 
ed  alia  pratica  dei  medesimi.  Da  questo  punto  potria  spun- 
tare  il  germe  nefasto  della  discordia.  Conciossiache,  messa 
in  deliberazione  presso  qualche  Giunta  o  qualche  Consiglio 
una  data  proposta,  e  cosa  possibilissima,  che  si  dividano 
i  pareri  dei  socii,  che  si  accendano  gli  animi  pro  e  contro, 
e  che  il  dibattimento  procedendo  caldo  oltre  il  convenevole 
non  si  osservino  i  debiti  riguardi,  di  guisa  che  dopo  lunga 
tenzone  non  si  venga  a  capo  di  altro ,  che  di  un  amaro 
clissidio.  Che  se  pure  fosse  presa  alia  fine  una  decisione, 
potrebbe  accadere  un  nuovo  intoppo,  vale  a  dire,  che  quelli 
dol'la  parte  opposta,  rincarendo  la  derrata,  ne  sparlino  presso 
i  socii  non  appartenenti  alia  Giunta  od  al  Consiglio,  o  ap- 
puntandola  come  difettosa,  o  mettendola  in  discredito  come 
vana,  o  dannandola  come  imprudente.  Pognamo,  che  que- 
sti  fatti  vengano  ad  avverarsi,  e  peggio,  che  si  ripetano: 
ohi  non  vede,  di  quali  rei  efietti  sarebbono  cagione?  Pel 
primo  caso  i  socii  amareggiati  diverrebbero  piu  lenti  a 
congregarsi,  e  scemato  il  numero  degli  adunati  calereb- 
be  tosto  il  fervore  nell'operare :  pel  secondo  farebbe  tosto 
capolino  lo  spirito  di  parte ,  indi  la  diffidenza  verso  dei 
capi,  poi  T  aperta  discordia,  il  generale  affievolimento  delle 
forze  associate  ed  il  certo  rischio  della  dissoluzione. 

Per  conoscere  la  qualita  del  rimedio  a  tanto  danno  con- 
viene  cercare  la  qualita  della  radice,  che  T  ha  germogliato. 
La  quale,  per  dirla  in  breve,  non  e  altro,  che  Torgoglio.  Da 
questo  nasce  il  dissidio :  dal  dissidio  i  tristi  effetti  sopra 
esposti.  Di  fatto,  se  voi  indagate  la  cosa  un  po1  attenta- 
mente,  troverete  in  fondo,  che  chi  contraddisse  ostinata- 
mente  nella  discussione  o  mormoro  del  partito  preso,  fu 
portato  a  questo,  o  perche  riputavasi  dappiu  in  dottrina, 
o  perche  disdegnava  di  cedere  attesa  la  sua  dignita ,  o 
perche  stimandosi  il  piu  sperto  nella  materia  proposta  gli 
dolea  forte  di  uno  scacco. 

Piccole  miserie,  ma  cagioni  di  non  piccolo  danno.  Per 
eliminarle  non  occorre  altro,  se  non  che  i  socii  portino  nella 


DELLE   ASSOCIAZIONI   CATTOLICHE  427 

discussione  il  vero  spirito  cattolico,  che  e  spirito  di  abne- 
gazione  o  di  sacrifizio.  Ondech&  smesse  le  piccole  gare,  e 
sacrificati  i  piccoli  risentimenti  alia  nobilta  della  causa , 
ognuno  ponga  tutto  il  suo  studio  nel  chiarire  con  posato 
animo  le  ragioni  del  pro  e  del  contro  la  fatta  proposta , 
affinche  prevalgano  le  vere,  quale  che  siasi  la  bocca  donde 
vengono.  II  nostro  Dio  non  e  il  Dio  dei  commovimenti  e 
delle  contese,  ma  sibbene  della  pace  e  della  ragione.  E 
poi,  non  sempre  1'  ottimo  e  il  piu  pratico,  ne  sempre  cio 
che  secondo  il  proprio  giudizio  sembra  peccare  d'  impru- 
denza,  e  tale  nel  fatto.  Vogliamo  anche  supporre,  che  una 
proposta  sia  piu  utile ,  sia  piu  fattibile.  Che  importa ,  se 
inasprita  la  quistione  da  chi  la  sostiene,  non  si  viene  a  con- 
chiudere  nulla?  Mette  assai  meglio  sacrificare  il  proprio 
desiderio  del  piu,  ed  assicurare  con  questo  il  meno.  Tale 
era  il  consiglio  del  Saverio :  doversi  accettare  il  poco,  ma 
in  concordia,  anziche  il  molto  a  prezzo  della  pace  e  della 
unione  degli  animi. 

Come  il  priino  semenzaio  di  discordia  puo  aver  luogo 
nei  rapporti  interni  dell'  associazione,  cosi  il  secondo  puo 
manifestarsi  nei  rapporti  esterni  della  medesima.  II  quale 
riuscirebbe  tanto  piu  funesto,  in  quanto  che  la  cagione 
potrebbe  insinuarsi  sotto  apparenza  di  bene,  ingagliardire 
sotto  apparenza  di  zelo,  ed  esacerbare  gli  animi  sotto  Tuna 
e  T  altra  maschera  fino  a  rottura  insanabile.  V  opera  delle 
associazioni  cattoliche  si  versa  circa  determinazioni ,  che 
appartengono  a  cose  riferentisi  agli  interessi  della  Chiesa. 
Or  non  puo  egli  accadere,  che  intorno  ad  esse  altra  sia  la 
volonta  palese  del  Vescovo,  ed  altra  quella  del  Consiglio 

0  di  una  Giunta  della  associazione  cattolica,  cosicehe  vi 
abbia  aperta  opposizione  ?  Supponete,  che  in  questo  caso 

1  socii,  per  quale  che  siasi  cagione,  passino  oltre  senza  cu- 
rarsi  della  volonta  del  Prelato,  o  peggio  che  se  le  oppon- 
gano,  e  la  osteggino  pubblicamente.  Chi  non  vede,  come  tal 
modo  di  operare  cagionerebbe  un  grave  scandalo  nella 
diocesi ,  e  che  porterebbe  seco  il  germe  di  vicina  dissolu- 


428  LO  SPIRITO 

zione?  Volete  un  rimedio  pronto  ed  efficace  contro  cotesto 
male?  L'associazione  sia  animata  dallo  spirito  di  riverenza 
e  di  ossequio  verso  i  Pastori  della  Chiesa,  e  la  causa  di 
tanto  danno  sara  eliminata.  Tanto  e  richiesto  dalFuffizio 
della  stessa  associazione,  il  quale  si  e  di  giovare  colla  pro- 
pria  azione  i  Vescovi  a  bene  degli  interessi  religiosi,  e  dalla 
dignita  dei  medesimi  Vescovi ,  siccome  quelli  che  sono 
dallo  Spirito  Santo  preposti  al  reggimento  della  Chiesa. 
Tanto  ha  Sua  Santita  Pio  IX  apertamente  insinuate  nel 
Breve  di  risposta,  che  ha  mandato  airindirizzo  venutole  da 
Innsbruck  e  citato  nel  paragrafo  antecedente. 

Qui  cade  a  proposito  riferire  quello,  che  ebbe  a  dire  un 
grave  Prelato  in  un  generale  Congresso  contro  il  lamento 
dei  cattolici  liberali  tedeschi.  Questa  brava  gente  sotto 
colore  di  bene,  come  fa  sempre,  andava  dicendo  :  farsi  grossi 
i  tempi  per  la  Chiesa ,  la  sua  indipendenza  correre  grande 
rischio  infuturo,  se  ai  laici  non  si  concedesse  d'influire  nelle 
cose  della  religione  ;  negar  loro  questo,  siccome  si  e  fatto 
fin  qui,  esser  lo  stesso  che  renderli  inerti  e  non  curanti  di 
cio,  che  accade  di  reo  alia  Chiesa.  Tali  erano  le  sue  queri- 
moriie  :  querimonie  del  figlio  malcontento ,  che  aspira  a 
spogliar  la  madre  di  una  parte  del  reggimento  della  casa, 
querimonie  sottilmente  suggerite  dalla  democrazia  civile 
coirintendimento  d'introdursi  a  poco  a  poco  nelle  cose  della 
Chiesa,  come  in  ampia  forma  vi  si  era  introdotta  in  altri 
tempi  per  opera  della  eresia.  II  Vescovo  di  Brixen  noto  la 
ftna  malizia  del  lamento,  dichiarando  1'equivoco  del  concetto. 
Influire  negli  affari  della  Chiesa !  egli  disse  :  ma  in  che? 
Nel  domma?  Impossibile.  Nella  disciplina?  Nemmanco.  In- 
flusso  del  laicato  e  concetto  troppo  vago,  e  percio  di  niuna 
utilita.  Affinche  riesca  pieno  di  benedizioni,  conviene  che 
siano  determinati  i  suoi  confini ,  conviene  che  siano  poste 
in  chiaro  le  condizioni.  Or  bene  si  sappia,  che  la  capitale 
fra  queste  si  e  la  fedele  dipendenza  dagli  insegnamenti  e 
dalla  divina  autorita  della  Chiesa.  Stanteche  valga  tanto 
per  gli  individui,  quanto  per  tutta  la  Chiesa  il  detto  del- 


DELLE   ASSOCIAZIONI    CATTOLICHE  429 

1'Apostolo:  il  giusto  vive  di  fede.  La  vita  della  Chiesa  non 
richiede  piu  di  quello,  che  proviene  dalla  fede.  E  percio 
quando  la  Chiesa  cattolica  si  avviene  in  un  laico,  il  quale 
ha  in  cuore  cotal  sentimento ,  che  lo  mostra  colle  parole, 
6  che  lo  conferma  coi  fatti,  essa  lo  stima,  essa  lo  saluta 
con  gioia,  come  suo.cooperatore,  non  avendo  dimenticato 
la  sentenza  del  discepolo  dell'  amore :  Simus  cooperatores 
veritatis ,  dobbiamo  essere  cooperatori  nel  propagare  la 
verita,  cooperatori  nel  rassodarla,  cooperatori  nel  procac- 
ciarle  il  trionfo.  In  ogni  secolo  v'ebbe  abbondanza  di  cotali 
uomini ,  e  a'  di  nostri  sorsero  le  associazioni  cattoliche  , 
ardenti  di  cosiffatta  cooperazione,  e  per  questo  noi  le  salu- 
tiamo  con  tutta  la  gioia  del  nostro  cuore,  per  questo  le 
proteggiamo,  per  questo  le  stimiamo,  e  la  prova  piu  aperta 
•si  e  1'  esserci  affrettati  di  trovarci  presenti  a  questo  solenne 
congresso  di  associazioni  laicali,  raccoltosi  a  difesa  degli 
interessi  cattolici.  Fin  qui  il  savio  Prelato.  In  conchiusione 
la  societa  per  gl1  interessi  cattolici  non  tocchi  il  domma, 
non  si  mischi  delle  cose  appartenenti  alia  disciplina  eccle- 
siastica,  osservi  la  debita  riverenza,osservi  il  debito  ossequio 
verso  i  proprii  Vescovi ,  ed  i  Vescovi  le  sapranno  grado 
dell'opera  sua,  la  benediranno,  la  sosterranno. 

Stringendo  ora  il  detto  fin  qui,  le  cause  della  discordia 
tra  i  socii  possono  essere  interne  ed  esterne.  L'associazione 
si  a  animata  dallo  spirito  di  dbnegazione  nel  discutere  la 
scelta  dei  mezzi,  e  saranno  eliminate  quelle  della  prima 
specie  :  sia  animata  dallo  spirito  di  riverenza  ed  ossequio 
verso  i  Prelati,  e  saranno  escluse  quelle  della  seconda. 


VI. 


I  pezzi  di  una  macchina,  perche  messi  a  giuoco  rispon- 
dano  compiutamente  al  fine,  conviene  che  siano  congegnati 
a  giusta  regola  di  legge  meccanica.  Non  altrimenti  corre 
la  bisogna  nelle  associazioni.  Oltre  Tarmonia  delle  intel- 
ligenze  e  la  concordia  delle  volonta  dei  socii  aggruppati, 


£30  LQ    SPIRITO 

si  richiede,  siccome  elemento  necessario,  la  coordinations  dei 
loro  sforzi.  In  questo  e  riposto  propriamente  11  bene  del- 
1' associazione.  E  cosa  superflua  dettar  regole  intorno  a  ci6. 
Non  mancano  savii  statuti,  i  quali  hanno  fatto  ottima  pro- 
va.  Se  ne  scelga  alcuno,  facendovi  quelle  semplici  muta- 
zioni,  clie  1'  acconciano  al  paese.  Onde  la  difficolta  non  cade 
sulla  maniera  di  coordinare  1' associazione,  ma  sulla  fedele 
esecuzione  dell'  ordinamento  datole. 

1  socii  ed  i  variigruppi  component!  V  associazione  siano 
vivamente  animati  dallo  spirito  di  ordine,  e  cotesta  esecu- 
zione diverra,  facile  e  sicura.  Imperocch5  tale  spirito  fara,  che 
T  individuo  si  tenga  al  suo  posto,  che  le  varie  comunanze 
di  socii  osservino  i  dovuti  rapporti  col  comitato  centrale,  e 
che  questo  non  oltrepassi  ne'  suoi  atti  la  cerchia  assegnata- 
gli.  Dal  che  si  avra  spontaneita  di  moto,  sforzi  pronti  e  bene 
aggiustati  all'uopo.  Che  se  da  alcuni  nodi  di  socii  non 
venga  serbato  il  debito  ordine,  vi  saranno  urti,  attriti,  in- 
cavallamenti,  sara  difficoltato  il  progresso,  non  manche- 
ranno  amarezze  di  animo,  che  mettono  il  tutto  a  rischio. 
In  una  parola  non  si  otterra  il  fine  dell' associazione.  II 
quale  essendo  quello  di  operare  a  forze  unite,  chi  non  vede, 
che  per  la  rottura  del  debito  ordine  esse  vengono  a  disgre- 
garsi?  E  cosi  coloro,  che  si  erano  associati  per  lavorare 
con  moltiplicata  gagliardia  a  servizio  degli  interessi  cat- 
tolici,  non  tenendosi  alia  conveniente  coordinazione  degli 
sforzi  comuni,  non  solamente  falliscono  al  proprio  intendi- 
mento,  ma  eziandio  sono  d'  intoppo  agli  altri  socii  nel  pro- 
seguimento -della  nobile  impresa.  Ceda  dunque  all' ordine 
la  gelosia  di  comunanza  particolare,  ceda  Futile  partico- 
lare,  ceda  il  sentimento  di  amor  proprio  individuale :  gelo- 
sia, utile,  amor  proprio,  tre  cause  precipue  di  rottura  nel 
coordinamento  degli  sforzi  comuni,  siano  sacrificate  al  ben 
comune,  siano  sacrificate  al  fine,  per  cui  fu  costituita  1' as- 
sociazione, essendo  regola  elementare  dell'  ordine,  che  1'  utile 
privato  ceda  all' utile  comune. 


DELLE   ASSOCIAZIONI    CATTOLICHE  431 

Pel  medesimo  fine  tanto  piu  giudichiamo  degno  di  stima 
uno  statute  per  gl'  interessi  cattolici,  quanto  piu  stretti 
appaiono  in  esso  i  rapporti  tra  le  singole  parti  ed  il  centro 
dell'  associazione.  Non  e  egli  vero  che  F  unione  fa.  la  forza  ? 
Ebbene  la  necessaria  conseguenza  sara,  che  tanto  piu  ga- 
gliarda  diviene  la  forza,  quanto  piu  stretta  si  forma  la  unione 
da  cui  ecreata.  Ilperche,  siccome  nel  caso  in  cui  le  associa- 
zioni  parziali  si  considerano  legate  con  debile  filo  di  rapporti, 
avremo  indebolimento  di  unione  e  con  esso  diminuzione  di 
forza;  cosi  nel  caso  opposto,  dalla  rafforzata  unione  avremo 
crescimento  di  forze  nell'operare.  II  Barone  di  Stillfried, 
nome  carissimo  a  tutti  i  cattolici  a  cagione  del  suo  fervido 
zelo  per  la  causa  religiosa,  dando  conto  nel  1867  di  ci6 
che  avea  operate  la  Confraternita  dell'Arcangelo  S.  Michele 
stabilita  in  Vienna  nel  1860,  ebbe  a  confessare  che  quel 
molto  che  avea  fatto  doveasi  dire  relativamente  assai  poco, 
e  ci6  per  la  ragione,  che  i  varii  gruppi  degli  associati  non 
aveano  operate  con  unita  di  sforzi  (well  kerne  Einlieit  in 
ihre  Bestrebungen  gebracht  ist).  Al  contrario,  chi  non  am- 
mira  1'ampiezza  del  successo  ottenuto  dai  Oasini  cattolici 
dell'  Austria  in  favore  della  causa  pontificia,  stante  la  unita 
di  forze ,  colla  quale  operarono?  Costrinsero  il  presidente  del 
Consiglio  dei  ministri  a  ricevere  le  loro  querele:  costrin- 
sero  il  Cancelliere  deirimpero  a  fare  le  sue  discolpe;  mi- 
sero  in  moto  tutte  le  popolazioni  cattoliche  e  suscitarono 
tale  spirito  di  reazione  in  pro  della  religione  manomessa 
dalle  inique  leggi  della  rivoluzione,  che  tutti  i  giornali  della 
setta  gridano  e  bestemmiano  da  forsennati ,  temendone  il 
piu  grande  malanno  alia  loro  causa. 

La  moltiplicita  degli  interessi  cattolici  die1  origine  a 
molte  associazioni  tra  se  diverse  secondola  diversita  dello 
scopo.  Dovranno  per  questa  diversita  procedere  senza  alcun 
vincolo  di  unione  ?  Sarebbe  una  sventura.  Fra  gl'  interessi 
cattolici  ve  ne  ha  alcuni  di  una  importanza  capitale,  in- 
quantoche  essi  hanno  in  mira  un  principio  pratico,  il  quale 
tocca  T  essenza  del  cristianesimo,  a  mo'di  esempio  la  liberta 


432  LO  SPIRIT.O 

della  Chiesa,  il  suo  diritto  su  la  educazione ,  la  indipendenza 
del  suo  capo,  ed  altri  somiglianti .  Ebbene  in  quest!  punti 
tutte  le  associazioni  particolari  devono  darsi  la  mano ,  ser- 
rare  tutte  le  loro  file  insieme  e  correre  alia  difesa .  £  egli 
mestiere  mostrare  di  cio  la  necessita?  La  cosa  parla  da  se.: 
le  associazioni  che  facessero  altrimenti  sarebbero  degne  di 
riso  come  furono  anni  fa  quelle  truppe  cinesi,  che  messesi 
su  la  difesa  di  un  punto  secondario  di  una  citta  non  si  bri- 
garono  di  chiudere  quei  passiprecipui,  per  i  quali  i  soldati 
inglesi  se  ne  impadronirono  con  somma  facilita.  Laregola  piu 
semplice  di  savio  ordinamento  richiede,  che  chi  si  e  dato  alia 
difesa  e  al  bene  degli  interessi  cattolici,  difenda  al  bisogno 
gl'interessi  essenziali,  fosse  pure  con  qualche  scapito  mo- 
mentaneo  dei  particolari. 

Questa  facile  arte  e  di  lunga  mano  adoperata  dagli 
avversarii .  Negli  ultimi  anni  della  signoria  austriaca  su  le 
province  lombarde  accadde,  che  Mons.  Speranza  zelantis- 
simo  Vescovo  di  Bergamo  proibisse  un  fogliettaccio  di  que- 
sta  citta,  il  cui  pregio  si  era  dipiacere  ad  alcuni  protestanti, 
suoi  benefici  padroni,  per  gli  spropositi  che  spacciava.  Di 
questo  fatto  fu  piena  in  poco  tempo  tutta  Europa,  e  la  Ger- 
mania  specialmente,  di  tutte  quelle  grida  e  lunghe  tirate, 
che  sogliono  fare  i  giornali  al  soldo  della  rivoluzione.  Perche 
tanto  scalpore  per  la  difesa  di  un  misero  giornale  di  pro- 
vincia  ?  La  risposta  nori  e  difficile  :  merce  la  proibizione 
del  fogliaccio  di  Bergamo  era  messa  in  quistione  la  liberta 
della  stampa,  siccome  implicitamente  condannata  da  auto- 
rita  episcopale.  La  quale  liberta  essendo  un  potentissimo 
arnese  di  guerra  per  la  rivoluzione  ,  T  ombra  di  un  suo 
pericolo  fu  la  cagione  ,  che  tutti  i  suoi  soldati  scrittori 
corressero  alia  difesa  gridando  il  finimondo.  Le  associazioni 
cattoliche  facciano  altrettanto :  si  ordinino,  si  uniscano  con 
istrettissimo  vincolo  fraterno,  e  secondo  la  qualita  della 
minaccia  sorgano  tutte  alia  difesa  .  Nel  Belgio  esiste  la 
federazione  dei  circoli  cattolici,  e  si  e  celebrata,  non  e 
guari,  colla  terza  assemblea  generale.  Nell1  Italia  il  dotto 


DELLE   ASSOCIAZIONI    CATTOLICHE  433 

e  santo  Vescovo  di  Mondovi  ha  gia  proposto  per  le  stampe 
una  lega  universale  di  tutte  le  associazioni  cattoliche .  Iddio 
benedica  il  suo  gran  disegno. 

Le  associazioni  cattoliche  non  congiurano,  non  ribellano 
i  popoli,  non  usano  frodi,  inganni  o  violenze  quali  che  siano 
a  pro  del  proprio  fine.  Questi  sono  i  mezzi,  che  ha  in  delizia 
la  rivoluzione :  si  mitrii  pure  di  tanta  gloria  a  proprio  senno. 
Esse  difenditrici  della  verita  e  della  giustizia  saranno  pronte 
a  perire  coi  proprii  figli  per  amore  dell1  una  e  dell'  altra , 
ad  offenderle  non  mai.  Contuttoci6  tale  disposizione  non 
basta;  e  mestieri  di  piu ,  che  nel  coordinamento  dei  loro 
sforzi  non  venga  presa  di  mira  alcuna  opera,  che  offenda 
comecchessia  la  legge .  E  che  importerebbe  il  migliore 
coordinamento  del  mondo,  se  nel  meglio  delF  azione  un 
processo  di  offesa  legalita  rovesciasse  in  capo  delFassocia- 
zione  il  conceputo  disegno  ?  Animati  i  socii  dallo  spirito 
d'ordine  non  prendano  alcun  partito,  se  prima  non  siano 
sicuri  dal  lato  della  legalita . 

Per  questa  via  il  successo  non  puo  fallire.  Eccovi  il 
nostro  perche.  II  principio,  che  si  tiene  in  conto  di  regolatore 
della  presente  societa,  e  quello  della  pubblica  opinione. 
Fate,  che  le  associazioni  cattoliche  in  questo  ed  in  quel 
caso  se  ne  valgano  a  tutela  dei  diritti  della  religioner  chi 
potra  a  ragione  tenersele  contro?  Imperocche  la  popola- 
zione  del  paese  essendo  pressoche  tutta  di  sentimenti  pro- 
fondamente  cattolici,  la  pubblica  opinione  ben  condotta  si 
manifestera  in  lor  favore  pronta ,  recisa ,  in  atteggiamento 
dignitoso ,  e  salda  nel  suo  diritto  non  indietreggiera  di- 
nanzi  a  chicchessia  fino  ad  essere  soddisfatta .  Quante 
volte  il  Governo  non  si  valse  del  titolo  della  pubblica  opi- 
nione in  difesa  dei  proprii  atti !  Difatto  sotto  T  ombra  di 
questa  potenza  non  ordino  la  invasione  delle  Marche?  non 
dichiaro  Roma  capitale  del  nuovo  Regno?non  entro  1'esercito 
per  la  breccia  di  porta  Pia?  Parlino  adunque  alto  anche  i 
cattolici:  facciano  sentire  la  loro  opinione  in  favore  della 
propria  causa,  ed  il  Governo  come  ha  soddisfatte  le  brame 
Serie  VIII,  vol.  II,  fasc.  502.  28  9  maggio  187  f. 


434  LO  SPIRITO 

piu  scapestrate  della  fazione  avversa,  perch&  questa  ha 
saputo  riempiere  di  romore  T  Italia,  cosi  in  forza  del  mede- 
simo  principio  dovra  soddisfare  i  giusti  e  ragionevoli  desi- 
derii  della  immensa  maggioranza  cattolica.  Piu:  li  soddisfara 
quale  custode  dello  Statute,  in  quanto  la  opinione  dei  catto- 
lici  sara  di  sua  natura  tutta  conforme  al  prime  articolo  del 
inedesimo .  Li  soddisfara  altre  volte  per  utilita  propria ,  in 
quanto  si  varra  della  medesima  opinione  fermamente  appog- 
giata  per  trarsi  dalla  molesta  ed  ingiusta  pressura  dei  frc- 
menti. 

Ad  ogni  patto  il  Governo  o  soddisfa  la  legale  ed  equa 
agitazione  dei  cattolici,  o  no:  nelPuno  e  nell'altro  caso 
vi  e  guadagno.  Nel  primo  e  cosa  evidente:  nel  secondo  il 
Governo  sara  agli  occhi  di  tutti  dal  lato  del  torto ,  sara  dal 
iato  della  violenza:  viceversa,  la  causa  dei  cattolici  com- 
parira  dal  lato  della  giustizia,  comparira  una  causa  oppres- 
sa.  Chi  non  sa,  che  1'oppressore  diviene  oggetto  di  abbor- 
rimento  presso  gli  onesti  ,  e  F  oppresso  ingiustamente 
oggetto  di  stima  e  di  affezione  presso  i  medesimi?  E  questo 
non  e  piccolo  guadagno. 


VII. 


Necessaria  e  la  legalita:  ma  badino  gli  associati  cat- 
tolici, che  la  grettezza  di  animo  non  se  ne  formi  una  ma- 
schera  e  vi  si  appiatti  sotto.  I  cavilli,  i  timori  ed  altri  mezzi 
vigliacchi  sono  i  suoi  consueti  ripari.  Lungi  dal  vero  cat- 
tolico  coteste  misere  arti,  come  ad  esso  estranie.  La  ma- 
gnanimita  e  cosa  tutta  sua  propria.  Questa  gli  e  insegnata 
da  Cristo,  che  per  amor  della  verita  e  della  giustizia  die'il 
sangue  e  la  vita ;  gli  d  indicata  da  que1  millioni  di  martiri  che 
per  la  stessa  causa  ne  seguirono  Tesempio;  gli  e  mostrata 
con  infiniti  esempii  da  que'tanti  uomini  di  Dio ,  i  quali 
trattandosi  della  causa  della  religione  non  v1  era  ostacolo 
si  gagliardo ,  che  non  affrontassero  .  Proposto  alcun  che 
come  pratico,  equo  ed  utile  alia  causa,  lo  accolga,  lo  metta 


DELLE   ASSOCJAZION1    CATTOL1CHE 


435 


in  opera.  Non  lo  ritragga  la  difficolta  della  impresa,  non  la 
scarsezza  presente  del  convenieuti  sussidii,  non  le  fatiche 
della  esecuzione,  non  le  molestie  di  alcun  dispiacere  o  il 
sacrifizio  di  cari  rapporti  nella  societa.  II  soldato  di  Cristo 
passa  sopra  tutto  questo  con  fermo  pie.  La  presente  lotta, 
dicea  Mons.  di  Ketteler  nel  Congresso  delle  associazioni 
cattoliche  in  Treviri,  ha  bisogno  specialmente  di  difensori, 
che  sappiano  per  amore  di  Cristo  incontrare  la  maligna  lo- 
quacita  degli  avversarii  nei  parlamenti,  che  sappiano  farsi 
beffe  delle  villanie  e  dei  titoli  di  disprezzo  ,  con  che  sono 
trattati  dai  giornali,  che  sappiano  non  curare  Futile  offerto 
con  danno  della  loro  dichiarata  professione.  Lo  spirito  del 
cristiano  e  spirito  grande,  e  spirito  di  magnanimita.  Di  questo 
deve  esser  pieno  ogni  associato,  di  guisa  che  sia  prima  cat- 
tolico  e  poi  politico,  prima  cattolico  e  poi  letterato  in  onore, 
prima  cattolico  e  poi  signore  dovizioso  od  al  servigio  del 
Governo  con  lauto  salario. 

Si  domanda  forse  troppo?  II  cattolico  che  pensa  cosi, 
guardi  agli  uomini  della  setta.  Che  non  fanno?  Si  stringono 
con  orribili  giuramenti  in  sull'entrarvi,  vendono  all'arbi- 
trio  de'  capi  h,  propria  liberta,  promettono  di  non  rispar- 
miare  al  bisogno  sostanze  e  quieto  vivere,  sono  pronti  a 
sopportare  e  danni  e  carceri  e  lastessamorte.  E  tutto  questo 
perche  ?  Pel  trionfo  di  reissimi  principii,  per  la  istituzione 
di  un  nuovo  ed  iniquo  ordine  di  cose,  per  una  rimunera- 
zione,  se  pur  accade,  tutta  materiale,  temporanea,  di  fronte 
a  cui  sta  in  minacciosa  figura  il  futuro  di  oltre  la  tomba.  Un 
cattolico  segnato  in  fronte  del  sacro  crisma,  campione  di- 
chiarato  della  verita  e  della  giustizia,  propugnatore  dei 
diritti  di  Dio  e  della  umanita,  colla  infallibile  promessa  di 
eterna  ed  ineffabile  ricompensa,  sara  da  meno  del  settario 
nel  coraggio,  per  vile  timore  manchera  al  suo  dovere,  ed 
operera  con  minor  gagliardia?  Non  lo  pensiamo. 

Quello  invece,  che  potrebbe  recar  nocumento  alia  sua 
operosita ,  si  e  il  caso  di  continue  difficolta  ognor  crescenti, 
o  Tinfelice  esito  de'suoi  ripetuti  sforzi.  Diciamo  che  po- 


436  LO    SPIRITO 

treble,  perche  se  il  socio  cattolico  provato  da  si  dura  spe- 
rienza  cadesse  di  animo,  allentasse  la  sua  energia,  si  ri- 
traesse  dalla  impresa  ,  commetterebbe  in  questo  T  errore 
piu  grossolano.  La  introduzione  od  il  ripristinamento  dei 
principii  cattolici  in  una  societa  e  impresa  nobile  ,  ec- 
celsa,  ma  nel  medesimo  tempo,  generalmente  parlando, 
malagevole.  Figuratevi,  che  essa  ha  contro  di  se  tutto  il 
furore  delle  passioni,  a  cui  porta  la  guerra,  e  tutti  gli  sforzi 
di  quelli,  i  quali  fondano  su  i  principii  delle  stesse  passioni 
la  propria  grandezza.  La  opposizione  vi  sara  certamente,  vi 
sara  forte,  vi  sara  continua  e  in  mille  modi.  La  via  di  supe- 
rarla  e  una  sola,  e  sta  nello  spirito  di  generosa  costanza.  In 
questa  clurarono  costanti  gli  apostoli  del  vero  ed  i  loro 
sostenitori  e  vinsero.  Da  quanti  bandi  feroci  non  fu  tribo- 
lato  il  cattolicismo  dell1  Irlanda,  da  quanti  quello  dell'  In- 
ghilterra?  La  confisca  dei  beni,  la  torre  di  Londra  e  Y  in- 
famia  del  patibolo  erano  le  difficolta,  che  i  propugnatori 
delle  dottrine  cattoliche  doveano  incontrare.  Con  generosa 
costanza  hanno  lottato  contro  di  esse  per  anni  ed  anni,  ed 
eccovi  T  Irlanda  coglierne  il  frutto  di  una  gloriosa  vittoria 
e  nell'Inghilterra  rifiorire  maestosamente  il  cattolicismo  ed 
allargare  ogni  di  piu  le  sue  nobili  conquiste. 

Del  rimanente,  checche  ne  sia  del  risultato,  gli  associati 
colla  loro  costanza  assicurano  T  esempio  di  una  magnanima 
confessione,  danno  la  piu  nobile  prova  di  fedelta  a  Dio ,  e 
sono  certi  di  esserne  largamente  ricompensati.  Imperocche 
Cristo  non  rimunera  le  nostre  fatiche  dalF  esito ,  le  nostre 
pugne  dalla  vittoria,  le  nostre  imprese  dal  successo,  ma 
dalla  qualita  delle  medesime  e  dalla  magnanimita  e  co- 
stanza, con  che  furono  eseguite.  Se  adunque  avvenga,  che 
la  difficolta  prema,  che  la  lotta  rincrudisca,  che  gli  sforzi 
dellVssociazione  male  si  reggano  dinanzi  alia  potenza  ma- 
teriale  de1  suoi  nemici,  niuno  de'socii  si  perda  d' animo, 
ma  continui  a  pugnare/or^r,  continui  a  combattere  con- 
slanter:  si  rammenti,  che  esso  pugna  e  combatte  sotto  gli 
occhi  di  Dio ,  che  la  confessione  della  fede  torna  a  gloria 


DELLE   ASSOCIAZIONI    CATTOLICHE  437 

dello  stesso  Dio,  e  che  nelle  divine  mani  e  pronta  la  corona 
per  chi  si  mantiene  fedele  al  suo  posto .  Cosi  favellava  S. 
Cipriano  incorando  i  cattolici  del  suo  tempo  J,  e  crediamo 
opportune  di  ripetere  qui  gli  stessi  concetti  ai  cattolici 
de'nostri  giorni. 


VIII. 


Tanto  noi  diciamo  nel  supposto,  che  tutti  gli  sforzi  del- 
T  associazione  non  approdassero  a  nulla .  Ma  non  sara  cosi. 
Rimanga  essa  costante  nella  sua  impresa,  ed  bgni  di  dara 
un  nuovo  passo  verso  la  vittoria.  Potra  bensi  accadere  ed 
accadra  nel  fatto,  che  le  fallisca  questo  o  quell'  intento 
particolare ,  ma  tale  disdetta  non  impedira  punto  il  cam- 
mino  verso  il  trionfo  della  sua  causa.  Sappiamo,  che  cosi 
parlano  in  linguaggio  piu  pomposo  i  capi  delle  societa, 
addette  alia  rivoluzione:  ma  le  loro  parole  sono  le  parole 
dell'inganno.  Le  nostre  no,  perche  appoggiate  a  sode  ra- 
gioni. 

La  prima  e  tratta  dalla  natura  delle  due  cause  in  lotta. 
Imperocche  essendo  quella  della  rivoluzione  la  causa  del- 
Ferrore  e  della  ingiustizia,  quella  del  cattolicismo  la  causa 
della  verita  e  della  giustizia,  appare  tosto  lampante  la  con- 
seguenza,  che  quanto  la  causa  del  cattolicismo  e  conforme 
alia  natura  deiruomo  formato  pel  vero  e  per  Fonesto,tanto 
e  in  contraddizione  colla  medesima  la  causa  della  rivolu- 
zione. Puo  egli  quale  che  siasi  natura  adagiarsi  e  rimanere 
in  uno  stato  di  contraddizione  con  se  medesima,  appreso 
come  tale?  Egli  e  chiaro  che  no.  Che  se  pure  la  vedete 
alcuna  volta  acconciarvisi,  questo  e  un  fatto  temporaneo, 
cagionato  o  dalla  ignoranza,  o  dalla  tempesta  delle  passioni, 
che  fanno  velo  all1  intelletto.  Basta  adunque,  che  tale  stato 
di  contraddizione  sia  conosciuto,  sia  sentito,  perche  la  na- 
tura sorga  con  tutto  lo  sforzo  contro  di  esso,  e  se  ne  franchi. 

1  Epis.  VIII  ad  Martyres. 


438  LO  SPIRITO 

Ora  le  associazioni  per  gl'interessi  cattolici  mirando  colla 
loro  azione  a  rischiarare  gF  intelletti  colla  luce  del  vero  ed 
a  rintuzzare  1'  impeto  della  passione  insinuando  i  principii 
dell'onesto;  il  necessario  effetto  di  tal  lavorio  si  e,  che  la 
causa  della  rivoluzione  tanto  piu  vada  ogai  di  perdendo  di 
terreno,  quanto  piu  chiaro  e  il  lume  del  vero,  che  raggiato 
negl' intelletti  dimostra  la  falsita  de' suoi  principii;  ed  al- 
T  opposto  tanto  piu  la  causa  cattolica  proceda  verso  il 
trionfo,  quanto  piu  fervidamente  le  associazioni  cattoliche 
si  adoperano  nell' illuminare  gl' intelletti,  e  nel  riordinare  a 
virtu  il  traviato  senso  morale . 

Cosi  conchiude  la  semplice  ragione.  AlFassociato  cat- 
tolico  si  offrono  ancora  argomenti  di  ben  altra  tempera  su 
cui  appoggiare  la  certa  fiducia  della  vittoria:  si  offrono 
le  promesse  infallibili  di  Cristo.  Le  quali  sono  espresse,  e 
dove  il  divino  Redentore  disegnando  la  forza  trionfante  delle 
sue  dottrine  sopra  le  opposte  rassomiglio  il  suo  regno  della 
verita  e  della  giustizia  a  quel  poco  di  lievito,  che  messo  in 
grande  massa  di  farina  vale  a  riempirla  tutta  della  sua 
virtu  !,  e  dove  a'suoi  discepoli  propagatori  e  sostenitori 
delle  medesime  ordino,  che  pel  trionfo  di  tutte  le  difficolta 
confidassero  in  lui  vincitore  del  mondo  2,  e  dove  prego  il 
Padre  a  far  balenare  tale  virtu  dalla  professione  de'  suoi 
futuri  discepoli,  clie  gli  uomini  conoscessero  in  essi  i  veri 
amici  del  Dio  della  verita  5.  Le  dottrine  che  propaga,  e  di 
cui  si  fa  pubblica  sostenitrice  Fassociazione  cattolica,  non 
sono  le  dottrine  di  Cristo?  Proceda  adunque  ripiena  il  cuore 
di  ferma  fiducia ;  essa  ha  per  se  le  divine  promesse.  Le 
dottrine,  che  spande  la  rivoluzione,  cadranno  convinte  di 
falsita  e  d1  ingiustizia,  gli  ostacoli  quantunque  grandi,  che 
oppone  la  stessa,  saranno  infranti  merce  la  potenza  del 
vincitore  del  mondo,  e  la  luce  di  Dio  folgorando  sopra  la 

1  Joan  XVI,  33. 

2  Matth.  XIII,  33. 

8  Joan.  XVII.  20-23. 


DELLE   ASSOCIAZIONI    CATTOLICHE  439 

santa  impresa  cattolica,  gli  uomini  alia  perfine  ricredutisi 
ravviseranno  negli  associati  gli  amici  del  vero  e  i  difensori 
del  diritti  della  umanita. 

Lo  Spirito  Santo  a  sostegno  della  fiducia  nostra  ci  ha 
gia  additata  per  la  penna  di  S.  Paolo  la  prova  del  fatto 
negli  esempii  dei  Santi,  i  quali  procedendo  colla  profes- 
sione  della  fede  alia  mano  «  trionfarono  delle  podesta  della 
terra,  chiusero  la  bocca  ai  leoni,  furono  invincibili  nella 
lotta  e  rovesciarbno  vittoriosi  le  falangi  trincerate  dei  loro 
nemici  !.  »  I  figli  della  rivoluzione  odorando  la  propria 
sconfitta  dalla  parte  delle  nuove  associazioni  cattoliche , 
che  hanno  gi&  spiegato  animose  il  vessillo  della  lor  fede, 
o  stanno  in  sul  punto  di  spiegarlo,  hanno  gridato  nei 
giornali  T  accorr'  uomo  ,  ed  in  cento  dispettose  maniere 
dimostrata  la  nascosta  paura  da  cui  sono  colti. 

Si:  Pavvenire  vittorioso  e  delle  associazioni  cattoliche. 
Sorgano  adunque  animose,  e  radicate  nei  principii  della 
fede  e  rafforzate  dai  forti  motivi  della  impresa  entrino  in 
campo.  L'armonia  delle  intelligenze  per  lo  spirito  di  som- 
messione  agli  insegnamenti  della  Chiesa  e  la  concordia 
delle  volonta  merce  lo  spirito  di  sacrifizio  e  di  riverenza  ai 
proprii  Pastori  ne  formino  una  stretta  falange,  1'ordine  e  la 
legalita  ne  regga  le  mosse,  la  magnanimity,  la  costanza  e 
la  sicnra  fiducia  in  Dio  del  buon  successo  le  accompagni 
e  le  avvalori  nelle  pugne  .  Battano  questa  via  di  fede,  e 
il  mondo  alia  fine  conoscera,  che  la  orgogliosa  possanza 
della  rivoluzione  ed  i  mille  mezzi,  che  puo  disporre  a  sua 
difesa,  non  sono  fondati  che  sulla  fallacia  e  sulF  inganno. 

!  Hebr.  XI,  33,  34. 


RIVISTA 

DELLA 

STAMPA    ITALIANA 


I. 


La  Questions  romana  nel  Congresso,  del  Bar  one  di  LETINO  CAR- 
BONELLI,  un  opuscolo  in  8°  di  pag.  116. 

L'  egregio  Ministro  di  Francesco  II  prende  le  mosse  in  questa 
sua  operetta  dal  decreto  dei  9  di  ottobre  1870,  col  quale  il  Goverrio 
di  Firenze  dichiarava  che  Roma  e  le  province  romane  fanno  parte 
integrante  del  regno  d'  Italia.  In  esso  decreto  e  detto  coll'articolo 
secondo:  77  Sommo  Pontefice  conserva  la  dignitd ,  la  inviolabi- 
litd  e  tutle  le  prerogative  personali  di  Sovrano.  Si  aggiunge  poi 
nell' articolo  terzo:  Con  apposita  legge  verranno  sancite  le  concli- 
zioni  atte  a  guarentire  anche  con  franchigie  territoriali  I'  indi- 
pendenza  del  Sommo  Pontefice  ed  il  libero  esercizio  dell'autoritd 
spirituale  della  Santa  Sede.  Egli  giustamente  osserva  come  qui  la 
Rivoluzione,  anche  mal  suo  grado,  fu  costretta  a  confessare  che  il 
Sommo  Pontefice  ha  mestieri  della  condizione  di  Sovrano,  che  la  sua 
indipendenza  esige  signoria  di  territorio,  ed  esenzione  dalla  potesta 
laica  di  tutti  gli  stmmenti  di  cui  egli  ha  bisogno  per  1' esercizio  della 
sua  autorita  cpirituale. 

Al  tempo  di  queste  ipocrite  promesse  si  poneva  innanzi  anche 
I1  idea  di  lasciare  al  Papa  il  dominio  temporale  della  cosi  detta  citta 
leonina.  L'Autore  dimostra  1' assurdita  di  un  tal  concetto,  il  quale, 
oltre  agl'  inconvenienti  di  due  poteri  sovrani  in  una  medesima  citta, 
distruggerebbe  tutte  le  ragioni  che  dai  rivoluzionarii  italiani  si  ar- 
recano  per  negare  al  Pontefice  il  possesso  del  rimanente  de'  suoi 
stati.  E  sembra  che  il  Governo  di  Firenze  abbia  presto  inteso  la 
stranezza  di  quel  concetto ;  giacche,  senza  fame  piu  cenno  si  affretto 
a  spogliare  il  Pontefice  dell'  intera  Sovranita  di  Roma.  Ma  qui  ap- 


RIV1STA   BELLA    STAMPA    ITALIANA  441 

punto  la  questione  romana  si  presenta  inestricabile  e  minaccia   di 
dissoluzione  lo  stesso  regno  d' Italia. 

II  Governo  di  Firenze  e  i  suoi  aderenti  si  adagiano  nella  lu- 
singa  di  una  conciliazione,  che  il  tempo  dovra  produrre.  Questa  lu- 
singa  e  vanissima.  Ne  Pio  IX,  ne  alcuno  de'suoi  successori  puo  scen- 
dere  a  patti  o  rinunzia  sopra  un  tal  punto.  II  Papa  non  e  in  cio  da 
paragonarsi  agli  altri  Principi.  Egli  ha  ricevuta  la  sua  sovranita  non 
come  semplice  erede,  ma  comje  depositario  di  un  diritto  che  e  tutto 
in  servigio  e  pro  della  Chiesa.  Egli  fedele  al  suo  mandato,  dee  tra- 
smetterlo  intero  al  suo  successore.  «  La  conciliazione  adunque  tra 
uno  Stato,  che  usurpa  alia  Chiesa,  e  il  Capo  di  questa  Chiesa,  che 
deve  maledire  1'  usurpatore,  e  sogno  di  mente  non  inferma  ma  stolta. 
II  Pontefice,  ministro  di  carita,  puo  perdonare  ed  assolvere  1' usur- 
patore, ma  appresso  la  restituzione  ed  il  pentimento  soltanto.  Per  la 
qual  cosa  il  fatto  compiuto,  relativamente  al  Pontefice,  non.potra 
mai  indurre  in  lui  convincimento  di  rassegnazione ,  ma  invece  au- 
menta  in  lui  il  dovere  di  resistenza;  e  questa  resistenza  non  ha  lati 
per  cui  possa  essere  espugnata,  non  appoggiandosi  essa  alia  foga  di 
possedere  forza  materiale,  ma  dipendendo  tutta  da  un  vincolo  di  co- 
scienza  religiosa,  il  quale  non  puo  essere  che  indefmitivamente  su- 
periore  alle  vedute  umane.  Che  se  la  conciliazione  e  impossibile  sotto 
il  rapporto  delle  integrita  del  patrimonio,  il  Governo  di  Firenze 
1'  aveva  gia  renduta  un  assurdo  con  la  guerra,  che  costantemente  ha 
fatto  alia  Chiesa,  eziandio  sotto  il  rapporto  della  sua  spirituale  giu- 
risdizione.  Questo  Governo  ha  calpestato  Concordati ,  ha  soppresso 
tutte  le  corporazioni  religiose,  e  possidenti  e  mendicanti ,  ha  inca- 
merato  beni  ecclesiastici ,  ha  abolite  nelle  Universita,  le  cattedre  di 
teologia,  ha  chiuso  Seminarii,  e  poi  ha  imprigionato  Vescovi  e  curati, 
inibito  funzioni  sacre ,  ed  osato  pretendere  d'  influenzare  su  i  sacri 
oratori,  perseguitandoli  a  capriccio,  e  cooperando  o  dando  impunita 
a  coloro  che  gl'  insultassero  fin  dentro  gli  augusti  recinti  del  san- 
tuario  1.  »  Ha  mostrato  insomnia  di  aderire  alia  bestemmia  del  De 
Boni,  il  quale  disse  in  pieno  Parlamento,  plaudente  o  mutola  1' as- 
semblea ,  che  piu  che  il  possesso  di  Roma  materiale ,  importava 
abbattere  i  principii  della  Chiesa  papale  2. 

L'ipocrisia  rivoluzionaria  ricorre  ai  primi  otto  secoli  della  Chiesa, 
in  cui,  dicono,  i  Papi  non  furono  principi  temporali. 

L'Autore  ricorda  le  mutate  condizioni  del  mondo  politico;   i 
successivi  svolgimenti  proprii  d'ogni  instituzione,  che  i  banditori  del 

'  Pag.  11. 

'  Atti  ufficiali,  Tornata  de1 17  luglio  1861. 


442  R1VISTA 

progresso  riconoscono  dappertntto,  eccetto  la  Chiesa ;  e  segnatamente 
fa  notare  come,  appena  cessata  la  persecuzione  dei  primi  tre  secoli, 
il  Sovrano  laico  lascio  Roma,  i  cui  Pontefici  tostamente  incomincia- 
rono  ad  acquisiare  preponderanza ,  fino  a  che ,  nella  formazione 
appunto  dei  nuovi  regni,  sorti  dal  disfacimento  dell'  impero  romano, 
vi  divennero  veri  sovrani. 

Che  se  ci  volgiamo  a  guardare  piu  particolarmente  i  tempi  pre- 
senti,  1'Autore  giustamente  osserva  «  essere  oggimai  impossibile  di 
trovare  un  modo  qualsiasi ,  merce  del  quale ,  anche  teoreticamente 
soltanto,  possa  concepirsi  che  il  Pontefice  romano,  privato  del  potere 
politico,  resti  libero  maestro  e  direttore  della  Chiesa.  »  Egli  ragiona 
questa  proposizione  specialmente  dalla  qualita  della  cosi  detta  civiltd 
moderna,  bastarda  figliuola  della  mascherata  Dichiarazione  dei  di- 
ritti  dell' uomo  del  1789,  colla  quale  la  Chiesa  non  puo  non  essere 
in  contimia  lotta,  e  pero  bisognosa  che  il  suo  Capo  si  trovi  in  pie- 
nissima  liberta  ed  indipendenza.  E  cio  e  conforme  al  bene  stesso 
materiale  d'  Italia,  giacche  Roma  papale  e  stata  sempre  proteggitrice 
e  salvatrice  d'  Italia. 

L'Autore  il  dimostra,  discorrendo  la  storia  dei  tempi  delle  prime 
incursioni  barbaric-he  infino  ai  nostri.  E  questa  benefica  influenza  di 
Roma,  soggetta  al  solo  Pontefice,  dall' Italia  si  e  diffusa  nel  resto 
del  mondo ;  e  per  contraccambio  il  resto  del  mondo  ha  largheggiato 
verso  di  lei  di  affetto  e  opera,  concorrendo  a  renderla  sontuosa  e 
magnifica.  Sicche-  anche  per  questo  capo  Roma  non  puo  essere  che 
del  Pontefice,  atteso  il  diritto  de' cattolici ,  colla  ricchezza  dei  quali 
essa  e  salita  a  quel  grado  di  splendidezza,  di  cui  gode  presentemente. 

«  Ma  all'  infuora  della  dignita  del  loro  Capo  e  della  superiorita 
della  Sede,  i  Cattolici  nella  indipendenza  e  nel  potere  temporale  del 
Pontefice  sono  necessitati  a  difendere  i  loro  particolari  interessi  e  la 
loro  medesima  sicurta.  Accennero  qualcuna  delle  piu  importanti  cause, 
per  cui  ai  cattolici  e  indispensabile  Roma  indipendente. 

«  Essi  possono  riunirsi  in  Roma  Papale  per  compiere  quelle 
Cerimonie  od  espiazioni  religiose,  che  loro  la  Chiesa  consente,  mentre 
il  potere  laico  puo  vietarle  per  motivi  aflatto  di  ordine  umano. 

«  Essi  possono  convenirvi  qualunque  sia  la  fazione  politica  cui 
appartengono ,  anzi  se  perseguitati  dal  potere  politico ,  trovano  ivi 
asilo;  mentre  il  potere  laico  puo  trovare  pretesti  a  negarlo. 

«  Essi  adiscono  liberamente  la  giurisdizione  ecclesiastica  per  far 
diffinire  controversie,  alle  quali  spesso  e  necessario  segreto  e  riser- 
vatezza;  mentre  con  la  ingerenza  del  potere  laico  pud  non  rispet- 
tarsi  eguale  discrezione. 

«  Essi  per  affari  di  coscienza  rivolgonsi  alle  varie  Congregazioni 
per  via  di  lettere  e  ricevono  da  queste  Congregazioni ,  anche  per 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  443 

via  di  lettere,  risposte.  Ed  il  potere  laico,  per  misurc  di  sicurezza 
pubblica,  pud  credersi  autorizzato  di  violare  il  segreto  di  quelle 
lettere. 

«  Le  relazioni  de'Yescovi  dispersi  per  tutto  il  mondo  potrebbero 
dal  potere  laico  essere  frastornate,  e  talvolta  anche  influenzate  per 
uniformita  di  rapporti  coi  Vescovi  delle  Diocesi  dello  stato  protettore. 

«  I  cattolici  ban  diritto  di  mantenere  in  Roma  licei  ed  istituti 
nazionali,  per  la  istruzione  e  formazione  dei  loro  ecclesiastici,  ed  il 
potere  laico  potrebbe  impedirli  o  pretendere  di  dirigerli  a  sua  voglia. 

«  Tutti  i  Convent!  sparsi  pel  globo  non  possono  non  mantenere 
in  Roma  le  cosi  dette  Case  Madri  o  Generalizie,  le  quali  ne  concen- 
trino  la  direzione;  ed  il  potere  laico  potrebbe  non  volerne  alcuna , 
o  limitarne  il  numero  o  circondarle  di  pastoie. 

«  Or  bene,  se  questi  ed  altri  molti  sono  i  cardini  dei  diritti  dei 
Cattolici,  per  afforzare  la  indipendenza  del  Pontefice,  il  Governo  di 
Firenze  ha  voluto  inoltre  persuaderli  cbe  il  potere  laico  accanto  alia 
Chiesa  non  e  che  la  distruzione  della  sua  autorita  e  la  maniaca  in- 
vasione  d'  ogni  sua  appartenenza.  II  Governo  di  Firenze  ha  gia  esor- 
dita  la  sua  opera  di  demolizione  con  le  seguenti  violenze  di  fatto. 

«  Si  e  impossessato,  scassinandolo,  del  Sacro  Palazzo  del  Qui- 
rinale,  e  questo  Palazzo  e  dimora  dei  Papi  ed  e  destinato  niente- 
meno  che  alia  riunione  del  Conclave. 

«  Si  e  impossessato  colla  forza  di  tutto  il  caseggiato  annesso  al 
Quirinale,  dove,  fra  gli  altri  sacri  uffizii  trovavasi  istallata  la  prima 
delle  romane  segreterie ,  la  Segreteria  di  Stato  ed  Archivio  impor- 
tantissimo. 

«  Si  e  impossessato  colla  forza  di  tutto  il  palazzo  della  Sacra 
Consulta,  dove  eran  pure  riuniti  Archivii  e  Congregazioni,  e  segna- 
tamente  quella  detta  dei  Memorial!. 

«  Si  e  impossessato  con  la  forza  di  tutte  le  localita  addette  ai 
Minister!  di  Stato,  Amministrazioni,  Conservazioni  ecc. 

«  Si  e  impossessato  del  Collegio  de'Nobili,  edifizio  fatto  e  man- 
tenuto  con  denaro  di  privati  ed  anche  di  stranieri  per  la  istruzione 
di  novizii  religiosi. 

«  Ha  demolita  la  direzione  ed  istruzione  religiosa  della  Univer- 
sita  romana. 

«  E  per  soprassello  di  asservimento  ha  proibito  al  Pontefice  di 
parlare  ai  fedeli,  sequestrando  e  traducendo  in  giudizio  i  giornali  che 
riportarono  1'enciclica  Respicientes  '. 

1  La  ragione  che  arrecb  di  tal  sequestro  il  pubblico  magistrate  si  fu  perche  in  essa 
si  riscontrano  concetti  ed  espressioni  contenenti  un1  offesa  al  rispetto  dovuto  alle  leggi  dello 
Stato,  oltraggiose  alia  Sacra  persona  del  Re,  e  che  /anno  risalire  alia  stessa  persona  del  Be 
il  liasimo  e  la  responsalilita  degli  atti  del  suo  Governo.  Vedi  UNITA  CATTOLICA  n.  27J> 
del  1870. 


444  R1VISTA 

«  Appresso  le  quali  cose  non  pud  Don  restare  in  serbo  la  occu- 
pazione  di  tutti  quanti  i  Convent!  (si  e  gid  cominciato  con  invaderne 
otto  del  piu  principali),  1'abolizione  in  massa  delle  Comunita  reli- 
giose e  via  via. 

«  Ne  tali  eccessi  si  accagionino  solo  alia  rivoluzione  che  governa 
ora  in  Firenze;  imperocche  non  puo  disconvenirsi  che  anche  un  Go- 
verno  ordinato  e  discrete  non  potrebbe  evitare  la  dissonanza  dello 
attrito  di  due  potesta,  il  cui  indirizzo  puo  benissimo  variare. 

«  I  cattolici  adunque  non  potendo  permettere  che  sia  conculcata 
la  loro  Chiesa  ed  asservito  il  loro  Capo,  farebbero  certo  valere  i  loro 
diritti  su  Roma ,  che  e  la  citta  da  essi  riedificata  e  mantenuta ,  e 
combatterebbero  ad  oltranza  per  rivendicarla  libera  ed  intera  al 
Pontefice  l.  » 

L'  Autore  passa  quinci  a  mostrare  come  1'  interesse  altresi  dei 
Governi,  eziandio  acattolici,  e  impegnato  a  voler  il  Papa  sovrano  in 
Roma,  si  perche  l'abbattimento  della  piu  legittima  e  benefica  sovra- 
nita  del  mondo  sarebbe  il  segnale  e  il  cominciamento  di  uno  uni- 
versal cataclisma,  e  si  perche  la  nomina  dei  Yescovi  nei  loro  dominii 
e  T  elezione  stessa  del  romano  Pontefice  potrebbe  risentirsi  delle 
influenze  del  Governo,  che  avesse  suddito  o  almeno  ospite  il  Papa  ed 
i  suoi  elettori .  Oltrech^  il  dovere  che  essi  hanno  di  proteggere  la 
liberta  di  coscienza  dei  loro  sudditi,  li  obbliga  a  voler  non  sottomesso 
alia  giurisdizione  d' un  poter  laicale  il  supremo  reggitore  e  regola- 
tore  della  medesima.  Onde  a  ragione  il  Ministro  del  Re  di  Prussia 
Brunow  recentemente  dichiarava  di  tenere  il  Principato  temporale 
dei  Papi  in  conto  d' una  necessitd  europea. 

Ne  vale  in  contrario  quell'  impudente  trovato  della  demagogia 
universale,  messo  a  sostrato  dei  diritto  nuovo^  cioe  a  dire  le  aspi- 
razioni  de'popoli,  quasiche  i  romani  agognassero  ad  esser  governati 
da  principe  laico.  Quand'  anche  cio  fosse  vero ,  1'  indipendenza  del 
Capo  supremo  della  Chiesa  cattolica  e  un  interesse  d'ordine  si  ele- 
vato,  che  in  niuna  guisa  potrebbe  cedere  alia  capricciosa  voglia  d'un 
popolo  .  Ma  per  buona  ventura  i  romani  son  lontanissirni  da  tanta 
stoltezza.  L' Autore  discorre  per  tutte  le  classi  de'cittadini,  e  fa  vedere 
come  dal  loro  contegno  risulta  ad  evidenza  la  fedelta  della  gran 
maggioranza  e  quasi  totalita  de' romani  al  Pontefice;  della  qual  fe- 
delta essi  avevano  anche  prima  dell'  invasione  dato  splendidissima 
prova,  colle  magnifiche  loro  dimostrazioni  continuate  fmo  alia  vigilia 
del  20  settembre .  Ne  il  famoso  plebiscite  e  opposizione ,  che  possa 
recarsi  in  contrario,  sapendosi  da  ognuno  in  qual  modo  fu  disposto 
e  compito  quell' atto.  Cotesto  amore  al  Pontefice  e  alia  sua  temporale 

1  Pag.  49  e  seguenti. 


DELLA    STAMPA    ITALIANA 


445 


signoria  e  nei  romani  cresciuto  di  lanto,  dopo  che  ban  provato  col 
fatto  quali  sieno  le  beatitudini  che  nell'  ordine  si  materiale  e  si  mas- 
simamente  morale  ban  recato  i  nuovi  padroni. 

L'Autore  tocca  altresi  1'argomento  delle  guarentige,  che  il  Go- 
verno  di  Firenze  simula  di  voler  dare  al  Pontefice,  in  contraccambio 
della  sua  sovranita  temporale.  Egli  ne  mostra  1'intrinseca  vanita  e 
disvela  i  ciechi  intendimenti  di  coloro  che  le  sanciscono,  i  quali  fanno 
assai  manifesto  il  disegno  di  renderle  nel  fatto  lettera  morta.  II  che 
apparisce  fin  d'ora  dal  modo,  onde  il  Governo  fa  rispettare  in  Roma 
il  Pontefice,  e  la  santita  del  culto  cattolico. 

Da  ultimo  1'Autore  allargando  il  suo  discorso,  dalla  quistione  di 
Roma  passa  a  parlare  della  quistione  italiana  in  generale.  L'idea  di 
unita  di  Stato  nella  Penisola  fu  invenzione  recente,  messa  innanzi 
e  promossa  da  tanti  mestatori ,  affine  di  piemontizzare  V  Italia.  Le 
vere  aspirazioni  de'popoli  presso  noi  non  furono  mai  per  essa,  ma 
solo  per  moderate  liberty  e  indipendenza  dallo  straniero ,  e  soprat- 
tutto  per  emancipazione  dalla  tirannide  burocratica,  distruggitrice  di 
ogni  vita  e  movimento  spontaneo  de'  municipii.  Noi  non  seguiremo 
1'Autore  nella  narrazione  de'fatti;  la  quale,  succinta  com'e,  mala- 
gevolmente  potrebbe  ridursi  a  piu  stretto  compendio.  Neppure  il  se- 
guiremo nell'  enumerazione  dei  danni,  che  1'attuazione  di  quell' idea 
ha  recato  ai  diversi  Stati  d'  Italia,  segnatamente  al  napoletano.  Basti 
riportare  un  sol  tratto  del  luttuoso  quadro,  che  egli  giustamente  ne 
fa.  «  Che  cosa  addivennero  (cosi  egli)  le  province,  soggiogate  al 
Piemonte  la  merc&  di  tali  mezzi  e  con  1' opera  di  tali  uomini?Non 
altramente  che  incursioni  di  orde  beduine  fan  desolati  i  sorpresi 
paesi,  non  altrimenti  che  fitto  sciame  di  locuste  in  poco  d'ora  de- 
vasta  la  messe,  quanta  era  ricchezza  ammassata  da  saggia  economia, 
quante  erano  provvigioni  d'industri  manifatture,  e  deposit!  d'armi, 
ed  arsenali  disparvero;  gli  stessi  opificii,  divenuti  cospicui  e  concor- 
renti  coi  piu  reputati  stranieri,  fur  venduti  o  distrutti,  spogliate  le 
casse  de'pubblici  Banchi,  istituzione  che  sapientissima  ed  unica  al 
mondo  teneva  il  Napoletano  a  gratuito  vantaggio  privato;  ed  insieme 
al  danaro  dello  Stato  fu  preso  quello  di  privati  depositi;  all'opulenza 
di  coniato  metallo  prezioso  fu  surrogata  la  non  mai  per  lo  innanzi 
conosciuta  carta  moneta,  alia  quale  fu  giocoforza  di  assegnare  corso 
forzoso.  Guaste  ed  incarite  le  privative,  e  soprattutto  i  balzelli,  cosi 
sulle  cose  che  nelle  persone  divisamente ,  cosi  cumulandoli ,  come 
pe'prodotti,  pel  che  quasi  sempre  ripetevansi  e  moltiplicavansi  sulla 
stessa  specie.  l  » 


Pag.  87. 


446  RIV1STA 

Di  questo  metro  va  innanzi  1'Autore  per  molte  pagine,  dipin- 
gendoci  a  vivaci  colori  il  turpe  mostro.  Ma  noi,  piuttosto  cbe  fermarci 
a  contemplare  cotesta  orrida,  benche  verace,  dipintura,  amiamo  vol- 
gerci  ad  epilogare  le  ragioni,  onde  i'Autore  dimostra  che  1'unita 
statuale  non  conviene  all' Italia.  Egli  dunque  cosi  ragiona.  Neppure 
il  Mazzini,  comeche  rivoluzionario  per  eccellenza ,  ha  sognato  una 
tale  unita;  egli  ha  vagheggiato  solamente  1'unita  federativa,  benche  di 
repubbliche.  Eziandio  il  Gioberti,  che  tanto  si  occup6  delle  cose  d' Ita- 
lia, non  suggeri  ne'suoi  scritti  che  la  semplice  Conlederazione.  Questa 
basta  alia  sicurezza  d'ltalia.  Volerla  inoltre  ridurre  ad  una  sola  signoria 
non  puo  esserle  che  funesto.  «  L'  unita  italiana,  dice  T  Autore,  gettato 
informe  d'insidia  straniera  e  della  irrequietezza  d'un  cospiratore  am- 
bizioso,  rilutta  alia  grandezza  ed  alia  liberta  d'ltalia,  e  se  restasse 
imposta  da  prepotenza,  non  farebbe  che  abbrutirla,  lacerarla  di  guerre 
intestine,  distruggerla.  I  molti  centri  di  suo  Governo  ban  diffusa  la  civilta, 
moltiplicate  eraffinatele  arti,  arricchita  1'industria.  Laresidenza  delle 
sue  Corti  ha  dirozzato  le  abitudini  coloniali  delle  province,  ha  creato 
bisogni,  pei  quali  il  Commercio  si  e  dilatato  formando  nuove  ed 
ignote  sorgenti  di  ricchezza.  Le  svariate  convergenze  governative,  le 
universita  e  gl'istituti  scientific],  i  grandi  Corpi  dello  Stato,  il  cospicuo 
ed  operoso  foro  che  circonda  questi  Corpi ,  ban  dato  impulse  a  studii 
severi ,  ban  generalizzato  le  scienze  ed  ban  prodotto  uomini  illustri 
in  ogni  branca  del  sapere.  Le  Capitali  di  questi  Stati  hanno  imposta 
la  necessita  dell'  ingrandimento  e  dell'abbellimento  di  maggior  numero 
di  citta,  suggeriti  i  piu  facili  e  comodi  mezzi  di  comunicazione , 
elevato  il  valore  delle  proprieta  urbane,  ed  attirato  quel  concorso  di 
forestieri ,  che  induce  aumento  di  denaro  e  sprone  di  emulazione. 
Tolta  all' Italia  questa  vita  di  attivita,  questa  moltiplicita  di  fonti  di 
una  produzione  incessante,  essa  in  poco  tempo  diverrebbe  povera  e 
rozza,  tornerebbe  alia  vita  di  agricoltura  e  di  pastorizia,  della  quale 
ha  presentato  riscontro  con  le  province  rimpetto  alle  sue  citta  gia 
capitali .  Per  cio  F  Italia  fin  oggi  ha  differenziato  dagli  altri  Stati 
d'  Europa,  ed  ha  formato  oggetto  di  loro  bramosia.  La  bellezza  delle 
sue  metropoli,  sviluppata  dal  genio  dei  suoi  abita tori,  era  1'obbietto 
della  invidia  straniera. 

«  Questa  condizione  di  sviluppo  delle  metropoli  sulle  citta,  che 
ne  dipendono,  e  una  legge  naturale,  invariata  per  tutti  i  tempi  e 
per  tutti  i  gradi  d' incivilimento:  la  stessa  Francia  civilizzatrice  non 
ha  che  Parigi ;  le  sue  altre  citta  bellissime,  ricchissime  e  riboccanti 
d'industrie,  non  sono  state  e  non  saranno  fatalmente,  che  sempre 
province,  ed  il  Brettone  e  quel  di  Guascogna  la  caricatura  dei  Campi 
Elisi  e  dei  baluardi.  Solo  Italia  vantava  il  Napolitano,  il  Romano,  il 


BELLA  STAMPA  1TAL1ANA  447 

Milanese,  il  Toscano  e  via  via ;  ed  era  intanto  sempre  dire  italiani. 
Ed  e  siffatta  grandezza,  che  unica  nella  restante  mole  del  create 
posseggono  gl'  Italiani ,  e  ferace  di  prosperita  e  di  forza,  che  vuolsi 
si  atterri  dagli  stessi  Italiani  l !  » 

•  L'Autore  aggiunge  che  un  assetto  cosi  violento,  non  dara  mai 
pace.  «  In  Italia  la  lotta  di  resistenza  alia  sua  unita  non  puo  dare 
mai  tregua  al  Governo.  Gl'  Italiani  abituati  allo  splendore  ed  ai  van- 
taggi  delle  prische  signorie,  in  quella  guisa  che  furono  cospiratori 
per  ammodernarne  1'indirizzo  politico,  saranno  cospiratori  in  perma- 
nenza,  sinche  1'attuale  edifizio  non  crolli;  che  non  e  loro  interesse 
e  che  non  era  loro  aspirazione.  Gli  stessi  illusi  dalle  false  promesse 
della  rivoluzione  trovansi  disingannati.  Per  tal  cagione  il  Governo  di 
Torino  e  di  Firenze  non  e  finora  riuscito  ad  alcun  ordinamento.  II 
paese  gli  era  contro,  sia  che  questo  fosse  apparso  retrivo,  sia  che  esso 
appaia  repubblicano;  imperocch&  quella  o  questa  fazione  esprime  si- 
milmente  il  malcontento,  1'avversione,  la  minaccia  del  rovescio.  Di 
qui  la  necessita  che  questo  Governo  si  tenga  sospettoso,  prevenuto, 
ed  armato  a  guerra  fratricida.  Condizione  assai  trista  e  poco  lunga- 
mente  sostenibile,  ma  che  nel  suo  intervallo  e  esiziale  per  lo  interno, 
ed  e  compromettente  con  lo  straniero ;  imperocche  gli  altri  Stati  na- 
turalmente  veggono  in  quella  la  face  inconsunta  di  una  rivoluzione, 
che  puo  dilatarsi  ad  ogni  lieve  pretesto  2.  » 

Benche  nociva  all' Italia  1' unita  di  Stato,  nondimeno  1'e  indi- 
spensahile  1' unita  di  confederazione.  Questa  si  voleva  dal  Pontefice 
e  dagli  altri  Principi  italiani  fino  dal  1848,  e  fu  il  Piemonte  quello 
che,  ricusandola  per  fini  egoistici,  la  fece  abortire.  L'Autore  sostiene 
che  ad  essa  si  dovrebbe  tornare,  sotto  la  presidenza  del  Papa.  Rife- 
riamo  colle  sue  stesse  parole  i  vantaggi ,  che  egli  ne  spererebbe. 

«  Questa  confederazione  (son  sue  parole)  posta  sotto  I'altissimo 
maestrato  del  Pontefice  produrrebbe  all'  Italia  i  seguenti  meravigliosi 
vantaggi . 

1°  L' indirizzo  italiano  moverebbe  dai  piu  puri  fonti  della  giu- 
stizia  e  della  liberta;  imperocche  avrebbe  a  guida  il  Vangelo,  il  quale 
insegna  simiglianti  doveri  ai  Re  ed  ai  popoli  e  difende  egualmente 
i  diritti  dei  Re  e  dei  popoli . 

2°  Riprodurrebbe,  svestito  da  fanatismo  e  dagli  odii  partigiane- 
schi  quel  guelfismo  che  fu  1'  indipendenza  dei  popoli  italiani  contro 
il  ghibellinismo,  che  significava  le  usurpazioni  dell'impero  ed  il  ser- 
vaggio. 

3°  Aggiungerebbe  alia  forza  materiale  d'  Italia  quella  forza  mo- 
rale, che  e  solo  attribute  del  Pontefice,  e  che  si  estende  a  piu  che 

i  Pag.  94.  —  2  pag.  97. 


448  RIVISTA  DELLA   STAMPA   ITALIANA 

dngento  milioni  di  persone,  che  sono  i  cattolici,  sparsi  ed  influenti 
per  tutto  il  mondo. 

4°  Assicurerebbe  realmente  a  ciascuno  Stato  la  propria  indi- 
pendenza;  imperocche  il  maestrato  del  Pontefice  e  tutto  intelligente 
e  morale  e  niente  affatto  prepotente,  come  si  verifica  in  altre  con- 
federazioni  politiche,  nelle  quali  il  Capo  e  o  pud  essere  a  sua  voglia 
il  leone  della  favola ,  che  divide  per  satollarsi  delle  intere  quattro 
porzioni  l.  » 

E  qui  poniamo  fine  all'  esposizione  di  questa  operetta,  dal  breve 
sunto  della  quale,  il  lettore  puo  intenderne  1'  importanza. 

IF. 

REFFO  EUGENIO  ED  ENRICO.  Le  serate  di  carnevale .,  raccolta  di  com- 
medie  e  farse ,  ad  uso  degli  istituti  di  educazione  maschile; 
per  D.  Eugenia  ed  Enrico  Reffo ,  maestri  nel  Collegia  degli 
Artigianelli.  Torino,  tip.  Artigianelli,  1870,  tre  fascicoli  in  16° 
contenenti  tre  commedie  e  tre  farse.  II  quarto  fascicolo  e  sotto  i 
torchi.  Prezzo  di  ciascun  fasc.  60  cent. 

Ci  duole  di  non  aver  potato  raccomandare  al  pubblico  il  libro 
dei  fratelli  Reffo  prima  delF  ultimo  carnevale.  I  nostri  lettori  ne  sanno 
il  perche.  Yero  e  che  i  buoni  libri  possono  e  debbono  restare  in  pregio 
in  qualsivoglia  stagione.  II  Ch.  Autore,  ossia  i  ch.  Autori,  ci  dicono, 
che  «  non  hanno  mai  approvato  quelle  commedie  scritte  per  collegi 
maschili,  in  cui  si  tratta  del  matrimonio  d'una  fanciulla,  chee  bensi 
assente,  ma  che  ad  ogni  tratto  vi  pare  di  vedere  comparire  dalle 
quinte,  a  rompere  il  buon  proponimento  fatto  dall'autore  di  scrivere 
per  i  giovanetti  »  E  cio  dicono  con  troppa  ragione.  Molto  meno  noi 
approviamo  quelle  commedie  o  farse,  nelle  quali  a  forza  di  forbice 
e  di  cartesini  si  e  mutato  una  amante  in  un  amico,  uno  sposalizio 
in  una  cenata:  lavori  freddi,  stiracchiati ,  inverisimili ,  e  che  il  piu 
spesso  tanto  lasciano  trasparire  di  loro  camuftatura  che  e  un  incre- 
scimento  ad  assistervi.  Non  meglio  ci  garbano  le  prediche  sui  tea- 
trini,  le  tirate  di  morale,  gli  esempii  di  divozione.  Via,  via  dalla 
scena  tutto  ci6  che  e  troppo  elevato,  ne  patisce  di  mescolarsi  coi  lazzi 
e  le  buffonate.  L'intento  virtuoso  il  comico  deve  raggiungerlo  col- 
1'invenzioiie  della  favola,  e  colla  fortuna  a  cui  riescono  i  personaggi 
buona  o  rea,  secondo  che  buono  o  reo  e  il  loro  carattere.  In  tutti 
questi  punti  troviamo  di  nostro  gusto  le  Serate  di  carnevale.  Lo  spa- 
zio  non  ci  consente  di  istituire  una  critica  letteraria ,  ma  bene  pos- 
siamo  accertare  che  queste  commedie  riusciranno  di  allegrissima  rap- 
presentazione,  facile  ,  deliziosa,  e  formeranno  uno  de'migliori  corredi 
d'un  repertorio  di  collegio. 

i  Pag.  100. 


CRONACA 


Firenze  10  maggio  1871. 


i. 


ROMA  —  Nostra  Corrispondenza;  dove  anche  si  discorre  della 
Scuola  giudaica. 

Dio  ci  liberi  che  costoro,  ossia  loro,  insieme  con  se  medesimi  e  i 
casini  infami,  scuole  rabbiniche,  fotografie  oscene,  libri  immoral!, 
battesimi,  matrimonii  e  funeral!  incivili,  orgie  di  Venerdi  Santo,  Bibbie 
false,  predicated  falsarii,  lavori  festivi,  operai  bestemmiatori,  ladri, 
truflatori,  accoltellatori,  macchine  sfasciate,  frati  sfratati  e  altri  reduci, 
ci  avessero  ancora  portata  1'abbondanza !  II  corno  ce  1'hanno  portato:  ma 
e  un  corno  vuoto,  senz'abbondanzanessuna.  E  questa  e  stata  unagrande 
provvidenza.  Giacche,  se  costoro  col  male  morale  ci  portavano  ancora 
il  bene  materiale,  temo  forte  che,  anche  in  Roma,  dove  1'educazione 
cristiana  piu-  che  altrove  persuade  facilmente  ognuno  della  preferenza 
che  si  dee  al  bene  morale  anziche  al  materiale,  non  sarebbero  pero 
niancati  parecchi,  che  videntes  meliora^  ma  deteriora  sequentes,  si 
sarebbero  lasciati  tentare  di  non  maledirne  troppo  1'arrivo.  Ma,  grazie 
alia  divina  provvidenza,  noi  Romani  siamo  ora  esenti  da  questa  ten- 
tazione :  ed  abbiamo  anzi  un  nuovo  argomento  palpabile  da  persua- 
derci,  che  miseros  facit  populos  peccatum ,  e  che  popolo  imbandie- 
rato  non  ^  sempre  sinonimo  di  popolo  beato. 

Ci  vuole  anzi  molta  caparbieta  e  testardaggine  perche  coloro  stessi 
che  spesero  la  loro  vita ,  e  forse  ancora  qualche  membro ,  o  anno 
di  loro  vita  in  galera.patriottica  ed  onorata,  per  cooperare  a  questo 
sospirato  arrivo,  non  sospirino  ora  anch'essi,  con  noi,  in  senso  inverso. 
Quanto  a  noi  altri,  che  non  portiamo  in  petto  medaglie  di  buon  ser- 
vizio,  ne  ai  polsi  segni  di  manette  reazionarie,  noi  abbiamo  ora  tutto 
T  agio  di  ammirare  la  dottrina  che  si  nasconde  sotto  quelle  parole 
Serie  VIII,  vol.  II,  fasc.  502.  29  11  maggio  1871. 


450  CRONACA 

strane,  che  udivamo  spesso  ripetersi  altrove.  «  Si  stava  meglio  quando 
si  stava  peggio.  »  E  so  di  buon  luogo  che  scappa  talvolta  la  pazienza 
perfino  ai  reduci.  Per  esempio  la  Capitate  del  2  maggio  dice.  «  Ah ! 
Roma  e  ben  lungi  dal  piangere  il  caduto  governo  pretino.  Ma  non 
ristara  per  questo  dal  cercar  ogni  mezzo  di  migliorare  il  governo 
presente .  Qui  il  malcontento  ha  raggiunto  una  tal  misura,  che  non 
si  sentono  che  imprecazioni  al  governo .  Roma  fu  trattata  da  citta 
conquistata.  »  E  il  27  aprile  diceva.  «  II  posto  dei  Monsignori  e  stato 
subitaniente  coperto :  ai  Cardinali  si  sono  sostituiti  celeberrimi  pap- 
patori.  »  Ed  il  Tribuno ,  uno  dei  piu  poderosi  pappatori ,  diceva  il 
2  magg-io:  «  L'entusiasmo  dei  primi  momenti  e  qui  ribassato  del  no- 
vanta  per  cento  »  in  proporzione,  credo  io,  della  misura  della  pappa.  I 
reduci  poi  che  non  iscrivono,  ma  parlano ,  essendosi,  uno  di  questi 
giorni,  incamminati  verso  il  Campidoglio  per  limosinare  al  loro  solito 
presso  quei  buoni  padri  della  Patria;  e  non  avendo,  al  solito,  potuto 
ottenere  nulla,  perche  ora  al  Campidoglio  si  abbonda  di  tutto  fuorche  di 
danari:  questi  buoni  giovani,  reduci  dal  Campidoglio  colle  mani  vuote, 
per  incantare  alia  meglio  il  rugghio  delle  viscere  digiune,  andavano 
dictmdo.  «  I  preti  erano  birboni.  Ma  costoro  sono  anche  peggiori. » 
Forse  col  tempo  eviteranno  i  paragoni  che  sono  sempre  odiosi ;  e  si 
contenteranno  del  secondo  inciso. 

Cotalche  si  puo  dire  che,  anche  con  questa  alluvione  di  tasse,  di 
furti,  di  miseria,  non  possiamo  lagnarci  troppo.  Non  ogni  male  viene 
per  nuocere.  L' uomo  e  fatto  cosi ,  che  egli  ama  imparare  a  spese 
proprie .  Non  ci  e  metodo  piu  limpido,  piu  efiicace  e  piu  sbrigativo 
d' insegnamento,  che  1'esperienza.  Si  lagnano  costoro  che  il  Papa  non 
esce  a  spasso.  Ne  ringrazino  piuttosto  i  Gesuiti  carcerieri:  i  quali , 
se  avessero  tutto  quel  giudizio  che  si  dice,  dovrebbero  ora  scarcerare 
il  Papa  e  condurlo  un  poco  a  spasso  per  Roma,  non  dico  a  dare,  ma 
a  ricevere  benedizioni  ed  augurii  di  buon  ritorno. 

Non  si  puo  negare  che  I' arte  dei  liberali,  nel  farsi  odiare  qui 
in  Roma,  non  sia  sopraffina.  Diresti  che  il  loro  scopo  e  di  farsi 
cacciar  via :  e  far  benedire  ancora  coloro  che  si  pigliassero  questa 
cura.  Dice  bene  la  Capitals  del  signor  Sonzogno,  giornale  bene  in- 
formato  in  materia  di  spie  segrete,  che  non  tutti  i  Gesuiti  stanno  al 
Gesu,  Al  Gesu  non  ci  stanno  che  i  Gesuiti  smascherati.  Ma  i  masche- 
rati,  i  fini,  i  veri  nemici  della  patria  debbono  stare  costi  in  Firenze, 
nei  piu  alti  seggi  ministeriali.  Sapete  che  i  Gesuiti  si  sanno  infiltrare 
dappertutto. 

Pero  consiglierei  la  discrezione.  Che  i  liberali  si  rendano  odiosi, 
sta  bene.  Poiche  hanno  questo  gusto  ,  quanto  a  me,  non  ci  ho  che 
dire.  Ma  il  troppo  poi  e  sempre  troppo.  Per  esempio,  non  vi  era 
bisogno,  secondo  me,  di  quella  notificazicut  el  Municipio  romano, 


CONTEMPORANEA  451 

sopra  la  visita  degli  appartamenti  disponibili  per  grimpiegati  da 
venire.  La  Nuova  Roma,  che  forse  aspetta  da  Firenze  qualche 
parente  bisognoso  di  buon  alloggio  a  poco  prezzo,  difende  la  cosa 
nei  suoi  numeri  del  24  e  25  aprile,  coll'esempio  de'  Curati .  «  Se  i 
cittadini  romani  non  hanno  mai  negate  1'  ingresso  delle  loro  case  ai 
Curati  per  lo  Stato  delle  anime,  non  si  crede  che  lo  vogliano  negare 
a  distinti  cittadini  ».  Ma  vi  e  qualche  divario.  Giacche  il  Curato  entra 
nelle  case  d.ei  Romani  per  cercare  le  anime  che  vi  sono .  Laddove 
invece  i  distinti  ciltadini  vi  vogliano  entrare  per  allogarvi  delle  anime 
nuove,  le  quali  non  si.sa  poi  di  che  colore  saranno,  se  ebree  o 
battezzate.  Ricorre  anche  al  Centenario  di  S.  Pietro.  «  Non  si  ebbe 
mai  in  pensiero,  dice  la  Nuova  Roma,  di  estendere  queste  ricerche 
a  tutte  le  case:  ma  solo  a  quelle  che,  in  circostanze  straordinarie , 
come  per  esempio  in  quella  del  Centenario  di  S.  Pietro,  si  presta- 
rono  ad  affittare.  »  Ma  anche  qui  vi  e  divario.  Giacche  nell'occorrenza 
del  Centenario  si  affittava  per  poco  tempo,  a  caro  prezzo  ed  a  per- 
sone  amiche.  Laddove  oggi  come  oggi  si  dovrehbe  affittare  (nell'opi- 
nione  della  Nuova  Roma)  per  lungo  tempo  ed  a  persone  poco  gradite, 
le  quali  vengono  coll'  idea  lodevolissima,  uon  puo  negarsi,  di  pagare 
il  meno  che  possono. 

Del  resto,  dalla  Nuova  Roma  in  fuori,  tutta  Roma  e  d'accordo 
a  strepitare  contro  il  Signor  Biagio  Placidi,  che  notified  una  tale 
baggianeria.  Bisogna  udirli  questi  Romani!  L'uno  interroga  se  «  con 
o  senza  mobili  »  non  si  potrebbe  allogare  qualcuno  dei  piu  sani  sul 
Campanile  di  Campidoglio,  invece  di  quella  Roma  che  sta  lassu  con 
un  bastone  in  mano  «  senza  mobili  »  cioe  senza  bandiera.  Tin  altro 
presuppone  come  cosa  certissima,  che  la  prima  visita  sara  stata  fatta 
a  Sua  Eccellenza  tale  dei  tali,  che  ha  sempre  ricevuto  il  Curato  per 
lo  Stato  delle  anime  di  casa  sua  grande,  alta,  lunga,  ben  ammobi- 
gliata  e  vuota,  la  quale  si  sa  che  si  puo  affittare  anche  gratis  per 
amor  della  patria.  Un  terzo  ha  pensato  subito  di  invitare  a  casa  sua 
tutti  i  parenti,  amici  e  benefattori  del  vicinato,  e  presentare  quelle 
anime  ai  visitatori  municipali,  che  fossero  tentati  di  trovare  la  sua 
casa  opportuna  per  loro.  Girano  anche  per  certe  teste  certi  disegni  piu 
feroci.  Credo  sapere  che  i  visitatori  municipali,  citladini  distinti,  hanno 
presa  la  prudente  determinazione  di  inibrmarsi  bene  delle  ostili  in- 
tenzioni  che  potessero  fermentare  nelle  anime  visitabili ,  prima  di 
visitarle  a  uso  Curati.  Temono  ricevere  ova  troppo  toste.  Si  informano 
alia  chetichella  dai  portinai;  preferiscono  anzi  interrogare  le  porti- 
naie,  che,  a  diflerenza  dei  mariti,  menano  la  lingua  piu  facilmente  che 
le  mani.  Brutta  cosa  adesso  essere  Curato  municipale  di  anime  ro- 
mane !  Un  filosofo  mi  diceva  che  egli  non  aveva  creduto  finora  alle 
forme  sostanziali :  ma  che  questa  notificaziom  del  Signor  Biagio 


452  CRONACA 

Placidi  1'  aveva  persuaso  che ,  per  questa  volta  almeno ,  1*  asinita 
stessa ,  nella  sua  piu  bella  e  compita  forma,  era  discesa  dai  cieli  pla- 
tonici  sul  municipio  e  sulla  Roma  Nuova. 

In  conclusione,  I'  abborrito  governo  pontificio  comincia  ora  in 
Roma,anche  dai  liberal!,  ad  essere  confuso  in  abborrimento  con  qualche 
altro.  Perfino  la  Liberia,  giornale  del  signor  Arbib,  israelita  fervente 
venuto  dalla  Sinagoga  di  Livorno  ad  insegnarci  il  commercio  lette- 
rario ,  nel  suo  n°  dei  27  aprile,  nomina  il  governo  pontificio^  sempli- 
cemente  senza  1'aggettivo  obbligato  di  abborrito;  e  aggiugne  che  egli 
parla  cosi  per  che  non  costa  nulla.  «  Diciamolo  pure,  dice,  governo 
pontificio;  giacche  non  costa  nulla.  »  Se  costava  anche  un  solo  cen- 
tesimino,  non  1'  avrebbe  detto.  Ma  ora  non  costa  nulla  in  Roma  il  ri- 
spettare  il  passato  in  paragone  del  presente. 

II  quale  periodetto  arbibesco  e  arcibirbesco  mi  richiama  alia  mente 
alcune  osservazioni  che  ho  fatte  gia  sopra  la  letteratura  giudaica,  che 
ora  regna  in  Roma  nei  licei  e  nei  giornali.  Questa  letteratura  ha  certe 
sue  particolari  qualita  e  come  odori  letterarii,  che  la  fanno  riconoscere 
da  lungi.  E  la  cosa  dee  essere  cosi  a  priori,  poiche  si  sa  che  lo 
stile  e  1'  uomo :  or  siccome  i  diversi  uomini  hanno  diverse  stile ,  e 
chiaro  che  debhono  averlo  diverso  anche  le  diverse  razze.  Quanto 
alia  razza  ebrea.  e  certo  'die  ha  il  suo  stile  diverso  assai  da  quello 
dei  cristiani.  Mi  era  gia  balenata  in  lontananza  quest' idea  letteraria, 
fin  da  quando  aveva  osservato  che,  in  generale,  i  governi  liberali 
preferiscono  per  loro  giornalisti  ufficiosi  gli  ebrei  ai  cristiani.  Questa 
preferenza  suppone  negli  ebrei  una  maggior  attitudine  naturale  ad 
esporre  e  difendere  certe  idee.  E  infatti  si  vede,  che  in  tutta  Europa 
la  stampa  liberale  e  quasi  monopolio  della  razza  ebrea ,  che  se  ne 
serve  benissimo,  per  lo  scambio  delle  idee,  non  che  dei  biglietti  di 
banca. 

Non  mi  trovo  ancora  nel  caso  di  fare  un  trattato  compiuto  di 
estetica  sopra  questo  stile  ghettaiolo.  Ma  da  quanto  ho  potuto  ricavare 
dalla  lettura  di  due  giornali  israelitici,  ambedue  semiufficiali,  I'Opi- 
nione  di  Firenze  e  la  Liberia  di  Roma,  fin  da  ora  posso  indicarvi 
alcuni  canoni  o  criterii,  come  si  dice  adesso,  dai  quali  un  leggitore 
di  buon  naso  potra  riconoscere  e  quasi  subodorare  se  cio  che  legge 
e  roba  ebrea  o  cristiana.  Non  parlo  delle  idee:  giacche  si  capisce 
da  tutti  a  prima  vista,  se  un'  idea  e  da  ebreo  o  da  cristiano.  Parlo 
dello  stile:  e  dico,  che  anche  nelle  materie  indifferenti  di  politica, 
di  polemica,  di  letteratura,  che  possono  indifferentemente  trattarsi 
col  medesimo  fondo  o  giro  di  idee,  da  ebrei  e  da  cristiani,  dico  che 
un  uomo  intelligente  puo,  con  poca  difficolta,  capire  dallo  stile  me- 
desimo se  chi  scrive  6  un  ebreo. 


CONTEMPORANEA  453 

Generalmente  parlando  1'  ebreo  e  insinuante.  Non  ti  si  presenta 
mai  d' innanzi  colla  sua  idea  chiara.  Prima  anzi  dice  il  contrario; 
quello  che  egli  crede  che  piaccia  a  te:  poi,  a  poco  a  poco,  ti  scambia 
le  carte  in  mano  e  ti  rnsinua  1'  idea  sua.  Poi  torna  indietro  subito, 
e  quasi  si  ritratta,  e  mostra  di  confutare  quello  che  disse  solamente 
cosi  per  dire.  Intanto  gitla  qua  e  cola  dei  forse  e  dei  ma,  e  si  avanza 
come  per  trincea  e  strada  coperta.  II  semplice  lettore  riconosce  nello 
scrittore  un  uomo  imparziale  che  dice  il  pro  e  il  contro,  e  si  rimette 
al  suo  migliore  giudizio.  Ma  intanto  si  sente ,  non  sa  come,  imbro- 
gliare  il  giudizio;  e  finita  la  lettura,  non  sa  piu  ncanche  lui  quello 
che  debba  pensare.  Fate  la  prova  a  leggere  1'  Opinions ^o  la  Liberia 
qui  di  Roma,  e  vedrete  che,  ne'  loro  articoli  di  fondo,  nove  volte  sopra 
dieci,  tengono  questo  procedimento  artistico. 

Un  secondo  canone  o  criterio,  da  cui  si  puo  discernere  lo  stile 
ebraico,  e  la  prudenza,  la  cautela,  la  paura,  dirci  quasi  la  codardia, 
se  fosse  parola  parlamentare.  Un  cristiano,  un  libero  pensatore,  un 
ateo,  un  chicchessia  si  lascia  andar  talvolta  all'ira  e  alle  parole  pro- 
vocanti.  Ma  lo  scrittore  giudeo  sta  sempre  in  se.  Egli  conosce  il  valore 
delle  parole  come  delle  merci,  e  sa  fin  a  qual  punto  precise  si  puo  impu- 
nemente  abusare  di  un  leltore  come  di  un  compratore.  Sa  dirvi,  quando 
occorre,  la  sua  villania,  la  sua  calunnia:  giacche  parlando  di  giorna- 
listi  liberali,  uon  si  calunnia  mai  dicendo  che  calunniano  talvolta.  Ma 
dove  un  altro  darebbe  forse  presa  al  fisco  o  alia  querela,  lo  scrittore 
giudeo  sa  cosi  bene  misurare  il  panno  che  ti  taglia  addosso,  sa  cosi 
a  proposito  genuflettere,  alia  moda  vecchia,  mentre  schiaffeggia,  che 
la  scusa  e  sempre  vicina  all' acc-usa ,  il  complimento  all'  insulto,  la 
medicina  alia  ferita.  Le  parole  insultanti  dello  scrittore  ebreo  (se 
mi  e  lecito  servirmi  di  quelle  onde  il  Padre  Cristoforo  fa  la  foto- 
grafia  letteraria  del  discorso  di  Don  Rodrigo)  «  penetrano  e  sfuggono. 
Si  adira  che  tu  mostri  sospetto  di  lui ,  e  nello  stesso  tempo  ti  fa 
sentire  che  quello  di  che  sospetti  e  certo ;  ti  insulta  e  si  chiama 
offeso,  schernisce  e  chiede  ragione,  oflende  e  si  lagna :  e  sfacciato 
ed  irreprensibile.  » 

Tutto  cio  precede  da  prudenza  naturale  di  gente,  che  sa  quello 
che  pesano  le  parole  e  non  vuole  fastidii.  Trovatemi  un  poco  un 
ebreo  generale  di  esercito?  Noi  abbiamo  generali  di  ogni  razza:  an- 
che  preti  e  frati,  pur  troppo.  Ma  un  generale  rabbino  dove  si  trova? 
In  Italia  non  ne  conosco.  Invece  abbiamo  ebrei  ministri,  diplomatici, 
professori,  direttori  di  giornali  semi-ufficiali.  L'ingegno  non  manca 
loro:  ma  hanno  un  ingegno  pacifico  e  cautelato.  In  guerra  e  nel- 
1'opposizione  qualunque  siasi,  si  guadagnano  piu  gloria  e  busse  che 
danari.  II  giudeo  e  uomo  di  pace  e  di  bottega.  La  sua  guerra  e  contro 
i  compratori  e  gli  oppositori  di  un  ministero  forte  e  di  un  governo 


454  CRONACA 

abbastanza  saldo  e  solido.  La  letteratura  la  coltiva  in  quanto  frutta 
altro  che  multe  e  process! .  II  suo  bastone  preferito  di  comando  e 
sempre  stato  il  metro.  La  sua  musa  favorita  e  quella  che  porta  per 
arme  la  squadra  ed  il  compasso.  Se  tutto  cio'indica  paura,  noto  che 
la  paura  puo  esser  un  difetto,  ma  non  e  colpa. 

Credo  che  da  questa  prudenza  naturale  provenga  ancora  quel- 
T  altra  particolarita  delio  scrittore  ebreo,  che  e  di  non  dar  mai  presa 
chiara  all'  avversario.  Accade  spesso  che  sfuggano  delle  verita  alia 
Gazzetla  d'  Italia  o  alia  Nazione.  E  voi  stessi  ne  fate  tesoro  spesso. 
Provatevi  un  poco  a  trovare  una  verita  scappata  all'  Opinions  o  alia 
Liberia  qui  di  Roma?  E  tempo  perso.  Non  dico  che  non  dicano  delle 
verita.  Ma  sono  verita  innocenti,  utili,  pesate,  di  quelle  che  danno 
credito  alia  bottega.  Verita  scappate  per  irriflessione ,  inutili,  peggio 
poi  se  dannose ,  non  ne  troverete. 

Molte  altre  osservazioni  letterarie  ed  estetiche  potrei  fare  sopra 
lo  stile  ebraico;  come  per  esempio  sopra  le  metafore,  che  spesso  sono 
prese  dalla  borsa,  dagli  scrigni  e  da  tutto  1'arsenale  di  banco  e  di 
bottega.  E  curioso,  tra  gli  altri,  il  ritornello  del  signor  Arbib  della 
Liberia  qui  di  Roma,  che  difficilmente  sa  scrivere  un  articolo  senza 
dire:  A  buon  conto.  La  Liberia  ama  i  conti  buoni:  ed  ha  ragione. 
La  dicitura  ebraica  poi  non  e  mai  troppo  lunga  e  fiorita.  La  so- 
brieta  e  temperanza  delio  stile  giudaico  sono  notevoli .  Credo  che 
ci  entri  anche  un  poco  1'idea  generale  deU'economia.  Anche  la  carta 
e  I'  inchiostro  si  pagano :  e  nulla  si  dee  buttare  da  chi  sa  vivere. 
Non  conosco  di  vista  la  loro  cailigrafia.  Ma  sono  persuaso  che  dee 
esser  netta  e  chiara ,  ottimo  mezzo  per  evitare  troppe  spese  di  cor- 
rezioni  tipografiche. 

Al  qual  proposito  e  notevole  il  caso  accaduto  a  Roma  il  30  aprile. 
(Juesti  giornalisti  liberali  di  Roma,  tutti  cattivi  cristiani  si,  ma  infine 
cristiani,  si  sono  lasciati  canzonare  dalla  questura  e  scrissero,  e  forse, 
chi  sa?  anche  aveano  gia  cominciato  a  comporre  in  tipografia  il  loro 
bell*  articolo  sopra  la  dimostrazione,  die  si  dovea  fare  quel  giorno  in 
onore  di  Ciceruacchio.  «  Avevamo  gia  preparato  un  articolo  sul  30 
aprile  (dice  il  buon  Tevere),  discorrevamo  alia  nostra  volta  di  quelle 
gesta  gloriose  ec.  quando  ci  recarono  il  manifesto  del  Questore  Berti  » 
che  vietava  la  festa  ,  poche  ore  prima  che  si  dovesse  cominciare. 
«  Noi  avevamo  (dice  la  Nuova  Roma)  in  un  apposito  articolo  esa- 
minato  ec.  Ma  il  manifesto  pubblicato  dalla  Questura  ci  induce  a  sop- 
primere  1' articolo.  »  II  Tribuno  poi  chiama  senz' altro  quella  proibi- 
zione  «  un  fulmine  a  ciel  sereno.  »  Figuratevi!  Un  articolo  perduto  ! 
Uri  articolo  fatto  e  non  servito!  Credo  che  questa  disgrazia  non  sia 
entrata  per  poco  nel  mai  umore  e  nel  dispetto,  che  questi  giornalisti, 


CONTEMPORANEA  455 

cattivi  cristiani,  vollero  far  credere  nato  in  loro  soltanto  per  la  festa 
mancata. 

Or  bene,  credete  voi  che  la  Liberia,  del  signer  Arbib,  buono 
israelita,  si  sia  lasciata  cogliere?  Tutt'altro.  II  sig.  Arbib  &  stato  il 
solo  in  Roma ,  che  non  ha  perduto  nulla  in  questa  circostanza:  ne 
tempo,  ne  articolo,  ne  danaro,  ne  carta,  ne  inchiostro.  La  Nuova  Roma 
e  giornale  al  servizio  del  Governo  come  la  Liberia.  Pure  la  Nuova, 
Roma  si  lascio  cogliere  e  la  Liberia  no.  Ecco  la  differenza  tra  ebrei 
e  cristiani.  Quelli  non  anticipano  mai  nulla,  neanche  un  articolo  , 
senza  buona  sicurta. 

E  difficile  conoscere  la  religione  dei  signori .  deputati,  special - 
mente  di  quelli  della  sinistra.  Ma  io  credo  che  tra  coloro,  che  corsero 
a  precipizio  da  Firenze  a  Roma  per  assistere  alia  festa  repubblicana, 
che  poi  non  si  fece,  non  vi  deono  essere  stati  che  cristiani .  Mi  par 
difficile  che  un  buon  israelita  si  sarebbe  avvenlurato  a  quel  modo. 
Anche  la  Riforma  di  Firenze,  giornale  ufficiale  dei  Ciceruacchi,  dee 
essere  scritta  da  cristiani.  «  Festeggino  pure ,  diceva  essa  ai  Romani 
il  30  aprile,  festeggino  pure  e  commemorino.  »  Fatto  sta  ,  che  non 
ostante  quell' ampia  licenza  della  Riforma,  i  Romani  non  festeggiarono 
e  non  commemorarono.  Queste  imprudenze  e  avventataggini  di  viaggio 
e  di  scritti,  che  mostrano  un  fondo  o  almeno  un  residue  di  candore 
e  di  semplicita,  voi  le  cerchereste  invanonella  Liberia.,  o  neU'Opinione. 

Infatti  1*  Opinion*  de'2  maggio,  migliore  israelita  ancora  che 
non  la  Liberia  giudiola  di  Roma,  che  cosa  dice?  Dice  che  «  e  avve- 
nuto  in  Roma  cio  che  facilmente  si  poteva  prevedere:  la  dimostra- 
zione  in  memoria  del  combattimento  di  San  Pancrazio  e  stata  vietata.  » 
Si  poleva  facilmente  prevedere!  E  come?  A  meno  di  essere  ebreo 
matricolato,  niuno  poteva  prevedere  questo.  Ed  infatti  parecchi  depu- 
tati,  niente  previdenti,  accorsero  da  Firenze  a  Roma,  a  spese  nostre 
si,  ma  con  loro  incomodo  ( notte  in  strada  ferrata ,  lungo  discorso 
improvvisabile  poi,  ma  intanto  studiato  a  mente,  ec.  ec.),  per  assistere  a 
quella  dimostrazione  che  non  si  fece.  «  Da  crrca  una  settimana,  segue 
1'  Opinione,  si  discorreva  di  quella  dimostrazione,  ma  la  fine  di  tutti 
i  discorsi  era  che  il  Governo  1'avrebbe  vietata.  »  Non  e  vero  niente. 
Questa  e  una  bugia  solenne:  bugia  utile,  lo  concede,  ma  bugia  so- 
lenne.  Niuno  si  aspettava  il  divieto .  L'  Opinione  sola  col  fiuto  suo 
giudaico  e  ministeriale  ha  indovinato.  Tutti  i  buoni  e  cattivi  cristiani 
ci  sono  stati  gabbati,  compresivi  tutti  i  signori  deputati  della  sinistra, 
ai  quali  faccio  i  miei  complimenti  della  semplicita  cristiana  da  loro 
dimostrata  in  tal  caso.  D' ora  innanzi  si  ricordino  che  hanno  da  fare 
con  ebrei:  e  si  ricordino  del  proverbio  che  dice,  che  un  ebreo  solo 
compera  sette  cristiani,  anche  cattivi. 


456  CRONACA 

Non  e  bisogno  che  io  vi  dica  il  motive,  per  il  quale  11  sig.  Que- 
store  Berti  berteggio  in  tal  modo  giornalisti  e  deputati.  L'  odore  di 
Repubblica  non  piace  finora  aH'autorita  presentemente  regnante.  Pure 
si  direbbe  che  quasi  cominciano  ad  avvezzarvisi.  Infatti  ho  udito  dire 
che  un  personaggio  d'  importanza,  uno  di  quelli  che  ci  sono  arrivati 
di  fresco,  ha  dettoche  «  egli  aveva  fmito  col  capire  che  i  Romani  non 
amavano  i  nuovi  arrivati,  ne  lui  in  particolare,  ma  che  sarebbe 
presto  venuto  il  giorno,  in  cui  i  Romani  avrebbero  desiderate  loro 
e  lui » ;  volendo  dire  che  sarebbe  venuta  la  Repubblica,  come  a  Parigi, 
dove  i  buoni  parigini  desiderano  adesso  i  Prussiani,  Napoleone, 
chicchessia,  che  li  liberi  dalla  canaglia  cola  presentemente  regnante. 
Non  credo  che  sia  autentico  questo  detto .  Giacche ,  se  fosse  vero , 
sarebbe  per  conseguenza  falso  quello  che  tutti  sappiamo  essere,  se  non 
vero,  almeno  ufficiale  ;  cioe  che,  se  i  piemontesi  non  arrivavano, 
talia  e  Roma  avrebbero  avuta  la  Repubblica.  Come  puo  stare  questo. 
che  si  sia  presa  Roma  per  forza  per  salvarla  dalla  Repubblica,  e  che 
nondimeno  la  Repubblica  debba  arrivare  ?  Mi  ricordo  che  ebbi  a  tale 
proposito  una  specie  di  discussione  con  un  piemontese  entrato  in  Roma 
a  fil  di  spada  per  Porta  Pia,  due  o  tre  giorni  dopo  la  grande  vit- 
toria  del  20  settembre.  Tentando  io  di  fargli  intendere,  che  egli  e  i 
suoi  compagni  avrebbero  fatto  meglio  a  stare  a  casa  loro,  il  perso- 
naggio mi  ridusse  subito  al  silenzio  assicurandomi  che  «  se  non  ve- 
nivano  i  piemontesi  sarebbe  venuta  la  Repubblica.  »  Vennero  dunque 
loro  per  salvarci  dalla  Repubblica;  ed  ora,  cosi  presto,  non  appena 
compito  un  semestre,  ecco  che  gia  vedono  la  Repubblica  venire  a 
cacciar  loro  e  noi  insieme.  Questo  non  puo  stare:  a  meno  che  pos- 
sano  essere  false  perfmo  le  lettere  stampate  e  i  document!  ufficiali , 
dai  quali  consta  che,  colla  venuta  del  Piemonte  a  Roma,  Roma  e  l'I- 
talia  sarebbero  state  salve  dalla  Repubblica. 

Del  resto  non  arrivo  ad  intendere  come  noi  potremmo  scongiu- 
rare  la  Repubblica  con  un  solo  atto  di  amore  verso  i  nuovi  arrivati, 
secondo  che  si  insinua  con  quel  detto  di  sopra  mentovato.  Forse 
che  alia  Repubblica  importa  molto  che  noi  Romani  amiamo  o  non 
amiamo  i  nuovi  arrivati?  Tocca  a  loro  ad  amare  noi  altri :  essi  che 
ci  sono  entrati  in  casa  nel  modo  che  tutti  sanno  .  E  salvando  noi 
salveranno  anche  se  stessi.  Se  abbiamo  da  perire  per  peste  repub- 
blicana ,  perche  i  nostri  salvatori  ci  vogliono  abbandonare  in  quel 
frangente?  Questo  non  sarebbe  un  procedimento  nobile  ne  eroico.  1 
conquistatori  di  Roma,  i  fabbricatori  d' Italia,  i  coronatori  deU'edifizio. 
dovrebbero  avere  il  coraggio  civile  di  restar  con  noi  nei  pericoli,, 
poiche  ci  vennero  a  visitare ,  come  il  diavolo  fece  con  Giobbe,  nel 
tempo  dell'abbondanza.  Ogni  cosa  ben  considerata,  vi  dichiaro  che  quel 
detto  dee  essere  apocrifo,  o  almeno  merita  di  esserlo.  Sono  convinto 


I    -     CONTEMPORANEA  457 

che  si  faranno  sgozzar 'tutti,  dal  primo  all' ultimo,  prima  di  abban- 
donarci.  Adesso  e  il  caso  di  dire:  «  0  Roma  o  morte  ».  Di  fuggire 
non  si  parli ;  e  molto  meno  per  abbandonarci  alia  Repubblica  ;  per 
salvarci  dalla  quale  sono  venuti  apposta  da  lontano,  con  tanta  fatica 
e  con  lanti  sacrifizii  perfino,  dicono,  della  coscienza.  Qualcuno  dice 
che  la  coscienza  i  piemontesi  (cosi  si  chiamano  i  nuovi  arrivati )  non 
1'  hanno.  Ma  in  tali  materie  e  difficile  giudicar  bene.  II  santuario  delle 
coscienze  e  sacro,  quando  non  e  vuoto  aflatto. 

Ed  a  proposito  di  piemontesi,  la  Nuova  Roma  ha  creduto  forse 
di  farci  un  dispetto,  pubblicando  nome  e  patria  di  varii  architetti  in- 
caricati  di  deturpare ,  vandaleggiare  e  beotizzare  nei  conventi  e 
palazzi  monumentali  di  Roma.  Vedendo  che  sempre  si  sparlava  dei 
piemontesi  a  questo  riguardo,  ci  fece  sapere,  nel  suo  n°  dei  28  aprite, 
che  Romano  e  il  Signer  Gabet  che  vandaleggia,  deturpa  e  beotizza 
al  palazzo  Madama,  dove,  fra  gli  altri  vandalism!,  diceva  il  Buon  senso 
dei  26  aprile  che  «  andate  al  palazzo  Madama  e  voi  troverete  graf- 
fiati  e  rimessi  a  nuovo  i  travertini  etc.;  »  romano  pure  e  secondo  la 
Nuova  Roma  il  Sig.  Giovanni  Morelli,  che  dirige  i  lavori  al  Mona- 
stero  delle  vergini,  ed  al  Convento  di  S.  Andrea  della  Valle;  romano 
il  sig.  Giacomo  Barebiesi  che  diresse  quelli  delle  Poste  a  Piazza  Co- 
lonna,  e  cosi  parecchi  altri.  Ma  la  Nuova  Roma  non  sa,  o  tinge  non 
sapere,  che  ora  si  chiamano  piemontesi  in  Roma  anche  i  Romani  pie- 
montizzati  politicamente,  o  che  comechessia  servono  ai  nuovi  arri- 
vati. Ondeche  piemontese  ora  a  Roma  non  significa  patria,  ma  politica. 
Accade  in  Roma,  come  in  Piemonte  dove  si  chiamano  italiani  \  li- 
berali; benche  non  tutti  gli  italiani  siano  liberali.  E  so  che  cola,  quando 
si  vuol  dire  di  uno  che  si  e  arricchito  comecchessia,  si  dice  «  Colui 
ha  fatta  la  sua  Italia.  »  Tutto  sta  a  intendersi.  Quando  Galgaco 
presso  Tacito  diceva:  «  I  Romani  sono  i  ladroni  del  mondo;  levante 
e.  ponente  non  li  empirebbe:  chiamano  imperio  il  rubare,  pace  il  de- 
solare;  »  si  direbbe  che  quel  barbaro  parlasse  dei  liberali  italiani  ossia, 
come  si  dice,  piemontesi  di  adesso.  Ma  quel  barbaro  non  sapeva,  che 
in  Roma  vi  erano  anche  allora  moltissimi  romani  di  ben  diversi  sen- 
timenti. 

Del  resto,  siccome  mi  spiacerebbe  che  i  buoni  piemontesi,  che 
sono  molti,  si  tenessero  offesi  di  questo  nome,  che  pur  troppo  ora  si 
da  ai  cattivi  italiani  di  tutte  le  patrie,  e  perfino  agli  architetti  ro- 
mani graffiatori  dei  travertini  del  Palazzo  Madama,  noto,  per  loro 
consolazione,  che,  come  ora  essi  sono  vituperati,  cosi  erano  lodati 
anche  troppo  una  volta,  quando  avevano  la  fortuna  di  vivere  sotto  ii 
regno  della  prima,  diro  cosi,  maniera  di  Carlo  Alberto.  Non  era  al- 
lora gloria,  ma  fortuna,  de' piemontesi  1'essere  governali  bene.  E  cosi 
non  e  ora  loro  iniamia  ma  disgrazia  di  essere  mal  governati  essi  pei 


458  CRONACA 

primi,  e  da  piii  lungo  tempo  che  tutti  gli  altri  iialiani.  Siccome  dun- 
que  prima  si  pigliavano  in  pace  gli  elogi,  cosi  ora  si  piglino  in  pace 
i  biasimi  immeritati.  Siamo  tutti  portati  naturalmente  a  trovar  tutto 
buono  o  tutto  cattivo  in  una  persona  o  in  un  paese,  secondo  le  va- 
rie  circostanze  e  i  varii  tempi.  Per  esempio,  degli  Italiani  che  cosa 
non  si  puo  dire,  o  almeno  non  si  dice,  secondo  le  diverse  passioni 
di  chi  parla?  Leggo  nell' egregio  giornale  il  Buon  Senso  3  nel  suo 
n°  dei  5  maggio,  che  «  la  Gazzetta  universale  di  Augusta  dice  che 
la  mancanza  di  caratlere  appartiene  alle  qualitd  piu  generalmente 
diffuse  in  Italia.  »  Al  che  risponde  molto  bene  il  Buon  Senso  di- 
cendo,  che  «  la  mancanza  di  carattere  non  e  ne  piu  ne  meno  fre- 
qaenle  in  Italia  che  altrove.  »  E  de'  Prussiani  che  cosa  non  si  puo 
dire?  Razza  forte,  gente  studiosa  ,  istruita,  profonda,  storici  esatti, 
(ilosoti  serii ,  popolo  costumato  ,  ubbidiente,  disciplinato.  Cosi  dice 
chi  ha  ragione  di  lodarsi  dei  Prussiani.  Fate  ora  che  altri  abbia 
niirione  di  lagnarsene.  Subito  dira  che  sono  testerecci,  furbi  con  ap- 
parenza  di  lealta,  senza  scrupoli  quajido  si  tratta  di  prendere  e  di 
ritenere,  settarii  matricolati,  pedanti  piu  che  dotti,  critici  piu  che  sto- 
rici, sognatori  anziche  lilosofi.  Chi  ha  ragione?  Nessuno.  Dei  Prus- 
siani ve  ne  sono  dei  buoni  e  dei  cattivi,  dei  testardi  e  dei  docili,  del 
pedanti  e  dei  dotti,  come  a  Lucca,  come  in  Piemonte,  come  a  Roma, 
come  dappertutto ;  e  1'  estendere  a  tutti  il  bene  e  il  male  di  alcuni 
dipendera  sempre  dalla  sola  passione.  Ora  non  si  puo  negare  che  non 
vi  sia  molta  passione  contro  i  piemontesi;  come  venticinque  o  tren- 
t' anni  fa  ve  n'era  molta  in  loro  favore.  Se  i  piemontesi  avranno, 
non  la  gloria,  ma  la  fortuna  di  ritornare  sotto  un  governo  cristiano, 
non  si  dira  piu  di  loro  che  sono  Reoti,  ma  anzi  che  sono  fra  i  piu 
colti  d' Italia:  non  si  dira  che  sono  rotolati  dalle  alpi,  ma  che  ne  sono 
i  difensori,  non  si  dira  che  sono  ineducati,  ma  che  anzi  sono  educa- 
tissimi,  e  andate  dicendo.  Sara  un'esagerazione  passionataallora,  come 
lo  era  prima,  e  come  lo  e  adesso. 

Dove  non  vi  e  pericolo  di  passione ,  ne  di  esagerazione  e  nel 
lodare  Roma  e  il  suo  Pio  IX.  Questo  Papa,  sia  che  esca,  sia  che 
stia  in  casa,  si  vede  che  e  fatto  pel  servizio  e  per  la  gloria  del  suo 
popolo  cristiano.  Era  la  consolazione  di  tutti  quando  si  vedeva  ogni 
giorno  per  Roma.benedicendo:  e  la  consolazione  ora  di  quanti  possono 
pervenire  fino  a  lui  a  fruirne  Faspetto  e  la  benedizione.  I  cattivi 
invece  ne  maledicevano  quando  usciva,  e  ne  maledicono  ora  che  non 
esce,  ben  vedendo  che ,  per  provvidenza  speciale ,  qualunque  cosa 
-°accia  questo  Papa,  e  a  servizio  di  Dio  ed  a  loro  disservizio.  Questo 
e  un  Papa  che  ha,  piu  forse  di  molti  altri,  eccitato  di  se  amore, 
simpatia,  venerazione,  e,  diciamolo  pure,  passione  in  tutte  le  anime 
buone.  I  maligni  dicono  che  e  idolatria;  e  non  sanno  che,  corretto 


CONTEMPORANEA  459 

1'errore  del  vocabolo,  nel  fondo  dicono  giusto!  Giacche  noi  nel  Papa  al 
Vaticano  vediamo  appunto  il  segno  visibile  della  divinita  in  terra. 
Questo  si  sa  per  fede  di  ogni  Papa;  ma  di  questo  si  sente  in  modo 
particolare  da  chiunque  gli  si  avvicina.  Egli  poi  o  esca,  o  stia  in  casa, 
o  parli,  o  preghi,  o  scriva,  in  ogni  suo  alto  non  si  mostra  mai  un  uomo 
ordinario,  secondoche  si  fa  manifesto  dallo  straordinario  amore  e  dallo 
straordinario  odio  di  cui  e  fatto  segno.  Di  nitmo  piu  che  di  Pio  IX 
si  desidera  accesamente  la  lunga  vita  e  la  subita  morte:  di  niuno 
piu  che  di  Lui  si  parla  e  si  sparla  nel  mondo;  di  niuno  piti  che  di 
Lui  sono  pieni,  ogni  giorno,  i  giornali  buoni,  cattivi  e  mediocri.Igior- 
nali  ebrei  specialmente,  col  loro  stile  particolare,  Lo  inchiodano  ogni 
giorno  con  nuova  rabbia.  Si  direbbe  che  vedono  in  Lui  proprio  il 
Vicario  di  Gesu  Cristo,  meglio  ancora  che  non  molti  cristiani.  La 
Capitale,  che  vorrebbe  esser  maligna,  non  riesce  in  questo  cosi  bene 
come  la  Liberia  che,  senza  sforzi ,  naturalmente,  per  istinto  di  razz  a, 
augura  la  morte  a  Pio  IX,  ed  anzi  ne  discorre  come  di  cosa  fatta,  quasi 
come  se  avesse  gia  in  mano,  cqll'aceto  ed  ilfiele,  anche  la  veste  da 
dividersi  in  ghetto.  E  tutto  questo  con  una  grazia,  con  una  civilta, 
con  un  fare  d'uomo  di  societa  e  di  mondo,  che  sembra  discendente 
rettilineo  di  colui  che  nel  Passio  di  S.  Giovanni  diceva:  Vos  nescitis 
quidquam  a  paragone  mio,  nee  cogitatis  quia  expedit  voMs  ut  unus 
moriatur  homo  pro  populo.  Chi  diceva  questo  era  un  titolato,  signore, 
ben  educato,  quanto  qualunque  direttore  di  giornale  semiufficiale. 
Cosicche  credo  che  il  direttore  della  Liberia  non  vorra  tenersi  offeso 
della  genealogia.  Benche  io  credo  che,  se  altri  parlasse  e  scrivesse  della 
morte,  non  dico  sua,  ma  del  suo  giornale,  cpm'egli  fa  di  quella  di 
Pio  IX,  chiederebbe  in  giudizio  il  rifacimento  dei  danni,  cogl'interessi 
accumulati  a  scaletta.  Quanto  a  me  gli  auguro  che  convertatur,  se 
e  possibile,  et  vivat  se  expedit  ei:  che  quanto  a  me  non  mi  fa  ne  caldo 
ne  freddo. 

Avrete  saputo  del  secondo  fiasco  letterario  uscito  teste  dalla  fab- 
brica  privilegiata  di  fiaschi,  del  liberalismo  romano.  Amphora  coepil 
institui;  currente  rota  cur  urceus  exit?  II  primo  orcioletto  fu  la 
sottoscrizione  pur  troppo  fallita  contro  i  Gesuiti .  Pare  che  questi 
liberali  di  Roma  non  sappiano  scrivere  nemmeno  il  proprio  nome: 
hanno  proprio  bisogno  di  educazione  municipale:  percio  si  aprono 
ora  tante  scuole,  dove  s'  insegna  a  scrivere.  Per  ora  gli  uomini  fatti 
sanno  qui  serivere  soltanto  in  favore  della  verita ,  secondo  che  gia 
vi  scrissi.  Al  qual  proposito  eccovi  un  grazioso  fattarello,  accaduto  in 
una  delle  vie  piu  popolose  e  piu  popolari  di  Roma ,  dove  un  buon 
giovane  andava  raccogliendo  firme  in  favore  dei  Gesuiti.  Tutti  si 
sottoscrivevano  volentieri;  quando  ecco  un'altro  giovanetto,  vedendo 


460  CRONACA 

colui  con  quella  carta  in  mano  in  atto  di  raccogliere  sottoscrizioni, 
prese  a  strillare:  «  Ah  birbante!  Tu  sei  che  raccogli  le  firme?  Aspetta; 
Annibale,  Cesare,  Oreste,  Augusto,  Giulio,  Tito,  Torquato,  Achille, 
correte  qui  tutti  a  dare  meco  addosso  a  questo  traditore!  »  II  povero 
giovane  cosi  circondato  da  tanti  nomi  di  eroi  non  pote  che  cedere 
il  foglio.  Ma  che?  Visto  che  raccoglieva  firme  pei  Gesuiti ,  tutti 
quegli  Annihali,  Oresti,  Cesari,  August!,  ecc.,  si  abbonacciaronosubito, 
dicendo:  «  Noi  ti  avevamo  preso  per  il  vassalletto  del  Tribuno,  che 
raccoglie  firme  contro  i  Gesuiti ,  e  stampo  ieri  i  nostri  nomi ,  da 
hugiardo  pari  suo  ».  E  la  cosa  fini  colla  sottoscrizione  autentica  in 
favore  dei  Gesuiti  dei  prelodati  Titi,  Giulii,  Achilli,  ecc.  ecc. 

II  secondo  orcioletto,  anzi  orciolone,  e  la  sottoscrizione  fallita  dei 
Professori  della  Sapienza  contro  il  Papa,  in  favore  di  quell'otre  gon- 
fiato  del  Dollinger.  Dicono  che  e  venuto  da  Napoli  il  professore  che 
stese  F  indirizzo.  In  Roma  non  si  e  trovato  tra  i  liberal]  chi  sapesse 
scriverlo.  Quanto  a  sottoscriverlo  poi ,  si  e  veduta  per  la  seconda 
volta  la  commedia  togata  di  gente  che  sottoscrive  al  rovescio.  Cioe, 
si  sono  subito  trovati  parecchi  che  sottoscrissero  un  indirizzo  con- 
trario :  e  questi  contraddittori  crescono  ogni  giorno.  Ma  di  soscrittori 
in  favore,  finora  non  se  n' e  visto  pur  uno  che  avesse  un  nome  in 
filosofia  o  in  iscierize  sacre;  e  quei  pochi  sottoscritti  sono  romani,, 
invasori,  cioe  romani  nel  senso  che  Scipione  dicevasi  africano  :  dal- 
1'  Africa  distrutta. 

Cosicche,  indiri/zi  liberal!  a  Roma  non  mancano.  Ma  si  da  questo 
caso  piuttosto  comico,  che  sono  sernpre  sottoscritti  al  rovescio.  A  grida, 
a  strilli,  a  plebisciti  analfabeti,  a  imbandieramenti  muti,  questi  anal- 
fabeti  ci  riescono.  Ma  quando  si  viene  al  punto  dello  scrivere  o  sot- 
toscrivere,  si  vede  alia  prova  che  in  Roma  gli  alfabeti  sono  quasi 
tutti  codini. 

E  cosi,  dopo  tanto  tempo,  ancora  non  si  e  potuto  sapere  di  certo 
se  in  Roma  si  e  poi  fatta  quell'  orgia  sacrilega  il  Yenerdi  Santo.  Se 
f  hanno  fatta  ,  e  certo  pero  che  quei  liberi  pranzatori  se  ne  sono 
vergognati,  e  non  istamparono  linora  il  loro  nome.  Sopra  quest' orgia 
scandalosa  conosco  tre  opinion!  diverse;  qnella  dei  cattolici,  quella 
dei  liberi  pensatori,  e  quella  che  la  Nazione  espresse  nel  suo  n°  dei 
6  aprile,  dicendo  che:  quando  si  tratta  di  mangiare ,  non  bisogna 
mai  pensare  se  sia  pesce  o  maiale,  o  venerdi  o  giovedi:  ma  con  si - 
gliarsi  col  solo  appetito.  La  prima  opinione  e  da  uomini  ragionevoii: 
la  seconda  da  deraonii :  la  terza,  che  vclete  che  vi  dica?  non  e  certo 
da  ebreo,  ma  mi  sembra  da  animale.  Pure  e  stata  molto  lodata! 


CONTEMPORANEA  461 

II. 

COSE   ITALIANS 

COSE  ROMANE  —  1.  Breve  del  S.  Padre  al  Card.  Patrizi  ,  ed  ai  Vescovi  su- 
burbicarii  e  delle  province  romane  —  2.  II  principe  Pallavicini  sindaco 
di  Roma ;  sua  comparsa  pel  divertimenti  del  21  aprile  —  3.  Bando  del 
Placid!  pel  domicilio  contto  agli  impiegati  del  Governo  —  4.  Commis- 
sione  nominata  per  gli  Istituti  religiosi  stranieri  in  Roma  —  5.  Abolizione 
dei  sussidii  pel  culto  e  per  la  beneficenza  —  6.  Arrive  e  ricevimento 
dell'ambasciadore  francese  d'Harcourt;  partenza  dell'annbasciadore  d'Au- 
stria  e  del  ministro  di  Baviera  —  7.  Anniversario  garibaldino  del  30 
aprile;  monumento  destinato  a  Ciceruacchio. 

I.  Alia  protestazione  dei  Vescovi  suburbicarii  e  delle  province 
roraane,  di  cui  abbiamo  parlato  nel  precedente  quaderno  a  pag.  357-58, 
rispose  il  Santo  Padre  con  un  Breve  indirizzato  all'Emo  Card.  Pa- 
trizi, e  pubblicato  nell'  Osservatore  Romano  n°.  90  del  20  aprile. 
Sua  Santita  si  compiacque  di  rammentare  e  commendare  altamente 
gli  attestati  di  somma  reverenza  e  di  costante  devozione  ognora  dati 
da'quei  Vescovi  alia  Santa  Sede,  e  la  fermezza  con  cui  fu  da  essi 
sfolgorata  la  conculcazione  dei  diritti  della  Chiesa  e  fatta  resistenza 
alia  sempre  crescente  audacia  deU'empieta. 

«  Ma  tuttoche  queste  cose,  dice  il  Santo  Padre,  siano  manife- 
ste,  non  possiamo  non  godere  che  voi  abbiate  voluto  porre  in  iscritto 
i  vostri  sentimenti,  affinche  documento  siffatto  mostri  ne' tempi  av- 
venire,  che  voi  non  solo  non  foste  abbattuti  ne  cadeste  d'  animo  per 
la  prepotente  violenza,  ma  da  essa  traeste,  al  contrario,  maggior 
forza  ed  alacrita  per  esecrare  pubblicamente  le scelleraggini  deinemici 
della  Chiesa ,  affermare  la  legge  del  Signore  e  i  diritli  di  questa 
apostolica  Sede ,  scoprire  le  frodi  de'  suoi  odiatori ,  oppugnare  la 
malvagitd  delle  inique  loro  leggi ,  fortificare  la  fede  del  popolo 
contro  le  preparategli  insidie  f  a  tulli  mostrar  ftnalmenle  che  la 
cattolica  Chiesa  non  si  alterrisce ,  non  retrocede ,  non  si  rattiene 
alle  persecuzioni ;  ma,  fidata  nella  virtu  dell'  Altissimo ,  corag- 
giosainenle  mai  sempre  e  costantemente  procede  oltre  per  la  sua 
via.  »  Quindi  Sua  Santita  insiste  sul  raccomandare  la  preghiera  fer- 
vida  e  costante,  come  mexzo  efficace  ad  impetrare  la  bramata  vittoria : 
«  poiche  questo  maraviglioso  successo  e  da  sperare  e  aspettarsi  sol- 
tanto  dalla  divina  potenza.  » 

Ognuno  intende  che  questa,  oltre  ad  essere  una  giusta  lode  al- 
1'  Episcopate  ed  una  raccomandazione  ispirata  dalla  santita  del  mini- 
stero  apostolico,  e  pure  un  programma,  come  suol  dirsi,  dei  doveri 
che  corrono  presentemente  ai  Vescovi,  piu  che  per  lo  passato, 


462  CRONACA 

e  del  modo  col  quale  debbono  studiarsi  di  non  incontrare  poi  la  ter- 
ribile  condanna  pronunziata  da  Gesu  Cristo  contro  i  cani  muti  ed 
i  pastori  neghittosi.  E  questo  tratto  che  recitammo  vale  altresi  di 
risposta  agli  stolidi  o  perfidi  consiglieri  di  conciliazione ,  che  per 
umani  riguardi  sono  ognora  pronti  -a  sacrificare  i  sovrumani  diritti 
della  Chiesa  e  gli  interessi  della  divina  gloria. 

Infatti  la  concordia  ammirabile  dei  Vescovi  delle  province,  ulti- 
mamente  rapite  colla  violenza  delle  armi  a  Santa  Chiesa ,  non  solo 
corrisponde  egregiamente  all'  espettazione  del  Sommo  Pontefice ,  ma 
disarma  i  nemici  che,  audacissimi  contro  i  singoli,  non  oserehhero 
mai,  perche  la  politica  loro  il  vieterebbe,  processare,  condannare  e 
carcerare  tutti  insieme  i  Vescovi  sottoscritti  alle  energiche  loro  pro- 
testazioni  collective.  Pertanto  e  cosi  tracciata  evidentemcnte  all'Epi- 
scopato  la  via  sicura  per  poter  efficacemente  difendere  le  ragioni  di 
Dio  e  della  Chiesa  ,  procedendo  ognora  uniti  per  province ,  come 
fecero  da  pezza  i  Vescovi  dell' alta  Italia,  della  Toscana,  e  teste  i 
Vescovi  suburbicarii  di  Roma  e  delle  province  di  Maritima  e  Cam- 
pagna,  poi  quelli  del  Patrimonio,  la  cui  adesione  ai  richiami  contro 
1'usurpazione  delle  Opere  pie  fu  pubblicata  nell'  Osservatore  romano 
n.  91  del  21  aprile,  essendo  sottoscritti  il  Vescovo  di  Civita  Castellana, 
Orte  e  Gallese,  il  Vescovo  di  Corneto  e  Civitavecchia,  quello  di 
Montefiascone,  quello  di  Nepi  e  Sutri,  1'Amministratore  apostolico  di 
Acquapendente  ed  il  Vescovo  di  Viterbo  e  Toscanella. 

2.  Aspettando  che  sia  in  piacer  del  Signore  stendere  la  oimipo- 
tente  sua  mano  per  rialzare  1' Italia  cattolica  dalle  rovine  fatte  per 
opera  della  rivoluzione  massonica,  Roma  continua  sempre  a  mostrarsi 
piii  che  mai  devotissima  a  Pio  IX;  e  se  la  libertd  permettesse  alia 
verita  di  far  valere  le  sue  ragioni ,  ci  tornerebbe  facilissimo  il  met- 
tere  Roma  in  tutt'altro  aspetto  da  quello  che  le  attribuiscono  i  diarii 
della  rivoluzione.  Questi  le  ardono  incenso  a  profusione,  come  se  tutta 
la  cittadinanza  romana  fosse  arrolata  nelle  falangi  massoniche;  e  non 
s'accorgono  del  contraddirsi  che  fanno ,  poiche  al  tempo  stesso  met- 
tono  in  canzone,  come  una  marmaglia  d'imbecilli  ed  ignoranti,  o 
rampognano  come  avversi  al  nuovo  ordine  di  cose,  non  solo  1'ari- 
stocrazia,  ma  persino  la  borghesia,  da  cui  sono  tratti  quasi  tutti  i 
membri  del  Consiglio  comunale,  che  sono  la  rappresentanza  del  popolo 
romano  eletta,  come  dicevano  essi,  dal  libero  suffragio  dei  cittadini. 

Questo  Consiglio  cesso  fmalmente  d'  essere  un  corpo  senza  testa 
e  pote,  dopo  quasi  sette  mesi  di  vita  acefala,  gettar  via  una  delle 
grucce  su  cui  reggevasi  a  stento,  cioe  il  ff.  di  Sindaco  ;  ma  e  co- 
stretto  a  tenersi  ancora  il  puntello  dell'altra,  che  e  la  reggenza  della 
Prefettura.  Insomma  Roma  e  beatificata  coll'onore  di  possedere  un 
smdaco.  Per  decreto  reale  del  16  aprile  fu  nominalo  a  quesfa  carica 


CONTEMPORANEA  4ti3 

il  signer  Don  Francesco  Cesare  Rospigliosi-Pallavicini ,  principe  Pal- 
lavicini  e  di  Gallicano ,  nato  il  2  marzo  1828,  e  disposatosi  il  4  ot- 
tobre  1864  a  Donna  Maria  Carolina,  figlia  d' Antonio  principe  di 
Piombino-Boncompagni-Ludovisi. 

Questo  cenno  genealogico  del  sig.  sindaco  D.  Francesco  puo  get- 
tare  qualche  lume  sulla  maravigliosa  conversione  operatasi  in  lui 
dalla  virtu  delle  bombe  del  20  settembre;  per  la  quale,  discostandosi 
dalle  tradizioni  del  suo  Casato  e  dalla  via  die  continua  a  battere  la 
famiglia  di  suo  fratello  primogenito  D.  Clemente  Francesco  principe 
Rospigliosi,  si  volto  a  seguire  la  bandiera  politica  spiegata  fin  dal 
I860  dal  principe  di  Piombino-Boncompagni-Ludovisi. 

La  nomina  del  nuovo  Sindaco  fu  accolta  dai  giornali  di  ogni 
colore,  eccettuata  la  Liberia,  con  una  salve  sonora  di  esclamazioni, 
di  critiche,  di  disapprovazioni ,  di  stupori  e  di  scherni,  di  riserve 
e  di  odiosi  confronti  tra  il  Paliavicini  ed  altri  candidati,  che  meglio 
di  lui  credeansi  capaci  di  empire  il  seggio  sindacale  in  Campidoglio. 
Vero  e  che  poi ,  per  un  residue  di  buona  creanza,  i  piu  di  codesti 
giornali  conchiusero  la  Olza  delle  loro  impertinenze  con  una  specie 
di  riserva  per  1'avvenire,  dicendo  che  voglionsi  aspettare  i  fatti  per 
giudicare  dell'uomo.  E  questo  in  gran  parte  e  vero;  ma  non  in  tutto  ne 
sempre.  Con  che  giustizia  potrebbesi,  a  cagion  d'esempio,  lapidare 
il  povero  Paliavicini,  se  il  suo  nome  si  vedesse  figurare  sotto  un  atto 
a  lui  imposto  dal  Placidi,  o  dall'ebreo  Alatri  o  dallo  Spada,  o  dal 
Piacentini?  Or  queJli  che  conoscono  1'indole  ed  i  talenti  del  sindaco 
Paliavicini  pretendono  che  gli  si  farebbe  torto  davvero,  se  si  volesse 
farlo  mallevadore  dei  suoi  atti  pubblici,  finche  avra  al  fianco  uomini 
di  quel  taglio,  per  esempio,  che  il  Placidi ;  della  cui  valentia  ammi- 
nistrativa  recheremo  un  saggio  qui  sotto. 

Anche  il  Palladia  romano ,  che  fin  qui  era  rimasto  acefalo, 
ossia  con  la  testa  posticcia  del  Tittoni,  dopo  che  gli  era  stata  levata 
via  la  non  troppo  conveniente  di  Tito  Lopez,  anche  il  Palladia  si  e 
completato.  Un  decreto  reale  del  oO  aprile,  annunziato  dalla  Liberia 
del  2  maggio,  sovrappose  al  monco  corpo  del  Palladia  la  testa  forte 
del  Sig.  Lipari ,  colonnello  d'  un  reggimento  delle  truppe  di  linea , 
nominate  percio  Generale. 

Resta  che  al  Gerenle  la  Prefetlura  si  assegni  un'altra  nicchia; 
e  che  si  riesca  a  trovare ,  nella  collezione  dei  grandi  uomini  della 
scienza  politica-amministrativa,  un  Prefetto  di  Boma;  e  questa  allora 
sara  modellata  sul  tipo  delle  altre  capitali  decapitate  d' Italia. 

La  prima  comparsa  di  D.  Francesco  Paliavicini  avvenne  il  di  21 
aprile,  in  due  fasi  distinte;  la  prima  sotto  forma  di  un  bando  dato 
dal  Campidoglio,  la  seconda  con  la  mostra  della  sua  propria  persona 
sopra  un  nalco  eretto  in  Piazza  del  Popolo. 


464  CRONACA 

II  bando,  pubblicato  nel  Giornale  di  Roma  del  22  aprile,  co- 
minciava  coi  dovuti  omaggi  al  Re  e  con  un  appello  all' aiuto  ed  al 
concorso  del  cittadini ,  in  cui  il  sig.  D.  Francesco  riponeva  la  fiducia 
di  poter  satisfare  al  suo  ufficio.  Poi  continuava  cosi:  «  Con  questa 
fiducia  io  ho  accettato  il  nobile  mandato  di  adoperarmi ,  per  quanto 
le  mie  forze  me  lo  consentano,  a  rendere  Roma  materialmente  e  mo- 
ralmente  degna  di  accogliere  il  Re,  ed  il  Governo,  e  di  ospitare  con 
cordialita  e  decoro  pari  alia  grandezza  antica  gli  illustri  uomini  che 
siedono  in  Parlamento,  e  le  numerose  famiglie  che  trasporteranno 
qui  la  loro  sede.  » 

II  Tempo.,  giornale  garibaldino  schietto  con  bandiera  rossa  sotto 
la  tutela  e  direzione  di  qualche  personaggio  municipale  e  cortigiano  al 
tempo  stesso,  fece  al  recitato  periodo  sindacale  il  commento  seguente 
nel  suo  n°.  200  del  23  aprile. 

«  Questo  manifesto,  bisogna  confessarlo,  e  uno  dei  pochi,  che 
abbiano  veduto  la  luce  in  Roma  senza  il  relativo  corredo  di  spro- 
positi  di  grammatica.  E  questo  e  gia  qualche  cosa;  poiche  non  pos- 
siamo  avere  la  sostanza  ci  contenteremo  della  forma.  Noi  dunque 
dobbiamo  renderci  degni  di  accogliere  fra  noi  il  Re  ed  il  Governo. 
Pel  Re  sta  bene ;  ma  pel  Governo  ?  Oh !  come  si  fa  a  rendersi  degni 
di  accogliere  Ton.  Lanza,  per  esempio,  o  Ton.  Yisconti  Yenosta? 
Saremmo  stati  desiderosi  che  1'egregio  Sindaco  ce  1'avesse  un  poco 
spiegato.  Certe  cose,  specialmente  da  chi  ha  il  cervello  un  po'grosso... 
come  noi,  non  si  capiscono  di  primo  tratto.  Rendersi  degni  di  acco- 
gliere il  Governo!  Oh  che!  si  corhella  ?  Yuol  essere  un  tantin  dif- 
ficile, a  meno  che  non  ci  soccorra  la  saggezza  dei  nostri  padri  coscritti, 
nella  quale  unicamente  confidiamo  per  uscire  da  questo  imbroglio!  Cioe 
sbaglio,  oltre  la  saggezza  dei  Padri  c'e  un  altra  cosa  in  cui  dobbiamo 
confidare,  la  provvidenza  !  lo  dice  il  manifesto  ed  ha  ragione.  Oh!  sin- 
daco-provvidenza!  » 

La  mostra  personale  del  nuovo  Sindaco  ebbe  luogo  nel  pome- 
riggio  di  quello  stesso  giorno,  nel  quale  celebravasi,  come  gli  anni 
addietro,  ma  con  una  forma  politica  nuova,  1'anniversario  della  fon- 
dazione  di  Roma,  o  come  dicono  il  Natale  di  Roma.  Dovendosi  pagare 
la  Girandola  preparata  e  poi  non  incendiata  il  lunedi  della  Pasqua, 
tanto  valeva  il  darne  al  popolo  lo  spettacolo ;  e  fu  percio  fissata  la 
sera  del  giorno  21  aprile;  e  per  rendere  pomposa  anche  la  festa  diurna? 
fu  ordinata  ed  eseguita  una  splendida  rassegna  della  Guardia  Na- 
zionale,  che  in  Piazza  del  Popolo  sfilo,  verso  le  4  pom.,  sotto  un  palco, 
sul  quale  erano  esposte  le  persone  del  Sindaco  e  della  Giunta  mu- 
nicipale. II  sindaco,  dopo  che  furono  passate,  in  quello  atteggiamento 
marziale  che  loro  si  addice,  le  due  prime  legioni  del  Palladio ,  do- 
vette  privare  di  sua  presenza  il  rispettabile  pubblico,  per  recarsi  alia 


'  CONTEMPORANEA  465 

stazione  della  via  ferrata,  e  quivi  accogliere  colle  dovute  onoranze  il 
principe  Umberto  e  la  principessa  Margherita,  reduci  da  Napoli.  I  reali 
personaggi  assistettero  piu  tardi  allo  spettacolo  della  Girandola;  che 
pel  nuovi  venuti  dovette  riuscire,  stando  a  quel  che  ne  dicono  i 
giornali,  di  portentosa  magnificenza  e  bellezza. 

3.  Ma  i  Roman!  di  Roma  aveano  un'altra  Girandola  da  con- 
templare!  Era  una  notiftcazione  municipale,  firmata  da  quella  graride 
cima  d'uomo  politico  ed  amministrativo  ,  che  e  I'assessore  Biagio 
Placidi.  Questi  era  gia  famoso  per  la  parte  sostenuta  nel  famosissimo 
Comitato ,  che  per  10  anni,  coi  quattrini  del  Governo  di  Yittorio 
Emanuele,  avea  operato  in  Roma  quelle  meraviglie  che  tutti  sanno; 
con  certe  offerte  di  spade,  con  indirizzi  non  mai  pubblicati,  con  le 
coccarde  tricolori  appiccicate  alle  code  dei  cani ,  con  i  petardelli  di 
carta,  e  simili  argomenti  morali  e  dimostrativi  dell'unanime  volonta 
del  popolo  romano  per  essere  anuesso  al  Regno  d' Italia.  Ora  egli  e 
famosissimo  per  fatti  piu  splendidi. 

Codesta  notificazione,  inserita  nella  Gazzetta  u/ficiale  di  Roma, 
n°207  del  19  aprile,  dovra  scolpirsi  piii  tardi  sul  piedestalio  che  reggera 
la  statua  colossale  dovuta  dalla  patria  al  benemerito  Biagio  ;  e  bastera 
essa  sola  per  dimostrare  ai  posteri  di  che  razza  uomini  grandi,  anzi 
giganteschi  per  ingegno  amministrativo,  fosse  fornita  di  questi  gio.rni 
la  Giunta  municipale. 

Lo  spazio  troppo  ristretto  di  queste  pagine  non  ci  permette  di 
trascriverla.  Ma  ci  pare  di  poterne  dare  uno  schizzo  esatto  in  poche 
parole.  II  Municipio,  per  aiutare  il  GoVerno  al  trasferimento  della 
Capitale,  si  costituiva  sensale  per  le  pigioni  degli  alloggiamenti  agli 
impiegati;  e  per  riuscirvi  metteva  in  opera  due  mezzi  efficacissimi: 
il  denaro  del  pubblico  ed  il  domicilio  coatto,  esercitato  con  una  giun- 
terella  di  espropriazione  forzata  delle  camere  e  degli  appartamerti 
dei  cittadini  mal  disposti  a  favorire  le  sue  pratiche. 

Fissate  queste  basi,  il  Placidi  le  svolse  in  sette  articoli.  II  primo 
stabiliva  che  una  Commissione  fosse  deputata  alia  ricerca  degli  alloggi 
«  nelle  case  della  citta  che  credera  atte  a  fornire  abitazioni  in  affitto;  » 
ed  intanto  il  Governo  darebbe  al  Municipio  una  specie  di  statistica 
degli  impiegati  e  delle  rispettive  loro  famiglie.  Gli  articoli  seguenti, 
fino  al  5°,  definivano  per  minuto  le  pratiche  da  farsi  per  contrattare 
coi  proprietarii  il  fitto  da  pagarsi ;  se  questo  chiedeasi  ragionevole,  si 
fermava  e  restava  a  carico  del  futuro  pigionante;  se  non  fosse  ragio- 
nevole,  il  di  piu  si  pagherebbe,  non  dal  pigionante,  ma  per  un  terzo 
dalla  Provincia,  per  un  altro  terzo  dal  Comune  ed  il  resto  dal  Go- 
verno. Cosi  la  faccenda  era  assestata.  Ma  potea  darsi  caso  che  i  pro- 
prietarii delle  abitazioni  le  volessero  tenere  per  se,  od  affittarle  a 

Serie  VIII.  vol.  II,  fasc.  502.  30  \\  maggio  1871. 


466  CRONACA 

loro  proprio  piacimento.  E  qui  rifulse  la  scienza  politica  del  consiglieri 
municipali;  che  risolvettero  di  ottenere  dal  Parlamento  e  dal  Governo 
un  buon  articolo  di  legge  per  espropriazione  in  causa  di  utilita  pub- 
blica ;  in  virtu  del  quale  la  Commissione  visitatrice  giudicherebbe 
di  quante  e  quali  camere  doveano  i  proprietarii  o  pigionanti  con- 
tentarsi ,  quali  cedere  ad  uso  degli  impiegati,  che  il  Municipio  desi- 
gnerebbe  ad  abitarvi.  Ottenuto  questo,  il  nodo  gordiano  era,  non  gia 
troncato,  ma  sciolto  sapientissimamente.  Gli  impiegati,  secondo  le 
indicazioni  della  mentovata  statistica,  erano  destinati  a  questo  o  quello 
alloggio  che  la  cbmmissione  avea  designate  come  loro  conveniente, 
come  si  fa  quando  in  una  citta  o  borgata  sfornita  di  quartieri  pei 
soldati  si  devono  per  pochi  giorni  albergare  truppe. 

Gli  impiegati  erano  cosi  mandati  a  domicilio  coatto;Q  se  loro 
non  piacesse  starvi,  tanto  peggio  per  loro!  E  i  proprietarii?  Che  de- 
lizia,  per  esempio ,  se  una  buona  famiglia  di  pii  cattolici  dovesse 
stivarsi  in  tre  o  quattro  camere,  per  cedere  le  altre  quattro,  o  cinque, 
ad  uso  di  altrettanti  impiegati  giudei  o  liberi-pensatori!  Che  deli- 
catezza  per  un  padre  di  famiglia,  circondato  di  quattro  ragazze  da 
marito,  1'essere  astretto  a  cedere  la  meta  del  suo  appartamento  a 
scrvizio  d'un  qualche  scapestrato  celibe  senza  scrupoli ! 

I  nostri  lettori  non  hanno  d'uopo  che  diciamo  altro,  per  mettere 
in  evidenza  1'assurdita  di  questo  bel  portato  Placidiano! 

Appena  comparve,  tutti  i  giornali  furono  concordi  in  seppellirlo 
sotto  una  montagna  di  critiche,  la  cui  conclusione,  piu  o  meno  inci- 
vilmente  espressa,  fu  che  quello  era  un  portento  di  goffaggine  e  di 
assurdita.  II  Tempo,  nei  numeri  198,  200  e  202,  venne  analizzando  a 
parte  questo  ingenuo  disegno,  e  con  uno  spietato  sarcasmo  diede  al- 
l1  evidenza  delle  sue  critiche  una  forza,  che,  se  fosse  sempre  impie- 
gata ,  come  in  questo  caso ,  pel  vero  e  pel  giusto ,  gli  meriterebbe 
davvero  la  stima  e  la  gratitudine  della  gente  onesta .  La  Capitale 
anch'essa  tiro  giu  a  campane  doppie.  E  inutile  aggiungere  che  i  gior- 
nali cattolici,  con  maniere  piu  discrete,  boliarono  come  doveasi  quella 
prepotenza.  L'  Osservatore  Romano  disse  che  a  prima  giunta  credette 
che  quello  fosse  o  un  bando  della  Comune  di  Parigi,  o  compilato  ad 
uso  di  Roma  da  qualche  emissario  di  quella  Comune. 

Perfino  la  Liberia,  che  i  giorni  innanzi  strepitava  si  forte  contro 
I'inerzia  del  Municipio,  gli  diede  un  terribile  risciacquo  nel  n°  108 
del  22  aprile,  qualificando  come  arbitrarii  ed  ingiusti  questi  prov- 
vedimenti;  e  questo  mostra  che  era  senza  fondamento  cio  che  diceva 
il  Tempo  n°  199:  «  Ld  sotto  c'  e  del  Gadda.  Se  ne  sente  la  puzza, 
con  licenza  parlando,  a  mezzo  miglio  di  distanza.  Quella  notificazione 
non  e  tutta  farina  del  povero  Placidi :  ci  sono  troppe  sciocchezze  perche 
Gadda  non  ci  abbia  messo  le  mani  —  scommetto  che  T hanno  mani- 


CONTEMPORANEA  467 

polata  insieme —  parturiet  Gadda f  nascetur —  la  notificazione  di 
Placidi!  —  Altro  che  Lunati!  D'ieci  professor!  di  metafisica  trascen- 
dentale  non  ne  dicono  tante  in  vent'anni ,  quante  un  assessore  solo 
&  stato  capace  di  dime  in  una  sola  volta  e  in  una  notificazione  sola  ». 

Da  questo  schizzo  si  pud  vedere  qual  fosse  la  pittura,  con  che 
ritraevasi  la  grande  figura  del  sig.  Biagio  agli  occhi  dei  Roman i , 
gia  troppo  noiati  per  altre  cose,  ed  impauriti  da  quella  prospettiva 
di  domicilio  coatlo  ai  nuovi  venuti ! 

'  II  Placidi  senti  che  la  cosa  non  potea  andare  avanti,  e  nelle 
istruzioni  compilate  ad  uso  dei  Commissarii  deputati  alia  indagine 
inquisitoriale  degli  alloggiamenti ,  impose  che  non  entrassero  punto 
la  dove  non  si  volesse  lasciarli  entrare;  non  molestassero  nessuno; 
fossero  cortesi  con  tutti;  non  si  mostrassero  oftesi  dei  rifiuti ,  ma  grati 
delle  offerte. 

E  evidente  fin  d'ora  che  non  si  procedera  oltre  cpn  la  forza, 
e  che  tanto  gli  impiegati  forestieri  quanto  gli  abitanti  romani  la  scam- 
peranno  dal  domicilio  coatto.  E  giova  sperare  che  lo  stesso  esito  avra 
la  proposta,  rinnovata  dal  Placidi  e  di  nuovo  ammessa  dal  Consiglio 
comunale,  di  insistere  presso  il  Governo  ed  il  Parlamento,  perch&  al 
Municipio  romano  diasi  facolta  di  esercitare  un  diritto  di  espropria- 
zione  per  utilita  pubblica  contro  i  possessori  e  proprietarii  dei  Con- 
venti  e  Monasteri  di  Roma,  per  trasformare  tali  edifizii  in  case  ad 
uso  civile,  gettando  in  istrada  frati  e  monache  affine  di  dare  stanza 
ai  liberatori  dei  20  settembre. 

Non  cosi,  pur  troppo  pei  Llomani,  sara  d'un  imprestito,  che  gia 
dicesi  manipolato  dall'Alatri  e  dallo  Spada,  per  mettere  il  Comune 
di  Roma  in  grado  di  spendere  30  milioni  di  lire  in  opere  di  pub- 
blica utilita ,  e  d'abbellimento !  E  prarnmatica  costante  dei  Governi 
liberali  di  procurare  che  i  governati  siano  il  piu  presto  possibile 
tratti  all'orlo  del  fallimento  ;  e  si  sa  quanto  giovi  a  questo  lo  spar- 
nazzare  e  far  debiti !  E  percio  non  e  da  presumere  che  il  Governo 
sia  per  mettere  intoppo ,  in  questa  parte,  al  procedere  della  Giunta 
comunale.  Mentre  questa  studia  il  modo  d'  indebitarsi,  egli  studia  per 
suo  conto  il  modo  di  fare  che  non  gli  si  possa  trarre  dagli  artigli 
punto  nulla  delle  proprieta  dei  Corpi  religiosi ;  e  percid  fa  studiare 
dai  suoi  magistrati  e  consiglieri  il  modo  di  schermirsi  dai  richiami 
de'  Governi  stranieri  interessati  a  difendere  alcuno  di  tali  istituti. 

4.  Infatti  la  Gazzetta  ufflciale  di  Roma  n°  217  del  59  aprile, 
pubblico  la  nota  seguente. 

«  11  Governo  del  re,  nel  proposito  di  osservare  verso  gli  istituti 
religiosi  stranieri  esistenti  in  Roma  quei  riguardi  non  solo  di  giustizia, 
maanche  di  convenienza  che  la  loro  indolespecialerichiedesse,  venne 
nella  determinazione  d'istituire  una  giunta  di  personaggi  autorevoli, 


468  CRONACA 

incaricata  di  studiare  le  condizioni  giuridiche  di  tali  istituti,  in  quanto 
die  abbiano  dipendenza  da  chiese  o  fondazioni  cattoliche  straniere  : 
e  proporre  gli  opportuni  provvedimenti.  » 

La  giunta  e  stata ,  con  reale  decreto ,  composta  come  segue : 

S.  E.  Desambrois  de  Nevache,  presidente;  S.  E.  Vigliani  cora- 
mendatore  Paolo  Onorato,  vice  presidente;  Vacca  commendatore  Giu- 
seppe, Pisanelli  commendatore  Giuseppe,  Scialoia  commendatore 
Antonio,  Boncompagni  cavaliere  Carlo,  Mauri  commendatore  Achille, 
Robecchi  commendator  Giuseppe ,  Piacentini  Rinaldi  commendator 
Giuseppe. 

Vuolsi  confessare  che  se  il  Governo  s'attiene,  nella  pratica,  ai 
principii  qui  invocati ,  la  strage  degli  istituti  religiosi  stranieri  in 
Roma  non  sara  cosi  corapiuta  come  quella  degli  istituti  nazionali. 
Si  sa  che  coi  foresticri,  massime  se  inglesi  o  prussiani,  si  debbono 
ora  adoperare  eerti  riguardi .  Ma  verso  gli  italiani,  servum  pecus , 
non  e  bisogno  di  cerimonie.  Due  righi  di  legge  ,  od  anche  solo  un 
decreto  reale;  e  con  cio  si  appropriano  allo  Stato  case  e  beni,  dando 
per  compenso  ai  dispogliati  la  libertd  di  andare  a  spasso  a  ciel  sereno 
e  di  morir  di  fame ! 

5.  Di  questo  benefizio  inestimabile  e  sicuro  delia  liberta,  portata 
a  Roma  al  tuono  delle  cannonate  del  20  settembre ,  gia  godono  le 
delizie  niolte  migliaia  d'  infelici  e  le  centinaia  di  famiglie  che,  sotto 
il  tirannesco  Governo  dei  preti,  campavano  in  gran  parte  di  quel 
tanto  che  ricevevano  dalla  Commissione  dei  sussidii .  Questa  dal 
paterno  Governo  dei  Lanza  e  dei  Sella  fu  abolita,  come  cosa  inutile 
ed  onerosa  per  lo  Stato ;  ed  i  proventi,  che  andavano  a  sostentamento 
dei  poveri  e  degli  infermi.  ed  in  usi  di  istruzione  e  di  culto, 
sono  gettati  nella  voragine  del  deficit,  sempre  spalancata  la  dove  le 
fmanze  stuiino  in  mano  ai  liberali.  La  suddetta  Commissione  distri- 
buiva  ogni  anno  in  Roma  oltre  a  L.  1,500,000  di  limosine,  proye- 
gnenti  da  cespiti  per  nulla  gravosi  al  comune,  come  erano  per  esempio 
le  multe  per  le  contravvenzioni  e  per  i  reati  a  giudizio  de'  Tribunali 
e  rigore  di  legge.  Ai  nuovi  padroni  di  Firenze  parve  che  cedesti 
bricioli  non  si  dovessero  disprezzare.  A  prima  giunta  volevano  inghiot- 
tirseli  tutti  in  un  boccone ;  ma  avvedutisi  del  tristo  effetto  che  cio 
avrebbe  prodotto  in  Roma  gia  tanto  immiserita,  si  contentarono  di 
tollerare  che,  per  questo  solo  anno  1871,  e  per  pura  munificenza 
del  la  Camera,  si  debbano  erogare  ancora  L.  500,000.  Poi  non  se  ne 
parli  piu ! 

Perche  nulla  sfugga  all'  appetito  finanziario  del  Sig.  Quintino 
Sella,  venne  anche  pubblicata  nella  Gazzetta  ufficiale  di  Roma, 
n°  208  del  20  aprile,  la  nota  seguente. 


CONTEMPORANEA  469 

«  Affinche  il  Ministero  delle  finanze  possa  essere  in  grado  di 
prendere  una  definitiva  determinazione  sulla  radiazione  o  sulla  con- 
servazione  degli  assegni  di  culto,  di  beneiicenza,  istruzione  pubblica 
e  simili,  iscritti  a  carico  del  debito  pubblico  Romano,  ha  istituito  una 
commissione  apposita  in  questa  citta,  la  quale  deve  esaminare  i  titoli 
di  concessione.  Coloro  pertanto,  ai  quali  fosse  tuttora  sospeso  1'as- 
segno  sul  Debito  pubblico,  od  avessero  avuto  avviso  che  non  sarebbe 
corrisposto  che  sul  primo  semestre  1871,  sono  invitati  a  presentare 
alia  commissione  stessa,  residente  nell'ufficio  di  stralcio  del  debito 
pubblico,  i  titoli  di  originaria  concessione  o  qualunque  altro  docu- 
mento  che  vi  avesse  relazione.  La  commissione  terra  le  sue  sedute  nei 
giorni  di  martedi  e  venerdi  di  ogni  settimana  fino  al  20  maggio, 
dalle  ore  2  alle  5  pomeridiane;  e  ricevera  anche  a  protocollo  quelle 
deduzioni  verbaii  che  le  parti  credessero  di  fare.  »  Ognuno  gia  puo 
capire  i  benefici  effetti  che  avra  questa  munificenza  filantropica  del 
Sig.  Quintino  Sella!  I  poveri  di  Roma  gli  debbono  assolutamente  eri- 
gere  un  monumento.  La  Frusta  ne  puo  fin  d'ora  preparare  il  bozzetto. 

G.  II  Santo  Padre,  nel  Breve  allegato  al  principio  di  questa  cro- 
naca ,  scrisse  che  «  soltanto  dalla  Divina  Potenza  »  puo  sperarsi 
ed  aspettarsi  aiuto  a  Roma  ed  alia  sua  Chiesa  nelle  presenti  congiun- 
ture.  Cio  non  di  meno  torn6  accettissima  a  Sua  Santita  la  cura,  che 
diedesi  il  Sig.  Adolfo  Thiers,  capo  del  potere  esecutivo  della  repub- 
blica  francese,  di  nominare,  coll'antico  grado  di  rappresentanza  un 
ambasciadore  di  Francia  presso  la  Santa  Sede.  La  scelta  del  personag- 
gio,  a  cui  fu  affidata  questa  carica  si  delicata  nei  tempi  che  corrono, 
dimostra  pure  delle  benevole  intenzioni  di  quel  Governo  verso  il 
Santo  Padre,  avendola  affidata  a  S.  E.  il  Sig.  Conte  d'Harcourt,  che 
giunse  in  Roma  la  mattina  del  sabato  22  aprile. 

La  mattina  del  seguente  lunedi  24  aprile,  e  del  martedi  25  erano 
ricevuti,  a  privata  udienza  dal  Santo  Padre,  S.  E.  F  Ambasciadore 
d'Austria-Ungheria  Conte  di  Trauttmansdorff,  e  S.  E.  il  Ministro  di 
Baviera,  conte  Tauffkirchen ;  i  quali,  per  congedo  impetrato  dai  ri- 
spettivi  loro  Governi,  doveano  allontanarsi  da  Roma. 

In  suile  ore  11  antimeridiane  del  mercoledi  24  aprile  S.  E.  il 
conte  D'Harcourt,  che  fino  dal  lunedi  erasi  recato  a  visitare  1'Emo 
Card.  Antonelli  Segretario  di  Stato,  fu  ricevuto  a  privata  udienza  di 
Sua  Santita,  per  la  presentazione  ufficiale  delle  lettere  che  lo  accre- 
ditavano  in  qualita  d'  ambasciadore  presso  la  Santa  Sede .  QuaJche 
giorno  dopo  S.  E.  ebbe  un^altra  udienza  dal  S.  Padre,  a  cui  presento 
il  sig.  De  Vogue",  ambasciadore  francese  in  viaggio  per  Costantino- 
poli,  e  che  ebbe  incarico  di  passare  per  Roma  onde  mettersi  a  dispo- 
sizione  della  Santa  Sede  per  gli  uffici  da  fare  cola  all'intento  di  sedare 
lo  scisma  armeno  e  sostenere  la  causa  cattolica. 


470  CRONACA 

\ 

7.  I  giornali  rivoluzionarii  cominciavano  gia  a  darsi  libera  car- 
riera  sul  campo  delle  congetture  a  proposito  di  codesti  movimenti 
diplomatic!,  quando  loro  venne  oiferto  dai  partigiani  dell' 'Alleanza 
repubblicana  universale  un  tema  piu  fecondo  e  piu  appropriate  alia 
loro  capacita  politica. 

Quali  progress!  vada  facendo  in  Italia  codesta  setta,  diremo  di 
proposito  un'altra  volta.  Per  ora  basti  accennare  che  pel  30  aprile  essa 
dovea  passare  a  rassegna  i  suoi  masnadieri  in  Roma ;  e  questo  giorno 
era  stato  scelto  apposta,  come  quello  che  offeriva  un  facile  pretesto 
di  evitare  ogni  impaccio  dai  Governo.  Infatti  quel  giorno  ricorreva 
T  anniversario  della  vittoria  riportata  dai  Garibaldini,  sotto  le  mura 
di  Roma,  traPorta  S.  PancrazioeportaCavalleggieri,  il  30  aprile  1849, 
contro  una  debole  avanguardia  del  corpo  di  spedizione  francese;  la 
quale,  fidandosi  di  non  incontrare  resistenza  ,  s'  era  incautamente  in- 
saccata  in  quel  valloncello,  dominate  d'  ogni  parte  dalle  batterie  d<>! 
Gianicolo  e  del  Vaticano;  e  vi  fu  battuta  dai  Garibaldini  usciti  in 
numero  troppo  maggiore  da  Porta  S.  Pancrazio.  II  Governo  di  Firenze 
che  fregia  di  medaglia  di  benemerenti  i  difensori  di  Roma  nel  1849, 
non  potea  insospettire  d'un  anniversario  di  tal  fatto.  Inoltre  voleasi 
quel  giorno,  in  cui  pare  che  fosse  fucilato  dagli  Austriaci  il  famoso 
CiceruaeehiOj  inaugurare  una  lapide  commemorativa  in  onore  dico- 
desto  eroe  romano,  da  mettersi  sulla  sua  casa  presso  la  piazza  del 
Popolo. 

Datasi  la  posta  per  quel  giorno,  trovaronsi  in  Roma  il  fiore  del 
Garibaldini  superstiti  del  1849,  e  v' andarono  pure  da  Firenze  gli 
onorevoli  Crispi,  Fabrizi,  Rillia,  Toscano,  Rorruso,  Michelini,  Oliva, 
Asproni,  Damiani,  Corte,  Guerzoni,  Cucchi  ed  altri  assai  tra  i  Depu- 
tati  che,  con  tutto  il  loro  giuramento  di  fedelta  al  Re  ed  allo  Sta- 
tuto,  professano  di  vagheggiare  come  il  tipo  perfetto  d'un  buon  Go- 
verno la  Repubblica  democratica,  e  ne  promuovono  il  culto. 

Diremo  a  suo  tempo,  quando  parleremo  delle  interpelianze  fatte 
poi  alia  Camera,  come  procedesse  tutta  la  faccenda.  Ora  ci  basta 
accennare  che  il  Questore  di  Roma,  Sig.  L.  Rerti,  vedute  affoltarsi 
grosse  nubi  temporalesche  sotto  1'influsso  di  questi  soffioni  repubbli- 
cani,  chiese  istruzioni  da  Firenze;  e  n'ebbe  ordine  d' impedire  co- 
deste  dimostrazioni.  E  le  impedi  davvero.  Fin  dai  29  aprile  egli  mando 
affiggere  la  seguente:  Notificaziorte.  —  Per  considerazioni  d' ordine 
pubblico  il  Governo  deve  vietare  le  dimostrazioni  che  si  annunziano 
per  domani,  30  aprile.  Qualunque  riunione  o  assembramento,  che  si 
formasse,  sarebbe  percio  disciolto  con  le  norme  stabilite  dagli  arti- 
coli  26,  27,  28  e  29  della  legge  sulla  pubblica  sicurezza.  II  sotto- 
scritto  ne  avvisa  ad  ogni  buon  fine  il  pubblico  a  seconda  delle  istru- 
zioni ricevnte  dall'  autorita  superiore;  e  confida  che  i  cittadini  romani, 


CONTEMPORANEA  471 

si  benemeriti  della  patria,  vorranno  dare  anche  in  questa  circostanza 
una  nuova  prova  di  rispetto  all'ordine,  prima  garanzia  della  liberta. 
Roma,  29  aprile  1871.  //  Questore  L.  BERTI.  » 

Questo  bando  spiacque  assaissimo  ai  direttori  della  festa  pre- 
parata;  ma  loro  si  fece  intendere  che,  se  pur  volevano  tentarne  la 
prova,  doveano  andar  cauti.  Pare  anzi  che  la  hotizia  di  cio  bastasse  a 
levare  la  speranza  della  riuscita  a  Menotti  Garibaldi ;  il  quale,  giunto 
il  29  stesso  a  Roma,  e  saputo  del  vento  che  spirava  dalle  regioni 
della  Questura,  ripiglid  la  strada  ferrata,  e  se  ne,  andava  via  alia 
volta  di  Catanzaro,  nido  prediletto  della  Garibalderia.  II  bando  del 
Berti  fu  insozzato  sporcamente  in  piu  luoghi ;  ed  in  altri  fu  coperta, 
come  per  dileggio,  la  firma  del  Berti,  con  una  striscia  incollala  che 
recava  stampato  il  nome  di  Mons.  Lorenzo  Randi.  Cio  fini  di  guastare 
la  festa,  obbligando  il  Berti  a  provvedere  con  vie  maggiore  energia. 
E  provvide  davvero. 

Fu  convocata  sotto  le  armi  la  Guardia  nazionale  per  le  8  an- 
timeridiane  della  Domenica  30  aprile;  e  ne  furono  distribute  le 
compagnie  al  Campidoglio,  al  Corso,  alia  Direzione  del  Lotto  presso 
la  Casa  del  Ciceruacchio ,  a  Porta  Cavalleggeri,  a  Santo  Spirito,  a 
Porta  S.  Pancrazio,  dove  erasi  disegnato  di  fare  la  dimostrazione. 
Poi  disseminati  da  per  tutto  Carabinieri  e  Guardie  di  sicurezza  pub- 
blica  ed  ufficiali  di  Polizia,  con  ordine  di  sciogliere  le  raunate,  anche 
colla  forza  se  cosi  fosse  d'uopo. 

I  Garibaldini,  benche  un  po'  scorati  per  questo  apparato  di  for- 
za, s'impuntarono  di  fare  la  prova  almeno  di  eseguire  quanto  aveano 
divisato.  Si  raccolsero  in  certo  numero  al  Campidoglio ;  ma  ivi  un 
Capitano  di  Guardia  Nazionale  li  persuase  a  sciogliersi  e  andarsene; 
sulla  Piazza  del  Gesu  un  Delegate  di  Polizia,  con  1'espressiva  sua 
fascia  tricolore  ed  un  competente  numero  di  tricorni  di  Carabinieri, 
loro  intimo  di  sciogliersi  e  si  sciolsero,  andando  pero  cosi  sperperati 
verso  Piazza  del  Popolo  pel  Corso  e  per  la  via  di  Ripetta  alia  casa 
del  Ciceruacchio.  Ma  ivi  ancora  ebbero  lo  stesso  complimento,  soste- 
nuto  da  due  compagnie  di  Guardia  Nazionale.  Indispettiti  osarono 
ricorrere  allo  spediente  civilissimo  delle  tischiate  e  degli  urli;  e  questo 
trasse  fuori  dalla  caserma  dei  Carabinieri  di  Piazza  del  Popolo  una 
buona  schiera  di  Granatieri  di  Sardegna  con  le  baionette  in  canna. 
A  quella  vista  si  capi  che  bisognava  aver  giudizio,  e  la  folia  si  spar- 
pag!i6,  lasciando  un  due  o  tre  dei  piu  focosi  nelle  mani  delle  Guardie 
di  sicurezza  che  li  aveano  arrestati. 

Si  voile  tuttavia  andare  a  far  baccano  fuora  di  Porta  S.  Pancra- 
zio. Ma  questa  era  custodita  da  due  grosse  compagnie  di  Guardia 
nazionale.  La  Villa  Pamphili,  dove  correva  qualche  pericolo  il  mo- 
numento  funebre  dei  francesi  ivi  caduti  nel  1849,  era  forse  piu  mi- 


472  CRONACA 

nacciosamente  guardato  da  bersaglieri  e  da  uno  squadrone  intero 
delle  Guardie  nazionali  e  da  lancieri;  e  forti  pattuglie  correvano  tutte 
le  vie  da  Porta  S.  Pancrazio  a  Porta  Cavalleggeri  e  intorno  al  Va- 
ticano. 

I  Garibaldini  scorbacchiati  si  vendicarono  coi  fiaschi  del  vino 
che  tracannarono  nelle  bettole.  La  Guardia  nazionale  fece  bene  il 
suo  dovere.  E  gli  Onorevoli  andati  a  Roma  da  Firenze  per  dirigere 
la  festa  repubblicana,  se  ne  tornarono  via  la  sera  stessa,  ruggendo 
come  lioni  furiosi,  e  giurando  la  vendetta  di  terribili  interpellanze 
nella  Camera  contro  1'illegalita  che  avea  impedito  quella  santa  festa! 

I  giornali  della  setta  gridarono  al  finimondo,  perche  si  adopero 
la  Guardia  nazionale  a  questo  servizio,  e  non  si  osservarono,  dicono 
essi ,  le  formalita  della  legge.  La  Guardia  nazionale,  in  corpo,  e 
lodata  dal  Gadda  e  dal  Lanza,  e  percio  dal  Pallavicino  e  dal  Tit- 
toni,  e  si  gloria  d'aver  salvato  la  patria.  Molti  Garibaldini  graduati 
della  Guardia  nazionale,  sono  furibondi,  perche,  con  le  loro  medaglie 
in  petto  del  1859  e  del  1866  e  1867,  furono  costretti  ad  impedire  il 
trionfo  dei  loro  degni  antecessori  del  1849.  E  la  Questura  dice:  ho 
fatto  quel  che  mi  spettava.  Tali  sono  i  fatti  romani  d'aprile  187 1. 

in. 

TOSCANA  E  STATI  ANNESsi  —  1.  Cenni  sopra  i  lavori  del  Parlatnento  —  2.  Pro- 
cess! criniinali  contro  sei  Deputati  —  3.  Dibattimenti  e  voto  della  Camera 
elettiva  per  la  legge  delle  guarentige  al  Papa  —  4.  Promessa  del  Guar- 
dasigilli  deFalco  per  una  legge  sopra  gli  ordini  religiosi  in  Roma  —  5.  Pro- 
posta  di  nuove  gravezze  fatta  dal  Sella  —  6.  Progresso  nei  reati  di  sangue 
e  contro  le  proprieta;  schema  di  legge,  proposto  dal  Lanza  per  la  sicu- 
rezza  pubblica  —  7.  Circolare  dello  stesso  Lanza  contro  le  stampe  e  foto- 
grafie  oscene. 

1.  Un  liberalissimo  giornale  di  Roma,  a  proposito  della  prima 
seduta  pubblica  del  Consiglio  comunale,  diceva  a  ragione:  «  che  si 
desiderano  sempre  le  cose  che  non  si  possono  avere,  e  le  si  disprezzano 
quando  si  sono  ottenute.  »  Questa  sentenza  si  avvera  costantemente 
in  Italia ,  per  cio  che  risguarda  la  partecipazione  al  Governo  della 
cosa  pubblica  in  quell'ufficio  che,  se  non  e  sempre  il  piu  lucroso, 
e  sempre  teoricamente  il  piu  sublime,  cice  1'esercizio  della  podesta 
legislativa.  Quante  brighe,  quanti  impegni,  quante  spese,  quanti  pro- 
grammi  e  studii  e  talvolta  pure  quante  tranellerie  e  quante  corruzioni 
per  riuscire  eletto  Deputato  alia  rappresentanza  nazionale  nella  Camera! 
Se  non  vogliamo  supporre  che  tutti  i  candidati  siano  abbietti  mer- 
canti  del  proprio  onore,  con  intento  di  vantaggiare  gli  interessi  della 
loro  borsa,  dobbiamo  credere  che  i  piu  di  loro  si  propongano  davvero 


CONTEMPORANEA  473 

di  fare  poi  quel  che  promettono  agli  elettori;  ossia  studiare  attesa- 
mente  le  leggi  proposte,  vigilare  la  condotta  del  Ministero,  ricercare 
con  iscrupolosa  diligenza  1'uso  che  si  fa  del  pubblico  denaro,  richia- 
mare  a  severe  sindacato  gli  atti  dei  Ministri  che  offendono  la  liberta 
delle  persone,  esigere  la  stretta  osservanza  delle  leggi,  sostenere  i 
diritti  dei  cittadini  contro  i  soprusi  degli  ufficiali  del  poter  esecutivo, 
promovere  1'industria  ed  il  commercio,  tutelare  1'agricoltura,  impe- 
dire  che  1'esercito  divenga  uno  strumento  di  oppressione  o  una  ten- 
tazione  a  guerre  non  del  tutto  necessane;  e  cosi  via  discorrendo. 

Ma  che?  Impetrata  la  grazia  dell'elezione,  fatta  un' apparizione 
alia  Camera,  gustato  1'onore  di  occuparvi  un  seggio  di  velluto  e  fatta 
qualche  visita  alia  Corte,  e  soprattutto  afferrato  il  privilegio  delle 
immunitd  personali  ed  intascata  la  piastra  che  autorizza  a  viaggiare 
gratis  sulle  vie  ferrate :  insomma ,  colti  i  vantaggi  della  carica ,  da 
molti  e  moltissimi  se  ne  ributtano  fastidiosamente  i  pesi ;  ed  &  bisogno 
di  molte  e  larghe  promesse  con  alcuni,  di  minacce  con  altri,  di  cir- 
colari  ministeriali  o  presidenziali  con  quasi  tutti,  per  ottenere  che  la 
Camera  sia  di  tanto  in  tanto  in  numero  legale  e  sufficiente  per  votare 
le  leggi,  dibattute  ed  impastoiate  dai  soliti  15  o  20  del  mestiere, 
alia  presenza  di  alquante  decine  di  loro  colleghi  impazientissimi  di 
quella  noia.  Dacche  si  inauguro  il  Parlamento,  alii  5  dicembre  1870, 
con  la  nuova  Camera  elettiva  costituita  dai  suffragi  del  precedente 
novembre,  quale  importante  questione  fu  risoluta?  Qual  legge  fu  san- 
cita  che  possa  e  debba  tornare  a  vera  utilita  del  pubblico? 

Lasciamo  da  parte  la  convalidazione  del  plebiscito  romano  del 
2  ottobre,  e  la  legge  pel  trasferimento  della  sede  del  Governo  a  Roma; 
poiche  questi  furono  atti  rilevanti  sotto  1'aspetto  politico  ed  inter- 
nazionale,  ma  la  cui  utilita  pel  vero  bene  pubblico  ed  amministra- 
tivo  della  nazione  e  per  lo  meno  assai  dubbia  ;  e  che  ad  ogni  modo 
furono  spacciati  dalle  due  Camere  in  poche  sedute,  per  poter  dire 
ancora  una  volta,  cosa  fatta  capo  ha. 

II  resto  del  tempo,  e  le  enormi  spese  per  le  due  Camere  e  per 
la  stampa  degli  Alti  ufficiali  qual  frutto  produssero?  II  senate  sanci 
alii  22  marzo  con  60  voti  contro  13,  una  nuova  legge  sopra  la  coscri- 
zione  militare;  la  quale,  quando  avra  ottenuta  anche  1'approvazione 
della  Camera  dei  Deputati  e  la  firma  del  Re,  rechera  questo  bel  van- 
taggio:  che  1' Italia  sara  trasformata  in  vasta  caserma,  dove  tutti  i 
cittadini  fino.aU'eta  di  circa  40  anni  sono  costretti  ad  essere  piu  o 
meno  soldati ,  senza  eccettuare  i  chierici  ed  i  preti;  ai  quali,  se  loro 
non  si  fara  maneggiare  il  facile  od  il  cannone,  sara  imposto  il  ser- 
vizio  d'infermieri.  Vogliamo  credere  che  1'intento  del  Ministro  della 
guerra  fosse  solo  di  prussianeggiare  cosi  r Italia,  onde  renderla  ca- 
pace  di  emulare  i  prodigi  militari  della  Prussia  massime  contro  la 


474  C RON AC A 

Francia.  Ma  e  certo  che  la  setta  massonica  ne  ricava  J'effetto,  a  cui 
mirava  da  tanto  tempo,  di  recare  cioe  un  colpo  funesto  alia  Chiesa; 
!a  quale  per  tal  modo  appena  potra  rifornirsi  di  cherici  e  sacerdoti 
secolari ,  e  restera  priva  dell'  opera  degli  ordini  religiosi ,  di  cui  torna 
poco  meno  che  impossibile  la  conservazione  e  1'esistenza,  con  una 
legge  che  obbliga  tutta  la  gioventu  ai  doveri  militari  fin  oltre  i  34 
anni.  Di  che  puo  vedersi  un  breve  discorso  nell'unita  Cattolica  n.  70. 
Fuori  di  questo  il  Senato  non  tratto  attesamente  altro  soggetto  di 
grave  momento;  tale  non  sembrandoci  1'armeggiare  degli  oratori  circa 
la  famigerata  legge  per  le  guarentige  al  Papa ,  alia  quale  doveasi 
dare  1'ultima  forma,  perche  rispondesse  bene  all'  intento  giudaico  del- 
\'Ave  Rex. 

La  Camera  dei  Deputati,  ove  s'eccettuino  le  solite  inlerpellanze, 
non  fece  quasi  altro  che  ciarlare  sopra  codesto  guazzabuglio  della 
legge  per  le  accennate  guarentige  ,  ed  insaccare  a  precipizio  leggi 
temporanee,  d' interesse  particolare,  a  piacimento  dei  Ministri.  Co- 
mincio  naturalmente ,  come  pel  passato,  col  dare  al  Governo  la  fa- 
colta  dell'  esercizio  provvisorio  del  bilancio;  non  tralascio  veruna 
occasione  di  provocare  una  crisi  ministeriale,  e  continue  a  dare 
grasso  guadagno  agli  stampatori  degli  Atti  uffieiali.  Ma  come  e  quando 
si  fecc  il  dovuto  sindacato  delle  spese  degli  anni  precedenti?  Si  ebbero 
e  si  discussero  forse  i  rendiconti  del  Ministero  delle  fmanze  circa  i 
balzelli  riscossi ,  gli  arretrati  non  riscossi,  le  economic  sperabili? 
Si  esamino  qualche  parlito  pratico  circa  il  modo  di  diminuire  le  spese, 
di  colmare  il  deficit,  di  vantaggiare  i  proventi  senza  linir  d'assassinare 
i  contribuenti  ?  Niente  aff'atto.  A  questo  proposito,  che  pur  e  I'ufficio 
capitale  della  Camera  dei  Deputati ,  tutto  si  ridusse  a  certe  proposte 
gettate  in  mezzo  dal  ministro  Quintino  Sella ,  che  si  beflb  del  ri- 
brezzo  con  cui  furono  udite  dalla  Camera ,  e  della  esecrazione  uni- 
versale  con  cui  furono  reiette  dall'opinione  pubblica.  Intanto,  mentre 
i  Deputati  ciarlano,  il  Ministero  spende  e  spande;  ed  i  contribuenti 
devono  pagare ,  e  poi  pagare,  e  sempre  pagare!  frutti  del  sistema 
rappresentativo  parlamentare. 

Che  se  puo  dirsi  sciupato  il  tempo  dal  piccolo  numero  dei  De- 
putati che  frequentarono  le  sedute,  troppo  piu  grave  biasimo  incorsero 
quei  moltissimi,  puo  dirsi  la  pluralita  dei  Deputati,  che  o  non  vi 
andarono  punto ,  o  vi  si  condussero  rarissime  volte,  defraudando  cosi 
i  diritti  dei  loro  elettori ,  non  senza  grave  discredito  delle  istituzioni 
parlamentari.  Eccone  un  saggio. 

La  Camera,  non  volendosi  privare  dei  sollazzi  carnascialeschi, 
erasi  prorogata  fmo  al  giorno  1°.  di  marzo:  e  gli  onorevoli  erano 
stati  esortati  con  gran  fervore ,  a  fare  in  modo  che  quel  giorno  stesso 
ia  tornata  dovesse  riuscire  proficua ,  almeno  in  quanto  1'  aula  non 


CONTEMPORANEA 


475 


fosse  deserta.  Otto  interi  giorni  di  riposo  dalle  fatiche  del  baccaaali 
sembravano  poter  bastare.  Eppure  non  cosi  la  pensarono  la  massima 
parte  degli  onorevoli,  e  fino  alii  4  niarzo  non  si  pote  far  nulla,  troppo 
scarso  essendo  il  riumero  dei  Deputati  presenti.  All'  ora  posta  arrivava 
il  Presidente  od  il  Vice  presidente;  si  guardava  attorno,  vedea  sparsi 
qua  e  cola  capannelli  di  parlatori  annoiati  ed  impazienti  d'andarsene 
pei  fatti  loro,  contava  i  pochi  eke  sonnecchiavano  o  sbadigliavano 
adagiati  nei  loro  stalli,  tutti  insieme  erano  ancor  troppo  pochi,  aspet- 
tava  un  buon  tratto  per  vedere  se  sopravvenissero  altri,  poi  acco- 
miatava  tutti  e  se  ne  andava  a  pranzo. 

Cosi  s'ando  innanzi  fino  al  4  marzo;  nel  qual  giorno ,  per  mi- 
racolo,  gli  assenti  erano  soltanto  421,  i  presenti  sommavano  79  !  Erano 
quanti  bastavano  a  figurare  una  seduta  parlamentare;  e  si  comincio 
a  parlare.  A  poco  a  poco  gli  stalli  si  vennero  popolando,  ed  alii  9 
marzo  si  ripiglio  la  discussione  della  legge  per  le  guarentige  al  Papa, 
di  cui  restavano  a  disaminare  tutti  gli  articoli  del  Titolo  secondo. 
Conchiusa  questa  faccenda  nella  tornata  del  21,  si  continue  a  trattare 
di  varie  altre  di  poca  rilevanza  fino  al  2  aprile.  Allora  gli  onorevoli 
prostrati  da  queste  immani  fatiche,  cedettero  al  bisogno  d'  un  nuovo 
riposo.  La  Camera  fu  prorogata  fino  al  12  aprile.  II  Presidente,  prima 
di  licenziare  i  suoi  degni  colleghi  alle  vacanze ,  rammento  loro  che 
erano  in  pronto  due  leggi,  la  cui  discussione  ed  approvazione  era 
urgentissima ,  1*  una  sopra  alcuni  straordinarii  provvedimenti  per  la 
sicurezza  pubbiica,  1'altra  pel  riordinamento  dell' esercito;  e  fece  un 
patetico  fervorino  ai  Deputati  perche  non  fallissero  al  debito  loro ,  e 
nel  giorno  posto  si  trovassero  a' loro  stalli.  Egli  spreco  il  fiato,  giacche 
il  12  aprile  si  rinnovo  il  niente  edificante  spettacolo  del  1°  marzo. 
I  giorni  seguenti  s'  ando  innanzi  ad  occhi  chiusi ,  mostrando  il  Pre- 
sidente di  non  accorgersi  che  il  numero  dei  presenti  non  bastava  alia 
legalita  del  voto  sopra  certe  leggi  di  poco  interesse,  che  intanto  sog- 
giacevano  alle.  formalita  del  dibattimento  parlamentare. 

Ma  nella  tornata  del  19  aprile,  dovendosi  procedere  allo  scru- 
tinio  pel  voto  definitivo  sopra  codeste  leggi,  fu  indispensabile,  per 
virtu  del  regolamento,  il  premettere  1'appello  nominale  dei  Deputati 
presenti;  e  risulto  comprovato  quello  che  tutti  gia  sapeano,  cioe  che 
i  giorni  innanzi  erasi  votato  senza  numero  legale,  e  che  anche  in 
quella  tornata  i  presenti  non  erano  quanti  sono  richiesti  per  la  le- 
galita del  voto.  Di  che  il  Presidente  si  mostro  assai  scandolezzato , 
e  non  senza  un  poco  di  stizza  ebbe  a  sfogare  il  suo  zelo,  dicendo 
che  appellava  al  giudizio  del  paese  sopra  questo  procedere  del  mas- 
simo  numero  dei  rappresentanti  della  nazione!  II  sig.  Biancheri  avea 
ragione  di  indegnarsi.  Essendo  gli  onorevoli  in  numero  di  508,  bastava 


476  CRONACA 

secondo  il  regolamento  che  fossero  present!  225,  e  tuttavia  fino  al  21 
aprile  non  se  ne  contarono  mai  piu  di  162. 

2.  Sarebbe  tuttavia  una  specie  d'ingiustizia  il  malmenare  quest! 
pochi  men  negligent!,  i  quali,  sia  pure  che  non  facciano  grand!  cose, 
impediscono  fino  ad  un  certo  punto  che  diventi  opinione  pubblica 
ed  universale  quella  che  e  gia  assai  diffusa  tra  moltissimi,  cioe  po- 
tersi  fare  a  meno  d'una  rappresentanza  nazionale  tanto  dispendiosa 
per  una  parte  e  tanto  inutile  per  1'altra.  A  che  pro  spesare,  per  vie 
dirette  ed  indirette,  a  costo  di  piu  milioni,  una  Camera  di  508  De- 
putati,  mentre  d' ordinario  non  se  ne  possono  raccozzare  nell' aula 
un  250  ? 

Tutiavolta  i  pochi  raunatisi,  dopo  le  vacanze  della  Pasqua,  nella 
sala  dei  Cinquecento ,  rendettero  anche  alia  patria  un  altro  non 
ispregevole  servizio.  Gia  da  pezza  la  giustizia  chiedeva  che  le  fosse 
lecito  intentare  processo  criminale  contro  parecchi  Deputati  che,  per 
abuso  della  loro  prerogative  d'immunita,  erano  imputati  di  crimini 
e  delitti  comuni .  Percio  eras!  posta  all'  ordine  del  giorno ,  per  la 
tornata  dei  12  aprile,  la  disamina  ed  il  voto  sopra  cinque  domande 
di  autorizzazione  a  procedere  contro  altrettanti  Deputati.  II  primo  di 
quest!  era  Camillo  Casarini,  sindaco  di  Bologna,  accusato  «  d'ingiurie 
atroci  e  di  percosse  e  ferite  con  prodizione  e  per  impulso  di  brutale 
malvagita.  »  Per  un  Sindaco  e  Deputato,  won  c'e  male!  II  secondo  era 
1'  onorevole  Pietro  Strada ,  accusato  d'  ingiurie  verso  un  Pretore.  II 
terzo  era  1'  onorevole  Francesco  Martire,  accusato  di  ferite  volontarie 
inflitte  con  colpi  d'arma  insidiosa.  II  quarto  era  1'  onorevole  Pacifico 
Valussi,  accusato  come  diffamatore  ereo d'ingiurie  pubb.!iche.  II  quinto 
era  F onorevole  Alceo  Massarucci  accusato  di  contravvenzione  in  ma- 
teria  di  finanza  per  certa  magagna  di  cambiali.  Le  istanze  fiscali  per 
la  facolta  di  procedere  presso  i  Tribunal!  competenti  contro  questi 
onorevoli  furono  regis^rate  negli  Atti  ufficiali>  ed  anche  nell'  Unild 
Cattolica  n.  54,  57  e  58  del  1871. 

Un  sesto  onorevole  venne  poi  a  tener  compagnia  ai  prelodati 
cinque,  ed  e  il  famoso  Paulo  Fambri,  contro  cui  nella  tornata  del  17 
aprile,  fu  presentata  la  domanda  fiscale,  riferita  nell'  Unitd  Cattolica 
n.  96  del  23  aprile;  dalla  quale  risulta  contro'  di  esso  1'imputazione 
di  «  aggressione  armata  mano  sulla  pubblica  via,  e  di  violenze,  mi- 
nacce,  maltrattamenti  ed  offese  verbal! »  sulla  persona  d'un  dott.  Galli. 

Nella  tornata  del  22  aprile  la  Camera  concedette  al  R.  Fisco  la 
chiesta  facolta  di  procedere  giudiziariamente  contro  i  cinque  prim! 
onorevoli  Casarini,  Strada,  Martire,  Valussi  e  Massarucci.  Pel  sesto,  si 
vedra  poi.  Fu  gracde  scandalo  quello  che,  per  le  ferrovie  meridional!, 
si  ebbe  dal  processo  contro  gli  onorevoli  Susani  e  Bastogi,  imputati 
di  baratterie ;  piu  grande  fu  quello  eccitato  pel  famoso  processo  dei 


CONTEMPORANEA  477 

non  sappiamo  quanti  onorevoli,  impegolatisi  1'anno  scorso  nell'in- 
truglio  della  Regia  coinleressata  ;  luttavia  quest!  erano  almeno  pro- 
cess! per  aflari  e  speculazioni,  indelicate  se  cosi  vuolsi  dire,  ma  che 
somigliano  alle  infinite  che  si  fanno  anche  da  persone  ragguardevoli 
ogni  giorno  nei  giuochi  di  Borsa.  Qui  invece  si  tratta  di  reati  comuni; 
cioe  di  quel  genere  di  violenze  o  di  bassezze,  che  d'ordinario  si 
commettono  solo  da  persone  abbiette  e  senza  educazione.  Si  vede  da 
cio  che  talvolta  gli  elettori,  non  solo  devono  essere  di  facile  contenta- 
tura  circa  la  capacita  intellettuale  e  la  probita  dei  candidati,  ma 
neppure  si  curano  di  nominare  almeno  persone  civili. 

3.  Sembra  a  noi  che  questo  scandalo  di  sei  legislatori  accusati 
di  delitti  comuni  venisse  proprio  in  mal  punto,  a  disdoro  di  quella 
Camera  che  con  prosopopea  sovrana  avea  poc'anzi  compiuta  1'  opera 
laboriosissima  quanto  inutile  della  legge  per  le  guarentige  d'  indipen- 
denza  del  Papa.  Di  questa  abbiamo  ragionato  di  proposito  piu  volte  ; 
e  ci  parrebbe  di  buttare  il  tempo  e  la  fatica,  e  di  abusare  anche  della 
pazienza  dei  nostri  lettori,  se  imprendessimo  a  dare  il  sunto  analitico 
dei  dibattimenti  arruffati  e  tediosissimi,  che  ebbero  luogo  nella  Ca- 
mera dei  Deputati  per  codesto  garbuglio  che  il  Gabinetto,  la  Giunta 
della  Camera,  il  relatore  Bonghi  e  tutta  la  stampa  periodica  gia  ri- 
conobbero  come  condannato  al  dimenticatoio,  sapendosi  che  sara  scm- 
pre  reietto  dal  Papa  a  favore  del  quale,  dicesi,  venne  fatto .  Lo  scopo 
di  tal  legge  era:  1°  di  porgere  al  Governo  un  mezzo  da  spacciarsi 
d'ogni  ingerenza  straniera  nelle  cose  di  Roma,  ed  alia  Diplornazia 
straniera  uno  specioso  pretesto  di  lavarsi  le  mani  circa  la  quistione 
romana;  2°  di  assicurarsi  il  pacifico  possesso  della  conquista  del 
20  settembre  1870,  coll' appagare  in  qualche  guisa  i  voti  dei  catto- 
lici  italiani  e  stranieri  circa  1' indipendenza  del  Papa-;  3°  di  porre 
almeno  una  qualche  base  alia  futura  conciliazione  tra  il  Papa  spo- 
gliato  ed  i  suoi  spogliatori,  a  scapito-  della  Chiesa  ed  a  profitto  del- 
1' Italia  Massonica. 

Or  egli  e  evidente,  che  questo  triplice  intento  ne  si  e  conse- 
guito  ne  potra  mai  conseguirsi.  II  Governo  a  piu  riprese  nei  suoi 
dispacci,  e  lo  stesso  Visconti  ^Yenosta  nella  Camera  dei  Deputati  e 
nei  Senato,  fu  astretto  a  riconoscere  che  la  quistione  dell' indipen- 
denza del  Papa  era,  sotto  piu  risguardi,  anche  di  diritto  internazio- 
nale;  ed  e  percio  assurdo  che  con  una  legge  italiana  siasi  voluta 
decidere  e  troncare  tal  quistione  come  di  competenza  puramente  in- 
terna  e  nazionale.  I  cattolici  italiani  e  stranieri  non  si  ristaranno  cer- 
tamente  dal  rivendicare  con  sempre  crescente  energia  quella  che  e 
Tunica  ed  efficace  guarentigia  della  liberta  ed  indipendenza  del  Papa; 
nfc  si  terranno  mai  soddisfatti  per  le  schernevoli  concessioni  fatte 
dalla  munificenza  dei  frammassoni  di  Firenze  all'  oppresso  Vicario  di 


478  cnoNACA 

Gesu  Cristo.  II  Santo  Padre  poi  e  nolle  sue  Encicliche,  e  nella  re- 
cente  sua  lettera  al  Card.  Vicario,  e  nelle  risposte  alle  protestazioni 
dell' Episcopato,  e  nelle  sue  allocuzioni  in  congiunture  solenni,  ha 
detto  e  ridetto  in  forma  categorica,  che  non  accetta  n&  puo  accettare 
altra  guarentigia,  che  la  effettiva  restituzione  di  quanto  fu  rapito  sa- 
crilegamente  alia  Chiesa. 

Pertanto  fu  opera  stolta  quella  del  travagliarsi  tanto  intorno  a 
quel  guazzabuglio  d'ingiustizia  e  di  assurdita ;  il  quale,  posto  pure 
die  ottenesse  la  sanzione  d'  un  Placet  dei  Gabinetti  stranieri,  non 
sara  mai  ammesso  dal  Papa;  il  quale  solo  potrebbe  dargli  qualche 
valore,  se  la  santita  dei  suoi  giuramenti,  se  le  ragioni  della  giusti- 
zia,  se  la  morale  evangelica,  se  1'  assistenza  del  divino  Spirito  non 
gli  imponesscro  di  rifmtarvisi  oggi  e  sempre,  anche  a  costo  della 
vita.  Quanto  ai  vili  che  si  riprometteano  di  indurre  il  Papa  a  con- 
tentarsi  delle  guarentige  beffarde  per  amore  dei  tre  milioni  e  mezzo 
di  lire,  che  gli  si  darebbero  come  stipendio,  essi  deono  aver  capito 
che,  misurando  un  Papa  da  se  medesimi,  la  sbagliavano  troppo.  Un 
Papa  stima  piu  che  tutti  i  tesori  del  mondo  un  briciolo  di  verita  e 
di  giustizia ;  e  come  la  sua  dignita  gli  vieta  di  accettar  guarentige 
dai  suoi  sleali  oppressori,  cosi  alle  offerte  di  compensi  in  denaro  ben 
potrebbe  dare,  come  gia  S.  Pietro  in  congiuntura  poco  dissimiglian- 
te,  quella  tremenda  risposta :  «  Peeunia  tua  tecum  sit  in  perdilio- 
nem ,  quoniam  donum  Dei  existimasti  pecunia  possideri.  »  (Act. 
Ap.  VIII.  20.) 

La  discussione  di  questo  portato  mostruoso  della  giurisprudenza 
rivoluzionaria,  interrotta  per  le  vacanze  del  carnevale,  fu  ripigliata 
nella  Camera  elettiva  alii  9  marzo,  e  venne  continuandosi ,  co-n  la 
usata  profusione  di  empie  teoriche  e  di  bestemmie  per  parte  di  molti 
Deputati,  fmo  al  21.  Nella  tornata  di  questo  giorno  ,  essendosi  gia 
partitamente  approvati  ad  uno  ad  uno  gli  articoli  del  Titolo  secondo, 
si  procedette  ai  voti  sul  tutto  della  legge;  e  questa  fu  approvata 
da  185  Deputati,  essendo  106  quelli  che  si  dichiararono  contrarii. 
Fu  vero  miracolo  che  quel  giorno  si  trovassero  present!  nell'aula 
parlamentare  291  onorevoli,  ossia  37  di  piu  della  meta  voluta  per  la 
deliberazione  legale  e  valida  di  tutto  il  corpo  di  508  rappresentanti 
nazionali.  Le  circolari  infocate  della  Presidenzae  del  Ministero  aveano, 
per  quel  giorno,  arreticato  i  37  che  doveano  far  uscire  trionfante 
daH'urna  dello  scrutinio  quell' insensato  guazzabuglio;  il  quale,  come 
disse  il  deputato  Massari  (atti  uff.  n°  221  pag.  859) :  «  invece  di  san- 
zionare  il  principio  della  liberta  della  Chiesa  sanziona  il  principio 
della  servitu.  » 

4.  Mentre  si  battagliava  ,  nella  tornata  del  18  marzo,  sopra  i 
diversi  emendamenti  proposti  al  Titolo  secondo  di  codesta  legge,  il 


CONTEMPORANEA  479 

presidente  dovette  porre  a  partite  un  ordine  del  giorno  suggerito 
dall'onorevole  Mancini  in  quest!  termini:  «  La  Camera,  udite  le  di- 
chiarazioni  della  Commissione,  e  ritenendo  che  sara  mantenuta  1'e- 
sclusione  d'ogni  ingerenza  governativa  nell'esercizio  di  tutti  i  culti 
professati  nello  Stato,  passa  all' ordine  del  giorno.  »  II  Ministero,  per 
bocca  del  Guardasigilli  DeFalco,  rispose  subito  «  di  non  avere  <iif- 
ficolta  di  accettarlo.  »  La  Camera  procedette  ai  voti,  e  quell'  ordine 
del  giorno  fti  approvato.  Laonde  pareva  che  iinalmente  si  rinunziasse 
all'ingerenza  tirannesca  dello. Stato  nelle  cose  di  religione,  e  che  il 
benefizio,  di  cui  godono  di  fatto  i  protestanti  ed  i  giudei,  si  volesse 
estendere  anche  ai  cattolici.  Eppure  no !  Per  quello  spirito  di  confu- 
sione  babelica  che  regola  le  cose  del  Parlamento  fiorentino,  subito 
dopo,  senza  intervallo  di  sorta ,  si  pose  in  mezzo  una  proposta  di 
tirannia  odiosissima,  che  era  una  negazione  assoluta  di  quel  prin- 
cipio  di  liberta. 

Infatti,  appena  il  Presidente  ebbe  annunziata  1'approvazione  di 
quell'  ordine  del  giorno,  pose  a  partito  1'abolizione  degli  ordini  reli- 
giosi  e  la  confiscazione  del  loro  beni.  Qui  non  abbiamo  da  far  altro 
che  trascrivere  un  brano  degli  Alii  Ufficiali;  n°  212,  pag.  823, col.  1. 

«  Ora  viene  1'articolo  18  dell'onorevole  Mancini,  che  ha  relazione 
alia  soppressione  delle  corporazioni  religiose,  e  al  quale  si  unisce 
come  appendice  la  proposta  dell'onorevole  Bargoni  ed  altri ,  che  vor- 
rebbero  la  soppressione  dell' ordine  dei  Gesuiti.  L'articolo  dell'ono- 
revole Mancini  e  concepito  in  questi  termini. 

«  Le  leggi  del  7  luglio  1866  e  del  15  agosto  1867  per  la  soppres- 
«  sione  delle  corporazioni  religiose  e  di  altri  enti  morali ,  e  per  la 
«  conversione  della  mano-morta  ecclesiastica,  sono  estese  ed  appli- 
«  cate  alia  citta  di  Roma  e  sua  provincia,  con  la  seguente  limita- 
«  zione:  Che  il  Governo  non  debba,  dalla  conversione  della  mano-morta 
«  ecclesiastica  nella  citta  medesima,  prelevare  alcun  provento,  ne 
«  sotto  forma  di  tassa  del  30  per  cento,  ne  con  1'assegno  della  rendita 
«  pubblica  ai  corpi  morali  pel  suo  valore  nominale,  ne  con  altro 
mezzo  qualunque.  » 

«  In  quanto  al  Titolo  terzo ,  proposto  dall'  onorevole  Bargoni 
con  altri  colleghi  che,  come  dissi,  farebbe  seguito  a  quest'articolo , 
credo  che  la  Camera  voglia  in  questo  momento  dispensarmi  dal  darno 
lettura.  » 

S'  alzo  allora  il  nuovo  Guardasigilli  onorevole  De  Falco ,  e  disse; 
«  Siccome  il  Ministero  e  nel  proposito  di  presentare  un  progetto  di 
legge  per  quel  che  riguarda  gli  Ordini  religiosi  a  Roma,  che  puo 
risolvere  tutte  codeste  question!  (segni  di  approvazione),  cosi  prega 
1' onorevole  Mancini  e  gli  altri  proponent!,  di  non  voler  insistere 
nelle  loro  preposte. »  (Alii  uff.  n°  212,  p.  823,  col.  1.)  Messo  alle  strelte 


480  CRONACA 

dalle  voci  della  Sinislra .,    perch&  dicesse  quando  atterrebbe  la  sua 
promessa,  il  De  Falco  rispose:  «  nel  piu  breve  tempo  possibile.  » 

Allora  il  Mancini  noto,  che  di  cotali  proraesse  erano  state  fatte 
parecchie  da  altri  ministri,  e  poi  non  mantenute;  ma  riconobbe  che 
doveasi  pur  dare  al  De  Falco  un  po' di  tempo,  brevissimo,  perche 
fosse  soddisfatto  «  questo  legittimo  desiderio  della  Camera  »;  prese 
atto  dell'impegno  percio  assunto  dal  Ministero,  e  si  riservo  il  diritto 
di  tornare  alia  carica,  laddove  gli  paresse  poi  soverchio  il  ritardo. 

II  Presidente  chiese  se  il  Bargoni  persistesse  nella  sua  proposta; 
ed,  invece  del  Bargoni  assente,  1'  onorevole  Piolti  de'Bianchi,  in 
nome  proprio  e  dei  suoi  colleghi  firmati  sotto  lo' schema  di  legge  contro 
i  Gesuiti ,  rispose  nei  termini  seguenti. 

«  Dichiaro  che  noi,  valendoci  della  nostra  iniziativa  parlamen- 
tare,  e  non  volendo  prolungare  la  discussione  dell'attuale  progetto 
di  legge ,  trasformiamo  la  nostra  proposta  in  uno  speciale  progetto 
di  legge,  che  prescntiamo  sin  d'ora  al  banco  della  Presidenza,  e  pel 
quale  domandiamo  si  facciano  le  solite  pratiche.  Non  dissentiamo  pero, 
nel  caso  che  il  progetto  di  legge  annunziatoci  dal  ministro  Guarda- 
sigilli  venga  presentato  in  breve  tempo,  di  differirne  la  discussione 
fmo  a  quell'epoca.  » 

Resta  inteso  pertanto  che  il  Bargoni  ed  i  23  suoi  colleghi  vo- 
gliono  assolutamente  fare  alia  Compagnia  di  Gesu  T  insigne  onore 
d'una  legge  speciale  di  proscrizione,  in  virtu  della  quale,  oltre  al 
rapinare  i  beni  deli'Ordine,  siano  condannati,  senza  processo  e  senza 
sentenza,  come  rei  confessi  e  convinti,  quali  all'esilio  e  quali  al  do- 
micilio  coatto ,  i  singoli  membri  di  esso .  Tale  e  la  sostanza  dello 
schema  di  legge  riservato  dal  Bargoni  e  dai  socii,  inserito  negli  Atli 
uffmali,  n°  212,  p.  826,  col.  3.  Lo  reciteremo  quando  il  Parlamento 
lo  avra  sancito.  Intanto  vogliamo,  in  attestato  di  gratitudine  per  I'onore 
fatto  cosi  alia  Compagnia  di  Gesu,  recitare  i  nomi  dei  Deputati  sot- 
toscritti,  tutti  fiore  di  Garibaldini ,  i  piu  dei  quali  s'illustrarono  nei 
fatti  di  Roma  durante  1'ottobre  1867,  o  primeggiarono  tra  gli  eroi  di 
Montana.  Eccone  la  lista  ufficiale. 

«  Bargoni  —  Guerzoni  —  Molinari  —  Maldini  —  Facini  —  Civi- 
nini  —  Griffini  —  Corte  —  Cadolini  —  Calvino  —  Legnazzi  —  Piolti 
de'Bianchi  —  Mantegazza  —  Carini  —  Zanardelli  —  Valussi  —  Bian- 
cardi  —  Germanetti  —  Landuzzi  —  Cucchi  —  Cerroti  —  Serafmi  — 
Arrigossi.  » 

5.  Non  e  dubbio  che  il  Governo  di  Firenze  si  prepara  ad  appli- 
care  in  Roma  e  nelle  province  annesse,  col  diritto  delle  bombe  del 
20  settembre  e  del  plebiscito  del  2  ottobre ,  le  leggi  che  gia  vigori- 
scono  nel  resto  d'  Italia  a  sperpero  e  distruzione  degli  Ordini  reli- 
giosi;  e  che  intanto  arrota  gli  artigli  per  ghermire  ai  frati  ed  alle 


CONTEMPORANEA  481 

monache,  alle  chiese  ed  alle  opere  pie  gli  averi  consacrati  dalla  pieta 
del  fedeli  ad  usi  religiosi  e  di  carita  cristiana.  Ed  a  far  questo  sol- 
lecitamente  gli  e  sprone  la  necessita  di  sopperire  al  deficit  sempre 
crescente  delle  finanze,  ora  che  il  discredito  in  cui  e  caduto  il  Regno 
d' Italia  rende  impossibile  il  trovare  modo  di  contrarre  nuovi  prestiti 
all'  esterno. 

II  ministro  delle  finanze,  Quintino  Sella,  gia  da  pezza  si  lam- 
biccava  il  cervello  per  distillarne  qualche  nuova  invenzione  di  tasse 
e  balzelli ,  a  fine  di  spremere  dalle  esauste  vene  dell'  Italia  un 
150  o  200  milioni  da  gettare  in  quel  baratro  senza  fondo.  Avea  percio 
bisogno  d'  aiuto,  e  niuno  gliene  dava.  Veduto  poi  che  la  Camera  sciu- 
pava  il  tempo  in  ciarle  e  cavillazioni  sopra  1' Exequatur  ed  il  Placet 
in  materie  ecclesiastiche,  salto  fuora,  nella  tornata  del  15  marzo,  fa- 
cendo  agli  onorevoli,  che  si  bisticciavano  tra  loro  per  tali  quistioni, 
una  ingratissima  sorpresa. 

Ildiscorso  del  Sella,  qualesi  legge  negli  Attiufficiali,  n°  20 1-202, 
da  pag.  779  a  pag.  783,  produsse  1'effetto  d'  un  gran  secchio  d'  acqua 
fredda  rovesciato  sopra  un  branco  di  mastini  che  s' accaneggiano  rab- 
biosamente  fra  loro ;  e  per  quel  giorno  e  per  molti  altri  appresso 
gli  onorevoli  ebbero  tutt'  altra  voglia  che  di  ghiribizzi.  Imperocche 
egli  trasse  in  mezzo,  con  un  coraggio  che  sa  di  cinismo,  e  notomizzo 
a  membro  a  membro  lo  spolpato  scheletro  delle  finanze ;  mostro  le 
casse  vuote  di  denaro,  ed  il  paese  gia  coperto  di  carta  col  corso  forzato; 
accenno  il  bisogno  di  armarsi  molto  in  grazia  della  politica  seguita 
nell' estate  scorsa;  fece  toccar  con  mano  1' impossibilita  d'un  impre- 
stito  sul  mercato  straniero;  lascio  capire  che  sarebbe  inevitabile  uno 
smacco,  se  si  tentasse  un3  imprestito  nazionale  ;  e,  venuto  alia  con- 
clusione,  poiche  debbonsi  pagare  Roma  e  la  liberta,  non  seppe  sug- 
gerire  altro  che  un  partito,  disperato  si  ma  fatalmente  necessario. 
«  Signori ,  io  propongo,  egli  diceva ,  di  aumentare  la  circolazione 
cartacea  di  150  milioni,  e  propongo  1' aumento  d'un  decimo  per 
tutte  le  tasse  dirette .  >  Questo  spediente  e  degno  di  cosi  sublime 
finanziere,  e  tanto  piu  ingegnoso  in  quanto  si  riduce  alia  semplicis- 
sima  formola  primitiva  del  prendere  dove  ce  n'  e.  Con  cio  la  beatis- 
sima  Italia,  invece  della  buona  moneta  metallica  sonante,  ond' essa 
era  doviziosissima  prima  del  1859,  sarebbe  fornita  di  mille  milioni 
(un  miliardo)  di  titoli  in  carta  straccia,  facilissima  a  bruciarsi  per 
ottenere  Yestinzione  totale  del  Debito  pubblico! 

La  prospettiva  d'un  fallimento  e  per  se  tutt' altro  che  lusin- 
ghiera;  ma  linora,  se  da  alcuni  questo  si  paventa  come  inevitabile, 
da  tutti  si  spera  che  sia  remoto ;  e  percio  si  capi  subito  che  biso- 
gnava  passare  sotto  le  forche  caudine  del  Sella,  e  sobbarcarsi  alia 

Serie  V/7/,  vol.  II,  fasc.  502.  31  12  maggio  1871. 


482  CRONACA 

soma  di  quest!  altri  150  milioni  di  carta.  Ma  tutti  si  trovarono  d'ac- 
cordo  in  gridare  alto  un  no  iroso  e  minaccioso,  per  1'aumento  d'un 
decimo  su  tutte  le  tasse  dirette.  I  fondi  rurali,  in  ispecie,  sono  gia 
tanto  gravati,  che  1' imporre  loro  un  qualsiasi  minimo  aumento  equi- 
vale  ad  un  traslbrmare  i  proprietarii  in  schiavi  delta  gleba,  destinati 
a  coltivare  il  suolo  per  darne  tutto  il  provento  al  Governo.  Perci6 
d'ogni  parte  si  levo  una  fiera  e  risoluta  opposizione  al  disegno 
del  Sella ;  ne  fmora  si  venne  a  capo  di  conchiuder  nulla.  Infatti  a 
ragione  il  Diritto  ,  rivedendo  le  bucce  al  discorso  ed  alle  proposte 
del  Sella,  stampava  queste  crude  parole:  «  L'  Italia  non  ha  piu  modi 
di  ricorrere  al  credito;  non  ha  piu  nulla  da  vendere,  nulla  da  ipo- 
tecare ;  e  una  grande  mendica,  che  desta  compassione. »  Ed  a  questo 
stato,  aggiungiamo  noi,  1'hanno  ridotta  i  liberali. 

6.  II  peggio  si  e  che  questa  mendica  oggimai  non  ispira  piu 
compassione,  ma  rihrezzo;  perche  col  crescere  per  lei  la  miseria  si 
venne  ancora  diffondendo  per  tutto  il  suo  corpo  la  tabe  cangrenosa 
d'una  immoralita  che  mette  schifo,  e  la  rende  orribile.  Non  e  gia  che 
tutti  gli  italiani  siano  oggimai  quali  vuol  renderli  la  setta  dominante, 
intesa  percio  ad  abbattere  1' autorita  della  Chiesa  e  del  Papa  e  ad 
annicntare  1' influenza  religiosa  ed  anche  civile  del  cattolicismo.  Ma 
pur  troppo  la  vittoria  della  Massoneria  ebbe  per  effetto  necessario  lo 
sfrenamento  delle  piu  bestiali  passioni  in  grandissimo  numero  di  tristi, 
che  furono  suoi  strumenti  per  costituire  1'  unitd  politica  d' Italia,  e 
che  ora  gavazzano  nel  delitto.  Quelle  masnade  di  sicarii  e  di  ma- 
landrini ,  che  il  Cavour  ed  i  suoi  complici  proteggevano  e  stipen- 
diavano  per  mandarli  ad  abbattere  il  trono  del  Papa  e  del  Re  delle 
Due  Sicilie,  ora  essendo  disoccupate  e  disperse,  proseguono  a  coprire 
di  loro  delitti  ed  infamie  la  penisola ,  si  che  d'  ogni  parte  levansi 
grida  di  dolore  pel  difetto  quasi  assoluto  di  sicurezza  pubblica  per 
le  persone  e  le  proprieta  dei  pacifici  cittadini  ,  i  quali  pur  pagano 
al  Governo  oltre  la  meta  delle  loro  rendite  per  averne  guarentita 
1'  altra  meta! 

Delle  quali  miserande  condizioni  di  cose  abbiamo  un  documento 
ufficiale,  e  che  nella  storia  occupera  poi  un  posto  cospicuo,  in  una 
relazione  con  cui  1'  onorevole  Lanza,  Presidente  del  Consiglio  e  mi- 
nistro  sopra  gli  afFari  interni,  dimostro  alia  Camera,  il  di  15  di  marzo, 
la  necessita  di  sancire  per  legge  una  serie  di  provvedimenti  straor- 
dinarii  e  rigorosi  per  la  sicurezza  pubblica.  Questo  documento  e  ri- 
ferito  negli  Atti  ufficiali,  n°  219,  pag.  851-854.  Ivi  il  Lanza,  acca- 
gionandone  calunniosamente  i  Governi  assassinati  dai  frammassoni, 
parla  di  «  combriccole  e  segrete  associazioni  le  quali,  senza  avere  n& 
i  simboli,  ne  i  riti,  ne  i  giuramenti  delle  antiche  sette,  ne  serbano 
L' organ  am  ento  e  il  costume,  funestando  le  citta  cogli  assassinii  e 


CONTEMPORANEA  483 

spaventando  le  campagne  con  le  aggression!  e  le  grassazioni.  »  Ha- 
bemus  confitentem  reum.  Codeste  associazioni  misteriose  sono  dunque 
genuini  rampolli  delle  antiche  sette,  ossia  di  quelle  logge  di  Massoni 
e  carbonari,  onde  uscirono  il  Farini  e  Felice  Orsini  ed  i  loro  com- 
plici  nell'  opera  di  ribellare  1'  Italia  contro  i  suoi  legittimi  principi. 
Fanno  adesso  quel  che,  in  assai  minori  proporzioni,  faceano  allora; 
ma  allora  faceano  contro  i  Governi  del  Papa  e  del  Re  di  Napoli,  e 
meritavano  dal  Governo  di  Torino  1'  apoteosi  di  martiri  quando 
scontavano  sotto  la  mannaia  i  loro  delitti;  ora  fanno  contro  la  con- 
sorteria  prevalente;  e  perci6  sono  qualificati  come  assassini. 

Quando  1'  architetto  e  fondatore  del  presente  regno  d' Italia  ebbe 
bisogno  d'  un  pretesto,  per  dichiarare  diplomaticamente"  la  guerra  al 
potere  temporale  del  Papa,  si  sa  che  ebbe  cura  di  ordinare  al  Cavour 
di  presentare  al  Congresso  di  Parigi  il  famoso  Memorandum  ela- 
borate da  Marco  Minghetti ;  nel  quale,  esagerate  oltre  modo  le  con- 
dizioni  non  liete  della  sicurezza  pubblica  nelle  Romagne,  se  ne  re- 
cava  la  colpa  al  Governo  pontificio,  come  inetto  a  frenare  i  malvagi 
e  difendere  i  buoni.  Ora  simigliante  denunzia  fece,  senza  avvedersene, 
il  Lanza  contro  il  Governo  ristauratore  dell'  ordine  morale;  poiche 
quelle  province  essendo  da  dieci  anni  sotto  codesto  Governo,  appunto 
in  questo  decennio  la  quantita  dei  delitti  e  dei  reati  di  sangue  vi 
si  venne  piu  che  duplicando,  come  consta  dagli  specchi  annessi  alia 
relazione  ed  allo  schema  di  legge  del  Lanza.  Laonde  quanto  disse, 
ed  in  parte  invento  il  Minghetti ,  a  servizio  della  causa  sostenuta 
dal  carbonaro  che  teste  pago  il  fio  delle  sue  perfidie,  tanto  e  troppo 
piu  vedesi  ora  dimostrato  ufficialmente  contro  quel  Governo,  che, 
sotto  pretesto  di  rcdimere  quelle  province,  se  ne  impossesso  col  tra- 
dimento  e  con  la  violenza. 

Ora  la  Camera  sta  discutendo  lo  schema  di  legge  proposto  dal 
Lanza;  e  noi  ci  riserbiamo  a  darne  adeguata  contezza,  quando  quello 
abbia  ricevuta  la  sanzione  del  Parlamento  e  del  Re. 

Qui  basti  accennare  che  mentre  i  reati  di  sangue  in  Italia  erano 
gia  cresciuti,  nel  biennio  1863-64,  fino  al  numero  di  29,637,  rag- 
giunsero  poi,  nel  biennio  1869-70  la  cifra  spaventosa  di  55,825!  E 
notisi  bene  che  il  Lanza  ne  ha  attenuate  il  numero,  avendo  regi- 
strato  solo  «  i  piu  gravi  reati!  »  Notisi  ancora  che  il  Lanza,  1'onesto 
e  leale  Lanza,  il  quale  non  sa  dimenticare  il  vezzo  di  calunniare  gli 
oppressi  Principi  italiani,  e  reca  la  colpa  di  ci6  « alia  debolezza  ed 
alia  incuria  delle  cessate  signorie  »:  questa  volta,  da  vero  smemo- 
rato,  si  da  una  solenne  mentita ,  ponendo  in  sodo  poco  appresso  e 
facendo  rilevare:  «  il  tristo  fatto  che  le  piu  volte  gli  esecutori  dei 
misfatti  sono  imberbi  giovanetti.  »  II  che  vuol  dire  che  queste  ma- 
snade  di  assassini  erano  turbe  di  fanciulli^  quando  il  Governo  n- 


484  CRONACA 

stauratore  dell'  ordine  morale  invase  le  Romagne  e  le  Marche ,  e 
prese  ad  educarli,  istruirli,  e  disciplinarli  all' osservanza  delle  leggit 
A  qual  Governo  adunque  vuolsi  imputare  1'  accertato  progresso  dei 
reati  di  sangue?  A  quale  1' aumento  dei  reati  contro  le  proprieta? 
Questi  nel  biennio  1863-64  erano  gia  cresciuti  a  43,586;  e  nel  bien- 
nio  1869-70  furono  81,526!  E  si  avverta  che  sono  computati  soltanto 
«  i  piii  gravi  »;  il  Lanza  ebbe  la  gentilezza  di  dircelo;  e  che  tra 
«  i  piu  gravi  »  non  si  poterono  computare  che  i  pervenuti  a  notizia 
del  fisco!  E  dunque  1' Italia  sulla  via  di  diventare  una  ladronaia  ed 
un  covo  d'  assassini  ? 

7.  Tale  essa  diverra,  senza  meno,  se  Dio  pei  giusti  suoi  giudizii 
tollera  che  vi  si  continui  a  tenere  aperta,  favorita,  stipendiata  quella 
scuola  di  immoralita  e  di  empieta,  che  vi  aprirono,  in  nome  della 
liberta  di  discussione,  di  religione  e  di  pensiero,  quei  troppi  mercanti 
delle  brutture  dell' Italia  scoslumata  e  villana^  di  cui  abbiamo  par- 
lato  altre  volte.  La  gioventu  cresciuta  alia  scuola  del  sensualismo  ani- 
malesco  e  della  miscredenza  religiosa,  divien  bestiale;  e  niun  Governo 
potrebbe  poi  domare  questa  fiera  ghiotta  di  volutta,  di  rapine  e  di 
sangue.  La  misera  Parigi  ne  fa  ora  1'  esperimento. 

II  Governo  di  Firenze  pare  che  abbia  percio  cominciato  a  pa- 
ventare  d'un  grave  peri-colo,  non  gia  per  1' Italia,  ma  per  la  domi- 
nante  consorteria;  il  quale  pericolo  sgorga  appunto  dal  licenzioso 
trionfare  della  scostumatezza.  Se  non  fu  semplicemente  un  po'd'or- 
pello  ad  uso  di  qualche  documento  diplomatico  da  spedirsi  per  in- 
corniciare  la  legge  delle  guarentige,  certo  dovette  essere  dettata  da 
paura  di  dover  poi  anche  in  Italia  gustar  le  delizie  della  Comune 
parigina  ,  quella  Circolare  che  il  ministro  Lanza  spedi  ai  Prefetti 
sotto  il  23  marzo,  e  di  cui  riferiamo  il  tratto  piu  rilevante. 

«  Gia  fin  dal  1865,  colla  circolare  del  17  aprile  n°  30841 112 172, 
questo  ministero  richiamava  V  attenzione  dei  signori  prefetti  sull'of- 
fesa  che  alia  morale  e  al  costume  si  viene  recando  da  disonesti  spe- 
culatori  mediante  lo  spaccio  di  laide  fotograiie  e  di  libri  osceni.  Se 
pero  le  fatte  premure  valsero  per  qualche  poco  a  porre  un  freno  al 
vergognoso  commercio,  che  torna  di  gravissimo  danno  specialmente 
per  la  gioventu,  ora  e  dimostrato  dall'esperienza  che,  per  trascurata 
o  debole  vigilanza ,  esso  abbia  ripreso  con  nuovo  ardimento  le  col- 
pevoli  sue  insidie.  Da  cio  uno  stato  di  cose  deplorevole  in  se  me- 
desimo  e  per  1'  autorita ;  fonte  di  incessanti  reclami ;  argomento 
d'  inquietudine,  ben  giusta  per  chi  sta  a  capo  delle  famiglie  e  degli 
istituti  educativi.  » 

Come  il  Lanza  nello  schema  di  legge  per  la  sicurezza  pubblica 
propose  grandi  rigori  penali  contro  il  porto  illecito  di  armi  ed  il 
domicilio  coatto  per  i  malfattori  emeriti,  cosi  qui  rammento  le 


CONTEMPORANEA 


485 


pene  minacciate  dalle  leggi  sopra  la  stampa  e  dai  codici  penali ;  e 
conchiuse  dicendo :  «  Egli  e  perci6  che  il  ministero,  nel  rilevare  il 
riapparire  del  lubrico  commercio,  insiste  perche  sia  desso  fatto  og- 
getto  di  una  persecuzione  costante  da  parte  delle  autorita  di  puhblica 
sicurezza ;  ed  invita  i  signori  prefetti  nel  piu  vivo  modo  a  volere 
impartire  sul  proposito  ordini  formal!  e  pronti.  » 

Da  informazioni  degne  di  fede  ci  risulta  pero  che  tutto  questo 
minacciare  non  impedi  punto  che  continuasse,  alle  vetrine  di  certi 
librai  e  spacciatori,  in  Torino,  in  Milano,  in  Roma  ed  anche  in  Fi- 
renze,  1'esposizione  di  laidissime  cose;  ed  i  democratic}  giornali  di 
Roma  non  cessarono  percio  dallo  stampare  ogni  giorno  oscene  favole, 
che  servono  di  pascolo  alia  turpitudine  plebea  e  mettono  in  evidenza 
1'  efficacia  delle  leggi  sopra  la  stampa. 

IV. 

> 

COSE  STRANIERE 


FRANCIA  —  1.  Napoleone  III,  tomato  in  liberta,  va  in  Inghilterra  —  2.  Pro- 
gressi  del  sollevamento  in  Parigi  —  3.  Proclamazione  della  Comune  — 
4.  Moti  di  ribellione  repressi  a  Limoges  ed  a  Marsiglia  —  5.  Impotenza 
del  Gcverno  di  Versailles  contro  la  Comune  —  6.  Bandi  municipal!  contro 
la  Chiesa ,  il  Governo  delfassemblea,  ed  i  suoi  partigiani  —  7.  Carcera- 
zione  dell'Arcivescovo  di  Parigi;  saccheggio  di  chiese  ;  sevizie  contro  il 
clero  ed  i  religiosi  —  8.  Combattimenti  durante  1'aprile  —  9.  Lavori  del- 
1'assemblea  di  Versailles  ;  elezioni  comunali  in  Francia  alii  30  aprile  — 
40.  Nuovo  sollevamento  di  comunisti  a  Lione. 


1.  Nel  giorno  16  di  marzo  1856  Napoleone  III,  toccato  1'apogeo 
del  prestigio  e  della  potenza  per  la  sconfitta  della  Russia ,  ond'egli 
era  poco  meno  che  arbitro  delle  sorti  di  tutta  Europa,  vedea  anche 
appagato  il  piu  fervido  suo  voto  pel  consolidamento  della  propria 
dinastia  sul  trono  si  laboriosamente  conquistato.  Nascevagli  in  quel 
giorno  un  figliuolo  ed  erede,  cui  dava  il  titolo  di  Enfant  de  France. 
II  Santo  Padre  Pio  IX  degnavasi  di  essere  padrino  del  neonato 
principe  imperiale,  e  mandava  suo  Legato  a  latere  in  Parigi  1'  Eiiio 
Cardinale  Patrizi,  per  levare  al  sacro  fonte  battesimale  il  primoge- 
nito  Napoleone-Luigi-Giovanni-Giuseppe.  Ma  appunto  di  que'  giorni 
Napoleone  III,  che  da  tre  anni  avea  patteggiato  col  conte  di  Cavour 
la  guerra  contro  1'Austria  come  compenso  dell'alleanza  del  Piemonte 
nella  guerra  di  Crimea ,  dava  al  Cavour,  per  bocca  del  Walewski , 
1'ordine  di  presentare  al  Congresso,  che  teneasi  allora  in  Parigi,  il 


486  CRONACA 

famoso  Memorandum  sopra  le  condizioni  delle  Romagne ;  e  con  cio 
bandiva  la  guerra  alia  Sovranita  temporale  del  Papa.  Le  concession! 
fatte  poi  nel  colloquio  di  Plombieres,  la  usurpazione  delle  Romagne, 
il  macello  di  Castelfidardo  e  1'annessione  delle  Marche  e  dell'  Umbria, 
e  le  vittorie  della  rivoluzione  italiana  sorrette  dalla  diplomazia  im- 
periale ,  furono  conseguenze  necessarie  di  quel  primo  atto  di  nera 
ingratitudine,  con  cui  egli  rispondeva  alia  benignita  del  Yicario  di 
Gesu  Cristo,  ed  alia  misericordia  divina. 

Alii  16  marzo  1871  egli  vedea  dileguarsi  gli  ultimi  raggi  di 
quelle  tragrandi  speranze,  da  lui  riposte  nell' erede  natogli  14  anni 
priraa.  Prigioniero  di  guerra  a  Wilhelmshohe,  gia  sbalzato  dal  trono 
di  Francia,  invece  dei  lieti  augurii  e  delle  pompe  con  cui  gli  anni 
addietro  festeggiavasi  ii  di  natalizio  faW  Enfant  de  France,  Napo- 
leone  III  riceveva  dal  generale  alemanno  conte  Monts  1'annunzio 
ufficiale  della  ratificazione  dei  preliminari  di  pace;  in  virtu  del  quale 
atto  1'  Imperatore  Guglielmo  gli  restituiva  la  liberta.  Era  impossibiie 
tornare  in  Francia.  Gli  convenne  scegliersi  1'esilio,  appunto  in  quel 
giorno  in  cui  Y  Imperatore  d'Alemagna  stava  per  rientrare  trion- 
fante  a  Berliuo.  Alii  19  marzo,  in  sulle  11  antimeridiane,  spediti  i 
suoi  cavalli  e  le  sue  carrozze  ad  Arenemberg  nella  Svizzera,  egli  si 
parti  da  Wilhelmshohe,  e  per  la  via  di  Francoforte  e  di  Colonia 
ando  ad  Ostenda,  d'onde  si  tragitto  a  Londra.  In  quella  stessa  ora 
un  pugno  di  abbietti  e  ferocissimi  settarii  impadronivasi  di  Parigi. 
A  Dower  il  Bonaparte  fu  accolto  con  manifestazioni  di  rispetto  e 
compatimento  da  una  grande  moltitudine  di  popolo,  e  con  trasporti 
di  affetto  dalla  sua  moglie  e  dal  suo  figlio,  co'quali  si  ridusse  nella 
modesta  residenza  di  Chislehurst.  Mentre  egli  prendeva  terra,  succe- 
devano  a  Parigi  le  stragi  della  Piazza  Vendome  ,  e  1'  anarchia  si 
insediava  sui  frantumi  del  secondo  impero. 

2.  Abbiamo  accennato  a  pag.  237-40  di  questo  volume  le  origini 
ed  i  progressi  rapidissimi  dell'anarchia,  sostenuta  dalla  massima  parte 
della  Guardia  nazionale  parigina.  I  membri  del  Comitato  centrale, 
i  cui  nomi  recitammo  a  pag.  238,  furono  d'accordo  fra  loro,  fmche 
si  tratto  di  costituire  una  specie  di  Governo  fondato  sul  terrore . 
Comincio  poi  ad  entrare  fra  essi  la  discordia,  quando  qualcuno  ac- 
cenno  di  voler  rispettare  qualche  dovere  di  giustizia.  11  18  marzo, 
quasi  alia  stessa  ora  in  cui  cadevano  fucilati  i  Generali  Thomas  e 
Lecompte,  giungevaio  alia  stazione  della  ferrovia  i  Generali  Chanzy 
e  Langourian,  i  quali,  fatte  partire  da  Bordeaux  le  truppe  poste  sotto 
il  loro  comando,  le  prccedevano  a  Versailles.  Furono  amendue  rico- 
nosciuti,  tratti  in  arresto,  poi  orribilmente  maltrattati  dalla  marmaglia 


CONTEMPOIUNEA 


487 


e  da  Soldati  disertori,  mentre  erano  condotti  alia  carcere,  ed  eziandio 
condannati  a  morte.  Ma  il  Lullier,  che  era  stato.  il  principale  orga- 
natore  del  sollevamento  contro  1'autorita  deH'assemblea  di  Versailles, 
vi  si  oppose ;  e  fmalmente,  alii  27  di  marzo,  il  Chanzy  venne  liberate, 
e  pot£,  in  grazia  di  qualche  minaccia  ,  fatta  sonare  a  Parigi  dai 
Generale  supremo  dell'  esercito  prussiano  ivi  accampato ,  uscire  da 
quella  bolgia  e  per  sentieri  selvaggi  a  traverso  i  boschi  trafugarsi  a 
Versailles. 

L'ammiraglio  Saisset,  che  durante  1'assedio  era  stato  1'idolo  dei 
Parigini,  cerc6  di  mantenere  in  fede  deH'assemblea  una  parte  della 
Guardia  nazionale,  e  capitanava  egli  in  persona  quella  moltitudine 
$  amid  dell'  ordine ,  che  il  22  marzo  aveano  tentata  la  pacifica 
dimostrazione,  che  riusci  alia  strage  della  Piazza  Vendome.  -Non  si 
perdette  d'animo  per  questo  infausto  successo,  ed  accetto  il  cornando 
della  Guardia  nazionale.  Ma  i  suoi  slbrzi  furono  renduti  inutili,  attese 
le  pratiche  di  conciliazione,  che  intanto  faceansi  dai  Sindaci  di  Parigi 
a  Versailles,  non  perche  si  volesse  conciliazione,  ma  a  fine  di  gua- 
dagnar  tempo  che  bastasse  ai  sollevati  per  organarsi  meglio  alia  difesa. 
Ogni  giorno  attenuavasi  il  numero  dei  battaglioni  di  Guardia  nazionale 
rimasti  fedeli  al  Governo  legale  di  Versailles,  parte  dei  quali  venivano 
disarmati  dai  settarii  del  Comitato,  parte  erano  sedotti  ed  accettavano 
la  bandiera  rossa.  Alii  23  il  Comitato  gia  avea  rendute  irte  di  barri- 
cate  le  vie  e  le  piazze  d'una  gran  parte  della  citta,  sulla  riva  destra 
della  Senna;  ed  i  veri  capi  della  repubblica  sociale,  Blanqui,  Flou- 
rens,  Delecluze,  Milliere  ed  aitri  cotali,  mettevano  innanzi  gli  Assy, 
i  Megy,  i  Lullier  ed  altri  di  questa  risma ,  piu  capaci  di  atterrire  i 
tentennanti,  perche  piu  spietati  e  maneschi.  E  pur  troppo  molti  soldati 
e  sott'  ufficiali  dell'  esercito  regolare  eransi  mescolati  alle  Guardie 
nazionali ,  ed  erano  i  piu  feroci  nei  loro  propositi  di  resistenza  a 
tutta  oltranza. 

Bandite  pertanto  le  elezioni  dei  Consiglieri  che  doveano  costi- 
tuire  la  Comum,  i  sollevati  s*  impadronirono  di  quasi  tutte  le  mai- 
ries.  Gli  studenti  della  scuola  politecnica  dichiararono  alii  24  che 
ricusavano  di  servire  al  Comitato  ;  ma  furono  sopraffatti  e  dispersi. 
Un  reggimento  di  linea,  il  69°,  era  stato  circondato  nel  Luxembourg 
dai  sollevati ,  che  esigevano  o  smettesse  le  armi  o  passasse  sotto  la 
bandiera  del  Comitato;  ma  gli  ufficiali  stettero  saldi  e  mantennero 
in  fede  i  soldati ,  che  irrrompendo  in  ordinanza  di  battaglia,  stretti  e 
minacciosi,  aprironsi  il  passo  e,  sebbene  inseguiti  dai  sollevati,  giun- 
sero  salvi  ed  illesi  a  Versailles,  mentre  gran  numero  dei  soldati 
dell'88°  e  del  120°  reggimento,  rotto  ogni  freno  di  disciplina,  si 
diedero  ai  Comunisti.  Un  ultimo  tentative  di  accordo,  fatto  dai  Sin- 


488  CRONACA 

daci  e  dai  Deputati  parigini,  a  patto  che  si  desse  plena  soddisfazione 
ai  voti  dal  Comitato,  andd  naturalmente  fallito  a  Versailles;  ed  al- 
lora  il  Saisset ,  abbaodonato  da  quasi  tutti ,  impotente  ad  usare  la 
forza,  veduti  negletti  i  suoi  bandi  ed  i  suoi  inviti ,  dovette  fuggire 
alia  sua  volta,  e  riparare  a  Versailles,  con  tal  crepacuore  che  ebbe 
a  perderne  il  senno. 

3.  I  Sindaci  ed  i  Deputati  di  Parigi,  che  poco  prima  eransi  di- 
chiarati  avversi  alia  istituzione  della  Comunt,  atterriti  dal  Comitato,, 
cedettero  e  designarono  il  giorno  26  per  1'  elezione  dei  membri  che 
doveano  costituirla.  Appena  una   decima  ed  in  qualche  circondario 
appena  una  ventesima  parte  degli  elettori  recaronsi  a  deporre  il  loro 
voto ;  e  riuscirono  eletti  repubblicani  schietti  e  demagoghi  di  quella 
tempera  che  1'Assy  ed  il  Lullier.  La  mattina  del  28  marzo  la  Guardia 
nazionale ,  battendo  i  tamburi  per  ogni  parte  a  raccolta ,  si  venne 
riunendo  ne'quartieri;  poi  le  varie  legioni  si  condussero  alia  piazza 
Vendome,  d' onde  tutte  insieme  andarono  a  schierarsi   innanzi   al- 
F  Hotel  de  Ville.  Quivi,  sopra  un  palco  eretto  sulla  porta  maggiore 
dell'  edifizio,  comparvero  i  membri  del  Comitato  presieduti  dall' Assy; 
il  quale  proclamo  solennemente  il  risultato  delle  elezioni  del  26,  e 
dichiaro  costituita  la  Comime  sovrana  di  Parigi.  Con  grida  altissime 
di   Viva  la  repubblica  sociale ,  la  Guardia  nazionale  acclamo  quel 
trionfo  dell'  anarchia. 

II  Comitato  centrale  si  dichiard  sciolto;  ma  poi  si  ricostitui  con 
titolo  di  Commissions  esecutiva,  e  delego  alcuni  suoi  membri,  con 
titolo  di  Sottocomitato,  a  dirigere  tutto  cio  che  spettasse  alia  Guardia 
nazionale;  e  con  cio  continuarono  ad  avere  in  mano  la  forza  armata 
gli  architetti  di  tutta  1' opera,  membri  dell'  Alleanza  int'ernazionale 
repubblicana,  dai  quali  qualche  settimana  dopo  fu  istituito  un  Co- 
mitato di  salute  pubblica.  Nomi  infausti  che  presagivano  il  ritorno 
all'  epoca  del  Terrore. 

4.  Da  Parigi  erano  partiti  gia  emissarii  che  dovessero  far  pro- 
clamare  la  Comune  nelle  principali  citta  degli  spartimenti.  A  Lione 
la  bandiera  rossa,  spiegata  da  poche  centinaia  di  malandrini  cui  era 
riuscito  d'  impadronirsi  della   Prefettura  e  della  persona  stessa  del 
Prefetto,  sventolo  un  paio  di  giorni ;  poi,  quando  si  seppe  che  rac- 
coglievasi  truppa  disposta  a  far  finire  quella  treggenda ,  fu  abban- 
donata  dai  sollevati  che  si  rintanarono  nei  loro  covi.  A  Limoges  che 
era  presidiata  da  due  reggimenti  di  linea  e  da  alcuni  squadroni  di 
corazzieri,  la  proclamazione  della  Comune  fu  tentata  sotto  gli  auspicii 
d'  un  tratto  insigne  di  vigliaccheria  e  d'  un  assassinio.  II  9°  regM- 
mento  di  linea  era  stato  condotto  alia  stazione  della  ferrovia ,  per 
partire  quinci  alia  volta  di  Versailles;  ma  i  soldati  si  ammutinarono, 


CONTEMPORANEA  489 

rifiutarono  di  salire  nei  carrozzoni,  gettarono  a  terra  i  fucili  e  le  mu- 
nizioni  di  cui  s'  impadroni  subito  la  marmaglia  e  la  Guardia  nazio- 
nale, e  si  sbandarono.  La  Comune  stava  per  proclamarsi,  quando 
sopravvenne  coi  suoi  corazzieri  ii  colonnello  Billot,  spalleggiato  da 
alcune  comppgnie  dell' 81°  reggimento.  A  quella  vista  i  faziosi  gia 
appostati  sulle  vie  che  metton  capo  alia  Prefettura ,  scaricarono  un 
nembo  di  fucilate,  onde  fu  ucciso  il  colonnello  e  furono  feriti  alcuni 
ufficiali  e  soldati.  I  corazzieri  allora  si  sferrarono  ad  una  carica  fu- 
riosa,  i  socialisti  furono  battuti  e  dispersi,  i  loro  capi  arrestati,  e  la 
Comune  repressa. 

A  Marsiglia  i  comunisli  ebbero  i  primi  incoraggiamenti  dal  pro- 
cedere  dei  Capi  di  battaglione  delle  Guardie  nazionali,  che,  riunitisi 
il  giorno  1°  di  marzo,  dichiararono  concordi  doversi  sostenere  colla 
forza  la  repubblica,  obbligandosi  di  abbandonare  1'  assemblea  nazio- 
nale  appena  questa  cessasse  dal  mantenefe  in  vigore  il  Governo  re- 
pubblicano.  I  socialisti  ne  presero  animo  a  tentare  lo  stabilimento 
della  Comune,  e  diretti  dal  Cre'mieux  assalirono  armati  la  residenza 
della  Prefettura,  carcerandovi  il  Prefetto ,  e  spiegarono  la  bandiera 
rossa.  11  Generale  Espivent,  che  nei  pressi  d'Antibo  organizzava  un 
corpo  d'esercito,  da  spedirsi  in  Algeria,  ne  spicco  una  buona  brisata, 
e  con  essa  si  affretto  di  accorrere  a  Marsiglia  ;  e  la  mattina  del  4 
aprile  v'entro  spingendo  un  battaglione  di  cacciatori  verso  la  Pre- 
fettura, dove  questi  incontrarono  feroce  resistenza.  Allora  pose  mano 
risoluta  alia  forza ,  e  comincio  ad  adoperare  le  bombe  e  le  granate 
contro  i  ricetti  in  cui  eransi  chiusi  i  socialisti,  che  a  poco  a  poco 
furono  battuti,  dispersi;  500  di  essi  furono  fatti  prigionieri,  e  quindi 
condotti  at  castello  d'  If.  Marsiglia  con  cio  fu  tornata  in  quiete.  Se 
con  simigliante  energia  si  fosse  potnto  procedere  verso  Parigi  fin  dai 
primi  moti,  sul  cominciare  del  marzo,  quella  infelice  metropoli  non 
sarebbe  ora  devastata,  in  guerra  fratricida,  nella  piu  miseranda  guisa 
che  immaginar  si  possa. 

5.  Ma  sventuratamente  il  Governo  di  Versailles  non  avea  alia 
mano  forza  bastevole  a  domare  i  sediziosi,  ai  quali  egli  stesso  avea 
per  cosi  dire  messe  le  armi  in  mano.  Quando  discuteasi  tra  i  pleni- 
potenziarii  francesi  ed  il  Bismark  il  testo  della  Capitolazione  di 
Parigi ,  voleva  il  fiero  prussiano  che  anche  la  Guardia  nazionale 
dovesse  essere  disarmata .  Pare  che  egli  fosse  presago  di  quel  che 
sarebbe  accaduto  se,  dovendo  limitare,  per  giusti  motivi  di  cautela 
militare,  a  40,000  uomini  la  forza  della  guarnigione  regolare  di  Pa- 
rigi, vi  lasciasse  in  arme  quel  nembo  d' uomini  onde  componeasi  la 
Guardia  nazionale;  che,  come  sempre  per  lo  passato,  cosi  anche  questa 
volta  dalla  demagogia  potea  essere  tratta  a  non  voler  riconoscere 
1'operato  dal  Governo  dell' assemblea.  Mai  plenipotenziarii  francesi 


490  CRONACA 

furono  irremovibili  nel  proposito  loro,  e  dichiararono  che  il  Governo 
di  Bordeaux  si  dimetterebbe  anziche  consentire  in  cio  al  volere  del 
Bismark.  Questi  allora  la  die'vinta,  per  amore  di*pace,  e  per  evitare 
che  la  necessita  di  ricostituire  un  nuovo  Governo  francese  ne  impe- 
disse  le  pratiche  e  la  conclusione.  Fu  pertanto  stipulate,  come  puo 
vedersi  nel  testo  di  quella  Capitolazione  riferito  anche  dall'  Opinions 
n°  37,  che  la  Guardia  nazionale  ritenesse  le  sue  armi,  ma  il  presidio 
di  truppa  regolare  non  potesse  eccedere  la  cifra  di  40,000.  Or  e  noto 
che  appunto  col  pretesto  di  conservare  le  sue  armi  ed  i  suoi  cannon i, 
la  Guardia  nazionale  comincio  la  guerra  civile  e  procedette  alle 
violenze  del  18  marzo. 

Per  colmo  di  sventura  la  condotta  d'una  parte  non  piccola  dei 
soldati,  rimasti  in  Parigi  durante  1'assedio,  dovea  consigliare  al  Go- 
verno di  Versailles  a  non  cimentarsi  in  un  tentative  di  repressione, 
se  non  quando,  e  pel  numero  e  per  la  disciplina,  quelle  truppe  fos- 
scro  tornate  tali,  da  non  lasciar  temere  una  defezione  od  una  disfatta. 
Pertanto  richiamatele  nelle  vicinanze  di  Versailles,  dovette  sguernire 
tutta  Parigi;  e  che  questo  fosse  il  partito  piu  savio  apparve  da  cio, 
che  le  guarnigioni  dei  forti  di  Issy,  di  Vanves,  e  di  Montrouge,  ond'e 
coperto  il  recinto  dal  lato  meridionale,  o  per  poca  vigilanza  si  la- 
sdarono  sorprendere,  o  sopraffatte  dal  numero  degli  assalitori  dovet- 
tero  cedere;  e  quelle  formidabili  munizioni,  che  tanto  travaglio  avean 
dato  ai  Prussiani,  caddero  in  potere  dei  Comunisti;  i  quali  si  affret- 
tarono  di  risarcirne  i  danni,  ed  armarne  le  troniere  con  grosse  arti- 
glierie.  Sostenuta  cosi  da  una  forza  assai  ragguardevole  d'  oltre  a 
100,000  uomini,  risoluti  e  capitanati  da  venturieri  chenulla  aveano  da 
perdere,  la  Comune  credette  di  poter  trarre  a  se  tutto  il  resto  della 
Francia,  dove  le  venisse  fatto  di  vincere  le  tre  o  quaitro  scarse  di- 
visioni,  raccolte  a  difesa  del  Governo  e  dell' assemblea  a  Versailles. 
Ed  a  questo  si  accinse  appena  quattro  giorni  dopo  che  erasi  costi- 
tuita,  movendo  da  due  parti  all'assalto,  come  diremo  piu  sotto. 

6.  Ma  prima  di  venire  a'fatti  in  campo  aperto,  la  Comune  voile 
assicurarsi  di  aver  grosse  falangi  di  partigiani  entro  Parigi:  e  capi 
che  bisognava  anche  comprarle.  E  questo  fece  con  un  bando  del  29 
marzo,  di  cui  basta  recitare  gli  articoli ,  che  decretavano:  «  1°  La 
condonazione  assoluta,  ai  locatarii,  delle  pigioni  scadute  perl'ottobre 
1870  ed  il  gennaio  e  1'aprile  1871  ;  2°  tutte  le  somme  pagate  dai 
locatarii  per  quei  nove  mesi  si  computeranno  come  pagate  per  i  mesi 
avvenire;  3°  similmente  sono  condonate  le  somme  dovute  per  camere 
mobiliate;  4°  tutte  le  scritte  e  tutti  i  contratti  di  pigioni  sono  risol- 
vibili,  a  piacimento  dei  locatarii,  durante  sei  mesi;  5°  tutti  i  locatarii 
gia  congedati  potranno,  a  piacimento  loro,  rimanere  nelle  case  che 
occupano,  per  altri  tre  mesi.  »  Con  questo  e  vero  che  si  facea  danno 


CONTEMPORANEA  491 

ai  proprietarii ,  ma  si  contentava  a  spese  di  quest!  una  molti(udine 
sterminata  d'uomini  che,  oltre  all'alloggio  gratis,  aveano  come  sti- 
pendio  dal  Comune  circa  due  lire  il  giorno  e  vettovaglie  per  se  e 
per  le  loro  famiglie.  Quanto  al  trovare  il  denaro  e  le  vettovaglie, 
la  Comune,,  non  avendo  scrupoli  circa  i  mezzi,  poteva  procacciarsene 
facilmente,  pigliandole  da  chi  ne  avesse,  col  sistema  delle  requisizioni; 
e  questo  fu  posto  in  opera  senza  indugio  e  senza  ritegno. 

Con  questo  la  Comune  si  procacciava  gente  disposta  a  servirla 
in  ogni  genere  di  misfatti.  Ma  bisognava  pure  aver  modo  di  tenere 
soggetti  quei  moltissimi  tra  i  cittadini  onesti ,  che  gia  a  grande 
stento  aveano  tollerato  i  danni  e  corsi  i  pericoli  di  quasi  cinque  mesi 
di  durissimo  assedio,  per  1'inconsulta  ostinazione  del  Governo  della 
difesa  neli'opporre  alle  vittoriose  schiere  alemanne  una  resistenza, 
che  serviva  solo  a  prolungare  1'  agonia  mortale  ed  a  rendere  piu 
crudele  lo  strazio  della  Francia.  Questi,  che  aveano  guardato  come 
un  benefizio  della  Provvidenza  il  partito  preso  si  tardi  di  venire  ad 
una  onorata  capitolazione ,  guardavano  con  orrore  1'  avvenire  d'  un 
nuovo  periodo  di  rivoluzione  interna ,  il  quale  con  tutte  le  atrocita 
dell'anarchia  non  potea  riuscire  che  alia  irreparabile  rovina  privata 
e  pubblica.  A  contenere  queste  migliaia ,  e  non  erano  poche,  di 
cittadini  stimolati  dalla  disperazione ,  fu  pubblicata  dalla  Comune 
una  serie  di  gride  e  di  bandi,  che  recavano  1'  impronta  dei  piu  tristi 
e  sanguinarii  episodii  della  prima  rivoluzione  dal  1791  al  1793.  I 
comunisti  Assy,  Fonvielle  e  Lullier,  che  consigliarono  qualche  mode- 
razione ,  caddero  in  sospetto  dei  loro  complici ,  e  1'  un  dopo  1'  altro 
furono  percio  carcerati ,  poi  lasciati  liberi,  quindi  presi  e  posti  di 
nuovo  sotto  buonaguardia.  E  da  quel  punto  cominciarono  a  prevalere, 
coll'uso  dei  mezzi  di  terrore,  venturieri  d'ogni  paese,  ma  special - 
mente  polacchi ,  e  italiani  garibaldini;  avendo  la  Comune  chiamato 
al  comando  supremo  delle  sue  schiere,  prima  Giuseppe  Garibaldi  , 
poi  suo  figlio  Menotti,  quindi,  invece  di  questi  che  non  accettarono, 
un  Bergeret,  e  dopo  lui  un  americano  Cluseret,  poi  un  Rossell,  quindi 
unpolacco,  Dombrowski ,  poiun  altro  americano  venturiere,  i  quali 
fecero  di  quel  misero  popolo  il  peggior  governo  che  immaginare  si  possa. 

E  inutile  dire  che,  per  ossequio  alia  liberta,  furono  soppressi  i 
giornali  anche  liberalissimi,  come  il  Debats,  che  non  la  pensavano 
a  questo  modo;  e  la  maggior  parte  dei  giornalisti  dovettero  scappare 
per  salvar  la  testa,  molti  essendo  stati  carcerati. 

Fu  nominate  dalla  Comune  un  Comitato  esecutivo  composto  di 
certi  uomini,  di  cui  almeno  voglionsi  recitare  i  nomi,  che  sono:  Eudes, 
Tridon,  Vaillant,  Le-francais,  Duval,  Pyat  Felice  e  Bergeret.  Questi 
che,  tranne  felice  Pyat,  sono  oscuri  settarii,  garzoni  di  beccai,  sarti, 
calzolai  e  gente  da  sacco  e  da  corda,  si  distribuirono  le  parti,  quale 


492  CRONACA 

di  ministro  per  la  Guerra,  quale  di  Generate  supremo,  quale  di  mi- 
nistro  per  le  finanze.  II  Journal  officiel  divenne  11  banditore  officiate 
della  Comune,  e  pubblico  un  articolo  in  cui,  a  proposito  di  quel  che 
dicevasi,  cioe  che  il  Duca  d'Aumale  fosse  a  Versailles,  prese  a  di- 
mostrare  qualmente:  «  La  societa  non  ha  che  un  dovere  verso  i  prin- 
cipi:  la  morte;  essa  non  e  obbligata  che  ad  una  formalita:  accertarne 
1'identita.  » 

Quindi  un  decreto  della  Comune  annunzio  che:  «  1°La  coscrizione 
militare  e  abolita;  2°  Nessuna  forza  militare,  tranne  la  Guardia  Na- 
zionale, potra  essere  creata  o  introdotta  in  Parigi ;  3°  Tutti  i  citta- 
diiii  validi  fanno  parte  della  Guardia  Nazionale.  » 

Per  dare  maggior  vigore  alia  Guardia  Nazionale  e  soggettare 
ciascuno  alia  paura  di  essere  denunziato  come  traditore  se  vacillasse, 
i  settarii  stranieri  d'ogni  Nazione  furono  onorati  della  cittadinanza 
parigina  con  un  decreto  del  31  marzo;  nel  quale:  «  considerando  che 
la  bandiera  della  Comune  e  quella  della  repubblica  universale;  con- 
siderando che  ogni  citta  ha  il  diritto  di  dare  il  titolo  di  cittadini  agli 
stranieri  che  la  servono  »,  si  ammise  tra  i  membri  della  Comune  per- 
tino  un  ignoto  Frankel,  che  sembra  dover  essere  stato  un  masnadiere 
di  grandi  speranze. 

Con  decreto  dello  stesso  giorno  31  marzo  fu  intimata  la  proibizione 
di  uscire  da  Parigi  per  tutti  gli  uomini  dai  15  ai  45  anni;  i  quali  tutti 
doveano  essere  incorporati  nella  Guardia  Nazionale:  e  con  avviso  del 
Prefetto  di  Polizia  fu  bandito,  che  se  la  Comune  non  potesse  pagare  i 
coupons  del  prestito  scadenti  col  1  aprile,  questi  avessero  corso  for- 
zato  e  valessero  come  carta-moneta. 

Intanto  il  Bergeret,  creato  comandante  generale  della  milizia  co- 
munista,  preparavasi  con  Ottavio  Flourens  ad  un  assalto  decisive 
contro  Versailles.  Questo  ebbe  luogo  alii  3  aprile  con  esito  infau- 
sto,  cosi  che  il  Flourens  fu  ucciso  poi  in  una  casa  a  Chatou  dove 
erasi  ricoverato  nella  fuga ;  un  altro  luogotenente  del  Bergeret,  ii 
Duval  fu  fatto  prigioniero  con  1500  comunisti  a  Chatillon,  e  poi  fu- 
cilato;  ed  il  Bergeret  stesso,  riconosciuto  inetto  a  tal  carica  e  venuto 
in  sospetto  alia  Comune,  fu  carcerato. 

La  fucilazione  del  Duval,  ordinata  dal  Generale  Vinoy,  provoco  a 
rappresagliei  comunisti;  dai  quali  fu  pubblicato  un  bando  di,cui  basta 
recitare  alcuni  articoli.  «  Art.  1°  Ogni  persona,  accusata  di  complicita 
col  Governo  di  Versailles,  sara  immediataraente  posta  in  istato  d'accusa 
ed  incarcerata;  Art.  2°  Un  Giuri  d'accusa  sara  istituito  entro  24  ore 
per  giudicare  i  delitti  che  gli  saranno  deferiti;  Art.  3°  11  Giuri  senten- 
ziera  entro  48  ore;  Art.  4°  Tutti  gli  accusati  trattenuti  per  verdetto 
del  Giuri  saranno  ostaggi  di  guarentigia  pel  popolo  di  Parigi;  Art.  5° 


CONTEMPORANEA  493 

Ogni  esecuzione  d'un  prigioniero  di  guerra,  o  d'un  partigiano  re- 
golare  della  Comune  di  Parigi,  sara  immediatamente  seguita  dall'ese- 
euzione  d'  un  numero  triple  di  ostaggi  trattenuti  in  virtu  dell' Art.  4% 
e  che  saranno  indicati  dalla  sorte.  Art.  6°  Ogni  prigioniero  di  guerra 
sara  tradotto  davanti  al  Giuri  d'accusa,  il  quale  decidera  se  dev'es- 
sere  posto  immediataraente  in  liberta  o  trattenuto  in  ostaggio.  »  Ve- 
dremo  tra  poco  di  che  qualita  fossero  gli  ostaggi  onde  si  popolarono 
subito  le  carceri  dalla  Comune. 

Per  fornirsi  di  danaro  e  di  ostaggi  la  Comune  con  decreto  del 
2  aprile  bandi  che  doveasi  lasciar  intera  la  liberta  di  coscienza,  troppo 
offesa  dal  bilancio  dei  culti,  e  che  il  clero  fu  sempre  complice  dei 
delitti  della  monarchia  contro  la  liberta;  e  che  percio:  «  Art.  1°  La 
Chiesa  e  separata  dallo  Stato;  Art.  2°  II  bilancio  dei  culti  e  sop- 
'presso;  Art.  3°  I  beni  detti  di  mano-morta,  che  appartengono  alle 
Congregazioni  religiose,  mobili  ed  immobili,  sono  dichiarati  proprieta 
nazionali.  »  Qaesto  decreto  ebbe  il  merito  di  attirarsi  i  piu  vivi  elogi 
ed  i  plausi  entusiastici  dei  giornali  romani  La  Capitals  ed  II  Tem- 
po. Con  questo  era  stabilita  la  base  legale  per  carcerare  come  ostaggi 
gli  ecclesiastici  o  per  dare  il  sacco  alle  chiese,  all'Arciveseovado  ed 
ai  presbiterii;  come  poi  fu  fatto  dalla  sempre  benemerita  Guardia 
Nazionale,  Palladia  della  legalita,  dell'ordine  pubblico  e  della  sicu- 
rezza  dei  citladini  nelle  persone  e  nelle  proprieta  loro. 

Con  altro  decreto  furono  posti  in  istato  d'accusa  i  signori  Thiers, 
Favre,  Picard,  Dufaure  e  Pothuau,  membri  del  Governo  di  Versail- 
les; ed  i  loro  beni  «  verranno  confiscati  e  messi  sotto  sequestro 
fino  a  che  essi  siano  comparsi  davanti  alia  giustizia  del  popolo.  » 
Ma,  per  abbreviare  le  noiose  formalita,  fu  dato  il  sacco  alia  casa  del 
Thiers,  fu  svaligiato  d'ogni  oggetto  prezioso  il  palazzo  del  ministero 
degli  affari  esterni,  e  furono  mandati  alia  zecca  quei  pochi  vasel- 
lami  d'argento  e  d'oro  che  andarono  immuni  dal  saccheggio  di  co- 
deste  residenze. 

7.  Questo  procedere  della  Comune  ridestava  troppo  presto  e 
troppo  vivamente  al  popolo  parigino  le  rimembranze  del  1793.  Corse 
voce  che  dovesse  tra  poco  essere  eretta  e  messa  in  esercizio  una 
ghigliottina  di  forma  particolare,  fatta  allestire  dai  membri  piu  san- 
guinarii  della  Comune,  e  col  proposito  di  spacciare  a  sette  per  volta 
e  d'un  colpo  solo  quelli  che  la  legge  dei  sospetti  avesse  tratto  in- 
nanzi  al  giuri  rivoluzionario  e  condannati  alia  giustizia  del  popolo. 
In  fatti  codesta  ghigliottina,  simbolo  della  filantropia  di  codesti  liberal  i, 
era  pronta.  Si  seppe  dov' era  riposta.  Una  grossa  turba  di  popolo 
trasse  la  in  aspetto  minaccioso,  si  impadroni  a  forza  di  quell' orribile 
strumento,  lo  strascind  sul  quai  Voltaire,  e  quivi  lo  arse. 


494  CRONACA 

La  Comune  capi  ciio  non  era  ancor  tempo  di  adoperare  mezzi 
cosi  spediti  per  mantenere  in  vigore  la  sua  autorita,  e  si  contento 
delle  carcerazioni  e  dei  saccheggi. 

Fra  questi  atti ,  degni  di  veri  comunisti ,  quello  che  Iev6  piu 
rumore  fu  1'arresto  dell' arcivescovo  Mons.  Darboy  e  d'un  gran  numero 
d'uomini  veramente  insigni  del  clero  secolare  e  regolare;  i  quali 
durante  1'  assedio  degli  alemanni  aveano  pur  dato  prove  eroiche  di 
abnegazioni  e  di  carita  evangelica  in  aiuto  dei  poveri,  degli  infermi 
e  dei  feriti. 

II  lunedi  Santo,  3  aprile,  in  sulle  4  pom.  Mons.  Darboy  rice- 
vette  la  visita  d'un  delegate  della  Comune,  accompagnato  da  un  150 
uomini  di  guardia  nazionale,  che  occuparono  tutti  gli  aditi  del  pa- 
lazzo  episcopate.  L'arcivescovo  era  stato  avvertito  del  prossimo  suo 
arresto;  ma  non  percio  si  rimosse  dalla  sua  residenza.  Mentre  il 
delegato  procedeva  presso  lui  ad  una  specie  d'  interrogatorio  e  di 
perquisizione ,  le  guardie  nazionali  si  refiziavano  lautamente,  abu- 
sando  della  cortesia  usata  loro  dalla  sorella  dell'  arcivescovo.  Poco 
dopo  Monsignore  fu  condotto  in  carcere  col  suo  Yicario  Generale  e 
varii  ecclesiastic!  della  sua  Curia;  al  tempo  stesso  un  certo  numero 
di  carri  grandissimi  entro  nel  cortile  dell' Arcivescovado,  e  si  comin- 
cio  il  saccheggio  in  tutta  regola ,  che  si  continue  fino  alle  6  del 
mattino  del  giorno  seguente,  quando  piu  nulla  fimaneva  da  portar 
via .  Per  compiere  1'  opera  furono  carcerati  anche  i  famigliari  di 
Monsignore  e  la  sua  sorella.  Le  carrozze  stesse  dell'  Arcivescovo  ed 
i  suoi  cavalli  dovettero  servire  a  spicciare  quella  faccenda  del  sac- 
cheggio, essendosi  gettati  alia  rinfusa  nel  cortile  i  vasi  e  paramenti 
sacri,  le  argenterie,  i  pannilini  e  mobili  e  tappeti ,  e  quant' altro 
stava  negli  appartamenti  e  che  era  parte  proprieta  particolare  del- 
l'Arcivescovo,parte  dello  Stato.  Computando  i  fondi  di  varie  parrocchie 
e  chiese  ed  opere  pie,  deposti  all'  Arcivescovado  e  rubati  dai  comu- 
nisti, si  calcola  che  il  bottino  fosse  di  poco  meno  che  2  milioni  di 
franchi. 

La  sera  dello  stesso  giorno  erano  arrestati  Mons.  Deguerry, 
parroco  della  Maddalena,  ed  i  parrochi  di  S.  Agostino  e  di  S.  Filippo 
du  Route;  ed  il  giorno  dopo  i  superior!  delle  Case  dei  Gesuiti  ed  una 
ventina  incirca  di  questi  religiosi  che  vi  si  trovarono.  Poi  una  mol- 
titudine  grande  d' altri  religiosi,  parrochi  e  preti  furono  presi  nei 
giorni  seguenti,  e  chiusi  nelle  carceri  della  Conciergerie  e  di  Mazas. 
II  magnifico  collegio  dei  Gesuiti  nella  Rue  des  Posies,  che  era  una 
scuola  preparatoria  agli  studii  della  Politecnica  ,  ebbe  la  sorte  del- 
1' Arcivescovado,  e  fa  messo  a  sacco  e  ruba,  con  perdita  inestimable 
di  biblioteca,  di  collezioni  numismatiche  e  scientifiche,  di  strumenti 


CONTEMPORANEA  495 

di  fisica  e  chimica,  e  di  tatto  il  corredo  d'ua  collegia  capace  di 
circa  400  persone. 

L'Arcivescovo  fa  posto  in  una  sudicia  e  nuda  celletta,  accanto 
a  quella  in  cui  era  chiuso  il  comunista  Assy.  Quest!  pero  poco  dopo 
giunse  a  ricuperare  la  liberta.  Mons.  Darboy  fu  detenuto  circa  un 
mese;  poi  corse  voce,  che  peristanza  forse  del  gen.Fabrice,  comandante 
delle  truppe  alemanne  sotto  Parigi,  la  strettezza  del  la  sua  reclusione 
fosse  alquanto  mitigata.  Egli  sene  giovo  per  mettere  fuori  una  pastorale 
che  ordinava  preghiere  pubbliche  onde  impetrare  dalla  misericordia  di 
Dio  la  cessazione  della  guerra  civile  e  la  pace.  Tanto  bast6  perche  la 
Comune  il  facesse  di  bel  nuovo  mettere  in  durissima  segreta. 

Degli  altri  ecclesiastici,  catturati  dopo  il  3  aprile,  non  si  seppe 
altro  di  preciso,  se  non  che  furono  pessimamente  trattati  nel  duro 
loro  carcere,  e  che  erano  tenuti  in  ostaggio;  il  che  vuol  dire  che  da 
un  raomento  all' altro  poteano,  per  rappresaglia ,  essere  trucidati. 
Alcuni  pochi  furono  liberati. 

Di  paro  con  le  carcerazioni  andarono  i  saccheggi  alle  cappelle 
e  chiese  di  moltissime  corporazioni  e  case  religiose,  e  della  stessa 
Cattedrale;  d'  onde  si  porto  via ,  il  venerdi  santo,  il  tesoro  dei  vasi 
sacri,  che  poi  fu  restituito,  quindi  ripreso  di  nuovo  e  mandate  alia 
zecca  per  essere  volto  in  moneta;  come  fecesi  del  vasellame  d'argento 
rubato  nel  palazzo  del  ministero  degli  affari  esterni;  di  che  levo  alti 
lamenti  il  sig.  Giulio  Favre.  E  sorte  poco  dissimile  tocco  al  palazzo 
di  privata  proprieta  del  sig.  Thiers,  che  fu  perquisite,  derubato  dei 
tesori  di  scritti  e  documenti  che  v' erano  raccolti ,  e  degli  oggetti  di 
valore. 

Innumerevoli  poi  furono  i  rubamenti,  effettuati  .sempre  dalla 
Guardia  Nazionale,  in  nome  e  con  I'autorita  della  Comune,  a  danno 
di  banchieri  e  ricchi  mercanti ,  di  societa  industriali  e  commercial! 
e  perfmo  di  vinai  e  cassieri  di  opere  di  pubblica  beneficenza,  come 
degli  spedali.  Con  questi  bei  titoli  di  benemerenza  presso  i  suoi  con- 
cittadini,  il  delegato  della  Comune  per  gli  affari  esterni  non  dubito 
punto  di  poter  esigere  anche  rispetto  e  riconoscimento  ufficiale  presso 
la  diplomazia  straniera;  e  percio  Pasquale  Grousset,  ossia  quel  vele- 
noso  scribacchiatore  di  giornali  che  fece  si  mal  governo  del  principe 
Pietro  Bonaparte  onde  fu  vittima  Vittorio  Noir,  il  Grousset  os6 
mandare  ai  rappresentanti  delle  potenze  estere  ancora  residenti  in 
Parigi  una  circolare;  significando  loro  la  costituzione  del  Governo 
comunale  ed  il  desiderio  di  restringere  sempre  piu  i  vincoli  di  fra- 
terna  unione  tra  il  popolo  di  Parigi  ed  i  rispettivi  popoli  stranieri, 
rappresentati  da  quei  Consoli  o  diplomatici.  Niuno  di  questi  pero 
degnossi  di  far  capitale  veruno  di  quello  strano  documento;  e  peggio 
incolse  a  quelli  che,  spediti  dalla  Comune,  tentarono  pratiche  presso 


496  CRONACA 

il  Generale  Fabrice,  comandante  delle  truppe  alemanne  sotto  Parigi . 
Questi  rimando  senza  riceverli  alcuni  di  questi  inviati ,  altri  ne  fece 
carcerare,  e  mando  dire  alia  Comune  che,  se  osasse  procedere  a  qual- 
che  atto  ripugnante  alia  capitolazione  di  Parigi  ed  ai  preliminari  di 
pace,  ripiglierebbe  subito  le  operazioni  di  guerra  e  la  richiamerebbe 
al  dovere.  Tanto  basto  perche  gli  alemanni  ottenessero  dentro  Parigi 
quel  rispetto  che  violavasi  ad  ogni  istante  nellepersone  dei  cittadini 
francesi ,  arrolati  per  forza  come  i  fratelli  della  Dottrina  cristiana,  e 
mandati  al  macello,  o  chiusi  in  carcere. 

Cominciando  poi  a  sentirsi  difetto  di  vettovaglie,  sciupate  a  ca- 
priccio  della  marmaglia  comunista,  si  ando  innanzi  con  piu  diligenza 
alle  requisizioni  forzate  nelle  botteghe,  nei  fondacbi,  nei  magazzini, 
e  nelle  case  private  con  dispersione  di  veri  tesori  di  cui  e  impossi- 
bile  sperare  compenso. 

8.  Queste  prodezze  compievano  una  parte  dei  comunisti  entra 
Parigi,  mentre  un'  altra  parte  era  condotta  e  tenuta  a  farsi  schiac- 
ciare  sotto  le  bombe  e  le  granate  di  che  le  truppe  parlamentari  di 
Versailles  furono  costrette  a  valersi  per  domare  i  ribelli. 

Non  imprendiamo  a  narrare  qui  per  rninuto  le  particolarita  dei 
micidiali  combattimenti  che  percio  ebbero  luogo  a  ponente  ed  a  mez- 
zodi  di  Parigi,  con  grande  effusione  di  sangue,  e  con  tali  roviner 
che  superano  a  gran  pezza  quelle  patite  durante  i  quattro  mesi  e 
mezzo  dell'assedio  alemanno. 

II  Governo  di  Versailles  avea  fatto  pratiche  presso  il  Sig.  Bi- 
sraark ,  perche  si  derogasse  in  qualche  parte  all'  articolo  della  Capi- 
tolazione di  Parigi,  che  limitava  a  soli  40,000  uomini  la  forza  militare 
da  tenersi  presso  la  metropoli.  II  Bismark  assent!  che  si  potesse  rad- 
doppiare  quell'  esercito ,  aumentandolo  anche  fino  ad  80,000 ;  poi, 
premendogli  di  veder  presto  raflermato  un  Governo  con  cui  conchiu- 
dere  la  pace,  permise  che  s'andasse  anche  iino  ai  150,000. 

I  Comunisti  che  ebbero  sentore  dello  sforzo  che  faceasi  a  Ver- 
sailles per  riorganare  un  poderoso  esercito,  giudicarono  che  non  fosse 
da  perdere  tempo;  e  fm  dal  2  aprile  cominciarono  le  avvisaglie,  ed 
alii  3  uscirono  in  numero  di  circa  150,000  uomini,  parte  da  ponente, 
e  parte  da  mezzodi,  per  investire  Versailles.  Ma  giunti  i  primi  sotto- 
il  tiro  del  forte  di  Monte  Valeriano,  e  percossi  da  alquante  granate 
e  scariche  di  mitraglia,  si  sgominarono  e  n'andarono  in  rotta,  per- 
dendo  molti  prigionieri.  II  famigerato  Flourens  che  da  una  casa  di 
Chatou  trasse  sopra  i  gendarmi  accorsivi  a  snidarne  i  rimasti  comu- 
nisti ,  ebbe  spaccata  la  testa  da  un  gran  fendente  di  sciabola.  Gli 
altri  che  erano  usciti  da  Montrouge  ed  indirizzati  verso  le  trincee  di 
Chatillon,  sotto  il  comando  del  Duval,  furoao  respinti;  e  1500  di 


CONTEMPORANEA  497 

essi  circondati  in  un  fortino  e  fatti  prigionieri ;  il  loro  capo  Duval 
fucilato  il  di  seguente. 

II  sig.  Thiers,  veduta  la  piega  che  cosi  prendeva  la  guerra  civile, 
si  die'fretta  di  compiere  1'organamento  dell'esercito.  II  Generale  Ducrot 
ebbe  incarico  di  formare  una  nuova  armata  poderosa  coi  soldati  reduci 
dalla  prigionia,  e  raccolti  in  Brettagna,  col  Quartiergenerale  a  Rennes. 
Le  truppe  gia  riunite  presso  Versailles  furono  distribute  in  due 
eserciti.  L'uno  di  riserva,  composto  di  tre  divisioni,  sotto  il  comando 
del  Generale  Vinoy,  fu  destinato  a  custodire  la  sede  del  Governo  e 
dell' assemblea.  L'altro  attivo  fu  diviso  in  tre  corpi,  comandati  dai 
Generali  Ladmirault  De  Cissey  e  Du  Barail,  sotto  il  comando  su- 
premo del  maresciallo  Mac-Mahon  munito  di  pieni  poteri  anche  sopra 
1'esercito  di  riserva. 

I  comunisti  erano  furibondi  per  la  disiatta  del  3  aprile ,  e  ne 
accagionavano  1'  imperizia  del  Bergeret  loro  condottiere  supremo,  che 
percio  fu  carcerato,  datogli  successore  1'  americano  Cluseret.  Questi 
pose  subito  mano  a  raffbrzare  con  formidabili  trincere  il  ponte  di 
Neuilly,  e  spinse  le  sue  guardie  fino  a  Courbevoie  ed  Asnieres,  per 
assicurarsi  gli  sbocchi  a  nuovi  assalti  contro  Versailles  da  ponente, 
mentre  aumentavansi  le  difese  dei  forti  di  Issy  e  di  Vanves  al  lato 
di  mezzodi.  Questo  determine  il  Mac-Mahon  a  non  piu  mettere  in- 
dugio  e  venire  alle  offese.  Alii  6  aprile,  assalito  vigorosamente  il 
ponte  di  Neuilly,  dopo  discacciati  i  comunisti  di  Courbevoie,  se  ne 
rendette  padrone ;  e  ne  volto  le  trincee  contro  la  porta  Maillot  e  le 
mura  del  recinto  continue.  Questo  combattimento  fu  molto  sangui- 
noso,  e  costd  la  vita  a  parecchi  Generali  ed  ufficiali  superior!  dei 
parlamentari,  che  pero  furono  vendicati  da  fiera  strage  dei  comu- 
nisti. Da  quel  giorno  il  bombardamento  fu  continue,  e  le  truppe  di 
Versailles  conquistarono  a  palmo  a  palmo  il  terreno  attorno  alle  mura 
di  ponente.  Ma  non  venne  loro  fatto  di  penetrarvi,  tanto  fu  accanita 
la  resistenza  incontrata  ad  ogni  passo. 

Dalla  parte  di  mezzodi  i  parlamenlari,  valendosi  delle  trincere 
e  delle  batterie  erette  dai  Prussian!  a  Meudon,  a  Clamart  ed  a  Cha- 
tillon,  bombardarono  terribilmente  il  forte  d'  Issy,  cosi  che  i  comu- 
nisti furono  costretti  di  sgomberarlo,  ma  poi  lo  rioccuparono  subito. 
II  Cluseret,  incolpato  d' aver  per  sua  negligenza  tratta  la  Comune 
al  rischio  di  perdere  quel  forte,  fu  deposto,  ed  ebbe  per  successori 
un  Rossel,  poi  il  polacco  Dombrowski,  uomo  di  pessima  riputazione, 
come  gia  giudicato  reo  di  baratterie  e  falsario,  ma  dotato  di  grande 
energia  e  di  non  comune  capacita  militare.  Infatti  si  riforni  subito  di 
artiglieriae  guarnigione  il  forte  d'Issy,  respinti  varii  assalti  dei  par- 
lamentari  che  s'erano  mossi  percio  da  Clamart  e  da  Chatillon  ;  ed  al 

Serie.  VIII,  vol.  II,  fasc.  502.  32  J-2  maggio  1871. 


498  CRONACA 

tempo  stesso  fecersi  moltiplicare  a  centinaia  le  barricateper  le  vie  che 
mettono  al  lato  occidentale  piu  vivamente  oppugnato  dalle  batterie 
del  Monte  Valeriano  e  di  Courbevoie,  o  da  uria  poderosa  artiglieria 
appostata  sulle  rive  della  Senna  nella  penisola  di  Gennevilliers,  e 
nelle  isole  rimpetto  a  Neuilly,  e  da  bardie  cannoniere.  Per  ven- 
dicarsi  delle  rovine  patite,  la  Comune  decreto  la  distruzione  della 
coionna  monumentale  di  Napoleone  I  sulla  piazza  Vendome. 

9.  Qui  pu6  nascere  desiderio  di  sapere  che  cosa  intanto  faceva 
in  Versailles  I'Assemblea,  mentre  I'esercito  continuava  contro  le  mura 
ed  i  forti  di  Parigi  1' opera  cominciata  dagli  alemanni.  E  detto  in 
pocbe  parole.  Siccome  tra  i  motivi  della  ribellione  parigina  primeg- 
giava  la  pretensione  d'una  liberta  comunale  amplissima  e  guaren- 
tita  dalla  elezione  cittadina  dei  sindaci  e  dell' amministrazione  mu- 
nicipale,  senza  ingerenza  veruna  del  Governo,  cosi  a  Versailles  I'As- 
semblea occupavasi  di  discutere  una  nuova  legge  per  1'organizzazione 
dei  comuni  sulla  base  del  sistema  elettorale.  Questi  dibattimenti,  che 
involgevano  delicatissime  quistioni  politiche,  erano  intorbidati  da  fre- 
quenti  interpellanze,  e  percio  furono  tratti  in  lungo.  Finalmente  si 
vennc  a  capo  di  sancire  una  legge  la  quale,  mentre  per  una  parte 
potrebbe  levare  ai  meno  indiscreti  tra  i  sediziosi  parigini  il  pretesto 
di  continuare  nelia  ribellione,  per  1'altra  puo  appagare  i  voti  delle 
a  lire  citta  senza  nuocere  agli  interessi  dei  comuni  rurali.  A  tenore 
di  questa  legge  si  procedette  il  30  aprile,  in  tutta  la  Francia,  fuor- 
che  in  Parigi,  alle  elezioni  comunali;  di  cui  finora  non  conosciamo 
il  precise  risultato,  ma  che  a  prima  giunta  paiono  poco  propizie  alia 
causa  dell'ordine. 

10.  Tuttavolla  a  Lione  codeste  elezioni  comunali  porsero  ai  co- 
munistij  aizzati  dagli  emissarii  parigini,  Toccasione  ed  il  pretesto 
d'  an  sollevamento,  che  rendette  necessaria  una  pronta  e  sanguinosa 
repressione.  Nel  pomeriggio  del  30  aprile  una  grossa  masnada  di  ri- 
baldacci  armati,  di  guardie  nazionali  e  di  donnacce  furibonde,  in- 
vase  la  mairie  della  Guillotiere,  per  fare  violenza  ai  cittadini  che 
vi  procedeano  alle  elezioni.  II  disordine  veniva  aggravandosi  ed  al- 
largandosi  di  momento  in  momento.  L'autorita  militare  che  ne  avea 
presentito  lo  scoppio  e  teneasi  pronta,  con  tre  colpi  di  cannone  co- 
mando  alle  truppe  di  muoversi  verso  i  luoghi  gia  loro  destinati.  Que- 
ste  marciarono  verso  la  Guillotine,  ma  la  resistenza  dei  sollevati 
le  costrinse  a  ritirarsi  prima  d'  ingaggiare  la  lotta.  Dati  dal  Prefetto 
Valentin  e  dal  comando  militare  nuovi  ordini,  verso  le  7  1(2  pome- 
ridiane  le  truppe  assalirono  con  le  artiglierie  e  le  mitragliatrici  i  se- 
diziosi che  primi  aveano  cominciato  a  fare  scariche  micidiali,  onde 
rimase  ferito  anche  il  Prefetto.  II  combattimento  duro  qualche  ora; 


CONTEMPOBANEA  499 

ma  la  disciplina  delle  truppe  vinse  il  furore  del  sollevati,  che,  la- 
sciando  buon  numero  di  morti  e  feriti  e  prigionieri,  si  sperperarono: 
e  1'ordine  fu  ristabilito  in  quel  quartiere.  Nel  resto  della  citta  non 
era  stato  punto  turbato. 

IV. 

MOVIMENTO  CATTOLICO 

4.  I  biglietti  di  visita  e  il  Movimento  cattolico  —  2.  Deputazione  (Jella  Um'onc 
Cattolica  della  Gran  Bretagna  —  2.  Due  altri  indirizzi  delle  Signore  e 
del  popolo  cattolico  della  Gran  Brettagna  —  5.  Deputazione  della  Stiria 

—  5.  Le  poverelle  di  Roma  e  le  Sordo-mute  —  6.  Varie  Corrispondenze 

—  7.  Breve  aU'C/mYd  Cattolica. 

I.Per  impicciolire  al  possibile  il  mondiale  spettacolo  del  movi- 
mento  cattolico,  che  si  appalesa  in  tante  Deputazioni  e  indirizzi  al  Santo 
Padre,  YOpinione,  invertendo  con  poco  buon  gusto  il  detto  Ovidiano: 
Si  licet  exemplis  in  parvo  grandibus  uti  „  ha  voluto  rassomigliare 
queste  grandi  dimostrazioni  cattoliche  pel  S.  Padre  a  nulla  piu  che 
a  biglietti  di  visita,  che  si  usa  recare  altrui  per  fare  un  atto  cortese 
di  condoglianza.  L' Osservatore  Romano  (n°  83)  accetto  il  paragone, 
benche  si  disacconcio,  e  volgendolo  acconciamente  contro  chi  1'avea 
usato,  con  solo  notare  che  tra  persone  civili  si  usano  parimente  i 
biglietti  di  congratulazione,  chiedeva  all'  Opinione :  Potrebbe  ella 
dirci  quanti  biglietti  di  visita  abbia  ricevuti  il  governo  fiorentino  in 
riguardo  di  quegli  atti  da  lui  compiuti  e  de'  successi  riportati ,  che 
diedero  occasione  a  tante  testiraonianze  di  rammarico  verso  il  Santo 
Padre?  Puo  essa  riferirci  i  norai  di  autorevoli  ed  influenti  perso- 
naggi  stranieri,  che  siansi  percio  condotti  a  Firenze  come  si  condus- 
sero  a  Roma?  Del  resto  notava  I'  Osservatore,  che  dall'indole  stessa 
dei  personaggi  eletti  a  rappresentare  le  singole  nazioni,  dai  sentimenti 
di  cui  i  medesimi  si  fecero  interpret!,  e  piu  ancora  dal  linguaggio 
che  costantemeiite  adoperarono  nei  loro  indirizzi  e  nei  loro  discorsi, 
si  e  pienamente  messo  in  chiaro  come  i  loro  voti,  le  loro  promesse, 
e  le  loro  previsioni  non  avessero  affatto  per  oggetto  di  esprimere  una 
sterile  e  passiva  condoglianza,  ma  implicassero  convinzioni  e  divisa  - 
menti  di  ben  maggiore  portata. 

2.  Piu  ancora  che  delle  altre  Deputazioni  cattoliche,  i  fogli  di 
ogni  colore  ban  parlato  della  Deputazione  dell'Unione  cattolica  della 
Gran  Brettagna,  si  per  la  qualita  de' personaggi  inglesi  e  scozzesi 
che  la  componevano,  si  per  i  sensi  espressi  e  ragionati  in  un  grave 


500  CRONACA 

indirizzo.  Essa  fu  ricevuta  in  solenne  udjenza  il  martedi  della  set- 
timana  santa,  4  aprile,  e  YOsservatore  Romano  n°  77  cosi  breve- 
mente  la  descrisse.  Questa  raattina  alle  11  1r2  antim.  la  Santita  di 
Nostro   Signore   Papa  Pio  IX  ha  ricevuto  nella  sala   del  Trono  la 
Deputazione  de'cattolici  inglesi.  Ritto  in  piedi  sui  gradini  del  trono, 
avente  ai  lati  i  membri  della  sua  Corte  e  incontro  la  Deputazione 
inglese,  sua  Santita  ha  ascoltato  la  lettura  fatta  in  francese  di  un 
indirizzo  letto  dal  Duca  di  Norfolk;  nel  quale  indirizzo  era  espresso 
con  nobile,  franco  e  riciso  linguaggio  il  modo  di  vedere  dei  cattolici 
di  quella  grande  e  potente  nazione,  in  tutto  e  per  tutto  conforme 
al  sentimento  gia  manifestato  in  piu  d'una  occasione  in  questi  ultimi 
tempi  dai  Padri  della  Chiesa  universale  intorno  la  questione  del  civile 
e  religiose  principato  del  romano  Pontefice.  Terminata  la  non  breve 
lettura  in  mezzo  al  religiose  silenzio  degli  astanti,  il  Santo  Padre  vi 
ha  risposto  nello  stesso  idioma,  manifestando  la  sua  gratitudine  per 
le  prove  di  devozione  e  di  amore,  che  gli  sono  profuse  dai  suoi  figli 
in  tempi  di  tanta  amarezza  pel  suo  cuore.  Sua  Santita ,  ricordando 
le  gcste,  le  virtu,  la  dottrina  del  Pontefice  S.  Gregorio,  il  quale  pre- 
dilesse  in   ispecial   modo  1'  Inghilterra ,   soggiunse  che  se  egli  non 
potea  paragonarsi  con  quel  Grande  nelle  virtu  e  nella  dottrina,  gli 
andava  pero  a  paro  neH'amore  verso  1'  Inghilterra,  per  la  quale  avea 
fatto  quanto  era  in  suo  potere ,  perche  il  cattolicismo  vi  ripigliasse 
1'artico  fervore  e  vi  si  dilatasse  e  propagasse  a  gloria  di  Dio  e  della 
Chiesa.  Espressi  quindi  altri  sentirnenti  non  meno  nobili  e  rispon- 
denti  all'  altissima  sua  rappresentanza ,   il  Santo  Padre  con  tenere 
parole  impart!  a  tutti  1'apostolica  benedizione.  Non  e  difficile  imma- 
ginare  con  quali  sentirnenti  fosse  accolta  la  parola  del  venerato  Pon- 
tefice, e  quanto  viva  fosse  la  emozione  dipinta  sul  volto  di  quei  severi 
isolani.  Presentati  poscia  uno  ad  uno  a  Sua  Santita  furono  dalla  stessa 
Santita  Sua  con  somma  benignita  invitati  a  seguirlo  nel  suo  ordinario 
passeggio .  II  di  appresso  5  aprile ,  to  stesso  Osservatore  Romano 
(n°  78)  aggiungeva  :  Questa  mattina  la  Deputazione  inglese  ha  avuto 
1'onore  di  assistere  alia  celebrazione  della  messa  del  Santo  Padre  nella 
sua  cappella  privata  ,  accostandosi  con  moltissima  edificazione  alia 
sacra  mensa  e  ricevendo  dalle  mani  stesse  di  sua  Santita  il  pane 
eucaristico.  Nello  stesso  numero  78  si  trova  lo  stupendo  indirizzo  letto 
dal  Duca  di  Norfolk,  e  nel  numero  79  la  risposta  del  Santo  Padre, 
che  nel  numero  83  si  conferma  come  autentica. 

II  Divin  Salvatore,  consecrando  quasi  interamente  alia  Deputa- 
zione inglese  il  n°  48  dei  6  aprile,  reco  tutto  insieme  1'  indirizzo  e  la 
risposta,  ed  aggiunse  una  corrispondenza  d'  Inghilterra  all'  Unitd  Cat- 
tolica,,  diretta  a  far  conoscere  i  personaggi  primarii  della  deputazione. 
Noi  non  potendo  recare  per  disteso  questi  documenti,  ci  contenteremo 


CONTEMPORANEA  501 

di  recare  i  nomi  della  nobilissima  deputazione,  che  logliamo  da  una 
grande  fotografia,  presa  appositamente  dai  fratelli  Alessandri,  nella 
quale  si  pongono  sotto  degli  occhi  i  ritratti  e  i  nomi  dei  singoli  in 
tanti  ovatini  intorno  al  ritratto  di  Sua  Santita.  Ecco  dunque  i  norni 
e  i  titoli  inglesi  -  Duke  of  Norfolk  -  Earl  of  Denbigh  -  Lord  Edmund 
Howard  -  Lord  Robert  Montagu  -  Lord  Henry  Kerr  -  Lord  Archibald 
Douglas  -  Viscount  Campden  -  Lord  Arundell  -  Lord  Herries  -  Hon. 
John  Dormer  -^Hon.  William  Petre  -  Master  of  Lovat  -  Master  of 
Herries  -  Hon.  William  North  -  Hon.  Monsignor  Stonor  -  Charles 
Weld  Esq.  -  Henry  Clifford  Esq.  -  William  Langdale  Esq.  -  Arthur 
Langdale  Esq.  -  Charles  D.  Bodenham  Esq.  -  John  G.  Kenyon  Esq.  - 
John  Vaughan  Esq.  -  Edgar  Hibbert  Esq.  -  C.  Gandolfi  Hornyold 
Esq.  -  Hubert  Hibbert  Esq.  -  F.  R.  Wegg  Prosser  Esq.  -  Captain 
Farmer  Bailey  -  Robert  Monteith  Esq.  -  Alexander  Fletcher  Esq.  - 
Molyneux  Seel  Esq.  -  Thomas  Walmesley  Esq.  -  Francis  Reynolds 
Esq.  -  Stuart  Knill  Esq.  -  William  Bishop  Esq.  -  William  Sills  Esq.  - 
Alfred  Walmesley  Esq. 

3.  Anche  le  signore  cattoliche,  inglesi  e  scozzesi,  avevano  poco 
prima  inviato  al  Santo  Padre  un  loro  indirizzo  con  1410  firme,  il 
quale  riusci  graditissimo  in  singolar  modo  a  Sua  Santita,  perche  quelle 
signore,  non  contente  di  esprimere  i  loro  sensi  di  devozione,  espri- 
mevano  nel  loro  indirizzo  un  pratico  proponimento,  degnissimo  d'imi- 
tarsi  dalle  signore  cattoliche  d'ogni  nazione.  Santo  Padre!  esse  dice- 
vano;  ansiose  di  consolarvi  in  quest' ora  d'amara  prova,  noi  potremmo 
trattenerci  a  parlare  della  sicura  speranza  di  un  vicino  trionfo  ed  in 
mezzo  alle  attlizioni  presenti  anticipare  la  gioia  di  quel  momento: 
ma  sara  meglio  per  noi  e  piu  gradito  a  voi,  il  deporre  prontamente 
ai  vostri  piedi  la  sincera  nostra  intenzione  di  procurare,  per  quanto 
possiamo,  di  conformarci  alle  vostre  ripetute  e  calde  esortazioni  col 
resistere  allo  spirito  del  mondo.  —  Sua  Santita  rispondendo  a  quel- 
1'  indirizzo  con  un  bellissimo  breve,  diretto  alia  Duchessa  di  Norfolk, 
lodando  i  sensi  di  devozione  e  di  pieta  di  tutte  quelle  signore,  le  in- 
coraggio  specialmente  a  quella  risoluzione  contro  il  lusso  e  lo  spirito 
mondano. 

Come  1'aristocrazia,  cosi  il  popolo  cattolico  della  Gran  Bretagna 
ha  espresso  i  suoi  sentimenti  al  Santo  Padre  con  un  indirizzo,  giunto 
teste  in  Roma,  il  quale  porta  piu  di  un  mezzo  milione  di  firme.  Ec- 
cone  la  versione. 

Santissimo  Padre!  Nel  momento  della  vostra  afflizione,  non  e 
possibile  che  i  vostri  figli  si  rimangano  silenziosi.  Ci  prostriamo  ai 
vostri  piedi  per  unire  i  nostri  al  vostro  cuore,  e  per  offerirvi  quel- 
1'ossequio  che  ogni  atto  del  vostro  glorioso  pontificate  venne  in  noi 
aumentando,  e  che  e  divenuto  dieci  volte  piu  profondo  e  sincere  ora 


502  CRONACA 

che  siete  «  Prigioniero  nel  Signore  per  nostra  cagione.  »  In  una  cosi 
crudele  afflizione,  questa  e  la  sola  nostra  gioia  che  la  vostra  prigio- 
nia  attira  a  Voi  tutti  i  cuori  cattolici,  e  noi  lega  vicendevolmente 
colla  forza  deli'unita,  la  quale  durera  ancora  quando  sia  cessata  que- 
sta persecuzione . 

Santissimo  Padre!  noi  Yi  ringraziamo  perche  colla  vostra  pa- 
ziente  resistenza  al  male,  Voi  andate  suggellando  quell'apostolato  in 
favore  della  societa,  che  coi  vostri  insegnamenti  avete  sempre  eser- 
citato.  Iddio  Vi  ha  scelto  a  vittima  per  tutti  i  troni,  per  tutti  i  Go- 
verni,  e  per  tutti  quei  legami  che  tengono  gli  uomini  uniti  fra  loro. 
Speriamo  che  i  vostri  patimenti  ammaestreranno  un  mondo  che  non 
voile  prestare  orecchio  alia  vostra  voce. 

Che  un  Governo,  il  quale  stava  in  pace  con  Yoi,  e  non  avea 
motive  di  combattervi,  ne  vi  fece  dichiarazione  di  guerra,  Yi  abbia 
strappato  colla  violenza  la  vostra  sovranita  e  la  vostra  citta,  solo 
perche  1'agognava;  e  questo  un  atto,  il  quale  (se  venisse  tollerato) 
distruggerebbe  interamente  la  sicurezza  data  dal  cristianesimo  alle 
nazioni:  sarebbe  un  tornare  ai  tempi  pagani.  Che  questo  fatto  siasi 
compito  sotto  pretesto  di  proteggervi,  collo  scherno  di  un  plebiscite 
e  all'  ombra  dell'  opportunita  offerta  dai  torbidi  di  altre  nazioni ;  cio 
aggiunge  all'  ingiustizia  di  quell'atto  la  vilta  e  il  tradimento,  che 
distruggono  ogni  lealta  cristiana  ed  ogni  onore  umano. 

I  Governi  d'Europa  rimasero  fmora  insensibili  al  vostro  cordo- 
glio;  ma  se  non  si  uniscono  per  distruggere  questa  grande  ingiustizia, 
questo  orrendo  sacrilegio,  tornera  a  loro  proprio  danno  e  forse  a  loro 
totale  rovina.  Mentre  eglino  furono  traditori  piuttosto  di  se  stessi, 
Yoi  solo,  Padre  santo,  siete  stato  coraggioso  nel  difendere  la  causa 
dell'ordine,  e  paziente  nei  soffrire  senza  cedere  la  dove  foste  impo- 
tente  ad  opporvi . 

Per  tutto  questo  i  membri  dell'umana  famiglia,  a  qualunque  cre- 
denza  appartengano,  hanno  ragione  di  profonda  gratitudine  al  vostro 
coraggio.  E  noi  che  siamo  vostri  figli,  ne  abbiamo  un  motivo  di  piu. 
Noi  Yi  ringraziamo  perchS  ancora  tenete  Roma  per  vostra,  sebbene 
pel  momento  i  .  .  .  abbiano  usurpato  il  vostro  diritto.  La  tenete  per 
Iddio,  e  tenendola  cosi,  Yoi  proclamate  al  mondo,  e  Yoi  solo  nel  mon- 
do, come  Dio  si  abbia  riservate  alcune  cose  per  se  e  come  sopra  que- 
ste  cose  a  lui  sacre  niuno  puo  stendere  la  mano.  La  tenete  pel  sa- 
cerdozio,  e  Yoi  annunziate  al  mondo  che  i  servi  del  cielo  non  possano 
essere  soggetti  nel  loro  operare  alle  podesta  terrene.  La  tenete  per 
noi  tutti,  poiche  Roma  e  nostra,  ed  ogni  cattolico  e  cittadino  di  Roma. 

Padre  Santo,  Yoi  siete  nostro  capo,  nostra  guida,  nostro  pastore; 
e  noi  non  possiamo  soffrire  di  avere  il  libero  accesso  a  Voi,  solo  per 


CONTEMPORANEA  503 

la  tolleranza  di  an  re  o  di  una  repubblica  d' Italia.  Spetta  a  Voi  di 
ammaestrarci  e  di  pasccrci  infallibilmenle;  la  voce  dei  vostri  figli  da 
ogni  angolo  della  terra  dee  giungere  fino  a  Voi  a  yostro  piacere,  e 
non  a  beneplacito  di  verun  altro.  Affinch&  poi  possa  giungervi  e  as- 
solutamente  necessario  che  voi  godiate  la  pienezza  di  quella  sovra- 
nita  temporale,  cui  la  sapienza  delle  eta  di  fede  ha  sempre  ricono- 
sciuto  quale  un  dono  di  Dio  a  vostro  favore.  No,  nessuno  ha  il  diritto 
di  tenerci  lontani  dal  seno  del  nostro  Padre,  e  non  sara  mai  permesso 
ad  una  sola  nazione  d'ingerirsi  in  quel  governo  divino,  che  tutte 
ugualmente  concerne  le  nazioni  della  stirpe  umana. 

Percio,  Padre  Santo,  prostrati  ai  vostri  piedi  ci  dedichiamo  alia 
vostra  causa,  onde  pregare  per  Voi,  per  Voi  agire  e  non  mai  desi- 
stere  di  adoprare  ogni  mezzo  permesso  dalla  coscienza  e  dall'  onore, 
fintantoche  ci  sia  dato  un'altra  volta  radunarci  intorno  a  Voi,  go- 
vernante  liberamente  la  vostra  propria  citta,  Vescovo  e  re  di  Roma 
e  degli  Stati  della  Chiesa. 

Questo  magnifico  indirizzo  il  2  maggio  fu  letto  in  italiano  al 
Santo  Padre  da  Mgr.  Stonor,  e  1'originale  gli  fu  presentato  dal  Rev. 
A.  W.  Dolman,  autore  principale  di  questa  grande  manifestazione 
cattolica.  Egli  col  solo  scrivere  una  fraterna  circolare  ai  sacerdoti  che 
hannocura  d'anime  nell'Inghilterra  e  nella  Scozia,  pregandoli  di  fare 
al  lor  popolo  un  invito  a  sottoscrivere  1' indirizzo,  riusci  felicemente 
a  raccogliere  504,552  firme,  ch'egli  stesso  e  venuto  a  presentare  al 
Santo  Padre.  L'originale  dell'  indirizzo  scritto  su  pergamena,  magni- 
ficamente  illustrate  con  disegni  a  colori  rilevati  in  oro,  e  1' immense 
volume  di  quell' oltre  a  mezzo  milione  di  firrne,  restera  negli  archivii 
Vaticani  qual  prezioso  documento  della  fede  del  popolo  cattolico  della 
Gran  Bretagna. 

4.  Un  altro  indirizzo  di  149,  652  firme,  raccolte  in  un  volume  le- 
gato con  isquisito  lavoro,  fu  presentato  a  Sua  Santita  dalla  Deputa- 
zione  della  Stiria,  ricevuta  in  solenne  udienza  la  mattina  del  25  aprile. 
La  Deputazione ,  presieduta  da  Sua  Altezza  Rma  Monsignor  Zwerger, 
Principe^Vescovo  di  Seckau  residente  in  Gratz,  si  componeva  non  solo 
di  sacerdoti  e  signori,  ma  ancor  di  signore.  Eccone  i  nomi.  Luigi  Fuchs 
direttore  della  Cancelleria  -  Rev.  Antonio  Schalhammer  -  Rev.  Carlo 
Oedl  -  Rev.  Giovanni  Loppitsch  -  Rev.  Giovanni  Greisdorfer  -  Al- 
fredo Conte  Desenfanns  d'Avernas  -  Fernando  Conte  Ilium  -  Taxis  - 
Giovanni  Schumy  -  Michele  Simettinger  -  Maria  Contessa  Desenffans 
d'Avernas,  nata  Contessa  Brandis  -  Maria  Contessa  Desenffans  d'Aver- 
nas -  Chiara  Contessa  Desenffans  d'Avernas  -  Anna  Contessa  De- 
senffans d'Avernas  -  Giuseppina  Contessa  Brandis  -  Berta  Contessa 
Welserheimb,  nata  Baronessa  Hingenau  -  Paolina  Contessa  Sermage  - 


504  CRONACA 

Rosalia  Baronessa  Lazzarini,  nata  Baronessa  Rastern  -  Anna  Baro- 
nessa  Lazzarini,  nata  Contessa  Brandis  -  Filomena  Baronessa  Lazza- 
rini -  Antonia  Baronessa  Hauer,  nata  Contessa  Welserheimb  -  Ca- 
rolina Baronessa  Waldslatten  -  Anna  Dannhausser  -  Maria  Kling. 

II  ricevimento  ebbe  luogo  nella  sala  del  coucistoro.  Facevan  co- 
rona al  trono  del  Santo  Padre  sei  Cardinali,  i  Prelati  della  Corte  e 
molti  altri  cospicui  personaggi.  Monsignor  Vescovo   lesse  un  indi- 
rizzo  latino  a  cui  si  premetteva  questa  nobile  iscrizione. 
Reipublicae  catholicae  Defensori 

Fortissimo 
Jurium  omnium  vindici  conslanlissimo 

Mitissimo  Pio 

Impie    oppresso 

Fideles  qui  sunt  in  Dioecesi  Secoviensi 

Filii 
Amantes  Compatienles. 

11  testo  intero  dell'indirizzo  fu  riportato  dal  Divin  Salvatore  nel 
n°  57.  —  Senza  ripetere  i  sensi  che  questi  figli,  veramente  amantes, 
compatientes,,  vi  espressero  tamquam  Christiani  catholici,  riporte- 
remo  soli  due  periodi  in  cui  parlano  specialmente  come  cittadini  del- 
1'Impero  austro-ungarico.  Tamquam  imperil  Austriaco- Hung arid 

incolae maxime  improbamus  ac  respuimus  omnem,  si  quis 

eldest,  regiminis  nostri  cum  adversariis  Tuis  consensum.  Repudia- 
mus  ac  damnamus  denique  vim  Tibi  illatam^  tamquam  cives  im- 
peril catholici  Austriaco -Hung  arid,  cujus  prindpes  inde  a  Rege 
Romano  Rudolpho  piissimo,  domus  augustissimae  Habsburgicae 
fundatore,  Ecclesiam  Sanctam  venerari  et  tueri  in  primis  consue- 
verunt,,  quique  hoc  studio  avito  3  et  populorum  suorum  pad  ac 
prosperitati,  et  imperil  ipsius  vigori  gloriaeque  optime  consulue- 

re Nostrum  in  primis  est  extollere  vocem,  ne  assentire  vi- 

deamur  tacentibus  et  quiescenlibus  eis,  qui  agere  loquique  et  po- 
tuerunt  et  debuerunt. 

Terminata  la  lettura  dell'  indirizzo,  fu  letto  quello  delle  rappre- 
sentanti  la  Unione  delle  Signore  catloliche  di  Gratz;  ii  che  fu  fatto 
con  singolare  grazia  e  modestia  dalla  Contessa  Anna  d'Avernas,  ingi- 
nocchiata  dinanzi  al  Santo  Padre  insieme  colla  Presidente  della  so- 
cieta  medesima,  Signora  Anna  nobile  di  Dannhauser.  Oltre  le  comuni 
protestc,  1'  iudirizzo  terminava  in  modo  tutto  acconcio  e  singolare 
con  queste  parole.  —  Essendoci  ben  noto  che  non  vi  e  cosa  che  piu 
consoli  la  Santita  vostra,  come  il  sapere  le  buone  opere  che  si  fanno 
dai  cattolici  a  sollievo  dei  bisognosi  e  ad  edificazione  dei  fedeli,  osiamo 
rispettosamente  promettere  alia  Santita  vostra  di  volerci  adoperare  con 


CONTEMPORANEA  505 

ogni  sforzo,  affinche  nella  cura  ed  educazione  della  gioventu  femmi- 
nile,  e  nel  soccorso  dei  poveri,  conforme  allo  scopo  della  nostra  unione 
succeda  il  maggior  bene  possibile;  e  a  tal  fine  imploriamo  1'aposto- 
lica  benedizione  per  tutti  i  membri  della  unione  e  per  le  nostre  fa- 
miglie. 

II  Santo  Padre  presa  occasione  dalle  parole,  Simon,  amas  me? 
parlo  generalmente  dell'  amore  colF  eloquenza  del  cuore:  ma  special- 
mente  in  modo  pratico  incoraggi  tutti  all'azione,  a  pregare,  a  gridare  con 
insistenza  modesta  ma  ferma.  Clama  ne  cesses,  Egli  disse,  Clama  ne 
cesses  vorrei  dire  a  tutta  la  Germania;  e  ci6  voi  to  ripeterete  quanto 
e  come  vi  sara  dato  di  poter  fare.  Fatelo  con  moderazione,  ma  con 
insistenza;  con  prudenza  ma  con  incrollabile  fermezza,  fmche  a  Dio 
non  piaccia  di  ristabilire  la  giustizia  nei  suoi  diritti  divini  ed  uma- 
ni.  Finalmente  prego  Iddio  a  spargere  le  sire  benedizioni  sopra  di 
tutti,  e  specialmente  aggiunse,  volgendo  il  paterno  sguardo  a  quelle 
signore  intenerite,  su  queste  buone  figlie  che  con  tanto  disagio  ven- 
nero  qui  a  prender  parte  a  questo  bell'  atto  di  amore. 

I  signori  della  Deputazione  furono  invitati  dal  Santo  Padre  a 
seguirlo  nel  suo  passeggio,  e  il  di  appresso  ricevettero  la  Santa  Co- 
munione  dalle  sue  mani  nella  sua  Cappella  privata :  le  signore  poi 
ascoltarono  la  Messa  di  Sua  Santita  nella  Cappella  Sistina  la  dome- 
nica  appresso,  e  insieme  con  altre  signore  romane  e  forestiere  rice- 
vettero  dalle  sue  mani  la  Comunione.  Di  questa  Deputazione  delia 
Stiria,  come  di  quella  della  Gran  Bretagna,  si  e  presa  in  Roma  dal- 
1'Alessandri  una  grande  fotografia. 

5.  II  diffonderci  che  abbiam  pur  dovuto  fare  alcun  poco  in  questi 
atti  piu  solenni  delle  Deputazioni  cattoliche,  ci  toglie  per  ora  1'agio 
di  parJare  di  molte  altre  dimostrazioni  religiose  e  politiche  di  ogni 
maniera,  che  riserbiamo  per  un  altro  quaderno.  Intanto  perche  non 
sembri  che  teniam  solo  ragione  delle  Udienze  piu  splendide  di  si- 
gnori e  signore ,  riporteremo  1'  udienza  data  alia  deputazione  delle 
poverelle  Romane ,  alia  quale  1'  Unitd  Cattolica  del  26  aprile  con- 
secro  un  articolo  intitolato:  Pio  IX  in  mezzo  alle  sue  poverelle.  II 
Santo  Padre  le  accolse  collo  stesso  affetto  con  cui  accoglie  le  Princi- 
pesse  e  le  Regine.  Anzi  uso  loro  un  tratto  di  predilezione,  perche 
trovandosi  nella  sala  del  concistoro  rappresentanze  di  altre  comunita 
od  associazioni,  il  buon  Padre,  al  modo  di  quel  Gesu  di  cui  e  Yicario 
in  sulla  terra,  appena  seppe  esservi  le  poverelle:  Oh  bene,  disse,  ove 
sono  le  mie  poverelle?  e  voile  che  precedessero  le  altre  Deputazioni, 
e  si  compiacque  udirne  1'  indirizzo  e  riceverne  1'  obolo ,  poscia  loro 
parlando  con  tanta  bonta  che  trasse  da  tutti  gli  occhi  le  lagrime. 
Le  due  promotrici  di  si  bella  dimostrazione  furono  Agata  Canestrelh 


506  CRONACA 

vedova  Feliciangeli  e  Teresa  Canestrelli,  gia  note  per  la  loro  carita 
verso  le  poverelle;  araendue  scritte  in  capo  alia  lista  di  oltre  a  mille 
cinquecento  poverelle  di  Roma ,  che  a  forza  di  soldi  e  di  centesimi 
deposero  centosessanta  lire  a  piedi  del  Padre  dei  poveri. 

D'un'altra  simile  Udienza,  grande  al  cospetto  di  Dio,  e  gradi- 
tissima  al  cuore  del  S.  Padre,  par!6  1'  Osservatore  Romano  nel  n.  58. 
Un  commovente  spettacolo  presentavano  le  Logge  di  Raffaele,  dove 
in  lungo  ordine  stavano  le  povere  sordo-mute  di  Termini,  accom- 
pagnate  dalle  loro  maestre.  Una  di  queste  ultime  diresse  al  Papa  un 
affettuosissimo  Indirizzo,  che  un'allieva  spiegava  alle  compagne  coi 
suoi  gesti.  Se  le  nostre  lingue  potessero  sciogiiersi  (dicea  colla  voce 
la  maestra  e  col  gesto  1'  allieva),  la  prima  parola  che  uscirebbe  dalle 
nostre  bocche  sarebbe :  salute  e  gloria  a  Pio  IX ,  il  nostro  glorioso 
Pontefice,  il  nostro  assiduo  Benefattore!  Le  poverette  esprimevano  i 
loro  concetti  col  gesto,  collo  sguardo,  col  volto,  cosi  teneramente  che 
nessun  occhio  e  neppur  quello  dei  Santo  Padre  rimase  asciutto.  II 
S.  Padre  fece  loro  dispensare  medaglie  ed  altri  oggetti  di  devozione, 
diresse  loro  cordial  i  parole,  che  erano  contemporaneamente  tradotte 
coi  gesti,  poi  le  benedisse.  Quando  lo  videro  partire  ruppero  in  un 
grido  incomposto,  ma  cordiale  di  Yiva  il  S.  Padre!  grido  che  esse 
non  potevano  udire,  ma  che  i  loro  occhi  pieni  di  lagrime  e  i  loro 
volti  commossi  esprimeano  assai  piu  eloquentemente  che  non  1'avrebbe 
potuto  la  voce. 

6.  Ancora  un  cenno  di  varie  notizie  da  private  nostre  corrispon- 
denzc.  Un  Corrispondente  ci  scriveva  teste  dal  Belgio.  Qui  i  pelle- 
grinaggi  sono  sempre  o\\J  ordine  del  giorno  e  se  ne  fanno  assai  piii 
di  quelli  che  si  descrivono  ne'  giornali.  Ogni  villaggio  e  direi  quasi 
ogni  parrocchia  fa  il  suo;  e  cio  ch'e  piu  singolare  si  e  che,  anche 
in  mezzo  alle  popolazioni  stimate  le  peggiori ,  questi  pellegrinaggi 
riescono  a  meraviglia.  Par  proprio  che  Dio  voglia  farci  conoscere  che 
vuol  esser  pregato  e  che  da  lui  solo  si  deve  attendere  il  ristabili- 
mento  dell' ordine:  e  a  dir  vero  non  mi  pare  che  possa  sperarsi  al- 
cun  che  di  buono  dagli  uomini.  Domenica  prossima  ( 30  apr.  festa 
del  Patrocinio  di  S.  Giuseppe)  vi  sara  un  pellegrinaggio  a  Lovanio, 
e  si  crede  che  a  causa  soprattutto  della  scolaresca  dell'  Universita 
riuscira  magnifico.  —  Ora  leggiamo  nei  fogli  che  quel  pellegrinaggio 
nazionale  vinse  ogni  espettazione. 

Un  altro  corrispondente  ci  scriveva  da  Malta.  Qui  abbiamo  con- 
tinue preghiere  ed  Esposizioni  del  Santissimo  Sacramento  pel  Santo 
Padre.  Le  Chiese  son  piene:  si  combatte  colle  preghiere.  Oh  se  vedeste 
con  qua!  fervore  il  povero  popoletto  prega  pel  S.  Padre  !  E  come  ogni 
ordine  di  persone  vuol  mandargli  il  suo  nome  in  un  comune  indi- 


CONTEMPORANEA  507 

rizzo !  —  Abbiam  poi  saputo  che  1*  Indirizzo  fa  ricevuto  dal  Santo 
Padre  e  gradito  oltre  modo  pel  gran  numero  delle  firme,  sicche  il 
S.  Padre  parlandone  ebbe  a  dire :  Tutta  Malta  ha  sottoscritto  !  sera- 
plici  parole  che  contengono  un  nobile  elogio  per  Malta.  Abbiam  anche 
veduto  nei  fogli  un  Breve  diretto  alia  Societd  Maltese,  il  quale 
comincia  con  queste  parole  di  elogio  ben  meritato.  —  Un  argomento 
indubitato  della  fede  e  deH'amore  dei  Maltesi  avevamo  gia  avuto  nella 
petizione  presentata,  ad  impulso  del  lor  venerabile  Pastore,  al  potere 
civile  in  difesa  dei  nostri  diritti.  Un  pegno  pero  molto  piu  splendido 
della  stessa  devozione  ora  ci  porgono  e  le  tante  migliaia  di  firme 
apposte  nell'  Indirizzo  a  Noi  trasmesso,  e  la  vostra  societa  istituita 
appositamente  per  rassodare  e  alimentare  nel  popolo  lo  spirito  sincero 
di  pieta,  stringerlo  con  vincoli  piu  intimi  di  ossequio  e  di  amore  a 
questa  cattedra  di  Pietro,  eccitarlo  a  difendere  con  ogni  legittimo 
modo  la  liberta  a  Noi  rapita  e  con  essa  i  diritti  violati  d'ogni  cattolico, 
e  infiammare  gli  animi  a  procurarci  aiuti  piu  efficaci,  si  celesti  che 
terreni.  — 

Due  altre  corrispondenze  dal  Tirolo  tedesco  ci  descrivevano  tra 
1'altre  cose  due  processioni ,  1'  una  di  tremila ,  1'  altra  di  diecimila 
persone.  Un' altra  corrispondenza  dall'Irlanda  ci  diceva  di  nuove  of- 
ferte  raccolte  pel  S.  Padre  dai  poveri  Irlandesi,  e  specialmente  d'un 
Indirizzo  e  di  nuove  oblazioni  delle  signore,  da  inviarsi  tra  breve  da 
Dublino  a  Roma. 

7.  Ma  perche  non  sembri  che  parlando  d'  altre  nazioni  dimen- 
tichiamo  1'Italiia,  termineremo  questa  volta  riportando  un  Breve  di- 
retto agli  scrittori  dell'  Unitd  Cattolica,  assai  onorifico  per  essi,  ma 
insieme  per  tutta  I'  Italia.  L'  Unitd  Cattolica  lo  pubblico  nel  n.  92  del 
19  aprile,  premettendovi  queste  parole. 

II  S.  P.  Pio  IX  si  compiacque  di  farci  nuovamente  uno  dei  doni 
piu  segnalati  che  un  cattolico  possa  desiderare  quaggiu,  scrivendoci 
la  seguente  lettera.  Essa  e  anteriore  alle  offerte  deposte  a'suoi  piedi 
nel  giorno  dodici  di  aprile,  ma  si  riferisce  a  quelle  da  noi  spedite 
a  Roma  sul  cominciare  di  febbraio.  Le  quali  offerte  vennero  princi- 
palmente  raccolte  per  lo  zelo  del  conte  Cesare  Francesetti  di  Mezze- 
nile,  che  propose  in  questo  giorno  pubbliche  preghiere  pel  Papa,  ed 
egli  stesso,  nella  chiesa  di  Nostra  Signora  del  Carmine  in  Torino,  ne 
diede  il  lodevolissimo  esempio.  II  Santo  Padre  lo  accenna  nella  sua 
lettera,  e  chiama  suo  figlio  diletto  questo  egregio  cattolico;  e  rin- 
grazia  e  benedice  tutti  gli  oblatori  che  pregarono  per  lui,  e  lo  sov- 
vennero  colle  loro  oblazioni.  Ecco  la  lettera  pontificia: 


508  CRONACA   CONTEMPORANEA 

Dilectis  Filiis  presbylero  lacobo  ac  Stephano  germanis  fralribus 
Margotti  scriptoribus  ephemeridis  ab  Unitate  Catholica  nun- 
cupalae. 

Diiecti  Filii,  salutem  et  apostolicam  benedictionem. 

Iteratis  studii  et  pietatis  vestrae  ac  dilectorum  filiorum  Italorum 
fidelium  significationibus  et  officiis.,  Nobis  in  tribulatione  positis  filia- 
lem  consolationem  novissime  afterre  curavistis.  Qua  in  re  vere  illud 
innotescit  et  in  dies  magis  patet,  Deum  Ecclesiae  suae  gloriam,  uti 
in  triumphis  et  prosperitatibus,  sic  etiam  in  adversitatibus  eius  et 
laboribus  adserere  et  proraovere.  Quo  enim  maioribus  urgetur  iniu- 
riis  et  oppugnationibus  haec  Apostolica  Sedes,  eo  magis  fides  catho- 
lici  nominis  elucet  et  caritas,  cuius  praeter  alia  splendido  argumento 
est  Nobis  pium  largitionum  collatarum  ab  italis  fidelibus  et  brevi 
unius  niensis  spatio  renovatum  munus,  quas  ab  ipsis  oblatas  in  obse- 
quium  Apostolorum  Principis,  et  partim  etiam  in  subsidium  eorum 
qui  exundantis  Tiberis  in  alma  hac  urbe  damna  senserunt ,  vestra 
sollicitudine  atque  opera  ad  Nos  missas  gratanter  accepimus  .  In 
hoc  recognovimus,  Diiecti  Filii,  uberem  praestantium  studiorum  ve- 
strorum  fructum ,  quibus  Deus  benedictionis  suae  gratia  propitius 
favet ;  recognovimus  mirificam  erga  hanc  Sanctam  Sedem  Italorum 
voluntatem ,  qui  sua  pietate  impulsi  nee  non  exemplo  dilecti  Filii 
comitis  Francesetti,  nihil  antiquius  habuerunt,  quam  ut  communem 
Patrem  rebellium  filiorum  iniuriis  et  oppressione  afflictum  sua  stipe 
et  dilectione  non  minus  quam  precibus  consolentur.  Nos  itaque,  di- 
lecti Filii ,  gratissimum  vobis  profitemur  animum,  et  per  vos  etiam 
piis  omnibus,  qui  suae  caritatis  officiis  de  Ecclesia  Dei  benemereri 
student,  meritamque  ipsis  tribuimus  laudem,  quorum  pietas  catholic! 
orbis  erga  hanc  Apostolicam  Sedem  studiis  tarn  egregio  consensu 
respondet.  Deum  etiam  Omnipotentem  oramus,  ut  omnibus  vobis  pro 
vestris  in  Nos  meritis  praemia  rependat  amplissima,  quae  quidem 
pietati  vestrae  defectura  non  esse  pro  certo  habemus;  nam  qui  Spon- 
sam  Dei  et  Matrem  suam  Ecclesiam  glorificant,  uti  S.  Anselmus  ait, 
cum  ilia  et  in  ilia  glorificabuntur .  Accipite  demum  ,  dilecti  Filii, 
apostolicam  benedictionem,  quam  vobis  ac  universis  et  singulis  di- 
lectis  Filiis  oblationum  largitoribus  cum  praecipuae  benevolentiae 
Nostrae  testificatione ,  et  omnium  coelestium  gratiarum  votis  pera- 
manter  impertimus. 

Datum  Romae  apud  S.  Petrum,  die  25  februarii,  an.  1871,  Pon- 
tificatus  Nostri  anno  vicesimoquinto.  PIUS  PP.  IX. 


PEL  GIUBBILEO  PONTIFICALS 
DEL  S.  P.  PIO  IX. 

PROPOSTE  AI  CATTOLICI  ITALIANI 


L'avvenimento  del  Giubbileo  pontificate  del  nostro  Santo 
Padre  Pio  IX,  che  tutto  il  cristianesimo,  in  ogni  angolo  del 
mondo,  fra  un  mese  .festeggera,  e  di  un'importanza  cosi 
grandemente  singolare,  massime  pei  tempi  nei  quali  accade, 
che  perfino  i  piii  acri  neinici  della  Chiesa  e  della  Tiara  se 
ne  mostrano  attoniti  o  conturbati.  «  Noi  ci  prepariamo  a 
solennizzare  un  fatto  inaudito  sino  al  di  d'  oggi  nelle  storie 
ecclesiastiche:  il  giubbileo  di  venticinque  anni  d'un  Romano 
Pontefice,  che  dev1  essere  pel  Padre  nostro  il  principio  di 
una  consolazione  proporzionata  a'suoi  dolori.  Percio,  nel- 
1'aspettazione  del  16  giugno,  un  potente  soffio  scuote  la 
cattolicita,  agitat  molem  :  e  questo  soffio  porta  verso  Roma, 
animandoli  di  un  novello  amore  e  di  una  speranza  novella, 
i  cuori  di  dugento  milioni  di  cristiani ».  Queste  parole,  dette 
dall1  illustre  primate  del  Belgio  a  molte  migliaia  di  persone 
radunate  il  30  aprile  in  Lovanio,  per  fare  una  grande  mani- 
festazione  religiosa  in  favore  del  Pontefice  prigioniero,  ed 
accolte  da  un  immense  scoppio  di  applausi  a  Pio  IX  Papa 
e  Re, T  esprimono  tutta  Timportanza  di  questo  avvenimento, 
cosi  unico  e  meraviglioso,  ordinato  da  Dio,  che  ludit  in 
orle  terrarum,  al  trionfo  del  suo  Vicario  fra  gli  uomini. 

1  V.  Bien  Public  di  Gand,  n.  del  1°  maggio  1871. 


510  PEL   G1UBB1LEO    PONT1FICALE   DEL  S.  P.   P10    IX 

Si ,  a  dispetto  dell'  inferno,  che  tutte  le  sue  forze  ha 
ora  scatenate  contro  la  divina  Potenza  del  Vaticano,  e  a 
dispetto  degli  schiavi  di  Satana,  che  ne  scherniscono  1'ap- 
parcnte  fiacchezza ,  come  sul  Golgota  i  loro  antecessori 
schernivano  1'  apparente  debolezza  del  Figliuolo  di  Dio  in 
croce,  il  prossimo  giubbileo  pontificio  di  Pio  IX  segnera  un 
principio  di  nuove  consolazioni  pel  Papato,  per  la  Chiesa, 
pei  fedeli ;  e  di  consolazioni  rispondenti  alle  ambasce 
fiuora  patite.  Sara  come  un  raggio  prenunziatore  dell'  Al- 
leluia, tra  i  crucifige  che  escono  dalle  gole  del  cerbero 
rivoluzionario. 

Tutta  la  cattolicita  a  buon  diritto  tiene  questa  grazia 
straordinaria  di  Dio  alia  Chiesa  ed  al  suo  Capo,  per  un 
pegno  di  altre  grazie  pure  straordinarie.  Non  vi  ha  cattolico 
vero  che  non  si  senta  commovere  di  filiale  tenerezza,  in 
vedere  Taugusto  Bio  IX,  cosi  da  Dio  favorito,  privilegiato 
e  glorificato  in  mezzo  a  tante  ingiurie,  di  cui  lo  fa  segno 
Satana  colla  turba  de1  suoi  vili  satelliti ;  e  non  si  senta 
erigere  a  viva  speranza  che  Pio  IX,  dopo  passati  gli  anni 
di  Pietro,  conculcabit  leonem  et  draconem,  r  e  premera  col 
piede,  scabellwn  yedum  suorum,  le  debellate  turbe  de'suoi 
insultatori  di  ogni  grado,  qualita  e  condizione  ;  conguassabit 
capita  in  terra  multorum.  2 

Ma  in  quella  che  ai  oattolici  degli  altri  paesi ,  anche 
eterodossi ,  sara  lecito  celebrare  con  mostre  di  pubblica 
gioia  questa  bellissima  festa  del  Padre  delle  anime  loro  e 
della  loro  fede,  in  Italia,  paese  tutto  cattolico,  appena  sara 
concesso  di  solennizzarlo  nell'  interno  dei  sacri  templi . 
Qualunque  estrinseca  dimostrazione  di  esultanza  e  di  onore 
al  Vicario  di  Cristo,  vi  sara  forse  interdetta  come  antina- 
zionale ,  dal  suo  Governo  che  pretende  ess  ere  nazionale. 
Cosi  la  cattolica  Italia,  sede  del  Pontificato ,  per  arcano 
ordinamento  di  Dio,  deve  partecipare  piii  d'ogni  altraregione 
agli  odierni  lutti  del  Pontefice,  si  perche  Italiani  pur  troppo 

1  Psal.  90. 

2  Psal.  109. 


PROPOSTE   AI    CATTOLICI    ITAL1ANI 


511 


sono  gli  spogliatori  e  carcerieri  di  lui;  e  si  perch5  forse  e 
senza  forse  e  predestinata  a  parteciparne  poi  piti  intima- 
mente  le  allegrezze  e  i  beni  del  trionfo. 

Adunque  non  potendo  T  Italia  fare  altre  manifestazioni 
che  religiose,  eccetto  quella  di  un  quasi  plebiscite,  che  sara 
offerto  all'augusto  Prigioniero  del  Vaticano  per  mano  di 
deputazioni  ottimamente  organizzate  dalle  varie  societa,  e 
massime  da  quella  della  nostra  Gfioventu  cattolica  per  tutta 
la  Penisola ;  ci  e  venuto  in  animo  di  proporre  ai  nostri 
lettori  alcuni  facili  modi  di  celebrare  religiosamente  questa 
solennita  ;  e  noi  porgiamo  loro  qui  le  nostre  proposte,  con 
quella  semplice  schiettezza  con  cui  tra  buoni  amici  si  suol 
procedere :  tanto  piu  che  si  accordano  col  programma 
pubblicato  ai  5  del  corrente  mese  dal  Consiglio  Superiore 
della  societa  della  G-ioventu  cattolica  italiana,  che  ci  e 
pervenuto  mentre  rivedeyamo  le  bozze  di  queste  nostre 
pagine. 

I.  Converrebbe  che  in  questo  mezzo  tempo  si  accaloras- 
sero  le  sottoscrizioni  ai  numerosi  Indirnzi,  i  quali  si  stanno 
apparecchiando,  per  essere  deposti  ai  piedi  del  Sovrano 
Pontefice,  in  questa  contingenza  del  suo  giubbileo,  insieme 
colle  oblazioni  per  Tobolo  di  S.  Pietro.  Sarebbe  a  deside- 
rare   che ,   per  copia  di  sottoscrizioni ,   gl1  indirizzi  della 
Italia  passassero  quelli  delle  altre  nazioni.  Non  vi  dovrebbe 
essere  parrocchia,  che  non  ainbisse  1'onore  di  presentare  il 
suo,  unito  a  quello  di  tanti  altri  corpi  morali  che  lo  pre- 
senteranno. 

II.  II  giorno  vero,  in  cui  Pio  IX  compie  il  venticinque- 
simo  anno  del  suo  Pontificate,  eilvenerdi  16  giugno,  sacro, 
nella  liturgia  romana,  alia  festa  del  Cuore  santissimo  di 
N.  S.  Gesu  Cristo.  Ma  riuscendo  molto  difficile  il  celebrare 
da  per  tutto  una  solennita  in  giorno  feriale;  cosi  sarebbe  da 
consigliare  che  la  festivita  del  giubbileo  del  S.  Padre  si 
trasferisse  alia  prossima  domenica  18  giugno. 

III.  A  questa  sarebbe  molto  opportune  che ,  dovunque 
si  puo,  si  premettesse  una  no  vena  od  un  triduo  in  onore 


512  PEL    GIUBBILEO    PONTIFICALE  DEL   S.  P.  PIO  IX  ECC. 

del  S.  Cuore  di  Gesu,  con  salutare  predicazione  della  pa- 
rola  di  Dio,  per  ringraziamento  del  grande  favore  eonce- 
duto  dal  Redentore  al  suo  Vicario  in  terra ,  per  la  conser- 
vazione  di  lui  e  pei  presenti  bisogni  della  Chiesa  e  della 
Sede  Apostolica .  Le  famiglie  cristiane  che  non  potessero 
intervenire  a  queste  novene  o  a  questi  tridui,  dovrebbero 
supplirvi  neirinterno  delle  loro  case. 

IV.  Nel  giorno  della  domenica  18  i  cattolici  dovrebbero 
accostarsi  ai  sacramenti,  ed  offerire  in  ogni  luogo  la  loro 
comunione  per  le  intenzioni  predette,  con  quella  stupenda 
generalita  che  si  ammiro  in   tutta  1'  Italia,  pel  giubbileo 
sacerdotale  del  Santo  Padre,  1'  11  aprile  1869. 

V.  In  questo  giorno  medesimo  poi  sarebbe  cosa  bellis- 
sima  che  in  tutte  le  Chiese,  nelle  quali  fosse  cio  possibile, 
si  facesse  una  solenne  esposizione  del  Santissimo  Sacra- 
mento  da  mane  a  sera,  e  che  ogni  fedele  si  facesse  un 
pregio  di  impiegare  un'  ora  o   una  mezz'  ora  nell'  adora- 
zione  dell' Ostia  divina,  sempre  per  le  tre  intenzioni  sopra 
ricordate  .  La  quale  esposizione,  cosi  congrua  ad  onorare 
il  Cuore  santissimo  del  Salvatore,  si  avrebbe  da  conchiu- 
dere  col  canto  di  un  solenne  Te  Deum. 

VI.  Proponiamo  inoltre,  che  tutte  le  associazioni  cat- 
toliche  di  carita  in  quel  giorno  distribuiscano  ai  loro  po- 
veri  soccorsi  straordinarii,  e  che  il  medesimo  facciano  le 
persone  e  famiglie  cristiane ;  cosi  che  la  carita  suggelli  le 
opere  di  pieta:  due  virtu  per  le  quali  il  nostro  Santo  Pa- 
dre Pio  IX  e  cosi  segnalato . 

L'universalita  el'ardoredi  tante  supplicazioni  che  dalla 
cattolica  Italia  si  innalzeranno  al  cielo  pel  Romano  Pon- 
tefice,  terranno  luogo  agli  occhi  della  cristianita  di  altre 
manifestazioni  giulive,  che  i  tempi  non  consentono  a  noi 
Italian!  di  fare:  ma  soprattutto  avranno  gran  peso  nelle 
bilance  delFeterna  giustizia  e  misericordia.  Onde  possiamo 
con  buon  fondamento  sperare,  che  il  18  giugno  sara  quel 
giorno  avventurato  che,  pel  Santo  Padre ,  per  la  Chiesa  e 
per  lanostra  povera  Italia,  segni  il  termine  della  procella. 


IL  GIUBBILEO  DI  PIO  IX 

E 

LE  SPERANZE  DEI  CATTOLICI 


Per  quanto  gl1  increduli  dei  nostri  giorni  ostentino  di 
non  aver  fede  in  alcun  ordine  di  Provvidenza ,  e  negli  av- 
venimenti  che  ora  si  succedono  rifiutino  di  ammettere  altro 
concorso  che  di  cause  visibili  ed  umane;  pure  dal  rapido 
intrecciarsi  di  tanti  fatti  cosi  nuovi  ed  inaspettati,  non  pos- 
sono  fare  che  non  rimangano  attoniti,  e  quasi  indelibera- 
tamente  non  si  volgano  a  cercarne  le  ragioni  altronde,  che 
dalla  politica  e  dalla  natura.  Di  qui  la  incertezza  di  tutte 
le  loro  previsioni ;  dicendo  impossibile  prevedere,  come  al 
solito ,  il  domani  che  seguira  all'  oggi ,  e  il  posdomani  che 
terra  dietro  al  domani.  II  che  significa ,  fuori  d'  ambagi , 
che  siamo  in  un  tempo ,  nel  quale  il  corso  delle  pubbliche 
vicende  e  sottratto  alle  leggi  ordinarie  e  regolato  da  una 
speciale  Provvidenza ,  che  tutte  agli  arcani  suoi  fini  le  indi- 
rizza .  Sott1  altra  forma ,  confessano  la  cosa  medesima  che 
noi  cattolici ,  ed  affermano  implicitamente  quel  che  espli- 
citamente  affettano  di  negare;  con  questo  perb  che  noi 
cattolici  conosciamo  inoltre  generalmente  il  fine,  a  cui  le 
mondane  vicissitudini  dalla  Provvidenza  di  Dio  sono  dirette, 
Serie  VIII,  vol.  II,  fasc.  503  33  20  mag'gio  1871. 


514  IL    GIUBBILEO    Dl  PIO   IX 

che  e  il  bene  della  Chiesa ;  e  perci6  da  tutte ,  anche  dalle 
piu  luttuose ,  possiamo  e  dobbiamo  ricavare  argomenti  di 
sublime  speranza:  doveche  essi ,  discredendo  questo  fine, 
errano  fluttuanti  nei  loro  giudizii  e  dalla  confusione  della 
mente,  quando  i  casi  tornano  in  danno,  passano  per  lo  piu 
alia  disperazione  del  cuore. 

Tra  i  fatti  nuovi  ed  inopinati  di  questo  tempo ,  soprag- 
giunge  novissimo  il  giubbileo  pontificale  del  Papa  Pio  IX, 
perche  senza  esempio  in  diciannove  secoli  di  storia  e  per- 
che accompagnato  da  un  gruppo  di  circostanze,  che,  a  chi 
ben  le  considera,  lo  rendono  al  tutto  mirabile  e  straordi- 
nario. 

Checche  ne  pensino  gli  spregiatori  della  Provvidenza  di 
Dio ,  noi  li  sfidiamo  ad  allegare  una  sola  ragione  umana- 
mente  accettabile,  del  come  questa  singolarita  non  si  sia 
veduta  in  altro  Pontefice  che  nel  vivente  ,  dugencin- 
quantesimosesto  dopo  s.  Pietro ;  ed  appunto  s1  abbia  a  ve- 
dere  in  lui,  gloriosissimo  dei  Papi,  quando  la  materiale 
grandezza  del  Papato  sembra  piu  depressa,  e  la  vittoria 
de'  suoi  nemici  piu  compita  che  non  fosse  mai. 

Noi  ci  protestiamo  incapaci  di  scoprire  alcuna  ragione 
umana  di  questo  avvenimento  ;  e  non  esitiamo  a  dichia- 
rare  che  Tunica  ragion  sua  e  nei  disegrii  di  quel  Dio,  il 
quale  ,  in  peso  e  misura,  con  pari  soavita  e  fortezza,  tutfo 
agrincrementi  del  suo  Regno  in  terra,  che  e  la  Chiesa, 
va  disponendo. 

Percio  con  ogni  sicurta  di  fede  e  di  scienza  asseriamo 
che  questo  giubbileo  e  un  fatto  provvtdenzMe ,  ricchissimo 
di  conforti  ai  cattolici ;  atteso  che  offre  loro  un  saldo  fon- 
damento  da  poggiarvi  sopra  le  speranze  piu  liete  per  la 
causa  del  Papato ,  che  in  se  compendia  tutte  le  altre  cause 
d'  ordine  divino  ed  umano  nel  mondo.  Or  una  si  bella  ve- 
rita  risulta  chiaramenle  dal  fatto  in  se  ,  messo  a  riscontro 
col  carattere  proprio  del  Pontificate  di  Pio  IX  e  cogli 
aggiunti  particolari  del  tempo  in  cui  accade.  Osserviamo 
quanto  ci6  sia  vero. 


E  LE  SPERANZE  DEI  CATTOLiCl 


515 


II. 


Comunque  piaccia  di  riguardarlo,  non  pu6  dubitarsi 
clie  il  compimento  delF  anno  venticinquesiino  del  Pontifi- 
cate di  Pio  IX,  sia  un  grande  benefizio  alia  Chiesa  ed  un 
favore  unico  alia  persona  del  suo  Capo  ,  ferace  di  ottimi 
augurii,  indipendentemente  ancora  dagli  aggiunti  del  tempo 
in  cui  avviene. 

La  conservazione  dei  giorni ,  prolungata  si  oltre  il  con- 
sueto,  e  T  accrescimento  per  ci6  del  prestigio  d'un  Papa 
qual  e  Pio  IX,  chi  non  vede  quanto  ridondino  a  vantaggio 
della  Chiesa?  Basta  avvertire  la  popolarita  immensa  che 
questo  Pontefice  gode  in  tutto  1'orbe,  I'autorita  incompa- 
rabile  della  sua  canizie ,  la  venerazione  che  persino  il  fiore 
degli  acattolici  gli  professa  e  il  singolare  affetto  che  i 
suoi  meriti,  le  sue  glorie  e  le  sue  virtu  gli  hanno  conci- 
liate per  parte  dei  fedeli.  Senza  iperbole  e  con  ogni  verita 
pu6  dirsi,  che  il  Papa  Pio  IX  e  la  delizia  del  cristianesimo 
e  1'  uomo  piu  stimato ,  piu  acclamato  e  piu  amato  che  sia 
nella  terra.  II  suo  nome  e  simbolo  d' onore ;  la  sua  parola 
e  tessera  di  lealta;  le  sue  benedizioni  sono  ambite  come 
grazie  peculiari  del  cielo.  Quando  mai  si  contemplo  nella 
Cattedra  di  s.  Pietro  un  Papa,  che  riunisse  i  pregi  e  le 
magnificenze  dei  trionfi  e  delle  sventure  che  accoglie  in  se 
Pio  IX?  Or  ogni  bene  suo  e  bene  della  Chiesa,  mea  omnia 
tua  sunt ';  e  per6  piu  Dio  le  mantiene  in  vita  questo  suo 
Capo  diletto  e  gli  aumenta  la  corona  di  splendori,  e  piu 
altresi  lei  benefica  e  lei  consola. 

Ma  di  quanti  splendori  non  e  aumentata  la  corona  di 
Pio  IX,  dal  favore  unico  che  Iddio  sta  per  concedergli,  di 
celebrare  il  giubbileo  pontificale  !  Che  codesto  sia  un  favore, 
apparisce  da  s&.  Che  sia  unico,  lo  attestano  le  cronologie 
di  piu  che  mille  ed  ottocent'  anni.  Dei  successor!  di  Pietro 

1  Joan.  XVII.  10. 


516  1L    GIUBBILEO    DI    PIO  IX 

niuno  lo  ha  mai  conseguito.  Pio  IX  e  il  solo  tra  loro ,  che 
sia  seduto  un  pieno  quarto  di  secolo  sopra  il  Seggio  apo- 
stolico  di  Roma:  il  solo  che  sia  in  procinto  di  render  falsa 
la  congettura  del  non  videbis  annos  Petri,  autenticata  dalla 
costante  induzione  di  dugencinquantacinque  esempii. 

La  meraviglia  poi  di  tutto  il  mondo  contemporaneo ,  la 
rabbia  di  tutti  i  figliuoli  di  Satana  ed  il  gaudio  della  cri- 
stianita  tutta  quanta,  gia  mostrano  come  universalmente 
questo  privilegio  ,  toccato  in  sorte  all1  unico  Pio  IX,  si  re- 
puti  un  segno  quasiehe  miracoloso  della  predilezione  di  Dio 
per  lui  e  della  sua  predestinazione  a  cose  trascendenti 
T  ordinario. 


III. 


Se  non  che  un  cosi  fatto  presagio  acquista  valore  no- 
tabilissimo ,  quando  si  pensa  a  quello  che  il  Pontificate  di 
Pio  IX  e  stato  finora;  cioe  un  confiitto  incessante  colla 
rivoluzione. 

E  in  verita-:  allora  fu'egli  sollevato  alia  Sede  romana  , 
che  la  guerra  ordita  gia  e  banclita  dagli  empii  del  nostro 
secolo  contro  il  Papato  ,  siccome  centro  e  base  di  tutto  Te- 
difizio  cristiano ,  era  per  dilatarsi  nelF  Europa  ed  infierire 
nell'Italia  segnalatamente.  Questa  guerra ,  sebbene  anti- 
chissima  nella  sua  sostanza,  traeva  nientemeno  una  specie 
di  novita  dai  colori  politici,  coi  quali  studiosamente  vole- 
vasi  ricoperta.  La  rivoluzione,  o  sedesse  nei  troni,  o  mac- 
chinasse  nei  gabinetti  degli  Stati ,  o  blaterasse  nei  parla- 
menti,  o  congiurasse  negli  antri  delle  societa  secrete,  o  de- 
lirasse  nelle  universita,  o  tumultuasse  nelle  piazze,  una  sola 
maniera  elesse  quindi  avanti  d1  impugnare  il  Vicariato  di 
Gesu  Cristo  in  terra;  e  fu  di  pretessere  il  gius  politico  alle 
sacrileghe  ingiurie,  con  le  quali  tentava  per  ogni  lato  di 
offenderlo. 

Per  lo  che  il  Pontificate  di  Pio  IX  si  epiloga  tutto  in 
un  contrasto  perpetuo  sostenuto,  in  quanto  Pontefice,  dai 


E  LE  SPERANZE  DEI  CATTOLICI  517 

Govern!  che,  a  nome  della  liberta  civile,  ne  hanno  violati 
i  diritti  spiritual!  ed  impacciato  lo  spedito  esercizio  fra  i 
popoli ;  e  in  quanto  Principe,  dalle  sette  che,  a  nome  della 
liberta  d'  Italia,  ne  hanno  insidiato  il  Regno  temporale  e 
turbatone  il  tranquillo  possesso  nella  Penisola.  In  tutti  i 
venticinque  anni  di  questo  Pontificate  la  liberta  politica  e 
stata  dunque  assunta  dalla  rivoluzione  qual  titolo  generico, 
per  combattere  la  divina  liberta  della  Chiesa  nel  suo  capital 
(ondamento,  che  e  la  Sede  di  s.  Pietro,  e  per  annullarne 
la  guarentigia  tra  le  umane  piu  valida,  che  e  il  suo  regio 
Potere :  cotalche,  procedendo  ognor  piu  avanti  di  errore  in 
errere  e  di  delitto  in  delitto ,  ha  preteso  fino  di  stabi- 
lire  una  espressa  opposizione  fra  la  raoderna  civilta  e  il 
Papato,  sancendola  finalmente  con  le  bombe  del  20  set- 
tembre  1870  ,  in  virtu  delle  quaii  Pio  IX  ,  esautorato 
del  Regno,  e  rimasto  suo  Prigioniero  nel  Vaticano.  Onde 
ecco  il  Papa  che  piu  a  lungo  e  piu  fortemente  ha  com- 
battuto  T  idea  anticristiana  del  secolo  decimonono ,  che  ne 
ha  smascherate  le  simulazioni  colle  dementi  indulgenze  del 
primordii  del  suo  Pontificate ,  e  fulminate  le  fallacie  reli- 
giose, filosofiche  e  politiche  co'suoi  atti  imrnortali  del  1846, 
del  1849,  del  1854,  del  1860,  del  1864  e  del  1870;  eccolo 
da  Dio  prescelto  a  dare  in  se  lo  spettacolo  di  un  avveni- 
mento  senza  pari  negli  annali  della  Chiesa,  e  a  darlo  nei 
giorni  in  cui  la  rivoluzione,  quasi  al  colmo  de'  suoi  trionfi 
sopra  di  lui,  si  apparecchia  a  portare  il  proprio  covo  nel 
santo  luogo ,  in  cui  Taugusto  suo  soglio  e  stabilito. 

Chepuo  significare,  nelle  ordinazioni  della  Provvidenza, 
questo  si  strano  e  non  piu  veduto  contrapposto  di  cose? 
Inscrutabili  sono  le  vie  del  Signore.  Ma  il  pensiero  che  un 
fatto  si  nuovo ,  in  codeste  congiunture  ,  molto  verosimil- 
mente  accenni  dalla  parte  di  Dio,  che  esso  ha  riserbato 
il  Papa  Pio  IX  ad  una  vittoria  finale  e  stupenda  sopra  la 
rivoluzione ,  sorge  spontaneo  nell1  animo  dei  credenti :  e 
tanto  piu  si  avviva,  quanto  piu  quest1  idra  vantasi  trionfa- 


518  IL    GIUBBILEO    DI    PIO  IX 

trice  di  lui  e  ne  insulta  la  prigionia,  come  P  idra  giudaica, 
apparente  vincitrice  del  Crocifisso  ,  ne  insultava  la  morte. 

Puo  dirsi  temerario  lo  argomentare  da  questo  segno 
provvidenziale,  che  Iddio,  colla  portentosa  durata  del  Ponti- 
ficato  di  Pio  IX,  il  piu  oppugnato  dalla  rivoluzione,  disponga 
un  ugualmente  portentoso  trionfo  di  lui,  a  punto  nel  meglio 
delFapparente  sua  disfatta  ? 

Non  solamente  non  giudichiamo  temerario  questo  inodo 
d1  interpretare  P  avveniinento  inaudito  del  giubbileo  di 
Pio  IX;  ma  anzi  stimiamo  che  sia  consentaneo  alia  ragione 
cristiana ,  massime  se  si  ponga  mente  ad  altre  circostanze 
particolari  del  tempo  in  cui  siamo  ;  e  indicano  che  Dio 
guida  esso  al  presente  il  corso  dei  pubblici  casi,  colla 
verga  del  suo  furore  e  colla  spada  della  sua  giustizia. 


IV. 


La  guerra  della  rivoluzione  al  Papato,  sotto  Pio  IX , 
avvegnache  sia  stata  presso  che  generale  nel  cristianesimo, 
ha  pero  avuto  un  capo,  che  se  ne  pu6  denominare  autore 
primario,  una  complice  ed  un  istrumento  operoso,  perche 
interessatissimo.  Autore  ne  e  stato  Napoleone  III,  complice 
la  Francia  liberale,  strumento  P  Italia  settaria. 

A  quali  termini  si  trovano  quest'autore,  questa  com- 
plice, questo  istrumento,  nel  punto  in  cui  Paugusto  Pri- 
gioniero  del  Vaticano  entra  felicemente  nell'anno  vente- 
simosesto  del  suo  meraviglioso  Pontificate  ? 

Che  ne  e  di  Napoleone  III,  il  domatore  della  Russia  in 
Sebastopoli  e  dell1  Austria  in  Solferino,  il  creatore  e  con- 
servatore  del  regno  d1  Italia,  il  banditore  del  non-intervento 
a  ruina  del  Papa,  P  imperatore  dei  plebisciti ,  il  duce  della 
rivoluzione  cesareo-democratica  del  nostro  secolo?  Quattro 
settimane  dopo  che  ebbe  consumato  P  ultimo  tradimento 
verso  il  Santo  Padre,  dal  trono  si  e  visto  precipitare  nella 
cattivita,  perdendo  ogni  cosa  e  piu  che  tutto  Ponore.  Iddio 


E    LE   SPERANZE   DEI    CATTOLICI  519 

manifestamente  ne  ha  stritolata  la  potenza,  corne  un  vaso 
di  creta,  tamquam  vasfiguli  confregiteum1.  Esule  e  negletto 
va  errando  per  terre  straniere,  esempio  a  tutti,  del  quanto 
sia  funesto  lo  stendere  la  mano  sacrilega  sopra  la  Tiara 
del  Cristo  di  Dio.  All'  infelice  non  e  .giovata  la  lezione  ter- 
ribile  del  primo  Bonaparte.  Voglia  il  cielo  che  questa  sua 
terribilissima,  e  quella  dello  zio  valgano,  se  pur  Ve  tempo, 
a  chi  altro  ha  le  mani  lorde  del  medesimo  sacrilegio ! 

Pio  IX  adunque,  sebhen  Prigioniero  in  Roma  dello  stru- 
mento  del  Bonaparte,  vede  ora  annientata  la  possanza  di 
questo  autore  di  tante  tribolazioni  sue  e  della  Chiesa,  ad 
nihilum  deductus  est  in  conspectu  eius  malignus  2 ;  come 
gia  Pio  VII  vide  annientata  quella  di  Napoleone  I  suo  tor- 
mentatore  ;  e  puo  ripetere  col  profeta  :  Vidi  impium  super- 
exaltatum  ei  elevatum  sicut  cedros  Libani;  et  transivi  et  ecce 
non  erat;  et  quaesivi  eum  et  non  est  inventus  locus  eius  3. 

6  poi  osservabile  che  Napoleone  III  e  sparito  dal  con- 
sorzio  dei  Re  allora  che  Pio  IX,  nel  Concilio  vaticano,  tanto 
ipocritamente  da  esso  avversato,  riportava  contro  lo  spirito 
della  rivoluzione  la  piu  sfolgorata  vittoria  che  si  potesse 
desiderare.  In  quella  che  il  trono  della  rivoluzione,  coronata 
nel  Bonaparte,  cadea  putrefatto  in  un  abisso  d'ignominia, 
Tautorita  divina  ed  il  magistero  infallibile  della  Cattedra 
di  s.  Pietro  si  venivano  dommaticamente  stabilendo,  da 
Pio  IX  e  dal  Concilio,  sopra  una  base  incrollabile  di  gra- 
nite, fra  i  plausi  e  le  gioie  di  tutta  la  cattolicita. 

Come  non  istupire  a  quest'  intreccio  di  fatti,  cosi  evi- 
dentemente  regolati  e  condotti  dalla  Provvidenza,  nel  giro 
di  pochi  mesi  ? 

E  della  Francia  liberale,  complice  del  Bonaparte  nella 
guerra  al  Papato,  che  ne  e  in  questi  giorni?  II  ferro  tedesco 
T  ha  prostrata  nella  polvere,  in  cui  si  dimena  ambasciante 


1  Psal.  II.  9. 

2  Psal.  XVI.  6. 

3  Psal.  XXXVI.  35-36. 


520  IL    GIUBBILEO   DI  PIO    IX 

fra  le  strette  del  sociaKsmo  che  la  dissangua.  La  medesima 
verga  che  ha  colpito  Fautore,  ha  percossa  la  complice  delle 
iniquita  tramate  a  danno  e  sfregio  del  Santo  Padre.  Ben 
lo  intende  a  sua  salute  la  vera  e  cattolica  Francia,  la  quale 
rialza  il  capo  e  di  nulla  si  mostra  piu  sollecita,  che  di  re- 
staurare  in  sua  casa  Fordine  sociale  cristiano,  distruttole 
dalla  rivoluzione. 

E  cosi  Pio  IX,  mentre  si  appresta  a  celebrare  il  giub- 
bileo  pontificale,  vede  la  Francia  del  Bonaparte  dissolversi 
tra  le  corruttele  del  comunismo :  cioe  vede  confermate 
solennemente  dagli  effetti  le  sue  condanne  delle  teorie  ri- 
voluzionarie  ;  e  insieine  vede  la  Francia  di  s.  Luigi  risco- 
tersi,  rinvigorirsi  e  Fode  mandare  a  lui,  nella  prigionia  del 
Vaticano,  un  primo  grido  d'amore,  che  non  puo  tardare  a 
mutarsi  in  un  grido  di  vittoria  riparatrice. 

Rimane  F  Italia  settaria,  strumento  di  tutte  le  scelle- 
raggini  di  Napoleone  III  contro  il  Papato.  Che  n'e  ora  di 
questa  Italia  ?  Astenendoci,  come  ci  asteniamo,  dalFespri- 
mer  qualsiasi  voto  dalla  legge  interdetto,  accertererao  pero 
francamente  quella  che  scorgiamo  essere  la  verita .  Gli 
amatori  piu  caldi  di  quest'  Italia,  colle  lagrime  agli  occhi, 
la  paragonano,  quale  ad  uno  scheletro  ambulante,  che  si 
incammina  verso  la  citta  dei  Papi,  per  mettervisi  nel  se- 
polcro ;  quale  ad  un  Giobbe  ulceroso,  che  porta  in  Roma  il 
proprio  letamaio,  per  agonizzarvi  sopra  tra  i  flagelli  della 
ira  di  Dio  e  degli  uomini ;  e  quale  ad  una  vittima  sacra 
ai  numi  tartarei ,  che  corre  ivi  ad  una  inevitabile  immo- 
lazione.  Codeste  sono  tutte  ferali  immagini :  ma  ritraggono 
al  vero  lo  stato  di  quest'  Italia ,  che  si  crede  vincitrice 
eternamente  del  Papato  ;  piu  vincitrice  che  non  fossero  tutti 
gli  ombratili  vincitori  di  lui,  da  Nerone  a  Napoleone  I, 
solo  perche  colle  povere  sue  armi  si  balocca  intorno  la 
reggia  di  Pio  IX,  e  tenta  di  trasferire  presso  la  cupola  di 
s.  Pietro  quel  lezzo  che  chiama  la  sua  Capitale,  nei  giorni 
del  giubbileo  di  questo  gran  Papa. 


E  LE  SPERANZE  DEI  CATTOLICI  ,   521 

Cieco  e  chi  non  vede  a  che  condizione  siasi  ridotta 
questa  Italia,  dopo  che  lo  spirito  del  Bonaparte  e  la  lena 
della  sua  Francia  si  sono  ritirate  da  lei.  L'impresa  del  20 
settembre  1870  e  stata  T  ultimo  atto  suo  vitale  e  fatale. 
Dipoi  una  insanabil  paralisi  ne  ha  ammortite  le  membra ,  si 
che  ella  giace  piii  simile  a  cadavere  che  a  vivente.  Alia  in- 
credibile  operosita  che  1'oro,  il  sangue  e  le  forze  della 
Francia  di  Napoleone  III  le  infusero  negli  esordii  della  sua 
formazione ,  e  succeduta  un'  impotenza  letale  ;  1'  impotenza 
della  fanciullezza  decrepita.  L'  impotenza  sua  economica , 
politica,  diploinatica,  morale  e  militare  e  diventata  favolosa. 
Da  Firenze  non  passera  ad  accovacciarsi  in  Roma,  se  non 
per  virtu  d'  un  moto  galvanico ,  il  quale  si  teme  da  molti 
che  a  inezza  via  la  spenga. 


V. 


Ecco  cio  che  son  divenuti  1'  autore  ,  la  complice  e  lo 
strumento  della  moderna  guerra  al  Papato,  nel  tempo  in  cui 
la  Provvidenza  di  Dio  dispone  1'  avvenimento  straordinario, 
il  signum  magnum  del  giubbileo  pontificale  di  Pio  IX ! 

Come  non  dedurre  che  questo  e  un  segno  di  vicino 
trionfo  ,  quando  si  tocca  per  cosi  dire  con  mano  la  virga 
ferrea  dell'  Onnipotente ,  che  ai  piedi  del  romano  Pontefice 
stende,  fuor  d'ogni  aspettazione,  1'  un  dopo  Taltro  annichi- 
lati  i  suoi  persecutori ;  quoniam  percussisti  omnes  adversan- 
tes  milii  sine  causa ,  denies  eorum  contrivisti  x  ?  I  nemici , 
checche  fingano  all'  apparenza,  dentro  del  cuore  credunt  et 
contremiscunt 2:  da  questo  gran  segno  restano  sgomentati.  E 
gli  amici  e  i  figliuoli,  perche  non  dovranno  riconfortarsene, 
rianimandosi  a  speranze  nobilissime? 

Tanto  piii  che,  di  paro  con  questo  abbassamento  dei 
persecutori  del  Pontificate  romano,  va  Tinfervoramento  dell-o 


1  Psal.  m.  7. 

2  Ep.  Inc.  II.  19. 


IL    GIUBBILEO    DI    PIO   IX 

spirito  cattolico  in  favor  suo  per  tutto  il  mondo.  Mai  le 
afflizioni  di  un  Papa  non  hanno  eccitato  nell'  orbe  cattolico 
un  commovimento  cosi  alto,  general  e  ed  efficace,  come 
e  il  presente  che  si  manifesta  e  si  accresce  e  si  dilata  nel- 
T  Europa  e  nell' America.  Pio  VI  e  Pio  VII  videro  si  la  Chiesa 
piangere  la  loro  cattivita;  Pio  IX,  nel  1849,  vide  pure  la 
cattolicita  partecipare  ai  lutti  del  suo  esiglio.  Ma  una  com- 
mozione  somigliante  a  questa,  che  si  e  destata  dopo  il  20 
settembre  1870,  nei  fasti  del  cattolicismo  non  si  ricorda. 
Da  per  tutto  si  raccolgono  unioni  popolari  per  detestare  la 
presa  di  Roma ;  da  per  tutto  si  fanno  pubbliche  preghiere 
pel  Santo  Padre;  da  per  tutto  si  sottoscrivono  proteste  e  si 
compilano  indirizzi  ai  Governi;  i  pellegrinaggi  succedono 
ai  pellegrinaggi  e  le  deputazioni  nazionali  al  Vaticano  si 
seguono,  con  una  costanza  invincibile. 

Altrove  abbiamo  dimostrato  che  questo  ardore  si  uni- 
versale  e  si  concorde  e  si  perseverante  non  puo  procedere 
che  dallo  spirito  di  Dio ;  e  fa  parte  di  quel  disegno  della 
Provvidenza,  che  in  questi  giorni  si  vien  colorando  visibil- 
mente,  col  celere  alternarsi  di  fatti  all'umana  perspicacia 
inopinabili .  Onde  se  si  considerano  tutti  insieme  questi 
aggiunti  piu  principali,  che  accompagnano  T  avvenimento 
del  giubbileo  di  Pio  IX,  non  si  potra  fare  che  non  se  ne 
arguisca  prossimo  qualche  inusitato  intervento  di  Dio,  forse 
piu  strepitoso  di  altri  di  cui  i  padri  nostri  furono  testi- 
moni  piu  volte  nel  corrente  secolo. 


VI. 


Del  resto  1'espettazione  di  un  finale  trionfo  del  Papa 
Pio  IX  e  della  Chiesa  sopra  la  grande  setta,  che  le  ha  dato 
tanto  travaglio  nel  volgere  di  questo  lungo  Pontificate,  e 
comune  ai  cattolici  e  puo  asserirsi  che  vive  nel  cuore  dei 
piu  fervorosi  ed  illuminati  cristiani.  Egli  e  codesto  un  mi- 
sterioso  presentimento  che,  in  luogo  di  affi evolirsi,  s' inga- 


E  LE  SPERANZE  DEI  CATTOLICI  5!2o 

gliardisce  anzi,  piu  le  cose  prendono  aspetto  di  disperate. 
Niuno  ardisce  definire  il  modo  ne  il  tempo ;  ma  che  Pio  IX 
debba  assistere  se  non  altro  ai  principii  di  una  gloriosa  pa- 
cificazione  del  cristianesimo,  tutti  generalmente  lo  sperano. 
E  se  voi  chiedete  il  perche  di  questa  speranza,  vi  udirete 
rispondere :  —  Perche  Pio  IX  ha  un  Pontificate  miracoloso. 
Del  miracoloso  ebbe  la  sua  elezione;  del  miracoloso  Tesor- 
dire  del  suo  regno  ;  del  miracoloso  Tesilio  e  il  ritorno  suo  da 
Gaeta ;  del  miracoloso  la  sua  resistenza  cosi  diuturna  alle 
ipocrisie  ed  alle  audacie  della  rivoluzione;  del  miracoloso 
la  facilita  sua  di  congregare  ben  quattro  volte  in  Roma 
T  Episcopate  dell1  universo  ;  del  miracoloso  la  sua  incolu- 
mita  in  tanto  avvicendarsi  d'  infortunii;  del  miracoloso  il 
tesoro  di  milioni  a  centinaia,  somministrati  alia  augusta 
sua  indigenza  dalla  carita  dei  fedeli ;  del  miracoloso  1'  adu- 
namento  del  Concilio  vaticano  e  la  immortale  definizione 
dei  18  luglio  1870.  Perche  dunque  non  si  spererebbe  che 
abbia  pure  del  miracoloso  Tultimo  periodo  di  tal  suo  Pon- 
tificato;  massirnamente  se  si  avverte  alle  tante  preghiere 
che  di  continue  s1  innalzano  al  cielo  per  lui  da  tutta  la 
Chiesa  ?  E  se  inoltre  si  avvisano  gT  indizii  che  la  benigna 
Provvidenza  gia  ne  mostra  ?  E  se  sopra  tutto  si  sa  legger 
chiaro  in  questo  segno  portentbso  del  suo  giubbileo  ponti- 
ficale  ? 

Quanto  a  noi,  non  esitiamo  a  confessare  apertamente 
che,  se  prima  di  questo  fatto  provvidenziale  tenevamo  per 
molto  probabile  il  trionfo  del  nostro  Santo  Padre  Pio  IX 
contro  la  rivoluzione,  dopo  di  esso  lo  teniamo  per  sicuro  ; 
e  tanto  sicuro,  che  ci  parrebbe  di  meritare  il  rimprovero  di 
modicae  fidei  a  dub i tame. 


IL  LIBERALISMO 
GENERATOR   DEL   SOCIALISMO 


Nell'  articolo,  intitolato  :  /  liberali  italiani  e  i  comnnisti 
francesi  *,  affermammo  che  Liberalismo  e  Socialismo  non 
sono  che  due  moment!  diversi  o  esplicazioni  successive 
d' uno  stesso  concetto,  e  che  il  primo  deve  di  necessita 
terminare  nel  secondo.  Ci  contentammo  per  allora  di  recarne 
in  prova  V  autorita  del  Montanelli  e  del  Ferrari ,  promet- 
tendo  di  fame  poscia  una  ragionata  dimostrazione.  Veniamo 
ora  ad  attendere  quella  nostra  promessa ;  e  lo  faremo  assai 
brevemente,  essendo  cosa  indubitabile  per  chiunque  ha 
seguito  con  qualche  attenzione  i  nostri  scritti. 

Per  conoscere  d1  un  tratto  V  intima  attenenza,  che  passa 
tra  il  Socialismo  e  il  Liberalismo,  basta  por  mente  a  cio  che 
costituisce  Tessenza  dell' uno  e  dell1  altro. 

Che  cosa  e  il  Socialismo?  Proudhon,  il  piu  sapiente  dei 
suoi  dottori,  lo  defini :  Una  protesta  contro  la  societa  pre- 
sente,  e  la  ricerca  a"  una  scienza  nuova.  Che  cosa  e  il  Libe- 
ralismo? Una  protest  a  contro  V  autorita  divina  ed  umana  ; 
secondo  che  manifestamente  si  rileva  da  quelle  parole  del 
Ferrari,  da  noi  riportate  altrove  2 :  La  rivoluzione  (liberale- 
sca)  non  e  che  la  guerra  contro  Cristo  e  contro  Cesare.  Or, 
essendo  evidente  che  senza  Dio  e  senza  autorita  non  si  puo 
dar  societa,  e  reso  cospicuo ,  senza  bisogno  di  piu  lungo 
discorso,  che  il  Liberalismo  dee  condurre  al  dissolvimento 
sociale,val  quanto  dire  al  Socialismo.  Ma  egliebene  chiarir 
la  cosa  alquanto  piu  diffusamente. 

II  Socialismo  e  un  sistema,  che  si  propone  Tabbattimento 
dell'ordine  sociale,  esistito  fin  qui ,  per  ricostruirlo  sopra 
basi  del  tutto  opposte,  e  relative  alia  sola  parte  animalesca 

1  Cirilta  CoitoUca  Seric  VIII,  vol.  2.  p.  257.  —  2  Ivi. 


IL    LIBERALISED   GENERATORS   DEL   SOCIAL1SMO  525 

•deiruomo.  La  societa  si  &  concepita  e  sostenuta  finora 
sopra  tre  idee  principalmente :  T  idea  di  Dio,  T  idea  delPau- 
torita,  Videa  della  proprieta.  II  Socialismo  la  vuole  poggiata 
sopra  tre  negazioni  contrarie :  negazione  d'ogni  religione1, 
ateismo;  negazione  d' ogni  governo,  anarcMa;  negazione 
<T  ogni  proprieta,  comunismo.  La  societa,  esso  dice,  e  corrotta; 
perche  cio,  che  e  comune  di  tutti,  si  e  voluto  far  proprio 
•di  alcuni :  La  proprieta  &  un  furto.  La  societa  &  corrotta;. 
perche  I'uomo,  libero  per  natura,  si  e  voluto  assoggettare 
al  potere  di  altro  uomo  :  L'autorita  e  tirannia.  La  societa 
€  corrotta;  perche  *  in  cambio  di  modellarne  le  leggi  sul- 
T  arbitrio  dell'  uomo,  si  5  voluto  dar  loro  per  fondamento 
la  volonta  di  Dio  :  Dio  e  il  male.  Son  queste  bestemmie,  che 
leggonsi  letteralmente  negli  scritti  del  Proudhon,  e  in 
modo  piu  o  meno  esplicito  si  trovano  espresse  dagli  altri 
barbassori  del  Socialismo. 

Rimosso  Dio  dalla  coscienza  delFuomo  sociale,  convien 
rimoverne  ancora  il  pensiero  della  vita  avvenire.  La  bea- 
titudine  umana  non  e  che  quaggiu.  Essa  consiste  nel  pieno 
appagamento  degli  appetiti  sensibili.  «  Quando  T  uomo 
avra  soddisfatto  tutte  le  sue  passioni,  allora  sara  del  tutto 
felice.  »  Cosi  sentenziava  il  Fourier.  Quindi  scopo  del  So- 
cialismo si  e  stabilire  Tordine  sociale  per  guisa,  che  le  ten- 
denze  sensuali  dell'uomo  sieno  interamente  affrancate.  «  II 
Cristianesimo  fu  la  reazione  dello  spirito  contro  la  carne  ; 
la  reazione  della  carne  contro  lo  spirito  e  il  Socialismo.  » 
.Son  parole  di  Lecontrier  nella  sua  Cosmosofia.  A  tal  fine 
anche  il  vincolo  maritale  dee  disciogliersi ;  niun  despota 
dee  dominare  nella  famiglia :  emancipazione  della  donna,  e 
abolizione  delFautorita  paterna.  In  tal  modo  il  Socialismo 
fa  man  bassa  sopra  tutti  i  principii  morali  e  giuridici ,  nei 
quali  &  fondata  la  convivenza  umana ;  simile  a  un  torrente 
devastatore,  che  tutto  abbatte,  non  lasciando  dietro  di  se 
che  desolazione  e  melma.  II  suo  termine  e  la  dissoluzione 
d'  ogni  vincolo  sociale,  e  1'  imbestialimento  delFuomo. 

Ben  ne  e  prova  la  infelice  Parigi,  la  quale  caduta  per 
jpoco  in  mano  de1  socialisti ,  ne  sta  sperimentando  effetti 


526  1L   LIBERALISMO 

cosi  tremendi,  che  le  stesse  atrocita  del  93  vi  perdono  al 
paragone.  Un  branco  di  facinorosi  impossessatosi  del  po- 
tere  vi  tiranneggia  a  capriccio  e  dispone  arbitrariamente 
delle  sostanze  e  della  vita  del  cittadini.  Chiusi  i  templi  e 
saccbeggiati;  imprigionati  ecclesiastici  d'ogni  ordine,  non 
escluso  lo  stesso  Capo  della  Diocesi,  il  venerando  Arcive- 
scovo.  Oppressi  e  taglieggiati  i  possidenti.  Sciolto  ogni 
ordine  pubblico ,  Tassassinio  e  il  terrore  in  pieno  trionfo. 
Gli  onesti  nascosi  nelle  loro  dimore,  e  studiantisi  di  cercare 
salute  nell'oscurita  e  neH'oblio.  Persone,  fuggite  di  cola, 
riferiscono  cbe  oggimai  per  le  vie  di  quella  popolosa  citta 
non  si  vedevano  cbe  male  femmine  ed  ubbriacbi.  Gli  stessi 
tristi  in  guerra  tra  loro  ,  scavalcandosi  e  trucidandosi  a 
vicenda.  Ecco  un  piccolo  saggio  del  Socialismo.  Diciamo 
un  piccolo  saggio ;  percbe  esso  e  quivi  tuttavia  sugFinizii. 
Che  sarebbe,  se  egli  giungesse  a  svolgersi  e  pienamente 
attuarsi  ?  La  societa  si  spegnerebbe  del  tutto  ;  ed  in  cambio 
del  consorzio  di  esseri  ragionevoli,  avremmo  una  selva  di 
feroci  belve,  divorantisi  scambievolmente. 

Ora  noi  diciamo  che  questo  infernale  sistema  e  parto 
legittimo  del  Liberalismo ;  giacche  i  principii  liberaleschi 
menano  difilato  ai  medesimi  risultamenti.  Per  convincer- 
sene,  basta  guardare  a  que' due  dommi  fondamentali  del 
Liberalismo ,  i  quali  sono  la  separazione  dello  Stato  dalla 
Chiesa,  e  la  Sovranita  popolare.  Col  primo  domma  s'impu- 
gna  Tautorita  divina,  guerra  contra  Cristo ;  col  secondo 
Tautorita  umana,  guerra  contro  Cesare.  Or  sottratta  la  societa 
dall' autorita,  divina,  il  fine  dell'uomo  e  pervertito;  sottratta 
dall' autorita  umana,  ella  e  distrutta.  Di  piu,  dall1  un  capo  e 
e  dalPaltrola  triplice  negazione  del  Socialismo  sgorga  na- 
turalmente. 

E  vaglia  la  verita,  il  Liberalismo  separa  lo  Stato  dalla 
Chiesa,  affin  di  stabilire  nei  cittadini  la  piena  liberta  di  co- 
scienza.  Or  la  liberta  di  coscienza  dei  cittadini  ha  per  ter- 
mine  correlativo  T  ateismo  pratico  dello  Stato.  La  libera 
coscienza,  se  ha  balia  di  rigettare  questo  o  quel  culto,  ha 
balia  per  conseguenza  di  rig^ettarli  tutti,  e  non  riconoscere 
neppur  T  esistenza  d1  un  ente  supremo,  creatore  e  gover- 


GENERATORE   DEL   SOCIALISMO  527 

natore  dell1  universe.  Ne  una  tal  facolta  e  privilegio  d1  al- 
cuni ,  ma  e  godimento  di  tutti  e  singoli  gli  associati.  Lo 
Stato  adunque  nel  governarli  non  pu6  fondarsi  nella  sup- 
posizione  di  Dio;  egli  dee  prescinderne  al  tutto.  L'ateismo, 
in  senso  almen  negative,  e  debito  del  governante,  nelFipo- 
tesi  di  cui  parliamo.  La  negazione  dunque  di  Dio ,  voluta 
dal  Socialismo,  e  conseguenza  legittima  del  primo  domma 
del  Liberalismo. 

Rimossa  I1  idea  di  Dio  dalFordine  sociale,  e  necessario 
che  cada  eziandio  I1  idea  di  politica  autorita.  Imperocche  a 
qual  fondamento  essa  piu  si  appoggerebbe  ?  L' uomo ,  in 
quanto  tale,  non  puo  imperiare  sullvuomo:  la  naturale  ugua- 
glianza  il  divieta.  Acciocche  un  uomo  possa  vantare  il  di- 
ritto  di  sovrastare  e  comandare  a'suoi  simili,  deve  apparire 
come  rappresentante  e  mandatario  d1  un  essere  superiore , 
a  cui  tutti  sieno  naturalmente  soggetti.  Un  tal  essere  e 
Dio.  La  sudditanza  a  Dio  e  T  unica  ragione,  per  cui  possa 
rendersi  accettevole  all' uomo  la  sudditanza  ad  altro  uomo. 
Senza  cio  ognuno  ha  diritto  di  reggersi  da  se  medesimo  e 
colla  sua  propria  ragione.  Ne  si  ricorra  all'idea  di  patto . 
II  patto  non  puo  aver  luogo,  dove  i  contraenti  non  sieno 
obbligati  a  tener  fede  ;  e  rimosso  Dio  dalla  societa,  e  ri- 
mosso  il  principio  d'ogni  obbligazione.  L1  obbligazione  sup- 
pone  la  legge,  e  la  legge  suppone  il  legislatore. 

Annullata  Tidea  di  obbligazione,  resta  annullata  1'  idea 
di  dovere ;  e  quest1  annullamento  dell1  idea  di  dovere  si  tira 
dietro  rannullamento  dell1  idea  di  diritto  :  giaccheil  diritto 
in  tanto  sussiste,  in  quanto  sussiste  il  dovere.  0  potresti 
tu  immaginarti  d1  aver  facolta,  secondo  ragione,  di  ritenere 
e  disporre  d'una  data  cosa,  se  gli  altri  non  fossero  obbligati 
a  non  impedirtene  ?  II  diritto  e  tale,  in  quanto  e  inviolabile. 
Un  diritto  che  dagli  altri  si  possa  violar,  senza  colpa,  sarebbe 
una  contraddizione .  Esso  significherebbe  un  potere  che 
esige  ad  un'ora  e  non  esige  rispetto.  Ma  come  si  potrebbe 
concepir  colpa  nel  violatore  del  tuo  diritto,  se  non  conce- 
pisci  te  e  lui  sottoposti  egualmente  ad  un  comune  Signore, 
il  quale  mentre  concede  a  te  balia  intorno  a  un  dato  og- 


528  IL   LIBERAL1SMO 

getto,  comanda  nel  tempo  stesso  a  tutti  gli  altri  di  aste- 
nersene?  In  una  societa  adunque  in  cui  sia  libero  a  ciascuna 
di  rinnegare  e  disconoscere  questo  comun  Signore ,  T  idea 
.di  diritto  in  generale  convien  che  si  dilegui  e  perisca.  E 
distrutta  T  idea  di  diritto  ,  potrete  voi  piu  concepir  pro- 
prieta?  Ecco  dunque,  in  un  colla  seconda,  venire  a  galla 
anche  la  terza  negazione  del  Socialismo  in  virtu  de'  prin- 
cipii  del  Liberalismo. 

Senonche  la  proprieta  in  un  ordinamento  sociale,  se- 
parato  dalla  religione,  convien  che  apparisca  del  tutto  as- 
surda,  eziandio  per  questo  riguardo,  in  quanto  cioeinvolge 
1'esclusione  degli  altri  dal  possesso  e  dal  godimento  di  dati 
beni.  Lo  Stato  ateo ,  quale  appunto  vedemmo  dover  essere 
lo  Stato  che  si  separa  dalla  Chiesa,  non  pu6  aver  di  mira, 
che  lafelicita  temporale,  riguardata  per  se  medesima.  Spin- 
gere  Tocchio  piu  in  alto  non  puo,  si  perche  offenderebbe  la 
liberta  di  coscienza,  suo  domma  fondamentale,  e  si  perche  a 
tal  sollevamento  dovrebbe  venir  confortato  e  sorretto  dalla 
luce  e  dalla  virtu  della  religione,  di  cui  rifiuta  il  concorso. 
Egli  ne  esclude  Tinfluenza  da  tutti  i  suoiordinamenti  sociali. 
La  esclude  dalle  leggi,  colla  liberta  di  culto.  La  esclude 
dalla  famiglia,  col  matrimonio  civile.  La  esclude  dalFinse- 
gnamento,  colFUniversita  razionalistica.  La  esclude  dall'e- 
ducazione ,  colla  secolarizzazion  de'  Licei.  La  esclude  dai 
costumi  del  popolo,  coll'  avvilimento  del  Clero.  Egli  spogiia 
la  Societa  d1  ogni  riguardo  alia  vita  avvenire,  e  non  con- 
sidera  altrimenti  1'uomo,  che  come  avente  quaggiula  propria 
beatitudine.  Or  la  beatitudine  di  quaggiu,  riguardata  per  se 
stessa  e  sotto  aspetto  non  relativo  ma  assoluto,  non  puo 
stare  senza  la  pienezza  del  godimento  sensibile,  di  cui  e 
mezzo  la  ricchezza,  ossia  la  abbondanza  dei  beni  materiali. 
D'altra  parte  la  beatitudine  e  patrimonio  comune;  e  chi  ha 
diritto  al  fine,  ha  diritto  ai  mezzi.  Come  dunque  potra  giu- 
stificarsi  nella  Societa  la  disuguaglianza,  cotanto  enorme, 
di  ricchi  e  poveri,  di  agiati  ed  indigenti?  Comune  il  fine, 
comuni  i  mezzi.  Se  tutti  abbiamo  egual  diritto  alia  felicita, 
a  tutti  dee  darsi  egualmente  ci6,  che  e  necessario  per  pro— 
cacciarla.  Ne  si  ricorra  all'  idea  del  lavoro;  perocche  come 


GENERATORE   DEL   SOCIALISMO  529 

volete  che  il  bracciante ,  il  proletario,  giunga  col  sudor 
della  fronte  a  renders!  dovizioso,-  quando  i  suoi  guadagni 
appena  valgono  a  sopperire  meschinamente  ai  bisogni  piu 
indispensabili  della  vita?  Non  si  ricusa  il  lavoro;  ma  si 
distribuisca  ed  imponga  a  tutti ;  ed  insieme  col  lavoro  si 
faccia  un1  equa  distribuzione  del  retaggio,  che  la  natura 
ha  apparecchiato  per  tutti,  come  mezzo  di  felicita,  e  che 
non  si  sa  perche  si  trova  presentemente  accumulate  nelle 
mani  di  alcuni.  Si  cominci  dunque  dalla  legge  agraria.  0, 
se  questo  nou  piace,  sia  almeno  la  societa  stessa  la  posse- 
ditrice  di  tutto,  e  dispensiera  di  viril  porzione  de'  suoi  pos- 
sessi  ai  singoli  associati. 

Nelle  medesime  illazioni  ci  scontriamo,  pigliando  a  guida 
1'altro  domma  liberalesco  della  sovranita  popolare.  Un  sovrano 
non  puo  essere  un  miserabile,  e  molto  meno  un  pezzente. 
L'idea  di  sovranita  e  intimamente  connessa  coll1  idea  di 
proprieta .  Un  tempo  si  credette  poter  inferire  quella  da 
questa;  e  si  voile  che  i  soli  proprietarii  fossero  eleggibili 
ed  elettori,  cioe  esercitanti  il  diritto  di  popolo  sovrano.  Ma 
il  principio  del  suffragio  universale  e  venuto  in  buon  punto 
a  riparare  siffatta  ingiustizia.  Tutti  i  cittadini,  abbienti  o 
non  abbienti,  costituiscono  il  popolo .  Tutti  dunque  indi- 
stintamente  debbono  partecipare  del  diritto  di  sovranita. 
Ci6  posto,  e  da  seguire  il  metodo  inverse  del  precedente : 
non  dall'  idea  di  proprieta  dee  inferirsi  1'  idea  di  sovranita; 
ma  viceversa  dall'  idea  di  sovranita  deve  inferirsi  F  idea  di 
proprieta.  E  come  la  prima  non  e  piu  privilegio  di  alcuni, 
ma  godimento  di  tutti;  cosi  ancor  godimento  di  tutti  deve 
essere  la  seconda.  Eguaglianza  in  quella;  eguaglianza 
eziandio  in  questa.  In  altri  termini  la  proprieta  si  distribuisca 
tra  tutti.  0  almeno  la  moltitudine,  in  quanto  tale,  posseg- 
ga.  Com1  ella  e  sovrana,  cosi  ancora  sia  proprietaria.  La 
proprieta  come  privilegio  deve  abolirsi. 

Deve  abolirsi  altresi  1'istituzion  di  governi  distinti  dal 
popolo,  comunque  si  dicano  rappresentanti  del  medesimo. 
II  Re  regna  e  non  governa.  Questa  massima  che  benissimo 
si  applicava  a  Principi  delegati  e  nominali,  assurdamente 
Serie  VIII,  vol.  //,  fasc.  503.  34.  20  maggto  1871.. 


530  IL    LIBERALISMO 

si  attribuirebbe  a  chi  e  principe  delegante  e  reale.  Si  fatto 
e  il  popolo.  II  popolo  si  governa  da  se,  per  Tintuizione 
diretta  e  immediata  del  vero  e  del  giusto.  Abbasso  i  Mini- 
stri.  Non  solo  i  ministeri,  ma  anche  le  rappresentanze  na~ 
zionali  sono  un  fuor  d'  opera.  Coine  il  popolo  si  governa  da 
se ;  cosi  ancora  da  se  roga  e  sancisce  le  leggi.  Abbasso 
tutti  i  corpi  politici  dello  Stato.  Essi,  quali  che  sieno,  son 
tutti  tirannici  e  usurpatori.  La  moltitudine,  in  quanto  tale 
e  sovrana,  e  fa  da  sovrana.  Ella  non  riconosce  alcun  altro 
potere,  che  limiti  la  sua  autonomia  e  indipendenza,  o  come 
che  vogliasi  le  stia  di  fronte,  da  eguale  ad  eguale  :  per 
lei  non  esiste  la  Chiesa. 

La  sovranita  popolare  non  solo  e  disgiunta  dalla  Chiesa, 
secondo  1'  idea  liberalesca,  ma  ancora  ha  un'  origine  me- 
ramente  umana ,  siccome  quella  che  sorge  dalla  libera 
volonta  dei  singoli  associati.  Eziandio  per  questo  capo  essa 
noa  mira,  che  alia  terra;  e  il  suo  scopo  politico  e  solo  il 
ben  essere  materiale.  II  fine  risponde  al  principio.  Come 
poi  questa  libera  volonta  e  origine  dell'  unico  potere  su- 
premo ed  assoluto ;  cosi  ancora  e  origine  dei  poteri  subal- 
terni,  e  di  tutti  i  diritti  dei  cittadini.  Non  altrove  che  in 
lei  si  trova  il  fonte  della  verita  e  della  giustizia.  Ecco  dun- 
que  rovesciato  da  capo  a  fondo  1'  ordine  morale.  E  rovesciato 
altresi  1'  ordine  materiale,  attesa  la  natura  del  subbietto,  in 
cui  una  si  fatta  sovranita  risiede  ;  giacche  la  moltitudine, 
in  quanto  tale,  e  principio  di  scompiglio  e  disgregamento, 
non  di  unione.  L'unione  dee  venire  da  un'  unita,  presa  fuori 
delle  parti  che  debbono  unificarsi;  la  quale,  informandole 
della  virtu  sua,  le  rannodi  ed  armonizzi  scambievolmente 
in  una  comune  tendenza.  Destituita  di  un  principio  ordina- 
tore,  da  se  diverso,  la  moltitudine  non  vi  presenta  che  il 
carcame  di  un  essere,  dianzi  animato,  in  cui  sia  spento  o 
rimosso  il  principio  di  vita.  Abbandonato  alle  pure  forze 
de'  suoi  elementi,  non  altro  potrete  attendere  da  un  tal  car- 
came,  che  dissoluzione  e  putredine.  Le  orgie  sanguinose  e 
nefande,  che  funestano  presentemente  Parigi,  ve  ne  por- 
gono  una  dimostrazione  palpabile. 


GENERATORS    DEL   SOCIALISMO  531 

Conseguenza  di  un  tal  discorso  si  e  che  e  vano  abborru-e 
i  tremendi  eccessi  del  Socialismo,  carezzando  e  promovendo 
il  Liberalismo.  Non  si  puo  schivare  T  effetto,  ritenendone  la 
cagione.  Se  si  vuol  salvare  la  societa  dal  soqquadro,  ond'e 
minacciata,  convien  volgere  la  cura  alia  radice  stessa  dei 
suoi  malori.  Questa  radice  e  il  Liberalismo.  Da  questo  morbo 
adunque  convien  liberarla,  e  dalle  sue  influenze  pestifere : 
senza  di  cio  ogni  sforzo  e  sprecato.  Soprattutto  e  da  riget- 
tare  la  sua  stolta  idea  della  separazione  dello  Stato  dalla 
Chiesa ;  giacche  la  sola  Chiesa  e  quella,  che  puo  impedire 
il  sorgere  del  Socialismo,  ed  abbatterlo  ove  sia  sorto  per 
avventura.  Noi  dimostrammo  cio  fin  dall'anno  1853,  e  sara 
bene  rimettere  sotto  gli  occhi  del  lettore  alcune  di  quelle 
nostre  parole.  Avendo  notato  come  la  sovversione  sociali- 
stica  non  era  ristrettaa  un  genere  solo  di  verita  o  di  diritti, 
ma  tutte  e  tutti  investiva  colla  sua  micidiale  potenza ; 
soggiungevamo :  «  Egli  e  chiaro  piu  della  luce  del  giorno 
che  a  siffatto  awersario  non  puo  stare  a  fronte  con  isperanza 
di  vittoria,  se  non  la  sola  Chiesa  di  Cristo.  Imperocch&  Te- 
terodossia  universale  non  puo  essere  vinta  e  conquisa,  se  non 
dalla  universale  ortodossia;  ad  unprincipio,  che  crolla  e  de- 
turpa  ogni  ordine  di  verita  e  di  giustizia,  non  pu6  valevol- 
mente  contrapporsi,  se  non  un  principio,  che  ristabilisce  e 
santifica  tutti  gli  ordini;  ad  un  sistema,  che  movendo  dalla 
negazione  di  Dio  vizia  radicalmente  la  natura  stessa  di  asso- 
ciazione,  non  puo  contrastare  se  non  un  sistema,  che  mo- 
vendo dall' affermazione  di  Dio  ferma  irremovibilmente  il 
concetto  verace  di  societa,  assodandolo  sopra  un  fondamento 
divino;  ad  un  elemento ,  che  nel  contrasto  si  appoggia 
air  umanita,  in  quanto  e  corrotta,  non  puo  resistere  che  un 
altro  elemento,  il  quale  abbraccia  T  umanita,  in  quanto  e 
ristorata;  contro  cio,  che  si  fa  forte  di  quanto  si  origina 
dalla  terra,  non  puo  tener  testa,  se  non  cio  che  si  avvalora 
di  quanto  si  origina  dal  cielo;  in  somma  Tuniversalismo  sa- 
tanico  non  pub  esser  vinto  che  dal  Cattolicismo  divino  ! . » 

1  Civiltd  Cattolica,  serie  II,  vol.  IV,  pag.  598.  Dell'unico  rimedio  del 
Socialismo  e  Comunismo. 


UNA  STORIA  DI  SISTO  V.1 


Sisto  Quinto  fu  uomo  cosi  straordinario,  e  i  cinque  anni 
del  suo  Pontificate  furono  cosi  pieni  di  maraviglie,  che  non 
solo  i  contemporanei,  ma  le  generazioni  susseguenti  ne  sono 
rimaste  trasecolate.  Se  egli  fosse  vissuto  al  medio  evo,  il 
volgo  Favrebbe  preso  per  un  negromante;  come  negro- 
mante  fu  chiamato  Silvestro  II,  per  la  prodigiosa  scienza 
onde  abbarbaglio  il  rozzo  suo  secolo.  Ma  benche  fiorito  nel 
bel  mattino  della  civilta  moderna,  in  mezzo  agli  splendori 
del  cinquecento,  pure  non  pote  sfuggire  la  disgrazia  o  T  ono- 
re,  che  dir  vogliasi,  il  quale  suole  incontrare  nelle  eta  rozze 
agli  uomini  miracolosi ;  di  diventare  cioe  personaggi  miti- 
ci,  e  di  passare  nelle  fantasie  de'popolie  nelle  volgari  tra- 
dizioni  trasfigurati  nelle  forme  piu  strane  e  spesso  ancora 
nelle  piu  grottesche. 

La  leggenda,  ossia  la  favola,  fu  la  prima  infatti  a  impa- 
dronirsi  d'un  soggetto  cosi  acconcio,  qual  era  Sisto  V,  a 
quegli  ingrandimenti  e  ricami  fantastici  ond1  ella  si  diletta; 
ed  ella  precorse  di  lungo  tratto  la  storia,  la  quale,  infino 
quasi  all'  eta  nostra,  non  pote  aprir  bocca  a  raccontare  di 

1  Six'e- Quint  par  M.  le  Baron  de  Hubner,  ancien  ambassadeur  d'Autri- 
che  a  Paris  et  a  Rome:  d' aprcs  des  correspondances  diplomatiques  inedites  ti- 
rces  des  archives  d'  Etat,  du  Vatican,  de  Simancas,  Venise,  Paris,  Vienne  et 
Florence.  Paris,  librairi-e  A.  Franck.  1870.  Tre  Volumi  in  8°  gr.  di  pag.  474, 
525,  522. 


UNA   STORIA    DI    SISTO  V  533 

quel  gran  Pontefice  la  schietta  verita.  Fra  i  molti  roman- 
zieri  di  Sisto,  Gregorio  Leti,  come  ognun  sa,  fa  quel  che 
ottenne  il  maggior  grido.  II  suo  libro,  stampato  la  prima 
Yoltaa  Losanna  nel  1669,  acquist6  di  slancio  una  voga  im- 
mensa;  fu  ristampato  piu  e  piii  volte,  fu  tradotto  in  molte 
lingue ;  e  quantunque  misero  di  stile  e  d'  ingegno,  e  pieno 
di  bugie  grossolane,  di  contraddizioni  palpabili  e  di  solenni 
sciocchezze,  tuttavia,  in  quel  secolo,  quanto  corrotto  di  gu- 
sto nella  letteratura  e  nelle  arti,  altrettanto  bambino  di 
senno  in  ci6  che  e  critica  storica,  sali  in  cotanto  credito, 
che  per  lunga  pezza  fu  Toracolo  del  mondo  e  Tautor  clas- 
sico  di  tutte  le  brigate  d1  indotti  o  semidotti,  vaghi  di  cono- 
scere  la  storia  di  Sisto. 

Ma  la  storia  di  Sisto  non  comincio  veramente  a  farsi 
conoscere,  che  in  sul  mezzo  d6l  secolo  scorso,  quando  il  P. 
Tempesti,  dell'  ordine  dei  conventual],  prese  a  ristaurare  la 
memoria  del  gran  Papa  che  era  stato  una  delle  piu  splen- 
dide  glorie  della  sua  Religione.  Benche  la  sua  narrazione 
dia  un  po'nel  panegirico  e  nelF  apologia,  ella  e  nondimeno 
d1  inestimabil  pregio  e  autorita,  sia  per  la  fede  intemerata 
del  narratore,  sia  per  la  sincerita  delle  fonti  e  la  gran  co- 
pia  dei  document!  autentici,  ond'egli  ha  derivato  il  suo 
racconto.  Ben  e  a  dolere,  che  tra  mezzo  agli  autentici  ne 
siano  anche  degli  spurii  e  dei  sospetti,  dal  dotto  Autore 
accettati  in  buona  fede.  D'  altra  parte,  la  forma  troppo  dif- 
fusa  e  indigesta  del  suo  lavoro  nocque  alia  popolarita,  che 
per  altro  avrebbe  dovuto  acquistare.  II  libro  del  Tempesti  e 
quindi  piuttosto  una  preziosa  raccolta  di  materiali  a  uso  dei 
dotti,  che  non  una  storia  elaborata  e  attrattiva  da  correre 
per  le  mani  del  pubblico :  ond'  e  che,  rimanendo  poco  noto 
all'  universale  e  quasi  dimentico,  non  riusci  a  gran  pezza  a 
far  tacere  le  mille  bocche  di  quella  fama  bugiarda,  che  delle 
fole  del  Leti  e  d1  altri  cotali  aveva  empiuto  il  mondo. 

Dopo  il  Tempesti,  confer!  non  poco  ad  illustrare  la  sto- 
ria veritieradi  Sisto  V,  il  celebre  Alemanno  Leopoldo  Ranke, 
nelle  brevi  ma  sugose  pagine  che  intorno  a  Sisto  egli  dett6 


534  UNA   STORIA   DI    SISTO    V 

nella  sua  storia  de'Papi  del  secolo  XVI.  Giovandosi  delle 
nuove  fonti  che  pote  avere  alle  mani,  e  richiamando  a  se- 
vero  sindacato  le  antiche,  gia  dal  Tempest!  adoperate,  egli 
pote  colorire  di  Sisto  un  ritratto  assai  piu  vivo  e  sorni- 
gliante  al  vero;  e  lo  seppe  fare  con  rnano  maestra,  talmente 
che  a  lui,  benche  protestante,  si  deve  in  gran  parte  il  rad- 
drizzarsi  delle  idee,  che  intorno  alle  opere  e  al  carattere 
di  Sisto  V  si  e  fatto  in  questa  eta  nostra;  alia  quale  del 
resto,  sicconie  non  puo  negarsi  il  merito  d'  aver  general- 
mente  richiamato  gli  studii  storici  dagli  scapestramenti  dei 
due  ultimi  secoli  alia  dignita  e  severita  loro  propria,  cosi 
deve  eziandio  concedersi  lo  special  vanto  di  avere  ristorato 
la  memoria  di  parecchi  grandi  Pontefici,  riscuotendola  dallo 
strazio  che  i  nemici  della  Chiesa  ne  facevano  per  T  addie- 
tro  a  lor  diletto. 

Ora  di  questo  bel  vanto  una  parte  nobilissima  vuole 
attribuirsi  anche  al  Barone  di  Hiibner,  il  cui  Sisto  Quinto 
viene  oggi  ad  aggiungersi  alia  splendida  schiera  delle  mo- 
nografie  papali,  che  questo  secolo  ha  veduto  uscire  in  luce 
da  penne  dottissime,  specialmente  in  Alemagna;  al  Ore- 
gorio  VII  del  Voigt  e  del  Gfrorer,  M?  Innocen&o  III  del- 
1'Hurter,  al  Sihestro  II  dell' Hock,  all1  Alessandro  III  del 
Renter,  e  ad  altri  somiglianti;  a  niun  dei  quali  il  lavoro 
dell'  Hiibner  e  secondo. 

11  Tempesti  e  il  Ranke  aveano  lasciato  nelle  opere  loro 
parecchie  lacune;  e,  non  ostante  le  loro  dotte  e  diligenti 
ricerche,  alcuni  tratti  dei  piu  rilevanti  nel  regno  di  Sisto  V, 
quali  sono  specialmente  la  sua  politica  negli  affari  di  Fran- 
cia  e  le  sue  relazioni  colla  corte  di  Madrid,  erano  rimasti 
tuttavia  avvolti  di  molte  ombre.  L'  Hiibner  ha  interamente 
dissipato  queste  ombre  ed  empiute  quelle  lacune.  A  lui  fu 
dato  di  penetrare  in  archiyii,  stati  gia  del  tutto  ignoti  o 
inaccessibili  a1  suoi  predecessor!,  onde  pote  avere  alle  mani 
nuovi  e  importantissimi  Documenti;  e.  colFaiuto  di  questi 
e  colla  scorta  di  una  squisita  critica,  a  lui  venne  fatto  di 
dare  finalmente  al  mondo  una  storia  compiuta  di  Sisto  ; 


UNA   STORIA   DI    SISTO   V  535 

storia  in  gran  parte  nuova,  e,  quel  che  piu  rileva,  in  ogni 
sua  parte  perfettamente  autentica.  Tale  fu  infatti  lo  scopo 
prefissosidall'Autore,  com1  egli  ci  dice  nell1  introduzione :  l 
narrare  di  Sisto  pura  ed  intiera  la  veritk,  e  perci6  tutta  la 
narrazione  attingere  non  altronde  che  da  fonti  di  autorita 
irrefragabile:  ed  a  questa  norma  egli  si  e  fedelissimamente 
attenuto  in  tutta  T  opera. 

Lasciate  pertanto  da  parte  le  sorgenti  di  fede  dubbia  e 
sospetta,  e  tutta  quella  turba  di  narrazioni,  e  aneddoti,  e 
memorie  e  biografie  di  Sisto  V,  anonime  o  di  autore  oscuro, 
die  si  trovano  manoscritte  per  le  biblioteche  pubbliche  e 
private;  e  sono  per  la  maggior  parte  tarde  compilazioni 
del  secolo  XVII  e  del  seguente,  lavorate  sul  Leti,  e  misture 
di  vero  e  di  falso,  di  reale  e  di  fantastico,  onde  sovente 
furono  tratti  in  errore  gli  storici  di  Sisto  che  le  presero 
ciecainente  per  guida;  THubner  ha  fondato  tutto  il  suo 
racconto  sopra  testimonianze  contemporanee  di  fede  indu- 
bitata,  e  principalmente  sopra  i  carteggi  diplomatici,  che  a 
tempo  di  Sisto  corsere  tra  la  Corte  di  Roma  e  quelle  di 
Madrid,  di  Parigi,  di  Vienna,  di  Venezia,  di  Firenze,  di  Sa- 
voiu;  come  a  dire,  le  lettere  dei  Principi,  le  istruzioni  da 
loro  date  ai  proprii  rappresentanti,  le  relazioni  che  questi 
rappresentanti,  ambasciatori,  Nunzii,  Ministri  o  agenti  se- 
creti  scriveano  d'  ufficio  ai  loro  Sovrani,  ed  altre  carte  di 
siinil  natura. 

Quanto  sia  il  valore  di  cosi  fatti  Documenti,  e  in  ispe- 
zialita  delle  Relazioni  degli  ambasciatori,  non  e  chi  a  primo 
sguardo  nol  vegga;  imperocche,  come  avverte  T  Hiibner , 
per  propria  esperienza  conoscentissimo  di  tal  materia , 
T  agente  diplomatico,  il  quale  scrive  al  suo  Sovrano,  e  posto 
in  tal  condizione  che,  lasciando  anche  stare  i  piu  nobili 
motivi  di  coscienza,  di  onore,  di  leanza  ed  amore  al  Prin- 
cipe, il  proprio  suo  interesse  gli  rende  quasi  impossible  il 
mentire,  allorche  narra  i  fatti  e  i  discorsi  che  vanno  acca- 

1  Vol.  I,  pas.  22. 


536  UNA  STORIA  DI  SISTO  v 

dendo  nella  Corte,  presso  cui  &  accreditato.  Se  e'gli  volesse 
ingannare  a  bello  studio  la  sua  Corte,  egli  ben  sa  che  il 
suo  inganno  verrebbe,  a  poco  andare,  infallibilmente  sco- 
perto ;  e  con  cio  trarrebbegli  in  capo  iufallibil  disgrazia  e 
rovina :  imp^rocche  egli  sa  che  i  suoi  dispacci  hanno  una 
continua  controprova  o  riscontro  nelle  informazioni  mol- 
teplici  che  il  suo  Principe  da  altre  bande  riceve  sopra  gli 
affari  correnti ;  in  quelle  soprattutto  che  egli  riceve  dal 
rappresentante,  presso  lui  residente,  della  Corte  donde  il 
suo  agente  gli  scrive,  ed  in  quelle  che  risultano  dall'eco 
di  tutte  le  altre  corti,  i  cui  ministri  han  T  occhio  e  le  orec- 
chie  sempre  desti  ed  acutissimi  a  cogliere  ogni  novita  che 
accada ,  a  scoprire  e  ormare  tutte  le  pratiche  e  i  negozii 
che  sono  in  corso,  e  ad  informarne  il  proprio  Governo.  Que- 
sto  perpetuo  sindacato  e  riscontro,  a  cui  si  trovano  neces— 
sariarnente  soggette  le  relazioni  diplomatiche,  mentre  da 
una  parte  aguzza  in  ciascheduno  degli  ambasciatori  la  di- 
ligenza  a  bene  informarsi  d'ogni  cosa,  dalFaltra  toglie  loro 
la  possibilita  di  dare  informazioni  bugiarde.  Se  non  che, 
bisogna  qui  ben  distinguere :  altro  e  riferire  esattamente  i 
fatti  e  i  ragionamenti  accaduti;  altro  e  il  rettamente  giu- 
dicarli,  e  il  ben  caratterizzare  lo  spirito,  ond'essi  e  i  perso- 
naggi  che  V  intervengono,  sono  animati.  In  questo  giudizio 
la  passione,  le  prevenzioni,  i  diversi  interessi  sovente  pos- 
sono  assai  a  trasviare  dal  vero  anche  i  piu  accorti  uomini 
di  Stato;  e  percio  si  viiole  andare  con  gran  cautela  a  se- 
guitarli :  la  qual  cautela  viene  per  altro  suggerita ,  anzi 
imposta,  allo  storico  dalla  diversita  medesima  e  dissonanza 
di  cotali  giudizii.  Ma  quanto  ai  fatti,  egli  pub  accettarli  da 
qual  si  sia  dei  relatori  a  chiusi  occhi,  sicuro  che  tutti  di- 
ranno  io  stesso.Tant'e:  nota  qui  1'Hubner.  «  Nel  paragonar 
tra  loro  i  rapporti  degli  ambasciatori  di  Spagna,  di  Francia, 
di  Venezia,  che  difendeano  alia  Corte  di  Sisto  V  interessi 
cosi  disparati,  ed  erano  sovente  gli  uni  contro  gli  altri  in 
secreta  o  aperta  lotta,  tu  resti  stupito,  non  della  gran  di- 
versita de1  giudizii,  la  quale  si  spiega  facilmente,  ma  si  della 


UNA   STORIA   DI    SISTO   V  537 

perfetta  concordanza  nei  ragguagli  che  danno  degli  stessi 
fatti  e  degli  stessi  negoziati.  Appena  entrano  in  tai  rag- 
guagli, ogni  prevenzione  sparisce,  ogni  passione  tace,  ed 
essi  non  attendono  piu  ad  altro  che  a  dire  la  verita  !.  » 

Ora  di  queste  relazioni  diplomatiche,  THiibner,  merce 
le  sue  indefesse  indagini,  ha  avuto  alle  mani  una  dovizia 
stragrande;  e  di  esse  e  intessuto  da  capo  a  fondo  tutto  il 
suo  libro.  Le  piu,  e  al  tempo  stesso  le  piu  important!,  son 
quelle  degli  ambasciatori  di  Spagna  e  di  Venezia.  Fra  tutti 
gli  oratori  dei  Principi,  questi  infatti  tenevano  allora,  e  a 
gran  ragione,  nel  concetto  dei  Romani  e  del  Papa,  la  cima. 
«  I  rappresentanti  di  Filippo  II  (scrive  1' Autore)  erano  i  piu 
potenti,  e  godevano  maggior  autorita  presso  la  Corte  e  il 
Sacro  Collegio;  ma  i  loro  colleghi  veneziani  possedevano 
la  confidenza  e  1'amicizia  di  Sisto  V.  Gli  uni  e  gli  altri  poi 
si  segnalavano  per  accortezza  ed  esperienza  politica,  siccome 
quelli  che  erano  continuamente  adoperati  nei  piu  impor- 
tant! e  difficili  maneggi.  E  cio  s'  intende  di  leggieri,  chi 
rechisi  a  mente  che  il  Sole  non  conosceva  tuttavia  tramonto 
negli  Stati  del  Re  di  Spagna,  e  che  la  serenissima  Repubblica, 
merce  la  privilegiata  sua  posizione  a  Costantinopoli,  serviva 
spesso  di  mezzana  tra  la  sublime  Porta  e  la  Cristianita.  La 
monarchia  di  Carlo  V,  impigliata  in  tutti  i  conflitti  che 
allora  agitavano  il  mondo  e  composta  di  tanti  elementi 
diversi,  aveva  imposta  a  quel  principe  la  necessita,  e  in 
lui  sviluppata  T  arte  del  negoziare,  assai  piu  che  quella 
dell'  amministrare .  E  le  sorti  della  Repubblica  di  San 
Marco,  situata  tra  i  due  raini  della  casa  di  Absburgo  e  tra 
la  Franciae  il  Sultano,  dipendevano  oggimai,  el'esito  della 
Lega  di  Cambrai  T  avea  dimostrato,  assai  meno  dalle  sue 
forze  militari  e  marittime,  riconosciute  incapaci  di  tener 
fronte  all'Europa  collegata,  che  non  dal  senno  de1  suoi  go- 
vernanti  e  dalla  abilita  de'suoi  diplomatic!.  Quindi  5,  che 


Vol.  I.  Pag.  .16. 


538  UNA    STORIA    DI    SISTO   V 

nella  Corte  errante  di  Carlo  V  e  in  seno  aireccellentissimo 
Collegio  di  Venezia,  trasse  i  suoi  natali,  per  necessita  so- 
miglianti,  la  moderna  diplomazia;  e  che  Farte  del  negoziare, 
e  negoziando  mantenere  salvi  gl'interessi  di  Stato,  senza 
avventurarli  alia  incerta  fortuna  delle  armi,  ha  preso  le 
forme,  le  regole  e  le  -costumanze  con  ctri  si  governa  anche 
oggidi.  »  ' 

II  carteggio  degli  ambasciatori  di  Spagna  si  trova 
principalmente  negli  archivii  di  Simancas;  archivii,!  cui 
inestimabili  tesori,  al  tempo  che  il  Ranke  scriveva  la  sua 
Storia  del  Papi  dei  secoli  XVI  e  XVII ,  non  erano  per 
anco  aperti  allo  studio  degli  eruditi ,  come  il  furono 
all'  Hiibner  quando  vi  si  reco  a  studiare  i  tempi  di  Si- 
sto.  Ivi  egli  trovo  le  relazioni  scritte  a  Filippo  II  dal 
Conte  d1  Olivares  suo  ambasciatore  ordinario  a  Roma,  e 
dal  Duca  di  Sessa  che  vi  ando  in  missione  straordinaria ; 
quelle  di  Don  Bernardino  de  Mendoza,  suo  ambasciatore  in 
Francia;  e  le  lettere  di  Filippo  ai  medesimi,  e  le  sue  istru- 
zioni ,  composte  dal  segretario  di  Stato  Ydiaquez ,  e  poi 
corrette  e  postulate  di  mano  medesima  del  Re.  Venezia  gli 
dischiuse  parimente  i  suoi  archivii ,  miniera  inesausta  e 
preziosissima  di  notizie  per  la  storia  dei  tre  ultimi  secoli : 
ivi  egli  trov6  le  Deliberazioni ,  ossiano  le  istruzioni  che, 
deliberate  prima  in  Senato,  mandavansi  agli  ambasciatori; 
le  esposwioni ,  cioe  i  processi  verbal!  delle  udienze  date 
dal  Doge  agli  oratori  esteri ;  i  Dispacci  che  gli  ambascia- 
tori della  Repubblica  presso  le  varie  Corti  scriveano  al 
Doge,  e  che  dal  Doge  leggevansi  in  Senato ,  capilavoro 
per  lo  piu  di  sapienza  e  finezza  politica ;  e  le  celebri  Rela- 
zioni, in  cui  gli  ambasciatori  medesimi,  tornati  dalla  loro 
missione,  doveano  dare  al  senato  un  ragguaglio  sommario 
della  loro  ambasceria  e  della  Corte  da  cui  venivano;  e  fi- 
nalmente  anco  gli  Avvisi,  che  erano  un  sunto  delle  ultime 
nov611e  ,  arrivate  da  ogni  parte  del  mondo  a  quel  gran 

1  Vol.  I,  pag.  6. 


UNA   STORIA   Dl   SISTO   V  539 

centre  politico  e  commerciale  ch'era  a  quei  di  Venezia;  del 
quale  sunto,  ossia  diario  politico,  i  segretari  del  Doge,  ad 
ogni  spaccio  per  gli  ambasciatori ,  aggiungevano  copia. 
Tutti  questi  Document!  veneti,  la  maggior  parte  inediti,  e 
soprattutto  i  dispacci,  fornirono  alFHiibner  materiali  abbon- 
danti  del  pari  e  pregevolissimi  per  la  sua  storia.  Imperocche 
Sisto  V,  per  quella  singolar  fiducia  e  simpatia  che  gia  ac- 
cennammo  aver   egli  nutrita  verso   Venezia ,  solea  cogli 
oratori   della   Repubblica   sfogare  piii  liberamente  il  suo 
cuore  ;  e  in  quell'  impetuosa  esuberanza  di  parole,  a  cui 
volentieri  abbandonavasi  ne'  suoi  lunghi  colloquii  con  esso 
loro,  scopriva  il  piii  intimo  de1  suoi  pensieri,  de'suoi  disegni, 
delle  sue  angosce ;  di  che  essi  non  mancavano  di  scriyere 
subito,  a  mente  fresca,  esatta  relazione  al  Doge.  Perci6  i 
dispacci  del  Priuli,  del  Gritti  e  del  Badoer,  oratori  in  Roma 
lungo  i  cinque  anni  di  quel  Pontificate,  sono  piu  ricchi  per 
avventura  di  informazioni  sopra  la  politica  e  il  governo  di 
Sisto ,  che  non  le  carte  ufficiali  del  suo  Governo  stesso  ; 
mentre  in  quelli  svelasi  tutto  a  nudo  Tindole  del  Papa,  la 
vastitae  altezza  de'suoi  intendimenti,la  vivacita  del  carattere 
iracondo  e  generoso,  franco  maburbero,  1'operosita  immensa 
dello  spirito,  la  fortezza  indomita  dell1  animo,  e  insieme  tutti 
gli  affanni  della  passione  che   ebbe  a  sostenere  nel  suo 
pontificate,  soprattutto  per  le  cose  di  Francia,  e  le  peripezie 
della  terribil  lotta  che  percio  ebbe  a  sostenere  dai  prepo- 
tenti  ambasciatori  del  potentissimo  Re  di  Spagna;  peripezie 
che  non  solo  amareggiarono  gli  ultimi  suoi  di,  ma  forse 
ancora  li  abbreviarono. 

Alle  corrispondenze  diplomatiche  di  Spagna  e  di  Ve- 
nezia, principal  fonte  a  cui  T  Hiibner  attinse  i  tratti  piu 
nuovi  e  rilevanti  della  sua  Storia,  aggiungansi  le  rimanenti, 
che  tutte  insieme  formano  anch'esse  un  tesoro.  Gli  archivii 
del  Vaticano  gli  fornirono,  tre  altri  documenti,  le  relazioni 
importantissime  dei  Cardinali  Morosini  e  Gaetani,  stati  Tun 
dopo  T  altro  Legati  in  Francia  sotto  Sisto.  Nelle  biblioteche 
e  negli  archivii  di  Parigi,  ricca  messe  gli  offrirono  i  car- 


540  UNA   STORIA   DI    SISTO   V 

teggi  del  Cardinale  Luigi  d'Este  e  del  Cardinal  di  Gioiosa, 
protettori  di  Francia  presso  la  S.  Sede,  quelli  del  Marchese 
de  Pisany,  oratore  di  Enrico  III  presso  Sisto,  le  minute  dei 
dispacci  che  in  nome  del  Re  scriveva  il  segretario  de  Vil- 
leroy;  e  le  tantelettere,di  cui  i  capi  della  Lega,i  Principi  del 
sangue,  il  Re  di  Navarra  e  i  numerosi  agenti,  che  gli  uni 
e  gli  altri  tenevano  in  Roma,  facevano  a  quei  giorni  com- 
mercio  attivissimo  ».  Dagli  archivii  di  Vienna  all'  incontro 
poco  costrutto  ei  pote  trarre  ;  essendo  che  1'  Imperatore 
Rodolfo  II,  troppo  distratto  altrove ,  poco  si  occupo  a  suoi 
di  delle  cose  d:  Italia,  lasciando  ivi  libera,  benche  non  senza 
ingelosirne,  la  preponderanza  a  Filippo  II  suo  cugino ;  e 
d'  altra  parte  il  Barone  di  Madrutsch  e  il  gran  Cardinale  di 
Trento  suo  fratello,  ch'e  trattavano  in  Roma  gli  affari  di 
Cesare ,  scriveano  rado  e  poche  tracce  di  se  lasciarono 
negli  archivii  imperiali,ma,  in  ristoro,  gran  dovizia  gli  som- 
ministrarono  d'informazioni  preziose  gli  archivii  di  Firenze. 
II  Cardinale  Ferdinando  de'  Medici,  che  in  conclave  fu  il 
principale  autore  della  creazioue  di  Sisto,  ed  il  Gran  Duca 
Francesco,  suo  fratello,  mantennero  sempre  intime  ed  ottime 
relazioni  col  Papa;  e  pel  sommo  interesse  che  allora  lo 
Stato  ancor  nuovo  dei  Gran  Duchi  avea  di  tenersi  stretto  a 
Roma,  erano  premurosi  di  saperne  ogni  cosa ;  ond'  e  che  il 
loro  carteggio  e  quello  dei  loro  ambasciatori  ed  agenti  in 
Roma,  e  fra  questi  le  lettere  specialmente  di  Monsignor 
Sangaletto,  cameriere  segreto  e  gran  confidente  di  Sisto, 
formano  una  delle  fonti  piu  ricche  a  ben  conoscere  la  vita 
e  la  Corte  di  quel  Pontefice.  Altre  contezze  finalmente  ha 
tratte  T  Hiibner,  anch'esse  di  gran  pregio,  dalle  corrispon- 
denze  che  gli  altri  Principi  italiani,  i  Duchi  di  Savoia,  di 
Mantova,  di  Parma,  di  Ferrara,  di  Urbino,  mantenevano 
assiduamente  coi  Cardinali  e  coi  personaggi  piu  autorevoli 
della  Corte  di  Roma. 

Questi  documenti  poi  quasi  tutti  sono  inediti ;  sicche 
airHiibner  deve  sapere  grado  il  mondo  letterario  di  ve- 
derli  tratti  per  la  prima  volta  in  luce,  e  quanto  alia  loro 


UNA   STORIA   DI   SISTO   V  541 

itenticita,  egli  ce  ne  fa  plena  sicuranza;  giacche  tutti 
sono  stati  copiati  dagli  original!,  sia  delle  spedizioni  sia 
lelle  minute,  negli  archivii  di  Stato  del  Vaticano,  di  Vienna, 
di  Parigi,  di  Simancas,  di  Venezia  e  di  Firenze. '  Del  resto, 
a  maggior  comodo  e  contentamento  del  lettore,  PHiibner, 
dopo  aver  incorporata  nella  sua  storia  la  sostanza  e  sovente 
anche  il  tenore  di  coteste  scritture  diplomatiche,  di  esse 
formando  tutto  il  midollo  del  suo  testo,  non  solo  cita  fedel- 
mente  a  pie  di  pagina  le  carte  onde  ha  tratto  le  notizie 
del  racconto  e  gli  archivi  ov'elle  trovansi;  ma,  nella  copiosa 
Appendice  di  Pieces  justiflcatives ,  che  empie  una  buona 
parte  del  secondo  e  tutto  il  terzo  volume  dell1  opera,  egli 
ha  prodotti  anco  per  disteso  un  gran  numero  de'suoi  Do- 
cumenti  inediti.  Quelli  del  terzo  volume  si  riferiscono  quasi 
tutti  alle  turbolenze  della  Lega,  e  parecchi  mirabilmente 
giovano  a  far  conoscere  lo  spirito  e  la  politica  diFilippoII, 
uno  degli  attori  principal!  del  gran  dramma  onde  la  misera 
Francia  era  allora  il  teatro  :  percio,  attesa  Timportanza  di 
di  tali  carte,  THiibner,  oltre  il  darne  come  fa  degli  altri, 
la  versione  francese,  ne  voile  recare  anche  i  testi  original!, 
in  spagnuolo  o  in  italiano :  e  sono  in  verita  una  delle  piu 
curiose  letture  che  possano  farsi  e  delle  piu  istruttive  a 
ben  conoscere  1'  indole  di  quel  secolo. 

Tali  sono  le  font!,  da  cui  THiibner  derivo  la  sua  narra- 
zione,  quanto  a!  fatti.  Quanto  poi  ai  giudizii  che  egli  da 
dei  fatti  medesimi,  e  quanto  al  rappresentare  ne1  suoi  veri 
sembianti  T  indole  dei  tempi  e  dei  personaggi  che  descrive, 
saviamente  ei  si  avviso  di  dover  anzi  tutto  fare  gran  capi- 
tale  dei  giudizii  di  coloro  che  a  Sisto  furono  coetanei.  Troppo 
spesso  noi  commettiamo,  osserva  egli 2,  il  fallo  di  giudicare 
le  generazioni  passate  secondo  le  nostre  idee  moderne.  Lad- 
dove  lo  storico,  se  vuol  esser  giusto  ed  imparziale,  deve  tra- 
sportarsi  in  mezzo  alFepoca  di  cui  scriye,addomesticarsi  cogli 

1  Vol.  I,  pag.  20. 

2  Vol.  I,  pag.  20. 


542  UNA    STORIA   DI    SlSTO   V 

uomini  d' allora,  e  per  penetrare  nei  loro  pensieri,  ascoltare 
attentamente  i  loro  parlari.  Dei  pensamenti  adunque  del 
contemporanei,  1'Autore  diessi  a  fare  un  profondo  studio, 
non  solo  nelle  carte  diplomatiche  teste  mentovate,  ma  in 
ogni  altro  genere  di  scritture,  di  ricordi  privati  e  pubblici, 
e  di  libri  a  stampa,  in  voga  a  quel  tempo,  ma  oggi  raris- 
simi  o  dimentichi;  e  frutto  di  questo  studio,  frutto  elaborato 
con  lungo  amore ,  e  il  ritratto  cbe  di  Sisto  V  e  de'  suoi 
tempi  egli  ci  diede  in  queste  pagine. 

Ritratto  in  verita,  se  altro  mai  fu,  non  pure  genuine  e 
sincere  per  la  verita  delle  fattezze  e  dei  lineamenti,  ma  al- 
tresi  spirante  e  vivo  per  1'  evidenza  deli'  espressione,  per 
la  freschezza  del  colorito  e  per  la  vivacita  delle  movenze. 
L'  Hiibner,  da  quel  fino  diplomatico  che  egli  e,  ha  saputo 
penetrare  nei  gabinetti  delle  Corti  del  Cinquecento,  intrin- 
secarsi  coi  Principi,  coi  loro  ministri  e  favoriti,  coi  grandi 
uomini  di  Stato  e  con  tutti  i  personaggi  che  rappresenta- 
vano  a  quei  di  una  parte  cospicua  in  sul  teatro  del  mondo; 
come  osservatore  sagace,  ha  saputo  mirabilmente  cogliere 
i  costumi  caratteristici,  le  passioni,  le  prevenzioni,  le  idee 
dominanti  di  quella  eta,  i  vizii  e  le  virtu,  le  miserie  e  le 
grandezze  morali  e  fisiche  di  quella  societa,  ed  ha  potuto 
eziandio  stamparsi  in  mente  un'  esatta  fotografia,  per  dir 
cosi,  del  mondo  materiale  d'  allora,  di  quella  Italia,  di  quella 
Roma  che  allora  vedevasi,  e  da  cui  tanto  si  e  fatta  diversa 
quella  che  noi  veggiamo  oggidi  e  poi,  merce  una  singolar 
maestria  nell'  arte  dello  scrivere  e  del  descrivere ,  tutte 
queste  immagini  ha  saputo  dalla  sua  inente  trasfondere  con 
evidenza  e  fedelta  singolare  in  quella  de'suoi  lettori.  II  fatto 
si  e,  che  dopo  la  veracita,  debito  e  pregio  primario  di  ogni 
storia,  nei  Sisto  V  dell'  Hiibner  la  maggior  bellezza  e,  a 
parer  nostro,  questa  proprieta  ed  evidenza  pittoresca  di  de- 
scrizione  storica,  per  cui  il  lettore  e  trasportato  a  vedere 
i  costumi,  le  scene,  gli  avvenimenti  di  tre  secoli  fa,  non 
altramente  che  se  ei  fosse  uno  degli  allora  viventi. 


(UNA  STORIA  DI  SISTO  V  543 

L'Autore  e  singolarmente  felice  nel  dipingere  i  carat- 
teri  dei  personaggi;  per  modo  che  11  suo  libro  forma  una  stu- 
penda  galleria,  per  dir  cosi,  di  ritratti  storici  dei  piu  illustri 
uomini  di  Stato  e  di  Chiesa  che  con  Sisto  fiorirono.  II  tipo 
generico  dei  diplomatic!  spagnuoli  e  dei  veneti ;  la  finezza 
italiana  dei  secondi  e  T  alterigia  e  il  sussiego  castigliano 
dei  primi;  Tardente  Marchese  de  Pisany  ed  il  terribile  Conte 
d'  Olivares ;  i  gran  Cardinal!  Alessandro  Farnese ,  Luigi 
d'Este  e  Ferdinando  de' Medici;  Tinfelice  Vittoria  ACCO- 
ramboni,  e  Tottima  Donna  Camilla,  sorella  del  Papa;  Em- 
mamiele  Filiberto  di  Savoia  e  Carlo  Emmanuele  suo  figlio; 
i  due  Enrichi  di  Francia,  cioe  F  ultimo  dei  Valois  e  il  primo 
dei  Borboni ;  e,  per  tacer  d'  altri,  quella  gran  testa  di  Re 
che  fu  Filippo  II,  cosi  difficile  a  ben  delineare,  e  cosi  ma- 
lamente  rappresentato  dal  piu  degli  storici:  sotto  la  penna 
dell'Hiibner  ricevono  tutti  una  luce  maravigliosa  e  in  gran 
parte  nuova. 

Ma  sopra  tutti  spicca,  come  e  giusto,  il  ritratto  di  Si- 
sto; intorno  al  quale,  siccome  a  protagonista  del  suo  dram- 
ma,  lo  storico  dipintore  ha  moltiplicato  le  cure  e  fatiche; 
non  gia  per  darcene  un1  immagine  rabbellita  con  tinte  adu- 
latrici,  sostituendo  alia  storia  un  panegirico ;  ma  sibbene 
per  dipingerlo,  o  piuttosto  per  fare  che  egli  medesimo  colle 
proprie  parole  e  coi  proprii  atti  sivenisse  dipingendo,  tutto 
al  vivo  quel  desso  che  ei  fu  colle  sue  grandezze  e  colle 
sue  debolezze,  colle  sue  virtu  e  co1  suoi  difetti,  cioe  con 
tutte  le  luci  e  tutte  le  ombre  del  suo  natural  sembiante. 
Per  saggio  della  maniera  dell1  Hiibner,  valga  il  tratto  se- 
guente,  dove  egli  ci  descrive  Sisto  nel  primo  ingresso  del 
suo  regno;  allorquando  cioe,  appena  proclamato  Papa,  ve- 
nendo  portato  processionalmente  dal  Conclave  in  S.  Pietro, 
Roma  accorse  in  folia  a  contemplare  da  vicino  la  faccia 
del  suo  nuovo  Sovrano. 

«  Sisto  Quinto  (dice  egli)  non  mostrava  punto  i  suoi 
sessantaquattr'  anni.  Di  statura  mezzana,  ma  un  po1  curvo, 
compariva  piu1  piccolo  di  quel  che  fosse.  La  testa,  grande 


544  UNA   STORIA   DI    S1STO   T 

anzi  che  no,  si  affondava  alquanto  in  mezzo  ai  larghi  omeri. 
Alta  avea  la  fronte  e  solcata  di  rughe.  Folte  sopracciglia 
ed  arcuate  ombreggiavano  due  occhietti  bruni  che  saetta- 
vano  lampi.  Quanta  mobilita,  non  gia  di  tratti,  i  quali»anzi 
parevan  rigidi  ed  impassibili,  ma  si  di  espressione!  La  se- 
renita,  la  bonarieta,  la  tenerezza;  indi  in  un  subito  la  seve- 
rita,  la  collera ;  poi  la  calma,  succedevansi  Y  una  all'  altra 
sul  suo  volto:  a  guisa  di  tempesta  che  minaccia,  che  romo- 
reggia,  che  scoppia,  ma  che  in  poco  d1  ora  si  placa.  La 
carnagione  avea  fosca,  colorite  le  guance,  e  assai  promi- 
nenti  i  pomelli,  segno  caratteristico  di  razza  slava.  I  ca- 
pelli  e  la  barba,  che,  come  Francescano,  portava  lunga  e 
folta,  erano  di  color  castagno  con  qualche  spruzzo  di  gri- 
gio,  ma  presto  imbiancheranno  sotto  il  peso  della  tiara. 
Di  sanita  era  eccellente,  salvo  un  incomodo,  il  quale  non- 
dimeno,  a  detta  del  celebre  Messer  Aurelio  Stagni,  il  medico 
d'  allora  maggiormente  in  voga,  non  avea  nulla  di  grave. 
Tutto  il  suo  aspetto  alia  prima  vista  colpiva;  alia  seconda 
quasiche  atterriva;  pero  chi  lo  esaminava  da  vicino  non 
tardava  a  rassicurarsi.  Del  rimanente  era  il  tipo  del  frate ; 
se  non  che  il  frate,  prima  d'ogni  cosa,  obbedisce,  laddove 
questi  era  evidentemente  nato  al  comando.  Non  avea  gra- 
zie,  ma  era  pieno  di  attrattive;  cattivava  altrui,  ma  non 
piaceva  ;  non  era  maestoso,  ma  imponeva  riverenza;  e  ben- 
che  non  avesse  nulla  del  gran  signore,  nulla  del  Sovrano, 
tutti  pero  ben  capivano  che  egli  era  il  padrone  T  ». 

Abbiamo  indicato  fin  qui  il  tenore  generale  dell' Opera 
e  le  qualita  precipue  dello  scrittore.  Nel  fascicolo  seguente 
daremo  un  ragguaglio  alquanto  piu  specificato  delle  materie 
in  essa  contenute,  secondo  T  ordine  delle  medesime. 

1  Vol.  I.  pag.  ^5G,   257. 


I/  OQQETTO 

DELLE    ASSOCIAZIONI    CATTOLICHE 


i. 


Eccovi  le  associazioni  cattoliche  di  tutto  punto.  Strette 
in  sacre  falangi  si  mettono  attorno  al  sacro  vessillo  della 
croce,  che  maestoso  volteggia  per  Faria,  sfavillano  in  volto 
del  vero  spirito  cattolico,  e  tra  se  congiunte ,  con  un  solo 
pensiero  e  con  una  volonta  sola  muovono  ardenti  alia  gran 
lotta.  Contro  di  chi  e  per  qual  fine  ognun  lo  sa :  muovono 
contro  la  rivoluzione,  hanno  in  mira  il  trionfo  del  catto- 
licismo  e  la  glorificazione  del  soavissimo  regno  di  Gesu 
Cristo  nel  mondo .  Esse  procedono  senza  tener  conto  del 
numero  dei  nemici.  Bollienti  di  nobili  spiriti  hanno  propo- 
sto  di  non  cedere  punto  dinanzi  agli  urti  della  malignita, 
della  calunnia,  e  di  qualunque  altro  atto  ingiusto  e  cru- 
dele,  e  fidando  in  Dio  tengonsi  in  pugno  la  vittoria  finale. 
Non  v1  ha  dubbio,  splendido  e  T  apparecchio,  eccellenti  le 
disposizioni.  Ma  tutto  questo  non  menoma  punto  il  dovere 
di  combattere  con  saviezza.  Procedendo  adunque  alia  pu- 
gna,  vadano  sotto  la  scorta  di  si  nobile  virtu,  imitando  in 
cio  quel  Dio,  nel  cui  nome  entrano  in  campo,  il  quale  opero 
tutto  in  sapientia.  Imperocche,  siccome  una  valorosa  fa- 
lange,  per  azzuffarsi  con  guerresca  saviezza,  ha  bisogno  di 
conoscere  quali  sieno  le  forze,  di  che  puo  disporre  il  ne- 
mico,  le  posizioni  che  occupa  e  le  armi  onde  si  vale;  cosi 
Serie  V1IT,  vol.  II,  fasc.  503.  35  23  maggio  1871. 


546  L* OGGETTO 

affinche  le  associazioni  cattoliche  armeggino  a  dovere,  fa 
di  mestieri,  che  conoscano  quale  sia  la  forza,  che  da  spirito 
e  vita  alia  rivoluzione ,  quali  le  difese  di  che  e  munita,  e 
quali  le  armi,  che  adopera  nella  atroce  gu,erra,  che  ha  ban- 
dito  contro  Dio,  contro  Cristo  e  contro  la  Chiesa. 

La  lotta  tra  il  cattolicismo  e  la  rivoluzione  e  lotta  di 
principii.  Laoude  quale  delle  due  parti  contendenti,  dimo- 
strata  la  falsita  dei  principii  dalla  parte  opposta  e  la  verita 
dei  proprii,  annientera  nella  estimazione  degli  animi  la 
forza  morale  delF  avversaria,  rimarra  vincitrice.  Quindi  ap- 
pare  manifesto  quale  sia  Voggetto  delle  associazioni  catto- 
liche odierne :  esso  non  e  altro,  che  i  principii  della  ri- 
voluzione da  annientarsi  nella  pubblica  estimazione,  per- 
suadendone  la  falsita,  e  i  principii  cattolici  da  ristorarsi , 
facendoli  sfolgorare  nelle  menti  in  tutto  il  chiarore  della 
loro  verita.  Questo  si  e  1'oggetto,  intorno  a  cui  devono  tra- 
vagliarsi  le  associazioni.  Esso  e  la  misura  infallibile  del  piu 
e  del  meno  nel  progresso  della  loro  impresa.  Se  molto  an- 
nientano  delle  dottrine  della  rivoluzione  e  molto  ristorano 
di  quelle  del  cattolicismo,  progrediscono  molto;  se  poco, 
poco.  II  lavoro  adunque,  che  non  avra  per  fine  cotesto  ob- 
bietto,  sara  opera  gittata  indarno,  quanto  al  conseguimento 
del  fine  proprio  delP  impresa. 

Ma  come  lavorare  dirittamente,  se  non  si  conosce  ap- 
pieno  quali  siano  quei  principii,  onde  trae  anima  e  forza  la 
rivoluzione;  se  non  si  sa  discernere  le  dottrine  delle  conse- 
guenze  dai  principii  vitali,  che  le  hanno  germogliate  nel  loro 
svolgimento?  Onde  non  basta,  che  le  associazioni  sappiano 
in  genere,  dover  esse  combattere  i  principii  della  rivolu- 
zione ;  e  mestieri  ancora,  che  ne  conoscano  in  particolare 
T  ordine  sistematico  delle  sue  dottrine,  che  ne  rilevino  con 
dirittura  di  giudizio  la  forza,  che  ne  misurino  la  importanza 
di  ciascuna  parte.  Con  tale  cognizione  potranno  agevolmente 
ordinare  gli  assalti  e  drizzare  i  colpi  si,  che  niuno  ne  cada 
invano.  Qui  si  tratta  di  conoscere  Toggetto,  intorno  a  cui, 
versa  il  lavoro  delle  associazioni.  Di  che  ccm'e  impossibile 
che  Tartefice  riesca  egregiamente  nell' opera  sua ,  se  nial 


DELLE    ASSOCIAZIONI    CATTOLICHE  547 

conosce  la  materia  intorno  a  cui  fatica ;  com'  e  impossibile, 
che  il  maestro  insegni  con  facilita  e  con  chiarezza,  se  non 
conosce  puntualmente  T  oggetto  del  suo  insegnamento ; 
com'e  impossibile,  che  un  esercito  investa  a  regola  d'arte 
T  oste  nemica  e  la  sperda ,  se  ne  ha  scarsa  conoscenza ; 
cosi  e  impossibile ,  che  le  associazionj  cattoliche  lavorino 
all1  annientamento  dei  principii  della  rivolazione,  se  mal  li 
conoscono;  che  ristorino  e  propaghino  con  facilita  e  con 
forza  di  convincimento  i  principii  del  cattolicismo,  se  non 
ne  hanno  presa  una  sufficiente  conoscenza;  che  assalgano 
la  forza  delle  dottrine  rivoluzionarie,  se  non  ne  hanno  stu- 
diato  abbastanza  F  organismo. 

II. 

Quali  adunque  sono  i  principii  della  rivoluzione,  quale 
la  lor  tempera ,  quale  il  lor  giuoco  negli  individui  e  nella 
societa?  Sbozziamone  qui  un  picciol  quadro,  e  indi  T  as- 
sociate cattolico  lo  deduca. 

II  principio  fondamentale  della  rivoluzione  fu  bandito 
dall1  empio  e  sozzo  labbro  del  Voltaire.  Semplice  e  la  for- 
mola,  ma  di  terribile  virtu  il  veleno,  che  cela  in  se.  Ecco  i 
suoi  termini:  Tuomo  e  indipendente  da  ogni  autorita  esteriore 
nelle  cose  di  spirito.  Non  fa  bisogno  di  grande  acutezza  di 
mente  per  capire,  che  ove  esso  prevalga,  sia  nelFindividuo, 
sia  nella  societa,  cadra  T  autorita  di  Cristo,  cadra  I1  autorita 
della  Chiesa,  cadra  F  autorita  della  Bibbia.  Fermato  il  prin- 
cipio della  indipendenza  delF  uomo  da  ogni  autorita  este- 
riore nelle  cose  dello  spirito,  il  Cristo,  la  Chiesa,  la  Bibbia, 
autorita  esteriori,  non  avranno  alcuna  signoria  sopra  di  lui. 
Chi  volesse  imporle,  tenterebbe  d'imporre  un  giogo  iniquo. 
Per  Tuomo  indipendente  non  vi  e,  ne  vi  debbe  essere  altra 
regola  da  quella  della  sua  ragione.  Di  qui  la  chiosa  del 
principio  volteriano  fatta  dal  D'Alembert,  dal  Diderot  e  dal 
Damilaville,  espressa  in  quest1  altra  formola :  scuotete  il  giogo 
di  ogni  autorita  estrinseca  in  do  clie  tocca  lo  spirito,  diguisa 
die  ogni  uomo  non  olbedisca  se  non  alia  propria  ragione.  La 


548  L'  OGGETTO 

opposizione  tra  questo  principio  fondamentale  della  rivolu- 
zione  e  quello  del  cattolicismo  non  pu6  essere  phi  spiccata. 
Stanteche  il-  cattolicismo  abbia  la  fede  per  base,  Y  autorita 
per  guida,  la  credenza  alle  cose  rivelate  e  la  soggezione  a 
neeessita  di  precetto:  tutto  all'opposto,  la  rivoluzione  abbia 
il  discorso  della  propria  ragione  a  fondamento,  la  conchiu- 
sione  della  stessa  ragione  per  sola  autorita  competente  e 
la  giunta  di  una  somma  liberta  di  ammettere  o  rigettare 
checchessia  nei  singoli  cittadini.  Donde  spuntano  la  liberta 
di  pens  are  e  la  liberta  di  coscienza  qual  diritto  pratico,  ed 
il  piu  crudo  razionalismo  qual  teorica  generale. 

Ma,  posta  a  principio  la  indipendenza  da  ogni  autorita  in 
cose  spirituali,  breve  era  il  passo  alia  indipendenza  da  ogni 
autorita  e  serVitu  temporale.  Di  fatto,  se  niuno  in  forza  di 
un  diritto  supremo  della  sua  ragione  e  obbligato  accogliere 
una  dottrina  vera  e  soggettarvisi  con  fede  e  confidenza, 
chi  potra  costringere  un  altro  uomo  alia  obbedienza  di  or- 
dini,  che  risguardano  la  persona  e  le  estrinseche  operazioni 
del  medesimo?  II  farlo  sarebbe  un  iniquissimo  attentato 
contro  la  liberta .  Se  non  vi  devono  essere  ne  dottori,  ne 
discepoli,  ne  autorita,  ne  credenza,  per  qual  ragione  do- 
vranno  ancora  contarsi  al  mondo  padroni  e  servi,  signori  e 
soggetti?  II  supporli  sarebbe  una  contraddizione  .  E  poi, 
so  in  cio  die  spetta  allo  spirito,  e  soprattutto  in  materia 
di  religione  ogni  uomo  deve  o  puo  essere  un  savio  di  prima 
forza,  un  papa  indipendente,  perche  il  medesimo  non  dovra 
essere  parimenti  un  sovrano  temporale  indipendente  dagli 
ordini  di  chicchessia?  E  se  tutti  gli  uomini  si  stimano  per- 
fettamente  eguali  in  cio  che  e  ragione  e  lume  d' intelletto, 
perche  non  saranno  ancora  eguali  nella  potenza  esteriore, 
nella  ricchezza  e  negli  altri  doni  della  natura?  Eccovi  quanto 
era  facile  e  breve  il  valico  dal  principio  di  Voltaire  alle  piu 
gravi  quistioni  sociali :  non  vi  bisognava  piu  che  una  sem- 
plicissima  comparazione  tral'ordine  morale  intrinseco  ed 
estrinseco  deiruomo,  che  ne  formasse  il  ponte. 

Non  ando  guari,  ed  il  terribile  passo  fu  dato.  Nel  1752 
comparve  il  Rousseau  col  suo  Contratto  sociale,  in  cui  fin 


DELLE   ASSOCIAZIONI    CATTOLICHE 


549 


clal  prime  capo  proponea  a  modo  di  quistione  il  principio  di 
eguaglianza  sotto  questa  formola  spaventosa:  Z' '  uomo  2 
nato  libero,  e  da  per  tutto  si  trova  in  ceppi:  come  mat  avxenne 
questo  cambiamento  ?  Jo  V  ignoro.  In  questo  principio  fondo 
il  diritto  sovrano  nel  popolo,  ed  appoggiato  al  medesimo 
meno,  or  di  punta  ed  or  di  taglio  fieri  colpi  alia  proprieta. 
—  Che  un  uomo,  dicea,  sovraneggi  ad  altri  uomini  eguali  a 
lui  per  natura,  e  intollerabile  tiraunia:  che  alcuni  posseg- 
gano  ed  altri  no  benche  figli  della  stessa  natura,  e  iniqua 
disuguaglianza:  che  Tabbiente  in  forza  delle  sue  ricchezze 
padroneggi,  ed  il  povero  costretto  dal  bisogno  debba  pre- 
stargli  servitu,  e  uu'  intollerabile  ingiustizia  contro  la  natia 
liberta  e  la  natia  indipendenza.  Ma  ne'grandi  Stati  e  im- 
possibile,  che  tutti  gli  individui  convengano  per  esercitare 
il  proprio  diritto  sovrano,  e  che  non  s'insinui  la  servitu. 
Ebbene  si  rovescino  tutti  gPimperi,  si  abbattano  tutti  i  re- 
gni,  cadano  tutte  le  grandi  repubbliche ,  s'  istituiscano  i 
comuni  ed  ogni  ingiustizia  sociale  sara  spenta .  —  Dalla 
quale  teorica  esce:  1°  il  diritto  d'  insorgere  contro  ogni 
principe :  2°  il  diritto  d'  insorgere  contro  ogni  proprieta- 
rio :  3°  il  dovere  di  ordinare  la  societa  a  comuni . 

Se  non  che  gli  uomini,  dichiarati  di  eguali  diritti  so- 
ciali  secondo  il  modo  immaginato  dal  Rousseau,  sono  an- 
cora  in  forza  del  principio  volte riano  indipendenti  da  ogni 
autorita  esteriore  in  cio  che  spetta  allo  spirito.  II  perche  : 
l°unparlamento  composto  di  cotal  gente  avrebbe  il  diritto 
di  non  curarsi  punto  della  autorita  religiosa,  e  il  dovere  di 
combatterne  la  forza  morale  qual  giogo  iniquo,  che  si  vuole 
imporre :  2°  la  ragione  degli  onorevoli  sarebbe  la  regola 
suprema  della  giustizia  e  della  onesta  delle  leggi :  3°  es- 
sendo  moralmente  impossible  il  cornune  accordo  nelle  de- 
cisioni,  T autorita  non  sarebbe  altro,  che  la  somma  del  mag- 
gior  numero  e  delle  forze  materiali.  E  cosi  il  Voltaire  ci  da 
il  primo  dato  vitale  della  rivoluzione,  che  e  la  irreliyione;  il 
Rousseau  ci  porge  il  secondo,  formante  la  midolla  della  sua 
morale,  che  e  il  socialisms. 


550  l/OGGETTO 

Di  che  e  reso  manifesto  quello,  che  importa  la  voce  n- 
volwione.  Essa  non  e  che  il  grido  di  guerra ,  e  di  guerra 
ad  oltranza  alFautorita  divina  ed  alFautorita  umana ;  guerra 
alPapaedalre,  guerra  ad  ogni  disuguaglianza  e  servitu,  sia 
che  provenga  dagli  uomini,  sia  che  venga  cagionata  dal  pos- 
sesso  delle  cose.  All'occhio  del  rivoluzionario  Torganamento 
della  vecchia  societa  appare  arcifalso,  arcicattwo,  arcifra- 
cido:  deve  tutto  cadere.  Gli  uomini  della  rivoluzione  non  si 
daranno  ne  posa,  ne  requie,  infino  a  che  non  abbiano  in- 
fante e  ridotte  in  polvere  le  tre  tirannie  dei  re,  dei  capita- 
listi  e  dei  preti,  che  a  guisa  di  idra  tricipite  travagliano  la 
umanita,  e  non  abbiano  ricostrutta  da  capo  afondo  Ha  societa 
secondo  il  nuovo  diritto  ,  o  piu  chiaro  ,  secondo  i  principii 
del  socialismo.  Cosi  ha  favellato  la  rivoluzione  per  bocca 
del  Proudhon  senza  alcun  velo  d'  ipocrisia. 

Contuttocio  la  parte  delP  odio  piu  cieco  e  piu  furioso 
tocca  alia  religione  di  Gesu  Cristo.  La  quale  ,  vera  arnica 
della  umanita,  si  erge  qual  rocca  formidable  dinanzi  alia 
empieta,  alia  insania  ed  alia  ruina  dei  principii  rivoluzio- 
narii  e  ne  rompe  le  ire  schiumose.  «  Tu,  scrivea  sossopra 
un  rivoluzionario  italiano,  costringi  colla  autorita  dei  tuoi 
dommi  e  de'tuoi  precetti  la  mente  ed  il  cuore,  e  percio  ti 
odiamo  profondamente :  tu  sostieni  il  preteso  diritto  dei  re, 
e  percio  ti  detestiamo  di  cuore:  tu  difendi  la  proprieta ,  e 
percio  ti  abborriamo  con  tutto  1'  animo .  La  nostra  guerra 
contro  di  te  e  guerra  di  desolazione,  e  guerra  di  sterminio 
sempiterno.  »  Smanie  da  pazzo,  bestemmie  da  invasato,  ed 
ingiurie  da  vile  mascalzone  contro  tuttocio,  che  sa  di  reli- 
gione, sono  gli  strani  effetti  di  questi  tre  odii  concentrati 
in  uno,  che  s'incontrano  negli  scritti  di  cosiffatti  uomini. 
I  discorsi  e  le  lettere  del  Garibaldi ,  note  a  tutto  il  mon- 
do,  ne  formano  la  prova  piu  luculenta. 

Tale  e  la  natura  della  rivoluzione,  tali  sono  i  principii 
fondamentali ,  su  cui  va  traendo  innanzi  il  suo  lavoro  so- 
ciale.  II  propagarsi  ed  il  crescere  dei  medesimi  in  opere 
conformi  e  detto  dai  suoi  adepti  progresso:  il  colorito,  che 


DELLE   ASSOCIAZIONI    CATTOLICHE  551 

vanno  pigliando  le  leggi  ed  i  costumi  del  popoli  secondo 
le  loro  tinte,  e  nominata  civilta:  il  pieno  svolgimento  della 
loro  forma  sociale  e  chiamata  la  religions  e  l&societadeirav- 
venire.  Essi  sono  la  vera  luce  delle  nazioni,  essi  costituiscono 
la  vera  liberta.  Chi  gli  osteggia  e  un  retrivo,  e  un  oscuran- 
tista,  &  il  vero  nemico  del  popolo  e  della  umanita,  degno 
percio  di  essere  messo  al  bando  ed  alia  gogna.  Tutto  cio, 
che  in  teorica  od  in  pratica  si  oppone,  e  super stizione,  e  in- 
ganno ,  e  mgiustwia.  Volete  sapere  il  luogo ,  dove  questi 
insegnamenti  sono  stati  dapprima  divulgati,  perfezionati,  e 
calorosamente  inculcati?  II  luogo  fu  la  loggia:  i  maestri 
piu.  dotti,  ed  i  propagatori  piu  caldi  furono  i  massoni.  E 
V '  idra  tricipite  dei  re ,  dei  capitalisti  e  del  prete  appare  dise- 
gnata  nella  patente  del  Rosa-croce,  affinche  dovendo  egli 
entrare  in  lotta,  qual  capitano  formato,  abbia  sempre  di- 
nanzi  allo  sguardo  cio  che  ha  da  ferire  coi  suoi  colpi. 

III. 

Per  conoscere  il  giuoco  dei  suddetti  principii  uno 
sguardo  alia  forma,  in  che  compariscono  attuati  nella  so- 
cieta  dalla  rivoluzione.  La  prima  mostra  solenne,  che  die- 
dero  di  se  ,  fu  nella  famosa  DicMarazione  dei  diritti  del- 
Vuomo,  fatta  nel  1789.  Sfolgoranti  di  una  luce  sinistra 
presero  in  essa  corpo  e  vita  di  sistema  legislative.  In  forza 
della  loro  applicazione  cadde  tosto  abolito  il  feudalismo. 
La  ricchezza  privilegiata ,  la  servitu  rurale  ,  il  diritto  di 
primogenitura,  i  gradi  e  i  titoli  fiirono  di  un  colpo  solo  im- 
molati  ai  diritti  delVuomo.  Gli  Ordini  religiosi  soggiacquero 
alia  stessa  sorte,  perche  i  tre  voti  di  castita,  di  poverta  e 
di  dbbedienza  diceansi  proscritti  dalla  natura,  dal  lavoro  e 
dalla  liberta ;  e  si  die1  una  costituzione  civile  al  clero , 
affinche  per  la  legge  della  eguaglianza  essendo  egli  messo 
al  livello  del  popolo,  la  societa  fosse  guarentita  dalla  pre- 
tensione  del  sacerdote,  che  riputavasi  delegate  dall'Altis- 
simo,  e  superiore  in  dignita  agli  altri  fedeli.  Alia  sovranita 
popolare  fu  posto  in  capo  il  regal  diadema,  e,  dichiarata  la 


552  L*  OGGETTO 

nazione  superiore  al  governo  e  questo  suo  officiate  re- 
sponsabile ,  la  dignita  del  principe  die  T  ultimo  crollo  . 
Onde  egli  scadtito  dai  suoi  diritti  antichi  potea  esser  tratto 
in  giudizio  e  condannato  dal  popolo,  siccome  accadde. 

Indi  fu  gittato  il  bando  di  guerra  contro  tutti  i  regni , 
contro  gl'imperi  e  contro  le  repubbliche.  Tutto  dovea  ce- 
dere  alle  mire  della  rivoluzione  ormai  seduta  in  trono.  I 
diritti  dei  re  e  degl'  imperatori  doveano  essere  annullati, 
rovesciati  gli  ordinamenti  antichi,  la  religione  manomessa 
ed  oppressa,  e  ricostrutto  Tedifizio  sociale  secondo  la  forma 
della  rivoluzione.  Cosi  portavano  gli  ordini  decretati  dalFas- 
semblea  francese  per  i  capitani  conquistatori.  Le  quali  cose 
avendo  considerate  Giuseppe  Ferrari,  conchiuse  cosi:  «  che 
cosa  e  dunque  la  rivoluzione  in  opera,  se  non  la  guerra  della 
ir  religione  e  della  eguaglianza?  Essa  vuole  la  giustizia  pre- 
sagita  da  Campanella,  essa  atterra  il  pontefice  e  V  impe- 
ratore,  Cristo  e  Cesare,  le  quattro  tirannie,  che  Machiavelli 
aveva  additate  alFodio  dell'  Italia  !.  » 

Vinta,  la  Dio  merce,  su  i  campi  di  battaglia  ed  affievo- 
lita  nella  pubblica  stima,  non  si  rimase  dall1  operare.  Se 
non  che ,  avendo  conosciuto  dalP  esperienza ,  che  il  fare 
selvaggio  e  violento  della  sua  prima  comparsaaveale  susci- 
tato  contro  la  opposizione  generale ,  si  studio  per  tale  ra- 
gione  d1  insinuarsi  in  forma  gentile  e  con  maniere  cortesi. 
Celo  sotto  di  esse  il  brutto  ceffo  della  sua  natura,  non  muto 
punto  T  orridezza  de'suoi  principii.  A  tale  uopo  riformo  il 
suo  procedere  nelFordine  specolativo,  e  muto  sembianza 
nell'  ordine  pratico  e  sociale.  In  quello,  smesse  le  violenti 
declamazioni  del  secolo  passato,  prese  il  grave  incesso  della 
cattedra:  in  questo  con  vago  e  sonoro  titolo  si  disse  libe- 
ralismo. 

Ecco  le  precipue  spoglie,  sotto  cui  comparve  uelYordme 
specolativo. 

Supposto  solido  il  fondamento  del  principio  della  indi- 
pendenza  volteriana,  ruppe  gaerra  alia  rivelazione,  e  negato 
I1  ordine  soprannaturale  insegno  il  naturalismo:  prima  spo- 

1  Filosofia  della  rivoluzione,  p.  3,  sez.  3,  cap.  II. 


DELLE   ASSOCIAZIONI    CATTOL1CHE  553 

glia.  Or  gelosa  della  liberta  sovrana  concessale  nego  Pesi- 
stenza  di  un  Dio,  che  potesse  contendergliela,  predicando 
Vateismo:  seconda  spoglia.  Or  levatasi  in  orgoglio  disse , 
che  quanto  esiste  od  apparisce,  e  Dio,  e  1'uomo  la  piu  nobile 
emanazione  di  esso,  ed  eccovi  il  panteismo:  terza  spoglia. 
Ora  offuscata  dal  piacere  dei  sensi  non  vide  nelPuomo  altro 
che  un  pezzo  di  icarne  vivificata  alia  maniera  dei  bruti,  dei 
quali  il  fe'progenie  ingentilita,  e  con  cio  comparve  in  veste 
del  materialismo :  quarta  spoglia.  Procedendo  nel  suo  ma- 
gistero,  mise  al  capriccio  degli  individui  la  idea  di  onesta 
e  di  morale  col  proclamare  e  statuire  qual  principio,  la  mo- 
rale indipendente  da  ogni  religione.  In  fine,  volendo  dare  al 
mondo  lo  spettacolo  dell1  attuazione  viva  e  parlante  di  que- 
ste  sue  capestrerie,  immagin6  ed  istitui  la  societa  dei  liberi 
pensatori,  riassunto  delle  follie  e  della  empieta  delle  sue 
dottrine . 

Eccovi  i  parti,  di  che  fu  feconda  la  rivoluzione  nell'or- 
dine  specolativo,  merce  il  suo  principio  fondamentale.  Di- 
fatto  supposta  la  indipendenza  della  ragione  da  ogni  estrin- 
seca  autorita  in  cio,  che  spetta  allo  spirito,  ne  segue  tosto, 
o  che  la  ragione  individuale  sia  la  sola  autorita  rivelante, 
o  che  non  esista  un  Dio  superiore,  o  che  sia  sostanza  divina 
il  soggetto  in  cui  si  trova,  o  che  essa  non  sia  piu  che 
un'accensione  fosforica  ad  modicum  parens,  svolgentesi  per 
legge  fisica,  o  che  Dio,  se  esiste,  le  abbia  dato  a  regola  di 
onesta  il  capriccio  delle  passiom.  E  poi  inutile  il  dire  sotto 
quante  forme,  sotto  quali  e  quante  tinte  per  la  sfrenatezza 
della  medesima  fecondita  siano  stati  svolti  e  predicati  co- 
testi  sistemi,  messi  al  mondo  dal  principio  rivoluzionario. 
Le  affermazioni  e  le  negazioni,  le  riforme  e  le  mutazioni, 
gli  esaltamenti  della  vittoria  e  il  disonore  delle  sconfitte,  e 
il  fiotto  di  continue  novita  di  opinioni.  che  urtano  e  annien- 
tano  le  precedent!,  e  cosa  di  ogni  di.  Non  V  e  maestro  che 
non  presenti  un  suo  sistema,  non  v'e  discepolo  che  non  voglia 
mettervi  alcun  che  di  suo.  Cosicche,  scorrendo  i  molti  libri 
usciti  dailapenna  della  rivoluzione,  non  trovi  che  confusione, 
che  contraddizioni,  che  demolizioni  e  ruine.  Onde  presi  tutti 


554  L' OGGETTO 

in  fascio  pub  scriversi  sopra :  anarcMa  delle  menti,  dono 
arrecato  al  mondo  dal  principio  della  rivoluzione. 

Passiamo  ai  principii  dell1  ordine  pratico  e  sociale,  spac- 
ciati  sotto  il  titolo  di  liberalismo. 

II  principio,  con  che  la  rivoluzione  liberalesca  s'afferma 
nel  mondo  sociale ,  e  il  seguente :  la  religione  non  ha  che 
fare  colla  politica.  Semplicissimo  in  se ,  varia  nell1  applica- 
zione  secondo  le  diverse  tinte  del  liberalismo.  Di  queste 
ve  ne  ha  di  tre  specie :  1'  anticristiana ,  la  politico- ecclesia- 
stica  moderna  e  la  cattolico-liberale.  La  prima  negando 
recisamente  il  soprannaturale  sdegna  ogni  vincolo  di  re- 
ligione; e  ne  fa  sciolta  la  societa,  libero  lo  stato,  francate 
le  scienze.  Essa  porta  il  principio  volteriano  dall'  individuo 
nel  seno  della  comunita,  e  ve  lo  applica  in  tutta  la  sua 
crudezza.  La  seconda,  fattasi  adoratrice  dello  stato  moderno 
irreligioso,  da  al  medesimo  un  diritto  esclusivo  e  sconfinato  di 
governare  la  societa  civile,  ed  impone  Tobbligo  alia  Chiesa 
disoggettarvisi.  Eppure,  nonsappiamo  se  perischerno  o  per 
soverchio  di  semplicita,  dopo  di  aver  largbeggiato  tanta 
servitu  alia  Chiesa  ella  si  chiama  in  Germania  la  parte  dei 
veri  liberali.  II  suo  principio  si  e :  godere  lo  Stato  un  diritto 
illimitato,  siccome  quello  die  e  la  fonts  di  tuttiidiritti.  La  terza 
specie  afferma,  dovere  lo  Stato  procedere  come  se  niuna 
religione  esistesse,  e  percio  non  dovere  curare  o  proteggerne 
alcuna  in  particolare ,  ne  occuparsi  di  scuole  o  di  educa- 
zione  pubblica,  lasciando  questo  alia  operosita  autonoma 
della  libera  concorrenza  dei  partiti .  Vuole  in  una  parola 
attuato  il  principio,  libera  Chiesa  in  libero  Stato,  ossia  1'altro 
che  vale  lo  stesso :  separazione , della  Chiesa  dallo  Stato.  II 
fondatore  di  questa  scuola  liberale  politica  fu  il  Lamennais. 
Diverse  sono  le  sentenze,  su  cui  si  fondano  queste  tre  specie 
di  liberalismo,  diversi  gl'  intendimenti :  ma  alia  fine  si  ac- 
cordano  tutte  e  tre  nell'asserire  il  principio,  che  la  religione 
non  ha  che  fare  in  politica.  II  che  in  altri  termini  significa: 
la  divina  rivelazione  e  la  morale  cristiana  spettare  all'  in- 
dividuo, il  potere  governativo  o  la  societa  non  doversene 


DELLE    ASSOC1AZION1    CATTOL1CHE  555 

impacciare,  ne  avere  alcun  obbligo  di  riconoscere  una  au- 
torita religiosa. 

Qual  5  la  conseguenza  del  liberalismo  di  quale  che 
siasi  tinta  nella  political  La  irreligione ,  ossia  V ateismo 
reciso  nelle  due  prime  specie,!'  indijferentismo  nella  terza, 
il  quale  pur  si  risolve  nell1  ateismo  in  pratica.  II  che  non 
importa  meno  che  il  trionfo  della  rivoluzione.  Difatto  essa 
vuole  Tuomo  in  comunita  spigliato  da  ogni  autorita  estrin- 
seca  in  cose  che  toccano  lo  spirito,  ed  hallo  dal  liberaiismo: 
vuole  la  ragione  sovrana  indipendente  nel  prescrivere  il 
giusto  e  1'onesto,  ed  ottienlo  dal  liberalismo:  vuole  che 
F  autorita  religiosa  sia  annullata  nella  societa ,  ed  il  libe- 
ralismo le  rende  cotesto  servigio.  Rivoluzione  adunque  e 
liberalismo  sono  carne  ed  ugna;  uno  val  T  altra.  L' asso- 
ciate cattolico  non  si  lasci  gabbare  dalla  vaghezza  del  titolo 
di  liberale. 

L1  opera  del  liberalismo  nell1  ordine  politico  ci  disegna 
la  portata  delle  sue  dottrine.  Somigliante  in  parecchi  punti 
alle  favolose  arpie,  lo  e  anche  in  questo,  che  quanto  tocca, 
tan  to  guasta  ed  infetta  della  sua  tristizia.  Gli  Ordini  rap- 
presentativi  sono  una  forma  di  governo  innocua  per  se  , 
come  le  altre:  ma  non  gli  ammodernati ,  in  cui  il  liberali- 
smo ebbe  la  mano.  Gli  statuti ,  che  esso  mise  in  corso , 
mandano  dall1  affermazione  liberalesca  della  sovranita  po- 
polare  ,  della  libertci  della  stampa  e  della  liberta  di  coscienza 
tale  odore  di  arnesi  rivoluzionarii ,  che  e  una  peste.  Fatto 
sta ,  che  dovunque  ei  prevale ,  si  serve  di  tutti  e  tre  questi 
principii,  corne  di  armi  potenti  ad  assaltare,  ad  opprimere, 
e  ad  annientare  ogni  autorita  religiosa,  la  quale  possa 
comecchessia  contendergli  T  impero  nella  societa.  Che  piu? 
Le  costituzioni ,  che  paiono  piu  innocue ,  se  gli  avvenga 
di  arraffare  il  governo  dello  Stato,  divengono  in  mano  sua 
coll'  aiuto  della  sovranita  della  maggioranza  un  v&lido 
stromento  di  persecuzione  contro  la  Chiesa.  L1  Austria,  la 
Ba.viera,  il  Baden,  il  Belgio,  e  sopra  ogni  altro  paese  la 
Italia  lo  sanno  per  prova. 


556  L'  OGGETTO 

Non  e  cosa  inutile,  che  r  associate  cattolico  si  ferini  ua 
tantino  a  considerare  qual  sia  il  progresso  del  liberalismo 
compiutosi  dal  punto ,  in  cui  fu  dato  lo  Statute  da  Carlo 
Alberto,  fino  al  presente.  La  religione  vi  era  proclamata 
qual  sola  religione  dello  Stato  e  tollerate  le  altre  sette,  il 
possesso  de'  suoi  beni  assicurato,  la  liberta  della  sua  azione 
guarentita.  Eppure  in  progresso  non  trovate  la  sovranita 
delle  maggioranze  usata  nel  rovesciare  le  sue  istituzioni,  la 
liberta  della  parola  e  della  stampa  adoperata  nell'  abbattere 
ogni  autorita  delle  sue  credenze,  e  la  podesta  legislativa 
volta  ad  inceppare  la  sua  liberta?  Parve,  che  Dio  e  la  sua 
Chiesa  fossero  in  certo  modo  i  nemici  da  temersi  piu  che 
ogni  altro.  Tale  fu  la  guerra  subdola  ,  ipocrita ,  che  s'  in- 
comincio  a  fare  all1  uno  ed  all'altra.  Dio  fu  eliminato  dalla 
scuola ,  fu  eliminato  dalla  milizia ,  fu  eliminato  dal  matri- 
inonio ,  il  riconoscimento  della  divinita  sia  nelle  feste  sia 
in  altri  atti  pubblici  fa  soppresso.  La  Chiesa  colla  soppres- 
sione  dei  concordati  cesso  di  essere  considerata  come  so- 
cieta,  fu  guardata  come  una  collezione  d1  individui  con  tali 
e  tali  opinioni,  non  altrimenti  che  i  protestanti,  gli  eghel- 
liani  ed  i  liberi  pensatori:  quindi  niun  riguardo  di  legge  ai 
suoi  canoni,  alle  sue  istituzioni,  ai  suoi  diritti.  Furono  sop- 
pressi  i  suoi  Qrdini  religiosi,  maledicendone  i  voti ;  furono 
confiscati  i  suoi  beni,  sconoscendone  il  possesso;  fu  sop- 
presso il  suo  f6ro  negandone  il  diritto;  fu  divietata  la  pub- 
blicita  del  suo  culto,  combattuto  il  seminario  e  pressoche 
tolta  la  possibilita  di  rinnovare  con  nuove  cerne  la  sacra 
milizia  del  suo  clero.  Lo  Stato  non  vuole  aver  che  fare  con 
Domeneddio  e  con  la  Chiesa ,  se  ne  dichiara  emancipate, 
indipendente  ,  non  riconosce  divinita  superiore.  II  naturali- 
smo  sociale,  la  secolarizz  azione  universale,  la  separations  del- 
la  Chiesa  e  dello  Stato  e  I'' '  ateismo  legale,  terribili  cancri 
dello,  societa  presente ,  inciprigniscono  e  si  allargano,  in 
quella  che  ii  bando  di  Dio  e  della  Chiesa  dallo  Stato  ne 
affievolisce  la  conoscenza  negli  individui ,  la  insinuazione 
del  principle  razionalistico  vi  porta  la  indifferenza  e  le  ini- 
gliaia  di  giornali  al  soldo  delle  rivoluzioni  vi  seminano  il 


DELLE   ASSOCFAZIONl    CATTOL1CHE  557 

falso  concetto  e  T  errore,  donde  nasce  la  defezione  del  po- 
poli.  Quando  questa  fosse  compita ,  la  rivoluzione  cante- 
rebbe  la  vittoria  su  F  autorita  divina  sua  rivale.  Ma  guai 
se  mai  ci6  accadesse !  Allato  di  tale  defezione  il  socialismo 
sorto  dalla  uguaglianza  diverrebbe  gigante  e  traducendo  in 
atto  la  sua  protesta  contro  ogni  autorita  e  contro  ogni 
possesso  riempirebbe  la  terra  di  ruine  e  di  cadaveri. 

Tali  sono  i  principii  teorici,  tali  i  principii  pratici,  tale 
la  loro  tempera  c  tale  il  giuoco  delle  loro  ree  conseguenze 
negli  individui  e  nella  societa,  intorno  a  cui  le  associazioni 
cattoliche,  come  intorno  a  oggetto  proprio  della  loro  isti- 
tuzione  debbono  travagliarsi.  Dottrine,  conseguenze,  forme 
pratiche  di  attuazione,  immaginate  dalla  rivoluzione,  tutto 
e  descritto  nel  quadro  qui  sbozzato.  La  forza  dell'avversaria 
&  messa  in  mostra :  contro  di  essa  si  volga  ogni  studio,  contro 
di  essa  si  usi  dagli  associati  cattolici  ogni  opera  per  vin- 
cerla  ed  annientarne  ogni  influsso. 


IV. 


Per  qual  via  giungere  al  compimento  di  tanta  impresa? 
Una  forza  morale  e  da  distruggersi  con  altra  forza  morale 
opposta.  Quale  sia  la  forza  morale  opposta  alia  forza  morale 
del  principii  della  rivoluzione  ,  ognun  lo  sa:  e  la  forza  dei 
principii  del  cattolicismo.  Essendo  il  principio  fondamen- 
tale  della  rivoluzione  in  aperta  opposizione  con  quello  del 
cattolicismo,  e  cosa  evidente,  che  tra  le  conseguenze  del 
primo ,  vedute  di  sopra ,  e  le  conseguenze  del  secondo 
correra  la  medesima  opposizione .  L1  associate  cattolico 
adunque  opponga  principio  a  principio ,  conseguenze  a 
conseguenze ,  al  verbo  fallace  della  rivoluzione  il  verbo 
infallibile  della  Chiesa,  all'  azione  dei  figli  della  rivoluzione 
nel  propagare  e  sostenere  i  principii  della  lor  madre ,  la 
fervida  operosita  dello  zelo  nel  propagare  e  difendere  i  prin- 
cipii della  santa  sua  madre  la  Chiesa.  La  parola  di  Dio,  che  e 
pur  quella  della  Chiesa,  viene  rassomigliata  a  spada  di  doppio 
taglio,  che  scompiglia  col  suo  lampo  T  errore  e  lo  ferisce  a 


558  L'  OGGKTTO 

morte  colla  sua  punta.  Si  valga  di  questa  anna  della  vittoria, 
Dio  gliela  offre,  non  la  trascuri.  Egli  vincera  due  giochi  ad 
una  partita:  distruggera  e  ristorera:  distruggera  i  principii 
della  rivoluzione  e  ristorera  i  principii  del  cattolicismo. 

Chi  volesse  conoscere  a  fondo  la  falsita  e  T  assurdita 
della  teorica  rivoluzionaria,  ed  indi  ricavare  i  sani  principii 
da  contrapporle ,  puo  leggere  la  Restauration  de  la  science 
Qolitique  delPHaller;  puo  studiare  V  Analisi  ragionata  della 
incredulita  e  dell'  ateismo  del  Palmieri ;  puo  seguire  con 
occhio  attento  V  Esame  critico  degli  ordini  rappresentalivi 
nella  societa  moderna ,  fatto  dal  P.  Taparelli ;  puo  interte- 
nersi  col  iSaggio  intorno  al  socialismo  dato  alia  luce  dal 
Conte  Avogadro  della  Motta ;  e  infine  puo  venire  in  piena 
conoscenza  delle  relazioni  tra  la  Chiesa  e  lo  Stato  per  la 
lettura  del  bel  volume,  che  ha  pubblicato  teste  il  P.  Libe- 
ratore.  Svolga  pure  chi  ha  tempo  ed  agio  tutte  o  in  parte 
le  opere  qui  citate.  Doppio  ne  sara  certamente  T  effetto , 
intima  cognizione  di  ci6  che  ha  portato  di  reo  nel  mondo 
la  rivoluzione,  e  fiamme  di  nuovo  zelo  contro  il  piu  grande 
nemico  che  sia  sbucato  sulla  terra  a  danno  della  Chiesa  e 
della  societa. 

Ma  il  numero  di  quelli,  che  sono  in  caso  di  studiare  i 
detti  volumi  non  puo  essere  che  scarso.  Ebbene  vi  e  una 
fonte,  a  cui  puo  attingersi  facilmente  da  qualunque  socio 
la  vera  sapienza  da  opporre  alia  stoltezza  rivoluzionaria, 
ed  e  il  duplice  documento  della  Enciclica  e  del  Sillabo  , 
uscito  dal  Vaticano  V  otto  dicembre  del  1864.  Esso  fu  un 
colpo  drizzato  al  cuore  delia  rivoluzione :  di  qui  i  ruggiti , 
le  smanie  e  le  maledizioni ,  onde  la  gente  rivoluzionaria 
empi  contro  quell'atto  pontificio  tutta  Europa.  Ma  invano  : 
il  colpo  e  dato.  La  calunnia,  T  inganno,  il  pregiudizio  o  la 
paura  possono  differire  le  ultime  consegaenze,  annientarle 
no :  di  tali  ferite  non  e  mai  guarito  alcun  errore. 

Le  sentenze  di  questi  due  documenti  siano  le  armi  del- 
Tassociato  cattolico.  At  dommi  fallaci  degli  avversarii  op- 
ponga  le  vere  sentenze  della  Enciclica  e  del  Sillabo,  alia 
autorita  della  ragione  rivoluzionaria  opponga  T  autorita 


DELLE   ASSOCIAZIONI    CATTOLICHE  559 

suprema  del  Papato.  I  citati  documenti  ci  dicono  chi  siano 
cotesti  uomini  della  rivoluzione,  ci  discoprono  i  loro  disegni, 
ci  fanno  toccare  con  mano  la  reita  delle  loro  dottrine ,  ce 
ne  mostrano  gi1  indegni  rampolli,  e  ci  indicano  il  fiue  mi- 
serando  a  cui  traggono  e  individui  e  societa.  Non  V  ha 
errore  dei  nostri  di,  del  quale  non  siamo  ammoniti  ed  am- 
maestrati  della  sua  profonda  perversita.  Ogni  cattolico  faccia 
suo  pro  di  questa  potente  istruzione.  Non  mancano  valorosi 
6  facili  chiosatori ;  questi  siano  di  scorta  nella  tenzone. 
Un  avvertimento.  L' associate  cattolico,  sia  che  pugni 
colla  parola,  sia  che  combatta  collo  scritto,  sia  che  affronti 
1'avversaria  colle  opere  contrarie  alle  sue  dottrine,  abbia 
sempre  in  mira  di  offenderla  nel  suo  principio  fondamentale 
della  indipendenza  dell'  uomo  da  ogni  autorita  estrinseca 
in  cio  che  tocca  lo  spirito.  Questo  sia  1'oggetto  de1  suoi 
colpi,  questo  sia  il  punto  contro  di  cui  vadano  comecches- 
sia  a  ferire  tutti  i  suoi  atti.  Esso  e  il  capo  col  quale  si 
regge  la  rivoluzione,  esso  e  il  cuore  per  cui  vive  e  si  af- 
forza:  spacciato  questo  punto  deve  necessariamente  cadere 
tutta  la  opera  della  rivoluzione.  Animo  dunque:  alia  pugna. 
II  grido  dei  trecento  ebrei  vincitori  dei  madianiti  era:  la 
spada  di  Dio  e  la  spada  di  Gedeone;  e  quello  delle  sacre 
falangi  cattoliche  sia :  la  spada  di  Dio  e  della  sua  Chiesa. 
A  chi  lor  dice  con  amaro  piglio :  —  siete  dunque  le  soste- 
nitrici  del  diritto  divino;  rispondano  :  -  -  si  lo  siamo.  Chi 
puo  sottrarsi  al  diritto  del  creatore  e  del  redentore?  — 
Propugnate  dunque  la  teocrazia:  —  si  la  propugniamo.  Chi 
lion  e  soggetto  aH'autorita  dell'Altissimo  ?  —  Siete  dunque 
clericali :  —  si  lo  siamo .  Chi  non  istara  dalla  parte  del  sa- 
cerdozio,  datoci  da  Cristo  a  nostro  maestro,  a  nostro  reg- 
gitore  nelle  cose  dello  spirito  ?  La  parola  di  Dio  e  il  nostro 
lume  :  la  parola  della  Chiesa  e  la  nostra  autorita:  ad  essa 
c1  inchiniamo  ,  ad  essa  giuriamo  sommessione  ,  azione  e 
vita.  —  Ecco  la  professioue,  che  devono  aver  sempre  di- 
nanzi  i  membri  delle  associazioni ,  che  devono  portare 
qual  loro  divisa,  divisa  di  opposizione  continua  e  parlante 
contro  quella  della  rivoluzione. 


LA  SAVIA  E  LA  PAZZA 


RACCONTO  DEL  PRINCIPIO  Di  QUESTO  SECOLO 


XII. 

UNA   MEDICATURA    MENTALS    IN   VIAGGIO 

Un  sentimento  di  mestizia,  non  provato  mai  per  lo  addietro, 
incomincio  a  travagliare  Clotilde,  come  prima  vide  sparire 
dall'orizzonte  le  torri  e  i  campanili  della  citta  natia.  Quante 
volte  si  affaccio  allo  sportello  a  volgere  loro  un' ultima  e 
lunga  occhiata!  In  fine  ad  una  svolta,  piu  altro  non  iscorse 
che  strada,  campi  e  cielo  :  e  un  gemito  involontario  le  fuggi 
dal  cuore.  II  mondo  della  famiglia  e  della  parentela ,  cui 
ingenuamente  e  teneramente  amava,  senza  pure  sapere  di 
amarlo ;  le  si  presentava  in  vivissimo  aspetto.  Pareva  a  lei 
che  il  babbo  e  la  sorella  la  riguardassero  dolenti,  e  le  sten- 
dessero  le  braccia  ,  pure  invitandola  di  rifcornare  ;  mentre 
ella  invece  sentivasi  involare  lungi  da  loro  a  tutta  foga  di 
cavalli.  E  col  nobile  pensiero  de1  suoi  cari  si  avvicendava 
un  passeraio  di  trastulli,  di  gale,  di  spettacoli,  a  cui  il  pa- 
dre, sopra  tutto  in  quest'ultimo  anno,  aveala  avvezzata;  e 
lanimo  di  lei  vi  si  era  incautamente  invischiato,  per  verita 
senza  attingerne  il  veleno,  ma  pur  gustandone  il  dolce.  Ora, 
sbollita  la  prima  galloria  di  novita,  e  la  fanciullesca  furietta 
di  vedere  Roma,  subentrava  la  riflessione  ad  intimarle  che 
gli  amati  sollazzi  non  sarebbero  punto  di  gusto  di  zio 
Chiaffredo.  A  tutto  questo  Clotilde  non  avea  pensato  in- 
nanzi.  Era  la  prima  volta  che  spiccava  il  volo  dal  nido  di 
tutte  le  piu  vivaci  affezioni.  Pero  piu  si  allontanava  dalla  casa 


LA  SAVIA  E  LA  PAZZA  —  UNA  MEDICATURA  MENTALE  IN  VIAGGIO       56! 

paterna,  e  piu  inacerbiva  la  piaga,  e  piu  le  serrava  il  cuore 
un  cupo  rimpianto  inconsolabile.  Ne  il  variare  di  tante  citta, 
e  viste  e  siti,  cui  veniva  trascorrendo,  bastavano  a  ravvi- 
varla  alia  consueta  gaiezza :  che  anzi  le  nuove  fogge  dei 
contadi,  e  i  mutati  dialetti  degli  alberghi  contrastando  rici- 
samente  colle  patrie  usanze ,  servivano  a  disegnarle  piu 
dintornata  e  crudele  la  immagine  della  sua  solitudine ;  e 
al  tutto  sembravale  di  smarrirsi  in  uno  sconosciuto  de- 
serto.  —  Per  tutto  facce  nuove  1  diceva  ella  a  se  stessa. 
Nessuno  mi  conosce,  e  io  non  conosco  nessuno !  — 

Ben  erasi  addato  zio  Chiaffredo,  che  alcuna  nube  aom- 
brava  a  quando  a  quando  il  sembiante  sereno  della  nipote: 
e  riconoscevala  al  labbro  muto,  al  guardo  fisso,  al  rannic- 
chiarsi  che  talora  faceva  Clotilde  nel  cantuccio  della  vet- 
tura,  appoggiare  lungamente  la  fronte  nella  palma,  e  rial- 
zarla  poi  con  un  sospiro.  Tuttavia  egli  vi  poneva  mente 
tanto  quanto ,  parendogli  natural  cosa,  che  una  fanciulla 
venuta  in  sui  quattordici  anni  sempre  in  seno  alia  famiglia, 
non  fosse  poi  insensibile  alia  prima  separazione.  Anche 
tentava  di  divertirla  dall'affanno,  mettendola  in  lieti  parlari, 
e  additandole  le  sempre  rinascenti  vaghezze  de'prospetti, 
e  conducendola  a  dare  una  volta  per  le  citta,  ove  sosta- 
vano  a  rinfrescare  i  cavalli :  ma  con  picciol  frutto.  Quasi 
suH'ultimo,  nel  salire  lentamente  la  montagna  di  Viterbo, 
gia  volgendo  il  sole  al  tramonto,  Chiaffredo  osservo  che 
Clotilde  taciturna  veniva  tergendo  e  ritergendo  cert<3  fur- 
tive stille  degli  occhi ,  e  le  palpebre  avea  turgide  e  rosso, 
come  chi  ha  pianto  assai.  —  Ma  tu  piangi,  le  disse ;  che 
hai  ?  ti  senti  male  ?  —  Uno  scroscio  di  lacrime  dirotte  fu 
la  risposta  di  Clotilde  ,  e  ansiare  ,  e  tra  i  singhiozzi ,  due 
parole:  —  Pensavo  e  a  babbo  e  a  Clelia :...  e  poi  a  tante  cose. 

Chiaffredo  non  aggiunse  motto  per  allora;  e  mentre 
dava  passo  alia  procella,  che  sfogava  col  pianto,  prese  a 
filosofar  seco  del  rimedio  da  contenere  questo  umor  nero 
e  turbolento.  Che  la  nipote  rammaricasse  sulla  lontananza 
de'suoi,  parevagli  cosa  irreprensibile  :  ma  componcndo 
Serie  VIII.  vol.  II,  fasc.  503.  36  23  maggio  1871 


LA   SAVIA   E    LA   PAZZA 

questa  ingrossata  malinconia,  con  certe  dimande  repentine, 
onde  essa  frequentemente  s'era  informata  dei  divertimenti 
usati  in  Roma,  aggiungendo  talora:  — 'Oh  ci  avro  un  gusto 
matto !  ci  andremo,  neh  vero,  zio  ?  —  non  pen6  molto  ad 
entrare  in  sospetto  di  cio  che  era.  Pertanto  facendo  indu- 
bitato  assegnamento  sullo  spirito  di  lei  penetrante,  e  molto 
piu  sul  cuore  innocente  e  virtuoso ,  si  risolvette  :  —  Qui 
non  ci  vuole  un  trattamento  di  palliativi ,  non  moiue,  non 
lusinghevoli  promesse,  ma  si  una  dose  di  forti  motivi  e  ra- 
dicali,  ond'ella  si  ragioni  di  dovere  venir  a  Roma  per  tut- 
faltro  che  per  darsi  bel  tempo  ;  e  se  no,  non  ci  venga  . . . 
Ma  gia  e  una  colomba...  non  ha  passioni  altro  che  le  imbe- 
v u tele  da  quel  capo  scarico  di  suo  padre...  le  bastera  aprir 
gli  occhi  al  bene,  per  innamorarsene  e  volerlo.  — 

Intanto  facea  buio  :  e  Chiaffredo  cosi  prese  a  sermonare 
la  nipote,  severo  nella  sostanza,  e  piacevole  nel  modo  :  — 
Ora  via,  Clotilde,  poiche  e  spiovuto,  vuoi  dar  luogo  al  se- 
reno  ?  ovvero  vuoi  che  p.rriviamo  a  Roma,  cosi  sconsolati  e 
brutti  come  se  andassimo  in  bocca  al  lupo  ? 

—  Ma  che  ci  posso  fare  ?  rispose  Clotilde.  Non  me  lo 
aspettavo  neanch1  io. 

—  0  senti,  figliuola  mia  (che  ben  sai  se  ti  amo  per  fi- 
gliuola),  su  coteste  quattro  lacrimette  io  non  ho  che  ridire: 
piuttosto  avrei  preso  mal  pronostico,  se  t'avessi  visto  partir 
di  casa,  a  faccia  fresca,  lasciando  la  padre  e  sorella  come  due 
piuoli.  Ma  in  fine  dei  fini,  ogni  troppo  e  troppo .  0  che  gli 
abbiamo  sepolti  tutti  e  due  prima  di  partire  ?  No,  come  gli 
abbiamo  lasciati,  speriamo  rivederli  di  qui  a  un  anno.  Sara 
una  bella  festa. 

—  Me  lo  dico  anch'  io  da  per  me  stessa:  ma  non  basta... 

e  poi  mi  passano  tante  cose  nere  per  la  testa mi  par 

sempre  che  saro  sola,  e  mi  morro  di  malinconia:  mentreche 
sul  principio,  che  mi  diceste  di  venire  con  voi,  pareami  di 
andare  a  nozze. 

—  E  cosi  ti  fasci  il  capo  prima  d'averlo  rotto.  Bisogna 
po1  poi  farsi  una  ragione,  quando  si  e  a  quattordici  anni  pei 
quindici.  T  insogni  forse  che  io  ti  voglia  riporre  sul  solaio 


UNA   MEDICATURA   MENTALE    IN   VIAGGIO  563 

morto,  come  una  scranna  rotta?  o  che  a  Roma  non  ci  na- 
sca  gente  con  cui  conversare  ?  Anche  la,  ne  piu  n&  meno 
che  a  Torino,  nelle  case  strepita  una  fanciullaia  che  mai,  e  tu 
ci  troverai  delle  romanette  tue  pari,  fanciulle  vivaci,  mat- 
tacchione,  veri  razzi  di  fuoco,  costumate  pero  e  di  garbo  e 
da  starci  bene  insieme.  Mancomale,  se  ti  ponessi  in  capo  di 
nonavere  altro  affare  al  mondo,  fuorche  sgallettare  su  per 
le  feste,  a  Roma  ti  troveresti  delusa.  Ma  tu  di  -certo  sai  che 
alPeta  tua  il  tempo  va  speso  principalmente  a  formarti  buona 
e  virtuosa  e  colta  damigella.  Se  adesso  non  ci  pensi,  quando 
ci  penserai  ?  Potrei  io  in  coscienza  tradire  la  tua  giovinezza 
a  questo  modo,  da  buttarti  la  la  per  la  strada  a  crescere 
come  una  ballerina  di  teatro  ?  Tu  stessa  lo  vorresti  ? 

—  0  questo  no. 

—  Bene.  Ora  apri  gli  occhi  e  pensa  a  ci6  che  ti  avve- 
niva  la  a  Torino.  Chi  era  che  si  pigliasse  cura  di  insegnarti 
la  religione  cristiana,  la  quale  devi  pure  praticare  tutta  la 
vita,  se  non  vuoi  finire  a  casa  del  diavolo  ?  quando  mai  in 
casa  sentivi  nominare  Iddio  benedetto  e  la  Madonna  san- 
tissima?  I  maestri  e  le  maestre  t' insegnavano  tante  cose, 
a  leggere,  a  scrivere,  a  cucire,  a  ricamare,  a  parlar  fran- 
cese,  a  ballar  la  corrente  e  la  contraddanza,  a  presentarti 
garbatamente  alle  brigate,  a  strisciare  una  bella  riverenza, 
eccetera,  eccetera:  ma  quale  di  loro  apriva  boccaper  dirti: 
Clotilde,  a  piacere  a  Dio  bisogna  far  cosi  o  far  cola  ?  Vedi, 
se  non  era  quella  cameriera  savoiarda ,  che  e  una  donna 
per  bene ,  e  quel  sant'  uomo   del  Padre   Lanteri ,  che  io 
pregai  di  venirvi   a  trovare ,  tu   e  Clelia,   crescevate  su 
come  i  mucini  della  gatta.  Sono  tanto  carini !  Sanno  cor- 
rere  i  gattini,  sanno  saltare ,   giocolare  ,  lavarsi  il  muso 
colla  zampetta  ,  si  strofinano  attorno  alle  gambe,  e  ognuno 
piglia  gusto   a  lisciarli :  ma  poi  sono   sempre  gatti,  cioe 
bestiuole  traditore,  che  e  che  non  e,  tacche  !  una  sgraf- 
fignata.  E  cosi  le  ragazze ,  educate  alia  moda ,  riescono 
smorfiosette,  galanti,  graziose  alia  vista,  e  cattive  sotto  la 
buccia,  cattive  come  sette  pesti. 


564  LA   SAV1A    E    LA    PAZZA 

—  Ma  io  non  volevo  gia  divenire  cattiva :  tutto  cio  che 
mi  diceva  il  P.  Lanteri,  io  lo  faceva. 

—  E  ringraziane  Iddio,  che  ti  ha  tenuto  la  santa  mano 
sul  capo.  Pero  col  mutare  degli  anni  potevi  anche  mutar 
parere  ,  e  voler  essere  cattiva ,  come  tante  altre  che  da 
piccine  erano  la  perla  della  famiglia,  e  poi,  colpa  il  non 
aver  fondo  di  religione,  detter  la  balta,  e  giu  a  rotta  di 
collo . . . 

—  0  zio,  credete  forse  che  non  sappia  la  dottrina? 

—  Mancherebbe  ancor  questa,  che  avessi  fatto  la  prima 
comunione  senza  saper  la  dottrina.  Ma  piu  su  sta  monna 
luna.  Quei  quattro  foglietti,  se  bastano  come  che  sia  alia 
povera  gente  che  non  puo  imparare  di  piu,  non  bastano 
pero  ad  una  damigella   che  usa  nella  societa  dei  nostri 
giorni.  A  questo  modo  si  corre  rischio  di  diventare  una  cri- 
stianella  annacquata,  una  di  quelle  signore  o  signorine,  che 
non  si  sanno  guidare  tra  le  brigate,  non  reggouo  alia  bufera 
delle   empieta  e  biastemacce  giacobine  ,  un  giorno  sono 
tutte  divote  e  Paltro  tutte  mondane,  alia  mattina  vanno  a 
tutte  le  benedicole  e  alia  sera  andrebbero  volentieri  fino  a 
casa  del  diavolo    Conosci  quella  contessa  che  abita  rim- 
petto  a  casa  tua?  Guarda  che  mai  fallisca  alia  perdonanza 
alia  Consolata;  e  poi?  nella  sua  conversazione  lascia  dire 
peste  e  corna  della  religione  e  del  Papa,  e  non  sa  com- 
mettere  una  parola  in  contrario...  Oibo,  oibo!  tu  non  hai 
da  venir  su  a  questo  modo.  Vo:  che  sappi  la  religione  come 
un  prete,  e  che  sappi  distinguere  il  bene  e  il  male  come  un 
confessore.  Senza  questo  oggidi  una  ragazza  e  subito  divo- 
rata  dalle  tre  bestie,  che  dice  il  catechismo,  il  rnondo,  la 
carne,  il  demonio. 

Gua'  non  so  manco  dove  stieno  di  casa  queste  besti.e. 

—  Ah,  non  le  conosci?  E  pure  quelle  bestiacce  ti  ron- 
davano  intorno,  e  ti  fiutavano  alcuna  volta  da  vicino  per 
divorarti.... 

A  Clotilde  sfaggi  un  sorriso. 

—  Ridi  pure,  e  buon  segno :  e  segno  che  il  tuo  Angelo 
custode,  dava  loro  sulle  granfie  ,  quando  le  allungavano 


UNA   MEDICATt'RA   MENTALE    IN    VIAGGIO  565 

per  uncicarti.  Vuoi  che  ti  mostri  io  dov'  erano,  e  come  e 
quando  sporgevano  il  grifo? 

—  Anzi,  ho  piacere  di  saperlo. 

—  Guarda,  le  bestie  cercavano   di  divorarti,  quando 
quelle  amiche  di  Clelia  venivano  a  far  il  chiasso  in  casa,  e 
passavano  le  ore  a  discorrere  di  mode,  di  falpala,  dipetan- 
leri,  di  pomate,  di  profumerie,  di  teatro,  di  amanti,  e  di 
cent'altre  scioccherie:  quando  portavano  nel  panierino  dei 
libri  francesi,  e  li  lasciavano  in  prestito... 

Clotilde  con  deliziosa  semplicit£ ,  interruppe :  —  Oh 
per  questo  non  li  ho  mai  presi...  mai...  tranne  una  volta 
un  romanzo  grosso,  che  mi  avean  detto  che  era  tanto  tanto 
hello,  e  ci  erano  anche  le  figure;  ma  la  savoiarda  me  lo 
vide  in  mano  nel  venire  a  spegnermi  il  lume  alia  sera,  le 
mostrai  una  figura,  e  le  dissi  che  mi  portasse  una  candela 
lungaressa  invece  mi  hrav6,  dicendo  che  hisognava  prima 
mostrarlo  al  confessore;  e  poi ,  trac  !  colle  sue  manacce 
pianta  lo  spegnitoio  sulla  lucernina,  e  buona  notte:  do- 
vetti  andare  a  letto  allo  scuro .  E  che  la  birbona  non 
i^tette  in  guato  al  fessolino  della  porta,  per  vedere  se 
.battevo  F  acciarino  ?  Alia  mattina  mi  condusse  a  messa, 
prima  che  Clelia  fosse  levata,  e  mi  fece  portare  il  libro  al 
confessore  in  sacrestia.  Lui  mi  proibi  di  prender  mai  piu 
nessun  libro  dalle  compagne;  mail  peggio  fu  che  siritenne 
anche  quello ;  e  cosi  mi  si  rovescio  addosso  la  broda .  Che 
strilli,  che  urli  mi  tocco  di  sjentire  da  quella  ragazza  che 
me  F  aveva  impreslato!  Clelia  mi  brontolo  per  una  setti- 
mana,  perche  avevo  fatta  questa  bigotteria  di  portarlo  al 
confessore. 

—  iC  proprio  come  dico  io,  e  tu  la  pigli  in  canzonella. 
Quelle  manacce  della  Savoiarda  che  smorzano  il  lume,  sono 
la  mano  delFAngelo  custode,  che  da  sulle  unghie  al  de- 
monio.  Chi  sa  che  robaccia  barona  vi  era  in  quel  libro,  se 
il  P.  Lanteri  Tha  confiscate. 

—  Ma  non  1'  ho  letto. 

—  Grazie  tante:  pero  lo  volevi  leggere,  e  ee  il  confessore 
non  ti  stornava,  leggevi  quello  e  chi  sa  quanti  altri,  e  forse 


566  LA   SAVIA   E    LA   PAZZA 

v  ci  restavi  alloppiata,  e  ti  rovinavi  la  testa.  Son  cose  d'ogni 
giorno,  e  di  ragazze  assassinate  dai  libracci,  ve  n'  e  una 
per  uscio. 

—  Non  si  ha  dunque  a  legger  nulla? 

—  Anzi,  da  legger  molto  e  buono.  Come  anche  si  puo 
far  visite  e  riceverne,  si  puo  aver  amiche,  e  compagne, 
andare  a   qualche   spettacolo,    svagarsi,   sollevarsi:   pero 
sempre  in  modo  che  non  c'entri  il  zampino  del  diavolo. 
Per  esempio  a  me  non  dava  buon  bere  quell' ite  venite  di 
ufficiali   francesi  che  v'  era  per  casa:  girandoloni,  passa- 
volanti,  ronzoni   di  tutte  le  razze  aveano  da  capitar  la,  e! 
voi  altre  da  fare  i  complimenti.  Che  ci  hai  imparato  di  buono, 
audire  le  loro  giacobinerie?  Mi  pareva  miiranni  di  cavar- 
tene  fuori,  e  cosi  potessi  turare  gli  orecchi  a  Clelia!  Peggio 
poi  quell'  andare  attorno  di  notte,  alle  veglie,  ai  teatri,  ai 
festini  in  maschera,  in  giro  qui,  in  giro  la;  e  a  questi  lumi 
di   luna!  Capisco  benissimo   che  ci  andavate  con  babbo  , 
convengo  che   qualche  sollievo   sta  bene:  ma  di  queste 
baldorie,  manco 1'odore,  manco  Tombra.No, no, ci  vadel deco- 
ro,  della  modestia,  del  riserbo  d'una  fanciulla  a  modo  :  e  io  ti 
credo  tanto  giudiziosa,  che  tu  stessa  mi  dirai :  Zio,  di  siffatte 
tregende,  io  non  ne  vo'  piu  sapere,  ci  fo  la  croce  in  secula 
seculorum.  —  Amen,  rispondero  io,  e  non  se  ne  parla  piu. 

Clotilde  a  queste  ultime  parole  si  senti  ferita  nell'  ime 
fibre  del  cuore.  Alle  tresche  pazze  a  cui  trascinavala  il 
padre,  aveva  messo  un  gusto  smodato,  e  vi  si  compiaceva 
con  tutto  Tabbandono  d'una  bambina  ai  balocchi  infantili; 
e  pero  Tintima  ricisa  dello  zio  produsse  in  lei  Teffetto  che 
appunto  fa  nei  bambini  Io  strappar  loro  di  mano  un  gradito 
trastullo,  o  quello  stesso  che  fa  in  un  giovane  sbrigliato, 
dopo  sei  mesi  di  ribotta,  il  ricondursi  al  pentolino.  Chiaffredo 
siavvide  a  occhio  della  penosa  impressione  da  lei  ricevuta: 
ond'egli  aggiunse:  —  Intendo  bene  che  forse  ti  costera 
un  poco,  pei  primi  giorni :  ma  bisogna  sapersi  fare  forza , 
quando  la  ragione  Io  vuole.  Io  ti  terro  in  Roma,  adagiata 
d'ogni  tuo  necessario  e  convene  vole,  allegra  e  contenta 
come  una  tortorella  nel  suo  cestino ;  solo  che  per  entrare 


SUOR   ROSINA    DI    VITERBO  567 

nella  Citta  santa,  del  lasciare  per  via  tutte  le  frascherie, 
che  tu  medesima  conosci  non  essere  ne  belle  ne  buone. 

—  Voi  sapete,  zio,  che  io  voglio  tutto  quello... 

—  Aspetta  anche  un  poco  a  rispondermi:  cosa  fatta  per 
forza  non  vale  una  scorza.  Di'prima  qualche  avemmaria  alia 
Madonna  del  buon  consiglio;  e  poi  dimani  mi  farai  la  ri- 
sposta.  Da  questa  dipendera  il  viaggiare  piu  Ik  verso  Roma, 

0  il  voltare  i  cavalli  verso  Torino. 

XIII. 
SUOR  ROSINA  DI  VITERBO. 

Quella  sera,  sino  a  smontare  all'albergo  non  si  batte 
piu  motto.  Alia  dimane  Chianredo  nulla  dubitando  del  fe- 
lice  successo  della  dose  di  ragioni  amministrata,  stante  la 
eccellente  costituzione  della  inferma;  con  viso  cbiaro  le 
disse:  —  Su  via,  lesta,  mettiti  in  dosso  uno  scialle,  che  e 
freddo:  e  andiamo  a  vedere  la  maggiore  maraviglia  di 
Viterbo,  la  tomba  di  S.  Rosa.  Tra  via  veniva  aguzzando  la 
curiosita  di  Clotilde,  col  raccontarle  gli  stupendi  gesti  della 
santa.  —  Vedrai  cogli  occhi  tuoi  un  corpo  conservato  da 
secoli,  intero  e  fresco,  che  e  un  miracolo:  io  Tho  visto  piu 
volte,  e  non  finirei  mai  di  tornarci.  E  di  una  monachina, 
morta  a  diciott'anni,  a  quella  eta  ell' era  una  martire  di 
penitenza,  un1  estatica  di  contemplazione :  a  operare  mira- 
coli  poi  aveva  cominciato,  per  cosi  dire  dalle  fasce.  E  c1  era 
allora  un  imperatore  detto  Federico  II,  un  pezzo  di  galera, 
un  can  rinnegato,  vizioso,  scomunicato,  insomma  il  capo  di 
tutti  i  giacobini  d1  allora:  ti  basti  sapere  che  teneva  pri- 
gione  il  Papa,  come  fecero  i  Francesi  pochi  anni  fa,  con 
questa  differenza  che  i  Francesi  Io  condussero  in  Francia, 
e  F  imperatore  Io  teneva  carcerato  dentro  Roma.  In  tutte 
le  citta  d' Italia  v'erano  poi  i  cagnotti  leccazampe  delFim- 
peratore,  che  non  lasciavano  bene  avere  ai  cristiani,  e  li 
tempestavano ,  perche  si  dichiarassero  nemici  del  Papa. 
Essa,  santa  Rosa,  non  si  poteva  tenere;  balzava  di  casa  col 
crocifisso  alia  mano,  e  via  per  le  piazze  a  predicare  contro 

1  giacobini. 


568  LA   SAVIA   E    LA   PAZZA 

—  A  predicare? 

—  A  predicare,  sissignora.  A  dieci  o  dodici  anni  pre- 
dicava  F  ubbidienza  e  il  rispetto  dovuto  al  Papa.  E  non  e 
mica  da  dire  che  le  fosser  prediche  coine  quelle  che  i  ra- 
gazzi  fanno  al  presepio:  ci  vuol  altro!  quelFangioletta  si  pian- 
tava  sul  mercato,  o  ad  un  crocicchio  di  strade,  dritta,  ferma, 
franca,  raccolta  in  Dio  e  piena  di  Spirito  Santo:  la  gente 
affollarsi  intorno,  uomini  grandi,  soldati,  gran  signori,  preti, 
tutti.  Ed  essa,  non  che  sgomentarsi ,  dominava  la  moltitu- 
dine  colla  sua  vocina  terribile,  che  passava  il  cuore  come 
una  lama  d'acciaio;  battagliava  i  nemici  del  S.  Padre  e  i 
seguaci  dell1  imperatore,  atterriva  i  peccatori  e  le  peccatrici; 
e  quando,  finita  la  predica,  si  ritirava,  ognuno  la  salutava : 
Rosina  di  Dio,  pregate  per  noi. 

—  Ma  e  possihile  cotesto  ?  dimando  Clotilde  rapita  di 
ammirazione. 

—  Tanto  possibile ,  che  molti  e  molti  scomunicati  tor- 
navano  a  farsi  ribenedire  ;  e  tanti  birbaccioni,  dalla  predica 
andavano  dritto  a  confessarsi,  e  talvolta  a  farsi  frati.  Ti 
diro  che  anche  Iddio  ci  concorreva  visibilmente  coi  mira- 
coli.  Per  esempio,  una  volta  si  trovo  come  soffocata  tutto 
intorno  dall1  uditorio ,  ed  essa,  povera  piccina,  non  poteva 
piu  farsi  sentire :  ed  ecco  il  terreno  crescerle  sotto  i  piedi, 
e  sollevarla  in  alto  come  sopra  un  pulpito,  a  vista  di  tutti. 
Altre  volte  era  capace  di  fare  accendere  una  catasta  di 
legna,  e  gridare:  Tanto  e  vero  che  bisogna  ubbidire  al 
Papa  e  non  all' imperatore  scomunicato,  quanto  e  vero  che 
io  passo  in   questo  foco,  senz'abbruciarmi.  E  poi,  via  di 
slancio  gittarsi  tra  le  vampe,  come  tra  i  fiori. 

—  Eh,  lo  credo  anch'io  che  a  questo  mo  do  si  faceva 
ascoltare. 

—  Era  ascoltata  e  temuta .  I  giacobini ,  con  tutto  il 
braccio  dell1  imperatore  in  loro  servizio,  non  si  tennero  piu 
sicuri  in  Viterbo ,  finche  non  F  ebbero  mandata  a  confino , 
o  come  si  direbbe  adesso,  a  domicilio  coatto.  Ma  essa  se  ne 
rise,  guard6  in  cielo,  e  poi  disse:  —  Lo  scomunicato  n'ha 
per  poco ,  e  il  Papa  presto  trionfera.  —  E  come  profeto  la 


SUOR    ROSWA    DI    VITERBO  569 

santa,  cosi  fti  per  Tappunto.  Perche  Federico  II  mori  come 
un  cane,  assistito  da  un  branco  di  turchi,  dei  quali  si  era 
fatto  una  guardia  d'  onore ;  e  non  and6  molto ,  che  tutta  la 
sua  razzaccia  maledetta,  parte  in  prigione,  parte  sulla  forca, 
parte  d'altra  mala  morte,  fu  spazzata  dal  mondo.  Santa 
Rosa  invece  tornava  tranquillamente  in  Viterbo,  a  godere 
nella  sua  patria  della  liberazione  di  Santa  Chiesa.  — 

In  cotali  discorsi  Timmaginazione  di  Clotilde  si  accese 

per  modo,  cbe  non  senza  un  sacro  tremore  pose  piede  sulla 

soglia  del  tempio.  E  pure,  assai  phi  d'  ogni  discorso,  gliene 

disse  la  sola  vista  della  santa.  Aperti  i  cancelli  di  fuori,  una 

cortese  sacristana  di  dentro  al  monistero  ritirb  il  velo  che 

cuopre  Turna;  e  apparve  1'  incorrotta  salma  delP  antica  e 

potente  e  taumaturga  verginetta  di  Dio,  in  abito  di  mo- 

nacella.  II  ricco  talamo  su  cui  si  adagia,  i  guanciali  pre- 

ziosi  che  le  sorreggono  il  capo  e  il  busto ,  le  anella  delle 

dita ,  il  gemmato  diadema  che  le  circonda  la  fronte  accre- 

scono  al  sacro  corpicello  una  maesta  modesta  e  serena , 

quale  si  addice  ad  umile  ancella  di  Cristo  incoronata.  Certo 

niuna  augusta  donna  cinge  regal  serto  piu  degnamente  che 

Rosa  di  Viterbo.  Ella,  povera  fanciulla  popolana,  regno 

sopra  i  suoi  contemporanei  colla  maraviglia  de1  suoi  ange- 

lici  costumi,  e  delle  austerita  spaventose,  e  della  eloquenza 

ispirata,  e  dei  moltiplicati  portenti;  e  regna  tuttavia  dopo 

sei  secoli  dalF  urna  sua,  piu  simile  a  soglio  che  a  sepolcro, 

dov'ella  chiama  i  pellegrini,  e  accoglie  i  devoti,  e  li  be- 

nefica  de'  suoi  reali  favori.  S.  Rosa  regna  nelFamore  direi 

quasi  famigliare  de'suoi  viterbesi,  nella  venerazipne  de'po- 

poli  convicini,  nella  fama  universale  del  suo  nome,  nella 

gloria  de'perpetui  prodigi,  negli  efficaci  esempii  di  amore 

alia  Chiesa  e  al  Santo  Padre ,  lasciati  in  retaggio  alia  gio- 

ventu  concittadina ,  la  quale  fino  ai  giorni  nostri  gode ,  le 

inclite  fratellanze  fregiare  del  nome  di  Santa  Rosa.  Reina 

si  pare  anche  all'aspetto:  tanta  chiarezza  raggia  dal  suo 

sembiante ,  tanta  fiducia  infonde ,  tanto  affetto  accende  , 

tanta  gioia  risveglia !  Appena  si  puo  genuflettere  dinanzi 


570  LA   SAVIA   E    LA   PAZZA 

a  lei,  e  non  sentirsi  compreso  di  nuovi  e  santi  pensieri,  e 
sollevato  ai  magnanimi  propositi  della  fede. 

Chiaffredo  dopo  breve  preghiera  levossi  in  piedi ;  Clo- 
tilde  colle  mani  giunte,  e  tutta  sporgendosi  col  capo,  con- 
templava,  deliziando,  il  volto  e  le  mani  della  santa.  — 
Guardi,  signorina,  prese  a  dirle  la  religiosa,  la  carnagione 
della  santa  si  e  un  po'  abbrunata  in  viso,  ma  e  pur  sempre 
dessa,  Rosina  di  Viterbo ;  con  tutte  le  sue  fattezze  piene  e 
dintornate ,  con  tutti  i  risalti  de'lineamenti,  naturali:  non 
pare  morta,  ma  assopita. 

—  0,  e  vero,  dimando  Chiaffredo,  cio  che  si  dice,  che 
da  prima  la  santa  non  fu  voluta  ricevere  per  monaca  in 
monastero? 

—  Verissimo.  Cosi  permise  Iddio  per  glorificazione  di 
essa :  perche  la  santa  rispose  al  rifiuto  con  una  profezia : 
Non  mi  accettate  viva,  disse,  e  bene  mi  accetterete  morta. 
Infatti  eccola  qui ,  da  quasi  sei  secoli  ella  ci  sta ,  come  in 
in  casa  sua ,  anzi  come  madre  badessa :  giacche  noi  ci  ri- 
guardiamo  tutte  come  sue  figliuole.  E  il  nostro  rifugio , 
com'  e  il  rifugio  dei  viterbesi ,  e  se  si  scrivessero  tutte  le 
sue  grazie  ne  avremmo  volumi  e  volumi. 

—  E  gli  abiti  suoi  non  si  consumano  col  tempo  ? 

—  Sicuro,  che  si  consumano  r  ma  quando  T  abito  e  lo- 
goro,  si  fa  come  all1  altre  sorelle,  si  cambia.  Le  monache 
la  pregano  prima  di  gradire  amorevolmente  questo  tributo 
di  divozione  dalle  sue  figliuole;  ed  ella  si  lascia  mutare  le 
vesti. 

—  Ma  come?  non  si  spezza  a  maneggiarla? 

—  Che  ?  ell1  e  tuttavia  morbida  e    arrendevole  abba- 
stanza  .  —  E  in  cio  dire  sottopose  reverentemente  la  sua 
mano  alia  fresca  e  bianca  mano  della  santa ,  e  la  sollevo 
un  cotal  poco.  Si  vide  allora  la  mano  piegarsi,  e,  lasciata, 
mollemente  tornare  al  sito. 

—  Oh  cotesto  e  bene   un  miracolo  parlante ,  sclamo 
Chiaffredo.  E  pensare,  che  questo  corpo,  prima  di  venir 
qua  ,  rimase  trent'  anni  sepolto  quasi  che  nelF  acquitrino  ! 
Ricordati,  Clotilde,  di  questa  mano,  per  poter  dire  Tho  veduta 


SUOR    ROS1NA    Dl    V1TERBO  571 

cogli  occhi  miei,  dopo  seicent1  anni  dalla  morte ,  piegarsi. 
Cosi  S.  Rosa  ci  benedica  con  la  sua  mano  miracolosa.  — 

La  pia  e  tenera  Clotilde ,  a  tal  vista  era  caduta  genu- 
flessa  di  bel  nuovo  ;  ora  coperta  il  volto  con  ambe  le  mani, 
ora  colle  pupille  fise  nel  volto  della  santa ,  di  essere  piu  in 
chiesa  che  in  cielo  nulla  sentiva,  e  ardentemente  orava. 
Non  d1  altro  che  pure  della  dolce  visione  (non  sapeva  come 
meglio  chiamarla)  ragionava  nel  tornare  all'albergo;  chie- 
deva  allo  zio  di  ricondurvela ,  nel  ritornare  a  Torino ;  as- 
sicurava  d1  esserne  partita  rallegrata  e  gioconda  piu  che 
mai  per  Taddietro.  —  Vorrei  chiamarmi  Rosa,  diceva  essa ... 
ma  no  ,  anche  Clotilde  e  un  bel  nome ,  vorrei  essere  Rosa 
Clotilde ,  o  Clotilde  Rosa .  — 

II  dover  rimettersi  quanto  prima  in  viaggio  interruppe 
la  sua  divota  parlantina.  Trovarono  nel  cortile  la  vettura 
gia  tratta  fuori  della  rimessa ;  i  cavalli  si  abbiadavano ,  il 
vetturino  facea  fretta  di  partire.  —  Presto  la  colezione , 
grido  Chiaffredo  in  cucina;  e  intanto  il  polio  arrosto ,  coi 
fiaschetti  d'Orvieto,  si  riponga  pulitamente  nelle  saccocce 
della  carrozza.  —  Fu  servito  subito.  Nel  sorbire  T  ultimo 
centellino  del  caffe,  si  volse  a  Clotilde  che  si  ballonzava 
per  la  stanza,  sgranocchiandosi  di  buona  voglia  un  ba- 
stoncino  burrato;  e  cosi  in  atto  mezzo  indifferente  le  disse:  — 
A  proposito ,  prima  di  salire  in  vettura,  bisogna  che  prendi 
una  determinazione.  Vuoi  che  spingiamo  verso  Roma,  o  che 
voltiamo  verso  Torino  ? 

—  0  che   discorsi?  rispose  vivacemente  Clotilde.  Lo 
dite  per  farmi  versare  ?  Ma  quando  mai  ho  cercato  di  tor- 
nare a  Torino? 

—  Pure  mi  pareva  iersera,  che  ti  si  fosse  intraversata 
certa  ubbia  di  non  voler  esser  sola,  e  che  so  io... 

—  Che  ?  che  ?  non  ci  ho  mai  pensato.  Via,  zio,  condu- 
cetemi  a  Roma,  e  non  si  parli  d'  altro. 

Cosi  dicendo  discese  saltelloni  la  scala ,  e  f u  a  sedersi 
in  carrozza  ,  dicendo  al  vetturino :  —  Verso  Roma  ,  sai ,  e 
frusta.  —  La  medicatura*  di  zio  Chiaffredo  aveva  sortito 
pienissimo  effetto. 


RIVISTA 

DELLA 

STAMPA    ITALIANA 


Filosofta  delta  rivelazione ,  saggio  del  sac.  FRANCESCO  GIOVENZANA 
Milano  1870. 

Due  sono  i  punti  cardinal!,  se  ben  veggiamo,  di  quest'operetta: 
1'origine  dell'anima  umana  e  1'origine  dell'umana  conoscenza. 

Quanto  al  primo,  1'autore  ci  ripresenta  la  teorica  del  Rosmini , 
con  piccola  diversita  di  parole.  II  Rosmini  avea  insegnato  che  1'anima 
de'  figliuoli  si  deriva  da'  parenti  per  generazione,  ma  solo  in  quanto 
e  sensitiva;  e  che  quindi  diviene  intellettiva  per  la  manifestazione, 
che  Dio  le  fa,  dell'idea  dell'ente.  «  La  forma  deU'intelligenza  (I' idea 
dell'  enle)  non  puo  essere  generata,  ma  Dio  stesso  la  disvela  all'anima, 
che  vien  resa  cosi  intelligente;  il  che  Iddio  fece  rispetto  a  tutta 
1'umana  nalura,  quando  infuse  1'anima  in  Adamo,  nel  qua!e  Tumana 
natura  si  conteneva ;  e  questa  non  ebbe  poscia  che  a  svolgersi  in 
piu  individui  per  via  di  generazione1.  »  II  Giovenzana  insegna ; 
«  I  parenti  producono  1'anima  umana  qual  e  semplicemente  per  in- 
fluenza di  loro,  non  quale  diviene  per  influenza  altrui.  L'anima  per 
la  sola  influenza  dei  generatori  non  e  spirituale ;  diviene  spirituale 
per  influenza  di  Dio2.  »  Che  cosa  poi  sia  quest' influenza  di  Dio, 
lo  spiega  piu  sotto  diceado,  che  e  1'azione  del  lume  divino,  la  quale 
produce  neil'intelletto  quell' atto  (o  attivita)  che  rende  1'anima  intelli- 
gente di  Dio3.  Quindi  epiloga  cosi  la  sua  dottrina:  «  L'uomo, 
composto  di  corpo  e  di  anima  colla  potenza  d'intendere,  e  generato 
dai  parenti.  Quando  egli  viene  al  mondo,  Iddio,  e  propriamente  il 
Verbo  di  Dio,  lo  illumina  ,  attesa  la  sua  potenza  intellettuale,  gli 
manifesta  in  qualche  parte  se  stesso,  in  una  parola,  lo  rende  intel- 
ligente (ex  parte)  di  Dio  4.  » 

Alcuno  potrebbe  dire  che  1'una  sentenza  e  differente  dall'altra 
per  due  capi:  primo  perche  il  Giovenzana  vuole  die  1'anima  in  quanto 
prodotta  da' parenti  abbia  gia  la  potenza  d'intendere;  secondo  perche 
la  fa  divenire  spirituale  per  1'  intuizione  non  dell'  idea  dell'  ente , 
come  diceva  il  Rosmini,  ma  di  Dio  stesso,  benche  in  parte  e  sotto 
un  semplice  barlume.  Ma  a  costui  risponderemmo  che  pel  Giovenzana 

*  Psicologia  vol.  1.  c.  25.  —  2  pag.  6.  —  5  pag.  8.  —  *  Pag.  18. 


RIVISTA   DELLA   STAMPA    ITALIANA  573 

la  seraplice  facolta  d'  intendere  non  si  distingue  dal  sense.  lo  ritengo 
che  nell'  uomo  il  senso  e  V  intelletto  non  sieno  due  facoltd,  ma  una 
sola  !;  e  il  Rosmini  in  varii  luoghi,  segnatamente  nella  risposta  al 
Mamiani  non  sembra  che  distingua  molto  quella  sua  idea  dal  Verbo 
divino.  Quindi  la  discrepanza  tra  Tuna  sentenza  e  1'altra  e  piuttosto 
nominate  che  reale,  per  quel  che  spetta  a  questo  capo  dell'origine 
dell'anima  umana. 

Un  altro  dubbio  pud  sorgere  per  le  sopraccitate  parole;  ed  e  se 
1'Autore  professi  1'Ontologismo;  giacche  sembra  ammettere  che  Dio 
si  manifesti  direttamente  e  immediatamente  ali'anima.  Ma  1'Autore  in 
piu  luoghi  rigetta  T  Ontologismo,  e  in  altri  spiega  in  che ,  secondo 
lui,  consiste  quella  manifestazione  divina,  cioe  in  quanto  Iddio  ci  si 
rivela  non  in  sestesso  ma  in  una  sua  parola.  «  Convien  considerare 
che  1'atto  intellettivo  col  quale  conosciamo  Dio,  anzich6  effetto  del 
lume  del  Verbo,  potrebbe  dirsi  propriamente  effetto  della  parola  del 
Verbo;  perciocche  il  lume  di  un  oggetto  da  ordinariamenle  una 
cognizione  completa  dell'  oggetto ,  a  differenza  del  suono  che  la  da 
parziale.  Di  fatti  1'udir  la  parola  di  un  uomo  non  e  vederlo  2.  »  E 
piu  sotto:  «  Faccio  notare'che  la  .nostra  cognizione  diretta  di  Dio  e 
parziale  e  rude,  cioe  doppiamente  imperfetta,  e  non  riguarda  1'es- 
senza  di  Dio,  ma  la  sua  parola.  Gli  Ontologi  fallano,  quando  credono 
che  noi  immediatamente  conosciamo  I'Essenza-Dio;  noi  conosciamo 
per  cosi  esprimermi  (e  solo  parzialmente)  la  parola-Dio ;  Dio  non 
lo  vediamo ,  ma  ii  sentiamo  3.  »  Con  cid  resta  accennata  anche  la 
sua  dottrina  sull'origine  delle  idee,  in  quanto  essa  e  da  lui  spiegata 
appunto  in  virtu  di  questa  parola,  che  il  Verbo  ci  fa  sentire  e  che 
costituisce  il  lume  intellettuale  impresso  nell'anima  nostra.  Veniamo 
pertanto  a  dire  qualche  cosa  di  ambidue  questi  capi  di  dottrina. 

Quanto  al  primo,  non  ci  fermeremo  a  ribattere  tutti  i  sofismi , 
che  1'Autore  accumula  contro  la  sentenza  cattolica  cheTanima  umana 
sia  immediatamente  prodotta  da  Dio  per  creazione:  sarebbe  una  vera 
perdita  di  tempo,  tanto  essi  sono  meschini.  Ci  bastera  solo  notare  che 
1' argomento  principale,  sopra  cui  torna  sovente,  se  avesse  forza  , 
varrebbe  altresi  contro  di  lui.  Cotesto  argomento  si  e  che  se  1'anima 
umana  e  creata  da  Dio,  i  parenti  non  produrrebbero  un  uomo,  giac- 
che si  e  uomo  per  1'anima  umana.  Sifiatto  argomento  si  ritorce  otti- 
mamente  contro  la  sua  teorica;  giacche  in  essa  la  parola,  in  virtu 
di  cui  1'anima  diventa  spirituale,  e  pero  umana,  non  e  proferita  dai 
parenti  ma  dal  Verbo.  Dunque  i  parenti  non  producono  1'  uomo,  ma 
un  essere,  che  poscia  diventa  uomo  per  1'azione  del  Verbo.  Che  se 
per  lui  i  parenti  ottimamente  si  dicono  produrre  1'uomo  per  cio  solo 
che  producono  un  subbietto  che  esige  d'ascoltare  quella  parola  del 

i  Pag.  13.  —  2  Pag.  109.  —  3  pag.  113. 


574  RIVISTA 

Verbo,  la  quale  gli  da  1' ultima  specificazione;  dica  lo  stesso  della 
dottrina,  che  impugna;  cio&  potersi  i  parent!  ottiraamente  dire  gene- 
ratori  dell'  uomo  per  cio  stesso  che  generano  un  soggetto  si  fatta- 
mente  organizzato  e  disposto,  che  esige  1'infusione  d'un'anima  spi- 
rituale  creata  da  Dio. 

Curiosa  e  altresi  la  maniera,  onde  1'Autore  crede  di  avere  risolto 
1'  argomento,  che  fa  S.  Tommaso  contro  una  consimile  dottrina  del 
tempi  suoi.  II  S.  Dottore  riferisce  1'opinione  di  alcuni,  i  quali  dicevano 
che  la  virtu  generativa  de'parenti  giungeva  a  produrre  nel  feto  1'anima 
sensitiva ,  e  che  questa  diveniva  poi  intellettiva  per  virtu  divina , 
de  foris  illustrantem  l.  La  quale  sentenza  pare  in  terminis  quella 
appunto  del  Giovenzana.  Contro  siffatta  opinione  S.  Tommaso  argo- 
menta  cosi:  «  Cio  che  e  prodotto  per  cotesta  virtu  divina  o  e  una  realita 
sussistente  da  se,  cioe  indipendentemente  dal  corpo;  e  allora  converra 
che  sia  una  realita  essenzialmente  diversa  da  quella  che  preesisteva, 
cioe  dell'anima  sensitiva  prodotta  da'parenti,  la  quale  non  era  sussi- 
stente da  se  ma  dipendeva  dal  corpo.  In  tal  caso  converra  riconoscere 
nell'uomo  piu  anime,  contro  cio  che  la  coscienza  e  la  ragione  c'inse- 
gna.  Ovvero  e  da  dire  che  il  prodotto  da  quell'  azione  divina  non  sia 
una  realita  sussistente  ma  solo  una  perfezione  modificatrice  dell'anima 
preesistente;  e  in  tal  caso  seguira  necessariamente  che  1'anima  intel- 
lettiva perisca  insieme  col  corpo ,  il  che  e  impossible  2.  » 

Ad  una  si  stringente  e  limpida  argomentazione  il  Giovenzana  ri- 
sponde  parole  che  mostrano  grande  mancanza  delle  nozioni  piu  ovvie 
della  filosofia.  Egli  dice  da  prima  che  cio  che  e  prodotto  da  quell'in- 
flusso  divino  e  una  perfezione  dell'anima,  che  non  ne  muta  1'essenza 
perche  non  produce  in  lei  una  nuova  facolta,  ma  solo  attua  una  fa- 
colta  che  gia  preesisteva .  Nondimeno  dice  che  ha  virtu  di  rendere 
1'anima  spirituale  e  sussistente3.  Poscia,  forse  accorgendosi  che  la 
spiritualita  e  la  sussistenza  e  dote  intrinseca  dell'essere,  e  che  dal- 
1' essere  si  rifonde  nelle  facolta  e  quindi  nell'atto,  non  viceversa ; 
ricorre  a  una  soluzione  anche  piu  strana,  dicendo  che  Dio  puo  mu- 
tare  1'  essenza  dell'  anima,  senza  nuova  creazione.  «  Anche  data  la 
massima  che  1'  anima  non  possa  ricevere  una  perfezione  maggiore , 
senza  rnutarsi  d'  essenza ,  non  puo  Dio  mutar  1'essenza  dell'anima 
senza  crearla?  Cangia  Dio  gli  umori  della  terra  in  frutti,  in  fiori,  in 
foglie,  in  piante;  cangia  Egli  il  cibo  e  la  bevanda  degli  animali  in 
carne,  in  sangue,  in  muscoli ,  in  ossa;  cangia  pure  il  freddo  legno 
in  vivo  fuoco,  in  ardente  fiamma;  e  non  puo  cangiare  1'anima  sen- 
sitiva in  intellettiva,  specialmente  se  1'anima  umana  ha  per  natura 
la  capacita  di  diventare  intellettiva4?  »  Dimandiamo  al  lettore :  e 
possibile  discutere  con  chi  ragiona  in  questo  modo?  Acciocche  un'es- 

i  Summa  th.  1.  p.  q.  118,  a.  2.  —  2  Ivi    —  3  Pag.  21.  —  *  Pag.  3«. 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  575 

senza  possa  mutarsi  in  un'altra,  bisogna  che  sia  com.posta,  e  com- 
posta  d'un  principio  determinabile  e  d'  un  altro  determinante .  Ri- 
manendo  il  primo,  e  cambiandosi  il  secondo,  1' antica  sostanza  si 
converte  nella  nuova.  Cosi  accade  degli  umori  della  terra,  e  degli  altri 
esempii  che  arreca  1'  Autore.  Esse  sono  cose  sostanzialmente  composte 
di  materia,  indifferente  ad  ogni  specificazione,  e  di  forma  specificante; 
quindi  avviene  la  possibilita  delle  loro  conversion!  e  del  loro  muta- 
menti  sostanziali.  Ma  1'anima  eziandio  sensitiva  e  ella  composta?  Es- 
sendo  semplice,  o  tutta  va  via,  o  tutta  resta.  Se  tutta  resta,  1'essenza 
non  si  cambia;  se  tutta  va  via,  ha  cessato  interamente  di  esistere,  e 
in  suo  luogo  si  e  sostituito  un  essere  novamente  create. 

Ma  poco  male  sarebbe  mancar  di  giusti  concetti  filosofici;  il 
peggio  e  che  il  Giovenzana  sembra  mancare  anche  di  giusti  concetti 
teologici,  e  in  cose  che  toccano  i  dommi  della  Fede.  Dice  che  1'Eterno 
Padre  si  chiama  padre  di  Cristo,  e  Maria  SS.  madre  di  Dio,  non  per 
natura,  nia  per  comunicazione  degl'  idiomi l.  Riduce  il  peccato  ori- 
ginale  ad  una  specie  di  peccato  attuale,  volendo  che  consista  in  una 
avversione  della  volonta  da  Dio  preceduta  da  una  cognizione  di  Dio  2. 
Afferma  che  1'  umanita  assunta  dal  Verbo  non  era  natura  razionale 
perfetta,  in  quanto  le  mancava  il  lume  della  ragione,  che  in  lei  fu 
costituito  dallo  stesso  Verbo;  e  in  do  ripone  1'unione  ipostatica  3. 

Per  ci6,  che  poi  spetta  al  secondo  punto,  cioe  1'origine  delle 
ideee  da  lui  sostenute,  in  verita  non  sappiamo  che  dime;  peroc- 
che  non  abbiamo  avuto  la  fortuna  di  ben  capire  il  pensiero  dell'Au- 
tore.  Egii  spiega  1'origine  della  conoscenza  intellettuale  per  la  parola 
che  il  Verbo  dice  alia  mente  nostra.  Ma  che  cosa  e  mai  cotesta  parola? 
E  una  parola  non  arbitraria,  egli  dice,  ma  naturale.  Renissimo;  ma  in 
che  consiste?  E  il  lume  del  Verbo,  non  e  lo  stesso  Verbo.  E  mani- 
festazione  di  Dio ,  ma  non  e  Dio.  E  un  influsso  di  Dio,  che  serve  a 
farci  conoscere  Dio,  sebbene  in  parte  e  non  totalmente.  «  Dico  che 
per  mezzo  del  lume  di  Dio,  che  e  impresso  nell' anima  nostra, 
ossia  per  mezzo  della  parola  di  Dio,  che  si  fa  sentire  all'anima  no- 
stra,  cognoscimus  ex  parte  Deum,  intendendo  il  vocabolo  cogno- 
scimus  per  cognizione  diretta  4.  »  Questa  cognizione  in  parte  di  Dio 
non  e  altro  per  T  Autore  che  un  concepimento  imperfetto  e  indeter- 
minate dell' infinito ,  e  questo  stesso  appreso  non  in  Dio,  ma  nella 
manifestazione,  che  egli  a  noi  ne  fa,  mediante  una  sua  parola.  Infalti 
il  Giovenzana  rispondendo  all'obbiezione  che  niuno  sente  in  se  di  co- 
noscere direttamente  Dio,  dice:  «  Se  per  Dio  intendete  un  Dio-Essere? 
anziche  un  Dio-Parola,  ovvero  intendete  un  Ente  creatore,  anziche 
nn  quid  infinito,  ovvero  se  per  cognizione  intendete  una  cognizione 

J  Pag.  47.  —  2  pag.  58.  —  -">  Pag.  69.  e  seguenti.  -r  4  Pag.  111. 


576  R1V1STA 

comparata  o  anche  solo  analizzata,  ve  lo  concede,  niuno  confessera 
di  conoscere  Dio  direttamente.  Ma  se  per  Dio  intendiamo  un  quid 
infinite  conosciuto  nella  sua  parola  e  non  nel  suo  essere,  conosciuto 
nel  suo  attribute  d' infinite  e  non  ne'suoi  attributi  di  relazione  alle 
cose  create,  e  per  cognizione  intendiamo  una  cognizione  semplice  e 
rude;  nego  che  alcuno  vi  sia,  il  quale  possa  dire  di  non  conoscere 
in  qualche  parte  Dio  direttamente  l.  » 

Questa  parola,  su  cui  tanto  insiste  1'Autore,  non  essendo  Dio 
stesso ,  £  necessario  clie  sia  una  realita  creata ,  una  modificazione 
prodotta  nella  mente  nostra,  e  determinatrice  della  conoscenza..  In- 
somnia ,  una  rappresentanza  intellettuale ,  non  drfferente  da  quella, 
che  gli  antichi  chiamano  specie  intelligibile.  Ma  se  e  cosi,  quai  bisogno 
ci  e  che  essa  proceda  immediatamente  da  Dio?  Non  basterebbe  a 
generarla  nella  mente  nostra  una  virtu  in  lei  infusa  da  Dio,  1'intel- 
letto  agente  degli  Scolastici?  Qui  non  sitratta  di  Creazione,  giacche 
la  creazione  riguarda  le  sostanze;  e  la  sola  creazione  non  e  comu- 
nicabile  alia  virtu  d'una  creatura.  D'altra  parte  sembra  molto  con- 
veniente  che  la  mente  umana  abbia  nella  virtu  ,  che  T  e  propria  , 
tutto  cio  che  e  richiesto  per  uscire  nella  sua  propria  operazione  in- 
teilettuale,  senza  bisogno  di  altra  infmenza  divina,  tranne  la  conser- 
vazione  e  il  concorso;  come  appunto  accade  di  tutte  le  altre  cause 
naturali .  Perche  dunque  ricorrere  senza  necessita  a  questa  teorica 
d'interventi;  d' impressioni,  di  parole  divine? 

Dirassi:  pejche  altrimenti  la  rappresentanza  ideale,  prodotta  dalla 
virtu  creata  della  mente  nostra,  non  potrebbe  recarci  al  concetto 
d' infinite,  giacche  niente  di  finito  puo  determinare  la  mente  a  co- 
noscere rinfmito.  Ma  non  e-  fmita  altresi  1'impressione  e  la  parola, 
che  voi  introducete?  Non  dite  voi  stesso  che  esse  non  sono  Dio?  E 
se  non  sono  Dio,  non  possono  essere  altro  che  realita  finite.  Si;  ma  esse 
operano  come  strumento  in  mano  di  Dio.  Ottimamente;  ma  non  puo 
dirsi  altrettanto  della  rappresentanza  ideale  prodotta  dalla  mente  no- 
stra per  attivita  riccvuta  da  Dio,  e  sotto  il  concorso  di  Dio?  Non  e 
strumento  di  Dio  ciascuna  forza  della  natura?  e  non  produce  ella  come 
tale  gli  efletti  rispondenti  all' essere  specifico,  in  cui  da  Dio  stesso  e 
stata  costituita?  Se  una  rappresentanza  ideale,  per  essere  fmita  nel- 
F  entita  non  potesse  determinarci  a  concepir  1'  infinite ,  dovremmo 
rinunziare  del  tutto  a  una  tal  conoscenza;  giacche,  al  trar  de'conti, 
noi  intendiamo  il  conoscibile  nel  concetto  che  la  mente  ne  esprime, 
e  questo  concetto ,  espresso  dalla  mente ,  entitativamente  non  puo 
essere  che  fmito. 

Prescindendo  adunque  da  ogni  altra  considerazione ,  la  teorica 
del  Giovenzana  si  presenta  come  arbitraria  ed  inutile  al  fine,  per  cui 
si  propone. 

I  Pag.  113. 


BIBUOGRAFIA 


A\OMMO  —  Bibbia  dei  fanciulli  tradotta  dal  Francese.  Seconda  edizione  cor- 
retta  ed  accresciuta  di  alcuni  capitoli  da  un  Sacerdote  Pisano.  Pisa,  tip. 
delle  Letture  Cat.toliche,  dir.  da  Giovanni  Alisi,  4870.  Un  vol.  in  8°  di 
pag.  392.  L.  \  30. 

Qussta  Biblia  pei  fanciulli  e  adattatis-  quando  la  prima  volta  essa  fu  stampata :  e 

sima  per  iniziare  la  fanciullezza  nella  cogni-  tal  e  stata  trovata  nelPuso  fattosene  larga- 

zione  della  Storia  Sacra ,  e  per  formarne  il  mente  di  poi  in  Francia  e  in  Italia.  Sapienti 

cuore  colle  riflessioni  morali  che  vi  si  uni-  sonolegiunte,  di  cui  I1  ha  arricchita  T  editore 

scono  ai  fatti  storici.  Tal  fu  il  giudizio  del-  pisano. 
TArcivescovo  di  Parigi,  Mons.  de   Que"len, 

—  Biografia  del  Sommo  Pontefice  Pio  IX,  estratta  dal  Perioclico  La  Stella.  Kcma 
tip.  de  Propaganda  Fide,  1874.  In  46°  pag.  400.  Cenfesimi  50. 

Quella  eletta  schiera  di  giovani,  quanto  stili  con,  una  rapidita   conveniente   di  stile, 

cattolici  di  fedo  tanto  colti  per  istudii,  che  Non  e  certo  un  gran  quadro  storico,  ma  ne 

scrive  il  coraggioso  e  leale  giornale  la  Stella  e  la  piccola  fotografia,  ove  in  minute  si  ma 

in  Roma,  ha  voluto  in  esso  compendiare  nei  chiar*  proporzioni  tutto  e  fedelmente   collo- 

suoi  cupi  la  Storia  della  vita  di  Pio  IX.  Ben-  cato  al  suo  posto.  La  buona  edizione  vendesi 

che  ve  ne  sieno  tante  altre  gia  scritte  da  penne  a  cosi  tenue  prezzo,  che  non  dubiti'jmo  di  pro- 

abili,  questa  ha  un  merito  tutto  suo,  cioe  di  metterne  universale  e  celerissimo  spaccio. 
aver  raccolto  i  fatti  piii  importanti,  ed  espo- 

—  Catalogo  ragionato  ed  illustrate  della  privata  raecolta  di  Autografi  Ifaliani 
e  Stranieri  e  document!  Storici,  che  si  posseggono  dal  March.  Filippo  Raf- 
faelli  di  Cingoli.  Parte  prima,  Macemta,  tip.  di  A.  Mancini,  487'.  Un  vol. 
in  8°  di  pag.  4  44.  L.  2  50. 

E  celebro  in  Italia  la  collezione  degli  au-  tefici,  i  1748  di  597  cardinali,  i   1138  di  312 

tografi  del  Sig.  Marchese  Filippo  Raffaelli  di  Prelati  ecclesiastici,  i  52  di  40  superiori  Re- 

Cingoli.Essacontiene  35 mila autografi,  tutti  ligiosi,  e  i  72  di  17  Santi,  Beati  o  Venera- 

della  piu  grande  autenticita,e  quasi  tutti  di  bili.  Tutto  ci6  appartiene  alia  la  classe.  Alia 

cose  importanti.  La  collezione  e  divisa  in  cin-  seconda  appartengono  i  230  autografi  di  219 

que  classi,ogni  classe  e  spartita  in  serie,  ogni  Sovrani  o  Principi  italiani,  i  393  di  345  So- 

serie  disposta  per  secoli,  nei  quali  T  ordine  vrani  o  Principi  stranieri,  e  i  672  di  415  Di- 

cronologico  insieme  coll1alfabetico  ordinano  plomatici,  Uomini  di  Stato,  e  Guerrieri.  Que- 

ad  uno  ad  uno  gli  autografi.  II  volumetto  sta  collezione  epreziosa,  perche  contiene  do- 

qui   annunziato   contiene   il    catalogo   della  cumenti  storici  d1  importaaza  e  in  gran  nu- 

prima  e  seconda  classe,  e  vi  sono  individual-  mero.  Speriamo  che  non  vada  fuori  dn  Italia, 

mente  registrati  i  319  autografi  di  34  pon-  ora  che  ne  vediamo  annunziata  la  vendita. 

—  Fratelli  .   resistete   forti  nella    fede.   Lendinara ,   tip.   di  Luigi  Buffetti, 
4871.  Un  opuscolo  in  16°  di  pag.  72. 

—  La  chiave  del  paradiso  oflerta  al  cristiano,  ossia  1'atto  di  contrizione  di- 
mostrato  facile  a  tiitti  da  un  padce  A.  G.  di  G. .Genova,  tip.  della  Gio- 
ventu,  4871.  In  8°  di  pag.  204. 

L1  essenza,  la  facilita,  i  motivi,  la  pratica    e  trattato  con  sana  e  profonda  dottrina  teo- 
delPattodi  contrizione  formano  T  argomeHto    logica,  e  svolto  con  molta  lucidita. 
di  questo  opuscolo  importantissimo.  Tutto  vi 

Serie  VIII,  vol.  II,  fasc.  503.  37  25  maggio  1871. 


578  tlBLIOGRAFIA 

ANONDIO  —  La  prima  Comuniorwj,  preparazione  e  ricordi.  Seconda  edizionc 
riveduta;  Verona,  ttab.  tip.  G.  Civelli,  1870.  In  16°  di  pag. 


Crediamo  di   dover  molto  raccomandare  stile;  ecco  i  pregi  piu  notabili  di  questo  li- 

alle   famiglie   ed.  agl1  istituti   di   educazione  bro,  il  quale,  a  parer  nostro  ,  e  uao  de1  mi- 

questo  caro  volumetto,  scritto  da  una  nobile  gliori  doni  che  si  possan  fare  nella  contin- 

e  pia  dama  e  divulgato  colle  debite  facolta  genza  della  prima  Comunione.  Si  trova  ven- 

deirautorita  ecclesiastica.  E  un  inWeccio  di  dibile  al  prezzo  di  lire  1,  25  in  Firenze  presso 

dialoghi  istruttivi,  o  di  racconti  acconci  al-  Cini  via  ghibellina  114,  e  presso  Manuelli  via 

Tuopo  di  ammaestrare,  non  senza  ricreamento  del  Proconsolo   16.   —  In   Verona  presso  la 

dello  spirito,  i  giovanetti  e  le  giovanette  che  contessa  Scopoli  Biagi  palaz20  Zenetti,  e  alia 

alia  prima  Comunione  si  apparecchiano.  So-  tipografia  Civelli,  in  Trento  presso  il  libraio 

dezza  di  buona  dbttrina,  mozione  ,  garbb  di  Merli. 

—  La  seconda  Spagna  e  1'  acquisto  di  Ponente  ai  tempi  di  Carlo  Magno.  Te- 
sti  di  lingua  inediti  del  Sec.  XIII,  tratti  da  un  Ms.  dell'Ambrosiana  per 
Antonio  Geruti,  dottore  nella  medesima.  Bologna,  presso  Gaetnno  Roma- 
gnoli,  1871.  Un  vol.  w!6°  di  pag.  LXXXVIII,  272.  L.  12.  Edizione  di 
soli  202  esemplari  per  or  dine  numerati  . 

Di  molto  interesse  per  le  origini  della  no-  brosiana.  Una  lunga   e  dotta    prefazione    ne 

stra  lingua  e   de1  racconti  romanzeschi  e  la  fa  appunto  rilevare  il  merito,  sotto  il  doppio 

pubblicazione  di  questi  due  testi  inediti  «  La  rispetto  da  noi  notato;  facendo  cosi  non  solo 

seconda  Spagna  e   Pacquisto  di  Ponente  ai  un  grazioso  presente   agli  amatori  de1  buoni 

tempi  di  Carlomagno   »,  tratti  dal    Dottore  studii  come  editore,  ma  anche  porgendo  litili 

Antonio  Coruti  da  un  Manoscritto  deirAm-  animaestramenti  come  critico. 

—  Le  cause  morali  di  uu  eft'etto  fisico,  e  una  proposta  al  popolo  fedele  in 
occasione  del  Terremoto  1870-71.   Cesena,  tip.  C.  Biasini  1871.  Un  opu- 
scolo  in  16°  di  pag.   !8. 

—  Lcttere  volgari  del  Sccolo  XIII  scritte  da  Senesi,  pubblicate  e  illustrate 
con  documcnti  e  annotazioni  da  Cesare  Paoli  e  da  Enea  Piccolomini.  Bo- 
logna, presso  Gaetano  Romagnoli,  187  1.   Un  vol.  in  16°  di  pag.  188.  Ed. 
di  20"2  esemplari  per  ordine  numerati.  L.  6  50. 

11  contenuto  e  T  importanza  del  presente  per  occasione  di  oondotta  e  assoldamento  di 

volume  sono  esposti  dai  chiari  Editori  nella  cavalieri,  gli  altri  tra  privati  cittadini  Sene- 

prefazione,  che  gli  premettono,  colle  seguenti  si,  per  affari  mercantili.  Alle  dieci  lettere  del 

parole.  «  Mercfe  le  nostrc   ricerche  ,  aiutate  seeolo  XI11  abbiamo  fatto  seguire  un'appen- 

dalPaltrui  cortesia,  abbiamo  potuto  mettere  clicedi  altre  quattro,  che  sebbene  scritte  nella 

assieme  dieci   lettere   volgari  ,  tutte   del  se-  prima  meta  del  seeolo  seguente,  appartenendo 

colo  XIII,  con  data  certa  d1  anno  e  talvolta  ad  uno  de1  carteggi  anzidetti,  ci  parve  dinon 

di  mese  e  di  giorno;  e  da  due  in  fuori,  tutte  dovere  escludere;  nonche  cinque  document! 

inedite.  Queste  dieci  lettere  sono  reliquie  di  illustrativi,  de'secoli  XIII  e  XIV,  due  de'quali 

ben  cinque  cartegg-i  tenuti  in  lingua  volga-  pure  in  volgare.  » 
re;  il  primo  tra  ufficiali  del  comune  di  Siena 

—  Sulla  costituzione,  civile  del  Clero,  emanata  dall'assemblea  nazionale  di  Fran- 

cin.  Torino,  Pietro  di  G.  Marietti,  tip.  Pont.,  1871.  Un  opusc.  in  IG°  gr. 

di  pag.  74. 

E  la  famosa  costituzione  apostolica  di  chfe  la  piu  gran  parte  delle  cose  quivi  dette 
Pio  VI.,  tradotta  fedelmente  in  italiano  .  s1  attagliano  benissimo  ai  bisogni  dei  nostri 
Viece  oppxjrtuno  darla  ora  alia  luce;  giac-  tempi. 


BIBLIOGRAFIA 


579 


BONCOMPAGNI  B,  —  Bullettino  di  Bibliografia  e  di  storia  delie  scienzft  ma- 
tematicbe  e  fisiche,  pubblicato  da  B.  Boncompagni.  Roma,  tip.  delle  scienze 
matematiclie  e  fisiche. 


Nel  vol.  V.  della  serie  VII,  con  un  arti- 
colo  in  lode  del  Bullettino  scientifico  pub- 
blicato da  S.  E.  il  Principe  Don  Baldassarre 
Boncompagni,  dimostrammorimportanza  del- 
1'  opera  impresa  da  qucsto  Meceaate  delle 
scienze,  in  ordine  al  progresso  della  storia 
delle  scienze  matematiche  e  della  loro  biblio- 
grafia.  Piu  volte  abbiam  poi  annunziati  i  suc- 
cessivi  quaderni  del  Bullettino  .  Abbiamo  ora 
annunziato  gli  ultimi  quaderni  del  vol.  III. 
Oltre  i  lavori  originali,  secondo  il  consueto 
vi  si  troyano  ricchissime  bibliografie  o  an- 


nunzii  di  recenti  pubblicazioni ;  in  tor  no  alia 
quale  raccolta  ripeteremo  ci6  che  gia  dicemmo 
in  quel  nostro  articolo :  «  preziosa  raccolta 
invero,  la  quale,  oltre  la  somma  utilita  che 
reca  ai  cultori  delle  scienza  natural!,  ora  spe- 
cialmente  che  in  tanti  luoghi  e  da  tanti  si 
scrive  in  ogni  ramo  delle  medesime,  bene  ad- 
dimostra  eziandio  lo  zelo  disinteressato  del 
Principe,  che  solo  con  grandi  spese  pote  ra- 
dunare  tanti  e  s\  svariati  lavori  antichi  e 
moderni !  »  > 


BOSCO  GIOVAMI  —  Storia  Ecclesiastica  ad  uso  della  gioventu  utile  ad  ogni 
grado  di  persone  pel  Sac.  Giovanni  Bosco.  Nuova  ediz.  migliorata  «d  accre- 
sciuta.  Torino,  tip.  di  S.  Franc,  di  Sales  4870.  In  16°  dipag.  464.  Cent.  80. 

CAGNACCI  CARLO  —  H  Maestro  del  Villaggio.  Racconto  del  Prof.  Carlo  Ca- 
gnacci.  Oneglia,  tip.  e  Lit.  di  Cr.  Ghilini  1871.  Unvol.  in  1 6°  di  pag.  426. 


I/umore  satirico,  e  la  facilita  narrativa  dello 
scrittore  ne  rendono  molto  dilettevole  la  let- 
tura;  e  sotto  raolti  aspotti  morali  anche  non 
disutile. 


Lo  scopo  di  questo  romanzetto  si  e  di  far 
eonoscere  la  misera  condizione  in  che  sono  in 
Italia  i  Maestri  di  Villaggio,  ossia  malgrado 
delle  leggi  che  furon  fatte  per  proteggerli; 
ossia  forge  anche  per  cagion  di  quelle  leggi . 

€ARBONELLI  BAR,  DI  LETINO  —  La  questione  romana  nel  congresso,  pel  Ba- 
rone  di  Letino  Carbonelli.  Ginevra,  Sorieta  delta  Indipcndenza,  1870.  Un 
vol.  in  8°  di  pag.  416.  Si  vende  in  Roma  Via  del  Gesii  n°  61. 

Di   quest1  ottimo  libro  dell1  illustre  Barone  Carbonelli  ci  proponiamo  di  parlare  in  una 
delle  prossime  riviste. 

. -j-.jl-.TK, •>f;.--:1ii.«i  titi'.-lvr  .171 !?;   &).»  -i  :,2-.j/i^-vJ  sSj/.m 

GARY  ANA  SALVATORE  —  Salvatoris  Carvanae  S.  T.  D.  in  usurn  Studiosorum 
I      Lycei  Melitensis,  Lexicon  et  Dialogi.  MelUae,  ex  officina  E.  Laferlae  1874. 
Un  vol.  in  16°  di  pag.  238. 


Di  molto  vantaggio  pub  essere  ai  giovani 
studiosi  del  latino  il  libriccino  che  loro  offre 
il  ch.  Professore  Carvana .  Esso  e  composto 
di  due  parti.  I/una  e  una  specie  di  picciolo 
lessico  ,  o  piuttosto  di  varii  piccioli  lessici  , 
che  sono  destinati  alle  diverse  classi  delle 
scuole  di  latino,  cominciando  dallMnfima;  e 


contengono  una  quantita  di  vocaboli  tecnici 
che  piu  difficilmente  occorrono  nell1  uso  ordi- 
nario,  e  perb  piu  diflS^cilmente  s1  imparerebbero. 
L'altra  contiene  scelti  dialoghi,  ricavati  tutti 
daPlauto,da  Terenzio  e  da  Orazio,  tranne 
alcuni  pochi  per  la  classe  infima ,  che  sono 
tolti  dal  celebre  Ludovico  Vives. 


€ONESTABILE  CARLO  —  Iconografia  della  Madonna  di  Raffaello,  detta  del  libro 
o  di  Conestabile.  Terzine  di  Carlo  Conestabile.  Perugia ,  tipo-litografia  di 
G.  Boncompagni -e  C.  4871.  In  8°  grande. 

Leggiadra  e  nobile  a  un  tempo  e  questa    tilezza  deiranimo,  e  la  HOB  comune  coltura 
terzina,  la  quale  testimonia  la  fede,  la  gen.-    del  nobile  giovanetto  suo  autoro. 

CONTI  DOMEKIGO  —  Memoria   e  Statistica  dei  terremoti  della  provincia   di 

.;   -i*i;-«j  c  a  f|*M(btfC!ft}ii*'»  PK-.  .Jiiioa 


580  BIBLIOGRAFIA 

Cosenza  nell'anno  4870  del  Doit.  Cav.  Domenico  Conti.  Cosenza,  tip.  Mu- 
nicipale,  1  871 .  In  4°  di  pag.  60.  L.  1,10. 

In  questa  egregia  e  utiliasima  Memoria  che  susseguirono ,  le  eruzioni  salse  e  vulca- 

del  D.  Conti  sono  ordinatamente  registrate  e  niche,  i  danni    fatti  e  i  provvedimenti  presi 

descritte  le  perturbazioni  eccezionali  meteo-  per  ripararli.  E   una   bella  monografia,  che 

rologiche  dell1  anno  1870  ,  i  fenomeni  che  ban  serve  allo  studio  di  questo  terribile  fenomeno 

preceduto  il  terribile  terremoto  dei  10  ottobre,  naturale,  e  pur  cos\  frequente  nella  provincia 

la  sua  direzione ,  la  sua  durata ,  i  fenomeni  di  Cosenza. 

DA  KEMPIS  TOMMASO  ~  La  valle  dei  gigli,  il  Trattatello  della  vera  compun- 
zione,  e  tre  Sermon  i  in  lode  della  B.  V.  di  Tomraaso  da  Kempis,  tradotti 
da  Luigi  Ricci  Barnabita.  Torino ,  tip.  e  Libreria  S.  Giuseppe ,  Collegia 
degli  Artigianelli.  Un  vol.  in  16°  3i  pdg.  164,  Cent.  40. 

DE  CHIARA  M1CHELE  —  La  Chiesa  e  il  regalismo,  pel  Cav.  Michele  de  Chiara. 
Napoli,  Stab.  Tipografico  Strada  nuova  Pizzofalcone  n°  3,  1870.  Un  opusc. 
in  16°  gr.  di  pag.  120. 

Lodammo  gia  nel  fascicolo  44*7  (pag.  3l7)  de  Chiara  e  valente  pubblicista,  e  dotto  noa 

T  egregio  commentario  che   il   ch.   Cav.   De  meno  nelle  scienze  civili  che  negli  studii  re- 

Chiara    avea   dato    alia  luce  sopra  le  prime  ligiosi;  ed  il  libro  presente,  come  i  tanti  altri 

diciotto  proposizioni  del  Sillabo  di  errori  con-  da  lui  pubblicati  e  gratuitamente  distribuiti, 

dannati  da  Pio  IX.  II  volumetto  qui  annun-  corrispondeaqueste  egregie  sue  qualita.  Luci- 

ziato   segue   quel   lavoro,    comprendendo    la  da  esposizione,  riflcssioni  giudiziose  e  oppor- 

esposizione  e  la  confutazione  delle  altre  venti  tune,  soda  dottrina,  logica  stretta;  tutto  ci6 

proposizioni  seguenti  dello  stesso  Sillabo.  II  rifulge  nella  presente  trattazione. 

DEL  FRATE  PACIFICO  —  In  losephum  virum  D.  N.  Mariae  vindicem  catho- 
lici  nominis  ct  Patronum  auspicatissimum:  Hymni  Septempedae,  Officina 
Conradi  Corradctti,  1871.  In  8°  di  pag.  14. 

DE  LIQUORI  S.  ALFONSO  —  Massime  eterne  di  S.  Alfonso  de' Liguori  e  giar- 
dino  di  Divozione.  Nuova  Edizione.  Torino,  tip.  dell'  Oratorio  di  S.  Fran- 
cesco di  Sales,  1871.  Un  volumetto  in  16°  di  pag.  360  Cent.  25. 

DE  MAGCHI  DAYIDE  —  Scelta  di  Laudi  sacre,  musicate  dal  M.°  cav.  Luigi 
Davide  De-Macchi  e  da  altri  valenti  maestri ,  ordinate  e  pubblicate  da  A. 
e  C.  ad  uso  delle  scuole  e  delle  congregazioni  cristiane.  Torino,  presso 
Eng.  Barone.  Un  vol.  in  16°  di  pag.  144.  Prezzo  Cent.  80. 

Quest1  operetta  sebbene  fa  un  tutto  da  se,  conda:  Maria  SS.,  ossia  feste  principal],  mese 

pure  e  solo   la  parte  prima  di  un  libro  piu  mariano.  Parte  terza:  Santi,  ossia  mese  di  S. 

compiuto.  Vi  troviamo  parole  buone,  con  la  Giuseppe,  principali  protettori  della  gioven- 

nota  musicale  di   dolci  e  pietosi  motivi   del  tu,appendice  di  litanie,  mottetti  e  tantumergo 

De-Macchi,  Blanchi,  Fratel  Bonito,  Meiners,  di  facile  esecuzione.  Insomma   i  tre  fascicoli 

G.  Cerruti,  Cautone,  Chiossi,  ec.  formeranno  un  vero  Manuale  di  canti  popo- 

II  presente  fascicolo  ne  coutiene  ben  82,  lari  per  tutte  le  raunanze  sacre,  scelto  e  ordi- 

senza  couture  un   conciso  trattatello  di  mu-  nato  da  quegli  sperimentati  maestri  che  sono 

sica  che  li  precede.  Ecco   la  divisione  gene-  i  Fratolli  della  Dottrina  cristiana,  a  tenuis- 

rale.  Parte  prima :  Dio,  ossia  canti  preliminari,  simo  prezzo,  di  comodissimo  uso  agli  istitu- 

feste  della  Chiesa,  canti  di  penitenza,  novis-  tori  della  gioventa  e  ai  sacri  pastori. 
simi,  Eucaristia  e  prima  comunione.  Parte  se- 

DE  OSMA  AXT1GIO  —  Manuale  del  comporre  italiano,  ad  uso  degli  alunni  de1 
terzo  corso  delle  scuole  tecniche,  esposto  secondo  i  programmi  governativi; 
del  prof.  Antigio  de  Osma,  membro  effettivo  ed  ooorario,  ec.  di  molte  illustri 
associazioni  ec.  2*  edizione.  Milanot  Agnelli,  1870,  16°  di  pag.  192. 

Contiene  precetti  ed  esempii  relativi  alle    cipii  di   ben  comporre  in  istile  didascalico  e 
ecritture  di  commercioe  di  contra tti 50  i  prin-    in  poesia  volgaro. 


BIBL10GRAFIA 


581 


DEV01LLE  A.  —  I  Crociati.  Scguito  alia  Prigioniera  della  torre,  per  A.  Devoille. 
Traduzione  dal  francese.  Bologna,  presso  I'  Ufizio  del  Massaggere,  4S1Q.  Due 
volumi  in  16°  pubblicati  in  o  dispense,  pag.  448,  e  424. 
Sebbene  difetti  questo  racconto  dal  lato    mune  a  tanti    romanzi  moderni;  nondimeno 

della  semplicita  e  naturalezza  s\  della  tessi-    DO  riesce  utile  moralmento  la  lettura,  e  dilet- 

tura,  s\  dei  casi,  si  dei  caratteri ,  difetto  co-    tevole. 

DURAKDO  CELESTIIVO  —  Novelle  scelte  di  Giovanni  Boccaccio,  purgate  ed  an- 
notate dal  Sac.  Prof.  Celestino  Durando.  Seconda  Edizione.  Torino,  tip. 
di  S.  Franc,  di  Sales,  1871,  2  vol.  in  16°  di  pag.  208,  264.  L.  1.  20. 

F.  G.  DE  V.  —  Compendium  Theologiae  moralis  ex  opere  morali  Scavini  nee 
non  Gury  et  Charmes  concinatum  a  F.  G.  de  V.  sacrae  facultatis  Lectore. 
Viterbii,  proelis  Speraindeo  Pompei  4870.  Un  vol.  in  8°  di  pag.  74.  L.  4. 

F.  R.  —  De'semplici  legati  per  oggetto  di  culto  ne' rapporti  colla  legge  di 
soppressione  15  agosto  1867,  per  F.  R.  Milano,  lip.  Arciv.  di  G.  B.  Bo- 
niardi  Pogliani,  1874.  'Un  opuscolo  in  8°,  pag.  20  cent.  40. 

La  legge  del  15  ag.  1867  che  toglie  la 
personality  civile  ad  alcune  istituzioni  eccle- 
siastiche,  suole  ora  ricevere,  per  quale  che  ne 
sia  la  cagione ,  una  infausta  e  indebita  ap- 
plicazione. Si  suole  ora  ben  sovente  applicare 
ai  legati,  senza  distinzione  veruna  tra  quelli 
che  costituiscono  da  se  un  ente  morale  ,  e 


quelli  che  sono  o  un  patrimonio  privato ,  o 
una  obbligazione  inereute  a  patrimonio  pri- 
vato o  ad  ente  morale  non  soppresso.  Questa 
applicazione  e  del  tutto  illegale:  e  cib  dimostra 
con  soda  evidenza  la  dissertazione  da  noi 
qui  annunziata;  la  quale  per6  e  di  non  lieve 
importanza. 


FERRANTE  AN'ICETO  —  Vita  di  S.  Francesco  Caracciolo,  fondatore  de'Chierici 
Regolari  Minori.  Volume  Primo.  Monza,  tip.  delV  htituto  de'Paolini  di  Luigi 
Annoni  e  Comp.  1871.  Un  vol.  in  12°  dipag.  176. 

II  Viverseil  Cericelli  scrissero  gia  la  vita  per  edificazione  dei  fedeli   si  e  accinto  il  ch. 

di  S.  Francesco  Caracciolo.  Altri  compendii  p.  Ferrante,  che  per  criterio  storico,  per  lar- 

di  quella  vita  furon  pure  stampati.  Ma  oltre  ghezza  di  vedute,  per  applicazione  di  studii, 

airesser  divenute  assai  rare  queste  biografie,  e  per  pulito  e  dignitoso  stile  era  quel  desso 

nessunapuo  aversi  per  interamentecompiuta.  che  si  volea  a  scriverne  una  bella  vita. 
A  farla  tale,  a  divulgarla   poi  tra  il  popolo 

FERRE  PIETRO  MARIA  —  (Vescovo  di  Casale  e  Ccnte).  Istruzione  pastorale 
sul  Dogma  dell'Infallibilita  pontificia, -definite  nella  sessione  quarta  del- 
1'Ecumenico  Vaticano  Concilio.  Casale,  tip.  P.  Bcrtero  succ.  Corrado  1871. 
Lin  vol.  in  8°  pag.  115. 

E  un  vero  e  dotto  trattato  teologico,  ben  deriveranno,  ossia  che  si  consider!  per  rapporto 

concepito.beneordinato,  bene  svolto,  nel  quale  alia  sua  stessa  nature,  ossia  che  per  rapporto 

la  sapienza  episcopale  e  la  dottrina  teologica  alia  Chiesa  ed  ai  fedeli,  ossia  che  per  rapporto 

brillano  di  tutta  la  lor  luce.  Sono  tre  le  parti  alia  conversione  degli  eretici  e  degl1  infedeli. 

in  che  tutta  la  trattazione  si  divide  .  Nella  Ognun  rede  che  questa   divisione  abbraccia 

prima  si  spiega  e  si  difeude  il  decreto  con-  tutti  gli  aspetti  della  quistione,  e  ne  rende  la 

ciliare  sopra  1' infallibility :  nella  seconda  si  trattazione  coropiuta  ed  intiera.  La  gravita, 

dimostra  come  per   questo  decreto  la  regola  Tautorita,  la  semplicita  della  parola  episc 

della  fede  cattolica  e  non  solamente  confer-  pale  rendono  questa  Istruzione  sommam 

mata,  ma  eziandio  meglio  rischiarata  e  age-  preziosa,  e  proficua,  e  noi  la  raccomand: 

volata:  nella  terza  parte  si  additano  i  prin-  tutte  le  classi    di   persone ,  ma  sped 

cipali    vantaggi    che   da  questa   definizione  al  clero. 

FERRERI  SEVERING  —  H  Contadino  Cristiano.  Letture  popolari  pel  mese  ^di 
maggio,  con  preghiere  ed  esempii  ad  uso  della  gentc  di  campagna,  del  Sa- 


582 


BIBLIOGRAFIA 


cerdote  Severino  Ferreri.  Torino,  tip.  Speirani,  1874.  Un  vol.  in  16°  fU 
pag.  282.  Cent.  60. 

FIRENZUOLA  AGNOLO  —  La  prima  veste  dei  discorsi  degli  animali,  operetta 
di  Agnolo  Firenzuola,  ridotta  ad  uso  della  gioventu  con  note  e  schiarimenti 
di  P.  A.  maestro  delle  scuole  elementari.  Bergamo.,  tip.  e  libreria  di  Carlo 
Colombo,  Piazza  Garibaldi  N°  15  centesimi  60. 

Graziosissimi  per  la  forma,  castigatissimi  al  eh.  Arrighetti,  il  quale  in  benefizio  de^io- 

per  la  lingua,  e  pieni  di  utili  ammaestramenti  vanetti,  che  attendono  allo  studio  della  no- 

nella  igostanza  sono  questi   apologhi  del  Fi-  stra  lingua,  gli  ha  ora  di  nuovo  pubblicati , 

renzuola,  i  quali  iseritamente    vanno    fra  le  corredandoli  di  opportune  noterelle  per  age- 

raigliori    cose    uscite    dalla    penna    di    quel  volarne  la  intelligenza. 
grande  scrittore.  Perci6  e  da  rendere  grazie 

G10.  DA  MAN9AVILLA  -  -  I  Viaggi  di  Gio:  da  Mandavilla.  Volgarizzamento 
antico  Toscano,  ora  ridotto  a  buona  lezione,  coll'aiuto  di  due  testi  a  penna, 
per  cura  di  Francesco  Zambrini.  Bologna,  Gaetano  Romagnoli,  1870,  2°  vol. 
in  16°  gr.  di  pag.  220  L.  7.  Ediz.  di  soli  206  esemplari  per  ordine 
numerati. 

Buon  servigio  e  reso  agli  studios!  della  mani    de'giovani.  Assai    di   frequente,  come 

lingua  con  questa  elegantissima  Oollezione  di  accade  in  questo  stesso    volume  che  annun- 

testi  inediti  o  rari,  a  cui  danno  opera  valen-  ziamo,vi  s'incontrano  racconti  ovvero  osser- 

tissimi  letterati.  E  perb  da  avvertire  che  non  vazioni,  che  potrebbero  facilmente  pericolare 

sono    pubblicazioni  da  mettere    sempre  nelle  la  loro  innocenza. 

GIUSEPPE  Ma  DA  SOAVE  —  Scbematismus  Calendarii  perpetui  quo  Ecelesia- 
sticus  quisque  sibi  conficere  potest  calendariurn  cuiuscumque  anni,  dicatus 
S.  loseph.  Venetiis  ex  ti/pografta  Aerniliana.  1870,  Un  vol.  in  8°  di  pag.  124- 


In  questo  accurate  Schematismo  di  pag. 
124  in  8°  gr.  oltre  le  regole  per  fare  qualun- 
que  Calendario  per  ogni  anno,  vi  e  una  Ta- 
vola  per  trovar  TAureo  Numero  pertutti  gli 
anni,  una  Tavola  Perpetua  delle  lettere  Do- 
minicali,  un1  altra  pure  Perpetua  delle  Let- 
tere del  Martirolog-io  colle  covrispondenti 
Epatte,  ed  una  Tavola  del  giorno  di  PasQua 
sino  all"  anno  cinquemila.  Di  piu  un  Calen- 


dario generale  colle  Feste  mobili,  e  finalmente 
trentacinque  Tavole  delle  Feste  mobili  e  delle 
Feste  occorrenti  tanto  per  T  anno  comune , 
quanto  pel  bisestile,  coi  relativi  Trasporti  nei 
g-iorni  vacui  del  Calendario  generale .  Si 
spedisce  franco  di  posta  per  tutta  T  Italia 
contro  un  vaglia  di  una  lira  it.,  diretto  al 
sig.  Don  Antonio  Zenari,  S.  Francesco  della 
Vigna  a  Venezia. 


GUENOT  C.  —  Marccllino  ossia  i  martiri  sotto  Costantino.  Racconto  storico 
del  secolo  IV  del  Sacerdote  C.  Guenot.  Versione  libera  dal  Francese  del 
Sac.  Severino  Ferreri.  Torino,  tip.  di  Pietro  di  G.  Marietti,  lST\,unvol. 
in  16°  gr..di  pag.  232. 


Sebbene  tutti  i  fondamenti  di  questo  Rac- 
fonto  sieno  storici,  e  storica  la  maggior  parte 
dei  fatti,  pur  tuttavolta  la  forma  drammatica, 
lo  stile  brioso ,  gl1  intrecci  svariati,  le  scene 
molteplici,  i  costumi  fedelmente  osservati,  ne 
fanno  un  vero  e  dilettoso  romanzo.  Nulla 
diciauio  della  parte  morale,  che  non  solo, 
«  serbata  pienamente  ma  6  eristianamente  si- 
cura.  I  tempi  presi  a  descrivere  dalPautore 
son  quelli  di  Costantino  imperatore;  e  quiudi 


pieni  di  un  interesse  grande,  siccome  quelli 
che  segnarono  la  disfatta  del  paganesimo 
innanzi  alia  croce.  Solo  ci  duole  che  Tegre- 
gio  scrittore  abbia  accolte  con  soverchia  fa- 
cilita  certe  accuse  contro  di  Costantino,  che 
ora  la  critica  rigetta  tra  le  calunnie,  cui 
quel  gran  Principe  and6  soggetto.  Ma  ci6 
nulla  toglie  alia  verita  generale  del  suo 
quadro. 


BIBL10GRAF1A  583 

LONGO  AGATINO  —  Versi  del  Cavaliere  Prof.  Agatino  Longo,  in  onore  di  S. 
Agata.  Catania,  stab.  tip.  di  C.  Galatola,  1871,  un  opusc.  in  8°  di  pag.  31 

II  primo  de'due  componimenti,  scritti  in  cuore  nobile  e  invitto,  che  non  pure  non  si 

onore  della  Vergine    Catanese  dal  suo  con-  spaventa  dell1  ultimo  supplizio,  ma  vi  anela 

cittadino.chiarissimoProfessore  Agatino  Lon-  come  a  un  trionfo.  L'alfcro  componimento  e 

go,  e  un  dialogo  fra  la  santa  verginella  e  il  una  preghiera    alia   Martire ,    in    cui    sono 

preside  Quinziano,    che    la   condann6    alia  espressi  i  voti  piu  caldi ,  che  ne1  tempi  cor- 

morte.  Esso  e  pieno  di  verita,  perche  la  so-  renti  pu6  inviare  al  cielo  un  pio.cristiano,  e 

stanza  e  tolta  dagli    atti  del  martirio    della  souo  espressi   con  pari    ardore  di    affetto ,  e 

santa,  e  vi   e   ritratto    a  maraviglia    il  suo  dignita  di  poesia. 

MARTINUCCI  PIO  —  Manuale  Sacrarum  Caere moniarum  in  libros  octo  digestuin 
a  Pio  Martinucci  apostolicarum  caeremoniarum  magistro.  Romae ,  1871, 
typis  B.  Morini. 

A  pag.  76  del  vol.  IX^lella  serie  VII  lo-  cazione  del  secondo  e  del  terzo  libro.  II  se- 

dammo  meritamente  .questo  Manuale  al  primo  condo   di  pag.  312   al  prezzo  di  lire  3,   e  il 

apparire  del  primo  libro,, ed  ivi.demmo  anche  terzo  di  pagine  112  al  prezzo  di   lire  1,25  si 

un  cenno  delle  materie  da  trattarsi  nei  libri  trovano  a  Roma  e  a  Torino  presso  il  Cava- 

seguenti.  Or  ci  basta  annunziare  la  pubbli-  lier  Marietti,  e  a  Parigi  presso  il  Palme". 

PANIZZl  DOMENICO  —  L'Armi  e  1'arpa  versi  di    Domenico    Panizzi.  Reggio 

d'  Emilia ,  Tip.  Degani  e  Masini  1 871  un  vol.  in  8°  di  pag.  1  60  L.  1 . 
PETRONIO  RUSSO  SAIVADORE  —.H  Concilio  e  il  giubileo,  discorso  del  Sac. 

Salvadore  Petronio  Russo  al  clero  secolare  e  regolare  e  al  popolo  di  Aderno, 

recitato  nell'iasigne  e parrocchiale  Chiesa  Collegiata  ildi  21  novembre  1869. 

Catania,  tip.  di  Vincenzo  Metitiero,  Largo  della  Merce  N°  227,  1869.  Un 

opuscolo  in  8°  di  pag.  26. 
ROTA  PIETRO  —  Contro  i  profani    divertimenti,  annunziati   da  eseguirsi  in 

Guastalla  la  IV  domenica  di  quaresiraa  del  1871,  esortazione  ai  Guastal- 

lesi  di  Mons.  Pietro  Rota,  Vescovo  di  Guastalla.  Guastalla,  tip.  Vescovile, 

1871.   Un  opuscolo  in  8°  di  pag.  12. 
SALVIATI  LEONARDO  —  Rime  def  Cav.  Leonardo  Salviati,  secondo  la  lezione 

originate,  confrontata  con  due  codici  per  cura  di  Luigi  Manzoni.  Bologna, 
presso    Gaetano  Romagnoli ,  1871.  Un  vol.  in   16°  grande   di  pag.  114. 

L.  4.  Ediz.  di  206  esemplari  per  ordine  numerati. 

Queste  rime  del  Salviati  sono  tutte  ine-  un  giudizio  assai  vantaggioso  del  Caro  in- 
dite; e  le  ha  scoperte  il  ch.  Luigi  Manzoni  torno  al  Salviati,  e  che  riguarda  anche  le  sue 
daprima  in  Napoli,  nella  Biblioteca  ora  detta  poesie.  Queste,  generalmente ,  sono  di  argo- 
Nazionale,  e  dipoi  in  Firenze  in  un  codice  mento  erotico,  epercib  da  non  affidare  incau- 
della  Magliabechiana,  che  e  ritenuto  auto-  tamente  nelle  mani  de'giovani. 
grafo.  II  ch.  editore  riporta  nella  prefazione 

SCALIA  GIOVANNI  —  La  Filosofia  scolastica  ed  il  Panenteismo  biblico  del 
P.  M.  Leonardi,  Lettere  del  Sac.  Giovanni  Scalia.  Catania ,  tip.  di  Eu- 
genio  Coco  1871.  In  8°  di  pag.  76. 

Lo  scopo  di  queste  Lettere  e  di  confutare  e  contingente  solo  nelle  forme,  che  costitui- 

una  erronea  dottrina ,  propugnata  dal   prof,  scono  il  mondo  aspettabile,  e  non  lo  e   pero 

Michelangelo  Leonardi  nel  periodico,  il  Campo  nel  suo  principio,  nei  suo  essere,  che  6  Tessere 

deifilosofi  italiani.  Questi,  ripudiando  la  libera  stesso  di  Dio.  »  II  chiaro  Scalia  gli  scrive  due 

ereazione  dal  nulla,  che  qualifica  come  opinione  lettere,  amendue  cortesi  nella  forma  e  piene  di 

degli  scolastici,   propone  un  sistema,  da  lui  riepetto  per  Tavversario,  ma  inesorabili  contro 

stesso  formolatocon  queste  parole: « II  mondo  Terrore.  Nella  prima  di  esse,  fatto  osservare 


584 


BIBLIOGRAFIA 


ehe  la  libera  oreazione  dal  nulla  non  e  una 
sempliceopinione  degli  scolastici,  ma  un  dom- 
ma  eattolico,  promulgate  dal  Concilio  Late- 
ranese  IV  ed  ultimamente  confermato  dal 
Vaticano,  dimostra  ad  evidenza ,  coll1  esame 
accurate  dei  testi  del  Leonard! ,  che  il  suo 
sistema  si  risolve  nel  pretto  Panteismo  o  sia 
ideulistico  o  sia  materialista.  La  seconda  let- 
tera  e  una  risposta  al  Leonardi ,  il  quale  a 
scagionarsi  dalla  taccia  di  panteista,  si  con- 
tende  di  torcere  le  sue  parole  a  sentenze  or- 
todosse.  II  chiaro  avversario,  senza  mettere  in 
dubbio  la  rettitudine  del  suo  animb,  gli  di- 
mostra con  nuovi  paralleli  delle  sue  medesirae 
proposizioni,  che  a  malgrado  di  cosifi'atte  di- 
chiurazioni  ,  il  proprio  senso  della  dottrina 
iusegnata  da  lui,  e  quello  che  gli  ha  esposta 
nella  prima  lettera.  A  questa  due  lettere  suc- 
cedono  duealtre;  Puna  ad  un  tal  professore 
Ruffaele  Pompa,  che  si  fece  paladino  del  Leo- 
nardi, e  Taltra  al  professore  Giuseppe  Allievo, 


direttore  del  Campo  dei  filosofi  italiani .  In 
tutte  queste  lettere  abbiamo  ammirato  pregi 
che  pur  troppo  e  raro  incontrare  ar  tempi 
nostri  in  quelli  che  scrivono  di  materie  filo- 
sofiche.  La  dottrina  difatti  e  sicurissima , 
come  quetla  che  e  attinta  da  ottime  fonti ; 
e  sono  quelle  degli  scolastici  piu  rinomati , 
che  esso  difende  dalle  vulgaricalunnie,  inven- 
tate  dalla  mala  fede  e  sostenute  dalla  igno- 
ranza.  Vi  eprofonditadi  concetti  unitaad  una 
singolara  chiarezza  di  esposizione;  sagacia  di 
critica,  che  sa  scoprire  ogni  lato  debole  del- 
Tavversario;  e  finalmente  un  tal  uso  della 
dialettica  nello  stringere  gli  argomenti,  che 
e  tolto  ogni  modo  ragionevole  di  cansarne  la 
forza.  Ci  sembra,  per  questo  piccolo  saggio, 
poter  affermare  che  il  ch.  Scalia  merita  ve- 
rainente  il  nome  di  Filosofo  ,  e  cio  che  piu 
monta ,  di  Filosofo  formato  secondo  il  con- 
cetto della  Filosofia  cristiana. 


S1LONIO  MATTIA  —  Manuale  per  le  figlie  della  Beata  Emilia ,  compilato  da 
Silonio  Mattia,  rettore  della  Parrocchia  di  S.  Giuliano  in  Vercelli:  Vercelli, 
Up.  e  libr.  Guidelti,  Perotti,  1870.  Un  vol.  in  16°  di  pag.  196. 

La  B.  Emilia  Bicchieri,  nobile  Vercellese  la  loro  sede  principale  nella   Chiesa  parroc- 

Domenicana  ,    scelta  a  protettrice    della  pia  chiale  «li    S.    Giuliano   in  Vercelli.  Contiene 

Unione  delle  Figlio  di  Maria  in  Vercelli,  ha  un  breve  Compendio  della  vita  della  B.  Emi- 

dato    loro  il  nome.  Questo  Manuale  dunque  lia  ,  e  poi    Preghiere,    Salmi,   Inni ,  e  Lodi, 

e  il  Manuale  delle  Fig-lie  di  Maria,  che  hanno  ottimamente  composti,  o  scelti. 

SIOTTO-PINTOR  EFISIO  —  Sulla  natura  del  governo  Ecclesiastico ,  lettera 
d'Efisio  Siotto  Pintor  al  suo  fratello  Giovanni,  con  brevi  aggiunte  all'altra 
del  28  aprile  1859  sull' infallibilita  Pontificia  ed  Appendice  al  libro  inti- 
tolato  L Italia  e  i  Ministrl  della  Corona.  Cagliari,  tip.  di  A.  Timon,  1870. 
Un  opuscolo  in  8°  di  pag.  65. 


Da  questo  libro,  scritto  vigorosamente  e 
tun  to  cortesemente  quanto  era  possibile ,  si 
apprende  tutta  la  gravita  delle  stravaganze, 
e  degli  errori  del  famoso  deputato  Giovanni 
Siotto-Pintor.  II  Sig.  Efisio  suo  fratello,  per 
lo  zelo  di  difendere  i  principii  religiosi  e  so- 
ciali ,  che  son  fondamento  e  cardine  d1  ogni 
cristiano  consorzio  ,  ha  voluto  non  che  pro- 


testare  combattere  contro  le  aberrazioni  del 
suo  proprio  fratello,  e  lo  ha  fatto  senza  am- 
bagi ,  e  senza  debolezza.  Doloroso  oflicio  al 
certo:  e  cio  mostra  una  delle  piaghe  della  ri- 
voluzione,  quella  di  dividere  sventuratamente 
le  citta  e  le  famiglie  col  piii  pugnente  dei 
dissidii,  qual  e  quello  delle  dottrine  religiose 
e  civili. 


STUB  PAOLO  —  L'Addio  al  Protestantismo  con  dicbiarazioni  storiche  e  teo- 
logiche  del  P.  Paolo  Stub  Barnabita.  Milano,  libreria  Boniardi  Pogliani  , 
1871.  Un  vol.  in  8°  di  pag.  288. 


Raccomandiamo  molto  caldamente  questo 
libro  a  tutti,  ma  in  modo  speciale  ai  giovani 
italiani.  II  P.  Stub,  che  ne  e  Pautore,  nacque 
in  Berghen  di  Norvegia  in  seno  al  prote- 
stantesimo: venue  in  Italia  con  tutte  le  preven- 
zioni  proprie  de'protestanti,  e  deciso  di  stare 
sulle  guardie  per  non  lasciarsi  iudurre  dai 


cattolici  ad  abbandonare  il  protestantesimo1 
e  per  meglio  riuscir  in  questo  si  deelico  allo 
studio  della  religione,  affine  di  poter  ribattere 
gli  argomenti  dei  cattolici.  Ma  questa  via  lo 
condusse  &.1  termine  opposto;  poiche  a  mano 
a  inano  che  avanzava  in  questi  studii,  sce- 
mavano  i  suoi  pregi  udizii  intorno  al  catto- 


BIBLIOGRAFIA  585 

licisrro,  sieche  alia  fine  si  trovo  cattolico  di  questo  libro  vi  conoscera  appieno  che  cosa  sia 

mente  e  di  cuore:  abiur6,  abbandonb  il  mon-  il  protestantesimo ;  e  lo  conoscera  da  chi  ne  e 

do,  'si  fece  religiose,  e  seguitando  sempre  la  bene  informato  per  propria  eperienza  ,  e  per 

sua  C'irriera  di  studii  svariati  e  fecondi,  pub-  lungo  studio.   Oltre  al  qual    merito   sostan- 

blic6   assai   opere,   utilissime  alia  gioventu  ziale  del  libro,  vi  e  quello  d1  uno  stile  can- 

cattolica  in  Italia.  Nel  1858  and6  nella  Sve-  dido,  penetrativo ,   senza  pretensioni  ne  de- 

zia:  e  quiri  espose  in  lingua  svedese  i  motivi  clamatorie,  ne  cattedratiche,  ma  tutti  fatti  e 

pel  quali  egli  avea  abbandonato  il  protestan-  verita,  esposte  con  una  schiettezza  singolare, 

tesimo,  in  un   libretto   intitolato  I1  Addio  al  che  colpisce  per  la  evidenza  sua  propria.  Un 

Protestantesimo.  Ora    questo   medesimo  libro  tal  libro  e  destinato  a  produrre   gran  frutto 

pubblica  egli  stesso  nella  favella  italiana;  e  di   perseveranza  e  di   conversione  in  Italia; 

pu6  dirsi  che  sia   un    suo    Addio  all1  Italia,  perche  il  lettore  o  non  si  lascera  pervertire, 

essendosi  trasferito  ad  esercitare  il  suo  mi-  o  si  convertira  dinanzi  alia  luce  chiarissima 

nistero  sacerdotale  nella  Norvegia.  Chi  legge  delle  ragioni  che  esso  arreca. 

TANCREDl  GIUSEPPE  —  San  Giuseppe  e  Santa  Teresa.  Lettera  del  Professor 
Giuseppe  Tancredi.  hornet,  tip.  Sinimberghi ,  1871.  In  8°  di  pag.  14. 

Contiene  volgarizzato  in  bello  stile  quel    parla  della  sua  devozione  a  S.  Giuseppe ,  e 
tratto  della  Vita  di   S.  Teresa  ove  la  santa    delle  grazie  ottenutene. 

TASSONI  ALESSANDRO  —  La  Secchia  rapita.  Poema  eroicomico  di  Alessandro 
Tassoni,  castigato  ad  uso  della  costumata  gioventu,  per  cura  di  J.  Gobio 
G.  R.  Barn.  Torino,  tip.  di  S.  Fr.  di  Sales  1870.  In  16°  pag.  233.  Cent.  80. 

TOLETO  FRANCESCO  —  Francisci  Toleti  e  Societate  Jesu,  S.  R.  E.  Presbyter1 
Cardinalis,  in  Summam  Theologiae  S.  Thomae  Aquinatis  Enarratio  ex  au- 
tographo  in  Bibliotheca  Collegii  Romani  asservato  :  nunc  primum  edidit 
Josephus  Paria  e  Societate  Jesu,  praefecti  Bibliothecae  Socius  a  MSS.  vul- 
gandis.  Romae,  typis  S.  Congr.  de  Propaganda  fide  socio  Eq.  P.  Marietti 
adm.  MDCCCLXX.  Quattro  volumi  in  h? gr.  di  pag.  519,  432,  466,  425: 
prezzo  Lire  48. 

Del    merito   insigne   di   quest1  opera    del  mente  a  quanti  hanno  in  pregio  la  teologia 

Toleto  scrivemmo  appositamente  un  articolo  scolastica,  i  quali  certo  sapranno  grado  e  al 

(  vedi  pag.  65  del  vol.  VII  della  eerie   VII)  ch.  P.  Paria,  che  ha  tratto  con  tanta  cura 

quando  usc\   in  luce   il  primo  tomo:  ed  ora  questo  tesoro   nascosto    dalla   Biblioteca  del 

che  la  splendida  edizione  e  compiuta,  abbiam  Collegio  Romano,  e  al  Cav.  Marietti  che  ne 

gia  tardato  troppo  a  raccomandarla  calda-  ha  data  una  edizione  s\  bella. 

TORRIGIANI  ANTONIO  —  I  nove  Pii  Sornmi  Pontefici,  Studii  storici  del  Ca- 
nonico  Antonio  Torrigiani.  Firenze,  1870-71,  tip.  toscana,  via  delie  belle 
rionne  n"  9.  Un  vol.  in  8°  a  due  colonne  che  riuscira  di  pagine  560. 
Prezzo  lire  7.  Ne  sono  usciti  due  fascicoli,  che  giungono  alia  pag.  436,  e 
I* ultimo  e  prossimo  a  pubblicarsi. 

La  massima  parte  di  quest1  opera  e  ve-  siastica.  II  ch.  Can.  Torrigiani  vi  ha  posto 
nuta  alia  luce,  e  Tabbiamo  percorsa  con  piacer  intorno  molto  amore,  e  niolto  studio  per  Jfcri- 
sommo.  Quasi  tutti  i  papi ,  che  han  portato  verle:  cosicche,  sebbenein  compendio,  la  storia 
il  nome  di  Pio,  si  son  trovati  in  vicende  gra-  vj  e  bene  descritta  senza  notevoli  lacune  ,  e 
vissime :  e  i  tre  Pii  il  VI,  il  VII  e  il  IX  han  con  critica  molto  giudiziosa;  lo  stile  ne  e 
lottato  contro  la  rivoluzione  con  pari  fortezza.  semplice  assai ,  ma  colto  :  quale  a  biografia 
Due  tra  essi,  il  I  ed  il  V  Pio  sono  venerati  ben  fatta  si  addice.  Chi  aroa  letture  storiche 
quaisantidaifedeli.Alnomedi  Piosicollegano  si  procacci  quest1  opera,  perche  gli  sara  no- 
importantissime  istituzioni  per  la  Chiesa ,  e  tevole  istruzione ;  e  chi  ama  letture  di  pas- 
fasti  gloriosi  per  Roma.  Onde  che  il  congiun-  satempo  la  legga  egualmente,  perche  la  va- 
gerne  insieme  la  vita  e  un  pensiero  giusto,  rieta  dei  casi  e  dei  tempi  descritti  gli  gene- 
e  utile:  e  il  leggcrle  val  quanto  percorrere  rera  vero  diletto. 
una  parte  di  gran  rilievo  della  storia  Eccle- 


586  BIBLIOGUAFIA 

VETTORI  PIERO  —  Lettere  di  Piero  Vettori  per  la  prima  volta  pubblicate 
da  Giovanni  Ghinassi.  Bologna,  presso  Gaetano  Boniagnoli  1871.  Un  vol. 
16°  gr.  di  pag.  80  L.  2,50.  Ediz.  di  202  esemplari  per  ordine  numerati. 

Anche  il  presente  volumetto  e  un  gra-  che  da  molti  era  nominate  un  secondo  Var- 

zioso*regalo,  che  i  benemeriti  Editor!  della  rone.  II  merito  della  pubblicazione  si  deve  al 

Collezione   di  testi   inediti  o  rari   fanno  alia  Ghinassi,  da  cui  parimente  crediamo  scritta 

letteraturaitaliana.  E  inedite  veramenteerano  la  biografia  del  Vittori,  che  e  premessa  alle 

queste  lettere  di  Pietro  Vettori,  il  quale  nel  sue  letters, 
cinquecento  ebbe  cosl  gran  fama  di  dottrina, 

VfVOLI  A.  —  Roma  costituita  e  mantenuta  dalla  Provvidenza  Divina  qua! 
sede  sovrana  del  Vicarii  di  Gesu  Cristo.  Cenno  Storico  del  Sacerdote  A. 
Prof.  Vivoli.  Bologna,  tip.  nello  stabilimento  dell'Immacolata,  Via  Galliera 
n°  483,  1871.  Un  opuscolo  in  16°  di  pag.  104.  cent.  60. 

II  dotto  e  ch.  uutore  di  questo  opuscolo  scrive  e  si  studia  per  ammaestramento  del- 
compendia  in  esso  la  somma  di  quei  fatti  Tavvenire  :  e  P  ammaestramento  che  deducesi 
grandiosi,  coi  quali  la  divina  Provvidenza  de-  dalla  rapida  descrizione  dei  fatti,  che  coordina 
stinb,  costitui ,  e  conservfr  la  citta  di  Roma  insieme  il  sig.  Vivoli,  si  e  che  Roma  rimarra 
a  Metropoli  del  Cristianesimo .  La  storia  si  la  Sede  Sovrana  dei  Romani  Pontefici. 

VURMBRAXD  ARMINIO  —  Una  divina  emozione.  Ode  di  Arminio  dott.  Viirm- 
brand.  Venezia,  tip.  Merlo  1871  In  8°  pag.  12. 

ZI6ARELLI  GIUSEPPE  —  Elogio  in  morte  dell'  Avvocato  Giovan  Francesco 
Lanzilli,  scritto  dal  cav.  Giuseppe  Zigarelli.  Napoli,  tip.  di  Salvatore  Mar- 
che.se,  Vico  dei  SS.  Filippo  e  Giacomo  n.  21  in  8°  pag.  32. 

/IXELLI  FEDERIGO  MARIA  -  Vescovo  di  Treviso.  Lettera  pastorale  diretta 
at  suo  Clero  e  Popolo  avvicinandosi  la  S.  Quaresima  dell' anno  187^1.  Tre- 
viso, tip.  Pulini,  1871.  In  8°  di  pag.  8. 

—  Lettera  pastorale  al  Clero  e  popolo  della  sua  diogesi.  Treviso,  tip.  Priuli, 

1869.  In  8°  pag.  4. 

-  Lettera  pastorale  al  Clero  e  popolo  della  sua  diogesi  con  cui  annunzia  la 
consecrazione  di  tutta  la  sua  diogesi  al  S.  Cuore  di  Gesii  che  avra  luogo 
nel  giorno  della  sua  festa  16  giugno  1871  in  cui  Pio  IX  entra  nelP  anno 
XXVI  del  suo  Pontificate.  Treviso,  tip.  Priuli,  1871.  In  8°  di  pag.  8. 


GRONACA 


Firenze  24  maggio  1871. 

1. 

ROMA 
Nostra  Corrispondenza. 

Accade  non  di  rado  che  taluno  sla  come  si  dice ,  malatuccio  e 
indisposto:  noa  ha  appetito ,  non  dorme,  ha  gravezza  di  capo:  ma 
si  regge  in  piedi  e  tira  innanzi  alia  meglio,  perche  non  e,  propria- 
mente  parlando,  malato.  Fate  ora  che  gli  sopravvenga  una  buona 
febbre.  Subito  si  pone  a  letto,  si  rende  malato,  chiama  il  medico  e 
si  pone  a  sua  disposizione.  Sapete  come  sono  fatti  i  medici.  Sono  un 
poco  come  gli  orologiai  che,  quando  si  porta  loro  un  orologio  per  un 
leggier  difettuccio,  ve  lo  ripuliscono  e  rinnovano  dentro  e  fuori,  e 
ve  lo  restituiscono  migliore  di  prima.  Cosi,  quando  voi  vi  siete  reso 
malato,  non  siete  piu  cosa  vostra:  siete  del  medico.  Chi  al  medico  si 
da  a  se  si  toglie.  Tutte  le  vostre  membra  per  singule  sono  ai  suoi 
ordini:  la  lingua  vi  conviene  tirarla  fuori  a  ogni  suo  cenno:  le  braccia 
vi  tocca  consegnargliele  quando  egli  crede  pel  tasto^dei  polsi,  per  le 
sanguigne,  per  i  vescicanti ;  il  petto  per  le  auscultazioni,  i  visceri 
per  le  purghe  e  andate  dicendo.  II  medico  vi  regola  e  regge  dentro 
e  fuori,  come  se  fosse  la  vostra  anima  razionale:  vero  &  che  poi  vi 
restituisce  a  voi  medesimo  sano  e  vegeto  piu  di  prima.  Cosi  accade 
ora  a  Roma. 

Non  si  pud  negare  che  Roma  da  un  pezzo  non  fosse  malaticcia. 
Fin  da  quando  le  era  stato  risecato  tanto  del  suo  corpo  naturale, 
Roma  non  istava  bene.  Si  trovava  essere  come  un  gran  testone  senza 
membra,  una  capitale  senza  regno,  una  proprietaria  senza  rendite, 
un  centre  senza  raggi.  Ma  si  reggeva  in  piedi  e,  bencbe  stentata- 
mente,  pure  tirava  innanzi  alia  meglio  e  faceva  i  fatti  suoi.  Chi  sa 
quanto  tempo  sarebbe  durato  questo  suo  mal  essere  generale,  che 
non  era  ne  malattia,  ne  sanita,  n6  convalescenza,  se  colla  venuta  di 
costoro,  non  le  fosse  saltato  addosso  quel  buon  febbrone  che  sapete. 
Ora  si  ha  ogni  ragione  di  credere  che  Roma  sara  curata  radicalmente 


588  CRONACA 

e  integralmente,  si  che  alia  malattia  sopravvenutale  succedera  la' 
salute  vegeta  e  fiorita.  Per  ora  i  medici  stanno  in  consultazione.  Ne 
abbiamo  di  ogni  paese  e  di  ogni  scuola.  Verranno  presto  all'appli- 
cazione  dei  rimedii?  0  aspetteranno  una  qualche  crisi  naturale  che 
agevoli  1' opera  dell'arte?  e  chi  sara  il  medico  curante?  e  la  cura 
sara  omeopatica  od  allopatica ,  idropatica  od  emeopatica  ?  Chi  lo  sa  ? 
Una  cosa  sola  e  certa:  la  guarigione. 

Cosicche  non  solo  dohbiamo  essere  grati  ai  nuovi  venuti  della 
miseria  che  ci  hanno  portato,  secondo  che  vi  scriveva  1'altra  volta, 
ma  dobbiamo  ancora  ringraziarli  del  loro  medesimo  arrivo:  il  quale, 
benche  contro  ogni  loro  probabile  intenzione,  pure  per  lo  stesso  fatto 
loro  spontaneo,  sara  senza  alcun  dubbio,  se  non  la  causa,  almeno 
1' occasione  di  una  ristorazione  compiuta  di  forze  a  Roma  papale . 
Non  e  la  prima  volta  che  i  barbari  hanno  salvato  Roma.  - 

Per  ora  abbiamo  qui  una  turba  di  medici  che  sulla  malattia  di 
Roma  hanno  piantata,  come  si  dice,  la  loro  vigna,  e  foraggiano  in  casa, 
intantoche  il  padrone  e  malato.  Non  e  certamente  senza  misterio  che 
il  timone  dello  stato  presente  di  cose  e  affidato  al  signor  medico 
Lanza.  Tutti  i  medici  e  i  veterinarii  del  suo  partito  vivono  ora  sopra 
la  malattia  da  lui  procurata.  Qui  a  Roma  specialmente  e  ora  la 
cuccagna  generale  dei  medici,  e  mediconzoli  lanzichenecchi.  Non  vi 
e  qui  medico,  medicuzzo,  medicastro,  medicastrone  e  medica- 
stronzolo  italianissimo  che  non  partecipi  ora  ai  trionfi  di  Porta  Pi- 
glia.  Chi  si  allogo  in  uno  spedale,  chi  s'installo  in  un  palazzo,  chi 
s'  insedio  in  una  cattedra.  II  veteres  migrate  coloni  fu  il  loro  grido 
di  guerra  e  il  canto  della  vittoria.  Ne  abbiamo  dappertutto  nei  posti . 
piu  sani  e  piu  igienici.  Se  venisse  ora  lo  stesso  Esculapio,  dovrebbe 
andare  alia  locanda. 

Pensate  se  costoro  (  che  tra  dotti  ed  ignoranti  ce  n'e  da  porre 
due  per  letto,  uno  per  sorte,  in  tempo  di  peste  generale)  pensate  se 
costoro  non  tremano  al  solo  sospetto  che  il  malato  possa  guarire.  Sono 
tutti  in  faccende  per  allungarne  la  malattia  ,  per  aggravarla ,  per 
ammazzarlo  a  dirittura  se  potessero.  A.  questo  scopo  si  sono  ora  dati 
alia  teologia.  Si  conosceva  gia  a  prova  il  valore  dei  medici  liberali 
nell'arte  di  governare  gli  stati  e  fare  le  leggi  nella  camera.  La  flo- 
ridezza  del  regno  d'  Italia  parla  da  se.  Ma  a  teologizzare  di  proposito, 
fmora  non  si  erano  applicati.  Si  credeva  anzi  generalmente  che  me- 
dico liberale  e  teologo  fosse  come  a  dire  diavolo  e  acqua  santa.  Cre- 
dono  costoro  all'anima,  a  Dio ,  alia  vita  futura?  Non  vi  e  miglior 
cristiano  che  il  medico  cristiano .  Ma  questi  medici  liberali ,  salve 
le  solite  onorevoli  eccezioni ,  hanno  in  teologia  e  in  fede  credito 
uguale  a  quello  di  cui  godono  in  politica.  Si  dice  che  molti  di  loro 
sono  atei,  increduli,  materialist,  che  non  credono  se  non  che  a  ci6 


CONTEMPORANEA  580 

che  vedono,  odorano  e  toccano.  Nelle  loro  sezioni  non  hanno  mai 
trovato  I'anima.  In  nessun  museo  ne  in  nessuna  farmacia  1'  hanno 
trovata  chiusa  in  un  fiaschettino.  Invece  hanno  trovato  ora  la  teo- 
logia.  Tutti  sono  ora  teologi  dollingeriani :  e  dietro  loro  anche  gli 
scolari  che  ancora  non  sanno  distinguere  il  polso  destro  dal  sinistro. 
Tutti  i  veterinarii,  i  necroscopi,  i  salassatori,  gli  odoratori  di  acque 
sospette,  tutti  quelli  che  da  vicino  o  da  lontano  hanno  che  fare  colla 
morte,  colla  putredine  e  colla  forma  cadaverica,  tutti,  purche  liberali, 
sono  teologi  adesso  e  missionarii  e  predicatori  di  fede  italiana  alia 
tedesca. 

Or  bene,  io  ve  lo  dico  chiaro.  Un  fisico,  un  bibliotecario,  un 
agrimensore  teologi  dollingeriani,  li  compatisco,  ma  non  mi  spaven- 
tano.  Quello  che  mi  spaventa  e  mi  pone  addosso  i  brividi  e  il  ri- 
brezzo  della  febbre  e  un  medico  dollingeriano,  eretico  e  scomunicato. 
Tutti  siamo  soggetti  ad  -avere  talvolta  bisogno  del  medico :  e  se  un 
bibliotecario  che  attende  alia  teologia  antipapale,  invece  di  spolverare 
i  libri,  puo  esser  cagione  che  io  m'impolveri;  se  un  agrimensore  o  un 
ingegnere  fallibilista  pu6  indebolirmi  la  casa  o  falcidiarmi  il  campo; 
se  un  fisico  niente  linceo  e  tutto  dollingeriano  puo  mandar  fallita 
una  scarica  elettrica;  un  medico  teologo  di  questi  mi  puo  ammazzare 
a  dirittura,  molto  piu  facilmente  che  un  qualunque  altro  della  dotta 
facolta. 

Non  parlo  di  omicidio  per  ignoranza.  Questi  sono  casi  inerenti 
alia  professione.  Tutti  i  medici  buoni  e  cattivi,  codini  e  liberali,  sono 
soggetti  a  questo  difetto  comune  a  tutti  gli  uomini  e  a  tutte  le  pro- 
fessioni,  e  lo  dice  anche  il  proverbio  noto!  Ne  ammazza  piu  la  penria 
del  medico  che  la  spada  del  Cavaliere.  Benche  e  chiaro  che  molto 
piu  facilmente  pecchera  d' ignoranza  un  presuntuoso,  un  superbo, 
insomma  un  cattivo  cristiano,  che  non  uno  di  coscienza  timorata,  e 
percio  guardingo.  II  quale  sara  anche  aiutato  soecialmente  da  Dio,  a 
eui  crede  e  a  cui  si  raccomanda  nell' esercizio  dell'ardua  sua  profes- 
sione. Laddove  1'incredulo,  1'ateo,  il  materialista ,  a  scienza  pari, 
varra  sempre  meno  che  il  buon  cristiano,  non  fosse  altro  perche  egli 
e  lasciato  a  se  solo  e  ai  lumi  chiaroscuri  della  povera  sua  scienza. 

Ma  anche  a  scienza  impari,  io  generalmente  parlando,  mi  fidero 
sempre  del  medico  buon  cristiano,  molto  piu  che  non  del  dollingeriano. 
E  ogni  savio  malato,  fosse  anche  un  medico  dollingeriano,  converra 
meco  in  questo ,  per  ragione  di  semplice  e  volgarissima  prudenza . 
Tutti  in  fatti  siamo  uomini,  medici,  e  malati ,  dollingeriani  e  buoni 
cristiani.  Tutti  possiamo  peccare :  tutti  siamo  soggetti  ogni  giorno 
alle  tentazioni  del  diavolo.  E  se  vi  e  medico  ben  disposto  ad  essere 
tentato  molto  e  spesso  e  certamente  quello  che  crede  al  Dollinger,  ma 
non  crede  al  diavolo:  il  quale  perci6  stesso  gli  e  amicissimo,  in- 


590  CRONACA 

trinseco,  famigliare  e  quasi  inabitante;  molto  piu  poi  se  fosse  medico 
eretico  e  scomunicato.  Non  per  questo  sarebbe  forzato  a  cedere  alle 
tentazioni.  Ma  cbe  vi  sia  piu  disposto  ed  inclinato  che  non  un  medico 
buon  cristiano,  questa  e  teologia  che  la  capisce  anche  il  Do'llinger. 

Or  bene,  ditemi  di  grazia;  di  che  cosa  volete  voi  che  il  diavolo 
sia  tentato  di  tentare  un  medico,  se  non  che  di  peccati  contro  la  sua 
professione  e  il  suo  dovere?  I  cassieri  li  tenta  di  furto:  i  giudici  di' 
prevaricazione,  i  testimonii  di  menzogna:  di  che  cosa,  chiedo  io,  un 
diavolo  pratico  del  suo  mestiere  dovra  tentare  un  medico  suo  amico 
al  letto  di  un  suo  nemico? 

Mi  ricordo  aver  udito  raccontare  che  un  Principe,  richiesto  della 
grazia  della  vita  per  un  medico  condannato  al  patibolo  per  aver 
ucciso  di  coltello  un  suo  nemico,  rispose  che  non  meritava  la  grazia, 
anche  perche,  avendo  tanti  mezzi  facili  e  nascosti  per  uccidere  colui 
impunemente,  era  stato  tanto  sciocco  da  ucciderlo  a  quel  modo. 

Se  vi  e  professione  dove  1' integrita  della  vita,  la  delicatezza 
della  coscienza,  1'intemerata  onesta,  la  squisitezza  dello  scrupolo  debba 
essere  desiderata  e  richiesta  da-ogni  savio  cliente  e  la  professione 
del  medico;  da  cui  dipende  la  vita.'Un  avvocato  infedele  mi  fa  per- 
dere  una  causa;  un  ministro  ladro  mi  impoverisce;  ma  un  medico 
traditore  mi  ammazza.  Nulla  e  piu  facile  al  medico  che  Fammazzare, 
o  almeno,  il  prolungare  la  malattia,  1'aggravarla,  il  renderla  incu- 
rabile.  Nulla  e  piu  facile  al  medico  che  il  fare  tutto  questo  impu- 
nemente; ed  anzi  con  sua  gloria  e  suo  profitto.  Nulla  e  piu  facile 
al  medico  cattivo  cristiano  che  di  essere  tentato  dal  diavolo  appunto 
di  questo.  Nulla  e  piu  facile  al  medico  cattivo  cristiano  e  tentato 
che  il  cedere  alia  tentazione.  Se  vi  e  dunque  professione ,  nella  quale 
il  cliente,  anche  cattivo  cristiano,  anche  liberate,  anche  dollingeriano* 
anche  ateo,  anche  libero  pensatore,  anche  frate  sfratato  ed  ammo- 
gliato,  debba  esigere  tutte  le  probabilita  di  buona  e  netta  coscienza, 
e  la  professione  del  medico. 

Dicono  che  lupo  non  mangia  lupo.  Non  consiglierei  pero  a  nessun 
lupo  pingue  e  paffuto  di  andarsi  a  mettere  in  mezzo  a  una  turba 
di  lupi  aftamati.  E  vero  che  i  liberal!  tra  loro  si  vogliono  bene.  Ma 
e  da  sapere  che  fra  i  liberal!  non  regna  la  carita,  regna  la  filantropia. 
La  carita  dice  «  Ama  il  tuo  prossimo  come  te  stesso  » :  la  filantropia 
invece  dice  «  Ama  le  bestie  come  il  tuo  prossimo,  e  il  tuo  prossimo 
dopo  te  medcsimo.  »  Non  dico  che  il  medico  dollingeriano  e  scomu- 
nicato curera  se  prima  del  malato:  dico  soltanto  che  sara  tentato  dal 
diavolo  di  questo,  e  che  noji  e  impossible  che  ceda  alia  tentazione. 
La  prudenza  anche  piu  volgare  m'insegna  di  affidarmi  piuttosto  ad 
un  medico  meno  accessibile  alle  tentazioni,  a  cui,  del  resto ,  tutti 
siamo  soggetti. 


CONTEMPOHANEA  f/.lj 

Capisco  che  la  scienza  e  una  bella  cosa.  So  die  tra  i  medici 
liberali,  atei,  materialist!,  (iollingeriani,  si  trovano  medici  scieuziati. 
Ma  non  mi  dissimulo  che  tanto  e  1'esser  ararnazzato  per  iscienza, 
quanto  per  ignoranza.  Anzi  1' ignoranza  lia  questo  vantaggio  die  da 
luogo  al  caso  ed  alia  sorte :  laddove  la  scienza  non  lascia  nulla  al 
caso.  Un  medico  ignorante,  ma  buon  cristiano,  puo  guarirmi  per  buona 
fortuna.  Dio  glie  la  puo  mandar  buona.  Ma  un  medico  scienziato, 
che  abbia,  o  creda  avere,  le  sue  bu'one  ragioni  per  ammazzarmi,  non 
lascia  nulla  al  caso:  precede  scientificamente,  infallibilmente,  a  colpo 
sicuro. 

Se  poi  fosse  uno  di  quei  medici  perfezionati  secondo  la  moderna 
liberaleria,  i  quali  credono  al  progresso  indefinito  dell' umanita  in 
generale,  e  poco  si  curano  degT  individui  imperfetti,  destinati  sol- 
tanto  a  ritornar  presto  nel  gran  ventre  del  tutto,  ci  sarebbe  anche 
il  pericolo  che,  senza  niuna  tentazione  speciale,  ma  soltanto  in  forza 
de' suoi  principii  scientific'!,  credesse  che  coll' ammazzare  me  povero 
individuo  inaperfeitissimo ,  facesse  fare  un  salto  prodigioso  al  pro- 
gresso dell' umanita.  Ed  allora  chi  mi  salva  piu  dagli  artigli  della 
scienza?  Ho  letto  su  pei  giornali  che  certi  medici  e  certi  chirurghi, 
in  certi  spedali,  credevano  farsi  un  merito  coU'unianita,  avvelenando 
i  soldati  del  Papa.  Non  sara  vero.  Ma  ci  e*chi  1'ha  detto  e  chi  I'ha 
creduto.  Anche  ho  letto  che  certi  medici  e  chirurghi  atei,  i  quali  cre- 
dono forse  al  Dollinger,  ma  non  credono  a! la  yita  futura  ne  per  se 
ne  pei  ioro  malati,  quando  negli  spedali  militari  si  trovano  alle  mani 
una  piaga  mortale  e  non  curabile ,  danno  al  ferito  una  pozione  so- 
porifera  che  li  toglie  al  senno  e  al  dolore,  ma  insieme  a  tutti  i  con- 
forti  della  religione.  Quei  medici  e  chirurghi  sono  persuasi  di  essere 
rosi  pietosi  verso  quei  feriti,  uccidendone  Tanima,  purche  non  sof- 
frano  nel  corpp  e  muoiano  quasi  in  dolce  agonia.  Non  parlo  di  pro- 
cessi  famosi  noti  ad  ognuno,  dai  quali  consta  di  medici  avvelenatori 
dei  Ioro  malati.  Sono  questi  casi  mostruosi.  Ma  io  domando.  Questi 
medici  erano  essi  buoni  cristiani?  Se  i  malati  che  caddero  nelle  Joro 
raani  si  fossero  prima  informati  bene  della  fede  e  della  morale  del 
medico,  che  chiamavano  al  Ioro  .letto,  non  e  egli  probabile  che  sareb- 
bero  forse  ancor  vivi  adesso?,^- 

Grazie  a  Dio  tutti  i  medici  che  io  conosco  sono  tutti  buoni  cri- 
stiani  e  buoni  medici ,  ai  quali  affiderei  volontieri  la  mia  pelle  in- 
qualunque  occasione.  Grazie  a  Dio  parimente  non  conosco  nessuno 
di  .questi  medici  dollingeriani  e  scomunicati  qui  di  Roma;  e  percio 
sono  tanto  piu  obbligato  a  crederli  incapaci  di  avvelenarmi.  Amo 
anzi  dichiarare  ex-professo  che  essi  posseggono  tutta  la  mia  stima: 
ma  non  tutta  la  mia  fiducia.  Non  mi  fido  della  scienza  senza  coscienza. 
E  io  che  rispetto  tutte  le  opiniqni,  come  sapete,  rispetto  niolto  piu 


592  CRONACA 

di  tutte  le  altre  la  mia  privata,  la  quale  opina  che,  in  Roma,  nel 
centre  del  cristianesimo,  a  questo  lume  di  sole,  un  medico  nato  cri- 
stiano,  che  crede  al  Dollinger  non  al  Papa  in  materia  di  dommi , 
£  un  medico  di  cui  si  pu6  sospettare  qualche  altra  cosa.  Se  non  altro 
pud  credere  se  stesso  figliuolo  di  scimmia,  e  pigliar  me  per  un  suo 
simile  inferiore,  buono  soltanto  a  fame  esperienza  e  bottega.  Pre- 
ferisco  un  medico  infallibilista,  buon  cristiano,  che  si  creda  e  mi  creda 
create  da  Dio  a  sua  immagine,  che  sia  persuaso  di  dover  un  giorno 
rendergli  ragione  e  conto  delle  medicine  che  mi  da  e  di  quello  che 
me  le  fa  pagare,  non  che  delle  sperienze  che  credesse  dover  fare 
sopra  1*  mia  pelle.  La  scienza  6  bella  e  buona:  ma  la  coscienza,  se 
non  altro,  non  ammazza  apposta. 

II  Dollinger  non  sa  il  bene  che  ha  fatto  qui  in  Roma :  ci  ha  servito 
di  candelabro  per  illuminarci  sopra  i  medici.  Qual  bene  possano  fare 
a  lui  questi  medici  dollingeriani,  nol  so:  al  certo  non  gli  toglieranno 
ne  un  anno  ne  un  malanno  d'addosso.  Al  piu  poteano  guarirlo  della 
sua  monomania  di  essere  un  candelabro.  Invece  si  sono  lasciati  at- 
taccare  la  rabbia  teologica,  e  la  monomania  antireligiosa  che  dicono 
essi  stessi  essere  la  peggiore  e  piu  difficile  a  curare .  Non  conosco 
che  una  spezieria  in  Roma  che  abbia  lo  specifico  contro  questa  rabbia. 
Sta  in  via  dell'  Umilldj  vsenza  numero  municipale;  via  sconosciuta 
ai  dollingeriani. 

Percio  temo  forte  che  alcun  di  loro  non  si  chiami  forse  offeso 
di  questa  possibility  che  io  ho  tinora  indicata,  dell'abuso  di  loro 
scienza  e  ignoranza,  Giacche  di  medici  dollingeriani  ne  abbiamo  dei 
dotti  e  degl' ignoranti ,  e  bisogna  dirlo  chiaro,  perche  costoro  sono 
capaci  di  credersi  candelabri,  soltanto  perche  sono  liberali  e  tedeschi 
di  fede.  Vi  sono  tra  loro  dei  candelabri;  ma  anche  dei  moccoletti: 
piu  moccoletti  anzi,  che  candelabri:  ed  anche  sui  candelabri  ci  sa- 
rebbe  che  dire.  Del  resto  pensino  di  grazia  ai  Gesuiti.  Che  cosa  non 
sono  stati  capaci  i  Gesuiti  di  fare?  Questi  candelabri  dicono  che  i 
Gesuiti  hanno  avvelenati  non  si  sa  quanti  Re  e  Papi,  per  tacere  dei 
Cardinali,  e  dei  minori,  senza  parlare  dei  Papi  da  loro  carcerati 
in  Vaticano.  Or  bene  se  la  loro  scienza  liberalesca  ha  stabiliti  e 
chiariti  tanti  omicidii  di  gente  che  pure  non  professa  1'arte  salutare, 
non  si  sa  perch&  essi  debbano  potersi  offendere  che  altri  supponga 
da  lontano  la  remota  possibilita  che  loro  possano  fare  lo  stesso.  La 
scienza  ammette  la  possibilita  delle  cose.  Non  sono  poi  mica  impec- 
cabili  ed  infallibili  essi  soli!  E  come  avrebbono  fatto  i  Gesuiti  ad  avere 
quattro  migliardi  belli  e  pronti  nelle  canting  del  Gesu  da  offerire  ora 
al  sig.  Thiers,  purche  venga;'presto  a  Roma  a  cavarne  i  dollingeriani, 
come  dice  la  Nuova  Roma  dei  20  maggio,  se  non  avessero  avuti  dei 
medici  per  alleati? «  Circola  una  voce,  dice  quel  giornale  ben  informato, 


CONTEMPORANEA  593 

che  tenderebbe  a  far  credere  avere  i  Gesuiti  offerto  a  Thiers  il  pa- 
gamento  delle  spese  di  guerra  alia  Prussia,  onde  ottenere  rimme- 
diato  sgombro  del  Tedeschi  dalla  Francia.  Questa  munificenza  gesui- 
tica,  imporrebbe  per  patto  che  la  Francia  scenda  colle  sue  schiere 
in  Italia  a  far  tabula  rasa  ».  Ben  sciocco  sara  il  sig.  Thiers  se  non 
accetta.  Ma  il  male  secondo  me  sarebbe  se  accettasse  il  patto,  anche 
senza  il  contraccambio  dei  quattro  migliardi  gesuitici. 

Non  vi  parlerei  tanto  di  Gesuiti,  se  non  ci  fossi  proprio  tirato 
pei  capegli  dal  mio  dovere  di  corrispondente  fedele.  Ecco  che  ora  il 
signor  Eduardo  Arbib  deila  Sinagoga  di  Livorno,  Direttore  della  Li- 
beria qui  di  Roma,  introduce,  nel  suo  n°  dei  6  maggio,  1' elegante  ed 
erudita  quistione,  se  a  questo  mondo  sia  peggio  esser  chiamato  Ebreo 
o  Gesuita.  Vi  par  ella  questa  una  questione  arcadica,  da  lasciarla 
cadere  cosi  per  terra  senza  scioglierla  brevemente?  Non  sia  mai.  Tanto 
piu  che  il  signor  Arbib,  da  uomo  prudente,  si  e  affrettato  di  deciderla, 
cosi  su  due  piedi  a  suo  favore.  «  Si  persuadano  i  Gesuiti  (dice  egli 
dopo  essersi  lagnato  che  la  Civiltd  Cattolica  1'abbia  chiamato  giudeo) 
si  persuadano  che  nessun  appellative  sara  mai  agli  occhi  dell'uni- 
versale  tanto  ingiurioso,  quanto  quello  che  noi  possiamo  dar  loro, 
chiamandoli  semplicemente  Gesuiti:  che  vuol  dire  in  tutte  le  lingue 
ipocriti,  bugiardi,  calunniatori,  intriganti,  crudeli,  e  chi  piu  ne  ha 
piu  ne  metta.  Hanno  capito?  »  Non  si  e  capito.  La  cosa  non  e  ancor 
tanto  chiara  quanto  sembra  al  sig.  Arbib.  Un  uomo  disinteressato 
nella  questione ,  il  quale  non  fosse  ne  Ebreo  ne  Gesuita ,  potrebbe 
ancora  replicare.  Per  esempio  come  si  spiega  questo  caso  che  fra 
tutte  quelle  tante  cose,  le  quali  in  tutte  le  lingue ,  sono,  agli  occhi 
ddl' universale  significate  dafT  appellative  di  Gesuita,  nessuno,  e 
neanche  il  signor  ebreo  Arbib,  abbia  mai  pensato  di  annoverare  ancora 
i'appellativo  di  ebreo?  Come  si  spiega  questo?  II  nome  di  Gesuita 
significa  intrigante,  impostore,  ipocrita,  bugiardo,  crudele,  tutto  quel 
che  volete.  Ma  significa  egli  anche  ebreo?  Questo  non  lo  dice  neanche 
il  signor  Arbib.  Ed  e  tanto  di  guadagnato. 

Inoltre  io  vedo  che  ogni  giorno ,  agli  occhi  dell'  universale  ac- 
cade  di  vedere  parecchi  che  partono  di  casa  loro  per  farsi  Gesuiti. 
II  sig.  Arbib  ha  mai  veduto  coi  suoi  occhi,  se  non  con  quelli  del- 
T universale >  un  appellative  chicchessiasi  che  si  sia  fatto  ebreo  di 
sua  scelta?  Io  conosco  perfmo  qualche  ebreo  che  si  e  fatto  Gesuita. 
Si  e  mai  visto  un  Gesuita  farsi  ebreo?  Pure  i  tempi  sono  ora  favo- 
revoli  al  ghetto  assai  piu  che  non  al  Gesu. 

Mi  pare  che  questa  quistione  previa,  preambola,  preliminare  e 
come  si  dice  nella  Camera,  pregiudiziale,  non  sia  stata  studiata  abba- 
stanza  dal  sig.  Arbib  prima  di  decidere,  come  si  dice  sul  merito. 
Serie  VIII.  vol.  //,  fasc.  503.  38  25  maggio  1871 


f)94  CRONACA 

Non  dico  che  sia  colpa  il  nascere  ebreo.  Si  nasce  ebreo  come  si 
nasce  gobbo,  secondo  che  dice  benissimo  il  signer  Arbib,  il  quale,  con 
questa  sua  similitudine,  mi  si  e  rivelato  uomo  piu  diritto  di  quello 
che  io  credeva.  «  Noi  (dice  il  signor  Arbib)  noi  su  questo  particolare 
(di  esser  chiamato  ebreo)  siamo  come  quel  gobbo  cui  per  nulla  in- 
cresceva  che  i  monelli  gli  dicessero  gobbo .  »  Lodo  la  iilosofia  del 
signor  Arbib;  ma  mi  permetto  osservare  che  la  sua  filosofia,  oltre 
all'essere  qui  molto  stoica  ,  e  ancora  alquanto  zoppicante.  Infatti  e 
chiaro  che  uno  il  quale  non  fosse  ne  ebreo,  ne  zoppo,  ne  gobbo,  non 
si  farebbe  mai  tale  per  iscelta  spontanea.  Invece  molti  gobbi,  zoppi, 
ed  anche  ebrei  si  fanao  Gesniti  per  iscelta  spontanea.  Qui  sta  il  punto 
della  difficolta.  La  quale  ,  finch&  non  e  sciolta,  lascia  agli  occhi  del- 
l'  universale  molti  dubbii  sopra  la  preferenza  che  si  debba  dare,  let- 
terariamente  parlando  ,  al  nome  di  ebreo  sopra  quello  di  Gesuita  , 
ancorch&  questo  significasse  davvero  impostore,  ipocrita,  bugiardo, 
intrigante,  egoista,  etc.  etc.:  tutti  appellativi  che  si  potrebbero  supporre 
concentrati  insieme  con  altri  assai  nel  nome  di  ebreo,  se  ii  sig.  Arbib 
non  si  affrettasse,  come  fara  certamente,  a  sciogliere  quella  difficolta 
intricata. 

E  sapete  voi  perche  il  sig.  Arbib,  buono  israelita,  si  e  lasciato 
impantanare  cosi  in  questa  difficolta  inestricabile?  Perche,  in  un  mo- 
mento  di  oblio  di  se  medesimo ,  si  e  lasciato  andare  a  scomunicare 
dei  cristiani.  Che  ci  entrava  egli  il  signor  Arbib  a  scomunicare  dei 
cristiani?  Pure  egli  oso  il  cinque  aprile  stampare  nella  sua  Liberia 
questo  periodo  inqualificabile.  «  Voi  Re  d' Italia,  voi  Principi  e  Prin- 
cipesse  reali,  voi  illustri  magistral,  voi  rappresentanti  della  nazione, 
voi  tutti  che  cooperaste  alia  redenzione  della  patria,  tutti  all'  inferno, 
perch^  per  voi  non  ci  e  assoluzione  ».  La  Civiltd  Catlolica  si  commosse 
giustamente  al  leggere  questa  scomunica  ebraica,  e  nel  suo  numero 
dei  6  maggio  alia  pagina  361  del  volume  2°  della  serie  ottava,  qua- 
derno  501,  ne  fece  le  sue  legittime  maraviglie  col  ghetto  di  Roma, 
cotanto  irriverente  verso  persone  di  lui  si  benemerite.  Di  questo  si 
ofiese  il  signor  Arbib,  e  per  questo  scomunica  adesso  anche  i  poveri 
Gesuiti  che  non  ci  hanno  colpa  punto. 

Potrei  finire  qui  se  il  signor  Eduardo  Arbib  non  fosse  quel- 
1'illustre  personaggio  che  e,  direttore  qui  in  Roma  di  un  giornale 
semiufficiale,  ora  tromba  ed  ora  staffile  del  Governo,  di  cui  e  notorio 
che  egli  porta  1'onorata  livrea.  Inoltre  come  diceva  Tonio  dei  Pro- 
messi  Sposi  «  di  bugie  sono  io  in  debito  con  mia  moglie  »  e  poiche 
il  sig.  Arbib  parla  ogni  giorno  di  Gesuiti  nel  suo  giornale,  non  pu6 
trovare  strano  che  talvolta  si  parii  anche  di  lui.  Percid  gli  chiedo 
rispettosamente:  Non  si  chiama  egli  Eduardo  Arbib?  Credo  di  si.  Or 


CONTEMPORANEA  f)9f> 

bene:  e  chiaro  che  egli  come  Eduardo  e  cristiano  e  perci6  stesso  Ge- 
suita:  come  Arbib  e  ebreo.  Or  mi  dica  in  fede  sua  e  colla  mano  sulla 
coscienza:  Quale  dei  due  nomi  trova  egli  che  suoni  meglio  ad  un 
orecchio  purgato? 

II. 

COSE  ITALIANE 

TOSCANA  E  STATI  ANNEssi  —  1  .  Bando  doll'alleanza  repubblicana  universale  af- 
fisso  in  Bologna  ;  provvedimenti  del  Governo  -  2.  Confessioni  della  Na- 
zione  e  della  Liberia  rispetto  a  Roma  —  3.  La  legge  delle  guarentige  pel 
Somrao  Pontefice  e  approvata  dal  jSenato  con  modificazioni  accettate  dalla 
Camera;  testo  della  legge  promulgata. 

' 


1.  Incomincia  a  verificarsi  quello  che  i  pubblicisti  cattolici,  senza 
punto  arnbire  il  titolo  ed  il  vanto  di  molto  avveduti  o  di  profeti  poli- 
tici,  annunziavano  da  gran  pezza  ;  cioe  che,  quando  la  Monarchia  , 
servendo  agli  interessi  della  rivoluzione  e  secondando  le  aspirazioni 
nazionali  della  Frammassoneria  italiana,  si  fosse  impadronita  violen- 
temente  di  quel  poco  che  rimaneva  degli  stati  della  Chiesa,  abbat- 
tendo  la  sovranita  temporale  del  Somrno  Pontefice,  allora,  mancando 
alle  sette  questo  appiglio  di  continuare  nelle  sue  cospirazioni  e  net 
promovere  rivolture  pubbliche  ,  dirizzerebbe  i  suoi  colpi  contro  la 
Monarchia,  sua  alleata  e  suo  strumento  nell'  impresa  contro  la  Santa 
Sede  e  la  Chiesa  cattolica.  Infatti  1'agitarsi  violento  della  setta  pare 
che  cagioni  al  Governo.  di  Vittorio  Emmanuele  qualche  diffidenza  , 
e  lo  consigli  ad  una  qualche  maggiore  vigilanza,  rispetto  a  quelli 
che  dal  1859  al  1870  furono  i  suoi  piu  operosi  ed  efficaci  ausiliarii, 
nella  grande  opera  della  unitd  politica  di  tutta  1'  Italia. 

Molte  cose  abbiam  notato  nei  giornali  stessi  della  democrazia 
italiana  e  della  demagogia  garibaldesca,  per  le  quali  ci  tornerebbe 
agevole  U  dimostrare,  che  oggidi  si  vorrebbe  buttare  via  la  buccia 
delTarancio  spremuto;  ed  essendo  conseguito  1'effetto  inteso  di  spo- 
gliare  il  Papa,  si  tende  a  mettere  in  un  canto  lo  strumento,  come 
arnese  inutile.  Ma,  meglio  che  le  nostre  parole,  gioveranno  i  fatti  della 
setta,  la  quale  e  repressa,  e  vero,  dal  Governo,  ma  non  si  da  vinta.  Lo 
scopo  di  essa  e  manifesto  da  una  specie  di  bando  ,  affisso  in  Bologna 
sullo  scorcio  dell'aprile,  mentre  si  preparava  per  Roma  la  rassegna 
repubblicana  del  30  aprile,  col  pretesto  di  rammentare  una  vittoria  del 
1849  e  di  onorare  Ciceruacchio.  Codesto  documento  fu  stampato  neila 
Perseveranza  di  Milano,  n°  4129  del  30  aprile,  e  merita  di  essere 
riferito  ,  come  quello  che  ragiona  la  guerra  intimata  daWalleanza 
repubblicana  alia  monarchia  di  Casa  Savoia.  Ecco  il  tratto  piu  rile- 


596  CRONACA 

vante  ed  espressivo  del  Bollettino  n°  2  pubblicato  «  dal  Comitato 
centrale  per  le  Romagne.  » 

«  Fratelli !  —  Se  V  influenza  malefica  di  una  monarchia  corrotta 
per  la  sua  essenza ,  corruttrice  per  legge  di  conservazione ;  se  gli 
errori  e  le  colpe  degli  uomini  non  hanno  potuto,  net  volgere  di  oltre 
un  decennio,  soffocare  il  gerrae  dell'  idea  tepubblicana,  gli  e  perche 
vi  ba  un  principio  superiore,  contro  il  quale  ogni  ostacolo  e  senza 
forza,  ogni  barriera  s'  infrange. 

«  La  monarchia  e  uno  stato  convenzionale,  contro  natura  ;  e 
il  fatto  che  opprime  il  diritto,  e  la  violenza  che  si  soprappone  alia 
ragione.  Essa  quindi  e  condannata  a  perire.  La  repubblica  adunque 
e  il  rilorno  all' ordine ;  riconoscimento  nella  legge  positiva  della 
nazione  della  legge  eterna  di  natura  ;  e  il  sopravvento  del  diritto 
sulla  forza;  il  trionfo  della  verita  contro  il  favore. 

«  11  fine  cui  tendiamo  e  in  conseguenza  eminentemente  morale. 
Non  dissimili  debbono  essere  i  mezzi.  Se  non  che,  non  essendo  asperare 
cbe  gli  usurpatori  dei  diritti  popolari  cedano  volontariamente  il  mal 
tolto,  converra  quando  che  sia  rivendicarlo  colle  armi .  Gli  schiavi 
piu  che  diritto  hanno  dovere  di  redimersi  e  concorrere  all'  acquisto 
della  liberta,  che  non  si  aliena,  ne  si  prescrive.  Prepariamoci  adunque 
ad  essere  quanto  priina  la  forza,  come  siamo  il  diritto. 

«  Quando  1' Italia,  questa  classica  terra,  culla  del  genio,  avra 
conseguito  quell' assetto  civile  e  politico  che  e  degno  di  lei,  potra 
iniziare  un' era  novella  di  rigenerazione,  compiendo  una  missione 
sublime  presso  tutte  le  nazioni  civili.  » 

La  Perseveranza  dice  che  gli  stessi  cittadini  di  Bologna  strap- 
pavano  codesto  bando  dei  «  fautori  dei  comunisti  parigini ;  »  e  noi 
crediamo  che  cosi  fosse  davvero,  poiche  le  miserande  condizioni  della 
metropoli  francese,  sotto  il  giogo  di  codesti  tiranni,  bastano  a  fare,  che 
ciascuno  degli  uomini  onesti  e  paventi  per  se  stesso  e  cerchi  d'im- 
pedire  per  gli  altri  il  trionfo  di  setta  cosi  scellerata.  Aggiunge  poi 
che  codesto  bando  «  fu  causa  di  alcuni  arresti ;  »  e  cio  non  fa  me- 
raviglia.  Se  i  Comunisti  avessero  scritto  altrettanto  e  peggio  per  la 
distruzione  della  Chiesa  cattolica  e  per  1'assassinio  del  Papa,  si  po- 
teano  chiudere  gli  occhi,  e  lasciar  dire  e  fare,  atteso  il  principio  teste 
bandito  del  dover  essere  libera  la  discussione  in  materia  di  religione. 
Ma  bandire  che  la  monarchia  e  contro  natura !  II  fisco  non  potea 
non  procedere.  Infatti  alia  Lombardia  del  29  aprile  fu  scritto  il  28 
da  Bologna  quanto  segue  :  « leri  notte  fu  arrestato  nella  nostra  citta 
il  figlio  dell'avvocato  Petroni,  direttore  della  Roma  del  popolo.  Nella 
casa  dell'arrestato  Petroni  dicesi  essersi  rinvenuti  documenti  ed  im- 
portanti  indicazioni  che  confermerebbero  precisamente  il  febbrife  affac- 
cendarsi  del  partito  rivoluzionario.  »  , 


CONTEMPORANEA  597 

Altri  giornali  diedero  poi  notizia  di  parecchie  altre  carcerazioni 
e  perquisizioni  domiciliari,  che  dovettero  far  credere  a  qualche  reale 
pericolo,  giacche  il  Governo  mando  chiudere  nella  cittadella  di 
Alessandria  non  pochi  imputati ,  e  fece  gran  ressa  alle  Camere  per 
far  approvare  gli  straordinarii  provvedimenti  di  sicurezza  pubblica. 

2.  Ma  la  Monarchia,  se  dobbiamo  credere  alia  Nazione  di  Firenze, 
n°  1 1 4  del  24  aprile,  &  anche  in  lotta  con  un  avversario  piu  formi- 
dabile,  cioe  col  Papato.  Essa  dimostra  chiaro  che  colle  bombe  del 
20  settembre  non  si  e  fatto  nulla ,  e  che  il  «  Principe  spodestato 
dalla  rivoluzione  del  20  settembre  »  non  solo  gode  ma  ha  diritto  a 
godere  maggior  rispetto  e  maggior  influenza  che  non  il  Re  conqui- 
statore  di  Roma.  Ecco  le  parole  della  Nazione. 

«  In  realta  dunque  (  e  qui  sul  posto  si  sente  mirabilmente)  il 
vecchio  Principato  sussiste  ancora  ;  e  siccome  veramente  ei  non  fa 
mai  molto  potente  d'armi  e  di  soldati,  la  mancanza  del  suo  esercito 
e  quello  che  meno  si  nota,  e  che  meno  muta  lo  stato  delle  cose.  II 
Principato  esiste;  ed  esiste  legalmente,  riconosciuto  da  noi,  circon- 
dato  da  una  venerazione,  che  non  puo  avere  il  nostro  troppo  recente; 
piu  forte,  piu  sano  di  prima,  perche  la  sola  forza  che  lo  minacciava, 
la  nostra,  si  e  volta  in  sua  difesa.  E  per  un  effetto  tanto  naturale, 
che  non  ha  bisogno  di  spiegazione,  fra  il  Principato  antico  e  il  nuovo, 
benche  il  primo  sia  stato  nominalmente  disfatto  da  una  rivoluzione, 
e  il  secondo  inalzato  dal  voto  popolare,  credete  pure  che  e  il  secondo, 
non  il  primo,  che  pare  estraneo ,  intruso,  ricettato  in  Roma.  Per 
pigliare  una  metafora  che  ha  «  colore  locale  »,  Roma  per  noi  e  una 
locanda ;  pel  Papa  6  ancora  casa  sua.  » 

Qui  la  Nazione  va  anche  piu  oltre,  e  dimostrando  che  I*  Italia 
non  ha  da  temere  punto  nulla  «  dai  pericoli  esterni» ,  getta  uii  grido 
di  terrore,  e  dice:  « 11  pericolo  minaccioso,  pare  a  me,  e  tutto  interne, 
e  tale  che  non  ci  e  abilita  diploraatica  che  possa  custodircene.  Esso 
consiste,  secondo  me,  nella  necessaria  impossibility  di  costituire  uno 
Stato  saldo  e  ordinato,  mantenendo  in  onore  e  in  dominio  un  altro 
principe  nella  sede  stessa  del  nostro  Governo.  » 

Oh  che  ?  Vuole  dunque  il  K.  della  Nazione  che  il  Governo  dia 
lo  sfratto  al  Papa  e  lo  mandi  ramingo  pel  mondo,  affinche  in  Roma 
possa  stare  il  Re?  Pare  che  si,  poich&  egli  continua  a  fare  un  quadro 
orrendo  dei  guai  inevitabili  che  sorgono  e  sorgeranno  per  la  coesi- 
stenza  del  Papa  e  del  Re  in  Roma.  «  Rasti  dire  che,  nella  forma  e 
nella  sostanza,  noi  siamo  sempre  perditori ;  e  che  quel  vecchio  Prin-  . 
cipato,  il  quale  finche  ebbe  uno  statuccio  e  una  scatola  di  soldatini 
di  piombo,  era  cosi  ridicolo  e  contennendo.,  (come  e  incivile  code- 
sto  K !)  puo  vedere  gia  spuntare  1'aurora  del  giorno  in  cui,  se  vuole, 


598  CRONACA 

sara  padrone  di  noi ;  o,  non  volendo  questo,  ci  avra  consumato  a 
forza  di  lima  sorda.  » 

Ma  dunque,  sig.  K,  che  s'  ha  da  fare  ?  Pare  che  nol  sappia  ne 
dire  ne  pensare  egli  stesso ,  poiche  si  contenta  di  dire :  «  A  Roma 
con  tutte  le  leggi  di  guarentigia,  con  tutte  le  nostre  teorie  di  sepa- 
razione  fra  Chiesa  e  Stato,  con  tutti  i  nostri  centoni  di  frasi  tanto 
piu  belle  quanto  piii  insensate,  noi  non  ci  staremo  che  a  una  delle 
due  condizioni :  o  di  fare  del  Re  d'  Italia  il  Luogotenente,  il  braccio 
secolare  di  S.  S.  il  Pontefice  medesimo,  o  di  fare  un  bel  giorno  al 
Vaticano  il  giochetto  che  abbiamo  fatto  a  Porta  Pia;  » 

Questo  e  un  po'  parlar  da  profeta  piu  che  da  pubblicista  ;  ed  il 
sig.  K.  se  ne  scusa,  ragionando  in  questa  forma:  «  Se  gli  uomini  sono 
uomini  e  i  preti  sono  preti,  questo  stato  che  voi  volete  stabilire  in 
Roma  e  impossibile,  ripugna  alia  natura,  non  puo  durare,  e  se  ne 
dovra  uscire  colla  violenza.  La  violenza,  da  chiunque  e  contro  chiun- 
que  esercitata,  1'aborro;  -e  un  pericolo  per  la  liberta;  &  un  ricorso  infau- 
sto  per  la  civilta.  Ma  Quirinale  e  Vaticano  sono  due  nemici,  di  cui  1'uno 
deve  uscire  dalla  citta,  prima  o  poi,  o  prestare  omaggio  all'altro. 
Intanto  voi  avete  inalzato  YAnarchia  a  Dea  tutelare  del  vostro  im- 
pero,  e  per  tempio  le  avete  dato  la  citta  capitale  del  regno.  Fate 
tante  meraviglie  della  Francia:  e  una  onesta  e  leggiadra  guerra  civile, 
che  precede  con  una  regolarita  che  innamora.  II  vostro  disegno,  di 
mettere  insieme  due  Principati  nella  stessa  citta,  e  mille  volte  piu 
anarchico  e  gravido  di  efietti  mille  volte  piu  perniciosi.  Fate  pure; 
provatevi ;  ma  gia  le  difficolta  vi  assiepano;  e  non  siete  ancora  al  prin- 
cipio.  Vi  adirate  con  chi  ve  le  accenna  ?  Sia  pure.  Cosi  possiamo  esser 
noi  le  sole  vittime  necessarie  a  espiare  cosi  grave  errore !  —  K.  » 

Pare  che  questi  discorsi  della  Nazione  abbiano  fatto  una  im- 
pressione  prolonda  nelle  fibre  della  giudaica  Liberia  di  Roma ;  la 
quale,  dopo  essersi  beflata  dei  tentativi  repubblicani  del  30  aprile, 
vedea  sorgere  innanzi  ai  suoi  padroni  una  fantasima  terribile ,  cioe 
queila  di  Napoleone  I  vittima  delie  violenze  usate  contro  il  Papa.  Per 
domare  i  repubblicani,  stanno  pronti  i  cannoni  adoperati  a  sfondare  la 
Porta  Pia ,  ed  all'  uopo  i  remington  donati  dai  cattolici  del  Relgio 
al  Papa  ed  ora  distribuiti  ai  bersaglieri  del  Ricotti.  Ma  come  si  fa  a 
domare  il  Papa  ?  II  problema  parve  difficile,  ogni  soluzione  violenta 
sembro  arrisicata  ,  e  1'  ebreo  Edoardo  Arbib,*al  vedere  che  pur  tanti 
sospingevano  i  suoi  padroni-,  o  patroni  che  siano ,  all'  uso  della  vio- 
lenza, ebbe  paura  di  doverli  poi,  con  pochissimo  suo  gusto,  seguire 
nell'arido  deserto  di  qualche  isola  di  S.  Elena.  Percio  nella  Liberia 
del  giovedi  11  maggio,  n°f  127,  si  distese  in  predicare  ai  liberali  la 
necessita  e  convenienza  della  moderazione,  dimostrando  loro  che  : 
«  la  ragione  del  modo  di  procedere  dell'  Italia  (di  Firenze)  verso  il 


CONTEMPORANEA  599 

Papato  dipende  appunto  dalla  vanita  degli  altri  procedimenti  ado- 
perati  sino  ad  ora  contro  lui,  e  dall'insegnamento  clie  la  storia  ci  ha 
fornito,  non  essere  la  violenza  buona  ad  edificare  nulla.  »  E  qui  il 
giudeo  Arbib  si  scaldo,  ricordando  che  raolti  altri  adoperarono  la  vio- 
lenza ,  e  tutti  finirono  male,  come  disse  il  Ferrari  nella  Camera.  II 
giudeo  Arbib  pose  in  rilievo  che:  «  la  loro  opera  fu  sempre  di  breve 
durata ,  ed  il  Papato,  cui  si  voleva  toglier  tutto,  fmi  sempre  per  ria- 
vere  tutto.  »  E  questo  si  sapea  gia  senza  che  venisse  fuora  la  Liberia, 
come  1'asina  di  Balaam,  a  ripetere  la  trista  profezia  contro  1'  Italia  di 
Porta  Pia  ! 

Ma  il  giudeo  Arbib  sa  fare  il  suo  conto.  Questa  e  una  specialita 
dei  giudei,  che  prima  di  mettere  il  piede  in  terra,  fanno  Jl  conto  di 
quel  che  puo  costare  il  consume  della  ciabatta  che  strascinano  sotto  le 
piante.  E  da  uorao  giudizioso,  ricordato  che  Napoleone  I  andava  a  morire 
di  bile  a  S.  Elena,  nel  mentre  che  «  Papa,  Ministri  e  Cardinal!,  tutti 
tornavano  al  loro  posto  con  maggiore  potenza  di  prima  » ;  1'  accorto 
giudeo  vide  che  tornava  piu  a  conto  non  fare  come  Napoleone  I,  e 
grido:  «  Poiche  1' opera  altrui  non  era  mai  riuscita  ( bello  quell' al- 
trui!)  doveva  (T  Italia)  tentarne  un' altra  e  diversa;  dovea  esperi- 
mentare  gli  effetti  della  liberta  invece  di  quelli  della  forza.  »  Cos!  il 
giudeo  Arbib. 

Ma,  se  il  ciel  vi  salvi,  caro  figliuolo  di  Giacobbe!  dite  su:  fu  opera 
della  liberta  od  opera  della  forza  quella  del  20  settembre?Le  bombe 
del  Cadorna  e  del  Bixio  sono  dunque  i  confettini  della  Liberia?  —  Su 
via,  pare  che  risponda  il  giudeo  Arbib:  queste  sono  ciarpe  da  met- 
tersi  tra  li  robbivecchi  o  venderle  a  noi,  che  le  pagheremo  qualche 
centesimo ;  ai  Romani  ed  ai  cattoiici ,  che  fremono  per  la  prigionia 
del  Papa,  noi,  come  pegno  di  moderazione  e  liberalita,  daremo  i 
tesori  della  legge  delle  guarenlige.  «  Di  qui  la  legge  delle  guaren- 
tige,  di  qui  questo  spettacolo  tutto  nuovo  nella  storia  d'un  popolo, 
che  fornisce  le  armi  perche  lo  combattano.  » 

3.  La  munificenza  giudaica  del  sig.  Edoardo  Arbib ,  degno  se- 
guace  del  giudeo  Giacob  Dina ,  ci  offre  dunque  la  legge  delle  gua- 
renlige, come  «  legge  di  liberta  a  preferenza  di  qualsiasi  legge  di 
forza.  »  E  noi  ne  sentiamo  fin  d'  oggi  1'  influenza  liberate,  in  quanto 
oggi  non  ci  e  piu  lecito,  pena  la  carcere  e  la  multa,  dire  quel  che 
pensiamo  sopra  la  legge  delle  guarenlige. 

Nel  precedente  quaderno  abbiamo  detto  come,  nella  tornata  del 
21  marzo,  codesta  legge  fu  approvata  da  185  Deputati,  reietta  da  106. 
Allora  si  potea  ancora  dir  pane  al  pane  e  cacio  al  cacio.  Ora  che  a 
quel  portato  della  sapienza  del  Governo  e  del  Parlamento  italiano  e 
dato  vigore  di  legge,  appena ,  sotto  i  benefici  influssi  della  liberld, 


600  CRONACA 

pu6  essere  lecito  allegare  qualche  data  e  qualche  cifra,  e  riferire 
il  testo  della  famosa  legge  di  liberld. 

Alii  23  marzo  questa  fu  presentata  dal  ministro  medico  Lanza 
al  Senato ,  con  preghiera  che  questo  volesse  dichiararne  urgente  la 
disamina  e  discussione;  il  che  fu  fatto  subito  dall'  onorevole  consesso; 
che  commise  la  iegge,  approvata  daila  Camera  elettiva,  alia  disa- 
mina di  una  Commissione,  composta » dei  Senatori  Poggi,  Vigliani , 
Pallieri,  Mamiani  e  Tecchio.  Questi  non  se  la  intendevano  troppo 
fra  loro,  ma  prevalse  il  partito  di  proporre  alcune  tenui  modifica- 
zioni ;  ed  incaricarono  11  Mamiani  di  fare  la  relazione  dei  loro  pareri 
e  delle  loro  conclusioni ;  e  questa  si  trova  negli  Atti  del  Senato^ 
ni  127  e  128,  da  pag.  487  a  pag.  494. 

Lo  schema  di  legge  cosi  delicatamente  mitigate  in  due  o  tre 
punti  d' importanza  minima,  relativamente  agli  altri,  ed  accessoria, 
fu  proposto  alia  discussione  del  gravissimo  Senato,  nella  tornata  del 
20  aprile.  Si  die'principio  con  un  dignitoso  battibecco  tra  il  Poggi 
ed  il  Vigliani,  poi  si  seguito  colle  triviali  impertinenze  e  con  quella 
eloquenza  da  giullare  che  e  propria  del  senatore  Siotto  Pintor.  Con- 
tinue per  piu  giorni  la  giostra  oratoria ,  massime  contro  le  modifi- 
cazioni  proposte  in  favore  della  liberta  della  Chiesa ,  dal  senatore 
Vigliani;  le  quali  furono  tutte  scartate  come  pericolose  per  lo  Stato; 
e  cosi  fu  vagliata  quella  che  il  giudeo  Arbib  chiamo  «  legge  di  li- 
berta » ,  rimovendone  tutto  quello  che  potea  sapere  di  vera  liberta 
ed  era  stato  suggerito  dal  Vigliani ,  e  sostituendo  ad  alcune  parole 
un  po'  crude  altre  piu  miti  ed  elastiche ,  ma  che  in  sostanza  hanno 
lo  stesso  valore  che  le  adoperate  nello  schema  approvato  'dalla  Ca- 
mera dei  Deputati.  Alii  2  di  maggio  fu  compiuto  il  gran  lavoro; 
ed  il  Senato  procedette  allo  scrutinio,  dal  quale  risulto  che ,  essendo 
presenti  e  votanti  125  senatori,  si  ebbero  105  voti  favorevoli ,  e  soli 
20  contrarii. 

II  Ministero  rimando  la  legge  cosi  soavemente  modificata  alia 
Camera  dei  Deputati,  con  raccomandazione  di  accettarla  tal  quale, 
per  iscansare  la  noia  ed  il  perditempo.  E  gli  onorevoli  questa  volta 
furono  cortesi,  ed  approvarono  la  legge,  quale  era  tornata  dal  Senato, 
senza  levarne  una  virgola.  II  gran  fatto  avvenne  nella  tornata  del 
9  maggio.  Erano  presenti  a  votare  221  onorevoli;  si  dichiararono  in 
favore  della  legge  151,  contrarii  70;  laonde,  dovendo  la  pluralita 
essere  di  111,  la  legge  trionfo  per  40  voti  di  piu  che  essa  ottenne. 

Mancava  solo  la  sanzione  del  Re ;  e  questa  non  potea  fallire.  I 
Ministri,  per  un  delicato  riguardo  di  pieta  filiale  verso  il  Sommo  Pon- 
tefice,  indugiarono  sino  al  13  maggio,  anniversario  della  nascita  di 
Pio  IX,  per  sottoporre  alia  firma  del  Re  quelle  preziose  guarentige , 
testimonio  imperituro  della  munificenza  liberalesca  della  rivoluzione 


CONTEMPORANEA  601 

italiana  verso  1'augusta  vittima  del  20  settembre.  Alii  13  maggio  per- 
tanto,  mentre  in  Roma  si  pregava  pel  Papa  Pio  IX,  Vittorio  Emma- 
nuele  II  firmava  in  Torino  la  legge  delle  guarentige;  e  la  Gazzetta 
ufficiale  del  Regno  del  15  maggio  la  pubblicava  nei  termini  seguenti, 
con  cui  e  inserita,  sotto  il  n°214  (Serie  seconda)  nella  Raccoila  uffi- 
ciale  delle  Leggi  ecc. 

«  Yittorio  Emmanuele  II  ecc. 

TITOLO  I.  «  Prerogative  del  Sommo  Pontefice  e  della  Santa 
Sede.  Art.  1.  La  persona  del  Sommo  Pontefice  e  sacra  ed  inviolabile. 
Art.  2.  L'  attentato  contro  la  persona  del  Sommo  Pontefice  e  la  provo- 
cazionea  commetterlo,  sono  puniti  colle  stesse  pene  stabilite  per  i' at- 
tentato e  per  la  provocazione  a  commetterlo  contro  la  persona  del  Re; 
Le  offese  e  le  ingiurie  pubbliche  commesse  direttamente  contro  la  per- 
sona del  Pontefice  con  discorsi,  con  fatti,  o  coi  mezzi  indicati  nel- 
1'articolo  1  della  legge  sulla  stampa,  sono  punite  colle  pene  stabilite 
ail'articolo  19  della  legge  stessa.  I  detti  reati  sono  d'azione  pubblica 
e  di  competenza  della  Corte  d'Assisie.  La  discussione  sulle  materie 
religiose  e  pienamente  libera.  Art.  3.  II  Governo  italiano  rende  al 
Sommo  Pontefice  nel  territorio  del  Regno  gli  onori  Sovrani,  e  gli 
niantiene  le  preminenze  d'onore,  riconosciutegli  dai  Sovrani  cattolici. 
II  sommo  Pontefice  ha  facolia  di  tenere  il  consueto  numero  di  guardie 
addette  alia  sua  persona  e  alia  custodia  dei  palazzi,  senza  pregiudi- 
zio  degli  obblighi  e  doveri  risultanti  per  tali  guardie  dalle  leggi  vi- 
genti  del  Regno.  Art.  4.  E  conservata  a  favore  della  Santa  Sede  la 
dotazione  dell'annua  rendita  di  lire  3,225,000.  Con  questa  somma, 
pari  a  quella  inscritta  nel  bilancio  romano  sotto  il  titolo:  Sacri  Pa- 
lazzi apostolici,,  Sacro  collegia ,  Congregazioni  ecclesiastiche ,  Se- 
greteria  di  Stato  ed  Ordine  diplomatico  all'  estero ,  s'  iutendera 
provveduto  al  trattamento  del  Sommo  Pontefice  e  ai  varii  bisogni 
ecclesiastici  della  Santa  Sede,  alia  manutenzione  ordinaria  e  straor- 
dinaria ,  e  alia  custodia  dei  palazzi  apostolici  e  loro  dipendenze , 
agli  assegnamenti,  giubilazioni  e  pensioni  delle  guardie,  di  cui  nel- 
1'articolo  precedente,  e  degli  addetti  alia  Corte  pontificia,  ed  alle 
spese  eventual!;  non  che  alia  manutenzione  ordinaria  e  alia  custodia 
degli  annessi  musei  e  biblioteca,  e  agli  assegnamenti,  stipendii  e  pen- 
sioni di  quelli  che  sono  a  cio  impiegati.  La  dotazione,  di  cui  sopra, 
sara  inscritta  nel  Gran  Libro  del  debito  pubblico ,  in  forma  di  rendita 
perpetua  ed  inalienabile  nel  nome  della  Santa  Sede;  e  durante  la 
vacanza  della  Sede  si  continuera  a  pagarla,  per  supplire  a  tutte  le 
occorrenze  proprie  della  Chiesa  romana  in  questo  intervallo.  Essa 
restera  esente  da  ogni  specie  di  tassa  od  onere  governativo,  comunale 
o  "provinciate;  e  non  potra  essere  diminuita,  neanche  nel  caso  che  il 
Governo  italiano  risolvesse  posteriormente  di  assumere  a  suo  carico 


60*2  CRONACA 

la  spesa  concernente  i  musei  e  la  biblioteca.  Art.  5.  II  Sommo  Pon- 
tefice, 'oltre  la  dotazione  stabilita  nell'articolo  precedente,  continua 
a  godere  del  palazzi  apostolic!  Yaticano  e  Lateranense,  con  tulti  gli 
edifizii,  giardini  e  terreni  annessi  e  dipendenti ,  non  che  della  villa 
di  Castel  Gandolfo  con  tutte  le  sue  attinenze  e  dipendenze.  I  detti 
palazzi,  villa  ed  annessi,  come  pure  i  musei,  la  biblioteca  e  le  col- 
lezioni  d1  arte  e  d'archeologia  ivi  esi'stenti  sono  inalienabili*,  esenti 
da  ogni  tassa  o  peso  e  da  espropriazione  per  causa  di  utilita  pub- 
blica.  Arf.  6.  Durante  la  vacanza  della  Sede  Pontiflcia,  nessuna  au- 
torita giudiziaria  o  politica  potra,  per  qualsiasi  causa,  porre  impedi- 
mento  o  limitazione  alia  liberta  personale  dei  Cardinal!.  II  governo 
provvede  a  che  le  adunanze  del  Conclave  e  nei  Concili  ecumenici  non 
siano  turbate  da  alcuna  esterna  violenza.  Art.  7.  Nessun  ufficiale  della 
pubblica  autorita  od  agente  della  forza  pubblica  puo ,  per  esercitare 
atti  del  proprio  ufficio,  introdursi  nei  palazzi  e  luoghi  di  abituale 
residenza  o  temporaria  dimora  del  Sommo  Pontetice,  o  nei  quali  si 
trovi  radunato  un  Conclave  o  un  Concilio  ecumenico,  se  non  auto- 
rizzato  dal  Sommo  Pontefice ,  dal  Conclave  o  dal  Concilio.  Art.  8. 
E  vietato  di  procedere  a  visite,  perquisizioni  o  sequestri  di  carte  , 
documenti,  libri  o  registri  negli  uffizi  o  congregazioni  pontificie, 
rivestiti  di  attribuzioni  meramente  spirituals.  Art.  9.  II  Sommo  Pon- 
tefice 6  pienamente  libero  di  compiere  tutte  le  funzioni  del  suo  mi- 
nistero  spirituale,  e  di  fare  affiggere  alle  porte  delle  basiliche  e  chiese 
di  Roma  tutti  gli  atti  del  suddetto  suo  ministero.  Art.  10.  Gli  eccle- 
siastici  che,  per  ragione  d' ufficio,  partecipano  in  Roma  all'ernanazione 
degli  atti  del  ministero  spirituale  della  santa  Sede,  non  sono  soggetti 
per  cagione  di  essi  a  nessuna  molestia ,  investigazione  o  sindacato 
dell' autorita  pubblica.  Ogni  persona  straniera,  investitadi  ufficio  eccle- 
siastico  in  Roma,  gode  dalle  guarentige  personali  competent!  ai  citta- 
d'ini  italiani  in  virtu  delle  leggi  del  Regno.  Art.  11.  Gli  inviati  dei 
Govern!  esteri  presso  Sua  Santita  godono  nei  Regno  di  tutte  le  pre- 
rogative ed  immunita  che  spettano  agli  agent!  diplomatici  secondo  il 
diritto  internazionale.  Alle  offese  contro  di  essi  sono  estese  le  san- 
zioni  penali  per  le  offese  agli  Inviati  delle  potenze  estere  presso  il 
Governo  italiano.  Agli  Inviati  di  Sua  Santita  presso  i  govern!  esteri 
sono  assicurate  nei  territorio  del  Regno  le  prerogative  ed  immunita 
di  uso  secondo  lo  stesso  diritto,  nei  recarsi  al  luogo  di  loro  missione 
e  nei  ritornare.  Art.  12.  II  Sommo  Pontefice  corrisponde  liberamente 
col)'  Episcopate  e  con  tutto  il  mondo  cattolico,  senza  veruna  ingerenza 
del  Governo  italiano.  A  tal  fine  gli  e  data  facolta  di  stabilire  nei 
Vaticano,  o  in  altra  sua  residenza,  uffizii  di  posta  e  di  telegrafo  serviti 
da  impiegati  di  sua  scelta.  L'uffizio  postale  pontificio  potra  corrispon- 
dere  direttamente  in  pacco  chiuso  cogli  uffizii  postali  di  cambio  delle 


CONTEMPORANEA 

estere  amministrazioni  o  rimettere  le  proprie  corrispondenze  agli  uffizii, 
italiani.  In  ambo  i  casi  il  trasporto  dei  dispacci  o  delle  corrispon- 
denze, munite  del  bollo  dell'uffizio  pontificio,  sara  esente  da  ogni  tassa 

0  spesa  pel  territorio  italiano.  I  corrieri  spediti  in  nome  del  Sommo 
Pontefice  sono  pareggiati  nel  Regno  ai  corrieri  di  Gabinetto  dei  Go- 
verni  esteri.  L' uffizio  telegrafico  pontificio  sara  collegato  colla  rete 
telegrafica  del  Regno  a  spese  dello  Stato.  I  telegrammi  trasmessi  dal 
detto  uffizio  con  la  qualifica  autenticata  di  pontificii,  saranno  ricevuti 
e  spediti  con  le  prerogative  stabilite  pel  telegrammi  di  Stato  e  con 
esenzione  di  ogni  tassa  nel  Regno.  Gli  stessi  vantaggi  godranno  i 
telegrammi  del  Sommo  Pontefice,  o  firmati  d'ordine  suo,  che  muniti 
del  bollo  della  Santa  Sede ,  verranno  presentati  a  qualsiasi  uffizio 
telegrafico  del  Regno.  I  telegrammi  diretti  al  Sommo  Pontefice  sa- 
ranno esenti  dalle  tasse  messe  a  carico  dei  destinatarii.  Art.  13.  Nella 
citta  di  Roma,  e  nelle  sei  sedi  suburbicarie,  i  seminarii,  le  accademie, 

1  collegi  e  gli  altri  istituti  cattolici  fondati  per  la  educazione  e  coltura 
degli  ecclesiastici,  continueranno  a  dipendere  unicamente  dalla.  Santa 
Sede,  senza  alcuna  ingerenza  delle  autorita  scolastiche  del  Regno.  *» 

T1TOLO  II.  Relazioni  dello  Stato  colla  Chiesa.  Art.  U.  E  abo- 
lita  og'ni  restrizione  speciale  allo  esercizio  del  diritto  di  riunione  dei 
membri  del  clero  cattolico.  Art.  15.  E  fatta  rinuncia  dal  Governo  al 
diritto  di  Legazia  apostolica  in  Sicilia,  ed  in  tutto  il  Regno  al  diritto 
di  nomina  o  proposta  nella  collazione  dei  benetizii  maggiori.  I  vescovi 
non  saranno  richiesti  di  prestare  giuramento  al  Re.  I  benefizii  mag- 
giori e  minori  non  possono  essere  conferiti  se  non  ai  cittadini  del 
Regno,  eccettoche  nella  citta  di  Roma  e  nelle  sedi  suburbicarie.  Nella 
collazione  dei  benefizii  di  patronato  Regio  nulla  e  innovato.  Art.  16. 
Sono  aboliti  1'  exequatur  e  placet  Regio  ed  ogni  altra  forma  di  as- 
senso  governativo,  per  la  pubblicazione  ed  esecuzione  degli  atti  delle 
autorita  ecclesiastiche.  Pero  fmo  a  quando  non  sia  altrimenti  prov- 
veduto  nella  legge  speciale,  di  cui  all'  articolo  18,  rimangono  soggetti 
all'  exequatur  e  placet  Regio  gli  atti  di  esse  autorita,  che  riguardano 
la  destinazione  dei  beni  ecclesiastici  e  la  provvista  dei  benefizi  mag- 
giori e  minori,  eccetto  quelli  della  citta  di  Roma  e  delle  sedi  subur- 
bicarie. Restano  ferme  le  disposizioni  delle  leggi  civili  rispetto  alia 
creazione  e  ai  modi  di  esistenza  degli  instituti  ecclesiastici  ed  alie- 
nazione  dei  loro  beni.  Art.  17.  In  materia  spirituale  e  disciplinare 
non  fc  ammesso  richiamo  od  appello  contro.  gli  atti  delle  autorita 
ecclesiastiche,  ne  &  loro  riconosciuta  od  accordata  alcuna  esecuzione 
coatta.  La  cognizione  degli  effetti  giuridici,  cosi  di  questi  come  d'ogni 
altro  atto  di  esse  autorita,  appartiene  alia  giurisdizione  civile.  Perd 
tali  atti  sono  privi  di  effetto  se  contrarii  alle  leggi  dello  Stato  j'5  6d 
all'ordine  pubblico,  o  lesivi  dei  diritti  dei  privati ,  e  vanno  soggetti 


60 I  CRONACA 

alle  leggi  penali,  se  costituiscono  reato.  Art.  18.  Con  legge  ulteriore 
sara  provveduto  al  riordinamento,  alia  conservazione,  ed  alia  ammi- 
nistrazione  delle  proprieta  ecclesiastiche  del  Regno.  Art.  19.  In  tutte 
le  materie  che  formano  oggetto  della  presente  legge  cessa  di  avere 
effetto  qualunque  disposizione  ora  vigente,  in  quanto  sia  contraria 
alia  legge  medesiraa.  Ordiniamo  chela  presente,  munita  del  sigillo 
dello  Stato,  sia  inserta  nella  Raccolta  ufficiale  delle  leggi  e  dei  de- 
creti  del  Regno  d' Italia,  mandando  a  chiunque  spetti,  di  osservarla 
e  di  farla  osservare  come  legge  dello  Stato.  Data  in  Torino  addi  13 
maggio  1871.  VITTORIO  EMANUELE.  —  G.  Lanza  —  E.  Vi- 
sconti-  Venosla  —  Giovanni  De  Falco  —  Quinlino  Sella  —  C.  Cor- 
renti — C.  Ricotti  —  G.  Acton  —  Castagnola  —  G.  Gadda.  » 


in. 

COSE  STRANIERE 

ALEMAGNA —  1.  Ausiliarii  del  Re  Guglielmo  I  di  Prussia  nella  fondazione  del- 
1'impero  germanico  —  2.  Pratiche  del  Bismark  durante  1'assedio  di  Parigi 
—  3.  Apertura  del  Reichstag  della  Confederazione  gcrmanica  del  Nord  ; 
messaggio  della  Corona ;  schiarimenti  del  Delbriick  sopra  i  Trattati  cogli 
Stati  meridional!,  e  la  istituzione  dell'irnpero  —  4.  Modificazioni  alia  Co- 
stituzione  federate  —  5.  Richiami  e  dichiarazioni  del  Bismark  contro  il 
Lussemburgo — 6.  Discussione  ed  approvazione  del  Reichstag  pei  Trat- 
tati colla  Baviera,  col  Baden  e  con  1'  Assia,  e  col  Wurtemberg  —  7.  Di- 
spaccio  del  Bismark  e  note  degli  Stati  meridional!  al  Cancelliere  Austro- 
ungarico  —  8.  I  trattati  federal!  sono  approvati  dalle  Camere  degli  Stati 
meridional!  —  9.  II  Re  Guglielmo  I  assume  la  corona  d' imperatore ,  suo 
bando  a!  popoli  d'Alemagna  —  10.  Ingresso  trionfale  dell'Imperatore  a 
Berlino ;  il  conte  Ottone  di  Bismark  e  creato  principe —  11.  Epilogo 
della  guerra  del  1870;  combattimenti ,  vittorie  e  perdite  degli  eserciti 
alemanni. 

1.  I  re  ed  i  principi  sovrani,  d'accordo  coi  Parlamenti  dei  varii 
Stati  alemanni,  cingendo  della  corona  imperiale  il  capo  di  Guglielmo  I 
il  vittorioso  Re  di  Prussia,  dichiararono  di  riconoscere  principalmente 
dall'  opera  sua,  come  egli  attribui  alia  Provvidenza  divina,  la  costi- 
tuzione  dell'  unita  politica  e  militare  della  nazione  germanica ,  gia 
proclamata  a  Francfort  nel  1848.  Allora  la  lealta  del  Re  Federigo 
Guglielmo ,  che  rifiuto  nobilmente  di  ricevere ,  calpestando  i  diritti 
altrui,  lo  scettro  offertogli  dalla  trionfante  democrazia ,  impedi  che 
si  compiesse  quel  voto  si  ardente  della  giovine  Alemagna;  e  gli 
eccessi  medesimi  della  demagogia,  rendendo  necessaria  a  Berlino,  a 


CONTEMPORANEA  605 


Dresda,  a  Praga,  a  Vienna,  a  Monaco,  una  energica  repressione, 
tornarono  a  dare  qualche  vita  alia  languida  Confederazione  germa- 
nica.  Ma,'assunto  appena  al  governo  della  Prussia,  in  qualita  di 
Reggente,  colui  che  qualche  anno  appresso  ne  fu  salutato  Re,  quelle 
aspirazioni  si  ridestarono  piu  ardenti  che.mai.  Guglielmo  I,  nell'atto 
di  preiidersi  la  corona ,  dichiaro  alto  di  riceverla  da  Dio  e  parve 
rifiutare  disdegnosamente  ogni  quantunque  indiretto  atto  di  ossequio 
ai  famosi  principii  della  sovranita  popolare;  tuttavia  non  fece  con- 
trasto  alia  giovine  Alemagna,  se  non  in  quanto  questa  macchinava 
qualche  disegno  contro  i  suoi  diritti  e  la  sua  autorita;  e  la  favori 
efficacemente  in  tutto  quello  che  potea  giovare  all'  egemonia  prus- 
siana,perla  ricostituzione  d'un  impero  germanico ;  sfruttando  con 
sagacia  e  tenacita  maravigliosa  quel  principio  di  nazionalitd,  dicui 
Napoleone  III  si  costitui  campione  per  abbattere  1' Austria  e  creare, 
con  T  oppressione  del  Papa  e  dei  legittimi  sovrani,  1'  Italia  massonica. 

La  storia  pertanto  registrera  tra  i  fatti  piu  insigni  della  seconda 
meta  del  secolo  XIX  la  istituzione  del  nuovo  impero  germanico,  che 
tanto  si  differenzia  dall'antico  sacro  romano  impero,  e  pei  mezzi 
adoperati  e  per  lo  scopo  inteso,  quanto  la  notte  dai  giorno;  e  Gu- 
glielmo I  della  Casa  di  Hohenzollern,  fregiato  dal  Granduca  di  Baden 
del  titolo  di  vittorioso,  avra  presso  i  posteri  il  vanto  d'  aver  saputo, 
in  meno  di  vent'  anni,  effettuare  un'opera,  che  pareva  non  solo  gi- 
gantesca  ma  impossibile ,  conquistando  sull'  Europa  occidentale  un 
predominio  che  lo  stesso  Federigo  II  non  avrebbe  mai  osato  ambire. 
Ma  la  storia  dira  pure,  che  di  questi  trionfi  la  Casa  di  Hohenzollern 
e  la  Prussia  vanno  debitrici  a  due  uomini  che ,  per  diversi  titoli , 
non  hanno  a  questi  tempi  chi  possa  andar  loro  di  paro.  II  conte 
Ottone  di  Bismark  ed  il  generale  Moltke  furono  gli  strumenti  che  la 
Provvidenza  Divina  pose  tra  le  mani  di  Guglielmo  I  per  1'  attuazione 
dei  suoi  disegni.  E  sarebbe  inutile  il  dimostrare  qui,  con  tanta  evi- 
denza  di  fatti,  la  parte  rilevantissima  sostenuta  da  codesti  due  per- 
sonaggi,  nella  fondazione  ed  erezione  dell'edifizio  imperiale  germanico. 

Tuttavolta  ne  la  politica  astuta ,  pertinace ,  profonda  e  senza 
scrupoli  del  prime ,  ne  la  metodica  e  sicura  valentia  strategica  del 
secondo,  non  sariano  a  gran  pezza  hastate  ad  opera  di  si  gran  mole, 
dove  fossero  mancati  due  efficacissimi  ausiliarii,  che  furono  i  Gabi- 
netti  di  Vienna  e  di  Parigi;  i  quali,  certo  con  1'intendimento  d'im- 
pedirla,  in  verita  vi  diedero  mano  e  la  promossero,  coi  loro  errori, 
quanto  per  avventura  non  avrebbero  potuto  se  di  proposito  deliberato 
e  ad  occhi  aperti  1'avessero  voluta  favorire  ed  aiutare.  . 

L'antica  rivalita  fra  le  Case  di  Hohenzollern  e  d'Ausburgo  non 
era  certo  illanguidita,  quando  all'  epoca  della  guerra  d'  Oriente  Napo- 


606  CRONACA 

leone  HI  chiedeva,  implorava  quasi  1' alleanza  dell'  Austria,  promet- 
tendole  che,  dove  le  bandiere  del  due  imperi  fossero  unite  sui  carapi 
di  battaglia  della  Crimea,  non  sarebbero  separate  neppufe  sull'Alpi. 
II  Gabinetto  di  Vienna  prefer!  d'  inimicarsi  ad  un  tempo  e  la  Russia 
colla  sua  famosa  ingratitudine,  e  la  Francia  col  tenersi  in  bilico  ed 
in  contegno  Ira  1'  indifferente  ed  il  nemico ;  e  cosi,  dopo  la  pace  di 
Parigi,  f  Austria  si  trovo  isolata,  con  alle  spalle  la  Russia  bramosa 
di  vendetta,  con  al  fianco  la  Prussia  rivale  ed  emula,  con  a  fronte 
1'  irapero  francese  gia  risoluto  di  creare,  a  danno  di  lei  ed  a  favore 
dell' alleato  Piemonte,  il  regno  d' Italia.  Venne  il  1859  e  1' Austria, 
dichiarando  sconsigliatamente  la  guerra  provocata  dal  Piemonte, 
dietro  a  cui  pur  sapea  essere  pronti  gli  eserciti  del  Bonaparte,  per- 
deva  due  battaglie  e  la  Lombardia ,  e,  quel  che  e  piii,  il  prestigio 
della  sua  potenza  militare.  E  questo  tornava  a  profitto  della  Prussia, 
la  cui  influenza  in  Alemagna  dovea  crescere  di  tanto,  quanto  scema- 
vasi  quella  della  sua  emula  e  rivale.  Napoleone  III  a  Solferino  moz- 
zava  una  mano  all' Austria,  e  vero,  ma  per  darne  mille,  contro  di 
se,  alia  Prussia. 

L'impero  austriaco,  sconvolto  dalle  intestine  discordie  delle  varie 
sue  membra  e  dall' implacabile  contegno  dell' Ungheria ,  non  che  si 
riavesse  dei  disastri  patiti  nel  1859,  vedea  nel  1863  allentarsi  ognora 
piu  i  vincoli,  onde  gli  Stati  minori  e  meridionali  d' Alemagna  atte- 
neansi,  nella  Confederazione  germanica,  al  trono  degli  Absburgo;  e 
per  contro  venire  sempre  piu  grandeggiando  1'  influenza  degli  Ho- 
henzollern.  Si  voile  venire  ad  arma  corta  ed  a  mezza  lama,  e  tentare 
un  gran  colpo;  ed  il  Gabinetto  di  Vienna  consiglio  a  Francesco  Giu- 
seppe quella  Conferenza  dei  sovrani  alemanni  a  Francfort,  la  quale, 
secondo  che  esso  divisava,  dovea  tornare  all'antico  splendore  e  re- 
,stituire  nell'  antica  potenza  la  Maesta  imperiale.  Ma,  poco  sperandosi 
un  consenso  del  Re  Guglielmo,  si  voile  fare  senza  prima  intendersela 
con  lui,  accomunandolo  con  tutti  gli  altri  minori  principi  Alemanni, 
con  una  specie  di  colpo  di  stato ,  e  trattandolo,  se  non  come  un 
vassallo  dell'  Impero,  certo  come  un  semplice  membro,  pari  agli  altri, 
della  sdrucita  Confederazione.  Narrammo  a  suo  tempo  i  deplorabili 
risultati  di  codesto  invito  e  della  Conferenza  di  Francfort1;  e  se  la 
quistione  della  riforma  federale  divenne  piu  arruffata  che  mai,  1'emu- 
lazione  della  Prussia  contro  1' Austria  n'ebbe  tale  stimolo,  che  poco 
mancava  ad  una  aperta  rottura.  La  mala  riuscita  di  quella  prova 
attenuo  vie  peggio  il  prestigio  dell' Austria,  mentre  cresceva  quello 
della  Prussia  nella  quistione ,  usufruttuata  dal  Bismark  contro  la 
Danimarca,  per  lo  Schleswig-Holstein. 


Civ.  Catt.  Serie  quinta,  vol.  VII  pag.  630-34,  745-52.  Vol.  VIII,  pag.  248-52,  373-74. 


CONTEMPORANEA 


607 


Tutta  I' Alemagna  liberalesca  prese  allora  a  guardare  il  Gabi- 
netto  di  Berlino  come  tutore  del  diritti  della  Germania,  e  quantunque 
i  conservators  s'attraversassero  al  Bismark,  quesli  seppe  si  bene 
destreggiarsi,  che  la  guerra  divenne  inevitable.  II  Gabinetto  di  Vienna, 
paventandodi  vedersi  sfuggire  di  mano  ogni  influenza  nell' Alemagna, 
dove  lasciasse  andar  sola  la  Prussia,  risolvette  che  1' Austria  dovesse 
secondarla  nell'  impresa  di  quella  guerra.  La  Prussia  vi  miete  gli 
allori  della  vittoria,  ebbe  agio  di  studiare  raolto  bene  e  da  vicino  il 
sistema  e  1' organamento  difettoso  degli  eserciti  austriaci,  ne  scopri 
il  lato  debole,  seppe  appropriarsi  i  territorii  conquistati ,  lasciando 
all' Austria  il  rammarico  ed  il  dispetto  d'aver  servito  alia  fortunata 
sua  rivale ;  e  si  prepar6  alia  guerra  del  1866. 

Anche  qui  Napoleone  III  pose  la  sua  diplomazia  ed  i  suoi  buoni 
ufficii  a  servigio  della  Prussia,  sperando  forse  che  la  lotta  dei  con- 
tendenti  dovesse  lasciarli  amendue  sfiniti  ed  esangui  a  sua  merce. 
Con  questo  intento  promosse  I'alleanza  del  Governo  di  Yittorio  Em- 
manuele  II  con  quello  di  Guglielmo  I,  e  stette  impassibile  spettatore 
della  fiera  tenzone,  che  riusci  alia  catastrofe  di  Sadowa,  onde  1' Austria 
fa  ridotta  a  dover  accettare  le  dure  condizioni  della  pace  di  Praga. 
Vittoriosa  a  Custoza,  1' Austria  cedeva,  per  salvarsi  in  Alemagna,  la 
Venezia  a  Napoleone  III,  perche  questi  ne  facesse  regalo  a  Vittorio 
Emmanuele  II;  ed  il  Bonaparte,  lieto  di  veder  prostrata  1' Austria, 
non  sapea  che,  creando  1' Italia,  si  preparava  quella  mercede  che  egli 
ne  ebbe  quando  la  ruppe  con  la  Prussia. 

Anche  in  questa  congiuntura  pertanto  i  Gabinetti  di  Vienna  e 
di  Parigi  furono  ausiliarii  della  Prussia,  il  primo  coll' avventurarsi 
ad  una  guerra  per  la  quale  non  era  pronto,  e  mentre  sapeva  d'aver 
al  fianco  1' Italia  spalleggiata  dalla  Francia;  il  secondo  col  cementare 
tra  le  Case  di  Savoia  e  di  Hohenzollern  quella  alleanza ,  che  in- 
grandiva  la  potenza  d'  amendue  e  metteva  la  prima  in  grado  di  poter 
sostenere  poi  contro  la  Francia  quelle  parti,  che  Napoleone  III  le  avea 
fatto  o  lasciato  fare  contro  1' Austria.  II  Bonaparte  senti  subito,  dopo  la 
catastrofe  di  Sadowa,  qual  pericolo  avesse  con  cio  preparato  a  se  mede- 
simo;  ne  (u  atterrito;  e  nel  primo  impeto  di  sdegno  penso  di  cogliere 
alia  sprovveduta  la  Prussia  e  rapirle  una  parte  della  preda.  Laonde, 
come  teste  ha  svelato  il  Bismark  al  Reichstag  alemanno ,  1'  ambascia- 
tore  francese  a  Berlino,  il  conte  Benedetti,  si  presento  il  6  agosto  con 
piglio  d'  Argante  al  Bismark,  intimandogli  in  forma  ft  ultimatum  la 
cessione  di  Magonza  alia  Francia,  in  compenso  della  benigna  neutra- 
lita  osservata  da  questa,  e  come  guarentigia  dei  buoni  rapporti  futuri. 
E  questo  fu,  non  solo  un  nuovo  sbaglio,  ma  un  nuovo  servigio- 
renduto  alia  Prussia ;  la  quale  cosi  fu  accertata  che,  o  tosto  o  tardi, 


G08  CRONACA 

dovrebbe  sostenere  la  guerra  contro  la  Francia.  II  Bismark  non  esito 
punto  nella  scelta;  e  rispose,  con  quella  pacata  sua  energia  die  spa- 
venta:  ebbene!  faremo  la  guerra!  Napoleone  III  non  era  pronto  a 
tentare  si  fiero  cimento  contro  un  rivale  si  poderoso  e  fatto  baldo 
dalle  recent!  sue  vittorie  e  conquiste.  Si  ammalo,  fu  disdetto  V ulti- 
matum, e  non  si  parlo  piu  di  guerra. 

Ma  se  la  guerra  non  fu  continuata  a  parole ,  fu  preparata  di 
fatto  dal  Bismark;  mentre  per  1' opposto  in  Parigi  ii  Governo  im- 
periale  si  paoneggiava  delle  sue  grandezze  e  prosperita  nella  famosa 
Esposizione  universale,  prodigava  tesori  nell'  imbandire  alia  vanita 
parigina  pascolo  funesto  di  pompe  e  piaceri ;  ed  intanto,  allentando  i 
freni  della  disciplina  all'  esercito  mentre  scatenava  la  fiera  rivolu- 
zionaria,  preparava  a  se  stesso  quel  miserando  stato,  onde  non  seppe 
uscire  altrimenti  clie  col  famoso  plebiscite  dell'  8  rnaggio  1 870,  da  cui 
prese  ansa  a  voler  rialzare  il  caduto  suo  prestigio  con  dichiarare  la 
guerra  alia  Prussia.  La  candidatura  deirHohenzollern  ne  offri  il  fu- 
tilissimo  pretesto ,  e  la  guerra  fu  dichiarata ,  quando  pur  sapeasi  a 
Parigi,  ne  poteasi  ignorare  pei  rapporti  avuti  da  ufficiali  della  stessa 
ambasciata  francese  a  Berlino,  clie  la  Prussia  in  meno  di  20  giorni 
potea  mandare  sul  campo  di  battaglia  600,000  combattenti;  ed  allora 
la  Francia  non  ne  avea  ben  in  assetto  di  guerra  250,000!  Non  era 
questo  un  rendere  servigio  alia  Prussia?  La  disfida  gittata  dal  Be- 
nedetti  al  Re  Guglielmo  il  19  luglio  produsse  1'effetto  d'uno  scbiaffo 
in  viso  a  tutta  1'Alemagna,  che  tutta  accorse  subito,  adirala,  nella 
pienezza  delle  sue  forze,  con  tutti  i  presidii  d'uua  disciplina  e  d'una 
tattica  maravigliosa ,  e  col  sentimento  della  dignita  nazionale  ol- 
traggiata.  Quel  cbe  avvenne  poi  tutti  lo  sanno. 

L' Italia,  creata  coll'oro,  cogli  ufficii,  col  sangue  della  Francia 
governata  dal  Bonaparte  ,  gli  pago  il  suo  debito  di  gratitudine,  prima 
coll'assistere  impassibile  spettatrice  alia  sanguinosa  tragedia ;  poi, 
quand'  ebbe  veduta  1'atroce  scena  di  Sedan  ed  ii  Bonaparte  suo  creatore 
prigioniero  a  Wilhelmshohe,  si  giovo  della  propizia  occasione  per 
gettare  sul  viso  alia  Francia  scerpata  e  prostrata  i  brandelli  della 
Convenzione  del  settembre  1864,  rinnovata  il  4  agosto  1870;  e  mando 
50,000  soldati  ad  impadronirsi  di  quella  Boma ,  a  difesa  della  quale 
il  Bouber ,  d'  ordine  del  Bonaparte,  avea  accampato  il  famoso  Jamais 
della  Francia. 

L' Austria,  nel  1870,  tenuta  a  bada  dal  contegno  tutt' altro  che 
benevolo  della  Bussia ,  e  vincolata  dall'  Ungheria  che  non  vedea 
offesi  i  suoi  interessi  dalla  guerra  tra  la  Prussia  e  la  Francia,  1'  Austria 
.dovette  di  necessita  restare  anch'  essa  inerte ;  e  la  sua  inazione ,  se 
non  fu  un  errore ,  certo  fu  un  servigio  segnalato  per  la  Prussia ;  la 


CONTEMPORANEA  609 

quale,  oltre  agli  allori  delle  vittorie  inaudite,  colse  il  frtitto  di  vin- 
colare  a  se  gli  stati  dell'  Alemagna  meridionale;  e  con  questo  1'Jmpero 
era  costituito.  La  comunanza  del  pericoli  nelle  battaglie,  e  delle  gioie 
neltrionfo,  dovea  naturalmente  agevolare  la  comunanza  degl'  inte- 
ressi  e  delle  istituzioni;  e  1'egemonia  prussiana  vide  coronati  i  suoi 
sforzi.  La  linea  del  Meno  fa  cancellata,  e  1' unita  politica  e  militare 
della  nazione  alemanna  fa  compiuta. 

A  questo  effetto  contribui  pure,  e  per  avventura  piu  die  non 
facessero  le  vittorie  alemanne  sui  campi  dell' Alsazia  e  della  Lorena, 
la  demagogia  francese.  Dopo  il  disastro  di  Sedan  avrebbe  potuto  la  . 
Reggenza  imperiale  di  Parigi  intavolare  pratiche  di  tregua  e  di  pace 
col  vittorioso  Guglielmo;  e  questi ,  parte  colpito  dal  caro  prezzo  che 
erangli  costate  le  sue  vittorie,  parte  per  consiglio  di  prudenza,  parte 
per  inipulso  di  umanita  ,  non  era  alieno  dal  concedere  patti  onorevoli 
alia  vinta  nemica.  La  cessione  di  una  striscia   di  territorio ,  ed  un 
due   miliardi  d'  indennita ,  forse  potevano   ancora  salvare   Metz  e 
Strasburgo,  e  lasciare   la  Francia,  afflitta  si  e  ferita  crudelmente , 
ma  quasi  intera.  La  Francia  nol  voile.  Riputo  onta  all'onor  suoil  cedere 
e  darsi  vinta,  fincbe  potesse  ancora  combattere,  e  voile  continuare  1'or- 
rido  duello;  ed,  atterrata  la  Reggenza,  sorse  il  Governo  della  di- 
fesa  nazionale ,  col  programma  di  non  concedere  al  vincitore  ne  un 
palmo  di  terra  ne  un  sasso  d'  una  fortezza.  Or  egli  era  evidente  che 
1'  esito  della   lotta,  continuata  in  tali  congiunture,  non  potea  essere 
propizio  alia  Francia.  La  pertinacia  francese  aggiunse  gagliardia  alia 
pertinacia  tedesca,  la  quale,  quanto  maggiori  e  prolungati  erano  i  sa- 
crifizii  a  cui  vedeasi  costretta,  tanto  piu  credeasi  in  diritto  di  esigerne, 
non  pure  adeguato  compenso,  ma  salde  guarentige  per  1'  avvenire;  ed 
intanto  1' Alemagna  sentiva  il  bisogno  di  viemeglio  consolidarsi  in 
corpo  compatto,  a  fine  di  poter  poi  schiacciare  del  tutto  la  Francia;  se 
raai  questa,  col  tempo,  si  riavesse,  a  segno  di  levarsi  a  far  vendetta 
dei  danni  patiti.  Laonde  la  necessita  dell'Impero  fu  ammessa  da  tutti. 
2.  I  due  primi  mesi  dell'  assedio  di  Parigi  furono  spesi  dal  sa- 
gacissimo  ed  infaticabile  Bismarck  in  profittare  di  questa  condizione 
di  cose,  per  effettuare,  sotto  forma  di  Trattato  federate  tra  gli  stati 
meridionali  e  la  Confederazione  degli   stati  settentrionali  dell'  Ale- 
magna, la  tanto  vagheggiata  unita  germanica;  e  riusci  felicemente 
nel  suo  compito. 

Gia  da  pezza  sapeasi  che  il  Granduca  di  Baden,  prevedendo  che 
a  lungo  andare  gli  toccherebbe  di  essere  mediatizzato  od  almeno 
ridotto  alia  condizione  del  Re  di  Sassonia  e  del  Granduca  di  Meklem- 
bourg,  preferiva  di  godere  i  vantaggi  d'una  spontanea  unione  del 
suo  Stato  colla  Prussia ;  dalla  quale ,  senza  detrimento  dei  suoi  in- 

Serie  VIII,  vol.  II,  fasc.  503.  39  27  maggio  1871. 


£10  CRONACA 

teressi  e  del  suo  decoro ,  riceverebbe  maggiore  sicurta  di  difesa  contro 
aggression!  esterne.  II  Re  del  Wurtemberg,  che  gia  avea  prussianeg- 
gialo  il  suo  esercito  e  dovea  metterlo  sotto  gli  ordini  del  Re  di  Prussia 
in  caso  di  guerra ,  non  perdea  nulla  a  divenir  merabro  d'  una  Con- 
federazione  alemanna  poderosa  e  vastissima.  II  Governo  della  Baviera, 
memore  dei  disastri  sofferti  nel  1866  per  aver  osato  schierarsi  dalla 
parte  dell'  Austria  contro  la  Prussia ,  niun  aiuto  potendo  sperare 
dall'  Austria ,  dal  Wurtemberg  o  dal  Baden  in  caso  d' un  conflittc, 
gia  da  due  anni  lavorava  per  assicurarsi  qualche  rilevante  vantaggio, 
iiel  caso  che  si  potesse  lacerare  la  Convenzione  di  Praga  ed  effet- 
tuare  1' unione  federate  con  la  Prussia.  II  principe  Hohenlohe  era 
caduto  dal  Governo,  appunto  per  1'ardore  che  mettea  in  queste  pra- 
tiche,  spiacevoli  alia  pluralita  del  popolo  bavaro ,  tenace  della  sua 
autonomia.  Ma  la  sconsigliata  guerra  mossa  dalla  Francia  avea  fatto 
cadere  molti  ostacoli,  e  messi  in  evidenza  i  pericoli  cui  era  esposta  la 
Baviera  rimanendo  isolata. 

Poco  o  nulla  mancava  pertanto  al  compimento  dei  disegni  della 
Prussia.  L' unione  federale  dell' Alemagna  meridionale  colla  setten- 
trionale  gia  era  cosi  risoluta  per  sentenza  perentoria,  che  veniva  dai 
fatti ;  restavano  solo  a  discutersi  le  condizioni  particolari  spettanti  al 
commercio ,  alle  poste,  ai  telegrafi,  alle  contribuzioni  per  le  spese 
comuni  della  Confederazione,  e  soprattutto  al  contingents  militare  ed 
ai  riguardi  dovuti  ai  ris-pettivi  sovrani  pel  comando,  in  tempo  di 
pace  e  di  guerra,  dei  rispettivi  eserciti.  Sopra  questi  punti  furono 
condotte  pratiche  incessanti  tra  il  Bismark  dal  Quartier  Generale  di 
Versailles,  ed  i  Gabinetti  di  Monaco,  di  Stuttgard  e  di  Carlsruhe, 
dietro  ai  quali  dovea  necessariamente  rendersi  anche  quello  dell'Assia, 
per  la  parte  non  -ancora  unita  alia  Coafederazione  del  Nord.  Quaiido 
le  cose  furono  pervenute  a  un  punto,  in  cui  bisognava  stringere  il 
patto,  Ministri  delegati  da  codesti  Governi  si  condussero  a  Versailles, 
per  trattar  la  faccenda  a  viva  voce.  Le  maggiori  difficolta  vennero 
dalla  Baviera ,  a  segno  che  i  plenipotenziarii  bavari  erano  pronti  a 
smettere  il  loro  mandate,  anziche  cedere  alle  pretensioni  del  Bi- 
smark; ma  si  venne  a  un  componimento,  cedendo  la  Baviera  alle 
esigenze  del  prussiano  quanto  alle  cose  militari,  e  venendo  la  Prussia 
ad  alcune  concessioni  per  le  poste,  i  telegrafi,  ed  altri  affari  d'in- 
terna  amministrazione  e  di  finanze. 

Fin  dal  1°  novembre  1870  1' accordo  appariva  gia  cosi  vicino, 
che  il  Granduca  di  Baden  si  mosse  dalla  sua  residenza  ,  per  tra- 
sferirsi  di  persona  a  Versailles,  per  accelerare  le  pratiche  per  la 
proclamazione  dell'impero.  Alii  16  novembre  gia  parlavasi  pure  della 
prossima  andata  degli  altri  sovrani  degli  Stati  meridionali  a  Ver- 


CONTEMPORANEA  G1  \ 

sailles;  e  Guglielmo  I,  bench^  ufficialmcnte  conservasse  titolo  di  Re 
in  realta  esercitava  le  attribuzioni  d'  imperatore. 

3.  Alii  24  novembre  aprivasi  in  Berlino  la  sessione  del  Reichstag, 
ossia  parlamento  della  Confederazione  germanica  del  Nord ;  e  non 
pochi  dei  Deputati  delle  Camere  degli  Stati  del  Sud  eransi  recato  a 
dovere  di  assistere  dalle  gallerie  a  quella  radunanza,  per  averne  lume 
circa  la  piega  da  dare  ai  proprii  dibattimenti ,  quando  i  Trattati,  che 
gia  sapeansi  compilati  e  firmati  a  Versailles,  fossero  sottoposti  alle 
loro  deliberazioni.  II  presidente  d'ufficio  della  Cancelleria  federale, 
Sig.  Delbruck,  inauguro  quella  tornata,  leggendo  un  messaggio  in 
nome  del  Re  ;  die  venne  poi  divulgato  sui  giornali ;  e  volto  in  nostra 
lingua  fa  recitato  anche  dall'  Opinione  di  Firenze,  nel  n°  380  del 
28  novembre. 

Noi,  per  difetto  di  spazio,  ci  contenteremo  di  darne  un  sunto 
concise  e  fedele,  e  di  recitarne  qualche  brano  piu  rilevante. 

Ricordate  in  prima  le  origini  della  guerra  ed  accennate,  con  molta 
dignita,  le  vittorie  ottenute  p"er6  a  costo  di  gravissirni  sacrifizii,  il 
messaggio  deplorava  che  la  Francia  non  avesse  voluto  piegarsi  alia 
necessita  impostale  dalle  sue  sconfitte. 

«  La  nazione  francese  deve  essersi  convinta  che  la  sua  forza  di 
guerra,  dopo  1'  annientamento  degli  eserciti  che  ci  stavano  di  fronte, 
non  e  bastante  contro  gli  eserciti  riuniti  della  Germania.  Noi  po- 
tremmo  quindi  considerare  come  sicura  la  conchiusione  della  pace, 
se  i  nostri  infelici  vicini  avessero  un  governo,  i  cui  capi  considerassero 
il  loro  avvenire  come  inseparabile  da  quello  del  loro  paese.  Un  simile 
governo  avrebbe  colto  ogni  occasione  per  metlere  in  grado  la  nazione, 
alia  cui  testa  egli  si  e  posto  di  suo  proprio  impulse,  di  eleggere  una 
rappresentanza  popolare  e  di  consultarla  sul  presente  e  1'  avvenire  del 
paese.  Ma  i  documenti  che  vi  verranno  presentati,  miei  signori,  dalla 
presidenza  della  Confederazione,  vi  daranno  la  prova  che  i  governanti 
attuali  della  Francia  preferiscono  piuttosto  sacrificare  le  forze  d'una 
nobile  nazione  in  una  lotta  senza  speranza. 

«  L' immense  spossamento  di  forze  e  il  disordine,  chesaranno  le 
conseguenze  per  la  Francia  della  continuazione  di  questa  lotta  nelle 
circostanze  presenti,  devono  indebolirela  forza  del  paese  in  raodo  che 
esso  abbisognera ,  per  riaversi,'  d' un  tempo  piu  lungo  di  quanto 
gli  sarebbe  stato  d'  uopo,  se  la  guerra  avesse  seguito  un  corso  rego- 
lare.  I  governi  alleati  devono  per6  con  dispiacere  esprimere  la 
convinzione,  che  la  pace  fra  le  due  grandi  nazioni  vicine,  sullo  stabile 
mantenimento  della  quale  essi  calcolavano  ancora  meno  di  sei  mesi 
fa,  verra  posta  in  pericolo  tanto  piu  sicuramente  dalle  memorie  che 
lascera  in  Francia  1'impressione  di  questa  guerra,  al  momento  in  cui 


•612  CRONACA 

la  Francia  si  sentira  in  grado,  per  forza  propria  o  per  alleanze  con 
altre  potenze,  di  poter  ricominciare  la  lotta. 

«  Le  condizioni,  alle  quali  sarebbero  disposti  a  far  la  pace  i  go- 
verni  alleati,  vennero  discusse  pubblicamente.  Esse  devono  essere  in 
rapporto  colla  grandezza  dei  sagrifizii  imposti  daquesta  guerra  intra- 
presa  senza  verun  motivo,  ma  col  consenso  di  lutta  la  nazione  francese; 
esse  devono,  innanzi  tutto,  stabilire  i  confini  difensivi  della  Germania 
in  modo  da  impedire  la  continuazione  della  politica  di  conquista,  eser- 
citata  da  secoli  da  tutti  i  sovrani  della  Francia;  e  riparare,  almeno 
in  parte,  ai  risultati  dell'  infelice  guerra  che  la  Germania  ha  dovuto- 
fare  allorche  era  divisa,  per  volonta  della  Francia,  e  liberare  i  nqstri 
fratelli  della  Germania  meridionale  dall'  incubo  della  posizione  mi- 
nacciosa,  alia  quale  la  Francia  deve  le  sue  precedent  conquiste.  » 

Accennato  poscia  al  bisogno  di  fornire  percio  al  G^verno  federale 
i  sussidii  ed  i  fondi  indispensabili  per  la  continuazione  della  guerra, 
il  messaggio  toccava  della  quistione  sorta  allora,  per  la  dichiarazione 
della  Russia,  che  non  credevasi  piu  vincolata  dalle  condizioni  stipulate 
nel  trattatodi  Parigi  del  1856  pel  Mar  nero;  ed  annunziava  le  prati- 
che  gia  rinnovate  ed  oggimai  conchiuse  per  1'  unione  federale  tra  gli 
Stati  del  Sud  e  quelli  del  Nord. 

«  La  continuazione  della  guerra  non  ha  impedito  un  lavoro  di 
pace.  II  sentimento  della  nazionalita,  ravvivato  dal  comune  pericolo 
e  dalle  vittorie  riportate  in  comune,  la  coscienza  della  posizione 
che  la  Germania  ha  ottenuto  per  la  prima  volta  dopo  secoli  colla  sua 
unificazione,  e  la  persuasione  che  soltanto  mediante  la  creazione 
d'  istituzioni  durevoli  puo  venir  assicurata  1'  eredita  di  questa  epoca 
di  sacrifizii  e  di  fatti:  hanno,  piu  presto  e  piu  generalmente  di  quanto 
sembrava  anche  poco  tempo  fa,  indotto  la  nazione  tedesca  ed  i  suoi 
principi  alia  convinzione,  che  fra  il  Sud  ed  il  Nord  e  necessario  un 
legame  piu  solido  che  quello  dei  trattati  internazionali. 

«  Questa  convinzione  profonda  nei  governi  ha  dato  luogo  a 
trattative,  e  quale  primo  frutto  di  queste ,  maturate  sul  campo  di 
battaglia,  verra  sottoposto  alia  vostra  approvazione  il  disegno  d'una 
Confederazione  germanica  fra  la  Confederazione  della  Germania  del 
Nord,  il  Baden  e  1'  Assia  riuniti.  L'  accordo  intervenuto  sulle  medesime 
basi  colla  Baviera  formera  pure  oggetto  delle  vostre  deliberazioni , 
e  la  conformita  d'idee  esistente  col  Wurtemberg,  intorno  allo  scopo 
<la  raggiungersi,  lascia  sperareche  verra  conchiuso  un  accordo  uguale 
^nche  con  esso.  » 

La  cosa  era  di  natura  sua  tale,  che  non  ammetteva  lunghi  in- 
dugi.  I  trattati,  di  cui  avea  tenuto  parola  il  messaggio  letto  dal 
Delbriick,  furono  prontamente  disaminati;  ed  alii  5  dicembre  se  ne 
comincid  la  discussione  nel  Reichstag  con  un  discorso  dello  stesso 


CONTEMPOIUNEA 


013 


Delbriick,  di  cui  fu  spedito  da  Berlino  il  sunto  seguente,  rjferito  nella 
Nazione  di  Firenze,  nel  n°  343  del  9  dicembre. 

«  11  ministro  Delbriick  incomincia  la  discussione  generate  sui 
trattati  cogli  Stati  del  Sud,  accennando  allo  stato  provvisorio  della 
Costituzione  della  Federazione  settentrionale.  L'  unione  cogli  Stati 
del  Mezzogiorno  era  prevista  dall'  articolo  79.  Gli  atti  sottoposti  al 
Parlamento  tendono  alia  riunione  di  tutti  i  membri  della  Germania, 
la  quale,  contro  1'  aspettazione,  avvenne  prontamente  per  un  grande 
avvenimento  storico.  Ly  iniziativa  dell'  unione  parti  nel  settembre 
dalla  Baviera.  Delbriick  fu  spedito  a  Monaco  per  udire  le  proposte 
bavaresi  e  ricevette  1' istruzione  di  astenersi  da  qualunque  espressione, 
che  potesse  interpretarsi  come  una  pressione  da  parte  della  Prussia-. 
Intanto  avvio  pratiche  il  Wiirtemberg ,  il  Baden  propose  1'  ingresso 
nella  Confederazione,  TAssia  fece  dichiarazione  di  adesione.  Cosi  eb- 
bero  origine  le  Conferenze  di  Versailles.  L'oratore  pone  in  risalto,  co- 
me nei  trattati  proposti  in  sulle  prime  si  trovassero  varie  disposizioni, 
che  derivavano  dalle  intenzioni  bavaresi;  non  vuol  dire  se,  senza  di 
cio  vi  sarebbero  state  accolte.  Le  questioni  secondarie  furono  lasciate 
da  banda;  vi  fu  inserito  solo  il  piu  necessario  per  lo  sviluppo  della 
riunione  politica  della  Germania,  lasciandone  1'  ulteriore  svolgimento, 
all'  accordo  col  future  Parlamento.  II  cangiamento  nella  Costituzione 
consiste  essenzialmente  nel  rinvigorimento  del  caraltere  federate 
federative,  come  corrispondente  alia  natura  delle  cose.  Senza  che  sia 
riconosciuto  il  legittimo  elemento  federative,  non  e  fattibile  1'  ingresso 
della  Germania  meridionale  nella  Confederazione. 

«  L'oratore  passa  poi  al  sistema  militare  ed  addita  1'esistenza  di 
grandi  basi  comuni.  Le  discordanze  riguardo  a  singoli  Stati  spno  di 
natura  per  lo  piu  transitoria.  Nella  Baviera  fu  accordato  il  comando 
supremo  militare  del  Re  in  tempo  di  pace;  cid  e  giustificato  dalle 
condizioni  di  fatto.  Le  disposizioni  per  la  composizione  del  consiglio 
federale  dellanGriunta  diplomatica  sono  richieste  unicamente  dal  rin- 
vigorimento delF  elemento  federative;  lo  stesso  dicasi  sulle  dichiarazioni 
di  guerra.  Si  deve  mostrare  chiaramente  all' ester o  che  la  Confe- 
derazione ha  un  carattere  essenzialmente  difensivo. 

«  L'  oratore  giustifica  gli  accordi  sulla  questione  delle  imposte. 
Ai  desiderii  della  Baviera  e  del  Wiirtemberg,  di  conservare  anche  1'am- 
ministrazione  interna  indipendente  della  posta  e  dei  telegrafi,  poteva 
tanto  piu  corrispondersi,  in  quanto  che  da  ci6  non  rimaneva  punto 
tocca  la  legislazione  federale.  La  riserva  bavarese  sull'  autonomia 
nelle  materie  dei  diritti  di  cittadinanza  e  di  diritto  e  di  gran  peso. 
La  Baviera  ha  teste  introdotto  una  nuova  legislazione  sociale  con  buon 
risultato,  e  percio  essa  aveva  obbiezioni  insuperabili  contro  1'accettare 
una  nuova  legislazione.  » 


6 1 4  CRONACA 

Come  il  Delbriick  ebbe  finite  di  parlare,  e  risposto  ad  alcune 
osservazioni  sopra  la  Cosiituzione  federate,  i!  deputato  Friedenthal 
peroro  per  1*  accettazione  di  codesti  Trattati,  esprimendo  il  desideiio 
die  fosse  creato  un  capo  supremo  della  Germania,  e  chiese  di  sapere 
a  die  punto  stavano  le  cose  a  tal  proposito. 

Si  rialzo  allora  il  Delbriick,  e  disse:  «  Non  ho  diffieolta  veruua 
di  annunziare  alia  Camera,  che  il  principe  Luitpoldo  di  Baviera  ieri 
1'altro  presento  in  Versailles  al  Re  di  Prussia  ima  lettera  del  Re 
Luigi  di  Baviera,  relativa  alia  proposta  di  ristabilire  un  impero  ger~ 
manico,  conferendo  al  Re  Guglielmo  la  dignita  & Imperatore  ger- 
manico. Posso  aggiungere ,  intorno  a  cio,  che  i  Sovrani  presenti  a 
Versailles  hanno  espresso  ai  Re  di  Prussia  e  di  Baviera  la  loro  ade- 
sione  a  questa  proposta.  Si  aspettavano  ancora  le  dichiarazioni  degli 
altri  Sovrani  e  delle  tre  libere  Citta  Anseatiche. »  E  qui  uno  scoppio 
fragoroso  di  plausi  da  ogni  parte  dell' Asserablea. 

Infatti  il  Re  GugSielmo,  al  ricevere  dal  Reichsrath  ossia  Parla- 
niento  prussiano  di  Berlino  un  indirizzo,  che  gli  augurava  la  corona 
di  dignita  imperiale,  avea  risposto  pacatamente  che  consentirebbe  sol 
allora  che  vi  fosse  invitato  dal  concorde  e  libero  assenso  di  tutti  i 
Sovrani  degli  Stati  confederati  e  dalle  Citta  libere. 

4.  Era  evidente  che  1'unione  di  tutti  gli  stati  della  Germania, 
eecettuate  le  poche  province  rimaste  all' Austria,  e  la  istituzione  del- 
1'  impero ,  richiedeano  modificazioni  alia   vigente  costituzione  della- 
Confederazione  del  Nord.  Queste  furono  indicate  dal  Simeon  al  Rei- 
chsrath  prussiano,  nella  tornata  del  9  dicembre,  leggendovi  una  let- 
tera, speditagli  percio  quel  giorno  stesso  dall'ufficio  deSla  Cancelleria 
ftderale;  con  cui  si  annunziava:  che  il  Gonsiglio  federale  della  Con- 
federazione della  Germania  sett entrion ale,  d'accordo  coi  Governi  d"i 
Taviera,  Wurteniberg,  Baden  ed  Assia,  ha  deciso  di  assoggettare  al 
Parlamento,  per  la  costituzionale  sua  approvazione,  i  seguenti  can- 
^iamenti  alia  Costituzione  della  Confederazione  germanica:  1°  Nel- 
I'  introduzione  della  Costituzione  federale,  si  dira:    «  Questa  Confe- 
derazione avra  il  nome  di  Confederazione  dell' Impero  Germanico.  » 
2.°  II  primo  alinea  dell' art.  11  della  Costituzione  federale  sara  redatto 
come  segue:  «  La  presidenza  della  Confederazione  spetta  al  Re  di 
Prussia,  il  quale  ha  il  titolo  d'Imperatore  germanico.  »  L'Imperatore 
rappresenta  internazionalmente  1'lmpero,  dichiara  la  guerra  e  conclude 
la  pace  in  nome  dell'Iiapero,  contrae  alleanze  ed  altri  trattati  con 
Stati  stranieri,  accredita  e  riceve  ambasciatori.  » 

5.  Con  cio  la  fondazione  dell' Impero  era  omai  assicurata,  ed  il 
Bismark,  che  non  dubitava  punto  del  successo  dell' assedio  contro 
Parigi,  coglieva  un  altro  momento  propizio  per  fondare  le  basi  d'  una 
fntura  annessione  del  Lussemburgo  all'  impero  Alemanno.  La  Russia 


CONTEMPORANEA  f,  |  5 

avea  appunto  allora  gittato  in  mezzo  all'Europa  attonita  una  Circolare, 
con  cui  denunziava  alle  Potenze,  che  oggimai  riusciva  intollerabile 
per  1'onor  suo  1'osservanza  del  Traltato  di  Parigi  del  1856,  ond'erale 
vielato  il  mantenere  nel  Mar  nero  forze  navali  militari  superior!  ad 
un  tenuissimo  valore  prefisso  e  1' avervi  fortezze  e  porti  di  guerra; 
e  che  percio,  fondandosi  sul  fatto  delle  mutate  relazioni  vicendevoli 
delle  Potenze  e  dello  squilibrio  avvenuto  per  le  recenti  guerre,  la 
Rassia  si  dichiarava  svincolata  da  quelle  obbligazioni;  ma  pur  si 
contenterebbe  di  intendersela  amichevolmente  con  chi  si  credesse 
perci6  offeso.  Or  chi  poteasi  opporre?  L' Austria?  Ha  troppo  che  fare 
jn  casa  sua,  e  certo  il  Beust  non  e  uomo  da  impegnarsi  a  lottare 
con  la  Russia.  La  Francia?  Era  abbattuta  ed  esangue  tra  gli  artigli 
dell'aquila  germanica.  L' Italia?  Non  era  da  fame  parola.  L'lnghil- 
terra?  Ma  essa,  intesa  ai  suoi  interessi  commerciali,  pare  che  abbia 
rinunziato  ad  ingerirsi  nella  politica  europea  del  Continente  e  del- 
1'Oriente! 

Tutti  per6  erano  come  attoniti  pel  tratto  ardito  del  Gortschaskoff, 
che  infatti ,  nella  Conferenza  riunitasi  poi  a  Londra ,.  ottenne  che 
fosse  ammessa  la  sua  pretensione,  e  che  le  cose  quanto  al  Mar  nero 
tornassero  allo  stato,  presso  a  poco,  in  cui  erano  prim  a  della  mici- 
diale  guerra,  combattuta  percid  nei  principal  danubiani  ed  in  Crimea. 
E  se  ne  giovo  subito  per  imprendere  la  ricostruzione  di  una  formi- 
dabile  armata  navale  corazzata ,  e  la  riedificazione  dei  baluardi  di 
Sebastopoli  e  di  Nikolajeff. 

II  Bismark  non  fu  meno  accorto  a  profit-tare  di  queste  congiun- 
ture;  ed  avendo  accertato  che  prima  e  dopo  la  giornata  di  Sedan 
erano  accaduti  nel  neutrale  stato  di  Lussemburgo  certi  fatti,  che 
poteano  riguardarsi  come  una  violazione  della  neutralita  in  aiuto 
dei  Francesi  o  fuggiaschi  o  prigionieri  di  guerra,  cui  erasi  fornito 
asilo,  passaporti,  viveri,  ed  anche  spedito  vettovaglie  in  pro  deli'as- 
sediata  Metz:  il  Bismark  spedi  una  fulminante  circolare ,  data  da 
Versailles  sotto  il  3  dicerabre,  e  riferita  neti*  Opinions  di  Firenze 
nel  n°  357  del  .25.  Essa,  argomentando  sottilmente  sui  fatti  accennati, 
conchiudeva  coi  termini  seguenti. 

«  Non  esistono  dunque  piii  quelle  presupposizioni ,  dalle  quali 
ii  regio  governo  faceva  dipendere  il  rispettare  la  neutrality  del  gran- 
ducato.  Percid  il  sottoscritto,  d'ordine  di  S.  M.  il  Re,  ha  1'onoredi 
dichiarare  al  regio  governo  granducale,  che  da  parte  sua  il  regio 
governo  non  si  tiene  piu  vincolato  ad  alcun  riguardo  nelle  opera- 
zioni  militari  degli  eserciti  tedeschi  verso  la  neutralita  del  grandr- 
cato;  e  che  si  riserva  il  far  valere  i  suoi  reclaim  presso  il  governo 
del  granducato  per  i  danni  derivati  dal  non  mantenimento  della 


616  C RON AC A 

neutralita,  e  il  prendere  le  misure  necessarie  onde  assicurarsi  che 
fatti  simili  non  si  riproducano.  » 

Pochi  giorni  prima,  il  26  novembre,  era  stata  presentata  al 
Reichstag  alemanno  la  domanda  di  nuovi  fondi  per  la  guerra ,  da 
ricavarsi  con  un  imprestito  di  100,000,000  di  talleri.  Onde  si  con- 
getturo  che  ii  Bismark  dicesse  davvero,  e  fosse  per  occupare  armata 
mano,  giovandosi  dell'  inerzia  dell'Inghilterra,  il  Lussemburgo.  Di 
che  non  e  a  dirsi  quanto  rimanessero  atterriti  i  pacifici  abitanti  del 
granducato,  che  ricorsero  per  aiuto  al  loro  signore  il  Red'Olanda. 
Questi  pose  in  opera  tutta  la  sua  avvedutezza  per  placare  i  veri  o 
simulati  sdegni  del  Bismark  e  stornare  la  imminente  tempesta ;  e, 
mer,c&  qualche  benevolo  ufficio  d'  altri  intercessor} ,  il  Bismark  si 
contento  di  lasciar  per  ora  le  cose  come  stavano,  bastandogli  d'aver 
intanto  gettata  la  base,  sulla  quale  poter  all'  uopo  fondare  nuovi  ri- 
chiami  ed  il  titolo  giuridico  di  una  azione  piu  energica  e  fruttuosa  a 
profitto  deU'Alemagna. 

6.  La  discussione  dei  trattati  conchiusi  a  Versailles  coi  Plenipo- 
tenziarii  degli  Stati  meridionali  non  potea  essere  ne  lunga  n6  tem- 
pestosa.  Tutti  erano  d'  accordo  nel  voler  effettuare  il  disegno  del- 
I'unita  militare  e  politica  della  Germania ;  ed  ognuno  intendea  che, 
per  ottenere  questo  intento  capitale  e  poc'anzi  insperato,  poteasi  e 
doveasi  condiscendere  nei  punti  secondarii  ai  desiderii  di  quei  Go- 
verni,  che,  per  non  irritare  troppo  i  loro  popoli,  doveano  voler  salvare 
per  ora  qualche  reliquia,  piuttosto  apparente  che  reale,  dell' auto- 
nomia  fin  qui  goduta. 

II  piu  fervido  voto  del  Granduca  di  Baden  era ,  gia  da  gran 
pezza,  quello  di  veder  il  suo  Stato  intimamente  unito  al  reame  di 
Prussia,  onde  sperava  aumento  di  prosperita  e  sicurezza  di  difesa. 
Gli  furono  percio  lasciati  il  titolo,  gli  onori,  le  rendite  e  le  prero- 
gative di  sovrano ,  ed  una  conveniente  autonomia  per  1'  ammini- 
strazione  interna  ;  ma  il  contingente  del  Baden  per  1'  esercito  federale 
formera  parte  immediata  di  esso,  e  sara  incorporata  nell' esercito 
prussiano ,  sotto  il  comando  diretto  del  Re  di  Prussia,  e  sara  am- 
ministrato  dal  Governo  della  Confederazione  del  Nord ,  ossia  dal 
Ministro  della  guerra  del  Re  di  Prussia  anche  in  tempo  di  pace.  La 
convenzione  federale  a  tal  effetto  venue  firmata  a  Versailles  dai  Ple- 
nipotenziarii  d' ambe  le  parti  alii  15  del  novembre;  ed  estendesi 
anche  a  quella  parte  dell'  Assia,  che  non  era  stata  assorbita  nel  vortice 
prussiano  dopo  Sadowa ,  perche  situata  oltre  il  Meno.  11  Reichstag 
non  dovea  certo  essere  malcontento  della  liberalita  del  Granduca  gra- 
ziosissimo,  il  quale  cedeva,  non  tanto  alia  Confederazione  quanto  al 
Re  di  Prussia ,  i  suoi  soldati;  e  non  vi  trovo  nulla  a  ridire.  II  trattato 
fu  sancito  dal  Reichstag  a  voti  unanimi. 


CONTEMPORANEA  617 

Eguale  onore  riporto  il  Trattato  col  Wurtemberg,  firmato  a 
Berlino  il  25  novembre,  e  presentato  il  26  al  Reichstag,  che  vi  pose 
il  suo  suggello  alii  27;  poiche  quello  non  lasciava  nulla  a  desiderare 
quanto  alia  strettezza  dei  vincoli  d'  unione  politica,  militare  ed  ammi- 
nistrativa.  Al  Re  ed  alia  sua  discendenza  lasciavasi  tutto  il  lustro  so- 
vrano  con  le  sue  prerogative. 

Tardossi  alquanti  giorni  per  la  Convenzione  colla  Baviera,  fir- 
mata  a  Versailles  il  23  novembre,  sttfto  la  delicata  riserva  della  ra- 
tificazione  del  Re  Luigi,  la  quale  in  verita  non  si  vede  come  potesse 
essere  lasciata  in  dubbio.  La  parte  sostanziale  e  precipua  di  questo 
Trattato  consiste  in  cio  che  otto  articoli,  dal  61°  al  68°  della  Co- 
stituzione  federate  non  saranno  applicati  alia  Baviera;  ma  il  Re  di 
questo  Stato  conservera  i  suoi  diritti  sovrani  sopra  F  esercito  in  tempo 
di  pace,  sebbene  in  tempo  di  guerra  le  truppe  bavaresi  saranno  poste 
sotto  il  comando  assoluto  del  supremo  Generale  dell'  esercito  federale. 
L'  unione  della  Baviera  colla  Prussia  non  e  dunque  cosi  intima ,  e 
sente  meno  di  vassallaggio  che  quella  del  Baden.  Ma  col  tempo  e 
con  la  paglia  maturano  le  nespole;  e  cosi  anche  maturera^si  per  la 
Prussia  il  bocconcino  della  Baviera.  Questo  trattato  fa  pubblicato  dal 
Monitore  prussiano  alii  28  novembre,  e  fu  poi  ammesso  e  sancito 
dal  Reichstag  alii  2  dicembre,  cioe  assai  prima  che  fosse  ammesso  e 
sancito  dalle  Camere  di  Baviera,  come  diremo  a  suo  luogo. 

7.  Con  cio  era  cancellata  la  famosa  linea  del  Meno,  tracciata  dal 
funesto  Trattato  di  Praga  del  1866,  e  che  si  conservava  nel  Gabi- 
netto  di  Napoleone  III  come  legittimo  motive  di  invadere  1'Alemagna, 
pel  caso  che  la  Confederazione  del  Nord  avesse  osato  oltrapassare 
quella  linea ;  e  cosH  sempre  piu  si  fa  manifesto  quanto  valgano  i 
trattati  solenni  e  le  guarentige.  Di  tutta  F  opera  diplomatica  di  tal 
natura,  dal  1815  in  qua,  non  rimane  forse  un  brandello.  II  Trattato 
di  Praga  del  1866  ebbe  la  sorte  di  quello  di  Parigi  del  1856:  come 
questo  ando  a  finire  la  dove  fu  buttato  quello  di  Zurigo  del  1860. 
La  Francia,  che  sola  avrebbe  potuto  opporsi,  era  vinta  ed  impossi- 
bilitata  a  muovere  un  dito  altro  che  per  difendere  il  misero  avanzo 
di  vita  che  le  resta.  Ma  e  1'Austria  ?  Oh  questa,  sotto  la  sagacissima 
direzione  del  protestante  Cancelliere  De  Beust  non  e  piu  quell'altera 
Potenza,  che  si  fieramente  rivendicava  i  suoi  diritti  sotto  il  Gover- 
no  del  cattolico  Imperatore  Ferdinando  II  o  di  Maria  Teresa.  Ora 
e  di  buona  pasta,  e  di  facile  contentatura .  Va  lieta  di  possedere  la 
amicizia  del  Governo  italiano ,  e  si  tiene  onorata  della  degnazione 
con  cui  il  Bismark  assicura,  che  non  intende  punto  annettere  all'im- 
pero  germanico  le  province  austriache  di  nazione  e  lingua  e  stirpe 
alemanna.  Tuttavia  il  sig.  De  Bismark,  per  un  delicato  riguardo  di 
cortesia,  e  per  giustificare  Fabbandono  del  Trattato  di  Praga  rispetto 


618  CRONACA 

agli  stati  meridionali  di  Alemagna ,  ora  riuniti  alia  Confederazione 
del  Nord,  voile  darne  avviso  e  spiegazioni  araichevoli  al  sig.  conte 
De  Beust,  e  ne  mando  1' incarico  al  sig.  di  Schweinitz,  rappresen- 
tante  della  Confederazione  del  Nord  a  Vienna,  con  tin  dispaccio  sotto 
la  data  di  Versailles  U  novembre,  pubblicato  dallo  Staatsanzeiger 
di  Berlino;  e  ne  recitiamo  qui  il  tratto  piu  rilevante. 

«  Nella  pace  del  25  agosto  1866  e  manifestata  la  premessa  che 
i  governi  tedeschi  al  sud  del  Meno  formerebbero  una  Confederazione, 
che  avrebbe  una  posizione  propria  indipendente ;  ma  contempo- 
raneamente  entrerebbe  in  rapporti  nazionali  piu  intimi  colla  Con- 
federazione degli  Stati  della  Germania  del  Nord.  La  realizzazione 
di  questa  premessa  venne  lasciata  in  facolta  di  quei  governi :  perche 
nessuna  delle  due  parti  contraenti  poteva  essere  autorizzata  ed  avere 
il  diritto,  in  forza  della  conchiusione  della  pace,  a  dettar  legge  agli 
Stati  sovraui  tedeschi  della  Germania  meridionale,  riguardo  alia  forma 
dei  loro  reciproci  rapporti.  Gli  stati  della  Germania  del  Sad,  da  parte 
loro,  hanno  tralasciato  di  realizzare  il  pensiero  della  pace  di  Praga; 
ed  hanno  intcrpretato  1'idea  dei  rapporti  nazionali  piu  intimi  colla 
Germania  del  Nord,  mediante  1'accessione  allo  Zollverein  e  la  con- 
chiusione di  trattati  di  reciproca  garanzia. 

«  Niuno  poteva  prevedere  che  queste  istituzioni  verrebbero  tra- 
stbrmate  definitivamente  in  una  Confederazione  tedesca,  sotto  1'  im- 
pulse del  potente  sviluppo  del  sentimento  nazionale  tedesco,  suscitato 
da  un'  inattesa  aggressione  francese. 

«  Non  poteva  essere  obbligo  della  Germania  del  Nord  impedire 
ovvero  respingere  questo  sviluppo,  che  non  fu  provocato  da  noi,  ma 
che  e  una  conseguenza  della  storia  e  dello  spirito  della  nazione  te- 
desca. Anche  1'  imperiale  e  reale  governo  austro-ungarico ,  e  di  cio 
siamo  assicurati  dalla  relazione  di  V.  E. ,  non  attende  e  non  esige 
che  le  disposizioni  della  pace  di  Praga  siano  d'  impedimento  all'esteso 
sviluppo  dei  paesi  vicini  tedeschi.  II  governo  imperiale  considera  la 
nuova  forma  dei  rapporti  tedeschi  colla  giusta  fiducia ,  che  tutti  i 
potentati  della  nuova  Confederazione  tedesca,  e  specialrnente  il  re? 
nostro  graziosissimo  sovrano,  sono  animati  dal  desiderio  di  mante- 
nere  e  di  promuovere  le  piu  amichevoli  relazioni  della  Germania 
verso  il  vicino  impero  austro-ungarico,  la  qual  cosa  e  raccomandata 
ad  ambedue  dai  loro  interessi  comuni  e  dalla  reciproca  utilita  del 
loro  commercio  morale  e  materiale.  I  governi  alleati  nutrono ,  dal 
canto  loro,  fiducia  che  lo  stesso  desiderio  e  diviso  anche  dalla  mo- 
narchia  austro-ungarica.  » 

La  Neue  Presse  di  Vienna  pubblico  poi,  alii  4  del  seguente  gen- 
naio  1871,  la  risposta  mandata  dal  DC  Beust  al  Bismark  ;  e  questa 
riduceasi  a  dire :  tornar  inutile  1'  intavolar  discussioni  sopra  il  valore 


CONTEMPORANEA  619 

del  Trattato  di  Pra^a  ;  e  percio  doversi  giudicare  le  reiazioni  tra  la 
Austria  e  la  German! a,  pridcipalmente  sotto  1'aspetto  delle  condizioni 
dell'  una  e  deli'  altra ,  atteso  il  fatto  compiuto  dell'  unione  tedesca  ; 
intanto,  aspettando  gli  schiarimenti  promessi  dal  Bisrnark,  farsi  dal- 
1' Austria  voti  sinceri  perche  mantengansi  fra  1* Austria  e  la  Germania 
le  pin  amichevoli  reiazioni,  le  quali  valgano  come  guarentigia  d'una 
pace  durevole  in  Europa. 

Altrettanto  suonavano,  per  una  parte  e  per  I'altra,  le  note  spedite 
dai  Gabinetti  degli  Stati  meridional!  al  Cancelliere  della  monarchia 
austro-ungarica  ,  e  le  risposte  date  loro  dal  Beust,  in  nome  dell'  Ini- 
peratore  Francesco  Giuseppe. 

8.  Soddisfatto  per  tal  modo  ai  doveri  di  civilta,  restava  solo , 
per  1' inaugurazione  dell'Impero,  che  i  Parlamenti  degli  Stati  meri- 
dionali  sancissero  e  ratificassero  le  Convenzioni,  stipulate  dai  rispet- 
tivi  loro  Governi  colla  Confederazione  Germanica  del  Nord.  Questa 
formalita  non  incontro  ostacoli  di  momento,  e  fu  spacciata  prontamente 
nel  Wiirtemberg  e  nel  Baden ;  non  cosi  in  Baviera,  dove  lo  spirito 
di  autonoraia  e  d'  indipendenza  dalla  Prussia  si  manifesto  in  modo 
assai  vivace.  Tuttavolta  la  Camera  dei  Signori  si  arrese  alii  30  di- 
cembre  1870,  approvando  il  Trattato  con  voti  37  contro  3;  poi,  con 
minore  arrendevolezza  e  piu  espressiva  opposizione ,  vi  aderi  la  Ca- 
mera dei  Deputati  alii  21  gennaio  1871,  dichiarandosi  favorevoli  102 
rappresentanti,  e  contrarii  48. 

9.  Altro  non  rimaneva  adunque  cbe  posar  sul  capo  di  Guglielmo  I 
il  vittorioso  la  corona   imperiale ;  e  la  soienne  cerimonia ,  per  una 
atroce  ironia  della  forturia,ebbeluogo  il  18  gennaio  1871  nella  gran  sala 
della  Galerie  ties  glaces  del  casteilo  di  Versailles  eretto  da  Luigi  XIV, 
flagello  della  Germania  ed  appellate  per  antonomasia  il  Re,  come  quello 
ch£  fusul  punto  di  eflettuare  la  monarchia  universale  deU'Europa  d'oc- 
cidente  sotto  il  suo  scettro.  Fu  un  miscuglio  di  pompa  militare  e  di 
cerimonia  sacra  di  gusto  pietista,  essendovi  eretto  un  altare,  e  nel  fondo 
della  sala  disposte  le  bandiere  di  tutto  il  3°  esercito  di  Parigi  e 
quelle  del  2°  corpo  d'esercito  di  Baviera.  Tutta  la  smisurata  sala  era 
gremita   di  ufficiali  di  tutti  i  reggimenti  in  magnifica  ordinanza . 
Quando  v'entro  il  Re  Guglieimo,  un  coro  di  cantori  intono  un  inno 
che  comincia  dalle  parole:  «  Applaude  al  signore  il  mondo  intero.  » 
S.  M.  il  Re,  il  principe  ereditario,  i  principi  della  Casa  di  Hohen- 
zollern,  tutti  gli  altri  principi  e  Sovrani  d'Alemagna,  che  allora  erano 
in  Versailles,  si  accostarono  all'altare.  Si  canto  un  altro  coro :  «  Sia 
lode  ed  onore  all'altissimo  Dio  ;  »  poi  si  ascolto  un  discorso  recitato 
dal  predicatore  divisionale,  ministro  evangelico  Rogge  ;  quindi  un 
altro  coro:  «  Ora  ririgraziamo  il  Signore;  »  ed  una  benedizione  di 
Rogge  pose  termine  al  rito  reiigioso. 


620  CRONACA 

Allora  Guglielmo  I  con  lo  splendido  suo  corteggio  si  diresse 
verso  la  folta  schiera  che  reggeva  le  bandiere,  e  dietro  a  lui  si  dispo- 
sero  in  semicerchio  i  principi.  II  Bismark  lesse  un  atto,  a  dir  cosi 
notarile  dell'assumere  che  faceva  allora  il  Re  di  Prussia  la  corona  e 
dignita  imperiale,  che  il  nuovo  imperatore  avea  con  breve  discorso 
ricevuta  dai  Principi  e  popoli  alemanni ;  e  tutti  gli  astanti  prorup- 
pero  nell'acclamazione :  Viva  Sua  Maestd  V  imperatore  Guglielmo! 
La  festa  fini  come  si  costuma,  con  distribuzione  di  onorificenze,  ri- 
compense  e  banchetti. 

II  gran  fatto  venne  poi  annunziato  ai  popoli  d'Alemagna  col 
bando  seguente. 

«  Noi,  Guglielmo,  per  la  grazia  di  Dio  re  di  Prussia,  annun- 
ziamo  quanto  segue.  Dopo  che  i  principi  e  le  citta  libere  tedesche 
c'indirizzarono  il  loro  voto  unanime,  affinche,  ristabilendo  1' impero 
germanico,  noi  ristaurassimo  ed  assumessimo  la  dignita  imperiale, 
rimasta  giacente  da  60  anni,  e  dopo  che  nella  costituzione  della  Con- 
federazione  germanica  sono  prevedute  le  corrispondenti  disposizioni; 
noi  notifichiamo  coll' atto  presente  che  noi  consideriamo  come  dovere 
verso  la  patria  intera  1'obbedire  a  quest' invito  dei  principi  e  delle 
citta  libere  tedesche  alleati,  e  di  accettare  la  dignita  imperiale.  In 
conformita  di  cid ,  noi  ed  i  nostri  successor!  nella  Corona  di  Prussia 
porteremo  d'ora  innanzi  il  titolo  d' imperatore  in  tutte  le  nostre  rela- 
zioni  ed  affari  dell' impero  germanico,  e  speriamo  in  Dio  che  sara 
dato  alia  nazione  tedesca,  a  conferma  dell'antica  sua  magnificenza, 
procurare  alia  patria  un  prosperoso  avvenire.  Noi  assumiamo  la  di- 
gnita imperiale  colla  coscienza  del  dovere  di  difendere  con  fedelta 
tedesca  i  diritti  dell' impero  e  dei  suoi  membri,  di  tutelare  la  pace, 
di  mantenere  1'indipendenza  della  Germania  e  di  rinvigorire  la  forza 
del  paese.  Noi  1'accettiamo  colla  speranza  che  sara  dato  al  popolo 
tedesco  di  godere  il  premio  dei  combattimenti  sostenuti  con  valore, 
e  con  tanta  spontaneita  di  sacrifizii,  con  una  pace  duratura  ed  entro  a 
confini,  i  quali  assicureranno  alia  patria,  contro  nuove  aggressioni  della 
Francia,  la  sicurezza,  ond'era  priva  da  secoli.  A  noi  poi,  ed  ai  nostri 
successori  nella  Corona  imperiale,  voglia  Iddio  concedere  d'essere 
sempre  aumentatori  dell' impero  germanico,  non  in  conquiste  guer- 
resche,  ma  nelle  opere  della  pace  sul  campo  del  benessere,  della 
liberta  e  della  moralizzazione  nazionale.  » 

10.  Queste  pompe  trionfali  non  aveano  fatto  che  si  rallentassero 
le  operazioni  dell'assedio;  anzi  appunto  il  giorno  seguente,  I9gen- 
naio,  avvenne  la  disperata  ed  ultima  sortita  degli  assediati,  respinta 
vitloriosamente,  benche  con  molto  sangue,  dagli  imperiali  alemanni; 
e  10  giorni  dopo  la  proclamazione  deirimpero  Germanico,  alii  28  gen- 
naio,  Giulio  Favre  era  ridotto  a  firmare  la  capitolazione  di  Parigi. 


CONTEMPORANEA  621 

L'Imperatore  rimase  a  Versailles  durante  I'armistizio  e  fmo  alia  ra- 
tificazione  dei  preliminari  di  pace;  ma  non  entro  in  Parigi  colle 
truppe  alemanne  che  vi  stettero  dal  2  al  4  marzo.  Pochi  giorni  dopo 
si  parti,  visito  alcuni  corpi  d'esercito  concenlrali  nelle  principali 
citta  che  erano  sulla  via  del  ritorno  verso  Berlino,  dove  fece  il  suo 
ingresso  trionfale,  in  mezzo  ad  un  entusiasmo  indescrivibile  d' im- 
menso  popolo,  alii  17  marzo,  mentre  Napoleone  III,  sbalzato  dal  trono 
esulava  in  Inghilterra. 

L'Imperatore  Guglielmo  rimeritava  il  conte  Ottone  di  Bismark 
creandolo  principe;  il  che  in  Prussia  non  e  puro  titolo,  ma'confe- 
risce  privilegii  di  gran  valore. 

11.  La  pace  fra  la  Germania  e  la  Francia  venne  teste  conchiusa 
a  Francfort,  come  diremo  a  suo  luogo.  Chiuderemo  questi  cenni  sopra 
il  gran  dramma  politico  e  militare  del  1870-71 ,  recitando  il  sunto 
che  il  Monitors  prussiano  ha  pubblicato  sopra  questa  guerra  senza 
riscontro  nella  storia ,  ed  i  cui  effetti,  quando  siano  in  pieno  vigore, 
recheranno seco  un cangiamento  incalcolabile  nellecondizioni  d'Europa. 

«  La  guerra  fu  dichiarata  il  15  luglio  1870.  Fini  il  16  febbraio 
1871,  dopo  una  durata  di  210  giorni.  Nella  settimana  susseguente 
alia  dichiarazione  di  guerra  le  truppe  tedesche  erano  mobilitate : 
Fin  via  di  esse  verso  ponente,  e  la  loro  disposizione  sulla  linea  Lan- 
dau-Treviri,  richiesero  circa  quindici  giorni.  Le  truppe  mandate  al 
confine  sommavano  a  circa  600,000  uomini,  e,  onde  raccogliervi  tutta 
la  gran  massa  in  quindici  giorni,  si  dovettero  trasportare  in  ferrovia 
circa  42,000  uomini  al  giorno.  II  trasporto  fu  fatto  su  cinque  linee> 
due  delle  quali,  pero,  vennero  assai  poco  adoperate.  Oltre  agli  uomini, 
c'erano  da  trasportare  cavalli,  cannoni,  carriaggi,  munizioni,  prov- 
vigioni.  Quattro  corpi  d'armata  prussiani,  per  recarsi  al  confine  fran- 
cese,  dovettero  percorrere  un  tratto  di  400  a  600  miglia,  ed  essere 
nutriti  in  viaggio.  Siccome  nei  primissimi  giorni  e  negli  ultimissimi 
della  campagna  non  vi  furono  scontri,  cosi  questa  puo  venir  ridotta 
a  180  giorni  soltanto.  In  questi  180  giorni  v'ebbero  156  combatti- 
menti,  e  17  grandi  battaglie:  furono  prese  26  fortezze,  fatti  prigio- 
nieri  11,650  officiali  e  363,000  soldati;  conquistati  6,700  cannoni  e 
120  aquile  o  bandiere.  In  ciascuno  dei  sei  mesi  di  guerra  attiva,  i 
tedeschi  ebbero,  in  media,  26  combatthnenti  e  3  battaglie,  fecero 
prigioni  1,950  officiali  e  60,500  soldati,  e  conquistarono  1,110  can- 
noni, 40  aquile,  e  4  fortezze.  Quasi  ogni  giorno  vi  fu  scontro:  ogni 
sei  giorni  cadeva  una  fortezza ,  ogni  9  giorni  veniva  combattuta  e 
vinta  una  battaglia.  Paragonando  il  numero  dei  prigionieri  alia  du- 
rata della  guerra,  si  fecero  in  media,  al  giorno,  prigionieri  65  uffi- 
ciali  e  2,070  uomini.  Fecendo  lo  stesso  calcolo ,  ogni  di  38  cannoni 


622  CRONACA 

cambiarono  padrone ,  e  ogni  due  giorni  su  tre  veniva  porlata  via  in 
trionfo  un'aquila  o  bandiera. 

«  Osservando  1'ordine  cronologico,  dal  principle  della  guerra 
sino  a  S£dan ,  v'ebbero  13  combattimenti  e  8  battaglie:  Weissen- 
burg,  Worth,  Spicheren  (o  Forbacb),  Courcelles,  Vionville,  Gravelotte, 
Noiseul  e  Beaumont:  nello  stesso  periodo  di  tempo  furono  espugnate 
Je  quattro  fortezze  di  Lutzelstein  (la  Petite  Pierre),  Lichtenberg, 
Marsal  e  Vitry. 

«  II  mese  di  settembre  fu  segnalato  da  13  combattimenti  e  dalla 
presa  di  Se"dan,  Laon,  Toul  e  Strasburgo. 

«  In  ottobre  37  combattimenti ,  colla  presa  di  Soissons,  Schlett- 
stadt  e  Metz. 

«  In  novembre  contiamo  15  combattimenti  e  due  battaglie: 
Amiens  e  Beaune-la-Rolande:  la  caduta  di  Verdun,  Montbe"liard,  Neu- 
Breisach,  Ham,  Diderhofen,  La  Fere  e  detla  cittadella  di  Amiens. 

«  Diccmbre  vide  30  corabattimenti  e  le  battaglie  d'  Orleans  e 
dell'Hallue;  e  la  caduta  di  Phalzburg  e  di  Montmedy. 

«  Gennaio,  piii  prolifico,  registro  48  combattimenti,  oltre  la  bat- 
taglia  di  Le  Mans,  Montbe'liard  e  S.  Quintino,  e  la  capitolazione  di 
Mezieres,  Rocroy,  Perronne,  Longwy  e  Parigi. 

«  In  febbraio  la  guerra  termino  colla  resa  di  Belfort. 

«  In  questa  lista  gli  scontri  sotto  Parigi,  22  dei  quali  ebbcro 
luogo  nei  130  giorni  d'assedio,  vengono  classificati  come  «  combat- 
timenti »,  sebbene  parecchi  possano  essere  considerati  «  grandi  bat- 
taglie. »  Di  cotesti  22  scontri,  3  occorsero  nel  settembre,  8  nell' ot- 
tobre, 2  nel  novembre,  4  nel  dicembre,  e  5  nel  gennaio:  cioe,  dai 
5  ai  6  al  mese. 

«  Abbiamo  poi  da  registrare  tre  combattimenti  navali  avvenuti 
rispettivamente,  il  19,  il  21  settembre  e  il  12  ottobre:  a  Hiddensee, 
nella  baia  di  Putzig,  e  nelle  acque  dell' Avana. 

Alia  vista  di  grandi  vittorie  nasce  il  pensiero  del  prezzo  enor- 
me  che  pur  debbono  aver  costato  ai  vincitori,  attesa  1'indole  belli- 
cosa  dei  vinti,  1'accanimento  deila  loro  diiesa,  e  la  formidabile  po- 
tenza  delle  fortezze  espugnate.  Or  ecco  che,  relativamente,  le  perdite 
degli  alemanni  si  possono  dire  tenuissime.  Infatti  il  Borsen- Courier 
di  Berlino  ne  reca  il  conto  seguente. 

«  Le  perdite  dell*  esercito  tedesco  della  Confederazione  del  Nord, 
dal  21  luglio  1870  al  22  febbraib  1871  si  sono,  per  felice  ventura, 
accertate  minori  di  quanto  erasi  temuto.  II  numero  degli  ufficiali 
morti  sarebbe  di  1,025';  gli  ufficiali  feriti  sarebbero  3,245;  soli  59 
ufficiali  smarriti.  Le  perdite  degli  ufficiali  si  riducono  pertanto  a  I 
numero  di  4,329.  Dei  sott' ufficiali  e  soldati  sono  morti  13,530;  feriti 
67,558,  smarriti  11,020.  Ttitti  insieme  gli  ufficiali  e  soldati  colpiti  o 


CONTEMPORANEA  623 

perduti  nel  tempo  della  lotta  furono  1)6,437,  vittime  della  guerra . 
Morirono  poi  in  conseguenza  delie  ferite  ricevute  altri  142  ufficiali ; 
ma  878  guarirono,  e  gli  altri  sono  in  via  di  guarigione.  Restarono 
in  servizio  ai  loro  reggimenti,  perche  leggermente  feriti,  382  ufficiali. 
Dei  gregarii  feriti  morirono  poi  altri  2011,  ma  guarirono  32,512,  e 
rimasero  sotto  le  bandiere,  perchS  leggermente  feriti,  5,623.  Laonde, 
sottratti  dal  numero  delle  perdite  i  guariti,  e  i  prossimi  a  guarire, 
.la  perdita  reale  riducesi  a  47,662  uomini.  » 

IV. 

COSE  STRANIERE 

FRANCIA —  1.  Conferenze  in  Bruxelles  per  la  pace  tra  la  Francia  e  la  Ger- 
mania;  intoppi  sopravvenuti. —  2.  Ultimatum  del  Bismark  al  Governo  di 
Versailles;  conferenze  trail  Bismark  e  Giulio  Favre  a  Francfort.  —  3.  Con- 
clusione  del  trattato  di  pace.  —  4.  Nuova  lega  repubblicana  dentro  e  fuori 
di  Parigi ;  suoi  propositi  impediti  dal  Governo  di  Versailles.  —  5.  Progress! 
delPassedio  contro  i  forti  ed  il  recinto  di  Parigi.  —  6.  Atti  barbareschi 
della  Comune  ;  demolizione  della  cappella  esplatoria  di  Luigi  XVI,  della  co- 
lonna  di  piazza  Vendome  e  della  casa  del  Thiers.  —  Seduta  dell'Assem- 
blea  di  Versailles  P  11  maggio;  veto  di  fiducia  al  Thiers.  —  8.  Lettera  del 
Conte  di  Chambord.  —  9.  Presa  di  Parigi. 

1.  La  capitolazione  di  Parigi  ed  i  preliminari  di  pace,  che  com- 
pendiosamente  accennammo  in  questo  volume  a  pag.  104,  non  erano 
che  il  primo  abbozzo  del  Trattato  di  pace;  a  stipulare  il  quale  fu- 
rono  dal  Governo  di  Versailles  spediti,  come  suoi  rappresentanti  Pie- 
nipotenziarii,  a  Bruxelles  il  barone  Baude,  un  generale  che  il  Journal 
officiel  di  Versailles  denomino  Caille,  e  che  quelli  di  Berlino  appel- 
lano  Dontrellain  il  sig.  Goulard  ed  il  Sig.  Declercq.  Dalla  Germania 
fnrono  accreditati  a  trattare  quel  gravissimo  negozio  il  Sig.  D'Arnim, 
che  poco  prima  era  rappresentante  della  Prussia  a  Roma,  ed  il  Sig. 
Balan,  amendue  plenipotenziarii  per  la  Prussia;  inoltre  il  Sig.  Quadt 
per  la  Baviera  ed  il  conte  Uexkiill  pel  Wurtemberg.  Convennero 
questi  diplomatici,  dopo  essersi  messi  d'  accordo  circa  il  modus  vi- 
vendi  tra  lore,  a  tenere  la  prima  conferenza  ufficiale  il  giorno  28  di 
marzo,  impegnandosi  al  piu  severo  segreto.  Ma  sembra  che  nei  primi 
incontri,  quanto  il  Sig.  D'Arnim  fu  cortese  verso  il  barone  Baude, 
altrettanto  fu  aspro  e  quasi  sprezzante  il  Balan.  Del  quale  ando  da 
P»ruxel!ep  su  t'Uti  i  giornali  questo  tratto  poco  cavalleresco.  Ricevendo 
la  prima  visita  del  barone  Baude,  il  prussiano  Tinterrogo,  dicesi,  con 


624  CRONACA 

.atroce  sarcasmo,  se  egli  fosse  accreditato  e  tenesse  le  sue  istruzioni 
soltanto  dal  Thiers,  ovvero  anche  dal  Sig.  Assy,  cioe  da  quel  comu- 
nista  soprastante  d'  operai,  che  allora  era  capo  del  comitato  centrale 
di  Parigi.  II  Baude,  con  quella  nobilta  di  carattere  che  e  propria  dei 
gentiluomini  francesi,  lascio  cadere  a  terra  quel  plebeo  epigramma, 
e  rispose  con  dignita,  che  egli  da  parte  sua  non  riconosceva  in  Fran- 
cia  altro  Governo  che  quello  istituito  daH'Assemblea  Nazionale,  e  re- 
spingerebbe,  protestando,  qualunque  incarico  gli  venisse  d'altra  par- 
te. Se  questo  racconto  sia  esatto  o  no,  a  noi  non  ispetta  deciderlo; 
ma  abbiam  ragione  di  credere  che  realmente  tornasse  molto  difficile 
Tintendersi  in  conferenze  a  viva  voce,  poiche  i  Plenipotenziarii  d'ambe 
le  parti  si  accordarono  di  condurre  il  trattato  per  via  di  scritture  e 
protocolli. 

Questo  modo  di  procedere,  renduto  necessario  dalla  delicatezza 
dei  rapporti  che  doveano  passare  tra  vincitori  e  vinti,  dopo  lotta  si 
aspra,  di  natura  sua  dovea  trarre  seco  indugi  e  dissensi.  Invece  delle* 
sei  settimane,  entro  le  quali  credeva  il  Bismark  che  sarebbesi  sti- 
pulate in  tutti  i  suoi  particolari  il  Trattato  di  pace,  forse  non  sareb- 
bero  bastati  sei  mesi.  Ma  ben  piu  gravi  erano  le  difficolta  che  ad 
ogni  istante  sorgevano,  recando  intoppi  quasi  insuperabili  al  proce- 
dimento  di  tanto  affare.  Le  piu  inestricabili  derivavano;  1°  Dalla 
somma  enorme  di  cinque  mila  milioni  d'indennita.  di  guerra,  pre- 
stabilita  nei  preliminari,  e  che  mantenevasi  inesorabilmente  dai  Pie- 
nipotenziarii  alemanni;  mentre  i  Francesi  sforzavansi  di  ridurla  al- 
meno  a  tre  mila  milioni,  dimostrando  che  niuno  sforzo  possibile  ba- 
sterebbe  perche  la  Francia  ne  pagasse  di  piu.  2°  Dal  modo  con  cui 
i  Plenipotenziarii  alemanni  esigevano  che,  si  nella  distribuzione  delle 
rate  e  si  nella  qualita  dei  titoli  di  rendita  e  dei  valori  metallic!,  si 
facessero  gl'imposti  pagamenti.  3°  Da  dissidii  intorno  a  varii  tratti 
di  territorio  da  cedersi,  nel  tracciare  i  nuovi  confmi  dell'Alsazia,  e 
della  Lorena  dovute  abbandonare  al  vincitore.  Piu  discutevansi  tali 
quistioni,  e  piu  divenivano  aspre,  e  poco  meno  che  impossibili  ad 
accettarsi,  le  pretensioni  degli  uni,  e  piu  risentite  le  ripulse  degli  altri. 
La  continuazione  dell'  anarchia  parigina  e  gl'  impacci  in  cui  dibat- 
tevasi  il  Governo  di  Versailles  rendevano  sempre  piu  dubbioso  il 
risultato  di  quelle  conferenze;  ed  il  Bismark,  uomo  longanime  si  e 
tenace  dei  suoi  propositi,  ma  niente  inchinato  a  star  in  sospeso,  men- 
tre avea  in  mano  la  forza  di  troncare  la  questione,  vi  pose  mano 
risolutamente.  II  plenipotenziario  d'Arnim,  il  di  1  di  maggio,  signified 
al  barone  Baude,  essere  egli  costretto  di  rifmtarsi  a  qualsiasi  modi- 
ticazione  dei  preliminari  di  pace,  e  1'inviolabilita  di  questi  essere  la 
prima  condizione  delle  trattative.  Laonde  queste  furono  sospese.  II 


CONTEMPORANEA  625 

Bismark  poi  intimo  al  Governo  del  Thiers  un  aul  aul,  equivalente  a 
sentenza  irrevocabile. 

2.  Spedi  pertanlo  a  Versailles  una  specie  di  ultimatum,  di  cui 
«gli  stesso,  alii  12  di  maggio,  nel  Reichsrath  prussiano  indico  la  so- 
stanza  in  questi  termini.  «  Non  sono  rari  i  casi  che  venga  fatto  un 
preliminare  di  pace,  e  che  non  si  giunga  ad  accordarsi  per  una  to- 
tale  conclusione  necessaria  per  la  pace  defmitiva;  e  che  percid  una 
delle  due  parti,  per  proteggere  il  suo  interesse,  sia  costretta  di  ri- 
prentJere  le  ostilita.  lo  era  nell'apprensione  che  ci  trovassimo  vicini 
a  tale  eventualitd;  e  si  presentd  quindi  il  bisogno  di  venire  a  spie- 
gazioni,  in  un  personale  colloquio,  coi  membri  del  Governo  france- 
se;  ma,  secondo  le  mie  convinzioni  politiche,  qualora  avessimo  temuto 
una  vera  e  grave  oflesa  dei  nostri  interessi,  saremmo  stati  in  grado 
di  mettere  fine  all' iucertezza  occupando  Parigi,  sia  mediante  un  ac- 
cordo  colla  Comune^  sia  a  forza  d'armi;  e  poi,  con  questo  pegno  in 
mano,  avremmo  imposto  alia  Reggenza  di  Versailles  che,  secondo  le 
stipulazioni  dei  preliminari  di  pace,  ritirasse  le  sue  truppe  al  di  la 
della  Loira,  e  quindi  si  ripigliassero  le  trattative  di  pace.  » 

Pare  che  qualche  altra  giunterella  minacciosa  trasparisse  dall'  ul- 
timatum, come  questa,  per  esempio,  che  le  spese  del  mantenimento 
delle  truppe  d'occupazione  sarebbero  accresciute  in  proporzione  del 
territorio  che  cosi  dovrebbesi  novamente  invadere  e  tenere  dall'eser- 
cito  alemanno;  ed  un  cenno  dell'aumento  che  perciosi  dovrebbe  poi 
dare  anche  all'indennita  di  guerra. 

II  Governo  di  Versailles  avea  gia  sulle  braccia  i  Comunisll  di 
Parigi;  dovea  tenere  a  segno  una  Lega  repubblicana  scrta  allora  e 
che  accennava  di  voler  stare  in  bilico  tra  la  Comune  di  Parigi  e  1'As- 
semblea  di  Versailles,  ma  inchinandosi  piu  verso  quella  che  verso 
questa;  avea  bisogno  di  riaver  presto  liberi  ed  armati  i  400,000  uf- 
ticiali  e  soldati  prigionieri  custoditi  in  Alemagna;  avea  giusto  mo- 
tivo  di  paventare  anche  la  perdita  dell'Algeria,  dove  il  sollevamento 
e  la  ribellione  dei  Kabili  e  degli  Arabi  veniva  crescendo,  e  potea  di- 
venire  infrenabile,  se  tardavasi  a  spedire  cola  forze  militari  suflScienti 
a  ristabilirvi  1'autorita  della  Francia ;  vedea  pericolare  il  buon  ordine 
a  Lione  ed  a  Bordeaux;  non  potea,  durando  questo  stato  di  cose,  ne 
riorganare  bene  1'  esercito,  ne  rifornire  le  finanze,  ne  ricondurre  la 
piena  quiete  negli  sparlimenti  e  nei  Comuni;  sentiva  impossibile  il 
dare  alia  Francia  tutta  un  assetto  ed  un  governo  stabile  e  ricono- 
sciuto  da  tutti.  L' 'ultimatum  del  Bismark  valse  come  un  fiero  colpo 
di  sprone,  che  costringe  il  puledro  ricalcitrante  a  saltare  il  fosso. 

II  Journal  offlciel  di  Versailles  alii  5  maggio  annunzid  che  Giu- 
lio  Favre,  ministro  per  gli  affari  esterni,  e  Powyer-Quertier,  mini- 

Serie  VllT,  vol.  77,  fasc.  503.  iO  27  maggio  1871. 


626  CRONACA 

stro  sopra  le  finanze,  erano  partiti  il  di  precedente  alia  volta  di  Franc- 
fort  sul  Meno,  per  appianare  col  Bismark  alcune  difficolta  sorte  nelle 
conferenze  di  Bruxelles,  e  giungere  piu  presto  alia  conclusione  e  ra- 
tificazione  del  trattato  di  pace. 

La  mattina  dello  stesso  giorno,  venerdi  5  maggio,  giungevano  a 
Francfort  da  Bruxelles  il  delegate  prussiano  D'  Arnim  ed  il  delegate 
francese  Declercq ;  la  sera  alle  7  vi  giungevano  da  Versailles  il  Fa- 
vre  ed  il  Powyer-Quertier,  ed  alle  8  il  principe  Ottone  di  Bismark. 
11  convincimento  della  necessita  di  venire  subito  alle  strette  era  tale, 
d'ambe  le  parti,  che  quella  sera  stessa  tennesi  un  primo  abbocca- 
mento  nella  locanda  della  Corte  russa ,  tra  il  Bismark  e  1' Arnim 
per  una  parte,  ed  il  Favre  ed  il  Powyer-Quertier  dall'altra.  Due  altre 
sedute  ebbero  luogo  il  sabato,  che  durarono  piu  di  quattr'ore  cia- 
scuna ;  altre  due  lunghe  conferenze  si  tennero  il  lunedi  e  martedi, 
e  finalmente  nell' ultima  del  mercoledi,  10  maggio,  si  giunse  a  porre 
il  suggello  delle  firme  dei  Plenipotenziarii  al  Trattato  di  pace,  sotto 
la  condizione  che  le  ratificazioni  dovessero  apporvisi,  il  piu  tardi,  alii 
50  maggio. 

3.  Per  ottenere  questo  risultato  il  Bismark  si  arrese  a  qualche 
concessione  in  cose  accessorie  e  di  non  molta  rilevanza;  ma  fu  irre- 
movibile  nell'esigere  1'intera  indennita  di  cinque  mila  milioni.  Tut- 
tavia,  se  e  vero  quello  che  ando  sui  giornali,  Timperatore  Guglicl- 
mo  I,  per  un  sentimento  di  umanita  e  di  equita,  condono  spontanea- 
mente  1' ultima  rata  di  500  milioni.  Furono  anche  stipulate  in  modo 
cbiaro  e  precise  tuttele  niodalita  del  pagamento,  in  guisa  da  renderlo 
possibile  alia  Francia  nei  termini  prefissi;  e  lo  stesso  Bismark  s' in- 
terpose presso  banchieri  Alemanni,  per  agevolare  i  prestiti,  onde  la 
Francia  dee  ricavare  le  somme  dovute .  Da  ultimo  si  venne  a  qualche 
componimento  per  la  cessione  di  alcuni  distretti,  lasciando  alia  scelta 
dell*  Assemblea  di  Versailles  la  cessione  di  questi  piu  che  di  quelli. 

II  principe  Bismark  diede  poi  il  12  maggio  al  parlamento  prus- 
siano una  sufficientc  esposizione  di  quanto  erasi  trattato  in  quelle 
conferenze,  e  dei  piu  rilevanti  articoli  stipulati.  Qui  crediamo  che  il 
cenno  presente  possa  bastare,  riservandoci  di  riferire  a  suo  tempo  il 
tcsto  del  Trattato,  che,  meglio  d'ogni  altro  discorso,  mettera  in  evi- 
denza  1'enorme  prezzo  che  costo  questa  pace  alia  Francia;  la  quale 
un  anno  addietro,  appunto  sul  cominciare  del  maggio,  era  tutta  in 
orgasmo  per  la  consolidazione  AelVimpero  liberals  del  Bonaparte,  gua- 
rentito  dal  plebiscite  e  dai  7,000,000  di  si  ottenuti  ii  giorno  8  di 
maggio. 

4.  Rimesso  il  pericolo  di  nuovo  conflitto  armato  con  1'Alema- 
gna,  il-Governo  di  Versailles  si  senti  minacciato  da  un  altro  interno, 


CONTEMPORANEA  627 

e  non  lieve.  Le  elezioni  comunali  del  30  aprile  riuscirono  in  parte 
favorevoli  ai  Comunisli  di  Parigi.  Appena  v'ebbe  citta  o  Comune 
in  cui  non  fosse  eletto  qualcheduno  piu  o  meno  fervido  loro  par- 
tigiano;  ed  in  certe  citta  piu  travagliate  dalle  sette,  costituirono 
anzi  la  pluralita  del  Consiglio  comunale  uomini  di  parte  repubblicana 
ed  avversa  all'Assemblea  di  Versailles.  In  Parigi  intanto  erasi  co- 
stituita  una  specie  di  Lega  repubblicana,  che  affettava  desiderio  e 
risoluzione  di  venire  a  componimento  col  Governo  di  Versailles  e 
troncare  la  guerra  civile,  ma  a  condizioni  che  guarentirebbero  1'im- 
punita  ai  Comunisti,  e  ne  lascerebbero  intatte  le  forze,  per  contenere 
anche  il  Governo  che  per  avventura  sorgesse  dalle  nuove  elezioni  da 
quella  proposte.  Tal  genere  di  pacieri  e  sempre  funesto  ai  popoli,  che 
si  dibattono  nei  furori  e  nell'orgasmo  della  rivoluzione! 

Aderirono  a  questq  disegno  molti  dei  repubblicani  sparpagliati 
nei  comuni  degli  altri  Spartimenti,  e  si  dicdero  la  posta  prima  a 
Bordeaux,  poi  a  Lione;  con  accordo  che  vi  si  mandassero  delegati  rap- 
presentanti  di  codesti  comuni,  per  promovere  la  pace  ed  il  rassoda- 
mento  della  repubblica.  A  questo  modo  vedeasi  sorgere,  per  impulso 
di  segreti  demagoghi,  tra  i  quali  primeggiava  pero  ed  era  noto  il 
Gambetta,  una  nuova  Assemblea  nazionale,  il  cui  scopo  era  evidente; 
di  sopraffare  cioe  quella  di  Versailles  ed  arrogarsi  1'autorita  costi- 
tuente.  Di  che  fu  mossa  una  interpellanza  al  ministro  degli  interni, 
Ernesto  Picard,  nella  tornata  dell'  8  maggio ;  ed  il  deputato  Baze  in- 
terpret6  cosi  il  volere  dell' Assemblea,  chiedendo  di  sapere  quali  fos- 
sero  a  tale  proposito  gl'intendimenti  del  Governo.  II  Picard  rispose 
chiaro  ed  alto :  Che  codesti  repubblicani  erano  considerati  come  fa- 
ziosi;  che  si  erano  dati  provvedimenti  efficaci  per  impedire  quella 
riunione ;  e  che  da  piu  di  quattro  giorni  gli  ordini  opportuni  erano 
stati  spediti  ai  Prefetti,  perche  dovessero  anti venire  simile  attentato. 
Infatti  una  circolare  del  Picard,  pubblicata  dai  giornali,  denunziava 
quella  Lega  repubblicana  come  una  consorteria,  mascherata  sotto  le 
spoglie  della  conciliazione,  per  servire  ai  Comunisti  parigini ,  e  la 
minacciavadi  tutto  il  rigore  delle  leggi  e  d'una  repressione  severa. 
Percid  la  divisata  radunanza  a  Bordeaux  fu  sventata.  Tuttavia  una 
quarantina  di  codesti  lupi  in  veste  d'agnello  si  raccolsero  in  Lione; 
ma  saputo  che  da  per  tutto  altrove  non  si  faceva  nulla,  e  che  essi 
sarebbero  rimasti  soli  ed  abbandonati  ai  rigori  del  Governo,  pel  loro 
meglio  non  andarono  oltre  e  si  sparpagliarono  scorbacchiati. 

5.  Intanto  procedeva,  sotto  la  direzione  del  Mac-Mahon,  1'assc- 
dio  ed  il  bombardamento  del  recinto  di  Parigi  dal  lato  occidentale,  e 
dei  forti  d'Issy  e  di  Vanves  dal  lato  meridionale.  Ci  pare  inutile  re~ 
x  gistrare  qui  il  diario  di  codeste  operazioni  militari,  che  andarono 


628  CRONACA 

innanzi  costantemente,  ma  con  quella  metodica  lentezza,  che  assicura 
1'esito  dell'assalto.  Scopo  degli  assedianti  verso  Ponente  era  di  co- 
stringere  i  Comunisti  a  ritirarsi  dietro  la  cinta;  e  questo  ottennero 
dopo  ua  terribile  bombardamento,  che  diede  agio  ai  Parlamentari 
d'  inoltrare  le  loro  trincere  ed  apprestare  nuove  batterie  innanzi  a 
Boulogne  a  1000  metri  dai  bastioni  di  Point  du  jour.  Intanto  conti- 
nuarono  a  battere  in  breccia  le  mura  con  194  cannoni.  Dalla  parte 
meridionale,  procedendo  senipre  al  coperto  entro  a  trincere,  venne 
fatto  ai  Parlamentari  di  circondare  interamente  il  forte  d'Issy,  cui 
bombardarono  poscia  cosi  furiosamente,  cbe  il  presidio,  dovetle  cercare 
scampo  nella  fuga  per  un  varco  che  rimanevagli;  ma  una  parte  di 
esso,  sorpresa  al  momento  di  uscire,  fa  cosi  bersagliata  da  un  bat- 
taglione  di  cacciatori,  scagliatosi  repentinamente  all' assalto  del  forte, 
che  assai  pochi  rimasero  vivi  e  prigionieri.  II  forte  d'Issy  fu  quindi 
occupato  colle  dovute  precauzioni,  dai  Parlamentari,,  che  si  diedero 
a  riattarne  i  bastioni  ed  armarne  le  troniere  contro  il  recinto  della 
citta.  Qualche  giorno  dopo,  bombardati  da  ogni  parte,  andarono  in 
liamme,  e  percio  furono  abbandonati  dai  Comunisti  >  anche  i  forti  di 
Yanves  e  di  Montrouge.  Laonde  fin  dai  15  maggio  parea  imminente 
un  assalto  generale  e  la  presa  di  Parigi. 

G.  Ma  non  per  cio  i  Comunisti  accennavano  di  voler  punto  smet- 
tere  i  loro  propositi  di  resistenza  a  tutta  oltranza.  I  preparativi  a  tal 
efi'etto  sono  tali,  se  dicono  il  vero  i  giornali  di  Parigi  e  lecorrispon- 
denze  di  cola  ai  diarii  stranieri,  che  quella  gran  metropoli  troppo 
maggiori  rovine  ha  patito  gia  e  dovra  patire  da  codesti  energumeni 
difensori,  che  non  avrebbe  sofferto  dalle  armi  alemanne  in  una  presa 
d' assalto.  Molli  insigni  monumenti  gia  furono  stritolati  dalle  bombe. 
1  Parlamentari  hanno  dovuto  tenere  sgombri  i  pressi  della  porta 
Maillot,  verso  il  ponte  di  Neuilly  ed  il  bosco  di  Boulogne;  e  la  gran- 
dine  di  proietti  che  non  cesso  di  cadervi  sopra  vi  ha  ridotte  le  abi- 
tazioni  in  uno  stato  orribile.  Ma  per  altra  parte  i  capi  dei  Comunisti, 
moltiplicando  1'una  dietro  1' altra  le  linee  di  difesa,  con  fosse  e  mine 
cariche,  quali  di  polvere,  e  quali  di  decine  di  barili  di  petrolio,  hanno 
preparata  la  distruzione  di  Parigi,  di  cui  poco  loro  preme,  essendo 
essi  malandrini  senza  patria  e  senza  tetto,  e  venduti  &\\'Alleanza 
rnternazionale  repubblicana.  1  giornali  di  Parigi  e  di  Versailles 
quasi  ogni  giorno  registrano  sempre  nuovi  atti  vandalici  della  Comu- 
ne,  di  cui  un  solo,  se  fosse  stato  compiuto  dai  vittoriosi  alemanni , 
sarebbe  bastato  per  fare  che  il  liberalismo  europeo ,  ed  anche  gli 
onesti  fautori  della  vera  civilta,  li  condannassero  alia  gogna  d'una 
infamia  eterna.  La  Comune  parigina  li  compie  con  tal  cinismo,  da 


CONTEMPORANEA  629 

far  desiderare  in  essi,  a  pro  di  Parigi,  almeno  quel  grado  di  civilta 
che  si  professa  dai  selvaggi  della  Nuova  Zelanda  e  dell' Australia. 

Le  ruberie  sono  un  nulla,  rispetto  alia  violenza  crudele  con  cui 
si  ricercavano  per  le  case  e  nei  sotterranei  gli  uomini,  giovani,  vecchi, 
fanciulli,  purche  atti  a  portar  un  fucile,  e  s'  incorporavano  nei  batta- 
glioni  della  Guardia  nazionale;  il  cui  nucleo  era  formato  della  feccia  piu 
impura,  piu  crudele  e  sanguinaria  della  plebe  degli  spartimenti.  Chi 
si  rifiutasse  e  resistesse,  era  morto.  Chi  si  arrendeva,  era  mandate  a  di- 
fendere  le  brecce,  fatte  dal  cannone  del  Monte  Valeriano,  e  dalla  for- 
•midabile  batteria  di  64  pezzi  di  grosse  artiglierie,  eretta  dai  Parla- 
mentari  a  Montretout,  ovvero  da  quelle  di  Neuilly  e  di  Clamart .  II 
saccheggio  alle  case  ed  ai  fondachi,  per  cercarvi  Je  vettovaglie  da 
mandare  ai  combattenti,  ha  disertato  i  tre  quarti  degli  abitanti.  In 
aiuto  dei  ladri  e  degli  scherani  della  Comune  sonosi  formate  bande 
di  sozze  megere ,  che  dal  lezzo  delle  loro  tane  immonde  si  precipitava- 
no,  armate,  nelle  case  oneste,  e  vi  si  abbandonavano  ad  ogni  eccesso. 
Non  e  dunque  da  far  le  meraviglie  se  cotal  genia  di  umanitarii, 
degni  invero  delle  simpatie  del  Tempo  e  della  Capitate  di  Roma,  e 
del  Diritto  e  della  Riforma  di  Firenze,  abbia  fatto  andar  di  paro  con 
le  rapine  le  insensate  distruzioni  de'monumenti  pubblici,  che  pur 
attestavano  o  glorie  militari  della  Francia,  o  qualche  riparazione  di 
giustizia.  La  fame  intanto  veniva  mietendo  vittime  in  numero  anche 
maggiore  di  quelle  che  cadeano  sotto  il  ferro  ed  il  fuoco.  Giovera 
registrare  alcuni  dei  fatti  barbarici  di  codesti  umanitarii. 

Sulla  ignobile  fossa,  in  cui  eransi  trovati  i  resti  mortali  di  Lui- 
gi  XVI,  sorgeva  ora  una  pietosa  cappella  espiatoria,  che  era  ad  un 
tempo  un  prezioso  monumento  d'arte.  La  Comune,  rappresentata  dal 
Comitato  di  salute  pubblica,  ne  comando  la  distruzione  per  decreto  del 
16  floreale  anno  79,  parendo  a  lei  che  il  compiangere  quell'augusta 
vittima  fosse  un  fare  onta  alia  gloriosa  rivolu/.ione,  che  prepard  il  la- 
strico  alia  Repubblica  universale. 

Sulla  piazza  Vendome  sorgeva  una  colonna  di  granito  alta  45 
metri,  rivestita  d'una. fascia  di  bronzo  tutta  istoriata  a  basso  rilievo, 
con  96  quadri  storici  dei  fatti  d'arme  in  Germania  e  delle  vittorie 
della  Grande  Arme'e  nella  campagna  del  1806.  Sovrastava  la  statua 
di  Napoleone  I.  La  Comune  decreto  che  si  dovesse  atterrare  e  distrug- 
gere,  vendendone  il  bronzo  a  servizio  del  pubblico.  II  magnifico  mo- 
numento, che  per  certi  rispetti  superava  quello  della  colonna  Traiana 
a  Roma,  fu  prima  spogliato  del  bronzo,  poi,  scalzata  da  una  parte 
la  base ,  fatto  cadere  d'  un  colpo  nella  Rue  de  la  Paix  alle  5  3f4 
pomeridiane  del  16  maggio,  si  che  n'ando  in  tre  pezzi.  Se  le  bom  be 


630  CRONACA 

alemanne  avessero  per  caso  sfregiato  leggermeate  codesta  opera  di 
a?te,  si  sarebbe  attribuito  il  fatto  a  brutale  istinto  di  vendetta.  Quo! 
che  non  fecero  i  Prussian!  a  Parigi  nel  1815,  fu  fatto  daila  Comune 
di  Parigi  nel  1871  ! 

II  sig.  Thiers,  studiandosi  d'evitare  a  Parigi  i  danni  e  le  ssia- 
gure  d'una  presa  per  assalto,  diresse  a  quei  cittadini  ed  alia  Guardia 
nazionale-un  bando  eloqnente  e  paterno,  che  si  riusci  a  far  affiggere 
per  le  vie  e  per  le  piazze,  offrendo  perdono  e  pace,  purche  si  smet- 
tessero  le  arrni  e  si  cessasse  da  quella  lotta  fratricida.  La  Comune 
qualified  quell'  atto  come  un  reato  di  alto  tradimento ,  ed  in  pena 
decreto  che  la  splendida  abitazione  posseduta  dal  Thiers  in  piazza 
S.  Giorgio  fosse  demolita,  con  la  giunta  del  sequestro  di  tutti  i  beui 
mobili  ed  immobili  di  questo  grand' uomo  che,  con  tutti  i  suoi  74 
anni,  avea  dura  to,  nel  passato  autunno  ed  inverno  le  aspre  fatiche 
di  viaggi  penosi  alle  Capital!  delle  varie  Potenze,  per  trovar  modo 
di  salvar  Parigi  dall'  assedio  e  la  Francia  dagli  orrori  della  guerra. 
II  decreto  fu  tirraato,  con  la  data  del  21  floreale  anno  79,  dai  membri 
del  Comitato  di  salute  pubblica,  che,  nominato  il  1°  di  maggio,  era 
costituito  dai  cittadini  Arnaud,  Eudes,  Gambon  e  Renvier. 

II  decreto  fu  eseguito,  e  si  pose  mano  alia  distruzione  il  14 
maggio;  ma  prima  la  casa  fu  spogliata  degli  arredi  e  mobili;  le  carte 
furono  mandate  all'ufficio  di  sicurezza  pubblica,  gli  oggetti  d'arte  al 
Guardaroba ,  ed  una  collezione  di  bronzi  antichi ,  rappresentante  i! 
valore  di  1,500,000  franchi,  fu  parte  mandata  alia  zecca  per  coniar 
soldi,  parte  destinata  ad  essere  venduta,  parte  assegnata  ai  Musei . 
La  casa  fu  quindi  atterrata. 

Come  si  scorge  dalle  date  di  quest!  decreti ,  la  Comune  ed  i! 
Comitato  di  salute  pubblica  si  pregiavano  di  scimmiare  in  tutto  i 
terrorist!  del  1793.  Non  e  dunque  da  stupire  che  il  cittadino  Fon- 
taine Giuseppe  sia  stato  delegato  dal  cittadino  Protot,  membro  della 
Comune  e  delegato  alia  giustizia ,  per  eseguire  un  decreto  del  7 
maggio  1871 ,  in  virtu  del  quale  furono  «  post!  sotto  sequestro  tutti 
i  beni  mobili  ed  immobili  appartenenti  alle  corporazioni  o  comunita 
religiose,  situati  sul  territorio  della  Comune  di  Parigi.  »  Un  decreto 
consimile  della  Comune  avea  dichiarato  proprieta  nazionale  da  de- 
stinarsi  ad  usi  civili  tutte  le  chiese  e  cappelle  cattoliche,  e  special- 
mente  quelle  delle  comunita  religiose.  Per  aver  masnadieri  e  scherani 
esecutori  di  tal  giustizia  il  Protot  non  ebbe  da  cercar  molto .  Egli 
avea  a'suoi  ordini  la  benemerita  Guardia  nazionale,  ed  una  molti- 
tudine  di  facinorosi  che,  oltre  al  grosso  stipendio ,  sapeano  profittare 
del  diritto  loro  dato  dalla  Comune,  di  far  perqiiisizioni  nelle  case, 
per  liberarle  dall'eccesso  degli  oggetti  di  lusso. 


CONTEMPORANEA  631 

La  moneta  naturalmente  dovea  essere  rara  in  Parigi.  La  Comune 
col  metallo  del  vasi  sacri  rapiti  alle  chiese  e  col  vasellame  tolto  al 
palazzo  del  Ministero  degli  aflari  esterni,  fece  coniare  monete  simili 
a  quelle  della  repubblica  del  1793.  Da  una  parte  1'  Ercole  appoggiato 
a  due  donne,  dall'altra,  in  mezzo  alia  corona  di  quercia,  la  Comune 
de  Paris,  ed  i  motti  sacri :  Liberte,  Legalite,  Fraternite,  lustice. 
Ma  il  piu  dei  metalli  preziosi  e  vili  avea  preso  ben  altra  via  che 
quella  della  Zecca ;  e  la  Comune  per  rifornirsi  impose  alle  societa 
delle  cinque  grandi  vie  ferrate  la  piccola  taglia  di  2,000,000  di  franchi. 

7.  Ognuno  puo  capire  che  impressione  dovessero  fare  in  tutta 
la  Francia,  ma  specialmente  a  Versailles,  le  notizie  di  tali  fatti.  Se, 
eccettuati  un  20  fanatici  repubblicani  della  Sinistra,  che  in  sostanza 
parteggiavano  per  la  Comune  ,  vi  erano  tra  gli  altri  depatati  uomini 
dabbene  ma  disposti  a  ritentare  pratiche  di  accordo,  dovettero  ricre- 
dersi,  e  null' altro  temere  se  non  che  la  longanimita  e  temperanza 
del  Thiers  desseagio  a  codesti  moderni  Musulmani  di  proseguire  I'o- 
pera  di  distruzione.  Laonde  qualcuno  di  essi  fin  dal  giorno  1 1  maggio 
voile  assicurarsi  che  il  Thiers  non  scenderebbe  a  funeste  amnistie. 

Pertanto  in  quella  tornata  il  deputato  sig.  Di  Belcastel  insistette 
perche  il  Dufaure,  ministro  per  la  giustizia,  rispondesse  a  questa 
interrogazione:  «  Gii  oltraggi  fatti  alia  liberta  individuale  ed  alia 
liberta  di  coscienza,  con  gli  arresti  dei  preti  ed  il  furto  di  oggetti 
appartenenti  al  culto,  saranno  puniti  giusta  il  rigore  delle  leggi?  » 
Rispose  chiaro  e  netto  il  Dufaure,  che  la  giustizia  farebbe  il  suo 
dovere,  e  tutle  le  colpe  commesse  riceverebbero  la  giusta  pena  sancita 
dalle  leggi.  Questo  non  basto  ad  appagare  il  deputato  Mortimer-Ter- 
neaux,  che  lesse  certe  lettere  venutegli  da  Bordeaux,  dalle  quali  fl 
Thiers  era  posto  in  vista  d'uomo  che  tiene  il  piede  in  due  staffe, 
e  che  erasi  impegnato  a  tali  concession!  verso  i  capi  e  sicarii  della 
Comune,,  che  equivalevano  ad  una  assoluta  impunita  guareutita  a 
tutti,  fuorche  agli  uccisori  del  Thomas  e  del  Lecomte. 

Altamente  si  risenti  il  Thiers  di  tali  imputazioni,  si  protesto 
contro  questi  intrighi  orditi  contro  lui,  dichiaro  tornargli  impossible 
il  governare  in  tali  condizioni,  e  si  ofleri  a  smettere  1'  ufficio.  Le  sue 
parole,  piene  di  giusta  indignazione  e  di  dolore,  commossero  1'As- 
semblea.  Si  cercd  di  scusare  il  Mortimer-Terneaux,  e  si  proposero 
varii  ordini  del  giorno  per  comporre  quel  dissidio.  II  Thiers  li  rifiuto 
iutti,  eccettuato  queilo  suggerito  dal  Sig.  Bethmont,  in  questi  termi- 
ni :  «  L'Assemblea,  confidando  nel  patriottismo  del  Capo  del  Potere 
esecutivo,  passa  all'ordine  del  giorno.  »  11  quale,  posto  ai  voti,  fu  ap- 
provato  da  495  voti,  e  respinto  da  soli  9  contrarii. 

Questo  fu  un  vero  trionfo  pel  Thiers,  che  cosi  ebbe  qualche  an- 
ticipate compenso  della  barbaric  usata  pochi  giorni  dopo  contro  lui 


632  .  CRONACA 

dalla  Comune,  colla  dispersione  del  suoi  scritti  e  dei  suoi  averi  e 
con  la  demolizione  della  sua  casa.  L'Assemblea,  accertata  di  quest'  ul-' 
timo  eccesso,  decret6  che  la  casa  del  Thiers  sarebbe  riedificata  a  spese 
pubbliche,  ed  il  Thiers  nobilmente  rifiut6  d'accettare  tal  dono;  ma 
dovette  essere  grato  del  buon  volere,  e  gradir  molto  un  altro  decreto 
delFAssemblea,  che  dichiarava  inalienabili  tutte  le  proprieta  mobili 
ed  immobili  staggite  dai  decreti  della  Comune;  il  che  pote  forse  va- 
lere  ad  impedire  che  1'ingordigia  facesse  trovar  compratori  di  quelle 
proprieta,  e  varra  di  titolo  ai  danneggiati  per  avere  indennita,  quan- 
dochessia,  dal  pubblico  erario  e  dallo  Stato,  nel  caso  che  loro  non  fosse 
restituito  il  rubato  dalla  Comune. 

8.  Queste  cose,  piu  orrende  nel  fatto  e  piii  crudeli  di  quanto 
per  noi  si  possano  a  parole  descrivere,  dovre*bbero  pure  aprire  gli 
occhi  ai  miscredenti  politicastri,  che  tanto  abbondano  ancora  in  Fran- 
cia.  La  sorte  poi  deli'Arcivescovo  di  Parigi ,  che  era  costretto  in  car- 
cere  e  in  pericolo  d'  essere  trucidato,  nella  cellula  di  Mazas,  malgrado 
dei  caldi  ufficii  fatti  anche  dalla  Prussia  per  ottenerne  la  liberazio- 
ne,  questa  crudele  quanto  inutile  e  insensata  violenza  contro  un  Pre- 
lato,  impotente  a  usar  la  forza  per  far  dietreggiare  la  rivoluzione,  e 
come  un  simbolo  di  quel  che  era  riserbato  al  clero  ed  alia  Chiesa,  se 
i  partigiani  della  Comune  fossero  prevalsi ,  come  brama  la  dema- 
gogia  italiana.  L'Assemblea  di  Versailles  comincio  a  dimostrare  che 
sente  il  bisogno  di  smettere  1'  ateismo  ufficiale,  professato  per  tanto 
tempo  dal  Governo  francese;  ed  ammise  che  si  ordinassero  pubbli- 
che preghiere  da  tutti  i  culki,  per  impetrare  da  Dio  pace  alia  tra- 
vagliata  Francia,  e  termine  a41a  guerra  civile.  E  questo  e  buono  in- 
dizio.  Se  la  Francia  tornasse  davvero  a  professare  e  praticare  1'antica 
sua  fede  e  religione  cattolica ,  sarebbe  per  meta  rigenerata  e  restau- 
rata,  e  presto  tornerebbe  alia  sua  grandezza  e  potenza.  Giova  sperare 
che  cosi  debba  accadere,  e  che  siano  per  essere  esauditi  i  voti  ed 
ascoltati  i  consigli  espressi  dal  Conte  di  Chambord  (Enrico  V)  nella  se- 
guente  lettera  ad  un  membro  dcll'Assemblea  di  Versailles  e  divulgata 
nell'  Unione  e  nel  Giornale  Le  Monde  del  saba'to  13  rnaggio,  di  cui 
rechiamo  qui  la  traduzione;  essendo  un  documento  di  molta  rilevanza. 

«  Come  voi,  mio  caro  amico,  io  assisto  coH'anima  straziata  alie 
crudeli  peripezie  di  questa  abbominevole  guerra  civile,  che  ha  seguito 
cosi  da  vicino  i  disastri  dell'  invasione.  Non  mi  occorre  di  dirvi  quanto 
io  mi  unisca  alle  dolorose  riflessioni  che  essa  v'ispira,  e  quanto  io 
comprenda  le  vostre  angosce. 

«  Allorche  la  prima  bomba  straniera  piombo  su  Parigi,  io  non 
mi  sono  ricordato  che  delle  grandezze  della  citta  dove  sono  nato. 
Io  non  poteva  nulla  di  piu,  ed  oggi,  come  allora,  mi  veggo  ridotto 
a  gemere  sugli  orrori  di  questa  guerra  fratricida. 


CONTEMPORANEA  633 

«  Ma,  abhiate  fiducia;  le  difficolta  di  questa  dolorosa  impresa 
non  sono  al  di  sopra  dell'  eroismo  del  nostro  esercito.  Voi  mi  dite 
che  vivete  in  mezzo  ad  uomini  di  tutti  i  partiti,  preoccupati  di  sapere 
cio  che  io  voglia,  cid  ch'  io  desideri,  ci6  ch'  io  speri.  Fate  loro  conoscere 
i  miei  pensieri  piu  intimi  e  tutti  i  sentimenti  da  cui  sono  animate. 
Dite  loro  che  io  non  li  ho  mai  ingannati,  che  non  li  ingannero  mai, 
e  che  loro  domando,  "in  nome  dei  nostri  interessi  piu  cari  e  piu 
sacri,  in  nome  della  civilta ,  in  nome  del  mondo  intero,  testimonio  delle 
nostre  disgrazie,  di  dimenticare  i  nostri  dissensi,  i  nostri  pregiudizii 
ed  i  nostri  rancori. 

«  Premuniteli  contro  le  calunnie  sparse  nell' intento  di  far  cre- 
dere che,  scoraggiato  dall'  eccesso  delle  nostre  disgrazie,  e  disperando 
dell'  avvenire  del  mio  paese,  ho  rinunziato  alia  felicita  di  salvarlo . 
Egli  sara  salvo  il  giorno  in  cui  cessera  di  confondere  la  licenza  con 
la  liberta;  Io  sara  soprattutto  quando  non  aspettera  piu  la  sua  salvezza 
da  quei  governi  di  ventura  che,  dopo  qualcheanno  di  falsa  sicurezza, 

10  gettano  in  orribili  abissi.  Al  di  sopra  delle  agitazioni  della  politica 
vi  ha  una  Francia  che  soffre,  una  Francia  che  non  vuol  perire  e  che 
non  perira,  giacche  quando  Dio  sottopone  una  nazione  a  tali  prove 
si  e  perche  egli  ha  su  lei  qualche  grande  disegno. 

«  Sappiamo  dunque  finalroerite  riconoscere  che  1'  abbandono  dei 
principii  e  la  vera  causa  delle  nostre  disgrazie.  Una  nazione  cristiana 
non  pud  impunemente  stracciare  le  pagine  secolari  della  sua  storia, 
rompere  la  catena  delle  sue  tradizioni,  inscrivere  in  capo  alia  sua 
Costituzione  la  negazione  dei  diritti  di  Dio,  sbandire  ogni  pensiero 
religipso  dai  suoi  codici  e  dalla  pubblica  istruzione.  In  tali  condizioni 
essa  non  fara  mai  che  una  tappa  nel  disordine,  essa  oscillera  per- 
petuamente  fra  il  Cesarismo  e  1'anarchia,  due  forme  egualmente  ob- 
brobriose  della  decadenza  pagana,  e  non  isfuggira  al  destino  dei 
popoli  infedeli  alia  loro  missione. 

«  II  paese  Io  ha  certamente  capito,  quando  ha  scelto  per  manda- 
tarii  uomini  come  voi,  illuminati  sui  bisogni  dei  tempi,  ma  non  meno 
penetrati  dei  principii  necessarii  ad  ogni  societa  che  vuol  vivere  nel- 
1'  onore  e  nella  liberta.  Percid,  caro  amico,  malgrado  cio  che  avanza 
di  pregiudizii,  tutto  il  buon  senso  della  Francia  aspira  alia  monarchia. 

11  bagliore  dell'  incendio  le  fa  vedere  il  suo  cammino ;  ella  sente  che 
habisogno  d'  ordine,  di  giustizia  ed'onesta,e  che  fuori  della  monarchia 
tradizionale  ella  non  puo  sperar  nulla  di  questo. 

«  Combattete  con  energia  gli  errori  e  i  pregiudizii  che  trovano 
troppo  facile  adito  fin  nelle  anime  piu  generose.  Dicesi  che  io  pretendo 
farmi  dare  un  potere  senza  limiti.  Piacesse  a  Dio  che  questo  potere 
non  fosse  stato  cosi  leggermente  concesso  a  coloro  che,  nei  giorni 
della  tempesta,  si  sono  presentati  col  nome  di  salvatori;  non  avremmo 
il  dolore  di  piangere  oggi  i  mali  della  patria! 


634  CRONACA 

« Cio  ch'io  domando  voi  lo  sapete:  si  e  di  lavorare  alia  rigenerazione 
del  paese ;  di  favorire  tutte  le  aspirazioni  legittirne ;  si  e,  a  capo  di 
tutta  la  Casa  di  Francia,  di  presiedere  ai  suoi  destini,  sottomettendo 
liduciosamente  gli  atti  del  governo  al  serio  esame  di  rappresentanti 
liberamente  eletti. 

«  Dicesi  che  la  inonarchiatradizionalee  incompatibile  coiF  egua- 
glianza  di  tutti  davanti  alia  legge.  Ripetete  bene  che  non  ignore  fino 
a  questo  punto  le  lezioni  delta  storia  e  le  condizioni  della  vita  dei  po- 
poli.  Come  tollererei  io  privilegi  per  gli  altri,  io  che  non  domando  che 
quello  di  consacrafe  tutti  gi'  istanti  della  mia  vita  alia  sicurezza  ed 
alia  felicita  della  Francia,  e  di  essere  sempre  alia  fatica,  prima  di 
esser  con  lei  all'onore? 

«  Dicesi  che  1'  indipendenza  del  Papato  mi  &  cara,  e  che  son 
deciso  di  ottenergli  efficaci  guarentige.  Si  dice  il  vero .  La  liberta 
della  Chiesa  e  la  prima  condizione  della  pace  degli  spiriti  edell'or- 
dine  del  mondo.  Proteggere  la  Santa  Sede  fu  sempre  1'  onore  della 
nostra  patria,  e  la  causa  piu  incontrastabile  della  sua  grandezza  fra  le 
nazioni.  Non  6  che  al  tempo  delle  sue  grandi  sventure  che  la  Francia 
ha  abbandonato  questo  glorioso  patronato. 

«  Credetelo  bene:  io  saro  chiamato,  non  solo  perche  sono  il  diritto 
ma  perche  sono  1'  ordine,  perche  sono  la  riforma,  perche  sono  il  fon- 
damento  del  potere  necessario  per  ristabilire  a  suo  posto  cio  che  non 
vi  e,  e  governare  con  la  giustizia  e  le  leggi,  nello  scopo  di  riparare 
i  mali  del  passato,  e  preparare  infine  un  avvenire. 

«  Si  dira  che  ho  la  vecchia  spada  della  Francia  nelle  rnani,  e 
nel  petto  quel  cuore  di  Re  e  di  padre  che  non  ha  nessun  parti  to. 
Io  non  ho  ne  ingiurie  da  vendicare,  ne  inimici  da  scacciare,  ne  fortuna 
da  rifare,  salvo  queila  della  Francia;  e  posso  scegliere  dappertutto 
gli  operai  che  vorranno  lealmente  associarsi  a  questa  grande  impresa. 

«  Io  non  riconduco  che  la  religione,  la  concordia  e  la  pace;  e 
non  voglio  esercitare  altra  dittatura  che  queila  della  clemenza,  perch& 
nelle  mie  mani,  e  nelle  mie  solamente,  la  clemenza  e  ancora  la  giustizia. 

«  Ecco,  cari  amici,  perche  non  dispero  del  mio  paese,  e  perche 
non  indietreggio  davanti  la  grandezza  del  compito.  La  parola  e  alia 
Francia,  e  1'ora  a  Dio.  Ai  di  $  maggio  1871.  --  ENRICO.  » 

9.  Parigi  fu  finalmente  presa  d'assalto.  II  mattino  del  22  il 
Gen.  Douay  colla  sua  divisione  rimoatando  al  Nord,  libero,  senza 
ab'battersi  in  grandi  resistenze,  gli  sbocchi  delle  porte  di  Passy,  della 
Muetle^  e  Dauphine.  Entrato  per  esse  nella  cinta,  sparti  in  tre  colonne 
la  sua  divisione,  e  pei  tre  viali,  Franklin ,  Y  Empereur,  e  la  Muette, 
abbattendo  trincee ,  e  cacciandosi  innanzi  le  mal  ordinate  Guardie 
nazionali,  si  spinse  sino  ai  campi  Elisi. 


CONTEMPORANEA  635 

II  Gen.  Vinoy  occupando  colle  sue  milizie  le  posizioni  lasciate 
dal  Douay  per  questa  marciata,  stabili  le  comuuicazioni  tra  lai ,  e 
il  Gen.  Cissey  che  era  destinato  a  combattere  sulla  riva  sinistra  della 
Senna. 

Alle  ore  9  del  inattino  le  truppe  del  Cissey  entrarono  per  la 
porta  di  Montrouge,  e  rattamente  avanzandosi  occuparono  i  quartieri 
di  Vaugirard  e  di  Grenelle,  e  impadronitesi  del  Campo  di  Marie 
s'insediarono  sul  Ponte  di  lena  ove  si  trovarono  in  coraunicazione 
col  Vinoy.  Di  quivi  biforcandosi,  1'ala  sinistra  si  spinse  fino  agl'/w- 
validi ,  e  J'ala  destra  fino  al  Mont  Parnasse. 

Allo  stesso  tempo  il  gen.  Ladrnirault,  pel  viale  della  Grande 
Arme'e,  s'inoltro  fino  all'arco  dell'  Etoile,  e  muni  fortemente  tutti 
gli  sbocchi  che  menano  ai  quartieri  del  Nord  e  del  Faubourg  St-An- 
toine. 

II  gen.  Glinchant  dopo  di  avere  sbarattata  degl'insorti  la  cam- 
pagna  presso  Clichy,  giro  quel  di  le  alture  di  Montmartre ,  forte- 
mente armate  dai  Comunisti,  affine  di  poterle  attaccare  alle  spalle 
sul  piano  di  Batiynolles.  Come  appunto  prosperamente  esegui  il 
giorno  seguente. 

II  di  23  di  fatto  Montmartre  dapprima,  e  poscia  la  stazione  della 
ferrovia  del  Nord ,  furon  presi  dal  Clinchant ,  e  la  porta  di  S.  Ouen 
dal  Ladmirault.  II  gen.  Cissey  occupo  tutto  il  sobborgo  di*S.  Germano, 
e  sbocc6  da  quel  lato  sulla  Senna.  Nel  centro  il  gen.  Douay  si  fe 
padrone,  dopo  vivo  combattimento ,  della  piazza  della  Concordia ,  e 
di  la  per  la  Madeleine  spunto  all'estremo  occidentale  della  via  di 
Rivoli,  occupando  il  palazzo  dell'Industria  e  i  Carnpi  Elisi;  e  co- 
mimicando,  per  mezzo  dei  ponti  degl' In  valid!  e  della  Concordia,  colle 
milizie  della  riva  sinistra. 

Gl'insorti ,  schiacciati  dappertutto,  si  erano  concentrati  nella 
Piazza  Vendome,  nei  press!  delle  Tuileries,  e  del  Louvre,  e  nelle 
vie  di  Rivoli  e  di.St-Honore. 

II  giorno  24  la  piazza  Venddme ,  fu  presa  dopo  un  fierissimo 
combattimento,  e  i  Comunisti  vennero  scacciati  da  quasi  tutte  le  loro 
trincee  e  posizioni.  Combatterono  essi  disperatamente;  e  non  abban- 
donarono,  ma  distrussero  i  punti  da  loro  occupati .  Le  Tuileries , 
1' Hotel  de  Ville,  il  Louvre,  la  Madeleine,  le  Halles,  i  palazzi  della 
Corte  dei  Conti ,  della  Legion  d'  onore,  del  Consiglio  di  Stato,  delle 
Finanze,  il  Lussemburgo  e  molt!  altri  dei  piu  grandosi  monumenti 
e  dei  piu  belli  edificii  si  pubbJici ,  e  si  privati  di  quella  grande  me- 
tropoli,  furono  fatti  o  saltar  per  aria,  o  consumare  dalle  fiamme. 
Terribile  e  desolante  distruzione,  della  quale  nessun  barbaro  sarebbe 
stato  capace,  e  che  fu  compiuta  dai  medesimi  Parigini. 


636  CRONACA 


V. 


MOVIMtiNTO  CATTOLICO 


1.  Un'altra  deputazibne  austriaca  al  Santo  Padre  —  2.  Indirizzo  di  cattolici 
austriaci  al  Ministero  —  3.  Indirizzo  dell'Episcopato  austriaco  cisleitano 
all*  Imperatore  —  4.  Indirizzo  dell'Episcopato  Belga  al  Re —  5.  Altri  in- 
dirizzi  a  varii  governi  —  6.  11  pellegrinaggio  nazionale  e  1' assemblea  cat- 
tolica  a  Lovanio  il  30  aprile  —  7.  II  5  maggio,  e  il  43  maggio,  preludii 
delle  feste  pel  Giubbileo  pontificale. 

1.  Alle  149,652  firme,  che  dicemmo  recate  a  Roma  dalla  Depu- 
tazione  della  Stiria,  si  debbono  ora  aggiungere  altre  817,952  firme 
allo  stesso  Indirizzo,  presentate  al  Santo  Padre  il  16  maggio  da  una 
altra  deputazione  austriaca.  L' Indirizzo  delie  due  deputazioni  e  lo 
stesso,  perche  le  firme  sono  raccolte  da  una  stessa  societa,  la  quale 
s' intitola  Unione  popolare  patriottico-cattolica.,  cjie  ha  cosi  man- 
dato  in  complesso  967,604,  cioe  quasi  un  milione  di  nomi  di  cattolici, 
che  protestano  in  una  stessa  forma  come  cattolici  e  come  austriaci 
contro  i  fatti  di  Roma.  La  Unione  che  si  estende  per  tutta  la  Mo- 
narchia,  in  questa  nuova  Deputazione  di  vane  provincie  dell' Austria, 
fu  rappresentata  soltanto  da  sette  degnissimi  ecclesiastic!  della  ca- 
pitale  delF  Impero.  Togliamo  il  breve  ragguaglio  dell'  Udienza  dal 
Buon  senso  che  fu  il  primo  a  pubblicarlo.  Sette  Parrochi,  che  ap- 
partengono  alia  diocesi  di  Vienna,  presentarono  ieri  (16  maggio)  al 
Santo  Padre,  nella  sala  del  Trono,  gli  omaggi  delle  Unioni  caltoliche 
della  parte  tedesca  dell'  Impero  d'  Austria.  II  Santo  Padre,  accompa- 
gnato  da  alcuni  Cardinali  e  Prelati,  entr6  nella  sala  alle  uudici  e 
mezzo;  e  il  Rev.  Decano  Mahler  lesse  1'  indirizzo  latino.  II  S.  Padre 
rispose  ugualmente  in  latino  con  tenere  e  affettuose  parole  che  qui 
pur  troppo  non  possiamo  che  compendiare : 

In  mezzo  alle  dure  vicende  e  alle  calamita  che  affliggono  la 
Chiesa  di  Cristo,  tornargli  ben  dolci  queste  significazioni  di  affetto, 
che  gli  si  offerivano  a  nome  di  tanti  fedeli.  La  guerra  che  ora  ferve 
non  essere  soltanto  contro  di  lui ,  ma  contro  la  Chiesa ,  contro  Dio 
ed  il  suo  Cristo.  I  buoni  Cattolici  ben  saper  cio,  ed  opporsi  dappertutto 
coraggiosamente  a  questa  scellerata  guerra,  cercando  per  ogni  modo 
di  allontanare  la  peste  delle  malvage  dottrine  che  si  largamente  sj 
spande.  «  Possa  Iddio  preservare  1'  Impero  Austriaco  da  questa  peste, 
affinche  egli  rimanga  degno  del  nome  di  Cattolico  e  di  Apostolico. 


CONTEMPORANEA  637 

Benedico  1'  Imperatore,  al  quale  desidero  da  Dio  buoni  consiglieri ; 
benedico  la  famiglia  imperiale,  i  vostri  vescovi,  il  vostro  clero,  voi 
stessi,  i  vostri  parenti,  tutti  i  membri  delle  pie  Unioni  dell'  Austria 
e  le  loro  famiglie.  Benedictio  Dei  ecc.  » 

Tutti  s'  inginocchiarono  profondamente  commossi ,  poi  furono 
ammessi  al  bacio  del  piede  e  della  inano.  A  raolti  di  quei  pii  ec- 
clesiastici,  che  vedeano  per  la  prima  volta  il  Santo  Padre,  e  lo  ve- 
deano  cos),  scorreano  le  lagrime  sulle  guance.  II  Santo  Padre  gl'in- 
vit6  quindi  a  seguirlo  nella  sua  solita  passeggiata,  dopo  la  quale  di 
nuovo  li  benedisse  e  li  congedo.  Un  di  loro,  un  venerando  vecchio 
piu  che  ottuagenario,  nello  scendere  le  scale  del  Vaticano  esclamo : 
Nunc  dimittis  servum  tuum,  Domine;  e  tutti  erano  in  preda  alia 
piu  profonda  commozione,  die  certo  non  conterranno  nei  loro  cuori, 
tornando  in  mezzo  ai  loro  fedeli. 

2.  Lo  stesso  Buon  senso  soggiungeva  uno  specchio  delle  firme  di 
un  altro  Indirizzo  austriaco  al  ministero.  Questo  indirizzo,  col  quale 
i  sudditi  dell'  Impero.  austriaco  sonosi  rivolti  al  Governo ,  affinche 
voglia  efficacemente  provvedere  per  la  intera  liberta  ed  indipendenza 
del  Pontefice  Romano,  porta  405,500  firme  e  tutte  unicamente  di  per- 
sone,  che  godono  ed  esercitano  la  pienezza  del  diritti  politici.  Sono 
poi  queste  firme  ripartite  come  appresso : 

Bassa  Austria 32,150 

Alta  Austria. ,.....-    ....    .....    .    .  24,2*3 

Salisburgo .    .    ,;'^..  15,812 

Tirolo  settentrionale 53,548 

Tirolo  meridionale 44,980 

Vorarlbergo  .    .    .    *    .    ..,'*.....  3,500 

Stiria .  59,572 

Illiria 69,384 

Dalmazia 7,896 

Boemia .  24,334 

Moravia    .    ...    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .  42,175 

Slesia  austriaca 2,783 

Gallizia    .    .    .    .    .    .    .    ....    ...    .    .  25,163 

405,500 

II  Vaterland  pubblica  su  questo  Indirizzo  un  lungo  articolo,  del 
quale  qui  diamo  alcuni  tratti. 

« L'associazione  cattolico-patriottica  della  Bassa  Austria  ha  1'onore 
di  presentare  all'  imperiale  ministero  la  protesta  dei  cattolici  dell'Au- 


638  CUONACA 

stria  contro  la  ...  occupazione  di  Roma  e  contro  la  prigionia  morale 
del  Santo  Padre  Pio  IX.  S'  egli  e  un  dovere  d'  ogai  governo  legit- 
timo  . . .  di  apprezzare  i  sentiment!  e  le  lagnanze  de'sudditi,  questo 
dovere  e  qui  doppiamente  imposto,  poiche  la  protesta  ha  parecchie 
centinaia  di  migliaia  di  firme,  tanto  di  rappresentanti  di  Comunita 
cattoliche,  quanto  di  privati  cittadini  ....  La  protesta  si  appoggia 
ai  principii  inalterabili  della  verita,  della  giustizia  e  della  religione, 
la  cui  protezione  e  il  piu  sacro  dovere  d'  ogni  governo  ....  La 
protesta  e  in  pari  tempo  un  giudizio  franco  e  solenne  dell' Austria 
cattolica  contro  la  politica  romana  del  cancelliere  deirimpero,  conte 
Beust  ...  In  essa  dicesi  anche  come  appresso : 

«  Noi  sottoscritti  cattolici  dell'  Austria  non  siamo  isolati  in  siffatta 
protesta.  L'  immensa  maggioranza  della  restante  popolazione  cattolica 
della  monarchia  pensa  e  sente  come  noi,  ed  e  unita  con  noi ,  del 
die  possiamo  dare  moltissime  prove.  Ed  insieme  con  noi  protestano 
anche  i  cattolici  della  Germania,  delia  Fraricia ,  della  Spagna,  del- 
r  Italia,  dell' Inghilterra,  del  Belgio,  dell'Olanda,  dell' America,  del 
Brasile,  delle  repubbliche  dell' America  meridionale,  insomnia  del- 
1'  intero  mondo  cattolico  contro  i  .  .  .  .  misfatti  commessi  riguardo 
a  Roma  e  al  Capo  della  cattolica  Chiesa  ....  La  violenza  fatta 
contro  Roma  e  il  Papa  e  un  attentato  contro  i  diritti  e  la  coscienza 
di  tutti  i  cattolici. 

«  Noi  cattolici  dell' Austria  speriamo  percio  dalla  giustizia  e  sa- 
viezza  del  Ministero,  Che  impieghera  tutta  la  sua  influenza,  affinche 
al  venerabile  e  glorioso  Papa  Pio  IX  sia  restituita  la  sua  piena  li- 
berta  ed  indipendenza  ...  11  Ministero  adempira  con  cio  una  giusta 
esigenza  dei  cattolici  dell' Austria,  il  desiderio  del  Mondo  cattolico  e 
le  ragioni  della  Chiesa  alia  sua  proprieta  riconosciuta  dal  diritto  in- 
ternazionale  .  .  .  .  » 

3.  L'intero  episcopate  austriaco  cisleitano  diresse  all' Imperatore 
d'Austria,  Francesco  Giuseppe,  un  grave  Indirizzo  per  sollecitare  1'in- 
tervento  del  suo  governo  in  favore  del  Santo  Padre,  la  cui  liberta 
e  indipendenza  non  possono  in  verun  modo  essere  guarentite,  senza 
che  egli  torni  ad  essere  veramente  sovrano.  Vi  si  fa  una  viva  de- 
scrizione  dello  stato,  in  cui  versa  la  Chiesa  in  Roma  dopo  1'ingresso 
che  vi  fece  colle  bombe  1'  italiana  rivoluzione ,  si  deplora  che  il 
governo  austriaco  non  abbia  espresso  il  suo  biasimo ,  e  dopo  aver 
implorato  1' intervento  dell' Imperatore,  conchiude:  «  Gli  occhi  di 
tutti  i  cattolici  sono  rivolti  verso  Vostra  Maesta:  e  coll'entrare  rnal- 
levadore  di  postulati  cosi  evidentemente  giustissimi,  Ella  meritera 
la  gratitudine  dei  cattolici  nelle  cinque  parti  del  mondo. »  L'Osser- 
vatore  cattolico  di  Milano  fu  il  primo  a  pubblicare  la  versione  di 


CONTEMPORANEA  639 

questo  indirizzo,  riprodotta  in  Roma  il  2!  maggio  dalla  Voce  delta 
Veritd ,  la  quale  in  un  articolo  intitolato  Due  diverse  risposte  at- 
tribuile  al  Beust  fa  sentire  che  amendue  son  degne  dell'  uomo :  la 
prima  di  won  intervento,  che  torna  a  un  lavarsi  le  mani  della  qui- 
stione,  esprimerebbe  la  sua  politica  fin  qui  seguita:  «  indiflerenza, 
connivenza  piu  o  meno  dissimulata  al  di  fuori  e  forse  conforti  forniti 
all'  Italia  per  far  cio  che  ha  fatto  » :  la  seconda  di  aspetlativa,  che 
sembra  pur  promettere  qualche  cosa,  di  concerto  con  altre  potenze, 
esprimerebbe  la  politica  impostagli  dalle  dimostrazioni  cattoliche: 
«  dissimulare  cioe  la  propria  malevolenza  ed  atteggiarsi  a  protettore 
di  chi  si  vorrebbe  piu  veramente  schiacciato.  »  Amendue  le  risposte 
sarebbero  deghe  della  creatura  del  Bonaparte,  del  framassone  e  del 
protestante  «  a  cui  1'  impero  austriaco  deve  tutta  T  obbligazione  del- 
l*  essere  caduto  si  basso,  da  far  quasi  disperare  i  suoi  amici  del  ve- 
derlo  giammai  risorgere.  »  Speriamo  che  la  seconda  risposta  abbia 
un  senso  migliore. 

4.  Anche  i  Vescovi  belgi  hanno  inviato  a  Sua  Maesta  il  re  del 
Belgio  un  indirizzo  nel  quaie  parlando  come  Vescovi  e  come  belgi 
uniscono  la  lore  voce  autorevole  a  quelle  tante  che  si  levarono  da 
ciascuna  delle  loro  diocesi  a  centinaia  di  migliaia.  Basti  il  dire  che 
dalla  sola  diocesi  di  Malines  I' indirizzo  al  Re  portava  300,000  firme. 
Ora  1' Episcopate  vi  ha  apposto  il  suggel!o.  La  versione  dell'Indirizzo 
dell' Episcopate  belga  fu  pubblicata  in  Roma  nel  Buon  senso  il  22 
maggio  n.  131. 

5.  I  fogli  parlarono  non  ha  guari  di  altri  Indirizzi  di  popoli  ai 
loro  govern!.  Oltre  a  400  Comuni  hanno  inviato  il  loro  Indirizzo  al 
Re  di  Olanda  :  307  Comuni  al  Re  del  Belgio :  in  Germania  le  pro- 
teste  contro  lo  spodestamento  del  Pontefice  (secondo  che  leggevasi  in 
una  corrispondenza  di  Monaco  al  Divin  Salvatore  n°  64)  aumentano 
sempre  piu:  nel  solo  granducato  di  Baden  gli  abitanti  di  meglio  che 
600  Com-uni  ne  hanno  firmata  una  che  potrebbe  servir  di  modello. 
Anche  dal  Canada  e  giunto  alia  Regina  d' Inghilterra  un  Indirizzo, 
nel  quale  quei  cattolici  protestano  contro  i  fatti  di  Roma,  come  cri- 
stiani,  come  cattolici,  come  sudditi  britannici,  come  membri  di  una 
societa  civile ,  come  membri  della  famiglia  umana ,  e  supplicano  la 
Regina  d' intervenire  a  nome  della  giustizia,   della  liberta,  della 
proprieta,  dell'  ordine  e  del  diritto  delle  genti.  I  Belgi  hanno  anche 
diretto  alle  Potenze,  che  guarentirono  1'indipendenza  del  Belgio,  una 
protesta  contro  1'  invasione  dei  dominii  della  Chiesa. 

6.  Ma  cio  che  teste  ha  fatto  piu  parlare  del  cattolico  Belgio,  non 
solo  i  fogli  belgi,  ma  anche  i  fogli  stranieri,  si  e  il  famoso  pelle- 
grinaggio   nazionale  e  I'assemblea  cattolica  a  Lovanio  il  30  aprile. 


6iO  CRONACA   CONTEMPORANEA 

II  Bien  public  in  piu  numeri  consecutivi  ha  dato  uno  splendido 
ragguaglio  di  questa  dimostrazione  religiosa  e  politica.  Ivi  si  legge 
il  discorso  di  Mgr.  Dechamps,  Arcivescovo  di  Malines,  di  Mgr.  Laforgt, 
Rettore  raagnifico  dell'Universita,  e  del  Sig.  di  Corswarem,  rappre- 
sentante  della  gioventu  studiosa.  II  discorso  del  giovane  oratore  ebbe 
grandi  applausi ,  dice  assai  bene  il  Bien  public ,  non  solo  per  la 
bellezza  della  lingua  e  per  1'  elevatezza  dei  pensieri,  ma  piu  felice- 
raente  ancora  per  la  sua  conformita  col  pensiero  e  col  sentimento 
dell'  udienza :  il  discorso  del  Rettore  magnifico  fu  una  Inminosa 
apologia  dell'  Enciclica  e  del  Sillabo  del  1864  :  il  discorso  poi 
dell' Arcivescovo  di  Malines,  in  cui  spiego  cio  che  sia  Roma  e 
Plo  IX,  fe' dire  al  Bien  public:  Rarement  V eloquent  Prelat  a  e'te 
mieux  inspire.  Ma  cio  che  diede  al  pellegrinaggio  di  Lovanio.  un 
carattere  particolare,  secondo  che  osserva  egregiamente  il  pubblicista, 
si  e  che ,  avvenendo  nella  citta  ove  ha  sede  I'Universita  cattolica , 
vi  si  senti  1'  influenza  di  questa  grande  Istituzione  e  la  gioventu 
studiosa  vi  ebbc  una  grandissima  parte  e  v'intervennero  molti  antichi 
allievi  dell'  Universita,  fedeli  alle  credenze  e  agli  afietti  dei  loro  anni 
giovanili.  Pero  assai  acconciamente  il  Nunzio  apostolico  non  voile 
che  1'  Assemblea  si  sciogliesse,  senza  ringraziare  i  cattolici  venuti  a 
Lovanio  e  soprattutto  la  gioventu  universitaria  per  questa  nuova  inarii- 
festazione  in  favore  dei  diritti  della  S.  Sede.  Ai  suoi  ringraziamenti  ed 
encomii  con  tatto  squisito  Mgr.  Cattani  aggiunse  alcuni  gravi  ed  utili 
consigli  per  la  gioventu  che  1'  ascoltava.  Egli  raccomando  lo  studio 
serio,  che  e  il  fondamento  della  scienza  solida;  ma  raccomando  al- 
tresi  lo  spirito  di  pieta,  di  fede,  di  sommessione  alia  Chiesa,  che  e 
1' aroma  che  impedisce  alia  scienza  di  corrompersi.  II  doloroso  e  tre- 
mendo  esempio  di  Dollinger  ci  mostra  in  quali  abissi  puo  cadere  la 
scienza  fuorviata  per  la  superbia.  L'allocuzione  del  Nunzio  pontificio, 
terminata  con  afiettuose  parole,  fu  salutata  con  iruove  acclamazioni. 
La  citta  di  Lovanio  e  1'Universita  caltolica,  conclude  il  Bien  public, 
possono  andar  altieri  di  questa  giornata  e  scriverla  nei  loro  annali. 
7.  I  fogli  romani  furon  pieni  di  notizie,  intorno  alle  tante  dimo- 
strazioni  di  devozione  fatte  al  Santo  Padre  nella  sua  Roma,  il  5  maggio, 
festa  di  S.  Pio  V,  suo  giorno  onomastico ,  e  poi  il  13  maggio,  suo 
giorno  natalizio.  Ma  le  dimostrazioni  non  si  restrinsero  a  Roma:  come 
i  fogli  romani,  cosi  i  fogli  cattolici  forestieri  ci  parlano  delle  dimo- 
strazioni cattoliche  di  quei  giorni.  Non  solo  le  grandi  solennita  eccle- 
siastiche,  ma  ogni  giorno  che  abbia  special  relazione  colla  vita  di 
Pio  IX,  da  un  nuovo  impulse  al  movimento  cattolico.  Le  feste  del  5 
e  del  13  maggio  non  sono  altro  che  un  preludio  delle  feste  mondiali 
pel  Giubbileo  pontificale. 


IL  CONCLAVE  DEL  1846 


Per  la  contingenza  faustissima  del  Giubbileo  pontificate 
del  Santo  Padre  Pio  IX,  abbiam  pensato  di  fare  cosa  accetta 
ai  lettori  nostri,  mettendo  loro  sotfocchio  la  storia  veridica 
della  sua  quasi  prodigiosa  elezione  alia  tiara.  Cosi  apparira 
sempre  meglio,  quanto  Tavvenimento  straordinario  di  questo 
suo  Giubbileo  armonizzi,  dopo  venticinque  anni  di  straor- 
dinarii  successi  ,  cogli  esordii  pure  straordinarii  del  suo 
Pontificate,  a  giusta  ragione  dai  contemporanei  riconosciuto 
come  il  piu  splendidamente  provvidenziale,  che  s'incontri 
nei  fasti  della  Chiesa  cattolica,  apostolica,  romana. 


Quando  il  Papa  Gregorio  XVI,  reso  lo  spirito  a  Dio  , 
lascio  vacante  la  Sedia  apostolica  ,  il  sacro  Collegia  che  , 
siccome  custode  del  civile  Principato  di  lei  ,  si  reco  tosto 
in  rnano  la  somma  delle  cose  pubbliche,  numerava  sessan- 
tadue  cardinal!.  Sei  appartenevano  alPordine  dei  vescovi  , 
con  a  capo  e  decano  quello  di  Ostia  e  Velletri  ,  che  era 
Ludovico  Micarr.  :  quarantotto  alPordine  dei  preti,  e  otto 
all'ordine  dei  diaconi.  Ben  trenta  di  loro  avevano  stanza 
ed  ufficio  in  Roma:  diciassette  erano  sparsi  pe1  Dominii 
pontificii  :  otto  occupavano  sedi  metropolitane  nell'  altra 
Italia:  tre  nella  Francia  :  uno  nell1  impero  d'  Austria,  e  in 
ciascuno  dei  tre  regni  cattolici  di  Spagna  ,  del  Portogallo 
Serie  V12I,  vol.  //,  fasc.  504.  41  2  giugno  1871. 


642  1L    CONCLAVE   DEL    1846 

e  del  Belgio.  Fra  essi  contavansi  ancor  due  creature  di 
Pio  VII,  e  sette  di  Leone  XII:  i  rimanenti  cinquantatre 
aveano  ricevuta  la  porpora  da  Gregorio. 

La  sera  del  medesimo  di  primo  giugno  1846,  in  cui  il 
Santo  Padre  avea  finito  di  vivere,  il  cardinal  decano,  giusta 
Tusanza  ,  chiamo  presso  di  se  i  due  cardinal!  capi  degli 
ordirii  dei  preti  e  dei  diaconi  che  si  trovavano  presenti  in 
curia ,  ed  il  camerlengo  Tommaso  Riario  Sforza ,  il  quale 
per  sorte  era  altresi  capo  di  quest!  ultimi ,  e  con  loro  ,  a 
nome  dell'augusto  Senate  della  romana  Chiesa,  comand5 
si  celebrassero  le  novendiali  esequie  in  suffragio  del  defunto 
Pontefice;  ed  intimft  Tapertura  del  Conclave,  pel  giorno 
quattordicesimo  del  predetto  mese.  Da  quel  punto  il  sacro 
Collegio  volse  ogni  suo  studio  in  apparecchiarsi  ad  eleg- 
gere  un  degno  successore  a  Gregorio  XVI,  ed  in  sicurare 
la  tranquillita  degli  Stati  si  fattamente,  che  la  elezione  si 
potesse  condurre  a  felice  termine  senza  inquietudini. 

Per  tale  effetto  piglio  molte  cautele,  e  tra  le  altre  pre- 
pose  monsignor  Domenico  Savelli,  uomo  di  esperimentato 
senno  e  di  forte  polso,  al  governo  delle  Romagne,  durante 
Tasseaza  dei  quattro  cardinal!  legati  e  dei  quattro  cardi- 
nal! arcivescovi,  che  erano  in  sul  partirsene  per  convenire 
al  Conclave:  ed  a  reggere  le  Marche,  deput6,  con  amplis- 
sima  giurisdizione  ,  monsignor  Domenico  Lucciardi ,  sopra 
di  cui  era  a  farsi  ogni  migliore  assegnamento. 

Ne  queste  sollecitudini  erano  causate  da  vane  appren- 
sioni,  o  soverchie.  Conciossiache,  per  opera  dei  faziosi  in- 
tern! ed  esterni,  varie  citta  del  Piceno  e  della  Emilia  bol- 
livano  e  rihollivano  allora  piu  che  mai  in  una  dubbiosissima 
condizione :  ed  era  voce  comune  che  le  conventicole  della 
giovane  Italia  macchinassero  ,  per  la  prossima  state  ,  un 
rivolgimento,  ben  altro  da  quello  accaduto  in  Rimini  1'anno 
addietro.  La  novella  poi  del  transito  all1  eternita  di  Papa 
Gregorio,  ivi  saputo  morto  quasi  prima  che  infermo,  v'avea 
destato  un  tal  subito  e  pericoloso  commovimento,  che  era 
stato  bisogno  di  crescere  immantinente  il  presidio  e  di 


IL   CONCLAVE    DEL    1846  643 

» 

aumentare  le  artiglierie  in  Ancona ,  dove  i  sediziosi  gia 
prendeano  ad  insolentire  col  pugnale  snudato.  Ondeche 
T  Austria ,  insospettitasi  gravemente ,  si  era  afire ttata  di 
mandare  nelle  sue  vicinanze  alquante  navi  da  guerra,  e  di 
rifornire  di  munizioni  le  altre  che  fondeggiavano  in  quel 
porto :  e  di  questi  provvedimenti  non  paga,  avea  rinforzate 
le  spldatesche,  le  quali  nella  cittadella  di  Ferrara  teneano 
guarnigione. 

Se  non  che  i  piii  autorevoli  de'liberali  della  parte  cosi 
detta  moderata,  secondo  le  intelligenze  corse  tra  loro  e  i 
consigli  giunti  dai  centri  settarii  di  Pisa  e  di  Torino ,  si 
vennero  ingegnando  di  frenare  gli  avventati,  persuadendo 
loro  che  questa  volta,  a  riuscir  hene,  era  mestieri  non  dare 
1'assalto,  come  nel  1831,  ma  porre  1'assedio  intorno  al  va- 
cante  trono  di  Roma.  Fossero  certi,  che  una  prudente  pa- 
zienza  gioverebbe  piii  e  meglio ,  di  quello  che  una  solle- 
vazione  ancora  che  generale  da  Perugia  a  Bologna.  Perocche 
questa,  in  meno  che  non  si  credeva,  sarebbe  stata  repressa 
dagli  Svizzeri  che  si  tenevano  fedelissimi  alia  bandiera  di 
san  Pietro,  o  dagF  Imperial!  che,  al  primo  invito  del  sacro 
Collegio ,  indubitatamente  da  terra  e  da  mare  sarebbono 
rientrati.  La  rivoluzione  volersi  e  doversi  fare :  ma  secondo 
le  regole  indicate  da  Massimo  d'Azeglio,  nel  suo  libercolo 
che  trattava  della  Romagna,  ed  era  nelle  mani  di  tutti. 
Cioe,  non  per  via  di  aperte  ribellioni  e  di  sanguinosi  tu- 
multi ;  bensi  con  petizioni  ossequiosamente  franche  per 
implorare  largjiezze.  Le  quali,  se  fossero  concedute,  si  ac- 
coglierebbero  con  plausi  provocativi  di  altre  e  poi  di  altre; 
se  fossero  negate,  darebbon  luogo  a  protestazioni  piu  no- 
cevoli  al  futuro  Papa,  che  qualsivoglia  sedizione  oggi  nata 
ed  estinta  domani.  Si  ricordassero  della  salutare  impres- 
sione  che  avea  fatta  in  Europalaprotesta  contro  il  Governo 
papale,  offerta  dai  socii  di  Forli,  nello  scorso  aprile,  ai  due 
monsignori  lanni  e  Rufini,  spediti  da  Gregorio  in  giro  per 
le  province.  Osservassero  con  quale  vantaggio  si  fosse  co- 
minciato  a  praticare  nella  Toscana  cotesto  argomento  delle 


644  IL   CONCLAVE   DEL    1846 

petizioni.  La  citta  di  Pisa,  con  un  foglio  corredato  di  poche 
centinaia  di  sottoscrizioni ,  aver  indotto  il  Granduca  a  la- 
cerare  il  decreto ,  che  assentiva  1'  aprimento  cola  di  un 
monastero  ai  consorti  odiosissimo  '.  L'  esempio  adunque 
s'  imitasse  anche  negli  Stati  ecclesiastic! ,  e  in  una  con- 
giuntura  cosi  propizia,  com1  era  questa  della  vacanza  della 
Santa  Sede. 

Piacque  universalmente  il  partite,  e  in  quei  primissimi 
umori  torn6  utile  se  non  altro  a  contenere  gli  scapestrati , 
i  quali  minacciavano  di  far  d1  arme  senza  nessun  indugio , 
e  torsi  le  vendette  a  cui  da  gran  tempo  agognavano.  Per- 
tanto,  passatisi  con  ammirabil  prestezza  gli  avvisi,  i  gui- 
datori  di  questa  trama  si  diedero  a  compilare  suppliche 
dirette  al  Conclave.  Nelle  citta  di  Osimo  e  di  Ancona  si 
opero  che  dai  magistrati  del  municipio  fossero  presentate 
riverentemente  ai  cardinali  vescovi  Soglia  e  Cadolini,  af- 
finche  eglino  stessi  le  avessero  portate  in  Roma  e  parte- 
cipate  al  sacro  Collegio.  Nelle  quattro  Legazioni  pero  si 
procedette  di  altra  guisa.  Dapprima  in  Bologna,  poscia  in 
Ferrara ,  in  Forli  e  in  Ravenna  i  collettori  di  soscrizioni 
alle  istanze  gia  belle  e  distese  dai  liberali  piu  noti,  osten- 
tavano  di  andarne  in  cerca  si  arrogantemente ,  che  inon- 
signor  Savelli  ne  fu  impensierito;  e  stette  in  forse  se  gli 
convenisse  far  uso  dell'  autorita  sua,  per  intraversarsi  loro 
ed  eziandio  punirli.  Narrasi  che  il  memoriale  di  Bologna , 
promosso  caldamente  da  Marco  Minghetti,  da  Luigi  Tanara 
e  da  Gioacchino  Pepoli ,  fosse  accompagnato  da  mille  e  . 
settecencinquantatre  segnature  ,  le  piu  carpite  a'  giovani 
scolari  dell'  Universita,  ed  a  bonarie  persone  o  nobili  o  fa- 
coltose.  Checche  ne  sia,  tanto  questa  coine  le  altre  sfmili 
delle  suddette  citta,  furono  secretamente  inviate  in  Roma, 
comunicatane  copia  agli  ambasciatori  e  ministri  delle  Po- 
tenze,  accreditati  presso  la  Sede  apostolica  2. 

1  GIUSEPPE  MONTANELLI,  Memorie,  vol.  I,  cap.  XVIII.  —  Introduziom  ad 
akuni  oppunti  storici  sulla  rivotuzione  d' Italia,  pag1.  3.  Torino,  1851. 

2  F.  A.  GUAI.TERIO,  Gli  ultimi  rivolgimenii  italiani,  volume  I,  porte  II, 
<a.  LXIII. 


IL    CONCLAVE   DEL    1846  645 

II  tenore  poi  di  quest!  atti ,  a'quali  si  pretendea  dar 
vista  di  popolari  manifestazioni ,  non  era  meno  artificioso 
dei  modi  serbati  in  accattar  loro  norni  di  aderenti.  Tutti , 
fra  le  involture  di  locuzioni  umili  si  ma  ambigue,  espone- 
vano  le  medesime  domande ,  allegavano  le  medesime  ra- 
gioni ,  e  toccavano  i  medesimi  punti.  Con  singolar  chia- 
rezza  vi  si  esprimeva  la  doppia  preghiera,  di  un  perdono 
pe'rei  di  Stato  esuli  o  sostenuti  in  carcere,  e  per  la  insti- 
tuzione  di  consigli  provinciali,  che  avessero  facolta  di  rap- 
presentare  al  Governo  i  voti  dei  popoli.  Quanto  al  resto,  si 
rimetteva  in  campo  il  memoriale  dettato  nel  1831  dalla 
Conferenza  diplomatica  di  Roma ;  e  si  supplicava ,  che  il 
novello  Pontefice  volesse  degnarsi  di  prenderlo  per  fonda- 
mento  di  una  riformazione  degli  ordini  civili  del  suo  Regno. 

Vero  e  che,  attesa  la  durata  brevissima  del  Conclave, 
queste  petizioni  significative  di  turbolenze  gia  mosse,  non 
arrivarono  in  tempo  da  essere  tutte  ricapitate  al  cardinal 
camerlengo,  a  cui  spettava  Taccoglierle  avanti  la  crea- 
zione  del  Papa.  Ma  alcune  gli  vennero  alle  mani :  e  senza 
cio  ,  il  sacro  Collegio  era  informatissimo  per  altre  vie  dei 
pericoli  che  sovrastavano ;  ne  avea  uopo  di  questa  sorta  di 
avvertimenti  a  fare  che  se  ne  capacitasse. 

Quantunque  le  sue  angustie  erano  alleviate  notabil- 
mente  dalle  favorevoli  inclinazioni  delle  due  grandi  Co- 
rone  cattoliche  di  Austria  e  di  Francia,  le  quali  aveanlo 
certificate  come  non  fossero  per  tollerare  a  niun  patto,  che 
in  questa  occasione  si  rinnovassero,  contro  la  Santa  Sede, 
le  fellonie  che  funestarono  1'interregno  seguito  dopo  la 
morte  di  Pio  VIII,  e  i  primordii  del  Pontificate  di  Grego- 
rio  XVI. 

Intorno  a  che  e  debito  di  giustizia  rendere  lode ,  noa 
solamente  allapieta  dell' imperatore  Ferdinando  I,  che,  con 
cuore  lealissimo,  si  profferse  a  difendere  il  Conclave  dalle 
molestie  di  qualsifosse  perturbazione;  maaltresi  al  Governo 
di  Luigi  Filippo,  che,  sebbene  con  mire  non  ugualissime 
alle  austriache,  tuttavia  si  mostro  fermo  di  opporsi  ad  ogni 


646  IL    CONCLAVE   DEL    1846 

impeto  di  rivoltura  nei  pontificii  Dominii  '.  Per  quanto  i 
procedimenti  di  questo  re,  verso  la  Cattedra  di  san  Pietro 
e  le  ragioni  della  Chiesa  cattolica,  sieno  stati  biasimevoli 
in  piii  di  un  incontro;  nulla  di  meno  vuole  equita  che  sia 
riconosciuto,  eziandio  in  questa  contingenza,  mantenitore 
fedele  della  promessa  da  lui  fatta  a  Gregorio  XVI,  che  egli 
avrebbe  avuto  sempre  per  cardine  della  politica  francese 
in  Italia,  la  conservazione  del  Potere  temporale,  la  interezza 
e  la  indipendenza  dello  Stato  dei  sommi  Pontefici  \  E  sa- 
viamente  per  conto  de1  suoi  interessi  e  dell'  onore  di  Fran- 
cia:  da  clie  troppo  intendeva,  che  avrebbe  mal  provveduto 
agii  uni  ed  all'  altro,  se  avesse  dato  mano  a  scrollare  o  a 
demolire  nella  Penisola  Tedifizio  di  quel  Principato  de'Papi, 

11  cui  stabilimento  era  gloria  immortale  della  nazione  di 
Carlo  Magno.  Onde,  per  questo  rispetto,  i  cardinali  aveano 
Tanimo  riposato,  ne  dubitavano  che,  occorrendo  il  bisogno, 
si  Timperatore  d1  Austria,  come  il  re  dei  Francesi  non  fos- 
sero  per  prestare  braccio  forte  al  Conclave. 

Del  rimanente,  non  ostante  quello  che  ne  hanno  scritto 
in  contrario  autori  maligni  o  fantastici,  si  puo  afFermare  con 
verita,  che  non  mai  forse,  o  rarissimamente,  nella  imminenza 
della  creazione  di  un  Papa,  il  sacro  Collegio  si  era  trovato 
in  disposizioni  piii  placide  e  concordi  che  allora.  Tutti  quei 
principi  della  Chiesa  erano  di  una.  mente,  nel  volere  il  bene 
del  cristianesimo  e  dello  Stato,  innanzi  a  qualunquesi  fosse 
rigmardo  di  mondana  politica.  Brighe  o  private  ambizioni 
non  vi  erano  tra  di  loro,  e  niuno  sicurainente  ne  ravviso 
indizio;  neppure  tra  que'non  pochissimi  che,  per  la  chia-- 
rezza  della  faraa  o  per  altri  meriti  egregi,  erano  in  voce  di 
phi  prossimi  alia  tiara.  La  quale  da  tutti  generalmente,  per 
la  calamita  dei  tempi,  veniva  considerata  come  un  fascio  di 
spine  si  acute,  che  non  sembrava  desiderabile,  salvo  a  chi 

1  GunoT ,  M&moires  pour  serrir  a  I' kistoire   de  mon,  temps,  torn.   VII, 
chap.  XLIii.  Paris  1865. 

2  N.ite  del  conte  di  saint-Au!aire  al  eardinale  Sjcrctario  di  Stato,  Rcma 

12  gonna io  e  15  ajTile  1832. 


1L   CONCLAVE   DEL    1846  647 

fosse  vago  di  un  martirio,  Dio  solo  sapeva  quanto  aspro  e 
penoso.  II  perche  e  fuori  di  dubbio  che  se,  nei  modern!  se- 
coli,  vi  ebbe  elezione  di  Pontefice,  la  quale  apparisse  visi- 
bilmente  condotta  dallo  spirito  di  Gesii  Cristo,  per  certo  fu 
quella  che,  sui  vesperi  del  quattordicesimo  giorno  di  giu- 
gno,  Tanno  1846,  cinquanta  cardinali,  tutti  di  un  senti- 
mento  e  di  una  intenzione,  si  chiusero  a  fare  nel  palazzo 
del  Quirinale;  e  senza  maneggi  e  senza  dispute  di  alcuna 
specie,  meravigliosamente  compierono  neirintervallo  di 
quarantott'  ore. 

•§.11. 

Non  e  mancato  chi,  per  dare  odiose  ragioni  di  questa 
insolita  brevita  del  Conclave ,  abbia  asserito ,  ed  eziandio 
pubblicatolo  in  istorie  tessute  di  favole ,  che  il  sacro  Col- 
legio ,  invasato  dal  terrore  della  minacciante  rivoluzione , 
entrasse  nel  Quirinale  come  per  cerimonia,  e  col  Papa  gia 
fatto ;  o  che  s'inducesse  a  precipitarne  la  creazione ,  per 
estinguere  i  litigi  ardenti  fra  due  parti  formatesi  in  tin 
buon  numero  de'  suoi  membri.  Or  che  queste  ragioni  con- 
traddittorie  non  si  appoggino  altrove  che  nella  fantasia  di 
chi  le  ha  inventate,  per  diletto  di  malignare  chimerizzando, 
oltreche  risulta  dalla  fede  di  autorevolissimi  testimonii,  si 
manifesta  dal  processo  medesimo  degli  scrutinii :  onde  ap- 
pare  evidentemente,  che  Taccordo  nei  voti  non  si  era  an- 
ticipate fuori,  ma  si  oper6  dentro  il  Conclave ;  e  gli  animi 
dei  votanti ,  non  che  si  dividessero  in  partiti ,  si  vennero 
anzi  stringendo  in  sempre  piu  ammirabile  unione. 

II  vero  poi  e,  che  gli  elettori  si  raccolsero  deliberate 
di  non  indugiare  piu  tempo  che  bisognasse  la  nominazione 
del  Papa.  E  ci6 ,  si  per  occorrere  ai  pericoli  di  turbolenze, 
de1  quali  se  non  erano  atterriti,  come  si  e  finto,  erano  pero 
solleciti ,  giusta  il  debito  loro :  e  si  anco  per  non  prolun- 
gare ,  in  qiiei  caldi  estivi ,  i  disagi  della  reclusione  a  tanti 
de'loro  colleghi  debilitati  dagli  anni,  o  cagionevoli  della 


648  IL   CONCLAVE   DEL     1846 

persona.  Con  tutto  questo  niuno  di  loro  pensava ,  che  a 
spedire  il  negozio  convenisse  precipitarlo ;  e  che  ,  in  affare 
di  si  gran  momento  per  la  Chiesa  di  Dio  e  per  la  pace  del 
cristianesimo ,  gli  stimoli  della  fretta  fossero  da  anteporsi 
ai  consigli  della  prudenza.  Se  non  che ,  dopo  i  tre  primi 
esperimenti  delle  schedule,  essendosi  tutti  avveduti  che 
le  inclinazioni  dei  piu  pendeano  verso  un  sol  cardinale ,  e 
che  sopra  di  lui  i  suffragi  viemaggiormente  si  accumula- 
vano;  quelli  di  essi  che  fino  allora  incerti  eran  iti  quasi 
tastando  il  terreno ,  senz1  altro  aspettare ,  con  bella  prova 
di  mutua  carita  e  concordia,  giudicatolo  il  degnissimo,  cosi 
prontamente  gli  si  accostarono,  che  nel  quarto  scrutinio 
egli,  con  suffragi  piu  che  hastevoli,  rimase  eletto.  Questa 
e  semplicissimamente  la  verita :  ne  della  si  breve  durata 
del  Conclave  si  possono  allegare  altre  diverse  cagioni,  le 
quali  non  sieno  o  torte  o  false. 

Ma  questo  fatto  riusci  tanto  piu  inopinato,  quanto  piu 
era  comune  il  pronostico ,  che  il  sacro  Collegio  si  sarebbe 
a  lungo  soprattenuto  nelle  operazioni  degli  squittinii.  Mer- 
cecche  troppi  erano  i  cardinali  che  la  voce  pubblica  pre- 
destinava  al  Papato;  e  codesti  non  con  eguale  universalita 
di  favore  si  in  Roma  e  si  nelle  province.  I  popoli  delle  Le- 
gazioni  ve  ne  portavano  tre  :  ed  erano  T  arcivescovo  ve- 
scovo  d1  Imola,  Giovanni  Maria  Mastai  Ferretti;  F  arcive- 
scovo di  Ravenna,  Chiarissimo  Falconieri  Mellini ;  ed  il 
legato  apostolico  di  Forli ,  Pasquale  Gizzi.  I  primi  due  vi 
erano  designati  dai  buoni  d'ogni  ordine ,  per  le  virtu  evan- 
geliche  di  cui  risplendevano  ,  quasi  gemme ,  tra  T  episco- 
pato  delle  Romagne  :  il  terzo  vi  era  desiderate  dai  fautori 
delle  riforme  politiche  ed  in  genere  dai  liberali,  non  per- 
cho  quel  valentissimo  porporato  la  tenesse  con  loro  ,  ma 
perche  Massimo  d'  Azeglio  aveagli  fatto  lo  sgradevole  onore 
di  encomiaiio,  nel  libello  dianzi  da  lui  composto  in  censura 
del  Governo  della  Santa  Sede.  Le  Marche  acclamavano  per 
Pontefice  o  T  arcivescovo  di  Fermo ,  Filippo  de  Angelis ,  o 
il  vescovo  d'Osimo,  Giovanni  Soglia,  siccome  forniti  di 


IL   CONCLAVE   DEL    1846  649 

molti  e  nobili  pregi  a  candidati  della  tiara  condecentissimi. 
Roma  invece,  benche  non  attenuasse  la  probability  che 
aveano  il  Falconieri ,  il  Soglia ,  e  singolarmente  il  Mastai , 
di  essere  eletti :  antivedeva  nondimeno  per  vicinissimo  al 
triregno  anche  Luigi  Lambruschini,  di  patria  genovese  , 
segretario  di  Stato  di  Gregorio  XVI,  teologo  dotto ,  nella 
pratica  dei  negozii  ecclesiastici  assai  destro ,  e ,  per  la 
esemplarita  della  vita,  irreprensibile  fino  agli  occhi  de'suoi 
detrattori  piu  lividi.  La  plebe  tuttavia  dava  la  palma  al  car- 
dinale  decano  Ludovico  Micara  cappuccino  ,  vecchio  vene- 
rando  ,  popolesco  di  origine  e  uomo  che  ,  sotto  una  ruvida 
scorza ,  era  in  estimazione  di  nudrire  un  cuore  da  Sisto  V. 
Per  lo  che  attraversando  egli  un  giorno  dei  novendiali  la 
piazza  Barberina,  fu  circondato  da  una  turba  di  popolani 
che ,  inginocchiandosi  attorno  del  suo  cocchio,  lo  gridarono 
Papa.  Ne  Iascer6  di  avvertire  che  nel  Conclave,  messosi 
poi  mano  alle  schede  ,  quasi  tutti  questi  che  erano  in  pre- 
dicamento  di  eligibili,  ottennero  nel  principio  qualche  por- 
zione  di  voti :  avvegnache  subito  piu  degli  altri  ne  ripor- 
tassero  i  due  che  primeggiavano  ancora  nel  concetto  del 
sacro  Collegio ;  dico  il  Mastai  ed  il  Lambruschini. 

Posta  dunque  una  si  molteplice  varieta  di  cardinali,  go- 
denti  credito  di  prossimi  al  sovrano  Pontificate  ,  era  natural 
cosa  che  si  presagisse  lunga  piuttosto  che  corta  la  dura- 
zione  degli  scrutinii:  e  non  solamente  dal  volgo,  ma  ben 
anco  da  personaggi  di  alto  affare ,  e  dalle  stesse  Potenze 
d'Europa,  che  aveano  fisso  ilguardo  ansioso  verso  di  Roma. 
Pellegrino  Rossi ,  legato  del  re  dei  Francesi  presso  la  Santa 
Sede  ,  notificando  al  suo  Governo  la  morte  di  Gregorio  XVI, 
si  dichiar6  insufficiente  a  prenunziar  nulla  di  verosimile 
intorno  al  Conclave ,  appunto  perche  troppi  erano  i  cardi- 
nali cui  si  prediceva  il  Papato  !.  Quanto  alia  Corte  d1  Austria 
poi .  e  fama  che  avesse  per  cosi  certa  la  tardanza  di  una 


1  Dispaccio   al   sig.  Guizot  ministro  sopra  gli  affari  esterni   in   Parigi 
Roma  1  giugno  !8i6. 


630  IL    CONCLAVE    DEL     1846 

risoluzione  del  sacro  Collegio ,  che  nemmanco  si  affretto 
d1  inviargli  a  tempo  la  sua  esclusiva.  Questa  narrano  alcuni 
che  gli  fosse  recata  dal  cardinale  Carlo  Gaysruck ,  arcive- 
scovo  di  Milano,  quando  non  serviva  piu  a  niente,  per  es- 
sersi  eletto  il  nuovo  Papa ;  altri  che  la  portasse  un  corriere, 
fl  quale ,  saputo  in  Udine  1'  avvenimento  della  elezione , 
volt5  indie tro  e  riport6  in  Vienna  il  dispaccio  a  chi  aveva- 
glielo  dato  in  mano.  Dal  che  si  ritrae,  come  fossero  imma- 
ginarii  tutti  gY  indovinamenti  che  si  pretesero  fare  circa  le 
particolarit^  di  quest1  atto,  di  natura  sua  impenetrabilmente 
secreto. 

Per  quello  che  e  venuto  a  contezza  pubblica ,  e  che  non 
&  malagevole  ad  argomentarsi  pure  dair  andamento  degli 
^rutinii,  sembra  che  animo  del  maggior  numero  degli 
elettori  fosse  di  suhlimare  al  Pontificate  un  soggetto,  che 
alle  qualita  richieste  per  legge  ordinaria  dalle  costituzioni 
apostoliche ,  sopraggiungesse  queste  .altre :  di  essere  cioe 
fresco  di  anni  e  valido  delle  forze,  naturale  degli  Stati  ro- 
mani,  non  occupato  sino  allora  in  uffizii  civili,  e  notoria- 
inente  caro  ed  accetto  alle  popolazioni,  in  ispecialita  delle 
Marche  e  della  Emilia.  Imperocche  il  sacro  Collegio  ,  bene 
mformato  della  condizione  tristissima  delle  cose  in  Italia  e 
ne'Dominii  ecclesiastici ,  presentiva  non  lontani  commovi- 
menti ,  i  quali  avrebbero  in  gran  maniera  afflitta  la  catto- 
licita,  scosso  il  trono  di  S.  Pietro,  e  duramente  agitato 
quello  de1  lor  fratelli ,  che  eglino  si  apprestavano  di  collo- 
carvi  sopra  a  regnare.  Onde  que'porporati  scorgeano  chiara 
la  congruenza  di  sceglierlo  florido  di  eta  e  robusto  di  com- 
plessione  in  modo,  che,  umanamente  parlando ,  il  peso  degli 
aifanni  non  dovesse  vincere  in  lui  cosi  tosto  la  fievolezza 
del  corpo.  Desideravano  inoltre  che  i  faziosi  delle  province 
questa  volta  non  si  potessero  lamentare  di  essere  governati 
da  uno  straniero,  conforme  si  erano,  non  saprei  se  piu  stol- 
tamente  o  maliziosamente ,  lagnati  di  Gregorio,  italiano  si, 
ma  non  nazionale  degli  Stati  della  Chiesa.  Quindi  il  pen- 
•siero  di  assumerlo  tra  i  nati  in  terra  pontificia.  Da  ultimo , 


1L   CONCLAVE   DEL    1846  (J51 

a  togliere  ogni  pretesto  di  scontentezza ,  vedevano  oppor- 
tune di  creare  un  tal  Papa,  che  fosse  gradito  ai  pacifici 
per  le  sue  doti  esimie,  e  non  discaro  agFinquieti,  per  es- 
sersi  tenuto  sempre  fuori  dei  politic!  ministerii,  quantunque 
ne  conoscesse  le  appartenenze. 

Con  queste  intenzioni,  che  miravano  tutte  a  provve- 
dere  sapientemente ,  secondo  i  tempi ,  la  Chiesa  di  un  Pa- 
store  e  lo  Stato  di  un  Principe  il  piu  idoneo  che  fosse  pos- 
sibile  ,  ne  andava  unita  un'altra,  che  niuno  degli  elettori 
studiavasi  di  serbar  chiusa  nel  proprio  petto.  Ed  era,  che 
il  cardinale  da  innalzarsi  mostrasse  facili  disposizioni  a 
concedere  nel  civile  quel  piu  di  grazie  e  di  larghezze  ,  che 
la  sant'anima  di  Gregorio,  malgrado  la  huona  volonta  che 
ne  ehbe,  era  stato  impedito  di  consentire,  si  dalle  insolenze 
dei  ribelli  interni,  e  si  dalle  arroganze  degli  esterni  con- 
sigliatori.  Avvisavan  di  fatto  che  questo  Pontefice ,  siiio 
dai  cominciamenti  del  suo  regno,  erasi  trovato  nell'amara 
necessita  di  reprimere  sempre  moti  sediziosi  da  un  canto , 
per  salvare  la  Corona,  e  di  resistere  sempre  a  suggestioni 
imperiose  dair  altro,  per  salvare  T  onore  della  Sedia  apo- 
stolica.  Mutate  le  circostanze ,  giudicavano  che  convenisse 
mutare  pur  anco  i  temperament!.  Era  sperabile  che  il  no- 
vello  Papa  non  sarebbe  inaugurate  fra  i  tumulti  e  gli  ol- 
traggi  di  una  ribellione,  e  che  per6  non  si  vedrebbe 
costretto  ad  usare  immediatamente  la  forza,  per  ridurre 
in  officio  sudditi  rivoltosi.  Cio  stando ,  erano  di  parere  che 
egli,  cingendo  la  sacra  tiara,  dovesse  cercare  di  cattivarsi 
gli  spiriti  con  un'amnistia,  che  tanto  maggiormente  gli 
concilierebbe  1'  affetto  dell'universale,  quanto  piu  ne  era 
vivo  il  desiderio ,  eziandio  in  molti  a  cui  nessun  private 
vantaggio  ridonderebbe  da  una  tal  grazia.  Similmente  opi- 
navano  che  egli,  non  avendo  piu  le  mani  legate,  come 
Gregorio,  da  certi  rispetti  di  convenienza,  sarebbe  anche 
per  ventura  piu  libero  d'introdurre  nella  pubblica  ammini- 
strazione  que'miglioramenti ,  che  stimerebbe  acconci  a  sod- 
disfare  i  voglios:  di  riforme  non  irragionevoli;  i  quali  erano 


652  IL   CONCLAVE    DEL    1846 

assai,  e  non  tutti  settarii.  Conciossiache  un  grossissimo 
numero  di  coloro  che  nelle  province  aveano  grido  di  libe- 
rali,  era  di  sedotti  e  non  di  seduttori;  e  contentabili  forse 
piu  leggermente  che  a  prima  fronte  non  si  credesse.  Anzi 
la  miglior  arte  di  separare  il  grano  dal  loglio ,  cioe  la  gente 
di  buona  fede  dai  perturbatori  inemendabili,  parer  questa: 
di  affezionarsi  gli  onesti  per  via  della  clemenza  e  di  savie 
e  misurate  ordinazioni,  si  che  i  facinorosi  e  gli  empii  si 
smascherassero  da  se  medesimi,  e  con  plauso  dei  buoni 
soggiacessero  ai  rigori  della  giustizia.  Ad  ogni  modo  i 
tempi  essere  forti.  La  Chiesa  abbisognare  di  un  Pontefice 
santo  il  quale  ,  con  Y  opera  e  col  consiglio ,  dissipasse  il 
nembo  di  odii,  che  la  calunnia  e  la  miscredenza  eran  ve- 
nuto  ammucchiando  sopra  la  Cattedra  del  Vaticano .  Lo 
Stato  aver  mestieri  di  un  Principe  accorto  in  uno  e  soave, 
di  cuor  mite  insieme  ed  imperterrito  a  rincontro  degFim- 
petuosissimi  assalti,  che  in  suo  danno  ove  che  fosse  si 
apparecchiavano. 

Le  quali  sentenze  partecipate,  con  piccoli  divarii,  puo 
dirsi  da  tutto  intero  il  sacro  Collegio ,  non  che  dalla  sola 
pluralita  de'  suoi  individui ,  si  sono  qui  esposte  candida- 
mente ,  acciocch&  sia  palese  che  il  successore  di  Grego- 
rio  XVI,  indirizzando  il  Governo  temporale  della  Santa  Sede 
per  quella  via  che  fece,  non  oper6,  conforme  ne  avea  pure 
pienissimo  arbitrio,  di  unico  suo  motivo;  ma  secondo  an- 
cora  la  mente  dei  venerabiii  suoi  fratelli  i  cardinali  della 
romana  Chiesa,  coadiutori  suoi  nel  doppio  ministero  di 
Pontefice  e  di  Re :  e  che  siccome  non  mai  prese  dipoi  al- 
cuna  deterrninazione  di  notabil  rilievo  intorno  agli  Stati , 
che  avanti  non  ne  consultasse  il  senno  e  la  esperienza;  cosi 
ne'principii  del  suo  regno  non  tenne  altri  modi,  da  quelli 
in  fuori  che  unanimamente  mostraron  eglino  di  desiderare 
che  tenesse ,  allorche  gl'  imposero  il  triplice  diadema  di 
san  Pietro  nel  capo. 


JL    CONCLAVE    DEL    1846 


653 


§  III. 

Alle  nove  ore  della  mattina  del  quindici  giugno,  i  car-* 
dinali ,  raunatisi  nella  cappella  di  Paolo  V',  ascoltaron  la 
messa  dello  Spirito  Santo,  celebrata,  in  luogo  del  decano 
giacenteinfermo,  dal  sottodecano  Vincenzo  Macchi :  e  dalle 
sue  mani  riceverono  divotamente  il  Corpo  di  Cristo.  Dopo 
di  che  il  predetto  cardinale  fece  loro  un  breve  ragiona- 
mento.  Si  lessero  quindi  le  bolle  di  Gregorio  X,  ed  il  ce- 
rimoniale  di  Gregorio  XV  intorno  alle  regole  ed  alia  forma 
della  elezione ;  e  senza  piu  si  passd  allo  sperimento  dei 
voti.  II  quale,  giusta  1'usanza  antichissima  dei  Conclavi , 
eomprende  due  parti:  lo  scrutinio  propriamente  detto,  e 
T  accesso,  che  e  una  seconda  collazione  di  sufiragi ,  nella 
quale  resta  libero  a  ciascun  elettore  di  mutare  il  suo  voto, 
e  darlo  ad  altri  diverso  da  quello  a  cui  lo  avea  conferito 
dianzi. 

Pertanto  T  esito  fu  che  il  Lambruschini  sorti  quindici 
voti,  di  cui  nove  nello  scrutinio  e  sei  nell' accesso;  tredici 
il  Mastai,  di  cui  otto  nello  scrutinio  e  cinque  nelF  accesso; 
e  cinque  il  Falconieri,  di  cui  quattro  nello  scrutinio  ed  uno 
nell1  accesso.  I  rimanenti  andarono,  con  minor  proporzione, 
spartiti  sopra  di  altri,  fra  i  quali  erano  segnalati  il  de  An- 
gelis  ed  il  Soglia.  Notabile  fu  pero  che  le  schede  sommate 
insieme,  gia  fino  da  quel  primissimo  saggio,  favorivano 
assai  piu  i  cardinali  nati  sudditi  pontificii,  meno  anziani 
ed  attualmente  applicati  nel  governar  diocesi ,  che  quelli 
di  diverse  regioni  d1  Italia ,  provetti  negli  anni  e  adoperati 
in  ufficii  di  Stato.  E  in  vero ,  se  si  eccettui  il  Lambruschmi 
di  Genova,  che  contava  settant'anni  ed  aveva  assistito  Gre- 
gorio col  grado  di  suo  primo  ministro,  i  quattro  che,  dopo 
lui,  raccolsero  una  quantita  maggiore  di  voti,  erano  tutti 
vescovi  residenti  e  nazionali  de1  Dominii  ecclesiastici.  Di 
eta  poi  il  Mastai  e  il  de  Angelis  noveravano  cinquantaquattro 
anni,  il  Falconieri  cinquantadue,  ed  il  Soglia  sessantasette. 


654  IL    CONCLAVE    DEL    1846 

Poco  differente  riusci  la  seconda  prova,  effettuatasi  la 
sera  del  di  medesimo.  II  Lambruschini ,  perdute  due  voci , 
rimase  con  tredici ,  delle  quali  otto  riport6  nello  scrutinio 
e  cinque  nell'  accesso ;  il  Mastai ,  guadagnatene  quattro , 
ascese  a  diciassette,  delle  quali  dodici  ottenne  nello  scru- 
tinio e  cinque  nell'  accesso ;  il  Falconieri ,  avutane  meno 
una,  resto  con  quattro ,  tutte  conseguite  nello  scrutinio. 

Filippo  Gualterio ,  il  quale  ne1  suoi  libri  descrive  tanto 
a  sproposito  questo  Conclave ,  che  ne  cresce  e  confonde 
persino  i  giorni ,  e  mostra  d'ignorarne  varii  particolari  piu 
divulgati,  toccando  della  notte  che  precede  la  terza  ses- 
sione ,  sbriglia  la  passionata  sua  immaginativa  a  foggiare 
affannamenti  e  scene  cosi  brigose,  vivaci  e  minute  ,  che 
non  piu  se  egli  fosse  stato  ammesso  ad  avvolgersi  per  le 
celle  di  tutti  i  cardinali ,  ad  origliarne  i  colloquii  ed  a  pe- 
netrarne  1'intimo  degli  spiriti  l.  Certo  e  che  quella  notte 
trascorse  nel  Quirinale  placidissimamente ,  e  che  niuno  , 
tranne  il  Gualterio ,  ebbe  rsentore  dei  maneggi  e  delle 
agitazioni,  che  si  e  usurpato  il  privilegio  di  conoscere  egli 
solo.  Adunque  la  susseguente  mattina,  venutosi  al  partito 
e  compitosi  appena  lo  scrutinio,  nel  farsene  lo  spoglio 
s'  incontro  una  scheda  dissuggellata.  II  cardinale  Fabio 
Maria  Asquini  avvisando  che  questo  era  sconcio  non  lieve, 
il  saero  Collegio  deliberb  che  T  operazione  si  annullasse  : 
e  fu  notato  che  tra  i  piu  caldi  fautori  di  questo  annulla- 
mento  era  il  Mastai,  che  in  quello  scrutinio  aveva  gia  rac- 
colti  sedici  voti.  Rinnovatosi  lo  scrutinio  e  fattosi  V  accesso, 
il  Mastai  si  trov6  avere  il  suffragio  di  yentisette ,  cioe  di 
oltre  la  meta  degli  elettori ;  laddove  il  Lambruschini  nu- 
merava  quello  di  undici ,  e  il  Falconieri  di  sette.  Questo 
successo  fu  di  gran  lume  a1  cardinali  tutti :  molto  piu  che 
due  di  loro  ebbero  quel  di  lettere  da  Bologna,  che  assai 
fosco  dipingevano  lo  stato  delle  province.  Si  ha  in  oltre 
memoria  che  il  Falconieri,  per  la  innocenza  e  santita  rara 

1  Op.  o,  vol.  cit.  cap.  LXV, 


IL    CONCLAVE    DEL    1846  655 

de'  suoi  costumi,  denominato  T  angelo  del  Conclave,  preg6 
i  colleghi  che  a  lui  aveano  dato  il  suffragio,  che  lo  trasfe- 
rissero  sopra  1' amicissimo  guo  vescovo  d'Imola,  del  quale 
egli  a  plena  bocca  esaltava  i  meriti  e  le  virtu. 

La  sera,  fattasi  1'  adunanza  per  la  quarta  volta,  si  osservo 
un'  aria  d'  insolita  allegrezza  negli  ocelli  e  nel  viso  di  pa- 
recchi  tra  i  congregati.  Sembrava  che  ai  piii  il  cuore  pre- 
nunziasse ,  quello  essere  1'  ultimo  degli  sperimenti.  A  scru- 
tatori ,  ossia  esaminatori  e  promulgatori  dei  voti ,  erano 
deputati  i  cardinali  Mastai,  Luigi  Vannicelli  Casoni ,  e 
Adriano  Fieschi.  Ma  i  suffragi  promoventi  il  Mastai,  i  quali 
erano  stati  ventisette  nello  scrutinio,  cominciarono  tosto  a 
seguirsi  nell'accesso  1'uno  dietro  T  altro  cosi  alia  fila,  die 
egli ,  segnato  il  trentesimo ,  si  turb6  e  fe  cenno  con  la 
mano  al  Fieschi,  che  volesse  tacersi.  Fu  indarno.  Questi, 
rinforzata  la  voce  ,  continuft  a  ripeterne  il  nome  sonora- 
mente  fino  a  trentasei  volte ;  che  e  a  dire  quante  sovrab- 
bondavano  ad  eleggere  canonicamente  il  Papa.  Allora  tutti 
i  cardinali ,  rittisi  in  piedi ,  confermarono  per  acclamazione 
Giovanni  Maria  de'conti  Mastai  Ferretti,arcivescovo  vescovo 
d'  Imola,  in  legittimo  Pontefice  della  santa  Chiesa  romana. 
L1  eletto ,  bagnato  di  lacrime,  dimandb  in  grazia  di  tornare 
al  suo  stallo ,  e  non  aver  parte  alia  verificazione  delle 
schode.  Ritiratovisi,  umilmente  si  prostrb  e  posesi  ad  orare. 

Durante  questa  riunione,  avvenne  che  da  una  delle  fi- 
nestre  dell1  aula  regia,  d'  onde  si  ha  T  adito  nella  cappella 
paolina,  entr6  una  colomba,  la  quale,  dopo  svolazzato  in- 
certa  un  istante ,  si  ando  a  posare  proprio  nella  cornice  di 
quella  parete ,  a  cui  rispondeva  di  dentro  il  banco  del  car- 
dinale  Masfcai.  II  caso  era  bizzarro ;  e  i  conclavisti ,  che 
nella  sala  aspettavano  la  fine  dello  squittinio  ,  ne  trassero 
un  lieto  augurio.  E  per  fermo  indicibile  si  fu  lo  stupor  loro, 
quando  intesero  la  scossa  del  campanello,  che  chiamava  i 
maestri  delle  cerimonie  ed  il  secretario  del  sacro  Collegio , 
per  adempire  le  prescritte  formalita  della  elezione. 


€56  IL   CONCLAVE   DEL    1846 

Mai  si  potrebbe  rendere  a  parole  la  giuliva  ed  amorosa 
confusione  che  nacque  nella  cappella,  in  quel  punto  che  i 
cerimonieri  vi  furono  ammessi,  ad  accogliere  T  accettazione 
autentica  delFeletto.  I  cardinal!  erano  affaccendati  in  calare 
il  baldacchino  teso ,  in  segno  di  sovranita ,  sopra  ciascuno 
dei  loro  posti;  e  d'  indi  si  affollavano  intorno  al  nuovo  Papa, 
e  con  esso  lui  si  rallegravano  e  teneramente  lo  abbraccia- 
vano.  Egli  era  cosi  commosso,  che  appena  faceva  altro  che 
piangere  e  sospirare.  Intanto  il  sottodecano  si  appress6  a 
lui,  insieme  coi  capi  d'  ordine,  ed  autorevolmente  lo  inter- 
rog6,  se  egli  accettasse  la  canonica  elezione  sua  a  sommo 
Pontefice.  Rispose,  alzando  gli  occhi  e  le  mani  al  cielo,  che 
egli  si  uniformava  alia  volonta  di  Dio.  Richiesto  allora  del 
nome  che  gli  piacesse  di  assumere  nel  Pontificate ;  sog- 
giunse  che,  in  riverenza  di  Pio  VII,  stato  ancor  egli  ve- 
scovo  d1  Imola,  si  sarebbe  nominato  Pio  com1  esso.  Di  che 
ilsacro  Collegio  incontanente  lo  saluto  Papa  Pio  IX;  e  non 
si  tosto  fu  vestito  degli  abiti  pontificali,  e  condotto  ad  as- 
sidersi  accanto  1'  altare,  che  gli  fece  T  adorazione  e  rendet- 
tegli  T  obbedienza.  Terminata  questa,  i  cardinali  e  i  con- 
clavist! con  grande  letizia  accompagnarono  tutti  il  Santo 
Padre  nelle  sue  stanze,  dovendosi,  per  T  ora  gia  tarda,  dif- 
ferire  alia  mattina  seguente  la  sua  promulgazione  solenne. 


Durante  il  Conclave,  1' ultima  operazione  con  cui  hanno 
sempre  termine  gli  scrutinii,  e  Y  abbruciamento  delle  sche- 
de:  e  il  fumo,  secondoche  dallo  sfogatoio  della  cappella 
indugia  o  sollecita  ad  uscire ,  indica  per  ordinario  se  il 
Pontefice  sia  stato  eletto,  o  non  sia.  II  popolo  che  la  sera 
dei  sedici  giugno  stava ,  com1  e  T  usanza ,  raccolto  nella 
piazza  del  Quirinale  in  aspettazione  della  fumata,  vedendo 
ch'  ella  tardava  cosi  oltre  il  solito  a  mostrarsi ,  ne  dedusse 
che  adunque  la  elezione  era  fatta.  Laonde,  con  vivissirna 
curiosita,  si  diedero  tutti  a  prender  lingua  da  ogni  parte , 


IL   CONCLAVE   DEL    1846  657 

per  aver  il  nome  del  nuovo  Papa.  Ma  non  si  seppe  nulla , 
fuor  solamente  che  poco  dianzi,  entro  il  palazzo,  si  era  cer- 
cato  ai  custodi  dei  sacri  arredi  un  taglio  di  abiti  pontifical!, 
che  si  assettassero  ad  uno  di  statura  corta :  il  qual  taglio , 
che  doveasi  tenere  acconcio  insieme  con  quelli  di  gran- 
dezza  media  e  maggiore,  si  diceva  essersi  trovato  man- 
cante  al  bisogno. 

Questo  cenno  bastb  a  fare  che  le  congetture  cadessero 
sopra  il  cardinale  Gizzi ,  per  essere  lui  piccolissimo  della 
persona;  e  che,  conforme  in  simili  contingenze  non  di  rado 
interviene,  una  tale  divinazione  passando  di  bocca  in  bocca 
si  accreditasse  per  modo,  che  in  brev'  ora  tutta  Roma  fu 
piena  della  novella  che  il  Gizzi  era  veramente  Papa.  Di  che 
i  suoi  domestici  menarono  festa,  e  v'  ebbe  persino  chi  voile 
spacciarne  T  avviso  con  istaffetta  a  Ceccano ,  patria  del 
cardinale.  Quelli  poi  che  erano  di  sentire  liberalesco,  e,  fra 
i  tanti  che  pure  avea,  non  riconoscevano  in  lui  altro  pregio 
se  non  di  essere  stato  encomiato  nell'  opuscolo  di  Massimo 
d1  Azeglio,  ne  rimasero  ammiratissimi  e  levarono  alle  stelle 
il  sacro  Collegio;  come  se  questo,  per  provveder  la  Chiesa 
cattolica  di  un  successore  di  Pietro ,  avesse  mai  potato 
prendere  ammonimento  da  un  maledico  romanziere. 

Intanto  che  questo  falso  romore  spargeasi  per  la  citta, 
e  vi  somministrava  materia  di  capricciosi  comenti,  il  Santo 
Padre,  chiusosi  nella  sua  Camera ,  penso  di  notificar  egli 
a'suoi  fratelli,  che  dimoravano  in  Sinigallia,  ravvenimento 
della  esaltazione  sua  al  Pontificate :  e  il  fece  con  una  let- 
tera  che  io  riporterb  qui  a  verbo,  giacche  esprime  al  na- 
turale  gli  umili  e  teneri  sensi  di  religione,  che  in  quello 
istante  gli  traboccavano  dal  cuore. 

«  Iddio  benedetto  che  umilia  ed  innalza,  ha  voluto  sol- 
levare  la  mia  miseria  alia  piu  sublime  dignita  di  questa 
terra.  Sia  sempre  fatta  la  sua  santissima  volonta !  Conosco 
in  qualche  maniera  la  gravita  quasi  immensa  di  tanto  in- 
carico,  e  conosco  egualmente  la  mia  poverta,  per  non  dire 
la  vera  nullita  del  mio  spirito.  Fate  pregare  e  pregate  per 
Serie  VIII,  vol.  II,  fasc.  504.  42  2  giugno  1871. 


658  IL   CONCLAVE   DEL    1846 

me.  II  Conclave  ha  avuto  quarantott'ore  di  durata.  Se  il 
comune  volesse  fare  qualche  spesa  per  dare  dimostrazione, 
fate  in  modo,  anzi  voglio,  che  la  somma  da  spenders!  sia 
tutta  erogata  in  cose  utili  alia  citta,  a  giudizio  del  gonfa- 
loniere  e  degli  anziani.  Riguardo  a  voi ,  cari  fratelli ,  vi 
abbraccio  di  tutto  cuore  in  Gesu  Cristo  ;  e  lungi  dall'esul- 
tare,  compassionate  il  vostro  frattdlo ,  che  da  a  tutti  voi 
1'apostolica  benedizione  T.  » 

Quantunque  la  erronea  voce  corsa  e  diffusasi  quella 
sera,  si  emendasse  fra  le  brigate  colte  e  signorili  a  notte 
piu  tarda,  merce  i  ragguagli  che  si  ebbero  dal  Conclave  ; . 
uulla  di  manco  il  grosso  della  popolazione  si  addormento 
con  Fanimo  persuaso  che  il  Gizzi  fosse  Papa  davvero.  E 
per6  la  entrante  mattina,  mentre,  a  vista  di  una  turba  af- 
follatissima,  si  demoliva  il  muro  a  coltello,  eretto  nel  vano 
del  gran  balcone  del  palazzo  quirinale,  per  pubblicare  di 
lassu  il  nome  del  Pontefice,  era  tuttavia  caldo  il  disputare 
di  molti,  i  quali  non  si  potevan  rendere  ad  ammettere  la 
elezione  del  Gizzi,  per  una  diceria  che  non  avesse  ne  corpo 
no  ombra.  Se  non  che  ogni  errore  si  dilegu6,  incontanente 
die  il  primo  diacono  del  sacro  Collegio,  Tommaso  Riario 
Sforza,  camerlengo  di  santa  Chiesa,  fattosi  fuori  la  loggia, 
annunzio  con  la  consueta  formola :  Papa  essere  il  cardinale 
Giovanni  Maria  Mastai  Ferretti,  che  assumeva  il  nome  di 
Pio  IX.  Alia  fausta  promulgazione  risposero  di  presente  i 
saluti  delle  milizie  ,  le  salve  del  castello  sant'  Angelo ,  il 
suono  di  tutte  le  campane,  ed  un  inenarrabile  mormorio  di 
quella  smisurata  calca  di  popolo ;  il  quale,  rimanendo  im- 
moto  nella  piazza  e  con  gli  occhi  fissi  al  balcone,  sembrava 
chiedere  tacitamente  che  il  Santo  Padre  si  fosse  compia- 
ciuto  di  benediiio. 

E  non  ando  guari  ch'egli  fu  soddisfatto.  Conciossiache 
appena  demolitosi  il  muro,  quanto  al  decoro  della  disusata 


1  Lettera  del  Santo  Padre  Pio  IX  ai  conti  Gabrielo,  Giuseppe  e  Gaetario 
Mastai  Ferretti,  Roma  16  giugno  1846. 


1L   CONCLAVE   DEL     1846  659 

cerimonia  si  conveniva,  i  cardinal!  furono  a  pregare  il 
Pontefice,  che  avesse  consolata  la  moltitudine  colla  sua 
presenza  e  benedettala,  giusta  il  desiderio  che  quella  ne 
palesava.  II  Santo  Padre  se  ne  content6 :  usci  nella  loggia 
in  forma  tutta  privata,  cioe  con  la  veste  talare  bianca,  la 
mozzetta  e  la  stola,  accompagnatovi  dal  sacro  Collegio ;  e 
vi  diede  la  sua  prima  apostolica  benedizione,  che  fu  rice- 
vuta  con  grande  pieta  e  con  mostre  di  giubilo  cordiale  si, 
ma  riverente  e  modesto. 

Simili  ed  anco  piu  giulive  dimostrazioni  di  ossequio 
riceve  il  Santo  Padre  Pio  IX  da  tutta  Roma,  nel  condursi 
che  egli  fece  con  pompa  grandissima  al  Vaticano,  per  ac- 
cogliervi  le  altre  due  obbedienze  dal  sacro  Collegio .  Le 
quali  officiosissime  testificazioni  si  rinnovarono  quattro  di 
appresso,  cioe  ai  ventuno  del  suddetto  mese,  allorche  fu 
coronato  sopra  la  loggia  della  basilica  di  san  Pietro,  ft  a  uu 
apparato  di  cosi  festosa  magnificenza,  che  non  ha  Fuguale 
nel  mondo.  Ed  il  Pontefice  bene  aumento  la  cagione  delle 
allegrezze  al  vero  popolo,  allargando  in  pro  suo  la  mano 
con  una  tal  regia  liberalita  di  donazioni,  che  il  suo  nome 
fu  celebrato  in  ogni  terra  degli  Stati  ecclesiastici.  Impe- 
rocche  non  solo  redense  tutti  i  pegni  deposti  dai  suoi  sudditi 
bisognosi  nei  monti  di  pieta,  pel  valore  di  mezzo  scudo  ; 
ma  ordinb  che  si  distribuissero  loro  altri  sei  mila  scudi 
in  limosina ;  e  si  dotassero  cinquantatre  zitelle  popolane 
di  Roma ,  con  cinquanta  scudi  per  ciascheduna ,  e  mille 
con  dieci  scudi  Tuna  nelle  province.  Di  sorta  che  i  primi 
a  godere  gli  effetti  deiresaltamento  di  Pio  IX  nel  soglio 
apostolico,  ed  a  plaudirne  la  benignita,  furono  quei  pove- 
relli  di  Gesu  Cristo,  ch'egli  avea  imparato  da  giovane  ad 
amare  siccome  fratelli,  e  si  era  usato  da  vescovo  a  soc- 
correre  quai  figliuoli  e  delizia  piu  cara  del  suo  gregge. 

Ma  gli  altri  ordini  eziandio  de'cittadini  festeggiarono, 
per  tutto  lo  Stato,  Tavvenimento  del  Santo  Padre  al  trono: 
e  pur  essi  i  faziosi  e  i  partigiani  delle  novita.  non  ebbero 
di  che  lagnarsene ,  e  finsero  di  sospendere  le  congiure  ; 


660  IL    CONCLAVE    DEL     1846 

avvegnache  dicessero  apertamente,  che  allora  si  sarebbero 
uniti  ai  popoli  nelPaderire  al  Pontefice,  quando  egli  avesse 
conceduto  il  perdono  ai  rei  politici  esuli  o  imprigionati. 
Ondeche  la  universale  contentezza  che  di  questa  bene 
augurata  elezione  mostrarono  le  province,  e  la  quiete  in 
cui  parvero  mettersi  i  piu  intemperanti  fautori  di  turbo- 
lenze  rasserenaron  gli  animi  e  confortarono  tutti  i  buoni  a 
sperare  assai ;  quantunque,  colpa  dell'umana  malvagita,  le 
speranze  fallissero  poi  di  una  gran  parte  del  molto  che 
promettevano. 

Ne  poco  lieti  furono  i  segni  di  grata  meraviglia  che  si 
diedero  per  tutto  altrove  nel  cristianesimo,  a  mano  a  mano 
che  vi  si  venne  dilatando  la  fama  del  cosi  rapido  inalza- 
mento  di  Pio  IX.  L'episcopato  ed  il  clero  ne  giubilarono  , 
come  di  un1  arra  visibile  della  protezione  di  Gesu  Cristo 
sopra  la  sua  Chiesa,  di  cui  aveva,  tanto  di  la  d'ogni  credere, 
accorciata  la  vedovanza.  Le  Corti  e  i  Governi  si  dell'Europa 
e  si  deH'America  mandarono  gratulazioni  affettuose  al  Pon- 
tefice, comunicategli  dai  legati  e  dagli  ambasciatori.  Ed 
ancora  che  il  nuova  Papa  non  si  fosse  agli  occhi  degli 
uomini  illustrate  per  niuna  impresa  civile  ,  attesoche  era 
stato  sempre  dedito  a  cure  spirituali ;  con  tutto  ci6  il  caso 
tanto  animirabile  della  sua  elevazione  alia  tiara,  fe1  conce- 
pire  si  belli  presagi  di  lui,  che  in  brevissimo  spazio  il  suo 
nome  fu  divulgato  in  qualunque  piu  remota  contrada  della 
terra,  ed  i  suoi  ritratti  e  i  ragguagli  della  sua  vita  cercati 
con  un'avidita,  della  quale  non  si  avea  Fesempio  in  veruno 
de'suoi  ultimi  antecessori. 

Chiaro  indizio  che  il  Signore  Iddio  aveva  singolarmente 
predestinate  Pio  IX  a  sublimare  in  questo  nostro  secolo , 
tutto  interesse  e  materia,  il  Pontificato  romano  ai  primi 
onori  della  celebrita ;  ed  a  conciliargli  un  cosi  alto  grado 
di  autorevolezza  nel  mondo,  che  gli  avesse  a  tener  le  veci 
di  difesa,  negli  abbandonamenti  sleali  e  negli  assalimenti 
feroci,  cui  dovea  sottostare  per  opera  della  violenza ,  ar- 
mata  dalla  perfidia. 


PIO    IX.    E    LA  GHIESA 


Festeggiasi  il  di  16  giugno  il  Giubbileo  Pontificate  di 
Pio  IX :  e  tutti  i  fedeli  rallegransi  a  vicenda  di  questo  an- 
niversario,  ne  rendono  grazie  al  Signore,  e  innalzano  pre- 
ghiere  al  Cielo  per  la  prolungazione  di  un  Pontificate,  gia 
abbastanza  lungo ,  il  piu  lungo  che  dopo  S.  Pietro  abbia 
governato  la  Chiesa.  Questa  circostanza  e  per  se  sola  suf- 
ficiente  a  fendere  quel  giorno  meritevole  di  attenzione  e 
di  giocondita.  La  Chiesa  e  una  famiglia,  il  cui  padre  per 
autorita,  per  affetto,  per  beneficenza  e  il  Romano  Pontefice. 
Non  fa  dunque  meraviglia  che  i  figliuoli  guardino  efesteg- 
gino  con  letizia  speciale  la  longevita  del  loro  padre, 
soprattutto  quand'essa  oltrepassi  la  misura  ordinaria,  co- 
mune  aglialtri.  Siam.  dunque  convinti,  che,  quale  che  fosse  il 
Pontefice  il  di  del  suo  Pontificale  Giubbileo  genererebbe 
in  tutti  affettuosa  allegrezza. 

Ma  questa  ragione  non  basta  a  spiegare  quella  vivacita 
e  concordia  di  giubilo,  che  e  il  carattere  proprio  delle  feste 
che  per  tutto  il  mondo  si  celebrano  in  questo  di.  Non  cre- 
diamo  d1  ingannarci  asserendo  che  si  fervide  e  si  universali 
manifestazioni  di  gaudio  non  si  vedrebbero  in  questo  Giub- 
bileo, se  maggiore  ancora  della  lunghezza  materiale  del 
Pontificate  di  Pio  IX,  non  ne  fosse  stata  la  operosita  e  la 
fruttuosita  in  servigio  della  Chiesa.  Piu  adunque  che  gli 
anni,  si  rammemorano  le  opere  diPio  IX:  piu  che  la  durata, 
si  esalta  la  utilita  del  suo  Governo,  e  piuttosto  che  congra- 
tularsi  con  lui  di  &ver  avuto  vita  si  lunga,  vogliono  i  suoi 


662  PIO    IX    E    LA   CHIESA 

fedeli  testimoniargli  la  loro  riconoscenza,  per  averla  si  bene 
irupiegata  a  vantaggio  spirituale  delle  loro  anime.  Quello 
che  ora  accade  e  bensi  un  atto  di  figliale  pieta,  ma  fo^te- 
mente  rincalzato  dalF  affetto  della  riconoscenza ,  e  dallo 
zelo  per  la  gloria  del  Signore.  GF  inni  cho  si  alzano  al  Si- 
gnore  sono  il  tributo  della  gratitudine  universale  della 
Chiesa,  pel  dono  fattole  di  un  tal  Pontefice  <  la  gioia  che 
si  espande  tra  i  fedeli,  e  un  mutuo  congratulamento  dei 
beneficii  ricevutine  :  la  preghiera  che  da  milioni  di  cuori 
sprigionasi  per  giugnere  al  trono  deH'Altissimo,  chiede  la 
continuazione  di  questa  grazia  cosi  segnalata. 

Tutti  lo  sentono,  sebbene  non  egualmente  tutti  possono 
rendersi  ragione  piena  e  particolareggiata  di  questo  sen- 
timento.  Le  acque  son  cadute  a  poco  a  poco  ,  e  il  suolo 
che  se  ne  trova  fecondato  non  ha  contate  le  gocce  che  lo 
vennero  irrorando.  Le  conta  il  pluviometro,  che  cosi  illustra 
la  causa  del  suo  miglioramento.  E  percio  appunto  noi  vo- 
gliamo  porre  sott1  occhio  dei  nostri  lettori  le  piu  grandi 
opere  compiute  da  Pio  IX,  a  vantaggio  della  Chiesa,  nel 
suo  Pontificate.  Ci6  che  tutti  sentono,  noi  intendiamo  in 
qualche  guisa  di  misurarlo.  La  vastita  della  materia  non  ci 
spaventa,  ma  ci  rattiene.  Invece  di  descrivere  la  storia  di 
questi  venticinque  anni ,  noi  indicheremo  soltanto  quali 
punti  lo  storico  futuro  dovra  svolgere.  Invece  di  fare  una 
rassegna  piena  delle  opere,  ne  diamo  semplicemente  una 
nota.  La  virtu  dell1  uomo  e  la  maesta  del  Re  spariranno  per 
un  momento  dal  nostro  sguardo,  per  restringerne  la  vista 
unicamente  sullo  zelo  del  Pontefice.  Sia  questa  una  schietta 
azione  di  grazie  che  noi  onriamo  dal  canto  nostro  alia  Di- 
vina  Provvidenza,  rammentando  la  somrna  dei  beneficii  che 
per  un  quarto  di  secolo  ha  elargito  alia  Chiesa  ;  e  sia 
allo  stesso  tempo  un  umile  omaggio  che  noi  tributiamo  al 
Pontefice,  che  Dio  scelse  per  istrumento  efificace  delle  sue 
misericordie. 

La  Chiesa  vien  rassomigliata  nella  scrittura  ad  un 
esercito  bene  costituito,  che  ha  i  suoi  ordini,  e  i  suoi  ca- 


PIO    IX   E    LA   CHIESA 

sogliono  essere  nel  tempo  di  un  Pontificate  le  erezioni  di 
queste  nuove  sedi,  e  molti  Papi  v'ha  che  nonne  crearono 
alcuna.  Pio  IX  ne  ha  erette  tante  egli  solo  in  un  quarto  di 
secolo,  quante  in  un  secolo  intero  molti  Pontefici  uniti  in- 
sieme  non  ebbero  Topportunita  di  costituire. 

Ne  credasi  che  per  una  qualche  felice  concorrenza  di 
circostanze  egli  non  incontrasse  ostacoli.  Ne  incontr6  anzi 
di  molti:  li  super6  colla  maturita  del  senno  nelle  tratta- 
tive,  colla  costanza  delF  animo  nella  esecuzione.  Per  tacere 
di  tante  altre  ,  siane  esempio  la  Gerarchia  rifatta  nell'  In- 
ghilterra.  Quest' atto  del  Papa,  tuttoche  per  lunghi  anni 
innanzi  meditato  e  preparato,  riusci  per  quel  popolo  pro- 
testante  come  uno  scoppio  di  tuono.  Tutti  se  ne  commos- 
sero:  e  tutti  entrarono  con  rabbiosa  stizza  in  una  gara 
violenta  di  sterminarla.  Ministri,  parlamento,  chericia  pro- 
testante,  giornalisti,  popolo  congiunsero  i  loro  sforzi ,  e 
tutto  adoperarono,  dai  piu  vili  insulti  della  plebaglia  nelle 
vie,  fino  alia  potente  arma  delle  leggi  nelle  aule  parlamen- 
tari.  Parea  che  non  la  sola  esecuzione  di  quelFatto  pontifi- 
cio,  ma  la  tranquillita  stessa  della  professione  cattolica  do- 
vesse  aquell'urto  violento  crollare.  Fuvvi  chiaccuso  d'im- 
prudenza  quel  solenne  decreto  della  Santa  Sede:  fuvvi  chi 
susurro  il  pauroso  consiglio  di  rimetterne  1' effettuazione  a 
tempi  meno  burrascosi.  II  S.  Padre  tenne  fermo:  animati 
dairillustre  esempio  i  cattolici  inglesi,  capitanati  in  ci6  dal 
forte  e  dottissimo  Wiseman,  che  fu  poscia  cardinale,  tennero 
fermi  anch'  essi ,  e  la  terribile  tempesta  si  abbonaccio  a 
poco  a  poco,  e  con  T  andare  del  tempo  die1  luogo  alia  tran- 
quillita piu  sicura.  Se  pari  a  questi,  ne  per  durata  n&  per 
intensita,  non  furono  gli  ostacoli  apposti  alle  altre  istituzioni 
di  nuove  sedi ;  poche  altresi  ve  ne  furono  che  ne  andassero 
del  tutto  esenti. 

Eben  valeva  certamente  la  spesa  di  aflrontarii  con  grande 
animo,  e  di  superarli  con  imperturbabile  costanza.  Giacehe 
il  frutto  che  a  bene  delle  anime  si  ricava  da  ognuna  di 
queste  creazioni,  5  veramente  superiore  ad  ogni  estimazione. 
Se  tu  hai  in  un  vasto'  terreno  poche  viti,  e  vuoi  formartene 


PIO    IX   E    LA   CHIESA 


665 


in  ricco  vigneto,  a  qual  partito  ricorri  ?  Spicchi  delle  viti 
vecchie  i  magliuoli  piu  teneri  e  rigogliosi,  e  li  pianti  ognun 
da  se,  perche  ognuno  divenga  pianta  vegeta  e  generosa. 
Lo  stesso  avviene  delle  terre  che  si  staccano  da  diocesi 
antiche,  per  fame  sedi  a  parte.  In  ciascheduna  di  queste 
nuove  sedi  si  crea  un  centre  nuovo  di  vita  cristiana.  Un 
seminario  per  la  istruzione  di  giovani  chierici,  un  capitolo 
per  1'aiuto  e  il  consiglio  del  Vescovo,  e  nuovi  conventi,  e 
nuovi  istituti  di  carita,  e  nuove  scuole  per  i  fanciulli  e 
nuove  congregazioni  per  alimento  della  pieta,  e  nuove 
missioni  per  iscotimento  del  popolo,  e  nuove  parrocchie  per 
1'uso  dei  santi  sacramenti  e  nuovi  tempii  pel  culto  del  Si- 
gnore:  ecco  il  corredo  naturale  d'una  Chiesa  novella,  vale 
a  dire  altrettanti  efficacissimi  e  fertili  aiuti  per  la  conver- 
sione  e  santificazione  delle  anime.  Ne  questi  frutti  aspet- 
tano  lungo  tempo  a  maturare.  Pochi  anni  bastano  il  piu 
delle  volte:  e  Pio  IX  medesimo  ha  avuto  la  consolazione  di 
vederli  da  per  tutto  ubertosissimi.  Dovunque  egli  ha  fon- 
dato  una  diocesi  nuova,  quivi  ha  mirato  rifiorire  e  aumen- 
tare  il  clero,  moltiplicarsi  le  chiese,  crescere  le  comunita 
religiose,  fortificarsi  la  fede,  infervorarsi  la  devozione  dei 
cristiani.  Forse  per  questi  si  salutari  effetti,  appunto  accade 
che  negli  Stati  ammodernati  si  vuole  la  restrizione  sempre 
raaggiore  delle  diocesi,  e  per  lo  contrario  la  moltiplicazione 
loro,  entro  i  confini  del  convenevole,  si  chiede  da  quanti 
hanno  in  petto  zelo  illuminato  della  santificazione  delle 
anime.  Se  dunque  questo  solo  merito  avesse  avuto  il  Pon- 
tificate di  Pio  IX,  ognun  vede  che  esso  sarebbe  al  certo 
grandissimo,  e  per  quanto  a  noi  consta,  da  nessun  altro 
uguagliato  dopo  i  primi  secoli  della  Chiesa  cristiana. 

Mala  sollecitudine  pastorale  del  S.  Padre  non  fu  ristretta 
soltanto  a  moltiplicare  presso  i  cattolici  le  sorgenti,  diremo 
cosi,  ministeriali  della  vita  cristiana.  Molto,  e  molto  util- 
mente  ha  operate  eziandio  per  attirare  nel  grembo  della 
Chiesa  cattolica  gli  scismatici,  gli  eretici,  gl'  infedeli .  Per 
la  converaione  degli  scismatici  ha  fatto  inviti  con  lettere 


66'6  P10    IX   E    LA   CH1ESA 

apostoliche  sapientissime,  ha  mandate  missionarii  zelanti, 
ha  fatto  stampar  lihri  nelle  rispettive  loro  favelle,  li  ha  con 
tutti  i  mezzi  che  erano  in  suo  potere  inanimiti,  esortati,  pro- 
tetti;  e  se  il  frutto,  dai  Bulgari  in  fuori,  non  ha  corrisposto 
alle  fatiche  della  coltura,  ne  e  da  chiamare  in  colpa  la  so- 
verchia  sterilita  del  terreno ,  non  I1  opera  del  coltivatore. 
Ma  forse  Iddio  riserva  ai  suoi  successor!  la  raccolta  delle 
semenze  da  Pio  IX  diffuse  :  efficacissima  tra  le  quali  noi 
riputiamo  la  istituzione  di  una  Sacra  Congregazione  per  gli 
affari  del  Rito  orientale,  non  ha  guari  da  lui  stabilita,  e  che 
coi  provYedimenti ,  cui  sappiamo  andar  essa  maturando , 
giovera  grandemente  a  promuovere  il  ritorno  all'obbedienza 
della  S.  Sede  di  quei  popoli,  piu  sventurati  che  maligni. 
Ne  minore  e  stato  lo  zelo  pel  ravvedimento  dei  prote- 
stanti.  Mille  sono  state  le  Industrie,  direm  cosi,  della  sua 
carita  paterna  per  isgombrare  dai  loro  inteiletti  i  pregiu- 
dizii,  dei  quali  son  pieni  contro  la  Chiesa  cattolica,  le  cui 
dottrine  e  i  cui  istituti  detestano  tanto  piu,  quanto  piu 
gl'ignorano  o  gli  trasfigurano.  Li  ha  sempre  accolti  nelle  sue 
udienze  con  benevolenza  piu  che  paterna,  ed  animati  col— 
T  amorevolezza  della  sua  parola ;  ha  stimolato  molti  eminenti 
scrittori  a  confutarne  gli  errori  coi  dotti  lor  lihri ;  ha  indi- 
rizzato  loro  con  puhbliche  esortazioni  i  piu  affettuosi  inviti; 
ha  ordinato  preghiere  nella  Chiesa  universale  per  la  loro 
conversione ;  ha  inviato  nei  loro  paesi  dotti  e  caritatevoli 
predicatori;  i  convertiti  ha  ricevuto  colla  significazione  della 
piu  grande  gioia  e  della  piu  schietta  fiducia:  e  poiche  con 
chi  e  nell'  errore  giova  sovente  la  severita  dell'  amnioni- 
zione  altrettanto  che  la  soavita  degli  allettamenti,  non  ha 
risparniiato  neppure  quel  mezzo,  spesso  e  gravemente  ram- 
mentando  loro  i  traviamenti  delle  loro  credenze  e  dei  loro 
costumi  dalla  regola  della  fede  cattolica,  e  le  tristissime 
conseguenze  che  indi  ne  derivano  alle  loro  anime.  Ne  vani 
sono  stati  questi  sforzi :  poiche  le  conversioni  ancor  piu 
illustri,  specialmente  nell'  Inghilterra  e  neH'Alemagna,  han 
consolato  il  suo  zelo,  colla  piu  soave  delle  ricompense, 


PIO    IX   E    LA   CHIESA  C67 

quale  e  il  ntorno  dei  figliuoli  traviati  in  seno  alia  Chiesa 
lor  niadre. 

Le  mission!  presso  gl'  infedeli  sono  ancor  esse  state  fo- 
mentate  e  moltiplicate  da  Pio  IX  con  zelo  sommo.  Nessuna 
delle  antiche  venne  da  lui  trascurata :  moltissime  nuove, 
sotto  i  suoi  auspicii  e  per  suo  impulse,  Tennero  intraprese. 
Nella  Cina  quelle  che  esso  trovo  salendo  sulla  Cattedra  di 
S.  Pietro  sonosi  triplicate :  nel  Giappone  non  v'  erano,  ed  ora 
vi  sono:  molte  nuove  se  ne  sono  aperte  nelFAffrica,  special- 
mente  settentrionale,  nell' Australia,  tra  i  selvaggi  d1  Ameri- 
ca, e  nelle  Indie  ancor  piu  remote.  Basti  dire  che  a  governare 
queste  chiese  nascenti,  oltre  ai  parecchi  Vescovi  loro  dati 
e  di  cui  facemmo  menzione  innanzi,  dovett'egli  stabilire 
otto  prefetture  Apostoliche,  due  Vicariati,  e  ventidue  Dele- 
gazioni.  Ad  alimentare  queste  missioni  un  grande  numero 
di  missionarii  del  clero  regolare  e  secolare  venne  da  lui 
mandate  su  quelle  terre  infedeli ;  ed  a  formare  nella  pieta, 
nella  virtu  e  nello  zelo  proprio  della  vita  apostolica  tali 
missionarii,  parecchie  Congregazioni  viventi  in  comunita 
egli  paternamente  benedisse ,  e  canonicamente  approvb ; 
varie  pie  associazioni  di  ecclesiastici,  votatisi  a  questo  santo 
ministero,  istitui,  e  promosse  F  apertura  di  alcuni  seminarii, 
esclusivamente  a  questa  santa  opera  destinati,  specialmen- 
te  in  Italia  e  in  Francia.  Cosicche  puo  veramente  dirsi  che 
sotto  il  suo  Pontificate  le  missioni  straniere  ripresero  vita 
piu  vigorosa,  e  piu  largamente  si  diffusero.Ne  il  frutto  man- 
cb.  II  mondo  conosce  il  numero,  la  fede,  il  fervore  di  queste 
nuove  cristianita,  parecchie  delle  quali,  come  nel  Tonchino, 
nella  Cocincina,  nella  Cina,  nel  Giappone  suggellarono  col 
sangue  dei  loro  pastori,  del  loro  clero,  e  dei  loro  neofiti  la 
fede  di  Gesu  Cristo,  fecondando  con  si  santo  irroramento 
le  zolle  fino  ad  ora  aridissime  di  quelle  regioni  infedeli. 
Questi  nuovi  martiri,  emuli  degli  antichi  cristiani,  morivano 
con  in  bocca  due  benedizioni;  una  a  Gesu  loro  Dio,  Taltra 
a  Pio  IX  suo  Vicario  in  terra. 


668  PIO   IX   E    LA   CH1ESA 

Ordinare  ed  ampliare  la  Gerarchia  della  Chiesa  e  parte 
certamente  cospicua  delF  apostolico  Pontificate:  ma  la  sua 
parte  essenziale  si  e  d'  istruire  nella  fede  cristiana  e  di  pro- 
muovere  nella  pieta  tutti  gli  uomini.  Anzi  a  questo  secondo 
ufficio  e  diretta  la  prima  cura,  siccome  mezzo  efficacissimo 
a  conseguirlo.  I  Papi  adunque,  siccome  Vicarii  di  Gesii 
Cristo  in  terra,  godono  del  doppio  primato :  il  primato  di 
magistero,  il  primato  di  giurisdizione.  Or  questo  doppio 
primato  impone  loro  il  doppio  dovere,  quello  di  conservare 
intatto  il  deposito  della  fede,  quello  di  conservar  santa  la 
disciplina  nei  costumi.  Entriamo  dunque  a  vedere  come 
Pio  IX  abbia  adempiuto  all'  uno  e  all1  altro  compito.  Ma  qui 
piu  ancora  che  innanzi  la  materia  e  si  vasta,  che  ci  sforza 
a  impicciolire  ancor  di  piu  le  singole  figure  del  quadro  , 
perche  la  tela  ne  contenga  il  piu  gran  numero  che  vi  pos- 
san  capire. 

Uno  dei  principali  pensieri  di  Pio  IX,  e,  non  solo  pre- 
sentemente  ma  forse  piu  ancora  nell'  avvenire,  di  frutto 
ubertosamente  fecondo,  e  stato  quello  di  promuovereTistru- 
zione  del  clero.  Sono  gli  ecclesiastici  i  candelabri  che  stanno 
sul  moggio  a  far  luce ;  ma  questa  luce  sara  fievole  e  cene- 
rognola,  se  Folio  puro  di  molta  e  sana  dottrina  non  empie 
la  lucerna.  Fin  dai  primordii  adunque  del  suo  Pontificate 
rivolse  a  questa  ristorazione  degli  studii  ecclesiastici  la  sua 
sollecitudine ;  e  la  promosse  colla  esortazione  delle  parole 
caldissime,  e  coll1  esempio  molto  piu  efficace  delle  opere. 
Fra  le  prime  istituzioni  sue  fu  quella  del  Seminario  Pio  : 
ove  si  radunano  da  ciascuna  diocesi  degli  Stati  Poniificii 
uno  o  piu  giovani  elettissimi,  per  compiere  un  corso  intero 
di  studii  ecclesiastici  in  Roma  stessa,  sotto  la  direzione  di 
professori  eminenti,  affinche  ritornati  poi  nelle  diocesi,  o  col 
dirigere  gli  studii,  o  coll'  insegnare  si  facessero  guida  sa- 
piente  pel  clero  loro  concittadino.  II  Seminario,  che  dal  suo 
fondatore  fu  detto  Pio ,  ebbe  rendite ,  biblioteca,  edificio, 
professori,  dalla  munificenza  del  Santo  Padre  :  e  i  vantaggi 
ottenutisene  sono  gia  numerosi  e  insigni.  Il  buon  esempio 


PIO    IX   E    LA    CHIESA  669 

trovo  tosto  imitator! :  e  si  videro  sorgere  rapidamente  in 
Roma,  informati  da  quella  stessa  idea,  tutti  sotto  gli  auspicii 
del  Santo  Padre  e  alcuni  dalla  sua  generosita  coadiuvati, 
simili  istituti  pel  clero  francese,  e  per  Tamericano,  sia  del 
Nord,  sia  del  Sud,  non  che  alcuni  altri  per  qualche  speciale 
Stato  d' Italia.  In  quegli  ordinati  seminarii  chiudonsi  orale 
speranze  di  vastissime  regioni,  che  aspettano  dalla  loro  dot- 
trina  Tuniformita  e  la  vastita  delle  idee,  che  sono  i  proprii 
caratteri  delle  scienze  coltivate  in  Roma. 

Ma  anche  fuori  di  Roma  si  estese  universalmente  I1  opera 
di  Sua  Santita.  Per  suo  impulse,  in  questi  ultimi  cinque  lu- 
stri,  dappertutto  fVescovi  posero  mano  coraggiosa  e  sapiente 
alia  riforma  degli  studii  nelle  loro  diocesi,  e  dappertutto 
sorsero  istituti  ca'paci  di  elevare  piu  o  men  presto  il  livellq 
degli  studii  chiesastici  fra  i  cattolici.  Ci  basti  citarne  uno 
solo:  rUniversita  cattolica  di  Vienna,  da  poco  tempo  fori- 
data,  e  gia  florida  e  feconda. 

Un  altro  mezzo,  che  i  tempi  assolutamente  impongono 
allo  zelo  ecclesiastico  di  adoperare  per  la  istruzione  religiosa 
dei  fedeli,  si  &  la  stampa.  Pio  IX  vide  fin  dagl'  inizii  del 
suo  Pontificate  che  il  male  prodotto  nelle  menti  dei  fedeli 
dalla  stampa  empia  e  libertina,  non  dovea  solo  deplorarsi  o 
condannarsi,  ma  domandava  rimedio  pronto,  efficace,  ampis- 
simo.  La  buona  stampa  e  appunto  questa  salutar  medicina; 
e  la  buona  stampa  esso  eccito,  stimo!6,  benedisse,  coadiuvo 
indefessamente,  universalmente,  generosamente.  Esortazioni 
generali,  lettere  speciali  d'  incoraggiamento,  sussidii  pecu- 
niarii,  edizioni  intraprese  col  suo  denaro,  doni  e  decorazioni 
elargite  agli  scrittori ,  accoglienze  onorevoli  e  paterae ,  e 
fino  ringraziamenti  e  lodi  piene  di  paterna  benevolenza: 
tutto  ei  pose  in  opera  perche  ne  i  periodic!  dotti,  ne  il  gior- 
nalismo  battagliero,  n5  i  gravi  libri,  ne  i  facili  opuscoli  non 
mancassero  in  nessuna  parte  del  cristianesimo,  alia  difesa 
della  verita  rivelata  e  della  santita  dei  costumi.  Una  cosi 
forte  impulsione  produsse  il  piu  benefico  effetto:  e  se  omai 
la  stampa  cattolica  pu6  in  parte  almeno  gareggiare  colla 


670  PIO    IX    E    LA   CHIESA 

sua  nemica,  deve  ci6  attribuirsi  allo  zelo  di  lui  per  la  istru- 
zione  dei  fedeli.  Se  la  sua  voce  fosse  stata  secondata  da  tutti 
con  calore  pari  all' impulse  ;  noi  non  saremmo  ora  costretti 
a  confessare  die  1'  eiFetto  di  questi  eccitamenti,  se  e  stato 
grande  in  se  medesimo,  non  ha  tuttavia  uguagliato  ancora 
il  bisogno.  Ma  pur  ci  confidiamo  che  ci6  avverra  quanto 
priina:  giacche  il  moto  e  impresso  damano  molto  vigorosa, 
e  la  massa  che  deve  riceverlo  e  diffonderlo  in  tutte  le  sue 
parti,  si  va  ogni  giorno  piu  disponendo  ad  accoglierlo  tutto 
intero  fino  all1  ultima  sua  circonferenza. 

Ma  queste  non  sono  che  le  minori  parti  e,  per  cosi  dirle, 
piu  accessorie  che  sostanziali  del  Magistero  apostolico  della 
Cattedra  di  Pietro.  Cio  che  ne  costituisce  la  sostanza  si  e 
la  condanna  degli  errori ,  onde  la  ignoranza  o  la  malizia 
umana  va  offuscando  la  limpida  luce  delle  verita  rivelate. 
Non  vi  fu  mai  epoca  nella  Chiesa ,  nella  quale  questo  alto 
ministero  del  Papato  non  dovesse  esercitarsi.  Ma  la  nostra 
piu  che  le  precedenti  glie  ne  offerse  le  occasion!,  perche  i 
mezzi  di  diffusione  che  ha  oggi  la  stampa,  han  sorpassato 
di  gran  lunga  tutte  le  altre  eta :  e  la  licenza  sfrenata  che 
quasi  dappertutto  in  Europa  le  vien  lasciata,  ha  rivolti  quei 
inezzi  in  servigio  piu  dell'errore  che  deila  verita,  piu  delle 
passioni  che  della  ragione.  Ma  al  bisogno  della  Ghiesa  non 
venne  meno  lo  zelo  del  suo  Pontefice.  Non  corse  anno  nel 
quale  e  con  le  allocuzioni  concistoriali,  e  con  le  sue  lettere 
apostoliche  in  forma  di  Brevi,  e  con  le  sue  Encicliche  uni- 
versal!, la  voce  di  questo  supremo  Maestro  della  verita  non 
si  facesse  udire,  per  avvertire  i  fedeli  degli  errori  che  loro 
si  propinavano,  eperisfolgorare  colla  piu  veneranda  autorita 
che  la  terra  possiede,  ma  che  discende  dal  Cielo,  i  nuovi 
errori.  Ci  e  impossibile  il  mentovare  anche  alia  sfuggita  la 
lunga  serie  di  queste  condanne.  I  parecchi  volumi  che 
contengono  questi  preziosi  document!  (Acta  Pii  IX  Pon- 
tijicis  Maximi)  ne  son  pieni .  II  panteismo  della  scuola 
tedesca,  1'eccletismo  della  francese,  il  razionalismo  e  il  se- 
mirazionalismo  della  filosofia  moderna ,  il  gunterianismo 


PIO    IX   E    LA    CH1ESA  671 

nella  teologia,  il  liberalismo  nolle  relazioni  tra  Chiesa  e 
Stato,  Tontologismo  nelle  varie  sue  fasi,  il  naturalismo,  e 
via  via  discorrendo  tutti  i  nuovi  sistemi ,  che  la  scienza 
vana  ed  orgogliosa  del  mondo  ha  o  partoriti  o  svecchiati 
contra  la  fede  da  Dio  rivelata,  vennero  non  solo  nel  loro 
tutto  insieme ,  ma  anche  a  parte  a  parte ,  dopo  maturo  e 
profondo  esame,  successivamente  condannati.  II  solo  Sillabo, 
tanto  detestato  da  tutti  quelli  che  o  son  fuori  la  Chiesa,  o 
professandolesi  a  parole  figliuoli  le  sono  ai  fatti  awersarii, 
contiene  non  meno  di  ottanta  proposizioni  condannate:  e 
pur  non  sono  tutte  le  condanne  lanciate  dalla  indefessa  vi- 
gilanza  di  questo  Papa. 

Ma  la  corona  di  questa  opera  e  fuor  di  ogni  dubbio  la 
convocazione,  e  radunamento  del  Concilio  Ecumenico  in 
Roma.  Lo  scopo  suo  principalissimo  si  fu  appunto  la  con- 
dannazione  degli  errori  moderni :  e  fu  dalla  Santita  Sua 
radunato,  per  dare  a  questa  condannazione  la  massima  so- 
lennita  che  possa  la  Chiesa  aggiugnere  a  questo  atto  del 
suo  magistero  divino.  II  sol  tentarlo,  nelle  circostanze  in 
cui  il  Papa  si  trovava,  fu  grande  magnanimita.  II  conse- 
guirne  Tadunamento  e  il  dirigerne  le  prime  mosse,  tutti 
sanno  quali  e  quante  brighe  e  cure  different!  imposero  alia 
sua  operosita.  Gli  avveniinenti  di  Europa  ne  hanno  finora 
impedita  la  prosecuzione  :  ma  solo  quel  tanto  che  fu  nella 
terza  e  nella  quarta  sessione  solenne  decretato  e  gia  un 
beneficio  immenso  per  la  Chiesa,  e  pel  mondo.  Pochi  Pon- 
tefici  hanno  avuto  nella  Chiesa  di  Dio  tal  merito  :  ai  tanti 
altri  che  gia  son  proprii  di  Pio  IX  questo  si  aggiugne  per 
soprassello ,  ed  esso  e  veramente  sommo. 

Oltre  ad  essere  il  Maestro  supremo  ed  infallibile  della 
verita,  il  Papa  e  il  Pastore  universale  dei  fedeli,  di  qualun- 
que  grado  essi  sieno,  in  qualunque  forma  tra  loro  uniti  ed 
associati .  Vedemmo  come  egli  adempisse  air  ufficio  di 
maestro:  vediamo  ora  come  compiesse  quello  di  pastore. 

Nel  salire  sulla  Cattedra  di  S.  Pietro  egli  trov6  cheaper 
effetto  di  antichi  e  recenti  sconvolgimenti,  in  quasi  tutti  gli 


672  PIO    IX   E    LA   CHIESA 

Stati  di  Europa  il  legame  tra  la  Chiesa  e  lo  Stato  erasi,  non 
solamente  rallentato,  ma  in  molti  di  essi  quasi  rotto  del  tutto: 
con  gravissimo  impedimento  del  ministero  ecclesiastico,  e 
per  conseguenza  con  pari  danno  spirituale  delle  anime.  A 
far  cessare  questa  perniciosa  condizione  di  cose  applic6  in- 
defessamente  1'animo :  e  con  quella  mansuetudine  e  prudenza 
che  fu  sempre  propria  della  Sede  Apostolica,  entr6  con 
moltissimi  Governi  in  trattati,  affine  di  conciliare  il  piu  che 
riuscisse  possibile  i  diritti  sacri  della  Chiesa  cogl'  interessi 
legittimi  e  coi  cangiamenti,  sciaguratamente  indistruttibili, 
avvenuti  negli  Stati.  Questa  specie  di  negoziati  e  la  piu 
difficile  a  bene  condurre  a  termine ,  stante  da  un  lato  le 
esigenze  d'  ordinario  eccessive  degli  uomini  di  Stato,  e  il 
dovere  il  piu  delle  volte  indeclinabile  degli  uomini  di  Chiesa. 
Pur  tuttavolta  alia  misericordiosa  condiscendonza  ed  alia 
autorevole  costanza  di  Pio  IX  riusci  di  conchiudere  molti 
ed  importantissimi  Concordati,  pei  quali  le  Chiese  di  varie 
nazioni  uscivano  dalF  intollerabile  e  pernicioso  state,  se  non 
di  persecuzione  manifesta,  certo  d'  ingiusta  oppressura,  e 
vedeansi  ritornare  alia  sospirata  pace  e  liberta  de1  sacri 
minister!. 

Non  possiamo  che  appena  indicare  i  nomi  dei  Governi 
coi  quali  essi  vennero  conchiusi.  Due  appartengono  alia 
America  centrale  :  alle  due  repubbliche  cioe  di  Costarica 
e  di  Guatimala,  ove  fattasi  un  po'  di  tregua  agli  sconvol- 
gimenti  che  le  aveano  fino  allora  conturbate  si  nell'ordine 
politico,  si  nell'ecclesiastico,  si  pote  salvare  quel  tanto  che 
ancor  rimaneva  alia  Chiesa,  e  ristabilirvi  Tarmonia  giuridica 
tra  lei  e  lo  Stato,  cominciatasi  a  turbare  fin  dalla  separa- 
zione  di  quelle  terre  dalla  Spagna  .  II  Concordato  con- 
chiuso  col  Gran  Duca  di  Toscana  riparava  convenientemente 
le  usurpazioni  Leopoldine  d'  infausta  memoria,  e  troncava  le 
immistioni  indebite  del  Governo  nelle  cose  spettanti  intima- 
mente  alia  Chiesa.  L'altro  che  fu  stretto  col  Re  del  Wurtem- 
berg  in  Germania,  poneva  in  assetto  i  dritti  e  gl1  interessi  di 
quei  cattolici,  che  daU'epoca  delle  conturbazioni  religiose  e 


PIO    IX   E   LA  CH1ESA  673 

civili  della  Germania  aveano  grandemente  sofferto.  II  Con- 
cordato  col  duca  di  Baden  mirava  a  definire  i  litigi  famosi, 
che  per  la  elezione  del  parroci  cattolici  eransi  suscitati  con 
tanto  strepito  in  quel  ducato,  ed  aveano  fatte  soffrire  a 
quel  clero  e  a  quei  cattolici  una  si  ostinata  e  cavillosa  per- 
secuzione.  Ma  i  tre  piu  notevoli  Concordati  fatti  da  Pio  IX 
riguardano  i  tre  grandi  Stati  di  Europa,  la  Spagna,  la  Rus- 
sia, e  I1  Austria:  la  Spagna  sconvolta  dalla  rivoluzione , 
la  Russia  oppressa  dalF  autocrazia  scismatica ,  T  Austria 
sottoposta  alle  famose  leggi  Giuseppine :  tre  sorti  di  per- 
secuzioni,  molto  different!  nella  loro  origine,  ma  negli 
effetti  loro  poco  1'uria  dissimile  dall'altra.  Non  e  facile  il 
descrivere  gli  studii ,  le  fatiche,  le  pene  che  questi  tre 
Concordati  costarono  alia  S.  Sede :  come  non  e  facile  il 
descrivere  dall'una  parte  il  gaudio  universale  dei  cattolici 
nel  vederli  conchiusi,  e  le  ire  dei  protestanti,  degli  scisma- 
tici,  degli  scredenti  per  questa  loro  conchiusione. 

Se  non  che  le  speranze  giustamente  concepite  dalla 
Chiesa  per  questi  Concordati  sonosi  sventuratamente  assai 
presto  dileguate,  per  la  infedelta  neireseguirli  da  parte 
dei  Governi  che  li  aveano  contrattati.  Nella  Russia,  dopo  la 
rivoluzione  di  Polonia,  tutto  e  ito  in  fascio:  nella  Toscana, 
nella  Spagna  e  nelF  Austria  i  Governi  piu  o  meno  rivolu- 
zioriarii  che  sonosi  cola  insediati,  hanno  per  prima  cosa 
lacerato  quei  solenni  trattati,  con  insigne  mislealta,  ed  in- 
giustizia.  Ma  se  con  cio  sono  essi  riusciti  a  distruggere  i 
buoni  effetti  di  quegli  accordi,  non  possono  al  certo  scemare 
il  merito  di  chi  li  avea  innanzi  con  tanta  fatica  procurati. 

Anzi  cio  stesso  ha  aggiunto  un  merito  nuovo  all'antico. 
Poiche  appunto  per  queste  nuove  ingiurie  fatte  alia  Chiesa, 
ha  dovuto  il  Papa  adempiere  piu  spesso  un  altro  obbligo 
del  suo  ufficio  pastorale:  quello  di  assumere  con  forte  petto 
la  difesa  dei  diritti  dei  cattolici,  dalla  falsa  ragione  di  Stato 
cosi  iniquarnente  calpestati.  Infelice  epoca  ha  dovuto  tra- 
versare  Pio  IX  :  epoca  di  sconvolgimenti ,  di  persecuzioni, 
di  odii,  di  nimista,  d1  ingiustizie !  Ma  lungi  dall1  atterrirsene* 
Serie  VIII,  vol.  77,  fasc.  604.  43  6  giugno  1871. 


674  PIO    IX  xE    LA   CH1ESA 

egli  vi  ha  costantemente  opposto  la  fortezza  sacerdotale 
in  tutta  la  maesta  della  sua  grandezza.  Da  qualunque  lato 
sia  essa  venuta  T  oppressione  della  Chiesa  di  Gesu  Cristo, 
da  qualsivoglia  altezza  sia  essa  partita ,  non  e  mancata  la 
voce  di  Pio  IX  per  biasimarla  ,  per  protestarle  contro ,  per 
condannarla,  e  fin  per  punhia  colle  ecclesiastiche  censure. 
Sventuratamente  non  vi  e  stato  anno  del  suo  lungo  Ponti- 
ficato  che  non  gliene  abbia  fornito  la  dolorosa  occasione  : 
ma  fortunatamente  a  nessuna  di  queste  occasioni  e  vemita 
meno  la  fortezza  di  quel  petto  veramente  apostolico.  Ed  e 
questo  uno  spettacolo  consolante  per  ogni  cuore  che  serbi 
tin  palpito  ancora  per  la  giustizia  e  per  la  dignita  della 
coscienza  umana  !  In  questo  secolo  che  ha  assolte  tutte  ie 
iniquita  fortunate,  che  si  e  piegato  con  vile  assentazione 
a  tutfce  le  oppressioni  della  forza  contra  il  dritto ,  il  solo 
che  non  le  si  sia  curvato  innanzi,  il  solo  che  le  si  sia  pale- 
semente  opposto  e  stato  questo  vecchio  del  Vaticano,  per- 
seguitato  ,  spogliato,  destituito  egli  stesso  d'ogni  umano 
sussidio,  e  non  da  altro  fortificato  che  dalla  coscienza  del 
suo  diritto  e  della  sua  missione  sulla  terra . 

Tutto  cio  ha  egli  fatto  in  difesa  del  suo  gregge  :  ma 
molto  anche  di  piu  ha  operato  in  suaedificazione.  Dovremo 
ora  toccare  punti  piu  noti,  e  pero  il  faremo  con  b  re  vita 
ancor  maggiore. 

Una  delle  cure  piu  sollecite  del  Santo  Padre  e  stata 
quella  di  consolidare  con  ogni  sorta  di  mezzi  la  unione 
dell' Episcopate  cattolico  collaS.  Sede.  Poiche  i  Vescovi,  se 
ebbero  sempre  bisogno  diessere  con  lei  congiunti,  non  solo 
con  la  dipendenza  essenziale  aH'unita  della  Chiesa,  ma 
eziandio  con  quella  confidente  communicazione ,  si  utile  al 
buon  governo  di  essa;  ne  hanno  ora  piu  grande  il  bisogno, 
in  quanto  che  destituiti  d'  ogni  protezione  e  sostegno  go- 
vernativo,  rimangono  solo  con  quella  autorita  che  precede 
dalla  loro  ordinazione  gerarchica,  e  che  tanto  e  piu  dai  fe- 
de'li  rispettata,  quanto  la  mirano  piu  strettamente  congiunta 
alia  fonte  primaria  d'ogni  giurisdizione  ecclesiastica,  qual 


PIO   IX   E   LA   CH1ESA 


675 


e  il  Papato.  A  vantaggio  dunque  della  unita  della  Chiesa, 
a  vantaggio  della  dignita  episcopale,  a  vantaggio  dello 
zelo  apostolico,  mise  ogni  opera  il  S.  Padre  nel  collegare 
alia  cattedra  di  S.  Pietro  coVincoli  della  piu  intima  comu- 
nicazione  i  Vescovi  della  Chiesa  cattolica.  Questa  cura  fu, 
si  puo  dire,  la  cura  di  ogni  di:  ossia  nel  ricevere  con  quella 
squisita  affabilita  sua  propria  i  Vescovi  che  venivano'  a 
Roma,  ossia  nel  concedere  loro  con  grande  indulgenza  le 
grazie  che  domandavano ,  ossia  nel  rispondere  con  paterna 
benevolenza  alle  loro  lettere,  ossia  con  soccorrere  con  ogni 
maniera  di  munificenze  ai  bisogni  delle  loro  chiese  ,  ossia 
col  proteggerli  con  tutti  i  mezzi  che  fossero  in  sua  mano 
nelle  loro  traversie,  ossia  finalmente  con  guiderdonarne  di 
privilegi  e  di  onorificenze  i  servigi  da  loro  resi  alia  Chiesa. 
Questa  costante,  indefessa,  quotidiana  sollecitudine ,  non 
possibile  a  descriversi  minutamente  in  nessun  mo  Jo ,  si  e 
potuta  manifestare  a  tutto  il  mondo  nei  suoi  splendid!  effetti. 
Ne  indicheremo  tre  soltanto,  fra  tutti  gli  altri  piu  visibili. 
II  primo  risulto  dalle  radunanze  di  Vescovi  celebrates! 
in  Roma.  Quattro  occasioni  ne  furono  porte  :  la  definizione 
del  domma  dell'  Immacolata  Concezione,  la  Canonlzzazione 
dei  Martiri  giapponesi,  la  festa  del  Centenario  di  S.  Pie- 
tro, il  Concilio  Vaticano.  L'una  sorpasso  Faltra  pel  numero 
dei  Vescovi  concorsi  da  tutte  le  parti  della  cristianita,  fin 
piu  remote ,  quantunque  per  le  tre  prime  non  ne  facesse 
che  un  semplice  invito  :  e  in  ognuna  la  concordia  di  tutto 
T  Episcopate  col  Santo  Padre  fu  non  solamente  piena ,  ma 
splendida  e  consolantissima .  Un  tale  spettacolo  non  si 
vedeva  in  Roma  da  molti  secoli  addietro.  Ne  fu  solo  spet- 
tacolo di  sterile  compiacenza.  Giovo  ai  Vescovi,  foriifican- 
done  1'unione  colla  Sede  apostolica,  e  infondendo  nei  loro 
petti  nuovo  coraggio,  pel  trovarsi  che  tutti  fecero  di  un  sol 
pensiero  e  d'un  solo  affetto :  giovo  ai  cattolici,  conferman- 
doli  nella  stima  e  riverenza  della  loro  Gerarchia  e  del  Sommo 
Pontefice:  giovb  agli  eterodossi,  mostrando  loro  in  atto 
quella  unione  di  fede,  e  quella  concordia  di  carita,  che  sono 
il  carattere  proprio  della  vera  Chiesa  di  Gesu  Cristo. 


676  .        P10   IX   E    LA   CHIESA 

L1  altro  effetto  visibilissimo  si  fu  la  costanza  dimostrata 
in  questi  cinque  lustri  dai  Vescovi  cattolici,  nelle  persecu- 
zioni  cui  soggiacquero.  Non  vi  fu  quasi  regione  in  cui  si 
godesse  pace  stabile.  Or  T  uno,  or  T  altro,  ora  con  mag- 
giore,  ora  con  minor  violenza,  tutti  quasi  gli  Stati  ebbero 
le  loro  lotte  religiose ,  le  loro  oppressure.  In  cosi  lunga 
durata  di  tempo ,  in  cosi  diversi  paesi ,  in  circostanze  cosi 
svariate  ,  T  Episcopate  cattolico ,  salvo  qualche  rarissima 
e  non  considerabile  eccezione,  si  mostr6  dappertutto  uguale 
a  se  stesso  ,  cioe  magnanimo  sostenitore  dei  dritti  della 
Chiesa.  Le  debolezze  di  altri  tempi  la  Dio  merce  non  si 
rinnovarono  in  nessun  luogo :  e  i  piu  splendidi  esempii  di 
fortezza  apostolica  non  mancarono  a  nessun  paese.  Venne 
esso  spogliato  in  parecchi  Stati  di  Europa  dei  suoi  beni : 
venne  tradotto  per  forza  innanzi  ai  tribunal! :  venne  ca- 
lunniato,  vilipeso,  oltraggiato.  Ne  cio  basta.  La  Russia  vide 
incarcerati  e  trasportati  in  Siberia  i  suoi  Vescovi:  incarce- 
rati  li  vide  la  Germania,  la  Svizzera,  la  Spagna,  e  sopra 
tutti  gli  altri  Stati  1' Italia;  li  vide  il  Chili,  il  Messico,  li 
videro  altri  Stati  d' America,  e  di  Europa;  per  non  parlare 
dei  paesi  d'infedeli,  ove  parecchi  versarono  per  la  loro  fede 
il  sangue.  Protestaronsi  tutti  fortemente  contro  si  inique 
vessazioni :  soffrirono  tutti  tacendo  e  perdonando ;  ma  nes- 
suno  cedette  per  vilta.  Or  noi  non  dubitiamo  di  asserire 
che  questa  gloria  si  santa  della  Chiesa  cattolica  ai  nostri 
di,  devesi,  dopo  Dio,  al  Pontefice  Romano,  che  avea  ringa- 
gliarditi  e  rinfocolati  quei  petti  colle  sue  esortazioni,  e 
piu  ancora  col  suo  esempio. 

II  terzo  effetto  si  fu  di  far  disparire  interamente  nella 
Chiesa  latina  quella  disparita  di  riti,  che  lo  spirito  d'  inno- 
vazione,  ingagliardito  dal  Gallicanismo,  vi  avea  in  moltis- 
sime  Diocesi  della  Francia  leggerissimamente  introdotto. 
Quella  bella  parola  che  Pio  IX  disse,  montando  sulla  Cattedra 
di  S.  Pietro :  Desidero  che  tutti  preghino  in  quel  modo  che 
prego  io  ;  la  vede  ora  con  grande  consolazione  del  suo  animo 
pienamente  adempiuta.Ne  le  cure  in  cio  spese  furon  poche : 
persuasioni ,  consigli,  esortazioni,  eccitamenti ,  per  lungo 


PIO    IX   E    LA   CHIESA  677 

tempo  e  con  molta  perseveranza  dati,  ottennero,  senza  che 
fosse  stato  bisogno  di  ricorrere  agli  atti  piu  severi  della  sua 
autorita,  questo  si  bel  risultamento.  Con  esso  puo  dirsi  con- 
solidata  viemaggiormente  T  unita  della  Chiesa,  e  dato  un 
terribile  colpo  di  scure  al  cattivo  tronco  del  Gallicanismo  , 
che  poi  colla  definizione  dell'infallibilita  del  Papa,  datasi 
dal  Concilio  ecumenico  ,  venne  totalmente  e  per  sempre 
abbattuto. 

Dai  Vescovi  passiamo  ai  fedeli;  e  rapidamente  ricor- 
diamo  tutto  ci6  che  fece  Pio  IX  affine  di  eccitarli  sempre 
piu  nella  pieta  cristiana,  e  nelle  opere  corrispondenti  alia 
fede.  Iinmenso  campo  ci  rimarrebbe  a  percorrere ;  mentre 
che  il  tempo  appena  ci  basta  a  gittarvi  su  uno  sguardo 
passeggiero. 

La  prima  cosa  che  ci  si  presenta  alia  vista  sono  i  cento 
modi  largamente  adoperati  dal  S.  Padre  per  accrescere  il 
culto  religiose.  Ci  passiamo  dal  menzionare  cio  ch1  ei  fece 
per  la  decorazione,  ristorazione  ed  erezione  dei  tempii  ma- 
teriali,  con  magnificenza  veramente  sovrana,  e  con  esempio 
feracissimo  d'  imitatori  in  tutto  il  mondo .  Mentoveremo 
soltanto  ci6  ch1  ei  fece  per  dar  fomento  e  vigore  alia  pieta 
interiore  dei  fedeli. 

La  devozione  verso  la  Vergine  Santissima,  mezzo  effi- 
cacissimo  per  la  forma  interna  dello  spirito  cristiano,  fu  in 
cento  modi  estesa  e  stimolata.  Nuovi  santuarii  sotto  i  suoi 
auspicii  erettisi  nella  Cristianita,  e  dal  Papa  di  spiritual! 
favori  arricchiti ;  solennita  novamente  autorizzate  ;  pre- 
ghiere  pubbliche  a  lei  indirizzato:  pratiche  devotissime  o 
introdotte  o  caldeggiate ;  son  questi  i  mezzi  diremo  cosi 
minori.  II  principalissimo  fu  la  definizione  del  Domma  del- 
T  Immacolata  Concezione,  a  preparar  la  quale  tanta  matu- 
rita  di  studii,  di  ricerche,  e  di  discussioni  ei  fe'sapiente- 
mente  precedere.  Essapose  sul  diadema  che  corona  il  capo 
di  Maria,  Madre  di  Dio,  la  gemma  piu  splendida;  e  ci6  basto 
perche  da  per  tutto  nel  mondo,  non  solo  si  infervorasse,  ma 
si  allargasse  eziandio  il  culto  verso  la  Vergine  senza  mac- 
chia.  Per  essa  videsi  un  ristoramento  notevolissimo  del 


G78  P10    IX    E    LA    CHIESA 

fervore  cristiano,  e  un  ravvivamento  universale  della  fiducia 
in  Dio,  che  premia  misericordiosamente  qualsivoglia  onore 
si  faccia  a  Maria.  II  Papavenne  da  quel  di  risgaardato  come 
posto  sotto  il  manto  di  Maria,  e  fu  dalla  bocca  del  popolo 
cristiano  salutato  universalmente:Pontefice  deirimmacolata. 

Pochi  Papi  hanno  avuto  Tagio  di  occuparsi  con  tanto 
zelo  della  canonizzazione  de'Santi,  e  della  beatificazione  dai 
Servi  di  Dio,  co'n  quanto  1'ha  fatto  Pio  IX.  Sotto  il  suo  Pon- 
tificato  sonosi  conchiusi  moltissimi  di  questi  lunghi,  faticosi, 
gravissimi  processi :  molti  so  ne  sono  iniziati  e  si  proseguo- 
no  ora  alacremente.  Per  essi  eincredibile  quanto  si  prosper! 
la  virtu  cristiana.  Si  prospera  col  mostrarla  perpetua  carat- 
teristica  della  Chiesa  di  Gesu  Cristo,  che  percio  ancora  si 
appella  santa :  si  prospera  col  mostrare  il  guidcrdone  che 
Dio  le  riserva  nel  cielo :  si  prospera  col  mostrare  T  onore  in 
che  la  tiene  la  Chiesa  in  terra ;  si  prospera  col  proporre  no- 
velli  eseinpii  ai  fedeli;  si  prospera  col  dar  loro  nuovi  pro- 
tettori  tra  i  beati  comprensori  nel  cielo. 

II  culto  speciale  di  due  gran  Santi,  S.  Giuseppe  e  S. 
Pietro,  che  hanno  un  intimo  rapporto  col  nostro  divin  Re- 
dentore,  essendone  1'uno  stato  Padre  putativo  nella  sua 
mortal  camera  in  terra,  e  T  altro  il  primo  Vicario  da  lui  la- 
sciato  nella  gloriosa  sua  ascensione  in  Cielo  :  il  culto,  dicia- 
mo ,  di  questi  due  gran  Santi  ebbe  da  Pio  IX  efficacissimo 
impulso.  La  festa  del  Centenario  di  S.  Pietro,  e  la  elezione 
di  S.  Giuseppe  a  Patrono  universale  della  Chiesa  furono, 
tra  i  tanti  mezzi  adoperati,  i  due  piu  insigni  e  piu  efficaci. 

II  dischiudere  ai  fedeli  i  tesori  spiritual!  della  Chiesa 
fu  sempre  un  mezzo  validisstmo  per  dar  nuovo  incitamento 
alia  loro  conversione  a  Dio,  ed  al  loro  fervore.  Or  chi  ne  fu 
piu  largo  di  Pio  IX?  Non  diciamo  deile  indulgenze  da  lui 
a  mille  e  mille  pie  opere  concedute  :  diciamo  dei  Giubbilei 
universali ,  che  tutti  insieme  dispensano  i  favori  di  quella 
madre  indulgente  che  e  la  Chiesa.  Quattro  volte  Pio  IX  li 
concesse  a  tutta  la  cristianita:  e  quattro  volte  fu  visto 
1'  addensarsi  del  popolo  fedele  nelle  chiese  per  goderne,  il 
correre  ai  confessionali  per  apparecchiarvisi,  il  moltiplicare 


P10   IX  E    LA   CH1ESA  679 

le  pie  opere  di  fede  e  di  carita  per  rendersene  meritevoli : 
e  sempre  un  infinite  numero  di  anime,  che  vivevano  lontane 
dai  santi  Sacramenti,  vi  si  accost6  con  pentimento  sincere 
e  con  edificazione  comune. 

Le  comunita  religiose  sono  non  solamente  P  asilo  della 
virtu,  ma  eziandio  il  semenzaio,  e  la  fucina.  Non  fa  dunque 
meraviglia  che  Pio  IX  applicasse  Tanimo,  con  quello  zelo 
suo  operosissimo ,  non  che  a  favorirne ,  e  ristorarne  la 
disciplina,  ma  eziandio  ad  accrescerne  il  numero,  ad  aiu- 
tarne  lo  svolgimento.  Con  sapient!  decreti,  dopo  lunghe  e 
profonde  indagini,  promulgo  quelle  modificazioni  e  quegli 
ordinamenti  che  valessero  o  a  far  rifiorire,  ove  per  avventura 
fossesi  illanguidita,  o  a  mantenere  intatta  negli  Ordini  clau- 
strali  la  regolar  disciplina.  Nelle  persecuzioni,  cui  la  mag- 
gior  parte  di  essi  and6  soggetta  nei  variijStati  ove  la  rivo- 
luzione  dett6  leggi,  ei  se  ne  fece  scudo  a  difesa,  e  manto  a 
protezione.  Colle  esortazioni  delle  parole ,  e  piu  ancora 
coll'esempio  dell'opera,  stimolo  i  Vescovi  a  moltiplicarne  il 
numero  nelle  loro  diocesi.  Di  nuovi  istituti,  dedicati  o  al 
culto  del  Signore,  o  alle  missioni  straniere,  o  alle  opere 
delia  misericordia  corporale,  o  alia  istruzione  della  gioventu, 
lodo  lo  spirito,  esamino  ed  approve  le  regole,  benedisse  le 
opere.  Non  vi  e  nella  storia  della  Chiesa  Pontefice,  che  abbia 
tante  nuove  Congregazioni  religiose  vedute  sorgere  ed 
approvate,  quante  il  Papa  Pio  IX. 

La  necessita  dei  tempi  impose  al  S.  Padre  un'altra  nou 
lieve  sollecitudine.  Spezzatosi  il  vincolo  che  unisce  la 
Chiesa  allo  Stato,  e  rinnegatosi  dai  governanfci  il  dovere  di 
proteggere  la  Chiesa,  essa  rimane,  come  il  fatto  pur  troppo 
dimostra,  alia  merce  dei  suoi  nemici  senza  difesa  veruna. 
Finche  questa  innatural  condizione  di  cose  perdura,  tocca 
ai  singoli  fedeli  di  raddoppiare  piii  che  mai  gli  sforzi,  per 
difendere  gPinteressi  della  loro  Chiesa,  e  il  dritto  della  loro 
coscienza.  A  farlo  efficacemente  un  solo  mezzo  vi  e;  quello 
di  associarsi  insieme,  e  contrapporre  gli  sforzi  uniti  di  tutti 
essi  alia  forza  soverchiante  dei  loro  avversarii.  Ci6  vide  fin 
da}  principio  del  suo  Pontificate  Pio  IX :  e  in  cio  vie  mag- 


G80  P10   IX   E    LA    CH1ESA 

giormente  il  confermarono  gli  avvenimenti  posteriori.  Quiadi 
eglisi  studio  a  tutto  potere  di  dar  incominciamento,  moto  e 
vigore  a  queste  pie  e  necessarie  associazioni.  Quantene  abbia 
benedette,  animate,  approvate,  eccitate  e  impossibile  il  pur 
accennare :  oramai  tutto  il  mondo  cattolico  ne  e  pieno.  Ma 
quaate  sollecitudini  cio  gli  sia  costato,  solo  il  puo  intendere 
chi  conosce  le  difficolta  che  ,  a  concepirne  ed  effettuarae 
a  ache  una  sola,  offri  sempre  ed  ofirira  la  povera  natura 
umana  coi  suoi  difetti,  anche  quaado  essa  e  dal  piu  saato 
stimolo  della  grazia  eccitata.  II  frutto  per5  di  taate  fatiche 
e  stato  ubertosissimo.  A  piu  milioai  coataasi  i  aomi  di 
coloro  che  fecero  perveaire  al  Papa,  ia  commoveatissiaii 
indirizzi  le  protestazioai  della  loro  rivereaza  e  del  loro  amore 
alia  Sede  di  Pietro,  e  il  giuraaieato  di  difeadere  i  dritti  della 
Caiesa.  Ne  furoao  promesse  vaae.  Ogai  sorta  di  sacrificio 
sosteaaero  per  atteaerle.  L'  obolo  di  S.  Pietro,  maadato  a 
sopperire  ai  bisogai  deirerario  poatificio,  e  il  saague  ver- 
sato  dalla  piu  fiorita  gioveatu  di  tutte  le  Hague  per  difea- 
derae  gli  Stati,  soao,  fra  taati  altri,  testimoaii  luculeatissimi 
della  siacerita  di  quelle  offerte. 

Sebbeae  aoa  siamaoiproceduti  che  uaicameate  per  ge- 
aeralissime  iadicazioai,  pur  tuttavolta  quelpoco  che  abbiaai 
qui  raccolto  iasieme  basta,  perche  tutti  veggaao,  quaato  la 
Chiesa  e  i  fedeli  debbaao  al  Poatificato  di  Pio  IX.  E  vero 
che  Dio  gli  ha  coaceduto  tempo  luago  per  fare  il  beae :  ma 
e  vero  altresi  che  aessuaa  particella  di  questo  tempo  aoa 
fu  mai  da  lui  perduta.  la  ciaque  lustri  di  storia  ecclesiastica 
aoa  si  troveraaao  riuaite  iasieme  altrettaate  opere  promosse 
o  attuate  dai  Romaai  Poatefici:  e  certo  aessua  Romaao  Poa- 
tefice  prima  di  lui  pote  compiere  tutti  iasieme  gli  atti  piu 
solenni  di  ua  Poatificato,  e  gli  ufficii  piu  alti  della  solleci- 
tudiae  apostolica.  Gerarchie  auove  ristabilite,  graadissimo 
aumero  di  auove  Chiese  erette,  molte  auove  missioai  foa- 
date,  auovi  errori  coadaaaati,  auovi  popoli  richiamati  alia 
Chiesa,  auovi  Ordiai  religiosi  approvati,  caaoaizzazioai  di 
nuovi  Saati,  ua  auovo  Coacilio  ecumeaico  raduaato;  oltre 
al  maateaimeato ,  alia  propagazioae,  al  miglioramento  di 


P10    IX    E    LA   CH1ESA  681 

tutte  le  antiche  istituzioni :  questo  pu6  dirsi  1'  inventario 
del  Pontificato  di  Pio  IX. 

E  vie  maggiormente  ne  cresce  il  merito  quando  si  con- 
sidera  che  tutto  ci6  egli  adempie  in  mezzo  alle  commozioni 
politiche,  e  nulla  omettendo  delle  cure  che  la  sua  Sovranita 
temporale  quotidianamente  gli  domandava.  Senz'essa,  ci 
piace  di  osservarlo,  la  piii  gran  parte  di  questi  beneficii 
fatti  alia  Chiesa  sarebbe  venuta  meno:  ma  essa,  specialmente 
a  cagione  dell'  iniqua  persecuzione  cui  fu  fatta  segno,  gli 
aggiunse  un  sopraccarico  di  cure  e  di  fatiche,  cui  con  forte 
animo,  e  con  operosita  istancabile  costantemente  sostenne. 

Laonde  meritamente  i  fedeli  sentonsi  colmare  di  giubilo 
il  cuore  nella  commemorazione  del  ventesimoquinto  anni- 
versario  della  sua  elezione.  La  gratitudine,  I'affetto,  la  spe- 
ranza  si  uniscono  insieme  per  ispirare  questa  gioia.  La 
gratitudine  verso  chi  tutta  spese  la  sua  vita  di  Pontefice  a 
servizio  della  Chiesa :  T  affetto  verso  chi,  dopo  aver  tanto 
amato  e  beneficato  i  fedeli  suoi  figliuoli,  ne  ha,  doloroso 
ricambio !  in  guiderdone  la  spogliazione,  la  prigionia,  le  in- 
giurie :  la  speranza  che  la  Divina  Provvidenza,  dandogli 
Pontificato  piu  lungo  che  a  nessuno  mai  de'256  suoi  pre- 
decessori  non  fu  concesso ,  lo  riserbi  a  godere  il  trionfo 
della  Chiesa,  da  lui  tanto  desiderate,  promosso,  meritato. 

Or  la  gratitudine,  1'affetto,  la  speranza  si  traduce  da  tutti 
i  fedeli  in  una  preghiera  sola,  che  corrisponde  al  voto  di 
tutti  i  nostri  cuori :  in  quella  preghiera  medesima  che  la  co- 
munita  dei  fedeli,  diciotto  secoli  e  mezzo  or  fa,  alzava  al 
Cielo  per  Pietro  imprigionato.  Un  soave  pensiero  ci  conforta 
a  farla:  il  pensiero  che  questa  grazia  Iddio  la  destina,  non 
solo  ai  meriti  del  suo  Vicario,  ma  eziandio  alia  nostra  fede, 
alia  nostra  confidenza ,  al  nostro  fervore :  che  val  quanto 
dire  alia  stessa  nostra  preghiera.  Preghiamo  dunque  pel 
Pontefice  nostro  Pio.  II  Signore  lo  conservi,  lo  ravvivi,  lo 
consoli  su  questa  terra,  e  non  abbandoni  la  sua  vita^nelle 
mani  dei  suoi  nemici .  Oremus  pro  Pontifice  nostro  Pio. 
Dominus  conservet  eum,  vivificet  eum,  leatum  faciat  eum  in 
terra,  et  non  tradat  eum  in  animam  inimicornm  ems. 


PIO    IX    E    LA   80GIETA    CIVILE 


La  cura  solerte  del  gran  PonteOce  Pio  IX,  non  si  e  ri~ 
stretta  al  puro  ordine  soprannaturale  della  Fede  e  agrin- 
teressi  meramente  spirituali  del  Cristianesimo  ;  essa  si  e 
allargata  a  tutto  T  ordine  sociale ,  e  stesa  a  provvedere 
eziandio  alia  salute  del  civile  consorzio.  Base  della  convi- 
venza  politica  e  la  giustizia;  e  maestro  della  giustizia  tra 
i  popoli  redenti  e  il  romano  Pontefice.  Ma  Pio  IX,  attesa  la 
nequizia  de'  tempi,  ha  dovuto  esercitare  un  si  nobile  ma- 
gistero  in  maniera  al  tutto  speciale,  come  per  avventura 
non  e  accaduto  a  verun  altro  de'  suoi  predecessor!.  In  altre 
eta  si  e  aggredito  1'  uno  o  1'altro  de'principii  sociali;  non 
pero  si  e  osato  scalzare  le  stesse  basi,  sopra  cui  la  societa 
cristiana  e  fondata.  Ci6  dovea  essere  triste  privilegio  de'tempi 
nostri.  Lo  spirito  eterodosso ,  passato  dalle  regioni  della 
teologia  in  quelle  della  politica ,  col  nome  di  Liberalisino  , 
si  e  studiato  di  sovvertire  da  capo  a  fondo  la  vita  sociale  , 
e  sotto  colore  di  progresso  farla  retrocedere  ai  tempi  piu 
luridi  del  Paganesimo.  I  famosi  principii  dell1 89,  accolti  ed 
accarezzati  dall'  insipienza  di  governanti  inetti  ed  illusi,  e 
promossi  fino  alle  ultime  conseguenze  da  uomiai  perversi 
e  pervertitori,  ban  corrotto  fin  nelle  pin  intime  viscere  le 
rnoltitudini  inconsapevoli.  Disconosciuta  la  divina  virtu  della 
Cbiesa,  si  e  cercato  rimuoverne  al  tutto  T  influenza  dagli 
ordinamenti  sociali,  e  ricostruire  la  comunanza  civile  sopra 
leggi  somministrate  dalla  pura  ragione.  Contro  un  siffatto 
spirito  ba  dovuto  lottare  a  corpo  a  corpo  Pio  IX,  e  guai 
al  mondo,  se  sulla  cattedra  di  S.  Pietro,  non  si  fosse  trovato 
nn  Pontefice,  di  tanta  vigilanza  e  fermezza.  Merce  di  lui,  i 
popoli  cristiani,  non  ostante  le  sovversioni  a  cui  sono  andati 
soggetti,  possono  tornare  a  riordinamento  e  salute:  Egli 


PIO    IX   E    LA   SOCIETl   CIVILE  683 

solo  ha  saputo  mantenere  in  mezzo  a  loro  salde  ed  inalte- 
rate  le  ragioni  della  giustizia.  Onde  noi  possiam  con  gioia 
ripetere  quelle  parole  del  profeta  Gioele:  Filii  Sion,  exultate 
et  laetamini  in  Domino  Deo  vestro,  quid  dedit  volis  Doctorem 
iustttiae  l. 

Appena  assiso  sal  trono  pontificate ,  Egli  mir6  d'  un 
guardo  e  subitamente  comprese  il  soqquadro,  il  buio,  la 
confusion  d'ogni  cosa  che  all'umana  societa  soprastava. 
Laonde  voltosi  con  grande  sollecitudine  a  preservarnela, 
dopo  aver  tolto  ogni  pretesto  agl'  ipocriti  lamenti  dei  falsi 
zelatori  politic!,  col  largo  perdono  concesso  agli  erranti  e 
colle  oneste  riforme  amministrative  introdotte  ne'suoi  Stati, 
levo  alto  la  voce  ad  atnmonire  popoli  e  Principi  del  pericolo 
che  correvano.  Ognuno  intende  che  noi  qui  facciam  cenno 
della  magnifica  enciclica,  Qui  pluribus,  vero  capolavoro  di 
sapienza  sacerdotale,  da  Pio  IX  emanata  sui  primordii  del 
suo  glorioso  Pontificato.  In  essa  il  santo  Padre,  dopo  aver 
proclamato  che  tra  la  ragione  e  la  fede  non  puo  essere 
nimista  o  disaccordo  ,  ma  bensi  verace  armonia ,  per  pro- 
cedere  entrambe  dal  medesimo  fonte  di  verita  che  e  Dio, 
passo  a  condannare  i  nemici  deH'autorita  civile  insieme  e 
religiosa ,  scoprendo  cosi  il  vero  scopo  dei  perturbatori 
dell'  ordine,  i  quali  non  tanto  alle  forme  politiche,  quanto 
piuttosto  al  principio  stesso  di  autorita  movevano  guerra. 
Descritti  poi  i  principal!  errori,  che  niinacciavano  1'intero 
ordine  sociale  ,  segnalo  principalniente  1'  assurdo  sistema 
del  Comunismo ,  i  cui  nefandi  e  satanici  effetti  sta  ora 
piangendo  la  Francia.  II  Pontefice  demmziollo  come  una 
dottrina  sommamente  nemica  dello  stesso  giure  naturale; 
la  quale  se  venisse  all'  atto ,  scrollerebbe  da'  fondamenti 
ogni  proprieta,  ogni  diritto,  e  la  stessa  civil  convivenza: 
Infanda  ac  vel  ipsi  naturcdi  iuri  maxims  adversa  de  Co- 
munismo,  uti  vocant,  doctrina,  qua  semel  admissa,  omnium 
iura,  res,  proprieties,  ac  vel  ipsa  humana  societas  funditus 
everlerentur.  Egli  scongiuro  i  suoi  fratelli  nelFEpiscopato, 
e  generalmente  tutto  il  Clero  cattolico^,  ad  accorrere  con 

1  Prophetia  IOELIS  II,  23. 


684  PIO   IX   E    LA   SOCIETA   CIVILE 

santo  zelo  in  aiuto  della  societa  pericolante ;  e  mostro  loro 
i  mezzi  di  cui  doveano  valersi  per  ben  riuscire  nella  difficile 
impresa.Ed  acciocche  F  opera  loro  potesse  essere  efficace  nel 
fatto,  invoco  il  concorso  de'Principi  secolari;  avvertendoli 
con  S.  Leone  di  ricordarsi  che  la  sovrana  potesta  non  era 
stata  ad  essi  data  unicamente  pel  governo  del  mondo,  ma 
ancora  e  principalrnente  per  la  difesa  della  Chiesa:  In  me- 
moriam  revocantes  regiam  potestatem  sibi  non  solum  ad  mundi 
regimen,  sed  maxime  ad  Ecclesiae  praesidiwn  esse  collatam. 

Se  alia  voce  del  Poatefice  si  fosse  prestato  docile 
orecchio,  la  societa  avrebbe  schivato  i  mali,  onde  e  stata 
travagliata  in  questo  quarto  di  secolo,  e  godrebbe  al  pre- 
sente  di  bella  e  prosperosa  pace.  Fu  nulla  di  cio.  Popoli  e 
Principi,  governati  e  governanti  seguirono  innanzi  nei  loro 
erramenti;  e  il  Pontefice  stesso,  vittirna  della  piu  orrenda 
ingratitudine,  fa  costretto  ad  esulare  da  Roma.  Tomato  per 
divina  Provvidenza,  dopo  breve  tempo  nella  sua  Reggia, 
non  tardo  un  istante  a  fare  udire  novellamente  la  sua  apo- 
stolica  voce,  ad  ammonimento  della  societa  traviata.  Propter 
Sion  non  tacebimus;  et  propter  Hierusalem  non  guiescemus; 
cosi  Egli  si  espresse  nelP  allocuzione  del  20  maggio  1850. 
L1  iavitto  Pontefice  rimprovera  alle  genti  la  sfrenata  licenza 
del  pensare  e  del  vivere,  le  arti  inique,  colle  quali  s'infet- 
tano  d' ogni  sorta  di  errori  le  imperite  plebi  e  Timprovvida 
gioventu,  e  rivolto  ai  tralignati  Governi  sfolgora  segnata- 
mente  gli  stolti  soprusi,  onde  due  di  essi  eransi  recen- 
temente  resi  colpevoli  dinanzi  alia  Chiesa.  Da  quel  punto 
in  poi  la  voce  di  Pio  IX  fu  come  una  tromba  sonora,  che 
introno  perpetuamente  dall'un  capo  alFaltro  il  mondo  tutto, 
dinunziando  ai  Re,  alle  Assemblee  politiche,  alle  nazioni  i 
loro  falli,  e  richiamandoli  sulle  vie  della  salute.  Clama,  ne 
cesses,  quasi  tuba,  exalta  vocem  tuam,  et  annuntia populo  meo 
scelera  eorum  et  domui  lacob  peccata  eorum  J. 

Non  basterebbero  certo  le  pagine  di  questo  articolo,  se 
volessimo  far  menzione  di  tutti  gli  atti,  coi  quali  Pio  IX 
non  ha  mai  intermesso  F  ufficio  di  ammaestrare,  anche  in 

1  Isaia  LVIII,   S. 


PJO    IX   E    LA    SOCIETA   CIVILE  685 

cio  che  puramente  riguarda  la  sociale  giustizia,  la  Chiesa 
a  lui  affidata.  Quest!  atti  sono  raccolti  in  un  giusto  volume, 
e  ad  esso  rimettiamo  il  lettore. l  Tuttavia,  come  per  sage-io 
diremo  alcuna  cosa  di  due  ,  i  quali  per  la  solennita,  onde 
furono  accompagnati ,  meritano  la  precedenza.  Essi  sono 
rallocuzione  concistoriale  del  9  dieembre  1854,  el'altra 
delFll  parimente  di  dieembre  1862.  Nella  prirna  Pio  IX 
volge  la  parola  ai  Vescovi,  intorno  a  lui  riuniti  per  occasione 
della  promulgazione  del  domma  dell'  Immacolato  concepi- 
mento  di  Maria;  e  loro  pone  sott'occhio  gli  atroci  attentati 
delle  molteplici  Sette,  che  a  danno  nonmeno  della  religione 
die  della  civil  societa  infestano  il  mondo.  A  questi  uomini 
infernali  Egli  applica  quella  sentenza  del  Salvatore  :  Voi 
siete  figliuoli  del  diavolo,  e  volete  compiere  le  opere  del 
padre  vostro.  Senonche  costoro  SODO  nemici  dichiarati  e 
conosciuti ;  e  per6  meno  temibili.  Altri  ce  ne  ba  non  pocbi  e 
meno  palesi,  e  per  cio  stesso  phi  perniciosi  alia  Cbiesa  del 
pari  ed  allo  Stato.  11  Pontefice  li  annovera  con  singolare 
sagacia.  In  primo  luogo  vengono  quei  governanti,  i  quali 
si  spacciano  per  fautori  e  protettori  della  religione  ,  ma 
vogliono  a  se  soggetta  la  Chiesa  e  incatenata  tra  i  ceppi 
degii  ordinamenti  politici.  In  tal  guisa  essi  snervano  ed  im- 
pediscono  ogni  influenza  della  religione  sui  popoli;  la  quale 
per  formarne  i  costumi  e  contenerli  nell'  ordine,  deve  esser 
libera  nell'operare  e  lasciata  all' impulse  della  sua  virtu  divina. 
In  secondo  luogo  vengono  quegli  eruditi,  i  quali  esaltano 
il  benefizio  della  fede,  ma  pretendono  che  ad  essa  non  sia 
subordinata  la  ragione.  Quindi  senza  far  conto  alcuno  della 
fallibilita  e  debolezza  della  mente  umana  e  dei  gravissimi 
errori  in  cui  sovente  e  caduta,  si  danno  licenziosamente  ad 
ogni  speculazione  piu  ardita,  dispettando  e  ricusando  Tau- 
torita  della  Chiesa,  ammonitrice  ed  emendatrice  dei  loro 
traviamenti.  Costoro  aprono  la  via  alia  separazione  del- 
T  ordine  naturale  dal  soprannaturale  ed  apparecchiano  cosi 
la  rovina  dei  costumi  de1  popoli,  e  ditutti  gli  ordini  sociali. 

1  ACTA  SS.  D.  N.  PII  IX  etc.  Romae  MDCCCLXV,  Typis  Camcrae  Apo- 
stolicae. 


686  PIO    IX   E    LA   SOCIETA   CIVILE 

In  terzo  luogo  ci  ha  di  queili,  che  spargono  Pesiziale  dot- 
trina,  potersi  conseguir  Peterna  salute  eziandio  fuori  della 
Chiesa  cattolica.  Benche  non  sieno  da  audacemente  scrutare 
gli  arcani  disegni  e  giudizii  di  Dio,  egli  e  certo  che  fuori 
delPunica  area,  che  e  la  Chiesa  di  Cristo,  niuno  puo  andar 
salvo  ,  ma  perira  miseramente  tra  le  acque  del  diluvio. 
Pensare  il  contrario  e  professare  quell1  indifferentismo  reli- 
gioso,  che  introdotto  nelle  leggi  e  nella  politica  degli 
Stati,  e  trista  radice  dei  mali,  che  infettano  presentemente 

il  genere  umano. 

Nella  seconda  allocuzione  il  Pontefice  tocca  piu  da  vi- 
cino  T  ordine  sociale .  Egli  segnala  una  razza  di  uomini 
corrotti,  che  pervertono  ogni  ordine  religioso  e  civile,  e 
cercano  di  estinguere  ogni  idea  di  giustizia,  di  verita  ,  di 
diritto,  di  onesta,  di  religione.  Enumerando  poi  piu  parti- 
colarmente  i  loro  errori,  dice  che  essi  vogliono  pienarnente 
distrutta  la  coerenza,  che  per  volonta  di  Dio  ha  luogo  tra 
T  ordine  naturale  e  P  ordine  soprannaturale ;  negano  che 
ogni  verita  ed  ogni  potesta  e  ogni  diritto  ha  origine  di- 
vina;  sottraggono  la  scienza,  i  costumi,  le  leggi  dal  luine 
della  rivelazione  e  dalP  autorita  della  Chiesa ;  disconoscono 
nella  Chiesa  stessa  la  natura  di  societa  perfetta  con  proprii 
diritti,  a  lei  conferiti  del  suo  divin  Fondatore,  e  pretendono 
che  appartenga  alia  civil  potesta  il  definirli  e  limitarne  P  e- 
sercizio.  Quindi  sollevando  lo  Stato  sopra  la  Chiesa,  gli  at- 
tribuiscono  la  facolta  d1  ingerirsi  nelle  cose  sacre  e  nel 
reggimento  spirituale  de'  fedeli ;  e,  per  avvilire  sempre  piu 
ed  inceppare  Tecclesiastico  ministero,  proclamano  doversi 
escludere  il  Clero  e  lo  stesso  romano  Pontefice  da  ogni  di- 
ritto e  dominio  di  cose  temporali.  Disconosciuta  poi  la  di- 
vina  rivelazione  e  perfino  il  governo  provvidenziale  di  Dio 
sul  mondo ,  stabiliscono  che  Tumana  ragione,  senz'altro 
rispetto,  sia  P  unico  ed  assoluto  giudice  del  vero  e  del 
falso,  del  bene  e  del  male,  e  legge  a  s5  stessa;  e  che  ella 
colle  sole  naturali  sue  forze  e  bastevole  a  procacciare  ogni 
bene  per  Puomo  e  pei  popoli.  Injiciari  audent  omnem  Dei 
in  homines  mun&umqiie  actionem,  ac  temere  affirmant  liuma- 


PIO   IX   E   LA  SOCIETA   CIVILE  687 

ntim  rationem,  nullo  prorsus  Dei  respectu  hdbilo,  unicum  esse 
veri  etfalsi,  loni  et  mali  arbitram,  eamdemque  humanam  ra- 
tionem  sibi  ipsi  esse  legem,  ac  naturalibus  suis  viribus  ad 
hominum  ac  populorum  lonum  curandum  sincere. 

Ma  sopra  tutti  gli  altri  document!  grandeggia  la  famosa 
enciclica,  Quanta  cura,  dell1 8  dicembre  1864,  accompagnata 
dal  Sillabo  di  ottanta  false  proposizioni  dal  Pontefice  ripro- 
vate  e  proscritte.  In  cotesta  enciclica  troviamo  una  siste- 
matica  esposizione  degli  errori,  che  oggigiorno  infettano  la 
societa,  si  riguardata  in  se  stessa  e  si  nelle  sue  relazioni 
colla  Chiesa.  Essa  e  come  un  codice  di  moralita  e  di  giu- 
stizia,  in  condannazione  dei  vizii  piu  funesti   all'  umana 
societa,  ed  a  guida  dei  preposti  al  governo  de1  popoli  cri- 
stiani.  Non  sappiamo  astenerci  dal  recarrie  un  lungo  tratto. 
II  Pontefice  ,  dopo  avere  ricordato,  come  egli  non  cesso 
mai  di  condannare  le  mostruose  enormezze  delle  opinioni, 
che    segnatamente    oggigiorno    con    grandissimo    danno 
della  stessa  civil  societa  avversano  non  pure  la  dottrina 
salutare  della  Chiesa ,  ma  la  legge  altresi  di  natura ,  che 
Iddio  scolpi  neiranimo  di  ciascun  uomo;  cosi  prosegue: 
«  Le  quali  false  e  perverse  opinioni  tanto   piu  sono  da 
detestare,  quanto  che  mirano  in  ispecial  guisa  a  fare  che 
sia  impedita  e  rimossa  quella  salutare  forza  che  la  cattolica 
Chiesa,  per  istituzione  e  mandato  del  suo  divino  Autore , 
deve   liberamente   esercitare   fino   alia  consumazione   dei 
tempi,  non  meno  verso  i  singoli  uomini,  che  verso  le  na- 
zioni,  i  popoli  e  i  supremi  loro  Principi;  e  che  sia  tolta  di 
mezzo  quella  mutua  societa  e  concordia  di  consigli  tra  il 
Sacerdozio  e  Tlmpero,  che  sempre  riusci  fausta  e  salutare 
alle  cose  tanto  sacre,  quanto  civili.  Imperocche  molto  bene 
sapete,  Venerabili  Fratelli,  che  in  questo  tempo  non  pochi 
si  trovano,  i  quali  applicando  al  civile  consorzio  T  empio 
ed  assurdo  principio  del  naturalismo,  secondoche  lo  chia- 
mano,  osano  insegnare  —  T  ottima  ragione  della  pubblica 
societa  ed  il  civile  progresso  richiedere  che  la  societa  umana 
si  costituisca  e  si  governi,  senz1  aver  niun  riguardo  alia  re- 
ligione,  come  se  ella  non  esistesse,  o  almeno  senza  fare 


688  PIO   IX   E   LA   SOCIETA   CIVILE 

alcun  divario  tra  la  vera  e  le  false  religion!.  —  E  contro  la 
dottrina  delle  sacre  Lettere,  della  Chiesa,  e  del  santi  Padri 
non  dubitano  di  asserire:  ottima  essere  la  condizione  della 
societa,  nella  quale  non  si  riconosce  nell'Impero  il  debito 
di  reprimere  con  pene  stabilite  i  violator!  della  cattolica 
religione,  se  non  in  quanto  lo  dimanda  la  pubblica  pace. 
Colla  quale  idea  di  sociale  governo,  assolutamente  falsa, 
non  temono  di  caldeggiare  T  opinione  sommamente  ruinosa 
per  la  Cattolica  Chiesa  e  per  la  salute  delle  anime  ,  dal 
Nostro  Predecessore  Gregorio  XVI,  di  venerata  memoria, 
chiamata  delirio,  -cioe  la  liberta  di  coscienza  e  dei  culti  es- 
sere un  diritto  proprio  di  ciascun  uomo,  che  si  ha  da  pro- 
clamare  e  stabilire  per  legge  in  ogni  ben  costituita  societa? 
ed  i  cittadini  avere  diritto  ad  una  totale  liberta,  che  non 
deve  essere  ristretta  da  nessuna  autorita,  o  ecclesiastica  o 
civile,  in  virtu  della  quale  possano  palesemente  e  pubbli- 
camente  manifestare  e  dichiarare  i  loro  concetti,  quali  che 
siano,  ossia  con  la  voce,  ossia  coi  tip!,  ossia  in  altra  ma- 
niera.  E  mentre  cio  temerariamente  affermano,  non  pensano 
e  non  considerano  che  essi  predicano  la  liberta  della  perdi- 
iione,  e  che  se  alia  umana  persuasione  sempre  sia  libero  il 
disputare,  non  mai  potranno  mancare  quell!  che  ardiscono 
resistere  alia  verita,  e  confidare  nella  loquacita  delF  umana 
sapienza,  mentre  quanto  la  cristiana  fede  e  sapienza  debba 
evitare  questa  nocevolissima  vanita,  lo  conosce  dalla  stessa 
istituzione  del  Signor  Nostro  Gesu  Cristo.  E  poiche  dove 
dalla  civil  societa  sia  stata  rimossa  la  religione  e  ripudiata 
la  dottrina  e  1' autorita  della  divina  rivelazione,  anche  lo 
stesso  germano  concetto  della  giustizia  e  dell'  umano  di- 
ritto si  cuopre  di  tenebre  e  si  perde,  ed  in  luogo  della  giu- 
stizia vera  e  del  diritto  legittimo  si  sostituisce  la  forza 
materiale ;  quindi  si  fa  chiaro  il  perch  e  alcuni,  spregiando 
affatto  e  nulla  valutando  i  principii  certissimi  della  sana 
ragione,  ardiscono  proclamare :  la  volonta  del  popolo ,  ma- 
nifestata  per  T  opinione  pubblica,  com1  essi  dicono ,  o  per 
altra  guisa ,  costituire  una  sovrana  legge ,  sciolta  da 
qualunque  divino  ed  umano  diritto,  e  nell'  ordine  politico  i 


P10   IX   E    LA   SOCIETA    CIVILE 

fatti  consummati,  per  ci6  stesso  che  sono  consummati,  avere 
vigore  di  diritto.  Ma  chi  non  vede  e  non  sente  pienamente 
che  una  societa  d'uomini,  sciolta  dai  vincoli  della  religione 
e  della  vera  giustizia,  niun  altro  proposito  puo  certamente 
avere,  fuorche  lo  scopo  di  acquistare  e  di  accumulare  ric- 
chezze,  e  niun'altra  legge  nelle  sue  operazioni  seguire, 
fuorche  una  indomita  cupidigia  di  servire  alle  proprie  vo- 
lutta,  ai  proprii  comodi.  » 

Qui  tutto  e  ammirabile.  La  dipintura  dei  precipui  erro- 
ri,  ond1  e  offeso  il  nostro  secolo ;  il  filo  logico,  ond'  essi  si 
legano  insieme ;  1'  indicazione  del  punto  da  cui  muovono  e  . 
del  termine  a  cui  divengono;  la  giustezza  delle  note,  onde 
sono  stimmatizzati. 

Il  punto  di  partenza,  per  dir  cosi,  di  questo  traviamento 
sociale  e  designate  dal  Pontefice  nella  separazione  dello 
Stato  dalla  Chiesa.  Separazione  distruttiva  del  disegno  di 
Dio,  il  quale  come  ordino  la  vita  presente  dell'  uomo  alia 
beatitudine  della  vita  avvenire,  cosi  vuole  che  T  autorita, 
che  regge  al  ben  essere  della  prima,  riceva  norma  ed  indi- 
rizzo  da  quella,  che  guida  il  conseguimento  della  seconda. 
Nondimeno  questa  insana  separazione  costituisce  la  piaga 
radicale,  onde  languisce  la  societa  moderna,  e  dalla  quale 
trae  origine  ogni  altro  suo  morbo.  Imperocche  da  tal  se- 
parazione segue  il  naturalismo  politico,  ossia  il  ricader  dello 
Stato  nel  puro  ordine  naturale ,  spogliato  d'  ogni  virtu  e 
conforto,  che  la  redenzione  di  Cristo,  mediante  la  Chiesa, 
gli  conferiva .  Ridotto  cosi  lo  Stato  ai  puri  termini  della 
natura,  e  costretto  a  lasciare  ai  sudditi  piena  liberta  di 
coscienza  e  di  culto,  e  quanto  a  s5  appigliarsi  ad  una 
specie  di  pratico  ateismo,  che  lo  disgiunge  nel  fatto  inte- 
ramente  da  Dio.  La  legge  di  un  tale  Stato  non  puo  essere, 
che  atea.  Ma  se  la  legge  e  atea,  in  virtu  di  che  affermera 
essa il  diritto?  Senza  Dio,  fonte primiero  d'  ogni  obbligazione 
nelle  creature  ragionevoli ,  non  puo  concepirsi  dovere ;  e 
senza  dovere  I1  idea  di  diritto  convien  che  cada  e  perisca. 
Distrutto  poi  il  diritto,  che  altro  resta  come  norma  e  fattore 
Serie  VIII,  vol.  II,  fasc.  504.  44  t>  giugno  1871. 


690  P10   IX   E   LA   SOCIETA   CIVILE 

dell' ordine  pubblico,  se  non  la  forza?  L'  opinione  del  mag- 
gior  numero,  e  il  fatto  legittimato  per  se  stesso,  in  quanto 
attuazione  d'  una  volonta  die  prevale,  ecco  i  soli  regolatori 
delle  relazioni  sociali.  D1  altra  parte  lo  Stato  separate  dalla 
religione,  non  puo  stendere  il  suo  sguardo  al  di  la  della 
vita  presente  ;  e  perd  lo  scopo  di  tal  societa  non  pu6  essere 
se  non  il  godimento  sensibile  e  la  copia  de'mezzi  per 
procacciarselo.  L'  epicureismo,  il  tornaconto ;  ecco  il  fine  e 
la  legge  morale  d1  uua  societa  cosi  fatta.  In  tal  guisa  la 
societa  umana  e  degradata,  scendendo  alia  condizione  del 

bruto. 

Ne  pensi  alcuno  che  a  cotesta  corruttela  sociale  possa 
fare  ostacolo  la  rettitudine  della  coscienza  individuale; 
giacche  essa  altresi  viene  assalita  dal  pervertimento  mo- 
derno.  Lo  Stato  separatosi,  in  quanto  tale,  da  Dio,  vuol 
sopararne  altresi  la  famiglia  e  le  singole  persone,  compo- 
nent! la  societa.  A  tal  fine  egli  secolarizza  le  nozze,  seco- 
larizza  la  pubblica  beneficenza,  abolisce  le  leggi  proibitive 
dellavoro  nei  di  festivi,  e  soprattutto  invade  i  diritti  patcrni, 
per  impadronirsi  della  educazione  ed  istruzion  de'  figliuoli. 
Contro  questi  attentati  altresi  sivolge  il  Pontefice  nella  sua 
magnifica  enciclica.  «  Empiamente  affermano,  egli  dice,  do- 
versi  togliere  ai  cittadini  ed  alia  Chiesa  la  facolta  di  potere 
pubblicamente  erogare  limosine  per  motivo  di  cristiana 
capita ;  e  doversi  abolire  la  legge,  che  per  ragione  del  culto 
divino  proibisce  le  opere  servili  in  certi  determinati  gior- 
ni ,  pretessendo  con  somma  fallacia  che  quella  facolta  e 
legge  contrastino  co'  principii  dell'  ottima  economia  pub- 
blica. Ne  contenti  di  allontanare  la  religione  dalla  pubblica 
societa,  vogliono  rimuoverla  eziandio  dalle  private  fami- 
glie.  Iinperocche  insegnando  e  professando  il  funestissimo 
errore  del  Comunismo  e  Socialismo,  dicono  che  la  societa 
domestica  o  la  famiglia  riceve  dal  solo  diritto  civile  ogni 
ragione  di  sua  esistenza ;  e  che  per6  dalla  sola  legge  ci- 
vile procedono  e  dipendono  tutti  i  diritti  de'  parenti  sui 
figli,  massimamente  quello  di  procurare  la  loro  istituzione 
ed  educazione .  Colle  quali  empie  opinioni  e  macchinazioni 


P10   IX   E   LA   SOClETl   CIVILE  691 

cotesti  fallacissimi  uomini  intendono  principalmente  di  eli- 
minare  dalla  istituzione  ed  educazione  la  dottrina  salutare 
e  la  forza  della  cattolica  Chiesa,  acciocche  i  teneri  e  fles- 
sibili  animi  de'giovani  vengano  miseramente  infetti  e  de- 
pravati  da  ogni  fatta  di  error!  perniciosi  e  di  vizii  ». 

Senonche  il  pervertimento  sociale  non  sarebbe  assicu- 
rato,  se  non  si  procurasse  d'infermare  ed  annientare  affatto 
Tazion  della  Chiesa.  A  tal  fine  lo  Stato  ateo  dirige  i  suoi 
sforzi,  sottomettendo  a  se  Tautorita  religiosa  e  arrogandosi 
di  dirigerne  il  ministero.  6  questo  il  sommo  del  perver- 
timento, a  cui  pub  giungere  la  societa,  col  capovolgere  del 
tutto  T  ordinamento  divino:  Uno  Stato,  senza  Dio,  cbe  pre- 
tende  di  dar  legge  e  indirizzo  alia  Chiesa  di  Dio  !  Puo 
concepirsi  piu  bestiale  disordine  ?  Contro  si  fatta  preten- 
sione  massimamente  si  scaglia  con  santo  zelo  il  Pontefice  : 
«  Ardiscono,  egli  dice,  con  insigne  impudenza  di  sottomet- 
tere  all'  arbitrio  dell'  autorita  civile  la  suprema  autorita 
della  Chiesa  e  di  questa  Sede  apostolica,  a  lei  comunicata 
da  Cristo  Signore;  e  negare  ad  essa  Chiesa  e  ad  essa  Sede 
tutti  i  diritti,  che  ella  ha  intorno  alle  cose,  che  appartengono 
aH'ordine  esteriore.  Pereiocche  costoro  non  si  vergognano 
di '  affermare  che  le  leggi  della  Chiesa  non  obbligano  in 
coscienza,  se  non  quando  vengono  promulgate  dalla  potesta 
civile  ;  che  gli  atti  e  decreti  de1  romani  Pontefici,  spettanti 
alia  Religione  e  alia  Chiesa,  hanno  bisogno  della  sanzione 
e  dell' appro vazione,  o  almeno  dell'  assenso  del  potere  civile; 
che  le  Costituzioni  apostoliche,  colle  quali  sono  condannate 
le  clandestine  associazioni,  sia  che  in  esse  si  esiga,  sia  che 
non  si  esiga  il  giuramento  di  mantenere  il  segreto,  e  colle 
quali  son  fulminati  di  anatema  i  loro  seguaci  e  fautori,  non 
hanno  vigore  in  quelle  contrade,  dove  cosifiatte  associazioni 
si  tollerano  dal  civile  Governo.  »  Hanoi  svigoriamo  la  forza, 
e  deformiamo  la  bellezza  di  questa  enciclica,  collo  staccarne 
dei  brani ;  meglio  e  che  i  lettori  vadano  a  leggerla  per  in- 
tero  T. 

1  Essa  e  riportata  dalla  Civilta  Cattolica  nel  primo  volume  della  sun 
sesta  serie  pagina  prima. 


692  P10    IX    E    LA    SOC1ETA    CIVILE 

Conchiudendo  pertanto  il  nostro  discorso ,  osserviamo 
come  quest1  enciclica  pontificia  contiene  la  condanna  piena 
e  perfetta  del  moderno  Liberalismo.  Imperocche  tutte  le 
proposizioni  da  lei  proscritte  non  sono  che  principii  e  ilia- 
zioni  del  sistema  liberalesco.  L1  enciclica  lo  condanna  in 
tutte  le  sue  forme  svariate,  dalla  piu  mite  di  semplice  se- 
parazione  dello  Stato  dalla  Chiesa,  fino  alia  sua  potenza  piu 
alta  della  supremazia  dello  Stato  sulla  Chiesa,  e  dell'  as- 
sorbimento  in  lui  di  tutti  i  diritti  sociali.  Cio  spiega  T  ira 
ond1  ella  fu  accolta  dalFuna  parte,  e  1'allegrezza  onde  fu 
salutata  dall'  altra.  I  liberal!  vi  scorsero  un  colpo  mortale, 
recato  alle  loro  predilette  dottrine^  i  sinceri  cattolici  per 
contrario  videro  in  cio  stesso  un  principio  di  luce  a  risto- 
razione  dell'ordine  sociale,  si  fieramente  sconvolto. 

Pio  IX  non  solo  condanna  il  Liberalismo,  ma  lo  condanna 
in  modo  assoluto  ed  irrevocable.  L' ultima  proposizione  del 
Sillabo,  che  deU'enciclica  e  compimento  e  corona,  esclude 
come  assurda  ogni  idea  di  conciliazione  e  di  componimento 
tra  il  Romano  Pontefice  e  lui :  Romanus  Pontifex  potest  ac 
debet  cum  progressu,  cum  liberalismo,  et  cum  recenti  cimli- 
taie  sese  reconciUare  et  componere.  Liberalismo,  Progresso, 
Civilta  moderna ,  son  tre  parole  che  esprimono  lo  stesso 
concetto.  II  primo  esprime  la  dottrina,  il  secondo  il  suc- 
cessivo  svolgimento  della  sua  pratica  applicazione,  il  terzo 
la  forma  che  ne  risulta  negli  ordinamenti  civili  e  nei  co- 
stumi  dei  popoli.  La  condanna  di  questa  proposizione  mas- 
simamente  eccito  lo  sdegno  dei  matti  adoratori  del  secolo. 
Ma  essa  e  giustificata  per  se  medesima;  giacche  il  maestro 
della  verita  non  puo  mai  scendere  a  patti  ne  contrarre 
amista  coll'errore:  tra  Cristo  e  Belial  non  ci  ha  alleanza 

possibile. 

Non  pero  e  da  credere  che  il  Pontefice  condannando  il 
Liberalismo  abbia  condannato  altresi  le  cosi  dette  liberta 
politiche,  in  altri  termini  le  forme  di  libero  reggimento.  Di 
ci6  r  enciclica  non  fa  motto.  Nondimeno  ci  e  stato  chi  per 
ignoranza  e  chi  per  mala  fede  ha  cercato  di  darlo  ad  in- 
tendere.  Ma  a  dissipare  Tinganno  dei  primi  e  la  frode  dei 


P10    IX   E    LA   SOC1ETA    CIVILE  693 

secondi,  basta  por  mente  che  la  dottrina  della  Chiesa  e 
immutabile ;  ed  essa  ha  sempre  insegnato  che  qualsivo- 
glia  forma  di  governo  e  buona  ed  accettabile,  purche  sia 
legittima  e  giusta .  Le  forme  di  governo  son  di  per  s& 
indifferenti  al  bene  ed  al  male ;  e  divengono  utili  o  no- 
cive,  secondo  i  principii  di  cui  si  avvivano,  le  persone  che 
le  maneggiano,  le  disposizioni  de'popoli  a  cui  si  applicano. 
La  Chiesa  nel  medio  evo  combatte  bene  spesso  eziandio 
colle  armi  T  assolutismo  imperiale ,  e  difese  la  liberta  dei 
Comuni  italiani;  perche  quegli  tentava  d1  invadere  Paltrui  e 
si  ribellava  alia  Chiesa;  questi  per  contrario  sostenevano  i 
proprii  diritti  e  alia  Chiesa  obbedivano.  Le  parole  di  Pio  IX 
non  toccano  gli  Ordini  governativi,  ma  solo  gli  errori  che 
sotto  ogni  forma  di  governo  possono  manifestarsi ;  e  che 
al  tempo  nostro  si  sono  allargati  in  proporzione  spavente- 
vole.  I  principii,  a  cui  Egli  si  appoggia,  son  quei  medesimi 
che  furono  sempre  insegnati  da^uoi  predecessor! :  il  suo 
merito  e  semplicemente  d1  averli  svolti  e  coordinati,  e  so- 
stenuti  con  invitta  costanza  per  tutta  la  durata  del  suo 
lungo  Pontificate,  a  fronte  di  nemici  piu  numerosi  e  pro- 
tervi.  Del  resto,  tanto  elungi  che  Pio  IXpotesse  involgere 
nella  condanna  del  Liberalismo  la  condanna  delle  liberta 
civili  e  politiche,  che  anzi  nel  tempo  stesso,  in  cui  emanava 
Tenciclica  quipluribus,  della  quale  V  enciclica  Quanta  cura 
e  il  Sillabo  non  sono  se  non  esplicazione  e  commento,  ini- 
ziava  ne'suoi  Stati  quelle  riforme  amministrative,  che  presso 
gli  sciocchi  gli  procacciarono  la  taccia  di  tendenze  libe- 

ralesche. 

In  questa  materia  non   convien  prendere  abbaglio.  II 

Liberalismo  moderno  non  e  un  sistema  politico;  ma  e  vera- 
mente  un  sistema  morale  e  giuridico.  Non  consiste  in  tale 
o  tal  forma  di  civile  governo;  ma  in  un  complesso  di  prin- 
cipii anticristiani  e  antisociali,  che  han  radice  nell'apostasia 
della  societa  dalla  Chiesa.  Esso  trae  le  sue  origini  dal  Giu- 
seppismo,  dal  Gallicanismo,  dal  Giannonianismo  delle  cadute 
monarchic  assolute,  e  si  appella  moderno,  sol  perche  ai 
nostri  tempi  si  e  svolto  e  perfezionato.  Se  ama  le  forme 


694  PIO   IX   E    LA   SOCIETA   CIVILE 

libere  di  governo,  ci6  e  perche  le  crede  piu  facili  a  servirgli 
di  strumento  per  Tapplicazione  de'suoi  principii;  ma  non  per 
questo  ne  fa  quistione  di  vita  o  di  morte.  Egli  accetta  qua- 
lunque  forma ;  e  non  rifiuta  neppure  il  despotismo ,  purche 
professi  e  caldeggi  le  sue  teoriche.  Testimonio  il  dispiacere 
che  sentono  i  liberali  per  la  caduta  di  Napoleone  terzo,  e 
il  desiderio,  che  esprimono,  del  suo  ritorno  sul  trono.  Napo- 
leone terzo,  tra  tutti  i  principi  odierni  di  Europa,  fu  il  piii 
av verso  agli  ordini  liberi  di  reggimento,  ed  era  nel  tempo 
stesso  il  piu  fervido  sostenitore  e  propagatore  delle  idee 
liberalesche.  Basti  dire  che  mentre  sopprimeva  la  congre- 
gazione  di  S.  Vincenzo  de'  Paoli,  largiva  legale  esistenza 
alle  logge  massoniche ;  ed  a  ritirare  le  sue  truppe  da  Roma 
per  la  convenzione  del  2  settembre ,  non  sapeva  recare 
altra  ragione,  che  F  impossibility  di  accordare  i  suoi  prin- 
cipii liberali  con  quelli  che  Pio  IX  seguiva.  «  La  Francia 
liberale  (cost  egli  fece  scrivere  dal  suo  Ministro  Drouyn  de 
Lhuys  alFambasciatore  francese  presso  la  Santa  Sede)  la 
Francia  liberale  non  puo  proteggere  piu  oltre  colle  sue 
armi  un  sistema  illiberale  a  Roma;  troppo  grave  essendo 
la  responsabilita,  che  ne  risulterebbe  alia  coscienza  moderna 
dell' Imp  era  tore,  e  recherebbe  pregiudizio  insieme  al  suo 
liberalismo...  I  due  governi  non  agiscono  secondo  i  mede- 
simi  principii  T.  » 

Egli  dicea  vero.  Ma  questo  appunto  costituisce  massima- 
mente  la  gloria  di  Pio  IX,  Tessersi  contentato  di  restare 
del  tutto  esposto  alia  violenza  de:  suoi  nemici,  piuttosto  che 
cedere  o  balenare  un  istante,  nella  difesa  della  verita  e 
della  giustizia.  Con  cio  Egli  ha  acquistato  un  titolo  im- 
mortale  alia  riconoscenza  del  mondo  eziandio  politico;  e  la 
sua  meinoria  sara  celebrata,  come  del  piu  insigne  benefattore 
del  nostro  secolo.  La  ragione  si  e,  perche  Egli  mantenendo 
nel  suo  mezzo  accesa  la  fiaccola  della  verita,  lo  ha  preser- 
vato  dalla  totale  rovina;  e  gli  ha  porto  il  mezzo  da  ripigliar 
vigore  e  floridezza. 

1  Xota  del  2  seltc.iibre. 


LA  SAVIA  E  LA  PAZZA 


RACCONTO  DEL  PRINCIPIO  Dl  QUESTO  SECOLO 


XIV. 


LA   PRIMA    SERA    IN    ROMA 

Oltre  il  rammarico  della  lontananza  del  santo  Padre 
Pio  VII,  Roina  in  quei  giorni  avea  sofferto  un  crudele  di- 
sastro,  che  ne  turbo  il  chiaro  aspetto ,  e  gran  parte  della 
citta  coperse  di  lutto  e  di  desolazione.  Per6  chi  subito  dopo 
fosse  giunto  alle  sue  porte,  fantasticando  solo  di  splendori 
e  magnificenze,  troppo  sarebbe  andato  amaramente  deluso. 
Ne1  bassi  quartieri  sopra  tutto  ,  altro  non  incontrava  lo 
sguardo  che  bande  di  poveraglia  in  sulle  strade ,  le  case 
interrate  e  squallide ;  e  ciascuna  finestra  pareva  un  buca- 
taio :  tanti  cenci  ne  pendevano  ad  asciuttarsi !  Le  donne 
popolane  coccoloni  sugli  usci  a  rigovernare  miseri  panni 
gualciti,  mentre  i  mariti  loro  rimettevano  in  sugli  arpioni 
i  battenti  delle  porte  sconfitti ,  o  rassettavano  il  mobile 
scassinato  ;  per  tutto  botteghe  vuote ,  o  chiuse ,  o  scom- 
pigliate,  filaie  di  carrette  colme  di  fanghiglia,  e  squadre  di 
manovali  intesi  alia  votatura  delle  cantine,  per  tutto  mota, 
per  tutto  pozze,  per  tutto  esali  di  putrido  e  di  muffigno. 
Perciocche  piu  che  mezza  Roma  usciva  allora  dal  tormento 
di  una  inondazione,  che  rimase  memorabile  nelle  istorie. 

Fondachi  di  panni,  di  broccati ,  di  velluti,  di  rasi,  di 
merletti,  di  trine,  di  mode,  fiorivano  opulenti  insino  a  ieri, 
che  oggi  possedevano  solo  un  vortice  di  stracci  diguaz- 


696  LA   SAVIA   E    LA   PAZZA 

zati  tra  quattro  pareti,  convolti  in  una  cogli  stipi  e  coi 
banchi ;  se  pure  1'  impeto  delle  acque  rion  avesse  sfondato 
le  porte  e  rapito  ogni  cosa  nella  fiumara.  Quanti  merciai, 
al  calare  del  flume,  videro  i  loro  bronzi,  i  cartoni,  i  vetri, 
le  minuterie  e  i  mille  gingilli,  in  die  pure  tenevanb  investiti 
di  grossi  capitali,  ridotti  a  un  minuzzame  informe  e  sozzo, 
da  spazzar  colla  melma !  Fortunati  si  chiamavano  gli  orafi 
e  i  gioiellieri,  che  almeno  potevano  nella  brodiglia  im- 
monda  ripescare  alcuna  parte  di  loro  merce,  sebben  dan- 
neggiata;  mentre  irreparabile  si  scorgea  la  iattura  delle 
carte,  e  libri ,  e  quadrerie  ,  e  anticaglie  artistate ;  onde  i 
padroni  erano  impoveriti  di  tratto  e  gittati  sul  lastrico.  Ma 
con  vie  piu  sensibile  rimpianto  il  popoletto  lamentava  la 
perdita  delle  vittovaglie :  giacche  la  fiumana  ingorda  avea 
divorato  immensi  cumuli  di  frumenti,  ingoiato  i  vini  delle 
cantine,  consumati  i  magazzini  de'salati  e  delle  formag- 
gerie,  sperperato  i  depositi  delle  farine,  de'  risi,  delle  civaie, 
degli  olii,  de'caffe,  dei  zuccheri,  insieme  coi  liquori,  le 
tinte,  le  spezierie,  le  medicine;  con  danno  presentissimo 
non  solo  de1  venditori,  ma  ancora  dell'  universale.  Infiniti 
erano  coloro  che  chiedeano  sovvenimento ,  e  intorno  a 
se  non  trovavano  cbe  infelici  e  tapini  simiglianti  a  loro, 
essendo  le  private  canove  tutte  a  un  modo  manomesse,  e 
i  quartieri  a  terreno  saccheggiati  non  pure  delle  provvi- 
gioni ,  ma  fin  delle  piu  necessarie  masserizie  ,  fin  degli 
abiti  e  dei  letti ,  e  campatine  gFinquilini,  brulli  e  grami, 
a  implorare  essi  pure  Taltrui  merce. 

Per  verita  si  riscosse  la  pieta  romana,  fin  dai  primi  mo- 
menti  che  si  previde  il  flagello.  II  clero  ,  il  patriziato ,  la 
signoria,  sebbene  colpiti  qual  piu  qual  meno  dal  comune 
disastro,  avevano  ,  incontanente  apprestato  d'  ogni  specie 
soccorsi.  Ne'  quartieri  intatti  si  apersero  i  granai,  e  si  pro- 
fusero  tesori  di  sussidii;  e  molti  cittadini  concorrevano  al- 
Taltrui  salvezza  non  solo  con  danaro,  ma  eziandio  colle  per- 
sone  loro  e  di  loro  famigliari.  Tra  i  quali  nobilitati  dalla 
carita  cristiana,  rimasero  in  esempio  il  giovane  principe 


LA  PRIMA   SERA  IN    ROMA  697 

Aldobrandini,  accorso  sulle  zattere  al  salvamento  de1  suoi 
domestic! ;  e  la  casa  Borghese,  che  dimenticando  i  proprii 
danni,  sovvenne  alle  sciagure  della  patria  con  larghezze 
reali.  Innanzi  a  tutti  i  privati  entrava,  com'  era  debito,  il 
Governo.  II  cardinal  Cousalvi,  che  ne  stava  a  capo  con  po- 
testa  suprema  in  assenza  del  Sovrano,  e  il  magistrato  del 
Campidoglio  adempirono  strenuamente  le  parti  di  virtuosi 
governanti.  Non  aspettarono  gia  che  la  piena  soverchiante 
awertisse  da  se  i  cittadini  coll'  affogarli  (vanto  riserbato  a 
futuri  appaltatori  di  Governo) ,  ma  si  bandirono  a  suon  di 
tromba  il  pericolo  sovrastante,  e  allestirono  di  tutto  punto 
la  fiottiglia  del  soccorso,  con  tutti  gli  altri  provvedimenti 
che  il  caso  trepido  permetteva.  Tra  poco  d'ora  il  naviglio, 
levato  in  collo  al  flutto  crescente,  comincio  a  navigare  le 
vie  di  Roma ,  raccorre  le  persone  pericolanti ,  salvare  di 
molte  robe,  e  innanzi  ogni  altra  cosa  distribuire  viveri  in 
abbondanza.  Giacche,  se  1' avviso  precorso  fuutile  a  fugare 
precipitosamente  gli  abitatori  dalle  case,  non  cosi  pote 
bastare  a  mettere  in  salvo  gli  averi  loro.  E  oltre  a  cio  av- 
veniva  che  non  poche  famiglie  fidassero  nell1  elevatezza 
delle  loro  abitazioni ;  e  pero  non  si  sconciavano  per  dilog- 
giare  prima  che  la  torbida,  crescendo,  ve  le  costringesse. 
Allora  sorgeva  infinite  e  doloroso  il  guaio  delle  donne,  degli 
infermi,  e  de' fanciulli ,  che  scorgevano  intorno  a  se  chiuso 
ogni  scampo,  e  1'onda  spumeggiare  quasi  a'loro  piedi,  minac- 
ciando  di  sopraffarli,  se  non  giungeva  una  barca  che  li  ac- 
cogliesse.  Comune  poi  si  sentiva  la  necessita  della  vivanda, 
perche  di  molte  genti,  sorprese  all'  impensata,  mancavano 
di  provvigioni ,  e  isolate  ne'  piu  alti  piani  de'  palazzi  non 
aveano  altra  speranza,  che  calare  le  sporte  a  fior  dell'  a- 
cqua,  e  aspettare  la  merce  de'pubblici  ministri.  Ne  solo 
entro  la  citta  imperversava  la  fame ,  ma  fuori  le  mura  al- 
tresi:  nell'  Agro  romano  interi  ceppi  di  case,  interi  villaggi 
divenuti  erano  come  isole  in  un  mare  improvviso,  e,  che 
peggio  era,  senza  sussidio  di  barchereccio  per  comunicare 
con  altri  siti;  ond' era  d'uopo  vittovagliarli ,  quasi  dissi, 
dal  continente. 


698  LA   SAVIA   E    LA   PAZZA 

II  cardinale,  luogotenente  del  Papa,  salito  egli  stesso 
in  ampia  barca,  con  seco  un  monte  di  pane ,  di  paste ,  di 
caci,  di  carne,  di  salumi,  e  servito  da  una  squadra  di  re- 
matori  di  Ripetta,  volava  sulle  onde,  tagliava  imperterrito 
le  correnti  impetuose,  e  approdava  alle  finestre ;  entrava  a 
confortare  le  brigate  accoltesi  da'  piani  inferior! ,  s'  infor- 
mava  delle  distribuzioni  ricevute,  del  numero  de'  bisognosi, 
degl'  infermi  da  trasportare,  dispensava  di  sua  mano  cibo  e 
danaro  ;  e  i  sovvenuti,  baciare  pietosamente  il  pane  donato 
e  il  lembo  della  porpora  al  donatore.  Commendato  da  un 
ambasciadore  di  si  nobile  contegno  e  si  decoroso  per  un 
capo  di  Governo:  —  Ah,  troppo  ne  sono  compensate,  ri- 
spose ,  dalla  riconoscenza  e  dalla  discrezione  di  questo 
popolo  buono  !  Pensate,  che  i  poveri  famelici  nii  dicevano 
talora:  Basta,  Eminenza,  basta  per  noi;  il  resto  portatelo 
agli  altri  che  avranno  fame  come  noi...  Povero  Pio  VII !  gli 
sara  pur  dolce  il  sapere  che  in  tanta  sciagura  il  suo  luo- 
gotenente ha  fatto  qualcosa  pei  suoi  cari  Romani.  — 

Rientrato  il  Tevere  nel  suo  letto,  subentro  alia  risto- 
razione  la  provvidenza  del  Governo  e  del  magistrate  cit- 
tadino,  e  la  privata  carita  compi  1'  opera.  Le  commission! 
de'  sussidii,  le  compagnie  di  pieta,  le  confraternite,  i  capitoli 
delle  basiliche,  i  conventi,  i  monisteri,  versarono  copioso 
il  balsamo  della  misericordia  sulle  piaghe  del  popolo.  In 
poche  settimane  Roma  tergevasi  dei  depositi  delle  acque, 
puntellava  le  case  rovinose,  ripurgava  i  fondacci  de1  sot- 
terranei,  riforniva  1' arredo  alle  famiglie  spogliate,  soppe- 
riva  alle  prime  necessita  de'poverelli,  lavoro  e  pane  riab- 
bondava. 

Non  d'  altro  che  della  inondazione  udivasi  ragionare.  in 
Roma,  allorche  vi  tornava  Chiaffi-edo.  Ond'egli,  che  troppo 
erane  informato,  ne  avverti  la  nipote,  affinche  lo  squallido 
aspetto  delle  strade  basse  non  le  rendesse  alia  prima  una 
sinistra  impressione.  Nell'  accostarsi  poi  a  ponte  Molle.  — 
Vetturino ,  grido  egli ,  giu  per  via  di  porta  Angelica ,  a 
S.  Pietro.  —  Rivolto  quindi  a  Clotilde :  —  lo  non  faro  mai 


LA   PRIMA   SERA  IN  ROMA  699 

questo  arrosto,  di  entrare  in  casa  altrui  senza  far  di  cap- 
pello  al  padron  di  casa.  —  E  fermata  la  carrozza  a  pie  della 
gradinata  vaticana,  sali  con  Clotilde  sino  alia  gran  porta 
di  ferro  di  fronte  all'  atrio,  che,  per  essere  oramai  buio,  gia 
era  chiusa:  s' inginocchi6  sulla  soglia,  e  or6  a  capo  sco- 
perto.  Levossi  tutto  lieto  e  dando  una  stretta  di  mano  a 
Clotilde:  —  Allegramente  !  le  disse;  il  gran  viaggio  e  fi- 
nito ,  e  siamo  in  mezzo  a  Roma,  grazie  a  Dio,  sani  e  salvi. 
Ora  a  casa,  a  monte  Cavallo:  buona  cena,  buon  letto, 
buona  dormita,  e  domani  a  darci  bel  tempo. 

Questo  po'diriconforto  non  era  del  tutto  inutile  a  Clo- 
tilde, che  col  calare  del  giorno ,  risentiva  ad  ora  ad  ora 
qualche  tocco  delle  passioni  de'  giorni  antecedenti .  La 
giovane  pellegrina  lasciavasi  soprapprendere  da  una  cotale 
espettazion-e  strana ,  che  la  casa  di  zio  Chiaffredo  avesse 
ad  essere  come  gli  alberghi  incontrati  sul  cammino ,  colla 
differenza  di  trovarvi  de'domestici  invece  di  garzoni.  Vero 
e  che  il  fatto  riusci  tutto  all'  opposto  dell1  immaginato . 
Entrata  la  carrozza  nel  cortile ,  Chiaffredo  si  affaccio  allo 
sportello  ,  diede  un  fischio  :  una  finestra  si  spalanco  in- 
contanente  e  si  udi  un  secondo  fischio  rispondere  al  pri- 
mo.  —  Or  sali,  disse  Chiaffredo  alia  nipote,  sali  per  quella 
scala,  sinche  trovi  un  uscio  aperto  al  terzo  piano.  Alle  robe 
ci  penso  io.  — Or  quanto  senti  ella  rasserenarsi,  allorche  a 
prima  giunta  le  apparve  uno  spettacolo  tutto  di  famiglia  ! 
Le  veniva  incontro  giu  per  la  scala  un  paffuto  servidore* 
sorridente,  e  gridava;  —  Ben  tomato  sor  padrone!  ben  venuta 
sora  padrona  !  —  E  intahto  con  ripetuti  capochini  facea 
ballare  due  lucerne  a  piu  becchi  fiammanti,  quinci  e  quindi 
sospese  dalF  indice  delle  mani.  Dietro  costui  scendeva  una 
gentile  vecchietta,  in  abito  dimesso  ma  pur  signorile,  con 
due  occhi  a  stella  ed  amorosi,  la  quale  le  gittb  le  braccia 
al  collo,  e  in  ischiettissimo  piemontese  la  saluto :  —  Bene 
arrivata  tota  Clotilde  !  Come  stai  ? 

—  Bene,  signora,  grazie;  rispose  timidamente  Clotilde. 

—  E  il  tuo  barba  dov'  e  ? 

—  ft!  qui  sotto:  mi  disse  di  montar  su. 


700  LA   SAVIA   E    LA   PAZZA 

—  Ti  se'  strapazzata  in  viaggio  ? 

—  No,  signora. 

—  Ma  tu  non  mi  riconosci  ? 

Clotilde  guardava  la  signora,  annaspando,  ne  sapeva 
da  prima  come  rimetterla,  ne  che  si  dire.  Ma  poi ,  come 
sono  i  giovani  memori  delle  fisonomie,  non  peno  a  ravvi- 
sarla:  —  Si,  si...  parmi  d'averla  veduta  in  casa  nostra  a 
Torino,  a  cercare  di  zio  Chiaffredo...  una  volta... 

—  0  ben  piu  d' una  volta  !  soggiunse  Chiaffredo,  so- 
pravvenendo  al  colloquio ;  giacche  si  era  preso  il  gusto  di 
mandare  su  Clotilde  sola  a  questa  improvvisata.  Non  co- 
nosci  piu  la  sora  Teresa,  quella  signora  che  spesso  veniva 
a  parlarini,  ed  era  si  carezzosa  con  te  e  con  Glelia...  Tanno 
scorso  ? 

—  Oh  si ,  che  me  ne  ricordo  adesso ;  tanto  bene ! 

—  Or  ecco  io  son  qua,  disse  la  signora,  appunto  ad 
aspettarti:  tutto  ieri  e  oggi  non  si  e  fatto  altro  che  parlare 
del  vostro  arrivo  e  di  te.  La  cena  e  pronta,  non  resta  che 
metterci  a   tavola,  e  poi  a  riposarti .  Poverina  !   dei  pure 
essere  stanca,  dopo  tanto  viaggiare. 

In  cosi  dire,  T  aveva  introdotta  in  un  salotto,  e  spunta- 
tole  il  cappellino,  e  fattala  sedere  sopra  un  sofa;  e  mentre 
si  dava  recapito  al  bagaglio,  ella  le  fece  portare  rinfreschi 
di  piu  maniere,  e  1'intratteneva  di  mille  dimande,  piene  di 
si  naturale  e  schietta  sollecitudine  di  buona  mamma,  che 
Clotilde  si  senti  al  tutto  sgroppare  il  nodo  del  cuore ,  e 
da  quel  punto  le  parve  di  respirare  come  in  casa  sua.  Onde 
che  allegrissimo  fu  il  cenare,  ed  ella  si  accorse,  che  la 
Teresa  certo  era  qualcosa  piu  che  una  donna  di  camera 
perciocche  si  assise  a  mensa  a  suo  franco,  e  zio  nel  fare 
le  zuppe  servivala  per  prima.  A  Chiaffredo  abbondava  la 
loquela,  e  T  animatissimo  conversare  troppo  avrebbe  preso 
della  serata,  se  la  signora ,  con  un  fare  assai  sicuro  ,  non 
Tavesse  quasi  che  interrotto,  dicendo:  —  Oh,  e  a  riposare, 
non  ci  pensiamo  ? 

—  Si,  si;  e  tempo  rispose  Chiaffredo:  anch'io  vo'legar 
1'  asino  a  buona  caviglia :  e  tu,  Clotilde,  se  mai  ti  svegli 


LA   PRIMA   SERA   IN    ROMA  701 

che  il  sole  non  isfondi  ancora  la  finestra,  fa  un  chiocciolino 
e  dormi  dell' altro. 

—  Lo  far6  anche  troppo.  Felice  notte,  barba. 

Teresa  prese  per  mano  la  giovinetta.  —  Or  vieni,  di- 
cendole ,  e  vedi  la  tua  stanza ,  che  e  apparecchiata  nel 
quartiere  di  la.  Tuo  zio  I1  ha  fatta  prendere  a  pigione,  scri- 
vendo  fin  da  Torino ,  e  io  vi  ho  fatti  gli  acconci  in  fretta 
in  furia;  troverai  tutto  nuovo,  pulito,  assettato,  che  psfre  non 
aspetti  altro  che  te. 

Chiaffredo  tenne  dietro  alle  donne ,  quatto  quatto ,  e 
si  affaccio  alia  porta  della  camera;  e  di  la,  celiando,  co- 
minci6  a  prorompere  in  istupori :  —  Bene !  ma  bene  !  benis- 
simo  !  troppo  benissimo  !  Io  non  m'  aspettavo  T  un  cento  di 
tanto  lusso.  Avevo  scritto  che  si  accomodasse  uno  stam- 
bugio  per  una  mia  nipote:  ma  la  sora  Teresa  ha  trafatto. 
Altro  che  stambugio  !  qui  ci  e  una  cuccetta  da  principes- 
sina.  —  Poi  passando  in  rassegna  ciascun  mobile :  —  Non 
ci  manca  nulla.  Oh  vatti  a  fidare  delle  monache !  le  stillan 
tutte,  per  mandare  in  rovina  un  poveruomo.  Letto,  e  che 
letto!...  capoletto  e  cortine...  e  che  cortine  !  0  gua\  ci  e 
anche  il  cordone  del  campanello  colla  nappa...  E  dove  ri- 
sponde  ? 

—  Eh,  risponde  nella  mia  stanza  qui;  disse  Teresa. 

—  Cioe? 

—  Nella  stanza  attigua.  Se  a  Clotilde  nulla  occorresse 
di  notte,  sa  almeno  chi  chiamare. 

—  Anche  cotesto  e  comodissimo  per  la  signorina.  Iss  1 
che  museo  !  proprio  un  museo  di  gingilli ;  tappetino  al  ca- 
nape, studiolo,  inginocchiatoio,  pettiniera,  eccetera,  ec- 
cetera;  perfino  una  spera,  grande  da  specchiarvisi  la  guglia 
di  S.  Pietro,  quando  fa  la  toeletta.  Ti  raccomando,  Clotilde, 
non  la  logorare  tutta  in  un  giorno :  ragazza  che  si  specchia, 
presto  diventa  vecchia;  e  io  aggiungo:  e  berlicche  di  dietro 
le  fa  le  cornina.  Ma  dimani,  dopo  quindici  giorni  che  digiuni 
di  specchiatura,  ben  puoi  darti  una  guardatina  scappando. 

E  Clotilde  ridendo  specchiarsi  nella  spera .  —  Vediamo 
se  berlicche  mi  fa  i  cornetti. 


702  LA    SAVIA    E    LA   PAZZA 

—  Che  spavento  !  sclamo  lo  zio.  Fa  anche  peggio  :  ho 
condotto  una  nipote,  ed  eccone  due.  Troppa  grazia !  E  ohe 
pessimo  e,  tutte  e  due  insonnite  come  le  marmotte...  Ci 
hai  negli  occhi  del  sonno  per  uu  intero  dormentorio.  Va, 
va,  conchiuse  Chiaffredo  ritirandosi  e  levando  il  marmino 
che  sosteneva  la  porta,  dormi,  e  buona  notte.  A  rivederle 
dimani,  signore  mie,  ma  tardi  ve\  appunto  da  beccarci  la 
messa  del  poltroni.  — 

Clotilde  ,  come  si  trovo  sola  colla  sora  Teresa ,  provo 
un  sentirnento  di  indicibile  riposo.  Consolavasi  d'  un  biso- 
gno ,  che  non  avrebbe  saputo  ben  esprimere ,  e  pure  le 
era  vivissimo  ,  di  quella  plena  sicuranza  ,  di  quell1  affida- 
mento  compito,  onde  le  fanciulle  si  abbandonano  solamente 
colle  donne,  molto  piu  se  virtuose  e  attempate.  Due  setti- 
mane  erano  corse,  dacche  non  aveva  piu  incontrato  un  viso 
donnesco,  che  le  desse  tiducia :  e  ora  questa  buona  e  dolce 
donnina  F  aveva  incantata  colle  sue  atTabilissime  maniere, 
e  pressoche  al  primo  aspetto  aveale  ispirato  una  intera, 
confidenza:  non  disse  ne  un  ne  due,  ne  perche  ne  per  come, 
si  getto  nelle  braccia  di  Teresa.  Sventura  alle  famiglie, 
che  noniscelgono  avvedutamente  le  persone,  acuiaffidano 
la  famigliare  intimita  delle  loro  figliuole!  Ma  la  sora  Teresa 
era  eletta  tra  mille,  la  perla  delle  aie,  e  qualcosa  piu  che 
un'  aia.  Comprese  henissimo  quel  naturale  impeto  fanciul- 
lesco,  e  con  carezzevole  atto  rivolse  il  volto  di  Clotilde  a 
una  Madonna,  bella  e  grande  ,  che  pendeva  alia  parete  , 
dicendo  :  —  Tu  qui  in  Roma  hai  bisogno  d1  una  madre  , 
d' una  sorella  ,  d'un  arnica  ,  d' una  consigliera  :  eccola,  e 
dessa  !  — 

XV. 

UNA   MATTINA    FELICE 

Mite  e  serena  sorrise  1'alba  del  di  vegnente ,  e  reco 
una  di  quelle  giornate  ,  onde  spesso  i  romani,  a  mezzo  il 
verno ,  si  godono  il  piu  smagliante  aprile.  In  cuore  a 


UNA   pATTINA   FELICE  703 

Chiaffredo  pur  faceva  primavera.  Tutto  fioriva.  Non  pareagli 
piccola  ventura  il  vedersi  novamente  adagiato  nella  diletta 
Roma;  e  Roma  gli  risplendeva  di  mirabili  speranze:  giacche 
Pio  VII,  reduce  dalla  coronazione  dell'  imperatore,  si  affret- 
tava  all'  antica  sede ,  coronato  egli  stesso  di  nuova  gloria, 
onusto  di  mille  onori  raccolti  per  via,  con  rinnovamento  di 
fede  nelFuniversale,  ricco  di  speranze  per  Tavvenire,  senza 
tener  conto  de'  reali  vantaggi  conseguiti  a  pro  della  Chiesa. 
Oltre  a  ci6  il  signor  Malbrouch  pregustava  il  gaudio  di  av- 
volgersi  in  fra  gli  amici ,  e  loro  confidare  un  mondo  di 
novelle,  quasi  tutte  liete;  e  per  giunta,  a  raddoppiargli  il 
dolce  di  tante  gioie ,  vedeva  oggimai  stabilmente  a  s&  vi- 
cina  quella  delizia  di  nipote,  d'indole  aurea,  e  naturata 
alia  virtu,  nel  cui  cuore  egli  innesterebbe  tutte  le  sue  idee, 
tutti  i  suoi  principii,  tutte  le  sue  aspirazioni,  e  a  cui  lasce- 
rebbe  gran  parte  degli  averi,  e,  volendo ,  anche  il  nome. 
Gli  sembrava  per  poco  di  essere  divenuto  padre,  e  che  il 
nuovo  acquisto  il  compensasse  della  sciagura  di  non  aver 
prole  sua  propria.  Ondeche  ,  com'  egli  era  di  naturale  gaio 
e  giocondo ,  ad  ora  ad  ora  gli  avveniva  di  trovarsi  cante- 
rellando  una  strofetta  d' una  canzone  scherzevole,  popo- 
larissima  allora  nel  suo  Piemonte : 

«  Dop  trant'ani  d'  matrinioni 
«  Finalmcnt  a  1' avu  un  fieul; 
«  Tut  content  barba  Gironi 
«  A  sautava  com' un  cravieul  *. 

In  quella  che  cosi  si  crogiolava  nella  nascentefelicitu, 
ed  ecco  frusciare  il  saliscendo,  e  una  vocina  dimandare:  — 
fe  permesso?  —  Era  Clo tilde  ,  condottagli  dalla  sora  Teresa, 
e  veniva  a  dare  il  ben  levato  a  zio ,  tutta  ariosa  e  vispa. 
La  Teresa  aveala  pettinata ,  studiata,  ricincinnata ,  reci- 

Dopo  tront'anni  -  di  matrimonio 
Alia  perfine  -  ebbe  un  figliuolo  ; 
Tulto  contento  -  barba  Girolamo 
Spiccava  saltt  -  da  capriolo. 


704  LA   SAVIA   E   LA    PAZZA 

tate  con  lei  le  orazioni,  e  confortatala  d'un  bravo  ciocco- 
latte  coi  crostini  alia  romana.  Le  quali  amorevoli  cure , 
aggiunte  al  riposo ,  aveano  alia  giovinetta  fatto  scordare 
le  noie  del  viaggio;  ed  ella  si  sentiva  come  rinata  e  rifio- 
rita.  Appena  si  puo  credere  quanto  ristoro  infonde  alia 
donna  un  po1  di  governo  del  capo ,  e  un  po1  di  assetto  della 
vestitura,  specialmente  dopo  averne  patito  disagio.  Ben 
sel  sanrio  le  ancelle  di  Dio ,  dedicatesi  alia  cura  delle  mon- 
dane,  cadute  insiememente  e  nel  vizio  e  nella  sventura; 
le  accorte  suore  con  quest1  articella  amorevole,  ne  sollevano 
da  prima  ravvilimento,  ne  acquistano  il  cuore,  e  si  aprono 
il  varco  a  rinfondere  il  sentimento  smarrito  della  decenza 
femminile,  e  T  alito  rinnovatore  della  virtu. 

—  E  permesso?  dimandava  Clotilde. 

—  Permesso,  permessissimo ,  rispose  ChiafFredo,  spa- 
lancando  la  porta.  Corne  hai  ronfato  a  Roma? 

—  Bene,  barba:  e  voi? 

—  Benone.  Hai  fatto  colezione  con  appetito? 

—  Si,  come  a  Torino. 

—  Ma  a  Torino ,  quando  aprivi  la  finestra  non  vedevi 
la  cupola  di  s.  Pietro...  Guarda,  e  quella.  Vedi  che  bagat- 
tella  di  calotta.  —  E  mentre  Clotilde  smiracolava  su  quel 
prospetto  stupendo,  indorato  dal  raggio  del  sole,  o  facea 
dell'arco  delle  dita  occhialino,  ed  egli  raccontava  le  mi- 
rabilie  del  tamburo  ,  della  lanterna ,   del  cupolino  ,  della 
palla,  della  croce :  poi  interrompendosi :  —  Via ,  via ,  non 
perdiamo  tempo:  subito  a  S.  Pietro.  Questi  primi  giorni  ti 
conduce  io,  in  appresso  ci  pensera  la  sora  Teresa....  La  ci 
sara  senza  dubbio  una  messa:  e  poi,  e  poi...  ci  e  un  mondo 
di  belle  cose  da  vedere.  Dunque,  svelta,  mettiti  indosso. 

—  Ma  il  cappellino  da  viaggio  e  tutto  stazzonato,  Tal- 
tro  e  ancora  nella  custodia. 

—  Non  pensare  ,  disse  la  Teresa ,  ne  T  ho  cavato  io , 
T  ho  racconcio  col  nastro  all'  uso  di  Roma,  e  non  gli  manca 
null  a . 

—  Grazie,  sora  Teresa,  grazie.  — 


UNA   MATTINA   FELICE  705 

Non  prima  la  fanciulla  fu  fuori  della  presenza ,  che  il 
signer  Malbrouch  entr6  a  discorrere  serratamente  colla  si- 
gnora:  —  E  bene  com1  &  ita  questa  prima  scena  ? 

—  Non  poteva  andar  meglio. 

—  Si  &  nulla  nulla  mostrata  foresta  ? 

—  Ma  nulla,  quello  che  si  dice  nulla.  Pare  nata  in  casa. 

—  Non  fa  segno  di  dolersi  della  famiglia  lasciata  in 
Torino  ? 

—  Non  me  n'ha  parlato,  se  non  per  dirmi  che  ha  da  scri- 
vere  al  babbo  e  alia  sorella,  ma  che  vuole  aspettare  dell'altro, 
per  raccontare  le  belle  cose  che  vedra  qui.  S'  inteneriva 
bene  un  tantino  nel  mentovarli ;  ma  poi  tutto  finiva  li.  M'ha 
cinguettato  ihvece  un  monte  di  chiacchere  sulle  fogge  delle 
foresi  vedute  in  viaggio,  e  sul  santuario  di  S.  Rosa,  e  che 
so  io . 

—  E  di  zio  non  fece  mai  parola  ? 

—  Oh  si,  piu  volte. 

—  Che  diceva  ? 

—  Puh ,  diceva  che  Y  era  contenta  di  venire  a  stare 
con  voi. 

—  Me  T  aspettavo :  e  una  pasta  d'  angelo,  e  pure  lag- 
giu  a  Torino,  cervellacci  senza  sugo !  non  sapevano  cavarne 
un  costrutto:  qui  invece  (e  per  questo  solo  Y  ho  fatta  venire) 
se  ne  fara  tutto  il  bene  che  si  puo  volere.  Del  resto  voi , 
signora  Teresa ,  state  in  tutto  e  pertutto  alle  nostre  intel- 
ligenze  ^er  lettera...  A  proposito  le  avete  ricevute  ? 

—  Crederei :   quattro  me  ne  furon  ricapitate ,   e  ben 
lunghe. 

—  Or  bene  in  quelle  ho  posto  tutto  il  mio  disegno.  Non 
parvi  che  stia  bene  ? 

—  Eh ,  nulla  di  nuovo :  e  Y  educazione  che  si  da  dai 
buoni  padri  di  famiglia  alle  loro  fanciulle ,  e  quella  su  per 
giu  che  si  dava  nei  monisteri  della  Visitazione. 

—  Dunque,  fermi  li.  Per  ci6  poi  che  e  di  cappellini,  nastri, 
abbigliamenti  ed  altre  tattere ,  io  me  ne  rimetto  in  voi,  co- 
me aia,  maestra  e  madre.  Quanto  a  me,  gradirei  che  alia 
Serie  VIII.  vol.  //,  fasc.  504.  45  9  giugno  1871. 


706  LA    SAVIA  E  LA  PAZZA 

birnba  non  mancasse  nulla  del  necessario  e  del  convenevole 
alia  sua  condizione ;  ma  piuttosto  un  puoto  sotto ,  che  un 
punto  sopra ,  perche  troppo  sapra  da  se  metterci  il  piu  ed 
il  vantaggio.  Ai  libri  ci  penserb  io:  ho  preso  tra  gli  altri , 
ora  passando  per  Firenze  ,  due  volumetti  di  monsignor  In- 
contri ,  tfptegazione  delle  feste:  ma  sono  sciolti ,  e  voglio  rc- 
galarglieli  un  bel  giorno  ,  per  premio  ,  legati  in  zigrino  , 
coi  fortnagli,  filettati  d'oro,  rabescati,  per  farglieli  piu  pre- 
giare.  Per  condurla  fuori ,  spesso  la  prenderb  meeo ,  del 
resto  fate  voi :  visite  poche  o  punte,  se  pur  non  la  condu- 
ceste  alle  madri  badesse  che  voi  conoscete,  o  alle  signore 
che  usano  in  casa  mia,  o  alle  famiglie  piemontesi;  badate 
tuttavia,  le  sieno  di  quelle  che  stanno  in  buonacolle  nostre 
Maesta,  Carlo  Emmanuele  e  Vittorio  Emmanuele.  Quanto  si 
e  a  divozioni  in  chiesa,  feste,  novene,  perdonanze,  io  non 
posso  patire  ghiribizzi,  vanita,  scrupoli;  ma  cio  che  e  appro- 
vato  dalla  Chiesa,  o  questo  si,  e  tutto.  Pero  accompagna- 
telapure  alia  rnessa  ogni  di,  e  dovunque  ella  desideri  andare, 
perle  solennita  giornaliere  di  Roma;  anzi,  se  occorre,  met- 
tetele  voi  la  pulce  nelF  orecchio,  massime  poi  a  quelle  cui 
interviene  il  Papa :  e  giusto  che  stando  in  Roma  la  preghi 
il  piu  che  puo  insieme  col  Vicario  di  Gesu  Cristo.  Anche 
se  doveste  per  cio  prendere  la  vettura  di  piazza,  tirate  via 
liberamente.  Gia  ci  vado  anch'  io,  e  puo  venir  meco.  Pone- 
tevi  in  cuore  di  farla  a  dirittura  chiesastica,  bigotta,  spi- 
golistra  e  via  via:  io  non  ho  paura  di  questi  vocaboli,  che 
sono  il  ban  bau  degli  sciocchi.  Per  me  vorrei  tornassero  i 
conventi,  con  tutte  le  loro  educazioni  all'anticaccia,  ma 
proprio  accia:  perche  ho  veduto  che  le  teste  fasciate,  colle 
loro  pretese  zoticaggini,  a  conti  fatti,  ci  raffazzonavano  delle 
magnifiche  ragazze,  delizia  della  famiglia,  che  sapevano 
benissimo  affarsi  nelle  oneste  brigate,  cantare  e  toccar  la 
chitarra  sedute  presso  a  mamma,  trinciare  quattro  capriole 
come  le  altre,  col  piccolo  vantaggino  d'  essere  pie,  ubbi- 
dienti,  laboriose.  Voi  Io  sapete  per  prova,  che  appena  smuc- 
ciata  della  Visitazione,  vi  trovaste  a  corte,  e  non  1' ultima; 
e  pure  poco  dopo  vi  facevate  monaca. 


UNA    MATTINA    FELICE 


707 


—  Cosi  non  m'avesser  disfatta!  rispose  Teresa,  con  un 
sospiro :  basta,  non  rivanghiamo  i  guai  vecchi. 

—  Or  bene  rifabbricatevi  il  monastero  in  quelle  camere 
di  la;  voi  siate  la  priora,  e  Clotilde  la  comunita.  Non  gia 
ch'io  la  voglia  monacare  di  forza:  tocca  a  lei  pensarci;  io, 
neppur  un  motto  alia  lontana.  Che  anzi  ho  una  mezza  idea 
di  qualcuno,  che  le  possa  andar  bene,  a  suo  tempo.  Vi  dico 
di  farla  monaca,  cioe  d'istillarle  tutta  la  pieta  vostra  e  di 
S.  Francesco  di  Sales.  Se  Iddio  non  la  chiama,  ci6  non  im- 
pedira  nulla  che  la  diventi  un  fiore  di  buona  sposa ,  anzi 
T  aiutera.  Le  educate  in  convento  trovano,  senza  tante  ma- 
nierine  franciose  ,  marito  piu  e  meglio  di  quelle  che  ne 
vanno  in  busca;  e  trovatolo  gli  voglion  bene  per  amore  e 
non  per  romanzo,  e  riescono  le  brave  mammine  che  s'alle- 
vano  caramente  i  loro  figliolini,  e  tengono  loro  grado  e 
sono  il  decoro  piu  dolce  e  venerabile  della  societa.  Laddove 
quelle  pispolette,  pettinate  dalle  grazie  tramontane,  sempre 
in  guardia  contro  la  superstizione...  e  meglio  non  parlarne. 
Ne  ho  vedute  cosi  cento  come  una;  grillaie,  vi  dico,  gril- 
laie  ambulanti,  e  nelle  conversazioni,  civette,  pappagalli , 
zimbelli....  II  Signore  le  da  in  moglie  ai  giovanotti  che  han 
peccati  grossi  da  scontare,  per  loro  penitenza  di  tutta  la 
vita . . . 

Teresa  interruppe  con  dire:  —  Siamo  d'accordo  :  or  vo 
a  vedere  che  cosa  fa  Clotilde,  che  non  torna.  —  Senza  di 
che,  la  dissertazione  di  sor  Chiaffredo  non  era  per  finire 
si  tosto.  Com'  egli  dava  la  stura,  in  verbo  educazione,  cor- 
reva  come  un  fiuine  reale. 

Oggi  e  parecchi  giorni  Chiaffredo  si  valse  della  car- 
rozza,  che  prese  a  nolo  per  due  attaccature  alia  giornata. 
Bramava  appagare  la  immaginazione  di  Clotilde,  con  farle 
passare  rapidamente  sotto  gli  occhi ,  quasi  riunite  ,  le  piu 
famose  maraviglie  romane.  Ma  fornite  le  prime  e  solenni 
visite  alle  grandi  basiliche,  dentro  e  fuori  le  mura,  smise 
volentieri  la  vettura,  per  veder  meglio  la  citta,  diceva  esso; 
in  fatto  poi,  per  avvolticchiarsi  agiatamente  nel  cuore  del- 


708  LA   SAVlA   E    LA   PAZZA 

1'abitato,  e  rannodare  le  visite  degli  amici.  II  valent'uomo 
ne  aveva  un  po'per  tutto,  e  si  fermava  per  le  vie,  od  an- 
che  passando  dinanzi  alle  lor  case,  non  reggeva  al  solle- 
tico  di  salire  a  udirsi  un  ben  tomato.  E  poiche  le  sue  cono- 
scenze  erano  d'uomini  del  suo  pensare,  lo  scambio  delle 
novelle  pigliava  larghe  conversazioni;  tra  le  quali  T  amo- 
revole  zio  non  mai  mostravasi  piu  lieto,  che  quando  gli 
dimandavano:  —  E  cotesta  graziosa  giovinetta  e  vostra 
figliuola? 

—  No ,  rispondeva  Chiafiredo :  Clotilde  mi  vuol  bene 
come  una  figliuola,  ma  e  mia  nipote  di  fratello. 

—  Ed  ella  sta  ora  con  voi? 

—  Si,  1'ho  condotta  a  Roma,  perche  ringrazi  il  Santo 
Padre  dell'udienza  accordataci  in  Torino. 

—  Ah,  la  signorina  e  stata  ricevuta  dal  Papa? 
Clotilde  rispondeva  un  si  signore,  colorando  le  guance 

di  gentile  modestia. 

—  E  che  le  ha  detto  il  Papa  ? 

E  Clotilde  dovea  raccontare  la  sua  avventura,  la  quale 
Chiaffredo  ascoltava  con  sempre  nuovo  compiacimento,  come 
un1  arietta  d'un  canarino. 

—  Or  quando  torna  il  Papa?  ripigliava  T  interlocutore: 
per  Roma  se  ne  dicono  tante  ! 

Qui  Chiaffredo  entrava  in  un  lago  di  storia  contempo- 
ranea;  politica,  religione,  maneggi  diplomatici,  tutto  pas- 
sava  in  rassegna,  e  conchiudeva:  —  II  Santo  Padre  torna, 
e  torna  presto :  lo  so  di  buon  luogo. 

—  Mi  par  mill'  anni  di  saperlo  arrivato  a  porta  del  Po- 
polo  ,  diceva  un  monsignore  in  pel  bigio.  Non  so  perche , 
ma  se  nol  veggo,  Roma  mi  sembra  vuota:  credo  a  volte  di 
trovar  T  erba  cresciuta  per  le  strade...  Ci  sento  perfino  una 
tal  quale  impressione  di  quella  galera  che  avemmo  quando 
Pio  VI,  bona  memoria,  era  prigione... 

—  Monsignore,  nol  mentovate  piu  quel  tempucciaccio 
di  tutti  i  diavoli. 

—  Mah!  —  e  monsignore  tentennava  il  capo. 


UNA    MATTINA   FELICE  709 

—  Che  vorreste  significare  col  vostro  mak? 

—  Oh,  ve  T  ho  dire?  io  sono  come  i  trasteverini,  ragiono 
grosso:  a  quel  messere  di  la  dai  monti  io  ci  ho  poca  divozione, 
finche  non  si  ribattezza  sciaguattato  hene  per  immersione, 
dopo  avere  restituito  gli  Stati  al  Papa. 

—  Capisco ,  capisco...  ne  pur  io  T  ho  sul  mio  libro  al 
frontispizio :  ma  in  fine  finale  il  Papa  fu  da  lui  ricevuto 
convenientemente;  Napoleone  ha  promesso  di  restituire... 

—  Come  tutti  i  ladri,  a  pasqua,  per  avere  T  assoluzione. 
Gli  creder6  ,   quando  sentirb  che   i  commissarii  pontificii 
hanno  avuto  la  consegna  delle  province,  e  che  il  nostro 
legato  ne  ha  preso  possesso.  Ora  invece  mi  sembra  piu  in 
vena  di  rubare  che  di  restituire.  Mi  scrivono  che  regala  il 
non  suo  principato  di  Piombino  alia  sorella  Elisa  nei  Ba- 
ciocchi:  ho  inteso  da  un  ministro  estero,  che  appunto  in 
questi  giorni  va  brogliando,  anzi  comanda  a  Genova  e  a  Mi- 
lano,  che  i  signori  repubblicani  Io  chiamino  loro  re.  Non 
gli  basta  a  lui,  bandito  c6rso,  aversi  ciuffata  la  corona  d'im- 
peratore  dei  Francesi ;  egli  ha  il  catarro  di  farsi  dire  Sua 
Maesta  re  d'  Italia.  Noi  i  nostri  re  gli  abbiamo.  Pio  VII,  Fer- 
dinando  IV,  Vittorio  Emmanuele  I,  Maria  Luisa  e  gli  altri , 
non  sono  tutti  re  d'  Italia?  Che  diritto  ha  lui  a  questo  titolo 
minaccioso  ?  Per  me,  vi  dico  il  vero,  questo  titolo  serve  a 
consacrarlo  furfante,  ladro,  scomunicato,  maledetto.  La- 
sciamo  andare,  che  fin  d'ora  gli  e  tale,  perche  spoglia  i 
principi  legittimi;  ma  e  dieci  volte  peggio,  perchS  conferma 
la  rapina  a  danno  della  Santa  Sede. 

—  Ma  restituira,  dicono. 

—  Io  temo  che  invece  T  appetito  gli  venga  mangiando. 
Un  bel  mattino  si  sveglia  coiruzzolo  di  beccarsi  Roma,  e... 

—  E  alia  sera  gli  puo  restare  nella  strozza. 

—  Cosi  sia!  conchiuse  il  prelate. 

Chiaffredo  prendea  diletto  grandissimo  a  tenersi  a  lato 
la  nipote  in  questi  parlari:  —  Perche,  diceva  esso ,  senza 
avvedersene,  va  a  scuola.  — 


RIVISTA 

DELLA 

S  T  A  M  P  A    I  T  A  L  I  A  N  A 


I. 

La  Vergine-Madre  e  I'Arte  cristiana ;  Sludii  estetici  del  BARONE 
NICOLA  TACCONI-GALLUCCI.  Napoli,  tipografia  degli  Accattoncel- 
li,  1870.  Un  volume  in  8°  di  pag.  XIII,  185. 

Non  potremmo  lodare  abbastanza  questa  operetta  de!  chiarissimo 
idorine  Tacconi-Gallucci ,  il  cui  norae ,  non  ostante  la  freschezza 
dell'  eta,  e  troppo  noto  ai  dotti  d'  Italia,  e  i  cui  pregevoli  lavori  non 
b  questa  la  prima  volta  che  vengono  con  ooore  annunziati  dal  no- 
stro  periodico.  Ma  se  il  nostro  giudizio  non  c'  inganna ,  ci  sembra 
clie  il  citato  libro  sorpassi  di  graa  tratto  tutte  le  altre  opere.  che  finora 
sono  uscite  dalla  penna  di  lui.  Cio  e  merito  suo  senza  fallo,  ma  e 
merito  altresi  del  soggetto,  che  e  uno  de'piu  acconci  alia  contem- 
plazione  degl' ingegni  non  volgari,  e  de'piu  efficaci  nell' accendere 
santi  affetti  ne'  cuori  ben  disposti.  II  soggetto,  come  lo  indica  il  ti- 
tolo,  e  la  Yergine  Madre  nell'  Arte  cristiana ;  vale  a  dire :  quale  e 
quanta  sia  la  influenza  estetica  di  Maria  nelle  manifestazioni  dell'arte, 
informata  dal  concetto  cristiano.  La  brevita  di  una  rivista  non  ci 
consente  di  seguire  a  passo  a  passo  1'  autore  nello  svolgimento  e 
nella  trattazione  del  suo  terna:  dare  un  sunto  anche  solo  delle  os- 
servazioni  piu  principal!,  ci  porrebbe  nel  pericolo  di  non  essere  in- 
tesi,  trattandosi  di  concetti  per  se  stessi  non  troppo  access!  bill  alle 
cQimmi  intelligenze:  esporle  poi  con  qualche  ampiezza  ci  menerebbe 
troppo  in  lungo.  Ci  contenteremo  adunque  di  segnare  come  le  tracce 
general!  dell'  opera ,  rimettendo  all'  opera  stessa  i  lettori  piu  idonei 
alle  investigazioni  filosofiche. 

L'Arte  inquanto  cristiana  ha  un'impronta  essenzialmente  diversa 
dalla  pagana :  perciocche  essendo  I'Arte  imitazione  della  natura,  la 
cristiana  la  esempla  come  fu  da  Cristo  ristaurata  mediante  la  reden- 
zione ;  laddove  la  pagana  la  ritraeva  nel  suo  degradamento.  Cio  posto, 
tanta  dev'  essere  la  influenza  estetica  della  Yergine  Madre  nel  rin- 
novamento  introdotto  nell'  Arte  per  virtu  del  Cristianesimo ,  quanto 
c  ii  ^rado  di  eccellenza,  a  cui  fu  da  Dio  elevata  nelFordine  naturale 


RIVISTA   DELLA   STAMPA   ITALIANA  711 

e  soprannaturale ,  e  quanta  la  parte  che  le  toccd  nell'  opera  divina 
della  redenzione.  Questo  e  il  principle,  sopra  il  quale  1'egregio  autore 
fonda  il  suo  lavoro  estetico  intorno  alia  Vergine  Madre  nell'  Arte 
cristiana.  «  Dopo  il  tipo  dell'Uomo-Dio,  cosi  egli,  ch' e  la  sintesi, 
1' ideale,  1'essenza,  il  tutto  dell' Arte  cristiana,  il  tipo  che  viemag- 
giormente  risalta,  esercitando  una  estesa  influenza  sulla  rigenerazione 
estetica,  e  appunto  quello  della  Vergine-Madre,  il  quale  dinamica- 
meute  trascende  sugli  altri  tanto  per  la  sublimita  del  misterio,  quanto 
per  la  squisita  bellezza  che  sta  diffusa  nell'  Eva  novella  del  riscatto. 
La  redenzione  difatti  non  comincia  che  con  Maria;  con  lei  che  fu 
preordinala  pria  che  fosse  la  terra,  pria  che  si  sollevassero  i  monti, 
pria  che  le  acque  si  dividessero  dall'arida:  imperocche  ella  e  prin- 
cipio  di  quell'  era  di  grazia ,  nella  quale  gli  uomini  ritornarono  ad 
essere  figli  di  Dio,  stirpe  eletta  chiamata  alia  beatitudine  eterna  ed 
alia  volutta  dell'  amore  divino .  Laonde  se  1'  incarnazione  si  avvera 
in  Maria,  ed  ella  e  scelta  ad  essere  cagione  dell'  universale  riscatto, 
il  tipo  e  1'ideale  estetico  della  Vergine- Madre  sara  pure  la  manife- 
stazione  di  quella  parvenza  divina,  che  riscatta  FArte  e  reintegra 
la  bellezza  nella  prisca  e  perfetta  sua  natura  celestiale  1.  » 

Stabilito  il  qual  fondamento,  e  dimostrato  come  la  bellezza  spi- 
rituale,  che  nell' essere  suo  e  cosa  interna  ed  invisibile,  pure  si 
manifesta  per  un  suo  riflesso  esteriore  nelle  forme  sensibili,  die  sono 
quelle  che  1'Arte  riproduce;  comincia  a  divisare  in  particolare  le 
ragioni  dell'  influenza  nell'  Arte  cristiana,  che  hanno  luogo  nel  tipo 
della  Vergine- Madre.  La  prima  e  la  Grazia  e  V 'Amore:  la  Grazia 
di  cui  essa  fu  piena  per  se  e  pe'  figliuoli  di  Adamo  fino  dalla  sua 
origine  immacolata;  e  1' 'Amore,  del  quale  fu  obbietto  dalla  eternita 
per  la  sua  elezione  a  madre  di  Dio.  «  Questo  ideale,  osserva  giu- 
stamenle  T  Autore,  di  celeste  e  sublime  ispirazione ,  compenetrando 
la  forma  e  la  figura  umana,  rigenera  la  bellezza  terrena,  irradian- 
dola  con  una  luce  di  Paradiso,  e  solleva  1' Arte  cristiana  a  quel  ciclo 
di  serenita  e  di  beatitudine ,  che  e  il  piu  alto  ed  elevato  concetto 
del  genio  artistico  creativo.  » 

L'altra  ragione  e  il  Soprannaturale,  di  cui  il  tipo  di  Maria  e 
la  piu  eflicace  manifestazione  per  le  sue  attinenze  colla  Trinitd,  che 
e  il  mistero  piu  eccelso  nell'  ordine  soprannaturale ,  per  la  parte  si 
principale  .che  ebbe  nella  Incarnazione,  che  e  1'  opera  soprannatu- 
rale per  eccellenza ,  e  perche  essa  stessa  e  il  maggiore  miracolo , 
effettuato  in  pura  creatura,  per  la  sua  qualita  di  Vergine  insieme  e 
di  Madre.  Messe  le  quali  considerazioni  i' egregio  autore  discorre 
ampiamente  i  modi  diversi  onde  il  soprannaturale,  cos\  divinamente 

i  Pag.  2. 


712  Rl  VISTA 

connesso  colla  idea  della  Vergine  Madre,  ha  o  puo  avere  il  suo  riflesso 
nell'Arte  rigenerata  pel  cristianesimo  l. 

La  terza  ragione  d' influenza,  che  esercita  la  Vergine  Madre  nel- 
l'Arte cristiana,  e  il  meraviglioso  divino.  II  chiarissimo  autore  discorre 
con  niolta  profondita  di  concetti  del  meraviglioso  in  genere,  e  in  par- 
ticolare  dimostra  1'  intima  relazione  che  passa  fra  il  meraviglioso  na- 
turale  e  il  meraviglioso  soprannaturale.  Donde  conchiude,  cliesmarrita 
fra  le  genti  la  vera  idea  del  soprannaturale,  dovea  sotto  un  rispetto 
scapitarne ,  e  sotto  un  altro  rispetto  mancare  affatto  il  meraviglioso 
estetico  nelle  opere  dell'arte.  «  Egli  e  in  tal  guisa,  esso  dice,  che  si 
Sterne  1' assoluto  bisogno  della  redenzione  nell'arte;  dappoiche  il 
ialso  e  ridicolo  maraviglioso  del  Paganesimo  non  appagava  piu  ne 
le  nienti  razionaliste  degli  stoici,  ne  le  coscienze  de'credenti  in  Gesu 
Cristo;  laonde  1' Arte  sarebbe  senza  piu  caduta  nel  dispregio  e  nel- 
F  apatia.  II  Cristianesimo  ci  diede  il  segreto  del  positive  meraviglioso, 
mettendo  in  reale  comunicazione  1'  umanitd  e  la  divinita,  il  sopran- 
naturale e  il  naturale.  Nell'  Uomo-Dio  s'  incarna  il  portento  della 
grazia,  il  miracolo  continuato  dell'onnipotenza  e  della  carita,  mentre 
nella  Vergine  Madre  apparisce  1'  imperative  della  grazia  diffusiva 
neir  umanita  pel  miracolo  dell'onnipotenza  e  dell' amore.  L' Uomo- 
Dio  e  la  Vergine-Madre,  che  sono  i  due  tipi  e  i  due  ideali  in  cor- 
rispondenza  assoluta,  costituiscono  il  fondo  del  meraviglioso  cristiano, 
anzitutto  pel  miracolo  della  Grazia,  ch' e  il  vero  punto  d'incontro 
del  soprannaturale  e  del  naturale  nel  ciclo  redentivo,  nel  modo  stesso 
che  il  Fiat  e  il  verbo  intermedio  fra  i  due  ordini  nel  ciclo  creativo  2. » 

Le  manifestazioni  poi  di  cotesto  meraviglioso  divino  della  Donna 
eletta  esso  le  riduce  a  quattro  capi  principali;  vale  a  dire  alia  Ver- 
ginild  assoluta  di  lei,  alia  sua  Maternitd^  al  suo  Martirio ,  al  suo 
Trionfo  :  per  le  quali  proprieta  la  bellezza  meravigliosa  di  Maria 
spicca  in  quattro  felicissime  situazioni,  le  piu  artistiche  che  sia  dato 
immaginare.  Perciocche,  come  giustamente  osserva ,  «  nella  Vergi- 
nitd  la  bellezza  della  grazia  predomina  sul  sublime  della  maesta, 
eel  il  meraviglioso  si  appalesa  nell'  azione  individuate ,  ma  sopras- 
sensibile  della  vita  giovanile  ....  Nella  Maternitd  il  sublime  so- 
vrasta  all'elemento  semplice  della  bellezza,  e  la  maesta  predomina 
sulla  grazia,  di  maniera  che  1'  ideale  estetico  si  scerne  nella  sua  piu 
grande  azione  affermativa,  e  Maria  diventa  il  centro  di  quella  Epopea 
eminentemente  drammatica,  che  ha  per  soggetto  Dio  e  I'  umanitd. 
II  Martirio  della  Vergine  Madre  forma  il  suo  intenso  e  profondo 
dolore  per  la  tragica  morte  del  divin  figlio  crocifisso;  eppero  1' ideale 
estetico  di  lei  s'  individua  nella  maesta  della  sventura,  che  congiunta 
alia  grazia  della  malinconia  piange  1'  obbrobrio  dell' umanita  col- 

i  Pag.  7.    —    2  pag.  04. 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  713 

1'  accento  della  piu  patetica  poesia.  L'  Apoteosi  infine  di  questa  Crea- 
tura  tulta  santa  e  il  compimento  del  Meraviglioso  e  teleologia  del- 
1'Arte;  giacche  nell'  Assunzione  della  Vergine-Madre  alia  gloria 
eterna  del  cielo,  la  maesta  della  Regina  degli  Angeli  s'immedesima 
colla  grazia  della  Regina  delle  Vergini,  e  Delia  parvenza  indefinita 
del  suo  ideale  ben  si  discerne  la  bellezza  dell'  Imperatrice  del  Creato, 
che  si  asside  nel  trono  della  gloria,  piena  di  letizia,  di  splendore,  di 
varieta.  L'a  redenzione  e  la  rigenerazione  dell'  Arte  non  si  avverano 
die  per  via  di  qnesti  quattro  ideal i  della  Vergine-Madre;  imperocche 
tutto  il  Meraviglioso  estetico  del  Cristianesimo  da  Maria  prende  ori- 
gine  e  cominciamento  l.  » 

Quest' ultimo  concetto,  ond'e  chiuso  il  tratto  recitato,  forma  il 
subbietto  di  tutto  il  rimanente  del  libro,  ch'e  quanto  dire  della  so- 
stanza  dell'opera.  Noi,  aache  in  questo,  altro  non  possiamo  che  sol 
tracciare  1'ordine  della  trattazione. 

E  considerata  dunque  in  primo  luogo  la  verginita  di  Maria , 
come  causa  esemplare  della  rigenerazione  della  donna  ne'  tipi  del- 
1'Arte  cristiana.  A  dimostrare  questo  concetto  il  chiaro  autore  si  apre 
la  via  colla  notazione  di  un  fatto,  pur  troppo  attestato  da  tutta  la 
storia  del  genere  umano  innanzi  alia  redenzione ;  ed  e  la  degrada- 
zione  morale  e  sociale  della  donna  ne'  tempi  anteriori  al  Cristianesimo. 
Ora  la  causa  piu  efficace  della  riabilitazione  della  donna,  dopo  1'opera 
di  Cristo,  e  Maria ;  la  quale ,  col  privilegio  singolarissimo  della  sua 
immacolata  concezione  e  di  una  verginita  senza  esempio ,  perche  con- 
giunta  colla  divina  maternita,  nobilito  immensamente  piu  il  suo  sesso 
di  quel  che  lo  avesse  vituperato  Eva  col  farsi  cagione  del  primo  fallo 
dell'uomo.  Donde,  con  un' antitesi  assai  ben  condotta,  prende  occa- 
sione  di  notare  i  pregi  morali,  perduti  per  la  colpa  di  Eva  e  resti- 
tuiti  da  Maria  alia  donna ,  per  le  sue  qualita  d'  immacolata  dalla 
origine  e  di  sempre  vergine. 

Or  con  questa  rigenerazione  morale  della  donna  e  intimamente 
congiunto  il  rinnovamento  estetico  della  medesima  nell' Arte  cristiana: 
poiche  dal  tipo  ideale  di  Maria  sempre  vergine  si  riflette  nel  tipo 
artistico  della  vergine  cristiana  un  tal  raggio  di  celestiale  bellezza, 
che  e  di  un  genere  tutto  proprio,  ed  era  impossibile  che  fosse  rap- 
presentato  dall'  arte  pagana.  Sopra  di  che  1'  autore  si  ferma  buon 
tratto ,  notando  in  ispecie  i  varii  aspetti,  sotto  i  quali  pu6  manife- 
starsi  la  bellezza  vergiaale  nei  tipi  cristiani. 

In  secondo  luogo  esso  considera  la  maternita  di  Maria ,  come 
causa  della  rigenerazione  estetica  della  famiglia.  E  in  prima  discorre 
generalmente  della  dignita  della  donna  inquanto  madre;  mettendo 

i  Pag.  32, 


714  RIVISTA 

dipoi  in  opposizione  con  questa  eccellenza,  conferita  a  lei  dalla  na- 
tura, la  misera  condizione,  in  che  la  donna,  anche  madre,  era  caduta 
presso  gli  antichi,  non  distinguendosi  la  sua  condizione  dalla  condizione 
degli  schiavi.  II  Cristiacesimo  non  solo  reintegro  la  maternita  della 
donna  nel  grado  primiero  di  onore  secondo  natura,  ma  le  aggiunse  una 
eccellenza  tutta  soprannaturale;  quella  di  generare  i  figliuoli,  allevarli 
ed  educarli,  per  crescere  a  Dio  in  questa  vita  il  numero  de'  suoi 
servi  fedeli,  ed  apparecchiargli  per  la  eternita  nuovi  glorificatori.  La 
parte  die  ha  la  maternita  di  Maria  in  questa  redenzione  reale  della 
materiiita  della  donna  e  stata  accennata  di  sopra.  La  parte  poi  che 
ha  il  suo  tipo  nella  rigenerazione  artistica  della  stessa  e  illustrata 
dall'  autore  con  rarie  e  giudiziose  osservazioni,  dedotte  dalle  streltc 
relazioni  che  ha  la  maternita  di  Maria  cogli  ufficii  della  madre  cri- 
stiana.  Nel  quale  proposito  produce  due  tipi  di  Raffaello,  che  valgono 
molto  a  chiarire  il  soggetto. 

In  terzo  luogo  dimostra  nel  martirio  di  Maria  la  santificazione 
estetica  del  dolore  e  della  morte.  Secondo  il  consucto  s'  introduce  nel 
soggetto  con  considerazionigenerali,  tolte  dalla  filosofia,  internet!  dolore 
ed  aila  morte,  facendo  rilevare  segnatamente  lo  sconforto  e  la  dispera- 
zione  che  necessariamente  dovea  accompagnare  le  sofferenze  e  in  modo 
speciale  1' ultima  dissoluzione  dell'uomo,  separate  dalle  speranze  che 
solo  la  vera  religione  puo  offrire.  Ne  dimostra   il  riflesso  nell' arte 
pagana,  coll'esempio  di  due  capilavori,  quali  sono  il  Lacoonte  e  la 
Niobe.  II  Cristianesimo  colla  sua  dottrina  e  colle  sue  speranze  infuse 
come  un  altro  essere  nel  dolore  e  nelle  stesse  strette  della  morte.  II 
dolore  e  la  morte,  senza  pe.rdere  nulla  di  cio  che  sa  di  amaro  alia 
natura,  possono  divenire  pel  cristiano  non  solo  accettabili  per  la 
rassegnazione  ai  dirini  yoleri,  ma  anche  desiderabili  pe'  beni  di  or- 
dine  soprannaturale  ed  eterni  che  procacciano.  Maria  Addolorata   e 
1'  esempio  piu  perfetto  e  piu  sublime,  dopo  il  suo  divino  figliuolo, 
del  modo  come  il   cristiano  debba   comportarsi  negli   strazii  anche 
estremi  de' patimenti:  e  il  tipo  per  conseguenza  di  lei  agonizzante 
a  pie  della  croce,  o  in  altri  acerbi  scontri  della  sua  vita  mortale,  6, 
dopo  il  tipo  dell'Uomo  de'dolori,  il  piu  efficace  ad  ispirare  un  artista 
nella  espressione  del  dolore  cristiano.  L'illustre  autore  dichiara  i  varii 
rispetti ,  onde  si  verifica  la  influenza  di  detto  tipo  nell' Arte  cristiana, 
e  ne  addita  gli  esempii  principalmente  nella  poesia  e  nella  musica. 
Finalmente  eonsidera  1' Assunzione  di  Maria  come  causa  esem- 
plare,  nell' Arte  cristiana,  dell' apoteosi   della  bellezza  spirituale  e 
corporea.  Premette  alcuni  concetti  filosofici  intorno  alia  immortalita 
dell*  anima,  conosciuta  col  semplice  lume  della  ragione,  e  che  riceve 
il  suo  compimento  col  domma  soprannaturale  della  risurrezione  dei 
corpi.  Quindi  eonsidera  i   tipi  dell'Uomo-Dio  e  della  Yergine-Madre 


DELLA    STAMPA    ITALIA.XA  7  |  5 

per  rispetto  all' una  e  all'  altra  verita;  e  passa  a  dimostrare  la  in- 
novazione  estetica  indotta  dalle  rappresentanze  del"  Assunzione  di 
Maria.  I  punti  principal!  che  esso  svolge,  con  molta  profondita  e 
aggiustatezza  di  pensieri,  si  possono  ridurre  a  questi  due:  la  divi- 
nizzazione  della  bellezza  dello  spirito,  e  la  spiritualizzazione  della 
bellezza  corporea,  delle  quali  e  tipo  1'Assunzione.  Fa  scorgere  questo 
tipo  principalmente  nell' Alighieri  in  que'canti  divini,  ne'  quali  tocca 
o  di  proposito  o  per  incidente  della  gloria  di  Maria  nel  suo  trono 
di  Regina,  e  ne' famosi  dipinti  .del  B.  Angelico.  Fra  le  molte  e  ve- 
ramente  ammirabili  osservazioni,  che  abbiamo  letto  in  questo  capi- 
tolo,  ci  piace  riportarne  quelle,  che  egli  fa  in  proposito  delle  dipintur<» 
del  detto  Beato.  «  II  B.  Angelico  da  Fiesole,  egli  dice,  il  pittore 
dell'  umanita  divinizzata,  prendendo  a  tipo  ideale  pittorico  la  poesia 
ineffabile  dell'  ascetismo,  la  beliezza  morale  deH'anima,  e  la  spirituale 
de'corpi,  indiati  nella  volutta  dell'amore,  s' impossesso  non  solo 
del  segreto  altissimo  dell'Arte  Cristiana ,  che  e  appunto  quello  di 
rigenerarne  la  forma  e  la  figura  temporanea  col  la  espressione  della 
vita  e  della  luce  eterna  :  ma  pose  eziandio  ogni  sua  cura  a  spiri- 
tualizzare  il  Bello  corporeo  col  tipo  celeste  della  psiche  umana,  tras- 
figurata  nella  sua  apoteosi  pe'  raggi  eterei ,  che  1'  Assunzione  di 
Maria  vi  fa  piovere  sopra.  IS  Assunzione  e  il  tipo  prediletto  del 
B.  Angelico.  Egli  e  pittore  inarrivabile ,  rapporto  al  lato  spirituale 
dell' espressione ,  in  ogni  suo  capolavoro;  ma  nell' ispirazione  del- 
1'Assunta  il  suo  perinello  6  divino,  dacche  s'intinge  in  una  bellezza 
splendente  della  luce  del  cielo,  e  fiammeggiante  di  quella  chiarita 
di  Paradiso,  che  rende  inaccessible  all'  occhio  corporeo  la  fulgidez^ 
estetica  dei  corpi  santi.  l  » 

II  chiaro  Autore  chiude  il  trattato  con  un  capitolo  intitolato  il 
culto  della  Vergine-madre  nello  sviluppo  dell'Arte  cristiana.  Fatte 
precedere  aicune  nozioni  generali  sul  culto,  viene  notando  le  strette 
relazioai  che  con  esso  ha  1'Arte,  e  come  1'Arte  si  foggia  secorido 
alia  forma  del  medesimo .  Passa  quindi  a  ragionare  in  particolare 
del  culto  di  Maria,  rilevando  la  ragione  filosofica  e  dommatica  di  esso 
da' concetti  espressi  dalla  Yergine  stessa  nel  suo  sublime  Cantico  del 
Magnificat;  e  dimostra,  con  sottile  analisi  del  cuore  umano,  il  gran 
partito  che  puo  trarre  I'  Arte  dalle  due  qualita,  considerate  da  prin- 
cipio  in  Maria,  la  verginitd  e  la  maternitd.  L'esame  accurate  di  tutto 
il  procedimento  storico  del  culto  di  Maria  nell' Arte  cristiana,  inco- 
minciato  colle  rozze  dipinture  delle  Catacombe,  insino  alle  celestiali 
madonne  del  Raffaello ,  ed  aicune  giudiziose  osservazioni  sull'  arte 

i  Pag.  137. 


716  mvisiA 

moderna  a  riguardo  del  medesimo  soggetto ,  pongono  fine  a  tutto  il 
lavoro. 

Di  questo,  come  ci  siarao  protestati  da  principio,  non  ci  e  stato 
possibile  offrire  altro,  salvo  che  le  sempiici  tracce.  Ma  se  punto  c'in- 
tendiamo  di  queste  materie,  ci  sembra  che  difficilmente  si  potrebbe 
aspettare  dalla  penna  di  un  filosofo  cristiano,  lungamente  esercitato 
nelle  speculazioni  filosofiche ,  nonche  da  quella  di  un  giovine  che 
appena  ne  ha  cominciata  la  carriera ,  un'  opera  piu  perfetta  quanto 
alia  sostanza.  Ripeteremo  cio  che  in,  altra  occasione  ci  ricorda  aver 
detto,  che  se  questo  ingegno  veramente  privilegiato,  si  rivolge,  come 
sembra  che  abbia  cominciato ,  quasi  esclusivamente  a  coltivare  la 
filosofia  di  S.  Tommaso  e  di  altri  maestri  piu  rinomati  nella  schiera 
detrli  Scolastici,  1' Italia  avra  in  lui  URO  de'  piu  profondi  ed  eminenti 
lurninari  della  vera  Filosofia  cattolica. 

E  perche  ad  alcuni  non  paiano  per  ventura  sospette  le  nostre 
lodi ,  noi  domanderemo  Ijcenza  all'  egregio  giovine  di  pur  notare 
qualche  difetto,  che  ci  e  sembrato  di  scorgere  nella  sua  bellissima 
opera.  Diremo  dunque,  che  anche  in  questa  non  e  sempre  teologi- 
camente  esatto  il  concetto  che  esso  porge  del  Soprannaturale  in  ge- 
nere,  e  qualche  volta  in  ispecie :  alcuna  fiata  cio  che  e  veramente 
soprannaturale,  e  quindi  privilegio  non  dovuto  alia  natura,  apparisce 
come  condizione  che  la  natura  per  se  esige;  e  qualche  altra,  cio  che 
non  trascende  le  esigenze  della  natura,  e  qualificato  come  cosa  sopran- 
caturale .  Ma  ognun  vede  che  cosiffatte  inesattezze  sono  del  tutto 
scusabili  in  uno  scriltore  laico  e  della  freschissima  eta  del  nostro 
autore .  Nei  ancora  di  minor  conto  sono  quelli  che  soggiugniamo . 
Una  soverchia  facilita  nel  coniare  parole,  dove,  con  un  po'di  studio 
si  sarebbe  il  piu  delle  volte  potuto  trovar  modo  di  esprimere  colle 
gia  ricevute  gli  stessi  concetti.  Qualche  trascuranza  nella  purita  della 
lingua,  la  quale,  sebbene  generalmente  di  buona  lega ,  non  e  pero 
del  tutto  scevra  o  sia  di  neologismi  nella  frase,  o  sia  di  poca  pro- 
prieta  ae'  vocaboli.  Un  po'di  soverchia  larghezza  parecchie  volte  nello 
stile,  distendendosi  troppo  sopra  alcune  materie,  ed  altre  volte  una 
tal  quale  oscurita,  che  ci  sembra  proveuire  dal  non  esser  ben  rag- 
guagliati  i  concetti  deila  mente  colle  forme  adoperate  per  esprimerii. 

Se  non  che  tutte  queste  ed  altre  piccole  niende  che  si  potessero 
notare ,  scompariscono  innanzi  ai  pregi  tanto  maggiori  del  libro :  e 
pero  congratulandoci  ben  di  cuore  col  chiarissimo  Autore  di  esso,  ed 
esortandolo,  quanto  e  dal  canto  nostro,  a  sempre  piu  coltivare  le  nobili 
qualita  di  mente  edi  cuore,  di  che  il  Signore  lo  ha  arricchito,  siam  certi 
che  prendera  in  buona  queste  poche  censure,  che  abbiamo  creduto 
dover  fare  del  suo  egregio  lavoro. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  717 

II. 

II  sovrannaturale  nell' uomo ,  conferenze  recitate  nella  metropo- 
litana  di  Genova  dal  can.  prev.  GAETANO  ALIMONDA  ,  gli  anni 
1868-69.  Due  vol.  in  8°  di  pag.  XIX-618,  656.  Genova  tip.  della 
Gioventu  presso  gli  artigianelli  1870. 

Le  conferenze  dell'illustre  prevosto  Alimonda  formano  una  delle 
piu  solide  e  belle  opere  che  abbiano  veduta  la  luce  in  Italia ,  da 
parecchi  anni  in  qua.  A.  suo  tempo  noi  commendammo  e  raccoman- 
dammo  ai  cultori  dei  forti  studii  tra  noi  i  volumi  che  comprendevano 
le  prime  sue  conferenze  intorno  all'uomo  sotto  la  legge  del  sovran- 
naturale,  divise  nelle  quattro  parti  riguardanti  le  relazioni  sue  con 
Dio,  con  Gesu  Cristo,  colla  Chiesa,  col  culto  cattolico .  Tanto  ricche 
di  ottimi  insegnamenti,  tanto  inesorabili  contro  gli  odierni  errori 
del  naturalisino  e  del  razionalismo,  e  tanto  percio  appropriate  ai 
tempi  nostri  furono  giudicate  tali  conferenze,  che  riscossero  il  plauso 
del  fiore  dei  cattolici  scienziati  d' Italia.  Anzi  il  Santo  Padre  Pio  IX 
stesso,  a  cui  I'Autore  avea  offerta  una  copia  di  que' volumi,  ordin6 
al  suo  secretario  per  le  lettere  latine,  monsignor  Francesco  Mer- 
curelli ,  di  scrivergliene  ampie  lodi  e  di  incorarlo  a  prosegaire 
1'opportunissimo  lavoro.  II  che  fece  con  queste  p?role,  tradolte  dalla 
sua  lettera  dei  10  marzo  1869,  all'Alimonda.  «  Pensando  Sua  Santita 
che  ella  abbia  messo  utilissima  opera  a  spegnere  la  principal  peste 
de' nostri  tempi,  non  solo  ebbe  accettissimi  i  nuovi  volumi  suoi,  ma 
desidero  ancora  che  le  restanti  parti  della  incominciata  disputazione 
vengano  da  lei  trattate  ed  esposte  con  pari  accortezza ,  dottrina  ed 
eloquenza.  Onde  mi  commise  di  significarle  le  sue  congratulazioni.  » 

Adunque  1'egregio  oratore,  confortato  da  questo  incoraggiamento 
del  Sommo  Pontefice,  si  e  posto  ad  ultimare  il  disegno  gia  ideato. 

«  II  sovrannaturale,  cosi  egli  nella  sua  dedica  alia  gioventu 
d' Italia,  assunto  da  me  qual  dimostrazione  filosofica,  pativa  un  grave 
difetto;  che  voleva  esser  fatto  palese  nelle  applicazioni  esterne  che 
ha.  E  vero  che  qui  e  la,  per  ciascuna  delle  quattro  parti,  accennavasi 
al  suo  intervento  sensibile  o  sociale:  tuttavia  era  cosa  fuggitiva  e 
per  metodo  non  compiuta;  onde  a  quegli  aombrati,  che  dalle  ragioni 
terrene  si  levano  a  menar  giudizio  delle  divine,  mancava  di  una 
guisa  larga  e  complessiva  il  conoscere  come  il  sovrannaturale,  entrato 
neH'uomo,  lo  arricchisca  pur  dei  temporal!  beni  e  di  s6  favoreggi  la 
civile  compagnia.  E  io  mi  accinsi  a  riempiere  questo  vuoto.  Cambiai 
il  corso  alle  speculazioni  e  alle  prove  levai  do  sguardo  dall'alto, 
ripiegandolo  al  basso:  non  piu,  a  cosi  voler  dire,  considerai  I' uomo 
sotto  la  legge  del  sovrannaturale,  ma  il  sovrannaturale  nell' uomo, 
e  mi  riusci  evidente ,  che,  posto  il  sovrannaturale,  si  recavano  alia 
dovuta  perfezione  1'umano  individuo,  la  famiglia,  i  governi  e  1'urbano 


718  RIVISTA    DELLA    STAMPA   ITALIANA 

consorzio:  di  qui,  dalla  teorica  yarcando  alia  pratica,  ne  germoglia- 
vano  le  nuove  quattro  parti  che  mi  propongo  di  dar  fuori,  e  sono: 
L' uomo  nelle  sue  relazioni  colle  facoltd  personali :  I'uomb  nelle 
sue  relazioni  colla  societd  domeslica  :  I'  uomo  i.elle  sue  relazioni 
colla  societd  politica:  I' uomo  nelle  sue  relazioni  colla  societd  civile. 
Adunque  le  conferenze ,  distribute  in  due  grandi  partizioni,  forrnano 
un  tutto.  A  questo  io  intesi;  e  I'andare  innanzi  e  il  variare  per  argo- 
menti  mirai  che  mi  valesse  ad  adempiere  l'unita.» 

Le  quali  parole  esprimono  chiaramenle  1'  intero  concetto  che  nei 
precedent  volumi  e  nei  due  presenti,  1'Alimonda  e  venuto  svolgendo, 
e  finira  di  svolgere  negli  altri  che  si  apparecchia  di  pubblicare. 

Trenta  e  una  conferenza  racchiudono  questi  due,  dei  quali  il 
primo  tratta  deU'uomo  nelle  sue  relazioni  colle  facolld  personali;  e 
il  secondo  deU'uomo  nelle  sue  relazioni  colla  societd  domeslica.  E 
gli  argomenti,  che  con  ordine  piglia  ad  illustrare,  SODO  in  verita  di 
grande  importanza  e  pieni  di  attrattiva,  per  coloro  che  iengono  dietro 
alle  discussion i  piu  animate  tri  gli  scrittori  cattolici  e  razionalisti 
dei  nostri  giorni.  II  perfezionamento  individuale  dell'  intelletto  e  della 
volonta,  1'educazione  del  cuore,  le  virtu  teologali  e  le  morali  della 
castita,  dell'umilta  e  della  mortificazione;  sono  temi  che  1'Autorc  chia- 
risce  mirabilmente  con  ragioni  ancora  filosofiche,  intramezzandoli 
cogli  altri  del  mesmerismo,  del  duello  e  del  suicidio ,  che  sfclgora 
con  una  robustezza  di  logica  e  d'eloquenza  invincibile.  Quindi,  sta- 
bilite  le  basi  della  famiglia,  rivendica  al  matrimonio  cristiano  tntti 
i  suoi  diritti  e  la  sua  santita,  tocca  del  celibato  e  della  verginita; 
passa  a  lumeggiare  il  tine  e  i  doveri  della  pedagogia;  descrive  le 
parti  confacentisi  ai  quattro  educatori  che  sono  la  madre,  il  prete , 
il  governo,  la  societa  civile;  al  qual  proposito  discorre  pure  del  libero 
insegnamento  e  della  cosi  detta  educazione  nazionale. 

Ecco  adombrati  alia  grossa  i  precipui  soggetti  delle  conferenze 
largamente  distese  in  questi  volumi.  Quei  pregi  poi  di  facondia,  di 
stile  e  sopra  tutto  di  variata  erudizione,  di  profondi  pensieri  e  di 
buona  dottrina  che  altrove  abbiamo  indicati,  ragionando  della  pnma 
parte,  si  trovano  ugualmente  in  questa;  giacche  ne  1'ingegno,  ne  il 
cuore,  ne  la  scienza  vengono  mai  meno  all'Autore .  Sarebbe  quindi 
cosa  molto  desiderabile  che,  non  solamente  gli  uomici  ecclesiastici,  ma 
altresi  i  laici  colti,  e  massime  i  giovani,  alimentassero  il  loro  spirito  col 
nutrimento  sano  e  virile  che  T  Alimonda  loro  appresta  nei  volumi  delle 
sue  conferenze.  Soggiungeremo  di  piu.  Gli  stessi  miscredenti  e  liberi 
pensatori,  cui  resta  ancora  uu  briciolo  di  naturale  buon  senso,  perclje 
non  provano  a  leggere  questi  libri?  Anzi  perche  i  loro  maestri  e  filosoti 
non  ne  tentano  una  confutazione?  Noi  li  sfidiamo  a  confutare  davvero,  e 
con  istretta  logica,  una  sola  pagina  dei  dae  tomi  da  noi  finora  encomiati. 


LETTERA  ENCICL1CA 

del  SS,  Signer  IV,  Pio  per  Diviua  Provvidenza  Papa  IX 

A  tutti  i  Patriarch^  Primati,  Arcivescovi,  Vescovi,  e  Prelati  or- 
dinarii  di  qualsivoglia  luogo,  che  vivono  in  grazia  e  comu- 
nione  colla  Sede  Apostolica. 

PIO  PP.  IX. 

Venerabili  Fratelli  Salute  ed  Apostolica  Benedizione. 

Quando  Noi,  per  arcano  giudizio  di  Dio,  caduti  sotto  un  potere 
nimico,  vedemmo  la  triste  ed  acerba  sorte  di  questa  Nostra  Citta  e 
il  principato  civile  dell'  Apostolica  Sede  oppresso  per  forza  di  arrai  in- 
vaditrici,  fin  d'allora  con  lettere  a  Voi  dirette  il  primo  di  novembre 
dello  scorso  anno,  dichiarammo  a  Yoi  e  per  Vostro  mezzo  a  tulto  1'orbe 
cattolico,  quale  fosse  la  condizione  delle  cose  Nostre  e  di  questa  Citta, 
a  quali  eccessi  di  ernpia  e  sfrenata  licenza  andassimo  incontro;  e  per 
cagioae  del  supremo  officio  Nostro  protestammo  al  cospetto  di  Dio  e 
degli  uomini  di  volere  che  i  diritti  dell'Apostolica  Sede  rimanessero 
salvi  ed  integri,  ed  eccitammo  Voi,  e  i  diletti  figli  fedeli  commessi 
alle  vostre  cure,  a  placare  con  fervide  preci  la  divina  Maesta.  Da  quel 
tempo  i  mali  e  le  calamita  che  quei  primi  luttuosi  esperimenti  pre- 
nunciavano  a  Noi  e  a  questa  Citta,  si  rirersarono  pur  troppo  sopra 
I'Apostolica  dignita  e  autorita,  sopra  la  santita  della  Religiooe  e  dei 
costumi,  e  sopra  i  dilettissimi  sudditi  Nostri.  Che  anzi,  Venerabili  Fra- 


PIUS  PP.  IX. 

Venerabiles  fratrcs  Salutem  ct  Apostolicam  Benedictionem. 

Ubi  Nos,  arcano  Dei  consilio  sub  hostilera  potestatem  redact!,  tristem 
atque  acerbam  vicem  huius  Urbis  Nostrae  et  oppressum  armorum  invasioiie 
civilem  apostolicae  Sedis  Principatum  vidimus,  iain  turn  datis  ad  Vos  litte- 
ris  die  prima  Novembris  anno  proximo  superior!,  Vobis  ac  per  Vos  toti  orbi 
catholico  declaravimus,  qui  esset  rerum  Nostrarum  ct  Urbis  buius  status, 
quibus  obnoxii  essemus  impiae  et  effrenis  licentiac  excessibus ;  et  ex  supremi 
oflicii  Nostri  ratione,  coram  Deo  et  hominibus,  salva  ac  integra  esse  velle  iura 
Apostolicae  Sedis  testati  sumus;  Vosque  et  omnes  dilcctos  filios  curis  vestris 
creditos  fidelesad  divinam  Maiestatein  fervidis  precibus  placandam  excitavimus. 
Ex  eo  tempore  mala  et  calamitates,  quas  prima  ilia  luctuosa  experimenta  Nobis 
et  huic  Urbi  praenunciabant,  nimium  vere  in  Apostolicam  dignitatem  et  aucto- 
ritatem,  in  Religionis  morumque  sanctita-tem,  in  dilectissimos  subditos  Nostros 
roipsa  redundai  uiit.  Quin  etiam,  Venerabiles  Fratres,  conditionibus  rerum  quo- 


720  LETTERA    ENC1CLICA 

telli,  aggravandosi  ogni  di  piu  le  condizioni  delle  cose,  fummo  costretti 
a  dire  colle  parole  di  S.  Bernardo :  E  questo  il  principio  dei  mali : 
temiamo  di  peggio  l.  Imperocche  la  iniquita  prosegue,  senza  arrestarsi, 
la  sua  via  e  pone  in  atto  i  suoi  intendimenti ,  ne  si  da  gran  fatto 
pensiero  di  pur  coprire  di  un  velo  le  pessime  sue  opere,  le  quali  non 
possono  nascondersi;  ma  si  studia  raccogliere  gli  ultimi  frutti  dalla 
conculcata  giustizia,  onesta  e  religione.  Fra  queste  angustie  che  riem- 
piono  d'araarezza  i  Nostri  giorni,  segnatamente  quando  pensiarao  a 
quali  pericoli  ed  insidie  sieno  sempre  piu  esposte  la  fede  e  la  virtu 
del  popolo  Nostro,  non  possiamo  rappresentarci  e  ricordare,  senza  che 
1'animo  Nostro  sia  gradevolmente  coinmosso,  gli  esimii  meriti  Vostri, 
Venerabili  Fratelli,  e  dei  fedeli  a  Noi  diletti,  alle  vostre  amorose  cure 
affidati.  Imperocche  in  ogni  regione  della  terra  i  Cristiani ,  sotto  la 
vostra  scorta  e  quella  de'  vostri  esempii,  rispondendo  con  ammirabile 
ardore  alle  Nostre  esortazioni,  dal  di  infausto,  in  che  venne  questa  citta 
espugnata,  diedero  opera  ad  assidue  e  ferventi  preghiere;  e  giudica- 
rono  essere  loro  debito  insistere  con  grande  perseveranza  presso  il 
trono  della  Divina  Clemenza ,  sia  con  pubbliche  ed  iterate  supplica- 
zioni ,  sia  con  le  intraprese  sacre  peregrinazioni ,  sia  col  concorso 
costante  alle  chiese  e  colla  partecipazione  de'  sagramenti,  sia  con  altre 
precipue  opere  di  cristiane  virtu.  Ne  in  verita  mancar  possono  di  am- 
plissimo  frutto  presso  Dio  questi  fervorosi  esercizii  di  preghiere.  Ajizi 
i  molti  beni,  che  gia  si  ottennero  per  quelle,  altri  ancora  ne  promettono 


tidic  ingravescentibus,  diccre  cogimur  Sancti  Bcrnardi  verbis:  initia  malorurn 
sunt  haec  ;  graviora  timemus  *.  Iniquitas  enim  viam  suam  tenere  pergit  et 
consilia  promovet,  neque  iam  valde  laborat  ut  velum  obducat  operibus  suis 
pessimis,  quae  latere  non  possunt,  atque  ultimas  ex  conculcata  iustitia,  hone- 
state,  religione  exuvias  referre  studet.  Has  inter  angustias,  quae  dies  Nostros 
amaritudine  complent,  praesertim  dum  cogitamus  quibus  in  dies  periculis  et 
insidiis  fides  et  virtus  populi  Nostri  subiicitur,  eximia  merita  vestra,  Vena- 
rabiles  Fratres,  et  dilectorum  Nobis  fidclium  quos  cura  vestra  complectitur, 
sine  gratissimo  anirni  sensu  recolere  aut  coramemorare  non  possumus.  In  orani 
enim  terrarum  plaga  exhortationibus  Nostris  adrnirabili  studio  respondent's 
Christ! fideles,  Vosque  duces  et  exempla  sequuti,  ex  infausto  illo  die  expugnatae 
huiusUrbis  assiduis  acferventibus  precibus  institerunt,  et  seu  publicis  atque  ite- 
ratis  supplicationibus,  ssu  sacris  peregrinationibus  susceptis,  seu  non  intermisso 
ad  Ecclesias  concursu,  et  ad  sacramentorum  participationem  accessu,  siveprae- 
cipuis  aliis  christianae  virtutis  operibus,  ad  thronum  divinae  clementiae  per- 
severanter  adire,  sui  muneris  esse  putarunt.  Neque  vero  haec  flagrantia  depre- 
cationum  studia  amplissimo  apud  Deum  fructu  carere  possunt.  Multa  immo 
ex  iis  iam  profecta  bona  etiam  alia,  quae  in  spe  et  fiducia  expectamus,  pol- 

i  Epist.  243. 


LETTERA   ENCICLICA  721 

che  con  speranza  e  fiducia  aspettiamo.  Perciocche  veggiamo  ogni  giorno 
farsi  maggiore  la  fermezza  della  fede,  1'ardore  della  carita,  e  ravvi- 
siamo  negli  animi  de'fedeli  avvivata  quella  sollecitudine  pel  travagli 
e  le  tribolazioni  di  questa  Sede  e  del  Supremo  Pastore,  la  quale  Dio 
solo  puo  infondere,  e  riconosciamo  tanta  unita  nelle  menti  e  nelle 
volonta,  che  dai  primi  tempi  della  Chiesa  fino  al  presente,  non  pot6 
mai  dirsi  piu  splendidamente  e  veracemente  come  ai  nostri  giorni , 
la  moltitudine  del  credenti  esser  un  cuor  solo  ed  un'  anima  sola  1. 
In  mezzo  a  questo  spettacolo  di  virtu  non  possiamo  tacere  degli  aman- 
tissimi  Nostri  figliuoli  cittadini  di  quest'  alma  citta,  il  cui  amore  verso 
di  Noi,  la  cui  pieta  e  fermezza  pari  al  cimento,  da  ogni  classe  e  da 
ogni  ordine  splendidamente  spiced,  e  spicco  degna  non  solo  ma  emula 
della  grandezza  d'animo  de'  loro  maggiori.  Impertanto  gloria  immor- 
tale  e  grazie  rendiamo  a  Dio  misericordioso  per  voi  tutti,  Venerabili 
Fratelli  e  pei  Fedeli  Nostri  figli  diletti,  che  tante  cose  operd  in  voi  e 
nella  Sua  Chiesa,  e  fece  in  modo  che  laddove  sovrabbondava  la  ma- 
lizia,  sovrabbondasse  la  grazia  della  fede,  della  carita,  e  della  con- 
fessione  2.  «  Quale  e  dunque  la  Nostra  speranza,  il  nostro  gaudio,  e 
la  corona  della  gloria?  Non  siete  Voi  presso  Dio?  E  gloria  del  Padre  un 
figlio  saggio.  Vi  renda  adunque  bene  Iddio,  e  si  rammenti  del  fedele 
servigio,  della  pietosa  compassione  e  della  consolazione  e  dell'onore, 
che  in  tempo  fortunoso  e  nei  giorni  della  sua  afflizione  voi  addimo- 
straste  e  addimostrate  alia  sposa  del  suo  Figliuolo.  » 


licentur.  Videmus  enim  firraitatem  fidei,  ardorem  caritatis  sese  in  dies  latius 
explicantem,  cernimus  earn  sollicitudinem  in  Christifideliura  animis  pro  huius 
Sedis  et  supremi  Pastoris  laboribus  et  oppugnationibus  excitatam,  quam  Deus 
solus  ingerere  potuit,  ac  tantam  perspicimus  unitatem  menthim  et  volunta- 
tum,  ut  a  primis  Ecclesiae  ternporibus  usque  ad  hanc  aetatem  nunquara  splen- 
didius  ac  verius  dici  potuerit,  quam  his  diebus  nostris,  multitudinis  credentium 
esse  cor  unum  et  animam  unam  *.  Quo  in  spectaculo  virtutis  silere  non  pos- 
samus  de  amantissimis  filiis  Nostris  huius  almae  Urbis  civibus,  quorum  ex 
omni  fastigio  atque  ordine  amor  erga  Nos  et  pietas  itemque  par  certamini 
firmitas  luculenter  eminuit  atque  eminet,  neque  solum  maioribus  suis  digna 
sed  aemula  animi  magnitudo.  Deo  igitur  misericordi  immortalem  gloriam  et 
gratiam  habemus  pro  vobis  omnibus,  Venerabiles  Fratres,  et  pro  dilectis  filiis 
Nostris  Christifidelibus,  qui  tanta  in  vobis,  tanta  in  Ecclesia  sua  operatus 
est  et  operatur,  effecitque  ut,  superabundante  malitia,  superabundaret  gratia 
fidei,  caritatis  et  confessionis.  «  Quae  est  ergo  spes  Nostra  et  gaudium  No- 
strum et  corona  gloriae?  Nonne  vos  ante  Deum?  Filius  sapiens  gloria  est 
Patris.  Benefaciat  itaque  vobis  Deus  et  meminerit  fidelis  servitii  et  piae  com- 
passionis  et  consolationis  et  honoris,  quae  Sponsae  Filii  eius  in  tempore  malo 
ct  in  diebus  afflictionis  suae  exhibuistis  et  exhibetis  »  2. 
i  Act.  4,  32.  —  '  S.  Bern.  ep.  238.  et  180. 

Serie  VIII.  vol.  II,  fasc.  504.  [   46  9  giugno  1871. 


LETTERA    EKCICLICA 

Infrattanto  il  Governo  Subalpino,  mentre  da  una  parte  s'affretta 
dPfare  questa  Citta  faroladel  mondo  l,  dall'altra,  ad  ingannare  i  catto- 
lici  e  a  calmare  le  loro  aasieta,  si  adoper6  a  mettere  insieme  e  fab- 
bricare  alcuni  futili  privilegi  e  immunita,  che  Yclgarmente  sono  detti 
guar&ntige,  coll'  intendimento  che  tenessero  per  Noi  il  luogo  di  quel 
civile  principato,  del  quale  per  lunga  serie  di  macchinazioni  e  con  armi 
parricide  ci  ha  spogliato.  Noi  pronunciammo  gia  il  nostro  giudizio, 
Venerabili  Fratelli,  iutorno  a  queste  immunita  e  guarentige,  facendone 
notare  1'assurdita,  la  malizia  e  lo  scherno,  nelle  Lettere  del  2  marzo 
p.  p.  dirette  al  Venerabile  Fratello  Nostro  Costantino  Patrizi ,  Car- 
dinale  di  Santa  Romana  Chiesa,  decano  del  Sacro  Collegio,  ed  eserci- 
tante  la  potesta  di  Nostro  Vicario  nella  Citta,  le  quali  videro  subito 
dopo  la  luce  per  mezzo  della  stampa. 

Ma  essendo  abitudine  del  Governo  Subalpino  congiungere  una 
perpetua  e  turpe  simulazione  a  un  impudente  disprezzo  verso  la  Ponti- 
ficiaNostraDignita  ed  Autorita,  e  mostrar  coi  fatti  di  non  averein  verun 
conto  le  Nostre  proteste ,  querele  e  censure ;  percio,  non  ostante  il 
giudizio  da  Noi  dato  circa  le  predette  guarentige,  non  tralascio  di 
soilccitare  e  promuovere  presso  i  supremi  Ordini  del  Regno  1'esame 
e  la  discussione  di  quelle,  quasiche  si  trattasse  di  cosa  seria.  Nella 
cni  discussione  chiaramente  apparre,  si  la  yerita  del  Nostro  giudizio 
intorno  la  natura  e  T  indole  di  quelle  guarentige,  come  I' inutilita 
degli  sforzi  de'nemici  nei  volerne  relare  la  malizia  e  la  frode.  Egli 


Interca  vero  Subalpinum  Gubcrnium,  dam  ex  una  parte  Urbera  properat 
Orbi  facere  fabulam  !,  ex  altera  ad  fucum  catholicis  faciendum  et  ad  eorum 
anxietates  sedandas,  in  confiandis  ac  struendis  futilibus  quibusdam  immuni- 
tatibus  et  privilegiis,  quae  vulgo  guarentige  dicuntur,  claboravit  eo  consilio 
ut  haec  Nobis  sint  in  locum  civilis  principatus,  quo  Nos  longa  machinationum 
serie  et  armis  parricidialibus  exuit .  De  Irisce  immunitatibus  et  cautionibus, 
Venerabiles  Fratres,  iam  Nos  indicium  Nostrum  protulirnus,  earum  absurdi- 
tatem,  versutiam  ac  iudibrium  notantes  in  Litteris  die  2  martii  pr.  pr.  datis 
ad  Venerabilem  Fratrem  Nostrum  Constantinurn  Patrizi  Sanctae  Romanae 
Ecclesiae  Cardinalem,  sacri  Collegii  decanum  ac  Vicaria  Nostra  potestate  in 
Urbe  fungeutem,  quae  typis  impressae  protinus  in  lucem  prodierunt. 

Sed  quoniam  Subalpini  Gubernii  est  perp^tuam  turpemque  simulationem 
cum  impudenti  conternptu  ad  versus  Pontificiam  Nostram  dignitatem  et  au- 
ctoritatem  coniungere,  factisque  ostendit  Nostras  protestationes,  expostula- 
tiones,  censuras  pro  nihilo  habere;  hinc  niinime  obstante  iudicio  de  praedictis 
cautionibus  a  Nobis  expresso,  illarum  discussionem  et  examen  apud  supremos 
Rcgni  Ordines  urgere  et  promovere  non  destitit,  veluti  de  re  seria  ageretur. 
Qua  in  discussione  cum  veritas  iudicii  Nostri  super  iilarum  cautionum  natura 
et  indole,  turn  irritus  hostium  in  velanda  earumdem  malitia  et  fraude  conatus 

i  S.  Bern.  ep.  243. 


LETTERA    ENC1CL1CA 

e  certo  incredibile,  Venerabili  Fratelli,  che  tanti  errori  apertamente 
repugnant!  alia  cattolica  fede  e  agli  stessi  fondamenti  del  diritto 
naturale,  e  tante  bestemmie,  quante  si  son  proferite  in  queila  occa- 
sione,  siensi  potute  pronunziare  nel  mezzo  di  questa  Italia,  che  si  e 
sempre  precipuamente  gloriata  e  si  gloria  del  culto  della  cattolica 
Religione,  e  della  Sede  Apostolica  del  Romano  Pontefice;  e  infatti, 
per  la  protezione  che  Dio  accorda  alia  sua  Chiesa,  sono  del  tutto  dif- 
ferenti  i  scnsi  che  intorno  a  ci6  nutre  la  massima  parte  degl'  italiani, 
la  quale  piange  e  deplora  con  Noi  questa  nuova  ed  inaudita  forma 
di  sacrilegio,  e  ci  assicura  cogl'  insigni  e  sempre  maggiori  argomenti 
della  sua  pieta,  s&  essere  associata  in  uno  spirito  e  in  un  sentimento 
medesimo  cogli  altri  fedeli  del  Mondo. 

Per  la  qual  cosa  oggi  noyamente  rivolgiamo  a  Voi  la  Nostra 
voce,  Venerabili  Fratelli;  e  quantunque  i  Fedeli  alle  Vostre  cure 
commessi,  o  sia  con  loro  lettere,  o  sia  cogli  importantissimi  loro  do- 
cumenti  di  protesta,  abbiano  gia  apertamente  significato  quanto  acer- 
bamente  soffrano  queila  condizione  dalla  quale  siamo  oppressi,e  quanto 
siano  lungi  dall'  essere  illusi  da  quelle  fallacie  che  si  ricoprono  col 
nome  di  guarentige;  tuttavia  stimiamo  essere  dovere  del  Nostro  Apo- 
stolico  ofScio  solennemente  dichiarare  per  Vostro  mezzo  a  tutto  il 
Mondo,  come  non  solo  quelle  che  si  chiamano  guarentige,  e  che  furono 
peryersamente  coniate  dal  Governo  Subalpino,  ma  che  qualunque 
finalmente  sieno  i  titoli,  gli  onori,  le  immunita,  i  priyilegi  e  qual- 
sivoglia  cauzione  a  cui  yogliasi  dare  il  nome  di  guarentige,  non  possano 


luculenter  apparuit.  Certe,  Venerabiles  Fratres,  incredibile  est,  tot  errores 
catholicae  fidei  ipsisque  adco  iuris  naturalis  fundamentis  palara  repugnantes, 
et  tot  blasphemias,  quot  ea  occasione  prolatae  sunt,  proferri  potuisse  in  media 
hac  Italia,  quae  semper  catholicae  Religionis  cultu  et  Apostolica  Romani  Pon- 
tificis  Sede  potissimum  gloriata  est  et  gloriatur ;  et  revera ,  Deo  Ecclesiam 
suam  protegente,  omnino  alii  sunt  sensus,  quos  reipsa  fovet  longe  maxima 
Italorurn  pars ,  quae  novam  hanc  et  inauditam  sacrilegii  formam  Nobiscum 
ingemit  ac  deplorat,  et  insignibus  ac  in  dies  maioribus  suae  pietatis  argu- 
mentis  officiisque  Nos  docuit,  uno  se  esse  spiritu  et  sensu  cum  ceteris  Orbis 
Fidelibus  consociatam. 

Quapropter  Nos  iterum  bodie  ad  Vos  toces  Nostras  conyertimus,  Vene- 
rabiles  Fratres,  et  quamquam  fldeles  vobis  commissi ,  sive  litteris  suis  sive 
gravissimis  protestationum  documentis,  apertc  significaverint  quam  acerbe  fe- 
rant  earn  qua  premimur  cooditionem  et  quam  longe  absint  ut  iis  eludantur 
faliaciis  quae  cautionum  nomint  teguntur;  tamen  Apostolic!  Nostri  Officii 
munus  esse  ducimus  ut  per  Vos  toti  Orbi  solemniter  declaremus,  non  modo 
eas  quae  cautiones  appellantur,  quaeque  Gubernii  Subalpini  curis  perperam 
cusae  sunt,  sed,  quicumque  tandem  sint,  titulos ,  honores,  immuDitates  et 
privilegia  et  quidquid  cautionum  seu  guarentige  nomine  veniat,  nullo  modo 


724  LETTERA    EXCICLICA 

valere  in  verun  modo  ad  assicurare  1'uso  spedito  e  libero  della  potesta 
a  Noi  divinamente  affidata ,  e  a  difendere  la  iiberta  necessaria  alia 
Chiesa. 

Stando  cosi  le  cose,  siccome  molte  volte  dichiarammo  e  pubbli- 
camente  denunciammo,  die  Noi,  senza  colpa  di  violata  fede  obbligata 
da  giuramento,  non  possiamo  aderire  ad  alcuna  conciliazione,  che  in 
qualsivoglia  modo  distrugga  o  attenui  i  Nostri  diritti,  che  sono  i  diritti 
di  Dio  e  dell'Apostolica  Sede;  cosi  adesso  per  debito  del  Nostro  officio 
dichiariamo  che  non  sarem  mai  per  ammettere  od  accettare,  ne  lo 
potremmo  in  alcun  modo ,  quelle  guarentige  inventate  dal  Governo 
Subalpino,  qualunque  sia  la  loro  ragione,  ne  altre  qualsiensi  cose 
dello  stesso  genere  e  in  qualunque  modo  decretate,  le  quali  Ci  fossero 
oilerte  sotto  mostra  di  difendere  la  Nostra  sacra  potesta  e  Iiberta,  in- 
vece  e  a  surrogazione  di  quel  civile  Principato,  col  quale  la  Divina 
Provvidenza  voile  fortificata  e  fornita  la  Santa  Sede  Apostolica ,  e 
che  confemiano  in  Noi  titoli  cosi  legittimi  ed  inconcussi,  come  il  pos- 
sesso  di  undici  e  piu  secoli.  Imperocche  e  necessario  facciasi  a  chiun- 
qne  manifesto  che,  ove  il  Pontefice  Romano  fosse  soggetto  all'  imperio 
di  altro  principe,  ne  egli  sarebbe  piu  fornito  della  potesta  suprema 
nell'ordiae  politico,  ne  potrebbe  per  quelle  cose  che  spettano  alia  sua 
propria  persona  o  agli  atti  dell'Apostolico  ministero  sottrarsi  dallo 
arbitrio  di  quel  Principe  cui  fosse  soggetto,  il  quale  potrebbe  ancora 
diventar  eretico  o  persecutore  della  Chiesa,  o  star  in  guerra  contro 
altro  Principe  o  averla  in  propria  casa.  E  infatti  questa  stessa  con- 


valere  posse  ad  adserendum  expeditum  liberumque  usum  divinitus  Nobis  tra- 
ditae  potestatis  et  ad  tuendam  necessariam  Ecclesiae  libertatem. 

His  ita  se  habentibus,  quemadmodum  pluries  declaravimus  et  profess! 
sumus,  Nos  absque  culpa  violatae  fidei  iuramento  obstrictae  nulli  adhaerere 
conciliationi  posse,  quae  quolibet  modo  iura  Nostra  deslruat  aut  itnniinuat  quae 
sunt  Dei  et  Apostolicae  Sedis  iura  ;  sic  nunc  ex  debito  ofiicii  Nostri  decla- 
ramus  nunquam  Nos  admissuros  aut  accepturos  esse  nee  ullo  modo  posse, 
excogitatas  illas  a  Gubernio  Subalpino  cautiones  sen  guarentige,  quaecumque 
sit  earum  ratio,  neque  alia  quaecumque  sint  eius  generis  et  quocumque  modo 
sancita,  quae  specie  muniendac  Nostrae  sacrae  potestatis  et  libertatis  Nobis 
oblata  fuerint  in  locum  et  subrogationem  civilis  eius  Principatus,  quo  divina 
Providentia  Sanctam  Sedem  Apostolicam  munitam  et  auctam  voluit,  quem- 
que  Nobis  confirmant  turn  legitimi  inconcussique  tituli,  turn  undecim  et  amplius 
sacculorum  possessio.  Plane  enim  cuique  manifesto  pateat  necesse  est  quod, 
ubi  Romanus  Pontifex  alterius  Principis  ditioni  subiectus  foret,  neque  ipse 
revera  amplius  in  politico  ordine  suprema  potestate  praeditus  esset,  ueque 
posset,  sive  persona  eius  sive  actus  Apostolici  minister!!  spectentur,  sese  exi- 
mere  ab  arbitrio  illius,  cui  subesset,  imperantis,  qui  etiam  vel  baereticus  vel 
Ecclesiae  persecutor  evadere  posset,  aut  in  bello  adversus  alios  Principes  vel 


LETTERA    ENCICLIC.V  725 

cessions  di  guarentige  di  cui  parliamo,  non  e  per  se  stessa  uno 
splendidissimo  documento,  che  a  Noi,  cui  e  divinamente  data  1'au- 
torita  di  far  leggi  spettanti  all'ordine  morale  e  religiose,  a  Noi  che 
siamo  costituiti  interpret!  del  diritto  naturale  e  divino  in  tutto  il 
mondo,  s'  impongono  leggi,  e  tali  leggi  che  si  riferiscono  al  governo 
di  tutta  la  Chiesa,  e  la  cui  conservazione  ed  eseguimento  non  poggia 
su  altro  diritto,  di  quello  infuori  che  piaccia  alia  volonta  laica  di 
prescrivere  e  stabilire?  Per  quello  die  spetta  poi  alle  relazioni  fra 
la  Chiesa  e  lo  Stato,  voi  conoscete  bene,  Venerabili  Fratelli,  aver 
Noi  direttamente  ricevuto  da  Dio  stesso,  nella  persona  del  Beatissimo 
Pietro,  tutte  le  prerogative  e  tutti  i  diritti  di  autorita  necessarii  a 
governare  la  Chiesa  universal,  anzi  quelle  stesse  prerogative,  quei 
diritti  nel  medesimo  modo  che  la  liberta  stessa  della  Chiesa,  essere 
una  conquista  del  sangue  di  Gesu  Cristo,  e  quindi  da  questo  stesso 
infinite  prezzo  del  sangue  di  un  Dio  doversene  apprezzare  il  valore. 
Molto,  molto  male  meriteremmo  adunque,  che  Dio  ce  ne  scampi,  del 
sangue  divino  del  Redentore  Nostro,  se  questi  diritti  nostri ,  i  quali 
massimamente  ci  si  vorrebbero  largire ,  di  tanto  menoinati  e  tal- 
mente  deturpati,  togliessimo  in  prestito  dai  principi  della  terra.  Che 
non  padroni  ma  figii  della  Chiesa  sono  i  principi  cristiani,  ai  quali 
opportunamente  diceva  quel  gran  luminare  di  santita  e  di  dottrina 
Anselmo  Arcivescovo  di  Cantorbery :  «  Non  crediate  esservi  data  la 
Chiesa  di  Dio  quasi  serva  a  padrone;  ma  vi  e  raccomandata  come  ad 


in  belli  statu  versari.  Et  sane,  ipsa  baec  concessio  cautionum,  de  quibus  loqui- 
mur,  nonne  per  se  ipsa  luculentissimo  documento  est,  Nobis  quibus  data  divi- 
nitus  auctoritas  est  leges  ferendi,  ordinem  moralem  et  religiosum  spectantes, 
Nobis,  qui  Naturalis  ac  divini  iuris  inte>pretes  in  toto  orbe  constituti  sumus, 
leges  imponf,  casque  leges,  quae  ad  regimen  universae  Ecclesiae  referuntur, 
et  quarum  conservationis  ac  exequutionis  non  aliud  est  ius,  quam  quod  volun- 
tas  laicarum  potestatum  praescribat  ac  statuat?  Quod  autem  ad  habitudinem 
pertinet  inter  Ecclesiam  et  Societatem  civilem ,  optirae  nostis,  Venerabiles 
Fratres,  praerogativas  omnes  et  omnia  auctoritatis  iura,  ad  regendam  univer- 
sam  Ecclesiam  necessaria,  Nos  in  persona  Beatissimi  Petri  ab  ipso  Deo  directe 
accepisse;  immo  praerogativas  illas  ac  iura,  aeque  ac  ipsam  Ecclesiae  liberta- 
twn,  sanguine  lesu  Christ!  parta  fuisse  et  quaesita,  atque  ex  hoc  infinite 
divini  sanguinis  eius  pretio  esse  aestimanda.  Nos  itaque  male  admodum,  quod 
absit,  de  divino  Redemptoris  Nostri  sanguine  mereremur,  si  haec  iura  Nostra, 
qualia  praesertim  nunc  tradi  vellent  adeo  diminuta  ac  turpata,  mutuaremur 
a  Principibus  terrae.  Filii  enim,  non  domini  Ecclesiae  sunt  Christiani  Prin- 
-cipes;  quibus  apposite  inquiebat  ingens  illud  sanctitatis  et  doctrinae  lumen 
Anselmus  Cantuariensis  Archiepiscopus :  «  ne  putetis  vobis  Ecclesiam  Dei 
quasi  domino  ad  serviendum  esse  datam,  sed  sicut  advocate  et  defensori  esse 


726  LETTERA    ENCICLICA 

avvocato  e  a  difensore  :  nulla  piu  ama  Iddio  in  questo  mondo  che 
la  liberta  della  Chiesa  sua  »  l.  E  a  maggiormente  eccitarli,  in  tal 
rnodo  altrove  scriveva  :  «  Non  vi  diate  mai  a  credere  scemarsi  la 
dignita  di  vostra  sovranita,  allorche  togliete  ad  amare  e  a  difendere 
la  liberta  della  Sposa  di  Dio,  della  Madre  vostra;  ne  temiate  di  essere 
abbassati  allorche  vi  fate  ad  esaltarla ,  ne  di  essere  voi  indeboliti 
allorche  concorrete  a  corroborarla.  Mirate,  volgete  attorno  lo  sguardo: 
vi  stan  dinanzi  gli  esempii;  considerateli.  I  principi  che  la  impugnano 
e  la  conculcano  in  che  si  avvantaggiano?  Che  divengono?  Non  occorre 
dirlo,  lo  vede  ognuao.  Certo  quelli  che  la  glorificano,  con  lei  ed  in 
lei  saranno  glorificati  »  2. 

Or  bene,  da  cid  che  altre  volte  e  teste  vi  siam  venuti  esponendo, 
Venerahili  Fratelli,  non  puo  certo  essere  dubbio  a  nessuno  che  1'  in- 
giuria  arrecata  a  questa  Santa  Sede  nei  nostri  giorni  tristissimi  ridonda 
in  oltraggio  contro  tutta  la  repubblica  cristiana.  Imperocche,  come 
diceva  San  Bernardo,  ferisce  ogni  cristiano  1'  ingiuria  fatta  agii  Apo- 
stoli,  che  sono  i  gloriosi  principi  della  terra,  e  nel  mentre,  come  osserva 
il  predetto  Sant'Anselmo,  in  pro  di  tutte  le  Chiese  si  aflatica  la  Chiesa 
romana,  chiunque  le  toglie  il  suo  non  si  fa  reo  di  sacrilegio  contr'essa 
sola,  ma  contro  tutte  le  Chiese  3.  Ne  certamente  puo  cader  dubbio  ad 
alcuno  die  la  conservazione  dei  diritti  di  questa  Sede  Apostolica  sia 
strettissimamente  congiunta  e  connessa  coi  supremi  diritti  e  vantaggi 
della  Chiesa  universa  e  colla  liberta  episcopale  del  ministero  vostro. 


commendatam  ;  nihil  magis  diligit  Deus  in  hoc  mundo  quam  libertatem  Eccie- 
siae  4.  »  Atque  incitamenta  eis  addens  alio  loco  scribebat :  t  Nunquam 
aestimetis  vestrae  celsitudinis  min-ui  dignitatem,  si  Sponsae  Dei  et  Main's 
vestrae  Ecclesiae  amatis  ei  defenditis  libertatem;  Ne  putetis  vos  humiliari  si 
earn  exaltatis,  no  credatis  vos  debilitari  si  earn  roboratis.  Vidate,  circumspi- 
cite;  cxompla  sunt  in  promptu:  considerate  Principes  qui  illam  impugnani 
et  conculcant:  ad  quid  proficiuat ,  ad  quid  deveniunt  saiis  patei,  non  eget 
diciu.  Certe  qui  illara  glorificant,  cum  ilia  et  in  ilia  glorificabuntur  3.  » 

lamvcro  ex  iis  quae  alias  ad  vos,  Vonerabiles  Fratres,  ct  modo  a  Nobhs 
exposita  sunt,  ncmini  profecto  obscurum  esse  poiest,  iniuriam  huic  S.  Sedi 
hisce  acerbis  tcmporibus  irilatam  in  omnem  Chrisiianam  Rempublicam  redun- 
dare.  Ad  omnem  cnim,  uti  aiebat  S.  Bernardus,  spectat  christianum  iniurin 
Apostolorum,  gloriosorum  scilicet  Principum  farrae  ;  ei  cum  pro  Ecclesiis 
omnibus,  uti  inquicbat  praedicius  S.  Anselmus,  Romana  laboret  Ecclesia,  quis- 
quis  ei  sua  aufert,  non  ipsi  soli  sed  Ecclesiis  omnibus  sacrilegii  reus  ess<i 
dignoscitur  *.  Nee  profecto  ulli  dubium  esse  potest  quin  conservatio  iurium 
huius  Apostolicae  Sedis ,  cum  supremis  rationibus  et  utilitatibus  Ecclesiae 
universae  et  cum  libertate  Episcopalis  ministerii  vestri,  arctissime  coniuncia 
sit  et  iliigata. 

i  Ep.  8,  I.  4.    —    2  Ep.  12,  1.  4.     -     3  Ep    42,  1.  3. 


LETTERA    ENC1CLICA  727 

Tutte  queste  cose  pensando  e  meditando,  come  e  Nostro  dovere, 
siamo  costretti  a  confermare  di  nnovo  e  costantemente  professare  cid 
che  piu  volte  dichiarammo  gia  solennemente  coa  Vostro  unanime 
consenso:  che  cioe  il  civil  Principato  della  Santa  Sede  fa  al  Romano 
Pontefice  per  singolare  consiglio  della  Dirina  ProTvidenza  accordato, 
e  questo  essere  necessario,  acciocche  il  medesimo  Sovrano  Pontefice,  a 
niun  principe  o  potere  civile  soggetto ,  possa  esercitare  la  suprema 
potesta  e  tutorita,  ricevuta  divinamente  dallo  stesso  Cristo  Signore,  di 
pascere  e  governare  1'  intero  gregge  di  lui  con  pienissima  liberta 
su  tutta  la  Chiesa  universale,  e  cosi  provvedere  al  maggior  bene, 
aU'utilita  e  a'bisogni  della  medesima  Chiesa.  Ci6  intendendo  bene  Voi, 
o  Venerabili  Fratelli,  e  con  Voi  i  Fedeli  alia  Vostra  cura  affidati, 
mei  itamente  tutti,  per  la  causa  della  Religione,  della  giustizia  e  della 
tranquillita,  che  sono  i  fondamenti  d'ogni  altro  bene,  vi  siete  commossi, 
e  con  degno  esempio  di  fede,  di  carita,  di  costanza  e  di  vigore, 
illustrando  la  Chiesa  di  Dio  e  intesi  fedelmente  alia  difesa  di  Lei, 
tramandate  ai  posteri  im  monumento  nuovo  ne'suoi  annali  e  porten- 
toso.  Avvegnache  pertanto  Fautore  di  tali  beni  e  il  Dio  delle  mise- 
ricordie,  verso  di  Lui  sollevando  i  nostri  occhi ,  i  nostri  cuori,  la 
speranza  nostra,  lo  supplichiamo  senza  posa  che  voglia  conlermare, 
corroborare  ed  accrescere  questi  preclari  sensi  Vostri  e  dei  Fedeli , 
nonche  la  comune  pieta,  1'amore  e  lo  zelo ;  e  caldamente  esortiamo  Voi 
in  pari  tempo,  e  i  popoli  alia  Vostra  vigilanza  commessi,  ad  innalzare 


Haec  omnia  Nos,  ut  debemus,  reputantes  et  cogitantes,  iterum  confir- 
mare  constanterque  profiteri  cogimur ,  quod  pluries  Vobis  Nobiscum  unani- 
rniter  consentientibus  declaravimus,  scilicet  civilem  S.  Sedis  Principatuin  Ro- 
mano Pontifici  fuisse,  singulari  divinae  Providentiae  consilio,  datum  illumque 
necessarium  esse  ut  idem  Romanus  Pontifex,  nulli  unquam  Principi  aut  civili 
Potestati  subiectus  ,  supremam  universi  Dominici  gregis  pascendi  regendique 
potestatcm  auctoritatemque  ab  ipso  Christo  Domino  divinitus  acceptam,  per 
u^.iversamEcclesiam  pienissima  libertate  exercere,  ac  maiori  eiusdern  Ecclesiae 
bono,  utilitati  et  indigentiis  consulere  possit.  Id  vos,  Venerabiles  Fratres,  ac 
vobiscurn  Fideles  vobis  crediti  probe  intelligentes,  merito  omnes  ob  causam 
Religionis,  iustitiae  et  tranquillitatis,  quae  fundamenta  suntbonorum  omnium, 
commoti  estis,  «t  digno  spectaculo  fidei,  caritatis,  constantiae,  virtutis  illu- 
strantes  Ecclesiam  Dei  ac  in  eius  defensionem  fideliter  intenti,  novum  et  admi- 
randum  in  annalibus  eius  exemplum  in  futurarum  generationum  memoriam 
propagatis.  Quoniam  vero  misericordiarum  Deus  istorum  bonorum  est  auctor, 
ad  ipsum  elevantes  oculos ,  corda  et  spem  Nostram,  Eum  sine  inlermissione 
obsecramus,  ut  praeclaros  vestros  et  fidelium  sensus,  et  communem  pietatem, 
dilectionem,  zelum  confirmet,  roboret,  augeat;  Vosque  item  et  commissos  vigi- 
lantiae  vestrae  populos  enixe  hortamur  ut  in  dies  firmius  et  uberius,  quo  gra- 


728  LETTERA   ENC1CLICA 

con  Noi  tanto  piu  forte  e  piu  fervido  il  grido  al  Signore,  quantp  piu 
aspra  arde  la  lotta,  affinche  Egli  si  degni  di  accelerare  i  giorni  della 
sua  propiziazione .  Faccia  Iddio  che  i  principi  della  terra,  ai  quali 
sommamente  deve  importare  che  un  tale  esempio  della  usurpazione 
che  ci  opprime  non  si  stabilisca  e  prenda  consistenza  in  ruina  di  ogni 
podesta  e  ordinamento  sociale,  si  stringano  tutti  in  un  solo  pensiero, 
in  una  sola  volonta;  e  tolte  di  mezzo  le  discordie,  sedati  i  pertur- 
bamenti  delle  rivolture ,  e  sventati  i  velenosi  consigli  delle  sette , 
concordemente  dieno  opera,  acciocche  vengano  restituiti  a  questa  Santa 
Sede  i  suoi  diritti,  e  con  essi  al  visibile  Capo  della  Chiesa  la  sua  plena 
liberta,  e  alia  Societa  civile  la  tanto  bramata  pace.  Ne  lasciate,  o 
Yenerabili  Fratelli ,  colle  preghiere  vostre  e  dei  fedeli  d'implorare 
dalla  Divina  clemenza  che,  dissipate  le  tenebre  delle  menti,  converta 
i  cuori  degli  empii  a  penitenza,  prima  che  spunti  il  giorno  del  Signore, 
grande  e  terribile;  ovrero  che,  reprimendo  i  loro  nefandi  attentati, 
dimostri  chiaramentequanto  sciocchi  e  dissennati  sono  coloro  che  pre- 
tendono  scrollare  la  pietra  da  Cristo  fondata  e  manomettere  i  divini 
privilegi l.  Queste  preghiere  avvalorino  le  speranze  nostre  nel  Si- 
gnore. «  Credete  voi  che  potra  Iddio  chiudere  1'orecchio  alia  sua  Sposa 
carissima,  quando  essa  levera  le  sue  grida  contro  coloro  che  1'  hanno 
angustiata?  Come  non  riconoscera  1'ossa  delle  sue  ossa,  la  carne  della 
sua  carne,  ed  anzi  in  qualche  modo  lo  spirito  dello  spirito  suo  ?  Corre 


vius  dimicatio  fervet,  Nobiscum  claraetis  ad  Dominum,  quo  ipse  propitiationis 
suae  dies  maturare  dignetur.  Efliciat  Deus  ut  Principes  terrae,  quorum  maxima 
interest,  ne  tale  usurpationis  quam  Nos  patimur  eiemplum  in  perniciem  omnis 
potestatis  et  ordinis  statuatur  et  vigeat,  una  omnes  animorum  et  voluntatum 
consensione  iungantur,  ac  sublatis  discordiis,  sedatis  rebellionum  perturbatio- 
nibus,  disiectis  exitialibus  sectarum  consiliis,  coniunctam  operam  navent  ut 
restituantur  huic  S.  Sedi  sua  iura  et  cum  iis  visibili  Ecclcsiae  Capiti  sua 
plena  libertas,  et  civili  societati  optata  tranquillitas.  Nee  minus,  Venerabiles 
Fratres,  deprecatione  vestra  et  Fidelium  apud  divinam  clementiam  exposcite, 
ut  corda  impiorum,  coecitate  mentium  depulsa,  ad  poenitentiam  convertat 
antequam  veniat  dies  Domini  magnus  et  horribilis ,  aut  reprimendo  eorum 
nefanda  consilia  ostendat,  quam  insipientes  et  stulti  sunt  qui  petram  a  Chri- 
sto  fundatam  evertere  et  divina  privilegia  violare  conantur  *.  In  his  precibus 
spes  Nostrae  firmius  in  Deo  consistant.  «  Putatisne  avertere  poterit  Deus 
aurem  a  carissima  Sponsa  sua,  cum  clamaverit  stans  adversus  eos  qui  ss 
angustiaverunt?  Quomodo  non  recognoscet  os  de  ossibus  suis  et  carnem  de 
came  sua,  imo  vero  iam  quodammodo  spiritum  de  spiritu  suo?  Est  quidem 

i  S.  Greg.  VII  ep.  6.  1.  3. 


LETTERA   ENCICLICA  729 

egli  e  vero  adesso  1'ora  della  malizia  e  la  balia  delle  tenebre .  Del 
resto  quest'  ora  e  1'ultima  e  presto  svanisce  tal  potesta.  Cristo  virtu 
di  Dio,  sapienza  di  Dio,  e  con  noi ;  la  causa  e  sua.  Fate  cuore,  Egli 
vinse  il  mondo  »  }.  Frattanto  con  animo  grande ,  con  fede  sicura 
teniam  dietro  alia  voce  dell' eterna  verita  che  dice:  Combatti  per  la 
giustizia  con  tutto  il  vigore  dell'anima  tua,  non  cessar  di  pugnare  sino 
alia  morte  per  la  giustizia,  e  Iddio  sgominera  per  te  i  nemici  tuoi 2. 
Infine  pregandovi  da  Dio  di  tutto  cuore  abbondantissimi  i  doni 
delle  grazie  celesti  per  Voi,  o  Venerabili  Fratelli,  per  tutto  1'Ordine 
Ecclesiastico,  e  pei  Laici  fedeli  alle  cure  di  ciascun  di  Yoi  affidati  , 
in  pegno  della  particolare  e  sviscerata  carita  Nostra  verso  di  Voi  e 
verso  di  Loro,  impartiamo  a  Voi  e  ad  essi,  o  diletti  figli,  colla  mag- 
giore  effusione  dell'animo  Nostro  1'Apostolica  Benedizione. 

Dato  a  Roma  presso  S.  Pietro,  il  giorno  decimoquinto  di  maggio, 
1'anno  del  Signore  MDCCCLXXI,  del  Nostro  Pontificato  1'anno  vige- 
simoquinto.  P10  PP.  IX. 


nunc  hora  malitiae  et  polestas  tenebrarum.  Ceterum  hora  novissima  est  et 
potestas  cito  transit.  Dei  virtus  et  Dei  sapientia  Ghristus  Nobiscum  cst  qui 
et  in  causa  est.  Confidite ,  ipse  vicit  mundum  *.  »  Interim  vocem  aeternae 
veritatis  magno  anirao  et  certa  fide  sequamur  quae  dicit:  pro  iustitia  agoni- 
zare  pro  anima  tua,  et  usque  ad  mortem  certa  pro  iustitia,  et  Deus  expugna- 
bit  pro  te  inimicos  tuos  t. 

Uberrima  demum  caelestium  gratiarum  munera  Vobis,  Venerabiles  Fra- 
tres,  cunctisque  Clericis  Laicisque  fidelibus  cuiusque  Vestrum  curae  concre- 
ditis,  a  Deo  ex  animo  adprecantes,  praecipuae  Nostrae  erga  Vos  atque  ipsos 
intimaeque  caritatis  pignus  Apostolicam  Benedictionem  Vobis  iisdemque  dile- 
ctis  Filiis  peramanter  impertimus. 

Datum  Romae  apud  S.  Petrum  die  decimaquinta  Maii  anno  Domini 
MDGCCLXXI.  Pontificatus  Nostri  anno  vigesimoquinto.  PIVS  PP.  IX. 


i  S.  Bern.  Ep.  126,  n.  6.  et  14 
»  Eccli.  4.  33. 


LETTERA  ENCICLICA 

del  SS.  SigBor  N,  Pio  per  Divina  Provvidenza  Papa  IX 

A  tutti  i  Patriarchi,  Primali,  Arcivescovi,  Vescovi,  e  Prelati  or- 
dinarii  di  qualsivoglia  luogo,  che  vivono  in  grazia  o  comu- 
nione  colla  Sede  Apostolica. 

PIO  PAPA  IX. 

Venerabili  Fratelli  Salute  e  Benedizione  Apostolica. 

I  benefizi  di  Dio  Ci  invitano  a  celebrarne  la  bonta ,  in  quell  a 
che  novamente  mostrano  la  grazia  con  cui  Ci  protegge,  e  ne  glo- 
rHicano  la  Maesta.  Imperocche,  gia  scorre  il  vigesimoquinto  anno 
dacche,  per  divina  disposizione,  Noi  abbiamo  assunto  il  Ministero  di 
questo  Nostro  Apostolato,  i  cui  tempi  calamitosi  voi  gia  conoscete  per 
modo,  che  non  abbisognino  di  piu  lunga  Nostra  ricordanza.  E  veramente 
e  manifesto,  Yenerabili  frate'li,  dalla  serie  di  tanti  avvenimenti,  che 
la  Chiesa  militante  prosegue  la  sua  via  in  mezzo  a  frequenti  battaglie 
e  vittorie;  veramente  Iddio  modera  e  governa  le  vicissitudini  dei 
tempi  nel  mondo,  che  e  sgabello  a'suoi  piedi ;  veramente  si  serve  di 
strumenti  spesso  infermi  e  dispregievoli ,  affine  di  compiere  cosi  i 
disegni  della  sua  sapienza. 

Gesu  Cristo  Signer  Nostro,  autore  e  supremo  moderatore  della 
Chiesa,  che  si  acquisto  col  suo  sangue,  degnossi  pei  meriti  dei  Beatis- 
simo  Pietro,  Principe  degli  Apostoli,  il  quale  sempre  vive  e  presiede 
in  questa  Sede  romana,  di  reggere  e  sostenere  colla  sua  grazia  e  virtu, 

PIVS  PP.  IX. 

Venf.rdbiles  Fratres  Salutem  et  Apostolicam  Benedictionem. 

Beneficia  Dei  ad  celebrandam  eius  benignitatem  Nos  vocant,  dum  novam 
in  Nobis  protectionis  suae  gratiam  et  Maiestatis  suae  gloriam  ostendunt. 
Quintus  cnim  et  vicesimus  iarn  elabitur  annus,  ex  quo  Apostolatus  huius  No- 
stri,  Deo  disponente,  ministerium  su>cepimus,  cuius  aerumnosa  tempora  per- 
speeta  ita  sunt  vobis,  ut  longiori  Nostra  commemoratione  non  egeant.  Vere 
patet,  o  Venerabiles  Fratres ,  ex  serio  tot  eventuum  militantem  Ecclesiam 
inter  crebra  ccrtamina  et  victorias  cursum  tenorc  ;  vere  Dens  rerum  vices 
temperat  ac  regit  in  Orbe,  qui  est  scabellum  pedum  suorum  ;  vere  infirmis 
et  contemptibilibus  saepe  instrumentis  utitur  ,  ut  inde  consilia  expleat  sa- 
pient iae  suae. 

lesus  Christus'Dominus  Noster,  auctor  et  supremus  moderator  Ecclesiae, 
quam  acquisivit  sanguine  suo ,  suffragan tibus  meritis  Beatissimi  Petri  Apo- 
stolorttm  Principis,  qui  in  hac  Romana  Sede  semper  vivit  ac  praesidet,  diu- 
turno  hoc  Apostolicae  Nostrae  servitutis  tempore,  infirmitatem  ac  tenuitatem 


LETTERA   ENC1CLICA  731 

a  maggiore  gloria  del  suo  nome  e  vantaggio  del  suopopolo,  1'infer- 
mita  e  pochezza  Nostra  per  questo  lungo  tempo  della  Nostra  aposto- 
lica  servitu.  Quindi  Noi,  appoggiati  al  divino  aiuto  di  lui,  e  gio- 
vandoci  costantemente  de'consigli  del  Venerabili  Fratelli  Nostri  i 
Cardinal!  della  santa  romana  Chiesa,  e  non  una  volta  sola  anche  dei 
vostri,  Venerabili  Fratelli,  che  insieme  qui  in  Roma  in  gran  numero 
vi  radunaste  con  Noi,  illustrando  collo  splendore  della  vostra  virtu 
ed  unanime  pieta  questa  cattedra  di  verita,  Noi  potemmo,  nel  corso 
di  questo  Pontificate,  giusta  i  voti  Nostri  e  dell'  orbe  cattolico,  dichia- 
rare  con  dommatica  defmizione  1'immacolato  concepimento  della  Yer- 
gine  Madredi  Dio,  e  decretare  gli  onori  celesti  a  molti  eroi  della  no- 
stra  religione;  e  da  essi,  e  specialmente  dalla  Madre  di  Dio,  non 
dubitiamo  che  sia  per  venire  un  pronto  aiuto  alia  Chiesa  cattolica 
in  tempi  cosi  a  questa  avversi. 

E  fu  del  pari  per  aiuto  e  gloria  divina,  che  Noi  abbiamo  po- 
tuto  propagare  il  lume  della  vera  fede  mandando  evangelici  operai 
in  diverse  ed  anche  inospiti  regioni,  stabilire  in  molti  luoghi  Tor- 
dine  della  ecclesiastica  gerarchia,  e  con  solenne  condanna  sconfiggere 
gli  errori  aH'umana  ragione  ed  ai  buoni  costumi,  ed  alia  Chiesa  ugual- 
mente  che  allo  Stato  contrarii,  i  quali  soprattutto  prevalgono  in  questa 
eta.  Cosi  pure  coll'aiuto  di  Dio  Ci  studiammo  di  unire  fra  loro  con  un 
vincolo  di  concordia,  per  quanto  potemmo  fermo  e  solido,  la  eccle- 
siastica e  la  civile  potesta,  sia  nelle  parti  dell'Europa  sia  deli' Ame- 
rica, e  di  provvedere  a  molti  bisogni  della  Chiesa  orientate,  che  fin 
dal  principio  del  Nostro  apostolico  ministero  riguardammo  sempre 


Nostram  sua  gratia  ac  virtute,  ad  maiorem  sui  nominis  gloriam  et  populi  sui 
utilitatem,  dignatus  est  regere  et  sustentare.  Hinc  Nos  divino  eius  auxilio 
suffulti ,  constanterque  usi  consiliis  Yen.  Fratrum  Nostrorum  Sanctae  Ro- 
manae  Ecclesiae  Cardinalium  et  non  semel  vestris  etiam,  Yen.  Fratres  ,  qui 
simul  hie  Romae  magna  frequentia  Nobiscum  adfuistis,  hanc  veritatis  cathe- 
dram  vestrae  virtutis  et  unanimis  pietatis  splendore  decorantes,  potuimus  in 
huius  Pontificatus  cursu,  ex  Nostris  et  catholic!  Orbis  votis,  Couceptionem 
Deiparae  Virginis  Immaculatam  dogmatica  definitione  declarare,  ac  pluribus 
Religionis  Nostrae  Heroibus  Caelestes  honores  deeernere,  quorum  et  praesertim 
divinae  Matris  praesidia  Catholicae  Ecclesiae  tarn  adversis  eius  temporibus 
praesto  esse  futura  non  dubitamus.  Divinae  pariter  opis  fuit  et  gloriae  ,  ut 
verae  fidei  lumen  in  dissitas  et  inhospitas  etiam  regiones  evangelicis  operariis 
missis  proferre  possemus,  in  pluribus  locis  ecclesiasticae  Hierarchiae  Ordinem 
eonstituere,  et  errores  humanae  rationi  bonisque  moribus  et  rei  turn  chn- 
stianac  turn  civili  adversos,  hac  praesertim  aetate  invalescentes,  solemni  con- 
demnatione  configere.  Deo  pariter  auxiliante,  firmo  ac  solido,  quantum  pote- 
ramus,  concordiae  vinculo  ecclesiasticam  et  civilem  potestatem,  sive  in  Europae 
sive  in  Americae  partibus,  inter  se  consociare,  pluribusque  Orientalis  Eccle- 
siae ,  quam  ab  in;tio  Aposfolici  Nostri  ministerii  paterno  semper  cum  afTcctu 


732  LETTERA    ENCICLICA 

con  affetto  paterno;  e  Ci  fu  dato  teste  di  intraprendere  e  promuovere 
1' opera  dell' ecumenico  Concilio  Vaticano,  di  cui  per6  mentre  grandis- 
simi  frutti  in  parte  s'erano  gia  ricavati,  in  parte  si  aspettavano  dalla 
Chiesa,  dovemrao  decretare  la  sospensione  per  le  notissime  vicende. 
Ne  perci6,  o  Venerabili  Fratelli,  mai,  per  grazia  di  Dio,  trala- 
sciammo  di  eseguire  quelle  cose  che  erano  richieste  dai  diritti  e  dai 
doveri  del  nostro  civile  Principato.  Le  congratulazioni  e  gli  applausi, 
come  ben  vi  ricordate,  che  accolsero  il  cominciamento  del  Nostro 
Pontificate,  in  breve  tempo  talniente  si  cambiarono  in  ingiurie  ed  in 
persecuzioni ,  che  Gi  sforzarono  ad  esulare  da  questa  Nostra  dilet- 
tissima  citta.  Ma  poi  come,  pel  comune  desiderio  e  per  gli  aiuti  e 
sforzi  di  tutti  i  popoli  e  Principi  cattolici,  fummo  restituiti  a  questa 
pontificia  Sede ,  tostamente  rivolgemmo  tutta  la  Nostra  attenzione  e 
le  Nostre  forze  a  promuovere  e  procacciare  ai  Nostri  sudditi  fedeli 
quella  solida  e  non  fallace  prosperita,  che  sempre  riconoscemmo  come 
il  piu  grave  compito  del  civile  Nostro  Principato.  Senonche  un  vi- 
cino  Nostro  potente  s'  invoglio  dei  paesi  del  temporale  Nostro  do- 
minio ,  ostinatamente  antepose  i  consigli  delle  sette  di  perdizione  alle 
paterne  Nostre  ed  iterate  ammonizioni  e  querele ,  ed  ultimamente  , 
come  ben  vi  e  uoto,  di  lunga  mano  sorpassando  1'  impudenza  di  quel 
figliuoi  prodigo,  di  cui  ci  parla  il  Yangelo,  questa  stessa  Nostra  citta, 
che  per  se  domandava,  espugno  colla  forza  e  colle  armi,  ed  ora  con- 
tro  ogni  diritto  ritiene  in  suo  potere,  come  cosa  che  gli  appartenga. 


respeximus,  necessitatibus  consulere  curavimus;  ac  non  ita  pridem  Oecnme- 
nici  Yaticani  Concilii  opus  aggredi  et  proniovere  Nobis  datum  est ,  cuius 
taraen  dum  maximi  fructus  partim  suscepti  erant,  partira  expectabantur  ab 
Ecclesia,  ob  notissimas  rerum  vices  suspensionem  decernere  debuimus. 

Nee  vero,  Venerabiles  Fratres,  quae  civilis  Nostri  imperii  ius  et  officium 
poscebant,  ea  unquam,  Deo  donante,  exequi  praetermisimus.  Gratulationes  et 
plausus,  ut  meministis,  qui  initia  Nostri  Pontificatus  exceperunt ,  brevi  in 
iniurias  et  oppugnationes  adeo  conversi  fuerunt,  ut  Nos  et  dilectissima  hac 
Urbe  Nostra  exulare  coegerint.  At  vero  ubi  communibus  catholicorum  popu- 
lorum  et  Principum  studiis  et  viribus  adnitentibus ,  Pontificiae  huic  Sedi 
restituti  fuimus,  coutinuo  omnes  Nostras  vires  et  studia  contulimus  ad  pro- 
movendam  et  conciliandam  fidelibus  Nostris  subditis  solidam  illam  et  non 
fallacem  prosperitatem ,  quam  uti  gravissimum  civilis  Nostri  Principatus 
munus  semper  agnovimus.  At  vero  vicini  Potentis  cupiditas  temporalis  No- 
strae  dominationis  regionibus  inhiavit,  consilia  sectarurn  perditionis  paternis 
Nostris  atque  iteratis  admonitionibus  et  vocibus  obstinate  praeposuit ,  et 
novissime,  ut  vobis  compertum  est,  Filii  illius  Prodigi,  de  quo  in  Evangelic 
legimus,  impudentiam  longe  supergressus,  hanc  quoque  urbem  Nostram,  quam 
sibi  postulabat ,  vi  et  armis  expugnavit,  eamque  nunc  in  sua  potestate  contra 
omne  fas  retinet,  veluti  substantiam,  quae  ipsuin  contingat.  Fieri  non  potest, 


LETTERA   ENC1CL1CA  733 

Non  possiamo  fare  a  meno,  o  Venerabili  Fratelli,  di  fortemente  turbarci 
percosi  scellerata  usurpazione,  quale  e  quella  che  soffriamo.  Siamo 
grandemente  addolorati  per  tanta  iniquita  di  divisamento,  che  mira, 
distrutto  il  Nostro  civile  Principato,  a  far  si  che  colla  stessa  opera, 
se  pur  cio  potesse  avvenire,  si  cancelli  eziandio  la  Nostra  spirituale 
potesta  e  il  Regno  di  Cristo  in  terra.  Siamo  addolorati  all'aspetto 
di  tanti  gravi  mali,  e  di  quelli  in  ispecie  con  cui  si  mette  a  repen- 
taglio  1'eterna  salute  del  Nostro  popolo;  nella  quale  amarezza  nulla 
Ci  e  piu  luttuoso  che  1'essere  impediti,  essendo  oppressa  la  Nostra 
liberta,  dal  mettere  in  opera  i  rimedii  necessarii  a  tanti  mali. 

A  queste  cagioni  della  nostra  tristezza,  o  Venerabili  Fratelli, 
s'  aggiunge  ancora  quella  lunga  e  miseranda  serie  di  calamita  e  di 
mali,  che  per  tanto  tempo  assediarono  ed  alHisscro  la  nobilissima  na- 
zione  francese ;  immensamente  accresciuti  in  questi  giorni  da  tanti 
affatto  inuditi  eccessi  commessi  da  una  turba  di  uomini  feroci  e  per- 
duti,  e  specialmente  1'atroce,  scellerato  ed  empio  parricidio  consu- 
mato  nell'  uccisione  del  nostro  Venerabile  Fratello  1'Arcivescovo  di 
Parigi ;  le  quali  sciagure  tutte  ben  comprendete  quali  sentimenti  ab- 
biano  in  Noi  eccitato,  mentre  hanno  riempiuto  di  spavento  e  di  orrore 
tutto  il  mondo.  Abbiamo  finalmente,  o  Venerabili  Fratelli,  un'  altra 
ancora  maggior  amarezza  nel  vedere  tanti  figli  ribelli,  legati  da  tanti 
e  si  gravi  vincoli  e  censure,  andare  avanti  senza  alcun  riguardo  alia 
paterna  Nostra  voce  ed  alia  loro  salute ,  disprezzando  il  tempo  di 
penitenza  loro  oflerto  da  Dio,  e  preferire  d' esperimentare  contuma- 


Venerabiles  Fratres ,  quin  vebementer  ob  hanc  tarn  nefariarn  usurnationem 
quam  patimur,  moveamur.  Angimur  omnino  tanta  iniquitate  consilii  quod  oo 
spectat,  ut  civili  Nostro  Principatu  deleto,  una  eademque  opera,  si  ita  evenire 
posset,  spirituals  Nostra  potestas  et  Christi  Regnum  in  terris  deleatur.  An- 
gimur tot  gravium  malorum  adspectu  ,  eorum  praesertim  quibus  acterna  po- 
puli  Nostri  salus  in  discrimen  vocatur;  qua  in  acerbitate  nihil  Nobis  est 
luctuosius  quam  oppressae  Nostrae  libertatis  conditione  impediti  quominus 
tot  malis  necessaria  remedia  adhibeamus.  Hisce  moeroris  Nostri  causis,  Ve- 
nerabiles  Fratres,  accedit  etiam  longa  ilia  et  miseranda  series  calamitatum 
et  malorurn,  quae  Nobilissimam  Gallicam  Nationem  tamdiu  perculerunt  et 
afflixerunt;  quae  in  immensum  his  diebus  aucta  tot  prorsus  inauditis  exces- 
sibus  ab  efferata  ac  perdita  hominum  colluvie  patratis  ,  atque  atrox  nomi- 
natim  impii  parricidii  scelus  in  caede  Venerabilis  Fratris  Parisiensis  Antistitis 
consummalum,  probe  intelligitis  quos  sensus  in  Nobis  commovere  debuerint , 
cum  totum  Orbem  metu  atque  horrore  compleverint.  Est  demum  et  alia  Nobis, 
Venerabiles  Fratres ,  caeteris  etiam  maior  amaritudo ,  cum  videamus  tot  re- 
belles  filios,  tot  tantisque  censurarum  laqueis  obstrictos,  nulla  paternae  Nostrae 
AOCIS  ,  nulla  salutis  suae  ratione  habita  pergere  adhuc  oblatum  a  Deo  poe- 


734  LETTERA    ENCICL1CA 

cemente  1'  ira  della  vendetta  divina,  piuttostoche  provare  nel  tempo 
11  frutto  della  sua  misericordia. 

Or  bene,  in  mezzo  a  tante  vicissitudini,  per  la  protezione  di  Dio 
clementissimo,  gia  vediamo  presente  quel  giorno  natalizio  della  no- 
stra  esaltazione,  nel  quale,  come  succedemmo  al  beato  Pietro  nella 
sua  Sede,  cosi,  quantunque  lontanissimi  dai  suoi  meriti,  tuttavia  Ci 
troviamo  essere  a  lui  uguali  di  anni  nella  durata  della  apostolica 
servitn.  Certamente  che  gli  e  questo  un  nuovo,  singolare  e  grande 
dono  della  divina  degnazione,  e  a  Noi  solamente,  cosi  disponendo 
Dio,  conferito  in  si  grande  serie  di  santissimi  Nostri  predecessori  nel 
lungo  corso  di  diciannove  secoli.  Nel  che  tanto  piu  ammirabile  rico- 
nosciamo  la  divina  benignita,  in  quanto  che  Ci  vediamo  in  questo 
tempo  fatti  degni  di  patire  persecuzione  per  la  giustizia,  ed  osser- 
viamo  quel  maraviglioso  affctto  di  devozione  e  di  amore,  da  cui  e  si 
fortemente  animato  il  popolo  cristiano  in  ogni  angolo  della  terra  e 
da  cui  con  unanime  slancio  e  portato  verso  questa  Santa  Sede.  I  quali 
doni  essendoci  conferiti  contro  ogni  nostro  merito,  troviamo  le  nostre 
forze  aflatto  impari  per  corrispondere  al  dovere  di  rendere  a  Dio  le 
grazie  a  giusto  titolo  dovute. 

Per  la  qual  cosa,  mentre  domandiamo  alia  Immacolata  Yergine 
Madre  di  Dio,  che  Ci  insegni  a  rendere  gloria  all'  AHissimo  con  quello 
spirito  con  cui  Ella  la  rese  colle  sublimi  parole:  Fecit  mihi  magna 
qui  potens  est,  di  gran  cuore  vi  preghiamo,  o  Venerabili  Fratelli,  a 


nitentiae  tcmpus  contemnere,  et  divinae  ultionis  iram  contumaciter,  quam  mi- 
sericordiae  fructum  in  tempore  malle  experiri. 

lam  voro  per  tot  rerum  vicissitudines ,  Deo  clementissime  Nos  prote- 
gente,  natalitium  ilium  Nostrae  provectionis  diem  iam  adesse  videmus,  in  quo 
Mcuti  in  Beati  Petri  Sede  successimus  ,  sic  licet  eius  mentis  quam  longis- 
sinie  impares  annorum  eius  in  Apostolicae  servitutis  diuturnitate  reperimur 
csse  consortes.  Novum  hoc  profecto  ,  singulars  ac  ingens  est  divinae  digna- 
tionis  munus,  ac  in  tanta  sauctissimorum  Nostrorurn  Praedecessoruna  serie  in 
longo  undevigiiiti  saeculoruni  cursu  Nobis  unice,  Deo  disponente  ,  collatum. 
In  quo  eo  etiam  admirabiliorem  Nobiscum  divinam  benignitatem  agnoscimus, 
cum  videamus  hoc  tempore  dignos  Nos  haberi  qui  pro  iustitia  persecutionem 
patiamur,  et  cum  aspiciamus  mirum  ilium  devotionis  et  amoris  affectum,  quo 
Christianus  populus  vehementer  agitur  ubique  terrarum,  et  ad  Lane  San- 
ctam  Sodem  unanimi  studio  cornpellitur.  Quae  sane  munsra  cum  in  Nos  adeo 
immsrentes  collata  fuerint ,  vires  Nostras  prorsus  impares  experimur  ,  ut 
gratiae  reddendae  oflicio  pro  debita  ratione  respondeamus.  Quamobrem,  dum 
ab  Immaculata  Deipara  Virgine  pelimus  ut  Nos  doccat  eodem  ac  Ipsa  spiritu 
reddere  gloriam  AHissimo  sublimibus  iilis  verbis  «  fecit  mihi  magna  qui 
potens  est  ».  Vos  etiam  atquo  ctiam  rogamus,  Venerabiles  Fratrcs,  ut  una 


LETTERA    ENC1CLICA  735 

sciogliere  con  Noi  a  Dio  cantici  ed  inni  di  lode  e  di  grazie  insieme 
coi  fedeli  alle  Tostre  cure  affidati.  Magnificate  TO!  Meco  il  Signore, 
diciamo  colle  parole  di  Leon  Magno,  ed  esaltiamo  a  vicenda  il  suo 
nome,  affinche  tatta  la  gloria  delle  grazie  e  delle  misericordie  die 
ricevemmo,  si  rivolga  a  lode  del  loro  autore.  Ai  rostri  popoli  signi- 
ficate  1'ardente  Nostra  carita  e  la  vira  riconoscenza  dell'animo  Nostro 
per  gli  iliustri  attestati  del!a  loro  filiale  pieta  yerso  di  Noi,  e  per 
gli  ossequii  per  tanto  tempo  e  con  tanta  perseveranza  prestatici.  Im- 
perocche  Noi ,  in  quanto  a  Noi  si  spetta,  potendo  ripetere  le  parole 
del  Real  Profeta,  incolatus  meus  prolongatus  est,  gia  abbisogniarao 
dell' aiuto.  delle  vostre  preghiere  per  conseguire  la  forza  e  la  confi- 
denza  di  rendere  1'anima  Nostra  al  Principe  dei  Pastori,  net  cui  seno 
e  il  refrigerio  dei  mali  di  questa  turbolenta  e  travagliata  vita,  e  il 
beato  porto  dell'  eterna  tranquillita  e  pace. 

Ed  affinche  riescano  a  maggior  gloria  di  Dio  quanti  benefizii, 
per  bonta  sua,  ridondarono  dal  Nostro  Pontificate,  aprendo  in  que- 
st' occasione  il  tesoro  delle  grazie  spiritual,  vi  accordiamo,  o  Venc- 
rabili  Fratelli,  coll' autorita  Nostra  apostolica  la  facolta  di  compartire 
nella  vostra  rispettiva  diocesi ,  il  giorno  decimosesto  od  il  veutesi- 
moprinio  di  questo  mese,  o  in  qualunque  altro  giorno  da  stabilirsi 
a  vostro  arbitrio,  la  benedizione  papale  coll'  applicazione  dell'  indul- 
genza  plenaria  secondo  la  forma  consueta  della  Chiesa. 

Desiderando  poi  di  provvedere  allo  spirituale  vantaggio  dei  fe- 


cum  gregibus  Vobis  commissis  cantica  atque  hymnos  laudis  et  gratiarum  Xo- 
biscura  Deo  persolvatis.  Magnificate  Vos  Dominum  mecum  ,  dicimus  Leonis 
Magni  vocibus,  et  exaltemus  nomen  eius  in  invicem,  ut  tota  ratio  gratiarum 
et  miserationura,  quas  accepimus,  ad  laudem  sui  roferatur  auctoris.  Popnlis 
autem  vestris  significate  incensam  caritatem  Nostram,  gratissimosque  animi 
sensus  ob  praeclara  ipsorum  erga  Nos  filialis  pietatis  testimonia  et  officia 
tamdiu  et  tam  perseveranter  edita.  Nos  enim ,  quod  ad  Nos  attinet ,  cum 
usurpare  iure  possimus  Regii  Vatis  verba  « incolatus  meus  prolongatus  est  »  ; 
vestrarum  deprecationum  ope  iam  ad  hoc  indigemus,  ut  virtutem,  fiduciam- 
que  assequamur  reddendi  animam  Nostram  Pastorurn  Principi,  in  cuius  sir.u 
est  refrigerium  malorum  turbulentae  huius  et  aerumnosae  vitae  «t  beatus 
portus  aternae  tranquillitatis  ac  pacis. 

Ut  autem  ad  maiorem  Dei  gloriam  proficiat  quod  Pontificatus  Nostri 
beneficiis  de  Eius  largitate  accessit ,  spirilualium  gratiarum  tbesaurum  hac 
occasione  reserantes  Vobis,  Venerabiles  Fratres ,  potestatem  facimus  ut  in 
vestra  quisque  Dioecesi,  die  decimosexto  aut  vigesimoprimo  huius  mensis  aut 
alio  ad  vestrum  arbitrium  cligendo,  Benedictionem  Papalem  cum  application^ 
plenariae  indulgentiae  in  forma  Ecclesiae  consueta,  auctoritate  Nostra  Aposto- 
lica impertire  possitis  et  valeatis.  Spiritual!  autem  Fidelium  utilitati  con- 


736  LETTERA    ENCICLICA 

deli,  a  tenore  della  presente  Lettera  concediamo  nel  Signore  che  tutti 
i  fedeli,  cosi  secolari  come  regolari,  di  qualsivoglia  sesso,  in  qualsiasi 
luogo  stieno  della  vostra  diocesi,  che,  confessati  e  comunicati,  avranno 
divotamente  pregato  Dio  per  la  concordia  dei  Principi  cristiani,  1'estir- 
pazione  delle  eresie  e  1'  esaltazione  della  santa  Madre  Chiesa,  nello 
stesso  giorno  che  voi,  per  autorita  Nostra,  avrete  scelto  e  designate 
per  compartire  la  predetta  benedizione ,  o  nelle  diocesi  in  cui  sia 
vacante  la  sede  cattedrale,  sara  stato  scelto  e  designate  dai  Vicari 
capitolari  che  vi  seggono  pro  tempore,,  possano  e  valgano  a  conse- 
guire  1'  indulgenza  plenaria  di  tutti  i  loro  peccati.  Non  dubitiamo 
che  in  quest'  occasione  il  popolo  cristiano  venga  piu  efficacemente 
eccitato  a  pregare,  e  cosi,  moltiplicate  le  preghiere,  siamo  fatti  me- 
ritevoli  di  conseguire  quella  misericordia,  che  la  vista  dei  tanti  mali, 
presenti  non  Ci  permette  d'  implorare  rimessamente. 

A  voi  frattanto,  o  Yenerabili  Fratelli ,  preghiamo  da  Dio  onni- 
potente  costanza,  speranza  celeste  ed  ogni  consolazione,  e,  pegno  e 
testimonio  della  Nostra  particolare  benevolenza ,  sia  la  Nostra  apo- 
stolica  benedizione  che  a  voi,  al  Clero  ed  al  popolo  rispettivamente 
affidatovi  compartiamo  colla  piena  esuberanza  del  Nostro  cuore. 

Dato  a  Roma  presso  San  Pietro,  il  giorno  4  di  giugno,  sacro 
alia  Santissima  Trinita,  1' anno  1871.  Del  Nostro  Pontificate  1' anno 
ventesiraoquinto.  PIO  PP.  IX. 


sulere  cupientos,  tenore  praesentium  in  Domino  concedimus,  ut  oranes  Christi- 
fideles,  tarn  saeculares  quara  regulares  utriusque  sexus  ,  quocumque  in  loco 
cuiusque  vestrum  Dioecesis  existant,  qui  sacramentali  confessione  expiati  et 
sacra  communione  refecti,  pias  ad  Deum  preces  pro  Christianorum  Principum 
concordia,  haeresum  extirpatione  et  sanctae  Matris  Ecclesiae  exaltatione  ef- 
fuderint,  eo  die,  quera  Vos  ad  praedictam  Benedictionem  largiendam  ex  au- 
ctoritate  Nostra  designaveritis  aut  elegeritis,  vel ,  in  Dioecesibus  ubi  Sedes 
Cathedralis  vacet,  Vicarii  Capitulares  pro  tempore  existentes  elegerint  et 
designaverint,  omnium  peccatorum  suorum  plenariam  indulgentiam  consequi 
possint  ac  valeant.  Minime  dubitamus  quin  hac  occasione  populus  christianus 
efficacius  excitetur  ad  orandum  ,  atque  ita  multiplicatis  precibus  earn  mise- 
ricordiam  suscipere  mereamur,  quam  tot  praesentium  malorum  adspectus 
Nos  segniter  implorare  non  sinit. 

Vobis  interim  ,  Venerabiles  Fratres  ,  constantiam  ,  caelestem  spem  ,  et 
solamen  omne  a  Deo  omnipotent!  adprecamur  ,  quorum  auspicem  et  praeci- 
puae  Nostrae  benevolentiae  testem  esse  volumus  Apostolicam  Benedictionem> 
quam  Vobis  Cleroque  et  populo  unicuique  Vestrum  concredito  plena  cordis 
Nostri  exuberantia  impertimus. 

Datum  Romae  apud  S.  Petrum,  die  quarto  lunii  Sanctissimae  Trinitati 
sacro,  Anno  MDCCCLXXI  Pontificatus  Nostri  anno  vicesimoquinto. 

PIVS  PP.  IX. 


CRONACA 

OONTEMPORA.NEA 

Firenze  9  giugno  1871. 

I. 

ROMA 

Nostra  Corrispondenza 

Quum  canerem  reges  et  praelia ,  un  amico  aurem  vellit  et 
admonuit.  «  Or  che  andate  voi  uccellando  alia  Scuola  romana  ed  alia 
giudaica,  all'Architcttonico-archeologica  ed  alia  Medico-dollingeriana? 
E  non  vedete  la  Scuola  ossia  Museo  o  galleria  dei  Candelabri,  che 
aspetta  un  poco  d' illustrazione?  » 

Quest!  Candelabri  sono  certi  rifiuti  di  sacrestia,  arnesi  vecchi , 
di  stile  barocco,  storti,  strani,  sporchi,  sdorati,  sdruciti,  fessi  e  zoppi, 
che  nella  loro  tarlata  eta,  si  lasciarono  tentare  di  scappare  dai  sacri 
armadii,  e  gironzolano  ora  pel  mondo  a  farsi  vedere.  Roma  libera  ne 
ammira  ora  parecchi  di  varie  fogge  e  nazioni.  E  una  specie  di  espo- 
sizione  internazionale  che,  nel  suo  genere,  non  6  priva  d'interesse. 
Pensate  che  alcuni  vagano  per  la  citta  con  un  moccolo  ancor  acceso 
in  capo  di  quella  cera  che  trafugarono  ai  Sacrestani :  e  non  si  sa  se 
mantengano  quel  lume  in  vista,  per  far  lume  a  se  stessi  a  tornar  a 
casa  o  per  viaggiar  piu  lontano.  Ma  non  vi  sgomentate !  che  non  vi 
voglio  fare  una  lunga  descrizione  anche  di  questa  'scuola.  E  soggetto 
poco  artistico  e  niente  seducente.  E  poi  non  ne  varrebbe  la  spesa.  Ne 
diro  nondimeno  due  parole  in  fretta,  tanto  per  far  piacere  a  un  amico: 
e  poi  passeremo  subito  ad  altro. 

Sapete  che,  in  linguaggio  di  liberaleria,  il  titolo  di  Candelabro 
e  una  specie  di  Prelatura,  riservata  esclusivamente  agli  scappati  di 
sacrestia.  Finche  un  Prete  o  un  Frate  fa  il  prete  e  il  frate  non  pud 
aspirare  alia  Candelabrazione.  Egli  e  anzi  dichiarato  nemico  della  luce, 
spegnitoio,  tenebra  e  fumo.  Ma  se  comincia  a  cantare  qualche  Teddeo 
scimunito,  o  a  predicare  se  medesimo,  o  ad  essere,  come  si  dice, 
a  popol  pazzo  prete  spiritato,  allora,  subito,  in  proporzione  dell' asi- 
naggine  sua,  gli  comincia  a  rilucere  il  pelo.  Ma  non  diventa  cande- 
labro  espresso,  se  non  quando  prende  a  dirittura  a  urlare  coi  lupi , 
Serie  VIII,  vol  II,  fasc.  $04.  47  10  giugno  1871- 


738  CRONACA 

e  diventa  liberate  perfetto,  otre  gonfiato,  ficaia  sterile,  tralcio  diviso, 
sarmento  da  faoco,  sale  infatuate,  vaso  di  nequizia.  Allora  e  laureato 
candelabro:  e  i  farfalloni  liberali  gli  volano  a  frotte  intorno,  e  gli 
fanno  vento  e  riverenza,  e  recitano  loro  gl'indirizzi  colla  destra  sul 
caore  e  la  sinistra  su  quello  che  una  volta  si  chiamava  portamonete, 
ed  ora  si  chiama  portafogli ;  secondo  che  la  prudenza  insegna  adesso 
fare  ad  ognuno  che  si  trovi  in  una  folia  sospetta.  E  non  monta  che 
taluno  di  questi  candelabri  non  sia  che  un  moccoletto  di  sego  fumoso, 
che  non  faceva  figura  sull'  altare  se  non  che  grazie  alle  candele  vicine 
e  all'arte  dei  sacrestani.  Tutt'uno.  Sono  candelabri  anche  loro.  Come 
i  milanesi,  al  tempo  di  Renzo  Tramaglino,  erano  in  Bergamo  tutti 
baggiaai;  cosi  ora  questi  baggiani  sono,  in  liberaleria,  tutti  cande- 
labri. E  forse  i  liberali  non  hanno  torto,  procedendo,  come  credo  che 
facciano,  per  paragone  tra  i  loro  sacerdoti  scelti,  che  sono  i  giorna- 
listi,  e  questi  nostri  rifiuti. 

Dura  pero  assai  poco  la  festa  della  Candelabratura:  secondo  che 
certi  candelabri  piu  anziani  possono  testimoniare  per  loro  esperienza. 
«  Mettiamo,  per  esempio,  (diceva  Renzo  sopraccitato)  che  qualcheduiio 
di  costoro  che  voglio  dir  io,  stia  un  po'in  campagna,  un  po'  in  Milano; 
se  e  un  diavolo  la,  non  vorra  essere  un  angelo  qui,  mi  pare.  »  Chi 
faceva  disperare  il  Priore  in  convento,  credete  voi  che  sara  la  delizia 
del  capo  o  piede  direttore  del  Tribuno  o  della  Capitate?  Non  credcrci. 
Un  candelabro  uscito  in  campagna  ,  e  egli  probabile  che  trovi  nelie 
bettole  e  nei  caffe  quel  che  trovava  in  convento:  cioe  gente  disposta  ed 
educata  a  sopportare  le  persone  moleste?  Non  mi  pare.  I  candelahri 
gicvani  s'  iDformino  dai  vecchi;  e  sapranno  che  e  uaa  vita  dura  quella 
di  liberaleria.  Se  prima  faceano  forse  qualche  figura,  perche  le  mura 
dei.  conventi ,  gli  armadii  delle  sacrestie  e  la  carita  dei  compagni 
nascondevano  il  piu  grosso  delle  loro  miserie;  se  prima  ii  pubblico  non 
li  vedeva  che  da  qualche  bel  pun  to  di  vista  e  in  giusta  lontananzc: 
se  le  loro  passioni  patriottiche  erano  prima  alquanto  frenate  dai  ri- 
tegni  della  regola  e  della  disciplina;  dopo  datisi  alia  campagna  sono 
veduti  da  presso  in  tutta  la  loro  bellezza  naturale  da  gente  niente 
disposta  all'indulgenza,  e  pesati  per  quello  che  valgono  in  pensieri, 
opere  ed  omissioni.  II  candelabro  ridiventa  presto  moccoletto,  e  fi- 
nisce,  quando  la  sorte  gli  dice  bene,  in  qualche  cattedra  remota  di 
qualche  citta  scapitata,  lucciola  per  lanterna,  fanaletto  a  gas,  lucerna 
a  petrolio,  lumicino  da  notte  col  fungo  fumicante,  e  con  tutto  1'agio 
di  ripensare  ai  bei  tempi  quando  riluceva  sull'  altare.  Ma  i  piu  fini- 
scono  anche  peggio.  E  Dio  non  voglia  che  non  finiscano  tutti  col 
Lampades  noslrae  extinguuntur ,  e  col  Nescio  vos. 

Di  non  poche  di  queste  fumicanti  e  puzzolenti  fiaccole  e  ora  ap- 
pestata  Roma.  II  piu  sono  apostati  forastieri,  vecchi,  sdentati,  arrocati, 


CONTEMPORANEA  739 

sfiatati.  La  sola  influenza  die  hanno  si  e  di  coprirc  chi  loro  si  accosta 
di  ignomima  e  di  ridicolo.  Costoro  portano  la  malora  a  chi  li  tocca.  E 
ben  losannoi  dollingeriani;  molti  dei  quali  sono  gia  pentiti,  perche 
hanno  perduto  col  credito  e  la  coscienza,  anche  le  pratiche,  le  clientele 
e  gli  scolari.  Insegnano  ora  alle  panche :  e  invece  di  curare  i  malati, 
hanno  1'agio  di  perfezionarsi  nella  teologia.  Vorrebbero  rivocarel'ir- 
revocabile  verbum,  e  ripigliare  la  came  abbandonata  sul  ponte.  Hanno 
anche  col  danno  le  beffe  :  giacche  odo  che  il  Dollinger  non  accetta 
quel  loro  indirizzo  piu  empio  di  quello,  che  paia  per  ora  coiiveniente 
al  signor  Candelabro  illuminatore  del  punto  preciso  dell'eresia,  cui 
per  ora  egli  crede  che  convenga  di  arrivare.  Non  thanno  neanche  sa- 
puto  scrivere  un  indirizzo  a  modo.  E  chi  lo  scrisse,  odo  che  e  morto 
subito  di  accidente. 

Questi  pochi  candelabri  novizii  poi,  scappati  di  fresco,  iuliani 
e  francesi,  non  sono  gente  da  indirizzi.  Neanche  hanno  potato  otte- 
nere  un  indirizzo.  Una  casipola  fu  data  ad  uno  di  loro  per  limosina 
municipale.  Un  altro  ha  trovato  un  impiego  secondario  in  un  infirao 
giornaletto  da  trivio.  Un  terzo  era  stato  chiuso  prima  del  20  settembre 
in  un  armadio  dal  provvido  sacrestano,  che  non  lo  credeva  piu  arnese 
da  mostrare.  Cola  dentro  si  cercd  di  ridorarlo.  Ne  usci  alquanto  in- 
giallito,  e  parve  passabile  pei  di  di  lavoro  se  non  pei  di  delle  feste. 
Ma  s'  imbranco  subito  coi  suoi  pari ,  appena  li  vide  :  ed  ora  e  il  lu- 
dibrio  di  Roma. 

II  solo  che  li  pigli  un  po'  sul  serio  e  il  signor  Eduardo  Arbib-,  ne- 
goziante  di  politica  e  di  letteratura,  la  cui  bottega  e  all'  insegna  della 
Liberia.  Gli  amori  di  quest'  ebreo  coa  quei  cattivi  preti  sono  com- 
moventi.  Ma  se  crede  di  poterne  fare  dei  rabbini,  si  sbaglia.  Creda  a 
me :  nessuno,  per  quanto  sia  candelabro,  non  si  fara  mai  ebreo,  per 
tutto  1'oro  del  mondo.  II  signor  Arbib  coltiva  speciaimente  1'aaiicizia 
di  un  certo  candelabro  francese,  che  gira  ora  per  Roma  nel  primo 
fervore  della  sua  candelabrazione.  La  sua  smania  e  di  trovare  un 
pulpito,  una  sedia,  un  tavolino,  una  botte,  un  checche  siasi  che  possa 
servirgli  di  teatro,  dove  sgravarsi  di  quel  soverchio  di  eloquenza  onde 
si  sente  scoppiare.  Per  questo  si  raccomando  al  signor  Questore  Rerti, 
come  a  suo  degno  presente  guardiano.  Ma  il  Questore  gli  fece  rispon- 
dere  che  i  quaresimali  erano  flniti:  e  che  il  mesedi  maggio  noa  gli 
pareva  mese  conveniente  a  far  udire  una  voce  come  la  sua.  Prima, 
quando  era  in  convento,  benche  spropositasse  sufficientemente,  pure, 
perche  era  tollerabile  nel  fondo,  e  lodevole  nella  forma,  la  carita  dei 
superiori  gli  concedeva  di  quando  in  quando  quello  sfogo.  Ma  ora 
il  Priore  Rerti  e  piu  severo.  E  quanto  a  me  sono  persuaso  che,  se 
il  Questore  sta  duro  a  turargli  la  bocca,  il  solo  bisogno  prepotente 
che  tormenta  quell'  ex-frate  romoroso  e  lo  eccita  a  rompere  il  silenzio 


740  CRONACA 

e  a  perorare,  per  raccogliere  il  vento  degli  applausi,  lo  condurra  o  presto 
o  tardi  a  qualche  resipiscenza,  per  poter  avere  cosi  il  gusto  di  pre- 
dicare  agli  altri  la  virtu  della  modestia. 

Intanto  si  sfoga  come  pud  nel  giornale  del  Sig.  Eduardo  Arbib; 
il  quale,  nella  sua  Liberia  del  1°  giugno,  lo  chiama  ottimo  e  si  pro- 
fessa  obbligato  alia  sua  bontd  che  gli  comunica  un  articolo,  a  cui 
dd  di  buon  grado  il  primo  posto  del  giornale.  Ho  letta  quella  pre- 
dica  e  vi  ho  trovato  che  la  Chiesa  non  fece  quanta  avrebbe  dovuto 
fare.  In  luogo  delle  promesse  e  degV  insegnamenti  dell'  evangelio, 
essa  avea  fatlo  inlendere  aspre  discussioni.  Se  invece  della  Chiesa 
avesse  detto  un  certo  predicatore,,  il  periodo  sarebbe  irreprensibile, 
Mi  ricordo  infatti  di  un  certo  predicatore  francese,  che  si  andava  a 
udire  per  curiosita  piu  che  per  edificazione;  il  quale  si  vedeva  chiaro 
che  predicava  se  stesso  piu  che  non  le  promesse  e  gl'  insegnamenti 
delV  evangelio.  La  Chiesa  fece  con  'ui  quello  che  pote  per  fargli  inten- 
dere  che  il  tempio  non  e  1'accademia,  ne  il  teatro :  che  il  predicatore 
del  vangelo  non  eun  tribuno  da  piazza  ne  un  oratore  da  Camera,  che 
1'abito  non  faceva  il  monaco:  che  invano  la  superbia  predicava  1'umil- 
ta,  la  testardagginel'obbedienza,  1'indisciplina  la  legge.  Fututto  tempo 
perso.  Ora  quel  povero  candelabro  francese  e  ridotto  a  urlar  coi  lupi 
italiani,  e  a  predicare,  in  pessimo  italiano,  al  Papa  ed  alia  Chiesa, 
nel  giornale  di  un  ebreo;  fmche  il  Sig.  Questore  di  Roma  non  s'im- 
pietosisca  e  nol  provveda,  per  carita,  di  una  cattedra  meno  pestilente. 
Quomodo  cecidisti! 

Ma  costoro  sono  tutti  cosi.  Non  si  vogliono  persuadere  che  nulla 
e  piu  disprezzato  dagli  stessi  liberali  che  un  candelabro.  La  vanita 
li  accieca.  Credeano  prima,  quando  erano  sull'altare,  che  la  gente  pre- 
gasse  ed  ammirasse  proprio  loro,  come  1' asino  della  favola,  carico 
di  reliquie.  Non  si  accorgono  che  i  liberali  fanno  con  loro  appunto, 
come  noi  vediamo  talvolta  per  le  vie  farsi  dai  fanciulli  con  un  cane 
girovago.  Lo  aizzano  contro  un  passeggiero  che  va  pei  fatti  suoi.  II 
cane  crede  di  essere  preso  sul  serio,  pensa  che  vi  ha  qualche  bella 
impresa  da  fare,  qualche  osso  da  conquistare,  vuol  far  vedere  quello 
che  sa  fare,  crede  essere  poi  protetto  e  di  aver  fmalmente  trovato 
un  padrone  benefico  che  per  premio  del  suo  bel  fatto  lo  sfamera.  Ma 
che?  Quando  si  e  gittato  sul  passeggiero  ne  riceve  una  buona  cor- 
rezione:  e  quando,  gridando  aita  aita,  ricorre  a  chi  1'aizzo,  ne  riceve 
un  calcio. 

Ora  vengo  al  Signer  Arbib.  Mi  spiace  di  non  potervi  scrivere 
senza  parlarvi  di  lui ;  ma  chi  puo  ora  parlare  in  Roma  o  di  Roma 
senza  parlare  deH'Arbib,  che  rappresenta  qui  il  Governo,  il  ministero, 
il  commissario,  il  questore,  il  municipio,  i  candelabri,  insomma  La 
Liberia?  Sapete  che  viviamo  in  tempi  di  liberta.  Ora  chi  e  che  scrive 


CONTEMPORANEA  74 | 

adesso  la  liberta?  II  Sig.  Arbib.  Tempi  di  liberta;  tempi  arbibeschi. 
Rassegnatevi  dunque  a  udirvi  parlare  spesso  e  liberamente  del  Sig. 
Arbib,  col  quale  del  resto  ho  ora  un  conto  fresco  da  aggiustare.  In- 
fatti  io  vi  scriveva  teste  che  non  si  erano  trovati  in  Roma  tanti  al- 
fabeti  liberali ,  da  fame  una  lista  di  sottoscrizioni  contro  i  Gesuiti. 
Ed  ecco  che,  appunto  allora  «  il  Circolo  Cavour  (come  leggo  nella 
Liberia  del  19  maggio)  tenne  adunanza  generale.  II  Consiglio  diret- 
tivo  annunzi6  1'  esito  della  petizione  promossa  da  quel  Circolo ,  per 
domandare  al  parlamento  1'  abolizione  dei  Gesuiti.  Debbono  tuttavia 
essere  rftirate  alcune  schede,  ma  si  sono  gia  ottenute  8,270  firme.  » 

Pensate  alia  mia  costernazione !  Xante  firme  alfabete  e  antige- 
suitiche  in  Roma !  Mi  credeva  perduto  per  sempre  nella  vostra  esti- 
mazione;  quando,  grazie  a  Dio,  mi  porse  cristianamente  la  mano  pie- 
tosa  lo  stesso  Signor  Eduardo  Arbib.  II  quale,  nel  medesimo  numero 
della  sua  Liberia,  aggiunge:  «  Dobbiamo  confessare  che  il  valore  di 
quelle  firme  diminuirebbe  assai,  se  non  fossero  pubblicate  per  le  stam- 
pe.  I  clerical!  si  prevarrebbero  di  questa  omissione  per  dire  che  le 
firme  o  sono  tutte  di  nuovi  venuti  o  furono  razzolate  in  ghetto.  » 
Ovvero,  aggiungo  io,  non  esistono  in  verun  modo.  E  questo  mi  sem- 
bra  ora  il  piu  probabile,  dopo  lo  spavento  che  questa  giustissima 
domanda  della  Liberia  eccito  in  due  anonimi,  i  quail  si  suppongono 
averle  scritto  il  23  maggio  due  lettere  analfabete,  ossia  non  sotto- 
scritte,  dove  si  raccomandano  che,  per  carita,  non  si  stampino  quelle 
firme.  II  Signor  Arbib,  da  uomo  candido,  suppone  che  quelle  due  let- 
tere siano  proprio  di  due  firmatarii.,  paurosi  di  compromettersi  col 
partito  gesuitico,  cosi  potente  ora  in  Roma.  E  se  si  credesse  a  quelle 
lettere,  la  cosa  sarebbe  cosi  per  1' appunto.  Infatti  la  prima  dice  che 
«  quella  pubblicazione  pu6  menare  a  conseguenze  vergognose  pel 
partito  liberate.  Potrebbe  derivarne  che  molti  siano  costretti  a  smen- 
tire  quelle  firme.  Ho  inteso  molti  lagnarsi  di  tale  divisamento,  e  te- 
nersi  pronti  a  fare  delle  aperte  e  pubbliche  smentite.  »  La  seconda 
lettera  pero  c'  informa  «  che  la  persona  che  propose  firmare,  garanti 
sul  proprio  onore  che  le  firme  non  verrebbero  pubblicate.  Se  si  pub- 
blicassero,  tanti  non  troverebbero  piu  con  tanta  facilita  ad  occuparsi,  e 
sarebbero  ancora  tanti  altri  sacrificati.  » 

Compatirei  a  questi  disgraziati,  se  non  avessi  tutta  la  ragione  di 
sospettare  che  queste  due  lettere  sono  false :  ossia  sono  state  scritte 
alia  Liberia  da  qualche  promotore  dell'Indirizzo,  spaventato  giusta- 
mente,  non  gia  del  partito  gesuitico,  ma  della  poverta  delle  firme 
antigesuitiche.  Finche  si  tratta  di  dire  cosi  in  generale.  «  Le  firme 
sono  8,270  per  1' appunto  »  la  cosa  e  facile.  Facile  e  anche  il  man- 
dare  al  parlamento  di  Firenze,  a  suo  uso  esclusivo  e  confidenziale, 
tanti  fogli  di  carta  sottoscritti  da  nomi,  o  inventati  o  ignari  dell'abuso 


742  CRONACA 

che  se  n'e  fatto.  Ma  quando  si  tratta  di  stampare  que'nomi  in  Roma, 
e  un'altro  affare.  Stampate  que' nomi  o  Signori  del  Circolo  Cavour. 
Vedremo  allora  le  smentite  piovere,  non  gia  per  paura  dei  Gesuiti, 
ma  per  amore  della  verita.  Per  chi  avete  presi  i  Romani,  voi  altri 
buzzurri  ?  Per  gente  timida?  Tutt'altro!  I  Romani  diconochiaro  quello 
ch«  pensano:  1'  ipocrisia  non  e  vizio  romano;  il  rispetto  umano  qui 
poco  si  conosce.  Se  i  Romani  hanno  un  difetto,  e  il  rovescio  del  rispetto 
umano.  Quesli  tirmatarii  codardi  dunque,  o  non  esistono,  o  non  sono 
Romani.  Ecco  la  vera  spiegazione  di  quelle  due  lettere  analfabete . 
Donde  conclude  che  il  Signor  Arbib,  o  non  e  tanto  farbo,  o  e  molto 
piu  furbo  di  quel  die  io  credeva.  Perche  almeno  non  pubblica  i  nomi 
dei  due  paurosi  scrittori   delle  lettere?  Saranno  due  soli  sacrificati 
pro  populo.  E  non  credo  che  il  partito  buzzurro  sia  poi  tanto  spian- 
tato  in  Roma,  da  non  poter  sostenere  due  suoi  eroi,  e  mantenerli 
colle  loro  famiglie,  contro  le  persecuzioni  del  partito  clericale.  E  poi 
che  male  ci  sarebbe  che  ci  fosse  qualche  sacriiicato  anche  dall'altra 
parte?  Hanno  forse  avute  tante  paure  i  clericali?  Non  si  sono  sotto- 
soritti  pubbiicamente,  e  non  si  sottoscrivono  forse  continuamente  in 
mille  occasioui?  Non  hanno  essi  riimnziato  agli  impieghi,  alle  pen- 
sioni,  ai  diritti  loro?  Perche  dunque  la  vilta  e  la  codardia  hanno  da 
trovarsi  dalla  sola  parte  del  ghetto? 

L'  idea   del    valore  mi    chiama   alia    Guardia   Nazionale .    Nei 
primi  giorni  della  sua  istituzione  qui  in  Roma,  era  cosa  pericolosa, 
non  solo  il  parlarne  o  bene  o  male,  ma  il  solo  guardarla.  I  soldati 
dell'  esercito  regolare  si  poteano  guardare,  se  non  con  ammirazione, 
almeno  senza  pericolo.  Ma  le  guardie  nazionali  bisognava  evitare  di 
iissarle  troppo  coH'occhio  curioso.  Per  tie  solo  che  erano  guardate  si 
tenevano  ofi'ese.  Credo  che  quella  opinione  modesta  di  se  medesimi 
fosse  nata  in   quei  rispettabili  cittadini ,  perche  erano  conscii  a  se 
stessi  di  non  sapere  ancora  portare  bene  quell' abito,  che  in  verita 
e  difficile  a  portare,  e  marciare  disinvolti  con  quelle  armi.  Pareano 
tanti  Daviddi  impacciati.  Ora  ed  essi  e  noi  vi  ci  siamo,  comechessia, 
avvezzati ,  e  ne  noi  ridiamo  piu  a  vederli,  ne  essi  arrossiscono  piu 
ad  esser  veduti .  Insomnia  possiamo  guardarci  con  indifferenza  vi- 
cendevole,  e  senza  pericolo  d'  inconvenienze.  Si  vedono  ora  le  guardie 
nazionali  cammiiiare  diritte  pel  fatto  loro,  senza  guardare  in  qua  e 
in  la ,  come  gente  che  tema  di  esser  guardata  e  di  eccitare  troppo  1'am- 
mirazione.  Si  vedono  anzi  spesso  camminare  pensierosi  e  di  mal  umore, 
col  viso  turbato  ed  in  aspetto  fosco  ,  come  se  fossero  ormai  stanchi  al- 
quanto  anche  loro.  Sono  in  gran  parte  paciiici  cittadini,  artisti  e  bot- 
tegai,  e  premendo  loro,  com'e  naturale,  la  patria  piu  prossima,  che  e  la 
bottega  e  la  casa,  tollerano  con  sufficiente  pazienza  tutti  i  torti  politici 
loro  inflitti  dal  governo  e  cosi  enumerati  dalla  Capitate  del  27  aprile: 


CONTEMPORANEA  743 

«  Sono  scorsi  piu  di  quattro  mesi  e  ancora  non  si  e  aperto  un  quartiere 
alia  Guardia  Nazionale:  della  nazionale  non  si  servono  che  per  farle  far 
mostra  di  senelle  feste:  non  si  vogliono  darle  armi  di  precisione;  non 
si  6  distribuita  ancora  la  piu  piccola  cartuccia:  di  modo  che  i  militi 
sono  ignari  del  come  si  carichi  un  fucile,  e,  se  per  caso  dovessero 
adoperarlo,  non  potrebbero  servirsi  che  della  baionetta  o  rivolger 
I'arme  e  farsene  una  mazza  ».  Tutte  queste  disgrazie  le  sopportano 
alacremente.  Ma  quello  che  naturalmente  cuoce  loro,  sono  i  ladri  che 
rubano  le  loro  botteghe,  mentre  essi  sono  alle  passeggiate  eroiche. 
Percid,  uno  di  questi  giorrii  passati,  una  deputazione  dei  piu  valorosi 
si  presentd  al  signor  Questore  Berti,  offerendogli  tutta  la  guardia  na- 
zionale per  servizio  di  pattuglia  contro  i  ladri  nazionali,  poiche  il 
signor  Questore  non  sapeva  proteggere  la  pubblica  sicurezza  colle 
sue  guardie  non  nazionali .  II  signor  Questore  ricevette  le  signore 
guardie  nazionali  con  tutto  il  rispetto  dovuto  all'alta  loro  rappre- 
sentanza  e  al  loro  commendevole  zelo.  Poi  si  maraviglio  con  esso  loro 
che  una  tale  domanda  non  gli  fosse  stata  fatta  pervenire  per  mezzo 
della  via  gerarchica. 

Sapete  che  la  via  gerarchica  e  una  delle  carte  murarie  e  fonda- 
mentali  del  castello  della  Carta  costituzionale:  il  quale  non  e  solo  un 
castello  di  carta,  ma  e  incantato,  come  quello  dell'Ariosto,  nel  quale 

A  tutti  par  che  quella  cosa  sia, 

Che  piu  ciascun  per  se  brama  e  desia. 

La  guardia  nazionale  di  Roma,  gente  di  buona  fede,  avea  creduto 
vedere  nella  carta  costituzionale  anche  il  diritto  di  pattugliare  per 
difesa  del  proprio.  £  in  fatti  chi  puo  negare  che  vi  sia  questo  di- 
ritto? II  diritto  ci  e.  Ma',  per  trovarlo,  bisogna  passare  per  la  via  ge- 
rarchica. 

La  via  gerarchica,  sola  via  legittima  e  costituzionale,  richiede 
che  i  militi  si  dirigano  all'uffiziale,  1'uffiziale  al  capitano,  il  capitano 
al  colonnello,  per  finire  gerarchicamente  al  generale  o  faciente  fun- 
zione  di  esso.  E  qui  comparisce  1'incantesimo  del  castello.  Giacche 
il  generale  e  di  nomina  regia,  com'e  giusto.  II  generale  regio  dunque, 
se  vuol  procedere  anch'egli  in  via  gerarchica,  dopo  ricevuta  la  do- 
manda della  guardia  nazionale,  s' informa  confidenzialmente  e  gerar- 
chicamente presso  il  signor  Questore,  se  egli  crede  conveniente  che 
gli  si  faccia  quella  domanda.  II  Questore  s'incammina  anch'egli  per 
la  via  sua  gerarchica,  e  s'informa  presso  il  Prefetto,  il  Commissario, 
il  Ministro,  sempre  gerarchicamente;  fmche,  dopo  aver  girato  bene, 
non  sia  ben  informato  del  desiderio  e  dell'intenzione  dei  superior! . 
L'  intenzione  dei  superior!  e  sempre  conforme  all'  opinione  sana  del 
popolo  e  dell' opinione  pubblica. 


744  CRONACA 

Ma  qual  e  1'opinione  sana?  Quella  che  i  superior!  manifestano 
al  sig.  Questore,  il  quale  gerarchicamente  la  manifesta  al  generate, 
il  generale  al  colonnello,  il  colonnello  al  capitano  e  cosi  via  via  ge- 
rarchicamente fmo  ai  tamburini. 

Poniamo  ora  il  caso  che  1'opinione  sana  del  popolo  fosse  stata 
intimata  dai  superiori,  nel  senso  negative  alia  domanda  della  guardia 
nazionale,  che  cosa  accadrebbe?  Accadrebbe  che  la  guardia  nazionale, 
che  pure  e  conscia  a  se  medesima  di  aver  fatta  la  domanda  di  un 
Si,  sarebbe  pero  ritenuta,  costituzionalmente  parlando,  avere  chiesto 
un  No.  Forse  non  tutti  i  militi  della  guardia  nazionale  di  Roma  sono 
al  livello  ed  ali'altezza  di  questo  ragionamento .  Ma  a  poco  a  poco 
(iniranno  coll'avvezzarsi  a  capire.  Del  resto  la  cosa  e  chiara.  Giacche 
chi  e  che  rappresenta  il  milite?  L'ufficiale.  Chi  rappresenta  gli  uffi- 
ciali?  II  generale;  il  quale  avendo,  come  si  suppone,  risposto  di  No, 
tutta  la  guardia  nazionale  da  lui  rappresentata,  e  in  via  gerarchica 
e  costituzionale  obbligata  a  credere  e  ritenere  come  cosa  certa  che 
ella,  che  pure  ha  chiesto  un  Si,  cid  nondimeno  ha  chiesto  un  No. 

E  come  il  Generale  rappresenta  la  Guardia  Nazionale ,  cosi  il 
Sindaco  rappresenta  me  e  tutta  la  cittadinanza ;  e  i  deputati  me,  la 
cittadinanza  e  la  Nazione,  secondo  le  norme  certe  e  infallibili  del  reg- 
gimento  rappresentativo. 

Finisco  con  una  notizia  che  vi  comunico  sotto  tutte  le  riserve. 
Ho  udito  dire  che  in  questo  mese  di  giugno  e  proibito  ai  fiorai  del 
Corso  di  vendere  gigli.  I  gigli  hanno  due  gravi  difetti  addosso:  di 
essere  gigli  e  di  essere  biancogialli. 

II. 

COSE  STRANIERE 

FRANCIA  —  1.  Approvazione  del  Trattato  di  pace  nell'assemblea  di  Versailles; 
scambio  delle  ratificazioni  a  Francfort  —  2.  Preghiere  pubbliche,  decre- 
tate  daH'assemblea,  per  la  pacificazione  della  Francia  —  3.  Decreti  della 
Comune  di  Parigi  contro  la  religione  e  la  liberta  personale  ;  risoluzioni 
d'un  Club  rivoluzionario  —  4.  Legioni  di  vindici,  di  tirannicidi  e  di  fern- 
mine  —  5.  Scoppio  d'una  polveriera  al  campo  di  Marte  —  6.  Bombar- 
damento  ed  assalto  dei  Parlamcntari  contro  Parigi;  sette  giorni  di  com- 
battimento  —  7.  Stragi  e  rovine ;  circolare  di  Giulio  Favre  contro  gli 
incendiarii  di  Parigi  —  8.  Rappresaglie  dtfComunisti  e  macello  di  ostaggi; 
Mons.  Darboy  muore  assassinate. 

1.  L'Assemblea  nazionale  di  Versailles,  nella  tornata  del  13  mag- 
gio ,  ricevette  dal  ministro  Giulio  Favre  comunicazione  ufficiale  del 
Trattato  di  pace,  stipulate  a  Francfort  il  giorno  10,  tra  la  Francia  e 
la  Germania.  II  Favre  credette  di  doverne  esporre  succintamente  le 


CONTEMPORANEA  745 

ragioni,  perche"  apparisse  manifesta  1'  impossibility  in  cui  egli  ed  il 
Powyer-Quertier  eransi  trovati,  d'impetrare  condizioni  meno  dure  e 
piu  onorevoli.  Insistette  molto  sopra  la  diffidenza  prodotta,  od  accre- 
sciuta  almeno,  nei  Plenipotenziarii  alemanni,  dalla  fatale  rivoluzione 
parigina  del  18  e  19  marzo;  onde  il  Trattato  defmilivo  di  pace  riusci 
ad  essere  nulla  piu  che  un  esplicaraento  particolareggiato  dei  preli- 
minari  gia  approvati .  Parl6  della  convenienza  di  accettare  1'ofierta 
dei  Prussiani ,  di  lasciare  alia  Francia  quasi  tutto  il  territorio  del 
circondario  di  Belfort,  in  iscambio  d'  una  equivalente  estensione  di 
territorio  presso  Thionville,  che  secondo  i  preliminari  sarebbe  dovuta 
restare  alia  Francia,  e  che  cederebbesi  alia  Germania.  Quindi  lesse, 
fra  gran  commozione  di  dolore  di  tutta  I'assemblea,  i  18  lunghi  ar- 
ticoli  del  Trattato  di  pace,  e  gli  articoli  addizionali  spettanti  alia 
cessione  delle  vie  ferrate  coi  rispettivi  compensi;  i  quali  document! 
sono  riferiti  testualmente  nei  diarii  di  Versailles,  come  nel  Le  Monde, 
del  16  maggio.  E  fini  con  una  fervida  apologia  dei  generali  e  dello 
esercito,  rifiutando  energicamente  le  calunnie,  onde  il  Gambetta  ed  i 
giornalisti  suoi  complici  aveano  vilipeso  1'onore  di  quei  prodi,  come 
se  fossero  stati  o  vigliacchi  o  traditori. 

Una  Commissione  fu  deputata  alia  disamina  del  Trattato ,  ma 
con  raccomandazione  di  far  presto;  il  che  era  indispensabile  si  pel 
limite  fissato  dal  Bismark  al  20  maggio,  per  la  ratiticazione,  e  si  perche 
troppo  era  manifesto  che  ogni  disdetta  o  mutazione  tornava  impos- 
sibile  ad  effettuarsi ;  e  percio  inutile  a  proporsi.  Infatti  nella  tornata 
del  18  maggio,  il  Trattato  di  pace  fu  approvato  in  virtu  d'una  legge 
in  due  articoli ;  il  primo  dei  quali  recava  che  il  Potere  esecutivo , 
coll' assenso  dell' assemblea ,  ratificasse  quel  Trattato;  e  questo  fu 
ammesso  a  voto  unanime;  il  secondo  spettava  alia  mentovata  cessione 
dei  distretti  di  Thionville  col  compenso  di  quelli  che  la  Germania 
lascerebbe  presso  Belfort;  e  questo  fu  approvato  con  443  voti  contro  98. 

Ottenuto  cosi  1'  assenso  legale  dell'  Assemblea ,  il  Favre  ed  il 
Powyer-Quertier  volarono  subito  a  Francfort,  dov'era  altresi  tomato, 
con  1'approvazione  del  Trattato  per  1'Alemagna,  il  principe  di  Bismark 
coH'Arnim  ;  e  le  ratificazioni  furono  riconosciute  e  scambiate  a  tutto 
rigore  di  formalita  diplomatiche;  poi  venne  dai  medesimi  plenipoten- 
ziarii  firmata  una  speciale  convenzione  circa  il  modo  del  pagamento 
della  prima  rata  di  500  milioni,  che  doveansi  sborsare  dalla  Francia 
entro  lo  spazio  di  30  giorni,  dopo  il  ristabilimento  dell'autorita  del 
Governo  francese  in  Parigi.  Corse  voce  che  in  tal  congiuntura  il 
Bismark  lasciasse  intendere  che,  se  entro  un  dato  numero  di  giorni, 
la  rivoluzione  parigina  non  fosse  stata  vinta  e  domata,  vi  porrebbe 
mano  1'esercito  alemanno,  cosi  esigendo  1'  interesse  della  Germania. 


746  CRONACA 

2.  Se  ciO  e  vero,  fu  come  un  dar  di  sprone  al  cavallo  che  gia 
gaioppa  a  lutta  camera.  Imperocche,  troppo  piu  che  ai  Prussian!  , 
premeva  ai  Francesi  la  pacificazione  di  Parigi,  essendosi  calcolato  che 
ogni  giorno  di  guerra  civile  portava  seco  fra  spese  e  daimi  uno  sper- 
pero  di  circa  35  milioni !  E  prescindendo  anche  dai  danni  materiali, 

10  sconvolgimento  morale  che  ne  veniva,  era  tale  da  mettere  orrore 
in  tutti  gli  onesti. 

Colpito  dallo  spettacolo  di  tanti  mali,  che  pareano  sfidare  I'effi- 
cacia  di  tutti  gli  argomenti  naturali  ed  umani,  nella  tornata  del  13 
maggio,  prima  che  il  Favre  presentasse  il  Trattato  di  pace,  un  valoroso 
e  cristiano  membro  dell'assemblea,  il  conte  De  Cazenove  de  Pradines 
propose,  che  I'assemblea  ordinasse  preghiere  pubhliche  in  tutta  la 
Francia,  affine  d'  impetrare  da  Dio  onnipotente  la  cessazione  della 
guerra  e  delle  discordie  civili,  e  delle  sciagure  in  cui  dibatteasi  la 
Francia.  La  proposta  di  questo  gentiluomo  veramente  cattolico  fu 
auimessa  dall'Assemblea  ,  e  nella  tornata  del  16  maggio  il  conte  di 
Melun  riferi  le  conclusion!  della  Commissione  .  Appena  letto  questo 
rapporto,  da  ogni  parte  gridossi  che  doveasi  senz'altro  procedere  ai 
voti.  Ma  vi  si  oppose  un  deputato  Langlois,  sotto  pretesto  di  osservare 

11  regolamento ,  ed  aspettare  che  il   rapporto  fosse  stampato  e  poi 
discusso.  Gli  fu  risposto  che  non  trattavasi  di  emanare  una  legge , 
ma  di  decretare  uaa  risoluzione;  egli  insistette;  e,  risalito  in  higoncia, 
combatte  in  nonie  della   liberta  di  coscienza,  e  con  un  profmvio  di 
spropositi  e  di  empieta,  quella  deliberazione  cristiana. 

Cio  valse  di  stimolo  all' irreligioso  sentire  di  parecchi  altri,  ed 
il  dibattimento  divenne  infocato  intorno  a  certe  modificazioni.  Final - 
mente  si  venne  ai  voti.  Erano  assent!  per  congedo  23  Deputati;  molti 
dei  present!  si  astennero  dal  votare  pro  o  contro;  deposero  il  loro 
sufl'ragio  416,  ed  appro varono  la  proposta  del  Cazenove  de  Pradines 
413,  contraddicendo  soli  3  che  furono  i  deputati  Colas,  Dauphinot  e 
Leone  Say.  L'  Univers  del  19  maggio  recito  i  nomi  degli  asseati  e 
degli  astinenli ;  poi  nel  suo  foglio  del  24  maggio  ragiono  di  proposito 
intorno  a  questo  fatto,  metiendo  giustamente  in  rilievo  il  vero  signi- 
ficato  di  quella  astensione. 

«  Fu  notato,  dice  1'  Univers,  lo  strano  dividers!  dei  Ministri  nel 
Toto  per  le  preghiere  pubbliche.  Cinque,  che  sono  i  signori  Dufaure, 
Le  Flo,  Pothuau,  De  Larcy,  e  Lambrecht,  votarono  in  favore.  Altri 
cinque,  ossia  i  signori  Thiers,  Giulio  Favre,  Giulio  Simon,  E.  Picard, 
e  Power-Quertier  si  astennero;  che  e  quanto  dire  votarono  contro. 
In  tal  materia  non  puo  accadere  che  altri  si  astenga  dal  votare  per 
inavvertenza,  o  perche  la  quistione  paia  di  poca  importanza .  Ora 
siccome,  in  sostanza,  trattavasi  chiedere  ai  cap!  dei  divers!  cult!,  che 
ordinassero  preghiere,  ciascuno  secondo  la  propria  competenza  e  fede 


CONTEMPORANEA  747 

religiosa,  1'Assemblea  era  invitata  cosi  a  fare  nn  atto  di  fede  alia 
esistenza  di  Dio  ed  al  suo  intervento  nelle  cose  di  questo  mondo. 

«  Onde  consegue  che  cinque  ministri  sopra  dieci,  i  quali  cinque 
ne  costituiscono  la  morale  pluralita  attesa  la  preponderanza  del  capo, 
votarono  che:  o  Dio  non  esiste  punto;  oppure,  se  egli  esiste,  non 
s'occupa  delle  cose  umane,  il  che  torna  allo  stesso;  ovvero  final- 
mente  che  forse  egli  esiste  e  tors'  anche  interviene,  ma  che  in  tal 
caso  una  savia  e  discreta  politica  esige  che  non  se  ne  faccia  parola 
pubblicamente,  e  consiglia  piuttosto  di  non  invocare  punto  il  soccorso 
di  codesto  Dio ;  il  che  vale  pure  quanto  rinnegarlo....  Evidentemente 
tra  la  Comune  e  la  pluralita  dei  Ministri  resta  un  territorio  comune, 
sul  quale  potrebbero  essere  d'  accordo,  ed  un  giorno  o  1'altro  nulla 

sara  piu  facile  che  firmare  la  pace sull'area  d' una  chiesa  de- 

molita.  » 

Queste  riflessioni  sono  austere,  ma  giuste;  e  1'  Univers  ragionava 
diritto  in  codesto  grave  articolo,  dimostrando  che  tornerebbe  impos- 
sibile  alia  Francia  il  rilevarsi  dalle  sue  rovine  continuando  a  disco- 
noscere  Dio. 

Tuttavia  non  fu  poca  cosa  che*  41 6  contro  soli  3  votanti  decre- 
tassero  quel  ricorso  alia  preghiera.  E  questa  fu  domandata,  come  ai 
Protestanti  ed  ai  Giudei,  cosi  anche  agli  Arcivescovi  e  Vescovi  cat- 
tolici,  con  una  circolare  dello  stesso  astinente  Giulio  Simon.  Ecco  il 
testo  del  decreto,  onde  il  Simon  fu  astretto  a  tale  atto,  molto  ripu- 
gnante  ai  principii  di  ateismo  ufficiale  e  pratico  da  lui  professati 
costantemente. 

«  L'Assemblea  nazionale  ha  adottato,  e  il  presidente  del  Con- 
siglio  dei  ministri,  Capo  del  potere  esecutivo  della  Repubblica  fran- 
cese,  promulga  la  legge  del  tenore  seguente:  L'Assemblea  nazionale, 
profondamente  commossa  per  le  disgrazie  della  patria,  decreta:  Pu!>- 
bliche  preghiere  saranno  comandate  in  tutta  la  Francia  per  supplicare 
Iddio  di  pacificare  le  nostie  discordie  civili,  e  di  porre  un  termine 
ai  mali  che  ci  affliggono.  Deliberato  in  seduta  pubblica  a  Versailles 
il  16  maggio  1871.  II  presidente:  JULES  GREW.  I  segretarii :  PAUL 
BETHMOIST,  PAUL  DE  B£MUSAT,  Vicomte  DE  MEAUX,  N.  JOHNSTON,  DE 
CASTELLANE,  DE  BARANTE.  II  presidente  del  Consiglio,  capo  del  potere 
esecutivo  della  Repubblica  franrese  A.  THIERS  ». 

Nel  giorno  della  Pentecoste  ebbe  poi  veramente  luogo  nella  Cat- 
tedrale  di  Versailles  una  solennita  religiosa  pei  cattolici,  uffiziando 
il  Vescovo,  ed  assistendovi  col  Thiers  i  Ministri,  il  Corpo  Diploma- 
tico  e  molti  Deputati,  dei  quali  per6  molti  altri  si  astennero. 

3.  A  dir  vero  le  parole  dell'  Univers.,  nel  confronto  fra  la  Co- 
mune  parigina  e  gli  astinenti  dell'  Assemblea  di  Versailles  in  materia 
di  religione,  per  quanto  potessero  sembrare  acerbe,  erano  comprovate 


748  CRONACA 

dal  fatto ;  che  appunto  in  quei  giorni  la  Comune  applicava  a  modo 
suo  le  dettrine  tante  volte  baadite  dal  Simon  e  dal  Picard,  per 
emancipate  da  ogni  superslizione  religiosai  parigini.  Infatti  il  Journal 
officiel  della  Comune  bandiva  V  ordine  seguente.  «  Ben  presto  1'in- 
segnamento  religioso  sara  scomparso  dalle  scuole  di  Parigi.  Nondi- 
meno  in  parecchie  scuole  rimane,  sotto  forma  di  crocifissi,  madonne 
ed  altri  simboli ,  la  memoria  di  questo  insegnamento.  Gli  istitutori 
e  le  istitutrici  devranno  fare  sparire  questi  oggetti,  la  cui  presenza 
oiTende  la  liberta  di  coscienza.  Gli  oggetti  di  questo  genere,  che 
fossero  in  metal lo  prezioso,  saranno  inventariati  e  mandati  alia  zec- 
ca.  »  E  sotto  questo  bel  pretesto  furono  poi  spogliate  e  messe  a  sacco 
e  ruba  d' ogni  oggetto  ed  arredo  sacro  di  qualche  valore,  non  pur 
le  scuole,  ma  moltissime  delle  chiese  di  Parigi,  come  quella  di  Nostra 
Donna  delle  Vittorie,  la  Cattedrale,  la  chiesa  deila  Trinita,  e  quasi 
tatte  quelle  delle  comunita  religiose. 

Dio  non  lascio  alia  Comune  il  tempo  di  eseguire  quanto  avea 
divisato,  per  ricondurre  la  Francia  al  culto  della  Dea  Ragione,  e  non 
pole  effettuarsi  la  proposta,  gia  ammessa  dalla  Comune,  che  tutte  le 
chiese  cristiane  dovessero,  come  proprieta  naziotfali,  essere  volte  ad 
usi  civili  o  demolite,  conservandone  solo  alquante  piu  ragguardevoli 
come  monument!  d'  architettura,  a  patto  che  vi  si  erigessero  cattedre 
di  ateiswiOj  affine  di  liberare  il  popolo  dal  giogo  della  superstizione ! 
Ma  siccome  vanno  sempre  di  pari  passo  1'empieta  e  la  tirannia,  cosi 
i  piu  fieri  decreti  della  Comune  gia  erano  promulgati  contro  la  stessa 
liberta  personate  dei  cittadini.  Bastera  recarne  qualche  saggio.  II 
Journal  officiel  del  14  maggio  recava  un  bando  del  tenore  seguente. 

«  Art.  1.  Ogni  cittadino  dovra  essere  munito  d'una  carta  d' iden- 
tita, contenente  il  suo  nome,  cognome,  eta  e  domicilio,  il  suo  numero 
di  legione,  di  battaglione,  di  compagnia,  non  che  i  suoi  connotati. 
Art.  2.  Ogni  cittadino,  che  non  sara  latore  della  sua  carta,  verra  ar- 
restato,  e  mantenuto  in  arresto,  fino  a  che  abbia  provata  regolarmente 
la  sua  identita.  Art.  3.  Questa  carta  sara  rilasciata  per  cura  dei  com- 
missarii  di  polizia,  dietro  documenti  giustificativi,  in  presenza  di  due 
testimonii,  che  attesteranno  colla  loro  firma  di  conoscere  bene  il  pe- 
tente.  La  carta  portera  il  visto  della  municipalita  competente.  Arti- 
colo  4.  Ogni  frode  sara  rigorosamente  punita.  Art.  5.  L'  esibizione  della 
carta  d'  identita  potra  essere  richiesta  da  qualsiasi  guardia  nazionale. 
Art.  6.  II  delegato  della  sicurezza  generale,  non  che  le  municipalita, 
sono  incaricati  dell'  esecuzione  del  presente  decreto  nel  piu  breve 
spazio  di  tempo.  Hotel- de-Ville,  24  fiorile  anno  71,  —  //  Comitato 
di  salute  pubblica.  » 

Ognuno  vede  che,  essendo  la  Guardia  nazionale  parigina  costi- 
tuita  in  non  poca  parte  di  assassini  emeriti,  di  galeotti  e  ladri  ar- 


CONTEMPORANEA  749 

«iati  dalla  Comune,  il  commettere  a  ciascua  d'essi  1'autorita  di 
esaminare  il  civismo  degli  abitanti,  era  quanto  un  bandire  la  piii 
selvaggia  anarchia.  I  buoni  cittadini  in  parte  gia  erano  scappati  via 
•fin  dai  primordii  della  rivoluzione  del  18  marzo;  moltissimi  altri 
preferivano  starsene  nascosti  e  sepolti  nelle  cantine  delle  case  e  per- 
fino  nelle  chiaviche,  anziche  essere  aggregati  alia  Guardia  nazionale. 
La  Comune,  per  richiamare  i  fuggiaschi,  ed  atterrire  tutli  gli  avversi, 
bandi  poco  appresso  i  decreti  seguenti.  « II  Comitato  di  salute  pub- 
blica,  attesi  i  tentativi  di  corruzione,  che  gli  vennero  denunziati  da 
ogni  parte,  annunzia  che,  chiunque  sara  imputato  di  avere  offerto  od 
accettato  denaro  per  seduzione,  sara  ritenuto  come  colpevole  di  alto 
tradimento,  e  sara  giudicato  dalla  Corte  Marziale.  Parigi,  A°  prattle, 
anno  79.  Firmati:  Arnaud,  Billioray,  Eude's,  Gambon,  Ranvier.  » 
Ecco  le  malleverie  di  liberta  che  si  possono  aspettare  dai  liberali 
coerenti  ai  loro  principii!  Ma  molti  cittadini  erano  scomparsi.  Dov'era- 
no?  La  Comune  li  voleva  avere  per  ispogliarli  o  mandarli  in  bocca 
al  cannone  e  sotto  la  mitraglia  dei  Parlamentarii;  percio  eccola  ful- 
zninare  il  decreto  seguenle:  «  Gli  abitanti  di  Parigi  sono  invitati  di 
tornare  al  loro  domicilio  entro  quarantott'ore ;  scorso  questo  tempo, 
i  loro  titoli  di  rendita  sul  Gran  Libro  saranno  bruciati.  Pel  Comi- 
tato centrale,  firmato  Grelier.  » 

Questi  non  erano  che  il  preambolo  delle  altre  larghezze,  onde  i 
Comunisti  disponeansi  a  regalare  i  parigini.  L'eletta  di  questi  rige- 
neratori  della  patria,  solto  la  guida  e  Tispirazione  dei  maggiorenti 
delYAlleanza  inter  nazionale  repubblicana,  si  raccoglievano  ogni  sera, 
in  numero  di  circa  3000,  nella  chiesa  di  S.  Bernardo,  in  via  Afire 
del  18°  circondario;  e  nella  radunanza  del  20  fiorile,  anno  79,  fer- 
marono  le  seguenti  risoluzioni. 

«  1.°  Soppressione  della  magistratura  ed  abolizione  dei  codici. 
Nomina  di  una  Commissione  giudiziaria,  incaricata  di  prcparare  un 
suo  progetto  di  legge  in  armonia  colle  nuove  istituzioni  e  colle  nuove 
aspirazioni  del  popolo.  2°  Soppressione  delle  religioni,  immcdiato  ar- 
resto  di  tutti  i  preti,  quali  complici  dei  monarchici,  causa  della  guerra 
attuale.  Vendita  di  tutti  i  loro  beni  mobili  ed  immobili,  come  pure 
di  quelli  di  tutti  i  fuggiaschi  e  traditori,  che  hanno  aiutato  i  mise- 
rabili  di  Versailles,  e  tutto  cio  a  favore  dei  difensori  del  diritto. 
3°  La  revoca  del  decreto  relative  al  Monte  di  pieta,  sostituendo 
a  quel  decreto  un  altro  del  seguente  tenore :  Gli  oggetli  depositati 
nel  Monte  di  pieta  vengono  restiluiti  gratuitamente.  Pero  ad  un  tale 
favore  non  hanno  diritto  che  i  difensori  della  citta,  come  pure  le  cit- 
tadinc,  madri,  figlie,  sorelle,  mogli  e  concubine  (epouses  et  femmes) 
dei  cittadini  morti  nella  difesa  di  Parigi,  e  che  possono  documentare 
tale  loro  qualita.  4°  Ogni  compratore  di  un  viglietto  di  pegno  &  con- 


750  CRONACA 

dannato  ad  una  multa,  o  viene  imprigionato.  5°  Soppressione  delle 
case  di  tolleranza.  6°  I  lavori  ed  appalti  per  la  Comune  devono  venir 
assegnati  a  diverse  associazioni  di  opera i.  7°  La  morte  di  uno  dei 
personaggi  ragguardevoii  tenuti  come  ostaggi,  per  ogni  24  ore  che 
trascorrono  priina  che  il  cittadino  Blanqui,  noininato  membro  della 
Comune,  sia  posto  in  liberta  e  giunto  a  Parigi.  » 

4.  Non  puo  negarsi  che  questi  non  fossero  buoni  patriotti,  de- 
gni  di  caniminare  sulle  pedate  dei  loro  antecessori  del  1793!  Ma  si 
contentavano  di  proporre  leggi.  Altri,  meglio  ispirati  dalle  furie  della 
setta,  oflersero  le  braccia  per  le  necessarie  carneficine.  Gia  esisteva 
una  legione,  delta  dei  Vindici,  composta  di  scherani  d'ogni  nazione 
e  costituita  appositamente  per  fare  il  nobile  ufficio  di  scannare  senza 
misericordia  ch'imque  fosse  designate  al  macello.  II  Journal  officiel 
avea  bandito  che:  «  La  societa  non  ha  che  un  dovere  verso  i  Prin- 
cipi :  la  morte;  essa  nori  e  obbligata  che  ad  una  formalita :  accer- 
tarne  1'  identita.  »  Era  anche  qaesto  un  buon  passo  innanzi,  ma  non 
bastava.  E  se  i  Principi  non  si  mettevano  tra  le  branche  della  Co- 
mune? Bisognava  andarli  cercare  dovechessia,  e  sterminarli.  Ed  ecco 
la  Sociale  pubblicare  la  seguente  lettera. 

«  Gittadino.  Attesa  1'empia  guerra,  che  fanno  a  Parigi  repubbli- 
cana  i  monarchic!  di  tutti  i  colori,  legittimisti,  orleanisti,  napoleoaici; 
Atteso  1'accanimento  che  spiegano  contro  ai  loro  concittadini  codesti 
uomini  cosi  codardi  e  vili  dinanzi  allo  straniero;  Considerando  che 
per  arrivare  allo  scopo  —  la  esaltazione  di  un  idolo  qualunque  sul 
trono  di  Francia  --  essi  non  esitano  a  bombardare  le  nostre  case  e 
a  coprir  di  cadaver!  le  nostre  strade;  Convinto  che  fra  essi  e  noi  non 
vi  ha  conciliazione  poss-ibile,  e  desideroso  tuttavia  di  vedere  un  ter- 
mine  a  tanta  calamita: 

«  lo  ripiglio  per  mio  conto  e  a  mio  rischio  la  proposta  fatta  da 
Jean  Debry  all'Assemblea  legislativa  il  26  agosto1792.  Domando  la 
formazionc  di  un  corpo  di  1000  a  1200  volontari,  detti  tirannicidi, 
i  quali  si  propongano  di  combattere  corpo  a  corpo,  e  sterminare  con 
tutti  i  mezzi  praticabili,  in  qualsiasi  paese,  fino  alFultimo  rampollo 
di  queste  razze  reali  e  imperiali  si  funeste  alia  Francia. 

«  Soppressi  i  pretendenti,  i  monarchic!  non  avranno  piu  ragione 
d'essere.  Morta  la  bestia,  morto  il  veleno;  e  noi  potremmo  forse  ri- 
trovare  un  po'di  calma,  per  medicare  le  ferite  della  nostra  infelice 
patria.  Se  la  mia  idea  fosse  adottata,  io  mi  recherei  ad  onore  di  iscri- 
vermi  a  capo  della  legione  liberatrice.  Gradite,  cittadino,  il  mio  sa- 
luto  fraterno  Joseph,  64,  rue  de  Clignancourt  ».  «  Io  mi  scrivo  pel 
secondo,  Bam  62,  rue  de  Clignancourt  ». 

L'spoteosi  dell' assassinio  politico  non  potea  farsi  con  maggiore 
enfasi,  e  le  tcste  si  riscaldavano  sempre  piu.  Parigi  brulicava ,  pur 


CONTEMPORANEA  751 

troppo,  di  femmine  imbestiate  nei  vizii,  e  che  sazie  d'ogni  altra  vo- 
lutta,  non  poteano  pia  gustare  che  quelle  della  iena,  quando  succia  il 
sangue  della  vittima.  Ed  eccone  un  buon  nuraero  di  esse  oflerirsi  a 
portare  le  arrni  e  batters!  contro  le  truppe.  E  pur  troppo  si  vide  poi 
che  diceano  davvero,  ed  erano  capaci  dei  piu  atroci  fatti,  a  segno  da 
disgradare  in  barbaric  le  selvagge  Pelli  rosse .  II  colonnello  della 
12a  legione  della  Guardia  nazionale  si  rec6  a  gloria  di  prendere  il 
comando  di  questo  battaglione  di  megere,  e  pubblic6  il  1G  di  maggio 
un  ordine  del  giorno,  col  quale  annunziava,  che  non  solo  esse  sta-r 
rebbero  nelle  prime  file  della  Legione,  ma:  «  1°  Tutti  quei  che  av- 
versassero  il  servizio,  sarebbero  disarmati  pubblicamente,  al  cospetto 
del  proprio  battaglione,  per  mano  delle  cittadine  volonlarie;  2°  Dopo 
essere  stati  disarmati,  questi  uomini,  indegai  di  servire  alia  repub- 
blica,  saranno  condotti  in  prigione  dalle  citladine  che  li  avranno 
disarmati.  »  E  cosi  fu  fatto  davvero,  a  grande  onta  di  non  pochi 
onesti  o  timidi  cittadini,  accusati  di  portare  le  armi  di  mala  voglia, 
o  cadnti  in  sospetto  di  parteggiare  pel  Governo  di  Versailles.  Code- 
ste  volonlarie  furono  poi  le  piu  feroci  alle  barricate,  e  le  piu  audaci 
neli'appiccare  gli  incendii,  onde  tanta  parte  di  Parigi  divampo  alquanti 
giorni  dopo. 

Ma  1'ora  della  giustizia  divina  stava  per  iscoccare;ed  appunto 
il  giomo  dopo,  cioe  alii  17  maggio,  la  Comune  sentiva  scrosciare 
sul  suo  capo  la  folgore  divina,  con  lo  scoppio  della  smisurala  fab- 
brica  di  cartucce,  che  stava  dall'un  dei  lati  del  Campo  di  Made,  ed  e 
denoniinata  la  polveriera  di  Rapp.  Alle  5  3[4  pomeridiane  accadeva 
la  esplosione  subitanea  di  circa  3000  barili  di  polvere  con  una  in- 
gentissima  quantita  di  cartucce  e  bombe  cariche;  onde  molte  case  di 
quel  quartiere  furono  atterrate,  e  fino  a  6  chilometri  andarono  git- 
tati  e  sparsi  i  frantumi  della  polveriera,  i  brandelli  dei  corpi  degli 
operai  ed  i  proiettili  delle  cartucce  e  delle  bombe.  La  Comune,  ben 
inteso,  ne  accagiono  subito  il  Governo  di  Versailles,  e  con  un  bando 
ferocissimo  eccito  i  suoi  scherani  a  fame  spietata  vendetta.  E  Dio  tolse 
loro  il  senno  di  vedere,  che  con  cio  non  faceano  altro,  che  preparare 
a  se  stessi  piu  tremendo  castigo. 

6.  Le  batterie  dell'esercito  parlamentare  gia  erano  compiute; 
le  trincee  erano  gia  porvenute  tino  a  poche  centinaia  di  metri  dalle 
brecce  aperte  dal  cannone  nelle  mura.  Le  porte  d'Auteuil  e  Maillot 
e  di  S.  Cloud  erano  ridotte  in  un  mucchio  di  macerie,  e  1'assalto 
era  imminente;  quando  alii  18  I'Asscniblea  ratificava  il  trattato  di 
pace.  II  Mac  Mahon  voile  assicurarne  il  risultato  permodo^da  non 
cimentare  le  sue  truppe  a  dover  patire  gravi  perdite.  Percid  alii  19 
e  20  maggio  egli  fece  che  con  tutte  le  batterie  si  percotessero  fu- 
riosamente  i  bastioni  e  le  breccie,  in  guisa  da  rendere  impossibile 


752  CRONACA 

ai  Comunisti  il  rimanervi  in  grosse  schiere.  Ed  ottenoe  1'intento. 
Nel  pomeriggio  del  21  si  vide  sventolare  una  bandiera  bianca,  spie- 
gata  da  un  coraggioso  cittadino  presso  la  porta  di  S.  Cloud  al  Point 
du  Jour.  Un  300  soldati  di  marina  si  precipitarono  subito  da  quella 
parte,  e  cacciarono  in  breve  ora  i  pochi  difensori  sparpagliati  che 
v'erano  rimasti.  Altre  truppe  andarono  all'assalto  della  porta  di  Mon- 
trouge,  e  se  ne  impadronirono.  Nella  notte  del  21  al  22  una  forte 
Divisione  di  oltre  a  10,000  uomini  gia  era  penetrata  in  Parigi;  quindi 
passo  passo,  combattendo  sempre,  piu  di  90,000  soldati  vennero  strin- 
gendo  ognora  piu  la  cerchia  di  ferro  e  di  fuoco,  onde  i  Comunisti  fu- 
rono  ridotti  fmalmente  al  Cimitero  del  Pere  Lachaise,  dove  la  Comune 
fu  distrutta  alii  28. 

La  Comune,  proclaraata  all'  Hotel-de-Ville  net  pomeriggio  del 

28  marzo,  cadde   sulle  tombe  profanate   del  cimitero   detto  del  P. 
Lachaise,  d'onde  le  ultime  bande  dei  suoi  masnadieri  furono  discac- 
ciate  nel  pomeriggio   del  28  maggio,  chiuse   in  una  stretta   presso 
Belleville,  equivi  distrutte.  Gli  scarsiavanzi  dei  Comunisti,  cheeransi 
rifuggiti  a  Yincennes,  con  15  membri  della  Comun'e,  si  arresero  il 

29  maggio.  Duro  pertanto  sessanta  giorni  questa  scellerata  riprodu- 
zione  della  tragedia  del  1793;  ma,  se  il  numero  delle  vittime  im- 
molate fu  di  gran  lunga  minore,  fu  incalcolabilmente  piu  grave  ed 
irreparabile  il  danno  materiale  che  ebbe  a  risentirne  la  mefropoli  della 
Francia. 

7.  L'ostinazione  ed  il  furore  dei  Comunisti  fu  tale  cbe,  se  Bio  non 
la  soccorreva  con  ispeciale  provvidenza,  la  misera  Parigi  ne  sarebbe 
stata  distrutta ;  imperocche  il  proposito  altamente  bandito  da  quei 
selvaggi,  ed  in  parte  effettuato,  era  di  non  l?.sciare  ai  vincitori  altro 
che  mucchi  di  ruderi  e  di  ceneri.  Percio  aveano  moltiplicato  le  mine 
e  seminate  in  gran  numero  le  torpedini ,  cclle  quali ,  ove  fossero 
astretti  a  ritirarsi,  volcano  atterrare  le  case,  i  palazzi,  i  quartieri  piu 
popolati  e  piu  doviziosi.  Ma  furono  accecati  da  Dio,  e  diraenticaronsi 
d'  isolare  i  fili  apportatori  della  scintilla  elettrica,  onde  quelle  batterie 
di  mine  doveano  essere  incendiate;  sicche,  diffondendosi  il  fluido  nel 
suolo,  queste  non  presero  fuoco.  Altrove,  come  al  Pantheon  (Chiesa 
di  S.  Genovefa )  essi  aveano  accumulate  molte  decine  di  barili  dj 
polvere,  ed  acconciamente  disposte  le  miccie ;  na  queste,  gia  accese, 
furono  scoperte  a  tempo  dai  vittoriosi  soldati,  e  troncate.  Sicche  per 
questa  parte  i  disegni  e  gli  apparecchi  de  Comunisti  tornarono  quasi 
del  tutto  inefficaci. 

Solo  ando  a  fuoco  una  polveriera  nel  giardino  del  Luxembourg; 
di  che  questo  palazzo  ed  il  quartiere  circostante  ebbe  a  soffrire  non 
lievi  danni ;  ma  quello  che  temeasi,  di  veder  cioe  le  case  rovesciate 
sopra  gli  assalitori  a  mano  a  mano  che  i  Comunisti  si  ritirassero, 


CONTEMPORANEA  753 

Dio  nol  permise.  Bensi  furono  spaventosi  i  guasti  che  questi  eagio- 
narono  col  fuoco  ,  appiccandolo  principalraente  per  mezzo  di  donne 
di  vita  perduta  e  di  ragazzacci,  che  si  valeano  perci6  del  petrolio, 
onde  bagnavano  le  porte  delle  case ,  e  che  gettavano  nelle  cantine. 
Dove  do  non  potea  farsi  a  mano,  i  Comunisti  supplirono  con  isca- 
giiare  dalle  loro  batterie  di  Montmartre,  poi  di  Belleville  e  di  Chau- 
mont,  bombe  di  nuova  foggia  e  cariche  di  petrolio,  che  scoppiando 
sui  tetti  e  nelle  case  vi  suscitavano  inestinguibile  incendio.  II  peggio 
si  fu  che  molte  case  arsero  COB  tutti  i  loro  abitanti,  perche  i  selvaggi 
della  Commie,,  appostati  nelle  vie  circostanti,  vi  respingeano  gli  in- 
quilini  che  ne  fuggivano,  o  li  trucidavano  se  pur  tentavano  di  oltre- 
passarne  la  soglia.  L'efferata  loro  barbaric  si  esercit6  da  essi  anche 
contro  i  proprii  complici.  Quando  nella  notte  del  23  al  24  i  Comu- 
nisti si  videro  costretti  di  abbandonare  la  Piazza  della  Concordia , 
coperta  gia  dei  cadaveri  de'loro,  essi  diedero  fuoco  alle  Tuileries,  senza 
punto  curarsi  dei  400  o  500  loro  feriti,  che  vi  erano  deposti,  e  die 
furono  cosi  arsi  vivi .  Ed  hassi  cagione  di  credere  che  altrettanto 
accadesse  all'  Hotel  de  Ville,  dove  eransi  ritirati,  dopo  messo  il  fuoco 
al  'Ministero  delle  Finanze,  ai  palazzi  del  Consiglio  di  Stato  e  della 
Corte  dei  Conti,  al  Palais-Royal  ed  alia  vasta  Caserma  del  Quai 
d'Orsay. 

Con  molto  accorgimento  i  Generali  parlamentarii  guidarono  le 
truppe  in  guisa  da  cogliere  sempre  di  fianco  ed  alle  spalle  i  Comu- 
nisti j  evitando  le  stragi  che  sarebbero  state  inevitabili,  quando  di 
fronte  si  fossero  volute  espugnare  le  loro  barricate,  irte  di  cannoni 
e  difese  da  fosse  profonde,  con  mine  cariche  di  polvere  e  di  barili  di 
petrolio.  Dove  tornava  impossible  girare  attorno  a  tali  munizioni , 
queste  furono  abbattute  a  cannonate,  quindi  occupate  dai  soldati  che, 
attraversando  case  e  giardini,  e  salendo  sui  terrazzi  ed  i  tetti,  le 
spazzavano  dai  difensori.  Nondimeno  1'  esasperazione  dei  soldati  fu 
grandissima,  specialmente  contro  quelle  male  femmine  che,  con  la 
rivoltella  in  mano  e  con  fiaschi  di  petrolio,  partecipavano  alia  difesa 
ed  agli  incendii;  tanto  piu  che  alcune  di  esse,  lingendo  di  ofl'rire 
rinfreschi,  acquavite  e  zigari,  uccisero  a  tradimento  ufficiali  e  soldati. 

II  riconquistare  cosi  a  palmo  a  palmo  la  citta  dovuta  abban- 
donare il  19  marzo,  costo  molte  vite,  ma  assai  meno  di  quanto  poteasi 
presumere,  avuto  riguardo  alle  formidabili  difese  preparatedai  Comu- 
nisti. Delle  truppe  pariamenlari  si  disse  a  prima  giunta  che  le  per- 
dite  non  eccedeano,  tra  morti  e  feriti,  il  numero  di  900  uomini;  poi 
s'ando  fino  a  calcolare  che  in  tutto  fossero  poco  meno  di  3000.  Dalla 
parte  dei  Comunisti  e  certo  che  furono  fatti  da  27,000  a  30,000 
prigionieri ;  poco  o  nulla  si  pote  accertare  quanto  al  numero  dei 

Serie  V11I,  vol.  //,  fasc.  504.  48  10  giugno  1871. 


754  CRONACA 

ferili :  e  pei  morti,  mentre  alcuni  giornali  affermano  die  siano  circa 
6,000,  altri  vanno  fmo  all'esagerazione  del  50,000  e  dei  60,000. 

Bensi  e  certo  che  quasi  tutti  i  capi  militari  delle  masnade  co- 
muniste,  o  caddero  combattendo,  ovvero,  presi  coll'armi  in  pugno , 
furono  di  presente  fucilati.  La  massima  parte  dei  membri  della  Comune 
soggiacquero  alia  stessa  sorte;  ed  il  loro  capo  Delescluze  fu,  dicesi,  uc- 
cisosopra  una  barricata,  dagli  stessi  suoi  partigiani,  avvedutisi  che  egli 
cercava  di  fuggire.  Di  Felice  Pyat  e  di  Pasquale  Grousset  non  s'ebbe 
sicura  notizia,  ma  credeasi  che  fossero  pervenuti  salvlnella  Svizzera. 
T  prigionieri  furono  scortati  a  Versailles  a  schiere  di  1000  e2000  per 
volta ;  e  sono  comprese  nel  numero  totale  circa  2000  feminine  che, 
o  servivano  come  cantiniere  ai  Comunisti,  od  appartenevano  al  bat- 
taglione  delle  ciltadine  volontarie ,  o  furono  prese  sulle  barricate. 
Quelle  che  farono  colte  in  flagrante  delitto  di  propagare  1'  incendio, 
furono,  altre  accoppate  dal  popolo  stesso,  altre  fucilate  dai  soldati . 
Dei  prigionieri,  pane  fu  tenuta  a  Versailles  e  confmata  nel  parco  di 
Satory,  sotto  buona  guardia  di  soldati  che  hanno  ordine  di  repri- 
ii3  ere  subito  e  senza  misericordia ,  come  fecero  davvero ,  ogni  loro 
tentative  di  sollevamento  o  di  fuga;  e  parte  gia  spediti  alle  galere 
di  Tolone,  di  Cherbourg  e  di  Brest,  dove  saranno  custoditi ,  finche 
sia  chiarita  la  parte  da  ciascuno  di  essi  scstenuta,  e  quindi  giudicati 
o  dalle  Corti  marziali  o  dai  magistral  ordinarii,  secondo  la  natura 
del  loro  realo. 

Se  si  cerca  bene  per  entro  ai  giornali  francesi,  pare  che  assai 
maggiorc  sia  il  compianto  pei  monumenti  distrutti  col  fuoco  dai 
Comunisti,  che  non  per  le  vittime  umane .  Fatto  sta  che  i  danni 
materials,  valutati  a  piii  miliardi,  sono,  sotto  qualche  risguardo, 
irreparabili.  11  Moniteur  reco  una  lista  degli  edifizi  arsi  o  gnasti  no- 
tabilraente  dal  faoco.  Noi  ci  limiteremo  a  mentovare  i  principal!, 
ciie  furono:  il  Palais  Royal;  il  Ministero  delle  Finaaze;  il  palazzo 
delle  Tuileries  tutto  intero  lino  ai  cancelii  della  corte  nobile;  il  pa- 
lazzo di  Giustizia ,  dove  come  per  miracolo  resto  illesa  la  Sainte 
Chapelle  di  S.  Luigi ;  la  prefettura  di  Polizia;  la  Corte  dei  Conti ; 
il  Consiglio  di  Stato;  la  Cancelleria  della  Legion  d'ocore;  i  niagaz- 
zini  generali;  molte  case  della  Rue  Roy ale ,  delia  Rue  du  Bac  e 
della  Rue  de  Rivoli ;  il  mercato  dei  vini;  il  granaio  d'abbondanza. 
Tutti  questi  edifizii  furono  compiutamente  distrutti.  Del  Louvre  andd- 
a  fuoco  e  perduta  la  biblioteca,  ma  furono  salvati  dal  Generale  Douay 
e  dai  suoi.  soldati  i  Musei.  Acca'nto  all'  Hotel  de  VilleJ  interamente 
bruciato ,  si  pote  salvare  la  vicina  caserma;  come  pure  ando  salvo 
dal  fuoco  il  Luxembourg,  benche  guasto  dallo  scoppio  della  polve- 
riera.  Al  ministero  della  Marina  furono  sorpresi  otto  Comunisti  nel- 


CONTEMPORANEA  755 

1'atto-di  spandere  il  petrolic  che  dovea  farlo  divampare,  e  furono 
subito  messi  a  morte. 

Codesto  incendiare  e  distruggere  non  fu  soltanto  effetto  del  be- 
stiale  furore  dei  Comunisti,  ma  eziandio  un  mezzo,  onde  non  pochi 
di  loro  si  valsero  per  tentare  di  assicurarsi  il  frutto  delle  rapine 
commesse.  Infatti  sui  cadaveri  di  molti  di  loro  caduti  morti ,  e  nei 
panni  di  moltissimi  tra  i  prigionieri,  pezzenti  del  resto  e  scampati 
dalle  galere,  si  trovarono  somme  ingenti  in  biglietti  di  banco  e  gemme 
preziose  e  monete  d'oro;  e  qualche  membro  della  Comune  avca 
raggruzzolato  cosi  e  cercava  di  portare  in  salvo ,  fuggendo ,  circa 
mezzo  milione.  Speravano  costoro  di  poter  trovare  aperto  il  varco 
allo  scampo,  attraverso  le  linee  occupate  dalle  truppe  tedesche;  ma 
queste  respinsero  fieramente  i  fuggiaschi,  minacciando  di  metterli  a 
morte  se  tornassero.  Cosi  il  famigerato  Dombrowski,  che  era  giunto 
fino  a  S.  Denis,  dovette  tornarsene  indietro,  e,  malamente  ferito 
nel  combattimento  presso  una  barricata,  mori  poco  appresso,  appena 
fu  recato  all'ospedale  Lariboisiere.  Vedutosi  chiuso  il  passo  alia  fuga, 
vollero  vender  cara  la  vita  e  non  rifuggirono  da  verun  eccesso. 

Tal  procedere  da  assassini  toglieva  a  codesti  masnadieri  dell'A/- 
leanza  repubblicana  universale  ogni  diritto  ad  impetrare  miseri- 
cordia,  e  dovea  altresi  togliere  ad  ogni  Governo  civile  ed  onesto  il 
modo  di  stendere  sopra  di  essi  I'egida  di  quella  protezione,  che  pa- 
recchi  di  essi,  come  1'Inghilterra  e  la  Svizzera,  concedettero  ognora 
ai  profughi  per  reato  politico.  II  Governo  Belga  s'  impegno  subito  a 
non  dare  asilo  a  veruna  di  codeste  belve  in  sembianze  umane.  L'ln- 
ghilterra  e  1' Italia  si  protestarono  che,  senza  derogare  alle  proprie 
leggi,  osserverebbero  i  trattati  vigenti.  E  questa  fu  la  risposta  data 
ad  una  Circolare  di  Giulio  Favre,  spedita  da  Versailles  il  26  maggio 
nei  termini  seguenti. 

«  Signore.  L'opera  abbominevole  degli  scellerati,  che  soccombono 
sotto  1'eroico  sforzo  del  nostro  esercito,  non  puo  essere  confusa  con  un 
atto  politico.  Essa  costituisce  una  serie  di  delitti  previsti  e  puniti  dalle 
leggi  di  tutti  i  popoli  civilizzati.  L'assassinio,  il  furto,  1'incendio  siste- 
maticamente  ordinati,  preparati  con  un'abilita  in  female,  non  devono 
permettere  ai  loro  autori  ed  ai  loro  complici  altro  rifugio,  che  quello 
dell'espiazione  legale.  Nessuna  nazione  puo  coprirli  d'immunita,  e  sul 
suolo  di  tutte  la  loro  presenza  sarebbe  un'onta  ed  un  pericolo.  Se 
dunque  apprendete  che  un  indiriduo  compromesso  nell' attentato  di 
Parigi  ha  passato  la  frontiera  della  nazione,  presso  la  quale  siete 
accreditato,  vi  invito  a  sollecitare  dalle  autorita  locali  il  suo  arresto 
immediato  ed  a  darmene  tosto  avviso,  perch&  io  regolarizzi  questa 
situazione  con  una  domanda  di  estradizione.  Gradite,  Siguore,  ecc. 
-—  «  Firmato :  GIULIO  FAVFIE.  » 


756  CRONACA 

L'Inghilterra ,  con  la  tradizionale  sua  fermezza  nel  mantenere 
le  proprie  leggi  e  costumanze,  gia  diede  ricetto  a  Vittor  Hugo,  espulso 
dal  Belgio,  come  apologista  e  fautore,  benche  non  fosse  complice  ma- 
teriale  dei  Comunisti;  rispetto  ai  quali  per  verita  non  sappiamo 
quale  scusa  possa  allegarsi  onde  attenuare  1'  orrore  che  ogni  animo 
bennato  dee  sentire  pel  loro  eccessi. 

8.  Di  questi  eccessi  il  piu  crudele,  perche  affatto  inutile  alia  di- 
fesa,  fu  la  strage  di  circa  80  personaggi,  un  trenta  dei  quali  erano 
ecclesiastici  insigni  per  grado,  benemeriti  per  le  loro-  opere  di  carita, 
venerandi  per  le  loro  virtu,  e  che  niun  appiglio  aveano  dato  ai  Co- 
munisti di  riguardarli  come  nemici.  Prima  tra  queste  vittime  illustri 
fu  I'Arcivescovo  di  Parigi,  Mons.  Darboy.  Carcerato  a  quel  modo  che 
dicemmo  a  pag.  494,  egli  era  tenuto,  con  circa  200  altri,  nella  pri- 
gione  Mazas.  Le  pratiche  fatte  per  diverse  vie  dal  Nunzio  Pontificio, 
per  ordine  del  S.  Padre  Pio  IX,  affine  di  impetrarne  la  liberta,  fu- 
rono  respinte  inesorabilmente  dalla  Comune.  Un  corrispondente  del 
Times  con  tre  gentiluomini  inglesi  impetrarono  di  penetrare  nella 
carcere  di  Mazas;  ma  non  poterono  vedere  che  soli  4  prigionieri ;  che 
furono  Mons.  Darboy,  ii  sig.  Bonjean  presidente  della  Corte  di  cas- 
sazione,  il  sig.  Deguerry  parroco  della  Maddalena,  e  1'Ab.  Allard  cap- 
pellano  della  carcere  della  Roquette;  e  riferirono  quel  che  aveano 
veduto  nei  termini  seguenti:  «  Non  viene  fatta  alcuna  distinzione 
tra  essi  ed  i  malfattori  comuni....  I  secondini  li  invigilano  a  tutte  le 
ore  del  giorno  e  della  notte  col  mezzo  di  aperture  praticate,  a  tale 
scopo,  nelle  pareti  delle  celle.  » 

A  questo  modo,  aspettandosi  ad  ogni  ora  la  morte,  subirono  un 
lento  martirio  fino  al  21  maggio,  quando  le  truppe  parlamentari  die- 
dero  i  primi  passi  entro  la  cinta  di  Parigi.  Allora  la  Comune  li  fece 
trasferire  dalla  Carcere  di  Mazas  a  quella  della  Roquette;  ed  il  tragitto 
avvenne  per  guisa  che  quegli  illustri  e  venerandi  personaggi  furono 
esposti  ai  piu  orribili  maltrattamenti  della  plebe,  che  vociando  schifose 
contumelie  ne  chiedeva  la  morte.  II  martedi  23  maggio  fu  speso  dai 
condannali  nella  preparazione  a  quell'  estremo  sacriiizio ;  e  parecchi 
di  essi,  come  Mons.  Darboy,  ebbero  anche  la  consolazione  di  poter 
ricevere  la  SS.  Eucaristia,  perche  a  certe  pie  persone  venne  fatto  di 
mandare  ai  Padri  Gesuiti,  che  erano  nel  numero  degli  ostaggi ,  un 
certo  numero  di  Ostie  consecrate.  La  n:attina  del  mercoledi  24  mag- 
gio il  Diretlore  della  carcere,  che  era  un  galeotto  liberato  dalla  Co- 
mune e  ferocissirno ,  chiamo  ad  uua  ad  una ,  e  fece  scendere  nel 
cortile  le  prime  sei  vittime  destinate  al  macello;  e  furono  Mons. 
Darboy,  il  sig.  Bonjean,  il  parroco  Deguerry,  Tab.  Allard,  il  P.  Du- 
coudray,  rettore  del  Collegio  tenuto  dai  Gesuiti  presso  S.  Genovefa, 
ed  il  P.  Alessio  Glerc,  anch'egli  Gesuita  e  professore  di  matematica 


CONTEMPORANEA  757 

in  quel  Collegio.  Dopo  molte  ore  di  una  aspettazione  plena  d'ango- 
sce  e  peggiore  d'ogni  agonia,  le  sei  vittime  furono  ricondotte  alia 
loro  cella.  Ma  verso  le  7  pomeridiane  richiamate  di  nuovo,  ed  in 
mezzo  ad  una  schiera  di  guardie  nazionali  che  non  cessarono  d'ol- 
traggiarle  in  modo  nefando,  furono  di  nuovo  tratte  giu  e  menate  al 
muro  di  recinto  dell  a  carcere. 

Narrasi  che  due  degli  scherani ,  commossi  dall' atteggiamento 
delle  vittime,  s'  inginocchiarono  a  chieder  perdono  all1  Arcivescovo , 
che  li  benedisse;  e  questo  fu  come  il  segnale  di  una  nuova  e  piii 
violenta  scarica  di  improperii  diabolici  da  parte  degli  altri  assassini, 
a  segno  che  perfino  1'  ex-galeotto  Direttore  ne  li  rampogn6  e  co- 
strinseli  al  silenzio.  I  sei  condannati  furono  posti  ritti  contro  il  muro, 
e  mentre  Mons.  Darboy  levava  la  mano  a  benedire,  in  segno  di 
perdono,  i  suoi  carnefici ,  questi  cominciarono  a  trarre  le  fucilate  e 
con  ripetute  scariche  finirono  di  uccidere  quelli  che  non  erano  stati 
morti  dalla  prima. 

II  giorno  vegnente,  giovedi  36,  pareva  destinato  alia  strage  dei 
rimanenti  ostaggi,  che  erano  piii  di  200;  ma  si  differ!  lino  al  venerdi 
26  maggio,  quando,  accostandosi  gia  all'assalto  delle  barricate  presso 
la  Roquette  le  truppe  parlamentari  3  una  schiera  di  58  ostaggi  fu 
condotta  al  cimitero  del  P.  Lachaise,  dove  tutti  furono  macellati.  Tra 
queste  vittime  si  contavano  pure  tre  Padri  deila  Compagnia  di  Gesu, 
che  erano :  il  P.  Pietro  Olivaint  superiore,  ed  il  P.  Giovanni  Cau- 
bert  procurator  della  casa  di  S.  Germane  alia  Rue  de  Sevres,  ed  il 
P.  Anatolio  De  Bengy,  professore  nel  soprammentovato  collegio  di 
S.  Genovefa;  ed  inoltre  due  seminarist!,  due  missionarii;  piu  di  30 
gendarmi  ed  altri  ostaggi  sconosciuti. 

Altri  IG4  ostaggi  erano  chiusi  alia  Roquette  e  destinati  al  ma- 
celio;  ma  un  certo  numero  di  questi  erano  soldati;  e,  incoraggiti  da 
uno  dei  seconding  per  nome  Pinel,  si  sollevarono,  e  si  ritirarono  in 
una  sala  della  carcere,  di  cui  turarono  le  porte  e  le  fincstre  coi  loro 
letti.  I  carnefici  vi  appiccarono  il  fuoco;  ma,  tra  perche  questo  len- 
tamente  appigliavasi  a  quei  materassi  duri  ed  umidi ,  tra  perche 
sopraggiunse  a  tempo  una  compagnia  di  trUppe  liberatrici,  andarono 
salvi  dalla  morte  la  mattina  del  Sabato. 

Molti  altri  ostaggi  furono  in  pericolo  di  essere  trucidati  od  arsi 
vivi  al  Palazzo  di  Giustizia,  ma,  come  per  prodigio,  ne  scamparono 
in  mezzo  al  furore  del  combattimento,  benche  fossero  stati  tratti  dai 
Comunisti  presso  una  barricata  dove  grandinavano  le  bombe  e  la 
mitraglia.  Non  cosi  fu  pei  Domenicani  del  Collegio  di  Arcueil,  di  cui 
era  Superiore  il  giovane  e  gia  celebre  P.  Captier.  Cinque  di  questi 
religiosi ,  cioe  i  PP.  Captier ,  Cottereau ,  Chateigneraie ,  Bourard  e 
Delorme,  con  due  maestri  laid  e  cinque  loro  famigliari,  furono  la 


758  CRONACA 

mattina  del  25  strappati  dalla  loro  casa  e  condotti  a  BiceHre;  poi  da 
Bicetre  a  Parigi,  e  qaivi  in  apparenza  messi  in  liberta  presso  la  bar- 
riera  di  Fontainebleau ;  quindi  ripresi  e  fucilati  ad  uno  ad  uno,  con 
raffinamenti  di  barbarie  inaudita. 

11  Journal  officiel  di  Versailles  annunzio  con  parole  di  compianto 
la  morte  di  queste  vittime,  ed  il  sig.  Giulio  Simon,  ministro  dei  culti, 
spedi  perci6  una  circolare  agli  Arcivescovi  e  Vescovi  di  Francia. 

Domata  finalmente  la  rivoluzione,  le  truppe  parlamentari  posero 
mano  ad  abbattere  le  barricate,  a  sgomberare  le  vie,  ed  a  sotterrare  i 
morti.  Fu  ordinato  ed  eseguito  subito  il  disarmament  della  Guardia 
nazionale,  senza  eccettuarne  quei  battaglioni  che  pure  aveano  mani- 
festato  buone  disposizioni  per  la  causa  dell'ordine.  Intanto  si  prose- 
guirono  indagini  accuratissime  nelle  case  e  fin  nei  sotterranei ,  per 
isnidarne  i  Comunisti  nascosti,  ed  assicurarsi  che  non  vi  fossero  piu 
mine  o  focolari  di  nuovi  incendii .  Per  piu  giorni  fu  rigorosamecte 
impedito  1'entrare  o  F  uscire  da  Parigi,  dove  si  ristabili  una  certa 
quiete,  senza  che  niuno  osasse  pi  a  opporsi  alle  perquisizioni  ed  agli 
arresti  che  si  vennero  facendo  in  gran  numero.  Gli  stessi  cittadini  e 
popolani  furono  solleciti  di  denunziare  molti  dei  niasnadieri,  che  si 
erano  procurato  un  ricetto  o  si  mascheravano  da  amid  dell' or  dine 
portandone  le  insegne.  Ma  principalmente  si  diede  la  caccia  alle  me- 
gere  incendiatrici,  cui  la  plebe  intitolo  petrolieres,  parecchie  delle  quali 
furono  trovate  con  la  lista  delle  case  da  incendiarsi,  ecol  petrolio  ap- 
prestato;  e  furono  percio,  senz'altro  giudizio,  messe  a  morte  da  popolani 
inferociti. 

Delle  mutazioni  avvenute  poi  nel  Governo  e  degli  atti  dell'  As- 
semblea  di  Versailles  diremo  nel  seguente  quaderno. 

III. 

MOVIMENTO  CATTOLICO 

1.  Indirizzo  dell' Episcopate  inglese  al  S.  Padre  —  2.  Altri  indirizzi  dell'Ame- 
rica  —  3.   Pellegrinaggi  —  4.  Altre  dimostrazioni  —  5.  Italia  e  Roma. 

1.  Le  tante  e  si  svariate  dimostrazioni  del  movimento  cattolico 
per  la  causa  del  S.  Padre  e  di  Roma,  ora  s*  incentrano  e  quasi  si  con- 
fondono  insieme  colle  feste  mondiali  pel  giubbileo  pontificate,  delle 
quali  daremo  separatamente  un  ragguaglio  nel  prossimo  quaderno.  In 
questo  adunque  ci  restringiamo  a  raccogliere  insieme  alcune  recenti 
dimostrazioni  del  movimento  cattolico,  chenonhannorelazione  col  giub- 
bileo di  Pio  IX.  Abbia  ii  primo  luogo  la  lettera  che  1'Episcopato  inglese, 
insieme  raccolto  dopo  le  feste  di  Pasqua,  diresse  al  S.  Padre.  I  Ve- 
scovi fanno  propria  la  causa  del  Papa  e  dicono  di  voler  con  !ui  corn- 
battere  e  soffrire;  con  lui  consacrano  aH'abbominazione  del  mondo 


CONTEMPORANEA  759 

cristiano  e  al  giusto  e  ineluttabile  giudizio  di  Dio  i  fatti  di  Roma; 
non  temoiid  gli  assalti  delle  porte  d'  inferno ;  che  anzi  gia  ricono- 
scono  il  trionfo  nell'essersi  provvidenzialmente  manifestata  con  tanto 
splendore,  nel  mezzo  di  questa  lotta,  lf  unita  della  Chiesa,  1'autorita 
del  Sommo  Pontefice,  la  necessita  del  potere  temporale  e  il  privilegio 
della  infallibilita ;  e  quindi  aspettano  impavidi  il  compiuto  trionfo, 
pregando  Iddio:  ut  Tut  Bealissime  Pater,  Ecclesiae  victoriam  et 
triumphum  in  luis  videas  diebus,  et  ut  ultra  Petri  annos  gloriose  ^ 
protrahatur  gloriosus  tuus  in  Petri  Sede  Pontificatus.  II  testo  intero  " 
di  questa  lettera  si  legge  nett'Unitd  Caltolica  del  23  maggio,  ed  e 
certamente  uno  dei  piu  forti  indirizzi  per  pensiero  e  per  affetto:  ma 
dopo  cio  che  dicemmo  nel  quaderno  502  dell'  indirizzo  della  deputa- 
zione  inglese  e  di  quell' altro  sottoscritto  da  oltre  a  mezzo  milione 
di  cattolici  della  Gran  Bretagna,  questo  splendido  indirizzo  dell'Epi- 
•  scopato  inglese  non  puo  recar  meraviglia. 

2.  Abbiam  si  indicati,  ma  non  ci  ricorda  di  aver  dato  un  qualche 
saggio  copioso  degli  indirizzi  e  dei  meetings  di  America.  Valgano  ad 
esempio  le  seguenti  risoluzioni,  votate  nelle  Assemblee  cattoliche  di 
parecchi  comuni  della  diocesi  di  Alton  (America  del  Nord),  per  pro- 
testare  contro  le  usurpazioni,  commesse  a  pregiudizio  dei  diritti  della 
Chiesa  Cattolica  e  della  Santa  Sede. 

«  1 .  Che  tutti  proviamo  la  piu  aflettuosa  cornpassione  pel  nostro 
Santo  Padre  Pio  IX ,  alia  vista  dello  stato  di  spogliazi'one  a  cui  si 
trova  attualmente  ridotto  dalla  malizia  d'uomini  ingiusti  e  perversi. 

2.  Che  la  Santa  Chiesa  cattolica  e  apqstolica,  essendo  un  corpo 
i  cui  membri  appartengono  o  tutte  le  nazioni  illuminate  dal  sole,  non 
puo  riconoscere  in  a'cuna  nazione  un  potere  esclusivo  su  di  essa  ne 
preferirla  ad  altre;  che  essa  deve,  per  conseguenza,  essere  indipendente 
ne)  suo  governo,  poiche  non  e  mai  stata  per  lo  passato  soggetta  ai 
voleri  d'  un  Principe  secolare,  come  non  lo  potra  essere  nell'avvenire. 

3.  Che  noi ,  clero  e  popolo  della  diocesi  d'  Alton ,  intimamente 
uniti  al  nostro  Vescovo,  approviamo  e  soscriviamo  tutte  le  condanne 
e  proteste  di  ogni  cattolico,  dirette  contro  quelli  che  hanno  steso  una 
maco  sacrilega  sul  Patrimonio  di  S.  Pietro,  proprieta  incontestabile 
della  Chiesa  Cattolica,  e  che  calpestano  i  diritti  divini  ed  umani  del 
Vicario  di  Gesu  Cristo,  oltraggiando  la  religione  e  la  fede  di  200 
milioni  di  cattolici. 

4.  Che  facciamo  appello  a  tutti  i  Governi   della  terra,  aniraati 
dallo  spirito  di  giustizia ,  accio  difendano  e  prendano  sotto  la  loro 
protezione  i  diritti  e  1'  indipendenza  della  Santa  Sede  Apostolica,  che 
sono  i  nostri  diritti  e  la  nostra  indipendenza,  e  loro  prometliamo  la 
n'ostra  cooperazione  piu  intiera,  senza  per6  mancare  ai  nostri  doveri 
di  fedelta  verso  il  Goveruo  dell'America  del  Nord. 


760  CRONACA 

5.  Che,  pel  consenso  e  per  la  volonta  del  nostro  Vesoovo,  si  ter- 
ranno  in  ogni  parrocchia  di  questa  diocesi  liste  aperte;  che  un  Co- 
mitato  speciale  sara  costituito  per  raecogliere  su  queste  liste  le  firme 
degli  uomini,  delle  donne  e  della  gioventu  adulta,  che  vorranno  ade- 
rire  a  queste  risoluzioni ,  affinch6  riempite  siano  inviate  al  nostro 
Vescovo,  con  preghiera  di  farle  pervenire  al  nostro  amatissimo  Padre 
comune,  Pio  IX,  Capo  supremo  della  Santa  Chiesa  cattolica. 

6.  Che  infine,  nella  nostra  qualita  di  veri  cattolici  e  di  figli  degni 
dei  loro  padri ,  ci  riuniamo  tutti  nella  preghiera  appiedi  del  trono 
delle  divine  misericordie,  affine  d'ottenere  dal  Signore  che  si  degni 
ricordare  le  sue  promesse,  e  non  ci  abbandoni  nella  grande  afflizione 
in  cui  siamo  attualmente  immersi.  » 

Queste  risoluzioni  dei  fedeli  d'AHon  sono  seguite  da  trentadue- 
mila  firme,  accompagnate  dalla  seguente  testimonianza  del  Yescovo 
Diocesano : 

«  A  tutti  quelli  a  cui  spetta,  attestiamo  colla  presente ,  che  le 
risoluzioni  suddette  esprimono  non  solo  i  nostri  sentimenti  personali 
verso  la  Santa  Sede  Apostolica,  ma  ancora  quelli  del  nostro  Gregge, 
e  che  sono  slate  firmate  in  poco  tempo  da  trentaduemila  fedeli  di 
questa  diocesi.  » 

Dato  ad  Alton,  il  17  aprile  dell'anno  del  Signore  187-1. 

«  gg  PIETRO  GIUSEPPE  BALTES,  Vescovo  d' ALTON.  » 

Una  somigliante  protesta  contro  la  spogliazione  della  Chiesa  e 
del  Papa  fu  sottoscritta  piu  di  recente  nella  diocesi  di  Colombo  (Ohio, 
America  del  Nord)  da  13,508  cattolici. 

3.  Ma  piu  eloquenti  degli  indirizzi,  e  forse  piu  d'ogni  altra  dimo- 
strazione,sono  que'tanti  pellegrinaggi  che  possono  ora  dirsi  si  frequen- 
temente  spectaculum  Deo  et  angelis  ct  hominibus.  Nel  Belgio  una 
settimana  dopo  il  pellegrinaggio  nazionale  a  Lovanio,  di  cui  gia  par- 
lammo,  ve  ne  furono  altri  per  1'  intera  ottava  della  gran  festa  cele- 
bratasi  a  Bruges  in  onore  del  Preziosissimo  Sangue.  II  Bien  public 
accerta  che  secondo  le  piu  esatte  relazioni  il  numero  dei  pellegrini 
fu  di  oltre  a  80,000  in  tutta  F  ottava.  Una  breve  corrispondenza  al 
Divin  Salvatore  (n°  69)  descriveva  al  vivo  il  giungere  successive  di 
ogni  parte  dei  tanti  pellegrini  e  la  spettacolosa  processione  dell'  1 1 
maggio.  Dopo  di  essa,  dice  il  corrispondente,  il  zelantissimo  Vescovo 
di  Bruges,  Mgr.  Faiet,  fece  una  breve  e  commoventissima  allocuzione, 
ringraziando  que'  fedeli  che  in  si  sterminato  numero  erano  accorsi  per 
pregare  Iddio  in  favore  del  Santo  Padre.  Oh  quanti  io  vidi  piangere! 
quelle  lagrime  erano  veramente  le  piu  soienni  preghiere  di  tante 
migliaia  di  cuori !  Quindi  descrive  altre  feste  ai  santuarii  di  Alsem- 
berg,  di  Notre-Dame-au-Bois  e  di  Stokel  nella  prima  domenica  di 
maggio.  Le  comunioni  nella  mattina  a  migliaia :  nel  pomeriggio  le 


CONTEMPORANEA  76 | 

processioni  a  ciascuno  dei  tre  mentovati  santuarii  eranocosi  numerose, 
che  a  memoria  d'uomo  non  s'era  ivi  mai  vista  tanta  gente  riunita. 
Le  chiese  erano  anguste  a  contenere  i  fedeli,  pareccbie  migliaia  dei 
quali  nmanevano  all'aria  aperta. 

Un'altra  corrispondenza  alia  Stella,  riportata  parimente  nel  Di- 
vin  Salvatore  (n°  64)  descriveva  una  simigliante  processione  di 
11,000  persone  a  Brixen  nel  Tirolo  tedesco.  II  corrispondente,  testi- 
mouio  di  veduta,  dice  che  per  quei  pellegrinaggio  di  devozione  pel 
Papa  si  fece  dalle  campagne  circonvicme  una  vera  emigrazione.  Quei 
poderosi  giovani,  avvezzi  a  maneggiare  le  carabine  con  mano  infal- 
libile  e  quei  vecchi  dai  capelli  bianchi,  oppressi  dagli  anni,  che  tutti 
composti  colla  corona  in  mano  pregavano  pel  Capo  della  Chiesa, 
tenuto  prigione  da  figli  ingrati  ed  iniqui,  mi  commovevano  Gn  alle 
lagrime.Mgr.  Vescovo:Principe  chiuse  la  sacra  funzione,  impartendo  la 
benedizione  pastorale  alia  moltitudine,  che  si  separ6  coll'usato  saluto: 
Sia  lodato  (xesu  Cristo  in  eterno !  Quantp  ritraggono  que'  semplici 
alpigiani  del  fervore  dei  cristiani  primitivi ! 

Anche  nella  Spagna,  quantunque  dominata  dalla  rivoluzione,  il 
giorno  della  Festa  del  Patrocinio  di  S.  Giuseppe,  domenica  30  aprile, 
ebbe  luogo  a  Barbastro  nell'Aragona  un  pellegrinaggio  al  santuarip 
di  Nostra  Signora  del  Pueyo.  Vi  erano  iiitprno  a  14,000  pellegrini, 
riuniti  per  dimandare  a  Dio,  per  1'intercessione  della  Reina  del  cielo 
e  di  S.  Giuseppe,  la  liberazione  di  Pio  IX  e  della  Chiesa  oppressa 
e  prigioniera  con  Lui.  Durante  la  funzione,  1'arrivo  di  un  telegramma, 
con  cui  Sua  Santita  inviava  la  sua  benedizione  apostolica  a'suoi  figli 
dell'Aragona,  mise  il  colmo  al  devoto  entusiasmo  dei  fedeli. 

1  fogli  cattolici  parlano  di  altri  pellegrinaggi  e  processioni  in  Olan- 
da,  nelia  Svizzera,  nella  Dalmazia,  e  altrove,  ma  specialmente  in  Ba- 
viera  per  le  grandi  feste  di  S.  Yalburga.  La  Correspondence  de  Geneve 
del  17  maggio  le  riassumeva  in  brevi  parole.  Le  feste  che  si  cele- 
brarono  a  Eichstaett,  secondo  T  intenzione  del  Sommo  Pontetice  in 
onore  di  S.  Valburga,  sorpassarono  pgni  previsipne.  Tutta  la  settiniana 
fu  un  seguito  di  pie  funzioni  e  di  feste  religiose :  1'  entusiasmo ,  il 
fervore  della  popoiazione  fu  incomparabile :  1' ultimo  giorno  la  pro- 
cessione per  la  traslazipne  delle  reliquie  della  Santa  fu  immensa. 
L'  Arcivescovo  di  Colonia  predic6  due  volte ,  il  vescovo  di  Magonza 
tre  volte  e  sempre  aH'aperto,  non  vi  essendo  chiesa  capace  di  con- 
tenere si  gran  popolo.  11  numero  de' pellegrini,  nel  solo  ultimo  giorno, 
si  levo  a  20,000  persone.  I  pochi  liberali  del  paese  erano  stupiti  alia 
vista  di  questo  fervore  popolare ,  e  senibrava  loro  di  assistere  alia 
ruina  delle  loro  speranze. 

4.  Altre  dimostrazioni  cattoliche  d'  ogni  maniera  potremmo  fa- 
cilmente  raccogliere  dai  fogli  italiani  e  stranieri,  se  non  ci  dovessimo 
restringere  a  un  saggio.  Omai  tutto  il  mondo  si  commove  (dicea 
1'  Unild  Cattolica  del  24  maggio),  in  favore  del  Santo  Padre  spo- 
gliato  e  prigioniero :  e  tante  sono  le  proteste  e  gl'  indinzzi  che  ci 
giungonp  da  ogni  parte,  che  ci  dobbiamo  rassegnare  a  fare  appena 
cenno  di  alcuno  di  essi.  Non  possiamo  per  altro  passare  afTatto  sptto 
silenzio  la  magnifica  pastorale,  mandataci  dall' Arcivescovo  di  Lima 
del  Peru  e  scritta  da  questo  venerando  decano  dell'  episcopato,  che 
conta  89  anni  di  eta  e  53  di  Vescovato,  per  unire  la  sua  voce  a 
quelli  che  consolano  Pio  IX  e  detestano  1'  ultima  spogliazione  com- 
messa  a  danno  della  Santa  Sede.  Un'  altra  pastorale  riceviamo  dai 
Peru  e  ci  e  mandata  dai  reverendissimo  Vescovo  di  Huanuco.  Gran 


762  CRONACA    CONTEMPORANEA 

parte  di  essa  discorre  delle  garanzie  che  il  gqverno  italiano  vuol 
dare  al  Papa ;  e  noi  ci  guarderemo  bene  dal  riferire  le  parole  del- 
1'  illustre  Prelate  americano,  perche  oramai  le  guarenlige  son  diven- 
tate  legge  del  beatissimo  regno  d'  Italia !  Una  terza  lettera  pastorale 
che  riceviamo  e  di  Mgr.  Don  Jose"  Manuel  Orego,  Vescovo  nel  Chili. 
L'illustre  prelate  ci  comunica  pure  alcuni  document!  per  dare  un 
saggio  del  vivissimo  affetto  che  pel  comune  Pastore  nutrono  i  fedeli 
di  quelle  lontane  cpntrade. 

Questepastorali  ci  ricordanoquella  piu  recentedel  nuovo  Patriarca 
di  Lisbona  contro  i  fatti  di  Roma.  L'ottimo  periodico  mensile  di  Lisbona, 
\\Echo  de  Roma,  segue  a  darci  buone  notizie  del  movimento  cattolico 
nel  Portogallo.  L' ultimo  numero  del  maggio  dicea  che  la  protesta 
fatta  dall'  Echo  contro  1'  invasione  di  Roma  ha  ricevuto  la  spontanea 
adesipne  di  78,000  firme.  Altre  proteste  e  indirizzi  ed  offerte  e  dimo- 
strazioni  d'ogni  maniera  si  leggono  ne'  numeri  antecedenti,  sicch&  al 
leggere  in  quella  bella  serie  di  articoli  cio  che  si  e  fatto  e  si  sta  fa- 
cendo  pel  Papa,  specialmente  nel  Portogallo  e  nelle  sue  colonie,  e 
nel  Brasile  e  nella  Spagna,  il  cuore  si  cpnspla  e  si  sente  che  lo  spi- 
rito  cattolico  vive  nei  popoli  malgrado  1'indifferentismo  religioso  dei 
governi. 

5.  Anche  la  grande  maggipranza  dell'  Italia  cattolica ,  benche 
oppressa  sotto  il  giogo  dell' Italia  legale,  non  cessa  di  dare  nuove 
dimqstrazioni  della  sua  devozione  alia  causa  del  Papa.  I  fogli  cat- 
tolici  quptidiani  ne  recano  quasi  ogni  di  novelle  prove  e  raccontano 
quantp  si  fa  pel  Papa  non  solo  nelle  piu  grandi  citta,  a  Firenze,  a 
Napoli,  a  Torino,  a  Genova,  a  Milano,  a  Venezia,  aVerona,  a  Padova,  a 
Parma,  a  Modena,  a  Bologna,  Imola,  Faenza  e  tant'  altre,  ma  anche  nelle 
citta  niinpri  e  nelle  borgate :  dappertutto  preghiere,  comunioni,  asso- 
ciazioni,  indirizzi  ed  offerte;  e  noi  vorremmo  che  queste  cose  fossero 
piu  note  fuori  d'ltalia,  perche  la  vera  Italia  cattolica  fosse  conosciuta  al 
pari  dell' Italia  rivoluzionaria  e  legale,  conosciuta  pur  troppo  pei  suoi 
misfatli ;  e  pero  come  risuona  per  tutlq  il  mondo  cristiano  con  si  mala 
fama  il  nome  dell'  Italia  della  rivoluzione,  cosi  risuonasse  con  bella 
e  meritata  fama  il  nome  dell'  Italia  cattolica.  Altrettanto  e  piu  vuol 
dirsi  di  Roma.  Come  due  Italic,  cosi  ora  vi  sono  due  Rome,  o  piut- 
tosto  tre  Rome ;  la  Roma  estranea,  entrata  per  la  breccia  del  20  set- 
tembre;  la  Roma  della  minoranza  rivoluzionaria,  e  quella  della  grande 
maggioranza  cattolica,  che  e  la  vera  Roma  del  Papa,  che  e  oppressa, 
che  prega  e  che  soflre  con  Lui.  Questa  Roma  non  ^  ancora  cono- 
sciuta abbastanza  dal  mondo;  ma  si  consola  di  essere  conosciuta  e 
lodata  da  Pio  IX.  Ed  e  bello  il  notare  che  appunto  mentre  quel 
Comune  che  ora  si  chiama  S.  P.  Q.  R.  preparavasi  ad  alzare  con  una 
mano,  alia  breccia  di  Porta  Pia,  una  iscrizione  di  encomio  alia  Roma 
del  SOsettembre,  e  con  1'altra,  alia  breccia  di  Porta  San  Pancrazio, 
un' altra  iscrizione  di  pari  encomio  alia  Roma  del  48;  Pio  IX  nella 
sua  enciclica  a  tutto  il  mondo  cristiano  scriveva  questo  magnifko 
elogio  della  sua  Roma  clie  tanto  si  segnala  nello  spettacolo  generals 
del  movimento  cattolico.  Quo  in  spectaculo  virtutis  silere  non  pos- 
sumus  de  amantissimis  filiis  nostris  huius  almae  Urbis  civibus, 
quorum  ex  omni  fastigio  atque  ordine  amor  erga  Nos  et  pielas 
itemque  par  cerlamini  firmitas  luculenter  eminuit  atque  eminet, 
neque  solurn  maioribus  suis  digna,  sed  aemula  animi  magnitude. 


I  N  D  I C  E 


La  necessita  delle  associazioni  cattoliche  .  Pag.  5 
Una  moderna  educatrice  della  donna  italiana  »  22 
/  disordini  di  Roma  nella  mattina  del  iO  mar- 

zo »     39 

//  protestantesimo  ed  il  cattolicismo  nella  guerra 

Franco-  Germanica »  129 

L'unita  italiana  e  V  mtervento  straniero.     .     »  145 

Una  storia  della  cittd  di  Roma.     .     .     »  157,  402 

La  Savia  e  la  Pazza  -  -  Racconto  del  princi- 

pio  di  questo  secolo.  -  -  VIII.  I  fratelli  del- 

1'amicizia  cristiana  178  -  IX.  Che  fa  il  papa 

a  Parigi?   182  -  X.  Napoleone  e  la  capitale 

della  cristiariita  412  -  XI.  Chi  vuol  venire  a 

Roma?  418  -  XII.   Una  medicatura  mentale 

in  viaggio  560  -  XIII.  Suor  Rosina  di  Viterbo 

567  -  XIV.  La  prima  sera  in  Roma   695  - 

XV.  Una  mattina  felice »  702 

/  liberali  italiani  ed  i  comunisti  francesi   .     »  257 
Richiami  della  Nazione  contro  I'  invito  alle  as- 
sociazioni cattoliche »  276 

Lo  spirito  delle  associazioni  cattoliche  .  .  »  293 
//  giornalismo  liberale  e  V  intervento  straniero.  »  306 
La  caverna  del  Ciclope  pel  regno  d'  Italia  .  »  385 
Lo  spirito  delle  associazioni  cattoliche  .  .  »  425 
//  Giubbileo  di  Pio  IX  e  le  speranze  dei  cat- 

tolici »  513 

//  liberalismo  generatore  del  socialismo  .     .     »  524 

Una  storia  di  Sisto  V. »  532 

L'oggetto  delle  associazioni  cattoliche  ...     »  545 

Pio  IX  e  la  Chiesa.     .     .  - »  661 

Pio  IX  e  la  societa  civile.  .     *  682 


764  I  N  D  I  C  E 

R1VISTE  BELLA  STAMPA  1TALIANA 


I.  La  teorica  delta  Filosofa  di  Antonio  Martinazzoli, 
membro  effettivo  dell1  Accademia  dei  concorsi  scientifico— Let— 
terari.  Milano  1870.  Un  volume  in,  12  di  pag.  176  Pag.     52 

II.  Sulprodigioso  mommento  degli  occhi  deWimmagine  Ave 
Regina  Caelorum,  posta  nel  santuario  di  8.  Maria  della 
Croce  presso    Crema ,   Articoletti  e   Documenti  con  altri 
scritti pel  sac.  Silvio  della,  Noce.  Milano,  tipografia  del- 
TOsservatore  Cattolico  diretta  da  Rocca  Giuseppe,  1870. 

Un  volume  in  8°  di  pag.  304 »       58 

I.  Etica  nuova,  ossia  arte  di  esser  felice,  di  GIUSEPPE 
RICCIARDI  gia  Deputato  al  Parlamento  italiano.  .  .  »  191 

I.  Deusdedit  preslyteri  Cardinalis,  tituli  Apostolorum 
in  Eudoxia,  Collectio   Canonum  e  codice  vaticano  edita  a 
Pio  M ar tinned ,  praefecto  altero  Bibliothecae  vaticanae. 
Venetiis,  ex  tipographia  ^Emiliana  MDCCCLXIX.  Un  volu- 
me in  8°  di  pag.  XIX,  520 ...»     318 

II.  11  Clero  cattolico  e  la  Civilta,  per  N.  C.  MARISCOT— 
TI.  Volume  terzo.   Modena ,  tipografia  dell'  Immacolata 
Concezione  editrice,  1868.  Un  vol.  in  4°  di  pag.  928.  »     324 

I.  La  Questione  romana  nel  Conyresso,  del  Barone  di 
LETINO  CARBONELLI,  un  opuscolo  in  8°  di  pag.   116.     »     440 

II.  REFFO  EUGENIO  ED  ENRICO  Le  serate  di  carnevale, 
raccolta  di  commedie  e  farse,  ad  uso  degli  istituti  di  edu— 
cazione  maschile  ;  per  D.  Euyenio  ed  Enrico  Reffo,  maestri 
nel   Collegio  degli  Artigianelli.   Torino,  tip.   Artigianelli, 
1870,  tre  fascicoli  in  16°  contenenti  tre  commedie  e  tre 
farse.  II  quarto  fascicolo  e  sotto  i  torchi.  Prezzo  di  ciascun 
fasc.  60.  cent »       44 

I.  Filosofa  della  rivelazione ,  saggio  del  sac.  FRANCE- 
SCO GIOVENZANA  Milano  4870    .     ". »     572 

II.  La  Vergine—Madre  e  Varte  cristiana ;  Studii  este— 
tici  del  BARONE  NICOLA  TACCONI-GALLUCCI.  Napoli,  tipo- 
grafia  degli  Accattoncelli ,    1870.  Un  volume  in  8°    di 
pagine  XIII,  185 »     710 

I.  II  sovrannaturale  neWUomo,  conference  recitate  nel- 
la  metropolitana  di  Genova  dot  can.  prev.  GAETANO  ALI— 
MONDA,  gli  anni  4868-69.  Due  volumi  in  8°  di  pagine 
XIX-618,  656.  Genova  tip.  della  Gioventu  presso  gli  Ar- 
tigianelli 1870 »  717 

BlBLIOGRAFIA »       61,    334,    577 

LETTERE  ENCICLICHE »       719,  730 


I N  D  1C  E  765 

CRONACHE  CONTEMPORANEE 

DAL   22   MARZO   AL   4   APRILE 

I.  ROMA.  Nostra  corrispondenza Pag      76 

II.  COSE  ROMANE  —  1.  False  dicerie  d'un  supposto  Con- 
cistoro  —  2.  Prowls te  di  diocesi  e  nomine  di  Vescom  —  3.  De- 
creti  per  l}  appropriazione  di  otto  conventi  e  case  ecclesiastiche  — 
4.  Gruerra  at  Gresuiti ;   molenze  e  profanazioni  nella    Chiesa  del 
Gresu  —  5.  Malefizii  dei  Gresuiti  —  6.  Breve  del  Santo  Padre 
all'Emo.   Card.  Patrizi,  a  tal  proposito »       80 

III.  COSE  STRANIERE  —  FRANCIA  —  1.   Le  elezioni  in 
Francia  —  2.  Primi  atti  deW  Assemblea  costituente  —  3.  Thiers 
capo  del  potere  esecutivo  —  4.  Protesta  deWAlsazia  e  della  Lo- 
rena  —  5.  Programma  del  nuovo  governo  —  6.  /  partiti  e  la  re— 
pubblica  in  Francia  —  7.  Preliminari  di  pace »       91 

IV.  SPAGNA  —  1.  Pralicke  del  maresciallo  Prim  per  trovarc 
un  Re  —  2.  Speranze  dell'  Uuione  Iberica,  per  un  rivolgimento 
politico  in   Portogallo^  —  3.  La  corona  di  Kpagna  e  offerta  dal 
Prim  all'Espartero,  il  quale  la  riftuta  —  4.  Legge  per  Ta  elezione 
futura  del  Monarca  —  5.  Bando*  di  D.  Carlos  di  tforbone,  duca 

di  Madrid  —  6.  //  Prim  si  riftuta  a  qualsiasi  componimento  per 
la  ristaurazione  dei  Borboni ;  le  Cortes  sono  prorogate  fino  al  31 
ottobre  1870  —  7.  Abdicazione  della  Regina  Isabella  II  in  favore 
di  sno  figlio  D.  Alfonso  —  8.  Candidatura  del  principe  Leopaldo 
di  Hohenzollern  al  trono  di  Spayna  —  9.  Opposizione  del  Groverno 
e  del  giornalismo  francese ;  nota  del  7  luglio  spedita  dal  ministro 
spagnnolo  degli  affari  esterni  —  10.  II  principe  Hohenzollern  ri- 
nunzia  alia  candidatura  —  11.  II  Prim  rannoda  la  pratiche  presso 
la  Corte  di  Firenze ;  candidatura  del  duca  d'  Aosta  —  12.  Ri- 
sposte  ujiciali  delle  Potenze  alia  Nota  per  do  spedita  da  Madrid 

—  13.  Riapertura  delle  Cortes;  Circolare  del  Sagasta  —  14.  NUOVO 
rijluto  dato  dall'Espartero  ai  suoi  partigiani —  15  Battibuglio  e 
voto  deify  Cortes  per  I' elezione  del  duca  d' Aosta  a  re  di  Spagna 

—  16.  Domanda  ufficiale  pel  consenso  del  Re  Vittorio  Emanuele  II 

—  17.  Devutazione  delle  Cortes  a  Firenze  per  offerire  la  corona 
al  duca  d  Aosta,  eke  I'accetta  —  18.  Protestazioni  della  Regina 
Isabella  II  e  di  D.   Carlos  di  Borbone  —  19.  //  re  Amedeo  I 
entra  in  viaggio;  il  maresciallo  Prim  e   assassinato  e  muore  — 
20.  Injresso  del  re  Amedeo  I  a  Madrid ;  egli  presta  giuramento 
di  fedelta  alia  Costituzione  innanzi  alle  Cortes  —21.  Lettera  di 
Amedeo  I  al  Santo  Padre  Pio  IX »     105 

DAL    4    AL    26    APRILE 

I.  ROMA.  Nostra  corrispondenza » 

II.  COSE  ITALIANS  —  COSE  ROMANE  —  1.  Peripezie  del 
Consiglio  e  della  Griunta  comunale  —  2.  Pratiche  tra  la  Giunta 
comunale  ed  il  Ministero  sopra  le  Finanze  per  la  tassa  di  Dazio 
consume  —  3.   Cenni  sopra  le  sedute  del  Consiglio  ;  suo  voto  per 
partecipare  all' espropriazione  delle  case  religiose  —  4.  II  principe 
D'Oria  Pamphili  nfiuta  ogni  ufficio  nella  Griunta  municipale,  e 
diviene  Prefetto  del  palazzo  reate  e  maestro  di  cerimonie ;  nuova 


766  1  N  D  I  C  E 

Giunta  comunale  —  5.  Rendiconti  del  sussidii  pel  danneggiati  dal- 
l'  inondazione  del  Tevere  —  6.  Atti  del  Governo  e  del  Municipio 
circa  le  Operc  Pie;  provvediinento  del  Card.  Vicario  e  protesta- 
zione  dei  Card.  Vescovi  Suburbicarii  e  dei  Vescovi  delta  provincia 
di  Carnpaqna  —7.  Giuramento  della  Guardia  nazionale — 8.  Ras- 
segna  militare  e  feste  varie  per  I'  anniversario  della  nascita  di 
Vittorio  Emanuele  II  e  del  principe  Umberto  —  9.  Seduta  del 
Consiglio  comunale  alii  30  marzo,  pel  Dazio-consumo  .  .  Pag-.  210 

III.  COSE  STRANIERE  —  FRANCIA  —  1.  Voto  dell' Assem- 
bled nazionale  di  Bordeaux  contro  la  dinastia  dei  Bonaparte  — 

2.  Protestazione  di  Napoleone  III —  3.  Atti  del  Groverno  del  si- 
t/nor A.  Tkiers  per  I'esercito  e  la  Guardia  nazionale  —  4.  De- 
liberazioni  e  voto  dell' Assemblea    nazionale  pel   trasferimento  del 
Governo  a   Versailles  —  5.  Plenipotenziarii  francesi  a  Bruxelles 
pel  trattato  di  pace  —  6.  Dimissione  di  Deputati  repubblicani ; 
$'  istituisce  in  Parigi  un  Comitato  segreto  di  resistenza  al  Governo 

—  7.  Primi  attentati  della   Guardia  Nazionale  —  8.   Bandi  e 
provvedimenti  del  Governo  per  sedare  la  ribellione  —  9.   Con/litto 
net  quartiere   di  Montmartre ;    assassinio  dei  generali  Thomas  e 
Lecomte  —  10.  Incrementi  della  ribellione;  moti  a  Lione,  a  Tolosa, 
a  Marsiglia  ed  a  S.  Mienne;  strage  sulla  piazza  Vandome  a  Parigi 

-  11.  Ritirata  dell'esercito  regolarea  Versailles;  nomina  dell' am- 
miraglio  Saisset  al  comando  della  Guardia  nazionale  di  Parigi.    »     225 

IV.  SVIZZERA  (Nostra  corrispoDdenza)  —  1.  La  usurpazione 
di  Roma  e  la  Svizzera  —  2.  La  Svizzera  e  la  guerra  Franco- 
germanica  —  3.  Mire  dei  radicali  nella  riforma  della   Costituzione 
federate  —  4.  Laframmassoneria  nei  cantoni  d'Argovia,  Soletta, 
e  Lucerna  —  5.  L}  Italia  e  il  cantone  Ticino  —  6.  La  quistione 
costituzionale  ticinese  —  7.  Attentati  del  socialismo  di  Zurigo     »     240 

V.  MOVIMENTO  CATTOLICO  —  1.   Ccnni  generali  6?<?/Movimento 
Cattolico  pel  S.  Padre  e  per  Roma  —  2.  Deputazione  belga  al 
Vaticano  —  3.  Deputazione  aler/ianna  —  4.  Deputazione  austriaca 

—  5.  Preghiere  pel  S.  Padre  e  per  Roma  a  S.   Giuseppe  Pa- 
trono  della  CMesa »     245 

DAL    26    APRILE    AL    10    MAGGIO 

I.  ROMA.  Nostra  corrispondenza  —  La  scuola  romana     .     »     347 

II.  COSE  ITALIANE  —  COSE  ROMANS   --   1.  Prolestazione 
dei  Vescovi  delle  province  romane  pei  diritti  della   Chiesa  e  della 
S.  Sede  —  2.  Istruzioni  ai  Confessori  per  la  Pasqua  del  i87I  — 

3.  Risposta  del  Gadda  al    Card.    Vicario  circa  le  Opere  Pie ;  re- 
plica del  Card.   Vicario  —  4.  Funerali  Massonici  a  Mattia  Mon- 
teccU  —  5.    Contegno   dei   liberi-pensatori ,    e  dei   cattolici  nel 
venerdi  santo  —  6.  Spknnita  della  Pasqua  in  Roma  —  7.  An- 
niversario del  12  op  rile ;  indirizzi  e  doni  di  Dame  romane  e  fo- 
restiere  al  Santo  Padre  ;parlate  di  Sua  Santita  —  8.   Violenze 
di  plebe   setlaria  —  9.  Teatro  comico  nel  palazzo  apostolico  del 
Quirinale  il  venerdl  14  aprile »     357 

DAL    10    AL    24    MAGGIO 

I.  ROMA.  Nostra  corrispondenza  ;  dove  anclie  si  discorre  della 
scuola  giudaica .     .     .     »     449 


I  N  D  I  C  E  767 

II.  COSE  ITALIANE.  —  COSE  ROMANS  —  1.  Breve  del  S. 
Padre  al  Card.  Patrizi ,  ed  ai  Vescovi  suburbicarii  e  delle  pro- 
vince romane  —  2.  II  principe  Pallavicini  sindaco  di  Roma;  sua 
comparsa  pei  divertimenti  del  21  aprile  —  3.  Bando  del  Placidi 
pel  domicilio  coatto  agli  impiegati  del  Governo  —  4.  Commissione 
nominata,  per  (jli  istituti  retigiosi  stranieri  in  Roma  —  5.  Aboli- 
zione  del  sussidii  pel  culto  e  per  la  benefcenza  —  6.  Arrivo  e  ri- 
cemmento  dell'ambasciadorefrancese  d'Harcourt;  partenza  dell' am- 
basciadore  d' Austria  e  del  ministro  di  Baviera  —  7.  Anniversario 
garibaldino  del  30  aprile  ;  monumento  destinato  a  Ciceruacchio  Pag.  461 

III.  TOSCANA  E  STATI  ANNESsi  —  1.   Cenni  sopra  i  lavori  del 
Parlamento  —  2.  Processi  criminali  contro  sei  Deputati  —  3.  Di- 
battimenti  e  voto  della  Camera  elettiva  per  la  legge  delle  guaren- 
tige  al  Papa  —  4.  Promessa  del  guardasigilli  de  Falco  per  una 
legge  sopra  gli  ordini  religion  in  Roma  —  5.  Proposta  ai  nuove 
gravezzefatta  dal  Sella  —  6.  Progresso  nei  reati  di  sangue  e  contro 
le  proprieta  ;  schema  di  legge  proposto  dal  Lanza  per  La  sicurezza 
pubMica  —  7.  Circolare  dello  stesso  Lanza  contro  le  stampe  e  fo- 
tograjie  oscene »     472 

IV.  COSE  STRANIERE  —  FRANCIA  —  1.  Napoleone  III, 
tornato  in  liberta,  va  in  Inghilterra  —  2.  Progressi  del  solleva— 
mento  in  Parigi  —  3.  Proclamazione  della  Comune  —  4.  Moti  dl 
ribellione  repressi  a  Limoges  ed  a  Marsiglia  —  5.  Impotenza  del 
Governo  di  Versailles  contro  la  Comune  —  6.  Bandi  municipali 
contro  la  Chiesa,  il  Groverno  dell}assembleat  ed  i  suoi  partigiani 
—  7.  Carcerazione  dell'arcivescovo  di  Parigi;  saccheggio  di  chiese; 
sevizie  contro  il  clero  ed  i   religiosi  —  8.   Combattimenti  durante 
I'aprile  —  9.  Lavori  dell'assemblea  di  Versailles;  elezioni  comunali 
in  Francia  alii  30  aprile  —  10.  Nuovo  sollevamento  di  comunisti 

a  Lione »     485 

V.  MOVIMENTO  CATTOLICO  —  1.  I  biglietti  di  visita  e  il  Mo- 
vimento  cattolico  —  2.  Deputazione  delta  Unione  Cattolica  della 
G-ran  Bretagna  —  3.  Due  altri  indirizzi  delle  Signore  e  del  popolo 
cattolico  delta  G-ran  Bretagna  —  4.  Deputazione  della  Stiria  — 
5.  Le  poverelk  di  Roma  e  le  Sordo-mute  —  6.  Varie  corrispon- 
denze  —  7.  Breve  a^'Unita  Cattolica »     499 

Pel  giubbileo  pontificate  del  S.  P.  PIO  IX  proposte  ai  cat- 
tolici  italiani »     509 

DAL    24   MAGG10    AL    10    GlUGNO 

L  ROMA.  Nostra  corrispondenza »     58  / 

II.  COSE  ITALIANE  —  TOSCANA  E  STATI  ANNESSI—  1.  Ban- 
do  deWalleanza  repitbblicana  universale  affisso  in  Bologna  ;  prov- 
vedimenti  del  Governo  —  Confessions  della  Nazione  e  della.  Liberta 
rispetto  a  Roma  —  3.  La  legge  delle  guarentige  pel  Sommo  Pon- 
tejice  e  approvata  dal  Senate  con  modificazioni  acccttate  dalla  Ca- 
mera ;  testo  della  legge  promulaata » 

III.  COSE  STRANIERE  —  ALEMAGNA  —  1.  Ausiliarii  del 
Re  Guglielmo  I  di  Prussia  nella  fondazione  deir  impero  germa- 
nico  —  2.  PraticJie  del  Bismarh  durante^  Vassedio  di  Parwi  — 
3.  Apertura  del  Reicstag  della  Confederazione  germanica  del  Nord; 
messaggio  della  Corona  ;  schiarimenti  del  Delbrttck  sopra  i  Trattati 


768  INDICE 

cogli  Stati  meridionali,  e  la  istituzione  dell'impero  —  4.  Modifica- 
zioni  alia  Costituzione  federale  —  5.  Richiami  e  diehiarazioni  del 
Bismark  contro  il  Luxsemburgo  —  6.  Discussione  ed  approvazione 
del  Reicstag-  pel  Trattati  colla  Baviera,  col  Baden,  e  con  I'Assia, 
e  col  Wurtemberg  —  7.  Dispaccio  del  Bismark  e  note  degli  Stati 
meridionali  al  Cancelliere  Austro-ungarico  —  8.  /  trattati  fede- 
rali  sono  approvati  dalle  Camere  deali  Stati  meridionali  —  9.  II 
Re  Gruglietmo  I  assume  la  corona  d'imperatore,  suo  bando  ai  popoli 
d'Alemagna  —  10.  Ingresso  trionfale  dell'  Imperatore  a  Berlino; 
il  conte  Ottone  di  Bismark  e  creato  principe  —  jHpilogo  della  guerra 
del  1870;  combattimenti,  vittorie  eperdite  degli  eserciti  alemanni  Pag.  604 

IV.  FRANCIA  —  1.   Conferenze  in  Bruxelles  per  la  pace  tra 
la  Francia  e  la  Germania  ;  intoppi  sopravvenuti  —  2.  Ultimatum 
del  Bismark  al  Groverno  di  Versailles ;  conferenze  tra  il  Bismark 

e  G-iulio  Favre  a  Francfort  —  3.  Conclusione  del  trattato  di  pace          i 
—  4.  Nuova  lega  repubblicana  dentro  cfuori  di  Parigi;  suoi  pro- 
posili  impediti  dal  Croverno  di  Versailles  —  5.  Progressi  dell'as- 
sedio  contro  i  forti  ed  il  recinto  di  Parigi  —  6.  Atti  barbareschi 
della  Comune;  demolizione  della  cappella  espiatoria  di  Luigi  XVI, 
della  colonna  di  piazza  Vendome  e  della  casa  del  Thiers  —  7.  Se-          ( 
duta  deW  Assemblea  di  Versailles  Til  ma<g(]io  ;  voto  di  fiducia  al 
Thiers  —  8.  Lettera  del  Conte  di  Chambord  —  9.  Presa  di  Parigi  »     623 

V.  MOVIMENTO  CATTOLICO  —  Un'altra  deputazione  austriaca 
al  Santo  Padre  —  2.  Indirizzo  di  cattolici  austriaci  al  Ministero 

—  3.  Indirizzo  dell' Episcopate  austriaco  cisleitano  all' Imperatore 

—  4.  Indirizzo  dell'fipiscopato  Belga  al  Re  —  5.  Altri  indirizzi 
a  varii  governi  —  6.  II  pellegrinaggio  nazionale  e  Vassemblea  cat- 
tolica  a  Lovanio  il  30  aprile  —  7.  //  5  maggio,  e  il  13  maggio, 
prehidii  delle  feste  pel  Giubbileo  pontijicale »     636 

DAL    10    AL   25    GI.UGNO 

I.  ROMA.  Nostra  corrispondenza »     737 

II.  COSE  STRANIERE  —  FRANCIA  —  1.  Approvazione  del 
Trattato  di  pace  nell' assemblea  di  Versailles  ;  scambio  delle  rati- 

Ji-cazioni  a  Francfort  —  2.  PregMere  pubbliche,  decretate  dall'as- 
semblea .,  per  la  pacificazione  della  Francia  —  3.  Decreti  della 
Comune  di  Parigi  contro  la  religione  e  la  liberta  personate,  riso~ 
luzioni  d'un  Club  rivoluzionario  — •  4.  Legioni  di  vindici,  di  tiran- 
nicidi  e  di  femmine  —  5.  Scoppio  d'  una  polveriera  al  catnpo  di 
Marie  - —  *6.  Bombardamento  ed  assalto  dei  Parlamentari  contro 
Parigi;  sette  giorni  di  combattimento  —  7.  Stragi  e  rocine;  circolare 
di  G-iulio  Favre  contro  gli  incendiarii  di  Parigi  —  8.  Rappresaglie 
^'Comunisti  e macello  di  ostaggi;  Mons.  Darboy  muore  assassinator  744 

III.  MOVIMENTO  CATTOLICO  —   1.  Indirizzo  dell'  Episcopato 
Inglese  al  S.  Padre  —  2.  Altri  indirizzi  dell' America  —  3.  Pel- 
leg  rinaggi  —  4.  Altre  dimostrazioni  —  5.  Italia  e  Roma   .     »     758 

ERRATA    CORRIGE  ERRATA   CORRIGE 

Pag.  333  lin.  28  nazionale  nozionale  Pag.  342  lin.  21  P.  Sestini      P.  Santini 

»      338  »     27  Mons.  Franchi  Mons.  Fanucchi      »      238   »      11  mistero          magistero 
»      312   »      8  P.  Sestini          P.  Santini  »      404   »        3  S.  Silvestro  S.  Silveiro 

Goll'approvazione  deirautorita  ecclesiastica 


BX   804    .C58  SMC 

La  Civi Itaa  cattol ica 
AIP-2273   (awab) 


Does  Not  Circulate 


A          V* 


1  .  V