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LA
f CIVILTA CATTOLICA
I ANNO VIGESIMOSECONDO
20 mar so 1871
LA
CIVILTA CATTOLICA
ANNO VIGESIMOSECONDO
Beatus populut cuiut Dominus Deue eiug
PSALM. CXLI11 , 15.
VOL. II.
BELLA SERIE OTTAVA
FIRENZE
PRESSO LUIGI MANUELLI LIBRAIO
Via del JProoonsolo 16.
presso S. Maria in campo
1871.
fTB - 41957
PROPRIETA LETTERARIA.
Prato , Tip. Giachetti , Figiio e C.
LA NECESSITl
DELLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE
i.
Un invito pressante e universale corre da qualcbe tempo
per tutta T Europa cattolica, il quale dice alto a tutti gli
uomini di buona volonta : valetevi del diritto di associazione,
stringetevi in societa. Persone di ogni ordine di cittadim
non si sono mostrate, ne si mostrano sorde a tale invito: e
gia le associazioni cattoliche si moltiplicano nelF Austria ,
si affoltano in Germania, fioriscono nel Belgio e si (5rdinano
e disciplinano nella Spagna, nel Portogallo e nell' Inghil-
terra. Quale ne sia la cagione non e cosapunto sconosciuta:
ella si e il palese bisogno di una difesa pronta, gagliarda,
continuata e a tutta oltranza contro un nemico, che minac-
cia totale sterminio alia religione e danni estremi alia so-
cieta. La rivoluzione, divenuta orgogliosa per le vittorie
ottenute coll' opera di tenebrose congiure e sotto T ombra
di governi impotenti od imbecilli, ed ingrossata da falangi
di adepti, assale e fa immensi conati per demolire, mediante
un'autorita usurpata , tutte le dottrine, tutte le istituzioni
religiose, e rovesciata la societa cattolica stabilire fra
gli uomini la forsennata societa degli increduli. A tanta
ruina, che sta compiendosi in piena luce del di, i cattolici
Q LA NECESSITA
han gridato al riparo : e come al torrente che irrompe , si
oppongono nuove moli, alia forza che invade altra forza piu
gagliarda, ed agli assalti di nuove falangi altre falangi
ardlte; cosi essi stringendosi in societa a guisa di robuste
moli e di nuove forze e di generose falangi si -oppongono
alia furia della rivoluzione per conquiderla ed annientarla.
Eccovi il nemico : eccovi il compito della difesa. Le asso-
ciazioni cattoliche sono le sacre falangi, che sotto Tegida
della legalita sorgono e pugnano per le istituzioni del cat-
tolicismo , per i suoi principii e per la societa contro la
rivoluzione.
II pericolo che corre presentemente la religione e il
civile consorzio, guardato in se stesso, non e cosa nuova.
Si affaccio in terribile aspetto, alloraquando le orde barba-
riche dei mussulmani tentarono d' invadere tutta I'Europa
cattolica. Come il cattolicismo in quei giorni lego insieme
e spinse contro cotali orde que' tanti ordini cavallereschi,
di che e piena la storia ; cosi al presente contro il nuovo
nemico oppone le schiere delle associazioni cattoliche.
Ne si creda, che la similitudine sia punto esagerata.
Diciamo di piu, che il pericolo dei nostri di e piu grave, che
non fosse quello del tempo antico. Vedetelo. II pericolo
proveniente dall'invasione barbarica era pericolo, che stava
tutto dalla parte di fuori ; era pericolo cagionato dalla forza
brutale, sotto il cui pondo puo rimanere nel vinto la sal-
dezza dei principii e la speranza del ripristinarli a tempo
opportune ; era pericolo che , minacciando alia scoperta
tutto il ben essere materiale dello Stato, della famiglia e
dell'individuo , valea grandemente a produrre la unione di
tutte le forze alia difesa. Ben altrimenti il pericolo che ci
viene dalla rivoluzione : giacche esso e un pericolo causato
da un nemico, che sorto in grembo della stessa societa catto-
lica si e impadronito delle sue forze civiche ; da un nemico,
che pone ogni opera nel consumare e distruggere negli
animi i principii cristiani, e nell'abbatterne le istituzioni, per
mtrudervi nel medesimo tempo le teoriche e gl' istituti
DELLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE 7
avversi; da un nemico, il quale precede sotto 1' ombre della
congiura e dell' inganno, il quale blandisce le passion! piu
fervide dell' uomo civile a nome dell' indipendenza, e pro-
scioglie 1' uomo morale colla sfrenata liberta di coscienza ,
portando con cio negli animi lo snervamento a danno delle
lotta, la discordia a danno della unita, ed il falso apprezza-
mento a danno della vera scienza delle dottrine e dei fatti.
Per ovviare a tale nemico, chi non vede e non tocca con
mano la necessita che quanti sono cattolici operino attiva-
mente con unita di scopo, con unita di sentimenti, con ar-
monia di mezzi, che e quanto dire la necessita di una po-
tente ed operosa associazione cattolica ?
Ma siccome tanto piu e pronta la mano al riparo, quanto
piu e palese il danno, diamo un sguardo alle opere che ha
compiute e sta compiendo la rivoluzione nell' Italia contro
la religione cattolica. Chi non lo sa? 1' ha bestemmiata per
bocca de' suoi adepti nei pubblici dibattimenti : 1' ha corn-
battuta su le cattedre delle universita; 1' ha derisa ne'teatri;
Tha inceppata nella sua liberta ; 1'ha oltraggiata col ristrin-
gimento del suo culto ; 1'ha impoverita colla confisca dei
suoi beni ; 1' ha manomessa ne' diritti de' suoi seminarii; 1'ha
stremata de' suoi ministri colla leva; 1'ha offesa nelle sue
istituzioni piu sacre colla soppressione degli Ordini religiosi;
1' ha messa al bando dalle scuole togliendone la educazione
religiosa, dall'esercito rimandandone i cappellani, dalle fa-
miglie dissacrandone il matrimonio, e dallo Stato concul-
cando, o lasciando conculcare le sue leggi e contrariando
all'msegnamento de' suoi Pastori. E tutte queste opere in
danno della religione cattolica non sono rese viepiu peri-
colose sia da cio che si macchina contro i diritti piu sacri
del Vicario di Cristo, sia dalla stampa al soldo della rivo -
luzione che balda della impunita addenta e lacera ogni di
da furibonda le cose piu sacre ? Le alte querele di tutt' i ,
sacri Pastori, i solenni lamenti tahte volte replicati dal
Pontefice e la indegnazione sparsa in tanti scritti di uomini
onesti ne formano irrepugnabile testimonianza.
g LA NECESSITY
II.
Che hanno fatto gl1 Italian! per opporsi al compimento
di tanta demolizione e per ripararne il danno ? Molto : sa-
remmo ingiusti, se dicessimo il contrario. Valga ad esempio
di conferma quello che hanno operate per testificare la lore
devozione verso del Papa, e protestare contro gli atti sacri-
leghi della rivoluzione. Le centinaia di migliaia di sotto-
scrizioni comparse nei giornali, e suggellate colla offerta di
piu milioni sono testimonianze senza replica. Contuttocio po-
tremmo noi affermare, che essi hanno operate motto ed accon-
damente ? No, non lo potremmo. E per qiial motivo ? Perche
essi in generale hanno operato individualmente, e non per
via di ordinata associazione. Non sono le falde sottilissime
della neve, cadenti le une divise dalle altre quelle che
formano la forza della valanga, ma quelle altre, che stac-
catesi dall' alto fianco di una montagna precipitano a valle,
facendo massa con quante incontrano nei rapidi rivolgi-
menti. Non sono le gocce di acqua disperse, quelle che
cagionano I'impeto della piena, ma quelle che fatto corpo
entro due sponde corrono a far capo nei mare. Non sono i
franchi tiratori quelli che vincono gli eserciti, ma i grossi
battaglioni lanciati in ordine contro il nemico . Volete
acquistar forza , volete opporvi con esito fortunato al pro-
gresso del nemico, volete portare alcun riparo al male
cagionato? Fate massa, associatevi ed operate.
La ragione e piu che evidente , stanteche le leggi di-
namiche valgano non meno nelFordine fisico, che nei morale.
Applicate voi una forza materiale qualunque a centellini ?
Avrete un effetto di centellini. Che se invece T applicate
tutta di un colpo e bene armonizzata, avrete tutto Teffetto,
.di che ella e capace. Dite altrettanto di quale che siasi
forza morale. Pognamo che le centinaia di migliaia di sotto-
scrizioniin favore del Papa, spedite in dodici volumi a Roma
dalla Unita Cattolica Tanno 1865, non fossero uscite divise
DELLE ASSOCIAZIONI CATTOLICFIE
ed ognuna per conto proprio, ma tutte insieme ed armo-
nizzate in un medesimo concetto di protesta ; qual effetto
mirabile non avrebbero esse cagionato su gli animi di
qualunque partito ? Centomila voci, che levano d'accordo
un grido di protesta, che lo ripetono ad un bisogno, che
10 prolungano, avrebbero trascinate dietro a se col loro
peso ben altre migliaia ; avrebbero fatto parlare altamente
di'se in ogni paese, come accadde del pellegrinaggio alia
tomba di S. Bonifacio in Germania, e dei meetings tenuti
in Dublino ed a Londra; avrebbero messo in gravi pensieri
gli avversarii, o se non altro avrebbero reso noto al mondo
11 sentimento delF Italia cattolica. Invece quelle tante sotto-
scrizioni, essendo comparse le une dopo le altre, a modo di
individui staccati, non produssero che un minimo effetto e
la replica di tante liste uscite in tempi differenti passd
pressochS inosservata, siccome cosa a cui si era gia acco-
stumato Tocchio del lettore. E che? la forza morale della
loro protesta e forse minore in s& stessa ? Ne punto , ne
poco. Ma essa veniva applicata a centellini, e senza Tar-
monia di una falange ordinata. Vedete adunque quanto
importi operare viribus unitis, a forze associate.
A questa ragione aggiungete Taltra, che 1' unione ge-
nera forza. Ponete una societa bene ordinata : voi la vedrete
operare con maggiore ardimento , operare con comunanza
di concetto piu precise, operare in quella giusta misura
e con quella savia opportunity di tempo e di modo, che la
discussione di parecchi porta d' ordinario nelle delibera-
zioni. Or chi non sente di qual utile siano al consegui-
mento del fine tutte queste circostanze ? E percio voglio-
no i cattolici pigliare una seria difesa della religione e
della societa , vogliono opporsi con efficacia ai perversi
conati della rivoluzione ? Si associino. La legge ne da loro
tutto il diritto : se ne valgano.
Tanto piu, che gli avversarii se ne valgono largamente.
Uno sguardo alia massoneria. Da questa sono pullulate le
teoriche della rivoluzione, da questa son pure usciti gli uo-
JO LA NECESSITY
mini che le hanno attuate in parte, e che si adoperano per
attuarle in tutta la loro estensione. Ma quale fu ed e il mezzo
usato per giungere allo scopo? Quello dell1 associazione .
Essainfatti non e altro, che una vasta associazione, avente
principii e fine tutto proprio e tendente ad attuarli. Volete
vederlo ? La sovranita nel popolo e la liberta di coscienza
sono sue dottrine fondamentali. Dopola ristorazione europea
del quindici parvero mezzo del tutto acconcio, o piuttosto
via diritta per arrivare all' attuazione di esse , gli Ordini
rappresentativi ammodernati in que' molti paesi , dove non
erano in opera. Non fu un continue battere e ribattere il
concetto della convenienza di tale sistema politico attesa
la maturita dei popoli, e il dovere di concederlo nei sovrani
stante il diritto di partecipare al governo nei sudditi, e il
vantaggio della pubblica cosa pel concorso di tanti ingegni
conosciuti come grandemente adatti dai voti della nazione?
Riandate di grazia i giornali ed i libri , stampati fuori e
dentro Italia prima del quarantotto, e vedrete mirabile con-
sonanza di dottrine, mirabile consonanza di mezzi, mirabile
consonanza di lodi e di domande, in favore degli ordmi
rappresentatwi e del codazzo di quelle liberta, che ormai
tutti sanno. E questa consonanza non v' indica apertamente
r opera di una associazione?
Un1 altra conferma. Osservate tutti i paesi in cui si e
stabilito il moderno liberalismo. Non incontrate la stessa
lotta aspra e continuata contro il cattolicismo nei giornali
istituiti a suo soldo ? Non incontrate le stesse proposte di
leggi avverse al cattolicismo nei parlamenti ? La soppres-
sione della immunita del clero, la confisca deibeni ecclesia-
stici, la introduzione del matrimonio civile e simili, sono atti
comuni a tutti govern! ammodernati. Qualche anno fa, non
fu proposta e ventilata in tre grand! parlamenti ad un tempo
la legge di mettere al bando delle scuole la istruzione religio-
sa. Non si parlo in tutti di separare la Chiesa dallo Stato ?
Ne1 parlamenti di maggioranza liberalesca vedrete bensi i
varii membri bisticciarsi fra loro, astiarsi, invidiarsi il por-
DELLE ASSOC1AZIONI CATTOLICHE
tafogli, lavorare di accuse e di gherminelle per carpirlo,
ma non li coglierete mai in dissenso, quando si tratta di
vessare la Chiesa , di gravarla con leggi ostili , di con-
trastarne 1' azione. In questo procedono sempre d' accordo :
se v' e qualche differenza di opinione , si aggira circa 1' o-
perare con piii o meno furore contro la Chiesa , non mai
circa la sua difesa.
Cosi e: tutti gli adepti del'liberalismo e fuorie dentro
il parlamento marciano all1 impresaassociati, quale ordinata
falange. Se i cattolici italiani non si associano prontamente,
non pugnano ordinati, saranno impotenti a resistere, saranno
sohiacciati dagli avversarii nella loro credenza.Vero e, che
Cristo ha promesso la indefettibilita della Chiesa, ma non
ha promesso, che ella non abbia a mancare in tutto o in
gran parte tra un popolo, il quale vedendola assaltata non
sorse a difenderne il tesoro colle armi acconce, concesse
dalla legge.
III.
Tanto della necessita, diremo cosi, intrinseca alia cosa.
Ma stringe ancora la necessita morale del dovere. II cat-
tolico in forza del Battesimo e seguace dichiarato di Cristo,
e in forza della Confermazione e sacro soldato delle sue
dottrine. Indi sgorga il dovere manifesto di seguitar Cristo
e di seguitarlo da soldato nella pugna. Quali sono gli av-
versarii contro dei quali Cristo ha pugnato? Gli ha indicati
apertamente egli stesso a Pilato. Egli ha pugnato contro la
menzogna, ha pugnato contro Terrore , non meno teorico
che pratico, colle opere e colla voce, predicando le verita,
che ha lasciato in retaggio alia sua Chiesa : Ego in hoc
natus sum et ad hoc veni in mwndum, ut testimonium perhi-
leam veritati : omnis qui est ex veritate, audit vocem meam ] .
In questo egli chiamossi re : re della verita : Tu dicis, quia
rex sum ego. Dal moderno liberalismo non sono combattute
1 Joann. XVIII, 37.
1% LA NECESS1TA
le verita da Cristo predicate, non sono derise, non si cerca
d' intenebrarle con un nuvolo di errori, non si macchina la
distruzione stessa della Chiesa, che le trasmise intatte da
Cristo infino a noi ? Volete essere veri seguaci di Cristo ,
volete mostrarvi soldati fedeli? Seguitelo in questa pugna,
associatevi, combattete la menzogna e Fen-ore, che spin-
gono le falangi de'proprii seguaci contro la verita e contro
la Chiesa, che ne e la naturale tutrice. Che direste di quei
soldati, i quali alia vista di un nernico, che invade le pro-
vince del regno, se ne restassero inerti, o rifiutassero di
usare le armi necessarie a vincerlo ed a fugarlo ? Non gli
stimereste vili, o per lo manco improvvidi ? L' ora della
pugna contro Cristo e contro la sua Chiesa e sonata : i suoi
nemici vengono all1 assalto da ogni parte : Tassociazione e
mezzo di guerra necessario. Chi non vi concorre e convinto
o di vilta o d1 imprudenza.
Ne il solo nome o titolo di cattolico stringe a tale dovere.
A questo conviene aggiungere quello della propria difesa
individuale . Che ogni cristiano sia obhligato a sicurare
coi mezzi opportuni la propria salute, niuno puo dubitarne,
avendolo scritto S. Pietro in questa conchiusione : Quapro-
pter fratres magis satagite, ut per lona opera certam vestram
wcationem et electionem faciatis. T Or bene, considerate un
po' la condizione di chi dee vivere, conversare e trattare
nella presente societa. Puo egli dispensarsi dal leggere i
giornali liberaleschi, zeppi di torti principii, di menzogne
e di calunnie contro la religione, quando ne parlano, ed
il parlarne e cosa di ogni di? Difficilmente . Puo egli o
per debito di ufficio, o per necessita d'interessi, o per
domestiche relazioni ritrarsi dal conversare e dal trattare
con persone ripiene il capo di pregiudizii contra la Chiesa
e contro il suo Capo, bevuti alia nuova scuola della liberta
ammodernata ? Impossibile . II parlamento , le leggi , la
stampa, il teatro, le universita, i municipii, i pubblici in-
1 II, Epist. I, 10.
DELLE ASSOCIAZ10NI CATTOLICHE 13
teressi e buona parte del privati ritraggono 0 vita, o va-
lore o almeno sembianza dai principii liberaleschi in corso
oggidi. Egli si muove in un aere, che n' e sommamente
impregnate. Pu6 egli vivervi lungo tempo senza rimanerne
ammorbato, o comecbessia tocco in modo, cbe la sua fede
non ne patisca alcun detrimento, e la franchezza nel par-
lare ed operare da fermo cattolico non sia punto meno-
mata? Se ci6 ancbe fosse, il rischio non sarebbe meno
evidente. E percio ad ovviarlo egli abbisogna di un'altra
atmosfera, in cui brilli purissima la luce della verita cat-
tolica,in cuifioriscano gli esempii dei forti propositi e delle
generose risoluzioni cattolicbe ; perche con tali aiuti sia
dissipata T ombra di qualche pregiudizio, che si fosse per
avventura insinuato nella sua mente, ed il suo animo forse
affievolito , o scorato alia vista della baldanza rivoluzio-
naria signoreggiante , pigli nuova forza per non restarne
vinto. Sapete dove ei la trovera ? Nel seno di una associa-
zione cattolica legalmente costituita e bene ordinata, cbe
scbieratasi in campo a difesa del cattolicismo conti fra le
cose sue proprie la scbietta verita cattolica , e T operare
generosamente secondo i dettati della medesima.
Vi e di piu: il pensiero della bandiera, la persuasione
cbe la lotta, non e dei singoli, ma di tutto il corpo, e la
vista dei validi campioni cbe a migliaia pugnano al me-
desimo tempo per la stessa causa sono altrettanti stimoli
ed altrettante forze morali di gran valore per incontrare
nella franca professione della propria fede e dicerie e beffe
ed oltraggi ed anche peggio, quando fosse bisogno. Ognun
sa quanto siano paurosi i giovinotti di cotesti argomenti,
e come il naufragio della pieta in essi provenga il piu delle
volte dal soverchio timore di un motteggio. Ebbene ec-
covi qua settanta giovinotti bresciani , i quali mettendosi
sotto de1 piedi ogni riguardo umano sfilano devotamente
colla bandiera della lor fede levata in asta nella solenne
processione del Corpus Domini. Ove abbiano attinto cotanta
gagliardia di spirito, non e dubbio: fa nella societa della gio-
f4 LA NECESSITY
ventu catlotica, in cui si erano stretti. Per tal legame, es-
sendo T uno divenuto sostegno all'altro, osano associati cia
che non avrebbero osato non associati. Lo Spirito Santo ha
detto che pater qui adiuvatur a fratre quasi civitas firma.
V associate merce Taiuto de'compagni, a guisa di citta
incrollabile agli urti dei nemici, rimarra fermo nelle sue
credenze e ne'suoi propositi, ed assicurera la sua salute.
IV.
Ma Tindividuo non vive a se solo. Esso trovasi stretto
ancora da vincoli sociali, ed eccovi sotto questo riguardo
sorgere nuovi doveri, che inducono al mezzo dell'associa-
zione.E egli padre di famiglia? In tanti scandali di opinioni
e di fatti egli e tenuto a dare a'suoi Tesempio e 1'ammae-
stramento di una fede tanto piu vigorosa, quanto e piii
oltraggiata pubblicamente. A tale uopo noi non conosciamo
per fermo alcun modo piu cospicuo, o piu spedito del farsi
dichiarato campione della fede in una associazione cattolica.
Oltrediche, i genitori sono obbligati, in quanto possono,
a torre gPintoppi, che si frappongono alia savia e cattolica
educazione della prole. Quindi essi debbono procurare, che
la istruzione religiosa abbia la parte conveniente nelle
scuole, che le fonti della scienza non siano avvelenate, che
il divertimento e T usare in societa non torni in onta della
onesta giovanile. Con qual pro, presi ad uno ad uno, lamen-
terebbero la sfrenata liberta della cattedra nelle universita,
e la clamorosa licenza della stampa giornalistica, e le empie
ed oscene rappresentazioni dei teatri, ed il pubblico spaccio
delle irreligiose e sconce caricature? Con niuno. Legate
tutti i paclri di famiglia italiana in una associazione catto-
lica, e fate che tutti ad un tempo ed in nome della loro
societa levino il griclo di dolore con proteste nei giornali,
e con pressanti petizioni al parlamento contro tanta soz-
zura. L'effetto sarebbe sempre grande . Imperocche, o il
governo metterebbe alcun riparo al male traboccante , o
DELLE ASSOCIAZIONI CATTOLICIIE 15
no: nel primo caso sarebbesi ottenuto lo scopo, nel secondo
rimarrebbe viemeglio scoperta la nequizia della rivoluzione
e delle sue liberta, la mente degli uomini piu volgari sarebbe
tratta a considerare la nefandita delle opere detestate dalle
societa cattoliche , e indi T abborrimento e la fuga diver-
rebbe a mano a mano piu universale ; o se non questo, i
genitori cattolici associati avrebbero il conforto di aver
compiuto nel modo piu efficace il proprio dovere.
Fuori della famiglia vi sono i cittadini. E un errore
grossolano il pensare, che all'un cittadino non importi
punto degli altri. II signore ha imposto ai singoli la cura
'degli altri a misura del proprio grado e delle proprie forze.
L'abbiamo nell1 Ecrclesiastico, dove sta scritto al capo XVII:
Mandavit illis unicuique de proximo suo , ed al capo XXIX:
Recupera proximum secundum mrtutem tuam. II progresso ,
€he va facendo la incredulita e la corruzione per opera dei
principii teorici e pratici, disseminati a larga mano dalla
rivoluzione, e cosa spaventosa. Ma quanti non vi cadono , o
perche non v' e cbi con una savia parola ne palesi le insidie,
o chi ne sorregga con opportuno conforto la debolezza , o
chi offra nn ricovero a fuga delle societa perverse? Gli
uomini di buon volere si associino in tutte le citta. II loro
esempio, i loro sentimenti ovunque manifestati con fran-
chezza, e piu le opere informate a schietto cattolicismo ,
saranno lucerna agli incerti , conforto ai deboli e di potente
attraimento per la medesima via a tutti. Centinaia ed anche
migliaia di cittadini potranno essere o scampati dalpericolo
0 ritratti dai loro falli.
E cosa notissima come sia nata, non e guari la societa
della Gioventu cattolica, come siasi distesa pressoche in tutti
1 regni dell' Europa, e come ogni di piu divengano nume-
rose le schiere dei prodi, che vi si sono ascritti. Credete
voi, che se non fosse stata istituita cotale societa , tutti i
giovani presentemente arrolati sarebbero rimasti illesi dai
pestiferi principii che corrono? Forse si, e forse no : e giu-
dicando da cio che suole comunemente accadere , e assai
16 LA NE€ESSITA
piu probabile il no. A chi il merito di avere posta in salvo
tanta gioventu ? A ehi la bella gloria di averne formato
una sacra e potente falange in difesa della religione? Chi
ne puo dubitare? Prima agli istitutori e poscia ai propa-
gatori della medesima nei different* paesi. Volete parteci-
pare a simil gloria ed a merito somigliante ? Istituite nel
vostro suolo natale le associazioni cattoliche. Che se non
potete far tanto almeno ascrivetevi ad esse.
A questo vi stringe il titolo di cattolico ; vi stringe il
titolo della propria difesa contro gli assalti delle ree dot-
trine e de'piu rei esempii; vi stringe da piu capi il titolo di
padre ; vi stringe il titolo di cittadino.
V.
Eppure v1 ha altri argomenti, creati dalle nuove condi-
zioni di cose introdotte fra noi . L' Italia e retta a statuto,
in forza del quale, si voglia o no, il potere sovrano e par-
tecipato a tutta la nazione. E percio siccome, quando go-
vernavala la inonarchia assoluta , il principe solo dovea
rispondere a Dio ed agli uomini della amministrazione di
tutto lo Stato ; cosi ora e responsabile tutta la nazione in
generale e gl1 individui in particolare secondo il posto, che
tengono. Di qui il dovere di concorrere alia retta ammini-
strazione in tutti e nei singoli a misura del proprio grado •'
il ministro da ministro , il deputato da deputato , i cittadini
da cittadini. Or T amministrazione, guardata dal lato reli-
giose, e retta, pel cattolico quando essa , o in forza di rei
principii , a cui e informato il governo, o per abuso di po-
tere , in chi regge la cosa pubblica, non offende menoma-
mente la religione cattolica e Y opera sua. Quindi e chiarito
quale sia il dovere in tutti i component! la nazione, il quale
si e, di cooperare, affinche dall' amministrazione siano sban-
diti i principii avversi al cattolicismo, e tolti quegli abusi di
potere, che per awentura si fossero introdotti contro la ret-
titudine delle sue leggi. L'obbligo di tale cooperazione grava
DELLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE 17
con tutto il suo peso in primo luogo il governo e i deputati;
ma supposto il caso, in cui il governo e i deputati non lo
adempiano, quali mezzi dovranno usare i cittadini per com-
piere il proprio dovere ? Quelli che sono messi in, lor mano
dallo statute: vale a dire quello delle petizioni, quello delle
proteste, quello della stampa, e soprattutto quello delle
associazioni , il quale essendo di sua natura acconcissimo
a disporre e ad usare in modo efficace gli altri mezzi no-
minati e non nominati, deve essere il primo a porsi in opera.
Veniamo a noi. Hanno bisogno gl' Italiani di praticare
con tutto lo studio e subito cotesti mezzi? Osservino i
principii di che e informata in generale T amministrazione,
osservino i fatti, che vanno ogni di confermandosi in danno
della religione ; considerino ci6 , che si passa nelle univer-
sita, ponderino le leggi proposte presentemente al Parla-
mento , badino ai sentimenti della piu gran parte dei de-
putati , che vi seggono ; e poi decidano. Pognamo , che
motivi particolari tutti proprii del nostro paese li ritraggano
dalle elezioni, quale sconsigliatezza non sarebbe o aste-
nersi dall' uso dei mezzi concessi dallo statuto od esser
lenti nelPusarli? Sta scritto, chepotentes potenter torguen-
tur, vale a dire, che i principi rei d'inique leggi sono
oltremodo puniti dalla divina giustizia; e cio per la semplice
ragione, che in questo caso tutto il male commesso dalla
nazione e da imputare a chi ha fatto ed imposto la iniqua
legge. Fate che tutta intera la nazione sia messa a parte
del potere sovrano legislative , e che non si valga di tal
potere , a misura del diritto concesso , e lasci compiersl
leggi e fatti iniqui. A chi saranno imputati tutti i mali ,
che ne provengono? La risposta e ovvia: a tutta la nazione.
Bramano gl1 Italiani di non partecipare alia iniquita, e di
scansare con questo la responsabilita presso Dio e presso
gli uomini ? Usino i mezzi concessi dalla legge in pro del
bene e contro il male .
Fra i mezzi legittimi sopra indicati , di quale dovranno
valersi in modo particolare ? Ripetiamo ancora : di qifello
Serie VIII, vol. II, fasc. 499. 2 20 marzo 1871.
18 LA NECESSITA
della associazione. Molti sono i vantaggi pratici immediati:
stanteche per Tassociazione, 1° possono ottimamente di-
sporsi e mettersi in opera piii ampiamente e con maggior
efficacia il mezzo delle elezioni municipal]' , il mezzo delle
petizioni e il mezzo della stampa : 2° si effettuano con ra-
pidita e cio con sommo vantaggio gli atti creduti necessarii
all' intento: 3° si procaccia autorita e forza non piccola alle
petizioni, alle proteste ed a qualunque altra dimostrazione
pubblica , fatta a nome della associazione : 4° i cattolici
sono in grado di fare una viva e continuata opposizione
agli sforzi, che fa la rivoluzione per corrompere a danno
della Chiesa ogni ordine di cittadini e porll a' suoi servigii
per mezzo dei tanti circoli e delle tante societa, che sor-
gono ogni di nelle citta italiane : 5° dalle manifestazioni
associate di tutti i cattolici italiani il mondo intero cono-
scera cio che 1' Italia conosce , se 1'amplissima maggioranza
sia pro o contro le offese e le onte fatte dalla rivoluzione
alia Chiesa. Mano alia opera e questo subito senza darsi
posa o requie. I nemici son tutti in arme.
La massoneria, come ci fa sapere la Riforma nella ne-
crologia del massone Pio Aducci, e in sul punto di com-
porsi in unita di corpo in Roma , e la fare un nuovo patto
di non rimanersi infino a che non abbia schiacciato e
messo in perpetuo sperpero il cattolicismo in Italia. L' ora
aclunque della lotta suprema e sonata. Quanti sono i cat-
tolici di animo generoso nell' Italia sorgano ed oppongano
diligenza a diligenza , ardore ad ardore , mezzi a mezzi ,
principii a principii , il vessillo della scuola di Cristo al
vessillo della scuola di Satana'.
No si creda di servire in questo alia sola religione : la
piu gran parte del bene ridondera all' individuo ed alia
nazione. Fate, che entrino in capo e vi si assodino i prin-
cipii : I1 anima morire col corpo , non darsi alcuna ricom-
pensa e pena al di la della vita, Dio essere un' invenzione,
ed altri somiglianti di forma pratica intorno la famiglia
DELLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE 10
e la societa, che si predicano dalle cattedre delle universita,
che si spargono dagli oratori nelle adunanze dei circoli ,
che si diffondono colla stampa, e che si sentono piu o meno
esplicitamente bandit! dalla bocca di qualche deputato nel
Parlamento . Che ne avverra ? La virtu e il delitto saranno
parole vuote di senso : ogni individuo diverra il Dio di se
stesso , riputera lecito il libito , e lo sfogo sconfinato delle
passioni si proporra a meta piii alta del suo operare. Dove
se n1 andra la pubblica fede , dove la onesta delle famiglie,
dove la fermezza dello Stato e della nazione? Andra tutto a
soqquadro. Iprincipii pratici o tosto o tardi portano neces-
sariamente il frutto delle loro conseguenze, ed il sociali-
smo, che ha gittato qualche ruggito dai congressi, tenutisi
gli anni passati nella Svizzera, e da qualche societa operaia
ne sono la prova. Or chi non vede , che combattuta e
conquisa la rivoluzione , che e la maestra e la piu calda
propagatrice dei riferiti principii, sara salva non meno la
religione, che la societa? Nella lotta presente son messe in
rischio del pari: la religione e la societa. La vittoria della
prima e ancor vittoria della seconda. II soldato della reli-
gione e anche il soldato della societa.
VI
Qui sorgono le difficolta. — A che proaffaticarci? Tempo
gittato. Le petizioni non avranno corso , come accadde a
quelle in difesa degli Ordini religiosi ; le proteste saranno
un vano suono; la stampa proseguira 1' opera sua; T acqua
continuera ad andarsene per la sua china. Vi vuol altro, che
associazioni ! — Scuse di chi non vuol far nulla. Sia quanto
dite.Ma intanto colle petizioni, colle proteste, colla stampa
o con altro mezzo-, adoperato in societa, non avrete compito
il vostro dovere e come cattolico e come cittadino? Non
avrete glorificato la virtu e la religione, ponendovi dal suo
lato nel tempo della lotta ? Non avrete procurato di salvare
20 LA NECESSITY
la nazione dalF abisso della rivoluzione, secondo il vostro
potere ? E questa vi par cosa di niun conto? Sareste in er-
rore. Fu e sara sempre cosa grande il compiere il proprio
dovere , porsi dal lato della virtu e della religione offesa in
ogni evento, e tentare di salvar la patria con tutte le proprie
forze. Del resto, se non e falsa , e grandemente esagerata la
mala sorte degli sforzi di una associazione cattolica. Sup-
posto che le petizioni e le proteste per gli Ordini religiosi non
fossero venute da gruppi isolati di cittadini e da alcuni paesi,
ma da un1 associazione forte , ben disciplinata e stesa in
tutta la penisola, con tutti gli altri aggiunti, che crescono
autorita alle domande, pensate voi che sarebbero cadute
indarno? La esperienza del Belgio, della Baviera e dell1 Au-
stria dice che no. Credetelo , Taudacia della rivoluzione
procede con tanta baldanza, perche fa assegnamento su la
niuna unita di corpo tra i piu generosi, e la inerzia di molti
altri.
— L' impresa di una associazione generale non e im-
presa da pigliarsi a gabbo. Essa torna a un medesimo, che
esporsi acl affronti , a villanie , a dimostrazioni ed anche a
peggio. Non e toccato tutto questo ai propagatori dell' as-
sociazione cattolica , che si e iniziata qua e la in Italia
nel 1866 ? Non furono tratti a domicilio coatto, se pure non
salvaronsi colla fuga in altro paese? — Ebbene dunque
avete paura. Se cosi e, ritiratevi pure. Ora il cattolicismo
ola societa abbisognano di uomini di grande ammo e corag-
giosi. Ma ritirandovi pensate, che voi tradite il vostro dove-
re , che disconoscete quella milizia, a cui vi siete ascritto col
santo Battesimo, che obliate il detto di Cristo, il regno del
cielo non essere del neghittoso e del vigliacco , ma di chi
si fa violenza e pugna arditamente per conquistarlo. Su via,
pigliate ammo. Per la caduta dei primi non e da disperare
della vittoria. II battaglione , che vede colpite le prime file
non indietreggia , ma reintegrandole avanza, carica il ne-
mico e vince. Ai primi oppressi iniquamente dalla rivolu-
DELLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE 21
zione sottentrino altri piu animosi , tutto il corpo si levi
alia difesa dei caduti: tutti siano per uno, ed uno per tutti;
e vedrete miracoli di success! in tale armonia di forze.
— Abbiamo famiglia , dicono altri , abbiamo interessi
da guardare, abbiamo relazioni social! da custodire. Noi
siamo e vogliamo rimanere cattolici, e percio niuna parola
ci esce dal labbro , che possa comechessia offendere la
credenza nostra : ma tuttavia non ci brighiamo di cio ,
che dicono e fanno altri, contenti di attendere pacifica-
mente alle cose nostre. — Siete contenti di tanto? Vi con-
tentate di troppo poco. Non e piu il tempo di tenersi lon-
tano dalla lotta : le mire e le opere della rivoluzione sono
palesi infino a' ciechi : conviene opporre ai suoi conati una
resistenzauniversale. Qm non estmecum contra meest, disse
Cristo. Nel caso nostro ha tutta la forza cotesta sentenza. Si:
chi non e con Cristo dichiaratamente, e contro di lui. Fa
bisogno di professare apertamente la sua sequela : la via di
mezzo e del tutto esclusa. E che? se andasse a fuoco la
casa di vostro padre, o del vostro amico, e voi vi rima-
neste pacific! spettatori, o attendeste alle cose vostre
senza occuparvi di essi, non sareste convinto di amare o
poco o nulla il padre e Y amico ? Intorno alia Chiesa di Cristo
e ai vostri concittadini ferve Y incendio di una gravissima
lotta , appiccato dalla rivoluzione , e voi vi contentate di
rimanere indifferent! spettatori di tanto danno , o di non
badarvi , come se nulla vi calesse della Chiesa di Cristo o
della societa? La vostra indifferenza, la vostra non curanza
e indegna , e colpevole. Non basta ora che pugni il prete ,
non basta che si gitti nella lotta il vescovo. fi necessario
che tutti i fedeli si rannodino e combattano insieme coi loro
Pastor!. La lotta presente non e lotta soltanto di difesa , ma
e lotta di esistenza, non e lotta particolare, di poche forze,
ma universale , ostinata , vigorosa. E venuta 1' ora , in cui
come scrisse Tertulliano, ogni cristiano, e soldato, e come
tale e un debito di associarsi , e disciplinarsi per la pugna.
UNA MODERNA EDUCATRIGE
DELLA
DONNA ITALIANA
IV.
La religione.
E impossibile trattare di educazione e lasciare da parte
la religione, com'e impossibile tracciare la pianta di un
qualunque siasi edifizio e non riguardarne le fondamenta.
In ogni luogo , in ogni tempo e presso ogni popolo , non
del tutto inselvatichito, e stato ed e assioma ricevutissimo,
che, come la vita morale, cosi T educazione del cuore umano
dee muovere dal timore di Dio e nel timore di Dio conso-
lidarsi.
Ben e vero , osserva con molto giudizio un sapiente
scrittore italiano, ben e vero che qualche aiuto di buon
principio, qualche utile regola, qualche sufficiente motivo
pratico si possono trarre dall' istinto e dal senso ingenito,
in quanto scoprono alcun lume della naturale giustizia e
della bellezza oggettiva dell1 ordine e della onesta, e del
vantaggi conseguibili da chi ne assume il culto e T osser-
vanza. Ma tutto questo e pochissima cosa; e se vuolsi ,
quale si dee volere, un sistema di moralita, che nell'anima
dell'educando riesca vivo, vitale e profondamente e costan-
temente operative, e al tutto forza stabilirlo nelle verita
UNA MODERNA EDUCATRICE BELLA DONN'A ITALIANA 23
metafisiche, o diciamo oltramondane e soprammondane ;
cioe nella credenza in un Dio onnipotente , onnisciente ,
provvidentissimo reggitore d1 ogni cosa , fonte e termine
della giustizia e suo vindice, e percio stesso rimuneratore
cosi delle opere buone come delle malvage, tanto nella vita
presente, come in una vita avvenire. E per conchiudere tutto
il concetto in una sola parola , diremo che 1'educazione
morale, la vera educazione, si dee fondare nella religione T.
Gli antichi gentili riepilogavano questa dottrina nel loro
motto: Ab love principium, il quale, al nostro proposito ,
equivaleva un dire, che fuor di Dio non pud essere alcun
avviamento alP onesto vivere. E sono degni di considera-
zione i due nostri proverbii popolari e tutti cristiani:
Ama Dio e non fallire;
Fa del bene e lascia dire ;
e : — Ama Dio di cuore e lascia dir chi vuole — ; che si-
gnificano in modo piu sublime la stessa verita, tanto evi-
dente, che persino quel mezzo volteriano di Giuseppe Giusti
cosi ebbe a commentarli: « Lasciar dire chi vuole senza il
pensiero di Dio, sarebbe cosa molto pericolosa , perche sa-
rebbe fare a suo inodo, senza norma che diriga o che assolva
la volonta ».
Ma se tutto questo e filosoficamente giustissimo, par-
landosi in genere di educazione, diventa incontrastabile se
discorrasi in particolare di educazione della donna, e della
donna cristiana e cattolica. Abbiamo accennato altrove
quanto la donna, per disposizione anche naturale, sia incli-
nata a ci6 che tiene del religiose. Questo accade si perche,
attesa la sua debolezza rispetto all1 uomo e la sua destina-
zione a maggiori sofferenze , tende piu di lui a cercare
conforti ed alleviamenti nelPordine superiore al mondano ;
e si perche, atteso T uffizio suo di madre, ella dee col latte
istillare negli animi de' piccoli figliuoli i primi germi della
1 CAVAZZONI PEDERZINI FORTUNATO, Osservazioni intorno alle donne ed alia
loro educazione. Cap. IV.
£4 UNA MODERNA EDUCATRICE
vita morale e quindi della pieta verso Dio , a cui percio
propende con sensibilita di cuore piu delicate. II che senza
paragone meglio si scorge nelle donne cattoliche, le quali
pel battesimo sono state arricchite dei sovranaturali doni
infusi loro dallo Spirito Santo, che le ha incorporate a Cristo;
per T Eucaristia hanno partecipato della carita increata e
gustatala in fonte; e pel Sacramento del matrimonio han
ricevute le grazie proprie di questo loro stato, fra cui e potis-
sima quella di educare a Dio in Gesu Cristo la tenera prole.
Posto tutto cio, come mai la signora Rosa Piazza avrebbe
potuto presentare al pubblico U mazzolino de' suoi Pensieri
intorno all1 educazione della donna italiana, senza introdur-
vene alcuno che olezzasse di religione? La cosa non sarebb<3
stata possibile. Si sarebbe detto subito : — Ecco una donna
irreligiosa, una libera pensatrice, che viene ad appestare di
ateismo le nostre famiglie ! — Ed il suo giornale ed il suo
libercolo, da molte madri e da molte istitutrici, si sarebber
gittati nel fuoco, o, alia men trista, fra le carte destinate al
pizzicagnolo per involgervi le acciughe.
Era dunque necessario che la signora Rosa, se pure volea
farsi leggere un poco, toccasse alcun che della religione.
Ed essa, benche non mostri avere nessuna religione, tuttavia
ha piegato il capo alia dura necessita e scritto un articoletto
intitolato : La religione, che vale un Peru.
«M'accadde talora, cosi ella esordisce, di udir accennare
su questo argomento ad idee svariatissime, a progetti com-
pletamente opposti. Bisogna che la donna sia religiosa, dice
taluno, e indispensabile che lo sia: guai per lei e per la
societa , se il divino timore ispirato dalla religione non
ponesse un freno alle sue passioni, se gli affetti, spesso in
lei prepotenti e disordinati, non fossero guidati e repress!
dalla religione! Altri spaventati, e non a torto, dall' abisso
di superstizione, di pregiudizii, di malignita in cui caddero
molte, anzi troppe donne per un malinteso spirito di religione.
il cui nome fu presso di loro profanato da taluno veramente
nemico del bene sociale ; cadono nelPestremo opposto e
BELLA DONNA ITALIANA 25
salutano la donna razionalista come la piu saggia, la piii
illuminata, la meglio atta a compierela propria missione. Fra
due pareri cosi opposti esitai, lo confesso; esitai, rifuggendo
con terrore dai mail che io credeva di scorgere d' ambo le
parti. »
Bella confessionelUna educatrice di donne italiane, che
esita a risolvere, se la donna abbia o non abbia da professare
il culto di Dio; debba o non debba essere irreligiosa! E
questa femmina sa di scrivere in un paese, che e il piii
cattolico della terra! Basta ci6 a far vedere che essa non
ha religione.
II suo modo di ragionare e similissimo a quello di chi
cosi la discorresse: — Ho inteso dire che Tuomo, per vivere,
abbisogna di alimenti: se non mangia, muore. Ma d'altra
partesi conoscono pur troppo i funesti effetti dell' intempe-
ranza, le malattie, i disordini e le morti che ne provengono.
Ond1 io esito, lo confesso, esito a sentenziare, se convenga
suggerire air uomo , che muoia di fame per non morire
d' intemperanza, ovvero che muoia d1 intemperanza per non
morire di fame.
Ma, signora Rosa, non avete mai udito come, tra due
estremi cosi opposti, quali sono la irreligiositay che vuol
dire mancanza di religione, e la sujperstmone, che vuol dire
religione falsa , si trovi un mezzo eccellentissimo , ed e
quello della vera religione ; non altrimenti-che, tra il morire
d'inedia e il morire d' intemperanza, si trova per T uomo il
mezzo conosciutissimo, di vivere nutrendosi temperata-
mente ?
Senonche Tau trice rifiuta per vera la religione che gli
uomini e le donrie dell' Italia professano, cioe la cristiana,
cattolica, apostolica e romana. Si legga di fatto questo ca-
polavoro di descrizione, che ella offre della donna « bigotta »,
la quale contrappone alia donna « materialista », e si noti
che T aggiunto di ligotto, nel vocabolario della scuola mas-
sonica, vale cattolico.
26 UNA MODERNA EDUCATRICE
« Da un lato la donna bigotta, schiava dei pregiudizji
( la fede rivelataj aspirante ad un cielo ( la vita eterna del
Paradise) che sarebbe un inferno, se corrispondesse alia sua
idea (Videa che ne da il Vangelo di Qesh CristoJ, non curante
del bene della patria (TItalia faziosaj e della societa (infor-
mata dalla massoneria); la donna che guarda con terrore
ogni fenomeno fisico, in cui crede ravvisare una punizione
divina (che riconosce doe la provvidenza di Dio nel mondo e
la sua giustizia nei pulUici Jlagelli J ; che sacrifica talora
I'avvenire della propria famiglia, per obbedire alle sugge-
stion! di tale, che, abusando di un carattere che lo rende
sacro a' di lei occhi, fa trionfare i proprii interessi o quelli
della casta, giuocandole abilmente dinanzi una sacra fan-
tasmagoria (qui si calunniano e deridono i sacerdoti direttori
delle coscenze, amministratori del sacramento della penitenza
e banditori della parola di Dio) ; la donna sorda ad ogni
nobile ( liberalesco j sentimento, insensibile ad ogni azione
generosa ( partigiana ) , collegata ai nemici della patria
(della rivoluzione) , della civilta (della setta massonicaj. »
Questo e il ritratto che la signora Rosa si compiace fare
delle donne cristiane e cattoliche. Al quale mette contro
il ritratto della donna materialista « che non riguarda nella
societa che una convenzione stabilita un di fra gli uomini ;
che considera come inveterati pregiudizii i piu nobili sen-
timenti di morale e di onore; che, schiava delle proprie
passioni, alle quali non oppone piu il freno eccetera ecce-
tera, rovina, per un troppo rapido e spesso fiorito pendio ,
in un abisso di veri mali, di vera depravazione. »
Abbozzatisi nella fantasia questi due quadri e postasi a
contemplarli: « chinai la fronte confusa, narra ella inge-
nuamente, chiedendo a me stessa con terrore: Quale sara
dunque T avvenire della donna ? Chi le additera la via da
percorrere fra i due precipizii ? »
Povera signora Rosa ! che ambasce e che distrette
non dove mai patire a questa si terribile contemplazione !
Ma fortunata lei, che e in diretta ed immediata comunica-
DELLA DONNA ITALIANA 27
zione con un genio, con uno spirito consolatore ! « Una voce
soave parve risolvere il mio dubbio, ripetendomi con insi-
stenza: £? ectucazfone, la luce della civilta. »
Qui non si scherza. Noi ci sentiamo tremare la penna
fra le dita, poiche ci awediamo di essere a fronte con una
illuminata, con una pitonessa, con una di quelle donne in
somma, veramente « fenomenali », che serban commercio
con gli spiriti dalla « voce soave ».
All' ispirazione seguit6 il sacro entusiasmo. « lo salutai
quella voce che mi ridonava la speranza, che distruggeva
le mie incertezze, che mi rassicurava sull' avvenire. » Al
sacro entusiasmo tenne dietro la visione. « Allora la donna
d' Italia m'apparve bella di fede e di virtu, irradiata dalla
luce benefica del progresso, e la vidi camminare giuliva
colla civilta, salutando dalP intimo del suo cuore generoso
lo Spirito motore della natura, senza ambagie terrori, senza
pregiudizii ed ipocrisie ! »
Se noi fossimo nel bel seicento. sclameremmo che la
Rosa Piazza, con un perfettissimo anagramma alia veneziana,
ci si trasforma qua in lo indovinino i lettori; giacche
stranezze piu insensate e piu matte di queste, ci pare difficile
che si possano o dire 'o scrivere da una donna , la quale
abbia dato il cervello a rimpedulare.
Come ! State investigando se la donna debba o non debba
avere una religione , sopra la quale si fondi P educazione
sua, state enumerando i mali del Ugottismo (ossia del catto-
licismo) e del materialismo; e poi,per conclusione, ci uscite
fuori con una « voce soave », la quale vi ripete che la
« educazione » e la « luce della civilta » rimedieranno a tutt*
questi mali, e date in ciampanelle con un linguaggio da
baccante visionaria? Dov' e la logica, dov'e il criterio, dov'e
F assennatezza conveniente a una donna matura e grave ,
quale dev' essere una pari vostra? L' « educazione » che, in
vece della religione, sara fondamento dell' educazione : che
bisticcio e codesto? La « luce della civilta » che diviene
religione: religione una luce! che inaudita babbuassaggine !
28 UNA MODERNA EDUCATRICE
Inoltre voi, che non avete fiele se non contro le « super-
stizioni » e le « bigotterie », venite poi a contare al pub-
blico , in un giornale e in un libretto , le storielle delle
rivelazioni e delle visioni e delle estasi che godete! Non
vi accorgete che, con queste ridicolezze, vi rendete la favola
delle donne italiane e non italiane ?
Ma, poste da banda tali buffonerie , non e da pensare
che 1'autrice se ne sia servita a caso. La signora Rosa e
donna, come abbiamo avvertito altre volte, senza religione
ed avversissima alia cattolica. II dichiarare formatamente ,
che essa non ne ha alcuna e vorrebbe che le sue donne
italiane fossero com1 ella'e, ripugnava a certi riguardi che ,
per meglio infinocchiare i semplici, ama di serbare. Percio
e ricorsa al partito della « voce soave » e della « luce »
del « progresso » e della « civilta » e delle poetiche visioni,
come ad una scappatoia che le risparmia Tonta di prote-
starsi incredula.
Noi per altro stimiamo di dover insistere sopra questo
punto , che ella non ha religione , che non ammette altro
culto se non quello della massoneria, ed a questo intende
che sia educata la donna d' Italia: ci preme di smascherarla
ben bene, affinche la turpitudine della costei ipocrisia ri-
manga svelata, e le donne italiane possano guardarla in
faccia e vedere quel ch'ella e.
I fratelli raassoni e le sorelle Mopse, quanto a religione,
si dividono in due sohiere apparentemente contrarie. La
prima nega Dio e si professa atea: 1'altra riconosce un Dio,
che venera sotto nome di grande ArcMtetto deir universo, o
di Spirito motore della natura; ma questo non e il Dio
de1 cristiani; non creatore, non redentore, non santificatore
delle anime: e un Essere di cui si suppone la esistenza ,
solo per fuggire la taccia ignominiosa di ateismo. In fondo
le due schiere si accordano apieno ; giacche, allo stringer
dei conti, tanto e ateo chi nega Iddio, quanto chi si crea
per Dio una chimera a libito di capriccio.
T.Q
DELLA DONNA 1TALIANA 29
La signora Rosa mostra di appartenere alia seconda
schiera; non si per6 che non s'acconci colla prima . Ella
caldeggia il culto del progresso e della civilta, nella cui
compagnia camminando, la donna italiana dell'avvenire
« salutera dalPintimo del suo cuore generoso lo Spirito
motore della natura, senza ambagi e terror! ; senza pregiu-
dizii ed ipocrisie ».
Conyertito questo linguaggio massonico in termini
volgari, a che se ne riduce il significato? A dire che,
vivendo come le pare e piace (ecco il progresso e la civiltfr),
la donna dell' avvenire stara in pace amichevole col Dio che
si & foggiato in testa (lo Spirito motore della natura) senza
le ambagi dei rimorsi e i terrori che le pene dell1 inferno
incutono ; senza ipregiudizii della fede cattolica e dei sa-
cramenti e le ipocrisie della virtu , della pieta e delle pra-
tiche cristiane.
Tal e , estratto dalla corteccia settaria , il midollo della
teologia che questa femmina insegna e propaga. L'ateismo,
sotto coperta di naturalismo appoggiantesi a un Dio tutto
ideale e fantastico, il quale potrebbe anche essere (e noi
non giureremmo che non sia) un eufemismo di Lucifero. Di
fatto la signora Rosa poco piu innanzi sostiene, che « tutte
le religioni sono benefiche e grandi, quando compiono la
loro missione »: principio-di un'empieta sacrilega; poiche
mette a paro la religione vera, la quale non puo essere che
una, come uno e Dio, colle religioni false e da Dio male-
dette. E cosi per questa femmina il buddismo, il talmudismo,
il maomettismo e il feticismo piu sozzo sono religioni « be-
nefiche e grandi », com'e il cattolicismo istituito dal Fi-
gliuolo di Dio. Medesimamente sostiene che con la religione
cade anche la morale, in quella « donna ignorante », che c
« abituata a considerare come una cosa sola religione e mo-
rale » : altro principio sovversivo di tutto T ordine, siccome
quello che separa la religione dalla morale, e costituisce la
nuova regola della « morale indipendente » da Dio, dai suoi
soccorsi e dalla sanzione de' suoi premii e delle sue pene.
30 UNA MODERNA EDUCATRICE
Finalmente questa femmina suggella gli spropositi e le
bestemmie, di che ha infardato il suo libello, mantenendo
che « la religione non & virtu assolutamente indispensabile
alia donna », e che « anche la donna razionalista e mate-
rialista puo essere virtuosa, quando la sua mente, arricchita
di cognizioni ed il suo cuore eduoato a nobili affetti , cono-
sceranno il bene e 1' ameranno ». Eppure poco dianzi aveva
simulato di patire un martirio di orrore , a considerare « la
donna razionalista che, schiava delle proprie passioni ,
rovina, per un troppo rapido e spesso fiorito pendio, in un
abisso di veri mali, di vera depravazione! »
A noi sembra che una femmina la quale, in materia re-
ligiosa, si fa banditrice di tali esecrabili dottrine e di si
perfide contraddizioni , si svergogna da se , apertamente
palesandosi empia , incredula e senza Dio. Pur troppo non
vi ha, a parer nostro, disonore piu infamante in una donna,
che la irreligiosita; poiche noi teniamo per certo, con la
nostra autrice, che la femmina irreligiosa, o razionalista,
o materialista e « schiava delle proprie passioni >> e ruinata
« in un abisso di vera depravazione. » Or se alia signora Rosa
Piazza garba di essere cosi giudicata dal pubblico, a cui con
le sue panzane educative si manifesta, tal sia di lei. Noi
non abbiamo nulla a ridire. Ci consoliamo anzi che sia co-
nosciuta per quella dessa che e, perche piu si rivelera e
meno potra nuocere.
Intanto gioviraccogliere datutte queste enormita alcuni
avvisi, i quali daranno lume, per iscoprire le frodi e le
macchinazioni che dalla massoneria si tramano,aperdimento
delle donne in Italia; e vorremmo che esse, e in particolare
le madri di famiglia e le istitutrici , ne facessero tesoro.
Primieramente non si fidino mai di chi, ossia uomo ossia
donna , a voce o in istampa , vuole loro persuadere , che si
hanno da migliorare per virtu di « progresso », di « luce
della civilta », di « legge dell1 umanita» e d' altrettali gar-
bugli di parole indeterminate, equivoche o furbesche. Quest!
sono arzigogoli massonici pretti e puri , i quali ascondon
BELLA DONNA ITALIANA 31
sensi ingannevoli, maligni, sottili. In pari modo si guardino
dai libri o dalle persone che tentano alienarle da tutto cio
che, in argomento religiose, riprendono di « bigotteria »,
di « pregiudizio », di « superstizione », di « ignoranza », di
« fantasmagoria » e simili . Ancora questi vocaboli sono
inventati nelle logge massoniche, per dinotare con disprezzo
tutto quanto e di piii venerabile nella Chiesa cattolica.
Che se amano convincersi di quel che asseriamo , pro-
vino a stringere un poco i panni addosso di chi loro tiene
questo linguaggio. Interroghino e preghino di spiegare che
cosa s1 intenda per « progresso », per « civilta », per « su-
perstizione », per « pregiudizio »; ne si appaghino di risposte
fra i denti e a mezz'aria; ma incalzino, premano e mettano
alle strette i loro interlocutori o le loro interlocutrici. Alia
fine, o vedranno che si confondono e perdon la bussola, o ne
caveranno confessioni e dichiarazioni francamente irreli-
giose ed empie.
Cotesta e Tarte piu scaltra dei gabbamondi e delle zin-
gare della massoneria: gittare la del continue quella loro
dozzina di frasi e di termini anfibologici, che possono signi-
ficare bene e male , vero e falso ; ed applicarli astutamente
sempre a sfregio della virtu, della pieta e delle usanze
cristiane. Ma Dio liberi, che mai osino aprire il senso schietto
di questo lor gergo! Cosi, credete voi che la signora Rosa
indichi punto , in una sola riga delle sue sessantanove pa-
ginette , il valore arcano di tutta la fraseologia massonica,
onde le ha infiorate come un giardino di maggio ? Mai no ! II
valore ha da indovinarlo chi legge, A lei basta insinuare
destramente, che molte cose, riputate sante e divine, pos-
sono qualificarsi di « pregiudizii » e di « superstizioni. »
Onde le savie madri e le accorte educatrici debbon
prender per regola, generalmente infallibile, di allontanare
dalle loro famiglie e dalle mani delle loro figliuole od alunne
tutti i libri e i giornali che adoperano questo insidioso ar-
tificio : e non abbian paura di far giudizii temerarii. Sieno
severe , sieno inesorabili ; ne dubitino di dare alle figliuole
32 UNA MODERNA EDUCATRICE
ed alle alunne il buon esempio di gittar nelle fiamme, sotto
i loro occhi, quei libri e quei giornali. Benedetta la madre,
che facesse questo bel complimento ai fogli della Donna di
Venezia e a questo libello della signora Rosa Piazza !
Secondariamente stieno sull' avviso e cautamente schi~
fino quei libri o quelle persone, che affettano si una certa
religiosita , ma ideale , astratta , generica e rimota sempre
da Gesu Cristo. Questi libri e queste persone sclameranno],
verbigrazia , come la signora Rosa : « fe bella la Fede , e
bellissima la Religione , bisogno dell' anima angosciata ed
illusa! » Ottimamente ! Ma quale fede? quale religione ? La
fede cattolica? Ohibo! La fede « del progresso e della ci-
vilta »: la religione dello « Spirito motore della natura. »
In sostanza si contentano che si creda a un Dio qualun-
que e se ne abbia un'idea anche grande; ma s'ingegnano
di distruggere Tidea di Gesu Cristo e di strappare lui dalle
anime. Questo e propriamente scristianiwo/re T uomo ; cioe
separarlo da Cristo , dalla sua fede , dai suoi sacramenti ,
dalla sua Chiesa, dalla sua vita; che e il fine vero ed ultimo
della massoneria, la quale non altro spira, come Satana suo
capo, che odio immortale a Cristo Verbo incarnato.
Intorno a questo, il celebre Biagio Pascal, tutt1 altro che
« bigotto »,ha un passo che ci pare utilissimo di trascrivere,
voltato in italiano ed abbreviate quanto ci sara possibile.
Ogni suo periodo meriterebbe di essere impresso nel cuore
dei cattolici, e massime di chi educa gioventu, a lettere
di fuoco.
« La Divinita dei cristiani non consiste in un Dio sem-
plicemente autore delle verita geometriche e dell1 ordine
degli elementi : questo e dei pagani . Neppure consiste
semplicemente in un Dio , che esercita la sua provvidenza
sopra la vita e sopra i beni degli uomini , per concedere
una serie di anni felici a coloro che T adorano : questo e
de1 giudei. Ma il Dio de1 cristiani e un Dio d'amore e di
consolazione ; e un Dio che riempie 1' anima ed il cuore che
egli possiede; e un Dio che fa loro sentire interiormente la
DELLA DONNA ITALUNA 33
miseria loro e la sua misericordia infinita..,. II Dio de' cri-
stiani e un Dio che fa sentire air anima che esso e T unico
bene di lei , e che ella non avra riposo altro che in lui; che
ella non avra riposo se non amandolo; ed il quale nel tempo
medesimo le fa abborrire gli ostacoli , che la rattengono e
1' impediscono d' amarlo con tutte le forze. L1 amore proprio
e la concupiscenza divengono per essa intollerabili. Lo stesso
Dio fa a lei sentire che essa ha codesto fondo di amor pro-
prio , e che egli solo ha potenza da guarirnela.
« Ecco che sia conoscere Dio al modo cristiano. Ma
per conoscerlo cosi, fa mestieri conoscere all'ora stessa la
propria miseria ed il bisogno che si ha di un mediatore,
per avvicinarsi a Dio e con esso lui unirsi . Guardiamoci
dal disgiungere queste cognizioni ; poiche, disgiunte che
sieno, riescono non solamente inutili , ma nocive . E per
verita la cognizione di Dio, senza quella della nostra mi-
seria , fa nascere T orgoglio ; la cognizione della nostra
miseria, senza quella di Gesu Cristo, fa nascere la dispe-
razione. Laddove la cognizione di Gesu Cristo ci scampa e
dalF orgoglio e dalla disperazione; perciocche vi troviamo
tutto insieme Dio, la nostra miseria ed il mezzo unico di
mettervi riparo...; poiche Gesu Cristo non e semplicemente
Dio, ma un Dio riparatore delle nostre miserie. Conseguen-
temente tutti coloro che cercano Dio senza Gesu Cristo,
non trovano veruna luce che loro soddisfaccia e veramente
li aiuti. Conciossiache o non giuiigono fino a conoscere
che v' e un Dio, o, se vi giungono, non giova loro, dacche
si formano un mezzo di comunicare senza mediatore con
un Dio, che essi conobbero senza mediatore. E quindi tra-
boccano nel deismo o nell1 ateismo, che sono amendue cose
che la religione cristiana abbomina per ugual modo... Gesu
Cristo e il vero Dio degli uornini, cioe de' miserabili e dei
peccatori. Egli e il centro di tutto e il fine di tutto, e chi
non conosce lui non conosce nulla, ne nelFordine del mondo,
ne in se medesimo. Stantech5 non solo non conosciamo
Dio che per Gesu Cristo, ma non conosciamo noi medesimi
Serie VIII. vol. II, fasc. 499. 3 21 marzo 1871.
34 UNA MODERNA EDUCATRICE
se non per lui. Senza Gesii Cristo e forza che T uomo sia
nel vizio e nella miseria: con lui e esente dal vizio e dalla
miseria. In Gesu Cristo e tutta la felicita nostra, la nostra
virtu, la vita, la luce, la speranza nostra: fuori di lui non
vediamo che oscurita o confusione, tanto nella natura di
Dio, come nella nostra propria natura l. »
Adunque le madri cordate e le educatrici non si lascino
illudere dal misticismo di frasi vacue di senso cristiano, ed
accettabili ancora da chi non sia battezzato, o viva sepa-
rate dalla Chiesa cattolica. Questo naturalismo mistico e
assai inculcato dai seduttori della massoneria, in particolar
guisa alle donne, perche in vista non offende la loro in-
nata religiosita; ma le dispone gradatamente a perder di
mira T oggetto concrete e reale di ogni loro culto, che e
Gesu Cristo, e pian piano ne paganizza lo spirito, la co-
scienza, il cuore.
Con tale garbo procede anche la signora Rosa nel suo
libercoletto. Gesu Cristo e la sua Chiesa non vi sono mai
pure nominati, come per lei non esistessero e per le sue
donne italiane non dovessero punto esistere. E nondi-
meno vi tratta di religione e vi si innalza fino al sublime
di rivelazioni, di visioni e di estasi ridicolissime . Vuole
ingarbugliare le teste delle povere donne ; e percio sugge-
risce loro che possono essere « virtuose » ed ottime, anche
senza Gesu Cristo ; anzi ancora professandosi « materiali-
ste », cioe non credendo ne a Dio, ne nell'anima, ma rite-
nendosi bestie come le scimmie ed i ciacchi . Veclete la
profonda filosofia e la nobile morale, che si racchiude in
questo misticismo massonico della signora Rosa ! Or ap-
punto il reputarsi bestia ed il vivere da bestia e 1' ultima
conseguenza pratica di tutto il sistema, che scristiahizza
Tuomo e la donna.
In terzo luogo le sapienti madri ed istitutrici stieno in
guardia dai libri e dalle persone che mostrano zelo per la
« tolleranza » di tutte le cosi dette « opinioni », circa la
1 Pensees. Part. deux. cap. XV, §. 2.
BELLA DONNA ITALIANA 35
religione e la morale. Questa e un'altra volpina .destrezza
della scuola massonica, per ingenerare nelle anime, prima
teoricamente e poi praticamente , la mdifferenza verso
Dio e verso la onesta. L'errore ed il vizio non possono per
se tollerarsi , ossia rimirarsi coll1 occhio medesimo che
la verita e la virtu. Uno e Dio ; dunque una sola pu6 es-
sere la religione vera ; e noi sappiarno per fede, e anche
per umano discorso, che e la cattolica, apostolica e romana.
Uno e Dio ; dunque una sola pu6 essere la onesta vera ; e
noi sappiamo che e quella compresa nell1 Evangelio. Chi
segue una religione falsa e chi vive disonestamente potra
bensi dai privati « tollerarsi », nel senso che, secondo gli
aggiunti prudenziali, non gli recheranno molestia e non
ringiurieranno : non mai nel senso che mostreranno di
approvare, o approveranno col cuore, il suo falso culto ed
i suoi vizii.
Oltre di che non e lecito avere per opinions una reli-
gione evidentemente certa e divina, com1 e la cattolica;
ed una morale che e intimamente connessa ancora con la
naturale ragione. Si chiamano opinioni le sentenze o le
verita dubbie e disputabili , non le provate e sicure. Ma
contro la religione cattolica e la morale cattolica , non
vi ha religione o morale che sia anche solo dubbiamente
e clisputabilmente vera ; poiche nessuna verita puo stare
contra la verita. Quindi quelle che si spacciano per opi-
nioni sono effettivamente falsita. Eppure nel codice della
moda e delitto di civilta lesa, il rifiutare questo principio
della tolleranza di tutte le opinioni in materia religiosa e
morale. Si, di lesa civilta massonica e anticristiana, della
quale nessuna donna timorata di Dio dee farsi schiava; se
nulla cura la purita della sua fede e I1 onore della sua co-
scienza. Come al pane si ha da dir sempre pane ed al sasso
sasso,'cosi I1 errore si dee sempre chiamare errore ed il
vizio vizio; senza arrossire di questa schietta proprieta di
favella, che e lrornamento delle bocche cristiane.
v3(5 UNA MODERNA EDUCATRICE
II pronmlgare che « con riti diversi , sotto diverse ap-
parenze , con manifestazioni persino opposte , tiitte le reli-
gioni sono benefiche e grandi », e pero tutte sono da tol-
lerare e da rispettare ; e faccenda che va lasciata al cervello
della signora Rosa Piazza e delle sue consorti. La quale e
le quali dovranno poi, se vogliono essere logiche, pro-
mulgare eziandio che « grandi e benefiche » e tollerabili e
rispettabilissime sono pure le religioni, come la maomettana,
che santificano la vendita sui pubblici mercati delle mogli,
delle figliuole e delle serve, ne piu ne meno che se fosser
pecore o giumente. Oh, perche non si mettono a speri-
mentare la « grandezza » del « benefizio », che e T essere
cosi mercanteggiate ?
Sopraccio conviene osservare, che i campioni e le cam-
pionesse di questa tolleranza, in fatti SODO gente la piu intol-
lerante che respiri sotto le stelle ; perocche ogni cosa tol-
lerano , eccetto quelle che a loro non garbeggiano. Quindi
non che tollerino, ma perseguitano a spada tratta la religione
cattolica e quanto a lei si attiene : e questo dicon di farlo,
con la scusa che la religione cattolica e intollerante. Cosi
vediamo la tollerantissirna signora Rosa non avere bile che
basti per isfogarsi contro il cattolicismo , adombrato da lei
nei vocaboli di « bigotteria » e di « superstizione. » 0 stu-
penda maestra di tolleranza liberalesca !
Tutte queste malizie e tutte queste ciurmerie hanno da
tener d'occhio le vigilant! madri ed institutrici, per iscoprire
a tempo la serpe velenosa dei covi massonici, e preservar
da' suoi morsi le loro fanciulle innocenti.
Finalmente stieno guardinghe dai libri e dalle persone
che esaltano la morale indipendente dalla religione. Con
questo nuovo tranello. gli arfasatti e le civette della mas-
soneria pretendono stabilire la credenza, che un uomo e
una donna possono essere fieri di onesta illibatissima , an-
corche non professino veruna religione e si stimino, quanto
all' anima , uguali ai bruti. La bestialita delle conseguenze
che ne derivano e proporzionata alia bestialita del principio.
BELLA DONNA ITALIANA 37
Posto che la religione essenzialmente non conferisca nulla
alia onesta, cade da se ogni osservanza religiosa, la quale
al piu si considerera come affare di supererogazione, a pascolo
di un certo sentimentalismo del cuore ; cade il freno poten-
tissimo , che e il timore delle pene riservate neir altra vita
a chi male opera in questa ; cade lo stimolo efficacissimo
al bene operare, che e la speranza della ricompensa im-
mortale, promessa ai virtuosi; e cade, per dir tutto in poco,
T ordine intero della moralita , il quale poggia in Dio e nel
debito che ha la creatura di sottomettersi alia legge del
Creatore. Onde la virtu stessa si riduce ad una finzione, ed
il virtuoso convertesi in un sepolcro imbiancato, che di fuori
e candido , ma di dentro e laidezza e fecce.
La verita adunque e, che religione e morale sono per
noi inseparabilmente congiunte , e che in effetto non si
possono separare senza annientarle ambedue. E la ragione
sta in cio, che T uomo e ordinato alia vita futura, ove
trovasi il suo fine eternamente immutabile. Mala condizione
richiesta necessariamente ad ottener questo fine, e la mo-
ralita, ossia T adempimento della divina volonta in questa
vita. Chi vive bene, secondo il voler di Dio, avra salute; chi
vivemale, contro questo volere, avramiseria eterna. Senon-
che la regola della volonta di Dio ci e nota per mezzo della
religione, che conferma la legge naturale di onesta ed ag-
giunge il lume della rivelazione soprannaturale . Di piu
il premio ed il gastigo, che costituiscono la sanzione eterna
di questa regola, ci sono manifestati dalla religione. Inoltre
gli aiuti di grazia, indispensabili alia fiacchezza nostra
contro le passioni per seguire questa volonta di Dio, ci son
indicati e somministrati dalla religione. Per lo che tanto e
disgiungere questa dalla morale, quanto distruggerle tutte
e due.
E di fatto, chi ha incontrato nel mondo, eziandio gen-
tilesco, un uomo veramente virtuoso, che fosse privo di
religione e non ricoDoscesse un Dio ? E nel cristianesimo
chi ci sapra mostrare questo portento di un uomo o di una
38 UNA MODERNA EDUCATRICE DELLA DONNA ITALIANA
donna professanti T ateismo, e sinceramente onesti nell'a-
nimo e nelle azioni? Fino a che T uomo e la donna saranno
figli di Adamo e di Eva, la morale indipendente dalla re-
ligione formera sempre scellerati ipocriti, o popolera le
galere ed altri luoghi che tacere e bello. E non e sfuggito
pur anco dalla penna della signoraRosadistratta, che « la
donna razionalista rovina in un abisso di vera depravazione»?
Or donna razionalista e colei che intende prat ic are la mo-
rale indipendente dalla religione rivelata. Che sara poi della
donna materiaUsta, la quale nega anima e Dio, spirito e
coscienza ?
II secreto di questa dottrina satanica e, che si vorrebbero
sottrarre bellamente i presidii della fede e della grazia celeste,
abolendo la pratica e la stima della religione, con indurre
nelle menti T idea, che non se n' ha bisogno per adornarsi
di virtu, ed essere onestissimo uomo e donna integerrima.
E dato cio, a che fine tante preghiere, tante divozioni alia
Madre di Dio ed agli Angeli ed ai Santi? A che fine tanta
frequenza di sacramenti, di chiese, di prediche, di buone
letture? A che fine tanta custodia di se, tanto timore di
offender Dio, tanta apprensione deH'inferno e delpurgatorio?
Se la morale non dipende dalla religione, e la religione
non soprasta la morale, ma sussistono amendue disgregate
fra se, che puo importare a Dio che siamo o non siamo
probi, e che puo importare a noi che Dio ci vegga buoni
o malvagi? E orribile questa conclusione: etuttavia scende
legittimamente fil filo dalla infame premessa, che la morale
e dalla religione indipendente.
Qui porremo termine agli avvisi che ci e caduto in ta-
glio di suggerire alle madri di famiglia ed alle educatrici
cristiane, per occasione delle enormezze empie e sacrileghe
insegnate dalla signora Rosa Piazza nel suo libello. E noi
vivamente desideriamo che questi avvisi sieno accolti con
favore e meditati, e fruttifichino quanto piu e possibile. Co-
si il male delle bestemmie, propalate dalla irreligiosa au-
trice, avra il compenso di aver prodotto un poco di bene ;
e dall'amaro si sara cavato il dolce.
I DISORDINI DI ROMA
NELLA .MATTINA DEL 1O MARZO
Fra le frequent! aggression! , onde i Roman! fedeli a
Dio e al suo Vicario son fatti segno, da che le bombe del
Bixio e i cannon! del Cadorna recarono nella santa citta
T ordine morale , una sopra le altre gravissima avveniva
fuori e dentro la Chiesa del Gesu, il giorno 10 del corrente
mese di marzo. Per non esser tacciati di esagerazione, no!
la ricorderemo colle stesse parole dei giornali liberaleschi,
e solo vi aggiungeremo qualche circostanza, attinta da re-
lazione di persone che furono present! al fatto.
La Capitale nel suo numero 166 racconta cosi : « Que-
sta mattina, poco dopo il mezzo giorno, una folia immensa
di popolo si raduno fuori della Chiesa del Gesu *. Usciva
in quel momento il solito uditorio, del quale facevano parte
molt! reazionarii e caccialepri 2, che il giorno innanzi ave-
vano provocato il Santini, luogotenente della nostra guardia
1 II Tempo la fa ascendere a piu di duemila persone. « Termina'ta la pre-
dica al Gesu duemila e piu persone stavano oziose nella piazza a vedere sfilare
la gente, ehe usciva di Chiesa. » (Numero 458). Vuolsi avvertire peraltro che
cotesta moltitudiue era cornposta in gran parte di plebe sudicia e di paltoniei i
da mezza lira, razzolati per lo piu tra gli Ebrei del Ghetto.
2 Con questo nome i rivoluzionarii designano quella eletta schiera di giovani,
alcuni appartenenti alia nobilta, il resto alia borghesia romana, i quali, capi-
tanati da Principi roniani, formavano una specie di milizia urbana, al servizio
del S. Padre e alia difesa della citta.
40 I DISORDINI DI ROMA
nazionale T. La folia cominci6 a fischiare ; ed uno dei cac-
cialepri, fattosi sopra gli altri, incomincib in aria di scherno
a batter le mani. Uno della folia gli scagli6 allora un ba-
stone che non lo percosse 2. Fu quello il segnale di una
dimostrazione ostile e molto minacciosa. Caccialepri e li-
beral! s'azzuffarono sulla porta della Chiesa che guarda il
palazzo Altieri. Fu una pugna generale, accanita. Schiaffi
e bastonate volavano in tutte le direzioni. Dalla porticina
laterale la zuffa si trasporto piu viva nella piazza del Gesu. »
La Liberia nel suo numero 58 narra il fatto in questi
termini . « Anche oggi sono avvenuti ^nuovi disordini al
Gesu. Due dei nostri collaborator! ci riferiscono i fatti se-
guenti, di cui furono testimonii oculari. La predica del P.
Tommasi non ebbe nulla di straordinario . II Predicatore
tratto della confessione, ma non fece nessuna allusione
politica 5. In Chiesa Vera meno gente del solito. Intanto
fuori della Chiesa si erano adunati alcuni giovani , assai
1 Per intendcre in che consistesse questa provocazione, e da sapere che il
detto Santini, il giorno innanzi, insieme con altri giovinastri della sua stessa
risma, essendo entrato in Chiesa in tempo di predica, si era messo, con voce ab-
bastanza alta a befleggiare il predicatore t in guisa da stomacarne i vicini.
Uscito di Chiesa in mezzo alia folia , comincio dire : Non credete alle ciance
che ha predicate quel frate , ed altre simili cose in dispregio della parola di
Dio . Indegnati alcuni giovani cattolici gli diedero sulla voce. Di qui nacque
tra 11 Santini, fiancheggiato dai suoi satelliti, e i giovani cattolici una violenta
barufla, con percosse e ferite dall'una parte e dall'altra.
2 In cio son conformi le relazioni degli altri giornali liberaleschi. Per loro
confessione adunque la provocazione fu da parte dei rivoluzionarii, prima coi
tischi, poscia col bastone scagliato, a segnale del premeditate tumulto. Vuolsi
peraltro avvertire che, oltre il bastone, furono scagliate delle palle di piombo;
« che non erano fischiati soltanto i cosi detti caccialepri, ma quanti uscivano
ddla Chiesa, e tra questi alcune famiglie inglesi, americane, prussiane , dae
nobilissimi signori della deputazioue austriaca , venuti in questi giorni per
IK-escntare un indirizzo al S. Padre , ed anche 1' incaricato della legazione
fraucese, che piu tardi usciva dall'attigua casa del Gesu. Alcuni di questi
gia indirizzarono richiami ai loro rispettivi Governi per 1'insulto ricevuto.
3 Anche il Tribuno, benche sozzamente maledico contra, tutto cio che sa
di sacro , e costretto a dire : « La predica di frate Tommasi si e versata
sulla Confessione e non ha avuto nulla di politico. » (Num. 67). Non puo dunque
spacciarsi che le parole del predicatore avessero dato occasione al tumulto.
NELLA MATTINA DEL 10 MARZO
41
conosciuti in Roma per le loro opinion! liberali . Poco a
poco i capannelli andarono ingrossando, tantoch& e sulla
piazza e nelle strade adiacenti vedevasi una folia del
tutto insolita. Finita la predica un poco piii tardi del so-
lito , primi ad uscire dalla Chiesa furono alcuni Cacciale-
pri. Questi si avanzarono con aria minacciosa e quasi di
sfida T. Alcuni dei giovani liberali che si trovavano nella
folia, e che erano come chi dicesse in prima linea, si fecero
avanti, fischiando i Caccialepri . Nacque fra gli uni e gli altri
una deplorabile collisione, e furono scambiati dei colpi di
bastone e varie percosse a mano.
« Mano mano che i Caccialepri uscivano di Chiesa, erano
chiamati a nome e fischiati. Intanto di rinforzo della Guar-
dia di pubblica sicurezza e dei carabinieri, che gia si tro-
vavano sulla piazza, sopraggiunsero due Compagnie del 62°
reggimento fanteria, gia consegnate una nel Convento del
Gesu e Taltra alia Minerva ; una parte di esse fece fronte
al popolo voltando le spalle alia Chiesa ; il resto chiuse gli
sbocchi delle strade , che mettono alia piazza del Gesu.
Furono fatte le intimazioni legali ; ma la folia numerosis-
sima non vi abbado , tantoche la truppa fu costretta ad
eseguire ripetute cariche alia baionetta per disperderla. Per
fortuna quelle cariche non produssero alcuna disgrazia 2. La
folia ritirandosi dinanzi alle truppe , si riformava appena
erano passate , e continuava ad accogliere con fischi e
segni di disprezzo coloro, che uscivano dalla Chiesa, e sono
piii noti per la loro avversione al regno d' Italia 8.
1 Questa e una delle solite menzogne dei giornali liberaleschi. Figuratevi,
se pochi giovani, coraggiosi, si, ma virtuosi e modesti, quali son quelli a
a cui la canaglia da il nome di Caccialepri , volessero uscir di Chiesa in aria
di sfida verso una moltitudine tanto maggiore, e pronta ad ogni eccesso! L'aria
minacciosa e quasi di sfida, che dice il giornale, non era altro che un digni-
to&o contegno, proprio di persone educate e d'animo intrepido.
* Manco male ! Persone, che furono presenti, ci riferiscono che quelte
cariche apparivano manifestamente fatte per sola cerimonia.
8 Torniamo a ripetere che erano accolti con fischi e villani insulti ed
oscenissime parole tutti quelli che uscivano di Chiesa, non escluse le donne,
eziandio di alta condizione.
42 I DISORDINI DI ROMA
« Mentre questi fatti accadevano sulla piazza del Gesu,
fatti non meno spiacevoli e dolorosi avvenivano nelF in-
terno della Chiesa. » Qui i giornali liberaleschi tessono una
filatessa di bugie, dicendo che la forza pubblica dovette
entrare in Chiesa per rimettervi Fordine e raccogliere ba-
stoni, stili, ed altre armi. « Una parte del popolo, alcuni
ag-enti della pubblica forza ed alcuni soldati entrarono in
Chiesa ove il disordine era grandissimo. Furono immedia-
tamente sequestrati molti bastoni, appartenenti per la mag-
gior parte a coloro che gia trovavansi in Chiesa; e si e
riconosciuto che alcuni di essi erano animati dallo stocco.
Ci viene riferito che siano stati sequestrati anche degli
stili T . » Ma il vero e che essendosi sul principle del taffe-
ruglio della piazza chiuse le porte del ternpio; tutto ad un
tratto si vide venirne spalancata una ed entrare per essa
furiosamente una turba di carabinieri, di guardie nazionali,
di guardie di pubblica sicurezza colle spade e daghe sguai-
nate, seguite da soldati coi fucili spianati. E questo furioso
irrompere d:armati nella Chiesa fu la vera cagione del di-
sordine in essa avvenuto, massime per lo spavento delle
signore che vi erano dentro. Varii furono gli arresti, che si
fecero nella Chiesa di giovani onestissimi e civilissimi, rei
non di altro che di essere intervenuti alia sacra concione ;
e tra questi di un giovine prete, figlio del conte Barbiellini,
e dello stesso celebrante che, finita la Messa, al veder tanto
baccano in Chiesa, indegnato sgrido i violatori della casa
di Dio.
Sara bone riportar qui quasi per intero una lettera di
un sacerdote spagnuolo, sig. de Costa, il quale fu testimo-
nio insieme e vittima del bestiale contegno, tenuto dagli
agent! del Governo nel penetrare in Chiesa. « Trovandomi
La Liberia luogo sopraccitato. Quanto cio sla false, si pu6 argomentare
da questo solo che tutti i giovani cattolici, arrestati furono dopo 28 ore ri-
inossi in liberta. Avrebbe la questura liberalesca usato verso loro tanta in-
dulgeuza, se si fossero trovati dctentori di armi violate?
NELLA MATTINA DEL 10 MARZO 43
ieri, dice il prelodato sacerdote , alia Chiesa del Gesu ad
ascoltare la predica, terminata questa voleva partire : ma
dovetti restare per ubbidire agli ordini di alcuni agenti della
pubblica autorita, che dalla porta ci comandavano di non
uscire . Sperava come tutti gli altri fedeli, che cessasse la
ingiustificabile aggressione, che molti uomini della plebe
facevano contro i fedeli cattolici. Ma quando credeva che
la forza pubblica arresterebbe gli ammutinati e i capi loro, o
almeno scioglierebbe Tammutinamento, affin di lasciar libero
il passaggio; vidi con grande e dolorosa mia sorpresa che
la plebe continuava i suoi vili insulti e schiamazzi, facendo
un compatto cerchio intorno alia Chiesa, senza essere per
nulla impedita; e che numerosi agenti dell1 autorita go-
vernativa , uno -dei quali col sigaro in bocca, invasero il
sacro tempio, ingiuriando con sconce parole quanti erano
la radunati , e ministrando colpi di sciabola a diritta ed a
sinistra. Vedendo che non avevano nessun riguardo ne pel
sesso ne per 1'eta, giudicai opportune fare ad essi osservare
attentamente il mio carattere sacerdotale e che, essendo
spagnuolo, mi sarei lagnato al mio ambasciatore, se segui-
tavano ad ingiuriarmi con parole o fatti. Fu allora che in-
vece di arrestarsi , uno degli agenti dell' autorita, alzando
il braccio, scaricd sopra la mia testa un colpo di sciabola
che, cadendo sulla spalla sinistra, taglio la mia sottana e
gli altri panni che indossava; ma per misericordia divinanpn
mi fece che una fortissima contusione, le cui conseguen-"
ze non sono state gravi, perche io potei schermire in parte
il colpo. Domandai soccorso agli altri agenti del Governo ,
e questi, invece di calmare la cieca rabbia del loro com-
pagno, m'insultarono; ed uno di essi miappoggio la punta
della sua sciabola sul petto, sforzandosi di ferirmi. Giudico
inutile, signor direttore, ogni commento su questi fatti.
Come sacerdote e come cattolico, perdono di tutto cuore ai
miei offensori ; ma come spagnuolo, offeso gravemente da-
gli agenti della pubblica autorita di Roma, ho dovuto ri-
44 I DISORDINI DI ROMA
ferire quest! fatti scandalosissimi a S. E. T Ambasciatore di
Spagna a Firenze, per mezzo del sig. Incaricato di affari di
Spagna presso la Santa Sede, affincKe protegga efficace-
mente gli altri sudditi spagnuoli contro simili aggression!
nella Capitale del mondo cattolico. »
Questa lettera sottoscritta dal De Costa e inserita nel
numero 60 dell' Osservatore romano; dove si trova altresi
un1 altra. lettera del sacerdote Collalti ( il celebrante che
venne arrestato ) nella quale vengono riferiti piu minuta-
mente ancora gli atti d1 irriverenza e d' insensata ferocia ,
che commisero nel santo tempio gli agenti della pubblica
forza, e le bestemmie invereconde che alcuni di loro pro-
ferirono T. Ne e meraviglia; giacche molti di costoro sono
o increduli, o protestanti stranieri alia citta, o ebrei. E a si-
mil genia dovrebbe essere affidata in Roma la maesta del
Pontefice e la riverenza al culto cattolico! E intanto che
1 « . . . Proseguendo la celebrazione del S. Sacrificio fui incradibilmente
frastornato dall' allarme, dai gridi, dall'urto d'armi che ognora piu cresceva
dcntro la stessa Chiesa , e mi avvidi che fin dentro al Presbiterio eran pe-
nctrati i soldati, e sopra i gradini dello stesso Altare Maggiore. E potei ine-
glio accertarmene quando, voltomi per dire \\Misereatv-r affine di ministrare
la S. Comunione ad alcuni fedeli, rnirai soldati di ogni arma con pistole alia
inano, sciabole e fucili, i quali intimavano recisamente alle persone divote
assistenti alia S. Messa di ritirarsi ed uscire dal Tempio.
«... Appena mi rivoltai per il Misereatur , preso da zelo cattolico, mi
indirizzai ai soldati che mi circondavano entro il Presbiterio, e dissi, che si al-
lontanassero perche quello non era posto per loro, e che tutti erano scomunicati.
«... Non volendo deporre i sacri arredi prima di parlare col Superiore
della Chiesa, e protestare innanzi a lui dell' insulto fattomi, oltre ad altre in-
credibili villanie ed ingiurie al sacro carattere , ed agli abiti santi che rive-
stiva , una Guardia nazionale disse : « leghiamolo cosi da Pulcinella e da
Fantoccio e portiamolo ammanettato per Roma. » Risposi che questo io de-
siderava. Senonche un Delegate osservo che cio non si poteva , ma che m»
avrebbe lasciato chiuso in quella camera senza rnangiare con due guardie.
Allora la detta guardia soggiunse , sorridendomi in faccia e digrignando i
denti,. ma no, portiamolo ammanettato, perche ha maneggiato quel (ho
ribrezzo a dirlo) . Ed uno dei Reali Carabinieri (credo basso ufficiale, perche
aveva due striscie all'uniforme) rivolgendosi a me, e beffeggiandomi disse, che
egli voleva mettere le manette non solo a me, ma ancora a quel Boia di Pio IX,
e che lo trascinerebbe per tutta Roma.a
Lettera del Collalti stampata nell' Osservatore romano.
NELLA MATTINA DEL 10 MARZO 45
ha fatto il Governo per punire cotanta infamia? Nulla. II
Collalti si profferiva al Questore di riconvenire il turpe
carabiniere delle sue impudenti parole. Ma il Questore cre-
dette bene di svignarsela, col volgere altrove il discorso e
mettere subito in liberta il Collalti. E intanto a Firenze si
canguetta di guarentige e di eguaglianza del Papa al Re
nel rispetto dovutogli ! !
Or quali sono le considerazioni che suggerisce un si
tristo avvenimento? Moltissime . Ma noi ne sceglieremo
una sola , ed e che questi disordini, divenuti oggimai si
frequenti, sono una prova di fatto di ci6 che dimostram-
mo in un altro articolo , della impossibility cioe di coe-
sistenza in Roma di due Sovranita, Tuna spirituale, Taltra,
temporale . Fra gli altri argomenti, che noi quivi recam-
mo per dimostrare una tale incompatibility uno era tolto
dalla dura condizione , in che si sarebbero trovati i fe— .
deli, di cui perfino gli atti di cristiana pieta, o di de-
vozione al Vicario di Cristo, sarebbero interpretati in senso
politico e come dimostrazioni reazionarie ed ostili ai so-
pravvenuti padroni. Noi vorremmo che ben si capisse co-
testo punto, il quale e di somma rilevanza nella presente
quistione. Roma non e come qualunque altra capitale an-
nessa al regno d1 Italia, quali sarebbero a cagion d'esem-
pio Napoli o Firenze. In queste i Principi contendenti , il
detronato e V occupants, essendo ambedue laici, la reli-
gione puo restare fuori della contesa, e i fedeli possono
praticarla liberamente, senza dare con cio sospetto al Go-
verno ed eccitar la rabbia dei liberaleschi. In Roma non e
cosi. In essa la politica e di natura sua intimamente con-
nessa colla religione ; e gli atti dell1 una difficilmente pos-
sono sceverarsi appieno dagli atti dell'altra. Cio nasce da
1 Si vegga altresi la lettera del sig. Barone di Nagel Stlingen, ufficiale
prussiano, riportata dall' Osservatore romano nel suo nurnero 63, nella quale
quell' onorevole signore, come testimonio di veduta , riferisce i fatti scanda-
losi della plebaglia fuori della Chiesa e degli Agenti del Governo dentro la
Cbiesa.
46 I DISORDINI DI ROMA
questo, che in Roina il Principe spossessato e capo altresi
della Religione, e la sua civile sovranita e sacra siccome
guarentigia e tutela clella sovranita spirituale . Guardate
infatti ai luoghi , dove accadono cotesti conflitti ; e alia
ragione che i liberal! ne adducono. Quanto "B! luoghi, essi
non sono le porte dei circoli Cavour e Bernini ; dove i libe-
ral! si assembrano ad infernale tregenda. Non sono il teatro
Corea, o i viali dello Sferisterio, dove essi convengono a
celebrarvi le loro orgie e i loro saturnali. Neppur sono i
teatri, e gli altri ritrovi per la veglia, per la danza e per
altre cose, che il tacere e belio. Siffatti luoghi sono im-
muni da tumulto, perche i buoni cattolici se ne tengono
lontani. Ma i luoghi, dove spesso accadono scandali, ba-
ruffe, lotte,sono ordinariamente i tempi! e gli oratorii. Cos!
avvenne alia basilica Vaticana, alia Chiesa di s. Ignazio, a
s. Nicola in Arcione, alia Chiesa nuova, alia Pace, e massi-
mamente al Gesu, dove i fedeli sogliono accorrere in mag-
gior nurnero.
E qual e la ragione che ne recano i liberali? Le provoca—
zioni da parte de'cattolici. « Noi vogliamo avvertire i clerical!
di Roma, che essi fanno troppo a fidanza colla longanimita e
generosita della nazione, e che questa un di o 1'altro potrebbe
far loro sentire quanto terribile sia ilpeso della sua potenza.
Xoi vogliamo constatare qui che le Chiese son divenute
appostamenti di aggressor!, e che il partito sanfedista, pi—
gliando per debolezza, per paura , la moderazione della na-
zione, trascorre alle pia auclaci provocazioni. » Cosi la Ca-
pitalemun furibondo articolo, scritto in occasione del fatto
dicui ragioniamo.Eil Tempo, altro giornale liberalesco,par-
lando del medesimo avvenimerito, esclama: « Se i cleri-
cal! ci sfidano e ci provocano col loro contegno , possono
essi trovare tutti i giorni un'uguale tolleranza? » E sullo
stesso metro gridano gli altri giornali, del partito dominante.
Queste parole a prima vista potrebbero sembrare da
ebbro. Imperocche come puo dirsi che provocatori sieno i
cattolici, quando non sono essi quelli che vanno a cercare
NELLA MATTINA DEL 10 MARZO 47
i liberal! nei loro convegni, dove bestemmiano contro ogni
cosa piii santa , ma sono i liberal! che vanno a cercare i
€attolici per fischiarli e dileggiarli e percuoterli all' uscir
dalle Chiese ? Di due famiglie rival! che si azzuffino in una
delle rispettive lor case, quale sara dal senso comune giu-
dicata la provocatrice e quale la provocata? La risposta nes-
suno esitera a daiia. Chi rimanendo nella casa propria viene
assalito, quest! e certamente il provocato: chi va ad as-
salir 1'altro nella sua dimora e il provocatore. Applicate
ora questo dettame del piu volgare buon senso al caso
nostro, e giudicate se i liberal! possano essere stati essi i
provocati. Singolar provocazione che sarebbe veramente
cotesta ! Per metterla in effetto i liberal! si son data la in-
tesa fra loro, si sono radunati a bella posta in una piazza,
han fatto massa insieme ; e tutto questo unicamente per
attendere con tolleranza, con moderazione, con longanimita
la provocazione dei cattolici. I cattolici al contrario a far
. questa provocazione hanno aspettato giusto il momento, nel
quale intrigati tra la folia, impacciati nella stretta d'un'u-
scita, non poteano neppur movers! non che far forza e vio-
lenza altrui! E come intendere poi che tali provocatori sieno
andati a mescolarsi cosi alia rinfusa con vecchi, con fan-
ciulli , con donzelle, con matrone , e si sieno preparati ad
unassalto premeditate col passare delle ore intere in Chiesa,
ascoltando un lungo e per nulla battagliero discorso sopra
la eonfessione?
Senonche cessa ogni meraviglia , se si considera che
questo appunto e considerate dai liberal! qual provocazio-
ne : il dar pubblica mostra di cristiana pieta. Questo pei
liberal! e un insulto da non potersi tollerare. Essi lo ri-
guardano come un atto non solo di devozione a Dio , ma
di fedelta al Pontefice.
Si e detto 'da alcuni che le provocazioni consistessero
nelle allusion! politiche, .che si facevano dai sacri oratori.
MaTmettezza di un tal sotterfugio apparisceperfino a! ciechi.
Se cosi fosse , la rabbia libertina si sarebbe sfogata contro
48 1 DISORD1NI DI ROMA
essi sacri oratori, e non gia contro il popolo fedele, che n'era
innocente. In secondo luogo gli stessi giornali liberaleschi,
come vedemmo, furono costretti a confessare che la predica
del P. Tommasi non aveva avuta nessuna allusione politica.
In terzo luogo se T accusa fosse fondata, ci sono i tribunal!
e le autorita governative, che si mischiano volentieri di tali
faccende e le quali sono interessate a cercare, come suol
dirsi, il pelo neir uovo in tutto cio che si dice o si fa dai
cattolici . Or per quanto i giornali liberaleschi abbiano
schiamazzato contro le pretese allusioni, ha potuto mai la
pubblica autorita avverarne niuna? Mail fatto e che cotesta
accusa in cambio d' indebolire, conferma anzi la nostra pro-
posizione. Imperocche i liberali veggono un' allusione po-
litica in qualsiasi verita evangelica che si annunzii. Se un
sacro Oratore parla contro il furto sacrilego delle cose ap-
partenenti al divin culto, si dice che egli sfolgora T occu-
pazione di Roma. Se inveisce contro i violator! del sesto
precetto, si dice che egli intende ferire il tale o il tal altro -
dei governanti. Se ragiona delle censure ecclesiastiche, si
dice che richiama alia memoria la scomunica, incorsa dagli
invasori della State della Chiesa. Se esalta Tossequio ma-
nifestato al Vicario di Cristo con tanto commovimento del
mondo cattolico in suo favore, si dice che invoca e pro-
mette agli uditori 1' intervento straniero. Oggimai non ci
e punto di domma o morale cristiana, che un predicatore
possa toccare impunemente; ed e simigliante a miracolo che
avendo il P. Tommasi parlato della Confessione , non ci si
sia veduto un invito al pentimento, per coloro che aderi-
rono al Governo, mancando di fede a Dio ed al Pontefice.
Ecco pertanto T insopportabile condizione che e fatta
ai cattolici in Roma : non poter esercitarsi pubblicamente
in atti di religione e di amore al Pontefice, senza divenir
segno ai furori dei liberali e alle vessazioni del Governo.
La qual dura condizione si rende anche piu grave dalla
qualita di carafctere del Romano. II Romano non e , come
molti altri cattolici di altre citta d' Italia, timidetto.e riguar-
NELLA MATTINA DEL 10 MARZO 49
doso; sicche ceda alle minacce e si ritiri dinanzi alPassalto.
II Romano e pieno di magnanimita e di coraggio, ed inclina
piuttosto all' audacia che al timore. Ben si vide nel fatto
dell' 8 dicembre, dinanzi alle porte del Palazzo Vaticano ,
quando pochi giovani armati del solo ombrello sosten-
nero impavidi le aggressioni della numerosa bordaglia liber
ralesca , fornita di armi da taglio e da fuoco ; sicche altri
ne fugarono ed altri ne disarmarono. E benche, come era
naturale, alcuni di loro rimanessero feriti, non si sbigottiro-
no percio, maanimosi tennero testa, finche non intervenne
la forza pubblica. Cristianamente poi generosi rinunzia-
rono ad ogni azione, dinanzi ai tribunali, contro degli ag-
gressori. Tale e il carattere del Romano. Di qui nasce che
in Roma quanto piu il Governo o il popolaccio, venuto
massimamente di fuori, si sforza d' intimidire i cattolici,
tanto piu si aumenta in questi la deliberata volonta di mo-
strarsi pii all'aperto ossequiosi a Dio e devoti al Vicario
di Cristo. Quindi il pericolo di lotte e di zuffe in cambio
di diminuire , andra anzi sempre piu crescendo col tempo.
Al che si aggiunge la qualita delle persone , a cui e
affidato Tordine pubblico, le quali sono ben liragi dal-
Tispirare fiducia per 1' avvenire. Fu nptato dagli stessi
fogli liberaleschi che i tumultuanti al Gesu, il giorno 10,
erano principalmente composti di guardie nazionali. « leri
dalle ore 11 in poi in piazza del Gesu e nella via dello
stesso nome formavansi parecchi capannelli di giovani,
appartenenti in gran parte alia guardia nazionale, tutti
vestiti in borghese . » Cosi il giorno appresso al taffe-
ruglio narrava il fatto la Nuova Roma \ Di piu fu anche
osservato che i gendarmi e le guardie di pubblica sicu-
rezza, che circolavano intorno alia Chiesa, sul finir della
predica si allontanarono , andando verso il Campidoglio
e la piazza di Venezia , quasi licenziando con tal atto i
male intenzionati ad operare liberamentefc Come poi si dipor-
1 Numero 70. / disordini di ieri al Gesu.
Serie VIII, vol. II, fasc. 499. 4 21 marzo 1871.
50 I DISORDINI DI ROMA
tassero in Chiesa, lo abbiamo accennato piu sopra. Infme lo
stesso Governo colla quasi nullita delle precauzioni , mostr6
che quasi avesse gusto di cio che apparecchiavasi. Onde per-
fino la Liberia, foglio ufficioso, non pote contenersi dal far-
gliene pubblico rimprovero. « Ci sembra, ella scrisse, che la
Questura non si sia condotta con quella prudenza che T e
abituale. Fino dalle prime ore di questa mattina si parlava
di disordini che sarebbero avvenutiin piazza del Gesu, dopo
la predica ; e le voci corse furono ben tosto confermate
dalla riimione di alcuni capannelli . Era pertanto dovere
della Questura d1 impedire che i disordini avvenissero, ri-
correndo a qualche provvedimento straordinario, ma giu-
stificato sempre dalla necessita suprema che Tordine sia
mantenuto T. » La negligenza nel prevenire e superata dalla
ingiustizia nella punizione. Benche gli aggressori fossero
i liberali, gli arrestati farono quasi tutti del numero de'cat-
tolici. De'cattolici appunto alcuni sono feriti, e tra questi
un giovinotto ventenne e in pericolo di morte; sicche nel
momento, in cui scriviamo, ha gia ricevuti gli ultimi sa-
cramenti. II Governo, per mostrarsi zelante, ha aperto un
processo; ma i nostri lettori si ricordino questo presagio :
il processo o non si proseguira, o il risultato del giudizio
sara un Non consta; come accadde dell' altro giudizio sui
fatti deirs dicembre. E qui sorge spontanea alia mente di
ciascuno questa interrogazione : Se cosi si comporta il
Governo mentre e tuttavia sugl' inizii e nelF impegno di
mostrare al mondo cattolico che egli sa guarentire in Roma
la dignita del Pontefice e la liberta della Chiesa; che do-
vremo aspettarci , quando egli si credera gia assodato e
libero da un tal pensiero ?
Da ultimo, un altro capo, rende difficile la condizione
de'Romani a fronte del Governo e delpartito liberalesco, ed
o la gran moltitudine di coloro, che pubblicamente si son
dichiarati di rimanere anche civilmente fedeli al Pontefice.
Del clero secolare e regolare non occorre discorrere ; la
1 Nniucro 68.
NELLA MATTINA DEL 10 MARZO 51
cosa s' intende da se. Quanto alia Nobilta, essa quasi tutta
ha fatto le sue solenni protestazioni con indirizzi al Ponte-
fice, pubblicati sopra i giornali. Quanto alia borghesia, basti
notare il fatto, unico al mondo, delFaver gl'impiegati di tutte
le amininistrazioni, quasi inmassa rifiutato di prestar giura-
mento, sicche i rimasi in ufficio possono noverarsi sulle dita.
L'esercito, come saognuno, erapiu che per meta composto di
sudditi pontificii. Or questi, fatte rarissime eccezioni, hanno
tutti negato di militare sotto la nuova bandiera ; benche il
Pontefice li abbia prosciolti dalF anterior giuramento. Fi-
nalmente, per conoscere i sentiment! del minuto popolo,
basti considerare che quando vuol farsi una dimostrazione
liberalesca, bisogna pagarla a buoni contanti, e reclutarne i
rappresentanti parte nel Ghetto, parte fra la bordaglia di
tutta la Penisola, che in Roma ha piantato il nido, e parte
tra la feccia, la quale in ogni popolosa citta suol abbondare,
e sarebbe miracolo da nonpreteadersi, se in Roma mancas-
se del tutto . Cio posto, ognun vede che un tale stato di
cose; dee di necessita partorire maggior risolutezza nei buoni
dali1 un dei lati , e dall' altro maggior dispetto e sdegno
nei tristi. Da qual parte poi debba traboccar la bilancia
del Governo, non e uopo cercarlo, tanto solo che si guardi
airinnata tendenza, che ogni essere ha della propria con-
servazione. E un tale stato del tutto singolare di Roma non
fu potuto nascondere dallo stesso ministro Lanza, il quale,
rispondendo a un1 interpellanza sopra 1'avvenuto al Gesu ,
il giorno 10, disse : « Le condizioni di Roma sono diverse
da quelle delle altre citta. Vi e un partito (qual sia, questo
partita lo vedemmo teste } che non vuol tollerare il nuovo
ordine (meglio disordine) di cose; e vi sono agitatori
impazienti ed intolleranti dell' indugio pel trasporto della
Capitale . Per cio e .facile che accadano urti ' ». Queste
parole in bocca al ministro italiano , sono assai signifi-
canti . Esse fanno risovvenir di quel detto : A buon inten-
ditor poche parole.
1 Vedi Osscrvatore Romano, n. 60.
RIVISTA
BELLA STAMPA ITALIANA
I.
La teorica delict, Filosofta di Antonio Martinazzoli, membra ef-
feUivo dell' Accademia del concorsi scientifico-letterarii. Milano
1870. Un volume in 12° di pag. 176.
E questo il primo lavoro, che da alia luce un giovane ma fer-
vente cultore della scienza filosofica. II motivo, che lo ha spinto a
pubblicarlo, e esposto da lui in questi termini. « Non devo su questo
confessarmi interamente al pubblico : bastigli sapere che sul punto di
dedicarmi ex professo a questi studii, ai quali natura m'inclina, ho
creduto bene tentarlo e dargli tanto che potesse recare un giudizio ,
onde avermi, dagli spiriti dotti e colti, una parola sincera d'incorag-
giamento, od un franco avviso pel quale mi ritiri e cessi da una car-
riera, sulla quale con nessuna mia gloria e poco vantaggio della societa
mi potrei lanciare. E questo lo scopo immediato del libro che hai tra
mano, o lettore, ed in questo hai pure una ragione dell' essere stato
precipitate e dato, forse anzi tempo, alia luce 1. »
Quanto a questo lodevolissimo scopo, se abbiamo ad esprimere
il nostro giudizio, ci sembra che gli spiriti dotti e colti possono pure
con tutta verita dare al giovine Autore i piu caldi incoraggiamenti
a proseguire con lena nel preso arringo, sicuro che riuscira a meta
onorata per se e vantaggiosa per altrui . Imperocch6 la lettura del
libro ci ha persuasi che il Martinazzoli e dotato di felice ingegno,
di buona logica, di chiarezza di esposizione. Inoltre egli scrivecon
affetto, con brio, e spesso ancora con eloquenza. Siane esempio il
tratto seguente. Parlando egli dell'amore dice: « Triste e dolorosa
vicenda di quaggiu, ove bisogna piangere per conoscere la vita! Se-
dotto, attratto quasi alia bellezza d' un oggetto, spinto da forza in-
domabile tu ti precipiterai a lui, te lo costringerai palpitando al seno;
ma non cessa ancora 1'estasi di quel primo istante, dura tutta via quel
primo mebbriamento dell'anima, ch'egli ti si scolora, impallidisce ,
langue! II tuo amore, la tua vita alzeranno un grido di spavento ;
ma egli continua a divenir freddo; il veleno mortale della distruzione
gli serpeggia per le vene, il suo labbro e mosso appena dall'alito vi-
vihcatore, il suo occhio s'offusca e travolge, egli ti si riversa dinanzi
1 Pag. 8.
RIVISTA DELLA STAMPA ITALIANA 53
senza vita: si rilascia, si dissolve, va in polvere. Ti chinerai a ba-
ciar quella polvere; ma la troverai muta, gelata. Da lei non ti pu6
piu sgorgare la vita , perche non puoi amare un pugno di terra che
a tutta 1'altra si mescola e confonde. Allora cordogliando inconsola-
l)ile, ti sentirai stretto da mortale angoscia, oppresso, soffocato, vinto
da indicibile aflanno. Allora ti rompera dal petto esagitato quel grido
disperato: Tutto e fmito per me. E tale sarebbe il destino non evi-
tabile dell' uomo, ove la cerchia della sua esistenza venisse circoscritta
dal mondo sensibile, e la sua vita non s' avesse il suo principio e
rinvenisse il suo fine al di la di quest' universe corporeo l. » In que-
sto, come in tanti altri luoghi, 1'Autore mostra apertamente di se-
pararsi da quel vile materialismo, ond'e insozzata quasi tutta la fi-
losofia del risorgimento rivoluzionario italiano. Ma diciamo qualche
cosa piu in particolare della dottrina contenuta nel libro.
L' operetta e divisa in .due parti: 1' una tratta dell' obbiettivo,
l"altra del subbiettivo. Nella prima prende a confutare lo scetticismo,
sotto il cui nome intende comprendepe tutti i falsi sistemi filosofici
del tempo nostro. « Assume, egli dice, praticamente il nome scetti-
cismo, come quello che indica ed abbraccia in fatto tutti gli errorf,
scettici o razionalistici; avvegnache realmente il razionalismo, il cri-
ticismo, lo psicologismo, 1'idealismo, lo scetticismo non danno altro
che le varie fasi del medesimo sistema, ed esprimono a capello i tre
stadii di vita dello stesso principio, se di lui vogliamo ad essi sottoporre
e la garrula fanciullezza e la balda gioventii e la decrepita vecchiaia.
Con tal nome pertanto intendo tutti quegli errori, che per infinite gra-
dazioni procedendo devono inevitabilmente cola capitare e morire 2. »
Dichiarato cosi che cosa comprende sotto il nome di scetticismo,
egli passa a determinare Terror capitale di un tal sistema, quello cioe
in cui esso si riassume; e dice che si fatto errore e la negazione della
realta e obbiettivita della conoscenza. A stabilire ci6 egli si vale delle
parole stesse del Franchi , il quale si spaccia per principale rappre-
sentante di esso scetticismo. Costui dunque nelle lettere, da lui det-
tate sopra tale argomento, spiegatamente dichiara che la questione
tra lo scetticismo e i suoi avversari si riduce a sapere se oltre il fe-
nomeno subbiettivo, debba amrnettersi o n6 1' esistenza di una realta
oi)biettiva 3. E piu sotto soggiunge. « L'ente intanto esiste, in quanto
£ percepito dalla mente umana ; ossia egli e una creazione, un pro-
dottodell'umana intelligenza. Ora, vi sovviene? quest' era precisamente
la dottrina scettica , che io contrapposi sempre alia vostra dogmatica :
noi toon conosciamo altro essere delle cose, che quello relative alia
mente umana, cioe il subbiettivo: ma il loro essere in se ed assoluto,
cloe 1' obbiettivo, non cade sotto la nostra conoscenza, e per noi 6 nulla.»
I Pag. 139. — 2 pafir. 9. __ 3 Lettera quarta.
54 RIVISTA
L'Autore prende a confutare un tanto errore. Egli dimostra quanto
sia stolta la baldanza dello scetticismo nel ripudiare tutto ci6 che i piu
sublimi intelletti insegnarono intorno a Dio, all' anima umana,al mondo
corporeo; quanto sia contraddittoria la sua dottrina, la quale nella ne-
gazione stessa si mostra dommatica; quanto sia assurda la sua po-
sizione di negar 1'essere ammettendo il fenomeno, quando non altro
e il fenomeno che la manifestazione dell'essere. L' ente, si dice, e
una creazione del nostro spirito. Ma questo spirito, che crea, e reale,
o e anch'esso apparente? e se e apparente, sara il prodotto di un
essere o di un'anteriore apparenza? Lo scetticismo da se medesimo si
caccia in un pecoreccio, da cui in niun modo puo trovare 1'uscita.
Esso non puo sbrigarsene altrimenti, che col distruggere le leggi stesse
del pensiero, e stabilire non correre differenza tra raziocinio e para-
logismo, illazione e inconseguenza, verita ed assurdo, coerenza e con
traddizione; ma tutto esser lo stesso ed avere lo stesso valore. Con
cio vien distrutto non solo 1' essere, ma anche il fenomeno; ed e reso
impossible ogni discorso razionale della mente.
L'Autore passa a esaminare piu in particolare i diversi capi del
s'stema scettico e le dottririe dei diversi tilosofi che concorsero a fab-
bricarlo. Ne lascia altresi di notare il pervertimento, a cui mena, nel
giro della morale, vuoi privata, vuoi pubblica. Nel quale arringo egli
procede sempre sanamente e ragiona conlogica robusta e serrata.Manoi
ci asteniamo dal seguirlo in questo cammino, perche ci dilungheremmo
troppo; massimamente perche intendiamo sofiermarci un poco piu posa-
tamente neH'esame della seconda parte, nella quale discordiamo da lui.
In questa egli prende a trattare del subbiettivo, cioe della cono-
scenza riguardata, non rispetto all'oggetto ma in se medesima , e
cerca segnatamente dell'origine deile nostre idee. Intorno a cio egli
opina non potersi concepire potenza senza un atto. E poiche 1'atto
dell* iritelletto e 1'idea; egli crede non esser possibile che si trovi tem-
po, in cui 1'uno sia senza dell'altra. « Intelletto senza un'idea, senza
una cognizione, e un assurdo l. » Di qui segue che a spiegare la ge-
nesi della nostra conoscenza intellettuale si dee muovere necessaria-
mente da un'idea presupposta; la quale per conseguenza vuoi essere
innata. Ne solo una prima idea dee presupporsi, ma ancora una prima
parola. E cio altresi conseguenza dell' impossibility d' una potenza spo-
gliata deli' atto. « E uopo pertanto concedere all' anima un' idea gene-
rale e primigenia, un nome, una parola universal, che contenga
quasi in germetuttele altre2.* Quindi ogni processo di cognizione
nell'uomo e tra gli uomini. « Conviene altresi che come la prima idea
cosi la prima parola si fecondi e generi. L' intelletto dee progredire su
questo passo, e cavare da quella prima idea e da quel primo nome le
I Pag. 118. — 2 pU£. 127.
DELLA STAMPA ITALIANA
55
altre idee e gli altri nomi : poiche invano egli avrebbe conosciuto e
nominato se stesso, quando ogni altra cognizione gli fosse vietata da
intrinseco difetto di potenza, o interdetta dalla mancanza di im mezzo
sicuro, per protendersi all'oggelto troppo alto o lontano. La cognizione
resa possibile dalla parola e 1' unico veicolo, pel quale la verita puo
trasportarsi dal campo della realta a quello deir idea. E incontrasta-
bile: tanto noi sa'ppiamo intendere, quanto sappiamo nominare 1 . »
E qual e quest' idea, che informa la mente dell' uomo fin dal princi-
pio della sua esistenza? « E 1'idea dell'essere, che rinviene in se stessa,
la riconosce nominandola e se la passa alia mano rendendosela u-
suale e profittevole 2 . » Quanto poi alia parola primitive, pare che
secondo lui sia un nome espressivo appunto di quell' idea. Imperocche
egli scrive: « Ciascuno dovea leggere la prima verita, che natura gli
offriva in se stesso; e per6 ne dovea assumere la parola, che la co-
stringeva e la teheva, quasi cornice il quadro, e questa parola dovea
essere la stessa in tutti 3. » E piu sotto : « L'uomo intese questa pa-
rola, che trovo scritta nella parte piu riposta di se medesimo , e ne
deduce e costruisce altre parole e altre idee, ed indi 1' interne pro-
cesso del pensiero 4 . » Quindi conchiude : « Ecco pertanto la prima
idea e la prima parola innata all' uomo e germe e fondamento a tutto
che da queste ne puo derivare. Ecco 1'origine dell' idee5. » E piu
sotto: « Idea e parola infuse nell'anima al primo istante della sua vita
ed a lei perfettamente contemporanea , come alia materia e di neces-
sita simultanea una forma6. »
Se prescindiamo dalla faccenda della prima parola, innata in
tutti gli uomini, ma di cui non sappiamo quanti tinora siensi ac-
corti; questo sistema del Martinazzoli non si differenzia gran fatto
dal sistema ideologico del Rosmini, il quale parimente spiegava 1'ori-
gine della conoscenza per 1' idea innata dell' ente 7. Laonde esso va in-
contro alia medesima difficolta ed incorre la medesima confutazione,
che gia ne fu fatta piu volte. Noi per non entrare qui in una lunga
discussione, notiamo soltanto che cotesta idea innata dell' ente e del
tutto inutile, attesa 1' impossibility di cavare da lei tutte le altre idee.
Chi dice ente, non dice corpo, non dice vita, non dice organismo,
non dice senso, non dice causa,, non dice spirito, non dice innume-
revoli altre cose, intorno a cui la nostra cognizione si aggira. L' idea
dell'ente astrae da tutto ci6; ella ci presenta da questo lato un vuoto,
die bisogna -riempire per ottenere conoscenze determinate. D'onde
adunque esse ci vengono? L'Autoreci dice che si svolgono dall' idea
dell'ente. Ma per isvolgersi una cosa da un' altra, convien che vi sia
contenuta almeno virtualmente, e di piu che vi sia una causa la quale
i Pag. 128. - 2 pag. 127. — '* Pag. 130. - * Pag. 131. — 5 Ivi. — e pag. 135.
7 11 Martinazzoli negherebbe cio ; giacche dice. « Non mi piaca P idea rosminiana. »
Ma noi non vediamo il fondamento di questa negazione.
56 RIV1STA
determini un tale svolgimento. Ora 1' idea dell'ente non contiene vir-
tualmente le altre idee, ma solo potenzialmente. Se fosse altrimenti,
ella non potrebbe attribuirsi ad un subbietto determinate, senza che
al medesimo si attribuissero virtualmente tutte le altre perfezioni .
L'idea dell'ente, astrattissima e generalissima, qual ella e, non pre-
senta che un'attitudine, una potenzialita ad essere determinata a tale
o tal concetto. Ma la determinazione attuale non puo venirle, se non
dalla percezione intellettuale delle singole essenze, esistenti nell' uni-
verse. Or se I'intelletto ha virtu di apprendere coteste essenze e for-
marne 1' idea, perche non avra egualmente virtu d' apprendere la ra-
gione stessa di ente e d'esprimerla idealmente? Non si trova ella
concreta e reale nei singoli esseri della natura? E a concepirla sotto
aspetto generate, non basta astrarla dalle sue specificazioni e contem-
plarla in se stessa? Che bisogno c'e di supporla innata? Rispetto alle
altre idee basta per 1' Autore la precontenenza virtuale." Or perche, que-
sto stesso non puo dirsi a riguardo delT idea dell'ente? E posto cio,
a spiegarne la precontenenza virtuale, si richiede altro, che una virtu
capace di produrla, come accade di tutti gli altri effetti, che osserviamo
nella natura e che sono virtualmente precontenuti nelle loro cagioni?
Dira 1' Autore; la necessita di ammettere non in virtu ma in atto
innata in noi 1'idea dell'ente, nasce da questo, che non si puo concepire
la potenza intellettiva senza un atto intellettuale. Ma se cosi fosse, nep-
pur potremmo concepire una potenza visiva, senza una visione attuale.
Or basta chiuder gli occhi, per persuadersi del contrario. Certamente
allorche uno si addormenta, non si accieca; ritiene la facolta di veder.e,
e nondiineno non la esercita. Ha la potenza, senza 1'atto. Allora ripu-
gnerebbe una potenza non attuata, quando ella dovesse stare in se stessa,
e non gia come qualita in un soggetto attuale e reale. Or come la virtu
visiva risiede nell'occhio, cosi la virtu intellettiva risiede neH'aniraa.
Essa dunque puo esistere come atto, in quanto e qualita dello spirito, ed
essere al tempo stesso mera potenza, in quanto all'operazione d'intendere.
Replicherassi : una sostanza che attualmente esista e stia inerte,
ripugna. Rispondiamo che 1'anima umana, anche quando non intende
in atto, non e inerte. Cio sarebbe se essa fosse puro intelletto, corns
e dell'angelo; il quale pero non pud esistere senza intendere. Ma
1'anima umana e principio di triplice vita nell'uomo; di vita cio&
intellettiva, sensitiva, vegetativa. II perche anche quando non opera
coll' intelletto, come accade nella prima infanzia e nel sonno profondo,
non cessa tuttavia di operare colle inferiori potenze, relative all'or-
ganismo corporeo. Or quantunque ripugni una sostanza che non open
aflatto, e strano pretendere che essaoperi sempre e tin da principio
con tutte je sue facolta. Si persuada 1'Autore che la dottrina scola-
slica deli'intellezione da principio in sola potenza, e tradotta all' atto
DELLA STAMPA ITALIANA 57
per la virtu dell' intelletto agente che astrae le idee da'sensati, non
e tanto dispregevole come a lui sembra. Per giudicarla, bisogna stu-
diarla; e noi gli consiglieremmo di giovarsi a tal uopo degli scritti
del Klutgen l, o del Liberatore 2. Per quel che poi spetta alia parola
parimente innata, sarebbe statobene esprimerla in particolare; giac-
che essa, secondo 1'Autore, dev'essere di versa dai singoli linguaggi
delle nazioni, siccome comune a tutti qual fondamento della loro scam-
bievole analogia. Ma fine-he" non ci viene indicata, non sapremmo che
dime. Solamente ci sembra che, rimossa la necessita dell' idea innata
dell'ente, viene di perseacadere la necessita della parola innata;
la quale, mancando 1'idea, non avrebbe nulla da esprimere; Di piu
1'autorita del Vico, a cui 1'Autore s'appoggia, non ci sembra molto
a proposito. Imperocche la lingua mentale, che il Yico dice comune
a tutte le genti, non e altro in sua sentenza che la conoscenza del
vero, di cui i singoli concetti sono altrettante interne parole, colle
quali 1'animo parla a se stesso. Questa conoscenza, nei suoi principii
fondamentali, e frutto spontaneo della natura ; e pero si trova in ogni
uomo il quale abbia spedito 1'uso della ragione.
L' Autore discorre altresi dell'amore, mostrandocome loscetticismo
ne dissecca la vena e ne snerva e disvia il movimento. Nota 1' in-
fluenza che il cuore puo avere sull' intelletto nella disquisizione stessa
del vero. Da ultimo ragiona del criterio della verita, confutando se-
gnatamente il Conti, il quale ne stabiliva cinque. II Martinazzoli
sostiene che il criterio e uno ed e posto nell'evidenza, onde il vero
riluce all' intelletto. A noi sarebbe piaciuto che avesse distinto un
doppio criterio, 1' uno interne al vero, 1' altro esterno; riponendo il
primo nell'evidenza, il secondo nell'autorita divina ed umana. Cosi,
sembra a noi, avrebbe ragionato con piu precisione in questa mate-
ria: giacche trattandosi d'intelligenza finita, che non puo scoprire
tutto il vero, la predetta duplicita di criterio nasce dalla stessa na-
tura del subbietto; il quale necessariamente ha una duplice tendenza:
quella di aderire al vero che gli si fa evidente, equella di adagiarsi
nell'altrui testimonianza, rispetto ai veri, a cui non si stende la sua
conoscenza. Ne vale il dire che la testimonianza per meritare il nostro
assenso convien che si dimostri autorevole, cioe sciente e verace. Im-
perocche una tal dimostrazione serve ad accertare il criterio, non co-
stituisce il criterio stesso. Se fosse altrimenti non ci sarebbe piu di-
stinzione tra fede e scienza, e la certezza morale si convertirebbe
in certezza metafisica, contro cio che la filosofia c' insegna, ed anche
senza di lei il buon senso fa sentire a ciaseuno.
1 La filosofia antica esposta e difesa del P. Giuseppe Kleutgen, d. C. d. GK cinque
volumi in dodicesimo , Roma stamperia di Propaganda.
2 Delia conoscenza intellettuale. Trattato di Matteo LiBeratore d. C. d. G. Due vo-
lumi in grande ottavo . Roma stamperia della Civ. Cattolioa.
58 R1VISTA
II.
Sul prodigioso movimento degli occhi dell' immagine Ave Regina
Caelorum , posto nel santuario di S. Maria delta Croce presso
Cremaf Articoletti e pocumenti con altri scritti pel sac. Silvio
della Noce. Milano, tipografia dell' Osservatore Cattolico diretta
da Rocca Giuseppe, 1870. Un volume in 8° di pag. 304.
I fatti prodigiosi raccontati in quest'opuscolo diedero materia da
discorrere ai giornali d' Italia si buoni come cattivi; e prima ancora
che avesse cominciato ad esaminarli il tribunale ecclesiastico , voile
porvi mano il tribunale civile. Mentre i popoli fedeli lodavano Iddio
nelle sue maraviglie, e mentre la stampa cattolica divolgava codeste
magnificenze , gli spiriti forti dicevano e scriveano nei loro fogli,
parere impossible , che nella plena luce del secolo decimonono si
trovasse tanta stoltezza da credere ai miracoli. E che ? domandavano
arrabbiatamente, si ritorna al medio evo? E la Lombardia, celebrata
come un giardino di scienza e d'ingegno, vuol diventare una Beozia?
Un Giudice istruttore chiamo al suo cospetto gli ecclesiastici ,
i quali custodiscono' il santuario di S. Maria della Croce, cioe della
immagine miracolosa ; fece loro diverse domande e trattolli come fa-
natici. Con essi cito anche il sac. Don Silvio della Noce, scrittore
dell' opuscolo, che annunziamo, e fra altri rabbuffi gli diede questo:
« Non ha ella veduta la precipitazione e 1' imprudenza , che com-
metteva nel rivelare un tal fatto (il prodigio della sacra immagine) ,
senza aver premesso il dovuto esame intorno alia realta del mede-
simo, e distrutti tutti gli argomenti che poteano dichiararlo un in-
ganno ed una illusione? Non ha ella pensato al pericolo, che v'era
di commovere gli animi e turbare le coscienze? » Che oltimo Padre
spirituale sarebbe riuscito questo Giudice istruttore !
Ma ecco che si affaccia la Commissione del Governo. « Essa ,
cosi narra Y Osservatore Cattolico^ egregio giornale di Milano nel
n° 126 del 6 giugno 1869, piombo repentinamente cola, con una gran
voglia di mettere sotto catenaccio il santuario, e menarne prigioni
i preti, i chferici, gli spazzini , siccome rei convinti d'impostura e
di frode. Ma che? visto e rivisto, scarabocchiato un grosso scarta-
faccio di processo, e ordinato in nome della legge di levare dalla
sacra immagine il vetro che la ricopriva , quei signori se ne anda-
rono con un pugno di mosche, stettero chiotti e zitti, senza dire ne
stampare verbo contro il miracolo. » Ma ognuno intende, che il silenzo
di cotali persone equivale ad una vera testimonianza del prodigio :
perche se punto nulla si fosse da loro potuto scorgere d'impostura,
ne avrebbero menato un'rumore dell'altro mondo.
Continuando il prodigio, venne eletta una Commissione eccle-
siastica a fin di raccogliere ed esaminare le testimonialize e le prove
BELLA STAMPA ITALIANA 59
<Jel medesimo; il che dovea servire come preparazione di un regolare
processo. L'immagine, in cui si osservava il portento, e venerata fin
dal secolo decimoquinto; ed e un quadro in creta alto 65 centimetri
e largo 45. Rappresenta la Beata Tergine seduta col suo divin Bam-
bino fra le braccia. Le figure sono inverniciate e dipinte in campo
dorato. Or quanto ivi accadde di straordinario e brevemente de-
scritto nella relazione , che quella Commissione di Ecclesiastici fece
all'illmo e rmo monsignore Yicario di Crema. « Nel 1490, cosi essa
dice, fu veduto soltanto e per soli due giorni nn moto impercetti-
bile delle palpebre, vale a dire che i circostanti vedevano bensi gli
occhi ora aperti ed ora chiusi, ma non potevano avvertire il moto
progressive delle palpebre medesime. Ora invece, come costa dalle
numerosissime e la piu parte giurate dichiarazioni scritte , che ab-
biamo esaminate, il fatto si e manifestato nelle piu svariate ma-
niere . Senza temer di errare puo dirsi , che quanto si puo immagi-
nare in un movimento di palpebre e di pupille, tutto fu veduto. Fu
veduto ii moto percettibile e 1' impercettibile, il lento e il rapido,
il continue e 1'interrotto, e parlando delle pupille, il verticale e piu
spesso 1'orizzontale. Devesi aggiungere che talora il movimento era
visibile a tutf i presenti e talora soltanto ad alcuni. Molti hanno
marcato 1' espressione del movimento , la quale tal fiata e di dolore
•e tal altra di gioia, quando di pieta e di dolcezza e quando di rim-
provero e di severita , e via discorrendo. Da parecchie dichiarazioni
risulta ancora, che il movimento non solo e naturale come di due
persone vive, non solo e espressivo in grado sommo; ma accompa-
gnato talora anche da altre doti straordinarie, una delle quali, spe-
cialmente rapporto agli occhi del Bambino , e un fulgore che li fa
brillare come diamanti e come stelle. Notevole altresi e 1'impres-
sione, che la piu parte attesta di aver ricevuto al veder muoversi gli
occhi di questa immagine. Alcuni sentirono un sacro raccapriccio ,
altri un'interna dolcissima consolazione; quali prima 1'uno e poi
T altra, o viceversa; e quali ancora un misterioso misto di entrambi,
per tacere di tutte le altre svariatissime emozioni , che lasciarono
scritte i dichiaranti. Ecco pertanto il fatto straordinario, che dovette
essere 1' oggetto delle nostre attente e spassionate disamine. Dopo
le quali noi possiamo dire: non essere questo falto per nulla spie-
gabile colle leggi della nalura. Questa e la proposizione, che noi
dobbiamo dimostrare colla massima evidenza. »
Intorno a questi prodigi, i quali ebbero principio il 26 aprile
del 1869 e continuarono, benche interpolatamente, sino a tutto il 1870,
versa 1'opuscolo annunziato, che & diviso in quattro parti. La prima
comprende varii articoletti, nei quali si da una sufficiente relazione
delle maraviglie accadnte , e si risponde ad alcune domande che le
60 RIVISTA DELLA STAMPA ITAL1ANA
riguardano. Quattordici di quest! articoli erano gia stati pubblicati
nel Giardinelto di Maria, periodico religioso di Bologna, nel se-
condo seraestre del 1869. La seconda parte contiene alcuni document!
sul medesimo prodigio ed un gran numero di attestazioni giurate di
coloro, che ebbero la ventura di osservarlo. Fra codesti testimonii
si contano uomini autorevolissimi per dignita e per dottrina. Uno poi
dei document! e del rmo Padre Giovanni Maria Cavalleri Barnabita,
uomo a niuno secondo nella conoscenza della Fisica e in modo spe-
ciale dell' Ottica , il quale ha reso illustre il proprio nome in Italia
e fuori per le important! scoperte, che ha fatte e per gl' eruditissimi
scritti, che ha pubblicati sulla medesima. Ebbe questi dalla Com-
missione ecclesiastica, nominata di sopra, 1' incarico di osservare il
santuario ed il quadro della Vergine, e di esaminare se quelle ap-
parenze de' moti nelle palpebre potessero ascriversi alia luce, prove-
niente dalle candele o dalle finestre o dalla porta del tempio. II dotto
Padre esegui con somma diligenza 1' incarico, osservo ogni cosa,
ogni cosa esamino, e indi a pochi giorni comunico i suoi giudizii
in uno scritto, dal quale togliamo le sole parole seguenti: « lo as-
serisco, che il fatto veduto e giurato da moltissimi dell' aprirsi e
chiudersi degli occhi del Bambino e della Madonna, del girare ora
orizzontalmente ora verticalmente de'medesimi, non puo in niun
modo attribuirsi ai giuochi sopraccennati di luce, ne inoltre attri-
buirsi a ridessione di luce, a rifrazione, a diffrazione, a polarizza-
zione, e in generale ad alcuna conosciuta legge fisica.E cio attesto
con qualche cognizione di causa in fatto di Ottica fisica , essendo
stato inventore e costruttore di parecchi ottici strumenti, ed avendo
in proposito pubblicato molte Memorie ottiche, che lessi pubblica-
mente alle Accademie, e specialmente al R. Istituto Lombardo di
Milano, di cui son membro , quaii Memorie trovansi negli atti stam-
pati del medesimo Istituto. »
Se altro non vi fosse che la relazione di questo cattolico scien-
ziato, dovrebbe a fronte di essa ammutolire la turba infinita degli
sciocchi increduli.
La terza parte dell'opuscolo da un cenno de' prodigii somiglianti,
avvenuti in altri santuarii; e 1'ultima e una raccolta di devote pre-
ghiere, composte nella congiuntura del miracolo di S. Maria della Croce.
In mezzo alle presenti calamita di Santa Chiesa, gl' increduli
specialmente italiani scherniscono apertamente la divina provvidenza,
e deridono quelli che in essa confidano. E quindi mestieri, che i
buoni cattolici raflermino vie meglio la loro fiducia in Dio, e sappiano
esser superiori alle befle di codesti miscredenti. Tali ottimi frutti
vale a produrre la lettura del libro del sac. Don Silvio della Noce;
e mirando a cio noi abbiamo voluto spendere queste poche pagine,
perche e?so sia conosciuto e letto dalle pie famiglie della nostra Italia.
BIBMOGRAF1A
Se volessimo seguitare il metodo tenuto fmora nelle nostre Bi-
bliografie, la piu gran parte di questo fascicolo sarebbe occupata
dagli annunzii del libri, ricevuti da noi specialmente in quest! ultinri
sei mesi. In tutto questo tempo appena una volta ci fu consentito di
dedicarvi poche pagine: cosicche i libri ci si sono ammucchiati , e
la loro quantita e un vero impedimento per darne conto, conforme
al consueto. Dall'altra parte non vogliamo defraudare i nostri lettori
della notizia di tanti buoni libri che possono loro riuscire vantag-
giosi; e dobbiamo pagare agli autori ed agli editori il debito che la
loro cortesia c'impone col darne contezza al pubblico. Ci contenteremo
adunque di annunziarli il piu brevemente che ci sara possibile, e con
caratteri che occupino poco spazio.
Domandiamo adunque per queste ragioni scusa deH'astenerci dalle
lodi, che molte di queste opere veramente meriterebbero . Allo stesso
tempo dichiariamo espressamente che noi non componiamo un cata-
logo di tutti i libri e periodici cattolicamente scritti nell' Italia in
questi ultimi mesi, ma soltanto pubblichiamo i titoli di quelli che ci
sono stati inviati, e abbiamo potuto esaminare.
Cio diciamo di tutte le classi qui sotto mentovate, ma special-
mente di due, quella delle Pastorali del Vescovi, annunziandoue noi
appena una piccolissima parte delle tante che sono uscite alia luce
in tutte le Diocesi d' Italia, e 1'altra dei Periodici cattolici italiani*
essendovene, oltre quelli da noi registrati, parecchi altri che non ci
e riuscito di avere nelle mani.
• E bene ancora far notare che, raccomandando noi ai nostri lettori
cotesti libri siccome buoni, non intendiamo con cio approvare qua-
lunque sentenza possa in essi contenersi, ne darli tutti per opere da
ogni lato perfette. A noi basta che non contengano errori contro la
fede e la morale. Ma una tal riserva non puo toccare che &olo po-
chissimi.
£2 BIBLIOGRAF1A
Finalmente facciamo considerare ai lettori ,quanto sia consolante
il vedere , anche solo in questo tenue saggio , 1' operosita dei cattolici
Italiani, specialmente nella stampa dei giornali e dei periodici. Non
crediamo che verun altro paese possa contendere in cio la palma
all' Italia.
TEOLOGIA DOMMATIGA
Bullarium Magnum Romanum , Augustas
Taurinorum editum Tom. XIX. sumptibus A.
Vecco. MDCCCLXX. in fol. di pag. 1008. L. 25.
« aiNlonc (Antonio Sac. nap.). La teocra-
zia , ovvero diritti della Chiesa sugli stati
cristiani esposti e difesi: Dissertazioni. A"o-
poli, tip. di Stanislao de Leila, 1871, in 8° di
pag. 90. L. 1.
DC Vivo (Gennaro]. TJniversse teoreticae
revelationis, systema, juxta Romanae Eccle-
siaedoctrinam et canones- Tomus 111. Neapoli,
ex typ. dicto del Tasso, anno MDCCCLXV111.
3 vol. in 8° (3 i pag. 1278.
Ilurtcr (H). Sanct. Patrum opuscula
selecta ad usum praesertim studiosorum
theologiae. Vol. XIII continens ss. martyrum
acta selecta. Oeniponti , libraria academica
Wagnariana, 1871, in 8° di pag. 304.
ftliirteSH (Can. Pasqua'e). Osservazioni
sopra la vita di Gesu, scritta da Ernesto
Renan membro dell'Istitnto di Francia. Fi-
renzf, tip. Cenniniana, 1870, in S° di pag. 20.
ESair,7.o4<a ;cfrt Filadelfia Ex-provinciale).
Libro il quale con tutta analisi svolge che
raziocimo e lihero esame si struggono a vi-.
cenda, come i! cattolicismo del Sillabo e 1'es-
sere protestante : onde dedurre esser tenuti
attenerci al raziocinio e al Sillabo per quanto
amiamo ragione, religione e salute. Roma ,
tip. delle Belle Arti 1870, in 8° di pag. 208.
L. 2 75.
— il panteismo e opposto al cattolicismo,
come il falso al vero; ma il primo e smentito
dalla filosofia e dal Sillabo di Pio IX, nell'atto
che il secondo e confermato dalla ragione e
dalla rivelazione. R,)ma , tip. Rcmana, 1870,
in 8° di pag. 168. L, 2 75.
— Lezioni preliminari che spiegano ci6
che a' tempi nostri si richiede per sentirsi il
valore,e quale sia Torganismo della ragione
canonica. Roma, tip. delle Belle Arti, 1870, in
8° di pag 208. L. 2 75.
lUazxotta (da Fila-lelfia Ex-provinciale).
Dal Sillabo del Vicario di Gesu Cristo al Con-
cilio Vaticano ; per dimostrare i veri dritti
della Chiesa Cattolica Apostolica Bomana, in
fronte ai pretesi dritti del Cesarismo; e corne
Stati e Governi, che voglUno verita e giusti-
zia , devono soggettarsi alle deflnizioni del-
1' iniziato Concilio Ecumenico. Roma, tip.
delle iselle Arti, 1870, in 8° di pag. Vi-176.
L. 275-
Rugusa (Can. Francesco). San Giuseppe
meritevole del cnlto di somma dulia: Ragio-
namenti e voti. Modena, tip. dell'Imm. Con-
cezione, 1870, in 8° di pag. 348.
Schon}>pe ( Francesco Saverio d. C. d.
G.). Cursus Scripturae Sacrae Seminariorum
usui accommodalus,oo intuitu ut facilius san-
ctuarii candidati iuxta regulam SS. Patrum ad
sacri textus intelligentiam solide sinnil ac
practice instituantur. Bruxellis , excudebat
H. Goemaere, summi Pontificis typ. Eboraci
novi (New-Yorck) et Cincinnati apud fratres
Benziger, 1870, 2 vol. in 8° di pag. 608, 656.
— Evangelia de Communi Sanctorum ,
explicationibusad mentem sanctorum patrum
aliorumque interpretum , dilucidata , ut non
minus populi instructioni quam sacerdotum
devotioni serviant , adiunctis nonnullis ex
Evangeliis ferialibus quadragesimae. Bru-
xellis, Excudebat H- Goemaere, Summi Pon-
tificis typ. 1869, in 8° di pag. X, 50't.
Vitoazi (Simoiie Pret. nap.). Della fede
cattolica al proposito della prima costituzione
dommatica del Concilio Vaticano. J\'apoli, ar-
ticoli estratti dalla raccolta La scienza e la
fede. 1871, in 8° di pag. 82.
TEOLOGIA GATEGHISTIGA
Alcssnndro da Crccchao ( Cronolo- Anonimo. II Papa in generale e Pio IX
Ordine Scr. ). Saggio intorno alle col suo A7on possumus in particolare ; per un
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BIBLIOGRAFIA
63
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dommatica, morale e liturgica del catechismo,
per I'ab. Ambiogio Guillois,parrocodi Mans,
da Ini stesso compendiata dalla sua opera in
quattro volumi : traduzione italiana del Can.
Baldassarre Mazzoni. Prato , tip. di Ranieri
Guasti, 1870, in 16° di pag. 4I4. L. 2.
Prineiti (G-). Compendio, delle verita
religiose, ad usodei giovanetti delle famiglie
crisliane. V^ghera, tip. di Giuseppe Gatti, 1 860,
in 16° di pag. 24.
— Nuovo saggio sulle falsiflcazioni degli
evangelii, appendice all'opuscolo, « disputa
fra un cattolico ed un protestante. » Voghera,
tip. di Giuseppe Galti 1870, in 8° di pag. 12.
Rossi (Sac. Liborio ) . Accogliamo con
amore la verita: tre dialoghi tra un prete e
u» laico suo amico. Milano , tip. Arciv. di
G. B. Pogliani e comp. 1870, in 16° pag. 100.
Cent. 30.
SeraUno da CUitella (Cappucc.). ili-
sposta all' articolo dell' ex-frate Giuseppe
Moreno, ministro evangelico, Bolcgna, tip.
delle piccole letture cattoliche, 1870, in 16°
di pag. 228.
Zwcrger (Giovanni Principe , Vescovo
di Seckau) . Che cosa insegna 1' ecumenico
Concilio Vaticano intorno alia infallibilita del
Papa? Risposta diretta ai suoi diocesani da
S. Altezza reverendissima Don Giovanni
Zwerger, Principe Vescovo di Seckau. Trento,
M. Kupper-Fronza tip. edit. 1870, in 16° di
pag. 140.
TEOLOGIA ASGETIGA
Anonimo. Antico uffizio de Gaudiis Glo-
riosas Virginia Mariae. Modena, tip. dell'Erede
Soliani, 1870, in 8° di pag. 30.
— 11 Pianto de'Giusti nella perdita de'loro
cari ec. Roma, tip. di Benedetto Guerra, 1870.
In 12, pag. 426.
— Breve mese di marzo in onore del G.
P. S. Giuseppe , dichiarato protettore della
Chiesa Universale: composto per un Sac. della
Missione, autore dell' altro mese intitolato :
Chi e s. Giuseppe? Torino, tip. Speirani, 1871,
in 16° di pag. 152.
— Brevissima istruzione sulla .regola del
terzo ordine di penitenza del P. S. Francesco
d'Assisi, a comodo delle persone che vi sono
ascritte. Milano, tip. di Giacomo Pirola, 1865,
in 16° di pag. 8.
— Catechismo della regola del terz'ordine
di S. Francesco d'Assisi. Milano , presso Se-
rafino Maiocchi, 1870, Cent. 15.
— Collezione di massime pratiche e gia-
culatorie pel mese di maggio, proprie d'ogni
genere di persone . Pubblicate dalla Societa
delle letture religiose popolari pratesi. Prato,
a spese degli editori, 1870, in 64°. Ogni col-
lezione , composta di 14 serie di pag. 36, e
vendibile per cent. 70.
Anonimo. Corona del purgatorio, con in
fineil voto, ossia: Atto eroico di carita verso
delle SanteAnimepurganti. Bologna, tip. Pont.
Mareggiani, 1871, in 32° di pag. 56. Cent. 15.
— Corona, di dodici novene, in prepara-
zione alle feste della B. Vergine Maria. Par-
ma, 1870, tip. Fiaccadori in 3i° di pag. 94.
— Direzione della mente e del Cuorealla
pieta, ad uso del popolo cristiano. Sarsana,
tip. Lunense di Cosimo Fedriani, 18(54. in 32,°
di pag. 418.
— II Gore di S. Giuseppe, ricordo del mese
di marzo, Torino, tip. Speirani e figli, 1871,
in 64° di pag. 32, stampato in nero, rosso e
verde.
— II Manualino spirituale ossia raccolta
di massime, sentenze e ammaestramenti di
perfezione cristiana, con aggiunte, preghiere
e pie pratiche. Bologna , tip. PontiUcia Ma-
reggiani , 1871, in 32° di pag. 160. Cent. 35.
— II mese Mariano per ogni genere di
persone. Perugia, tipo-litografia di G. Bon-
compagni e comp. 1870, in 8° di pag. VIII, 480.
— Invito ad amar Gesu Cristo in ripara-
zione del sacrilego oltraggio fatto in Roma al
SS. suo nome, e pratiche diverse per lo stesso
fine, proposte dal Vescovo di Mondovi. Mon~
64 B1BLIOGRAFIA
dovl, G. Bianco tip. Vescovile 1871, in 16° di
pag. 64. Cent. 20 a beneflzio del danaro di
s. Pietro.
Anonimo. L'adorazione perpetua del SS.
Sacramento fra persoue secolari. Modena, tip.
deU'Imm. Concezione, 1870, in 6i° di pag. 32.
— L' anima penitente , ossia il nuovo
Pensateci bene dell'Ab. Baudrand , aggiuntevi
la preparazione e il ringraziamento per la
sacramentaleconfessione e comunione, e modo
pratico per ascoltare la S. Messa . Bologna ,
tip. Pont. Mareggiani/1871, in32<> di pag. 272.
Cent. 50.
— Manuale e regola del terz' ordine di
S. Francesco d'Assisi, con le orazioni per la
S. Messa , confessione, comunione, visita al
SS. Sacramento ed a Maria SS. e alcune no-
vene . Monza , tip. dell'Istituto dei Paolini.
— Manuale di devozione per gli ascritti
al terz' ordine secolare; di Penitenza del Se-
rafico Patriarca S. Francesco d'Assisi , com-
pilato da un sacerdoto secolare della diocesi
di Trento. Mezzolombardo, tip. Recla, in 16°
di pag. 96.
— Massime tratte dalle opere di S. Fran-
cesco di Sales. Parma, 1870, tip. Fiaccadori
in 32° di pag. 64.
— Omaggioal Patriarca S. Giuseppe^fTerto
rialla direzione del periodico« L'Ecodelpur-
gatoriov, in occasione e festeggiamento della
sospirata di lui proclamazione a Patrono della
Chiesa Cattolica. Bologna, presso la direzio-
ne del Periodico. 1871, in 16° di pag. 28.
— Modo pralico di santificare la quaresi-
ma- Bari, tip. Cannone,1871,in 16° di pag. 68.
Cent. 20.
— Novena del Patriarca S. Giuseppe ed
altre preci in onore diLui, arricchite d'indul-
genze. Genova, presso la direz. delle letture
cattoliche, in 16° di pag. 16. Cent. 5.
— INovena di preghiere in preparazione
alia festa di S. Giuseppe sposo di Maria Ver-
gine, Patrono della Chiesa Cattolica. Bologna,
tip. llareggiani, 1871. in IGOdipag. 8. Cent. 8.
— Novena in onore del P. S. Giuseppe ,
Patrono della Chiesa universale ; considera-
zioni e conforti nelle presenti tribolazioni
della S. Religione, per un sacerdote suo divotn.
Modena, tip. dell'Imm. Coucezione,187l ,in 16°
di pag. 88. ( ent. 30.
— Orazioni da recitarsi nella visita della
Chiesa in ogni settimana di quaresima, e nella
visita dei SS.Sepolcri. Parma, tip. Fiaccado-
ri, 1871, in 3i° di pag. 80- Cent. 30.
— Orazioni recitate nella Cattedrale Ba-
silica di Recanati,nel triduo celebrate ne'gior-
ni 6, 7, 8 Gennaio 1871, in ringraziamento al
Signore per la proclamazione, fatta dal S. Pon-
teOce Pio IX, di S. Giuseppe Sposo di M. V.
a protettore della Cbiesa. Recanati, tip-Ba-
daloni, 1871, in 16° di pag. 11.
Anoiiimo. Rappresaglia Cattolica: ossia
avvertenze e pregbiere per le presenti luttuose
circostanze, proposte ai sinceri cattolici da un
sacerd. italiano. Modena, tip. dell'Imm. Con-
cezione, in 32° di pag. 56.
— Regola del terz'ordine di penitenza ,
istituito dal Serafico Patriarca S. Francesco
d'Assisi, ridotta in compendio ad uso de'ter-
ziarii di penitenza. Milano , presso Seraflno
Maiocchi, in 16° di pag. 60.
— Regola del terz' ordine di Penitenza
istituito dal Ser. Patriarca S. Francesco d'As-
sisi, con un cenno storico sul terz'ordine, i
sommarii delle indulgenze, i modi di dar
1'abito, di professare, e dare 1'assoluzione ge-
nerate e alcune noveae, ad uso dei terziarii
Cappuccini . Firenze , tip. di Federigo Ben-
cini, 1870, in 16° di pag. 126.
— Regolamenti di vita devota proposti
alle fanciulle cristiane . Parma , 1870, tip.
Fiaccadori, in 32° di pag. 64.
— Viva il S. Cuor di Gesu. Libro dei sa-
criflzii, ove per ogni giorno dell'anno e posta
una massima , e lasciate due colonne in
bianco, nelle quali ciascuno possa scrivere i
FIORl che offre al S. Cuore, e le SPINE che
soffre per lui. Modena, tip. dell' Imm. Con-
cezione, 1871, in 16° di pag. 368.
-BclEarmino (Card. Roberto^. De septem
verbis, a Christo in cruce prolatis: libri duo.
Ferrarice, ex typ. Dominici Taddei, 1869, in
160 di pag. 270.
falirini (Francesco d. C. d. G.^. Raccol-
ta di pratiche divote in onore dei SS. Cuori
di Gesu e Maria. Bologna, tip. Pont. Mareg-
giani, 1871, in 16° di pag. 112. Cent. 30.
4 amilli (Nicola Giuseppe Min. Conv.).
L' anima cristiana, guidata all'acquisto della
vera divozione nel gran Patriarca S. Giuseppe,
per 1'esercizio del mese di marzo a Luicon-
sacrato: Considerazioni preghiere e pratiche .
.Modena , tip. dell' 1mm. Concezione, 1871, in
1G° di pag. 200. Cent. 50.
fostamagna ( Coslanzo Miss. Apost.).
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dolori e di desolazione della Madre di Dio
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figlio Gesu, e di divota condoglienza a pra-
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Cuor SS. di Gesu e la B. Margherita Alacoque.
Modena, tip. dell'Imm. Concezione, in 16° di
pag. 192. Cent. 70.
— La scuola di S. Agnese , aperta alia
Vergine Cristiana. Modena, tip. dell 1mm. Con-
cezione, 187!, in 64° di pag. 136.
— Un giorno consacrato al pensier della
morte. Modena, tip. dell' Imm. Concezione, in
16° di pag. 84. Cent. 30-
Pizzardo (Prevosto Giuseppe). II giorno
del Signore, ossia la santiflcazione della do-
menica. Lettere istruttive e Tamilian ad un
giovane. Bologna, tip. Pont. Mareggiani, 1870,
in 32° di pag. 224. Cent. 50.
1*. I*, in. Sentenze scritturali ad uso delle
scuole dirette dai reverendi sacerdoti secolari
della congregazione della dottrina cristiana
colla versione a fronte di mgr. Martini com-
pilate da P. P.M. sacerdote della stessa con-
gregazione. Roma, tip. Menicanti, 18GO, in 8°
di pag. 171. L. 1 60-
Zamboni (Cammillo Parroco Bolognese).
11 consigliere delle giovinette. Modena , tip.
dell'Imm. Concezione, 1868, 2 vol. in 64°
— II mese di marzo in onore di S. Giu-
seppe , sposo purissimo di Maria Vergine ,
per D. Cammillo Zamboni Parroco Bolognese.
Bologna, tip. Pont. Mareggiani, 1871, in 32°
di pag. 160. Cent. 30.
MORALE CRISTIANA ED EDUGAZIONE
Anfossi (Sac. Giovanni). 11 sordo-muto,
Considerazioni e fatti. Torino, 1870. Collegio
degli Artigianelli , tip. s. Giuseppe , in 8° di
pag. 110.
BclSati (Anton Franceses di C. d. G. ).
Obblig^zioni di un marito cristiano verso la
moglie. Modena, tip. dell'Imm. Concez., 1870,
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Ciampi (Carlo Maria Sac. rom.). Delle
virtu della liberalita e della castita , e dei
vizii loro opposti; istruzioni dette ai giovani.
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D' Alessandro (Giur. Luigi). L'istru-
zione che deve 11 padre al figlio nel magistero
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gna di S. Antonino, in 8° di pag. 3-'8 L. 2,50.
fi'ucci-Sisti (Can. Raffaello Prof, di Sie-
na}. La parrocchia, vera scuola di scienza e
di educazione cristiana , quanto utile e ne-
cessario il frequentarla. Modena, tip. dell'Imm.
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che hanno le madri cristiane di educare a
Gesu Cristo i Qgtiuoli. Firenze, tip. all' inse-
gna di S. Antonino, in 8° di pag. 12-
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tecniche e ginnasiali. Torino, tip. della Ban-
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5 23 marzo 1871-
66
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senza Cristo CrociBsso: cenni indiritti a' veri
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in quest! nostri tempi, benche per lei pieni dj G c in 8<> di pag 18
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Borgo P. Donnino). Sulla definizione vaticana
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mo Pontefice, Spalato, tip. Zannoni in 4° alle anime redente dal suo sangue. Rimini ,
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Firenze, tip. Arcivescovile, 1871, in 8° pag. 32.
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Cristo e via, veriia e vita. Foligno , stabili-
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<Tasasola (Andrea Arc.di Udine). L'edu-
cazione cristiana dei figliuoli. Udine, tip. cessita della preghiera .•
lacob e Colmegna, in 8° pag. 28.
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Do Alarfis (Angela M* Vesc. di Gal-
telli-Nuoro ). Intorno allo spirito di umilta,
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Rosario. Jmola , tip. Vescovile , 1871 in fol.
_ 5. Giuseppe Patrono della Chiesa Cat-
tolica. Jmnla, tip. Veso. 1871, in fol.
Biocinrili (Mariano Arciv. di Reggi"
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PERIODIGI ITALIANI GATTOLIGI
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69
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Ape Iblea. Quotidiauo in Palermo, in 4°
gr. di pag. 4. Annata per 1' Italia L. 18.
Apologista Cattolico Eeclesiastico
Ogni mercoledi in Mondavi, in 8° di pag. 32.
Annata per 1' Italia L.18.
Armenia. Quotidiano in Firenze. In
foglio di pag. 4. Annata per V Italia L. 25.
Basilisco. Redatto e pubblicato gratis
dal Cav. Micbele de Chiara in Aversa, in 4°
di pag. 4.
Biblioteca prcdicabile. Si pubblica
insieme coll' Apologisla in Mondovl . Annata
dei due periodici. L. 12.
Buona Novella. Ogni mercoledi e sa-
bato in Firenze, in 8° di pag. 32. Annata in
Italia L. 13 80.
Buona Settimana. Ogni sabato in
Torino, in 8° di pag. 8. Annata per 1'Italia
L. 3.
Buonsenso. Quotidiano in Roma, in
foglio gr. di pag. 4. Annata per 1'It. L. 24.
Carita. Mensile in JSapoli , in 8° di
pag. 128. Annata perl' Italia L. 13.
Commercio. Mercoledi e sabato in Fi-
renze, in fol. pic. pag. 4. Annata per 1' Italia
750.
Conciliatore. Quotidiano in Napoli, in
fog. di pag. 4. Annata per 1' Italia L. 22.
Conservatcre. Ogni martedi giovedie
sabato e mezzo foglio le domeniche, in Fi-
renze, in foglio di pag. 4. Annata per 1' Italia
L. 24.
Credente Cattolico. Mercoledi e do-
menica in Lugano, in 4° di pag. 4. Annata
per 1'Italia L. 10.
Dalmazia Cattolica. Ogni domenica
in Zara, in 4° di pag. 8. Annata per la Monar-
chia Austro-Ungarica fior. 6.
Diritto Cattolico. Quotidiano in Mo-
dena, in foglio di pag. 4. Annata per I' Italia
L. 23.
Oivin Salvatore. Due volte la setti-
rnana in Roma, in 4° di pag. 8. Annata per
J'ltalia L. 16.
Domenica (la). Ogni domenica in Ve-
nezia, in 8° di pag. 8. Annata per 1' Italia L. 5
per 8 copie - L. 3 per 4 copie: piu le spese post.
Eco cattoEico delle Gloric di 8.
Giuseppe. Settimanale in Verona, in 4° di
pag. 8. Annata per 1'Italia L. 3.
Eco del Divin Salvatore. Ogni Do-
menica in Roma, in 8° pag. 8.
Eco della Fede. Ogni domenica in
Firenze, in 4° di pag. 16. Annata in It. L. 10.
Eco della giovcntu Cattolica Ita-
Hana. Ogni ultimo giorno del mese in Bo-
logna, in foglio gr. <Ji pag. 4. Annata per
1'Italia L. 1 80.
Eco del Pnrgatorio. Pubblicazione
mensuale in Bologna , in 8° di pag. 32. An-
nata per T Italia L. 2 50.
Educazione religiosa della fami-
glia. Mensile in Firenze , in 4° di pag. 50.
Annata per 1' Italia L. 7.
Figlia di Maria sulla tomba di
S. Agncse. Ogni primo e terzo mercoledi
del mese, in 4° di pag. 8. Annata per 1' Ita-
lia L. 5.
Foglietto di Vicenza. Ogni domenica,
in 8° di pag. 4. Annata per 1' Italia L. 2 52.
Frusta. Quotidiano in Roma. In foglio
piccolo. Annata per 1' Italia L. 19 50.
Genio Cattolico. II 1° e il 16 di cia-
scun mese in Reggie d' Emilia , in 8° di pa-
gine 64. Annata per 1'Italia. L. 12.
Giardinetto di JUaria. Ogni sabato
in Bologna, in 4° pic. di pag. 16. Annata per
1'Italia L. 6.
Gigli a Maria. Due volte al mese in
Napoli, in 8° di pag. 56. Annata per 1'Italia
L. 12.
Giornale degli Studiosi. Ogni sabato
in Genova, in 8° di pag. 16 e talvolta 32. An-
nata per 1' Italia L. 12.
Giubileo Pontificate di Pio IX. 11
giorno 21 d'ogni mese in Bologna, in 4° di
pag. 16. Annata per 1'Italia L. 4.
imparziale di Roma Cattolica .
Quotidiano in Roma. In foglio di pag. 4. An-
nata per 1' Italia L. 17.
Letture della Domeniea. Ogni do-
menica in Bologna, in 16° di pag. 4. Annata
L. 5 per 8 copie.
fcetture del popolo. Al. fine d'ogni
mese in Venezia, in 16° di pag. 16. Annaia
per 1' Italia L. 2.
Liberta Cattolica. Quotidiano in A7«-
poli. In foglio di pag. 4. Annata per 1' Italia
L. 18.
Madre di Famiglia. Mensile in Bolo-
gna, in 8° pag. 64 con uaa incisione di figu-
rini, quattro lavori donneschi, e un pezzo di
Musica. Annata L. 12.
Manuale del Purroco. Mensile in
Milano , in 4° di pag. 50. Annata per lltalia
L. 5.
Afcssaggcre del Sacro Cuor di
Gesu. Mensuale in Bologna, in 8° di pag. 64.
Annata per 1'Italia L. 4.
Opuscoli religiosi , letterarii e morali.
Bimestrale in Modena, in 8° di pag. 160. An-
nata'per 1' Italia L. 11.
Ortodosso. Al principle di ogni mese in
Tonno/jn 4° pag. 24. Annata per 1'Italia. L.6.
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Parola Cattolica. Tre volte la setti-
mana in Messina, in fog. pic- pag. 4 Annata
per 1' Italia L. 10.
Pcllcgrino di Terra Naiita . Men-
si le in Firenze, in 16° pag. 96. Annata per
I' Italia L. 3 per I'estero L. 4.
Prigioniero Apostolico. Settimanale
in Bologna, in 4° di pag 8. Annata per Plta-
lia L. 5.
Prime tetture. Due volte al mese in
Milano, in 4°i'pag. 16 con illustrazioni. Annata
per 1' Italia L. 8.
Progresso Catlolico. Ai 6 ed ai 21
d' ogni mese in Salerno, in 8° di pag. 32.
Annata per 1' Italia L. 8.
Home on la Patrie Catholicguc.
Settimanale in Roma , in 4° gr. di pag. 16.
Annata per 1' Italia L. 15; per I'estero L. 20.
Santa Eucaristia. 1° e III0 sabato
d'ogni mese in Palermo, in 16° di pag. 32.
Annata per 1' Italia L. 3.
Santificazione della festa. Ogni
domenica in Bologna, in 16° di pag. 4. An-
nata per 1' Italia L. 4 per 8 copie.
Scienza e Fede. Ogni quindici giorni
in Napoli, in 8° pag. da 80 a 98. Annata per
P Italia L. 12.
Mcnola ed csempio del Cattolici-
suio. Ogni prima settimana del mese in
Prato, in 16° di pag. 32- Annata per 1' Italia
L. 2 30.
Settimana religiosa. Ogni sabato in
Genova, in 8° pag. 8. Annata L. 1,50.
Settimana religiosa. Ogni sabato
in Firenze, in 8° di pag. 4. Annata per 1'Italia
L. 1 50.
Stampa (la) o bibliograQa cattolica . Ogni
"trimestre un numero, in 8° g. 16 pag. a due
colonne. Annata per P Italia, L. 1.
Stella. Ogni mercoledi e sabato in Roma,
in fog. di pag. 4. Annata per 1' Italia L. 6 50.
Stendardo Cattolico. Quotidiano in
Genova, in fog. di pag. 4. Annata per PItalia
L. 28.
Trovatore. Quotidiano in Napoli, in 4°.
pag. 4.
tt nitii Cattolica. Quotidiano in Torino,
in fog. p. di pag. 4. Annata per P Italia L. 28
Bui verso. Ogni giorno in Napoli, in 4*
di pag. 4. Annata in Italia L. 20.
Veneto Cattolico. Quotidiano in Ve-
nezia, in fog. di pag. 4. Annata per P Italia
L. 24.
Vera Luce. Edizione ordinaria quoti-
diana in Firenze, in fog. pic.di pag. 4. Annata
per PItalia L. 15.
— Edizione straordinaria a vario intervallo
in Firenze, in fog. p. di pag. almeno 8. An-
nata per PItalia insieme all'edizione ordina-
ria L. 30-
Vergine (La). Ogni mercoledi in Roma,
in 4° di pag. 8. Annata per 1'ltalia
Veridico. Esce in Roma, in 4° piccolo
pag. 8.
Vero (il). Quotidiano in Napoli, in 4° di
pag. 4. Annata per PItalia L. 2.0.
Yespa. Mercoledi e sabato in Firenze,
in fog. pic.di pag. 4. Annata per PItalia L-10.
Voce Catto.iica. Ogni martedi giovedi
e sabato in Trento, in fog. di pag. 4. Annata
per PItalia L. 8.
Voce di Alaria Ausiliatrice. Men-
sile in Siena , in 8° di pag. 64. Annata in
Italia
Zagara (la). Mensile in Reggio , di Ca-
labria, in 8° di pag. 20. Annata in Italia
L. 4.
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CRONACA
Firenze 22 marzo 18717
I.
ROMA
Nostra Corrispondenza .
Donna Prassede del Manzoni, avendo risoluto di togliere affatto
Renzo dalla memoria di Lucia , non aveva trovato mezzo migliore
che di parlargliene spesso; siccome ora dei Gesuiti coi Romani vanno
facendo, mentre vi scrivo, questi cosi detti giornalisti di qui. Costoro,
poveretti, in questa quistione dei Gesuiti (come del resto in tutte le
altre , ma in questa specialmente ) se non si puo dire che abbiano
perduta la testa , cio accade soltanto perche della testa non hanno
mai dato indizio di possedere altro organo, che quello onde narra
Esopo che si servi una volta il Leone nella sua societa reale della
Caccia :
Yenari, Asello comite, quum vellet Leo
Contexit ilium frutice, et admonuit simul
Ut insueta voce terreret feras.
Cosi i capi guidatori della caccia gesuitica mascheparono da giorua-
listi cotesti arnesi di qui, incaricandoli di aprire, come dicono, il fuoco.
La loro voce insueta una volta e spaventosa , ora , col progresso
odierno, e divenuta consueta e innocua. Fecero, come gia vi scrissi,
un buon mese di esercizii rettorici e vocali; e i sette colii ne echeg-
giarono, si che pareva di maggio. Ma niuno vi bado, piu che non si
facesse al campanone di Campidoglio nei primi giorni dopo il 20 set-
tembre, quando sonava da mane a sera ed anche di notte, e sone-
rebbe, dicono, ancor adesso, se il campanile infine stanco non avesse
minacciato di cadere sul municipio.
CRONACA CONTEMPORANEA 77
Avendo , benche un po' tardi , capito fmalmente che colla sola
eloquenza rion facevano profitto, i cacciatori dei Gesuiti, gente ma-
nesca piu che erudita, si appigliarono infme a quelle sole armi di
cui hanno qualche esperienza ; e se avessero avuto cura, come gia in
tempi migliori, di assicurarsi le spalle e di accordarsi con chi con-
veniva, non ci e dubbio che la yittoria sarebbe stata tanto certa
quanto gloriosa. Ma avendo trascurate le alleanze, non fecero che un
fiasco militare, come gia ne aveano fatto uno letterario. Non manco
la gloria; ma manco la vittoria; colla giunta di essersi dimostrati,
dinanzi a tutta Roma, ed anzi a tutta Europa (che sempre sta guar-
dando, come e noto) per gente che ha dimenticato 1' abbicci del ine-
stiere di dimostrante . II quale consiste nel fare le dimostrazioni in
tal tempo ed in tal guisa, che il Governo se ne possa servire come
di argomento presso la gente colta, per compire e perfezionare egli
medesimo quello, a che desiderava essere dolcemente spinto dal po-
polo sovrano e dalla pubblica opinione.
Non vi narrero i fatti del Gesu. Voi gia sapete che il di 11
marzo, essendo il popolo romano in quella Chiesa a predica, contem-
poraneamente, per uno di quei casi che accadono spesso nei paesi
irrorati da un plebiscite unanime, un altro popolo romano si trovaya
parimente in piazza al posto suo. L'incontro dei due popoli ebbe
questo di singolare, che fece uscir fuori 1' intervento forestiero di un
terzo popolo romano di adesso , composto di questurini , carabinieri ,
poliziotti e simili tutori nati, ed anzi portatori dell'ordine morale in
Italia. Cbe cosa sarebbe succeduto senza quest' intervento forestiero
non si sa di certo. Ma si sa di certissimo che quest' intervento port6
il disordine anche dove non ci era , cio& in chiesa.
Questo disordine portato dai portatori dell'ordine, tanto che i
percossi (che non furono pochi, e tutti del popolo della Chiesa) lo
furono quasi tutti dai sullodati ; questo disordine, verainente fuori
dell' ordine ordinario, non fu pero il solo caso memorabile della gior-
nata. Non intendo narrarvi le ccse per filo e per segno. Ma come ta-
cere del pubblicisla arrestato in piazza? Giacche per amore di verita,
e anche per rendere le dovute lodi ai tutori nati dell'ordine, non
devo dissimulare che, del popolo della piazza, benche niuno fu percossa
(ci sarebbe voluta anche questa!) due pero furono carcerati per pochi
istanti , dei quali uno fu da tutti i giornali qualificato per Pubbli-
cista. Ci siamo stillato il cervello in questi giorni in Roma per in-
dovinare che razza di professione dovesse essere questa di quel car-
cerato in piazza. Finalmente si sono divise le opinioni. Alcuni credono
che dovesse essere un qualche strillone di giornali. Altri opinano che
possa essere un appiccicatore di avvisi. E tutta gente addetta alia
pubblicitd; o, come direbbe ii Parlamento, all' emanazione.
78 CRONACA \-
Altro caso memorabile fa la fischiata solenne anzi che no, con
cui fu accolto dal popolo dei pubblicisti di piazza , un inviato di
una grande potenza. Qualche Esopo dovette trovarsi in mezzo a quei
pubblicisti, il quale dovette dir loro : Venit nunc dives etpotens*
Huic similiter impinge lapidem, et dignum accipies praemium.
II premio di questo errore, e di molti altri simili accaduti in
quel giorno , dee a quest' ora averlo gia ricevuto in Firenze il Mi-
nistro Visconti Venosta , secondo che leggo nella Perseveranza di
Milano dei 15 marzo. « lo sono certo, dice cola un pubblicista, che
quei tafferugli di Roma faranno passare piu quarti d'ora importuni
al Ministro degli affari esteri , al quale la voce della diplomazia eu-
ropea non suona meno frequente e meno allarmante, percio solo che
Feco ne resta muto tra le quattro pareti del suo gabinetto. »
L' eco pero, per quanto muta, aveva echeggiato perfino a Mi-
lano fin dal 15 di marzo. E che sia giunta anche a Roma, si ricava
chiaramente dal muta to tenore di scrivere dei nostri pubblicisti di
qui. I quali, dopo essere stati non so bene se pagati o pregati per
sonare una canzone di caccia , debbono ora certamente avere rice-
vuta la missione di sonare a raccolta. E bisognerebbe che foste qui
a udire con che eloquenza, con che sonorita di voce questi pubblicisti
presero subito il tono comandato. Oso dire che questi colleghi della
socieia della caccia, oltre a buone voci, hanno anche buoni orecchi.
Come se non fosse loro fatto , come se non avessero sonato a caccia
per un mese , come se Auritulus clamorem non tulisset tolls viri-
bus ; in un subito, all' improvviso , con faccia tosta, e colla mede-
sima sonorita di voce, presero a sonare a raccolta. « Non piu di-
sordini » diceva la Nuova Roma del 14 marzo; e notava con fina
politica che « i Gesuiti provocano a bella posta tali disordini, onde
farsene arma presso le potenze estere. » Ma per disgrazia la Liberia
dei 12 marzo aveva gia detto due giorni prima che « alia tranquil-
lita ci consiglia anche la ragione, che all' estero, malgrado le piu
patenti prove , si credera difficilmente che i provocatori siano i cle-
ricali. » La quale informazione la Liberia dovette certamente averla
dall' eco muta delle quattro pareti del ministro degli esteri di Fi-
renze. Che se la Liberia avesse un corrispondente, ugualmente ben
informato presso il ministero degli Interni , saprebbe che lo stesso
appunto accade nell'interno.
E cosi grazie alle potenze estere e alia niuna fede che queste
hanno « malgrado le piu patenti prove » alle assicurazioni italiane,
si vede ora in Roma questo nuovo spettacolo di liberal! quieti come
agnelletti , non ostante che siano tutto il giorno vittime di provoca-
zioni clerical! che, come dice, credo, il Berni, caverebbero le ceffate
CONTEMPORANEA 79
di mano di San Francesco. Sicche e ora il momento, credo, che voi
potete tornar a Roma sicuramente.
Non credeste mica pero che non vi si farebbe guerra. Ma sarebbe
una guerra tollerabile, con arme di nuovo modello suggerita, dalla
Nuova Roma dei 13 marzo. « La citta ha compreso, dice essa , che
1' arme migliore contro i Gesuiti e ildisprezzo. » La qual arme ha
questo di buono , secondo la Nuova Roma , che non solo serve di
arme offensiva, ma anche di difensiva, secondo che essa notd nel suo
N° seguente de' 14 marzo, dicendo . « In quanto alle mene dei
nostri nemici, sventiamole col disprezzo. » Ecco un' arme che io
consiglierei volentieri nel prossimo Congresso della pace.
Che se poi si accettasse la modiiicazione proposta a quest'arrae
•dall' Opinione dei 13 marzo, credo che ne potreste rimanere anche
piu soddisfatta. Giacche quel giornale prudente, vecchio e nemico di
violenze, propone il sorriso della compassions . « Non posso far a
meno, dice essa, di gridare ai buoni patriotti romani : resistete alia
tentazione; fatevi forti di moderazione e di prudenza; alle provoca-
zioni rispondete con un sorriso di compassione. »
Io m'immagino con un vero sorriso di compiacenza, il piacere
che proverested'or innanzi, tornando in Roma, dove al solito passeg-
gio, non incontrereste che sorrisi di compassione. E siccome di es-
terno e visibile non vi sarebbe che il sorriso, e la compassione ri-
marrebbe di natura sua interna ed invisibile, niuno potrebbe vietarvi
di pigliare quei sorrisi nel senso letterale. Cesserebbero allora subito
le provocazioni vostre, e clericali, e sarebbe fatta la pace generale.
Non vorrei pero che la guastassero certi figuri niente sorridenti
che, dopo aver salvata la Francia, come sapete, si vedono arrivare
ogni giorno a gruppi a salvare non so che cosa in Roma. Ho gran
paura che costoro romperanno le ova nel paniere della Nuova Roma>
della Liberia, e dell' Opinione. Gia minacciavano di non voler piu
oltre tollerare le provocazioni dei clericali, iin dal primo giorno del
loro arrive. II di di S. Giuseppe poi volevano vendicare non so che
botte, ricevutepur troppo da loro piu volte dentro Roma e nei contorni.
Essi non provocavano nessuno allora : e si sa anzi da tutti che faro-
no i clericali quell i che andarono a cercarli a Mentana, dove stavano,
^redo, in chiesa alia predica. II fantasma delle potenze estere, che
turba 1'eco nel gabinetto del ministro degli Esteri di Firenze, per
quanto ripercosso loro negli occhi dagli specchi ministerial dell'O-
pinione, della Nuova Roma3 della Liberia ed altrettali, non ispa-
venta punto questi pubblicisti reduci dall' aver salvata la Francia
colla compera di una bandiera prussiana. Essi sfidano anzi tutte queste
potenze estere, e vorrebbero il loro intervento , d' accordo in questo
80 CRONACA
coi clerical!. Quest' intervento estero darebbe loro T occasione deside-
rata di mostrare il loro valore, non che la loro camicia, la quale ora
sono costretti dalla Questura di tenere nascosta con loro grande ram-
marico, e anche nostro , che mai non abbiamo avuta la fortuna di
vederla pulita e vincitrice. Non crediate che io voglia male a questi
. reduci. Oltre che hanno gia salvata Roma una volta nel quarantotto
e possono risalvarla nel settantuno, meritano ancora il mio rispetto
per gli avanzamenti che hanno procurati a molti zuavi e caccialepri
miei amici. Inoltre se io non li rispettassi davvero nel fondo del
cuore pei motivi detti e per altri ancora, li dovrei rispettare, direi
quasi per forza: giacche costoro , a chi non mostra di rispettarli ,
vanno innanzi come fecero ai bravi scrittori della Frusta in dieci o
dodici contro uno o due. Che se fossero iti cosi in Prussia, davvero
che conquistavano bandiere senza spendere. Ma in Roma conquistarono
la gloria di una dichiarazione della Frusta,, che dichiara d'ora innanzi
nulle ed irrite tutte le ritrattazioni politiche fatte da lei o da farsi:
giacche costoro non ammettono repliche ne scuse . 0 ritrattarsi , o
essere sconfitto. Mi ritratto fin d'ora di tutto; a uso Frusta.
II.
COSE ROMANS
\. False dicorie d' un supposto Concistoro — 2. Provviste di diocesi e no-
mine di Vcscovi — 3. Decreti per 1' appropriazione di otto convent! e
rase ecclesiastiche — 4. Guerra ai Gesuiti ; violenze e profanazioni nctta
Chiesa del Gesu' — 5. Maleiizii dei Gesuiti — 6, Breve del Santo Padre
all' Emo Card. Patrizi , a tal proposito.
1. Sui primi giorni di marzo corse voce che il Santo Padre fosse
per tenere Concistoro in Vaticano. I diarii della consorteria fioren-
tina furono solleciti di raccogliere quella diceria, darle corpo di
verita, e descrivere anticipatamente , come gia avvenuto, quello che
loro tornava a conto d' inventare a tal proposito. Percio varii corri-
spondenti, e specialmente quello della Gazzetta d' Italia, scrissero
ai rispettivi loro padroni , per filo e per segno , le discussion! che
aveano preceduta tal risoluzione ; i contrast! acrimoniosi tra il Car-
dinale Antonelli e gli inevitabili Gesuiti; la parte presa dal S. Padre
e dai Cardinal! percio consultati; 1'ondeggiare tra il si ed il no; il
tenore d&ll'allocuzione, distesa da tre Padri della Compagnia di
Gesu ; le aggiunte arrecatevi da Sua Santita ; la forma dibattuta ,
modificata , ammessa in maniera da salvare le apparenze di pri-
gionia e pur compiere I' atto del Concistoro ; e le ragioni tutte ac-
CONTEMPORANEA 81
campate dalle parti contenderiti. — Chi vuol divertirsi a vedere sopra
cio una portentosa collezione di favole e di bisticci , pu6 trovarne
una dovizia nella Gazzetta d' Italia, n.1 68, 69, 70 e 71. Ben inteso
che tutto, da cima a fondo, tutto e pura invenzione. Falso che siasi
tenuto Concistoro; falso che percid fossero contrasti nel Sacro Col-
legio; falso che i tre innominati ed innominabili Gesuiti preparas-
sero una violentissima allocuzione; falso che il Santo Padre la re-
eitasse.
Ma questo non impedi che il 6 marzo 1' Agenzia Slefani spedisse
per tutta Europa, ed i giornali del Governo di Firenze accreditassero
come autentico, il fatto del Concistoro, ed il sunto dell' immaginaria
allocuzione.
Cio diede giusta ragione di notare che, se per via del telegrafo
di Roma e dei giornali del Governo si possono divolgare e far cre-
dere come dette dal Papa parole che non disse mai ; cogli stessi mezzi
si puo togliere fede agli atti veramente suoi ; e cosi rendere ognora
incerto o sospetto 1' esercizio del ministero apostolico del Papa.
A smentire quelle imposture, maliziose in parte, ed in parte
assurde , 1' Osservatore Romano, n° 56 del 9 marzo, accennando al
mentovato dispaccio dell' Agenzia Stefani, stampo le seguenti parole:
« Siamo in grado di dichiarare che nel medesimo dispaccio non si
contiene nulla di vero, poiche esso non e che una spiritosa inven-
zione di cattivo genere. »
2. La verita e semplicissima. La mattina del 6 marzo, convocati
dal Santo Padre, gli Eriii Cardinali si radunarono in Vaticano; ed
in loro presenza , non avendo il Santo Padre pur aperto bocca a
dire una parola , fu promulgata I' ultima Provvista di chiese,, nella
forma precisa che vedesi nello stesso Osservatore Romano , n° 54
del 7 marzo , e che qui trascriviamo.
« LA SANTITA DI NOSTRO SIGNORE PAPA Pio IX, volendo occorrere
ai bisogni della Chiesa, si e degnata di provvedere quanto appresso:
« Chiesa Metropolitana di Evora , nel Portogallo, pel R. D.
Giuseppe Antonio Pereira Bilhano, sacerdote diocesano di Aveira,
Parroco del SSmo Salvatore in Ilhavo, e Baccelliere formato in di-
ritto canonico. Chiesa Cattedrale di Porto Vecchio, di nuova ere-
zione, nella repubblica dell' Equator e, per Monsignor Luigi Tola,
traslato dalla Chiesa di Berissa in partibus. Chiesa Cattedrale di
Martinicca, o S. Pietro , nell' isola omonima, Antille, pel R. D.
Amando Fava, Vicario Generale della Diocesi di Reunion, o S. Denis.
Chiesa Cattedrale di Erbipoli y o Wurzburg, nella Baviera, pel
R. B. Giovanni Valentino Reissmann, sacerdote diocesano di Erbi-
poli, Prevosto in quella Cattedrale, Vicario Capitolare della stessa
Serie VIII, vol. II, fasc. 499. 6 23 marzo 1871.
82 CRONACA
diocesi, e Dottore in sagra teologia. Chiesa Cattedrale di Vittoria,
o Tamaulipas , di nuova erezione , nel Messico , per Monsignor
Ignazio Montes de Oca y Obregon , sacerdote diocesano di Leon,
Cameriere segreto soprannumerario di SUA SANTITA e Dottore in sagra
teologia ed,in arabe le leggi. Chiesa Vescovile di Filadelfia nelle
parti degl' infedeli , per Monsignor Luigi Giordani, sacerdote arci-
didcesano di Ferrara , Prelato Domestico di SUA SANTITA , Uditore
deila Sagra Rota Romana, e Dottore in sagra teologia e nell' uno e
1' altro diritto. Chiesa Vescovile di Gerasa nelle parti degl' infedeli,
pel R. D. Ayres d' Ornellas de Vasconcellos, sacerdote di Funchal ,
Decano in quella Cattedrale, Vicario Generale della stessa diocesi,
Dottore in sagra teologia , e deputato Coadiutore con futura succes-
sione di Monsignor Patrizio Saverio de Moura, Vescovo di Funchal.
Chiesa Vescovile di Arsinoe, nelle parti degl' infedeli , pel R. D.
Luigi Carcamo, Sacerdote diocesano di San Salvatore , Canonico di
grazia in quella Cattedrale, e deputato Coadiutore con futura suc-
cessione di Monsignor Tommaso Michele Pineda y Saldana, Vescovo
di S. Salvatore nell' America Centrale. Chiesa Vescovile di Joppe,
nelle parli degl' infedeli, pel R. D. Carlo Francesco Prurha, sacer-
dote arcidiocesano di Praga , Canonico Scolastico in quella Metro-
politana , Dottore in sagra teologia, e deputato Ausiliare dell' Emo
e Rmo signer Cardinale Federico Schwarzenberg , Arcivescovo di
Praga. Chiesa Vescovile di Dora, nelle parti degl' infedeli , pel
R. D. Giovanni Maria Majoli , sacerdote di Ravenna, Arcidiacono in
quella Metropolitan, Vicario Capitolare della stessa Arcidiocesi e Dot-
tore in ambe le leggi.
« Dal mese di giugno passato in poi sono state provvedute per
Breve le altre che seguono : Chiese Suburbicarie unite di Ostia e
Velletri, alle quali ha ottato ]' Emo Rmo signor Cardinale Costantino
Patrizi, Decano del Sagro Collegio, traslato dalle Sedi di Porto e
S. Rufina. Chiese suburbicarie unite di Porto e S. Rufina , alle
quali ha ottato 1' Emo e Rmo signor Cardinale Luigi Amat di S. Fi-
lippo e Sorso, sotto-Decano del Sagro Collegio, traslato dalla Sede
di Palestrina. Chiesa Suburbicaria di Palestrina, alia quale ha ottato
1' Emo e Rmo signor Cardinale Carlo Sacconi, dimesso il Titolo Pre-
sbiterale dTS. Maria del Popolo. Chiesa Metropolitana di Quebec,
nel Canada, pel R. D. Alessandro Taschereau, Professore di sagra
teologia, e Rettore nell'universita di Lavalle, Vicario Generale del-
rarcid.iocesi di Quebec, e Dottore in diritto canonico. Chiesa Catte-
drale di Lugos, di rito Greco Rumeno, in Ungheria, per Mons.
Giovanni Olteanu, sacerdote diocesano di Lugos, di SUA SANTITA Ca-
meriere d'onore in abito paonazzo, Arcidiacono, e Professore di reli-
CONTEMPORANEA 83
gione, di lingua e letteratura romana nel ginnasio di Lugos. Chiesa
Cattedrale di Briinn, nella Moravia, pel R. D. Carlo Noettig, sa-
cerdote arcidiocesano di Olmutz, Canonico nella Cattedrale di Brunn,
assessore di quel Vescovile Concistoro e Tribunale giudiziario dio-
cesano. Chiesa Cattedrale di Agen, in Francia, pel R. D. Ettore
Alberto Chaulet d'Outremont, sacerdote di Tours, Canonico in quella
Metropolitana , e Vicario Generale della stessa arcidiocesi . Chiesa
Cattedrale di Soutwark, in Inghilterra , pel R. D. Giacomo Danell,
Canonico della medesima Cattedrale. Chiesa Cattedrale di Ardagh,
in Irlanda, pel R. D. Giorgio Couray, sacerdote Irlandese, Dottore
in sagra teologia. Chiesa Cattedrale di Raphoe,, in Irlanda f pel
R. D. Giacomo Mac Devitt, Professore nel Collegio di Maynooth.
Chiesa Cattedrale di Clonfert, in Irlanda, pel R. D. Ugo O'Rorke,
Professore nel Collegio di Maynooth. Chiesa Cattedrale di Nicopoli,
nella Bulgaria 3 pel R. P. Ignazio Paoli del Bambin Gesu, della
Congregazione de' Chierici Scalzi della SSma Croce e Passione di
N. S. G. C. Consultore Generale, deputato ancora Amministratore
Apostolico della Valachia. Chiesa Vescovile di Retimo , nelle parti
degl' infedeli,, pel R. D. Giacomo David Ricards, sacerdote del Vi-
cariato Apostolico del distretto Orientale del Capo di Buona Speranza,
deputato Vicario Apostolico del medesimo distretto. Chiesa Vescovile
di Massimopoli, nelle parti degl' infedeli , pel R. P. Paolo Carne-
vali, dell' Ordine de' Minori Osservanti, Missionario Apostolico nel!a
Cina , deputato Coadiutore di Monsignor Luigi Moccagatta , Vicario
Apostolico di Xan-Si. Chiesa Vescovile di Conco, nelle parti de-
gl 'infedeli , pel R. D. Michele Ester Leturdu, del seminario delle
Mission] straniere, deputato Coadiutore di Monsignor Giovanni Bat-
tista Boucho, Vicario Apostolico del Siam Occidentale. Chiesa Ve-
scovile di Eucarpia, nelle parti degl' infedeli^ pel R. D. Lodovico
Maria Fink, dell' ordine di S. Benedetto , Priore del monastero Be-
nedettino in Kansas , deputato Coadiutore di Monsignor Giovanni
Battista Miege, Vicario Apostolico di Kansas.
« Si e fatta 1'istanza del sagro Pallio per la Chiesa Metropo-
litana di Evora. »
3. Dopo le menzogne, sfruttate dai giornalisti e dagli agenti del
Governo di Firenze, sopra 1' immaginario Concistoro e la supposta
allocuzione del Santo Padre , avvennero realmente in Roma molti e,
sotto un certo rispetto, anche gravi fatti; dei quali siamo astretti, per
difetto di spazio, a rimandare la succinta ma esatta narrazione al
prossimo quaderno. Tali sono i dissidii e le metamorfosi del Consi-
glio e della Giunta conmnale; i primi atti delPalladio; 1'anniver-
sario della nascita di Vittorio Emmanuele e del Principe Umberto ;
84 CRONACA
10 scatenamento della setta massonica contro gli Ordini Religiosi; ed
altri cotali , che mettono in buona luce 1' indole della ristorazione
morale, portata in Roma colle bombe del 20 settembre.
Qui ci ristringeremo, per questa volta, a registrare i fatti gia
consumati per la spogliazione di varii Ordini Religiosi, e le sacri-
leghe violenze che funestarono e profanarono la Chiesa del Gesu nei
giorni 9 e 10 marzo.
Rispetto al primo capo, era evidente che la Frammassoneria ,
portando in Roma la sovrana sua sede, di necessita dovea discac-
ciarne gli Ordini religiosi, ed appropriarsene i beni e le case. Per
fare la cosa con un poco di garbo , si trasse cagione dall' urgente
bisogno di apprestare stanza ai Ministeri ed agli ufficii del Governo,
come ai due rami del Parlamento ed ai rispettivi ufficiali.
II R. Commissario Gadda, nel famoso suo bando di classica me-
moria: Nell' assumere di rappresentare ecc., avea detto chiaro es-
sere il principale dei suoi uffizi « quello di preparare il trasferimento
della Capitale »; ossia, per chi sapea leggere e capire, di spazzar
fuori dai loro conventi e monasteri i religiosi e le monache, per
(Jar luogo ai liberatori gloriosi e trionfanti del 20 settembre . Le
Commissioni percio deputate dal Governo furono sollecite di visitare
i conventi e monasteri e le case di regolari che, per la postura ,
rampiezza, la forma e solidita dell' edifizio, meglio poteano giovare
aU'intento. Quelli che furono visitati intesero subito, che la faccenda
procederebbe presso a poco a quel modo, che nel 1793 pei giudizii
del Tribunale rivoluzionario a Parigi; dove chi era citato gia sapea
d'essere condannato. A Roma 1'essere onorato dalla visita della Com-
missione dovea valere quanto 1' essere cacciato fuor di casa. Primi
ad aver 1' onore di tal visita, ed a sentirne gli effetti , furono otto
tra conventi e case di regolari , che dalla operosita del R. Commis-
sario Gadda furono condannati all' espropriazione.
La Libertd-Gazzelta del Popolo, n° 65 dell' 8 marzo, ne reco
11 merito al Gadda, dicendo: « Certo egli non ha potuto contentare
quegli scipiti grullarelli , che vorrebbero si procedesse a rompicollo
scnza alcun criterio di cid che si fa o si ha da fare; ma certo al-
tiesi tutti gl' imparziali dovranno dar lode all' on. Gadda della sua
sollecitudine. L' occupazione indispensabile di otto conventi e dovuta
principalmente a lui ; il quale , convinto che non si poteva fame a
meno , ha promosso ed ottenuto il decreto di espropriazione. »
Questo decreto venne pubblicato nella Gazzetta ufficiale di Roma
n° 16(3 del mercoledi 8 marzo; e come schema di quel che dee toe-
care alia massima parte dei conventi e delle case religiose di Roma,
lo riferiamo distesamente.
CONTEMPORANEA 85
« Yista la Legge 3 febbraio scorso sul trasferimento della Ca-
pitale ed analogo Regolamento piibblicato con Nostro Decreto dello
stesso giorno n. 36; Vista la Legge 25 giugno 1865, num. 2359 pub-
bwcata nella Provincia di Roma con Decreto Nostro del 17 novem-
bre 1870, sulle espropriazioni per causa di pubblica utilita; Yisto il
voto della Commissione Governativa di che agli articoli 3 e 5, iettere
A ed M del Regolamento 3 febbraio predetto ;
« Ritenuto che in seguito alle deliberazioni prese dall' accennata
Commissione in ordine al collocamento di molte Amrninistrazioni dello
Stato , fu gia disposto per la occupazione di tutti i locali di ragione
Demaniale esistenti in Roma , e che malgrado ci6 rimane ancora a
provvedere per molti altri pubblici servizii ; Ritenuta quindi 1'urgenza
di valersi indilatamente delle facolta date al Governo dalla precitata
Legge sul trasferimento della Capitale, occupando alcuni stabili ap-
partenenti a Corporazioni Religiose, i quali a ragione tanto della
loro ubicazione , quanto del numero e qualita dei locali sono i piii
adatti ; Ritenuto che importa provvedere in pari tempo alle esigenze
del servizio religioso, alia conservazione delle Biblioteche , Musei ,
Archivii ed altri Istituti Scientifici che si trovassero negli edificii da
espropriare ;
« Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato pei La-
vori Pubblici, Commissario Governativo in Roma; Sentito il Consi-
glio dei Ministri , Abbiamo decretato e decretiamo :
Articolo 1.° Sono espropriati per causa di pubblica utilita e per
servizio pubblico dello Stato i locali denominati: 1° S. Maria in
Vallicella, Oratorio e Casa Religiosa detta dei Filippini. 2° SS. Do-
did Apostoli, Convento dei Padri minori conventual!. 3° S. Silvestro
e Stefano in Capite, Monastero di Monache di S. Chiara. 4° S. Sil-
vestro a Monte Cavallo, Casa ed Orto dei Signori della Missione.
5°S. Maria delle Verging Monastero di Monache Agostiniane. 6°S. An-
drea Apostolo detto della Valle, Casa dei PP. Teatini. 7° S. Maria
Sopra Minerva, Convento dei PP. Domenicani. 8° S. Agostino, Con-
vento dei PP. Agostiniani: posti nella citta di Roma, e descritti negli
uniti piani, firmati d' ordine Nostro dal Ministro Segretario di Stato
pei Lavori Pubblici.
Articolo 2°. 11 Governo prendera possesso degli accennati stabili
nel termine di quindici giorni, decorrenti dalla data della notifica-
zione del presente Decreto.
Articolo 3.° Con successivi Nostri Decreti verra autorizzata la
iscrizione sul gran Libro del Debito Pubblico della rendita 5 0^0, da
darsi in correspettivo ai corpi morali espropriati a termini dell' art. 7
della Legge 3 febbraio 1871, osservate le altre prescrizioni stabilite
dalla Legge medesima.
86 CRONACA
Articolo 4.° Con speciali disposizioni Ministerial! sara assegnata
dopo la occupazione, la parte dei locali che occorresse di riservare
per il servizio delle Chiese, e sara provveduto alia conservazione
degli oggetti di arte ed antichita, delle Biblioteche , Archivii, Musei
ed altri stabilimenti scientific! che si trovassero negli accennati Con-
venti .
« II Nostro Ministro dei Lavori Pubblici Commissario Governa-
tivo in Roma, di concerto con i Ministri di Grazia e Giustizia e della
Pubblica Istruzione, per do che rispettivamente puo riguardarli e
incaricato della esecuzione del presente Decreto.
« Dato a Firenze il 4 marzo 1871. YITTORIO EMANUELE.
C. Correnti — G. De Falco — G. Gadda. »
II sacrifizio di queste otto prime vittime fu consumato con un
Bando della Commissions Governativa., promulgato dalla Gazzetta
ufficiale di Roma n° 172 del 14 marzo; nel quale, ricordato il di-
sposto del precedente, e per soddisfare al prescritto dalla legge del
3 febbraio 1871, da noi recitata nel precedente volume a pag. 621-23,
si stabilisce quanto segue.
« Ritenuto essersi adempiuto con quell' atto all' obligo nei con-
front! cogli espropriati , di che neli' art. 7. ultimo, capoverso della
Legge 3 febbraio p. p. N° 33, perche di questo adempimento sia
fatto constare anche pegli effetti di che nello Art. 52 della legge 25
giugno 1865 N° 2359 pubblicata in Roma il 17 novembre 1870 ul-
timo scorso: Visto 1' Art. 5, lettera m del Regolamento pubblicato
col R. Decreto 3 febbraio p. p. N° 36.
Decreta Sia notificato al pubblico, per chiunque possa avervi
interesse , che la rendita 5 per 0|0 pari al reddito di ciascuno de-
gl' immobili come sopra espropriati venne offerta,
Al Convento di S. Maria in Yallicella nella
somma di Lire 12487 42
Al Convento dei SS. 12 Apostoli ...» 15264 90
Id. di S. Silvestro in Capite » 12707 31
Id. di S. Silvestro al Quirinale. ...» 5985 65
Id. di S. Maria delle Vergini » 5093 84
Id. di S. Andrea della Yalle » 7483 23
Id. di S. Maria sopra Minerva. ...» 26466 41
Id. di S. Agostino » 30685 —
II Presidente Cappa. »
4. All'apparire di questi decreti e bandi , ed al vederli pron-
tamente eseguiti, il coro dei giornali massonici a servizio del Go-
verno e della rivoluzione proruppero in alte strida di sdegno. Come !
solamente otto! E tra questi sacrificati neppure uno dell' abborrita
CONTEMPORANEA 87
Compagnia di Gesu! E perche tale immunita verso cotestoro, per
cui neppure si pu6 avere la magnanimita della tolleranza ? Dunque
si vogliono eccettuare i Gesuiti ? E il popolo non fara nulla ?
Si recitava cosi la commedia tacitamente gia concordata. 11 man-
dare via i Gesuiti con un prosaico decreto reale , che li mettesse in
ischiera coi religiosi d' altri Ordini , era un far loro troppa grazia.
Bisognava che si potesse veder chiaro come il sole di mezzodi, che
i Gesuiti erano spogliati e cacciati per risoluto ed irresistibile volere
del popolo sovrano ; e che il Governo usava verso loro con molta
benignita e grazia: mentre , volens satisfacere populo, che gridava
unanime il tolle, lolle, crucifige, egli si contentava di spogliarli e
cacciarli via.
Al quale effetto , inteso dalla setta, se non voluto positivamente
dal Governo, crebbe a dismisura la furia del bandire la croce ad-
dosso ai Gesuiti ; onde la Liberia , la Nuova Roma , il Tempo , il
Tribuno, li vennero designando a tutte le furie infernali, con ogni
piu ribalda imputazione di delitti imperdonabili.
Dalle grida a voce ed a stampa si venne a' fatti il 9 marzo. Al
Gesu predicava il P. Tommasi. Gli stessi compilatori della Liberia,
presenti alia predica, attestarono che questa non avea nulla di straor-
dinario, e non contenea veruna allusione politica. Malgrado di cio un
tal E. Santini, ufficiale del Palladia o Guardia nazionale, non si
contenne dal dare tali segni di disapprovazione e di sprezzo, che
moltissimi degli astanti ne sentirono vivo sdegno; ed all' uscire di
chiesa gli dissero che o non vi tornasse piu , o vi si contenesse da
cristiano. Egli rispose con quella buona creanza e con quella mode-
razione che sola puo trovarsi in un pari suo. Ne nacque un diverbio
aspro, quindi un conflitto , nel quale tocco alquante busse. Non ap-
proviamo le busse; ma da tutti puo vedersi, e fu confessato, anche
a stampa, da fogli suoi complici e partigiani , che egli avea provocato
col suo contegno quel parapiglia. Se chi lo percosse manco di mo-
derazione , egli certo avea stancata la loro pazienza . Ed e indubitato
che He i Protestanti nel loro 4empio, n£ i Giudei hella loro sinagoga
sarebbero stati da costui insultati, come egli fece nella Chiesa del Gesu.
Furono arrestati dalla questura parecchi come imputati d'aver
percosso il Santini. Intanto si preparo un fiero tumulto per la domane.
La Nuova Roma disse chiaro che i militi di tre compagnie del batta-
glione, cui e ascritto il Santini, si appostarono quella mattina sulla
piazza del Gesu , all' intento di pigliarsi una rivincila , coll'assalire
e bastonare per bene i caccialepri , ossia i giovani cattolici che,
dopo aver portate le armi a difesa del S. Padre, ora usavano alia
Ghiesa del Gesu. La Polizia n'era avvisata , e sulla piazza erano
88 CRONACA
disseminati Carabinieri e molte Guardie di pubblica sicurezza . La
predica fu di soggetto morale, e senza pure un cenno di cose poli-
tiche. Appena cominciarono ad uscire i giovani cattolici dalla por-
ticina laterale, furono investiti con urli, fischiate e minacce; e con-
tinuando essi a procedere oltre senza mostrarne timore, quei prodi
furono loro addosso con mazze a percoterli furiosamente , costrin-
gendoli a rientrare in chiesa, anche per salvarsi dalle palle di piombo
che erano loro scagliate alia testa e in petto. Cinque di essi ne furono
feriti , e 1'un d'essi a morte. Al rientrar delle vittime in chiesa, vi
penetrarono pure i vindici del Santini ; e cosi nel Santuario stesso
si distese il tumulto. Al tempo stesso per una delle porte maggiori
che mettono in piazza si precipitarono entro la Chiesa drappelli di
soldati colle baionette spianate , Guardie di sicurezza pubblica colla
daga imbrandita, Guardie municipali o Pizzardoni che dimenavano
la sciabola , Carabinieri , ufficiali di linea , tutti occupati a perse-
guitare chiunque tenesse un bastoncino, rovesciando e percotendo
donne e fanciulli , ed operando come se d' assalto avessero superato
una barricata.
Al sacerdote che, sul terminare della messa, intimava a codesti
profanatori il rispetto della chiesa e denunziava la scomunica , essi
rispondeano coll'intimargli 1' arresto. Veggasi di cio la relazione del
Sacerdote Collalti , stampata nell' Osservatore Romano . Noi non
ci stenderemo nella descrizione delle infamie compiute in chiesa
e sulla piazza. Ne abbiamo dato un cenno altrove. Quello che ne
pubblicarono gli stessi diarii delle sette e piu che sufficiente a di-
mostrare che: 1° i Gesuiti non ci entravano per nulla; 2° che la
provocazione fu fatta , ed il tumulto fu eccitato dai settarii ; 3° che
la questura , o non seppe prevedere , o non voile reprimere il tu-
multo; 4°. che gli arresti furono fatti aH'impazzata e quasi tutti a
carico delle vittime: 5°. che tutto quell' affare era diretto ad eccitare
il tolle > tolle cruciftge che molti veri Giudei urlavano sulla piazza
del Gesu, e che dovea dar pretesto alia oppressione dei Gesuiti.
II parapiglia nella Chiesa dur6 buona pezza. Fino a tarda.sera
sulla piazza e nelle prossime vie, dove chi usciva dalla Chiesa o
dalla casa del Gesu era fatto segno ai piu brutali insulti, benche
protetto da un delegato e da guardie della questura o da ufficiali
dell'esercito.
I Gesuiti hanno giusto motivo d' andarne alteri , vedendosi cosi
posti, come bersaglio ai colpi della iniquita vittoriosa, partecipando
alia sorte del Sommo Pontefice.
Di che, per evitare ogni maligna interpretazione, ci basta re-
citare una particella di quel che leggesi nell' Osservatore Romano.
CONTEMPORANEA 89
n°. 64 del 18 marzo, sotto il titolo: I Gesuiti, diretto a sfatare le
abbominevoli calunnie della Gazzetta d' Italia; la quale ha scoperto
che tutti i malanni d' Italia, tutti i suoi tormenti, tutte le sue pene
provengono dai Gesuiti. L'Osservalore, con ironia calzante e chia-
rissima ne fa i suoi rallegramenti con la Gazzetta, maravigliandosi
perd d'averla veduta giungere cosi tardi a cosi importante scoperta.
« Non era infatti necessario un troppo sottile accorgimento per
acquistare certezza che se il Sommo Pontefice non voile mai che la
Chiesa cattolica venisse a transazione coll'ateismo e coll'empieta, cio
accadde soltanto per le arti maligne all' uopo adoperate dai Gesuiti.
Se la Santa Sede condanno coraggiosamente i turpi error! e le stolte
dottrine che la falsa civilta moderna vorrebbe sostituire alle norme
inconcusse ed inalterabili della religione , della giustizia e della mo-
ralita, cio deve attribuirsi soltanto alle perfide insinuazioni dei Ge-
suiti; se in Roma e vivissirao e quasi universale il malcontento ed
in tutti i paesi cattolici unanime e prepotente 1'agitazione, tutto cio
non e che una commedia , un artificio, una gherminella dei Gesuiti.
E similmente allorche si legge in qualche foglio liberale che il Papa
parte da Roma , nessuno manca di riconoscere nei Gesuiti gli autori
di questa risoluzione; se altri affermano che il sommo Pontefice non
partira, bisognerebbe esser ciechi per non vedere che i Gesuiti vo-
gliono con questo mezzo mettere in imbarazzo il Governo; se il Papa
non esce dai Vaticano, egli e perche i Gesuiti hanno inventato questo
artificio di una prigionia simulata; se fa elemosine e soccorre coloro
cui il civilissimo Governo italiano tolse , contro ogni equita . il ne-
cessario sostentamento giornaliero, quelle elargizioni e quei sussidii
rivelano da mille miglia lontano un espediente immaginato dai Gesuiti
per apparecchiare e muni re una poderosa reazione; se finalmente il
governo unitario non fa che aumentare a dismisura ogni giorno la
serie degli spropositi e se non ne indovina una , chi oserebbe negare
che siano i Gesuiti la vera e genuina ragione di tanta bestialita? »
Troppo largo compenso, per le calunnie e le violenze di cui sono
vittime, trovano i Padri della Compagnia di Gesu nel conforto che
ricevono dai Sommo Pontetice Pio IX; del quale, senz'altro com-
mento , vogliamo qui recitare il Breve, diretto all' eiiio Card. Patrizi
Vicario Generate di S. S, nelle cose spiritual! di Roma e suo distretto.
Questo documento , di cui non e bisogno che noi facciamo rilevare
1'importanza nelle presenti congiunture , fu pubblicato nella Corre-
spondence de Geneve, da cui lo trasse il diario romano il Buon Senso,
n°. 78 del 19 marzo, ed e del tenore seguente.
90 CRONACA
Venerabile Fratello Nostro, salute ed Apostolica benedizione.
La Chiesa di Dio , quale Regina abbigliata di gemmate vesti
siccome fu decorata dello splendido ornamento di diversi Ordini Re-
golari , cosi si valse sempre della attivita loro a propagare la gloria
del nome di Dio, a spedire gli aftari concernenti il popolo fedele e
ad introdurre o promuovere nelle nazioni la civilta. Quindi e che
quanti furonvi nemici della Chiesa, tutti acerbamente perseguitarono
gli Ordini Regolari, e fra questi principalmente accaneggiarono la
Compagnia di Gesu, come quella che stimarono piu operosa, e percio
alle loro mire piu infesta. Cio vediamo con dolore ripetersi al pre-
sente, mentre gli usurpatori del Nostro Stato agognando ad una preda
sempre fa tale ai rapitori, pare che vogliano dalla Compagnia di Gesu
esordire la soppressione di tutte le famiglie religiose. Al qual delitto
per farsi strada, le vanno concitando contro I' odio del popolo , e 1'ac-
cusano di inimicizia col presente Governo e soprattutto di tale in-
fluenza e potere presso Noi , che ci soprafi'accia per guisa, da nulla
fare che non ci venga suggerito da lei e da renderci piu ostili allo
stesso Governo. La quale sciocca calunnia se volgesi in sommo di-
spregio di Noi, che veniamo riputati inetti del tutto ed incapaci di
prendere una qualunque risoluzione, e poi manifestamente assurda,
conoscendo tutti che il Romano Pontefice, dopo aver implorato il lume
e la grazia divina, fa ed ordina cio che stima giusto ed utile alia
Chiesa: e che negli afFari piu gravi suole valersi dell' opera di quelli,
siano pure di qualunque grado , condizione, od Ordine Regolare, i
quali essendo piu periti della materia di cui trattasi , pensa che pos-
sano emettere un parere piu savio e prudente . Spesso certamente ci
serviamo anche dei Padri della Compagnia ed affidiamo loro diversi
officii, massimamente quelli che riguardano il ministero sacro , ed
essi nell'eseguirli ci mostrano sempre piu chiaramente quello zelo
ed impegno, pei quali frequent! ed amplissime lodi meritarono dai
nostri Predecessori. Ma il nostro afietto e stima giustissima della
Compagnia, che tanto bene ha meritato sempre della Chiesa, di que-
sta Santa Sede e del popolo cristiano, e ben lungi da quel servile
ossequio che fantasticano i nemici. di lei; la calunnia dei quali sde-
gnosamente rigettiamo da Noi e dalla umile divozione degli ottimi
Padri. Abbiamo giudicato opportune, Venerabile Fratello Nostro, il
significarvi queste cose, affinche siano poste in chiaro le insidie tese
alia Compagnia, il pensar Nostro sconciamente e scioccamente tra-
volto sia raddrizzato , ed alia medesima inelita Compagnia sia dato
un nuovo attestato della Nostra particolare affezione.
« Ci piacerebbe al certo, cogliendo questa occasione, 1'intrat-
tenervi piu a lungo delle sempre crescenti cause del Nostro dolore;
CONTEMPORANEA 91
ma siccome tanta ne e la copia da non potersi racchiudere nei ter-
mini di una lettera, toccheremo del solo trovato delle concessioni che
dicono guarentige, nel quale mal si saprebbe se primeggi 1'assur-
dita, o 1'astuzia, o il ludibrio, ed intorno a cui gia da molto tempo
laboriosa ed inutile opera spendono i rettori del Subalpino Governo.
Imperocche dalle comuni proteste dei cattolici, e dalla politica neces-
sita costretti a mantenerci una qualche apparenza del sovrano Nostro
potere, onde non dobbiamo essere stimati sottoposti ad alcuno nel-
1'esereizio del supremo reggimento della Chiesa, banno creduto po-
tere raggiungere questo scopo per mezzo di concessioni. Ma richie-
dendo, di sua natura, la concessione nel concedente una potesta sopra
quello cui si concede, ed assoggettando questo, almeno relativamente
alia cosa concessa, al potere ed all'arbitrio di lui, necessariamente
ne segue, che costoro perdono 1' opera in puntellare la Nostra sovra-
nita con quei mezzi che la sovvertono e distruggono. L'intrinseca
natura poi delle concessioni e tale, che ognuna di esse porta seco
una particolare servitu; la quale e resa anche piu dura dalle ernen-
dazioni posteriormente arrecatevi . E inline lo spirito frodolento ed
ostile che, quantunque insidiosamente velato, ne emerge, viene sif-
fattamente rischiarato dalla continua serie dei fatti, che imprime loro
un evidente carattere di scherno. Ma se la Chiesa deve in se espri-
mere 1'immagine del di vino suo Autore, non dovremo Noi, che,
quantunque immeritevoli , sulla terra rappresentiamo Gesu Cristo,
rendergli grazie perche permette che Noi ancora siam circondati di
schernevoli insegne di regno? Egli al certo cosi vinse il mondo; e
cosi pure per mezzo della sua sposa la Chiesa ne trionfera di nuovo.
Intanto, Venerabile Fratello Nostro, vi preghiamo abbondanza
di celesti grazie , ad arra delle quali , ed a pegno della particolare
benevolenza Nostra vi compartiamo amorevolmente 1' apostolica be-
nedizione.
Dato a Roma, presso S. Pietro, il di 2 marzo dell' anno 1871,
vigesimo quinto del nostro Ponteficato. PIO PP. IX.
III.
COSE STRANIERE
FRANCIA — 1. Le elezioni in Francia — 2. Primi atti dell'Assemblea co-
stituente — 3. Thiers capo del potere esecutivo — 4. Protesta dell'Alsazia
e della Lorena — 5. Programma del nuovo governo — 6. I partiti e la
repubblica in Francia — 7. Preliminari di pace.
1° La capitolazione di Parigi venne a confefmare le previsioni
della diplomazia e del giornalismo che doe dal giorno della resa si
92 CRONACA
sarebbero seriamente iniziate trattative di pace fra le parti bellige-
ranti. II Sig. Favre recatosi al quartiere generale tedesco, vi aveva
trovato un'accoglienza assai piu cordiale che nei primi,abboccamenti
dello scorso settembre; e appena firmata la capitolazione, quantunque
dall'ima e dall'altra parte si proseguissero gli apprestamenti militari,
pure ogni cosa nelle relazioni fra le due parti recava un'impronta
di maggior fiducia che pareva un presagio sincero di pace.
L' armistizio di Versailles aveva a scopo primario di dar tempo,
mediante la sospensione delle ostilita, alia Francia di convocare
un'Assemblea, la quale avesse un mandate legittimo, quanto lo con-
sentivano le circostanze, per costituire un governo e trattar la pace. II
partito piu imperiosamente dettato dall' armistizio era la convocazione
dei Collegi elettorali in tutta la Francia. I Tedeschi consentivano alle
elezioni, anche nei dipartimenti occupati dalle loro truppe, e promette-
vano rispettare il libero voto delie popolazioni. Nei dipartimenti del-
1'Alsazia e della Lorena il sig. Bismark non riconosceva in realta
quelia votazione, ma chiudeva un occhio e lasciava fare. Percio un
decreto del governo della difesa Nazionale di Parigi convocava il po-
polo francese nei Comizii, per il giorno 8 febbraio, e 1'Assemblea sorta
da quel voto, a Bordeaux pel giorno 12 successive. Questo spazio bre-
vissimo, come lo disse lo stesso Sig. Favre neH'Assemblea, non sarebbe
bastato in altre circostanze; ma nelF urgenza presente fu prefisso ed
accettato dal paese. Non e pero a credere che in questa confusione
della Francia e brevita di termini, le elezioni procedessero colla mas-
sima regolarila; che anzi ad aggiungere confusione si vennero, per
colpa degli stessi governanti, ad accrescere le difficolta. II decreto
di convocazione fu spedito a Bordeaux dal Favre per telegrafo, col-
1'annunzio che un membro del governo di Parigi seguiva la stessa
via per arrecare a quelia Delegazione le maggiori spiegazioni che
fossero necessarie all'uopo. Ma i membri della delegazione di Bor-
deaux non aspettarono 1' arrive del messaggero di Favre; che tro-
vando troppo pericolosa la liberta massima lasciata alia scelta degli
elettori, essi pubblicavano un altro decreto, di cui diamo il tenore:
« I membri del Governo della difesa nazionale, delegati per
rappresentare il Governo ed esercitarne i poteri ;
« Considerando esser giusto che tutti i complici del regime, il
quale comincio con 1' attentato del 2 dicembre per finire con la ca-
pitolazione di Sedan, lasciando in legato alia Francia la rovina e la
devastazione . sieno puniti momentaneamente colla stessa perdita dei
diritti politici, inflitta alia dinastia per sempre maledetta, di cui essi
furono i colpevoli strumenti;
« Considerando che questa e una sanzione necessaria della re-
sponsabilita che essi incorsero, aiuta.ndo scientemente I'-ex-imperatore
CONTEMPORANEA 93
nel compimento dei diversi atti del suo Governo, atti che misero la
patria in pericolo;
« Decretano :
« Art. 1. Non potranno essere eletti rappresentanti del popolo
all' Assemblea nazionale gl' individui che dal 2 dicembre 1851 fino
at 4 settembre 1870 accettarono le funzioni di ministro, senatore,
consigliere di Stato e di prefetto.
« Art. 2. Sono egualmente esclusi dall' eliggibilita all' Assemblea
nazionale gl' individui, i quali alle elezioni legislative, che ebbero luogo
dal 2 die. 185! finoal 4 sett. 1870, accettarono la candidatura officiale,
e i cui nomi figurano nelle liste delle candidature raccomandate dai
prefetti ai suffragii degli elettori, e furono pubblicati nel Moniteur Of-
ficiel con la seguente menzione — Candidate* del Governo, candi-
date dell' amministrazione , o candidate officiale.
« Art. 3. Sono nulle, di nullita assoluta, le schede portanti i
nomi degl' individui compresi nelle categoric sopra indicate. Queste
schede non saranno contate nella enumerazione dei voti .
« Fatto a Bordeaux, li 31 gennaio 1871.
« A. CREMIEUX — L. GAMBETTA — GLAIS BIZOIN — L. FOURICHON. »
Questo decreto dest6 una impressione sfavorevolissima. Fu di-
sapprovato non solo dal governo di Parigi e dalla massima parte
della stampa francese, ma anche all'estero da quanti nutrivano sim-
patie per quella disgraziata nazione; e il Conte di Bismark affret-
tavasi a protestare contro quella violenza che volevasi fare al libero
suffragio della nazione francese. Frattanto arrivava a Bordeaux il
Sig. Jules Simon, Delegate del governo di Parigi , e dopo due giorni
di dispute e di agitazione, il governo di Parigi cassava quel decreto
della Delegazione di Bordeaux ; e questa dichiaravasi tutta insieme
dimissionaria.
Le elezioni per 1' Assemblea costituente, per quanto venissero re-
pentine e si tenessero per un buon terzo della Francia alia presenza
degli eserciti nemici , pure e per la varieta delle opinioni che libe-
ramente si manifestarono , e per 1'ordine che relativamente si mao-
tenne , e per la serieta con cui vennero fatte, si possono ritenere come
esemplari nella storia del governo rappresentativo di Francia. Lilla,
Bordeaux, Lione, Marsiglia, Tolone, Tolosa, quasi tutte le citia apersero
le porte dell' Assemblea ad uomini di tutti i partiti politici. E si puo
dire che non mai la Francia abbia espresso cosi esattamente le pro-
prie intenzioni, come questa volta che senza programmi, senza can-
didati officiali, alia presenza di un nemico soverchiante, ogni Francese
cercava nel suo cuore, non la soddisfazione di una passione politica,
ma la salute del suo paese. Uomini di tutti i partiti erano eletti: dal
94 CRONACA
Principe Napoleone., dai duchi di Joinville e d' Aumale, da Charrette
e da Thiers, fino a Gambetta, a Cremieux e a Garibaldi: si puo dire
che gli uomini tenuti in qualche conto erano designati'a quel consesso,
senza distinzione di opinione politica , per provvedere colla rfunione
del fior della Francia al bene della patria pericolante.
Ed in vero 1' Assemblea di Bordeaux si mostro assai piu degna
del suo mandate, che tante altre assemblee precedenti, e si vide
fiorire assai piu senno e moderazione in questa, cui incumbeva 1'onere
di conchiuder con si grandi sacrificii la pace, che non in quella dalla
quale era uscito con tanta leggerezza il segnale della guerra. La sola
citta di Parigi si mostro ostinata nella demagogia : ad eccezione di
Thiers, nella Capitale della Francia. tutti gli altri uomini appar-
tenenti in qualche modo al partito dell'ordine, qualunque ne fos-
sero i principii politici , dovettero cedere il posto ai V. Hugo, L. Blanc,
Quinet, Gambetta, Garibaldi, Rochefort, Pyat, Martin, Dorian, Dufraisse,
Greppo, Floquet e ad altri men noti caporioni del partito anarchico.
2. II G fehbraio arrivavano a Bordeaux i signori Pelletan, Gamier
Pages e Arago, Delegati del governo di Parigi , per reggere gli affari
della Delegazione, in lnogo di Gambetta e socii che eransi dimessi.
Prima cura di questi signori fu di provvedere un locale all' Assemblea
costituente, e per 1' urgenza del tempo fu giocoforza raccoglierla nel
teatro grande di quella citta. L' architetto Burgnet avea disposto nel
seguente modo la sala. Chiuso affatto il palco scenico con un grande
tavolato. L' ufficio della presidenza si innalza sull' antica loggetta del
suggeritore . La tribuna sta innanzi alia presidenza , dove sedeva
prima il capo orchestra. La platea del teatro e disposta a piano in-
chinato, e dalla tribuna si innalza fmo alia prima fila dei palchi per
modo che gli stalli dei deputati si succedono elevandosi gradata-
mente dal centro della platea fino all' ultimo ordine di seggi, che sta
nella gran loggia di prima fila. Le gallerie del secondo e terzo piano
sono destinate al pubblico: una loggia del proscenio e riservata al
corpo diplomatico, altre ai giornalisti. Gli ufficiali dell' ex-corpo le-
gislative sono venuti tutti da Parigi a Bordeaux, dal Sig. Vallette se-
gretario generale e dagli stenografi, segretarii e redattori fino agli
uscieri. In questa sala cosi novamente disposta 1' Assemblea costituente
tenne le sue sedute, cominciando dal 12 febbraio scorso.
II Sig. Benoist D' Azy, decano d' eta, tenne il seggio della Pre-
sidenza provvisoria alia presenza di circa 300 deputati. Fin dal mat-
tino la folia assiepava la piazza del teatro, ma si conteneva in ordine,
mostrando curiosita di conoscere i deputati , gran -parte dei quaii
affatto nuovi alia vita politica. La guardia nazionale e qualche di-
staccamento di fanteria e cavalleria di line a custodiva gli accessi
CONTEMPORANEA 95
alia sala. II 22° corpo d'armata francese dell' esercito di Faidherbe
era stato chiamato in fretta da Lilla,e imbarcatosi a Dunkerque veniva
a Bordeaux, per mantenere 1' ordine nella citta. Questo corpo, com-
posto in gran parte di soldati sfuggiti alle rotte di Metz e di Se"dan,
era il meglio in arnese che allor possedesse la Francia.
La prima tornata dell' Assemblea non ebbe importanza. Benoist
D' Azy fu, come dicemmo, riconosciuto Presidente d' eta , e i quattro
deputati piu giovani eletti a segretarii. Nell' occupare il seggio della
presidenza D' Azy disse che quantunque ristretta di numero 1'. Assem-
blea, stante la gravita delle circostanze dovea costituirsi al piu presto.
La costituzione provvisoria venne vqtata senza ostacolo. De-Larcey
propose che appena arrivati la meta piu uno dei 750 deputati che la
compongono, 1' Assemblea dovesse procedere alia costituzione del suo
uffizio di presidenza.
Nella tornata del 14 febbraio, il Sig. Favre si trovava presente.
Erano pur presenti circa 450 deputati. II Sig. Favre depose con un
discorso eloquente e spesso applaudito , il potere nelle mani dell' As-
semblea costituente ; dichiaro che tanto egli quanto i suoi compagni
avean raccolto il governo in un momento di pericolo, ed eran lieti di
deporlo nelle mani dei rappresentanti legali della Francia. Si astenne
dalparlare delle quistioni relative alia pace; solo osservo che « r Assem-
blea decidera in piena liberta, come s' appartiene ai rappresentanti del
paese, i quali non prendono consiglio che dalla salute della Francia
e non hanno altra sollecitudine che il suo onore (applausi). Ecco cio
che il nemico deve sapere ! » Questa tornata poi si chiuse con un in-
cidente eroico-comico sollevato dall' onorev. Garibaldi. E noto che Ga-
ribaldi eletto a deputato a Parigi, a Nizza, in Savoia, nel Basso Reno, a
Digione e in Algeria, quando vide che T immensa maggioranza del-
1'Assemblea componevasi di uomini che volean la pace, diede le sue
dimissioni per mezzo di una lettera al Presidente, la quale fu letta in
principio della tornata. Alia fine poi della tornata medesima avvenne
cio che leggiamo nel resoconto ufficiale di quella seduta.
« Presidente. La seduta pubblica e sciolta. (Alcuni istanti dopo
che il Presidente e disceso dal suo seggio, il gen. Garibaldi si alza e
domanda la parola. )
Varie voci. E troppo tardi! — La seduta e sciolta ! — Non si ha
piu diritto di parlare in un' assemblea, quando si sono date le di-
missioni! (Una certa agitazione si manifesta nell' Assemblea e nel-
1' uditorio) .
Presidente (Che e risalito al seggio e tiene il cappello in capo).
Ho dichiarato la seduta sciolta e non posso che esortare i miei col-
leghi a raccogliersi negli uffizii. Ordino che le tribune siano imme-
diatamente sgombrate.
96 CRONACA
Da molte parti della sala. Benissimo! Benissimo!
La ragione di questa freddissima accoglienza fatta ali'eroe del due
mondi dall'Assemblea francese, si trova nel discorso che costui indirizz6
al pubblico, raccolto sulla piazza all' uscire dalla seduta. Ecco il sunto,
quale lo troviamo nella Liberte del 14 : « Ho sempre saputo distinguere
« (furono presso a poco le sue parole) tra la Francia monarchica , la
« Francia dei Preti e la Francia repubblicana. Le due prime France
« non meritano che esecrazione; ma la Francia repubblicana deve
« avere tutto il nostro amore e tutta la nostra devozione. Finch& il
« popolo avra a rimproverarsi di aver dato i suffragi a monarchici
« e a preti, il popolo sara ingannato e condannato alia miseria e alia
« schiavitu. Ma questa assemblea, da cui esco, lasciatela durare il piu
« che sia possibile; e un mezzo piu che sicuro di screditare il partito
« monarchico che rappresenta, e di affrettare il ritorno della sovranita
« del popolo. » Un linguaggio cosi insolente spiega la freddezza del-
1'Assemblea per chi ebbe il coraggio di usarlo ; ne gli si puo ragio-
nevolmente attribuire altro motivo che il mal represso livore di
vedersi deluso nelle proprie -mire ambiziose, e uno sfogo puerile di
questo livore. Ma basti di cio.
L' Assemblea procedette nelle sedute del13, U e 15 alia verifica
dei poteri, e approvo rapidamente un gran numero di elezioni , la-
sciando in disparte quelle, intorno alle quali nascevano dissensi, che
avuto riguardo allo stato della Francia nel tempo de'voti doveVano
necessariamente esser molti. Si aggiungevano due altre cause speciali
di irregolarita. In primo luogo, molti prefetti avevano mantenuto in
vigore, malgrado 1'abrogazione fattane dal Governo di Parigi, il decreto
di Gambetta e socii, del 1° febbraio e da noi riferito piu sopra, col
quale si creavano molte categoric di ineleggibili. In secondo luogo si
avevano le elezioni di due principi della famiglia d' Orleans, i Duchi
di Joinville e di Aumale , che in forza di due leggi , di cui riesce
impossibile aver la data , ma che vennero pubblicate dopo le rivolu-
zioni del 31 o del 48, erano ineleggibili. Quanto alle prime elezioni esse
vennero in gran parte rimandate, talune pero furono ammesse dopo
assai vive discussioni. Quanto poi a quella dei Duchi d' Orleans,
T Assemblea parve disposta a dimenticarsi delle leggi di esclusione
che pesavano sovra di loro, ed accolse in silenzio la conclusione
dell'ufficio che « il ritardo non pregiudicava nulla , e che soltanto
la Camera aveva il diritto di stabilire il principio! » Ma sapevasi
che i principi d' Orleans erano intanto partiti da Twikenham in
Inghilterra dove risiedono ordinariamente , per venire in Francia.
Si aveva infatti fra gli orleanisti la speranza che la gran maggio-
ranza dell' Assemblea fosse favorevole al ritorno di quella famiglia sul
trono di Francia.
CONTEMPORANEA 97
Pero nella seduta del 16 febbraio, in cui si costitui definitiva-
mente 1' Assemblea, la presidenza venne conferita eon 519 voti sovra
538 votanti, cioe alia quasi unanimita, ad un antico repubblicano
moderate il Sig. Grevy.: il che non prova certo che tutti coloro i
quali votarono per Grevy fossero repubblicani , ma puo provare che
nessun partito monarchico sentendosi forte abbastanza , tutti i mo-
narchici votarono per un repubblicano , siccome tale che escludendoli
tutti in genere, non ne esclude nessuno in ispecie. Pero nelle no-
mine secondarie gli orleanisti ebbero dappertutto un facile trionfo.
Vennero infatti eletti Vice-presidenti : Martel con 417 voti; Benoist
D' Azy con 391 ; Vitet con 319; Malleville con 385; questori Baze,
Martin, Palliere e Princeteau; segretarii Bethmont, Barante, R6-
musat, Johnston, Castellane, De Meaux: e di tutti questi i perso-
naggi piu noti o sono antichi orleanisti , o persone che non ricuse-
rebbero di divenirlo. La fisonomia della Camera in quella seduta
del 1 6, in cui si costitui ed ebbe nel suo seno 538 de' 750 deputati
di cui dovrebbe comporsi, fu descritta dai giornali.Quei 540 deputati
si potevano ripartire in quattro grandi categoric, cioe 120 repubbli-
cani ; 50 legittimisti ; 350 orleanisti o monarchic! costituzionali e un
20 bonapartisti. I repubblicani poi si diyidevano in due gruppi distinti;
una cinquantina formavano la cosi detta montagna, gli altri si avvici-
navano piu al centro sinistro e al centro, che era la parte piu popolata
dell' Assemblea. L'aspetto deH'Assemblea era singolare: vi si vedevano
generali in grande uniforme, e guardie mobili in blouse, non piu
quegli abiti gallonati ed uniformi delle assemblee dell' impero , ma
fogge di vestire diverse 1' una dall'altra. Vi si vedeano camice rosse
e perfmo due preti, uno attempato che sedeva alia sinistra ed un
altro piu giovane alia destra. II governo della difesa aveva preso
posto sui due primi banchi a sinistra , ma Gambetta ammalato non
erasi presentato ancora alia Camera. Sui banchi in faccia, a destra,
sedevano Thiers, Changarnier,ed altri personaggi influenti dello stesso
partito. Un solo senatore dell' Impero il Sig. Chasseloup-Laubat e stato
eletto. Nelle tribune si vedevano assiduamente il ministro italiano
Comm. Nigra, 1' ex-prefetto di polizia Keratry e altri che sono men
noti ai nostri lettori .
3. Alia fine di quella tornata i signori Dufaure, Malleville, Yitet
e altri presentarono al presidente la mozione che segue : « 1 sotto-
scritti rappresentanti propongono all'Assemblea nazionale la seguente
mozione :
« II Sig. Adolfo Thiers e nominato capo del potere esecutivo
della Repubblica Francese : egli lo esercitera sotto la sorveglianza
* i iv t - C. . .>
Serie VIII. vol. II, fasc. 499. 1 24 marzo 1871-
98 CRONACA
( controle ) dell' Assemblea e destinera i ministri che dovranno as-
sisterlo. »
Questa proposta venne immediatamente trasmessa agli uffizii
della Camera. E gli uffizii essendosi dichiarati. favorevoli, nella succes-
siva seduta del 17 il sig. Thiers venne eletto capo del potere esecutivo
alia unanimita, giacche sovra 582 deputati present!, non ve ne furono
che tie o quattro contrarii. Anche questo fa un fatto straordinario
dell'epoca presente, non essendovi esempio nei tanti governi che si
cerco quella nazione, di un' unanimita cosi piena, come nella seduta
dell' Assemblea Costituente del 19 febbraio.
4. Pero prima di questa votazione sorse un incidente che poteva
avere gravissime conseguenze. II dep. Keller, a nome di tutti i suoi
colleghi dell'Alsazia e della Lorena, presentava alia Camera la dichia-
razione che segue;
« Noi sottoscritti, cittadini francesi, scelti a deputati dai dipar-
timenti dell' Alto Reno, del Basso Reno e della Mosella per portare
alia Assemblea nazionale 1'espressione dei sentimenti dei nostri con-
cittadini ; dopo d'esserci riuniti, e di comune accordo; abbiamo deciso
di esporre nella presente dichiarazione i loro diritti e la loro volonta
di rimanere per sempre Francesi. L' Assemblea nazionale, la Francia
e F Europa che videro lo spettacolo delle esazioni prussiane , non
consumeranno, ne lasceranno consumare un atto che abbia per effetto
lo smembramento dell'Alsazia e della Lorena dalla Francia. Noi siamo
e vogliamo rimanere sempre Francesi. L' Alsazia e la Lorena non vo-
gliono punto essere cedute. Da due secoli unite alia Francia, tanto
nella buona come nell'avversa fortuna, esse hanno suggellato col loro
sangue ecolla loro abnegazione 1' indissoluble patto che leunisce alia
Francia. Esse affermano, attraverso di tutte le sventure, la loro fedelta
alia patria comune. Alsaziani e Lorenesi, tutti unanimi , gli uni col
voto, gli altri combattendo, significarono alia Europa il loro immuta-
bile volere di rimanere cittadini francesi. La Francia non potrebbe
abbandonare quelli che non vogliono separarsi da essa. Un'Assemblea
uscita dal suffragio universale non potrebbe neppure essa ratificare una
pretensione distruttiva della nazionalita di tutto un popolo. E cio che
1' Assemblea non potrebbe fare, il popolo stesso riunito nei suoi comizii
neppur lo potrebbe. La Francia pud subire un colpo dalla forza, ma non
puo sanzionare le disposizioni di questa. L' Europa, da parte sua, non
puo ratificare questo attentato; essa non puo lasciar trattareun popolo
come un branco di pecore; ella sa d'altronde che 1'unita della Francia
e una garanzia essenziale dell' equilibrio e della pace d' Europa. La
pace, a prezzo di una cessione territoriale , non sarebbe una pace
durevole, sarebbe tutto al piu una tregua momentanea, tosto seguita
CONTEMPORANEA 99
da nuova guerra. In quanto a noi Alsaziani e Lorenesi, siamo pronti
a ricominciare la guerra. In conseguenza riteniamo anticipatamente
come nulla e non avvenuta qualsiasi offerta, trattato, voto o plebiscito
che avesse per iscopo di separare dalla Francia 1'Alsazia e la Lorena.
Noi proclamiamo il diritto degli Alsaziani di rimanere uniti alia terra
francese, e tutti prendiamo impegno di difendere il nostro onore e la
nostra dignita ».
La quistione sollevata dai deputati dell'Alsazia e della Lorena
poleva avere conseguenze gravissime. L' accettarla era un rispingere
affatto ogni trattativa colla Prussia; il rispingerla era un abbandonare
quelle disgraziate province. La mozione e passata agli ufficii. Thiers
& circondato e interrogate dai deputati ansiosi ed inquieti : « L'ado-
zione della proposta, dice egli, implica la guerra ad oltranza, la reie-
zione invece implica la pace ad ogni costo ». Si studia percio un
mezzo termine : una presa in considerazione , come si suol dire in
termini parlamentarii, che senza offendere i Lorenesi e Alsaziani, non
offenda la Prussia. Eccone la formola:
« L'Assemblea accogliendo colle piu vive simpatie la dichiara-
zione dei deputati dell'Alsazia e della Lorena, se ne rimette alia
sagacia e al patriottismo de' negoziatori. » Questa proposta e approvata
all' unanimita, meno i deputati delle province interessate che si asten-
gono.
5. II giorno 18 fu spesoda Thiers nel dare ordine alle cose piu
urgenti della sua nuova carica, e a comporre il ministero. II giorno
seguentepoi, si presento alia Camera accompagnato dai nuovi ministri,
e vi diede lettura di un magnifico programma. In esso protestasi ,
che non accetta il potere conferitogli, se non solo perche la sua pa-
tria e infelice e sofferente; e inculca non bisognar ora occuparsi
della forma defmitiva del Governo, ma sibbene di conchiuder la pace,
sbarazzare ilterritorio dalla occupazione tedesca, riorganizzare 1'am-
ministrazione, 1'esercito, il lavoro, rappacificare gli spiriti, rialzare il
credito, ristorare in una parola la patria dalle immense sciagure
sofferte. Cio conseguitosi nel piu breve tempo possibile, doversi allora
solo pensare al governo che voglia darsi la Francia. Tutto cio fu
esposto con quella limpidezza e nobilta che sono le doti proprie della
sua eloquenza.
Con quest' atto si compieva il primo dovere dell' Assemblea di
Bordeaux, cioe di dare un governo alia Francia. II secondo dovere,
cioe quello di assicurarle la pace, non potea compiersi che dopo le
trattative di Versailles. Percio il potere esecutivo doveva trasferirsi
a Parigi, per attendere alacremente a questa gravissima occupazione.
II governo avea percio proposto che 1' Assemblea si prorogasse, per
aspettare che le fosse presentato il trattato di pace . Come pero la
100 CRONACA
Camera non avea concesso a Thiefs che un esercizio condizionato del
potere esecutivo, sotto la propria sorveglianza (controle) , cosi si
convenne di nominare una commissione di 15 deputati, i quali col
mandato dell'Assemblea assistessero inParigi alle trattative della pace.
Questa commissione di 15 membri venne nominata nella stessa tor-
nata del 19 febbraio, e riuscirono eletti i sigg. Benoist d'Azy, Tes-
serencDe Bord, De Merode, De Selligny, Victor le Franc, Laurenceau,
Lesperut, S. Marc Girardin, Barthelemy S. Hilaire, gen. Aurelles, Le
Nourry, Pouyer-Quertier, Yitet, Balbie', 1'Ammiraglio Saisset.
Nella sera del 26 febbraio i rappresentanti dell' Inghilterra ,
Austria, ed Italia, si recarono presso il sig. Thiers per riconoscere il
nuovo capo dello Stato e la nuova forma di governo. Al domani
fecero un passo analogo la Turchia e la Svizzera, e prima del 20 la
massima parte delle poterize incaricarono della stessa missione i rap-
presentanti che tenevano a Bordeaux. Altre potenze, i ministri delle
quali erano rimasti in Parigi durante 1'assedio, lo riconobbero al-
1'arrivo del Sig. Thiers in Parigi.
Ottenuto infatti dall' Assemblea Costituente il mandato di trattar
la pace, Thiers preparavasi a partire per Parigi e Versailles. Si tenne
un' ultima seduta dell'Assemblea il 19, come abbiamo detto, per la
nomina dei commissarii alle trattative di pace, ela Camera si prorogo
indefinitamente fino al giorno, in cui il potere esecutivo fosse in grado
di sottoporle il trattato di pace. In questo spazio di tempo i deputati
non istettero inoperosi, ma si divisero in commissioni, per provvedere
alia riorganizzazione dell'esercito, al riordinamento delle finanze, al
ristabilimento delle amministrazioni e dell'ordine pubblico etc.
Intanto il Sig. Thiers, accompagnato dai ministri Favre e Pi-
card e dai 15 membri della comraissione, recavasi a Parigi, dove
arrivava nel pomeriggio del iO febbraio; e il domani i plenipoten-
ziarii francesi presentaronsi a Versailles, dove il sig. Thiers ebbe
una udienza dall'Imperatore Guglielmo di Germania, e subito dopo
si tenne una prima conferenza con Bismark , che duro intorno a
cinque ore. Ma di queste conferenze, alle quali erano pure stati chia-
mati i primi ministri dei piccoli Stati tedeschi alleati della Prussia,
parleremo piu estesamente nel seguito.
6. Ora ci conviene dire alcune cose delle condizioni della Francia.
La capitolazione di Parigi e la gita del sig. Favre a Versailles erano
stati ricevuti in Francia e all'estero come un preludio di pace. I varii
partiti, che dividono la opinione de'Francesi intorno alia forma del
governo, cominciarono ad agitarsi. Legittimisti, Orleanisti ed anche
i Bonapartisti consideravano la Francia come in tempo di interregno,
e speravano che da questo stato di confusione avesse ad uscirne il
trionfo dei rispettivi candidati. Enrico V, Duca di Bordeaux, non omise
CONTEMPORANEA 101
di affermar novamente i suoi diritti al trono di Francia, ma non
discese a fare agitazioni , ben conoscendo la fermezza dei principii
e degli uomini che si raccoglievano intorno al suo nome. I principi
d' Orleans i quali avevano lasciato in Francia molti aderenti e i
ricordi di un governo assai prospero quanto agli interessi materiali ,
ed inoltre vedevano i loro antichi ser.vitori alia direzione della cosa
pubblica, si diedero molto attorno per assicurarsi un gran numero di
partigiani nella nuova assemblea. Napoleone III infine dalla sua pri-
gione di Wilhelmshohe mandava a sua volta un manifesto al Popolo
francese che crediamo debito di cronista recitare testualmente. Eccolo:
« FRANCESI! Abbandonato dalla fortuna, dopo la mia prigionia, ho
serbato quel profondo silenzio che e il lutto della sventura. Fino a
tanto che gli eserciti si stavano di fronte, io mi astenni da ogni passo,
da ogni parola, che avesse potuto produrre una scissura. Oggi per
le grandi sciagure, che hanno colpito la nazione, non posso piu a lungo
avvolgermi nel silenzio senza parere insensibile ai dolori di lei. Nel
momento in cui io fui costretto ad arrendermi prigioniero, non poteva
iniziare alcuna trattativa di pace. Non essendo libero, si sarebbe po-
tuto credere che le mie decision! fossero state dettate da riguardi
personali. Lasciai al Governo della reggenza , che risiedeva in Parigi
col Parlamento, il dovere di decidere se 1'interesse della nazione
imponeva di continuare la lotta. Malgrado sventure inaudite, la Francia
non era soggiogata, le nostre piazze forti resistevano ancora , Parigi
era in grado di difendersi, e si poteva ancora porre un argine allo
accrescersi continue delle nostre disgrazie. Ma mentre tutti gli sguardi
erano rivolti al nemico, scoppio in Parigi una insurrezione; si fece
violenza alia rappresentanza nazionale, si minaccio la imperatrice.
Per sorpresa fu installato un Governo nel palazzo municipale, e 1'im-
•pero, che poco prima era stato per la terza volta acclamato dalla
nazione intera, fu rovesciato da coloro che erano stati chiamati a
difenderlo. Reprimendo il mio giusto sdegno dissi a me stesso: « Che
importa della dinastia, se la patria puo essere salvata! »: e invece
di protestare contro 1'offesa del diritto, feci voti ardentissimi per i
successi della difesa nazionale , e la patriottica devozione dimostrala
da tutte le classi e partiti del popolo mi empi di ammirazione. Ma
ora che la lotta 6 cessata e che la capitale, dopo una eroica resistenza,
ha ceduto , ora che ogni ragionevole lusinga di vittoria & svahita ,
ora e tempo di chieder conto, a coloro che hanno usurpato il potere,
delsangue inutilmente versato, dei saCrifizii accumulati senza motive,
delle ricchezze del paese sprecate senza controllo. La sorte della Francia
non pu6 essere abbandonata ad un Governo senza mandate, ad un
Governo che, mentre disorganizzo ramministrazione, non lascio sus-
sistere neppur una di quelle autorita che traevano la loro origine dal
102 CRONACA
plebiscite. Una nazione non pud a lungo presfare obbedienza ad un
Governo che non ha nessun diritto di comandare. Non si puo con-
seguire ordine, fiducia e una pace sicura, se il popolo non e stato
interrogato sulla forma di governo, che egli giudica piu atta a libe-
rare la patria dai suoi dolori. Nei solenni momenti in cui ci troviamo
di fronte all' invasione e all'Europa attenta , e necessario che la Francia
sia una nei suoi sforzi, nei suoi desiderii, nelle sue deliberazioni.
Questa e la meta che tutti i buo-ni cittadini devono sforzarsi di rag-
giungere. Per quello che mi riguarda, affranto da tante ingiustizie
ed acerbe disillusioni, io non voglio oggi far valere i miei diritti,
che voi per quattro volte in venti anni mi avete confermati. In faccia
alia sventura, che ci circonda, non vi e posto per 1'ambizione per-
sonale; ma fin tanto che il popolo regolarmente convocato nei suoi
comizii non avra manifestata la sua volonta, e mio dovere, come vero
rappresentante delta nazione , di rivolgermi a lei e dirle: « Tutto
« quello che avviene senza la vostra diretta partecipazione e illegale ».
Soltanto un Governo sorto dalla sovranita popolare, il quale sappia
elevarsi al di sopra dell'egoismo dei partiti, sara in grado di sanare
le vostre ferite, di riaprire i vostri cuori alia speranza, le chiese
profanate alle vostre preci, e ricondurre in seno alia patria il lavoro,
la concordia e la pace. Wilhelmshohe, 4 febbraio 1871. NAPOLEONE ».
Ma se nell'assemblea si trovavano in maggioranza non i repub-
blicani, si bene Legittimisti e Orleanisti cio si dovea principalmente
all'essere divisi in queste opinioni quasi tutti gli uomini politici del
paese. La repubblica non avea nomi da porre innanzi : nei breve
periodo della sua esistenza erano sorti tutti i giorni uomini nuovi, ma
i continui rovesci della guerra ne avevano svilita la popolarita prima
ancora che 1'avessero acquistata. I repubblicani di vecchia data erano
repubblicani di nome, ma rompicolli di fatto, e i Francesi non erano
in circostanze da lasciarsi illudere da costoro. Favre, Trochu, Ducrot,
Faidherbe, tutti gli uomini di qualche merito erano stati eletti, e
varii di essi in piu d'un collegio. La Francia poteva essere irritata
con Gambetta, perche aveva spinto la difesa troppo piu oltre il con-
venevole, ma aveva trovato al servizio della repubblica e nei luogo
del pericolo uomini di cuore e di mente, i quali avevano servito il
paese con maggior zelo che non le creature dei precedenti governi.
Inoltre nessuna delle dinastie scadute godeva popolarita sufficiente
per nutrire speranza di riunire prontamente la Francia in un solo
partito: la forma repubblicana aveva questo di buono, che ofleriva un
governo immediate, e permetteva di raccogliere tutte le forze del paese,
senza scontentar nessuno, perche ogni frazion dei monarchic! vi si
rassegnava senza riluttanza, aspettando dall' avvenire il compimento
delle sue speranze.
CONTEMPORAIS'EA 103
Ne taluno pens! che ignoriamo i grandi disordini avvenuti in
Francia sotto il governo della difesa nazionale: le gozzoviglie, che
i giornali ci narrarono delV Hotel de Ville di Parigi, dove si consu-
marono durante T assedio 5000 bottiglie di vini scelti; i vergognosi
guadagni fatti nella negoziazione degli imprestiti, che misero un se-
gretario di Gambetta in gradg di comperare per quattro milioni uno
dei piu grandiosi fabbricati di Parigi ; le enormi malversazioni della
amministrazione della guerra, ed altrettali ladrerie. Ma simili abusi
non offendono tanto il sistema repubblicano, quanto dimostrano la
corruzion dei costumi e la depravazione delle menti, che trionfa sempre
nei tempi di torbidi e di ^uerre, combattute senza organizzazione o
disciplina di eserciti. Ne si puo rendere risponsabile la repubblica delle
iniquita di Lione e di Marsiglia, dove il governo era in mano alia
plebaglia corrotta piu dall'immoralita dei governi precedent!, che dalle
passioni repubblicane. Ma torniamo alia narrazione.
7. Arrivati i merabri del potere esecutivo e i 15 delegati dell'As-
semblea da Bordeaux a Parigi nel pomeriggio del 20, immediatamenle
si recarono a Versailles e si comincio a trattar della pace. Le trat-
tative di Versailles non erano che preliminari, i quali, quando ve-
nissero approvati dall' Assemblea Costituente di Bordeaux, avrebbero
poi dato luogo alia discussione del definitive trattato di pace.
Cio che sia avvenuto in quelle discussioni si ignora in questo
tempo in cui scriviamo. Una volta ammesso dai plenipotenziarii fran-
cesi il principio di una cessione di territorio, la quistione si restrin-
geva per essi a salvare la piazza forte di Metz. Dicesi che il Thiers
andasse perfino a proporre di comperare il Lussemborgo e darlo poi
alia Prussia in cambio di Metz; ma Bismark vi si rifiuto. Thiers avrebbe
perfino offerto un bilione di talleri (3,500 milioni di franchi) per
quella citta ; ma Bismark fu inesorabile. Insieme a Metz la Francia
cedeva^una parte della Lorena; e cosi si cedeva coll'Alsazia tutta
quella porzione della Francia ove si parla comunemente il tedesco. Gia
dallo scorso agosto erasi pubblicata in Germania un' accuratissima
carta di questa parte della Francia, che dai confini segnati nella me-
desima salvo la citta di Belfort aU'estremita meridionale dell'Alsazia,
e ultimo baluardo della Francia indebolita contro la Germania pre-
ponderante. Dicesi che il Conte di Bismark, ai plenipotenziarii fran-
cesi , ai quali doleva che i Prussiani volessero entrare in Parigi ,
proponesse 1'alternativa o di cedere Belfort, e in tal caso i Tedeschi
non sarebbero entrati nella capitale della Francia, oppure di conser-
vare, pagandola con quell' umiliazione, quella citta forte. I plenipo-
tenziarii francesi fecero perfino di ci6 un argomento per ricusare
1'occupazion di Parigi, ma noi esitiamo a credere a questa diceria.
104 CRONACA
II fatto sta che vennero finalmente consentiti fra le parti i seguenti
preliminari, che coraprendiamo sopra il testo del trattato.
Art. 1.° L'Assemblea nazionale, subendo una necessita di cui
mm e responsabile, adotta i preliminari di pace firmati a Versailles
il 26 febbraio.
La Francia rinunzia a favore dell' impero tedesco ai suoi diritti
sul seguente territorio: Un quinto della Lorena, comprese Metz e
Thionville, e I'Alsazia, meno Belfort.
Art. 2.° La Francia paghera 5 miliardi di franchi , di cur uno
nel 1871, ed il restante nello spazio di 3 anni.
Art. 2.° La evacuazione comincera dopo la ratifica del trattato.
Allora i Tedeschi sgombreranno 1' interno di Parigi e diversi dipar-
timenti, compresi per la maggior parte nelle regioni dell'ovest. Lo
sgombero dei dipartimenti dell' est si eftettuera gradatamente dopo
il pagamento del primo miliardo, e di mano in mano che yerranno
eilettuati i pagamenti degli altri miliardi. Le somme che resteranno
a versarsi produrranno un interesse del 5 per cento, a datare dalla
ratifica del trattato.
Art. 4.° Le truppe tedesche si asterranno dalle requisizioni nei
dipartimenti occupati, ma il loro mantenimento si fara a spese della
Francia.
Art. 5.° Alle popolazioni dei territorii annessi si accordera un
termine perche decidano a quale delle due nazioualita vogliano ap-
partenere.
Art. 6.° I prigionieri verranno restituiti immediatamente.
Art. 7.° L'apertura dei definitivi negoziati per la pace avra luogo
a Bruxelles dopo la ratifica dei trattati.
Art. 8.° L'amministrazione dei dipartimenti occupati sara affidata
a'funzionarii francesi, sotto gli ordini dei capi dei corpi tedeschi.
Art. 9. II presente trattato non conferisce alcun diritto sul ter-
ritorio non occupato.
Art. 10.° Questo trattato sara sottoposto alia ratifica dell' Assem-
blea della Francia.
Questi preliminari vennero firmati al mattino per tempissimo
del 28 febbraio, dopo un'ultima conferenza che avea durato tutta la
notte. Thiers dovea portarsi subito a Bordeaux per ottenerne 1'ap-
provazione immediata daH'Assemblea. Fino a quel momento, un corpo
di 30 mila fra Prussiani , Bavaresi, Wurtemberghesi e Sassoni do-
vevano occupare un quarto della citta di Parigi, cioe la riva destra
della Senna fino al sobborgo S. Onorato. Infatti la sera dei 1° marzo
le vanguardie tedesche entrarono in Parigi, precedendo il grosso delle
truppe che non entrarono che il mattino del 2.
CONTEMPORANEA 105
Intanto Thiers correva a Bordeaux : presentava i preliminari di
pace fin dallo stesso giorno 28 febbraio. I preliminari vennero tra-
smessi agli uffizi e il domani dopo breve e assai viva seduta furono
approvati con 546 voti contro 107.
Appena ottenuto questo voto e trasmesso ufficialmente a Parigi,
i Tedeschi si ritrassero dalla citta.
Ma questi ultimi avvenimenti avendo ancora bisogno di essere
schiariti in molte parti al momento in cui scriviamo, ci riserviamo
tornarvi sopra in altro numero, ove speriamo eziandio di parlare
degli ultimi luttuosi avvenimenti della citta di Parigi.
IV.
SPAGNA. 1. Pratiche del maresciallo Prim per trovare un Re — 2. Speranze
dell' Unione Iberica , per un rivolgimento politico in Portogallo — 3. La
corona di Spagna e offerta dal Prim all'Espartero, il quale la rifiuta —
4. Legge per la elezione futura del Monarca — 5. Bando di D. Carlos di
Borbone, duca di Madrid — 6. II Prim si rifiuta a qualsiasi componi-
mento per la ristaurazione del Borboni ; le Cortes sono prorogate fino al
3 1 ottobre 1870 — 7. Abdicazione della Regina Isabella II in favore di suo
figlio D. Alfonso — 8. Candidatura del principe Leopoldo di Hohenzollern
al trono di Spagna — 9. Opposizione del Governo e del giornalismo
francese ; nota del 7 luglio spedita dal ministro spagnuolo degli affari
esterni — 40. II principe Hohenzollern rinunzia alia candidatura — 11. II
Prim rannoda le pratiche presso la Corte di Firenze ; candidatura del duca
d'Aosta — 12. Risposte ufficiali delle Potenze alia Nota per cio spedita
da Madrid — 13. Riapertura delle Cortes; Circolare del Sagasta — 14.
Nuovo rifiuto dato dall' Espartero ai suoi partigiani — 15. Battibuglio e
vdto delle Cortes per 1'elezione del duca d'Aosta a re di Spagna — 16.
Domanda ufficiale pel consenso del Re Vittorio Emmanuele II — 17. De-
putazione delle Cortes a Firenze per offerire la corona al duca d'Aosta,
che 1'accetta — 18. Protestazioni della Regina Isabella II e di D. Carlos
di Borbone — 19. II re Amedeo I entra in viaggio; il maresciallo Prim e
assassinate e muore — 20. Ingresso del re Amedeo I a Madrid; egli presta
giuramento di fedelta alia Costituzione innanzi alle Cortes — 21. Lettera
di Amedeo I al Santo Padre Pio IX.
1. La rivoluzione, costante sempre nei suoi propositi contro la
dinastia dei Borboni, tramata nei covi della Massoneria, iniziata
<}air armata di mare , capitanata da Generali traditori , fiaccamente
combattuta da uomini o inetti o colti alia sprovveduta, trionfava in
Ispagna sullo scorcio del settembre 1868, abbattendo il trono d' Isa-
bella II, costretta a riparare in Francia ed acercare nell'esilio quella
sicurezza per la propria persona, e per D. Alfonso suo figlio, che
indarno essa avea sperato di ottenere, colmando di onori, di ricchezze
106 CRONACA
e di benefizii que' medesimi spergiuri, che piu d'una volta essa avea
perdonato e rimessi in sua grazia. Questa Massoneria vittoriosa riu-
sciva, come sempre e da per tutto altrove, efficacissima nel distrug-
gere quel poco o molto di bene che restava, dopo piu di 45 anni di
incessanti rivolture, negli ordini amministrativi , politic! e religiosi
della Spagna. Ma quanto al riediticare qualche cosa di buono e di
saldo, tranne la privata fortuna di non pochi tra i capi della rivolu-
zione, si mostro al tutto impotente. Sotto il Governo provvisorio, come
sotto la Reggenza che succedette, la storia della Spagna non potra
narrare che una serie lagrimevole di cospirazioni , di ammutinamenti
militari, di sollevamenti partigiani, di repression! sanguinose e cru-
deli, di lotte faziose tra i settarii rappresentati nelle Cortes costituenti ,
e di combattimenti spietati tra gli uomini d' azione nelle province,
sotto le varie bandiere del Governo costituito, d' Isabella II, di Don
Carlos, della Repubblica.
Di codesta lagrimevole tragedia abbiamo esposto nella precedente
serie VII le scene principali; e tra queste registrammo con la debita
cura le pratiche condotte dal Prim con varii Principi stranieri, per
impetrare che 1' un d' essi , quanto piu inesperto di politica tanto piu
gradito, s'inducesse ad accettare la corona di Spagna; al quale dono,
s'intendea bene, dovea corrispondere come compenso la reale dittatura
dello stesso Prim.
Or qui ripiglieremo la succinta esposizione dei fatti accaduti dopo
T ultima volta che narrammo le cose di Spagna, nel vol. XI della
precedente serie settima, pag. 117; dove lasciammo quella nazione in
balia delle lotte politiche e settarie, delle quali aspettava il termine
nella elezione del Re.
Fin dalla domenica 6 giugno 1869 era stata promulgata la huova
Costituzione; il cui articolo 33, approvato ii 20 di maggio con 214
voti contro 71 negativi, esplicitamente definiva che la Spagna dovesse
reggersi a forma di monarchia costituzionale. Una monarchia senza
Re e impossibile; e codesto Re non si trovava. A piu riprese si tento
la costanza di D. Ferdinando padre del presente Re di Portogallo; il
quale vi si ritiuto con disdegnosa alterezza. Si offeri quel trono al
Re Yittorio Emmanuele II, pel Duca d'Aosta suo secondogenito; e la
ragione di Stato allora consiglio al Re Vittorio un cortese rifiuto. Si
tribolo con ogni maniera d' insistenze la Duchessa di Genova, vedova
del principe Ferdinajido Maria di Savoia, perche consentisse a lasciar
proclamare Re di Spagna il quindicenne suo figliuolo, il principe
Tommaso; ma la forte donna non consent! mai ad esporre quel caro
pegno dell'amor suo ad incontrare la sorte toccata a Massimjliano
d' Austria nel Messico.
CONTEMPORANEA 107
II Prim vedea benissimo che la Reggenza non potea durare, e
che stancavasi la pazienza degli Spagnuolr, ma non era punto dispo-
sto a tollerare che una nuova rivoluzione, o riconducesse a Madrid
gli espulsi Borboni dell' uno o dell' altro ramo che si fossero, ovvero
desse alia setta repubblicana tutto 1' agio di distruggere ad un tempo
e la nuova costituzione e la fortuna di chi 1'avea imposta alia Spa-
gna. Si rivolse pertanto aH'Alemagna, per trarne un principe, che
per casato fosse degno d'impugnare lo scettro, per la privata sua for-
tuna fosse disposto a gradire 1'offerta, e per religione si professasse
cattolico, affine di non offendere troppo il sentimento religioso della
Spagna. Queste condizioni propizie per un candidate, secondo il cuore
e le idee del Prim, si riscontravano nel principe Leopoldo della casa
non regnante di Hohenzollern , nato il 22 settembre 1835,e colon-
nello al seguito del 1° Reggimento della Guardia prussiana a piedi.
Le pratiche a tal effetto furono avviate nel 1869, poi abbandonate,
poi riprese dopo gli smacchi ricevuti da D. Ferdinando, dal Duca
Amedeo e dal Duca Tommaso; e probabilmente gia eransi inoltrate
nella prima meta del maggio 1870, quando il Prim dichiarava alle
Cortes, che quel mese non finirebbe senza che la Spagna avesse tro-
vato il suo Re. Per ragioni a noi ignote il Prim dovea pero covare
in silenzio quel suo disegno; e percio diceva alle Cortes, nella tor-
nata dell' 11 giugno, svelando la mala riuscita delle tre prime can-
didature, che: « II Ministero non e stato felice in questi negoziati ;
egli non lia canditato da presentarvi per la Corona di Spagna ; egli
non ne ha per ora; ma 1' avra domani? » E qui una seguenza di
riboboli cabalistici di quel che farebbe il Governo, di quel che do-
vrebbe pensare anche la Camera , e della necessita di uscire dal prov-
visorio.
2. Vero e che di que' giorni tornava a far capolino il disegno
massonico dell' Unitd iberica. Nella notte sopra il 19 maggio, il ma-
resciallo Saldanha, capitanandoalcuni battaglioni di truppe ribellatesi
al Gabinetto presieduto dal Duca di Louie", s'era impadronito a Lisbona
del forte di S. Giorgio ; poi avea, con poco sforzo e poco sangue, su-
perata la resistenza delle guardie del palazzo reale di Ajuda; e pre-
sentatosi al Re D. Luigi , 1'avea facilmente indotto a licenziare i!
Gabinetto del Louie', ed a commettere al Maresciallo stesso 1' incarico
di formare un nuovo Governo. Qui non e luogo di narrare le peripezie
e le conseguenze di questo colpo di stato del Saldanha . Bastera
accennare che quasi al tempo stesso il partito dell' Unione iberica
ricomincio ad agitarsi, e vennero in campo i piu arditi disegni ; tra
i quali pareva che ottenesse qualche favore il seguente. II Re D. Luigi
avrebbe abdicata la corona di Portogallo in favore di suo figlio,
108 CRONACA
bambino di pochi anni , lasciando lui ed il Regno sotto la tutela e
reggenza dell'avo D. Ferdinando. Egli D. Luigi con Maria Pia sua
consorte si sarebbero trasferiti a Madrid, chiamativi dalle Cortes,,
ossia dal Prim e dalla sua consorteria , a sedere sul trono d' Isa-
bella II. E questo sarebbe stato come un fare il lastrico alia effet-
tuazione deU'unitd nazionale ib erica J cominciando dalla unitd di-
nastica.
Corse voce, di quel tempo, ed ando pei giornali, che il Saldanha
segretamente favorisse tal disegno ; e che la sua impresa del 1 9
maggio avesse ricevuto 1' impulso da due motivi efficacissimi, ossia:
1° dalla necessita di scampare cosi da un cortese, ma poco meno che
inevitabile esilio a cui 1'avea condannato il Louie, destinandolo alia
ambasceria di Parigi o di Londra , a sua scelta ; 2° dalla speranza
di poter poi, se il Re D. Luigi passasse a regnare in Ispagna, sot-
tentrare egli al timone dello Stato in Portogallo, con gli onori e la
potenza di Reggente, od almeno di capo del Governo.
Checche sia di cio, le Cortes di Madrid per una parte si com-
mossero all'annunzio del rivolgimento compiutosi a Lisbona , e molti
di fatto manifestarono la persuasione che il Prim e la sua consorteria
vi avessero dato mano per tranellare il Portogallo ; e per altra parte
molti deputati della Camera portoghese, temendo di veder pericolare,
per gli intrighi del Prim, 1'autonomia della loro patria, si affrettarono
di pubblicare le piu energiche protestazioni contro ogni legame di-
nastico o politico tra il Portogallo e la Spagna. Di che il Gabinetto
di Madrid fu ridotto a dover ripetutamente smentire quelle imputa-
zioni di disegni ambiziosi ; ed il 24 maggio, per mezzo del rappre-
sentante spagnuolo a Lisbona , fece deporre tra le mani del Generale
Saldanha una nota, con cui dichiaravasi che: « La nazione spagnuola
rispetta ora e rispettera sempre in avvenire 1'autonomia della na-
zione portoghese, come era manifesto dalle prove di condotta.leale
tin qui tenuta ; e che essa non si scosterebbe mai da quello scrupo-
loso ossequio che professa pel patriottismo portoghese. »
3. Con cio ebbe termine 1'agitarsi di quella fazione, piccola di
numero ma audacissima, che agognava a fare cola quel che alia setta
era cosi ben riuscito in Italia. Ma v'era un altro partito che riusciva
molesto alia Reggenza. Un certo numero di deputati, sia per dispetto
di sottostare cosi lungamente alia dittatura del Prim, sia per timore
di veder la Reggenza soverchiata da qualche impeto della Repubblica,
sia per calcolo politico di sostituire la propria influenza a quella della
consorteria dominante , si erano fitto in capo il proposito di aver
presto un Re. Esclusi i Rorboni d'amendue i rami, e detestando anche
personalmente il Montpensier , costoro aveano gittato gli occhi sul
CONTEMPORANEA
109
vecchio Espartero, duca della Vittoria, e avean fatto disegno di crearlo
Re costituzionale.
Non si sa bene se il Prim 's'acconciasse schiettamente e di buon
grado a questa idea , o se mostrasse di gradirla solo air intento di
guadagnar tempo , continuare a padroneggiare sopra la Spagna in
nome dell'ormai decrepito maresciallo-Re , ed intanto prepararsi a
succedergli in quel trono medesimo, nel quale egli 1'avrebbe sollevato.
Dato pure che amendue queste ipotesi non avessero bastevole
fondamento di vero, certo e che il Prim, avveduto e scaltro com'era,
non voile essere preceduto da verun altro nelle pratiche per fare
dell' Espartero un Re ; e gli scrisse, alia meta del maggio (1870) la
seguente lettera, pubblicata nei diarii di Spagna, e riferita dal Me-
morial diplomatique, pag. 404-405.
« Serenissimo duca della Villoria. II Governo di S. A. il Reg-
gente del regno crede giunto il momento di terminare I'opera rivo-
luzionaria , eleggendo un monarca. I degni Ministri di questo Go-
verno, ch' io ho 1'onore di presiedere, sono animati dai sentimenti
piu patriottici . Quando si tratto di scegliere un monarca, i vostri
amici si sono ricordati del pacificatore della Spagna per quest'occasione,
e, coll'autorizzazione, nelle debite forme, del Governo nelle circostanze
analoghe, io vorrei che vi compiaceste dirci : se accettereste la corona
di Spagna , nel caso in cui voi foste eletto dalle Cortes costituenti.
II Governo non ha candidatura ; ma e suo dovere di evitare che
qualche fazione si agiti in favore d'un candidate, cui non dovesse
accettare. Comprenderete il patriottismo con cui in questa circostanza
agisce il Governo consultandovi , come fa. Io vi ho spedito questa
lettera per 1' intermedio del mio antico amico Pasquale Madoz , de-
putato alle Cortes, uno dei vostri piu caldi partigiani. Sono colla piu
grande considerazione. Firmato: — II marchese di Los Castillejos. »
II maresciallo Espartero, benche vecchio ed accasciato dai ma-
lanni, non era scimunito; e capi subito che, o il Prim voleva soltanto
scandagliare le sue disposizioni per potergli piu efficacemente far
contrasto; ovvero, se parlava con sincerita, intendeva altresi d'aver
alia mano un fantoccio da incoronare, a patto di conservare per se
la podesta sovrana del Governo. Pertanto non indugio a rispondergli
con un rifiuto, nei termini seguenti.
« Eccellente marchese di Los Castillejos. II signor Pasquale
Madoz mi ha rimesso la vostra lettera, colla quale mi dimandate se
io accetterei la corona di Spagna, nel caso in cui fossi eletto dalle
Cortes costituenti. Col piu profondo del mio cuore, io rendo le grazie
che devo al Governo che voi rappresentate si degnamente, e debbo
dire ch' io sono sempre disposto a darvi la mia vita per la liberta
<| 10 CRONACA
e la felicita della patria; ma un dovere di coscienza mi obbliga a
dichiararvi rispettosamente, che non mi sarebbe possibile d'accettare
funzioni cosi elevate ; la mia salute e la mia eta non mi permettereb-
bero di adempierle. Sono con considerazione. Firmato: — // Duca
della Vittoria. »
I partigiani dell' Espartero non percio si diedero vinti, e ripe-
teano : se malgrado del suo no, le Cortes lo eleggeranno, egli allora
accettera, e cosi usciremo tutti da questo stato d' incertezza che uccide.
Ma il Prim, che in cuor suo forse dovea essere lietissimo del rifiuto
dato dall' Espartero, si costitui campione del rispetto con cui doveasi
riguardare la risoluzione dell' illustre maresciallo, ed intone alto e
fermo che : « il Governo , essendosi accertato del rifiuto categorico
dell' Espartero, dovea rigorosamente conformarvisi. » Laonde questa
candidatura fu allora messa da parte ; ma poi fu tratta fuora un'altra
volta, come diremo a suo luogo.
4. Intanto, per dare alia Spagna un Re, mancava non solo un
candidate accetto alle varie fazioni rivali, ma eziandio la legge che
delinisse la forma con cui doveasi procedere alia elezione. Una com-
missione, composta di deputation massima parte fautori del Duca
di Montpensier, ne avea presentato uno schema. Le Cortes lo accet-
tarono , a patto che vi si arrecassero que' cangiamenti che la di-
scussione avrebbe dimostrati necessarii al buon accordo dei varii
partiti. Net primitive disegnoera detto che per la validita dell'elezione
del Re dovesse bastare che prendessero parte alia votazione la meta
piu uno dei deputati present!, e che il candidate ottenesse la plura-
lita assoluta dei voti.
Con cio solo era quasi assicurata la elezione del Duca di Mont-
pensier. Imperocche tra i deputati si contavano ben 1 10 suoi partigiani
dichiarati,e vincolatisi a dargli ii proprio voto; mentre, per contrario,
ciascuna delle altre fazioni, cioe degli Esparteristi , degli Alfonsi-
sli, dei Repubblicani, dei partigiani della Reggenza da continuarsi ,
discordi fra loro, non potea contrapporre alia falange dei Montpen-
sieristi che un 30, 40, od al piu 60 voti. A sventare la mina cosi
ben preparata dal Montpensier, si fece innanzi il deputato progres-
sista-democratico signer Rojo Arias ; il quale propose , in forma di
emendamento , che il Re dovesse essere nominato dalla meld pm
uno del numero totale dei deputati riconosciuti, ancorche assenti o
astenutisi dal votare. II che importava che il candidate dovesse ot-
tenere 171 suffragio . E questo tornava impossibile al Montpensier.
Questa proposta fu approvata dalle Cortes ed accolta, con triplice
salve di plausi, dal rispettabile pubblico delle gallerie e dagli ono-
revoli della Sinistra. Fin d'allora apparve chiaro che al Montpensier
CONTEMPORANEA 111
poca o niuna illusione dovea rimanere, di poter salire sul trono, da
<mi era stata, in buona parte per opera sua, travolta giu sua cognata
la Regina Isabella II.
II testo intero della legge sancita il 10 giugno , in virtu della
quale fu poi, cinque mesi dopo, eletto in Re di Spagna il principe
Amedeo di Savoia Duca d'Aosta , conteneva 1 1 articoli , die deter-
rainavano i piu minuti particolari del procedimento da osservarsi per
lo scrutinio; ma ci pare inutile di qui riferirlo, e ci basta accennare
che puo vedersi anche nel Memorial diplomatique del 28 giugno,
pag. 510-511.
5. Tre giorni prima che le Cortes sancissero codesta legge, il
Duca di Madrid, D. Carlos di Borbone, avea tentato di ridestare il
fervore e lo zelo dei suoi partigiani legittimisti ; e scritta percio una
lettera alia Giunta centrale cattolica monarchica , ed alle altre
Giunte del Regno; la qual lettera era in verita un bando agli Spagnuoli,
i.nteso a dimostrare , che le intestine discordie loro non avrebbero
mai ne posa ne tregua, finche essi non si rannodassero tutti intorno
all'antico vessillo della patria, proclamando quel principio di legit-
timitd , di cui esso D. Carlos era il rappresentante . E qui veniva
come un programma del Governo che egli darebbe alia Spagna .
Questa lettera, data da La Tour,, il 7 giugno 1870, ando su quasi
tutti i giornali, come nell' Osservatore Romano del 21 giugno; ma
non ebbe effetto veruno.
6. Con cio non vogliam dire che D. Carlos non avesse che pochi
e tepidi partigiani; ma si che, per un arcano giudizio di Dio, appena
egli si faceva innanzi, e tutti gli altri partiti, benche discordi fra loro
nel rimanente, subito si collegavano per opporglisi a tutta oltranza.
Senza di che, il Prim era giurato nemico della ristaurazione di Casa
Borbone, come apparisce dalla seguente lettera pubblicata in Francia
dal Gaulois, organo ufficiale della setta repubblicana.
« Madrid 4 febbraio 1870. Mio caro amico. Ho letto con atten-
zione la vostra lettera del 28 gennaio, dove mi rendete conto del-
1' abboccamento avuto col signor Vi prego d' informare imme-
diatamente codesta persona , che io non accetto , in forma veruna ,
qualsivoglia proposta, il cui scopo fosse per riuscire alia ristaurazione
della dinastia detronizzata nel settembre 1868. Yi autorizzo a fare
di questa lettera 1'uso che giudicherete conveniente. J. Prim. »
II Prim, benche soltanto Presidente del Consiglio dei Ministri,
in verita esercitava una vera dittatura, avendo tutte in pugno le forze
dell'esercito. Posto adunque ch'egli, ben consapevole di quel che avea
falto contro la Casa di Borbone, non ne sperasse piu ne merce ne
grazia, era naturale che operasse da giurato nemico; e percio come
CRONACA
andarono fallite le pratiche del fautori d' Isabella II per ammansarlo,
,cosi doveano tornar inutili i conati dei legittimisti per 1'avvenimento
di Carlo VII.
L' ultima seduta delle Cortes fu tenuta il 24 giugno; nella quale
un deputato repubblicano propose che, per rappattumare tra loro tutti
i partiti politic!, e disporre il paese a quel tranquillo assetto, che si
conveniva per fmire di mettere in atto la nuova Costituzione , si
bandisse una piena amnistia politica a favore di tutti indistinta-
mente i condannati politici, dopo la rivoluzione del settembre 1868.
II maresciallo Prim capi dove potea parare il colpo. Non temea
punto degli sforzi che potrebbero tentare i legittimisti reduci dall'e-
silio; si ripromettea pure di non incontrare grossi guai dai parti-
giani d' Isabella II o di D. Alfonso. Ma 1'oro e le aderenze del Mont-
pensier gli davano motivo di sospettare, che qualche frazione di
repubblicani o di progressist! potesse mettersi sotto la bandiera del
principe Orleanese, con riserva di tradirlo poi e sbalzarlo alia sua
volta e stabilire la Repubblica . Pertanto il Prim , molto accorta-
mente, non si rifiuto ad ammettere 1'idea deW amnistia; ma solo
chiese che la quistione dell'opportunita, e la scelta delle congiunture,
in cui si dovesse compiere questo voto comune di conciliazione , si
lasciasse al potere esecutivo. Le Cortes assentirono, ed il Prim usci
d' impaccio , piu potente che mai ; poiche nella stessa seduta , che
valse come un voto di fiducia nel Prim, le Cortes si prorogarono
fino al 31 ottobre .
7. Appunto un giorno dopo , il 25 giugno, compievasi in Parigi
un altro fatto di non poca rilevanza, e che, pel momento, serviva
ai disegni del maresciallo Prim. La Regina Isabella II gia da pezza
erasi accorta che -sempre piu rattepidivasi lo zelo dei non molti
ne poderosi suoi partigiani. Le illusion! d' una probabile, se non
salda, sua ristaurazione eransi dileguate. I dissidii tra lei e suo ma-
rito, il Re D. Francesco d'Assisi, erano riusciti ad un divorzio e ad un
componimento d'interessi, di cui era stato arbitro Napoleone III. La
repressione energica usata contro i tentativi dei Carlisti avea anti-
cipatamente dimostrata 1' inanita di quelli, a cui volessero accingersi
g\' Isabellisti. In tal frangente la Regina Isabella II, indirizzata dai
consigli di sua madre Maria Cristina e dai voto dei pochi suoi fedeli
servitori ed amid, si appigiio all' unico spediente che le rimaneva,
per non perdere tutto ; e , troppo tardi , si arrese a quel che gia da
molto tempo erale suggerito, risolvendosi di abdicare in favore di suo
figlio D. Alfonso, principe delle Asturie, nato il 28 novembre 1857.
Quest' atto fu compiuto con molto apparato di pompa nel palazzo
Basilewski a Parigi, alia presenza della regina madre Maria Cri-
CONTEMPORANEA 1 I 3
stina, dell' infante D. Sebastiano, del Conte d'Aquila, e delle fi-
gliuole della stessa Isabella II ; assistendovi pure tm certo numero
di personaggi politic! e militari Spagnuoli , che le erano rimasti grati
e devoti .
Con atto speciale furono determinate le condizioni tutte della
tutela sotto cui restava il minorenne D. Alfonso, e della dotazione as-
segnata a lui, alia regina Isabella II, ed a D. Francesco d'Assisi,
che si astenne dall' assistere a quella cerimonia. Un bando assai pro-
lisso, che e come 1' apologia del regnod' Isabella II, riprodotto nel
Memorial diplomatique del 30 giugno 1870 (pag. 519-520) fu indi-
rizzato agli Spagnuoli; ma potendosi leggere in quasi tutti i diarii
di que'giorni, come nell* Armonia del 6 luglio, bastera recitare
T ultimo tratto che defmisce i diritti riservati ad Isabella II ed i suoi
propositi per 1'avvenire di D. Alfonso XII.
« Sappiate adunque che in virtu di un processo verbale so-
lenne, redatto nella mia residenza di Parigi ed in presenza dei mem-
bri della mia regale famiglia , dei grandi dignitarii, dei generali ed
uomini pubblici di Spagna, nominati dal detto processo verbale, ho
abdicate la mia regia autorita e tutti i miei diritti politici, senza al-
cuna specie di coazione e soltanto di mia spontanea e liberissima
volonta, trasmettendoli , insieme con tutti quelli che appar'tengono
alia corona di Spagna, al mio amatissimo figlio Don Alfonso, principe
delle Asturie , in conformita alle leggi della mia patria ; mi riservo
tutti i diritti civili, e la condizione e la dignita personale, che esse
mi conferiscono, specialmente la legge del 12 maggio 1865. In con-
seguenza, conserve™ sotto la mia custodia e tutela Don Alfonso,
finche risedera fuori della sua patria e finche , proclamato da un
governo o dalle Cortes rappresentanti ii voto legittimo della nazione,
io ve lo rimetta, come spero e come ne sento ancora la forza, ben-
che, mentre qui ve lo prometto, il mio cuore materno sia lacerato.
Frattanto mi sforzero d'inculcare alia sua intelligenza le idee gene-
rose ed elevate che son conformi alle. sue inclinazioni natural], e che
lo renderanno degno, ne ho la fiducia, di cingere la corona di San
Ferdinando e di succedere agli Alfonsi suoi predecessori , i quali
hanno legato alia patria e gli legano un tesoro di glorie imperiture.
Cos! Alfonso XII dovra essere, da oggi, il vostro vero Re, Re spa-
gnuolo,Re degli Spagnuoli, non Re di un partito.
« Amatelo cosi sinceramente come egli vi ama . Rispettate e
proteggete la sua gioventu coll' irremovibile fermezza dei vostri cuori
cavallereschij mentre io prego ardentemente 1'Onnipotente di dare
lunghi giorni di tranquillita e di felicita alia Spagna, e di concedere
nello stesso tempo al mio giovane figliuolo, che benedico, saviezza,
Serie VIII, vol. 77, fasc. 499. 8 24 marzo
114 CRONACA
prudenza, rettitudine nel governo e maggior felicita sul trono die non
ne abbia avuto la sua infelice madre, che fu vostra regina. ISABELLA. »
Quasi al tempo stesso , sia per aiutare la causa del pupillo
D. Alfonso XII, sia per amore di giustizia e verita , fu pubblicato
un opuscolo, scritto da un Enrico de Lazeu, che fu gia segretario
del principe D. Giovanni di Borbone, padre di D. Carlos di Borbone
ed Este Duca di Madrid. In codesta scrittura, intitolata: La legitti-
onitd in Ispagna, con molto apparato di ragioni, con esposizione di
fatti, con ravvicinamento di date, con allegazione di document! e
di lettere inedite, si vuol porre in sodo questa tesi: D. Giovanni era
1'unico erede dei diritti avventizii di suo fratello il conte di Monte-
molin, che li avea redati dal loro padre D. Carlos fratello di Ferdi-
nando VIII. Ora D. Giovanni rinunzio formalmente, e senza riserva
alcuna, ne per se ne pei suoi figli, a codesti diritti, in favore di Donna
Isabella 11 e dei suoi eredi e successori. Dunque D. Carlos duca di
Madrid non ha piu ragione veruna al trono di Spagna. Noi non
possiamo seder giudici in tal litigio, e rimettiamo i nostri lettori al
citato libro, ed al sunto che ne diede, con qualche documento , il
Memorial diplomatique del 30 giugno 1870, pag. 517-518.
Ma piu che ad Isabella II o a D. Alfonso, dovea questa scis-
sura tra i Borboni giovare ai disegni del Prim, che intanto toccava
la meta sospirata, e trovava un principe disposto a fare da Re di
Spagna, sotto 1' alto dominio del Prim e della sua consorteria.
8. Come un fulmine a ciel sereno, appena chiuse le Cortes a
Madrid e divulgata 1' abdicazione d' Isabella II , scoppiava 1'annunzio
che il principe Leopoldo, del ramo non regnante della Casa di Hohen-
zollern, avea accettata la candidatura al trono di Spagna, col con-
senso del Re di Prussia, e, come diceasi, per gli intrighi del Bi-
smark, voglioso di suscitar brighe tra la Spagna e la Francia. Di
che abbiamo succintamente riferito , coll' autorita delle dichiarazioni
ufficiali , quanto bastava , nella settima serie precedente , vol. XI ,
pag. 256 e pag. 372-373. Quello fu come il lampo foriero della tre-
menda tempesta, in cui dovea, per 1'infausta politica di Napoleoiie III,
naufragare la Francia, rompendo perci6 guerra alia Prussia.
Ma e curioso a notarsi che, appunto mentre si stringevano a
Berlino le pratiche per cotal candidatura, il signor Emilio Ollivier,
presidcnte del Consiglio dei Ministri di Napoleone III, affermava al
Corpo Legislative, il 30 di giugno, per ribattere certi argomenti di
Giulio Favre, che la pace era salda piu che mai. Ecco le sue parole.
« 11 Governo non nutre inquietudine di veruna sorta; in nessuna
epoca il mantenimento della pace fu piu sicuro; da per tutto, do-
vunque si guardi, non havvi alcuna quistione irritante. » Eppure la
CONTEMPORANEA 115
quistione irritante esisteva, e certo non era ignota al Gabinetto del
Sig. Ollivier .
Infatti gia da quasi un anno il Drouin de Lhuys avea fatto
sapere a Napoleone III, che tra il Bismark ed il Prim si trattava di
mettere sul trono di Spagna un Hohenzollern; e Napoleone III dovea
aver avuto sentore che le pratiche eransi ripigliate e strette nel giugno
del 1870;poiche fin dai primi giorni del luglio, il giornale ufficioso
La France, copiato dall' Opinione di Firenze n° 190, pubblicava
d' aver saputo che alii 3 il Prim avea scritto all' Olozaga suo am-
basciadore a Parigi, in questi termini.
« Finalmente ho un candidate. Egli sara sgradevole alia Fran-
cia , lo so , perche e un prussiano ; ma ha accettato . » Ed allo stesso
tempo il Gaulois attribuiva egualmente al Prim ed al Bismark il
merito dell* invenzione di tal candidate, e designava perfino come
mezzana delle trattative la contessa di Fiandra , sorella del candi-
date principe di Hohenzollern . Tutti i giornali poi discorrevano dei
violenti diverbii, che aveano percio avuto luogo tra Napoleone III e
1'antico suo amico Olozaga, rappresentante della Spagna. Percio, piii
che strane, debbonb parere o malaccorte o assurde le parole dette dal
duca di Gramont al Corpo Legislative di Francia, nella tornata del
6 luglio, quando fu posto alle strette di dichiarare a che punto sta-
vano le cose, rispetto a tal candidatura.
II Gramont, ministro per gli affari esterni, dovette allora confes-
sare che il Prim avea offerta all' Hohenzollern la corona di Spagna; ma
mostr6 di confidare che i voti degli spagnuoli riuscirebbero contrarii
al candidate; ed aggiunse: « Non abbiamo cessato mai dall'attestare
la nostra benevolenza alia nazione Spagnuola , e di evitare tutto cio
che avrebbe potuto avere le apparenze d' un ingerirsi negli affari
interni d' una nobile e grande nazione nel pieno esercizio della sua
sovranita; non siamo usciti mai, rispetto ai varii prelendenti al
trono, dalla piu stretta neutralita, e non abbiamo mai dimostrato
per alcun d' essi ne preferenza ne avversione . » E finiva con una
spacconata circa 1' indifferenza con cui la Francia guarderebbe le cose
di Spagna, atteso che mai queste non potrebbero « mettere a ci-
mento gli interessi e I'.onore della Francia. »
Gli eventi dimostrarono poi che un nonnulla , un puntiglio di-
plomatico, basto davvero, appunto a proposito di questa candidatura,
a cimentare gli interessi e 1' onore della Francia in quella lolta cbe
le torno si fatale. Onde, nel citato periodo del Gramont, v'e qualche
cosa di vero, e molto piu di falso.
E vero che il Governo di Napoleone III si mostro in tutto e per
tutto pieno di deferenza verso i rivoluzionarii trionfanti del settem-
116 CRONACA
bre 1868. Ma era questo un sincere amore per gli Spagnuoli e per la
loro indipendenza? E vero che non si impose alia Spagna questo
0 quel candidate; ma e falso che non si adoperasse tutta la prepon-
deranza diplomatica per escluderne il Montpensier. E vero che si
osservo la neutralita nelle lotte tra i partiti rivoluzionarii, cioe fra
1 democratici, i repubblicani, i progressisti, i federalisti ed altrettali;
ma e falso che siasi usata eguale imparzialita verso i sostenitori della
Legittimitd. Imperocche coi partigiani d' Isabella II si fece quanto
bastava per rendere loro impossible una rivincita ; coi partigiani di
I). Carlos si fece peggio ; e le spie francesi denunziarono al Governo
di Madrid i loro preparativi , ed i capi furono confmati nel centro
della Francia , e D. Carlos ne fu espulso . Ben altrimenti erasi fatto
coi promotori della rivoluzione del settembre ! Essi erano stati aiutati'
con un favore che eccedeva di molto la tolleranza . La rivoluzione
spagnuola ne ripago la imperiale Francia con quella gratitudine
stessa, che 1' Italia rivoluzionaria us6 poi alia sua volta verso Napo-
leone III.
9. Ad ogni modo certo e che appena la candidatura dell'Hohen-
zollern fu divulgata in Francia , si dichiaro pure dalla parte del Go-
verno imperiale, sostenuto in cio dal voto quasi unanime del Senato
e del Corpo Legislativo, e dal concerto sonoro di tutti i giornali,
una opposizione si fiera , che naturalmente a Berlino doveasene ri-
sentire il piu alto sdegno. Ne a sedare quei bollori, sintomi tristis-
simi della febbre bellicosa onde fu consumata la Francia, valse punto
uulla un lungo dispaccio spedito dal Ministro degli affari esterni di
Madrid, sotto la data del 7 luglio, e di cui i' Opinione di Firenze
del 14, n° 193, reco un sunto copioso ed un tratto importante. Con essa
dimostravasi il diritto che avea il Governo, pel voto delle Cortes,
di cercare un candidate accettevole alia nazione; faceasi il panegi-
rico dell' Hohenzollern ; si esprimeva la fiducia che il voto nazionale
darebbe ragione alia Reggenza, che con tale scelta voleva uscire dal
provvisorio ed attuare la decretata Costituzione ; e scolpavasi il Prim
d' ogni imputazione d'intrighi, o diretti da influenze straniere, od
ostili ad una qualsiasi tra le Potenze o le Case regnanti. Onde con-
cludeva che tal candidatura non era n& potea essere indizio di al-
tcrazione veruna negli amichevoli rapporti con tutte e singole le
Potenze e Corti europee.
10. Non cosi la pensd Napoleone III, die ebbe consenzienli, se
non anche istigatori , i suoi ministri risponsabili a romperla con la
Prussia, come se essa, per estendere la sua influenza in Europa,
avesse ispirata al Prim la scelta dell' Hohenzollern. Dai richiami
temperati si passo alle domande formali di spiegazioni, che poi si ri-
CONTEMPORANEA 117
putarono insufficienti.il ministro francese a Berlino, Sig. Benedetti,
incalzo le pratiche con una insistenza, che parve offendere la dignita
del Re Guglielmo I, il quale se ne irrito. II principe Antonio di
Hohenzollern, padre del candidate, o vedesse da se a qual termine
rovinoso potea riuscire quella pratica, o vi fosse consigliato dal Re
Guglielmo, preparato si alia guerra ma non voglioso di provocarla,
credette di porre termine al dissidio, col rinunziare per se e per suo
figlio a quella candidatura, disdicendo il consenso dato. II Governo
spagnuolo n' ebbe subito formale notizia ; e , non potendo altro, per
cessare da s& 1'odiosita d' aver gittato in mezzo all' Europa un tiz-
zone d' incendio si spaventoso , fu sollecito di far pervenire a Parigi
T annunzio ufficiale di quella rinunzia ; la quale parea cosi dover
sedare il conflitto . Ma il Governo imperiale non si appago di questo.
Non si dichiaro nemmeno soddisfatto, quando Guglielmo I disdisse da
parte sua il consenso dato a quella candidatura ; e pretese anzi che
il Re Guglielmo I dovesse obbligarsi anche per 1' avvenire a non con-
sentire a tali disegni.
II Benedetti , incaricato di mettere alle strette il Re di Prussia,
adopero modi che S. M. giudico equivalent! ad una intimazione di
dipendenza dai voleri della Francia imperiale; ed incontro un secco
riliuto. II Governo di Parigi, o fosse realmente gia risoluto di fare
la guerra e cercasse solo un pretesto per dichiararla , o vi fosse tratto
da quella disdegnosa ripulsa, scaglio a Berlino, il 19 luglio, quel guanto
di sfida, che, raccolto con dolore, fu come la sorgente d'infiniti guai
per due potentissime nazioni, straziate da una guerra di sterminio.
11. La Spagna allora si trasse in disparte, e stette, net prov-
visorio , aspettando di vedere quale dei duellanti fosse per soccom-
bere nell' orrido conflitto. Prostrate 1'Impero Napoleonico, piu che
dalla catastrofe di Se"dan, dalla rivoluzione plebea del 4 settembre
in Parigi , il Governo di Madrid si senti sciolto all' operare ; e ,
consigliatosi colla comunanza delle origini e degli interessi settarii,
penso che facilmente e felicemente al suo intento potrebbe rannodare4N
le pratiche per aver dalla Casa di Savoia un principe, da mettere sul
trono di Spagna.
II Governo di Firenze anch'esso, dopo la caduta del benefico suo
tutore imperiale, come avea tratto vantaggio dagi'imbarazzi della Fran-
cia per impadronirsi impunemente di Roma, cosi vide che il porre lo
scettro della Spagna tra le mani d'un principe della dinastia regnante,
rinforzerebbe il nuovo regno d' Italia, per la politica comune che
praticherebbesi da Firenze e da Madrid rispetto alia Santa Sede. Le
proposte del Prim furono accolte con molto favore $ Firenze, tanto
dal Governo quanto dalla Corte; e 1'ufficiosa Opinions del 1° no^
CRONACA
vembre, n° 303, diede fiato a tutte le sue trombe per annunziare
il fausto evento. Con quella facilita e sveltezza singolarissima, onde
F Opinions seppe ognora mutar teoriche, programmi e livrea, se-
condo 1'interesse dei padroni cui dovea servire, V Opinions, di ac-
canita avversaria che era stata, a proposito del Duca d'Aosta e
del Duca di Genova , d' una cotal candidatura divenne banditrice
fervidissima. E dimostro, come due e due fan quattro, che siccome,
mutate le congiunture, erasi fatto bene ad adoperare contro Roma
la violenza dapprima tanto sconsigliata; cosi ora 1' Italia dovea co-
gliere al volo 1'opportunita di dare un Re alia Spagna, nella per-
sona di quello stesso Principe, di cui altra volta avea dimostrato che
farebbesi crudo sacrifizio, quando si consentisse ai disegni del Prim.
12. Soltanto si pose da Firenze la doppia condizione che: 1° II
Duca Amedeo d' Aosta fosse chiamato al trono da una imponente
pluralita dei voti nella Cortes; 2° che si impetrasse il consenso previo
delle varie Potenze , affinche non avessero a sorgere, per la scelta
del Sabaudo, conflitti di natura simigliante a quelli, ond' erano seer-
pate la Francia e la Germania per la malaugurata candidatura del
Prussiano.
Da Madrid fu pertanto spedita una circolare ai rappresentanti
presso le Corti straniere, onde notificare la scelta del principe Amedeo
di Savoia, Duca di Aosta, come candidate preferito dal Governo
della Reggenza , e da presenters! alle Cortes; e chiedere 1'avviso
dei rispettivi Sovrani e Governi sopra tal negozio, e conoscerne gli
intendimenti.
Cotali ufficii furono coronati da pieno successo, e 1' Opinions di
Firenze, n° 317 del 15 novembre, stampo, come avuto dal suo cor-
rispondente (ufficiale) di Madrid, il testo delle risposte dei varii Ga-
binetti, il giorno stesso in cui la Gazzstta ufficiale lo pubblicava
in Madrid. Per 1' importanza che avra Delia storia tal documento,
crediamo di doverlo qui trascrivere distesamente.
« 1° Gran Bretagna (in data del 22 di ottobre). Se la can-
didatura del duca D' Aosta fosse gradita alia nazione spagnuola , il
Governo di S. M. vedrebbe con gran piacere che S. A. fosse accettato
come Re di Spagna; ed invio una comunicazione in questo senso al
ministro di S. M. a Firenze.
« 2° Russia (%% ottobre). Giusta i principii che sempre hanno
diretto le relazioni del Governo imperiale con le Potenze estere, la
Russia crede di dovsrsi astenere da qualunque giudizio intorno al
regime interno che la Spagna si vorra imporre.
« 3° Belgio (2k ottobre). Aderendo al di Lei desiderio ho 1' o-
nore di ripeterle per iscritto cio che dissi a voce a Y. E. che mi do-
CONTEMPORANEA 119
mando se il Belgio avesse da fare qualche osservazione sulla can-
didatura al trono di Spagna di S. A. R. il principe Amedeo.
« II Belgio, Potenza neutrale, .desiderando di rimanere stretta-
mente nella posizione che i trattati e il diritto pubblico europeo le
hanno fatta , non ha da manifestare alcuna opinione su questo argo-
mento. lo mi credo pero interamente autorizzato a dichiarare a V. E.
che S. M. il Re ed il suo Governo gradiscono la cortese deferenza di
quella domanda, e che facendo vivi e sinceri voti per la prosperita della
Spagna, non potranno a meno d'applaudire alle risoluzioni di un po-
polo amico che dispone da se stesso de'propri destini.
« 4° Portogallo (% ottobre). Rispettando sempre le delibera-
zioni del Governo spagnuolo, il Governo portoghese ha veduta con
grande soddisfazione 1' annunziata elezione.
« 5° Francia (Tours , 25 ottobre). Favorisca la S. V. di rin-
graziare il Governo spagnuolo per la comunicazione che la prego di
trasmetterci, in occasione della candidatura del duca d'Aosta ; e ri-
sponda che il Governo della difesa nazionale , in mezzo alle present!
difficolta e atteso lo stato delle sue relazioni con gli altri Stati, non
puo prendere una decisione precisa, rispetto alia domanda che il go-
verno spagnuolo si degno d' indirizzargli . Senza duhbio, la candi-
datura del duca d' Aosta e, fra tutte quelle che potevano presentarsi
dal punto di vista monarchico, quella che maggiormente ci conviene;
perd, fedele al sentimento della propria origine ed al principio della
volonta popolare, il Governo della difesa nazionale rispetta la deci-
sione del paese, rappresentato attualmente dalle Cortes.
« 6° Svezia e Norvegia (Stoccolma , 27 ottobre). Si; S. M.
vedra con piacere la soluzione che indicate.
« 7° Confederazione della Germania del Nord (28 ottobre).
Siamo stati i primi a riconoscere in un discorso del Trono il diritto
che spetta alia Spagna di decidere intorno al proprio avvenire. Noi
non ci allontaneremo da questo principio , ne imiteremo 1' esempio
dato prima della guerra dalla Francia, che voile immischiarsi negli
affari interni della Spagna, facendo d>pendere dal proprio consenso
la soluzione della questione spagnuola.
« Aspettiamo le risoluzioni che la Spagna prendera ne'proprii
afiari , e ne riconosceremo il risultato , facendo i piu sinceri voti per
la sua felicita.
« 8° Olanda (L' Aiaf 28 ottobre). II Re vedra con soddisfa-
zione 1' elezione del Duca d'Aosta. S. M. spera che quest' elezione
contribuira ad assicurare la prosperita della Spagna.
« 9° Austria (30 ottobre). Desiderate conoscere 1' opinione del-
T I. R. governo sulla eventuale candidatura di S. A. R. il Duca
d' Aosta al trono di Spagna .
120 CRONACA
« Oggi ho 1'onore di poter partecipare a V. E. che, lungi dal
sollevar la minima obbiezione a questa candidatura, il Governo di
S. M. I. R. apostolica fa voti affinche 1' elezione di quel Principe
possa assicurare la quiele e la prosperita della Spagna.
« 10. Turchia (Pera, 3 novembre). II Gran Visir m' incarica
di far sapere a V. E. che il Governo ottomano vedrebbe con grande
soddisfazione 1' elezione del Duca d' Aosta al trono di Spagna. Questa
candidatura e sommamente gradita al Sultano, che conosce perso-
nalmente il Principe.
« 11° Roma ft novembre) L' incaricato d' affari spagnuolo
al Ministro degli affari esteri a Madrid. Avendo io notificata la
Reale candidatura, il cardinale Antonelli ha risposto che fa i piu
sinceri voti affinche la Spagna si costituisca definitivamente quanto
prima, rassodandosi il Governo. Stasera il cardinale ne parlera al
Papa, e domani conoscer6 la risposta diretta di S. Santita. »
13. Rassicurato cosi circa il consenso delle Potenze, il Gabinetto di
Madrid, appena furono riaperte le Cortes,, loro presento, alii 3 no-
vembre, come candidate alia corona il principe Amedeo di Savoia ,
Duca d' Aosta; e fatta una esposizione dei motivi per cui erasi ritirato
il Principe di Hohenzollern, e recitatone il panegirico, il Prim si di-
stese in magnificare i titoli, che avea il nuovo candidate, degnissimo
di conquistare 1'amore come gia dovea eccitare 1'ammirazione di tutti
gli Spagnuoli. L'annunzio fu accolto con significazioni diverse di
sentimenti tutt'altro che propizii, da parte dei repubblicani, dei le-
gittimisti e della fazione del Montpensier. Si udirono risonare alto
fiere minacce e parole tutt'altro che lusinghiere pel novello candidate.
Ma il Prim si era gia, in certe raunanze preparatorie, assicurato della
pluralita dei voti, e scnza turbarsi punto stette saldo , pensando che
alle voti delle protestazioni contrarie egli potea opporre quelle troppo
piu sonore dei cannoni e dei fucili.
11 giorno appresso, 4 novembre, il Sagasta, ministro per gli affari
esterni, spedi ai rappresentanti spagnuoli presso le Corti straniere
una circolare, riferita anche dall' Opinions di Firenze, n. 821 del
19 novembre; nella quale ripeteva sottosopra quello che dal Prim
erasi detto alle Cortes,, ragionava i motivi della scelta del candi-
date Duca d' Aosta, dava un' ultima incensata al principe d' Hohen-
zollern, celebrava la magnanimita del Gabinetto spagnuolo pei sacri-
fizii fatti onde antivenire la guerra franco-prussiana: ed annunziava
1' avvenuta presentazione ufficiale di Amedeo di Savoia come can-
didate al Trono.
Ma siccome in cotali faccende & di gran rilevanza il far presto',
cosi il Sagasta, mentre spediva la suddetta circolare, era sollecito
CONTEMPORANEA 11
di dare per telegrafo la stessa notizia alle varie legazioni spagnuole
d'Europa; ed ecco, tratte pure dall' Opinions n. 317, le risposte chQ
ne ricevette, per la stessa via , e nello stesso giorno 4 novembre.
« 1° Brusselle (k novembre}. Ho ricevuto il dispaccio telegrafico
di V. E., in data d'oggi, che mi partecipava la presentazione alle
Cortes della candidatura del duca d'Aosta, e 1' ho comunicato a questo
Governo, giusta le istruzioni di V. E. Questo signor ministro degli
affari esteri ha udito colla massima soddisfazione una si importante
notizia.
« 2° (Tours 4 novembre). Giusta 1' ordine inviatomi da V. E. con
suo telegramma di ieri, ho partecipato al conte di Chaudordy che il
presidente del Consiglio dei ministri aveva presentato alle Cortes co-
stituenti la candidatura del Duca d'Aosta al trono di Spagna; e il
conte di Chaudordy mi rispose, a nome di questo Governo, che acco-
glieva col maggior piacere quella notizia , desiderando sinceramente
che la nazione spagnuola inauguri, colla sua defmitiva costituzione,
una nuova era di pace e prosperita.
« 3° Londra (5 novembre). Rispondendo al biglietto Con cui io
gli annunziava la presentazione alle Cortes della candidatura del Duca
d'Aosta, lord Granville si congratula col Governo spagnuolo per aver
proposto quella candidatura, e aggiunge che gli rechera pure sod-
disfazione il vederla gradita dalle Cortes e dalla nazione.
« 4° Roma (5 novembre.) Sua Santita, informata della candi-
datura Reale presentata alle Cortes, ha risposto che prega Dio con
fervore affinche la Spagna, coll'elezione del Re, assicuri sopra fer-
missime basi la quiete ed il benessere, per la prosperita del paese
e r incremento della religione.
« 5° Vienna (5 novembre). II cancelliere di quest' Impero, conte
di Beust, a cui ho partecipata la presentazione alle Cortes della
candidatura del Duca d'Aosta al trono di Spagna, mi risponde che
come ha gia telegrafato, e V. E. sa, per mezzo del rappresentante
austriaco a Madrid, questo Governo vede con soddisfazione quella
candidatura, che ha meritato il consenso dei Gabinetti europei. »
1 4. Naturalmente la candidatura del Duca d' Aosta dovea ben
poco andar a sangue del Duca di Montpensier , che cosi vedea darsi
il colpo di grazia alle sue ambiziose mire , coltivate con tanto amore
e con enorme dispendio di denaro e d'artifizii. Saputo che nella riunione
de'Senatori di parte monarchica il generate Contrerassi era fieramente
dichiarato contrario all'elezione del Savoino, il Montpensier gli scrisse
una lettera, della quale basta recitare le seguenti linee: « Mi con-"
gratulo con voi pel vostro patriottico discorso nell' adunanza monar-
CRONACA
chica del Senato. Se avessi Tonore di sedere, come voi, nell'As-
semblea costituente, sarei il primo a dare il mio voto all' illustre Duca
della Vittoria. »
La magnanimita del Montpensier giuwgeva fino a tale eccesso!
Purche gli riuscisse di far mettere da parte il Duca d'Aosta, compe-
titore omai vittorioso, egli avrebbe dato il voto pel vecchio ottuage-
nario Espartero, non senza speranza di raccoglierne poi 1'eredita!
Si pensava dunque ancora a far dell' Espartero un Re? Vi pen-
savano almeno molti di quei che non volevano affatto il Duca d'Aosta,
ed i repubblicani ; poicbe gli uni e gli altri si proponevano di tornare
poi alia carica pel rispettivo loro scopo, quando 1'effimero regno del
vecchio maresciallo fosse con lui disceso nella tomba. Percio ritentarono
i suoi partigiani la prova di strappargli il consenso, onde inalberare
la sua bandiera e contrapporla a quella del candidate Savoino.
L' Espartero , benche vecchio , sdegno di divenire cosi uno stru-
mento di partito; ed ebbe questa volta un lampo di vero amor patrio,
per cui rifiuto di prolungare 1' agonia della Spagna. La sua lettera di
risposta, riferita nell' Opinione n. 326, e data da Logrono sotto il
7 novembre, fu indirizzata ad un Cipriano... che, a nome dei suoi
colleghi gli avea offerta la corona; e merita d' essere qui riferita;
perche e forse uno dei migliori atti politici della sua vita.
« Da cio che tu mi dici e da quanto leggo nei giornali , vedo
che vi sono dei deputati , i quali , obbedendo ad un sentimento di
affetto di cui li ringrazio cordialmente , hanno Fidea di darmi i loro
voti nella prossima elezione del monarca. In differenti occasioni ho
espostole ragioni, e non ho bisogno di reiterarle, che m'impedirebbero
di accettare una si alta missione, quand' anche essa mi venisse con-
ferita dalle Cortes. Questa risoluzione essendo irrevocable, desidero
che, senza tener conto dei sentimenti di aftezione personale, ed in-
spirandosi al piu puro patriottismo , come le circostanze lo esigono
in questi momenti solenni , per la liberta e I' avvenire del popolo
spagnuolo , i deputati appoggino coi loro voti il candidate ch' essi
giudicheranno piu degno d' occupare il trono , facendo astrazione dal
mio nome. La maggior fortuna per me sarebbe di vedere la mia patria
libera e felice , e la mia unica aspirazione, in questo momento, e, che
le Cortes cosliluenti abbiano la gloria di giungere ad eleggersi un
Re che possa realizzare questo scopo tanto caro . Comunica a tutti
questa lettera del tuo aff'ezionato BALDOMERO ESPARTERO. »
15. II giorno 16 di novembre era stato posto, d'accordo fra il
Governo e le Cortes, per discutere e votare sopra la candidatura del
Duca d' Aosta. La seduta fu aperta alle ore due e mezzo pomeridiane,
CONTEMPORANEA 123
sotto la presidenza di D. Manuel Ruiz Zorilla. Si comincio col leggere
le scritte di tre deputati infermi. II primo, D. Manuel Pasqual y
Silvestre mandava con la sua lettera il voto pel Duca d' Aosta. II
secondo, che era il Garrido, si dichiarava per 1' elezione dell'Espar-
tero, patriarca della liberld spagnuola. II terzo, Lopez Ruiz voleva
eletto il Duca di Montpensier. Quindi si passo a prendere notizia di
varii indirizzi e di varie protestazioni, firmate da grandissimo numerp
di Spagnuoli di diverse province, contro il Duca d' Aosta. Cio diede
ansa all' onorevole Yinader per iscatenarsi , non pure contro il can-
didato , ma anche contro suo padre. Ne venne un gran tumulto , e la
baruffa divenne rabbiosa , per le recriminazioni di slealta che gli uni
e gli altri si mandavano e rimandavano con pochissimo decoro. Si
venne perfino a leggere la lista ufficiale di quelli che , dopo essersi
mostrati partigiani caldissimi d' Isabella II, a cui aveano giurato fe-
delta , aveano poi con egual fervore proclamata la sua decadenza. Con
cio , dicea il deputato Abazzuza, il future monarca potra capire qual
conto egli debba fare di certe lealta !
Messa la questione su tal pendio ripido e pericoloso , chi sa dove
sarebbe precipitata, se il Presidente non avesse ricordato a tutti, che
« la legge sopra 1' elezione del Monarca proibiva ogni discussione
durante gli otto giorni precedenti a quello dell' elezione ; e che percio
non si poteano ne leggere ne udire proposte di veruna sorta ». Con cio
fu posto argine al torrente che gia traboccava , e si procedette ai voti
per via di schede, in cui ciascuno nominava il candidate di sua ele-
zione.
Finito lo scrutinio coll'esame delle schede, fu accertato che stavano
pel Duca d'Aosta 191 elettori; per la Repubblica federale ad esclu-
sione di qualunque Re, contro la legge gia bandita della nuova Co-
stituzione, si dichiararono 60; votarono pel Duca di Montpensier 27
suoi fedeli partigiani; gittarono nell' urna una scheda bianca 19 Spa-
gnuoli, che con cio si lavarono le mani di tal faccenda, come p inutile
ai bene della Spagna , o impossible ad impedirsi ; all' Espartero Duca
della Yittoria tocco 1' umiliante regalo di 8 voti; soli 2 ebbero il
coraggio di protestarsi in favore d'una schietta Repubblica assoluta
della Spagna; altri 2 per D. Alfonso di Borbone erede d' Isabella II;
per una Repubblica temperata un solo, ed un solo per la Duchessa
di Montpensier sorella d' Isabella II.
II segretario delle Cortes promulgo il risultato dello scrutinio
con le laconiche parole seguenti. « II numero dei Signori deputati
ammessi e di 344, la pluralita prefissa della meta piu uno e di 173.
Ha pertanto ottenuto piu della pluralita il signor Duca d' Aosta. »
124 CRONACA
In verita , bench& tra i deputati present! alle Cortes, si nume-
rassero soli 191 pel principe Savoino, egli ottenne 193 voti, compu-
tando quelli di 2 deputati assenti, che gli diedero il proprio per
iscritto. Sicche, tenuto conto di questi 2, il Savoino deve il suo trono
ad una pluralita relativa di soli 12 voti; non computandoli, la sua
vittoria e merito di quei 10 piu della meta, che stettero per lui. Un
trono per 10 voti!
II Ruiz Zorilla, con tono maestoso , pronunzio il trionfale: « Resta
eletto Re di Spagna il signer Duca d' Aosta. » Quindi sospese per
breve tratto la seduta; al ripigliarsi della quale lo stesso Ruiz Zo-
rilla recito un breve ed enfatico panegirico del Re eletto; e questo,
coi corni dei suoi elettori, puo vedersi in quasi tutti i giornali di
quel tempo, come nell' Unitd Cattolica n. 271 del 24 novembre.
16. Benche il maresciallo Prim non avesse piu verun ragionevote
motive di temere che gli potesse scivolar di mano la sua creatura ed il
Re tanto cercato, fu tuttavia sollecito di spedire a Firenze un messo,
che fu il colonnello Garcia Cabrera; il quale dovesse presentare al
Re Yittorio Emmanuele II una sua lettera, per impetrarne il consenso
alia fatta elezione. La contenenza di tal lettera fu indicata dall'uffi-
ciosa Opinions nel n. 325 del 23 novembre , nei termini seguenti.
« Con questa iettera il signor maresciallo espose la situazione
politica della Spagna, rassicurando la M. S. chela grande maggio-
ranza liberale di quella generosa nazione applaudiva alia candidatura
dell' augusto suo figlio, il Duca d' Aosta, e che 1'esercito e 1'armata
1'aveano salutata entusiasticamente. S. M. degnavasi rispondere al
conte di Reuss, felicitandolo per gli sforzi fatti dal Governo della
Reggenza per il consolidamento delle istituzioni liberali, datesi dal
popolo spagnuolo, e per 1' opera efficace con cui il signor maresciallo
coopero a far superare alia sua patria i pericoli di uno dei piu glo-
riosi rivolgimenti politici. »
17. Intanto partiva da Madrid , nella notte del 24 novembre, con
onori reali, una numerosa deputazione delle Cortes costituenti, ca-
pitanata dal Ruiz Zorilla suo presidente; ed andava ad imbarcarsi a
Cartagena sopra una squadra ivi preparata dal Ministro della Marina,
e quinci salpava alia volta di Genova. Giunsevi di fatto due giorni
dopo. Ma siccome a Rarcellona avea menato strage la febbre gialla, e
temeasi che Cartagena non ne fosse al tutto immune, la Deputazione
soprastette in quarantena a Genova , mentre a Firenze allestivasi la
pompa ufficiale pel suo solenne ricevimento.
Questo ebbe luogo, con istraordinario apparato di onori regii,
al Palazzo Pitti, la mattina del 4 dicembre, assistendovi, oltre i
CONTEMPORANEA 125
membri della Casa reale di Savoia , tutt'i president! e membri del
grandi Corpi dello Stato.La relazione della cerimonia venne pubblicata I
lo stesso giorno dalla Gazzetta ufflciale del Regno. II breve discorso a
con cui il Ruiz Zorilla chiese al Re Vittorio Emitfanuele la permissione
di offerire, in nome della nazione e delle Cortes di Spagna, quella
corona al principe Araedeo suo figlio ; la breve ed affettuosa risposta
del Re; il tronfio discorso del Zorilla al Duca d'Aosta; la risposta,
non estemporanea, poich& preparata dal Correnti ministro, ma bene
appropriate, con cui il Duca d'Aosta accettd il trono offerto, sono
documenti che la storia potra registrare nel rituale di quella cerimonia;
ma non ci sembrano meritare il sacrifizio di tre o quattro pagine in
questa cronaca.
Terminata la recita dei discorsi gia preparati di comune accordo,
ilVisconti-Venosta,segretario di Stato per gli affari esterni, come notaio
della Corona, lesse 1' atto percio disteso , onde suggellare 1' offerta o
T accettazione. II quale atto, con le firme del Re, del principe Ame-
deo, dei principi Umberto ed Eugenio di Savoia, porto pure quelle
del senatore G. Capponi, dei generali Menabrea, e Gialdini, e del-
1' onorevole Urbano Rattazzi, come testimonii. Quindi, firmatisi tutti
i 28 membri presenti della Deputazione spagnuola , il Visconti-Ve-
nosta 1'autentico col suo riverito nome; ed Amedeo di Savoia, Duca
d'Aosta, fu riconosciuto Re di Spagna.
Non c' indugeremo qui a discorrere dei banchetti e dei festini ,
onde fu onorata la Deputazione spagnuola per piu giorni , finche tor-
nata a Genova , riprese il mare , ed ando a Madrid per disporre ogni
cosa al ricevimento del nuovo Re.
18. Pubblicato il fatto, S. M. la Regina Isabella II si credette
in dovere di bandire una solenne protestazione , contro quella che
essa riguardava una usurpazione del trono spettante a suo figlio
D. Alfonso, a favore del quale essa avea abdicate. Quest' atto, indi-
rizzato agli Spagnuoli e divulgato da per tutto, e stampato nel Times
dell'8 dicembre, fu riferito anche dall' Opinione, n. 344 del 12. Esso
porta 1' impronta dei sensi d'una Regina tradita, derelitta, spogliata,
che pur vuol tutelare i diritti di suo figlio, e fa un fervido appello
ai sensi cristiani e leali degli Spagnuoli. Non pare che abbia prodotto
gran commozione, neppure tra i devoti ad Isabella II.
Anche D. Carlos di Rorbone , duca di Madrid, si richiamo contro
la violazione dei suoi diritti, appellando alia giustizia degli Spagnuoli
e di Dio, e dimostrandosi risoluto di rivendicare, come meglio po-
tesse , le ragioni al trono dei suoi avi. II testo di tal documento non
ci venne sott'occhio; ma pare che, come pochi furono i partigiani
\ 26 CRONACA
di D. Carlos nelle Cortes, cosi niuno per ora credesse opportune di
i: levarsi per sostenere la sua causa.
a 19. II nuovo Re Amedeo 1 tomato a Torino per accomiatarsi
dalla sua consorte , che fresca di parto non potea accompagnarlo, fu
a Firenze il 25 dicembre per ricevere da suo padre 1' ultimo abbrac-
cio , e prendere licenza da tutta la famiglia. La sera della solennita
del S. Natale parti alia volta della Spezia, ed addestrato poi fino a Ma-
drid, dal Generale Enrico Cialdini , datogli non sappiamo bene se
come guida o tutore , ma certamente qualificato in termini ufficiali
come « ambasciadore in missione temporanea presso S. M. il Re di
Spagna ». Accompagnarono pure S. M. alia Spezia il principe Um-
berto suo fratello primogenito, e S. A. il principe Eugenic di Ca-
rignano. Giunto sul mezzodi del 26 alia Spezia , e salutato dai can-
noni della squadra spagnuola ed italiana, ivi surte suU'ancore, il
Re Amedeo sali a bordo della nave capitana Numancia f ivi ricevuto
dall' ambasciadore di Spagna. Dopo un lieto banchetto , il Re parti
verso le 4 pomeridiane alia volta di Cartagena. Gli altri personaggi
della Real casa di Savoia ed i Ministri che aveano assistito alia
partenza, tornarono, quali a Torino e quali a Firenze. Ma il dramma
rivoluzionario dovea chiudersi con una trista scena.
Mentre la Numancia solcava rapidamente il mediterraneo, per
condurre alia Spagna il Re, donatole dal maresciallo Prim , questi
soccombeva sotto il piombo d'assassini, rimasti finora sconosciuti. La
sera del 27 dicembre, il Prim tornava dalle Camere alia sua residenza,
dopo aver assicurato le Cortes che , compiuto oggimai il suo compito
di dare assetto saldo e liberate alle cose di Spagna, intendeva trarsi
al tutto fuori dalle brighe politiche. Non ebbe tempo da dimostrare
col fatto la sincerita della sua promessa. Allo sbocco d' una via, poco
distante dal palazzo del Prim , il passo era ingombro da due car-
rozze ferme, d' onde uscirono sei o sette assassini , armati di cara-
bine ; i quali accostandosi alia vettura del Prim che erasi dovuta
fermare, il tolsero di mira , e prima che egli , avvertito dal suo uffi-
ciale d'ordinanza, potesse curvarsi e schivare icolpi, onde fu ful-
minato, fu gravemente ferito alia mano sinistra ed alia spalla. Gli
assassini si sperperarono in un baleno per le vie vicine, trovarono
pronti vclocissimi cavalli e di gran camera si posero in salvo. Piu I
di 150 persone sospette furono arrestate; ma finora non si venne in i
chiaro di nulla, che basti ad indicare gli aatori ed esecutori dell'as- j
sassinio.
II misero Prim , portato in carrozza di gran corsa a casa, pote I
sccnderne da se e salire le scale; e suite prime si ebbe qualche spe-f
CONTEMPORANEA 157
ranza di salvargli la vita. Furono estratti felicemente sei o sette
proiettili dalla spalla ; gli fu amputate un dito della mano sfracel-
lata ; e si avea fiducia nella tempra robusta della sua complessione.
Ma poco stante la febbre si dichiaro gagliarda , e poche ore prima
che il Re Amedeo I prendesse terra a Cartagena ed avviassesi a Ma-
drid , il maresciallo Prim, conte di Reuss, cessava di vivere , senza
aver veduto il Re di sua elezione. Non ci venne fatto di leggere in
alcun giornale che gli fossero in tempo (forse perche questo manco)
amministrati i soccorsi della religione. Rensi vedemmo pompose de-
scrizioni del mortorio regale , onde fu onorato il corpo dell' estinto,
che dalla dittatura passo cosi in un subito alia tomba. Dio abbia
avuto misericordia deli' anima sua !
20. Con questi poco lieti auspicii ii Re Amedeo I giungeva a
Madrid, fra grande apparato militare, ma senza mostra di entusiasmo
popolare; il che fu attribuito al lutto per la morte del Prim. Nella Gaz-
zetta Piemontese fu stampata una corrispondenza da Madrid , sottd
il 29 dicembre; nella quale, accennato al prossimo arrivo del Re,
dicevasi : « Tutte le stazioni ferroviarie per cui passera il nuovo Re,
saranno guernite di truppe; un mio amico venuto or ora da Granada,
dice che in molti paesi di quella provincia si abbruciarono uomini
di paglia rappresentanti il duca d'Aosta, e continuarono fmo ad avan-
t'ieri la presentazione per parte di deputati dell'opposizione, di peti-
zioni firmate in tutte le citta della Spagna, contro 1'elevazione al trono
del duca d'Aosta. L'associazione dell'aristocrazia spagnuola si e ra-
dunata ultimamente, ed ha deciso di sciogliersi fintanto che rimanesse
in Ispagna un rey extrangero, di protestare contro 1' elezione del duca
d'Aosta, di non riconoscerlo come re, e di non mai presentarsi alia
Corte; questa dichiarazione venne firmata da tutta 1' aristocrazia spa-
gnuola all' infuori di 13 membri che erano assenti. »
Erasi prudentemente disarmata e sciolta la guardia civile di
Madrid; erasi epurala la guardia Nazionale; grosso nerbo di truppe,
sotto il comando di Generali tutti devoti al Prim, di cui erano crea-
ture, assicuravano il buon ordine; e questo nonfu punto turbato quando
il Re eletto presto al cospetto delle Cortes il giuramento di fedelta
alia Costituzione. Di che ci pare inutile il recitare le descrizioni, che
vennero spacciate pei giornali.
21. Sentiva il Re Amedeo I qual pro farebbe ai suoi avversarii
la presente condizione di Casa Savoia rispetto al Papa ed alia Santa
Sede. Onde eda credere che di buon grado accettasse di firmare una
lettera, preparata dal Gabinetto all'intento di dimostrare ai cattolici
spagnuoli che essi aveano un Re cattolico; e per bandire al tempo
-J28 CRONACA CONTEMPORANEA
stesso quali sarebbero le sue relazioni colla Chiesa, e quale la sua
osservanza per le ragioni della Santa Sede, al tutto informate da
principii liberal!. Codesta lettera, indirizzata al Papa Pio IX, fu ve-
ramente un programraa di indifferenza religiosa bandito ad uso del
liberali, ma con la debita vernice pei cattolici: il che si puo leci-
tamente congetturare da questo indizio, che tal lettera comparve
stampata nei giornali di cola e d' Italia, prima che pervenisse tra le
mani del Santo Padre a cui era indirizzata. Fu dunque , per parte di
chi la sottopose alia firma di Amedeo I, un bando ad uso politico, piu
che un atto d'ossequio al Sommo Pontefice. Eccone il tenore pubblicato
anche nell' Unitd Cattolica, n° 23 del 28 gennaio 1871.
« Santissimo Padre. Essendoci stata offerta dalle Cortes costi-
tuenti sovrane della nazione spagnuola la Corona di questo nobile
paese, abbiamo giudicato, dopo d'avere acquistato la certezza che
questa elezione non potra opporre ostacoli alia pace dell' Europa, di
dover accettare con gratitudine un' offerta cosi onorevole per noi, in
quella che ci e di si grave peso e c' impone cosi difficili doveri da
compiere. Ma noi ci siamo decisi di accettarla colla ferma, inaltera-
bile risoluzione di compiere tutti i nostri sforzi e consacrare tutta la
nostra vita, per ottenere la fortuna e la prosperita di questo gran po.
polo. Nato ed educate nel seno di una religione, che riconosce Vostra
Santita come Capo visibile, e Re presentemente di una nazione cat-
tolica i cui cittadini, liberi di scegliere e praticare quel culto che
preferiscono, conservano tuttavia, nella loro gran maggioranza, viva
e fervorosa la fede dei loro avi, sara nostra principale sollecitudine
far si, col nostro rispetto e colla nostra adesione a Vostra Beatitudine,
che le costanti relazioni tra Vostra Santita e questa generosa nazione
siano quelle die col Padre spirituale dei fedeli debbono avere i suoi
veri figli. Consentaci percio, Vostra Beatitudine, che, dopo d'aver recato
a sua notizia il nostro avvenimento al trono, che, previo il nostro
giuramento di osservare e di far osservare la Costituzione della Mo-
narchia, ebbe luogo il 2 del corrente, uno dei primi atti del nostro
Regnosia quello di attestarle il filiale amore e la profonda venerazione
che le professiamo. Pregando Vostra Santita di volerci concedere la
sua santa benedizione apostolica, come pegno di sicurezza per compiere
degnamente i nostri nuovi ed elevati doveri, supplichiamo con tutto
il nostro cuore 1' Onnipotente, perche conservi la Vostra preziosa vita
per lunghi e prosper! anni. Santissimo Padre, di Vostra Beatitudine,
Data dal Palazzo di Madrid, il 5 gennaio del 1871. — Umile e
devoto figlio AMEDEO. »
IL PROTESTANTESIMO ED IL CATTOLICISMO
NELLA
GUERRA FRANCO-GERMANICA
Tra i varii argomenti di scandalo contro la Provvidenza,
che i pusilli di spirito e i miscredenti hanno tolti dalla guerra
teste cessata, non ultimo e questo : che il protestantesimo,
colle vittorie della Germania, ha riportato il suo pieno trionfo
sopra il cattolicismo ; e quindi la guerra 5 riuscita, secondo
alcuni , ad un grande abbassamento e , secondo altri , al
totale annientamento della . forza cattolica neir Europa .
Quantunque, cosi com1 e esposto, Targomento appaia esa-
gerato , pure non lascia di avere molto dello specioso. Per
questo riputiamo che meriti il pregio di una qualche pon-
derazione. II che faremo, esaminando brevemente la qualita
degl' interessi che nella guerra si sono disputati ; la con-
dizione degli eserciti che 1' hanno combattuta ; e gli ef-
fetti o certi o probabili della vittoria , riguardo si alia na-
zione vincitrice , come alia vinta .
I.
Qual parte ha avuta la religione nelle cause storiche e
giuridiche della guerra tra Fraacia ed Allemagna? Per quanto
si cerchi e si studii, non se ne trovera alcuna. Codesta e
Serie VIII. vol. II, fasc. 500. 9 1 aprite 1874.
130 IL PROTESTANTESIMO ED IL CATTOLICISMO
stata una guerra tutta di rivalita politiche, di necessity
dinastiche e di amor proprio nazionale. Napoleone III Tha
temerariamente voluta per fiaccare la possanza prussiana,
che soverchiava la Germania ed accennava a primeggiare,
con iscapito del predominio francese , nel continente eu-
ropeo : 1' ha intimata senza i debiti apparecchi , per raffor-
zare il suo trono imputridito nelle fondamenta da venti
anni di pubbliche corruttele: e 1' ha impresa per dilatare i
confini della nazione, che ambiva stenderli fino al Reno . II
pretesto che ne determine lo scoppio , fu un piccolo pun-
tiglio , mendicato dalla successione alia povera corona di
Spagna. La Germania capitanata dalla Prussia ha colto il
guanto gittatole dal Bonaparte , per sua difesa. Lasciamo
andare se sia vero o no, che soppiattamente la Prussia avesse
apprestato il laccio , in cui Napoleone III cadde rompendo
la guerra. Questa perfidia non e provata da nessun docu-
mento. Ma postane ancora la verita , essa dimostrerebbe
soltanto che questa Potenza mirava ad uscire da un' incer-
tezza di cose, la quale doveva sempre riuscire a grossa
guerra : giacche la rivalita della Francia con lei era ine-
stinguibile, dopo i suoi ingrandimenti del 1866; e che ago-
gnava , per via delle armi , alia ricostituzione di un Impero
germanico , unicamente contrastatole dalle gelosie e dagli
interessi francesi.
In questo cozzo di competenze e di ambizioni mera-
mente politiche , la religione non entro per nulla, ne dal
lato di Napoleone che provoco la guerra , ne da quello di
Guglielmo che Taccetto. E adunque contrario ad ogni buon
criterio il colorire di religiose le cause di un fatto , che non
ne ebbero pure le apparenze.
Che se oltre i motivi storici indaghiamo i principii giti-
ridici, dai quali la guerra fu determinata , vedremo che la
bandiera della Francia vi rappresentava o sosteneva ragioni
tutt'altro che cattoliche. Non era cattolico, perche iniquo,
il fine materiale di essa guerra, cioe la conquista di pro-
vince, per origine e per lingua tedesche, da incorporare al
NELLA GUERRA FRANCO-GERMANICA 13^
territorio francese. II ricantato principle delle nazionalita ,
onde Napoleone III si era costituito paladino neU'Europa,
in questo caso era violato , con manifesta contraddizione
dello stesso diritto nuovo che egli patrocinava. Medesima-
mente non era cattolico , perchS iniquo, il fine morale della
guerra, cioe I1 introduzione armata nella Gerinania dei fa-
mosi principii del 1789 , in nome dei quali il Bonaparte
promulgo di far marciare gli eserciti di Francia verso
Berlino. Questi principii sovversivi di ogni ordine religioso
e civile, anticattolici per essenza ed anticristiani nei loro
frutti sociali , sarebbero bastati a togliere ogni prestigio
di cattolicismo alia bandiera innalzata da Napoleone III ;
quando ancora si fosse eretto a rappresentante della causa
cattolica in questa guerra. Ma T infelice non si eresse a
rappresentante di altro che della Rivoluzione.
In quella vece la Germania , sfidata ad una guerra che
si vedea dover essere sanguinosissima , e sfidatavi per un
pretesto chiaramente futile, ma per iscopi evidentemente
ingiusti in se e dannosissimi a tutta la nazione, assunse la
parte di difenditrice del buon diritto . che e sempre antico
e sempre nuovo a un modo ; e ben lungi dalP inalberare
in questa congiuntura il vessillo speciale del protestante-
simo , inalberb quello dell1 ordine e della giustizia interna-
zionale , troppo a lungo dalla nequizia fortunata del Bo-
naparte calpestato in Europa.
Se pertanto la religione non concorse nulla nei motivi
reali e nei titoli giuridici del conflitto, con qual senno puo
asserirsi che il protestantesimo e rimasto vincitore del cat-
tolicismo , per questo solo che la Germania n1 e uscita vit-
toriosa e vinta la Francia ? Forseche la vittoria di Napo-
leone III avrebbe vantaggiata la causa cattolica , introniz-
zando nella Germania anche le ultime conseguenze politiche
e sociali del protestantesimo, contenute nei millantati
principii del 1789? Forseche T avrebbe vantaggiata nella
stessa Francia, consolidandovi sempre piu il suo sistema
dissolvitore d' ogni umana e cristiana socialita ?
132 IL PROTESTANTESIMO ED IL CATTOLICISMO
i L'errore sta dunque nel doppio false supposto, che i
trionfi della Germania, in questa guerra, sieno da riputarsi
trionfi del protestantesimo , perche protestante e la mag-
gior parte di quella nazione; e le disfatte della Francia
sieno da deplorarsi come disfatte del cattolicismo , perche
cattolico e il popolo francese. Se non che la guerra ne fa
voluta, da chi sovraneggiava la Francia, per riguardi cat-
tolici ; ne fu accettata. da chi capitanava la Germania, per
riguardi protestantici. Anzi, pur troppo dobbiam dirlo poi-
che cosi e in verita, negli esordii di questa campagna , fra
i due belligeranti, molto piu si e accostato alia giustizia
cattolicail tedesco, respingendo un' iniqua e rivoluzionaria
aggressione , che non il francese, assalendolo in virtu di
principii rivoluzionarii che la giustizia cattolica altamente
riprova. 6 duro il confessarlo ; ma e vero.
Che se piace di considerare anche il modo col quale si
die' principio alia guerra , si scorgera che dalla parte del
Governo francese neppure si penso punto alia religione.
Napoleone III sembro vergognarsi di supplicare Iddio e
d' implorarne pubblicamente T aiuto. Nel suo bando guer-
riero si contento di promettere, con ridicola arroganza, che
Dio benedirebbe i suoi sforzi. Non si preg6 popolarmente ,
non si mostro ai fatti di avere nessun bisogno del celeste
soccorso. Ma si precede alle offese , come se le forze ter-
restri e marittime della Francia si componessero di genti
ne battezzate , ne credenti in Dio. I cantici favoriti e pro-
mossi dal Bonaparte e da' suoi satrapi erano quei piu luridi,
che s'intonavano dalla plebe dei Marat e dei Robespierre, nei
giorni nefasti della grande Rivoluzione. Non gia che ne-
ghiamo, i soldati francesi aver dato in grande numero splen-
didi esempii di fede e di pieta cattolica. Affermiamo sem-
plicemente che chi li spinse nei campi di battaglia non si
cur6 punto piu della loro religione e salvezza eterna , di
quello che si curasse del sangue e della vita loro. La guerra
si fece dal Governo di Napoleone in modo ateistico , come
ateistici erano gl1 intendimenti che esso nel farla si propo-
NELLA GUERRA FRANCO-GERMANICA
133
nea. Doveche il duce degli eserciti tedeschi , sebbene pro-
testante, intimb solenni preghiere e un digiuno in tutti gli
Stati del suo dominio , e ne' suoi manifest! ai popoli ed alle
milizie germaniche tenne un linguaggio si umile e devoto
verso Dio e i suoi ineffabili attributi, che avrebbe dovuto
coprir di rossore , se ne fosser state capaci , le fronti del
Bonaparte e de' suoi ligi , che pur si professavano cattolici.
Fu detto e ridetto il re Guglielmo avere cosi adoperato per
finissima ipocrisia. Non par verosimile tale accusa. Ma an-
corchS fosse , sarebbe stato desiderabile che di questo pec-
cato si fosser macchiati anche i governanti di Francia , piii
tosto che scandolezzare il mondo col loro dispregio sacri-
lego del Dio adorato dai FrancesL
Tutte queste irrepugnabili prove di fatto sovrabastano
a mettere in evidenza, che il protestantesimo ed il catto-
licismo non vennero ad alcuna gara in questa lacrimabile
contesa. Non vogliamo tuttavia preterirne un' altra, che ha
gran valore, e fu la mediazione di pace, che il sommo Pon-
tefice Pio IX offerse all' imperatore dei Francesi ed al re di
Prussia, incontanente che le ostilita furono dichiarate. Se
la religione cattolica fosse stata impegnata in questo si
grave contrasto, il Capo del cattolicismo si sarebbe mai po~
tuto interporre com' egli fece ? Non sarebbe stato anzi suo
debito favorire calorosamente la parte, che avrebbe soste-
nuti gF interessi cattolici ? In quel cambio il magnanimo
Pio IX scongiurb con identica lettera i due monarchi , a
rinfoderare le spade prima d'insanguinarle, ed a rimettere
nelle sue mani le cause del litigio, che egli si profferiva
di comporre a legge della piii scrupolosa giustizia. Or chi
non ricorda che, dei due contendenti, il protestante Gu-
glielmo s'inchinb alPontefice, e glirispose ci6 che avrebbe
dovuto un sovrano cattolico ; ed il cattolico Napoleone fece
la sorda orecchia, e rispose al Papa cid che solo poteva
aspettarsi da un sovrano protestante ?
Dalla considerazione degl' interessi disputati nella ul-
tima guerra franco-germanica e da tutti gli aggiunti che
134 1L PROTESTANTESIMO ED IL CATTOLICISMO
ne accompagnarono la rottura, risulta dunque apertissima-
mente, che la religione vi fu e vi rimase straniera ; e che e
ludibrio della fantasia il vederne accomunati i vantaggi
o gli scapiti alle vittorie od alle sconfitte delle due nazioni
competitrici.
II.
Osserviamo ora se la conseguenza medesima si ritragga
dalle condizioni dei due eserciti opposti.
Un buon terzo del tedesco era formato di cattolici della
Baviera, della Westfalia, della Renania, del Posen e d'altre
regioni, i quali, in punto di religiosita congiunta a bra-
vura, non la cedono ai cattolici di qualsivoglia altro paese.
Aciascheduno dei loro reggimenti era addetto, com'e sem-
pre, un cappellano cattolico : ma, per la contingenza della
guerra, il Governo prussiano aminise di buon grado molti
sacerdoti in qualita di cappellani straordinarii, cui diede
soldo e trattamento di capitani, perche assistessero col loro
ministero i soldati cattolici negli accampamenti e nelle in-
fermerie militari. Onde al cominciar della guerra si videro
centinaia di ecclesiastici o di religiosi e centinaia di suore
della Carita,accompagnare e seguire i tre eserciti germanici
e spendersi, senzarisparmio anche della vita, nellacura spi-
rituale e corporate dei militi cattolici. E dopo le battaglie di
Weissembourg e di Woerth, i corpi cattolici che invasero
T Alsazia e la Lorena diedero tanta edificazione a quei po-
poli, che ci rammenta aver letto nei fogli, che, ricorrendo
la festa dell'Assunta, le chiese furono piu frequentate in
quel giorno solo da uomini tedeschi , che in tutto T anno
non venissero frequentate da uomini francesi l.
Per converse alle milizie francesi tutte cattoliche , il
Governo si.ostino sempre inrifiutare un numero di cappel-
lani, che passasse quello di uno per circa diecimila soldati:
e chi ha tenuto dietro alia storia della guerra, sa quanti
1 V. L' Univers numeri dei 20 — 25 agosto 1870.
NELLA GUERRA FRANCO-GERMANICA 135
clamori si levassero in tutta la Francia, per questa irreli-
giosa grettezza dei proconsoli militari del Bonaparte ; e come
10 zelo privato , cosi ardente in quella nazione , dovesse
sopperire alia empia freddezza dei governanti. I quali, sotto
11 rispetto religiose, trattavano le soldatesche ne piu ne
meno che se non ne dovessero praticare alcuna.
« Come vedere, scrive a tal proposto un illustre pub-
blicista cattolico alemanno, come vedere soldati cattolici,
non dir6 nei Turcos, ma negli ufficiali francesi che entrano
in guerra al canto della Marsigliese, che non mettono mai
piede in un tempio di Dio, che sminuiscono al possibile i
cappellani militari? Pu6 aversi in conto di campione del
cattolicismo un esercito, che la domenica si addestra negli
esercizii e non e mai condotto alia messa ? Dir6 di piu ,
quando leggete alle porte delle caserme, come in una citta
di guarnigione che non voglio nominare, questa spiritosa
inscrizione : E vietato I' ingresso alia polizia, ai cani ed ai
preti; potete mai figurarvi cattolica la milizia che dentro
vi si acquartiera? II soldato cattolico e apparso in Francia
nelP esercito della Loira, sotto i De Charette e i Chatheli-
neau. Prima vi abbattevate in individui cattolici , ma la
religione non aveva 1' ombra di autorita sopra lo spirito
delle milizie. Per questo verso 1' esercito prussiano era piu
cattolico che il franc ese T ».
II qual riscontro e sufficiente a dimostrare che, mentre
i Tedeschi erano alienissimi dal pensiero di guerreggiare
la Francia per utile del protestantesimo ; i Francesi alia
loro volta nemmeno si sognavano di portare le armi contro
la Germania , per incremento del cattolicismo. Nell1 un
campo e nell' altro si combatteva per interessi politici e
nazionali ; con questo pero che i cattolici, sotto le insegne
germaniche, faceano comunemente T obbligo loro da veri
ebuoni cattolici; in quella che assaissimi Francesi, sotto le
insegne dell' Impero napoleonico e della Repubblica demo-
1 Wo ist Europa', s zukunft ? pag. 56-57. Freiburg imm Breisgau 1871.
136 1L PROTESTANTESIMO ED IL CATTOLICISMO
cratica, pugnavano senza fede in Dio e seiiza conforti cri-
stiani.
Intorno a che sara opportune allegare la testimonianza
del P. Marchal, cappellano della guardia imperiale , nel
suo racconto H dramma di Mefa, che in poche settimane
ha avuto piu di sei edizioni. Ecco le sue gravi parole, ove
s1 ingegna di esporre le cause delle incredibili disfatte della
Francia. « Siamo giusti pure verso i nostri nemici, e con-
fessiamo che , quanto a religione ed a morale , T esercito
germanico potrebbe insegnarne al francese. I nostri gre-
garii non si fanno caso di trascorrere in bestemmie che
inettono raccapriccio. Molti si sfrenano in eccessi lamenta-
bill diubbriachezza e di disonesta, e nel resto cercano spesso
piu il soverchio che il necessario. Nei nostri spedali militari
abbiamo avuto agio di notare, che i feriti nostri guarivano
difficilmente e gli amputati morivano quasi tutti. Ci6 deri-
vava per sicuro dalla penuria che pativamo, durante T in-
vestimento della piazza , di viveri e di medicine ; ma al
tempo stesso indicava un sangue ben magagnato. II gre-
g'ario prussiano e piu onesto, piu sano e guarisce piu sol-
lecitamente.
« II soldato francese conserva pochissima fede e nulla
riluce si poco in lui , come il senso della religione. A sen-
tirlo parlare sembrerebbe quasi che, a giudizio suo, basti
servire Tlmperatore per essere dispensato dal servire Iddio.
Accoglie con facilita il ministero del sacerdote nell' ora
estrema; ma di raro lo richiede. II tedesco e piu mistico e
molto piu considerato. Porta nel suo zaino una bibbia ed
un libro di preghiere , e nel cuore, come nell'elmo, tiene
scritta questa bella divisa: Con Dio e col Re, per la terra
del padri nostri.
« Quanto ai nostri ufficiali , il sacerdote con difficolta
puo restare fra loro , perche ai loro occhi rappresenta pre-
cetti impraticabili e dommi assurdi. Alcuni si mostrano
francamente cattolici ed anco pii; gli altri sono deisti o
spiritisti, e i piu materialisti. I primi possono essere va-
NELLA GUERRA FRANCO-GERMANICA 137
lorosi, giacche un uomo convinto che una morte eroica
apre 1' adito ad un mondo migliore, pu6 incontrarla con in-
trepidezza: ma non si sa intendere come i secondi possano
esser bravi. Chi e persuaso di non essere altro che una
macchina piii o meno 'perfettamente organizzata , dee pur
soggiacere ad una violenta tentazione ; a quella cioe di
salvare questa preziosa macchina dai colpi dell' avversario,
per tema che non si guasti.
« Mi si perdoni questa cruda schiettezza e niuno mi ac-
eitsi che manco di patriottismo. Dio sa quanto amo i po-
veri nostri soldati, ci6 che ho fatto per essi , e il molto
che mi costa rendere cosi giustizia ai nemici della mia
patria. Ma la verita ha diritti imperscrittibili , e la via di
rimediare al male non e di nasconderlo l. »
Del rimanente che le condizioni morali di ordine , di
disciplina e di religiosita rendessero molto piii degno 1'e-
sercito alemanno, anche nella sua pluralita protestantica ,
di combattere per la causa buona , che non il francese ; lo
hanno riconosciuto eziandio non pochi pubblicisti di Fran-
cia , i quali ebbero T occasione di ammirare 1' operosita , il
portamento e la strettissima osservanza gerarchica delle
milizie €he assediavano Parigi. Il che indusse un giornale
cattolico del Belgio , amantissimo della Francia, a scrivere:
« In queste belle doti dell' esercito alemanno , cosi dai
francesi ammirate , sta pel loro popolo una sorgente di ot-
time lezioni. La disciplina di quest' esercito , e conseguen-
temente il secreto della sua preminenza, e nel prestigio
deirautorita. Si vede subito che gl' immortali principii del
1789 , vale a dire la ribellione permanente e la disubbidienza
eretta in domma , non 1' hanno tocco. Non ostante il pro-
testantesimo , che e la Rivoluzione nella Chiesa , la Ger-
mania ha serbato, nelle sue tradizioni e ne'suoi costumi,
la riverenza a Dio , la river enza al Re , la river enza al padre
di famiglia: tre cose appunto che il liberalismo rivolmionarw
e venuto a capo di annientare nella Francia *. »
1 Le drame de Metz , sixieme edition pag. 31-32. Lyon 1870.
2 Le Bien Public, N. dei 26 febbraio 1871.
138 IL PROTESTANTESIMO ED IL CATTOLICISMO
Qui 5 la risposta alia trita obbiezione che si ode fare
contro il cattolicismo , dedotta dallo scadimento in cui si
trovano i popoli cattolici di stirpe latina, a rincontro dei
popoli protestanti di stirpe teutonica. Dapprima e falso die
moralmente i popoli cattolici pigliati , come si suol dire, in
massa, siano inferiori ai protestanti, se la moralita s'intende
nel suo vero significato. In secondo luogo e falso che il
difetto di moralita provenga, in una vasta porzione dei popoli
cattolici , dagl' influssi della religione. All' opposto proviene
dall' essere stati sottratti a questi influssi , per opera della
Rivoluzione, dissolutrice d' ogni onesta si cristiana come
naturale. Onde lo scadimento dei popoli detti latini e fratto
dell' apostasia sociale dal cattolicismo, che i Governi ri-
voluzionarii hanno loro imposta colla forza e cogringanni.
Percio se dee concedersi che il protestantesimo e meno
corrompitore del liberalismo, in quanto salva dal perver-
timento i principii di una certa naturale probita e di una
certa religiosita che questo distrugge ; dee pero negarsi
affatto che il protestantesimo abbia e possa mai avere al-
cuna prestanza morale sopra il cattolicismo , di cui e uni-
camente proprio il santificare le anime e infondere in esse
le divine virtu del cristianesimo. Donde segue che gli one-
sti protestanti sono migliori dei cattolici rivoluzionarii ,
attesoche T apostasia religioso-sociale della Rivoluzione
comprende una negazion di principii assai piu larga, che
1' apostasia religioso-cattolica del protestantesimo; e i pro-
testanti mantengono di fatto un avanzo di cattolicismo che
i rivolmionarii pazzamente ripudiano : ma ne segue altresi
che i sinceri cattolici sono incomparabilmente migliori dei
protestanti anche onesti , perche vivono incorporati alia
sola vera Chiesa di Cristo , unica fonte di moralita evan-
gelica e di santita soprannaturale . L' onesta quindi che
s'incontra tuttora nei popoli protestanti, massime dei con-
tadi, e frutto delle reliquie di cattolicismo rimaste in mezzo
a loro, dopo il gran naufragio del secolo XVI ; non e dono
del protestantesimo : il quale anzi, se avesse totalmente
NELLA GUERRA FRANCO -GERMANICA 139
sviluppati i mortal! germi de'suoi principii, e rigettate ezian-
dio quelle reliquie di cattolicismo che tra loro sussistono,
li avrebbe ridotti piu presto ad un degradamento assai
peggiore di quello, in cui abbrutisce la parte dei popoli
cattolici traviati dalla Rivoluzione.
Del rimanente il secondo periodo della passata guerra
ha fatto toccare con mano, d'onde procedesse la inferiorita
morale dell'esercito francese rimpetto all'esercito alemanno.
Le gloriose legioni dei cattolici della Brettagna e della
Vandea e dei gia Zuavi pontificii, sotto il comando dei Cha-
rette e dei Cathelineau, si per la inviolabile disciplina e si
per Teroismo nei campi di battaglia, divennero la meravi-
glia della Francia e riscossero applausi fino dai nemici ; i
quali ebbero a protestarsi che, se T esercito francese del
Reno fosse stato della tempera medesima che i Zuavi di
Pio IX e i legionarii brettoni; mai nn solo Tedesco non
avrebbe posato il piede nel suolo della Francia. Or da che
veniva questa saldezza negli ordini e qnesta eroicita nelle
pugne ? Dalla fede cattolica che avvalorava i petti di quei
generosi, i quali per bandiera alzavano le immagini di
Gesu Cristo e della sua divina Madre. — Voi vi confessate
e vi comunicate, e le nostre truppe no : ecco la forza mi-
steriosa che fa di voi i primi soldati della Francia ; — di-
cevano ai Zuavi del Papa quei generali deU'esercito della
Loira, che vedeano i loro reggimenti sbandarsi, sotto il fuo-
co tedesco come torme d'uccelli, mentre i bravi del Charette
e del Cathelineau, sotto quei fuoco medesimo, facevano mi-
racoli di valore , e salvavano se non altro T onore delle
giornate.
Da tutto cio si concluda, quanto sia fantastico 1' im-
maginarsi che Tesercito germanico, condotto da Guglielmo
di Prussia, e 1'esercito francese, condotto da Napoleone III
e poi dalla Repubblica del Gambetta, costituiti ed animati
ambedue com' erano, si battagliassero per far prevalere in
Europa, quello il protestantesimo e questo il cattolicismo.
|40 IL PROTESTANTESIMO ED IL CATTOLICISMO
III.
Ma non e meno avventato T inferire , dall1 esito della
guerra, che il protestantesimo ha vinto in Europa 11 cat-
tolicismo ; e che quincT innanzi essa dovra sottostare al
primato politico di Martin Lutero.
Premettiamo una giusta avvertenza del chiaro pubbli-
cista cattolico alemanno, da noi sopra citato. « II prote-
stantesimo, in quanto religione positiva, e, per cosi dire,
inorto e sepolto : non pu6 dunque salire al Campidoglio
col prussiano eroe coronato. In quanto poi e neffazione,
il protestantesimo esiste da per tutto ; ed anzi esiste piu
ampiamente in certi paesi cattolici che non nella Prussia,
dove ha fatto minori danni appunto il protestantesimo. Per
isvolgere questo pensiero, i limiti di un opuscolo sono
angusti, bisognerebbe un volume. Ma basti notare che chi
precipita da un quinto piano, fa peggiore caduta che chi
precipita da un primo: cormptio optimi pessima T. » La re-
ligione di Martin Lutero, fuori degli ordini popolari che si
sono serbati piu cristiani del patriarca del protestantesimo,
si e risoluta da un pezzo nelle caligini del razionatismo. II
luteranesimo e un cadavere. Quindi molto vano e il timore
che la spada vittoriosa della Germania possa dominare in
Europa, tra mani incadaverite. Un primato protestantico
equivarrebbe, nei tempi nostri, ad un primato razionalisti-
co, ossia rwolmionario. Ma la Germania e forse in tale stato,
che possa mettersi a capitaneggiare la Rivoluzione euro-
pea, dopo che teste ne ha lacerato il vessillo in pugno a
Napoleone III? In verita Tapprensione e troppo chimerica;
e pensiamo che muova a sorriderne gli stessi protestanti
piu arcigni .
Si avverta inoltre che, a parlare con verita, la Germa-
nia non ha vinto il cattolicismo ch'essa non ha punto com-
1 L. c. pag. 56.
NELLA GUERRA FRANCO-GERMANICA 141
battuto ; ma ha vinta la Rivoluzione, tiranneggiante un
gran popolo cattolico . « Ci6 che perisce oggi , ha detto
sapientemente il Vescovo d'Orleans, non e altro che la
Francia corrotta : la Francia buona, la Francia cattolica re-
sta e risorgera a vita piu gloriosa. »
La guerra 5 appena terminata; e per questo i suoi
effetti nel future si possono in qualche modo congetturare,
ma non accertare. Tuttavolta ne abbiamo gia due sicuri e
indubitabili. L'uno riguarda la Prussia vincitrice che, grazie
alle vittorie, si 5 trasformata in Impero federale della Ger-
mania . L1 altro riguarda la Francia debellata che , grazie
alle sue sconfitte, si e liberata dal giogo del Napoleonide
e vien riconoscendo universalmente il suo peccato rivoln-
zionario. Codesti sono due effetti immediati della guerra,
ed effetti incontrastabjli. Contentiamoci di studiarli un poco.
La costituzione del novello Impero germanico potrebbe
mai consentire alia Prussia, ancorache il pretendesse di
ei'igere il protestantesimo a dominatore delFAlemagna ? I
cattolici formanti questo Impero, colFaggiunta dell'Alsa-
ziae della Lorena, sommano a circa quindici milioni; ossiaa
molto piii di un terzo di tutti i Tedeschi confederati. L'ope-
ra della costituzione e in sul farsi : e per cio la Prussia
abbisogna di grandi cautele, per cementare Tunione di tutti
gli Stati, con altro che colla forza. Non & dunque mani-
festo che, per prima cosa, dovrk trattare con grandi riguardi
la liberta del cattolicismo nell' Impero ? Ed un segno non
oscuro che anche il voglia , si ritrae dal modo , con cui
yiene ordinando T insegnamento pubblico nelle novelle
province alsati e lorenesi . Le scuole cattoliche vi sono
cosi moltiplicate e con tanta equita sottomesse alia libera
vigilanza del clero r che un giornale cattolico non si e
potuto ritenere daU'esclamare, dopo esposto questo savio
ordinamento : « E doloroso, ma utile forse il riconoscerlo:
le province francesi annesse, perdendo la loro nazionalita,
acquistano la liberta dell1 insegnamento cristiano, e i padri
di famiglia potranno, sotto lo scettro di un monarca pro-
142 IL PROTESTANTESJMO ED IL CATTOLICISMO
testante, meglio che sotto quello d1 Irnperatori e di Re
cattolici, allevare i figliuoli nella fede degli avi loro I. »
Consolidandosi questo nascente edifizio, e assi verosi-
mile che , in una guisa o in un' altra , attiri a se pure i
Tedeschi sottoposti alia corona d1 Austria. Ci6 portera ad
oltre ventidue milioni i sudditi cattolici dell' Impero ger-
manico ; che e dire a piu della meta della sua popolazione.
Questo avvenendo, potrebbe chiamarsi protestantico una
Stato, composto per piu che la meta di cattolici, aventi i
medesimi diritti politici e religiosi che i non cattolici?
Piu tosfco non sarebbe questo un tal fatto che renderebbe
impossible il predominio del protestantesimo nella Germa-
nia, non che nel resto di Europa?
Ardua cosa e pronosticare i destini di questo Impero ,
sorto come per incanto dalle due immani guerre del 1866
e del 1870. Le istorie ci ammaestrano, che i grandi Stati
i quali rapidamente per virtu delle armi si fondano, anche
rapidamente crollano e si dismembrano , com' e accaduto
degl' imperi di Giro , di Alessandro , di Tamerlano e del
primo Napoleone . Che ne sara del presente germanico ,
posto insieme ieri dal ferro di Guglielmo di Prussia ? Sara
una meteora transitoria od un astro duraturo ? Quale che
ne sia per essere la diuturnita, certo e che, nei disegni della
Provvideriza, ha un ufficio da compiere nell' Europa, e non
cadra innanzi che Tabbia eseguito. Ma quest'ufficio non e,
non sara e non potra mai essere, di sostituire nella cristia-
nita gl' influssi del protestantesimo a quelli del cattolici-
smo. Invece, a molti indizii, sembra che debba essere di
apparecchiare, quale instrumento della giustizia superna, un
non lontano trionfo al cattolicismo, flagellando i Governi
ed i popoli cattolici che, ribellatisi alia Chiesa, pazzeggiano
dietro le insanie della Rivoluzione, per rivocarli a miglior
senno. Forse e ancora destinato a fare nel tempo mede-
simo argine, colla sua potenza, contro una non improbabile
invasione degli Slavi , guidati dal Moscovita padrone di
1 Le Bien public. N. dei 14 marzo 1871.
NELLA GUERRA FRANCO-GERMANICA 143
Oriente, nel centre e nel mezzogiorno d' Europa ; invasione
che davvero tornerebbe funestissima alia civilta cristiana,
poiche vi porterebbe in mezzo la spada di Maometto nelle
mani di Fozio. Per Tuno e per Faltro ufficio apparisce gran-
demente idoneo il novello Impero germanico , piantato
nel centre del continente nostro, dotato di ima forza
guerriera che tiene del miracoloso, e conseryante nell' or-
ganismo suo politico e sociale istituzioni, che ripugnano
ai principii rwolmionarii di licenza sotto nome di liberta,
e di anarchia sotto colore di uguaglianza. Percio fino a
tanto che T Impero tedesco si manterra saldo e costituito,
come ora e, sara necessariamente avversario della Rivolu-
zione , che gia incomincia a paventarlo , e rivale della
Russia, che incontrera nella sua bellicosa fortezza un osta-
colo insormontabile ad ambizioni disorbitanti . Prevedere
piu oltre non e lecito, a chi intenda usare con prudenza dei
criterii congetturali. Gli altri occulti disegni di Dio sono
impenetrabili. Ma queste previsioni, dedotte dagli aggiunti
intrinseci ed estrinseci in che 5 nato e versa il novello
Impero , comprovano V assunto che non avra e non potra
mai avere la destinazione di surrogarsi al cattolicismo, e di
prostrare la Chiesa di Gesu Cristo, ai cui incrementi tutte
le vicende mondane, fino alia consumazione dei secoli, sono
preordinate.
II temporaneo abbattimento della Francia poi avra non
piccole conseguenze salutari pel cattolicismo. L'essere stata
sottratta dalla recente guerra al giogo rivoluzionario di
Napoleone III, e gia per lei un imparagonabile beneficio.
Ora non e piu schiava della menzogna larvata di liberta,
ne della corruttela palliata di nazionale grandezza. Se il
regno di questfuomo fatale sopra di lei fosse durato ancora
dieci anni, si sarebbe spenta da se nella putredine, senza
bisogno di altra forza estrinseca che 1'uccidesse. La tabe
Tivolmionaria 1' avrebbe consunta . Senonche le vittorie
germaniche T hanno liberata da questo certo pericolo di
morte. La Francia e oggidi sicura di poter vivere e ridi-
venire quella dessa che fu in altri tempi. E per lei un gran
144 IL PROTESTANTESIMO ECC. NELLA GUERRA FRANCO-GERMANICA
bene tra un abisso di mali grandissimi ; ed 5 un pegno
di lieta speranza per la cattolicita : poiche la Francia po-
derosa e cattolica sara sempre un validissimo baluardo
umano per la Chiesa di Oristo. Onde se questa generosa
nazione risorge cattolica dalle mine, non che deplorare la
serie fuori d'esempio delle sue odierne sconfitte, dovrassi
anzi benedire ,; stanteche si sara avverato il desiderio di un
celebre suo scrittore, il quale, al primo rompersi delle osti-
lita, facea voti che nella guerra soccombesse la Rivolu-
zione personificata nel Bonaparte, e vincesse la Francia. E
la Francia in verita si avrebbe a dire uscita vittoriosa dalle
sue disfatte.
Che questo risorgimento, graduale si ma verace, sia
probabile, ne e arra la generale persuasione dei Francesi,
che le loro presenti sventure sono tutte causate dall' errore
rivolmionario, cui la nazione si e data in preda per ot-
tant' anni. Eccetto i diarii demagogic i, tutti gli altri che si
pubblicano in quel paese, qualunque ne siail colore politico,
si accordano in riconoscere questo legame di causalita. In-
darno la setta socialistica , legittima erede del Bonaparte,
si affatica e si sbraccia a rimovere dagli ariimi questa per-
suasione. Piu trasmoda in eccessi per impedirne gli effetti
pratici, e piu cresce la universale evidenza, che per risto-
rare la nazione fa d'uopo rinnegare la rivoluzione.
Ora se, com' e credibilissimo , questo avvenimento si
compie e la Francia, abiurata Tapostasia rivoluzionaria, si
ribattezza cattolica, tanto rimarra falso che nella guerra
franco-germanica abbia vinto il protestantesimo , che la
futura generazione apporra forse e senza forse ad una tal
guerra, il principio di un rifiorimento glorioso del cattoli-
cismo ; e si meraviglierk che ai di nostri fossero nella cri~
stianita uomini di spirito cosi pusillo e di fede cosi morta,
che potessero scandolezzarsi della Provvidenza di Dio, nel
disporre casi, dai quali sarebbe seguita una delle maggiori
vittorie che la Chiesa cattolica potesse riportare, sopra la
doppia Rivoluzione del protestantesimo e del liberalismo
nel mondo.
L' UNITA ITALIAN A
E
L' INTERVENTO STRANIERO
L' Opimone di Firenze nel suo numero 54 del corrente
anno da al tribunale del pubblico una specie di querela
contro i giornali cattolici, da lei designati col nome di
clericali, accusandoli come nemici della patria e per6 degni
dell1 odio universale . Dimostra poi che essi sono nemici
della patria, perch& avversano Tunita italiana ; e a disfarla
accettano ogni mezzo piii turpe, non escluso Tintervento
sfraniero. « Ben sappiamo, (son sue parole) che i giornali
clericali, sebbene italiani, detestano la nazionalita ed unita
italiana, e per distruggerla farebbero ricorso alia reazione
piii spietata, alia guerra civile ed alFintervento straniero.
Per loro la guerra sarebbe santa , ed onesta ogni anna
purch5 adoperata a disfare ci6, che la rivoluzione ha fatto.»
E piii sotto : « Si pub senza tema di esagerazione affermare
ciie la stampa clericale italiana 5 nemica della sua patria.
Non solo essa osteggia le^ interne franchigie, ma di continuo
fa Invito alle passioni piu brutali ed abbiette, alle ambizioni
e alia cupidigia straniera, affine di turbare la quiete e com-
promettere la stabilita delle istituzioni nazionali . » Quindi
conchiude che questo partito « presentandosi alle Potenze
estere per supplicarle di volerle appoggiare con le loro
Serie F//7, vol. //, fasc. 500. 10 1 aprile 1871.
146 L'UNITA ITALIANA
baionette, come gia la Francia appoggiava con le sue il
poter temporale, esso non potra avere altra risposta, fuor-
ch& questa: Voi siete nemici del vostro paese. » L'imputa-
tazione, senza dubbio , e gravissima, e conviene assoluta-
mente che le sia data una risposta.
Innanzi, tratto ci sembra che da essa debbano sceverarsi
quelle parti, le quali peccano evidentemente di falsita. Tali
sono la taccia che i clericali odiano la nazionalita, e T altra di
far ricorso a reazioni spietate, ed a guerre civili, e di suscitar
I'ambizione di potentati stranieri. Quanto alia prima, ognun
vede che 1' Opinions , al solito dei liberali, confonde T idea
di unita nazionale con quella di unita statuale della na-
zione. Or basta il naturale buon senso per capire, che queste
cose son diversissime. Puo una nazione esser una, in quanto
tale , e nondimeno esser divisa in diversi Stati ; e possono
diverse nazioni esser unite in un solo Stato. Non e una la
nazione alemanna, benche la Baviera formi un regno di-
verso dalla Sassonia, e dall'uno e dall'altro si distingua
il Wurtemberg ? Ne si obbietti la recente creazione del-
rimpero germanico; giacche esso e meramente federative,
e non toglie la personality e autonomia dei singoli Poten-
tati. Oltreche i sette milioni di Tedeschi che sono nell' Au-
stria, non cessano certamente di appartenere alia nazione
alemanna, quantunque sudditi di un diverse impero. Per
coutrario bench& different! di nazione sieno gl' Inglesi dagli
Irlandesi, e dagli Scozzesi; costituiscono nondimeno con
essi un sol regno. Dite il medesimo della Svizzera, della
Confederazione americana, dell1 impero Austro-Ungarico ;
e dei tanti diversi popoli riuniti sotto lo scettro dell' Auto-
crate Russo. V unita dello Stato di una nazione puo essere
un bene e puo essere un male, secondo la diversifca delle
circostanze, in cui essa nazione si trova. Ad ogni modo una
tale unita vien determinata da cause del tutto diverse da
quelle, che formano TuDita nazionale. I liberali sostengono
che questa non puo stare senza di quella. Ma la nostra cu-
riosita di sapere da quali principii cio si deriva e con quali
E L' INTERVENTO STRANIERO 147
raziocinii si dimpstra, non e stata ancor soddisfatta. Finche
dunque V Opinione o per s& o per mezzo di altri non ci pre-
sent! chiara e lampante una tal dimostrazione, toiler! be-
nignamente che i clerical! pensino 1' opposto , e credano
che una nazione, benche divi^a in divers! Stati, possa non-
dimeno godere di vera unita nazionale, ed essere anzi piii
fiorente e felice che se formasse un solo Stato. Certo il
paragone tra 1' Italia presente e la passata non e molto ac-
concio a rimuovere una tale persuasione. *
Noi dobbiamo ragionare dei popoli in modo analogo a
quello, onde ragioniamo delle famiglie. Possono molti in-
dividui essere d' una stessa prosapia, e tuttavolta non for-
mare una sola casa, una sola societa domestica. Possono
anzi alcuni di loro, dove cosi richieda il proprio vantaggio o
alcun obbligo da essi contratto, voler piuttosto formare
una sola casa con persone di altro lignaggio, senza che
per questo i vincoli di sangue e le relazioni di parentela
abbiano a patirne verun detrimento. II somigliante avviene
delle nazioni. E non abbiamo noi veduto in pieno secolo
decimonono, in cui tanto si esagera T unita nazionale, gli
Alsaziani e i Lorenesi, benche indubitatamente Tedeschi,
desiderare contuttoci6 di rimanere unit! alia Francia e sol
per forza esserne staccati ? E il Lussemburgo, quantunque
ancor esso alemanno, non ha mosso ogni pietra per rima-
nere autonomo e separato, piuttosto che ricongiungersi alia
gran patria germanica? Oserebbe T Opinione dare a quei
popoli la taccia di traditori , come fa gentilmente coi cat-
tolici italiani ? In quella guisa che la stirpe rimane identi-
ca, benche le persone che ad essa appartengono , vivano
disgregate in piii famiglie ; cosi molti popoli , aventi la
stessa o quasi la stessa origine e parlanti la medesima
lingua, possono costituire una sola nazione, bench& divisi
in diversi Stati. L'unita nazionale e opera della natura e del
tempo ; T unita statuale e opera dell' arte e di circostanze
svariatissime, or conform! ed ora contrarie all'interesse dei
popoli.
148 L'UNITA ITALIANA
VOpiniane adunque, se cosi le place, accusi pure la
stampa, da lei detta clericale, di avversare T unita statuale
d' Italia; ma non si renda ridicola col dire, che cosi ella
avversa Tunit^, altresi nazionale . Eran forse per divenire
Tedeschi i Napoletani, e Francesi i Fiorentini , quando i
primi dominavano il Regno delle Due Sicilie e i secondi il
Granducato di Toscana?
Sia pure, come voi dite, ripigliera 1' Opimone ; non per
questo e men vero che la stampa clericale percio solo, che
avversa T unita, statuale d' Italia , si mostra nemica della
sua patria; perohS da gran Regno, che ora ella e, la vorrehbe
di bel miovo sminuzzata in Dio sa quante parti.
Per vedere se e giusta 1'accusa, cosi ristretta , propo-
niamo ^ Opinions il seguente caso. Fingiamo una famiglia,
la quale sia divenuta ricca e potente per mezzo di ladronecci
e di rapine. Ed acciocch& T Opinions si ponga in grado
di apprendere piii facilmente la forza di questa ipotesi ,
finga che cotesti furti e cqteste rapine siensi perpetrati a
dauno di ehrei. Sia dunque il caso che una famiglia di cri-
stiani siasi ingrandita ed arricchita manomettendo e deru-
bando altre. famiglie di pacifici Israeliti. Di piu finga T Opi-
nions che la prelodata famiglia, per mantenersi nelle mal
fatte annessioni, si sforzi di estinguere nei suoi membri
ogni senso di religione e di moralita ; sicche li licenzii e
gl' istighi ad ogni genere di bestemmie, di slealta, di lai-
dezze e di ogni altra piu vituperosa azione. Frutto di tanta
turpitudine per Tanzidetta famiglia sia stato la perdita di
ogni pace all'interno e d'ogni onore all'esterno; sicche i
vicini ed i lontani Tabbiano in sommo disprezzo , non si
fidino piu di lei, e novellino de'fatti suoi, come si farebbe
d1 un covo di ladroni o di sgualdrine . Intanto ci sieno
alcuni de1 suoi vecchi amici, i quali vorrebbero che questa
famiglia si riformasse radicalmente ; e cominciasse la sua
riforma dal restituire il mal tolto ; acciocch5 rimessasi cosi
sul sentiero della onesta e dell' onore , cercasse di salire
a grandezza per altre vie. AlFincontro ci sieno altri, i quali
E L' 1NTERVENTO STRANIERO U9
la consiglino a non far nulla di ci6 ; ma la confortino a
star salda nel cammino intrapreso , e soprattutto a non
cedere un briciolo di quanto ha acquistato, benche per
mezzi iniqui e disonorevoli. Supponga pure che la ragione
che ne rechino sia, perche altrimenti essa, da opulenta e
temuta, tornerebbe povera e spregiata. Chiediamo alia in-
genua Opinwne , quale di queste due classi di persone
debba ritenersi per arnica di quella famiglia, e quale per
nemica ? Mentre lasciamo a lei il tempo per la risposta, e
la cura di fame Tapplicazione, noi passiamo ad esaminare
un' altra parte della sua accusa.
L1 Opmione rimprovera alia stampa clericale il far invito
alle passioni phi brutali ed abbiette , alia guerra civile ,
all' ambizione ed alia cupidigia straniera, affine di turbare
la quiete e compromettere la stabilita del regno d' Italia.
Questo e non solo un mentire, ma un rovesciare sull'altrui
capo il proprio vifcupero. Qual prova pu6 recare il giudaico
giornale di si impudente calunnia? A quali abbiette passioni
ha fatto mai appello un sol giornale cattolico ? Qual guerra
civile e qual cupidigia straniera ha mai eccitata? Noi, si,
per contrario possiamo rinfacciare alia stampa e al partito
liberalesco di aver fatta Tuna cosa e Faltra. Si ricordino qui
i virulenti proclaim e le sozzissime mene adoperate per
muovere alia rivolta, contro i loro legittimi Principi, i po-
poli della Penisola. II danaro profuso a tale scopo; i tra-
dimenti politici ,moltiplicati ; le arti volpesche e le men-
zogne ed i raggiri , e i sotterranei maneggi . Si giunse
perfino a non aver piu riguardo, non che alia fede pubblica
delle nazioni, ma neppure alP onor diploinatico, convertendo
in occulti cospiratori i Ministri accreditati presso Potenze,
a cui si professava amicizia in apparenza, ma di nascosto
si tramavano insidie. Che fecero in Roma i Migliorati e i
de la Minerva? Che in Firenze i Boncompagni? E che i
Villamarina in Napoli? Ma per tacere di tutto questo, chi
patteggid con Napoleone III la cessione di Savoia e di Nizza
per averlo ligio ai proprii disegni ? Furono forse i clericali?
>I50 L'UNITA ITALIANA
Fu il partito appunto, a cui da umile ancella serve 1' Opi-
nione, e di cui palpa i raggiri. Or non fa ci6 un eccitare
Fambizione e la cupidigia straniera a danno della patria?
Ma i clerical! invocano Tintervento straniero ; e cosi si
mostrano nemici d'ltalia. Era questa Tultima parte dell'ac- •
cusa, che 1' Opinions moveva contro di loro. La stessa que-
rela intenta ad essi la Capitate nel suo numero 181, in un
furibondo articolo intitolato : L* appello allo straniero dei
clericali; chiamandoli per ci6 traditori e nemici.
Se i clericali invocassero 1' intervento straniero , non
farebbero che imitare i liberali. Imperocche non furono
i liberali quelli che invocarono T intervento straniero sullo
scorcio del passato secolo, per convertire in repubblica gli
Stati italiani ? E per non evocare memorie antiche , non
fecero essi appunto coll'intervento straniero questo regno
d'ltalia? Con qual diritto adunque potrebbero lagnarsi che
altri imiti il loro esempio ? Direte che invocaste T inter-
vento di uno straniero, ma per discacciare d1 Italia un altro
straniero ? II medesimo vi risponderebbero i cattolici , i
quail hanno voi in conto di stranieri , e peggio ancor che
stranieri. I Romani chiamano gli odierni occupatori della
loro eitta i nuovi Longobardi; ed altrove i domirianti le
diverse province son designati col nome dove di Ostro-
goti e dove di Musulmani.
Ma giacche T Opinione c' invita a discutere cotesto
punto; e bene sopra di esso chiarirsi un poco le idee. Il
Sillcibo condanna il cosi detto principio di non intervento.
Proclamandum est et observandum principium, quod vocant,
de non interventu; e questa la sessantesimaseconda delle
proposizioni quivi proscritte dal Romano Pontefice. Cio vuol
dire che T intervento non 5 sempre illegittimo e da ripro-
varsi. Quel preteso principio fu inventato da Napoleone III,
perche allora giovava ai suoi perfidi intendimenti. Ma egli
che T invento , fu quegli che ne provo poscia, piu d'ogni
altro, i perniciosi effetti. Lasciato solo, senza soccorso, sotto
i fieri colpi dei Prussiani, perde vituperosamente quella
E L' INTERVENTO STRANIERO 151
corona, per ctri conservare avea messo in non cale coscienza
e onore. Incidit in foveam, quam fecit. Ma stando non alle
capricciose dottrine di chi conia principii, secondo le cir-
costanze del suo tornaconto , ma a quelle che detta la ra-
gione e il buon senso, T intervento di estranei puo talvolta
essere, non che lecito, doveroso.Se una mano di assassini
invadesse la vostra casa , condannereste voi come nemici
della vostra famiglia chi invitasse i vicini ad accorrere in
vostro soccorso? E non sarebbe quell' intervento comandato
anzi dalla legge di comune benevolenza tra gli uomini?
Or non ci sono due Morali e due Diritti : T uno pei privati,
1' altro per la pubblica societa. La Morale e la giustizia e
una; solo il subbietto, a cui essa si applica, e diverse. Se
dunque la legge di natura prescrive ad ogni uomo, che
il possa, di venire in aiuto dell1 assalito da iniqua violenza;
lo stesso vuol dirsi delle nazioni. fi questo 1' effetto del
vincolo di scambievole amore , che tutti ci stringe in uni-
versal societa , sotto lo scettro del comun principe , Iddio.
I liberal! , quando fa per loro , intendono benissimo cotesta
dottrina ; e pero invocano ed esercitanq T intervento, senza
curarsi della contraddizione , che incorrono. Non vedemmo
ultimamente il Garibaldi accorrere insieme co'suoi in aiuto
de' repubblicani di Francia , contro le armi prussiane . E
benche , ignaro di guerra, qual e , riuscisse piuttosto d' im-
paccio , che di difesa ; tuttavolta non e men vero che egli
col fatto disdicesse la famosa teorica ; come T avevano gia
disdetta il Cavour e i suoi dottrinarii col ricorso a Napo-
leone III, per fare il regno d' Italia. L' intervento, torniamo
a ripetere, in aiuto delf'innocente oppresso, e sempre lecito;
talvolta pu6 essere eziandio obbligatorio. E ci6 non solo per
parte di chi lo esercita, ma ancora di colui in favore del
quale si esercita. Se un' orda nemica assale la tua famiglia,
e tu non hai forza a respingerla , non ti crederai obbligato
ad invocare il braccio della pubblica autorita o il concorso
di pietosi amici, per francare i figliuoli e i domestici dal-
Tingiusta aggressione? Riputeresti ben fatto a lasciarli as-
152 L'UNITA i TALI ANA
sassinare e disonorare e sgozzare, per non incorrerela taccia
di aver invocato T altrui intervento ?
Ci6 in generate. In ordine poi al Pontefice ed a Roma,
la cosa e anche piu chiara . Pel Pontefice T intervento
de' cattolici, a qualunque nazione appartengano , non e in-
tervento di stranieri, ma di figliuoli. L' Opinions ragiona
del Papa e di Roma , come si ragionerebbe dello Czar e di
Pietroburgo. Ma ella s'inganna a partito. II Papa e il Padre
comune di questa immensa famiglia, cbe e la Chiesa catto-
lica, e Roma e la casa di questo gran Padre. Tutti i popoli
battezzati son figliuoli di lui, e stretti tra loro con legame
di fratellanza. In ci6 il popolo italiano e eguale agli altri ;
esoltanto ha il privilegio di essere riguardo ad essi il fratel
primogenito. Or in ogni famiglia, se il primogenito manca
di rispetto al Padre , tutti gli altri figliuoli hanno non solo
il diritto , ma il dovere di ridurlo eziandio colla forza alia
debita soggezione. Pei cattolici tutto ci6 che riguarda il
Pontefice e Roma e affare domestico. Onde giustamente il
Conte di Montalembert in quella sua celebre lettera al Conte
di Cavour diceva agl' Italiani : Trattando del Papa voi non
avete a fare col solo Papa , voi avete a fare eziandio con
noi. A noi altresi dovete render conto del vostro operare.
Ma senza ricorrere al Conte di Montalembert, non banno
gli stessi Ministri italiani dichiarato in pubblico Parlamento,
che cio che riguarda il papa e affare internazionale? Se e
affare internazionale, ban diritto le altre nazioni ad occu-
parsene e far valere le loro ragioni eziandio colle armi.
L' Opinione e consorti vorrebbero che la sovranita tem-
porale del Papa fosse considerata sotto il puro aspetto po-
litico , agguagliata a tutti gli altri Principati, e sottoposta
alle stesse vicende. Ma questo loro desid^rio non pub ap-
pagarsi. La sovranita temporale del Papa non pu6 separarsi
dall' aspetto religioso. Essa e la forma sociale della sua so-
vranita spirituale , e guarentigia indispensabile dell1 indi-
pendenza di questa. La Chiesa e stabilita da Dio in forma
di regno , di cui la capitale e Roma e province le region!
E L' 1NTERVENTO STRAMERO 153
tutte della terra. Come capitale di questo regno immortale,
Roma , benche piu volte devastata da' barbari , e sempre
risorta dalle sue ceneri. Essa si e rifatta, ingrandita, abbel-
lita col concorso di tutto il mondo cattolico. Senza di ci6,
ella avrebbe incorsa la sorte di tutte le altre capitali degli
antichi imperi; e di lei altro non resterebbe che le rovine.
Per contrario ella vive ; e vive piena di grandezza e di
gloria . A chi ella deve la sua vita e il suo splendore? Agli
sforzi e all' oro del Cattolicismo . Se il regno d1 Italia do-
vesse restituire alle altre nazioni tutto quello , che esse
hanno profuso di do vizie in Roma , non gli basterebbe T in-
tero suo erario. I Cattolici adunque ban ragione di consi-
derare Roma come cosa loro ; e la condizione in essa del
Papa, come affare che ad essi appartiene. II loro intervento,
convien persuadersene, e domestico non e straniero.
E come tale appunto sempre lo riguardarono i Papi ; i
quali in ogni tempo ad essi ricorsero per esser difesi e mante-
nuti nel sacro lor principato. Fia bello qui il ricordare fra gli
altri il gran Pontefice Stefano II, allorche minacciato nella
sua Roma dal fedifrago Astolfo, fe' ricorso a Pipino, Re dei
Francesi. Egli in una delle lettere, che gli scrisse per sol-
lecitarne la venuta, introduce a parlare lo stesso Apostolo
S. Pietro ; e sara grato ai lettori udirne alcuni tratti . La
lettera dice cosi: « Pietro, chiamato all'Apostolato da G. C.
figliuol di Dio vivo, e per mio mezzo tutta la Chiesa cat-
tolica, apostolica, e romana, col suo Pontefice Stefano: La
Grazia, la pace , e la forza, per liberare questa Chiesa ed
il suo popolo , sia data abbondantemente dal signor vostro
Dio agli eccellentissimi Re, Pipino, Carlo e Carlomagno; ai
Santi Vescovi, Abbati, Preti, Monaci; come pure ai Duchi,
Conti, e generalmente a tutti gli uommi d' arme, e a tutto
il popolo di Francia. lo, Pietro, Apostolo di Dio, cui egli
degn6 singolarmente confidare la greggia sua e le chiavi
del celeste regno, io vi considero tutti come figliuoli miei
adottivi , e contando sull' amor vostro , vi scongiuro di li-
berare prontamente la citta mia, il mio popolo, il santuario,
154 L'UNITA ITALIANA
nel quale si riposano 1'ossa mie dalle scelleratezze e dalla
prepotenza de' Longobardi ; perciocche questa misleale na-
zione barbaramente opprime la Chiesa, confidatami dal Ri-
sorto. Credete , figliuoli miei, credete che io stommi nel
cospetto vostro colla vera persona mia, per iscongiurarvi
di cio tutti colla voce e coir esortazione piu calda ; voi
effettivamente , o magnanima gente franca, la quale secondo
le promesse del Redentor nostro noi teniamo in estimazione
principale sulle altre. La benedetta sempre Vergine e ma-
dre delF umanato Signore vi ripete le nostre istanze , vi
sollecita e vi comanda, secondata da tutti i cori degli An-
geli , da tutti i Santi, dai Martiri e dai Confessori di Cristo,
perche sulle tribolazioni di Roma vi dobbiate commuovere
finalmente. Voi difendetela, preservatela dai Longobardi;
onde questi persecutori non profanino il corpo mio , gia
sacrificato per Cristo , non veggansi contaminare la Chiesa
nella quale ho riposo . Voi soccorrete al mio popolo con
alacrita di volere , con ispeditezza di fatti , perche io alia
mia volta proteggavi nel giorno del paventoso giudizio ,
vi ricompensi d' una sede nel regno non corruttibile, non
afflitto da persecuzioni ed oltraggi. Si sa che fra tutte le
nazioni quella dei franchi mi si manifesto devotissima; ed io,
Pietro Apostolo , vi raccomandava per questo nelle inchie-
ste del mio Vicario che piacessevi di liberare la romana
Chiesa, confidatami dal Signore. Per questo io medesimo
vi sovvenni nei bisogni vostri, appena me ne ricercaste ;
per questo vi diedi sempre vittoria sui nemici vostri , e
sempre ve la dar6, se voi vi solleciterete ora di volare
in aiuto della citta mia. Che se non obbedite all' invito,
io nel potere della santa ed unica Trinita, per la grazia
dell' Apostolato concedutami dal Signore, in castigo di
trasgressione siflatta, vi rimuovo dal reame di Gesu Cristo ,
e dalla sempiterna mercede. l »
1 V. ROHRBACHER, Storia universal della Chiesa Cattolica Vol. VI, libro 52.
E L' INTERVENTO STRANIERO 155
II medesimo ricorso, prima di Papa Stefano, avevano
fatto in simigliante circostanza, Papa S. Gregorio II,
S. Gregorio III e S. Zaccaria; e poscia fecero i Papi
S. Paolo, l Stefano III, ed Adriano. L'esempio di questi
grandi Pontefici fu quindi seguito dai Pontefici posteriori ;
i quali per la difesa dei loro sacrosanti diritti, che son di-
ritti dell'intera Chiesa cattolica, invocarono learmi or della
Francia, or delF Austria, or di tutti insieme i regni della
Cristianita.
Sappiamo bene che di ci6 i liberali menano alto seal-
pore, e lo recano a gravissiina colpa dei romani Pon-
tefici. Ma se volessimo dare retta ai liberali, dovremmo
non pure rinunziare ad ogni piu ragionevole dottrina, ma
pervertire ogni idea di verita e di giustizia. I Pontefici
cosi facendo non solo usarono un loro diritto, respingendo
colla forza di devoti figliuoli la violenza parricida di altri
figliuoli degeneri; non solo adempirono un loro dovere
1 Avendo riportato piu sopra una lettera di Papa Stefano II, ci piace qui
far menzione di un'altra di Papa S. Paolo all'intera nazione de'Franchi, nella
quale tra le altre si leggono queste parole :
« Non essendomi possibile di darvi prova conveniente della mia gratitu-
dine, mi conforta il pensiero che havvi su in cielo un giusto giudice, dal quale
vi sara resa fa dovuta mercede. Perocche il nome della vostra nazione si e
innalzato sopra quello d'ogni altra; e il regno de'Franchi luminosamente ri-
splende agli occhi di Dio per la gloria, onde si abbella, d'aver dei Re fattisi
liberator! della cattolica ed apostolica Chiesa. Di fatto, un nuovo Mose, un
nuovo Davidde e comparso al mondo nella persona di Pipino, nostro figliuolo
cristianissimo e nostro compadre spirituale. La merce dello zelo di questo Re,
ognor vittorioso, trovasi la Chiesa di Dio esaltata ; e la protezion sua e come
scudo che la fede ortodossa mantiene incolume dall'eretiche saette. Miei can
figliuoli, voi siete una nazione santa, un sacerdozio regale, un popolo di con-
quista, che il Dio d'Israele privilegi6 di sua benedizione . Rallegratevi im-
pertanto che i nomi vostri e quelli dei vostri Re sono scritti in cielo, e che
la vostra mercede e grande at cospetto di Dio e degli Angeli suoi ; concios-
siache un possente protettore vi siete voi acquistato, il beato Pietro principe
degli Apostoli, a cui il Redentore ha conferita la potesta di legare e sciogliere
i peccati lassu nel cielo e quaggiu sulla terra. » Vedi ROHRBACHER, Storia
universale della Chiesa tomo VI, libro 53.
156 I/UN1TA ITALIANA E L' INTERVENTO STRANIERO
usando i mezzi, che Iddio avea posto nelle loro mani, per
la difesa di ci6 che erano obbligati a tutelare; ma sal-
vando 1' indipendenza politica del Pontificate , salvarono
T indipendenza della Chiesa ; e per6 la liberta e la civilta
stessa del mondo. fi questo un bene di ordine si elevato;
che ogni altro, quale che esso sia, si abbassa nel paragone
e svanisce.
L' audacia liberalesca nel vituperare in ci6 1' opera dei
Papi, dee muovere a stomaco ogni persona sensata. E quale
impudenza, diciamo anzi, quale stoltezza maggiore , che
riprendere come ingiusto ed improvvido il costante operare
di quelli, a cui fu affidato da Dio il governo della sua Chie-
sa e il magistero della sua legge ? Quand' anche non appa-
rissero manifeste le ragioni , che ad ogni uomo d'intelletto
dimostrano legittimo e sapiente quell' operare dei Papi ; la
sola loro uniforme condotta dovrebbe bastare a provarlo .
Imperocche qui non si tratta di un mero fatto o partico-
lare giudizio in causa privata, ma si tratta di atti solenni,
relativi all' interesse generale della Chiesa, e che implicano
e in se racchiudono un principio morale e giuridico. In cose
tali i Pontefici sono assistiti in modo speciale da Dio , e
non & possibile che cadano in pernicioso errore. II loro pra-
tico insegnamento e norma di verita, di giustizia.
Senonche non occorre affaticarsi a difendere sopra co-
desto punto i romani Pontefici ; il solo vederli ripresi dai
liberali e per essi la piu splendida apologia. Essendo carat-
tere distintivo della fazione liberalesca il dire ~bonum malum,
et malum ~bonum ; il biasimo che essa da ad una cosa, e
T encomio che fa di un' altra e criterio infallibile per rav-
visare la pravita della prima e la bonta della seconds
UNA STORIA DELIA CITTA DI ROMA 1
Al primo compiere la lettura di quest'Opera monumen-
tale ; ecco una Storia , dicemmo , veramente degna della
maesta e grandezza di Roma; ecco uno scrittore, degno di
assidersi fra i Principi della storia moderna. E la medesima
impressione siam certi che si produrra neiranimo di chiun-
que vorra, non diciamo sostenere la fatica, ma procacciarsi
il diletto di leggere posatamente le oltre a 3600 pagine
che quest' Opera compongono.
II Barone di Reumont e gia noto da gran tempo al
mondo letterario pei molti ed insigni lavori, onde illustro
specialmente la storia italiana; ma a tutti questi lavori egli
ha posto oggidi la corona colla Storia della citta di Roma.
Ne certo potea coronarli piu nobilmente, o si consideri il
soggetto del suo libro , vero centre e vertice di tutta la
storia d' Italia, anzi del mondo ; o si riguardi T ampiezza e
la diligenza somma, con cui egli questo nobilissimo sog-
getto elaboro. D'altra parte, la sua storia di Roma non potea
venire in luce in tempo per avventura piu opportune e piu
1 Geschichte der Stadt Rom. von ALFRED VON REUMONT: Storia della citta
di Roma , di ALFREDO DI REUMONT. — Berlino , regia stamperia del Decker ,
1867-70. Splendida edizione in 8° gr. in tre volumi.
Volume I, di pag. XVII-868, con sette Tavole genealogiche e due Carte
topografiche.
Vol. II, di pag. XIII-1254, con dodici Tavole genealcgiche.
Vol. III. Parte Ia di pag. IX-574 con nove Tavole genealogiche e due
Icnografie. — Parte II» di pag. X-950 con due Carte topcgraficha.
^58 UNA STORIA BELLA CITTA DI ROMA
acconcio ad acquistarle nel mondo rapida voga ; essendo
che oggi appunto Roma tiene piu che mai rivolti e ansio-
samente fissi sopra di se gli sguardi, gl' interessi, gli af-
fetti di tutto il mondo , a lei oggidi piu passionatamente
che mai amico o nemico.
Ad intraprendere questa grand' opera fu il Reumont in-
vitato e mosso, com' ei medesimo ci narra, dal passato Re
di Baviera, Massimiliano II, gran promotore degli studii
storici ed ammiratore delle romane grandezze. La prima
proposta gliene fu fatta, per parte del Re, nella primavera
del 1863; e nell'anno seguente, « quando io vidi (scrive
egli) per 1' ultima volta Massimiliano, alia villa Malta sul
Pincio, il di innanzi al suo ritorno in Monaco, dove la voce
della patria per cagione dei tempi agitati richiamavalo ,
staccandolo dalla citta eterna, in cui egli, a fin di rinfran-
care la sanita da lungo tempo vacillante , avea disegnato
di passare 1'inverno, e cui abbandono con giusto rammarico
bensi, ma fermo nel sentimento del suo dovere di Re e degli
obblighi che lo vincolavano al suo popolo ; egli mi espresse
con somma affezione e gradimento il suo giubilo, pei pro-
gressi d'un lavoro, che allora mi teneva gia da piu mesi
occupato, ma che non doveva essermi concesso di presen-
targli finito T. » Alia memoria pertanto di Massimiliano II,
1'Autore ha intitolato, nella Dedica, la sua Storia di Roma;
ed insieme a quella , che egli non potea disgiungerne , di
Federico Guglielmo IV, re di Prussia, alia cui liberalita e
cortesia il Reumont professa parimente viva gratitudine ,
soprattutto perche il carico di ambasciatore presso le corti
d'ltalia, che egli per piu anni in nome di quel Re sostenne,
gli ebbe fornita comodita amplissima a quegli studii che ei
vagheggiava. ,
Di questi regii auspicii, sotto cui nacque, la Storia del
Barone di Reumont porta 1'impronta anche nella splendi-
dezza materiale della stampa. Non e una edizione di lusso,
1 Vol. 1, pag. X, XI.
UNA STORIA BELLA CITTA DI ROMA 159
essendo destinata alia moltitudine del lettori di mezzana
coltura e di borsa mediocre; ma quanto a pregi sostanziali
non la cede a qualsiasi edizione di lusso. I tipi sono nitidi
ed eleganti ; i caratteri, di forma latina e tonda ; ci6 che
ne rende, almen fuor di Germania, piu agevole la lettura,
non affaticando I'occhio su quelle ispide e angolose forme
teutoniche. La correttezza poi della stampa e squisita e
rara, quanto a fatica saprebbe esigersi anche dalla diligenza
tedesca ; da tante centinaia di pagine appena ci si e ab-
battuto Tocchio in quattro o cinque leggieri sfalmi, oltre
ai pochissimi gia notati nella errata-corrige alia fine di
ciascun volume.
Ma la esteriore bellezza dell'edizione & superata di gran-
dissima lunga dal merito intrinseco dell'opera: ben diversa
in ci6 da molte produzioni moderne, il cui pregio & quasi
tutto nell'eleganza e nel lusso tipografico, sotto il cui bril-
lante orpello si studiano di nascondere agli occhi del volgo
la propria miseria. Massimiliano II difficilmente avrebbe po-
tuto trovare nella dotta Alemagna uno scrittore piu ac-
concio del Reumont ad incarnare e compiere il bel disegno
della grand'opera da se ideata, e nel quale, colle richieste
qualita deH'ingegno, concorressero piu felicemente anche le
circostanze esteriori della vita, ad agevolargli Timpresa.
II Reumont infatti avea, gia da piu di trent' anni, tenuto
soggiorno in Italia, parte in qualita di ministro diplomatico
della Prussia, parte come privato e come cittadino volon-
tario del Bel Paese, divenuto a lui quasi seconda patria.
Firenze e Roma, sue stanze predilette, erano a lui famigliari
e conte, quanto Aquisgrana e Berlino, Tuna, sua citta na-
tiva, e 1'altra, capitale dello Stato, di cui era rappresentante.
Siccome poi cultore appassionato degli studii e delle arti
belle, in quei trenfanni egli avea occupati i suoi ozii ad
acquistare della nostra Italia una conoscenza, non meno
profonda di quellache gia ^avesse della sua Germania; stu-
diandone la storia e Tindole sotto tutti i rispetti, civile e
religioso, letterario ed artistico, antico e moderno; gli occhi
>|50 UNA STORIA BELLA C1TTA DI ROMA
tenendo specialmente rivolti alle due citta, che nella storia
italiana maggiormente campeggiano , Roma e Firenze; e
dei suoi titoli diplomatic! giovandosi a penetrare piii libe-
ramentenelle biblioteche e negli arcbivii pubblici e privati,
dovunque giacciono di quella storia i monumenti piuriposti.
Di questi studii poi avea di tratto in tratto dato splen-
didi saggi in varie opere da lui pubblicate, le piii in lingua
tedesca, taluna anco in italiano. / Carq/a di Maddaloni,
ossia Napoli sotto il dominio spagnuolo; La Contessa d'Al-
lany; La giovinewa di Caterina de1 Medici; le Biografie e Ri-
tratti di Contemporanei ; e soprattutto i sei volumi delle
Aggiunte alia Storia italiana ' aveano gia dimostrato agl'in-
1 Ecco i titoli originali e le date di coteste opere Die Carafa von Mad-
daloni-Neapel unter spanischen Herrschaft- 1851, 2 vol.; Die Grafin von Al-
bany - \ 860, 2 vol.; Die Jugend Caterings de* Medici - 1767; Zeitgenossen-
Biografien und Karakteristiken - 1862. 2 vol.; BcAtr&ge zur italienischen Ge-
schichte - 1 852-5? , 6 vol. Di quest' ultima opera, forse sara caro ai nostri
lettori di conoscere i titoli delle materie di ciascuu volume. Essi SODO come
segue :
VOL. I. Diplomatic! italiani e relazioni diplomatiche — Vittoria Golonna
— Galilei e Roma — Agnolo Firenzuola e la Novella italiana — La Duchessa
di Paliano.
VOL. II. Atalanta Baglioni e i suoi — Francesco Burlamacchi — Antonio
Foscarini e Paolo Sarpi — Paoli e la Corsica — I tesori d'arte rubati dai Fran-
cesi a Firenze — Storia italiana del Balbo — II busto di Paolo Renier — Don
Mauro Cappellari e Gasparo Salvi — Giacomo Leopardi.
VOL. III. II cardinal Volsey e la S. Sede — Gaeta. Ricordanze dell* an-
no 1849 ~ Magliabeehi, Maratori e Leibnitz — Costituzione politica della Sa-
voia e del Piemonte nel medio evo — Gli ultimi anni di Benvenuto Cellini
— I duchi di Urbino.
VOL. IV. L' ultima eta dell' Ordine Gerosolimitano — Eleonora Cybo e i
suoi attenenti — Gregorio Correr — Rimembranze dei Bonaparte in Toscana
— La Storia Orvietana del Montemarte.
VOL. V. Storie di famiglia r i Colonna , i Barberini , gli Strozzi , i Bor-
ghcse, i Trivulzio, gli Albani , i Rinuccini — Letteratura poetica degl'Ita-
liani nel secolo XIX — Un artista italiano in Germania , nella Guerra dei
trent'anni.
VOL. VI. Tentative di fuga della Regina di Etruria — Tratti biografici
di donne italiane artiste — Per la storia dell' Accademia della Crusca — II
Duca di Norfolk — Canova e Napoleone — Tratto storico dei tempi della Ri-
forma — Or San Michele in Firenze e Andrea del Verrocchio — Schizzi bio-
UNA STORIA DELLA CITTA DI ROMA 161
tendenti quanta fosse nel Reumont la vastita dell' erudi-
zione, la solidita del giudizio, la classica eleganza e dignita
dello stile, e quanta insieme la operosita della penna; ep-
percib 1'areano additatoare Massimiliano, siccome 1'uomo,
piud'ogni altro, abile e preparato ad intraprendere la gran-
d' opera della Storia di Roma, alia quale que'suoi trent'anni
di studii Italian! parevano essere stati un preliminare non
fortuito, ma premeditate. Ne ad altri per avventura sarebbe
riuscito di comporre in soli sette anni, quanti egli ve ne
spese, di lavoro, comeche assiduo, un' opera di tale arduita
e di tal mole, e soprattutto di tal pregio, qual e quella che
ora abbiamo sotto gli occhi.
E quanto all'arduita dell'impresa, ella era tale per verita
da sgomentare a prima fronte qualunque cuore piu saldo.
Lo scrivere una storia della citta di Roma porta con se dif-
ficolta, quali non offre a gran pezza niun'altra storia mu-
nicipale: difficolta che nascono, come ben.nota il Reumont,
parte dalla vastita del tema, parte dalla sua limitazione
medesima. Infatti, die' egli, esponendo nella Prefazione del
1° Volume T intendimento del suo libro , « ivi si tratta di
rappresentare la Roma antica e la Roma cristiana dei tempi
ce.sarei, la Roma del medio evo e la moderna. Dev' essere
la storia d' una citta, ma d" una citta capitale del mondo.
Bisognava dunque trovare la giusta misura delle propor-
zioni che siffatta storia dee serbare colla storia dei popoli
italiani e della maggior parte degli Stati delF antichita ,
grafici di alcuni contemporanei : Strocchi, Ricci, Taverna; Giuseppe Giusti ;
Giovanni Berchet ; Torti , Marchetti , Carrer ; Sebastiano Ciampi ; Francesco
e Giovanni Inghirami ; Giuseppe Cadorin ; Maria Francesco Avellino ; Luigi
Canina ; Samuele lesi ; Paolo Toschi.
A queste opere tedesche sono da aggiungere due italiane: cio ssno le
Tavole Cronologiche della Storia fiorentina, e la Bibliografia dei lavori pub-
blicati in Germania sulla Sloria d'ltalia : la quale Bibliografia 1'Autore pub-
blicd da prima nell' Archivio storico di Firenze, da lui arricchito anche d'altri
lavori pregevoli, e poi in libro a parte; ed e, per la copia delle indicazioni
e notizie, e per la saviezza dei giudizii critici sopra gli, autori e le loro opere,
libro indispensabile a chiunque voglia studiare a fondo la storia italiana.
Serie VIII, vol. II, fasc. 500. 11 4 aprile 1871.
UNA STORIA DELLA CITTA DI ROMA
colla storia della Chiesa e del Papato , e finalmente colla
storia delFItalia, qual essa risorse dalle vicissitudini e dalle
tempeste, primieramente della rovina dell'Impero Romano,
e poi della dissoluzione della monarchia Carolingia, colla
storia cioe del secondo Impero e con quella degli Stati
modern!. Bisognava inoltre dare il debito campo alia de-
scrizione locale , senza cui la storia d' una citta manca di
vita; senza intraprendere nondimeno una topografia pro-
priamente detta: e mettere sott'occhio Tinterno diRoma,
senza invadere tuttavia il vasto dominio delle romane an-
tichita. Per ultimo, era necessario tenere costantemente in
mira lo scopo primitive , onde questo libro fu ispirato ; il
quale fu di mettere alia portata delle persone colte i ri-
sultati piu rilevanti delle indefesse ricerche , fattesi nei
tempi antichi e nei moderni ; raccontando e descrivendo •>
senza niun apparato d1 erudizione e niun ingombro di di-
scussione critica. Egli sarebbe in me temerita lo sperare
che il presente libro, in tutto e per tutto, uniformemente
risponda a queste intenzioni; per quanto del resto io sia
consapevole a me stesso d'averlo intrapreso con tutto 1'im-
pegno e con animo leale, senza opinioni preconcette e senza
spirito di parte, e d'averlo eseguito con diligenza e con
amore. Ma ben saro pago, se si trovera che 1'opera mianon
sia rimasta troppo da lungi allo scopo , e die per lei si
acquisti veramente una immagine della Citta, che in tutti
i tempi e per tutti i risguardi e stata al mondo la piu im-
portante; della Citta, in cui fanno capo le fila della storia
di tutto il mondo, siccome da lei e partito Tindirizzo che
di tutto il mondo guido i destini l. »
Cosi T Autore : ed e gia in lui non picciol merito di
scrittore assennato, ne leggiero titolo alia fiducia de'suoi
lettori, la giusta apprensione che fin dal principio egli mo-
stra della difficolta, pari alia grandezza del suo tema, e la
modesta peritanza, con cui entra nell'arduo, non men che
1 Vol. I, pag. VIII.
UNA STORIA BELLA CITTA DI ROMA 163
nuovo, aringo. E diciamnuovo aringo; perocche il Reumont
pub dirsi il primo in verita, che abbia preso a scrivere, in
cosi ampie dimension! , una storia della Citta eterna; la
difficolta della quale sembra che spaventasse finqui ancora
i piii animosi. Egli e ben vero, che di Roma scrissero mi-
gliaia di autori, antichi e moderni ; delle opere dei quali
potrebbe comporsi una vasta biblioteca. Ma niuno pose mai
Tanimo, o voile mai cimentare la penna a descrivere della
Citta una storia intiera, quale e quanta la veggiamo nei
volumi del Reumont. 6 vero altresi, che in questo nostro
secolo stesso, cosi fecondo di studii e di lavori storici , non
& mancato chi imprendesse a fare anche la Storia della citta
di Roma. In Inghilterra il Dyer ', ed in Germania il Papen-
cordt2 e il Gregorovius5, hanno pubblicato ainostri di opere
che portano in fronte lo stesso titolo , che quella del Reu-
mont , del quale per6 sembrerebbero potersi chiamare a
buona ragione , se non i maestri , almeno i precursori o i
rivali: ed il Reumont medesiirio, rendendo a ciascun d'essi
il debito onore, riconosce liberalmente il loro merito. Ma
tutto ci6 non toglie, che al Reumont non debba ascriversi
il vero primato della grand'opera. Imperocche, quanto al
Dyer, qualunque sia il pregio della sua compilazione, non
e che un Compendio, da non potersi a niun patto mettere
in confronto colFopera del Reumont. Dei due alemanni poi,
il Papencordt e il Gregorovius, oltreche amendue ristrin-
gono la loro Storia al solo medio evo, 1'uno e 1'altro, per
diversi titoli, sottostanno di gran lunga al Reumont.
Infatti , il libro del Papencordt , piuttosto che Storia
finita, deve chiamarsi un abbozzo di storia: abbozzo cer-
tamente di mano maestra , e non men pregevole e utile a
studiarsi dagli eruditi , di quel che siano agli artisti i car-
toni di Raffaello e gli schizzi di Michelangelo; ina troppo
1 TH. H. DYER, History of the City of Rome. London, 1865.
2 F. PAPENCORDT, Geschichte der Stadt Rom in Mittelalter. Paderborn, \ 867.
3 F. GREGOROVIUS , Geschichte der Stadt Rom in Mittelalter. Stuttgart ,
4858 e segg.
154 UNA STORIA BELLA CITTA DI ROMA
lontano tuttavia da quella finitezza e perfezione che il mae-
stro gli avrebbe data, se una morte immatura non gliel
avesse impedito. L' opera postuma del Papenccrdt per cura
del suo dotto amico, Costantino Hofler, e opera pregevole
per copia di notizie , scelte e sicure e con sugosissima bre-
vita condensate , per vasta e diligente disquisizione di fonti
storiche , per critica sagacita , per sapienza di giudizii e
rettitudine intemerata di sentimenti in politica e in reli-
gione; ma e opera manchevole, non solo quanto apienezza
ed eleganza di forme , ed a movenza drammatica e pitto-
resca vivacita nel racconto, ma eziandio quanto ad ampiezza
e giusta proporzione nel disegno generale, poco o nulla
occupandosi ( se si eccettua 1' ultima epoca fino a Sisto IV,
col cui Pontificate il libro finisce) delle lettere e delle arti,
Ghe pur sono tanta parte della Storia di Roma , ne il debito
sviluppo concedendo alle relazioni importantissime, che la
storia particolare di Roma ha ad ogni passo colla storia
universale dell' Italia , del Papato , del mondo.
L' opera del Gregorovius al contrario , non puo negarsi
che non sia sommamente elaborata. Come la mole de' suoi
volumi vince d' assai 1' unico , e non grande volume del
Papencordt, cosi an che T ampiezza del disegno, la mimi-
tezza del racconto ed il corredo , anzi lo sfarzo dell' eru-
dizione , vi e a molti doppii maggiore. Aggiungasi la splen-
dida eleganza del dettato e la brillante vivezza della nar-
razione, la quale, non che allontanarsi dalle aride e digiune
forme del Papencordt , sembra dare talvolta eziandio nel
manierato e nell' enfatico. Con tutti questi pregii nondimeno
di grand' erudito e di gran letterato, il Gregorovius ha un
difetto gravissimo: e questo e la poca solidita del giudizio
storico. 0 sia natural debolezza e stortura d' intelletto , o
acciecamento cagionato dai !pregiudizii Protestantici , il
certo si e che egli troppo sovente scapestra in materie
gravissime; sicche a noi, avendo voluto prenderne un saggio
nei primi volumi, e avvenuto, in certi capitoli, di inciam-
pare quasi ad ogni pagina in grossi svarioni : onde non ci
UNA STORIA BELLA CITTA DI ROMA 165
fa maraviglia , che il Reumont confess! « in molti casi non
andar egli, quanto a materie politiche e religiose, (T accordo
col Gregorovius T »; la qual frase , nello stile modestissimo
del Reumont , significa assai piii che al primo suono non
sembra. A parer nostro , il Gregorovius e stato infelice nella
scelta del tema ; la storia di Roma papale, quale fu soprat-
tutto la Roma del medio evo , non essendo cosa da un pari
suo. Imperocche , quantunque abbiamo veduto ai giorni
nostri scriversi da autori Protestanti istorie , non solo tol-
lerabili, ma lodevoli di alcuni Pontefici, prevalendo in quelli
agli istinti antipapali del Protestantesimo il lume della ra-
gion critica e il candido amore della verita ; il fatto non-
dimeno e piuttosto di eccezione che di regola : e poi, altro
e scrivere di un Papa, altro il tessere la storia di tutto
il Papato del medio evo: cimento troppo terribile, a cui
il Gregorovius non dovea poter reggere , senza prima di-
sfarsi Protestante, o ricevere dalla natura una nuova tempra
d' intelletto, assai piii salda di quella che ei sorti nel nascere.
La sua Storia pertanto , la quale a piii d1 un titolo pud
chiamarsi Romanzo, potra bensi fare le delizie in Alemagna
di tutti quei Protestanti , che della Riforma serbano, almeno
per ultima reliquia, 1' odio a Roma ed al papa, e le delizie
inoltre di quella numerosa classe che sono dappertutto i
semidotti , vaghi piii delP appariscente che del solido , piii
della bellezza artistica che della verita nei libri storici ; ma
non potra mai essere accolta come storia autorevole dai
veri dotti e sapientL
Or bene , ai difetti che rendono , per diversi riguardi,
manchevoli le opere del Gregorovius e del Papencordt ,
ha pienamente sopperito il Reumont colla sua Storia di
Roma. Egli ha con arte e felicita maravigliosa incarnato,
per dir cosi , nelle sue pagine tutta la bellezza e maesta
ideale del grandioso soggetto : talmente che , salvo le po-
che riserve che piii sotto dovrem fare , appena pu6 im-
1 Vol. H, par* 1176.
166 UNA STORIA BELLA CITTA DI ROMA
maginarsi , per 1' universalita dei lettori a cui il Reumont
s1 indirizza , un libro meglio fatto del suo , sotto qualsiasi
rispetto ei si consider!.
Primieramente , la storia del Reumont non lascia nulla
a desiderare quanto a larghezza di disegno e ricchezza di
materiali. Ella abbraccia i fasti della citta eterna dalle
prime sue origini fino al mezzo del corrente secolo XIX,
da Romolo fino a Pio IX ; e in tutto questo gran periodo di
ventisei secoli , non v1 e niun fatto , o personaggio , o mo-
numento , o istituzione , o checche altro si sia appartenente
a Roma e degno di memoria, che in queste pagine non
abbia il debito luogo. L' Autore non si restringe gia alle cose
politiche , militari e civili , che sogliono dal volgo con-
siderarsi come il tema capitale e quasiche unico dello sto-
riografo ; anzi egli , con queste e dopo queste , assegna
parte larghissima alia religione , alia letteratura , ^alle arti
belle , ai monumenti , alia topografia, ai costumi della vita
pubblica e domestica, alia biografia dei personaggi illustri,
alia genealogia delle nobili famiglie , e andate dicendo .
La prodigiosa sua erudizione , la perizia profonda di tutta
la storia antica e moderna , delP archeologia sacra e pro-
fana , dei tempi classici e dei tempi barbari , del mondo
pagano e del mondo cristiano , han reso agevole a lui il
gigantesco compito , che ad altri sarebbe tomato un peso
importable. Ma quanta lettura e quanta fatica siagli co-
stato questo tesoro di scienza, lo mostra quel copiosis-
simo, e non pertanto incompiuto, elenco di Autori, che
egli inserisce tra le aggiunte , poste in fine di ciascun
volume, sotto il titolo di Annotazioni: Anmerkungen. Quivi
egli indica al lettore le fonti , donde ha attinto succes-
sivamente , libro per libro e quasi pagina per pagina , la
ricchissima vena del suo racconto; ed enumera gli scrittori,
antichi e moderni , che della medesima materia trattarono;
recando anche talora (e cosi T avesse egli fatto piu spesso)
di questi scrittori e di quelle fonti , in brevi parole , un
giudizio critico. Ed ivi si vede altresi , qual sia il possesso
UNA STORIA DELLA CITTA DI ROMA 167
e la padronanza , dal Reumont acquistata , di tutte le que-
stion! e controversie e opinion! e sistemi vecchi e nuovi,
intorno ad ogni parte della storia e dell'archeologia e della
letteratura romana : donde poi e scaturito in lui quel fiume
cosi largo di eloquenza storica, e quel procedere cosi franco
e sicuro nel narrare e descrivere e ragionar d' ogni cosa ,
e quella pienezza infine e minufcezza di notizie , per cui ,
tra le infinite cose capaci d' interessare la curiosita del
lettore , — ed in Roma qual cosa e si piccola che non
T interessi ? — niuna trovasi che sia sfuggita alia diligenza
dell' Autore e di cui egli non dia liberale contezza.
Quasi poi non bastasse al Reumont il vastissimo campo
che gia & per se sola la storia municipale di Roma pro-
priamente detta, egli ne ha esteso generosamente i confini,
sino a fame pressoche una storia mondiale. Infatti , non
solo egli rnette perpetuamente in chiarissimo risalto le re-
lazioni cjie Roma collegano , in ogni eta, colla storia civile
e religiosa di tutto il mondo e soprattutto d' Italia ; ma
si spazia non di rado e trascorre cosi liberamente per ogni
parte della storia italiana ed europea, che quasi direste
aver esso talora dimenticato la Citta, donde prese le mosse
e perduto di vista T oggetto capitale del suo libro. Certo
e che , se in tal materia puo farsi all' Autore qualche ap-
puntatura, egli deve accusarsi non di difetto, ma si di
eccesso e di esuberanza: eccesso nondimeno ed esuberanza,
di cui appena sara chi voglia fame colpa e non anzi pro-
fessargliene gratitudine ; tanto egli e narratore incantevole
e valente giudice in qualunque materia storica gli piaccia
di entrare : e men d1 ogni altro vorran fargliene colpa
gl' Italian! , i quali nella sua Storia di Roma si troveranno
tutto insieme alle rnani un eccellente compendio di tutta
la storia d' Italia.
A cosi dovizioso e nobile materiale di storia accresce
inestimabil pregio 1' arte sapiente , con cui dal nostro Sto-
rico e messo in opera , e la bellezza delle forme letterarie
onde vien rivestito. Grazia alF ordine lucidissimo , con cui
168 UNA STORIA BELLA CITTA DI ROMA
ogni cosa e distribuita , la moltitudine qui non genera con-
fusione ; e benche la storia italiana , neir eta media e nella
moderna, sia, come e noto , una delle piu intralciate e
malagevoli a chiaramente descrivarsi , per la moltiplicita '
svariatissima e la complicazione delle parti che debbono
comporla, T arte del Reumont e nondimeno riuscita con
felicita mirabile a trionfare d' ogni ostacolo.
Tutta T Opera , in primo luogo, e divisa in nove Libri,
ciascun dei quali abbraccia una delle grandi epoche, in
cui , avvegnacbe assai disuguali per durata , naturalmente
si divide la storia di Roma ; ed ban per titolo : 1° / Re
e lo Stato liber o; 2° QV Imperatori fino al terminare degli
Antonini; 3° Decadenza e divisions fino al cessare delV Im-
pero d1 Occidente ; 4° Germani e Bizantini: Potere temporale
del Papa. Impero dei Garolingi; 5° GV Imperatori tedescM
e gli Angib. Altezza e decadimento del Papato ; 6° L'esilio
Babilonico. II grande scisma; 7° Compimento della monar-
cJua papale; 8° H secolo di Leone X; 9° Premlenw delle
tendenze ecclesiastiche.
Ciascun libro poi e suddiviso in tre, e taluno in quattro
Sezioni; ed ogni Sezione in piu capitoli di conveniente
ampiezza. L1 Indice dei capitoli e della contenenza di cia-
scun d'essi, prefisso ad ogni volume, onre al lettore, fin
dalle prime pagine, una generale e lucida prospettiva di
tutto il lavoro ; ed alia fine del volume, una esatta Tavola
cronologica degli awenimenti e personaggi piu notabili, in
esso descritti, giova grandemente a stampargliene piu netta
in capo tutta la serie. A cio aggiungansi i due Indici ge-
nerali, posti al fine delPopera, dove son registrati per ordine
alfabetico, nell'uno ttitti i nomi proprii di persone e di
luoghi, menaionati nella storia, nell1 altro tutte le cose in-
signi di Roma , arcbi , basilicne , catacombe, cbiese, fori ,
palazzi, piazze, obeliscbi, terme, acquedotti, vie, torri, ville
e giardini, eccetera ; aggiungansi le quattro Carte topogra-
ficlie della citta e della campagna romana, antica e moderna,
colle due Icnografie delle principali basilicbe,la Lateranense
UNA STORIA BELLA CITTA DI ROMA \ 69
e la Vaticana, anch'esse secondo la loro forma antica e
moderna; aggiungansi le numerose Tavole genedlogiche delle
dinastie imperial! e regie , e delle famiglie papali, princi-
pesche, baronali, od altramente illustri nella storia italiana;
aggiungansi le eruditissime Annotazioni ed illustrazioni ,
colla gran Bibliografia storica, di cui sopra dicemmo ; e per
ultimo quella sceltissima raccolta di Iscrizioni romane, onde
T Autore voile adornato in fine ogni volume , e le quali
sommando tutte insieme a ben 233, nell'atto stesso che
illustrano la storia e la topografia , formano un bel saggio
dell'epigrafia profana e sacra di Roma in tutte le sue eta:
e da tutto cio vedrassi, come il Reumont non abbia per-
donato a niuna diligenza e fatica affin d1 agevolare al lettore
F intelligenza e lo studio della sua Roma , e come abbia
largamente satisfatto a tutte quelle parti, che oggidi dagti
editori di opere storicbe il mondo erudito suol esigere.
Se non che questi sono meramente aiuti materiali, che
conferiscono bensi, ma troppo e lungi che bastino a co-
stituire la chiarezza e la belta d'una gran composizioDe
storica. II sodo dell'arte consiste nella benintesa armonia
e concatenazione di tutte le parti, dalle maggiori divisioni
fino alle minime particolarita ; nella naturalezza e disin-
voltura dell'andamento , sicche non appaia niuno studio ,
non che stento, di artifizio ; nella grazia e dignita dello
stile, appropriate e conveniente alia varieta continua del
soggetto; nella evidenza e vivacita della rappresentazione;
nella giusta movenza e proporzione delle scene che deb-
bono a mano a mano spiegarsi sotto Tocchio del lettore, e
rifargli dinanzi, quasi in ideale compendio, tutto il dramma
del mondo che fu, sicche gliene rimanga scolpita nella
anima viva e fedele T immagine. Ora il Reumont 5 in que-
st'arte maestro ; n& tra i moderni sapremmo trovare chi in
tal maestria gli stesse a paro, se non i due grandi storici,
di Francia e d' Inghilterra, Adolfo Thiers, descrittore im-
pareggiabile delP Impero napoleonico, e Tommaso Babing-
ton Macaulay, pittore classico dell' Inghilterra del seoo-
UNA STORIA DELLA CITTA DI ROMA
10 XVII. Effetti e segno indubitato di quest'arte si e quel
cotal fascino, da cui il leggitore riman preso fin dalle
prime e incatenato quasi con inagica attrazione al suo
Autore, sicche il seguitarne i passi e la voce, per dovun-
que a questo piaccia di condurlo , non solo mai non gli
riesce di faticao di tedio, ma anzi di diletto sempre nuovo
e crescente. Ma, laddove nelle storie del Macaulay e del
Thiers, e nelle prime specialmente, cotesta magia di stile
e di racconto torna talvolta in danno dei lettori, traendoli
in funesti inganni di ree dottrine ; nel Reumont al contrario
ella e non pure innocua, ma altamjente benefica, onde
11 lettore, siccome a Fata saggia, puo sicuramente abban-
donarsi al suo incanto.
Quanto alia purita ed eleganza della lingua, adoperata
dal Reumont, noi non possiamo esser giudici: questo pero
ben possiamo per esperiniento nostro attestare, che la ma-
niera del suo scrivere ha una cotal venusta e sapore di
classicismo, assai raro ad incontrare negli autori alemanni
d'oggidi. Nulla e in lei di quella oscurita ed asprezza, di
quel fare contorto e pesante, di cui gl' intelletti latini so-
gliono offendersi non di rado nelle scritture germaniche;
nulla di quelle stravaganze romantiche, di quelle temerita
e bizzarrie, che oltremonti da molti si ammirano come ar-
ditezze d'ingegno. Al contrario ella precede sempre limpida
e disinvolta, piena di vita, di forza e di.brio, tutto succo e
nervo di pensieri, e nobilmente adorna bensi, come al nobile
argomento cqnviensi, ma con quella saggia sobrieta e con-
venienza che e il piu sicuro paragone del buon gusto : di
modo che ben si pare, come Tingegno del Reumont siasi
lungamente nudrito alle fonti classiche e modellato sugli
antichi maestri, e come a fecondarlo abbiano innuito i lim-
pidi Soli d1 Italia e specialmente di Roma, dov'egli compose
quasi per intiero la sua opera.
Con tutto questo pero noi non abbiamo ancor detto il
pregio principale della Storia del Reumont. A fare un buono
Storico non bastano i tesori dell1 erudizione e le grazie dello
UNA STORIA BELLA CITTA DI ROMA 171
stile: quel che in lui si richiede soprattutto, si e, rigorosa
verita nel racconto dei fatti, e solido senno a dirittamente
giudicarli : le quali duex parti qualora manchino , potrassi
avere bensi un erudito e bel romanzo, non gia una Storia.
Ora nel Reumont elle non solo non mancano, ma si trovano
amendue in grado esimio.
II suo racconto e da capo a fondo di una verita cosi
precisa e squisita, che , se si eccettuano le poche sviste
che fra breve noteremo , difficilmente altri potra rinvenire
dove riprenderlo di falso o di temerario. Quanto a noi cer-
tamente, per quel poco di perizia che abbiamo nei fatti di
Roma pagana e di Roma cristiana, possiamo far fede d'averlo
trovato generalmente, eziandio in quei tratti che pigliammo
a riscontrare con piu rigido e minuto esame, d'una fedelta
ed esattezza maravigliosa, non solo quanto alia sostanza
dei fatti, ma fino alle loro particolarita piu minute. Cola poi,
dove la Storia di Roma presenta oscurita ed incertezze (e
quante non ne offre , sia nelle sue origini e ai tempi della
Repubblica, sia nei primi secoli del Cristianesimo, sia an-
cora nella confusione del medio evo, tutte oggetto di studii
e litigi perpetui agli archeologi edagli eruditi!) ivi il Reu-
mont fa meglio che mai prova di narratore diligente e in-
tegerrimo; le cose dubbie e non possibili ad accertarsi
esponendo come dubbie ; dai fatti autentici distinguendo le
mere tradizioni o leggende; le favole rigettando col dispre-
gio che meritano; nelle questioni fra i dotti agitate, a quella
sentenza attenendosi che e piu accreditata e probabile; ogni
cosa insomma sottoponendo al cimento di buona critica, e
nulla presentando ai suoi lettori, che non sia oro fino di
scienza storica.
Questa rara esattezza e diligenza nell' esposizione dei
fatti, e accompagnata da una giustezza e sapienza ancor
piu rara nella estimazione dei medesimi. In un1 opera di
tanta mole, in una storia, la quale coi fasti della citta re-
gina del mondo abbraccia per oltre a venti secoli gli awe-
nimenti e le rivoluzioni piu famose del mondo; in un teatro,
172 UNA STORIA DELLA CITtA DI ROMA
sulla cui scena vengono a mano a mano presentati al pub-
blico giudizio i personaggi piii eminent! e piii celebri eke
il mondo abbia avuto in qualsivoglia genere di grandezza;
in un campo, dove vengono a intrecciarsi e far nodo le piii
gravi questioni, politiche e religiose, che abbiano agitato
la societa ; in una storia insomma, che, per la qualita me-
desima del suo tema, compendia in se sola le arduita e i
pericoli di tutte le altre; egli e veramente uno stupore a
vedere, con che saldezza e profondita di senno il Reumont
di tutto discorra e di tutto giudichi. Se egli parla di politica
e di qualsiasi punto attenentesi a governo di popoli , si
vede in lui I'uomo di Stato, che ad una squisita conoscenza
di tutte le ragioni e finezze politiche congiunge, cosa rara,
una rettitudine e onesta di coscenza intemerata. Se entra
a parlare di religione e di Chiesa ed egli debbe entrarvi
ad ogni poco, si sente in lui insieme colFeruditcK, versatis-
simo in ogni parte della ecclesiastica istoria, il cristiano
sincere e lo schietto cattolico, pieno di fede e di riverenza
altissima verso la Chiesa, n& di questa riverenza mai di-
mentico anche allorquando gli conviene, pel suo debito di
storico , esporre le piaghe che la affl issero, e i disordini del
ministri che la disonorarono. In materia poi di lettere e di
belle arti , alle quali il Reumont nella sua Storia ha con-
cesso quella parte amplissima che alia citta, stata sempre
metropoli delle arti e delle lettere, troppo bene conveni-
vasi ; in questa materia, diciamo, egli dimostra ad un tempo
colla passione anzi col fuoco dell1 amatore, la perizia e fi-
nezza estetica del maestro. A molti parra cosa incredibile>
non che maravigliosa, che uno straniero potesse conoscere
cosi a fondo la nostra lettexatura italiana (non diciamo della
latina che e patrimomo universale), e dare giudizii cosi
giusti ed acuti, non solo sopra il movimento letterario in
generale, ma anche sopra le singole opere e gli autori sin-
goli; e ad alcuniforse parra anche strano, che un uomo di
oltralpe potesse sentire cosi al vivo le bellezze della nostra
architettura, e penetrarne tutti i segreti, e le graziose sue
UNA STORIA DELLA CITtA DI ROMA 173
opere, insieme con quelle delle due arti sorelle, descrivere
con tanto garbo. Eppure tant' e : quei magnifici capitoli, in
cui il Reumont, di epoca in epoca, viene esponendo i pro-
gressi delle lettere e delle arti belle , entro quella vasta
cerchia di cui Roma e sempre stata il centro, sono un te-
soro di storia letteraria ed artistica, non solo per la copia
e sceltezza delle notizie ivi addensate, ma soprattutto per
la sapienza del giudizii , con cui le opere piu famose dei
nostri letterati ed artisti vengono apprezzate.
Eguale poi alia bonta dei giudizii che dal nostro Au-
tore, sopra ogni genere di materie quantunque svariatis-
sime, sono formati, e in lui la felicita dell'esprimerli e farli
penetrare, limpidi e netti nella mente dei lettori. Egli ha
soprattutto una singolar maestria a caratterizzare i fatti e
i personaggi che gli vengono tra mano ; un'arte rara di
cogliere la natura nel vivo, e mettere in rilievo, in ogni
persona e in ogni fatto o complesso di fatti, quei linea-
menti appunto piu originali e proprii, onde si contraddi-
stingue. Quindi e che in poche pennellate egli vi da il
ritratto parlante d' un Imperatore, di un Papa, d'un guer-
riero, d'un letterato, o di chicchealtri si sia, dipingendovene
con maravigliosa giustizia il carattere, e mostrandovene le
luci e le ombre, il bene e il male, le grandezze e le debo-
lezze, con imparzialita lontana egualmente dalle esagerate
lodi e dal passionate biasimo ; e in poche linee del pari vi
da si nettamente scolpita 1' indole d'un regno , d'una di-
nastia, di una impresa, di una epoca intera, che e un di-
letto insieme ed una meraviglia . Laonde, a chi bramasse
di formarsi in capo una giusta idea dei fatti e degli eroi
principali della storia, non solamente di Roma, ma di quasi
tutta Europa, difficilmente noi sapremmo indicare un libro
piu sicuro insieme e piu comprensivo di questo del Reu-
mont.
Ma, dove maggiormente spicca per avventura 1'abilita
e il senno dell'Autore nel giudicare e dipingere i perso-
naggi storici, si e cola , dov'egli parla dei Romani Ponte-
174 UNA STORIA BELLA CITTA DI ROMA
fici e della loro corte : gran pietra (T inciampo , come
ognuno sa, a molti storici, eziandio cattolici, i quali, o tras-
viati da passioni politiche, o assordati e confusi dagli schia-
mazzi del nemici della Chiesa, si arrecano sovente a be-
stemmiare quei che lor debito sarebbe di adorare . II
Reumont ha in somma venerazione il Papato ; eppero nella
sua Roma mette in luce, con isquisita diligenza ed amore,
i meriti, le grandezze, le glorie ; giacche finalmente, come
egli stesso nota, tutta la vita e grandezza di Roma, da
almeno quindici secoli in qua, non altronde'deriva die dai
Papi. Quindi altresi egli la lor memoria difende dalle in-
giuste accuse ; confuta le calunnie e scopre Porigine delle
favole a denigrarla inventate ; interpreta in buona parte,
spiegandone le ragioni, certi fatti che dagli uomini mali-
gni o leggieri sogliono torcersi in sinistro; scusa ed atte-
nua sempre che puo con opportune riflessioni, quei difetti
e quelle colpe eziandio che non possono negarsi ne debbono
tacersi.
Imperocche, dalFaltra parte, egli come leale ed intero
narratore , non dissimula punto ne tace quel che la vera
storia in alcuni Papi, non che nei Cardinali o Prelati ro-
mani, riprende ; seguitando in cio la liberta del Baronio e
del Pallavicino, ma imitando al tempo stesso il riverente
riserbo e la dignitosa temperanza di quei due storici nobi-
lissimi. In tal guisa egli si tiene ugualmente lontano dagli
eccessi e d'una adulazione malintesa e di una peggio stu-
diata virulenza. La virulenza , onde scorgonsi avvelenate
tante penne, nostrali e straniere, liberalesche e protestan-
tiche, contro Roma e i Papi, toglie ogni fede alia storia,
degenerante allora in libello: ma non poco vale altresi a
scemarle credito 1'adulazione , che la storia trasforma in
panegirico e pretende di difendere nei Papi ogni cosa. Cio
che non sembrano intendere certi pii e zelanti, ma improv-
vidi autori, i quali, a dispetto di fatti e date incontrastabili,
ripigliando a perorare certe cause, non s'avvedono che non
solamente si travagliano indarno , ma che , non potenda
UNA STORIA DELLA CITTA DI ROMA 175
tosto o tardi evitare il flagello o il riso della critica, si
troveranno infine aver peggiorata col loro patrocinio la
causa che avean tolto a difendere. Non cosi il Reumont.
Egli di Alessandro VI come di Urbano VI, di Leon X come
di Paolo IV, di Clemente VII come di Urbano VIII, narra e
biasima i difetti e le esorbitanze, le leggerezze e le impru-
denze politiche, le debolezze o i rigori eccessivi; mettendo
pero al medesimo tempo in bel rilievo tutte le virtu e qua-
lita, per cui onorarono la Sede di S. Pietro. Egli censura
nel nepotismo dei Papi gli abusi che lo resero scandaloso
e funesto alia Chiesa e allo Stato ; ma d'altra partenon di-
mentica punto i vantaggi che piu volte arrecd , e molto
meno le eccellenti qualita di molti cardinali nipoti e i me-
riti egregi che colla Chiesa e collo Stato acquistarono. Egli
narra e deplora la leggerezza e la licenza del vivere, con
cui parecchi Prelati e Cardinali , massimamente in certe
epoche sciagurate, disonorarono pur troppo la santita ed
eminenza del loro grado ; ma insieme fa risplendere agli
occhi del lettore bellissimo il quadro delle virtu, dei talenti,
dei meriti e delle opere grandiose, per cui il sacro Colle-
gio e la romana Prelatura in ogni tempo brillo e provossi
al mondo il piu angusto e venerabil Senato che mai ve-
desse la terra. In simil guisa egli precede coiraristocra-
zia laicale di Roma e col popolo. Dei Baroni romani' e dei
cittadini e della plebe egli dipinge al vivo i costumi e le
geste di ogni eta, dicendone il bene e il male, le belle
qualita e le tristi, le glorie e le infamie, con imparzialita
di giudicio, non ad altra norma regolantesi che a quella
dei fatti e documenti autentici.
In ogni cosa insomma e in ogni genere di persone che
gli- vengano alle mani, e si presentino al tribunale della
sua storia, il Reumont fa egregiamente le parti di giudice,
sapiente del pari ed incorrotto ; sagace a penetrare i me-
riti, buoni o rei, di ciascuna. causa, ed intrepido a procla-
marli ; non avente altro di mira che la verita e la giustizia
per tutti ; ed inclinato bensi ad abbondare alquanto nella
176 UNA STORIA. DELLA CITTA DJ ROMA
benevolenza e nella lode, cid che e segno d'animo buono
e gentile, ma sempre saldo a condannare inesorabilmente
cio che merita assolutamente condanna.
Tali sono i pregi principal! che adornano la Storia della
citta di Roma del Reumont. A dir tutto in breve, egli si
mgstra in essa grand1 erudito, grande scrittore, gran cri-
tico ; raccogliendo cosi in se solo , in grado raro ed
eminente, tutte le qualita che richieggonsi a formare un
grande storico.
Noi avremmo voluto offerire qui ai nostri lettori qual-
che bel saggio della sua Storia: ma come mai in poche
pagine dar saggio di un' opera cosi vasta? oppure qual
tratto scegliere, infra i tanti che ve ne ha, tutti di singo-
lar bellezza, da capo a fondo dell' opera? II solo che far
possiamo per ora, si e d'accennare cosi in globo, certi capi
principali che, nel corso di questa Storia, ci paiono, per la
egregia maniera in cui sono trattati, maggiormente degni
di lode. Tali sono, nel 1° Volume: le origini di Roma; lo
svolgimento successive delle sua costituzione civile sotto
i Re, sotto i Consoli, sotto gl'Imperatori ; i tempi di Giu-
lio Cesare; 1'indole dell'impero; i ritratti degl' Imperatori,
stupenda collezione di fotografie storiche ; T introduzione
del Cristianesimo ; le cagioni prossime delle persecuzioni
che ei sostenne , da Nerone a Diocleziano ; la descriziorte
delle Catacombe ; il trionfo del Cristianesimo e il suo splen-
dido sviluppo nel IV secolo ; la reazione e le ultime agonre
del Paganesimo romano. Nel 2° volume: le origini e lo
stabilimento della Sovranita temporale dei Papi; il caos
politico di Roma- e d' Italia nel secolo X, mirabilmente de-
scritto e stenebrato ; la gran questione delle Investiture e
la lunga lotta che ne segui tra il sacerdozio e 1' Impero ;
i moti repubblicani di Roma nel secolo XII e le successive
mutazioni della sua costituzione municipale; il miserartdo
quadro di Roma durante la cattivita avignouese e il grande
scisma. Nel 3° volume : il risorgimento di Roma al ritorno
dei Papi; il movimento letterario del secolo XV; le gesta,
UNA STORIA DELLA ClTTA DI ROMA 177
le conquiste e le sventure del Papi politic! ; gli splendori e
le ombre del regno di LeoneX; Torrenda catastrofe del Sacco
di Roma nel 1527: la granRiforma cattolica e i suoi felic*
progress! da Paolo III a Sisto V : dopo il cui famoso Pon-
tificato FAutore, atteso le nuove condizioni di Roma, piii
tranquille e meno influent! nella storia politica del mondo,
precede fino ai di nostri in modo piii rapido e compendio-
so. E in tutti tre i volumi finalmente, la descrizione to-
pografica e monumentale della Citta e Campagna, insieme
colla storia di tutte le trasformazioni , a cui di mano in
mano Tuna e 1'altra venne soggiacendo; la quale dal Reu-
mont e trattata con singolare accuratezza, e forma, in una
colla pittura dei costumi romam nelle varie eta, una delle
parti piii nuove, piii erudite e piii belle di tutta 1' opera.
Del rimanente noi speriamo che un' opera di tanto pregio,
e di soggetto cosi eminentemente italiano, non tardera a
trovare fra noi qualche valentuomo che voglia sobbarcarsi
alia fatica, certamente non leggiera, ma utilissima, di dar-
ne all' Italia una traduzione per intiero: una traduzione,
diciamo, fatta con amore e con quella esquisita diligenza,
che vedesi il Reumont aver posto nell' opera originale ; una
traduzione che, recando quest' opera in veste italiana, non
le scemi nulla di quella bellezza e maesta, che ella ha cosi
felieemente sortito nella sua germanita nativa.
Agli elogi nondimeno che finqui abbiamo, per debito di
giustizia, renduti in generale alia Storia romana del Reu-
mont, la giustizia esige altresi che aggiungiamo qui per
ultimo qualche censura ; e noi crederemmo di mancare, non
dhe al dover nostro verso i lettori, anche alia somma sti-
ma che professiamo per 1' Autore, se dopo avere in lui com-
mendato quel che ci parve degno di lode, trasandassimo di
notare eziandio con eguale schiettezza ci6 in che ci sem-
bra meritevole di critica. Non ci consentendo lo spazio di
farlo in questo fascicolo, lo rimettiamo al seguente.
Serie VIII. vol. II, fasc. 500. 12 4 aprite 1871.
LA SAVIA E LA PAZZA
RACCONTO DEL PRINCIP10 D! QUESTO SECOLO
VIII.
I FRATELLI DELL' AMICIZIA CRISTIANA.
— Ma voi avete al tutto messa la vostra Roma nel
dimenticatoio ! — Cosi parlava la nipotina Clelia a zio
Chiaffredo, non osando aggiugnere cio che pensava inoltre,
cioe che il papalino zio T aveva fradicia col tanto novellare
di Papa e di Roma , e le avrebbe fatto un piacere dell1 ani-
ma, a prender Tambulo e tornarsi cola ond'era venuto. Ma
il valentuomo , dando vista di si accorgere della malignosa
punta involta nella dimanda innocentina , rispondeva : —
Come vnoi che io torni a Roma ? Roma non ci e piu.
— 0 che, se 1'hanno rosicchiata i topi?
— Bimba mia , tu hai a sapere , che per ogni fedel cri-
stiano Roma non e altro che il Papa. Ora il Papa non e a
Roma , dunque per me non ci e piu Roma. Vedrai come il
frullo di tornarvi mi saltera addosso , appena sentiro dire
che il Papa ci e tomato. Ci entrer6, come gli staffieri del
Papa , dietro la sua carrozza.
Con siffatti discorsi, che la Clelia ripeteva al padre suo,
T accorto Chiaffredo cercava di dissimulare al fratello gia-
LA SAVIA E LA PAZZA — I FRATELLI DELL' AMICIZIA CRISTIANA 179
cobino la sua protratta dimora in Torino; ove era trattenuto
dall'impegno accollatosi in servigio della segreteria di Stato.
Ben diversamente espandevasi , allorche s1 incontrava a tu
per tucon uomini di fede inviolata, e nelle brigate dei sin-
ceri patriotti, devoti a Dio e al proprio sovrano. Interve-
niva con infinite diletto alle tornate dei Pastori della Dora,
che sotto T ombra di palestra letteraria veniano Tun 1'altro
provocandosi alia longanime costanza. Dolci gli trascor-
revano le ore, tra quegli eccelsi cristiani, piu nobili assai
che i loro chiari nomi, Cesare Saluzzo, Francesco Galeani
Napione , Michele Fea, Carlo Denina, Alessandro Sclopis,
Luigi Andrioli , Giacinto della Torre , Tommaso Valperga
Caluso, Emmanuele Bava, Giuseppe Franchi Pont, Prospero
Balbo; e tornando dalle loro conversazioni, soleva dire che
egli aveva passato un' ora nella sua vera patria , e assapo-
rato tutta 1' antica fierezza della lealta , della cavalleria ,
della coltura piemontese .
Con vie maggiore abbandono lasciavasi andare alle ri-
trovate geniali dell' Amiciiia cristiana, nella quale appunto
quest1 anno fu accolto come socio novmo. Perciocche in
questa orribile stagione di ribellamento contro Cristo e
il suo Vicario , era germinata in Torino una fratellanza di
fedeli , che con voti e giuri solenni si dedicavano a mante-
nere la religione e serbar fede al Romano Pontefice. La
loro societa nutricavasi dei piu alti dettami della perfezione
evangelica, e operavasi nell' apostolato concesso ai seco-
lari , con zelo degno della Chiesa primitiva. Oltre al dar
mano alle opere benefiche , cristianeggiarle al possibile ,
difenderle , moltiplicarle , tenevano in cima dei loro doveri
sociali quello di combattere a oltranza le pestifere dottrine
allora prevalent! in Europa, e cio conseguivano colla in-
gegnosa ed efficace propagazione de'buoni libri. Spesseg-
giavano le riunioni sino a due volte per settimana. Dopo
breve lettura e piu breve preghiera si trattavano gF inte-
ressi di Dio, altri riferiva sugli increment! e sui detriment!
della religione nel Cristianesimo , altri sopra i libri usciti
180 LA SAVIA E LA PAZZA
novellamente alia luce, altri sugli scapiti o vantaggi del-
T Amicmacristiana,', proponevano nuovi disegni di miglio-
ranze , nuove macchine , nuovi ingegni di sterpare i mali
libri, e d1 introdurre per tutto giovevoli scritture; ventilate
e passato un partito, di presente se ne sceglieva Tesecutore.
Infine , levata la seduta , che non poteva oltrepassare 1' ora
e mezzo, si confondevano in amichevoli e gioconde con-
versazioni. Una delle piu gravi question! soleva sempre
riuscire T esame dei novelli candidati. Perciocche non a
far gente associavansi, come gli arruffatori politici, si bene
a propugnare la verita e il bene ; e T esperienza loro aveva
dimostro, a ci6 piu conferire Tazione di un franco e prode
confratello, che il tentennio di numeroso stuolo di dubbii
o tepidi o timorosi.
Percio il postulante doveva assoggettarsi a un anno ,
cosi chiamavasi, di noviziato : ingaggiarsi sull'onor suo di
rinnovare lo spirito con una generale confessione della vita
trascorsa , alimentare la pieta con assidua frequenza ai sacri
misteri , consacrare ogni di un' ora alia contemplazione delle
verita celestiali e una seconda ora alia lettura dilibri asce-
tici. Cosi temperato lungamente alle forti virtu la mente e
il cuore , il novizzo obbligavasi coi voti proprii dslY Ami-
dzia cristiana: obbedire al direttore di essa, nelle appar-
tenenze della societa medesima , coltivare se stesso con let-
ture salutari almeno una volta per settimana , non leggere
alcun libro proscritto dalla potesta ecclesiastica. La corona
dei voti poneva chi il volesse (e tutti il volevano) con un
solenne giuramento , che era tessera di perfetto cattolico
a un tempo , e capolavoro di odio radicale contro la rivo-
luzione e le societa settarie. « Professo, diceva il novizo,
di riconoscere la Santa Cattolica Apostolica Romana Chiesa,
madre e maestra di tutte le chiese. Prometto e giuro vera
obbedienza al Romano Pontefice successore di Pietro, prin-
cipe degli Apostoli e Vicario di Gesu Cristo, confessando che
niuno puo essere vero cattolico, senza Tunione colla Chiesa
Rornana , ne puo salvarsi senza un' obbedienza sincera al
I FRATELLI DELI/AMICIZ1A CRISTIANA 181
Romano Pontefice , quale professero sempre senza eccezioae
e restrizione. Riconosco ancora T infallibilita del Romano
Pontefice ne1 suoi giudizii dati ex cathedra , e detestero
sempre ogni no vita di dottrina a questo riguardo. »
Questa si rigida e austera mole di doveri, sembrava, in
apparenza , acconcia a sgomentare i novellini , vaghi di
arrolarsi sotto quella straordinaria bandiera ; sopra tutto in
eta si sbrigliata qual era la corrente. Ma tutto all' opposto
scorgevasi nella realta. Uno scopo nobile , santo , precise ,
mezzi sicuri ed efficaci , per quanto appariscano ardui a
primo aspetto, irradiano tale splendore, che quanto se
ne allontanano i poveri di cuore , altrettanto ne restano
affascinati i magnanimi. 1C proprio delle robuste istituzioni
allettare gli spiriti robusti. E molti eccellenti uomini, che
brillarono quasi stelle di primo chiarore nel cielo ottene-
brato d' Italia, si faceano gloria di avere professato i voti
dell' Amicizia cristiana, ne tenevan alto il vessillo, e ne
frequentavano le adunanze. Nella sede primaria di Torino,
tra tanti eletti ingegni, vi si affratellavano il conte Giuseppe
de Maistre col suo figlio Rodolfo, il cavaliere Renato d' A-
giiano , il conte Luigi Roasenda del Melle , il marchese
Massimino di Ceva, il barone di La Tour, il marchese Cesare
Taparelli d' Azeglio, il cavaliere Luigi di Collegno, chiaris-
simi tutti per libri pubblicati o per opere egregie istituite.
V intervenivano aitresi personaggi forestieri , allorche
incontravansi di passaggio in Torino, come il gran vescovo
Pietro Giuseppe Rey, il barone Penkler di Vienna, il cava-
liere Leopoldo Ricasoli di Firenze , il conte Francesco
Pertusati di Milano, e altri in gran numero. Perciocche il
huon seme , oltre al barbare profondo nel natio terreno ,
gittava lieto e fecondo di vigorose propaggini, a Milano, a
Verona, a Firenze, a Ciamberi , ad Annessi, a Soletta e a
Friborgo di Svizzera, a Scialon, a Bordo, a Tolosa, aParigi,
a Vienna, ad Augusta. Le Amicizie, esemplate dalla torinese,
appellavansi colonie, e al tutto si reggevano alle leggi della
madrepatria. Ne rampollarono consimili istituti di sacerdoti,
182 LA SAVIA E LA PAZZA
e di dame : e forse dalle loro tradizioni fu seminato, dopo
un mezzo secolo, il primo pensiero delle Conferenze di San
Vincenzo de'Paoli.
Chiaffredo pronunzib, a suo tempo , i voti della societa
nell1 assemblea di quegl' incliti cristiani , nelle mani del
Lanteri, che ne era 1' anima e il maestro. Non sappiamo se
ci6 avvenisse nel palazzo del principe Della Cisterna, o in
quello del marchese D' Azeglio ; giacche in entrambi i luoghi
soleva il Lanteri tenere adunanze . Adoperavasi altresi di
formare proseliti : — Presso noi, diceva egli, non si tramano
occulte rivolture, non si designano vittime al pugnale, non
si preparano opere bieche,no: tutt1 all' opposto: noi disde-
gniamo le fraudi ancora nei principi di corona, non patteg-
giamo col partito soverchiante , dispregiamo i tiranni
oppressori, e li dispregiamo in faccia al sole. Ogni nostra
carta puo sciorinarsi in tribunale, e non dimostrera altro di
noi, fuorche la invitta fedelta nostra a Dio, al Pontefice, al
Sovrano. Se alcun tribunale ci condannasse, sua vergogna!
noi assolvera la coscienza del santo diritto, e la storia, e il
di finale. Noi cospiriamo come i martiri contro le leggi di
Nerone .
IX.
CHE FA IL PAPA A PARIGI *?
Non riuscirono di piccolo sussidio gli ufficii (lelYAmwwia
cristiana all'impresa di Chiaffredo. Tenevano gli Amid un
registro clie chiamavano la carta geografica dei galantuo-
mini ; e in esso venivano inscrivendo i nomi de1 socii di
ciascuna citta dentro e fuori <T Italia: uomini di ardire pru-
dente, e volenterosi di servire la Chiesa, a rischio pur del
carcere e della vita, come i fatti provarono. Costoro diven-
nero i perni maestri delle poste pontificie. A Torino poi ne
ottenevano in ricambio , oltre al merito della pericolosa
prova, eziandio la soddisfazione di risapere sinceramente
CHE FA IL PAPA A PARIGI? 183
le novelle d' oltremonti : giacche le gazzette di que' tempi,
tenute gelosamente sotto la ferrea verga de1 governanti ,
erano ridotte ad un ordigno poliziesco, onde imbavagliare
la verita, ed orpellare la menzogna, a libidine del tiranno.
Chiaffredo si presentava alle sale del marchese d1 Azeglio,
e tutto arzillo gridava fin dalla porta: — Buone nuove !
— Avanti, non dimandiamo altro, risposero gli Amid,
circondandolo con impazienza. Che ci e per aria ?
— II Papa e a Parigi, sano e salvo. Nel tragitto, per
tutto trionfi, come a Torino : la religione si ridesta nel suolo
francese : ogni passo del Papa vi scancella le vestige della
rivoluzione. II Papa 1' ha proprio indovinata . . .
— Ma T Imperatore come T ha ricevuto ?
— Un po'gelosetto di tanti onori, che egli non aveva
stanziato nel programma preventive, ma cosi su per giu, il
Papa se ne chiama arcicontento.
— Or via, sfilate la corona, non ci date le chicche a
strappate : noi facciamo silenzio, e voi raccontateci tutto,
tutto, ve'.
Chiaffredo, datosi un'occhiata intorno, si cavo del por-
tafogli una cartucciaccia stazzonata , che in nulla avea
forma di lettera, e comincid a percorrerla, leggendo tratto
tratto alcune righe, tra un silenzio di immensa aspettazione.
« L' imperatore e venuto incontro al Papa in Fontainebleau,
smonto da cavallo , si abbracciarono con visibile commo-
zione ; T imperatore sali il primo in vettura, per lasciare il
luogo piii degno al Papa... Pio VII disse a un ministro, che
T interrogava , come avesse trovata la Francia : Non ci
aspettavamo di vederla, come Tabbiamo veduta, tutta in
ginocchio sul nostro passaggio. Dio sia benedetto ! »
— Dio sia benedetto ! sclamarono ad una- voce i cir-
costanti , Dio sia mille volte benedetto ! II Malbrouch si
continue : « II viaggio e la dimora del Papa in Francia
riescono ad una bella e buona ristorazione degli scandali
mondiali dati dal passato governo dei diavoli : e la gente
dice: leri abbiamo perseguitato, carcerato, ammazzato il
Papa, e oggi il Papa ci passa in trionfo sotto i baffi. ! »
\Sk LA SAVIA E LA PAZZA
— E cio, dopo tutto lo scatenato regno deH'Anticristo!
internrppe il conte Rodolfo de Maistre.
— Confidite: ego vici mundum: aggiunse il Lanteri.
— « A Parigi il Papa accolse trenta deputati del se-
nato, del corpo legislative e del tribunato. Uno recitb un
pomposo elogio del Governo pontificio, passando ogni cosa
in rassegna, leggi, amministrazione, awenimenti memora-
bili . Fu una ammenda onorevole alle bricconate finora
spappagallate dai giacobini. II presidente del senato disse
che la coronazione render^ piii venerabile la maesta im-
periale e piii cara Tautorita pontificia alia Francia, la quale
egli intitolo di nuovo la fille ainee de V figlise romaine. Po-
vera^Zfe ainee ! disse in sentenza un altro presidente, per
poco ne facevano una fille publique : ma buon per lei che
1' imperatore T ha ciuffata pei capelli, ribattezzata, e ricon-
dotta a1 pie del Papa, salvandola cost dalla barbarie sel-
vaggia a cui era incamminata: col concordato T imperatore
ha yoluto riconoscere, diceva il presidente, che perseguitare
la religione e lo stesso che perseguitare la societa, et qm
tout attentat contre le diristianisme est un attentat contre la
societe. Mi fece 1'effetto di un cordiale, il sentire e vedere
questo solenne mea cutya del capo del corpo legislativo
della Francia, e ispirato dall' imperatore, a' piedi del Papa. y>
A queste parole, nella sala fu una esplosione di rin-
graziamenti a Dio. — Lodato Iddio ! Chi Tavesse detto !
— Noi usciamo finalmente dal caos ! Ah... ah... si re-
spira !
— Beata la Francia, se sapra andare alia radice dei
suoi mali !
— Piano piano ! s1 intromise qui con flemma il Lanteri.
Non ci lasciamo guadagnare da precoci entusiasmi: piii su
sta monna luna. Certo 5 da benedire Iddio del bene che
fa 1' imperatore : e se il Papa va a coronarlo, ci6 vuol dire
che lo riguarda come il meno male possibile per ora nella
Francia, se non come legittimo da tutti i lati : ma vi e un
punto che guasta la coda al fagiano. Non sappiamo ancora
CHE FA IL PAPA A PARIGI ? 185
come Napoleone si accomodera la coscienza per le pro-
vince della Santa Sede , che egli tiene di sacrilegio a
danno del Papa. Sentite, amici, il Papa potra dissimulare
un momento per non cimentare interessi maggiori, ma
mettere la cosa in tacere, questo no: dunque si verra al
quid, e al quare me repulisti. Allora, solo allora che V im~
peratore e re dira : « Santo Padre, vi rendo cio che vi ho
rubato come re d1 Italia , perdonatemi » ; io comincero a
credere, che siamo all'aurora : per contrario, finche di que-
sto non si parla, finche tiene un pollice di Patrimonio di
S, Pietro, quel pollice e una fucina di maledizione per luL
fi vero che Iddio si pu6 servire dei maledetti, degli sco-
municati, del diavolo stesso a far qualche hene particolare;
ma non e suo costume valersene ad una piena ristorazione
della Chiesa e della societa. Aggiungete poi che T impe-
ratore vive tuttavia in tresca sconsagrata , che pute di
concuhinato alle mille miglia...
— Pel concuhinato, no, e affare finito. — Cosi prosegu*
Chiaffredo, percorrendo la seconda pagina della carta.
— Leggete, leggete !
— « V Imperatore ha raccomandato alia clemenza del
Papa alcuni V^scovi costitmionali, ma Pio VII non voile
graziarli di sua udienza, se non dopo la loro piena ritrat-
tazione. A madama Talleyrand il Papa fece dire, si guar-
dasse hene di presentarsi, perche concuhina d: un vescovo
sacrilego ; e il sor ministro ci dovette stridere. Due pic-
cole vittorie di guerriglia, preludio di una vittoria campale.
II Santo Padre prese informazioni sicure sul matrimonio di
Napoleone con Giuseppina, e venne a scoprire come e qual-
mente si erano data la mano solamente dinanzi al sindaco.
Intim6 adunque ricisamente, che mai e poi mai non avrehhe
posta la corona imperiale sulla testa di questo mogliazzo
da cani. Capite hene, che non proferi queste precise parole,
ma un heir incirca, sciroppato e confettato di mele diplo-
matico : e 1' imperatore che non e tondo, senti henissimo
la niffata sul grugno, sali su tutte le furie. Voleva dire,
186 LA SAVIA E LA PAZZA
fare, brigare, darsi al diavolo: ma il Papa fermo e incrollabile.
Breve, il matrimonio sara celebrate domani nella cappella
delle Tuilerie, a porte chiuse, nell'alto della notte, coi soli
testimonii scelti da Napoleone ; e fara la funzione il cardi-
nale Fesch, delegate parroco dal Papa. Fuori non n1 e tra-
spirato nulla : guai a chi ne desse sentore ! Si sapra col
tempo , anzi dovra pubblicarsi per levare lo scandalo del
pusilli. Costi in Roma si puo cominciare a gittarne qualche
voce, senza pero rivelarne la sorgente : tanto da mettere la
mordacchia a certi sputasentenze, che credono sempre il
Papa in pericolo di stramazzoni, se nol tengono essi per le
dande. »
— E chiaro ! interruppe il Lanteri. Ora basta ai galan-
tuomini sapere che il Papa ha creduto bene di procedere
all' incoronazione : solo i giansenisti possono avere il ca-
tarro di censurare i fatti del Papa. Per me ci avrei messo
la mano nel fuoco, che la marachella del concubinato si
accomodava in un modo o in tm altro, prima della corona:
cio non toglie che il signer Malbrouch colla spiegazione di
quest1 involtura non m'abbia tratto una spina dal cuore. Solo
vorrei sapere ora come Napoleone se la sfanghera per la
communione, che e prescritta nel rituale....
— A ogni fascio v'e la sua ritortola, gli rispose Chiaf-
fredo : questa lettera e una magia, e scritta con mano pro-
fetica, giusto giusfco per cavarvi le vostre curiosita be-
nedette, Udite. « Si fanno miracolosi apparecchi per la
solennita . Si dice il Papa dispensera sulla comunione
sacramentale degl' incoronandi . L'ha chiesto in grazia
Napoleone stesso , confessando ingenuamente che non era
tanto buono da poter fare una comunione buona come la
sua prima comunione , ne tanto cattivo da volerne fare una
cattiva. »
— Meno male ! esclamo il piissimo Luigi di Collegno.
Ha proprio infilato T unica gattaiola che gli restava aperta.
Viva lui!
CHE FA IL PAPA A PARIGI? 187
— E Dio gli conceda di fame una buona quando che
sia! disse il Lanteri. Piii mi da speranza questa parola di
Napoleone, che cento fanfanate di sue scritture diplomat!-
che: ci e fede, fede da peccatore, ma vera fede.
— Ma se Tho detto, riprese.il Malbrouch, che questa
lettera & fatata. Parla tutto a modo vostro. Dopo Tincoro-
nazione si trattera degli affari di chiesa, e delle province
usurpate. L'Imperatore personalmente da buone speranze,
e preso della mansuetudine del Papa, a tu per tu col Santo
Padre si mostra reverente ed affettuoso. II Papa dice che
quest1 uomo non e malvagio per sistema, non ha smarrito
la fede, si ricorda ancora del catechismo, ha una penetra-
zione di aquila, e intende mirabilmente, piu che tutti i
suoi ministri pigiati insieme , come un poco di religione
intorno al suo trono gli darebbe un rincalzo infinito, giacche
una dinastia poggiata sulF empieta non pu6 radicarsi nel-
T amore dei popoli. II Papa gli perdona molto, perchS scorge
in lui una tal quale buona volonta. Intanto pero figuratevi
che gusto per noi poveri monsignori a stendere le scritture
di trattati e di guarentige per la Chiesa, mentre sappiamo
che intorno all' Imperatore ronzano gli ex-preti della dea
Ragione, apostati, ladri insigni, assassini, regicidi, insomma
tutto il colaticcio della rivoluzione passata, che si chiama
Fouch6, Talleyrand, Massena, Cabanis, Savary, Lareveill6re-
Lepaux, Ginguene, Sieyes, et cetera animalia. Basta, ci e
anche Pio VII, e piu su vi e Domineddio. Speriamo. »
— Non c'& altro, conchiuse Chianredo, ripiegando la
lettera.
— Scusate se & poco, dissero alcuni. Ne sappiamo piu
noi con cotesto scaccolo di carta, che non se ne sa forse
in molte cancellerie di Europa.
— Basta bene, per una prima di cambio , aggiunse il
marchese D'Azeglio. Noi vi siamo obbligati e riconoscenti
in secula seculorum. Per me , quando avete di cotesti zuc-
cherini , venitemi a svegliare di notte , e sarete ricevuto
come il re , se ci tornasse a Torino. —
jgg LA SAVIA E LA PAZZA
Licenziata T adunanza , rimase Chiaffredo a desinare col
D'Azeglio , insieme col Lanteri e il cavaliere Renato D'A-
gliano. — Quest! era un invitto e imperterrito campione del
Papa, e prendeva diletto mirabile di ciascun particolare di
servigio della Santa Sede.. Per6 non si tenne che non ri-
chiedesse a Chiaffredo: — Ma donde e come avete voi tali
lettere?e come le fate arrivare al Quirinale?
Chiaffredo sorrise, e-guatando maliziosamente il padre
Lanteri, dimando : — Mi posso fidare del cavaliere D' Aglia-
no? — e si dicendo traeva fuori la lettera e tornava a
spiegarla.
— Ma il D'Agliano, che neppure per celia sosteneva si
mettesse in dubbio la sua terribile devozione al Santo Pa-
dre: — Bravo, signor Malbrouch! anco questa ci mancava.
Non sapete ch'io son uomo di salire in poste, e trovare il
Papa tra cento manigoldi , e dire e fare tutto ci6 che cre-
dessi di suo piacimento? contento di essere fucilato dope
in un fosso , come il duca di Enghien ?
Chiaffredo non rispose altrimenti che mettendogli sotto
gli occhi la carta , in calce alia quale si leggeva : « Rico-
piate la presente in carattere ignoto , spedite copia a chi
sapete , bruciate T originale. » E aggiunse : — Questa 5
giunta da Parigi per un corriere , ossia corriera straordi-
naria, ad una dama che si dimora in una villa presso Torino:
di la e entrata dentro una paniera di agli, ora sara tra-
scritta , e poi arrivera al Quirinale, si impenetrabile, ch' io
sfido tutte le polizie del mondo a scovarla.
II padre Lanteri aggiunse : — Cavaliere , io scrivo il
vostro nome nel taccuino, con un segno cabalistico a lato.
Ci6 vuol dire che quando avro necessita d'un procaccio
spericolato, sapro sopra cui fare assegnamento. — E il
fece a suo tempo, con infinite rischio del D'Agliano, e
memorabile servigio di Santa Chiesa .
Clotilde era la segretaria incaricata delle copiature . E
sapeva tenere credenza con tale una finissima gelosia, che
bene giustificava la fiducia in lei riposta. A cio si rinser-
rava nella sua cameretta, poneva sullo studiolo un leggio
CHE FA IL PAPA A PARIGI ? 189
con sopravi aperte le Avventure di Telemaco, e sotto la sal-
vaguardia del libro, sbrigava ratto il suo compito in pulita
e netta scrittura. Piu d' una volta fu sul punto di venir
cOlta sul lavoro: ma essa scriveva, coll' orecchio atteso
come la lepre , al primo scarpeggio sentisse nella stanza
vicina , guizzava la carta tra il cassetto e la ribalta, e re-
stava con un bel quaderno avanti, propriamente in atto di
esercitarsi in calligrafia , sulla falsariga .
Appena si puo credere di quante arti sieno capaci i gio-
vani e le giovinette in questa prima eta , in cui si aprono
al mondo, e di quale acerrimo zelo infiammare si possano
al bene come al male, secondo educazioni. Nelle sommosse
parigine del 1848, certi battaglioni di monelli diedero fac-
cenda ai reggimenti d'ordinanza piu accanitamente che
non le barricate degli operai: a Roma, nella Crociata del
1867, garzonetti gentili e imberbi si batterono da leoni, e
dilaniati di crudeli ferite li vedemmo spirare con un sor-
riso da martiri. Pur troppo bambine di poca eta si veggono
con orribile scaltrezza operarsi al delitto ; mentre altre ,
angiolette cresciute lungi dall'aere afato del mondo , vi-
gorite dalla preghiera , cibate di Cristo, palpitano solo agli
aliti dello Spirito Santo, orridiscono ad ogni sembianza di
colpa, e le opere eccelse abbracciano con una generosita
soprannatura.
Non cosi la infelice Clelia, maggiore di due anni alia
Clotilde , e in ogni virtuosa disposizione , minore . Non
traboccavasi per verita a disordini estremi : 1' eta non li
comportava. Ma ella vogava in mare incerto, con fragile
palischermo e battuto da tutti i venti che spiravano a lei
d'intorno, senz'ancora di pieta salda, e, che peggio era^
senza timor di naufragio, mentre correva in balia della rotta
fortuna. Per quanto le si adoperasse attorno il Lanteri, non
venne a capo di padroneggiare un cuore sparso in cento
bagattelle, irritabile fino alle piu soavi rappresentanze, non
che tollerante di austere ammonizioni. E pure Testerno
delle due sorelle di poco differenziavasi, e di si poco che
tranne T occhio indagatore dello zio , niuno si era addato
190 LA SAVIA E LA PAZZA — CHE FA IL PAPA A PARIGI?
del radicale divario. Cosi avviene talora nelle famiglie, che
accanto al nido della colomba, si forma il covo della serpe:
colpa la cecita del genitori .
De' segreti servigetti a cui la sorella porgeva Tindustria
sua, la Clelia non ebbe mai vento ne sentore: perche la
Clotilde , sebbene di candidissimo tratto con lei, pure seppe
sempre resistere al solletico di confidarle il segreto. Talvolta
Clelia prendeva maraviglia del vederla divenuta si chiesa-
stica oltre all' ordinario, sino a raddoppiare e triplicare le
sue divozioni. — Ma tu fai de1 gran peccati, le diceva, che
vai si spesso al confessionale.
Cui Clotilde , sorridendo : — Ma tu dei essere divenuta
la gran santa, che ci vai solo a Pasqua. Credi a me, vienci
anche tu: mi farebbe piu piacere...
— Oh perche andarci piu del comandato? La religione
si, sta bene; ma le bigotterie, o no davvero .
— Che bigotterie? Vedi, son sempre quella: ma il con-
fessore mi dice che ora bisogna pregar molto , e offrire la
comunione pel Santo Padre.
Clelia rispose con una spallucciata.
II vecchio zio invece, comeche desse vista di non ba-
dare piu che tanto ai fatti casalinghi , pure coglieva ogni
atto delle nipoti, notava, pesava tutto; e scorgendo il
giudizietto precoce della Clotilde, e T animo naturato al
bene, alcuna volta la riguardava tra compassionevole e
affettuoso : — Peccato , diceva tra se e se , ch1 io non possa
educarmi in Roma questajsi svelfca segretarietta ! Saprei
ben io tirarla su con altre massime, che le giacobinerie di
suo padre. E se qui la sorella ne avvelena il candore colle
sue frascherie di libriciattoli , di modacce , di andazzi alia
mondana?. . . Gua' , e se la chiedessi a suo padre?... puh,
non sarebbe po'poi il diavolo... Clotilde mi metterebbe un
po'di romoreper casa, un po1 di vita, un po' di festa... Ma
lui la vorra presso di se per darle marito... Ma che ? non
potrei io trovarle uno sposino a garbo , quando fosse tem-
po?... Chi ci sarebbe? vediamo... Ci e, ci e... come non ci
sarebbe ? glielo scelgo dal mazzo... Basta, ci pensero. —
RIVISTA
DELIA
STAMPA ITALIANA
Etica nuova, ossia arte di esser felice, di GIUSEPPE RICCIARDI gid
Deputato al Parlamento Ualiano.
II nome dell' autore e il titolo di quest' opera bastano per se a
fame rilevare il contenuto . Giuseppe Ricciardi , come ognun sa , e
un libero pensatore ; nemico per conseguenza di ogni religione, e in
particolare della cattolica. Adunque la sua Etica altro non puo essere
die un sistema di morale, sceverata da ogni principio religiose; e
la felicita, che colla pratica di cosiffatta morale promette, dev'essere
una felicita senza Dio. E cosi e per 1'appunto. Onde noi potremmo
senz'altro porre da parte questo libro, i cui principii, quando anche
la loro assurdita non fosse manifesta per se stessa, ci troviamo di aver
confutato alcuni anni addietro , in un esame che allor facemmo del-
1' empio sistema della cosiddetta morale indipendente. Nondimeno ci
e sembrato, che pur varrebbe la pena tornar brevemente sulla me-
desima questione, tanto piu che il Ricciardi, benche fondi il suo sistema
sopra i principii della morale indipendente, con singolare disinvoltura
ne schiva la discussione; e in quella vece da al suo trattato una cotal
vernice di rettitudine, che di leggieri potrebbe far gabbo ai piu sem-
plici. Sara dunque bene esaminarne accuratamente il valore secondo
il concetto generico e secondo i principii piu cardinali; e per farlo con
ordine esporremo da prima brevemente la somma di tutto il libro.
II fine adequato fall* Etica del Ricciardi e la felicita dell'uoim>
nella vita presente ; giacche o egli non riconosce una vita avvenire,
o almeno la condizione della vita avvenire & per lui affatto indipen-
\ 92 RIVISTA
dente dagli atti morali della presente. Cio posto, tutto quello che pu6
conferire per 1'una parte a rendere 1'uomo contento e soddisfatto in
questa vita, sia co' godimenti dello spirito sia co' piaceri del sense, e
dall'altra ad allontanare o almeno a mitigare tanto i dolori dell'animo
quanto i patimenti del corpo, entra come parte integrante del suo
sistema morale, o altrimenti come mezzo immediate per ottenere la
felicita della vita presente, che ne costituisce il fine.
Alia felicita del qual genere, e per conseguenza alia morale che
e ordinata a procacciarla , egli pone per fondamento la buona co-
scienza : e questo, perche dove 1' animo senta il rimorso di qualche
grave fallo anche occulto, non pu6 trovare solida soddisfazione in
verun altro bene esteriore ; e per contrario dove sia buona coscienza,
la pace e la tranquillita che da essa deriva, compensa sufficientemente
il difetto d'ogni altro bene, e fa patire con animo equabile mali an-
che estremi.
Colla norma di questi principii 1'autore tratteggia i dettami della
sua Etica; i quali per conseguenza non sono altrimenti proposti, che
come mezzi particolari, accomodati alle diverse condizioni della vita,
o circostanze in cui 1' uomo possa trovarsi , o sia per ischivare o
sminuire le sofferenze, o sia per procurarsi il piacere. Ecco, per
cagion d'esempio, com'egli moralizza intorno alia fatica e al dovere
che formano il soggetto del capo IV. « Se non faticasse, godrebbe
1' uomo , siccome gode , e nei riposarsi , e nel ristorare le forze col
cibo e col vivifico umor della vite , e nel baloccarsi ne' di festivi ?
Vaggiungi questo, che chi lavora non prova il male terribile della
noia; che anzi , se ha un qualche dolor nell'anima, il sente men
grave, se pure per poco non lo dimentica. Quanto al dovere poi ,
quale dolcezza ne puo ne dee scaturire per I'uomo generoso ? ecc. »
Cosi parimente nel capitolo V descrive con bei colori la vita, che
dovrebbe nienare un ricco in opere di beneficenza. Ma il solo argo-
mento che sa addurre per consigliarne la pratica, e la maggiore sod-
disfazione, che il ricco stesso si creerebbe con questo genere di vita.
II capitolo VI per contrario e una lusinghiera dipintura della vita
del povero ; e 1'autore la preferisce alia vita del ricco, perche com-
putata ogni cosa, la somma de' piaceri e maggiore in quella del primo,
che in quella del secondo.
La qual morale del piacere e delineata piu direttamente cosi in
un trattato intorno ai sensi del corpo ed ai diletti che li riguardano,
come altresi in altri non pochi capitoli, sparsi per tutta 1'opera,
che hanno relazione allo stesso soggetto del piacere. Intorno a I
quale non riconosce che due sole limitazioni : la prima, che nel pro-
cacciamento delle sensazioni dilettose si debbano evitare non pure
DELLA STAMPA ITALIANA 193
que' maggiori eccessi che potrebbero stemperare la sanita, ma anche
que'minori, i quali sminuiscono 1'attivita de' sensi e li rendono
meno disposti a percepirle. La seconda e, che nel cercar di soddisfare
a certe passion! , che non fa uopo nominare, si dee badare a non
ledere il dritto del terzo. II dritto del terzo, tanto in questa quanlo
in ogn'altra materia, lo vuole cosi rispettato, come ognuno desidera che
sia rispettato il proprio.
Non manca per altro in quest' Etica un trattato speciale de'vizii
e delle virtu ; e cio ch' e piu singolare , gli uni e le altre hanno le
medesime denominazioni , non certamente il valore, che nel Cate-
chismo cattolico. Ma non ci e accaduto di trovare altri argomenti per
isfuggire i primi , se non i gravi mali che producono o nel corpo
per le infermita che ne sono la conseguenza, o nello spirito pe'di-
spiaceri che gli procacciano. E i beni contrarii a questi mali sono
gli unici incentivi per esercitare le virtu, com'egli le propone. Queste
sono la fede, non gia in Dio, ma nel progresso continue, infinite*
dell'uman genere, al quale vuole che tutli cooperiamo secondo le
nostre forze : la speranza , non punto nel premio della vita fu-
tura (in cui si protesta di non credere, perche nessuno e tomato dal-
1' altro mondo a dargliene contezza ) ; ma nel contento della propria
coscienza, e nella stima e nell' amore de' buoni: la caritd per le
opere di misericordia spirituale (come pu6 intenderle un libero pen-
satore), e per quelle della misericordia corporale: finalmente le virtu
cardinali , e le altre morali ed intellettuali , intorno a cui non ci
accade di fare altra speciale avvertenza, essendo sempre lo stesso il
principio movente alia pratica di esse.
E con cio ci sembra di avere data una sufficiente idea deWEtica
del Ricciardi, cosi per rispetto ai principii generali, come per rispetto
alle applicazioni particolari ; a quelle almeno , che sono necessaria-
mente connesse co' principii: giacche di altre proposizioni, non meno
empie ed assurde, ma che non sono cosi strettamente legate col sog-
getto, non sarebbe questo ne il tempo ne il luogo di occuparsi. Ve-
diamo ora se un tal sistema di morale sia veramente morale, avuto
riguardo a cio che gli manca; o se piuttosto gli convenga un'appel-
lazione del tutto contraria per ragione de' principii su cui poggia.
Diciamo dunque in primo luogo, che questo sistema manca della
qualita piu sostanziale a potersi dire morale. E vaglia la verita: intanto
un atto puo dirsi morale, inquanto ha relazione ad una legge prece-
dente, conosciuta siccome tale, a cui se esso e conforme, e riputato
virtuoso, se per contrario e difforme vien giudicato vizioso. II che
e tanto vero , che se per ipotesi impossibile potesse cancellarsi uni-
versalmente dagli animi umani qualsivoglia idea di legge, cesse-
Serie VIII, vol. //, fasc. 50.0. 13 5 aprile 1871.
\ 94 RIVISTA
rebbe allo stesso tempo ogni differenza fra virtu e vizio; siccome
non esiste ne'bruti animali, incapaci di legge propriamente detta,
perche privi di ragione.
Se dunque esistono atti morali, deve esistere necessariamente una
legge la quale sia norma comune di essi, e criterio generate per giu-
dicarli. Ma se questa legge esiste, dove si trova essa registrata, chi
e il legislator che la impose, e quale la sanzione che le diede? A
queste domande non e difficile la risposta, tanto solo che ci piaccia
consultare la ragione, e non ostinarci contro i giudizii di lei. La
ragione dunque ci fa sapere, che questa legge morale essa la trova
impressa in se medesima, perche antecedente ad ogni umana legi-
slazione, perche uniforme ne' primi principii presso qualsivoglia po-
polo e in tutt' i tempi , perche finalmente nessuna barbaric giunse
mai a sradicarla dagli animi. E se e cosi , chi mai pote imporla, se
non 1' autore stesso della natura ragionevole?
Sappiamo bene che i liberi pensatori non riconoscono questo
autore della natura, almeno qual essere distinto dalla natura stessa,
come fa il Ricciardi nella presente opera, segnatamente nel capo XXIV;
ovvero si richiudono in un dubbio universale, che nel fatto equivale
alia negazione. Ma con cio che altro fanno, se non negare allo stesso
modo , ed anzi a piu forte ragione , quella legge morale , che pur
ostentano con tanta millanteria di voler tutelare? E in vero, ogni
legge suppone necessariamente come un soggetto che la riceva, colla
stretta obbligazione di doverla osservare , cosi un legislatore che la
imponga colla vera autorita di obbligare. Una legge che non obbligasse,
o sia perche lasciasse libero al soggetto che la riceve di fare o non
fare secondo le sue prescrizioni; o sia perche quei che la da non avesse
la necessaria autorita per obbligare, per cio solo non sarebbe piu
legge. Ora domanderemo noi al sig. Ricciardi e ad ogni libero pen-
satore come lui: la legge morale obbliga si o no, indipendentemente
da ogni legge positiva? Se essa non obbliga, non esiste moralita nelle
azioni umane; ne sotto questo rispetto sono biasimevoli quegli atti, ai
quali si da il nome di viziosi, siccome non sono commendevoli quegli
altri ai quali si da il vanto di virtuosi. Se poi la legge morale ob-
bliga ; qual e quell' autorita che pone un tal vincolo ? Forse la co-
scienza? Ma che altro e finalmente la coscienza, se non una facolta
deli'animo umano? Se essa dunque fosse il primo e adequate principio
della obbligazione, uno stesso sarebbe il principio che obbliga ed il
soggetto che e obbligato : il che tornerebbe allo stesso che non avervi
obbligazione.
La qual verita ci e confermata con immediata evidenza dalla
stessa interna esperienza. Perciocche qual e il proprio atto della no-
BELLA STAMPA ITALIANA 195
stra coscienza per rispetto alia legge morale, se nonquello di avvertirci,
che la tale azione e da praticare perche voluta da questa legge, e la
tale altra da omettere perche da essa proibita. Ma questo non e certo
crearsi un' obbligazione , si bene riconoscere un' obbligazione che si
aveva. Or chi potea scolpire cotesto intimo sentimento di dovere in
tutte le umane coscienze , se non 1'autore stesso della natura ragio-
nevole; il quale per conseguenza non pud concepirsi identificato e
confuso colla medesima natura, senza che si ricada negli assurdi
teste notati ?
II qual discorso vale altresi per soddisfare all' ultima domanda,
con cui si cercava se vi avesse una sanzione, e da chi posta, a gua-
rentigia della detta legge. E che debba esservi non v' ha dubbio;
perocche come non si da legge senza obbligazione, cosi non si da
obbligazione di legge senza una sanzione; e questa non puo altronde
proyenire, se non dall'autore stesso della legge.
Quanto poi alia qualita della detta sanzione, i liberi pensatori non
sanno trovarla in altro che nella stessa coscienza, dicendo che come la
buona e premio a se stessa, cosi la rea e la piu terribile punitrice
de' suoi misfatti. Ma qual umano legislatore sarebbe cosi inetto , che
pensasse di poter tutelare la societa contro gli omicidi, contro i ladri,
e contro ogni altra ragione di furfanti; e per opposto di poter ot-
tenere atti anche difficilissimi in ogni opera di virtu, proclamando
a sanzione del suo codice premii e gastighi di questo genere? Or dopo
le cose ragionate, non e egli assurdo immaginare, che il legislatore
supremo nell' imporre quella legge, che e il fondamento, la norma e il
modello d'ogni altra retta legislazione, e la cui osservanza e connessa
co' beni del piu alto interesse di tutto il genere umano, si fosse con-
tentato di raffermarla con un presidio siffatto, che adoperato da qualsi-
voglia altro legislatore lo renderebbe ridicolo? Perciocche a metter da
parte ogni altra piu profonda osservazione, basta il senso comune piu
volgare per far capire, che cosi fatti gastighi e cosi fatti premii ap-
punto in que'casi, in cui sarebbe maggiore il bisogno, perderebbero
ogni efficacia. II rimorso e un gastigo del delitto, non pud negarsi:
ma e un gastigo che non tocca, o tocca di rado e assai rimessamente
chi e piu abituato alle opere ree; che e quanto dire chi merita un
gastigo maggiore pe'delitti commessi, ed ha bisogno di un freno piu
efficace per non tentarne di nuovi . E cosi pure la soddisfazione della
touona coscienza, quand' anche si voglia dire un premio dell' opera
virtuosa, ne ha proporzione colle piu difficili, ne offre per queste nel
piu de'casi un sufficiente allettamento. La sanzione dunque della legge
morale ha da essere una sanzione propriamente detta, la quale con-
sista nella retribuzione di premii e di pene, che un giudice supremo
•>| 96 R1VISTA
applichi ai buoni e ai rei, a seconda de'meriti e de' demerit! di ciascuno:
in qua! misura , dove , e con quale durazione non e di questo luogo
indagarlo.
Messe le quali cose, ecco il primo vizio che magagna nella radiee
il sistema morale, proposto dal Ricciardi colla sua Etica: il manco del
principio formale, che consiste nel riconoscimento di una legge eterna,
immutabile, imposta dall'autore stesso della natura agli esseri ragio-
nevoli; tolta la quale, siccome cesserebbe ogni ragione di moralita negli
atti umani , cosi non e possibile nessun sistema che possa proporsi
come regola de'medesimi.
Ma non e questo, ne esser potrebbe il solo vuoto d&M'Elica del
Ricciardi. Un'Etica che non riconosce nessuna religione, e per que-
sfaltro verso un' Etica contraddittoria. Perciocche come la causa for-
male della moralita degli atti umani e la conformita colla legge morale;
cosi la causa finale degli atti moralmente buoni e 1'obbedienza e 1'os-
sequio della creatura ragionevole al suo creatore e supremo legi-
slatore . E percio il primo e piu ,sostanziale precetto della legge
morale e il culto di Dio, in che consiste la religione. Un' Etica dun-
que, come quella del Ricciardi e in generale di tutti i liberi pensa-
tori, che si dichiara indipendente da ogni religione, e necessariamente
incompiuta, perche manca di quel complesso di doveri che si riferi-
scono alia religione e sono i piu principal! ; ed e necessariamente
contraddittoria, perche agli atti umani, che essa pretende di regolare,
toglie 1'indirizzo a quel fine, al quale inquanto tali sono essenzial-
mente ordinati.
E vaglia la verita ; se Iddio colle opere della creazione si ma-
nifesta alia creatura ragionevole principio e fine di tutte le cose, non
puo non esigere da essa che come tale sia riconosciuto ed onorato.
11 primo dovere adunque che la ragione dimostra all'uomo e quello
di onorare Iddio: in che appunto consiste il culto religiose, che ne
prescrive le pratiche e i modi. E percio un'Etica, che prescinde affatto
dalla religione, manca della parte piu essenziale de' doveri che dee
comprendere.
Ma inoltre e un'Etica contraddittoria. Imperocche sebbene la legge
morale non abbia per obbietto immediato solamente il culto divino,
siccome quella che oltre ai doveri verso Dio, assai altri ne prescrive
e verso se stesso e verso il prossimo; nondimeno anche per quegli
atti, il cui obbietto immediato non & il culto divino , ha essenziale
relazione all' onore di Dio. Di fatto la legge morale, tutta quanta e,
consiste nella conservazione dell'ordine, prescritto agli esseri ragio-
nevoli, per mezzo di diritti da salvare e di doveri da compiere. Donde
consegue che 1'atto moralmente buono, che & posto per conservare
DELLA STAMPA ITALIANA 197
cotest' ordine, riesce di sua natura in ossequio del creatore, il quale
10 ha stabilito e lo vuol conservato. II che e tanto vero, che in tutti
i tempi e presso tutti i popoli, non solo professanti la vera religione,
ma anche idolatri, si e sempre creduto che come le opere virtuose,
anche quelle che non avessero per obbietto immediate il culto, tor-
nano in onore della divinita, cosi le malvage 1'offendono e le fanno
disonore : e percid in tutte le nazioni le cerimonie religiose, istituite
per espiare i delitti , sono state in ogni tempo adoperate non solo
per espiare i delitti contro la religione, ma quelli ancora di ogni
altra qualita. Adunque un'Etica, la quale si professa separata da Dio
e da ogni religione, non manca soltanto de'doveri piu essenziali al-
F uomo, ma toglie agli atti umani il fine intrinseco che hanno di loro
natura inquanto morali ; e percio e un' Etica che non e morale, ossia
un' Etica contraddittoria.
Se non che 1'autore di essa alle cause generatrici della morale,
le quali nega, distruggendo per conseguenza, come abbiam veduto,
11 concetto stesso della moralita , sostituisce altre cause , le quali ,
tanto lungi dal poter tutelare 1' atto almeno materiale dell' opera mo-
rale , sospingono per se ad ogni dissoluzione e scapestramento. Pro-
viamolo.
Le cause, che generano la bonta morale, abbiam dimostrato
esser due: la finale, la quale, consiste nel motivo intrinseco all'atto
morale, che e la conservazione dell' ordine prestabilito da Dio agli
atti umani; e la formale, che e riposta nella conformita dell' atto con
quest'ordine, in altri termini, colla legge morale impressa dallo stesso
autore di essa negli animi umanL Or qual e la causa finale dell'Etica
del Ricciardi ? L' abbiam notata dal principio : e la felicita della vita
presente da procacciarsi per mezzo de'piaceri, sia dello spirito, sia
del corpo. La causa formale poi par che la ponga nella conformita
dell'atto col giudizio della coscienza, almeno in un senso negative,
inquanto non sia da questa condannato; poiche stabilisce che fon-
damento della felicita e la buona coscienza. Facciamoci dalla prima.
11 Ricciardi negando la vita avvenire o prescindendone affatto, e
necessariamente costretto a stabilire, come fa, il fine dell' uomo nella
felicita della presente. Ne egli si da nessuna pena di dimostrarlo: sup-
pone la cosa , come se fosse un principio primo per se noto , e sopra
esso stabilisce tutto il suo edifizio morale, sottintendendolo in ogni
teoria e dettame pratico. Che poi faccia consistere una tale felicita
ne' piaceri tanto dello spirito quanto del corpo , lo raccogliamo da
questo : che come 1' ultimo scopo oltre al quale non sia altro da cer-
care, che egli propone alle operazioni dell' uomo anche nell'esercizio
•delle virtu morali , e il proprio contentamento , se non altro col te-
198 R1VISTA
stimonio della buona coscienza ; cosi questo stesso contentamento e
1' ultimo frutto che gli promette, da dover conseguire come premio
adeguato di tutte le sue fatiche. Ball' altro canto , poste quelle due
negazioni si della vita avvenire, come della legge morale, imposta da
Dio colla sanzione di premii e di pene da retribuirsi da lui stesso;
ed anzi negata la stessa esistenza di Dio, come di essere distinto
della natura , non rimaneva nessun altro fine, che potesse asse-
gnare ultimamente aH'uomo, come scopo adeguato de'suoi atti. Or
questo , come dicevamo , anziche principio di moralita , e principle
della qualita contraria , e dee trascinare necessariamente ad ogni cor-
ruzione.
E prima di tutto noi vogliamo supporre, che cio che si dice in
teoria possa valere, con qualche universalita, anche nella pratica :
vale a dire , che chi si proponga come ultimo fine di cercare nel
miglior modo il proprio contentamento nella vita presente, si possa
allo stesso tempo facilmente persuadere, che questo modo migliore
consista nell' esercizio delle morali virtu, guardandosi massimamente
dal commettere nessun' opera rea . Fingiamo ancora che cosi fatta
persuasione si possa verificare, similmente con qualche universalita,
anche nella pratica; sicche non solo alcuni pochi, ma molti operino in
questa guisa. Potrehbero gli atti di costoro essere riputati morali ?
Se si guarda alia loro apparenza, parrebbe di si: ma tutt'altra e la so-
stanza. Imperocch& ogni atto prende essere, o come dicono le scuole,
e specificato dal fine al quale e diretto: con questa differenza fra
gli atti intrinsecamente rei, e gli atti buoni o indifferenti, che i primi
non possono essere giustificati da un fine retto, e i secondi possono
essere e sono realmente o modificati da un fine indifferente, o maga-
gnati da un perverso. Cosi per cagion di esempio, se alcuno facesse
un atto di larghezza , donando a un poverello acciocche questi pas-
sasse una giornata negli stravizii e nella crapola; cotesta non sarebbe
certo un' opera di virtu da encomiare, ma piuttosto una malvagia
da punire. Or che e mai il contentamento di se stesso, da cercare
in ogni cosa , anche, e massimamente se si vuole , colle opere vir-
tuose, se non I'egoismo piu raffinato, elevato a fine ultimo dell'uomo?
E pero che altro potrebbero essere tutti gli atti di lui, se non al-
trettante Industrie dell' egoismo , il quale se compie opere buone ,
intanto le compie, inquanto valgono piu delle triste a contentarlo?
^Donde si scorge la inconseguenza di quell' accusa, che 1'autore,
com'e il consueto di tutt' i liberi pensatori , muove ai buoni cattolici,
dicendo che tutte le loro virtu si riducono ad un calcolo d' interesse, o
sia per liberarsi dall' inferno, o sia per meritarsi il paradiso. No: il fine
adeguato della legge cristiana e la carita verso Dio, di cui e una forma
particolare quella verso il prossimo : In Ms duobus mandatis, come
DELIA STAMPA ITALIANA 199
dichiaro il divino Maestro, universa lex pendet et prophetae. 1 E
percio anche quando dal cristiano si opera in vista del paradiso da
conseguire o dell' inferno da campare, purche non venga escluso for-
malmente il riguardo all'ultimo fine, 1'atto di sua natura vi e diretlo;
il quale per conseguenza benche compito prossimamente in conside-
razione del premio o della fuga del gastigo , ultimamente si risolve
nei fine universale della carita verso Dio, piu o meno perfettamente
attinto, secondo le altre circostanze dell' opera e dell' operante. Per
contrario nella teoria del Ricciardi , 1' ultimo intento e sempre alia
propria soddisfazione ; e percio anche quando 1' obbietto immediato
dell' opera fosse un eroico sagrifizio a bene del prossimo ; 1' opera
ultimamente si risolverebbe in pretto egoismo, percbe compiuta uni-
camente per soddisfare a se stesso. Donde consegue che anche le
opere materialmente virtuose resterebbero magagnate nella loro so-
stanza , prendendo una qualita tanto distruttiva della virtu, quanto
e 1'egoismo elevato in principio, e preso com' ultima e adeguata norma
de'proprii atti.
Se non che noi siamo partiti dalla ipotesi , che 1' uomo potesse
persuadersi di trovare maggior soddisfazione nell'esercizio delle virtu
che nel contentamento delle passioni contrarie, e per questa sua
persuasione si mettesse all' opera di esercitarle davvero ne' casi anche
difficilissimi, massime se imposti da precise dovere. Or non e questa
una speranza del tutto chimerica? La virtu per quanto bella a va-
gheggiare nelle pagine fiorite di un romanzo; altrettanto si mostra,
non diciamo solo disaggradevole, ma nel maggior numero de' casi di
una somma difficolta alia nostra natura, per le ripugnanze che ad
essa ispira. Come dunque potrebbe questa povera nostra natura at-
tingere le forze necessarie per operare virtuosamente dall' apprensione
di un piace^e, il quale, quando proprio sarebbe il bisogno, o punto
non si manifesta, o si manifesta assiepato da disgusti di tal fatta,
che debbano di gran lunga preponderare nella contraria estimazione?
E sia pure che in qualche caso particolare si possa da qualche animo
meglio disposto apprendere per si fatta maniera la bellezza morale di
un' opera eroica di virtu , che la soddisfazione di compierla valga
nell' atto pratico o a non fargli apprendere gran fatto le difficolta
contrarie , o a fargliele superare . Ma qui non si tratta di cio che
possa accadere qualche volta, e in qualche natura meglio condizio-
nata : si tratta di ci6 che debba valere per se e universalmente negli
uomini, quanto ad esser motivo efficace ad operare virtuosamente. Or
questo non & per fermo il piacere che si possa sperare dall'esercizio
della virtu.
i MATTH. XXII, 40.
200 RIVISTA
Anzi aggiungiamo, che ammesso il principle del Ricciardi, neppur
sarebbe secondo ragione operare virtuosamente , se non a patto di
trovarci il proprio gusto, e questo maggiore che nell' opera contraria.
E vaglia il vero, e dell' essenza di ci6 che e ultimo fine, esser vo-
luto assolutamente e per se stesso; ed e condizione delle altre cose
che sono mezzo a questo fine, esser volute in ordine ad esso, e solo
in quanto e nella misura che vi conducono. II che posto, se il fine
adeguato dell'uomo e la felicita della presente vita da procacciare
co' piaceri sia deH'animo sia del corpo, cio che 1'uomo ha da volere
per se e come termine ultimo di sue brame e appunto il piacere. E
pero se egli prova soddisfazione maggiore nel coltivare lo spirito e
nell' esercitare le opere che diconsi virtuose, egli operera secondo
ragione cercando questi beni : se per contrario sente gusto maggiore
nella soddisfazione delle passioni piu obbrobriose, egli operera allo
stesso modo secondo ragione secondandole. Questo e secondo la teoria:
nella pratica per6, siccome i piaceri del corpo hanno sul comune degli
uomini una forza molto maggiore per lusingare i desiderii, che non
i piaceri dello spirito, massimamente se per arrivare a questi sia bi-
sogno di superare gravi difficolta ; ne viene in conseguenza che il
principio che nella pratica dovrebbe dare la norma agli atti umani,
sarebbe quello dello sbrigliamento di tutte le passioni, e quindi della
massima corruzione morale.
Ne questo principio, che abbiamo detto essere la causa finale
nell' Etica del Ricciardi , potrebbe venir corretto dall' altro correla-
tive della causa formale, che nel sistema di lui pare che sia il giu-
dizio della coscienza. Imperocche una volta che il fine ultimo del-
l'uomo si riponga nel piacere, non potra la coscienza aver che ridire,
se quel piacere che uno trova nell'operare con virtu, un altro creda
di trovarlo, e lo trovi veramente piu sentito nel disfogamento delle
passioni. Ed anzi come supposto quel principio il nome di virtu e un
suono senza significazione ; cosi quello di coscienza non ha piu il
valore di un giudice interno della bonta o reita de' pfoprii atti , ma
quello solo di testimonio de' proprii atti , col dovere di approvarli
tutti, quali che sieno.
Sappiamo bene che quest' ultima conseguenza, benche provenga
necessariamente dal principio, e nondimeno disdetta da' liberi pensa-
tori ; e in particolare il nostro autore con un'oflesa alia logica, che in
questa occasione gli fa onore, seguita a volere che la coscienza debba
esser la regola morale degli atti umani. Ma come potrebbe cid una
coscienza separata onninamente da Dio? Per fermo chi si sente nel
diritto di separarsi da ogni religione e sino di negare 1'esistenza di
Dio; perche mai si dovrebbe sentir legato da un giudizio che oda
pronunziarsi dal fondo del suo cuore, in riprovazione di quesjto o di
DELLA STAMPA ITALIAN A 201
quell' atto, al quale dall' altro canto e violentemente mclinato? Non
riusci egli a soffbcare un grido assai piu forte della stessa coscienza,
da cui era ammonito della esistenza di un Essere supremo, e de'doveri
gravissimi che gli correvano verso di lui ? Non potra dunque con
molto maggiore facilita disprezzare richiami men forti e stimoli men
acuti di quelli? E diciamo meno acuti , perche nel sistema del Ric-
ciardi, il rimorso della coscienza non e, ne altro pu6 essere che una
sensazione disaggradevole , da doversi evitare inquanto tale. Ora se
chi si accinge a commettere un delitto pu6 persuadersi, che vale la
pena accettare questa sensazione disgustosa, per procacciarsene di altre
piacevoli in genere diverse, non dovra parimente persuadersi che egli
opera ragionevolmente? E un baratto di sensazioni, e nulla piu.
Ma anche di cotesta pena del rimorso puo in qualche modo sba-
razzarsi , se non sempre nel fatto (giacche non e facile disvestir la
natura, come si niegano i principii), almeno in forza del sistema,
chi volesse seguirlo. E in vero un libero pensatore non e forse 1'arbitro
egli stesso della sua coscienza? Non consiste anzi in questo 1'essenza
del libero pensiero? E posto ci6 qual cosa piu facile, che ritenere
non solo come opera lecita , ma come santa , quella che aggrada ,
avvegnacha da altri sia reputata malvagia? E che? pu6 il Ricciardi
sperare di fare una morte placida e quieta, dopo di aver combattuto
Dio e rinnegata ogni religione; e non pud sperare altrettanto chi
si e appropriate 1'altrui, o violati i diritti .maritali di un terzo? Ma
il Ricciardi vuole inviolata la proprieta, e rispettata la fede coniu-
gale . Ma i comunisti non riconoscono questi vincoli . Or perche si
dovrebbe credere piuttosto al Ricciardi, che non crede in Dio, che ai
comunisti, i quali possono rimaner tali, anche ammettendo 1'esistenza
di Dio?
Possiam dunque con diritto conchiudere, che YEtica del Ricciardi
non solo toglie ogni fondamento alia moralita, ma pone principii, i
quali e per s6 stessi, e molto piu per le ree inclinazioni che trovano
nella nostra natura , debbono condurre ad ogni estremo di morale
corruzione. Le parti buone quanto ai dettami particolari , che certo
non mancano nel libro, non appartengono al sistema. Se esse pro-
vano qualche cosa, provano contro il medesimo, perche ripugnanti ai
principii in esso stabiliti. Per contrario sono la piu bella apologia
della morale cristiana, giacche se in pratica hanno coteste parti una
piena e universale applicazione, 1' hanno appunto nel cristianesimo, e
per opera di quelli che lo professano non a parole solamente , m a
a fatti. E questo appunto e il miglior frutto dell'opera del Ricciardi:
di persuadere ognuno, che non si pu6 professare davvero ne praticare
pienamente la morale, salvoche professando e praticando la religione
cristiana nella sua unica vera forma, che e il cattolicismo.
CRONACA
Firenze 4 aprile 1871.
I.
ROMA
Nostra Corrispondenza .
Che il Vaticano e i clerical! tentassero colle loro provocazioni di
i'ar perdere ilcapo e la pazienza all'Italia e ai liberal!, tanto da spingerli
a qualche grosso sproposito che dovesse loro tornar fatale, io, per
dirvela qui in confidenza, me n'era gia accorto da un pezzo. Da un
pezzo il Papa provocava.e minacciava. Fin da quando Egli era re
del suo Stato intero, fin d' allora minacciava all'Italia ed al Re di
Sardegna. E tanto e vero questo che Cialdini, Fanti e 1' ex-ammiraglio
Persano furono costretti di salvare 1' Italia, come vi dovete ricordare,
prendendo una buona parte dello Stato pontificio. Lasciarono qualche
cosa. Ma questa qualche cosa minacciava e provocava sempre in modo,
che fu necessario prendere al Papa qualche altra cosa. Si sarebbe
creduto che il Papa, ridotto cosi ai minimi termini, avrebbe finito di
provocare e minacciare. Ma minacciava e provocava sempre, si che fu
necessario prendergli anche Roma, lasciandogli il solo Vaticano.
Ora ecco che dal Vaticano il Papa segue a provocare e minac-
ciare. Specialmente il di otto dicembre, giorno deirimmacolata Con-
cezione, il Papa dal Vaticano provocd e minaccio cotanto, che fu ne-
cessario che T Italia si armasse contro e si difendesse. Se alcuni bravi
giovanotti non si armavano, quel giorno 1' Italia era perduta. II Vati-
cano usciva dal Vaticano e invadeva Roma e 1' Italia. Grazie a Dio
si trovo chi si oppose al Vaticano e salvo 1' Italia e Roma. Vi narro
le cose in succinto, perche so che le sapete d'altronde.
Poi, sempre per quel maledetto gusto di minacciare e provocare
i poveri liberal! , non e egli venuto in capo a quattro o cinque preti
CRONACA CONTEMPORANEA 203
di stilettarsi da se'per Trastevere? E che quella fosse un'arte clericale
per provocare e rendere odiosi i liberal! , si puo arguire da questo, che
di fatto e accaduto che, per quelle stilettate, i liberali, non dico che
perdessero credito, ma crebbero nel discredito, in che gia erano per 1'an-
teriore provocazione di Porta Pia e del Vaticano. E siccome suol ac-
cadere che i ladri perdono ogni giorno piu il loro credito a cagione
dei furti che si commettono; donde tutti i savii arguiscono per diritta
conseguenza che i ricchi sono quelli che si rubano da se per rendere
odiosi i poveri ladri; cosi i clericali per porre in mala voce i liberali
ne studiano adesso ogni giorno una nuova. Non contenti di essersi
presi tra se a colpi di accetta 1'8 dicembre, di essersi bastonati e
carcerati il 10 marzo, si sonoperfmo schiaffeggiati in Chiesa, avendo
pero avuta cura quella volta di far cadere lo schiaffo sul viso di un
liberate contiguo, che non ci avea che fare ed era cola per pregare.
II qual equivoco e accaduto pure la sera del 10 marzo, quando andando
alcuni clericali di notte gridando Abbasso e Morte e rompendo i vetri
alia Casa del Gesu, un non si sa bene chi getto dalla finestra un non
so ben che, che dai giornali liberali del mattino, i quali doveitero
verificare da vicino la cosa, fu qualificato per acqua « non nanfa ».
La quale dicono che cadesse sulla bandiera tricolore. Ma io spero che
una buona parte sara anche caduta sul banderaio clericale e provo-
catore. Ora poi i clericali, non contenti di queste e mille altre angherie,
hanno preso a rompere le Madonne per le strade e a lacerare e lordare
gli Inviti sacri di nascosto, di nottetempo, quando i liberali dormono.
Hanno anche piu sottili avvedimenti, siccome leggo nel Tempo dei
26 marzo. « leri, dice quel giornale , ieri un uomo stava in atto di
preghiera dinanzi ad un' immagine, sull'angolo del palazzo Castellani,
a pochi passi dalla Chiesa dei SS. Vincenzo ed Anastasio. Sorse fra gli
astanti il sospetto che quell' uomo fosse un fariseo, mandato cola ap-
positamente dai Gesuiti perche il popolo l'insultasse. » Ed io credo
che la cosa fosse appunto cosi . Contro arti si fine , e provocazioni
si nere del Vaticano e dei clericali, non so davvero come avreb-
bero potuto resistere i liberali , se non fossero in buon punto arri-
vati i reduci. Ringraziamo Dio che sono arrivati di marzo; che al-
trimenti la cosa passava male pei mercanti di flanelle. Giacche mi
ricorderd sempre con raccapriccio che la' Gazzetta d' Italia, in una
sua corrispondenza di gennaio scritta da un certo sig. Armando ,
ci faceva una gelata descrizione di questi garibaldini in Francia di
inverno senza flanelle. Questo solo pensiero metteva freddo. Se giun-
gevano in Roma di febbraio, io avea pensato di prevenire 1'assessore
Samuele Alatri, Piperno professore di filosofia, il giornalista Arbib
direttore della Liberia ed altrettali negozianti di flanelle che chiu-
204 CRONACA
dessero i negozii a tempo. Grazie a Dio giunsero senza flanelle, ma
di marzo, quando non ce n'e piu bisogno. Costoro amano i pericoli.
Non ne hanno trovati in Francia. Hanno bensi cercati i Prussian! :
ma non li hanno trovati. Se li avessero trovati, sono certo che avreb-
bero avute flanelle. La cosa e chiara. Dicono che hanno fatti tanti
prigionieri prussiani. Questi prigionieri aveano flanelle ? Credo di si.
Ss le avevano, suppongo che il corpo garibaldino se ne sarebbe vestito;
e se ne fa sempre svestito, come assicura la Gazzetta d' Italia, cio
prova che i garibaldini non trovarono Prussiani.
Percio sono venuti a Roma a cercare i pericoli e a sfidare le
minacce e le provocazioni del Vaticano e forse chi sa? forse sono venuti
anche per trovare qui quel bottino, che la France ci narra aver fatto
sui Prussiani il Generate garibaldino Bordone. II quale mando a sua
moglie in Italia dalla Francia ventidue casse. Queste rentidue casse
furono sequestrate e aperte alia frontiera. E che cosa vi si trovo?
Pissidi, calici, ostensorii, ed altrettali bandiere prussiane. Checche sia
di questo, il certo e che il Vaticano minaccia sempre. Si fa ora con-
tro il Vaticano il gioco, ossia la guerra, che si e fatta al resto
dello Stato Pontificio . Non resta ai Papa che il Vaticano . Sicco-
me contro il resto si scatend gia il valore garibaldesco, acciocche
poi il valore governativo avesse, come si dice adesso, il diritto ed
il dovere di venirlo a salvare; cosi ora che il Vaticano provoca e
minaccia cosi fieramente, si e chiamato in soccorso il corpo dei re-
duci. I reduci sentono da lontano 1'odore del pericolo e dei conventi,
delle bandiere, e de' calici da conquistare: e subito, con quel coraggio
che li distingue, abbandonano Francesi e Prussiani , e accorrono dove
vi e sangue da versare. II governo sapra poi salvare il Vaticano, come
salvo il Quirinale.
Poco manc6 che teste i clerical! non compromettessero questa
buona gioventu, reduce dall'aver salvata la Francia. Sapete che cosa
aveano pensato questi clerical! incorreggibili? Aveano pensato di or-
ganizzare un tumulto il di di San Giuseppe. Non vi riuscirono, perche
I'autorita regnante fu avvisata questa volta a tempo. Che anzi manco
poco che i clericali non fossero questa volta colti sul fatto, secondo
che leggo in un giornale garibaldo di qui, che si chiama il Tempo,
nel suo n° del 22 marzo. « II giorno 19 (narra quel povero provo-
cato) alcuni reduci garibaldini (i garibaldini, come sapete, per quanto
vadano lontano, trovano sempre il modo di esser reduci) vollero fe-
steggiare 1' anniversario del loro duce in una vigna (questo poi,
Tempo mio hello, non ci era bisogno di dirlo : e dove volevi che
andassero?). Nel ritornare in citta si videro ad un tratto circondati
dalle guardie di questura. L'indovinereste? Questi reduci garibaldini
CONTEMPORANEA 205
erano stati scambiati coi caccialepri. D'onde 1'equivoco. Riconosciuto
1'errore fu un bel ridere. » Fin qui il Tempo. Voi avrete capita la
cosa al volo . Se erano caccialepri che tornassero dalla chiesa , la
provocazione era bella e provata, I'arresto mantenuto, 1'Europa in-
formata della nuova provocazione clericale. Ma, grazie aDio, noa
erano che garibaldini reduci dal loro santuario della vigna;e la cosa
fini in un bel ridere tra garibaldini e questurini.
Cosi che il mio povero parere sarebbe che voi, i quali dovete
avere qualche credito sopra questi provooatori clerical! , scriveste
loro una bella lettera e li consigliaste a smettere infme queste pro-
vocazioni. Tanto piu che, come dice benissimo la vostra Nazione di
Firenze nel suo n°. dei 15 marzo, i clericali hanno, come altrove, cosi
in Roma, varii mezzi tutti leciti e onesti di soddisfare al loro zelo
senza ricorrere alle provocazioni. « La religione cattolica (dice la
Nazione) ha, per soddisfare lo zelo dei suoi piu ferventi, le preghiere
e i digiuni. II resto dee essere considerate come politico e come tale
punito. » Preghino dunque e, sopra tutto, digiunino i clericali. II di-
giuno e ora facile in Roma, dopo le ricchezze venuteci il 20 settembre:
tanto che so di buon luogo che digiunano ora perfino molti liberali .
Che se i clericali si ostinassero a voler far altro che pregare e,
sopratutto digiunare, secondo che con tanta nostra edificazione fanno
ara perfino molti liberali specialmente dei reduci , sappiano che si
esporranno cosi a dure rappresaglie. La Capitate fin dai 9 marzo ci
cantava chiaro che « i clericali devono persuaders! che se si dovesse
toroare indietro, non resterebbe del loro edifizio pietra sopra pietra, »
Si tratta , come vedete , di distruggere Roma , la quale questi nostri
liberali amano proprio pazzamente. Si sa che volcano, o almeno mi-
nacciarono di distruggere Roma fin dal 49, quando dovettero abban-
donarla. Ma se 1'avessero distrutta allora, come avrebbero fatto a
riconquistarla adesso? Rinunziano dunque fin d' ora ad essere reduci
un'altra volta? Ma e vano discorrere con questi innamorati pazzi, i
quali ben mostrano di non possedere tutto il giudizio di Salomone.
Questo savio principe, tra le due donne, di cui ciascuna pretendeva
essere la madre di quel bambino, giudicd esser madre falsa e bu-
giarda quella appunto che preferiva vedere il bambino distrutto,
anziche vederlo in braccio deli' altra . E cosi Roma pud ora inten-
dere quale sia la sua vera madre: se la Chiesa o 1' Italia de'liberali.
Se T Italia de' liberali , che non vuol partire da Roma senza distrug-
gerla, affinche non sia della Chiesa, o se la Chiesa che per conser-
varla incolume non permise nemmeno che fosse, come poteva essere,
piu a lungo difesa, *
Ma non saranno gia questi poveretti di reduci, gente nata a di-
struggere vettovaglie anziche citta, coloro che distruggeranno Roma.
206 CRONACA
Piuttosto Roma ha da temere ora assai da' suoi architetti. Tutti ar-
chitettano ora in Roma, chi per alzare, chi per abbassare, chi per
edificare, chi per distruggere. Questi scava , quegli rettilinea, quel-
1' altro prolunga. Specialmente sono ora occupati gli architetti a in-
gravidare (metafora che rubo ad un giornale romano) cortili classici. II
cortile di Montecitorio partorira le leggi: il cortile del palazzo Madama
le lecchera ed educhera. Nel cortile del Quirinale sta sempre pendula
la sala da ballo, la quale non e colpa degli architetti se non s' in-
stallo gia ( questa non si puo dire metafora ) nella gran Cappella
Papale Paolina. Yi figurate voi il bell' efletto che avranno poi da fare
queste fabbriche pregne? Si visiteranno dai forestieri a scorza a scorza
come le cipolle; o a foglia a foglia come lo storico carciofo, di cui
saranno il simbolo visibile.
Grazie a Dio mancano i danari. Che altrimenti, con questi fu-
rori architettonici, non so che cosa rimarrebbe in piedi di Roma pre-
sente. I progetti s' incalzano, che 1'uno non aspetta 1' altro. Sefossimo
di state quando il sollione scotta, credo che ammireremmo pel Corso
alle vetrine de' fotograii i progetti di torcere le vie diritte e stringere
le larghe, o almeno di stendere di gran padiglioni sopra le vie e le
piazze che si troverebbero essere gia troppo larghe e troppo ampie al
bisogno del fresco e dell'omtfra. Ma costoro ci sono venuti in un au-
tunno indiavolato, e si godettero poi un inverno piuttosto piovoso;
ed ora siamo in una primavera assai incerta. E percio non si vedono
che progetti di allargamenti di vie, e di aperture di piazze, in com-
penso dei gran cortili che si rimpinzano. Gli architetti meno pericolosi
sono i raddirizzatori delle vie torte. Costoro butteranno bensi giu qual-
che cosa qua e cola, ma daranno luogo e comodita ai venti di tramon-
tana e di scirocco di aiutarci a camminare, nella mancanza presente di
danari per andar in carrozza. Sceglieremo le vie secondo il vento, e
pregheremo i Persani della marina italiana di volercisi rendere utili
almeno per terra.
Mi e venuto in mente che questo genio guastatorio entrato ora
in capo ai nostri architetti sia il sintomo di una qualche crociata
di Roma vecchia contro Roma nuova . Non parlo di congiure contro
1' Italia, del Yaticano e dei soldati del Papa. Parlo della Roma vecchia,
repubblicana, imperiale e pagana, la quale, dalle sue mura rimaste e
dalle sue ruine comechessia conservate, si ribella adesso anch' essa,
contro la Roma presente, civile e specialmente sacra. Credo che e
una vendetta lungamente covata dentro qualche mitreo inesplorato.
Si sa che Roma presente sorge in gran parte sull' antica , o almeno
fu eretta coi marmi e coi mattoni dell' antica. Se le fabbriche mo-
derne romane potessero parlare, credo che parlerebbero latino. Tra-
CONTEMPORANEA 207
vertini, marmi, mattoni potrebbero presentare la loro fede di nascita
nel Colosseo, nelle Terme, nei Tempii, negli Acquedotti, nei Fori. Penso
che tutti questi marmi , mattoni e travertini debbono avere stretta tra
se una framassoneria o lega settaria e congiura. Hanno comperati e
sedotti gli architetti. La congiura sta per iscoppiare. Siccome tempo fa
gli architetti passati ruinarono la Roma antica per fabbricare la Roma
presente ; cosi ora gli architetti moderni stanno architettando di rui-
nare Roma presente per fabbricare la Roma dell' avvenire. Abiteremo
sottoterra intanto, e la mangeremo anche, a quello che penso, come
i Trogloditi, per dar gusto e gloria agli architetti.
Un architetto e gia per se stesso un ente pericoloso. Ma se si
co-involve seco 1'archeologo, e un pericolo sociale. Un architetto archeo-
logo, che fosse libero a quello che vuole e avesse danari a suo talento,
sarebbe un Alarico scientifico, un Roberto Guiscardo letterato: con
questo divario che quegli salv6 le chiese e questi non distrusse che
la regione lateranense: laddove 1' archeologo architetto distruggerebbe
i sette colli sani sani. Un architetto archeologo non sogna che ruine.
La sua casa sono le macerie. II suo cibo (letterario, s'intende) e la
polvere. La lucerna & il suo occhio. Dei viventi non si cura. Pensa a
violare i sepolcri, dove cerca tesori. La sua vita e sotterranea. Tutto
questo va bene quando il zelo e discrete. Ma ora vi e una indiscre-
zione di scienza soprabbondante. Si ruinanoalForo mura colossali fab-
bricate per ricingere 1'antico. Si riscava lo scavato e si alzano li presso
monti di terra smossa le mille volte, che poi gli architetti archeologi
futuri torneranno a smuovere e cercare. I danari pero sono e saranno
sempre nuovi ; e s' intascheranno con sempre nuovo piacere dagli
scavatori .
Deh perche non lasciano costoro in pace il vecchio e il mo-
derno? Yi e tanto a far di nuovo! Vi e tanto terreno libero dove
ognuno pud mostrare il proprio ingegno, che invero non si capisce
come questi pigmei osino por le mani e le zappe sopra i lavori dei
vecchi maestri. Ma si direbbe che a costoro non preme ne il vecchio
ne il nuovo. Preme loro, come ai muratori, soltanto di lavorare. La-
sceranno di se bella e grata memoria ! Abbiamo il bello povero del
400, il bello del 500, il brutto ricco del 600, il brutto povero del 700.
Avremo il bruttissimo e il poverissimo di costoro. In verita i forestieri
che non corrono ora a Roma hanno torto. Facciano presto a venire. Se
tardano non vedranno piu che piazze: Campos ubi Roma fuit.
'Per prima cosa hanno deciso di sperdere dalla memoria dei vi-
venti la via dei Tre Ladroni, che nel 48 si chiamava dal popolo la
Via dei Triumviri (anzi vi ho veduto io scritto questo nome), perche
conduce al palazzo della Consulta,dove quei tre aveanoposta la loro resi-
208 '•'•-''* CRONACA
denza. Conduce anche al Quirinale come sapete: ed e condannata percid
ad essere allargata e a sparire e a chiamarsi, forse, la via d' Italia.
Poi vi e tutta la via Pia da riformare a piazza d'armi e a scuderie.
Perderemo quattro o cinque chiese e altrettanti conventi. Perderemo
anche qualche lavoretto del Bernini; ma sara.poco male. Dei Bernini
ne abbiamo ora a dozzine. Quello di che manchiamo in Roma sono
scuderie e piazze d' armi. Manchiamo di scuderie specialmente; giac-
che odo che anche la chiesa e la casa di S. Silvestro al Quirinale
hanno da essere cambiate in scuderie. Monte Cavallo si chiamera
d' or innanzi Monte dei Cavalli.
Un altro architetto • d' ingegno ha trovato che con pochissima
fatica si puo buttar giu un attro poco di Roma e traforare il Quiri-
nale, per far una via larga, lunga e diritta che vada dal suo prin-
cipio al suo fine come sogliono fare tutte le vie di questo mondo.
Avviso pero quest' architetto ingegnoso che, sotto il Quirinale, tro-
vera le Terme di Costantino, che gia hanno dato teste molto che
fare a coloro che vollero intaccarle per la nuova salita . Fara anche
bene a porre a mezza via di quel suo sotterraneo una buona far-
macia, con discreta provvigione di chinino di buona qualita, a uso di
chi vi passera nei mesi estivi.
Aggiungete la Roma quadrata, progettata da un altro architetto
che vuole quattro vie larghe, diritte e lunghe, le quali con pochissima
distruzione di case, darebbero ai cittadini futuri la comodita di an-
dare dalla Trinita de' Monti a Ponte sant' Angelo, da Ponte sant'An-
gelo al Foro Romano, dal Foro Romano a S. Maria Maggiore, da
S. Maria Maggiore alia Trinita de'Monti, tutti luoghi dove ora nessuno
puo andare in quadro. Aggiungete il pensiero anche piu radicale di chi
vuol distruggere le fabbriche e chiese del Foro Romano moderno per
ritrovare 1' antico : aggiungete 1' idea felice di chi vuol allargare e
allungare il Campidoglio, rubando, questo s'intende, 1' orto ed il
convento ai Padri di Araceli : e poi negate , se potete , che non sia
una vera provvidenza che in tanta abbondanza d' ingegni, manchino
pero i danari, secondo che leggo nel Tempo dei 28 marzo: « I lavori
sul progetto d'ingrandimento della citta sono stati di fatto sospesi,
avendo la Giunta dichiarato di non aver piu danari' da impiegare in
tali studii. » Benedetti gli architetti studiosi! Nei loro studii hanno
mangiati tutt' i danari : si che per buona fortuna nulla ne rimane per
1'esecuzione dei loro studii preziosi.
Due di questi ingegni miracolosi che abbiamo ora in Roma si
sono incontrati, secondo che suol accadere, il 22 marzo a dire Top-
posto sopra lo stesso argomento. « Sono sei mesi, dicea la Liberia, che
Roma e libera e noi possiamo guardare il passato con compiacenza. »
CONTEMPOHANEA 209
II Tempo invece diceva lo stesso giorno : « leri sono compiuti sei
mesi da che il governo italiano e in Roma... Ed il governo che ha fatto
pei Roman! ? Ha regalato loro il ministro Gadda, le guarentige, i con-
sorti, il diritto di asilo, gli appaltatori del dazio consume, le leggi ec-
cezionali, la Regia di Balduino, qualche migliaio d' impiegati piu o
meno piemontesi (a Roma si chiamano piemontesi i non Romani, come
in Piemonte si chiamano italiani i non piemontesi) tutta quella caterva
di tasse che per noi sono tanto piu piacevoli pel modo come sono state
applicate. Roma e un paese conquistato, dove e permesso far man bassa
di quanto vi e di buono, » e segue a lamentarsi specialmente dell' o-
stracismo dato ai Romani, cacciati ormai da tutti gli impieghi, e perBno
dai lavori di sterri e di muratura dove non si acceltano che forestieri.
Del che lagnavasi acerbamente tests anche un operaio in una lettera
pubblicata dal Tribuno net suo n° dei 18 marzo. « La guerra che si
muove a noi romani , dice, e aperta su tutta la linea. Non solo nei
lavori di Montecitorio, ma fra gli artisti , bottegai e commercianti vi
& una lega, affinch^ niun romano venga occupato in veruna guisa.
Essi vennero in Roma non come patriotti ma come dominated, e fanno
di tutto per avvilirci. II 20 settembre apri le porte a costoro che a
schiere vennero a sminuire le nostre risorse, le nostre Industrie. » Chi
dice queste cose? Un clericale? No. Un liberale che si vanta « di aver
lavorato molto per la causa nazionale ». Ora ha la ricompensa meritata.
Del resto, e questions dipane quella che muove i signori padroni
ad impiegare ed allogare i forestieri. Cosi disse un romano pur troppo:
ma un Romano emigrate, che rientrd per Porta Pia, e che per prima
cosa allogo ed impiego molto bene se medesimo. Poi prese a cacciare
i suoi compatriotti romani da tutti gli ufficii posti sotto la sua dire-
zione, dicendo ad uno di loro: * io non vi caccio per demeriti: ma
perche e questione di pane da dare alia turba dei nuovi arrivati. »
Abbiatevi cio per autenticoe come se 1'avessi udito io-colle mie orec-
chie. Col che non intendo di diminuire la fede che si dee ad una
lettera ministeriale di Firenze, debitamente registrata e protocollata
in Roma (secondo che ho letto nei giornali), nella quale si avvisava
confidenzialmente un capo di governo di qui che trovasse assoluta-
mente il modo di cacciare piu Romani che poteva dagl' impieghi ed
ufficii; cio esigendo 1'alta politica massonica e settariache non vuole
tra i piedi gente di antica morale. La morale si ama, questo si sa :
ma la morale nuova : quella di Porta Pia, o Piglia come dicono i
Romani.
Serie VIII, vol. If, fasc. 500 U 5 aprile 1871.
210 CRONACA
II.
COSE ITALIANS
•CosE ROMANE — 1. Peripezie del Consiglio e della Giunta comunale — 2. Pra-
tiche tra la Giunta comunale ed il Ministero sopra leFinanze per la tassa
di Dazio consumo — 3. Cenni sopra le sedute del Consiglio ; suo voto
per partecipare all' espropriazione delle case religiose — 4. II principe
D'Oria Pamphili rifiuta ogni uflicio nella Giunta municipale, e diviene
Prefetto del palazzo reale e maestro di cerimonie ; nuova Giunta comunale
— 5. Rendiconti del sussidii pei danneggiati dall' inondazione del Tevere —
6. Atti del Governo e del Municipio circa le Opere Pie ; provvedimento del
Card. Vicario e protestazione dei Card. Vescovi Suburbicarii e dei Ve-
scovi della provincia di Campagna — 7. Giuramento della Guardia na-
zionale — 8. Rassegna militare e feste varie per 1'anniversario della nascita
di Vittorio Emmanuele II e del principe Umberto — 9. Seduta del Con-
siglio comunale alii 30 marzo, pel Dazio-consumo.
I. Le peripezie del Consiglio e della Giunta comunale di Roma,
cominciate col giorno 20 settembre di bellicosa memoria, per quanto
risulta dai fogli liberaleschi di cola iniziati ai misteri capitolini, sono
ancora ben lungi dal toccare il.termine desiderate. La capitale del
mondo cattolico , acclamata capitale del regno massonico d' Italia ,
continua ad essere , dopo sei mesi interi , un corpo senza testa, che
e- sorretto, come su due grucce , da un Reggente la PrefeUura e da
un ff. di Sindaco , ed a cui fanno puntello un certo numero di as-
sessori , i quali fmo ai 30 marzo non si sapeva bene se fossero o non
fossero ancora investiti di tal ufficio, a cui rinunziarono il di stesso
che loro fu conferito . La storia dei dissidii municipali in questi sei
mesi, quale apparisce dai giornali La Liberia, La Nuova Roma_,
11 Tempo e La Capitale , porgerebbe facile argomento ad un poema
eroico-comico da digradarne la Secchia rapita del Tassoni. Ma, in
mezzo alle tante scene luttuose che veggonsi in Roma , non ci pare
die sia tempo da folleggiare e dare nelle risa ; e percio ci contente-
remo di accennare qui le principali vicende di codesto corpo deca-
pitato.
II principe Filippo Andrea D' Oria Pamphili, che per condiscen-
dcnza al desiderio del suo Re Vittorio Emmanuele IT, erasi rassegnato
alia noia di rappresentare un ff. di Sindaco, tirava innanzi alia meglio,
sebbene con grande stento, perche sentivasiaddestrato dall'onesto israe-
lita Samuele Alatri, ed avea per consultore o Mentore Taw. Placidi.
Ma alia perfme la pazienza ha ancor essa i suoi limiti; ed alii 26
CONTEMPORANEA 21 I
del passato gennaio 1' angustiato principe , non ne potendo piii , si-
diede vinto e scrisse al generate La Marmora, allora Luogotenente
del Re , per dirgli tondo : che non volea piii saperne. La sua lettera,
pubblicata nella Liberia , n° 28 del 29 gennaio , accennava che do-
vendosi riunire il Consiglio straordinario comunale alii 30 di quel
mese , ed essendo necessario di procedere alia nomina d' un nuovo
assessore in vece del Lunati , che si era dimesso, non si dovea per-
dere tale occasione , e dare anche a lui un successore. Ed allegavane
i motivi seguenti : la sua pochezza , gli interessi proprii e della sua
famiglia , ed il dovere di partecipare ai lavori del Senato, per rive-
renza al Re e per amore di patria.
Avuta notizia di tal rinunzia, gli assessori B. Placidi, G. Ange-
lini, A. Silvestrelli, Mario duca Massimo, e S. Salvati s' affrettarono
d' imitare si bell' esempio , e rassegnarono il carico tra le mani del
La Marmora; il quale non seppe inventar altro di meglio, che gua-
dagnar tempo, e percio impetrava da quello e da questi che conti-
nuassero ad esercitare le rispettive funzioni fino al 6 febbraio, aggior-
nando a tal di una seduta straordinaria del Consiglio per 1'elezione
d'una nuova Giunta. Se ne adontarono certi Consiglieri, sospeltando
a torto che con cio gli assessori e il ff. di Sindaco volessero sottrarsi
al dovere di rendere conto di quanto aveano operato ; e ne levarono
spiacevoli querimonie. Onde i dimissionarii , a sfuggire ogni taccia
men che onorevole , si arresero a rimanere fino alia riunione del
Coasiglio comunale, che poi non si pote effettuare fino alii 13 febbraio.
2. A tale risoluzione, ed ai buoni uffici del La Marmora per
trattenere gli infastidjti assessori, davano gagliarda spinta i conflitti
sorti tra il Municipio romano ed il Ministero sopra le finanze, circa la
somma che quello, a rigore di legge, dovea pagare a questo, come
tassa pel dazio-consumo e pel macinato , le cui delizie doveansi
godere da Roma al pari che dalle altre citta del Regno. II ministro
Quintino Sella, fatti bene i conti, aragguaglio strettissimo colletariffe
sancite dalla legge, impose al Comune romano la discretissima quota di
L. 3,800,000. La Giunta, fatti pure anch'essa i suoi conti, vide che per
trarre dalle tasche dei romani questa giunterella alle pubbliche gra-
vezze, dovrebbe proprio metterli alia tortura; e, non piacendole punto
di fare tal mestiere a danno dei proprii concittadini per servigio del
nuovo Governo, dichiaro di non poter dare che tutt' al piii un
2,000,000 di lire. II Sella stette fermo, col suo quod scripsi, scripsi.
La Giunta vide tornar vane del paro le preghiere come le argomen-
tazioni eloquenti del buon Samuele Alatri . Pare che al Sella desse
animo a tener fermo 1'offerta fattagli da certi scorticatori per me-
stiere, che erano pronti a pigliarsi 1'appalto di ievare quel balzello,
212 CRONACA
daado al Governo le volute lire 3,800,000. Tornando inutili i richiami
per lettere, il principe Filippo Andrea D'Oria, assistito dall'Alatri
e dal Placidi, tento lo spediente di dibattere a voce la cosa coi Mi-
nistri in Firenze ; ma ebbe a convincersi che del Sella, trattandosi
di quattrini da affondare nell'abisso delle Finanze, puo e potra dirsi
con tutta verita , che: illi robur et aes triplex circa pectus erat.
Senza aver nulla ottenuto , il ff. di Sindaco ed i due assessor! se ne
tornarono com'erano andati. II Sella ottenne poi , dalla nuova Giunta,
le volute L. 3,800,000, come diremo a suo luogo.
3. Non e a dire se questo fiasco pesasse sulle spalle del ff. di
Sindaco! Alii 13 febbraio, sul mezzogiorno, si radun6 il Consiglio
comunale. II D' Oria vi lesse un discorso, in cui fagionavasi la sua
risoluzione di rinunziare a quell' ufficio, allegando i motivi gia dati
al La Marmora, ed aggiungendo il novissimo che era cornel' ultima
spinta: « S. M. il Re voile assolutamente compartirmi 1'onore di una
attribuzione distintissima presso la sua persona; la quale attribu-
zione , da me accettata , mi rende oggimai del tutto impossibile il
perseverare nel mio posto di assessore. » Codesto discorso venne
subito pubblicato nella Liberia , n° 44 del 14 febbraio. Finito che
ebbe di parlare il D'Oria, la Giunta espose ancor essa i motivi delle
sue dimissioni, fondati sul timore di non godere a bastanza la fiducia
della citta e del Consiglio.
II Consiglio, invece di esplorare il grado di risoluzione degli
assessed quanto all'andarsene o rimanere, pose a' voti il partito, se
si dovesse accettare o no quella dimissione; e si conchiuse pel no.
Ed ecco levarsi parecchi della Giunta, e dichiarare che al tutto volcano
essere spacciati di quelle brighe. Come fare? S'ando a pranzo, per
aver tempo da pensarvi. II di vegnente ebbe luogo la seconda se-
duta, che s' incomincio col decidere che si lasciasse in sospeso la
questione della Giunta; e dopo un fitto garbuglio di ciance , di pro-
poste, e controproposte, si riuscl a decidere che si approvava V eser-
cizio provvisorio del bilancio municipale pel marzo , e che la Giunta
s' ingegnasse di fare un debito di 500,000 lire per sopperire alle
spese piu urgenti. In ci6 il Consiglio comunale si mostro degno emulo
del Parlamento nazionale, che incomincia sempre col decretare IV
sercizio provvisorio del bilancio e la creazione di nuovi debit! e
nuove gravezze pubbliche.
II Consiglio comunale, dopo si enormi fatiche, senti il bisogno di
riposarsi, e si abbandono ai sollazzi del carnevale. II 23 febbraio
torno a riunirsi; ma tale seduta, dice la Nuova Roma, « ha frut-
tato pochissimo; si sono spese quasi tre ore a fare delle chiacchiere,
senza concludere nulla di utile; non si e fatto altro che nominare
CONTEMPORANEA 213
due Commissarii per la ricchezza mobile 3 » cioe per governare la
faccenda di riscuotere questo balzello nuovo pe'Romani. A questo
modo procedettero le seguenti tornate ; per via di battibugli e pet-
tegolezzi tra certi Consiglieri, scavalcando ad ogni poco 1' ordine
del giorno. Le conclusion! piu important! furono le seguenti. 1° Si
debbano collocare in Campidoglio lapidi commemorative dei patriotti
romani morti nelle patrie battaglie ; ma non si sa bene se debba
avervi la sua anche il decapitato Tognetti; e questo grave negozio si
decise nella seduta del 28 febbraio. 2° A spese del Municipio si tra-
sporti da Londra a Roma il cadavere di Mattia Montecchi ; e si
destini gratis un' arcata del camposanto per un monumento alia
memoria di questo ex-triumviro della repubblica romana del 1848-49.
II rimanente delle discussioni ando circa il Regolamento delle sedute
municipali ed un disegno pec 1' ampliamento della citta. II primo fu
raffazzonato alia meglio; il secondo, proposto da una Commissione
i cui membri se 1' intendeano tra loro come i gatti in febbraio, fu
smozzicato, poi lasciato li. E non senza stiracchiature si venne a capo
di nominare i membri della Congregazione di carita, della quale par-
leremo piu sotto .
Ma i dibattimenti sopra il disegno per 1' ampliazione della citta
ebbero un risultato assai grave, benche ottenuto per indiretto. Da
pezza La Liberia, diario a servigio del Governo, rampognava il Mu-
nicipio romano, perche non s' adoperava con bastante sollecitudine e
docilita, onde agevolare al Governo il trasporto della Capitale; al
quale intento bisognavano locali e case per gli impiegati . Aspettare
die si fabbricassero le nuove case dei disegnati quartieri tra Porta Pia
e Porta S. Lorenzo , era un rimandare la faccenda al di la da venire.
Quelle due cime d'uomini che sono 1'avv. Biagio Placidi e Yono-
revole Emanuele Ruspoli, trovarono subito il modo di cogliere due
piccioni per una fava ; cioe far ammutolire quei molesti censori , e
• mettere tra gli artigli del Municipio una grassa preda. Veduto che
il Governo avvalevasi delle sue facolta per applicare ai Convent! ed
ai Monasteri la legge di espropriazione per causa di utilita pubblica,
quei due padri della patria se 1' intesero fra loro e dissero : II Go-
verno piglia ; perche non piglieremmo anche noi , cosi a buon mer-
cato, quei che ci occorre? Detto,, fatto. Nella tornata del 6 marzo,
quando gli uni volevano , gli altri rifiutavano il disegno di ampliare
la citta verso Porta S. Lorenzo, il Placidi ed il Ruspoli proposero
un ordine del giorno* col quale s' invitava la Giunta a fare presso
il R. Governo le pratiche opportune , onde quella comodissima legge
di espropriazione potesse essere applicata, per conto del Municipio
Romano, ai conventi , ai monasteri, alle case dei privati, alle casu-
214 CRONACA
pole dei poveretti , ai fienili di cui e ingombra Roma , affine di
adattare tali edifizii e giovarsi di quelle aree ad uso di abitazioni ci-
vili. Iltesto di tal proposta venne subito pubblicato nella Nuova Roma
n° 67 dell' 8 marzo.
Al Consiglio municipale parve di veder cosi scoperto un nuovo
Peru, a profitto proprio. Poter mandare a spasso e metter sul lastrico
i frati e le monache di 157 tra conventi e monasteri, designati dal Pla-
cidi e dal Ruspoli ! Poter avere tanti vasti edifizii , in luoghi cen-
trali , facili a ridursi ad uso de'privati , e cio con nulla piu che un
decreto, e col mettere in mano agli spogliati proprietarii alcuni titoli
di rendita, calcolata con 1'equita che usava il Governo stesso verso i
frati e le monache! Tal partito non ammetteva dubbiezze. II Con-
siglio Comunale non si fece pregar punto, ammise la proposta, pro-
cedette a' voti , e conchiuse che appunto cosi s' avesse a fare .
4. II principe Filippo Andrea D' Oria Pamphili capi allora che
bella parte gli era riservata a recitare , se restava nella Giunta mu-
nicipale ; e ne senti tale ribrezzo che , senza porre tempo in mezzo,
scrisse una lettera al Consiglio Comunale , a cui fu letta al comin-
ciare della seguente tornata del 7 marzo; e con essa annunziava:
essere suo irremovibiie proposito di non avere piu ingerenza alcuna
nella Giunta, appunto a cagione dell' ordine del giorno votato nella
seduta precedente, e col quale s' invocava ad utilita e discrezione del
Comune di Roma 1'applicazione della legge d' espropriazione dei con-
venti.
Pochi giorni dopo il principe se ne ando a Firenze, fu introdotto
al Senato, presto il giuramento e prese possesso del suo stallo se-
natorio ; quindi assunse pure 1' esercizio della « attribuzione distin-
tissima » presso la persona del Re , cio& della carica di Prefetto del
palazzo Reale e maestro di cerimonie. Prosit! Come dovrebbe andarne
altero il suo antenato, il famoso ammiraglio Andrea !
II Consiglio comuoale fece di necessita virtu; accetto quella omai
troppe volte ripetuta rinunzia del D' Oria, e procedette, in quelLa
tornata del 7 marzo, alia nomina della sua Giunta; ed al primo scru-
tinio riuscirono eletti assessori i signori Giovanni Angelini, Mario
duca Massimo, Biagio Placidi, Samuele Alatri, e D. Francesco prin-
cipe Pallavicini. Al secondo scrutinio riusci eletto il sig. Spada; il
quale, senza indugio, alzo la voce e disse, che i suoi affari non gli
permettevano di tenere tal carica. Grande scompiglio! Restavano ad
eleggere due altri assessori ordinarii, e.gli assessori supplenti.,Ed
ecco levarsi il sig. Mario Massimo e dire che: atteso I' ordine del
giorno contro i conventi , ammesso nella tornata del giorno innanzi,
non gli era possibile di restare a far parte della Giunta. Sbalordi-
CONTEMPORANEA
mento universale! I padri della patria come trasognati si guardano
tra loro, in atto di chi dice: ma perche costui non si e dichiarato
prima? Ed ecco si leva alia sua volta 1'onesto israelita Samuele Alatri,
e dichiara che, per suoi affari ed interessi particolari vedeasi obbligato
a rifiutare F onore conferitogli, e che non voleva punto ritenere la
carica di assessore. S'immagini chi pud la confusione ed il dispetto
degli elettori. Ne nacque un diverbio circa il punto : se tali dichia-
razioni avessero a riguardarsi come dimissioni o come semplici non
accettazioni. Tornava impossibile mettersi d'accordo; e si sospese il
dibattimento. Nella tornata del seguente venerdi 10 marzo, si com-
pierono le elezioni degli assessori , e la Gazzetta ufficiale di Roma
dell'11 marzo ne rec6 il seguente elenco.
Assessori. Angelini Giovanni — Massimo Duca D. Mario — Pla-
eidi aw. comm. Biagio — Alatri cav. Samuele — Pallavicini principe
D. Francesco — Spada aw. Alessandro — Gatti dott. Serafino — Fe-
liciani prof. Alceo.
Assessori supplenti. Venturi aw. Pietro — Ricci Nataletti Felice
— Ramelli Alessando — Gui Giovanni.
Al comparire di questa lista ufficiale, rimase alia sua volta stu-
pito il rispettabile pubblico. Dunque i signori Massimo, Alatri e Spada
accettarono poi chetamente quello che con tanta solennita aveano
rifiutato? e perche? Sono interrogazioni indiscrete, a cui finora non
s'ebbe soddisfacente risposta. Ma in conclusione la Giunta e vera-
mente costituita dai nominati personaggi? Questo non si sapeva
ancora il 29 di marzo, di cbe levavano aspre querele i diarii libera-
leschi di Roma . Pure diceasi che i tre illustratisi col magnanimo
rifiuto stavano ancora saldi sul no, e che solo prestavano F opera
loro per carita di patria. Sicche Roma , allo scorcio del marzo, restava
ancora senza Prefetto, senza Sindaco, senza ff. di Sindaco, con una
Giunta incerta, e sotto la direzione d' un Reggente la prefeltura e
dell'ufficioso governo del Placidi, che firmava i bandi, i manifesti,
gli inviti; appunto come se gli assessori piu anziani, Angelini e
Massimo, si fossero tratti fuori di quel pecoreccio!
5. L'uscita del D'Oria dal Gabinetto di ff. di Sindaco e dalla Giunta
comunale reco qualche disgusto a chi voleva servirsi del suo nome per
molte altre belle cose; ma produsse un piccolo vantaggio a soddisfa-
zione della curiosita pubblica. II Consiglio comunale avea nominata una
Commissione di soccorso , che dovesse sovrintendere alia buona opera
di raccogliere e distribuire le offerte, a benefizio dei danneggiati dalla
inondazione del Tevere. Le gazzette ufficiali registravano continua-
mente lunghe liste di oblazioni fatte da' Consigli provinciali e co-
munali d' Italia, e da^privati, a tale effetto. Ma tali somme erano
21 6 CRONACA
realmente pervenute a Roma? Chi le avea ricevute? Chi e come aveale
distribute ? Quali erano stati i preferiti nella distribuzione?
Quando certe cose non si dicono a tempo, si lascia ingigantire
la curiosita plebea , e la calunnia sa subito dar corpo alle ombre. Si
dicea : che assai poco si fosse avuto in moneta di quel molto che
erasi promesso sulla carta; che di quel poco una gran parte fosse
andata in provviste di bandiere distribute poi gratis, per festeggiare
certi avvenimenti; che si fossero fatte odiose distinzioni di parte
papalina e di parte liberate., quanto a cio che erasi dato in sussidii
a' danneggiati ; e cosi via via.
Per ovviare a tal inconveniente la Commissione di soccorso avea
fatto stampare nella Gazzelta ufficiale di Roma, n° 145 del 15 feb-
braio, una sua nota in cui dicea: « Quantunque le somme promesse
ammontino a circa L. 800,000, pure quelle incassate a tutt'oggi non
ascendono che a L. 430,125: 10. Le suppliche presentate poi sono 8206,
di maniera che gl'incassi furono gia in parte erogati, per sopperire
ai bisogni urgentissimi di quella categoria che mancava di letto, ed
altre masserizie necessarie alia vita, come pure ad aiutare e rista-
bilire, per quanto possibile, la piccola industria della Citta. Si lascia-
rono a parte e momentaneamente, come t©rza categoria, coloro, che
quantunque grandemente danneggiati , il loro stesso danno prova in
generale la non ristretta posizione sociale, ai quali si provvedera
proporzionatamente, ed a seconda della somma che rimarra disponi-
bile, esaurita la seconda categoria. »
La indiscreta curiosita del pubblico non era percio punto appa-
gata; e continuavansi le ciarle impertinenti. Facea nausea vedere che
si fosse incassato poco piu che la meta delle somme promesse ; e
posto che in questa fossero comprese le lire 200,000 assegnate dal
Re, a carico delle finanze, restava che quasi tutti quei magnanimi
oblatori si fossero contentati di parole! Poi dore sono andate k
Lire 430,000 riscosse? Chi ne dee dare conto?
AI principe D'Oria spiaceva lasciare intorno a cio qualche dubbfo,
tuttoche infondato, onde si potesse gettare ombra sulla sua ammini-
strazione; Percid, tre giorni dopo aver volte le spalle al Campidoglio,
mando a stampare nella Gazzetta ufficiale di Roma, n° 178 del 10
marzo, un particolareggiato rendiconto delle somme da lui ritirate,
e dei depositi fatti da lui alia Banca romana. Qui basta accennarne
i punti principal!. Apparisce dal resoconto del D'Oria che si incas-
sarono, di quelle-800,000 lire offerte : 1° lire 290,168. 26 provenienti
da varie liste; e queste furono depositate in 9 rate alia cassa della
Banca romana: 2° lire 200,000 che per ordine del Re le finanze dello
Stato dovettero consegnare alia Commissione. 3° lire 20,000 che il
CONTEMPORANEA 21 7
Comune di Roma avea offerte in attestato di gratitudine all'esercito
liberators, e che questo destind a sussidio dei danneggiati dall' inon-
dazione. Di guisa che in tutto s' incassarono sole lire 510,168 26.
Questo denaro fu ritirato dal sig. Remigio Manassei, Cassiere nomi-
nate dalla Commissione di soccorso, per essere distribuito, ad ecce-
zione di L. 100,168.26 rimaste in cassa. Ma a chi, con quali norme,
fu fatta la distribuzione? Questo, finora, non si sa, ne si pu6 sapere.
6. Ad un'altra grande e nobile impresa avea posto mano il
Consiglio comunale; cio6 a concorrere per parte sua col Governo a
far si che le raolteplici e numerose Opere Pie, di cui Roma abbonda
a beneflzio dei poveri, dovessero mutarsi in opere filantropiche , e
passare dal sindacato e dall' amministrazione della Chiesa sotto la
esclusiva tutela ed amministrazione del Governo e del Municipio. Fin
dal 1° decembre 1870 erasi perci6, con Decreto Reale, pubblicata in
Roma e nelle province , la legge del 3 agosto sopra le Opere Pie. Poi
il Gerra, Consigliere di Luogotenenza per 1' interne, avea fatto pub-
blicare nella Gazzetta uffidale di Roma, n° 128 del 29 gennaio, una
sua circolare ai direttori ed amministratori delle Opere Pie ; nella
quale veniva rainutamente indicando quello che doveano fare, e
come, e quando, per 1'osservanza esatta di quella legge ed in ossequio
ai diritti della Deputazione provinciate, sotto la cui tutela quelle
erano poste. AI tempo stesso, e nello stesso foglio, era pubblicata un'altra
circolare del Gerra ai Sindaci e Commissarii Regii , con che loro
notificava il dovere di procedere alia nomina delle Congregazioni
comunali di caritdj da scegliersi fra i consiglieri comunali, in nu-
mero definite a proporzione di quello degli abitanti del Comune; le
quali Congregazioni doveano alia loro volta concorrere a formare
la Deputazione provinciate, cui spettava il supremo dominio, sotto
la vigilanza del Governo, per quanto spetta le Opere Pie.
Notava pero bene il Gerra che 1' autorita di codesti signori non
si estendeva a tutte le Opere Pie. Ecco le sue parole. « Per evitare
ogni equivoco , e riserbandomi d' impartire dettagliate (sic) istruzioni
ai President! delle Congregazioni di carita , non appena istituite ,
credo utile avvertire sin d'ora, che queste devono prendere la direzione
soltanto e 1' amministrazione di quelle Opere Pie, od istituzioni di
beneficenza in genere, che non hanno un' amministrazione propria.
Sarebbero tra queste, ad esempio, le doti, i lasciti per limosine a' po-
veri, le donazioni eventuali , e simili. »
II Consiglio Comunale di Roma, nella tornata del venerdi 25 feb-
braio nomino la sua Commissione o Congregazione di caritd, nelle
persone dei Consiglieri signori : Principe Filippo Andrea D'Oria, pre-
sidente — Marchese Gavotti -— Silenzi — Troiani — Conte Pianciani
21 8 CRONACA
— Principe Gabrielli — Principe Odescalchi — Donarelli — Giovanni
Costa.
Messi cosi sulF avviso , i Dlrettori ed Amministratori delle Opere
Pie si consigliavano intorno a quel che doveano fare, all'intento
d' impedire che istituzioni e rendite di natura loro ecclesiastiche , o
poste sotto la immediata tutela della Chiesa, a scopo di carita e di
religione, divenissero uria appartenenza municipale, sotto 1'autorita
e la direzione laica di uomini, che poteano essere protestanti o giudei ;
e cosi perdere la propria loro indole , con violazione manifesta della
volonta dei fondatori e benefattori defunti. L' Emo Card. Vicario da
parte sua fece sapere a tutte le Opere Pie , che non dovessero dare
passo veruno, senza saputa e consenso della competente autorita
ecclesiastica. Questo non garbava a chi e incaricato d' incivilire Roma,
levandole quanto sa di beneficenza strettaraente cattolica , ed infor-
mandola di filantropia liberalesca.
Avuti pertanto gli ordini ab alto, il Borroni, Reggente la R. Pre-
fettura di Roma, spedi una sua circolare a tutte le Congregazioni di
carita, amministrazioni e direzioni di Opere Pie, per esigere anzi
tutto, entro il termine prefisso del mese di marzo, il bilancio pre-
ventive delle entrate e delle spese presunte pel 1871 ; e conchiudeva
colle pin energichecomminatorie. Questo documento venne pubblicato
nella Gazzetta ufficiale di Roma, n° 170 del 12 marzo.
Dal canto suo 1'Emo Card. Yicario del Santo Padre non indugio
punto a fare quanto per lui poteasi onde salvare, se fosse possibile,
le ragioni della giustizia e della religione, in questa metamorfosi delle
Opere Pie, ed intanto evitare conflitti, in cui la forza dovea neces-
sariamente uscir vittoriosa. Fu spedita pertanto a tutti gli ammini-
stratori delle Opere Pie la seguente Circolare.
« Dalla segreteria del Vicariato, U 15 marzo 1871.
« I signori amministratori delle Opere Pie di pubblica beneficenza,
che con circolare del 7 corrente marzo loro diramata dal Reggente
della Prefettura della. Provincia di Roma, sono stati richiesti del bi-
lancio preventivo pel corrente anno 1 871 , restano avvertiti di darlo,
premettendo la seguente protesta: « I sottoscritti amministratori del-
« 1' Opera Pia N , invitati con circolare del 7 corrente marzo a
« produrre il bilancio preventivo pel corrente anno 1871, non piu
« tardi della fine del suddetto mese, dichiarano di non poterlo spon-
« taneamente produrre. Poiche pero nella circolare istessa si mi-
« naccia, che in caso di rifmto verranno adottate misure di rigore, sia
« contro gli amministratori, sia contro 1' Opera Pia medesima, i sot-
« toscritti esibiscono il richiesto bilancio, protestando e dichiarando
« di cedere alia fofza. PLACIDO canonico PETACCI Segretano del Vi-
« cariato. »
CONTEMPORANEA 219
Quasi al tempo stesso i sei Cardinali Vescovi Suburbicarii manda-
vano al R. Commissario Gadda la protestazione seguente, pubblicata
nell' Osservatore Romano n° 67 del 22 marzo.
« Con decreto emanato dal Governo e pubblicato nella Gazzelta
ufficiale del 29 gennaio p. p. si dichiara, che tutte le Opere Pie
passano sotto le leggi dello Stato, sono sottratte alia legittima Auto-
rita Ecclesiastica, si ordina ai Superior) di consegnare lo stato orga-
nico di tutto il personale, e si prescrivono altri atti da farsi intorno
alle medesime.
« Tale decreto, da cui nonponnoderivare chefunesteconseguenze,
ha profondamente commosso e addolorato i sottoscritti Vescovi Car-
dinali, si per riguardo a Roma, che alle suburbicarie Diocesi , alia
pastorale loro cura rispettivamente affidate. Quindi e che i medesimi
presentano a Y. E. i loro giusti reclami, onde si facciano pervenire
a chi di dovere; e protestano contro il disposto dello stesso decreto,
anche per corrispondere agli ordini del S. Padre, e per impedire
che il loro silenzio non abbia ad essere interpretato dai fedeli in
senso di connivenza.
« Non puo V. E. disconoscere che, ben ponderate le cose, le Opere
Pie sono oblazioni fatte a Dio in profitto de' fedeli, e percio rivestono
1' indole dei voti, sono consacrate dalla Religione, ed appartengono
per tal modo alia Chiesa.
« A ci6 si aggiunge, che talune di tali Opere sono talmente
congiunte col culto e col servizio di Dio, che apporre su di esse le
mani, o lo strapparle dalla Chiesa, e un vero ingerirsi nelle cose di
religione, e un togliere al Clero quello che per sua natura gli spetta.
« E se per talune delle Opere pie, attesa la loro qualita, non
vi e alcuna intrinseca ripugnanza che sieno amministrate, dirette e
sorvegliate dai laid e dal potere secolare, non pu6 dimenticarsi, che
la Chiesa, sia per averle fondate, sia per averle dotate coi suoi beni,
sia per averle inspirate e santificate nella loro istituzione e direzione,
sia per F espressa volonta di quelli che le eressero, sia per F intrinseca
loro connessione con quella carita cristiana, di cui essa sola e vivi-
ficatrice e custode, o con quel cristiano insegnamento, del quale ha
ricevuta F esclusiva missione dal suo divino fondatore: non pu6 di-
menticarsi, ripetono, che la Chiesa per queste ed altre ragioni e la
legittima custode delle medesime.
« E se in qualsiasi luogo sarebbe un grave attentato portato
alia Chiesa il privarla di tali diritti, resi pm sacri ed inconcussi perche
corroborati dalle stesse legislazioni civili, e dall' uso costante di tanti
secoli, quanto non sara maggiore il medesimo in questa Sede del
Cattolicismo, e nelle Diocesi suburbicarie, nelle 'quali tutte le Opere
920 CRONACA
ed i Luoghi Pii debbono la loro fondazione ed organizzazione, od il
loro incremento', alia generosita, operosita e sagacita de' Sommi Pon-
tefici e del Cardinal! di S. Madre Chiesa?
« Se non ostante si solide ragioni e riflessi, che i sottoscritti si
astengono di sviluppare, perch& trattasi di cose troppo ovvie, e perchfc
non voglion rendersi gravi con prolisse esposizioni, si volesse pro-
cedere oltre allo spoglio: essi dichiarano, che per an sacro dovere
di coscienza non potranno cedere , ne far cedere che alia violenza.
« E un precise dovere dei sottoscritti di rammentare il disposto
del S. Concilio di Trento (il quale & tuttora legge vigente nello Stato
a cui mai si e espressamente derogate) al capo XI della Sessione
XXII de Reformat, e le scomuniche, che giusta il medesimo e" la
Costituzione ApostoliccE Sedis, s'incorrerebbero da coloro, i quali si
rendessero colpevoli di tali spogli, e di tali violenze.
« Dopo avere con questo atto adempito a un doveroso obbligo
di coscienza, si lusingano i sottoscritti che le esposte gravi ragioni
siano prese dal Governo superiore in seria considerazione, e che in
conseguenza non si tardi a prendere una misura corrispondente ai
loro voti; ed in tale intelligenza esprimono a V. E. i sentimenti della
loro considerazione.
« gg Costantino Card. Patrizi, Vescovo di Oslia e Velletri^Vicario
Generate di Sua Santitd. gg Luigi Card. Amat, Vescovo di Porto
e S. Ruflna. gg Niccola Card. Clarelli Paracciani, Vescovo di Fra-
scati. gg Cammillo Card. Di Pietro, Vescovo di Albano. gg Giuseppe
Card. Milesi, Vescovo di Sabina. gg Carlo Card. Sacconi Vescovo
di Palestrina. »
Somigliante protestazione fa mandata al R. Commissario Gadda,
e pubblicata nelT Osservatore Romano, n° 74 del 31 marzo; con la
quale dichiararonsi di aderire in tutto all' atto dei Cardinali Vescovi
suburbicarii, i Vescovi della provincia di Campagna, cioe delle diocesi
di Alatri, Anagni, Ferentino e Veroli.
Finora non sappiamo qual esito ottenesse , presso il R. Com-
missario, e presso il Governo di Firenze , cotal dignitoso richiamo
dei legittimi tutori delle Opere Pie di Roma. Stando alle voci corse,
e divolgate dai giornali della setta in Roma , e pur troppo da credere
che siasi fatto di tali protestazioni quel capitale stesso che delle altre
gia emesse , per altri motivi , dal Santo Padre Pio IX. E probabile
che siasi risposto , come leggiamo in qualche giornale , che si proce-
derebbe con tutti i riguardi nell' eseguire la legge; ma che la legge
doveasi irrevocabilmente effettuare.
7. Con cio le Opere Pie sono avviate a patire quella trasforma-
zione, che equivale a distruzione, che gia si effettuo nelle altre pro-
CONTEMPORANEA 221
vince d' Italia. In Roma, per altra parte, si da opera a rassodare,
in quanto e possibile, il moderno edifizio coi rispettivi contrafforti.
L'edifizio politico costituzionale, gia si sa, non puo fare a meno d'un
esercito cittadino che all' uopo, come accade ora a Parigi, possa te-
nere in iscacco 1' esercito militare; quello di natura sua e destinato
a tutela del potere legislative, questo deve servire solo contro i ne-
mici esterni , sotto gli ordini del Re , e del potere esecutivo . II
primo e il Palladia degli ordini rappresentativi. Come tale, la Guar-
dia nazionale merita tutte le cure dei reggitori della cosa pubblica. Ma
anche qui il Palladia stentava molto a formarsi e costituirsi. Final -
mente sullo scorcio del febbraio la faccenda era a buon punto. Gli
ufficiali erano nominati, vestiti , in grado di far bella mostra; i
soldati , poco numerosi , ma prodi e con le armi benche senza le
munizioni convenient! al loro scopo.
Per dare a cosi rispettabile corpo, distribuito in quattro formi-
dabili legioni, sotto gli ordini del Generale Tito Lopez, 1'ultima forma
che ne cementasse gli elementi robusti , mancava solo la presenta-
zione degli ufficiali ai rispettivi battaglioni ed alle singole compagnie:
poi il giuramento degli ufficiali al Re ed allo Statuto; e da ultimo
una splendida rassegna.
II valoroso Generale Tito Lopez convocd pel 26 febbraio le sue
quattro Legioni al Campo Pretoriano , perche vi dovessero compiere
una prima rassegna, come in prova della grande e solenne. Ma che?
Voile il caso che quel giorno il Lopez o fosse di molto cattivo umore.
o, come altri narro, avesse pranzato con troppo appetito. Fatto sta che
la rassegna non si pote eseguire ; e che i Colonnelli delle Legioni ,
istizziti della misera figura a cui erano stati esposti , ed offesi di
qualche tratto un po' troppo liberalesco del Lopez, diedero le loro
dimissioni. Bisognava al tutto che o il Generale, o gli Uffiziali Supe-
riori a lui soggetti , smettessero 1' onore di comandare al Palladia .
II magnanimo Tito Lopez, immolandosi pel bene della patria, si getto
da se stesso nel baratro apertogli innanzi, e diede la sua dimissione,
Non potendosi trovare subito un altro Generale, da sostituire a lui,
fu dato il comando al Sig. Tittoni, colonnello anziano di una delle
quattro Legioni. II Lopez si consold con le insegne di Commendatore
nell' Ordine equestre della Corona d' Italia, ond'egli era stato fre-
giato con decreto reale del 19 febbraio, in compagnia del Questore
L. Berti, del principe Francesco Pallavicini, del duca Mario Massimo,
e dell' aw. Lunati.
La Domenica 12 di marzo, ebbe luogo Gnalmente la solenne
cerimonia del giuramento e della presentazione degli Uffiziali. I cri-
stiani giurarono sul Vangelo, i Giudei sulla Bibbia. Poi si fece la
22*2 CRONACA
sfilata, che riusci splendida; e la giornata fmi con latfte cene e pranzi
di lusso per chi aveva onde spendere; per gli altri, come poteano.
8. Questa funzione era come un preparative alia grande rasse-
gna di truppe e di Guardia nazionale, con cui doveasi poi, il mar-
tedi 14 marzo, festeggiare 1' anniversario della nascita di Vittorio
Emmanuele II e del principe ereditario Umberto. II sig. Biagio Pla-
cidi avea eccitato i Romani con un bando eloquente, a manifestare
in tal congiuntura quella esuberanza di affetto che aveano pel Re dato
loro dal 20 settembre. Un'i distribuzione copiosissima di bandiere assai
belle, e donate gratis, fece si che anche i meschini abituri de'po-
verelli ne fossero fregiati, poiche loro si portarono con ordine di spie-
garle fuora. Molti altri addobbarono le loro case, vuoi perche vera-
mente cio loro piaceva, vuoi perche non volcano molestie. La rassegna
piacque assai. Alia sera una dimostrazione con bandiere e fiaccole ,
organizzata dai capi dei Circoli e di corporazioni varie, ando ac-
clamare il Principe e la principessa al Quirinale , facendo pero ri-
sonare altre vie e piazze colle grida filantropiche di Abbasso i Preti!
Fuori i Gesuiti! Morte ai Gesuili ! Morte ai Cacdalepri! Non ebbe
luogo alcuna violenza di fatti.
9. Dopo questo, il piu rilevante avvenimento da registrare tra
le cose proprie della Capitale decapitata, fu la prima seduta pubblica
del Consiglio Comunale, che ebbe luogo il 30 di marzo. Vi presero
parte 42 consiglieri. Un discrete numero di curiosi rappresentava il
rispettabile pubblico. Anche pei sacerdoti della slampa romana eransi
preparati scanni e tavole ; ma soli 5 accettarono 1' invito : « il che
prova, dice La Capitale n° 187, che si desiderano sempre le cose
che non si possono avere , e le si disprezzano , quando si sono ot-
tenute. »
Circa il modo con che procedette quella seduta capitolina, non
crediamo poter far meglio che riferire qualche tratto di cio che ne
pubblico il cronista della Capitale^ che sembra essere stato uno dei
cinque zelanti di tutta la non piccola schiera dei giornalisti di Roma.
« La fisonomia del Consiglio e cupa anzi che no. Prima che il
ff. di Sindaco, Sig. Angelin.i, condannato contro sua voglia a por-
tare la pesante croce della presidenza, guoni il campanello fatale, i
consiglieri formano qua e la de' capannelli , discutendo con molto
calore. E all' ordine del giorno la questione del dazio di consumo,
che in Roma ha assunto il carattere di una questione di primaria
importanza.
« Fra i Consiglieri notiamo il duca Massimo, dalla cera beata,
si da potersi confondere con quella d' un cardinale a doppio piatto
-1'Alatri, la cui figura ha molti riscontri con quella d' un anti-
CONTEMPORANEA
223
quario del primo Impero — il Gaetani, incassato dentro una cravatta
da coscritto di prima categoria — il Pantaleoni, la cui magra figura
mal risponde ai gross! bocconi (non escluso il canonicato di S. Pie-
tro ) che gli somministra 1' Ospedale di S. Spirito — il Tittoni che
rugge sotto una selva di peli scorrettamente canuti — 1' Odescalchi
dall' aria ingenua — il Pallavicini dall' aria truce — il Piperno dal-
1'aria accorta — il Feliciani che sonnecchia piacevolmente — 1' An-
gelini che (poveretto!) vi fa la figura dell' Ajo nelV imbarazzo —
ed il Ruspoli (dulcis in fundo) che si compiace della tribunizia sua
tinta.... all' acqua di rosa.
« Dichiarata aperta la seduta , si vota un indirizzo di condo-
glianza a Benedetto Cairoli , si da atto della rinunzia definitiva di
Spada e Massimo, e si rifmta il dono fatto dall' artista Simonetta di
Torino di un busto di Cavour.
« Alatri incomincia I' esposizione delle pratiche corse tra la
Giunta ed il Ministro Sella, a proposito del dazio di consumo; dice
che la Giunta, dopo lunghe trattative, ha fmito coll'accettare la per-
cezione, per proprio conto, della tassa del dazio di consumo e ma-
cinato, per la somma di 3 milioni e 800 mila lire nei primi 3 anni,
e di 4 milioni per gli altri due, essendo il contratto duraturo per
anni 5. Dichiara che, a suo giudizio, il contratto deve accettarsi nel
modo, ch'e dalla Giunta proposto. »
Finito che ebbe 1' israelita Alatri di esporre le pratiche fatte per
conchiudere si oneroso contratto, si levo il Ruspoli per biasimare il
Governo come troppo rigido, e combattere il contratto come ingiusto,
criticando severamente 1' operate dalla Giunta. L' Alatri si difese alia
meglio, ed in suo aiuto volo alia riscossa il Placidi. Ma il duca Mario
Massimo , dichiarando di cedere solo alia forza , col sottomettersi a
quella dura legge, disse che « il ministro Sella tenne con Roma, nelle
trattative del Dazio di consumo, un contegno poco dignitoso » ; ed
insistette perche il Consiglio comunale si protestasse in guisa da far
capire che « il contratto lo si subisce per ragioni estrinseche , non
avendo intrinsecamente alcun titolo per farsi approvare. »
Siamo persuasi che tutti, in cuor loro, davano ragione al Mas-
simo . Pertanto non poteva trovare efficace opposizione la proposta
del Ruspoli, che pose in mezzo il seguente ordine del giorno.
« II Consiglio approva la proposta della Giunta d'accettare ii
canone di L. 3,800,000 per i primi tre anni e di 4 milioni per gli
altri due anni, domandati dal Governo. II Consiglio tiene fermi i
diritti del municipio all' indennizzo calcolato dalla Giunta stessa
a 2,000,000 di lire per aver dovuto, nel periodo dal 20 settembre 1870
alia fine di marzo 1871, soggiacere a maggiori spese per gli aumen-
tati servizii senza fruire d' un adeguato corrispettivo. »
CRONACA
« Massimo vorrebbe che dopo le parole II Consiglio si aggiun-
gessero le seguenti : « stretto dalla necessitd » (segni di adesionej.
II Placidi protesta contro questa aggiunta, che potrebbe essere jn-
terpretata come poco favorevole verso il governo. Piperno divide la
stessa idea; dice che, trattandosi d' un affare, lo si deve accettare se
buono, respingere se cattivo; ogni altro apprezzamento essere estraneo
alia questione. Si domanda la votazione separata dei due periodi,
onde componesi 1'ordine del giorno Ruspoli. »
Qui 1' ouesto Alatri si richiam6 degli impacci in cui sarebbe posta
la Giunta, se si ammettesse la seconda parte della proposta del Ru-
spoli, troppo chiaro essendo che il Governo si rifiuterebbe ad am-
mettere gli allegati diritti. Ne nacque un confuso e fervido discutere
a molti insieme, con una specie di parapiglia, esemplato evidente-
mente dagli spettacoli di tal genere che si danno nella Camera dei
Deputati. Per cessare il tumulto, il duca Massimo dichiaro che riti-
rava la sua particella: stretto dalla necessitd. II Gatti, membro della
Giunta, dichiar6 che la riproponeva egli. II Placidi prego il Gatti di
dichiarare che quella era proposta sua personale e non della Giunta.
II Piperno voile alia sua volta parlare. Nuovo tumulto, durante il
quale il cieco Gaetani di Sermoneta stilla contro la consorteria ca-
pitolina. La baruffa si fa seria. II Tittoni va diritto al principale, e
strepita perche il contratto si respinga assolutamente . La tempesta
pare che cominci a calmarsi. II duca Massimo allora suggerisce che
la seconda parte della proposta del Ruspoli si modifichi, nella forma
seguente.
« II Consiglio incarica la Giunta di far valere coi mezzi piu ef-
licaci il diritto del Comune di conseguire dall' erario governativo il
compenso dovutogli per le maggiori spese sopportate senza corre-
spettivo fino al 1° aprile, epoca in cui il Comune -medesimo comin-
cera a percepire tutte le sue rendite attribuitegli dalla legge. »
II D'Oria domanda che prima di venire ai voti si faccia Fap-
pello nominale. II Pantaleoni vuole ancora partare per un altro emen-
damento; e suscita un nuovo uragano, che questa volta si scarica
presso di lui , in forma di risate sonore, onde alia fine e ridotto a
tacere. [1 Pianciani ne propone un terzo, cioe che sia da intendersi
sciolto e casso il contratto quando, come ne ha fatto espressa riserva
il Ministro delle fmanze, si togliesse al Comune la percezione della
tassa pel macinato. Si grida ai voti! ai voti!
« II presidente e imbarazzato, come un pulcino nella stoppa, e
non sa a quale dei varii ordini del giorno dare la preferenza. L'or-
dine del giorno Ruspoli, come piu lato , e fmalmente posto a vota-
zione dal presidente, il quale guarda a destra e sinistra, implorando
dai consiglieri un benevolo aiuto. »
CONTEMPORANEA
La prima parte della proposta del Ruspoli fu approvata a plu-
ralita di voti; poi venne una infilzata di spiegazioni date da alcuni
di quei che 1' aveano approvato e da altri che 1'aveano rifiutato. Dalle
quali tutte pero traspariva molto malumore contro il Governo, o per
meglio dire contro lo spietato Sella. Si passo quindi alia votazione
per la seconda parte, secondo il testo proposto dal Duca Mario Mas-
simo; e questa fu approvata all'unanimita.
« II presidente proclama il risultato della votazione; i consiglieri
si alzano; la seduta pare fmita. Ma 1'Alatri fa osservare che bisogna
votare 1' esercizio provvisorio almeno per altri due mesi. « Chi ap-
prova si alzi » (grida il presidente, non badando che tutti i consiglieri
sono levati) ed hanno il cappello in testa. Si alzano le mani in segno
di approvazione, e la seduta e tolta alle 5. pom. »
Sembra a noi che questo schizzo della prima seduta pubblica del
Consiglio Comunale di Roma, tratto dalla relazione della Capitale,
debba essere sufficiente a far capire; con che sapienza e quale efficacia
saranno sempre tutelati gli interessi dei Romani.
III.
COSE -STRANIERE
FRANCIA 1. Voto dell'Assemblea nazionale di Bordeaux contro la dinastia dei
Bonaparte — 2. Protestazione di Napoleone III — 3. Atti del Governo del
sig. A.Tbiers per 1'esercito e la Guardia nazionale — 4. Deliberazioni e
voto dell'Assemblea nazionale pel trasferimento del Governo a Versailles
— 5. Plenipotenziarii francesi a Bruxelles pel trattato di pace — 6. Di-
missione di Deputati repubblicani ; s' istituisce in Parigi un Comitato
segreto di resistenza al Governo — 7. Primi attentati della Guardia Na-
zionale — 8. Bandi e provvedimenti del Governo per sedare la ribellione
— 9. Conflitto nel quartiere di Montmartre ; assassinio dei general! Tho-
mas e Lecomte — 10. Incrementi della ribellione ; moti a Lione, a Tolosa,
a Marsiglia ed a S. Etienne ; strage sulla piazza Vendome a Parigi —
41. Ritirata dell'esercito fegolare a Versailles; nomina dell' ammiraglio
Saisset al comando della Guardia nazionale di Parigi.
1. II 19 settembre 1870, in quell' ora stessa che 1'esercito del re
Vittorio Emanuele stringevasi d'ogni parte sotto le mura di Roma,
stremata d'ogni valida difesa per opera di Napoleone III; e, con la
licenza di Giulio Favre, apprestate le batterie, disponeasi a bom-
bardarla e prenderla d'assalto: appunto in quell' ora le truppe ale-
manne, impadronitesi di Versailles e delle alture di Meudon,chiu-
devano 1' ultimo varco di quella cerchia fatale, onde Ire mesi dopo
Serie VIII, vol. II, fasc. 500. 15 7 aprile 1871-
226 CRONACA
cominciavano il bombardamento di Parigi , senza che ne la disperata
resistenza degli asserdiati, ne gli sforzi degli eserciti di soccorso
bastassero ad impedir loro di entrarvi trionfanti la mattina del 2.
marzo 1 87 1 . II notare tal coincidenza ben puo trarre un sorriso di
scherno sul labbro di chi, rinnegato ogni senso di fede nell'inter-
vento della Provvidenza Divina nelle cose di quaggiu, non apprezza
che il presente successo della forza. Ma ben dee averne sentito il
peso sul cuore lo sciagurato sostegno e promotore della rivoluzione
massonica d' Italia! 11 compimento dell' impresa giurata nei ricetti
de' Carbonari segnava per lui il momento d'una caduta irreparabile
entro 1'abisso, che colla sua politica italiana s'era da se stesso scavato
sotto i piedi.
Infatti, mentre le truppe alemanne vittoriose e balde sfilavano
sotto 1'arco trionfale della Stella, e spingevansi fino alle Tuileries ,
ed il loro comandante prendea stanza nella residenza favorita di
Napoleone III al palazzo degli Elisi; 1'Assemblea nazionale francese,
radunata a Bordeaux , in quello stesso giorno 2 di marzo, decretava
la decadenza di Luigi Napoleone Bonaparte e della sua dinastia,
chiamandolo mallevadore delle immense sciagure, per cui la Francia
era smembrata e coperta di sangue e di rovine. Ecco in che modo
fu dato 1' ultimo colpo nil* Impero liberate 9 che Napoleone III credea
stabilito, in guisa da sfidare ogni piu grande cozzo di tempesta,
sull' immobile rocca dei 7,350,143 si dell' 8 maggio 1870.
Reduce da Versailles, il sig. A. Thiers capo del potere esecutivo,
alii 29 febhraio sottoponeva subito aH'Assemblea nazionale i concordat!
articoli preliminari di pace, da noi riferiti nel precedente quaderno
a pag. 104; e supplicava che non s'indugiasse a prendere una riso-
luzione, quanto dolorosa altrettanto necessaria, col ratificare quel
trattato; se pure non voleasi esporre Parigi a grandi dolori ed a qualche
disastro. Egli sperava ancora d' impedire F ingresso degli Alemanni
nella metropoli della Francia, paventando che qualche sconsigliata
reazione della plebe j)arigina desse ai vincitori il diritto di atroci
rappresaglie . Ma era pure indispensabile che i preliminari di pace
fossero esaminati e discussi negli uffizii deH'Assemblea, poi si mettesse
a partito 1'accettarli o il rifiutarli. In questo si dovette spendere il
giorno 1° di marzo. L'Assemblea si riuniva, il 2, per udire la rela-
zione che, a nome degli ufficii, dovea farsi dal deputato Yittorio Lefranc.
L'impressione risentita da tutti fu terribile; ma era evidente 1'im-
possibilita di sottrarsi al passo di quelle forche caudine; ne potea
destar altro, che la commiserazione dovuta ad un matto, la proposta
del poeta Vittor Ugo, che proclamava il rimedio eroico , infallibile ,
della resistenza ad oltranza, fidando nei destini della repubblica. Tutti
CONTEMPORANEA
gli altri sentivano che non era tempo da badare ad utopie. 11 deputato
Bamberger, esclamando che quel trattatd era un decreto di morte per
la Francia, grido che un solo uomo dovea firmarlo, cioe Napoleone III,
« perche il suo nome restasse eternamente inchiodato sulla colonna
infame della storia. » Un prolungato scoppio di plausi manifesto le
disposizioni dell'Assemblea. Ne rimase trafitto il corso deputato Conti,
fedele sempre alia fortuna dei Bonaparte; e si levo a protestare contro
quelle parole. Con cio scatenavasi contro lui ed i Bonaparte una vera
tempesta; tanto che il Presidente Grery minaccio di sospendere la
tornata.
II diverbio continuava, benche con furore represso, quando il de-
putato Bethmont usci in queste parole: « Bisogna troncare la quistione,
proclamando la decadenza dell'imperatore e della sua dinastia. » Qui
di nuovo applausi prolungati da ogni parte dell'Assemblea, levatasi
quasi tutta in piedi per trasporto di entusiasmo; poi da capo gran
tumulto per le protestazioni del Conti, astretto a scendere dalla bi-
goncia; onde il Presidente sospese la tornata; e I'interruzione duro
poco meno di mezz'ora. Ripigliatasi alle ore 2 ed un quarto pomeri-
diane, il Presidente diede la facolta di parlare al deputato Target ,
per una mozione d' or dine. Qui basta trascrivere il resoconto della
seduta.
« Target propone di adottare la risoluzione seguente: « L'As-
semblea nazionale chiude 1'incidente, e nelle circostanze dolorose che
attra versa la patria, ed attese certe proteste e riserve inaspettate, confer-
ma la decadenza di Napoleone III e della sua dinastia, gia pronunziata
dal suffragio universale, e lo dichiara responsabile della rovina, del-
1'invasione, e dello smembramento della Francia. — Firmati: Target,
Bethmont, Jules Buisson, Rene', Brice, Ch. Rolant, Tallon, le due D.
Marmier, Pradie', Ricard, Girard, Lambert de Sainte Croix, Wilson,
€h. Alexandre, Baragnon, Leon, Say, Victor de Laprade, Louis Viennet,
Farcy, P. Dupin, Marcel Barthe, comte d'Osmoy, Wallon, Charles Rives,
comte de Brettes, Turin, Villain. »
« L'Assemblea si alza in mezzo a rumorose acclamazioni , ed alle
grida: Ai voti! Ai voli!
« Gavini (alia tribuna, in mezzo al rumore) . L' Assemblea non
ha il diritto di pronunziare la decadenza... Essa non e costituente. . .
L'Impero fu istituito e consacrato dal suffragio universale, e non puo
essere dichiarato decaduto se non dal suffragio universale. (Agitazione
— Ai voti! ai voti! )
« Thiers, capo del potere esecutivo, sale alia tribuna. (Vivi ap-
plausi.) Signori, io vi ho proposto una politica di conciliazione e di
pace; sperava che tutti comprenderebbero la riserva, nella quale ci
CRONACA
racchiudiamo, rispetto al passato. Ma, quando questo passato si rizza
davanti al paese (acclamazioni) , questo passato, che e la causa di
tutte le nostre disgrazie (nuovi applausi) ; in quella che noi vor-
remmo dimenticare che sotto il peso appunto de'suoi errori e de'suoi
delitti noi chiniamo la testa (gli applausi si raddoppiano): sapete
voi, o signori, che cosa dicono i Principi che voi rappresentate? Di-
cono che non sono essi gli autori di qtiesta guerra, e che la Francia
]'ha voluta. Ebbene! lo loro do qui la piu fonnale mentita (Bravo!).
No, la Francia non voile questa guerra. Siete voi che 1'avete voluta.
(Nuove acclamasioni) . Ed e una punizione del cielo questa, di ve-
dervi gia costretti di subire il giudizio della nazione , che sara il
giudizio dei posteri. Voi volete giustificare il padrone che avete servito.
10 rispetto il vostro coraggio, e sel'Assemblea ascoltasse il mio avviso
essa vi lascerebbe parlare (Benissimo ! benissimo!). Si, venite a
parlarci dei servigi che avete reso! Noi vi risponderemo. Ma se 1'As-
semblea vuole chiudere 1'incidente, io credo che questo sara il partito
piu savio e degno. Voi dite che noi non sianio un'Assemblea costi-
tuente; e una questione. Ma cio che non e questione, egli e che noi
siamo un'Asseinblea sovrana. E la prima volta, da piu di venti anni,
che le elezioni sono state libere. ( Lunghi applausi. — Ai voti! Ai
voti ! )
« Presidents. Metto ai voti la chiusura dell'incidente. — La chiu-
sura, nei termini della proposta del signor Target, e adottata da una
immensa maggioranza. (Nuovi e vivi applausi.)
« Wilson. All' unanimita, eccetto sei voti. »
Cosi quel principe che ben quattro volte, per suffragio univer-
sale, dichiaratosi in favor suo con 6 e 7 milioni di voti, era stato
posto a capo della nazione francese, e ne avea governato le armi e
diretta la politica e padroneggiato le sorti , fu sbalzato via dal trono
in meno d'un quarto d'ora, con un ordine del giorno, ed in con-
giunture che debbono avergli tolta ogni speranza di mai piu risalirvi.
2. Al ricevere 1'annunzio di questo decreto , Luigi Napoleone
Bonaparte dovette rimaner come smemorato. Imperocche pare che egli
perdesse ogni rimembranza delle risposte date e delle dichiarazioni
fatte nel 1859 e nel 1860; quando, per le armi della Francia da lui
adoperate a servigio della Frammassoneria italiana, e per le arti della
sua diplomazia, il Governo del piccolo Piemonte riusciva all'intento
di abbattere il trono ed impadronirsi degli Stati di S. M. il Re Fran-
cesco II delle Due Sicilie, del Granduca di Toscana, del Duca di
Modena, del Duca di Parma e Piacenza, e potea impunemente, contro
11 voto espresso della nazione francese e di tutte le genti cattoliche,
rapire con la violenza delle armi i quattro quinti delle province degli
CONTEMPORANEA 229
Stati della Chiesa, che erano sacro retaggio dato da Dio a guarentigia
di Roma e della indipendenza del Sommo Pontefice. Se di quelle sue
pratiche, e risposte e dichiarazioni avesse il Bonaparte serbata qualche
reminiscenza, per certo non avrebbe avuto coraggio ne di scrivere ne
di firmare la seguente protesta, pubblicata nei giornali di Londra
del 10 marzo.
« Al signor presidents dell' Assembled nazionale, a Bordeaux.
« Sig. Presidente. Net momento in cui tutti i Francesi, profon-
damente afflitti per le condizioni della pace , non pensavano che ai
mali della patria , 1'Assemblea nazionale ha pronunziato la decadenza
della mia dinastia, ed ha affermato ch' io solo era'risponsabile delle
pubbliche calamita.
« Io protesto contro cotesta dichiarazione ingiusta ed illegale.
« Ingiusta, perche quando fu dichiarata la guerra, il sentimento
nazionale, eccitato oltremodo da cause indipendenti dalla mia volonta,
avea prodotto uno slancio generale ed irresistibile.
« Illegale, perche 1'Assemblea, nominata unicamente allo scopo
di conchiudere la pace, ha oltrepassato i suoi poteri , decidendo que-
stioni al di la della sua competenza; e quando pur essa fosse stata
una (tostituente, non avrebbe potuto mai sostituire la sua volonta a
quella della nazione. L' esempio del passato viene a provarlo. L'osti-
lita dell' Assemblea costituente del 1848 cadde a terra innanzi alia
elezione del dieci dicembre; e nel 1851 il popolo con piu di 7 milioni
di voti mi sostenne contro 1'Assemblea legislativa.
«,Le passioni politiche non possono prevalere contro il diritto;
e il diritto pubblico francese, per la fondazione di qualunque Go-
verno legittimo, sta nel plebiscite . Fuori di questo, non vi ha che
usurpazione per gli uni, ed oppressione per gli altri. Io sono pronto
percio ad inchinarmi innanzi alia libera espressione* della volonta
nazionale ; ma innanzi ad essa sola.
« In presenza di avvenimenti dolorosi, che impongono a tutti
1'annegazione ed il disinteresse, avrei voluto serbare il silenzio; ma
la dichiarazione dell' Assemblea mi costringe a protestare in nome
della verita oltraggiata e dei diritti non considerati della nazione.
« Ricevete, signor Presidente, 1'assicurazione della mia alta stima.
Wilhelmshohe, 6 marzo 1871. NAPOLEONE. »
Questo atto di Napoleone III fu ricevuto in Francia con una
noncuranza peggiore d'ogni insulto. Se qualcuno mostrd di fame
qualche caso, fu appunto un di quelli che, dopo aver portato la livrea
imperiale e tenute le sue parti, 1'avea rinnegato nell'ora dei rovesci.
La paura di veder rinnovata 1' impresa di Napoleone I al ritorno dal-
1'isola d'Elba, spinge cosiffatti partigiani ad invocare dal Governo
230 CRONACA
repubblicano la piu rigorosa vigilanza contro le mene e gli attenlali
del vinto di Sedan. Di che si ha un tristo saggio nel Debats del ve-
nerdi 17 marzo.
Questo giornale, che per lunghi anni era stato campione dichia-
rato e fedele degli Orleanesi, si era da ultimo dedicate ai servigi
de\\' impero-liberale ; che, pei 7,350,143 si del plebiscite nel maggio
del 1870 , parea rassodato in guisa da escludere ogni probabilita di ri-
torno agli esuli figli e nipoti di Luigi Filippo. Or ecco in quali termini
il Debats parla della recitata protestazione del prigioniere di Wilhelm-
shohe.
« L' ultimo manifesto di Napoleone III e apprezzato dagli stra-
nieri al modo stesso che qui da noi in Francia; e da per tutto il
prigioniero di Wilhelmshohe eccita gli stessi sentimenti. « II contegno
« piu decoroso che debba osservarsi verso di lui , dice un giornale
« di Cassel, e di voltargli la schiena. Costui e giudicato in Alemagna
« ed in Francia ; e tal condannato non potrebbe ispirare ne compas-
« sione ne ammirazione ad alcun popolo che si rispetti. Gli si lasci
« I' incognito del disprezzo. » II male pero sta in cid; che quest' uomo
non vuole punto rassegnarsi all' incognito, suggerito dal giornale di
Cassel. Egli lien duro. La casa gli par comoda e doviziosa, e pretende
rientrarvi, e dichiara che 1'Assemblea nazionale e incompetente a
mandarnelo fuori. »
Qui il Debats con ironia e scherno atroce rammenta, a dileggio
dello sventurato Napoleone III, ie imprese di Boulogne e di Strasbourg;
tinge di paventare nuovi attentati consimili; e grida che si badi bene
a scoprire le sue trame!
I buoni cattolici non dimenticano, come il Debats dimentica gli
stipendii ricevuti, i servigi che Napoleone III , cedendo al voto mani-
festo della Ffancia cristiana , rendette talvolta alia Santa Sede ; e
rammentano con gratitudine il soccorso, tardo si e momentaneo, ma
pur efficace, che egli mando nell'ottobre del 1867 a salvar Roma ed
il Vicario di Gesu Cristo dai furori delle masnade settarie, vittoriose
a Monterotondo e sconfitte a Mentana. Percio con senso di sincera e
profonda commiserazione vediamo fatto bersaglio a vigliacchi insulti
un principe, che per venti anni ebbe 1'arte e 1'onore di governare
la potentissima nazione francese; e che, se commise il fallo di sacri-
ficare gli interessi della Chiesa e di Roma alia Massoneria italiana, e
di rompere una guerra, a cui non era preparato, contro una nazione
allestita di tutto punto a sostenerla, ebbe in cio consenziente il Senate,
il Corpo Legislativo, e tutta quella immensa moltitudine di giornali e
di turbe plebee, che, rappresentando I' opinions pubblica* nel passato
luglio faceano echeggiare le vie e le piazze della Francia colle loro
CONTEMPORANEA 231
grida A Berlin! A Berlin! I nemici, provocati , riuscirono vittoriosi;
e, meglio che disfogarsi in crudeli contumelie contro Napoleone III,
gioverebbe riconoscere ed adorare nei rovesci delle armi francesi 1'ar-
cano giudizio di Dio, che certo scorgeva nella Francia, e soprattutto
in Parigi, ribellioni diuturne contro le leggi della religione e del buon
costume, e piaghe inciprignite da curarsi col ferro e col fuoco. La Fran-
cia torni ad essere cattolica, e riacquistera il primato tra le nazioni.
Se no , andra perduta irreparabilmente.
3. Appena eletto e costituito Capo del potere esecutivo, il sig. A.
Thiers ricevette la visita di varii rappresentanti di potenze straniere,
che furono solleciti di riconoscerlo nella sua qualita ufficiale; e cosi
fecero gli Ambasciatori d' Austria, di Spagna e Portogallo.
Nella tornata del 19 febbraio il Thiers ringrazio 1'Assemblea
dell'onore conferitogli, ed accettato per puro araore di patria ; ed
annunzio i nomi dei membri del Consiglio dei Ministri da se eletti.
Essi furono: il sig. Dufaure pel ministero della Giustizia ; il sig. Giulio
Favre pel ministero sopra gli affari esterni ; il sig. Ernesto Picard
per quello degli interni ; il sig. Giulio Simon per 1' istruzione pub-
blica ; ii generale Le Flo, pel ministero della guerra; 1'ammiraglio
Pothuau per la marina ; ed il sig. De Larey pel commercio. II mi-
nistro designate per le Finanze era ancor lontano, e forse non avea
ancora accettato; ma fu promulgate qualche giorno dopo, ed era il
sig. Powyer-Quertier.
Non e bisogno entrare in discorsi per giustificare 1' avvedimento
del sig. Thiers nel mantenere alia direzione pubblica varii dei mem-
bri del Governo della difesa nazionale o dichiarati repubblicani ,
come il Favre, il Picard, il Simon ed il Le F16. II primo dovea con-
chiudere le pratiche avviate col Bismark; e non era possibile trovare
chi gli volesse succedere in si ardua ed ingrata faccenda. Altri, mal-
levadori ed autori in gran parte della infausta rivoluzione del 4 set-
tembre, come il Picard, il Simon ed il Le Flo, erano da ritenersi
come quelli che aveano influenza ;e quasi padronanza sulla fazione
repubblicana ; il rimoverli valeva quanto far credere che era decisa
la distruzione della repubblica; ed il sig. Thiers paventava fin d'allora
I'efFetto di tal presunzione, onde sarebbero aggravate da intestina
guerra civile le sciagure della Francia. I repubblicani del 4 settembre
aveano avuta massima parte nel volere il prolungamento della guerra
e la resistenza ad oltranza ; toccava a loro sobbarcarsi al giogo del
vincitore per le coridizioni della pace.
Percio il Thiers non ristavasi , nel suo discorso del 19 febbraio,
dall' inculcare che per amore della patria comune si lasciasse da parte
la quistione costituzionale, della forma cioe di reggimento, a cui in
avvenire dovrebbe appigliarsi la Francia; fmche stavasi nella di-
232 CRONACA
stretta degli artigli alemanni, 'dibattendosi con un vincitore ine-
sorabile, premeva star uniti e non cercar altro che il modo di
uscire col minore strazio possibile del misero stato presente. Ottenuto
questo scopo, egli rassegnerebbe il carico e la nazione manifesterebbe
la sua volonta . Era un dire: il compito della presente Assemblea e
di conchiudere la pace e riorganare 1' amministrazione e 1'esercito na-
zionale ; poi, pel resto, provvedera una Assemblea costituente.
Con questo proposito, mentre il Thiers, assistito dai 15 Deputati
scelti dall' Assemblea, negoziava la pace a Versailles, i Ministri dise-
gnarono il modo di riordinare 1'esercito, e ricondurre la quiete a Pa-
rigi, dove tutto era in subbuglio per 1' enorme accumulamento di
soldati inermi ed oziosi, di Guardie nazionali pagate lautamente e
spesate a carico del Comune, di Guardie mobili che smaniavano di
tornarsene alle case loro, e soprattutto di settarii e malandrini, pei
quali il ritorno della pace era una sventura. Almeno 250,000 operai
era no allora mantenuti a spese del pubblico, senza lavorare punto,
ed intenti solo a discutere i governi passati, il presente ed il futuro.
Ognuno prevedeva die grossi guai scoppierebbero, tosto che la par-
tenza delle truppe prussiane avesse lasciati gli onesti cittadini alia
merce di turbe sfrenate, ed avvezze a padroneggiare in nome della
difesa della patria.IIBismark, presago dell'avvenire, esigeva che si dis-
armassero le Guardie nazionali di Parigi. Giulio Favre, per punto d'o-
nore, impetro che loro si lasciassero le armi; e ne fu crudelmente punito.
Promulgati i preliminari di pace, e ratificati in nome dell' As-
semblea a Versailles, gli Alemanni sgomberarono da Parigi 48 ore
dopo esservi entrati. E subito appresso v' entrarono alcuni reggimenti
francesi, che aveano fatto parte dell'esercito comandato gia dal generale
d'Aurelle de Paladine ad Orleans, poi dal Chanzy al Mans. I reggi-
menti di Guardie mobili, a poco a poco, furono avviati ai rispettivi
loro spartimenti, elicenziati. Al comando della Guardia nazionale di
Parigi fu nominate il generale d'Aurelle de Paladine, uomo energico,
d'indomata costanza e capace di organizzare una milizia forte, e
d'introdurvi la disciplina ; come 1'avea dimostrato col fatto nel tener
testa alle vittoriose schiere bavare e prussiane. II generale Vinoy,
che, succedendo al Ducrot, avea tenuto il comando supremo di tutte
le forze armate di Parigi, ritenne solo quello delle truppe di linea.
Per le milizie appartenenti agli eserciti di S6dan e di Metz, fatti pri-
gionieri, si bandi la lista delle citta e dei comuni, in cui ciascun
Reggimento dovea mandare i suoi ufficiali e soldati, di mano in mano
che tornassero dal loro confine in Alemagna ; poi si risolvette e de-
cret6 che quei corpi fossero al tutto sciolti, per essere in miglior forma
organizzati, escludendone gli ufficiali o inetti o screditati, e sceve-
randone i soldati noti per misfatti contro la disciplina. Provvedimenti
CONTEMPORANEA 233
ben pensati; ma che il tempo e lo spirito di ribellione, ond'era ani-
mata la marmagliaparigina, prezzolata ed aizzata dai caporioni della
setta ddYAlleanza internazionale per la repubblica universale, non
permise di mandare tutti ad effetto con la necessaria prontezza. FOP-
S' anche la mancanza d'un Prefetto di polizia favori le mire dei riot-
tosi. II sig. Cresson, che avea tal carica, 1'avea dimessa da un mese.
Piu tardi gli si diede un successore, uomo capace; ma che per di-
fetto di agenti sicuri e di gendarmi, o nascosti o fuggiti, non pote
far nulla.
4. Fin dai primi giorni che Parigi fu libera dalla presenza delle
truppe alemanne, vi si commisero abbominevoli eccessi a furore di
plebe. Onesti cittadini, guardie di pubblica sicurezza, e sergenti mu-
nicipali, furono barbaramente trucidati e gettati ad affogare nella
Senna , per un grido di qualche birbone che designavali come spie,
come prussiani, come nemici della repubblica. Le Guardie Nazionali
di Montmartre, e di Belleville, col pretesto di sottrarre una preda ai
Prussiani, s' impadronirono di oltre a 245 pezzi d' artiglieria, cannoni,
mortai, obici, e di un 60 mitragliatrici, e se le portarono nelle alture
di Montmartre ; cui cinsero di barricate e trincere, con troniere pei
cannoni, in apparato di difesa, non certo contro i Prussiani, ma contro
il Governo deH'Assemblea. Le diatribe dei giornali doll' Alleanza in-
ternazionale pareano copiate dai piu odiosi fogliacci della rivoluzione
del 1793; e bandivano apertamente, non il socialismo soltanto ed il
comunismo, ma la piu bestiale anarchia, provocando i proletarii a
levarsi una volta e spacciarsi dei proprietarii . II Generale Vinoy,
valendosi dei diritti dello stato d'assedio, ne sospese sei, che erano:
il Vengeur,, il Cri du peuple, il Mot d' ordre, il Pere Duchene, la
Caricature, la. Bouche de fer. Con lo stesso bando, dell' 11 marzo,
il Vinoy vietava che si pubblicassero nuovi diarii di materie soeiali
e politiche ; per impedire che i sospesi riapparissero sott'altro nome
e titolo. Cio non valse punto a sgominare le trame dei settarii, e parve
anzi produrre 1' effetto dell' olio gettato sul fuoco. I bandi che s'af-
figgevano per le vie e le piazze di Parigi portavano scolpito il ca-
rattere d'una fazione sanguinaria, la quale aspirava ad essere lasciata
signora di dettare la legge alia Francia. Queste cose, ed altre assai,
che per brevita dobbiamo omettere, persuasero al Governo ed al-
T Assemblea di Bordeaux, che mal sicuro sarebbe il soggiorno dei po-
teri dello Stato in quella metropoli, travagliata da tale sobbollimento
interno di passioni infrenabili. Si pose a partito che, non potendosi
agevolmente da Bordeaux governare la Francia, 1' Assemblea dovesse
si ricondursi presso la Metropoli, ma porre la sua sede in una delle
vicine citta; e si designarono Fontainebleau o Versailles. Ma presto
234 CRONACA
si riconobbe che troppo era disadatta la citta di Fontainebleau , e si
ondeggiava nella scelta fra Tours piu lontana, e Versailles.
Nella tornata del 6 marzo il Thiers insistette caldamente presso
1'Assemblea, affinche fermasse qualche risoluzione a tal proposito, non
essendo piu tollerabile quel che avea gia fatto si mala prova, sotto il
Governo delta difesa nazionale, cioe che il Consiglio dei Ministri
si troncasse in due pezzi, e 1' uno restasse a Bordeaux con 1' Assem-
blea, 1'altro si trasferisse a Parigi. Una Commissione di 15 membri fu
deputata a disaminare tal quistione, e essa si divise nelle opinioni. Cin-
que di essi volevano che ii tutto, Assemblea e Governo, si riconducesse
subito a Parigi; gli altri dieci sosteneario che s'andasse pur via tutti
da Bordeaux, ma per insediarsi in ogni altro luogo, piuttosto che a
Parigi. Questa Commissione, di cui era presidente il Sig. Yitet, e
segretario il Sig. Paris, era composta dei deputati Maille, Flaud, Beule,
barone Vast-Vimeux, de Lasteyrie, Buffet, Baze, de Cumont, Galien-
Arnoult, Brun, Mortimer-Ternaux, conte Daru ex-ministro di Napo-
leone III, e Carayon-Latour. II Sig. Buffet ebbe 1' incarico, che poi
cedette ad altri, di riferire all' Assemblea le ragioni e le conclusion!
della Commissione, dove il dibattimento fu lungo, ostinato e fervido ;
ma piu ardente fu la discussione nell' Assemblea stessa, in grazia
delle implacabili furie d' alcuni demagoghi deputati di Parigi.
Finalmente, nella tornata del 10 marzo, dopo un eloquente e
passionate discorso del Thiers, 1' Assemblea procedette ai voti sulle
proposte dibattute; e fu reietta con 427 voti contro 154 quella per
cui doveasi trasferire direttamente a Parigi la sede dell' Assemblea
e del Governo; e fu ammessa con 461 voti contro 104 la proposta,
sostenuta dal Thiers, perchc Tuna e 1'altro prendessero stanza, tem-
poraneamente, a Versailles; dove fu deciso che terrebbesi la prima
adunanza il di 20 marzo.
5. II Governo, per iscongiurare la tempesta che vedea sempre
piu addensarsi sopra Parigi, pubblico la mattina del 9 un bando,
molto approvato anche dal Dcbats del 10 marzo, in cui faceasi alta
e solenne professione di voler mantenere la repubblica e far giustizia
alle ragioni di Parigi ; ma si designavano come nemici della patria
quelli che, sotto gli occhi dei Prussiani, padroni dei forti a setten-
trione ed a levante della Metropoli, ed accampati sotto le sue mura,
spargevano a piene mani tra la plebe i germi della ribellione e della
guerra civile. II Journal officiel parigino, nel giorno stesso che pub-
blicava tale bando, annunziava che il Cav. Nigra avea presentato al
Thiers, il giorno 5 marzo, le lettere che lo accreditavano in qualita
d'Inviato straordinario e Ministro plenipotenziario di S. M. il Re
d' Italia. Strane dicerie corsero poi a carico del Nigra.
CONTEMPORANEA 235
Seguiva poscia nel diario ufficiale' la nota dei personaggi nomi-
nati dal Presidente del potere esecutivo della Repubblica, in qualita
di Ministri plenipotenziarii , per negoziare coll'Impero Germanico il
trattato definitive di pace; ed erano i Signori : Baude, gia rappre-
sentante della Francia ad Atene; rl Generale CaiHe", il Sig. Goulard,
membro dell' Assemblea nazionale, ed il Sig. Declercq. La scelta di
questi diplomatic! era stata significata, fin dal 7 marzo, al Sig. Bi-
smark Cancelliere dell'Impero Germanico, con preghiera di designare
il piu presto possibile i plenipotenziarii dell' Alemagna, e di deter-
minare il giorno prossimo, per quauto potevasi, dell'apertura delle
pratiche. Fu poi scelta la citta di Bruxelles, come sede la piu ac-
concia a tenervi tal pacifico congresso.
6. Questo avviamento a riordinare la Francia in qualche assetto
di pace non tornava a conto dei caporioni della demagogia europea,
e soprattutto irritava i membri del Comitato dkigente dell' Alleanza
internazionale per la repubblica universale. Percio 1'ordine fu spe-
dito ai loro capipopolo in Parigi, che al tutto vi dovessero mantenere
desta e vivace 1' opposizione al Governo. Per attizzare il fuoco che
gia divampava, massime per opera del deputato CIe"menceau sindaco
del circondario di Montmartre e fautore della ribellione, a cui gia
erano trascese le Guardie nazionali di quel turbolento e corrottissimo
quartiere di Parigi, parecchi della sua consorteria, notoriamente ascritti
alia setta della Alleanza internazionale., diedero la loro dirnissione
dall'ufficio di deputati; di che porsero primi 1'esempioi famigerati
Rochefort, Rane, Malon, Tridon e Felice Pyat; alcuni dei quali erano
anche Sindaci di qualche circondario di Parigi; ed i piu di costoro
si condussero alia metropoli a dirigere le masnade di plebe, gia in-
vaghite degli orrori d' un perfetto comunismo, o piuttosto delle stragi
del 1793. Alquanti Garibaldini italiani, che il De'bats chiama schifosi
bruchi rossi, vi portarono il concorso della loro empieta e della lore?
ferocia. Un Comitato *di resistenza,, di cui si tennero segretissimi i
membri, comincio a diffondere proclamazioni incendiarie, degne di
comparire accanto a quelle dei Voraces che nel 1848 invasero la
Savoia. Le Guardie nazionali di Montmartre e di Belleville divennero
i Pretoriani di cotesti vigliacchi tiranni, ed oggimai nulla mancava
allo scoppio della guerra civile.
7. II Generale D'Aurelle de Paladine vide tornare inutili tutte
le sue pratiche presso il sindaco demagogo Ctemenceau, per indurlo
a far restituire i cannoni e le mitragliatrici, di cui quella sua Guar-
dia nazionale erasi impadronita. I componimenti discretissimi proposti
per mitigare le pretensioni di quei frenetici, furono reietti. Un bando,
tra 1'amorevole e Faustero, con che il d'Aurelle cerco d'indurre a
236 CRONACA
migliori sensi quei settarii, fu bersaglio a'loro oltraggi, e parve dare
loro coraggio ad ostentare piu baldanza. Catturarono e distribuirono
fra loro le munizioni da guerra, che da truppe regolari si scortavano
sopra molti carri, a fine di rifornire i forti sgomberati dai Prussiani. As-
salirono e saccheggiarono allo stesso modo varie polveriere. Costrin-
sero i cittadini pacific! a dar di piglio ancor essi alle armi, e lavorare
alle fortificazioni delle alture di Montmartre. Per mezzo di emissarii,
provveduti di denaro ed ardenti, sommossero la plebe del quartiere di
Montrouge, all' opposta estremita raeridionale di Parigi, dirimpetto a
Versailles; la quale , emulando gli alti fatti dei ribelli di Montmar-
tre, s'inipadroni del forte d'Issy; mentre grosse bande di malandrini.
armati e di Guardie Nazionali assalivano i custodi della carcere in cui
erano chiusi il Flourens ed i suoi complici delle rivolture del 31 ot-
tobre , condannati a morte , e li liberavano . L' anarchia cosi allar-
gavasi dalla parte settentrionale verso il centre di Parigi, e si eccitava
ancbe nella meridionale. Le pratiche fatte dal Picard presso i Maires
o Sindaci, tornarono inutili del pari che quelle del D' Aurelle de Pa-
ladine presso i comandanti delle Guardie Nazionali ; i piu dei quali,
presso lui convocati , si rifiutarono a difendere con lui la causa del
buon ordine, dichiarandogli die non volevano riconoscerlo per loro
capo, non per disprezzo della sua persona, ma perche pretendeano
aver diritto quai militi di scegliere da se liberamente i loro Generali,
colonnelli, ed ufficiali tutti.
8. II Governo, come se inorridisse al pensiero di dover spargere
qualche goccia del sangue francese risparmiato dal piombo e dal ferro
tedesco, pazientava, dissimulava, tentava tutte le vie della concilia-
zione, abbondava in promesse onde s' impegnava a mantenere intatta
la repubblica; e confidavasi che col tempo, le sue esortazioni ed i suoi
benigni provvedimenti potessero mansuefare quelle fiere, senza dover
ricorrere a spedienti di forza; da cui rifuggiva eziandio per la funesta
certezza, che la rilassata disciplina delle stesse truppe regolari non
ispirava veruna fiducia di poterle adoperare con la dovuta energia.
Giunse il Thiers il 15 marzo a Versailles, e si tenne Consiglio;
dopo il quale i tre ministri Giulio Favre, Giulio Simon e 1'aimm-
raglio Pothuau tornarono a Parigi. Pare che in tale adunanza si ri-
solvesse di tentare ancora le pratiche possibili di conciliazione, ab.bon-
dando in concessioni verso i battaglioni ammutinati dalla Guardia
Nazionale, il cui numero veniva crescendo di giorno in giorno, pel
timore incusso dal Comitato segreto e dalle sevizie dei suoi sicarii.
Tristo indizio del pessimo stato , in cui gia erano ridotte le cose ,
aveasi da cio che, commiste ai militi della Guardia Nazionale, ed
armate fino ai denti, vedeansi schierate od appostats in sentinella
non poche di quelle sozze megere, cui la vita brutale fin qui condotta
CONTEMPORANEA 237
pare avesse tolto ogni sapore d'altri diletti, e dato invece una sete
rabbiosa di.umano sangue. Queste si mostravano anche piu feroci al
tratto e nelle parole; ed a'fatti furono poi vere tigri.
II Sig. A. Thiers vide allora meg-lio come ingrossava la tempe-
sta, e nomino Prefetto di Polizia di Parigi, con decreto del 15 marzo,
il generale Valentin; il quale dovea, non solo cercare di mettere
qualche freno alia minuta plebe settaria, ma studiarsi d' impedire le
sevizie, con cui si maltrattava e talvolta ancora s'uccideva per le vie
e nelle piazze chi era designate come tedesco o prussiano. Era troppo
da paventare che, se tali barbaric non erano represse efficacemente,
il sig. De Bismark ne esigesse tal conto severo e tal gastigo, da re-
care la desolazione piu grande in Parigi. Ma i capi della Alleanza
internazionale non percio si ristavano dall'eccitare, con bandi da ener-
gumeni, la plebe e la Guardia nazionale, a resistere iino all' estremo.
Un bando del Blanqui, affisso in cartelloni di rosso fiammante, e ri-
prodotto nel Debats del 1 7 marzo, pud valere come saggio di tal let-
teratura infernale. Ogni giorno sulla piazza della Bastiglia erano
saturnali demagogici, attorno alia colonna, sulla quale dalla statua
della Liberia, coperta il capo del berretto frigio, sventolava un' enor-
me bandiera rossa. Chi non le prestava ii culto preteso da quei frene-
tici, era percosso e minacciato di morte.
La mattina del 18 marzo il Governo tentd un ultimo ripiego. Un
bando eloquente, firmato dal Thiers e da tutti i ministri, svelava ai
Parigini i tristi disegni dei sediziosi ; rappresentava loro i danni im-
mensi che produceva quella ribellione li sotto gli occhi delnemico;
esponeva le pratiche benigne fatte con longanimita senza esempio per
richiamare all'ordine i forsennati ; e finiva coll'esprimere la risolu-
zione di adoperare la forza, quando la ragione non fosse apprezzata
e la legge continuasse ad essere vilipesa.
Con altri bandi dei Ministri e del d'Aurelle de Paladine si esor-
tava la Guardia nazionale a soffocare quella ribellione, se volevasi salva
la patria e la repubblica.
9. La risposta dei felloni fu pronta e chiara. Gia da piu giorni
essi aveano caricati e volti contro i quartieri pacifici della citta i loro
cannoni. II Governo aveva capito che non era piu tempo d' indugiare; ed
in sull' alba del 18 avea mandate buon nerbo di truppe che, sotto gli
ordini di Vinoy, dovessero circondare le alture di Montmartre per
levarne le artiglierie. In sulle prime la cosa procedette felicemente.
Ma poco stante sopraggiunsero bande di Guardie nazionali e donnacce
furibonde, che assalirono la scorta, ond' erano accompagnati i 45
primi cannoni presi; staccarono i cavalli, ed incussero tal terrore a
quei fantaccini , che non solo cedettero le armi , ma si sbandarono
238 CRONACA
o fecero causa comune coi ribelli. Alcuni ufficiali, che tentavano
trattenere i loro soldati ne furono uccisi ; altri , per aver comandato
il fuoco, furono squarciati dalle baionette del loro soldati. Ingros-
sava la turba delle Guardie nazionali , che senza riguardo tiravano
titto contro le truppe ; queste , in poco d' ora , o mal dirette , o in-
disciplinate, diedero volta addietro; e, per giunta, col calcio del fucile
in aria. Di che non e a dire se crescesse la baldanza dei masnadieri
del Comitato, che di subito si distesero ad occupare i quartieri vicini,
e chiudere le vie con isbarre e trincee , perseguitando le truppe che
teneano testa, ed accoppando ufficiali e soldati. In sulle 4 e mezza pom.
la orribile tragedia ebbe una scena piu spaventosa. II generate Cle-
mente Thomas , che era stato poc' anzi comandante supremo della
Guardia nazionale , ed il generale Le Comte, giunto poco prima a
Parigi , accusati di aver fatto contrasto ai decreti del Comitato e
comandato il fuoco contro il popolo sovrano, il che era falsissimo ,
furono scopcrti , riconosciuti , tralti con orribile strazio delle loro
persone innanzi al Comitato nella Rue des Rosters , e poco stante
fucilati barbaramente nel giardino della casa , ove tenevano il loro
covo quelle fiere.
10. L' annunzio di tale atrocita, tanto piu crudele in quanto le
due vittime , non solo erano innocenti del sangue sparso , ma si
professavano di parte repubblicana, commossead orrore tutta la parte
sana di Parigi. 1 ministri ivi residenti , cioe i signori Dufaure, Giulio
Favre, Ernesto Picard , Giulio Simon, 1' ammiraglio Pothuau ed il
generale Le Flo, mandarono a pubblicare nel Journal Officiel un nuovo
bando alia Guardia Nazionale! Appunto come se in tali congiunture
si badasse alle parole piii o meno eloquent! degli avvocati ministri
e rivoluzionarii emeriti! Nello stesso diario ufficiale fu pubblicata pure
la relazione del modo, onde avvenne la trista scena della Rue des
Rosiers, come puo vedersi nei diarii parigini del 19. Mail Comitato
poteva , quanto a' bandi , fare buona scuola ai Ministri ; il che ap-
parisce da quelli veramente sanguinarii, che nello stesso giorno fece
affiggere da per tutto, e questa volta sottoscritti dai membri di quella
congrega, dei quali giova registrare i nomi, che sono : Assi, Billioray,
Ferrat, Babick , Ed. Moreau , Ch. Dupont, Varlin, Boursier, Mortier?
Gouhier, Lavalette, Fr. Jourde , Rousseau, Ch. Lullier, Blanchet,
J. Grollard, Barroud, II. Geresme, Fabre, Pougeret.
Di tutti questi assassini, due soli sono conosciuti ; cioe 1'Assi,
che e quel medesimo soprastante di operai macchinisti , il quale,
come promotore e capo delle sedizioni armate e degli scioperi al
Creuzot nel passato anno 1 870, era stato condannato alia pena di galera ;
ed il Lullier , noto anch' egli come demagogo oratore delle famose
CONTEMPORANEA 239
riunioni pubbliche a Belleville. Gli altri devono essere qualche cosa
di piu abbietto nell' ordine sociale. Ma duolci di dover dire che i
earnefici adoperati da questi assassin! furono soldati regolari , sban-
dati e disertori, cioe cacciatori a piedi, fantaccini ed artiglieri, che
parvero lieti di trucidare due Generali !
Ottenuta questa vittoria , i settarii s' affrettarono di profittarne.
Loro emissarii gia erano disseminati negli spartimenti ; e mentre il
Comitato in Parigi , respingendo la fiacca opposizione d'una piccola
parte di Guardia nazionale rimasta fedele al Governo, allargava le
sue barricate fino al Palazzo municipale (Hotel de Ville) ed alia
piazza Vendome ; e quinci bandiva 1' istituzione della Comune di
sanguinosa memoria : nelle province si ientava lo stesso colpo. Riu-
sciva in parte, per la imprevidenza o la impotenza dei Prefetti e
dei comandanti militari, a Lione, a Tolosa, a Marsiglia; dove i ri-
belli con poco. sforzo s' irapadronivano delle Prefetture, catturavano
Prefetti e Comandanti militari , spiegavano la bandiera rossa e pro-
clamavano la Comune, ossia il regno del terrore. Ma quella treg-
genda in pochi giorni finiva nelle province; benche atroce fu il primo
successo a S* Etienne,, dove il sig. De 1' Espee, Prefetto, cedendo a
miti consigli, si abbandono alia tutela della Guardia nazionale, ri-
movendo di la un poco di truppa che v' era di passaggio e parea
ben disposta. I settarii deWAlleanza internazionale 3 dopo un satur-
nale nefando, uccisi a furore parecchi cittadini, assalirono la Pre-
fettura , s' impadronirono del Prefetto tradito dalla Guardia nazionale
che scappo, e lo condannarono a morte; ed egli percio fu condotto in
sulle dieci pomeridiane nella sala municipale, per essere fucilatoin-
siemecolsig. Gubian, sostituto del procuratore della Repubblica. Giai
carnefici erano appostati. Ma uno dei demagoghi, un tale Filion di
Macla, voile aver 1'onore di uccidere di sua mano le vittime, e scarico
a bruciapelo una pistola nella testa al sig. De 1' Espee; al tempo
stesso partiva una scarica di fucilate, dirette contro il De 1' Espee
ed il Gubian , onde restava morto il Filion ed un operaio suo com-
plice. Cio accadeva] il venerdi 24 marzo.
Assai piu luttuoso era stato il successo dei settarii in Parigi, il
22 marzo , alia piazza Vendome. Scossi dall' eccesso dei maii che gia
si vedeano, e da quel peggio che poteasi paventare, uncerto numero
di cittadini dei quartieri non ancora soggiogati dagli insorti, eransi
risoluti di opporre qualche argine, col dimostrarsi fedeli al Governo
costituito, ma evitando conflitti. Percio, raunatisi in piu migliaia, con
bandiere che portavano un motto espressivo del loro proposito, percor-
sero varie strade, e poi si affacciarono allo sbocco della Rue de la
Pa*,x che mette sulla piazza Vendome. I faziosi, che v'erano accampati,
corsero alle armi , e le spianarono. I partigiani dell' ordine, gridando
240 CRONACA
s£ essere inermi, e voler solo conciliazione e quiete, credettero d'aver
die fare con uoraini e non con belve, e procedettero oltre. Allora
in un subito i sollevati cominciarono a tempestarli di furiose scariche,
e li volsero in fuga scompigliata e dirotta, restando assai morti e
feriti sulla piazza e nelle vie prossime.
II Governo di Versailles allora capi meglio dove accennava quel
movimento. Accetto la rinunzia del D'Aurellesde Paladine, e diede
all' Ammiraglio Saisset il comando della Guardia nazionale, e richia-
mo fuori di Parigi tutte le truppe regolari, adunandole sotto Ver-
sailles.
Ma di questo , e delle pratiche fatte presso i Sindaci di Parigi,
e della cattura del Generale Chanzy per parte dei sollevati, e dei
dispacci corsi tra il Quartier Generale delle truppe Alemanne, ed il
Governo di Versailles ed il Comitato di Parigi, diremo nel seguente
quaderno , quando saranno meglio chiariti i fatti , e svolte le loro
conseguenze.
IV.
SVIZZERA (Nostra Corrispondenza)
1. La usurpazione di Roma e la Svizzera. — 2. La Svizzera e la guerra
Franco-germanica — 3. Mire dei radical! nella riforma della Costituzione
federate — 4. La frammassoneria nei cantoni d'Argovia, Soletta e Lu-
cerna — 5. L' Italia e il cantone Ticino — 6. La quistione costituzio-
nale ticinese — 7. Attentati del socialismo in Zurigo.
1 ;
1. Siccome ho interrotto le mie corrispondenze dal di che le sol-
datesche del Cadorna e del Bixio, in nome di Vittorio Emanuele, ir-
ruppero violentefnente nel territorio pontificio e s'impadronirono con
facile vittoria del residue Stato della S. Sede; cosi convienmi anzi-
tutto farvi parola deU'effetto prodotto nella Sviz/era da quell' avveni-
mento. II paese nostro, nell' interesse della integrita ed indipendenza
sua, non puo di certo mirare con corapiacenza la forzata scomparsa
delle piccole nazionalita, ed il trionfo delle idee che partoriscono le
grandi agglomerazioni di razze, di lingue,odi qualsiasi altro ele-
mento, invocato da mingherlini politicastri per mettere a soqquadro
il vecchio mondo e stabilire il diritto nuovo. Qiyndi e che V inva-
sione e la susseguente annessione degli ultimi lembi del dominio del
S. Padre &\V Italia leg ale , com'ebbe a difmirla 1' ex-ministro Jacini
per distinguerla MY Italia reale, vennero generalmente disapprovate
dagli Svizzeri, anche dagli stessi protestanti, ad onta dell'odio piu o
CONTEMPORANEA 241
meno aperto che nutrono contro il Papato. Ma piu di tutti ed e age-
vole a comprendersi , ne furon commossi e profondamente indegnati
i cattolici , i quali ravvisano per giunta in quel fatto una flagrante
violazione dei diritti della S. Sede. Da un capo all'altro della Con-
federazione i cattolici , preceduti strenuamente dail' episcopate e dal
clero, levarono un alto ed unanime grido di protesta, e fecero per-
venire al Sommo Pontefice le loro condoglianze ed i fervidi loro voti,
per una non lontana restaurazione del potere temporale. E le milizie
pontificie reduci dalla eterna citta, fra le quali noi contavamo tanti
prodi compatrioti , vennero accolte dappertutto colla piu festante sim-
patia e sovvenute nelle loro angustie. Dalle schiette labbra di quei
crociati si apprese per filo e per segno la brutta storia delle eroiche
geste dei Cadorna e dei Bixio, e mi si assicura che gli ufficiali supe-
riori svizzeri al servizio di Roma, i signori generate De Courten, il
colonnello dei zqavi Allet, il colonnello e il tenente colonnello dei cara-
binieri esteri Jeannerat e Castella, intendono di pubblicare una fedele
narrazione dei fasti rivoluzionarii italiani nella cosi detta campagna
romana del settembre 1870.
2. Mentre il santo Padre, per opera ignominiosa de\Y Italia legate,
diveniva 1' augusto prigioniero del Vaticano , la Svizzera, la picciola
repubblica quasi sei volte secolare nel centro d' Europa , era tutta
in ansieta ed esitanza per proteggere i suoi confini, minacciati ora
dagli eserciti germanici ed ora dai frantesi. Puo dirsi che dal 17 di
luglio del 1870 al 12 di marzo del 1871 noi abbiamo mantenuto ai
confini nord-est una guarnigione media di 25,000 uomini delle diverse
arini. Queste milizie permanenti esaurirono in breve 1'erario federate,
talch& si dovette far ricorso a mutui temporanei per 20 milioni di
franchi, i quali, benche aperti al tasso limitato del 4 1|2 p. 100,
pure vennero immantinenti coperti pel quintuple valore. Bella prova
codesta di fiducia nei poteri costituiti e nella saldezza delle istituzioni
e in pari tempo di generoso patriottismo. Importa poi di osservare
che la Svizzera non avrebbe potuto compiere meglio la propria mis-
sione nel gigantesco conflitto franco-germanico: perocche non solo
custodi gelosamente la sua neutralita, ma accorse con magnanimo
slancio a sollevar le miserie delle assediate popolazioni di Strasborgo
e di Belfort, giovo non poco ai Tedeschi espulsi di Francia dal mi-
nistero Palikao, contribui potentemente ad alleviare 1'angoscia dei
feriti d'entrambi le nazioni belligeranti, e infine, per la mediazione
del suo ministro in Parigi, appiano la via alia conclusione dell'ar-
mistizio, da cui doveva poscia scaturire la pace. Vi fu un momento
assai critico per noi, quando Y esercito francese dell' Est, eccettuato
dall' armistizio e stretto per ogni dove dalle truppe di Werder e Man-
Serie VIII. vol. II, fasc. 500. 16 1 aprile 1&71.
242 CRONACA
teuffel, pote indietreggiare soltanto per una quinta parte sopra Lione,
mentre ben 85,000 uomini si videro costretti a cercare salvamento
sul suolo elvetico. In quella occasione, le nostre autorita militari e
civili diedero saggio di raro senno e di squisito tatto, di guisa che
il disarmo di tante soldatesche , la loro distribuzione nei diversi can-
toni e le cure onde vennero a gara circondati , riscossero 1' ammira-
zione universale. Niuna meraviglia pertanto che i governi di Germania
e di Francia siansi affrettati a tributare i piii sinceri encomii e le piu
vive grazie al Consiglio federale, per la condotta veramente commen-
devole serbata dalla Svizzera per tutta la durata della guerra franco-
alemanna.
3. E pero da deplorare in sommo grado che, nell'atto stesso
in cui il nostro paese strappa il plauso all'Europa, pel modo che tiene
nel regolarc i suoi rapporti internazionali e nel prestarsi, con insu-
perabile abnegazione e spontaneita,a beneficio e sollievo della sventura,
il partito radicale s' argomenti di rinfocolare in mezzo a noi le dis-
sidenze politiche e religiose. Vi ho discorso altra fiata della riforma,
omai decisa della Costituzione federale del 1848, e vi ho soggiunto
che le idee dei razionalisti in religione ed in politica difficilmente
avrebbero vinto. Duolmi di dover correggere alquanto 1' espressione
della mia speranza; giacche, quantunque i Consigli legislativi della
Confederazione debbano aspettar qualche mese ancora, prima di de-
liberare intorno alle vagheggiate innovazioni; e quantunque rimanga
sempre a nostra guarentigia la votazione del popolo, tuttavia 1'esordio
e tutt'altro che lusinghiero. Le commissioni dei due Consigli, com-
poste in massima parte di radicali purissimi, intendono di statuire
principii politici e religiosi, che per niun conto potrebbersi accogliere
dagli onesti di ogni partito e di ogni culto. lo confido bensi che, a
conti fatti, le ree proposte saranno respinte dalla maggioranza del-
1'Assemblea federale, od almeno del popolo; ma cio non distrugge
il fatto che il radicalismo, fatto baldo dalla momentanea soppressione
del potcre temporale del Papa e dalla prostrazione della Francia, non
raddoppia i suoi conati , per corrompere la fede ed irnbrattare la
purezza patriottica del popolo svizzero. Gli onesti pero non esiteranno
a collegarsi e ad operare con indomita fermezza per frenare questi
odiosi attentati, e combatteranno come un uomo solo per Dio e per la
patria.
4. E non pure sul campo delle istituzioni federali il radicalismo
ripiglio la lotta contro il principio religioso e conservatore, ch& anche
in parecchi canton i questa lotta e di nuovo e piu o meno ardente-
mente impegnata. I governi frammassoni d' Argovia, di Soletta e di
Lucerna danno il friste spettacolo di questa cospirazione permanente,
CONTEMPORANEA
contro i retti principii politic! ed i diritti della Chiesa. II vescovo
diocesano, 1'insigne mons. Eugenic Lachat,.e il centre delle ire e
persecuzioni radicali; tanto piu che il medesimo , in bell'accordo cogli
altri vescovi svizzeri, non fa risparmio di zelo e di dottrina a difesa
e propagazione delle verita cattoliche ed a condanna delle eresie
d'ogni foggia e degli eresiarchi e sacrileghi d'ogni grado e d'ogni
colore. Nessuno stupore che i protestanti ed i cattolici rinnegati di
Argovia, antesignani sempre nei male, inviperiscano contro la Chiese,
i suoi pastori ed i suoi'fedeli; in quel cantone non e troppo facile un
cambiamento di governo. Ma non si puo affermare altrettanto dei canton i
di Lucerna edi Soletta, nei quali la maggioranza schiettamentecattolica
e conservatrice , operando sul serio, potrebbe senza soverchio ostacolo
assicurarsi in mano le redini del comando. Nella entrante primavera
si rinnoveranno integralmente i Consigli legislativi di ambedue questi
cantoni, ed io spero e faccio voti che gli uommi d'ordine procedano
con perfetta unione nelle eiezioni, per modo che ottengano ii so-
pravvento e procaccino alle popolazioni una grata pace politica e
confessionale.
5. Si direbbe che 1' Italia legale, tronfia e pettoruta per la mol-
tkesca sua campagna di Roma del settembre 1870, aspiri ad arraf-
fare qualche brandello anche della Svizzera, poniamo il cantone Ticino
e le valli Mesolcina e Calanca nei Grigioni. II ministro Cesare Cor-
renti, in un discorso tenuto lo scorso novembre in Milano, par.lo del
diritto che vanta la Penisola ad avere certi lembi. « Coll'acquisto
di Roma (egli disse) 1' unita e 1'indipendenza sono compiute; restano
ancora alcuni lembi , che verranno per accessione. » Se il Fisco
regio non mel vietasse, sarei tentato di riferirvi la terribile risposta
che mando al ministro di Yittorio Emanuele il giornale dei conser-
vator! ticinesi , La Liberia di Lugano, scritta dal Sig. Aw. Carlo
Conti. Mi consta che il console italiano ed altri agenti polizieschi
alia Curletti , stanziati nei cantone Ticino , fecero larga incetta di
copie di quel periodico e le spedirono premurosamente a Firenze, e
so eziandio che il Correnti se ne mostro alquanto stizzito. Ma perche
dee lagnarsi il ciarlatano che vien morso dalla biscia ? Certo e bene
che La Liberia rispose con parole di fuoco, ma esse traducono colla
piu fedele precisione i sentimenti profondamente svizzeri del popolo
ticinese, e I'abbominio in cui & tenuta fra noi la consorteria rivolu-
zionaria italiana. Tanto cio e vero che il foglio luganese conchiudeva
qiiella polemica colle seguenti parole. « Questa e T unica risposta che,
oggi e sempre, devono aspettarsi dagli svizzeri italiani i briganti in
livrea, che scorticano e dilaniano nell' italica penisola ventiquattio
milioiii di misere creature umane. Est-ce clair, sig. ministro Correnti?»
244 CRONACA
Che se 1' appetite viene col mangiare, potrebbe darsi che 1' Italia
legale perdesse lo stomaco, il di in cui le balenasse la cattiva idea
di allungar lo zampetto felino verso la Svizzera.
6. Non e improbabile che la teoria del confini nalurali, esco-
gitata dai Bixio e dai Durando contro di noi, siasi tramutata sulle
labbra del Correnti in quella del diritto ai lembi, per la lusinga che
le discordie ticinesi, delle quali altra volta vi ho ragionato, doves-
sero far volgere da pochi o molti ticinesi lo sguardo verso 1' Italia,
come a tavola di salvamento o a terra di rifugio. Vanita delle vanita !
Vi scrissi prima d'ora che il concetto della nazionalita svizzera e
altamente impresso nell'animo di tutta la cittadinanza del cantone
Ticino, eccettuati quei rarissimi demagoghi cosmopoliti che agognano
alia Repubblica Universale di la da venire. Ora devo soggiungere
che , grazie all' efficace e benevolo intervento dei poteri federali , il
pericolo di uno smembramento del cantone svizzero-italiano e scom-
parso, e il nuovo Gran Consiglio ticinese, fino dall' 11 marzo, ha
stipulate le condizioni di un componimento delle discordie intestine.
Si ha ragionevole motive di confidare che, soddisfatti il meglio pos-
sibile i bisogni ed i voti delle popolazioni, e provveduto al risorgimento
morale, politico e finanziario del paese, spunteranno giorni piu tran-
quilli e lieti, anche pei nostri fratelli confmanti col vostro Regno. II
ministro Correnti puo dunque lasciare ogni speranza.
7. Ben e vero che la demagogia cosmopolita s' argomenta di
venire in sussidio allo spirito d'usurpazione monarchica, per mandare
in isfacelo la Svizzera. Vi saranno certamente note le male prove
gia fatte in questo intendimento dalla frammassoneria europea , a
Ginevra ed a Losanca, ora per mezzo della cosi detta Lega della pace
e della libertd, ora colle geste della Lega internazionale degli operai.
E sempre il socialismo che mira a convertir la Svizzera in un suo
covo, affine di estendere da qui la malefica sua influenza sul gemino
emisfero. Ma tanta insania cadde a vuoto in ogni circostanza, di fronti
all' incrollabile buon senso del popolo svizzero. Anche di recente , nei
giorni 9, 10, 11 e 12 marzo, una cospirazione socialistica scoppio
nella citta di Zurigo , accompagnata da scene sanguinose e da disor-
dini deplorevolissimi. Pretesto di questi gravi torbidi fu 1'avere i
tedeschi, dimoranti in quella citta, festeggiato con alquanta solennita
le vittorie della Prussia e de' suoi alleati, e la conclusione della pace
si favorevole alia Germania. Istigarono e diressero quell' infame at-
tentato gli emissarii della Lega internazionale degli operai, i quali
arreticarono nella trama alcune centinaia di disperati della plebe ,
coll'appoggio di non pochi soldati ed ufficiali francesi dell' esercito
dell'Est cola acquartierati. Nei diversi scontri avvenuti fra gli assa-
CONTEMPORANEA 245
litori da una parte, e dall' altra i tedeschi o le truppe svizzere, v'eb-
bero 9 morti e 56 feriti , i piu di essi tra gli agitatori. La citta di
Zurigo versd in quei giorni nella piu tetra costernazione; ma le autorita
del cantone, e meglio ancora quelle della Confederazione riuscirono
a domare il primo divampar dell'incendio, che sicuramente avrebbe
potuto pigliare le piu terribili e vaste proporzioni. II Consiglio fede-
rale delego tosto sul luogo un suo commissario con pieni poteri po-
litici e militari, e colla scorta di un buon nerbo di milizie; fece sgom-
brare incontanente tutti gli ospiti dell'esercito francese; ordino una
severa inchiesta penale contro gli autori, correi e complici di quella
sanguinosa perturbazione, e giunse in tempo a ricondurre nelle carceri
molti di quei briganti, ch'erano gia stati strappati a forza dalle pri-
gioni. Non v'ha dubbio ehe fu questa, sotto mentite spoglie, una
guerra iniziata dal lavoro contro il capitale, dal socialismo contro
la borghesia. Ma i demagoghi si fissino ben bene in capo che la
Svizzera non e il paese, in cui le loro dottrine pazze e gl' iniqui loro
attentati possano incontrare la simpatia e la cooperazione dell' im-
mensa maggioranza del popolo.
V.
MOVIMENTO CATTOLICO
4. Cenni general! del Movimento Cattolico pel S. Padre e per Roma — 2. De-
putazione belga al Vaticano — 3. Deputazioue alemanna — 4. Deputa-
zione austriaca — 5. Preghiere pel S. Padre e per Roma a S. Giuseppe,
Patrono della Chiesa.
1 . La Civiltd Cattolica, riprese appena le sue pubblicazioni, in
un articolo, continuatosi per ben tre quaderni, si occupo della Grande
manifestazione della Europa catlolica nei primi mesi dopo I' inva-
sione di Roma. Ed ora che coll'andar del tempo vediamo quella ma-
nifestazione sempre piu ingigantire, ci sembra di aver tardato gia
troppo a tornar novamente sopra quell' argomento . Ora che sotto
il titolo di Movimento Cattolico^ divenuto come parola d'ordine, i
fogli cattolici di varie lingue e nazioni vengono quasi ogni di rac-
contando le tante e si grand! raanifestazioni. dello spirito cattolico pel
5. Padre e per Roma ; ancor noi, il piu frequentemente che per noi
si possa, alia Cronaca contemporanea delle cose italiane e straniere,
aggiungeremo un saggio della Cronaca contemporanea di questo Mo-
vimenlo, che veramente cattolico , s' incentra in Roma e s'allarga
per 1'universo.
246 CRONACA
Nulla piu che un saggio puo aspettarsi da un periodico bimen-
sile, mentre a tener ragione di tutto appena bastano i fogli quotidian!.
Nei tanti fogli caltolici, che riceviamo d'ogni parte, vediamo lunghe
colonne piene di descrizioni e di narrazioni particolari di questo
universal movimento : della sola Assemblea generale, tenutasi a Bru-
xelles il 2 febbraio, abbiamo sotto degli occhi una bellissima narrazione
in un intero libretto: Compte rendu de I' Assembles generale de I'Oeu-
vre du denier de Saint- Pierre, tenue a Bruxelles le ^fe'vrier 1 871 , fete
de la Purification de la S. Vierge, en I'figlise de Saint-Jacques sur
Caudenberg. (Bruxelles, H. Goemaere, 1871 in 8° di pag. 32). Nei
primi tre quaderni del passato volume, dipingendo come in iscorcio la
grandemanifestazione dell' Europa cattolica, demmo un succinto rag-
guaglio di pubbliche preghiere, di processioni espiatorie, di devoti
pellegrinaggi, di generose oblazioni, d'assemblee cittadine, provincial,
nazionali, internazionali, di proteste, d' indirizzi al Papa, di petizioni
ai Sovrani, insomma d'ogni sorta di religiose e politiche dimostrazioni
dell' Europa cattolica in favore del Papa e di Boma. Ma omai non e
piu possibile anche sol noverarle; tanto si sono esse moltiplicate non
solo nell' Europa, ma ancbe nell'America meridionale e settentrionale,
insomma in tutto il mondo cattolico. Le grandiose manifestazioni
degli ultimi mesi del 1870 andaron sempre crescendo nei primi mesi
del 1871, e van crescendo tuttora; e omai sembra che le feste del-
1' anno ecclesiastico segnino anche i progress! e per cosi dire i fasti di
questo movimento cattolico. Tridui di pubbliche preghiere al prin-
cipiare dell' anno e per la solennita dell'Epifania ; nella testa della
Cattedra di S. Pietro nuovi attestati di devozione al successore di
Pietro, e tra gli altri un' indirizzo colle firme di oltre a trenta mila
romani ; tridui, processioni, pellegrinaggi per la festa dello sposalizio
della Vergine e di S. Giuseppe, e assai piu nella festa piu solenne
della Purificazione. Gli stessi giorni di carnevale diedero occasione
a processioni ed altre devozioni espiatorie. Giunse la Quaresima e le
Pastorali dei Yescovi infervorarono sempre piu il cuor dei fedeli, e
da ogni diocesi in questo sacro tempo salirono al trono di Dio fer-
vorose preghiere, che presto o tardi discenderanno esaudite : la festa
di S. Giuseppe, Patrono della Chiesa cattolica, ravvivo il fervore e
la speranza; la festa dell' Annunziata volse novamente i cuori a
Maria; ed ora le settimane consecrate alia memoria della dolorosa
passione e della gloriosa risurrezione di Gesu Cristo, suggerendo tanti
riscontri con cio che ora accade nei suo Vicario , danno un nuovo
conforto per questi giorni di prova, ed avvivano la speranza di un
glorioso trionfo. Cosi il movimento cattolico riceve ogni di nuovo
CONTEMPORANEA 247
impulso, e divien piu ampio ed intense, sicche ben si vede quanto
sarebbe ardua impresa il descriverne una generate Cronaca contem-
poranea. Che se fermiamo il nostro sguardo in Roma, ove s'incentra
tutto questo gran movimento, quanto vi sarebbe a dire, se si volesse
scrivere un Diario anche solo di tutto cio che accade al Vaticano !
I fogli cattolici di Roma, ben che spesso ne parlino, non ne dicono
pero abbastanza : e noi, nei nostri quaderni bimensili, che altro piu
potremmo offrire che un semplice saggio della Cronaca contemporanea
'del Movimento cattolico?
2. Or dopo questi cenni cosi generali per dare in questo quaderno
un saggio particolare di questo movimento , che riguardi non solo
Roma, ma piu nazioni, riporteremo quel che ban detto i fogli della
venuta al Vaticano delle Deputazioni di cattolici di varie contrade. Ora
non si fa piu pellegrinaggio soltanto alia Rasilica Vaticana ; ma il pa-
lazzo Vaticano, ove il successore di Pietro e moralmente prigioniero,
e sacro come un santuario, e qua son volti gli sguardi e i cuori di
tutti i fedeli. Nulla diciamo delle Deputazioni di ogni ordine di per-
sone della stessa citta di Roma, che ha offerte si belle prove di fedelta:
nulla delle Deputazioni di citta particolari, come quella celebratissima
di Bologna, che recava le firme di trentadue mila cittadini: parliamo
solo delle Deputazioni cattoliche nazionali venute a rendere omaggio
al Pontefice Re. La proposta di mandare deputazioni di cattolici a
Roma dai diversi paesi d'Europa fu fatta a Ginevra nell'assemblea
internazionale presieduta da Mgr. Mermillod. II Relgio ne porse per
primo 1'esempio, come die' gia il primo esempio di quella carita che
e divenuta la carita del mondo cristiano, sotto il nome di Danaro
di S. Pietro. Dopo la Deputazione belga, venne la Deputazione ale-
manna, e poi 1'Austriaca; e mentre scriviamo e pur giunta in Roma
la Deputazione Inglese, e se ne vanno preparando ancor altre in altri
paesi. Ne togliamo ora il ragguaglio specialmente dai u.[ 17, 22, e35
del Divin SalvatoreJ che tra i fogli cattolici di Roma , come esclusi-
vamente religioso , non e secondo ad alcuno in tener dietro al Mo-
vimento cattolico. Elle son cose gia note ai piu dei nostri lettori ; ma
sarebbe troppo grande difetto della riostra Cronaca contemporanea, se
almeno di questi fatti si memorandi nelle nostre pagine non restasse
memoria.
Domenica 15 gennaio il S. Padre riceveva la Deputazione dei
Signori belgi, venuti a deporre ai suoi piedi insieme coi loro proprii,
sentimenti quelli dei loro nazionali, ai quali la Chiesa e la Santa
Sede devono le piu insigni prove di generosita e di coraggio. II Santo
Padre li ricevette nella sua biblioteca privata. II Sig. avvocato Ve-
speyen lesse un bell' indirizzo, che qui diamo tradotto :
248 CRONACA
« Beatissimo Padre.
« Noi siamo venuti a Roma per deporre ai piedi della Santita
Vostra i voti dei cattolici Belgi, le primizie del Denaro di San Pietro
di quest' anno e insieme una protesta solenne contro 1'attentato sa-
crilego, che offende 1' indipendenza del Vicariodi Gesu Cristo, e priva
tutta la Chiesa del suo legittimo patrimonio. La nostra voce non e che
1'eco delle nostre grandi riunioni di Malines e di Gand, di quelle peti-
zioni al Re dei Relgi che si sottoscrivono in tutto il nostro paese, e di
que' pellegrinaggi nazionali e diocesani, che sono la preghiera di tutto
un popolo al Re dei Re. II Nostro patriottismo si unisce alia nostra
fede per riprovare il trionfo della violenza; poiche il Relgio, qual nazione
neutrale e debole, e direttamente minacciato pel delitto commesso con-
tro la neutralita dello Stato Pontificio, e F augusta materna debolezza
della Chiesa. I Belgi riguardano come loro gloria indistruttibile, e noi
riguardiamo come I'onore della nostra vita d'essere stati i primi nel-
1'ordine delle nazioni cattoliche, che verranno success! vamente a con-
solare la vostra prigionia e rivendicare contro 1'iniquita trionfante il
diritto, che hanno le coscienze cristiane di vedere affatto libera la
Chiesa e il suo Capo. Noi abbiamo la dolce speranza, che il Belgio
sapra mostrarsi degno di questo bel privilegio, e rispleiidere sempre
tra i popoli per la sua devozione alia Sede apostolica, pel suo amore
alia verita, di cui Pietro e infallibile interprets, e per la sua fedelta
alia giustizia, di cui esso e il supremo custode. Noi saremo ben felici,
Beatissimo Padre, se le nostre opere e le nostre preghiere potranno
affrettare il trionfo dei vostri diritti, di cui noi riconosciamo la pie-
nezza, e cosi contribuire alia ristorazione del regno di Gesu Cristo
nelle anime, e sovra le nazioni. Che la Santita Vostra si degni di
benedire questi sensi e questi proponimenti , e dare cosi ai nostri
sforzi quel coraggio che trionfa degli ostacoli, e quella perseveranza
che e pegno sicuro di un felice e durevole risultato. »
II S. Padre avendo ascoltato commosso queste nobili parole, si
degno rispondere presso a poco nei seguenti termini : « Queste novelle
prove dell' attaccamento del Belgio mi commuovono profondamente.
Per6 non ne avea d'uopo, per sapere come il Belgio sia sempre fe-
dele. La sua devozione alia causa del Pontefice e della Chiesa non
e nuova, ma antica . Vi ringrazio d' esser venuti a confortarmi in
queste penose circostanze. Dio senza dubbio e il nostro principale so-
stegno; ma e ben naturale, che 1'affezione de'figli venga a sostenere
il coraggio del Padre. II Belgio mi professa ben di sovente le sue
testimonianze di fedelta. Continuate nella via per la quale camminate;
non vi lasciate abbattere. Cio che accade oggi non e che una prova,
CONTEMPORANEA 249
e la Chiesa e nata in mezzo alle prove, visse sempre in mezzo ad
esse e in esse terminera la sua carriera sulla terra. E nostro dovere
di lottare e d'esser fermi in faccia al pericolo.... Noi abbiamo un pro-
verbio italiano che dice : - altro e parlar di morte, altro il morire. -
Si parla spesso comodamente delle persecuzioni, ma qualche volta e
ben difficile sostenerle. II mondo offre oggi uno spettacolo ben dolo-
roso, e sopra tutto questa Roma, in-cui vediamo cose, alle quali i
nostri occhi non erano avvezzi. Preghiamo tutti insieme, perche Dio
liberi quanto prima la sua Chiesa, e ristabilisca 1'ordine pubblico,
cosi profondamente turbato. I vostri sforzi , le vostre preghiere , le
vostre riunioni, i vostri pellegrinaggi tendano a questo fine, onde di
tutto cuore lo benedico essi e voi, il vostro paese, le vostre province,
i vostri comuni, le vostre famiglie, i vostri pensieri, le vostre imprese.
Bmedictio Dei Omnipotentis, etc. »
Quindi invitoquegli ottimi Signori, rapiti e commossi, a seguirlo
nel suo solito passeggio del mezzodi.
Sappiamo che il Belgio invio in questi ultimi tempi alia S. Sede
circa 200,000 franchi, e che quella stessa Deputazione depose ai piedi
del Santo Padre 1'obbligazione di mantenere per tre anni 12 giovani,
figliuoli d' impiegati Pontificii, rimasi fedeli al S. Padre, presso 1'uni-
versita cattolica di Lovanio, mediante 12,000 fr. annui.
1 signori component! questa prima Deputazione erano i seguenti:
i Signori: Abbate Van de Branden de Reeth, i due baroni Alessandro
e Giovanni Gilles di S' Gravenerezel della diocesi diMalines; Giu-
seppe De Hemptinne e Guglielmo Verspeyen di quella di Gand;
Conte di Nedonchel, e J. Houtart di quella di Tournai; Canonico Be"-
thune e Barone di T'Serclaes di quella di Bruges.
3. Non ancora, era giunta la notizia del ritorno in patria della
Deputazione belga, ed ecco giungere quella della Germania. Essa era
composta dei personaggi piu illustri per nobilta, per dottrina e per
religione; giungeva in Roma negli ultimi giorni di gennaio, e il di
della SS. Purificazione aveva 1'onore di essere ammessa ad assistere
alia Messa celebrata da S. Santita nella Cappella Sistina. Sulle ore
9 e 1|2 infatti di quel solenne giorno, sacro alia Beata Yergine, il
S. Padre discese nella suddetta Cappella, dove, assunti gli abiti sacri,
celebro la Messa, sul fine della quale distribui il Pane Eucaristico a
buon numero di fedeli d'ambo i sessi. La Cappella rigurgitava di
persone distintissime si romane e si estere , fra le quali notavasi
S. E. il sig. Conte di Trauttmansdorf, Ambasciatore di Austria presso
la S. Sede, con la Contessa sua consorte. Sua Santita, dopo ascoltata
un'altra Messa, celebrata da uno dei cappellani segreti, ritorno ai suoi
250 CRONACA
appartamenti ; e indi a poco nella sua biblioteca pnvata riceveva la
Deputazione del Cattolici della Germania, che, insieme a copiose of-
ferte per 1' Obolo di S. Pietro, umilio ai suoi piedi il seguente indi-
rizzo, che togliamo dall' Osservatore Romano :
Beatissimo Padre. — Noi ci presentiamo a Vostra Santita per
offerirvi 1'omaggio piu rispettoso del nostro amore, del nostro attac-
camento e della nostra fedelta. Un grido d' indignazione e di ripro-
vazione risono in tutte le regioni della Germania, quandol'incredibile
notizia della spogliazione sacrilega si diffuse nelle sue contrade. Noi,
rappresentanti delle diocesi alemanne, ci siamo riuniti oggi davanti
a Vostra Santita, per rendervi testimonianza di questi sentimenti
unanimi dei Cattolici germanici, e darvi 1'assicurazione ch'essi ripro-
vano con tutta la forza della loro anima 1' abbominevole attentato
del governo italiano. Essi sono pienamente convinti, Beatissimo Padre,
che il Patrimonio di San Pietro vi e necessario per esercitare, libe-
ramente e pel bene maggiore della Chiesa, il potere delle Chiavi che
dal Signore Yi fu commesso. Noi Vi promettiamo, Padre Santo, che
adopereremo tutti i mezzi che sono in nostro potere, accio.... non
terminiamo il concetto perche, contenendo un voto di distruzione
dall'attuale ordine di cose in Italia, non saremmo liberi di rife-
rirlo. Beatissimo Padre! Noi crediamo di non dire vane parole, nel
deporre ai piedi di Vostra Santita 1'espressione rispettosa dei senti-
menti dei Cattolici della Germania. Uno sguardo gettato sul movimento
generale, che si e impadronito dei figli della Chiesa cattolica nella no-
stra patria, Vi servira di prova, che i fatti risponderanno alle nostre
parole; e siamo lieti di potervi in qualche modo venire in aiuto nelle
Vostre attuali strettezze. Umilmente prostrati ai Vostri piedi nell'im-
plorare la Vostra Santa paterna benedizione, Santissimo Padre, ci ri-
putiamo fortunati di essere e di restare sempre con amore il piu
tenero e colla pieta piu filiale. Di Vostra Santita, umilissimi ed ob-
bedientissimi figli e servi. — Seguivano nell'Indirizzo i nomi dei
componenti la Deputazione, che furon recati piu esattamente dal Divin
Salvatore nel n° 25. Nicolo Adames, Vescovo di Lussemburgo - Caio
Conte di Stolberg Stolberg del regno diSassonia - Conte di Schaesberg
di Vestfalia - Costantino Conte di Waldburg-Zeil del Wiirtenberg -
Vilderico Conte di Walderdorf - Barone di Dorth - Filippo Barone di
Wambolt - Francesco Giuseppe Conte di Stolberg Stolberg del regno
di Sassonia - Guglielmo Contedi Hoensbroeck di Vestfalia - Giovanni
Blauen di Magonza - Enrico Neusester di Magonza - Carlo Conte di
Schoenburg del regno di Sassonia - Dr. Leonhardt di Colonia - An-
tonio Conte di Hardumal e Chamare della Slesia - Conte di Henkel
CONTEMPORANEA 251
Donnersmark della Slesia - Giuseppe Oechslein di Eichstaaett - Conte
d'Arco Zinneberg di Monaco.
Terminata la lettura dell' indirizzo, Sua Santita rispose brevi ,
ma sentite parole, con le quali fece palese la gioia deli' animo suo
allo scorgere 1'efficace movimento cattolico, che si svolge in Germania,
e si manifesto compresa da vera riconoscenza per )e reiterate prove
di afletto e di devozione che riceve da quei cattolici. Disse cbe fa-
cendo ritorno ai loro focolari domestici avessero pregato e fatto
caldamente pregare per i bisogni della Chiesa e del suo Capo,, la
cui conservazione si rende oggidi tanto piu necessaria a motivo dei
niolteplici mali che aggravano la societa e che minacciano di mag-
giormente aggravarla. Toccato infine che nelle attuali luttuose cir-
costanze non si compiono le funzioni religiose colla pompa e solennita
degli andati tempi, affine di non essere esposti alle derisioni ed agli
insulti degli empii , imparti agli illustri deputati 1'Apostolica Bene-
dizione.
La Deputazione stessa poi assiste nella Sala del Trono alle obla-
zioni di cerei, presentate alia Santita Sua dalle Chiese Patriarcali,
Collegiate ed altre rappresentanze ecclesiastiche di Roma, conforme
e di consuetudine, per la grande festivita in questo giorno dalla
Chiesa solennizzata; e S. Santita si degno regalarne quei nobili Alle-
manni, che ne uscirono consolati da cosi segnalato favore.
4 La descrizione del ricevimento della Deputazione austriaca ,
la toglieremo da una corrispondenza Romana d'un testimonio ocu-
lare, diretta il 6 marzo all' Osservatore Cattolico di Milano, e all' Os-
servatore Romano.
leri, Domenica 5 marzo, a mezzo di, il S. Padre riceveva nella
sala del trono la Deputazione dei Cattolici dell' impero d' Austria.
Essa rappresentava veramente tutte le classi del vasto Impero, e
presso i Principi e i Conti vedeansi dei contadini della Stiria, e della
Carniola nelle loro vesti nazionali. Erano in tut.ti 43, alia testa dei
quali stava 1'Altgravio di Salm. Notammo il Baron Brenner, Consi-
gliere intimo dell' Imperatore d'Austria che stipuld la pace di Praga,
il Conte Fries, i Conti Emmanuele, Giuseppe, e Francesco di Thun,
il Conte di Avernas, il Conte Brandis, il Principe Egone di Hohenlohe,
i Conti Liitzow, e Pergen, i Baroni Andrian, e Frankenstein ; quindi
il Preposito Allinger di Vorau, il Preposito Riedl di Gratz , il Ca-
nonico Bradac' di Praga, Monsig. Conte di Coudenhove Canonico della
Metropolitana di Vienna, il D. Doliak preside del Circolo cattolico di
Gorizia, e 1' Ab. Albi , segretario del Circolo stesso ; quindi altri ec-
clesiastici e laici di Austria , Boemia , Stiria , Carniola e Tirolo. II
252 C RON AC A
S. Padre entro nella sala del trono, circondato dagli Emi Cardinali
Deangelis, Bernabo e Bizzarri, e da molti Prelati. Tutti genuflessero;
il S. Padre sali il primo gradino del trono, e 1'Altgravio di Salm,
piegato ch'ebbe il ginocchio a terra, lesse in lingua francese il
bellissimo indirizzo che qui diamo fedelmente tradotto.
« Beatissimo Padre,
« Gli atti sacrileghi che successivamente privarono Vostra Santita
dei suoi Stati , dei quali 1' ultimo , 1' entrata di viva forza in Roma,
compi 1' opera dell' iniquita , sono attentati di cui la storia conosce
pochi esempii, ma di cui essa scolpi nei suoi annali il terribile ca-
stigo, che non si e fatto aspettare giammai. Questi sollevano lo
sdegno del mondo civilizzato. Tutti gli uomini che vogliono 1' ordine
gli abominano come una violazione del diritto delle genti, ed anche
coloro che non hanno come noi la fortuna di appartenere al Vostro
ovile. Grande e il dolore di milioni di credenti, sparsi su tutte le
parti del Globo. Ma come dipingervi, Santo Padre, la tristezza, e la
costernazione del vasto impero al quale noi apparteniamo ! Quell'Au-
stria cattolica , governata da Principi che sono sempre stati difen-
sori della Santa Chiesa, e dei quali 1'augusto discendente, il nostro
Imperatore, appena montato sul trono de'suoi antenati, ha contribuito
cosi potentemente a ricondurvi nella capitale del Cristianesimo; quel-
1' Austria, nella quale la vita cattolica non e mai stata sospesa, nella
quale, che che vogliano far credere i propagatori di false dottrine,
la purita della fede, la pieta e la devozione pel Vicario di Cristo, si
trasmettono di generazione in generazione nei palazzi dei grandi ,
come nelle case dei cittadini , e nelle capanne del popolo , abomina
questi fatti nei piu profondo delFanimo. A noi, Beatissimo Padre, fu
dato 1'incarico dalle Societa Cattoliche dell'Austria di essere presso la
Santita Yostra gli interpret di questi sentimenti, e manifestarvi non
solo il dolore che noi proviamo, ma altresi la speranza, e la devozione
filiale per la Santa Sede, che nei buoni come nei cattivi giorni , si
manterra sempre eguale. Padre Santo, noi e quelli che qui c' invia-
rono, non esitiamo ad affermare , che 1' immensa maggioranza degli
abitanti del nostro grande paese , ha sempre amato in Pio IX il buon
Pastore, e venerato in lui 1'eroe, che non ha mai cessato di com-
battere valorosamente per la causa della Chiesa di quel Cristo di cui
esso e Vicario. Oggi noi ammiriamo in lui il martire che accetta (oh
dolore, ma insieme nobile ed edificante spettacolo !) dalle mani della
Provvidenza con tranquilla rassegnazione le prove crudeli, che noi
vediamo sostenersi dalla nostra Santa Chiesa in questi tempi cala-
CONTEMPORANEA 253
mitosi. Noi ci avvlcmiamo dunque a Voi, Santo Padre, con dolore,
ma nel tempo stesso con indicibile gioia , e sopra tutto colla ferma
speranza , che Dio , nella sua misericordia , fara ben presto sparire
la cause della nostra comune afflizione ; che egli tocchera i cuori del
Potent! della terra , perche ascoltino la voce della loro coscienza e
dei popoli cattolici , mettendo prontamente fine a' disordini che
minacciano i loro troni ancor piu che quello di S. Pietro , e infine
che il nostro grande e santo Pontefice vivra abbastanza per vedere
condizione essenziale della sua indipendenza . Noi domandiamo a
Vostra Beatitudine pel nostro Imperatore , per 1' Austria, per le Societa
che c' inviarono, e per noi la Vostra santa e apostolica benedizione. »
II S. Padre rispose con preziose parole , che qui purtroppo non
possiamo che compendiare, impediti come fummo dallo scriverle men-
tre si proferivano. Tenteremo di esser fedeli, ma non possiamo nep-
pur lontanamente prometterci di dare nella loro integrita quei nobili
concetti.
In mezzo all' empieta e alle tristizie del nostro tempo, che sov-
vertono ogni cosa, mi e di grande consolazione questo sentimento
di affetto e pieta, che si manifesta in ogni parte della Chiesa catto-
lica. Esso mi da anche la forza di sostenere questa guerra , che da
molti o per malizia, o per cecita vien fatta alia nostra religione e a
questa sede del Vicario di Cristo. Abbiamo veduto cadere infranto
un trono, e ne vediamo vacillare un altro piu vicino. La tempesta
crescera molto, ma dovra altresi indietreggiare; io non so ne il tem-
po, ne 1'ora, ma verra certo un giorno in cui il Signore dira ai
flutti tumultuosi di arrestarsi, e dira: Usque hue et non ultra; hie
confringes tumentes fluctus tuos. So peraltro che il Signore nelle
opere sue suol servirsi della manodegli uomini. L' ordine ritornera;
ma quando quelli che siedono sui troni avranno compreso che colla
eccessiva liberta della stampa , e coll' odierna sfrenatezza, e impos-
sibile che quei troni non vacillino , e come questo lasciarsi trascinare
dalla rivoluzione, in' modo cosi sempre debole e ondeggiante, deva
necessariamente riuscir loro fatale: Erudimini qui iudicalis lerram.
So che il vostro Imperatore vorrebbe in cuor suo il trionfo della
religione e della Chiesa; esso ha dimostrato con molti fatti, anche
durante il mio pontificate, di esser degno discendente della famiglia
che protesse cosi spesso i diritti della S. Sede. E voi ritornando cola
ditegli che il Papa lo ama , che pre^ga per lui , e per la famiglia
imperiale, e che spera di vedere compiuti coi fatti quei sentimenti
che ha uell' animo. Io benedico la famiglia imperiale, voi tutti, le
254 CRONACA
vostre famiglie , coloro che vi hanno mandate , e tutti i cattolici
dell' Impero. Prego Dio che questa benedizipne vi accompagni nel
viaggio, vi segua nella vita, e vi sia di conforto nell' ora della
morte, affinche possiate godere la gloria del Signore. Benedictio Dei
omnipotentis etc. »
Tutti profondamente commossi s' inginocchiarono a ricevere la
benedizione. Poi 1'Altgravio di Salm present6 ad uno ad uno i mem-
bri della Deputazione , molti dei quali , ed anche i contadini Sloveni,
gli offrirono dei doni speciali , oltre all' offerta generosissima che il
Presidente della Deputazione avea messa ai piedi del S. Padre, a nome
dei suoi committenti. II Canonico di Praga presento al S. Padre gli
omaggi dell'Imperatore Ferdinando , e dell' Imperatrice Maria Anna,
quindi quelli del Cardinale Arcivescovo, Principe di Schwarzenberg.
II Rev. Direttore spirituale del Seminario di Olmiitz rese a S. S. 1'omag-
gio di Mgr. Landravio Fiirstenberg Arcivescovo di Olmiitz e del suo
insigne Capitolo metropolitano. Cosi i Presidi delle Unioni cattoliche
di Austria, Boemia, Moravia, Stiria, Carniola, Gorizia, Bressanone e
Trento, e i sacerdoti che gli accompagnavano offrirono quelli dei loro
Vescovi. II S. Padre invito la Deputazione a seguirlo nella sua pas-
seggiata per il giardino e le gallerie ; dopo la quale li raccolse di
nuovo attorno a se nella sala della biblioteca , conversando fami-
gliarmente con essi intorno alle cose ecclesiastiche di Austria e Ger-
mania. Li benedisse di nuovo, e si congedo da loro, lasciandoli pieni
di profonda commozione.
Questa mattina assistono tutti alia sua Messa e ricevono dalle
sue mani la S. Cornunione: domani la riceveranno nella Cripta di
S. Pietro sulla tomba degli Apostoli. Fin qui lacitata corrispondenza.
II Divin Salvatore aggiunse la lista intera dei nomi dei 43 De-
putati, e sono i seguenti.
S. E. il Conte Roberto di Salm - S. E. il Barone Adolfo di Bren-
ner - Principe Egone d'Hohenlohe - Conte Antonio Brandis - Conte
Ferdinando Brandis - Conte Maurizio Fries - Conte Carlo Liitzow -
Conte Antonio cli Pergen - Conte Enrico Desenffans d' Avernas -
Barone Enrico di Frankenstein - Barone Goffredo d'Andrian- Wer-
burg - Barone Gordiano Gudenus - Conte Emanuele Thun - Conte
Giuseppe Thun - Conte Francesco Thun - Francesco di Zallinger -
Avvocato Carlo Doliak - Domenico Albi, Mansionario della Metropo-
litana di Gorizia - Matteo Huemer - Giovanni Lentner - Francesco
Eipeldauer - Giuseppe Hubert - Conte Raimondo Wagensperg - Rmo
Vincenzo Bradac' Canonico della Metropolitan di Praga - Rdo Conte
Ludovico Coudenhoven , Canonico della Metropolitan di Vienna -
CONTEMPORANEA 255
Parroco Decano Giuseppe Rosmanu - M. R. Don Mattia Sternad,
Cappellano - M. R. Don Posch, Cappellano - Giorgio Kola-
ric' - Monsignor Luca Jeran - Rmo Pietro Urh, Canonico - Parroco
Decano Matteo Koguh - Parroco Primus Peterlin - Giacobbe Ber-
gant - Martino Debelak - Michele Potanik - Michele Blagis - Rmo
Preposto Giovanni Riedl, primo parroco di Gratz - Rmo Odoardo
Trummer, Canonico di Seckau - Rmo Abate infulato Isidore Allinger
di Vorau - M. R. Norberto Lampel, Canonico regolare di Vorau -
Triberto Lampel - M. R. Don Guglielmo Blaz'ek, Direttore Spirituale
del Seminario di Olmiitz.
5, Un'altra volta parleremo della Deputazione inglese e di altre
che si aspettano : ora, giacche questo quaderno vedra la luce tra la
festa di S. Giuseppe e quella del suo Patrocinio, ci cade opportune
di terminare con dir qualche cosa delle nuove manifestazioni del
movimento cattolico per tale occasione. Ma qui pure 1'abbondanza
della materia contrasta colla strettezza dello spazio che ci rimane.
Vorremmo dire delle tante Pastoral i dei Vescovi sopra il titolo di
Patrono della Chiesa Cattolica decretato a S. Giuseppe, dei tanti tridui
celebrati in suo onore pregando pel S. Padre Pio IX ; del mese in-
tero di marzo consecrato al suo culto in tante chiese e specialmente
nella sua santa casa di Loreto J; della Chiesa monumentale, da erigersi
presso Londra, di cui fu gittata la prima pietra nel di stesso della
festa da Mgr. Manning, Arcivescovo di Westminster, come leggiamo
nel Tablet (March. 25); della grande dimostrazione religiosa insieme
e politica, fatta in quella festa dai Cattolici del Palatinato superiore
e specialmente di Amberga , come leggiamo in una corrispondenza
9\YUnitd Cattolica (26 marzo); dei pellegrinaggi, durante tutto il
mese sacro a S. Giuseppe, nella diocesi di Paderbona ; e di tant'altri
pellegrinaggi , e processioni- e assemblee : ma mentre avevam presi
gli appunti per dir tante cose siam costretti a tacere. Una sola cosa
1 Per rispetto alia Santa Casa non possiamo omettere almeno un cenno : ai 23 gen-
naio, festa dello sposalizio, messa solenne e Te Deum, present! il Vescovo e tutto il capitolo,
per solennizzare la promulgazione del decreto che dicliiara S.Giuseppe Patrono della Chiesa
Cattolica : il 19 marzo nello stesso modo messa solenne, panegirico, benedizione : il Vescovo
per un'ora intiera dispens6 la santa Comunione ai fedeli, ehe accorsero alia sacra mensa
appunto per implorare da Dio il trionfo della Chiesa merce T intercession di S. Giuseppe.
In tutto il mese di marzo, in ciascun d\ una messa nella Santa Casa ad onore del Santo
per lo stesso fine per ispontanea devozione del Capitolo, a cui si unl il clero secolare e
regolare : ogni d\ numerose comunioni, e nuovo fervore nella pratica del Culto perpetuo di
S. Giuseppe. Lode allo zelo dei venerabili Custodi di quell1 augusta Casa, ove soggiorn5
il S. Patriarca !
256 CRONAGA CONTEMPORANEA
riporteremo ; ed e la preghiera che fu sparsa a migliaia di copie in
Roma ed e gia volta in piii lingue, ed esprime il sentimento di tutto
il mondo cattolico nello stato attuale del S. Padre e di Roma.
Al novello Protettore della Chiesa S. Giuseppe
ORAZIONE
Gloriosissimo Patriarca S. Giuseppe, una voce autorevole piu
assai di quella , che un giorno parti dal trono egiziano , ha detto
poc'anzi alia gran famiglia cristiana che faccia nei suoi bisogni ri-
corso a voi : Ite ad Joseph. Eccola dunque questa grande famiglia,
che vi fu data a proteggere, eccoci tutti appie del vostro celeste
trono, ad implorare merce nei mali gravissimi, da cui al presente
siam travagliati. Come i fratelli dell'antico Giuseppe; a Voi ne ve-
niamo umiliati e confusi dei nostri falli, che hanno chiamato sul
nostro capo 1'ira del cielo: ma in mezzo a noi vi sono pure molti
Beniamini innocenti, che soffrono e piangono senza lor colpa. Quello
per6 che piu ci sta a cuore, e il venerando Padre nostro, il pio e
mansueto Giacobbe, che dolcemente si lagna, che I'ultimo periodo
della sua vita gli viene amareggiato. Pieta vi prenda de'suoi bianchi
capelli, e fate che non chiuda gli occhi al sonno dei giusti, prima
di aver veduto spuntare per tutta la sua famiglia un' era di pace e
di salute. Questa, o gran Santo, e la prima grazia che vi chiedia-
mo, dopo che foste proclamato nostro universale Protettore: avrete
cuore di darci una ripulsa ? Ah! noi invece speriamo che il secondo
Giuseppe si mostrera pietoso piu ancora del primo, e con questa
fiducia ripetiamo concordi:
SANCTE JOSEPH , ORA PRO NOBIS.
A questa orazione, presentatagli da pie persone, il S. Padre di
proprio pugno sottoscrisse le seguenti parole.
Die 23. feb. 1871. Filii carissimi ite ad Joseph, et Ipse inter-
cede! pro nobis in angustiis nostris. PIUS PP. /X.
I LIBERALI ITALIANI
ED
I COMUNISTI FRANCESI
"OS*
I.
Da che , cessata appena la guerra franco -tedesca , il
comunismo ha eretta dentro Parigi la testa sanguinosa ,
nel campo liberalesco di tutta Europa, ma segnatamente
d' Italia, si e notato uno stupore di attitudini ed uno sbi-
gottimento di linguaggio, che ha fatto sorridere di pieta i
pensatori cattolici; come appunto fa sorridere il veder bimbi
sgomentarsi che un solfanello acceso abbia appiccato fuoco
ad una girandola, o lo spostamento di un trave abbia at-
terrato un palco, che sopra vi si reggeva. E in vero non e
cosa da ridere, che gente, la quale professa per sistema di
scalzare. piu o meno copertamente, tutte le basi della socia-
lita ed ha finora plaudito ad ogni novella ruina che la
rivoluzione faceva nell1 edifizio della ciyilta cristiana , si
affanni e si addolori pei trionfi del) a barbarie rinascente in
Parigi, e minacciante di estendere per tutto altrove il suo
ferale dominio ? Certo move a riso verbigrazia Y Opimone,
quando , spaventata delle conseguenze logiche di quei
principii e di quei fatti rivoluzionarii, che ella si e invec-
chiata a propagare ed a consolidare fra noi, si picchia il
petto e predica ad alta voce : « Insomma e venuto per
tutti il tempo di far giudizio . Deve proprio continuare
eterno questo periodo di rivoluzioni, che affatica le nazioni
Serie VIII, vol. 77, fasc. 501. 17 22 aprite 1871.
258 1 LIBERALI ITALIANS
e le espone a cosl grand! pericoli ?. Se la lezione che si
ricava dai lagrimevoli avvenimenti attuali non giova a
tutti i popoli, bisognera proprio dire che la mano di Dio
si fa sentire pesante su di essi l . » Parimente eccita un
sorriso la Nuova Antologia, scritta in gran parte da penne
educate nella setta massonica , quando piange i pericoli
che alia Europa genera la setta internazionale, divenuta in
Parigi forza pubblica e Governo 2. Era dunque necessario
che la Comune parigina sorgesse a ripetere le belle imprese
del 1793 , per fare che i nostri dottrinarii del liberalismo
riconoscessero la mano di Dio punitrice, schernita da loro
finche fu prenunziata dai clerical!, e deplorassero la tra-
sformazione delle sette in Governi, undici anni dopo che la
setta loro si era mutata in Governo dell' Italia, con quello
stesso buon diritto con cui il socialismo e diventato Governo
in Parigi !
In sostanza, ottimamente s' intende che uomini di que-
sta sorta, per interesse di conservare i loro proprii acquisti,
si sbigottiscano delle enormita che gli applicatori dei loro
principii e gl1 imitatori de' loro esempii commettono in
Parigi ; ma non si capisce che , senza dare nel comico,
pretendano di rimproverare, in nome della societa e della
civilta, agli aderenti della Comune, di essere troppo dia-
lettici nell'applicare gP insegnamenti e troppo attivi nello
imitare gli esempii delle loro Signorie liberali e conser-
vatrici.
Quest'uffizio di dir pane al pane e ladro al ladro per
puro amore della verita , e indipendentemente dai buon
successo dei fatti compiuti , i liberali di qualunque siasi
colore lo lascino a noi cattolici, e cattolici senza epiteti : a
noi che, fino da'suoi esordii, abbiamo sfolgorata la rivolu-
zione italiana e nelle idee sue e nelle sue geste ; e mai
non abbiamo patteggiato colla menzogna e col delitto, a
rischio di diventare o di rimanere Y omnium peripsema usque
1 Num. dell'41 aprile 1871.
2 Fascicolo di aprile 1871, pag. 979.
ED I COMUNISTI FRANCESI
adhuc: l a noi i quali abbiamo dimostrato continuamente che
il liberalismo conduce per necessita al socialismo : a noi
che abbiamo sempre difesi tutti i diritti, anche piu impo-
polari , unicamente perche diritti ; e condannate tutte le
iniquita, anche piu fortunate, unicamente perche iniquita:
a noi infine che, colFEnciclica Quanta cura e col Sillabo di
Pio IX alia mano , abbiamo costantemente mantenuto e
illustrato il dilemma : — 0 cattolici col Papa, o barbari col
socialismo . Questa e la sola gloria di cui, grazie a Dio r
andiamo lieti e che gli awersarii non ci hanno mai negata:
di aver tenuta in pugno sempre la medesima bandiera, di
non averla mai abbassata in omaggio del nemico e di non
aver cagione alcuna di arrossirne, ne dentro il cuore, ne
di fuori nella fronte, sotto la luce del sole. Noi scrittori del
giornalismo schiettamente cattolico dell1 Italia , di quel
giornalismo cioe che non ha mai ambito altri aggiunti che
di apostolico e di romano; noi questa gloria sentiamo di
averla, e di averla solamente noi. E quindi, per vituperare
le scelleraggini del comunismo debaccante in Parigi, non
abbisogniamo punto di contraddire a noi stessi , come i
liberali ; ma ci basta ricorrere a quelle stesse dottrine, in
virtu delle quali abbiamo vituperate sempre le scellerag-
gini del liberalismo tiranneggiante T Italia.
E in effetto pigliamo ad osservare un poco le curiose
contraddizioni in cui i nostri liberali italiani danno di cozzo,
nel fulminare che fanno i comunisti parigini.
II.
Per non dilungarci in preamboli, rimetteremo ad una
altra volta le prove della consanguinita che passa in ge-
nere tra il liberalismo ed il socialismo, di cui il comunismo
non e che una delle molteplici forme. Quest1 argomento
merita di essere illustrato con qualche accuratezza mag-
giore, che non ccnsenta una semplice prolessi. Al casa
1 I. Cor. IV, 13.
260 I LIBERAL! 1TALIANI
nostro, per ora, possono essere sufficient! due irrefragabili
autorita.
La prima e di Giuseppe Moatanelli, il quale, fino da
circa venti anni addietro, non .ammetteva gia piu che il
liberalismo fosse nn sistema sussistente da s& e diviso dal
socialismo ; ma voleva identificato 1' uno coll' altro nel-
Testrinseco vocabolo, come sono nell' intrinseco concetto.
II perche scriveva e stampava : « Per la stessa ragione per
cui ci dicemmo filosofi nel secolo passato e liberali nella
prima meta del secolo presente, d'ora in poi ci dobbiamo
chiamare socialisti, perche il socialismo e divenuto il verlo
della riwluiione, come la filosofia e-il liberalismo ai loro
tempi lo furono T. »
La seconda autorita e di Giuseppe Ferrari, che al tempo
stesso pubblicava il programma del partito socialistico ,
eseguito fino ad ora, per una buona porzione, alia lettera
dai nostri liberali , e la formola ultima del suddetto verlo
della rivoluzione.
Ecco questo programma limpido e schiettissimo .
1° « Guerra al Pontefice, guerra alia Chiesa cattolica ,
apostolica, romana, regnante in Roma, dominante per tutta
1' Italia. L' Europa ha intimato a Roma una guerra di re-
ligione, ne potremo avanzare d'un passo, senza rovesciare
la croce. » 2° « Guerra al Re. II clero, per se stesso, non
ha forza ed e nullo : egli e tutto, col favore dei Principi e
dei Re. Chi lavora pei Re, lavora alia ristaurazione della
Chiesa, alia schiavitu dell1 Italia. » 3° « Creazione delle
Repubbliche: Repubbliche di Lombardia , di Venezia, di
Toscana, di Roma, di Napoli, di Piemonte, di Parma, di
Modena. » 4° « Federazione delle Repubbliche, presiedute
dalPassemblea nazionale, o eonsesso sovrano dei deputati
di ciascuna Repubblica. Quale sara la federazione repub-
blicana? Essa rappresenta la rivoluzione italiana; rappre-
senta adunque T Italia insorta contra V Europa cristiana,
contra U sistema della cristianita 2 » .
1 Introduzionc ad alcuni apptinti storici cap. X.
2 La federazJone repubblicana cap. I. cap. XII.
ED I COMUNISTI FRANCESI
261
Quanto poi alia formola esprimente il moderno verbo
delta rivoluzione, e questa. La rivoluiione non e che la guerra
contro il Cristo e contro Cesare : ossia, se si vuole piu chiara:
Virreligione e la legge agraria ; ecco V ultimo termine del pro -
gresso l . La guerra contro il Cristo dovra produrre F ir-
religione , cioe T ateismo ; e la guerra contro Cesare T an-
nientamento di ogni diritto proprio e personale, che e dire
la legge agraria , o , se meglio piace , il comunismo nella
sua crudissima realta.
Si conferiscano insieme questo programma e queste
formole socialistiche, con tutte le teorie del nostro libera-
lismo e con tutto il suo operato fino al presente, e si vegga
se possa divisarsi consanguinita piu stretta fra i due siste-
mi, e se il Montanelli avesse poca ragione di affermare, che
« d'ora in poii liberali si debbono chiamare socialistic. La
guerra al Cristo, donde ha da germinare I1 irreligione, con-
tienel'essenza del liberalismo, qualunque ne sia la specie,
poiche egli e sostanzialmente la ribellione airautorita so-
prannaturale della fede ed a qualunque altra naturale
autorita, che non sia la immaginata da s^. Dunque 6 forza che
comprenda ancora la guerra a Cesare, ovverQ all' autorita
civile ed alia ordinata societa, d'onde si ha da svolgere
la legge agraria. Questo e T inevitabile corollario del sim-
bolo racchiuso nei due infamemente celebri versi del Diderot:
Et des 'boyaux du dernier prttre
Serrer le cou dil dernier roi;
simbolo che il liberalismo ripudia soltanto a parole. II di-
ritto umano di Cesare non pu6 esistere disgiunto dal diritto
divino di Cristo nel mondo. II liberalismo ,- per conservarsi
al potere e salvare la borsa, si contende di mantenerlo in
essere senza Cristo , trasformandolo in un diritto ateo di
- Cesare-popolo : di qui il suo domma della sovranita popo-
lare. Ma la logica e inesorabile : e dove lo svolgimento
pratico delle conseguenze addivien possibile , come te»te
in Parigi, il diritto ateo del Cesare-popolo si risolve nel
1 TV* cap. II. iv.
I LIBERALI ITALIANI
despotismo della Comune, livellatrice di tutte le proprieta
a paro che di tutte le personality cittadinesche.
Premessi quest! schiarimenti, che definiscono la condi-
zione vera dei nostri liberal! e dei comunisti latent! in Italia
e trionfanti in Parigi, veniamo ai rimproveri piii osservabili,
che quelli nel loro giornalismo fanno a costoro. Non ne
troveremo uno solo che i comunisti, con ottima dialettica e
ad hominem, non possano ritorcere loro in faccia.
III.
Primo rimprovero : — La vostra rivolta contro il Governo
costituito della Francia e un fatto immorale: ripugna al bene
del paese e non e legittimata da verun principle di diritto
pubblico.
Risposta: — A voi non e lecito parlar di morale in queste
materie.Dopoilcolloquio di Plombieres, trail vostro Cavour
e il Bonaparte, quando si stabili coi principal! cospiratori
del liberalismo italiano il disegno della rivoluzione da farsi,
qual fu la base proposta dal Cavour ed ammessa da tutti
i suoi ligi? Che non si avesse alcun rigiiardo alia morale.
La rivoluzione da voi operata, contro T ordine costituito
nell1 Italia, fu dunque un perpetuo fatto immorale,v.Q\ senso
che ora lo rinfacciate a noi : eppure questo fatto cosi im-
morale e stato ed e tuttora da voi divinizzato, perche com-
pito. Lasciate che la nostra rivolta divenga ancor essa/flz^o
compito : che avrete a ridirgli contro? Saremo pari. La
teoria dei fatti compiti, surroganti il diritto storico e na-
turale, e tanto vostra quanto nostra.
Circa il bene del paese, come voi ve ne faceste giu-
dici da per voi, allorche si tratto di ricostituire I1 Italia ad
unita piemontese; cosi noi ce ne facciamo giudici da per
noi, in questo caso in cui si tratta di ricostituire la Francia
ad unita di Oomune. Quel che fu diritto per voi e diritto
per noi.
Molto meno poi vi si affa il ragionare di principii di diritto
pubblico. Quali furono per voi cotali principii, legittimanti
ED I COMUNISTI FRANCES1 263
la vostra rivoluzione italiana? Quelli che vi torn6 conto di
creare. Noi altresi abbiamo feconda la vena creativa. Voi
atterraste Fordine legittimamente costituito in Italia, a nome
della liberta e della namonalita. Noi vogliamo atterrare quello
costituito in Francia, a nome &&IV u/u>iqnza, perfeziona-
mento della liberta, e a nome delY umamtd, perno di ogni
nazionalita. Oltre di che avete proprio bel garbo, a venirci
innanzi col rispetto ai principii di diritto pubblico ! Voi per
anni parecchi, fino a che il cannone francese guardava
Roma, sosteneste sempre, che 1'invadere questa citta colla
forza e il toglierla al Papa era contrario ai principii di di-
ritto pubblico. Non appena il cannone francese fu ritirato
da Civitavecchia e rimosso il vicino pericolo che vi tor-
nasse, e voi subito invadeste colla forza quella citta, e la
toglieste al Papa. II vostro rispetto ai principii di diritto
pubblico si riduceva quindi ad un semplice timore del can-
none del Bonaparte. Tal e stato finora anche il nostro.
Subito che ci siamo visti in assetto di poter soverchiare il
cannone deH'Assemblea di Versailles, ai 18 marzo, abbiamo
smessi i riguardi ai principii di diritto pubblico; ne piu ne
meno che li smetteste voi a' 20 settembre. Lo vedete? Siamo
piu simili che due gocce d'acqua. In punto di morale e
d'osservanza del diritto pubblico, voi siete noi e noi siamo
voi .
Secondo rimprovero — Ma le offese al diritto di pro-
prieta non possono giustificarsi. Voi confiscate, voi sac-
cheggiate, voi erigete il furto in domma sociale.
Risposta — Noi seguiamo le stesse regole che voi; con
questa sola differenza, che siamo di voi piu equi. II diritto
di proprieta e stato prima offeso da voi in Italia, colla con-
fisca di tutto il patrimonio ecclesiastico, da voi fatta per
legge. II diritto di proprieta ,5 uno ed indiyisibile. Se vi
siete fatto lecito voi il derogarci verso la Chiesa, perch&
non ci faremo lecito noi il derogarci verso i particolari ?
Perche dev'essere stata santa impresa per voi T appropriar-
vi , esempligrazia, in Roma il Quirinale, palazzo del Papa,
e dev' essere per noi infame atto T esserci appropriate in
264 I LIBERALl ITALIANI
Parigi il ricco palazzetto del sig. Thiers? Forse perche il
Quirinale fu da voi preso dopo un giudizio del vostro con-
siglio di Stato? Ma anche il palazzetto del sig. Thiers fu da
noi preso dopo un decreto della nostra Comune. Noi non
ci vantiamo d1 essere apostoli solamente della liberta, come
fingetevoi: ci dichiariamo apostoli ancora &e\Vuguaglianza.
Perche si ha da differenziare il clero dagli altri cittadini?
0 il diritto di proprieta e legittimo per se, ed allora e
iniquo spogliarne il clero perche clero: o e per se illegit-
timo, ed allora e giusto spogliarne tutti aunmodo. I due
pesi e le due misure si adoperano dai frodolenti, non dagli
onesti.
II saccheggio e, come dicono, questione di forma. Tra un
agente del fisco che entra, con sei o sette birri, in un
convento o in una canonica, per dire ai frati o ai preti: /
rostri leni sono del demam'o ; ne prendo posses so : e un
gruppo di nostre guardie nazionali che entrano in una casa
e dicono ai padroni: Veniamo a pigliarci qiiello die ci ac-
comoda; il divario e ben poca cosa: tutto si riduce alia
formalita di un brauo di carta. Secondo il diritto antico ,
sarebbero furti ambedue: ma non secondo il nostro nuovo.
Se voi ci rampognate di erigere il furto in doinma sociale,
noi vi rimandiamo la palla: e sfidiamo chi che sia a senten-
ziare, che lo erigiamo noi e non lo avete prima eretto voi.
Potrernmo anche toccare il soggetto delle tasse cosi
enormi, che voi imponete ai cittadini, vostri dilettissimi sud-
diti, ed esaminare se sieno o non sieno pur queste un vero
saccheggio, un latrocinio legale, che viola il diritto di pro-
prieta , a ctii fate mostra d1 inchinarvi . Ma non ci piace
guardarla tanto per le sottili con voi. In conclusione siete
nostri fratelli piu che non vorreste parere.
Terzo rimprovero: — Voi siete una minoranza che vi
sovrapponete alia nazione colla forza, e con forza in parte
straniera; giacche la vostra Comune e spalleggiata da un-a
accozzaglia di gente d'ogni paese.
Risposta — E voi forseche, quando faceste la rivolu-
zione vostra d1 Italia, eravate altro che una minoranza? E
ED I COMUNISTI FRAKCESI 265
forseche, dopo undici anni di dominazione, siete divenuti
la pluralita dell' Italia ? II vostro Jacini non ha dimostrato
sino all' evidenza, che tra voi, menomo numero, i quali pur
siete T Italia legate, e la nazione quasi tutta, che e T Italia
reale, corre un abisso di idee, di affetti, d'interessi e di
aspirazioni? E nondimeno vi e mai sorto nel cervello di
ritirarvi in massa, per non durare ad essere una minoranza
sovrappostasi alia nazione? Tutto cio non ostante guai anzi
a chi non riconosce tremebondo, al vostro cospetto, che voi
siete il Governo nationals ! Oggimai voi e noi siamo con-
sumati maestri di rivoluzioni; e troppo bene sappiamo che
queste non si fanno mai dalle pluralita, ma dai partiti,cioe
dalle minoranze, e in vantaggio dei partiti, eioe delle mi-
noranze. II nome del popolo e della nazione s'invoca per
palliativo. 0, stiamo a vedere che abbisognate proprio d'im-
parare da noi queste cose elementari!
Se mettiamo a riscontro noi della Comune di Parigi colla
vostra Camera dei deputati, sapete che ne uscira? Ne uscira
che la nostra Comune rappresenta una minoranza assai piu
considerable della citta di Parigi, che quella dell' intera
Italia, rappresentata dai vostri legislated. Di fatto la sta-
tistica delle ultime vostre elezioni ci da 508 deputati, no-
minati da soli 152,400 elettori: appunto 300 voti per depu-
tato. II che, sopra una popolazione di almeno 25 milioni ,
mostra che, per ogni 100 Italiani, 6 unicamente sono rap-
presentati nella Camera: cioe dire che voi, in quanto partito,
state alia nazione, come 6 sta a 100. Che mintitezza mi-
croscopica ! In quella vece gli elettori dei 92 membri
della nostra Comune, nella sola citta di Parigi, passarono
i 180,000.. Onde ognuno dei nostri delegati, o bene o male,
rappresenta non meno di 1945 Parigini ; vale a dire, di
ogni 1000 Parigini ne rappresenta 111 ; un quasi venti
volte piu.degl' Italiani , che i vostri deputati rappresentano
nella Camera di Firenze. Or, dopo ci6, come ardite voi , o
atoini della massa nazionale d' Italia, deridere noi molecole
della massa civile di Parigi ?
266 I LIBERALI ITALIANI
Osate ancora rinfacciarci la forza di cui ci vagliamo ,
per far predominare la Comune; e, quel che e peggio, la
forza straniera. Ma di grazia, la vostra rivoluzione si e per
avventura incominciata e si e compiuta colle carezze? Per
prendervi le Umbrie e le Marche, non entraste voi in quelle
provincie con 60,000 uomini; e non v'impadroniste diPesaro,
di Perugia e d'Ancona a furia di cannonate e delle bombe
della vostra flotta? E per prendervi il regno delle Due Si-
cilie, non inviaste prima il Garibaldi co' suoi mille a Mar-
sala; e quindi non gli teneste dietro col grosso esercito
che avea conquistato le Umbrie e le Marche; e non as-
sediaste per lungo tempo Gaeta, ultimo rifugio dell' abban-
donato e tradito Francesco II? E ultimamente siete forse
entrati in Roma per via d'amore? Non cingeste la citta
con 50,000 soldati e non ne sforzaste 1'ingresso con 2,000
belle bombe, tutte avvampanti di fuoco amoroso pei Ro-
mani, che intanto pregavano Dio di fare scendere fra le
truppe vostre Tangelo di Sennecaribbo?
E non pertanto queste vostre belle prodezze sarebbero
state sogni, se innanzi non fossero calati in Italia 200,000
Francesi, a rendervi possibile la rivoluzione; e se poscia i
Prussiani non avessero conquistato per voi a Sadowa quel
Quadrilatero e quella Venezia, che davvero non conquistaste
co1 vostri allori di Custozza e di Lissa. E poi avete fronte di
cacciarci in volto gli stranieri, che combattono con noi e
per noi in Parigi !
Ma voi, senza lo straniero , che sareste voi dunque? Lo
straniero vi ha fatti regno d' Italia; e lo straniero vi ha
conservati. Se il Bonaparte non vi avesse sempre assistiti
colle forze della Francia, promulgando e mantenendo il
non-intervento in favor vostro ; che sarebbe stato di voi ,
anche dopo le non vostre vittorie di Magenta e di Solferino?
Ed ora che vi sentite mancare il puntello di questo vostro
creatore e conservatore, e vedete di essere ricaduti in balia
di voi medesimi , non tremate forse da capo a piedi, e non
v1 industriate di strisciarvi ai piedi del Prussiano , affinche
si degni pigliarvi in protezione? Oh tacete,per vita vostra,
ED I COMUN1STI FRANCES! 267
ne vi salti mai piu il ticchio di rimproverare ad altri il
soccorso che possa ricevere da forze straniere ! Noi non
conosciamo in tutta la storia un Governo, che debba tanto
agli stranieri ed abbisogni tanto degli stranieri, per sus-
sistere, come il vostro.
Similmente vergognatevi di vilipendere, come accoz-
zaglia di gente d'ogni paese, gli ausiliarii esterni della
nostra Comune. Voi li avete invocati, assoldati e glorificati
prima di noi. Sono tutti di quella generazione medesima
di cui eran formate le legioni straniere , che arrolaste voi,
per assodare i vostri acquisti nel regno di Napoli. Sono di
quegli American! , di quei Polacchi , di quegli Ungheri ,
che servirono voi e la vostra bandiera in compagnia dei
garibaldeschi, a cui pur dovete quasi la meta del vostro
essere. Ah , questi bravi dunque erano cime d' eroi , allor-
che militavano sotto il vostro vessillo contro gl' Italiani di
Francesco II, i quali accoglievano la vostra liberta a colpi di
fucile; e sono un' accozzaglia di gente, ora che militano
sotto il vessillo nostro, e fanno a fucilate contro i Francesi
delFAssemblea di Versailles! Siete proprio incoiTeggibili !
Sempre due pesi e due misure!
Quarto rimprovero: — Col sangue, col terrore e colle
violenze avete disonorata la causa della liberta.
Risposta: — Sia vero. Non Tavremo mai disonorata
quanto Voi. I piu di noi hanno deplorate le fucilazioni ar-
bitrarie dei primi giorni della riscossa. Ma senza cio, che
sono le nostre, appetto delle vostre fucilazioni in Italia ?
Appena posaste il piede in Perugia, non cominciaste col
fucilare un povero prete , riconosciuto innocente dopo che
fu assassinate? II vostro generale di Sonnaz pu6 dirvene
qualche cosa. Gli otto o diecimila fucilati da voi nel napo-
litano, senza riguardo ad eta ed a sesso e rei in generale
solamente di non parteggiare per voi, indicano forse il
carattere mite e soave della vostra rivoluzione? Per questo
capo voi siete finora stati piu violenti di noi . II terrore lo
avete incusso , quando vi mettea* conto , piu di noi e me-
glio. Voi, signori, sapete alFoccasione essere terroristi e
268 1 LIBERAL! ITALIANI
socialist! quanto noi e piu di noi . I nostri piu fieri comu-
nisti non hanno che insegnare ai vostri Cialdini , ai vostri
Pinelli, ai vostri Fumel e via via. Noi non abbiamo ancora
arse borgate e citta, per vendetta, comele avete arse voi
nel regno di Napoli. II sangue e le mine di Pontelandolfo
e di Casalduni non gravano le coscienze di noi comunisti ,
siccome gravano quelle di voi, liberali dalle parole melate.
Noi non abbiamo per anco pubblicato Taforismo cbe la pieta
e nn delitto , come lo bandi il feroce vostro proconsole Pi-
nelli , alle truppe regie che comandava.
Siamo stati severi e violenti coi nostri nemici; si, certo.
Abbiamo deposti ufficiali militari e civili , abbiamo arrestati
sospetti, abbiamo aboliti giornali. Ma in questo abbiamo
seguito il vostro esempio . Voi ci avete addiinostrato come
debba procedere un Governo, che colla forza s'insedia al
potere, per mantenervisi . L1 Italia e piena di ufficiali mili-
tari e civili da voi destituiti , quando vi insignoriste degli
Stati, cui quelli servivano. Sono morti e muoiono di fame
sotto i vostri occhi, e voi ben lungi dal compiangerli , ne
g-odete in cuor vostro. Uno sguardo a Roma. Che avete
fat to dei Romani che erano agli stipendii del Papa loro Re?
Li avete gittati sul lastrico tutti. E codeste sono le dol-
cezze con cui avete inzuccherati ai sudditi di Pio IX i pd-
mordii della vostra dominazione. Noi comunisti di .Parigi
avremmo forse fatto meno : per fermo non avremmo fatto piu.
Abbiamo ancora arrestato i sospetti ; e vero . Ma in
ci6 altresi abbiamo seguito i vostri esempii . Quando sccppio
la guerra tra voi e V Austria, non ricordate piu una certa
vostra legge , restata nella memoria degl' Italian! col nome
di legge crispma? Questa legge colpiva appunto i sospetti,
soloperche sospetti, e li confinava nelle prigioni dello Stato,
o nei vostri celebri domicilii coatti. La faceste per paura e
Tosservaste con rigore. Ancora noi, in questi giorni per
noi di pericoli , siamo ricorsi allo spediente medesimo .
Sara illecito a noi quello che fu lecitissimo a voi? A voi
parve cosa naturalissima carcerare in diversi anni frati ,
preti, vescovi e cardinali; e sara per noi un delitto Tavervi
ED I COMUNISTI FRANCESI
imitati? E notate, che noi non siamo giunti a spopolare
interi villaggi, per deportarne gli abitanti nelT insalubre
Sardegna, come faceste voi nel napolitano, per iscemarvi
la noia di tener d' occliio i briganti e i loro rnanutengoli .
Noi comunisti in somma siamo per anco piu umani di voi
liberali. Una legge Pica non e ancora uscita dalF aula della
Comune.
Abbiamo inoltre fatti tacere i giornali che ci davano
uggia. Era nostro diritto. Voi, dovunque siete entrati a
prender possesso colle baionette delle citta d1 Italia, avete
fatto il medesimo. Subito che vi foste accampati in Roma,
imponeste silenzio ai giornali devoti al Papa, e stabiliste
una vostra censura per la stampa. A queste bassezze non
siamo discesi noi. Altrove soldaste bande di mascalzoni, che
andassero ad assalire le tipografie, ove si stampavano i
giornali a voi esosi. Noi queste codardie le lasciamo a voi.
Decretiamo e ci basta. La guerra alia liberta che non e la
nostra, noi la facciamo a viso scoperto. II farla con ipocrisie
vigliacche e privilegio vostro. I comunisti di Parigi non ve
Tinvidiano.
Or ecco il perche la causa della liberta eornincia ad
essere cosi disonorata in Europa: perche voi e i vostri si-
mili T avete insozzata con un cumolo di ipocrisie brtittis-
sime. Voi pretendete che noi abbiamo assai di marcio. Si
conceda . Ne abbiamo forse tanto quanto voi , non piu : ma
abbiamo eziandio qualche cosa di sano , e piu "di voi . Noi
inostriamo a tutti e da per tutto quel che siamo ; il marcio
ed il sano. Voi invece occultate il molto marcio ed imbel-
lettate il poco sano , per farvi credere diversi da noi e mi-
gliori di noi. II mondo, che sente il vostro marcio attraverso
le apparenze della vostra sanita, vi piglia in fastidio e
conclude che la liberta, quale si presenta da voi ai popoli,
non e che un sepolcro imbiancato ; cioe il vostro ritratto.
Noi a rincontro non inganniamo nessuno : mostriamo la
liberta nostra qual e, col suo marcio e col suo sano . Chi
Taggradisce Taccetta, chi la disaggradisce la rifiuta. Ma
nessuno pu6 tacciarla di sepolcro imbiancato. Questo di-
$70 I LIBERALI 1TALIANI
sonore alia causa della liberta lo avete procurato voi . La
vostra ipocrisia, e non la franchezza nostra, I1 ha screditata.
Ma c' e di piu. Noi abbiamo in Italia un buon numero
di consorti; e sono i vostri famosi irregolari ; quelle bande
garibaldesche, che vi hanno resi tanti e cosi insigni ser-
vigi, per farvi diventare quello che siete. Allorche li ado-
peraste nel 1860 per conquistare la Sicilia, e nel 1867 per
provare il conquisto di Roma, onorarono essi o disonorarono
la causa della liberta? Se T onorarono, dunque T onoriamo
noi pure; stanteche noi sottosopra ci diportiamo in Parigi,
com1 essi diportaronsi nella Sicilia e nelP agro romano. Se
la disonorarono, dunque voi siete T onta e T ignominia di
questa causa ; giacche essi operarono per conto vostro ,
mossi da voi, stipendiati da voi, armati da voi, sorretti in
ogni cosa da voi. Sarebbe bella davvero che lo spargere
sangue , T ingerir terrore e T usare violenze divenissero
atti di virtu celeste, quando sono per interesse vostro, e
.rimanessero un1 abbominazione, quando sono per interesse
altruL I saccheggi, gli assassinamenti e i ladronecci per-
petrati in Roma dalle masnade maschili e femminili , che
v1 entrarono il 20 settembre 1870 dietro le vostre milizie,
che furono? Opere sante o delitti ? Se delitti, voi ne siete
i rei, perche voi in pro vostro introduceste nella citta dei
Papi quel fiore di nostri confratelli e di nostre consorelie.
£e opere sante , cessate alia buon'ora di fare carico a noi
delle simiglianti che adempiamo in Parigi. Voi , signori
eccellentissimi, intendereste che fossimo sempre la zampa
del gatto, per trarre dal fuoco i marroni che fanno gola a
voi. Ma questi fanno gola a noi pure. Un po'per uno. Finora
abbiamo onorata la causa della liberta, facilitandovi ilnian-
giare a due palmenti. Giusto 5 che onoriamo la inedesima
causa, pensando un tratto anche all' epa nostra.
Quinto rimprovero : — Voi mancate di amor patrio e
sospingete la Francia in una voragine. Delia vostra incom-
parabile Francia fate lo scandalo dell'Europa.
Risposta : — Oh si , voi siete proprio al caso di dare a
noi lezioni di amor patrio ! Voi, liberali delle varie region!
ED I COMUNISTI FRANCESI
271
d' Italia, non avete sacrificate le patrie vostre, sulPaltare
deH'unita piemontese, per fondare il vostro glorioso Regno?
II preferire le grandezze, i codici, le istituzioni, le tradizioni
e le autonomie dei singoli Stati alle cose ed al regime
del paese meno italiano che fosse in Italia, non fa da voi
imputato a crimine di lesa nazionalita ? Per fare la vostra
Italia vi metteste il vero amor patrio , che beffavate di
amor di campanile, sotto le calcagne. Ed ora vi accingete
ad insegnare a noi 1' amor della patria ?
Vi scuserete con dire che , da quei grandi cuori che
siete, dilataste Famore e lo stendeste alia intera nazione.
Noi, che vi conosciamo, potremmo ben definirvi quello che
si asconde sotto la parola nazione. I clericali , che vi co-
noscono sotto il pelo quanto noi, sostengono che per voi la
nazione non e altro che la greppia; onde del vostro amor
patrio un cotale poetava:
Che tutto si riduce, a parer rnio,
A dir: esci di qua, ci vo'star io.
Ma lasciamola li sulle undici once e prendiamo per buona,
la vostra scusa. Noi in quel cambio vi replicheremo, che
abbiatno il cuore piu largo del vostro ; e che se voi immo-
laste le vostre patrie al bene della nazione, noi amiamo di
immolare la nostra al bene felVumanita, madre e centro di
tutte le nazioni. Liberi foste voi di consumare il facile vostro
sacrifizio: dunque liberi dobbiamo essere anche noi di con-
sumare il nostro, assai. piu difficile del vostro. Giacche noi
siamo soli , e con iscarsi aiuti a farlo : dovech& voi aveste
i 200,000 Francesi del Bonaparte, che col loro sangue lo
fecero quasi tutto per voi. Ah, signori liberali del regno
d1 Italia, voi siete i piu fortunati martiri politici, che il vostro
bel sole vedesse mail Avete trovato chidiede il sangue per
voi, chi pag6 le spese per voi, e in ultimo chi vi coron6
dell1 aureola che vi stilla in bocca, da undici anni, una fonte
inesauribile di dolcezze paradisiache. In questo beatissimo
stato e agevol cosa cantare inni all1 amor di patria. Ma cosi
fatte fortune non son piovute in capo ai comunisti di ParigL
272 I L1BERALI JTAUANI
Essi al bene delP umanita , come T intendono , offrono 11
sangue, offrono la vita e finora non ricevono in contrac-
cambio dai liberali che il marchio degli scellerati. Che dif-
ferenza di stato fra voi e noi, eh ? Eppure siamo fratelli !
Le voragini poi sono spauracchi relativi. I veri conser-
vator! di tutto Torbe asseriscono e provano, che voi avete
bell' e inabissata I1 Italia in una voragine senza fondo. Voi
per contro asserite e provate, che T avete sublimata a un
grado di prosperita senza esempio. Tutto sta in ben capirsi.
L' Italia vera, ossia la reale, come si esprimerebbe il vostro
Jacini , e effettivamente nell1 abisso. L' Italia vostra, ossia
la legate, secondo il predetto Jacini, e in un Eden di delizie.
Voi godete i pingui salarii, voi i primi onori, voi le croci
che vi costellano il petto, voi i lucri piu grassi, voi i mo-
nopolii, voi le regie, voi le banche, voi i nuovi palazzi, voi
gl' insperati patrimonii: com1 e possibile dubitare che T I-
talia vostra posi felice sulFale della fortuna? Alia fin dei
conti non avete sempre detto e ridetto che I1 Italia siete
voi? Purch& non saliamo al potere noi, per profanare i tempi!
del vostro dio quattrino, cioe le vostre horse ; e non entrino
le baionette straniere a levarvi di posto, chi piu prosperosi
di voi, ossia dell1 Italia vostra f
Cosi pensiamo debba essere anche della nostra patria .
Sia pure che sospingiamo la Francia dei legittimisti, degli
orleanisti e dei clericali in una voragine. Che importa a
noi? Purche, pel bene delFumanita, possiamo aver tra le
mani le redini del paese e il pubblico erario, come lo avete
voi pel bene della vostra Italia, noi saremo contenti a guisa
di voi; e lasceremo che voi piangiate la Francia nella vo-
ragine, per colpa nostra, come voi lasciate che altri pianga
I1 Italia nell1 abisso, per colpa vostra. Volta e gira, vedete
che tra noi e voi la partita torna sempre pari. E non pu6
essere altrimenti. Siamo fratelli !
Di quale Europa temete voi che facciamo divenire scan-
dalo la Francia ? Delia vostra ? Ce ne ridiamo. Di quella dei
clericali? Non ce ne curiamo punto. Ecco anni undici che
ED I COMUNISTI FRANCESI 273
dell' Italia vostra avete fatto lo scandalo del mondo cristia-
no. Non v' ha contrada o parlamento o riunione popolare ,
nei due emisferi, in cui non sia stata carica di obbrobrii.
L' hanno intitolata una ladronaia, un nido d'infamie, un ol-
traggio al genere umano, un'officina di tradimenti, una pe-
renne e viventebestemmia contro Dio. E voi, signori liberal!,
ne avete niai perduto 1' appetite ? II medesimo accade di noi,
Votateci pure in testa il dizionario dei vituperii e metteteci
pure al bando della vostra civilta: faremo come voi. Con-
serveremo vivace Tappetito pelbene dell' umanita, che ha
molto phi bisogno di noi , per progredire , di quello cho
abbia T Italia di voi , per tenersi in piedi.
IV.
Qui poniamo termine a codesto dialogismo ad hominem,
tra i nostri liberali moderati e i comunisti parigini. Po-
tremmo prolungarlo a bel diletto. Ma non sarebbe che un
crescere luce soverchia all1 evidenza della indubitabile ve-
rita, che i liberali non possono riprendere in nulla i comu-
nisti, senza contraddire ai principii ed ai fatti lor proprii, e
senza sentirsi rimbeccare amaramente le loro madornali
contraddizioni.
Resta quindi chiarito che tutto il grandissimo zelo di
questi signori , nei present! giorni , contro il socialismo
delirante in Parigi, e zelo acceso, non da convincimento,
ma da interesse e alimentato , non da vero affetto alia
giustizia, ma da paura. E uno zelo ridicolo , ridicolissimo
in loro ; poiche tutto si restringe in maledire le conse-
guenze dialettiche delle premesse, che eglino professano
verbo, corde et opere ; ed in negare ai loro fratelli quei di-
ritti, il cui uso ed abuso vorrebbero limitato per privilegio
a se soli. E una nuova dimostrazione di quell' apotemma ,
che il vero liberale si arroga la liberta per s5 e pretende
la servitu a s& degli altri. Ma intanto il fatto &, che i casi
di Parigi hanno prodotta in Italia questa bizzarra manife-
Serie VIII. voi 77, fasc. 501. 18 22 aprile 1871.
274 1 LIBERALI ITALIATU
stazione di zelo liberalesco contro i principii sovversim,
non gia del buon diritto, ma della mangiatoia; e che, per
amore di quest1 idolo, i liberal! hanno pigliato in prestito
la lingua , lo stile ed anche un po' di sani principii dai
clericali; tanto che persino i giudei dell' Opinions (risum
teneatis amici?) si sono improvvisati predicatori della mano
di Dio.
— Ma dunque, ci si domandera, e giustificato questo
terrore dei liberali gaudenti, che anche nelF Italia possa
con probability avvenire quello che in Parigi ?
Non sapremmo che rispondere con buon fondamento.
Certo lo sgomento di tutti questi signori, dalle alte sfere
alle ime, sembra accennare aqualche probabilita dipericolo;
giacche chi meglio di loro conosce i polli domestic! del
regno d' Italia ? E chi piu di loro sa il molto che si e fatto,
per corrompere sino al midollo dell'animo le plebi italiane?
E a cui meglio che a loro e nota la indifferenza universale
per essi, e Tabbominio in cui si ha dalle popolazioni il loro
paterno reggimento?
Tuttavia noi incliniamo a credere rimoto questo peri-
colo. L' Italia, per grazia di Dio, non ostante T opera cor-
rompitrice del liberalismo e delle sette in questi anni di
rivoluzione, si e mantenuta quasi miracolosamente piu cat-
tolica che non fosse dato sperarlo. I contadi sono ancora
intimamente religiosi : nelle citta , una porzione grande-
mente notabile della plebe si serba fedele a Gesu Cristo.
Del che e testiinonianza 1'aumento di fede e di pieta che
hanno risvegliato in tutti i nostri popoli d' Italia i fatti di
Roma, bugiardamente compiti dall'ipocrita nostro liberali-
smo, appunto sotto pretesto di appagare le aspirazioni na-
zionali. Inoltre T Italia non ha citta ove sieno agglomerati
a migliaia ed a migliaia meccanici, come ha la Francia,
Queste due condizioni particolari della nostra Penisola
sembrano rendervi per ora alquanto difficile un attentato
socialistico, simile al francese.
Si aggiunga che T esercito, benche ritragga, rispetto al
Governo , deirindifferenza generale e del resto che anima
ED I COMUNISTI FRANCES! 275
il paese ; nulladimeno , trattandosi di custodire 1' ordine
pubblico e di tutelare i beni ed il riposo delle famiglie, e
da ritenersi che non si lasci disarmare facilmente dalla
piazza: tanto piu che, se non altro, Tinteresse lega i suoi
cap! al Governo che li paga. Ne il garibaldismo militante,
in cui il socialismo troverebbe unicamente T appoggio ne-
cessario, sarebbe forza da impensierire le truppe, sia pel
numero, sia pel rimanente che e notorio ad ognuno.
Per queste cagioni. noi propendiamo ad opinare che ,
per ora , uno scoppio del socialismo o non sia verisimile
neir Italia o, se fosse , non abbia probabilita di buon esito.
Ma le cose urnane sono sempre incertissime, e noi vi-
viamo in tempi ne'quali cio che parrebbe impossibile diventa
fatto. E le apprensioni oggidi sono tanto piu ragionevoli ,
quanto piu vediamo dal nostro liberalismo provocarsi 1' ira
di Dio in modi, che toccano Teccesso estremo. Dopo quel
che si e fatto e si fa in Roma e di Roma, un secreto pre-
sentimento di grossi guai stringe il cuore, non meno dei li-
beral! che dei buoni cattolici. Tutti temono e tremano, senza
sapere per appunto di che : e piu si mostrano tremebondi i
liberal! che i cattolici; e ne hanno ben onde. II guizzo del
flagello di Dio si vede come per T aria. Non vi ha chi non lo
reputi imminente; e piu forte lo presagisce nell'anima, chi
piu affetta di non crederlo colla bocca.
Quale sara codesto flagello, che tutti aspettiamo e tutti
riconosciamo debitissimo a! delitti ond' e macchiata questa
povera Italia ? Potrebb' essere un passeggero trionfo del
socialismo, che rendesse al liberalismo il pane, per la fo-
caccia fatta da lui ingoiare ai cattolici . PotrebV essere
qualche altra cosa. Noi non siamo ne profeti ne figliuoli di
profeti: ma ci vien detto, una profezia asserire che il prossi-
mo flagello sara intelligent^; e purghera T Italia dal loglio,
con poco detrimento del buon grano. Ci pensino un po'co-
loro che sentono d'essere, innanzi a Dio, piu della natura
del loglio , che del grano.
RICHIAMI DELLA NAZIONE
CONTRO L' INVITO
ALLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE
Fra i giornali liberaleschi, che credettero occuparsi di
noi nel ripigliar che facemmo qui in Firenze le pubblica-
zioni della Civilta Cattolica, fu de'primi la Nazione. Essa
cogliea cagione da una nostra frase per accusarci di con-
traddizione, siccome quelli che dalPuna parte combatte-
vamo la liberta, adoperando tutte le nostre forze per di-
struggerla , e dall' altra eravamo costretti invocarla ed
appoggiarci in essa, scegliendo Firenze come luogo piii
opportune a noi, appunto pel^/$ largo uso di liberta che
vi avremmo trovato. I diarii cattolici , innanzi che tornasse
la voltadel nostro quaderno, si diedero fretta di rispondere
allaridicola obiezione, e fra essi segnatamente il Conservative
di Firenze, che lo fece da pari suo, cioe egregiamente, con
apposito articolo . Rispondemmo anche noi quando fu il
tempo; e credevamo che la Nazione fosse giunta finalmente
a capire il senso, per se troppo facile e chiaro di quella frase.
Ma quello che non si vuole, difficilmente s'intende. La No-
zione supponendo inconcusse le sofistiche illazioni, dedotte
da lei dal largo uso di liberta in Firenze, di cui dicevanio
che faremino il nostro pro , ritorna alia carica , parte per
ribadire e parte per ampliare quelle sue conseguenze ,
fondandosi sopra cio che abbiamo scritto nel penultimo
RICHIAMI BELLA NAZIONE CONTRO L' INVITO ECC. 277
quaderno intorno alia necessita delle associazioni caltoliche.
Essa lo fa la prima volta con un articolo di fondo nel n.
94 del 4 aprile; e quasi cio fosse poco, vi torna sopra con
un secondo, anch1 esso di fondo, in quello del 7. Raccogliere
con formole esatte la sostanza di ci6 che dice, non e opera
tanto facile; giacche la cosa che maggiormente si fa desi-
derare nelle diatribe de'giornali liberali, massime quando
sono ispirati dalla rabbia insieme e dal timore, e il filo
del discorso e la limpidezza de' concetti. Noi camminando
sulle sue tracce, benche scompigliate , raccoglieremo in
alcuni capi i suoi appunti e richiami, riportandoli, quanto
sara possibile, colle sue stesse parole, e rispondendo ad
ognuno separatamente . Se questo metodo puo sembrare
meno artifizioso, e ci6 non ostante piu chiaro; e appunto
per questo lo preferiamo.
1° Appunto-: inutilita de'mem progosti dalla Civilta Cat-
tolica colle associazioni.
La prima cosa che la Nazione trova da opporre contro
T appello della Civilta Cattolica alle associazioni , e la
inutilita di quosto mezzo di resistenza alia Rivoluzione o al
Governo, che essa suggerisce. La Chiesa cattolica, dice la
Nazione, per se stessa e una grande e universale associa-
zione di perfettissimo organismo, nel quale tutte le parti
sono armonizzate ad operare con mirabile rispondenza fra
loro e con un centro comune ; e cosi per T appunto hanno
operate sinora. Con tutto cio non ha potuto frastornare il
predominio dei moderni principii , i quali hanno sottratta
alia sua influenza la maggior parte dell' Europa . Come
dunque la Civilta Cattolica, con mezzi del medesimo genere,
ma di molto .minor efficacia, potrebbe sperare d' impedire
lo svolgimento di questi stessi principii nel lor massimo
trionfo ? A questo argomento ci pare almeno che riesca la
prima domanda che essa ci move , e noi recheremo colle
sue stesse parole :
278 RICHIAMI DELLA NAZ10NE
« Vorremmo domandare, ella dice, alia Civilta Cattolica:
ma questa associazione generale, a cui oggi esortate cosi
vivamente gli uomini religiosi, non esiste gia, non ha esi-
stito per lunghi secoli? Che cosa e dunque, che cosa era
la Chiesa cattolica apostolica romana, se non Tassociazione
generale di tutti i credent! 7 Che cosa mancava alia solidita,
al vigore, alia potenza del suo organismo? Aveva un capo
venerato da tutti, la cui parola era oracolo, legge la vo-
lonta; ubbidivano al suo cenno ministri maggiori e minori
che penetravano sino agli ultimi gruppi della compagine
sociale, e avevano in pugno le coscienze cosi dei grandi
come degF imi ; essa raccoglieva tributi da tutta la terra,
e possedeva la piu gran parte del territorio europeo per
poco che fosse aperto a qualche cultura; i re combattevano
per lei e si facevano esecutori delle sentenze da lei pro-
nunciate; i dogmi e i precetti di lei erano predicati auto-
revolmente ai quattro venti da un esercito di migliaia e
migliaia di frati piegati dalla piu ferrea e dalla piu osser-
vata delle discipline. Per comprimere le passioni piu fervide
suscitate nelFuomo civile a nome della indipendenza delle
azioni e del pensiero , aveva la rigidita del dogma e la
tortura di Galileo; per mantenere intero Tuomo morale
tentato dalla liberta di coscienza, aveva Tlnquisizione. Si
immagina la Civilta Cattolica un' associazione generale piu
formidabile di questa? Ebbene: la Civilta Cattolica ne con-
templi ifrutti: spezzata F unita della fede; piu di tre quarti
delFEuropa ribelli all' oracolo di Roma, testimonio e prova
colla loro grandezza e colla loro prosperita, che la eman-
cipazione del laicato, la liberta del pensiero, la liberta di
coscienza, la liberta insomma, sono i piu potenti fattori
della civilta delle nazioni ». (n. del 4 aprile).
Prima di rispondere direttamente a questa domanda,
La Nazione permettera anche a noi di fargliene un'altra,
colla giunta di una semplice osservazione. La interroghe-
remo noi dunque alia nostra volta : Siete voi veramente
persuasa che tutti gli sforzi , che possano fare i cattolici
CONTRO L' INVITO ALLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE 279
colle legali associazioni , alle quali gl' in vita la Civilta,
non possano riuscire a nessun valevole effetto quanto ad
impedire i progress! della Rivoluzione , o come voi dite,
dello Stato? Ma se 5 cosi, perche dunque impensierirvene
tanto? Perche gittare il grido d'allarme con due articoli
furiosi entro il campo liberale ? Non vi parrebbe per lo meno
ridicolo chi prendesse sul serio i tentativi di un branco di
fanciulli, i quali si argomentassero di sbalzare una roccia
e precipitarla nel mare ?
Se non che la Nazione non ha posto mente, che, per
iscoraggiare i cattolici con questo suo primo appunto, veniva
a distruggere ogni fondamento agli altri che fara seguire.
Essa dice che la Chiesa cattolica e una grande , universale
e perfettissima associazione. Bene sta, se la Naaione si con-
tenta di ridurre a giusta misura i mezzi, usati una volta,
della Inquisizione, e di scartare del tutto le tragiche nenie,
mille volte confutate, della tortura fatta patire a Galileo.
Tolte queste accuse ed esagerazioni, la Naiione dice vero.
Non e esistita , n& pu6 esistere un1 associazione cosi ben
compatta e disciplinata nel suo tutto e nelle sue parti, com' e
la Chiesa cattolica. Donde conseguita, e la stessa Nazione
lo fa intendere, che non pu6 nel suo seno formarsi nessuna
payticolare associazione, consentanea allo spirito di lei, che
non sia un atteggiamento rispettivo e un1 applicazione de-
terminata di quella grande e universale associazione che e
essa stessa. Posto ci6, in qualunque maniera i cattolici si
adunino, non offendendo dall1 un canto nessuna legge dello
Stato, e dall'altro pigliando la norma dallo spirito della
Chiesa e conformandosi alle sue istituzioni, essi altro non
faranno, che riprodurre una forma particolare, mettere in
moto una parte, un lato speciale, di tutto T organismo cat-
tolico. Come poi con questa confessione la Nazione si tolga
ogni fondamento ai suoi richiami, lo vedremo fra poco. Per
ora rispondiamo direttamente alia sostanza deirargomento.
La Nazione dunque mena trionfo della vittoria, che, a
suo modo di pensare, lo spirito del secolo ha fiportato sopra
280 R1CH1AMI BELLA NAZIONE
la Chiesa; e dalla somma efficacia de'mezzi, posseduti da
lei per mantenersi in essere, non ostante i quali fu supera-
ta, argomenta 1' efficacia e il valore della nuova civilta che
e prevaluta nelle parti piii colte dell' Europa.
Ma ci dica la Nazione: essa che ha descritto si bene,
avvegnache con tratti generali, 1' organismo della Chiesa,
crede per ventura che sia cessato di esistere inquanto
tale , o almeno che sia stata colpita di piaga mortale in qual-
che parte piii vitale di questo suo organismo? No : essa dice
espressamente che la Chiesa cattolica, la quale non e se non
V associations generate di tutti i credenti, appunto come tal-e
associazione, esiste gia, come ha esistito per lunghi secoli. Or
come mai una istituzione di cosi compatta unita,di forma cosi
perfetta, e di tanto ammirabile disciplina , la quale dopo
diciannove secoli circa perdura tuttavia ne'suoi costitutivi
essenziali, cosi appunto come fu ordinata dal suo fondatore,
e nelle parti secondarie si e venuta sempre perfezionando
in quanto societa ; come mai, ripetiamo, una istituzione
cosi fatta puo dirsi vinta e soverchiata? — Ma il secolo la
combatte, la combatte vivamente, e con mezzi potentissimi,
quali ora gli vengono da'Governi, piu o meno apertamente a
lei ostili. — E che? Non ha letto dunque la Nazione nessuna
storia della Chiesa? Non sa che e nata in mezzo alle cqn-
traddizioni, che e cresciuta fra le battaglie, e che frutto
per T appunto de' suoi combattimenti e stato 1'impero, gua-
dagnato da lei su tutto il mondo? — Ma questo impero e
proprio quello che ora le sfugge. I Governi non obbedi-
scono piu alle sue leggi, la liberta del pensiero e della co-
scienza guadagnano ogni di terreno in mezzo ai popoli suoi
sudditi, e ben tre quarte parti dell' Europa da gran tempo
si son del tutto sottratte alia sua dominazione.
— Di grazia non confonda la Nazione due cose fra se
diversissime, T azione diciam cosi intrinseca della Chiesa, e
F effetto estrinseco. Ci6 che ad essa essenzialmente com-
pete e F organismo di tale societa , secondo il quale fu
costituita dal suo divino fondatore. A quest' organismo non
CONTRO L' 1NV1TO ALLE ASSOCIAZIOPU CATTOLICHE 281
pu6 mancare 1' atto suo proprio, siccome all' organismo ani-
male, finche rimane nella sua naturale interezza. Ben per6
pu6 mancare, ne' casi particolari, o sia 1' obbietto esterno a
quest' atto, inquanto si sottragga alia sua influenza, o sia
T effetto del medesimo, inquanto da cause esteriori venga
frastornato. Alia Chiesa non obbediscono piu i Govern!?
Male per essi : ma da cio non consegue che la Chiesa abbia
perduto il diritto di lor comandare nelle cose die spettano
la sua giurisdizione. Ad ogni modo, se i Governi non ascol-
tano la voce della Chiesa, Tascoltano i popoli. — Ma fra i
popoli stessi si allarga la incredulita, sotto i titoli speciosi
di liberta di pensiero e di coscienza. Gravissimo danno non
v'ha dubbio. Tuttavia se la tutela, che porgono i Governi
a'rei principii di empieta e irreligione 5 a molti occasione
di prevaricare; moltissimi altri, non ostante lo scandalo, si
raffermano ognora piu nella fede ed offrono esempii sempre
piu ammirevoli di docilita e obbedienza ai legittimi pastori.
Tre quarte parti dell'Europa da gran tempo hanno ab-
bandonata la Chiesa, e colla prosperita a cui sono pervenute
in virtu di questo abbandono , mostrano alle altre nazioni
qual e la via della civilta che debban seguire, se vogliono
diventare prospere allo stesso modo. Gravissima disgrazia
anche questa, e la pessima di tutte, se fosse vero univer-
salmente, che coll'apostasia dalla Chiesa andassero con-
giunti notabili miglioramenti materiali. Con tutto ci6 se la
Chiesa ha avuta una destinazione cattolica, cioe universale;
ci6 vuol dire che tutti, e individui, e popoli e nazioni, sono
obbligati di far parte del suo corpo, se bramano ottener la
salute ; vuol dire che questo gran corpo deve spandere per
lulto il mondo le sue membra; vuol dire che nessun' altra
religione pub vantare uguale diffusione sia nello spazio, sia
nel tempo : non per questo per6 i singoli popoli e le singole
nazioni hanno ricevuta sicurta di far sempre parte della
Chiesa; ne alia Chiesa e stata fatta la promessa, che con-
serverebbe nel suo seno tutte le genti una volta acquistate.
Come se ne separano ogni di individui, cosi se ne possono
282 RICHIAHI DELLA NAZIONE
separare, e se ne sono di fatto separati popoli e nazioni
intere. Che fa dunque che una parte dell'Europa si sia
staccata da questa divina societa? Non iscorge la Nazione
i compensi soprabbondanti, che la Provvidenza le ha of-
ferto in altre regioni della terra, scoperte e convertite alia
fede, circa i medesimi tempi della quasi totale apostasia
del Settentrione dell' Europa? Non si avvede che fra que1 po-
poli medesimi, sgraziatamente staccatisi dal centre della
cattolica unita, se la fede ha perduto di estensione, ha gua-
dagnato tuttavia d'intensita; ed anzi che la stessa esten-
sione va prendendo ogni di maggiori proporzioni per le
continue conversioni, che vengono da per tutto a dila-
tare le file de'cattolici? In sostanza in questa guerra, che
la Chiesa dal primo di della sua istituzione sta sostenendo
colle potesta della terra e dell' inferno, si e sempre avve-
rato e si avvera anche adesso quello che in ogni guerra;
cioe che anche vincendo bisogna sostener delle perdite.
Solo col trionfo finale andra congiunta la certezza di non
avere a patire nessun altro detrimento.
E con cio la Nazione puo persuadersi, che non sono
inutili gli sforzi, i quali coll' opera delle associazioni pos-
sono opporre i cattolici contro i progress! della Rivoluzione.
Per quanto scarso se ne voglia immaginare 1' effetto , e
sempre un vantaggio; e nelle battaglie anche i piccoli van-
taggi si stimano assai, e non di rado sono quelli che pre-
parano la vittoria.
Ma assai piu grave e il timore, che l&Nazione si adopera
di dissimulare, sotto le apparenze del disprezzo. Concios-
siache se coteste associazioni, considerate come sono per
se, pur potrebbero qualche cosa; quanta non dee dirsi la
loro efficacia, se si riguardano come manipoli, diciam cosi,
particolari di quel tutto militante, si ben composto e di-
sciplinato , che e la Chiesa cattolica? — Ma questo tutto si
ben composto e disciplinato, soggiugne la Nazione, non ha
potuto impedire i vantaggi della Rivoluzione. Sia pure: ma
non vede ella dunque la conseguenza del tutto contraria
CONTRO L'INVITO ALLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE 283
che deriva daquesto antecedente? Perciocche in una guerra
non sarebbe buona ragione di dover lasciare le forze nel-
1' ordinamento generale, perch& essendo cosi disposto ha
patito una grave perdita: cotesta anzi sarebbe ragione per
dover riordinare con piu minuti avvedimenti e piu parti-
colari disposizioni le forze che si hanno.
2° Appunto: irragionevolewa della guerra, die intima la Ci-
vilta Cattolica alia Rivoluzione, colla proposta delle asso-
ciazioni legali.
La Nazione ci domanda in, secondo luogo, in che la
Rivoluzione o il Governo abbiano offesa la Chiesa cattolica:
ed ecco le sue parole:
« Lo Stato, la rivoluzione, com' essa (la Civilta Cattolica}
dice, sciogliendosi tra noi dai vincoli e dalla soggezione
della Chiesa, in che I1 ha offesa ? Ha soppresso , voi dite ,
gli ordini religiosi: ma non ha soppresso la liberta di as-
sociazione; ha tolto loro la persona civile, com1 era suo
diritto e suo dovere. Ha tolto Tistruzione religiosa dalle
scuole: ma ha considerate 1'istruzione religiosa come cosa
di giurisdizione paterna, e al padre di famiglia ha lasciato
di decidere se e come il figlio doveva essere religiosamente
instituito. Ha dissacrato il matrimonio: ma non ha soppresso
ne impedito il matrimonio religioso; solo ha voluto che
deDa unione dei coniugi per gli effetti civili facesse testi-
monianza un atto civile. » (num. cit.).
. Da questi e da somiglianti concetti , piu largamente
ancora esposti nell'altro articolo del numero del 7 aprile,
si rileva chiaramente che la flazione accusa come irragio-
nevole almeno il motivo, che mette innanzi la Civilta Cat-
tolica per combattere la Rivoluzione, o, se meglio le piace,
il Governo inquanto fa causa comune colla Rivoluzione ;
poiche dice che la Rivoluzione o il Governo non hanno in
nulla ofiPesa la Chiesa. Per rispondere a questo appunto, noi
potremmo citare gran numero di articoli della stessa Nazione
• e di altri giornali di parte liberale, e mostrare con essi come
284 RICHIAMI DELLA NAZIONE
lo s'copo, pin ardentemente inteso e spesso apertamente
confessato di cotesto partite , non & soltanto di fare oppo-
sizione in qualunque modo alia Chiesa Cattolica, ma di
annientarla. Potremmo ricordare, se non i singoli atti, i
principali almeno della Rivoluzione e del Governo , diretti
manifestamente al medesimo fine. Ma non e uopo di tanto.
A noi basta richiamare alia memoria quello che la stessa
Nauone asserisce con tanto calore nella domanda prece-
dente, per confutare invittamente cio che affernm nel pre-
sente. Si ricorda ella di quanto avea scritto poche righe
innanzi ? Avea scritto che la Chiesa , non ostante i sommi
vantaggi che le offeriva la sua perfettissima costituzione,
per opera appunto della Rivoluzione, avea perduti tutt' i
frutti delle passate conquiste . Aveva aggiunto che « tre
quart! dell' Europa, ribelli all1 oracolo di Roma, sono testi-
monio e prova colla loro grandezza e prosperita che la
emancipazione del laicato , la liberta del pensiero , la liberta
di coscienza (i principii stessi della Rivoluzione)... sono i phi
potenti fattori della civilta dell6 nazioni. » E dopo ci6 essa
domanda in che mai la Rivoluzione ha offeso la Chiesa? Ma
dunque non sono nulla tutte coteste perdite, che voi dite
averle fatto patire, e che in parte son vere, e certamente
sono intese da voi, non in parte soltanto ma universalmente?
Non recate voi stessa in esempio di grandezza e prosperita
nazionale (secondo che voi V intendete) i tre quart! di Eu-
ropa ribellatisi alia Chiesa , e venuta a quella grandezza e
prosperita in virtu de1 principii che voi promovete ? E non
confessate con questo che voi, studiandovi con ogni mezzo
di far valere dappertutto i detti principii, vagheggiate 1' i-
deale di staccare dalla Chiesa tutt'i popoli e le nazioni,
ch'S quanto dire, di clistrugger la Chiesa? E dopo tutto
questo, avete il coraggio di domandarci in che offendete,
in che avete offesa la Chiesa? Voi, dal canto vostro, mirate
a nulla meno che ad annullarla. Se T opera vostra e una
carezza, sono irragionevoli e caliHiniose le nostre lagnanze.
CONTRO L* INVITO ALLE ASSOCIAZ10NI CATTOLICHE 285
3° Appunto: contraddiiione della Civilta Cattolica.
Ecco come la Nazione ci viene a stringere dal lato della
contraddizione. « Quando la Civilta Cattolica cerca nelle
nostre istituzioni, nei nostri ordinamenti il punto di consi-
stenza per combatterli, per migliorarli, se vuole, ella li ri-
conosce e li accetta nella loro sostanza: ella riconosce che
la liberta e uno strumento utile a fare buone cose. Pren-
diamo atto della confessione. Vedremo poi da che parte sia
Fabuso della liberta: discuteremo e combatteremo, poiche
finalmente ella entra nel nostro terreno per discutere e per
combattere.
« Abbiamo mai voluto di piu noi ? abbiamo domanda<to
di piii ?
« Noi non avevamo per noi alcun argomento di forza
che non fosse morale. I governi vigili e sospettosi , non
responsabili ad alcuno delle opere loro, ci erano avversi, ci
perseguitavano , ci carceravano , ci mandavano a morte.
Erano i bei tempi della Civilta Cattolica. Eppure abbiamo
vinto ! abbiamo vinto, la Civilta Cattolica lo riconosce, sen-
z' armi, senza violenze, colla perseveranza, colla ostinazione
in un'idea grande, semplice, feconda; F idea della liberta.
Provi la Civilta Cattolica se la liberta fosse buona ad uc-
cidere la liberta.
« Ma badi : a quest' ora ella e gia fuori del grembo della
pura ortodossia, e, quantunque con sante intenzioni, ella e
gia incorsa negli anatemi del Sillabo ! (num. cit.). »
fe un bel disputare, lo confessiamo, con questa Naiione,
la quale non sa recare un argomento, che non abbia o poco
innanzi confutato, o che non confutera poco appresso. Non
ci avea detto teste , che le associazioni consigliate da noi
non approderebbero a nulla, perche la Chiesa era essa stessa
una grande associazione, di cui quelle altre non sarebbero
che forme o applicazioni particolari? Come dunque ora ci
rimprovera che noi cerchiamo nelle istitmioni e negli ordina-
menti liberali il modo di combatterli? Con molto miglior
ragione, ci pare, potremmo noi rimproverare alia Naiione
286 RICHIAMI DELLA NAZIONE
e al suo partito di avere copiato, per quanto potevano, non
solo dal grande organismo della Chiesa, ma da molti istituti
particolari , opera di essa Chiesa, le parti piu sostanziali e
piu acconce de'loro ordinamenti politic!.
Se non che noi siamo ben lungi di accusare per questo
di contraddizione i liberali : siccome (valga la cosa come
un semplice esempio) siccome di tutt'altra colpa, che di
contraddizione, sarebbe da accagionare un malandrino di
strada, il quale, guadagnata T arma al viandante, gliela sca-
ricasse nel petto. E pero quaud' anche non esistesse nella
Chiesa il tipo di perfettissime associazioni, e ci fosse ne-
cessario di modellarle su quello de1 liberali, quale contrad-
dizione sarebbe in cio ? Le associazioni sono un mezzo per
ottenere , coll' opera ben congegnata di molti, cio che i
molti, operando senza intesa e concerto, difficilmente ot-
terrebbero. Se e lecito il fine, a cui s'intende, se onesto, se
pio, e dall' altro canto sieno rispettate in primo luogo le
leggi della giustizia naturale e dipoi quelle del paese,
T associazione e lecita, e onesta, 5 pia. Per contrario se il
fine e scellerato, rimanendo T associazione materialmente
la stessa, diviene anch' essa scellerata.
Ma forse la Nazione, quando ci accusa di contraddirci ,
non tanto allude ai congegni delle associazioni, quanto alle
facolta, che onrono i Governi liberali per poterle ordinare
e far operare: certo intende anche questo. Ma non e percio
meno assurda T accusa. Pensa la Nazione, che perche i liberali
concedano, pognamo, la liberta della coscienza, liberta che
non ammettono i cattolici pe' culti anche falsi, non possano
questi, a meno di contraddirsi, esercitare liberamente il loro,
che e il vero ? 0 perche ogni maestro di errore e licenziato,
fingiamo, a divulgare per la libera stampa ogni piu rea e
perversa dottrina, non possano i biioni, che gridano contro
un sistema si rovinoso, servirsi senza contraddizione della
libera stampa, o sia per confutar quegli errori o sia per
illustrare le contrarie verita? In virtu di questa logica por-
tentosa se in un paese, dominato dall1 anarchia, i ladri e gli
assassini avessero plena balia di portare le armi ed usarle
288 RICHIAMI DELL'A NAZIONE
corre un1 enorme differenza, fra noi che stiamo colla Chiesa
e co1 cattolici, ed il partito della Navione , che rappresenta
il liberalismo. La Nazione fa T innocente, e con un'ammi-
rabile ingenuita ci domanda : Abbiamo noi usati, ne' tempi
de1 passati Governi, altri mezzi da quelli che ora voi inten-
dete usare, per ottenere la liberty che al presente godiamo?
Perche dunque combattete in noi quello stesso che scegliete
per voi? Ma la Nazione dovrebbe averperduta ogni memoria
del passato, e sin delle cose scritte da lei, per poterci in sul
serio indirizzare questa domanda. Come! nonricordale con-
giure, ordite con tanto mistero, e promosse con tantidelitti
per rovesciare i Governi che allora esistevano? Non ricorda
i tradimenti,consumati a danno de'poteri legittimi, coll'opera
di coloro, che potevano sotto T ombra del diritto delle genti
essere impunemente perfidi ? I nomi de1 Conti della Minerva,
de" Villamarina, de'Pepoli sono dunque scomparsi affatto
dalla labile memoria della Nazione ? E neppure rammenta
le infami arti del conte di Cavour, per torre il regno delle
due Sicilie al suo legittimo possessore; e i scellerati ac-
cordi, stretti dal medesimo Cavour col Sire della Francia,
per usurparsi una parte degli Stati della Chiesa ; e il
macello di Castelfidardo , frutto di un alto tradimento piu
crudele del primo, che pose nelle mani dello stesso conte
di Cavour un1 altra parte piu notabile ancora de1 Dominii
pontificii? Non rammenta una certa spedizione, fallita ve-
ramente a Mentana, ma che nondimeno fu promossa da
lei, come impresa da gloriarsene, e sostenuta con ogni sorta
di aiuto da chi avea debito d' impedirla? E per finire una
serie di domande , che potremmo protrarre per piu pagine,
non rammenta le solenni dichiarazioni, fatte da due ministri
di Stato, le quali non piu che un mese dopo doveano avere
dal fatto la mentita che ebbero col bombardamento di
Roma e colla breccia di'Porta Pia? Son forsequesti, o simili
a questi i mezzi che usiamo noi, che usano i cattolici per
godere di quella liberta, la quale ci compete di diritto, e
nessuna costituzione, nessun governo ci potrebbe negare
senza essere irigiusto? Se mai per ottenere cosi fatta liberta
CONTRO L ItfVITO ALLE ASSOC1AZIONI CATTOLICHE
i cattolici usassero la centesima parte di que'mezzi, che
hanno adoperati i liberal! per acquistare la loro, essi non
avrebbero solo a provare il rigor delle leggi, che certo
verrebbe applicato nella sua massima misura; iha sarebbero
anche sconfessati dalla Chiesa, la quale ha sempre riprovata
coirinsegnamento e colla pratica larea dottrina liberalesca,
che il fine giustifica i mezzi.
4° Appunto : Spiegazione della pretesa contraddizione delta
Civilta cattolica.
La Nazione , come abbiamo accennato, torna con un
secondo articolo neln. del 7 aprile sopra lo stesso soggetto,
'trattato in quello del 4. Lo scopo che si propone e di dare
una ragionevole spiegazione di quella contraddizione, che
ci aveva apposta nel precedente; la quale percio procura
di ribadire con nuovi argomenti. Recheremo i tratti prin-
cipali del suo discorso.
« Come mai la Civilta Cattolica, dopo di avere per 20 anni
continui oppugnato a cagione di empieta gli ordini liberi, si
risolve adesso, proprio il primo di aprile dell'anno corrente,
ad invitare i suoi adepti perche si stringano in associazioni
cattoliche, al fine di fare lor pro di questa sacrilega liberta?
« Non e che di questa liberta ella e i suoi non abbiano
largamente, sia pure di sbieco, profittato finora
« Nemmeno e che la Civilta Cattolica e i suoi abbiano
inculcato T osservanza del precetto ne eletti ne elettori cosi
rigorosamente, che le elezioni arnministrative o politiche si
siano davvero compiute sempre senzala loro intromissione....
« Come mai dunque la Civilta Cattolica si risolve oggi
ad abbattere solennemente le fragili barriere ch' ella aveva
elevato, e chiama a raccolta i fedeli perche entrino nel
campo finora vietato e combattano?
« Si trattava forse di preservare la purezza del dogma o
di salvare dagli estremi oltraggi i ministri della religione?
Niente affatto: I1 Italia domandava il suo posto fra le Nazio-
ni, domandava di godere di quei liberi ordinamenti, coi
Serie VIIJ, vol. II, fasc. 50 i. 19 °25 aprile 1871.
290 RICHIAMI BELLA NAZ10NE
quali ormai quattro quinti d'Europa, senza pericolo e senza
ingiuria delle cose sante, si reggevano ecc
« Fra noi e la Civilta Cattolica non fu pertanto contra-
sto di credenze religiose, fu contrasto di esistenza politica
e nazionale. La Oivilta Cattolica e il partito cattolico in
Italia non ci combatterono perche da noi si oppugnasse
uno o un altro articolo del Credo, una o un' altra architettura
di gerarchia ecclesiastica, una o un1 altra forma liturgica; ma
perche da noi si voleva una tale costituzione nazionale, che
pareva contraria ai loro interessi, e un tale ordinamento, che
nondinegando a loro i diritti conferiti a tutti, liprivava della
supremazia e dell1 arhitrio che intendevano esercitare.
« Finche la supremazia e 1'arbitrio trovarono campioni
nelle armi straniere, la Civilta Cfattolica si astenne e allon-
tano i suoi dalla palestra politica. Conculcare le dovea pa-
rere piu comodo e di piu certo effetto che discutere. Oggi
la speranza degli aiuti stranieri si dilegua ogni di piu, se
non e perduta del tutto: il mondo, se vuol tutelata la indi-
pendenza del Pontefice, non moverehbe un dito pel suo
principato: e la Civilta Cattolica fa un disperato appello ai
fedeli , perche si riuniscano e scendano alia riscossa nel
campo della liberta e della legge. »
Dopo le cose ragionate, poco ci rimane ad aggiungere
per dileguare gli equivoci, chela Nazione si studia di rad-
densare in questo secondo articolo. Le fa meraviglia che
la Civilta Cattolica, dopo aver combattuto per venti anni,
com' essa dice, gli ordini liberi. ora d' improvviso, non cu-
rando la palpabile contraddizione, inviti i cattolici a fare
lor pro di questa sacrilega liberta? Ma puo smettere lo
stupore. Se ha letti i nostri articoli sopra questo soggetto
(e i principali si trovano accolti tutti insieme in due volumi
separatamente stampati), noi abbiamo fatto perpetuamente
distinzione fra le forme de'Governi, e lo spirito che invade
queste forme. Le forme per noi sono indifferenti; e il loro
valore e piu relativo, che non assoluto ; da giudicarsi cioe
non tanto per cio che valgono in se stesse considerate
• astrattamente , quanto per cio che possono valere avuto
CONTRO L' INVITO ALLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE 291
riguardo alle indoli edai costumi de'popoli, a cui vogliansi
applicare, ed ai diritti preesistenti. Ci6 che puo rendere rea
qualunque forma di Governo, la piu dispotica non meno che
la piu libera, e lo spirito che la invade, non tanto nel suo
meccanismo amministrativo, quanto ne' principii che vi si
stabiliscono, e nella legislazione che ne e T applicazione.
Libere erano senza dubbio le repubbliche del medio evo;
ma lo spirito che le governava era schiettamente cattolico.
E non si sovviene la Nazione quante volte le abbiamo noi
encomiate, e quante altre abbiamo desiderate alle moderne
costituzioni, con ugual liberta, uno spirito egualmente reli-
gioso? Per contrario, qual forma di monarchia piu assoluta
di quella, pognamo, del Granturco ? Ma quale altra insieme
piu ripugnante al sentimento cristiano, se non forse le va-
gheggiate da'liberali? Si persuada dunque la Nations: la
quistione non cade sopra le forme, ma intorno ai principii ;
o se cade anche sopra le forme, lo e solo sotto questo ri-
spetto, che certe forme si credono piu opportune per far
valere certi principii.
Piuttosto a noi, dopo le cose ingenuamente confessate
dalla JVazione, sembra, non diciamo solo meravigliosa, ma
se eel consente, sfrontata la sua protesta, che la quistione
tra noi e lei, i liberali ed i cattolici, & meramente politica.
«Fra noi e la Civilta cattotica, essa dice, non fu contrasto di
credenze religiose... La Civilta cattolica e il partito cattolico
in Italia non ci combatterono, perche da noi si oppugnasse uno
od un altro articolo del Credo. ..» Sotto un solo rispetto si puo
ammetter lacosa, inquanto la guerra che fa il liberalismo alia
Chiesa, non e come quella degli eretici, che si versa intorno
a qualche domma particolare, ma e una guerra di esterminio.
che vuol compirsi colla distruzione di essa Chiesa, e colla
negazione o almeno colla ignoranza di Dio, elevata a domma.
Dissipata pertanto, per tutto cio che abbiam ragionato,
ogni apparenza di contraddizione a carico nostro, vien meno
per conseguenza qualsivoglia fondamento agli arzigogoli
che fa la citata gazzetta, per ispiegare quell' antitesi che
le e sembrato vedere nel nostro periodico. Aggiungeremo
una sola dichiarazione per rispetto alle elezioni politiche.
RICHIAMI BELLA NAZ10NE CONTRO LlNVITO ECC.
NelFarticolo del 4 aprile, la Nazione riconosce espressamente
che la Civilta Cattolica, fra tutt' i mezzi che propone di legale
opposizione alia guerra che il Governo fa alia Chiesa, esclude
quello che sarebbe per se il piu efficace, di prender parte
alle elezioni politiche, e reca quasi testualmente la nostra
sentenza. Nel secondo del 7, non asserisce precisamente il
contrario, giacche sarebbe stata troppo patente la contrad-
dizione: tuttavia, se non ci accusa apertamente di promovere
un tal mezzo, usa frasi cosi involte ed elastiche, che lo la-
sciano quasi supporre. Ora vuoltoccare con mano \&Nazione
se la nostra guerra, poiche cosi le piace chiamarla, e leale •
se la nostra quistione e di forme di Governo, ovvero di prin-
cipii ; se finalmente quella che ci occupa e quistione politica
o religiosa? Ascolti: noi le ripetiamo ad alta voce, che,
stando come stanno le condizioni d' Italia, in primo luogo e
cosa difficilissima nella questione delle elezioni salvare le
ragioni della coscienza, perche non sembra da sperare mai il
Governo si conduca ad accettare il giuramento che solo
potrebbero dare i deputati cattolici: in secondo luogo, che
quand' anche si potesse salvare la coscienza, ed il Governo
fosse contento del giuramento restrittivo de' cattolici, non
sarebbe per nulla ne spediente ne opportune agl'interessi
religiosi, che i cattolici accorressero alle urne. Le ragioni di
questa nostra sentenza le sponemmo altre volte. Ora invece
ci risponda la Nazione: se il nostro intendimento fosse pura-
mente o almeno principalmente politico; se noi non facessimo
differenza fra mezzi e mezzi per arrivare ad un fine, potremmo
rinunziare alia facolta che da lo Statute a tutt' i cittadini
di concorrere alle elezioni de'rappresentanti della nazione?
E se tutt'i cattolici v* intervenissero, obbedendo all1 impulso
che noi ed altri piu autorevoli di noi potrebber dare, non si
otterrebbe assai facilmente una maggioranza cattolica? E
cotesta maggioranza non sarebbe in grado di far valere la
politica piu rispondente alia lor parte? Se questo non si fa,
se anzi si dichiara essere nelle presenti circostanze o ille-
cito o inopportune, e segno evidente che il nostro ultimo e
adequate intendimento, e quello de'cattolici del nostro pen-
sare, non e per nulla politico, ma unicamente religiose.
SPIRITO
DELLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE
i.
Tutte le societk di quale che siansi natura marciano al
conquisto di un fine, che torreggia loro dinanzi piu o meno
lontano a guisa di citta proposta all1 assalto. Le associa-
zioni cattoliche, a somiglianza di tutte le altre, hanno pure
dinanzi a s& un fine da conquistare e un frutto del cui pos-
sesso godere. Quale sia tal fine Tabbiamo indicate altrove :
esso e la vittoria della Chiesa contro il nuovo islamismo ,
distruttore di ogni religione e di ogni civilta, la rivolmione.
Cotesto mostro insignoritosi per poco dei poteri dello Stato,
e presso un secolo che va coprendo di cumuli di ruine le
intere nazioni, e che sfidando a tenzone e cielo e terra
minaccia nella sua orgogliosa ferocia nuovi rovesciamenti,
e nuovi rivi di sangue . Le associazioni cattoliche per
giungere alia vittoria proposta debbono passare sul corpo
di questo potente nemico abbattuto e conquiso. Non Ve
altra via. L'impresa non 5 facile, esige una gagliardia non
ordinaria, una generosita assoluta, a tutta prova. Ma la
compiranno, ed alia fine canteranno T inno del trionfo ,
purche esse muovano air assalto, e pugnino collo spirito
proprio della loro natura; collo spirito cattolico. La vittoria
& sicura, ma a questo patto.
La semplice ragione lo dichiara. L1 opera, od il lavoro
di una societa deve essere proporzionato al fine proposto,
294 LO SPIRITO
come forza all'effetto inteso. E egli possibile, che le ope-
razioni di un esercito siano proporzionate ad una data im-
presa guerresca, se Vha in esso difetto o dello spirito di
disciplina nelle mosse, o dello spirito di sommessione al
comando dei capi negli assalti, o dello spirito di abne-
gazione neirincontrare i pericoli, nelF affrontare la morte ;
in una parola se manca in esso lo spirito proprio della
societa militare? Sarebbe una insania il pensarlo? Dite
altrettanto delle associazioni cattoliche. La loro impresa
essendo un1 impresa religiosa, essendo una crociata, che si
propone a fine della lotta la vittoria delle dottrine e delle
istituzioni della Chiesa, e impossible, che operino vigo-
rose, che fatichino instancabili, che accolgano immote Turto
degli avversarii, che ne vincano i principii, che ne di-
rompano gli sforzi , se non sono animate, rette e rafforzate
da quello spirito, che e proprio della associazione cattolica.
Mancherebbono dello spirito proporzionato all'impresa, pro-
cederebbono con forze inadequate alFuopo, e comparendo
debili e tapine diverrebbono lo scherno dei loro avversarii.
Lo spirito proprio delle associazioni cattoliche sapete
qual e ? Non altro, che lo spirito di fede. Sacre falangi di
una religione, che ha per fondamento la fede; ristoratrici
li principii, che vengono dalla fede; proteggitrici di isti-
tuzioni, che si appoggiano alia fede; come possono lottare
senza che i loro pensieri siano animati dallo spirito della
fede, senza che le loro deliberazioni ne siano informate ,
senza che illoro operare ne sia il visibile risultamento ? Si :
lo spirito di fede e lo spirito proprio delle associazioni cat-
toliche , e la propri'eta essenziale, che le qualifica, e tutto
insieme il grande segreto, onde il cattolico co1 suoi atti sale
alFeroismo della virtu. Dateci associazioni cattoliche animate
da uno spirito di fede vivido, fiammeggiante, e i grandi
fatti non tarderanno. Valgano di esempio quelle immense e
grandiose moli di sacri templi, eretti quando accendeva i
petti de'nostri padri lo spirito della fede, per cui bastava
la proposta dei disegni, perche si venisse all' opera, e quelle
DELLE ASSOCJAZIONI CATTOLICHE 295
schiere magnanime di tanti cavalieri, i quali crociatisi con-
tro la rabbia musulmana cadeano si, trafitti da mille punte,
su la zolla data loro in guardia, ma non cedeano.
Le associazioni cattoliche con questo spirito in seno non
paventino la potenza degli avversarii , non facciano gran
conto del loro mimero. La fede nella dura lotta e lorica, che
non patisce sdruscio, e scudo che non conosce fenditura, e
vessillo che novera tante vittorie, quante sono le pugne
combattute sotto la sua ombra. Tutti i membri delle asso-
ciazioni cattoliche procedano coperti da questo arnese di
guerra, e saranno invincibili. Tanto consiglia s. Paolo aquei
di Tessalonica; ! tanto consiglia e promette lo stesso Apo-
stolo a quei di Efeso ; 2 tanto consiglia ed afferma s. Gio-
vanni. Che volete di piu ? secondo la testimonianza di questo
apostolo, fede e vittoria sono sinonimi : Omne quod natum
est ex Deo , vincit mundum : Jiaec est victoria , qiiae mncit
mundum, fides nostra. z
II.
Badate pero, che questo spirito di fede non deve essere
uno spirito, che va alia cieca, o sotto un lume fioco, alia con-
quista della vittoria. Le associazioni con tale spirito in se
procederebbono lente, senza nervo e con niuno e scarsis-
simo pro dell1 inipresa. II motivo e semplice, essendo certo,
che tanto piu ardente si lancia 1'animo ad un1 impresa ,
quanto piu e compreso dalle ragioni inerenti , che scorge
in essa. Egli e quindi evidente far di mestieri, che lo spirito
delle associazioni cattoliche sia spirito conoscitore della sua
impresa. La rivoluzione, grande maestra nelle arti della
ipocrisia, grande venditrice di ogni specie di argomenti in
suo favore merce la liberta della stampa, e grande sedut-
1 Induti loricam fidei et caritatis. I, Thess. V, 8.
8 Accipite armaturam Dei, ut possitis resistere in die malo, et in omnibus
perfect! stare. State ergo succinti lumbos. ... in omnibus sumentes scutum
fidei, in quo possitis omnia tela iniquissimi ignea extinguere. Ephes. VI, H-17.
3 I, loan. V, 4.
296 LO SPIRITO
trice per i beni, che offre , se non perviene a trarre nelle
sue file i veri cattolici , semina per lo meno nell' animo di
parecchi tali pregiudizii da renderli meno ostili all' opera
sua, e non poco lenti nel pigliar le difese del cattolicismo^
che e la causa della verita e della giustizia. Ecco il primo
intoppo da torre alia operosita delle associazioni cattoliche.
I socii individui a tal uopo non si fermino alle belle
inostre, colle quali la rivoluzione sa loro presentarsi . La
qualita e la bonta naturale dell' albero non si conosce dalle
foglie, ma dal saggio del frutto. E quindi necessario , che
sciolto 1' incanto delle forme estrinseche , penetrino nella
sostanza dell'opera proseguita dalla rivoluzione. Oh quali
fonti di motivi ad operare gagliardamente non vi discopri-
ranno animati dal vero spirito cattolico ! Un rapido sguardo
ne sia la prova.
Osservate T online religioso . 11 socio cattolico consi-
deri sotto questo riguardo un paese, in cui la rivoluzione
ha messo per qualche tempo il pie. Le scene piu empie e
piu luttuose gli si parano tosto dinanzi : oppressa la Chiesa
nella sua liberta, beffata ne'suoi ministri, assaltata da ogni
banda con inique leggi e scritti infami, giuratone lo ster-
minio ; Cristo impugnato nelle sue dottrine, deriso ne'suoi
sacramenti, negatagli la divinita ; Dio eliminate dalle leggi,
sbandito dalla scuola, e quasi a trofeo di vittoria contro di
lui, uomini aggruppati che in piena luce del di collo sten-
dardo del libero pensiero in mano gridano da forsennati:
non est Deus , non vi e Dio.
Passate &\Y ordine sociale . Eccovi un nuovo spettacolo
di dolore : qua e posto in opera ogni mezzo per rapire alia
mente delle intere nazioni il lume delle comuni credenze,
ed indi gl'individui precipitano in folia nel disperato pelago
della incredulitl ; la vien diffusa una fitta tenebria di error!
pratici , onde allentate le briglie delle coscienze, i popoli
divengoao vili mancipii delle piu sfrenate e truculente pas-
sioni; altrove scavato il fondamento di ogni autorita umana
e divina, crollano le societa piu potenti e minacciano di
cadere in balia o della tirannide della forza, o della anarchia.
DELLE ASSOCIAZIONI CATTOL1CHE 297
Considerate la natnra dei mezzi adoperati. Quale tristi-
zia non si preseuta qui allo sguardo ? Congiure perpetue ,
tradimenti vergogaosi, frodi e inganni smaccati, menzogne
e calunnie merce di tutto il di, oppression! e violenze da
barbari. Di questi arnesi munita non vedesi la falange ri-
voluzionaria procedere balda a guerreggiar Dio, a guer-
reggiar Cristo, a guerreggiar la sua Chiesa? Tant'e. Ed a
guisa di donna senza fronte non ne arrossisce, anzi se ne
loda e mena orribile vanto del sozzo riuscimento.
Ponderate i reissimi effetti . Distmtta ogni credenza
religiosa, annientati od oscurati i principii della morale ,
rovesciataTautorita, eccovi apparire dinanzi, quale efFetto
necessario, una societa composta d1 individui senza certezza
di fine a cui tendano, senza legge immobile che li cor-
regga, senza un nodo di affetto che li colleghi. Indi lo
sfogo di tutte le passioni, T egoismo a legge universale,
la forza e 1'astuzia ad armi, la mutua demolizione per con-
seguenza. La rivoluzione francese antica ne e la prova, e
la moderna di Parigi ne e la conferma . II rivoluzionario
Gueroult lo testifica, scrivendo di essa, « che e il disordine,
che e lo scompiglio, che e Tabbandono di se stesso, che e
la decomposizione putrida di una societa senza convinci-
menti , senza bussola , senza ideale l ». Eccovi tutti gli
effetti della rivoluzione, che in una parolasono: iinbestiare
gli individui, imbestiare la societa.
Un'associazione cattolica, che considera tale opera della
rivoluzione al lume della sua fede, che ne giudica i mezzi, che
nepondera i tristissimi effetti, pub ella annighittire, operare
riinessamente ? Non e possibile : sorgera al grido dei diritti,
veramente inalienabili di Dio, di Cristo e della Chiesa, em-
piamente manomessi : sorgera al grido delle credenze re-
ligiose rapinate nei popoli, e dei principii della ragione
1 Un ecrivain librc-penseur, M. Gueroult, que trop souvent a donne aux
passions aujourd* hui deckalnees une pdture digne d'elles , resumati hier en
ces mots energiques, rnais vrais, la situation de Paris : « C'est le desordre,
le gdchis, V&bandw dc soi-mgm.e, la decomposition putride d'une societe sans
conviction, sans bussole, sans ideal. » Bien public, n. 82.
298 LO SPIRITO
morale inviliti: sorgera plena di onta per la societa, dove si
effettua tanta infamia di mezzi, dove avvengono tanti guasti,
e dove si lascia compiere un' opera terribile e vergognosa.
Sorgera, e lavorera al riparo con tutta la gagliardia, di che
e capace. A tanto la spronera lo spirito della propria fede,
profoudamente scosso dai motivi , che escono incalzanti
dalle indicate considerazioni. Energiche sono nel loro ope-
rare le associazioni cattoliche della Germania: energiche sono
pure quelle dell' Austria. Ma il fiore delle loro forze e tratto
da uomini, i quali hanno studiato 1'andamento della rivo-
luzione, ne hanno considerata Topera , giudicati i mezzi ,
compresi gli effetti. Questo ci e dimostrato dai resoconti
dei loro Casini, dai discorsi dei loro solenni congressi e
dagli articoli dei loro giornali. Credete voi, che gl' italiani
strettisi in associazioni, non saranno informati' allo stesso
spirito di fede attiva, se essi pure considereranno la rivo-
kizione nella loro patria?
III.
Poderosi appaiono i motivi qui allegati, ma disaggra-
devole e la materia, da cui son tratti. Ve n'ha altri di dolce
sapore e non meno potenti. Fra i quali e da contarsi la no-
bilta del fine, a cui mirano le associazioni cattoliche. Im-
perocche questo non e il piacere di vendicare la disfatta di
un altro ordinamento politico, come fu calunniato: non e la
soddisfazione di una brama smodata di primeggiare, come
fu sognato. Le associazioni cattoliche, vivificate dai vero
spirito di fede, non guardano si basso . Esse pongono la
mira in cose di ben altra natura. II nome che portano, gli
statuti che professano, e le opere compiute, dove sono gia
stabilite, lo dicono chiaro. II loro fine in particolare si e
di trarre 1'uomo, divenuto preda della rivoluzione, dai cupo
abisso della incredulita, e di ricattarlo dai profondo invili-
mento morale, in cui fu traboccato da rei principii. Si e quello
di ricomporre la societa su le vere sue basi della verita e
della giustizia, in gran parte gia demolite, e di ridonare la
DELLE ASSOCIAZ10NI CATTOL1CHE 299
tranquillita ai popoli in mille guise agitati, qual mare in
tempesta, dalle ire dei partiti e da furiose dottrine. Si e
quello di rivendicare a Dio la debita soggezione, a Cristo
il debito onore, alia Chiesa i suoi diritti, a tutti gli uomini
la vera liberta, quale e designata nel santo Vangelo, e ri-
tiratili dalla vile e sozza beatitudine predicata dalla rivo-
luzione, metterli in quella tutta propria dell' uomo ragio-
nevole e cristiano. La rivoluzione pone tutto in rischio :
religione, societa, individui ; 1' associate cattolico se ne di-
chiara campione.
Tale e Taltezza del fine, a cui mirano le associazioni
cattoliche : indi la nobilta della lotta, che hanno ingaggiata
per giungervi. Che cosa e infatti cotesta lotta ? Essa non
e altro, che la lotta della verita contro T errore, del diritto
contro la forza, della civilta contro la barbarie, del dovere
verso Dio, il suo Cristo e la sua Chiesa contro la empieta,
la bestemmia e la ingiustizia. La rivoluzione e fra gli uo-
mini il rinnovamento della grande ribellione, consumata
dagli spiriti felli nelPempireo: le associazioni cattoliche
sono le falangi fedeli a Dio ed al suo Cristo, che a simi-
glianza di quelle di S. Michele si attestano contro le rubelli,
e pugnano al grido: quis ut Deus et Christus eius? Chi si-
mile a Dio ed al suo Cristo?
Grido di lotta, il quale ha la sublime ricompensa di es-
sere esplicitamente commendato, e per modo di dire pub-
blicamente canonizzato dal Verbo di Dio. Le sue parole sono
riferite da S. Matteo, da S. Marco, da S. Luca e con aperta
allusione da S. Paolo. Chiunque, egli disse, mi confessa in
mezzo a questa generazione adultera e peccatrice, chiunque
fa pubblica professione della mia dottrina, anch' io lo con-
fessero dinanziagli angeli, lo guarentiro dinanzi al tribunale
del Padre, lo pubblichero per mio nel giorno estremo J. La
presente generazione non si da pubblico vanto di fare di-
vorzio da Dio e dal suo Cristo ?E, gittate le briglie sul collo
delle passioni colla liberta di coscienza e colla predicazione
1 Cf. MATTH. X, 32, 33; MARC. VIII, 38 ; Luc. Xll, 8; II, TIM. 11, 12.
300 LO SPIRITO
di rei principii, non va ing'olfandosi vie peggio nelle sozzure
del peccato? Gli associate cattolici sorgendo animosi in
mezzo a tale generazione confessano Cristo a fronte aperta;
affermano pubblicamente le sue dottrine e le difendono in
faccia a1 suoi nemici. E pero ad essi appartengono le lodi
di Cristo, ad essi le sue divine promesse, ad essi le sue
irrevocabili guarentigie presso il trono del Padre. Man-
tenendosi eglino costanti nella lotta, operando da veri cam-
pioni della religione di Crisfco, la loro sorte non e, ne puo
essere punto dubbia.
Sorgano adunque le associazioni cattoliche, e inorridite
all' impresa della rivoluzione, animate dall1 altezza e nobilta
della propria, e rassicurate dall' appoggio di Cristo sciol-
gano generose il sacro vessillo, ed affrontino impavide il
vessillo dell' avversaria. Umanita, liberta, progresso, luce
sta scritto su questo , ma sono voci della menzogna, sono
farti sacrileghi. Non e il vessillo della umanita quello che
ne conculca i diritti, ma quello che li difende, ne della
liberta quello che rende Tuomo mancipio della passione,
ma quello che lo franca, ne del progresso quello che manca
di termine, ma quello che hallo fisso e certo, ne della luce
quello che porta la oscurita nelle intelligenze, spegnendone
i principii piu ovvii, ma quello che le rischiara colla divina
rivelazione ; e questo si e il vessillo delle associazioni
cattoliche , e percio il vessillo della umanitti ; il vessillo
della liberta, il vessillo del progresso, il vessillo della luce.
IV.
Affinche piu forze unite operino con tutto T impulso di
forze associate, e mestieri, che siano disposte in modo da
operare di conserto. Siano pure i singoli membri dell'asso-
ciazione cattolica simili a forze vigorose, perche animati
da uno spirito di fede ardente ed operativa: non basta. E
necessario ancora, che siano tra se disposti in maniera da
operare di conserto. A tale uopo la prima condizione es-
DELLE ASSOC1AZIONI CATTOLICHE 301
senziale si e: Varmonia delle intelligence. Guai alia societa,
ne'cui membri vi abbia opposizione 6 diversita di principii!
Somigliante a macchina, le cui ruote non s' impernano in
modo rispondente, o non si addentano giustamente, mal si
terrebbe insieme; andrebbe in ruina. Vogliono adunque i
socii cattolici agire, ed ottenere grandi successi a misura
dell'ardore del loro spirito di fede? Sia in essi uniformita
di principii , e 1' armonia delle intelligenze sara un fatto
co mp into.
Nei principii generalrnente presi la cosa cammina senza
difficolta; ma non cosi nelle applicazioni particolari. Se voi
interrogate un' adunanza cattolica a che intenda di mirare,
tutti dal primo all' ultimo i socii adunati vi risponderanno :
alia propagazione ed al rassodamento dei principii del cat-
tolicismo, ed al loro trionfo. Ma se yenite ai particolari del-
T applicazione, vi puo occorrere un grande intoppo inaspet-
tato, che vi metta in forse il buon esito dell1 associazione.
Esplichiamoci. Fate, che in un gruppo di persone, acco-
munatesi per gl1 interessi religiosi, si annoverino alcuni
cattolici dal titolo di liberali. Incontrerete voi difficolta
circa la questione generale del trionfa del cattolicismo?
Niuna: anzi la gagliardia delle loro proteste ed il calore
delle loro parole, ve li mostreranno piu cattolici, che voi non
siete. Tastateli su alcuni punti partidolari e la scena sara
mutata. Voi, a mo1 di esempio, negherete il diritto, solle-
vato a teorica, della liberta di coscienza, ed essi 1'afferme-
ranno : voi rifiuterete nel medesimo senso il diritto della
liberta di pensare e di scrivere, ed essi Tammetteranno:
voi sosterrete, che no.n pu6 aver luogo alcuna conciliazione
tra il Papato e la Italia moderna della rivoluzione, ed essi
grideranno, che si. Se argomenterete contro le loro as-
serzioni, vi risponderanno alcun che di sghimbescio; se
replicherete stringendo loro i panni addosso, vi tratteranno
da uomo di congrega, da cieco sostenitore di un ordine di
cose, che non puo tornare, da nemico deir Italia e cagione
delle gravi difficolta, in cui la nazione trovasi intricata. Dal-
302 LO SPIR1TO
T altra parte, come adagiarsi ai diritti ed alia conciliazio-
ne, che essi ci danno quali verita inconcusse e qual panacea
sicurissima per tutti i mali, quando veggiamo , che i due
pretesi diritti sono la forza iniziale della rivoluzione e come
tali messi a capo degli statuti della Loggia ; quando ab-
biamo letto,non e molto, che 1' Italia moderna ha procacciato
alia massoneria il piu grande trionfo nella presa di Roma,
e percio festeggiata con lettere circolari e con rallegra-
menti di tutta la universa famiglia massonica1? Laonde in
questo caso vi avra cozzo di sentenze, niun pro dalla di-
sputa e scissura inevitabile . fi dunque tanto necessario
eliminare da]F associazione cotesti urti di principii, quanto
e necessaria 1'armonia delle intelligenze , qual elemento
essenziale .
Come fare? L' associazione tenga fermo il suo grado>
ne se ne smuova a qualunque patto, ed avralla eliminata.
Ella e 1.° societa di essenza laicale; dunque non le appar-
tiene per niun capo il decidere le quistioni di principii: 2.° ha
fine pratico, cioe di annientare T opera della rivoluzione;
d'introdurre dove non sono, e di raffermare, dove sono, i
principii del cattolicismo ; dunque non e del suo compito
il determinarli : 3.° porta il titolo di cattolica; dunque nel
caso di qualche dubbio, sa che deve ricorrere alia Chiesa
insegnante ed acquetarsi alle sue decision!. Ripetiamolo :
T associazione cattoli'ca tenga fermo il suo posto determi-
nate dalla sua natura, dal suo fine e dal suo titolo, e tra i
suoi membri non vi avra cozzo di sentenze, non se ne an-
dra il tempo delle adunanze in dispute inutili, non accadra
alcuna scissura: ma con tutto lo sforzo, di che e* capace
la sua fede, progredira con dignita, con sicurezza e con
frutto nella sua impresa.
A conferma di che, eccovi un bel tratto del discorso
pronunziato da S. Eminenza il Card. Scharwzenberg nel
Congresso generale delle associazioni cattoliche, tenutosi
1 Vedi lettera circolare della loggia Szechenyi all'Oriente di Arad in Un-
gheria, riferita dal giornale massonico Die Bauhiitte, n. 45, WO.
DELLE ASSOCIAZIOM CATTOLICHE
inPraganel 1860: «Ilcompito delle associazioni cattoliche,
disse T eminente Prelato, si e quello di consultare, come si
possa introdurre ed assestare gli ammaestramenti ed i
principii, i precetti e i desiderii della Chiesa nella scuola ,
nella vita del cittadino e della famiglia, tra gli uomini di
negozio e di commercio. II compito delle associazioni cat-
toliche si e quello di dar fermo appoggio alia Chiesa inse-
gnante col consiglio e colla cooperazione. II compito delle
rnedesime associazioni si e di riconoscere con lieto animo
tutti gl' insegnamenti della Chiesa, seguitarli, diffonderli,
sostenerli. ] » Facciano cosi le associazioni cattoliche del-
1' Italia, non falliscano al loro uffizio, non dimentichino il
proprio dovere, giovino coll' opera la Chiesa insegnante, ne
accolgano con pronto animo le dottrine ; e la loro impresa
non verra meno nel suo progresso.
Chi non ammira il gran bene operate dalle associazioni
cattoliche tedesche nel corso dei non molti anni , dacche
furono stabilite ? Ma se voi ne studiate la causa precipua,
la trovate nella imperturbata armonia delle intelligenze.
Lo spirito del cattolicismo liberale soffiava forte e tempe-
stava intorno ad esse assai piii gagliardo, che in altri paesi
stante il vicino protestantesimo, dal quale ritrae alcun che:
ma senza pro. II perche non e punto nascosto. I socii memori
del titolo dell1 associazione e del proprio dovere si teneano
stretti alia cattedra dei loro Pastori, e soprattutto a quella
del Romano Pontefice, e seguendone gl'insegnamenti senza
sottili distinzioni e senza commenti, fattivi sopra a talento,
progredivano con fortunato cammino per la loro via.
Valga in prova dei loro sentimenti un tratto dell' indi-
rizzo scritto al Papa dalla giunta, noininata in Innsbruck,
1 'Dies 1st die Aufgabe der Katholiken-Vereine, zu berathen, vie die Lehren
und Grundsatze, Gebote, und Wiinsche der Kirche in der Schule im biir-
gerlichen Leben , im Familienleben , in Handels-und Verkehrsleben durch-
ziifuhren und anzuwenden seien. Es ist die Aufgabe der Katholiken-Vereine
durch Berathung und Mitwirkung die lehrende Kirche zu unterstutzen. Es
ist die Aufgabe der Katholiken-Vereine, das was die Kirche lehrt , freudig
zu bekennen, zu befolgen, zu verbreiten und zu vertheidigen.
304 LO SPIRITO
a farvi i debiti preparativi pel Congresso generate delle
associazioni cattoliche tedesche nel 1867, che voltiamo
dalla lingua latina nella volgare. « Nei giorni 9, 10, 11
e 12 di settembre, col consentimento e col favore del Re-
verendissimo Vescovo di Brixen, si aduneranno i cattolici
in Innsbruck, capitale del Tirolo, affine di difendere con
forte animo la cosa cattolica in quanto lo permettera Dio
e le loro forze, e rigettati gli errori e le menzogne di uo-
mini vani, che nelle vostre Encicliche avete con pienezza
di autorita disegnati e condannati, prendere que' salutari
consigli, che sono richiesti dal tempo e dalle cose, merce i
quali rifiorisca la vita e la carita cattolica sotto il patrocinio
della B. Vergine Maria. Immensa guerra, siccome Voi, o Bea-
tissimo Padre, avete dinunziato al mondo, e sorta contro la
divinarivelazione, contro la Chiesa cattolica, contro la vostra
Sede apostolica, anzi contro i buoni costumi e la stessa
carita cristiana, reina di tutte le virtu. Mentre questa in-
fierisce, ogni cattolico e soldato di Cristo : ma non potremo
guerreggiar luona e diritta guerra , se con tutto I' ardore
dell' animo non ci terremo congimiti colla Sede apostolica, e
stretti a qiiella Pietra, die Dio ha posto in Roma; e se non
saremo aiutati e sostenuti dalla vostra autorita suprema e
dalla vostra efficace lenedizione. Di die, con tutto il desiderio
nostro Iramiamo sempre e godiamo di venerare, di se guitar e
e di ascoltare Voi Vicario di Cristo , Voi Sommo Pastore
di tutto il gregge del Signore, Voi Padre di tutti i fedell.
Questa sara la sola voce di tutti quelli, che si aduneranno
nel settembre ad Innsbruck, questa la Irama universale , e
tutti animati da questo 2^nsiero , volendo Dio , difende-
ranno la dottrina e la carita cristiana T. »
1 Itaque post festum Nativitatis Bealissimae Virginis et Matris Mariae
9, 10, 11 et 12 septembris, consentiente et favente Reverendissimo Episcopo
Brixinensi, Vincentio nostro, viri catholic! Oeniponte, quod est caput regionis
tirolensis, congredientur , ut rem catholicam , quantum .Deus dabit et ipsi
possunt, forti animo defendant , erroribus et commentis hominum inanium ,
quae Encyclicis Tuis plena auctoritate notasti et repulisti, ornnino repudiatis,
consilia capiant quae res et tompus postuhnt salutaria, quibus vita ct cha-
DELLE ASSOCIAZIONI CATTOL1CIIE 305
Tale sia la voce di tutte le associazioni cattoliche, che
spuntano di nuovo, tali i sentimenti del loro programma,
su di essi posi il fondainento del loro Statute. Lo spirito di
pronta sommessione alle decision! della Chiesa insegnante
sia cosa tutta lor propria. Questa e una semplice conse-
guenza del primo elemento della vita cattolica. Stantech5
Cristo non abbia detto al teologo, al dotto, allo storico
erudito, a questa od a quella societa siate maestri della
Chiesa, e chi non vi ascolta, non avro in conto di miei
fedeli ; ma lo ha detto ai Vescovi ed al Papa nella persona
degli apostoli e di Pietro. Chi e profondamente accecato
dal proprio orgoglio pub dimenticare questo ordinamento
fondamentale della religione cattolica. Imperversi pure in-
torno alle associazioni il vento delle varie interpretazioni,
date a certi principii dal liberalismo cattolico ; corrano
pure a batterle fieramente al piede i torrenti delle opinion!
rivoluzionarie. Esse appoggiate allo spirito di sommessione,
come su roccia incrollabile si manterranno ferme, e Tazione
delle loro forze operera con mirabile conserto.
Non e solo nelYarmoma delle intelligence, in cui deve
manifestarsi lo spirito, proprio delle associazioni cattoliche.
V ha ancora la concordia delle volonta e la coordmaztone dei
mezzi, elementi del paro essenziali a qualunque societa, nei
quali deve pure risplendere. Ma qui facciamo punto per
non oltrepassare i giusti limiti, proponendoci di parlarne
in altro quaderno.
ritas cntholica, B. Virgine Maria patrocinante, promoveatur. Ingens bellum, ut,
Tu, Beatissime Pater, voce apostolica proclamasti, exortum est contra divinam
revelationem, conira ecclesiain catholicam, contra Sedern Tuam Apostolicarn,
imo contra bonos mores et ipsam charitatera christianam, illain virtutuin om-
nium reginam. Tanto bello sneviente quisque catholicortim miles Christi ost :
at beue recteque militare non poterimus, nisi omni ardore animi cum Sedc
apostolica coniuncti et Petraa illi, quam Deus Romae posuit, uniti, nisi Tua
et auctoritate in terris suprema et benedictione efficaci adiuti et sustentati
erimus. Itaque Te Vicarium Christi, Te summum Pastorem universi dominici
gregis, To Patrem omnium fidelium venerari, sequi, audire'omni semper dc-
siderio cupimus et laetamur . Haec erit una omnium vox, qui Oenipontem
mense septembri convenient, hoc omnium votum, hoc studio animati cuncti
doctrinam et charitatem christianam Deo volente tuebuntur.
Serie VIII. vol. If, fasc. 501. 20 25 aprile 1 871.
IL GIORNALISMO LIBERALE
E
L'INTERVENTO STRANIERO
Noi non dubitavamo punto che il nostro articolo: L'wnita
nazionale e V intervento straniero T, avrebbe destato clamori
nella stampa liberalesca d1 Italia. La nostra previsione si e
avverata. Primo a strillare, contro le cose da noi discorse
in quell' articolo, e stato il Diritto di Firenze, e per6 egli
merita d'essere preferito agli altri nella risposta.
Esso incomincia con uno svarione di Logica, degno di
scudiscio . Egli dice : « La Civilta G'attolica nel suo nu-
mero d' oggi fa appello all1 intervento straniero , perche
I'unita statuale dell' Italia, com'essa la chiama, sia distrutta
e perche Roina sia restituita al Papa 3. » E per provare che
noi facciamo appello all1 intervento straniero, ricorda gli
argomenti , coi quali noi dimostravamo che quell' appello
non e straniero . Di fatto cosi prosegue : « Pel Pontefice
T intervento de1 cattolici , a qualunque nazione apparten-
gano, non e intervento di stranieri ma di figliuoli... Se cio"
che riguarda il Papa (come fu dichiarato da tutti) e affare
internazionale ; hanno diritto le altre nazioni ad occupar-
sene e far valere le loro ragioni eziandio colle armi. ... I
cattolici hanno ragione di considerare Roma come cosa
loro ; e la condizione in essa del Papa come affare, che ad
essi appartiene. II loro intervento, convien persuadersene,
1 Vcdi il fascicolo precedents.
2 Anno XVIII, num. '104.
IL GIORNAL1SMO L1BERALE E L* 1NTERVENTO STRANIERO 307
e domestico, non e straniero. — Tali sono letteralmente le
proposizioni, con cui la Cimlta Cattolica sostiene il suo as-
sunto \ » Quale assunto ? L'appello allo straniero. Ma dolce
Diritto, non v'accorgete che queste son prove da noi recate
per dimostrare Fassunto contrario, cioe che Tappello ai cat-
tolici nella causa del Papa non e appello allo straniero ?
Com' e possibile che non capiate cio che e detto con tanta
chiarezza, e che voi non solamente leggete, ma trascri-
vete 2 ?
Dopo ci6 qual meraviglia che il democratico giornale
per tutta confutazione dei nostri argomenti , ci dica che
quelle nostre parole sono scellerate ed insensate3? A giu-
stificazione della qual villania non reca altra prova da'que-
sta in fuori, che tale e il sentimento di tutta la societa civile
ed illuminata d' Europa. Senonche a penetrare il valore di
1 Luogo citato.
2 Anche MOp'mione e graziosissima sopra un tal punto. Nel rispondere che
essa fa a quel nostro articolo, dice che noi odiamo il principio di non inter-
venfo, perche con esso e stata fatta 1' Italia. « Riconosciamo che ne il Papa,
ne la Cimlta Cattolica hanno torto di fare il broncio alia politica del non
intervento, sotto la cui egida si e costituito il Regno d' Italia (XXIV, nu-
mero 10o). » Tutto il contrario. II regno d' Italia si e costituito colla politica
dell' intervento, cioe coll'aiiito delle anni di Napoleone III. Se pur non vogliamo
dire che il regno d' Italia siasi costituito coll'una e coll'altra politica. Con quella
dell' intervento, quando esso tornava a conto della causa liberalesca ;con quella
del non intervento , quando esso avrebbe potuto nuocerle. Allorche i liberali
annunziano un principio, si errerebbe a credere che essi lo annunziano in senso
assoluto ; essi lo annunziano sempre in senso relative, cioe sotto quell'aspetto
in cui e loro giovevole. Sotto 1'aspetto in cui loro e pregiudiziale, continuano
a sostenerlo colle parole, ma col fatto lo calpestano. Guardate gli insorti di
Parigi, i quali potrebbero considerarsi come il fiore del liberalismo. Essi hanno
continuamente sulla bocca i grandi principii dell' 89: Eguaglianza , liberta>
fraternita. Come li applicano? Imprigionando , saccheggiando, trucidando. E
la logica liberalesca.
3 L' Italic, giornale tutto ligio al Ministero di Firenze, si associa alia
sentenza del Diritto, cosi scrivendo : « Le dernier numero de cette revue (la
Cimlta Cattolica) developpe en effet la these que les catholiques ont le droit
de retablir par la force le pouvoir temporel, car Rome leur appartient en pro-
pre. — Leur intervention est domestique et non etrangere. — Le Diritto: trouve
ces paroles plus insensees que scelerates. Nous croyons que ces epithetes leur
conviennent parfaitement toutes deux. Samedi 45 Avril 1871. »
308 IL GIORNALISMO LIBERALS
siffatta prova convien rammentarsi che i liberal! per societa
civile ed illuminata intendono se medesimi. Fatta la quale
ipotesi, essi argomentano in questo modo : La tal cosa non
piace a noi ; dunque e insensata. La tal altra e nocevole a
noi; dunque e scellerata. La faecenda camminerebbe, come
ognun vede pel verso suo, se non fosse che, supposto, come
ipotesi piu probabile, che la fazione liberalesca sia misera-
mente accecata (per la sua sconoscenza del vero) e strana-
mente incivile (per la sua non curanza del diritto) , si po-
trebbe ritorcere 1'argomento : La tal cosa displace ai liberali;
dunque e sapiente. La tal altra e loro opposta ; dunque £
santa.
Noi non ricusiamo la discussione con chicchessia ;
ma giustamente pretendiamo che le nostre proposizioni
sieno prese nel senso, in cui sono da noi stabilite. Ora noi
neirarticolo, impugnato dal Diritto, per cio che riguarda
1'intervento, affermamrno due cose ben distinte tra loro.
L1 una , che T intervento , eziandio di stranieri , in difesa
dell' innocente assalito, e sempre lecito e talvolta eziandio
doveroso. L' altra, che 1' intervento de' cattolici in difesa del
Papa, non puo riputarsi ne dirsi straniero. Poiche il Diritto
mostra di non aver in niun modo capita la nostra argo-
nientazione, sarabene cacciargliela di bel nuovo sugli occhi.
Noi dimostravamo la prima parte dalla legge di scam-
bievole amore, che stringe tra loro tutti gli uomini, sia che
si riguardino individualmente, sia che raccolti in societa.
L'uomo scorge nel suo simile un altro se, attesa Tidentita
specifica di natura. Quindi il precetto : Ama il tuo prossimo
come te stesso. Dal qual precetto non solo nasce 1'obbliga-
zione di non offendere il prossimo, ma quella altresi di po-
sitivamente aiutarlo. Fa'agli altri, cio che vorresti fatto a
te stesso . Ecco il dovere di beneficenza . II qual dovere
dalla sfera privata delle individue person e, si estende alia
pubblica dei civili consorzii; sottoposti anch'essi alia mede-
sima legge di natura. Questa 5 dotti'ina, che il nativo buon
E L' INTERVENTO ST.RANIERO 809
senso detta ad ognuno, ed e generalmente insegnata da
tufti i sani scrittori di morale e di diritto. « Se la natura
(cosi uno del piii recent!) impose agl' individui di a'marsi
scambievolmente e di volere per gli altri lo stesso bene che
si vuole per se; ci6 a piii forte ragione dee dirsi delle
intere nazioni: le quali rappresentano 1'uomo in modo assai
piii perfetto, non solo per la moltitudine delle persone, onde
constano, ma ancora per gl1 increment! della civilta che
contengono . Laonde esse offrono un subbietto assai piii
degno delle cure della natura, nel quale piii vivamente si
fa sentire 1' esigenza dell1 ordine e con piii imperiosa voce
la legge della ragione esprime i comandi. . . . E poiche i
doveri, che stringono uomo con uomo, non solo sono negati-
vi, cioe vietanti che 1' uno noccia all'altro, ma sono anche
aflfermativi, in quanto comandanodi beneficarsi a vicenda e
soccorrersi ; cio a piu forte ragione ha vigore tra popolo e
popolo... Quindi se accade che un popolo sia dilaniato da
intestina guerra civile , sicche corra a certa rovina, o sia
ingiustamente assalito da alcun prepotente nemico ; Y in-
ternazionale carita comanda che le vicine genti, in quel
modo che possono, gli rechino aiuto, specialmente se egli
stesso lo implora. Nel che fare si provvede anche al pro-
prio-bene; giacche il male e il pericolo dei vicini facil—
mente si propaga nei circostanti. II che vale contro quello
inetto principio del non intervento, che i corrompitori del
diritto naturale, contro ogni ragione, si studiano d' incul-
cate e promuovere. Questo principio, del tutto ripugnante
airamore, che stringe le nazioni tra loro, fu condannato dal
Sommo Pontefice con le seguenti parole : — Non possiamo,
fra le altre cose, astenerci dal deplorare il funesto e per-
nicioso principio, che dicono di non intervento, recentemente
proclamato da alcuni Governi, tollerandolo gli altri, e di
gia applicato, dove trattisi d' ingiusta aggressione di uno
Stato contro di un altro : di guisa cbe sembra quasi san-
cirsi Timpunita e la licenza di assaltare ed usurpare vio-
310 IL GIORNALISMO LIBERALE
lentemente i diritti altrui, le proprieta e le signorie stesse,
contro le leggi divine ed umane (Alloc. del 28 sett. 1860 '. »
II Diritto , se avesse voluto procedere con quella di-
gnita, che si addice a chi rispetta almeno se stesso, avrebbe
dovuto ribattere le ragioni da, noi arrecate, e dimostrare o
che gli uomini non sono stretti Tun verso Taltro da vicen-
devole amore , o che questo amore dalla cerchia privata
non trapassa alia pubblica delle nazioni, o almeno che da
doveri, che inchiude siffatto amore, resta escluso quello di
prestarsi scambievole aiuto contro un ingiusto aggressore.
II Diritto non fa nulla di tutto cio; e solo con urbanita libe-
ralesca ci scaglia sul viso insulti e villanie.
L1 Opinione fa peggio. Stravolge i nostri argomenti .
Essa dice: « Conviene che la Civilta Cattolica, acuta siccome
e, siasi avveduta delle difficolta del suoassunto; perocche
non sapendo su qual principio di pubblico diritto appog-
giarsi , ci parla di gente che ha presa la roba altrui. » Ma
basta dare una leggerissima occhiata a quel nostro articolo
per vedere che quivi, a provare la legittimita delFintervento
nei detti casi, ci appoggiamo al principio di sociale bene-
volenza, che lega tra loro le nazioni, e al diritto di respin-
gere Tingiusta aggressione (vim vi repellere} non solo da
se ma ancora dal prossimo. II qual diritto talvolta si con-
verte in dovere, quando alcuna evidente ragione obbliga
ad accorrere in difesa dell'assalito o dell1 oppresso; come
appunto accade del Pontefice nel caso presente. L'esempio
poi d'una famiglia ingranditasi a via di frodi e di rapine,
era recato da noi per ribattere coloro, che credono carita
patria esortare 1' Italia , o meglio il suo Governo , a star
fermo nei mali acquisti. Noi invitavamo F Opinione a fame
da se medesima T applicazione ; ma essa non ha saputo, o
piuttosto non ha voluto farla; ed ha amato meglio confondere
tra loro i due diversi assunti .
1 Istituzioni di Etica e Diritto naturale di M. Liberatore D. C. D. G.
Traduzione di G. L. riveduta dall'Autore. Parte terza Diritto internazionale
pa-. 376, 380, 381.
E L* INTERVENTO STRANIERO 311
L'amore per la confusione lo fa uscire altresi in queste
sentenze: « La politica del non intervento e fondata sul
rispetto dell1 autonomia nazionale; quella dell1 intervento
ha per base la solidarieta del dispotismo. » Qui prende per
intervento Fingerirsi negli affari puramente interni d'una
nazione. In tal senso niuno ha mai sognato che I1 intervento
fosse legittimo ; come non e legittima 1' intromettenza dello
Stato negli affari meramente domestici delle famiglie. Ma
qui non si tratta di questo, ne questo s^ntende per inter-
vento. Per intervento, secondo che qui si disputa, s^ntende
I1 accorrere di uno Stato in difesa di un altro Stato, ingiu-
stamente assalito ; o I1 accorrere di una nazione a salvare
una parte di altra nazione , iniquamente straziata dall1 altra;
o I1 accorrere degl1 interessati in un diritto comune, a soste-
nerlo e ristabilirlo contro la violenza di perfidi usurpatori.
Cosi intesa la quistione, risulta chiaro che la politica del
non intervento si risolve nel rispetto, non dell1 autonomia
nazionale, ma dell1 assassinio; quella dell1 intervento nella
solidarieta, non del despotismo , ma del diritto. Quindi
s'intende perche la Civilta Cattolica sostiene questa e ri-
getta quella; e per contrario I1 Opinione co^uoi consorti
sostiene quella e rigetta questa. Ma torniamo al Diritto.
II medesimo tenore, d1 inveire villanamente, egli serba,
rispetto all1 altra parte della nostra tesi, nella quale dimo-
stravamo che I1 intervento de1 cattolici nell1 affare di Roma
non e straniero. Egli risponde con una invereconda ingiuria
ai Romani Pontefici , in questi termini : « Parlando (la Cimlth
cattolica] di quei Papi di esecrata memoria, che diedero tante
volte I1 Italia in braccio allo straniero, cosi li(difende : I Pon-
tefici cosi facendo (cioe invocando le armi or della Francia,
or dell1 Austria, or di tutti insieme i regni delle Cristianita)
non solo usarono un loro diritto respingendo colla forza di
devoti figliuoli la violenza parricida di altri figliuoli dege-
neri; non solo adempirono un loro dovere, usando i mezzi
che Iddio avea posto lor nelle mani, per la difesa di ci6
che erano obbligati a tutelare ; ma salvando Vindvpendenza
312 IL GIORNALISMO LIBERALE
politico, del Pontefice, salvarono Tindipendenza della Chiesa,
e pero la liberta e la civilta stessa del mondo. » Ma perche
non confutare tutto questo tratto: mostrando o che lo spo-
gliare i Papi dei loro diritti non e violenza parricida ; o
che tal violenza non dee respingersi (non potendo altrimenti)
colla forza; o che i Papi non hanno obbligo di tutelare i
diritti del Pontificate , loro affidati ; o che avendo tal ob-
bligo non son tenuti ad adoperare i mezzi, di cui dispon-
gono; o che Tindipendenza politica dei Papi non e neces-
saria all'indipendenza della Chiesa; o che questa indipen-
denza della Chiesa non sia un interesse d1 ordine supremo,
che dee prevalere ad ogni altro interesse; o che non sia
necessaria alia liberta delle coscienze cattoliche e della ci-
vilta verace dei popoli? In cambio di tutto cio, il Diritto si
contenta di dire che i Papi , i quali adempirono quel loro
dovere, furono di esecrata memoria. Colla quale bestemmia
egli da novella prova della sua empieta; giacche ben cin-
que di quei Pontefici furono dalla Chiesa esaltati agli onori
degli altari, e gli altri tutti son rimasi presso lei in memo-
ria di benedizione. Ma i liberali avendo, come dicemmo, per
distintivo il dire lonum malum et malum lonum, son tenuti
ad esecrare qtiello appunto che e piu venerando; e se si do-
vesse pigliar norma dalla loro esecrazione, niente di buono
resterebbe nel mondo, non escluso lo stesso Dio. Esecrino
pertanto a loro posta ; i cattolici per F opposto nell' opera
di quei Pontefici riconoscono Tuso legittimo di un diritto,
confermato non solo dalla voce della natura, ma dall'auto-
rita stessa di Dio. E vaglia il vero , tanto S. Gregorio II,
e S. Gregorio III nel loro ricorso a Carlo Martello contro
gli assalti di Luitprando , tanto Stefano II e suo fratello
Papa S. Paolo nel loro ricorso a Pipino e a' suoi figliuoli
Carlo e Carlomanno, contro gli assalti di Astolfo,quanto Papa
Adriano nel suo ricorso a Carlomagno contro gli assalti di
Desiderio, rappresentano Taiuto armato in difesa della So-
vranita temporale della S. Sede come azione santa, voluta
da Dio e meritoria di vita eterna. Or una siffatta dichiara-
E L'INTERVENTO STRANIERO 313
zione de1 Romani Pontefici non pub in alcun modo andar
soggetta ad errore ; siccome quella, che riguarda i costumi
ed ammaestra i fedeli intorno a doveri e diritti ; nel che i
Romani Pontefici per assistenza divina sono infallibili.
Noi non ci meravigliamo che il Diritto, da buon incre-
dulo, non siasi curato di questo argornento, che pei cre-
denti e perentorio; ma ben ci fa meraviglia che egli abbia
posto in non cale quello, che non pu6 trascurarsi neppure
dai pari suoi, vale a dire 1' argomento, da noi fatto, ad ho-
minem, traendolo dalla confessione stessa del Governo di
Firenze. Questo Governo ha confessato e solennemente di-
chiarato, che la questione, riguardante il Papa, e quistione
internazionale. Ora in una quistione internazionale gli Stati
interessati han certamente diritto d' intervenire, e d'inter-
venire eziandio colle armi , quando T ingiusta ostinazione
d'una delle parti a cio li costringa. Questo e quello, che noi
dicevamo. Or pu6 il Diritto rifiutare cio? E se il pu6, quali
sono le ragioni a cui si appoggia? Egli invece ama di ret-
toricare e declamare , inveendo contro la setta gesuitica,
ed invocando il coltello. « Guerra al coltello. La nuova Italia
deve cadere, perche F indipendenza politica della Chiesa e
creduta necessaria dai santi padri del Gesuitismo. » Ed af-
finche all1 eloquente diceria non manchi altresi la parte pa-
tetica, apostrofa cosi pietosamente gl'Italiani. « E voi tutti,
cittadini operosi che sperate coll' onesto lavoro e colla vita
intemerata di onorare il vostro paese e di assicurare la
quiete e il ben essere delle vostre famiglie, siete avvertiti :
la vostra terra e maledetta, i vostri figli , i vostri fratelli
saranno dispersi ; soldati stranieri calpesteranno i vostri
canxpi , distruggeranno i vostri opificii , assassineranno le
vostre donne, a maggior gloria di Dio e del Pontificate
romano '. » Che finimondo! Si tratta qui certamente di un
nuovo Alarico o di un nuovo Attila, che scenda sulle nostre
contrade! Ma non s'accorge il dabben Diritto che egli, con
queste ampollose perorazioni, si rende ridicolo? Mettiamo
1 Ivi.
314 1L GIORNAL1SMO LIBERALE
un po' d1 ordine in questa scompigliata farragine d'insulse
parole.
Da prima il Diritto in questa faccenda dell' indipen-
denza politica del Papa non vede altro che Gesuiti . Ma,,
diteci di grazia, son forse Gesuiti quei milioni di catto-
lici, che in tutte le parti non solo delFEuropa ma del
mondo, fanno proteste contro T usurpazione degli Stati del
Papa, e sottoscrivono indirizzi ai loro Governi invitandoli
a vendicarla ? Son composte di Gesuiti quelle Deputazioni,
inviate al Pontefice dalla Germania, dalF Austria, dal Bel-
gio, dall'Inghilterra a recitarvi sul muso la sentenza con-
dannatrice delle vostre usurpazioni ? E per parlare dei soli
romani , son forse Gesuiti quegl' impiegati , che si dimisero
in massa piuttosto che riconoscere il nuovo Governo? Son
Gesuiti quei militari, che tranne rarissimi, preferirono Tin-
digenza alia defezione? E son nomi di Gesuiti quelli di
quasi tutta la nobilta romana, che leggiamo si di frequente
sopra i .giornali in copiosissime liste in attestato di amore
alPapa e di detestazione de'suoi spogliatori? Lo stesso dite
dei numerosi stuoli di cittadini, appartenenti ad ogni classe,
che giornalmente si recano alia dimora pontificia per si-
gniiicare al loro Sovrano i sensi della loro inalterable
fedelta1.
In secondo luogo, voi, o Diritto, inenzionate il coltello.
Ma che entra qui il coltello ? Combattono forse con esso
gli eserciti? Con talmenzione, v'intendiamo, voi accennate
a una minaccia per parte dei vostri consorti. Ma con cio
venite sempre piu a chiarire che i liberali sono ben lungi
da quella civilta e onoratezza, che vorrebbero dare ad in-
tendere. II coltello eTarma degli assassini.Pei liberali adun-
que non ci e via di mezzo: essi dichiarano che il loro esercizio
dev'essere o la dominazione o Tassassinio. Hanno dunque
1 Cio valga di risposta altresi aH'Opmione, la quale, se spropositasse per
ignoranza e non per malizia, potrebbe^da questo solo intendere come pensa il
vero popolo romano. E che resta di un popolo, se voi ne eccettuate 1' intero
clero , la nobilta, la rnilizia, la borghesia ? Restano, direte, gli operai e i pic-
coli commercianti. Ma quest! altresi nella loro gran maggioranza maledicono
i nuovi venuti, parte per coscienza e parte per interesse.
E L'INTERVENTO STRANIERO 315
ragione i cattolici a crederli peggiori dei Longobardi e dei
Musulmani. Quanto poi alia buffonesca apostrofe, colla quale
ci dipengete dispersione di uomini , sgozzamento di donne,
distruggimento di opificii, nel caso di ristorazione del poter
temporale per le armi cattoliche, saremmo curiosi di sapere
perche non vi ricorse all1 animo una simile dipintura, quando
trattossi di chiamare in Italia gli eserciti di Napoleone III
per fare il beatissimo Regno?Non temeste allorachele donne
venissero assassinate , gli uomini dispersi , gli opificii ma-
nomessi , calpestate le messi, e gli operosi cittadini impe-
diti dal procurare il ben essere delleloro famiglie coll'one-
sto lavoro, e colla vita intemerata? Di tutti questi mali
non ci fii in quel caso ombra di pericolo, in quest1 altro ci
sarebbe certezza. Perche tal differenza ? La ragione e chia-
rissima: allora trattavasi di favorire la causa liberalesca,
adesso quella del Cattolicismo. Siamo intesi. Ma almeno
un po1 di pudore avrebbe dovuto vietarvi il far menzione di
vita intemerata , di ben essere delle famiglie mediante
I1 onesto lavoro, di assicurazione di quiete e di onore del
paese! Attribuendo tali cose al beatissimo vostro Regno, voi
evidentemente mostrate di beffarvi dei vostri lettori. Vita
intemerata! Ma non si fa oggidi in Italia ogni opera affin di
spegnere nel petto dei cittadini ogni sentimento di virtu
e di religione, ed aprire ogni via alia corruttela e pravita
de1 costumi ? Ben essere delle famiglie ! E non avete voi col-
renormita delle tasse e dei balzelli ammiserita ogni classe
della nazione, e stremato in mano dell1 operaio perfino il
tozzo , die egli si ha procacciato col sudor della fronte ?
Quiete cittadinesca ! Vi rispondano, se non fosse altro, le
sole Romagne ; dove voi stessi siete costretti a narrare che
perfino la vita dei cittadini e alia discrezion del pugnale.
Non parliamo poi dell1 onore del paese ; il quale, sotto la
slealta e perfidia liberalesca, e divenuto oggimai favola
delle genti. Ben altro era I1 Italia sotto il governo de^uoi
legittimi Principi.
II Diritto conchiude con una spavalderia contro la
Francia. « Se ai figli di S. Luigi , egli dice, prendesse
316 1L G10RKALISMO L1BERALE
vaghezza di ritentare una nuova Crociata, non trovereb-
bero la vecchia Italia, divisa, disarmata , lacerata dalle
fazioni; ma bensi una nazione giovane e vigorosa, dispo-
sta ad affrontare qualunque cimento per mantenere la
sua unita, la sua indipendenza, e la sua liberta T . » II Di-
ritto ha dimenticato troppo presto gli allori di Custoza
e di Lissa, quando F Italia dei liberali non era ne vecchia,
ne divisa, e molto meno disarmata. Ha dimenticato altresi
il fremito delle province meridionali , non potuto finora
attutarsi con dieci anni di feroce compressione, e che ri-
vela T ostinata ritrosia di quei popoli ad una tirannide
innaturale e distruggitrice d1 ogni loro prosperita e gran-
dezza . Ma che province meridionali ! Oggimai tutte le
parti della Penisola sono stanche del giogo, imposto loro
colla frode e colla violenza.
Laonde il Diritto, se avesse senno, in cambio di rabbuffi,
avrebbe dovuto darci lode, per quel nostro articolo, in cui
dissipavamo T equivoco di coloro , che con grave pregiu-
dizio della nostra Italia, confondono I1 unita di nazione con
1' unita di Stato ; e mostravamo nel suo verace aspetto
T intervento de' cattolici, che la cecita liberalesca, non il
desiderio dei cattolici, ha reso inevitable con T occupa-
zione di Roma. Che cosa e piu giovevole? Scioccamente
cullarsi in folle sicurezza; o niirare in faccia e ravvisare a
tempo tin pericolo , che sovrasta? Or egli e certo , non
giova illudersi , che V intervento per la ristorazione del
poter temporale de'Papi ci dovra essere. Potra tardare di
mesi e, se volete, anche di anni, ma non manchera. Non
intendiamo punto esprimere voti illegali, ma affermare un
giudizio che e comune a tutti i politici piu profondi, e si
e esposto altresi con libere parole da varii deputati nella
Camera, e da molti giornali liberaleschi. 0 crede il Dintto
che i cattolici di tutto il mondo vorran contentarsi di tol-
lerare in pace la servitu del loro Pontefice e Tabbassamento
della loro religione, pei begli occhi dell1 Italia rivoluzio-
naria? Qual sia la disposizione dei loro animi ben lo dimostra
E L' INTERVENTO STRANIERO 317
I'universale commovimento, che si e destato dappertutto, e
invece di scemare ingigantisce ogni di. E tuttavia non si son
ancora veduti pienamente gli effetti della invasione e sconsa-
crazione diRoma. Siamo appena sugl'inizii. Che sara quando
Tintero programma liberalesco sara eseguito? Quando col
trasporto della Capitale , la prigionia morale del Papa sara
resa piu dura? Quando si saranno incamerati tutti i beni
ecclesiastici; soppressi tutti gli Ordini religiosi; i Cardinal!
e i Prelati della Chiesa assoggettati alia giurisdizione laica;
cresciuta la baldanza degli empii; diffusa sempre piu Tedu-
cazione e Fistruzione razionalistica; impedito il libero svolgi-
mento in Roma degP istituti delle diverse nazioni cattoliche?
e andate voi discorrendo di tutto il resto . Allora a qual
grido salira T indignazione universale del mondo cattolico?
II Diritto e T Opinions si consolano e vanno in giollto,
perche al presente non veggono quale degli Stati europei
sia in grado di recar soccorso al Papato ; e ci rimproverano
di non conoscere la storia contemporanea. Ma a noi sembra
assai peggio il non conoscere la storia del passato. Quante
volte i Papi si son veduti derelitti d'ogni appoggio terreno?
Con tutto ci6 la lor dinastia, se cosi piace chiamarla, si e
perpetuata nel regno per dodici secolu 0 e forse piu dispe-
rata la condizione di Pio IX di quello che fosse la condizione
di Pio VII, sotto Napoleone I? Eppure sappiamo la mutazione
che avvenne in un girar di ciglio. 6 troppa infelice la sicu-
rezza di un giorno, quando si ha contro di se T ineluttabile
forza di una necessita assoluta. Or il poter temporale de'Papi
e appunto di necessita assoluta, e sorge dall1 intrinseca na-
tura, non alterabile del Papato. I Papi in Roma non possono
altrimenti essere, che sovrani davvero, e non da burla.
Ma il Diritto ripiglia: per restituire Roma al Papa, con-
verrebbe disfare 1' Italia. Che volete che vi rispondiamo? Se
la cosa sta propriamente in questi termini, noi,.senza
emetter voti che la legge ci vieta di esprimere, dimande-
remo semplicemente : fi forse nostra la colpa d1 esservi
costituiti in questa fatale esigenza? Chi e causa del suo
iaal, pianga se stesso.
RIVISTA
DELLA
STAMPA ITALIANA
I.
Deusdedit presbyteri Cardinalis, tituli Apostolorum in Eudoxia,
. Collectio Canonum e codice vaticano edita a Pio Martinucci,
praefeclo allero Bibliothecae vatican'ae. Venetiis, ex tipographia
yEmiliana MDCCCLXIX. Un volume in 8° di pag. XIX, 520.
I vantaggi, che gli studiosi di cose sacre possono ricavare dalle
collezioni dei canoni , non sono di piccol numero , ne di poca im-
portanza. Fra i quali ci giova nominare: 1°!' intima conoscenza, che
da tale studio si acquista intorno al saldo organamento di quella gran
macchina sociale, che e la Chiesa, ed il progresso della via, battuta
dalla medesima attraverso i secoli : 2° il lume non dubbio , che se
ne trae per disciorre i nodi d' intralciati avvenimenti, o per ravvi-
sare la dirittura di altri malamente riferiti e peggio giudieati: 3° i
validi argomenti, che se ne soglion dedurre in prova della medesi-
mezza dei principii , conservata dalla Chiesa nella sua costituzione ,
contro chi le rinfaccia il reato della mutabilita per colpa dell'ambizione
e dell' interesse de'suoi reggitori. Tre vantaggi, nell'ordine scientifico,
storico e polemico, che basterebbono di per se soli, come ognun vede, a
dimostrare 1'alta importanza delle collezioni dei canoni per gli studiosi.
Se non che cotesti ed altri vantaggi erano rimasti infino ai
nostri giorni storpiati non poco, stante la mancanza di un bel gruppo
di collezioni non ancora pubblicate per la stampa, ma giacenti tra
i codici delle biblioteche. Questo prezioso anello della serie era com-
posto delle lodatissime collezioni di S. Anselmo Incense, del Bonizzone
e del Cardinale Deusdedit, appartenenti allo scorcio del secolo XI, e
RIVISTA DELLA STAMPA ITALIANA 319
del prete Gregorio e del Cardinale Laborante, spettanti al secolo XII.
Vero e, che non giacevano sconosciute, anzi erano state studiate a
quando a quando, piu o meno profondamente, da insigni eruditi, e
se ne aveano e saggi ed utile non poco : ma questo appunto era la
cagione, onde grandemente invogliatosene il comune degli studiosi
ne bramava una fedele pubblicazione. II chiarissimo Mons. Martinucci
i'ha soddisfatto in parte: perche messo mano all' opera trasse dai
codici vaticani la collezione dei canoni, composta dal Cardinale Deus-
dedit, e ne procure la stampa, mandandole innanzi una breve e suc-
cosa prefazione. Nel che ebbe la ventura, che al pregio del libro fosse
congiunto quello dei tipi e della correzione, merce la diligente opera
della tipografia emiliana. Salutata con animo gratissimo la comparsa
di tal collezione, e datone 1'annunzio bibliografico, abbiamo promesso
di parlarne in particolare. Ora il facciamo assai di buon grado: tanto
piu, che confrontati i tempi, in cui scrisse il Cardinale Deusdedit
coi nostri, v' incontriamo una grande somiglianza di circostanze.
Qual fosse la patria, quale il casato del Cardinale Deusdedit 6
cosa incerta. II Cardella lo fa nato nella Germania inferiore, e di la
capitato a Roma l : ma non ne arreca alcun documento in prova. Fiori
a' tempi di Papa Gregorio VII, di Vittore III e di Urbano II. Rotta
dall' imperatore Federico asprissima guerra alia S. Sede, egli stette
con questa, e la servi coll'opera e con la penna 2. Creato Cardinale,
secondo il Ciacconio 3, da Papa Gregorio VII col titolo di S. Pietro
in VinculiS; indi retta per doaici anni, secondo il Grimaldi, la- Ba-
silica vaticana in qualita di Arciprete, e sostenuta, come vuole il
Cardella, la legazione di Spagna, o meglio ito in Germania, vi mori
nel 1098, o nel 1099. Giacche nell'ottobre appunto di quest'anno una
Bolla di Papa Pasquale II ci da il titolo di S. Pietro in Vinculis
non piu come tenuto dal nostro Cardinale, ma da un certo Alberico.
Detto alcun che dell'autore, veniamo al libro. La occasione del
comporlo venne dalla fiera lotta, che ardea tra la Chiesa e 1' impero.
Rinnegato il fine della sua costituzione , avea questo manomessi i
beni ecclesiastici, conculcati i diritti spirituali piu sacri ed occupate
le terre appartenenti al dominio temporale della Santa Sede. E sic-
come non v'e uomo si nequitoso, il quale non brami dar aria di
onesta alle sue opere piu scellerate ; cosi 1' imperator Federico avea
procurato di avere al psoprio soldo ingegni e penne, tutte acconce al
suo bisogno. Contro gli scritti di cotesta genia vendereccia il Cardi-
1 Memorie storiche de'Cardinaii della santa Romana Chiesa. — Cardinali di S. Gre-
gorio VII.
1 Cf. Baronium ad ann. 1059, 1080, 1081.
' Vitae et res gestae Romanorum Pontificum et S. R. E. Cardinalium vol. I — Gre-
gorius VII.
320 RIVISTA
nale Deusdedit compose e pubblico due opere , la prima col titolo :
Collectio canonum, sedendo Papa Vittore III, a cui la dedico; la
seconda con quello di Libellus contra invasores et simoniacos et
rcliquos scismaticos , sotto Papa Urbano II. Un paio di volumi , i
quali non solo meritaronsi le piii alte lodi dei contemporanei , ma
ancora degli uomini piu eruditi dei tempi posteriori inlino a noi.
Quanto alia Collezione di cui parliamo, essa e rammentata da
Pandolfo Pisano, dall'Anonimo Melicense e da Bernardo da Pavia. E
lodata grandemente dal Baluzio e dal Turriano, ed il Baronio la giudica
utilissima alia Chiesa 1. II Piteo le rivendica il pregio della origina-
lita, contro chi diceala un compendio del Burcardo 2. Alberto Fabrizio
ne fa memoria con grande stima, tanto nella sua Biblioteca greca,
quanto nella latino,, e si mostra forte maravigliato che il Roccaberti
non 1'abbia posta nella sua Biblioleca pontiftcia. Le quali lodi sono
confermate e dai romani correttori del Graziano, che se ne giovarono
nel condurre il loro strenuo lavoro 3, e dall'Holstenio, che ne trasse
parecchi documenti inediti, dei quali arricchi la sua Collezione ro-
mana 4, e dallo Zaccaria, che si valse pure di molti di essi per rischia-
rare alcuni punti storici, intorbidati dalla mala fede dei nemici della
Chiesa 5. II primo a dare una distinta cognizione delle due opere del
Cardinale Deusdedit fu Antonio Agostino 6, ed i primi a scrivere di
proposito intorno alia Collezione dei Canoni ed a farcela conoscere
tale qua!' e, furono gli eruditissimi Ballerini di Verona, i quali stu-
diandola vi rinvennero nuovi documenti non veduti o trascurati dal-
1' Holstenio 7. Contuttocio cotesta Collezione e miniera si ricca, che
il Mai, dopo aver menzionati gli scrittori che ne aveano fatto lor pro ,
conchiude: Quae cum ita se habeant multo lamen plum in prae-
dicto doctissimi Cardinalis codice adhuc supersunt, quae vel meam,
vel cuiusvis demum industriam ut divulgenlur , expectant 8.
1 Hoc anno, vivente adhuc Victore Papa, Deusdedit presbyter Cardinalis tituli Eu-
doxiae, commentarium elaboravit, his temporibus opportunum, pro Ecclesia oatholica contra
.schismaticos, quern et dedicavit Victori Papae. Extat eiusmodi lucubratio, tanto viro digna,
in vaticana Bibliotheca, CoUectio Canonum nuncupata. Ad aun. 1087, n. 22.
* Hunc quidam Burcardi breviatorem dixerunt: male. Vidimus aliquando exemplar
iiuius Collectionis in Bibliotheca Dominicanorum Valentini quatuor in libros distinctum,
eontiuens multa ex Rom. Ecclesiae scriniis, quae Burchardus non viderat. Cf. Histor. iur.
c-an. II. 273.
1 Cf. Praefat.
Collectio Romana bipartita veterum aliquot historiae ecclesiasticae monumento-
rum etc.
* De rebus ad historian* atque antiquitates Ecclesiae pertinentibus. Vol. II, Diss. X,
De Patrimoniis fc>. R. E.
De quibusdam veteribus canonum ecclesiasticorum collectoribus iudicium ac cen-
fiura, c. 28.
7 Disquisitiones de antiquis colloctionibus et collectoribus canonum. P. IV, c. XIV
8 I.oc. cit.
DELLA STAMPA ITALIANA
Tale e la stima ed i giudizii portati dai dotti in favore della
Collezione del Cardinale Deusdedit. II codice, da cui fu tratta, e
palimpsesto, il quale contenea un Capitolare degli Evangeli, come
appare dalle vestigia rimastevi dell'antica scrittura. A capo di esso
leggonsi quattro annotazioni : le due prime risguardano i sinodi ge-
nerali, la terza i particolari, la quarta le decretali primitive. Alle
quattro annotazioni tien dietro il catalogo dei Romani Pontefici da
S. Pietro a Pasquale II: indi viene la lettera, con che il Cardinale
Deusdedit intitola 1' opera sua a Papa Vittore III. Questa dedica ci
discopre il tempo, in cui dovette oomporsi la Collezione. Imperocche
essendo stato Yittore HI creato Papa nel maggio del 1086, e spento
per morte nel settembre dell'anno seguente, e chiaro, che essa e da
giudicarsi, al piu tardi, per lavoro pubblicato nel 1087. Pretermesse
le annotazioni ed il catalogo dei Papi, siccome opera di altra penna, la
edizione del chiarissimoMgr. Martinucci incomincia dalla lettera citata.
Circa il pregio del codice i giudizii non sono d'accordo. 11 Car-
dinal Mai gli da la insigne lode di praestantissimus 3 e lo fa coi
Ballerini coevo all'autore della Collezione. II chiarissimo editore non
conviene pienamente in tale sentenza. Non in cio che tocca la qualita
datagli di praestantissimus, e perche di lettura assai difficile, come
mostra il fac-simile cavatone; e perche seminato di errori, come prova
la stampa del libro, conforme in tutto al manoscritto. Non in cio che
spetta alia eta del medesimo: perche il catalogo dei Papi, messo in-
nanzi alia Collezione, finendo in Pasquale II vivente, creato Papa
1'agosto del 1099 e morto nel 1118, ne segue, che 1'amanuense di
poca lettera e di cattiva mano dovesse copiarlo tra 1'agosto del 1099
ed il 1118, che e quanto dire dopo la morte dell'autore della Col-
lezione. Checche ne sia della bonta e del tempo del codice, il fatto si e,
die il contenutovi fu lavoro di un grande uomo e stimatissimo presso
il fiore degli eruditi, come abbiamo veduto.
II quale giudizio e validamente fondato nei pregi della tratta-
zione. Difatto quanto alia materia, questa non puo essere piu capitale.
Quattro sono i punti presi di mira, e svolti in quattro libri. Lo stesso
autore nella dedica a Papa Vittore III ce gl' indica , notando tutto
insieme il rapporto che 1'uno ha coH'altro. « II primo libro, egli scrive,
contienc il privilegio dell'autorita , inerente alia Chiesa romana . E
siccome la Chiesa non puo sussistere senza il suo clero, ne il clero
senza le cose di che vive temporalmente; cosi misi dopo il primo il
secondo, che tratta del clero, e .il terzo, che si versa intorno alle cose
della stessa Chiesa romana. Ma la podesta del secolo si sforza a tut-
t'uomo di rendersi mancipia la Chiesa; quindi nel quarto in modo
particolare si prova la liberta della Chiesa, del clero e delle cose
Serie VIII. vol. II, fasc. 501.
27 aprite 1871.
32*2 R i VISTA
temporal! appartenenti allo stesso ». A tanta gravita di soggetto cor-
risponde la gravita della trattazione. Giacche intorno al primato ed
alia podesta della Chiesa romana spese dugento cinquantuno titoli o
capitoli, sul clero centotrentadue, per le cose della Chiesa centocin-
quantanove, e circa la liberta della Chiesa, del clero e di ci6 che gli
spetta nell'ordine temporale censessantadue.
Correa a' suoi tempi lo scritto del Pseudo-Isidoro. Ma egli non si
lascio gran fatto adescare a tale autorita. Che se pure la segui in
alcun luogo, la cosa relativamente al tutto e si poca da non doversi
curare. I fonti da cui il valente Cardinale attinse le sue prove, sono
sinceri, e ne abbiamo dalla sua penna questa savia ragione : « Ho
adoperato tutto lo studio, perche le cose quivi raccolte fossero d' in-
terissima autorita , assai bene conoscendo , che insieme con quelli ,
a cui torncranno gradite, non mancheranno quelli a cui sapranno
di agro ». E percio gli argomenti, che egli porta, sono tratti o dalla
Scrittura, o dai canoni dei Concilii, o dalle autorita dei Pontefici o
da storie sincere, o dai document! autentici, che si conservavano nel-
1'archivio della Basilica lateranense, di cui si valse largamente e il
meglio che pote. Yolete vedere a qual segno montava la sua diligenza
nel riferire il senso veridico dei document!? Eccovi un esempio. Tre
sono le antiche versioni latine dei canoni dei Concilii tenuti in Grecia:
Isidoriana, Prisca e Dionisiana. Accade, che le parole dell'una non
si accordino con quelle dell'altra, benche nel fondo il senso sia lo
stesso. II Cardinale Deusdedit incontrando tale discordia nei canoni,
che dovea citare, non tiensi pago di aver recato il canone di una
versione, mavi soggiunge all'uopoanchequello dell'altra, che variava.
L' importantissimo canone VI del Concilio I niceno ne sia la prova
dataci nella forma della Prisca e della Dionisiana.
Ne pensi alcuno, che un libro di sacri canoni, raccolti ed ordi-
nati per gli uomini del secolo undecimo, non sia di alcun utile per
quelli del secolo decimonono. Nihil sub sole novum. Gli error! e le
lotte sorte nella Chiesa di quel tempo hanno molta somiglianza agli
errori ed alle lotte del nostro. Le rabbiose favelle del febronianismo,
del giansenismo, del regalismo e del gallicanismo in comunella col
liberalismo, fatte sentire contro I' autorita pontificia dalle penne di al-
cuni scrittori, durante 1' interrotto Concilio vaticano, non sono gran fatto
diverse da quelle, che si udivano dagli scismatici e dagli imperialisti
del secolo undecimo. Leggete il libro primo della Collezione, di cui
parliamo, e incontrerete un cumulo di autorita, con che schiacciare i
detrattori dei diritti divkii della S. Sede, o 1'audacia di chi vorrebbe
comechessia diminuito il potere sovrano del Pontefice, sia nel reg-
gimento della Chiesa universale , sia nelle decision! delle controver-
sie, sia nelle condanne, sia nella promulgazione ed imposizione delle
DELLA STAMPA ITALIANA
323
leggi. Hanno un bel che dire i liberal! e contro I'Enciclica: Quanta
cura ed il Sillabo. Ma la teorica, che il Card. Deusdedit togliedalla
tradizione della Chiesa e pone nel libro I e IV, batte qua : tutti i
cattolici debbono soggettarsi alle dottrine ed alle sentenze pronunziate
dal Papa in quanto capo della Chiesa. Non lo fanno? Peggio per
essi: rifmtandole scientemente, indarno si stimano di appartenere alia
vera Chiesa. Circa poi i reggitori della societa e detto e provato con tre
capitoli: Quod saeculi potestas praecipue a beati Petri sede ea, quae
vera sunt debet cognoscere. Figuratevi, che in tali capitoli si tratta
esplicitamente: De obedientia eiusdem (saeculi potestatis) erga eam-
dem (beati Pelri sedem); De reverentia etc. Se v'ebbe tempo, in cui
con grande spaccio di legalita furono condannati allo sperpero i beni
ecclesiastic! e cancellato il diritto di possedere nella Chiesa, e senza
fallo il presente. Leggansi su questo punto i libri III e IV : la lettura
non sara cosa inutile in ordine alia polemica e per questo capo di
quistioni e per altri affini.
Un errore si e fitto in capo di alcuni studiosi, tuttoche e'siano
di buona volonta, cagionato dagli scritti febbroniani e gallicani, il
quale e che il reggimento della Chiesa abbia patito sostanziali mu-
tazioni nel medio evo, per colpa dei documents falsati o interpolati del
Pseudo-Isidoro. Chi ne fosse tocco si faccia a studiar un poco attenta-
mente quelli del Deusdedit, dai quali rilevando facilmente, che nel
medio evo i Papi e la Chiesa tutta reggevasi secondo i principii e
le disposizioni dei Concilii anteriori, rimarra di leggeri convinto, che
come non ebbe mutamenti quello adopcratosi nel medio evo , cosi
non li ricevette il presente.
II P. Zaccaria, merce le schede, lasciate in morte dall'llolstenio,
ed il suo studio particolare, raccolse tanti e si preziosi document! dei
Papi Gelasio e Pelagio I, conservatici dal Card. Deusdedit, che sciolse
storicamente la quistione dei patrimonii posseduti ab antico dalla
Chiesa romana. II Baronio collo studio della stessa Collezione pote
chiarire i rei fatti degli scismatici a' tempi di Papa Gregorio YII e dei
seguenti, ed a far nota la loro mala fede nel falsificare il decreto di
Papa Nicolo II circa la elezione dei Pontefici. Chi si fara a studiarvi
la maniera del reggimento della Chiesa di quei tempi, conoscera quali
erano i regni dell'Europa, datisi in protezione alia Sede apostolica, e
cio che importavano i giuramenti di vassallaggio, fatti dai medesimi,
e i diritti su cui i Pontefici s' intromettevano nelle cose politiche, or
deponendo, or raflermando, or rampognando i principi. I rimproveri
fatti ai Papi di ambizione, d' interesse o di altro, per quello che
hanno operate coi principi e coi re, considerati al lume della storia, non
sono che misere calunnie, fondate su la ignoranza e su la mala fede.
324 Rl VISTA
Quest! ed altri saranno i vantaggi, che lo studioso della Collezione
del Card. Deusdedit potra raccorre, sia per la conoscenza dell'ordi-
namento della Chiesa, sia per la polemica religiosa, sia per la storia.
II.
77 Clero cattolico e la Civilta, per N. C. MARISCOTTI. Volume terzo.
Modena, tipografia dell'Immacolata Concezione editrice, 1868.
Un volume in 4° di pag. 928.
Questo volume fu cominciato a stampare nel 1868, ed e stata
terminate nell'anno che corre. Con esso 1'egregio Conte Mariscotti ha
dato compimento ad un' opera, la quale rimarra monumento dello
zelo, ond'egli ha cercato di giovare alia presente societa nel miglior
modo che e possibile; cioe dichiarando le soprannaturali eccellenze
della vera Religione, e le divine prerogative della Chiesa cattolica,
la quale custodisce e propaga la Religione medesima per mezzo del
suo Clero. Rimandiamo i nostri lettori al volume X deila sesta serie
del nostro periodico, pag. 209 e seg., ed al volume V della settima
serie, pag. 704 e seg., ove demmo un cenno e lodammo, secondo il
merito, i due volumi precedent!; e venendo senz'altro a questo ul-
timo volume, recentemente pubblicato, diciamo innanzi tratto, che ad
esso compete piu propriamente quel titolo generale: II Clero catto-
lico e la Civiltd, che il ch. Autore ha voluto dare a tutta 1' opera.
Negli altri due volumi 1'assunto e svolto, per cosi dire soltanto nei
suoi fondamenti e nei suoi principii; poiche ivi si tratta delle verita
fondamentali della Religione cristiana, si stabilisce la verita del Cri-
stianesimo medesimo, e se ne determina la forma, che e unicamente
la Chiesa cattolica; laddove il terzo volume, discendendo in certo modo
dalla teorica alia pratica, e tutto in rappresentare 1'azione del Clero
cattolico, e nel dimostrare come per 1'efficacia della vera Religione
esso e il fattore, Teducatore e il conservatore della vera civilta.
Chi prende a magniticare la dottrina cattolica, e quindi il Clero
della vera Chiesa di Gesu Cristo, per questo capo, cioe per esser 1'una
fonte e 1'altro strumento di civilta, si accinge a rendere una testi-
monianza nobilissima alia verita; giacche e rigorosamente vero, che
la civilta genuina e perfetta non ha ne pud avere altra origine, se non
la dottrina e il Clero della Chiesa cattolica. E se egli manda felicemente
a termine il suo disegno , sic-come lo ha mandato 1'egregio Autore,
oltre a questo testimonio che da alia verita, risponde ancora alle ne-
cessita ed alle esigenze del nostro tempo. Ad ogni tratto si ode oggi
ripetere il nome di civilta, tutti desiderano e vantano la civilta. Ma
intanto, poiche se ne ignora pur troppo il vero concetto, avviene che
i piu, invece di tendere alia civilta, si precipitano nella corruzione
DELLA STAMPA ITALIANA 3*25
e nella dissolutezza del costumi pagani . Ad oscurare poi il sincere
concetto della civilta conferiscono non poco alcuni scrittori, uomini
sedotti e forse anche seduttori, i quali non vogliono distinguere le due
maniere di civiita, Tuna reale e salutifera, 1'altra apparente e venefica.
II Mariscotti proclama altamente tal distinzione, fin dalle prime
pagine del suo volume. « Un principio, egli dice , si oppone ad un
principio, un progresso ad un progresso, una civilia ad una civilta ;
e come un tempo i figli di Dio erano osteggiati dai figli degli uomini,
cosi principio, progresso, civilta del cattolicismo lo sono da principio,
progresso e civilta del secolo; ma come a quel prirao osteggiare tenne
dietro il diluvio, cosi a questo secondo terrebbe dietro la barbaric, se
principio, progresso e civilta del cattolicismo potessero esser mai so-
verchiati ed oppressi l. »
Quella confusione poi di concetti che si fa da molti scrittori, fra
i quali non mancano alcuni cattolici, e da lui descritta e condannata
in questi termini. « Se vi e parola, di cui siasi in mille modi abu-
sato, se vi e concetto, che sia stato alterato e confuso, nessuni si lo
furono come questo di civilta; imperocche ognuno 1'abbia intesa e de-
finita dal punto di vista del pregiudizio proprio, della passione o del
fanatismo. Quegli entusiasta della piu recondita antichita, vi paria
della civilta indiana ed egizia, e poco sta che non chiami barbari il cri-
stianesimo ed i tempi presenti . Questi con gli occhi abbarbagliati
dallo splendore delle arti e dallo spirito cosmopolitico della Grecia, vi
fa il panegirico dello incivilimento di quel popolo ; ed innanzi ai genii
ateniesi spariscono i moderni, e sotto a Platone non si teme di porre
Gesu Cristo. L'uno stupefatto, che una sola gente abbia potuto sten-
dere la sua ala su tutto il mondo, rimpiange la grandezza romana, e
la evocherebbe, se potesse, dalle sue rovine a dispetto della egua-
glianza e della fraternita manomesse da un popolo, che misurava i
diritti degli uomini e delle nazioni sulla sua lancia . L'altro spasi-
mante di liberta, insofferente di qualunque ritegno religioso, morale
e civile, poco meno che non parla di civilta di popoli viventi in
condizione di tribu o selvaggi . Per la maggior parte infme degli
uomini del secolo decimonono che cos' e la civilta? La lotta e il trionfo
della liberta contro la fatalita. E questa fatalita sapete che cos' e ? E
Dio, e Gesu Cristo, e la rivelazione, e la legge morale2.*
Rigettate queste pazze definizioni, egli ripone il concetto della
vera civilta ;iel cammino graduale e progressive della creatura ra-
gionevole, religiosa e sociale verso il perfetto . E siccome niuno e
assolutamente perfetto, tranne Dio, cosi con una legittima deduzione,
egli afferma che Iddio e lo scopo o il fine ultimo della vera civilta.
Essendo poi manifesto, che i principal! elementi della coltura di una
I Pag. 18. _ 2 pag. 13> 14.
3*26 RIVISTA
creatura ragionevole sono quelli, che nobilitano lo spirito della me-
desima, esso conchiude chela vera civilta deve ispirarsi alia religione
cattolica; mentre in questa le facolta intellettive ed operative del
nostro spirito sono ad un tempo inn,alzate ad atti soprannaturali, e
siamo premuniti da quegli errori pratici e da quelle colpe , in cui
cadremmo senza il beneficio di questa religione. Finalmente stabi-
lisce che lo strumento della vera civilta e il Clero cattolico, poiche
essoe quello che conserva ed insegna le verita rivelate, onde e sol-
levato I'intelletto, ed amministra i sacramenti i quali confortano ad
operare secondo la rettitudine e la giustizia.
Ma dunque, dirai, questo e un libro clericale: il che se a molti
varra quanto una comrnendatizia, presso molti altri sara un titolo de-
cretorio per chiudere il libro e metterlo da parte. Rispondiamo che il
I ibroe clericale, echeintanto per impedirequel che tu temi,il ch. Autore
nelle prime pagine e quasi in luogo di prefazione, ha rappresentato
nel suo vero aspetto e confutato questo pregiudizio del nome di cle-
ricale. Egli dimostra che un tal nome e uno spauracchio, formato dalla
malvagita di alcuni, a fine di fare apparire abbominabile quanto vi
ha sulla terra di vero e di buono. Sono dcgne di esser riferite le
iiobilissime parole, colle quali egli pone termine a questa confutazione.
« Cattolici , egli esclama, eclericali! A.nzi, clerical]', perche cattolici!
Tal e la nostra divisa, tale lo stendardo, sotto al quale miiitiamo, Gre-
garii della Chiesa noi c' inchiniamo al Clero, che e deputato con la
varia gerarchia a capitanarci. La vittoria e a patto della disciplina
e della obbedienza; ora se noi non volessimo vincere, a qua! pro
combatteremmo? Cattolici e clericali ! lo ripetiamo ancora una volta.
Se non arrossiremo del prirno nome, perche arrossiremmo del secondo?
e pregiandoci di quello, ci reputeremmo avviliti per questo? Cristiano
(' il mio nome., Cattolico il cognome, cosi diceva un Padre della
Chiesa, combattendo contro gli eretici del suo tempo per chiudere
ogni adito all'equivoco; e rioi nella presente condizione del secolo ,
in cui Iddio ci ha fatto vivere, ripetiamo modestamente, ma con in-
trepidezza: Cattolico e il nostro nome, Clericale il cognome. Se
non vergognavano di san Pietro i cristiani del primo secolo, perche"
vergogneremmo noi oggi di Pio Nono? Se i primi cristiani formavano
tutta un'anima co' Vescovi e co' sacerdoti loro , perche dovremmo noi
separarci dall' episcopate e dal sacerdozio ? lo son cattolico, ma non
clericale si e udito piu fiate, e tuttodi si ode ripetere da questi e da
quelli. Si? dunque non accettate il domma, che la voce infallibile
del Supremo Gerarca dichiara? dunque ripudiate il ministero sacer-
dotale? Abborrite dai sacramenti, col mezzo dei quali la Chiesa di-
spensa la virtu del Cristo? Se nulla di tutto questo accettate , con
qual coraggio vi nomereste cattolici? E se invece accettate, con quale
DELLA STAMPA ITALIANA 327
incoerenza vergognereste a dichiararvi e ad esser predicati clericali ?
Bando pertanto al coraggio per meta : oggi ferve calorosa la pugna ,
ed ella e ad oltranza; ne il ciero vien meno al suo ufficio di capitano,
imperocche combatta nelle prime file, e c'infonda coraggio con lo
esernpio. Saremmo noi codardi tanto da lasciarlo alle prese col nemico,
ritraendoci non dinanzi ai colpi micidiali, ma ad una parola , ch' e
una malignita od una stoltezza? l »
Ecco ora in poche parole come viene svolto 1' accennato concetto
del libro. Si rappresenta il Clero cattolico qual padre della civilta, in
primo luogo per 1' innalzamento dell' intelletto, in secondo luogo per
1' accrescimento della forza della volonta, e finalmente per 1' espansione
dell' amore. L' innalzamento dell' intelletto proviene dalla rivelazione
de'misteri, come per esempio, dai dommi rivelati della Unita e Tri-
nita di Dio, e da quelli della Incarnazione, della vita futura, e della
istituzione e conservazione della Chiesa cattolica . L' accrescimento di
forza nella volonta e effetto della dottrina anche rivelata sulla natura
e sulla gr.zia, e della efficacia de' sacramenti, specialmente di quelli
della Confessione e della Eucaristia. L' espansione poi dell' amore si
appalesa dai frutti del nuovo comandamento di Cristo, cioe del co-
mandamento della carita, praticato dalla sua Chiesa. Per mezzo della
carita il Clero cattolico ha trasformato il mondo; per essa egli ha
raddirizzato il principio dell' autorita , ha restaurato , secondo 1' or-
dine, le liberta individual! e politiche, e ha diffuso i veri concetti
della uguaglianza della fraternita e della tolleranza.
Su questi argomenti ragiona il ch. Mariscotti in tre capi di-
stinti, con assai dottrina ed erudizione. Molte verita si vedono ivi
mirabilmente dichiarate; e al cospetto di queste egli cita le stoltissime
teoriche dei nemici della Chiesa, promotori di falsa civilta e di falso
progresso. Le esamina colla meritata severita , e le confuta trionfal-
mente. Leggasi, per cagion d' esempio, tutto quel tratto 2, ov' egli
discorre de' famosi principii del 1789, cosi vantati dalla rivoluzione
francese, i quali pero nel fatto hanno spremuto tanto pianto e tanto
sangue da quella nazione, che e, non sappiamo, se piu generosa o phi
infelice. Si vegga con quale aggiustatezza e insieme con qual forza ei
parli di quegl' infausti e malagurati principii, e quanto saggiamente
conchiuda dicendo, che: « Accettare i principii del 1789, come simbolo
di giustizia naturale e politica, e indegno per un cattolico; e sarebbe
un omaggio reso alia statua di Nabucco, senz' altra differenza, tranne
quella che intercede tra una corona e un berretto frigio. » E sog-
giunge bene a proposito, che: « II cattolico glorifica a sua volta i
principii, ma quali? quelli ch' erano in principio, e sono nel pre-
sente, e saranno pe' secoli de'se&oli. I secoli si accavalcheranno ai
T Pag. 12. — 2 pag. 460 e seg.
328 RIVISTA
secoli ; le generazioni umane saran trasportate sulle loro onde al gran
mare della eternita; le societa civili si trasformeranno; m?ine tempi,
ne uomini nuovi potranno aggiungere un jota ai principii, custoditi
illesi da ogni alterazione, nella Chiesa cattolica l. »
Seguono tre altri capi ; l^uno de' quali e intitolato : / pericoli
della civiltd e il Clero cattolico; e dimostra che gl'impedimenti alia
vera ci villa nascono dalle tre maniere di concupiscenza, cioe dalla
sensualita, dalla ciipidigia e dalla superbia, e che il solo Clero cat-
tolico puo rimuovere siff'atti impediment!. L'altro ha per titolo: II
Clero cattolico e le questioni sociali; e parla del modo con cui si
hanno a sciogliere , secondo la dottrina della Chiesa, le tre questioni
che agitano il nostro secolo , intorno alia economia politica, intorno
al pauperismo e intorno al lusso. II terzo e intitolato: II Clero catto-
lico e I' estetica ; e prova come questo Clero, appunto perche maestro
di verita e dispensatore di virtu , conserva illibato il segreto della
bellezza ed e il natural patrono delle arti liberali .
II capo , con che si termina tutta 1' opera , occupa piu di una
terza parte del volume , di cui parliamo. Esso versa sulle istituzioni
monastiche, sugli ordini di chierici regolari e sulle pie congregazioni
di uomini e di donne . II ch. Mariscotti difende a viso aperto tutti
questi santi istituti dalle calunnie delle genti perverse, e cogli ar-
gomenti innegabili dei fatti li magnifica quali potentissimi aiutatori
del Clero cattolico, nel diffbndere fra i popoli i benetizii della vera
civilta. Per cio , che in particolare spetta a noi , saremmo in vero
scortesi , se non gli rendessimo grazie di quanto esso dice a lode
della nostra Compagnia, e del rispondere che fa alle accuse, con cui
ci esercitano gli avversarii di Santa Chiesa , ed anche a quelle che
ci vengono da taluni cattolici. Tra le quali egli enumera cio che al-
cuni anni fa un vivente Autore, il quale e in fama di uomo versato
negli studii storici, scrisse , per non dire altro inconsideratamente, a
carico de'nostri confratelli di Francia 2. Noi dunque di tutto questo
ringraziamo 1'egregio Conte Mariscotti; ed a conforto di coloro i quali.
come lui, ci riguardano con occhi benevoli, vogliamo citare queste
sue' parole. « In altra epoca , cosi egli dice, potevamo esser dubbiosi
intorno alle cagioni di tanta guerra; ma in un tempo, che ha generato
nel breve periodo di quarant'anni circa Strauss e Renan , elleno si
rinvengono con facilita; e pensiamo, che il nome del sodalizio ci porga
la chiave per decifrare lo enimma. Ei si chiamano Gesuiti', in questa
parola sta la ragione della guerra; e di vero qual maraviglia, che
s' odino i padri della Compagnia di Gesu , quando si odia Gesu? che
si guerreggino, quando si guerreggia Gesu? che si dicano furbi , ma-
neggiatori, impostori pur anco, quando e furbo e maneggiatore ed
I Pag. 478. — 2 pag. 7(54 e seg<
DELLA STAMPA 1TALIANA 329
impostore e state chiamato Gesu? Che raaraviglia, che vengano messi
in voce di gente inimica delia liberta , quando Gesu fu chiamato la
pietra sepolcrale della liberta ? II protestante Kern lo ha detto a chiare
note fin dal 1824:— Lo spirito del secolo , avendo risoluto di ster-
minare il cristianesimo , rivolse le sue prime operazioni contro i Ge-
suiti. Abbasso i Gesuiti; piu tardi si grido : Abbasso Gesu l ».
Poniamo fine a questo cenno del contenuto del libro, dicendo che
il libro medesimo e si pieno di solide considerazioni, ed e scritto con
tanta vivezza di stile e con tanta persuasione, che percorrendolo tu
devi di necessita venire a quella conclusione, a cui viene 1'Autore
medesimo. La conclusione si e: Che non si pud mettere il Clero catto-
lico in voce di ostile alia civilta e al progresso, se non per ignoranza
della storia, o perche si vogliano civilta e progresso scevri della Verita,
della Grazia e deU'Amore di Gesu Cristo. Ma coloro, i quali vogliono
siffatta civilta e si (fa tto progresso, sono essi i nemici deli'una e del-
1'altro, perche non puo esistere ne civilta ne progresso, se non a
patto di esser cristiani , e quindi dove non regna Gesu Cristo, regna
la barbaric.
Dopo cio siamo certi, che non si vorra ascrivere ad altra inten-
zione, se non a quella di rendere omaggio alia verita, il soggiungere
che facciamo di avere scorti alcuni nei ne 11' opera lodata del conte
Mariscotti. Diciamo nei, perche veramente non sono di gran rilievo,
come si puo argomentare da quei due, che qui appresso noteremo, i
quali' pur ci sembrano piu gravi dei rimanenti.
II primo e, che tutte le volte che al ch. Autore occorre di par-
lare delle pene ecclesiastiche , egli parla con una certa esitazione del
dritto, che ha la Chiesa cattolica di punire con pene corporali. Cosi
in un luogo dice quanto segue: « Ebbene, in che consiste per lo piu
il rigore estremo della Chiesa contro Terrore, che resiste ad ogni
persuasione e mezzo di convincimento? In un riniedio aflatto spiri-
tuale, qual e consentito daila sua natura di potenza spirituale 2 ».
Poco appresso si fa questa obiezione: « Ma, dira qui qualche con-
tradittore, noi non disdiremo alia Chiesa il diritto di punire,, ed
anco di cacciare dal proprio seno chi siasene reso indegno; bensi
la Chiesa non si e ristretta all'uso delle pene spirituali, ma ha
oppresso i dissidenti con tulta I' acerbitd delle pene temporally e
i roghi e la scure han fatto soventi fiate tremenda giustizia di un
delitto meramente spirituale ». Al che ei risponde ne' termini se-
guenti: « Noi non esitiamo a rispondere, che in questa accusa non
e ombra di verita, e si prende, innocentemente o con malizia, un
madornale equivoco, confondendo il fatto della Chiesa col fatto dei
Governi secolari... 3 » La stessa esitazione egli appalesa in tutto quel
i Pag. 762, m — 3 Pag. 414. — s Pag. 417.
330 1UVISTA
lungo tratto, ove discorre della Inquisizione -. Dice, per cagion d'e-
sempio, che « la Chiesa ristringevasi alle pene spiritual!, ma i Prin-
cipi colpivano con la spada temporale 2. » Afferma essere un canone
istorico, che il tribunale della Inquisizione altra cosa non fu, se non
un tribunale di penitenza ecclesiastica, ne degenero mai finche non
fu divelto dal naturale suo ceppo, la Chiesa 3. E poco prima di-
chiara meglio come egli intende 1' Inquisizione non degenerata, di-
cendo che: « Essa cosi innanzi come dopo rimase mezzo coercitivo
d' indole spirituale e meramente ecclesiastico 4. » Finalmente afferma,
die: « La Chiesa non ha mai esercitato coazione materiale, perche
altri si confessasse del misfatto e ne desse risarcimento a Dio ed
alia societa de'fratelli: soltanto per la eresia la materna sollecitudine
della Chiesa esercito un ufficio inquisitoriale, indagava cioe se eretici
vi fossero in seno alia comunione de' fedeli, e gli espelleva, quando
pernessun mezzo avessero voluto convertirsi e ripudiare lo errore 5. »
Questi concetti incerti e questo parlare dubbioso non sono proprii
del solo ch. Autore, ma comuni ad altri scrittori cattolici dei nostri
giorni. Essi celebrano la mitezza, con cui la Chiesa cattolicaha sempre
proceduto contro i suoi figli colpevoli, e pongono in confronto di questa
mansuetudine la ferocia somma, esercitata dagl' infedeli e dagli eretici
a danno de'cattolici innocenti. Parlano della Inquisizione, e la con-
siderano in se medesima , e la dimostrano scevra da quegli eccessi,
che si commisero nella Spagna, allorche questa istituzione religiosa
trasmutossi in un tribunale politico. In tutto cio sono da lodarsi.
Ma dall'altro canto, sembra che essi perdano il cuore, quando e piii
necessario di averlo, cioe quando si viene al punto di affermare il
menzionato diritto, che ha la Chiesa cattolica di punire con pene
corporali anche severe i cristiani trasgressori delle sue leggi, e spe-
cialmente gli scismatici e gli eretici .
La Chiesa ha usato un tal diritto tutte le volte, che ha potuto,
benche, come teste abbiamo accennato, fra i limiti di una ordinata
mansuetudine; e il non averlo potuto e il non poterlo usare non e
altro, che un segno e un effetto dei tempi tristissimi, che sono corsi
per I'addietro, e di quelli che corrono al presente. 1 Concilii anche
ecumenici e i sommi Pontefici hanno solennemente proclamato il dritto
medesimo, condannando coloro che osarono di negarlo. Cosi, per cagion
d'esempio, dal Concilio di Trento venne fulminato coll'anatema chiun-
que sostiene, che non si debbono adoperare altre pene se non le spi-
rituali , a correggere i battezzati traviati : Si quis dixerit baptizatos
non alia ponna ad chrislianam vitam cogendos, nisi ut ab Euchari-
stiae aliorumque Sacramentorum perceptione arceantur, donee resi-
piscant, anathema sit 6. E di questi giorni il professore torinese Nuytz,
i Pag. 686 e seg. - 2 pag. 689. - 3 pag. 703. - * Pag. 690. - * Pag. 692.
b Sess. VII, can. XIV.
DELLA STAMPA ITALIANA 331
che si ostinava ad insegnare siffatto errore, e stato condannato dal
regnante Pontefice Pio IX, nella Enciclica Ad Apostolicce del 22 ago-
sto 1851, e nell'altra Enciclica Quanta cura del 8 dicembre 1864; e
il suo errore si legge nel Sillabo sotto il numero XXIV.
Per venire ora alle parole del ch. Autore citate di sopra, cioe
che: « II rigore estremo della Chiesa contro 1' errore, consiste per lo
piu in un rimedio affatto spirituale, qual e consentito dalla sua natura
di potenza spirituale »; diciamo, che esse, contro alia intenzione del-
1' Autore medesimo, confinano coll' errore teste menzionato. Poiche se
veramente la Chiesa e di sua natura potenza spirituale, e se quindi
non le sono consentiti se non i rimedii affatto spirituali , qual sara
la conseguenza necessaria? Sara, che la Chiesa trasmoda, tutte le volte
che pone mano a qualsiasi rimedio corporale. Senonche tutto questo
discorso zoppica appunto dal principle, che si assume, cio6 che la
Chiesa sia di sua natura una societa o una potenza meramente spi-
rituale. Egli e vero, come insegna il Suarez, che la Chiesa e un regno
spirituale, se tu consideri il fine a cui tende, e alcuni principali
mezzi , di cui si serve; contuttocio se riguardi le persone, ond'e
composta, ella e nel medesimo tempo una societa terrestre, e le azioni,
colle quali si deve governare, ordinare e correggere, sono altresi
terrestri, cioe esterne e sensibili; e per loro mezzo si deve conservare
la pace, 1'unita, la religione , e tutte le rimanenti cose, che sono
necessarie al buon andamento di questa societa . E dunque in tal
regno necessaria una potesta suprema, la quale con maniera umana
e sensibile diriga e governi le sue membra e le azioni delle mede-
sime in ordine alia salute eterna. Cosi 1' esimio dottore l. Intanto
se ti piace di toccare con mano la verita di questa dottrina, osserva
che tra gli stessi mezzi principali di santificazione si contano i sa-
cramenti, i quali son composti di parole e di cose sensibili, e con
esse infondono nelle anime la grazia spirituale che contengono, e i
doni dello Spirito Santo. Ove tu fossi puro spirito, dice ii Crisostomo,
Iddio ti avrebbe largitodonativi tutti incorporei e spirituali, ma poich&
• il tuo spirito trovasi congiunto con un corpo, egli ti somministra le
cose intelligibili per mezzo delle sensibili 2.
Or piu forti ragioni militano per la necessita , di cui parliamo,
delle pene sensibili. Se altra non ve ne fosse, basterebbe quella,
che gli uomini colpevoli giungono talora a tanta pervicacia , che si
burlano di tutte le pene meramente spirituali . Non ve ne ha forse
1 Licet Ecclesia quoad finem et praecipua media spirituale regnum sit, nihilominus
quoad personas , ex quibus constat, etiam est terrestris; et actiones , in quibus regi vel
dirigi et corrigi debet , terrestres etiam sunt, idest externae et sensibiles; et illis median-
tibus servanda est pax, unitas, religio et cetera omnia, queo ad convenientem huius cor-
poris gubernationera sunt necessaria. Ergo non 'minus est in hoc regno necessaria potestas
suprema, quae humano et sensibili modo membra eius et actiones eorum in ordine ad seter-
nam salutem dirigat et gubernet. Dcfensio ffidci catholicce. Lib. Ill, cap. VI.
2 Si incorporeus esses, nuda et incprporea tibi dedisset ipse dona: sed quoniam anima.
corpori conserta est, in sensibilibus intelligibilia tibi prsebet. Ilomllia 60, ad populum Antioch
332 RI VISTA
in questo momento la prova di fatto? I fulmini delle scomuniche non
hanno impedito 1'assalto e 1'occupamento sacrilege di Roma, ne
impediscono la sacrilega profanazione di quella santa Citta.
Neanche possiamo passare sotto silenzio quelle altre parole del
Mariscotti, pur di sopra riferite, con cui egli afferma, che: « non
si deve confondere il fatto della Chiesa col fatto de' Principi seco-
lari; » e che: « la Chiesa restringevasi alle pene spirituali , ma i
Principi colpivano con la spada temporale. » Noi concediamo , che
que'due fatti non si hanno a confondere; ma pero vogliamo notare,
che non hasta ad ottener cio il solo affermare , com' egli fa , che
la Chiesa restringevasi alle pene spirituali, e che i Principi colpi-
vano colla spada temporale; e molto meno cio basta, se tali parole
si potessero volgere a significare, che la sola spada spirituale ap-
partiene alia Chiesa, e che la spada materiale, la quale punisce i
delitti ecclesiastici, non e della medesima, ma tutto propria de'Prin-
cipi secolari. Sarebbe questa una spiegazione erronea di que' fatti ed
apertamente contraria a quanto insegna Bonifacio VIII nella sua de-
cretale dommatica , che incomincia: Unam sanclam Ecclesiam .
Amendue le spade, dice questo Pontefice nella sua decretale, cioe
tanto la spada spirituale quanto la spada materiale , appartengono
alia potesta ed all' autorita della Chiesa : Uterque in potestate Ec-
clesice, spirilualis scilicet gladius et materialis. La spada materiale,
egli soggiunge, si adopera per la Chiesa, la spirituale dalla Chiesa
medesima; questa si brandisce dal Sacerdote, quella e in mano ai
Re e soldati , i quali la impugnano al comando che da loro, e colla
paziente misura che loro prescrive il Sacerdote: Sed is quidem pro
Ecclesia, ille vero ab Ecclesia exercendus; ille SacerdotiSj isle in
manu Regum el mililum, sed ad nulum el palienliam Sacerdolis.
Ecco stabilita secondo la verita, e spiegata con somma chiarezza
la difTerenza de'due fatti. E per qual altra ragione, se non per questa
vera e sola diflerenza, sono stati sempre chiamati col nome di bracci
secolari della Chiesa i Principi cristiani? Una tale appellazione mostra
a sufficienza, che questi Principi, allorche reprimevano i delitti eccle-
siastici colle pene corporali, non esercitavano undritto sovrano, giacche
niuna autorita sovrana essi hanno sulle cose sacre; ma compivano il
dovere che loro corre di difendere la Chiesa, la quale sola ha 1'autorita
suprema di giudicare e di punire quei delitti. Essi non ordinavano in
cio da capi, ma eseguivano come braccia. La Chiesa e oggi priva di
simili bracci. Ma che prova cio? Prova la tristissima condizione, come
sopra dicevamo, de'nostri tempi, e la detestabile apostasia dei Governi,
i quali si son separati dalla Chiesa, perche ban rigettato con una perfidia
giudaica il regno di Gesii Cristo: Nolumus hunc regnare super nos l.
' San Luca, 19, 14.
DELLA STAMPA ITALIANA 333
Non occorre stenderci di vantaggio su tal argomento, intorno a
cui ogni scrittore sinceramente cattolico, senza veruna esitazione,
parlerebbe con esattezza e con verita, se non facesse capo ad altri
scrittori , i quali o ritengono il solo nome di cattolici, o hanno anche
rinunziato a questo nome. Si ricorra invece a quegli Autori, la cui
dottrina ecomunemente ricevuta come sicura, ed e lodata nella Chiesa;
quali sono per esempio il nominate di sopra, cioe ilSuarez, luminare
del?la Teologia, ed il cardinal Bellarmino, principe della Controversia.
II secondo neo, che abbiamo avvertito, e in quel tratto, ove il
ch. Mariscotti discorre dell'augusto mistero della santissima Trinita .
Dice ivi, parlando dello Spirito Santo, che: « La facolta di amare,
comune alia essenza del Padre e del Figlio, si eleva a sua volta in
Dio a grado di Persona , ed e Dio alia sua volta l. » A parlar piu
correttamente , non e la facolta o 1* atto di amare cio che in Dio si
eleva a Persona, ma invece e il termine di questo atto. Ed in vero
il nome di Spirito Santo , che e proprio della terza Persona divina,
vale santamente spirato, e la sussistenza del medesimo e, siccome
la chiamano i teologi , la spirazione passiva . Che poi la facolta o
1' atto di amare , il quale si appella spirazione attiva , non si elevi
a Persona, e manifesto da cio, che siffatta spirazione, come dice
bene il ch. Autore, e comune al Padre ed al Figliuolo. Non si puo
devare a Persona quello che e comune . Senonche non dovea egli
dirla comune alia essenza del Padre e del Figlio, ma bensi comune
alle Persone dei medesimi. Quella spirazione attiva non e un attribute
essenziale, altrimenti apparterrebbe non solo al Padre e al Figlio,
ma anche allo Spirito Santo; non e, come abbiamo detto, una pro-
prieta personale, altrimenti non potrebbe esser comune al Padre ed
al Figlio; ma e una perfezione nazionale, come dicono i teologi, la
quale adorna queste sole due Persone, identificandosi colla Paternita
dell' una, e colla Filiazione dell'altra. E per ragione di tal virtu in-
divisa e comune al Padre e al Figlio , lo Spirito Santo precede da
tutti e due, come da un principio unico.
Non vogliamo tacere , che a ragionare di queste piccole mende
ci ha dato animo il modo, con cui 1' egregio Mariscotti ha accolte
le nostre osservazioni su quelle altre poche, le quali incontrammo
nel primo Volume della sua opera. Con una generosita, la quale non
£ cosi comune ad uomini di lettere, almeno in quel grado in che egli
ha mostrato di possederla, ha riconosciuto que'difetti, e li ha ri-
trattati alia fine del presente volume, in un paragrafo intitolato:'
Schiarimenti e Correzioni . La stima, che a lui proviene da una
tale generosita , non e inferiore a quella che gli hanno a meritare
i pregi innumerevoli dei suoi volumi ; i quali , come nel principio
abbiamo detto, resteranno a monumento della sua dottrina e del suo zelo.
l Pag. 134.
BIBLIOGRAFIA
ALIMONDA GAETANO — N sovrannaturale nell'uomo. Conferenze recitate n'illa
metropolitana di Geneva dal Can. Prev. Gaetano Alimonda T anno 1868,
Genovn, tip. della Gioventu presso gli Artigianelli, 1870. 1 vol. in 8° di
pag. 620, 656, L. 10.
Di questa egregia opera daremo piu specials contezza in una delle nostro riviste.
AXOMMO — Con«siderazioni intorno al titolo primo del progetto di legge suller
guarentige delle prerogative pel Sommo Pontcfice e della Santa Sede , o,
sulle Relazioni dello Stato colla Chiesa, approvato dalla Camera dei Depu-
tati nella tornata dei 21 marzo 1871. Firenze 1871, tipografia all' insegna
di S. Antonio, piazza di Cestello n° 1 prezzo centesimi 40.
Moltissimi hanno scritto di queste gua- che e voee sia scritto dal ch. Barone D'On-"
rentige , e non poclii egregiamente 5 sicche des Reggio, sMncontrano non poche rifles-
parrebbe che Fargomento debba dirsi esau- sioni del tutto nuove; e quelle osservazioni gi*
rito. E pure nelPopuscolo qui annunziato, e fatte prima sou qui messe in nuova luce.
— La necessita del Potere temporale del Papa e la citta Leonina. Roma, tip.
Gerdili 1871, in 16° di pag. 32 cent. 30.
— Memuna per servire alia storia di Lucca, Tomo IX, Parte seconda. Lucca f
tip. Giusti 4870. Un volume in 4° di pag. VI, 2^6 con 30 Tavole.
Questo IX volume delle Memorie sto- Lucca, la storia illustrativa della Zecca &
riche di Lucca e pregevolissimo lavoro del delle monete lucchesi : ma la morte gl1 im-
ch. sig. Domenico Massagli, e va distinto ia ped\ di compierla. II suo incarico fu quindi
quattro parti — Introduzione alia Storia della trasmesso al Massagli, che lo ha felicementer
Zecca e delle Monete luochesi — Discorsi so- condotto a termine in questo volume, ove noii
pra la Zecca e 1-a monete di Lucca — Sfro- solamente la monografia numismatica di
gistica — Catalogo. II Conte Giulio Cordero quella illustre citta, ma la storia stegsa ne e
di S. Quintino avea cominciato per cspressa in molti punti egregiamente dilucidata.
commissione avutane dalla R. Aceademia di
— Quattro antiche sposizioni in versi dell'Ave Maria da un codice capitolar«
del Secolo XIV. edite dal Can. Giuliari . Verona, tip. Rossi 1871. Un
opusrolo in 4° di pag. 8.
— L' unione del Clero nella direzione delle anime in ordine ai nostri tempi,
per un sacerdote del Clero Agrigentino. Girgenti, stamperia di Salvatorff
Monies 1870; in 12° di pag. 12.
In queste poche pagine sono additati i delPonore di Dio, e della salute delle anime
principal} pericoli, ai quali $i trova esposta ad opporvi gli opportuni rimedii,per ci6 che
in modo speciale la gioventu de1 nostri tempi; possono , massime amministrando il sagra-
e si fa un amoroso invito ai sacerdoti zclanti mento dolla penitenza.
BIBLIOGRAFIA
335
BEIISAM ANGELO — H mese di maggio; Discorsetti ad onore della Vergine
per Mons. Angelo Bcrsani, estratti dal Periodico II buon Pastore. Lodi, tip.
vescovile di Carlo Cagnola 1871, un vol. in 19 gr. di pag. 292 L. 2 80.
Per ogni giorno del mese di maggio v'e dare a Maria SS. la Chiesa nelle Sue Litanie.
UQ sermone sopra uno dei titoli , che suol
— Triplice corso di sermoni sugli evangel! delle Domeniche di tutto 1'anno
per Mons. Angelo Bersani, Prelato Domestico di S. S. Estratto dal Perio-
dico il Buon Pastore. 2* Edizione riveduta ed aumcntata. Lodi, lipografia
Vescovile di Carlo Cagnola 1871. Due vol. in 8° di pagine 352. L. 5.
BIANCHINI FRANCESCO — Carte da gioco in servizio dell' Istoria e della
Croriologia, designate e descritte da Mons. Francesco Bianchini Veronese,
secondo 1'autografo della Capitolare biblioteca . Verona , tip. Vicentini e
Zanchini 1870. Un opuscolo in 4° di pag. 26.
Credesi comunemente che sia un1 inven-
•zione recente quella di facilitare ai giovani
lo studio della geografia, o delle scienze na-
turali per mezzo di alcuni giuochi graziosi.
E pure esso e antico, ed in Italia non solo
ideato ma eseguito e a varii studli appli-
£ato. Mgr. Francesco Bianchini, quel s\ eru-
dito e profondo storico del sec. XVII avea
antica e moderna. Ognuno dei period! era
da lui divisato in quaranta ripartimenti ,
ed ogni ripartimento aveva la sua carto-
lina. Cos! componevansi tre mazzi di qua-
ranta carte ciascuno: e sopra questi tre
mazzi avea ideato varii giuochi, coi quali si
poteano ricordare e imprimere nella mente i
gran fatti della storia. Di alcune di queste
raccolti ed incisi in separate cartoline alcuni carte offre il disegno, e del concetto del Bian-
gruppi di monument! e figure, onde vclea chini parla con graziosa dissertazione il ch.
contrassegnare ognuno dei tre periodi sto- Can. Giuliari Carlo,
rici, nei quali esso divideva tutta la storia
BONCOMPAGNI — P. — Bullettino di Bibliografia e di storia deile Scienze
inateniatiche e iisiche pubblicato da P. Boncompagni. Roma , tip. delle
Scienze mateinatiche e ftsiche 1870.
I.e due ultimo dispense di questa dotta pubblicazioni . Specialmente vi si discorre
pubblicazione, vanno dalla pag. '221 alia pa- della vita e delle opere di Giovanni Battista
gina 298 del tomo III. Vi e secondo il con- Amici , e di tre letters di Galileo Galilei ,
sueto un compitissimo aiinunzio di recenti tratte dalPArchivio del Gonzaga.
CANCER FERD1NANDO — d. C. d. G. Sermoni e Panegirici. Napoli tipografta
di Stanislao de Leila, 1870, 2 vol. in 8° di pag. 368, 376.
Crediamo di fare un yero regalo, massi-
mamente ai giovani saeerdoti che si adde-
jstrano neiraringo della sacra eloquenza, an-
nunziando loro questi due volumi di Sermoni
e Panegirici di uno de1 piu valenti sacri
Oratori d1 Italia, qual 6 il chiaro P. Gan-
ger. Non pochi ne comuni sono i pregi ,
che noi abbiamo ammirato nelle sue orazioni.
Quelli per6 che a nostro parere debbono
piu invogliare i novelli predicatori a fame
lor pro, si riducono ai seguenti: Topportu-
nita e novita insieme del soggetto, concepito
per maniera, che nel mentre dall1 una parte
giova solidamente gli uditori, dall1 altra gli
Mletta in modo singolare per quell1 aspetto
non comune sotto cui lo presenta: la pienezza
dello svolgimento, che compie tutta la ma-
teria: la forza deirargomentazione chiara ,
serrata, convincente: la proprieta dello stile,
corretto, scorrevole ,naturale, e lumeggiato
di tutti quei colori, che lo possono rendere
proporzionato al soggetto, ed acconcio a
produrre le volute impressioni: finalmente
uu calore non ordinario di affetto , che e la
cosa forse piu difficile a conseguire, e quella
che piu assicura il fvutto delle sacre coucioni.
i?i vende in Napoli alia stamperia di
Stanislao de Leila, stradaS. Giovanni Mag-
giore Pignatelli n° 34. II prezzo deMue vo-
lumi 6 di lire 7 per la cittk di Napoli , e di
lire 7, 5j per tutte le province d1 Italia.
336
BIBL10GRAK1A
C4R4VITA ANDREA — I Codici e le arti di Monte Cassino per D. Andrea
Caravita. Montecasino, tip. delta Badia, 1870, 2 vol. in 8° di pag. 327.
L. 5 I'intiera opsra L. 15.
Quest1 opera del ch. D. Audrea Caravita codici della celebre Badia di Monte Cassino,
fu gia al pubblicarsi del primo volume da ineieme colle giunte che si trovano in alcuni
noi annunziato e lodata nel vol. X della Serie
VII a pag. 195. II secondo volume, che ora
vede la luce, contiene dotte osservazioni sui
di essi codici, intorno a materie estranee al
loro titolo. II prezzo di questo volume e di
lire 5, 00.
CARLESI MICHELANGELO — Vita e Miracoli di S. Alberto, confessore dell'or-
dine della B. V. Maria del Monte Carmelo, raccolta e pubblicata dal P. M.
Michelangelo Carlesi del medesimo ordine. Viterbo, presso Sperandio Pom-
pel, 1870, un vol. in 8° di pag. 20/t.
Gloria dell1 Ordine Carmelitano, "non che che una vita del detto Santo non si trova
della Sicilia e S. Alberto, insigne per san- facilmente da leggere. Per supplire a tal
tita, insigne per prodigi che vivendo operb , mancanza, il rev. P. Carlesi ha composto la
insigne per la protezione che impartl sempre presente storia, raccogliendo insieme tutte
ai Siciliani, e specialmente alla[citta di Mes- quelle notizie, che negli antichi scrittori gli
sina. Moltissimi scrittori narrarono le sue fu dato di rinvenire, e ordinandole con buon
geste, o le esaltarono: ma le loro opere non metodo, e con semplicita di stile e molta pieta
possono pervenire nelle mani di tutti, cosic- di affetti.
CHECCUCCI BERNARDINO — Dio parla a'scmplici. Racconto del Canonico Ber-
nardino Checcucci. Firenze, tip. Birindelli, 1871, un vol. in 16° di pa-
yine 320, cent. 90. Si spedisce franco dalla Libreria Manuelli di Firenze.
Non si pub leggere questo libro senza di essere ad una vera scuola ne attinge coa
soavita gl1 inseg-namenti. Lo raccomandiamo
adunque con molto calore , assicurando che-
nessun si trovera scontento dalPaverlo letto.
restarne convinti e commossi. Quivi per la
bocca di un povero e semplice fraticello si
danno conaigli e istruzioni sapientissime della
vita cristiana : ed il lettore senza accorgersi
CICCODICOLA EDOARDO — H Concilio Vaticano pictra di paragone pei Cat-
tolici, pel Sac. Edoardo Ciccodicola, membro di rnolte Accademie Scienti-
fiche e Letterarie, Napoli, si vende presso Pasquale Tom as, Largo Merca-
tellon0 43. Un opuscolo in 16° di pag. 100, cent. 60.
Ha ragione il ch. autore. La pietra di
paragone, onde discernere ora i cattolici dai
non cattolici e il Concilio Vaticano: la cui
principalissima decisione e stata quella della
Infallibilita del Papa parlante ex-cattedra.
Quindi egli dopo di aver dimostrato tutto il
COLLANA DI YITE DI SANTI — Monza
Annoni e Comp. 1871.
Poiche nessun1 altra lettura deve tanto
raccomandarsi , quanto quella delle vite dei
Santi, che sono la migliore e piu svariata e
utile scuola della morale cristiana: ci piace
di qui riferire per disteso i patti di assoeia-
zione alia Collana di Vite di Santi , che si
pubblica in Monza, affinche tutti abbiano il
modo di procacciarsela facilmente.
Di questa Collana (che di presente conta
J21 vol.) si danno sei volumetti all1 anno, uno
valore di quella definizione ccn molta dot-
trina, ma chiaramente esposta, conchiude che
i cattolici si discerneranno specialmente dalla
riverenza e dairossequio al Sommo Pontefice,.
loro capo visibile in terra.
, tip. dell' Istituto de' Paclini di Luigi
ogni due mesi , di pag. 192 ia 16\ col ri-
tratto del Santo al priucipio d^gni vita. II
prezzo annuale d1 associazione e di italianer
L. 3, 00, da pagarsi anticipatamente ai primi
di gennaio. Chi procura 5 associati , avra
una sesta copia in dono. I volumetti , entro
10 Stato, si spediscono franchi di porto; al-
11 estero con aumento proporzionato. Ai libra!
si accorda lo sconto del 15 per 100. I/asso-
ciazione fc obbligatoria perun anno: chi pero-
BIBLIOGRAFIA 337
non intende di continuare nei successive, e in una sola volta una intera copia della
tenuto a darne avviso al ricevere dell1 ultima Collezione, pagando anticipatamente a con-
dispensa. Ciascuna Vita separata vien cal- tanti, avra uno scon to del 15 per 100. Le
colata un prezzo maggiore, in base* al numero associazioni si ricevono in Monza a que'sta
delle pagine. Chi prende un1 annata intera, Tipografia, Piazza di S. Agata n° 480. —
I1 avra al prezzo d^ssociazione. E chi prende Lettere, gruppi ecc. franchi di porto.
CORSI COSIMO — Discorso funebre in lode di S. Em. R.ma, il card. Cosimo
Corsi arcivescovo di Pisa, letto dal P. Luigi Guastini agostiniano, nei so-
lenni funerali celebrati dalla Congregazione dei Parrochi , ecc. Pisa , tip.
Letture catt. , 1871, in 8° di pag. 36.
— II Buon Pastore, o il card. Cosimo Corsi arciv. di Pisa: parole dette dal
sac. prof. Aldo Lnigi Brogialdi ne' funerali solenni celebrati da' cattolici
Pisani, ecc. Ivi, 1 870, in 8° di pag. 40.
Riuniamo sotto il nome delPEminentis- nale Corsi risplendera tra i posteri , come
simo defunto due laudazioni funebri, recitate uno dei prelati italiani piu nobili per pieta,
da illustri oratori , come ultimo commiato per iscienza, per amor della Chiesa, per sa'nte
datogli dal clero e dal popolo diocesano. Non isfcituzioni , per tribolazioni patite , per zelo
ci stendiamo sui meriti egregi ne dell1 una esercitato. Sembra eziandio che i sopranna-
ne deiraltra : solo notiamo che sono piene di turali carismi non gli difettassero intera-
particolari sullavita, stemmo per dire, del mente, perche la vigilia della sua morte fu
Santo. A questo titolo , quando altro non udito dai circostanti dire a un personaggio
fosse, sono degne entrambe di essere accolte, invisibile: Sancte Angele, minister Dei, veni
lette , studiate da ogni cristiano, e messe hue .... Quid respondes? E poco dipoi: Ha
tra i monumenti della storia ecclesiastica, dettoche verra domanialle 10. E alle 10 antim.
per gli scrittori avvenire: giacche il cardi- del giorno appresso spirava (Brog. p. 37.)
C. U. M. L. — Corso di cristiana educazione applicato alle principali eta e
condizioni umane. Modena, tip. deli' Immacolata Concezionc, 1871, primo
volume in 8° di pag. 232. L. 2.
L1 autore di quest1 opera intende di ab- tempo stesso,oltre alia dottrina schiettamente
bracciare in tutta la sua ampiezza I1 argo- cattolica, una grande prudenza nei consigli,
mento che si e proposto , e di svolgerlo di e una grande varieta di avvedimenti utilissi-
parte in parte in altrettanti libri. Questo mi. Le giovani spose, che vogliano conoscere
primo tratta della educazione dei bambini, i loro doveri piii sacri e piu dilicati, faranno
Noi vi abbiamo trovato molto ordine, molta bene a procacciarsi questo libro , dal quale
larghezza di materia, molta semplicita: e al avranno molto da apprendere.
D'ALFIANO GIOVAN PAOLO — Maestro Domenico , Fiaba di Giovan Pacio
d' Alfiano.
E un racconto graziosissimo, d^nvenzione simi, il gran mutamento in peggio, che ha in-
tutta nuova, destinato a mostrare , col vivo trodotto ne1 popoli la rivoluzione trionfante.
riscontro de1 coetumi un po^ntichi co'novis-
DE CAMILLE — J- E. Storia della setta anticristiana per J. E. De Camille.
Volume primo. Firenze, tipografia all' insegna di S. Antonino, Piazza di
Cestello n° 1. in 8° di pag. 324, prezzo del presente volume L. 3.
Di questo lavoro, promesso dall1 autore di esporre le sue idee, e il suo racconto. Egli
alcuni mesi or sono, vede ora la luce il 1* comincia dal proporre Targomento che vuol
volume, il quale sodisfa alFespettazione che trattare nella sua prima lettera;ede Tarre-
«e ne avea. II metodo prescelto dal ch. De care le molte ragioni per le quali non sia
Camille e quello di esporre le sue conside- lecito ad un cristiano, ad un cittadino, Fascri-
rav.ioni per via di lettere; ci6 che gli consente versi alia Massoneria. Nelle tre lettere se-
una maniera.spigliata, facile, quasi familiar* guenti descrive il mondo moderno nei costu-
Serie VIII, vol. I, fasc. 501. 22 27 aprile 1871.
338
BIBLIOGRAFIA
mi , nella politic* , e nella storia , per poi deve dedursi dacongetture e da ragionamentj
conchiudere nella quarta ch'e quanto v1 e critici. E il nostro autore vi fa buona prova:
di sconvolto, di corrotto, di rovinoso nel mon- e lascia intravedere che molto piu di quello
do moderno e principalmente opera dei fram- che ha detto in questo primo volume gli re-
jnassoni. E qui si apre il campo a dire chi sta a dire nel secondo. Noi siam certi che egli
sieno essi: come ordinati, quali miti ammet- manterra la promessa: ed esortiamo chiun-
tuno, quali riti seguano, qual simbolo pro- que ha interesse d1 istruirsi intorno alia na-
f, ssino : e cos\ ne da ai lettori una giusta tura, agFintendimenti, alia storia della setta
<-onoscenza. Nelle ultime cinque lettere ne massonioa, di leggere e studiare il libro del
espone la origine e derivazione , o come la Camille : perche esso e pieno di notizie im-
ciiiamano la filiazione logica e storica, la portanti, condotto con ragionarnento stretto,
quale piu che da documenti irrefragabili e scritto con molto vigore e brio di stile.
DE SANCTIS SANTO — Elogio funebre di Vincenzo Andrea M.» Grande, Ar-
civescovo di Otranto, per Santo de Sanctis. Lecce, tip. editrice Salenti-
na, 1871, un opuscolo in 8° di pag. 28.
DE SEGUR — La SS. Comunione per Msgr. de Segur. Torino, tip. dell' Ora-
torio di S. Francesco di Sales, 187-1, un opuscolo in 16°di pag. 68. Una
copia cent. 15. Cop. 100. L. 10.
FANNY R, — Luisella: Racconto Napolitano dei giorni nostri per la Signora
Fanny 0. Bologna, tip. Felsinea Via Usberti ./V" 69G Un vol. f>. in 16° di
pag. 2! 6. L. 1. 25.
Semplicissima la tessitura dei casi, molto il quale per la sua sana moralita pu6 essere
letto da tutti non solo senza danno, ma anche
con profitto.
nuturale lo svolgimento, e la soluzione del
nodo, affetti temperati e virtuosi, stile corretto
e schietto, soiio i pregi di questo romanzetto;
FANUCCHI GIUSEPPE — Vita di S. Frediano Vescovo di Lucca e notizie de'suoi
tempi, descritta da Moris. Giuseppe Franchi, Protonotario Apostolico ec.
Lucca, tip. Landi, 1870. Un vol. in 8° di pag. 224.
Da quella non piccola schiera di scrittori do, cosicche ha potuto s-tenderne una vita com.
eruditi, che trattarono o di proposito o di pas- piuta, alia quale aggiugne molto interesse il
«;iggio dellegeste di S. Frediano, il ch. Mons discorrere che esso fa dei tempi di quel Santo
Fanuechi ha tratto le principali notizie, che Vescovo. Ai quali meriti, diciamo c-osl, iiitrin-
'•onfortate dalla critica storica, e dai monu- seci e sostanziali di questo lavoro, si deve ag-
nienti esistentipossono essere accettate ancora giugnere una certa nobilta molto semplice di
<lui piu schifiltosi. Queste notizie, con tanto stile, confacente alia gravita del soggetto.
•studio raccolte, le ha ordinate con bel meto-
FERRARI FRANCESCO SAVERIO — Sul Concilio Vaticano poemetto polimetro.
Napoli stamperia del Fibreno , via Pignatelli a s. Giovanni Maggiorc;
\ 870; in 1 2° di pag. 48 ( vendibile al prezzo di cent, 50 presso I' au-
tore , strada S. Giuseppe de' nudi n° 25 ;.
Grandioso e Targomento, tolto dal ch. sta ha iucontrate ne'suoi procedimenti, e le
;iutore a soggetto della sua poesia; e dob- vittorie da lei iniziate colla proclamazione
bium dire, che per quanto lo comporta la mala- delle cattoliche verita, sancite nel suo seno ;
gevolezza della materia, la bonta della poesia e che nelFora designata dalla divina prov-
corrispondealla grandezza del soggetto. Esso videnza avranno effetti piu ampii e piu uni-
vien diviso in tre parti: la prima e intitolata versali per tutto il mondo. Vario e lo stile
la Convocazione del Concilio; la seconda la del componimento, secondo che esige la va-
Lotta; la terza il Trionfo. Tutte e tre sono rieta de'metri che sono adoperati; ma sempre
syoltfl per mezzo di finzioni ed immagiai poe- colto, sempre vivace e fecondo, benche alcuna
iiche, colle quali il Poeta adombra vagamen- volta possa sembrare piu del dovere ridon-
* le cause che hanno ispirate al Sovrano dante. II che e da attribuire alia fantasia
Pontefice il consiglio di adunara la sacra troppo ricca dell1 autore.
A&semblea Va^cana, le opposizioni che que-
B1BLIOGRAF1A 339
FERRERI SEVERINO — Istruzioni sul vangelo, ossia le quattro parti della dot-
trina Cristiana, esposta in tre anni di spiegazioni evangeliche, aggiuntavi
un'appendice sulle feste di N. S. , di M. SS. e dei Santi, del Sac. Seve-
rino Ferreri. Torino, tip. e libr. S. Giuseppe nel Collegio degli Artigia-
nelli Corso Palestro N° 1 4. Vol. 2° in 8° di pag. 388. Chi desidera tutta
T opera si rivolga a D. Pietro Borra Prevosto di Robella Monferrato .
FRANCO SECONDO — Sugli affari present!, lettere quattro alia N. D. Mar-
chesa N. N , del p. Secondo Franco d. C. d. G. Torino e Roma, Pietro
di G. Marietti. Napoli, Pendola. Un opuscolo in 16° di pag. 112. Terza
edizione.
Compendiare in poche pagine la teologia alle Signore, ma eziandio ai loro mariti, figli
morale relativa alle correnti questioni politi- e fratelli. Tanto piu che in questa edizione si
che religiose ; risolverle in modo piacevole e tratta eziandio, con una lettera aggiunta, la
pur sodissimo; ecco il cbmpito propostosi dal questione dell1 occupazione di Roma. E una
ch. Autore. Sono scritte in guisa incantevole, guida sicura e compita per chi, tra gli errori
e lettane una, non si pub reggere al solletico e ipregiudizii della societa anticristiana, vuole
di arrivarealla fine. Le raccomandiamo non solo salvare la coscienza e 1' anima sua.
GARRONE LORENZO — La vita Cristiana modellata sulla Vita di Maria: tren-
tadue discorsi storici-morali pel mese di maggio del C. C. P. Lorenzo Gar-
rone, Missionario Apostolico. 2* edizione riveduta e accresciuta. Alessan-
dria, Tip. Astuti 1871. in 12° di pag. 281. (Prezzo lire 2. Dirigersi con
lettera franca all' A. Cav. Can. Prevosto Lorenzo Garrone. Alessandria.
Via S. Chiarab).
La prima edizione di questo Mese Ma- Mica, I1 Osservatore Cattolico e lo Stendardo
riano fu lodata non solo dalla Civilta Oatto- Cattolico: i cui giudizii si leggono in fronte
h'ca,ma da altri giornali cattolici d'ltalia: a questa seconda edizione, riveduta ed accre-
il Divin Salvatore, YArmonia, la Liberia Cat- seiufca dal ch. A.
tolica, T Unita Cattolica, I1 Indipendenza Cat-
GEROLA LORENZO — II libro per tutti. Raccolta di istruzioni, esempii , me-
1 ditazioni e preghiere per chiunque voglia vivere da buon Cristiano del
Sac. Lorenzo Gerola, 2a edizione. Lendinara, tip. di Luigi Buffetti. Un vol.
in 46 di pag. 802,418.
11 Libro per tutti del Rev. Sig. Gerola con-
tiene ietruzioni sopra le virtu e i vizii : esempii
che confermano quelle istruzioni; meditazioni
intorno alle massime cristiane; eottimepra-
tiche ed esercizii per nutrire la pieta. E ve-
ramente per tutti : giacche non v: e classe di
persone che non possa giovarsene : e invece
di libro noi lo chiameremmo volentieri una
piccola biblioteca: giacchfc nelle sue 1220 pa-
gine di carattere minuto contiene la materia
di parecchi volumi. 11 maggior pregio suo si
e la dottrina veramente sicura, e quel fervore
di pieta che istilla nei lettori, e che spira da
ogni sua pagina.
GIACONE — Maria Peres, o amore e sventure; racconto storico del barone Gia-
cone. Torino, cav. Pietro di G. Marietti; Roma, tip. Propaganda; Napoli,
lib. Pendola, 1871,16° grande di pag. 285.
Dopo che quasi tutti i buoni giornali dal-
Tun capo all1 altro d1 Italia hanno encomiato
3faria Peres, tornerebbe superflua ogni nostra
raccomandazione. Si aggira sopra i dolorosi
avvenimenti della Sicilia, dal 1860 al 1866,
dipingendo la desolazioue di questa nobile
contrada, con vivace lingua, e ardite tinto,
pur troppo storiche ! LMsola fu coperta di
sangue e di lutto, a nome e a gloria del go-
verno italiano. Abbiaia reduto anche giornali
frammassoni confessare che il Giacone rac-
conta la pura verita, e che la Sicilia ha qui
340 BIBLIOGRAFIA
una storia patria, luttuosa s\ , ma pur degna fine approdato al porto . II complesso forma
di impararsi a mente. II nodo della storia (che cib che i critic! francesi direbbero un romanzo-
favola appena si pu6 appellare j e un amore tesi. Ottima tesi, ottimo romanzo.
contraddetto dalle sciagure pubbliche, e in
GIBELLI GAETANO — Vita di S. Tommaso d' Aquino scritta dal Prof. Gaetano
Gibelli. 3/onza, tip. dell' Istituto dei Paolini, di Luigi Annoni, 4870. Un
vol. in 16° di pag. 460.
Destare nei giovani il desiderio dMmitare penria. E veramente Tottiene: con tan to gar-
la virtu, e di studiare le opere di S. Tommaso bo , con tanta soave insinuazione e scritta
fu il fine che pose in mano al ch. Gibelli la questa vita !
GIOVIIVE RAIMONDO — L'anima che fa compagnia a Maria Addolorata a pie
della croce, per Raimondo Giovine Sac. Nap., 2a Edizione. Napoli, tip. di
Gaetano Sautto Vico S. Gregorio Armeno N° 10. 2 volumi in 16° di payi-
ne 344, 354.
Molte pie persone hanno la costumanza sti gli esercizii proposti per ciascuna setti-
lodevole di consacrare un giorno della set- mana delFanno. Ne queste considerazioni sono
timana alia speciale commemorazione e ve- staccate e per cosl dire saltuarie: esse anzi
nerazione dei dolori di Maria SS. Codeste si collegano in un tutto intiero e ragionato;
buone anime non possono trovare libro piu cosicche al tempo stesso che Topora si divide
adatto per loro , quanto quello testfe annun- in settimane , si divide altresi in parti e in
ziato del Rev. Sig. Giovine. Una considera- capitoli , connessi insieme con ordine logico
zione quanto devota altrettanto ragionata : e ragionato. A quest' opera fa seguito Tofficio
alcuni esempii tratti dalle vite piu autenti- che pur annunziamo. Tutta Topera insieme
che dei Santi : un ossequio da praticarsi in all1 oflicio si vende per lire 2.
onor di Maria SS. e una giacolatoria: son que-
— OHicio della cornpassione di Maria Santissima composto da S. Bonaventura,
con versione italiana e annotazioni per Raimondo Giovine Sac. Nap. Na~
poli, tip. dell' Italia, 1871. Un, opuscolo in 16°di pug. 72.
— L'anima clie conversa con Gesu Bambino nella grotta di Betlemme per
Raimondo Giovine Sac. Nap. 2a edizione. Nnpoli, tip. di Vincenzo Marchese
Largo Donnarcgina N° 20 e 21. Trevol. in 16° di pag. 204, 396, 192. L. 2,50.
Nei tre volumi , dei quali componesi que- nella grotta di Betlemme: e finalmente le
sta pia opera, trovansi unite le considerazioni, vane pratiche di pieta per far commemora-
le pratiche, gli esercizii pii acconci a vene- zione della nascita di Gesu il 25 d'ogni mese.
rare il sacro mistero della Nativita di N. S. Vi sono meditazioni,preghiere, esempii, laudi
Gesu Cristo. Dapprima propongonsi i mezzi spirituali e piu altri esercizii di pieta , e
per disporsi bene nelTAvvento e nella Novena tutti pieni di santo fervore. Pu6 dirsi il Ma-
al S. Natale; poi gli esercizii piu adatti a nuale dei devoti di Gesu Bambino,
venerare per quarauta giorni Gesii Bambino
— L' oflicio e If, tre mosse del Santo Natale, con versione italiana e annota-
zioni per Rnimondo Giovine Sac. Nap. Napoli, tip. di Vincenzo Marchese
Largo Donnaregina N° 20 e2l. Unvol.in 16° di pag. 144. Cent. 80.
— Vita del Gran Servo di Dio D. Gennaro Maria Sarnelli, Padre della Gon-
gregazione del SS. Redentore e di quella delle Apostoliche Mission) , eretta
nel Duomo di Napoli, per Raimondo Giovine Sac. Nap. Napoli, tip. e libr.
di Andrea Festa Strada Carbonara N° 104. 2 vol. in 16° dipag. 224, 228.
S. Alfonso dei Liguori, che di virtti e di lo chiamava un Gran Servo del Signore, e
santita s1 intendeva moltissimo, nel conchiu- sperava che sorgesse chi ne scrivesse diste-
dere il Compendio della Vita del P. Sarnelli, samente la vita. II Rev. D. Raimondo Giovine,
BIBLIOGRAFIA 341
prete napoletano, intraprese quest1 opera: e vita il Sarnelli, che colla predicazione, colla
giovandosi del document! piu autentici che penna, coi sacri mi»isteri trasse tante animo
potfc avere nelle mani, ne ha diatesa con or- alia salute, e oper6 s\ gran bene, che quan-
dine, con chiarezza, e senza soverchia prolis- tunque trapassato da bene 136 anni , la sua
sita la storia intiera. Da essa appare quanto m«moria vive in benedizione di lodi ovunque
grande e zeloso missionario fosse stato in sua egli spese le sue fatiche nelle sante missioni.
JUNGMANN BERNARDO — Institutions Theologiae dogmatics specialis . Tra-
ctatus de Deo uno et Trino , auctore Bernardo Jungmann Phil. S. Theol.
Doct. ac Theologiae Professorein Serainario Brugensi 1870. Ratisbonce, typ.
Puttel. In 8° di pag. 337.
Pocopiu di 200pagine contengono il pri- altrove notammo ( quad. 461 ) neir altro suo-
mo trattato de Deo Uno, e poco meno di 100 il trattato de Gratia, e ci auguriamo di veder
secondo de Deo Trino. Non conosciamo altro presto gli altri trattati, approvati gia per la
libro che con altrettantabrevita esponga que- stampa dal vie. gen. di Bruges, con quests
ste trattazioni teologiche con altrettanta chia- parole: hoc opus eximium libenter approbamus
rezza e profondita. II dotto Autore con tatto et in votis habemus ut in universi Cleri nostri
squisito di professore dice tutto e solo ci6 che manibus versetur: 51 qual voto vorremrao esteso
couviene per un corso ordinario e come con- oltre i confini della diocesi e del Belgio.
viene. Qui troviamo gli stessi pregi che gia
LOMONACO GIOVANNI — H potere sociale del Papato nel Medio Evo per Gio-
vanni Lomonaco Napoli, direzione delle Letture Cattoliche, Via S. Giovanni
Maggiore Pignatelli. 1871 Un opuscolo in 16° di pag. 64.
MAFFEI SCIPIONE — Che cosa un uomo di sano intelletto debba pensare in
argomento di religione. Pensieri inediti del March. Seipione Maffei, tratti
dall' originate conservato nella Capitolare. Verona , tip. di Antonio Rossi,
1868 Un opuscolo in 16° di pag. 22 Cent. 25.
— Discorso di Seipione Maffei al Consiglio Comunale di Verona in Dialetto:
tratto dall' autografo della Cattedrale , per cura del Can0. Carlo Giuliari,
e pubblicato in occasione delle fauste nozze Faccioli-Marangoni. Verona >
Stab. Civelli. Un opuscolo in 4° di pag. 6, 23.
— Parere sul migliore ordinamento della R. Universila di Torino, alia S. M. di
Vittorio Amedeo II, per Seipione Maffei, dall' autografo nella Capitolare di
Verona. Verona , tip. di Antonio Rossi 1871, un vol. in 4° di pag. 48.
MAGENIS GAETANO MARIA — Vita di S. Andrea Avellino, Chierico regolare
Teatino, secondo il P. Gaetano Maria Magenis, Sac. del medesimo ordine-
Monza , tip. dell' Istituto dei Paolini di Luigi Armoni e C° 1870, 2 Vol.
in 16° di pag. 176, 224.
MARCONE ANTONIO — La parola di Pio IX ; ossia Raccolta di discorsi e detti
di Sua Santita, dal principio del suo Pontificato sino ai nostri giorni, pel
sacerdote Antonio Marcone, della societa Ligure di Storia Patria. Genova,
Direzione delle Letture Cattoliche 1871. un vol. in 16° di pag. 264 L. 2. 20.
La parola di Pio IX fu il titolo di un vo- primo. Noi siamo certi che esso avra lo stesso
lume pubblicato nel 1864 dal ch. Sacerdote buon successo: poiche non v^e cosa che tan to
Antonio Marcone, ed accolto con grande avi- alletti alia lettura, che faccia tan to pregiare
dita da per tutto: poiche esso conteneva al- e amare Pio IX, quanto quella bonta paterna,
cune delle risposte, delle istruzioni, dei col- quella prudenxa, quella proatezza e vivacita,
loqui familiari del S. Padre , che poterono tutte doti particolari della sua conversazione,
giugnere alia conoscenza del pubblico. Questo e che mirabilmente spiccano in tante varieta
stesso titolo si riproduce ora m quest1 altro di casi e di aneddoti , quante ne sono raccolte
volume , che pub dirsi una continuazione del in questo caro volume.
342 B1BLIOGRAFIA
MELLA CAMMILLO — Istoria della propria vita di Santa Teresa, per la prinna
volta fatta interamente italiana, raerce il riscontro dell' autografo , ed il-
lustrata dal P. Cammillo Mella D. C. D. G. Modem, tip. deW Imm. Con-
cezione 4871. Un vol. in 8 di pag. XXVIII 760. L. 8.
Le opere di Santa Teresa, appunto per- ingiungeva, ed essi ne dettero una accurate
chfe di autorita somma, ebbero la sventura di e fedelissima versione francese. II concetto di
non essere eino a pochi anni or sono, pub- fame una uguale versione italiana venne in
blicate mai senza qualehe lacuna, e qualche mente ad un loro confratello, il P. Sestini :
infedelta, tanto nel loro testo spagnuolo ori- il quale recatosi in Ispagna vi spese intorno
ginale, qiaanto e molto piu nelle loro versioni. gli studii e le fatiche di lungo tempo . Ed
Non fcquesto il luogo di arrecarne le cagioni: era molto inn an zi nel lavoro , quando da
il fatto e certissimo, e ora di universale no- morte immatura fu chiamato al cielo. Rimane-
torieta. Or sono circa vent'anni, per istiga- vanoa volgarizzarsi la vita scritta dalla Santa
zione di alcune religiose teresiane, venne in stessa, e le lettere : e ne assunse il compito
pensiero a due egregi e dotti religiosi fran- il ch. P. Mella. I/edizione di questa nuova e
cesi, P. Bouix e P. Turquand di darne una fedele versione 6 stata splendidamente intra-
edjzione coscenziosamente fedele e minuta- presa dalla tipografia dell1 Immacolata Con-
mente esatta. Iti in Ispagna, quivi con molte cezione di Modena : la quale ha creduto di
ricerche, e molti viaggi si adoperarono pazien- pubblicare anche a parte in un bel volume la
temente di aver nelle mani tutti gP autografi. Vita della Santa, chequi abbiamo annunziata.
della Santa , di cui s1 avea conoscenza : li II Sestini ed il Mella sono nomi noti alia
copiarono con cura somma e dilicata, colla- Italia pei varii lavori dati alia luce : ma da
zionarono la copia colPoriginale : fecero cia- ci6 che abbiam veduto in questa nuova lovo
scuna copia confrontare ed autentieare legal- fatica crediamo che nella versione delle ope-
mente dairautorita Diocesana, e dai euperiori re di Santa Teresa hanno vinta la lor farna
dei conventi Teresiani ove si conservavano , medesima : tanto nobile ne e lo stile, lucida
e cos\riebbero integro il testo. Del. pubblicarlo la costruzione, e pieno di savissimi e dotti
nella lingua sua originale lasciarono il pen- avvisi il commento illustrative che vi hanno
siero al Governo spagnuolo ed ai religiosi aggiunto.
Carmelitani, come un delicato riguardo loro
MIGNANI VINCENZO — Cenno bibliografico dei Cardinal Giuseppe Mezzofant.i
Bolognese; con I' Elenco di tutte le lingue e dialetti dal medesimo parlati.
Bologna , Societa tip. de' compositori , \ 871 .
Per cura del Sig Can. Vincenzo Mignani sommo poliglotta unastatua,e Taltro di
la memoria del celebratissimo Card. Mezzo- coniare una medaglia e costruire un monu-
fanti sara perpetuata ai posteri dai Bolognesi. mento in occasione del prossimo centenario
II nome dato alia contrada ov1 egli nacque ; della sua nascita (1874), sono sua principale
Pabitazione della prima infanzia cons-srvata oriera.
e ricordata ai posteri, il disegno di elevare al
NARDI MONS FRANCESCO — Del Museo Vaticano , opera e proprietadei Pon-
telici. Discorso letto all' accademia pontificia d' Archeologia nella seduta del
26 gennaio 1871 da Wons. Francesco Nardi, Uditore di S. Rota. Opusc-
in 8° di pag. 20.
II discorso annunciato fu gia in tutto o Autore la discioglie in favore del Papa in
in parte riferito dai giornali cattolici. Solle- quanto Papa. L/argomentazione fondata su
vatasi la quistione, se il Museo Vaticano ap- molteplice erudizione storica scorre limpida,
partenesse al Papa, in quanto Papa, ovvero calzante e vivificata daunagrande concisione
al Papa in quanto sovrano di Roma, il ch. e vigoria di stile.
PALERMO FRANCESCO — Vita e fatti di Vito Nunziante per Francesco Pa:
lermo. Firenze, stabilimento Ciielli, via Panicale n° 39, 1870. In 8° d*
pag. 414.
Vito Nunziante ebbe molta parte, e sem- litari del regno delle due Sicilie, dall1 ultimo
pre lodevolo negli avvenimenti politici e mi- scorcio del passato secolo insino alia sua mor-
BIBL10GRAFIA
te. Sotto questo rispetto una biografia di lui, vole questa che ne ha scritta T illustre Mar-
acritta con verita ed esattezza, non puo riu- chese Palermo ;siccome tale che reca airaperto
scire che di sommo interesse per la storia. Ma non pochi fatti di grave importanza politica,
un'altra ragione rende asaai piu commende- che insino ad ora erano rimasti ignorati.
PARASCANDOLO LUIGI — La Frammassoneria figlia ed erede del Manicheismo.
Studii storici per Luigi Parascandolo, sacerdote del clero napoletano. T. IV,
di pag. 293, in 8°.
Questo e il quarto volume, che esce dalla
penna del ch. sac. Parascandolo, in prosecu-
zione del suo lavoro intorno la Massoneria.
11 titolo messogli a capo, si e: Documenti.
II metodo che tiene nel riferirli non e quello
di recarli per disteso senza alcuna conside-
razione, ma P altro di portarli in parte o
interi,e trarne le opportune conseguenze/Fra
i molti raccolti insieme ve ne ha de"1 uostrali
e dei forestieri , cavati dagli scritti massonici
e da altri non massonici. Vhanno le con-
danne pontificie fulminate contro la setta , e
quelle venute dalla parte dei protestanti , ed
i giudizii di uomini illustri in conferma delle
stesse condanne. Traquesti e da notare Tau-
toritadel Lidler di Berlino,la quale aggiunge
alle accuse contro la massoneria non piccolo
peso, stante la gravita dei documenti, a cui
si appoggia. Benche noi desideriamo nel pre-
sente volume alquanto piu di ordine, di strin-
gatezza e di scelta, pure non sara letto senza
utilita ed interesse.
PICONE GIAMBATTISTA — Primalita del diritto, studii dell' aw. Giambattista
Picone. Girgenti, tip. E. Romito Palazzo Granet, 1870. Un vol. in due
parti in 8° di pag. 168.
Alia pag. 715 del quaderno 492 invitammo i sommi principii generatori del Dritto , che
i lettori a leggere la 1* parte di questo la- egli appella Primalita; e li segue a svolgere
voro del ch. Aw. Picone. Ora esce alia luce con quella stessa erudizione, dottrina, ed
la seconda: nella quale segue egli a svolgere evidenza che sono i pregi suoi proprii.
PIZZARDO GIUSEPPE — La buona maestra, ossia la mormorazione, dialogo dej
Prevosto Giuseppe Pizzardo da Savona. Bologna, tip. Pont. Mareggiani
1871. In 32° di pag. 112.
PROMIS VINCENZO — Cento lettere concernenti la storia del Piemonte, dal
MDXLIV al MDXCII, edite da Vincenzo Prornis. Torino, st. reale, 1870,
in 8° di pag. 2 57.
Importantissirne ci sembrano queste cento e interessano la storia di Europa tutta, ol-
iettcre, estratte dal torn. IX della Miscellanea treche dipingono al vivo quel grande cri-
di Storia italiana, dove furono per la prima stiano e non men grande sovrano. Le racco-
rolta pubblicate eugli originali degli archivii mandiamo agli studiosi della verita nelle
di corte. Molte sono di Emmanuele Filiberto, storie.
PUCCINI VINCENZO — Vita di S. Maria Maddalena de'Pazzi, carmelitana os-
servante, del Sac. Vincenzo Puccini, accresciuta dietro gli atti della Cano-
nizzazione. Monza, tip. dell' Istiluto de' Paolini di Luigi Annoni e Comp.
3 volumi in 46° di pag. 208, 192, 16i.
II fiorentino Puccini fu direttore spiri-
tuale della Santa Carmelitana negli ultimi
anni della vita di lei ; e fu il primo a sten-
derno la vita con divota semplicita. Poco dopo
la vita del Puccini fu ampliata da scrifr-
tore anonimo, che si valse degli atti per la
canonizzazione della Santa. Questo secondo
lavoro , se da un lato 1'eca piu vaste notizie,
dall1 altro riesce piu ampolloso e piu freddo.
Una mano molto esperta ha cercato di ri-
donarci la vita del Puccini non priva delle
giunte posteriori, ma non ispoglia neppure
della sua nativa semplicita. Questa e la vita
che qui abbiamo annunziata.
344 BIBLIOGRAFIA
REUSCH ENRICO La Bibbia e la Natura: lezioni sulla storia Mosaica della
creazione e i suoi rapporti con le scienze naturali, del Dott. F. Enrico
Reusch. Parma, tip. Fiaccadori)\81\. Un vol. in 8° di pag. 308. L. 1. 60.
La Bibbia e la Natura, ambedue parole esaminare le singole quistioni , agitatesi in-
«li Dio , debbono accordarsi : e dove si dice fino ad ora sulle cattedre e nei libri , per
che sia una contraddizione, essanon 6 di fatto venire, non solo partendo da generali prin-
in quei due gran libri, ma solo nei loro in- cipii teologici e razionali, ma dairesame pra-
terpreti. E questa la base da cui deve par- tico dei singoli punti controversi, a questa
tire chiunque voglia veramente esaminare nei conclusione: che cioe nulla b stato mai tro-
suoi particolari le teoriche fisiche in rapporto vato nello studio della natura che contrad-
ai fatti biblici. E da questa base parte il dica a quello che leggesi nella Bibbia. Somma
ch. Sig. Reusch in questa sua opera , la perizia nelP esegesi biblica, conoscenza vasta
quale e considerata come la piu dotta e la ed esatta delle teoriche fisiche ancor pid re-
piii sicura tra le molte recentemente pub- centi , aggiustatezza nella critica , facilita e
blicate intorno a questo studio compara- semplicita di esposizione; sono le qualita
tiro. II ch. autore comincia dal fissare con che renclono quest1 opera non solo utile, ma
tutta esattezza le regole che debbono con- opportunissimaai nostri tempi. La traduzione
durre un teologo e un naturalista nei cer- stampatasi ora dal Fiaccadori e fatta da
care dalla Bibbia la confermazione delle teorie penna molto perita delle due lingue, e bene
della fisica : e in far questo riesce somma- addentro negli studii, che Topera del Reusch
ment« prudente e temperate. Vien poscia ad richiede per essere fedelmente interpretata.
RICCI MAURO ~ Guido Palagi, canonico della metropolitana fiorentina. Ri-
cordo di Mauro Ricci, delle Scuole Pie. Firenze Libreria Chiesi , via dei
Martelli palazzo Ricasoli; e Borgo S. Lorenzo 23, 1871, in 8° di pag. 91.
Sotto il modesto vocabolo di Ricordo il gasse gli esemplari per le famiglie. I laici
valentissimo P. Ricci offre in queste pagine altresi vi troveranno molti savii documenti ed
uno di queVitratti, che egli solo possiede Tarte arguti avvisi che fanno per loro. Si vende a
di fare si semplici e si finiti. Leggere questo beneficio dei cherici coscritti. Questa dunque
volumetto e innamorarvi della celeste anima e un^pera di squisita pieta, diretta a un fine
del Palagi e del cuore di chi ve la dipinge di sublime carita. Benedetto il P. Ricci, che
cosibella, e tutt'uno. Noi vorremmo che ogni pu6 far tanto valere la sua incomparabilo
membro del clero italiano si pascesse della penna !
deliziosa lettura di questa vita e ne propa-
SCALA STEFAXO — La questione d' oriente ossia teorica degli stretti secondo
il diritto e le convenzioni internazionali per 1' avvocato Stefano Scala-
Torino, tip. G. De-Roxsi 1871. in 8° di png. 104. L. 3.
La questione d1 Oriente, che periodica- degli stretti , si per riguardo al dritto si per
mente si presenta alia diplomazia, & una riguardo alle convenzioni internazionali. Ben-
questione che ha molti aspetti , e la cui so- ch6 di tenue mole, questo libretto dilucida e
luzione dipende da molti element!, assai dif- chiarisce questo punto della controversia assai
ficili a conciliare insiemo. II dotto Sig. Aw. bene: e deve naturalmente attivare T atten-
Scala la esamina in questa sua dissertazione zione degli uomini di stato del pari che di
sotto un lato solo: quello del possedimento studio.
SCHERILLO GIOVAMI — De vinculis quae Italiam inter et Classicos latinos
scriptores intercedunt; sive quaenam Italiae ex classicis latinis scriptoribus
gloria affulgeat, quantoque studio ab Italis sint excolendi : auctore JOANNE
CAN° SCUERILLO. Neapolt , typis ftbrenianis MDCCCLXX. In 8° di pag. 22.
L'assunto di questa latina orazione, come sici scrittori quanto a gloria letteraria, per
si rileva dal titolo , e di mostrare I1 intima argomentare da cosiffatta relazione la somma
connessione, che passa fra T Italia ed i Clas- cura e diligenza, che debbono porre gl' Ita-
BIBLIOGRAFIA
345
liani nello studio de1 medesimi. II chiarissimo
autore svolge il proposto soggetto da pari
suo; cioe con gran corredo di erudizione ed
eleganza non comune di dettato. La brevita
di un articoletto bibliografico non ci consente
di esporre tutto Pandamento del discorso: ci
bastera accennare il primo e fondamcntale
argomento. Questo 6 il noto principio, che
gli scrittori di qualche raerito soao comune-
mente Tespressitfne della vita intellettuale e
morale de^opoli a1 quali appartengono. Ond'e
che ogni ffierito de1 latini scrittori viene na-
turalmente a rifonderei dapprima nel popolo
romano e dipoi anche nel rimanente dell'Ita-
lia, alia quale fu a poco a poco accomunata
la coltura romana. II che e da lui riconfer-
mato con un argomento indiretto e come di-
cono i rotori a contrariis , «he e tolto dal
decadimento della latina eloquenza , dovuta
appunto a nuove cause sopravvenute, che
mutarono ie condizioni intellettuali e moral!
de1 popoli.
SCOTTI PAGLIARA DOMENICO — II Mese di maggio ad uso delie Monache
per Domenico Scotti Pagliara. Napoli, Sac. Luigi Manzo editore Via Or-
ticelli n° 9. Un vol. in 46° di pag. 476. Cent. 60.
TACCONE-GALLUCCI NICOLA — L'Europa senza il Papato, pensieri del Barone
Nicola Taccone-Gallucci . Napoli, tipografta editrice degli Accattoncelli,
In 8° di pag. 40.
guerra gia da gran tempo accesa contro
questa Sede apostolica*, Ci dovemmo per certo
dilettare di quella stringata e grave argo-
mentazione, colla qualetu,consideratarazione
del Papato sopra I1 indole, il regime e le re-
lazioni del consorzio domestico e civile; come
altres\ la natura e gli effetti di questo e de-
gli errori correnti , chiaramente dimostrasti
la estrema rovina che minaccia Tuno, quando
Taltro sia sottratto. Piacesse a Dio che ci6
che la Chiesa inculca col suo insegnamento,
e con iscritti piu piani e tratto tratto insi-
nuate nel popolo *. cib stesso posto dinanzi
agli occhi con piu profonda trattazione e con
metodo piu severo. valesse a revocare gl1 in-
cauti daU'errore, e liberare i ciechi e duci di
ciechi dalbaratro in che rovinano essi e verso
cui spingono gli altri. Questo premio nobi-
lissimo, e certo.da te sommamente desiderate
Noi preghiamo da Dio a1 tuoi travagli ; e in-
tanto come auspicio del suo favore e pegno
della nostra singolare benevolenza, t1 impar-
tiamo amorosissimamente la benedizioue apo-
stolica.
Dato in Roma in S. Pietro il d\ 20 feb-
braio del 1871, Tanno vigesimoquinto del
Nostro Pontificato. »
L^logio migliore, che noi possiamo fare
di questo egregio lavoro del chiarissimo gio-
vine Taccone-Gallucci, e riportare il Breve,
che il S. Padre si degnb d1 indirizzargli in
risposta alia umile lettera, colla quale gliene
offeriva un esemplare. Lo faremo, traducendo
letteralraente il testo latino. Dice dunque
cos\:
« Diletto figliuolo e nobile uomo, salute
e benedizione apostolica. La tua lettera, e
Topuscolo alia medesima unito che ha il ti-
tolo « L^uropa senza il Papato » per si
chiara maniera manifestano T ossequio e lo
amor tuo verso di Noi, congiunto a grande
ardore per gl1 interessi religiosi e civili, che ne
rimane egregiamente coufermata quella opi-
nione intorno alia tua pieta e dottrina , che
Ci aveano posto neiranimo i colloqui avuti
con te ed i tuoi scritti. Ci rallegriamo poi
che tu non solo volentieri ponderi colPanimo
tuo il testimonio della Nostra benevolenza per
te, maCirendi per esso ampii ringraziamenti,
e ce li rendi per una ragione che Ci riesce di
sommo gradimento. Imperocche desiderando
Noi ardentemente che i diritti della Chiesa
sieno validamente propugnati , e si mettano
in chiara mostra i pericoli, a cui viene espo-
sta la umana societa a cagione dell' empia
TANARI ANTONIO — L' Alessandrina e 1' Ebreo di Verona , versi di Antonio
Tanari.
/
Chi haletto T Ebreo di Verona del com- primitiva; specialmente poi e cos\ armonica
pianto P. Bresciani conosce T episodic, che cosl affettuosa la verseggiatura, che il poe-
forma il soggetto di questi versi. Quello per6 metto non ne perde nulla anche sotto il ri-
che vi ha aggiunto del suo il ch. Tanari e spetto della originalita.
tanto, e si accorda cos\ bone colla invenzione
346
BIBLIOGRAFIA
VALLAURI TOMMASO — De voce divus in christianis inscriptionibus perpe-
ram usurpata, disseruit Thomas Vallaurius. Augustae Taurinorum , ex
o/ficina regia, 1871, m 8° di pag. 16.
YAULLET SACERDOTE — Meditazioni per tutti i giorni dell' anno ad uso
delle religiose. Op^era del Sac. Vaullet. Torino, Giacinto Marietti, 1871.
Quattro Vol. in 16° di pag. 416, 440, 416, 448. L. 5.
Per Tesercizio della meditazione giorna-
liera , che tutte le religiose debbono fare ,
questo libro offreunaguida veramentebuona.
Gli argomenti delle meditazioni sono tratti
principalissimamente dai doveri che loro in-
combono , dalle virtu proprie del loro stato,
<ldi pericoli ai quali possono andare soggette,
dai mezzi che debbono adoprare per sottrar-
j?ene, dalle virtu che debbono praticare. Essa
per le applicazioni pratiche s'interna nell<3
piu minute particolarita della vita religiosa,
delle quali mostra Tautore di aver plena
conoscenza.
YEHUROLI MARCELLING — L'uomo preistorico, osservazioni critiche del
dottor Marcellino Venturoli. Bologna, I stituto tip. nello Stab. delV Imma-
colata, via Galliera n. 483. L. 1;50.
In nome delle scienze naturali ed ar-
cheologiche si suole ora da alcuni dare una
mentita alia Bibbia, amrtettendo generazioni
d'uomini preesistentialla creazionedi Adamo.
Or nulla di piu falso, quanto il voler annun-
ziare un tale errore in nome di quelle scienze.
Esse per lo contrario non solo nulla hanno
fin qui arrecato di concludente contro quel
f'atto biblico, ma studiate a dovere lo hanno
compiutamenta confermato . Molti dottissimi
uomini hanno cib asseverato , e dimostrato
a punta di validissimi argomenti. La dimo-
strazione loro la riprende da capo, Tamplifica,
la dilata, e la pona alia portata di tutti i
lettori il ch. dott. Venturoli in questo libro,
che noi altamente raccomandiamo alia gio-
ventu studiosa italiana.
V. F. ^- Alfredo o il ritorno di un figlio. Racconto del Giovane Italiano V.
F. Bologna, Direzione della collana de'Racconti , 696 via Usberti. 3 vol.
in 16° di pag. 167, 156, 192, L. 3,75.
L1 insegnamento per via di racconti e piu
proprio deiTeta matura , che della giovanile.
Pur tuttavia al giovane scrittore di questo
romanzetto non e mal riuscita la pruova. Esso
intende a porre in guardia i suoi pari di eta
dai pericoli e dalle seduzioni ch-s incontrauo
ad ogni passo vivendo in questa eta nostra,
e in questa societa cosi viziata. Lo fa met-
tendo sotto gli occhi i casi di un giovane
prima sedotto , poi ravveduto. Come libro
pieno di ottimi consigli lo raccomandiamo
molto; come lavoro letterario lo pregiamo
ancora, qual fiore di una pianta che pu5 al
tempo dare frutti gustosi e nutritivi.
YILLEFRANCIIE G, M. — Due orfanelle. Racconto del sfg. G. M. Villefranche
tradotto dai Francese da F. R. Bologna, Direzione della collana de'Rac-
ccnti, via Usberti 696, 2 vol. in 16° di pag. 224, 216. L. 3.
11 Racconto del Villefranche interessa vi- carita che interviene per alleviarle , e riesce
vamente il lettore dai capo al fondo della nar- a vincere e a convertire il colpevole, e a ripa^-
razione. DalFun lato i casi pietosidi due care rare i mali da lui cagionati; fail provare pari
orfanelle, ridotte ad ogni estremo di sventure alia commozione deiranimo il frutto morale
dalForgoglio di un loro avo : dall1 altro la di questo ottimo romanzetto.
CRONACA
Firenze 26 aprile 1871
ROMA — Nostra Corrispondenza.
LA SCUOLA ROMANA.
Per quanto le mie forze intellettuali me lo permetteranno, vorrei
ora parlarvi della Scuola Romana.
Non e impresa da pigliar a gabbo il parlare della Scuola Ro-
mana. Non diro cbe sia come uno stuzzicare il vespaio: se dicessi
questo , stuzzicherei il vespaio davvero. Ma ben posso dirvi che e
come uno stuzzicare le industriose pecchie. Le prose vi si stendono
subito d' innanzi, e i versi vi si sciolgono contro in tutte le figure
delle nove Muse : in lettere sul quinci e quindi , in ballate incom-
poste, articoli azzimati. sonetti caudati, letture da fare scoppio e pro-
lusioni prolisse con estro traboccante, come se procedessero propria-
mente inlinea retta e discendenza legittima dall' Estro, detto altrimenti
Tafano, bestiolina poetica e intelligente, della quale dice il dizionario
(giacche coi pretendenti letteratura bisogna sempre procedere armati
di dizionario) « che quando depone le sue ova nel naso delle pe-
core, il verme che ne nasce produce in loro un' agitazione che e
quasi furore » poetico.
Consta da document} autentici che la Scuola Romana fu edu-
cata in un Gaffe. La volgar fama pretende che fosse il Caffe Nuovo
at Corso. Ma il piu vecchio documento che io conosca a tal propo-
sito non parla che di un Caffe in generale. II documento data fin
dal 4 novembre del 1870, e si troya registrato nel numero di quel
giorno della Gazzetta uffldale di Roma moderna alia pagina quarta
prope finem. Esso (giacche- la sua importanza per la storia letteraria
di questo secolo mi consiglia a trascrivervelo qui per intero, tranne
348 CRONACA
alcuni periodi che non fanno al caso) esso dice cosi: « Una eletta
schiera di nostri concittadini che malgrado alia (sic) severita clericale,
che poco stimd 1* umana ingegno, studio in quei felicissimi tempi nel
segreto della casa domestica , e confusa poi tra gli inosservati fre-1
quentatori di un caffe, si riuni alia sera per tener discorso di let-
tere : che poi postasi all' opera dette alia luce lavori che ( ossia i
quali lavori) per la forbitezza dello stile, per la scelta dei pensieri
meritolle (ossia meritaronle) da Italia tutta ii giusto titolo di Scuola
Romaha: fa (da un giornale romano) chiamata coi nomi di vecchi
e nuovi pastorelli d' Arcadia , di pecore, di adulatori, e di altrr
appellativi. II sottoscritto pero si fa un dovere (come si dice negli
annunzi delle Nuove Trattorie) di far conoscere ai compilatori di
quel giornale che quel Circolo che i letterati Romani istituirono nella
loro citta sorse non e molto etc. N. Argenti, socio del circolo let-
terario romano. »
La maraviglia fu grande quel giorno 4 novembre in Roma tutta.
Italia tutta sapeva dunque da un pezzo che fioriva in Roma una
eletta schiera , la quale , benche nota a Italia tutta , stava pero in
Roma nascosta ed inosservata in un Caffe a studiar belle lettere!
Italia tutta, avea gia battezzata quella schiera non meno eletta che
nascosta col giusto titolo di Scuola Romana; e Roma tutta non
ne aveva mai saputo niente! E perche noi Romani fossimo informati
del talento prezioso che custodivamo cosi sotterrato, era stato neces-
sario che A". Argenti socio del circolo letter ario romano, non che
ingegno umano poco stimato dalla severita clericale, ce ne facesse
avvisati con una sua opera di quattro periodi fiorita di due soli leg-
gieri spropositi non imputabili certamente che o alia severita cleri-
cale o alia trascuraggine dei correttori della tipografia ufficiale!
So pero di buon luogo che al primo accesso di giusta maravi-
glia, successe presto in Roma tutta un secondo accesso di gioia, ov-
vero letizia, o vogliamo dire allegria, la quale si mostro periino in
aperte risa. Le quali, per quanto dai benevoli si potessero interpre-
tare per isfogo legittimo di gaudio a cagione della scoperta fattasi
di quella Scuola Romana si nota a Italia tutta e nondimeno si na-
scosta in un caffe romano, dovettero nondimeno a piu di uno sem-
brare eccessive relativamente a quello che potevasi onestamente ri-
chiedere da una modesta ilarita. E quanto a me, fino a prova contraria,
amo persuadermi che tra questi dovettero tenere il primo luogo i
fondatori appunto del Circolo letterario-romano , tutti letterati di
vario grido e valore, ma letterati infine ; dei quali parecchi sono noti,
se non a Italia tulta e forse nemmeno a Roma tutta (colpa la se-
verita clericale che poco stimo I 'umano ingegno), almeno pero cer-
tamente alia Repubblica letteraria che, disgraziatamente, non e ora
CONTEMPORANEA
cosi numerosa come forse credono alcuni Socii, che con un articolo
o una ballata pensano poter arrivare di botto alia vetta pindarica
della notorieta d' Italia tutta. Questi letterati fondatori, dotti, savii e
modesti, come si addice alia professione, debbono aver gustata assai
poco quella fragorosa loro canonizzazione promulgata da quel loro
troppo zelante socio, il quale, (tutti siamo soggetti a sbagliare) avendo
creduto rivelarli cosi al mondo come una cosa preziosa fin allora
sotterrata, e battezzarli ancora a nome d' Italia tulta, con un nome
pomposo e invidioso, li aveva invece, senza niuna loro colpa, esposti
ad una poco invidiabile ammirazione di Roma tutta. Del quale loro
ben giusto mal umore, credo aver trovato un indizio chiaro in una
lettera relativamente cortese e certamente letteraria, che, capta oc-
casione, e quasi a rimediare, uno di questi veri letterati fondatori
pubblico poco dopo in quel giornale appunto, dalle cui parole il troppo
zelante socio aveva preso pretesto di quella sua imprudente scoperta.
Ed io credo che della Scuola Romana non si sarebbe parlato
piu a questo mondo, se voi, nel vostro fascicolo del 21 gennaio di
quest' anno non aveste ristuzzicato 1' alveare con queste parole: « Di
stampa liberate romana non vi fu altro sintomo in Roma, n& cre-
diamo che vi sia mentre scriviamo (ed io vi posso assicurare che
non vi e neanche adesso) che la Scuola Romana. Che cos'e questa
Scuola Romana^ della quale si 6 riso alquanto (un po'piu di al-
quanto) in Roma tra la gente colta? Ecco che cos'e questa Scuola
Romana , e una raccolta di giovani e non giovani , romani o del
vicinato, i quali, fin dai tempi antichissimi, anteriori al 20 settem-
bre, pubblieavano un giornale letterario (voi volevate, credo, indi-
care il Buonarroti) del quale anche noi facemmo elogi (anche troppi)
perche, quantunque mostrasse un po' di liberalismo, era pero un
liberalismo riveduto corretto , e trattenuto , in limiti assai conve-
nienti, (doe nel pur o necessario). Yi era poi erudizione (ordinaria)
e letteratura (non sublime) bastevole ad attirare se non gli elogi ,
almeno gli incoraggiamenti. Questa raccolta di letterati credette fin
dai primi giorni dell' imbandieramento universale e spontaneo, come
si sa, di Roma liberale, credette, diciamo, dover ardere anch'essa un
granello d' incenso alia nuova epoca, che sorgeva nella Storia di
Roma. Non manco chi rise o piuttosto sorrise (furono pur troppo
risa dichiarate) di tal liberalismo si poco liberale in tutti i sensi .
Giacch6 era poco liberale nel senso vero e classico della parola i'af-
frettarsi cosi a dar il calcio del letterato a chi non avea a quei let-
terati fatto altro che bene (se non altro chiudendo gli occhi su
quel caffe dove non accadeva che si nascondessero, se il loro scopo
non era che di studiare belle lettere). E quanto al liberalismo mo-
derno e niente classico, ve n' era (relativamente) cosi poco in quei
350 CRONACA
letterati romani, che noa valeva la pena di mostrarlo. II che fa ve-»
ramente 1' elogio (anche adesso) di quella per molte parti rispetta-
bile raccolta di letterati. Ma quel riso o sorriso (fu riso e non sorriso)
taluno di quei valentuomini non seppe tollerarlo liberalmente. Cor-
sero percio lettere e repliche molto asciutte e illiberal!, dalle quali
si e veduto chiaro che i letterati bisogna pigliarli sul serio. In una
di queste lettere uno di questi letterati (N. Argenli sopralodatoj
chiamo Scuola Romano, il corpo o raccolta di letterati cui egli ap-
parteneva: e questa fu la sola parte che alia stampa liberale pren-
desse Roma. »
Ho citato questo vostro testo perche esso ristuzzico, come dissi,
1' alveare o almeno una di quelle industriose pecchie. La quale, non
avendo piu trovata questa volta ospitalita sul timo della gazzetta
ufficiale, ando a posarsi sulla menta del Tevere giornale quotidiano,
politico, amministrativo e (sopra tutto) industrials, che costa due
soldi al numero invece di un solo, quanto costano quasi tutti i suoi
confratelli liberali di Roma con gran danno delle fmanze dello Stato,
ossia nostre che paghiamo la differenza. E questo e il motivo per cui vi
annunzio qui quel giornale barchereccio con tutti i suoi titoli: giac-
che non e sua lieve gloria il non essere mantenuto interamente a
nostre spese. Renche ho qualche duhbio che egli dovette avere a meta
del prezzo (il che non sarebbe che onesta industria di un giornale
industriale) la carta giallognola sulla quale si stampa; la quale ha
tutta 1' apparenxa di essere un fondo di bottega di quella buon'anima
della defunta Correspondence italienne, organo francese del gia mi-
nistero italiano Menabrea. Laddove di questi altri giornali liberali
di Roma non si sa proprio intendere da nessuno come possano cam-
pare, vendendosi ad un soldo. Si sa anzi , o almeno si dice, che
hanno debiti ; e per fermo dovrebbero averne, se fosse vero do che
leggo nel Tribuno dei 18 aprile, che, non so bene se per zelo del
bene pubblico o del private, si lagna fieramente di queste limosine
governative che piovono nelle casse altrui. Dice dunque il Tribuno
che « per far un giornale serio ci vuole un recipe mensile di tre a
quattro mila lire italiane sui fondi con cui si pagano le spie. Ag-
giungi un gran lenzuolo di carta, il cui costo prima di stamparlo e
di mezzo soldo appunto; locche non impedisce, dopo impresso, di
cedersi per lo stesso prezzo ai gridatori, ed avrete una Nuova Roma
qualunque. » E quel che dice della Nuova Roma, credo che potrebbe
dirlo anche di altri giornali liberali romani.
Checche sia di questo e certo che il Tevere, cio che spende in
carta, dee guadagnarlo altrimenti. Credo pero che sia una calunnia
quello che di lui, o almeno di alcuni suoi, disse il Tempo dei 31 marzo.
« Siamo invitati (dice) a dichiarare che i fondatori e proprietarii del
CONTEMPORANEA 351
Monitors Romano,, il quale ora si e fuso con un giornale intitolato
il Tevere, non hanno pagato un soldo agli scrittori . Questi signori
che non mantengono i loro impegni che si mostrano* riottosi a pagare
i loro debiti, che danno esempio di incredibile sconvenienza, saranno
citati a rendere ragione dinanzi, ai tribunali. » Non credo che il Te-
vere, benche fuso ora coi sullodati Signori; faccia di tali economic.
Ma certamente dee fame assai sopra la correzione di starapa, dove
e chiaro che egli fa molta economia. Se non altro 1' ha fatta grandis-
sima sopra la pubblicazione dell'interessante, ben&he lunghetto lavoro
letterario con cui Uno della scuola Rornana, com' egli si sottoscrive,
voile rispondere a quei vostri periodi sopracitati . In verita il Padre
Tevere con assai poca cortesia accolse chi veniva cosi a buttarsi
lealmente nel suo biondo regno; tanti sono e tali gli spropositi onde
quel giornale fluviatile deturpo quella risposta, non mancante pero
di arte e di forbitezza. Far6 percio di ripescarne il piu prezioso,
ripulendolo e riforbendolo, per quanto potro, da quella melma tibe-
rina, di cui voi nella vostra diligente stamperia non potete avere
nessuna idea.
II piu prezioso e fuori di ogni dubbio la storia esatta ed ufficiale
delle prime ed antichissime origini della Scuola Romana; la quale
nessuno, e voi meno di qualsivoglia altro, avrebbe sognato mai che
fosse una figliazione, qd affigliazione della Compagnia di Gesu. Che se
aveste saputo questo, ne avreste certamente parlatocon anche maggiore
rispetto. Ma ora quello che e fatto e fatto: e per giusto vostro castigo
vi tocca di sapere adesso dal numero dei 27 febbraio del Tevere,,
qualmente « Convien sapere che in Roma, educate alle sane lettere
da quel valoroso maestro che fu Luigi Maria Rezzi, sorse da alquanti
anni un drappello di giovani (i piii vecchi avevano poco oltre i
trent'anni) che, datisi a scrivere in prosa ed in verso, seppero tener
vivo 1'onor nazionale, persuasi che fa pessima prova il dirsi e van-
tarsi italiani quando la lingua e lo stile si prostituivano nel fango.
Mancato il Rezzi, 1'amore per le lettere di quei giovani (sempre gio-
vani, non manco: ma raccoltisi in amichevole brigata, ciascun d'essi,
come piu seppe meglio, diede saggio dei proprio valore pubblicando
alcune poesie tutte foggiaie alle norme eterne della classica scuola,
della quale ii Rezzi era stato sovrano propugnatore. »
Or siccome Luigi Maria Rezzi fu gesuita com'e noto, e dalla
Compagnia vostra si porto seco il bello stile ed il buon gusto che vi
aveva imparato, ne segue che la vera fondatrice della Scuola Romana
e la Compagnia di Gesu.
E ci6 posto io vi con&iglio a tenervi amici questi giovani e non
giovani ; i quali in fondo sono in gran parte buoni figliuoli , e di
liberalismo, come dicevate voi in quell' articolo vostro, sono appena
352 CRONACA
scolari, appunto perche romani e letterati di buon gusto ; i quali
sanno che « fa pessima prova il dirsi e vantarsi italiani quando la
lingua e lo stile si prostituiscono nel fango » non solo delle sgram-
maticature e dei neologismi, che e fango letterario ; ma delle contumelie
agli antichi maestri, dell'ingratitudine agli antichi benefattori, della
poca curanza dell' antica fede civile e religiosa; che e fango morale.
Del resto tenue gloria e in Roma 1'essere letterato ed autore di
prose, di versi e di commedie togate; secondo che nella sua storia
letteraria della Scuola Romano, c' informa a lungo Farticolista del
Tevere, il quale non dimentica nessuna Ode, Sonetto , Novella,
o Commedia uscita da quella Scuola in quest' anni passati. E quan-
d'anche fosse verissimo che « fu letto sopra parecchi giornali della
Toscana, cui fecero eco altri giornali della Penisola, come in Roma
fossevi una Scuola Romana seguace fida dei nostri Classici » ( il che
non proverebbe che il titolo di Scuola Romana non fosse provenuto
forse da taluno della Scuola Romana, scrittore o corrispondente di
quei giornali), non avea pero 1' autore della difesa il diritto di aggiun-
gere che « la Scuola Romana era percio del tutto di versa dalle altre
scuole d' Italia : » dove dappertutto, a Napoli come a Firenze, a Mi-
lano come a Venezia , i letterati studiano i Classici. Ondeche quel
titolo di Scuola Romana, o nato in casa o partito di casa, significa
troppo o troppo poco. Significa troppo se si vuol dar ad intendere
che nella sola Roma si studiano i classici italiani. Significa troppo
poco se, presupponendosi che in tutta Italia i letterati studino i clas-
sici , si riservi pero ai soli letterati romani il nome di scolari, quando
molti di loro possono a buon diritto chiamarsi maestri.
Molto meno poi 1' autore della difesa dovea dire che « sforzavasi
ognuno, per quanto potesse consentirlo la romana servitu, a far palese
che il sacro fuoco delle lettere e dell' amor della patria in questa
citta infelice di Roma non era gia spento ». Chi confessa di essere
stato istradato al bello stile ed al buon gusto da un gesuita, in Roma
stessa, in pubblica scuola, dove il poi abate Luigi Maria Rezzi insegno
alia Sapienza le belle lettere per tanti anni, e vera-mente da compa-
tire quando ci viene a contare che in Roma infelice, era spento senza
di loro il sacro fuoco. Che vi abbiano soffiato sopra anche loro; dopo
che Roma e i Gesuiti ebbero posto loro in petto il liato necessario; che
parecchi di loro abbiano anche levata bella fiamma, questo si sa e si
riconosce. Ma non istiano gia a credere che senza di loro si spegneva
il fuoco ; ne molto meno si diano a pensare che, se taluno di loro ha
profittato dentro a quel caffe in liberalismo piu che non in letteratura,
cio sia per colpa della romana servitu . Se avessero frequentata la
scuola piu che il Gaffe, e i classici piu che i politicanti (al che la
servitu romana non avrebbe posto nessun ostacolo), alcuni di loro
CONTEMPORANEA 353
sarebbero adesso nel caso di scrivere molto meglio che~non facciano,
odi, ballate e commedie togate.
Col che non intendo gia dire che la toga romana non sia fatta
per vestire qualche cosa di meglio che non commedie. E questa pre-
tensione di alcuni letterati (pochi e non i migliori) di essere un gran
che ed accenditori di fuoco sacro, perche, dopo lungo studio, sono
riusciti a scrivere comechessia, se altrove e tollerabile, in Roma eccita
se non le risa almeno i sorrisi. La letteratura e sale: condisce ma
non nutre. Le pecore sole, che io sappia, amano il sale per se mede-
sime. Gli altri preferiscono il pane senza sale al sale senza pane. E
molto preferita in Roma la dottrina non condita di letteratura, alia
letteratura priva di dottrina, secondo che lo stesso Orazio dice: Sen-
bendi recte sapere est et principium et fons. In nessun luogo quanto
in Roma si capisce e si sente questo. Qui si va al sodo nelle cose: e
benche nulla in Roma si disprezzi, ed ogni studio, ed anche il let-
terario, abbia il suo onore , il suo culto ed i suoi premii, forse piu
che altrove; non si puo negare pero che la tendenza naturale ed istin-
tiva del vero Romano non sia a cose piii sode, piu alte, piu nobili e
piu utiK. Perflno Roma antica e pagana diceva che: Agere et pati ,
fare e patire, e non gia qualche cosa, ma fortia, romanum est. Ai
greci, che i Romani chiamavano greculi, lasciavano le belle lettere e
le belle arti. I Romani si contentavano di governare e reggere i popoli
ed anche gli artisti e i letterati greculi , secondo il precetto del loro
vecchio Nonno Anchise:
Excudent alii spirantia mollius aera,,
Credo equidem, vivos ducent de marmore vullus ;
Orabunt causas melius, caelique meatus
Describent radio et surgentia sidera dicent :
Tu regere imperio populos Romane memento.
Hae tibi erunt artes: pacisque imponere morem,
Parcere subiectiSj et debellare superbos.
Tra questi superbi vi erano anche i greculi , letterati , artisti,
sotisti e anche politici fini, non che autori di odi e di ballate: i quali
tutti furono sconfitti e debellati dai Romani ruvidi ed agresti , ma
costumati e pii. I Greci vinti vennero ad ornare Roma vincitrice di
statue, di bronzi , di poesie e di ballate. Si faceano pagar bene, e
benche schiavi, erano contenti. Finirono perfino col diventar padroni
di casa. Grcecia capta ferum victorem cepit; et artes intulit agresti
Latio. 1 Romani si lasciarono incantare da questi poeti e da questi
artisti; cominciarono anch'essi a soffiare nel fuoco sacro. Soffiarono
Serie V//7, vol. II, fasc. 501. 23 29 aprile 1871.
354 CRONACA
tanto, poetarono tanto, che, vincitori e vinti, Romani e Greculi, casca-
rono in mano ai barbari che fecero casa nuova.
Orazio , la cui traduzione italiana e una delle buone cose del
Rezzi Fondatore Gesuita della Scuola Romana, 1' aveva gia quasi
profetato, cantando :
Romae duke diu fuit et solemne, reclusa
Mane domo vigilare ; clienti promere iuraf
Cautos, nominibus certis, expendere nummos :
Maiores audire: minori dicere per quce
Crescere res posset,, minui damnosa libido.
Ma, per disgrazia,
Mutavit mentem populus levis et calet uno
Scribendi studio: pueri^ patresque severi
Fronde comas vincli coenant (in un Gaffe) et carmina dictant.
Per questo e venuta la barbarie.
Ma, Dio grazia, Roma non e citta mortale. Sopra le mine della
pagana, sorgeva la sacra e cristiana che anch' essa ha per impresa il
vecchio motto di Anchise. Tu regere imperio populos Romane me-
mento ; Parcere subieclis ct debellare superbos . II motto si trova
anche adesso a Ponte S. Angelo; e i nuovi arrivati faranno bene a
leggerlo con attenzione sotto le statue che cola si trovano di s. Pietro
e di s. Paolo. Hinc humilibus venia dice s. Pietro mostrando le chiavi.
Hine retributio superbisj dice s. Paolo che mostra la spada. Bene-
dire e scomunicare, reggere e sconfiggere, insegnare e condannare
ecco rufficio di Roma sacra, e moderna, come, sott'altro rispetto, era
stato di Roma pagana e antica. Hae tibi sint artes, dicea Anchise,
Parcere et debellare : non gia poetare.
Infatti Roma sacra e cristiana e succeduta alia pagana nel do-
minio del mondo con questa sola differenza che la pagana lo possl-
debat armis, e la sacra lo tenet colla Religione . E la Roma sacra
presente, come la pagana antica, quando era grande e potente, rive-
risce e stima le lettere e le arti, le incoraggisce, le paga bene ; ma
non si lascia pero regolare da questi greci . Le arti e le lettere i
poeti e i prosatori debbono bensi servire a Roma, ma comandare no.
Quando servono bene, artisti, e letterati, sono pagati ed onorati bene.
La Chiesa ha sempre incoraggiate e favorite le arti e le lettere. Ma
il fuoco sacro non lo lascia in custodia a costoro. Anche Omero dor-
mitat talvolta : pensate poi questi letterati! Lascerebbero spegnere i!
fuoco sei notti per settimana.
E osservazione veechia e fatta le mille volte che Ronla si antica
e si moderna fu ed e sede ed attrice delle belle arti e delle belle
CONTEMPORANEA
355
lettere in questo senso die tutti convengon qui d' ogni paese ; e
vi trovano quiete, onori, protezioni, gloria e danari. Virgilio vi venne
da Mantova, Catullo da Verona, Cicerone da Arpino, Orazio dalle
Puglie, Livio da Padova. Terenzio dall' Affrica, Ennio da Calabria,
Ovidio dagli Abruzzi, e andate dicendo. Non mancano letterati nati
in Roma o nel contorno. Ma chesono in paragone della fama letteraria
romana ? Romani pero sono sempre stati quelli cui hanno servito
questi letterati, avvocati, poeti forestieri che in Roma cercarono e tro-
varono sede, protezione e Mecenati. Lo stesso e anche piu dite degli
artisti, scultori, pittori, architetti: tutti o quasi tutti greci; ma lavora-
vano a servizio , a gloria e a spese di Roma.
E Roma moderna chi 1' ha fabbricata? I forastieri. Roma ha
sempre avuta la missione di comandare, dirigere, regolare, pagare, pro-
teggere. Raffaele, Michelangelo, Bernini, Rramante, ed altiettali fab-
bricatori e decoratori forastieri di Roma moderna , lavorarono per
conto e per gloria di Roma.
Da un Papa prese il nome il secolo moderno delle belle arti e
delle belle lettere. Ma si sa nondiraeno che ne il Papa era Romano,
ne Romani furono i letterati e gli artisti principali , gloria nondi-
meno di Roma e dei Romani perche in Roma lavorarono, ed in Roma
furono coronati, protetti, pagati, e ispirati. Gli artisti nascono in
Firenze, dice il Vasari, ma in Roma lavorano e vivono.
Scuola Romana, nel vero senso della parola, e dunque la
scuola che forma i grandi reggitori, legislatori, conquistatori, padroni
del mondo: scuola di idee e non di .chiacchiere, di idee pratiche e
non di vane astrazioni, di inspiratori di artisti piu che non di ar-
tisti, di degnissimi di poema e di storia, anziche di poeti e di storici,
di confessori e martiri della fede Romana anziche di maestri di fede
greca. Scuola Romana furono quei « moltissimi santi Martiri i quali
(come dice il Martirologio romano il ?4 di giugno) sotto Nerone Im-
peratore, accusati calunniosamente di aver messo fuoco per la Citta,
furono per suo comandamento uccisi ; dei quali altri coperti di pelli
di fiere, furono esposti ai laceramenti dei cani, altri messi in Croce,
altri abbruciati, accid, mancato il giorno, servissero per far lume
la notte. Tutti questi erano discepoli degli Apostoli, e primizie dei
Martiri, li quali, la Romana Chiesa fecondo campo di Martiri , avanti
la morte degli Apostoli, mando al Signore '» Scuola Romana e que-
st' esercito romano moderno di soldati e di impiegati , che per non
violare la santita del loro giuramento e della loro fede, ricusarono
servire agli uomini per servire nel Papa a Dio . Scuola romana e
questa vera e soda letteratura di tanti giornali cattolici romani scritti
da Romani, pagati da Romani, comprati e letti da Romani, che cresce
ogni giorno di numero e di brio. Giacche dovete sapere che all' Os-
•
356 CRONACA
servatore Romano decano e quasi capitano, al Buon Senso fedele
al suo nome, alia Frusta vero modello, che non ha ancora il suo
simile in niuna citta italiana, di giornale popolare, alia Stella organo
grazioso e benissimo accordato del zelante Circolo di S. Pietro, com-
posto del fiore della gioventu Romana, alia Vergine ed al Divin
Salvalore zelantissimi propagatori di quanto favorisce la pieta cri-
stiana e ad altri giornali che altre volte ebbi occasione di nominarvi,
si e ora aggiunta la Voce della Veritd, che subito ha saputo gua-
dagnarsi le simpatie comuni , e la Fedeltd giornale della Societd
romana dei Reduci dalle battaglie in difesa delPapato, ii cui primo
numero e molto ben redatto, e promette molto per 1' avvenire. Scuola
Romana £ la Societd romana per gli interessi cattolici^ che in sul
bel principio di sua fondazione conto ben mille e cinquecento socii,
ed ora e cresciuta ancora piu del doppio : societa attiva, intrapren-
dente, pia, zelante, senza rispetti umani, e dai cui operoso zelo ogni
bene puo aspettarsi.
Scuola Romana sono i venti e piu mila romanij, che si sotto-
scrissero in pochi giorni in cartelle che si conservano per fare la
S. Comunione pel Santo Padre Pio IX i!12 aprile. Scuola Romana
sono i trenta e piu mila Romani che si sottoscrissero finora per pro-
testare contro I' espulsione dei PP. Gesuili. Laddove per chiederne
1' espulsione non si trovarono che pochissimi non romani, si che ora
mi si dice smessa del tutto 1' idea di quella sciocca postulazione.
Scuola romana e questo stesso intero popolo romano che riconosce
il suo maestro al Yaticano e non in Piazza paganica dove ora , da
quel caffe misterioso , trasporto le sue variopinte tende Ja Scuola
Romana del Circolo letterario.
In quel caffe misterioso la Scuola Romana,, se si ha da cre-
dere ai suoi storici official!, si era dovuta gia nascondere, per isfug-
gire alia severitd clericale che poco stimo I'umano loro ingegno.
Ma qual' & la severitd nuova che impedisce ora alia redenta Scuola
di fiorire a Piazza paganica? Giacche e da sapere che cola poco o
nulla fiorisce ora la Scuola Romana. E questo lo so di certo, dalla
Liberia dei 16 marzo la quale ci informa che « alcuni membri del
Circolo letterario si lagnano che i suoi fondatori, si sono DATI ALL'AC-
CIDIA. II locale delle riunioni al Palazzo Mattei in Piazza Paganica e
un poco fuori del centro : ma questo sarebbe nulla, se i socii tenessero
delle riunioni. Dopole due che hanno seguita fe serata d'inaugurazione,
non si e fatto piu nulla. Sotto il governo pontificio, (Oh Circolo lette-
rario! Oh Scuola Romana! Ridotta dalla tua accidia a dover ricevere
tali correzioni dalla severita liberale ! Sotto il governo pontificio i
colti giovani liberali si lagnavano di non potersi riunire . Sotto il
governo attuale pare inesplicabile (ma F accidia spiega tutto) che
questa liberta non sia usufruita. » Fin qui la Liberia marzolina.
CONTEMPORANEA 357
La Liberia di aprile poi nel suo n° 97, seguendo ad informare
la repubblica letteraria del fasti celebri della Scuola Romana, ci
narra che « il circolo letterario si riuni per conferire sul trasferimento
della sua sede. Si decise che il primo piano del Palazzo Righetti,
dirimpetto al palazzo Doria sarebbe stato il piu adatto. Ma (doloroso
ma!) fu convenuto di aumentare la quota mensile fino a lire cinque. »
E si nota per modo di Scolio che, « il numero dei socii gia inscritti
e insufficiente. » Povera e nuda vai Scuola Romana!
Pure questi letterati nostri Romani, in qualunque citta si mo-
strassero d' Italia tutta,, sarebbero tenuti gran cosa. Giacche non si
puo negare merito non ordinario a parecchi di loro, e ad alcuni anche
straordinario. Ma in Roma molte cose e molte persone anche Prin-
cipali paiono e sono piccole, che altrove sarebbero giganti. E i let-
terati specialmente non sono tenuti che per quello che sono; per
letterati. Pensate che si chiamano Lelterati a Roma perfino i Miche-
letti, ossia gli alunni dell' Ospizio apostolico di S. Michele! Pensate
che si ride qui talvolta perfino dell' Arcadia, alia cui giusta fama
letteraria ci vorra un pezzo prima che arrivi la Scuola Romana!
E se 1' Arcadia fosse altrove, varrebbe, credo io, almeno quanto la
Crusca, che nella vostra Firenze e in tutta Italia e stimata meri-
tamente un gran che. Sebben da un pezzo, non so per quale seve-
ritd, non ne odo piu parlare. Laddove sotto la severitd clericale era
una gloria viva e senza accidia. Dal che si potrebbe concludere che
la severitd liberale e piu severa verso le buone lettere che non la
clericale. E chi sa che la nostra Scuola Romana non pianga gia
fin d'ora i bei tempi in cui, secondo N. Argenti « studiava nel segreto
della casa domestica (ora si studia in piazza) e confusa poi tra gli
inosservati frequentatori di un Gaffe si riuniva la sera per tener di-
scorsi di lettere » senza dover pagare per cio cinque lire?
II.
COSE ITALIANS
COSE ROMANS — 1. Protestazione dei Vescovi delle province romane pei diritti
della Chiesa e della S. Sede — 2. Istruzione ai Confessori per la Pasqua
del 1871 — 3. Risposta del Gadda al Card. Vicario circa le Opere Pie;
replica del Card. Vicario — 4. Funerali massonici a Mattia Montecchi —
5. Contegno dei liber i-pensat or i, e dei cattolici nel venerdi santo — 6. So-
lennita della Pasqua in Roma — 7. Anniversario del 12 aprile; indirizzi
e doni di Dame romane e forestiere al Santo Padre ; parlate di Sua San-
tita — 8. Violenze di plebe settaria — 9. Teatro comico nel palazzo apo-
stolico del Quirinale il venerdi 14 aprile.
I. Nell' Osservatore Romano, n° 73 del 30 marzo p. p., venne
pubblicata una energica protestazione indirizzata al Santo Padre , e
358 CRONACA
firmata da ventidue Vescovi delle province romane, annesse al regno
d' Italia in virtu dei diritti acquisiti colle cannonate del 20 settem-
bre e col plebiscite del 2 ottobre. Siccome il R. Fisco non abuso delle
sue facolta col procedere contro i Vescovi o col sequestrare il giornale
che stampava questo importante documento, cosi crediamo di poterne
qui riferire alcuni squarci, e darne un sunto a bastanza preciso.
« I nemici della verita e della giustizia , dicono gli intrepidi
prelati, sotto mentito nome di liberta e di nazionali aspirazioni, dopo
avere da oltre dieci anni spogliato la Chiesa della maggior parte dei
suoi temporali dominii, consummarono non ha guari la sacrilega usur-
pazione coll'occupare la citta metropoli dell'Orbe cattolico, e coll'ab-
battere il piu antico, il piu sacro ed il piu legittimo dei troni. »
Accennato poscia come e perche essi riputassero inutile il por-
gere loro richiami « a chi, tenendo la somma delle cose, sarebbe in
obbligo di porre un argine alia plena di tanti mail, da cui e afflitta
e travagliata la Chiesa di Dio » : dichiarano di volgersi al Santo Padre
per la speranza di poter recare qualche conforto alle tante amarezze
che 1'affliggono. E qui, esposta la dottrina e sentenza concorde del-
1' Episcopate cattolico, che « proclamd essere necessario, nel presente
stato delle umane cose, il civile principato della Santa Sede pel libero
csercizio dello spirituale potere » : ne ccnfortano la dimostrazione col
fatto della prigionia, alia quale da ben cinque mesi il Santo Padre
e moralmente astretto per gli eccessi settarii gia perpetrati, e per
quelli a cui altrimenti andrebbe esposta la sacra sua persona. Dato
quindi delle famose guarentige quel giudizio che si conviene, tra-
passano a dire delle « inique leggi che sovvertono 1'ordine morale,
che snervano 1'ecclesiastica disciplina e che osteggiano i dommi di
quella fede », che il Papa, come maestro infallibile di verita, dee
custodire e trasmettere ai suoi successori pura ed intemerata. Fra
codeste leggi i Vescovi sfolgorano principalmente quelle sopra il
matrinionio civile, sopra la coscrizione militare a cui si assoggettano
i cherici, sopra I'affrancamento dei canoni dei luoghi pii, quelle per
I'abolizione del foro ecclesiastico e per 1'espropriazione forzata dei
Conventi e dei Monasteri; ed altre cotali gia promulgate in Roma. E
qui dobbiamo recitare le loro precise parole.
« Contro tali leggi pertanto, di unanime consenso, protestiamo
innanzi al cielo ed alia terra; e, posti come noi siamo a reggere
quella porzione del gregge di Cristo, alia pastorale uostra cura affi-
dato, arnmaestreremo i fcdeli a ben guardarsi dall' osservare cid
che viene dal diritto di Dio e della Chiesa riprovato. Mostreremo
coi fatti agli increduli ed ai libertini dei giorni nostri, che la Chiesa
cattolica non e, siccome essi bestemmiano, altrimenti morta, ma che
vive di quella vita, che Cristo, capo invisible di questo mistico
CONTEMPORANEA 359
corpo, continuamente trasfonde nelle sue membra . Mostreremo coj
fatti, che la Chiesa cattolica, aU'infierire della persecuzione , non
viene meno per timore, non s'arresta, e non indietreggia; ma che
invece progredisce e si avanza piu vigorosa e piu forte, rassicurata
mai sempre dalle promesse infallibili del suo divino fondatore. »
Sono firmati i Cardinal! Vescovi di Ostia e Velletri, di Porto e
S. Rufina, di Frascati, di Albano, di Sabina, di Palestrina; ed i Vescovi
di Tivoli, di Segni, di Corneto e Civitavecchia; di Civita-Castellana,
Orte e Gallese; di Ferentino, di Alatri, di Anagni; di Terracina, Sezze
e Piperno; di Montefiascone; di Sutri e Nepi; di Bagnorea, di Veroli;
di Viterbo e Toscanella ; il Vescovo di Listri in parlibus ammini-
stratore apostolico di Acquapendente; il vescovo di Tripoli in partibus
amministratore apostolico dell'Abbazia di Subiaco; e 1'Abate di S. Paolo
fuori le mura.
2. Un altro atto ecclesiastico di gran rilevanza dobbiamo qui
registrare , e da cui e sempre meglio posta in sodo la qualita dei
diritti acquisiti colle bombe del 20 settembre e col plebiscite del 2
ottobre. E del poter cio fare, con sicurezza d'impunita , andiamo de-
bitori al giornale La Nazione di Firenze , che lo stampo sotto gli
occhi del Governo nel suo numero 96 del giovedi 6 aprile. E noi gliene
siamo obbligatissimi, perche, col darci modo di poterlo qui trascri-
. vere, ci porse il destro di supplire in qualche parte alia pubblica-
zione, che finora ci e vietata, della Enciclica Respicientes ea omnia,
data dal Vaticano il 1° novembre 1870, e sequestrata dal R. Fisco. La
Liberia- Gazzetta delpopolo,, diario che si stampa in Roma a servigio
del Governo di Firenze, ne diede un sunto nel n° 93 del 5 aprile. La
Nazione, piu generosa, ne reco il testo latino e la traduzione ita-
liana ; e cosi furono promulgate ad un tempo , e le pene di scomunica
e censure ecclesiastiche, incorse dagli invasori dello Stato pontificio
e dai loro complici, e le condizioni rigorose imposte dal Sommo Pon-
tefice per chi vuole sinceramente esserne prosciolto. Noi crediamo che
basti qui riferire il testo latino delle Istruzioni per cio distribuite ai
Confessori, al cominciare dell' aprile, sopra le facolta di assolvere.
« 1° Absolvendi Apostolica auctoritate a censuris et poenix
ecclesiasticis omnes et singulos poenitentes, qui rebellioni Ditionis
Pontiftciae cooperati sunt , vel adhaeserunt, aut quocumque modo
operam suam , vel favorem praestiterunt , sive votum pro unione
Italiae sub unico rege dederuut, aut Immunitatem ecclesiasticam
violaverunt ; dummodo tamen prius verae resipiscentiae signa
exhibuerint, illatum scandalum meliori modo quo poterunt, pru-
denti iudicio Ordinarii^ sen Confessarii, reparaverint^ et obedien-
tiam S. Sedi, Eiusque mandatis ferendis iuramento promiserint:
iniuncta singulis , pro modo culparum , congrua poenitentia sa-
360 CRONACA
lutari ,, aiiisque iniunctis de iure iniungendis . Exceptis, tamen
rebellionum MagistrisJ Coriphaeis , Instigatoribus ac Officialibus
publicis ; et exceptis illis , qui violaverunt Immunitatem Ecclesia-
sticam per manuum iniectionem in Cardinales , Episcopos , aul
alios Ecclesiasticos in dignitate constitutes, pro quibus omnibus
recurrendum erit in singulis casibus ad S. Poenitentiariam.
« 2° Absolvendi, sub praefatis conditionibus et exceptionibus,
Ecclesiasticos si qui in praemissis culpabiles extiterint , postquam
tamen aliquam religiosam domum ingressi fuerint, ibique saltern
per mensem exercitiis spiritualibus vacaverint; et cum eisdem, super
Irregularitale et violatione dictarum Censurarum quomodocumque
contracta , Apostolica Auctoritate misericorditer dispensandi ;
iniuncta singulis congrua poenitentia salutari_, iniunctis de iure
iniungendis ; exceptis tamen semper personis in num. 1 . exceptis.
« 3° Absolvendi similiter, sub conditionibus expressis sub
num. I. a Censuris et Poems ecclesiasticis milites, qui arma tule-
runt, et dimicarunt contra PontiftciamDitionem,, dummodo tamen
animo parati sint , quamprimum poterunt sine periculo vitae ,
miustam militiam deserere, et interea abstinere ab omnibus actibus
hostilitatis in subditos et milites legitimi Principis, et ab actibus con-
tra bonaj iura et Personas Ecclesiasticas : iniuncta pariter singulis
pro modo culparum congrua poenitentia salutarif el obligatione
reficiendi damna,, prout de iure,, si quae alicui certo suo privato
ausu intulerint ; aiiisque iniunctis de iure iniungendis ,, exceptis
tamen Ducibus et officialibus ., qui sine vitae, out alterius gravis-
simae poenae periculo se dimittere, et militiam deserere poterant,,
et exceptis,, ut supra,, illis,, qui Immunilatem Ecclesiasticam vio-
laverunt per manuum iniectionem in Cardinales 3 Episcopos,, aut
alios Ecclesiasticos in Dignitate constitutos , pro quibus omnibus
recurrendum erit in singulis casibus ad S. Poenitentiariam. »
II corrispondente della Nazione aggiunge poi quello che , con
piu minuti particolari , era stato divulgato dalla Liberia di Roma,
circa i doveri del militi della Guardia Nazionale, nei termini seguenti.
« Oltre queste istruzioni emanate a stampa, Tautorita diocesana
ha ordinato, che nessun milite della Guardia nazionale romana, dal
sergente in su, possa essere assolato dai confessori ordinarii. E tut-
tavia riservata facolta ai parrochi di udirne la confessione, e di as-
solverli , se mettano in iscritto di proprio pugno, e con giuramento,
di lasciare il servizio della Guardia nazionale. Nel caso che non vo-
lessero scrivere, dovranno fare la loro promessa in faccia a due testi-
moni . »
La Liberia- Gazzetta del popolo so»stiene in Roma le stesse parti
che 1' Opinione inFirenze.il giudeo Arbib, direttore della prima,
CONTEMPORANEA 36!
cammina sulle pedate del giudeo Giacob Dina, direttore della seconda.
Non segue verun programma fisso di politica, ma veste e porta la
livrea del Governo, e gli serve, secondo le congiunture , vuoi di
tromba vuoi di staffile, come occorre. Dopo aver$ alii 5 aprile pro-
mulgate il sunto delle istruzioni pontificie ai Confessori , il giudaico
araldo della Questura diede, alii 6 aprile, fiato alia sua tromba con
quanto avea di forza , per metterne bene in rilievo il valore. Come
saggio della sua eloquenza, ne trascriviamo qui un solo periodo.
« E voi Re d'ltalia, che la storia chiamera Galantuomo ; e voi
principi e principesse reali , che tutti cooperaste al risorgimento na-
zionale, che ebbe per bandiera, e per fine, Roma capitale d' Italia ;
voi illustri magistral, dotti giureconsulti , voi rappresentanti della
nazione, voi tutti infirie che cooperaste alia redenzione della patria...
tutti all' inferno, perche per voi non c'e assoluzione. »
Mille grazie alia Liberia! Codesta applicazione cosi cruda della
sentenza gia bandita nell'Enciclica Respicientes ea omnia,, niun pre-
dicatore o giornalista cattolico 1'avrebbe potuta fare impunemente.
Pazienza per gli ufficiali dell'esercito, di cui la Liberia si mostra
tanto tenera; pazienza pei magistral, senatori edeputati! Ma trarre
in mezzo anche il Re Galantuomo^ anche i principi e le principesse
reali! Questa e una audacia,che sarebbe imperdonabile, se potesse
imputarsi ad altro giornale. La Liberia e privilegiata ; ma non ne
abusi troppo !
Pero e da fare un'altra osservazione. II giudeo Arbib, non seppe
resistere alia tentazione di buttar giu una grossa bugia , e professo
cinicamente una supina ignoranza delle piu elementari noziohi che,
non solo la Chiesa cattolica, ma anche la Sinagoga, anzi la ragione
stessa insegnano con tutta evidenza. Egli infatti conchiudeva « tutti
all' inferno, perche per tutti voi non c' e assoluzione. » Falso, falsis-
simo. II testo stesso delle istruzioni da lui recitate dimostra che egli
ha mentito, e per mentire mostro di non capir nulla. Giacche quelle
istruzioni definiscono appunto le condizioni da porre perche lulti ,
se vogliono davvero, siano assoluti e non vadano all' inferno; e cosi
quelle istruzioni offrono a ciascuno dei colpevoli scomunicati quel
mezzo, che il giudeo dice essergli negato, mentre dovrebbe darglisi,
prima di mandarlo dannato , « affinche col riconoscere le proprie
colpe, acquisti virtu di cancellarle . » Dunque voi confessate, Si-
gnor Arbib, che il colpevole deve riconoscere le proprie colpe ? Sta
bene. Perdonereste voi a chi, avendovi offeso, non pure non volesse
riconoscere il mal fatto, ma persistesse nel mal fatto, e pretendesse
aver fatto bene? Bisogna pertanto che lo scomunicato si riconosca
colpevole, se ne penta, ne chieda perdono, si sottometta a dare la
dovuta satisfazione penale , e voglia davvero riparare il mal fatto •
362 CRONACA
Ov' egli compia questo dovere, sia egli Re o suddito , magistrate o
soldato , puo essere assolto , e non va all' inferno. Se egli si rifiuta,
se pretende essere innocente quando le violate leggi divine ed eccle-
siastiche , e lo stesso diritto di natura , lo hanno condannato come
reo; egli in tal caso tutto da se si mette nell' impossibility di essere
assoluto, e va all' inferno. Se il giudeo Arbib non capisce queste cose,
o non crede all' insegnamento della Chiesa cattolica, vada almeno al
ghetto di Roma, interroghi il Rabbino; e non dubitiamo punto che
ne avra la stessa risposta. Va irremissibilmente perduto e dannato chi,
cssendo reo di peccato mortale e di sacrilegio, non se ne pente, anzi
ostinasi nel dirsi innocente. Non pure la Chiesa, ma Dio stesso non
pud perdonare, per cagion d'esempio, al ladro sacrilego che, non
solo vuole restare in possesso dei beni scelleratamente rapiti , ma
periidia inoltre in gridarsi innocente . Se dunque i tutti mentovati
dalla Liberia andranno -all' inferno , v'andranno perche vogliono,
nientre, come Dio, cosi la Chiesa li vuol tutti salvi , e ne offre loro
i! mezzo e ne spalanca loro la via sicura.
3. Ma il peggio si e che codesti Signori, sopra i quali si e tanto
impietosito, per paura dell' inferno, il giudeo Arbib , non solo non
accennano punto di volersi riconoscere colpevoli,di pentirsene e di
riparare al mal fatto; ma ogni giorno accrescono la mole gia dismi-
surata dei loro reati contro le leggi di Dio e le ragioni della Chiesa
e della Santa Sede . Abbiamo recitato nel precedente quaderno , a
pag. 217-20, gli atti ed i documenti spettanti alle Opere Pie, e la
protestazione dei Cardinali Yescovi suburbicarii e dei Vescovi della
provincia di Campagna. Non ci siamo apposti male, quando abbiam
congetturato che farebbesi di tali richiami lo stesso capitale, che delle
protestazioni emesse dal Papa Pio IX per fatti troppo piu gravi. Ecco
la risposta scritta, sotto il 3 d'aprile, dal R. Commissario ministro
Gadda all'Emo Cardinale Vicario.
« Eminenza: II Signer Presidente del Consiglio, Ministro dell'In-
terno, ha ricevuto ed esaminato la protesta che 1' Eminenza Vostra e
gli Eminentissimi Cardinali Yescovi Suburbicarii gli hanno diretta,
per opporsi all'attuazione della legge sulle Opere Pie. Le dottrine
esposte in quel documento gli sembrarono cosi contrarie ai principii
fondamentali del diritto pubblico comune a tutti gli stati moderni ,
ch'Egli non crede possano dar luogo a una discussione proficua. II
Governo di Sua Maesta nou potrebbe accettarle senza fare atto di
soggezione alia Chiesa; la quale, non solo in fatto di Opere Pie, ma
in ogni ramo della cosa pubblica continua a pretendere un dominio
che non e piu dei nostri tempi.
« Sua Eccellenza, apprezzando altamente la saggezza e 1'esperienza
degli Eminentissimi soscrittori della protesta, ama credere che Essi
CONTEMPORANEA 363
ben comprenderanno, come in queste ed in altre simili occasioni il
Governo abbia il dovere di far eseguire le Leggi del Regno, le quali
sono 1' espressione della volonta generale dei cittadini, e, riposando
sopra principii che hanno messo salde radici nella coscienza dei po-
poli piu colti e piu progrediti, rispondono alle esigenze della civilta
moderna.
« Saro grato all'Eminenza Vostra se vorra avere la compiacenza di
far couoscere queste dichiarazioni agli Eminentissimi Cardinali suoi
Colleghi ed ai Reverendissimi Vescovi che aderirono alia loro protesta.
Aggradisca I' Eminenza Vostra 1' espressione dei miei sentimenti di
perfetta riverenza e di distinta considerazione. II Ministro GADDA ».
Di qui e manifesto che il Governo, volendo spacciarsi del diritto
sacrosanto della Chiesa rispetto a quelle che sono istituzioni sue ,
fondate del suo, e per iscopo cristiano, non seppe trovare altra ra-
gione che quella data dai Giudei a Pilato, quando esclamarono contro
Gesu Cristo: JVos habemus legem,, et secundum legem debet mori.
Questa formola era piu concisa e piu espressiva, che quella adoperata
dal Ministero ; ed il Governo di Firenze avrebbe potuto addirittura
servirsene, senza recare in mezzo certi principii di diritto rivoluzio-
nario, e massonico, che la Chiesa cattolica non potra mai ammettere.
L'Emo Card. Vicario non voile che il silenzio potesse, dopo tal
risposta, riguardarsi come un consenso o come una tacita accettazione
dei principii a cui appellava il Governo di Firenze; e percio fu sol-
lecito di spedire al R. Commissario Ministro, sotto il di 5 aprile, la
seguente replica.
« Sig. Comm. Gadda. Non posso fare a meno di non replica:e
brevemente al foglio direttomi da Y. E. in data 3 corrente, e lo
faccio, non gia perch6 speri di far recedere il Sig. Presidente del
Consiglio dei Ministri dalle massime esternate, in proposito del ro-
clamo da me avanzato in nome pure dei Cardinali Vescovi Subur-
bicarii, sulla legge risguardante le Opere Pie; ma perche le massime
stesse mi sono sembrate cosi esorbitanti, e tanto offensive alia Chiesa,
che il lasciarle passare senza risposta sarebbe per me una positiva
mancanza al proprio dovere, e all'obbligo che mi corre di non ta-
cere la verita.
« Sostiene il Sig. Presidente che le dottrine esposte nel men-
tovato reclame gli sono sembrate cosi contrarie ai principii fonda-
mentali del diritto pubblico comune a tutti gli stati moderni , che
non danno luogo a discussione.
« Ma dove mai si trova che il diritto pubblico, inteso nel vero
suo senso , si opponga perche la Chiesa abbia una piena ingerenza
sull'amministrazione delle Opere Pie? Lo stesso appellarsi Opere Pie
chiaramente dimostra avere queste una origine religiosa, e si chia-
364 CRONACA
mano Opere di Beneficenza, perche sono basate sopra la carita, fon-
damento della Religione Cattolica. Ed infatti come opere essenzial-
mente religiose sono state sempre riconosciute fino ai giorni nostri
dal comune consenso delle nazioni civilizzate, consenso che forma
appunto il pubblico diritto. £ se sono tali, domandero un'altra volta>
perche dovra essere esclusa la Chiesa dal dirigerle e tutelarle?
« A cio che si aggiunge, che il governo di Sua Maesta non
possa accettare cosiffatte massime, perche con cio farebbe atto di
soggezione alia Chiesa, giova meglio omettere una risposta che non
potrebbe piacere; cio peraltro che non posso affatto ammettere e che
la Chiesa nell' usare di tali diritti usurpi un dominio che non e piu
dei nostri tempi. Quest' assertiva e di tal portata, e cosi ingiuriosa
alia Chiesa stessa , che solo puo accamparsi da chi voglia in tutto
osteggiarla. Sembra veramente inconcepibile che sotto 1' oppressione
in cui attualmente si tiene la Chiesa ed il Yenerando suo Capo, si
avanzino proposizioni di tal natura dai Ministri di uno Stato che
chiamasi cattolico.
« Ricorda infine il Sig. Presidente del Consiglio , che le leggi
del Regno, che si vogliono onninamente osservate, sono 1' espressione
della volonta generale dei cittadini, e riposando sopra principii, che
hanno messe salde radici nelle coscienze dei popoli piu colti, rispon-
dono alle esigenze della civilta moderiia, e su questa base vuol fare
intendere ai Cardinali reclamanti, che debbano persuadersi della inu-
tilita delle loro proteste.
« Mi sia pero permesso dire, che un tal discorso non sarebbe
che una petizione di principio, pretendendosi cioe di provare la giu-
stizia di una legge dalla sua esistenza , ed escludendo ogni ragio-
nevole reclamo contro la medesima per il solo motivo che la legge ,
e?iste. Ma di piu, si potrebbe coscienziosamente asserire che la legge
di cui trattiamo, sia in realta 1' espressione della volonta generale dei
cittadini, o non piuttosto la voce di un partito avverso a quanto sa
di Chiesa e di Religione, a cui il Governo stesso (vorrei sperare suo
malgrado) e costretto di cedere?
« Dopo cio non mi resta die rinnovare a V. E. i sensi della
mia distinta considerazione. — C. Card. PATRIZI Vic. Gen. di Sua
Santild. »
4. I principii, a cui s'informa e s'inspira il Governo di Firenze
nella sua condotta verso il Santo Padre, la Chiesa e la religione
cattolica, meglio assai che dalle ciance parlamentari o dalle circolari
diplomatiche, si manifestano evident! nei fatti, la cui eloquenza non
ammette necessita di spiegazioni. Tra questi va notato uno che di-
mostra qual valore diasi dal Governo al primo articolo dello Statuto,
che dichiara la religione cattolica, apostolica e romana, religione dello
CONTEMPORANEA 365
Stato. Dall'una parte vediamo che in Roma, pei cattolici, il raccogliersi
in una chiesa, in certe congiunture solenni, a pregare od a sentir
prediche, si definisce dai settarii, e dagli stessi Ministri in Parlamento,
come una provocazione, come un oltraggio alle aspirazioni nazio-
nali; e si sa che le provocazioni scusano e talvolta giustificano le
reazioni settarie , espresse con le bastonate , coi colpi di pistola e
d'accetta, e con le carcerazioni per parte della Questura a carico dei
cattolici provocatori. I fatti dell' 8 dicembre 1870 al Vaticano, e del
10 marzo 1871 alia Chiesa del Gesu, e le spiegpzioni date dal mi-
nistro Lanza alia Camera dei Deputati, mettono in sodo che dalla
parte dei cattolici appena e lecito, sotto pena di essere tacciati e con-
dannati come provocatori,, di palesare i loro sentimenti cattolici. I
fatti del 12 aprile confermarono questa teorica settaria, come vedremo
a suo luogo. Per contrario ad ogni piu ribalda setta politica, ad ogni
superstizione religiosa, e guarentito il piu profondo rispetto. I rinne-
gati apostati bestemmiano a loro posta, come il Gavazzi, contro la
Chiesa, e coprono di villanie il Papa nella sua Roma; ai giudei nella
loro sinagoga, e lecito e guarentito il pregare ed ascoltare quel che
loro piace ; al tempio protestante ognuno puo recarsi senza paura di
villanie o violenze. Va cosi pei cattolici? Pur troppo, da quel Governo
di Firenze che mostra di offenders! quando gli si muove rimprovero
di osteggiare la Chiesa ed il cattolicismo , oggimai i cattolici ed il
Papa, nella stessa Roma, sono ridotti a dover desiderare, ma non
isperare, quel rispetto e quella protezione, di cui esso e prodigo per-
fino verso la piu pericolosa tra le sette politiche, qual' e quella dei
Liberi-pensatori.
Morto di subito a Londra il libero-pensatore Mattia Montecchi,
ardente repubblicano e giurato nemico della monarchia,' ii Municipio
romano gli decreto gratis, come a benemerit.o della patria, un'arcata
del cimitero al Campo Verano, perche vi si eriga un monumento; e
per giunta funebri onori pubblici. Tutti i frammassoni e garibaldini
accolti in Roma, ed il popolo del 20 settembre, furono convocati per
codesta apoteosi dell'ateismo ; e, per maggiore oltraggio al principio
cattolico, la pompa funebre al cadavere del morto settario, portato da
Londra a Roma a spese del Comune, si voile celebrare il mercoledi
santo, verso le 3 pomeridiane, quando nelle Chiese doveano comin-
ciare gli uffizii delle Tenebre.
La direzione di cotesta pompa infernale era affidata ai cittadini
Trouve, del Gallo, Parboni e Franceschini. Ecco 1'ordine del corteggio
descritto dalla Capitate, n° 193 del 7 aprile.
« Due Compagnie di guardia nazionale aprivano la marcia;
veniva quindi il concerto dei Vigili ; seguivano subito i legionarii
del 48 e 49 e la Societd dei reduci dalle patrie battaglie, con fiori
366 CRONACA
e bandiere, tra le quali ne notammo una bianca coll' iscrizione « Re-
dud di Mentana. » Dietro i reduci , che erano assai numerosi , di
tutte le class! , e pieni il petto di medaglie commemorative, veniva
la Societd del tipografi e 1' Associations universitaria ; poscia la,
banda della guardia nazionale ed un drappello di guardie municipal*
schierate in doppia fila. Poscia una rappresentanza della Massoneria
con le fasce simboliche.
« Questa rappresentanza attirava 1*. attenzione del pubblico, es-
sendo questa la prima volta che in Roma , dove la Massoneria era
cosi avversata dal governo pontificio , si mettessero in mostra i di-
stintivi dell'ordine massonico. Avanti il feretro era lo stendardo bianca
della Societd del liberi pensatori di Roma, la quale, per esser ap-
partenuto il Montecchi a quella di altre citta, non voile mancare
agli obblighi di fratellanza verso 1' aniico.
« Intorno al carro funebre — dal quale si era tolto ogni emblema
religioso, volendosi, per rispetto alle convinzioni dell'estinto, chela
cerimonia fosse paramente civile — notavansi le piii distinte perso-
nalita di Roma, tra cui il conte Pianciani, Ting. Calandrelli, 1'avv. Pe-
troni, il generate Lante di Montefeltro, 1'Agnemi, Costa Giovanni ecc.
La giunta municipale vi era nella sua maggioranza — 1'Alatri, il
Placidi, il Feliciani, il Venturi, I'Angelini ecc. — e, subito dietro il
feretro, notavansi molti Consiglieri, fra due file di guardie nazionali.
Di funzionarii governativi, nessuno.
« Dopo la magistratura cittadina venivano lo Stato maggiore e
molti ufficiali della guardia nazionale, quindi alcune compagnie della
stessa guardia, divise per pelottoni, poscia una rappresentanza della
stampa cittadina, il Circolo Romano (al quale si deve in gran parte
il buon esito di questa dimostrazione) il Circolo Bernini, il Circolo
popolare centrale, i Liberi Pensatori, il Circolo artislico, il tecnicOj
il legale, 1' Associazione costituzionale permanente, la Societd ope-
raid, ed altre corporazioni, come quelle di mutuo soccorso, dei mar-
misti, degli orelici, dei parrucchieri, dei beccai, dei maccaronai, dei
cocchieri, dei cappellai, degli ebanisti, pittori, sarti, ecc., non che
altri gruppi dei cittadini dei varii rioni, come Ponte, Monti, Tra-
stevere, Borgo ecc. ecc. Tutte queste societa avevano piu bandiere
ciascuna, nella maggioranza tricolori; la Societd operaia ne avea
una turchina; una rossa il Circolo popolare centrale. Altre asso-
ciazioni vi erano pure rappresentate ; ma ci fu impossibile di pren-
derne nota : fra le omesse non lo fu a caso il Circolo Cavour che,
(tanto per non guastare) non intervenne. Basti dire che il corteo,
(chiuso da un terzo concerto, composto di musicanti borghesi, c da
altre due compagnie di guardia nazionale) dilungavasi per oltre un
chilometro. Un 7000 individui ne facevano parte. »
CONTEMPOUANKA 367
Questo corteggio, a servizio del quale non pochi padroni di bot-
tega , ascritti alia sctta , aveano ricevuto 1' ordine di lasciar liberi i
loro operai , parve a molti che fosse , piu che una pompa funebre ,
nna rassegna delle forze raccolte in Roma per la repubblica, contro
la monarchia, ad uso delYAlleanza internazionale. Taluno di quei
che portavano bandiera nazionale avea avuto il delicato pensiero di
avvolgerla, per guisa che solo la parte rossa sventolasse spiegata. Se
la Questura, per miracolo, avesse fatto qualche richiarao, si svolgeva
un lembo del resto; e tutto andava in regola. Sarebbe lecito ai cat-
tolici 1' associare qualche illustre defanto con bandiere bianco-gialle?
No certo. Sarebbe una provocazione. Ma pei Garibaldini e Liberi
pensatori, il Governo non pud avere che deferenza ed ossequio.
Dalla piazza della stazione alle Terme di Diocleziano, per le vie
di S. Nicola da Tolentino, piazza Barberini, Due Macelli, Mercedi,
Corso, piazza Colonna, di Venezia e Colonna Traiana, dall'Arco del
pantani per la via della Madonna de' Monti a S. Maria Maggiore, e
quinci al campo Yerano , questo corteggio ostento 1' empieta della
setta cui apparteneva il Moniecchi, e pose in evidenza i sensi reli-
giosi e politici del Consiglio Municipale di Roma. Giunto il cadavere
e deposto in mezzo al cimitero, gli si recitarono orazioni funebri da
parecchi liberi-pensatori , che furono i citladini : Romolo Federici ,
1' aw. Petroni, il D'Annibale, il De Andreis, poi da capo il Petroni,
quindi un Plantulli.
Chi potesse, scnza troppo ribrezzo, e volesse leggere le infilzate
di bestemmie contro la religione e di professioni settarie recitate da
costoro, ne troverebbe copia nel citato foglio 193 della Capitals pub-
blicata pel venerdi santo; la cui relazione scritta il giovedi, con-
chiudevasi con queste parole: « La dimostrazione di ieri fu maestosa,
imponente, solenne. Onorando il Montecchi , aflermavasi , in forma
pubblica, una nuova fede civile, col massimo ordine, in mezzo alia
soddisfazione di tutto un popolo. Era necessaria in Roma, 1'anticacitta
dei preti, questa splendida affermazione della coscienza emancipata. »
In altri termini : si voile cosi fare un pubblico e solenne oltraggio
all'autorita, alia dottrina, alia metropoli della Chiesacattolica, sotto gli
occhi del Papa. E questa si o no una provocazione contro i cattolici? Po-
trebbe il Papa, salva la sua dignita e fors'anchesalva la sua persona,
esporsi , uscendo dalla sua prigione , all' jncontro d' altra consimile
pompa funebre ?
La Nuova Roma, pubblicata il giovedi santo C aprile , aggiunse
che la, al campo Verano, cinque signore deposero sulla cassa del
morto corone di fiori; e che « una specie di Grand' Oriente della
frammassoneria benedi tre volte, con alcuni particolari segni di mano,
368 CRONACA
il feretro. » Cio nel Campo Verano, ove le migliaia di martiri furono
sepolti, e che dalla Chiesa era santificato per accogliervi i resti mor-
tali del fedeli cattolici, accanto alle reliquie di Santo Stefano Pro-
tomartire e di S. Lorenzo!
Ognuno ha potuto rilevare , tutto da se , la splendida parte che
presero la Guardia Nazionale romana ed il Consiglio Municipale a
codesta apoteosi deU'empieta. E non vale il dire che il defunto set-
tario era membro di codesto Consiglio, e percio gli si doveano quelle
onorificenze di associazione. Cio e falso. Niuna fegge,niun regolamento,
nissun precedents, come dicesi, autorizzava codesto intervento in forma
pubblica. II solo vero motivo fu, ne potea essere altro,che il proposito
di bandire cosi in forma solenne, come disse La Capitale 3 1'apo-
stasia di Roma liberale dalla Chiesa cattolica.
5. Ma, viva Dio ! che Roma si mostro cattolica piu che mai.
Quando pure non fosse enormemente esagerata la cifra di 7,000 set-
tarii, onde la Capitale affermo composto il corteggio del Montecchi,
qual conto dovrebbe farsene per una citta di 200,000 anime? Ognuno
vede che, computando il non piccolo numero di Giudei e di Gari-
baldini, che componevano il grosso di quella schiera, e quella turba
di popolo, che rientro in Roma per la breccia di Porta Pia, non
tornava difficile il raccogliere , tra operai mandati dai settarii loro
padroni e gentaglia pronta a tutto per due lire, quanto bastava per
dare a quella rappresentazione 1' aspetto voluto.
II vero popolo romano si manifesto invece nei tre ultimi giorni
della Settimana Santa , e nel giorno solenne di Pasqua , quel me-
desimo che esso fu sempre ; cioe pieno di fede, e di pieta cristiana,.
dolente si per la privazione delle consuete pompe religiose, ma com-
posto e grave anche neH'atto stesso di riparare , con istraordinaria
frequenza ai divini ufficii, gli|oltraggi, di cui 1'empieta Massonica
avea scelto a bersaglio la persona di Gesu Cristo nel Venerdi Santo.
Imperocche se i Liberi-pensatori in Roma aveano iniziata la
profanazione di quei santi giorni coi funerali civili al Montecchi,
altri loro consort! aveano bandito qualche cosa di piu sacrilego, per
ostentare il loro disprezzo verso la religione cristiana, sotto la be-
nigna tutela del Governo di Firenze ; che nulla trovo a ridire contro
tali provocazioni d' alcune decine di miscredenti, verso la fede della
immensa pluralita del popolo iialiano.
Fin dal 15 marzo la Commissione dei Liberi-pensatori di Pisa
avea spedila, a stampa , una circolare d' invito ai socii per banchet-
tare il Venerdi Santo « onde affermare i principii da loro professati
e fame atto pubblico di protesta. » Gia gli anni addietro cotal sa-
crilego banchetto , esemplato forse da quello del Principe Napoleone
e dal Sainte-Reuve in Parigi, erasi fatto a Pisa in tal giorno, she-
CONTEMPORANEA
369
vazzando e gozzovigliando apple d'un gran Crocefisso, cui rendeano
il beffardo onore di un saluto, come al primo democratico ed apo-
stolo del principle umanitario. L' annunzio di tale infamia percosse
tutti i cuori cattolici. I Vescovi dl Mondovi, di Saluzzo, tra 1 Vescovi;
11 senatore Conte Cesare di Castagnetto tra i laici, furono del priml a
levar alto la voce contro si enorme eccesso , obbligando se stessi ed
invitando ogni fedele cattolico ad opere straordinarie di espiazione.
L' Unild Cattolica , che nel n° 73 del 28 marzo , aveva gettato 11
primo grido di orrore, venne ogni giorno registrando le piu belle e
vigorose protestazioni di singole persone e di intere associazioni di
cattolici, contro 11 nefando sacrilegio. II Governo continue a non dar-
senecura; i Liberi-pensatori poterono a piacer loro schernire Gesu
Cristo ed insultare la Chiesa.
Anche in Roma essi vollero pigliarsi questa soddisfazione. Ma il
contegno del popolo romano 11 dissuase dal fame mostra romorosa.
Nel loro covo a Piazza Barberini fu allestito ed imbandito 11 ban-
chetto, come ando su varii giornali , e specialmente nel Divin Sal-
valore. Tuttavia, paventando forse che 1* ira repressa del buoni romani
dovesse traboccare finalmente, e far giustizia, non ne diedero quel
pubblico spettacolo che prima aveano divisato.
Per contro il vero popolo romano , si nel Giovedi santo quando
recavasi alia visita del Sepolcri, e si nel Venerdi santo, quando
assistette in folia incredibile alia Via Crucis nel Colosseo ed in molte
Chiese, alle tre ore d' agonia ed alia funzione della Desolata, diede
tale mostra di se, che i liberatori del 20 settembre capirono la ne-
cessita di andar piu cauti nell' insultarlo.
Altrettanto, sottosopra accadde a Firenze, a Pisa ed a Venezia.
II Libero pensiero di Firenze, alii 13 aprile, lieto della licenza la-
sciata agli epicure!, di insultare sporcamente a Gesu Cristo, ne diede
la notizia e ne pubblico gli atti, senza temere molestia veruna dal fi-
sco, che pure non sopporterebbe certo la minima ingiuria ad una
sinagoga di Giudei o contro una congrega di Protestanti. Ecco le
parole di codesto diario ufficiale dell'empieta, scritte sotto la data
dell' 8 aprile.
« leri verso le 4 pomeridiane i Liberi-pensatori radunavansi a
fraterno banchetto , dopo 11 quale furono fatti varii brindisi ai grandi
rappresentanti della liberta del pensiero, a Voltaire, a Buchorer, a
Moleschott, agli enciclopedisti ecc. E, cosa degna di rimarco, tutti
i banchettanti si trovarono d' accordo nel fare voti per la federazione
di tutte le societa del Liberi pensatori, lo statute della quale, stato
discusso dalla societa di Firenze appunto nella seduta del Giovedi
Santo, pubblichiamo in questo stesso numero.
Serie VIII, vol. //, fasc. 501. 24 29 aprile 1871.
370 CRONACA
« Nella sera altri Liberi-pensatori in numero di venti circa ,
tenevano un nuovo banchetto, allo scopo di non perdere il diritto
alia loro parte di scomunica; banchetto al quale, essendo stati gen-
tilmente invitati , abbiamo pure voluto assistere . Anche in quel ban-
chetto si propino alia concordia ed alia fratellanza che deve stringere
tutti i Liberi-pensatori in un fascio; alia liberta, a Castellazzo, a
Garibaldi ecc. ecc. »
Segue poscia una filza di telegrammi scambiati tra gli epicurei
di Firenze, di Pisa e Venezia, firmati da uno Stefanoni, da uno
Swift e da un Taddei.
Per colmo di scherno ai cattolici , i settarii di Firenze, in mezzo
ai vapori del vino ed agli urli delle bestemmie, ebbero 1' idea di
spedire all' Unitd caltolica un telegramma in questi termini : « I
Liberi pensatori di Firenze, riuniti in fraterno banchetto, incaricano
i! sottoscritto di ringraziarla per la guerra a loro fatta. Fanno voti per
la distruzione del cattolicismo e pel trionfo della ragione. KHANIKOFF. »
Lo stesso voto « per la distruzione d' ogni superstizione reli-
tiiosa » e espresso nei mentovati telegrammi da Firenze a Pisa; ma
con frase piu diabolica nella formula per 1' ammessione dei socii,
aggiunta ai cinque articoli dello Statute di federazione , e che dice
cosi : « I Liberi- Pensatori dichiarano di vivere e morire fuori dal
?eno di qualsiasi Chiesa o credenza dommatica , senza ministero di
sacerdoti. »
Pare a noi che sia sull' orlo d' un precipizio, che dee ingoiarlo,
quel Governo d' uno stato cattolico, retto dallo scettro d' un principe
tattolico, che lascia menar trionfo, per la stampa, di cotali principii
sovversivi, non pure della religione, ma della stessa civile societa.
In Roma la congrega di cotesti adoratori di Satanasso non fece
tanto parlare di se. Ma la Voce della Veritd, giornale teste fondato
dalla Societa romana per gli interessi cattolici, stampo nel n° 6
del 15 aprile il cenno seguente. « Circola per Roma una voceche,
verificandosi, mostra a qual punto estremo noi siamo giunti in ma-
teria di religione. II Venerdi santo , fra le tante profanazioni occorse
in diverse parti dei riti augusti , all' Ospedale della Consolazione
alcuni giovinastri, certo di quella famiglia sanitaria, insultarono
ignominiosamente alia passione di Nostro Signore Gesu Cristo. L'un
d'essi lascio legarsi mani e piedi, bendarsi il viso, portarsi in
braccio, e coprirsi di quegli obbrobrii, che gli antichi loro confratelli
rccarono al Divin Salvatoue. La mattina poi del Sabato Santo, con-
gegnatasi con due travi una croce, stavansi pronti i masnadieri coi
martelli in mano per affiggervi il fmto Cristo, e compiere in tutto
la sacrilega parodia; quando giunse in buon punto il Deputato del
Pio Luogo, il quale, tocco dai suoi sentimenti religiosi, sconcerto
CONTEMPORANEA 371
V infernale disegno. » Non ci venne fatto di trovare in veruno del
giornali liberaleschi di Roma un cenno di mentita a questo racconto.
6. Laonde puo dirsi che la lotta fra 1' empieta e la religione e
ora al suo colmo. Non dubitiamo punto che , siccome al terzo giorno
Cristo risorse trionfando dei suoi crocifissori e dell' inferno, cosi anche
Roma tra non molto uscira vittoriosa dall'aspra battaglia, che contro
la sua fede le danno i vincitori del 20 settembre. Mesti, ma tran-
quilli , passarono i tre ultimi giorni della settimana santa , come se
il popolo fosse inorridito della nefandezza compiutasi il mercoledi
santo. Venne il giorno solenne della Pasqua. 11 santo Padre quella
mattina celebro privatamente la santa Messa nella Cappella Sistina,
assistendovi una eletta di Dame romane e forestiere con molti nobili
personaggi. II popolo trasse in gran numero alia basilica di S. Pietro,
benche sapesse che quest' anno il Santo Padre non potea, ne celebrare
il solenne pontificale, ne impartire dalla Loggia della basilica la
benedizione Urbi et orbi.
La Giunta Comunale era assordata dai richiami del popolo che,
attesa la prigionia del Papa, e ridotto alia miseria per 1' assenza
dei forestieri e per la quasi totale cessazione di quel commercio che
gli anni scorsi fruttava i quindici e venti milioni in pochi giorni ;
e percio cercava di attirar gente a Roma con qualche spettacolo. Fece
dunque preparare i fuochi artificial} per la Girandola , e mando
significare al Capitolo di San Pietro, che, dove volesse, come pel
passato, fare la sera di Pasqua 1'illuminazione della Basilica, il Mu-
nicipio secondo il consueto ne farebbe le spese. Mons. Theodoli rispose
che: solendosi fare quella luminaria per festeggiare la coronazione
del Papa, troppo era evidente come le presenti congiunture non
permettevano che ora si facesse quella dimostrazione festosa.
La Giunta comunale, s' aspettasse o no questo rifiiito, non pote
altro che riconoscerlo come ragionevole. Mancando la luminaria a
S. Pietro, la Domenica di Pasqua, non aveasi piu ragione di dare
lo' spettacolo della Girandola nella sera del lunedi. Fu dunque so-
speso , o, per meglio dire, continuato lentamente il lavorio della
macchina pirotecnica al Pincio; dove si incendiarono poi i fuochi gia
commessi, e che doveansi pagare, nella congiuntura della festa poli-
tica per la fondazione di Roma, alii 21 aprile, e del ritorno da Napoli
dei RR. Principi di Piemonte.
7. II mercoledi dopo la Domenica di Pasqua ricorreva 1'anni-
versario del ritorno di Pio IX dall' esilio di Gaeta e di Portici, e
della prodigiosa sua preservazione da certo pericolo di morte nella
rovina accaduta a S. Agnese fuori le mura il 12 aprile 1855. La
prigionia, nella quale egli e moralmente tenuto pei fatti compiuti
dal Governo entrato in Roma ii 20 settembre, non permetteva ne
372 CRONACA
al Santo Padre di uscire, ne al popolo romano di festeggiarlo come
gli anni passati. Ma non percid furono meno espressive e commoventi
le dimostrazioni di amore e di fedelta che gli furono date dai suoi
Roraani, ed anche dai non molti forestieri presenti in Roma, come
dai lontani.
La setta che paventava di dover assistere a qualche pubblica
manifestazione dei sensi, onde sono animati i Romani verso il loro
Padre e Sovrano Pontefice , s' adopero con le arti sue consuete per
renderla impossibile, spacciando che certi fanatici e caccialepri si
disponevano pel 12 aprile a provocare i liberali e ad insultare il
Governo del Re Yittorio Emmanuele; ed esortando ipocritamente i
liberali a disprezzare cotali provocazioni , pronosticavano tuttavia
un terribilio di guai, se quei fanatici osassero effettuare il loro disegno.
Si capi da tutti quel gergo; ed infatti , con tacito accordo, i
buoni romani si risolvettero di onorare quel di 1' amatissimo Pio IX
principalmente con la preghiera e con accostarsi ai SS. Sacramenti.
Moltissimi, certo piu di 5,000, concorsero a ricevere la SS. Eucaristia
all'altare della Cattedra in San Pietro. Molte altre Chiese, e spe-
cialmente quella del Gesu, furono quella mattina affollate di divote
persone d'ogni sesso ed eta; onde si e calcolato che in quella mat-
tina un 25,000 comunioni furono offerte al Signore , come vittime di
propiziazione per Pio IX, e pei bisogni presenti di Santa Chiesa. I
masnadieri della setta, comunque ne fremessero, non ebbero cosi
pretesto veruno a disfogare il proprio livore. Dicono che il Questore
L. Berti si trovasse anch'egli in S. Pietro al Vaticano, per assicu-
rarsi che niun disordine turbasse quella tacita si ma imponente di-
mostrazione dei Romani.
Ma poco prima del mezzodi la via di Rorgo, da Castel S. An-
gelo al Vaticano, tornava a dare di se in parte quel lieto aspetto che
gli anni addietro in tal giorno. Erano centinaia di carrozze che por-
tavano al Yaticano il fiore del patriziato e della cittadinanza romana,
per farvi omaggio d' amore, di devozione e" di fedelta inconcusse al-
Tapostolico prigioniero. II Santo Padre, nell' uscire dai suoi appar-
tamenti, trovo le vaste sale ed anticamere piene di fedeli suoi figli,
che facevano a gara per significargli i sentimenti che li conducevano
ai suoi piedi. Yarii indirizzi furono letti a nome dei varii ordini
di persone ivi accolte. Ma quello che parve piu vivamente commo-
vere il Santo Padre fu il vedersi innanzi, nella gran sala del Con-
cistoro, una numerosissima radunanza di Dame romane, bramose di
offerirgli un dono e ricevere la sua benedizione. Qui non sapremmo
far meglio, che trascrivere quanto leggesi a tal proposito nella Voce
della Verild, n° 4 del 12 aprile.
CONTEMPORANEA 373
« Noi non amiamo lodare chi vive, fuorche se il comandi 1' uti-
lita dell'esempio; ma 1'esempio che danno anche oggi le Dame ro-
mane, con lievi eccezioni, e tale, che pu6 citarsi a edificazione di
tutta Italia, anzi di tutte le terre nelle quali si stende la Chiesa
cattolica. Fedeli ai principii che hanno ereditato col sangue, e alia
storia delle loro famiglie, esse vivono, parlano ed operano come vuole
in questi duri tempi 1' amore alia loro Chiesa, che vedono spogliata
ed oppressa. Lontane dalla vita pubblica, alia quale ogni cosa da-
rebbe loro diritto, altri luoghi non conoscono che la casa, la chiesa,
le scuole e gli asili dei poveri, le pie istituzioni e il Vaticano, dove
sta chi per esse nella sua oppressione doppiamente rappresenta 1'Au-
tore d'ogni nostra speranza.
« Esse oggi erano cola in gran numero, recandovi i piu bei nomi
di Roma, e con quelle semplici ma belle parole che diamo qui sotto,
gli offerivano un segno dei loro sentimenti. E un bellissimo tappeto
per la gran loggia di S. Pietro, da usarsi quel di, in cui potremo di
nuovo ricevere pubblicamente la benedizione apostolica. II nobile e
gentile pensiero di questo dono appartiene alia signora Contessa di
Marsciano, che fu subito secondata dalla Marchesa Serlupi, Dama che
alia fermezza inglese aggiunge il fervore italiano, pronto ad ogni
opera buona. N£ minor parte vi ebbero quelle illustri e pie Dame,
che troviamo sempre alia testa di quel molto che si fa a Roma per
1'onore di Dio e il bene dell'umanita: le Marchese Patrizi e Caval-
letti, la Principessa Antici-Mattei, e la Contessa Moroni, che com-
ponevano la Commissione; poi le due Principesse Rorghese, 1'Aldo-
brandini, la Sarsina, la Salviati, la Sulmona, la Yiano, la Palestrina,
la d'Arsoli, la Lancellotti, la Rospigliosi, 1'Odescalchi, la Sora, la
Randini, che nominiamo quasi a caso, non potendo loro posporre
quelle altre che seguono in questa lunga lista. II tappeto rappresenta
in isquisito lavoro lo stemma del Pontefice coi simboli della sua au-
gusta dignita. La scelta dei colon, il buon gusto degli ornati, la ric-
chezza e perfezione del trapunto sono degni d'ogni lode, e noi sper
riamo vivamente che possano presto ammirarlo quelle molte migliaia,
che riverenti e festose soleano affollarsi sotto la . loggia nella gran
piazza di S. Pietro, alle quali ora successe la solitudine e il silenzio.
« II Santo Padre accolse le Dame nella gran sala del Concisto-
ro, e la Contessa di Marsciano, a cui spetta il primo onore di questa
nobile dimostrazione, prese a leggere 1'indirizzo che segue:
Beatissimo Padre
« Piene il cuore di sentimenti misti di esultanza e di dolore,
ci avviciniamo in questo giorno al Trono della Santita Vostra. II
fausto avvenimento del 25° anniversario del glorioso Vostro Ponti-
ficate, che sta per compiersi, ci riempie 1'anima di gaudio; mentre
374 CRONACA
i! vedere V. S. ancora assoggettata a si dura prigionia, ci attrista e
ci addolora. II 12 di aprile, negli anni passati, giorno si lieto e fe-
stivo per Fintiero popolo Romano, quest' anno si passa nel silenzio
e nel lutto. Ma non creda, Padre Santo, che sia rimasta nell'obblic,
la memoria del fortunati avvenimenti che esso ci ricorda; e noi,
dame Romane, figlie devote della Santa Sede, non potendo in altro
modo mostrare la nostra aftezione, il nostro attaccamento verso la
Santita Yostra, e la parte che prendiamo a tutto cio che la riguar-
da, sia di esultanza sia di dolore, prostrate a'vostri piedi, umilmente
preghiamo Vostra Beatitudine a degnarsi di accettare dalle nostre mani
questo tappeto per la Loggia di S. Pietro, mentre innalziamo i piu
fervidi voti all'Altissimo, perche affretti il giorno in cui partecipare
alia gioia universale nel ricevere pubblicamente dalla S. V. 1'Apo-
stolica Benedizione, che ora genuflesse imploriamo. »
Appena la Contessa di Marscrano ebbe finito di leggere questo
indirizzo, il Santo Padre rispose, come riferi la Voce della verila,
n° 5, nei termini seguenti: « II delicato pensiero, e il dono che mi
avete presentato non puo a meno di non commuovere profondamente
il mio cuore. Voi, nell' offrirmi questo prezioso ornamento, avete es-
presso il desiderio che presto possa servirmi per dare la solenne be-
nedizione dalla loggia dela basilica Vatic-ana. Quando cio sara io nol
so; ma a tal proposito, leggendo poco fa il Vangelo, ho notato come
S. Pietro intento alia pesca con altri discepoli sudo, e fatico tutta
notte ma inutilmente, giacche nessun pesce pote trarre dalle acque.
Quando poi fu sull' aurora, richiesto appunto del pesce dal Signore
risorto, rispose mestamente: Tola node laborantes nihil coepimus.
Allora fu che il Signore gli ordino di gettare novamente le reti alia
destra, e fece quella pesca tanto miracolosa.
« Nello stesso modo potete dirmi anche voi in questi tempi di
tenebre e di tribolazione, in cui siamo sotto il potere dei nostri ne-
mici: Anche noi abbiam faticato; tante preghiere si sono innalzate
verso il cielo, tante lagrime sono state sparse, eppure finora tutto e
stato inutile. Verra il momento di usare questo dono; ma quando?
Tola nocte laborantes...— Veramente i Romani hanno pregato, hanno
dato saggio di fedelta e pieta anche nel buio e nella notte della pre-
sente catastrofe; eppure null' hanno sinora ottenuto. —Ma che! Non
sono un trionfo coteste testimonianze d' afletto che vengono continua-
mente date alia S. Sede? Non e forse un gran trionfo quel sentimento
di preghiera spiegatosi in Roma e in tutto 1'Orbe cattolico? Non vi e
plaga cosi deserta, non vi e lido cosi lontano, da dove non si mandino
voti e preghiere al Signore per la nostra liberazione.Le vostrecomunio-
ni, le vostre preghiere furono come altrettante suppliche che avete
deposte a pi6 degli altari che non possono aver mancato al loro scopo.
CONTEMPORANEA 375
« Yoi direle pero clie ancora ha da venire il vero e finale trionfo ;
ma anche questo non puo tardare. La condanna e la riprovazione che
sta sulla bocca di tutti i buoni, ed anche de'meno buoni, del presents
ordine di cose, 1' annuncia vicino. Fosse pur fatta 1' Italia, fossero
pur giunti a formarla forte e compatta sicche come le altre grandi
potenze pesasse sui destini di Europa! Ma un' Italia grande senza Dio,
senza fede, senza religione, ecolla distruzione che inutilmente si tenta
del Papato, no, non si fa. L' Italia, coi present! sistemi, cogli uomini
presenti sara sempre un oggetto da destare in molti la compassione,
in altri il disprezzo. Dunque aspettiamo, che, come insegno a Pietro
ove dovesse gettare la rete per far preda di molti pesci, cosi insegni
a noi la via, che ci faccia risorgere dall'abisso de'mali ove Corse i nostri
peccati ci hanno piombato. Ci e duopo lanciare le reti a destra, cioe
tenerci sulla via retta della verita, della giustizia, della legge di Dio,
e allora possiamo sperare con piena tiducia. Se non sara questo Vi-
cario di Gesu Cristo, sara certo un suo successore fqui la commo-
zione s' impadroni di tutti gli astanti) che vedra questa nostra citta
ritornata allo stato primiero e cosi tranquilla e fiorente, com' era sino
ad alcuni mesi sono, e vedra la Santa Sede ristaurata ne' suoi antichi
diritti. Egli potra servirsi del dono che voi mi avete fatto in quest' oggi
per dare dalla fronte di S. Pietro, da quella Loggia famosa, la sua
benedizione alia citta e a tutto il mondo cristiano. Questa benedi-
zione io adesso la imploro da Dio su di voi. Esso benedica i vostri
corpi, le anime vostre, le vostre famiglie, vi sostenga nella vita e
nell' ora della morte, affiiiche possiate lodare Iddio per tutta 1' eternita.
.Benedicto Dei etc. »
E indescrivibile la profonda commozione onde tutti glr astanti
furono compresi all' udire questa parlata del prigioniero Vicario di
Gesu Cristo. Tutte quelle egregie Dame s' accostarono a baciare la
mano al Santo Padre, da lui accolte con quella sua dignitosa affabi-
lita, che, senza menomare punto 1' augusta maesta del Pontefice, rivela
tutta la bonta del Padre e sa guadagnarsi tutti i cuori.
Ecco 1'elenco delle firme poste sotto 1' indirizzo ietto dalla con-
tessa di Marsciano; e sono di tali persone, di tal grado sociale, ed
in tal numero, che basta questo solo a mostrare per chi sta 1' ari-
stocrazia romana.
« Contessa Marsciano nata Longhi, march. Serlupinata Fitz Gerald,
marchesa Cavalletti nata Durazzo, marchesa Patrizi nata Altieri, con-
tessa Moroni nata Pfyffer, principessa Antici Mattei nata Gallarati
Scotti, principessa Adelaide Borghese nata Rochefoucauld, principessa
Teresa Borghese nata Rochefoucauld, principessa Aldobrandini nata
Hunyady, principessa di Sulmona nata Appony, principessa Corsini
nata Scotto, principessa Massimo nata della Porta-Rodiani, principessa
376 CRONACA
di S. Faustino nata Massimo, principessa di Viano nata Archinto, prin-
cipessa Lancellotti nata Aldobrandini, principessa di Sarsina nata
Rochefoucauld, principessa Barberini Colonna di Sciarra nata Pisco-
pagano, principessa di Palestrina nata Orsini, principessa Rospigliosi
nata Nompere-Champagny, principessa di Campagnano nata Sayn-
Wittgenstein-Lonisbourg, principessa Odescalchi nata Branichi, prin-
cipessa Bandini Giustiniani nata Massani, principessa d'Arsoli nata
Lucchesi Palli , principessa Gabrielli nata Bonaparte, duchessa Sal-
viati nata Fitz James, duchessa di Sora nata Borghese, duchessa
Grazioli nata Lante della Rovere, duchessa di Gallese nata Lezzani,
donna Caterina Chigi nata Capranica, donna Teresa Colonna, mar-
chesa Laura Theodoli nata Simonetti, marchesa Sacchetti nata Or-
sini, marchesa Spinola nata Patrizi , marchesa Lepri nata Patrizi,
marchesa Lepri nata Lascaris Darmes, marchesa Antici Mattei nata
Altieri, marchesa Serlupi nata Spinola, marchesa Bourbon del Mon-
te nata Scarampi , marchesa Ricci nata Eustace , marchesa Raggi
nata Spinola, marchesa Del Bufalo della Valle nata Resta, marchesa
Sampieri nata De' Cinque, marchesa di Paganico nata Villa Rios,
marchesa Laura Potenziani, marchesa Cavalletti nata Heron, marchesa
Sacchetti nata Spreca, Isabella de' marches! Sacchetti, marchesa Vi-
telleschi nata St. Laurent, marchesa Yitelleschi nata De Gregorio,
marchesa Marini nata Giusso, Giulia de' Cinque marchesa Quintili,
marchesa Casali nata Barberini, marchesa Sacripante Vituzzi nata
Sacchetti, marchesa Emilia Longhi nata Gaetani, marchesa Eugenia
di Baviera nata Maldura, marchesa Campanari nata Vincentini, mar-
chesa Lorenzana nata Santa Croce, marchesa De Gregorio nata Vil-
lamil, marchesa Pellegrini Quarantotto, marchesa Antici Mattei nata
Cenci Bolognetti, marchesa Lezzani nata Corsetti, marchesa Celestina
Ferrari, marchesa Francesca Ferrajoli, marchesa Cavalletti nata Cic-
colini. Contessa Giacinta di Brazza nata Simonetti, contessa Pietromarchi
nata Capranica, contessa Macchi nata Cenci Bolognetti, contessa Macchi
nata Theodoli, contessa de Witten nata Macchi, contessa di Campello
nata Bonaparte, contessa Antonelli nata Dandini, contessa Antonelli
nata Folchi, contessa Antonelli nata Gargia de la Palmira, contessa
Malatesta nata Ripanti, contessa Cardelli nata Del Bufalo, contessa
Filomena Dandini, contessa Virginia Celani nata Righetti, contessa
Spreca Ved. Costaguti, contessa degli Oddi nata Cardelli, contessa
Bezzi nata Pfyfler, contessa Moroni nata dell' Asta, contessa Albor-
ghetti nata Biondi, contessa Mattei nata Patrizi, contessa Negroni
Toruzzi nata Calcagni, contessa Negroni Toruzzi nata Guidotti, con-
tessa Simonetti nata Marsciano, contessa di Carpegna nata Lepn ,
contessa Cini nata Prospero Buzzi. Baronessa Cappelletti nata Caval-
letti , baronessa Coletti nata Ricci, baronessa Trasmondo Frangipane
CONTEMPORANEA 377
nata Trasmondo di Mirabello, baronessa Chiara Datti nata Senni,
baronessa di Collalto nata Cavalletti. Marchesa Giacinta Pietramellara
nata De' Cinque, Contessa della Porta Rodiani nata Vivaldi, Contessa
Cardelli Collicola.
Parecchi dei giornali settarii, che tuttodi fingono di struggersi
per sensi di tenerissimo amore e di devozione profonda verso una
augusta signora, cui danno per enfasi il titolo d' Angela d' Italia,
non poterono celare la stizza e la rabbia loro per questa si eloquente
manifestazione di tutta 1'aristocrazia romana. E diciamo tutta ; perche
1'eccezione di cinque o sei Dame, le quali, per motivi ed attinenze
di famiglia, dovettero accettare, o scelsero di per se, d'appartarsi da
cosi nobile schiera per servire ad altri, tale eccezione nulla puo de-
trarre, anzi forse migliora la significazione di codesto elenco. I men-
tovati giornali disfogarono il loro corruccio dicendolo una lista di
quattro beghine , ovvero di caccialepresse. Cio risponde alia squi-
sita cortesia e civilta propria dei liberatori del 20 settembre. Ma ci
sembra che avrebbero fatto assai meglio, essi che con piglio di si
alto disdegno parlarono delle quattro beghine, se, per offuscare al
tutto 1' importanza della loro manifestazione , avessero stampato per
nomi, cognorai, e titoli 1'elenco delle nobili Dame che, quali stelle
del firmamento fanno corona come dicono essi all' Angela d' Italia,
ossia , come diciamo noi piu rispettosamente, alia principessa di
Piemonte. Ci ricorda bene d'aver letto un breve elenco di signorine
della borghesia , che, capitanate da una Irene Cipolla moglie del
noto comm. architetto di tal nome, presentarono a S. A. R. la princi-
pessa Margherita un copripiedi per uso di carrozza. Ma non ci sov-
viene affatto di aver veduta la lista delle Dame che sollecitarono ed
ottennero 1'onore di servire a Corte la principessa di Piemonte.
Quella stessa mattina del 12 aprile erano deposte ai piedi del
Santo Padre le oblazioni dei fedeii suoi figliuoli d'ogni parte d1 Italia,
raccolte faWUnitd Cattolica pel danaro di S. Pietro. Era una somma
di oltre 50,000 lire. Altre 10,000 erano offerte a sua Santita da fio-
rentini d'ogni condizione, sottoscritti ad un bellissimo indirizzo , le
cui firme, in numero di circa diecimila , formavano un bel volume
elegantemente legato, che il Santo Padre ricevette da una Deputazione
di egregie signore, in presenza della sua nobile Corte e di varii
Cardinali e Prelati.
Ma troppo a lungo ci trarrebbe il rendere conto particolareggiato
di tutte le singole Deputazioni ed offerte, che in tal congiuntura
attestarono al Santo Padre 1' inconcussa fedelta e devozione dei suoi
Romani e delle varie province italiane, e che si veggono registrate
nei giornali cattolici di Roma, come La Voce della Veritd, L'Osser-
valore romano, il Buon Senso, ed altri.
378 CRONACA
Tuttavia non possiamo Irasandare una speciale menzione del-
1'oniaggio renduto a Pio IX da una numerosa ed eletta societa di
Dame forestiere che con pari affetto, benche quattro giorni dopo, alii
16 aprile, ebbero solenne udienza dal Santo Padre. « Erano, dice
La Voce delta Veritd, n° 7, delle terre le piu lontane e delle lingue
piu diverse . C'era una principessa reale di Portogallo , parecchie
principesse di case regnanti o che hanno regnato in Alemagna, altre
illustri Dame tedesche, altre pur nobilissime di Polonia, Austria,
Spagna, Francia, Inghilterra; ed altre milanesi , venete , toscane,
perugine, napoletane. »
Punte di nobile emulazione verso le Dame romane, queste, che,
sebbene d'altro paese e d'altra lingua, hanno comune con quelle lo
amore alia loro religione ed alia Santa Sede, vollero offerire a Sua
Santita il dono d'un magnifico baldacchino, da usarsi nella solenne
benedizione della Pasqua, a compimento del tappeto ofterto dalle Dame
romane. Yi contribuirono pure, e furono accolte con amore di padre
da Pio IX, eziandio alcune Dame protestanti . « E perche no? dice
La Voce della Verild. La grazia di Dio non ha loro ancora concesso
di vedere nel Papa il Vicario di Cristo sopra la terra; ma il sentimenlo
della giustizia, dell'onore, della coscienza, della legge divina, fa vedere
anche ad esse nel Papa un Principe ingiustamente e crudelmente spo-
gliato, una grande religione offesa nella sua base, un cardine del mondo
morale, in cui vivonoanch'esse, scrollato a comun danno di tutti i paesi
e d'ogni credenza religiosa. Onde il S. Padre accolse anche queste,
ed anche su di esse invoco i lumi e la benedizione del Signore. »
II S. Padre entrato nella gran sala del Concistoro, vi trovo quelle
egregie Signore; e, salito al primo gradino del trono, ascolto il seguente
indirizzo leltogli in lingua francese dalla principessa Elisabetta di
Solms-Braunfels, e che noi voltiamo fedelmente in lingua italiana.
« Deatissimo Padre. — Vogliate permettere che noi deponiamo
ai vostri piedi questo baldacchino, che compira 1'oflerta delle Dame
romane, e che, come noi speriamo dal fondo deH'anima, servira ben
presto all'augusta cerimonia , che tutti i fedeli vostri figliuoli chie-
dono con tulto 1'ardore e tutta la tenerezza dei loro cuori. Beatissimo
Padre ! degnatevi d'accettarlo e di benedire noi e le nostre famiglie. »
Questo indirizzo recava le seguenti firme che noi trascriviamo
testualmente.
« D. Isabel Maria Infante de Portugal - D. Maria de Almeida -
D. Maria de Lima - Princesse de Solms Braunfe nee Comtesse Kin-
sky - Princesse Elisabeth de Solms Braunfelse - Princesse Caroline
de Sayn Wittgenstein nee Comtesse Ivanowska - Princesse Hohenlohe
Schillingsfurst nee Princesse Wittgenstein - Princesse The're'se Hohen-
lohe nee Comtesse Thurn - Comtesse Catherine Potocka ne'e Comtesse
CONTEMPORANEA
379
Branika - Comtesse Emilie 0' Donell - Princesse de Salm Reiffer-
scheidt ne'e Comtesse de Spiegel - Princesse de Lowenstein ne'e Prin-
cesse Liechtenstein - Madame Pecoul - Madame WaJpole - Princesse
Pignatelli Ruffo - Princesse Pignatelli ne'e Pignatelli - Marquise de
Dosaguas - Les Comtesses Scotti - Marquise The're'se Venuti - Marquise
Venuti Pagliucchi - Marquise Forti - Marquise Imperiale Caracciolo
d'Avellino - Marquise Arnat de Villa Rios - Comtesse Millingen -
Comtesse Pisani - Comtesse de Resie - Mesdames Bertie Mathewse -
Madame Sharon - Mademoiselle Sharon - Madame Hepburn - Ma-
demoiselle Hepbusn - Baronne Guerra - Baronne della Penna -
Comtesse Lomay - Madame Lepri nee Colonnesi - Madame Naldini -
Comtesse Emilie de Raymond ne'e Comptesse de Manley - Comtesse
Conestabile della Staffa - Mademoiselle Hall - Comtesse Killmansegge
- Mademoiselle Henrietta de Sperling - Mademoiselle Marie de Sper-
ling - Comtesse Brandies de Poitiers - Mademoiselle C. de Dembinska
Madame Hassell - Mademoiselle Edes - Madame Healy - Mademoiselle
Brewster - Madame Sinard - Comtesse de. Stainlein-Saalenstein -
Madame Vansittart - Mademoiselle Busk - Madame Coppinger -
Comtesse Laura Muccioli - Madame Dubois - Mademoiselle Marie
Dubois - Mademoiselle Jeanne Dubois - Madame Marco del Pout -
Madame Caroline Courballay - Madame Angelini ne'e Vannutelli -
Madame Terwangne - Comtesse Vinci - Comptesse Garcia de la Pal-
mira - Comtesse Campbell Smith - Mademoiselle Terwangne - Ma-
demoiselle Winter - Marquise Talenti - Mademoiselle Cristine Gor-
man - Mademoiselle Letitia Gorman - Mademoiselle Byrne - Made-
moiselle Fleming - Mademoiselle Foljambe - Comtesse Rzewuska -
Comtesse Kielhorska nee de Szlubowska - Comtesse Czapska ne'e
Comtesse de Mielzynska - Madame de Monkowski - Madame Cobb -
Mademoiselle Cobb - Mademoiselle Chapman - Madame Mac Intyre
- Mademoiselle Mac Intyre - Madame Jervis - Baronne de Schonberg
Roth Schonberg nee Baronne de Malortie - Baronne Pauline de Gie-
gling - Baronne Daumesnil nee Baronne Rappa - Mademoiselle
Therese Morizot - Madame Tobin - Baroune de Martini -^Comtesse
Amalia Cagiano de Azevedo - Baronne Sophie Villapiano - Com-
tesse Zelle Gamier - Comtesse Barbiellini-Amedei - Mademoiselle
Norton Smith - Mademoiselle Dora Tyrrell - Madame Martin - Ma-
dame Ramsden Bennet nee Gladstone - Mademoiselle C. Kearney. »
Dopo avere ringraziato le Dame dei sensi espressi nel loro in-
dirizzo, e del prezioso dono che lo accompagnava , il Santo Padre,
volse loro un discorso, che 1' Qsservatore Romano n° 88 del 1 8 aprile
riferi nei termini seguenti.
« Una fabbrica per essere compita abbisogna di tre diversi ele-
menti. Un fondamento sul quale possa fissare 1'appoggio, le mura
380 CRONACA
che sono indispensabili per innalzarlo, e finalmente la copertura che
serva a difenderla dalle intemperie , e che veramente potrebbe chia-
marsi la corona dell' edifizio. Senza quest! tre element! non pu6
esistere fabbrica al mondo, ne materials, ne morale.
« Veniamo ora all' applicazione del principio,
« Tutte le anime veramente cristiane non solo, ma tutte le anime
nobili e rette, pensano alia presente condizione della umana so-
cieta; e vedendola quasi nave agitata dai venti in mezzo ad un
mare tempestoso, esposta a perdere da un momento all' altro il re-
golatore della nave , il timone , per essere abbandonata , fra gli scogli
del comunismo, della incredulita, del socialismo, alzano tutti la voce
al cielo, e gridano piene di spavento e timore; Deh! Signore sal-
vateci; deh ci soccorrete perche siamo presso a perire: soccorreteci
colla vostra Benedizione , la quale allontani il pericolo , e ricacci nei
piu profondi abissi d' inferno tutti quei professori delle dottrine dia-
boliche, che vorrebbero fare della societa uno steccato di fiere desti-
nato a divorarsi a viceHda.
« Mio Dio ! date nuova forza al Vostro Vicario in terra , nuovo
vigore alia sua voce e al suo braccio , sicche sia posto in situazione,
quasi segno di riconciliazione e di pace , di benedire un' altra volta
tutto il popolo Cattolico dall'alto della Loggia Vaticana, rito rnando cosi
col vostro aiuto la societa alia calma e alia pratica delle cristiane virtu.
« Lo stendardo designa le mura dell'edificio; il baldacchino qui
presente, che con tanta cura e affetto avete condotto a termine, e
la sua copertura , ma la Benedizione di Dio e il fondamento.
« Eccovi espressa in poche parole la impressione che ha fatto
nel mio spirito il vostro grazioso dono , o dilettissime figlie.
« Avvalori Iddio questo presagio; unisca con voi e illumini quelle
anime nobilissime qui presenti, che hanno voluto con voi partecipare
al compimento del bel lavoro, affinche partecipino ancora ai frutti
della stessa fede e della stessa carita : ut una sit fides mentium et
pietas actionum , lo diro colle parole della Chiesa che abbiamo lette
in questi giorni.
« E poiche queste dame che mi fanno corona appartengono a
diverse nazioni ed anche alia Francia , le invito a pregare per questa
cattolica e illustre nazione, la quale trovasi ora immersa nella de-
solazione e nel lutto; a pregare particolarmente per la sua Capitale,
che se talvolta fu il centre di molti mali , ora e fatta segno dei piu
severi castighi.
« Ah! preghiamo si per la Francia; ma preghiamo altresi per
TEuropa e per tutta la umana famiglia, affinche Iddio muova i cuori,
e apra a tutti gli occhi della mente per vedere il baratro che si spalanca
avanti i loro piedi, dando forza ai traviati per prender diverse cammino.
CONTEMPORANEA 381
« Ho letto ieri in un giornale che esce qui in Roma, e che chiaman
moderate, ho letto dissi con orroe come si desidera, da chi scrive un
certo articolo , che resti a Parigi la vittoria a favore del comunisti.
« Ma, lasciamo i ciechi e i conduttori del ciechi, e, accelerando
col desiderio e colla preghiera i momenti della Divina Misericordia,
riceviamo adesso come caparra di qaella Benedizione che dovra im-
partirsi dal Vicario di Gesu Cristo, sedente sulla Loggia Vaticana,
riceviamo dissi quella Benedizione, che Dio stesso in questo momento
comparte a voi colla mano del suo indegno Vicario.
« Ah! possa questa Benedizione essere per ciascuno di voi un
pegno d'amore celeste.
« Vi benedica Dio benedetto: Benedictio Dei Omnipotentis etc. »
8. Pare al tutto certo che cotali manifestazioni dell'affettoe del
voti dei cattolici romani e stranieri verso il Sovrano Pontefice recas-
sero gran noia a quelli che, in virtu delle bombe edei famosi 40,000
si gli tolsero, non che gli Stati, perfmo il palazzo di sua abitazione al
Quirinale. II linguaggio, non solamente iracondo ma rabbioso dei
giornali, che in Roma servono il Governo di Firenze, era un indizio
troppo chiaro del loro desiderio di vendetta. II Corriere Ilaliano di
Firenze, n. 108 del 18 aprile, ebbe anche 1' indiscrezione di svelare i
disegni gia fatti per impedire che si rinnovino simili dimostrazioni
accennando che sia risoluta 1' espulsione da Roma di certi personaggi
stranieri cattolici, per quanto siano essi tutelati dall'egida diplomatica;
e che per averne qualche pretesto, si dara rimbeccata a qualche De-
putato romano, il quale debba recitare la sua parte in commedia con le
solite interpellate neila Camera. Ecco alcune delle parole del Corriere.
« II commendatore Gadda ha scritto al presidente del Consiglio
lagnandosi acerbamente del modo in cui si comportano a Roma non
poche notabilita cattoliche straniere che vi dimorano. Si direbbe che
costoro si studiano di provocare col loro contegno la popolazione, per
poter cosi fornire ai giornali clerical! argomento a declamazioni infinite
sulle condizioni mediocri della pubblica sicurezza in Roma. Mi assi-
curano che il Lanza e risoluto a non voler tollerare oltre un somi-
gliante stato di cose, del quale a Roma muovono pubblicamente giusto
lamento tutti gli onesti. »
Per buona ventura c' e un proverbio che dice : dal detto al fatto
corre gran tratto. Per un po'di tempo ancora si dovra tener qualche
conto de' riguardi dovuti agli stranieri sostenuti dalla diplomazia, ed a
certe persone portare quel rispetto che si deve al loro casato. Perci6
tanto le Dame romane quanto le forestiere, e le numerose Deputazioni
accorse al Yaticano pel 12 aprile, andarono salve dalle sassaiuole libe-
ralesche; e la Questura non permise neppure che sulla piazza di
S. Pietro si rinnovassero contro i provocatori e le provocatrici (cosi si
382 CRONACA
qualiGcano da'liberali coloro che danno qualche attestato di amore alia
Chiesa o di devozione al Papa) le scene dell' 8/licembre o del 10 marzo.
Tuttavia la Questura subodoro , ed i suoi segugi scoprirono che
qualche buona famiglia cristiana reputava lecito di fare la sera del
12 aprile la luminaria consueta degli altri anni. La Questura si reputo
in dovere d'irapedire codesto attentato, ingiurioso pel trionfo delle
aspirazioni nazionali. Mando pertanto certi suoi ufficiali a perorare
presso una signora, forestiera, che le spie aveano denunziata come
rea d'aver premeditate tal delitto, affinche la inducessero ad usar
prudenza. L' esito di questa missione non corrispose all'intento della
Questura. II Buon senso, n° 103 del 20 aprile seppe che: « Dopo un
lungo dialogo tra la signora e gli inviati dalla Questura, si venne
a questa conclusione concorde ; che la signora avea diritto di illu-
minare la sua abitazione, e la Questura avea dovere di reprimere
i temuti disordini; e si convenne per conseguenza che la Questura
avrebbe inviato sul luogo i suoi agenti prima ddl* Ave Maria. » Ma
sembra che poi, fatti meglio i suoi conti, la Questura sconfessasse il
concordato dei suoi inviati, e non riconoscesse ne quel diritto , ne
quel dovere; e di fatto gli agenti non antivennero i temuti disor-
dini, come la Questura si mostro assai fiacca (non diciamo altro per
usar prudenza) nel reprimerli. Anzi La Liberia - Gazzetta del Po-
polo di quel giorno, n° 99, ebbe a stampare la nota seguente, che dava
il La della musica.
« Siamo assicurati che questa sera alcuni dei piu sfegatati pa-
pisti intendono di fare qualche dimostrazione in ricorrenza del 12
aprile. Tratterebbesi di iiluminare qualche casa e di mettere alia fi-
nestra qualche trasparente. E evidente che questi signori non hanno
altro scope, da quello in fuori di provocare Y opinione pubblica e
di far nascere qualche disordine. »
Questo cenno del giornale del Governo e della Questura fu ca-
pito dai soliti professori di chiassi e di tumulti e da quella schiera
di comparse, che dal 20 settembre e incaricata di rappresentare il
popolo romano. II dare qualche segno di letizia pel ritorno di Pio IX
da Gaeta, e per la salvezza sua dal disastro a S. Agnese, era defi-
nito una provocazione. Dunque potendosi, da chi ha la forza in
mano, rispondere irnpunemente alle provocazioni colla violenza, que-
sta fu adoperata contro i pochi che, malgrado di quell' avviso, com-
inisero I' orrendo attentato di mettere qualche lume alle finestre delle
loro case. Un brav' uomo in Trastevere, un altro presso il palazzo
Borghese ebbero percio sfracellate le lastre delle finestre a furia di
sassate, con tale accompagnamento di fischiate, di urli e di minacce,
che vi dovettero correre soldati di linea con le loro bajonette, piz-
zardoni e questurini, per impedire qualche peggiore eccesso.
CONTEMPORANEA ' 383
Ma la festa piu splendida fu presso la Trinita dei Monti. Ivi ha
nobile stanza, in un palazzo che torreggia sulla Piazza di Spagna, la
contessa De Stainlein-Saalenstein, fervida cattolica del Belgio. Essa
non pote persuadersi che un omaggio al Papa Pio IX dovesse ri-
guardarsi dal Governo di Vittorio Eramanuele II, re cristiano catto-
lico, come un insulto al sentimento nazionale degli Italiani ; e fece
illuminare senza sfarzo le sue fmestre con alcuni motti di fedelta,
onore, lulto, ed un trasparente che rappresentava la Croce di S. Pietro.
Una masnada di quel certo popolo, che tutti conoscono, si raduno
li poco appresso, e forse gia stava appostata a recitare la sua parte,
ed infuriando con fischiate e sassaiuole, mandd in frantumi i cristalli
di quei balconi, provandosi anche ad abbattere la porta per procedere
a peggiori enormezze. La Liberia, nel n° 100, fece una minuta de-
scrizione del fatto, condannando, ben inteso, la Signora, senza una
parola di biasimo contro la violenza di quella patriolica turba. Fu
d'uopoche accorresse una compagnia di linea, con molteguardie e
molti carabinieri, per far cessare quella treggenda. La Liberia ha
la gentilezza di stampare che: « Poco manco che alcuni giovani della
guardia nazionale, che abitano case vicine di quella della Signora
Stanlein, non iscaricassero i loro fucili nelle sue fmestre. A malapena
furono trattenuti dai loro parenti. » Avviso a chi tocca! Sesono animati
da tale spirito i paladini del Palladia romano, per la difesa dell' or-
dine pubblico e della sicurezza delle persone1, della liberta e delle
proprieta dei cittadini, vuolsi confessare che il fiore dei paladini dee
essere di quella eroica natura che dimostrano le Guardie nazionali della
Comune parigina ; e percio fa bene davvero il Governo a lasciarli
armati solo di fucili vecchi a percussione e senza munizioni!
La stessa Liberia dichiard nel suo n° 100 che « la responsa-
bilita del fatto cade tulta quanta su chi 1'ha provocato nel modo
piu violento, piu indegno, piu deplorabile. Una persona, straniera al-
1' Italia, ha avuto Tinqualificabile ardire di insultare al sentimento
della nazione; costei, sola in Roma, si e permesso di commemorarc
con segni di letizia 1'anniversario d'un fatto, che per gli Italiani tutti
e pei romani in specie rammenta una sventura.... Accecata dal fana-
tismo ha mancato alia educazione. »
Queste parole, in un giornale che e ai servigi dei Governo ed
e portavoce della Questura, ci tirano alia penna delle chiose, che la
prudenza ci vieta di scrivere. Contentiamoci di qualche quesito. Sa'
ella La Liberia qual era 1' anniversario che festeggiavasi il 12 aprile ?
Certo che si. Ed ella osa qualificare come sventura italiana e romana
il ritorno del Papa a Roma? Come insulto al sentimento nazionale
un segno di letizia, perche Pio IX non rimase sepolto sotto le rovine
a S. Agnese? E se i portavoce del Governo cosi trattano, e la Que-
384 CRONACA CONTEMPORANEA
stura ed il fisco lasciano cosi trattare chi gode di veder tomato a
Roma il Papa e di vederlo sottratto a pericolo di cruda morte: che
farebbero essi quando, uscendo per avventura Pio IX dalla sua pri-
gionia del Vaticano, i buoni romani osassero dimostrargli che i loro
sentimenti sono sempre quelli di prima? E qual valore avranno in
pratica Ie famigerate guarenlige, se, accennando al Yicario di Gesu
Cristo, non e pur lecilo attestargli con quattro lumicini amore e fe*
delta? Se il godere che il Papa sia sano e salvo e un insulto vio-
lento all' Italia, quest' Italia professa forse la religione del diavolo e
la civilta delle Pelli rosse e dei Piedi neri?
9. Per buona ventura i diarii liberaleschi e democratici di Roma
ebbero, due giorni dopo, altra materia intorno a cui esercitare i loro
talenti, celebrando degnamente una rappresentazione teatrale ed una
cena squisita, onde allietavansi, la sera del venerdi 14 aprile, le sale
del pontificio palazzo apostolico al Quirinale.
Gia, durante la Quaresima, codesti giornali aveano spesso ra-
gionato con molta gravita sopra le peripezie ed i successi delle pro-
ve, con cui le cinque o sei Dame della Corte dei Reali Principi, che
ivi hanno posta loro stanza, si preparavano a dare saggio dei loro
talenti comici e della loro attitudine a rivaleggiare con le piu rinomate
virtuose. Nominavano 1'augusta Signora che compiacevasi di assi-
slervi, e lodavano le cure della Ristori, che dava 1' ultima forma e
perfezione al gesto, alia declamazione, alle movenze delle illustri at-
trici; parlavano delle gare nella distribuzione delle parti, del bistic-
ciarsi talvolta un pochino questa con quella signorina; ma se ne ri-
prometteano gran festa. E questa ebbe luogo il venerdi 14 aprile.
II programma era stato mandate pubblicare anche a Firenze in
questi termini. « Eccovi esattamente il programma della serata. Si
comincera con Les soldiers de kal, rappresentati dalla principessa Pal-
lavicini e dalla marchesa Lavaggi; verra dopo Fra moglie e marito
non mettere un dito, al quale prendono parte la duchessa di Rigna-
no, la marchesa Lavaggi, don Marcantonio Colonna e Giorgio Capra-
nica del Grillo, il giovane figlio della signora Ristori: finalmente nella
piccola commedia Les erreurs de Jean si faranno applaudire la prin-
cipessa d'Avellino, la principessa Pallavicini, don Marcantonio Co-
lonna, il marchese di Montereno ed il Marchese Alessandro Guiccioli.
La festa riusci splendidissima. li^Tempo decreta la palma e la
corona del merito all' attrice principessa Pallavicini, dicendo: « Era
del resto lungo tempo che conoscevamo la valentia artistica della gra-
ziosa principessa, si che la udimmo sicuri di un esito felicissimo. »
II principe Pallavicini, teste nominato Sindaco di Roma, dee andare
altero di tanta gloria!
LA GAVERNA DEL GIGLOPE
PEL, REGNO D' ITALIA
I.
Da che, dopo dichiaratolo atto contrario alia giustizia,
il Governo d' Italia si avventb sopra Roma con un grosso
esercito, la tolse al Papa e vi si accampb promulgandola
sua Capitate, si e notato generalmente in tutti i suoi ligi,
addetti, creati e servitori un cotal senso d1 inquietezza e di
trepidazione, che, ben lungi dal sedarsi, anzi si e venuto
sempre piu accrescendo col tempo. Di questo fanno fede
i giornali suoi piu intimi o devoti, le dicerie de'suoi mini-
stri ne1 banchetti o nella tribuna, i dispacci de'suoi diplo-
matic! e i discorsi de' deputati e senatori suoi nelle aule
del Parlamento. Non trovasi quasi forma possibile di espri-
mere ansieta, sbigottimento e terrore, che non s1 incontri
in alcuna di queste fonti, manifestative delFopinione di chi
muove o serve la macchina del Regno. Ed e osservabile
cosa che queste paure si aggirano intorno ad un presen-
timento di morte, il quale sembra sottentrato ai presagi di
perpetua floridezza, fatti concepire da dieci anni di inspe-
rate fortune.
Gia questo ferale presentimento comincio ad abbuiare
gli spiriti prima ancora che, colle bombe della Porta Pia,
si apparecchiasse Roma aU'onore novello. Di fatto ricor-
diamo che alquanti giorni innanzi 1' impresa del 20 set-
tembre 1870 , uno dei fogli piu interessati alia vita del
Serie VIII, vol. II, fasc. 502. 25 6 maggio 1871.
386 LA CAVERNA DEL CICLOPE
Regno stampava a lettere di scatola, che esso Regno, av-
viandosi verso la citta dei Papi, non vi andava a fabbri-
carsi altro che « una magnifica tomba '. » Or, mutate le
figure rettoriche, questo pronostico identico si ripete anche
oggidi, sette mesi dopo che il Regno della rivoluzione ha
piantata la sua bandiera nel Campidoglio ; e si ripete da
tali serittori, che una volta rnostravano di credere come
domma assai piu T immortalita dell1 Italia rigenerata, che
quella delle anime loro . Cosi la Nazione esempligrazia
paragonava teste 1'entrata dell' Italia nella sua Capitale, alia
entrata nella caverna del Ciclope ; e tremava che questo
Ciclope non avesse a « divorarla 2 ». E pochi giorni dopo,
coi brividi nolle ossa, gridava : « Bisogna, proseguendo il
fatale andare, prepararsi a sopportare prove tanto dure e
tanto difficili, che quelle sopportate dal 48 in poi parranno
giuochi da fanciulli 5. » E il Guerzoni dianzi, nella Nuova
Antologia, detto che un fato ineluttabile ha spinta la rivo-
luzione italiana in Roma, esclamava che « dovra regnare
o morire con essa 4 ». In somma piu s' avvicina il tempo
in cui dovrebbero trasportare la Capitale nella metropoli
delForbe cristiano, e piu i nostri politicastri sentono dentro
il cuore e confessano tremebondi, che FATALE E ROMA; e in
luogo del seggio di loro stabile dominazione sopra 1'Italia,
prevedono che vi avranno la « tomba », magnifica solo
percio che servira di base a future novelle magnificenze
del Vaticano.
Ne dissimulano le ragioni di tante loro inquietudini e
malinconie. « Noi andiamo a Roma, si legge nella Nazione.
a fare un grancle esperimento ; tanto grande, che crediamo
non abbia riscontro nella storia ; lo facciamo col Papa ; lo
facciamo con una citta che non somiglia a nessun1 altra di
Italia ; lo facciamo con tutto il mondo cattolico, con tutto
1 (jazzetta d' Italia X. dei 7 settembre 1870.
- N. dei Jo aprile 1871.
3 N. dei 24 aprile 1871.
4 Fascicnlo di aprile -1 871, pag. 783-84.
PEL REGNO D' ITALIA 387
il mondo politico T. » Se lo spaurito gazzettiere avesse
aggiunto, che questo « grande esperimento » si va anche
a fare colla giustizia di Dio, dopo che questa ha esem-
plarmente prostrato nella polvere il Bonaparte, unico so-
stegno che avesse T Italia per reggersi e conservarsi ,
avrebbe addotte con pienezza le ragioni del terrore che si
ha ad entrare nella caverna del Ciclope.
Sono per6 tutte ragioni gravissime. E noi ci rallegriamo
che finalmente, sebben tardi, i zelanti lacch& del Regno
sieno divenuti un poco accessibili alia ragione; e vedano e
tocchino con mano, dopo il fatto, la verita di quei tremendi
pericoli per loro, che noi clericali prenunziavamo costan-
temente, prima del fatto compiuto di Roma. Siccome non
tutte le ciambelle riescono col buco, cosi non tutti i fatti
compiuti riescono a seconda; e sempre avviene (conforme
tuttodi i processi criminal; lo addimostrano) che, di fatto
compiuto in fatto compiuto, si giunge fino a quello che
li fa poi scontare insieme tutti in una volta. Questi signori
portatori instancabili di livree rivoluzionarie aveano da
pensarci a tempo suo. Ora, lo ridiciamo , e troppo tardi.
Del senno di,poi, dovean sapere, che sono piene le fosse.
Per altro ci e occorso di avvertire che gli allegati
pericoli, i quali certo rendono la nuova Capitale formida-
bile al Regno che ha da assidervisi, non si sono ugualmente
bene considerati. Quelli che nascono dal fare il « grande
esperimento » col Papa, con tutto il mondo cattolico e con
tutto il mondo politico, sono stati chiariti in cento modi
dai ministri, dai deputati, dai senatori e dagli scribi, mas-
sime aproposito della farnosa legge per le guarentige papali,
che comprende appunto in se tutta la ragione di codesti
pericoli. Non cosi vediamo essersi posti in vera luce quelli
che si originano dal fare il grande esperimento con una
citta, che non somiglia a nessun' altra d* Italia. Eppure anco
da questo lato i pericoli sono grossissimi !
N. cit.
388 LA CAVERNA DEL C1CLOPE
A un tale difetto ci e venuto in animo di supplire un
poco noi; e cio perche della citta la quale non somiglia a
nessuri* altra d' Italia abbiamo un conoscimento maggiore,
che non tutti gli scribi del Regno e i loro padroni. Onde
stimiamo di fare ad essi buon officio, illuminandoli sempre
meglio circa le condizioni della caverna, dentro cui ilfato
ineluttabile li spinge al temuto divoramento del Oidope.
II.
Si vuol sapere in che stia propriamente il no-do dei
pericoli , risultanti al Regno d1 Italia dalla citta che si e
presa per Capitale ? Da questo, che Roma, in quanto citta,
gli e nemica.
Roma non somiglia a Torino , che si trovo Capitale di
tutta Italia, perche essa era il quartier generale delle forze
che la conquistarono a pezzo a pezzo ; ed inoltre perche
era giuridica, storica e natural sede del Governo che, pro-
tetto dalle baionette straniere, a se incorporo tutti gli Stati
italiani. Per lo che Torino, fino a che rimase Capitale, si
riguardo piu tosto qual centro politico di un gran Piemonte,
che quale metropoli di uu gran Regno italico . Di qui le
ire di Torino e del Piemonte, incarnate nella Permanente,
allorche \\fato ineluttabile 9 retto dal Bonaparte, mobilit6
la Capitale del Regno e la spinse in Firenze : ire cosi ine-
stinguibili e profonde, che da molti si reputa sieno state
le vere ispiratrici del fatto di PortaPia, a ruina delFunita:
n& il sospetto pu6 tassarsi di temerario , se si considerino
gli autori politici, diplomatici e militari di quel fatto au-
dacissimo ; tutti schiettissimi piemontesi.
Roma neppure somiglia a Firenze , che accolse la mo-
bile Capitale con ironia gentile e con una epigrammatica
freddezza, che facea singolare contrasto colle disperazioni
e coi furori di Torino. Firenze non aveva un' ombra di fede
nella permanenza entro le sue mura di questa tribii nomade,
che s1 intitolo Capitale d' Italia. Non 1' avea , perch5 fu co-
PEL REGNO D' ITALIA 389
stretta ad ospitarla in grazia di una Convenzione fondata
sopra un equivoco ; onde si vide da tutta Italia schernita
coll'inelegante soprannome di tappa: e non 1'avea, perche
non credeva punto duraturo T ordine di cose create dal Bo-
naparte nella Penisola. Ma Tindifferenza in lei, argutissima
e temperatissima delle citta, non assunse le forme di ni-
micizia. Si contento di ricavare per se i maggiori utili che
potesse dal soggiorno di questa tribu, ingrassata del sangue
di tutta Italia; ne sostenne con civile e cristiana mansue-
tudine V invasione; se ne sollazzo bellamente ; si accomuno
seco il meno che fosse possibile; e quando intese che le
bombe del 20 settembre aveano aperto 1'ingresso di Porta
Pia alia tribu , che da cinque anni stava attendata nel suo
ricinto , son6 le campane a gloria e s1 imbandiero a festa ,
non senza sclamare con voce bassa : — Povera Roma !
Quindi come senza alterarsi, nel 1865, fece luogo nelle sue
strade alia tribu che veniva a rizzarvi i temporanei padi-
glioni ; cosi senz' alterarsi, nel 1871, assiste ai comincia-
menti del suo sgombero; e ride saporitamente di questi
nomadi, che interpretano per sublime amor nazionale la
sua ironica apatia; quasi che sia per lei eroico sacrifizio il
lasciarli quietamente partirsi dalle deliziose rive delPArno,
ed avviarsi alia caverna del Ciclope, che alle sponde del
Tevere li aspetta, Altri amori e la incredulita politica resero
Firenze indifferente albergatrice della Capitale d Italia; ed
altri amori ed una piu assoluta incredulita politica ne la
rendono indifferentissima accomiatatrice: se pur si eccettui
il suo municipio, che si becca il cervello per pagare lo
scotto dell' ospitalita concessale, piu da generoso partigia-
no, che da accorto amministratore.
Ma in Roma 1'ambulante Capitale non incontrera ne
1' amore interessato di Torino , ne la freddezza satirica di
Firenze. Roma e citta ostile al Regno che Tha conquistata
colle bombe. II fatto e certo , irrefutabile , lampante agli
occhi di chiunque iinparzialmente abbia studiati gli umori,
il genio, le inclinazioni e gli odierni casi di quella grande
390 LA CAVERNA DEL CICLOPE
citta. L1 evidenza di questo fatto si puo negare dalla torma
stipendiata perche neghi ogni giorno anche la luce del
sole : si pu6 menomare da chi trova il suo tornaconto ad
offuscare la chiarezza della verita. Ma ne il negarlo ne il
menomarlo toglie la certitudine a questo fatto.
III.
V ostilita di Roma al Regno rivoluzionario d1 Italia,
fabbricato in Piemonte per opera del Bonaparte , si e resa
manifesta nei dieci anni decorsi, tra la sua edificazione e il
bombardamento della Porta Pia. Per quanto gli agenti suoi
e notorii e secreti, spalleggiati dalla diplomazia e dalla po-
lizia napoleonica , si affaticassero e coll' oro e cogl' inganni
e colle promesse e colle minacce, mai, nel giro di questi
dieci anni, poterono ottenere, non diciamo un simulacro
di sollevamento popolare contro il Pontefice in favore del
Regno, ma una tenue dimostrazione, la quale non fosse piu
che ridicola e puerile. Fuori di qualche petardo, fatto scop-
piare nottetempo in alcun angolo appartato , o di poche
banderuole nazionali, appiccicate col loto ai muri delle vie,
o strette alia coda dei cani per le piazze, o legate alle penne
di alcun uccello nei teatri; il Regno d' Italia in Roma
non giunse a conseguire altre pubbliche mostre di simpatia
cittadinesca. Si tento di far sottoscrivere indirizzi ; ma, per
impinguarli di segnature, si dove ricorrere alia bell' arte di
mendicarle nelF albo dei defonti, o in quello piu vasto dei
nascituri. Anzi nei giorni persino che i cinquantamila uo-
mini del Cadorna cingevano d' assedio le sue mura, ed era
imminente il fuoco di dugento cannoni contro di lei, non
fu possibile suscitarvi dentro neppure la finta di un moto,
con tutto che vi s' introducesse una somma di molte decine
di migliaia di lire in contanti, per agevolarlo e renderlo
piu spontaneo. Finalmente T ostilita di Roma era cosi pa-
tese ai governanti del Regno, che, per farvi la rivoluzione
del 20 settembre, dovettero intromettervi, dietro le truppe,
PEL HEGNO D' ITALIA 391
un esercito di bande maschili e femminili d' ogni razza e
paese , affinch& rappresentassero con indite geste , nella
citta dei Papi, il nuovo popolo romano, degno dei suoi nuovi
dominatori. E quando si ebbe da metter mano al plebiscite,
convenne spedirvi ben ventimila persone da tutte le pro-
vince delRegno ; e poscia, fino al di d1 oggi, se si 5 voluto
darvi spettacolo di un popolo entusiasta, e stato necessario
mantenervi una legione di vagabondi peninsular^ con quei
frutti della moralita e della sicurezza, che cotidianamente i
diarii romani fanno vedere al mondo.
Roma, presa nella generalita della sua cittadinanza, puo
dividers! in due disugualissime porzioni. Piu di nove decimi
de'suoiabitanti sono pel Papa, si mantengono fedeli al Papa
e non riconoscono altra Roma che quella del Papa. L'altro
meno che decimo forma la parte liberale; ma con questo ,
che il massimo numero dei componenti tale frazione e di
liberali alia democratica, alia garibaldesca, alia mazziniana;
e non punto alia foggia che bisognerebbe agli uomini del
Governo, i quali hanno interesse a comparire uomini del
Regno e non uomini della Repubblica d'ltalia. I cosi detti
moderati , cioe i liberali alia subalpina e i pretesi monar-
chici, vi sono sempre stati un gruppo quasi che impercet-
tibile : il quale si teneva cosi a cavallo del fosso, per van-
taggio della borsa o per isfogo di ambizione : ed al presente
si & ancora piu assottigliato, quando si e avveduto dello
strazio orribile che i conquistatori hanno menato della sua
incomparabile patria, e del poco o nulla che restava a pro
suo nella greppia del Regno, dopo dieci anni di mandu-
cazione voracissima fattavi dai fratelli primi arrivati. Per
lo che puo affermarsi con ogni verita che Roma, nella sua
immensa maggioranza, e ostile al Regno, perche devota si
Pontificate ; e nella sua minima minoranza e ostile al Re-
gno, perche sacra alia democrazia. I fautori del Regno non
vi fanno numero, perche in effetto sono un numero senza
valore, senza credito e senza forza. Si riducono quasi tutti
ai cortigiani dei pranzi e delle cene dell1 odierno Quirinale.
392 LA CAVERNA DEL CICLOPE
Ecco la Roma reale, siccomo sussisto noi sette colli,
non la fantastica, che le gazzette servili tutto giorno di-
pingono a ludibrio dei gonzi.
Si domandano prove? Ma la storia veridica di quest!
sette mesi d'occupazione della citta, ne e una catena inces-
sante . Pigliate il giornalismo. Di vero giornalismo indi-
gene romano, non vi e che il cattolico, tutto papale. Son
oltre dodici i periodici cattolici, anche cotidiani, che vedon
la luce in Roma ; e difendono a spada tratta la causa del
Papa. Essi hanno una diffusione amplissima, si manten-
gono a spese dei loro lettori e sono divorati. Uno solo
di essi, giornaletto popolare che sferza romanescamente
gli uomini e le cose entrate in Roma per la breccia di
Porta Pia, si spaccia a seimila copie ogni giorno. Invece
il giornalismo straniero, cioe il rivoluzionario, scritto quasi
interamente dallo scarto degli scarabocchiatori lombardi,
napolitani e piemontesi, se appartiene alia fazione demo-
cratica, ancorche sia diretto da ex-valletti imperiali e reali,
si tiene in piedi a stento, ma pure si tiene in piedi; se ap-
partiene alia fazione moderate, non puo campare, senza che
i fondi secreti del Governo gF infondano il sangue e la vita.
Se e articolo di fede liberalesca, che 1'opinione del gior-
nalismo esprime le vere condizioni politiche di un paese,
quale prova piu stringente di questa, a dimostrare che
Roma, nella sua massima parte, e del Papa e, nella sua
minima, e della democrazia ; ma non e quasi niente del
Regno d'ltalia, che pur Tha conquistata al prezzo di bombe
duemila ?
Non basta T argomento del giornalismo? Ricorriamo a
quello delle dimostrazioni, che, pei liberal!, e perentorio. II
Regno ha imprudent emente opposto il Quirinale al Vati-
cano. Di quali dimostrazioni sono state segno finora le due
pontificie residenze, la illustrata dalla prigionia del Papa,
e la ingombrata dal Regno? E possibile un confronto? Gl'in-
dirizzi, colle venti e trenta e piu mila firme di Roman!, si
sono presentati al Quirinale o al Vaticano? Le quattromila
PEL REGNO D ITALIA
393
donne romane hanno offerto il loro al Quirinale o al Vati-
cano? E la quasi totalita delle dame del patriziato, per ben
due volte in questi mesi, si e adunata a presentare il suo
nel Quirinale o nel Vaticano ? E tutti gli ordini della citta,
non esclusovi 1'infimo delle poverelle accattanti, hanno
mandate continue deputazioni al Quirinale o al Vaticano ?
E il fiore della nobilta si aSretta giornalmente a fare la corte
al Quirinale o al Vaticano? E i sontuosi doni simbolici si
vanno a porgere, da ogni fatta di signori e di cittadini, al
Quirinale o al Vaticano? E le migliaia di ufficiali civili e mi-
litari, tutti romani, che hanno prescelta la fame ad un
giuramento che ripugnava alia loro fedelta al Pontefice,
vanno a rigiurare fede, sino all1 ultima goccia del loro san-
gue, al Quirinale o al Vaticano ? I sei o sette nobili romani
d'ambo i sessi , che sono stati gli unici consolatori delle
solitudini aristocratiche del Quirinale, sono cresciuti di una
sola unita, dal 23 gennaio fino al di d'oggi? Ma basti cosi.
II decoro vieta di protrarre il paragone.
In quel cambio, per fare le dimostrazioni di piazza, che
pur erano richieste da certe convenienze del Regno, a chi si
e dovuto far capo? Alia parte prettamente rivoluzionaria ed
alia legione dei vagabondi peninsulari, pagando un tanto
per testa: e cio con si poco ritegno, che, in una certa so-
lenne contingenza, si e potuto perfino stampare dai giornali
cattolici il numero civico delle case in cui si salariarono
i dimostranti e la quota del salario. Or queste turbe di plebe,
romana e non romana, sotto quale bandiera militano? Sotto
quella della democrazia ; non sotto quella del Regno. Sono
le turbe che, quando hanno da fare dimostrazioni di loro
gusto e non pagate, festeggiano gli anniversarii dei Cairoli,
delPAiani, di Ciceruacchio, del Garibaldi e del Mazzini.
Intorno a questo soggetto delle dimostrazioni ayremmo
di che tessere una cronaca splendidissima. Ma sono fatti
pubblici. Chiunque vuole,,puo esserne ragguagliato . Chi
poi non crede a quanto asseriamo, vada in Roma, esplori,
vegga , s1 informi e poi ci smentisca , se gli da il cuore.
394 LA CAVER1U DEL CICLOPE
Cosi ha fatto recentemente, fra gli altri, tin uomo politico
di Firenze , legato a fil doppio col Regno . & andato , ha
esplorato , ha veduto , si e informato ; e tornatone e stato
costretto di dire nella Camera dei deputati ad un crocchio
di amici: Persuadetevi, che il piii ed il meglio di Roma
e tutto pel Papa contro noi, e ci detesta. Per noi non ab-
biamo che la piazza. Questa dimani ci applaudira per tradirciy
e posdimani ci lapiderk per mettersi al luogo nostro.
IV.
La Naiione, che cosi opportunamente ha definita caverna
del Ciclope la citta di Roma rispetto al Regno d' Italia, si e
lambiccato il celabro, per indovinare le cause di tanta osti-
lita, ed ha creduto di averle scoperte negl'interessi ma-
teriali e morali dei Romani , che il Regno ha pregiudicati
e deve ancora peggio pregiudicare, trasferendo in mezzo
a loro la sua sede.
« Non dovete credere, amici miei, cosi si e fatto scrivere
da un amico suo, che Roma riceva, colla vostra Capitale,
un vantaggio assoluto; essa si accomoda a riceverla come
una indennita, pel danno immenso che noi le rechiamo .
Togliendola dal suo grado di citta mondiale, per ridurla
citta italiana, noi, moralmente e materialmente , mutiamo le
sue condizioni in un modo cosi grave, che non e quasi pos-
s-ibile misurarne gli effetti. A questo danno ogni compenso,
che sia in facolta dell' Italia , e inadeguato . Bisognerebbe
che gl' Italiani fossero disposti, come gli antichi 8ocii9 a
conquistare per la citta regina la Macedonia, T Asia, TAnrica
e T Iberia. Ora sapete che gl1 Italiani moderni non hanno
di queste intenzioni, e che a tal prezzo parrebbero anche
troppo cari al Sella, che e il piu romano dei Piemontesi, il
nome e i diritti di cims romanus. Quindi il solo piccolissimo
conforto (una consolaiione mi pare si dica nelle corse dei
cavalli) che possiamo dare a questa grande citta, ridotta
da mondiale a italiana, e almeno di mandarle i nostri mi-
PEL REGNO D' ITALIA 395
nistri, i nostri senator!, i nostri deputati e un 40,000 o
50,000 persone, fra impiegati, sollecitatori, oziosi, truffatori,
bindoli, ladri e meretrici, che compongono il corteggio na-
turale e necessario di una Capitale moderna ! ».
E piii sotto, rincalzando T argomento , prosegue : « Ri-
cordatevi che in fondo, una Capitale moderna, e special-
mente la Capitale d' Italia , non & poi una citta dominants ;
&sede, e asilo del Governo, ma non governa essa; governa
tutta la nazione: e la sua autorita legale sta come 5 a 508.
La gran Roma, la Roma dei Cesari, la Roma dei Papi, Ca-
pitale o no, contera nel Parlamento per 2^101 e una picco-
lissima frazione, rispetto a tutta 1'Italia; 7 volte meno di
Napoli e 4 volte piii di Campi-Bisenzio 2 ».
Finalmente, toccando la fibra piu delicata del suo cuore,
la borsa, ecco in che modo ne discorre. « Sanno eglino
veramente costoro (cioe i pochissimi Romani del color po-
litico della Nazione, specialmente gli ebrei del ghetto)
ganno che cosa e la Capitale d1 Italia ? Non c' e egli peri-
colo che sbaglino una cosa per 1' altra? Potrebbe essere
ch1 e' credano che noi poveri diavoli , ministri , senatori ,
deputati , impiegati , giornalisti del Regno d1 Italia , veri
rappresentanti della miseria e della pidocchieria sulla terra,
siamo qualche cosa di simile agF imperatori e ai re che
solevano visitare la tomba degli apostoli, o a1 cardinali,
arcivescovi, vescovi, patriarchi e abati che andarono al
Concilio? Certo, se fosse cosi, avrebbero un'amara delusione.
In genere chi governa, chi fa la politica, chi amministra le
cose pubbliche in Italia (se 5 un bene o un male, non cade
qui il discorso) sono le classi medie ; e fra noi le classi me-
die sono piuttosto povere E quindi se Roma aspettasse
che una sessione del Parlamento porti in citta tant' oro,
quanto, per esempio, il centenario di S. Pietro, s'inganne-
rebbe. Anche per questa parte, bisogna che Roma discenda:
dalle sterline bisogna venire alle lire italiane 5 ».
1 N. dei 22 aprile 1871.
2 Ivi.
8 Ivi.
396 LA CAVERNA DEL CICLOPE
Noi concediamo al diario della consorteria toscana che
queste cagioni, tolte dagFinteressi piu vitali di una citta
qual e Roma, conferiscono di molto a renderne gli abitanti
cosi alieni al Regno, come si addimostrano. Ma queste non
sono le piu gagliarde . Quella che tutte le domina & di
origine piu elevata, e consiste nella religione di quella citta
impareggiabile, la quale, siccome in altre doti, cosi segna-
tamente in questa, non somiglia a nessun'altra & Italia. II
Romano, sia nobile, sia cittadino, siaplebeo ha la fede cat-
tolica ed apostolica immedesimata colle viscere; e per an-
tonomasia figliuolo di san Pietro, e per lui la fede nel Papa
Vicario di Cristo e nel Papa suo Re, si e da secoli conver-
tita quasi in seconda natura. II Romano e essenzialmente
monarcJiico perche essenzialmente catiolico. Egli e avvezzo
ad esecrare qual sacrilegio tanto un atto di fellonia civile,
quanto un atto di rivolta religiosa al Pontefice. Per lui sono
sacri, inviolabili, venerandi tutti i diritti maestatici del Santo
Padre. Chi tocca il Papa, iu qualunque siasi delle sue pre-
rogative o regie o pontificie, tocca lui neirintimo delle sue
piu care affezioni. Chi lo eccita a ribellarsi al Re gli offende
la coscienza, non meno di chi lo eccita a ribellarsi al Papa.
II Romano, per essere rivoluzionario, bisogna che perda, con
ogni sentimento religiose, an che ogni sentimento rnonar-
chico. Un Romano monarchico alia liberalesca e un assurdo.
0 e cattolico fedelissimo al Papa, od e ateo venduto alia
Repubblica. 0 ha coscienza, e sta in tutto col Papa; o non
ha coscienza, e sta in tutto col Mazzini.
Cio fu ricoriosciuto ancora da Terenzio Mamiani, quando,
nella repubblicana assemblea del 1849, sentenzio che Roma
non puo essere che del Papa o di Cola da Rieuzo. E cio fu
riconosciuto pure da Massimo d'Azeglio, quando, per di-
stogliere il suo Regno piemontese dal sostituirsi al Papa in
Roma, facea balenar in aria lo stile che recise la iugulare
a Pellegrino Rossi ; e gridava centre « 1' ambiente » di
quella citta « impregnato de'miasrni di 2,500 anni »; am-
PEL REGNO D' ITALIA 397
biente clie non giudicava atto « ad infonder salute e vita
nel Governo di un' Italia giovane T ».
Per questo la sola setta che sia attecchita un po1 in
Roma, e la setta che professa un ugual odio al Papa ed ai
Re, a Cristo ed a Cesare. La setta che arma del classico
pugnale la mano de' suoi adepti. La setta che, dopo il 20
settembre 1870, piu si dilata nell1 infima plebe e forma il
nuovo « proletariate romano inqualificabile, composto spe-
cialmente di giovanetti, i quali incutono un certo che di
terrore agli onesti » ; di cui 1' ebraico-piemontese Liberia
di Roma comincia amaramente a dolersi 2.
Questa e la cagione propria e adeguata delFavver-
sione di Roma al Regno italico: perche nella sua quasi in-
tegrita e sovranamente cattolica e quindi monarchica ; e
nel suo menomissimo numero e atea e quindi democratica.
Non sappiamo se e quanto questa filosofia della storia
e della politica della citta di Roma garbi alia Nations
ed ai filosofi del suo pelo. Ma , le garbi o no , e la sola
vera e la sola che dia ragione del fenomeno, per cui la citta
di Roma non somiglia a nessun' altra d' Italia.
V.
Stando le cose in questi termini , sara utilissimo che
mostriamo ben bene agli uomini del Regno il grifo del d—
dope, che lo attende nella caverna vicino al Tevere.
Premettiamo un ricordo storico. Dieci anni fa, e preci-
samente nel nostro primo quaderno del giugno 1861, ra-
gionando del proposito espresso dal Regno d1 Italia , nato
allora in Torino , di insignorirsi di Roma e detronarvi il
Pontefice , pubblicammo le seguenti citazioni, che furono
riprodotte e commentate da assaissimi giornali e nostrani e
forestieri. Quellanostra pagina, che ristampiamo quia verbo,
era cosi.
1 Quistioni urgenti, pag. 41-42. Fireuze, 1861,
2 N. del 24 aprile 1871.
398 LA CAVERNA DEL CICLOPE
« Stimiamo che meritino specialissima considerazione
i seguenti passi di Giuseppe Mazzini , donde si dedurra
che il Piemonte, anelando a impadronirsi di Roma, ovvero
in bello studio rispiana la via alia Repubblica , ovvero si
butta ciecamente in un abisso. Ecco le parole del dema-
gogo. Roma, la nostra Capitale , la nostra citta sacra, e
vietata alia monarchia. Pub un Re togliere Roma al Papatof
Pub un" AUTORITA derwdta, secondaria, cancellare, avwrsando
risolutamente il Papato, la sorgente d'ogni autorita neW Eu-
rope dell'oggi? Pub un Re landir guerra a tutta quanta
V Europa governativa, consumando IL PIU GRANDE ATTO RIVO-
LUZIONARIO CH' OR FOSSA iDEARSi? E fra gli uomini, die si
dicono monarchies , utopista si ardito che osi qffermarlo % II
solo modo, col quale il principio monarchico potrebhe tentare
difare una Italia, sarelle col tentar di commetterla tutta, da
un capo all1 altro, alia dominazione del Papa. V'e chi lo creda
possibile o desiderate? (Pensiero ed Azione 1° settem-
bre 1858, pag. 4.) Caduto il Papa, cadono, prive di lase, le
Monarchic. Pub un Re, rimanendo tale, vibrare quel colpo e
costituirsi carnefice del principio, in virtu del quale egli stesso
regge? (Ivi, 15 novembre 1858, pag. 85.) Che penseva il
Mazzini, a vedere al presente i liberali monarchici d' Italia,
disfarsi per ismania di consumare questo massimo degli
atti rivoluzionarii? di vibrare questo colpo regicida? x »
Riportata questa pagina, a mero titolo di documento
storico , pagina che sommettiamo al buon giudizio ed al
criterio logico degli uomini del Regno, facciamo loro una
semplice interrogazione.
Qual e il partito politico che, da dieci anni in qua, ha
piu strepitato e si e piu maneggiato , affinche il Regno
entrasse in Roma e la togliesse al Papa? II monarchico o
il democratico ? Ed al- presente di quale fazione sono quei
deputati, quei giornalisti, quei capipopolo che piu tempe-
stano , perche il Regno non tardi un giorno a trasferire la
Capitale nella citta dei Pontefici ? Delia monarchica o della
democratica ?
1 V. Civiltd Catt. Serie Quarta, vol. XI, pag. 90-94.
PEL REGNO D ITALIA
La risposta non 5 dubbia. Roma fu sempre il grido di
guerra del garibaldisino e del mazzinianismo militante e
cospirante contro il Governo del Regno. « II partito dal
quale usci il primo grido di Roma Capitate, scrivea Massimo
d' Azeglio fino dal 1861, fu quello clie aveva accettata la
solidarietk con Agesilao Milano e cogli accoltellatori del
6 febbraio 1853 l ». Sfidiamo tutti i destri e tutti i centrali
della Camera e i loro aderenti a negarlo. La Capitale a
Roma e oggidi il grido di guerra di tutta la democrazia
italiana, contro i veri o supposti indugi del Governo del
Regno a traslocarvela.
Che significa questa febbre smaniosa della democrazia
di vedere una volta il Regno attrabaccato in Roma ? 6
forse prodotta da un eccesso di amore alia monarchia ? 0
non e anzi effetto naturale di ci6 che il Mazzini ha preve-
duto, nella pagina da noi sopra citata ?
Sottoponiamo ancora queste dimande al senno, alPacume
ed alia saviezza degli uomini del Regno.
A noi non si addice internarci troppo in questo spinaio.
Gli uomini del Regno conoscono, che noi non parteggiamo
pei democratici ne pei repubblicani, e andiamo percio im-
muni da ogni sospizione di predicare o augurare il trionfo
della democrazia e della Repubblica. Essi non ignorano che
noi siamo pel buon diritto , e che come da undici anni
francamente sosteniamo , secondo le forze nostre, il buon
diritto del Papa; cosi e colla medesima franchezza siamo
pronti a sostenere il buon diritto altrui, quando Iq vedes-
simo conculcato. Per noi il buon diritto e uno, e sempre
antico e nuovo a un modo, a Roma come a Torino, a Fi-
renze come a Napoli, in Italia come in Francia e nella
Spagna. Noi non abbiamo due pesi e due misure. Per noi e
sacro ed inviolabile ne'suoi diritti il re Vittorio Emanuele,
com1 e sacro ed inviolabile nei suoi il Sovrano Pontefice
Pio IX. Onde, che noi provochiamo sul serio e non da burla i
monarchic! del Regno d' Italia a ben guardare in faccia
il Ciclope che li affascina entro la caverna del Tevere, non
1 Op. cit. pag. 42,
400 LA CAVERNA DEL CICLOPE
deve parer loro nuovo ne strano. Cio presupposto , siaci
lecito rrvolgere a' tutti i liberal! che in Italia sono o si
stimano monarchic! Tammonizione seguente.
VI.
Signori , a quel che dite , siete oggimai sul punto di
pellegrinare colla vostra Capitale da Firenze in Roma. Voi
impallidite e tremate al solo pensiero di questo fatale pel-
legrinaggio ; e ne avete ragione grandissima. Voi v1 in-
camminate ad ingaggiare cola, nel tempo medesimo, tre
grandi hattaglie: una contro ilPapato, una contro il mondo
cristiano, ed una contro la democrazia cosmopolita; e cio,
mentre siete fiacchi assai di forze vostre e sprovveduti al
tutto di forze e di protezioni straniere. Ma, quel che & peg-
gio, andate ad impegnare queste tre grandi battaglie dif-
finitive sopra un terreno nemico.
Roma vi e ostile. Voi alzerete le tende fra una popo-
lazione, la cui pluralita smisuratissima non si armera contro
di voi, ma vi guatera in cagnesco, quali Ostrogoti o Lon-
gobardi, e vi opporra la piu formidabile resistenza passiva
che possiate immaginare. Voi troverete la citta di Roma ,
la vera e la regia Roma, tutta rnoralmente schierata in-
torno al suo Pontefice nel Vaticano. Troverete un' altra
picciolissima parte di questa Roma, il suo rifiuto, schierata
intorno al Campidoglio , ma a quel Campidoglio donde, il
9 febbraio 1849, si promulgo la Repubblica del Mazzini. A
ingrossare questa piccola frazione di Roma, ed a fiancheg-
giarla, troverete un esercito di nuove genti. Saranno quei
patrioti, che vi mandaste dietro le vostre milizie , e vi
manteneste affinche assumessero di rappresentare quel po-
polo romano, che non era con voi. Queste legioni, di cui vi
siete serviti per grintendimenti vostri, si sono prestate a
voi, perintendimenti del tutto ai vostri contrarii. Esse non
sono per voi piu di quello che siano i Romani. Formano la
falange sacra della democrazia, che vi ha attirati in quella
citta per tentare di darvi T ultimo acciacco. Questa demo-
PEL REGNO D' ITALIA 401
crazia 5 il vero e proprio Ciclope che , nella caverna del
Tevere, arrota i denti per divorarvi.
Chi vi difendera in quella caverna, mentre alFora stessa
dovrete esaurire il pochissimo di forze che avete, per reg-
gervi nella battaglia , da voi temerariamente ingaggiata,
contro il mondo cattolico e contro il Vaticano? I Romani ?
Non v1 illudete . Imiteranno i Prussiani intorno a Parigi .
Come questi rimangono impassihili ad osservare 1'esito della
lotta tra la Comune e il Governo di Versaglia; cosi i Ro-
mani, senza muovere dito, staranno a contemplare la tra-
gedia della vostra battaglia colla dernocrazia, nelle loro
mura. Rinnoverete ai lor occhi lo spettacolo dei gladiatori;
ma di gladiatori, pe'quali non si disagerarmo ad implorare
grazia, n& dal crelo ne dalla terra. Non isperate di poter
legare ai vostri, gli affetti di Roma. Per italianmare i Ro-
mani, come vorreste voi, vi sarebbe necessario scattoliciz-
iarli. Ma il Romano scattolicizzato non s1 italianizza alia
moda vostra; e piu logico: s' italianizza alia moda dei co-
munisti di Parigi. Per questo voi, seminando in Roma em-
pieta verso Dio e fellonia al Papa , non mietete altro che
scherno a voi e odio democratico alia vostra bandiera.
Voi quindi nella tremenda caverna sarete soli, indeboliti
dai combattimenti, sopraffatti da quei nemici stessi che vi
siete educati colla vostra insensata politica di tanti anni.
E percio (badate che noi non esprimiamo voti, ma un timore
che ci agita fortemente il petto) e percio, se non resterete
prima divorati dal Ciclope del mondo cattolico, vi e somino
pericolo che lo restiate dal Ciclope della democrazia. State
in sull'avviso: tenetevi in guardia. \\fato ineluttabile, che
vi spinge ora nella caverna tiberina , non e piu quello
guidato dal Bonaparte, che vi spinse nella tranquilla citta
dei fiori. II fato odierno e un' altra cosa. 1C quella cosa che
prima ha spinto il Bonaparte nella caverna di Sedan, tra le
zanne del Ciclope tedesco. Sapete come si chiama? Ve lo
dice la Civilta Cattolica : abbiatene memoria. Si chiama la
GIUSTIZIA DI Dio.
Serie VIII, voi 77, fasc. 502 26 6 maggio 187 J.
UNA STORIA BELLA CITTA DI ROMA 1
Nel precedente quaderno abbiamo posto in quella lace
inigliore che per noi si potesse i pregi sommi, e diremo
anche rari, che rendono la Storia della citta di Roma, scritta
dall1 illustre sig. Barone di Reumont, un1 opera per tutti i
Yersi pregevolissima. Lo spazio c1 impedi di far notare al-
cuni tratti, che ci sembrano o men perfettamente trattati
o meritevoli a parer nostro di qualche censura: e ci ri-
serbammo di parlarne nel seguente fascicolo. Adempiamo
ora a questa promessa. Lasceremo per6 da parte alcuni
punti di minor momento, ed altri che per T incertezza ed
oscuritaloro sono disputabili e debbono quindi abbandonarsi
alle libere opinioni dei dotti ; ed esporremo in succinto
quelli che a noi sembrano degni di essere notati e corretti.
Nel 1° Volume, a pag. 549, rende mal suono ad orecchi
cattolici che i Papi Vittore, Zefirino e Callisto venissero
avvolti anch' essi negli erramenti o nelle differenze che,
1 Geschichte der Stadt Rom. von ALFRED VON REUMONT: Storia della cittb
di Roma , di ALFREDO DI REUMONT. — Berlino , regia statnperia del Decker ,
1b67-70. Splendida edizione in 8° gr. in tre volumi.
Volume I, di pag. XVII-868, con sette Tavole genealogiche e due Carte
topografiche.
Vol. II, di pag. XIIl-4254, con dodici Tavole genealogiche.
Vol. III. Parte I* di pag. IX-574 con nove Tavole genealogicbe e due
Icnografie. — Parte Ha di pag. X-950 con due Carte topografiche.
UNA STORIA DELLA CITTA DI ROMA 403
intorno al domma della natura di Cristo e intorno alia
disciplina, allora agitavano la Chiesa; e che lo Stato tut-
tor a fluttuante del domma e la mancama di una autorita
universalmente riconosciuta rendano facilmente ragione di
cotali agitazioni. Le quali frasi nel concetto dell' Autore
hanno certameate un senso ortodosso, ma dal lettore pos-
sono agevolmente pigliarsiin significato sinistro, cioe nel
senso degli antichi eretici, calunniatori di quei tre santi
Pontefici, e degli eretici moderni, detrattori del Primato
pontificio. Poco appresso, a pag. 656 e 672, accennandosi
il fatto di Papa Liberio, si da come certo che egli, sacri-
ficando al voler di Cesare il rigore dell1 ortodossia, sot-
toscrivesse formole semiariane e con ci6 ottenesse il ritorno
a Roma: laddove, secondo i migliori critici moderni dal
Zaccaria in qua, cotesta caduta di Liberio e al tutto falsa;
e ad ogni modo non pu6 asseverarsi come storicamente
provata. Certamente falsa e poi 1' accusa, data gia da altri
ad Innocenzio I, che egli secretamente permettesse in Roma
di far ricorso all'arte degli aruspici e scongiuratori etruschi,
per difendersi dall1 invasione dei Goti : accusa, riferita dal
Reumont, a pag. 738, con termini dubitativi, in luogo di
essere rigettata, come dovea, quale assurda calunnia.
Nel 2° Volume, a pag. 62, Papa Vigilio e rappresentato
sotto alcuni dei tristi' colori, in cui fu solito dipingersi
dalla storia , prima che le ricerche del Bianchi e d' altri
valentuomini non lo recassero in piu bella luce. Egli viene
tacciato di leggerezza e quasi di contraddizione , siccome
colui che reduce daU'esilio della Propontide a Costantinopoli,
comprd la pace, piegandosi ai voleri di Giustiniano ed ap-
provando decreti che prima aveva incautamente condannati;
mentre il vero si e, che tutto il contegno di Vigilio a Co-
stantinopoli, se si esaminano bene i fatti, e se messi da
parte gli Atti apocrifi e i calunniosi, si ascoltano i soli Atti
genuini, dimostra in lui una sapienza e costanza tanto piu
maravigliosa, quanto piu difficile era la condizione in cui tro-
vavasi. Inoltre, a pag. 48 e 61, si suppone, aver egli ot-
404 UNA STORIA DELLA CITTA DI ROMA
tenuto con arti inique il Papato, comprandolo coll1 empie
promesse fatte a Teodora imperatrice, e facendosi poco
meno che carnefice di S. Silvestro : le quali atrocita, ignote
a Procopio Cesariense, a cui era pure notissima tutta la
storia arcana e scandalosa della Corte bizantina, ma messe
fuori la prima volta dai pin ardenti avversarii di Vigilio,
e ripetute poi in buona fede dal torrente degli storici, oggidi
tuttavia, se non si vogliono risolutamente negare, non si
possono da un accurato storico riferire, senza grave du-
bitazione.
A pag\ 583, si attribuisce ai tempi di S. Luigi re di
Francia una prammatica Sanzione, ingiuriosa all'autorita
della Chiesa: laonde FAutore sembra non conoscere la bella
Dissertazione, ove il Gerin, pochi annisono, dimostro quel-
1'Atto esser apocrifo, e la famosa Prammatica gallicana,
contro cui i Papi sernpre protestarono, esser nata nel se-
colo XV. A pag. 603, si afferma forse con troppa facilita,
siccome cosa appena possibile a diibitarsene , che Niccolo
III fosse consapevole delle trame di Giovanni di Procida
contra gli Angio, le quali riuscirono poi al famoso Vespro
siciliano. Dal racconto medesimo che TAutore subito sog-
giugne di coteste trame , s1 inferisce piuttosto , quella
complicita del Papa rimanere assai incerta. Del resto, ove
anche nulla vietasse I'ammetterla, come molti fanno, sarebbe
facile il giustificarla ; giacche, ne mancavano a Niccolo
buone ragioni di sostituire in Sicilia all' Angioino I1 Ara-
gonese, ne percio deve a lui imputarsi la strage dei Vespri,
scoppiata all' improvviso, e succeduta assai dopo la morte
di Niccolo, eppercio da lui non potuta tampoco antivedere
come possibile, non che voler futura.
Al contrario, ci pare soverchiamente timido TAutore,
quando, a pag. 638, parlando del consiglio che Dante narra
avere Guido di Montefeltro dato a Bonifacio VIII, per la
presa di Palestrina, lascia la questione al tutto dubbiosa e
giudica non essere provato piu il no che il si . Eppure
contro gli argomenti estrinseci pel no, recati dal Tosti
UNA STORIA DELLA CITTA DI ROMA { 405
nella sua Storia di Bonifacio VIII , il Reumont non ad-
duce, ne puo addurre, a veder nostro, niuna soda ragione:
e quando alia forza loro aggiungasi T intrinseca inverosi-
miglianza, per non dire assurdita, di quelle parole vera-
mente eb~bre, messe dal poeta in bocca di un Papa: Finor
t'assolvo ' ecc. e dell' incredibile semplicita di Guido nel
credersi per esse lavato
Di quel peccato, ov' io mo'cader deggio ;
noi non sappiamo intendere, come altri possa tuttavia ri-
manere in forse di rigettare cosi sconcia favola. Anche in
altri punti 1'Autore si mostra poco favorevole e men giusto
del suo costume verso quel gran Papa ; di lui preferendo
gravar la memoria, anziehe incolpar Dante di calunniatore.
Veramente e stata, com'egli dice a pagine 655, una sven-
tura per Bonifacio VIII. aggiunta ad altre sventure, clie
1'uomo, la cui parola divent6 per tutti i tempi futuri la piu
terribile bitagliente spada, Dante Alighieri, a lui attribui-
sca, a diritto o a torto (certamente a torto) la rovina della
sua diletta patria e la infelicita della propria vita. Ma non
e, soggiungiamo noi, sventura men dolorosa, che i colpi
di cotesta spada diano talora le vertigini alle teste ancor
piu salde, e che anche i piu savii critici non sempre di-
scernano abbastanza nell1 Alighieri dal sommo poeta Tap-
passionato partigiano. A questa doppia sventura va sog-
getto, con Bonifacio VIII, anche Clemente V ; poiche la
taccia ftingannatore, da Dante affibbiataglipelsuo contegno
verso Yalta Arrigo 2, e dal Reumont giudicata parola dura
bensi, ma appena ingiusta (pag. 769).
Nel 3° Volume, alcuni giudizii sopra Eugenio IV (par-
te I, p1. 67, 106), e poi sopra i Papi, daH'Autore chiamati
-politici, e tra questi specialmente sopra Sisto IV ed Ales-
sandro VI, sarebbero per avventura da notare come poco
giusti o troppo severi ; e talvolta egli ci sembra aver dato
1 Inferno XXVII.
2 Par ad. XVII.
406 UNA STORIA BELLA CITTA DI ROMA
troppo leggermente fede all' Infessura e ad altre male
lingue cotali, a cui, come egli medesimo saggiamente
avverte, si vuole andare con gran cautela nel credere. Ma
generalmente nel descrivere quel periodo, per Tuna parte
cosi scabroso insieme e lubrico, e per 1'altra cosi splendido
e fecondo, che 11 Papato attraverso da Sisto IV a Paolo III,
e fu Tanello tra lo spirare del medio evo e il formarsi della
eta moderna , il Reumont ha fatto cosi mirabil prova di
profondita e sapienza storica, che alle poche e deboli cen-
sure, onde potrebbe esser notato, vien meno la voce, con
cui farsi udire in mezzo al vasto concento di elogi , ad
ogni pagina cosi ben meritati.
Piu intemerata eziandio, benche meno brillante , e la
narrazione dell'Autore neirultimo periodo della sua storia,
dove descrive la Roma dei tre ultimi secoli. Un solo tratto
ci e parso degno di riprensione ; ed e quello che leggesi a
pag. 552 e 553 (Vol. Ill, parte 2a) intorno alia censura dei
libri e alFIndice. Ivi egli sembra aver perduto di vista il
vero scopo e frantesa F importanza dell' istituzione delF In-
dice : altrimenti non Favrebbe chiamata cosa malintesa in
se e internments inutile, ne avrebbe fatto eco alle consuete
accuse degli antichi e moderni libertini del pensiero, che
gli eccessi delF Inquisizione e i rigori della censura incol-
pano di aver incatenata la liberta e soffocato la vita dello
intelletto italiano.
Ma le pecche fin qui notate, in un'opera cosi yasta e
splendida di tante bellezze, scompaiono, a dir vero, quasi
nei impercettibili. Piu grave e la censura che ci rimane a
fare intorno ad un punto capitalissimo della storia di Roma;
il quale, per essere stato dal nostro Autore male inteso, gli
fu pietra d' inciampo a cadere in non pochi errori ; ed e il
solo lato veramente debole, a parer nostro, del suo lavoro,
per tutto il rimanente cosi solido e stupendo.
Questo punto nero riguarda le relazioni del Papato col-
T Impero del medio evo : relazioni che formano , come
ognuno bene intende, il perno di tutta la Storia di Roma
UNA STORIA DELLA CITTA 'oi ROMA
407
per parecchi secoli. II Reumont, narrando T istituzione del
nuovo Impero romano fatta da Leone III in Carlomagno,
afferma, tra altre inesattezze, essere Carlomagno, per tal
titolo, dlvenuto sovrano della citta di Roma e dello Stato
pontificio ; discendendo il Pontefice, in forza del medesimo,
al grado di suddito nelle cose temporali l. E quindi a
Carlo ed ai seguenti Imperadori egli attribuisce costante-
mente, come diritto indubitato, coH'alta sovranitk (Qiber-
Jierrschaft , OberherrlicJikeit , Oberhoheit) di Roma, tutti i
diritti della potesta suprema, pognamo che tra essi il piu
cospicuo nella pratica fosse il potere giudiziario; e rap-
presenta in generale il Papato, come subordinate politica-
mente all' Impero 2.
Ora questo e, secondo noi, errore gravissimo. Niun atto
autentico, niun fatto legittimo pub addursi a provare co-
testa sovranita degl1 Imperatori sopra i Papi e sopra Roma.
Pel contrario, tutti i monumenti sinceri della storia, dal
secolo VIII in qua, cospirano a dimostrare che in Roma la
potesta sovrana appartenne sempre di diritto ai soli Papi ;
che la potesta degl' Imperatori ivi non era potesta di So-
vrano, ma solamente di protettore, di difensore,di avvocato
della romana Chiesa, della quale assoluto e sommo Prin-
cipe era sempre il Papa ; e che i diritti e le prerogative di
questa nuova potesta imperiale non altronde emanavano
che dal Papa, siccome del Papa era stata creazione il
nuovo Impero, ed al Papa apparteneva Telezione e T inve-
stitura delle persone e delle dinastie, chiamate di mano in
mano alia corona imperiale. Noi ben sappiamo, che il non
essersi da principio ben definite le attribuzioni della nuova
dignita imperatoria; e il nome stesso di Imperator Roma-
norum, congiunto alia memoria delFantico Impero e del-
Fautocrazia dagli antichi Cesari esercitata; e Tambizione
di molti dei nuovi Cesari , troppo degeneri dalla pieta e
grandezza di Carlomagno; e Tadulazione dei loro cortigiani
1 Vol. II, pag. 1 36.
2 Ivi, pag. 188, 208, 240, 243, 245, 286, ecc.
408 UNA STOR1A BELLA CITTA DI ROMA
e giuristi, sempre pronti ad esagerare i diritti della maest&
imperiale ; ben sappiamo che queste ed altre cagioni a
poco a poco alterarono, e poi col volgere del tempi falsa-
rono per si fatto modo il concetto genuino e primitive del
sacro Impero, che presso molti e gravi autori e divenuto
quasi assioma : la sovranita di Roma e la temporale supe-
riorita sul Papa essere stato diritto inseparable dalla im-
periale dignita. Questa idea tutta ghibellina, proclamata
come articolo di fede dai legisti di Arrigo IV, di Barba-
rossa, e di Federigo II, e della quale , tra i moderni, fa
presso di noi principale campione il Muratori, non e rnara-
viglia, che in Germania specialmente abbia sempre goduto,
e goda tuttora, per le ragioni che ognuno di leggieri indo-
vina, singolarissimo favore : ma ben ci duole di vederla
seguita anche dal Reumont, dalla cui dottrina e sapienza
istorica dovevam prometterci di vederlo preservato dal
comune contagio.
Imperocche, lo ripetiamo, cotesta opinione e un gra-
vissimo errore, e di moltissimi altri errori, di tutta la storia
del medio evo corrompitori, necessariamente fecondo. Qui
certamente, non possiamo stenderci a spiegare di questa
nostra affermazione le prove; a svolger le quali si richie-
derebbe un giusto libro. Ma ci basta additarne in generale
le fonti precipue : ed a cosi buono intenditore, qual e il
Reumont, un cenno e sufficiente, perche egli senta tosto di
tali prove tutta la forza. Coteste fonti sono : in prime luogo,
i Patti e Concordati autentici, stipulatisi tra i Papi e gli
Imperatori; in secondo luogo, le Lettere e Decretali dei
Papi, risguardanti T Impero ; dalle quali assai meglio e piu
sicuramente, che non dalle scritture imperiali, troppo spesso
contaminate di ambiziose passioni, si rileva qual fosse la
vera indole e lo scopo, quali i diritti e i doveri dell' Impero
verso Roma e il Papato. Imperocche, niun savio estimatore
degli uomini e delle cose, e men d'ogni altro il Reumont,
ci neghera, che la vera dottrina e tradizione intorno alia
natura del sacro Impero, in niun altro luogo dovesse con-
UNA STORIA DELLA CITTA DI ROMA 409
servarsi piu pura e intera che in Roma, nella Curia pon-
tificia, nella mente, nel cuore e nella coscienza dei Papi,
che erano stati di quell' Impero i creatori, e ne erano, ad
ogni nuova elezione, i perpetui facitori e i soli padri legit-
timi. E parimente niun savio dubitera delle due parti con-
tendenti intorno ai diritti dell1 Impero, a qual debba piu
facilmente credersi; se ad un Arrigo IV, ad un Federigo
Barbarossa, ad un Ottone IV, ad un Federigo II e ai loro
avvocati di corte ; oppure ad un Gregorio VII , ad un
Adriano IV, ad un Alessandro III, ad un Innocenzo III, ad
un Gregorio IX, ed a tanti altri Papi, per altezza di mente,
per profondita di scienza, per santita di costumi, per inte-
grita intemerata di coscienza, quanto tenace del vero e del
dritto, altrettanto abborrente da ogni usurpazione e men-
zogna, a tutto il mondo notissimi ; e tutti concordi e coe-
renti nel difendere la stessa causa, ed aventi in questa il
consenso inoltre di tutti quegli Imperatori che o durarono
sempre ossequenti alia S. Sede, ovvero pentiti, ritrattarono
in fine, gli eccessi della loro ribellione. Or bene, ed in quei
Patti autentici e in queste Epistole papali, non solo non si
contiene niun fondamento di quella Oberherrscliaft, Sovra-
nita sopra Roma e lo Stato pontificio, che il Reumont a Car-
lomagno ed ai seguenti Imperatori attribuisce, come uno
dei diritti cesarei, Kaiserrechte, inerenti alia loro dignita;
ma anzi cotesta Sovranita viene esclusa, negata, combat-
tuta come usurpazione.
Da questo errore fondamentale, il nostro Autore forza
era che venisse tratto, come poc' anzi accennammo, in pa-
recchi altri. Tra i quali il piu perdonabile si e, Tammettere
ch' egli fa, almen come dubbii, certi documenti sfavorevoli
alia sovranita pontificia, quali sono il famoso Privilegium di
Leone VIII antipapa ad Ottone I !, e il Diploma di dona-
zione di Ottone III a Silvestro II 2 : Documenti, che da gran
tempo la sana critica ha gia sfatati, come apocrifi. Ma errori
1 Vol. II, pog. 290.
2 Ivi, pa^. 313.
410 UNA STORIA DELLA CITTA DI ROMA
assai piu gravi e di piii ree conseguenze sono, le accuse,
onde egli grava talora la S. Sede, tacciandola di pretension!
esagerate, di mire ambiziose, di esorbitanze T, cola dov' ella
non facea che difendere e rivendicare i proprii diritti; e le
incolpazioni che da a parecchi gran Papi (coi quali egli non
e avaro per altro di splendidi elogi) come Gregorio VII,
Adriano IV, Innocenzo III, Gregorio IX 2, rei non d1 altro che
d'avere intrepidamente mantenuti contro le arroganze del-
Tlmpero i diritti della Chiesa; e 1'acerbita, con ctii tratta
specialmente Innocenzo IV 3, per la guerra a oltranza da lui
combattuta contro Federico II, il piu accanito e pericoloso
nemico che per avventura la S. Sede mai avesse ; e la par-
zialita che mostra verso gli ultimi Hohenstaufen, non gia
dissimulando i loro gran torti, ma scusandoli con amore di
partigiano piu che con equita di storico e facendo sulla loro
caduta un lungo compianto \ fino ad attribuire a lei, sic-
come a cagione piu o men prossima, non che altri guai
d? Italia, ma, chi lo crederebbe? eziandio T invasione di Car-
lo VII, avvenuta, piu di due secoli dopo 5; e per necessario
contrapposto a tal parzialita, T astio che palesa verso gli
Angio e il rimprovero che muove ai Papi d1 averli chiamati
a campioni della Chiesa e capitani di parte guelfa in Italia 6;
e finalmente le false imputazioni, ond' egli carica il Papato,
d'aver proso modiol'istitiizione stessa dell1 Impero, e quindi
aver tolto sistematicamente ad abbassarlo, a combatterlo,
fino ad annientarlo, riducendolo a un nome vano; e percio
doversi la Chiesa chiamare per buona parte in colpa dei danni
che da si lunga guerra e di cotanta disfatta ridondarono
gravissirai non solo allo Stato, ma a lei medesima; avendo,
coll' iminischiarsi che percio ella fece oltre il convenevole
in politica, e coll'abuso, a cui fu condotta, delle armi spi-
rituali in pro del temporale, provocato Falienazione dei po-
1 Ivi, pag. 487, 503, 080, ecc.
2 Ivi, pag. 44S, 489, 501, 509, ecc.
3 Ivi, pag. o04, 534-546.
* Ivi, pag. 566, 58 1, 723.
" Vol. Ill, parte I, pag. 208.
6 Vol. II, pag. 565, 581, 605, 607, 621.
UNA STORIA DELLA CITTA DI ROMA 411
poli, la gelosia del Principi, e quelle tante invasion! del po-
tere laicale nelle cose di Chiesa, di cui Filippo il Bello e la
scuola de'suoi legulei diedero al mondo il tipo classico *.
Tutte queste falsit^ e ingiustizie storiche hanno radice,
come ogmm vede, in quel primo errore che sopra indicam-
mo; e forse anche in un cotale, diciam cosi, germanismo
ghibellinesco, cui T Autore attinse sul Reno dalle tradizio-
ni, a tutti gli Alemanni cosi care e gloriose, delFantico Im-
pero, e di cui ben non seppe spogliarsi in riva al Tevere.
Del rimanente, nelP esprimere questi suoi sensi, egli ado-
pera sempre tal modestia di termini e dignita di linguag-
gio, che ben si scorge, essergli dettati non da animosita di
cuore ostile alia S. Sede, verso la quale anzi professa somma
riverenza, ma si da schietta, comeche falsa, persuasione
d' intelletto. II qual contegno, se dall'una parte puo rendere
piu autorevoli e percio piu pericolosi a chi legge i suoi
errori; dall'altra pero dimostra sempre meglio la lealta e
candidezza delF Autore, e quindi acquista maggior fede a
quella parte, smisuratamente piu ampia, di elogi e di testi-
monianze onorevolissime, che egli in tutta 1' opera sua ren-
de, siccome stretto debito di giustizia storica, alia Chiesa
ed al Papato.
Di cotesta lealta e candidezza del Reumont noi siamo
cosi persuasi, che non dubitiamo punto, qualora queste no-
stre riverenti censure gli giungano sott1 occhio, ed egli,
rifattosi a considerare piu attentamente i punti criticati^
trovi giusto il modificare le sue prime sentenze, non dubi-
tiamo punto ch' ei non sia per farlo con prontissimo animo,
siccome quegli che altro non cerca fuorche la verita. Ed
in tal caso noi ci chiameremmo felici, d'aver in qualche
parte contribuito al miglioramento e all1 ultima perfezione
d' un' opera, la quale ad ogni modo e fin d' ora la piu corn-
pita e bella storia che si abbia della Citta di Roma, e rimarra
sempre uno dei piu grandiosi monumenti della moderna let-
teratura storica.
1 Vol. II, pag. 486, 642, 723; Vol. Ill, parte I, pag. 80, 122.
LA SAVIA E LA PAZZA
RACCONTO DEL PRINCIPIO Dl QUESTO SECOLO
X.
NAPOLEONE E LA CAPITALE DELLA CRISTIANITA.
Volgeva un di e un altro , e le novelle di Pio VII in
Parigi cangiavano verso, come una banderuola in tempo di
burrasca. Talvolta le fandonie piu incredibili avean corso
per piu settimane, le piu liete e le piu sinistre invenzioni
paurose si avvicendavano senza tregua, destando timori e
speranze , gioia e desolazione , egualmente sragioDevoli .
Perciocche i negoziati gravissimi del Papa e dell' impera-
tore , che dipoi furono tratti a luce e risplendettero a sole
di meriggio , in quei giorni avvolgevansi in tenebre im-
penetrabili ; non volendo divulgarli, il Pontefice per deli-
catezza ; Napoleone per onore. Pero beato riputavasi chi
perveniva a scoprirne alcuna favilla; e Chiaffredo , per le
cui mani passavano i dispacci arcani, veniva accolto a
trionfo ne'ritrovi delY Ammzza cristiana.
— Voi siete sempre la nostra aurora! cosi salutavanlo
i confratelli , in una tornata a mezzo il marzo 1805. Che
c1 e di vero sul tornarsi o restarsi del Papa ?
— Sunt lona mixta malis , rispondea Chiaffredo ; riso
e chiodi al solito, un moccolo a S. Michele e uno al diavolo.
LA SAVIA E LA PAZZA — NAPOLEONE E LA CAPITALE ECC. 413
— Cotesto gia si sa : ma il punto forte e sapere se e
vero o falso, che 1'imperatore voglia trattenere il Papa in
Francia.
— Oh chi vi ha messo cotesta pulce nelP orecchio ? In
Torino non ne ho inteso fiato.
— Via, signor Malbrouch , non fate lo gnorri ; prese a
dire il cavalier Renato d'Agliano. Lo scrive da Roma il conte
Lamarmora. Voi sapete che egli sta col nostro ,re, e baz-
zica coi monsignori del Quirinale ; e come papalone a prova
di homba trova agevolmente chi con lui si confida e apre
lo zipolo. Ora lui, proprio lui, scrive qua, che in Roma co-
mincia a saper di forte cotesto radicarsi del Papa in Francia:
non solo i trasteverini ci fanno su i castelli in aria, a loro
modo ; ma se ne mormoracchia ne' salotti degli ambascia-
dori, e ne' ristretti de' preti in calze paonazze e anche in
calze rosse. Qualcosa di buio ci ha da essere : dov' e fumo,
e foco.
— Altro non iscrive il Lamarmora? dimando Chiaffredo;
e udito, che nient' altro, soggiunse : — Si vede che il conte
e sempre quel savio e valente gentiluomo, che noi abbiamo
ammirato sul campo e alia corte. Dico cio, perche a me
consta , ch' egli sa piu la di quello che scrive ; non fosse
altro , per le carte che gli ho trasmesso.
— E dalli coi misteri ! Qui tra noi...
— Ma io non fo misteri: vi dico tutto quello che so,
perche son certo che le mie parole muoiono II a quella por-
tiera. Il timore ci era pur troppo: quel mtilo corso imper-
mali a un tratto, volto le groppe e faceva segno di sparare
un rivellino di calci. Dopo tante promesse fatte, dopo tanta
degnazione del Papa, non si sa come, Napoleone fu preso
dalla divozione di non separarsi piu dal Santo Padre; e
percio disegnava di tenerlosi a Parigi. Si dice che ne git-
tasse un motto all'ambasciadore di Austria, non come d'un
proposito fatto , ma come d' un' ipotesi vaga ; e che questi
fingendo di non badare alia gravita della proposta, rispon-
desse : Piuttosto che a Parigi mi sembrerebbe acconcio al-
414 LA SAVIA E LA PAZZA
loggiarlo a Vienna. Napoleone senti tutta la forza di qaeste
quattro parole, e, com' egli inorridiva al pensiero di vedere
la Francia dipendere da un Papa di Vienna, cosi disperd
che le potenze cattoliche si volessero di buon grado rasse-
gnare a vedere il Papa in potere d' un principe francese.
Tuttavia gli sembrava possibile di imporre questa tirannia
al mondo, sePio VII avesse un po'lasciato fare o per sedu-
zione o per paura di peggio. Percio dissimulava, inventava
pretesti da menare in lungo il soggiorno del Papa, sempre
colla lusinga di trovar pure il destro di commettere una
parola sulla bella pensata. Poi temendo lo schiaffo di un no
tondo e sonoro, credette meglio di mandarsi innanzi gli
esploratori a tentare il guado per via di discorso accade-
mico. Fece parlare d'un magnifico pakzzo in Parigi, con
parco e giardini : T augusta gabbia sarebbe indorata col
nome di possesso pontificio estraterritoriale, e T ingabbiato
si chiamerebbe Sovrano , con corte e onori sovrani, senza
le noie e gl1 impacci di amministrare un regno temporale,
si aggiugnevano agevolezze mirabili pel governo della
Chiesa, nunziature indipendenti d' ogni ingerenza francese,
franchige d' ambasciatori accordate ai ministri esteri de-
putati alia Santa Sede ; stanza libera alle congregazioni
pontificie; e per giunta milioni a iosa, gingilli, nastri, gio-
cattoli quanti ne gradisse il Papa per baloccarsi, un codice
intero di genuflessioni prescritte, incenso anubi, ave rabli
a pieno coro in tutto Fimpero. Pio VII naturalmente non
facea segno di abboccare 1' esca. Adunque si profferse una
stia piu salubre, piu ariosa, piu soleggiata : il Papa si ac-
quartierasse nella citta d'Avignone, con palazzo, corte e
balocchi, ut supra. E Pio VII ascoltava distratto, come se
udisse raccontare il sogno d' una fantesca. Allora , ponza
ponza, vennero in mostra altri disegni a garbo , uno piu
lusinghiero che 1'altro, e dietro la fantasticheria cortese
comincib a udirsi romoreggiare lontano lontano un tuono
che dicea : Ti tengo nelle mie granfie , o mangiar questa
minestra, o saltar questa finestra. II Papa n' avea diserte le
NAPOLEONE E LA CAPITALS DELLA CRISTIANlll 115
orecchie, e intendeva benissimo donde venisse la ragia ;
perche niun uomo a Parigi sarebbe ardito di entrare in tali
propositi , senza espresso mandate . Per6 a diroccare una
volta per sempre il fondamento dei castelli in aria, si lascio
sfuggire una riflessione accademica : — Le sono chimere,
le sono chimere : niun Papa vi consentirebbe mai.:. la
coscienza lo vieta.
— Si, ripiglio il furbo mezzano, niun Papa vi si adagera
mai, per sua elezione : ma dove, cio diventasse una necessita
politica...
— In tal caso, interruppe maestosamente Pio VII, quel
Papa pubblicherebbe una bolla, che da lungo tempo ter-
rebbe inluogosicuro, apparecchiata, come spada nel fodero,
a troncarei nodi gordiani: colla bolla si spoglia il triregno;
un altro diventa Papa libero; e chi si credesse avere preso
nella rete un Papa, vi troverebbe un meschino monacello,
per esempio fra Barnaba Chiaramonti. —
— Bravo! Viva Pio VII! questo e parlare da Papa !
esclamarono ad una voco gli astanti, che fino allora pen-
devano dalle labbra di Chiaffredo , senza batter palpebra .
E il marchese D'Azeglio: — Ma la cie poi cotesta bolla?
Cui Chiaffredo , abbassando la voce : — Ci e la bolla
con tutti i fiocchi, segnatain buona forma, colla istruzione
per fulminarla quando ne fosse d'uopo; e sta depositata in
mano a un cardinale in Sicilia , e la Sicilia e protetta dal-
rarmata inglese.
A queste parole i Viva Pio VII! scoppiarono piii festosi
che mai.
— II fatto e, continue Chiaffredo, che dopo questa
antifona, non si parlo piu di castelli in Francia. II Papa
torna a Roma , a giorni 1' avremo qui in Torino.
— Intanto , dimandft Rodolfo de Maistre , non si parla
di rendere Bologna, Ferrara, Ancona?
— Sicuro che se ne parla. Napoleone ha capito , che
in faccia alia cristianita resterebbe in eterno bollato come
ladrone sacrilege , se non avesse mostrato almeno un cenno
41 6 LA SAVIA E LA PAZZA
di buona volonta su questo particolare. E qui viene il l>ello:
udite. II Santo Padre , tra le altre proposte di conciliazione
formolo una ricisa dimanda di restituzione. Da parte sua
T imperatore mand6 lavorare una minuta di risposta. Ora
alia richiesta sul mal tolto , gli scribi e farisei del governo
avevano riscritto... Aspettate: ho qui le carte (e le cerc6
nel portafogli), avevano riscritto: « Si riconosce che il
Santo Padre , nel rivolere le sue province e mosso da con-
siderazioni sante, e pure di personale interesse, ma si
spera , che egli voglia altresi riconoscere , che per ora il
g'overno francese e nella impossibilita di secondarne i voti. y>
— Come dicono tutti i debitori ladri !
E Chiaffredo : — Lo senti anche Napoleone ; fece scan-
cellare la minuta , e detto di sua bocca un nuovo para-
grafo: « Se Iddio ci concede la durata di vita, ordinaria
tra gli uomini , speriamo di trovare congiunture propizie,
in cui ci sara permesso di consolidare il Dominio del Santo
Padre , e di estenderlo. . . »
— Di estenderlo^
— Cosi e scritto , Consolider et etendre le Domaine du
Saint-Pere. Non basta. « E gia fin d1 ora vogliamo por-
gergli una mano soccorritrice , per aiutarlo ad uscire dal
caos delle difficolta, a cui Fhanno trascinato le crisi della
guerra passata ; e dare cosi al mondo una prova della nostra
venerazione pel Santo Padre , e della protezione per la Ca-
pitale della cristianita. » E termina con solenne protesta,
di riporre la sua gloria principale a divenire il piu fermo
sostegno della Santa Sede. Questa risposta di Napoleone ,
e in iscritto , e nelle mani del Papa.
— Miracolo! miracolo! esclamarono alcuni.
— Se son rose , fioriranno ; disse freddamente il padre
Lanteri. Quello che e certo si e , ch' io veggo due Napo-
leoni , due imperatori , due uomini in un solo. Vi e il prin-
cipe politico , forse non empio , vi e il genio dallo sguardo
aquilino , il quale prepone la gloria di Carlomagno alia
gloria del re longobardo: ma vi e altresi Tuomo, coi sette
NAPOLEONE E LA CAPITALS DELLA CR1STIANITA 417
vizii capital!, Tuomo tratto a rimorcliio dai vani rispetti,
padroneggiato dalla superbia. Ora e in trattato, e io lo so, di
tagliarsi un manto reale in Italia, oltre al paludamento
imperiale : la stoffa si prendera nella repubblica cisalpina,
ed egli non vorrebbe scorciare il lembo del nuovo regno
d1 Italia , stralciandone le province di sacrilege acquisto.
Ora udite bene la profezia che io fondo sulla Bibbia, e
sulla storia di sessanta secoli. Se in lui prevale )' orgoglio
del conquistatore scomunicato , e Dio lo confondera ; e noi
vedremo in un monte di ciarpa il suo trono , il suo scettro,
le sue corone, i suoi inanti imperiali e reali. Non vi dia ter-
rore la sua possanza sconfinata : T ernpio oggi esalta il capo
tra le stelle ; pare signore dei nembi e della folgore ; alia
dimane cercatelo, e agguagliato al fango, e sotto il fango che
si calpesta. Che se invece neH'animo di Napoleone soprav-
vince la fede, e segno che Iddio Tha suscitato per donargli
un regno, e insertare sua progenie tra le stirpi dei re, a loro
esempio, ovvero a loro gastigazione . Mirate : da cencin-
quant1 anni il male ci vien dai gran monarchi: i re -trali-
gnati ci abbordellano le corti e i regni , succiano il vivo
sangue dei popoli per intrattenere lo scandalo a1 dissan-
guati , di dieci o venti guerre sterminatrici dell1 Europa ,
appena due o tre ne contiamo , accese dai diritto, le altre
furono assassinio e disertamento organizzato dalle feroci
superbie dei regnanti. Vilmente forti contro la loro madre,
la Santa Chiesa , lungamente si piacquero a nimtcarla , a
lacerarne la sacra veste , a dilaniarle il seno ; e poi piii
vilmente abbietti dinanzi alle sette de1 giansenisti, dei filo-
sofi e dei frammassoni, loro immolarono la giustizia e la
religione e la felicita de' loro popoli. Vi potrei nomare tale
principessa coronata, che scrisse di suo pugno in com-
mendazione dei franchi muratori... dopo tutti i fulmini del
Vaticano . Infelice ! ha espiato sul patibolo la sua cecita
volontaria. Si, vi dico, Napoleone sara verga dei re, che
troppo Than meritata : ma se egli seguira le loro pedate,
altri saranno verga di Napoleone. —
Serie VIII. vol. II, fasc. 502. 27 9 maggio 1871.
LA SAV1A E LA PAZZA
Nell' assemblea era entrato un sacro orrore alle parole
del venerando sacerdote , le quali a primo aspetto arieg-
giavano al giacobino ; e in fondo non erano che una le-
zione di filosofia cristiana, detta in tuono d'uomo commosso,
come soleva il Lanteri , allorche nella conversazione gli
cadeva il discorso sul gran delitto del suo secolo, le cor-
tigiane nimista contro il Vicario di Gesu Cristo. Avea di-
nanzi agli occhi le miserande istorie di Venezia, di Parma,
di Napoli, di Torino ; gli si affacciavano, circondati di luce
sinistra, i nomi di Luigi XIV, delReggente Filippo D'Orle-
ans, di Luigi XV, di Vittorio Amedeo II di Savoia, di Carlo III
di Spagna, di Giuseppe I di Portogallo, di Pietro Leopoldo
di Toscana, di Giuseppe II d1 Austria, e tanti altri. Parea
che i potentati d' Europa avessero preso a petto di pub-
blicare la propria apostasia dalle tradizioni di rispetto verso
la religione e il Padre dei fedeli, che n1 e il supremo rap-
presentante in terra. In quella vece sottentrava , in certe
corti , il giansenismo, il regalismo , la empieta piu dirotta,
e una morale pubblicamente esemplata dai bagni de'ga-
leotti e dagli harem di Costantinopoli. Quindi la corruzione
baldanzosa ne' patriziati e nelle plebi , e accumulato il
fango che poco dipoi fermento sotto il soffio delle societa
settarie , e misto d' ira e di sangue risali sino a sover-
chiare i troni. I delitti dei popoli punironoi delitti dei re:
quelli dei popoli erano gia puniti.
XL
CHI VUOL VENIRE A ROMA?
L'assenablea di casa D'Azeglio si disciolse. E il cava-
liere D1 Agliano , punto dalla solita curiosita , nel discen-
dere le scale passo un braccio al braccio di Chiaffredo , lo
arresto sotto il portone , dicendo : — Or via , signer Mal-
brouch, come diascolo arrivate voi a spillare secret! "si
reconditi ?
CHI VUOL VENIRE A ROMA? 419
— Che ? voi e gli amici sapete ch' io son un traffichino
del Papa : mi sono fatto corriere , portalettere , portavoee,
eccetera , e tutto questo senza titolo , solo ad honorem :
ora e ben giusto ch' io mi becchi qualche scaccolo di carta
in compenso del mio impiego.
— Ma troppo ne beccate , vi beccate il meglio , il piu
saporito. Cotesto e ci6 che mi fa venire 1' acquolina in bocca
per invidia die vi porto.
— Volete sapere com'io ho avuto quel mazzo di buone
nuove ? Dentro la testiera d1 un cappellino d' ultima moda.
II cappellino viaggi6 in poste ad una famosa crestaia di
Lione , ov' ebbe 1' indirizzo a mia nipote. Io poi senza la-
sciarmi impietosire ne dalle trine, ne dai fiori, Fho bru-
talmente sbuzzato colle forbicine , sciorinate le carte , e ri-
dato loro il volo verso il Quirinale.
— Doh , santissima bricconata che voi fate ! Ma per
giugnere a Roma converra passare sotto le poste francesi...
— So la fedelta delle poste , e vi assicuro che se per
braccheggiare ne' fatti della se^reteria pontificia , quei
ficchini non hanno altri moccoli che le lettere da me spe-
dite , e' non vedranno che buio pesto . I miei plichi arri-
veranno franchi da tutti i segugi polizieschi,sino allo studiolo
secreto del cardinal Consalvi, o in mano di miei amici :
arriveranno nella pedana d1 un paio di pantaloni , saldate a
fuoco nel piede d' un calice , dentro un limone , in un can-
nello di carbone, e che so io. Sono girandole che abbiamo
apprese dai frammassoni ; e cosi prendiamo il diavolo per
le corna e Io costringiamo di servire a Dio. —
II certo si e che durante la dimora di Pio VII in Parigi,
vegli6 sempre sollecita corrispondenza fra la sua corte di
Parigi e i ministri in Roma. Vi si porgevano con ardore varii
signori , di uguale zelo e prudenza , risoluti di incontrare
all' uopo ogni danno e persecuzione, per amore della Chiesa.
II .che si rinnovo di poi, nella prigionia del Pontefice a
Savona. Si dispregiarono con invitta costanza le atroci mi-
nacce del despota oppressore del Papa , e si deluse la raf-
420 LA SAVIA E LA PAZZA
finata vigilanza de' suoi vilissimi carcerieri. E chi a questo
modo scherniva la legge del tiranno , sapeva di acquistar
grazia presso Iddio : niuna umana legge valendo , contro
i diritti infinitamente prevalent! del Vicario di Gesu Cristo.
Clelia e Clotilde non sapeano che si pensare di zio
Chiaffredo , che per la prima volta in vita sua , s' intic-
chiava d' infrascarle di mode francesi ; molto meno indo-
vinavano perche siffatti gingilli egli ritenesse nella sua
stanza , e mostrassero poi qualche sberleffo da doverli rac-
conciare. Mauro ci sogno gatfci. Oltre a ci6 il frequente
parlottare della Clotilde col padre Lanteri , le moltiplicate
visite de'signori dell' Amicizia cristiana, e di dame torinesi,
mentre Chiaffredo era tutt1 altro che gentildonnaio, la vita
di lui piu del consueto andereccia e faccendiera , il misero
da prima in avviso e poi in sospetto. Pero avutolo un giorno
a quattr1 occhi , gli par!6 chiaro : — Chiaffredo , senti , io
temo che tu non metta in compromesso la quiete della
famiglia.
— E perche ?
— Ci facciamo troppo scorgere con cotesto viavai di
persone in uggia al governo : mi parrebbe meglio , se...
— Non credo: ad ogni modo sarebbe per poco, giac-
che io sono sul prendere le poste.
— Non dico gia cotesto. Anzi mi saprebbe male , che
t1 immaginassi d' essere di peso in casa mia... Che dico
casa mia? in casa tua. Stacci , qui sei padrone come me:
tu vedi alia prova quanto io e le mie bambine ti deside-
riamo. Solo mi accrescerebbe il piacere, ti parlo in confi-
denza da fratello, se non dessimo tanto nelF occhio della
polizia , che e sospettosa in eccesso. Sono tempi di ferro ,
ne convieni ?
— 0 che ci posso io, se la gente mi viene a trovare ?
Basta , oramai e finito, sono risoluto di tornarmi a Roma il
piu presto; e non per altro , che per assistere alFingresso
del Papa, fi la mia debolezza solita : non c' e ombra di di-
CHI VUOL VENIRE A ROMA? 421
sgusto per cose di famiglia. Anzi , prima di partire hai a
sentire una mia idea, che forse ti va anche a te.
— Sentiamo. — Quel poco o molto di ben di Dio, che
mi trovo avere , te 1' ho detto altre volte, lo vo1 lasciare
alle tue figliuole : gia, a chi altri lo potrei lasciare ? Noi
due , su per giu siamo vecchi , tutto il piu T usufrutto, e
n' abbiamo di sopravvanzo. Ora ti darebbe dispiacere, ch' io
ti dimandassi una di quelle due creature ?
— Come intendi ?
— Ecco , tu ne ritieni Tuna, Faltra me la porto meco a
Roma. Vedi , sono in mano di famigli , e mi comincia a
noiare il non avere intorno a me chi mi metta un bottone;
non mi fa pro quel desinar solo , non potendo barattare
quattro chiacchiere. Tante le volte rientro'in casa. la sera;
e mi fa malinconia il sentirvi solo la mia sveglia , tic tac,
tic tac ; non ci e altro ; perche il servitore e il cuoco
stanno nel quartiere di sotto . Manco male , avendo in casa
una nipote , le terrei una donna di camera , si fa subito
numero ; un giorno le sono in faccenda per dare il bucato
alia lavandaia, un altro per raccattarlo, rimendare, stirare;
un altro succede un avvenimento d' un gatto , o d' un ca-
narino ; se ne discorre , le donne sono in moto ; non c' e
piu quel silenzio di cimitero. Che ne dici ?
— Io non ci veggo grandi difficolta ; rispose Mauro ,
dopo averci ripensato un momento. Ma quale delle due vor-
resti condurre a Roma ?
— Quale vuoi , piu volentieri per6 la piccola. Mi pare
piu quietina: io non voglio, intendi, avere a strillare. Clo-
tilde , secondo me , si acconcerebbe facilmente alia mia
vita casalinga.
— Capisco: ma sarebbe tua intenzione poi, scusa, sono
padre , e debbo prevedere tutto , sarebbe tua intenzione poi
di privilegiarla...
— Che discorsi ! esse sono mio sangue egualrnente :
dunque partito eguale. Bada , se ti cadesse il buono di dare
422 LA SAV1A E LA PAZZA
loro stato , io concorrero con piacere a formare una soprad-
dote : e , tienlo a mente, quello che dessi alF una, mette-
rei in serbo per T altra ; non un testone di piu , non un
testone di meno. —
Poche altre parole abbisognarono per ultimare la riso-
luzione , che per Mauro riusciva tutta di puro tornaconto.
Quanto alFaffezione paterna, egli non potea non confessare
a se stesso , che la figliuola affidata a Chiaffredo , riposava
in mani sicure, e meglio che le sue proprie: e oltre a cio,
la scelta gli andava dirittamente pel suo verso , perche
egli prediligeva Cielia. Voleva pertanto chiamare di pre-
sente la Clotilde, e avvisarla. — No, disse Chiaffredo;
aspettiamo gli ultimi giorni. Cosi evitiamo le ciarle pro e
contro del parentado, i congedi si sbrigano in una inaiti-
nata , con risparmio di lacrime e di sospiri. Lasciami fare
a rnodo mio : io gliene parlero a suo tempo.
— Fa tu; rispose Mauro , noi siamo d'accordo. —
Intanto Pio VII traversava lentamente le province dcl-
1" inipero francese , ed era giunto a Lione. N1 era un gran
dire a Torino , dove i cittadini speravano riospitarlo (come
in fatti avvenne) a miglior agio che nelP andata , e si pro-
pone vano di magnificare le accoglienze vie piu strepitose.
Chiaffredo, volendo antivenire il Papa a Roma, era duri-
que in sul partire. Dopo desinare, non rifiniva di raccontare
il viaggio della comitiva pontificia , e ne riferiva i parti-
colari , come se viaggiasse in seggia dietro il convoglio .
— II Papa cammina tra i trionfi , diceva egli , uno co-
raincia dove termina 1' altro. Poveri francesi ! quel popolo e
sempre migliore del suo governo. Non e piu quella razza-
maglia d1 indemoniati , che rotolavano giu dall' Alpi a fare
il mangiaprete. Ma gia, non erano ne francesi, ne uomini i
giacobini; costoro non ban patria, come non hanno legge.
Ora si vede il francese nato e sputato, il francese del nous
sommes catholiques. Pareva una nazione andata ai cani ; ed
occoli li, assediare il Papa per esserne segnati e benedetti...
CHI VUOL VfcNIRE A ROMA? 4*2o
Che? che ? che? quello era un parossismo di febbre tifoidea ;
ora per poco non si fanno arrotare dalla carrozza del Santo
Padre.
— Eh via , notava Mauro , seguono il vento che spira .
— II vento lo pigliano quei camorri di ufficiali della
pagnotta: io parlo invece del popolo , del vero popolo. Non
sapete che a Lione il Papa n1 andava trasportato dalFonda
popolare , come un vascello a discrezione della tempesta?
Una volta entrato nel palazzo del cardinal Fesch , non po-
teva piii uscirne. Eh, il caso era grave: il povero Papa
guardava la vettura , lontana dugento passi , ne v1 era spe-
ranza di farla accostare : la folia tra mezzo fiottava 'densa ,
fitta , stipata , ostinata . I gendarmi , vedutisi al perso ,
pregano il Papa che vada lui alia vettura , essi lo scorte-
ranno sino ad approdarvi. Saltano a cavallo , zampeggiano,
bravano , minacciano , fanno un po1 di corsia. II Papa a piedi
tra i cavalli, andava dando di qui e di la la benedizione. II
bello fu, che quando si credeva quasi in porto , fu per
naufragare. Nel mettere un pie sulla montatoia , si senti
afferrare 1'altro piede. Barcollo il Papa, e gitto le mani
sui gendarmi di sportello: e quelli afferrare le mani e co-
prirle di baci : ma del riavere il piede era nulla ; se lo teneva
stretto con due maiii una damigella sguisciatasi sotto le
zampe dei cavalli , e intendeva baciare il piede al Papa a
suo bell1 agio , e farlo baciare alia sua buona mamma , che
stava li dietro...
— Ah , se ci fossi stato io in suo luogo ! sclamo inte-
nerita la Clotilde : quando sara a Torino , vedremo se non
ci arriver6.
— Non e sempre festa, le rispose Chiaffredo. Gia , chi
ti otterrebbe T udienza? Oh, se fossimo in Roma, allora si,
sarebbe facile ad ottenere. Su via , quale di voi vuol venir
meco a Roma?
— Io io , disse Clotilde ;... ma poi chi mi riconduce a
Torino ?
424 LA SAVIA E LA PAZZA — CHI VUOL VENIRE A ROMA ?
— Gia si sa, chi viene ci ha da restare sinche io torni.
Babbo qui e contento , neh vero ?
— Io si , rispose Mauro , sicuro. Che difficolta, se lo
vuole barba Chiaffredo ?
E Chiaffredo: — Bene , dunque tirate alle buschette ,
chi ha da venire.
Clotilde si trov6 sulla punta della lingua un: Ci vengo
io : Clelia invece un : Per me non ci ho voglia. Ma 1' una e
T altra, per diversi rispetti, si tacquero. Parlo in loro luogo
Mauro. — Non tante buschette , accomodo io ogni cosa : la
primogenita resta con babbo , la seconda puo andare con
zio. — E in questo dire , strinse un braccio attorno alia vita
di Clotilde , che le stava presso , e dandole un bacio affet-
tuoso: — Vuoi andare col tuo barba? le disse: si parte pos-
dimani, e si torna 1' anno seguente ? — Alia viva imrnagi-
nazione di si subito distacco, Clotilde senti 1'acuta punta
dell1 amore filiale e sorellevole, e ansiando , appena pote
mormorare a mezza bocca un si, e subito aggiunse : —
Ma tu e Clelia verrete a vedermi ? — Gia le guance sue
eran di porpora , facea bocca di piangere , e due virtuose
lacrimette le perlavano alle palpebre. Mauro e Chiaffredo a
gara la confortarono , promettendole che si rivedrebbero
fra breve.
L1 altra dimane zio e nipote salivano in poste , tra le
abbracciate dei parent! , e gli augurii di felice viaggio , e
le promesse di scriversi e riscriversi di gran lettere. Clelia
rimase indifferente , se non contenta.
Chiaffredo aveva gia ne' suoi disegni raffazzonata la
Clotilde tutta a nuove idee, Taveva rimodellata sul proprio
stampo , e collocatala per corona della sua vecchiezza , ad
uno sposo secondo il cuor suo. Aspettava solo il consenso
degli anni e del suo fratello.
LO SFIRITO
DELLE A880CIAZIONI CATTOLICHE
Un' associazione cattolica che, merce lo spirito di som-
messione alle dottrine della Chiesa insegnante, si e assicu-
rata 1'arrnonia delle intelligenze, marcia su la via dirittae
puo sperare assai bene della sua impresa. Ma quante volte
non accade , che un grave impedimento , una barriera in-
sormontabile attraversi o tagli la marcia bene aggiustata
ad una falange audace, e tronchi all' improvviso le conce-
pute speranze della vittoria? Ecco il pericolo, che puo in-
contrare un' associazione cattolica ottimainente avviata: un
impedimento, una barriera invincibile nella inaspettata di-
scordia delle volonta. Se avvenga che questo mal seme si
svolga e germini in essa, dite pure che ella e ita in dis-
soluzione . L'elemento delFarmonia delle intelligenze non
basta , fa di mestieri ancor T altro della concordia delle
volonta non meno essenziale al successo dell' associazione-
Egli e cosa evidente, che per mantenere tale concordia
conviene eliminare le cause, che valgono a turbarla. Due
sono i semenzai , onde possono germinare : il primo dei
quali pu6 incontrarsi nei rapporti interni della societa .
Unite le intelligenze circa i principii da sostenere. e fer-
LO SPIRITO
vidamente c'oncordi le volonta circa il fine da conseguire,
tutto il lavoro dei socii dee volgersi alia scelta dei mezzi-
ed alia pratica dei medesimi. Da questo punto potria spun-
tare il germe nefasto della discordia. Conciossiache, messa
in deliberazione presso qualche Giunta o qualche Consiglio
una data proposta, e cosa possibilissima, che si dividano
i pareri dei socii, che si accendano gli animi pro e contro,
e che il dibattimento procedendo caldo oltre il convenevole
non si osservino i debiti riguardi, di guisa che dopo lunga
tenzone non si venga a capo di altro , che di un amaro
clissidio. Che se pure fosse presa alia fine una decisione,
potrebbe accadere un nuovo intoppo, vale a dire, che quelli
dol'la parte opposta, rincarendo la derrata, ne sparlino presso
i socii non appartenenti alia Giunta od al Consiglio, o ap-
puntandola come difettosa, o mettendola in discredito come
vana, o dannandola come imprudente. Pognamo, che que-
sti fatti vengano ad avverarsi, e peggio, che si ripetano:
ohi non vede, di quali rei efietti sarebbono cagione? Pel
primo caso i socii amareggiati diverrebbero piu lenti a
congregarsi, e scemato il numero degli adunati calereb-
be tosto il fervore nell'operare : pel secondo farebbe tosto
capolino lo spirito di parte , indi la diffidenza verso dei
capi, poi T aperta discordia, il generale affievolimento delle
forze associate ed il certo rischio della dissoluzione.
Per conoscere la qualita del rimedio a tanto danno con-
viene cercare la qualita della radice, che T ha germogliato.
La quale, per dirla in breve, non e altro, che Torgoglio. Da
questo nasce il dissidio : dal dissidio i tristi effetti sopra
esposti. Di fatto, se voi indagate la cosa un po1 attenta-
mente, troverete in fondo, che chi contraddisse ostinata-
mente nella discussione o mormoro del partito preso, fu
portato a questo, o perche riputavasi dappiu in dottrina,
o perche disdegnava di cedere attesa la sua dignita , o
perche stimandosi il piu sperto nella materia proposta gli
dolea forte di uno scacco.
Piccole miserie, ma cagioni di non piccolo danno. Per
eliminarle non occorre altro, se non che i socii portino nella
DELLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE 427
discussione il vero spirito cattolico, che e spirito di abne-
gazione o di sacrifizio. Ondech& smesse le piccole gare, e
sacrificati i piccoli risentimenti alia nobilta della causa ,
ognuno ponga tutto il suo studio nel chiarire con posato
animo le ragioni del pro e del contro la fatta proposta ,
affinche prevalgano le vere, quale che siasi la bocca donde
vengono. II nostro Dio non e il Dio dei commovimenti e
delle contese, ma sibbene della pace e della ragione. E
poi, non sempre 1' ottimo e il piu pratico, ne sempre cio
che secondo il proprio giudizio sembra peccare d' impru-
denza, e tale nel fatto. Vogliamo anche supporre, che una
proposta sia piu utile , sia piu fattibile. Che importa , se
inasprita la quistione da chi la sostiene, non si viene a con-
chiudere nulla? Mette assai meglio sacrificare il proprio
desiderio del piu, ed assicurare con questo il meno. Tale
era il consiglio del Saverio : doversi accettare il poco, ma
in concordia, anziche il molto a prezzo della pace e della
unione degli animi.
Come il priino semenzaio di discordia puo aver luogo
nei rapporti interni dell' associazione, cosi il secondo puo
manifestarsi nei rapporti esterni della medesima. II quale
riuscirebbe tanto piu funesto, in quanto che la cagione
potrebbe insinuarsi sotto apparenza di bene, ingagliardire
sotto apparenza di zelo, ed esacerbare gli animi sotto Tuna
e T altra maschera fino a rottura insanabile. V opera delle
associazioni cattoliche si versa circa determinazioni , che
appartengono a cose riferentisi agli interessi della Chiesa.
Or non puo egli accadere, che intorno ad esse altra sia la
volonta palese del Vescovo, ed altra quella del Consiglio
0 di una Giunta della associazione cattolica, cosicehe vi
abbia aperta opposizione ? Supponete, che in questo caso
1 socii, per quale che siasi cagione, passino oltre senza cu-
rarsi della volonta del Prelato, o peggio che se le oppon-
gano, e la osteggino pubblicamente. Chi non vede, come tal
modo di operare cagionerebbe un grave scandalo nella
diocesi , e che porterebbe seco il germe di vicina dissolu-
428 LO SPIRITO
zione? Volete un rimedio pronto ed efficace contro cotesto
male? L'associazione sia animata dallo spirito di riverenza
e di ossequio verso i Pastori della Chiesa, e la causa di
tanto danno sara eliminata. Tanto e richiesto dalFuffizio
della stessa associazione, il quale si e di giovare colla pro-
pria azione i Vescovi a bene degli interessi religiosi, e dalla
dignita dei medesimi Vescovi , siccome quelli che sono
dallo Spirito Santo preposti al reggimento della Chiesa.
Tanto ha Sua Santita Pio IX apertamente insinuate nel
Breve di risposta, che ha mandato airindirizzo venutole da
Innsbruck e citato nel paragrafo antecedente.
Qui cade a proposito riferire quello, che ebbe a dire un
grave Prelato in un generale Congresso contro il lamento
dei cattolici liberali tedeschi. Questa brava gente sotto
colore di bene, come fa sempre, andava dicendo : farsi grossi
i tempi per la Chiesa , la sua indipendenza correre grande
rischio infuturo, se ai laici non si concedesse d'influire nelle
cose della religione ; negar loro questo, siccome si e fatto
fin qui, esser lo stesso che renderli inerti e non curanti di
cio, che accade di reo alia Chiesa. Tali erano le sue queri-
moriie : querimonie del figlio malcontento , che aspira a
spogliar la madre di una parte del reggimento della casa,
querimonie sottilmente suggerite dalla democrazia civile
coirintendimento d'introdursi a poco a poco nelle cose della
Chiesa, come in ampia forma vi si era introdotta in altri
tempi per opera della eresia. II Vescovo di Brixen noto la
ftna malizia del lamento, dichiarando 1'equivoco del concetto.
Influire negli affari della Chiesa ! egli disse : ma in che?
Nel domma? Impossibile. Nella disciplina? Nemmanco. In-
flusso del laicato e concetto troppo vago, e percio di niuna
utilita. Affinche riesca pieno di benedizioni, conviene che
siano determinati i suoi confini , conviene che siano poste
in chiaro le condizioni. Or bene si sappia, che la capitale
fra queste si e la fedele dipendenza dagli insegnamenti e
dalla divina autorita della Chiesa. Stanteche valga tanto
per gli individui, quanto per tutta la Chiesa il detto del-
DELLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE 429
1'Apostolo: il giusto vive di fede. La vita della Chiesa non
richiede piu di quello, che proviene dalla fede. E percio
quando la Chiesa cattolica si avviene in un laico, il quale
ha in cuore cotal sentimento , che lo mostra colle parole,
6 che lo conferma coi fatti, essa lo stima, essa lo saluta
con gioia, come suo.cooperatore, non avendo dimenticato
la sentenza del discepolo dell' amore : Simus cooperatores
veritatis , dobbiamo essere cooperatori nel propagare la
verita, cooperatori nel rassodarla, cooperatori nel procac-
ciarle il trionfo. In ogni secolo v'ebbe abbondanza di cotali
uomini , e a' di nostri sorsero le associazioni cattoliche ,
ardenti di cosiffatta cooperazione, e per questo noi le salu-
tiamo con tutta la gioia del nostro cuore, per questo le
proteggiamo, per questo le stimiamo, e la prova piu aperta
•si e 1' esserci affrettati di trovarci presenti a questo solenne
congresso di associazioni laicali, raccoltosi a difesa degli
interessi cattolici. Fin qui il savio Prelato. In conchiusione
la societa per gl1 interessi cattolici non tocchi il domma,
non si mischi delle cose appartenenti alia disciplina eccle-
siastica, osservi la debita riverenza,osservi il debito ossequio
verso i proprii Vescovi , ed i Vescovi le sapranno grado
dell'opera sua, la benediranno, la sosterranno.
Stringendo ora il detto fin qui, le cause della discordia
tra i socii possono essere interne ed esterne. L'associazione
si a animata dallo spirito di dbnegazione nel discutere la
scelta dei mezzi, e saranno eliminate quelle della prima
specie : sia animata dallo spirito di riverenza ed ossequio
verso i Prelati, e saranno escluse quelle della seconda.
VI.
I pezzi di una macchina, perche messi a giuoco rispon-
dano compiutamente al fine, conviene che siano congegnati
a giusta regola di legge meccanica. Non altrimenti corre
la bisogna nelle associazioni. Oltre Tarmonia delle intel-
ligenze e la concordia delle volonta dei socii aggruppati,
£30 LQ SPIRITO
si richiede, siccome elemento necessario, la coordinations dei
loro sforzi. In questo e riposto propriamente 11 bene del-
1' associazione. E cosa superflua dettar regole intorno a ci6.
Non mancano savii statuti, i quali hanno fatto ottima pro-
va. Se ne scelga alcuno, facendovi quelle semplici muta-
zioni, clie 1' acconciano al paese. Onde la difficolta non cade
sulla maniera di coordinare 1' associazione, ma sulla fedele
esecuzione dell' ordinamento datole.
1 socii ed i variigruppi component! V associazione siano
vivamente animati dallo spirito di ordine, e cotesta esecu-
zione diverra, facile e sicura. Imperocch5 tale spirito fara, che
T individuo si tenga al suo posto, che le varie comunanze
di socii osservino i dovuti rapporti col comitato centrale, e
che questo non oltrepassi ne' suoi atti la cerchia assegnata-
gli. Dal che si avra spontaneita di moto, sforzi pronti e bene
aggiustati all'uopo. Che se da alcuni nodi di socii non
venga serbato il debito ordine, vi saranno urti, attriti, in-
cavallamenti, sara difficoltato il progresso, non manche-
ranno amarezze di animo, che mettono il tutto a rischio.
In una parola non si otterra il fine dell' associazione. II
quale essendo quello di operare a forze unite, chi non vede,
che per la rottura del debito ordine esse vengono a disgre-
garsi? E cosi coloro, che si erano associati per lavorare
con moltiplicata gagliardia a servizio degli interessi cat-
tolici, non tenendosi alia conveniente coordinazione degli
sforzi comuni, non solamente falliscono al proprio intendi-
mento, ma eziandio sono d' intoppo agli altri socii nel pro-
seguimento -della nobile impresa. Ceda dunque all' ordine
la gelosia di comunanza particolare, ceda Futile partico-
lare, ceda il sentimento di amor proprio individuale : gelo-
sia, utile, amor proprio, tre cause precipue di rottura nel
coordinamento degli sforzi comuni, siano sacrificate al ben
comune, siano sacrificate al fine, per cui fu costituita 1' as-
sociazione, essendo regola elementare dell' ordine, che 1' utile
privato ceda all' utile comune.
DELLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE 431
Pel medesimo fine tanto piu giudichiamo degno di stima
uno statute per gl' interessi cattolici, quanto piu stretti
appaiono in esso i rapporti tra le singole parti ed il centro
dell' associazione. Non e egli vero che F unione fa. la forza ?
Ebbene la necessaria conseguenza sara, che tanto piu ga-
gliarda diviene la forza, quanto piu stretta si forma la unione
da cui ecreata. Ilperche, siccome nel caso in cui le associa-
zioni parziali si considerano legate con debile filo di rapporti,
avremo indebolimento di unione e con esso diminuzione di
forza; cosi nel caso opposto, dalla rafforzata unione avremo
crescimento di forze nell'operare. II Barone di Stillfried,
nome carissimo a tutti i cattolici a cagione del suo fervido
zelo per la causa religiosa, dando conto nel 1867 di ci6
che avea operate la Confraternita dell'Arcangelo S. Michele
stabilita in Vienna nel 1860, ebbe a confessare che quel
molto che avea fatto doveasi dire relativamente assai poco,
e ci6 per la ragione, che i varii gruppi degli associati non
aveano operate con unita di sforzi (well kerne Einlieit in
ihre Bestrebungen gebracht ist). Al contrario, chi non am-
mira 1'ampiezza del successo ottenuto dai Oasini cattolici
dell' Austria in favore della causa pontificia, stante la unita
di forze , colla quale operarono? Costrinsero il presidente del
Consiglio dei ministri a ricevere le loro querele: costrin-
sero il Cancelliere deirimpero a fare le sue discolpe; mi-
sero in moto tutte le popolazioni cattoliche e suscitarono
tale spirito di reazione in pro della religione manomessa
dalle inique leggi della rivoluzione, che tutti i giornali della
setta gridano e bestemmiano da forsennati , temendone il
piu grande malanno alia loro causa.
La moltiplicita degli interessi cattolici die1 origine a
molte associazioni tra se diverse secondola diversita dello
scopo. Dovranno per questa diversita procedere senza alcun
vincolo di unione ? Sarebbe una sventura. Fra gl' interessi
cattolici ve ne ha alcuni di una importanza capitale, in-
quantoche essi hanno in mira un principio pratico, il quale
tocca T essenza del cristianesimo, a mo'di esempio la liberta
432 LO SPIRIT.O
della Chiesa, il suo diritto su la educazione , la indipendenza
del suo capo, ed altri somiglianti . Ebbene in quest! punti
tutte le associazioni particolari devono darsi la mano , ser-
rare tutte le loro file insieme e correre alia difesa . £ egli
mestiere mostrare di cio la necessita? La cosa parla da se.:
le associazioni che facessero altrimenti sarebbero degne di
riso come furono anni fa quelle truppe cinesi, che messesi
su la difesa di un punto secondario di una citta non si bri-
garono di chiudere quei passiprecipui, per i quali i soldati
inglesi se ne impadronirono con somma facilita. Laregola piu
semplice di savio ordinamento richiede, che chi si e dato alia
difesa e al bene degli interessi cattolici, difenda al bisogno
gl'interessi essenziali, fosse pure con qualche scapito mo-
mentaneo dei particolari.
Questa facile arte e di lunga mano adoperata dagli
avversarii . Negli ultimi anni della signoria austriaca su le
province lombarde accadde, che Mons. Speranza zelantis-
simo Vescovo di Bergamo proibisse un fogliettaccio di que-
sta citta, il cui pregio si era dipiacere ad alcuni protestanti,
suoi benefici padroni, per gli spropositi che spacciava. Di
questo fatto fu piena in poco tempo tutta Europa, e la Ger-
mania specialmente, di tutte quelle grida e lunghe tirate,
che sogliono fare i giornali al soldo della rivoluzione. Perche
tanto scalpore per la difesa di un misero giornale di pro-
vincia ? La risposta nori e difficile : merce la proibizione
del fogliaccio di Bergamo era messa in quistione la liberta
della stampa, siccome implicitamente condannata da auto-
rita episcopale. La quale liberta essendo un potentissimo
arnese di guerra per la rivoluzione , T ombra di un suo
pericolo fu la cagione , che tutti i suoi soldati scrittori
corressero alia difesa gridando il finimondo. Le associazioni
cattoliche facciano altrettanto : si ordinino, si uniscano con
istrettissimo vincolo fraterno, e secondo la qualita della
minaccia sorgano tutte alia difesa . Nel Belgio esiste la
federazione dei circoli cattolici, e si e celebrata, non e
guari, colla terza assemblea generale. Nell1 Italia il dotto
DELLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE 433
e santo Vescovo di Mondovi ha gia proposto per le stampe
una lega universale di tutte le associazioni cattoliche . Iddio
benedica il suo gran disegno.
Le associazioni cattoliche non congiurano, non ribellano
i popoli, non usano frodi, inganni o violenze quali che siano
a pro del proprio fine. Questi sono i mezzi, che ha in delizia
la rivoluzione : si mitrii pure di tanta gloria a proprio senno.
Esse difenditrici della verita e della giustizia saranno pronte
a perire coi proprii figli per amore dell1 una e dell' altra ,
ad offenderle non mai. Contuttoci6 tale disposizione non
basta; e mestieri di piu , che nel coordinamento dei loro
sforzi non venga presa di mira alcuna opera, che offenda
comecchessia la legge . E che importerebbe il migliore
coordinamento del mondo, se nel meglio delF azione un
processo di offesa legalita rovesciasse in capo delFassocia-
zione il conceputo disegno ? Animati i socii dallo spirito
d'ordine non prendano alcun partito, se prima non siano
sicuri dal lato della legalita .
Per questa via il successo non puo fallire. Eccovi il
nostro perche. II principio, che si tiene in conto di regolatore
della presente societa, e quello della pubblica opinione.
Fate, che le associazioni cattoliche in questo ed in quel
caso se ne valgano a tutela dei diritti della religioner chi
potra a ragione tenersele contro? Imperocche la popola-
zione del paese essendo pressoche tutta di sentimenti pro-
fondamente cattolici, la pubblica opinione ben condotta si
manifestera in lor favore pronta , recisa , in atteggiamento
dignitoso , e salda nel suo diritto non indietreggiera di-
nanzi a chicchessia fino ad essere soddisfatta . Quante
volte il Governo non si valse del titolo della pubblica opi-
nione in difesa dei proprii atti ! Difatto sotto T ombra di
questa potenza non ordino la invasione delle Marche? non
dichiaro Roma capitale del nuovo Regno?non entro 1'esercito
per la breccia di porta Pia? Parlino adunque alto anche i
cattolici: facciano sentire la loro opinione in favore della
propria causa, ed il Governo come ha soddisfatte le brame
Serie VIII, vol. II, fasc. 502. 28 9 maggio 187 f.
434 LO SPIRITO
piu scapestrate della fazione avversa, perch& questa ha
saputo riempiere di romore T Italia, cosi in forza del mede-
simo principio dovra soddisfare i giusti e ragionevoli desi-
derii della immensa maggioranza cattolica. Piu: li soddisfara
quale custode dello Statute, in quanto la opinione dei catto-
lici sara di sua natura tutta conforme al prime articolo del
inedesimo . Li soddisfara altre volte per utilita propria , in
quanto si varra della medesima opinione fermamente appog-
giata per trarsi dalla molesta ed ingiusta pressura dei frc-
menti.
Ad ogni patto il Governo o soddisfa la legale ed equa
agitazione dei cattolici, o no: nelPuno e nell'altro caso
vi e guadagno. Nel primo e cosa evidente: nel secondo il
Governo sara agli occhi di tutti dal lato del torto , sara dal
iato della violenza: viceversa, la causa dei cattolici com-
parira dal lato della giustizia, comparira una causa oppres-
sa. Chi non sa, che 1'oppressore diviene oggetto di abbor-
rimento presso gli onesti , e F oppresso ingiustamente
oggetto di stima e di affezione presso i medesimi? E questo
non e piccolo guadagno.
VII.
Necessaria e la legalita: ma badino gli associati cat-
tolici, che la grettezza di animo non se ne formi una ma-
schera e vi si appiatti sotto. I cavilli, i timori ed altri mezzi
vigliacchi sono i suoi consueti ripari. Lungi dal vero cat-
tolico coteste misere arti, come ad esso estranie. La ma-
gnanimita e cosa tutta sua propria. Questa gli e insegnata
da Cristo, che per amor della verita e della giustizia die'il
sangue e la vita ; gli d indicata da que1 millioni di martiri che
per la stessa causa ne seguirono Tesempio; gli e mostrata
con infiniti esempii da que'tanti uomini di Dio , i quali
trattandosi della causa della religione non v1 era ostacolo
si gagliardo , che non affrontassero . Proposto alcun che
come pratico, equo ed utile alia causa, lo accolga, lo metta
DELLE ASSOCJAZION1 CATTOL1CHE
435
in opera. Non lo ritragga la difficolta della impresa, non la
scarsezza presente del convenieuti sussidii, non le fatiche
della esecuzione, non le molestie di alcun dispiacere o il
sacrifizio di cari rapporti nella societa. II soldato di Cristo
passa sopra tutto questo con fermo pie. La presente lotta,
dicea Mons. di Ketteler nel Congresso delle associazioni
cattoliche in Treviri, ha bisogno specialmente di difensori,
che sappiano per amore di Cristo incontrare la maligna lo-
quacita degli avversarii nei parlamenti, che sappiano farsi
beffe delle villanie e dei titoli di disprezzo , con che sono
trattati dai giornali, che sappiano non curare Futile offerto
con danno della loro dichiarata professione. Lo spirito del
cristiano e spirito grande, e spirito di magnanimita. Di questo
deve esser pieno ogni associato, di guisa che sia prima cat-
tolico e poi politico, prima cattolico e poi letterato in onore,
prima cattolico e poi signore dovizioso od al servigio del
Governo con lauto salario.
Si domanda forse troppo? II cattolico che pensa cosi,
guardi agli uomini della setta. Che non fanno? Si stringono
con orribili giuramenti in sull'entrarvi, vendono all'arbi-
trio de' capi h, propria liberta, promettono di non rispar-
miare al bisogno sostanze e quieto vivere, sono pronti a
sopportare e danni e carceri e lastessamorte. E tutto questo
perche ? Pel trionfo di reissimi principii, per la istituzione
di un nuovo ed iniquo ordine di cose, per una rimunera-
zione, se pur accade, tutta materiale, temporanea, di fronte
a cui sta in minacciosa figura il futuro di oltre la tomba. Un
cattolico segnato in fronte del sacro crisma, campione di-
chiarato della verita e della giustizia, propugnatore dei
diritti di Dio e della umanita, colla infallibile promessa di
eterna ed ineffabile ricompensa, sara da meno del settario
nel coraggio, per vile timore manchera al suo dovere, ed
operera con minor gagliardia? Non lo pensiamo.
Quello invece, che potrebbe recar nocumento alia sua
operosita , si e il caso di continue difficolta ognor crescenti,
o Tinfelice esito de'suoi ripetuti sforzi. Diciamo che po-
436 LO SPIRITO
treble, perche se il socio cattolico provato da si dura spe-
rienza cadesse di animo, allentasse la sua energia, si ri-
traesse dalla impresa , commetterebbe in questo T errore
piu grossolano. La introduzione od il ripristinamento dei
principii cattolici in una societa e impresa nobile , ec-
celsa, ma nel medesimo tempo, generalmente parlando,
malagevole. Figuratevi, che essa ha contro di se tutto il
furore delle passioni, a cui porta la guerra, e tutti gli sforzi
di quelli, i quali fondano su i principii delle stesse passioni
la propria grandezza. La opposizione vi sara certamente, vi
sara forte, vi sara continua e in mille modi. La via di supe-
rarla e una sola, e sta nello spirito di generosa costanza. In
questa clurarono costanti gli apostoli del vero ed i loro
sostenitori e vinsero. Da quanti bandi feroci non fu tribo-
lato il cattolicismo dell1 Irlanda, da quanti quello dell' In-
ghilterra? La confisca dei beni, la torre di Londra e Y in-
famia del patibolo erano le difficolta, che i propugnatori
delle dottrine cattoliche doveano incontrare. Con generosa
costanza hanno lottato contro di esse per anni ed anni, ed
eccovi T Irlanda coglierne il frutto di una gloriosa vittoria
e nell'Inghilterra rifiorire maestosamente il cattolicismo ed
allargare ogni di piu le sue nobili conquiste.
Del rimanente, checche ne sia del risultato, gli associati
colla loro costanza assicurano T esempio di una magnanima
confessione, danno la piu nobile prova di fedelta a Dio , e
sono certi di esserne largamente ricompensati. Imperocche
Cristo non rimunera le nostre fatiche dalF esito , le nostre
pugne dalla vittoria, le nostre imprese dal successo, ma
dalla qualita delle medesime e dalla magnanimita e co-
stanza, con che furono eseguite. Se adunque avvenga, che
la difficolta prema, che la lotta rincrudisca, che gli sforzi
dellVssociazione male si reggano dinanzi alia potenza ma-
teriale de1 suoi nemici, niuno de'socii si perda d' animo,
ma continui a pugnare/or^r, continui a combattere con-
slanter: si rammenti, che esso pugna e combatte sotto gli
occhi di Dio , che la confessione della fede torna a gloria
DELLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE 437
dello stesso Dio, e che nelle divine mani e pronta la corona
per chi si mantiene fedele al suo posto . Cosi favellava S.
Cipriano incorando i cattolici del suo tempo J, e crediamo
opportune di ripetere qui gli stessi concetti ai cattolici
de'nostri giorni.
VIII.
Tanto noi diciamo nel supposto, che tutti gli sforzi del-
T associazione non approdassero a nulla . Ma non sara cosi.
Rimanga essa costante nella sua impresa, ed bgni di dara
un nuovo passo verso la vittoria. Potra bensi accadere ed
accadra nel fatto, che le fallisca questo o quell' intento
particolare , ma tale disdetta non impedira punto il cam-
mino verso il trionfo della sua causa. Sappiamo, che cosi
parlano in linguaggio piu pomposo i capi delle societa,
addette alia rivoluzione: ma le loro parole sono le parole
dell'inganno. Le nostre no, perche appoggiate a sode ra-
gioni.
La prima e tratta dalla natura delle due cause in lotta.
Imperocche essendo quella della rivoluzione la causa del-
Ferrore e della ingiustizia, quella del cattolicismo la causa
della verita e della giustizia, appare tosto lampante la con-
seguenza, che quanto la causa del cattolicismo e conforme
alia natura deiruomo formato pel vero e per Fonesto,tanto
e in contraddizione colla medesima la causa della rivolu-
zione. Puo egli quale che siasi natura adagiarsi e rimanere
in uno stato di contraddizione con se medesima, appreso
come tale? Egli e chiaro che no. Che se pure la vedete
alcuna volta acconciarvisi, questo e un fatto temporaneo,
cagionato o dalla ignoranza, o dalla tempesta delle passioni,
che fanno velo all1 intelletto. Basta adunque, che tale stato
di contraddizione sia conosciuto, sia sentito, perche la na-
tura sorga con tutto lo sforzo contro di esso, e se ne franchi.
1 Epis. VIII ad Martyres.
438 LO SPIRITO
Ora le associazioni per gl'interessi cattolici mirando colla
loro azione a rischiarare gF intelletti colla luce del vero ed
a rintuzzare 1' impeto della passione insinuando i principii
dell'onesto; il necessario effetto di tal lavorio si e, che la
causa della rivoluzione tanto piu vada ogai di perdendo di
terreno, quanto piu chiaro e il lume del vero, che raggiato
negl' intelletti dimostra la falsita de' suoi principii; ed al-
T opposto tanto piu la causa cattolica proceda verso il
trionfo, quanto piu fervidamente le associazioni cattoliche
si adoperano nell' illuminare gl' intelletti, e nel riordinare a
virtu il traviato senso morale .
Cosi conchiude la semplice ragione. AlFassociato cat-
tolico si offrono ancora argomenti di ben altra tempera su
cui appoggiare la certa fiducia della vittoria: si offrono
le promesse infallibili di Cristo. Le quali sono espresse, e
dove il divino Redentore disegnando la forza trionfante delle
sue dottrine sopra le opposte rassomiglio il suo regno della
verita e della giustizia a quel poco di lievito, che messo in
grande massa di farina vale a riempirla tutta della sua
virtu !, e dove a'suoi discepoli propagatori e sostenitori
delle medesime ordino, che pel trionfo di tutte le difficolta
confidassero in lui vincitore del mondo 2, e dove prego il
Padre a far balenare tale virtu dalla professione de' suoi
futuri discepoli, clie gli uomini conoscessero in essi i veri
amici del Dio della verita 5. Le dottrine che propaga, e di
cui si fa pubblica sostenitrice Fassociazione cattolica, non
sono le dottrine di Cristo? Proceda adunque ripiena il cuore
di ferma fiducia ; essa ha per se le divine promesse. Le
dottrine, che spande la rivoluzione, cadranno convinte di
falsita e d1 ingiustizia, gli ostacoli quantunque grandi, che
oppone la stessa, saranno infranti merce la potenza del
vincitore del mondo, e la luce di Dio folgorando sopra la
1 Joan XVI, 33.
2 Matth. XIII, 33.
8 Joan. XVII. 20-23.
DELLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE 439
santa impresa cattolica, gli uomini alia perfine ricredutisi
ravviseranno negli associati gli amici del vero e i difensori
del diritti della umanita.
Lo Spirito Santo a sostegno della fiducia nostra ci ha
gia additata per la penna di S. Paolo la prova del fatto
negli esempii dei Santi, i quali procedendo colla profes-
sione della fede alia mano « trionfarono delle podesta della
terra, chiusero la bocca ai leoni, furono invincibili nella
lotta e rovesciarbno vittoriosi le falangi trincerate dei loro
nemici !. » I figli della rivoluzione odorando la propria
sconfitta dalla parte delle nuove associazioni cattoliche ,
che hanno gi& spiegato animose il vessillo della lor fede,
o stanno in sul punto di spiegarlo, hanno gridato nei
giornali T accorr' uomo , ed in cento dispettose maniere
dimostrata la nascosta paura da cui sono colti.
Si: Pavvenire vittorioso e delle associazioni cattoliche.
Sorgano adunque animose, e radicate nei principii della
fede e rafforzate dai forti motivi della impresa entrino in
campo. L'armonia delle intelligenze per lo spirito di som-
messione agli insegnamenti della Chiesa e la concordia
delle volonta merce lo spirito di sacrifizio e di riverenza ai
proprii Pastori ne formino una stretta falange, 1'ordine e la
legalita ne regga le mosse, la magnanimity, la costanza e
la sicnra fiducia in Dio del buon successo le accompagni
e le avvalori nelle pugne . Battano questa via di fede, e
il mondo alia fine conoscera, che la orgogliosa possanza
della rivoluzione ed i mille mezzi, che puo disporre a sua
difesa, non sono fondati che sulla fallacia e sulF inganno.
! Hebr. XI, 33, 34.
RIVISTA
DELLA
STAMPA ITALIANA
I.
La Questions romana nel Congresso, del Bar one di LETINO CAR-
BONELLI, un opuscolo in 8° di pag. 116.
L' egregio Ministro di Francesco II prende le mosse in questa
sua operetta dal decreto dei 9 di ottobre 1870, col quale il Goverrio
di Firenze dichiarava che Roma e le province romane fanno parte
integrante del regno d' Italia. In esso decreto e detto coll'articolo
secondo: 77 Sommo Pontefice conserva la dignitd , la inviolabi-
litd e tutle le prerogative personali di Sovrano. Si aggiunge poi
nell' articolo terzo: Con apposita legge verranno sancite le concli-
zioni atte a guarentire anche con franchigie territoriali I' indi-
pendenza del Sommo Pontefice ed il libero esercizio dell'autoritd
spirituale della Santa Sede. Egli giustamente osserva come qui la
Rivoluzione, anche mal suo grado, fu costretta a confessare che il
Sommo Pontefice ha mestieri della condizione di Sovrano, che la sua
indipendenza esige signoria di territorio, ed esenzione dalla potesta
laica di tutti gli stmmenti di cui egli ha bisogno per 1' esercizio della
sua autorita cpirituale.
Al tempo di queste ipocrite promesse si poneva innanzi anche
I1 idea di lasciare al Papa il dominio temporale della cosi detta citta
leonina. L'Autore dimostra 1' assurdita di un tal concetto, il quale,
oltre agl' inconvenienti di due poteri sovrani in una medesima citta,
distruggerebbe tutte le ragioni che dai rivoluzionarii italiani si ar-
recano per negare al Pontefice il possesso del rimanente de' suoi
stati. E sembra che il Governo di Firenze abbia presto inteso la
stranezza di quel concetto ; giacche, senza fame piu cenno si affretto
a spogliare il Pontefice dell' intera Sovranita di Roma. Ma qui ap-
RIV1STA BELLA STAMPA ITALIANA 441
punto la questione romana si presenta inestricabile e minaccia di
dissoluzione lo stesso regno d' Italia.
II Governo di Firenze e i suoi aderenti si adagiano nella lu-
singa di una conciliazione, che il tempo dovra produrre. Questa lu-
singa e vanissima. Ne Pio IX, ne alcuno de'suoi successori puo scen-
dere a patti o rinunzia sopra un tal punto. II Papa non e in cio da
paragonarsi agli altri Principi. Egli ha ricevuta la sua sovranita non
come semplice erede, ma comje depositario di un diritto che e tutto
in servigio e pro della Chiesa. Egli fedele al suo mandato, dee tra-
smetterlo intero al suo successore. « La conciliazione adunque tra
uno Stato, che usurpa alia Chiesa, e il Capo di questa Chiesa, che
deve maledire 1' usurpatore, e sogno di mente non inferma ma stolta.
II Pontefice, ministro di carita, puo perdonare ed assolvere 1' usur-
patore, ma appresso la restituzione ed il pentimento soltanto. Per la
qual cosa il fatto compiuto, relativamente al Pontefice, non.potra
mai indurre in lui convincimento di rassegnazione , ma invece au-
menta in lui il dovere di resistenza; e questa resistenza non ha lati
per cui possa essere espugnata, non appoggiandosi essa alia foga di
possedere forza materiale, ma dipendendo tutta da un vincolo di co-
scienza religiosa, il quale non puo essere che indefmitivamente su-
periore alle vedute umane. Che se la conciliazione e impossibile sotto
il rapporto delle integrita del patrimonio, il Governo di Firenze
1' aveva gia renduta un assurdo con la guerra, che costantemente ha
fatto alia Chiesa, eziandio sotto il rapporto della sua spirituale giu-
risdizione. Questo Governo ha calpestato Concordati , ha soppresso
tutte le corporazioni religiose, e possidenti e mendicanti , ha inca-
merato beni ecclesiastici , ha abolite nelle Universita, le cattedre di
teologia, ha chiuso Seminarii, e poi ha imprigionato Vescovi e curati,
inibito funzioni sacre , ed osato pretendere d' influenzare su i sacri
oratori, perseguitandoli a capriccio, e cooperando o dando impunita
a coloro che gl' insultassero fin dentro gli augusti recinti del san-
tuario 1. » Ha mostrato insomnia di aderire alia bestemmia del De
Boni, il quale disse in pieno Parlamento, plaudente o mutola 1' as-
semblea , che piu che il possesso di Roma materiale , importava
abbattere i principii della Chiesa papale 2.
L'ipocrisia rivoluzionaria ricorre ai primi otto secoli della Chiesa,
in cui, dicono, i Papi non furono principi temporali.
L'Autore ricorda le mutate condizioni del mondo politico; i
successivi svolgimenti proprii d'ogni instituzione, che i banditori del
' Pag. 11.
' Atti ufficiali, Tornata de1 17 luglio 1861.
442 R1VISTA
progresso riconoscono dappertntto, eccetto la Chiesa ; e segnatamente
fa notare come, appena cessata la persecuzione dei primi tre secoli,
il Sovrano laico lascio Roma, i cui Pontefici tostamente incomincia-
rono ad acquisiare preponderanza , fino a che , nella formazione
appunto dei nuovi regni, sorti dal disfacimento dell' impero romano,
vi divennero veri sovrani.
Che se ci volgiamo a guardare piu particolarmente i tempi pre-
senti, 1'Autore giustamente osserva « essere oggimai impossibile di
trovare un modo qualsiasi , merce del quale , anche teoreticamente
soltanto, possa concepirsi che il Pontefice romano, privato del potere
politico, resti libero maestro e direttore della Chiesa. » Egli ragiona
questa proposizione specialmente dalla qualita della cosi detta civiltd
moderna, bastarda figliuola della mascherata Dichiarazione dei di-
ritti dell' uomo del 1789, colla quale la Chiesa non puo non essere
in contimia lotta, e pero bisognosa che il suo Capo si trovi in pie-
nissima liberta ed indipendenza. E cio e conforme al bene stesso
materiale d' Italia, giacche Roma papale e stata sempre proteggitrice
e salvatrice d' Italia.
L'Autore il dimostra, discorrendo la storia dei tempi delle prime
incursioni barbaric-he infino ai nostri. E questa benefica influenza di
Roma, soggetta al solo Pontefice, dall' Italia si e diffusa nel resto
del mondo ; e per contraccambio il resto del mondo ha largheggiato
verso di lei di affetto e opera, concorrendo a renderla sontuosa e
magnifica. Sicche- anche per questo capo Roma non puo essere che
del Pontefice, atteso il diritto de' cattolici , colla ricchezza dei quali
essa e salita a quel grado di splendidezza, di cui gode presentemente.
« Ma all' infuora della dignita del loro Capo e della superiorita
della Sede, i Cattolici nella indipendenza e nel potere temporale del
Pontefice sono necessitati a difendere i loro particolari interessi e la
loro medesima sicurta. Accennero qualcuna delle piu importanti cause,
per cui ai cattolici e indispensabile Roma indipendente.
« Essi possono riunirsi in Roma Papale per compiere quelle
Cerimonie od espiazioni religiose, che loro la Chiesa consente, mentre
il potere laico puo vietarle per motivi aflatto di ordine umano.
« Essi possono convenirvi qualunque sia la fazione politica cui
appartengono , anzi se perseguitati dal potere politico , trovano ivi
asilo; mentre il potere laico puo trovare pretesti a negarlo.
« Essi adiscono liberamente la giurisdizione ecclesiastica per far
diffinire controversie, alle quali spesso e necessario segreto e riser-
vatezza; mentre con la ingerenza del potere laico pud non rispet-
tarsi eguale discrezione.
« Essi per affari di coscienza rivolgonsi alle varie Congregazioni
per via di lettere e ricevono da queste Congregazioni , anche per
DELLA STAMPA ITALIANA 443
via di lettere, risposte. Ed il potere laico, per misurc di sicurezza
pubblica, pud credersi autorizzato di violare il segreto di quelle
lettere.
« Le relazioni de'Yescovi dispersi per tutto il mondo potrebbero
dal potere laico essere frastornate, e talvolta anche influenzate per
uniformita di rapporti coi Vescovi delle Diocesi dello stato protettore.
« I cattolici ban diritto di mantenere in Roma licei ed istituti
nazionali, per la istruzione e formazione dei loro ecclesiastici, ed il
potere laico potrebbe impedirli o pretendere di dirigerli a sua voglia.
« Tutti i Convent! sparsi pel globo non possono non mantenere
in Roma le cosi dette Case Madri o Generalizie, le quali ne concen-
trino la direzione; ed il potere laico potrebbe non volerne alcuna ,
o limitarne il numero o circondarle di pastoie.
« Or bene, se questi ed altri molti sono i cardini dei diritti dei
Cattolici, per afforzare la indipendenza del Pontefice, il Governo di
Firenze ha voluto inoltre persuaderli cbe il potere laico accanto alia
Chiesa non e che la distruzione della sua autorita e la maniaca in-
vasione d' ogni sua appartenenza. II Governo di Firenze ha gia esor-
dita la sua opera di demolizione con le seguenti violenze di fatto.
« Si e impossessato, scassinandolo, del Sacro Palazzo del Qui-
rinale, e questo Palazzo e dimora dei Papi ed e destinato niente-
meno che alia riunione del Conclave.
« Si e impossessato colla forza di tutto il caseggiato annesso al
Quirinale, dove, fra gli altri sacri uffizii trovavasi istallata la prima
delle romane segreterie , la Segreteria di Stato ed Archivio impor-
tantissimo.
« Si e impossessato colla forza di tutto il palazzo della Sacra
Consulta, dove eran pure riuniti Archivii e Congregazioni, e segna-
tamente quella detta dei Memorial!.
« Si e impossessato con la forza di tutte le localita addette ai
Minister! di Stato, Amministrazioni, Conservazioni ecc.
« Si e impossessato del Collegio de'Nobili, edifizio fatto e man-
tenuto con denaro di privati ed anche di stranieri per la istruzione
di novizii religiosi.
« Ha demolita la direzione ed istruzione religiosa della Univer-
sita romana.
« E per soprassello di asservimento ha proibito al Pontefice di
parlare ai fedeli, sequestrando e traducendo in giudizio i giornali che
riportarono 1'enciclica Respicientes '.
1 La ragione che arrecb di tal sequestro il pubblico magistrate si fu perche in essa
si riscontrano concetti ed espressioni contenenti un1 offesa al rispetto dovuto alle leggi dello
Stato, oltraggiose alia Sacra persona del Re, e che /anno risalire alia stessa persona del Be
il liasimo e la responsalilita degli atti del suo Governo. Vedi UNITA CATTOLICA n. 27J>
del 1870.
444 R1VISTA
« Appresso le quali cose non pud Don restare in serbo la occu-
pazione di tutti quanti i Convent! (si e gid cominciato con invaderne
otto del piu principali), 1'abolizione in massa delle Comunita reli-
giose e via via.
« Ne tali eccessi si accagionino solo alia rivoluzione che governa
ora in Firenze; imperocche non puo disconvenirsi che anche un Go-
verno ordinato e discrete non potrebbe evitare la dissonanza dello
attrito di due potesta, il cui indirizzo puo benissimo variare.
« I cattolici adunque non potendo permettere che sia conculcata
la loro Chiesa ed asservito il loro Capo, farebbero certo valere i loro
diritti su Roma , che e la citta da essi riedificata e mantenuta , e
combatterebbero ad oltranza per rivendicarla libera ed intera al
Pontefice l. »
L' Autore passa quinci a mostrare come 1' interesse altresi dei
Governi, eziandio acattolici, e impegnato a voler il Papa sovrano in
Roma, si perche l'abbattimento della piu legittima e benefica sovra-
nita del mondo sarebbe il segnale e il cominciamento di uno uni-
versal cataclisma, e si perche la nomina dei Yescovi nei loro dominii
e T elezione stessa del romano Pontefice potrebbe risentirsi delle
influenze del Governo, che avesse suddito o almeno ospite il Papa ed
i suoi elettori . Oltrech^ il dovere che essi hanno di proteggere la
liberta di coscienza dei loro sudditi, li obbliga a voler non sottomesso
alia giurisdizione d' un poter laicale il supremo reggitore e regola-
tore della medesima. Onde a ragione il Ministro del Re di Prussia
Brunow recentemente dichiarava di tenere il Principato temporale
dei Papi in conto d' una necessitd europea.
Ne vale in contrario quell' impudente trovato della demagogia
universale, messo a sostrato dei diritto nuovo^ cioe a dire le aspi-
razioni de'popoli, quasiche i romani agognassero ad esser governati
da principe laico. Quand' anche cio fosse vero , 1' indipendenza del
Capo supremo della Chiesa cattolica e un interesse d'ordine si ele-
vato, che in niuna guisa potrebbe cedere alia capricciosa voglia d'un
popolo . Ma per buona ventura i romani son lontanissirni da tanta
stoltezza. L' Autore discorre per tutte le classi de'cittadini, e fa vedere
come dal loro contegno risulta ad evidenza la fedelta della gran
maggioranza e quasi totalita de' romani al Pontefice; della qual fe-
delta essi avevano anche prima dell' invasione dato splendidissima
prova, colle magnifiche loro dimostrazioni continuate fmo alia vigilia
del 20 settembre . Ne il famoso plebiscite e opposizione , che possa
recarsi in contrario, sapendosi da ognuno in qual modo fu disposto
e compito quell' atto. Cotesto amore al Pontefice e alia sua temporale
1 Pag. 49 e seguenti.
DELLA STAMPA ITALIANA
445
signoria e nei romani cresciuto di lanto, dopo che ban provato col
fatto quali sieno le beatitudini che nell' ordine si materiale e si mas-
simamente morale ban recato i nuovi padroni.
L'Autore tocca altresi 1'argomento delle guarentige, che il Go-
verno di Firenze simula di voler dare al Pontefice, in contraccambio
della sua sovranita temporale. Egli ne mostra 1'intrinseca vanita e
disvela i ciechi intendimenti di coloro che le sanciscono, i quali fanno
assai manifesto il disegno di renderle nel fatto lettera morta. II che
apparisce fin d'ora dal modo, onde il Governo fa rispettare in Roma
il Pontefice, e la santita del culto cattolico.
Da ultimo 1'Autore allargando il suo discorso, dalla quistione di
Roma passa a parlare della quistione italiana in generale. L'idea di
unita di Stato nella Penisola fu invenzione recente, messa innanzi
e promossa da tanti mestatori , affine di piemontizzare V Italia. Le
vere aspirazioni de'popoli presso noi non furono mai per essa, ma
solo per moderate liberty e indipendenza dallo straniero , e soprat-
tutto per emancipazione dalla tirannide burocratica, distruggitrice di
ogni vita e movimento spontaneo de' municipii. Noi non seguiremo
1'Autore nella narrazione de'fatti; la quale, succinta com'e, mala-
gevolmente potrebbe ridursi a piu stretto compendio. Neppure il se-
guiremo nell' enumerazione dei danni, che 1'attuazione di quell' idea
ha recato ai diversi Stati d' Italia, segnatamente al napoletano. Basti
riportare un sol tratto del luttuoso quadro, che egli giustamente ne
fa. « Che cosa addivennero (cosi egli) le province, soggiogate al
Piemonte la merc& di tali mezzi e con 1' opera di tali uomini?Non
altramente che incursioni di orde beduine fan desolati i sorpresi
paesi, non altrimenti che fitto sciame di locuste in poco d'ora de-
vasta la messe, quanta era ricchezza ammassata da saggia economia,
quante erano provvigioni d'industri manifatture, e deposit! d'armi,
ed arsenali disparvero; gli stessi opificii, divenuti cospicui e concor-
renti coi piu reputati stranieri, fur venduti o distrutti, spogliate le
casse de'pubblici Banchi, istituzione che sapientissima ed unica al
mondo teneva il Napoletano a gratuito vantaggio privato; ed insieme
al danaro dello Stato fu preso quello di privati depositi; all'opulenza
di coniato metallo prezioso fu surrogata la non mai per lo innanzi
conosciuta carta moneta, alia quale fu giocoforza di assegnare corso
forzoso. Guaste ed incarite le privative, e soprattutto i balzelli, cosi
sulle cose che nelle persone divisamente , cosi cumulandoli , come
pe'prodotti, pel che quasi sempre ripetevansi e moltiplicavansi sulla
stessa specie. l »
Pag. 87.
446 RIV1STA
Di questo metro va innanzi 1'Autore per molte pagine, dipin-
gendoci a vivaci colori il turpe mostro. Ma noi, piuttosto cbe fermarci
a contemplare cotesta orrida, benche verace, dipintura, amiamo vol-
gerci ad epilogare le ragioni, onde i'Autore dimostra che 1'unita
statuale non conviene all' Italia. Egli dunque cosi ragiona. Neppure
il Mazzini, comeche rivoluzionario per eccellenza , ha sognato una
tale unita; egli ha vagheggiato solamente 1'unita federativa, benche di
repubbliche. Eziandio il Gioberti, che tanto si occup6 delle cose d' Ita-
lia, non suggeri ne'suoi scritti che la semplice Conlederazione. Questa
basta alia sicurezza d'ltalia. Volerla inoltre ridurre ad una sola signoria
non puo esserle che funesto. « L' unita italiana, dice T Autore, gettato
informe d'insidia straniera e della irrequietezza d'un cospiratore am-
bizioso, rilutta alia grandezza ed alia liberta d'ltalia, e se restasse
imposta da prepotenza, non farebbe che abbrutirla, lacerarla di guerre
intestine, distruggerla. I molti centri di suo Governo ban diffusa la civilta,
moltiplicate eraffinatele arti, arricchita 1'industria. Laresidenza delle
sue Corti ha dirozzato le abitudini coloniali delle province, ha creato
bisogni, pei quali il Commercio si e dilatato formando nuove ed
ignote sorgenti di ricchezza. Le svariate convergenze governative, le
universita e gl'istituti scientific], i grandi Corpi dello Stato, il cospicuo
ed operoso foro che circonda questi Corpi , ban dato impulse a studii
severi , ban generalizzato le scienze ed ban prodotto uomini illustri
in ogni branca del sapere. Le Capitali di questi Stati hanno imposta
la necessita dell' ingrandimento e dell'abbellimento di maggior numero
di citta, suggeriti i piu facili e comodi mezzi di comunicazione ,
elevato il valore delle proprieta urbane, ed attirato quel concorso di
forestieri , che induce aumento di denaro e sprone di emulazione.
Tolta all' Italia questa vita di attivita, questa moltiplicita di fonti di
una produzione incessante, essa in poco tempo diverrebbe povera e
rozza, tornerebbe alia vita di agricoltura e di pastorizia, della quale
ha presentato riscontro con le province rimpetto alle sue citta gia
capitali . Per cio F Italia fin oggi ha differenziato dagli altri Stati
d' Europa, ed ha formato oggetto di loro bramosia. La bellezza delle
sue metropoli, sviluppata dal genio dei suoi abita tori, era 1'obbietto
della invidia straniera.
« Questa condizione di sviluppo delle metropoli sulle citta, che
ne dipendono, e una legge naturale, invariata per tutti i tempi e
per tutti i gradi d' incivilimento: la stessa Francia civilizzatrice non
ha che Parigi ; le sue altre citta bellissime, ricchissime e riboccanti
d'industrie, non sono state e non saranno fatalmente, che sempre
province, ed il Brettone e quel di Guascogna la caricatura dei Campi
Elisi e dei baluardi. Solo Italia vantava il Napolitano, il Romano, il
BELLA STAMPA 1TAL1ANA 447
Milanese, il Toscano e via via ; ed era intanto sempre dire italiani.
Ed e siffatta grandezza, che unica nella restante mole del create
posseggono gl' Italiani , e ferace di prosperita e di forza, che vuolsi
si atterri dagli stessi Italiani l ! »
• L'Autore aggiunge che un assetto cosi violento, non dara mai
pace. « In Italia la lotta di resistenza alia sua unita non puo dare
mai tregua al Governo. Gl' Italiani abituati allo splendore ed ai van-
taggi delle prische signorie, in quella guisa che furono cospiratori
per ammodernarne 1'indirizzo politico, saranno cospiratori in perma-
nenza, sinche 1'attuale edifizio non crolli; che non e loro interesse
e che non era loro aspirazione. Gli stessi illusi dalle false promesse
della rivoluzione trovansi disingannati. Per tal cagione il Governo di
Torino e di Firenze non e finora riuscito ad alcun ordinamento. II
paese gli era contro, sia che questo fosse apparso retrivo, sia che esso
appaia repubblicano; imperocch& quella o questa fazione esprime si-
milmente il malcontento, 1'avversione, la minaccia del rovescio. Di
qui la necessita che questo Governo si tenga sospettoso, prevenuto,
ed armato a guerra fratricida. Condizione assai trista e poco lunga-
mente sostenibile, ma che nel suo intervallo e esiziale per lo interno,
ed e compromettente con lo straniero ; imperocche gli altri Stati na-
turalmente veggono in quella la face inconsunta di una rivoluzione,
che puo dilatarsi ad ogni lieve pretesto 2. »
Benche nociva all' Italia 1' unita di Stato, nondimeno 1'e indi-
spensahile 1' unita di confederazione. Questa si voleva dal Pontefice
e dagli altri Principi italiani fino dal 1848, e fu il Piemonte quello
che, ricusandola per fini egoistici, la fece abortire. L'Autore sostiene
che ad essa si dovrebbe tornare, sotto la presidenza del Papa. Rife-
riamo colle sue stesse parole i vantaggi , che egli ne spererebbe.
« Questa confederazione (son sue parole) posta sotto I'altissimo
maestrato del Pontefice produrrebbe all' Italia i seguenti meravigliosi
vantaggi .
1° L' indirizzo italiano moverebbe dai piu puri fonti della giu-
stizia e della liberta; imperocche avrebbe a guida il Vangelo, il quale
insegna simiglianti doveri ai Re ed ai popoli e difende egualmente
i diritti dei Re e dei popoli .
2° Riprodurrebbe, svestito da fanatismo e dagli odii partigiane-
schi quel guelfismo che fu 1' indipendenza dei popoli italiani contro
il ghibellinismo, che significava le usurpazioni dell'impero ed il ser-
vaggio.
3° Aggiungerebbe alia forza materiale d' Italia quella forza mo-
rale, che e solo attribute del Pontefice, e che si estende a piu che
i Pag. 94. — 2 pag. 97.
448 RIVISTA DELLA STAMPA ITALIANA
dngento milioni di persone, che sono i cattolici, sparsi ed influenti
per tutto il mondo.
4° Assicurerebbe realmente a ciascuno Stato la propria indi-
pendenza; imperocche il maestrato del Pontefice e tutto intelligente
e morale e niente affatto prepotente, come si verifica in altre con-
federazioni politiche, nelle quali il Capo e o pud essere a sua voglia
il leone della favola , che divide per satollarsi delle intere quattro
porzioni l. »
E qui poniamo fine all' esposizione di questa operetta, dal breve
sunto della quale, il lettore puo intenderne 1' importanza.
IF.
REFFO EUGENIO ED ENRICO. Le serate di carnevale ., raccolta di com-
medie e farse , ad uso degli istituti di educazione maschile;
per D. Eugenia ed Enrico Reffo , maestri nel Collegia degli
Artigianelli. Torino, tip. Artigianelli, 1870, tre fascicoli in 16°
contenenti tre commedie e tre farse. II quarto fascicolo e sotto i
torchi. Prezzo di ciascun fasc. 60 cent.
Ci duole di non aver potato raccomandare al pubblico il libro
dei fratelli Reffo prima delF ultimo carnevale. I nostri lettori ne sanno
il perche. Yero e che i buoni libri possono e debbono restare in pregio
in qualsivoglia stagione. II Ch. Autore, ossia i ch. Autori, ci dicono,
che « non hanno mai approvato quelle commedie scritte per collegi
maschili, in cui si tratta del matrimonio d'una fanciulla, chee bensi
assente, ma che ad ogni tratto vi pare di vedere comparire dalle
quinte, a rompere il buon proponimento fatto dall'autore di scrivere
per i giovanetti » E cio dicono con troppa ragione. Molto meno noi
approviamo quelle commedie o farse, nelle quali a forza di forbice
e di cartesini si e mutato una amante in un amico, uno sposalizio
in una cenata: lavori freddi, stiracchiati , inverisimili , e che il piu
spesso tanto lasciano trasparire di loro camuftatura che e un incre-
scimento ad assistervi. Non meglio ci garbano le prediche sui tea-
trini, le tirate di morale, gli esempii di divozione. Via, via dalla
scena tutto ci6 che e troppo elevato, ne patisce di mescolarsi coi lazzi
e le buffonate. L'intento virtuoso il comico deve raggiungerlo col-
1'invenzioiie della favola, e colla fortuna a cui riescono i personaggi
buona o rea, secondo che buono o reo e il loro carattere. In tutti
questi punti troviamo di nostro gusto le Serate di carnevale. Lo spa-
zio non ci consente di istituire una critica letteraria , ma bene pos-
siamo accertare che queste commedie riusciranno di allegrissima rap-
presentazione, facile , deliziosa, e formeranno uno de'migliori corredi
d'un repertorio di collegio.
i Pag. 100.
CRONACA
Firenze 10 maggio 1871.
i.
ROMA — Nostra Corrispondenza; dove anche si discorre della
Scuola giudaica.
Dio ci liberi che costoro, ossia loro, insieme con se medesimi e i
casini infami, scuole rabbiniche, fotografie oscene, libri immoral!,
battesimi, matrimonii e funeral! incivili, orgie di Venerdi Santo, Bibbie
false, predicated falsarii, lavori festivi, operai bestemmiatori, ladri,
truflatori, accoltellatori, macchine sfasciate, frati sfratati e altri reduci,
ci avessero ancora portata 1'abbondanza ! II corno ce 1'hanno portato: ma
e un corno vuoto, senz'abbondanzanessuna. E questa e stata unagrande
provvidenza. Giacche, se costoro col male morale ci portavano ancora
il bene materiale, temo forte che, anche in Roma, dove 1'educazione
cristiana piu- che altrove persuade facilmente ognuno della preferenza
che si dee al bene morale anziche al materiale, non sarebbero pero
niancati parecchi, che videntes meliora^ ma deteriora sequentes, si
sarebbero lasciati tentare di non maledirne troppo 1'arrivo. Ma, grazie
alia divina provvidenza, noi Romani siamo ora esenti da questa ten-
tazione : ed abbiamo anzi un nuovo argomento palpabile da persua-
derci, che miseros facit populos peccatum , e che popolo imbandie-
rato non ^ sempre sinonimo di popolo beato.
Ci vuole anzi molta caparbieta e testardaggine perche coloro stessi
che spesero la loro vita , e forse ancora qualche membro , o anno
di loro vita in galera.patriottica ed onorata, per cooperare a questo
sospirato arrivo, non sospirino ora anch'essi, con noi, in senso inverso.
Quanto a noi altri, che non portiamo in petto medaglie di buon ser-
vizio, ne ai polsi segni di manette reazionarie, noi abbiamo ora tutto
T agio di ammirare la dottrina che si nasconde sotto quelle parole
Serie VIII, vol. II, fasc. 502. 29 11 maggio 1871.
450 CRONACA
strane, che udivamo spesso ripetersi altrove. « Si stava meglio quando
si stava peggio. » E so di buon luogo che scappa talvolta la pazienza
perfino ai reduci. Per esempio la Capitate del 2 maggio dice. « Ah !
Roma e ben lungi dal piangere il caduto governo pretino. Ma non
ristara per questo dal cercar ogni mezzo di migliorare il governo
presente . Qui il malcontento ha raggiunto una tal misura, che non
si sentono che imprecazioni al governo . Roma fu trattata da citta
conquistata. » E il 27 aprile diceva. « II posto dei Monsignori e stato
subitaniente coperto : ai Cardinali si sono sostituiti celeberrimi pap-
patori. » Ed il Tribuno , uno dei piu poderosi pappatori , diceva il
2 magg-io: « L'entusiasmo dei primi momenti e qui ribassato del no-
vanta per cento » in proporzione, credo io, della misura della pappa. I
reduci poi che non iscrivono, ma parlano , essendosi, uno di questi
giorni, incamminati verso il Campidoglio per limosinare al loro solito
presso quei buoni padri della Patria; e non avendo, al solito, potuto
ottenere nulla, perche ora al Campidoglio si abbonda di tutto fuorche di
danari: questi buoni giovani, reduci dal Campidoglio colle mani vuote,
per incantare alia meglio il rugghio delle viscere digiune, andavano
dictmdo. « I preti erano birboni. Ma costoro sono anche peggiori. »
Forse col tempo eviteranno i paragoni che sono sempre odiosi ; e si
contenteranno del secondo inciso.
Cotalche si puo dire che, anche con questa alluvione di tasse, di
furti, di miseria, non possiamo lagnarci troppo. Non ogni male viene
per nuocere. L' uomo e fatto cosi , che egli ama imparare a spese
proprie . Non ci e metodo piu limpido, piu efiicace e piu sbrigativo
d' insegnamento, che 1'esperienza. Si lagnano costoro che il Papa non
esce a spasso. Ne ringrazino piuttosto i Gesuiti carcerieri: i quali ,
se avessero tutto quel giudizio che si dice, dovrebbero ora scarcerare
il Papa e condurlo un poco a spasso per Roma, non dico a dare, ma
a ricevere benedizioni ed augurii di buon ritorno.
Non si puo negare che I' arte dei liberali, nel farsi odiare qui
in Roma, non sia sopraffina. Diresti che il loro scopo e di farsi
cacciar via : e far benedire ancora coloro che si pigliassero questa
cura. Dice bene la Capitals del signor Sonzogno, giornale bene in-
formato in materia di spie segrete, che non tutti i Gesuiti stanno al
Gesu, Al Gesu non ci stanno che i Gesuiti smascherati. Ma i masche-
rati, i fini, i veri nemici della patria debbono stare costi in Firenze,
nei piu alti seggi ministeriali. Sapete che i Gesuiti si sanno infiltrare
dappertutto.
Pero consiglierei la discrezione. Che i liberali si rendano odiosi,
sta bene. Poiche hanno questo gusto , quanto a me, non ci ho che
dire. Ma il troppo poi e sempre troppo. Per esempio, non vi era
bisogno, secondo me, di quella notificazicut el Municipio romano,
CONTEMPORANEA 451
sopra la visita degli appartamenti disponibili per grimpiegati da
venire. La Nuova Roma, che forse aspetta da Firenze qualche
parente bisognoso di buon alloggio a poco prezzo, difende la cosa
nei suoi numeri del 24 e 25 aprile, coll'esempio de' Curati . « Se i
cittadini romani non hanno mai negate 1' ingresso delle loro case ai
Curati per lo Stato delle anime, non si crede che lo vogliano negare
a distinti cittadini ». Ma vi e qualche divario. Giacche il Curato entra
nelle case d.ei Romani per cercare le anime che vi sono . Laddove
invece i distinti ciltadini vi vogliano entrare per allogarvi delle anime
nuove, le quali non si.sa poi di che colore saranno, se ebree o
battezzate. Ricorre anche al Centenario di S. Pietro. « Non si ebbe
mai in pensiero, dice la Nuova Roma, di estendere queste ricerche
a tutte le case: ma solo a quelle che, in circostanze straordinarie ,
come per esempio in quella del Centenario di S. Pietro, si presta-
rono ad affittare. » Ma anche qui vi e divario. Giacche nell'occorrenza
del Centenario si affittava per poco tempo, a caro prezzo ed a per-
sone amiche. Laddove oggi come oggi si dovrehbe affittare (nell'opi-
nione della Nuova Roma) per lungo tempo ed a persone poco gradite,
le quali vengono coll' idea lodevolissima, uon puo negarsi, di pagare
il meno che possono.
Del resto, dalla Nuova Roma in fuori, tutta Roma e d'accordo
a strepitare contro il Signor Biagio Placidi, che notified una tale
baggianeria. Bisogna udirli questi Romani! L'uno interroga se « con
o senza mobili » non si potrebbe allogare qualcuno dei piu sani sul
Campanile di Campidoglio, invece di quella Roma che sta lassu con
un bastone in mano « senza mobili » cioe senza bandiera. Tin altro
presuppone come cosa certissima, che la prima visita sara stata fatta
a Sua Eccellenza tale dei tali, che ha sempre ricevuto il Curato per
lo Stato delle anime di casa sua grande, alta, lunga, ben ammobi-
gliata e vuota, la quale si sa che si puo affittare anche gratis per
amor della patria. Un terzo ha pensato subito di invitare a casa sua
tutti i parenti, amici e benefattori del vicinato, e presentare quelle
anime ai visitatori municipali, che fossero tentati di trovare la sua
casa opportuna per loro. Girano anche per certe teste certi disegni piu
feroci. Credo sapere che i visitatori municipali, citladini distinti, hanno
presa la prudente determinazione di inibrmarsi bene delle ostili in-
tenzioni che potessero fermentare nelle anime visitabili , prima di
visitarle a uso Curati. Temono ricevere ova troppo toste. Si informano
alia chetichella dai portinai; preferiscono anzi interrogare le porti-
naie, che, a diflerenza dei mariti, menano la lingua piu facilmente che
le mani. Brutta cosa adesso essere Curato municipale di anime ro-
mane ! Un filosofo mi diceva che egli non aveva creduto finora alle
forme sostanziali : ma che questa notificaziom del Signor Biagio
452 CRONACA
Placidi 1' aveva persuaso che , per questa volta almeno , 1* asinita
stessa , nella sua piu bella e compita forma, era discesa dai cieli pla-
tonici sul municipio e sulla Roma Nuova.
In conclusione, I' abborrito governo pontificio comincia ora in
Roma,anche dai liberal!, ad essere confuso in abborrimento con qualche
altro. Perfino la Liberia, giornale del signor Arbib, israelita fervente
venuto dalla Sinagoga di Livorno ad insegnarci il commercio lette-
rario , nel suo n° dei 27 aprile, nomina il governo pontificio^ sempli-
cemente senza 1'aggettivo obbligato di abborrito; e aggiugne che egli
parla cosi per che non costa nulla. « Diciamolo pure, dice, governo
pontificio; giacche non costa nulla. » Se costava anche un solo cen-
tesimino, non 1' avrebbe detto. Ma ora non costa nulla in Roma il ri-
spettare il passato in paragone del presente.
II quale periodetto arbibesco e arcibirbesco mi richiama alia mente
alcune osservazioni che ho fatte gia sopra la letteratura giudaica, che
ora regna in Roma nei licei e nei giornali. Questa letteratura ha certe
sue particolari qualita e come odori letterarii, che la fanno riconoscere
da lungi. E la cosa dee essere cosi a priori, poiche si sa che lo
stile e 1' uomo : or siccome i diversi uomini hanno diverse stile , e
chiaro che debhono averlo diverso anche le diverse razze. Quanto
alia razza ebrea. e certo 'die ha il suo stile diverso assai da quello
dei cristiani. Mi era gia balenata in lontananza quest' idea letteraria,
fin da quando aveva osservato che, in generale, i governi liberali
preferiscono per loro giornalisti ufficiosi gli ebrei ai cristiani. Questa
preferenza suppone negli ebrei una maggior attitudine naturale ad
esporre e difendere certe idee. E infatti si vede, che in tutta Europa
la stampa liberale e quasi monopolio della razza ebrea , che se ne
serve benissimo, per lo scambio delle idee, non che dei biglietti di
banca.
Non mi trovo ancora nel caso di fare un trattato compiuto di
estetica sopra questo stile ghettaiolo. Ma da quanto ho potuto ricavare
dalla lettura di due giornali israelitici, ambedue semiufficiali, I'Opi-
nione di Firenze e la Liberia di Roma, fin da ora posso indicarvi
alcuni canoni o criterii, come si dice adesso, dai quali un leggitore
di buon naso potra riconoscere e quasi subodorare se cio che legge
e roba ebrea o cristiana. Non parlo delle idee: giacche si capisce
da tutti a prima vista, se un' idea e da ebreo o da cristiano. Parlo
dello stile: e dico, che anche nelle materie indifferenti di politica,
di polemica, di letteratura, che possono indifferentemente trattarsi
col medesimo fondo o giro di idee, da ebrei e da cristiani, dico che
un uomo intelligente puo, con poca difficolta, capire dallo stile me-
desimo se chi scrive 6 un ebreo.
CONTEMPORANEA 453
Generalmente parlando 1' ebreo e insinuante. Non ti si presenta
mai d' innanzi colla sua idea chiara. Prima anzi dice il contrario;
quello che egli crede che piaccia a te: poi, a poco a poco, ti scambia
le carte in mano e ti rnsinua 1' idea sua. Poi torna indietro subito,
e quasi si ritratta, e mostra di confutare quello che disse solamente
cosi per dire. Intanto gitla qua e cola dei forse e dei ma, e si avanza
come per trincea e strada coperta. II semplice lettore riconosce nello
scrittore un uomo imparziale che dice il pro e il contro, e si rimette
al suo migliore giudizio. Ma intanto si sente , non sa come, imbro-
gliare il giudizio; e finita la lettura, non sa piu ncanche lui quello
che debba pensare. Fate la prova a leggere 1' Opinions ^o la Liberia
qui di Roma, e vedrete che, ne' loro articoli di fondo, nove volte sopra
dieci, tengono questo procedimento artistico.
Un secondo canone o criterio, da cui si puo discernere lo stile
ebraico, e la prudenza, la cautela, la paura, dirci quasi la codardia,
se fosse parola parlamentare. Un cristiano, un libero pensatore, un
ateo, un chicchessia si lascia andar talvolta all'ira e alle parole pro-
vocanti. Ma lo scrittore giudeo sta sempre in se. Egli conosce il valore
delle parole come delle merci, e sa fin a qual punto precise si puo impu-
nemente abusare di un leltore come di un compratore. Sa dirvi, quando
occorre, la sua villania, la sua calunnia: giacche parlando di giorna-
listi liberali, uon si calunnia mai dicendo che calunniano talvolta. Ma
dove un altro darebbe forse presa al fisco o alia querela, lo scrittore
giudeo sa cosi bene misurare il panno che ti taglia addosso, sa cosi
a proposito genuflettere, alia moda vecchia, mentre schiaffeggia, che
la scusa e sempre vicina all' acc-usa , il complimento all' insulto, la
medicina alia ferita. Le parole insultanti dello scrittore ebreo (se
mi e lecito servirmi di quelle onde il Padre Cristoforo fa la foto-
grafia letteraria del discorso di Don Rodrigo) « penetrano e sfuggono.
Si adira che tu mostri sospetto di lui , e nello stesso tempo ti fa
sentire che quello di che sospetti e certo ; ti insulta e si chiama
offeso, schernisce e chiede ragione, oflende e si lagna : e sfacciato
ed irreprensibile. »
Tutto cio precede da prudenza naturale di gente, che sa quello
che pesano le parole e non vuole fastidii. Trovatemi un poco un
ebreo generale di esercito? Noi abbiamo generali di ogni razza: an-
che preti e frati, pur troppo. Ma un generale rabbino dove si trova?
In Italia non ne conosco. Invece abbiamo ebrei ministri, diplomatici,
professori, direttori di giornali semi-ufficiali. L'ingegno non manca
loro: ma hanno un ingegno pacifico e cautelato. In guerra e nel-
1'opposizione qualunque siasi, si guadagnano piu gloria e busse che
danari. II giudeo e uomo di pace e di bottega. La sua guerra e contro
i compratori e gli oppositori di un ministero forte e di un governo
454 CRONACA
abbastanza saldo e solido. La letteratura la coltiva in quanto frutta
altro che multe e process! . II suo bastone preferito di comando e
sempre stato il metro. La sua musa favorita e quella che porta per
arme la squadra ed il compasso. Se tutto cio'indica paura, noto che
la paura puo esser un difetto, ma non e colpa.
Credo che da questa prudenza naturale provenga ancora quel-
T altra particolarita delio scrittore ebreo, che e di non dar mai presa
chiara all' avversario. Accade spesso che sfuggano delle verita alia
Gazzetla d' Italia o alia Nazione. E voi stessi ne fate tesoro spesso.
Provatevi un poco a trovare una verita scappata all' Opinions o alia
Liberia qui di Roma? E tempo perso. Non dico che non dicano delle
verita. Ma sono verita innocenti, utili, pesate, di quelle che danno
credito alia bottega. Verita scappate per irriflessione , inutili, peggio
poi se dannose , non ne troverete.
Molte altre osservazioni letterarie ed estetiche potrei fare sopra
lo stile ebraico; come per esempio sopra le metafore, che spesso sono
prese dalla borsa, dagli scrigni e da tutto 1'arsenale di banco e di
bottega. E curioso, tra gli altri, il ritornello del signor Arbib della
Liberia qui di Roma, che difficilmente sa scrivere un articolo senza
dire: A buon conto. La Liberia ama i conti buoni: ed ha ragione.
La dicitura ebraica poi non e mai troppo lunga e fiorita. La so-
brieta e temperanza delio stile giudaico sono notevoli . Credo che
ci entri anche un poco 1'idea generale deU'economia. Anche la carta
e I' inchiostro si pagano : e nulla si dee buttare da chi sa vivere.
Non conosco di vista la loro cailigrafia. Ma sono persuaso che dee
esser netta e chiara , ottimo mezzo per evitare troppe spese di cor-
rezioni tipografiche.
Al qual proposito e notevole il caso accaduto a Roma il 30 aprile.
(Juesti giornalisti liberali di Roma, tutti cattivi cristiani si, ma infine
cristiani, si sono lasciati canzonare dalla questura e scrissero, e forse,
chi sa? anche aveano gia cominciato a comporre in tipografia il loro
bell* articolo sopra la dimostrazione, die si dovea fare quel giorno in
onore di Ciceruacchio. « Avevamo gia preparato un articolo sul 30
aprile (dice il buon Tevere), discorrevamo alia nostra volta di quelle
gesta gloriose ec. quando ci recarono il manifesto del Questore Berti »
che vietava la festa , poche ore prima che si dovesse cominciare.
« Noi avevamo (dice la Nuova Roma) in un apposito articolo esa-
minato ec. Ma il manifesto pubblicato dalla Questura ci induce a sop-
primere 1' articolo. » II Tribuno poi chiama senz' altro quella proibi-
zione « un fulmine a ciel sereno. » Figuratevi! Un articolo perduto !
Uri articolo fatto e non servito! Credo che questa disgrazia non sia
entrata per poco nel mai umore e nel dispetto, che questi giornalisti,
CONTEMPORANEA 455
cattivi cristiani, vollero far credere nato in loro soltanto per la festa
mancata.
Or bene, credete voi che la Liberia, del signer Arbib, buono
israelita, si sia lasciata cogliere? Tutt'altro. II sig. Arbib & stato il
solo in Roma , che non ha perduto nulla in questa circostanza: ne
tempo, ne articolo, ne danaro, ne carta, ne inchiostro. La Nuova Roma
e giornale al servizio del Governo come la Liberia. Pure la Nuova,
Roma si lascio cogliere e la Liberia no. Ecco la differenza tra ebrei
e cristiani. Quelli non anticipano mai nulla, neanche un articolo ,
senza buona sicurta.
E difficile conoscere la religione dei signori . deputati, special -
mente di quelli della sinistra. Ma io credo che tra coloro, che corsero
a precipizio da Firenze a Roma per assistere alia festa repubblicana,
che poi non si fece, non vi deono essere stati che cristiani . Mi par
difficile che un buon israelita si sarebbe avvenlurato a quel modo.
Anche la Riforma di Firenze, giornale ufficiale dei Ciceruacchi, dee
essere scritta da cristiani. « Festeggino pure , diceva essa ai Romani
il 30 aprile, festeggino pure e commemorino. » Fatto sta , che non
ostante quell' ampia licenza della Riforma, i Romani non festeggiarono
e non commemorarono. Queste imprudenze e avventataggini di viaggio
e di scritti, che mostrano un fondo o almeno un residue di candore
e di semplicita, voi le cerchereste invanonella Liberia., o neU'Opinione.
Infatti 1* Opinion* de'2 maggio, migliore israelita ancora che
non la Liberia giudiola di Roma, che cosa dice? Dice che « e avve-
nuto in Roma cio che facilmente si poteva prevedere: la dimostra-
zione in memoria del combattimento di San Pancrazio e stata vietata. »
Si poleva facilmente prevedere! E come? A meno di essere ebreo
matricolato, niuno poteva prevedere questo. Ed infatti parecchi depu-
tati, niente previdenti, accorsero da Firenze a Roma, a spese nostre
si, ma con loro incomodo ( notte in strada ferrata , lungo discorso
improvvisabile poi, ma intanto studiato a mente, ec. ec.), per assistere a
quella dimostrazione che non si fece. « Da crrca una settimana, segue
1' Opinione, si discorreva di quella dimostrazione, ma la fine di tutti
i discorsi era che il Governo 1'avrebbe vietata. » Non e vero niente.
Questa e una bugia solenne: bugia utile, lo concede, ma bugia so-
lenne. Niuno si aspettava il divieto . L' Opinione sola col fiuto suo
giudaico e ministeriale ha indovinato. Tutti i buoni e cattivi cristiani
ci sono stati gabbati, compresivi tutti i signori deputati della sinistra,
ai quali faccio i miei complimenti della semplicita cristiana da loro
dimostrata in tal caso. D' ora innanzi si ricordino che hanno da fare
con ebrei: e si ricordino del proverbio che dice, che un ebreo solo
compera sette cristiani, anche cattivi.
456 CRONACA
Non e bisogno che io vi dica il motive, per il quale 11 sig. Que-
store Berti berteggio in tal modo giornalisti e deputati. L' odore di
Repubblica non piace finora aH'autorita presentemente regnante. Pure
si direbbe che quasi cominciano ad avvezzarvisi. Infatti ho udito dire
che un personaggio d' importanza, uno di quelli che ci sono arrivati
di fresco, ha dettoche « egli aveva fmito col capire che i Romani non
amavano i nuovi arrivati, ne lui in particolare, ma che sarebbe
presto venuto il giorno, in cui i Romani avrebbero desiderate loro
e lui » ; volendo dire che sarebbe venuta la Repubblica, come a Parigi,
dove i buoni parigini desiderano adesso i Prussiani, Napoleone,
chicchessia, che li liberi dalla canaglia cola presentemente regnante.
Non credo che sia autentico questo detto . Giacche , se fosse vero ,
sarebbe per conseguenza falso quello che tutti sappiamo essere, se non
vero, almeno ufficiale ; cioe che, se i piemontesi non arrivavano,
talia e Roma avrebbero avuta la Repubblica. Come puo stare questo.
che si sia presa Roma per forza per salvarla dalla Repubblica, e che
nondimeno la Repubblica debba arrivare ? Mi ricordo che ebbi a tale
proposito una specie di discussione con un piemontese entrato in Roma
a fil di spada per Porta Pia, due o tre giorni dopo la grande vit-
toria del 20 settembre. Tentando io di fargli intendere, che egli e i
suoi compagni avrebbero fatto meglio a stare a casa loro, il perso-
naggio mi ridusse subito al silenzio assicurandomi che « se non ve-
nivano i piemontesi sarebbe venuta la Repubblica. » Vennero dunque
loro per salvarci dalla Repubblica; ed ora, cosi presto, non appena
compito un semestre, ecco che gia vedono la Repubblica venire a
cacciar loro e noi insieme. Questo non puo stare: a meno che pos-
sano essere false perfmo le lettere stampate e i document! ufficiali ,
dai quali consta che, colla venuta del Piemonte a Roma, Roma e l'I-
talia sarebbero state salve dalla Repubblica.
Del resto non arrivo ad intendere come noi potremmo scongiu-
rare la Repubblica con un solo atto di amore verso i nuovi arrivati,
secondo che si insinua con quel detto di sopra mentovato. Forse
che alia Repubblica importa molto che noi Romani amiamo o non
amiamo i nuovi arrivati? Tocca a loro ad amare noi altri : essi che
ci sono entrati in casa nel modo che tutti sanno . E salvando noi
salveranno anche se stessi. Se abbiamo da perire per peste repub-
blicana , perche i nostri salvatori ci vogliono abbandonare in quel
frangente? Questo non sarebbe un procedimento nobile ne eroico. 1
conquistatori di Roma, i fabbricatori d' Italia, i coronatori deU'edifizio.
dovrebbero avere il coraggio civile di restar con noi nei pericoli,,
poiche ci vennero a visitare , come il diavolo fece con Giobbe, nel
tempo dell'abbondanza. Ogni cosa ben considerata, vi dichiaro che quel
detto dee essere apocrifo, o almeno merita di esserlo. Sono convinto
I - CONTEMPORANEA 457
che si faranno sgozzar 'tutti, dal primo all' ultimo, prima di abban-
donarci. Adesso e il caso di dire: « 0 Roma o morte ». Di fuggire
non si parli ; e molto meno per abbandonarci alia Repubblica ; per
salvarci dalla quale sono venuti apposta da lontano, con tanta fatica
e con lanti sacrifizii perfino, dicono, della coscienza. Qualcuno dice
che la coscienza i piemontesi (cosi si chiamano i nuovi arrivati ) non
1' hanno. Ma in tali materie e difficile giudicar bene. II santuario delle
coscienze e sacro, quando non e vuoto aflatto.
Ed a proposito di piemontesi, la Nuova Roma ha creduto forse
di farci un dispetto, pubblicando nome e patria di varii architetti in-
caricati di deturpare , vandaleggiare e beotizzare nei conventi e
palazzi monumentali di Roma. Vedendo che sempre si sparlava dei
piemontesi a questo riguardo, ci fece sapere, nel suo n° dei 28 aprite,
che Romano e il Signer Gabet che vandaleggia, deturpa e beotizza
al palazzo Madama, dove, fra gli altri vandalism!, diceva il Buon senso
dei 26 aprile che « andate al palazzo Madama e voi troverete graf-
fiati e rimessi a nuovo i travertini etc.; » romano pure e secondo la
Nuova Roma il Sig. Giovanni Morelli, che dirige i lavori al Mona-
stero delle vergini, ed al Convento di S. Andrea della Valle; romano
il sig. Giacomo Barebiesi che diresse quelli delle Poste a Piazza Co-
lonna, e cosi parecchi altri. Ma la Nuova Roma non sa, o tinge non
sapere, che ora si chiamano piemontesi in Roma anche i Romani pie-
montizzati politicamente, o che comechessia servono ai nuovi arri-
vati. Ondeche piemontese ora a Roma non significa patria, ma politica.
Accade in Roma, come in Piemonte dove si chiamano italiani \ li-
berali; benche non tutti gli italiani siano liberali. E so che cola, quando
si vuol dire di uno che si e arricchito comecchessia, si dice « Colui
ha fatta la sua Italia. » Tutto sta a intendersi. Quando Galgaco
presso Tacito diceva: « I Romani sono i ladroni del mondo; levante
e. ponente non li empirebbe: chiamano imperio il rubare, pace il de-
solare; » si direbbe che quel barbaro parlasse dei liberali italiani ossia,
come si dice, piemontesi di adesso. Ma quel barbaro non sapeva, che
in Roma vi erano anche allora moltissimi romani di ben diversi sen-
timenti.
Del resto, siccome mi spiacerebbe che i buoni piemontesi, che
sono molti, si tenessero offesi di questo nome, che pur troppo ora si
da ai cattivi italiani di tutte le patrie, e perfino agli architetti ro-
mani graffiatori dei travertini del Palazzo Madama, noto, per loro
consolazione, che, come ora essi sono vituperati, cosi erano lodati
anche troppo una volta, quando avevano la fortuna di vivere sotto ii
regno della prima, diro cosi, maniera di Carlo Alberto. Non era al-
lora gloria, ma fortuna, de' piemontesi 1'essere governali bene. E cosi
non e ora loro iniamia ma disgrazia di essere mal governati essi pei
458 CRONACA
primi, e da piii lungo tempo che tutti gli altri iialiani. Siccome dun-
que prima si pigliavano in pace gli elogi, cosi ora si piglino in pace
i biasimi immeritati. Siamo tutti portati naturalmente a trovar tutto
buono o tutto cattivo in una persona o in un paese, secondo le va-
rie circostanze e i varii tempi. Per esempio, degli Italiani che cosa
non si puo dire, o almeno non si dice, secondo le diverse passioni
di chi parla? Leggo nell' egregio giornale il Buon Senso 3 nel suo
n° dei 5 maggio, che « la Gazzetta universale di Augusta dice che
la mancanza di caratlere appartiene alle qualitd piu generalmente
diffuse in Italia. » Al che risponde molto bene il Buon Senso di-
cendo, che « la mancanza di carattere non e ne piu ne meno fre-
qaenle in Italia che altrove. » E de' Prussiani che cosa non si puo
dire? Razza forte, gente studiosa , istruita, profonda, storici esatti,
(ilosoti serii , popolo costumato , ubbidiente, disciplinato. Cosi dice
chi ha ragione di lodarsi dei Prussiani. Fate ora che altri abbia
niirione di lagnarsene. Subito dira che sono testerecci, furbi con ap-
parenza di lealta, senza scrupoli quajido si tratta di prendere e di
ritenere, settarii matricolati, pedanti piu che dotti, critici piu che sto-
rici, sognatori anziche lilosofi. Chi ha ragione? Nessuno. Dei Prus-
siani ve ne sono dei buoni e dei cattivi, dei testardi e dei docili, del
pedanti e dei dotti, come a Lucca, come in Piemonte, come a Roma,
come dappertutto ; e 1' estendere a tutti il bene e il male di alcuni
dipendera sempre dalla sola passione. Ora non si puo negare che non
vi sia molta passione contro i piemontesi; come venticinque o tren-
t' anni fa ve n'era molta in loro favore. Se i piemontesi avranno,
non la gloria, ma la fortuna di ritornare sotto un governo cristiano,
non si dira piu di loro che sono Reoti, ma anzi che sono fra i piu
colti d' Italia: non si dira che sono rotolati dalle alpi, ma che ne sono
i difensori, non si dira che sono ineducati, ma che anzi sono educa-
tissimi, e andate dicendo. Sara un'esagerazione passionataallora, come
lo era prima, e come lo e adesso.
Dove non vi e pericolo di passione , ne di esagerazione e nel
lodare Roma e il suo Pio IX. Questo Papa, sia che esca, sia che
stia in casa, si vede che e fatto pel servizio e per la gloria del suo
popolo cristiano. Era la consolazione di tutti quando si vedeva ogni
giorno per Roma.benedicendo: e la consolazione ora di quanti possono
pervenire fino a lui a fruirne Faspetto e la benedizione. I cattivi
invece ne maledicevano quando usciva, e ne maledicono ora che non
esce, ben vedendo che , per provvidenza speciale , qualunque cosa
-°accia questo Papa, e a servizio di Dio ed a loro disservizio. Questo
e un Papa che ha, piu forse di molti altri, eccitato di se amore,
simpatia, venerazione, e, diciamolo pure, passione in tutte le anime
buone. I maligni dicono che e idolatria; e non sanno che, corretto
CONTEMPORANEA 459
1'errore del vocabolo, nel fondo dicono giusto! Giacche noi nel Papa al
Vaticano vediamo appunto il segno visibile della divinita in terra.
Questo si sa per fede di ogni Papa; ma di questo si sente in modo
particolare da chiunque gli si avvicina. Egli poi o esca, o stia in casa,
o parli, o preghi, o scriva, in ogni suo alto non si mostra mai un uomo
ordinario, secondoche si fa manifesto dallo straordinario amore e dallo
straordinario odio di cui e fatto segno. Di nitmo piu che di Pio IX
si desidera accesamente la lunga vita e la subita morte: di niuno
piu che di Lui si parla e si sparla nel mondo; di niuno piti che di
Lui sono pieni, ogni giorno, i giornali buoni, cattivi e mediocri.Igior-
nali ebrei specialmente, col loro stile particolare, Lo inchiodano ogni
giorno con nuova rabbia. Si direbbe che vedono in Lui proprio il
Vicario di Gesu Cristo, meglio ancora che non molti cristiani. La
Capitale, che vorrebbe esser maligna, non riesce in questo cosi bene
come la Liberia che, senza sforzi , naturalmente, per istinto di razz a,
augura la morte a Pio IX, ed anzi ne discorre come di cosa fatta, quasi
come se avesse gia in mano, cqll'aceto ed ilfiele, anche la veste da
dividersi in ghetto. E tutto questo con una grazia, con una civilta,
con un fare d'uomo di societa e di mondo, che sembra discendente
rettilineo di colui che nel Passio di S. Giovanni diceva: Vos nescitis
quidquam a paragone mio, nee cogitatis quia expedit voMs ut unus
moriatur homo pro populo. Chi diceva questo era un titolato, signore,
ben educato, quanto qualunque direttore di giornale semiufficiale.
Cosicche credo che il direttore della Liberia non vorra tenersi offeso
della genealogia. Benche io credo che, se altri parlasse e scrivesse della
morte, non dico sua, ma del suo giornale, cpm'egli fa di quella di
Pio IX, chiederebbe in giudizio il rifacimento dei danni, cogl'interessi
accumulati a scaletta. Quanto a me gli auguro che convertatur, se
e possibile, et vivat se expedit ei: che quanto a me non mi fa ne caldo
ne freddo.
Avrete saputo del secondo fiasco letterario uscito teste dalla fab-
brica privilegiata di fiaschi, del liberalismo romano. Amphora coepil
institui; currente rota cur urceus exit? II primo orcioletto fu la
sottoscrizione pur troppo fallita contro i Gesuiti . Pare che questi
liberali di Roma non sappiano scrivere nemmeno il proprio nome:
hanno proprio bisogno di educazione municipale: percio si aprono
ora tante scuole, dove s' insegna a scrivere. Per ora gli uomini fatti
sanno qui serivere soltanto in favore della verita , secondo che gia
vi scrissi. Al qual proposito eccovi un grazioso fattarello, accaduto in
una delle vie piu popolose e piu popolari di Roma , dove un buon
giovane andava raccogliendo firme in favore dei Gesuiti. Tutti si
sottoscrivevano volentieri; quando ecco un'altro giovanetto, vedendo
460 CRONACA
colui con quella carta in mano in atto di raccogliere sottoscrizioni,
prese a strillare: « Ah birbante! Tu sei che raccogli le firme? Aspetta;
Annibale, Cesare, Oreste, Augusto, Giulio, Tito, Torquato, Achille,
correte qui tutti a dare meco addosso a questo traditore! » II povero
giovane cosi circondato da tanti nomi di eroi non pote che cedere
il foglio. Ma che? Visto che raccoglieva firme pei Gesuiti , tutti
quegli Annihali, Oresti, Cesari, August!, ecc., si abbonacciaronosubito,
dicendo: « Noi ti avevamo preso per il vassalletto del Tribuno, che
raccoglie firme contro i Gesuiti , e stampo ieri i nostri nomi , da
hugiardo pari suo ». E la cosa fini colla sottoscrizione autentica in
favore dei Gesuiti dei prelodati Titi, Giulii, Achilli, ecc. ecc.
II secondo orcioletto, anzi orciolone, e la sottoscrizione fallita dei
Professori della Sapienza contro il Papa, in favore di quell'otre gon-
fiato del Dollinger. Dicono che e venuto da Napoli il professore che
stese F indirizzo. In Roma non si e trovato tra i liberal] chi sapesse
scriverlo. Quanto a sottoscriverlo poi , si e veduta per la seconda
volta la commedia togata di gente che sottoscrive al rovescio. Cioe,
si sono subito trovati parecchi che sottoscrissero un indirizzo con-
trario : e questi contraddittori crescono ogni giorno. Ma di soscrittori
in favore, finora non se n' e visto pur uno che avesse un nome in
filosofia o in iscierize sacre; e quei pochi sottoscritti sono romani,,
invasori, cioe romani nel senso che Scipione dicevasi africano : dal-
1' Africa distrutta.
Cosicche, indiri/zi liberal! a Roma non mancano. Ma si da questo
caso piuttosto comico, che sono sernpre sottoscritti al rovescio. A grida,
a strilli, a plebisciti analfabeti, a imbandieramenti muti, questi anal-
fabeti ci riescono. Ma quando si viene al punto dello scrivere o sot-
toscrivere, si vede alia prova che in Roma gli alfabeti sono quasi
tutti codini.
E cosi, dopo tanto tempo, ancora non si e potuto sapere di certo
se in Roma si e poi fatta quell' orgia sacrilega il Yenerdi Santo. Se
f hanno fatta , e certo pero che quei liberi pranzatori se ne sono
vergognati, e non istamparono linora il loro nome. Sopra quest' orgia
scandalosa conosco tre opinion! diverse; qnella dei cattolici, quella
dei liberi pensatori, e quella che la Nazione espresse nel suo n° dei
6 aprile, dicendo che: quando si tratta di mangiare , non bisogna
mai pensare se sia pesce o maiale, o venerdi o giovedi: ma con si -
gliarsi col solo appetito. La prima opinione e da uomini ragionevoii:
la seconda da deraonii : la terza, che vclete che vi dica? non e certo
da ebreo, ma mi sembra da animale. Pure e stata molto lodata!
CONTEMPORANEA 461
II.
COSE ITALIANS
COSE ROMANE — 1. Breve del S. Padre al Card. Patrizi , ed ai Vescovi su-
burbicarii e delle province romane — 2. II principe Pallavicini sindaco
di Roma ; sua comparsa pel divertimenti del 21 aprile — 3. Bando del
Placid! pel domicilio contto agli impiegati del Governo — 4. Commis-
sione nominata per gli Istituti religiosi stranieri in Roma — 5. Abolizione
dei sussidii pel culto e per la beneficenza — 6. Arrive e ricevimento
dell'ambasciadore francese d'Harcourt; partenza dell'annbasciadore d'Au-
stria e del ministro di Baviera — 7. Anniversario garibaldino del 30
aprile; monumento destinato a Ciceruacchio.
I. Alia protestazione dei Vescovi suburbicarii e delle province
roraane, di cui abbiamo parlato nel precedente quaderno a pag. 357-58,
rispose il Santo Padre con un Breve indirizzato all'Emo Card. Pa-
trizi, e pubblicato nell' Osservatore Romano n°. 90 del 20 aprile.
Sua Santita si compiacque di rammentare e commendare altamente
gli attestati di somma reverenza e di costante devozione ognora dati
da'quei Vescovi alia Santa Sede, e la fermezza con cui fu da essi
sfolgorata la conculcazione dei diritti della Chiesa e fatta resistenza
alia sempre crescente audacia deU'empieta.
« Ma tuttoche queste cose, dice il Santo Padre, siano manife-
ste, non possiamo non godere che voi abbiate voluto porre in iscritto
i vostri sentimenti, affinche documento siffatto mostri ne' tempi av-
venire, che voi non solo non foste abbattuti ne cadeste d' animo per
la prepotente violenza, ma da essa traeste, al contrario, maggior
forza ed alacrita per esecrare pubblicamente le scelleraggini deinemici
della Chiesa , affermare la legge del Signore e i diritli di questa
apostolica Sede , scoprire le frodi de' suoi odiatori , oppugnare la
malvagitd delle inique loro leggi , fortificare la fede del popolo
contro le preparategli insidie f a tulli mostrar ftnalmenle che la
cattolica Chiesa non si alterrisce , non retrocede , non si rattiene
alle persecuzioni ; ma, fidata nella virtu dell' Altissimo , corag-
giosainenle mai sempre e costantemente procede oltre per la sua
via. » Quindi Sua Santita insiste sul raccomandare la preghiera fer-
vida e costante, come mexzo efficace ad impetrare la bramata vittoria :
« poiche questo maraviglioso successo e da sperare e aspettarsi sol-
tanto dalla divina potenza. »
Ognuno intende che questa, oltre ad essere una giusta lode al-
1' Episcopate ed una raccomandazione ispirata dalla santita del mini-
stero apostolico, e pure un programma, come suol dirsi, dei doveri
che corrono presentemente ai Vescovi, piu che per lo passato,
462 CRONACA
e del modo col quale debbono studiarsi di non incontrare poi la ter-
ribile condanna pronunziata da Gesu Cristo contro i cani muti ed
i pastori neghittosi. E questo tratto che recitammo vale altresi di
risposta agli stolidi o perfidi consiglieri di conciliazione , che per
umani riguardi sono ognora pronti -a sacrificare i sovrumani diritti
della Chiesa e gli interessi della divina gloria.
Infatti la concordia ammirabile dei Vescovi delle province, ulti-
mamente rapite colla violenza delle armi a Santa Chiesa , non solo
corrisponde egregiamente all' espettazione del Sommo Pontefice , ma
disarma i nemici che, audacissimi contro i singoli, non oserehhero
mai, perche la politica loro il vieterebbe, processare, condannare e
carcerare tutti insieme i Vescovi sottoscritti alle energiche loro pro-
testazioni collective. Pertanto e cosi tracciata evidentemcnte all'Epi-
scopato la via sicura per poter efficacemente difendere le ragioni di
Dio e della Chiesa , procedendo ognora uniti per province , come
fecero da pezza i Vescovi dell' alta Italia, della Toscana, e teste i
Vescovi suburbicarii di Roma e delle province di Maritima e Cam-
pagna, poi quelli del Patrimonio, la cui adesione ai richiami contro
1'usurpazione delle Opere pie fu pubblicata nell' Osservatore romano
n. 91 del 21 aprile, essendo sottoscritti il Vescovo di Civita Castellana,
Orte e Gallese, il Vescovo di Corneto e Civitavecchia, quello di
Montefiascone, quello di Nepi e Sutri, 1'Amministratore apostolico di
Acquapendente ed il Vescovo di Viterbo e Toscanella.
2. Aspettando che sia in piacer del Signore stendere la oimipo-
tente sua mano per rialzare 1' Italia cattolica dalle rovine fatte per
opera della rivoluzione massonica, Roma continua sempre a mostrarsi
piii che mai devotissima a Pio IX; e se la libertd permettesse alia
verita di far valere le sue ragioni , ci tornerebbe facilissimo il met-
tere Roma in tutt'altro aspetto da quello che le attribuiscono i diarii
della rivoluzione. Questi le ardono incenso a profusione, come se tutta
la cittadinanza romana fosse arrolata nelle falangi massoniche; e non
s'accorgono del contraddirsi che fanno , poiche al tempo stesso met-
tono in canzone, come una marmaglia d'imbecilli ed ignoranti, o
rampognano come avversi al nuovo ordine di cose, non solo 1'ari-
stocrazia, ma persino la borghesia, da cui sono tratti quasi tutti i
membri del Consiglio comunale, che sono la rappresentanza del popolo
romano eletta, come dicevano essi, dal libero suffragio dei cittadini.
Questo Consiglio cesso fmalmente d' essere un corpo senza testa
e pote, dopo quasi sette mesi di vita acefala, gettar via una delle
grucce su cui reggevasi a stento, cioe il ff. di Sindaco ; ma e co-
stretto a tenersi ancora il puntello dell'altra, che e la reggenza della
Prefettura. Insomma Roma e beatificata coll'onore di possedere un
smdaco. Per decreto reale del 16 aprile fu nominalo a quesfa carica
CONTEMPORANEA 4ti3
il signer Don Francesco Cesare Rospigliosi-Pallavicini , principe Pal-
lavicini e di Gallicano , nato il 2 marzo 1828, e disposatosi il 4 ot-
tobre 1864 a Donna Maria Carolina, figlia d' Antonio principe di
Piombino-Boncompagni-Ludovisi.
Questo cenno genealogico del sig. sindaco D. Francesco puo get-
tare qualche lume sulla maravigliosa conversione operatasi in lui
dalla virtu delle bombe del 20 settembre; per la quale, discostandosi
dalle tradizioni del suo Casato e dalla via die continua a battere la
famiglia di suo fratello primogenito D. Clemente Francesco principe
Rospigliosi, si volto a seguire la bandiera politica spiegata fin dal
I860 dal principe di Piombino-Boncompagni-Ludovisi.
La nomina del nuovo Sindaco fu accolta dai giornali di ogni
colore, eccettuata la Liberia, con una salve sonora di esclamazioni,
di critiche, di disapprovazioni , di stupori e di scherni, di riserve
e di odiosi confronti tra il Paliavicini ed altri candidati, che meglio
di lui credeansi capaci di empire il seggio sindacale in Campidoglio.
Vero e che poi , per un residue di buona creanza, i piu di codesti
giornali conchiusero la Olza delle loro impertinenze con una specie
di riserva per 1'avvenire, dicendo che voglionsi aspettare i fatti per
giudicare dell'uomo. E questo in gran parte e vero; ma non in tutto ne
sempre. Con che giustizia potrebbesi, a cagion d'esempio, lapidare
il povero Paliavicini, se il suo nome si vedesse figurare sotto un atto
a lui imposto dal Placidi, o dall'ebreo Alatri o dallo Spada, o dal
Piacentini? Or queJli che conoscono 1'indole ed i talenti del sindaco
Paliavicini pretendono che gli si farebbe torto davvero, se si volesse
farlo mallevadore dei suoi atti pubblici, finche avra al fianco uomini
di quel taglio, per esempio, che il Placidi ; della cui valentia ammi-
nistrativa recheremo un saggio qui sotto.
Anche il Palladia romano , che fin qui era rimasto acefalo,
ossia con la testa posticcia del Tittoni, dopo che gli era stata levata
via la non troppo conveniente di Tito Lopez, anche il Palladia si e
completato. Un decreto reale del oO aprile, annunziato dalla Liberia
del 2 maggio, sovrappose al monco corpo del Palladia la testa forte
del Sig. Lipari , colonnello d' un reggimento delle truppe di linea ,
nominate percio Generale.
Resta che al Gerenle la Prefetlura si assegni un'altra nicchia;
e che si riesca a trovare , nella collezione dei grandi uomini della
scienza politica-amministrativa, un Prefetto di Boma; e questa allora
sara modellata sul tipo delle altre capitali decapitate d' Italia.
La prima comparsa di D. Francesco Paliavicini avvenne il di 21
aprile, in due fasi distinte; la prima sotto forma di un bando dato
dal Campidoglio, la seconda con la mostra della sua propria persona
sopra un nalco eretto in Piazza del Popolo.
464 CRONACA
II bando, pubblicato nel Giornale di Roma del 22 aprile, co-
minciava coi dovuti omaggi al Re e con un appello all' aiuto ed al
concorso del cittadini , in cui il sig. D. Francesco riponeva la fiducia
di poter satisfare al suo ufficio. Poi continuava cosi: « Con questa
fiducia io ho accettato il nobile mandato di adoperarmi , per quanto
le mie forze me lo consentano, a rendere Roma materialmente e mo-
ralmente degna di accogliere il Re, ed il Governo, e di ospitare con
cordialita e decoro pari alia grandezza antica gli illustri uomini che
siedono in Parlamento, e le numerose famiglie che trasporteranno
qui la loro sede. »
II Tempo., giornale garibaldino schietto con bandiera rossa sotto
la tutela e direzione di qualche personaggio municipale e cortigiano al
tempo stesso, fece al recitato periodo sindacale il commento seguente
nel suo n°. 200 del 23 aprile.
« Questo manifesto, bisogna confessarlo, e uno dei pochi, che
abbiano veduto la luce in Roma senza il relativo corredo di spro-
positi di grammatica. E questo e gia qualche cosa; poiche non pos-
siamo avere la sostanza ci contenteremo della forma. Noi dunque
dobbiamo renderci degni di accogliere fra noi il Re ed il Governo.
Pel Re sta bene ; ma pel Governo ? Oh ! come si fa a rendersi degni
di accogliere Ton. Lanza, per esempio, o Ton. Yisconti Yenosta?
Saremmo stati desiderosi che 1'egregio Sindaco ce 1'avesse un poco
spiegato. Certe cose, specialmente da chi ha il cervello un po'grosso...
come noi, non si capiscono di primo tratto. Rendersi degni di acco-
gliere il Governo! Oh che! si corhella ? Yuol essere un tantin dif-
ficile, a meno che non ci soccorra la saggezza dei nostri padri coscritti,
nella quale unicamente confidiamo per uscire da questo imbroglio! Cioe
sbaglio, oltre la saggezza dei Padri c'e un altra cosa in cui dobbiamo
confidare, la provvidenza ! lo dice il manifesto ed ha ragione. Oh! sin-
daco-provvidenza! »
La mostra personale del nuovo Sindaco ebbe luogo nel pome-
riggio di quello stesso giorno, nel quale celebravasi, come gli anni
addietro, ma con una forma politica nuova, 1'anniversario della fon-
dazione di Roma, o come dicono il Natale di Roma. Dovendosi pagare
la Girandola preparata e poi non incendiata il lunedi della Pasqua,
tanto valeva il darne al popolo lo spettacolo ; e fu percio fissata la
sera del giorno 21 aprile; e per rendere pomposa anche la festa diurna?
fu ordinata ed eseguita una splendida rassegna della Guardia Na-
zionale, che in Piazza del Popolo sfilo, verso le 4 pom., sotto un palco,
sul quale erano esposte le persone del Sindaco e della Giunta mu-
nicipale. II sindaco, dopo che furono passate, in quello atteggiamento
marziale che loro si addice, le due prime legioni del Palladio , do-
vette privare di sua presenza il rispettabile pubblico, per recarsi alia
' CONTEMPORANEA 465
stazione della via ferrata, e quivi accogliere colle dovute onoranze il
principe Umberto e la principessa Margherita, reduci da Napoli. I reali
personaggi assistettero piu tardi allo spettacolo della Girandola; che
pel nuovi venuti dovette riuscire, stando a quel che ne dicono i
giornali, di portentosa magnificenza e bellezza.
3. Ma i Roman! di Roma aveano un'altra Girandola da con-
templare! Era una notiftcazione municipale, firmata da quella graride
cima d'uomo politico ed amministrativo , che e I'assessore Biagio
Placidi. Questi era gia famoso per la parte sostenuta nel famosissimo
Comitato , che per 10 anni, coi quattrini del Governo di Yittorio
Emanuele, avea operato in Roma quelle meraviglie che tutti sanno;
con certe offerte di spade, con indirizzi non mai pubblicati, con le
coccarde tricolori appiccicate alle code dei cani , con i petardelli di
carta, e simili argomenti morali e dimostrativi dell'unanime volonta
del popolo romano per essere anuesso al Regno d' Italia. Ora egli e
famosissimo per fatti piu splendidi.
Codesta notificazione, inserita nella Gazzetta u/ficiale di Roma,
n°207 del 19 aprile, dovra scolpirsi piii tardi sul piedestalio che reggera
la statua colossale dovuta dalla patria al benemerito Biagio ; e bastera
essa sola per dimostrare ai posteri di che razza uomini grandi, anzi
giganteschi per ingegno amministrativo, fosse fornita di questi gio.rni
la Giunta municipale.
Lo spazio troppo ristretto di queste pagine non ci permette di
trascriverla. Ma ci pare di poterne dare uno schizzo esatto in poche
parole. II Municipio, per aiutare il GoVerno al trasferimento della
Capitale, si costituiva sensale per le pigioni degli alloggiamenti agli
impiegati; e per riuscirvi metteva in opera due mezzi efficacissimi:
il denaro del pubblico ed il domicilio coatto, esercitato con una giun-
terella di espropriazione forzata delle camere e degli appartamerti
dei cittadini mal disposti a favorire le sue pratiche.
Fissate queste basi, il Placidi le svolse in sette articoli. II primo
stabiliva che una Commissione fosse deputata alia ricerca degli alloggi
« nelle case della citta che credera atte a fornire abitazioni in affitto; »
ed intanto il Governo darebbe al Municipio una specie di statistica
degli impiegati e delle rispettive loro famiglie. Gli articoli seguenti,
fino al 5°, definivano per minuto le pratiche da farsi per contrattare
coi proprietarii il fitto da pagarsi ; se questo chiedeasi ragionevole, si
fermava e restava a carico del futuro pigionante; se non fosse ragio-
nevole, il di piu si pagherebbe, non dal pigionante, ma per un terzo
dalla Provincia, per un altro terzo dal Comune ed il resto dal Go-
verno. Cosi la faccenda era assestata. Ma potea darsi caso che i pro-
prietarii delle abitazioni le volessero tenere per se, od affittarle a
Serie VIII. vol. II, fasc. 502. 30 \\ maggio 1871.
466 CRONACA
loro proprio piacimento. E qui rifulse la scienza politica del consiglieri
municipali; che risolvettero di ottenere dal Parlamento e dal Governo
un buon articolo di legge per espropriazione in causa di utilita pub-
blica ; in virtu del quale la Commissione visitatrice giudicherebbe
di quante e quali camere doveano i proprietarii o pigionanti con-
tentarsi , quali cedere ad uso degli impiegati, che il Municipio desi-
gnerebbe ad abitarvi. Ottenuto questo, il nodo gordiano era, non gia
troncato, ma sciolto sapientissimamente. Gli impiegati, secondo le
indicazioni della mentovata statistica, erano destinati a questo o quello
alloggio che la cbmmissione avea designate come loro conveniente,
come si fa quando in una citta o borgata sfornita di quartieri pei
soldati si devono per pochi giorni albergare truppe.
Gli impiegati erano cosi mandati a domicilio coatto;Q se loro
non piacesse starvi, tanto peggio per loro! E i proprietarii? Che de-
lizia, per esempio , se una buona famiglia di pii cattolici dovesse
stivarsi in tre o quattro camere, per cedere le altre quattro, o cinque,
ad uso di altrettanti impiegati giudei o liberi-pensatori! Che deli-
catezza per un padre di famiglia, circondato di quattro ragazze da
marito, 1'essere astretto a cedere la meta del suo appartamento a
scrvizio d'un qualche scapestrato celibe senza scrupoli !
I nostri lettori non hanno d'uopo che diciamo altro, per mettere
in evidenza 1'assurdita di questo bel portato Placidiano!
Appena comparve, tutti i giornali furono concordi in seppellirlo
sotto una montagna di critiche, la cui conclusione, piu o meno inci-
vilmente espressa, fu che quello era un portento di goffaggine e di
assurdita. II Tempo, nei numeri 198, 200 e 202, venne analizzando a
parte questo ingenuo disegno, e con uno spietato sarcasmo diede al-
l1 evidenza delle sue critiche una forza, che, se fosse sempre impie-
gata , come in questo caso , pel vero e pel giusto , gli meriterebbe
davvero la stima e la gratitudine della gente onesta . La Capitale
anch'essa tiro giu a campane doppie. E inutile aggiungere che i gior-
nali cattolici, con maniere piu discrete, boliarono come doveasi quella
prepotenza. L' Osservatore Romano disse che a prima giunta credette
che quello fosse o un bando della Comune di Parigi, o compilato ad
uso di Roma da qualche emissario di quella Comune.
Perfino la Liberia, che i giorni innanzi strepitava si forte contro
I'inerzia del Municipio, gli diede un terribile risciacquo nel n° 108
del 22 aprile, qualificando come arbitrarii ed ingiusti questi prov-
vedimenti; e questo mostra che era senza fondamento cio che diceva
il Tempo n° 199: « Ld sotto c' e del Gadda. Se ne sente la puzza,
con licenza parlando, a mezzo miglio di distanza. Quella notificazione
non e tutta farina del povero Placidi : ci sono troppe sciocchezze perche
Gadda non ci abbia messo le mani — scommetto che T hanno mani-
CONTEMPORANEA 467
polata insieme — parturiet Gadda f nascetur — la notificazione di
Placidi! — Altro che Lunati! D'ieci professor! di metafisica trascen-
dentale non ne dicono tante in vent'anni , quante un assessore solo
& stato capace di dime in una sola volta e in una notificazione sola ».
Da questo schizzo si pud vedere qual fosse la pittura, con che
ritraevasi la grande figura del sig. Biagio agli occhi dei Roman i ,
gia troppo noiati per altre cose, ed impauriti da quella prospettiva
di domicilio coatlo ai nuovi venuti !
' II Placidi senti che la cosa non potea andare avanti, e nelle
istruzioni compilate ad uso dei Commissarii deputati alia indagine
inquisitoriale degli alloggiamenti , impose che non entrassero punto
la dove non si volesse lasciarli entrare; non molestassero nessuno;
fossero cortesi con tutti; non si mostrassero oftesi dei rifiuti , ma grati
delle offerte.
E evidente fin d'ora che non si procedera oltre cpn la forza,
e che tanto gli impiegati forestieri quanto gli abitanti romani la scam-
peranno dal domicilio coatto. E giova sperare che lo stesso esito avra
la proposta, rinnovata dal Placidi e di nuovo ammessa dal Consiglio
comunale, di insistere presso il Governo ed il Parlamento, perch& al
Municipio romano diasi facolta di esercitare un diritto di espropria-
zione per utilita pubblica contro i possessori e proprietarii dei Con-
venti e Monasteri di Roma, per trasformare tali edifizii in case ad
uso civile, gettando in istrada frati e monache affine di dare stanza
ai liberatori dei 20 settembre.
Non cosi, pur troppo pei Llomani, sara d'un imprestito, che gia
dicesi manipolato dall'Alatri e dallo Spada, per mettere il Comune
di Roma in grado di spendere 30 milioni di lire in opere di pub-
blica utilita , e d'abbellimento ! E prarnmatica costante dei Governi
liberali di procurare che i governati siano il piu presto possibile
tratti all'orlo del fallimento ; e si sa quanto giovi a questo lo spar-
nazzare e far debiti ! E percio non e da presumere che il Governo
sia per mettere intoppo , in questa parte, al procedere della Giunta
comunale. Mentre questa studia il modo d' indebitarsi, egli studia per
suo conto il modo di fare che non gli si possa trarre dagli artigli
punto nulla delle proprieta dei Corpi religiosi ; e percid fa studiare
dai suoi magistrati e consiglieri il modo di schermirsi dai richiami
de' Governi stranieri interessati a difendere alcuno di tali istituti.
4. Infatti la Gazzetta ufflciale di Roma n° 217 del 59 aprile,
pubblico la nota seguente.
« 11 Governo del re, nel proposito di osservare verso gli istituti
religiosi stranieri esistenti in Roma quei riguardi non solo di giustizia,
maanche di convenienza che la loro indolespecialerichiedesse, venne
nella determinazione d'istituire una giunta di personaggi autorevoli,
468 CRONACA
incaricata di studiare le condizioni giuridiche di tali istituti, in quanto
die abbiano dipendenza da chiese o fondazioni cattoliche straniere :
e proporre gli opportuni provvedimenti. »
La giunta e stata , con reale decreto , composta come segue :
S. E. Desambrois de Nevache, presidente; S. E. Vigliani cora-
mendatore Paolo Onorato, vice presidente; Vacca commendatore Giu-
seppe, Pisanelli commendatore Giuseppe, Scialoia commendatore
Antonio, Boncompagni cavaliere Carlo, Mauri commendatore Achille,
Robecchi commendator Giuseppe , Piacentini Rinaldi commendator
Giuseppe.
Vuolsi confessare che se il Governo s'attiene, nella pratica, ai
principii qui invocati , la strage degli istituti religiosi stranieri in
Roma non sara cosi corapiuta come quella degli istituti nazionali.
Si sa che coi foresticri, massime se inglesi o prussiani, si debbono
ora adoperare eerti riguardi . Ma verso gli italiani, servum pecus ,
non e bisogno di cerimonie. Due righi di legge , od anche solo un
decreto reale; e con cio si appropriano allo Stato case e beni, dando
per compenso ai dispogliati la libertd di andare a spasso a ciel sereno
e di morir di fame !
5. Di questo benefizio inestimabile e sicuro delia liberta, portata
a Roma al tuono delle cannonate del 20 settembre , gia godono le
delizie niolte migliaia d' infelici e le centinaia di famiglie che, sotto
il tirannesco Governo dei preti, campavano in gran parte di quel
tanto che ricevevano dalla Commissione dei sussidii . Questa dal
paterno Governo dei Lanza e dei Sella fu abolita, come cosa inutile
ed onerosa per lo Stato ; ed i proventi, che andavano a sostentamento
dei poveri e degli infermi. ed in usi di istruzione e di culto,
sono gettati nella voragine del deficit, sempre spalancata la dove le
fmanze stuiino in mano ai liberali. La suddetta Commissione distri-
buiva ogni anno in Roma oltre a L. 1,500,000 di limosine, proye-
gnenti da cespiti per nulla gravosi al comune, come erano per esempio
le multe per le contravvenzioni e per i reati a giudizio de' Tribunali
e rigore di legge. Ai nuovi padroni di Firenze parve che cedesti
bricioli non si dovessero disprezzare. A prima giunta volevano inghiot-
tirseli tutti in un boccone ; ma avvedutisi del tristo effetto che cio
avrebbe prodotto in Roma gia tanto immiserita, si contentarono di
tollerare che, per questo solo anno 1871, e per pura munificenza
del la Camera, si debbano erogare ancora L. 500,000. Poi non se ne
parli piu !
Perche nulla sfugga all' appetito finanziario del Sig. Quintino
Sella, venne anche pubblicata nella Gazzetta ufficiale di Roma,
n° 208 del 20 aprile, la nota seguente.
CONTEMPORANEA 469
« Affinche il Ministero delle finanze possa essere in grado di
prendere una definitiva determinazione sulla radiazione o sulla con-
servazione degli assegni di culto, di beneiicenza, istruzione pubblica
e simili, iscritti a carico del debito pubblico Romano, ha istituito una
commissione apposita in questa citta, la quale deve esaminare i titoli
di concessione. Coloro pertanto, ai quali fosse tuttora sospeso 1'as-
segno sul Debito pubblico, od avessero avuto avviso che non sarebbe
corrisposto che sul primo semestre 1871, sono invitati a presentare
alia commissione stessa, residente nell'ufficio di stralcio del debito
pubblico, i titoli di originaria concessione o qualunque altro docu-
mento che vi avesse relazione. La commissione terra le sue sedute nei
giorni di martedi e venerdi di ogni settimana fino al 20 maggio,
dalle ore 2 alle 5 pomeridiane; e ricevera anche a protocollo quelle
deduzioni verbaii che le parti credessero di fare. » Ognuno gia puo
capire i benefici effetti che avra questa munificenza filantropica del
Sig. Quintino Sella! I poveri di Roma gli debbono assolutamente eri-
gere un monumento. La Frusta ne puo fin d'ora preparare il bozzetto.
G. II Santo Padre, nel Breve allegato al principio di questa cro-
naca , scrisse che « soltanto dalla Divina Potenza » puo sperarsi
ed aspettarsi aiuto a Roma ed alia sua Chiesa nelle presenti congiun-
ture. Cio non di meno torn6 accettissima a Sua Santita la cura, che
diedesi il Sig. Adolfo Thiers, capo del potere esecutivo della repub-
blica francese, di nominare, coll'antico grado di rappresentanza un
ambasciadore di Francia presso la Santa Sede. La scelta del personag-
gio, a cui fu affidata questa carica si delicata nei tempi che corrono,
dimostra pure delle benevole intenzioni di quel Governo verso il
Santo Padre, avendola affidata a S. E. il Sig. Conte d'Harcourt, che
giunse in Roma la mattina del sabato 22 aprile.
La mattina del seguente lunedi 24 aprile, e del martedi 25 erano
ricevuti, a privata udienza dal Santo Padre, S. E. F Ambasciadore
d'Austria-Ungheria Conte di Trauttmansdorff, e S. E. il Ministro di
Baviera, conte Tauffkirchen ; i quali, per congedo impetrato dai ri-
spettivi loro Governi, doveano allontanarsi da Roma.
In suile ore 11 antimeridiane del mercoledi 24 aprile S. E. il
conte D'Harcourt, che fino dal lunedi erasi recato a visitare 1'Emo
Card. Antonelli Segretario di Stato, fu ricevuto a privata udienza di
Sua Santita, per la presentazione ufficiale delle lettere che lo accre-
ditavano in qualita d' ambasciadore presso la Santa Sede . QuaJche
giorno dopo S. E. ebbe un^altra udienza dal S. Padre, a cui presento
il sig. De Vogue", ambasciadore francese in viaggio per Costantino-
poli, e che ebbe incarico di passare per Roma onde mettersi a dispo-
sizione della Santa Sede per gli uffici da fare cola all'intento di sedare
lo scisma armeno e sostenere la causa cattolica.
470 CRONACA
\
7. I giornali rivoluzionarii cominciavano gia a darsi libera car-
riera sul campo delle congetture a proposito di codesti movimenti
diplomatic!, quando loro venne oiferto dai partigiani dell' 'Alleanza
repubblicana universale un tema piu fecondo e piu appropriate alia
loro capacita politica.
Quali progress! vada facendo in Italia codesta setta, diremo di
proposito un'altra volta. Per ora basti accennare che pel 30 aprile essa
dovea passare a rassegna i suoi masnadieri in Roma ; e questo giorno
era stato scelto apposta, come quello che offeriva un facile pretesto
di evitare ogni impaccio dai Governo. Infatti quel giorno ricorreva
T anniversario della vittoria riportata dai Garibaldini, sotto le mura
di Roma, traPorta S. PancrazioeportaCavalleggieri, il 30 aprile 1849,
contro una debole avanguardia del corpo di spedizione francese; la
quale, fidandosi di non incontrare resistenza , s' era incautamente in-
saccata in quel valloncello, dominate d' ogni parte dalle batterie d<>!
Gianicolo e del Vaticano; e vi fu battuta dai Garibaldini usciti in
numero troppo maggiore da Porta S. Pancrazio. II Governo di Firenze
che fregia di medaglia di benemerenti i difensori di Roma nel 1849,
non potea insospettire d'un anniversario di tal fatto. Inoltre voleasi
quel giorno, in cui pare che fosse fucilato dagli Austriaci il famoso
CiceruaeehiOj inaugurare una lapide commemorativa in onore dico-
desto eroe romano, da mettersi sulla sua casa presso la piazza del
Popolo.
Datasi la posta per quel giorno, trovaronsi in Roma il fiore del
Garibaldini superstiti del 1849, e v' andarono pure da Firenze gli
onorevoli Crispi, Fabrizi, Rillia, Toscano, Rorruso, Michelini, Oliva,
Asproni, Damiani, Corte, Guerzoni, Cucchi ed altri assai tra i Depu-
tati che, con tutto il loro giuramento di fedelta al Re ed allo Sta-
tuto, professano di vagheggiare come il tipo perfetto d'un buon Go-
verno la Repubblica democratica, e ne promuovono il culto.
Diremo a suo tempo, quando parleremo delle interpelianze fatte
poi alia Camera, come procedesse tutta la faccenda. Ora ci basta
accennare che il Questore di Roma, Sig. L. Rerti, vedute affoltarsi
grosse nubi temporalesche sotto 1'influsso di questi soffioni repubbli-
cani, chiese istruzioni da Firenze; e n'ebbe ordine d' impedire co-
deste dimostrazioni. E le impedi davvero. Fin dai 29 aprile egli mando
affiggere la seguente: Notificaziorte. — Per considerazioni d' ordine
pubblico il Governo deve vietare le dimostrazioni che si annunziano
per domani, 30 aprile. Qualunque riunione o assembramento, che si
formasse, sarebbe percio disciolto con le norme stabilite dagli arti-
coli 26, 27, 28 e 29 della legge sulla pubblica sicurezza. II sotto-
scritto ne avvisa ad ogni buon fine il pubblico a seconda delle istru-
zioni ricevnte dall' autorita superiore; e confida che i cittadini romani,
CONTEMPORANEA 471
si benemeriti della patria, vorranno dare anche in questa circostanza
una nuova prova di rispetto all'ordine, prima garanzia della liberta.
Roma, 29 aprile 1871. // Questore L. BERTI. »
Questo bando spiacque assaissimo ai direttori della festa pre-
parata; ma loro si fece intendere che, se pur volevano tentarne la
prova, doveano andar cauti. Pare anzi che la hotizia di cio bastasse a
levare la speranza della riuscita a Menotti Garibaldi ; il quale, giunto
il 29 stesso a Roma, e saputo del vento che spirava dalle regioni
della Questura, ripiglid la strada ferrata, e se ne, andava via alia
volta di Catanzaro, nido prediletto della Garibalderia. II bando del
Berti fu insozzato sporcamente in piu luoghi ; ed in altri fu coperta,
come per dileggio, la firma del Berti, con una striscia incollala che
recava stampato il nome di Mons. Lorenzo Randi. Cio fini di guastare
la festa, obbligando il Berti a provvedere con vie maggiore energia.
E provvide davvero.
Fu convocata sotto le armi la Guardia nazionale per le 8 an-
timeridiane della Domenica 30 aprile; e ne furono distribute le
compagnie al Campidoglio, al Corso, alia Direzione del Lotto presso
la Casa del Ciceruacchio , a Porta Cavalleggeri, a Santo Spirito, a
Porta S. Pancrazio, dove erasi disegnato di fare la dimostrazione.
Poi disseminati da per tutto Carabinieri e Guardie di sicurezza pub-
blica ed ufficiali di Polizia, con ordine di sciogliere le raunate, anche
colla forza se cosi fosse d'uopo.
I Garibaldini, benche un po' scorati per questo apparato di for-
za, s'impuntarono di fare la prova almeno di eseguire quanto aveano
divisato. Si raccolsero in certo numero al Campidoglio ; ma ivi un
Capitano di Guardia Nazionale li persuase a sciogliersi e andarsene;
sulla Piazza del Gesu un Delegate di Polizia, con 1'espressiva sua
fascia tricolore ed un competente numero di tricorni di Carabinieri,
loro intimo di sciogliersi e si sciolsero, andando pero cosi sperperati
verso Piazza del Popolo pel Corso e per la via di Ripetta alia casa
del Ciceruacchio. Ma ivi ancora ebbero lo stesso complimento, soste-
nuto da due compagnie di Guardia Nazionale. Indispettiti osarono
ricorrere allo spediente civilissimo delle tischiate e degli urli; e questo
trasse fuori dalla caserma dei Carabinieri di Piazza del Popolo una
buona schiera di Granatieri di Sardegna con le baionette in canna.
A quella vista si capi che bisognava aver giudizio, e la folia si spar-
pag!i6, lasciando un due o tre dei piu focosi nelle mani delle Guardie
di sicurezza che li aveano arrestati.
Si voile tuttavia andare a far baccano fuora di Porta S. Pancra-
zio. Ma questa era custodita da due grosse compagnie di Guardia
nazionale. La Villa Pamphili, dove correva qualche pericolo il mo-
numento funebre dei francesi ivi caduti nel 1849, era forse piu mi-
472 CRONACA
nacciosamente guardato da bersaglieri e da uno squadrone intero
delle Guardie nazionali e da lancieri; e forti pattuglie correvano tutte
le vie da Porta S. Pancrazio a Porta Cavalleggeri e intorno al Va-
ticano.
I Garibaldini scorbacchiati si vendicarono coi fiaschi del vino
che tracannarono nelle bettole. La Guardia nazionale fece bene il
suo dovere. E gli Onorevoli andati a Roma da Firenze per dirigere
la festa repubblicana, se ne tornarono via la sera stessa, ruggendo
come lioni furiosi, e giurando la vendetta di terribili interpellanze
nella Camera contro 1'illegalita che avea impedito quella santa festa!
I giornali della setta gridarono al finimondo, perche si adopero
la Guardia nazionale a questo servizio, e non si osservarono, dicono
essi , le formalita della legge. La Guardia nazionale, in corpo, e
lodata dal Gadda e dal Lanza, e percio dal Pallavicino e dal Tit-
toni, e si gloria d'aver salvato la patria. Molti Garibaldini graduati
della Guardia nazionale, sono furibondi, perche, con le loro medaglie
in petto del 1859 e del 1866 e 1867, furono costretti ad impedire il
trionfo dei loro degni antecessori del 1849. E la Questura dice: ho
fatto quel che mi spettava. Tali sono i fatti romani d'aprile 187 1.
in.
TOSCANA E STATI ANNESsi — 1. Cenni sopra i lavori del Parlatnento — 2. Pro-
cess! criniinali contro sei Deputati — 3. Dibattimenti e voto della Camera
elettiva per la legge delle guarentige al Papa — 4. Promessa del Guar-
dasigilli deFalco per una legge sopra gli ordini religiosi in Roma — 5. Pro-
posta di nuove gravezze fatta dal Sella — 6. Progresso nei reati di sangue
e contro le proprieta; schema di legge, proposto dal Lanza per la sicu-
rezza pubblica — 7. Circolare dello stesso Lanza contro le stampe e foto-
grafie oscene.
1. Un liberalissimo giornale di Roma, a proposito della prima
seduta pubblica del Consiglio comunale, diceva a ragione: « che si
desiderano sempre le cose che non si possono avere, e le si disprezzano
quando si sono ottenute. » Questa sentenza si avvera costantemente
in Italia , per cio che risguarda la partecipazione al Governo della
cosa pubblica in quell'ufficio che, se non e sempre il piu lucroso,
e sempre teoricamente il piu sublime, cice 1'esercizio della podesta
legislativa. Quante brighe, quanti impegni, quante spese, quanti pro-
grammi e studii e talvolta pure quante tranellerie e quante corruzioni
per riuscire eletto Deputato alia rappresentanza nazionale nella Camera!
Se non vogliamo supporre che tutti i candidati siano abbietti mer-
canti del proprio onore, con intento di vantaggiare gli interessi della
loro borsa, dobbiamo credere che i piu di loro si propongano davvero
CONTEMPORANEA 473
di fare poi quel che promettono agli elettori; ossia studiare attesa-
mente le leggi proposte, vigilare la condotta del Ministero, ricercare
con iscrupolosa diligenza 1'uso che si fa del pubblico denaro, richia-
mare a severe sindacato gli atti dei Ministri che offendono la liberta
delle persone, esigere la stretta osservanza delle leggi, sostenere i
diritti dei cittadini contro i soprusi degli ufficiali del poter esecutivo,
promovere 1'industria ed il commercio, tutelare 1'agricoltura, impe-
dire che 1'esercito divenga uno strumento di oppressione o una ten-
tazione a guerre non del tutto necessane; e cosi via discorrendo.
Ma che? Impetrata la grazia dell'elezione, fatta un' apparizione
alia Camera, gustato 1'onore di occuparvi un seggio di velluto e fatta
qualche visita alia Corte, e soprattutto afferrato il privilegio delle
immunitd personali ed intascata la piastra che autorizza a viaggiare
gratis sulle vie ferrate : insomma , colti i vantaggi della carica , da
molti e moltissimi se ne ributtano fastidiosamente i pesi ; ed & bisogno
di molte e larghe promesse con alcuni, di minacce con altri, di cir-
colari ministeriali o presidenziali con quasi tutti, per ottenere che la
Camera sia di tanto in tanto in numero legale e sufficiente per votare
le leggi, dibattute ed impastoiate dai soliti 15 o 20 del mestiere,
alia presenza di alquante decine di loro colleghi impazientissimi di
quella noia. Dacche si inauguro il Parlamento, alii 5 dicembre 1870,
con la nuova Camera elettiva costituita dai suffragi del precedente
novembre, quale importante questione fu risoluta? Qual legge fu san-
cita che possa e debba tornare a vera utilita del pubblico?
Lasciamo da parte la convalidazione del plebiscito romano del
2 ottobre, e la legge pel trasferimento della sede del Governo a Roma;
poiche questi furono atti rilevanti sotto 1'aspetto politico ed inter-
nazionale, ma la cui utilita pel vero bene pubblico ed amministra-
tivo della nazione e per lo meno assai dubbia ; e che ad ogni modo
furono spacciati dalle due Camere in poche sedute, per poter dire
ancora una volta, cosa fatta capo ha.
II resto del tempo, e le enormi spese per le due Camere e per
la stampa degli Alti ufficiali qual frutto produssero? II senate sanci
alii 22 marzo con 60 voti contro 13, una nuova legge sopra la coscri-
zione militare; la quale, quando avra ottenuta anche 1'approvazione
della Camera dei Deputati e la firma del Re, rechera questo bel van-
taggio: che 1' Italia sara trasformata in vasta caserma, dove tutti i
cittadini fino.aU'eta di circa 40 anni sono costretti ad essere piu o
meno soldati , senza eccettuare i chierici ed i preti; ai quali, se loro
non si fara maneggiare il facile od il cannone, sara imposto il ser-
vizio d'infermieri. Vogliamo credere che 1'intento del Ministro della
guerra fosse solo di prussianeggiare cosi r Italia, onde renderla ca-
pace di emulare i prodigi militari della Prussia massime contro la
474 C RON AC A
Francia. Ma e certo che la setta massonica ne ricava J'effetto, a cui
mirava da tanto tempo, di recare cioe un colpo funesto alia Chiesa;
!a quale per tal modo appena potra rifornirsi di cherici e sacerdoti
secolari , e restera priva dell' opera degli ordini religiosi , di cui torna
poco meno che impossibile la conservazione e 1'esistenza, con una
legge che obbliga tutta la gioventu ai doveri militari fin oltre i 34
anni. Di che puo vedersi un breve discorso nell'unita Cattolica n. 70.
Fuori di questo il Senato non tratto attesamente altro soggetto di
grave momento; tale non sembrandoci 1'armeggiare degli oratori circa
la famigerata legge per le guarentige al Papa , alia quale doveasi
dare 1'ultima forma, perche rispondesse bene all' intento giudaico del-
\'Ave Rex.
La Camera dei Deputati, ove s'eccettuino le solite inlerpellanze,
non fece quasi altro che ciarlare sopra codesto guazzabuglio della
legge per le accennate guarentige , ed insaccare a precipizio leggi
temporanee, d' interesse particolare, a piacimento dei Ministri. Co-
mincio naturalmente , come pel passato, col dare al Governo la fa-
colta dell' esercizio provvisorio del bilancio; non tralascio veruna
occasione di provocare una crisi ministeriale, e continue a dare
grasso guadagno agli stampatori degli Atti uffieiali. Ma come e quando
si fecc il dovuto sindacato delle spese degli anni precedenti? Si ebbero
e si discussero forse i rendiconti del Ministero delle fmanze circa i
balzelli riscossi , gli arretrati non riscossi, le economic sperabili?
Si esamino qualche parlito pratico circa il modo di diminuire le spese,
di colmare il deficit, di vantaggiare i proventi senza linir d'assassinare
i contribuenti ? Niente aff'atto. A questo proposito, che pur e I'ufficio
capitale della Camera dei Deputati , tutto si ridusse a certe proposte
gettate in mezzo dal ministro Quintino Sella , che si beflb del ri-
brezzo con cui furono udite dalla Camera , e della esecrazione uni-
versale con cui furono reiette dall'opinione pubblica. Intanto, mentre
i Deputati ciarlano, il Ministero spende e spande; ed i contribuenti
devono pagare , e poi pagare, e sempre pagare! frutti del sistema
rappresentativo parlamentare.
Che se puo dirsi sciupato il tempo dal piccolo numero dei De-
putati che frequentarono le sedute, troppo piu grave biasimo incorsero
quei moltissimi, puo dirsi la pluralita dei Deputati, che o non vi
andarono punto , o vi si condussero rarissime volte, defraudando cosi
i diritti dei loro elettori , non senza grave discredito delle istituzioni
parlamentari. Eccone un saggio.
La Camera, non volendosi privare dei sollazzi carnascialeschi,
erasi prorogata fmo al giorno 1°. di marzo: e gli onorevoli erano
stati esortati con gran fervore , a fare in modo che quel giorno stesso
ia tornata dovesse riuscire proficua , almeno in quanto 1' aula non
CONTEMPORANEA
475
fosse deserta. Otto interi giorni di riposo dalle fatiche del baccaaali
sembravano poter bastare. Eppure non cosi la pensarono la massima
parte degli onorevoli, e fino alii 4 niarzo non si pote far nulla, troppo
scarso essendo il riumero dei Deputati presenti. All' ora posta arrivava
il Presidente od il Vice presidente; si guardava attorno, vedea sparsi
qua e cola capannelli di parlatori annoiati ed impazienti d'andarsene
pei fatti loro, contava i pochi eke sonnecchiavano o sbadigliavano
adagiati nei loro stalli, tutti insieme erano ancor troppo pochi, aspet-
tava un buon tratto per vedere se sopravvenissero altri, poi acco-
miatava tutti e se ne andava a pranzo.
Cosi s'ando innanzi fino al 4 marzo; nel qual giorno , per mi-
racolo, gli assenti erano soltanto 421, i presenti sommavano 79 ! Erano
quanti bastavano a figurare una seduta parlamentare; e si comincio
a parlare. A poco a poco gli stalli si vennero popolando, ed alii 9
marzo si ripiglio la discussione della legge per le guarentige al Papa,
di cui restavano a disaminare tutti gli articoli del Titolo secondo.
Conchiusa questa faccenda nella tornata del 21, si continue a trattare
di varie altre di poca rilevanza fino al 2 aprile. Allora gli onorevoli
prostrati da queste immani fatiche, cedettero al bisogno d' un nuovo
riposo. La Camera fu prorogata fino al 12 aprile. II Presidente, prima
di licenziare i suoi degni colleghi alle vacanze , rammento loro che
erano in pronto due leggi, la cui discussione ed approvazione era
urgentissima , 1* una sopra alcuni straordinarii provvedimenti per la
sicurezza pubbiica, 1'altra pel riordinamento dell' esercito; e fece un
patetico fervorino ai Deputati perche non fallissero al debito loro , e
nel giorno posto si trovassero a' loro stalli. Egli spreco il fiato, giacche
il 12 aprile si rinnovo il niente edificante spettacolo del 1° marzo.
I giorni seguenti s' ando innanzi ad occhi chiusi , mostrando il Pre-
sidente di non accorgersi che il numero dei presenti non bastava alia
legalita del voto sopra certe leggi di poco interesse, che intanto sog-
giacevano alle. formalita del dibattimento parlamentare.
Ma nella tornata del 19 aprile, dovendosi procedere allo scru-
tinio pel voto definitivo sopra codeste leggi, fu indispensabile, per
virtu del regolamento, il premettere 1'appello nominale dei Deputati
presenti; e risulto comprovato quello che tutti gia sapeano, cioe che
i giorni innanzi erasi votato senza numero legale, e che anche in
quella tornata i presenti non erano quanti sono richiesti per la le-
galita del voto. Di che il Presidente si mostro assai scandolezzato ,
e non senza un poco di stizza ebbe a sfogare il suo zelo, dicendo
che appellava al giudizio del paese sopra questo procedere del mas-
simo numero dei rappresentanti della nazione! II sig. Biancheri avea
ragione di indegnarsi. Essendo gli onorevoli in numero di 508, bastava
476 CRONACA
secondo il regolamento che fossero present! 225, e tuttavia fino al 21
aprile non se ne contarono mai piu di 162.
2. Sarebbe tuttavia una specie d'ingiustizia il malmenare quest!
pochi men negligent!, i quali, sia pure che non facciano grand! cose,
impediscono fino ad un certo punto che diventi opinione pubblica
ed universale quella che e gia assai diffusa tra moltissimi, cioe po-
tersi fare a meno d'una rappresentanza nazionale tanto dispendiosa
per una parte e tanto inutile per 1'altra. A che pro spesare, per vie
dirette ed indirette, a costo di piu milioni, una Camera di 508 De-
putati, mentre d' ordinario non se ne possono raccozzare nell' aula
un 250 ?
Tutiavolta i pochi raunatisi, dopo le vacanze della Pasqua, nella
sala dei Cinquecento , rendettero anche alia patria un altro non
ispregevole servizio. Gia da pezza la giustizia chiedeva che le fosse
lecito intentare processo criminale contro parecchi Deputati che, per
abuso della loro prerogative d'immunita, erano imputati di crimini
e delitti comuni . Percio eras! posta all' ordine del giorno , per la
tornata dei 12 aprile, la disamina ed il voto sopra cinque domande
di autorizzazione a procedere contro altrettanti Deputati. II primo di
quest! era Camillo Casarini, sindaco di Bologna, accusato « d'ingiurie
atroci e di percosse e ferite con prodizione e per impulso di brutale
malvagita. » Per un Sindaco e Deputato, won c'e male! II secondo era
1' onorevole Pietro Strada , accusato d' ingiurie verso un Pretore. II
terzo era 1' onorevole Francesco Martire, accusato di ferite volontarie
inflitte con colpi d'arma insidiosa. II quarto era 1' onorevole Pacifico
Valussi, accusato come diffamatore ereo d'ingiurie pubb.!iche. II quinto
era F onorevole Alceo Massarucci accusato di contravvenzione in ma-
teria di finanza per certa magagna di cambiali. Le istanze fiscali per
la facolta di procedere presso i Tribunal! competenti contro questi
onorevoli furono regis^rate negli Atti ufficiali> ed anche nell' Unild
Cattolica n. 54, 57 e 58 del 1871.
Un sesto onorevole venne poi a tener compagnia ai prelodati
cinque, ed e il famoso Paulo Fambri, contro cui nella tornata del 17
aprile, fu presentata la domanda fiscale, riferita nell' Unitd Cattolica
n. 96 del 23 aprile; dalla quale risulta contro' di esso 1'imputazione
di « aggressione armata mano sulla pubblica via, e di violenze, mi-
nacce, maltrattamenti ed offese verbal! » sulla persona d'un dott. Galli.
Nella tornata del 22 aprile la Camera concedette al R. Fisco la
chiesta facolta di procedere giudiziariamente contro i cinque prim!
onorevoli Casarini, Strada, Martire, Valussi e Massarucci. Pel sesto, si
vedra poi. Fu gracde scandalo quello che, per le ferrovie meridional!,
si ebbe dal processo contro gli onorevoli Susani e Bastogi, imputati
di baratterie ; piu grande fu quello eccitato pel famoso processo dei
CONTEMPORANEA 477
non sappiamo quanti onorevoli, impegolatisi 1'anno scorso nell'in-
truglio della Regia coinleressata ; luttavia quest! erano almeno pro-
cess! per aflari e speculazioni, indelicate se cosi vuolsi dire, ma che
somigliano alle infinite che si fanno anche da persone ragguardevoli
ogni giorno nei giuochi di Borsa. Qui invece si tratta di reati comuni;
cioe di quel genere di violenze o di bassezze, che d'ordinario si
commettono solo da persone abbiette e senza educazione. Si vede da
cio che talvolta gli elettori, non solo devono essere di facile contenta-
tura circa la capacita intellettuale e la probita dei candidati, ma
neppure si curano di nominare almeno persone civili.
3. Sembra a noi che questo scandalo di sei legislatori accusati
di delitti comuni venisse proprio in mal punto, a disdoro di quella
Camera che con prosopopea sovrana avea poc'anzi compiuta 1' opera
laboriosissima quanto inutile della legge per le guarentige d' indipen-
denza del Papa. Di questa abbiamo ragionato di proposito piu volte ;
e ci parrebbe di buttare il tempo e la fatica, e di abusare anche della
pazienza dei nostri lettori, se imprendessimo a dare il sunto analitico
dei dibattimenti arruffati e tediosissimi, che ebbero luogo nella Ca-
mera dei Deputati per codesto garbuglio che il Gabinetto, la Giunta
della Camera, il relatore Bonghi e tutta la stampa periodica gia ri-
conobbero come condannato al dimenticatoio, sapendosi che sara scm-
pre reietto dal Papa a favore del quale, dicesi, venne fatto . Lo scopo
di tal legge era: 1° di porgere al Governo un mezzo da spacciarsi
d'ogni ingerenza straniera nelle cose di Roma, ed alia Diplornazia
straniera uno specioso pretesto di lavarsi le mani circa la quistione
romana; 2° di assicurarsi il pacifico possesso della conquista del
20 settembre 1870, coll' appagare in qualche guisa i voti dei catto-
lici italiani e stranieri circa 1' indipendenza del Papa-; 3° di porre
almeno una qualche base alia futura conciliazione tra il Papa spo-
gliato ed i suoi spogliatori, a scapito- della Chiesa ed a profitto del-
1' Italia Massonica.
Or egli e evidente, che questo triplice intento ne si e conse-
guito ne potra mai conseguirsi. II Governo a piu riprese nei suoi
dispacci, e lo stesso Visconti ^Yenosta nella Camera dei Deputati e
nei Senato, fu astretto a riconoscere che la quistione dell' indipen-
denza del Papa era, sotto piu risguardi, anche di diritto internazio-
nale; ed e percio assurdo che con una legge italiana siasi voluta
decidere e troncare tal quistione come di competenza puramente in-
terna e nazionale. I cattolici italiani e stranieri non si ristaranno cer-
tamente dal rivendicare con sempre crescente energia quella che e
Tunica ed efficace guarentigia della liberta ed indipendenza del Papa;
nfc si terranno mai soddisfatti per le schernevoli concessioni fatte
dalla munificenza dei frammassoni di Firenze all' oppresso Vicario di
478 cnoNACA
Gesu Cristo. II Santo Padre poi e nolle sue Encicliche, e nella re-
cente sua lettera al Card. Vicario, e nelle risposte alle protestazioni
dell' Episcopato, e nelle sue allocuzioni in congiunture solenni, ha
detto e ridetto in forma categorica, che non accetta n& puo accettare
altra guarentigia, che la effettiva restituzione di quanto fu rapito sa-
crilegamente alia Chiesa.
Pertanto fu opera stolta quella del travagliarsi tanto intorno a
quel guazzabuglio d'ingiustizia e di assurdita ; il quale, posto pure
die ottenesse la sanzione d' un Placet dei Gabinetti stranieri, non
sara mai ammesso dal Papa; il quale solo potrebbe dargli qualche
valore, se la santita dei suoi giuramenti, se le ragioni della giusti-
zia, se la morale evangelica, se 1' assistenza del divino Spirito non
gli imponesscro di rifmtarvisi oggi e sempre, anche a costo della
vita. Quanto ai vili che si riprometteano di indurre il Papa a con-
tentarsi delle guarentige beffarde per amore dei tre milioni e mezzo
di lire, che gli si darebbero come stipendio, essi deono aver capito
che, misurando un Papa da se medesimi, la sbagliavano troppo. Un
Papa stima piu che tutti i tesori del mondo un briciolo di verita e
di giustizia ; e come la sua dignita gli vieta di accettar guarentige
dai suoi sleali oppressori, cosi alle offerte di compensi in denaro ben
potrebbe dare, come gia S. Pietro in congiuntura poco dissimiglian-
te, quella tremenda risposta : « Peeunia tua tecum sit in perdilio-
nem , quoniam donum Dei existimasti pecunia possideri. » (Act.
Ap. VIII. 20.)
La discussione di questo portato mostruoso della giurisprudenza
rivoluzionaria, interrotta per le vacanze del carnevale, fu ripigliata
nella Camera elettiva alii 9 marzo, e venne continuandosi , co-n la
usata profusione di empie teoriche e di bestemmie per parte di molti
Deputati, fmo al 21. Nella tornata di questo giorno , essendosi gia
partitamente approvati ad uno ad uno gli articoli del Titolo secondo,
si procedette ai voti sul tutto della legge; e questa fu approvata
da 185 Deputati, essendo 106 quelli che si dichiararono contrarii.
Fu vero miracolo che quel giorno si trovassero present! nell'aula
parlamentare 291 onorevoli, ossia 37 di piu della meta voluta per la
deliberazione legale e valida di tutto il corpo di 508 rappresentanti
nazionali. Le circolari infocate della Presidenzae del Ministero aveano,
per quel giorno, arreticato i 37 che doveano far uscire trionfante
daH'urna dello scrutinio quell' insensato guazzabuglio; il quale, come
disse il deputato Massari (atti uff. n° 221 pag. 859) : « invece di san-
zionare il principio della liberta della Chiesa sanziona il principio
della servitu. »
4. Mentre si battagliava , nella tornata del 18 marzo, sopra i
diversi emendamenti proposti al Titolo secondo di codesta legge, il
CONTEMPORANEA 479
presidente dovette porre a partite un ordine del giorno suggerito
dall'onorevole Mancini in quest! termini: « La Camera, udite le di-
chiarazioni della Commissione, e ritenendo che sara mantenuta 1'e-
sclusione d'ogni ingerenza governativa nell'esercizio di tutti i culti
professati nello Stato, passa all' ordine del giorno. » II Ministero, per
bocca del Guardasigilli DeFalco, rispose subito « di non avere <iif-
ficolta di accettarlo. » La Camera procedette ai voti, e quell' ordine
del giorno fti approvato. Laonde pareva che iinalmente si rinunziasse
all'ingerenza tirannesca dello. Stato nelle cose di religione, e che il
benefizio, di cui godono di fatto i protestanti ed i giudei, si volesse
estendere anche ai cattolici. Eppure no ! Per quello spirito di confu-
sione babelica che regola le cose del Parlamento fiorentino, subito
dopo, senza intervallo di sorta , si pose in mezzo una proposta di
tirannia odiosissima, che era una negazione assoluta di quel prin-
cipio di liberta.
Infatti, appena il Presidente ebbe annunziata 1'approvazione di
quell' ordine del giorno, pose a partito 1'abolizione degli ordini reli-
giosi e la confiscazione del loro beni. Qui non abbiamo da far altro
che trascrivere un brano degli Alii Ufficiali; n° 212, pag. 823, col. 1.
« Ora viene 1'articolo 18 dell'onorevole Mancini, che ha relazione
alia soppressione delle corporazioni religiose, e al quale si unisce
come appendice la proposta dell'onorevole Bargoni ed altri , che vor-
rebbero la soppressione dell' ordine dei Gesuiti. L'articolo dell'ono-
revole Mancini e concepito in questi termini.
« Le leggi del 7 luglio 1866 e del 15 agosto 1867 per la soppres-
« sione delle corporazioni religiose e di altri enti morali , e per la
« conversione della mano-morta ecclesiastica, sono estese ed appli-
« cate alia citta di Roma e sua provincia, con la seguente limita-
« zione: Che il Governo non debba, dalla conversione della mano-morta
« ecclesiastica nella citta medesima, prelevare alcun provento, ne
« sotto forma di tassa del 30 per cento, ne con 1'assegno della rendita
« pubblica ai corpi morali pel suo valore nominale, ne con altro
mezzo qualunque. »
« In quanto al Titolo terzo , proposto dall' onorevole Bargoni
con altri colleghi che, come dissi, farebbe seguito a quest'articolo ,
credo che la Camera voglia in questo momento dispensarmi dal darno
lettura. »
S' alzo allora il nuovo Guardasigilli onorevole De Falco , e disse;
« Siccome il Ministero e nel proposito di presentare un progetto di
legge per quel che riguarda gli Ordini religiosi a Roma, che puo
risolvere tutte codeste question! (segni di approvazione), cosi prega
1' onorevole Mancini e gli altri proponent!, di non voler insistere
nelle loro preposte. » (Alii uff. n° 212, p. 823, col. 1.) Messo alle strelte
480 CRONACA
dalle voci della Sinislra ., perch& dicesse quando atterrebbe la sua
promessa, il De Falco rispose: « nel piu breve tempo possibile. »
Allora il Mancini noto, che di cotali proraesse erano state fatte
parecchie da altri ministri, e poi non mantenute; ma riconobbe che
doveasi pur dare al De Falco un po' di tempo, brevissimo, perche
fosse soddisfatto « questo legittimo desiderio della Camera »; prese
atto dell'impegno percio assunto dal Ministero, e si riservo il diritto
di tornare alia carica, laddove gli paresse poi soverchio il ritardo.
II Presidente chiese se il Bargoni persistesse nella sua proposta;
ed, invece del Bargoni assente, 1' onorevole Piolti de'Bianchi, in
nome proprio e dei suoi colleghi firmati sotto lo' schema di legge contro
i Gesuiti , rispose nei termini seguenti.
« Dichiaro che noi, valendoci della nostra iniziativa parlamen-
tare, e non volendo prolungare la discussione dell'attuale progetto
di legge , trasformiamo la nostra proposta in uno speciale progetto
di legge, che prescntiamo sin d'ora al banco della Presidenza, e pel
quale domandiamo si facciano le solite pratiche. Non dissentiamo pero,
nel caso che il progetto di legge annunziatoci dal ministro Guarda-
sigilli venga presentato in breve tempo, di differirne la discussione
fmo a quell'epoca. »
Resta inteso pertanto che il Bargoni ed i 23 suoi colleghi vo-
gliono assolutamente fare alia Compagnia di Gesu T insigne onore
d'una legge speciale di proscrizione, in virtu della quale, oltre al
rapinare i beni deli'Ordine, siano condannati, senza processo e senza
sentenza, come rei confessi e convinti, quali all'esilio e quali al do-
micilio coatto , i singoli membri di esso . Tale e la sostanza dello
schema di legge riservato dal Bargoni e dai socii, inserito negli Atli
uffmali, n° 212, p. 826, col. 3. Lo reciteremo quando il Parlamento
lo avra sancito. Intanto vogliamo, in attestato di gratitudine per I'onore
fatto cosi alia Compagnia di Gesu, recitare i nomi dei Deputati sot-
toscritti, tutti fiore di Garibaldini , i piu dei quali s'illustrarono nei
fatti di Roma durante 1'ottobre 1867, o primeggiarono tra gli eroi di
Montana. Eccone la lista ufficiale.
« Bargoni — Guerzoni — Molinari — Maldini — Facini — Civi-
nini — Griffini — Corte — Cadolini — Calvino — Legnazzi — Piolti
de'Bianchi — Mantegazza — Carini — Zanardelli — Valussi — Bian-
cardi — Germanetti — Landuzzi — Cucchi — Cerroti — Serafmi —
Arrigossi. »
5. Non e dubbio che il Governo di Firenze si prepara ad appli-
care in Roma e nelle province annesse, col diritto delle bombe del
20 settembre e del plebiscito del 2 ottobre , le leggi che gia vigori-
scono nel resto d' Italia a sperpero e distruzione degli Ordini reli-
giosi; e che intanto arrota gli artigli per ghermire ai frati ed alle
CONTEMPORANEA 481
monache, alle chiese ed alle opere pie gli averi consacrati dalla pieta
del fedeli ad usi religiosi e di carita cristiana. Ed a far questo sol-
lecitamente gli e sprone la necessita di sopperire al deficit sempre
crescente delle finanze, ora che il discredito in cui e caduto il Regno
d' Italia rende impossibile il trovare modo di contrarre nuovi prestiti
all' esterno.
II ministro delle finanze, Quintino Sella, gia da pezza si lam-
biccava il cervello per distillarne qualche nuova invenzione di tasse
e balzelli , a fine di spremere dalle esauste vene dell' Italia un
150 o 200 milioni da gettare in quel baratro senza fondo. Avea percio
bisogno d' aiuto, e niuno gliene dava. Veduto poi che la Camera sciu-
pava il tempo in ciarle e cavillazioni sopra 1' Exequatur ed il Placet
in materie ecclesiastiche, salto fuora, nella tornata del 15 marzo, fa-
cendo agli onorevoli, che si bisticciavano tra loro per tali quistioni,
una ingratissima sorpresa.
Ildiscorso del Sella, qualesi legge negli Attiufficiali, n° 20 1-202,
da pag. 779 a pag. 783, produsse 1'effetto d' un gran secchio d' acqua
fredda rovesciato sopra un branco di mastini che s' accaneggiano rab-
biosamente fra loro ; e per quel giorno e per molti altri appresso
gli onorevoli ebbero tutt' altra voglia che di ghiribizzi. Imperocche
egli trasse in mezzo, con un coraggio che sa di cinismo, e notomizzo
a membro a membro lo spolpato scheletro delle finanze ; mostro le
casse vuote di denaro, ed il paese gia coperto di carta col corso forzato;
accenno il bisogno di armarsi molto in grazia della politica seguita
nell' estate scorsa; fece toccar con mano 1' impossibilita d'un impre-
stito sul mercato straniero; lascio capire che sarebbe inevitabile uno
smacco, se si tentasse un3 imprestito nazionale ; e, venuto alia con-
clusione, poiche debbonsi pagare Roma e la liberta, non seppe sug-
gerire altro che un partito, disperato si ma fatalmente necessario.
« Signori , io propongo, egli diceva , di aumentare la circolazione
cartacea di 150 milioni, e propongo 1' aumento d'un decimo per
tutte le tasse dirette . > Questo spediente e degno di cosi sublime
finanziere, e tanto piu ingegnoso in quanto si riduce alia semplicis-
sima formola primitiva del prendere dove ce n' e. Con cio la beatis-
sima Italia, invece della buona moneta metallica sonante, ond' essa
era doviziosissima prima del 1859, sarebbe fornita di mille milioni
(un miliardo) di titoli in carta straccia, facilissima a bruciarsi per
ottenere Yestinzione totale del Debito pubblico!
La prospettiva d'un fallimento e per se tutt' altro che lusin-
ghiera; ma linora, se da alcuni questo si paventa come inevitabile,
da tutti si spera che sia remoto ; e percio si capi subito che biso-
gnava passare sotto le forche caudine del Sella, e sobbarcarsi alia
Serie V/7/, vol. II, fasc. 502. 31 12 maggio 1871.
482 CRONACA
soma di quest! altri 150 milioni di carta. Ma tutti si trovarono d'ac-
cordo in gridare alto un no iroso e minaccioso, per 1'aumento d'un
decimo su tutte le tasse dirette. I fondi rurali, in ispecie, sono gia
tanto gravati, che 1' imporre loro un qualsiasi minimo aumento equi-
vale ad un traslbrmare i proprietarii in schiavi delta gleba, destinati
a coltivare il suolo per darne tutto il provento al Governo. Perci6
d'ogni parte si levo una fiera e risoluta opposizione al disegno
del Sella ; ne fmora si venne a capo di conchiuder nulla. Infatti a
ragione il Diritto , rivedendo le bucce al discorso ed alle proposte
del Sella, stampava queste crude parole: « L' Italia non ha piu modi
di ricorrere al credito; non ha piu nulla da vendere, nulla da ipo-
tecare ; e una grande mendica, che desta compassione. » Ed a questo
stato, aggiungiamo noi, 1'hanno ridotta i liberali.
6. II peggio si e che questa mendica oggimai non ispira piu
compassione, ma rihrezzo; perche col crescere per lei la miseria si
venne ancora diffondendo per tutto il suo corpo la tabe cangrenosa
d'una immoralita che mette schifo, e la rende orribile. Non e gia che
tutti gli italiani siano oggimai quali vuol renderli la setta dominante,
intesa percio ad abbattere 1' autorita della Chiesa e del Papa e ad
annicntare 1' influenza religiosa ed anche civile del cattolicismo. Ma
pur troppo la vittoria della Massoneria ebbe per effetto necessario lo
sfrenamento delle piu bestiali passioni in grandissimo numero di tristi,
che furono suoi strumenti per costituire 1' unitd politica d' Italia, e
che ora gavazzano nel delitto. Quelle masnade di sicarii e di ma-
landrini , che il Cavour ed i suoi complici proteggevano e stipen-
diavano per mandarli ad abbattere il trono del Papa e del Re delle
Due Sicilie, ora essendo disoccupate e disperse, proseguono a coprire
di loro delitti ed infamie la penisola , si che d' ogni parte levansi
grida di dolore pel difetto quasi assoluto di sicurezza pubblica per
le persone e le proprieta dei pacifici cittadini , i quali pur pagano
al Governo oltre la meta delle loro rendite per averne guarentita
1' altra meta!
Delle quali miserande condizioni di cose abbiamo un documento
ufficiale, e che nella storia occupera poi un posto cospicuo, in una
relazione con cui 1' onorevole Lanza, Presidente del Consiglio e mi-
nistro sopra gli afFari interni, dimostro alia Camera, il di 15 di marzo,
la necessita di sancire per legge una serie di provvedimenti straor-
dinarii e rigorosi per la sicurezza pubblica. Questo documento e ri-
ferito negli Atti ufficiali, n° 219, pag. 851-854. Ivi il Lanza, acca-
gionandone calunniosamente i Governi assassinati dai frammassoni,
parla di « combriccole e segrete associazioni le quali, senza avere n&
i simboli, ne i riti, ne i giuramenti delle antiche sette, ne serbano
L' organ am ento e il costume, funestando le citta cogli assassinii e
CONTEMPORANEA 483
spaventando le campagne con le aggression! e le grassazioni. » Ha-
bemus confitentem reum. Codeste associazioni misteriose sono dunque
genuini rampolli delle antiche sette, ossia di quelle logge di Massoni
e carbonari, onde uscirono il Farini e Felice Orsini ed i loro com-
plici nell' opera di ribellare 1' Italia contro i suoi legittimi principi.
Fanno adesso quel che, in assai minori proporzioni, faceano allora;
ma allora faceano contro i Governi del Papa e del Re di Napoli, e
meritavano dal Governo di Torino 1' apoteosi di martiri quando
scontavano sotto la mannaia i loro delitti; ora fanno contro la con-
sorteria prevalente; e perci6 sono qualificati come assassini.
Quando 1' architetto e fondatore del presente regno d' Italia ebbe
bisogno d' un pretesto, per dichiarare diplomaticamente" la guerra al
potere temporale del Papa, si sa che ebbe cura di ordinare al Cavour
di presentare al Congresso di Parigi il famoso Memorandum ela-
borate da Marco Minghetti ; nel quale, esagerate oltre modo le con-
dizioni non liete della sicurezza pubblica nelle Romagne, se ne re-
cava la colpa al Governo pontificio, come inetto a frenare i malvagi
e difendere i buoni. Ora simigliante denunzia fece, senza avvedersene,
il Lanza contro il Governo ristauratore dell' ordine morale; poiche
quelle province essendo da dieci anni sotto codesto Governo, appunto
in questo decennio la quantita dei delitti e dei reati di sangue vi
si venne piu che duplicando, come consta dagli specchi annessi alia
relazione ed allo schema di legge del Lanza. Laonde quanto disse,
ed in parte invento il Minghetti , a servizio della causa sostenuta
dal carbonaro che teste pago il fio delle sue perfidie, tanto e troppo
piu vedesi ora dimostrato ufficialmente contro quel Governo, che,
sotto pretesto di rcdimere quelle province, se ne impossesso col tra-
dimento e con la violenza.
Ora la Camera sta discutendo lo schema di legge proposto dal
Lanza; e noi ci riserbiamo a darne adeguata contezza, quando quello
abbia ricevuta la sanzione del Parlamento e del Re.
Qui basti accennare che mentre i reati di sangue in Italia erano
gia cresciuti, nel biennio 1863-64, fino al numero di 29,637, rag-
giunsero poi, nel biennio 1869-70 la cifra spaventosa di 55,825! E
notisi bene che il Lanza ne ha attenuate il numero, avendo regi-
strato solo « i piu gravi reati! » Notisi ancora che il Lanza, 1'onesto
e leale Lanza, il quale non sa dimenticare il vezzo di calunniare gli
oppressi Principi italiani, e reca la colpa di ci6 « alia debolezza ed
alia incuria delle cessate signorie »: questa volta, da vero smemo-
rato, si da una solenne mentita , ponendo in sodo poco appresso e
facendo rilevare: « il tristo fatto che le piu volte gli esecutori dei
misfatti sono imberbi giovanetti. » II che vuol dire che queste ma-
snade di assassini erano turbe di fanciulli^ quando il Governo n-
484 CRONACA
stauratore dell' ordine morale invase le Romagne e le Marche , e
prese ad educarli, istruirli, e disciplinarli all' osservanza delle leggit
A qual Governo adunque vuolsi imputare 1' accertato progresso dei
reati di sangue? A quale 1' aumento dei reati contro le proprieta?
Questi nel biennio 1863-64 erano gia cresciuti a 43,586; e nel bien-
nio 1869-70 furono 81,526! E si avverta che sono computati soltanto
« i piii gravi »; il Lanza ebbe la gentilezza di dircelo; e che tra
« i piu gravi » non si poterono computare che i pervenuti a notizia
del fisco! E dunque 1' Italia sulla via di diventare una ladronaia ed
un covo d' assassini ?
7. Tale essa diverra, senza meno, se Dio pei giusti suoi giudizii
tollera che vi si continui a tenere aperta, favorita, stipendiata quella
scuola di immoralita e di empieta, che vi aprirono, in nome della
liberta di discussione, di religione e di pensiero, quei troppi mercanti
delle brutture dell' Italia scoslumata e villana^ di cui abbiamo par-
lato altre volte. La gioventu cresciuta alia scuola del sensualismo ani-
malesco e della miscredenza religiosa, divien bestiale; e niun Governo
potrebbe poi domare questa fiera ghiotta di volutta, di rapine e di
sangue. La misera Parigi ne fa ora 1' esperimento.
II Governo di Firenze pare che abbia percio cominciato a pa-
ventare d'un grave peri-colo, non gia per 1' Italia, ma per la domi-
nante consorteria; il quale pericolo sgorga appunto dal licenzioso
trionfare della scostumatezza. Se non fu semplicemente un po'd'or-
pello ad uso di qualche documento diplomatico da spedirsi per in-
corniciare la legge delle guarentige, certo dovette essere dettata da
paura di dover poi anche in Italia gustar le delizie della Comune
parigina , quella Circolare che il ministro Lanza spedi ai Prefetti
sotto il 23 marzo, e di cui riferiamo il tratto piu rilevante.
« Gia fin dal 1865, colla circolare del 17 aprile n° 30841 112 172,
questo ministero richiamava V attenzione dei signori prefetti sull'of-
fesa che alia morale e al costume si viene recando da disonesti spe-
culatori mediante lo spaccio di laide fotograiie e di libri osceni. Se
pero le fatte premure valsero per qualche poco a porre un freno al
vergognoso commercio, che torna di gravissimo danno specialmente
per la gioventu, ora e dimostrato dall'esperienza che, per trascurata
o debole vigilanza , esso abbia ripreso con nuovo ardimento le col-
pevoli sue insidie. Da cio uno stato di cose deplorevole in se me-
desimo e per 1' autorita ; fonte di incessanti reclami ; argomento
d' inquietudine, ben giusta per chi sta a capo delle famiglie e degli
istituti educativi. »
Come il Lanza nello schema di legge per la sicurezza pubblica
propose grandi rigori penali contro il porto illecito di armi ed il
domicilio coatto per i malfattori emeriti, cosi qui rammento le
CONTEMPORANEA
485
pene minacciate dalle leggi sopra la stampa e dai codici penali ; e
conchiuse dicendo : « Egli e perci6 che il ministero, nel rilevare il
riapparire del lubrico commercio, insiste perche sia desso fatto og-
getto di una persecuzione costante da parte delle autorita di puhblica
sicurezza ; ed invita i signori prefetti nel piu vivo modo a volere
impartire sul proposito ordini formal! e pronti. »
Da informazioni degne di fede ci risulta pero che tutto questo
minacciare non impedi punto che continuasse, alle vetrine di certi
librai e spacciatori, in Torino, in Milano, in Roma ed anche in Fi-
renze, 1'esposizione di laidissime cose; ed i democratic} giornali di
Roma non cessarono percio dallo stampare ogni giorno oscene favole,
che servono di pascolo alia turpitudine plebea e mettono in evidenza
1' efficacia delle leggi sopra la stampa.
IV.
>
COSE STRANIERE
FRANCIA — 1. Napoleone III, tomato in liberta, va in Inghilterra — 2. Pro-
gressi del sollevamento in Parigi — 3. Proclamazione della Comune —
4. Moti di ribellione repressi a Limoges ed a Marsiglia — 5. Impotenza
del Gcverno di Versailles contro la Comune — 6. Bandi municipal! contro
la Chiesa , il Governo delfassemblea, ed i suoi partigiani — 7. Carcera-
zione dell'Arcivescovo di Parigi; saccheggio di chiese ; sevizie contro il
clero ed i religiosi — 8. Combattimenti durante 1'aprile — 9. Lavori del-
1'assemblea di Versailles ; elezioni comunali in Francia alii 30 aprile —
40. Nuovo sollevamento di comunisti a Lione.
1. Nel giorno 16 di marzo 1856 Napoleone III, toccato 1'apogeo
del prestigio e della potenza per la sconfitta della Russia , ond'egli
era poco meno che arbitro delle sorti di tutta Europa, vedea anche
appagato il piu fervido suo voto pel consolidamento della propria
dinastia sul trono si laboriosamente conquistato. Nascevagli in quel
giorno un figliuolo ed erede, cui dava il titolo di Enfant de France.
II Santo Padre Pio IX degnavasi di essere padrino del neonato
principe imperiale, e mandava suo Legato a latere in Parigi 1' Eiiio
Cardinale Patrizi, per levare al sacro fonte battesimale il primoge-
nito Napoleone-Luigi-Giovanni-Giuseppe. Ma appunto di que' giorni
Napoleone III, che da tre anni avea patteggiato col conte di Cavour
la guerra contro 1'Austria come compenso dell'alleanza del Piemonte
nella guerra di Crimea , dava al Cavour, per bocca del Walewski ,
1'ordine di presentare al Congresso, che teneasi allora in Parigi, il
486 CRONACA
famoso Memorandum sopra le condizioni delle Romagne ; e con cio
bandiva la guerra alia Sovranita temporale del Papa. Le concession!
fatte poi nel colloquio di Plombieres, la usurpazione delle Romagne,
il macello di Castelfidardo e 1'annessione delle Marche e dell' Umbria,
e le vittorie della rivoluzione italiana sorrette dalla diplomazia im-
periale , furono conseguenze necessarie di quel primo atto di nera
ingratitudine, con cui egli rispondeva alia benignita del Yicario di
Gesu Cristo, ed alia misericordia divina.
Alii 16 marzo 1871 egli vedea dileguarsi gli ultimi raggi di
quelle tragrandi speranze, da lui riposte nell' erede natogli 14 anni
priraa. Prigioniero di guerra a Wilhelmshohe, gia sbalzato dal trono
di Francia, invece dei lieti augurii e delle pompe con cui gli anni
addietro festeggiavasi ii di natalizio faW Enfant de France, Napo-
leone III riceveva dal generale alemanno conte Monts 1'annunzio
ufficiale della ratificazione dei preliminari di pace; in virtu del quale
atto 1' Imperatore Guglielmo gli restituiva la liberta. Era impossibiie
tornare in Francia. Gli convenne scegliersi 1'esilio, appunto in quel
giorno in cui Y Imperatore d'Alemagna stava per rientrare trion-
fante a Berliuo. Alii 19 marzo, in sulle 11 antimeridiane, spediti i
suoi cavalli e le sue carrozze ad Arenemberg nella Svizzera, egli si
parti da Wilhelmshohe, e per la via di Francoforte e di Colonia
ando ad Ostenda, d'onde si tragitto a Londra. In quella stessa ora
un pugno di abbietti e ferocissimi settarii impadronivasi di Parigi.
A Dower il Bonaparte fu accolto con manifestazioni di rispetto e
compatimento da una grande moltitudine di popolo, e con trasporti
di affetto dalla sua moglie e dal suo figlio, co'quali si ridusse nella
modesta residenza di Chislehurst. Mentre egli prendeva terra, succe-
devano a Parigi le stragi della Piazza Vendome , e 1' anarchia si
insediava sui frantumi del secondo impero.
2. Abbiamo accennato a pag. 237-40 di questo volume le origini
ed i progressi rapidissimi dell'anarchia, sostenuta dalla massima parte
della Guardia nazionale parigina. I membri del Comitato centrale,
i cui nomi recitammo a pag. 238, furono d'accordo fra loro, fmche
si tratto di costituire una specie di Governo fondato sul terrore .
Comincio poi ad entrare fra essi la discordia, quando qualcuno ac-
cenno di voler rispettare qualche dovere di giustizia. 11 18 marzo,
quasi alia stessa ora in cui cadevano fucilati i Generali Thomas e
Lecompte, giungevaio alia stazione della ferrovia i Generali Chanzy
e Langourian, i quali, fatte partire da Bordeaux le truppe poste sotto
il loro comando, le prccedevano a Versailles. Furono amendue rico-
nosciuti, tratti in arresto, poi orribilmente maltrattati dalla marmaglia
CONTEMPOIUNEA
487
e da Soldati disertori, mentre erano condotti alia carcere, ed eziandio
condannati a morte. Ma il Lullier, che era stato. il principale orga-
natore del sollevamento contro 1'autorita deH'assemblea di Versailles,
vi si oppose ; e fmalmente, alii 27 di marzo, il Chanzy venne liberate,
e pot£, in grazia di qualche minaccia , fatta sonare a Parigi dai
Generale supremo dell' esercito prussiano ivi accampato , uscire da
quella bolgia e per sentieri selvaggi a traverso i boschi trafugarsi a
Versailles.
L'ammiraglio Saisset, che durante 1'assedio era stato 1'idolo dei
Parigini, cerc6 di mantenere in fede deH'assemblea una parte della
Guardia nazionale, e capitanava egli in persona quella moltitudine
$ amid dell' ordine , che il 22 marzo aveano tentata la pacifica
dimostrazione, che riusci alia strage della Piazza Vendome. -Non si
perdette d'animo per questo infausto successo, ed accetto il cornando
della Guardia nazionale. Ma i suoi slbrzi furono renduti inutili, attese
le pratiche di conciliazione, che intanto faceansi dai Sindaci di Parigi
a Versailles, non perche si volesse conciliazione, ma a fine di gua-
dagnar tempo che bastasse ai sollevati per organarsi meglio alia difesa.
Ogni giorno attenuavasi il numero dei battaglioni di Guardia nazionale
rimasti fedeli al Governo legale di Versailles, parte dei quali venivano
disarmati dai settarii del Comitato, parte erano sedotti ed accettavano
la bandiera rossa. Alii 23 il Comitato gia avea rendute irte di barri-
cate le vie e le piazze d'una gran parte della citta, sulla riva destra
della Senna; ed i veri capi della repubblica sociale, Blanqui, Flou-
rens, Delecluze, Milliere ed aitri cotali, mettevano innanzi gli Assy,
i Megy, i Lullier ed altri di questa risma , piu capaci di atterrire i
tentennanti, perche piu spietati e maneschi. E pur troppo molti soldati
e sott' ufficiali dell' esercito regolare eransi mescolati alle Guardie
nazionali , ed erano i piu feroci nei loro propositi di resistenza a
tutta oltranza.
Bandite pertanto le elezioni dei Consiglieri che doveano costi-
tuire la Comum, i sollevati s* impadronirono di quasi tutte le mai-
ries. Gli studenti della scuola politecnica dichiararono alii 24 che
ricusavano di servire al Comitato ; ma furono sopraffatti e dispersi.
Un reggimento di linea, il 69°, era stato circondato nel Luxembourg
dai sollevati , che esigevano o smettesse le armi o passasse sotto la
bandiera del Comitato; ma gli ufficiali stettero saldi e mantennero
in fede i soldati , che irrrompendo in ordinanza di battaglia, stretti e
minacciosi, aprironsi il passo e, sebbene inseguiti dai sollevati, giun-
sero salvi ed illesi a Versailles, mentre gran numero dei soldati
dell'88° e del 120° reggimento, rotto ogni freno di disciplina, si
diedero ai Comunisti. Un ultimo tentative di accordo, fatto dai Sin-
488 CRONACA
daci e dai Deputati parigini, a patto che si desse plena soddisfazione
ai voti dal Comitato, andd naturalmente fallito a Versailles; ed al-
lora il Saisset , abbaodonato da quasi tutti , impotente ad usare la
forza, veduti negletti i suoi bandi ed i suoi inviti , dovette fuggire
alia sua volta, e riparare a Versailles, con tal crepacuore che ebbe
a perderne il senno.
3. I Sindaci ed i Deputati di Parigi, che poco prima eransi di-
chiarati avversi alia istituzione della Comunt, atterriti dal Comitato,,
cedettero e designarono il giorno 26 per 1' elezione dei membri che
doveano costituirla. Appena una decima ed in qualche circondario
appena una ventesima parte degli elettori recaronsi a deporre il loro
voto ; e riuscirono eletti repubblicani schietti e demagoghi di quella
tempera che 1'Assy ed il Lullier. La mattina del 28 marzo la Guardia
nazionale , battendo i tamburi per ogni parte a raccolta , si venne
riunendo ne'quartieri; poi le varie legioni si condussero alia piazza
Vendome, d' onde tutte insieme andarono a schierarsi innanzi al-
F Hotel de Ville. Quivi, sopra un palco eretto sulla porta maggiore
dell' edifizio, comparvero i membri del Comitato presieduti dall' Assy;
il quale proclamo solennemente il risultato delle elezioni del 26, e
dichiaro costituita la Comime sovrana di Parigi. Con grida altissime
di Viva la repubblica sociale , la Guardia nazionale acclamo quel
trionfo dell' anarchia.
II Comitato centrale si dichiard sciolto; ma poi si ricostitui con
titolo di Commissions esecutiva, e delego alcuni suoi membri, con
titolo di Sottocomitato, a dirigere tutto cio che spettasse alia Guardia
nazionale; e con cio continuarono ad avere in mano la forza armata
gli architetti di tutta 1' opera, membri dell' Alleanza int'ernazionale
repubblicana, dai quali qualche settimana dopo fu istituito un Co-
mitato di salute pubblica. Nomi infausti che presagivano il ritorno
all' epoca del Terrore.
4. Da Parigi erano partiti gia emissarii che dovessero far pro-
clamare la Comune nelle principali citta degli spartimenti. A Lione
la bandiera rossa, spiegata da poche centinaia di malandrini cui era
riuscito d' impadronirsi della Prefettura e della persona stessa del
Prefetto, sventolo un paio di giorni ; poi, quando si seppe che rac-
coglievasi truppa disposta a far finire quella treggenda , fu abban-
donata dai sollevati che si rintanarono nei loro covi. A Limoges che
era presidiata da due reggimenti di linea e da alcuni squadroni di
corazzieri, la proclamazione della Comune fu tentata sotto gli auspicii
d' un tratto insigne di vigliaccheria e d' un assassinio. II 9° regM-
mento di linea era stato condotto alia stazione della ferrovia , per
partire quinci alia volta di Versailles; ma i soldati si ammutinarono,
CONTEMPORANEA 489
rifiutarono di salire nei carrozzoni, gettarono a terra i fucili e le mu-
nizioni di cui s' impadroni subito la marmaglia e la Guardia nazio-
nale, e si sbandarono. La Comune stava per proclamarsi, quando
sopravvenne coi suoi corazzieri ii colonnello Billot, spalleggiato da
alcune comppgnie dell' 81° reggimento. A quella vista i faziosi gia
appostati sulle vie che metton capo alia Prefettura , scaricarono un
nembo di fucilate, onde fu ucciso il colonnello e furono feriti alcuni
ufficiali e soldati. I corazzieri allora si sferrarono ad una carica fu-
riosa, i socialisti furono battuti e dispersi, i loro capi arrestati, e la
Comune repressa.
A Marsiglia i comunisli ebbero i primi incoraggiamenti dal pro-
cedere dei Capi di battaglione delle Guardie nazionali, che, riunitisi
il giorno 1° di marzo, dichiararono concordi doversi sostenere colla
forza la repubblica, obbligandosi di abbandonare 1' assemblea nazio-
nale appena questa cessasse dal mantenefe in vigore il Governo re-
pubblicano. I socialisti ne presero animo a tentare lo stabilimento
della Comune, e diretti dal Cre'mieux assalirono armati la residenza
della Prefettura, carcerandovi il Prefetto , e spiegarono la bandiera
rossa. 11 Generale Espivent, che nei pressi d'Antibo organizzava un
corpo d'esercito, da spedirsi in Algeria, ne spicco una buona brisata,
e con essa si affretto di accorrere a Marsiglia ; e la mattina del 4
aprile v'entro spingendo un battaglione di cacciatori verso la Pre-
fettura, dove questi incontrarono feroce resistenza. Allora pose mano
risoluta alia forza , e comincio ad adoperare le bombe e le granate
contro i ricetti in cui eransi chiusi i socialisti, che a poco a poco
furono battuti, dispersi; 500 di essi furono fatti prigionieri, e quindi
condotti at castello d' If. Marsiglia con cio fu tornata in quiete. Se
con simigliante energia si fosse potnto procedere verso Parigi fin dai
primi moti, sul cominciare del marzo, quella infelice metropoli non
sarebbe ora devastata, in guerra fratricida, nella piu miseranda guisa
che immaginar si possa.
5. Ma sventuratamente il Governo di Versailles non avea alia
mano forza bastevole a domare i sediziosi, ai quali egli stesso avea
per cosi dire messe le armi in mano. Quando discuteasi tra i pleni-
potenziarii francesi ed il Bismark il testo della Capitolazione di
Parigi , voleva il fiero prussiano che anche la Guardia nazionale
dovesse essere disarmata . Pare che egli fosse presago di quel che
sarebbe accaduto se, dovendo limitare, per giusti motivi di cautela
militare, a 40,000 uomini la forza della guarnigione regolare di Pa-
rigi, vi lasciasse in arme quel nembo d' uomini onde componeasi la
Guardia nazionale; che, come sempre per lo passato, cosi anche questa
volta dalla demagogia potea essere tratta a non voler riconoscere
1'operato dal Governo dell' assemblea. Mai plenipotenziarii francesi
490 CRONACA
furono irremovibili nel proposito loro, e dichiararono che il Governo
di Bordeaux si dimetterebbe anziche consentire in cio al volere del
Bismark. Questi allora la die'vinta, per amore di*pace, e per evitare
che la necessita di ricostituire un nuovo Governo francese ne impe-
disse le pratiche e la conclusione. Fu pertanto stipulate, come puo
vedersi nel testo di quella Capitolazione riferito anche dall' Opinions
n° 37, che la Guardia nazionale ritenesse le sue armi, ma il presidio
di truppa regolare non potesse eccedere la cifra di 40,000. Or e noto
che appunto col pretesto di conservare le sue armi ed i suoi cannon i,
la Guardia nazionale comincio la guerra civile e procedette alle
violenze del 18 marzo.
Per colmo di sventura la condotta d'una parte non piccola dei
soldati, rimasti in Parigi durante 1'assedio, dovea consigliare al Go-
verno di Versailles a non cimentarsi in un tentative di repressione,
se non quando, e pel numero e per la disciplina, quelle truppe fos-
scro tornate tali, da non lasciar temere una defezione od una disfatta.
Pertanto richiamatele nelle vicinanze di Versailles, dovette sguernire
tutta Parigi; e che questo fosse il partito piu savio apparve da cio,
che le guarnigioni dei forti di Issy, di Vanves, e di Montrouge, ond'e
coperto il recinto dal lato meridionale, o per poca vigilanza si la-
sdarono sorprendere, o sopraffatte dal numero degli assalitori dovet-
tero cedere; e quelle formidabili munizioni, che tanto travaglio avean
dato ai Prussiani, caddero in potere dei Comunisti; i quali si affret-
tarono di risarcirne i danni, ed armarne le troniere con grosse arti-
glierie. Sostenuta cosi da una forza assai ragguardevole d' oltre a
100,000 uomini, risoluti e capitanati da venturieri chenulla aveano da
perdere, la Comune credette di poter trarre a se tutto il resto della
Francia, dove le venisse fatto di vincere le tre o quaitro scarse di-
visioni, raccolte a difesa del Governo e dell' assemblea a Versailles.
Ed a questo si accinse appena quattro giorni dopo che erasi costi-
tuita, movendo da due parti all'assalto, come diremo piu sotto.
6. Ma prima di venire a'fatti in campo aperto, la Comune voile
assicurarsi di aver grosse falangi di partigiani entro Parigi: e capi
che bisognava anche comprarle. E questo fece con un bando del 29
marzo, di cui basta recitare gli articoli , che decretavano: « 1° La
condonazione assoluta, ai locatarii, delle pigioni scadute perl'ottobre
1870 ed il gennaio e 1'aprile 1871 ; 2° tutte le somme pagate dai
locatarii per quei nove mesi si computeranno come pagate per i mesi
avvenire; 3° similmente sono condonate le somme dovute per camere
mobiliate; 4° tutte le scritte e tutti i contratti di pigioni sono risol-
vibili, a piacimento dei locatarii, durante sei mesi; 5° tutti i locatarii
gia congedati potranno, a piacimento loro, rimanere nelle case che
occupano, per altri tre mesi. » Con questo e vero che si facea danno
CONTEMPORANEA 491
ai proprietarii , ma si contentava a spese di quest! una molti(udine
sterminata d'uomini che, oltre all'alloggio gratis, aveano come sti-
pendio dal Comune circa due lire il giorno e vettovaglie per se e
per le loro famiglie. Quanto al trovare il denaro e le vettovaglie,
la Comune,, non avendo scrupoli circa i mezzi, poteva procacciarsene
facilmente, pigliandole da chi ne avesse, col sistema delle requisizioni;
e questo fu posto in opera senza indugio e senza ritegno.
Con questo la Comune si procacciava gente disposta a servirla
in ogni genere di misfatti. Ma bisognava pure aver modo di tenere
soggetti quei moltissimi tra i cittadini onesti , che gia a grande
stento aveano tollerato i danni e corsi i pericoli di quasi cinque mesi
di durissimo assedio, per 1'inconsulta ostinazione del Governo della
difesa neli'opporre alle vittoriose schiere alemanne una resistenza,
che serviva solo a prolungare 1' agonia mortale ed a rendere piu
crudele lo strazio della Francia. Questi, che aveano guardato come
un benefizio della Provvidenza il partito preso si tardi di venire ad
una onorata capitolazione , guardavano con orrore 1' avvenire d' un
nuovo periodo di rivoluzione interna , il quale con tutte le atrocita
dell'anarchia non potea riuscire che alia irreparabile rovina privata
e pubblica. A contenere queste migliaia , e non erano poche, di
cittadini stimolati dalla disperazione , fu pubblicata dalla Comune
una serie di gride e di bandi, che recavano 1' impronta dei piu tristi
e sanguinarii episodii della prima rivoluzione dal 1791 al 1793. I
comunisti Assy, Fonvielle e Lullier, che consigliarono qualche mode-
razione , caddero in sospetto dei loro complici , e 1' un dopo 1' altro
furono percio carcerati , poi lasciati liberi, quindi presi e posti di
nuovo sotto buonaguardia. E da quel punto cominciarono a prevalere,
coll'uso dei mezzi di terrore, venturieri d'ogni paese, ma special -
mente polacchi , e italiani garibaldini; avendo la Comune chiamato
al comando supremo delle sue schiere, prima Giuseppe Garibaldi ,
poi suo figlio Menotti, quindi, invece di questi che non accettarono,
un Bergeret, e dopo lui un americano Cluseret, poi un Rossell, quindi
unpolacco, Dombrowski , poiun altro americano venturiere, i quali
fecero di quel misero popolo il peggior governo che immaginare si possa.
E inutile dire che, per ossequio alia liberta, furono soppressi i
giornali anche liberalissimi, come il Debats, che non la pensavano
a questo modo; e la maggior parte dei giornalisti dovettero scappare
per salvar la testa, molti essendo stati carcerati.
Fu nominate dalla Comune un Comitato esecutivo composto di
certi uomini, di cui almeno voglionsi recitare i nomi, che sono: Eudes,
Tridon, Vaillant, Le-francais, Duval, Pyat Felice e Bergeret. Questi
che, tranne felice Pyat, sono oscuri settarii, garzoni di beccai, sarti,
calzolai e gente da sacco e da corda, si distribuirono le parti, quale
492 CRONACA
di ministro per la Guerra, quale di Generate supremo, quale di mi-
nistro per le finanze. II Journal officiel divenne 11 banditore officiate
della Comune, e pubblico un articolo in cui, a proposito di quel che
dicevasi, cioe che il Duca d'Aumale fosse a Versailles, prese a di-
mostrare qualmente: « La societa non ha che un dovere verso i prin-
cipi: la morte; essa non e obbligata che ad una formalita: accertarne
1'identita. »
Quindi un decreto della Comune annunzio che: « 1°La coscrizione
militare e abolita; 2° Nessuna forza militare, tranne la Guardia Na-
zionale, potra essere creata o introdotta in Parigi ; 3° Tutti i citta-
diiii validi fanno parte della Guardia Nazionale. »
Per dare maggior vigore alia Guardia Nazionale e soggettare
ciascuno alia paura di essere denunziato come traditore se vacillasse,
i settarii stranieri d'ogni Nazione furono onorati della cittadinanza
parigina con un decreto del 31 marzo; nel quale: « considerando che
la bandiera della Comune e quella della repubblica universale; con-
siderando che ogni citta ha il diritto di dare il titolo di cittadini agli
stranieri che la servono », si ammise tra i membri della Comune per-
tino un ignoto Frankel, che sembra dover essere stato un masnadiere
di grandi speranze.
Con decreto dello stesso giorno 31 marzo fu intimata la proibizione
di uscire da Parigi per tutti gli uomini dai 15 ai 45 anni; i quali tutti
doveano essere incorporati nella Guardia Nazionale: e con avviso del
Prefetto di Polizia fu bandito, che se la Comune non potesse pagare i
coupons del prestito scadenti col 1 aprile, questi avessero corso for-
zato e valessero come carta-moneta.
Intanto il Bergeret, creato comandante generale della milizia co-
munista, preparavasi con Ottavio Flourens ad un assalto decisive
contro Versailles. Questo ebbe luogo alii 3 aprile con esito infau-
sto, cosi che il Flourens fu ucciso poi in una casa a Chatou dove
erasi ricoverato nella fuga ; un altro luogotenente del Bergeret, ii
Duval fu fatto prigioniero con 1500 comunisti a Chatillon, e poi fu-
cilato; ed il Bergeret stesso, riconosciuto inetto a tal carica e venuto
in sospetto alia Comune, fu carcerato.
La fucilazione del Duval, ordinata dal Generale Vinoy, provoco a
rappresagliei comunisti; dai quali fu pubblicato un bando di,cui basta
recitare alcuni articoli. « Art. 1° Ogni persona, accusata di complicita
col Governo di Versailles, sara immediataraente posta in istato d'accusa
ed incarcerata; Art. 2° Un Giuri d'accusa sara istituito entro 24 ore
per giudicare i delitti che gli saranno deferiti; Art. 3° 11 Giuri senten-
ziera entro 48 ore; Art. 4° Tutti gli accusati trattenuti per verdetto
del Giuri saranno ostaggi di guarentigia pel popolo di Parigi; Art. 5°
CONTEMPORANEA 493
Ogni esecuzione d'un prigioniero di guerra, o d'un partigiano re-
golare della Comune di Parigi, sara immediatamente seguita dall'ese-
euzione d' un numero triple di ostaggi trattenuti in virtu dell' Art. 4%
e che saranno indicati dalla sorte. Art. 6° Ogni prigioniero di guerra
sara tradotto davanti al Giuri d'accusa, il quale decidera se dev'es-
sere posto immediataraente in liberta o trattenuto in ostaggio. » Ve-
dremo tra poco di che qualita fossero gli ostaggi onde si popolarono
subito le carceri dalla Comune.
Per fornirsi di danaro e di ostaggi la Comune con decreto del
2 aprile bandi che doveasi lasciar intera la liberta di coscienza, troppo
offesa dal bilancio dei culti, e che il clero fu sempre complice dei
delitti della monarchia contro la liberta; e che percio: « Art. 1° La
Chiesa e separata dallo Stato; Art. 2° II bilancio dei culti e sop-
'presso; Art. 3° I beni detti di mano-morta, che appartengono alle
Congregazioni religiose, mobili ed immobili, sono dichiarati proprieta
nazionali. » Qaesto decreto ebbe il merito di attirarsi i piu vivi elogi
ed i plausi entusiastici dei giornali romani La Capitals ed II Tem-
po. Con questo era stabilita la base legale per carcerare come ostaggi
gli ecclesiastici o per dare il sacco alle chiese, all'Arciveseovado ed
ai presbiterii; come poi fu fatto dalla sempre benemerita Guardia
Nazionale, Palladia della legalita, dell'ordine pubblico e della sicu-
rezza dei citladini nelle persone e nelle proprieta loro.
Con altro decreto furono posti in istato d'accusa i signori Thiers,
Favre, Picard, Dufaure e Pothuau, membri del Governo di Versail-
les; ed i loro beni « verranno confiscati e messi sotto sequestro
fino a che essi siano comparsi davanti alia giustizia del popolo. »
Ma, per abbreviare le noiose formalita, fu dato il sacco alia casa del
Thiers, fu svaligiato d'ogni oggetto prezioso il palazzo del ministero
degli affari esterni, e furono mandati alia zecca quei pochi vasel-
lami d'argento e d'oro che andarono immuni dal saccheggio di co-
deste residenze.
7. Questo procedere della Comune ridestava troppo presto e
troppo vivamente al popolo parigino le rimembranze del 1793. Corse
voce che dovesse tra poco essere eretta e messa in esercizio una
ghigliottina di forma particolare, fatta allestire dai membri piu san-
guinarii della Comune, e col proposito di spacciare a sette per volta
e d'un colpo solo quelli che la legge dei sospetti avesse tratto in-
nanzi al giuri rivoluzionario e condannati alia giustizia del popolo.
In fatti codesta ghigliottina, simbolo della filantropia di codesti liberal i,
era pronta. Si seppe dov' era riposta. Una grossa turba di popolo
trasse la in aspetto minaccioso, si impadroni a forza di quell' orribile
strumento, lo strascind sul quai Voltaire, e quivi lo arse.
494 CRONACA
La Comune capi ciio non era ancor tempo di adoperare mezzi
cosi spediti per mantenere in vigore la sua autorita, e si contento
delle carcerazioni e dei saccheggi.
Fra questi atti , degni di veri comunisti , quello che Iev6 piu
rumore fu 1'arresto dell' arcivescovo Mons. Darboy e d'un gran numero
d'uomini veramente insigni del clero secolare e regolare; i quali
durante 1' assedio degli alemanni aveano pur dato prove eroiche di
abnegazioni e di carita evangelica in aiuto dei poveri, degli infermi
e dei feriti.
II lunedi Santo, 3 aprile, in sulle 4 pom. Mons. Darboy rice-
vette la visita d'un delegate della Comune, accompagnato da un 150
uomini di guardia nazionale, che occuparono tutti gli aditi del pa-
lazzo episcopate. L'arcivescovo era stato avvertito del prossimo suo
arresto; ma non percio si rimosse dalla sua residenza. Mentre il
delegato procedeva presso lui ad una specie d' interrogatorio e di
perquisizione , le guardie nazionali si refiziavano lautamente, abu-
sando della cortesia usata loro dalla sorella dell' arcivescovo. Poco
dopo Monsignore fu condotto in carcere col suo Yicario Generale e
varii ecclesiastic! della sua Curia; al tempo stesso un certo numero
di carri grandissimi entro nel cortile dell' Arcivescovado, e si comin-
cio il saccheggio in tutta regola , che si continue fino alle 6 del
mattino del giorno seguente, quando piu nulla fimaneva da portar
via . Per compiere 1' opera furono carcerati anche i famigliari di
Monsignore e la sua sorella. Le carrozze stesse dell' Arcivescovo ed
i suoi cavalli dovettero servire a spicciare quella faccenda del sac-
cheggio, essendosi gettati alia rinfusa nel cortile i vasi e paramenti
sacri, le argenterie, i pannilini e mobili e tappeti , e quant' altro
stava negli appartamenti e che era parte proprieta particolare del-
l'Arcivescovo,parte dello Stato. Computando i fondi di varie parrocchie
e chiese ed opere pie, deposti all' Arcivescovado e rubati dai comu-
nisti, si calcola che il bottino fosse di poco meno che 2 milioni di
franchi.
La sera dello stesso giorno erano arrestati Mons. Deguerry,
parroco della Maddalena, ed i parrochi di S. Agostino e di S. Filippo
du Route; ed il giorno dopo i superior! delle Case dei Gesuiti ed una
ventina incirca di questi religiosi che vi si trovarono. Poi una mol-
titudine grande d' altri religiosi, parrochi e preti furono presi nei
giorni seguenti, e chiusi nelle carceri della Conciergerie e di Mazas.
II magnifico collegio dei Gesuiti nella Rue des Posies, che era una
scuola preparatoria agli studii della Politecnica , ebbe la sorte del-
1' Arcivescovado, e fa messo a sacco e ruba, con perdita inestimable
di biblioteca, di collezioni numismatiche e scientifiche, di strumenti
CONTEMPORANEA 495
di fisica e chimica, e di tatto il corredo d'ua collegia capace di
circa 400 persone.
L'Arcivescovo fa posto in una sudicia e nuda celletta, accanto
a quella in cui era chiuso il comunista Assy. Quest! pero poco dopo
giunse a ricuperare la liberta. Mons. Darboy fu detenuto circa un
mese; poi corse voce, che peristanza forse del gen.Fabrice, comandante
delle truppe alemanne sotto Parigi, la strettezza del la sua reclusione
fosse alquanto mitigata. Egli sene giovo per mettere fuori una pastorale
che ordinava preghiere pubbliche onde impetrare dalla misericordia di
Dio la cessazione della guerra civile e la pace. Tanto bast6 perche la
Comune il facesse di bel nuovo mettere in durissima segreta.
Degli altri ecclesiastici, catturati dopo il 3 aprile, non si seppe
altro di preciso, se non che furono pessimamente trattati nel duro
loro carcere, e che erano tenuti in ostaggio; il che vuol dire che da
un raomento all' altro poteano, per rappresaglia , essere trucidati.
Alcuni pochi furono liberati.
Di paro con le carcerazioni andarono i saccheggi alle cappelle
e chiese di moltissime corporazioni e case religiose, e della stessa
Cattedrale; d' onde si porto via , il venerdi santo, il tesoro dei vasi
sacri, che poi fu restituito, quindi ripreso di nuovo e mandate alia
zecca per essere volto in moneta; come fecesi del vasellame d'argento
rubato nel palazzo del ministero degli affari esterni; di che levo alti
lamenti il sig. Giulio Favre. E sorte poco dissimile tocco al palazzo
di privata proprieta del sig. Thiers, che fu perquisite, derubato dei
tesori di scritti e documenti che v' erano raccolti , e degli oggetti di
valore.
Innumerevoli poi furono i rubamenti, effettuati .sempre dalla
Guardia Nazionale, in nome e con I'autorita della Comune, a danno
di banchieri e ricchi mercanti , di societa industriali e commercial!
e perfmo di vinai e cassieri di opere di pubblica beneficenza, come
degli spedali. Con questi bei titoli di benemerenza presso i suoi con-
cittadini, il delegato della Comune per gli affari esterni non dubito
punto di poter esigere anche rispetto e riconoscimento ufficiale presso
la diplomazia straniera; e percio Pasquale Grousset, ossia quel vele-
noso scribacchiatore di giornali che fece si mal governo del principe
Pietro Bonaparte onde fu vittima Vittorio Noir, il Grousset os6
mandare ai rappresentanti delle potenze estere ancora residenti in
Parigi una circolare; significando loro la costituzione del Governo
comunale ed il desiderio di restringere sempre piu i vincoli di fra-
terna unione tra il popolo di Parigi ed i rispettivi popoli stranieri,
rappresentati da quei Consoli o diplomatici. Niuno di questi pero
degnossi di far capitale veruno di quello strano documento; e peggio
incolse a quelli che, spediti dalla Comune, tentarono pratiche presso
496 CRONACA
il Generale Fabrice, comandante delle truppe alemanne sotto Parigi .
Questi rimando senza riceverli alcuni di questi inviati , altri ne fece
carcerare, e mando dire alia Comune che, se osasse procedere a qual-
che atto ripugnante alia capitolazione di Parigi ed ai preliminari di
pace, ripiglierebbe subito le operazioni di guerra e la richiamerebbe
al dovere. Tanto basto perche gli alemanni ottenessero dentro Parigi
quel rispetto che violavasi ad ogni istante nellepersone dei cittadini
francesi , arrolati per forza come i fratelli della Dottrina cristiana, e
mandati al macello, o chiusi in carcere.
Cominciando poi a sentirsi difetto di vettovaglie, sciupate a ca-
priccio della marmaglia comunista, si ando innanzi con piu diligenza
alle requisizioni forzate nelle botteghe, nei fondacbi, nei magazzini,
e nelle case private con dispersione di veri tesori di cui e impossi-
bile sperare compenso.
8. Queste prodezze compievano una parte dei comunisti entra
Parigi, mentre un' altra parte era condotta e tenuta a farsi schiac-
ciare sotto le bombe e le granate di che le truppe parlamentari di
Versailles furono costrette a valersi per domare i ribelli.
Non imprendiamo a narrare qui per rninuto le particolarita dei
micidiali combattimenti che percio ebbero luogo a ponente ed a mez-
zodi di Parigi, con grande effusione di sangue, e con tali roviner
che superano a gran pezza quelle patite durante i quattro mesi e
mezzo dell'assedio alemanno.
II Governo di Versailles avea fatto pratiche presso il Sig. Bi-
sraark , perche si derogasse in qualche parte all' articolo della Capi-
tolazione di Parigi, che limitava a soli 40,000 uomini la forza militare
da tenersi presso la metropoli. II Bismark assent! che si potesse rad-
doppiare quell' esercito , aumentandolo anche fino ad 80,000 ; poi,
premendogli di veder presto raflermato un Governo con cui conchiu-
dere la pace, permise che s'andasse anche iino ai 150,000.
I Comunisti che ebbero sentore dello sforzo che faceasi a Ver-
sailles per riorganare un poderoso esercito, giudicarono che non fosse
da perdere tempo; e fm dal 2 aprile cominciarono le avvisaglie, ed
alii 3 uscirono in numero di circa 150,000 uomini, parte da ponente,
e parte da mezzodi, per investire Versailles. Ma giunti i primi sotto-
il tiro del forte di Monte Valeriano, e percossi da alquante granate
e scariche di mitraglia, si sgominarono e n'andarono in rotta, per-
dendo molti prigionieri. II famigerato Flourens che da una casa di
Chatou trasse sopra i gendarmi accorsivi a snidarne i rimasti comu-
nisti , ebbe spaccata la testa da un gran fendente di sciabola. Gli
altri che erano usciti da Montrouge ed indirizzati verso le trincee di
Chatillon, sotto il comando del Duval, furoao respinti; e 1500 di
CONTEMPORANEA 497
essi circondati in un fortino e fatti prigionieri ; il loro capo Duval
fucilato il di seguente.
II sig. Thiers, veduta la piega che cosi prendeva la guerra civile,
si die'fretta di compiere 1'organamento dell'esercito. II Generale Ducrot
ebbe incarico di formare una nuova armata poderosa coi soldati reduci
dalla prigionia, e raccolti in Brettagna, col Quartiergenerale a Rennes.
Le truppe gia riunite presso Versailles furono distribute in due
eserciti. L'uno di riserva, composto di tre divisioni, sotto il comando
del Generale Vinoy, fu destinato a custodire la sede del Governo e
dell' assemblea. L'altro attivo fu diviso in tre corpi, comandati dai
Generali Ladmirault De Cissey e Du Barail, sotto il comando su-
premo del maresciallo Mac-Mahon munito di pieni poteri anche sopra
1'esercito di riserva.
I comunisti erano furibondi per la disiatta del 3 aprile , e ne
accagionavano 1' imperizia del Bergeret loro condottiere supremo, che
percio fu carcerato, datogli successore 1' americano Cluseret. Questi
pose subito mano a raffbrzare con formidabili trincere il ponte di
Neuilly, e spinse le sue guardie fino a Courbevoie ed Asnieres, per
assicurarsi gli sbocchi a nuovi assalti contro Versailles da ponente,
mentre aumentavansi le difese dei forti di Issy e di Vanves al lato
di mezzodi. Questo determine il Mac-Mahon a non piu mettere in-
dugio e venire alle offese. Alii 6 aprile, assalito vigorosamente il
ponte di Neuilly, dopo discacciati i comunisti di Courbevoie, se ne
rendette padrone ; e ne volto le trincee contro la porta Maillot e le
mura del recinto continue. Questo combattimento fu molto sangui-
noso, e costd la vita a parecchi Generali ed ufficiali superior! dei
parlamentari, che pero furono vendicati da fiera strage dei comu-
nisti. Da quel giorno il bombardamento fu continue, e le truppe di
Versailles conquistarono a palmo a palmo il terreno attorno alle mura
di ponente. Ma non venne loro fatto di penetrarvi, tanto fu accanita
la resistenza incontrata ad ogni passo.
Dalla parte di mezzodi i parlamenlari, valendosi delle trincere
e delle batterie erette dai Prussian! a Meudon, a Clamart ed a Cha-
tillon, bombardarono terribilmente il forte d' Issy, cosi che i comu-
nisti furono costretti di sgomberarlo, ma poi lo rioccuparono subito.
II Cluseret, incolpato d' aver per sua negligenza tratta la Comune
al rischio di perdere quel forte, fu deposto, ed ebbe per successori
un Rossel, poi il polacco Dombrowski, uomo di pessima riputazione,
come gia giudicato reo di baratterie e falsario, ma dotato di grande
energia e di non comune capacita militare. Infatti si riforni subito di
artiglieriae guarnigione il forte d'Issy, respinti varii assalti dei par-
lamentari che s'erano mossi percio da Clamart e da Chatillon ; ed al
Serie. VIII, vol. II, fasc. 502. 32 J-2 maggio 1871.
498 CRONACA
tempo stesso fecersi moltiplicare a centinaia le barricateper le vie che
mettono al lato occidentale piu vivamente oppugnato dalle batterie
del Monte Valeriano e di Courbevoie, o da uria poderosa artiglieria
appostata sulle rive della Senna nella penisola di Gennevilliers, e
nelle isole rimpetto a Neuilly, e da bardie cannoniere. Per ven-
dicarsi delle rovine patite, la Comune decreto la distruzione della
coionna monumentale di Napoleone I sulla piazza Vendome.
9. Qui pu6 nascere desiderio di sapere che cosa intanto faceva
in Versailles I'Assemblea, mentre I'esercito continuava contro le mura
ed i forti di Parigi 1' opera cominciata dagli alemanni. E detto in
pocbe parole. Siccome tra i motivi della ribellione parigina primeg-
giava la pretensione d'una liberta comunale amplissima e guaren-
tita dalla elezione cittadina dei sindaci e dell' amministrazione mu-
nicipale, senza ingerenza veruna del Governo, cosi a Versailles I'As-
semblea occupavasi di discutere una nuova legge per 1'organizzazione
dei comuni sulla base del sistema elettorale. Questi dibattimenti, che
involgevano delicatissime quistioni politiche, erano intorbidati da fre-
quenti interpellanze, e percio furono tratti in lungo. Finalmente si
vennc a capo di sancire una legge la quale, mentre per una parte
potrebbe levare ai meno indiscreti tra i sediziosi parigini il pretesto
di continuare nelia ribellione, per 1'altra puo appagare i voti delle
a lire citta senza nuocere agli interessi dei comuni rurali. A tenore
di questa legge si procedette il 30 aprile, in tutta la Francia, fuor-
che in Parigi, alle elezioni comunali; di cui finora non conosciamo
il precise risultato, ma che a prima giunta paiono poco propizie alia
causa dell'ordine.
10. Tuttavolla a Lione codeste elezioni comunali porsero ai co-
munistij aizzati dagli emissarii parigini, Toccasione ed il pretesto
d' an sollevamento, che rendette necessaria una pronta e sanguinosa
repressione. Nel pomeriggio del 30 aprile una grossa masnada di ri-
baldacci armati, di guardie nazionali e di donnacce furibonde, in-
vase la mairie della Guillotiere, per fare violenza ai cittadini che
vi procedeano alle elezioni. II disordine veniva aggravandosi ed al-
largandosi di momento in momento. L'autorita militare che ne avea
presentito lo scoppio e teneasi pronta, con tre colpi di cannone co-
mando alle truppe di muoversi verso i luoghi gia loro destinati. Que-
ste marciarono verso la Guillotine, ma la resistenza dei sollevati
le costrinse a ritirarsi prima d' ingaggiare la lotta. Dati dal Prefetto
Valentin e dal comando militare nuovi ordini, verso le 7 1(2 pome-
ridiane le truppe assalirono con le artiglierie e le mitragliatrici i se-
diziosi che primi aveano cominciato a fare scariche micidiali, onde
rimase ferito anche il Prefetto. II combattimento duro qualche ora;
CONTEMPOBANEA 499
ma la disciplina delle truppe vinse il furore del sollevati, che, la-
sciando buon numero di morti e feriti e prigionieri, si sperperarono:
e 1'ordine fu ristabilito in quel quartiere. Nel resto della citta non
era stato punto turbato.
IV.
MOVIMENTO CATTOLICO
4. I biglietti di visita e il Movimento cattolico — 2. Deputazione (Jella Um'onc
Cattolica della Gran Bretagna — 2. Due altri indirizzi delle Signore e
del popolo cattolico della Gran Brettagna — 5. Deputazione della Stiria
— 5. Le poverelle di Roma e le Sordo-mute — 6. Varie Corrispondenze
— 7. Breve aU'C/mYd Cattolica.
I.Per impicciolire al possibile il mondiale spettacolo del movi-
mento cattolico, che si appalesa in tante Deputazioni e indirizzi al Santo
Padre, YOpinione, invertendo con poco buon gusto il detto Ovidiano:
Si licet exemplis in parvo grandibus uti „ ha voluto rassomigliare
queste grandi dimostrazioni cattoliche pel S. Padre a nulla piu che
a biglietti di visita, che si usa recare altrui per fare un atto cortese
di condoglianza. L' Osservatore Romano (n° 83) accetto il paragone,
benche si disacconcio, e volgendolo acconciamente contro chi 1'avea
usato, con solo notare che tra persone civili si usano parimente i
biglietti di congratulazione, chiedeva all' Opinione : Potrebbe ella
dirci quanti biglietti di visita abbia ricevuti il governo fiorentino in
riguardo di quegli atti da lui compiuti e de' successi riportati , che
diedero occasione a tante testiraonianze di rammarico verso il Santo
Padre? Puo essa riferirci i norai di autorevoli ed influenti perso-
naggi stranieri, che siansi percio condotti a Firenze come si condus-
sero a Roma? Del resto notava I' Osservatore, che dall'indole stessa
dei personaggi eletti a rappresentare le singole nazioni, dai sentimenti
di cui i medesimi si fecero interpret!, e piu ancora dal linguaggio
che costantemeiite adoperarono nei loro indirizzi e nei loro discorsi,
si e pienamente messo in chiaro come i loro voti, le loro promesse,
e le loro previsioni non avessero affatto per oggetto di esprimere una
sterile e passiva condoglianza, ma implicassero convinzioni e divisa -
menti di ben maggiore portata.
2. Piu ancora che delle altre Deputazioni cattoliche, i fogli di
ogni colore ban parlato della Deputazione dell'Unione cattolica della
Gran Brettagna, si per la qualita de' personaggi inglesi e scozzesi
che la componevano, si per i sensi espressi e ragionati in un grave
500 CRONACA
indirizzo. Essa fu ricevuta in solenne udjenza il martedi della set-
timana santa, 4 aprile, e YOsservatore Romano n° 77 cosi breve-
mente la descrisse. Questa raattina alle 11 1r2 antim. la Santita di
Nostro Signore Papa Pio IX ha ricevuto nella sala del Trono la
Deputazione de'cattolici inglesi. Ritto in piedi sui gradini del trono,
avente ai lati i membri della sua Corte e incontro la Deputazione
inglese, sua Santita ha ascoltato la lettura fatta in francese di un
indirizzo letto dal Duca di Norfolk; nel quale indirizzo era espresso
con nobile, franco e riciso linguaggio il modo di vedere dei cattolici
di quella grande e potente nazione, in tutto e per tutto conforme
al sentimento gia manifestato in piu d'una occasione in questi ultimi
tempi dai Padri della Chiesa universale intorno la questione del civile
e religiose principato del romano Pontefice. Terminata la non breve
lettura in mezzo al religiose silenzio degli astanti, il Santo Padre vi
ha risposto nello stesso idioma, manifestando la sua gratitudine per
le prove di devozione e di amore, che gli sono profuse dai suoi figli
in tempi di tanta amarezza pel suo cuore. Sua Santita , ricordando
le gcste, le virtu, la dottrina del Pontefice S. Gregorio, il quale pre-
dilesse in ispecial modo 1' Inghilterra , soggiunse che se egli non
potea paragonarsi con quel Grande nelle virtu e nella dottrina, gli
andava pero a paro neH'amore verso 1' Inghilterra, per la quale avea
fatto quanto era in suo potere , perche il cattolicismo vi ripigliasse
1'artico fervore e vi si dilatasse e propagasse a gloria di Dio e della
Chiesa. Espressi quindi altri sentirnenti non meno nobili e rispon-
denti all' altissima sua rappresentanza , il Santo Padre con tenere
parole impart! a tutti 1'apostolica benedizione. Non e difficile imma-
ginare con quali sentirnenti fosse accolta la parola del venerato Pon-
tefice, e quanto viva fosse la emozione dipinta sul volto di quei severi
isolani. Presentati poscia uno ad uno a Sua Santita furono dalla stessa
Santita Sua con somma benignita invitati a seguirlo nel suo ordinario
passeggio . II di appresso 5 aprile , to stesso Osservatore Romano
(n° 78) aggiungeva : Questa mattina la Deputazione inglese ha avuto
1'onore di assistere alia celebrazione della messa del Santo Padre nella
sua cappella privata , accostandosi con moltissima edificazione alia
sacra mensa e ricevendo dalle mani stesse di sua Santita il pane
eucaristico. Nello stesso numero 78 si trova lo stupendo indirizzo letto
dal Duca di Norfolk, e nel numero 79 la risposta del Santo Padre,
che nel numero 83 si conferma come autentica.
II Divin Salvatore, consecrando quasi interamente alia Deputa-
zione inglese il n° 48 dei 6 aprile, reco tutto insieme 1' indirizzo e la
risposta, ed aggiunse una corrispondenza d' Inghilterra all' Unitd Cat-
tolica,, diretta a far conoscere i personaggi primarii della deputazione.
Noi non potendo recare per disteso questi documenti, ci contenteremo
CONTEMPORANEA 501
di recare i nomi della nobilissima deputazione, che logliamo da una
grande fotografia, presa appositamente dai fratelli Alessandri, nella
quale si pongono sotto degli occhi i ritratti e i nomi dei singoli in
tanti ovatini intorno al ritratto di Sua Santita. Ecco dunque i norni
e i titoli inglesi - Duke of Norfolk - Earl of Denbigh - Lord Edmund
Howard - Lord Robert Montagu - Lord Henry Kerr - Lord Archibald
Douglas - Viscount Campden - Lord Arundell - Lord Herries - Hon.
John Dormer -^Hon. William Petre - Master of Lovat - Master of
Herries - Hon. William North - Hon. Monsignor Stonor - Charles
Weld Esq. - Henry Clifford Esq. - William Langdale Esq. - Arthur
Langdale Esq. - Charles D. Bodenham Esq. - John G. Kenyon Esq. -
John Vaughan Esq. - Edgar Hibbert Esq. - C. Gandolfi Hornyold
Esq. - Hubert Hibbert Esq. - F. R. Wegg Prosser Esq. - Captain
Farmer Bailey - Robert Monteith Esq. - Alexander Fletcher Esq. -
Molyneux Seel Esq. - Thomas Walmesley Esq. - Francis Reynolds
Esq. - Stuart Knill Esq. - William Bishop Esq. - William Sills Esq. -
Alfred Walmesley Esq.
3. Anche le signore cattoliche, inglesi e scozzesi, avevano poco
prima inviato al Santo Padre un loro indirizzo con 1410 firme, il
quale riusci graditissimo in singolar modo a Sua Santita, perche quelle
signore, non contente di esprimere i loro sensi di devozione, espri-
mevano nel loro indirizzo un pratico proponimento, degnissimo d'imi-
tarsi dalle signore cattoliche d'ogni nazione. Santo Padre! esse dice-
vano; ansiose di consolarvi in quest' ora d'amara prova, noi potremmo
trattenerci a parlare della sicura speranza di un vicino trionfo ed in
mezzo alle attlizioni presenti anticipare la gioia di quel momento:
ma sara meglio per noi e piu gradito a voi, il deporre prontamente
ai vostri piedi la sincera nostra intenzione di procurare, per quanto
possiamo, di conformarci alle vostre ripetute e calde esortazioni col
resistere allo spirito del mondo. — Sua Santita rispondendo a quel-
1' indirizzo con un bellissimo breve, diretto alia Duchessa di Norfolk,
lodando i sensi di devozione e di pieta di tutte quelle signore, le in-
coraggio specialmente a quella risoluzione contro il lusso e lo spirito
mondano.
Come 1'aristocrazia, cosi il popolo cattolico della Gran Bretagna
ha espresso i suoi sentimenti al Santo Padre con un indirizzo, giunto
teste in Roma, il quale porta piu di un mezzo milione di firme. Ec-
cone la versione.
Santissimo Padre! Nel momento della vostra afflizione, non e
possibile che i vostri figli si rimangano silenziosi. Ci prostriamo ai
vostri piedi per unire i nostri al vostro cuore, e per offerirvi quel-
1'ossequio che ogni atto del vostro glorioso pontificate venne in noi
aumentando, e che e divenuto dieci volte piu profondo e sincere ora
502 CRONACA
che siete « Prigioniero nel Signore per nostra cagione. » In una cosi
crudele afflizione, questa e la sola nostra gioia che la vostra prigio-
nia attira a Voi tutti i cuori cattolici, e noi lega vicendevolmente
colla forza deli'unita, la quale durera ancora quando sia cessata que-
sta persecuzione .
Santissimo Padre! noi Yi ringraziamo perche colla vostra pa-
ziente resistenza al male, Voi andate suggellando quell'apostolato in
favore della societa, che coi vostri insegnamenti avete sempre eser-
citato. Iddio Vi ha scelto a vittima per tutti i troni, per tutti i Go-
verni, e per tutti quei legami che tengono gli uomini uniti fra loro.
Speriamo che i vostri patimenti ammaestreranno un mondo che non
voile prestare orecchio alia vostra voce.
Che un Governo, il quale stava in pace con Yoi, e non avea
motive di combattervi, ne vi fece dichiarazione di guerra, Yi abbia
strappato colla violenza la vostra sovranita e la vostra citta, solo
perche 1'agognava; e questo un atto, il quale (se venisse tollerato)
distruggerebbe interamente la sicurezza data dal cristianesimo alle
nazioni: sarebbe un tornare ai tempi pagani. Che questo fatto siasi
compito sotto pretesto di proteggervi, collo scherno di un plebiscite
e all' ombra dell' opportunita offerta dai torbidi di altre nazioni ; cio
aggiunge all' ingiustizia di quell'atto la vilta e il tradimento, che
distruggono ogni lealta cristiana ed ogni onore umano.
I Governi d'Europa rimasero fmora insensibili al vostro cordo-
glio; ma se non si uniscono per distruggere questa grande ingiustizia,
questo orrendo sacrilegio, tornera a loro proprio danno e forse a loro
totale rovina. Mentre eglino furono traditori piuttosto di se stessi,
Yoi solo, Padre santo, siete stato coraggioso nel difendere la causa
dell'ordine, e paziente nei soffrire senza cedere la dove foste impo-
tente ad opporvi .
Per tutto questo i membri dell'umana famiglia, a qualunque cre-
denza appartengano, hanno ragione di profonda gratitudine al vostro
coraggio. E noi che siamo vostri figli, ne abbiamo un motivo di piu.
Noi Yi ringraziamo perchS ancora tenete Roma per vostra, sebbene
pel momento i . . . abbiano usurpato il vostro diritto. La tenete per
Iddio, e tenendola cosi, Yoi proclamate al mondo, e Yoi solo nel mon-
do, come Dio si abbia riservate alcune cose per se e come sopra que-
ste cose a lui sacre niuno puo stendere la mano. La tenete pel sa-
cerdozio, e Yoi annunziate al mondo che i servi del cielo non possano
essere soggetti nel loro operare alle podesta terrene. La tenete per
noi tutti, poiche Roma e nostra, ed ogni cattolico e cittadino di Roma.
Padre Santo, Yoi siete nostro capo, nostra guida, nostro pastore;
e noi non possiamo soffrire di avere il libero accesso a Voi, solo per
CONTEMPORANEA 503
la tolleranza di an re o di una repubblica d' Italia. Spetta a Voi di
ammaestrarci e di pasccrci infallibilmenle; la voce dei vostri figli da
ogni angolo della terra dee giungere fino a Voi a yostro piacere, e
non a beneplacito di verun altro. Affinch& poi possa giungervi e as-
solutamente necessario che voi godiate la pienezza di quella sovra-
nita temporale, cui la sapienza delle eta di fede ha sempre ricono-
sciuto quale un dono di Dio a vostro favore. No, nessuno ha il diritto
di tenerci lontani dal seno del nostro Padre, e non sara mai permesso
ad una sola nazione d'ingerirsi in quel governo divino, che tutte
ugualmente concerne le nazioni della stirpe umana.
Percio, Padre Santo, prostrati ai vostri piedi ci dedichiamo alia
vostra causa, onde pregare per Voi, per Voi agire e non mai desi-
stere di adoprare ogni mezzo permesso dalla coscienza e dall' onore,
fintantoche ci sia dato un'altra volta radunarci intorno a Voi, go-
vernante liberamente la vostra propria citta, Vescovo e re di Roma
e degli Stati della Chiesa.
Questo magnifico indirizzo il 2 maggio fu letto in italiano al
Santo Padre da Mgr. Stonor, e 1'originale gli fu presentato dal Rev.
A. W. Dolman, autore principale di questa grande manifestazione
cattolica. Egli col solo scrivere una fraterna circolare ai sacerdoti che
hannocura d'anime nell'Inghilterra e nella Scozia, pregandoli di fare
al lor popolo un invito a sottoscrivere 1' indirizzo, riusci felicemente
a raccogliere 504,552 firme, ch'egli stesso e venuto a presentare al
Santo Padre. L'originale dell' indirizzo scritto su pergamena, magni-
ficamente illustrate con disegni a colori rilevati in oro, e 1' immense
volume di quell' oltre a mezzo milione di firrne, restera negli archivii
Vaticani qual prezioso documento della fede del popolo cattolico della
Gran Bretagna.
4. Un altro indirizzo di 149, 652 firme, raccolte in un volume le-
gato con isquisito lavoro, fu presentato a Sua Santita dalla Deputa-
zione della Stiria, ricevuta in solenne udienza la mattina del 25 aprile.
La Deputazione , presieduta da Sua Altezza Rma Monsignor Zwerger,
Principe^Vescovo di Seckau residente in Gratz, si componeva non solo
di sacerdoti e signori, ma ancor di signore. Eccone i nomi. Luigi Fuchs
direttore della Cancelleria - Rev. Antonio Schalhammer - Rev. Carlo
Oedl - Rev. Giovanni Loppitsch - Rev. Giovanni Greisdorfer - Al-
fredo Conte Desenfanns d'Avernas - Fernando Conte Ilium - Taxis -
Giovanni Schumy - Michele Simettinger - Maria Contessa Desenffans
d'Avernas, nata Contessa Brandis - Maria Contessa Desenffans d'Aver-
nas - Chiara Contessa Desenffans d'Avernas - Anna Contessa De-
senffans d'Avernas - Giuseppina Contessa Brandis - Berta Contessa
Welserheimb, nata Baronessa Hingenau - Paolina Contessa Sermage -
504 CRONACA
Rosalia Baronessa Lazzarini, nata Baronessa Rastern - Anna Baro-
nessa Lazzarini, nata Contessa Brandis - Filomena Baronessa Lazza-
rini - Antonia Baronessa Hauer, nata Contessa Welserheimb - Ca-
rolina Baronessa Waldslatten - Anna Dannhausser - Maria Kling.
II ricevimento ebbe luogo nella sala del coucistoro. Facevan co-
rona al trono del Santo Padre sei Cardinali, i Prelati della Corte e
molti altri cospicui personaggi. Monsignor Vescovo lesse un indi-
rizzo latino a cui si premetteva questa nobile iscrizione.
Reipublicae catholicae Defensori
Fortissimo
Jurium omnium vindici conslanlissimo
Mitissimo Pio
Impie oppresso
Fideles qui sunt in Dioecesi Secoviensi
Filii
Amantes Compatienles.
11 testo intero dell'indirizzo fu riportato dal Divin Salvatore nel
n° 57. — Senza ripetere i sensi che questi figli, veramente amantes,
compatientes,, vi espressero tamquam Christiani catholici, riporte-
remo soli due periodi in cui parlano specialmente come cittadini del-
1'Impero austro-ungarico. Tamquam imperil Austriaco- Hung arid
incolae maxime improbamus ac respuimus omnem, si quis
eldest, regiminis nostri cum adversariis Tuis consensum. Repudia-
mus ac damnamus denique vim Tibi illatam^ tamquam cives im-
peril catholici Austriaco -Hung arid, cujus prindpes inde a Rege
Romano Rudolpho piissimo, domus augustissimae Habsburgicae
fundatore, Ecclesiam Sanctam venerari et tueri in primis consue-
verunt,, quique hoc studio avito 3 et populorum suorum pad ac
prosperitati, et imperil ipsius vigori gloriaeque optime consulue-
re Nostrum in primis est extollere vocem, ne assentire vi-
deamur tacentibus et quiescenlibus eis, qui agere loquique et po-
tuerunt et debuerunt.
Terminata la lettura dell' indirizzo, fu letto quello delle rappre-
sentanti la Unione delle Signore catloliche di Gratz; ii che fu fatto
con singolare grazia e modestia dalla Contessa Anna d'Avernas, ingi-
nocchiata dinanzi al Santo Padre insieme colla Presidente della so-
cieta medesima, Signora Anna nobile di Dannhauser. Oltre le comuni
protestc, 1' iudirizzo terminava in modo tutto acconcio e singolare
con queste parole. — Essendoci ben noto che non vi e cosa che piu
consoli la Santita vostra, come il sapere le buone opere che si fanno
dai cattolici a sollievo dei bisognosi e ad edificazione dei fedeli, osiamo
rispettosamente promettere alia Santita vostra di volerci adoperare con
CONTEMPORANEA 505
ogni sforzo, affinche nella cura ed educazione della gioventu femmi-
nile, e nel soccorso dei poveri, conforme allo scopo della nostra unione
succeda il maggior bene possibile; e a tal fine imploriamo 1'aposto-
lica benedizione per tutti i membri della unione e per le nostre fa-
miglie.
II Santo Padre presa occasione dalle parole, Simon, amas me?
parlo generalmente dell' amore colF eloquenza del cuore: ma special-
mente in modo pratico incoraggi tutti all'azione, a pregare, a gridare con
insistenza modesta ma ferma. Clama ne cesses, Egli disse, Clama ne
cesses vorrei dire a tutta la Germania; e ci6 voi to ripeterete quanto
e come vi sara dato di poter fare. Fatelo con moderazione, ma con
insistenza; con prudenza ma con incrollabile fermezza, fmche a Dio
non piaccia di ristabilire la giustizia nei suoi diritti divini ed uma-
ni. Finalmente prego Iddio a spargere le sire benedizioni sopra di
tutti, e specialmente aggiunse, volgendo il paterno sguardo a quelle
signore intenerite, su queste buone figlie che con tanto disagio ven-
nero qui a prender parte a questo bell' atto di amore.
I signori della Deputazione furono invitati dal Santo Padre a
seguirlo nel suo passeggio, e il di appresso ricevettero la Santa Co-
munione dalle sue mani nella sua Cappella privata : le signore poi
ascoltarono la Messa di Sua Santita nella Cappella Sistina la dome-
nica appresso, e insieme con altre signore romane e forestiere rice-
vettero dalle sue mani la Comunione. Di questa Deputazione delia
Stiria, come di quella della Gran Bretagna, si e presa in Roma dal-
1'Alessandri una grande fotografia.
5. II diffonderci che abbiam pur dovuto fare alcun poco in questi
atti piu solenni delle Deputazioni cattoliche, ci toglie per ora 1'agio
di parJare di molte altre dimostrazioni religiose e politiche di ogni
maniera, che riserbiamo per un altro quaderno. Intanto perche non
sembri che teniam solo ragione delle Udienze piu splendide di si-
gnori e signore , riporteremo 1' udienza data alia deputazione delle
poverelle Romane , alia quale 1' Unitd Cattolica del 26 aprile con-
secro un articolo intitolato: Pio IX in mezzo alle sue poverelle. II
Santo Padre le accolse collo stesso affetto con cui accoglie le Princi-
pesse e le Regine. Anzi uso loro un tratto di predilezione, perche
trovandosi nella sala del concistoro rappresentanze di altre comunita
od associazioni, il buon Padre, al modo di quel Gesu di cui e Yicario
in sulla terra, appena seppe esservi le poverelle: Oh bene, disse, ove
sono le mie poverelle? e voile che precedessero le altre Deputazioni,
e si compiacque udirne 1' indirizzo e riceverne 1' obolo , poscia loro
parlando con tanta bonta che trasse da tutti gli occhi le lagrime.
Le due promotrici di si bella dimostrazione furono Agata Canestrelh
506 CRONACA
vedova Feliciangeli e Teresa Canestrelli, gia note per la loro carita
verso le poverelle; araendue scritte in capo alia lista di oltre a mille
cinquecento poverelle di Roma , che a forza di soldi e di centesimi
deposero centosessanta lire a piedi del Padre dei poveri.
D'un'altra simile Udienza, grande al cospetto di Dio, e gradi-
tissima al cuore del S. Padre, par!6 1' Osservatore Romano nel n. 58.
Un commovente spettacolo presentavano le Logge di Raffaele, dove
in lungo ordine stavano le povere sordo-mute di Termini, accom-
pagnate dalle loro maestre. Una di queste ultime diresse al Papa un
affettuosissimo Indirizzo, che un'allieva spiegava alle compagne coi
suoi gesti. Se le nostre lingue potessero sciogiiersi (dicea colla voce
la maestra e col gesto 1' allieva), la prima parola che uscirebbe dalle
nostre bocche sarebbe : salute e gloria a Pio IX , il nostro glorioso
Pontefice, il nostro assiduo Benefattore! Le poverette esprimevano i
loro concetti col gesto, collo sguardo, col volto, cosi teneramente che
nessun occhio e neppur quello dei Santo Padre rimase asciutto. II
S. Padre fece loro dispensare medaglie ed altri oggetti di devozione,
diresse loro cordial i parole, che erano contemporaneamente tradotte
coi gesti, poi le benedisse. Quando lo videro partire ruppero in un
grido incomposto, ma cordiale di Yiva il S. Padre! grido che esse
non potevano udire, ma che i loro occhi pieni di lagrime e i loro
volti commossi esprimeano assai piu eloquentemente che non 1'avrebbe
potuto la voce.
6. Ancora un cenno di varie notizie da private nostre corrispon-
denzc. Un Corrispondente ci scriveva teste dal Belgio. Qui i pelle-
grinaggi sono sempre o\\J ordine del giorno e se ne fanno assai piii
di quelli che si descrivono ne' giornali. Ogni villaggio e direi quasi
ogni parrocchia fa il suo; e cio ch'e piu singolare si e che, anche
in mezzo alle popolazioni stimate le peggiori , questi pellegrinaggi
riescono a meraviglia. Par proprio che Dio voglia farci conoscere che
vuol esser pregato e che da lui solo si deve attendere il ristabili-
mento dell' ordine: e a dir vero non mi pare che possa sperarsi al-
cun che di buono dagli uomini. Domenica prossima ( 30 apr. festa
del Patrocinio di S. Giuseppe) vi sara un pellegrinaggio a Lovanio,
e si crede che a causa soprattutto della scolaresca dell' Universita
riuscira magnifico. — Ora leggiamo nei fogli che quel pellegrinaggio
nazionale vinse ogni espettazione.
Un altro corrispondente ci scriveva da Malta. Qui abbiamo con-
tinue preghiere ed Esposizioni del Santissimo Sacramento pel Santo
Padre. Le Chiese son piene: si combatte colle preghiere. Oh se vedeste
con qua! fervore il povero popoletto prega pel S. Padre ! E come ogni
ordine di persone vuol mandargli il suo nome in un comune indi-
CONTEMPORANEA 507
rizzo ! — Abbiam poi saputo che 1* Indirizzo fa ricevuto dal Santo
Padre e gradito oltre modo pel gran numero delle firme, sicche il
S. Padre parlandone ebbe a dire : Tutta Malta ha sottoscritto ! sera-
plici parole che contengono un nobile elogio per Malta. Abbiam anche
veduto nei fogli un Breve diretto alia Societd Maltese, il quale
comincia con queste parole di elogio ben meritato. — Un argomento
indubitato della fede e deH'amore dei Maltesi avevamo gia avuto nella
petizione presentata, ad impulso del lor venerabile Pastore, al potere
civile in difesa dei nostri diritti. Un pegno pero molto piu splendido
della stessa devozione ora ci porgono e le tante migliaia di firme
apposte nell' Indirizzo a Noi trasmesso, e la vostra societa istituita
appositamente per rassodare e alimentare nel popolo lo spirito sincero
di pieta, stringerlo con vincoli piu intimi di ossequio e di amore a
questa cattedra di Pietro, eccitarlo a difendere con ogni legittimo
modo la liberta a Noi rapita e con essa i diritti violati d'ogni cattolico,
e infiammare gli animi a procurarci aiuti piu efficaci, si celesti che
terreni. —
Due altre corrispondenze dal Tirolo tedesco ci descrivevano tra
1'altre cose due processioni , 1' una di tremila , 1' altra di diecimila
persone. Un' altra corrispondenza dall'Irlanda ci diceva di nuove of-
ferte raccolte pel S. Padre dai poveri Irlandesi, e specialmente d'un
Indirizzo e di nuove oblazioni delle signore, da inviarsi tra breve da
Dublino a Roma.
7. Ma perche non sembri che parlando d' altre nazioni dimen-
tichiamo 1'Italiia, termineremo questa volta riportando un Breve di-
retto agli scrittori dell' Unitd Cattolica, assai onorifico per essi, ma
insieme per tutta I' Italia. L' Unitd Cattolica lo pubblico nel n. 92 del
19 aprile, premettendovi queste parole.
II S. P. Pio IX si compiacque di farci nuovamente uno dei doni
piu segnalati che un cattolico possa desiderare quaggiu, scrivendoci
la seguente lettera. Essa e anteriore alle offerte deposte a'suoi piedi
nel giorno dodici di aprile, ma si riferisce a quelle da noi spedite
a Roma sul cominciare di febbraio. Le quali offerte vennero princi-
palmente raccolte per lo zelo del conte Cesare Francesetti di Mezze-
nile, che propose in questo giorno pubbliche preghiere pel Papa, ed
egli stesso, nella chiesa di Nostra Signora del Carmine in Torino, ne
diede il lodevolissimo esempio. II Santo Padre lo accenna nella sua
lettera, e chiama suo figlio diletto questo egregio cattolico; e rin-
grazia e benedice tutti gli oblatori che pregarono per lui, e lo sov-
vennero colle loro oblazioni. Ecco la lettera pontificia:
508 CRONACA CONTEMPORANEA
Dilectis Filiis presbylero lacobo ac Stephano germanis fralribus
Margotti scriptoribus ephemeridis ab Unitate Catholica nun-
cupalae.
Diiecti Filii, salutem et apostolicam benedictionem.
Iteratis studii et pietatis vestrae ac dilectorum filiorum Italorum
fidelium significationibus et officiis., Nobis in tribulatione positis filia-
lem consolationem novissime afterre curavistis. Qua in re vere illud
innotescit et in dies magis patet, Deum Ecclesiae suae gloriam, uti
in triumphis et prosperitatibus, sic etiam in adversitatibus eius et
laboribus adserere et proraovere. Quo enim maioribus urgetur iniu-
riis et oppugnationibus haec Apostolica Sedes, eo magis fides catho-
lici nominis elucet et caritas, cuius praeter alia splendido argumento
est Nobis pium largitionum collatarum ab italis fidelibus et brevi
unius niensis spatio renovatum munus, quas ab ipsis oblatas in obse-
quium Apostolorum Principis, et partim etiam in subsidium eorum
qui exundantis Tiberis in alma hac urbe damna senserunt , vestra
sollicitudine atque opera ad Nos missas gratanter accepimus . In
hoc recognovimus, Diiecti Filii, uberem praestantium studiorum ve-
strorum fructum , quibus Deus benedictionis suae gratia propitius
favet ; recognovimus mirificam erga hanc Sanctam Sedem Italorum
voluntatem , qui sua pietate impulsi nee non exemplo dilecti Filii
comitis Francesetti, nihil antiquius habuerunt, quam ut communem
Patrem rebellium filiorum iniuriis et oppressione afflictum sua stipe
et dilectione non minus quam precibus consolentur. Nos itaque, di-
lecti Filii , gratissimum vobis profitemur animum, et per vos etiam
piis omnibus, qui suae caritatis officiis de Ecclesia Dei benemereri
student, meritamque ipsis tribuimus laudem, quorum pietas catholic!
orbis erga hanc Apostolicam Sedem studiis tarn egregio consensu
respondet. Deum etiam Omnipotentem oramus, ut omnibus vobis pro
vestris in Nos meritis praemia rependat amplissima, quae quidem
pietati vestrae defectura non esse pro certo habemus; nam qui Spon-
sam Dei et Matrem suam Ecclesiam glorificant, uti S. Anselmus ait,
cum ilia et in ilia glorificabuntur . Accipite demum , dilecti Filii,
apostolicam benedictionem, quam vobis ac universis et singulis di-
lectis Filiis oblationum largitoribus cum praecipuae benevolentiae
Nostrae testificatione , et omnium coelestium gratiarum votis pera-
manter impertimus.
Datum Romae apud S. Petrum, die 25 februarii, an. 1871, Pon-
tificatus Nostri anno vicesimoquinto. PIUS PP. IX.
PEL GIUBBILEO PONTIFICALS
DEL S. P. PIO IX.
PROPOSTE AI CATTOLICI ITALIANI
L'avvenimento del Giubbileo pontificate del nostro Santo
Padre Pio IX, che tutto il cristianesimo, in ogni angolo del
mondo, fra un mese .festeggera, e di un'importanza cosi
grandemente singolare, massime pei tempi nei quali accade,
che perfino i piii acri neinici della Chiesa e della Tiara se
ne mostrano attoniti o conturbati. « Noi ci prepariamo a
solennizzare un fatto inaudito sino al di d' oggi nelle storie
ecclesiastiche: il giubbileo di venticinque anni d'un Romano
Pontefice, che dev1 essere pel Padre nostro il principio di
una consolazione proporzionata a'suoi dolori. Percio, nel-
1'aspettazione del 16 giugno, un potente soffio scuote la
cattolicita, agitat molem : e questo soffio porta verso Roma,
animandoli di un novello amore e di una speranza novella,
i cuori di dugento milioni di cristiani ». Queste parole, dette
dall1 illustre primate del Belgio a molte migliaia di persone
radunate il 30 aprile in Lovanio, per fare una grande mani-
festazione religiosa in favore del Pontefice prigioniero, ed
accolte da un immense scoppio di applausi a Pio IX Papa
e Re, T esprimono tutta Timportanza di questo avvenimento,
cosi unico e meraviglioso, ordinato da Dio, che ludit in
orle terrarum, al trionfo del suo Vicario fra gli uomini.
1 V. Bien Public di Gand, n. del 1° maggio 1871.
510 PEL G1UBB1LEO PONT1FICALE DEL S. P. P10 IX
Si , a dispetto dell' inferno, che tutte le sue forze ha
ora scatenate contro la divina Potenza del Vaticano, e a
dispetto degli schiavi di Satana, che ne scherniscono 1'ap-
parcnte fiacchezza , come sul Golgota i loro antecessori
schernivano 1' apparente debolezza del Figliuolo di Dio in
croce, il prossimo giubbileo pontificio di Pio IX segnera un
principio di nuove consolazioni pel Papato, per la Chiesa,
pei fedeli ; e di consolazioni rispondenti alle ambasce
fiuora patite. Sara come un raggio prenunziatore dell' Al-
leluia, tra i crucifige che escono dalle gole del cerbero
rivoluzionario.
Tutta la cattolicita a buon diritto tiene questa grazia
straordinaria di Dio alia Chiesa ed al suo Capo, per un
pegno di altre grazie pure straordinarie. Non vi ha cattolico
vero che non si senta commovere di filiale tenerezza, in
vedere Taugusto Bio IX, cosi da Dio favorito, privilegiato
e glorificato in mezzo a tante ingiurie, di cui lo fa segno
Satana colla turba de1 suoi vili satelliti ; e non si senta
erigere a viva speranza che Pio IX, dopo passati gli anni
di Pietro, conculcabit leonem et draconem, r e premera col
piede, scabellwn yedum suorum, le debellate turbe de'suoi
insultatori di ogni grado, qualita e condizione ; conguassabit
capita in terra multorum. 2
Ma in quella che ai oattolici degli altri paesi , anche
eterodossi , sara lecito celebrare con mostre di pubblica
gioia questa bellissima festa del Padre delle anime loro e
della loro fede, in Italia, paese tutto cattolico, appena sara
concesso di solennizzarlo nell' interno dei sacri templi .
Qualunque estrinseca dimostrazione di esultanza e di onore
al Vicario di Cristo, vi sara forse interdetta come antina-
zionale , dal suo Governo che pretende ess ere nazionale.
Cosi la cattolica Italia, sede del Pontificato , per arcano
ordinamento di Dio, deve partecipare piii d'ogni altraregione
agli odierni lutti del Pontefice, si perche Italiani pur troppo
1 Psal. 90.
2 Psal. 109.
PROPOSTE AI CATTOLICI ITAL1ANI
511
sono gli spogliatori e carcerieri di lui; e si perch5 forse e
senza forse e predestinata a parteciparne poi piti intima-
mente le allegrezze e i beni del trionfo.
Adunque non potendo T Italia fare altre manifestazioni
che religiose, eccetto quella di un quasi plebiscite, che sara
offerto all'augusto Prigioniero del Vaticano per mano di
deputazioni ottimamente organizzate dalle varie societa, e
massime da quella della nostra Gfioventu cattolica per tutta
la Penisola ; ci e venuto in animo di proporre ai nostri
lettori alcuni facili modi di celebrare religiosamente questa
solennita ; e noi porgiamo loro qui le nostre proposte, con
quella semplice schiettezza con cui tra buoni amici si suol
procedere : tanto piu che si accordano col programma
pubblicato ai 5 del corrente mese dal Consiglio Superiore
della societa della G-ioventu cattolica italiana, che ci e
pervenuto mentre rivedeyamo le bozze di queste nostre
pagine.
I. Converrebbe che in questo mezzo tempo si accaloras-
sero le sottoscrizioni ai numerosi Indirnzi, i quali si stanno
apparecchiando, per essere deposti ai piedi del Sovrano
Pontefice, in questa contingenza del suo giubbileo, insieme
colle oblazioni per Tobolo di S. Pietro. Sarebbe a deside-
rare che , per copia di sottoscrizioni , gl1 indirizzi della
Italia passassero quelli delle altre nazioni. Non vi dovrebbe
essere parrocchia, che non ainbisse 1'onore di presentare il
suo, unito a quello di tanti altri corpi morali che lo pre-
senteranno.
II. II giorno vero, in cui Pio IX compie il venticinque-
simo anno del suo Pontificate, eilvenerdi 16 giugno, sacro,
nella liturgia romana, alia festa del Cuore santissimo di
N. S. Gesu Cristo. Ma riuscendo molto difficile il celebrare
da per tutto una solennita in giorno feriale; cosi sarebbe da
consigliare che la festivita del giubbileo del S. Padre si
trasferisse alia prossima domenica 18 giugno.
III. A questa sarebbe molto opportune che , dovunque
si puo, si premettesse una no vena od un triduo in onore
512 PEL GIUBBILEO PONTIFICALE DEL S. P. PIO IX ECC.
del S. Cuore di Gesu, con salutare predicazione della pa-
rola di Dio, per ringraziamento del grande favore eonce-
duto dal Redentore al suo Vicario in terra , per la conser-
vazione di lui e pei presenti bisogni della Chiesa e della
Sede Apostolica . Le famiglie cristiane che non potessero
intervenire a queste novene o a questi tridui, dovrebbero
supplirvi neirinterno delle loro case.
IV. Nel giorno della domenica 18 i cattolici dovrebbero
accostarsi ai sacramenti, ed offerire in ogni luogo la loro
comunione per le intenzioni predette, con quella stupenda
generalita che si ammiro in tutta 1' Italia, pel giubbileo
sacerdotale del Santo Padre, 1' 11 aprile 1869.
V. In questo giorno medesimo poi sarebbe cosa bellis-
sima che in tutte le Chiese, nelle quali fosse cio possibile,
si facesse una solenne esposizione del Santissimo Sacra-
mento da mane a sera, e che ogni fedele si facesse un
pregio di impiegare un' ora o una mezz' ora nell' adora-
zione dell' Ostia divina, sempre per le tre intenzioni sopra
ricordate . La quale esposizione, cosi congrua ad onorare
il Cuore santissimo del Salvatore, si avrebbe da conchiu-
dere col canto di un solenne Te Deum.
VI. Proponiamo inoltre, che tutte le associazioni cat-
toliche di carita in quel giorno distribuiscano ai loro po-
veri soccorsi straordinarii, e che il medesimo facciano le
persone e famiglie cristiane ; cosi che la carita suggelli le
opere di pieta: due virtu per le quali il nostro Santo Pa-
dre Pio IX e cosi segnalato .
L'universalita el'ardoredi tante supplicazioni che dalla
cattolica Italia si innalzeranno al cielo pel Romano Pon-
tefice, terranno luogo agli occhi della cristianita di altre
manifestazioni giulive, che i tempi non consentono a noi
Italian! di fare: ma soprattutto avranno gran peso nelle
bilance delFeterna giustizia e misericordia. Onde possiamo
con buon fondamento sperare, che il 18 giugno sara quel
giorno avventurato che, pel Santo Padre , per la Chiesa e
per lanostra povera Italia, segni il termine della procella.
IL GIUBBILEO DI PIO IX
E
LE SPERANZE DEI CATTOLICI
Per quanto gl1 increduli dei nostri giorni ostentino di
non aver fede in alcun ordine di Provvidenza , e negli av-
venimenti che ora si succedono rifiutino di ammettere altro
concorso che di cause visibili ed umane; pure dal rapido
intrecciarsi di tanti fatti cosi nuovi ed inaspettati, non pos-
sono fare che non rimangano attoniti, e quasi indelibera-
tamente non si volgano a cercarne le ragioni altronde, che
dalla politica e dalla natura. Di qui la incertezza di tutte
le loro previsioni ; dicendo impossibile prevedere, come al
solito , il domani che seguira all' oggi , e il posdomani che
terra dietro al domani. II che significa , fuori d' ambagi ,
che siamo in un tempo , nel quale il corso delle pubbliche
vicende e sottratto alle leggi ordinarie e regolato da una
speciale Provvidenza , che tutte agli arcani suoi fini le indi-
rizza . Sott1 altra forma , confessano la cosa medesima che
noi cattolici , ed affermano implicitamente quel che espli-
citamente affettano di negare; con questo perb che noi
cattolici conosciamo inoltre generalmente il fine, a cui le
mondane vicissitudini dalla Provvidenza di Dio sono dirette,
Serie VIII, vol. II, fasc. 503 33 20 mag'gio 1871.
514 IL GIUBBILEO Dl PIO IX
che e il bene della Chiesa ; e perci6 da tutte , anche dalle
piu luttuose , possiamo e dobbiamo ricavare argomenti di
sublime speranza: doveche essi , discredendo questo fine,
errano fluttuanti nei loro giudizii e dalla confusione della
mente, quando i casi tornano in danno, passano per lo piu
alia disperazione del cuore.
Tra i fatti nuovi ed inopinati di questo tempo , soprag-
giunge novissimo il giubbileo pontificale del Papa Pio IX,
perche senza esempio in diciannove secoli di storia e per-
che accompagnato da un gruppo di circostanze, che, a chi
ben le considera, lo rendono al tutto mirabile e straordi-
nario.
Checche ne pensino gli spregiatori della Provvidenza di
Dio , noi li sfidiamo ad allegare una sola ragione umana-
mente accettabile, del come questa singolarita non si sia
veduta in altro Pontefice che nel vivente , dugencin-
quantesimosesto dopo s. Pietro ; ed appunto s1 abbia a ve-
dere in lui, gloriosissimo dei Papi, quando la materiale
grandezza del Papato sembra piu depressa, e la vittoria
de' suoi nemici piu compita che non fosse mai.
Noi ci protestiamo incapaci di scoprire alcuna ragione
umana di questo avvenimento ; e non esitiamo a dichia-
rare che Tunica ragion sua e nei disegrii di quel Dio, il
quale , in peso e misura, con pari soavita e fortezza, tutfo
agrincrementi del suo Regno in terra, che e la Chiesa,
va disponendo.
Percio con ogni sicurta di fede e di scienza asseriamo
che questo giubbileo e un fatto provvtdenzMe , ricchissimo
di conforti ai cattolici ; atteso che offre loro un saldo fon-
damento da poggiarvi sopra le speranze piu liete per la
causa del Papato , che in se compendia tutte le altre cause
d' ordine divino ed umano nel mondo. Or una si bella ve-
rita risulta chiaramenle dal fatto in se , messo a riscontro
col carattere proprio del Pontificate di Pio IX e cogli
aggiunti particolari del tempo in cui accade. Osserviamo
quanto ci6 sia vero.
E LE SPERANZE DEI CATTOLiCl
515
II.
Comunque piaccia di riguardarlo, non pu6 dubitarsi
clie il compimento delF anno venticinquesiino del Pontifi-
cate di Pio IX, sia un grande benefizio alia Chiesa ed un
favore unico alia persona del suo Capo , ferace di ottimi
augurii, indipendentemente ancora dagli aggiunti del tempo
in cui avviene.
La conservazione dei giorni , prolungata si oltre il con-
sueto, e T accrescimento per ci6 del prestigio d'un Papa
qual e Pio IX, chi non vede quanto ridondino a vantaggio
della Chiesa? Basta avvertire la popolarita immensa che
questo Pontefice gode in tutto 1'orbe, I'autorita incompa-
rabile della sua canizie , la venerazione che persino il fiore
degli acattolici gli professa e il singolare affetto che i
suoi meriti, le sue glorie e le sue virtu gli hanno conci-
liate per parte dei fedeli. Senza iperbole e con ogni verita
pu6 dirsi, che il Papa Pio IX e la delizia del cristianesimo
e 1' uomo piu stimato , piu acclamato e piu amato che sia
nella terra. II suo nome e simbolo d' onore ; la sua parola
e tessera di lealta; le sue benedizioni sono ambite come
grazie peculiari del cielo. Quando mai si contemplo nella
Cattedra di s. Pietro un Papa, che riunisse i pregi e le
magnificenze dei trionfi e delle sventure che accoglie in se
Pio IX? Or ogni bene suo e bene della Chiesa, mea omnia
tua sunt '; e per6 piu Dio le mantiene in vita questo suo
Capo diletto e gli aumenta la corona di splendori, e piu
altresi lei benefica e lei consola.
Ma di quanti splendori non e aumentata la corona di
Pio IX, dal favore unico che Iddio sta per concedergli, di
celebrare il giubbileo pontificale ! Che codesto sia un favore,
apparisce da s&. Che sia unico, lo attestano le cronologie
di piu che mille ed ottocent' anni. Dei successor! di Pietro
1 Joan. XVII. 10.
516 1L GIUBBILEO DI PIO IX
niuno lo ha mai conseguito. Pio IX e il solo tra loro , che
sia seduto un pieno quarto di secolo sopra il Seggio apo-
stolico di Roma: il solo che sia in procinto di render falsa
la congettura del non videbis annos Petri, autenticata dalla
costante induzione di dugencinquantacinque esempii.
La meraviglia poi di tutto il mondo contemporaneo , la
rabbia di tutti i figliuoli di Satana ed il gaudio della cri-
stianita tutta quanta, gia mostrano come universalmente
questo privilegio , toccato in sorte all1 unico Pio IX, si re-
puti un segno quasiehe miracoloso della predilezione di Dio
per lui e della sua predestinazione a cose trascendenti
T ordinario.
III.
Se non che un cosi fatto presagio acquista valore no-
tabilissimo , quando si pensa a quello che il Pontificate di
Pio IX e stato finora; cioe un confiitto incessante colla
rivoluzione.
E in verita-: allora fu'egli sollevato alia Sede romana ,
che la guerra ordita gia e banclita dagli empii del nostro
secolo contro il Papato , siccome centro e base di tutto Te-
difizio cristiano , era per dilatarsi nelF Europa ed infierire
nell'Italia segnalatamente. Questa guerra , sebbene anti-
chissima nella sua sostanza, traeva nientemeno una specie
di novita dai colori politici, coi quali studiosamente vole-
vasi ricoperta. La rivoluzione, o sedesse nei troni, o mac-
chinasse nei gabinetti degli Stati , o blaterasse nei parla-
menti, o congiurasse negli antri delle societa secrete, o de-
lirasse nelle universita, o tumultuasse nelle piazze, una sola
maniera elesse quindi avanti d1 impugnare il Vicariato di
Gesu Cristo in terra; e fu di pretessere il gius politico alle
sacrileghe ingiurie, con le quali tentava per ogni lato di
offenderlo.
Per lo che il Pontificate di Pio IX si epiloga tutto in
un contrasto perpetuo sostenuto, in quanto Pontefice, dai
E LE SPERANZE DEI CATTOLICI 517
Govern! che, a nome della liberta civile, ne hanno violati
i diritti spiritual! ed impacciato lo spedito esercizio fra i
popoli ; e in quanto Principe, dalle sette che, a nome della
liberta d' Italia, ne hanno insidiato il Regno temporale e
turbatone il tranquillo possesso nella Penisola. In tutti i
venticinque anni di questo Pontificate la liberta politica e
stata dunque assunta dalla rivoluzione qual titolo generico,
per combattere la divina liberta della Chiesa nel suo capital
(ondamento, che e la Sede di s. Pietro, e per annullarne
la guarentigia tra le umane piu valida, che e il suo regio
Potere : cotalche, procedendo ognor piu avanti di errore in
errere e di delitto in delitto , ha preteso fino di stabi-
lire una espressa opposizione fra la raoderna civilta e il
Papato, sancendola finalmente con le bombe del 20 set-
tembre 1870 , in virtu delle quaii Pio IX , esautorato
del Regno, e rimasto suo Prigioniero nel Vaticano. Onde
ecco il Papa che piu a lungo e piu fortemente ha com-
battuto T idea anticristiana del secolo decimonono , che ne
ha smascherate le simulazioni colle dementi indulgenze del
primordii del suo Pontificate , e fulminate le fallacie reli-
giose, filosofiche e politiche co'suoi atti imrnortali del 1846,
del 1849, del 1854, del 1860, del 1864 e del 1870; eccolo
da Dio prescelto a dare in se lo spettacolo di un avveni-
mento senza pari negli annali della Chiesa, e a darlo nei
giorni in cui la rivoluzione, quasi al colmo de' suoi trionfi
sopra di lui, si apparecchia a portare il proprio covo nel
santo luogo , in cui Taugusto suo soglio e stabilito.
Chepuo significare, nelle ordinazioni della Provvidenza,
questo si strano e non piu veduto contrapposto di cose?
Inscrutabili sono le vie del Signore. Ma il pensiero che un
fatto si nuovo , in codeste congiunture , molto verosimil-
mente accenni dalla parte di Dio, che esso ha riserbato
il Papa Pio IX ad una vittoria finale e stupenda sopra la
rivoluzione , sorge spontaneo nell1 animo dei credenti : e
tanto piu si avviva, quanto piu quest1 idra vantasi trionfa-
518 IL GIUBBILEO DI PIO IX
trice di lui e ne insulta la prigionia, come P idra giudaica,
apparente vincitrice del Crocifisso , ne insultava la morte.
Puo dirsi temerario lo argomentare da questo segno
provvidenziale, che Iddio, colla portentosa durata del Ponti-
ficato di Pio IX, il piu oppugnato dalla rivoluzione, disponga
un ugualmente portentoso trionfo di lui, a punto nel meglio
delFapparente sua disfatta ?
Non solamente non giudichiamo temerario questo inodo
d1 interpretare P avveniinento inaudito del giubbileo di
Pio IX; ma anzi stimiamo che sia consentaneo alia ragione
cristiana , massime se si ponga mente ad altre circostanze
particolari del tempo in cui siamo ; e indicano che Dio
guida esso al presente il corso dei pubblici casi, colla
verga del suo furore e colla spada della sua giustizia.
IV.
La guerra della rivoluzione al Papato, sotto Pio IX ,
avvegnache sia stata presso che generale nel cristianesimo,
ha pero avuto un capo, che se ne pu6 denominare autore
primario, una complice ed un istrumento operoso, perche
interessatissimo. Autore ne e stato Napoleone III, complice
la Francia liberale, strumento P Italia settaria.
A quali termini si trovano quest'autore, questa com-
plice, questo istrumento, nel punto in cui Paugusto Pri-
gioniero del Vaticano entra felicemente nell'anno vente-
simosesto del suo meraviglioso Pontificate ?
Che ne e di Napoleone III, il domatore della Russia in
Sebastopoli e dell1 Austria in Solferino, il creatore e con-
servatore del regno d1 Italia, il banditore del non-intervento
a ruina del Papa, P imperatore dei plebisciti , il duce della
rivoluzione cesareo-democratica del nostro secolo? Quattro
settimane dopo che ebbe consumato P ultimo tradimento
verso il Santo Padre, dal trono si e visto precipitare nella
cattivita, perdendo ogni cosa e piu che tutto Ponore. Iddio
E LE SPERANZE DEI CATTOLICI 519
manifestamente ne ha stritolata la potenza, corne un vaso
di creta, tamquam vasfiguli confregiteum1. Esule e negletto
va errando per terre straniere, esempio a tutti, del quanto
sia funesto lo stendere la mano sacrilega sopra la Tiara
del Cristo di Dio. All' infelice non e .giovata la lezione ter-
ribile del primo Bonaparte. Voglia il cielo che questa sua
terribilissima, e quella dello zio valgano, se pur Ve tempo,
a chi altro ha le mani lorde del medesimo sacrilegio !
Pio IX adunque, sebhen Prigioniero in Roma dello stru-
mento del Bonaparte, vede ora annientata la possanza di
questo autore di tante tribolazioni sue e della Chiesa, ad
nihilum deductus est in conspectu eius malignus 2 ; come
gia Pio VII vide annientata quella di Napoleone I suo tor-
mentatore ; e puo ripetere col profeta : Vidi impium super-
exaltatum ei elevatum sicut cedros Libani; et transivi et ecce
non erat; et quaesivi eum et non est inventus locus eius 3.
6 poi osservabile che Napoleone III e sparito dal con-
sorzio dei Re allora che Pio IX, nel Concilio vaticano, tanto
ipocritamente da esso avversato, riportava contro lo spirito
della rivoluzione la piu sfolgorata vittoria che si potesse
desiderare. In quella che il trono della rivoluzione, coronata
nel Bonaparte, cadea putrefatto in un abisso d'ignominia,
Tautorita divina ed il magistero infallibile della Cattedra
di s. Pietro si venivano dommaticamente stabilendo, da
Pio IX e dal Concilio, sopra una base incrollabile di gra-
nite, fra i plausi e le gioie di tutta la cattolicita.
Come non istupire a quest' intreccio di fatti, cosi evi-
dentemente regolati e condotti dalla Provvidenza, nel giro
di pochi mesi ?
E della Francia liberale, complice del Bonaparte nella
guerra al Papato, che ne e in questi giorni? II ferro tedesco
T ha prostrata nella polvere, in cui si dimena ambasciante
1 Psal. II. 9.
2 Psal. XVI. 6.
3 Psal. XXXVI. 35-36.
520 IL GIUBBILEO DI PIO IX
fra le strette del sociaKsmo che la dissangua. La medesima
verga che ha colpito Fautore, ha percossa la complice delle
iniquita tramate a danno e sfregio del Santo Padre. Ben
lo intende a sua salute la vera e cattolica Francia, la quale
rialza il capo e di nulla si mostra piu sollecita, che di re-
staurare in sua casa Fordine sociale cristiano, distruttole
dalla rivoluzione.
E cosi Pio IX, mentre si appresta a celebrare il giub-
bileo pontificale, vede la Francia del Bonaparte dissolversi
tra le corruttele del comunismo : cioe vede confermate
solennemente dagli effetti le sue condanne delle teorie ri-
voluzionarie ; e insieine vede la Francia di s. Luigi risco-
tersi, rinvigorirsi e Fode mandare a lui, nella prigionia del
Vaticano, un primo grido d'amore, che non puo tardare a
mutarsi in un grido di vittoria riparatrice.
Rimane F Italia settaria, strumento di tutte le scelle-
raggini di Napoleone III contro il Papato. Che n'e ora di
questa Italia ? Astenendoci, come ci asteniamo, dalFespri-
mer qualsiasi voto dalla legge interdetto, accertererao pero
francamente quella che scorgiamo essere la verita . Gli
amatori piu caldi di quest' Italia, colle lagrime agli occhi,
la paragonano, quale ad uno scheletro ambulante, che si
incammina verso la citta dei Papi, per mettervisi nel se-
polcro ; quale ad un Giobbe ulceroso, che porta in Roma il
proprio letamaio, per agonizzarvi sopra tra i flagelli della
ira di Dio e degli uomini ; e quale ad una vittima sacra
ai numi tartarei , che corre ivi ad una inevitabile immo-
lazione. Codeste sono tutte ferali immagini : ma ritraggono
al vero lo stato di quest' Italia , che si crede vincitrice
eternamente del Papato ; piu vincitrice che non fossero tutti
gli ombratili vincitori di lui, da Nerone a Napoleone I,
solo perche colle povere sue armi si balocca intorno la
reggia di Pio IX, e tenta di trasferire presso la cupola di
s. Pietro quel lezzo che chiama la sua Capitale, nei giorni
del giubbileo di questo gran Papa.
E LE SPERANZE DEI CATTOLICI , 521
Cieco e chi non vede a che condizione siasi ridotta
questa Italia, dopo che lo spirito del Bonaparte e la lena
della sua Francia si sono ritirate da lei. L'impresa del 20
settembre 1870 e stata T ultimo atto suo vitale e fatale.
Dipoi una insanabil paralisi ne ha ammortite le membra , si
che ella giace piii simile a cadavere che a vivente. Alia in-
credibile operosita che 1'oro, il sangue e le forze della
Francia di Napoleone III le infusero negli esordii della sua
formazione , e succeduta un' impotenza letale ; 1' impotenza
della fanciullezza decrepita. L' impotenza sua economica ,
politica, diploinatica, morale e militare e diventata favolosa.
Da Firenze non passera ad accovacciarsi in Roma, se non
per virtu d' un moto galvanico , il quale si teme da molti
che a inezza via la spenga.
V.
Ecco cio che son divenuti 1' autore , la complice e lo
strumento della moderna guerra al Papato, nel tempo in cui
la Provvidenza di Dio dispone 1' avvenimento straordinario,
il signum magnum del giubbileo pontificale di Pio IX !
Come non dedurre che questo e un segno di vicino
trionfo , quando si tocca per cosi dire con mano la virga
ferrea dell' Onnipotente , che ai piedi del romano Pontefice
stende, fuor d'ogni aspettazione, 1' un dopo Taltro annichi-
lati i suoi persecutori ; quoniam percussisti omnes adversan-
tes milii sine causa , denies eorum contrivisti x ? I nemici ,
checche fingano all' apparenza, dentro del cuore credunt et
contremiscunt 2: da questo gran segno restano sgomentati. E
gli amici e i figliuoli, perche non dovranno riconfortarsene,
rianimandosi a speranze nobilissime?
Tanto piii che, di paro con questo abbassamento dei
persecutori del Pontificate romano, va Tinfervoramento dell-o
1 Psal. m. 7.
2 Ep. Inc. II. 19.
IL GIUBBILEO DI PIO IX
spirito cattolico in favor suo per tutto il mondo. Mai le
afflizioni di un Papa non hanno eccitato nell' orbe cattolico
un commovimento cosi alto, general e ed efficace, come
e il presente che si manifesta e si accresce e si dilata nel-
T Europa e nell' America. Pio VI e Pio VII videro si la Chiesa
piangere la loro cattivita; Pio IX, nel 1849, vide pure la
cattolicita partecipare ai lutti del suo esiglio. Ma una com-
mozione somigliante a questa, che si e destata dopo il 20
settembre 1870, nei fasti del cattolicismo non si ricorda.
Da per tutto si raccolgono unioni popolari per detestare la
presa di Roma ; da per tutto si fanno pubbliche preghiere
pel Santo Padre; da per tutto si sottoscrivono proteste e si
compilano indirizzi ai Governi; i pellegrinaggi succedono
ai pellegrinaggi e le deputazioni nazionali al Vaticano si
seguono, con una costanza invincibile.
Altrove abbiamo dimostrato che questo ardore si uni-
versale e si concorde e si perseverante non puo procedere
che dallo spirito di Dio ; e fa parte di quel disegno della
Provvidenza, che in questi giorni si vien colorando visibil-
mente, col celere alternarsi di fatti all'umana perspicacia
inopinabili . Onde se si considerano tutti insieme questi
aggiunti piu principali, che accompagnano T avvenimento
del giubbileo di Pio IX, non si potra fare che non se ne
arguisca prossimo qualche inusitato intervento di Dio, forse
piu strepitoso di altri di cui i padri nostri furono testi-
moni piu volte nel corrente secolo.
VI.
Del resto 1'espettazione di un finale trionfo del Papa
Pio IX e della Chiesa sopra la grande setta, che le ha dato
tanto travaglio nel volgere di questo lungo Pontificate, e
comune ai cattolici e puo asserirsi che vive nel cuore dei
piu fervorosi ed illuminati cristiani. Egli e codesto un mi-
sterioso presentimento che, in luogo di affi evolirsi, s' inga-
E LE SPERANZE DEI CATTOLICI 5!2o
gliardisce anzi, piu le cose prendono aspetto di disperate.
Niuno ardisce definire il modo ne il tempo ; ma che Pio IX
debba assistere se non altro ai principii di una gloriosa pa-
cificazione del cristianesimo, tutti generalmente lo sperano.
E se voi chiedete il perche di questa speranza, vi udirete
rispondere : — Perche Pio IX ha un Pontificate miracoloso.
Del miracoloso ebbe la sua elezione; del miracoloso Tesor-
dire del suo regno ; del miracoloso Tesilio e il ritorno suo da
Gaeta ; del miracoloso la sua resistenza cosi diuturna alle
ipocrisie ed alle audacie della rivoluzione; del miracoloso
la facilita sua di congregare ben quattro volte in Roma
T Episcopate dell1 universo ; del miracoloso la sua incolu-
mita in tanto avvicendarsi d' infortunii; del miracoloso il
tesoro di milioni a centinaia, somministrati alia augusta
sua indigenza dalla carita dei fedeli ; del miracoloso 1' adu-
namento del Concilio vaticano e la immortale definizione
dei 18 luglio 1870. Perche dunque non si spererebbe che
abbia pure del miracoloso Tultimo periodo di tal suo Pon-
tificato; massirnamente se si avverte alle tante preghiere
che di continue s1 innalzano al cielo per lui da tutta la
Chiesa ? E se inoltre si avvisano gT indizii che la benigna
Provvidenza gia ne mostra ? E se sopra tutto si sa legger
chiaro in questo segno portentbso del suo giubbileo ponti-
ficale ?
Quanto a noi, non esitiamo a confessare apertamente
che, se prima di questo fatto provvidenziale tenevamo per
molto probabile il trionfo del nostro Santo Padre Pio IX
contro la rivoluzione, dopo di esso lo teniamo per sicuro ;
e tanto sicuro, che ci parrebbe di meritare il rimprovero di
modicae fidei a dub i tame.
IL LIBERALISMO
GENERATOR DEL SOCIALISMO
Nell' articolo, intitolato : / liberali italiani e i comnnisti
francesi *, affermammo che Liberalismo e Socialismo non
sono che due moment! diversi o esplicazioni successive
d' uno stesso concetto, e che il primo deve di necessita
terminare nel secondo. Ci contentammo per allora di recarne
in prova V autorita del Montanelli e del Ferrari , promet-
tendo di fame poscia una ragionata dimostrazione. Veniamo
ora ad attendere quella nostra promessa ; e lo faremo assai
brevemente, essendo cosa indubitabile per chiunque ha
seguito con qualche attenzione i nostri scritti.
Per conoscere d1 un tratto V intima attenenza, che passa
tra il Socialismo e il Liberalismo, basta por mente a cio che
costituisce Tessenza dell' uno e dell1 altro.
Che cosa e il Socialismo? Proudhon, il piu sapiente dei
suoi dottori, lo defini : Una protesta contro la societa pre-
sente, e la ricerca a" una scienza nuova. Che cosa e il Libe-
ralismo? Una protest a contro V autorita divina ed umana ;
secondo che manifestamente si rileva da quelle parole del
Ferrari, da noi riportate altrove 2 : La rivoluzione (liberale-
sca) non e che la guerra contro Cristo e contro Cesare. Or,
essendo evidente che senza Dio e senza autorita non si puo
dar societa, e reso cospicuo , senza bisogno di piu lungo
discorso, che il Liberalismo dee condurre al dissolvimento
sociale,val quanto dire al Socialismo. Ma egliebene chiarir
la cosa alquanto piu diffusamente.
II Socialismo e un sistema, che si propone Tabbattimento
dell'ordine sociale, esistito fin qui , per ricostruirlo sopra
basi del tutto opposte, e relative alia sola parte animalesca
1 Cirilta CoitoUca Seric VIII, vol. 2. p. 257. — 2 Ivi.
IL LIBERALISED GENERATORS DEL SOCIAL1SMO 525
•deiruomo. La societa si & concepita e sostenuta finora
sopra tre idee principalmente : T idea di Dio, T idea delPau-
torita, Videa della proprieta. II Socialismo la vuole poggiata
sopra tre negazioni contrarie : negazione d'ogni religione1,
ateismo; negazione d' ogni governo, anarcMa; negazione
<T ogni proprieta, comunismo. La societa, esso dice, e corrotta;
perche cio, che e comune di tutti, si e voluto far proprio
•di alcuni : La proprieta & un furto. La societa & corrotta;.
perche I'uomo, libero per natura, si e voluto assoggettare
al potere di altro uomo : L'autorita e tirannia. La societa
€ corrotta; perche * in cambio di modellarne le leggi sul-
T arbitrio dell' uomo, si 5 voluto dar loro per fondamento
la volonta di Dio : Dio e il male. Son queste bestemmie, che
leggonsi letteralmente negli scritti del Proudhon, e in
modo piu o meno esplicito si trovano espresse dagli altri
barbassori del Socialismo.
Rimosso Dio dalla coscienza delFuomo sociale, convien
rimoverne ancora il pensiero della vita avvenire. La bea-
titudine umana non e che quaggiu. Essa consiste nel pieno
appagamento degli appetiti sensibili. « Quando T uomo
avra soddisfatto tutte le sue passioni, allora sara del tutto
felice. » Cosi sentenziava il Fourier. Quindi scopo del So-
cialismo si e stabilire Tordine sociale per guisa, che le ten-
denze sensuali dell'uomo sieno interamente affrancate. « II
Cristianesimo fu la reazione dello spirito contro la carne ;
la reazione della carne contro lo spirito e il Socialismo. »
.Son parole di Lecontrier nella sua Cosmosofia. A tal fine
anche il vincolo maritale dee disciogliersi ; niun despota
dee dominare nella famiglia : emancipazione della donna, e
abolizione delFautorita paterna. In tal modo il Socialismo
fa man bassa sopra tutti i principii morali e giuridici , nei
quali & fondata la convivenza umana ; simile a un torrente
devastatore, che tutto abbatte, non lasciando dietro di se
che desolazione e melma. II suo termine e la dissoluzione
d' ogni vincolo sociale, e 1' imbestialimento delFuomo.
Ben ne e prova la infelice Parigi, la quale caduta per
jpoco in mano de1 socialisti , ne sta sperimentando effetti
526 1L LIBERALISMO
cosi tremendi, che le stesse atrocita del 93 vi perdono al
paragone. Un branco di facinorosi impossessatosi del po-
tere vi tiranneggia a capriccio e dispone arbitrariamente
delle sostanze e della vita del cittadini. Chiusi i templi e
saccbeggiati; imprigionati ecclesiastici d'ogni ordine, non
escluso lo stesso Capo della Diocesi, il venerando Arcive-
scovo. Oppressi e taglieggiati i possidenti. Sciolto ogni
ordine pubblico , Tassassinio e il terrore in pieno trionfo.
Gli onesti nascosi nelle loro dimore, e studiantisi di cercare
salute nell'oscurita e neH'oblio. Persone, fuggite di cola,
riferiscono cbe oggimai per le vie di quella popolosa citta
non si vedevano cbe male femmine ed ubbriacbi. Gli stessi
tristi in guerra tra loro , scavalcandosi e trucidandosi a
vicenda. Ecco un piccolo saggio del Socialismo. Diciamo
un piccolo saggio ; percbe esso e quivi tuttavia sugFinizii.
Che sarebbe, se egli giungesse a svolgersi e pienamente
attuarsi ? La societa si spegnerebbe del tutto ; ed in cambio
del consorzio di esseri ragionevoli, avremmo una selva di
feroci belve, divorantisi scambievolmente.
Ora noi diciamo che questo infernale sistema e parto
legittimo del Liberalismo ; giacche i principii liberaleschi
menano difilato ai medesimi risultamenti. Per convincer-
sene, basta guardare a que' due dommi fondamentali del
Liberalismo , i quali sono la separazione dello Stato dalla
Chiesa, e la Sovranita popolare. Col primo domma s'impu-
gna Tautorita divina, guerra contra Cristo ; col secondo
Tautorita umana, guerra contro Cesare. Or sottratta la societa
dall' autorita, divina, il fine dell'uomo e pervertito; sottratta
dall' autorita umana, ella e distrutta. Di piu, dall1 un capo e
e dalPaltrola triplice negazione del Socialismo sgorga na-
turalmente.
E vaglia la verita, il Liberalismo separa lo Stato dalla
Chiesa, affin di stabilire nei cittadini la piena liberta di co-
scienza. Or la liberta di coscienza dei cittadini ha per ter-
mine correlativo T ateismo pratico dello Stato. La libera
coscienza, se ha balia di rigettare questo o quel culto, ha
balia per conseguenza di rig^ettarli tutti, e non riconoscere
neppur T esistenza d1 un ente supremo, creatore e gover-
GENERATORE DEL SOCIALISMO 527
natore dell1 universe. Ne una tal facolta e privilegio d1 al-
cuni , ma e godimento di tutti e singoli gli associati. Lo
Stato adunque nel governarli non pu6 fondarsi nella sup-
posizione di Dio; egli dee prescinderne al tutto. L'ateismo,
in senso almen negative, e debito del governante, nelFipo-
tesi di cui parliamo. La negazione dunque di Dio , voluta
dal Socialismo, e conseguenza legittima del primo domma
del Liberalismo.
Rimossa I1 idea di Dio dalFordine sociale, e necessario
che cada eziandio I1 idea di politica autorita. Imperocche a
qual fondamento essa piu si appoggerebbe ? L' uomo , in
quanto tale, non puo imperiare sullvuomo: la naturale ugua-
glianza il divieta. Acciocche un uomo possa vantare il di-
ritto di sovrastare e comandare a'suoi simili, deve apparire
come rappresentante e mandatario d1 un essere superiore ,
a cui tutti sieno naturalmente soggetti. Un tal essere e
Dio. La sudditanza a Dio e T unica ragione, per cui possa
rendersi accettevole all' uomo la sudditanza ad altro uomo.
Senza cio ognuno ha diritto di reggersi da se medesimo e
colla sua propria ragione. Ne si ricorra all'idea di patto .
II patto non puo aver luogo, dove i contraenti non sieno
obbligati a tener fede ; e rimosso Dio dalla societa, e ri-
mosso il principio d'ogni obbligazione. L1 obbligazione sup-
pone la legge, e la legge suppone il legislatore.
Annullata Tidea di obbligazione, resta annullata 1' idea
di dovere ; e quest1 annullamento dell1 idea di dovere si tira
dietro rannullamento dell1 idea di diritto : giaccheil diritto
in tanto sussiste, in quanto sussiste il dovere. 0 potresti
tu immaginarti d1 aver facolta, secondo ragione, di ritenere
e disporre d'una data cosa, se gli altri non fossero obbligati
a non impedirtene ? II diritto e tale, in quanto e inviolabile.
Un diritto che dagli altri si possa violar, senza colpa, sarebbe
una contraddizione . Esso significherebbe un potere che
esige ad un'ora e non esige rispetto. Ma come si potrebbe
concepir colpa nel violatore del tuo diritto, se non conce-
pisci te e lui sottoposti egualmente ad un comune Signore,
il quale mentre concede a te balia intorno a un dato og-
528 IL LIBERAL1SMO
getto, comanda nel tempo stesso a tutti gli altri di aste-
nersene? In una societa adunque in cui sia libero a ciascuna
di rinnegare e disconoscere questo comun Signore , T idea
.di diritto in generale convien che si dilegui e perisca. E
distrutta T idea di diritto , potrete voi piu concepir pro-
prieta? Ecco dunque, in un colla seconda, venire a galla
anche la terza negazione del Socialismo in virtu de' prin-
cipii del Liberalismo.
Senonche la proprieta in un ordinamento sociale, se-
parato dalla religione, convien che apparisca del tutto as-
surda, eziandio per questo riguardo, in quanto cioeinvolge
1'esclusione degli altri dal possesso e dal godimento di dati
beni. Lo Stato ateo , quale appunto vedemmo dover essere
lo Stato che si separa dalla Chiesa, non pu6 aver di mira,
che lafelicita temporale, riguardata per se medesima. Spin-
gere Tocchio piu in alto non puo, si perche offenderebbe la
liberta di coscienza, suo domma fondamentale, e si perche a
tal sollevamento dovrebbe venir confortato e sorretto dalla
luce e dalla virtu della religione, di cui rifiuta il concorso.
Egli ne esclude Tinfluenza da tutti i suoiordinamenti sociali.
La esclude dalle leggi, colla liberta di culto. La esclude
dalla famiglia, col matrimonio civile. La esclude dalFinse-
gnamento, colFUniversita razionalistica. La esclude dall'e-
ducazione , colla secolarizzazion de' Licei. La esclude dai
costumi del popolo, coll' avvilimento del Clero. Egli spogiia
la Societa d1 ogni riguardo alia vita avvenire, e non con-
sidera altrimenti 1'uomo, che come avente quaggiula propria
beatitudine. Or la beatitudine di quaggiu, riguardata per se
stessa e sotto aspetto non relativo ma assoluto, non puo
stare senza la pienezza del godimento sensibile, di cui e
mezzo la ricchezza, ossia la abbondanza dei beni materiali.
D'altra parte la beatitudine e patrimonio comune; e chi ha
diritto al fine, ha diritto ai mezzi. Come dunque potra giu-
stificarsi nella Societa la disuguaglianza, cotanto enorme,
di ricchi e poveri, di agiati ed indigenti? Comune il fine,
comuni i mezzi. Se tutti abbiamo egual diritto alia felicita,
a tutti dee darsi egualmente ci6, che e necessario per pro—
cacciarla. Ne si ricorra all' idea del lavoro; perocche come
GENERATORE DEL SOCIALISMO 529
volete che il bracciante , il proletario, giunga col sudor
della fronte a renders! dovizioso,- quando i suoi guadagni
appena valgono a sopperire meschinamente ai bisogni piu
indispensabili della vita? Non si ricusa il lavoro; ma si
distribuisca ed imponga a tutti ; ed insieme col lavoro si
faccia un1 equa distribuzione del retaggio, che la natura
ha apparecchiato per tutti, come mezzo di felicita, e che
non si sa perche si trova presentemente accumulate nelle
mani di alcuni. Si cominci dunque dalla legge agraria. 0,
se questo nou piace, sia almeno la societa stessa la posse-
ditrice di tutto, e dispensiera di viril porzione de' suoi pos-
sessi ai singoli associati.
Nelle medesime illazioni ci scontriamo, pigliando a guida
1'altro domma liberalesco della sovranita popolare. Un sovrano
non puo essere un miserabile, e molto meno un pezzente.
L'idea di sovranita e intimamente connessa coll1 idea di
proprieta . Un tempo si credette poter inferire quella da
questa; e si voile che i soli proprietarii fossero eleggibili
ed elettori, cioe esercitanti il diritto di popolo sovrano. Ma
il principio del suffragio universale e venuto in buon punto
a riparare siffatta ingiustizia. Tutti i cittadini, abbienti o
non abbienti, costituiscono il popolo . Tutti dunque indi-
stintamente debbono partecipare del diritto di sovranita.
Ci6 posto, e da seguire il metodo inverse del precedente :
non dall' idea di proprieta dee inferirsi 1' idea di sovranita;
ma viceversa dall' idea di sovranita deve inferirsi F idea di
proprieta. E come la prima non e piu privilegio di alcuni,
ma godimento di tutti; cosi ancor godimento di tutti deve
essere la seconda. Eguaglianza in quella; eguaglianza
eziandio in questa. In altri termini la proprieta si distribuisca
tra tutti. 0 almeno la moltitudine, in quanto tale, posseg-
ga. Com1 ella e sovrana, cosi ancora sia proprietaria. La
proprieta come privilegio deve abolirsi.
Deve abolirsi altresi 1'istituzion di governi distinti dal
popolo, comunque si dicano rappresentanti del medesimo.
II Re regna e non governa. Questa massima che benissimo
si applicava a Principi delegati e nominali, assurdamente
Serie VIII, vol. //, fasc. 503. 34. 20 maggto 1871..
530 IL LIBERALISMO
si attribuirebbe a chi e principe delegante e reale. Si fatto
e il popolo. II popolo si governa da se, per Tintuizione
diretta e immediata del vero e del giusto. Abbasso i Mini-
stri. Non solo i ministeri, ma anche le rappresentanze na~
zionali sono un fuor d' opera. Coine il popolo si governa da
se ; cosi ancora da se roga e sancisce le leggi. Abbasso
tutti i corpi politici dello Stato. Essi, quali che sieno, son
tutti tirannici e usurpatori. La moltitudine, in quanto tale
e sovrana, e fa da sovrana. Ella non riconosce alcun altro
potere, che limiti la sua autonomia e indipendenza, o come
che vogliasi le stia di fronte, da eguale ad eguale : per
lei non esiste la Chiesa.
La sovranita popolare non solo e disgiunta dalla Chiesa,
secondo 1' idea liberalesca, ma ancora ha un' origine me-
ramente umana , siccome quella che sorge dalla libera
volonta dei singoli associati. Eziandio per questo capo essa
noa mira, che alia terra; e il suo scopo politico e solo il
ben essere materiale. II fine risponde al principio. Come
poi questa libera volonta e origine dell' unico potere su-
premo ed assoluto ; cosi ancora e origine dei poteri subal-
terni, e di tutti i diritti dei cittadini. Non altrove che in
lei si trova il fonte della verita e della giustizia. Ecco dun-
que rovesciato da capo a fondo 1' ordine morale. E rovesciato
altresi 1' ordine materiale, attesa la natura del subbietto, in
cui una si fatta sovranita risiede ; giacche la moltitudine,
in quanto tale, e principio di scompiglio e disgregamento,
non di unione. L'unione dee venire da un' unita, presa fuori
delle parti che debbono unificarsi; la quale, informandole
della virtu sua, le rannodi ed armonizzi scambievolmente
in una comune tendenza. Destituita di un principio ordina-
tore, da se diverso, la moltitudine non vi presenta che il
carcame di un essere, dianzi animato, in cui sia spento o
rimosso il principio di vita. Abbandonato alle pure forze
de' suoi elementi, non altro potrete attendere da un tal car-
came, che dissoluzione e putredine. Le orgie sanguinose e
nefande, che funestano presentemente Parigi, ve ne por-
gono una dimostrazione palpabile.
GENERATORS DEL SOCIALISMO 531
Conseguenza di un tal discorso si e che e vano abborru-e
i tremendi eccessi del Socialismo, carezzando e promovendo
il Liberalismo. Non si puo schivare T effetto, ritenendone la
cagione. Se si vuol salvare la societa dal soqquadro, ond'e
minacciata, convien volgere la cura alia radice stessa dei
suoi malori. Questa radice e il Liberalismo. Da questo morbo
adunque convien liberarla, e dalle sue influenze pestifere :
senza di cio ogni sforzo e sprecato. Soprattutto e da riget-
tare la sua stolta idea della separazione dello Stato dalla
Chiesa ; giacche la sola Chiesa e quella, che puo impedire
il sorgere del Socialismo, ed abbatterlo ove sia sorto per
avventura. Noi dimostrammo cio fin dall'anno 1853, e sara
bene rimettere sotto gli occhi del lettore alcune di quelle
nostre parole. Avendo notato come la sovversione sociali-
stica non era ristrettaa un genere solo di verita o di diritti,
ma tutte e tutti investiva colla sua micidiale potenza ;
soggiungevamo : « Egli e chiaro piu della luce del giorno
che a siffatto awersario non puo stare a fronte con isperanza
di vittoria, se non la sola Chiesa di Cristo. Imperocch& Te-
terodossia universale non puo essere vinta e conquisa, se non
dalla universale ortodossia; ad unprincipio, che crolla e de-
turpa ogni ordine di verita e di giustizia, non pu6 valevol-
mente contrapporsi, se non un principio, che ristabilisce e
santifica tutti gli ordini; ad un sistema, che movendo dalla
negazione di Dio vizia radicalmente la natura stessa di asso-
ciazione, non puo contrastare se non un sistema, che mo-
vendo dall' affermazione di Dio ferma irremovibilmente il
concetto verace di societa, assodandolo sopra un fondamento
divino; ad un elemento , che nel contrasto si appoggia
air umanita, in quanto e corrotta, non puo resistere che un
altro elemento, il quale abbraccia T umanita, in quanto e
ristorata; contro cio, che si fa forte di quanto si origina
dalla terra, non puo tener testa, se non cio che si avvalora
di quanto si origina dal cielo; in somma Tuniversalismo sa-
tanico non pub esser vinto che dal Cattolicismo divino ! . »
1 Civiltd Cattolica, serie II, vol. IV, pag. 598. Dell'unico rimedio del
Socialismo e Comunismo.
UNA STORIA DI SISTO V.1
Sisto Quinto fu uomo cosi straordinario, e i cinque anni
del suo Pontificate furono cosi pieni di maraviglie, che non
solo i contemporanei, ma le generazioni susseguenti ne sono
rimaste trasecolate. Se egli fosse vissuto al medio evo, il
volgo Favrebbe preso per un negromante; come negro-
mante fu chiamato Silvestro II, per la prodigiosa scienza
onde abbarbaglio il rozzo suo secolo. Ma benche fiorito nel
bel mattino della civilta moderna, in mezzo agli splendori
del cinquecento, pure non pote sfuggire la disgrazia o T ono-
re, che dir vogliasi, il quale suole incontrare nelle eta rozze
agli uomini miracolosi ; di diventare cioe personaggi miti-
ci, e di passare nelle fantasie de'popolie nelle volgari tra-
dizioni trasfigurati nelle forme piu strane e spesso ancora
nelle piu grottesche.
La leggenda, ossia la favola, fu la prima infatti a impa-
dronirsi d'un soggetto cosi acconcio, qual era Sisto V, a
quegli ingrandimenti e ricami fantastici ond1 ella si diletta;
ed ella precorse di lungo tratto la storia, la quale, infino
quasi all' eta nostra, non pote aprir bocca a raccontare di
1 Six'e- Quint par M. le Baron de Hubner, ancien ambassadeur d'Autri-
che a Paris et a Rome: d' aprcs des correspondances diplomatiques inedites ti-
rces des archives d' Etat, du Vatican, de Simancas, Venise, Paris, Vienne et
Florence. Paris, librairi-e A. Franck. 1870. Tre Volumi in 8° gr. di pag. 474,
525, 522.
UNA STORIA DI SISTO V 533
quel gran Pontefice la schietta verita. Fra i molti roman-
zieri di Sisto, Gregorio Leti, come ognun sa, fa quel che
ottenne il maggior grido. II suo libro, stampato la prima
Yoltaa Losanna nel 1669, acquist6 di slancio una voga im-
mensa; fu ristampato piu e piii volte, fu tradotto in molte
lingue ; e quantunque misero di stile e d' ingegno, e pieno
di bugie grossolane, di contraddizioni palpabili e di solenni
sciocchezze, tuttavia, in quel secolo, quanto corrotto di gu-
sto nella letteratura e nelle arti, altrettanto bambino di
senno in ci6 che e critica storica, sali in cotanto credito,
che per lunga pezza fu Toracolo del mondo e Tautor clas-
sico di tutte le brigate d1 indotti o semidotti, vaghi di cono-
scere la storia di Sisto.
Ma la storia di Sisto non comincio veramente a farsi
conoscere, che in sul mezzo d6l secolo scorso, quando il P.
Tempesti, dell' ordine dei conventual], prese a ristaurare la
memoria del gran Papa che era stato una delle piu splen-
dide glorie della sua Religione. Benche la sua narrazione
dia un po'nel panegirico e nelF apologia, ella e nondimeno
d1 inestimabil pregio e autorita, sia per la fede intemerata
del narratore, sia per la sincerita delle fonti e la gran co-
pia dei document! autentici, ond'egli ha derivato il suo
racconto. Ben e a dolere, che tra mezzo agli autentici ne
siano anche degli spurii e dei sospetti, dal dotto Autore
accettati in buona fede. D' altra parte, la forma troppo dif-
fusa e indigesta del suo lavoro nocque alia popolarita, che
per altro avrebbe dovuto acquistare. II libro del Tempesti e
quindi piuttosto una preziosa raccolta di materiali a uso dei
dotti, che non una storia elaborata e attrattiva da correre
per le mani del pubblico : ond' e che, rimanendo poco noto
all' universale e quasi dimentico, non riusci a gran pezza a
far tacere le mille bocche di quella fama bugiarda, che delle
fole del Leti e d1 altri cotali aveva empiuto il mondo.
Dopo il Tempesti, confer! non poco ad illustrare la sto-
ria veritieradi Sisto V, il celebre Alemanno Leopoldo Ranke,
nelle brevi ma sugose pagine che intorno a Sisto egli dett6
534 UNA STORIA DI SISTO V
nella sua storia de'Papi del secolo XVI. Giovandosi delle
nuove fonti che pote avere alle mani, e richiamando a se-
vero sindacato le antiche, gia dal Tempest! adoperate, egli
pote colorire di Sisto un ritratto assai piu vivo e sorni-
gliante al vero; e lo seppe fare con rnano maestra, talmente
che a lui, benche protestante, si deve in gran parte il rad-
drizzarsi delle idee, che intorno alle opere e al carattere
di Sisto V si e fatto in questa eta nostra; alia quale del
resto, sicconie non puo negarsi il merito d' aver general-
mente richiamato gli studii storici dagli scapestramenti dei
due ultimi secoli alia dignita e severita loro propria, cosi
deve eziandio concedersi lo special vanto di avere ristorato
la memoria di parecchi grandi Pontefici, riscuotendola dallo
strazio che i nemici della Chiesa ne facevano per T addie-
tro a lor diletto.
Ora di questo bel vanto una parte nobilissima vuole
attribuirsi anche al Barone di Hiibner, il cui Sisto Quinto
viene oggi ad aggiungersi alia splendida schiera delle mo-
nografie papali, che questo secolo ha veduto uscire in luce
da penne dottissime, specialmente in Alemagna; al Ore-
gorio VII del Voigt e del Gfrorer, M? Innocen&o III del-
1'Hurter, al Sihestro II dell' Hock, all1 Alessandro III del
Renter, e ad altri somiglianti; a niun dei quali il lavoro
dell' Hiibner e secondo.
11 Tempesti e il Ranke aveano lasciato nelle opere loro
parecchie lacune; e, non ostante le loro dotte e diligenti
ricerche, alcuni tratti dei piu rilevanti nel regno di Sisto V,
quali sono specialmente la sua politica negli affari di Fran-
cia e le sue relazioni colla corte di Madrid, erano rimasti
tuttavia avvolti di molte ombre. L' Hiibner ha interamente
dissipato queste ombre ed empiute quelle lacune. A lui fu
dato di penetrare in archiyii, stati gia del tutto ignoti o
inaccessibili a1 suoi predecessor!, onde pote avere alle mani
nuovi e importantissimi Documenti; e. colFaiuto di questi
e colla scorta di una squisita critica, a lui venne fatto di
dare finalmente al mondo una storia compiuta di Sisto ;
UNA STORIA DI SISTO V 535
storia in gran parte nuova, e, quel che piu rileva, in ogni
sua parte perfettamente autentica. Tale fu infatti lo scopo
prefissosidall'Autore, com1 egli ci dice nell1 introduzione : l
narrare di Sisto pura ed intiera la veritk, e perci6 tutta la
narrazione attingere non altronde che da fonti di autorita
irrefragabile: ed a questa norma egli si e fedelissimamente
attenuto in tutta T opera.
Lasciate pertanto da parte le sorgenti di fede dubbia e
sospetta, e tutta quella turba di narrazioni, e aneddoti, e
memorie e biografie di Sisto V, anonime o di autore oscuro,
die si trovano manoscritte per le biblioteche pubbliche e
private; e sono per la maggior parte tarde compilazioni
del secolo XVII e del seguente, lavorate sul Leti, e misture
di vero e di falso, di reale e di fantastico, onde sovente
furono tratti in errore gli storici di Sisto che le presero
ciecainente per guida; THubner ha fondato tutto il suo
racconto sopra testimonianze contemporanee di fede indu-
bitata, e principalmente sopra i carteggi diplomatici, che a
tempo di Sisto corsere tra la Corte di Roma e quelle di
Madrid, di Parigi, di Vienna, di Venezia, di Firenze, di Sa-
voiu; come a dire, le lettere dei Principi, le istruzioni da
loro date ai proprii rappresentanti, le relazioni che questi
rappresentanti, ambasciatori, Nunzii, Ministri o agenti se-
creti scriveano d' ufficio ai loro Sovrani, ed altre carte di
siinil natura.
Quanto sia il valore di cosi fatti Documenti, e in ispe-
zialita delle Relazioni degli ambasciatori, non e chi a primo
sguardo nol vegga; imperocche, come avverte T Hiibner ,
per propria esperienza conoscentissimo di tal materia ,
T agente diplomatico, il quale scrive al suo Sovrano, e posto
in tal condizione che, lasciando anche stare i piu nobili
motivi di coscienza, di onore, di leanza ed amore al Prin-
cipe, il proprio suo interesse gli rende quasi impossible il
mentire, allorche narra i fatti e i discorsi che vanno acca-
1 Vol. I, pas. 22.
536 UNA STORIA DI SISTO v
dendo nella Corte, presso cui & accreditato. Se e'gli volesse
ingannare a bello studio la sua Corte, egli ben sa che il
suo inganno verrebbe, a poco andare, infallibilmente sco-
perto ; e con cio trarrebbegli in capo iufallibil disgrazia e
rovina : imp^rocche egli sa che i suoi dispacci hanno una
continua controprova o riscontro nelle informazioni mol-
teplici che il suo Principe da altre bande riceve sopra gli
affari correnti ; in quelle soprattutto che egli riceve dal
rappresentante, presso lui residente, della Corte donde il
suo agente gli scrive, ed in quelle che risultano dall'eco
di tutte le altre corti, i cui ministri han T occhio e le orec-
chie sempre desti ed acutissimi a cogliere ogni novita che
accada , a scoprire e ormare tutte le pratiche e i negozii
che sono in corso, e ad informarne il proprio Governo. Que-
sto perpetuo sindacato e riscontro, a cui si trovano neces—
sariarnente soggette le relazioni diplomatiche, mentre da
una parte aguzza in ciascheduno degli ambasciatori la di-
ligenza a bene informarsi d'ogni cosa, dalFaltra toglie loro
la possibilita di dare informazioni bugiarde. Se non che,
bisogna qui ben distinguere : altro e riferire esattamente i
fatti e i ragionamenti accaduti; altro e il rettamente giu-
dicarli, e il ben caratterizzare lo spirito, ond'essi e i perso-
naggi che V intervengono, sono animati. In questo giudizio
la passione, le prevenzioni, i diversi interessi sovente pos-
sono assai a trasviare dal vero anche i piu accorti uomini
di Stato; e percio si viiole andare con gran cautela a se-
guitarli : la qual cautela viene per altro suggerita , anzi
imposta, allo storico dalla diversita medesima e dissonanza
di cotali giudizii. Ma quanto ai fatti, egli pub accettarli da
qual si sia dei relatori a chiusi occhi, sicuro che tutti di-
ranno io stesso.Tant'e: nota qui 1'Hubner. « Nel paragonar
tra loro i rapporti degli ambasciatori di Spagna, di Francia,
di Venezia, che difendeano alia Corte di Sisto V interessi
cosi disparati, ed erano sovente gli uni contro gli altri in
secreta o aperta lotta, tu resti stupito, non della gran di-
versita de1 giudizii, la quale si spiega facilmente, ma si della
UNA STORIA DI SISTO V 537
perfetta concordanza nei ragguagli che danno degli stessi
fatti e degli stessi negoziati. Appena entrano in tai rag-
guagli, ogni prevenzione sparisce, ogni passione tace, ed
essi non attendono piu ad altro che a dire la verita !. »
Ora di queste relazioni diplomatiche, THiibner, merce
le sue indefesse indagini, ha avuto alle mani una dovizia
stragrande; e di esse e intessuto da capo a fondo tutto il
suo libro. Le piu, e al tempo stesso le piu important!, son
quelle degli ambasciatori di Spagna e di Venezia. Fra tutti
gli oratori dei Principi, questi infatti tenevano allora, e a
gran ragione, nel concetto dei Romani e del Papa, la cima.
« I rappresentanti di Filippo II (scrive 1' Autore) erano i piu
potenti, e godevano maggior autorita presso la Corte e il
Sacro Collegio; ma i loro colleghi veneziani possedevano
la confidenza e 1'amicizia di Sisto V. Gli uni e gli altri poi
si segnalavano per accortezza ed esperienza politica, siccome
quelli che erano continuamente adoperati nei piu impor-
tant! e difficili maneggi. E cio s' intende di leggieri, chi
rechisi a mente che il Sole non conosceva tuttavia tramonto
negli Stati del Re di Spagna, e che la serenissima Repubblica,
merce la privilegiata sua posizione a Costantinopoli, serviva
spesso di mezzana tra la sublime Porta e la Cristianita. La
monarchia di Carlo V, impigliata in tutti i conflitti che
allora agitavano il mondo e composta di tanti elementi
diversi, aveva imposta a quel principe la necessita, e in
lui sviluppata T arte del negoziare, assai piu che quella
dell' amministrare . E le sorti della Repubblica di San
Marco, situata tra i due raini della casa di Absburgo e tra
la Franciae il Sultano, dipendevano oggimai, el'esito della
Lega di Cambrai T avea dimostrato, assai meno dalle sue
forze militari e marittime, riconosciute incapaci di tener
fronte all'Europa collegata, che non dal senno de1 suoi go-
vernanti e dalla abilita de'suoi diplomatic!. Quindi 5, che
Vol. I. Pag. .16.
538 UNA STORIA DI SISTO V
nella Corte errante di Carlo V e in seno aireccellentissimo
Collegio di Venezia, trasse i suoi natali, per necessita so-
miglianti, la moderna diplomazia; e che Farte del negoziare,
e negoziando mantenere salvi gl'interessi di Stato, senza
avventurarli alia incerta fortuna delle armi, ha preso le
forme, le regole e le -costumanze con ctri si governa anche
oggidi. » '
II carteggio degli ambasciatori di Spagna si trova
principalmente negli archivii di Simancas; archivii,! cui
inestimabili tesori, al tempo che il Ranke scriveva la sua
Storia del Papi dei secoli XVI e XVII , non erano per
anco aperti allo studio degli eruditi , come il furono
all' Hiibner quando vi si reco a studiare i tempi di Si-
sto. Ivi egli trovo le relazioni scritte a Filippo II dal
Conte d1 Olivares suo ambasciatore ordinario a Roma, e
dal Duca di Sessa che vi ando in missione straordinaria ;
quelle di Don Bernardino de Mendoza, suo ambasciatore in
Francia; e le lettere di Filippo ai medesimi, e le sue istru-
zioni , composte dal segretario di Stato Ydiaquez , e poi
corrette e postulate di mano medesima del Re. Venezia gli
dischiuse parimente i suoi archivii , miniera inesausta e
preziosissima di notizie per la storia dei tre ultimi secoli :
ivi egli trov6 le Deliberazioni , ossiano le istruzioni che,
deliberate prima in Senato, mandavansi agli ambasciatori;
le esposwioni , cioe i processi verbal! delle udienze date
dal Doge agli oratori esteri ; i Dispacci che gli ambascia-
tori della Repubblica presso le varie Corti scriveano al
Doge, e che dal Doge leggevansi in Senato , capilavoro
per lo piu di sapienza e finezza politica ; e le celebri Rela-
zioni, in cui gli ambasciatori medesimi, tornati dalla loro
missione, doveano dare al senato un ragguaglio sommario
della loro ambasceria e della Corte da cui venivano; e fi-
nalmente anco gli Avvisi, che erano un sunto delle ultime
nov611e , arrivate da ogni parte del mondo a quel gran
1 Vol. I, pag. 6.
UNA STORIA Dl SISTO V 539
centre politico e commerciale ch'era a quei di Venezia; del
quale sunto, ossia diario politico, i segretari del Doge, ad
ogni spaccio per gli ambasciatori , aggiungevano copia.
Tutti questi Document! veneti, la maggior parte inediti, e
soprattutto i dispacci, fornirono alFHiibner materiali abbon-
danti del pari e pregevolissimi per la sua storia. Imperocche
Sisto V, per quella singolar fiducia e simpatia che gia ac-
cennammo aver egli nutrita verso Venezia , solea cogli
oratori della Repubblica sfogare piii liberamente il suo
cuore ; e in quell' impetuosa esuberanza di parole, a cui
volentieri abbandonavasi ne' suoi lunghi colloquii con esso
loro, scopriva il piii intimo de1 suoi pensieri, de'suoi disegni,
delle sue angosce ; di che essi non mancavano di scriyere
subito, a mente fresca, esatta relazione al Doge. Perci6 i
dispacci del Priuli, del Gritti e del Badoer, oratori in Roma
lungo i cinque anni di quel Pontificate, sono piu ricchi per
avventura di informazioni sopra la politica e il governo di
Sisto , che non le carte ufficiali del suo Governo stesso ;
mentre in quelli svelasi tutto a nudo Tindole del Papa, la
vastitae altezza de'suoi intendimenti,la vivacita del carattere
iracondo e generoso, franco maburbero, 1'operosita immensa
dello spirito, la fortezza indomita dell1 animo, e insieme tutti
gli affanni della passione che ebbe a sostenere nel suo
pontificate, soprattutto per le cose di Francia, e le peripezie
della terribil lotta che percio ebbe a sostenere dai prepo-
tenti ambasciatori del potentissimo Re di Spagna; peripezie
che non solo amareggiarono gli ultimi suoi di, ma forse
ancora li abbreviarono.
Alle corrispondenze diplomatiche di Spagna e di Ve-
nezia, principal fonte a cui T Hiibner attinse i tratti piu
nuovi e rilevanti della sua Storia, aggiungansi le rimanenti,
che tutte insieme formano anch'esse un tesoro. Gli archivii
del Vaticano gli fornirono, tre altri documenti, le relazioni
importantissime dei Cardinali Morosini e Gaetani, stati Tun
dopo T altro Legati in Francia sotto Sisto. Nelle biblioteche
e negli archivii di Parigi, ricca messe gli offrirono i car-
540 UNA STORIA DI SISTO V
teggi del Cardinale Luigi d'Este e del Cardinal di Gioiosa,
protettori di Francia presso la S. Sede, quelli del Marchese
de Pisany, oratore di Enrico III presso Sisto, le minute dei
dispacci che in nome del Re scriveva il segretario de Vil-
leroy; e le tantelettere,di cui i capi della Lega,i Principi del
sangue, il Re di Navarra e i numerosi agenti, che gli uni
e gli altri tenevano in Roma, facevano a quei giorni com-
mercio attivissimo ». Dagli archivii di Vienna all' incontro
poco costrutto ei pote trarre ; essendo che 1' Imperatore
Rodolfo II, troppo distratto altrove , poco si occupo a suoi
di delle cose d: Italia, lasciando ivi libera, benche non senza
ingelosirne, la preponderanza a Filippo II suo cugino ; e
d' altra parte il Barone di Madrutsch e il gran Cardinale di
Trento suo fratello, ch'e trattavano in Roma gli affari di
Cesare , scriveano rado e poche tracce di se lasciarono
negli archivii imperiali,ma, in ristoro, gran dovizia gli som-
ministrarono d'informazioni preziose gli archivii di Firenze.
II Cardinale Ferdinando de' Medici, che in conclave fu il
principale autore della creazioue di Sisto, ed il Gran Duca
Francesco, suo fratello, mantennero sempre intime ed ottime
relazioni col Papa; e pel sommo interesse che allora lo
Stato ancor nuovo dei Gran Duchi avea di tenersi stretto a
Roma, erano premurosi di saperne ogni cosa ; ond' e che il
loro carteggio e quello dei loro ambasciatori ed agenti in
Roma, e fra questi le lettere specialmente di Monsignor
Sangaletto, cameriere segreto e gran confidente di Sisto,
formano una delle fonti piu ricche a ben conoscere la vita
e la Corte di quel Pontefice. Altre contezze finalmente ha
tratte T Hiibner, anch'esse di gran pregio, dalle corrispon-
denze che gli altri Principi italiani, i Duchi di Savoia, di
Mantova, di Parma, di Ferrara, di Urbino, mantenevano
assiduamente coi Cardinali e coi personaggi piu autorevoli
della Corte di Roma.
Questi documenti poi quasi tutti sono inediti ; sicche
airHiibner deve sapere grado il mondo letterario di ve-
derli tratti per la prima volta in luce, e quanto alia loro
UNA STORIA DI SISTO V 541
itenticita, egli ce ne fa plena sicuranza; giacche tutti
sono stati copiati dagli original!, sia delle spedizioni sia
lelle minute, negli archivii di Stato del Vaticano, di Vienna,
di Parigi, di Simancas, di Venezia e di Firenze. ' Del resto,
a maggior comodo e contentamento del lettore, PHiibner,
dopo aver incorporata nella sua storia la sostanza e sovente
anche il tenore di coteste scritture diplomatiche, di esse
formando tutto il midollo del suo testo, non solo cita fedel-
mente a pie di pagina le carte onde ha tratto le notizie
del racconto e gli archivi ov'elle trovansi; ma, nella copiosa
Appendice di Pieces justiflcatives , che empie una buona
parte del secondo e tutto il terzo volume dell1 opera, egli
ha prodotti anco per disteso un gran numero de'suoi Do-
cumenti inediti. Quelli del terzo volume si riferiscono quasi
tutti alle turbolenze della Lega, e parecchi mirabilmente
giovano a far conoscere lo spirito e la politica diFilippoII,
uno degli attori principal! del gran dramma onde la misera
Francia era allora il teatro : percio, attesa Timportanza di
di tali carte, THiibner, oltre il darne come fa degli altri,
la versione francese, ne voile recare anche i testi original!,
in spagnuolo o in italiano : e sono in verita una delle piu
curiose letture che possano farsi e delle piu istruttive a
ben conoscere 1' indole di quel secolo.
Tali sono le font!, da cui THiibner derivo la sua narra-
zione, quanto a! fatti. Quanto poi ai giudizii che egli da
dei fatti medesimi, e quanto al rappresentare ne1 suoi veri
sembianti T indole dei tempi e dei personaggi che descrive,
saviamente ei si avviso di dover anzi tutto fare gran capi-
tale dei giudizii di coloro che a Sisto furono coetanei. Troppo
spesso noi commettiamo, osserva egli 2, il fallo di giudicare
le generazioni passate secondo le nostre idee moderne. Lad-
dove lo storico, se vuol esser giusto ed imparziale, deve tra-
sportarsi in mezzo alFepoca di cui scriye,addomesticarsi cogli
1 Vol. I, pag. 20.
2 Vol. I, pag. 20.
542 UNA STORIA DI SlSTO V
uomini d' allora, e per penetrare nei loro pensieri, ascoltare
attentamente i loro parlari. Dei pensamenti adunque del
contemporanei, 1'Autore diessi a fare un profondo studio,
non solo nelle carte diplomatiche teste mentovate, ma in
ogni altro genere di scritture, di ricordi privati e pubblici,
e di libri a stampa, in voga a quel tempo, ma oggi raris-
simi o dimentichi; e frutto di questo studio, frutto elaborato
con lungo amore , e il ritratto cbe di Sisto V e de' suoi
tempi egli ci diede in queste pagine.
Ritratto in verita, se altro mai fu, non pure genuine e
sincere per la verita delle fattezze e dei lineamenti, ma al-
tresi spirante e vivo per 1' evidenza deli' espressione, per
la freschezza del colorito e per la vivacita delle movenze.
L' Hiibner, da quel fino diplomatico che egli e, ha saputo
penetrare nei gabinetti delle Corti del Cinquecento, intrin-
secarsi coi Principi, coi loro ministri e favoriti, coi grandi
uomini di Stato e con tutti i personaggi che rappresenta-
vano a quei di una parte cospicua in sul teatro del mondo;
come osservatore sagace, ha saputo mirabilmente cogliere
i costumi caratteristici, le passioni, le prevenzioni, le idee
dominanti di quella eta, i vizii e le virtu, le miserie e le
grandezze morali e fisiche di quella societa, ed ha potuto
eziandio stamparsi in mente un' esatta fotografia, per dir
cosi, del mondo materiale d' allora, di quella Italia, di quella
Roma che allora vedevasi, e da cui tanto si e fatta diversa
quella che noi veggiamo oggidi e poi, merce una singolar
maestria nell' arte dello scrivere e del descrivere , tutte
queste immagini ha saputo dalla sua inente trasfondere con
evidenza e fedelta singolare in quella de'suoi lettori. II fatto
si e, che dopo la veracita, debito e pregio primario di ogni
storia, nei Sisto V dell' Hiibner la maggior bellezza e, a
parer nostro, questa proprieta ed evidenza pittoresca di de-
scrizione storica, per cui il lettore e trasportato a vedere
i costumi, le scene, gli avvenimenti di tre secoli fa, non
altramente che se ei fosse uno degli allora viventi.
(UNA STORIA DI SISTO V 543
L'Autore e singolarmente felice nel dipingere i carat-
teri dei personaggi; per modo che 11 suo libro forma una stu-
penda galleria, per dir cosi, di ritratti storici dei piu illustri
uomini di Stato e di Chiesa che con Sisto fiorirono. II tipo
generico dei diplomatic! spagnuoli e dei veneti ; la finezza
italiana dei secondi e T alterigia e il sussiego castigliano
dei primi; Tardente Marchese de Pisany ed il terribile Conte
d' Olivares ; i gran Cardinal! Alessandro Farnese , Luigi
d'Este e Ferdinando de' Medici; Tinfelice Vittoria ACCO-
ramboni, e Tottima Donna Camilla, sorella del Papa; Em-
mamiele Filiberto di Savoia e Carlo Emmanuele suo figlio;
i due Enrichi di Francia, cioe F ultimo dei Valois e il primo
dei Borboni ; e, per tacer d' altri, quella gran testa di Re
che fu Filippo II, cosi difficile a ben delineare, e cosi ma-
lamente rappresentato dal piu degli storici: sotto la penna
dell'Hiibner ricevono tutti una luce maravigliosa e in gran
parte nuova.
Ma sopra tutti spicca, come e giusto, il ritratto di Si-
sto; intorno al quale, siccome a protagonista del suo dram-
ma, lo storico dipintore ha moltiplicato le cure e fatiche;
non gia per darcene un1 immagine rabbellita con tinte adu-
latrici, sostituendo alia storia un panegirico ; ma sibbene
per dipingerlo, o piuttosto per fare che egli medesimo colle
proprie parole e coi proprii atti sivenisse dipingendo, tutto
al vivo quel desso che ei fu colle sue grandezze e colle
sue debolezze, colle sue virtu e co1 suoi difetti, cioe con
tutte le luci e tutte le ombre del suo natural sembiante.
Per saggio della maniera dell1 Hiibner, valga il tratto se-
guente, dove egli ci descrive Sisto nel primo ingresso del
suo regno; allorquando cioe, appena proclamato Papa, ve-
nendo portato processionalmente dal Conclave in S. Pietro,
Roma accorse in folia a contemplare da vicino la faccia
del suo nuovo Sovrano.
« Sisto Quinto (dice egli) non mostrava punto i suoi
sessantaquattr' anni. Di statura mezzana, ma un po1 curvo,
compariva piu1 piccolo di quel che fosse. La testa, grande
544 UNA STORIA DI S1STO T
anzi che no, si affondava alquanto in mezzo ai larghi omeri.
Alta avea la fronte e solcata di rughe. Folte sopracciglia
ed arcuate ombreggiavano due occhietti bruni che saetta-
vano lampi. Quanta mobilita, non gia di tratti, i quali»anzi
parevan rigidi ed impassibili, ma si di espressione! La se-
renita, la bonarieta, la tenerezza; indi in un subito la seve-
rita, la collera ; poi la calma, succedevansi Y una all' altra
sul suo volto: a guisa di tempesta che minaccia, che romo-
reggia, che scoppia, ma che in poco d1 ora si placa. La
carnagione avea fosca, colorite le guance, e assai promi-
nenti i pomelli, segno caratteristico di razza slava. I ca-
pelli e la barba, che, come Francescano, portava lunga e
folta, erano di color castagno con qualche spruzzo di gri-
gio, ma presto imbiancheranno sotto il peso della tiara.
Di sanita era eccellente, salvo un incomodo, il quale non-
dimeno, a detta del celebre Messer Aurelio Stagni, il medico
d' allora maggiormente in voga, non avea nulla di grave.
Tutto il suo aspetto alia prima vista colpiva; alia seconda
quasiche atterriva; pero chi lo esaminava da vicino non
tardava a rassicurarsi. Del rimanente era il tipo del frate ;
se non che il frate, prima d'ogni cosa, obbedisce, laddove
questi era evidentemente nato al comando. Non avea gra-
zie, ma era pieno di attrattive; cattivava altrui, ma non
piaceva ; non era maestoso, ma imponeva riverenza; e ben-
che non avesse nulla del gran signore, nulla del Sovrano,
tutti pero ben capivano che egli era il padrone T ».
Abbiamo indicato fin qui il tenore generale dell' Opera
e le qualita precipue dello scrittore. Nel fascicolo seguente
daremo un ragguaglio alquanto piu specificato delle materie
in essa contenute, secondo T ordine delle medesime.
1 Vol. I. pag. ^5G, 257.
I/ OQQETTO
DELLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE
i.
Eccovi le associazioni cattoliche di tutto punto. Strette
in sacre falangi si mettono attorno al sacro vessillo della
croce, che maestoso volteggia per Faria, sfavillano in volto
del vero spirito cattolico, e tra se congiunte , con un solo
pensiero e con una volonta sola muovono ardenti alia gran
lotta. Contro di chi e per qual fine ognun lo sa : muovono
contro la rivoluzione, hanno in mira il trionfo del catto-
licismo e la glorificazione del soavissimo regno di Gesu
Cristo nel mondo . Esse procedono senza tener conto del
numero dei nemici. Bollienti di nobili spiriti hanno propo-
sto di non cedere punto dinanzi agli urti della malignita,
della calunnia, e di qualunque altro atto ingiusto e cru-
dele, e fidando in Dio tengonsi in pugno la vittoria finale.
Non v1 ha dubbio, splendido e T apparecchio, eccellenti le
disposizioni. Ma tutto questo non menoma punto il dovere
di combattere con saviezza. Procedendo adunque alia pu-
gna, vadano sotto la scorta di si nobile virtu, imitando in
cio quel Dio, nel cui nome entrano in campo, il quale opero
tutto in sapientia. Imperocche, siccome una valorosa fa-
lange, per azzuffarsi con guerresca saviezza, ha bisogno di
conoscere quali sieno le forze, di che puo disporre il ne-
mico, le posizioni che occupa e le armi onde si vale; cosi
Serie V1IT, vol. II, fasc. 503. 35 23 maggio 1871.
546 L* OGGETTO
affinche le associazioni cattoliche armeggino a dovere, fa
di mestieri, che conoscano quale sia la forza, che da spirito
e vita alia rivoluzione , quali le difese di che e munita, e
quali le armi, che adopera nella atroce gu,erra, che ha ban-
dito contro Dio, contro Cristo e contro la Chiesa.
La lotta tra il cattolicismo e la rivoluzione e lotta di
principii. Laoude quale delle due parti contendenti, dimo-
strata la falsita dei principii dalla parte opposta e la verita
dei proprii, annientera nella estimazione degli animi la
forza morale delF avversaria, rimarra vincitrice. Quindi ap-
pare manifesto quale sia Voggetto delle associazioni catto-
liche odierne : esso non e altro, che i principii della ri-
voluzione da annientarsi nella pubblica estimazione, per-
suadendone la falsita, e i principii cattolici da ristorarsi ,
facendoli sfolgorare nelle menti in tutto il chiarore della
loro verita. Questo si e 1'oggetto, intorno a cui devono tra-
vagliarsi le associazioni. Esso e la misura infallibile del piu
e del meno nel progresso della loro impresa. Se molto an-
nientano delle dottrine della rivoluzione e molto ristorano
di quelle del cattolicismo, progrediscono molto; se poco,
poco. II lavoro adunque, che non avra per fine cotesto ob-
bietto, sara opera gittata indarno, quanto al conseguimento
del fine proprio delP impresa.
Ma come lavorare dirittamente, se non si conosce ap-
pieno quali siano quei principii, onde trae anima e forza la
rivoluzione; se non si sa discernere le dottrine delle conse-
guenze dai principii vitali, che le hanno germogliate nel loro
svolgimento? Onde non basta, che le associazioni sappiano
in genere, dover esse combattere i principii della rivolu-
zione ; e mestieri ancora, che ne conoscano in particolare
T ordine sistematico delle sue dottrine, che ne rilevino con
dirittura di giudizio la forza, che ne misurino la importanza
di ciascuna parte. Con tale cognizione potranno agevolmente
ordinare gli assalti e drizzare i colpi si, che niuno ne cada
invano. Qui si tratta di conoscere Toggetto, intorno a cui,
versa il lavoro delle associazioni. Di che ccm'e impossibile
che Tartefice riesca egregiamente nell' opera sua , se nial
DELLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE 547
conosce la materia intorno a cui fatica ; com' e impossibile,
che il maestro insegni con facilita e con chiarezza, se non
conosce puntualmente T oggetto del suo insegnamento ;
com'e impossibile, che un esercito investa a regola d'arte
T oste nemica e la sperda , se ne ha scarsa conoscenza ;
cosi e impossibile , che le associazionj cattoliche lavorino
all1 annientamento dei principii della rivolazione, se mal li
conoscono; che ristorino e propaghino con facilita e con
forza di convincimento i principii del cattolicismo, se non
ne hanno presa una sufficiente conoscenza; che assalgano
la forza delle dottrine rivoluzionarie, se non ne hanno stu-
diato abbastanza F organismo.
II.
Quali adunque sono i principii della rivoluzione, quale
la lor tempera , quale il lor giuoco negli individui e nella
societa? Sbozziamone qui un picciol quadro, e indi T as-
sociate cattolico lo deduca.
II principio fondamentale della rivoluzione fu bandito
dall1 empio e sozzo labbro del Voltaire. Semplice e la for-
mola, ma di terribile virtu il veleno, che cela in se. Ecco i
suoi termini: Tuomo e indipendente da ogni autorita esteriore
nelle cose di spirito. Non fa bisogno di grande acutezza di
mente per capire, che ove esso prevalga, sia nelFindividuo,
sia nella societa, cadra T autorita di Cristo, cadra I1 autorita
della Chiesa, cadra F autorita della Bibbia. Fermato il prin-
cipio della indipendenza delF uomo da ogni autorita este-
riore nelle cose dello spirito, il Cristo, la Chiesa, la Bibbia,
autorita esteriori, non avranno alcuna signoria sopra di lui.
Chi volesse imporle, tenterebbe d'imporre un giogo iniquo.
Per Tuomo indipendente non vi e, ne vi debbe essere altra
regola da quella della sua ragione. Di qui la chiosa del
principio volteriano fatta dal D'Alembert, dal Diderot e dal
Damilaville, espressa in quest1 altra formola : scuotete il giogo
di ogni autorita estrinseca in do clie tocca lo spirito, diguisa
die ogni uomo non olbedisca se non alia propria ragione. La
548 L' OGGETTO
opposizione tra questo principio fondamentale della rivolu-
zione e quello del cattolicismo non pu6 essere phi spiccata.
Stanteche il- cattolicismo abbia la fede per base, Y autorita
per guida, la credenza alle cose rivelate e la soggezione a
neeessita di precetto: tutto all'opposto, la rivoluzione abbia
il discorso della propria ragione a fondamento, la conchiu-
sione della stessa ragione per sola autorita competente e
la giunta di una somma liberta di ammettere o rigettare
checchessia nei singoli cittadini. Donde spuntano la liberta
di pens are e la liberta di coscienza qual diritto pratico, ed
il piu crudo razionalismo qual teorica generale.
Ma, posta a principio la indipendenza da ogni autorita in
cose spirituali, breve era il passo alia indipendenza da ogni
autorita e serVitu temporale. Di fatto, se niuno in forza di
un diritto supremo della sua ragione e obbligato accogliere
una dottrina vera e soggettarvisi con fede e confidenza,
chi potra costringere un altro uomo alia obbedienza di or-
dini, che risguardano la persona e le estrinseche operazioni
del medesimo? II farlo sarebbe un iniquissimo attentato
contro la liberta . Se non vi devono essere ne dottori, ne
discepoli, ne autorita, ne credenza, per qual ragione do-
vranno ancora contarsi al mondo padroni e servi, signori e
soggetti? II supporli sarebbe una contraddizione . E poi,
so in cio die spetta allo spirito, e soprattutto in materia
di religione ogni uomo deve o puo essere un savio di prima
forza, un papa indipendente, perche il medesimo non dovra
essere parimenti un sovrano temporale indipendente dagli
ordini di chicchessia? E se tutti gli uomini si stimano per-
fettamente eguali in cio che e ragione e lume d' intelletto,
perche non saranno ancora eguali nella potenza esteriore,
nella ricchezza e negli altri doni della natura? Eccovi quanto
era facile e breve il valico dal principio di Voltaire alle piu
gravi quistioni sociali : non vi bisognava piu che una sem-
plicissima comparazione tral'ordine morale intrinseco ed
estrinseco deiruomo, che ne formasse il ponte.
Non ando guari, ed il terribile passo fu dato. Nel 1752
comparve il Rousseau col suo Contratto sociale, in cui fin
DELLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE
549
clal prime capo proponea a modo di quistione il principio di
eguaglianza sotto questa formola spaventosa: Z' ' uomo 2
nato libero, e da per tutto si trova in ceppi: come mat avxenne
questo cambiamento ? Jo V ignoro. In questo principio fondo
il diritto sovrano nel popolo, ed appoggiato al medesimo
meno, or di punta ed or di taglio fieri colpi alia proprieta.
— Che un uomo, dicea, sovraneggi ad altri uomini eguali a
lui per natura, e intollerabile tiraunia: che alcuni posseg-
gano ed altri no benche figli della stessa natura, e iniqua
disuguaglianza: che Tabbiente in forza delle sue ricchezze
padroneggi, ed il povero costretto dal bisogno debba pre-
stargli servitu, e uu' intollerabile ingiustizia contro la natia
liberta e la natia indipendenza. Ma ne'grandi Stati e im-
possibile, che tutti gli individui convengano per esercitare
il proprio diritto sovrano, e che non s'insinui la servitu.
Ebbene si rovescino tutti gPimperi, si abbattano tutti i re-
gni, cadano tutte le grandi repubbliche , s' istituiscano i
comuni ed ogni ingiustizia sociale sara spenta . — Dalla
quale teorica esce: 1° il diritto d' insorgere contro ogni
principe : 2° il diritto d' insorgere contro ogni proprieta-
rio : 3° il dovere di ordinare la societa a comuni .
Se non che gli uomini, dichiarati di eguali diritti so-
ciali secondo il modo immaginato dal Rousseau, sono an-
cora in forza del principio volte riano indipendenti da ogni
autorita esteriore in cio che spetta allo spirito. II perche :
l°unparlamento composto di cotal gente avrebbe il diritto
di non curarsi punto della autorita religiosa, e il dovere di
combatterne la forza morale qual giogo iniquo, che si vuole
imporre : 2° la ragione degli onorevoli sarebbe la regola
suprema della giustizia e della onesta delle leggi : 3° es-
sendo moralmente impossible il cornune accordo nelle de-
cisioni, T autorita non sarebbe altro, che la somma del mag-
gior numero e delle forze materiali. E cosi il Voltaire ci da
il primo dato vitale della rivoluzione, che e la irreliyione; il
Rousseau ci porge il secondo, formante la midolla della sua
morale, che e il socialisms.
550 l/OGGETTO
Di che e reso manifesto quello, che importa la voce n-
volwione. Essa non e che il grido di guerra , e di guerra
ad oltranza alFautorita divina ed alFautorita umana ; guerra
alPapaedalre, guerra ad ogni disuguaglianza e servitu, sia
che provenga dagli uomini, sia che venga cagionata dal pos-
sesso delle cose. All'occhio del rivoluzionario Torganamento
della vecchia societa appare arcifalso, arcicattwo, arcifra-
cido: deve tutto cadere. Gli uomini della rivoluzione non si
daranno ne posa, ne requie, infino a che non abbiano in-
fante e ridotte in polvere le tre tirannie dei re, dei capita-
listi e dei preti, che a guisa di idra tricipite travagliano la
umanita, e non abbiano ricostrutta da capo afondo Ha societa
secondo il nuovo diritto , o piu chiaro , secondo i principii
del socialismo. Cosi ha favellato la rivoluzione per bocca
del Proudhon senza alcun velo d' ipocrisia.
Contuttocio la parte delP odio piu cieco e piu furioso
tocca alia religione di Gesu Cristo. La quale , vera arnica
della umanita, si erge qual rocca formidable dinanzi alia
empieta, alia insania ed alia ruina dei principii rivoluzio-
narii e ne rompe le ire schiumose. « Tu, scrivea sossopra
un rivoluzionario italiano, costringi colla autorita dei tuoi
dommi e de'tuoi precetti la mente ed il cuore, e percio ti
odiamo profondamente : tu sostieni il preteso diritto dei re,
e percio ti detestiamo di cuore: tu difendi la proprieta , e
percio ti abborriamo con tutto 1' animo . La nostra guerra
contro di te e guerra di desolazione, e guerra di sterminio
sempiterno. » Smanie da pazzo, bestemmie da invasato, ed
ingiurie da vile mascalzone contro tuttocio, che sa di reli-
gione, sono gli strani effetti di questi tre odii concentrati
in uno, che s'incontrano negli scritti di cosiffatti uomini.
I discorsi e le lettere del Garibaldi , note a tutto il mon-
do, ne formano la prova piu luculenta.
Tale e la natura della rivoluzione, tali sono i principii
fondamentali , su cui va traendo innanzi il suo lavoro so-
ciale. II propagarsi ed il crescere dei medesimi in opere
conformi e detto dai suoi adepti progresso: il colorito, che
DELLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE 551
vanno pigliando le leggi ed i costumi del popoli secondo
le loro tinte, e nominata civilta: il pieno svolgimento della
loro forma sociale e chiamata la religions e l&societadeirav-
venire. Essi sono la vera luce delle nazioni, essi costituiscono
la vera liberta. Chi gli osteggia e un retrivo, e un oscuran-
tista, & il vero nemico del popolo e della umanita, degno
percio di essere messo al bando ed alia gogna. Tutto cio,
che in teorica od in pratica si oppone, e super stizione, e in-
ganno , e mgiustwia. Volete sapere il luogo , dove questi
insegnamenti sono stati dapprima divulgati, perfezionati, e
calorosamente inculcati? II luogo fu la loggia: i maestri
piu. dotti, ed i propagatori piu caldi furono i massoni. E
V ' idra tricipite dei re , dei capitalisti e del prete appare dise-
gnata nella patente del Rosa-croce, affinche dovendo egli
entrare in lotta, qual capitano formato, abbia sempre di-
nanzi allo sguardo cio che ha da ferire coi suoi colpi.
III.
Per conoscere il giuoco dei suddetti principii uno
sguardo alia forma, in che compariscono attuati nella so-
cieta dalla rivoluzione. La prima mostra solenne, che die-
dero di se , fu nella famosa DicMarazione dei diritti del-
Vuomo, fatta nel 1789. Sfolgoranti di una luce sinistra
presero in essa corpo e vita di sistema legislative. In forza
della loro applicazione cadde tosto abolito il feudalismo.
La ricchezza privilegiata , la servitu rurale , il diritto di
primogenitura, i gradi e i titoli fiirono di un colpo solo im-
molati ai diritti delVuomo. Gli Ordini religiosi soggiacquero
alia stessa sorte, perche i tre voti di castita, di poverta e
di dbbedienza diceansi proscritti dalla natura, dal lavoro e
dalla liberta ; e si die1 una costituzione civile al clero ,
affinche per la legge della eguaglianza essendo egli messo
al livello del popolo, la societa fosse guarentita dalla pre-
tensione del sacerdote, che riputavasi delegate dall'Altis-
simo, e superiore in dignita agli altri fedeli. Alia sovranita
popolare fu posto in capo il regal diadema, e, dichiarata la
552 L* OGGETTO
nazione superiore al governo e questo suo officiate re-
sponsabile , la dignita del principe die T ultimo crollo .
Onde egli scadtito dai suoi diritti antichi potea esser tratto
in giudizio e condannato dal popolo, siccome accadde.
Indi fu gittato il bando di guerra contro tutti i regni ,
contro gl'imperi e contro le repubbliche. Tutto dovea ce-
dere alle mire della rivoluzione ormai seduta in trono. I
diritti dei re e degl' imperatori doveano essere annullati,
rovesciati gli ordinamenti antichi, la religione manomessa
ed oppressa, e ricostrutto Tedifizio sociale secondo la forma
della rivoluzione. Cosi portavano gli ordini decretati dalFas-
semblea francese per i capitani conquistatori. Le quali cose
avendo considerate Giuseppe Ferrari, conchiuse cosi: « che
cosa e dunque la rivoluzione in opera, se non la guerra della
ir religione e della eguaglianza? Essa vuole la giustizia pre-
sagita da Campanella, essa atterra il pontefice e V impe-
ratore, Cristo e Cesare, le quattro tirannie, che Machiavelli
aveva additate alFodio dell' Italia !. »
Vinta, la Dio merce, su i campi di battaglia ed affievo-
lita nella pubblica stima, non si rimase dall1 operare. Se
non che , avendo conosciuto dalP esperienza , che il fare
selvaggio e violento della sua prima comparsaaveale susci-
tato contro la opposizione generale , si studio per tale ra-
gione d1 insinuarsi in forma gentile e con maniere cortesi.
Celo sotto di esse il brutto ceffo della sua natura, non muto
punto T orridezza de'suoi principii. A tale uopo riformo il
suo procedere nelFordine specolativo, e muto sembianza
nell' ordine pratico e sociale. In quello, smesse le violenti
declamazioni del secolo passato, prese il grave incesso della
cattedra: in questo con vago e sonoro titolo si disse libe-
ralismo.
Ecco le precipue spoglie, sotto cui comparve uelYordme
specolativo.
Supposto solido il fondamento del principio della indi-
pendenza volteriana, ruppe gaerra alia rivelazione, e negato
I1 ordine soprannaturale insegno il naturalismo: prima spo-
1 Filosofia della rivoluzione, p. 3, sez. 3, cap. II.
DELLE ASSOCIAZIONI CATTOL1CHE 553
glia. Or gelosa della liberta sovrana concessale nego Pesi-
stenza di un Dio, che potesse contendergliela, predicando
Vateismo: seconda spoglia. Or levatasi in orgoglio disse ,
che quanto esiste od apparisce, e Dio, e 1'uomo la piu nobile
emanazione di esso, ed eccovi il panteismo: terza spoglia.
Ora offuscata dal piacere dei sensi non vide nelPuomo altro
che un pezzo di icarne vivificata alia maniera dei bruti, dei
quali il fe'progenie ingentilita, e con cio comparve in veste
del materialismo : quarta spoglia. Procedendo nel suo ma-
gistero, mise al capriccio degli individui la idea di onesta
e di morale col proclamare e statuire qual principio, la mo-
rale indipendente da ogni religione. In fine, volendo dare al
mondo lo spettacolo dell1 attuazione viva e parlante di que-
ste sue capestrerie, immagin6 ed istitui la societa dei liberi
pensatori, riassunto delle follie e della empieta delle sue
dottrine .
Eccovi i parti, di che fu feconda la rivoluzione nell'or-
dine specolativo, merce il suo principio fondamentale. Di-
fatto supposta la indipendenza della ragione da ogni estrin-
seca autorita in cio, che spetta allo spirito, ne segue tosto,
o che la ragione individuale sia la sola autorita rivelante,
o che non esista un Dio superiore, o che sia sostanza divina
il soggetto in cui si trova, o che essa non sia piu che
un'accensione fosforica ad modicum parens, svolgentesi per
legge fisica, o che Dio, se esiste, le abbia dato a regola di
onesta il capriccio delle passiom. E poi inutile il dire sotto
quante forme, sotto quali e quante tinte per la sfrenatezza
della medesima fecondita siano stati svolti e predicati co-
testi sistemi, messi al mondo dal principio rivoluzionario.
Le affermazioni e le negazioni, le riforme e le mutazioni,
gli esaltamenti della vittoria e il disonore delle sconfitte, e
il fiotto di continue novita di opinioni. che urtano e annien-
tano le precedent!, e cosa di ogni di. Non V e maestro che
non presenti un suo sistema, non v'e discepolo che non voglia
mettervi alcun che di suo. Cosicche, scorrendo i molti libri
usciti dailapenna della rivoluzione, non trovi che confusione,
che contraddizioni, che demolizioni e ruine. Onde presi tutti
554 L' OGGETTO
in fascio pub scriversi sopra : anarcMa delle menti, dono
arrecato al mondo dal principio della rivoluzione.
Passiamo ai principii dell1 ordine pratico e sociale, spac-
ciati sotto il titolo di liberalismo.
II principio, con che la rivoluzione liberalesca s'afferma
nel mondo sociale , e il seguente : la religione non ha che
fare colla politica. Semplicissimo in se , varia nell1 applica-
zione secondo le diverse tinte del liberalismo. Di queste
ve ne ha di tre specie : 1' anticristiana , la politico- ecclesia-
stica moderna e la cattolico-liberale. La prima negando
recisamente il soprannaturale sdegna ogni vincolo di re-
ligione; e ne fa sciolta la societa, libero lo stato, francate
le scienze. Essa porta il principio volteriano dall' individuo
nel seno della comunita, e ve lo applica in tutta la sua
crudezza. La seconda, fattasi adoratrice dello stato moderno
irreligioso, da al medesimo un diritto esclusivo e sconfinato di
governare la societa civile, ed impone Tobbligo alia Chiesa
disoggettarvisi. Eppure, nonsappiamo se perischerno o per
soverchio di semplicita, dopo di aver largbeggiato tanta
servitu alia Chiesa ella si chiama in Germania la parte dei
veri liberali. II suo principio si e : godere lo Stato un diritto
illimitato, siccome quello die e la fonts di tuttiidiritti. La terza
specie afferma, dovere lo Stato procedere come se niuna
religione esistesse, e percio non dovere curare o proteggerne
alcuna in particolare , ne occuparsi di scuole o di educa-
zione pubblica, lasciando questo alia operosita autonoma
della libera concorrenza dei partiti . Vuole in una parola
attuato il principio, libera Chiesa in libero Stato, ossia 1'altro
che vale lo stesso : separazione , della Chiesa dallo Stato. II
fondatore di questa scuola liberale politica fu il Lamennais.
Diverse sono le sentenze, su cui si fondano queste tre specie
di liberalismo, diversi gl' intendimenti : ma alia fine si ac-
cordano tutte e tre nell'asserire il principio, che la religione
non ha che fare in politica. II che in altri termini significa:
la divina rivelazione e la morale cristiana spettare all' in-
dividuo, il potere governativo o la societa non doversene
DELLE ASSOC1AZION1 CATTOL1CHE 555
impacciare, ne avere alcun obbligo di riconoscere una au-
torita religiosa.
Qual 5 la conseguenza del liberalismo di quale che
siasi tinta nella political La irreligione , ossia V ateismo
reciso nelle due prime specie,!' indijferentismo nella terza,
il quale pur si risolve nell1 ateismo in pratica. II che non
importa meno che il trionfo della rivoluzione. Difatto essa
vuole Tuomo in comunita spigliato da ogni autorita estrin-
seca in cose che toccano lo spirito, ed hallo dal liberaiismo:
vuole la ragione sovrana indipendente nel prescrivere il
giusto e 1'onesto, ed ottienlo dal liberalismo: vuole che
F autorita religiosa sia annullata nella societa , ed il libe-
ralismo le rende cotesto servigio. Rivoluzione adunque e
liberalismo sono carne ed ugna; uno val T altra. L' asso-
ciate cattolico non si lasci gabbare dalla vaghezza del titolo
di liberale.
L1 opera del liberalismo nell1 ordine politico ci disegna
la portata delle sue dottrine. Somigliante in parecchi punti
alle favolose arpie, lo e anche in questo, che quanto tocca,
tan to guasta ed infetta della sua tristizia. Gli Ordini rap-
presentativi sono una forma di governo innocua per se ,
come le altre: ma non gli ammodernati , in cui il liberali-
smo ebbe la mano. Gli statuti , che esso mise in corso ,
mandano dall1 affermazione liberalesca della sovranita po-
polare , della libertci della stampa e della liberta di coscienza
tale odore di arnesi rivoluzionarii , che e una peste. Fatto
sta , che dovunque ei prevale , si serve di tutti e tre questi
principii, corne di armi potenti ad assaltare, ad opprimere,
e ad annientare ogni autorita religiosa, la quale possa
comecchessia contendergli T impero nella societa. Che piu?
Le costituzioni , che paiono piu innocue , se gli avvenga
di arraffare il governo dello Stato, divengono in mano sua
coll' aiuto della sovranita della maggioranza un v&lido
stromento di persecuzione contro la Chiesa. L1 Austria, la
Ba.viera, il Baden, il Belgio, e sopra ogni altro paese la
Italia lo sanno per prova.
556 L' OGGETTO
Non e cosa inutile, che r associate cattolico si ferini ua
tantino a considerare qual sia il progresso del liberalismo
compiutosi dal punto , in cui fu dato lo Statute da Carlo
Alberto, fino al presente. La religione vi era proclamata
qual sola religione dello Stato e tollerate le altre sette, il
possesso de' suoi beni assicurato, la liberta della sua azione
guarentita. Eppure in progresso non trovate la sovranita
delle maggioranze usata nel rovesciare le sue istituzioni, la
liberta della parola e della stampa adoperata nell' abbattere
ogni autorita delle sue credenze, e la podesta legislativa
volta ad inceppare la sua liberta? Parve, che Dio e la sua
Chiesa fossero in certo modo i nemici da temersi piu che
ogni altro. Tale fu la guerra subdola , ipocrita , che s' in-
comincio a fare all1 uno ed all'altra. Dio fu eliminato dalla
scuola , fu eliminato dalla milizia , fu eliminato dal matri-
inonio , il riconoscimento della divinita sia nelle feste sia
in altri atti pubblici fa soppresso. La Chiesa colla soppres-
sione dei concordati cesso di essere considerata come so-
cieta, fu guardata come una collezione d1 individui con tali
e tali opinioni, non altrimenti che i protestanti, gli eghel-
liani ed i liberi pensatori: quindi niun riguardo di legge ai
suoi canoni, alle sue istituzioni, ai suoi diritti. Furono sop-
pressi i suoi Qrdini religiosi, maledicendone i voti ; furono
confiscati i suoi beni, sconoscendone il possesso; fu sop-
presso il suo f6ro negandone il diritto; fu divietata la pub-
blicita del suo culto, combattuto il seminario e pressoche
tolta la possibilita di rinnovare con nuove cerne la sacra
milizia del suo clero. Lo Stato non vuole aver che fare con
Domeneddio e con la Chiesa , se ne dichiara emancipate,
indipendente , non riconosce divinita superiore. II naturali-
smo sociale, la secolarizz azione universale, la separations del-
la Chiesa e dello Stato e I'' ' ateismo legale, terribili cancri
dello, societa presente , inciprigniscono e si allargano, in
quella che ii bando di Dio e della Chiesa dallo Stato ne
affievolisce la conoscenza negli individui , la insinuazione
del principle razionalistico vi porta la indifferenza e le ini-
gliaia di giornali al soldo delle rivoluzioni vi seminano il
DELLE ASSOCFAZIONl CATTOL1CHE 557
falso concetto e T errore, donde nasce la defezione del po-
poli. Quando questa fosse compita , la rivoluzione cante-
rebbe la vittoria su F autorita divina sua rivale. Ma guai
se mai ci6 accadesse ! Allato di tale defezione il socialismo
sorto dalla uguaglianza diverrebbe gigante e traducendo in
atto la sua protesta contro ogni autorita e contro ogni
possesso riempirebbe la terra di ruine e di cadaveri.
Tali sono i principii teorici, tali i principii pratici, tale
la loro tempera c tale il giuoco delle loro ree conseguenze
negli individui e nella societa, intorno a cui le associazioni
cattoliche, come intorno a oggetto proprio della loro isti-
tuzione debbono travagliarsi. Dottrine, conseguenze, forme
pratiche di attuazione, immaginate dalla rivoluzione, tutto
e descritto nel quadro qui sbozzato. La forza dell'avversaria
& messa in mostra : contro di essa si volga ogni studio, contro
di essa si usi dagli associati cattolici ogni opera per vin-
cerla ed annientarne ogni influsso.
IV.
Per qual via giungere al compimento di tanta impresa?
Una forza morale e da distruggersi con altra forza morale
opposta. Quale sia la forza morale opposta alia forza morale
del principii della rivoluzione , ognun lo sa: e la forza dei
principii del cattolicismo. Essendo il principio fondamen-
tale della rivoluzione in aperta opposizione con quello del
cattolicismo, e cosa evidente, che tra le conseguenze del
primo , vedute di sopra , e le conseguenze del secondo
correra la medesima opposizione . L1 associate cattolico
adunque opponga principio a principio , conseguenze a
conseguenze , al verbo fallace della rivoluzione il verbo
infallibile della Chiesa, all' azione dei figli della rivoluzione
nel propagare e sostenere i principii della lor madre , la
fervida operosita dello zelo nel propagare e difendere i prin-
cipii della santa sua madre la Chiesa. La parola di Dio, che e
pur quella della Chiesa, viene rassomigliata a spada di doppio
taglio, che scompiglia col suo lampo T errore e lo ferisce a
558 L' OGGKTTO
morte colla sua punta. Si valga di questa anna della vittoria,
Dio gliela offre, non la trascuri. Egli vincera due giochi ad
una partita: distruggera e ristorera: distruggera i principii
della rivoluzione e ristorera i principii del cattolicismo.
Chi volesse conoscere a fondo la falsita e T assurdita
della teorica rivoluzionaria, ed indi ricavare i sani principii
da contrapporle , puo leggere la Restauration de la science
Qolitique delPHaller; puo studiare V Analisi ragionata della
incredulita e dell' ateismo del Palmieri ; puo seguire con
occhio attento V Esame critico degli ordini rappresentalivi
nella societa moderna , fatto dal P. Taparelli ; puo interte-
nersi col iSaggio intorno al socialismo dato alia luce dal
Conte Avogadro della Motta ; e infine puo venire in piena
conoscenza delle relazioni tra la Chiesa e lo Stato per la
lettura del bel volume, che ha pubblicato teste il P. Libe-
ratore. Svolga pure chi ha tempo ed agio tutte o in parte
le opere qui citate. Doppio ne sara certamente T effetto ,
intima cognizione di ci6 che ha portato di reo nel mondo
la rivoluzione, e fiamme di nuovo zelo contro il piu grande
nemico che sia sbucato sulla terra a danno della Chiesa e
della societa.
Ma il numero di quelli, che sono in caso di studiare i
detti volumi non puo essere che scarso. Ebbene vi e una
fonte, a cui puo attingersi facilmente da qualunque socio
la vera sapienza da opporre alia stoltezza rivoluzionaria,
ed e il duplice documento della Enciclica e del Sillabo ,
uscito dal Vaticano V otto dicembre del 1864. Esso fu un
colpo drizzato al cuore delia rivoluzione : di qui i ruggiti ,
le smanie e le maledizioni , onde la gente rivoluzionaria
empi contro quell'atto pontificio tutta Europa. Ma invano :
il colpo e dato. La calunnia, T inganno, il pregiudizio o la
paura possono differire le ultime consegaenze, annientarle
no : di tali ferite non e mai guarito alcun errore.
Le sentenze di questi due documenti siano le armi del-
Tassociato cattolico. At dommi fallaci degli avversarii op-
ponga le vere sentenze della Enciclica e del Sillabo, alia
autorita della ragione rivoluzionaria opponga T autorita
DELLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE 559
suprema del Papato. I citati documenti ci dicono chi siano
cotesti uomini della rivoluzione, ci discoprono i loro disegni,
ci fanno toccare con mano la reita delle loro dottrine , ce
ne mostrano gi1 indegni rampolli, e ci indicano il fiue mi-
serando a cui traggono e individui e societa. Non V ha
errore dei nostri di, del quale non siamo ammoniti ed am-
maestrati della sua profonda perversita. Ogni cattolico faccia
suo pro di questa potente istruzione. Non mancano valorosi
6 facili chiosatori ; questi siano di scorta nella tenzone.
Un avvertimento. L' associate cattolico, sia che pugni
colla parola, sia che combatta collo scritto, sia che affronti
1'avversaria colle opere contrarie alle sue dottrine, abbia
sempre in mira di offenderla nel suo principio fondamentale
della indipendenza dell' uomo da ogni autorita estrinseca
in cio che tocca lo spirito. Questo sia 1'oggetto de1 suoi
colpi, questo sia il punto contro di cui vadano comecches-
sia a ferire tutti i suoi atti. Esso e il capo col quale si
regge la rivoluzione, esso e il cuore per cui vive e si af-
forza: spacciato questo punto deve necessariamente cadere
tutta la opera della rivoluzione. Animo dunque: alia pugna.
II grido dei trecento ebrei vincitori dei madianiti era: la
spada di Dio e la spada di Gedeone; e quello delle sacre
falangi cattoliche sia : la spada di Dio e della sua Chiesa.
A chi lor dice con amaro piglio : — siete dunque le soste-
nitrici del diritto divino; rispondano : - - si lo siamo. Chi
puo sottrarsi al diritto del creatore e del redentore? —
Propugnate dunque la teocrazia: — si la propugniamo. Chi
lion e soggetto aH'autorita dell'Altissimo ? — Siete dunque
clericali : — si lo siamo . Chi non istara dalla parte del sa-
cerdozio, datoci da Cristo a nostro maestro, a nostro reg-
gitore nelle cose dello spirito ? La parola di Dio e il nostro
lume : la parola della Chiesa e la nostra autorita: ad essa
c1 inchiniamo , ad essa giuriamo sommessione , azione e
vita. — Ecco la professioue, che devono aver sempre di-
nanzi i membri delle associazioni , che devono portare
qual loro divisa, divisa di opposizione continua e parlante
contro quella della rivoluzione.
LA SAVIA E LA PAZZA
RACCONTO DEL PRINCIPIO Di QUESTO SECOLO
XII.
UNA MEDICATURA MENTALS IN VIAGGIO
Un sentimento di mestizia, non provato mai per lo addietro,
incomincio a travagliare Clotilde, come prima vide sparire
dall'orizzonte le torri e i campanili della citta natia. Quante
volte si affaccio allo sportello a volgere loro un' ultima e
lunga occhiata! In fine ad una svolta, piu altro non iscorse
che strada, campi e cielo : e un gemito involontario le fuggi
dal cuore. II mondo della famiglia e della parentela , cui
ingenuamente e teneramente amava, senza pure sapere di
amarlo ; le si presentava in vivissimo aspetto. Pareva a lei
che il babbo e la sorella la riguardassero dolenti, e le sten-
dessero le braccia , pure invitandola di rifcornare ; mentre
ella invece sentivasi involare lungi da loro a tutta foga di
cavalli. E col nobile pensiero de1 suoi cari si avvicendava
un passeraio di trastulli, di gale, di spettacoli, a cui il pa-
dre, sopra tutto in quest'ultimo anno, aveala avvezzata; e
lanimo di lei vi si era incautamente invischiato, per verita
senza attingerne il veleno, ma pur gustandone il dolce. Ora,
sbollita la prima galloria di novita, e la fanciullesca furietta
di vedere Roma, subentrava la riflessione ad intimarle che
gli amati sollazzi non sarebbero punto di gusto di zio
Chiaffredo. A tutto questo Clotilde non avea pensato in-
nanzi. Era la prima volta che spiccava il volo dal nido di
tutte le piu vivaci affezioni. Pero piu si allontanava dalla casa
LA SAVIA E LA PAZZA — UNA MEDICATURA MENTALE IN VIAGGIO 56!
paterna, e piu inacerbiva la piaga, e piu le serrava il cuore
un cupo rimpianto inconsolabile. Ne il variare di tante citta,
e viste e siti, cui veniva trascorrendo, bastavano a ravvi-
varla alia consueta gaiezza : che anzi le nuove fogge dei
contadi, e i mutati dialetti degli alberghi contrastando rici-
samente colle patrie usanze , servivano a disegnarle piu
dintornata e crudele la immagine della sua solitudine ; e
al tutto sembravale di smarrirsi in uno sconosciuto de-
serto. — Per tutto facce nuove 1 diceva ella a se stessa.
Nessuno mi conosce, e io non conosco nessuno ! —
Ben erasi addato zio Chiaffredo, che alcuna nube aom-
brava a quando a quando il sembiante sereno della nipote:
e riconoscevala al labbro muto, al guardo fisso, al rannic-
chiarsi che talora faceva Clotilde nel cantuccio della vet-
tura, appoggiare lungamente la fronte nella palma, e rial-
zarla poi con un sospiro. Tuttavia egli vi poneva mente
tanto quanto , parendogli natural cosa, che una fanciulla
venuta in sui quattordici anni sempre in seno alia famiglia,
non fosse poi insensibile alia prima separazione. Anche
tentava di divertirla dall'affanno, mettendola in lieti parlari,
e additandole le sempre rinascenti vaghezze de'prospetti,
e conducendola a dare una volta per le citta, ove sosta-
vano a rinfrescare i cavalli : ma con picciol frutto. Quasi
suH'ultimo, nel salire lentamente la montagna di Viterbo,
gia volgendo il sole al tramonto, Chiaffredo osservo che
Clotilde taciturna veniva tergendo e ritergendo cert<3 fur-
tive stille degli occhi , e le palpebre avea turgide e rosso,
come chi ha pianto assai. — Ma tu piangi, le disse ; che
hai ? ti senti male ? — Uno scroscio di lacrime dirotte fu
la risposta di Clotilde , e ansiare , e tra i singhiozzi , due
parole: — Pensavo e a babbo e a Clelia :... e poi a tante cose.
Chiaffredo non aggiunse motto per allora; e mentre
dava passo alia procella, che sfogava col pianto, prese a
filosofar seco del rimedio da contenere questo umor nero
e turbolento. Che la nipote rammaricasse sulla lontananza
de'suoi, parevagli cosa irreprensibile : ma componcndo
Serie VIII. vol. II, fasc. 503. 36 23 maggio 1871
LA SAVIA E LA PAZZA
questa ingrossata malinconia, con certe dimande repentine,
onde essa frequentemente s'era informata dei divertimenti
usati in Roma, aggiungendo talora: — 'Oh ci avro un gusto
matto ! ci andremo, neh vero, zio ? — non pen6 molto ad
entrare in sospetto di cio che era. Pertanto facendo indu-
bitato assegnamento sullo spirito di lei penetrante, e molto
piu sul cuore innocente e virtuoso , si risolvette : — Qui
non ci vuole un trattamento di palliativi , non moiue, non
lusinghevoli promesse, ma si una dose di forti motivi e ra-
dicali, ond'ella si ragioni di dovere venir a Roma per tut-
faltro che per darsi bel tempo ; e se no, non ci venga . . .
Ma gia e una colomba... non ha passioni altro che le imbe-
v u tele da quel capo scarico di suo padre... le bastera aprir
gli occhi al bene, per innamorarsene e volerlo. —
Intanto facea buio : e Chiaffredo cosi prese a sermonare
la nipote, severo nella sostanza, e piacevole nel modo : —
Ora via, Clotilde, poiche e spiovuto, vuoi dar luogo al se-
reno ? ovvero vuoi che p.rriviamo a Roma, cosi sconsolati e
brutti come se andassimo in bocca al lupo ?
— Ma che ci posso fare ? rispose Clotilde. Non me lo
aspettavo neanch1 io.
— 0 senti, figliuola mia (che ben sai se ti amo per fi-
gliuola), su coteste quattro lacrimette io non ho che ridire:
piuttosto avrei preso mal pronostico, se t'avessi visto partir
di casa, a faccia fresca, lasciando la padre e sorella come due
piuoli. Ma in fine dei fini, ogni troppo e troppo . 0 che gli
abbiamo sepolti tutti e due prima di partire ? No, come gli
abbiamo lasciati, speriamo rivederli di qui a un anno. Sara
una bella festa.
— Me lo dico anch' io da per me stessa: ma non basta...
e poi mi passano tante cose nere per la testa mi par
sempre che saro sola, e mi morro di malinconia: mentreche
sul principio, che mi diceste di venire con voi, pareami di
andare a nozze.
— E cosi ti fasci il capo prima d'averlo rotto. Bisogna
po1 poi farsi una ragione, quando si e a quattordici anni pei
quindici. T insogni forse che io ti voglia riporre sul solaio
UNA MEDICATURA MENTALE IN VIAGGIO 563
morto, come una scranna rotta? o che a Roma non ci na-
sca gente con cui conversare ? Anche la, ne piu n& meno
che a Torino, nelle case strepita una fanciullaia che mai, e tu
ci troverai delle romanette tue pari, fanciulle vivaci, mat-
tacchione, veri razzi di fuoco, costumate pero e di garbo e
da starci bene insieme. Mancomale, se ti ponessi in capo di
nonavere altro affare al mondo, fuorche sgallettare su per
le feste, a Roma ti troveresti delusa. Ma tu di -certo sai che
alPeta tua il tempo va speso principalmente a formarti buona
e virtuosa e colta damigella. Se adesso non ci pensi, quando
ci penserai ? Potrei io in coscienza tradire la tua giovinezza
a questo modo, da buttarti la la per la strada a crescere
come una ballerina di teatro ? Tu stessa lo vorresti ?
— 0 questo no.
— Bene. Ora apri gli occhi e pensa a ci6 che ti avve-
niva la a Torino. Chi era che si pigliasse cura di insegnarti
la religione cristiana, la quale devi pure praticare tutta la
vita, se non vuoi finire a casa del diavolo ? quando mai in
casa sentivi nominare Iddio benedetto e la Madonna san-
tissima? I maestri e le maestre t' insegnavano tante cose,
a leggere, a scrivere, a cucire, a ricamare, a parlar fran-
cese, a ballar la corrente e la contraddanza, a presentarti
garbatamente alle brigate, a strisciare una bella riverenza,
eccetera, eccetera: ma quale di loro apriva boccaper dirti:
Clotilde, a piacere a Dio bisogna far cosi o far cola ? Vedi,
se non era quella cameriera savoiarda , che e una donna
per bene , e quel sant' uomo del Padre Lanteri , che io
pregai di venirvi a trovare , tu e Clelia, crescevate su
come i mucini della gatta. Sono tanto carini ! Sanno cor-
rere i gattini, sanno saltare , giocolare , lavarsi il muso
colla zampetta , si strofinano attorno alle gambe, e ognuno
piglia gusto a lisciarli : ma poi sono sempre gatti, cioe
bestiuole traditore, che e che non e, tacche ! una sgraf-
fignata. E cosi le ragazze , educate alia moda , riescono
smorfiosette, galanti, graziose alia vista, e cattive sotto la
buccia, cattive come sette pesti.
564 LA SAV1A E LA PAZZA
— Ma io non volevo gia divenire cattiva : tutto cio che
mi diceva il P. Lanteri, io lo faceva.
— E ringraziane Iddio, che ti ha tenuto la santa mano
sul capo. Pero col mutare degli anni potevi anche mutar
parere , e voler essere cattiva , come tante altre che da
piccine erano la perla della famiglia, e poi, colpa il non
aver fondo di religione, detter la balta, e giu a rotta di
collo . . .
— 0 zio, credete forse che non sappia la dottrina?
— Mancherebbe ancor questa, che avessi fatto la prima
comunione senza saper la dottrina. Ma piu su sta monna
luna. Quei quattro foglietti, se bastano come che sia alia
povera gente che non puo imparare di piu, non bastano
pero ad una damigella che usa nella societa dei nostri
giorni. A questo modo si corre rischio di diventare una cri-
stianella annacquata, una di quelle signore o signorine, che
non si sanno guidare tra le brigate, non reggouo alia bufera
delle empieta e biastemacce giacobine , un giorno sono
tutte divote e Paltro tutte mondane, alia mattina vanno a
tutte le benedicole e alia sera andrebbero volentieri fino a
casa del diavolo Conosci quella contessa che abita rim-
petto a casa tua? Guarda che mai fallisca alia perdonanza
alia Consolata; e poi? nella sua conversazione lascia dire
peste e corna della religione e del Papa, e non sa com-
mettere una parola in contrario... Oibo, oibo! tu non hai
da venir su a questo modo. Vo: che sappi la religione come
un prete, e che sappi distinguere il bene e il male come un
confessore. Senza questo oggidi una ragazza e subito divo-
rata dalle tre bestie, che dice il catechismo, il rnondo, la
carne, il demonio.
Gua' non so manco dove stieno di casa queste besti.e.
— Ah, non le conosci? E pure quelle bestiacce ti ron-
davano intorno, e ti fiutavano alcuna volta da vicino per
divorarti....
A Clotilde sfaggi un sorriso.
— Ridi pure, e buon segno : e segno che il tuo Angelo
custode, dava loro sulle granfie , quando le allungavano
UNA MEDICATt'RA MENTALE IN VIAGGIO 565
per uncicarti. Vuoi che ti mostri io dov' erano, e come e
quando sporgevano il grifo?
— Anzi, ho piacere di saperlo.
— Guarda, le bestie cercavano di divorarti, quando
quelle amiche di Clelia venivano a far il chiasso in casa, e
passavano le ore a discorrere di mode, di falpala, dipetan-
leri, di pomate, di profumerie, di teatro, di amanti, e di
cent'altre scioccherie: quando portavano nel panierino dei
libri francesi, e li lasciavano in prestito...
Clotilde con deliziosa semplicit£ , interruppe : — Oh
per questo non li ho mai presi... mai... tranne una volta
un romanzo grosso, che mi avean detto che era tanto tanto
hello, e ci erano anche le figure; ma la savoiarda me lo
vide in mano nel venire a spegnermi il lume alia sera, le
mostrai una figura, e le dissi che mi portasse una candela
lungaressa invece mi hrav6, dicendo che hisognava prima
mostrarlo al confessore; e poi , trac ! colle sue manacce
pianta lo spegnitoio sulla lucernina, e buona notte: do-
vetti andare a letto allo scuro . E che la birbona non
i^tette in guato al fessolino della porta, per vedere se
.battevo F acciarino ? Alia mattina mi condusse a messa,
prima che Clelia fosse levata, e mi fece portare il libro al
confessore in sacrestia. Lui mi proibi di prender mai piu
nessun libro dalle compagne; mail peggio fu che siritenne
anche quello ; e cosi mi si rovescio addosso la broda . Che
strilli, che urli mi tocco di sjentire da quella ragazza che
me F aveva impreslato! Clelia mi brontolo per una setti-
mana, perche avevo fatta questa bigotteria di portarlo al
confessore.
— iC proprio come dico io, e tu la pigli in canzonella.
Quelle manacce della Savoiarda che smorzano il lume, sono
la mano delFAngelo custode, che da sulle unghie al de-
monio. Chi sa che robaccia barona vi era in quel libro, se
il P. Lanteri Tha confiscate.
— Ma non 1' ho letto.
— Grazie tante: pero lo volevi leggere, e ee il confessore
non ti stornava, leggevi quello e chi sa quanti altri, e forse
566 LA SAVIA E LA PAZZA
v ci restavi alloppiata, e ti rovinavi la testa. Son cose d'ogni
giorno, e di ragazze assassinate dai libracci, ve n' e una
per uscio.
— Non si ha dunque a legger nulla?
— Anzi, da legger molto e buono. Come anche si puo
far visite e riceverne, si puo aver amiche, e compagne,
andare a qualche spettacolo, svagarsi, sollevarsi: pero
sempre in modo che non c'entri il zampino del diavolo.
Per esempio a me non dava buon bere quell' ite venite di
ufficiali francesi che v' era per casa: girandoloni, passa-
volanti, ronzoni di tutte le razze aveano da capitar la, e!
voi altre da fare i complimenti. Che ci hai imparato di buono,
audire le loro giacobinerie? Mi pareva miiranni di cavar-
tene fuori, e cosi potessi turare gli orecchi a Clelia! Peggio
poi quell' andare attorno di notte, alle veglie, ai teatri, ai
festini in maschera, in giro qui, in giro la; e a questi lumi
di luna! Capisco benissimo che ci andavate con babbo ,
convengo che qualche sollievo sta bene: ma di queste
baldorie, manco 1'odore, manco Tombra.No, no, ci vadel deco-
ro, della modestia, del riserbo d'una fanciulla a modo : e io ti
credo tanto giudiziosa, che tu stessa mi dirai : Zio, di siffatte
tregende, io non ne vo' piu sapere, ci fo la croce in secula
seculorum. — Amen, rispondero io, e non se ne parla piu.
Clotilde a queste ultime parole si senti ferita nell' ime
fibre del cuore. Alle tresche pazze a cui trascinavala il
padre, aveva messo un gusto smodato, e vi si compiaceva
con tutto Tabbandono d'una bambina ai balocchi infantili;
e pero Tintima ricisa dello zio produsse in lei Teffetto che
appunto fa nei bambini Io strappar loro di mano un gradito
trastullo, o quello stesso che fa in un giovane sbrigliato,
dopo sei mesi di ribotta, il ricondursi al pentolino. Chiaffredo
siavvide a occhio della penosa impressione da lei ricevuta:
ond'egli aggiunse: — Intendo bene che forse ti costera
un poco, pei primi giorni : ma bisogna sapersi fare forza ,
quando la ragione Io vuole. Io ti terro in Roma, adagiata
d'ogni tuo necessario e convene vole, allegra e contenta
come una tortorella nel suo cestino ; solo che per entrare
SUOR ROSINA DI VITERBO 567
nella Citta santa, del lasciare per via tutte le frascherie,
che tu medesima conosci non essere ne belle ne buone.
— Voi sapete, zio, che io voglio tutto quello...
— Aspetta anche un poco a rispondermi: cosa fatta per
forza non vale una scorza. Di'prima qualche avemmaria alia
Madonna del buon consiglio; e poi dimani mi farai la ri-
sposta. Da questa dipendera il viaggiare piu Ik verso Roma,
0 il voltare i cavalli verso Torino.
XIII.
SUOR ROSINA DI VITERBO.
Quella sera, sino a smontare all'albergo non si batte
piu motto. Alia dimane Chianredo nulla dubitando del fe-
lice successo della dose di ragioni amministrata, stante la
eccellente costituzione della inferma; con viso cbiaro le
disse: — Su via, lesta, mettiti in dosso uno scialle, che e
freddo: e andiamo a vedere la maggiore maraviglia di
Viterbo, la tomba di S. Rosa. Tra via veniva aguzzando la
curiosita di Clotilde, col raccontarle gli stupendi gesti della
santa. — Vedrai cogli occhi tuoi un corpo conservato da
secoli, intero e fresco, che e un miracolo: io Tho visto piu
volte, e non finirei mai di tornarci. E di una monachina,
morta a diciott'anni, a quella eta ell' era una martire di
penitenza, un1 estatica di contemplazione : a operare mira-
coli poi aveva cominciato, per cosi dire dalle fasce. E c1 era
allora un imperatore detto Federico II, un pezzo di galera,
un can rinnegato, vizioso, scomunicato, insomma il capo di
tutti i giacobini d1 allora: ti basti sapere che teneva pri-
gione il Papa, come fecero i Francesi pochi anni fa, con
questa differenza che i Francesi Io condussero in Francia,
e F imperatore Io teneva carcerato dentro Roma. In tutte
le citta d' Italia v'erano poi i cagnotti leccazampe delFim-
peratore, che non lasciavano bene avere ai cristiani, e li
tempestavano , perche si dichiarassero nemici del Papa.
Essa, santa Rosa, non si poteva tenere; balzava di casa col
crocifisso alia mano, e via per le piazze a predicare contro
1 giacobini.
568 LA SAVIA E LA PAZZA
— A predicare?
— A predicare, sissignora. A dieci o dodici anni pre-
dicava F ubbidienza e il rispetto dovuto al Papa. E non e
mica da dire che le fosser prediche coine quelle che i ra-
gazzi fanno al presepio: ci vuol altro! quelFangioletta si pian-
tava sul mercato, o ad un crocicchio di strade, dritta, ferma,
franca, raccolta in Dio e piena di Spirito Santo: la gente
affollarsi intorno, uomini grandi, soldati, gran signori, preti,
tutti. Ed essa, non che sgomentarsi , dominava la moltitu-
dine colla sua vocina terribile, che passava il cuore come
una lama d'acciaio; battagliava i nemici del S. Padre e i
seguaci dell1 imperatore, atterriva i peccatori e le peccatrici;
e quando, finita la predica, si ritirava, ognuno la salutava :
Rosina di Dio, pregate per noi.
— Ma e possihile cotesto ? dimando Clotilde rapita di
ammirazione.
— Tanto possibile , che molti e molti scomunicati tor-
navano a farsi ribenedire ; e tanti birbaccioni, dalla predica
andavano dritto a confessarsi, e talvolta a farsi frati. Ti
diro che anche Iddio ci concorreva visibilmente coi mira-
coli. Per esempio, una volta si trovo come soffocata tutto
intorno dall1 uditorio , ed essa, povera piccina, non poteva
piu farsi sentire : ed ecco il terreno crescerle sotto i piedi,
e sollevarla in alto come sopra un pulpito, a vista di tutti.
Altre volte era capace di fare accendere una catasta di
legna, e gridare: Tanto e vero che bisogna ubbidire al
Papa e non all' imperatore scomunicato, quanto e vero che
io passo in questo foco, senz'abbruciarmi. E poi, via di
slancio gittarsi tra le vampe, come tra i fiori.
— Eh, lo credo anch'io che a questo mo do si faceva
ascoltare.
— Era ascoltata e temuta . I giacobini , con tutto il
braccio dell1 imperatore in loro servizio, non si tennero piu
sicuri in Viterbo , finche non F ebbero mandata a confino ,
o come si direbbe adesso, a domicilio coatto. Ma essa se ne
rise, guard6 in cielo, e poi disse: — Lo scomunicato n'ha
per poco , e il Papa presto trionfera. — E come profeto la
SUOR ROSWA DI VITERBO 569
santa, cosi fti per Tappunto. Perche Federico II mori come
un cane, assistito da un branco di turchi, dei quali si era
fatto una guardia d' onore ; e non and6 molto , che tutta la
sua razzaccia maledetta, parte in prigione, parte sulla forca,
parte d'altra mala morte, fu spazzata dal mondo. Santa
Rosa invece tornava tranquillamente in Viterbo, a godere
nella sua patria della liberazione di Santa Chiesa. —
In cotali discorsi Timmaginazione di Clotilde si accese
per modo, cbe non senza un sacro tremore pose piede sulla
soglia del tempio. E pure, assai phi d' ogni discorso, gliene
disse la sola vista della santa. Aperti i cancelli di fuori, una
cortese sacristana di dentro al monistero ritirb il velo che
cuopre Turna; e apparve 1' incorrotta salma delP antica e
potente e taumaturga verginetta di Dio, in abito di mo-
nacella. II ricco talamo su cui si adagia, i guanciali pre-
ziosi che le sorreggono il capo e il busto , le anella delle
dita , il gemmato diadema che le circonda la fronte accre-
scono al sacro corpicello una maesta modesta e serena ,
quale si addice ad umile ancella di Cristo incoronata. Certo
niuna augusta donna cinge regal serto piu degnamente che
Rosa di Viterbo. Ella, povera fanciulla popolana, regno
sopra i suoi contemporanei colla maraviglia de1 suoi ange-
lici costumi, e delle austerita spaventose, e della eloquenza
ispirata, e dei moltiplicati portenti; e regna tuttavia dopo
sei secoli dalF urna sua, piu simile a soglio che a sepolcro,
dov'ella chiama i pellegrini, e accoglie i devoti, e li be-
nefica de' suoi reali favori. S. Rosa regna nelFamore direi
quasi famigliare de'suoi viterbesi, nella venerazipne de'po-
poli convicini, nella fama universale del suo nome, nella
gloria de'perpetui prodigi, negli efficaci esempii di amore
alia Chiesa e al Santo Padre , lasciati in retaggio alia gio-
ventu concittadina , la quale fino ai giorni nostri gode , le
inclite fratellanze fregiare del nome di Santa Rosa. Reina
si pare anche all'aspetto: tanta chiarezza raggia dal suo
sembiante , tanta fiducia infonde , tanto affetto accende ,
tanta gioia risveglia ! Appena si puo genuflettere dinanzi
570 LA SAVIA E LA PAZZA
a lei, e non sentirsi compreso di nuovi e santi pensieri, e
sollevato ai magnanimi propositi della fede.
Chiaffredo dopo breve preghiera levossi in piedi ; Clo-
tilde colle mani giunte, e tutta sporgendosi col capo, con-
templava, deliziando, il volto e le mani della santa. —
Guardi, signorina, prese a dirle la religiosa, la carnagione
della santa si e un po' abbrunata in viso, ma e pur sempre
dessa, Rosina di Viterbo ; con tutte le sue fattezze piene e
dintornate , con tutti i risalti de'lineamenti, naturali: non
pare morta, ma assopita.
— 0, e vero, dimando Chiaffredo, cio che si dice, che
da prima la santa non fu voluta ricevere per monaca in
monastero?
— Verissimo. Cosi permise Iddio per glorificazione di
essa : perche la santa rispose al rifiuto con una profezia :
Non mi accettate viva, disse, e bene mi accetterete morta.
Infatti eccola qui , da quasi sei secoli ella ci sta , come in
in casa sua , anzi come madre badessa : giacche noi ci ri-
guardiamo tutte come sue figliuole. E il nostro rifugio ,
com' e il rifugio dei viterbesi , e se si scrivessero tutte le
sue grazie ne avremmo volumi e volumi.
— E gli abiti suoi non si consumano col tempo ?
— Sicuro, che si consumano r ma quando T abito e lo-
goro, si fa come all1 altre sorelle, si cambia. Le monache
la pregano prima di gradire amorevolmente questo tributo
di divozione dalle sue figliuole; ed ella si lascia mutare le
vesti.
— Ma come? non si spezza a maneggiarla?
— Che ? ell1 e tuttavia morbida e arrendevole abba-
stanza . — E in cio dire sottopose reverentemente la sua
mano alia fresca e bianca mano della santa , e la sollevo
un cotal poco. Si vide allora la mano piegarsi, e, lasciata,
mollemente tornare al sito.
— Oh cotesto e bene un miracolo parlante , sclamo
Chiaffredo. E pensare, che questo corpo, prima di venir
qua , rimase trent' anni sepolto quasi che nelF acquitrino !
Ricordati, Clotilde, di questa mano, per poter dire Tho veduta
SUOR ROS1NA Dl V1TERBO 571
cogli occhi miei, dopo seicent1 anni dalla morte , piegarsi.
Cosi S. Rosa ci benedica con la sua mano miracolosa. —
La pia e tenera Clotilde , a tal vista era caduta genu-
flessa di bel nuovo ; ora coperta il volto con ambe le mani,
ora colle pupille fise nel volto della santa , di essere piu in
chiesa che in cielo nulla sentiva, e ardentemente orava.
Non d1 altro che pure della dolce visione (non sapeva come
meglio chiamarla) ragionava nel tornare all'albergo; chie-
deva allo zio di ricondurvela , nel ritornare a Torino ; as-
sicurava d1 esserne partita rallegrata e gioconda piu che
mai per Taddietro. — Vorrei chiamarmi Rosa, diceva essa ...
ma no , anche Clotilde e un bel nome , vorrei essere Rosa
Clotilde , o Clotilde Rosa . —
II dover rimettersi quanto prima in viaggio interruppe
la sua divota parlantina. Trovarono nel cortile la vettura
gia tratta fuori della rimessa ; i cavalli si abbiadavano , il
vetturino facea fretta di partire. — Presto la colezione ,
grido Chiaffredo in cucina; e intanto il polio arrosto , coi
fiaschetti d'Orvieto, si riponga pulitamente nelle saccocce
della carrozza. — Fu servito subito. Nel sorbire T ultimo
centellino del caffe, si volse a Clotilde che si ballonzava
per la stanza, sgranocchiandosi di buona voglia un ba-
stoncino burrato; e cosi in atto mezzo indifferente le disse: —
A proposito , prima di salire in vettura, bisogna che prendi
una determinazione. Vuoi che spingiamo verso Roma, o che
voltiamo verso Torino ?
— 0 che discorsi? rispose vivacemente Clotilde. Lo
dite per farmi versare ? Ma quando mai ho cercato di tor-
nare a Torino?
— Pure mi pareva iersera, che ti si fosse intraversata
certa ubbia di non voler esser sola, e che so io...
— Che ? che ? non ci ho mai pensato. Via, zio, condu-
cetemi a Roma, e non si parli d' altro.
Cosi dicendo discese saltelloni la scala , e f u a sedersi
in carrozza , dicendo al vetturino : — Verso Roma , sai , e
frusta. — La medicatura* di zio Chiaffredo aveva sortito
pienissimo effetto.
RIVISTA
DELLA
STAMPA ITALIANA
Filosofta delta rivelazione , saggio del sac. FRANCESCO GIOVENZANA
Milano 1870.
Due sono i punti cardinal!, se ben veggiamo, di quest'operetta:
1'origine dell'anima umana e 1'origine dell'umana conoscenza.
Quanto al primo, 1'autore ci ripresenta la teorica del Rosmini ,
con piccola diversita di parole. II Rosmini avea insegnato che 1'anima
de' figliuoli si deriva da' parenti per generazione, ma solo in quanto
e sensitiva; e che quindi diviene intellettiva per la manifestazione,
che Dio le fa, dell'idea dell'ente. « La forma deU'intelligenza (I' idea
dell' enle) non puo essere generata, ma Dio stesso la disvela all'anima,
che vien resa cosi intelligente; il che Iddio fece rispetto a tutta
1'umana nalura, quando infuse 1'anima in Adamo, nel qua!e Tumana
natura si conteneva ; e questa non ebbe poscia che a svolgersi in
piu individui per via di generazione1. » II Giovenzana insegna ;
« I parenti producono 1'anima umana qual e semplicemente per in-
fluenza di loro, non quale diviene per influenza altrui. L'anima per
la sola influenza dei generatori non e spirituale ; diviene spirituale
per influenza di Dio2. » Che cosa poi sia quest' influenza di Dio,
lo spiega piu sotto diceado, che e 1'azione del lume divino, la quale
produce neil'intelletto quell' atto (o attivita) che rende 1'anima intelli-
gente di Dio3. Quindi epiloga cosi la sua dottrina: « L'uomo,
composto di corpo e di anima colla potenza d'intendere, e generato
dai parenti. Quando egli viene al mondo, Iddio, e propriamente il
Verbo di Dio, lo illumina , attesa la sua potenza intellettuale, gli
manifesta in qualche parte se stesso, in una parola, lo rende intel-
ligente (ex parte) di Dio 4. »
Alcuno potrebbe dire che 1'una sentenza e differente dall'altra
per due capi: primo perche il Giovenzana vuole die 1'anima in quanto
prodotta da' parenti abbia gia la potenza d'intendere; secondo perche
la fa divenire spirituale per 1' intuizione non dell' idea dell' ente ,
come diceva il Rosmini, ma di Dio stesso, benche in parte e sotto
un semplice barlume. Ma a costui risponderemmo che pel Giovenzana
* Psicologia vol. 1. c. 25. — 2 pag. 6. — 5 pag. 8. — * Pag. 18.
RIVISTA DELLA STAMPA ITALIANA 573
la seraplice facolta d' intendere non si distingue dal sense. lo ritengo
che nell' uomo il senso e V intelletto non sieno due facoltd, ma una
sola !; e il Rosmini in varii luoghi, segnatamente nella risposta al
Mamiani non sembra che distingua molto quella sua idea dal Verbo
divino. Quindi la discrepanza tra Tuna sentenza e 1'altra e piuttosto
nominate che reale, per quel che spetta a questo capo dell'origine
dell'anima umana.
Un altro dubbio pud sorgere per le sopraccitate parole; ed e se
1'Autore professi 1'Ontologismo; giacche sembra ammettere che Dio
si manifesti direttamente e immediatamente ali'anima. Ma 1'Autore in
piu luoghi rigetta T Ontologismo, e in altri spiega in che , secondo
lui, consiste quella manifestazione divina, cioe in quanto Iddio ci si
rivela non in sestesso ma in una sua parola. « Convien considerare
che 1'atto intellettivo col quale conosciamo Dio, anzich6 effetto del
lume del Verbo, potrebbe dirsi propriamente effetto della parola del
Verbo; perciocche il lume di un oggetto da ordinariamenle una
cognizione completa dell' oggetto , a differenza del suono che la da
parziale. Di fatti 1'udir la parola di un uomo non e vederlo 2. » E
piu sotto: « Faccio notare'che la .nostra cognizione diretta di Dio e
parziale e rude, cioe doppiamente imperfetta, e non riguarda 1'es-
senza di Dio, ma la sua parola. Gli Ontologi fallano, quando credono
che noi immediatamente conosciamo I'Essenza-Dio; noi conosciamo
per cosi esprimermi (e solo parzialmente) la parola-Dio ; Dio non
lo vediamo , ma ii sentiamo 3. » Con cid resta accennata anche la
sua dottrina sull'origine delle idee, in quanto essa e da lui spiegata
appunto in virtu di questa parola, che il Verbo ci fa sentire e che
costituisce il lume intellettuale impresso nell'anima nostra. Veniamo
pertanto a dire qualche cosa di ambidue questi capi di dottrina.
Quanto al primo, non ci fermeremo a ribattere tutti i sofismi ,
che 1'Autore accumula contro la sentenza cattolica cheTanima umana
sia immediatamente prodotta da Dio per creazione: sarebbe una vera
perdita di tempo, tanto essi sono meschini. Ci bastera solo notare che
1' argomento principale, sopra cui torna sovente, se avesse forza ,
varrebbe altresi contro di lui. Cotesto argomento si e che se 1'anima
umana e creata da Dio, i parenti non produrrebbero un uomo, giac-
che si e uomo per 1'anima umana. Sifiatto argomento si ritorce otti-
mamente contro la sua teorica; giacche in essa la parola, in virtu
di cui 1'anima diventa spirituale, e pero umana, non e proferita dai
parenti ma dal Verbo. Dunque i parenti non producono 1' uomo, ma
un essere, che poscia diventa uomo per 1'azione del Verbo. Che se
per lui i parenti ottimamente si dicono produrre 1'uomo per cio solo
che producono un subbietto che esige d'ascoltare quella parola del
i Pag. 13. — 2 Pag. 109. — 3 pag. 113.
574 RIVISTA
Verbo, la quale gli da 1' ultima specificazione; dica lo stesso della
dottrina, che impugna; cio& potersi i parent! ottiraamente dire gene-
ratori dell' uomo per cio stesso che generano un soggetto si fatta-
mente organizzato e disposto, che esige 1'infusione d'un'anima spi-
rituale creata da Dio.
Curiosa e altresi la maniera, onde 1'Autore crede di avere risolto
1' argomento, che fa S. Tommaso contro una consimile dottrina del
tempi suoi. II S. Dottore riferisce 1'opinione di alcuni, i quali dicevano
che la virtu generativa de'parenti giungeva a produrre nel feto 1'anima
sensitiva , e che questa diveniva poi intellettiva per virtu divina ,
de foris illustrantem l. La quale sentenza pare in terminis quella
appunto del Giovenzana. Contro siffatta opinione S. Tommaso argo-
menta cosi: « Cio che e prodotto per cotesta virtu divina o e una realita
sussistente da se, cioe indipendentemente dal corpo; e allora converra
che sia una realita essenzialmente diversa da quella che preesisteva,
cioe dell'anima sensitiva prodotta da'parenti, la quale non era sussi-
stente da se ma dipendeva dal corpo. In tal caso converra riconoscere
nell'uomo piu anime, contro cio che la coscienza e la ragione c'inse-
gna. Ovvero e da dire che il prodotto da quell' azione divina non sia
una realita sussistente ma solo una perfezione modificatrice dell'anima
preesistente; e in tal caso seguira necessariamente che 1'anima intel-
lettiva perisca insieme col corpo , il che e impossible 2. »
Ad una si stringente e limpida argomentazione il Giovenzana ri-
sponde parole che mostrano grande mancanza delle nozioni piu ovvie
della filosofia. Egli dice da prima che cio che e prodotto da quell'in-
flusso divino e una perfezione dell'anima, che non ne muta 1'essenza
perche non produce in lei una nuova facolta, ma solo attua una fa-
colta che gia preesisteva . Nondimeno dice che ha virtu di rendere
1'anima spirituale e sussistente3. Poscia, forse accorgendosi che la
spiritualita e la sussistenza e dote intrinseca dell'essere, e che dal-
1' essere si rifonde nelle facolta e quindi nell'atto, non viceversa ;
ricorre a una soluzione anche piu strana, dicendo che Dio puo mu-
tare 1' essenza dell' anima, senza nuova creazione. « Anche data la
massima che 1' anima non possa ricevere una perfezione maggiore ,
senza rnutarsi d' essenza , non puo Dio mutar 1'essenza dell'anima
senza crearla? Cangia Dio gli umori della terra in frutti, in fiori, in
foglie, in piante; cangia Egli il cibo e la bevanda degli animali in
carne, in sangue, in muscoli , in ossa; cangia pure il freddo legno
in vivo fuoco, in ardente fiamma; e non puo cangiare 1'anima sen-
sitiva in intellettiva, specialmente se 1'anima umana ha per natura
la capacita di diventare intellettiva4? » Dimandiamo al lettore : e
possibile discutere con chi ragiona in questo modo? Acciocche un'es-
i Summa th. 1. p. q. 118, a. 2. — 2 Ivi — 3 Pag. 21. — * Pag. 3«.
DELLA STAMPA ITALIANA 575
senza possa mutarsi in un'altra, bisogna che sia com.posta, e com-
posta d'un principio determinabile e d' un altro determinante . Ri-
manendo il primo, e cambiandosi il secondo, 1' antica sostanza si
converte nella nuova. Cosi accade degli umori della terra, e degli altri
esempii che arreca 1' Autore. Esse sono cose sostanzialmente composte
di materia, indifferente ad ogni specificazione, e di forma specificante;
quindi avviene la possibilita delle loro conversion! e del loro muta-
menti sostanziali. Ma 1'anima eziandio sensitiva e ella composta? Es-
sendo semplice, o tutta va via, o tutta resta. Se tutta resta, 1'essenza
non si cambia; se tutta va via, ha cessato interamente di esistere, e
in suo luogo si e sostituito un essere novamente create.
Ma poco male sarebbe mancar di giusti concetti filosofici; il
peggio e che il Giovenzana sembra mancare anche di giusti concetti
teologici, e in cose che toccano i dommi della Fede. Dice che 1'Eterno
Padre si chiama padre di Cristo, e Maria SS. madre di Dio, non per
natura, nia per comunicazione degl' idiomi l. Riduce il peccato ori-
ginale ad una specie di peccato attuale, volendo che consista in una
avversione della volonta da Dio preceduta da una cognizione di Dio 2.
Afferma che 1' umanita assunta dal Verbo non era natura razionale
perfetta, in quanto le mancava il lume della ragione, che in lei fu
costituito dallo stesso Verbo; e in do ripone 1'unione ipostatica 3.
Per ci6, che poi spetta al secondo punto, cioe 1'origine delle
ideee da lui sostenute, in verita non sappiamo che dime; peroc-
che non abbiamo avuto la fortuna di ben capire il pensiero dell'Au-
tore. Egii spiega 1'origine della conoscenza intellettuale per la parola
che il Verbo dice alia mente nostra. Ma che cosa e mai cotesta parola?
E una parola non arbitraria, egli dice, ma naturale. Renissimo; ma in
che consiste? E il lume del Verbo, non e lo stesso Verbo. E mani-
festazione di Dio , ma non e Dio. E un influsso di Dio, che serve a
farci conoscere Dio, sebbene in parte e non totalmente. « Dico che
per mezzo del lume di Dio, che e impresso nell' anima nostra,
ossia per mezzo della parola di Dio, che si fa sentire all'anima no-
stra, cognoscimus ex parte Deum, intendendo il vocabolo cogno-
scimus per cognizione diretta 4. » Questa cognizione in parte di Dio
non e altro per T Autore che un concepimento imperfetto e indeter-
minate dell' infinito , e questo stesso appreso non in Dio, ma nella
manifestazione, che egli a noi ne fa, mediante una sua parola. Infalti
il Giovenzana rispondendo all'obbiezione che niuno sente in se di co-
noscere direttamente Dio, dice: « Se per Dio intendete un Dio-Essere?
anziche un Dio-Parola, ovvero intendete un Ente creatore, anziche
nn quid infinito, ovvero se per cognizione intendete una cognizione
J Pag. 47. — 2 pag. 58. — -"> Pag. 69. e seguenti. -r 4 Pag. 111.
576 R1V1STA
comparata o anche solo analizzata, ve lo concede, niuno confessera
di conoscere Dio direttamente. Ma se per Dio intendiamo un quid
infinite conosciuto nella sua parola e non nel suo essere, conosciuto
nel suo attribute d' infinite e non ne'suoi attributi di relazione alle
cose create, e per cognizione intendiamo una cognizione semplice e
rude; nego che alcuno vi sia, il quale possa dire di non conoscere
in qualche parte Dio direttamente l. »
Questa parola, su cui tanto insiste 1'Autore, non essendo Dio
stesso , £ necessario clie sia una realita creata , una modificazione
prodotta nella mente nostra, e determinatrice della conoscenza.. In-
somnia , una rappresentanza intellettuale , non drfferente da quella,
che gli antichi chiamano specie intelligibile. Ma se e cosi, quai bisogno
ci e che essa proceda immediatamente da Dio? Non basterebbe a
generarla nella mente nostra una virtu in lei infusa da Dio, 1'intel-
letto agente degli Scolastici? Qui non sitratta di Creazione, giacche
la creazione riguarda le sostanze; e la sola creazione non e comu-
nicabile alia virtu d'una creatura. D'altra parte sembra molto con-
veniente che la mente umana abbia nella virtu , che T e propria ,
tutto cio che e richiesto per uscire nella sua propria operazione in-
teilettuale, senza bisogno di altra infmenza divina, tranne la conser-
vazione e il concorso; come appunto accade di tutte le altre cause
naturali . Perche dunque ricorrere senza necessita a questa teorica
d'interventi; d' impressioni, di parole divine?
Dirassi: pejche altrimenti la rappresentanza ideale, prodotta dalla
virtu creata della mente nostra, non potrebbe recarci al concetto
d' infinite, giacche niente di finito puo determinare la mente a co-
noscere rinfmito. Ma non e- fmita altresi 1'impressione e la parola,
che voi introducete? Non dite voi stesso che esse non sono Dio? E
se non sono Dio, non possono essere altro che realita finite. Si; ma esse
operano come strumento in mano di Dio. Ottimamente; ma non puo
dirsi altrettanto della rappresentanza ideale prodotta dalla mente no-
stra per attivita riccvuta da Dio, e sotto il concorso di Dio? Non e
strumento di Dio ciascuna forza della natura? e non produce ella come
tale gli efletti rispondenti all' essere specifico, in cui da Dio stesso e
stata costituita? Se una rappresentanza ideale, per essere fmita nel-
F entita non potesse determinarci a concepir 1' infinite , dovremmo
rinunziare del tutto a una tal conoscenza; giacche, al trar de'conti,
noi intendiamo il conoscibile nel concetto che la mente ne esprime,
e questo concetto , espresso dalla mente , entitativamente non puo
essere che fmito.
Prescindendo adunque da ogni altra considerazione , la teorica
del Giovenzana si presenta come arbitraria ed inutile al fine, per cui
si propone.
I Pag. 113.
BIBUOGRAFIA
A\OMMO — Bibbia dei fanciulli tradotta dal Francese. Seconda edizione cor-
retta ed accresciuta di alcuni capitoli da un Sacerdote Pisano. Pisa, tip.
delle Letture Cat.toliche, dir. da Giovanni Alisi, 4870. Un vol. in 8° di
pag. 392. L. \ 30.
Qussta Biblia pei fanciulli e adattatis- quando la prima volta essa fu stampata : e
sima per iniziare la fanciullezza nella cogni- tal e stata trovata nelPuso fattosene larga-
zione della Storia Sacra , e per formarne il mente di poi in Francia e in Italia. Sapienti
cuore colle riflessioni morali che vi si uni- sonolegiunte, di cui I1 ha arricchita T editore
scono ai fatti storici. Tal fu il giudizio del- pisano.
TArcivescovo di Parigi, Mons. de Que"len,
— Biografia del Sommo Pontefice Pio IX, estratta dal Perioclico La Stella. Kcma
tip. de Propaganda Fide, 1874. In 46° pag. 400. Cenfesimi 50.
Quella eletta schiera di giovani, quanto stili con, una rapidita conveniente di stile,
cattolici di fedo tanto colti per istudii, che Non e certo un gran quadro storico, ma ne
scrive il coraggioso e leale giornale la Stella e la piccola fotografia, ove in minute si ma
in Roma, ha voluto in esso compendiare nei chiar* proporzioni tutto e fedelmente collo-
suoi cupi la Storia della vita di Pio IX. Ben- cato al suo posto. La buona edizione vendesi
che ve ne sieno tante altre gia scritte da penne a cosi tenue prezzo, che non dubiti'jmo di pro-
abili, questa ha un merito tutto suo, cioe di metterne universale e celerissimo spaccio.
aver raccolto i fatti piii importanti, ed espo-
— Catalogo ragionato ed illustrate della privata raecolta di Autografi Ifaliani
e Stranieri e document! Storici, che si posseggono dal March. Filippo Raf-
faelli di Cingoli. Parte prima, Macemta, tip. di A. Mancini, 487'. Un vol.
in 8° di pag. 4 44. L. 2 50.
E celebro in Italia la collezione degli au- tefici, i 1748 di 597 cardinali, i 1138 di 312
tografi del Sig. Marchese Filippo Raffaelli di Prelati ecclesiastici, i 52 di 40 superiori Re-
Cingoli.Essacontiene 35 mila autografi, tutti ligiosi, e i 72 di 17 Santi, Beati o Venera-
della piu grande autenticita,e quasi tutti di bili. Tutto ci6 appartiene alia la classe. Alia
cose importanti. La collezione e divisa in cin- seconda appartengono i 230 autografi di 219
que classi,ogni classe e spartita in serie, ogni Sovrani o Principi italiani, i 393 di 345 So-
serie disposta per secoli, nei quali T ordine vrani o Principi stranieri, e i 672 di 415 Di-
cronologico insieme coll1alfabetico ordinano plomatici, Uomini di Stato, e Guerrieri. Que-
ad uno ad uno gli autografi. II volumetto sta collezione epreziosa, perche contiene do-
qui annunziato contiene il catalogo della cumenti storici d1 importaaza e in gran nu-
prima e seconda classe, e vi sono individual- mero. Speriamo che non vada fuori dn Italia,
mente registrati i 319 autografi di 34 pon- ora che ne vediamo annunziata la vendita.
— Fratelli . resistete forti nella fede. Lendinara , tip. di Luigi Buffetti,
4871. Un opuscolo in 16° di pag. 72.
— La chiave del paradiso oflerta al cristiano, ossia 1'atto di contrizione di-
mostrato facile a tiitti da un padce A. G. di G. .Genova, tip. della Gio-
ventu, 4871. In 8° di pag. 204.
L1 essenza, la facilita, i motivi, la pratica e trattato con sana e profonda dottrina teo-
delPattodi contrizione formano T argomeHto logica, e svolto con molta lucidita.
di questo opuscolo importantissimo. Tutto vi
Serie VIII, vol. II, fasc. 503. 37 25 maggio 1871.
578 tlBLIOGRAFIA
ANONDIO — La prima Comuniorwj, preparazione e ricordi. Seconda edizionc
riveduta; Verona, ttab. tip. G. Civelli, 1870. In 16° di pag.
Crediamo di dover molto raccomandare stile; ecco i pregi piu notabili di questo li-
alle famiglie ed. agl1 istituti di educazione bro, il quale, a parer nostro , e uao de1 mi-
questo caro volumetto, scritto da una nobile gliori doni che si possan fare nella contin-
e pia dama e divulgato colle debite facolta genza della prima Comunione. Si trova ven-
deirautorita ecclesiastica. E un inWeccio di dibile al prezzo di lire 1, 25 in Firenze presso
dialoghi istruttivi, o di racconti acconci al- Cini via ghibellina 114, e presso Manuelli via
Tuopo di ammaestrare, non senza ricreamento del Proconsolo 16. — In Verona presso la
dello spirito, i giovanetti e le giovanette che contessa Scopoli Biagi palaz20 Zenetti, e alia
alia prima Comunione si apparecchiano. So- tipografia Civelli, in Trento presso il libraio
dezza di buona dbttrina, mozione , garbb di Merli.
— La seconda Spagna e 1' acquisto di Ponente ai tempi di Carlo Magno. Te-
sti di lingua inediti del Sec. XIII, tratti da un Ms. dell'Ambrosiana per
Antonio Geruti, dottore nella medesima. Bologna, presso Gaetnno Roma-
gnoli, 1871. Un vol. w!6° di pag. LXXXVIII, 272. L. 12. Edizione di
soli 202 esemplari per or dine numerati .
Di molto interesse per le origini della no- brosiana. Una lunga e dotta prefazione ne
stra lingua e de1 racconti romanzeschi e la fa appunto rilevare il merito, sotto il doppio
pubblicazione di questi due testi inediti « La rispetto da noi notato; facendo cosi non solo
seconda Spagna e Pacquisto di Ponente ai un grazioso presente agli amatori de1 buoni
tempi di Carlomagno », tratti dal Dottore studii come editore, ma anche porgendo litili
Antonio Coruti da un Manoscritto deirAm- animaestramenti come critico.
— Le cause morali di uu eft'etto fisico, e una proposta al popolo fedele in
occasione del Terremoto 1870-71. Cesena, tip. C. Biasini 1871. Un opu-
scolo in 16° di pag. !8.
— Lcttere volgari del Sccolo XIII scritte da Senesi, pubblicate e illustrate
con documcnti e annotazioni da Cesare Paoli e da Enea Piccolomini. Bo-
logna, presso Gaetano Romagnoli, 187 1. Un vol. in 16° di pag. 188. Ed.
di 20"2 esemplari per ordine numerati. L. 6 50.
11 contenuto e T importanza del presente per occasione di oondotta e assoldamento di
volume sono esposti dai chiari Editori nella cavalieri, gli altri tra privati cittadini Sene-
prefazione, che gli premettono, colle seguenti si, per affari mercantili. Alle dieci lettere del
parole. « Mercfe le nostrc ricerche , aiutate seeolo XI11 abbiamo fatto seguire un'appen-
dalPaltrui cortesia, abbiamo potuto mettere clicedi altre quattro, che sebbene scritte nella
assieme dieci lettere volgari , tutte del se- prima meta del seeolo seguente, appartenendo
colo XIII, con data certa d1 anno e talvolta ad uno de1 carteggi anzidetti, ci parve dinon
di mese e di giorno; e da due in fuori, tutte dovere escludere; nonche cinque document!
inedite. Queste dieci lettere sono reliquie di illustrativi, de'secoli XIII e XIV, due de'quali
ben cinque cartegg-i tenuti in lingua volga- pure in volgare. »
re; il primo tra ufficiali del comune di Siena
— Sulla costituzione, civile del Clero, emanata dall'assemblea nazionale di Fran-
cin. Torino, Pietro di G. Marietti, tip. Pont., 1871. Un opusc. in IG° gr.
di pag. 74.
E la famosa costituzione apostolica di chfe la piu gran parte delle cose quivi dette
Pio VI., tradotta fedelmente in italiano . s1 attagliano benissimo ai bisogni dei nostri
Viece oppxjrtuno darla ora alia luce; giac- tempi.
BIBLIOGRAFIA
579
BONCOMPAGNI B, — Bullettino di Bibliografia e di storia delie scienzft ma-
tematicbe e fisiche, pubblicato da B. Boncompagni. Roma, tip. delle scienze
matematiclie e fisiche.
Nel vol. V. della serie VII, con un arti-
colo in lode del Bullettino scientifico pub-
blicato da S. E. il Principe Don Baldassarre
Boncompagni, dimostrammorimportanza del-
1' opera impresa da qucsto Meceaate delle
scienze, in ordine al progresso della storia
delle scienze matematiche e della loro biblio-
grafia. Piu volte abbiam poi annunziati i suc-
cessivi quaderni del Bullettino . Abbiamo ora
annunziato gli ultimi quaderni del vol. III.
Oltre i lavori originali, secondo il consueto
vi si troyano ricchissime bibliografie o an-
nunzii di recenti pubblicazioni ; in tor no alia
quale raccolta ripeteremo ci6 che gia dicemmo
in quel nostro articolo : « preziosa raccolta
invero, la quale, oltre la somma utilita che
reca ai cultori delle scienza natural!, ora spe-
cialmente che in tanti luoghi e da tanti si
scrive in ogni ramo delle medesime, bene ad-
dimostra eziandio lo zelo disinteressato del
Principe, che solo con grandi spese pote ra-
dunare tanti e s\ svariati lavori antichi e
moderni ! » >
BOSCO GIOVAMI — Storia Ecclesiastica ad uso della gioventu utile ad ogni
grado di persone pel Sac. Giovanni Bosco. Nuova ediz. migliorata «d accre-
sciuta. Torino, tip. di S. Franc, di Sales 4870. In 16° dipag. 464. Cent. 80.
CAGNACCI CARLO — H Maestro del Villaggio. Racconto del Prof. Carlo Ca-
gnacci. Oneglia, tip. e Lit. di Cr. Ghilini 1871. Unvol. in 1 6° di pag. 426.
I/umore satirico, e la facilita narrativa dello
scrittore ne rendono molto dilettevole la let-
tura; e sotto raolti aspotti morali anche non
disutile.
Lo scopo di questo romanzetto si e di far
eonoscere la misera condizione in che sono in
Italia i Maestri di Villaggio, ossia malgrado
delle leggi che furon fatte per proteggerli;
ossia forge anche per cagion di quelle leggi .
€ARBONELLI BAR, DI LETINO — La questione romana nel congresso, pel Ba-
rone di Letino Carbonelli. Ginevra, Sorieta delta Indipcndenza, 1870. Un
vol. in 8° di pag. 416. Si vende in Roma Via del Gesii n° 61.
Di quest1 ottimo libro dell1 illustre Barone Carbonelli ci proponiamo di parlare in una
delle prossime riviste.
. -j-.jl-.TK, •>f;.--:1ii.«i titi'.-lvr .171 !?; &).» -i :,2-.j/i^-vJ sSj/.m
GARY ANA SALVATORE — Salvatoris Carvanae S. T. D. in usurn Studiosorum
I Lycei Melitensis, Lexicon et Dialogi. MelUae, ex officina E. Laferlae 1874.
Un vol. in 16° di pag. 238.
Di molto vantaggio pub essere ai giovani
studiosi del latino il libriccino che loro offre
il ch. Professore Carvana . Esso e composto
di due parti. I/una e una specie di picciolo
lessico , o piuttosto di varii piccioli lessici ,
che sono destinati alle diverse classi delle
scuole di latino, cominciando dallMnfima; e
contengono una quantita di vocaboli tecnici
che piu difficilmente occorrono nell1 uso ordi-
nario, e perb piu diflS^cilmente s1 imparerebbero.
L'altra contiene scelti dialoghi, ricavati tutti
daPlauto,da Terenzio e da Orazio, tranne
alcuni pochi per la classe infima , che sono
tolti dal celebre Ludovico Vives.
€ONESTABILE CARLO — Iconografia della Madonna di Raffaello, detta del libro
o di Conestabile. Terzine di Carlo Conestabile. Perugia , tipo-litografia di
G. Boncompagni -e C. 4871. In 8° grande.
Leggiadra e nobile a un tempo e questa tilezza deiranimo, e la HOB comune coltura
terzina, la quale testimonia la fede, la gen.- del nobile giovanetto suo autoro.
CONTI DOMEKIGO — Memoria e Statistica dei terremoti della provincia di
.; -i*i;-«j c a f|*M(btfC!ft}ii*'» PK-. .Jiiioa
580 BIBLIOGRAFIA
Cosenza nell'anno 4870 del Doit. Cav. Domenico Conti. Cosenza, tip. Mu-
nicipale, 1 871 . In 4° di pag. 60. L. 1,10.
In questa egregia e utiliasima Memoria che susseguirono , le eruzioni salse e vulca-
del D. Conti sono ordinatamente registrate e niche, i danni fatti e i provvedimenti presi
descritte le perturbazioni eccezionali meteo- per ripararli. E una bella monografia, che
rologiche dell1 anno 1870 , i fenomeni che ban serve allo studio di questo terribile fenomeno
preceduto il terribile terremoto dei 10 ottobre, naturale, e pur cos\ frequente nella provincia
la sua direzione , la sua durata , i fenomeni di Cosenza.
DA KEMPIS TOMMASO ~ La valle dei gigli, il Trattatello della vera compun-
zione, e tre Sermon i in lode della B. V. di Tomraaso da Kempis, tradotti
da Luigi Ricci Barnabita. Torino , tip. e Libreria S. Giuseppe , Collegia
degli Artigianelli. Un vol. in 16° 3i pdg. 164, Cent. 40.
DE CHIARA M1CHELE — La Chiesa e il regalismo, pel Cav. Michele de Chiara.
Napoli, Stab. Tipografico Strada nuova Pizzofalcone n° 3, 1870. Un opusc.
in 16° gr. di pag. 120.
Lodammo gia nel fascicolo 44*7 (pag. 3l7) de Chiara e valente pubblicista, e dotto noa
T egregio commentario che il ch. Cav. De meno nelle scienze civili che negli studii re-
Chiara avea dato alia luce sopra le prime ligiosi; ed il libro presente, come i tanti altri
diciotto proposizioni del Sillabo di errori con- da lui pubblicati e gratuitamente distribuiti,
dannati da Pio IX. II volumetto qui annun- corrispondeaqueste egregie sue qualita. Luci-
ziato segue quel lavoro, comprendendo la da esposizione, riflcssioni giudiziose e oppor-
esposizione e la confutazione delle altre venti tune, soda dottrina, logica stretta; tutto ci6
proposizioni seguenti dello stesso Sillabo. II rifulge nella presente trattazione.
DEL FRATE PACIFICO — In losephum virum D. N. Mariae vindicem catho-
lici nominis ct Patronum auspicatissimum: Hymni Septempedae, Officina
Conradi Corradctti, 1871. In 8° di pag. 14.
DE LIQUORI S. ALFONSO — Massime eterne di S. Alfonso de' Liguori e giar-
dino di Divozione. Nuova Edizione. Torino, tip. dell' Oratorio di S. Fran-
cesco di Sales, 1871. Un volumetto in 16° di pag. 360 Cent. 25.
DE MAGCHI DAYIDE — Scelta di Laudi sacre, musicate dal M.° cav. Luigi
Davide De-Macchi e da altri valenti maestri , ordinate e pubblicate da A.
e C. ad uso delle scuole e delle congregazioni cristiane. Torino, presso
Eng. Barone. Un vol. in 16° di pag. 144. Prezzo Cent. 80.
Quest1 operetta sebbene fa un tutto da se, conda: Maria SS., ossia feste principal], mese
pure e solo la parte prima di un libro piu mariano. Parte terza: Santi, ossia mese di S.
compiuto. Vi troviamo parole buone, con la Giuseppe, principali protettori della gioven-
nota musicale di dolci e pietosi motivi del tu,appendice di litanie, mottetti e tantumergo
De-Macchi, Blanchi, Fratel Bonito, Meiners, di facile esecuzione. Insomma i tre fascicoli
G. Cerruti, Cautone, Chiossi, ec. formeranno un vero Manuale di canti popo-
II presente fascicolo ne coutiene ben 82, lari per tutte le raunanze sacre, scelto e ordi-
senza couture un conciso trattatello di mu- nato da quegli sperimentati maestri che sono
sica che li precede. Ecco la divisione gene- i Fratolli della Dottrina cristiana, a tenuis-
rale. Parte prima : Dio, ossia canti preliminari, simo prezzo, di comodissimo uso agli istitu-
feste della Chiesa, canti di penitenza, novis- tori della gioventa e ai sacri pastori.
simi, Eucaristia e prima comunione. Parte se-
DE OSMA AXT1GIO — Manuale del comporre italiano, ad uso degli alunni de1
terzo corso delle scuole tecniche, esposto secondo i programmi governativi;
del prof. Antigio de Osma, membro effettivo ed ooorario, ec. di molte illustri
associazioni ec. 2* edizione. Milanot Agnelli, 1870, 16° di pag. 192.
Contiene precetti ed esempii relativi alle cipii di ben comporre in istile didascalico e
ecritture di commercioe di contra tti 50 i prin- in poesia volgaro.
BIBL10GRAFIA
581
DEV01LLE A. — I Crociati. Scguito alia Prigioniera della torre, per A. Devoille.
Traduzione dal francese. Bologna, presso I' Ufizio del Massaggere, 4S1Q. Due
volumi in 16° pubblicati in o dispense, pag. 448, e 424.
Sebbene difetti questo racconto dal lato mune a tanti romanzi moderni; nondimeno
della semplicita e naturalezza s\ della tessi- DO riesce utile moralmento la lettura, e dilet-
tura, s\ dei casi, si dei caratteri , difetto co- tevole.
DURAKDO CELESTIIVO — Novelle scelte di Giovanni Boccaccio, purgate ed an-
notate dal Sac. Prof. Celestino Durando. Seconda Edizione. Torino, tip.
di S. Franc, di Sales, 1871, 2 vol. in 16° di pag. 208, 264. L. 1. 20.
F. G. DE V. — Compendium Theologiae moralis ex opere morali Scavini nee
non Gury et Charmes concinatum a F. G. de V. sacrae facultatis Lectore.
Viterbii, proelis Speraindeo Pompei 4870. Un vol. in 8° di pag. 74. L. 4.
F. R. — De'semplici legati per oggetto di culto ne' rapporti colla legge di
soppressione 15 agosto 1867, per F. R. Milano, lip. Arciv. di G. B. Bo-
niardi Pogliani, 1874. 'Un opuscolo in 8°, pag. 20 cent. 40.
La legge del 15 ag. 1867 che toglie la
personality civile ad alcune istituzioni eccle-
siastiche, suole ora ricevere, per quale che ne
sia la cagione , una infausta e indebita ap-
plicazione. Si suole ora ben sovente applicare
ai legati, senza distinzione veruna tra quelli
che costituiscono da se un ente morale , e
quelli che sono o un patrimonio privato , o
una obbligazione inereute a patrimonio pri-
vato o ad ente morale non soppresso. Questa
applicazione e del tutto illegale: e cib dimostra
con soda evidenza la dissertazione da noi
qui annunziata; la quale per6 e di non lieve
importanza.
FERRANTE AN'ICETO — Vita di S. Francesco Caracciolo, fondatore de'Chierici
Regolari Minori. Volume Primo. Monza, tip. delV htituto de'Paolini di Luigi
Annoni e Comp. 1871. Un vol. in 12° dipag. 176.
II Viverseil Cericelli scrissero gia la vita per edificazione dei fedeli si e accinto il ch.
di S. Francesco Caracciolo. Altri compendii p. Ferrante, che per criterio storico, per lar-
di quella vita furon pure stampati. Ma oltre ghezza di vedute, per applicazione di studii,
airesser divenute assai rare queste biografie, e per pulito e dignitoso stile era quel desso
nessunapuo aversi per interamentecompiuta. che si volea a scriverne una bella vita.
A farla tale, a divulgarla poi tra il popolo
FERRE PIETRO MARIA — (Vescovo di Casale e Ccnte). Istruzione pastorale
sul Dogma dell'Infallibilita pontificia, -definite nella sessione quarta del-
1'Ecumenico Vaticano Concilio. Casale, tip. P. Bcrtero succ. Corrado 1871.
Lin vol. in 8° pag. 115.
E un vero e dotto trattato teologico, ben deriveranno, ossia che si consider! per rapporto
concepito.beneordinato, bene svolto, nel quale alia sua stessa nature, ossia che per rapporto
la sapienza episcopale e la dottrina teologica alia Chiesa ed ai fedeli, ossia che per rapporto
brillano di tutta la lor luce. Sono tre le parti alia conversione degli eretici e degl1 infedeli.
in che tutta la trattazione si divide . Nella Ognun rede che questa divisione abbraccia
prima si spiega e si difeude il decreto con- tutti gli aspetti della quistione, e ne rende la
ciliare sopra 1' infallibility : nella seconda si trattazione coropiuta ed intiera. La gravita,
dimostra come per questo decreto la regola Tautorita, la semplicita della parola episc
della fede cattolica e non solamente confer- pale rendono questa Istruzione sommam
mata, ma eziandio meglio rischiarata e age- preziosa, e proficua, e noi la raccomand:
volata: nella terza parte si additano i prin- tutte le classi di persone , ma sped
cipali vantaggi che da questa definizione al clero.
FERRERI SEVERING — H Contadino Cristiano. Letture popolari pel mese ^di
maggio, con preghiere ed esempii ad uso della gentc di campagna, del Sa-
582
BIBLIOGRAFIA
cerdote Severino Ferreri. Torino, tip. Speirani, 1874. Un vol. in 16° fU
pag. 282. Cent. 60.
FIRENZUOLA AGNOLO — La prima veste dei discorsi degli animali, operetta
di Agnolo Firenzuola, ridotta ad uso della gioventu con note e schiarimenti
di P. A. maestro delle scuole elementari. Bergamo., tip. e libreria di Carlo
Colombo, Piazza Garibaldi N° 15 centesimi 60.
Graziosissimi per la forma, castigatissimi al eh. Arrighetti, il quale in benefizio de^io-
per la lingua, e pieni di utili ammaestramenti vanetti, che attendono allo studio della no-
nella igostanza sono questi apologhi del Fi- stra lingua, gli ha ora di nuovo pubblicati ,
renzuola, i quali iseritamente vanno fra le corredandoli di opportune noterelle per age-
raigliori cose uscite dalla penna di quel volarne la intelligenza.
grande scrittore. Perci6 e da rendere grazie
G10. DA MAN9AVILLA - - I Viaggi di Gio: da Mandavilla. Volgarizzamento
antico Toscano, ora ridotto a buona lezione, coll'aiuto di due testi a penna,
per cura di Francesco Zambrini. Bologna, Gaetano Romagnoli, 1870, 2° vol.
in 16° gr. di pag. 220 L. 7. Ediz. di soli 206 esemplari per ordine
numerati.
Buon servigio e reso agli studios! della mani de'giovani. Assai di frequente, come
lingua con questa elegantissima Oollezione di accade in questo stesso volume che annun-
testi inediti o rari, a cui danno opera valen- ziamo,vi s'incontrano racconti ovvero osser-
tissimi letterati. E perb da avvertire che non vazioni, che potrebbero facilmente pericolare
sono pubblicazioni da mettere sempre nelle la loro innocenza.
GIUSEPPE Ma DA SOAVE — Scbematismus Calendarii perpetui quo Ecelesia-
sticus quisque sibi conficere potest calendariurn cuiuscumque anni, dicatus
S. loseph. Venetiis ex ti/pografta Aerniliana. 1870, Un vol. in 8° di pag. 124-
In questo accurate Schematismo di pag.
124 in 8° gr. oltre le regole per fare qualun-
que Calendario per ogni anno, vi e una Ta-
vola per trovar TAureo Numero pertutti gli
anni, una Tavola Perpetua delle lettere Do-
minicali, un1 altra pure Perpetua delle Let-
tere del Martirolog-io colle covrispondenti
Epatte, ed una Tavola del giorno di PasQua
sino all" anno cinquemila. Di piu un Calen-
dario generale colle Feste mobili, e finalmente
trentacinque Tavole delle Feste mobili e delle
Feste occorrenti tanto per T anno comune ,
quanto pel bisestile, coi relativi Trasporti nei
g-iorni vacui del Calendario generale . Si
spedisce franco di posta per tutta T Italia
contro un vaglia di una lira it., diretto al
sig. Don Antonio Zenari, S. Francesco della
Vigna a Venezia.
GUENOT C. — Marccllino ossia i martiri sotto Costantino. Racconto storico
del secolo IV del Sacerdote C. Guenot. Versione libera dal Francese del
Sac. Severino Ferreri. Torino, tip. di Pietro di G. Marietti, lST\,unvol.
in 16° gr..di pag. 232.
Sebbene tutti i fondamenti di questo Rac-
fonto sieno storici, e storica la maggior parte
dei fatti, pur tuttavolta la forma drammatica,
lo stile brioso , gl1 intrecci svariati, le scene
molteplici, i costumi fedelmente osservati, ne
fanno un vero e dilettoso romanzo. Nulla
diciauio della parte morale, che non solo,
« serbata pienamente ma 6 eristianamente si-
cura. I tempi presi a descrivere dalPautore
son quelli di Costantino imperatore; e quiudi
pieni di un interesse grande, siccome quelli
che segnarono la disfatta del paganesimo
innanzi alia croce. Solo ci duole che Tegre-
gio scrittore abbia accolte con soverchia fa-
cilita certe accuse contro di Costantino, che
ora la critica rigetta tra le calunnie, cui
quel gran Principe and6 soggetto. Ma ci6
nulla toglie alia verita generale del suo
quadro.
BIBL10GRAF1A 583
LONGO AGATINO — Versi del Cavaliere Prof. Agatino Longo, in onore di S.
Agata. Catania, stab. tip. di C. Galatola, 1871, un opusc. in 8° di pag. 31
II primo de'due componimenti, scritti in cuore nobile e invitto, che non pure non si
onore della Vergine Catanese dal suo con- spaventa dell1 ultimo supplizio, ma vi anela
cittadino.chiarissimoProfessore Agatino Lon- come a un trionfo. L'alfcro componimento e
go, e un dialogo fra la santa verginella e il una preghiera alia Martire , in cui sono
preside Quinziano, che la condann6 alia espressi i voti piu caldi , che ne1 tempi cor-
morte. Esso e pieno di verita, perche la so- renti pu6 inviare al cielo un pio.cristiano, e
stanza e tolta dagli atti del martirio della souo espressi con pari ardore di affetto , e
santa, e vi e ritratto a maraviglia il suo dignita di poesia.
MARTINUCCI PIO — Manuale Sacrarum Caere moniarum in libros octo digestuin
a Pio Martinucci apostolicarum caeremoniarum magistro. Romae , 1871,
typis B. Morini.
A pag. 76 del vol. IX^lella serie VII lo- cazione del secondo e del terzo libro. II se-
dammo meritamente .questo Manuale al primo condo di pag. 312 al prezzo di lire 3, e il
apparire del primo libro,, ed ivi.demmo anche terzo di pagine 112 al prezzo di lire 1,25 si
un cenno delle materie da trattarsi nei libri trovano a Roma e a Torino presso il Cava-
seguenti. Or ci basta annunziare la pubbli- lier Marietti, e a Parigi presso il Palme".
PANIZZl DOMENICO — L'Armi e 1'arpa versi di Domenico Panizzi. Reggio
d' Emilia , Tip. Degani e Masini 1 871 un vol. in 8° di pag. 1 60 L. 1 .
PETRONIO RUSSO SAIVADORE —.H Concilio e il giubileo, discorso del Sac.
Salvadore Petronio Russo al clero secolare e regolare e al popolo di Aderno,
recitato nell'iasigne e parrocchiale Chiesa Collegiata ildi 21 novembre 1869.
Catania, tip. di Vincenzo Metitiero, Largo della Merce N° 227, 1869. Un
opuscolo in 8° di pag. 26.
ROTA PIETRO — Contro i profani divertimenti, annunziati da eseguirsi in
Guastalla la IV domenica di quaresiraa del 1871, esortazione ai Guastal-
lesi di Mons. Pietro Rota, Vescovo di Guastalla. Guastalla, tip. Vescovile,
1871. Un opuscolo in 8° di pag. 12.
SALVIATI LEONARDO — Rime def Cav. Leonardo Salviati, secondo la lezione
originate, confrontata con due codici per cura di Luigi Manzoni. Bologna,
presso Gaetano Romagnoli , 1871. Un vol. in 16° grande di pag. 114.
L. 4. Ediz. di 206 esemplari per ordine numerati.
Queste rime del Salviati sono tutte ine- un giudizio assai vantaggioso del Caro in-
dite; e le ha scoperte il ch. Luigi Manzoni torno al Salviati, e che riguarda anche le sue
daprima in Napoli, nella Biblioteca ora detta poesie. Queste, generalmente , sono di argo-
Nazionale, e dipoi in Firenze in un codice mento erotico, epercib da non affidare incau-
della Magliabechiana, che e ritenuto auto- tamente nelle mani de'giovani.
grafo. II ch. editore riporta nella prefazione
SCALIA GIOVANNI — La Filosofia scolastica ed il Panenteismo biblico del
P. M. Leonardi, Lettere del Sac. Giovanni Scalia. Catania , tip. di Eu-
genio Coco 1871. In 8° di pag. 76.
Lo scopo di queste Lettere e di confutare e contingente solo nelle forme, che costitui-
una erronea dottrina , propugnata dal prof, scono il mondo aspettabile, e non lo e pero
Michelangelo Leonardi nel periodico, il Campo nel suo principio, nei suo essere, che 6 Tessere
deifilosofi italiani. Questi, ripudiando la libera stesso di Dio. » II chiaro Scalia gli scrive due
ereazione dal nulla, che qualifica come opinione lettere, amendue cortesi nella forma e piene di
degli scolastici, propone un sistema, da lui riepetto per Tavversario, ma inesorabili contro
stesso formolatocon queste parole: « II mondo Terrore. Nella prima di esse, fatto osservare
584
BIBLIOGRAFIA
ehe la libera oreazione dal nulla non e una
sempliceopinione degli scolastici, ma un dom-
ma eattolico, promulgate dal Concilio Late-
ranese IV ed ultimamente confermato dal
Vaticano, dimostra ad evidenza , coll1 esame
accurate dei testi del Leonard! , che il suo
sistema si risolve nel pretto Panteismo o sia
ideulistico o sia materialista. La seconda let-
tera e una risposta al Leonardi , il quale a
scagionarsi dalla taccia di panteista, si con-
tende di torcere le sue parole a sentenze or-
todosse. II chiaro avversario, senza mettere in
dubbio la rettitudine del suo animb, gli di-
mostra con nuovi paralleli delle sue medesirae
proposizioni, che a malgrado di cosifi'atte di-
chiurazioni , il proprio senso della dottrina
iusegnata da lui, e quello che gli ha esposta
nella prima lettera. A questa due lettere suc-
cedono duealtre; Puna ad un tal professore
Ruffaele Pompa, che si fece paladino del Leo-
nardi, e Taltra al professore Giuseppe Allievo,
direttore del Campo dei filosofi italiani . In
tutte queste lettere abbiamo ammirato pregi
che pur troppo e raro incontrare ar tempi
nostri in quelli che scrivono di materie filo-
sofiche. La dottrina difatti e sicurissima ,
come quetla che e attinta da ottime fonti ;
e sono quelle degli scolastici piu rinomati ,
che esso difende dalle vulgaricalunnie, inven-
tate dalla mala fede e sostenute dalla igno-
ranza. Vi eprofonditadi concetti unitaad una
singolara chiarezza di esposizione; sagacia di
critica, che sa scoprire ogni lato debole del-
Tavversario; e finalmente un tal uso della
dialettica nello stringere gli argomenti, che
e tolto ogni modo ragionevole di cansarne la
forza. Ci sembra, per questo piccolo saggio,
poter affermare che il ch. Scalia merita ve-
rainente il nome di Filosofo , e cio che piu
monta , di Filosofo formato secondo il con-
cetto della Filosofia cristiana.
S1LONIO MATTIA — Manuale per le figlie della Beata Emilia , compilato da
Silonio Mattia, rettore della Parrocchia di S. Giuliano in Vercelli: Vercelli,
Up. e libr. Guidelti, Perotti, 1870. Un vol. in 16° di pag. 196.
La B. Emilia Bicchieri, nobile Vercellese la loro sede principale nella Chiesa parroc-
Domenicana , scelta a protettrice della pia chiale «li S. Giuliano in Vercelli. Contiene
Unione delle Figlio di Maria in Vercelli, ha un breve Compendio della vita della B. Emi-
dato loro il nome. Questo Manuale dunque lia , e poi Preghiere, Salmi, Inni , e Lodi,
e il Manuale delle Fig-lie di Maria, che hanno ottimamente composti, o scelti.
SIOTTO-PINTOR EFISIO — Sulla natura del governo Ecclesiastico , lettera
d'Efisio Siotto Pintor al suo fratello Giovanni, con brevi aggiunte all'altra
del 28 aprile 1859 sull' infallibilita Pontificia ed Appendice al libro inti-
tolato L Italia e i Ministrl della Corona. Cagliari, tip. di A. Timon, 1870.
Un opuscolo in 8° di pag. 65.
Da questo libro, scritto vigorosamente e
tun to cortesemente quanto era possibile , si
apprende tutta la gravita delle stravaganze,
e degli errori del famoso deputato Giovanni
Siotto-Pintor. II Sig. Efisio suo fratello, per
lo zelo di difendere i principii religiosi e so-
ciali , che son fondamento e cardine d1 ogni
cristiano consorzio , ha voluto non che pro-
testare combattere contro le aberrazioni del
suo proprio fratello, e lo ha fatto senza am-
bagi , e senza debolezza. Doloroso oflicio al
certo: e cio mostra una delle piaghe della ri-
voluzione, quella di dividere sventuratamente
le citta e le famiglie col piii pugnente dei
dissidii, qual e quello delle dottrine religiose
e civili.
STUB PAOLO — L'Addio al Protestantismo con dicbiarazioni storiche e teo-
logiche del P. Paolo Stub Barnabita. Milano, libreria Boniardi Pogliani ,
1871. Un vol. in 8° di pag. 288.
Raccomandiamo molto caldamente questo
libro a tutti, ma in modo speciale ai giovani
italiani. II P. Stub, che ne e Pautore, nacque
in Berghen di Norvegia in seno al prote-
stantesimo: venue in Italia con tutte le preven-
zioni proprie de'protestanti, e deciso di stare
sulle guardie per non lasciarsi iudurre dai
cattolici ad abbandonare il protestantesimo1
e per meglio riuscir in questo si deelico allo
studio della religione, affine di poter ribattere
gli argomenti dei cattolici. Ma questa via lo
condusse &.1 termine opposto; poiche a mano
a inano che avanzava in questi studii, sce-
mavano i suoi pregi udizii intorno al catto-
BIBLIOGRAFIA 585
licisrro, sieche alia fine si trovo cattolico di questo libro vi conoscera appieno che cosa sia
mente e di cuore: abiur6, abbandonb il mon- il protestantesimo ; e lo conoscera da chi ne e
do, 'si fece religiose, e seguitando sempre la bene informato per propria eperienza , e per
sua C'irriera di studii svariati e fecondi, pub- lungo studio. Oltre al qual merito sostan-
blic6 assai opere, utilissime alia gioventu ziale del libro, vi e quello d1 uno stile can-
cattolica in Italia. Nel 1858 and6 nella Sve- dido, penetrativo , senza pretensioni ne de-
zia: e quiri espose in lingua svedese i motivi clamatorie, ne cattedratiche, ma tutti fatti e
pel quali egli avea abbandonato il protestan- verita, esposte con una schiettezza singolare,
tesimo, in un libretto intitolato I1 Addio al che colpisce per la evidenza sua propria. Un
Protestantesimo. Ora questo medesimo libro tal libro e destinato a produrre gran frutto
pubblica egli stesso nella favella italiana; e di perseveranza e di conversione in Italia;
pu6 dirsi che sia un suo Addio all1 Italia, perche il lettore o non si lascera pervertire,
essendosi trasferito ad esercitare il suo mi- o si convertira dinanzi alia luce chiarissima
nistero sacerdotale nella Norvegia. Chi legge delle ragioni che esso arreca.
TANCREDl GIUSEPPE — San Giuseppe e Santa Teresa. Lettera del Professor
Giuseppe Tancredi. hornet, tip. Sinimberghi , 1871. In 8° di pag. 14.
Contiene volgarizzato in bello stile quel parla della sua devozione a S. Giuseppe , e
tratto della Vita di S. Teresa ove la santa delle grazie ottenutene.
TASSONI ALESSANDRO — La Secchia rapita. Poema eroicomico di Alessandro
Tassoni, castigato ad uso della costumata gioventu, per cura di J. Gobio
G. R. Barn. Torino, tip. di S. Fr. di Sales 1870. In 16° pag. 233. Cent. 80.
TOLETO FRANCESCO — Francisci Toleti e Societate Jesu, S. R. E. Presbyter1
Cardinalis, in Summam Theologiae S. Thomae Aquinatis Enarratio ex au-
tographo in Bibliotheca Collegii Romani asservato : nunc primum edidit
Josephus Paria e Societate Jesu, praefecti Bibliothecae Socius a MSS. vul-
gandis. Romae, typis S. Congr. de Propaganda fide socio Eq. P. Marietti
adm. MDCCCLXX. Quattro volumi in h? gr. di pag. 519, 432, 466, 425:
prezzo Lire 48.
Del merito insigne di quest1 opera del mente a quanti hanno in pregio la teologia
Toleto scrivemmo appositamente un articolo scolastica, i quali certo sapranno grado e al
( vedi pag. 65 del vol. VII della eerie VII) ch. P. Paria, che ha tratto con tanta cura
quando usc\ in luce il primo tomo: ed ora questo tesoro nascosto dalla Biblioteca del
che la splendida edizione e compiuta, abbiam Collegio Romano, e al Cav. Marietti che ne
gia tardato troppo a raccomandarla calda- ha data una edizione s\ bella.
TORRIGIANI ANTONIO — I nove Pii Sornmi Pontefici, Studii storici del Ca-
nonico Antonio Torrigiani. Firenze, 1870-71, tip. toscana, via delie belle
rionne n" 9. Un vol. in 8° a due colonne che riuscira di pagine 560.
Prezzo lire 7. Ne sono usciti due fascicoli, che giungono alia pag. 436, e
I* ultimo e prossimo a pubblicarsi.
La massima parte di quest1 opera e ve- siastica. II ch. Can. Torrigiani vi ha posto
nuta alia luce, e Tabbiamo percorsa con piacer intorno molto amore, e niolto studio per Jfcri-
sommo. Quasi tutti i papi , che han portato verle: cosicche, sebbenein compendio, la storia
il nome di Pio, si son trovati in vicende gra- vj e bene descritta senza notevoli lacune , e
vissime : e i tre Pii il VI, il VII e il IX han con critica molto giudiziosa; lo stile ne e
lottato contro la rivoluzione con pari fortezza. semplice assai , ma colto : quale a biografia
Due tra essi, il I ed il V Pio sono venerati ben fatta si addice. Chi aroa letture storiche
quaisantidaifedeli.Alnomedi Piosicollegano si procacci quest1 opera, perche gli sara no-
importantissime istituzioni per la Chiesa , e tevole istruzione ; e chi ama letture di pas-
fasti gloriosi per Roma. Onde che il congiun- satempo la legga egualmente, perche la va-
gerne insieme la vita e un pensiero giusto, rieta dei casi e dei tempi descritti gli gene-
e utile: e il leggcrle val quanto percorrere rera vero diletto.
una parte di gran rilievo della storia Eccle-
586 BIBLIOGUAFIA
VETTORI PIERO — Lettere di Piero Vettori per la prima volta pubblicate
da Giovanni Ghinassi. Bologna, presso Gaetano Boniagnoli 1871. Un vol.
16° gr. di pag. 80 L. 2,50. Ediz. di 202 esemplari per ordine numerati.
Anche il presente volumetto e un gra- che da molti era nominate un secondo Var-
zioso*regalo, che i benemeriti Editor! della rone. II merito della pubblicazione si deve al
Collezione di testi inediti o rari fanno alia Ghinassi, da cui parimente crediamo scritta
letteraturaitaliana. E inedite veramenteerano la biografia del Vittori, che e premessa alle
queste lettere di Pietro Vettori, il quale nel sue letters,
cinquecento ebbe cosl gran fama di dottrina,
VfVOLI A. — Roma costituita e mantenuta dalla Provvidenza Divina qua!
sede sovrana del Vicarii di Gesu Cristo. Cenno Storico del Sacerdote A.
Prof. Vivoli. Bologna, tip. nello stabilimento dell'Immacolata, Via Galliera
n° 483, 1871. Un opuscolo in 16° di pag. 104. cent. 60.
II dotto e ch. uutore di questo opuscolo scrive e si studia per ammaestramento del-
compendia in esso la somma di quei fatti Tavvenire : e P ammaestramento che deducesi
grandiosi, coi quali la divina Provvidenza de- dalla rapida descrizione dei fatti, che coordina
stinb, costitui , e conservfr la citta di Roma insieme il sig. Vivoli, si e che Roma rimarra
a Metropoli del Cristianesimo . La storia si la Sede Sovrana dei Romani Pontefici.
VURMBRAXD ARMINIO — Una divina emozione. Ode di Arminio dott. Viirm-
brand. Venezia, tip. Merlo 1871 In 8° pag. 12.
ZI6ARELLI GIUSEPPE — Elogio in morte dell' Avvocato Giovan Francesco
Lanzilli, scritto dal cav. Giuseppe Zigarelli. Napoli, tip. di Salvatore Mar-
che.se, Vico dei SS. Filippo e Giacomo n. 21 in 8° pag. 32.
/IXELLI FEDERIGO MARIA - Vescovo di Treviso. Lettera pastorale diretta
at suo Clero e Popolo avvicinandosi la S. Quaresima dell' anno 187^1. Tre-
viso, tip. Pulini, 1871. In 8° di pag. 8.
— Lettera pastorale al Clero e popolo della sua diogesi. Treviso, tip. Priuli,
1869. In 8° pag. 4.
- Lettera pastorale al Clero e popolo della sua diogesi con cui annunzia la
consecrazione di tutta la sua diogesi al S. Cuore di Gesii che avra luogo
nel giorno della sua festa 16 giugno 1871 in cui Pio IX entra nelP anno
XXVI del suo Pontificate. Treviso, tip. Priuli, 1871. In 8° di pag. 8.
GRONACA
Firenze 24 maggio 1871.
1.
ROMA
Nostra Corrispondenza.
Accade non di rado che taluno sla come si dice , malatuccio e
indisposto: noa ha appetito , non dorme, ha gravezza di capo: ma
si regge in piedi e tira innanzi alia meglio, perche non e, propria-
mente parlando, malato. Fate ora che gli sopravvenga una buona
febbre. Subito si pone a letto, si rende malato, chiama il medico e
si pone a sua disposizione. Sapete come sono fatti i medici. Sono un
poco come gli orologiai che, quando si porta loro un orologio per un
leggier difettuccio, ve lo ripuliscono e rinnovano dentro e fuori, e
ve lo restituiscono migliore di prima. Cosi, quando voi vi siete reso
malato, non siete piu cosa vostra: siete del medico. Chi al medico si
da a se si toglie. Tutte le vostre membra per singule sono ai suoi
ordini: la lingua vi conviene tirarla fuori a ogni suo cenno: le braccia
vi tocca consegnargliele quando egli crede pel tasto^dei polsi, per le
sanguigne, per i vescicanti ; il petto per le auscultazioni, i visceri
per le purghe e andate dicendo. II medico vi regola e regge dentro
e fuori, come se fosse la vostra anima razionale: vero & che poi vi
restituisce a voi medesimo sano e vegeto piu di prima. Cosi accade
ora a Roma.
Non si pud negare che Roma da un pezzo non fosse malaticcia.
Fin da quando le era stato risecato tanto del suo corpo naturale,
Roma non istava bene. Si trovava essere come un gran testone senza
membra, una capitale senza regno, una proprietaria senza rendite,
un centre senza raggi. Ma si reggeva in piedi e, bencbe stentata-
mente, pure tirava innanzi alia meglio e faceva i fatti suoi. Chi sa
quanto tempo sarebbe durato questo suo mal essere generale, che
non era ne malattia, ne sanita, n6 convalescenza, se colla venuta di
costoro, non le fosse saltato addosso quel buon febbrone che sapete.
Ora si ha ogni ragione di credere che Roma sara curata radicalmente
588 CRONACA
e integralmente, si che alia malattia sopravvenutale succedera la'
salute vegeta e fiorita. Per ora i medici stanno in consultazione. Ne
abbiamo di ogni paese e di ogni scuola. Verranno presto all'appli-
cazione dei rimedii? 0 aspetteranno una qualche crisi naturale che
agevoli 1' opera dell'arte? e chi sara il medico curante? e la cura
sara omeopatica od allopatica , idropatica od emeopatica ? Chi lo sa ?
Una cosa sola e certa: la guarigione.
Cosicche non solo dohbiamo essere grati ai nuovi venuti della
miseria che ci hanno portato, secondo che vi scriveva 1'altra volta,
ma dobbiamo ancora ringraziarli del loro medesimo arrivo: il quale,
benche contro ogni loro probabile intenzione, pure per lo stesso fatto
loro spontaneo, sara senza alcun dubbio, se non la causa, almeno
1' occasione di una ristorazione compiuta di forze a Roma papale .
Non e la prima volta che i barbari hanno salvato Roma. -
Per ora abbiamo qui una turba di medici che sulla malattia di
Roma hanno piantata, come si dice, la loro vigna, e foraggiano in casa,
intantoche il padrone e malato. Non e certamente senza misterio che
il timone dello stato presente di cose e affidato al signor medico
Lanza. Tutti i medici e i veterinarii del suo partito vivono ora sopra
la malattia da lui procurata. Qui a Roma specialmente e ora la
cuccagna generale dei medici, e mediconzoli lanzichenecchi. Non vi
e qui medico, medicuzzo, medicastro, medicastrone e medica-
stronzolo italianissimo che non partecipi ora ai trionfi di Porta Pi-
glia. Chi si allogo in uno spedale, chi s'installo in un palazzo, chi
s' insedio in una cattedra. II veteres migrate coloni fu il loro grido
di guerra e il canto della vittoria. Ne abbiamo dappertutto nei posti .
piu sani e piu igienici. Se venisse ora lo stesso Esculapio, dovrebbe
andare alia locanda.
Pensate se costoro ( che tra dotti ed ignoranti ce n'e da porre
due per letto, uno per sorte, in tempo di peste generale) pensate se
costoro non tremano al solo sospetto che il malato possa guarire. Sono
tutti in faccende per allungarne la malattia , per aggravarla , per
ammazzarlo a dirittura se potessero. A. questo scopo si sono ora dati
alia teologia. Si conosceva gia a prova il valore dei medici liberali
nell'arte di governare gli stati e fare le leggi nella camera. La flo-
ridezza del regno d' Italia parla da se. Ma a teologizzare di proposito,
fmora non si erano applicati. Si credeva anzi generalmente che me-
dico liberale e teologo fosse come a dire diavolo e acqua santa. Cre-
dono costoro all'anima, a Dio , alia vita futura? Non vi e miglior
cristiano che il medico cristiano . Ma questi medici liberali , salve
le solite onorevoli eccezioni , hanno in teologia e in fede credito
uguale a quello di cui godono in politica. Si dice che molti di loro
sono atei, increduli, materialist, che non credono se non che a ci6
CONTEMPORANEA 580
che vedono, odorano e toccano. Nelle loro sezioni non hanno mai
trovato I'anima. In nessun museo ne in nessuna farmacia 1' hanno
trovata chiusa in un fiaschettino. Invece hanno trovato ora la teo-
logia. Tutti sono ora teologi dollingeriani : e dietro loro anche gli
scolari che ancora non sanno distinguere il polso destro dal sinistro.
Tutti i veterinarii, i necroscopi, i salassatori, gli odoratori di acque
sospette, tutti quelli che da vicino o da lontano hanno che fare colla
morte, colla putredine e colla forma cadaverica, tutti, purche liberali,
sono teologi adesso e missionarii e predicatori di fede italiana alia
tedesca.
Or bene, io ve lo dico chiaro. Un fisico, un bibliotecario, un
agrimensore teologi dollingeriani, li compatisco, ma non mi spaven-
tano. Quello che mi spaventa e mi pone addosso i brividi e il ri-
brezzo della febbre e un medico dollingeriano, eretico e scomunicato.
Tutti siamo soggetti ad -avere talvolta bisogno del medico : e se un
bibliotecario che attende alia teologia antipapale, invece di spolverare
i libri, puo esser cagione che io m'impolveri; se un agrimensore o un
ingegnere fallibilista pu6 indebolirmi la casa o falcidiarmi il campo;
se un fisico niente linceo e tutto dollingeriano puo mandar fallita
una scarica elettrica; un medico teologo di questi mi puo ammazzare
a dirittura, molto piu facilmente che un qualunque altro della dotta
facolta.
Non parlo di omicidio per ignoranza. Questi sono casi inerenti
alia professione. Tutti i medici buoni e cattivi, codini e liberali, sono
soggetti a questo difetto comune a tutti gli uomini e a tutte le pro-
fessioni, e lo dice anche il proverbio noto! Ne ammazza piu la penria
del medico che la spada del Cavaliere. Benche e chiaro che molto
piu facilmente pecchera d' ignoranza un presuntuoso, un superbo,
insomma un cattivo cristiano, che non uno di coscienza timorata, e
percio guardingo. II quale sara anche aiutato soecialmente da Dio, a
eui crede e a cui si raccomanda nell' esercizio dell'ardua sua profes-
sione. Laddove 1'incredulo, 1'ateo, il materialista , a scienza pari,
varra sempre meno che il buon cristiano, non fosse altro perche egli
e lasciato a se solo e ai lumi chiaroscuri della povera sua scienza.
Ma anche a scienza impari, io generalmente parlando, mi fidero
sempre del medico buon cristiano, molto piu che non del dollingeriano.
E ogni savio malato, fosse anche un medico dollingeriano, converra
meco in questo , per ragione di semplice e volgarissima prudenza .
Tutti in fatti siamo uomini, medici, e malati , dollingeriani e buoni
cristiani. Tutti possiamo peccare : tutti siamo soggetti ogni giorno
alle tentazioni del diavolo. E se vi e medico ben disposto ad essere
tentato molto e spesso e certamente quello che crede al Dollinger, ma
non crede al diavolo: il quale perci6 stesso gli e amicissimo, in-
590 CRONACA
trinseco, famigliare e quasi inabitante; molto piu poi se fosse medico
eretico e scomunicato. Non per questo sarebbe forzato a cedere alle
tentazioni. Ma cbe vi sia piu disposto ed inclinato che non un medico
buon cristiano, questa e teologia che la capisce anche il Do'llinger.
Or bene, ditemi di grazia; di che cosa volete voi che il diavolo
sia tentato di tentare un medico, se non che di peccati contro la sua
professione e il suo dovere? I cassieri li tenta di furto: i giudici di'
prevaricazione, i testimonii di menzogna: di che cosa, chiedo io, un
diavolo pratico del suo mestiere dovra tentare un medico suo amico
al letto di un suo nemico?
Mi ricordo aver udito raccontare che un Principe, richiesto della
grazia della vita per un medico condannato al patibolo per aver
ucciso di coltello un suo nemico, rispose che non meritava la grazia,
anche perche, avendo tanti mezzi facili e nascosti per uccidere colui
impunemente, era stato tanto sciocco da ucciderlo a quel modo.
Se vi e professione dove 1' integrita della vita, la delicatezza
della coscienza, 1'intemerata onesta, la squisitezza dello scrupolo debba
essere desiderata e richiesta da-ogni savio cliente e la professione
del medico; da cui dipende la vita.'Un avvocato infedele mi fa per-
dere una causa; un ministro ladro mi impoverisce; ma un medico
traditore mi ammazza. Nulla e piu facile al medico che Fammazzare,
o almeno, il prolungare la malattia, 1'aggravarla, il renderla incu-
rabile. Nulla e piu facile al medico che il fare tutto questo impu-
nemente; ed anzi con sua gloria e suo profitto. Nulla e piu facile
al medico cattivo cristiano che di essere tentato dal diavolo appunto
di questo. Nulla e piu facile al medico cattivo cristiano e tentato
che il cedere alia tentazione. Se vi e dunque professione , nella quale
il cliente, anche cattivo cristiano, anche liberate, anche dollingeriano*
anche ateo, anche libero pensatore, anche frate sfratato ed ammo-
gliato, debba esigere tutte le probabilita di buona e netta coscienza,
e la professione del medico.
Dicono che lupo non mangia lupo. Non consiglierei pero a nessun
lupo pingue e paffuto di andarsi a mettere in mezzo a una turba
di lupi aftamati. E vero che i liberal! tra loro si vogliono bene. Ma
e da sapere che fra i liberal! non regna la carita, regna la filantropia.
La carita dice « Ama il tuo prossimo come te stesso » : la filantropia
invece dice « Ama le bestie come il tuo prossimo, e il tuo prossimo
dopo te medcsimo. » Non dico che il medico dollingeriano e scomu-
nicato curera se prima del malato: dico soltanto che sara tentato dal
diavolo di questo, e che noji e impossible che ceda alia tentazione.
La prudenza anche piu volgare m'insegna di affidarmi piuttosto ad
un medico meno accessibile alle tentazioni, a cui, del resto , tutti
siamo soggetti.
CONTEMPOHANEA f/.lj
Capisco che la scienza e una bella cosa. So die tra i medici
liberali, atei, materialist!, (iollingeriani, si trovano medici scieuziati.
Ma non mi dissimulo che tanto e 1'esser ararnazzato per iscienza,
quanto per ignoranza. Anzi 1' ignoranza lia questo vantaggio die da
luogo al caso ed alia sorte : laddove la scienza non lascia nulla al
caso. Un medico ignorante, ma buon cristiano, puo guarirmi per buona
fortuna. Dio glie la puo mandar buona. Ma un medico scienziato,
che abbia, o creda avere, le sue bu'one ragioni per ammazzarmi, non
lascia nulla al caso: precede scientificamente, infallibilmente, a colpo
sicuro.
Se poi fosse uno di quei medici perfezionati secondo la moderna
liberaleria, i quali credono al progresso indefinito dell' umanita in
generale, e poco si curano degT individui imperfetti, destinati sol-
tanto a ritornar presto nel gran ventre del tutto, ci sarebbe anche
il pericolo che, senza niuna tentazione speciale, ma soltanto in forza
de' suoi principii scientific'!, credesse che coll' ammazzare me povero
individuo inaperfeitissimo , facesse fare un salto prodigioso al pro-
gresso dell' umanita. Ed allora chi mi salva piu dagli artigli della
scienza? Ho letto su pei giornali che certi medici e certi chirurghi,
in certi spedali, credevano farsi un merito coU'unianita, avvelenando
i soldati del Papa. Non sara vero. Ma ci e*chi 1'ha detto e chi I'ha
creduto. Anche ho letto che certi medici e chirurghi atei, i quali cre-
dono forse al Dollinger, ma non credono a! la yita futura ne per se
ne pei ioro malati, quando negli spedali militari si trovano alle mani
una piaga mortale e non curabile , danno al ferito una pozione so-
porifera che li toglie al senno e al dolore, ma insieme a tutti i con-
forti della religione. Quei medici e chirurghi sono persuasi di essere
rosi pietosi verso quei feriti, uccidendone Tanima, purche non sof-
frano nel corpp e muoiano quasi in dolce agonia. Non parlo di pro-
cessi famosi noti ad ognuno, dai quali consta di medici avvelenatori
dei Ioro malati. Sono questi casi mostruosi. Ma io domando. Questi
medici erano essi buoni cristiani? Se i malati che caddero nelle Joro
raani si fossero prima informati bene della fede e della morale del
medico, che chiamavano al Ioro .letto, non e egli probabile che sareb-
bero forse ancor vivi adesso?,^-
Grazie a Dio tutti i medici che io conosco sono tutti buoni cri-
stiani e buoni medici , ai quali affiderei volontieri la mia pelle in-
qualunque occasione. Grazie a Dio parimente non conosco nessuno
di .questi medici dollingeriani e scomunicati qui di Roma; e percio
sono tanto piu obbligato a crederli incapaci di avvelenarmi. Amo
anzi dichiarare ex-professo che essi posseggono tutta la mia stima:
ma non tutta la mia fiducia. Non mi fido della scienza senza coscienza.
E io che rispetto tutte le opiniqni, come sapete, rispetto niolto piu
592 CRONACA
di tutte le altre la mia privata, la quale opina che, in Roma, nel
centre del cristianesimo, a questo lume di sole, un medico nato cri-
stiano, che crede al Dollinger non al Papa in materia di dommi ,
£ un medico di cui si pu6 sospettare qualche altra cosa. Se non altro
pud credere se stesso figliuolo di scimmia, e pigliar me per un suo
simile inferiore, buono soltanto a fame esperienza e bottega. Pre-
ferisco un medico infallibilista, buon cristiano, che si creda e mi creda
create da Dio a sua immagine, che sia persuaso di dover un giorno
rendergli ragione e conto delle medicine che mi da e di quello che
me le fa pagare, non che delle sperienze che credesse dover fare
sopra 1* mia pelle. La scienza 6 bella e buona: ma la coscienza, se
non altro, non ammazza apposta.
II Dollinger non sa il bene che ha fatto qui in Roma : ci ha servito
di candelabro per illuminarci sopra i medici. Qual bene possano fare
a lui questi medici dollingeriani, nol so: al certo non gli toglieranno
ne un anno ne un malanno d'addosso. Al piu poteano guarirlo della
sua monomania di essere un candelabro. Invece si sono lasciati at-
taccare la rabbia teologica, e la monomania antireligiosa che dicono
essi stessi essere la peggiore e piu difficile a curare . Non conosco
che una spezieria in Roma che abbia lo specifico contro questa rabbia.
Sta in via dell' Umilldj vsenza numero municipale; via sconosciuta
ai dollingeriani.
Percio temo forte che alcun di loro non si chiami forse offeso
di questa possibility che io ho tinora indicata, dell'abuso di loro
scienza e ignoranza, Giacche di medici dollingeriani ne abbiamo dei
dotti e degl' ignoranti , e bisogna dirlo chiaro, perche costoro sono
capaci di credersi candelabri, soltanto perche sono liberali e tedeschi
di fede. Vi sono tra loro dei candelabri; ma anche dei moccoletti:
piu moccoletti anzi, che candelabri: ed anche sui candelabri ci sa-
rebbe che dire. Del resto pensino di grazia ai Gesuiti. Che cosa non
sono stati capaci i Gesuiti di fare? Questi candelabri dicono che i
Gesuiti hanno avvelenati non si sa quanti Re e Papi, per tacere dei
Cardinali, e dei minori, senza parlare dei Papi da loro carcerati
in Vaticano. Or bene se la loro scienza liberalesca ha stabiliti e
chiariti tanti omicidii di gente che pure non professa 1'arte salutare,
non si sa perch& essi debbano potersi offendere che altri supponga
da lontano la remota possibilita che loro possano fare lo stesso. La
scienza ammette la possibilita delle cose. Non sono poi mica impec-
cabili ed infallibili essi soli! E come avrebbono fatto i Gesuiti ad avere
quattro migliardi belli e pronti nelle canting del Gesu da offerire ora
al sig. Thiers, purche venga;'presto a Roma a cavarne i dollingeriani,
come dice la Nuova Roma dei 20 maggio, se non avessero avuti dei
medici per alleati? « Circola una voce, dice quel giornale ben informato,
CONTEMPORANEA 593
che tenderebbe a far credere avere i Gesuiti offerto a Thiers il pa-
gamento delle spese di guerra alia Prussia, onde ottenere rimme-
diato sgombro del Tedeschi dalla Francia. Questa munificenza gesui-
tica, imporrebbe per patto che la Francia scenda colle sue schiere
in Italia a far tabula rasa ». Ben sciocco sara il sig. Thiers se non
accetta. Ma il male secondo me sarebbe se accettasse il patto, anche
senza il contraccambio dei quattro migliardi gesuitici.
Non vi parlerei tanto di Gesuiti, se non ci fossi proprio tirato
pei capegli dal mio dovere di corrispondente fedele. Ecco che ora il
signor Eduardo Arbib deila Sinagoga di Livorno, Direttore della Li-
beria qui di Roma, introduce, nel suo n° dei 6 maggio, 1' elegante ed
erudita quistione, se a questo mondo sia peggio esser chiamato Ebreo
o Gesuita. Vi par ella questa una questione arcadica, da lasciarla
cadere cosi per terra senza scioglierla brevemente? Non sia mai. Tanto
piu che il signor Arbib, da uomo prudente, si e affrettato di deciderla,
cosi su due piedi a suo favore. « Si persuadano i Gesuiti (dice egli
dopo essersi lagnato che la Civiltd Cattolica 1'abbia chiamato giudeo)
si persuadano che nessun appellative sara mai agli occhi dell'uni-
versale tanto ingiurioso, quanto quello che noi possiamo dar loro,
chiamandoli semplicemente Gesuiti: che vuol dire in tutte le lingue
ipocriti, bugiardi, calunniatori, intriganti, crudeli, e chi piu ne ha
piu ne metta. Hanno capito? » Non si e capito. La cosa non e ancor
tanto chiara quanto sembra al sig. Arbib. Un uomo disinteressato
nella questione , il quale non fosse ne Ebreo ne Gesuita , potrebbe
ancora replicare. Per esempio come si spiega questo caso che fra
tutte quelle tante cose, le quali in tutte le lingue , sono, agli occhi
ddl' universale significate dafT appellative di Gesuita, nessuno, e
neanche il signor ebreo Arbib, abbia mai pensato di annoverare ancora
i'appellativo di ebreo? Come si spiega questo? II nome di Gesuita
significa intrigante, impostore, ipocrita, bugiardo, crudele, tutto quel
che volete. Ma significa egli anche ebreo? Questo non lo dice neanche
il signor Arbib. Ed e tanto di guadagnato.
Inoltre io vedo che ogni giorno , agli occhi dell' universale ac-
cade di vedere parecchi che partono di casa loro per farsi Gesuiti.
II sig. Arbib ha mai veduto coi suoi occhi, se non con quelli del-
T universale > un appellative chicchessiasi che si sia fatto ebreo di
sua scelta? Io conosco perfmo qualche ebreo che si e fatto Gesuita.
Si e mai visto un Gesuita farsi ebreo? Pure i tempi sono ora favo-
revoli al ghetto assai piu che non al Gesu.
Mi pare che questa quistione previa, preambola, preliminare e
come si dice nella Camera, pregiudiziale, non sia stata studiata abba-
stanza dal sig. Arbib prima di decidere, come si dice sul merito.
Serie VIII. vol. //, fasc. 503. 38 25 maggio 1871
f)94 CRONACA
Non dico che sia colpa il nascere ebreo. Si nasce ebreo come si
nasce gobbo, secondo che dice benissimo il signer Arbib, il quale, con
questa sua similitudine, mi si e rivelato uomo piu diritto di quello
che io credeva. « Noi (dice il signor Arbib) noi su questo particolare
(di esser chiamato ebreo) siamo come quel gobbo cui per nulla in-
cresceva che i monelli gli dicessero gobbo . » Lodo la iilosofia del
signor Arbib; ma mi permetto osservare che la sua filosofia, oltre
all'essere qui molto stoica , e ancora alquanto zoppicante. Infatti e
chiaro che uno il quale non fosse ne ebreo, ne zoppo, ne gobbo, non
si farebbe mai tale per iscelta spontanea. Invece molti gobbi, zoppi,
ed anche ebrei si fanao Gesniti per iscelta spontanea. Qui sta il punto
della difficolta. La quale , finch& non e sciolta, lascia agli occhi del-
l' universale molti dubbii sopra la preferenza che si debba dare, let-
terariamente parlando , al nome di ebreo sopra quello di Gesuita ,
ancorch& questo significasse davvero impostore, ipocrita, bugiardo,
intrigante, egoista, etc. etc.: tutti appellativi che si potrebbero supporre
concentrati insieme con altri assai nel nome di ebreo, se ii sig. Arbib
non si affrettasse, come fara certamente, a sciogliere quella difficolta
intricata.
E sapete voi perche il sig. Arbib, buono israelita, si e lasciato
impantanare cosi in questa difficolta inestricabile? Perche, in un mo-
mento di oblio di se medesimo , si e lasciato andare a scomunicare
dei cristiani. Che ci entrava egli il signor Arbib a scomunicare dei
cristiani? Pure egli oso il cinque aprile stampare nella sua Liberia
questo periodo inqualificabile. « Voi Re d' Italia, voi Principi e Prin-
cipesse reali, voi illustri magistral, voi rappresentanti della nazione,
voi tutti che cooperaste alia redenzione della patria, tutti all' inferno,
perch^ per voi non ci e assoluzione ». La Civiltd Catlolica si commosse
giustamente al leggere questa scomunica ebraica, e nel suo numero
dei 6 maggio alia pagina 361 del volume 2° della serie ottava, qua-
derno 501, ne fece le sue legittime maraviglie col ghetto di Roma,
cotanto irriverente verso persone di lui si benemerite. Di questo si
ofiese il signor Arbib, e per questo scomunica adesso anche i poveri
Gesuiti che non ci hanno colpa punto.
Potrei finire qui se il signor Eduardo Arbib non fosse quel-
1'illustre personaggio che e, direttore qui in Roma di un giornale
semiufficiale, ora tromba ed ora staffile del Governo, di cui e notorio
che egli porta 1'onorata livrea. Inoltre come diceva Tonio dei Pro-
messi Sposi « di bugie sono io in debito con mia moglie » e poiche
il sig. Arbib parla ogni giorno di Gesuiti nel suo giornale, non pu6
trovare strano che talvolta si parii anche di lui. Percid gli chiedo
rispettosamente: Non si chiama egli Eduardo Arbib? Credo di si. Or
CONTEMPORANEA f)9f>
bene: e chiaro che egli come Eduardo e cristiano e perci6 stesso Ge-
suita: come Arbib e ebreo. Or mi dica in fede sua e colla mano sulla
coscienza: Quale dei due nomi trova egli che suoni meglio ad un
orecchio purgato?
II.
COSE ITALIANE
TOSCANA E STATI ANNEssi — 1 . Bando doll'alleanza repubblicana universale af-
fisso in Bologna ; provvedimenti del Governo - 2. Confessioni della Na-
zione e della Liberia rispetto a Roma — 3. La legge delle guarentige pel
Somrao Pontefice e approvata dal jSenato con modificazioni accettate dalla
Camera; testo della legge promulgata.
'
1. Incomincia a verificarsi quello che i pubblicisti cattolici, senza
punto arnbire il titolo ed il vanto di molto avveduti o di profeti poli-
tici, annunziavano da gran pezza ; cioe che, quando la Monarchia ,
servendo agli interessi della rivoluzione e secondando le aspirazioni
nazionali della Frammassoneria italiana, si fosse impadronita violen-
temente di quel poco che rimaneva degli stati della Chiesa, abbat-
tendo la sovranita temporale del Somrno Pontefice, allora, mancando
alle sette questo appiglio di continuare nelle sue cospirazioni e net
promovere rivolture pubbliche , dirizzerebbe i suoi colpi contro la
Monarchia, sua alleata e suo strumento nell' impresa contro la Santa
Sede e la Chiesa cattolica. Infatti 1'agitarsi violento della setta pare
che cagioni al Governo. di Vittorio Emmanuele qualche diffidenza ,
e lo consigli ad una qualche maggiore vigilanza, rispetto a quelli
che dal 1859 al 1870 furono i suoi piu operosi ed efficaci ausiliarii,
nella grande opera della unitd politica di tutta 1' Italia.
Molte cose abbiam notato nei giornali stessi della democrazia
italiana e della demagogia garibaldesca, per le quali ci tornerebbe
agevole U dimostrare, che oggidi si vorrebbe buttare via la buccia
delTarancio spremuto; ed essendo conseguito 1'effetto inteso di spo-
gliare il Papa, si tende a mettere in un canto lo strumento, come
arnese inutile. Ma, meglio che le nostre parole, gioveranno i fatti della
setta, la quale e repressa, e vero, dal Governo, ma non si da vinta. Lo
scopo di essa e manifesto da una specie di bando , affisso in Bologna
sullo scorcio dell'aprile, mentre si preparava per Roma la rassegna
repubblicana del 30 aprile, col pretesto di rammentare una vittoria del
1849 e di onorare Ciceruacchio. Codesto documento fu stampato neila
Perseveranza di Milano, n° 4129 del 30 aprile, e merita di essere
riferito , come quello che ragiona la guerra intimata daWalleanza
repubblicana alia monarchia di Casa Savoia. Ecco il tratto piu rile-
596 CRONACA
vante ed espressivo del Bollettino n° 2 pubblicato « dal Comitato
centrale per le Romagne. »
« Fratelli ! — Se V influenza malefica di una monarchia corrotta
per la sua essenza , corruttrice per legge di conservazione ; se gli
errori e le colpe degli uomini non hanno potuto, net volgere di oltre
un decennio, soffocare il gerrae dell' idea tepubblicana, gli e perche
vi ba un principio superiore, contro il quale ogni ostacolo e senza
forza, ogni barriera s' infrange.
« La monarchia e uno stato convenzionale, contro natura ; e
il fatto che opprime il diritto, e la violenza che si soprappone alia
ragione. Essa quindi e condannata a perire. La repubblica adunque
e il rilorno all' ordine ; riconoscimento nella legge positiva della
nazione della legge eterna di natura ; e il sopravvento del diritto
sulla forza; il trionfo della verita contro il favore.
« 11 fine cui tendiamo e in conseguenza eminentemente morale.
Non dissimili debbono essere i mezzi. Se non che, non essendo asperare
cbe gli usurpatori dei diritti popolari cedano volontariamente il mal
tolto, converra quando che sia rivendicarlo colle armi . Gli schiavi
piu che diritto hanno dovere di redimersi e concorrere all' acquisto
della liberta, che non si aliena, ne si prescrive. Prepariamoci adunque
ad essere quanto priina la forza, come siamo il diritto.
« Quando 1' Italia, questa classica terra, culla del genio, avra
conseguito quell' assetto civile e politico che e degno di lei, potra
iniziare un' era novella di rigenerazione, compiendo una missione
sublime presso tutte le nazioni civili. »
La Perseveranza dice che gli stessi cittadini di Bologna strap-
pavano codesto bando dei « fautori dei comunisti parigini ; » e noi
crediamo che cosi fosse davvero, poiche le miserande condizioni della
metropoli francese, sotto il giogo di codesti tiranni, bastano a fare, che
ciascuno degli uomini onesti e paventi per se stesso e cerchi d'im-
pedire per gli altri il trionfo di setta cosi scellerata. Aggiunge poi
che codesto bando « fu causa di alcuni arresti ; » e cio non fa me-
raviglia. Se i Comunisti avessero scritto altrettanto e peggio per la
distruzione della Chiesa cattolica e per 1'assassinio del Papa, si po-
teano chiudere gli occhi, e lasciar dire e fare, atteso il principio teste
bandito del dover essere libera la discussione in materia di religione.
Ma bandire che la monarchia e contro natura ! II fisco non potea
non procedere. Infatti alia Lombardia del 29 aprile fu scritto il 28
da Bologna quanto segue : « leri notte fu arrestato nella nostra citta
il figlio dell'avvocato Petroni, direttore della Roma del popolo. Nella
casa dell'arrestato Petroni dicesi essersi rinvenuti documenti ed im-
portanti indicazioni che confermerebbero precisamente il febbrife affac-
cendarsi del partito rivoluzionario. » ,
CONTEMPORANEA 597
Altri giornali diedero poi notizia di parecchie altre carcerazioni
e perquisizioni domiciliari, che dovettero far credere a qualche reale
pericolo, giacche il Governo mando chiudere nella cittadella di
Alessandria non pochi imputati , e fece gran ressa alle Camere per
far approvare gli straordinarii provvedimenti di sicurezza pubblica.
2. Ma la Monarchia, se dobbiamo credere alia Nazione di Firenze,
n° 1 1 4 del 24 aprile, & anche in lotta con un avversario piu formi-
dabile, cioe col Papato. Essa dimostra chiaro che colle bombe del
20 settembre non si e fatto nulla , e che il « Principe spodestato
dalla rivoluzione del 20 settembre » non solo gode ma ha diritto a
godere maggior rispetto e maggior influenza che non il Re conqui-
statore di Roma. Ecco le parole della Nazione.
« In realta dunque ( e qui sul posto si sente mirabilmente) il
vecchio Principato sussiste ancora ; e siccome veramente ei non fa
mai molto potente d'armi e di soldati, la mancanza del suo esercito
e quello che meno si nota, e che meno muta lo stato delle cose. II
Principato esiste; ed esiste legalmente, riconosciuto da noi, circon-
dato da una venerazione, che non puo avere il nostro troppo recente;
piu forte, piu sano di prima, perche la sola forza che lo minacciava,
la nostra, si e volta in sua difesa. E per un effetto tanto naturale,
che non ha bisogno di spiegazione, fra il Principato antico e il nuovo,
benche il primo sia stato nominalmente disfatto da una rivoluzione,
e il secondo inalzato dal voto popolare, credete pure che e il secondo,
non il primo, che pare estraneo , intruso, ricettato in Roma. Per
pigliare una metafora che ha « colore locale », Roma per noi e una
locanda ; pel Papa 6 ancora casa sua. »
Qui la Nazione va anche piu oltre, e dimostrando che I* Italia
non ha da temere punto nulla « dai pericoli esterni» , getta uii grido
di terrore, e dice: « 11 pericolo minaccioso, pare a me, e tutto interne,
e tale che non ci e abilita diploraatica che possa custodircene. Esso
consiste, secondo me, nella necessaria impossibility di costituire uno
Stato saldo e ordinato, mantenendo in onore e in dominio un altro
principe nella sede stessa del nostro Governo. »
Oh che ? Vuole dunque il K. della Nazione che il Governo dia
lo sfratto al Papa e lo mandi ramingo pel mondo, affinche in Roma
possa stare il Re? Pare che si, poich& egli continua a fare un quadro
orrendo dei guai inevitabili che sorgono e sorgeranno per la coesi-
stenza del Papa e del Re in Roma. « Rasti dire che, nella forma e
nella sostanza, noi siamo sempre perditori ; e che quel vecchio Prin- .
cipato, il quale finche ebbe uno statuccio e una scatola di soldatini
di piombo, era cosi ridicolo e contennendo., (come e incivile code-
sto K !) puo vedere gia spuntare 1'aurora del giorno in cui, se vuole,
598 CRONACA
sara padrone di noi ; o, non volendo questo, ci avra consumato a
forza di lima sorda. »
Ma dunque, sig. K, che s' ha da fare ? Pare che nol sappia ne
dire ne pensare egli stesso , poiche si contenta di dire : « A Roma
con tutte le leggi di guarentigia, con tutte le nostre teorie di sepa-
razione fra Chiesa e Stato, con tutti i nostri centoni di frasi tanto
piu belle quanto piii insensate, noi non ci staremo che a una delle
due condizioni : o di fare del Re d' Italia il Luogotenente, il braccio
secolare di S. S. il Pontefice medesimo, o di fare un bel giorno al
Vaticano il giochetto che abbiamo fatto a Porta Pia; »
Questo e un po' parlar da profeta piu che da pubblicista ; ed il
sig. K. se ne scusa, ragionando in questa forma: « Se gli uomini sono
uomini e i preti sono preti, questo stato che voi volete stabilire in
Roma e impossibile, ripugna alia natura, non puo durare, e se ne
dovra uscire colla violenza. La violenza, da chiunque e contro chiun-
que esercitata, 1'aborro; -e un pericolo per la liberta; & un ricorso infau-
sto per la civilta. Ma Quirinale e Vaticano sono due nemici, di cui 1'uno
deve uscire dalla citta, prima o poi, o prestare omaggio all'altro.
Intanto voi avete inalzato YAnarchia a Dea tutelare del vostro im-
pero, e per tempio le avete dato la citta capitale del regno. Fate
tante meraviglie della Francia: e una onesta e leggiadra guerra civile,
che precede con una regolarita che innamora. II vostro disegno, di
mettere insieme due Principati nella stessa citta, e mille volte piu
anarchico e gravido di efietti mille volte piu perniciosi. Fate pure;
provatevi ; ma gia le difficolta vi assiepano; e non siete ancora al prin-
cipio. Vi adirate con chi ve le accenna ? Sia pure. Cosi possiamo esser
noi le sole vittime necessarie a espiare cosi grave errore ! — K. »
Pare che questi discorsi della Nazione abbiano fatto una im-
pressione prolonda nelle fibre della giudaica Liberia di Roma ; la
quale, dopo essersi beflata dei tentativi repubblicani del 30 aprile,
vedea sorgere innanzi ai suoi padroni una fantasima terribile , cioe
queila di Napoleone I vittima delie violenze usate contro il Papa. Per
domare i repubblicani, stanno pronti i cannoni adoperati a sfondare la
Porta Pia , ed all' uopo i remington donati dai cattolici del Relgio
al Papa ed ora distribuiti ai bersaglieri del Ricotti. Ma come si fa a
domare il Papa ? II problema parve difficile, ogni soluzione violenta
sembro arrisicata , e 1' ebreo Edoardo Arbib,*al vedere che pur tanti
sospingevano i suoi padroni-, o patroni che siano , all' uso della vio-
lenza, ebbe paura di doverli poi, con pochissimo suo gusto, seguire
nell'arido deserto di qualche isola di S. Elena. Percio nella Liberia
del giovedi 11 maggio, n°f 127, si distese in predicare ai liberali la
necessita e convenienza della moderazione, dimostrando loro che :
« la ragione del modo di procedere dell' Italia (di Firenze) verso il
CONTEMPORANEA 599
Papato dipende appunto dalla vanita degli altri procedimenti ado-
perati sino ad ora contro lui, e dall'insegnamento clie la storia ci ha
fornito, non essere la violenza buona ad edificare nulla. » E qui il
giudeo Arbib si scaldo, ricordando che raolti altri adoperarono la vio-
lenza , e tutti finirono male, come disse il Ferrari nella Camera. II
giudeo Arbib pose in rilievo che: « la loro opera fu sempre di breve
durata , ed il Papato, cui si voleva toglier tutto, fmi sempre per ria-
vere tutto. » E questo si sapea gia senza che venisse fuora la Liberia,
come 1'asina di Balaam, a ripetere la trista profezia contro 1' Italia di
Porta Pia !
Ma il giudeo Arbib sa fare il suo conto. Questa e una specialita
dei giudei, che prima di mettere il piede in terra, fanno Jl conto di
quel che puo costare il consume della ciabatta che strascinano sotto le
piante. E da uorao giudizioso, ricordato che Napoleone I andava a morire
di bile a S. Elena, nel mentre che « Papa, Ministri e Cardinal!, tutti
tornavano al loro posto con maggiore potenza di prima » ; 1' accorto
giudeo vide che tornava piu a conto non fare come Napoleone I, e
grido: « Poiche 1' opera altrui non era mai riuscita ( bello quell' al-
trui!) doveva (T Italia) tentarne un' altra e diversa; dovea esperi-
mentare gli effetti della liberta invece di quelli della forza. » Cos! il
giudeo Arbib.
Ma, se il ciel vi salvi, caro figliuolo di Giacobbe! dite su: fu opera
della liberta od opera della forza quella del 20 settembre?Le bombe
del Cadorna e del Bixio sono dunque i confettini della Liberia? — Su
via, pare che risponda il giudeo Arbib: queste sono ciarpe da met-
tersi tra li robbivecchi o venderle a noi, che le pagheremo qualche
centesimo ; ai Romani ed ai cattoiici , che fremono per la prigionia
del Papa, noi, come pegno di moderazione e liberalita, daremo i
tesori della legge delle guarenlige. « Di qui la legge delle guaren-
tige, di qui questo spettacolo tutto nuovo nella storia d'un popolo,
che fornisce le armi perche lo combattano. »
3. La munificenza giudaica del sig. Edoardo Arbib , degno se-
guace del giudeo Giacob Dina , ci offre dunque la legge delle gua-
renlige, come « legge di liberta a preferenza di qualsiasi legge di
forza. » E noi ne sentiamo fin d' oggi 1' influenza liberate, in quanto
oggi non ci e piu lecito, pena la carcere e la multa, dire quel che
pensiamo sopra la legge delle guarenlige.
Nel precedente quaderno abbiamo detto come, nella tornata del
21 marzo, codesta legge fu approvata da 185 Deputati, reietta da 106.
Allora si potea ancora dir pane al pane e cacio al cacio. Ora che a
quel portato della sapienza del Governo e del Parlamento italiano e
dato vigore di legge, appena , sotto i benefici influssi della liberld,
600 CRONACA
pu6 essere lecito allegare qualche data e qualche cifra, e riferire
il testo della famosa legge di liberld.
Alii 23 marzo questa fu presentata dal ministro medico Lanza
al Senato , con preghiera che questo volesse dichiararne urgente la
disamina e discussione; il che fu fatto subito dall' onorevole consesso;
che commise la iegge, approvata daila Camera elettiva, alia disa-
mina di una Commissione, composta » dei Senatori Poggi, Vigliani ,
Pallieri, Mamiani e Tecchio. Questi non se la intendevano troppo
fra loro, ma prevalse il partito di proporre alcune tenui modifica-
zioni ; ed incaricarono 11 Mamiani di fare la relazione dei loro pareri
e delle loro conclusioni ; e questa si trova negli Atti del Senato^
ni 127 e 128, da pag. 487 a pag. 494.
Lo schema di legge cosi delicatamente mitigate in due o tre
punti d' importanza minima, relativamente agli altri, ed accessoria,
fu proposto alia discussione del gravissimo Senato, nella tornata del
20 aprile. Si die'principio con un dignitoso battibecco tra il Poggi
ed il Vigliani, poi si seguito colle triviali impertinenze e con quella
eloquenza da giullare che e propria del senatore Siotto Pintor. Con-
tinue per piu giorni la giostra oratoria , massime contro le modifi-
cazioni proposte in favore della liberta della Chiesa , dal senatore
Vigliani; le quali furono tutte scartate come pericolose per lo Stato;
e cosi fu vagliata quella che il giudeo Arbib chiamo « legge di li-
berta » , rimovendone tutto quello che potea sapere di vera liberta
ed era stato suggerito dal Vigliani , e sostituendo ad alcune parole
un po' crude altre piu miti ed elastiche , ma che in sostanza hanno
lo stesso valore che le adoperate nello schema approvato 'dalla Ca-
mera dei Deputati. Alii 2 di maggio fu compiuto il gran lavoro;
ed il Senato procedette allo scrutinio, dal quale risulto che , essendo
presenti e votanti 125 senatori, si ebbero 105 voti favorevoli , e soli
20 contrarii.
II Ministero rimando la legge cosi soavemente modificata alia
Camera dei Deputati, con raccomandazione di accettarla tal quale,
per iscansare la noia ed il perditempo. E gli onorevoli questa volta
furono cortesi, ed approvarono la legge, quale era tornata dal Senato,
senza levarne una virgola. II gran fatto avvenne nella tornata del
9 maggio. Erano presenti a votare 221 onorevoli; si dichiararono in
favore della legge 151, contrarii 70; laonde, dovendo la pluralita
essere di 111, la legge trionfo per 40 voti di piu che essa ottenne.
Mancava solo la sanzione del Re ; e questa non potea fallire. I
Ministri, per un delicato riguardo di pieta filiale verso il Sommo Pon-
tefice, indugiarono sino al 13 maggio, anniversario della nascita di
Pio IX, per sottoporre alia firma del Re quelle preziose guarentige ,
testimonio imperituro della munificenza liberalesca della rivoluzione
CONTEMPORANEA 601
italiana verso 1'augusta vittima del 20 settembre. Alii 13 maggio per-
tanto, mentre in Roma si pregava pel Papa Pio IX, Vittorio Emma-
nuele II firmava in Torino la legge delle guarentige; e la Gazzetta
ufficiale del Regno del 15 maggio la pubblicava nei termini seguenti,
con cui e inserita, sotto il n°214 (Serie seconda) nella Raccoila uffi-
ciale delle Leggi ecc.
« Yittorio Emmanuele II ecc.
TITOLO I. « Prerogative del Sommo Pontefice e della Santa
Sede. Art. 1. La persona del Sommo Pontefice e sacra ed inviolabile.
Art. 2. L' attentato contro la persona del Sommo Pontefice e la provo-
cazionea commetterlo, sono puniti colle stesse pene stabilite per i' at-
tentato e per la provocazione a commetterlo contro la persona del Re;
Le offese e le ingiurie pubbliche commesse direttamente contro la per-
sona del Pontefice con discorsi, con fatti, o coi mezzi indicati nel-
1'articolo 1 della legge sulla stampa, sono punite colle pene stabilite
ail'articolo 19 della legge stessa. I detti reati sono d'azione pubblica
e di competenza della Corte d'Assisie. La discussione sulle materie
religiose e pienamente libera. Art. 3. II Governo italiano rende al
Sommo Pontefice nel territorio del Regno gli onori Sovrani, e gli
niantiene le preminenze d'onore, riconosciutegli dai Sovrani cattolici.
II sommo Pontefice ha facolia di tenere il consueto numero di guardie
addette alia sua persona e alia custodia dei palazzi, senza pregiudi-
zio degli obblighi e doveri risultanti per tali guardie dalle leggi vi-
genti del Regno. Art. 4. E conservata a favore della Santa Sede la
dotazione dell'annua rendita di lire 3,225,000. Con questa somma,
pari a quella inscritta nel bilancio romano sotto il titolo: Sacri Pa-
lazzi apostolici,, Sacro collegia , Congregazioni ecclesiastiche , Se-
greteria di Stato ed Ordine diplomatico all' estero , s' iutendera
provveduto al trattamento del Sommo Pontefice e ai varii bisogni
ecclesiastici della Santa Sede, alia manutenzione ordinaria e straor-
dinaria , e alia custodia dei palazzi apostolici e loro dipendenze ,
agli assegnamenti, giubilazioni e pensioni delle guardie, di cui nel-
1'articolo precedente, e degli addetti alia Corte pontificia, ed alle
spese eventual!; non che alia manutenzione ordinaria e alia custodia
degli annessi musei e biblioteca, e agli assegnamenti, stipendii e pen-
sioni di quelli che sono a cio impiegati. La dotazione, di cui sopra,
sara inscritta nel Gran Libro del debito pubblico , in forma di rendita
perpetua ed inalienabile nel nome della Santa Sede; e durante la
vacanza della Sede si continuera a pagarla, per supplire a tutte le
occorrenze proprie della Chiesa romana in questo intervallo. Essa
restera esente da ogni specie di tassa od onere governativo, comunale
o "provinciate; e non potra essere diminuita, neanche nel caso che il
Governo italiano risolvesse posteriormente di assumere a suo carico
60*2 CRONACA
la spesa concernente i musei e la biblioteca. Art. 5. II Sommo Pon-
tefice, 'oltre la dotazione stabilita nell'articolo precedente, continua
a godere del palazzi apostolic! Yaticano e Lateranense, con tulti gli
edifizii, giardini e terreni annessi e dipendenti , non che della villa
di Castel Gandolfo con tutte le sue attinenze e dipendenze. I detti
palazzi, villa ed annessi, come pure i musei, la biblioteca e le col-
lezioni d1 arte e d'archeologia ivi esi'stenti sono inalienabili*, esenti
da ogni tassa o peso e da espropriazione per causa di utilita pub-
blica. Arf. 6. Durante la vacanza della Sede Pontiflcia, nessuna au-
torita giudiziaria o politica potra, per qualsiasi causa, porre impedi-
mento o limitazione alia liberta personale dei Cardinal!. II governo
provvede a che le adunanze del Conclave e nei Concili ecumenici non
siano turbate da alcuna esterna violenza. Art. 7. Nessun ufficiale della
pubblica autorita od agente della forza pubblica puo , per esercitare
atti del proprio ufficio, introdursi nei palazzi e luoghi di abituale
residenza o temporaria dimora del Sommo Pontetice, o nei quali si
trovi radunato un Conclave o un Concilio ecumenico, se non auto-
rizzato dal Sommo Pontefice , dal Conclave o dal Concilio. Art. 8.
E vietato di procedere a visite, perquisizioni o sequestri di carte ,
documenti, libri o registri negli uffizi o congregazioni pontificie,
rivestiti di attribuzioni meramente spirituals. Art. 9. II Sommo Pon-
tefice 6 pienamente libero di compiere tutte le funzioni del suo mi-
nistero spirituale, e di fare affiggere alle porte delle basiliche e chiese
di Roma tutti gli atti del suddetto suo ministero. Art. 10. Gli eccle-
siastici che, per ragione d' ufficio, partecipano in Roma all'ernanazione
degli atti del ministero spirituale della santa Sede, non sono soggetti
per cagione di essi a nessuna molestia , investigazione o sindacato
dell' autorita pubblica. Ogni persona straniera, investitadi ufficio eccle-
siastico in Roma, gode dalle guarentige personali competent! ai citta-
d'ini italiani in virtu delle leggi del Regno. Art. 11. Gli inviati dei
Govern! esteri presso Sua Santita godono nei Regno di tutte le pre-
rogative ed immunita che spettano agli agent! diplomatici secondo il
diritto internazionale. Alle offese contro di essi sono estese le san-
zioni penali per le offese agli Inviati delle potenze estere presso il
Governo italiano. Agli Inviati di Sua Santita presso i govern! esteri
sono assicurate nei territorio del Regno le prerogative ed immunita
di uso secondo lo stesso diritto, nei recarsi al luogo di loro missione
e nei ritornare. Art. 12. II Sommo Pontefice corrisponde liberamente
col)' Episcopate e con tutto il mondo cattolico, senza veruna ingerenza
del Governo italiano. A tal fine gli e data facolta di stabilire nei
Vaticano, o in altra sua residenza, uffizii di posta e di telegrafo serviti
da impiegati di sua scelta. L'uffizio postale pontificio potra corrispon-
dere direttamente in pacco chiuso cogli uffizii postali di cambio delle
CONTEMPORANEA
estere amministrazioni o rimettere le proprie corrispondenze agli uffizii,
italiani. In ambo i casi il trasporto dei dispacci o delle corrispon-
denze, munite del bollo dell'uffizio pontificio, sara esente da ogni tassa
0 spesa pel territorio italiano. I corrieri spediti in nome del Sommo
Pontefice sono pareggiati nel Regno ai corrieri di Gabinetto dei Go-
verni esteri. L' uffizio telegrafico pontificio sara collegato colla rete
telegrafica del Regno a spese dello Stato. I telegrammi trasmessi dal
detto uffizio con la qualifica autenticata di pontificii, saranno ricevuti
e spediti con le prerogative stabilite pel telegrammi di Stato e con
esenzione di ogni tassa nel Regno. Gli stessi vantaggi godranno i
telegrammi del Sommo Pontefice, o firmati d'ordine suo, che muniti
del bollo della Santa Sede , verranno presentati a qualsiasi uffizio
telegrafico del Regno. I telegrammi diretti al Sommo Pontefice sa-
ranno esenti dalle tasse messe a carico dei destinatarii. Art. 13. Nella
citta di Roma, e nelle sei sedi suburbicarie, i seminarii, le accademie,
1 collegi e gli altri istituti cattolici fondati per la educazione e coltura
degli ecclesiastici, continueranno a dipendere unicamente dalla. Santa
Sede, senza alcuna ingerenza delle autorita scolastiche del Regno. *»
T1TOLO II. Relazioni dello Stato colla Chiesa. Art. U. E abo-
lita og'ni restrizione speciale allo esercizio del diritto di riunione dei
membri del clero cattolico. Art. 15. E fatta rinuncia dal Governo al
diritto di Legazia apostolica in Sicilia, ed in tutto il Regno al diritto
di nomina o proposta nella collazione dei benetizii maggiori. I vescovi
non saranno richiesti di prestare giuramento al Re. I benefizii mag-
giori e minori non possono essere conferiti se non ai cittadini del
Regno, eccettoche nella citta di Roma e nelle sedi suburbicarie. Nella
collazione dei benefizii di patronato Regio nulla e innovato. Art. 16.
Sono aboliti 1' exequatur e placet Regio ed ogni altra forma di as-
senso governativo, per la pubblicazione ed esecuzione degli atti delle
autorita ecclesiastiche. Pero fmo a quando non sia altrimenti prov-
veduto nella legge speciale, di cui all' articolo 18, rimangono soggetti
all' exequatur e placet Regio gli atti di esse autorita, che riguardano
la destinazione dei beni ecclesiastici e la provvista dei benefizi mag-
giori e minori, eccetto quelli della citta di Roma e delle sedi subur-
bicarie. Restano ferme le disposizioni delle leggi civili rispetto alia
creazione e ai modi di esistenza degli instituti ecclesiastici ed alie-
nazione dei loro beni. Art. 17. In materia spirituale e disciplinare
non fc ammesso richiamo od appello contro. gli atti delle autorita
ecclesiastiche, ne & loro riconosciuta od accordata alcuna esecuzione
coatta. La cognizione degli effetti giuridici, cosi di questi come d'ogni
altro atto di esse autorita, appartiene alia giurisdizione civile. Perd
tali atti sono privi di effetto se contrarii alle leggi dello Stato j'5 6d
all'ordine pubblico, o lesivi dei diritti dei privati , e vanno soggetti
60 I CRONACA
alle leggi penali, se costituiscono reato. Art. 18. Con legge ulteriore
sara provveduto al riordinamento, alia conservazione, ed alia ammi-
nistrazione delle proprieta ecclesiastiche del Regno. Art. 19. In tutte
le materie che formano oggetto della presente legge cessa di avere
effetto qualunque disposizione ora vigente, in quanto sia contraria
alia legge medesiraa. Ordiniamo chela presente, munita del sigillo
dello Stato, sia inserta nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei de-
creti del Regno d' Italia, mandando a chiunque spetti, di osservarla
e di farla osservare come legge dello Stato. Data in Torino addi 13
maggio 1871. VITTORIO EMANUELE. — G. Lanza — E. Vi-
sconti- Venosla — Giovanni De Falco — Quinlino Sella — C. Cor-
renti — C. Ricotti — G. Acton — Castagnola — G. Gadda. »
in.
COSE STRANIERE
ALEMAGNA — 1. Ausiliarii del Re Guglielmo I di Prussia nella fondazione del-
1'impero germanico — 2. Pratiche del Bismark durante 1'assedio di Parigi
— 3. Apertura del Reichstag della Confederazione gcrmanica del Nord ;
messaggio della Corona ; schiarimenti del Delbriick sopra i Trattati cogli
Stati meridional!, e la istituzione dell'irnpero — 4. Modificazioni alia Co-
stituzione federate — 5. Richiami e dichiarazioni del Bismark contro il
Lussemburgo — 6. Discussione ed approvazione del Reichstag pei Trat-
tati colla Baviera, col Baden e con 1' Assia, e col Wurtemberg — 7. Di-
spaccio del Bismark e note degli Stati meridional! al Cancelliere Austro-
ungarico — 8. I trattati federal! sono approvati dalle Camere degli Stati
meridional! — 9. II Re Guglielmo I assume la corona d' imperatore , suo
bando a! popoli d'Alemagna — 10. Ingresso trionfale dell'Imperatore a
Berlino ; il conte Ottone di Bismark e creato principe — 11. Epilogo
della guerra del 1870; combattimenti , vittorie e perdite degli eserciti
alemanni.
1. I re ed i principi sovrani, d'accordo coi Parlamenti dei varii
Stati alemanni, cingendo della corona imperiale il capo di Guglielmo I
il vittorioso Re di Prussia, dichiararono di riconoscere principalmente
dall' opera sua, come egli attribui alia Provvidenza divina, la costi-
tuzione dell' unita politica e militare della nazione germanica , gia
proclamata a Francfort nel 1848. Allora la lealta del Re Federigo
Guglielmo , che rifiuto nobilmente di ricevere , calpestando i diritti
altrui, lo scettro offertogli dalla trionfante democrazia , impedi che
si compiesse quel voto si ardente della giovine Alemagna; e gli
eccessi medesimi della demagogia, rendendo necessaria a Berlino, a
CONTEMPORANEA 605
Dresda, a Praga, a Vienna, a Monaco, una energica repressione,
tornarono a dare qualche vita alia languida Confederazione germa-
nica. Ma,'assunto appena al governo della Prussia, in qualita di
Reggente, colui che qualche anno appresso ne fu salutato Re, quelle
aspirazioni si ridestarono piu ardenti che.mai. Guglielmo I, nell'atto
di preiidersi la corona , dichiaro alto di riceverla da Dio e parve
rifiutare disdegnosamente ogni quantunque indiretto atto di ossequio
ai famosi principii della sovranita popolare; tuttavia non fece con-
trasto alia giovine Alemagna, se non in quanto questa macchinava
qualche disegno contro i suoi diritti e la sua autorita; e la favori
efficacemente in tutto quello che potea giovare all' egemonia prus-
siana,perla ricostituzione d'un impero germanico ; sfruttando con
sagacia e tenacita maravigliosa quel principio di nazionalitd, dicui
Napoleone III si costitui campione per abbattere 1' Austria e creare,
con T oppressione del Papa e dei legittimi sovrani, 1' Italia massonica.
La storia pertanto registrera tra i fatti piu insigni della seconda
meta del secolo XIX la istituzione del nuovo impero germanico, che
tanto si differenzia dall'antico sacro romano impero, e pei mezzi
adoperati e per lo scopo inteso, quanto la notte dai giorno; e Gu-
glielmo I della Casa di Hohenzollern, fregiato dal Granduca di Baden
del titolo di vittorioso, avra presso i posteri il vanto d' aver saputo,
in meno di vent' anni, effettuare un'opera, che pareva non solo gi-
gantesca ma impossibile , conquistando sull' Europa occidentale un
predominio che lo stesso Federigo II non avrebbe mai osato ambire.
Ma la storia dira pure, che di questi trionfi la Casa di Hohenzollern
e la Prussia vanno debitrici a due uomini che , per diversi titoli ,
non hanno a questi tempi chi possa andar loro di paro. II conte
Ottone di Bismark ed il generale Moltke furono gli strumenti che la
Provvidenza Divina pose tra le mani di Guglielmo I per 1' attuazione
dei suoi disegni. E sarebbe inutile il dimostrare qui, con tanta evi-
denza di fatti, la parte rilevantissima sostenuta da codesti due per-
sonaggi, nella fondazione ed erezione dell'edifizio imperiale germanico.
Tuttavolta ne la politica astuta , pertinace , profonda e senza
scrupoli del prime , ne la metodica e sicura valentia strategica del
secondo, non sariano a gran pezza hastate ad opera di si gran mole,
dove fossero mancati due efficacissimi ausiliarii, che furono i Gabi-
netti di Vienna e di Parigi; i quali, certo con 1'intendimento d'im-
pedirla, in verita vi diedero mano e la promossero, coi loro errori,
quanto per avventura non avrebbero potuto se di proposito deliberato
e ad occhi aperti 1'avessero voluta favorire ed aiutare. .
L'antica rivalita fra le Case di Hohenzollern e d'Ausburgo non
era certo illanguidita, quando all' epoca della guerra d' Oriente Napo-
606 CRONACA
leone HI chiedeva, implorava quasi 1' alleanza dell' Austria, promet-
tendole che, dove le bandiere del due imperi fossero unite sui carapi
di battaglia della Crimea, non sarebbero separate neppufe sull'Alpi.
II Gabinetto di Vienna prefer! d' inimicarsi ad un tempo e la Russia
colla sua famosa ingratitudine, e la Francia col tenersi in bilico ed
in contegno Ira 1' indifferente ed il nemico ; e cosi, dopo la pace di
Parigi, f Austria si trovo isolata, con alle spalle la Russia bramosa
di vendetta, con al fianco la Prussia rivale ed emula, con a fronte
1' irapero francese gia risoluto di creare, a danno di lei ed a favore
dell' alleato Piemonte, il regno d' Italia. Venne il 1859 e 1' Austria,
dichiarando sconsigliatamente la guerra provocata dal Piemonte,
dietro a cui pur sapea essere pronti gli eserciti del Bonaparte, per-
deva due battaglie e la Lombardia , e, quel che e piii, il prestigio
della sua potenza militare. E questo tornava a profitto della Prussia,
la cui influenza in Alemagna dovea crescere di tanto, quanto scema-
vasi quella della sua emula e rivale. Napoleone III a Solferino moz-
zava una mano all' Austria, e vero, ma per darne mille, contro di
se, alia Prussia.
L'impero austriaco, sconvolto dalle intestine discordie delle varie
sue membra e dall' implacabile contegno dell' Ungheria , non che si
riavesse dei disastri patiti nel 1859, vedea nel 1863 allentarsi ognora
piu i vincoli, onde gli Stati minori e meridionali d' Alemagna atte-
neansi, nella Confederazione germanica, al trono degli Absburgo; e
per contro venire sempre piu grandeggiando 1' influenza degli Ho-
henzollern. Si voile venire ad arma corta ed a mezza lama, e tentare
un gran colpo; ed il Gabinetto di Vienna consiglio a Francesco Giu-
seppe quella Conferenza dei sovrani alemanni a Francfort, la quale,
secondo che esso divisava, dovea tornare all'antico splendore e re-
,stituire nell' antica potenza la Maesta imperiale. Ma, poco sperandosi
un consenso del Re Guglielmo, si voile fare senza prima intendersela
con lui, accomunandolo con tutti gli altri minori principi Alemanni,
con una specie di colpo di stato , e trattandolo, se non come un
vassallo dell' Impero, certo come un semplice membro, pari agli altri,
della sdrucita Confederazione. Narrammo a suo tempo i deplorabili
risultati di codesto invito e della Conferenza di Francfort1; e se la
quistione della riforma federale divenne piu arruffata che mai, 1'emu-
lazione della Prussia contro 1' Austria n'ebbe tale stimolo, che poco
mancava ad una aperta rottura. La mala riuscita di quella prova
attenuo vie peggio il prestigio dell' Austria, mentre cresceva quello
della Prussia nella quistione , usufruttuata dal Bismark contro la
Danimarca, per lo Schleswig-Holstein.
Civ. Catt. Serie quinta, vol. VII pag. 630-34, 745-52. Vol. VIII, pag. 248-52, 373-74.
CONTEMPORANEA
607
Tutta I' Alemagna liberalesca prese allora a guardare il Gabi-
netto di Berlino come tutore del diritti della Germania, e quantunque
i conservators s'attraversassero al Bismark, quesli seppe si bene
destreggiarsi, che la guerra divenne inevitable. II Gabinetto di Vienna,
paventandodi vedersi sfuggire di mano ogni influenza nell' Alemagna,
dove lasciasse andar sola la Prussia, risolvette che 1' Austria dovesse
secondarla nell' impresa di quella guerra. La Prussia vi miete gli
allori della vittoria, ebbe agio di studiare raolto bene e da vicino il
sistema e 1' organamento difettoso degli eserciti austriaci, ne scopri
il lato debole, seppe appropriarsi i territorii conquistati , lasciando
all' Austria il rammarico ed il dispetto d'aver servito alia fortunata
sua rivale ; e si prepar6 alia guerra del 1866.
Anche qui Napoleone III pose la sua diplomazia ed i suoi buoni
ufficii a servigio della Prussia, sperando forse che la lotta dei con-
tendenti dovesse lasciarli amendue sfiniti ed esangui a sua merce.
Con questo intento promosse I'alleanza del Governo di Yittorio Em-
manuele II con quello di Guglielmo I, e stette impassibile spettatore
della fiera tenzone, che riusci alia catastrofe di Sadowa, onde 1' Austria
fa ridotta a dover accettare le dure condizioni della pace di Praga.
Vittoriosa a Custoza, 1' Austria cedeva, per salvarsi in Alemagna, la
Venezia a Napoleone III, perche questi ne facesse regalo a Vittorio
Emmanuele II; ed il Bonaparte, lieto di veder prostrata 1' Austria,
non sapea che, creando 1' Italia, si preparava quella mercede che egli
ne ebbe quando la ruppe con la Prussia.
Anche in questa congiuntura pertanto i Gabinetti di Vienna e
di Parigi furono ausiliarii della Prussia, il primo coll' avventurarsi
ad una guerra per la quale non era pronto, e mentre sapeva d'aver
al fianco 1' Italia spalleggiata dalla Francia; il secondo col cementare
tra le Case di Savoia e di Hohenzollern quella alleanza , che in-
grandiva la potenza d' amendue e metteva la prima in grado di poter
sostenere poi contro la Francia quelle parti, che Napoleone III le avea
fatto o lasciato fare contro 1' Austria. II Bonaparte senti subito, dopo la
catastrofe di Sadowa, qual pericolo avesse con cio preparato a se mede-
simo; ne (u atterrito; e nel primo impeto di sdegno penso di cogliere
alia sprovveduta la Prussia e rapirle una parte della preda. Laonde,
come teste ha svelato il Bismark al Reichstag alemanno , 1' ambascia-
tore francese a Berlino, il conte Benedetti, si presento il 6 agosto con
piglio d' Argante al Bismark, intimandogli in forma ft ultimatum la
cessione di Magonza alia Francia, in compenso della benigna neutra-
lita osservata da questa, e come guarentigia dei buoni rapporti futuri.
E questo fu, non solo un nuovo sbaglio, ma un nuovo servigio-
renduto alia Prussia ; la quale cosi fu accertata che, o tosto o tardi,
G08 CRONACA
dovrebbe sostenere la guerra contro la Francia. II Bismark non esito
punto nella scelta; e rispose, con quella pacata sua energia die spa-
venta: ebbene! faremo la guerra! Napoleone III non era pronto a
tentare si fiero cimento contro un rivale si poderoso e fatto baldo
dalle recent! sue vittorie e conquiste. Si ammalo, fu disdetto V ulti-
matum, e non si parlo piu di guerra.
Ma se la guerra non fu continuata a parole , fu preparata di
fatto dal Bismark; mentre per 1' opposto in Parigi ii Governo im-
periale si paoneggiava delle sue grandezze e prosperita nella famosa
Esposizione universale, prodigava tesori nell' imbandire alia vanita
parigina pascolo funesto di pompe e piaceri ; ed intanto, allentando i
freni della disciplina all' esercito mentre scatenava la fiera rivolu-
zionaria, preparava a se stesso quel miserando stato, onde non seppe
uscire altrimenti clie col famoso plebiscite dell' 8 rnaggio 1 870, da cui
prese ansa a voler rialzare il caduto suo prestigio con dichiarare la
guerra alia Prussia. La candidatura deirHohenzollern ne offri il fu-
tilissimo pretesto , e la guerra fu dichiarata , quando pur sapeasi a
Parigi, ne poteasi ignorare pei rapporti avuti da ufficiali della stessa
ambasciata francese a Berlino, clie la Prussia in meno di 20 giorni
potea mandare sul campo di battaglia 600,000 combattenti; ed allora
la Francia non ne avea ben in assetto di guerra 250,000! Non era
questo un rendere servigio alia Prussia? La disfida gittata dal Be-
nedetti al Re Guglielmo il 19 luglio produsse 1'effetto d'uno scbiaffo
in viso a tutta 1'Alemagna, che tutta accorse subito, adirala, nella
pienezza delle sue forze, con tutti i presidii d'uua disciplina e d'una
tattica maravigliosa , e col sentimento della dignita nazionale ol-
traggiata. Quel cbe avvenne poi tutti lo sanno.
L' Italia, creata coll'oro, cogli ufficii, col sangue della Francia
governata dal Bonaparte , gli pago il suo debito di gratitudine, prima
coll'assistere impassibile spettatrice alia sanguinosa tragedia ; poi,
quand' ebbe veduta 1'atroce scena di Sedan ed ii Bonaparte suo creatore
prigioniero a Wilhelmshohe, si giovo della propizia occasione per
gettare sul viso alia Francia scerpata e prostrata i brandelli della
Convenzione del settembre 1864, rinnovata il 4 agosto 1870; e mando
50,000 soldati ad impadronirsi di quella Boma , a difesa della quale
il Bouber , d' ordine del Bonaparte, avea accampato il famoso Jamais
della Francia.
L' Austria, nel 1870, tenuta a bada dal contegno tutt' altro che
benevolo della Bussia , e vincolata dall' Ungheria che non vedea
offesi i suoi interessi dalla guerra tra la Prussia e la Francia, 1' Austria
.dovette di necessita restare anch' essa inerte ; e la sua inazione , se
non fu un errore , certo fu un servigio segnalato per la Prussia ; la
CONTEMPORANEA 609
quale, oltre agli allori delle vittorie inaudite, colse il frtitto di vin-
colare a se gli stati dell' Alemagna meridionale; e con questo 1'Jmpero
era costituito. La comunanza del pericoli nelle battaglie, e delle gioie
neltrionfo, dovea naturalmente agevolare la comunanza degl' inte-
ressi e delle istituzioni; e 1'egemonia prussiana vide coronati i suoi
sforzi. La linea del Meno fa cancellata, e 1' unita politica e militare
della nazione alemanna fa compiuta.
A questo effetto contribui pure, e per avventura piu die non
facessero le vittorie alemanne sui campi dell' Alsazia e della Lorena,
la demagogia francese. Dopo il disastro di Sedan avrebbe potuto la .
Reggenza imperiale di Parigi intavolare pratiche di tregua e di pace
col vittorioso Guglielmo; e questi , parte colpito dal caro prezzo che
erangli costate le sue vittorie, parte per consiglio di prudenza, parte
per inipulso di umanita , non era alieno dal concedere patti onorevoli
alia vinta nemica. La cessione di una striscia di territorio , ed un
due miliardi d' indennita , forse potevano ancora salvare Metz e
Strasburgo, e lasciare la Francia, afflitta si e ferita crudelmente ,
ma quasi intera. La Francia nol voile. Riputo onta all'onor suoil cedere
e darsi vinta, fincbe potesse ancora combattere, e voile continuare 1'or-
rido duello; ed, atterrata la Reggenza, sorse il Governo della di-
fesa nazionale , col programma di non concedere al vincitore ne un
palmo di terra ne un sasso d' una fortezza. Or egli era evidente che
1' esito della lotta, continuata in tali congiunture, non potea essere
propizio alia Francia. La pertinacia francese aggiunse gagliardia alia
pertinacia tedesca, la quale, quanto maggiori e prolungati erano i sa-
crifizii a cui vedeasi costretta, tanto piu credeasi in diritto di esigerne,
non pure adeguato compenso, ma salde guarentige per 1' avvenire; ed
intanto 1' Alemagna sentiva il bisogno di viemeglio consolidarsi in
corpo compatto, a fine di poter poi schiacciare del tutto la Francia; se
raai questa, col tempo, si riavesse, a segno di levarsi a far vendetta
dei danni patiti. Laonde la necessita dell'Impero fu ammessa da tutti.
2. I due primi mesi dell' assedio di Parigi furono spesi dal sa-
gacissimo ed infaticabile Bismarck in profittare di questa condizione
di cose, per effettuare, sotto forma di Trattato federate tra gli stati
meridionali e la Confederazione degli stati settentrionali dell' Ale-
magna, la tanto vagheggiata unita germanica; e riusci felicemente
nel suo compito.
Gia da pezza sapeasi che il Granduca di Baden, prevedendo che
a lungo andare gli toccherebbe di essere mediatizzato od almeno
ridotto alia condizione del Re di Sassonia e del Granduca di Meklem-
bourg, preferiva di godere i vantaggi d'una spontanea unione del
suo Stato colla Prussia ; dalla quale , senza detrimento dei suoi in-
Serie VIII, vol. II, fasc. 503. 39 27 maggio 1871.
£10 CRONACA
teressi e del suo decoro , riceverebbe maggiore sicurta di difesa contro
aggression! esterne. II Re del Wurtemberg, che gia avea prussianeg-
gialo il suo esercito e dovea metterlo sotto gli ordini del Re di Prussia
in caso di guerra , non perdea nulla a divenir merabro d' una Con-
federazione alemanna poderosa e vastissima. II Governo della Baviera,
memore dei disastri sofferti nel 1866 per aver osato schierarsi dalla
parte dell' Austria contro la Prussia , niun aiuto potendo sperare
dall' Austria , dal Wurtemberg o dal Baden in caso d' un conflittc,
gia da due anni lavorava per assicurarsi qualche rilevante vantaggio,
iiel caso che si potesse lacerare la Convenzione di Praga ed effet-
tuare 1' unione federate con la Prussia. II principe Hohenlohe era
caduto dal Governo, appunto per 1'ardore che mettea in queste pra-
tiche, spiacevoli alia pluralita del popolo bavaro , tenace della sua
autonomia. Ma la sconsigliata guerra mossa dalla Francia avea fatto
cadere molti ostacoli, e messi in evidenza i pericoli cui era esposta la
Baviera rimanendo isolata.
Poco o nulla mancava pertanto al compimento dei disegni della
Prussia. L' unione federale dell' Alemagna meridionale colla setten-
trionale gia era cosi risoluta per sentenza perentoria, che veniva dai
fatti ; restavano solo a discutersi le condizioni particolari spettanti al
commercio , alle poste, ai telegrafi, alle contribuzioni per le spese
comuni della Confederazione, e soprattutto al contingents militare ed
ai riguardi dovuti ai ris-pettivi sovrani pel comando, in tempo di
pace e di guerra, dei rispettivi eserciti. Sopra questi punti furono
condotte pratiche incessanti tra il Bismark dal Quartier Generale di
Versailles, ed i Gabinetti di Monaco, di Stuttgard e di Carlsruhe,
dietro ai quali dovea necessariamente rendersi anche quello dell'Assia,
per la parte non -ancora unita alia Coafederazione del Nord. Quaiido
le cose furono pervenute a un punto, in cui bisognava stringere il
patto, Ministri delegati da codesti Governi si condussero a Versailles,
per trattar la faccenda a viva voce. Le maggiori difficolta vennero
dalla Baviera , a segno che i plenipotenziarii bavari erano pronti a
smettere il loro mandate, anziche cedere alle pretensioni del Bi-
smark; ma si venne a un componimento, cedendo la Baviera alle
esigenze del prussiano quanto alle cose militari, e venendo la Prussia
ad alcune concessioni per le poste, i telegrafi, ed altri affari d'in-
terna amministrazione e di finanze.
Fin dal 1° novembre 1870 1' accordo appariva gia cosi vicino,
che il Granduca di Baden si mosse dalla sua residenza , per tra-
sferirsi di persona a Versailles, per accelerare le pratiche per la
proclamazione dell'impero. Alii 16 novembre gia parlavasi pure della
prossima andata degli altri sovrani degli Stati meridionali a Ver-
CONTEMPORANEA G1 \
sailles; e Guglielmo I, bench^ ufficialmcnte conservasse titolo di Re
in realta esercitava le attribuzioni d' imperatore.
3. Alii 24 novembre aprivasi in Berlino la sessione del Reichstag,
ossia parlamento della Confederazione germanica del Nord ; e non
pochi dei Deputati delle Camere degli Stati del Sud eransi recato a
dovere di assistere dalle gallerie a quella radunanza, per averne lume
circa la piega da dare ai proprii dibattimenti , quando i Trattati, che
gia sapeansi compilati e firmati a Versailles, fossero sottoposti alle
loro deliberazioni. II presidente d'ufficio della Cancelleria federale,
Sig. Delbruck, inauguro quella tornata, leggendo un messaggio in
nome del Re ; die venne poi divulgato sui giornali ; e volto in nostra
lingua fa recitato anche dall' Opinione di Firenze, nel n° 380 del
28 novembre.
Noi, per difetto di spazio, ci contenteremo di darne un sunto
concise e fedele, e di recitarne qualche brano piu rilevante.
Ricordate in prima le origini della guerra ed accennate, con molta
dignita, le vittorie ottenute p"er6 a costo di gravissirni sacrifizii, il
messaggio deplorava che la Francia non avesse voluto piegarsi alia
necessita impostale dalle sue sconfitte.
« La nazione francese deve essersi convinta che la sua forza di
guerra, dopo 1' annientamento degli eserciti che ci stavano di fronte,
non e bastante contro gli eserciti riuniti della Germania. Noi po-
tremmo quindi considerare come sicura la conchiusione della pace,
se i nostri infelici vicini avessero un governo, i cui capi considerassero
il loro avvenire come inseparabile da quello del loro paese. Un simile
governo avrebbe colto ogni occasione per metlere in grado la nazione,
alia cui testa egli si e posto di suo proprio impulse, di eleggere una
rappresentanza popolare e di consultarla sul presente e 1' avvenire del
paese. Ma i documenti che vi verranno presentati, miei signori, dalla
presidenza della Confederazione, vi daranno la prova che i governanti
attuali della Francia preferiscono piuttosto sacrificare le forze d'una
nobile nazione in una lotta senza speranza.
« L' immense spossamento di forze e il disordine, chesaranno le
conseguenze per la Francia della continuazione di questa lotta nelle
circostanze presenti, devono indebolirela forza del paese in raodo che
esso abbisognera , per riaversi,' d' un tempo piu lungo di quanto
gli sarebbe stato d' uopo, se la guerra avesse seguito un corso rego-
lare. I governi alleati devono per6 con dispiacere esprimere la
convinzione, che la pace fra le due grandi nazioni vicine, sullo stabile
mantenimento della quale essi calcolavano ancora meno di sei mesi
fa, verra posta in pericolo tanto piu sicuramente dalle memorie che
lascera in Francia 1'impressione di questa guerra, al momento in cui
•612 CRONACA
la Francia si sentira in grado, per forza propria o per alleanze con
altre potenze, di poter ricominciare la lotta.
« Le condizioni, alle quali sarebbero disposti a far la pace i go-
verni alleati, vennero discusse pubblicamente. Esse devono essere in
rapporto colla grandezza dei sagrifizii imposti daquesta guerra intra-
presa senza verun motivo, ma col consenso di lutta la nazione francese;
esse devono, innanzi tutto, stabilire i confini difensivi della Germania
in modo da impedire la continuazione della politica di conquista, eser-
citata da secoli da tutti i sovrani della Francia; e riparare, almeno
in parte, ai risultati dell' infelice guerra che la Germania ha dovuto-
fare allorche era divisa, per volonta della Francia, e liberare i nqstri
fratelli della Germania meridionale dall' incubo della posizione mi-
nacciosa, alia quale la Francia deve le sue precedent conquiste. »
Accennato poscia al bisogno di fornire percio al G^verno federale
i sussidii ed i fondi indispensabili per la continuazione della guerra,
il messaggio toccava della quistione sorta allora, per la dichiarazione
della Russia, che non credevasi piu vincolata dalle condizioni stipulate
nel trattatodi Parigi del 1856 pel Mar nero; ed annunziava le prati-
che gia rinnovate ed oggimai conchiuse per 1' unione federale tra gli
Stati del Sud e quelli del Nord.
« La continuazione della guerra non ha impedito un lavoro di
pace. II sentimento della nazionalita, ravvivato dal comune pericolo
e dalle vittorie riportate in comune, la coscienza della posizione
che la Germania ha ottenuto per la prima volta dopo secoli colla sua
unificazione, e la persuasione che soltanto mediante la creazione
d' istituzioni durevoli puo venir assicurata 1' eredita di questa epoca
di sacrifizii e di fatti: hanno, piu presto e piu generalmente di quanto
sembrava anche poco tempo fa, indotto la nazione tedesca ed i suoi
principi alia convinzione, che fra il Sud ed il Nord e necessario un
legame piu solido che quello dei trattati internazionali.
« Questa convinzione profonda nei governi ha dato luogo a
trattative, e quale primo frutto di queste , maturate sul campo di
battaglia, verra sottoposto alia vostra approvazione il disegno d'una
Confederazione germanica fra la Confederazione della Germania del
Nord, il Baden e 1' Assia riuniti. L' accordo intervenuto sulle medesime
basi colla Baviera formera pure oggetto delle vostre deliberazioni ,
e la conformita d'idee esistente col Wurtemberg, intorno allo scopo
<la raggiungersi, lascia sperareche verra conchiuso un accordo uguale
^nche con esso. »
La cosa era di natura sua tale, che non ammetteva lunghi in-
dugi. I trattati, di cui avea tenuto parola il messaggio letto dal
Delbriick, furono prontamente disaminati; ed alii 5 dicembre se ne
comincid la discussione nel Reichstag con un discorso dello stesso
CONTEMPOIUNEA
013
Delbriick, di cui fu spedito da Berlino il sunto seguente, rjferito nella
Nazione di Firenze, nel n° 343 del 9 dicembre.
« 11 ministro Delbriick incomincia la discussione generate sui
trattati cogli Stati del Sud, accennando allo stato provvisorio della
Costituzione della Federazione settentrionale. L' unione cogli Stati
del Mezzogiorno era prevista dall' articolo 79. Gli atti sottoposti al
Parlamento tendono alia riunione di tutti i membri della Germania,
la quale, contro 1' aspettazione, avvenne prontamente per un grande
avvenimento storico. Ly iniziativa dell' unione parti nel settembre
dalla Baviera. Delbriick fu spedito a Monaco per udire le proposte
bavaresi e ricevette 1' istruzione di astenersi da qualunque espressione,
che potesse interpretarsi come una pressione da parte della Prussia-.
Intanto avvio pratiche il Wiirtemberg , il Baden propose 1' ingresso
nella Confederazione, TAssia fece dichiarazione di adesione. Cosi eb-
bero origine le Conferenze di Versailles. L'oratore pone in risalto, co-
me nei trattati proposti in sulle prime si trovassero varie disposizioni,
che derivavano dalle intenzioni bavaresi; non vuol dire se, senza di
cio vi sarebbero state accolte. Le questioni secondarie furono lasciate
da banda; vi fu inserito solo il piu necessario per lo sviluppo della
riunione politica della Germania, lasciandone 1' ulteriore svolgimento,
all' accordo col future Parlamento. II cangiamento nella Costituzione
consiste essenzialmente nel rinvigorimento del caraltere federate
federative, come corrispondente alia natura delle cose. Senza che sia
riconosciuto il legittimo elemento federative, non e fattibile 1' ingresso
della Germania meridionale nella Confederazione.
« L'oratore passa poi al sistema militare ed addita 1'esistenza di
grandi basi comuni. Le discordanze riguardo a singoli Stati spno di
natura per lo piu transitoria. Nella Baviera fu accordato il comando
supremo militare del Re in tempo di pace; cid e giustificato dalle
condizioni di fatto. Le disposizioni per la composizione del consiglio
federale dellanGriunta diplomatica sono richieste unicamente dal rin-
vigorimento delF elemento federative; lo stesso dicasi sulle dichiarazioni
di guerra. Si deve mostrare chiaramente all' ester o che la Confe-
derazione ha un carattere essenzialmente difensivo.
« L' oratore giustifica gli accordi sulla questione delle imposte.
Ai desiderii della Baviera e del Wiirtemberg, di conservare anche 1'am-
ministrazione interna indipendente della posta e dei telegrafi, poteva
tanto piu corrispondersi, in quanto che da ci6 non rimaneva punto
tocca la legislazione federale. La riserva bavarese sull' autonomia
nelle materie dei diritti di cittadinanza e di diritto e di gran peso.
La Baviera ha teste introdotto una nuova legislazione sociale con buon
risultato, e percio essa aveva obbiezioni insuperabili contro 1'accettare
una nuova legislazione. »
6 1 4 CRONACA
Come il Delbriick ebbe finite di parlare, e risposto ad alcune
osservazioni sopra la Cosiituzione federate, i! deputato Friedenthal
peroro per 1* accettazione di codesti Trattati, esprimendo il desideiio
die fosse creato un capo supremo della Germania, e chiese di sapere
a die punto stavano le cose a tal proposito.
Si rialzo allora il Delbriick, e disse: « Non ho diffieolta veruua
di annunziare alia Camera, che il principe Luitpoldo di Baviera ieri
1'altro presento in Versailles al Re di Prussia ima lettera del Re
Luigi di Baviera, relativa alia proposta di ristabilire un impero ger~
manico, conferendo al Re Guglielmo la dignita & Imperatore ger-
manico. Posso aggiungere , intorno a cio, che i Sovrani presenti a
Versailles hanno espresso ai Re di Prussia e di Baviera la loro ade-
sione a questa proposta. Si aspettavano ancora le dichiarazioni degli
altri Sovrani e delle tre libere Citta Anseatiche. » E qui uno scoppio
fragoroso di plausi da ogni parte dell' Asserablea.
Infatti il Re GugSielmo, al ricevere dal Reichsrath ossia Parla-
niento prussiano di Berlino un indirizzo, che gli augurava la corona
di dignita imperiale, avea risposto pacatamente che consentirebbe sol
allora che vi fosse invitato dal concorde e libero assenso di tutti i
Sovrani degli Stati confederati e dalle Citta libere.
4. Era evidente che 1'unione di tutti gli stati della Germania,
eecettuate le poche province rimaste all' Austria, e la istituzione del-
1' impero , richiedeano modificazioni alia vigente costituzione della-
Confederazione del Nord. Queste furono indicate dal Simeon al Rei-
chsrath prussiano, nella tornata del 9 dicembre, leggendovi una let-
tera, speditagli percio quel giorno stesso dall'ufficio deSla Cancelleria
ftderale; con cui si annunziava: che il Gonsiglio federale della Con-
federazione della Germania sett entrion ale, d'accordo coi Governi d"i
Taviera, Wurteniberg, Baden ed Assia, ha deciso di assoggettare al
Parlamento, per la costituzionale sua approvazione, i seguenti can-
^iamenti alia Costituzione della Confederazione germanica: 1° Nel-
I' introduzione della Costituzione federale, si dira: « Questa Confe-
derazione avra il nome di Confederazione dell' Impero Germanico. »
2.° II primo alinea dell' art. 11 della Costituzione federale sara redatto
come segue: « La presidenza della Confederazione spetta al Re di
Prussia, il quale ha il titolo d'Imperatore germanico. » L'Imperatore
rappresenta internazionalmente 1'lmpero, dichiara la guerra e conclude
la pace in nome dell'Iiapero, contrae alleanze ed altri trattati con
Stati stranieri, accredita e riceve ambasciatori. »
5. Con cio la fondazione dell' Impero era omai assicurata, ed il
Bismark, che non dubitava punto del successo dell' assedio contro
Parigi, coglieva un altro momento propizio per fondare le basi d' una
fntura annessione del Lussemburgo all' impero Alemanno. La Russia
CONTEMPORANEA f, | 5
avea appunto allora gittato in mezzo all'Europa attonita una Circolare,
con cui denunziava alle Potenze, che oggimai riusciva intollerabile
per 1'onor suo 1'osservanza del Traltato di Parigi del 1856, ond'erale
vielato il mantenere nel Mar nero forze navali militari superior! ad
un tenuissimo valore prefisso e 1' avervi fortezze e porti di guerra;
e che percio, fondandosi sul fatto delle mutate relazioni vicendevoli
delle Potenze e dello squilibrio avvenuto per le recenti guerre, la
Rassia si dichiarava svincolata da quelle obbligazioni; ma pur si
contenterebbe di intendersela amichevolmente con chi si credesse
perci6 offeso. Or chi poteasi opporre? L' Austria? Ha troppo che fare
jn casa sua, e certo il Beust non e uomo da impegnarsi a lottare
con la Russia. La Francia? Era abbattuta ed esangue tra gli artigli
dell'aquila germanica. L' Italia? Non era da fame parola. L'lnghil-
terra? Ma essa, intesa ai suoi interessi commerciali, pare che abbia
rinunziato ad ingerirsi nella politica europea del Continente e del-
1'Oriente!
Tutti per6 erano come attoniti pel tratto ardito del Gortschaskoff,
che infatti , nella Conferenza riunitasi poi a Londra ,. ottenne che
fosse ammessa la sua pretensione, e che le cose quanto al Mar nero
tornassero allo stato, presso a poco, in cui erano prim a della mici-
diale guerra, combattuta percid nei principal danubiani ed in Crimea.
E se ne giovo subito per imprendere la ricostruzione di una formi-
dabile armata navale corazzata , e la riedificazione dei baluardi di
Sebastopoli e di Nikolajeff.
II Bismark non fu meno accorto a profit-tare di queste congiun-
ture; ed avendo accertato che prima e dopo la giornata di Sedan
erano accaduti nel neutrale stato di Lussemburgo certi fatti, che
poteano riguardarsi come una violazione della neutralita in aiuto
dei Francesi o fuggiaschi o prigionieri di guerra, cui erasi fornito
asilo, passaporti, viveri, ed anche spedito vettovaglie in pro deli'as-
sediata Metz: il Bismark spedi una fulminante circolare , data da
Versailles sotto il 3 dicerabre, e riferita neti* Opinions di Firenze
nel n° 357 del .25. Essa, argomentando sottilmente sui fatti accennati,
conchiudeva coi termini seguenti.
« Non esistono dunque piii quelle presupposizioni , dalle quali
ii regio governo faceva dipendere il rispettare la neutrality del gran-
ducato. Percid il sottoscritto, d'ordine di S. M. il Re, ha 1'onoredi
dichiarare al regio governo granducale, che da parte sua il regio
governo non si tiene piu vincolato ad alcun riguardo nelle opera-
zioni militari degli eserciti tedeschi verso la neutralita del grandr-
cato; e che si riserva il far valere i suoi reclaim presso il governo
del granducato per i danni derivati dal non mantenimento della
616 C RON AC A
neutralita, e il prendere le misure necessarie onde assicurarsi che
fatti simili non si riproducano. »
Pochi giorni prima, il 26 novembre, era stata presentata al
Reichstag alemanno la domanda di nuovi fondi per la guerra , da
ricavarsi con un imprestito di 100,000,000 di talleri. Onde si con-
getturo che ii Bismark dicesse davvero, e fosse per occupare armata
mano, giovandosi dell' inerzia dell'Inghilterra, il Lussemburgo. Di
che non e a dirsi quanto rimanessero atterriti i pacifici abitanti del
granducato, che ricorsero per aiuto al loro signore il Red'Olanda.
Questi pose in opera tutta la sua avvedutezza per placare i veri o
simulati sdegni del Bismark e stornare la imminente tempesta ; e,
mer,c& qualche benevolo ufficio d' altri intercessor} , il Bismark si
contento di lasciar per ora le cose come stavano, bastandogli d'aver
intanto gettata la base, sulla quale poter all' uopo fondare nuovi ri-
chiami ed il titolo giuridico di una azione piu energica e fruttuosa a
profitto deU'Alemagna.
6. La discussione dei trattati conchiusi a Versailles coi Plenipo-
tenziarii degli Stati meridionali non potea essere ne lunga n6 tem-
pestosa. Tutti erano d' accordo nel voler effettuare il disegno del-
I'unita militare e politica della Germania ; ed ognuno intendea che,
per ottenere questo intento capitale e poc'anzi insperato, poteasi e
doveasi condiscendere nei punti secondarii ai desiderii di quei Go-
verni, che, per non irritare troppo i loro popoli, doveano voler salvare
per ora qualche reliquia, piuttosto apparente che reale, dell' auto-
nomia fin qui goduta.
II piu fervido voto del Granduca di Baden era , gia da gran
pezza, quello di veder il suo Stato intimamente unito al reame di
Prussia, onde sperava aumento di prosperita e sicurezza di difesa.
Gli furono percio lasciati il titolo, gli onori, le rendite e le prero-
gative di sovrano , ed una conveniente autonomia per 1' ammini-
strazione interna ; ma il contingente del Baden per 1' esercito federale
formera parte immediata di esso, e sara incorporata nell' esercito
prussiano , sotto il comando diretto del Re di Prussia, e sara am-
ministrato dal Governo della Confederazione del Nord , ossia dal
Ministro della guerra del Re di Prussia anche in tempo di pace. La
convenzione federale a tal effetto venue firmata a Versailles dai Ple-
nipotenziarii d' ambe le parti alii 15 del novembre; ed estendesi
anche a quella parte dell' Assia, che non era stata assorbita nel vortice
prussiano dopo Sadowa , perche situata oltre il Meno. 11 Reichstag
non dovea certo essere malcontento della liberalita del Granduca gra-
ziosissimo, il quale cedeva, non tanto alia Confederazione quanto al
Re di Prussia , i suoi soldati; e non vi trovo nulla a ridire. II trattato
fu sancito dal Reichstag a voti unanimi.
CONTEMPORANEA 617
Eguale onore riporto il Trattato col Wurtemberg, firmato a
Berlino il 25 novembre, e presentato il 26 al Reichstag, che vi pose
il suo suggello alii 27; poiche quello non lasciava nulla a desiderare
quanto alia strettezza dei vincoli d' unione politica, militare ed ammi-
nistrativa. Al Re ed alia sua discendenza lasciavasi tutto il lustro so-
vrano con le sue prerogative.
Tardossi alquanti giorni per la Convenzione colla Baviera, fir-
mata a Versailles il 23 novembre, sttfto la delicata riserva della ra-
tificazione del Re Luigi, la quale in verita non si vede come potesse
essere lasciata in dubbio. La parte sostanziale e precipua di questo
Trattato consiste in cio che otto articoli, dal 61° al 68° della Co-
stituzione federate non saranno applicati alia Baviera; ma il Re di
questo Stato conservera i suoi diritti sovrani sopra F esercito in tempo
di pace, sebbene in tempo di guerra le truppe bavaresi saranno poste
sotto il comando assoluto del supremo Generale dell' esercito federale.
L' unione della Baviera colla Prussia non e dunque cosi intima , e
sente meno di vassallaggio che quella del Baden. Ma col tempo e
con la paglia maturano le nespole; e cosi anche maturera^si per la
Prussia il bocconcino della Baviera. Questo trattato fa pubblicato dal
Monitore prussiano alii 28 novembre, e fu poi ammesso e sancito
dal Reichstag alii 2 dicembre, cioe assai prima che fosse ammesso e
sancito dalle Camere di Baviera, come diremo a suo luogo.
7. Con cio era cancellata la famosa linea del Meno, tracciata dal
funesto Trattato di Praga del 1866, e che si conservava nel Gabi-
netto di Napoleone III come legittimo motive di invadere 1'Alemagna,
pel caso che la Confederazione del Nord avesse osato oltrapassare
quella linea ; e cosH sempre piu si fa manifesto quanto valgano i
trattati solenni e le guarentige. Di tutta F opera diplomatica di tal
natura, dal 1815 in qua, non rimane forse un brandello. II Trattato
di Praga del 1866 ebbe la sorte di quello di Parigi del 1856: come
questo ando a finire la dove fu buttato quello di Zurigo del 1860.
La Francia, che sola avrebbe potuto opporsi, era vinta ed impossi-
bilitata a muovere un dito altro che per difendere il misero avanzo
di vita che le resta. Ma e 1'Austria ? Oh questa, sotto la sagacissima
direzione del protestante Cancelliere De Beust non e piu quell'altera
Potenza, che si fieramente rivendicava i suoi diritti sotto il Gover-
no del cattolico Imperatore Ferdinando II o di Maria Teresa. Ora
e di buona pasta, e di facile contentatura . Va lieta di possedere la
amicizia del Governo italiano , e si tiene onorata della degnazione
con cui il Bismark assicura, che non intende punto annettere all'im-
pero germanico le province austriache di nazione e lingua e stirpe
alemanna. Tuttavia il sig. De Bismark, per un delicato riguardo di
cortesia, e per giustificare Fabbandono del Trattato di Praga rispetto
618 CRONACA
agli stati meridionali di Alemagna , ora riuniti alia Confederazione
del Nord, voile darne avviso e spiegazioni araichevoli al sig. conte
De Beust, e ne mando 1' incarico al sig. di Schweinitz, rappresen-
tante della Confederazione del Nord a Vienna, con tin dispaccio sotto
la data di Versailles U novembre, pubblicato dallo Staatsanzeiger
di Berlino; e ne recitiamo qui il tratto piu rilevante.
« Nella pace del 25 agosto 1866 e manifestata la premessa che
i governi tedeschi al sud del Meno formerebbero una Confederazione,
che avrebbe una posizione propria indipendente ; ma contempo-
raneamente entrerebbe in rapporti nazionali piu intimi colla Con-
federazione degli Stati della Germania del Nord. La realizzazione
di questa premessa venne lasciata in facolta di quei governi : perche
nessuna delle due parti contraenti poteva essere autorizzata ed avere
il diritto, in forza della conchiusione della pace, a dettar legge agli
Stati sovraui tedeschi della Germania meridionale, riguardo alia forma
dei loro reciproci rapporti. Gli stati della Germania del Sad, da parte
loro, hanno tralasciato di realizzare il pensiero della pace di Praga;
ed hanno intcrpretato 1'idea dei rapporti nazionali piu intimi colla
Germania del Nord, mediante 1'accessione allo Zollverein e la con-
chiusione di trattati di reciproca garanzia.
« Niuno poteva prevedere che queste istituzioni verrebbero tra-
stbrmate definitivamente in una Confederazione tedesca, sotto 1' im-
pulse del potente sviluppo del sentimento nazionale tedesco, suscitato
da un' inattesa aggressione francese.
« Non poteva essere obbligo della Germania del Nord impedire
ovvero respingere questo sviluppo, che non fu provocato da noi, ma
che e una conseguenza della storia e dello spirito della nazione te-
desca. Anche 1' imperiale e reale governo austro-ungarico , e di cio
siamo assicurati dalla relazione di V. E. , non attende e non esige
che le disposizioni della pace di Praga siano d' impedimento all'esteso
sviluppo dei paesi vicini tedeschi. II governo imperiale considera la
nuova forma dei rapporti tedeschi colla giusta fiducia , che tutti i
potentati della nuova Confederazione tedesca, e specialrnente il re?
nostro graziosissimo sovrano, sono animati dal desiderio di mante-
nere e di promuovere le piu amichevoli relazioni della Germania
verso il vicino impero austro-ungarico, la qual cosa e raccomandata
ad ambedue dai loro interessi comuni e dalla reciproca utilita del
loro commercio morale e materiale. I governi alleati nutrono , dal
canto loro, fiducia che lo stesso desiderio e diviso anche dalla mo-
narchia austro-ungarica. »
La Neue Presse di Vienna pubblico poi, alii 4 del seguente gen-
naio 1871, la risposta mandata dal DC Beust al Bismark ; e questa
riduceasi a dire : tornar inutile 1' intavolar discussioni sopra il valore
CONTEMPORANEA 619
del Trattato di Pra^a ; e percio doversi giudicare le reiazioni tra la
Austria e la German! a, pridcipalmente sotto 1'aspetto delle condizioni
dell' una e deli' altra , atteso il fatto compiuto dell' unione tedesca ;
intanto, aspettando gli schiarimenti promessi dal Bisrnark, farsi dal-
1' Austria voti sinceri perche mantengansi fra 1* Austria e la Germania
le pin amichevoli reiazioni, le quali valgano come guarentigia d'una
pace durevole in Europa.
Altrettanto suonavano, per una parte e per I'altra, le note spedite
dai Gabinetti degli Stati meridional! al Cancelliere della monarchia
austro-ungarica , e le risposte date loro dal Beust, in nome dell' Ini-
peratore Francesco Giuseppe.
8. Soddisfatto per tal modo ai doveri di civilta, restava solo ,
per 1' inaugurazione dell'Impero, che i Parlamenti degli Stati meri-
dionali sancissero e ratificassero le Convenzioni, stipulate dai rispet-
tivi loro Governi colla Confederazione Germanica del Nord. Questa
formalita non incontro ostacoli di momento, e fu spacciata prontamente
nel Wiirtemberg e nel Baden ; non cosi in Baviera, dove lo spirito
di autonoraia e d' indipendenza dalla Prussia si manifesto in modo
assai vivace. Tuttavolta la Camera dei Signori si arrese alii 30 di-
cembre 1870, approvando il Trattato con voti 37 contro 3; poi, con
minore arrendevolezza e piu espressiva opposizione , vi aderi la Ca-
mera dei Deputati alii 21 gennaio 1871, dichiarandosi favorevoli 102
rappresentanti, e contrarii 48.
9. Altro non rimaneva adunque cbe posar sul capo di Guglielmo I
il vittorioso la corona imperiale ; e la soienne cerimonia , per una
atroce ironia della forturia,ebbeluogo il 18 gennaio 1871 nella gran sala
della Galerie ties glaces del casteilo di Versailles eretto da Luigi XIV,
flagello della Germania ed appellate per antonomasia il Re, come quello
ch£ fusul punto di eflettuare la monarchia universale deU'Europa d'oc-
cidente sotto il suo scettro. Fu un miscuglio di pompa militare e di
cerimonia sacra di gusto pietista, essendovi eretto un altare, e nel fondo
della sala disposte le bandiere di tutto il 3° esercito di Parigi e
quelle del 2° corpo d'esercito di Baviera. Tutta la smisurata sala era
gremita di ufficiali di tutti i reggimenti in magnifica ordinanza .
Quando v'entro il Re Guglieimo, un coro di cantori intono un inno
che comincia dalle parole: « Applaude al signore il mondo intero. »
S. M. il Re, il principe ereditario, i principi della Casa di Hohen-
zollern, tutti gli altri principi e Sovrani d'Alemagna, che allora erano
in Versailles, si accostarono all'altare. Si canto un altro coro : « Sia
lode ed onore all'altissimo Dio ; » poi si ascolto un discorso recitato
dal predicatore divisionale, ministro evangelico Rogge ; quindi un
altro coro: « Ora ririgraziamo il Signore; » ed una benedizione di
Rogge pose termine al rito reiigioso.
620 CRONACA
Allora Guglielmo I con lo splendido suo corteggio si diresse
verso la folta schiera che reggeva le bandiere, e dietro a lui si dispo-
sero in semicerchio i principi. II Bismark lesse un atto, a dir cosi
notarile dell'assumere che faceva allora il Re di Prussia la corona e
dignita imperiale, che il nuovo imperatore avea con breve discorso
ricevuta dai Principi e popoli alemanni ; e tutti gli astanti prorup-
pero nell'acclamazione : Viva Sua Maestd V imperatore Guglielmo!
La festa fini come si costuma, con distribuzione di onorificenze, ri-
compense e banchetti.
II gran fatto venne poi annunziato ai popoli d'Alemagna col
bando seguente.
« Noi, Guglielmo, per la grazia di Dio re di Prussia, annun-
ziamo quanto segue. Dopo che i principi e le citta libere tedesche
c'indirizzarono il loro voto unanime, affinche, ristabilendo 1' impero
germanico, noi ristaurassimo ed assumessimo la dignita imperiale,
rimasta giacente da 60 anni, e dopo che nella costituzione della Con-
federazione germanica sono prevedute le corrispondenti disposizioni;
noi notifichiamo coll' atto presente che noi consideriamo come dovere
verso la patria intera 1'obbedire a quest' invito dei principi e delle
citta libere tedesche alleati, e di accettare la dignita imperiale. In
conformita di cid , noi ed i nostri successor! nella Corona di Prussia
porteremo d'ora innanzi il titolo d' imperatore in tutte le nostre rela-
zioni ed affari dell' impero germanico, e speriamo in Dio che sara
dato alia nazione tedesca, a conferma dell'antica sua magnificenza,
procurare alia patria un prosperoso avvenire. Noi assumiamo la di-
gnita imperiale colla coscienza del dovere di difendere con fedelta
tedesca i diritti dell' impero e dei suoi membri, di tutelare la pace,
di mantenere 1'indipendenza della Germania e di rinvigorire la forza
del paese. Noi 1'accettiamo colla speranza che sara dato al popolo
tedesco di godere il premio dei combattimenti sostenuti con valore,
e con tanta spontaneita di sacrifizii, con una pace duratura ed entro a
confini, i quali assicureranno alia patria, contro nuove aggressioni della
Francia, la sicurezza, ond'era priva da secoli. A noi poi, ed ai nostri
successori nella Corona imperiale, voglia Iddio concedere d'essere
sempre aumentatori dell' impero germanico, non in conquiste guer-
resche, ma nelle opere della pace sul campo del benessere, della
liberta e della moralizzazione nazionale. »
10. Queste pompe trionfali non aveano fatto che si rallentassero
le operazioni dell'assedio; anzi appunto il giorno seguente, I9gen-
naio, avvenne la disperata ed ultima sortita degli assediati, respinta
vitloriosamente, benche con molto sangue, dagli imperiali alemanni;
e 10 giorni dopo la proclamazione deirimpero Germanico, alii 28 gen-
naio, Giulio Favre era ridotto a firmare la capitolazione di Parigi.
CONTEMPORANEA 621
L'Imperatore rimase a Versailles durante I'armistizio e fmo alia ra-
tificazione dei preliminari di pace; ma non entro in Parigi colle
truppe alemanne che vi stettero dal 2 al 4 marzo. Pochi giorni dopo
si parti, visito alcuni corpi d'esercito concenlrali nelle principali
citta che erano sulla via del ritorno verso Berlino, dove fece il suo
ingresso trionfale, in mezzo ad un entusiasmo indescrivibile d' im-
menso popolo, alii 17 marzo, mentre Napoleone III, sbalzato dal trono
esulava in Inghilterra.
L'Imperatore Guglielmo rimeritava il conte Ottone di Bismark
creandolo principe; il che in Prussia non e puro titolo, ma'confe-
risce privilegii di gran valore.
11. La pace fra la Germania e la Francia venne teste conchiusa
a Francfort, come diremo a suo luogo. Chiuderemo questi cenni sopra
il gran dramma politico e militare del 1870-71 , recitando il sunto
che il Monitors prussiano ha pubblicato sopra questa guerra senza
riscontro nella storia , ed i cui effetti, quando siano in pieno vigore,
recheranno seco un cangiamento incalcolabile nellecondizioni d'Europa.
« La guerra fu dichiarata il 15 luglio 1870. Fini il 16 febbraio
1871, dopo una durata di 210 giorni. Nella settimana susseguente
alia dichiarazione di guerra le truppe tedesche erano mobilitate :
Fin via di esse verso ponente, e la loro disposizione sulla linea Lan-
dau-Treviri, richiesero circa quindici giorni. Le truppe mandate al
confine sommavano a circa 600,000 uomini, e, onde raccogliervi tutta
la gran massa in quindici giorni, si dovettero trasportare in ferrovia
circa 42,000 uomini al giorno. II trasporto fu fatto su cinque linee>
due delle quali, pero, vennero assai poco adoperate. Oltre agli uomini,
c'erano da trasportare cavalli, cannoni, carriaggi, munizioni, prov-
vigioni. Quattro corpi d'armata prussiani, per recarsi al confine fran-
cese, dovettero percorrere un tratto di 400 a 600 miglia, ed essere
nutriti in viaggio. Siccome nei primissimi giorni e negli ultimissimi
della campagna non vi furono scontri, cosi questa puo venir ridotta
a 180 giorni soltanto. In questi 180 giorni v'ebbero 156 combatti-
menti, e 17 grandi battaglie: furono prese 26 fortezze, fatti prigio-
nieri 11,650 officiali e 363,000 soldati; conquistati 6,700 cannoni e
120 aquile o bandiere. In ciascuno dei sei mesi di guerra attiva, i
tedeschi ebbero, in media, 26 combatthnenti e 3 battaglie, fecero
prigioni 1,950 officiali e 60,500 soldati, e conquistarono 1,110 can-
noni, 40 aquile, e 4 fortezze. Quasi ogni giorno vi fu scontro: ogni
sei giorni cadeva una fortezza , ogni 9 giorni veniva combattuta e
vinta una battaglia. Paragonando il numero dei prigionieri alia du-
rata della guerra, si fecero in media, al giorno, prigionieri 65 uffi-
ciali e 2,070 uomini. Fecendo lo stesso calcolo , ogni di 38 cannoni
622 CRONACA
cambiarono padrone , e ogni due giorni su tre veniva porlata via in
trionfo un'aquila o bandiera.
« Osservando 1'ordine cronologico, dal principle della guerra
sino a S£dan , v'ebbero 13 combattimenti e 8 battaglie: Weissen-
burg, Worth, Spicheren (o Forbacb), Courcelles, Vionville, Gravelotte,
Noiseul e Beaumont: nello stesso periodo di tempo furono espugnate
Je quattro fortezze di Lutzelstein (la Petite Pierre), Lichtenberg,
Marsal e Vitry.
« II mese di settembre fu segnalato da 13 combattimenti e dalla
presa di Se"dan, Laon, Toul e Strasburgo.
« In ottobre 37 combattimenti , colla presa di Soissons, Schlett-
stadt e Metz.
« In novembre contiamo 15 combattimenti e due battaglie:
Amiens e Beaune-la-Rolande: la caduta di Verdun, Montbe"liard, Neu-
Breisach, Ham, Diderhofen, La Fere e detla cittadella di Amiens.
« Diccmbre vide 30 corabattimenti e le battaglie d' Orleans e
dell'Hallue; e la caduta di Phalzburg e di Montmedy.
« Gennaio, piii prolifico, registro 48 combattimenti, oltre la bat-
taglia di Le Mans, Montbe'liard e S. Quintino, e la capitolazione di
Mezieres, Rocroy, Perronne, Longwy e Parigi.
« In febbraio la guerra termino colla resa di Belfort.
« In questa lista gli scontri sotto Parigi, 22 dei quali ebbcro
luogo nei 130 giorni d'assedio, vengono classificati come « combat-
timenti », sebbene parecchi possano essere considerati « grandi bat-
taglie. » Di cotesti 22 scontri, 3 occorsero nel settembre, 8 nell' ot-
tobre, 2 nel novembre, 4 nel dicembre, e 5 nel gennaio: cioe, dai
5 ai 6 al mese.
« Abbiamo poi da registrare tre combattimenti navali avvenuti
rispettivamente, il 19, il 21 settembre e il 12 ottobre: a Hiddensee,
nella baia di Putzig, e nelle acque dell' Avana.
Alia vista di grandi vittorie nasce il pensiero del prezzo enor-
me che pur debbono aver costato ai vincitori, attesa 1'indole belli-
cosa dei vinti, 1'accanimento deila loro diiesa, e la formidabile po-
tenza delle fortezze espugnate. Or ecco che, relativamente, le perdite
degli alemanni si possono dire tenuissime. Infatti il Borsen- Courier
di Berlino ne reca il conto seguente.
« Le perdite dell* esercito tedesco della Confederazione del Nord,
dal 21 luglio 1870 al 22 febbraib 1871 si sono, per felice ventura,
accertate minori di quanto erasi temuto. II numero degli ufficiali
morti sarebbe di 1,025'; gli ufficiali feriti sarebbero 3,245; soli 59
ufficiali smarriti. Le perdite degli ufficiali si riducono pertanto a I
numero di 4,329. Dei sott' ufficiali e soldati sono morti 13,530; feriti
67,558, smarriti 11,020. Ttitti insieme gli ufficiali e soldati colpiti o
CONTEMPORANEA 623
perduti nel tempo della lotta furono 1)6,437, vittime della guerra .
Morirono poi in conseguenza delie ferite ricevute altri 142 ufficiali ;
ma 878 guarirono, e gli altri sono in via di guarigione. Restarono
in servizio ai loro reggimenti, perche leggermente feriti, 382 ufficiali.
Dei gregarii feriti morirono poi altri 2011, ma guarirono 32,512, e
rimasero sotto le bandiere, perchS leggermente feriti, 5,623. Laonde,
sottratti dal numero delle perdite i guariti, e i prossimi a guarire,
.la perdita reale riducesi a 47,662 uomini. »
IV.
COSE STRANIERE
FRANCIA — 1. Conferenze in Bruxelles per la pace tra la Francia e la Ger-
mania; intoppi sopravvenuti. — 2. Ultimatum del Bismark al Governo di
Versailles; conferenze trail Bismark e Giulio Favre a Francfort. — 3. Con-
clusione del trattato di pace. — 4. Nuova lega repubblicana dentro e fuori
di Parigi ; suoi propositi impediti dal Governo di Versailles. — 5. Progress!
delPassedio contro i forti ed il recinto di Parigi. — 6. Atti barbareschi
della Comune ; demolizione della cappella esplatoria di Luigi XVI, della co-
lonna di piazza Vendome e della casa del Thiers. — Seduta dell'Assem-
blea di Versailles P 11 maggio; veto di fiducia al Thiers. — 8. Lettera del
Conte di Chambord. — 9. Presa di Parigi.
1. La capitolazione di Parigi ed i preliminari di pace, che com-
pendiosamente accennammo in questo volume a pag. 104, non erano
che il primo abbozzo del Trattato di pace; a stipulare il quale fu-
rono dal Governo di Versailles spediti, come suoi rappresentanti Pie-
nipotenziarii, a Bruxelles il barone Baude, un generale che il Journal
officiel di Versailles denomino Caille, e che quelli di Berlino appel-
lano Dontrellain il sig. Goulard ed il Sig. Declercq. Dalla Germania
fnrono accreditati a trattare quel gravissimo negozio il Sig. D'Arnim,
che poco prima era rappresentante della Prussia a Roma, ed il Sig.
Balan, amendue plenipotenziarii per la Prussia; inoltre il Sig. Quadt
per la Baviera ed il conte Uexkiill pel Wurtemberg. Convennero
questi diplomatici, dopo essersi messi d' accordo circa il modus vi-
vendi tra lore, a tenere la prima conferenza ufficiale il giorno 28 di
marzo, impegnandosi al piu severo segreto. Ma sembra che nei primi
incontri, quanto il Sig. D'Arnim fu cortese verso il barone Baude,
altrettanto fu aspro e quasi sprezzante il Balan. Del quale ando da
P»ruxel!ep su t'Uti i giornali questo tratto poco cavalleresco. Ricevendo
la prima visita del barone Baude, il prussiano Tinterrogo, dicesi, con
624 CRONACA
.atroce sarcasmo, se egli fosse accreditato e tenesse le sue istruzioni
soltanto dal Thiers, ovvero anche dal Sig. Assy, cioe da quel comu-
nista soprastante d' operai, che allora era capo del comitato centrale
di Parigi. II Baude, con quella nobilta di carattere che e propria dei
gentiluomini francesi, lascio cadere a terra quel plebeo epigramma,
e rispose con dignita, che egli da parte sua non riconosceva in Fran-
cia altro Governo che quello istituito daH'Assemblea Nazionale, e re-
spingerebbe, protestando, qualunque incarico gli venisse d'altra par-
te. Se questo racconto sia esatto o no, a noi non ispetta deciderlo;
ma abbiam ragione di credere che realmente tornasse molto difficile
Tintendersi in conferenze a viva voce, poiche i Plenipotenziarii d'ambe
le parti si accordarono di condurre il trattato per via di scritture e
protocolli.
Questo modo di procedere, renduto necessario dalla delicatezza
dei rapporti che doveano passare tra vincitori e vinti, dopo lotta si
aspra, di natura sua dovea trarre seco indugi e dissensi. Invece delle*
sei settimane, entro le quali credeva il Bismark che sarebbesi sti-
pulate in tutti i suoi particolari il Trattato di pace, forse non sareb-
bero bastati sei mesi. Ma ben piu gravi erano le difficolta che ad
ogni istante sorgevano, recando intoppi quasi insuperabili al proce-
dimento di tanto affare. Le piu inestricabili derivavano; 1° Dalla
somma enorme di cinque mila milioni d'indennita. di guerra, pre-
stabilita nei preliminari, e che mantenevasi inesorabilmente dai Pie-
nipotenziarii alemanni; mentre i Francesi sforzavansi di ridurla al-
meno a tre mila milioni, dimostrando che niuno sforzo possibile ba-
sterebbe perche la Francia ne pagasse di piu. 2° Dal modo con cui
i Plenipotenziarii alemanni esigevano che, si nella distribuzione delle
rate e si nella qualita dei titoli di rendita e dei valori metallic!, si
facessero gl'imposti pagamenti. 3° Da dissidii intorno a varii tratti
di territorio da cedersi, nel tracciare i nuovi confmi dell'Alsazia, e
della Lorena dovute abbandonare al vincitore. Piu discutevansi tali
quistioni, e piu divenivano aspre, e poco meno che impossibili ad
accettarsi, le pretensioni degli uni, e piu risentite le ripulse degli altri.
La continuazione dell' anarchia parigina e gl' impacci in cui dibat-
tevasi il Governo di Versailles rendevano sempre piu dubbioso il
risultato di quelle conferenze; ed il Bismark, uomo longanime si e
tenace dei suoi propositi, ma niente inchinato a star in sospeso, men-
tre avea in mano la forza di troncare la questione, vi pose mano
risolutamente. II plenipotenziario d'Arnim, il di 1 di maggio, signified
al barone Baude, essere egli costretto di rifmtarsi a qualsiasi modi-
ticazione dei preliminari di pace, e 1'inviolabilita di questi essere la
prima condizione delle trattative. Laonde queste furono sospese. II
CONTEMPORANEA 625
Bismark poi intimo al Governo del Thiers un aul aul, equivalente a
sentenza irrevocabile.
2. Spedi pertanlo a Versailles una specie di ultimatum, di cui
«gli stesso, alii 12 di maggio, nel Reichsrath prussiano indico la so-
stanza in questi termini. « Non sono rari i casi che venga fatto un
preliminare di pace, e che non si giunga ad accordarsi per una to-
tale conclusione necessaria per la pace defmitiva; e che percid una
delle due parti, per proteggere il suo interesse, sia costretta di ri-
prentJere le ostilita. lo era nell'apprensione che ci trovassimo vicini
a tale eventualitd; e si presentd quindi il bisogno di venire a spie-
gazioni, in un personale colloquio, coi membri del Governo france-
se; ma, secondo le mie convinzioni politiche, qualora avessimo temuto
una vera e grave oflesa dei nostri interessi, saremmo stati in grado
di mettere fine all' iucertezza occupando Parigi, sia mediante un ac-
cordo colla Comune^ sia a forza d'armi; e poi, con questo pegno in
mano, avremmo imposto alia Reggenza di Versailles che, secondo le
stipulazioni dei preliminari di pace, ritirasse le sue truppe al di la
della Loira, e quindi si ripigliassero le trattative di pace. »
Pare che qualche altra giunterella minacciosa trasparisse dall' ul-
timatum, come questa, per esempio, che le spese del mantenimento
delle truppe d'occupazione sarebbero accresciute in proporzione del
territorio che cosi dovrebbesi novamente invadere e tenere dall'eser-
cito alemanno; ed un cenno dell'aumento che perciosi dovrebbe poi
dare anche all'indennita di guerra.
II Governo di Versailles avea gia sulle braccia i Comunisll di
Parigi; dovea tenere a segno una Lega repubblicana scrta allora e
che accennava di voler stare in bilico tra la Comune di Parigi e 1'As-
semblea di Versailles, ma inchinandosi piu verso quella che verso
questa; avea bisogno di riaver presto liberi ed armati i 400,000 uf-
ticiali e soldati prigionieri custoditi in Alemagna; avea giusto mo-
tivo di paventare anche la perdita dell'Algeria, dove il sollevamento
e la ribellione dei Kabili e degli Arabi veniva crescendo, e potea di-
venire infrenabile, se tardavasi a spedire cola forze militari suflScienti
a ristabilirvi 1'autorita della Francia ; vedea pericolare il buon ordine
a Lione ed a Bordeaux; non potea, durando questo stato di cose, ne
riorganare bene 1' esercito, ne rifornire le finanze, ne ricondurre la
piena quiete negli sparlimenti e nei Comuni; sentiva impossibile il
dare alia Francia tutta un assetto ed un governo stabile e ricono-
sciuto da tutti. L' 'ultimatum del Bismark valse come un fiero colpo
di sprone, che costringe il puledro ricalcitrante a saltare il fosso.
II Journal offlciel di Versailles alii 5 maggio annunzid che Giu-
lio Favre, ministro per gli affari esterni, e Powyer-Quertier, mini-
Serie VllT, vol. 77, fasc. 503. iO 27 maggio 1871.
626 CRONACA
stro sopra le finanze, erano partiti il di precedente alia volta di Franc-
fort sul Meno, per appianare col Bismark alcune difficolta sorte nelle
conferenze di Bruxelles, e giungere piu presto alia conclusione e ra-
tificazione del trattato di pace.
La mattina dello stesso giorno, venerdi 5 maggio, giungevano a
Francfort da Bruxelles il delegate prussiano D' Arnim ed il delegate
francese Declercq ; la sera alle 7 vi giungevano da Versailles il Fa-
vre ed il Powyer-Quertier, ed alle 8 il principe Ottone di Bismark.
11 convincimento della necessita di venire subito alle strette era tale,
d'ambe le parti, che quella sera stessa tennesi un primo abbocca-
mento nella locanda della Corte russa , tra il Bismark e 1' Arnim
per una parte, ed il Favre ed il Powyer-Quertier dall'altra. Due altre
sedute ebbero luogo il sabato, che durarono piu di quattr'ore cia-
scuna ; altre due lunghe conferenze si tennero il lunedi e martedi,
e finalmente nell' ultima del mercoledi, 10 maggio, si giunse a porre
il suggello delle firme dei Plenipotenziarii al Trattato di pace, sotto
la condizione che le ratificazioni dovessero apporvisi, il piu tardi, alii
50 maggio.
3. Per ottenere questo risultato il Bismark si arrese a qualche
concessione in cose accessorie e di non molta rilevanza; ma fu irre-
movibile nell'esigere 1'intera indennita di cinque mila milioni. Tut-
tavia, se e vero quello che ando sui giornali, Timperatore Guglicl-
mo I, per un sentimento di umanita e di equita, condono spontanea-
mente 1' ultima rata di 500 milioni. Furono anche stipulate in modo
cbiaro e precise tuttele niodalita del pagamento, in guisa da renderlo
possibile alia Francia nei termini prefissi; e lo stesso Bismark s' in-
terpose presso banchieri Alemanni, per agevolare i prestiti, onde la
Francia dee ricavare le somme dovute . Da ultimo si venne a qualche
componimento per la cessione di alcuni distretti, lasciando alia scelta
dell* Assemblea di Versailles la cessione di questi piu che di quelli.
II principe Bismark diede poi il 12 maggio al parlamento prus-
siano una sufficientc esposizione di quanto erasi trattato in quelle
conferenze, e dei piu rilevanti articoli stipulati. Qui crediamo che il
cenno presente possa bastare, riservandoci di riferire a suo tempo il
tcsto del Trattato, che, meglio d'ogni altro discorso, mettera in evi-
denza 1'enorme prezzo che costo questa pace alia Francia; la quale
un anno addietro, appunto sul cominciare del maggio, era tutta in
orgasmo per la consolidazione AelVimpero liberals del Bonaparte, gua-
rentito dal plebiscite e dai 7,000,000 di si ottenuti ii giorno 8 di
maggio.
4. Rimesso il pericolo di nuovo conflitto armato con 1'Alema-
gna, il-Governo di Versailles si senti minacciato da un altro interno,
CONTEMPORANEA 627
e non lieve. Le elezioni comunali del 30 aprile riuscirono in parte
favorevoli ai Comunisli di Parigi. Appena v'ebbe citta o Comune
in cui non fosse eletto qualcheduno piu o meno fervido loro par-
tigiano; ed in certe citta piu travagliate dalle sette, costituirono
anzi la pluralita del Consiglio comunale uomini di parte repubblicana
ed avversa all'Assemblea di Versailles. In Parigi intanto erasi co-
stituita una specie di Lega repubblicana, che affettava desiderio e
risoluzione di venire a componimento col Governo di Versailles e
troncare la guerra civile, ma a condizioni che guarentirebbero 1'im-
punita ai Comunisti, e ne lascerebbero intatte le forze, per contenere
anche il Governo che per avventura sorgesse dalle nuove elezioni da
quella proposte. Tal genere di pacieri e sempre funesto ai popoli, che
si dibattono nei furori e nell'orgasmo della rivoluzione!
Aderirono a questq disegno molti dei repubblicani sparpagliati
nei comuni degli altri Spartimenti, e si dicdero la posta prima a
Bordeaux, poi a Lione; con accordo che vi si mandassero delegati rap-
presentanti di codesti comuni, per promovere la pace ed il rassoda-
mento della repubblica. A questo modo vedeasi sorgere, per impulso
di segreti demagoghi, tra i quali primeggiava pero ed era noto il
Gambetta, una nuova Assemblea nazionale, il cui scopo era evidente;
di sopraffare cioe quella di Versailles ed arrogarsi 1'autorita costi-
tuente. Di che fu mossa una interpellanza al ministro degli interni,
Ernesto Picard, nella tornata dell' 8 maggio ; ed il deputato Baze in-
terpret6 cosi il volere dell' Assemblea, chiedendo di sapere quali fos-
sero a tale proposito gl'intendimenti del Governo. II Picard rispose
chiaro ed alto : Che codesti repubblicani erano considerati come fa-
ziosi; che si erano dati provvedimenti efficaci per impedire quella
riunione ; e che da piu di quattro giorni gli ordini opportuni erano
stati spediti ai Prefetti, perche dovessero anti venire simile attentato.
Infatti una circolare del Picard, pubblicata dai giornali, denunziava
quella Lega repubblicana come una consorteria, mascherata sotto le
spoglie della conciliazione, per servire ai Comunisti parigini , e la
minacciavadi tutto il rigore delle leggi e d'una repressione severa.
Percid la divisata radunanza a Bordeaux fu sventata. Tuttavia una
quarantina di codesti lupi in veste d'agnello si raccolsero in Lione;
ma saputo che da per tutto altrove non si faceva nulla, e che essi
sarebbero rimasti soli ed abbandonati ai rigori del Governo, pel loro
meglio non andarono oltre e si sparpagliarono scorbacchiati.
5. Intanto procedeva, sotto la direzione del Mac-Mahon, 1'assc-
dio ed il bombardamento del recinto di Parigi dal lato occidentale, e
dei forti d'Issy e di Vanves dal lato meridionale. Ci pare inutile re~
x gistrare qui il diario di codeste operazioni militari, che andarono
628 CRONACA
innanzi costantemente, ma con quella metodica lentezza, che assicura
1'esito dell'assalto. Scopo degli assedianti verso Ponente era di co-
stringere i Comunisti a ritirarsi dietro la cinta; e questo ottennero
dopo ua terribile bombardamento, che diede agio ai Parlamentari
d' inoltrare le loro trincere ed apprestare nuove batterie innanzi a
Boulogne a 1000 metri dai bastioni di Point du jour. Intanto conti-
nuarono a battere in breccia le mura con 194 cannoni. Dalla parte
meridionale, procedendo senipre al coperto entro a trincere, venne
fatto ai Parlamentari di circondare interamente il forte d'Issy, cui
bombardarono poscia cosi furiosamente, cbe il presidio, dovetle cercare
scampo nella fuga per un varco che rimanevagli; ma una parte di
esso, sorpresa al momento di uscire, fa cosi bersagliata da un bat-
taglione di cacciatori, scagliatosi repentinamente all' assalto del forte,
che assai pochi rimasero vivi e prigionieri. II forte d'Issy fu quindi
occupato colle dovute precauzioni, dai Parlamentari,, che si diedero
a riattarne i bastioni ed armarne le troniere contro il recinto della
citta. Qualche giorno dopo, bombardati da ogni parte, andarono in
liamme, e percio furono abbandonati dai Comunisti > anche i forti di
Yanves e di Montrouge. Laonde fin dai 15 maggio parea imminente
un assalto generale e la presa di Parigi.
G. Ma non per cio i Comunisti accennavano di voler punto smet-
tere i loro propositi di resistenza a tutta oltranza. I preparativi a tal
efi'etto sono tali, se dicono il vero i giornali di Parigi e lecorrispon-
denze di cola ai diarii stranieri, che quella gran metropoli troppo
maggiori rovine ha patito gia e dovra patire da codesti energumeni
difensori, che non avrebbe sofferto dalle armi alemanne in una presa
d' assalto. Molli insigni monumenti gia furono stritolati dalle bombe.
1 Parlamentari hanno dovuto tenere sgombri i pressi della porta
Maillot, verso il ponte di Neuilly ed il bosco di Boulogne; e la gran-
dine di proietti che non cesso di cadervi sopra vi ha ridotte le abi-
tazioni in uno stato orribile. Ma per altra parte i capi dei Comunisti,
moltiplicando 1'una dietro 1' altra le linee di difesa, con fosse e mine
cariche, quali di polvere, e quali di decine di barili di petrolio, hanno
preparata la distruzione di Parigi, di cui poco loro preme, essendo
essi malandrini senza patria e senza tetto, e venduti &\\'Alleanza
rnternazionale repubblicana. 1 giornali di Parigi e di Versailles
quasi ogni giorno registrano sempre nuovi atti vandalici della Comu-
ne, di cui un solo, se fosse stato compiuto dai vittoriosi alemanni ,
sarebbe bastato per fare che il liberalismo europeo , ed anche gli
onesti fautori della vera civilta, li condannassero alia gogna d'una
infamia eterna. La Comune parigina li compie con tal cinismo, da
CONTEMPORANEA 629
far desiderare in essi, a pro di Parigi, almeno quel grado di civilta
che si professa dai selvaggi della Nuova Zelanda e dell' Australia.
Le ruberie sono un nulla, rispetto alia violenza crudele con cui
si ricercavano per le case e nei sotterranei gli uomini, giovani, vecchi,
fanciulli, purche atti a portar un fucile, e s' incorporavano nei batta-
glioni della Guardia nazionale; il cui nucleo era formato della feccia piu
impura, piu crudele e sanguinaria della plebe degli spartimenti. Chi
si rifiutasse e resistesse, era morto. Chi si arrendeva, era mandate a di-
fendere le brecce, fatte dal cannone del Monte Valeriano, e dalla for-
•midabile batteria di 64 pezzi di grosse artiglierie, eretta dai Parla-
mentari a Montretout, ovvero da quelle di Neuilly e di Clamart . II
saccheggio alle case ed ai fondachi, per cercarvi Je vettovaglie da
mandare ai combattenti, ha disertato i tre quarti degli abitanti. In
aiuto dei ladri e degli scherani della Comune sonosi formate bande
di sozze megere , che dal lezzo delle loro tane immonde si precipitava-
no, armate, nelle case oneste, e vi si abbandonavano ad ogni eccesso.
Non e dunque da far le meraviglie se cotal genia di umanitarii,
degni invero delle simpatie del Tempo e della Capitate di Roma, e
del Diritto e della Riforma di Firenze, abbia fatto andar di paro con
le rapine le insensate distruzioni de'monumenti pubblici, che pur
attestavano o glorie militari della Francia, o qualche riparazione di
giustizia. La fame intanto veniva mietendo vittime in numero anche
maggiore di quelle che cadeano sotto il ferro ed il fuoco. Giovera
registrare alcuni dei fatti barbarici di codesti umanitarii.
Sulla ignobile fossa, in cui eransi trovati i resti mortali di Lui-
gi XVI, sorgeva ora una pietosa cappella espiatoria, che era ad un
tempo un prezioso monumento d'arte. La Comune, rappresentata dal
Comitato di salute pubblica, ne comando la distruzione per decreto del
16 floreale anno 79, parendo a lei che il compiangere quell'augusta
vittima fosse un fare onta alia gloriosa rivolu/.ione, che prepard il la-
strico alia Repubblica universale.
Sulla piazza Vendome sorgeva una colonna di granito alta 45
metri, rivestita d'una. fascia di bronzo tutta istoriata a basso rilievo,
con 96 quadri storici dei fatti d'arme in Germania e delle vittorie
della Grande Arme'e nella campagna del 1806. Sovrastava la statua
di Napoleone I. La Comune decreto che si dovesse atterrare e distrug-
gere, vendendone il bronzo a servizio del pubblico. II magnifico mo-
numento, che per certi rispetti superava quello della colonna Traiana
a Roma, fu prima spogliato del bronzo, poi, scalzata da una parte
la base , fatto cadere d' un colpo nella Rue de la Paix alle 5 3f4
pomeridiane del 16 maggio, si che n'ando in tre pezzi. Se le bom be
630 CRONACA
alemanne avessero per caso sfregiato leggermeate codesta opera di
a?te, si sarebbe attribuito il fatto a brutale istinto di vendetta. Quo!
che non fecero i Prussian! a Parigi nel 1815, fu fatto daila Comune
di Parigi nel 1871 !
II sig. Thiers, studiandosi d'evitare a Parigi i danni e le ssia-
gure d'una presa per assalto, diresse a quei cittadini ed alia Guardia
nazionale-un bando eloqnente e paterno, che si riusci a far affiggere
per le vie e per le piazze, offrendo perdono e pace, purche si smet-
tessero le arrni e si cessasse da quella lotta fratricida. La Comune
qualified quell' atto come un reato di alto tradimento , ed in pena
decreto che la splendida abitazione posseduta dal Thiers in piazza
S. Giorgio fosse demolita, con la giunta del sequestro di tutti i beui
mobili ed immobili di questo grand' uomo che, con tutti i suoi 74
anni, avea dura to, nel passato autunno ed inverno le aspre fatiche
di viaggi penosi alle Capital! delle varie Potenze, per trovar modo
di salvar Parigi dall' assedio e la Francia dagli orrori della guerra.
II decreto fu tirraato, con la data del 21 floreale anno 79, dai membri
del Comitato di salute pubblica, che, nominato il 1° di maggio, era
costituito dai cittadini Arnaud, Eudes, Gambon e Renvier.
II decreto fu eseguito, e si pose mano alia distruzione il 14
maggio; ma prima la casa fu spogliata degli arredi e mobili; le carte
furono mandate all'ufficio di sicurezza pubblica, gli oggetti d'arte al
Guardaroba , ed una collezione di bronzi antichi , rappresentante i!
valore di 1,500,000 franchi, fu parte mandata alia zecca per coniar
soldi, parte destinata ad essere venduta, parte assegnata ai Musei .
La casa fu quindi atterrata.
Come si scorge dalle date di quest! decreti , la Comune ed i!
Comitato di salute pubblica si pregiavano di scimmiare in tutto i
terrorist! del 1793. Non e dunque da stupire che il cittadino Fon-
taine Giuseppe sia stato delegato dal cittadino Protot, membro della
Comune e delegato alia giustizia , per eseguire un decreto del 7
maggio 1871 , in virtu del quale furono « post! sotto sequestro tutti
i beni mobili ed immobili appartenenti alle corporazioni o comunita
religiose, situati sul territorio della Comune di Parigi. » Un decreto
consimile della Comune avea dichiarato proprieta nazionale da de-
stinarsi ad usi civili tutte le chiese e cappelle cattoliche, e special-
mente quelle delle comunita religiose. Per aver masnadieri e scherani
esecutori di tal giustizia il Protot non ebbe da cercar molto . Egli
avea a'suoi ordini la benemerita Guardia nazionale, ed una molti-
tudine di facinorosi che, oltre al grosso stipendio , sapeano profittare
del diritto loro dato dalla Comune, di far perqiiisizioni nelle case,
per liberarle dall'eccesso degli oggetti di lusso.
CONTEMPORANEA 631
La moneta naturalmente dovea essere rara in Parigi. La Comune
col metallo del vasi sacri rapiti alle chiese e col vasellame tolto al
palazzo del Ministero degli aflari esterni, fece coniare monete simili
a quelle della repubblica del 1793. Da una parte 1' Ercole appoggiato
a due donne, dall'altra, in mezzo alia corona di quercia, la Comune
de Paris, ed i motti sacri : Liberte, Legalite, Fraternite, lustice.
Ma il piu dei metalli preziosi e vili avea preso ben altra via che
quella della Zecca ; e la Comune per rifornirsi impose alle societa
delle cinque grandi vie ferrate la piccola taglia di 2,000,000 di franchi.
7. Ognuno puo capire che impressione dovessero fare in tutta
la Francia, ma specialmente a Versailles, le notizie di tali fatti. Se,
eccettuati un 20 fanatici repubblicani della Sinistra, che in sostanza
parteggiavano per la Comune , vi erano tra gli altri depatati uomini
dabbene ma disposti a ritentare pratiche di accordo, dovettero ricre-
dersi, e null' altro temere se non che la longanimita e temperanza
del Thiers desseagio a codesti moderni Musulmani di proseguire I'o-
pera di distruzione. Laonde qualcuno di essi fin dal giorno 1 1 maggio
voile assicurarsi che il Thiers non scenderebbe a funeste amnistie.
Pertanto in quella tornata il deputato sig. Di Belcastel insistette
perche il Dufaure, ministro per la giustizia, rispondesse a questa
interrogazione: « Gii oltraggi fatti alia liberta individuale ed alia
liberta di coscienza, con gli arresti dei preti ed il furto di oggetti
appartenenti al culto, saranno puniti giusta il rigore delle leggi? »
Rispose chiaro e netto il Dufaure, che la giustizia farebbe il suo
dovere, e tutle le colpe commesse riceverebbero la giusta pena sancita
dalle leggi. Questo non basto ad appagare il deputato Mortimer-Ter-
neaux, che lesse certe lettere venutegli da Bordeaux, dalle quali fl
Thiers era posto in vista d'uomo che tiene il piede in due staffe,
e che erasi impegnato a tali concession! verso i capi e sicarii della
Comune,, che equivalevano ad una assoluta impunita guareutita a
tutti, fuorche agli uccisori del Thomas e del Lecomte.
Altamente si risenti il Thiers di tali imputazioni, si protesto
contro questi intrighi orditi contro lui, dichiaro tornargli impossible
il governare in tali condizioni, e si ofleri a smettere 1' ufficio. Le sue
parole, piene di giusta indignazione e di dolore, commossero 1'As-
semblea. Si cercd di scusare il Mortimer-Terneaux, e si proposero
varii ordini del giorno per comporre quel dissidio. II Thiers li rifiuto
iutti, eccettuato queilo suggerito dal Sig. Bethmont, in questi termi-
ni : « L'Assemblea, confidando nel patriottismo del Capo del Potere
esecutivo, passa all'ordine del giorno. » 11 quale, posto ai voti, fu ap-
provato da 495 voti, e respinto da soli 9 contrarii.
Questo fu un vero trionfo pel Thiers, che cosi ebbe qualche an-
ticipate compenso della barbaric usata pochi giorni dopo contro lui
632 . CRONACA
dalla Comune, colla dispersione del suoi scritti e dei suoi averi e
con la demolizione della sua casa. L'Assemblea, accertata di quest' ul-'
timo eccesso, decret6 che la casa del Thiers sarebbe riedificata a spese
pubbliche, ed il Thiers nobilmente rifiut6 d'accettare tal dono; ma
dovette essere grato del buon volere, e gradir molto un altro decreto
delFAssemblea, che dichiarava inalienabili tutte le proprieta mobili
ed immobili staggite dai decreti della Comune; il che pote forse va-
lere ad impedire che 1'ingordigia facesse trovar compratori di quelle
proprieta, e varra di titolo ai danneggiati per avere indennita, quan-
dochessia, dal pubblico erario e dallo Stato, nel caso che loro non fosse
restituito il rubato dalla Comune.
8. Queste cose, piu orrende nel fatto e piii crudeli di quanto
per noi si possano a parole descrivere, dovre*bbero pure aprire gli
occhi ai miscredenti politicastri, che tanto abbondano ancora in Fran-
cia. La sorte poi deli'Arcivescovo di Parigi , che era costretto in car-
cere e in pericolo d' essere trucidato, nella cellula di Mazas, malgrado
dei caldi ufficii fatti anche dalla Prussia per ottenerne la liberazio-
ne, questa crudele quanto inutile e insensata violenza contro un Pre-
lato, impotente a usar la forza per far dietreggiare la rivoluzione, e
come un simbolo di quel che era riserbato al clero ed alia Chiesa, se
i partigiani della Comune fossero prevalsi , come brama la dema-
gogia italiana. L'Assemblea di Versailles comincio a dimostrare che
sente il bisogno di smettere 1' ateismo ufficiale, professato per tanto
tempo dal Governo francese; ed ammise che si ordinassero pubbli-
che preghiere da tutti i culki, per impetrare da Dio pace alia tra-
vagliata Francia, e termine a41a guerra civile. E questo e buono in-
dizio. Se la Francia tornasse davvero a professare e praticare 1'antica
sua fede e religione cattolica , sarebbe per meta rigenerata e restau-
rata, e presto tornerebbe alia sua grandezza e potenza. Giova sperare
che cosi debba accadere, e che siano per essere esauditi i voti ed
ascoltati i consigli espressi dal Conte di Chambord (Enrico V) nella se-
guente lettera ad un membro dcll'Assemblea di Versailles e divulgata
nell' Unione e nel Giornale Le Monde del saba'to 13 rnaggio, di cui
rechiamo qui la traduzione; essendo un documento di molta rilevanza.
« Come voi, mio caro amico, io assisto coH'anima straziata alie
crudeli peripezie di questa abbominevole guerra civile, che ha seguito
cosi da vicino i disastri dell' invasione. Non mi occorre di dirvi quanto
io mi unisca alle dolorose riflessioni che essa v'ispira, e quanto io
comprenda le vostre angosce.
« Allorche la prima bomba straniera piombo su Parigi, io non
mi sono ricordato che delle grandezze della citta dove sono nato.
Io non poteva nulla di piu, ed oggi, come allora, mi veggo ridotto
a gemere sugli orrori di questa guerra fratricida.
CONTEMPORANEA 633
« Ma, abhiate fiducia; le difficolta di questa dolorosa impresa
non sono al di sopra dell' eroismo del nostro esercito. Voi mi dite
che vivete in mezzo ad uomini di tutti i partiti, preoccupati di sapere
cio che io voglia, cid ch' io desideri, ci6 ch' io speri. Fate loro conoscere
i miei pensieri piu intimi e tutti i sentimenti da cui sono animate.
Dite loro che io non li ho mai ingannati, che non li ingannero mai,
e che loro domando, "in nome dei nostri interessi piu cari e piu
sacri, in nome della civilta , in nome del mondo intero, testimonio delle
nostre disgrazie, di dimenticare i nostri dissensi, i nostri pregiudizii
ed i nostri rancori.
« Premuniteli contro le calunnie sparse nell' intento di far cre-
dere che, scoraggiato dall' eccesso delle nostre disgrazie, e disperando
dell' avvenire del mio paese, ho rinunziato alia felicita di salvarlo .
Egli sara salvo il giorno in cui cessera di confondere la licenza con
la liberta; Io sara soprattutto quando non aspettera piu la sua salvezza
da quei governi di ventura che, dopo qualcheanno di falsa sicurezza,
10 gettano in orribili abissi. Al di sopra delle agitazioni della politica
vi ha una Francia che soffre, una Francia che non vuol perire e che
non perira, giacche quando Dio sottopone una nazione a tali prove
si e perche egli ha su lei qualche grande disegno.
« Sappiamo dunque finalroerite riconoscere che 1' abbandono dei
principii e la vera causa delle nostre disgrazie. Una nazione cristiana
non pud impunemente stracciare le pagine secolari della sua storia,
rompere la catena delle sue tradizioni, inscrivere in capo alia sua
Costituzione la negazione dei diritti di Dio, sbandire ogni pensiero
religipso dai suoi codici e dalla pubblica istruzione. In tali condizioni
essa non fara mai che una tappa nel disordine, essa oscillera per-
petuamente fra il Cesarismo e 1'anarchia, due forme egualmente ob-
brobriose della decadenza pagana, e non isfuggira al destino dei
popoli infedeli alia loro missione.
« II paese Io ha certamente capito, quando ha scelto per manda-
tarii uomini come voi, illuminati sui bisogni dei tempi, ma non meno
penetrati dei principii necessarii ad ogni societa che vuol vivere nel-
1' onore e nella liberta. Percid, caro amico, malgrado cio che avanza
di pregiudizii, tutto il buon senso della Francia aspira alia monarchia.
11 bagliore dell' incendio le fa vedere il suo cammino ; ella sente che
habisogno d' ordine, di giustizia ed'onesta,e che fuori della monarchia
tradizionale ella non puo sperar nulla di questo.
« Combattete con energia gli errori e i pregiudizii che trovano
troppo facile adito fin nelle anime piu generose. Dicesi che io pretendo
farmi dare un potere senza limiti. Piacesse a Dio che questo potere
non fosse stato cosi leggermente concesso a coloro che, nei giorni
della tempesta, si sono presentati col nome di salvatori; non avremmo
il dolore di piangere oggi i mali della patria!
634 CRONACA
« Cio ch'io domando voi lo sapete: si e di lavorare alia rigenerazione
del paese ; di favorire tutte le aspirazioni legittirne ; si e, a capo di
tutta la Casa di Francia, di presiedere ai suoi destini, sottomettendo
liduciosamente gli atti del governo al serio esame di rappresentanti
liberamente eletti.
« Dicesi che la inonarchiatradizionalee incompatibile coiF egua-
glianza di tutti davanti alia legge. Ripetete bene che non ignore fino
a questo punto le lezioni delta storia e le condizioni della vita dei po-
poli. Come tollererei io privilegi per gli altri, io che non domando che
quello di consacrafe tutti gi' istanti della mia vita alia sicurezza ed
alia felicita della Francia, e di essere sempre alia fatica, prima di
esser con lei all'onore?
« Dicesi che 1' indipendenza del Papato mi & cara, e che son
deciso di ottenergli efficaci guarentige. Si dice il vero . La liberta
della Chiesa e la prima condizione della pace degli spiriti edell'or-
dine del mondo. Proteggere la Santa Sede fu sempre 1' onore della
nostra patria, e la causa piu incontrastabile della sua grandezza fra le
nazioni. Non 6 che al tempo delle sue grandi sventure che la Francia
ha abbandonato questo glorioso patronato.
« Credetelo bene: io saro chiamato, non solo perche sono il diritto
ma perche sono 1' ordine, perche sono la riforma, perche sono il fon-
damento del potere necessario per ristabilire a suo posto cio che non
vi e, e governare con la giustizia e le leggi, nello scopo di riparare
i mali del passato, e preparare infine un avvenire.
« Si dira che ho la vecchia spada della Francia nelle rnani, e
nel petto quel cuore di Re e di padre che non ha nessun parti to.
Io non ho ne ingiurie da vendicare, ne inimici da scacciare, ne fortuna
da rifare, salvo queila della Francia; e posso scegliere dappertutto
gli operai che vorranno lealmente associarsi a questa grande impresa.
« Io non riconduco che la religione, la concordia e la pace; e
non voglio esercitare altra dittatura che queila della clemenza, perch&
nelle mie mani, e nelle mie solamente, la clemenza e ancora la giustizia.
« Ecco, cari amici, perche non dispero del mio paese, e perche
non indietreggio davanti la grandezza del compito. La parola e alia
Francia, e 1'ora a Dio. Ai di $ maggio 1871. -- ENRICO. »
9. Parigi fu finalmente presa d'assalto. II mattino del 22 il
Gen. Douay colla sua divisione rimoatando al Nord, libero, senza
ab'battersi in grandi resistenze, gli sbocchi delle porte di Passy, della
Muetle^ e Dauphine. Entrato per esse nella cinta, sparti in tre colonne
la sua divisione, e pei tre viali, Franklin , Y Empereur, e la Muette,
abbattendo trincee , e cacciandosi innanzi le mal ordinate Guardie
nazionali, si spinse sino ai campi Elisi.
CONTEMPORANEA 635
II Gen. Vinoy occupando colle sue milizie le posizioni lasciate
dal Douay per questa marciata, stabili le comuuicazioni tra lai , e
il Gen. Cissey che era destinato a combattere sulla riva sinistra della
Senna.
Alle ore 9 del inattino le truppe del Cissey entrarono per la
porta di Montrouge, e rattamente avanzandosi occuparono i quartieri
di Vaugirard e di Grenelle, e impadronitesi del Campo di Marie
s'insediarono sul Ponte di lena ove si trovarono in coraunicazione
col Vinoy. Di quivi biforcandosi, 1'ala sinistra si spinse fino agl'/w-
validi , e J'ala destra fino al Mont Parnasse.
Allo stesso tempo il gen. Ladrnirault, pel viale della Grande
Arme'e, s'inoltro fino all'arco dell' Etoile, e muni fortemente tutti
gli sbocchi che menano ai quartieri del Nord e del Faubourg St-An-
toine.
II gen. Glinchant dopo di avere sbarattata degl'insorti la cam-
pagna presso Clichy, giro quel di le alture di Montmartre , forte-
mente armate dai Comunisti, affine di poterle attaccare alle spalle
sul piano di Batiynolles. Come appunto prosperamente esegui il
giorno seguente.
II di 23 di fatto Montmartre dapprima, e poscia la stazione della
ferrovia del Nord , furon presi dal Clinchant , e la porta di S. Ouen
dal Ladmirault. II gen. Cissey occupo tutto il sobborgo di*S. Germano,
e sbocc6 da quel lato sulla Senna. Nel centro il gen. Douay si fe
padrone, dopo vivo combattimento , della piazza della Concordia , e
di la per la Madeleine spunto all'estremo occidentale della via di
Rivoli, occupando il palazzo dell'Industria e i Carnpi Elisi; e co-
mimicando, per mezzo dei ponti degl' In valid! e della Concordia, colle
milizie della riva sinistra.
Gl'insorti , schiacciati dappertutto, si erano concentrati nella
Piazza Vendome, nei press! delle Tuileries, e del Louvre, e nelle
vie di Rivoli e di.St-Honore.
II giorno 24 la piazza Venddme , fu presa dopo un fierissimo
combattimento, e i Comunisti vennero scacciati da quasi tutte le loro
trincee e posizioni. Combatterono essi disperatamente; e non abban-
donarono, ma distrussero i punti da loro occupati . Le Tuileries ,
1' Hotel de Ville, il Louvre, la Madeleine, le Halles, i palazzi della
Corte dei Conti , della Legion d' onore, del Consiglio di Stato, delle
Finanze, il Lussemburgo e molt! altri dei piu grandosi monumenti
e dei piu belli edificii si pubbJici , e si privati di quella grande me-
tropoli, furono fatti o saltar per aria, o consumare dalle fiamme.
Terribile e desolante distruzione, della quale nessun barbaro sarebbe
stato capace, e che fu compiuta dai medesimi Parigini.
636 CRONACA
V.
MOVIMtiNTO CATTOLICO
1. Un'altra deputazibne austriaca al Santo Padre — 2. Indirizzo di cattolici
austriaci al Ministero — 3. Indirizzo dell'Episcopato austriaco cisleitano
all* Imperatore — 4. Indirizzo dell'Episcopato Belga al Re — 5. Altri in-
dirizzi a varii governi — 6. 11 pellegrinaggio nazionale e 1' assemblea cat-
tolica a Lovanio il 30 aprile — 7. II 5 maggio, e il 43 maggio, preludii
delle feste pel Giubbileo pontificale.
1. Alle 149,652 firme, che dicemmo recate a Roma dalla Depu-
tazione della Stiria, si debbono ora aggiungere altre 817,952 firme
allo stesso Indirizzo, presentate al Santo Padre il 16 maggio da una
altra deputazione austriaca. L' Indirizzo delie due deputazioni e lo
stesso, perche le firme sono raccolte da una stessa societa, la quale
s' intitola Unione popolare patriottico-cattolica., cjie ha cosi man-
dato in complesso 967,604, cioe quasi un milione di nomi di cattolici,
che protestano in una stessa forma come cattolici e come austriaci
contro i fatti di Roma. La Unione che si estende per tutta la Mo-
narchia, in questa nuova Deputazione di vane provincie dell' Austria,
fu rappresentata soltanto da sette degnissimi ecclesiastic! della ca-
pitale delF Impero. Togliamo il breve ragguaglio dell' Udienza dal
Buon senso che fu il primo a pubblicarlo. Sette Parrochi, che ap-
partengono alia diocesi di Vienna, presentarono ieri (16 maggio) al
Santo Padre, nella sala del Trono, gli omaggi delle Unioni caltoliche
della parte tedesca dell' Impero d' Austria. II Santo Padre, accompa-
gnato da alcuni Cardinali e Prelati, entr6 nella sala alle uudici e
mezzo; e il Rev. Decano Mahler lesse 1' indirizzo latino. II S. Padre
rispose ugualmente in latino con tenere e affettuose parole che qui
pur troppo non possiamo che compendiare :
In mezzo alle dure vicende e alle calamita che affliggono la
Chiesa di Cristo, tornargli ben dolci queste significazioni di affetto,
che gli si offerivano a nome di tanti fedeli. La guerra che ora ferve
non essere soltanto contro di lui , ma contro la Chiesa , contro Dio
ed il suo Cristo. I buoni Cattolici ben saper cio, ed opporsi dappertutto
coraggiosamente a questa scellerata guerra, cercando per ogni modo
di allontanare la peste delle malvage dottrine che si largamente sj
spande. « Possa Iddio preservare 1' Impero Austriaco da questa peste,
affinche egli rimanga degno del nome di Cattolico e di Apostolico.
CONTEMPORANEA 637
Benedico 1' Imperatore, al quale desidero da Dio buoni consiglieri ;
benedico la famiglia imperiale, i vostri vescovi, il vostro clero, voi
stessi, i vostri parenti, tutti i membri delle pie Unioni dell' Austria
e le loro famiglie. Benedictio Dei ecc. »
Tutti s' inginocchiarono profondamente commossi , poi furono
ammessi al bacio del piede e della inano. A raolti di quei pii ec-
clesiastici, che vedeano per la prima volta il Santo Padre, e lo ve-
deano cos), scorreano le lagrime sulle guance. II Santo Padre gl'in-
vit6 quindi a seguirlo nella sua solita passeggiata, dopo la quale di
nuovo li benedisse e li congedo. Un di loro, un venerando vecchio
piu che ottuagenario, nello scendere le scale del Vaticano esclamo :
Nunc dimittis servum tuum, Domine; e tutti erano in preda alia
piu profonda commozione, die certo non conterranno nei loro cuori,
tornando in mezzo ai loro fedeli.
2. Lo stesso Buon senso soggiungeva uno specchio delle firme di
un altro Indirizzo austriaco al ministero. Questo indirizzo, col quale
i sudditi dell' Impero. austriaco sonosi rivolti al Governo , affinche
voglia efficacemente provvedere per la intera liberta ed indipendenza
del Pontefice Romano, porta 405,500 firme e tutte unicamente di per-
sone, che godono ed esercitano la pienezza del diritti politici. Sono
poi queste firme ripartite come appresso :
Bassa Austria 32,150
Alta Austria. ,.....- .... ..... . . 24,2*3
Salisburgo . . ,;'^.. 15,812
Tirolo settentrionale 53,548
Tirolo meridionale 44,980
Vorarlbergo . . . * . ..,'*..... 3,500
Stiria . 59,572
Illiria 69,384
Dalmazia 7,896
Boemia . 24,334
Moravia . ... . . . . . . . . . . . 42,175
Slesia austriaca 2,783
Gallizia . . . . . . . .... ... . . 25,163
405,500
II Vaterland pubblica su questo Indirizzo un lungo articolo, del
quale qui diamo alcuni tratti.
« L'associazione cattolico-patriottica della Bassa Austria ha 1'onore
di presentare all' imperiale ministero la protesta dei cattolici dell'Au-
638 CUONACA
stria contro la ... occupazione di Roma e contro la prigionia morale
del Santo Padre Pio IX. S' egli e un dovere d' ogai governo legit-
timo . . . di apprezzare i sentiment! e le lagnanze de'sudditi, questo
dovere e qui doppiamente imposto, poiche la protesta ha parecchie
centinaia di migliaia di firme, tanto di rappresentanti di Comunita
cattoliche, quanto di privati cittadini .... La protesta si appoggia
ai principii inalterabili della verita, della giustizia e della religione,
la cui protezione e il piu sacro dovere d' ogni governo .... La
protesta e in pari tempo un giudizio franco e solenne dell' Austria
cattolica contro la politica romana del cancelliere deirimpero, conte
Beust ... In essa dicesi anche come appresso :
« Noi sottoscritti cattolici dell' Austria non siamo isolati in siffatta
protesta. L' immensa maggioranza della restante popolazione cattolica
della monarchia pensa e sente come noi, ed e unita con noi , del
die possiamo dare moltissime prove. Ed insieme con noi protestano
anche i cattolici della Germania, delia Fraricia , della Spagna, del-
r Italia, dell' Inghilterra, del Belgio, dell'Olanda, dell' America, del
Brasile, delle repubbliche dell' America meridionale, insomnia del-
1' intero mondo cattolico contro i . . . . misfatti commessi riguardo
a Roma e al Capo della cattolica Chiesa .... La violenza fatta
contro Roma e il Papa e un attentato contro i diritti e la coscienza
di tutti i cattolici.
« Noi cattolici dell' Austria speriamo percio dalla giustizia e sa-
viezza del Ministero, Che impieghera tutta la sua influenza, affinche
al venerabile e glorioso Papa Pio IX sia restituita la sua piena li-
berta ed indipendenza ... 11 Ministero adempira con cio una giusta
esigenza dei cattolici dell' Austria, il desiderio del Mondo cattolico e
le ragioni della Chiesa alia sua proprieta riconosciuta dal diritto in-
ternazionale . . . . »
3. L'intero episcopate austriaco cisleitano diresse all' Imperatore
d'Austria, Francesco Giuseppe, un grave Indirizzo per sollecitare 1'in-
tervento del suo governo in favore del Santo Padre, la cui liberta
e indipendenza non possono in verun modo essere guarentite, senza
che egli torni ad essere veramente sovrano. Vi si fa una viva de-
scrizione dello stato, in cui versa la Chiesa in Roma dopo 1'ingresso
che vi fece colle bombe 1' italiana rivoluzione , si deplora che il
governo austriaco non abbia espresso il suo biasimo , e dopo aver
implorato 1' intervento dell' Imperatore, conchiude: « Gli occhi di
tutti i cattolici sono rivolti verso Vostra Maesta: e coll'entrare rnal-
levadore di postulati cosi evidentemente giustissimi, Ella meritera
la gratitudine dei cattolici nelle cinque parti del mondo. » L'Osser-
vatore cattolico di Milano fu il primo a pubblicare la versione di
CONTEMPORANEA 639
questo indirizzo, riprodotta in Roma il 2! maggio dalla Voce delta
Veritd , la quale in un articolo intitolato Due diverse risposte at-
tribuile al Beust fa sentire che amendue son degne dell' uomo : la
prima di won intervento, che torna a un lavarsi le mani della qui-
stione, esprimerebbe la sua politica fin qui seguita: « indiflerenza,
connivenza piu o meno dissimulata al di fuori e forse conforti forniti
all' Italia per far cio che ha fatto » : la seconda di aspetlativa, che
sembra pur promettere qualche cosa, di concerto con altre potenze,
esprimerebbe la politica impostagli dalle dimostrazioni cattoliche:
« dissimulare cioe la propria malevolenza ed atteggiarsi a protettore
di chi si vorrebbe piu veramente schiacciato. » Amendue le risposte
sarebbero deghe della creatura del Bonaparte, del framassone e del
protestante « a cui 1' impero austriaco deve tutta T obbligazione del-
l* essere caduto si basso, da far quasi disperare i suoi amici del ve-
derlo giammai risorgere. » Speriamo che la seconda risposta abbia
un senso migliore.
4. Anche i Vescovi belgi hanno inviato a Sua Maesta il re del
Belgio un indirizzo nel quaie parlando come Vescovi e come belgi
uniscono la lore voce autorevole a quelle tante che si levarono da
ciascuna delle loro diocesi a centinaia di migliaia. Basti il dire che
dalla sola diocesi di Malines I' indirizzo al Re portava 300,000 firme.
Ora 1' Episcopate vi ha apposto il suggel!o. La versione dell'Indirizzo
dell' Episcopate belga fu pubblicata in Roma nel Buon senso il 22
maggio n. 131.
5. I fogli parlarono non ha guari di altri Indirizzi di popoli ai
loro govern!. Oltre a 400 Comuni hanno inviato il loro Indirizzo al
Re di Olanda : 307 Comuni al Re del Belgio : in Germania le pro-
teste contro lo spodestamento del Pontefice (secondo che leggevasi in
una corrispondenza di Monaco al Divin Salvatore n° 64) aumentano
sempre piu: nel solo granducato di Baden gli abitanti di meglio che
600 Com-uni ne hanno firmata una che potrebbe servir di modello.
Anche dal Canada e giunto alia Regina d' Inghilterra un Indirizzo,
nel quale quei cattolici protestano contro i fatti di Roma, come cri-
stiani, come cattolici, come sudditi britannici, come membri di una
societa civile , come membri della famiglia umana , e supplicano la
Regina d' intervenire a nome della giustizia, della liberta, della
proprieta, dell' ordine e del diritto delle genti. I Belgi hanno anche
diretto alle Potenze, che guarentirono 1'indipendenza del Belgio, una
protesta contro 1' invasione dei dominii della Chiesa.
6. Ma cio che teste ha fatto piu parlare del cattolico Belgio, non
solo i fogli belgi, ma anche i fogli stranieri, si e il famoso pelle-
grinaggio nazionale e I'assemblea cattolica a Lovanio il 30 aprile.
6iO CRONACA CONTEMPORANEA
II Bien public in piu numeri consecutivi ha dato uno splendido
ragguaglio di questa dimostrazione religiosa e politica. Ivi si legge
il discorso di Mgr. Dechamps, Arcivescovo di Malines, di Mgr. Laforgt,
Rettore raagnifico dell'Universita, e del Sig. di Corswarem, rappre-
sentante della gioventu studiosa. II discorso del giovane oratore ebbe
grandi applausi , dice assai bene il Bien public , non solo per la
bellezza della lingua e per 1' elevatezza dei pensieri, ma piu felice-
raente ancora per la sua conformita col pensiero e col sentimento
dell' udienza : il discorso del Rettore magnifico fu una Inminosa
apologia dell' Enciclica e del Sillabo del 1864 : il discorso poi
dell' Arcivescovo di Malines, in cui spiego cio che sia Roma e
Plo IX, fe' dire al Bien public: Rarement V eloquent Prelat a e'te
mieux inspire. Ma cio che diede al pellegrinaggio di Lovanio. un
carattere particolare, secondo che osserva egregiamente il pubblicista,
si e che , avvenendo nella citta ove ha sede I'Universita cattolica ,
vi si senti 1' influenza di questa grande Istituzione e la gioventu
studiosa vi ebbc una grandissima parte e v'intervennero molti antichi
allievi dell' Universita, fedeli alle credenze e agli afietti dei loro anni
giovanili. Pero assai acconciamente il Nunzio apostolico non voile
che 1' Assemblea si sciogliesse, senza ringraziare i cattolici venuti a
Lovanio e soprattutto la gioventu universitaria per questa nuova inarii-
festazione in favore dei diritti della S. Sede. Ai suoi ringraziamenti ed
encomii con tatto squisito Mgr. Cattani aggiunse alcuni gravi ed utili
consigli per la gioventu che 1' ascoltava. Egli raccomando lo studio
serio, che e il fondamento della scienza solida; ma raccomando al-
tresi lo spirito di pieta, di fede, di sommessione alia Chiesa, che e
1' aroma che impedisce alia scienza di corrompersi. II doloroso e tre-
mendo esempio di Dollinger ci mostra in quali abissi puo cadere la
scienza fuorviata per la superbia. L'allocuzione del Nunzio pontificio,
terminata con afiettuose parole, fu salutata con iruove acclamazioni.
La citta di Lovanio e 1'Universita caltolica, conclude il Bien public,
possono andar altieri di questa giornata e scriverla nei loro annali.
7. I fogli romani furon pieni di notizie, intorno alle tante dimo-
strazioni di devozione fatte al Santo Padre nella sua Roma, il 5 maggio,
festa di S. Pio V, suo giorno onomastico , e poi il 13 maggio, suo
giorno natalizio. Ma le dimostrazioni non si restrinsero a Roma: come
i fogli romani, cosi i fogli cattolici forestieri ci parlano delle dimo-
strazioni cattoliche di quei giorni. Non solo le grandi solennita eccle-
siastiche, ma ogni giorno che abbia special relazione colla vita di
Pio IX, da un nuovo impulse al movimento cattolico. Le feste del 5
e del 13 maggio non sono altro che un preludio delle feste mondiali
pel Giubbileo pontificale.
IL CONCLAVE DEL 1846
Per la contingenza faustissima del Giubbileo pontificate
del Santo Padre Pio IX, abbiam pensato di fare cosa accetta
ai lettori nostri, mettendo loro sotfocchio la storia veridica
della sua quasi prodigiosa elezione alia tiara. Cosi apparira
sempre meglio, quanto Tavvenimento straordinario di questo
suo Giubbileo armonizzi, dopo venticinque anni di straor-
dinarii successi , cogli esordii pure straordinarii del suo
Pontificate, a giusta ragione dai contemporanei riconosciuto
come il piu splendidamente provvidenziale, che s'incontri
nei fasti della Chiesa cattolica, apostolica, romana.
Quando il Papa Gregorio XVI, reso lo spirito a Dio ,
lascio vacante la Sedia apostolica , il sacro Collegia che ,
siccome custode del civile Principato di lei , si reco tosto
in rnano la somma delle cose pubbliche, numerava sessan-
tadue cardinal!. Sei appartenevano alPordine dei vescovi ,
con a capo e decano quello di Ostia e Velletri , che era
Ludovico Micarr. : quarantotto alPordine dei preti, e otto
all'ordine dei diaconi. Ben trenta di loro avevano stanza
ed ufficio in Roma: diciassette erano sparsi pe1 Dominii
pontificii : otto occupavano sedi metropolitane nell' altra
Italia: tre nella Francia : uno nell1 impero d' Austria, e in
ciascuno dei tre regni cattolici di Spagna , del Portogallo
Serie V12I, vol. //, fasc. 504. 41 2 giugno 1871.
642 1L CONCLAVE DEL 1846
e del Belgio. Fra essi contavansi ancor due creature di
Pio VII, e sette di Leone XII: i rimanenti cinquantatre
aveano ricevuta la porpora da Gregorio.
La sera del medesimo di primo giugno 1846, in cui il
Santo Padre avea finito di vivere, il cardinal decano, giusta
Tusanza , chiamo presso di se i due cardinal! capi degli
ordirii dei preti e dei diaconi che si trovavano presenti in
curia , ed il camerlengo Tommaso Riario Sforza , il quale
per sorte era altresi capo di quest! ultimi , e con loro , a
nome dell'augusto Senate della romana Chiesa, comand5
si celebrassero le novendiali esequie in suffragio del defunto
Pontefice; ed intimft Tapertura del Conclave, pel giorno
quattordicesimo del predetto mese. Da quel punto il sacro
Collegio volse ogni suo studio in apparecchiarsi ad eleg-
gere un degno successore a Gregorio XVI, ed in sicurare
la tranquillita degli Stati si fattamente, che la elezione si
potesse condurre a felice termine senza inquietudini.
Per tale effetto piglio molte cautele, e tra le altre pre-
pose monsignor Domenico Savelli, uomo di esperimentato
senno e di forte polso, al governo delle Romagne, durante
Tasseaza dei quattro cardinal! legati e dei quattro cardi-
nal! arcivescovi, che erano in sul partirsene per convenire
al Conclave: ed a reggere le Marche, deput6, con amplis-
sima giurisdizione , monsignor Domenico Lucciardi , sopra
di cui era a farsi ogni migliore assegnamento.
Ne queste sollecitudini erano causate da vane appren-
sioni, o soverchie. Conciossiache, per opera dei faziosi in-
tern! ed esterni, varie citta del Piceno e della Emilia bol-
livano e rihollivano allora piu che mai in una dubbiosissima
condizione : ed era voce comune che le conventicole della
giovane Italia macchinassero , per la prossima state , un
rivolgimento, ben altro da quello accaduto in Rimini 1'anno
addietro. La novella poi del transito all1 eternita di Papa
Gregorio, ivi saputo morto quasi prima che infermo, v'avea
destato un tal subito e pericoloso commovimento, che era
stato bisogno di crescere immantinente il presidio e di
IL CONCLAVE DEL 1846 643
»
aumentare le artiglierie in Ancona , dove i sediziosi gia
prendeano ad insolentire col pugnale snudato. Ondeche
T Austria , insospettitasi gravemente , si era afire ttata di
mandare nelle sue vicinanze alquante navi da guerra, e di
rifornire di munizioni le altre che fondeggiavano in quel
porto : e di questi provvedimenti non paga, avea rinforzate
le spldatesche, le quali nella cittadella di Ferrara teneano
guarnigione.
Se non che i piii autorevoli de'liberali della parte cosi
detta moderata, secondo le intelligenze corse tra loro e i
consigli giunti dai centri settarii di Pisa e di Torino , si
vennero ingegnando di frenare gli avventati, persuadendo
loro che questa volta, a riuscir hene, era mestieri non dare
1'assalto, come nel 1831, ma porre 1'assedio intorno al va-
cante trono di Roma. Fossero certi, che una prudente pa-
zienza gioverebbe piii e meglio , di quello che una solle-
vazione ancora che generale da Perugia a Bologna. Perocche
questa, in meno che non si credeva, sarebbe stata repressa
dagli Svizzeri che si tenevano fedelissimi alia bandiera di
san Pietro, o dagF Imperial! che, al primo invito del sacro
Collegio , indubitatamente da terra e da mare sarebbono
rientrati. La rivoluzione volersi e doversi fare : ma secondo
le regole indicate da Massimo d'Azeglio, nel suo libercolo
che trattava della Romagna, ed era nelle mani di tutti.
Cioe, non per via di aperte ribellioni e di sanguinosi tu-
multi ; bensi con petizioni ossequiosamente franche per
implorare largjiezze. Le quali, se fossero concedute, si ac-
coglierebbero con plausi provocativi di altre e poi di altre;
se fossero negate, darebbon luogo a protestazioni piu no-
cevoli al futuro Papa, che qualsivoglia sedizione oggi nata
ed estinta domani. Si ricordassero della salutare impres-
sione che avea fatta in Europalaprotesta contro il Governo
papale, offerta dai socii di Forli, nello scorso aprile, ai due
monsignori lanni e Rufini, spediti da Gregorio in giro per
le province. Osservassero con quale vantaggio si fosse co-
minciato a praticare nella Toscana cotesto argomento delle
644 IL CONCLAVE DEL 1846
petizioni. La citta di Pisa, con un foglio corredato di poche
centinaia di sottoscrizioni , aver indotto il Granduca a la-
cerare il decreto , che assentiva 1' aprimento cola di un
monastero ai consorti odiosissimo '. L' esempio adunque
s' imitasse anche negli Stati ecclesiastic! , e in una con-
giuntura cosi propizia, com1 era questa della vacanza della
Santa Sede.
Piacque universalmente il partite, e in quei primissimi
umori torn6 utile se non altro a contenere gli scapestrati ,
i quali minacciavano di far d1 arme senza nessun indugio ,
e torsi le vendette a cui da gran tempo agognavano. Per-
tanto, passatisi con ammirabil prestezza gli avvisi, i gui-
datori di questa trama si diedero a compilare suppliche
dirette al Conclave. Nelle citta di Osimo e di Ancona si
opero che dai magistrati del municipio fossero presentate
riverentemente ai cardinali vescovi Soglia e Cadolini, af-
finche eglino stessi le avessero portate in Roma e parte-
cipate al sacro Collegio. Nelle quattro Legazioni pero si
procedette di altra guisa. Dapprima in Bologna, poscia in
Ferrara , in Forli e in Ravenna i collettori di soscrizioni
alle istanze gia belle e distese dai liberali piu noti, osten-
tavano di andarne in cerca si arrogantemente , che inon-
signor Savelli ne fu impensierito; e stette in forse se gli
convenisse far uso dell' autorita sua, per intraversarsi loro
ed eziandio punirli. Narrasi che il memoriale di Bologna ,
promosso caldamente da Marco Minghetti, da Luigi Tanara
e da Gioacchino Pepoli , fosse accompagnato da mille e .
settecencinquantatre segnature , le piu carpite a' giovani
scolari dell' Universita, ed a bonarie persone o nobili o fa-
coltose. Checche ne sia, tanto questa coine le altre sfmili
delle suddette citta, furono secretamente inviate in Roma,
comunicatane copia agli ambasciatori e ministri delle Po-
tenze, accreditati presso la Sede apostolica 2.
1 GIUSEPPE MONTANELLI, Memorie, vol. I, cap. XVIII. — Introduziom ad
akuni oppunti storici sulla rivotuzione d' Italia, pag1. 3. Torino, 1851.
2 F. A. GUAI.TERIO, Gli ultimi rivolgimenii italiani, volume I, porte II,
<a. LXIII.
IL CONCLAVE DEL 1846 645
II tenore poi di quest! atti , a'quali si pretendea dar
vista di popolari manifestazioni , non era meno artificioso
dei modi serbati in accattar loro norni di aderenti. Tutti ,
fra le involture di locuzioni umili si ma ambigue, espone-
vano le medesime domande , allegavano le medesime ra-
gioni , e toccavano i medesimi punti. Con singolar chia-
rezza vi si esprimeva la doppia preghiera, di un perdono
pe'rei di Stato esuli o sostenuti in carcere, e per la insti-
tuzione di consigli provinciali, che avessero facolta di rap-
presentare al Governo i voti dei popoli. Quanto al resto, si
rimetteva in campo il memoriale dettato nel 1831 dalla
Conferenza diplomatica di Roma ; e si supplicava , che il
novello Pontefice volesse degnarsi di prenderlo per fonda-
mento di una riformazione degli ordini civili del suo Regno.
Vero e che, attesa la durata brevissima del Conclave,
queste petizioni significative di turbolenze gia mosse, non
arrivarono in tempo da essere tutte ricapitate al cardinal
camerlengo, a cui spettava Taccoglierle avanti la crea-
zione del Papa. Ma alcune gli vennero alle mani : e senza
cio , il sacro Collegio era informatissimo per altre vie dei
pericoli che sovrastavano ; ne avea uopo di questa sorta di
avvertimenti a fare che se ne capacitasse.
Quantunque le sue angustie erano alleviate notabil-
mente dalle favorevoli inclinazioni delle due grandi Co-
rone cattoliche di Austria e di Francia, le quali aveanlo
certificate come non fossero per tollerare a niun patto, che
in questa occasione si rinnovassero, contro la Santa Sede,
le fellonie che funestarono 1'interregno seguito dopo la
morte di Pio VIII, e i primordii del Pontificate di Grego-
rio XVI.
Intorno a che e debito di giustizia rendere lode , noa
solamente allapieta dell' imperatore Ferdinando I, che, con
cuore lealissimo, si profferse a difendere il Conclave dalle
molestie di qualsifosse perturbazione; maaltresi al Governo
di Luigi Filippo, che, sebbene con mire non ugualissime
alle austriache, tuttavia si mostro fermo di opporsi ad ogni
646 IL CONCLAVE DEL 1846
impeto di rivoltura nei pontificii Dominii '. Per quanto i
procedimenti di questo re, verso la Cattedra di san Pietro
e le ragioni della Chiesa cattolica, sieno stati biasimevoli
in piii di un incontro; nulla di meno vuole equita che sia
riconosciuto, eziandio in questa contingenza, mantenitore
fedele della promessa da lui fatta a Gregorio XVI, che egli
avrebbe avuto sempre per cardine della politica francese
in Italia, la conservazione del Potere temporale, la interezza
e la indipendenza dello Stato dei sommi Pontefici \ E sa-
viamente per conto de1 suoi interessi e dell' onore di Fran-
cia: da clie troppo intendeva, che avrebbe mal provveduto
agii uni ed all' altro, se avesse dato mano a scrollare o a
demolire nella Penisola Tedifizio di quel Principato de'Papi,
11 cui stabilimento era gloria immortale della nazione di
Carlo Magno. Onde, per questo rispetto, i cardinali aveano
Tanimo riposato, ne dubitavano che, occorrendo il bisogno,
si Timperatore d1 Austria, come il re dei Francesi non fos-
sero per prestare braccio forte al Conclave.
Del rimanente, non ostante quello che ne hanno scritto
in contrario autori maligni o fantastici, si puo afFermare con
verita, che non mai forse, o rarissimamente, nella imminenza
della creazione di un Papa, il sacro Collegio si era trovato
in disposizioni piii placide e concordi che allora. Tutti quei
principi della Chiesa erano di una. mente, nel volere il bene
del cristianesimo e dello Stato, innanzi a qualunquesi fosse
rigmardo di mondana politica. Brighe o private ambizioni
non vi erano tra di loro, e niuno sicurainente ne ravviso
indizio; neppure tra que'non pochissimi che, per la chia--
rezza della faraa o per altri meriti egregi, erano in voce di
phi prossimi alia tiara. La quale da tutti generalmente, per
la calamita dei tempi, veniva considerata come un fascio di
spine si acute, che non sembrava desiderabile, salvo a chi
1 GunoT , M&moires pour serrir a I' kistoire de mon, temps, torn. VII,
chap. XLIii. Paris 1865.
2 N.ite del conte di saint-Au!aire al eardinale Sjcrctario di Stato, Rcma
12 gonna io e 15 ajTile 1832.
1L CONCLAVE DEL 1846 647
fosse vago di un martirio, Dio solo sapeva quanto aspro e
penoso. II perche e fuori di dubbio che se, nei modern! se-
coli, vi ebbe elezione di Pontefice, la quale apparisse visi-
bilmente condotta dallo spirito di Gesii Cristo, per certo fu
quella che, sui vesperi del quattordicesimo giorno di giu-
gno, Tanno 1846, cinquanta cardinali, tutti di un senti-
mento e di una intenzione, si chiusero a fare nel palazzo
del Quirinale; e senza maneggi e senza dispute di alcuna
specie, meravigliosamente compierono neirintervallo di
quarantott' ore.
•§.11.
Non e mancato chi, per dare odiose ragioni di questa
insolita brevita del Conclave , abbia asserito , ed eziandio
pubblicatolo in istorie tessute di favole , che il sacro Col-
legio , invasato dal terrore della minacciante rivoluzione ,
entrasse nel Quirinale come per cerimonia, e col Papa gia
fatto ; o che s'inducesse a precipitarne la creazione , per
estinguere i litigi ardenti fra due parti formatesi in tin
buon numero de' suoi membri. Or che queste ragioni con-
traddittorie non si appoggino altrove che nella fantasia di
chi le ha inventate, per diletto di malignare chimerizzando,
oltreche risulta dalla fede di autorevolissimi testimonii, si
manifesta dal processo medesimo degli scrutinii : onde ap-
pare evidentemente, che Taccordo nei voti non si era an-
ticipate fuori, ma si oper6 dentro il Conclave ; e gli animi
dei votanti , non che si dividessero in partiti , si vennero
anzi stringendo in sempre piu ammirabile unione.
II vero poi e, che gli elettori si raccolsero deliberate
di non indugiare piu tempo che bisognasse la nominazione
del Papa. E ci6 , si per occorrere ai pericoli di turbolenze,
de1 quali se non erano atterriti, come si e finto, erano pero
solleciti , giusta il debito loro : e si anco per non prolun-
gare , in qiiei caldi estivi , i disagi della reclusione a tanti
de'loro colleghi debilitati dagli anni, o cagionevoli della
648 IL CONCLAVE DEL 1846
persona. Con tutto questo niuno di loro pensava , che a
spedire il negozio convenisse precipitarlo ; e che , in affare
di si gran momento per la Chiesa di Dio e per la pace del
cristianesimo , gli stimoli della fretta fossero da anteporsi
ai consigli della prudenza. Se non che , dopo i tre primi
esperimenti delle schedule, essendosi tutti avveduti che
le inclinazioni dei piu pendeano verso un sol cardinale , e
che sopra di lui i suffragi viemaggiormente si accumula-
vano; quelli di essi che fino allora incerti eran iti quasi
tastando il terreno , senz1 altro aspettare , con bella prova
di mutua carita e concordia, giudicatolo il degnissimo, cosi
prontamente gli si accostarono, che nel quarto scrutinio
egli, con suffragi piu che hastevoli, rimase eletto. Questa
e semplicissimamente la verita : ne della si breve durata
del Conclave si possono allegare altre diverse cagioni, le
quali non sieno o torte o false.
Ma questo fatto riusci tanto piu inopinato, quanto piu
era comune il pronostico , che il sacro Collegio si sarebbe
a lungo soprattenuto nelle operazioni degli squittinii. Mer-
cecche troppi erano i cardinali che la voce pubblica pre-
destinava al Papato; e codesti non con eguale universalita
di favore si in Roma e si nelle province. I popoli delle Le-
gazioni ve ne portavano tre : ed erano T arcivescovo ve-
scovo d1 Imola, Giovanni Maria Mastai Ferretti; F arcive-
scovo di Ravenna, Chiarissimo Falconieri Mellini ; ed il
legato apostolico di Forli , Pasquale Gizzi. I primi due vi
erano designati dai buoni d'ogni ordine , per le virtu evan-
geliche di cui risplendevano , quasi gemme , tra T episco-
pato delle Romagne : il terzo vi era desiderate dai fautori
delle riforme politiche ed in genere dai liberali, non per-
cho quel valentissimo porporato la tenesse con loro , ma
perche Massimo d' Azeglio aveagli fatto lo sgradevole onore
di encomiaiio, nel libello dianzi da lui composto in censura
del Governo della Santa Sede. Le Marche acclamavano per
Pontefice o T arcivescovo di Fermo , Filippo de Angelis , o
il vescovo d'Osimo, Giovanni Soglia, siccome forniti di
IL CONCLAVE DEL 1846 649
molti e nobili pregi a candidati della tiara condecentissimi.
Roma invece, benche non attenuasse la probability che
aveano il Falconieri , il Soglia , e singolarmente il Mastai ,
di essere eletti : antivedeva nondimeno per vicinissimo al
triregno anche Luigi Lambruschini, di patria genovese ,
segretario di Stato di Gregorio XVI, teologo dotto , nella
pratica dei negozii ecclesiastici assai destro , e , per la
esemplarita della vita, irreprensibile fino agli occhi de'suoi
detrattori piu lividi. La plebe tuttavia dava la palma al car-
dinale decano Ludovico Micara cappuccino , vecchio vene-
rando , popolesco di origine e uomo che , sotto una ruvida
scorza , era in estimazione di nudrire un cuore da Sisto V.
Per lo che attraversando egli un giorno dei novendiali la
piazza Barberina, fu circondato da una turba di popolani
che , inginocchiandosi attorno del suo cocchio, lo gridarono
Papa. Ne Iascer6 di avvertire che nel Conclave, messosi
poi mano alle schede , quasi tutti questi che erano in pre-
dicamento di eligibili, ottennero nel principio qualche por-
zione di voti : avvegnache subito piu degli altri ne ripor-
tassero i due che primeggiavano ancora nel concetto del
sacro Collegio ; dico il Mastai ed il Lambruschini.
Posta dunque una si molteplice varieta di cardinali, go-
denti credito di prossimi al sovrano Pontificate , era natural
cosa che si presagisse lunga piuttosto che corta la dura-
zione degli scrutinii: e non solamente dal volgo, ma ben
anco da personaggi di alto affare , e dalle stesse Potenze
d'Europa, che aveano fisso ilguardo ansioso verso di Roma.
Pellegrino Rossi , legato del re dei Francesi presso la Santa
Sede , notificando al suo Governo la morte di Gregorio XVI,
si dichiar6 insufficiente a prenunziar nulla di verosimile
intorno al Conclave , appunto perche troppi erano i cardi-
nali cui si prediceva il Papato !. Quanto alia Corte d1 Austria
poi . e fama che avesse per cosi certa la tardanza di una
1 Dispaccio al sig. Guizot ministro sopra gli affari esterni in Parigi
Roma 1 giugno !8i6.
630 IL CONCLAVE DEL 1846
risoluzione del sacro Collegio , che nemmanco si affretto
d1 inviargli a tempo la sua esclusiva. Questa narrano alcuni
che gli fosse recata dal cardinale Carlo Gaysruck , arcive-
scovo di Milano, quando non serviva piu a niente, per es-
sersi eletto il nuovo Papa ; altri che la portasse un corriere,
fl quale , saputo in Udine 1' avvenimento della elezione ,
volt5 indie tro e riport6 in Vienna il dispaccio a chi aveva-
glielo dato in mano. Dal che si ritrae, come fossero imma-
ginarii tutti gY indovinamenti che si pretesero fare circa le
particolarit^ di quest1 atto, di natura sua impenetrabilmente
secreto.
Per quello che e venuto a contezza pubblica , e che non
& malagevole ad argomentarsi pure dair andamento degli
^rutinii, sembra che animo del maggior numero degli
elettori fosse di suhlimare al Pontificate un soggetto, che
alle qualita richieste per legge ordinaria dalle costituzioni
apostoliche , sopraggiungesse queste .altre : di essere cioe
fresco di anni e valido delle forze, naturale degli Stati ro-
mani, non occupato sino allora in uffizii civili, e notoria-
inente caro ed accetto alle popolazioni, in ispecialita delle
Marche e della Emilia. Imperocche il sacro Collegio , bene
mformato della condizione tristissima delle cose in Italia e
ne'Dominii ecclesiastici , presentiva non lontani commovi-
menti , i quali avrebbero in gran maniera afflitta la catto-
licita, scosso il trono di S. Pietro, e duramente agitato
quello de1 lor fratelli , che eglino si apprestavano di collo-
carvi sopra a regnare. Onde que'porporati scorgeano chiara
la congruenza di sceglierlo florido di eta e robusto di com-
plessione in modo, che, umanamente parlando , il peso degli
aifanni non dovesse vincere in lui cosi tosto la fievolezza
del corpo. Desideravano inoltre che i faziosi delle province
questa volta non si potessero lamentare di essere governati
da uno straniero, conforme si erano, non saprei se piu stol-
tamente o maliziosamente , lagnati di Gregorio, italiano si,
ma non nazionale degli Stati della Chiesa. Quindi il pen-
•siero di assumerlo tra i nati in terra pontificia. Da ultimo ,
1L CONCLAVE DEL 1846 (J51
a togliere ogni pretesto di scontentezza , vedevano oppor-
tune di creare un tal Papa, che fosse gradito ai pacifici
per le sue doti esimie, e non discaro agFinquieti, per es-
sersi tenuto sempre fuori dei politic! ministerii, quantunque
ne conoscesse le appartenenze.
Con queste intenzioni, che miravano tutte a provve-
dere sapientemente , secondo i tempi , la Chiesa di un Pa-
store e lo Stato di un Principe il piu idoneo che fosse pos-
sibile , ne andava unita un'altra, che niuno degli elettori
studiavasi di serbar chiusa nel proprio petto. Ed era, che
il cardinale da innalzarsi mostrasse facili disposizioni a
concedere nel civile quel piu di grazie e di larghezze , che
la sant'anima di Gregorio, malgrado la huona volonta che
ne ehbe, era stato impedito di consentire, si dalle insolenze
dei ribelli interni, e si dalle arroganze degli esterni con-
sigliatori. Avvisavan di fatto che questo Pontefice , siiio
dai cominciamenti del suo regno, erasi trovato nell'amara
necessita di reprimere sempre moti sediziosi da un canto ,
per salvare la Corona, e di resistere sempre a suggestioni
imperiose dair altro, per salvare T onore della Sedia apo-
stolica. Mutate le circostanze , giudicavano che convenisse
mutare pur anco i temperament!. Era sperabile che il no-
vello Papa non sarebbe inaugurate fra i tumulti e gli ol-
traggi di una ribellione, e che per6 non si vedrebbe
costretto ad usare immediatamente la forza, per ridurre
in officio sudditi rivoltosi. Cio stando , erano di parere che
egli, cingendo la sacra tiara, dovesse cercare di cattivarsi
gli spiriti con un'amnistia, che tanto maggiormente gli
concilierebbe 1' affetto dell'universale, quanto piu ne era
vivo il desiderio , eziandio in molti a cui nessun private
vantaggio ridonderebbe da una tal grazia. Similmente opi-
navano che egli, non avendo piu le mani legate, come
Gregorio, da certi rispetti di convenienza, sarebbe anche
per ventura piu libero d'introdurre nella pubblica ammini-
strazione que'miglioramenti , che stimerebbe acconci a sod-
disfare i voglios: di riforme non irragionevoli; i quali erano
652 IL CONCLAVE DEL 1846
assai, e non tutti settarii. Conciossiache un grossissimo
numero di coloro che nelle province aveano grido di libe-
rali, era di sedotti e non di seduttori; e contentabili forse
piu leggermente che a prima fronte non si credesse. Anzi
la miglior arte di separare il grano dal loglio , cioe la gente
di buona fede dai perturbatori inemendabili, parer questa:
di affezionarsi gli onesti per via della clemenza e di savie
e misurate ordinazioni, si che i facinorosi e gli empii si
smascherassero da se medesimi, e con plauso dei buoni
soggiacessero ai rigori della giustizia. Ad ogni modo i
tempi essere forti. La Chiesa abbisognare di un Pontefice
santo il quale , con Y opera e col consiglio , dissipasse il
nembo di odii, che la calunnia e la miscredenza eran ve-
nuto ammucchiando sopra la Cattedra del Vaticano . Lo
Stato aver mestieri di un Principe accorto in uno e soave,
di cuor mite insieme ed imperterrito a rincontro degFim-
petuosissimi assalti, che in suo danno ove che fosse si
apparecchiavano.
Le quali sentenze partecipate, con piccoli divarii, puo
dirsi da tutto intero il sacro Collegio , non che dalla sola
pluralita de' suoi individui , si sono qui esposte candida-
mente , acciocch& sia palese che il successore di Grego-
rio XVI, indirizzando il Governo temporale della Santa Sede
per quella via che fece, non oper6, conforme ne avea pure
pienissimo arbitrio, di unico suo motivo; ma secondo an-
cora la mente dei venerabiii suoi fratelli i cardinali della
romana Chiesa, coadiutori suoi nel doppio ministero di
Pontefice e di Re : e che siccome non mai prese dipoi al-
cuna deterrninazione di notabil rilievo intorno agli Stati ,
che avanti non ne consultasse il senno e la esperienza; cosi
ne'principii del suo regno non tenne altri modi, da quelli
in fuori che unanimamente mostraron eglino di desiderare
che tenesse , allorche gl' imposero il triplice diadema di
san Pietro nel capo.
JL CONCLAVE DEL 1846
653
§ III.
Alle nove ore della mattina del quindici giugno, i car-*
dinali , raunatisi nella cappella di Paolo V', ascoltaron la
messa dello Spirito Santo, celebrata, in luogo del decano
giacenteinfermo, dal sottodecano Vincenzo Macchi : e dalle
sue mani riceverono divotamente il Corpo di Cristo. Dopo
di che il predetto cardinale fece loro un breve ragiona-
mento. Si lessero quindi le bolle di Gregorio X, ed il ce-
rimoniale di Gregorio XV intorno alle regole ed alia forma
della elezione ; e senza piu si passd allo sperimento dei
voti. II quale, giusta 1'usanza antichissima dei Conclavi ,
eomprende due parti: lo scrutinio propriamente detto, e
T accesso, che e una seconda collazione di sufiragi , nella
quale resta libero a ciascun elettore di mutare il suo voto,
e darlo ad altri diverso da quello a cui lo avea conferito
dianzi.
Pertanto T esito fu che il Lambruschini sorti quindici
voti, di cui nove nello scrutinio e sei nell' accesso; tredici
il Mastai, di cui otto nello scrutinio e cinque nelF accesso;
e cinque il Falconieri, di cui quattro nello scrutinio ed uno
nell1 accesso. I rimanenti andarono, con minor proporzione,
spartiti sopra di altri, fra i quali erano segnalati il de An-
gelis ed il Soglia. Notabile fu pero che le schede sommate
insieme, gia fino da quel primissimo saggio, favorivano
assai piu i cardinali nati sudditi pontificii, meno anziani
ed attualmente applicati nel governar diocesi , che quelli
di diverse regioni d1 Italia , provetti negli anni e adoperati
in ufficii di Stato. E in vero , se si eccettui il Lambruschmi
di Genova, che contava settant'anni ed aveva assistito Gre-
gorio col grado di suo primo ministro, i quattro che, dopo
lui, raccolsero una quantita maggiore di voti, erano tutti
vescovi residenti e nazionali de1 Dominii ecclesiastici. Di
eta poi il Mastai e il de Angelis noveravano cinquantaquattro
anni, il Falconieri cinquantadue, ed il Soglia sessantasette.
654 IL CONCLAVE DEL 1846
Poco differente riusci la seconda prova, effettuatasi la
sera del di medesimo. II Lambruschini , perdute due voci ,
rimase con tredici , delle quali otto riport6 nello scrutinio
e cinque nell' accesso ; il Mastai , guadagnatene quattro ,
ascese a diciassette, delle quali dodici ottenne nello scru-
tinio e cinque nell' accesso ; il Falconieri , avutane meno
una, resto con quattro , tutte conseguite nello scrutinio.
Filippo Gualterio , il quale ne1 suoi libri descrive tanto
a sproposito questo Conclave , che ne cresce e confonde
persino i giorni , e mostra d'ignorarne varii particolari piu
divulgati, toccando della notte che precede la terza ses-
sione , sbriglia la passionata sua immaginativa a foggiare
affannamenti e scene cosi brigose, vivaci e minute , che
non piu se egli fosse stato ammesso ad avvolgersi per le
celle di tutti i cardinali , ad origliarne i colloquii ed a pe-
netrarne 1'intimo degli spiriti l. Certo e che quella notte
trascorse nel Quirinale placidissimamente , e che niuno ,
tranne il Gualterio , ebbe rsentore dei maneggi e delle
agitazioni, che si e usurpato il privilegio di conoscere egli
solo. Adunque la susseguente mattina, venutosi al partito
e compitosi appena lo scrutinio, nel farsene lo spoglio
s' incontro una scheda dissuggellata. II cardinale Fabio
Maria Asquini avvisando che questo era sconcio non lieve,
il saero Collegio deliberb che T operazione si annullasse :
e fu notato che tra i piu caldi fautori di questo annulla-
mento era il Mastai, che in quello scrutinio aveva gia rac-
colti sedici voti. Rinnovatosi lo scrutinio e fattosi V accesso,
il Mastai si trov6 avere il suffragio di yentisette , cioe di
oltre la meta degli elettori ; laddove il Lambruschini nu-
merava quello di undici , e il Falconieri di sette. Questo
successo fu di gran lume a1 cardinali tutti : molto piu che
due di loro ebbero quel di lettere da Bologna, che assai
fosco dipingevano lo stato delle province. Si ha in oltre
memoria che il Falconieri, per la innocenza e santita rara
1 Op. o, vol. cit. cap. LXV,
IL CONCLAVE DEL 1846 655
de' suoi costumi, denominato T angelo del Conclave, preg6
i colleghi che a lui aveano dato il suffragio, che lo trasfe-
rissero sopra 1' amicissimo guo vescovo d'Imola, del quale
egli a plena bocca esaltava i meriti e le virtu.
La sera, fattasi 1' adunanza per la quarta volta, si osservo
un' aria d' insolita allegrezza negli ocelli e nel viso di pa-
recchi tra i congregati. Sembrava che ai piii il cuore pre-
nunziasse , quello essere 1' ultimo degli sperimenti. A scru-
tatori , ossia esaminatori e promulgatori dei voti , erano
deputati i cardinali Mastai, Luigi Vannicelli Casoni , e
Adriano Fieschi. Ma i suffragi promoventi il Mastai, i quali
erano stati ventisette nello scrutinio, cominciarono tosto a
seguirsi nell'accesso 1'uno dietro T altro cosi alia fila, die
egli , segnato il trentesimo , si turb6 e fe cenno con la
mano al Fieschi, che volesse tacersi. Fu indarno. Questi,
rinforzata la voce , continuft a ripeterne il nome sonora-
mente fino a trentasei volte ; che e a dire quante sovrab-
bondavano ad eleggere canonicamente il Papa. Allora tutti
i cardinali , rittisi in piedi , confermarono per acclamazione
Giovanni Maria de'conti Mastai Ferretti,arcivescovo vescovo
d' Imola, in legittimo Pontefice della santa Chiesa romana.
L1 eletto , bagnato di lacrime, dimandb in grazia di tornare
al suo stallo , e non aver parte alia verificazione delle
schode. Ritiratovisi, umilmente si prostrb e posesi ad orare.
Durante questa riunione, avvenne che da una delle fi-
nestre dell1 aula regia, d' onde si ha T adito nella cappella
paolina, entr6 una colomba, la quale, dopo svolazzato in-
certa un istante , si ando a posare proprio nella cornice di
quella parete , a cui rispondeva di dentro il banco del car-
dinale Masfcai. II caso era bizzarro ; e i conclavisti , che
nella sala aspettavano la fine dello squittinio , ne trassero
un lieto augurio. E per fermo indicibile si fu lo stupor loro,
quando intesero la scossa del campanello, che chiamava i
maestri delle cerimonie ed il secretario del sacro Collegio ,
per adempire le prescritte formalita della elezione.
€56 IL CONCLAVE DEL 1846
Mai si potrebbe rendere a parole la giuliva ed amorosa
confusione che nacque nella cappella, in quel punto che i
cerimonieri vi furono ammessi, ad accogliere T accettazione
autentica delFeletto. I cardinal! erano affaccendati in calare
il baldacchino teso , in segno di sovranita , sopra ciascuno
dei loro posti; e d' indi si affollavano intorno al nuovo Papa,
e con esso lui si rallegravano e teneramente lo abbraccia-
vano. Egli era cosi commosso, che appena faceva altro che
piangere e sospirare. Intanto il sottodecano si appress6 a
lui, insieme coi capi d' ordine, ed autorevolmente lo inter-
rog6, se egli accettasse la canonica elezione sua a sommo
Pontefice. Rispose, alzando gli occhi e le mani al cielo, che
egli si uniformava alia volonta di Dio. Richiesto allora del
nome che gli piacesse di assumere nel Pontificate ; sog-
giunse che, in riverenza di Pio VII, stato ancor egli ve-
scovo d1 Imola, si sarebbe nominato Pio com1 esso. Di che
ilsacro Collegio incontanente lo saluto Papa Pio IX; e non
si tosto fu vestito degli abiti pontificali, e condotto ad as-
sidersi accanto 1' altare, che gli fece T adorazione e rendet-
tegli T obbedienza. Terminata questa, i cardinali e i con-
clavist! con grande letizia accompagnarono tutti il Santo
Padre nelle sue stanze, dovendosi, per T ora gia tarda, dif-
ferire alia mattina seguente la sua promulgazione solenne.
Durante il Conclave, 1' ultima operazione con cui hanno
sempre termine gli scrutinii, e Y abbruciamento delle sche-
de: e il fumo, secondoche dallo sfogatoio della cappella
indugia o sollecita ad uscire , indica per ordinario se il
Pontefice sia stato eletto, o non sia. II popolo che la sera
dei sedici giugno stava , com1 e T usanza , raccolto nella
piazza del Quirinale in aspettazione della fumata, vedendo
ch' ella tardava cosi oltre il solito a mostrarsi , ne dedusse
che adunque la elezione era fatta. Laonde, con vivissirna
curiosita, si diedero tutti a prender lingua da ogni parte ,
IL CONCLAVE DEL 1846 657
per aver il nome del nuovo Papa. Ma non si seppe nulla ,
fuor solamente che poco dianzi, entro il palazzo, si era cer-
cato ai custodi dei sacri arredi un taglio di abiti pontifical!,
che si assettassero ad uno di statura corta : il qual taglio ,
che doveasi tenere acconcio insieme con quelli di gran-
dezza media e maggiore, si diceva essersi trovato man-
cante al bisogno.
Questo cenno bastb a fare che le congetture cadessero
sopra il cardinale Gizzi , per essere lui piccolissimo della
persona; e che, conforme in simili contingenze non di rado
interviene, una tale divinazione passando di bocca in bocca
si accreditasse per modo, che in brev' ora tutta Roma fu
piena della novella che il Gizzi era veramente Papa. Di che
i suoi domestici menarono festa, e v' ebbe persino chi voile
spacciarne T avviso con istaffetta a Ceccano , patria del
cardinale. Quelli poi che erano di sentire liberalesco, e, fra
i tanti che pure avea, non riconoscevano in lui altro pregio
se non di essere stato encomiato nell' opuscolo di Massimo
d1 Azeglio, ne rimasero ammiratissimi e levarono alle stelle
il sacro Collegio; come se questo, per provveder la Chiesa
cattolica di un successore di Pietro , avesse mai potato
prendere ammonimento da un maledico romanziere.
Intanto che questo falso romore spargeasi per la citta,
e vi somministrava materia di capricciosi comenti, il Santo
Padre, chiusosi nella sua Camera , penso di notificar egli
a'suoi fratelli, che dimoravano in Sinigallia, ravvenimento
della esaltazione sua al Pontificate : e il fece con una let-
tera che io riporterb qui a verbo, giacche esprime al na-
turale gli umili e teneri sensi di religione, che in quello
istante gli traboccavano dal cuore.
« Iddio benedetto che umilia ed innalza, ha voluto sol-
levare la mia miseria alia piu sublime dignita di questa
terra. Sia sempre fatta la sua santissima volonta ! Conosco
in qualche maniera la gravita quasi immensa di tanto in-
carico, e conosco egualmente la mia poverta, per non dire
la vera nullita del mio spirito. Fate pregare e pregate per
Serie VIII, vol. II, fasc. 504. 42 2 giugno 1871.
658 IL CONCLAVE DEL 1846
me. II Conclave ha avuto quarantott'ore di durata. Se il
comune volesse fare qualche spesa per dare dimostrazione,
fate in modo, anzi voglio, che la somma da spenders! sia
tutta erogata in cose utili alia citta, a giudizio del gonfa-
loniere e degli anziani. Riguardo a voi , cari fratelli , vi
abbraccio di tutto cuore in Gesu Cristo ; e lungi dall'esul-
tare, compassionate il vostro frattdlo , che da a tutti voi
1'apostolica benedizione T. »
Quantunque la erronea voce corsa e diffusasi quella
sera, si emendasse fra le brigate colte e signorili a notte
piu tarda, merce i ragguagli che si ebbero dal Conclave ; .
uulla di manco il grosso della popolazione si addormento
con Fanimo persuaso che il Gizzi fosse Papa davvero. E
per6 la entrante mattina, mentre, a vista di una turba af-
follatissima, si demoliva il muro a coltello, eretto nel vano
del gran balcone del palazzo quirinale, per pubblicare di
lassu il nome del Pontefice, era tuttavia caldo il disputare
di molti, i quali non si potevan rendere ad ammettere la
elezione del Gizzi, per una diceria che non avesse ne corpo
no ombra. Se non che ogni errore si dilegu6, incontanente
die il primo diacono del sacro Collegio, Tommaso Riario
Sforza, camerlengo di santa Chiesa, fattosi fuori la loggia,
annunzio con la consueta formola : Papa essere il cardinale
Giovanni Maria Mastai Ferretti, che assumeva il nome di
Pio IX. Alia fausta promulgazione risposero di presente i
saluti delle milizie , le salve del castello sant' Angelo , il
suono di tutte le campane, ed un inenarrabile mormorio di
quella smisurata calca di popolo ; il quale, rimanendo im-
moto nella piazza e con gli occhi fissi al balcone, sembrava
chiedere tacitamente che il Santo Padre si fosse compia-
ciuto di benediiio.
E non ando guari ch'egli fu soddisfatto. Conciossiache
appena demolitosi il muro, quanto al decoro della disusata
1 Lettera del Santo Padre Pio IX ai conti Gabrielo, Giuseppe e Gaetario
Mastai Ferretti, Roma 16 giugno 1846.
1L CONCLAVE DEL 1846 659
cerimonia si conveniva, i cardinal! furono a pregare il
Pontefice, che avesse consolata la moltitudine colla sua
presenza e benedettala, giusta il desiderio che quella ne
palesava. II Santo Padre se ne content6 : usci nella loggia
in forma tutta privata, cioe con la veste talare bianca, la
mozzetta e la stola, accompagnatovi dal sacro Collegio ; e
vi diede la sua prima apostolica benedizione, che fu rice-
vuta con grande pieta e con mostre di giubilo cordiale si,
ma riverente e modesto.
Simili ed anco piu giulive dimostrazioni di ossequio
riceve il Santo Padre Pio IX da tutta Roma, nel condursi
che egli fece con pompa grandissima al Vaticano, per ac-
cogliervi le altre due obbedienze dal sacro Collegio . Le
quali officiosissime testificazioni si rinnovarono quattro di
appresso, cioe ai ventuno del suddetto mese, allorche fu
coronato sopra la loggia della basilica di san Pietro, ft a uu
apparato di cosi festosa magnificenza, che non ha Fuguale
nel mondo. Ed il Pontefice bene aumento la cagione delle
allegrezze al vero popolo, allargando in pro suo la mano
con una tal regia liberalita di donazioni, che il suo nome
fu celebrato in ogni terra degli Stati ecclesiastici. Impe-
rocche non solo redense tutti i pegni deposti dai suoi sudditi
bisognosi nei monti di pieta, pel valore di mezzo scudo ;
ma ordinb che si distribuissero loro altri sei mila scudi
in limosina ; e si dotassero cinquantatre zitelle popolane
di Roma , con cinquanta scudi per ciascheduna , e mille
con dieci scudi Tuna nelle province. Di sorta che i primi
a godere gli effetti deiresaltamento di Pio IX nel soglio
apostolico, ed a plaudirne la benignita, furono quei pove-
relli di Gesu Cristo, ch'egli avea imparato da giovane ad
amare siccome fratelli, e si era usato da vescovo a soc-
correre quai figliuoli e delizia piu cara del suo gregge.
Ma gli altri ordini eziandio de'cittadini festeggiarono,
per tutto lo Stato, Tavvenimento del Santo Padre al trono:
e pur essi i faziosi e i partigiani delle novita. non ebbero
di che lagnarsene , e finsero di sospendere le congiure ;
660 IL CONCLAVE DEL 1846
avvegnache dicessero apertamente, che allora si sarebbero
uniti ai popoli nelPaderire al Pontefice, quando egli avesse
conceduto il perdono ai rei politici esuli o imprigionati.
Ondeche la universale contentezza che di questa bene
augurata elezione mostrarono le province, e la quiete in
cui parvero mettersi i piu intemperanti fautori di turbo-
lenze rasserenaron gli animi e confortarono tutti i buoni a
sperare assai ; quantunque, colpa dell'umana malvagita, le
speranze fallissero poi di una gran parte del molto che
promettevano.
Ne poco lieti furono i segni di grata meraviglia che si
diedero per tutto altrove nel cristianesimo, a mano a mano
che vi si venne dilatando la fama del cosi rapido inalza-
mento di Pio IX. L'episcopato ed il clero ne giubilarono ,
come di un1 arra visibile della protezione di Gesu Cristo
sopra la sua Chiesa, di cui aveva, tanto di la d'ogni credere,
accorciata la vedovanza. Le Corti e i Governi si dell'Europa
e si deH'America mandarono gratulazioni affettuose al Pon-
tefice, comunicategli dai legati e dagli ambasciatori. Ed
ancora che il nuova Papa non si fosse agli occhi degli
uomini illustrate per niuna impresa civile , attesoche era
stato sempre dedito a cure spirituali ; con tutto ci6 il caso
tanto animirabile della sua elevazione alia tiara, fe1 conce-
pire si belli presagi di lui, che in brevissimo spazio il suo
nome fu divulgato in qualunque piu remota contrada della
terra, ed i suoi ritratti e i ragguagli della sua vita cercati
con un'avidita, della quale non si avea Fesempio in veruno
de'suoi ultimi antecessori.
Chiaro indizio che il Signore Iddio aveva singolarmente
predestinate Pio IX a sublimare in questo nostro secolo ,
tutto interesse e materia, il Pontificato romano ai primi
onori della celebrita ; ed a conciliargli un cosi alto grado
di autorevolezza nel mondo, che gli avesse a tener le veci
di difesa, negli abbandonamenti sleali e negli assalimenti
feroci, cui dovea sottostare per opera della violenza , ar-
mata dalla perfidia.
PIO IX. E LA GHIESA
Festeggiasi il di 16 giugno il Giubbileo Pontificate di
Pio IX : e tutti i fedeli rallegransi a vicenda di questo an-
niversario, ne rendono grazie al Signore, e innalzano pre-
ghiere al Cielo per la prolungazione di un Pontificate, gia
abbastanza lungo , il piu lungo che dopo S. Pietro abbia
governato la Chiesa. Questa circostanza e per se sola suf-
ficiente a fendere quel giorno meritevole di attenzione e
di giocondita. La Chiesa e una famiglia, il cui padre per
autorita, per affetto, per beneficenza e il Romano Pontefice.
Non fa dunque meraviglia che i figliuoli guardino efesteg-
gino con letizia speciale la longevita del loro padre,
soprattutto quand'essa oltrepassi la misura ordinaria, co-
mune aglialtri. Siam. dunque convinti, che, quale che fosse il
Pontefice il di del suo Pontificale Giubbileo genererebbe
in tutti affettuosa allegrezza.
Ma questa ragione non basta a spiegare quella vivacita
e concordia di giubilo, che e il carattere proprio delle feste
che per tutto il mondo si celebrano in questo di. Non cre-
diamo d1 ingannarci asserendo che si fervide e si universali
manifestazioni di gaudio non si vedrebbero in questo Giub-
bileo, se maggiore ancora della lunghezza materiale del
Pontificate di Pio IX, non ne fosse stata la operosita e la
fruttuosita in servigio della Chiesa. Piu adunque che gli
anni, si rammemorano le opere diPio IX: piu che la durata,
si esalta la utilita del suo Governo, e piuttosto che congra-
tularsi con lui di &ver avuto vita si lunga, vogliono i suoi
662 PIO IX E LA CHIESA
fedeli testimoniargli la loro riconoscenza, per averla si bene
irupiegata a vantaggio spirituale delle loro anime. Quello
che ora accade e bensi un atto di figliale pieta, ma fo^te-
mente rincalzato dalF affetto della riconoscenza , e dallo
zelo per la gloria del Signore. GF inni cho si alzano al Si-
gnore sono il tributo della gratitudine universale della
Chiesa, pel dono fattole di un tal Pontefice < la gioia che
si espande tra i fedeli, e un mutuo congratulamento dei
beneficii ricevutine : la preghiera che da milioni di cuori
sprigionasi per giugnere al trono deH'Altissimo, chiede la
continuazione di questa grazia cosi segnalata.
Tutti lo sentono, sebbene non egualmente tutti possono
rendersi ragione piena e particolareggiata di questo sen-
timento. Le acque son cadute a poco a poco , e il suolo
che se ne trova fecondato non ha contate le gocce che lo
vennero irrorando. Le conta il pluviometro, che cosi illustra
la causa del suo miglioramento. E percio appunto noi vo-
gliamo porre sott1 occhio dei nostri lettori le piu grandi
opere compiute da Pio IX, a vantaggio della Chiesa, nel
suo Pontificate. Ci6 che tutti sentono, noi intendiamo in
qualche guisa di misurarlo. La vastita della materia non ci
spaventa, ma ci rattiene. Invece di descrivere la storia di
questi venticinque anni , noi indicheremo soltanto quali
punti lo storico futuro dovra svolgere. Invece di fare una
rassegna piena delle opere, ne diamo semplicemente una
nota. La virtu dell1 uomo e la maesta del Re spariranno per
un momento dal nostro sguardo, per restringerne la vista
unicamente sullo zelo del Pontefice. Sia questa una schietta
azione di grazie che noi onriamo dal canto nostro alia Di-
vina Provvidenza, rammentando la somrna dei beneficii che
per un quarto di secolo ha elargito alia Chiesa ; e sia
allo stesso tempo un umile omaggio che noi tributiamo al
Pontefice, che Dio scelse per istrumento efificace delle sue
misericordie.
La Chiesa vien rassomigliata nella scrittura ad un
esercito bene costituito, che ha i suoi ordini, e i suoi ca-
PIO IX E LA CHIESA
sogliono essere nel tempo di un Pontificate le erezioni di
queste nuove sedi, e molti Papi v'ha che nonne crearono
alcuna. Pio IX ne ha erette tante egli solo in un quarto di
secolo, quante in un secolo intero molti Pontefici uniti in-
sieme non ebbero Topportunita di costituire.
Ne credasi che per una qualche felice concorrenza di
circostanze egli non incontrasse ostacoli. Ne incontr6 anzi
di molti: li super6 colla maturita del senno nelle tratta-
tive, colla costanza delF animo nella esecuzione. Per tacere
di tante altre , siane esempio la Gerarchia rifatta nell' In-
ghilterra. Quest' atto del Papa, tuttoche per lunghi anni
innanzi meditato e preparato, riusci per quel popolo pro-
testante come uno scoppio di tuono. Tutti se ne commos-
sero: e tutti entrarono con rabbiosa stizza in una gara
violenta di sterminarla. Ministri, parlamento, chericia pro-
testante, giornalisti, popolo congiunsero i loro sforzi , e
tutto adoperarono, dai piu vili insulti della plebaglia nelle
vie, fino alia potente arma delle leggi nelle aule parlamen-
tari. Parea che non la sola esecuzione di quelFatto pontifi-
cio, ma la tranquillita stessa della professione cattolica do-
vesse aquell'urto violento crollare. Fuvvi chiaccuso d'im-
prudenza quel solenne decreto della Santa Sede: fuvvi chi
susurro il pauroso consiglio di rimetterne 1' effettuazione a
tempi meno burrascosi. II S. Padre tenne fermo: animati
dairillustre esempio i cattolici inglesi, capitanati in ci6 dal
forte e dottissimo Wiseman, che fu poscia cardinale, tennero
fermi anch' essi , e la terribile tempesta si abbonaccio a
poco a poco, e con T andare del tempo die1 luogo alia tran-
quillita piu sicura. Se pari a questi, ne per durata n& per
intensita, non furono gli ostacoli apposti alle altre istituzioni
di nuove sedi ; poche altresi ve ne furono che ne andassero
del tutto esenti.
Eben valeva certamente la spesa di aflrontarii con grande
animo, e di superarli con imperturbabile costanza. Giacehe
il frutto che a bene delle anime si ricava da ognuna di
queste creazioni, 5 veramente superiore ad ogni estimazione.
Se tu hai in un vasto' terreno poche viti, e vuoi formartene
PIO IX E LA CHIESA
665
in ricco vigneto, a qual partito ricorri ? Spicchi delle viti
vecchie i magliuoli piu teneri e rigogliosi, e li pianti ognun
da se, perche ognuno divenga pianta vegeta e generosa.
Lo stesso avviene delle terre che si staccano da diocesi
antiche, per fame sedi a parte. In ciascheduna di queste
nuove sedi si crea un centre nuovo di vita cristiana. Un
seminario per la istruzione di giovani chierici, un capitolo
per 1'aiuto e il consiglio del Vescovo, e nuovi conventi, e
nuovi istituti di carita, e nuove scuole per i fanciulli e
nuove congregazioni per alimento della pieta, e nuove
missioni per iscotimento del popolo, e nuove parrocchie per
1'uso dei santi sacramenti e nuovi tempii pel culto del Si-
gnore: ecco il corredo naturale d'una Chiesa novella, vale
a dire altrettanti efficacissimi e fertili aiuti per la conver-
sione e santificazione delle anime. Ne questi frutti aspet-
tano lungo tempo a maturare. Pochi anni bastano il piu
delle volte: e Pio IX medesimo ha avuto la consolazione di
vederli da per tutto ubertosissimi. Dovunque egli ha fon-
dato una diocesi nuova, quivi ha mirato rifiorire e aumen-
tare il clero, moltiplicarsi le chiese, crescere le comunita
religiose, fortificarsi la fede, infervorarsi la devozione dei
cristiani. Forse per questi si salutari effetti, appunto accade
che negli Stati ammodernati si vuole la restrizione sempre
raaggiore delle diocesi, e per lo contrario la moltiplicazione
loro, entro i confini del convenevole, si chiede da quanti
hanno in petto zelo illuminato della santificazione delle
anime. Se dunque questo solo merito avesse avuto il Pon-
tificate di Pio IX, ognun vede che esso sarebbe al certo
grandissimo, e per quanto a noi consta, da nessun altro
uguagliato dopo i primi secoli della Chiesa cristiana.
Mala sollecitudine pastorale del S. Padre non fu ristretta
soltanto a moltiplicare presso i cattolici le sorgenti, diremo
cosi, ministeriali della vita cristiana. Molto, e molto util-
mente ha operate eziandio per attirare nel grembo della
Chiesa cattolica gli scismatici, gli eretici, gl' infedeli . Per
la converaione degli scismatici ha fatto inviti con lettere
66'6 P10 IX E LA CH1ESA
apostoliche sapientissime, ha mandate missionarii zelanti,
ha fatto stampar lihri nelle rispettive loro favelle, li ha con
tutti i mezzi che erano in suo potere inanimiti, esortati, pro-
tetti; e se il frutto, dai Bulgari in fuori, non ha corrisposto
alle fatiche della coltura, ne e da chiamare in colpa la so-
verchia sterilita del terreno , non I1 opera del coltivatore.
Ma forse Iddio riserva ai suoi successor! la raccolta delle
semenze da Pio IX diffuse : efficacissima tra le quali noi
riputiamo la istituzione di una Sacra Congregazione per gli
affari del Rito orientale, non ha guari da lui stabilita, e che
coi provYedimenti , cui sappiamo andar essa maturando ,
giovera grandemente a promuovere il ritorno all'obbedienza
della S. Sede di quei popoli, piu sventurati che maligni.
Ne minore e stato lo zelo pel ravvedimento dei prote-
stanti. Mille sono state le Industrie, direm cosi, della sua
carita paterna per isgombrare dai loro inteiletti i pregiu-
dizii, dei quali son pieni contro la Chiesa cattolica, le cui
dottrine e i cui istituti detestano tanto piu, quanto piu
gl'ignorano o gli trasfigurano. Li ha sempre accolti nelle sue
udienze con benevolenza piu che paterna, ed animati col—
T amorevolezza della sua parola ; ha stimolato molti eminenti
scrittori a confutarne gli errori coi dotti lor lihri ; ha indi-
rizzato loro con puhbliche esortazioni i piu affettuosi inviti;
ha ordinato preghiere nella Chiesa universale per la loro
conversione ; ha inviato nei loro paesi dotti e caritatevoli
predicatori; i convertiti ha ricevuto colla significazione della
piu grande gioia e della piu schietta fiducia: e poiche con
chi e nell' errore giova sovente la severita dell' amnioni-
zione altrettanto che la soavita degli allettamenti, non ha
risparniiato neppure quel mezzo, spesso e gravemente ram-
mentando loro i traviamenti delle loro credenze e dei loro
costumi dalla regola della fede cattolica, e le tristissime
conseguenze che indi ne derivano alle loro anime. Ne vani
sono stati questi sforzi : poiche le conversioni ancor piu
illustri, specialmente nell' Inghilterra e neH'Alemagna, han
consolato il suo zelo, colla piu soave delle ricompense,
PIO IX E LA CHIESA C67
quale e il ntorno dei figliuoli traviati in seno alia Chiesa
lor niadre.
Le mission! presso gl' infedeli sono ancor esse state fo-
mentate e moltiplicate da Pio IX con zelo sommo. Nessuna
delle antiche venne da lui trascurata : moltissime nuove,
sotto i suoi auspicii e per suo impulse, Tennero intraprese.
Nella Cina quelle che esso trovo salendo sulla Cattedra di
S. Pietro sonosi triplicate : nel Giappone non v' erano, ed ora
vi sono: molte nuove se ne sono aperte nelFAffrica, special-
mente settentrionale, nell' Australia, tra i selvaggi d1 Ameri-
ca, e nelle Indie ancor piu remote. Basti dire che a governare
queste chiese nascenti, oltre ai parecchi Vescovi loro dati
e di cui facemmo menzione innanzi, dovett'egli stabilire
otto prefetture Apostoliche, due Vicariati, e ventidue Dele-
gazioni. Ad alimentare queste missioni un grande numero
di missionarii del clero regolare e secolare venne da lui
mandate su quelle terre infedeli ; ed a formare nella pieta,
nella virtu e nello zelo proprio della vita apostolica tali
missionarii, parecchie Congregazioni viventi in comunita
egli paternamente benedisse , e canonicamente approvb ;
varie pie associazioni di ecclesiastici, votatisi a questo santo
ministero, istitui, e promosse F apertura di alcuni seminarii,
esclusivamente a questa santa opera destinati, specialmen-
te in Italia e in Francia. Cosicche puo veramente dirsi che
sotto il suo Pontificate le missioni straniere ripresero vita
piu vigorosa, e piu largamente si diffusero.Ne il frutto man-
cb. II mondo conosce il numero, la fede, il fervore di queste
nuove cristianita, parecchie delle quali, come nel Tonchino,
nella Cocincina, nella Cina, nel Giappone suggellarono col
sangue dei loro pastori, del loro clero, e dei loro neofiti la
fede di Gesu Cristo, fecondando con si santo irroramento
le zolle fino ad ora aridissime di quelle regioni infedeli.
Questi nuovi martiri, emuli degli antichi cristiani, morivano
con in bocca due benedizioni; una a Gesu loro Dio, Taltra
a Pio IX suo Vicario in terra.
668 PIO IX E LA CH1ESA
Ordinare ed ampliare la Gerarchia della Chiesa e parte
certamente cospicua delF apostolico Pontificate: ma la sua
parte essenziale si e d' istruire nella fede cristiana e di pro-
muovere nella pieta tutti gli uomini. Anzi a questo secondo
ufficio e diretta la prima cura, siccome mezzo efficacissimo
a conseguirlo. I Papi adunque, siccome Vicarii di Gesii
Cristo in terra, godono del doppio primato : il primato di
magistero, il primato di giurisdizione. Or questo doppio
primato impone loro il doppio dovere, quello di conservare
intatto il deposito della fede, quello di conservar santa la
disciplina nei costumi. Entriamo dunque a vedere come
Pio IX abbia adempiuto all' uno e all1 altro compito. Ma qui
piu ancora che innanzi la materia e si vasta, che ci sforza
a impicciolire ancor di piu le singole figure del quadro ,
perche la tela ne contenga il piu gran numero che vi pos-
san capire.
Uno dei principali pensieri di Pio IX, e, non solo pre-
sentemente ma forse piu ancora nell' avvenire, di frutto
ubertosamente fecondo, e stato quello di promuovereTistru-
zione del clero. Sono gli ecclesiastici i candelabri che stanno
sul moggio a far luce ; ma questa luce sara fievole e cene-
rognola, se Folio puro di molta e sana dottrina non empie
la lucerna. Fin dai primordii adunque del suo Pontificate
rivolse a questa ristorazione degli studii ecclesiastici la sua
sollecitudine ; e la promosse colla esortazione delle parole
caldissime, e coll1 esempio molto piu efficace delle opere.
Fra le prime istituzioni sue fu quella del Seminario Pio :
ove si radunano da ciascuna diocesi degli Stati Poniificii
uno o piu giovani elettissimi, per compiere un corso intero
di studii ecclesiastici in Roma stessa, sotto la direzione di
professori eminenti, affinche ritornati poi nelle diocesi, o col
dirigere gli studii, o coll' insegnare si facessero guida sa-
piente pel clero loro concittadino. II Seminario, che dal suo
fondatore fu detto Pio , ebbe rendite , biblioteca, edificio,
professori, dalla munificenza del Santo Padre : e i vantaggi
ottenutisene sono gia numerosi e insigni. Il buon esempio
PIO IX E LA CHIESA 669
trovo tosto imitator! : e si videro sorgere rapidamente in
Roma, informati da quella stessa idea, tutti sotto gli auspicii
del Santo Padre e alcuni dalla sua generosita coadiuvati,
simili istituti pel clero francese, e per Tamericano, sia del
Nord, sia del Sud, non che alcuni altri per qualche speciale
Stato d' Italia. In quegli ordinati seminarii chiudonsi orale
speranze di vastissime regioni, che aspettano dalla loro dot-
trina Tuniformita e la vastita delle idee, che sono i proprii
caratteri delle scienze coltivate in Roma.
Ma anche fuori di Roma si estese universalmente I1 opera
di Sua Santita. Per suo impulse, in questi ultimi cinque lu-
stri, dappertutto fVescovi posero mano coraggiosa e sapiente
alia riforma degli studii nelle loro diocesi, e dappertutto
sorsero istituti ca'paci di elevare piu o men presto il livellq
degli studii chiesastici fra i cattolici. Ci basti citarne uno
solo: rUniversita cattolica di Vienna, da poco tempo fori-
data, e gia florida e feconda.
Un altro mezzo, che i tempi assolutamente impongono
allo zelo ecclesiastico di adoperare per la istruzione religiosa
dei fedeli, si & la stampa. Pio IX vide fin dagl' inizii del
suo Pontificate che il male prodotto nelle menti dei fedeli
dalla stampa empia e libertina, non dovea solo deplorarsi o
condannarsi, ma domandava rimedio pronto, efficace, ampis-
simo. La buona stampa e appunto questa salutar medicina;
e la buona stampa esso eccito, stimo!6, benedisse, coadiuvo
indefessamente, universalmente, generosamente. Esortazioni
generali, lettere speciali d' incoraggiamento, sussidii pecu-
niarii, edizioni intraprese col suo denaro, doni e decorazioni
elargite agli scrittori , accoglienze onorevoli e paterae , e
fino ringraziamenti e lodi piene di paterna benevolenza:
tutto ei pose in opera perche ne i periodic! dotti, ne il gior-
nalismo battagliero, n5 i gravi libri, ne i facili opuscoli non
mancassero in nessuna parte del cristianesimo, alia difesa
della verita rivelata e della santita dei costumi. Una cosi
forte impulsione produsse il piu benefico effetto: e se omai
la stampa cattolica pu6 in parte almeno gareggiare colla
670 PIO IX E LA CHIESA
sua nemica, deve ci6 attribuirsi allo zelo di lui per la istru-
zione dei fedeli. Se la sua voce fosse stata secondata da tutti
con calore pari all' impulse ; noi non saremmo ora costretti
a confessare die 1' eiFetto di questi eccitamenti, se e stato
grande in se medesimo, non ha tuttavia uguagliato ancora
il bisogno. Ma pur ci confidiamo che ci6 avverra quanto
priina: giacche il moto e impresso damano molto vigorosa,
e la massa che deve riceverlo e diffonderlo in tutte le sue
parti, si va ogni giorno piu disponendo ad accoglierlo tutto
intero fino all1 ultima sua circonferenza.
Ma queste non sono che le minori parti e, per cosi dirle,
piu accessorie che sostanziali del Magistero apostolico della
Cattedra di Pietro. Cio che ne costituisce la sostanza si e
la condanna degli errori , onde la ignoranza o la malizia
umana va offuscando la limpida luce delle verita rivelate.
Non vi fu mai epoca nella Chiesa , nella quale questo alto
ministero del Papato non dovesse esercitarsi. Ma la nostra
piu che le precedenti glie ne offerse le occasion!, perche i
mezzi di diffusione che ha oggi la stampa, han sorpassato
di gran lunga tutte le altre eta : e la licenza sfrenata che
quasi dappertutto in Europa le vien lasciata, ha rivolti quei
inezzi in servigio piu dell'errore che deila verita, piu delle
passioni che della ragione. Ma al bisogno della Ghiesa non
venne meno lo zelo del suo Pontefice. Non corse anno nel
quale e con le allocuzioni concistoriali, e con le sue lettere
apostoliche in forma di Brevi, e con le sue Encicliche uni-
versal!, la voce di questo supremo Maestro della verita non
si facesse udire, per avvertire i fedeli degli errori che loro
si propinavano, eperisfolgorare colla piu veneranda autorita
che la terra possiede, ma che discende dal Cielo, i nuovi
errori. Ci e impossibile il mentovare anche alia sfuggita la
lunga serie di queste condanne. I parecchi volumi che
contengono questi preziosi document! (Acta Pii IX Pon-
tijicis Maximi) ne son pieni . II panteismo della scuola
tedesca, 1'eccletismo della francese, il razionalismo e il se-
mirazionalismo della filosofia moderna , il gunterianismo
PIO IX E LA CH1ESA 671
nella teologia, il liberalismo nolle relazioni tra Chiesa e
Stato, Tontologismo nelle varie sue fasi, il naturalismo, e
via via discorrendo tutti i nuovi sistemi , che la scienza
vana ed orgogliosa del mondo ha o partoriti o svecchiati
contra la fede da Dio rivelata, vennero non solo nel loro
tutto insieme , ma anche a parte a parte , dopo maturo e
profondo esame, successivamente condannati. II solo Sillabo,
tanto detestato da tutti quelli che o son fuori la Chiesa, o
professandolesi a parole figliuoli le sono ai fatti awersarii,
contiene non meno di ottanta proposizioni condannate: e
pur non sono tutte le condanne lanciate dalla indefessa vi-
gilanza di questo Papa.
Ma la corona di questa opera e fuor di ogni dubbio la
convocazione, e radunamento del Concilio Ecumenico in
Roma. Lo scopo suo principalissimo si fu appunto la con-
dannazione degli errori moderni : e fu dalla Santita Sua
radunato, per dare a questa condannazione la massima so-
lennita che possa la Chiesa aggiugnere a questo atto del
suo magistero divino. II sol tentarlo, nelle circostanze in
cui il Papa si trovava, fu grande magnanimita. II conse-
guirne Tadunamento e il dirigerne le prime mosse, tutti
sanno quali e quante brighe e cure different! imposero alia
sua operosita. Gli avveniinenti di Europa ne hanno finora
impedita la prosecuzione : ma solo quel tanto che fu nella
terza e nella quarta sessione solenne decretato e gia un
beneficio immenso per la Chiesa, e pel mondo. Pochi Pon-
tefici hanno avuto nella Chiesa di Dio tal merito : ai tanti
altri che gia son proprii di Pio IX questo si aggiugne per
soprassello , ed esso e veramente sommo.
Oltre ad essere il Maestro supremo ed infallibile della
verita, il Papa e il Pastore universale dei fedeli, di qualun-
que grado essi sieno, in qualunque forma tra loro uniti ed
associati . Vedemmo come egli adempisse air ufficio di
maestro: vediamo ora come compiesse quello di pastore.
Nel salire sulla Cattedra di S. Pietro egli trov6 cheaper
effetto di antichi e recenti sconvolgimenti, in quasi tutti gli
672 PIO IX E LA CHIESA
Stati di Europa il legame tra la Chiesa e lo Stato erasi, non
solamente rallentato, ma in molti di essi quasi rotto del tutto:
con gravissimo impedimento del ministero ecclesiastico, e
per conseguenza con pari danno spirituale delle anime. A
far cessare questa perniciosa condizione di cose applic6 in-
defessamente 1'animo : e con quella mansuetudine e prudenza
che fu sempre propria della Sede Apostolica, entr6 con
moltissimi Governi in trattati, affine di conciliare il piu che
riuscisse possibile i diritti sacri della Chiesa cogl' interessi
legittimi e coi cangiamenti, sciaguratamente indistruttibili,
avvenuti negli Stati. Questa specie di negoziati e la piu
difficile a bene condurre a termine , stante da un lato le
esigenze d' ordinario eccessive degli uomini di Stato, e il
dovere il piu delle volte indeclinabile degli uomini di Chiesa.
Pur tuttavolta alia misericordiosa condiscendonza ed alia
autorevole costanza di Pio IX riusci di conchiudere molti
ed importantissimi Concordati, pei quali le Chiese di varie
nazioni uscivano dalF intollerabile e pernicioso state, se non
di persecuzione manifesta, certo d' ingiusta oppressura, e
vedeansi ritornare alia sospirata pace e liberta de1 sacri
minister!.
Non possiamo che appena indicare i nomi dei Governi
coi quali essi vennero conchiusi. Due appartengono alia
America centrale : alle due repubbliche cioe di Costarica
e di Guatimala, ove fattasi un po' di tregua agli sconvol-
gimenti che le aveano fino allora conturbate si nell'ordine
politico, si nell'ecclesiastico, si pote salvare quel tanto che
ancor rimaneva alia Chiesa, e ristabilirvi Tarmonia giuridica
tra lei e lo Stato, cominciatasi a turbare fin dalla separa-
zione di quelle terre dalla Spagna . II Concordato con-
chiuso col Gran Duca di Toscana riparava convenientemente
le usurpazioni Leopoldine d' infausta memoria, e troncava le
immistioni indebite del Governo nelle cose spettanti intima-
mente alia Chiesa. L'altro che fu stretto col Re del Wurtem-
berg in Germania, poneva in assetto i dritti e gl1 interessi di
quei cattolici, che daU'epoca delle conturbazioni religiose e
PIO IX E LA CH1ESA 673
civili della Germania aveano grandemente sofferto. II Con-
cordato col duca di Baden mirava a definire i litigi famosi,
che per la elezione del parroci cattolici eransi suscitati con
tanto strepito in quel ducato, ed aveano fatte soffrire a
quel clero e a quei cattolici una si ostinata e cavillosa per-
secuzione. Ma i tre piu notevoli Concordati fatti da Pio IX
riguardano i tre grandi Stati di Europa, la Spagna, la Rus-
sia, e I1 Austria: la Spagna sconvolta dalla rivoluzione ,
la Russia oppressa dalF autocrazia scismatica , T Austria
sottoposta alle famose leggi Giuseppine : tre sorti di per-
secuzioni, molto different! nella loro origine, ma negli
effetti loro poco 1'uria dissimile dall'altra. Non e facile il
descrivere gli studii , le fatiche, le pene che questi tre
Concordati costarono alia S. Sede : come non e facile il
descrivere dall'una parte il gaudio universale dei cattolici
nel vederli conchiusi, e le ire dei protestanti, degli scisma-
tici, degli scredenti per questa loro conchiusione.
Se non che le speranze giustamente concepite dalla
Chiesa per questi Concordati sonosi sventuratamente assai
presto dileguate, per la infedelta neireseguirli da parte
dei Governi che li aveano contrattati. Nella Russia, dopo la
rivoluzione di Polonia, tutto e ito in fascio: nella Toscana,
nella Spagna e nelF Austria i Governi piu o meno rivolu-
zioriarii che sonosi cola insediati, hanno per prima cosa
lacerato quei solenni trattati, con insigne mislealta, ed in-
giustizia. Ma se con cio sono essi riusciti a distruggere i
buoni effetti di quegli accordi, non possono al certo scemare
il merito di chi li avea innanzi con tanta fatica procurati.
Anzi cio stesso ha aggiunto un merito nuovo all'antico.
Poiche appunto per queste nuove ingiurie fatte alia Chiesa,
ha dovuto il Papa adempiere piu spesso un altro obbligo
del suo ufficio pastorale: quello di assumere con forte petto
la difesa dei diritti dei cattolici, dalla falsa ragione di Stato
cosi iniquarnente calpestati. Infelice epoca ha dovuto tra-
versare Pio IX : epoca di sconvolgimenti , di persecuzioni,
di odii, di nimista, d1 ingiustizie ! Ma lungi dall1 atterrirsene*
Serie VIII, vol. 77, fasc. 604. 43 6 giugno 1871.
674 PIO IX xE LA CH1ESA
egli vi ha costantemente opposto la fortezza sacerdotale
in tutta la maesta della sua grandezza. Da qualunque lato
sia essa venuta T oppressione della Chiesa di Gesu Cristo,
da qualsivoglia altezza sia essa partita , non e mancata la
voce di Pio IX per biasimarla , per protestarle contro , per
condannarla, e fin per punhia colle ecclesiastiche censure.
Sventuratamente non vi e stato anno del suo lungo Ponti-
ficato che non gliene abbia fornito la dolorosa occasione :
ma fortunatamente a nessuna di queste occasioni e vemita
meno la fortezza di quel petto veramente apostolico. Ed e
questo uno spettacolo consolante per ogni cuore che serbi
tin palpito ancora per la giustizia e per la dignita della
coscienza umana ! In questo secolo che ha assolte tutte ie
iniquita fortunate, che si e piegato con vile assentazione
a tutfce le oppressioni della forza contra il dritto , il solo
che non le si sia curvato innanzi, il solo che le si sia pale-
semente opposto e stato questo vecchio del Vaticano, per-
seguitato , spogliato, destituito egli stesso d'ogni umano
sussidio, e non da altro fortificato che dalla coscienza del
suo diritto e della sua missione sulla terra .
Tutto cio ha egli fatto in difesa del suo gregge : ma
molto anche di piu ha operato in suaedificazione. Dovremo
ora toccare punti piu noti, e pero il faremo con b re vita
ancor maggiore.
Una delle cure piu sollecite del Santo Padre e stata
quella di consolidare con ogni sorta di mezzi la unione
dell' Episcopate cattolico collaS. Sede. Poiche i Vescovi, se
ebbero sempre bisogno diessere con lei congiunti, non solo
con la dipendenza essenziale aH'unita della Chiesa, ma
eziandio con quella confidente communicazione , si utile al
buon governo di essa; ne hanno ora piu grande il bisogno,
in quanto che destituiti d' ogni protezione e sostegno go-
vernativo, rimangono solo con quella autorita che precede
dalla loro ordinazione gerarchica, e che tanto e piu dai fe-
de'li rispettata, quanto la mirano piu strettamente congiunta
alia fonte primaria d'ogni giurisdizione ecclesiastica, qual
PIO IX E LA CH1ESA
675
e il Papato. A vantaggio dunque della unita della Chiesa,
a vantaggio della dignita episcopale, a vantaggio dello
zelo apostolico, mise ogni opera il S. Padre nel collegare
alia cattedra di S. Pietro coVincoli della piu intima comu-
nicazione i Vescovi della Chiesa cattolica. Questa cura fu,
si puo dire, la cura di ogni di: ossia nel ricevere con quella
squisita affabilita sua propria i Vescovi che venivano' a
Roma, ossia nel concedere loro con grande indulgenza le
grazie che domandavano , ossia nel rispondere con paterna
benevolenza alle loro lettere, ossia con soccorrere con ogni
maniera di munificenze ai bisogni delle loro chiese , ossia
col proteggerli con tutti i mezzi che fossero in sua mano
nelle loro traversie, ossia finalmente con guiderdonarne di
privilegi e di onorificenze i servigi da loro resi alia Chiesa.
Questa costante, indefessa, quotidiana sollecitudine , non
possibile a descriversi minutamente in nessun mo Jo , si e
potuta manifestare a tutto il mondo nei suoi splendid! effetti.
Ne indicheremo tre soltanto, fra tutti gli altri piu visibili.
II primo risulto dalle radunanze di Vescovi celebrates!
in Roma. Quattro occasioni ne furono porte : la definizione
del domma dell' Immacolata Concezione, la Canonlzzazione
dei Martiri giapponesi, la festa del Centenario di S. Pie-
tro, il Concilio Vaticano. L'una sorpasso Faltra pel numero
dei Vescovi concorsi da tutte le parti della cristianita, fin
piu remote , quantunque per le tre prime non ne facesse
che un semplice invito : e in ognuna la concordia di tutto
T Episcopate col Santo Padre fu non solamente piena , ma
splendida e consolantissima . Un tale spettacolo non si
vedeva in Roma da molti secoli addietro. Ne fu solo spet-
tacolo di sterile compiacenza. Giovo ai Vescovi, foriifican-
done 1'unione colla Sede apostolica, e infondendo nei loro
petti nuovo coraggio, pel trovarsi che tutti fecero di un sol
pensiero e d'un solo affetto : giovo ai cattolici, conferman-
doli nella stima e riverenza della loro Gerarchia e del Sommo
Pontefice: giovb agli eterodossi, mostrando loro in atto
quella unione di fede, e quella concordia di carita, che sono
il carattere proprio della vera Chiesa di Gesu Cristo.
676 . P10 IX E LA CHIESA
L1 altro effetto visibilissimo si fu la costanza dimostrata
in questi cinque lustri dai Vescovi cattolici, nelle persecu-
zioni cui soggiacquero. Non vi fu quasi regione in cui si
godesse pace stabile. Or T uno, or T altro, ora con mag-
giore, ora con minor violenza, tutti quasi gli Stati ebbero
le loro lotte religiose , le loro oppressure. In cosi lunga
durata di tempo , in cosi diversi paesi , in circostanze cosi
svariate , T Episcopate cattolico , salvo qualche rarissima
e non considerabile eccezione, si mostr6 dappertutto uguale
a se stesso , cioe magnanimo sostenitore dei dritti della
Chiesa. Le debolezze di altri tempi la Dio merce non si
rinnovarono in nessun luogo : e i piu splendidi esempii di
fortezza apostolica non mancarono a nessun paese. Venne
esso spogliato in parecchi Stati di Europa dei suoi beni :
venne tradotto per forza innanzi ai tribunal! : venne ca-
lunniato, vilipeso, oltraggiato. Ne cio basta. La Russia vide
incarcerati e trasportati in Siberia i suoi Vescovi: incarce-
rati li vide la Germania, la Svizzera, la Spagna, e sopra
tutti gli altri Stati 1' Italia; li vide il Chili, il Messico, li
videro altri Stati d' America, e di Europa; per non parlare
dei paesi d'infedeli, ove parecchi versarono per la loro fede
il sangue. Protestaronsi tutti fortemente contro si inique
vessazioni : soffrirono tutti tacendo e perdonando ; ma nes-
suno cedette per vilta. Or noi non dubitiamo di asserire
che questa gloria si santa della Chiesa cattolica ai nostri
di, devesi, dopo Dio, al Pontefice Romano, che avea ringa-
gliarditi e rinfocolati quei petti colle sue esortazioni, e
piu ancora col suo esempio.
II terzo effetto si fu di far disparire interamente nella
Chiesa latina quella disparita di riti, che lo spirito d' inno-
vazione, ingagliardito dal Gallicanismo, vi avea in moltis-
sime Diocesi della Francia leggerissimamente introdotto.
Quella bella parola che Pio IX disse, montando sulla Cattedra
di S. Pietro : Desidero che tutti preghino in quel modo che
prego io ; la vede ora con grande consolazione del suo animo
pienamente adempiuta.Ne le cure in cio spese furon poche :
persuasioni , consigli, esortazioni, eccitamenti , per lungo
PIO IX E LA CHIESA 677
tempo e con molta perseveranza dati, ottennero, senza che
fosse stato bisogno di ricorrere agli atti piu severi della sua
autorita, questo si bel risultamento. Con esso puo dirsi con-
solidata viemaggiormente T unita della Chiesa, e dato un
terribile colpo di scure al cattivo tronco del Gallicanismo ,
che poi colla definizione dell'infallibilita del Papa, datasi
dal Concilio ecumenico , venne totalmente e per sempre
abbattuto.
Dai Vescovi passiamo ai fedeli; e rapidamente ricor-
diamo tutto ci6 che fece Pio IX affine di eccitarli sempre
piu nella pieta cristiana, e nelle opere corrispondenti alia
fede. Iinmenso campo ci rimarrebbe a percorrere ; mentre
che il tempo appena ci basta a gittarvi su uno sguardo
passeggiero.
La prima cosa che ci si presenta alia vista sono i cento
modi largamente adoperati dal S. Padre per accrescere il
culto religiose. Ci passiamo dal menzionare cio ch1 ei fece
per la decorazione, ristorazione ed erezione dei tempii ma-
teriali, con magnificenza veramente sovrana, e con esempio
feracissimo d' imitatori in tutto il mondo . Mentoveremo
soltanto ci6 ch1 ei fece per dar fomento e vigore alia pieta
interiore dei fedeli.
La devozione verso la Vergine Santissima, mezzo effi-
cacissimo per la forma interna dello spirito cristiano, fu in
cento modi estesa e stimolata. Nuovi santuarii sotto i suoi
auspicii erettisi nella Cristianita, e dal Papa di spiritual!
favori arricchiti ; solennita novamente autorizzate ; pre-
ghiere pubbliche a lei indirizzato: pratiche devotissime o
introdotte o caldeggiate ; son questi i mezzi diremo cosi
minori. II principalissimo fu la definizione del Domma del-
T Immacolata Concezione, a preparar la quale tanta matu-
rita di studii, di ricerche, e di discussioni ei fe'sapiente-
mente precedere. Essapose sul diadema che corona il capo
di Maria, Madre di Dio, la gemma piu splendida; e ci6 basto
perche da per tutto nel mondo, non solo si infervorasse, ma
si allargasse eziandio il culto verso la Vergine senza mac-
chia. Per essa videsi un ristoramento notevolissimo del
G78 P10 IX E LA CHIESA
fervore cristiano, e un ravvivamento universale della fiducia
in Dio, che premia misericordiosamente qualsivoglia onore
si faccia a Maria. II Papavenne da quel di risgaardato come
posto sotto il manto di Maria, e fu dalla bocca del popolo
cristiano salutato universalmente:Pontefice deirimmacolata.
Pochi Papi hanno avuto Tagio di occuparsi con tanto
zelo della canonizzazione de'Santi, e della beatificazione dai
Servi di Dio, co'n quanto 1'ha fatto Pio IX. Sotto il suo Pon-
tificato sonosi conchiusi moltissimi di questi lunghi, faticosi,
gravissimi processi : molti so ne sono iniziati e si proseguo-
no ora alacremente. Per essi eincredibile quanto si prosper!
la virtu cristiana. Si prospera col mostrarla perpetua carat-
teristica della Chiesa di Gesu Cristo, che percio ancora si
appella santa : si prospera col mostrare il guidcrdone che
Dio le riserva nel cielo : si prospera col mostrare T onore in
che la tiene la Chiesa in terra ; si prospera col proporre no-
velli eseinpii ai fedeli; si prospera col dar loro nuovi pro-
tettori tra i beati comprensori nel cielo.
II culto speciale di due gran Santi, S. Giuseppe e S.
Pietro, che hanno un intimo rapporto col nostro divin Re-
dentore, essendone 1'uno stato Padre putativo nella sua
mortal camera in terra, e T altro il primo Vicario da lui la-
sciato nella gloriosa sua ascensione in Cielo : il culto, dicia-
mo , di questi due gran Santi ebbe da Pio IX efficacissimo
impulso. La festa del Centenario di S. Pietro, e la elezione
di S. Giuseppe a Patrono universale della Chiesa furono,
tra i tanti mezzi adoperati, i due piu insigni e piu efficaci.
II dischiudere ai fedeli i tesori spiritual! della Chiesa
fu sempre un mezzo validisstmo per dar nuovo incitamento
alia loro conversione a Dio, ed al loro fervore. Or chi ne fu
piu largo di Pio IX? Non diciamo deile indulgenze da lui
a mille e mille pie opere concedute : diciamo dei Giubbilei
universali , che tutti insieme dispensano i favori di quella
madre indulgente che e la Chiesa. Quattro volte Pio IX li
concesse a tutta la cristianita: e quattro volte fu visto
1' addensarsi del popolo fedele nelle chiese per goderne, il
correre ai confessionali per apparecchiarvisi, il moltiplicare
P10 IX E LA CH1ESA 679
le pie opere di fede e di carita per rendersene meritevoli :
e sempre un infinite numero di anime, che vivevano lontane
dai santi Sacramenti, vi si accost6 con pentimento sincere
e con edificazione comune.
Le comunita religiose sono non solamente P asilo della
virtu, ma eziandio il semenzaio, e la fucina. Non fa dunque
meraviglia che Pio IX applicasse Tanimo, con quello zelo
suo operosissimo , non che a favorirne , e ristorarne la
disciplina, ma eziandio ad accrescerne il numero, ad aiu-
tarne lo svolgimento. Con sapient! decreti, dopo lunghe e
profonde indagini, promulgo quelle modificazioni e quegli
ordinamenti che valessero o a far rifiorire, ove per avventura
fossesi illanguidita, o a mantenere intatta negli Ordini clau-
strali la regolar disciplina. Nelle persecuzioni, cui la mag-
gior parte di essi and6 soggetta nei variijStati ove la rivo-
luzione dett6 leggi, ei se ne fece scudo a difesa, e manto a
protezione. Colle esortazioni delle parole , e piu ancora
coll'esempio dell'opera, stimolo i Vescovi a moltiplicarne il
numero nelle loro diocesi. Di nuovi istituti, dedicati o al
culto del Signore, o alle missioni straniere, o alle opere
delia misericordia corporale, o alia istruzione della gioventu,
lodo lo spirito, esamino ed approve le regole, benedisse le
opere. Non vi e nella storia della Chiesa Pontefice, che abbia
tante nuove Congregazioni religiose vedute sorgere ed
approvate, quante il Papa Pio IX.
La necessita dei tempi impose al S. Padre un'altra nou
lieve sollecitudine. Spezzatosi il vincolo che unisce la
Chiesa allo Stato, e rinnegatosi dai governanfci il dovere di
proteggere la Chiesa, essa rimane, come il fatto pur troppo
dimostra, alia merce dei suoi nemici senza difesa veruna.
Finche questa innatural condizione di cose perdura, tocca
ai singoli fedeli di raddoppiare piii che mai gli sforzi, per
difendere gPinteressi della loro Chiesa, e il dritto della loro
coscienza. A farlo efficacemente un solo mezzo vi e; quello
di associarsi insieme, e contrapporre gli sforzi uniti di tutti
essi alia forza soverchiante dei loro avversarii. Ci6 vide fin
da} principio del suo Pontificate Pio IX : e in cio vie mag-
G80 P10 IX E LA CH1ESA
giormente il confermarono gli avvenimenti posteriori. Quiadi
eglisi studio a tutto potere di dar incominciamento, moto e
vigore a queste pie e necessarie associazioni. Quantene abbia
benedette, animate, approvate, eccitate e impossibile il pur
accennare : oramai tutto il mondo cattolico ne e pieno. Ma
quaate sollecitudini cio gli sia costato, solo il puo intendere
chi conosce le difficolta che , a concepirne ed effettuarae
a ache una sola, offri sempre ed ofirira la povera natura
umana coi suoi difetti, anche quaado essa e dal piu saato
stimolo della grazia eccitata. II frutto per5 di taate fatiche
e stato ubertosissimo. A piu milioai coataasi i aomi di
coloro che fecero perveaire al Papa, ia commoveatissiaii
indirizzi le protestazioai della loro rivereaza e del loro amore
alia Sede di Pietro, e il giuraaieato di difeadere i dritti della
Caiesa. Ne furoao promesse vaae. Ogai sorta di sacrificio
sosteaaero per atteaerle. L' obolo di S. Pietro, maadato a
sopperire ai bisogai deirerario poatificio, e il saague ver-
sato dalla piu fiorita gioveatu di tutte le Hague per difea-
derae gli Stati, soao, fra taati altri, testimoaii luculeatissimi
della siacerita di quelle offerte.
Sebbeae aoa siamaoiproceduti che uaicameate per ge-
aeralissime iadicazioai, pur tuttavolta quelpoco che abbiaai
qui raccolto iasieme basta, perche tutti veggaao, quaato la
Chiesa e i fedeli debbaao al Poatificato di Pio IX. E vero
che Dio gli ha coaceduto tempo luago per fare il beae : ma
e vero altresi che aessuaa particella di questo tempo aoa
fu mai da lui perduta. la ciaque lustri di storia ecclesiastica
aoa si troveraaao riuaite iasieme altrettaate opere promosse
o attuate dai Romaai Poatefici: e certo aessua Romaao Poa-
tefice prima di lui pote compiere tutti iasieme gli atti piu
solenni di ua Poatificato, e gli ufficii piu alti della solleci-
tudiae apostolica. Gerarchie auove ristabilite, graadissimo
aumero di auove Chiese erette, molte auove missioai foa-
date, auovi errori coadaaaati, auovi popoli richiamati alia
Chiesa, auovi Ordiai religiosi approvati, caaoaizzazioai di
nuovi Saati, ua auovo Coacilio ecumeaico raduaato; oltre
al maateaimeato , alia propagazioae, al miglioramento di
P10 IX E LA CH1ESA 681
tutte le antiche istituzioni : questo pu6 dirsi 1' inventario
del Pontificato di Pio IX.
E vie maggiormente ne cresce il merito quando si con-
sidera che tutto ci6 egli adempie in mezzo alle commozioni
politiche, e nulla omettendo delle cure che la sua Sovranita
temporale quotidianamente gli domandava. Senz'essa, ci
piace di osservarlo, la piii gran parte di questi beneficii
fatti alia Chiesa sarebbe venuta meno: ma essa, specialmente
a cagione dell' iniqua persecuzione cui fu fatta segno, gli
aggiunse un sopraccarico di cure e di fatiche, cui con forte
animo, e con operosita istancabile costantemente sostenne.
Laonde meritamente i fedeli sentonsi colmare di giubilo
il cuore nella commemorazione del ventesimoquinto anni-
versario della sua elezione. La gratitudine, I'affetto, la spe-
ranza si uniscono insieme per ispirare questa gioia. La
gratitudine verso chi tutta spese la sua vita di Pontefice a
servizio della Chiesa : T affetto verso chi, dopo aver tanto
amato e beneficato i fedeli suoi figliuoli, ne ha, doloroso
ricambio ! in guiderdone la spogliazione, la prigionia, le in-
giurie : la speranza che la Divina Provvidenza, dandogli
Pontificato piu lungo che a nessuno mai de'256 suoi pre-
decessori non fu concesso , lo riserbi a godere il trionfo
della Chiesa, da lui tanto desiderate, promosso, meritato.
Or la gratitudine, 1'affetto, la speranza si traduce da tutti
i fedeli in una preghiera sola, che corrisponde al voto di
tutti i nostri cuori : in quella preghiera medesima che la co-
munita dei fedeli, diciotto secoli e mezzo or fa, alzava al
Cielo per Pietro imprigionato. Un soave pensiero ci conforta
a farla: il pensiero che questa grazia Iddio la destina, non
solo ai meriti del suo Vicario, ma eziandio alia nostra fede,
alia nostra confidenza , al nostro fervore : che val quanto
dire alia stessa nostra preghiera. Preghiamo dunque pel
Pontefice nostro Pio. II Signore lo conservi, lo ravvivi, lo
consoli su questa terra, e non abbandoni la sua vita^nelle
mani dei suoi nemici . Oremus pro Pontifice nostro Pio.
Dominus conservet eum, vivificet eum, leatum faciat eum in
terra, et non tradat eum in animam inimicornm ems.
PIO IX E LA 80GIETA CIVILE
La cura solerte del gran PonteOce Pio IX, non si e ri~
stretta al puro ordine soprannaturale della Fede e agrin-
teressi meramente spirituali del Cristianesimo ; essa si e
allargata a tutto T ordine sociale , e stesa a provvedere
eziandio alia salute del civile consorzio. Base della convi-
venza politica e la giustizia; e maestro della giustizia tra
i popoli redenti e il romano Pontefice. Ma Pio IX, attesa la
nequizia de' tempi, ha dovuto esercitare un si nobile ma-
gistero in maniera al tutto speciale, come per avventura
non e accaduto a verun altro de' suoi predecessor!. In altre
eta si e aggredito 1' uno o 1'altro de'principii sociali; non
pero si e osato scalzare le stesse basi, sopra cui la societa
cristiana e fondata. Ci6 dovea essere triste privilegio de'tempi
nostri. Lo spirito eterodosso , passato dalle regioni della
teologia in quelle della politica , col nome di Liberalisino ,
si e studiato di sovvertire da capo a fondo la vita sociale ,
e sotto colore di progresso farla retrocedere ai tempi piu
luridi del Paganesimo. I famosi principii dell1 89, accolti ed
accarezzati dall' insipienza di governanti inetti ed illusi, e
promossi fino alle ultime conseguenze da uomiai perversi
e pervertitori, ban corrotto fin nelle pin intime viscere le
rnoltitudini inconsapevoli. Disconosciuta la divina virtu della
Cbiesa, si e cercato rimuoverne al tutto T influenza dagli
ordinamenti sociali, e ricostruire la comunanza civile sopra
leggi somministrate dalla pura ragione. Contro un siffatto
spirito ba dovuto lottare a corpo a corpo Pio IX, e guai
al mondo, se sulla cattedra di S. Pietro, non si fosse trovato
nn Pontefice, di tanta vigilanza e fermezza. Merce di lui, i
popoli cristiani, non ostante le sovversioni a cui sono andati
soggetti, possono tornare a riordinamento e salute: Egli
PIO IX E LA SOCIETl CIVILE 683
solo ha saputo mantenere in mezzo a loro salde ed inalte-
rate le ragioni della giustizia. Onde noi possiam con gioia
ripetere quelle parole del profeta Gioele: Filii Sion, exultate
et laetamini in Domino Deo vestro, quid dedit volis Doctorem
iustttiae l.
Appena assiso sal trono pontificate , Egli mir6 d' un
guardo e subitamente comprese il soqquadro, il buio, la
confusion d'ogni cosa che all'umana societa soprastava.
Laonde voltosi con grande sollecitudine a preservarnela,
dopo aver tolto ogni pretesto agl' ipocriti lamenti dei falsi
zelatori politic!, col largo perdono concesso agli erranti e
colle oneste riforme amministrative introdotte ne'suoi Stati,
levo alto la voce ad atnmonire popoli e Principi del pericolo
che correvano. Ognuno intende che noi qui facciam cenno
della magnifica enciclica, Qui pluribus, vero capolavoro di
sapienza sacerdotale, da Pio IX emanata sui primordii del
suo glorioso Pontificato. In essa il santo Padre, dopo aver
proclamato che tra la ragione e la fede non puo essere
nimista o disaccordo , ma bensi verace armonia , per pro-
cedere entrambe dal medesimo fonte di verita che e Dio,
passo a condannare i nemici deH'autorita civile insieme e
religiosa , scoprendo cosi il vero scopo dei perturbatori
dell' ordine, i quali non tanto alle forme politiche, quanto
piuttosto al principio stesso di autorita movevano guerra.
Descritti poi i principal! errori, che niinacciavano 1'intero
ordine sociale , segnalo principalniente 1' assurdo sistema
del Comunismo , i cui nefandi e satanici effetti sta ora
piangendo la Francia. II Pontefice demmziollo come una
dottrina sommamente nemica dello stesso giure naturale;
la quale se venisse all' atto , scrollerebbe da' fondamenti
ogni proprieta, ogni diritto, e la stessa civil convivenza:
Infanda ac vel ipsi naturcdi iuri maxims adversa de Co-
munismo, uti vocant, doctrina, qua semel admissa, omnium
iura, res, proprieties, ac vel ipsa humana societas funditus
everlerentur. Egli scongiuro i suoi fratelli nelFEpiscopato,
e generalmente tutto il Clero cattolico^, ad accorrere con
1 Prophetia IOELIS II, 23.
684 PIO IX E LA SOCIETA CIVILE
santo zelo in aiuto della societa pericolante ; e mostro loro
i mezzi di cui doveano valersi per ben riuscire nella difficile
impresa.Ed acciocche F opera loro potesse essere efficace nel
fatto, invoco il concorso de'Principi secolari; avvertendoli
con S. Leone di ricordarsi che la sovrana potesta non era
stata ad essi data unicamente pel governo del mondo, ma
ancora e principalrnente per la difesa della Chiesa: In me-
moriam revocantes regiam potestatem sibi non solum ad mundi
regimen, sed maxime ad Ecclesiae praesidiwn esse collatam.
Se alia voce del Poatefice si fosse prestato docile
orecchio, la societa avrebbe schivato i mali, onde e stata
travagliata in questo quarto di secolo, e godrebbe al pre-
sente di bella e prosperosa pace. Fu nulla di cio. Popoli e
Principi, governati e governanti seguirono innanzi nei loro
erramenti; e il Pontefice stesso, vittirna della piu orrenda
ingratitudine, fa costretto ad esulare da Roma. Tomato per
divina Provvidenza, dopo breve tempo nella sua Reggia,
non tardo un istante a fare udire novellamente la sua apo-
stolica voce, ad ammonimento della societa traviata. Propter
Sion non tacebimus; et propter Hierusalem non guiescemus;
cosi Egli si espresse nelP allocuzione del 20 maggio 1850.
L1 iavitto Pontefice rimprovera alle genti la sfrenata licenza
del pensare e del vivere, le arti inique, colle quali s'infet-
tano d' ogni sorta di errori le imperite plebi e Timprovvida
gioventu, e rivolto ai tralignati Governi sfolgora segnata-
mente gli stolti soprusi, onde due di essi eransi recen-
temente resi colpevoli dinanzi alia Chiesa. Da quel punto
in poi la voce di Pio IX fu come una tromba sonora, che
introno perpetuamente dall'un capo alFaltro il mondo tutto,
dinunziando ai Re, alle Assemblee politiche, alle nazioni i
loro falli, e richiamandoli sulle vie della salute. Clama, ne
cesses, quasi tuba, exalta vocem tuam, et annuntia populo meo
scelera eorum et domui lacob peccata eorum J.
Non basterebbero certo le pagine di questo articolo, se
volessimo far menzione di tutti gli atti, coi quali Pio IX
non ha mai intermesso F ufficio di ammaestrare, anche in
1 Isaia LVIII, S.
PJO IX E LA SOCIETA CIVILE 685
cio che puramente riguarda la sociale giustizia, la Chiesa
a lui affidata. Quest! atti sono raccolti in un giusto volume,
e ad esso rimettiamo il lettore. l Tuttavia, come per sage-io
diremo alcuna cosa di due , i quali per la solennita, onde
furono accompagnati , meritano la precedenza. Essi sono
rallocuzione concistoriale del 9 dieembre 1854, el'altra
delFll parimente di dieembre 1862. Nella prirna Pio IX
volge la parola ai Vescovi, intorno a lui riuniti per occasione
della promulgazione del domma dell' Immacolato concepi-
mento di Maria; e loro pone sott'occhio gli atroci attentati
delle molteplici Sette, che a danno nonmeno della religione
die della civil societa infestano il mondo. A questi uomini
infernali Egli applica quella sentenza del Salvatore : Voi
siete figliuoli del diavolo, e volete compiere le opere del
padre vostro. Senonche costoro SODO nemici dichiarati e
conosciuti ; e per6 meno temibili. Altri ce ne ba non pocbi e
meno palesi, e per cio stesso phi perniciosi alia Cbiesa del
pari ed allo Stato. 11 Pontefice li annovera con singolare
sagacia. In primo luogo vengono quei governanti, i quali
si spacciano per fautori e protettori della religione , ma
vogliono a se soggetta la Chiesa e incatenata tra i ceppi
degii ordinamenti politici. In tal guisa essi snervano ed im-
pediscono ogni influenza della religione sui popoli; la quale
per formarne i costumi e contenerli nell' ordine, deve esser
libera nell'operare e lasciata all' impulse della sua virtu divina.
In secondo luogo vengono quegli eruditi, i quali esaltano
il benefizio della fede, ma pretendono che ad essa non sia
subordinata la ragione. Quindi senza far conto alcuno della
fallibilita e debolezza della mente umana e dei gravissimi
errori in cui sovente e caduta, si danno licenziosamente ad
ogni speculazione piu ardita, dispettando e ricusando Tau-
torita della Chiesa, ammonitrice ed emendatrice dei loro
traviamenti. Costoro aprono la via alia separazione del-
T ordine naturale dal soprannaturale ed apparecchiano cosi
la rovina dei costumi de1 popoli, e ditutti gli ordini sociali.
1 ACTA SS. D. N. PII IX etc. Romae MDCCCLXV, Typis Camcrae Apo-
stolicae.
686 PIO IX E LA SOCIETA CIVILE
In terzo luogo ci ha di queili, che spargono Pesiziale dot-
trina, potersi conseguir Peterna salute eziandio fuori della
Chiesa cattolica. Benche non sieno da audacemente scrutare
gli arcani disegni e giudizii di Dio, egli e certo che fuori
delPunica area, che e la Chiesa di Cristo, niuno puo andar
salvo , ma perira miseramente tra le acque del diluvio.
Pensare il contrario e professare quell1 indifferentismo reli-
gioso, che introdotto nelle leggi e nella politica degli
Stati, e trista radice dei mali, che infettano presentemente
il genere umano.
Nella seconda allocuzione il Pontefice tocca piu da vi-
cino T ordine sociale . Egli segnala una razza di uomini
corrotti, che pervertono ogni ordine religioso e civile, e
cercano di estinguere ogni idea di giustizia, di verita , di
diritto, di onesta, di religione. Enumerando poi piu parti-
colarmente i loro errori, dice che essi vogliono pienarnente
distrutta la coerenza, che per volonta di Dio ha luogo tra
T ordine naturale e P ordine soprannaturale ; negano che
ogni verita ed ogni potesta e ogni diritto ha origine di-
vina; sottraggono la scienza, i costumi, le leggi dal luine
della rivelazione e dalP autorita della Chiesa ; disconoscono
nella Chiesa stessa la natura di societa perfetta con proprii
diritti, a lei conferiti del suo divin Fondatore, e pretendono
che appartenga alia civil potesta il definirli e limitarne P e-
sercizio. Quindi sollevando lo Stato sopra la Chiesa, gli at-
tribuiscono la facolta d1 ingerirsi nelle cose sacre e nel
reggimento spirituale de' fedeli ; e, per avvilire sempre piu
ed inceppare Tecclesiastico ministero, proclamano doversi
escludere il Clero e lo stesso romano Pontefice da ogni di-
ritto e dominio di cose temporali. Disconosciuta poi la di-
vina rivelazione e perfino il governo provvidenziale di Dio
sul mondo , stabiliscono che Tumana ragione, senz'altro
rispetto, sia P unico ed assoluto giudice del vero e del
falso, del bene e del male, e legge a s5 stessa; e che ella
colle sole naturali sue forze e bastevole a procacciare ogni
bene per Puomo e pei popoli. Injiciari audent omnem Dei
in homines mun&umqiie actionem, ac temere affirmant liuma-
PIO IX E LA SOCIETA CIVILE 687
ntim rationem, nullo prorsus Dei respectu hdbilo, unicum esse
veri etfalsi, loni et mali arbitram, eamdemque humanam ra-
tionem sibi ipsi esse legem, ac naturalibus suis viribus ad
hominum ac populorum lonum curandum sincere.
Ma sopra tutti gli altri document! grandeggia la famosa
enciclica, Quanta cura, dell1 8 dicembre 1864, accompagnata
dal Sillabo di ottanta false proposizioni dal Pontefice ripro-
vate e proscritte. In cotesta enciclica troviamo una siste-
matica esposizione degli errori, che oggigiorno infettano la
societa, si riguardata in se stessa e si nelle sue relazioni
colla Chiesa. Essa e come un codice di moralita e di giu-
stizia, in condannazione dei vizii piu funesti all' umana
societa, ed a guida dei preposti al governo de1 popoli cri-
stiani. Non sappiamo astenerci dal recarrie un lungo tratto.
II Pontefice , dopo avere ricordato, come egli non cesso
mai di condannare le mostruose enormezze delle opinioni,
che segnatamente oggigiorno con grandissimo danno
della stessa civil societa avversano non pure la dottrina
salutare della Chiesa , ma la legge altresi di natura , che
Iddio scolpi neiranimo di ciascun uomo; cosi prosegue:
« Le quali false e perverse opinioni tanto piu sono da
detestare, quanto che mirano in ispecial guisa a fare che
sia impedita e rimossa quella salutare forza che la cattolica
Chiesa, per istituzione e mandato del suo divino Autore ,
deve liberamente esercitare fino alia consumazione dei
tempi, non meno verso i singoli uomini, che verso le na-
zioni, i popoli e i supremi loro Principi; e che sia tolta di
mezzo quella mutua societa e concordia di consigli tra il
Sacerdozio e Tlmpero, che sempre riusci fausta e salutare
alle cose tanto sacre, quanto civili. Imperocche molto bene
sapete, Venerabili Fratelli, che in questo tempo non pochi
si trovano, i quali applicando al civile consorzio T empio
ed assurdo principio del naturalismo, secondoche lo chia-
mano, osano insegnare — T ottima ragione della pubblica
societa ed il civile progresso richiedere che la societa umana
si costituisca e si governi, senz1 aver niun riguardo alia re-
ligione, come se ella non esistesse, o almeno senza fare
688 PIO IX E LA SOCIETA CIVILE
alcun divario tra la vera e le false religion!. — E contro la
dottrina delle sacre Lettere, della Chiesa, e del santi Padri
non dubitano di asserire: ottima essere la condizione della
societa, nella quale non si riconosce nell'Impero il debito
di reprimere con pene stabilite i violator! della cattolica
religione, se non in quanto lo dimanda la pubblica pace.
Colla quale idea di sociale governo, assolutamente falsa,
non temono di caldeggiare T opinione sommamente ruinosa
per la Cattolica Chiesa e per la salute delle anime , dal
Nostro Predecessore Gregorio XVI, di venerata memoria,
chiamata delirio, -cioe la liberta di coscienza e dei culti es-
sere un diritto proprio di ciascun uomo, che si ha da pro-
clamare e stabilire per legge in ogni ben costituita societa?
ed i cittadini avere diritto ad una totale liberta, che non
deve essere ristretta da nessuna autorita, o ecclesiastica o
civile, in virtu della quale possano palesemente e pubbli-
camente manifestare e dichiarare i loro concetti, quali che
siano, ossia con la voce, ossia coi tip!, ossia in altra ma-
niera. E mentre cio temerariamente affermano, non pensano
e non considerano che essi predicano la liberta della perdi-
iione, e che se alia umana persuasione sempre sia libero il
disputare, non mai potranno mancare quell! che ardiscono
resistere alia verita, e confidare nella loquacita delF umana
sapienza, mentre quanto la cristiana fede e sapienza debba
evitare questa nocevolissima vanita, lo conosce dalla stessa
istituzione del Signor Nostro Gesu Cristo. E poiche dove
dalla civil societa sia stata rimossa la religione e ripudiata
la dottrina e 1' autorita della divina rivelazione, anche lo
stesso germano concetto della giustizia e dell' umano di-
ritto si cuopre di tenebre e si perde, ed in luogo della giu-
stizia vera e del diritto legittimo si sostituisce la forza
materiale ; quindi si fa chiaro il perch e alcuni, spregiando
affatto e nulla valutando i principii certissimi della sana
ragione, ardiscono proclamare : la volonta del popolo , ma-
nifestata per T opinione pubblica, com1 essi dicono , o per
altra guisa , costituire una sovrana legge , sciolta da
qualunque divino ed umano diritto, e nell' ordine politico i
P10 IX E LA SOCIETA CIVILE
fatti consummati, per ci6 stesso che sono consummati, avere
vigore di diritto. Ma chi non vede e non sente pienamente
che una societa d'uomini, sciolta dai vincoli della religione
e della vera giustizia, niun altro proposito puo certamente
avere, fuorche lo scopo di acquistare e di accumulare ric-
chezze, e niun'altra legge nelle sue operazioni seguire,
fuorche una indomita cupidigia di servire alle proprie vo-
lutta, ai proprii comodi. »
Qui tutto e ammirabile. La dipintura dei precipui erro-
ri, ond1 e offeso il nostro secolo ; il filo logico, ond' essi si
legano insieme ; 1' indicazione del punto da cui muovono e .
del termine a cui divengono; la giustezza delle note, onde
sono stimmatizzati.
Il punto di partenza, per dir cosi, di questo traviamento
sociale e designate dal Pontefice nella separazione dello
Stato dalla Chiesa. Separazione distruttiva del disegno di
Dio, il quale come ordino la vita presente dell' uomo alia
beatitudine della vita avvenire, cosi vuole che T autorita,
che regge al ben essere della prima, riceva norma ed indi-
rizzo da quella, che guida il conseguimento della seconda.
Nondimeno questa insana separazione costituisce la piaga
radicale, onde languisce la societa moderna, e dalla quale
trae origine ogni altro suo morbo. Imperocche da tal se-
parazione segue il naturalismo politico, ossia il ricader dello
Stato nel puro ordine naturale , spogliato d' ogni virtu e
conforto, che la redenzione di Cristo, mediante la Chiesa,
gli conferiva . Ridotto cosi lo Stato ai puri termini della
natura, e costretto a lasciare ai sudditi piena liberta di
coscienza e di culto, e quanto a s5 appigliarsi ad una
specie di pratico ateismo, che lo disgiunge nel fatto inte-
ramente da Dio. La legge di un tale Stato non puo essere,
che atea. Ma se la legge e atea, in virtu di che affermera
essa il diritto? Senza Dio, fonte primiero d' ogni obbligazione
nelle creature ragionevoli , non puo concepirsi dovere ; e
senza dovere I1 idea di diritto convien che cada e perisca.
Distrutto poi il diritto, che altro resta come norma e fattore
Serie VIII, vol. II, fasc. 504. 44 t> giugno 1871.
690 P10 IX E LA SOCIETA CIVILE
dell' ordine pubblico, se non la forza? L' opinione del mag-
gior numero, e il fatto legittimato per se stesso, in quanto
attuazione d' una volonta die prevale, ecco i soli regolatori
delle relazioni sociali. D1 altra parte lo Stato separate dalla
religione, non puo stendere il suo sguardo al di la della
vita presente ; e perd lo scopo di tal societa non pu6 essere
se non il godimento sensibile e la copia de'mezzi per
procacciarselo. L' epicureismo, il tornaconto ; ecco il fine e
la legge morale d1 uua societa cosi fatta. In tal guisa la
societa umana e degradata, scendendo alia condizione del
bruto.
Ne pensi alcuno che a cotesta corruttela sociale possa
fare ostacolo la rettitudine della coscienza individuale;
giacche essa altresi viene assalita dal pervertimento mo-
derno. Lo Stato separatosi, in quanto tale, da Dio, vuol
sopararne altresi la famiglia e le singole persone, compo-
nent! la societa. A tal fine egli secolarizza le nozze, seco-
larizza la pubblica beneficenza, abolisce le leggi proibitive
dellavoro nei di festivi, e soprattutto invade i diritti patcrni,
per impadronirsi della educazione ed istruzion de' figliuoli.
Contro questi attentati altresi sivolge il Pontefice nella sua
magnifica enciclica. « Empiamente affermano, egli dice, do-
versi togliere ai cittadini ed alia Chiesa la facolta di potere
pubblicamente erogare limosine per motivo di cristiana
capita ; e doversi abolire la legge, che per ragione del culto
divino proibisce le opere servili in certi determinati gior-
ni , pretessendo con somma fallacia che quella facolta e
legge contrastino co' principii dell' ottima economia pub-
blica. Ne contenti di allontanare la religione dalla pubblica
societa, vogliono rimuoverla eziandio dalle private fami-
glie. Iinperocche insegnando e professando il funestissimo
errore del Comunismo e Socialismo, dicono che la societa
domestica o la famiglia riceve dal solo diritto civile ogni
ragione di sua esistenza ; e che per6 dalla sola legge ci-
vile procedono e dipendono tutti i diritti de' parenti sui
figli, massimamente quello di procurare la loro istituzione
ed educazione . Colle quali empie opinioni e macchinazioni
P10 IX E LA SOClETl CIVILE 691
cotesti fallacissimi uomini intendono principalmente di eli-
minare dalla istituzione ed educazione la dottrina salutare
e la forza della cattolica Chiesa, acciocche i teneri e fles-
sibili animi de'giovani vengano miseramente infetti e de-
pravati da ogni fatta di error! perniciosi e di vizii ».
Senonche il pervertimento sociale non sarebbe assicu-
rato, se non si procurasse d'infermare ed annientare affatto
Tazion della Chiesa. A tal fine lo Stato ateo dirige i suoi
sforzi, sottomettendo a se Tautorita religiosa e arrogandosi
di dirigerne il ministero. 6 questo il sommo del perver-
timento, a cui pub giungere la societa, col capovolgere del
tutto T ordinamento divino: Uno Stato, senza Dio, cbe pre-
tende di dar legge e indirizzo alia Chiesa di Dio ! Puo
concepirsi piu bestiale disordine ? Contro si fatta preten-
sione massimamente si scaglia con santo zelo il Pontefice :
« Ardiscono, egli dice, con insigne impudenza di sottomet-
tere all' arbitrio dell' autorita civile la suprema autorita
della Chiesa e di questa Sede apostolica, a lei comunicata
da Cristo Signore; e negare ad essa Chiesa e ad essa Sede
tutti i diritti, che ella ha intorno alle cose, che appartengono
aH'ordine esteriore. Pereiocche costoro non si vergognano
di ' affermare che le leggi della Chiesa non obbligano in
coscienza, se non quando vengono promulgate dalla potesta
civile ; che gli atti e decreti de1 romani Pontefici, spettanti
alia Religione e alia Chiesa, hanno bisogno della sanzione
e dell' appro vazione, o almeno dell' assenso del potere civile;
che le Costituzioni apostoliche, colle quali sono condannate
le clandestine associazioni, sia che in esse si esiga, sia che
non si esiga il giuramento di mantenere il segreto, e colle
quali son fulminati di anatema i loro seguaci e fautori, non
hanno vigore in quelle contrade, dove cosifiatte associazioni
si tollerano dal civile Governo. » Hanoi svigoriamo la forza,
e deformiamo la bellezza di questa enciclica, collo staccarne
dei brani ; meglio e che i lettori vadano a leggerla per in-
tero T.
1 Essa e riportata dalla Civilta Cattolica nel primo volume della sun
sesta serie pagina prima.
692 P10 IX E LA SOC1ETA CIVILE
Conchiudendo pertanto il nostro discorso , osserviamo
come quest1 enciclica pontificia contiene la condanna piena
e perfetta del moderno Liberalismo. Imperocche tutte le
proposizioni da lei proscritte non sono che principii e ilia-
zioni del sistema liberalesco. L1 enciclica lo condanna in
tutte le sue forme svariate, dalla piu mite di semplice se-
parazione dello Stato dalla Chiesa, fino alia sua potenza piu
alta della supremazia dello Stato sulla Chiesa, e dell' as-
sorbimento in lui di tutti i diritti sociali. Cio spiega T ira
ond1 ella fu accolta dalFuna parte, e 1'allegrezza onde fu
salutata dall' altra. I liberal! vi scorsero un colpo mortale,
recato alle loro predilette dottrine^ i sinceri cattolici per
contrario videro in cio stesso un principio di luce a risto-
razione dell'ordine sociale, si fieramente sconvolto.
Pio IX non solo condanna il Liberalismo, ma lo condanna
in modo assoluto ed irrevocable. L' ultima proposizione del
Sillabo, che deU'enciclica e compimento e corona, esclude
come assurda ogni idea di conciliazione e di componimento
tra il Romano Pontefice e lui : Romanus Pontifex potest ac
debet cum progressu, cum liberalismo, et cum recenti cimli-
taie sese reconciUare et componere. Liberalismo, Progresso,
Civilta moderna , son tre parole che esprimono lo stesso
concetto. II primo esprime la dottrina, il secondo il suc-
cessivo svolgimento della sua pratica applicazione, il terzo
la forma che ne risulta negli ordinamenti civili e nei co-
stumi dei popoli. La condanna di questa proposizione mas-
simamente eccito lo sdegno dei matti adoratori del secolo.
Ma essa e giustificata per se medesima; giacche il maestro
della verita non puo mai scendere a patti ne contrarre
amista coll'errore: tra Cristo e Belial non ci ha alleanza
possibile.
Non pero e da credere che il Pontefice condannando il
Liberalismo abbia condannato altresi le cosi dette liberta
politiche, in altri termini le forme di libero reggimento. Di
ci6 r enciclica non fa motto. Nondimeno ci e stato chi per
ignoranza e chi per mala fede ha cercato di darlo ad in-
tendere. Ma a dissipare Tinganno dei primi e la frode dei
P10 IX E LA SOC1ETA CIVILE 693
secondi, basta por mente che la dottrina della Chiesa e
immutabile ; ed essa ha sempre insegnato che qualsivo-
glia forma di governo e buona ed accettabile, purche sia
legittima e giusta . Le forme di governo son di per s&
indifferenti al bene ed al male ; e divengono utili o no-
cive, secondo i principii di cui si avvivano, le persone che
le maneggiano, le disposizioni de'popoli a cui si applicano.
La Chiesa nel medio evo combatte bene spesso eziandio
colle armi T assolutismo imperiale , e difese la liberta dei
Comuni italiani; perche quegli tentava d1 invadere Paltrui e
si ribellava alia Chiesa; questi per contrario sostenevano i
proprii diritti e alia Chiesa obbedivano. Le parole di Pio IX
non toccano gli Ordini governativi, ma solo gli errori che
sotto ogni forma di governo possono manifestarsi ; e che
al tempo nostro si sono allargati in proporzione spavente-
vole. I principii, a cui Egli si appoggia, son quei medesimi
che furono sempre insegnati da^uoi predecessor! : il suo
merito e semplicemente d1 averli svolti e coordinati, e so-
stenuti con invitta costanza per tutta la durata del suo
lungo Pontificate, a fronte di nemici piu numerosi e pro-
tervi. Del resto, tanto elungi che Pio IXpotesse involgere
nella condanna del Liberalismo la condanna delle liberta
civili e politiche, che anzi nel tempo stesso, in cui emanava
Tenciclica quipluribus, della quale V enciclica Quanta cura
e il Sillabo non sono se non esplicazione e commento, ini-
ziava ne'suoi Stati quelle riforme amministrative, che presso
gli sciocchi gli procacciarono la taccia di tendenze libe-
ralesche.
In questa materia non convien prendere abbaglio. II
Liberalismo moderno non e un sistema politico; ma e vera-
mente un sistema morale e giuridico. Non consiste in tale
o tal forma di civile governo; ma in un complesso di prin-
cipii anticristiani e antisociali, che han radice nell'apostasia
della societa dalla Chiesa. Esso trae le sue origini dal Giu-
seppismo, dal Gallicanismo, dal Giannonianismo delle cadute
monarchic assolute, e si appella moderno, sol perche ai
nostri tempi si e svolto e perfezionato. Se ama le forme
694 PIO IX E LA SOCIETA CIVILE
libere di governo, ci6 e perche le crede piu facili a servirgli
di strumento per Tapplicazione de'suoi principii; ma non per
questo ne fa quistione di vita o di morte. Egli accetta qua-
lunque forma ; e non rifiuta neppure il despotismo , purche
professi e caldeggi le sue teoriche. Testimonio il dispiacere
che sentono i liberali per la caduta di Napoleone terzo, e
il desiderio, che esprimono, del suo ritorno sul trono. Napo-
leone terzo, tra tutti i principi odierni di Europa, fu il piii
av verso agli ordini liberi di reggimento, ed era nel tempo
stesso il piu fervido sostenitore e propagatore delle idee
liberalesche. Basti dire che mentre sopprimeva la congre-
gazione di S. Vincenzo de' Paoli, largiva legale esistenza
alle logge massoniche ; ed a ritirare le sue truppe da Roma
per la convenzione del 2 settembre , non sapeva recare
altra ragione, che F impossibility di accordare i suoi prin-
cipii liberali con quelli che Pio IX seguiva. « La Francia
liberale (cost egli fece scrivere dal suo Ministro Drouyn de
Lhuys alFambasciatore francese presso la Santa Sede) la
Francia liberale non puo proteggere piu oltre colle sue
armi un sistema illiberale a Roma; troppo grave essendo
la responsabilita, che ne risulterebbe alia coscienza moderna
dell' Imp era tore, e recherebbe pregiudizio insieme al suo
liberalismo... I due governi non agiscono secondo i mede-
simi principii T. »
Egli dicea vero. Ma questo appunto costituisce massima-
mente la gloria di Pio IX, Tessersi contentato di restare
del tutto esposto alia violenza de: suoi nemici, piuttosto che
cedere o balenare un istante, nella difesa della verita e
della giustizia. Con cio Egli ha acquistato un titolo im-
mortale alia riconoscenza del mondo eziandio politico; e la
sua meinoria sara celebrata, come del piu insigne benefattore
del nostro secolo. La ragione si e, perche Egli mantenendo
nel suo mezzo accesa la fiaccola della verita, lo ha preser-
vato dalla totale rovina; e gli ha porto il mezzo da ripigliar
vigore e floridezza.
1 Xota del 2 seltc.iibre.
LA SAVIA E LA PAZZA
RACCONTO DEL PRINCIPIO Dl QUESTO SECOLO
XIV.
LA PRIMA SERA IN ROMA
Oltre il rammarico della lontananza del santo Padre
Pio VII, Roina in quei giorni avea sofferto un crudele di-
sastro, che ne turbo il chiaro aspetto , e gran parte della
citta coperse di lutto e di desolazione. Per6 chi subito dopo
fosse giunto alle sue porte, fantasticando solo di splendori
e magnificenze, troppo sarebbe andato amaramente deluso.
Ne1 bassi quartieri sopra tutto , altro non incontrava lo
sguardo che bande di poveraglia in sulle strade , le case
interrate e squallide ; e ciascuna finestra pareva un buca-
taio : tanti cenci ne pendevano ad asciuttarsi ! Le donne
popolane coccoloni sugli usci a rigovernare miseri panni
gualciti, mentre i mariti loro rimettevano in sugli arpioni
i battenti delle porte sconfitti , o rassettavano il mobile
scassinato ; per tutto botteghe vuote , o chiuse , o scom-
pigliate, filaie di carrette colme di fanghiglia, e squadre di
manovali intesi alia votatura delle cantine, per tutto mota,
per tutto pozze, per tutto esali di putrido e di muffigno.
Perciocche piu che mezza Roma usciva allora dal tormento
di una inondazione, che rimase memorabile nelle istorie.
Fondachi di panni, di broccati , di velluti, di rasi, di
merletti, di trine, di mode, fiorivano opulenti insino a ieri,
che oggi possedevano solo un vortice di stracci diguaz-
696 LA SAVIA E LA PAZZA
zati tra quattro pareti, convolti in una cogli stipi e coi
banchi ; se pure 1' impeto delle acque rion avesse sfondato
le porte e rapito ogni cosa nella fiumara. Quanti merciai,
al calare del flume, videro i loro bronzi, i cartoni, i vetri,
le minuterie e i mille gingilli, in die pure tenevanb investiti
di grossi capitali, ridotti a un minuzzame informe e sozzo,
da spazzar colla melma ! Fortunati si chiamavano gli orafi
e i gioiellieri, che almeno potevano nella brodiglia im-
monda ripescare alcuna parte di loro merce, sebben dan-
neggiata; mentre irreparabile si scorgea la iattura delle
carte, e libri , e quadrerie , e anticaglie artistate ; onde i
padroni erano impoveriti di tratto e gittati sul lastrico. Ma
con vie piu sensibile rimpianto il popoletto lamentava la
perdita delle vittovaglie : giacche la fiumana ingorda avea
divorato immensi cumuli di frumenti, ingoiato i vini delle
cantine, consumati i magazzini de'salati e delle formag-
gerie, sperperato i depositi delle farine, de' risi, delle civaie,
degli olii, de'caffe, dei zuccheri, insieme coi liquori, le
tinte, le spezierie, le medicine; con danno presentissimo
non solo de1 venditori, ma ancora dell' universale. Infiniti
erano coloro che chiedeano sovvenimento , e intorno a
se non trovavano cbe infelici e tapini simiglianti a loro,
essendo le private canove tutte a un modo manomesse, e
i quartieri a terreno saccheggiati non pure delle provvi-
gioni , ma fin delle piu necessarie masserizie , fin degli
abiti e dei letti , e campatine gFinquilini, brulli e grami,
a implorare essi pure Taltrui merce.
Per verita si riscosse la pieta romana, fin dai primi mo-
menti che si previde il flagello. II clero , il patriziato , la
signoria, sebbene colpiti qual piu qual meno dal comune
disastro, avevano , incontanente apprestato d' ogni specie
soccorsi. Ne' quartieri intatti si apersero i granai, e si pro-
fusero tesori di sussidii; e molti cittadini concorrevano al-
Taltrui salvezza non solo con danaro, ma eziandio colle per-
sone loro e di loro famigliari. Tra i quali nobilitati dalla
carita cristiana, rimasero in esempio il giovane principe
LA PRIMA SERA IN ROMA 697
Aldobrandini, accorso sulle zattere al salvamento de1 suoi
domestic! ; e la casa Borghese, che dimenticando i proprii
danni, sovvenne alle sciagure della patria con larghezze
reali. Innanzi a tutti i privati entrava, com' era debito, il
Governo. II cardinal Cousalvi, che ne stava a capo con po-
testa suprema in assenza del Sovrano, e il magistrato del
Campidoglio adempirono strenuamente le parti di virtuosi
governanti. Non aspettarono gia che la piena soverchiante
awertisse da se i cittadini coll' affogarli (vanto riserbato a
futuri appaltatori di Governo) , ma si bandirono a suon di
tromba il pericolo sovrastante, e allestirono di tutto punto
la fiottiglia del soccorso, con tutti gli altri provvedimenti
che il caso trepido permetteva. Tra poco d'ora il naviglio,
levato in collo al flutto crescente, comincio a navigare le
vie di Roma , raccorre le persone pericolanti , salvare di
molte robe, e innanzi ogni altra cosa distribuire viveri in
abbondanza. Giacche, se 1' avviso precorso fuutile a fugare
precipitosamente gli abitatori dalle case, non cosi pote
bastare a mettere in salvo gli averi loro. E oltre a cio av-
veniva che non poche famiglie fidassero nell1 elevatezza
delle loro abitazioni ; e pero non si sconciavano per dilog-
giare prima che la torbida, crescendo, ve le costringesse.
Allora sorgeva infinite e doloroso il guaio delle donne, degli
infermi, e de' fanciulli , che scorgevano intorno a se chiuso
ogni scampo, e 1'onda spumeggiare quasi a'loro piedi, minac-
ciando di sopraffarli, se non giungeva una barca che li ac-
cogliesse. Comune poi si sentiva la necessita della vivanda,
perche di molte genti, sorprese all' impensata, mancavano
di provvigioni , e isolate ne' piu alti piani de' palazzi non
aveano altra speranza, che calare le sporte a fior dell' a-
cqua, e aspettare la merce de'pubblici ministri. Ne solo
entro la citta imperversava la fame , ma fuori le mura al-
tresi: nell' Agro romano interi ceppi di case, interi villaggi
divenuti erano come isole in un mare improvviso, e, che
peggio era, senza sussidio di barchereccio per comunicare
con altri siti; ond' era d'uopo vittovagliarli , quasi dissi,
dal continente.
698 LA SAVIA E LA PAZZA
II cardinale, luogotenente del Papa, salito egli stesso
in ampia barca, con seco un monte di pane , di paste , di
caci, di carne, di salumi, e servito da una squadra di re-
matori di Ripetta, volava sulle onde, tagliava imperterrito
le correnti impetuose, e approdava alle finestre ; entrava a
confortare le brigate accoltesi da' piani inferior! , s' infor-
mava delle distribuzioni ricevute, del numero de' bisognosi,
degl' infermi da trasportare, dispensava di sua mano cibo e
danaro ; e i sovvenuti, baciare pietosamente il pane donato
e il lembo della porpora al donatore. Commendato da un
ambasciadore di si nobile contegno e si decoroso per un
capo di Governo: — Ah, troppo ne sono compensate, ri-
spose , dalla riconoscenza e dalla discrezione di questo
popolo buono ! Pensate, che i poveri famelici nii dicevano
talora: Basta, Eminenza, basta per noi; il resto portatelo
agli altri che avranno fame come noi... Povero Pio VII ! gli
sara pur dolce il sapere che in tanta sciagura il suo luo-
gotenente ha fatto qualcosa pei suoi cari Romani. —
Rientrato il Tevere nel suo letto, subentro alia risto-
razione la provvidenza del Governo e del magistrate cit-
tadino, e la privata carita compi 1' opera. Le commission!
de' sussidii, le compagnie di pieta, le confraternite, i capitoli
delle basiliche, i conventi, i monisteri, versarono copioso
il balsamo della misericordia sulle piaghe del popolo. In
poche settimane Roma tergevasi dei depositi delle acque,
puntellava le case rovinose, ripurgava i fondacci de1 sot-
terranei, riforniva 1' arredo alle famiglie spogliate, soppe-
riva alle prime necessita de'poverelli, lavoro e pane riab-
bondava.
Non d' altro che della inondazione udivasi ragionare. in
Roma, allorche vi tornava Chiaffi-edo. Ond'egli, che troppo
erane informato, ne avverti la nipote, affinche lo squallido
aspetto delle strade basse non le rendesse alia prima una
sinistra impressione. Nell' accostarsi poi a ponte Molle. —
Vetturino , grido egli , giu per via di porta Angelica , a
S. Pietro. — Rivolto quindi a Clotilde : — lo non faro mai
LA PRIMA SERA IN ROMA 699
questo arrosto, di entrare in casa altrui senza far di cap-
pello al padron di casa. — E fermata la carrozza a pie della
gradinata vaticana, sali con Clotilde sino alia gran porta
di ferro di fronte all' atrio, che, per essere oramai buio, gia
era chiusa: s' inginocchi6 sulla soglia, e or6 a capo sco-
perto. Levossi tutto lieto e dando una stretta di mano a
Clotilde: — Allegramente ! le disse; il gran viaggio e fi-
nito , e siamo in mezzo a Roma, grazie a Dio, sani e salvi.
Ora a casa, a monte Cavallo: buona cena, buon letto,
buona dormita, e domani a darci bel tempo.
Questo po'diriconforto non era del tutto inutile a Clo-
tilde, che col calare del giorno , risentiva ad ora ad ora
qualche tocco delle passioni de' giorni antecedenti . La
giovane pellegrina lasciavasi soprapprendere da una cotale
espettazion-e strana , che la casa di zio Chiaffredo avesse
ad essere come gli alberghi incontrati sul cammino , colla
differenza di trovarvi de'domestici invece di garzoni. Vero
e che il fatto riusci tutto all' opposto dell1 immaginato .
Entrata la carrozza nel cortile , Chiaffredo si affaccio allo
sportello , diede un fischio : una finestra si spalanco in-
contanente e si udi un secondo fischio rispondere al pri-
mo. — Or sali, disse Chiaffredo alia nipote, sali per quella
scala, sinche trovi un uscio aperto al terzo piano. Alle robe
ci penso io. — Or quanto senti ella rasserenarsi, allorche a
prima giunta le apparve uno spettacolo tutto di famiglia !
Le veniva incontro giu per la scala un paffuto servidore*
sorridente, e gridava; — Ben tomato sor padrone! ben venuta
sora padrona ! — E intahto con ripetuti capochini facea
ballare due lucerne a piu becchi fiammanti, quinci e quindi
sospese dalF indice delle mani. Dietro costui scendeva una
gentile vecchietta, in abito dimesso ma pur signorile, con
due occhi a stella ed amorosi, la quale le gittb le braccia
al collo, e in ischiettissimo piemontese la saluto : — Bene
arrivata tota Clotilde ! Come stai ?
— Bene, signora, grazie; rispose timidamente Clotilde.
— E il tuo barba dov' e ?
— ft! qui sotto: mi disse di montar su.
700 LA SAVIA E LA PAZZA
— Ti se' strapazzata in viaggio ?
— No, signora.
— Ma tu non mi riconosci ?
Clotilde guardava la signora, annaspando, ne sapeva
da prima come rimetterla, ne che si dire. Ma poi , come
sono i giovani memori delle fisonomie, non peno a ravvi-
sarla: — Si, si... parmi d'averla veduta in casa nostra a
Torino, a cercare di zio Chiaffredo... una volta...
— 0 ben piu d' una volta ! soggiunse Chiaffredo, so-
pravvenendo al colloquio ; giacche si era preso il gusto di
mandare su Clotilde sola a questa improvvisata. Non co-
nosci piu la sora Teresa, quella signora che spesso veniva
a parlarini, ed era si carezzosa con te e con Glelia... Tanno
scorso ?
— Oh si , che me ne ricordo adesso ; tanto bene !
— Or ecco io son qua, disse la signora, appunto ad
aspettarti: tutto ieri e oggi non si e fatto altro che parlare
del vostro arrivo e di te. La cena e pronta, non resta che
metterci a tavola, e poi a riposarti . Poverina ! dei pure
essere stanca, dopo tanto viaggiare.
In cosi dire, T aveva introdotta in un salotto, e spunta-
tole il cappellino, e fattala sedere sopra un sofa; e mentre
si dava recapito al bagaglio, ella le fece portare rinfreschi
di piu maniere, e 1'intratteneva di mille dimande, piene di
si naturale e schietta sollecitudine di buona mamma, che
Clotilde si senti al tutto sgroppare il nodo del cuore , e
da quel punto le parve di respirare come in casa sua. Onde
che allegrissimo fu il cenare, ed ella si accorse, che la
Teresa certo era qualcosa piu che una donna di camera
perciocche si assise a mensa a suo franco, e zio nel fare
le zuppe servivala per prima. A Chiaffredo abbondava la
loquela, e T animatissimo conversare troppo avrebbe preso
della serata, se la signora , con un fare assai sicuro , non
Tavesse quasi che interrotto, dicendo: — Oh, e a riposare,
non ci pensiamo ?
— Si, si; e tempo rispose Chiaffredo: anch'io vo'legar
1' asino a buona caviglia : e tu, Clotilde, se mai ti svegli
LA PRIMA SERA IN ROMA 701
che il sole non isfondi ancora la finestra, fa un chiocciolino
e dormi dell' altro.
— Lo far6 anche troppo. Felice notte, barba.
Teresa prese per mano la giovinetta. — Or vieni, di-
cendole , e vedi la tua stanza , che e apparecchiata nel
quartiere di la. Tuo zio I1 ha fatta prendere a pigione, scri-
vendo fin da Torino , e io vi ho fatti gli acconci in fretta
in furia; troverai tutto nuovo, pulito, assettato, che psfre non
aspetti altro che te.
Chiaffredo tenne dietro alle donne , quatto quatto , e
si affaccio alia porta della camera; e di la, celiando, co-
minci6 a prorompere in istupori : — Bene ! ma bene ! benis-
simo ! troppo benissimo ! Io non m' aspettavo T un cento di
tanto lusso. Avevo scritto che si accomodasse uno stam-
bugio per una mia nipote: ma la sora Teresa ha trafatto.
Altro che stambugio ! qui ci e una cuccetta da principes-
sina. — Poi passando in rassegna ciascun mobile : — Non
ci manca nulla. Oh vatti a fidare delle monache ! le stillan
tutte, per mandare in rovina un poveruomo. Letto, e che
letto!... capoletto e cortine... e che cortine ! 0 gua\ ci e
anche il cordone del campanello colla nappa... E dove ri-
sponde ?
— Eh, risponde nella mia stanza qui; disse Teresa.
— Cioe?
— Nella stanza attigua. Se a Clotilde nulla occorresse
di notte, sa almeno chi chiamare.
— Anche cotesto e comodissimo per la signorina. Iss 1
che museo ! proprio un museo di gingilli ; tappetino al ca-
nape, studiolo, inginocchiatoio, pettiniera, eccetera, ec-
cetera; perfino una spera, grande da specchiarvisi la guglia
di S. Pietro, quando fa la toeletta. Ti raccomando, Clotilde,
non la logorare tutta in un giorno : ragazza che si specchia,
presto diventa vecchia; e io aggiungo: e berlicche di dietro
le fa le cornina. Ma dimani, dopo quindici giorni che digiuni
di specchiatura, ben puoi darti una guardatina scappando.
E Clotilde ridendo specchiarsi nella spera . — Vediamo
se berlicche mi fa i cornetti.
702 LA SAVIA E LA PAZZA
— Che spavento ! sclamo lo zio. Fa anche peggio : ho
condotto una nipote, ed eccone due. Troppa grazia ! E ohe
pessimo e, tutte e due insonnite come le marmotte... Ci
hai negli occhi del sonno per uu intero dormentorio. Va,
va, conchiuse Chiaffredo ritirandosi e levando il marmino
che sosteneva la porta, dormi, e buona notte. A rivederle
dimani, signore mie, ma tardi ve\ appunto da beccarci la
messa del poltroni. —
Clotilde , come si trovo sola colla sora Teresa , provo
un sentirnento di indicibile riposo. Consolavasi d' un biso-
gno , che non avrebbe saputo ben esprimere , e pure le
era vivissimo , di quella plena sicuranza , di quell1 affida-
mento compito, onde le fanciulle si abbandonano solamente
colle donne, molto piu se virtuose e attempate. Due setti-
mane erano corse, dacche non aveva piu incontrato un viso
donnesco, che le desse tiducia : e ora questa buona e dolce
donnina F aveva incantata colle sue atTabilissime maniere,
e pressoche al primo aspetto aveale ispirato una intera,
confidenza: non disse ne un ne due, ne perche ne per come,
si getto nelle braccia di Teresa. Sventura alle famiglie,
che noniscelgono avvedutamente le persone, acuiaffidano
la famigliare intimita delle loro figliuole! Ma la sora Teresa
era eletta tra mille, la perla delle aie, e qualcosa piu che
un' aia. Comprese henissimo quel naturale impeto fanciul-
lesco, e con carezzevole atto rivolse il volto di Clotilde a
una Madonna, bella e grande , che pendeva alia parete ,
dicendo : — Tu qui in Roma hai bisogno d1 una madre ,
d' una sorella , d'un arnica , d' una consigliera : eccola, e
dessa ! —
XV.
UNA MATTINA FELICE
Mite e serena sorrise 1'alba del di vegnente , e reco
una di quelle giornate , onde spesso i romani, a mezzo il
verno , si godono il piu smagliante aprile. In cuore a
UNA pATTINA FELICE 703
Chiaffredo pur faceva primavera. Tutto fioriva. Non pareagli
piccola ventura il vedersi novamente adagiato nella diletta
Roma; e Roma gli risplendeva di mirabili speranze: giacche
Pio VII, reduce dalla coronazione dell' imperatore, si affret-
tava all' antica sede , coronato egli stesso di nuova gloria,
onusto di mille onori raccolti per via, con rinnovamento di
fede nelFuniversale, ricco di speranze per Tavvenire, senza
tener conto de' reali vantaggi conseguiti a pro della Chiesa.
Oltre a ci6 il signor Malbrouch pregustava il gaudio di av-
volgersi in fra gli amici , e loro confidare un mondo di
novelle, quasi tutte liete; e per giunta, a raddoppiargli il
dolce di tante gioie , vedeva oggimai stabilmente a s& vi-
cina quella delizia di nipote, d'indole aurea, e naturata
alia virtu, nel cui cuore egli innesterebbe tutte le sue idee,
tutti i suoi principii, tutte le sue aspirazioni, e a cui lasce-
rebbe gran parte degli averi, e, volendo , anche il nome.
Gli sembrava per poco di essere divenuto padre, e che il
nuovo acquisto il compensasse della sciagura di non aver
prole sua propria. Ondeche , com' egli era di naturale gaio
e giocondo , ad ora ad ora gli avveniva di trovarsi cante-
rellando una strofetta d' una canzone scherzevole, popo-
larissima allora nel suo Piemonte :
« Dop trant'ani d' matrinioni
« Finalmcnt a 1' avu un fieul;
« Tut content barba Gironi
« A sautava com' un cravieul *.
In quella che cosi si crogiolava nella nascentefelicitu,
ed ecco frusciare il saliscendo, e una vocina dimandare: —
fe permesso? — Era Clo tilde , condottagli dalla sora Teresa,
e veniva a dare il ben levato a zio , tutta ariosa e vispa.
La Teresa aveala pettinata , studiata, ricincinnata , reci-
Dopo tront'anni - di matrimonio
Alia perfine - ebbe un figliuolo ;
Tulto contento - barba Girolamo
Spiccava saltt - da capriolo.
704 LA SAVIA E LA PAZZA
tate con lei le orazioni, e confortatala d'un bravo ciocco-
latte coi crostini alia romana. Le quali amorevoli cure ,
aggiunte al riposo , aveano alia giovinetta fatto scordare
le noie del viaggio; ed ella si sentiva come rinata e rifio-
rita. Appena si puo credere quanto ristoro infonde alia
donna un po1 di governo del capo , e un po1 di assetto della
vestitura, specialmente dopo averne patito disagio. Ben
sel sanrio le ancelle di Dio , dedicatesi alia cura delle mon-
dane, cadute insiememente e nel vizio e nella sventura;
le accorte suore con quest1 articella amorevole, ne sollevano
da prima ravvilimento, ne acquistano il cuore, e si aprono
il varco a rinfondere il sentimento smarrito della decenza
femminile, e T alito rinnovatore della virtu.
— E permesso? dimandava Clotilde.
— Permesso, permessissimo , rispose ChiafFredo, spa-
lancando la porta. Corne hai ronfato a Roma?
— Bene, barba: e voi?
— Benone. Hai fatto colezione con appetito?
— Si, come a Torino.
— Ma a Torino , quando aprivi la finestra non vedevi
la cupola di s. Pietro... Guarda, e quella. Vedi che bagat-
tella di calotta. — E mentre Clotilde smiracolava su quel
prospetto stupendo, indorato dal raggio del sole, o facea
dell'arco delle dita occhialino, ed egli raccontava le mi-
rabilie del tamburo , della lanterna , del cupolino , della
palla, della croce : poi interrompendosi : — Via , via , non
perdiamo tempo: subito a S. Pietro. Questi primi giorni ti
conduce io, in appresso ci pensera la sora Teresa.... La ci
sara senza dubbio una messa: e poi, e poi... ci e un mondo
di belle cose da vedere. Dunque, svelta, mettiti indosso.
— Ma il cappellino da viaggio e tutto stazzonato, Tal-
tro e ancora nella custodia.
— Non pensare , disse la Teresa , ne T ho cavato io ,
T ho racconcio col nastro all' uso di Roma, e non gli manca
null a .
— Grazie, sora Teresa, grazie. —
UNA MATTINA FELICE 705
Non prima la fanciulla fu fuori della presenza , che il
signer Malbrouch entr6 a discorrere serratamente colla si-
gnora: — E bene com1 & ita questa prima scena ?
— Non poteva andar meglio.
— Si & nulla nulla mostrata foresta ?
— Ma nulla, quello che si dice nulla. Pare nata in casa.
— Non fa segno di dolersi della famiglia lasciata in
Torino ?
— Non me n'ha parlato, se non per dirmi che ha da scri-
vere al babbo e alia sorella, ma che vuole aspettare dell'altro,
per raccontare le belle cose che vedra qui. S' inteneriva
bene un tantino nel mentovarli ; ma poi tutto finiva li. M'ha
cinguettato ihvece un monte di chiacchere sulle fogge delle
foresi vedute in viaggio, e sul santuario di S. Rosa, e che
so io .
— E di zio non fece mai parola ?
— Oh si, piu volte.
— Che diceva ?
— Puh , diceva che Y era contenta di venire a stare
con voi.
— Me T aspettavo : e una pasta d' angelo, e pure lag-
giu a Torino, cervellacci senza sugo ! non sapevano cavarne
un costrutto: qui invece (e per questo solo Y ho fatta venire)
se ne fara tutto il bene che si puo volere. Del resto voi ,
signora Teresa , state in tutto e pertutto alle nostre intel-
ligenze ^er lettera... A proposito le avete ricevute ?
— Crederei : quattro me ne furon ricapitate , e ben
lunghe.
— Or bene in quelle ho posto tutto il mio disegno. Non
parvi che stia bene ?
— Eh , nulla di nuovo : e Y educazione che si da dai
buoni padri di famiglia alle loro fanciulle , e quella su per
giu che si dava nei monisteri della Visitazione.
— Dunque, fermi li. Per ci6 poi che e di cappellini, nastri,
abbigliamenti ed altre tattere , io me ne rimetto in voi, co-
me aia, maestra e madre. Quanto a me, gradirei che alia
Serie VIII. vol. //, fasc. 504. 45 9 giugno 1871.
706 LA SAVIA E LA PAZZA
birnba non mancasse nulla del necessario e del convenevole
alia sua condizione ; ma piuttosto un puoto sotto , che un
punto sopra , perche troppo sapra da se metterci il piu ed
il vantaggio. Ai libri ci penserb io: ho preso tra gli altri ,
ora passando per Firenze , due volumetti di monsignor In-
contri , tfptegazione delle feste: ma sono sciolti , e voglio rc-
galarglieli un bel giorno , per premio , legati in zigrino ,
coi fortnagli, filettati d'oro, rabescati, per farglieli piu pre-
giare. Per condurla fuori , spesso la prenderb meeo , del
resto fate voi : visite poche o punte, se pur non la condu-
ceste alle madri badesse che voi conoscete, o alle signore
che usano in casa mia, o alle famiglie piemontesi; badate
tuttavia, le sieno di quelle che stanno in buonacolle nostre
Maesta, Carlo Emmanuele e Vittorio Emmanuele. Quanto si
e a divozioni in chiesa, feste, novene, perdonanze, io non
posso patire ghiribizzi, vanita, scrupoli; ma cio che e appro-
vato dalla Chiesa, o questo si, e tutto. Pero accompagna-
telapure alia rnessa ogni di, e dovunque ella desideri andare,
perle solennita giornaliere di Roma; anzi, se occorre, met-
tetele voi la pulce nelF orecchio, massime poi a quelle cui
interviene il Papa : e giusto che stando in Roma la preghi
il piu che puo insieme col Vicario di Gesu Cristo. Anche
se doveste per cio prendere la vettura di piazza, tirate via
liberamente. Gia ci vado anch' io, e puo venir meco. Pone-
tevi in cuore di farla a dirittura chiesastica, bigotta, spi-
golistra e via via: io non ho paura di questi vocaboli, che
sono il ban bau degli sciocchi. Per me vorrei tornassero i
conventi, con tutte le loro educazioni all'anticaccia, ma
proprio accia: perche ho veduto che le teste fasciate, colle
loro pretese zoticaggini, a conti fatti, ci raffazzonavano delle
magnifiche ragazze, delizia della famiglia, che sapevano
benissimo affarsi nelle oneste brigate, cantare e toccar la
chitarra sedute presso a mamma, trinciare quattro capriole
come le altre, col piccolo vantaggino d' essere pie, ubbi-
dienti, laboriose. Voi Io sapete per prova, che appena smuc-
ciata della Visitazione, vi trovaste a corte, e non 1' ultima;
e pure poco dopo vi facevate monaca.
UNA MATTINA FELICE
707
— Cosi non m'avesser disfatta! rispose Teresa, con un
sospiro : basta, non rivanghiamo i guai vecchi.
— Or bene rifabbricatevi il monastero in quelle camere
di la; voi siate la priora, e Clotilde la comunita. Non gia
ch'io la voglia monacare di forza: tocca a lei pensarci; io,
neppur un motto alia lontana. Che anzi ho una mezza idea
di qualcuno, che le possa andar bene, a suo tempo. Vi dico
di farla monaca, cioe d'istillarle tutta la pieta vostra e di
S. Francesco di Sales. Se Iddio non la chiama, ci6 non im-
pedira nulla che la diventi un fiore di buona sposa , anzi
T aiutera. Le educate in convento trovano, senza tante ma-
nierine franciose , marito piu e meglio di quelle che ne
vanno in busca; e trovatolo gli voglion bene per amore e
non per romanzo, e riescono le brave mammine che s'alle-
vano caramente i loro figliolini, e tengono loro grado e
sono il decoro piu dolce e venerabile della societa. Laddove
quelle pispolette, pettinate dalle grazie tramontane, sempre
in guardia contro la superstizione... e meglio non parlarne.
Ne ho vedute cosi cento come una; grillaie, vi dico, gril-
laie ambulanti, e nelle conversazioni, civette, pappagalli ,
zimbelli.... II Signore le da in moglie ai giovanotti che han
peccati grossi da scontare, per loro penitenza di tutta la
vita . . .
Teresa interruppe con dire: — Siamo d'accordo : or vo
a vedere che cosa fa Clotilde, che non torna. — Senza di
che, la dissertazione di sor Chiaffredo non era per finire
si tosto. Com' egli dava la stura, in verbo educazione, cor-
reva come un fiuine reale.
Oggi e parecchi giorni Chiaffredo si valse della car-
rozza, che prese a nolo per due attaccature alia giornata.
Bramava appagare la immaginazione di Clotilde, con farle
passare rapidamente sotto gli occhi , quasi riunite , le piu
famose maraviglie romane. Ma fornite le prime e solenni
visite alle grandi basiliche, dentro e fuori le mura, smise
volentieri la vettura, per veder meglio la citta, diceva esso;
in fatto poi, per avvolticchiarsi agiatamente nel cuore del-
708 LA SAVlA E LA PAZZA
1'abitato, e rannodare le visite degli amici. II valent'uomo
ne aveva un po'per tutto, e si fermava per le vie, od an-
che passando dinanzi alle lor case, non reggeva al solle-
tico di salire a udirsi un ben tomato. E poiche le sue cono-
scenze erano d'uomini del suo pensare, lo scambio delle
novelle pigliava larghe conversazioni; tra le quali T amo-
revole zio non mai mostravasi piu lieto, che quando gli
dimandavano: — E cotesta graziosa giovinetta e vostra
figliuola?
— No , rispondeva Chiafiredo : Clotilde mi vuol bene
come una figliuola, ma e mia nipote di fratello.
— Ed ella sta ora con voi?
— Si, 1'ho condotta a Roma, perche ringrazi il Santo
Padre dell'udienza accordataci in Torino.
— Ah, la signorina e stata ricevuta dal Papa?
Clotilde rispondeva un si signore, colorando le guance
di gentile modestia.
— E che le ha detto il Papa ?
E Clotilde dovea raccontare la sua avventura, la quale
Chiaffredo ascoltava con sempre nuovo compiacimento, come
un1 arietta d'un canarino.
— Or quando torna il Papa? ripigliava T interlocutore:
per Roma se ne dicono tante !
Qui Chiaffredo entrava in un lago di storia contempo-
ranea; politica, religione, maneggi diplomatici, tutto pas-
sava in rassegna, e conchiudeva: — II Santo Padre torna,
e torna presto : lo so di buon luogo.
— Mi par mill' anni di saperlo arrivato a porta del Po-
polo , diceva un monsignore in pel bigio. Non so perche ,
ma se nol veggo, Roma mi sembra vuota: credo a volte di
trovar T erba cresciuta per le strade... Ci sento perfino una
tal quale impressione di quella galera che avemmo quando
Pio VI, bona memoria, era prigione...
— Monsignore, nol mentovate piu quel tempucciaccio
di tutti i diavoli.
— Mah! — e monsignore tentennava il capo.
UNA MATTINA FELICE 709
— Che vorreste significare col vostro mak?
— Oh, ve T ho dire? io sono come i trasteverini, ragiono
grosso: a quel messere di la dai monti io ci ho poca divozione,
finche non si ribattezza sciaguattato hene per immersione,
dopo avere restituito gli Stati al Papa.
— Capisco , capisco... ne pur io T ho sul mio libro al
frontispizio : ma in fine finale il Papa fu da lui ricevuto
convenientemente; Napoleone ha promesso di restituire...
— Come tutti i ladri, a pasqua, per avere T assoluzione.
Gli creder6 , quando sentirb che i commissarii pontificii
hanno avuto la consegna delle province, e che il nostro
legato ne ha preso possesso. Ora invece mi sembra piu in
vena di rubare che di restituire. Mi scrivono che regala il
non suo principato di Piombino alia sorella Elisa nei Ba-
ciocchi: ho inteso da un ministro estero, che appunto in
questi giorni va brogliando, anzi comanda a Genova e a Mi-
lano, che i signori repubblicani Io chiamino loro re. Non
gli basta a lui, bandito c6rso, aversi ciuffata la corona d'im-
peratore dei Francesi ; egli ha il catarro di farsi dire Sua
Maesta re d' Italia. Noi i nostri re gli abbiamo. Pio VII, Fer-
dinando IV, Vittorio Emmanuele I, Maria Luisa e gli altri ,
non sono tutti re d' Italia? Che diritto ha lui a questo titolo
minaccioso ? Per me, vi dico il vero, questo titolo serve a
consacrarlo furfante, ladro, scomunicato, maledetto. La-
sciamo andare, che fin d'ora gli e tale, perche spoglia i
principi legittimi; ma e dieci volte peggio, perchS conferma
la rapina a danno della Santa Sede.
— Ma restituira, dicono.
— Io temo che invece T appetito gli venga mangiando.
Un bel mattino si sveglia coiruzzolo di beccarsi Roma, e...
— E alia sera gli puo restare nella strozza.
— Cosi sia! conchiuse il prelate.
Chiaffredo prendea diletto grandissimo a tenersi a lato
la nipote in questi parlari: — Perche, diceva esso , senza
avvedersene, va a scuola. —
RIVISTA
DELLA
S T A M P A I T A L I A N A
I.
La Vergine-Madre e I'Arte cristiana ; Sludii estetici del BARONE
NICOLA TACCONI-GALLUCCI. Napoli, tipografia degli Accattoncel-
li, 1870. Un volume in 8° di pag. XIII, 185.
Non potremmo lodare abbastanza questa operetta de! chiarissimo
idorine Tacconi-Gallucci , il cui norae , non ostante la freschezza
dell' eta, e troppo noto ai dotti d' Italia, e i cui pregevoli lavori non
b questa la prima volta che vengono con ooore annunziati dal no-
stro periodico. Ma se il nostro giudizio non c' inganna , ci sembra
clie il citato libro sorpassi di graa tratto tutte le altre opere. che finora
sono uscite dalla penna di lui. Cio e merito suo senza fallo, ma e
merito altresi del soggetto, che e uno de'piu acconci alia contem-
plazione degl' ingegni non volgari, e de'piu efficaci nell' accendere
santi affetti ne' cuori ben disposti. II soggetto, come lo indica il ti-
tolo, e la Yergine Madre nell' Arte cristiana ; vale a dire : quale e
quanta sia la influenza estetica di Maria nelle manifestazioni dell'arte,
informata dal concetto cristiano. La brevita di una rivista non ci
consente di seguire a passo a passo 1' autore nello svolgimento e
nella trattazione del suo terna: dare un sunto anche solo delle os-
servazioni piu principal!, ci porrebbe nel pericolo di non essere in-
tesi, trattandosi di concetti per se stessi non troppo access! bill alle
cQimmi intelligenze: esporle poi con qualche ampiezza ci menerebbe
troppo in lungo. Ci contenteremo adunque di segnare come le tracce
general! dell' opera , rimettendo all' opera stessa i lettori piu idonei
alle investigazioni filosofiche.
L'Arte inquanto cristiana ha un'impronta essenzialmente diversa
dalla pagana : perciocche essendo I'Arte imitazione della natura, la
cristiana la esempla come fu da Cristo ristaurata mediante la reden-
zione ; laddove la pagana la ritraeva nel suo degradamento. Cio posto,
tanta dev' essere la influenza estetica della Yergine Madre nel rin-
novamento introdotto nell' Arte per virtu del Cristianesimo , quanto
c ii ^rado di eccellenza, a cui fu da Dio elevata nelFordine naturale
RIVISTA DELLA STAMPA ITALIANA 711
e soprannaturale , e quanta la parte che le toccd nell' opera divina
della redenzione. Questo e il principle, sopra il quale 1'egregio autore
fonda il suo lavoro estetico intorno alia Vergine Madre nell' Arte
cristiana. « Dopo il tipo dell'Uomo-Dio, cosi egli, ch' e la sintesi,
1' ideale, 1'essenza, il tutto dell' Arte cristiana, il tipo che viemag-
giormente risalta, esercitando una estesa influenza sulla rigenerazione
estetica, e appunto quello della Vergine-Madre, il quale dinamica-
meute trascende sugli altri tanto per la sublimita del misterio, quanto
per la squisita bellezza che sta diffusa nell' Eva novella del riscatto.
La redenzione difatti non comincia che con Maria; con lei che fu
preordinala pria che fosse la terra, pria che si sollevassero i monti,
pria che le acque si dividessero dall'arida: imperocche ella e prin-
cipio di quell' era di grazia , nella quale gli uomini ritornarono ad
essere figli di Dio, stirpe eletta chiamata alia beatitudine eterna ed
alia volutta dell' amore divino . Laonde se 1' incarnazione si avvera
in Maria, ed ella e scelta ad essere cagione dell' universale riscatto,
il tipo e 1'ideale estetico della Vergine- Madre sara pure la manife-
stazione di quella parvenza divina, che riscatta FArte e reintegra
la bellezza nella prisca e perfetta sua natura celestiale 1. »
Stabilito il qual fondamento, e dimostrato come la bellezza spi-
rituale, che nell' essere suo e cosa interna ed invisibile, pure si
manifesta per un suo riflesso esteriore nelle forme sensibili, die sono
quelle che 1'Arte riproduce; comincia a divisare in particolare le
ragioni dell' influenza nell' Arte cristiana, che hanno luogo nel tipo
della Vergine- Madre. La prima e la Grazia e V 'Amore: la Grazia
di cui essa fu piena per se e pe' figliuoli di Adamo fino dalla sua
origine immacolata; e 1' 'Amore, del quale fu obbietto dalla eternita
per la sua elezione a madre di Dio. « Questo ideale, osserva giu-
stamenle T Autore, di celeste e sublime ispirazione , compenetrando
la forma e la figura umana, rigenera la bellezza terrena, irradian-
dola con una luce di Paradiso, e solleva 1' Arte cristiana a quel ciclo
di serenita e di beatitudine , che e il piu alto ed elevato concetto
del genio artistico creativo. »
L'altra ragione e il Soprannaturale, di cui il tipo di Maria e
la piu eflicace manifestazione per le sue attinenze colla Trinitd, che
e il mistero piu eccelso nell' ordine soprannaturale , per la parte si
principale .che ebbe nella Incarnazione, che e 1' opera soprannatu-
rale per eccellenza , e perche essa stessa e il maggiore miracolo ,
effettuato in pura creatura, per la sua qualita di Vergine insieme e
di Madre. Messe le quali considerazioni i' egregio autore discorre
ampiamente i modi diversi onde il soprannaturale, cos\ divinamente
i Pag. 2.
712 Rl VISTA
connesso colla idea della Vergine Madre, ha o puo avere il suo riflesso
nell'Arte rigenerata pel cristianesimo l.
La terza ragione d' influenza, che esercita la Vergine Madre nel-
l'Arte cristiana, e il meraviglioso divino. II chiarissimo autore discorre
con niolta profondita di concetti del meraviglioso in genere, e in par-
ticolare dimostra 1' intima relazione che passa fra il meraviglioso na-
turale e il meraviglioso soprannaturale. Donde conchiude, cliesmarrita
fra le genti la vera idea del soprannaturale, dovea sotto un rispetto
scapitarne , e sotto un altro rispetto mancare affatto il meraviglioso
estetico nelle opere dell'arte. « Egli e in tal guisa, esso dice, che si
Sterne 1' assoluto bisogno della redenzione nell'arte; dappoiche il
ialso e ridicolo maraviglioso del Paganesimo non appagava piu ne
le nienti razionaliste degli stoici, ne le coscienze de'credenti in Gesu
Cristo; laonde 1' Arte sarebbe senza piu caduta nel dispregio e nel-
F apatia. II Cristianesimo ci diede il segreto del positive meraviglioso,
mettendo in reale comunicazione 1' umanitd e la divinita, il sopran-
naturale e il naturale. Nell' Uomo-Dio s' incarna il portento della
grazia, il miracolo continuato dell'onnipotenza e della carita, mentre
nella Vergine Madre apparisce 1' imperative della grazia diffusiva
neir umanita pel miracolo dell'onnipotenza e dell' amore. L' Uomo-
Dio e la Vergine-Madre, che sono i due tipi e i due ideali in cor-
rispondenza assoluta, costituiscono il fondo del meraviglioso cristiano,
anzitutto pel miracolo della Grazia, ch' e il vero punto d'incontro
del soprannaturale e del naturale nel ciclo redentivo, nel modo stesso
che il Fiat e il verbo intermedio fra i due ordini nel ciclo creativo 2. »
Le manifestazioni poi di cotesto meraviglioso divino della Donna
eletta esso le riduce a quattro capi principali; vale a dire alia Ver-
ginild assoluta di lei, alia sua Maternitd^ al suo Martirio , al suo
Trionfo : per le quali proprieta la bellezza meravigliosa di Maria
spicca in quattro felicissime situazioni, le piu artistiche che sia dato
immaginare. Perciocche, come giustamente osserva , « nella Vergi-
nitd la bellezza della grazia predomina sul sublime della maesta,
eel il meraviglioso si appalesa nell' azione individuate , ma sopras-
sensibile della vita giovanile .... Nella Maternitd il sublime so-
vrasta all'elemento semplice della bellezza, e la maesta predomina
sulla grazia, di maniera che 1' ideale estetico si scerne nella sua piu
grande azione affermativa, e Maria diventa il centro di quella Epopea
eminentemente drammatica, che ha per soggetto Dio e I' umanitd.
II Martirio della Vergine Madre forma il suo intenso e profondo
dolore per la tragica morte del divin figlio crocifisso; eppero 1' ideale
estetico di lei s' individua nella maesta della sventura, che congiunta
alia grazia della malinconia piange 1' obbrobrio dell' umanita col-
i Pag. 7. — 2 pag. 04.
DELLA STAMPA ITALIANA 713
1' accento della piu patetica poesia. L' Apoteosi infine di questa Crea-
tura tulta santa e il compimento del Meraviglioso e teleologia del-
1'Arte; giacche nell' Assunzione della Vergine-Madre alia gloria
eterna del cielo, la maesta della Regina degli Angeli s'immedesima
colla grazia della Regina delle Vergini, e Delia parvenza indefinita
del suo ideale ben si discerne la bellezza dell' Imperatrice del Creato,
che si asside nel trono della gloria, piena di letizia, di splendore, di
varieta. L'a redenzione e la rigenerazione dell' Arte non si avverano
die per via di qnesti quattro ideal i della Vergine-Madre; imperocche
tutto il Meraviglioso estetico del Cristianesimo da Maria prende ori-
gine e cominciamento l. »
Quest' ultimo concetto, ond'e chiuso il tratto recitato, forma il
subbietto di tutto il rimanente del libro, ch'e quanto dire della so-
stanza dell'opera. Noi, aache in questo, altro non possiamo che sol
tracciare 1'ordine della trattazione.
E considerata dunque in primo luogo la verginita di Maria ,
come causa esemplare della rigenerazione della donna ne' tipi del-
1'Arte cristiana. A dimostrare questo concetto il chiaro autore si apre
la via colla notazione di un fatto, pur troppo attestato da tutta la
storia del genere umano innanzi alia redenzione ; ed e la degrada-
zione morale e sociale della donna ne' tempi anteriori al Cristianesimo.
Ora la causa piu efficace della riabilitazione della donna, dopo 1'opera
di Cristo, e Maria ; la quale , col privilegio singolarissimo della sua
immacolata concezione e di una verginita senza esempio , perche con-
giunta colla divina maternita, nobilito immensamente piu il suo sesso
di quel che lo avesse vituperato Eva col farsi cagione del primo fallo
dell'uomo. Donde, con un' antitesi assai ben condotta, prende occa-
sione di notare i pregi morali, perduti per la colpa di Eva e resti-
tuiti da Maria alia donna , per le sue qualita d' immacolata dalla
origine e di sempre vergine.
Or con questa rigenerazione morale della donna e intimamente
congiunto il rinnovamento estetico della medesima nell' Arte cristiana:
poiche dal tipo ideale di Maria sempre vergine si riflette nel tipo
artistico della vergine cristiana un tal raggio di celestiale bellezza,
che e di un genere tutto proprio, ed era impossibile che fosse rap-
presentato dall' arte pagana. Sopra di che 1' autore si ferma buon
tratto , notando in ispecie i varii aspetti, sotto i quali pu6 manife-
starsi la bellezza vergiaale nei tipi cristiani.
In secondo luogo esso considera la maternita di Maria , come
causa della rigenerazione estetica della famiglia. E in prima discorre
generalmente della dignita della donna inquanto madre; mettendo
i Pag. 32,
714 RIVISTA
dipoi in opposizione con questa eccellenza, conferita a lei dalla na-
tura, la misera condizione, in che la donna, anche madre, era caduta
presso gli antichi, non distinguendosi la sua condizione dalla condizione
degli schiavi. II Cristiacesimo non solo reintegro la maternita della
donna nel grado primiero di onore secondo natura, ma le aggiunse una
eccellenza tutta soprannaturale; quella di generare i figliuoli, allevarli
ed educarli, per crescere a Dio in questa vita il numero de' suoi
servi fedeli, ed apparecchiargli per la eternita nuovi glorificatori. La
parte die ha la maternita di Maria in questa redenzione reale della
materiiita della donna e stata accennata di sopra. La parte poi che
ha il suo tipo nella rigenerazione artistica della stessa e illustrata
dall' autore con rarie e giudiziose osservazioni, dedotte dalle streltc
relazioni che ha la maternita di Maria cogli ufficii della madre cri-
stiana. Nel quale proposito produce due tipi di Raffaello, che valgono
molto a chiarire il soggetto.
In terzo luogo dimostra nel martirio di Maria la santificazione
estetica del dolore e della morte. Secondo il consucto s' introduce nel
soggetto con considerazionigenerali, tolte dalla filosofia, internet! dolore
ed aila morte, facendo rilevare segnatamente lo sconforto e la dispera-
zione che necessariamente dovea accompagnare le sofferenze e in modo
speciale 1' ultima dissoluzione dell'uomo, separate dalle speranze che
solo la vera religione puo offrire. Ne dimostra il riflesso nell' arte
pagana, coll'esempio di due capilavori, quali sono il Lacoonte e la
Niobe. II Cristianesimo colla sua dottrina e colle sue speranze infuse
come un altro essere nel dolore e nelle stesse strette della morte. II
dolore e la morte, senza pe.rdere nulla di cio che sa di amaro alia
natura, possono divenire pel cristiano non solo accettabili per la
rassegnazione ai dirini yoleri, ma anche desiderabili pe' beni di or-
dine soprannaturale ed eterni che procacciano. Maria Addolorata e
1' esempio piu perfetto e piu sublime, dopo il suo divino figliuolo,
del modo come il cristiano debba comportarsi negli strazii anche
estremi de' patimenti: e il tipo per conseguenza di lei agonizzante
a pie della croce, o in altri acerbi scontri della sua vita mortale, 6,
dopo il tipo dell'Uomo de'dolori, il piu efficace ad ispirare un artista
nella espressione del dolore cristiano. L'illustre autore dichiara i varii
rispetti , onde si verifica la influenza di detto tipo nell' Arte cristiana,
e ne addita gli esempii principalmente nella poesia e nella musica.
Finalmente eonsidera 1' Assunzione di Maria come causa esem-
plare, nell' Arte cristiana, dell' apoteosi della bellezza spirituale e
corporea. Premette alcuni concetti filosofici intorno alia immortalita
dell* anima, conosciuta col semplice lume della ragione, e che riceve
il suo compimento col domma soprannaturale della risurrezione dei
corpi. Quindi eonsidera i tipi dell'Uomo-Dio e della Yergine-Madre
DELLA STAMPA ITALIA.XA 7 | 5
per rispetto all' una e all' altra verita; e passa a dimostrare la in-
novazione estetica indotta dalle rappresentanze del" Assunzione di
Maria. I punti principal! che esso svolge, con molta profondita e
aggiustatezza di pensieri, si possono ridurre a questi due: la divi-
nizzazione della bellezza dello spirito, e la spiritualizzazione della
bellezza corporea, delle quali e tipo 1'Assunzione. Fa scorgere questo
tipo principalmente nell' Alighieri in que'canti divini, ne' quali tocca
o di proposito o per incidente della gloria di Maria nel suo trono
di Regina, e ne' famosi dipinti .del B. Angelico. Fra le molte e ve-
ramente ammirabili osservazioni, che abbiamo letto in questo capi-
tolo, ci piace riportarne quelle, che egli fa in proposito delle dipintur<»
del detto Beato. « II B. Angelico da Fiesole, egli dice, il pittore
dell' umanita divinizzata, prendendo a tipo ideale pittorico la poesia
ineffabile dell' ascetismo, la beliezza morale deH'anima, e la spirituale
de'corpi, indiati nella volutta dell'amore, s' impossesso non solo
del segreto altissimo dell'Arte Cristiana , che e appunto quello di
rigenerarne la forma e la figura temporanea col la espressione della
vita e della luce eterna : ma pose eziandio ogni sua cura a spiri-
tualizzare il Bello corporeo col tipo celeste della psiche umana, tras-
figurata nella sua apoteosi pe' raggi eterei , che 1' Assunzione di
Maria vi fa piovere sopra. IS Assunzione e il tipo prediletto del
B. Angelico. Egli e pittore inarrivabile , rapporto al lato spirituale
dell' espressione , in ogni suo capolavoro; ma nell' ispirazione del-
1'Assunta il suo perinello 6 divino, dacche s'intinge in una bellezza
splendente della luce del cielo, e fiammeggiante di quella chiarita
di Paradiso, che rende inaccessible all' occhio corporeo la fulgidez^
estetica dei corpi santi. l »
II chiaro Autore chiude il trattato con un capitolo intitolato il
culto della Vergine-madre nello sviluppo dell'Arte cristiana. Fatte
precedere aicune nozioni generali sul culto, viene notando le strette
relazioai che con esso ha 1'Arte, e come 1'Arte si foggia secorido
alia forma del medesimo . Passa quindi a ragionare in particolare
del culto di Maria, rilevando la ragione filosofica e dommatica di esso
da' concetti espressi dalla Yergine stessa nel suo sublime Cantico del
Magnificat; e dimostra, con sottile analisi del cuore umano, il gran
partito che puo trarre I' Arte dalle due qualita, considerate da prin-
cipio in Maria, la verginitd e la maternitd. L'esame accurate di tutto
il procedimento storico del culto di Maria nell' Arte cristiana, inco-
minciato colle rozze dipinture delle Catacombe, insino alle celestiali
madonne del Raffaello , ed aicune giudiziose osservazioni sull' arte
i Pag. 137.
716 mvisiA
moderna a riguardo del medesimo soggetto , pongono fine a tutto il
lavoro.
Di questo, come ci siarao protestati da principio, non ci e stato
possibile offrire altro, salvo che le sempiici tracce. Ma se punto c'in-
tendiamo di queste materie, ci sembra che difficilmente si potrebbe
aspettare dalla penna di un filosofo cristiano, lungamente esercitato
nelle speculazioni filosofiche , nonche da quella di un giovine che
appena ne ha cominciata la carriera , un' opera piu perfetta quanto
alia sostanza. Ripeteremo cio che in, altra occasione ci ricorda aver
detto, che se questo ingegno veramente privilegiato, si rivolge, come
sembra che abbia cominciato , quasi esclusivamente a coltivare la
filosofia di S. Tommaso e di altri maestri piu rinomati nella schiera
detrli Scolastici, 1' Italia avra in lui URO de' piu profondi ed eminenti
lurninari della vera Filosofia cattolica.
E perche ad alcuni non paiano per ventura sospette le nostre
lodi , noi domanderemo Ijcenza all' egregio giovine di pur notare
qualche difetto, che ci e sembrato di scorgere nella sua bellissima
opera. Diremo dunque, che anche in questa non e sempre teologi-
camente esatto il concetto che esso porge del Soprannaturale in ge-
nere, e qualche volta in ispecie : alcuna fiata cio che e veramente
soprannaturale, e quindi privilegio non dovuto alia natura, apparisce
come condizione che la natura per se esige; e qualche altra, cio che
non trascende le esigenze della natura, e qualificato come cosa sopran-
caturale . Ma ognun vede che cosiffatte inesattezze sono del tutto
scusabili in uno scriltore laico e della freschissima eta del nostro
autore . Nei ancora di minor conto sono quelli che soggiugniamo .
Una soverchia facilita nel coniare parole, dove, con un po'di studio
si sarebbe il piu delle volte potuto trovar modo di esprimere colle
gia ricevute gli stessi concetti. Qualche trascuranza nella purita della
lingua, la quale, sebbene generalmente di buona lega , non e pero
del tutto scevra o sia di neologismi nella frase, o sia di poca pro-
prieta ae' vocaboli. Un po'di soverchia larghezza parecchie volte nello
stile, distendendosi troppo sopra alcune materie, ed altre volte una
tal quale oscurita, che ci sembra proveuire dal non esser ben rag-
guagliati i concetti deila mente colle forme adoperate per esprimerii.
Se non che tutte queste ed altre piccole niende che si potessero
notare , scompariscono innanzi ai pregi tanto maggiori del libro : e
pero congratulandoci ben di cuore col chiarissimo Autore di esso, ed
esortandolo, quanto e dal canto nostro, a sempre piu coltivare le nobili
qualita di mente edi cuore, di che il Signore lo ha arricchito, siam certi
che prendera in buona queste poche censure, che abbiamo creduto
dover fare del suo egregio lavoro.
BELLA STAMPA ITALIANA 717
II.
II sovrannaturale nell' uomo , conferenze recitate nella metropo-
litana di Genova dal can. prev. GAETANO ALIMONDA , gli anni
1868-69. Due vol. in 8° di pag. XIX-618, 656. Genova tip. della
Gioventu presso gli artigianelli 1870.
Le conferenze dell'illustre prevosto Alimonda formano una delle
piu solide e belle opere che abbiano veduta la luce in Italia , da
parecchi anni in qua. A. suo tempo noi commendammo e raccoman-
dammo ai cultori dei forti studii tra noi i volumi che comprendevano
le prime sue conferenze intorno all'uomo sotto la legge del sovran-
naturale, divise nelle quattro parti riguardanti le relazioni sue con
Dio, con Gesu Cristo, colla Chiesa, col culto cattolico . Tanto ricche
di ottimi insegnamenti, tanto inesorabili contro gli odierni errori
del naturalisino e del razionalismo, e tanto percio appropriate ai
tempi nostri furono giudicate tali conferenze, che riscossero il plauso
del fiore dei cattolici scienziati d' Italia. Anzi il Santo Padre Pio IX
stesso, a cui I'Autore avea offerta una copia di que' volumi, ordin6
al suo secretario per le lettere latine, monsignor Francesco Mer-
curelli , di scrivergliene ampie lodi e di incorarlo a prosegaire
1'opportunissimo lavoro. II che fece con queste p?role, tradolte dalla
sua lettera dei 10 marzo 1869, all'Alimonda. « Pensando Sua Santita
che ella abbia messo utilissima opera a spegnere la principal peste
de' nostri tempi, non solo ebbe accettissimi i nuovi volumi suoi, ma
desidero ancora che le restanti parti della incominciata disputazione
vengano da lei trattate ed esposte con pari accortezza , dottrina ed
eloquenza. Onde mi commise di significarle le sue congratulazioni. »
Adunque 1'egregio oratore, confortato da questo incoraggiamento
del Sommo Pontefice, si e posto ad ultimare il disegno gia ideato.
« II sovrannaturale, cosi egli nella sua dedica alia gioventu
d' Italia, assunto da me qual dimostrazione filosofica, pativa un grave
difetto; che voleva esser fatto palese nelle applicazioni esterne che
ha. E vero che qui e la, per ciascuna delle quattro parti, accennavasi
al suo intervento sensibile o sociale: tuttavia era cosa fuggitiva e
per metodo non compiuta; onde a quegli aombrati, che dalle ragioni
terrene si levano a menar giudizio delle divine, mancava di una
guisa larga e complessiva il conoscere come il sovrannaturale, entrato
neH'uomo, lo arricchisca pur dei temporal! beni e di s6 favoreggi la
civile compagnia. E io mi accinsi a riempiere questo vuoto. Cambiai
il corso alle speculazioni e alle prove levai do sguardo dall'alto,
ripiegandolo al basso: non piu, a cosi voler dire, considerai I' uomo
sotto la legge del sovrannaturale, ma il sovrannaturale nell' uomo,
e mi riusci evidente , che, posto il sovrannaturale, si recavano alia
dovuta perfezione 1'umano individuo, la famiglia, i governi e 1'urbano
718 RIVISTA DELLA STAMPA ITALIANA
consorzio: di qui, dalla teorica yarcando alia pratica, ne germoglia-
vano le nuove quattro parti che mi propongo di dar fuori, e sono:
L' uomo nelle sue relazioni colle facoltd personali : I'uomb nelle
sue relazioni colla societd domeslica : I' uomo i.elle sue relazioni
colla societd politica: I' uomo nelle sue relazioni colla societd civile.
Adunque le conferenze , distribute in due grandi partizioni, forrnano
un tutto. A questo io intesi; e I'andare innanzi e il variare per argo-
menti mirai che mi valesse ad adempiere l'unita.»
Le quali parole esprimono chiaramenle 1' intero concetto che nei
precedent volumi e nei due presenti, 1'Alimonda e venuto svolgendo,
e finira di svolgere negli altri che si apparecchia di pubblicare.
Trenta e una conferenza racchiudono questi due, dei quali il
primo tratta deU'uomo nelle sue relazioni colle facolld personali; e
il secondo deU'uomo nelle sue relazioni colla societd domeslica. E
gli argomenti, che con ordine piglia ad illustrare, SODO in verita di
grande importanza e pieni di attrattiva, per coloro che iengono dietro
alle discussion i piu animate tri gli scrittori cattolici e razionalisti
dei nostri giorni. II perfezionamento individuale dell' intelletto e della
volonta, 1'educazione del cuore, le virtu teologali e le morali della
castita, dell'umilta e della mortificazione; sono temi che 1'Autorc chia-
risce mirabilmente con ragioni ancora filosofiche, intramezzandoli
cogli altri del mesmerismo, del duello e del suicidio , che sfclgora
con una robustezza di logica e d'eloquenza invincibile. Quindi, sta-
bilite le basi della famiglia, rivendica al matrimonio cristiano tntti
i suoi diritti e la sua santita, tocca del celibato e della verginita;
passa a lumeggiare il tine e i doveri della pedagogia; descrive le
parti confacentisi ai quattro educatori che sono la madre, il prete ,
il governo, la societa civile; al qual proposito discorre pure del libero
insegnamento e della cosi detta educazione nazionale.
Ecco adombrati alia grossa i precipui soggetti delle conferenze
largamente distese in questi volumi. Quei pregi poi di facondia, di
stile e sopra tutto di variata erudizione, di profondi pensieri e di
buona dottrina che altrove abbiamo indicati, ragionando della pnma
parte, si trovano ugualmente in questa; giacche ne 1'ingegno, ne il
cuore, ne la scienza vengono mai meno all'Autore . Sarebbe quindi
cosa molto desiderabile che, non solamente gli uomici ecclesiastici, ma
altresi i laici colti, e massime i giovani, alimentassero il loro spirito col
nutrimento sano e virile che T Alimonda loro appresta nei volumi delle
sue conferenze. Soggiungeremo di piu. Gli stessi miscredenti e liberi
pensatori, cui resta ancora uu briciolo di naturale buon senso, perclje
non provano a leggere questi libri? Anzi perche i loro maestri e filosoti
non ne tentano una confutazione? Noi li sfidiamo a confutare davvero, e
con istretta logica, una sola pagina dei dae tomi da noi finora encomiati.
LETTERA ENCICL1CA
del SS, Signer IV, Pio per Diviua Provvidenza Papa IX
A tutti i Patriarch^ Primati, Arcivescovi, Vescovi, e Prelati or-
dinarii di qualsivoglia luogo, che vivono in grazia e comu-
nione colla Sede Apostolica.
PIO PP. IX.
Venerabili Fratelli Salute ed Apostolica Benedizione.
Quando Noi, per arcano giudizio di Dio, caduti sotto un potere
nimico, vedemmo la triste ed acerba sorte di questa Nostra Citta e
il principato civile dell' Apostolica Sede oppresso per forza di arrai in-
vaditrici, fin d'allora con lettere a Voi dirette il primo di novembre
dello scorso anno, dichiarammo a Yoi e per Vostro mezzo a tulto 1'orbe
cattolico, quale fosse la condizione delle cose Nostre e di questa Citta,
a quali eccessi di ernpia e sfrenata licenza andassimo incontro; e per
cagioae del supremo officio Nostro protestammo al cospetto di Dio e
degli uomini di volere che i diritti dell'Apostolica Sede rimanessero
salvi ed integri, ed eccitammo Voi, e i diletti figli fedeli commessi
alle vostre cure, a placare con fervide preci la divina Maesta. Da quel
tempo i mali e le calamita che quei primi luttuosi esperimenti pre-
nunciavano a Noi e a questa Citta, si rirersarono pur troppo sopra
I'Apostolica dignita e autorita, sopra la santita della Religiooe e dei
costumi, e sopra i dilettissimi sudditi Nostri. Che anzi, Venerabili Fra-
PIUS PP. IX.
Venerabiles fratrcs Salutem ct Apostolicam Benedictionem.
Ubi Nos, arcano Dei consilio sub hostilera potestatem redact!, tristem
atque acerbam vicem huius Urbis Nostrae et oppressum armorum invasioiie
civilem apostolicae Sedis Principatum vidimus, iain turn datis ad Vos litte-
ris die prima Novembris anno proximo superior!, Vobis ac per Vos toti orbi
catholico declaravimus, qui esset rerum Nostrarum ct Urbis buius status,
quibus obnoxii essemus impiae et effrenis licentiac excessibus ; et ex supremi
oflicii Nostri ratione, coram Deo et hominibus, salva ac integra esse velle iura
Apostolicae Sedis testati sumus; Vosque et omnes dilcctos filios curis vestris
creditos fidelesad divinam Maiestatein fervidis precibus placandam excitavimus.
Ex eo tempore mala et calamitates, quas prima ilia luctuosa experimenta Nobis
et huic Urbi praenunciabant, nimium vere in Apostolicam dignitatem et aucto-
ritatem, in Religionis morumque sanctita-tem, in dilectissimos subditos Nostros
roipsa redundai uiit. Quin etiam, Venerabiles Fratres, conditionibus rerum quo-
720 LETTERA ENC1CLICA
telli, aggravandosi ogni di piu le condizioni delle cose, fummo costretti
a dire colle parole di S. Bernardo : E questo il principio dei mali :
temiamo di peggio l. Imperocche la iniquita prosegue, senza arrestarsi,
la sua via e pone in atto i suoi intendimenti , ne si da gran fatto
pensiero di pur coprire di un velo le pessime sue opere, le quali non
possono nascondersi; ma si studia raccogliere gli ultimi frutti dalla
conculcata giustizia, onesta e religione. Fra queste angustie che riem-
piono d'araarezza i Nostri giorni, segnatamente quando pensiarao a
quali pericoli ed insidie sieno sempre piu esposte la fede e la virtu
del popolo Nostro, non possiamo rappresentarci e ricordare, senza che
1'animo Nostro sia gradevolmente coinmosso, gli esimii meriti Vostri,
Venerabili Fratelli, e dei fedeli a Noi diletti, alle vostre amorose cure
affidati. Imperocche in ogni regione della terra i Cristiani , sotto la
vostra scorta e quella de' vostri esempii, rispondendo con ammirabile
ardore alle Nostre esortazioni, dal di infausto, in che venne questa citta
espugnata, diedero opera ad assidue e ferventi preghiere; e giudica-
rono essere loro debito insistere con grande perseveranza presso il
trono della Divina Clemenza , sia con pubbliche ed iterate supplica-
zioni , sia con le intraprese sacre peregrinazioni , sia col concorso
costante alle chiese e colla partecipazione de' sagramenti, sia con altre
precipue opere di cristiane virtu. Ne in verita mancar possono di am-
plissimo frutto presso Dio questi fervorosi esercizii di preghiere. Ajizi
i molti beni, che gia si ottennero per quelle, altri ancora ne promettono
tidic ingravescentibus, diccre cogimur Sancti Bcrnardi verbis: initia malorurn
sunt haec ; graviora timemus *. Iniquitas enim viam suam tenere pergit et
consilia promovet, neque iam valde laborat ut velum obducat operibus suis
pessimis, quae latere non possunt, atque ultimas ex conculcata iustitia, hone-
state, religione exuvias referre studet. Has inter angustias, quae dies Nostros
amaritudine complent, praesertim dum cogitamus quibus in dies periculis et
insidiis fides et virtus populi Nostri subiicitur, eximia merita vestra, Vena-
rabiles Fratres, et dilectorum Nobis fidclium quos cura vestra complectitur,
sine gratissimo anirni sensu recolere aut coramemorare non possumus. In orani
enim terrarum plaga exhortationibus Nostris adrnirabili studio respondent's
Christ! fideles, Vosque duces et exempla sequuti, ex infausto illo die expugnatae
huiusUrbis assiduis acferventibus precibus institerunt, et seu publicis atque ite-
ratis supplicationibus, ssu sacris peregrinationibus susceptis, seu non intermisso
ad Ecclesias concursu, et ad sacramentorum participationem accessu, siveprae-
cipuis aliis christianae virtutis operibus, ad thronum divinae clementiae per-
severanter adire, sui muneris esse putarunt. Neque vero haec flagrantia depre-
cationum studia amplissimo apud Deum fructu carere possunt. Multa immo
ex iis iam profecta bona etiam alia, quae in spe et fiducia expectamus, pol-
i Epist. 243.
LETTERA ENCICLICA 721
che con speranza e fiducia aspettiamo. Perciocche veggiamo ogni giorno
farsi maggiore la fermezza della fede, 1'ardore della carita, e ravvi-
siamo negli animi de'fedeli avvivata quella sollecitudine pel travagli
e le tribolazioni di questa Sede e del Supremo Pastore, la quale Dio
solo puo infondere, e riconosciamo tanta unita nelle menti e nelle
volonta, che dai primi tempi della Chiesa fino al presente, non pot6
mai dirsi piu splendidamente e veracemente come ai nostri giorni ,
la moltitudine del credenti esser un cuor solo ed un' anima sola 1.
In mezzo a questo spettacolo di virtu non possiamo tacere degli aman-
tissimi Nostri figliuoli cittadini di quest' alma citta, il cui amore verso
di Noi, la cui pieta e fermezza pari al cimento, da ogni classe e da
ogni ordine splendidamente spiced, e spicco degna non solo ma emula
della grandezza d'animo de' loro maggiori. Impertanto gloria immor-
tale e grazie rendiamo a Dio misericordioso per voi tutti, Venerabili
Fratelli e pei Fedeli Nostri figli diletti, che tante cose operd in voi e
nella Sua Chiesa, e fece in modo che laddove sovrabbondava la ma-
lizia, sovrabbondasse la grazia della fede, della carita, e della con-
fessione 2. « Quale e dunque la Nostra speranza, il nostro gaudio, e
la corona della gloria? Non siete Voi presso Dio? E gloria del Padre un
figlio saggio. Vi renda adunque bene Iddio, e si rammenti del fedele
servigio, della pietosa compassione e della consolazione e dell'onore,
che in tempo fortunoso e nei giorni della sua afflizione voi addimo-
straste e addimostrate alia sposa del suo Figliuolo. »
licentur. Videmus enim firraitatem fidei, ardorem caritatis sese in dies latius
explicantem, cernimus earn sollicitudinem in Christifideliura animis pro huius
Sedis et supremi Pastoris laboribus et oppugnationibus excitatam, quam Deus
solus ingerere potuit, ac tantam perspicimus unitatem menthim et volunta-
tum, ut a primis Ecclesiae ternporibus usque ad hanc aetatem nunquara splen-
didius ac verius dici potuerit, quam his diebus nostris, multitudinis credentium
esse cor unum et animam unam *. Quo in spectaculo virtutis silere non pos-
samus de amantissimis filiis Nostris huius almae Urbis civibus, quorum ex
omni fastigio atque ordine amor erga Nos et pietas itemque par certamini
firmitas luculenter eminuit atque eminet, neque solum maioribus suis digna
sed aemula animi magnitudo. Deo igitur misericordi immortalem gloriam et
gratiam habemus pro vobis omnibus, Venerabiles Fratres, et pro dilectis filiis
Nostris Christifidelibus, qui tanta in vobis, tanta in Ecclesia sua operatus
est et operatur, effecitque ut, superabundante malitia, superabundaret gratia
fidei, caritatis et confessionis. « Quae est ergo spes Nostra et gaudium No-
strum et corona gloriae? Nonne vos ante Deum? Filius sapiens gloria est
Patris. Benefaciat itaque vobis Deus et meminerit fidelis servitii et piae com-
passionis et consolationis et honoris, quae Sponsae Filii eius in tempore malo
ct in diebus afflictionis suae exhibuistis et exhibetis » 2.
i Act. 4, 32. — ' S. Bern. ep. 238. et 180.
Serie VIII. vol. II, fasc. 504. [ 46 9 giugno 1871.
LETTERA EKCICLICA
Infrattanto il Governo Subalpino, mentre da una parte s'affretta
dPfare questa Citta faroladel mondo l, dall'altra, ad ingannare i catto-
lici e a calmare le loro aasieta, si adoper6 a mettere insieme e fab-
bricare alcuni futili privilegi e immunita, che Yclgarmente sono detti
guar&ntige, coll' intendimento che tenessero per Noi il luogo di quel
civile principato, del quale per lunga serie di macchinazioni e con armi
parricide ci ha spogliato. Noi pronunciammo gia il nostro giudizio,
Venerabili Fratelli, iutorno a queste immunita e guarentige, facendone
notare 1'assurdita, la malizia e lo scherno, nelle Lettere del 2 marzo
p. p. dirette al Venerabile Fratello Nostro Costantino Patrizi , Car-
dinale di Santa Romana Chiesa, decano del Sacro Collegio, ed eserci-
tante la potesta di Nostro Vicario nella Citta, le quali videro subito
dopo la luce per mezzo della stampa.
Ma essendo abitudine del Governo Subalpino congiungere una
perpetua e turpe simulazione a un impudente disprezzo verso la Ponti-
ficiaNostraDignita ed Autorita, e mostrar coi fatti di non averein verun
conto le Nostre proteste , querele e censure ; percio, non ostante il
giudizio da Noi dato circa le predette guarentige, non tralascio di
soilccitare e promuovere presso i supremi Ordini del Regno 1'esame
e la discussione di quelle, quasiche si trattasse di cosa seria. Nella
cni discussione chiaramente apparre, si la yerita del Nostro giudizio
intorno la natura e T indole di quelle guarentige, come I' inutilita
degli sforzi de'nemici nei volerne relare la malizia e la frode. Egli
Interca vero Subalpinum Gubcrnium, dam ex una parte Urbera properat
Orbi facere fabulam !, ex altera ad fucum catholicis faciendum et ad eorum
anxietates sedandas, in confiandis ac struendis futilibus quibusdam immuni-
tatibus et privilegiis, quae vulgo guarentige dicuntur, claboravit eo consilio
ut haec Nobis sint in locum civilis principatus, quo Nos longa machinationum
serie et armis parricidialibus exuit . De Irisce immunitatibus et cautionibus,
Venerabiles Fratres, iam Nos indicium Nostrum protulirnus, earum absurdi-
tatem, versutiam ac iudibrium notantes in Litteris die 2 martii pr. pr. datis
ad Venerabilem Fratrem Nostrum Constantinurn Patrizi Sanctae Romanae
Ecclesiae Cardinalem, sacri Collegii decanum ac Vicaria Nostra potestate in
Urbe fungeutem, quae typis impressae protinus in lucem prodierunt.
Sed quoniam Subalpini Gubernii est perp^tuam turpemque simulationem
cum impudenti conternptu ad versus Pontificiam Nostram dignitatem et au-
ctoritatem coniungere, factisque ostendit Nostras protestationes, expostula-
tiones, censuras pro nihilo habere; hinc niinime obstante iudicio de praedictis
cautionibus a Nobis expresso, illarum discussionem et examen apud supremos
Rcgni Ordines urgere et promovere non destitit, veluti de re seria ageretur.
Qua in discussione cum veritas iudicii Nostri super iilarum cautionum natura
et indole, turn irritus hostium in velanda earumdem malitia et fraude conatus
i S. Bern. ep. 243.
LETTERA ENC1CL1CA
e certo incredibile, Venerabili Fratelli, che tanti errori apertamente
repugnant! alia cattolica fede e agli stessi fondamenti del diritto
naturale, e tante bestemmie, quante si son proferite in queila occa-
sione, siensi potute pronunziare nel mezzo di questa Italia, che si e
sempre precipuamente gloriata e si gloria del culto della cattolica
Religione, e della Sede Apostolica del Romano Pontefice; e infatti,
per la protezione che Dio accorda alia sua Chiesa, sono del tutto dif-
ferenti i scnsi che intorno a ci6 nutre la massima parte degl' italiani,
la quale piange e deplora con Noi questa nuova ed inaudita forma
di sacrilegio, e ci assicura cogl' insigni e sempre maggiori argomenti
della sua pieta, s& essere associata in uno spirito e in un sentimento
medesimo cogli altri fedeli del Mondo.
Per la qual cosa oggi noyamente rivolgiamo a Voi la Nostra
voce, Venerabili Fratelli; e quantunque i Fedeli alle Vostre cure
commessi, o sia con loro lettere, o sia cogli importantissimi loro do-
cumenti di protesta, abbiano gia apertamente significato quanto acer-
bamente soffrano queila condizione dalla quale siamo oppressi,e quanto
siano lungi dall' essere illusi da quelle fallacie che si ricoprono col
nome di guarentige; tuttavia stimiamo essere dovere del Nostro Apo-
stolico ofScio solennemente dichiarare per Vostro mezzo a tutto il
Mondo, come non solo quelle che si chiamano guarentige, e che furono
peryersamente coniate dal Governo Subalpino, ma che qualunque
finalmente sieno i titoli, gli onori, le immunita, i priyilegi e qual-
sivoglia cauzione a cui yogliasi dare il nome di guarentige, non possano
luculenter apparuit. Certe, Venerabiles Fratres, incredibile est, tot errores
catholicae fidei ipsisque adco iuris naturalis fundamentis palara repugnantes,
et tot blasphemias, quot ea occasione prolatae sunt, proferri potuisse in media
hac Italia, quae semper catholicae Religionis cultu et Apostolica Romani Pon-
tificis Sede potissimum gloriata est et gloriatur ; et revera , Deo Ecclesiam
suam protegente, omnino alii sunt sensus, quos reipsa fovet longe maxima
Italorurn pars , quae novam hanc et inauditam sacrilegii formam Nobiscum
ingemit ac deplorat, et insignibus ac in dies maioribus suae pietatis argu-
mentis officiisque Nos docuit, uno se esse spiritu et sensu cum ceteris Orbis
Fidelibus consociatam.
Quapropter Nos iterum bodie ad Vos toces Nostras conyertimus, Vene-
rabiles Fratres, et quamquam fldeles vobis commissi , sive litteris suis sive
gravissimis protestationum documentis, apertc significaverint quam acerbe fe-
rant earn qua premimur cooditionem et quam longe absint ut iis eludantur
faliaciis quae cautionum nomint teguntur; tamen Apostolic! Nostri Officii
munus esse ducimus ut per Vos toti Orbi solemniter declaremus, non modo
eas quae cautiones appellantur, quaeque Gubernii Subalpini curis perperam
cusae sunt, sed, quicumque tandem sint, titulos , honores, immuDitates et
privilegia et quidquid cautionum seu guarentige nomine veniat, nullo modo
724 LETTERA EXCICLICA
valere in verun modo ad assicurare 1'uso spedito e libero della potesta
a Noi divinamente affidata , e a difendere la iiberta necessaria alia
Chiesa.
Stando cosi le cose, siccome molte volte dichiarammo e pubbli-
camente denunciammo, die Noi, senza colpa di violata fede obbligata
da giuramento, non possiamo aderire ad alcuna conciliazione, che in
qualsivoglia modo distrugga o attenui i Nostri diritti, che sono i diritti
di Dio e dell'Apostolica Sede; cosi adesso per debito del Nostro officio
dichiariamo che non sarem mai per ammettere od accettare, ne lo
potremmo in alcun modo , quelle guarentige inventate dal Governo
Subalpino, qualunque sia la loro ragione, ne altre qualsiensi cose
dello stesso genere e in qualunque modo decretate, le quali Ci fossero
oilerte sotto mostra di difendere la Nostra sacra potesta e Iiberta, in-
vece e a surrogazione di quel civile Principato, col quale la Divina
Provvidenza voile fortificata e fornita la Santa Sede Apostolica , e
che confemiano in Noi titoli cosi legittimi ed inconcussi, come il pos-
sesso di undici e piu secoli. Imperocche e necessario facciasi a chiun-
qne manifesto che, ove il Pontefice Romano fosse soggetto all' imperio
di altro principe, ne egli sarebbe piu fornito della potesta suprema
nell'ordiae politico, ne potrebbe per quelle cose che spettano alia sua
propria persona o agli atti dell'Apostolico ministero sottrarsi dallo
arbitrio di quel Principe cui fosse soggetto, il quale potrebbe ancora
diventar eretico o persecutore della Chiesa, o star in guerra contro
altro Principe o averla in propria casa. E infatti questa stessa con-
valere posse ad adserendum expeditum liberumque usum divinitus Nobis tra-
ditae potestatis et ad tuendam necessariam Ecclesiae libertatem.
His ita se habentibus, quemadmodum pluries declaravimus et profess!
sumus, Nos absque culpa violatae fidei iuramento obstrictae nulli adhaerere
conciliationi posse, quae quolibet modo iura Nostra deslruat aut itnniinuat quae
sunt Dei et Apostolicae Sedis iura ; sic nunc ex debito ofiicii Nostri decla-
ramus nunquam Nos admissuros aut accepturos esse nee ullo modo posse,
excogitatas illas a Gubernio Subalpino cautiones sen guarentige, quaecumque
sit earum ratio, neque alia quaecumque sint eius generis et quocumque modo
sancita, quae specie muniendac Nostrae sacrae potestatis et libertatis Nobis
oblata fuerint in locum et subrogationem civilis eius Principatus, quo divina
Providentia Sanctam Sedem Apostolicam munitam et auctam voluit, quem-
que Nobis confirmant turn legitimi inconcussique tituli, turn undecim et amplius
sacculorum possessio. Plane enim cuique manifesto pateat necesse est quod,
ubi Romanus Pontifex alterius Principis ditioni subiectus foret, neque ipse
revera amplius in politico ordine suprema potestate praeditus esset, ueque
posset, sive persona eius sive actus Apostolici minister!! spectentur, sese exi-
mere ab arbitrio illius, cui subesset, imperantis, qui etiam vel baereticus vel
Ecclesiae persecutor evadere posset, aut in bello adversus alios Principes vel
LETTERA ENCICLIC.V 725
cessions di guarentige di cui parliamo, non e per se stessa uno
splendidissimo documento, che a Noi, cui e divinamente data 1'au-
torita di far leggi spettanti all'ordine morale e religiose, a Noi che
siamo costituiti interpret! del diritto naturale e divino in tutto il
mondo, s' impongono leggi, e tali leggi che si riferiscono al governo
di tutta la Chiesa, e la cui conservazione ed eseguimento non poggia
su altro diritto, di quello infuori che piaccia alia volonta laica di
prescrivere e stabilire? Per quello die spetta poi alle relazioni fra
la Chiesa e lo Stato, voi conoscete bene, Venerabili Fratelli, aver
Noi direttamente ricevuto da Dio stesso, nella persona del Beatissimo
Pietro, tutte le prerogative e tutti i diritti di autorita necessarii a
governare la Chiesa universal, anzi quelle stesse prerogative, quei
diritti nel medesimo modo che la liberta stessa della Chiesa, essere
una conquista del sangue di Gesu Cristo, e quindi da questo stesso
infinite prezzo del sangue di un Dio doversene apprezzare il valore.
Molto, molto male meriteremmo adunque, che Dio ce ne scampi, del
sangue divino del Redentore Nostro, se questi diritti nostri , i quali
massimamente ci si vorrebbero largire , di tanto menoinati e tal-
mente deturpati, togliessimo in prestito dai principi della terra. Che
non padroni ma figii della Chiesa sono i principi cristiani, ai quali
opportunamente diceva quel gran luminare di santita e di dottrina
Anselmo Arcivescovo di Cantorbery : « Non crediate esservi data la
Chiesa di Dio quasi serva a padrone; ma vi e raccomandata come ad
in belli statu versari. Et sane, ipsa baec concessio cautionum, de quibus loqui-
mur, nonne per se ipsa luculentissimo documento est, Nobis quibus data divi-
nitus auctoritas est leges ferendi, ordinem moralem et religiosum spectantes,
Nobis, qui Naturalis ac divini iuris inte>pretes in toto orbe constituti sumus,
leges imponf, casque leges, quae ad regimen universae Ecclesiae referuntur,
et quarum conservationis ac exequutionis non aliud est ius, quam quod volun-
tas laicarum potestatum praescribat ac statuat? Quod autem ad habitudinem
pertinet inter Ecclesiam et Societatem civilem , optirae nostis, Venerabiles
Fratres, praerogativas omnes et omnia auctoritatis iura, ad regendam univer-
sam Ecclesiam necessaria, Nos in persona Beatissimi Petri ab ipso Deo directe
accepisse; immo praerogativas illas ac iura, aeque ac ipsam Ecclesiae liberta-
twn, sanguine lesu Christ! parta fuisse et quaesita, atque ex hoc infinite
divini sanguinis eius pretio esse aestimanda. Nos itaque male admodum, quod
absit, de divino Redemptoris Nostri sanguine mereremur, si haec iura Nostra,
qualia praesertim nunc tradi vellent adeo diminuta ac turpata, mutuaremur
a Principibus terrae. Filii enim, non domini Ecclesiae sunt Christiani Prin-
-cipes; quibus apposite inquiebat ingens illud sanctitatis et doctrinae lumen
Anselmus Cantuariensis Archiepiscopus : « ne putetis vobis Ecclesiam Dei
quasi domino ad serviendum esse datam, sed sicut advocate et defensori esse
726 LETTERA ENCICLICA
avvocato e a difensore : nulla piu ama Iddio in questo mondo che
la liberta della Chiesa sua » l. E a maggiormente eccitarli, in tal
rnodo altrove scriveva : « Non vi diate mai a credere scemarsi la
dignita di vostra sovranita, allorche togliete ad amare e a difendere
la liberta della Sposa di Dio, della Madre vostra; ne temiate di essere
abbassati allorche vi fate ad esaltarla , ne di essere voi indeboliti
allorche concorrete a corroborarla. Mirate, volgete attorno lo sguardo:
vi stan dinanzi gli esempii; considerateli. I principi che la impugnano
e la conculcano in che si avvantaggiano? Che divengono? Non occorre
dirlo, lo vede ognuao. Certo quelli che la glorificano, con lei ed in
lei saranno glorificati » 2.
Or bene, da cid che altre volte e teste vi siam venuti esponendo,
Venerahili Fratelli, non puo certo essere dubbio a nessuno che 1' in-
giuria arrecata a questa Santa Sede nei nostri giorni tristissimi ridonda
in oltraggio contro tutta la repubblica cristiana. Imperocche, come
diceva San Bernardo, ferisce ogni cristiano 1' ingiuria fatta agii Apo-
stoli, che sono i gloriosi principi della terra, e nel mentre, come osserva
il predetto Sant'Anselmo, in pro di tutte le Chiese si aflatica la Chiesa
romana, chiunque le toglie il suo non si fa reo di sacrilegio contr'essa
sola, ma contro tutte le Chiese 3. Ne certamente puo cader dubbio ad
alcuno die la conservazione dei diritti di questa Sede Apostolica sia
strettissimamente congiunta e connessa coi supremi diritti e vantaggi
della Chiesa universa e colla liberta episcopale del ministero vostro.
commendatam ; nihil magis diligit Deus in hoc mundo quam libertatem Eccie-
siae 4. » Atque incitamenta eis addens alio loco scribebat : t Nunquam
aestimetis vestrae celsitudinis min-ui dignitatem, si Sponsae Dei et Main's
vestrae Ecclesiae amatis ei defenditis libertatem; Ne putetis vos humiliari si
earn exaltatis, no credatis vos debilitari si earn roboratis. Vidate, circumspi-
cite; cxompla sunt in promptu: considerate Principes qui illam impugnani
et conculcant: ad quid proficiuat , ad quid deveniunt saiis patei, non eget
diciu. Certe qui illara glorificant, cum ilia et in ilia glorificabuntur 3. »
lamvcro ex iis quae alias ad vos, Vonerabiles Fratres, ct modo a Nobhs
exposita sunt, ncmini profecto obscurum esse poiest, iniuriam huic S. Sedi
hisce acerbis tcmporibus irilatam in omnem Chrisiianam Rempublicam redun-
dare. Ad omnem cnim, uti aiebat S. Bernardus, spectat christianum iniurin
Apostolorum, gloriosorum scilicet Principum farrae ; ei cum pro Ecclesiis
omnibus, uti inquicbat praedicius S. Anselmus, Romana laboret Ecclesia, quis-
quis ei sua aufert, non ipsi soli sed Ecclesiis omnibus sacrilegii reus ess<i
dignoscitur *. Nee profecto ulli dubium esse potest quin conservatio iurium
huius Apostolicae Sedis , cum supremis rationibus et utilitatibus Ecclesiae
universae et cum libertate Episcopalis ministerii vestri, arctissime coniuncia
sit et iliigata.
i Ep. 8, I. 4. — 2 Ep. 12, 1. 4. - 3 Ep 42, 1. 3.
LETTERA ENC1CLICA 727
Tutte queste cose pensando e meditando, come e Nostro dovere,
siamo costretti a confermare di nnovo e costantemente professare cid
che piu volte dichiarammo gia solennemente coa Vostro unanime
consenso: che cioe il civil Principato della Santa Sede fa al Romano
Pontefice per singolare consiglio della Dirina ProTvidenza accordato,
e questo essere necessario, acciocche il medesimo Sovrano Pontefice, a
niun principe o potere civile soggetto , possa esercitare la suprema
potesta e tutorita, ricevuta divinamente dallo stesso Cristo Signore, di
pascere e governare 1' intero gregge di lui con pienissima liberta
su tutta la Chiesa universale, e cosi provvedere al maggior bene,
aU'utilita e a'bisogni della medesima Chiesa. Ci6 intendendo bene Voi,
o Venerabili Fratelli, e con Voi i Fedeli alia Vostra cura affidati,
mei itamente tutti, per la causa della Religione, della giustizia e della
tranquillita, che sono i fondamenti d'ogni altro bene, vi siete commossi,
e con degno esempio di fede, di carita, di costanza e di vigore,
illustrando la Chiesa di Dio e intesi fedelmente alia difesa di Lei,
tramandate ai posteri im monumento nuovo ne'suoi annali e porten-
toso. Avvegnache pertanto Fautore di tali beni e il Dio delle mise-
ricordie, verso di Lui sollevando i nostri occhi , i nostri cuori, la
speranza nostra, lo supplichiamo senza posa che voglia conlermare,
corroborare ed accrescere questi preclari sensi Vostri e dei Fedeli ,
nonche la comune pieta, 1'amore e lo zelo ; e caldamente esortiamo Voi
in pari tempo, e i popoli alia Vostra vigilanza commessi, ad innalzare
Haec omnia Nos, ut debemus, reputantes et cogitantes, iterum confir-
mare constanterque profiteri cogimur , quod pluries Vobis Nobiscum unani-
rniter consentientibus declaravimus, scilicet civilem S. Sedis Principatuin Ro-
mano Pontifici fuisse, singulari divinae Providentiae consilio, datum illumque
necessarium esse ut idem Romanus Pontifex, nulli unquam Principi aut civili
Potestati subiectus , supremam universi Dominici gregis pascendi regendique
potestatcm auctoritatemque ab ipso Christo Domino divinitus acceptam, per
u^.iversamEcclesiam pienissima libertate exercere, ac maiori eiusdern Ecclesiae
bono, utilitati et indigentiis consulere possit. Id vos, Venerabiles Fratres, ac
vobiscurn Fideles vobis crediti probe intelligentes, merito omnes ob causam
Religionis, iustitiae et tranquillitatis, quae fundamenta suntbonorum omnium,
commoti estis, «t digno spectaculo fidei, caritatis, constantiae, virtutis illu-
strantes Ecclesiam Dei ac in eius defensionem fideliter intenti, novum et admi-
randum in annalibus eius exemplum in futurarum generationum memoriam
propagatis. Quoniam vero misericordiarum Deus istorum bonorum est auctor,
ad ipsum elevantes oculos , corda et spem Nostram, Eum sine inlermissione
obsecramus, ut praeclaros vestros et fidelium sensus, et communem pietatem,
dilectionem, zelum confirmet, roboret, augeat; Vosque item et commissos vigi-
lantiae vestrae populos enixe hortamur ut in dies firmius et uberius, quo gra-
728 LETTERA ENC1CLICA
con Noi tanto piu forte e piu fervido il grido al Signore, quantp piu
aspra arde la lotta, affinche Egli si degni di accelerare i giorni della
sua propiziazione . Faccia Iddio che i principi della terra, ai quali
sommamente deve importare che un tale esempio della usurpazione
che ci opprime non si stabilisca e prenda consistenza in ruina di ogni
podesta e ordinamento sociale, si stringano tutti in un solo pensiero,
in una sola volonta; e tolte di mezzo le discordie, sedati i pertur-
bamenti delle rivolture , e sventati i velenosi consigli delle sette ,
concordemente dieno opera, acciocche vengano restituiti a questa Santa
Sede i suoi diritti, e con essi al visibile Capo della Chiesa la sua plena
liberta, e alia Societa civile la tanto bramata pace. Ne lasciate, o
Yenerabili Fratelli , colle preghiere vostre e dei fedeli d'implorare
dalla Divina clemenza che, dissipate le tenebre delle menti, converta
i cuori degli empii a penitenza, prima che spunti il giorno del Signore,
grande e terribile; ovrero che, reprimendo i loro nefandi attentati,
dimostri chiaramentequanto sciocchi e dissennati sono coloro che pre-
tendono scrollare la pietra da Cristo fondata e manomettere i divini
privilegi l. Queste preghiere avvalorino le speranze nostre nel Si-
gnore. « Credete voi che potra Iddio chiudere 1'orecchio alia sua Sposa
carissima, quando essa levera le sue grida contro coloro che 1' hanno
angustiata? Come non riconoscera 1'ossa delle sue ossa, la carne della
sua carne, ed anzi in qualche modo lo spirito dello spirito suo ? Corre
vius dimicatio fervet, Nobiscum claraetis ad Dominum, quo ipse propitiationis
suae dies maturare dignetur. Efliciat Deus ut Principes terrae, quorum maxima
interest, ne tale usurpationis quam Nos patimur eiemplum in perniciem omnis
potestatis et ordinis statuatur et vigeat, una omnes animorum et voluntatum
consensione iungantur, ac sublatis discordiis, sedatis rebellionum perturbatio-
nibus, disiectis exitialibus sectarum consiliis, coniunctam operam navent ut
restituantur huic S. Sedi sua iura et cum iis visibili Ecclcsiae Capiti sua
plena libertas, et civili societati optata tranquillitas. Nee minus, Venerabiles
Fratres, deprecatione vestra et Fidelium apud divinam clementiam exposcite,
ut corda impiorum, coecitate mentium depulsa, ad poenitentiam convertat
antequam veniat dies Domini magnus et horribilis , aut reprimendo eorum
nefanda consilia ostendat, quam insipientes et stulti sunt qui petram a Chri-
sto fundatam evertere et divina privilegia violare conantur *. In his precibus
spes Nostrae firmius in Deo consistant. « Putatisne avertere poterit Deus
aurem a carissima Sponsa sua, cum clamaverit stans adversus eos qui ss
angustiaverunt? Quomodo non recognoscet os de ossibus suis et carnem de
came sua, imo vero iam quodammodo spiritum de spiritu suo? Est quidem
i S. Greg. VII ep. 6. 1. 3.
LETTERA ENCICLICA 729
egli e vero adesso 1'ora della malizia e la balia delle tenebre . Del
resto quest' ora e 1'ultima e presto svanisce tal potesta. Cristo virtu
di Dio, sapienza di Dio, e con noi ; la causa e sua. Fate cuore, Egli
vinse il mondo » }. Frattanto con animo grande , con fede sicura
teniam dietro alia voce dell' eterna verita che dice: Combatti per la
giustizia con tutto il vigore dell'anima tua, non cessar di pugnare sino
alia morte per la giustizia, e Iddio sgominera per te i nemici tuoi 2.
Infine pregandovi da Dio di tutto cuore abbondantissimi i doni
delle grazie celesti per Voi, o Venerabili Fratelli, per tutto 1'Ordine
Ecclesiastico, e pei Laici fedeli alle cure di ciascun di Yoi affidati ,
in pegno della particolare e sviscerata carita Nostra verso di Voi e
verso di Loro, impartiamo a Voi e ad essi, o diletti figli, colla mag-
giore effusione dell'animo Nostro 1'Apostolica Benedizione.
Dato a Roma presso S. Pietro, il giorno decimoquinto di maggio,
1'anno del Signore MDCCCLXXI, del Nostro Pontificato 1'anno vige-
simoquinto. P10 PP. IX.
nunc hora malitiae et polestas tenebrarum. Ceterum hora novissima est et
potestas cito transit. Dei virtus et Dei sapientia Ghristus Nobiscum cst qui
et in causa est. Confidite , ipse vicit mundum *. » Interim vocem aeternae
veritatis magno anirao et certa fide sequamur quae dicit: pro iustitia agoni-
zare pro anima tua, et usque ad mortem certa pro iustitia, et Deus expugna-
bit pro te inimicos tuos t.
Uberrima demum caelestium gratiarum munera Vobis, Venerabiles Fra-
tres, cunctisque Clericis Laicisque fidelibus cuiusque Vestrum curae concre-
ditis, a Deo ex animo adprecantes, praecipuae Nostrae erga Vos atque ipsos
intimaeque caritatis pignus Apostolicam Benedictionem Vobis iisdemque dile-
ctis Filiis peramanter impertimus.
Datum Romae apud S. Petrum die decimaquinta Maii anno Domini
MDGCCLXXI. Pontificatus Nostri anno vigesimoquinto. PIVS PP. IX.
i S. Bern. Ep. 126, n. 6. et 14
» Eccli. 4. 33.
LETTERA ENCICLICA
del SS. SigBor N, Pio per Divina Provvidenza Papa IX
A tutti i Patriarchi, Primali, Arcivescovi, Vescovi, e Prelati or-
dinarii di qualsivoglia luogo, che vivono in grazia o comu-
nione colla Sede Apostolica.
PIO PAPA IX.
Venerabili Fratelli Salute e Benedizione Apostolica.
I benefizi di Dio Ci invitano a celebrarne la bonta , in quell a
che novamente mostrano la grazia con cui Ci protegge, e ne glo-
rHicano la Maesta. Imperocche, gia scorre il vigesimoquinto anno
dacche, per divina disposizione, Noi abbiamo assunto il Ministero di
questo Nostro Apostolato, i cui tempi calamitosi voi gia conoscete per
modo, che non abbisognino di piu lunga Nostra ricordanza. E veramente
e manifesto, Yenerabili frate'li, dalla serie di tanti avvenimenti, che
la Chiesa militante prosegue la sua via in mezzo a frequenti battaglie
e vittorie; veramente Iddio modera e governa le vicissitudini dei
tempi nel mondo, che e sgabello a'suoi piedi ; veramente si serve di
strumenti spesso infermi e dispregievoli , affine di compiere cosi i
disegni della sua sapienza.
Gesu Cristo Signer Nostro, autore e supremo moderatore della
Chiesa, che si acquisto col suo sangue, degnossi pei meriti dei Beatis-
simo Pietro, Principe degli Apostoli, il quale sempre vive e presiede
in questa Sede romana, di reggere e sostenere colla sua grazia e virtu,
PIVS PP. IX.
Venf.rdbiles Fratres Salutem et Apostolicam Benedictionem.
Beneficia Dei ad celebrandam eius benignitatem Nos vocant, dum novam
in Nobis protectionis suae gratiam et Maiestatis suae gloriam ostendunt.
Quintus cnim et vicesimus iarn elabitur annus, ex quo Apostolatus huius No-
stri, Deo disponente, ministerium su>cepimus, cuius aerumnosa tempora per-
speeta ita sunt vobis, ut longiori Nostra commemoratione non egeant. Vere
patet, o Venerabiles Fratres , ex serio tot eventuum militantem Ecclesiam
inter crebra ccrtamina et victorias cursum tenorc ; vere Dens rerum vices
temperat ac regit in Orbe, qui est scabellum pedum suorum ; vere infirmis
et contemptibilibus saepe instrumentis utitur , ut inde consilia expleat sa-
pient iae suae.
lesus Christus'Dominus Noster, auctor et supremus moderator Ecclesiae,
quam acquisivit sanguine suo , suffragan tibus meritis Beatissimi Petri Apo-
stolorttm Principis, qui in hac Romana Sede semper vivit ac praesidet, diu-
turno hoc Apostolicae Nostrae servitutis tempore, infirmitatem ac tenuitatem
LETTERA ENC1CLICA 731
a maggiore gloria del suo nome e vantaggio del suopopolo, 1'infer-
mita e pochezza Nostra per questo lungo tempo della Nostra aposto-
lica servitu. Quindi Noi, appoggiati al divino aiuto di lui, e gio-
vandoci costantemente de'consigli del Venerabili Fratelli Nostri i
Cardinal! della santa romana Chiesa, e non una volta sola anche dei
vostri, Venerabili Fratelli, che insieme qui in Roma in gran numero
vi radunaste con Noi, illustrando collo splendore della vostra virtu
ed unanime pieta questa cattedra di verita, Noi potemmo, nel corso
di questo Pontificate, giusta i voti Nostri e dell' orbe cattolico, dichia-
rare con dommatica defmizione 1'immacolato concepimento della Yer-
gine Madredi Dio, e decretare gli onori celesti a molti eroi della no-
stra religione; e da essi, e specialmente dalla Madre di Dio, non
dubitiamo che sia per venire un pronto aiuto alia Chiesa cattolica
in tempi cosi a questa avversi.
E fu del pari per aiuto e gloria divina, che Noi abbiamo po-
tuto propagare il lume della vera fede mandando evangelici operai
in diverse ed anche inospiti regioni, stabilire in molti luoghi Tor-
dine della ecclesiastica gerarchia, e con solenne condanna sconfiggere
gli errori aH'umana ragione ed ai buoni costumi, ed alia Chiesa ugual-
mente che allo Stato contrarii, i quali soprattutto prevalgono in questa
eta. Cosi pure coll'aiuto di Dio Ci studiammo di unire fra loro con un
vincolo di concordia, per quanto potemmo fermo e solido, la eccle-
siastica e la civile potesta, sia nelle parti dell'Europa sia deli' Ame-
rica, e di provvedere a molti bisogni della Chiesa orientate, che fin
dal principio del Nostro apostolico ministero riguardammo sempre
Nostram sua gratia ac virtute, ad maiorem sui nominis gloriam et populi sui
utilitatem, dignatus est regere et sustentare. Hinc Nos divino eius auxilio
suffulti , constanterque usi consiliis Yen. Fratrum Nostrorum Sanctae Ro-
manae Ecclesiae Cardinalium et non semel vestris etiam, Yen. Fratres , qui
simul hie Romae magna frequentia Nobiscum adfuistis, hanc veritatis cathe-
dram vestrae virtutis et unanimis pietatis splendore decorantes, potuimus in
huius Pontificatus cursu, ex Nostris et catholic! Orbis votis, Couceptionem
Deiparae Virginis Immaculatam dogmatica definitione declarare, ac pluribus
Religionis Nostrae Heroibus Caelestes honores deeernere, quorum et praesertim
divinae Matris praesidia Catholicae Ecclesiae tarn adversis eius temporibus
praesto esse futura non dubitamus. Divinae pariter opis fuit et gloriae , ut
verae fidei lumen in dissitas et inhospitas etiam regiones evangelicis operariis
missis proferre possemus, in pluribus locis ecclesiasticae Hierarchiae Ordinem
eonstituere, et errores humanae rationi bonisque moribus et rei turn chn-
stianac turn civili adversos, hac praesertim aetate invalescentes, solemni con-
demnatione configere. Deo pariter auxiliante, firmo ac solido, quantum pote-
ramus, concordiae vinculo ecclesiasticam et civilem potestatem, sive in Europae
sive in Americae partibus, inter se consociare, pluribusque Orientalis Eccle-
siae , quam ab in;tio Aposfolici Nostri ministerii paterno semper cum afTcctu
732 LETTERA ENCICLICA
con affetto paterno; e Ci fu dato teste di intraprendere e promuovere
1' opera dell' ecumenico Concilio Vaticano, di cui per6 mentre grandis-
simi frutti in parte s'erano gia ricavati, in parte si aspettavano dalla
Chiesa, dovemrao decretare la sospensione per le notissime vicende.
Ne perci6, o Venerabili Fratelli, mai, per grazia di Dio, trala-
sciammo di eseguire quelle cose che erano richieste dai diritti e dai
doveri del nostro civile Principato. Le congratulazioni e gli applausi,
come ben vi ricordate, che accolsero il cominciamento del Nostro
Pontificate, in breve tempo talniente si cambiarono in ingiurie ed in
persecuzioni , che Gi sforzarono ad esulare da questa Nostra dilet-
tissima citta. Ma poi come, pel comune desiderio e per gli aiuti e
sforzi di tutti i popoli e Principi cattolici, fummo restituiti a questa
pontificia Sede , tostamente rivolgemmo tutta la Nostra attenzione e
le Nostre forze a promuovere e procacciare ai Nostri sudditi fedeli
quella solida e non fallace prosperita, che sempre riconoscemmo come
il piu grave compito del civile Nostro Principato. Senonche un vi-
cino Nostro potente s' invoglio dei paesi del temporale Nostro do-
minio , ostinatamente antepose i consigli delle sette di perdizione alle
paterne Nostre ed iterate ammonizioni e querele , ed ultimamente ,
come ben vi e uoto, di lunga mano sorpassando 1' impudenza di quel
figliuoi prodigo, di cui ci parla il Yangelo, questa stessa Nostra citta,
che per se domandava, espugno colla forza e colle armi, ed ora con-
tro ogni diritto ritiene in suo potere, come cosa che gli appartenga.
respeximus, necessitatibus consulere curavimus; ac non ita pridem Oecnme-
nici Yaticani Concilii opus aggredi et proniovere Nobis datum est , cuius
taraen dum maximi fructus partim suscepti erant, partira expectabantur ab
Ecclesia, ob notissimas rerum vices suspensionem decernere debuimus.
Nee vero, Venerabiles Fratres, quae civilis Nostri imperii ius et officium
poscebant, ea unquam, Deo donante, exequi praetermisimus. Gratulationes et
plausus, ut meministis, qui initia Nostri Pontificatus exceperunt , brevi in
iniurias et oppugnationes adeo conversi fuerunt, ut Nos et dilectissima hac
Urbe Nostra exulare coegerint. At vero ubi communibus catholicorum popu-
lorum et Principum studiis et viribus adnitentibus , Pontificiae huic Sedi
restituti fuimus, coutinuo omnes Nostras vires et studia contulimus ad pro-
movendam et conciliandam fidelibus Nostris subditis solidam illam et non
fallacem prosperitatem , quam uti gravissimum civilis Nostri Principatus
munus semper agnovimus. At vero vicini Potentis cupiditas temporalis No-
strae dominationis regionibus inhiavit, consilia sectarurn perditionis paternis
Nostris atque iteratis admonitionibus et vocibus obstinate praeposuit , et
novissime, ut vobis compertum est, Filii illius Prodigi, de quo in Evangelic
legimus, impudentiam longe supergressus, hanc quoque urbem Nostram, quam
sibi postulabat , vi et armis expugnavit, eamque nunc in sua potestate contra
omne fas retinet, veluti substantiam, quae ipsuin contingat. Fieri non potest,
LETTERA ENC1CL1CA 733
Non possiamo fare a meno, o Venerabili Fratelli, di fortemente turbarci
percosi scellerata usurpazione, quale e quella che soffriamo. Siamo
grandemente addolorati per tanta iniquita di divisamento, che mira,
distrutto il Nostro civile Principato, a far si che colla stessa opera,
se pur cio potesse avvenire, si cancelli eziandio la Nostra spirituale
potesta e il Regno di Cristo in terra. Siamo addolorati all'aspetto
di tanti gravi mali, e di quelli in ispecie con cui si mette a repen-
taglio 1'eterna salute del Nostro popolo; nella quale amarezza nulla
Ci e piu luttuoso che 1'essere impediti, essendo oppressa la Nostra
liberta, dal mettere in opera i rimedii necessarii a tanti mali.
A queste cagioni della nostra tristezza, o Venerabili Fratelli,
s' aggiunge ancora quella lunga e miseranda serie di calamita e di
mali, che per tanto tempo assediarono ed alHisscro la nobilissima na-
zione francese ; immensamente accresciuti in questi giorni da tanti
affatto inuditi eccessi commessi da una turba di uomini feroci e per-
duti, e specialmente 1'atroce, scellerato ed empio parricidio consu-
mato nell' uccisione del nostro Venerabile Fratello 1'Arcivescovo di
Parigi ; le quali sciagure tutte ben comprendete quali sentimenti ab-
biano in Noi eccitato, mentre hanno riempiuto di spavento e di orrore
tutto il mondo. Abbiamo finalmente, o Venerabili Fratelli, un' altra
ancora maggior amarezza nel vedere tanti figli ribelli, legati da tanti
e si gravi vincoli e censure, andare avanti senza alcun riguardo alia
paterna Nostra voce ed alia loro salute , disprezzando il tempo di
penitenza loro oflerto da Dio, e preferire d' esperimentare contuma-
Venerabiles Fratres , quin vebementer ob hanc tarn nefariarn usurnationem
quam patimur, moveamur. Angimur omnino tanta iniquitate consilii quod oo
spectat, ut civili Nostro Principatu deleto, una eademque opera, si ita evenire
posset, spirituals Nostra potestas et Christi Regnum in terris deleatur. An-
gimur tot gravium malorum adspectu , eorum praesertim quibus acterna po-
puli Nostri salus in discrimen vocatur; qua in acerbitate nihil Nobis est
luctuosius quam oppressae Nostrae libertatis conditione impediti quominus
tot malis necessaria remedia adhibeamus. Hisce moeroris Nostri causis, Ve-
nerabiles Fratres, accedit etiam longa ilia et miseranda series calamitatum
et malorurn, quae Nobilissimam Gallicam Nationem tamdiu perculerunt et
afflixerunt; quae in immensum his diebus aucta tot prorsus inauditis exces-
sibus ab efferata ac perdita hominum colluvie patratis , atque atrox nomi-
natim impii parricidii scelus in caede Venerabilis Fratris Parisiensis Antistitis
consummalum, probe intelligitis quos sensus in Nobis commovere debuerint ,
cum totum Orbem metu atque horrore compleverint. Est demum et alia Nobis,
Venerabiles Fratres , caeteris etiam maior amaritudo , cum videamus tot re-
belles filios, tot tantisque censurarum laqueis obstrictos, nulla paternae Nostrae
AOCIS , nulla salutis suae ratione habita pergere adhuc oblatum a Deo poe-
734 LETTERA ENCICL1CA
cemente 1' ira della vendetta divina, piuttostoche provare nel tempo
11 frutto della sua misericordia.
Or bene, in mezzo a tante vicissitudini, per la protezione di Dio
clementissimo, gia vediamo presente quel giorno natalizio della no-
stra esaltazione, nel quale, come succedemmo al beato Pietro nella
sua Sede, cosi, quantunque lontanissimi dai suoi meriti, tuttavia Ci
troviamo essere a lui uguali di anni nella durata della apostolica
servitn. Certamente che gli e questo un nuovo, singolare e grande
dono della divina degnazione, e a Noi solamente, cosi disponendo
Dio, conferito in si grande serie di santissimi Nostri predecessori nel
lungo corso di diciannove secoli. Nel che tanto piu ammirabile rico-
nosciamo la divina benignita, in quanto che Ci vediamo in questo
tempo fatti degni di patire persecuzione per la giustizia, ed osser-
viamo quel maraviglioso affctto di devozione e di amore, da cui e si
fortemente animato il popolo cristiano in ogni angolo della terra e
da cui con unanime slancio e portato verso questa Santa Sede. I quali
doni essendoci conferiti contro ogni nostro merito, troviamo le nostre
forze aflatto impari per corrispondere al dovere di rendere a Dio le
grazie a giusto titolo dovute.
Per la qual cosa, mentre domandiamo alia Immacolata Yergine
Madre di Dio, che Ci insegni a rendere gloria all' AHissimo con quello
spirito con cui Ella la rese colle sublimi parole: Fecit mihi magna
qui potens est, di gran cuore vi preghiamo, o Venerabili Fratelli, a
nitentiae tcmpus contemnere, et divinae ultionis iram contumaciter, quam mi-
sericordiae fructum in tempore malle experiri.
lam voro per tot rerum vicissitudines , Deo clementissime Nos prote-
gente, natalitium ilium Nostrae provectionis diem iam adesse videmus, in quo
Mcuti in Beati Petri Sede successimus , sic licet eius mentis quam longis-
sinie impares annorum eius in Apostolicae servitutis diuturnitate reperimur
csse consortes. Novum hoc profecto , singulars ac ingens est divinae digna-
tionis munus, ac in tanta sauctissimorum Nostrorurn Praedecessoruna serie in
longo undevigiiiti saeculoruni cursu Nobis unice, Deo disponente , collatum.
In quo eo etiam admirabiliorem Nobiscum divinam benignitatem agnoscimus,
cum videamus hoc tempore dignos Nos haberi qui pro iustitia persecutionem
patiamur, et cum aspiciamus mirum ilium devotionis et amoris affectum, quo
Christianus populus vehementer agitur ubique terrarum, et ad Lane San-
ctam Sodem unanimi studio cornpellitur. Quae sane munsra cum in Nos adeo
immsrentes collata fuerint , vires Nostras prorsus impares experimur , ut
gratiae reddendae oflicio pro debita ratione respondeamus. Quamobrem, dum
ab Immaculata Deipara Virgine pelimus ut Nos doccat eodem ac Ipsa spiritu
reddere gloriam AHissimo sublimibus iilis verbis « fecit mihi magna qui
potens est ». Vos etiam atquo ctiam rogamus, Venerabiles Fratrcs, ut una
LETTERA ENC1CLICA 735
sciogliere con Noi a Dio cantici ed inni di lode e di grazie insieme
coi fedeli alle Tostre cure affidati. Magnificate TO! Meco il Signore,
diciamo colle parole di Leon Magno, ed esaltiamo a vicenda il suo
nome, affinche tatta la gloria delle grazie e delle misericordie die
ricevemmo, si rivolga a lode del loro autore. Ai rostri popoli signi-
ficate 1'ardente Nostra carita e la vira riconoscenza dell'animo Nostro
per gli iliustri attestati del!a loro filiale pieta yerso di Noi, e per
gli ossequii per tanto tempo e con tanta perseveranza prestatici. Im-
perocche Noi , in quanto a Noi si spetta, potendo ripetere le parole
del Real Profeta, incolatus meus prolongatus est, gia abbisogniarao
dell' aiuto. delle vostre preghiere per conseguire la forza e la confi-
denza di rendere 1'anima Nostra al Principe dei Pastori, net cui seno
e il refrigerio dei mali di questa turbolenta e travagliata vita, e il
beato porto dell' eterna tranquillita e pace.
Ed affinche riescano a maggior gloria di Dio quanti benefizii,
per bonta sua, ridondarono dal Nostro Pontificate, aprendo in que-
st' occasione il tesoro delle grazie spiritual, vi accordiamo, o Venc-
rabili Fratelli, coll' autorita Nostra apostolica la facolta di compartire
nella vostra rispettiva diocesi , il giorno decimosesto od il veutesi-
moprinio di questo mese, o in qualunque altro giorno da stabilirsi
a vostro arbitrio, la benedizione papale coll' applicazione dell' indul-
genza plenaria secondo la forma consueta della Chiesa.
Desiderando poi di provvedere allo spirituale vantaggio dei fe-
cum gregibus Vobis commissis cantica atque hymnos laudis et gratiarum Xo-
biscura Deo persolvatis. Magnificate Vos Dominum mecum , dicimus Leonis
Magni vocibus, et exaltemus nomen eius in invicem, ut tota ratio gratiarum
et miserationura, quas accepimus, ad laudem sui roferatur auctoris. Popnlis
autem vestris significate incensam caritatem Nostram, gratissimosque animi
sensus ob praeclara ipsorum erga Nos filialis pietatis testimonia et officia
tamdiu et tam perseveranter edita. Nos enim , quod ad Nos attinet , cum
usurpare iure possimus Regii Vatis verba « incolatus meus prolongatus est » ;
vestrarum deprecationum ope iam ad hoc indigemus, ut virtutem, fiduciam-
que assequamur reddendi animam Nostram Pastorurn Principi, in cuius sir.u
est refrigerium malorum turbulentae huius et aerumnosae vitae «t beatus
portus aternae tranquillitatis ac pacis.
Ut autem ad maiorem Dei gloriam proficiat quod Pontificatus Nostri
beneficiis de Eius largitate accessit , spirilualium gratiarum tbesaurum hac
occasione reserantes Vobis, Venerabiles Fratres , potestatem facimus ut in
vestra quisque Dioecesi, die decimosexto aut vigesimoprimo huius mensis aut
alio ad vestrum arbitrium cligendo, Benedictionem Papalem cum application^
plenariae indulgentiae in forma Ecclesiae consueta, auctoritate Nostra Aposto-
lica impertire possitis et valeatis. Spiritual! autem Fidelium utilitati con-
736 LETTERA ENCICLICA
deli, a tenore della presente Lettera concediamo nel Signore che tutti
i fedeli, cosi secolari come regolari, di qualsivoglia sesso, in qualsiasi
luogo stieno della vostra diocesi, che, confessati e comunicati, avranno
divotamente pregato Dio per la concordia dei Principi cristiani, 1'estir-
pazione delle eresie e 1' esaltazione della santa Madre Chiesa, nello
stesso giorno che voi, per autorita Nostra, avrete scelto e designate
per compartire la predetta benedizione , o nelle diocesi in cui sia
vacante la sede cattedrale, sara stato scelto e designate dai Vicari
capitolari che vi seggono pro tempore,, possano e valgano a conse-
guire 1' indulgenza plenaria di tutti i loro peccati. Non dubitiamo
che in quest' occasione il popolo cristiano venga piu efficacemente
eccitato a pregare, e cosi, moltiplicate le preghiere, siamo fatti me-
ritevoli di conseguire quella misericordia, che la vista dei tanti mali,
presenti non Ci permette d' implorare rimessamente.
A voi frattanto, o Yenerabili Fratelli , preghiamo da Dio onni-
potente costanza, speranza celeste ed ogni consolazione, e, pegno e
testimonio della Nostra particolare benevolenza , sia la Nostra apo-
stolica benedizione che a voi, al Clero ed al popolo rispettivamente
affidatovi compartiamo colla piena esuberanza del Nostro cuore.
Dato a Roma presso San Pietro, il giorno 4 di giugno, sacro
alia Santissima Trinita, 1' anno 1871. Del Nostro Pontificate 1' anno
ventesiraoquinto. PIO PP. IX.
sulere cupientos, tenore praesentium in Domino concedimus, ut oranes Christi-
fideles, tarn saeculares quara regulares utriusque sexus , quocumque in loco
cuiusque vestrum Dioecesis existant, qui sacramentali confessione expiati et
sacra communione refecti, pias ad Deum preces pro Christianorum Principum
concordia, haeresum extirpatione et sanctae Matris Ecclesiae exaltatione ef-
fuderint, eo die, quera Vos ad praedictam Benedictionem largiendam ex au-
ctoritate Nostra designaveritis aut elegeritis, vel , in Dioecesibus ubi Sedes
Cathedralis vacet, Vicarii Capitulares pro tempore existentes elegerint et
designaverint, omnium peccatorum suorum plenariam indulgentiam consequi
possint ac valeant. Minime dubitamus quin hac occasione populus christianus
efficacius excitetur ad orandum , atque ita multiplicatis precibus earn mise-
ricordiam suscipere mereamur, quam tot praesentium malorum adspectus
Nos segniter implorare non sinit.
Vobis interim , Venerabiles Fratres , constantiam , caelestem spem , et
solamen omne a Deo omnipotent! adprecamur , quorum auspicem et praeci-
puae Nostrae benevolentiae testem esse volumus Apostolicam Benedictionem>
quam Vobis Cleroque et populo unicuique Vestrum concredito plena cordis
Nostri exuberantia impertimus.
Datum Romae apud S. Petrum, die quarto lunii Sanctissimae Trinitati
sacro, Anno MDCCCLXXI Pontificatus Nostri anno vicesimoquinto.
PIVS PP. IX.
CRONACA
OONTEMPORA.NEA
Firenze 9 giugno 1871.
I.
ROMA
Nostra Corrispondenza
Quum canerem reges et praelia , un amico aurem vellit et
admonuit. « Or che andate voi uccellando alia Scuola romana ed alia
giudaica, all'Architcttonico-archeologica ed alia Medico-dollingeriana?
E non vedete la Scuola ossia Museo o galleria dei Candelabri, che
aspetta un poco d' illustrazione? »
Quest! Candelabri sono certi rifiuti di sacrestia, arnesi vecchi ,
di stile barocco, storti, strani, sporchi, sdorati, sdruciti, fessi e zoppi,
che nella loro tarlata eta, si lasciarono tentare di scappare dai sacri
armadii, e gironzolano ora pel mondo a farsi vedere. Roma libera ne
ammira ora parecchi di varie fogge e nazioni. E una specie di espo-
sizione internazionale che, nel suo genere, non 6 priva d'interesse.
Pensate che alcuni vagano per la citta con un moccolo ancor acceso
in capo di quella cera che trafugarono ai Sacrestani : e non si sa se
mantengano quel lume in vista, per far lume a se stessi a tornar a
casa o per viaggiar piu lontano. Ma non vi sgomentate ! che non vi
voglio fare una lunga descrizione anche di questa 'scuola. E soggetto
poco artistico e niente seducente. E poi non ne varrebbe la spesa. Ne
diro nondimeno due parole in fretta, tanto per far piacere a un amico:
e poi passeremo subito ad altro.
Sapete che, in linguaggio di liberaleria, il titolo di Candelabro
e una specie di Prelatura, riservata esclusivamente agli scappati di
sacrestia. Finche un Prete o un Frate fa il prete e il frate non pud
aspirare alia Candelabrazione. Egli e anzi dichiarato nemico della luce,
spegnitoio, tenebra e fumo. Ma se comincia a cantare qualche Teddeo
scimunito, o a predicare se medesimo, o ad essere, come si dice,
a popol pazzo prete spiritato, allora, subito, in proporzione dell' asi-
naggine sua, gli comincia a rilucere il pelo. Ma non diventa cande-
labro espresso, se non quando prende a dirittura a urlare coi lupi ,
Serie VIII, vol II, fasc. $04. 47 10 giugno 1871-
738 CRONACA
e diventa liberate perfetto, otre gonfiato, ficaia sterile, tralcio diviso,
sarmento da faoco, sale infatuate, vaso di nequizia. Allora e laureato
candelabro: e i farfalloni liberali gli volano a frotte intorno, e gli
fanno vento e riverenza, e recitano loro gl'indirizzi colla destra sul
caore e la sinistra su quello che una volta si chiamava portamonete,
ed ora si chiama portafogli ; secondo che la prudenza insegna adesso
fare ad ognuno che si trovi in una folia sospetta. E non monta che
taluno di questi candelabri non sia che un moccoletto di sego fumoso,
che non faceva figura sull' altare se non che grazie alle candele vicine
e all'arte dei sacrestani. Tutt'uno. Sono candelabri anche loro. Come
i milanesi, al tempo di Renzo Tramaglino, erano in Bergamo tutti
baggiaai; cosi ora questi baggiani sono, in liberaleria, tutti cande-
labri. E forse i liberali non hanno torto, procedendo, come credo che
facciano, per paragone tra i loro sacerdoti scelti, che sono i giorna-
listi, e questi nostri rifiuti.
Dura pero assai poco la festa della Candelabratura: secondo che
certi candelabri piu anziani possono testimoniare per loro esperienza.
« Mettiamo, per esempio, (diceva Renzo sopraccitato) che qualcheduiio
di costoro che voglio dir io, stia un po'in campagna, un po' in Milano;
se e un diavolo la, non vorra essere un angelo qui, mi pare. » Chi
faceva disperare il Priore in convento, credete voi che sara la delizia
del capo o piede direttore del Tribuno o della Capitate? Non credcrci.
Un candelabro uscito in campagna , e egli probabile che trovi nelie
bettole e nei caffe quel che trovava in convento: cioe gente disposta ed
educata a sopportare le persone moleste? Non mi pare. I candelahri
gicvani s' iDformino dai vecchi; e sapranno che e uaa vita dura quella
di liberaleria. Se prima faceano forse qualche figura, perche le mura
dei. conventi , gli armadii delle sacrestie e la carita dei compagni
nascondevano il piu grosso delle loro miserie; se prima ii pubblico non
li vedeva che da qualche bel pun to di vista e in giusta lontananzc:
se le loro passioni patriottiche erano prima alquanto frenate dai ri-
tegni della regola e della disciplina; dopo datisi alia campagna sono
veduti da presso in tutta la loro bellezza naturale da gente niente
disposta all'indulgenza, e pesati per quello che valgono in pensieri,
opere ed omissioni. II candelabro ridiventa presto moccoletto, e fi-
nisce, quando la sorte gli dice bene, in qualche cattedra remota di
qualche citta scapitata, lucciola per lanterna, fanaletto a gas, lucerna
a petrolio, lumicino da notte col fungo fumicante, e con tutto 1'agio
di ripensare ai bei tempi quando riluceva sull' altare. Ma i piu fini-
scono anche peggio. E Dio non voglia che non finiscano tutti col
Lampades noslrae extinguuntur , e col Nescio vos.
Di non poche di queste fumicanti e puzzolenti fiaccole e ora ap-
pestata Roma. II piu sono apostati forastieri, vecchi, sdentati, arrocati,
CONTEMPORANEA 739
sfiatati. La sola influenza die hanno si e di coprirc chi loro si accosta
di ignomima e di ridicolo. Costoro portano la malora a chi li tocca. E
ben losannoi dollingeriani; molti dei quali sono gia pentiti, perche
hanno perduto col credito e la coscienza, anche le pratiche, le clientele
e gli scolari. Insegnano ora alle panche : e invece di curare i malati,
hanno 1'agio di perfezionarsi nella teologia. Vorrebbero rivocarel'ir-
revocabile verbum, e ripigliare la came abbandonata sul ponte. Hanno
anche col danno le beffe : giacche odo che il Dollinger non accetta
quel loro indirizzo piu empio di quello, che paia per ora coiiveniente
al signor Candelabro illuminatore del punto preciso dell'eresia, cui
per ora egli crede che convenga di arrivare. Non thanno neanche sa-
puto scrivere un indirizzo a modo. E chi lo scrisse, odo che e morto
subito di accidente.
Questi pochi candelabri novizii poi, scappati di fresco, iuliani
e francesi, non sono gente da indirizzi. Neanche hanno potato otte-
nere un indirizzo. Una casipola fu data ad uno di loro per limosina
municipale. Un altro ha trovato un impiego secondario in un infirao
giornaletto da trivio. Un terzo era stato chiuso prima del 20 settembre
in un armadio dal provvido sacrestano, che non lo credeva piu arnese
da mostrare. Cola dentro si cercd di ridorarlo. Ne usci alquanto in-
giallito, e parve passabile pei di di lavoro se non pei di delle feste.
Ma s' imbranco subito coi suoi pari , appena li vide : ed ora e il lu-
dibrio di Roma.
II solo che li pigli un po' sul serio e il signor Eduardo Arbib-, ne-
goziante di politica e di letteratura, la cui bottega e all' insegna della
Liberia. Gli amori di quest' ebreo coa quei cattivi preti sono com-
moventi. Ma se crede di poterne fare dei rabbini, si sbaglia. Creda a
me : nessuno, per quanto sia candelabro, non si fara mai ebreo, per
tutto 1'oro del mondo. II signor Arbib coltiva speciaimente 1'aaiicizia
di un certo candelabro francese, che gira ora per Roma nel primo
fervore della sua candelabrazione. La sua smania e di trovare un
pulpito, una sedia, un tavolino, una botte, un checche siasi che possa
servirgli di teatro, dove sgravarsi di quel soverchio di eloquenza onde
si sente scoppiare. Per questo si raccomando al signor Questore Rerti,
come a suo degno presente guardiano. Ma il Questore gli fece rispon-
dere che i quaresimali erano flniti: e che il mesedi maggio noa gli
pareva mese conveniente a far udire una voce come la sua. Prima,
quando era in convento, benche spropositasse sufficientemente, pure,
perche era tollerabile nel fondo, e lodevole nella forma, la carita dei
superiori gli concedeva di quando in quando quello sfogo. Ma ora
il Priore Rerti e piu severo. E quanto a me sono persuaso che, se
il Questore sta duro a turargli la bocca, il solo bisogno prepotente
che tormenta quell' ex-frate romoroso e lo eccita a rompere il silenzio
740 CRONACA
e a perorare, per raccogliere il vento degli applausi, lo condurra o presto
o tardi a qualche resipiscenza, per poter avere cosi il gusto di pre-
dicare agli altri la virtu della modestia.
Intanto si sfoga come pud nel giornale del Sig. Eduardo Arbib;
il quale, nella sua Liberia del 1° giugno, lo chiama ottimo e si pro-
fessa obbligato alia sua bontd che gli comunica un articolo, a cui
dd di buon grado il primo posto del giornale. Ho letta quella pre-
dica e vi ho trovato che la Chiesa non fece quanta avrebbe dovuto
fare. In luogo delle promesse e degV insegnamenti dell' evangelio,
essa avea fatlo inlendere aspre discussioni. Se invece della Chiesa
avesse detto un certo predicatore,, il periodo sarebbe irreprensibile,
Mi ricordo infatti di un certo predicatore francese, che si andava a
udire per curiosita piu che per edificazione; il quale si vedeva chiaro
che predicava se stesso piu che non le promesse e gl' insegnamenti
delV evangelio. La Chiesa fece con 'ui quello che pote per fargli inten-
dere che il tempio non e 1'accademia, ne il teatro : che il predicatore
del vangelo non eun tribuno da piazza ne un oratore da Camera, che
1'abito non faceva il monaco: che invano la superbia predicava 1'umil-
ta, la testardagginel'obbedienza, 1'indisciplina la legge. Fututto tempo
perso. Ora quel povero candelabro francese e ridotto a urlar coi lupi
italiani, e a predicare, in pessimo italiano, al Papa ed alia Chiesa,
nel giornale di un ebreo; fmche il Sig. Questore di Roma non s'im-
pietosisca e nol provveda, per carita, di una cattedra meno pestilente.
Quomodo cecidisti!
Ma costoro sono tutti cosi. Non si vogliono persuadere che nulla
e piu disprezzato dagli stessi liberali che un candelabro. La vanita
li accieca. Credeano prima, quando erano sull'altare, che la gente pre-
gasse ed ammirasse proprio loro, come 1' asino della favola, carico
di reliquie. Non si accorgono che i liberali fanno con loro appunto,
come noi vediamo talvolta per le vie farsi dai fanciulli con un cane
girovago. Lo aizzano contro un passeggiero che va pei fatti suoi. II
cane crede di essere preso sul serio, pensa che vi ha qualche bella
impresa da fare, qualche osso da conquistare, vuol far vedere quello
che sa fare, crede essere poi protetto e di aver fmalmente trovato
un padrone benefico che per premio del suo bel fatto lo sfamera. Ma
che? Quando si e gittato sul passeggiero ne riceve una buona cor-
rezione: e quando, gridando aita aita, ricorre a chi 1'aizzo, ne riceve
un calcio.
Ora vengo al Signer Arbib. Mi spiace di non potervi scrivere
senza parlarvi di lui ; ma chi puo ora parlare in Roma o di Roma
senza parlare deH'Arbib, che rappresenta qui il Governo, il ministero,
il commissario, il questore, il municipio, i candelabri, insomma La
Liberia? Sapete che viviamo in tempi di liberta. Ora chi e che scrive
CONTEMPORANEA 74 |
adesso la liberta? II Sig. Arbib. Tempi di liberta; tempi arbibeschi.
Rassegnatevi dunque a udirvi parlare spesso e liberamente del Sig.
Arbib, col quale del resto ho ora un conto fresco da aggiustare. In-
fatti io vi scriveva teste che non si erano trovati in Roma tanti al-
fabeti liberali , da fame una lista di sottoscrizioni contro i Gesuiti.
Ed ecco che, appunto allora « il Circolo Cavour (come leggo nella
Liberia del 19 maggio) tenne adunanza generale. II Consiglio diret-
tivo annunzi6 1' esito della petizione promossa da quel Circolo , per
domandare al parlamento 1' abolizione dei Gesuiti. Debbono tuttavia
essere rftirate alcune schede, ma si sono gia ottenute 8,270 firme. »
Pensate alia mia costernazione ! Xante firme alfabete e antige-
suitiche in Roma ! Mi credeva perduto per sempre nella vostra esti-
mazione; quando, grazie a Dio, mi porse cristianamente la mano pie-
tosa lo stesso Signor Eduardo Arbib. II quale, nel medesimo numero
della sua Liberia, aggiunge: « Dobbiamo confessare che il valore di
quelle firme diminuirebbe assai, se non fossero pubblicate per le stam-
pe. I clerical! si prevarrebbero di questa omissione per dire che le
firme o sono tutte di nuovi venuti o furono razzolate in ghetto. »
Ovvero, aggiungo io, non esistono in verun modo. E questo mi sem-
bra ora il piu probabile, dopo lo spavento che questa giustissima
domanda della Liberia eccito in due anonimi, i quail si suppongono
averle scritto il 23 maggio due lettere analfabete, ossia non sotto-
scritte, dove si raccomandano che, per carita, non si stampino quelle
firme. II Signor Arbib, da uomo candido, suppone che quelle due let-
tere siano proprio di due firmatarii., paurosi di compromettersi col
partito gesuitico, cosi potente ora in Roma. E se si credesse a quelle
lettere, la cosa sarebbe cosi per 1' appunto. Infatti la prima dice che
« quella pubblicazione pu6 menare a conseguenze vergognose pel
partito liberate. Potrebbe derivarne che molti siano costretti a smen-
tire quelle firme. Ho inteso molti lagnarsi di tale divisamento, e te-
nersi pronti a fare delle aperte e pubbliche smentite. » La seconda
lettera pero c' informa « che la persona che propose firmare, garanti
sul proprio onore che le firme non verrebbero pubblicate. Se si pub-
blicassero, tanti non troverebbero piu con tanta facilita ad occuparsi, e
sarebbero ancora tanti altri sacrificati. »
Compatirei a questi disgraziati, se non avessi tutta la ragione di
sospettare che queste due lettere sono false : ossia sono state scritte
alia Liberia da qualche promotore dell'Indirizzo, spaventato giusta-
mente, non gia del partito gesuitico, ma della poverta delle firme
antigesuitiche. Finche si tratta di dire cosi in generale. « Le firme
sono 8,270 per 1' appunto » la cosa e facile. Facile e anche il man-
dare al parlamento di Firenze, a suo uso esclusivo e confidenziale,
tanti fogli di carta sottoscritti da nomi, o inventati o ignari dell'abuso
742 CRONACA
che se n'e fatto. Ma quando si tratta di stampare que'nomi in Roma,
e un'altro affare. Stampate que' nomi o Signori del Circolo Cavour.
Vedremo allora le smentite piovere, non gia per paura dei Gesuiti,
ma per amore della verita. Per chi avete presi i Romani, voi altri
buzzurri ? Per gente timida? Tutt'altro! I Romani diconochiaro quello
ch« pensano: 1' ipocrisia non e vizio romano; il rispetto umano qui
poco si conosce. Se i Romani hanno un difetto, e il rovescio del rispetto
umano. Quesli tirmatarii codardi dunque, o non esistono, o non sono
Romani. Ecco la vera spiegazione di quelle due lettere analfabete .
Donde conclude che il Signor Arbib, o non e tanto farbo, o e molto
piu furbo di quel die io credeva. Perche almeno non pubblica i nomi
dei due paurosi scrittori delle lettere? Saranno due soli sacrificati
pro populo. E non credo che il partito buzzurro sia poi tanto spian-
tato in Roma, da non poter sostenere due suoi eroi, e mantenerli
colle loro famiglie, contro le persecuzioni del partito clericale. E poi
che male ci sarebbe che ci fosse qualche sacriiicato anche dall'altra
parte? Hanno forse avute tante paure i clericali? Non si sono sotto-
soritti pubbiicamente, e non si sottoscrivono forse continuamente in
mille occasioui? Non hanno essi riimnziato agli impieghi, alle pen-
sioni, ai diritti loro? Perche dunque la vilta e la codardia hanno da
trovarsi dalla sola parte del ghetto?
L' idea del valore mi chiama alia Guardia Nazionale . Nei
primi giorni della sua istituzione qui in Roma, era cosa pericolosa,
non solo il parlarne o bene o male, ma il solo guardarla. I soldati
dell' esercito regolare si poteano guardare, se non con ammirazione,
almeno senza pericolo. Ma le guardie nazionali bisognava evitare di
iissarle troppo coH'occhio curioso. Per tie solo che erano guardate si
tenevano ofi'ese. Credo che quella opinione modesta di se medesimi
fosse nata in quei rispettabili cittadini , perche erano conscii a se
stessi di non sapere ancora portare bene quell' abito, che in verita
e difficile a portare, e marciare disinvolti con quelle armi. Pareano
tanti Daviddi impacciati. Ora ed essi e noi vi ci siamo, comechessia,
avvezzati , e ne noi ridiamo piu a vederli, ne essi arrossiscono piu
ad esser veduti . Insomnia possiamo guardarci con indifferenza vi-
cendevole, e senza pericolo d' inconvenienze. Si vedono ora le guardie
nazionali cammiiiare diritte pel fatto loro, senza guardare in qua e
in la , come gente che tema di esser guardata e di eccitare troppo 1'am-
mirazione. Si vedono anzi spesso camminare pensierosi e di mal umore,
col viso turbato ed in aspetto fosco , come se fossero ormai stanchi al-
quanto anche loro. Sono in gran parte paciiici cittadini, artisti e bot-
tegai, e premendo loro, com'e naturale, la patria piu prossima, che e la
bottega e la casa, tollerano con sufficiente pazienza tutti i torti politici
loro inflitti dal governo e cosi enumerati dalla Capitate del 27 aprile:
CONTEMPORANEA 743
« Sono scorsi piu di quattro mesi e ancora non si e aperto un quartiere
alia Guardia Nazionale: della nazionale non si servono che per farle far
mostra di senelle feste: non si vogliono darle armi di precisione; non
si 6 distribuita ancora la piu piccola cartuccia: di modo che i militi
sono ignari del come si carichi un fucile, e, se per caso dovessero
adoperarlo, non potrebbero servirsi che della baionetta o rivolger
I'arme e farsene una mazza ». Tutte queste disgrazie le sopportano
alacremente. Ma quello che naturalmente cuoce loro, sono i ladri che
rubano le loro botteghe, mentre essi sono alle passeggiate eroiche.
Percid, uno di questi giorrii passati, una deputazione dei piu valorosi
si presentd al signor Questore Berti, offerendogli tutta la guardia na-
zionale per servizio di pattuglia contro i ladri nazionali, poiche il
signor Questore non sapeva proteggere la pubblica sicurezza colle
sue guardie non nazionali . II signor Questore ricevette le signore
guardie nazionali con tutto il rispetto dovuto all'alta loro rappre-
sentanza e al loro commendevole zelo. Poi si maraviglio con esso loro
che una tale domanda non gli fosse stata fatta pervenire per mezzo
della via gerarchica.
Sapete che la via gerarchica e una delle carte murarie e fonda-
mentali del castello della Carta costituzionale: il quale non e solo un
castello di carta, ma e incantato, come quello dell'Ariosto, nel quale
A tutti par che quella cosa sia,
Che piu ciascun per se brama e desia.
La guardia nazionale di Roma, gente di buona fede, avea creduto
vedere nella carta costituzionale anche il diritto di pattugliare per
difesa del proprio. £ in fatti chi puo negare che vi sia questo di-
ritto? II diritto ci e. Ma', per trovarlo, bisogna passare per la via ge-
rarchica.
La via gerarchica, sola via legittima e costituzionale, richiede
che i militi si dirigano all'uffiziale, 1'uffiziale al capitano, il capitano
al colonnello, per finire gerarchicamente al generale o faciente fun-
zione di esso. E qui comparisce 1'incantesimo del castello. Giacche
il generale e di nomina regia, com'e giusto. II generale regio dunque,
se vuol procedere anch'egli in via gerarchica, dopo ricevuta la do-
manda della guardia nazionale, s' informa confidenzialmente e gerar-
chicamente presso il signor Questore, se egli crede conveniente che
gli si faccia quella domanda. II Questore s'incammina anch'egli per
la via sua gerarchica, e s'informa presso il Prefetto, il Commissario,
il Ministro, sempre gerarchicamente; fmche, dopo aver girato bene,
non sia ben informato del desiderio e dell'intenzione dei superior! .
L' intenzione dei superior! e sempre conforme all' opinione sana del
popolo e dell' opinione pubblica.
744 CRONACA
Ma qual e 1'opinione sana? Quella che i superior! manifestano
al sig. Questore, il quale gerarchicamente la manifesta al generate,
il generale al colonnello, il colonnello al capitano e cosi via via ge-
rarchicamente fmo ai tamburini.
Poniamo ora il caso che 1'opinione sana del popolo fosse stata
intimata dai superiori, nel senso negative alia domanda della guardia
nazionale, che cosa accadrebbe? Accadrebbe che la guardia nazionale,
che pure e conscia a se medesima di aver fatta la domanda di un
Si, sarebbe pero ritenuta, costituzionalmente parlando, avere chiesto
un No. Forse non tutti i militi della guardia nazionale di Roma sono
al livello ed ali'altezza di questo ragionamento . Ma a poco a poco
(iniranno coll'avvezzarsi a capire. Del resto la cosa e chiara. Giacche
chi e che rappresenta il milite? L'ufficiale. Chi rappresenta gli uffi-
ciali? II generale; il quale avendo, come si suppone, risposto di No,
tutta la guardia nazionale da lui rappresentata, e in via gerarchica
e costituzionale obbligata a credere e ritenere come cosa certa che
ella, che pure ha chiesto un Si, cid nondimeno ha chiesto un No.
E come il Generale rappresenta la Guardia Nazionale , cosi il
Sindaco rappresenta me e tutta la cittadinanza ; e i deputati me, la
cittadinanza e la Nazione, secondo le norme certe e infallibili del reg-
gimento rappresentativo.
Finisco con una notizia che vi comunico sotto tutte le riserve.
Ho udito dire che in questo mese di giugno e proibito ai fiorai del
Corso di vendere gigli. I gigli hanno due gravi difetti addosso: di
essere gigli e di essere biancogialli.
II.
COSE STRANIERE
FRANCIA — 1. Approvazione del Trattato di pace nell'assemblea di Versailles;
scambio delle ratificazioni a Francfort — 2. Preghiere pubbliche, decre-
tate daH'assemblea, per la pacificazione della Francia — 3. Decreti della
Comune di Parigi contro la religione e la liberta personale ; risoluzioni
d'un Club rivoluzionario — 4. Legioni di vindici, di tirannicidi e di fern-
mine — 5. Scoppio d'una polveriera al campo di Marte — 6. Bombar-
damento ed assalto dei Parlamcntari contro Parigi; sette giorni di com-
battimento — 7. Stragi e rovine ; circolare di Giulio Favre contro gli
incendiarii di Parigi — 8. Rappresaglie dtfComunisti e macello di ostaggi;
Mons. Darboy muore assassinate.
1. L'Assemblea nazionale di Versailles, nella tornata del 13 mag-
gio , ricevette dal ministro Giulio Favre comunicazione ufficiale del
Trattato di pace, stipulate a Francfort il giorno 10, tra la Francia e
la Germania. II Favre credette di doverne esporre succintamente le
CONTEMPORANEA 745
ragioni, perche" apparisse manifesta 1' impossibility in cui egli ed il
Powyer-Quertier eransi trovati, d'impetrare condizioni meno dure e
piu onorevoli. Insistette molto sopra la diffidenza prodotta, od accre-
sciuta almeno, nei Plenipotenziarii alemanni, dalla fatale rivoluzione
parigina del 18 e 19 marzo; onde il Trattato defmilivo di pace riusci
ad essere nulla piu che un esplicaraento particolareggiato dei preli-
minari gia approvati . Parl6 della convenienza di accettare 1'ofierta
dei Prussiani , di lasciare alia Francia quasi tutto il territorio del
circondario di Belfort, in iscambio d' una equivalente estensione di
territorio presso Thionville, che secondo i preliminari sarebbe dovuta
restare alia Francia, e che cederebbesi alia Germania. Quindi lesse,
fra gran commozione di dolore di tutta I'assemblea, i 18 lunghi ar-
ticoli del Trattato di pace, e gli articoli addizionali spettanti alia
cessione delle vie ferrate coi rispettivi compensi; i quali document!
sono riferiti testualmente nei diarii di Versailles, come nel Le Monde,
del 16 maggio. E fini con una fervida apologia dei generali e dello
esercito, rifiutando energicamente le calunnie, onde il Gambetta ed i
giornalisti suoi complici aveano vilipeso 1'onore di quei prodi, come
se fossero stati o vigliacchi o traditori.
Una Commissione fu deputata alia disamina del Trattato , ma
con raccomandazione di far presto; il che era indispensabile si pel
limite fissato dal Bismark al 20 maggio, per la ratiticazione, e si perche
troppo era manifesto che ogni disdetta o mutazione tornava impos-
sibile ad effettuarsi ; e percio inutile a proporsi. Infatti nella tornata
del 18 maggio, il Trattato di pace fu approvato in virtu d'una legge
in due articoli ; il primo dei quali recava che il Potere esecutivo ,
coll' assenso dell' assemblea , ratificasse quel Trattato; e questo fu
ammesso a voto unanime; il secondo spettava alia mentovata cessione
dei distretti di Thionville col compenso di quelli che la Germania
lascerebbe presso Belfort; e questo fu approvato con 443 voti contro 98.
Ottenuto cosi 1' assenso legale dell' Assemblea , il Favre ed il
Powyer-Quertier volarono subito a Francfort, dov'era altresi tomato,
con 1'approvazione del Trattato per 1'Alemagna, il principe di Bismark
coH'Arnim ; e le ratificazioni furono riconosciute e scambiate a tutto
rigore di formalita diplomatiche; poi venne dai medesimi plenipoten-
ziarii firmata una speciale convenzione circa il modo del pagamento
della prima rata di 500 milioni, che doveansi sborsare dalla Francia
entro lo spazio di 30 giorni, dopo il ristabilimento dell'autorita del
Governo francese in Parigi. Corse voce che in tal congiuntura il
Bismark lasciasse intendere che, se entro un dato numero di giorni,
la rivoluzione parigina non fosse stata vinta e domata, vi porrebbe
mano 1'esercito alemanno, cosi esigendo 1' interesse della Germania.
746 CRONACA
2. Se ciO e vero, fu come un dar di sprone al cavallo che gia
gaioppa a lutta camera. Imperocche, troppo piu che ai Prussian! ,
premeva ai Francesi la pacificazione di Parigi, essendosi calcolato che
ogni giorno di guerra civile portava seco fra spese e daimi uno sper-
pero di circa 35 milioni ! E prescindendo anche dai danni materiali,
10 sconvolgimento morale che ne veniva, era tale da mettere orrore
in tutti gli onesti.
Colpito dallo spettacolo di tanti mali, che pareano sfidare I'effi-
cacia di tutti gli argomenti naturali ed umani, nella tornata del 13
maggio, prima che il Favre presentasse il Trattato di pace, un valoroso
e cristiano membro dell'assemblea, il conte De Cazenove de Pradines
propose, che I'assemblea ordinasse preghiere pubhliche in tutta la
Francia, affine d' impetrare da Dio onnipotente la cessazione della
guerra e delle discordie civili, e delle sciagure in cui dibatteasi la
Francia. La proposta di questo gentiluomo veramente cattolico fu
auimessa dall'Assemblea , e nella tornata del 16 maggio il conte di
Melun riferi le conclusion! della Commissione . Appena letto questo
rapporto, da ogni parte gridossi che doveasi senz'altro procedere ai
voti. Ma vi si oppose un deputato Langlois, sotto pretesto di osservare
11 regolamento , ed aspettare che il rapporto fosse stampato e poi
discusso. Gli fu risposto che non trattavasi di emanare una legge ,
ma di decretare uaa risoluzione; egli insistette; e, risalito in higoncia,
combatte in nonie della liberta di coscienza, e con un profmvio di
spropositi e di empieta, quella deliberazione cristiana.
Cio valse di stimolo all' irreligioso sentire di parecchi altri, ed
il dibattimento divenne infocato intorno a certe modificazioni. Final -
mente si venne ai voti. Erano assent! per congedo 23 Deputati; molti
dei present! si astennero dal votare pro o contro; deposero il loro
sufl'ragio 416, ed appro varono la proposta del Cazenove de Pradines
413, contraddicendo soli 3 che furono i deputati Colas, Dauphinot e
Leone Say. L' Univers del 19 maggio recito i nomi degli asseati e
degli astinenli ; poi nel suo foglio del 24 maggio ragiono di proposito
intorno a questo fatto, metiendo giustamente in rilievo il vero signi-
ficato di quella astensione.
« Fu notato, dice 1' Univers, lo strano dividers! dei Ministri nel
Toto per le preghiere pubbliche. Cinque, che sono i signori Dufaure,
Le Flo, Pothuau, De Larcy, e Lambrecht, votarono in favore. Altri
cinque, ossia i signori Thiers, Giulio Favre, Giulio Simon, E. Picard,
e Power-Quertier si astennero; che e quanto dire votarono contro.
In tal materia non puo accadere che altri si astenga dal votare per
inavvertenza, o perche la quistione paia di poca importanza . Ora
siccome, in sostanza, trattavasi chiedere ai cap! dei divers! cult!, che
ordinassero preghiere, ciascuno secondo la propria competenza e fede
CONTEMPORANEA 747
religiosa, 1'Assemblea era invitata cosi a fare nn atto di fede alia
esistenza di Dio ed al suo intervento nelle cose di questo mondo.
« Onde consegue che cinque ministri sopra dieci, i quali cinque
ne costituiscono la morale pluralita attesa la preponderanza del capo,
votarono che: o Dio non esiste punto; oppure, se egli esiste, non
s'occupa delle cose umane, il che torna allo stesso; ovvero final-
mente che forse egli esiste e tors' anche interviene, ma che in tal
caso una savia e discreta politica esige che non se ne faccia parola
pubblicamente, e consiglia piuttosto di non invocare punto il soccorso
di codesto Dio ; il che vale pure quanto rinnegarlo.... Evidentemente
tra la Comune e la pluralita dei Ministri resta un territorio comune,
sul quale potrebbero essere d' accordo, ed un giorno o 1'altro nulla
sara piu facile che firmare la pace sull'area d' una chiesa de-
molita. »
Queste riflessioni sono austere, ma giuste; e 1' Univers ragionava
diritto in codesto grave articolo, dimostrando che tornerebbe impos-
sibile alia Francia il rilevarsi dalle sue rovine continuando a disco-
noscere Dio.
Tuttavia non fu poca cosa che* 41 6 contro soli 3 votanti decre-
tassero quel ricorso alia preghiera. E questa fu domandata, come ai
Protestanti ed ai Giudei, cosi anche agli Arcivescovi e Vescovi cat-
tolici, con una circolare dello stesso astinente Giulio Simon. Ecco il
testo del decreto, onde il Simon fu astretto a tale atto, molto ripu-
gnante ai principii di ateismo ufficiale e pratico da lui professati
costantemente.
« L'Assemblea nazionale ha adottato, e il presidente del Con-
siglio dei ministri, Capo del potere esecutivo della Repubblica fran-
cese, promulga la legge del tenore seguente: L'Assemblea nazionale,
profondamente commossa per le disgrazie della patria, decreta: Pu!>-
bliche preghiere saranno comandate in tutta la Francia per supplicare
Iddio di pacificare le nostie discordie civili, e di porre un termine
ai mali che ci affliggono. Deliberato in seduta pubblica a Versailles
il 16 maggio 1871. II presidente: JULES GREW. I segretarii : PAUL
BETHMOIST, PAUL DE B£MUSAT, Vicomte DE MEAUX, N. JOHNSTON, DE
CASTELLANE, DE BARANTE. II presidente del Consiglio, capo del potere
esecutivo della Repubblica franrese A. THIERS ».
Nel giorno della Pentecoste ebbe poi veramente luogo nella Cat-
tedrale di Versailles una solennita religiosa pei cattolici, uffiziando
il Vescovo, ed assistendovi col Thiers i Ministri, il Corpo Diploma-
tico e molti Deputati, dei quali per6 molti altri si astennero.
3. A dir vero le parole dell' Univers., nel confronto fra la Co-
mune parigina e gli astinenti dell' Assemblea di Versailles in materia
di religione, per quanto potessero sembrare acerbe, erano comprovate
748 CRONACA
dal fatto ; che appunto in quei giorni la Comune applicava a modo
suo le dettrine tante volte baadite dal Simon e dal Picard, per
emancipate da ogni superslizione religiosai parigini. Infatti il Journal
officiel della Comune bandiva V ordine seguente. « Ben presto 1'in-
segnamento religioso sara scomparso dalle scuole di Parigi. Nondi-
meno in parecchie scuole rimane, sotto forma di crocifissi, madonne
ed altri simboli , la memoria di questo insegnamento. Gli istitutori
e le istitutrici devranno fare sparire questi oggetti, la cui presenza
oiTende la liberta di coscienza. Gli oggetti di questo genere, che
fossero in metal lo prezioso, saranno inventariati e mandati alia zec-
ca. » E sotto questo bel pretesto furono poi spogliate e messe a sacco
e ruba d' ogni oggetto ed arredo sacro di qualche valore, non pur
le scuole, ma moltissime delle chiese di Parigi, come quella di Nostra
Donna delle Vittorie, la Cattedrale, la chiesa deila Trinita, e quasi
tatte quelle delle comunita religiose.
Dio non lascio alia Comune il tempo di eseguire quanto avea
divisato, per ricondurre la Francia al culto della Dea Ragione, e non
pole effettuarsi la proposta, gia ammessa dalla Comune, che tutte le
chiese cristiane dovessero, come proprieta naziotfali, essere volte ad
usi civili o demolite, conservandone solo alquante piu ragguardevoli
come monument! d' architettura, a patto che vi si erigessero cattedre
di ateiswiOj affine di liberare il popolo dal giogo della superstizione !
Ma siccome vanno sempre di pari passo 1'empieta e la tirannia, cosi
i piu fieri decreti della Comune gia erano promulgati contro la stessa
liberta personate dei cittadini. Bastera recarne qualche saggio. II
Journal officiel del 14 maggio recava un bando del tenore seguente.
« Art. 1. Ogni cittadino dovra essere munito d'una carta d' iden-
tita, contenente il suo nome, cognome, eta e domicilio, il suo numero
di legione, di battaglione, di compagnia, non che i suoi connotati.
Art. 2. Ogni cittadino, che non sara latore della sua carta, verra ar-
restato, e mantenuto in arresto, fino a che abbia provata regolarmente
la sua identita. Art. 3. Questa carta sara rilasciata per cura dei com-
missarii di polizia, dietro documenti giustificativi, in presenza di due
testimonii, che attesteranno colla loro firma di conoscere bene il pe-
tente. La carta portera il visto della municipalita competente. Arti-
colo 4. Ogni frode sara rigorosamente punita. Art. 5. L' esibizione della
carta d' identita potra essere richiesta da qualsiasi guardia nazionale.
Art. 6. II delegato della sicurezza generale, non che le municipalita,
sono incaricati dell' esecuzione del presente decreto nel piu breve
spazio di tempo. Hotel- de-Ville, 24 fiorile anno 71, — // Comitato
di salute pubblica. »
Ognuno vede che, essendo la Guardia nazionale parigina costi-
tuita in non poca parte di assassini emeriti, di galeotti e ladri ar-
CONTEMPORANEA 749
«iati dalla Comune, il commettere a ciascua d'essi 1'autorita di
esaminare il civismo degli abitanti, era quanto un bandire la piii
selvaggia anarchia. I buoni cittadini in parte gia erano scappati via
•fin dai primordii della rivoluzione del 18 marzo; moltissimi altri
preferivano starsene nascosti e sepolti nelle cantine delle case e per-
fino nelle chiaviche, anziche essere aggregati alia Guardia nazionale.
La Comune, per richiamare i fuggiaschi, ed atterrire tutli gli avversi,
bandi poco appresso i decreti seguenti. « II Comitato di salute pub-
blica, attesi i tentativi di corruzione, che gli vennero denunziati da
ogni parte, annunzia che, chiunque sara imputato di avere offerto od
accettato denaro per seduzione, sara ritenuto come colpevole di alto
tradimento, e sara giudicato dalla Corte Marziale. Parigi, A° prattle,
anno 79. Firmati: Arnaud, Billioray, Eude's, Gambon, Ranvier. »
Ecco le malleverie di liberta che si possono aspettare dai liberali
coerenti ai loro principii! Ma molti cittadini erano scomparsi. Dov'era-
no? La Comune li voleva avere per ispogliarli o mandarli in bocca
al cannone e sotto la mitraglia dei Parlamentarii; percio eccola ful-
zninare il decreto seguenle: « Gli abitanti di Parigi sono invitati di
tornare al loro domicilio entro quarantott'ore ; scorso questo tempo,
i loro titoli di rendita sul Gran Libro saranno bruciati. Pel Comi-
tato centrale, firmato Grelier. »
Questi non erano che il preambolo delle altre larghezze, onde i
Comunisti disponeansi a regalare i parigini. L'eletta di questi rige-
neratori della patria, solto la guida e Tispirazione dei maggiorenti
delYAlleanza inter nazionale repubblicana, si raccoglievano ogni sera,
in numero di circa 3000, nella chiesa di S. Bernardo, in via Afire
del 18° circondario; e nella radunanza del 20 fiorile, anno 79, fer-
marono le seguenti risoluzioni.
« 1.° Soppressione della magistratura ed abolizione dei codici.
Nomina di una Commissione giudiziaria, incaricata di prcparare un
suo progetto di legge in armonia colle nuove istituzioni e colle nuove
aspirazioni del popolo. 2° Soppressione delle religioni, immcdiato ar-
resto di tutti i preti, quali complici dei monarchici, causa della guerra
attuale. Vendita di tutti i loro beni mobili ed immobili, come pure
di quelli di tutti i fuggiaschi e traditori, che hanno aiutato i mise-
rabili di Versailles, e tutto cio a favore dei difensori del diritto.
3° La revoca del decreto relative al Monte di pieta, sostituendo
a quel decreto un altro del seguente tenore : Gli oggetli depositati
nel Monte di pieta vengono restiluiti gratuitamente. Pero ad un tale
favore non hanno diritto che i difensori della citta, come pure le cit-
tadinc, madri, figlie, sorelle, mogli e concubine (epouses et femmes)
dei cittadini morti nella difesa di Parigi, e che possono documentare
tale loro qualita. 4° Ogni compratore di un viglietto di pegno & con-
750 CRONACA
dannato ad una multa, o viene imprigionato. 5° Soppressione delle
case di tolleranza. 6° I lavori ed appalti per la Comune devono venir
assegnati a diverse associazioni di opera i. 7° La morte di uno dei
personaggi ragguardevoii tenuti come ostaggi, per ogni 24 ore che
trascorrono priina che il cittadino Blanqui, noininato membro della
Comune, sia posto in liberta e giunto a Parigi. »
4. Non puo negarsi che questi non fossero buoni patriotti, de-
gni di caniminare sulle pedate dei loro antecessori del 1793! Ma si
contentavano di proporre leggi. Altri, meglio ispirati dalle furie della
setta, oflersero le braccia per le necessarie carneficine. Gia esisteva
una legione, delta dei Vindici, composta di scherani d'ogni nazione
e costituita appositamente per fare il nobile ufficio di scannare senza
misericordia ch'imque fosse designate al macello. II Journal officiel
avea bandito che: « La societa non ha che un dovere verso i Prin-
cipi : la morte; essa nori e obbligata che ad una formalita : accer-
tarne 1' identita. » Era anche qaesto un buon passo innanzi, ma non
bastava. E se i Principi non si mettevano tra le branche della Co-
mune? Bisognava andarli cercare dovechessia, e sterminarli. Ed ecco
la Sociale pubblicare la seguente lettera.
« Gittadino. Attesa 1'empia guerra, che fanno a Parigi repubbli-
cana i monarchic! di tutti i colori, legittimisti, orleanisti, napoleoaici;
Atteso 1'accanimento che spiegano contro ai loro concittadini codesti
uomini cosi codardi e vili dinanzi allo straniero; Considerando che
per arrivare allo scopo — la esaltazione di un idolo qualunque sul
trono di Francia -- essi non esitano a bombardare le nostre case e
a coprir di cadaver! le nostre strade; Convinto che fra essi e noi non
vi ha conciliazione poss-ibile, e desideroso tuttavia di vedere un ter-
mine a tanta calamita:
« lo ripiglio per mio conto e a mio rischio la proposta fatta da
Jean Debry all'Assemblea legislativa il 26 agosto1792. Domando la
formazionc di un corpo di 1000 a 1200 volontari, detti tirannicidi,
i quali si propongano di combattere corpo a corpo, e sterminare con
tutti i mezzi praticabili, in qualsiasi paese, fino alFultimo rampollo
di queste razze reali e imperiali si funeste alia Francia.
« Soppressi i pretendenti, i monarchic! non avranno piu ragione
d'essere. Morta la bestia, morto il veleno; e noi potremmo forse ri-
trovare un po'di calma, per medicare le ferite della nostra infelice
patria. Se la mia idea fosse adottata, io mi recherei ad onore di iscri-
vermi a capo della legione liberatrice. Gradite, cittadino, il mio sa-
luto fraterno Joseph, 64, rue de Clignancourt ». « Io mi scrivo pel
secondo, Bam 62, rue de Clignancourt ».
L'spoteosi dell' assassinio politico non potea farsi con maggiore
enfasi, e le tcste si riscaldavano sempre piu. Parigi brulicava , pur
CONTEMPORANEA 751
troppo, di femmine imbestiate nei vizii, e che sazie d'ogni altra vo-
lutta, non poteano pia gustare che quelle della iena, quando succia il
sangue della vittima. Ed eccone un buon nuraero di esse oflerirsi a
portare le arrni e batters! contro le truppe. E pur troppo si vide poi
che diceano davvero, ed erano capaci dei piu atroci fatti, a segno da
disgradare in barbaric le selvagge Pelli rosse . II colonnello della
12a legione della Guardia nazionale si rec6 a gloria di prendere il
comando di questo battaglione di megere, e pubblic6 il 1G di maggio
un ordine del giorno, col quale annunziava, che non solo esse sta-r
rebbero nelle prime file della Legione, ma: « 1° Tutti quei che av-
versassero il servizio, sarebbero disarmati pubblicamente, al cospetto
del proprio battaglione, per mano delle cittadine volonlarie; 2° Dopo
essere stati disarmati, questi uomini, indegai di servire alia repub-
blica, saranno condotti in prigione dalle citladine che li avranno
disarmati. » E cosi fu fatto davvero, a grande onta di non pochi
onesti o timidi cittadini, accusati di portare le armi di mala voglia,
o cadnti in sospetto di parteggiare pel Governo di Versailles. Code-
ste volonlarie furono poi le piu feroci alle barricate, e le piu audaci
neli'appiccare gli incendii, onde tanta parte di Parigi divampo alquanti
giorni dopo.
Ma 1'ora della giustizia divina stava per iscoccare;ed appunto
il giomo dopo, cioe alii 17 maggio, la Comune sentiva scrosciare
sul suo capo la folgore divina, con lo scoppio della smisurala fab-
brica di cartucce, che stava dall'un dei lati del Campo di Made, ed e
denoniinata la polveriera di Rapp. Alle 5 3[4 pomeridiane accadeva
la esplosione subitanea di circa 3000 barili di polvere con una in-
gentissima quantita di cartucce e bombe cariche; onde molte case di
quel quartiere furono atterrate, e fino a 6 chilometri andarono git-
tati e sparsi i frantumi della polveriera, i brandelli dei corpi degli
operai ed i proiettili delle cartucce e delle bombe. La Comune, ben
inteso, ne accagiono subito il Governo di Versailles, e con un bando
ferocissimo eccito i suoi scherani a fame spietata vendetta. E Dio tolse
loro il senno di vedere, che con cio non faceano altro, che preparare
a se stessi piu tremendo castigo.
6. Le batterie dell'esercito parlamentare gia erano compiute;
le trincee erano gia porvenute tino a poche centinaia di metri dalle
brecce aperte dal cannone nelle mura. Le porte d'Auteuil e Maillot
e di S. Cloud erano ridotte in un mucchio di macerie, e 1'assalto
era imminente; quando alii 18 I'Asscniblea ratificava il trattato di
pace. II Mac Mahon voile assicurarne il risultato permodo^da non
cimentare le sue truppe a dover patire gravi perdite. Percid alii 19
e 20 maggio egli fece che con tutte le batterie si percotessero fu-
riosamente i bastioni e le breccie, in guisa da rendere impossibile
752 CRONACA
ai Comunisti il rimanervi in grosse schiere. Ed ottenoe 1'intento.
Nel pomeriggio del 21 si vide sventolare una bandiera bianca, spie-
gata da un coraggioso cittadino presso la porta di S. Cloud al Point
du Jour. Un 300 soldati di marina si precipitarono subito da quella
parte, e cacciarono in breve ora i pochi difensori sparpagliati che
v'erano rimasti. Altre truppe andarono all'assalto della porta di Mon-
trouge, e se ne impadronirono. Nella notte del 21 al 22 una forte
Divisione di oltre a 10,000 uomini gia era penetrata in Parigi; quindi
passo passo, combattendo sempre, piu di 90,000 soldati vennero strin-
gendo ognora piu la cerchia di ferro e di fuoco, onde i Comunisti fu-
rono ridotti fmalmente al Cimitero del Pere Lachaise, dove la Comune
fu distrutta alii 28.
La Comune, proclaraata all' Hotel-de-Ville net pomeriggio del
28 marzo, cadde sulle tombe profanate del cimitero detto del P.
Lachaise, d'onde le ultime bande dei suoi masnadieri furono discac-
ciate nel pomeriggio del 28 maggio, chiuse in una stretta presso
Belleville, equivi distrutte. Gli scarsiavanzi dei Comunisti, cheeransi
rifuggiti a Yincennes, con 15 membri della Comun'e, si arresero il
29 maggio. Duro pertanto sessanta giorni questa scellerata riprodu-
zione della tragedia del 1793; ma, se il numero delle vittime im-
molate fu di gran lunga minore, fu incalcolabilmente piu grave ed
irreparabile il danno materiale che ebbe a risentirne la mefropoli della
Francia.
7. L'ostinazione ed il furore dei Comunisti fu tale cbe, se Bio non
la soccorreva con ispeciale provvidenza, la misera Parigi ne sarebbe
stata distrutta ; imperocche il proposito altamente bandito da quei
selvaggi, ed in parte effettuato, era di non l?.sciare ai vincitori altro
che mucchi di ruderi e di ceneri. Percio aveano moltiplicato le mine
e seminate in gran numero le torpedini , cclle quali , ove fossero
astretti a ritirarsi, volcano atterrare le case, i palazzi, i quartieri piu
popolati e piu doviziosi. Ma furono accecati da Dio, e diraenticaronsi
d' isolare i fili apportatori della scintilla elettrica, onde quelle batterie
di mine doveano essere incendiate; sicche, diffondendosi il fluido nel
suolo, queste non presero fuoco. Altrove, come al Pantheon (Chiesa
di S. Genovefa ) essi aveano accumulate molte decine di barili dj
polvere, ed acconciamente disposte le miccie ; na queste, gia accese,
furono scoperte a tempo dai vittoriosi soldati, e troncate. Sicche per
questa parte i disegni e gli apparecchi de Comunisti tornarono quasi
del tutto inefficaci.
Solo ando a fuoco una polveriera nel giardino del Luxembourg;
di che questo palazzo ed il quartiere circostante ebbe a soffrire non
lievi danni ; ma quello che temeasi, di veder cioe le case rovesciate
sopra gli assalitori a mano a mano che i Comunisti si ritirassero,
CONTEMPORANEA 753
Dio nol permise. Bensi furono spaventosi i guasti che questi eagio-
narono col fuoco , appiccandolo principalraente per mezzo di donne
di vita perduta e di ragazzacci, che si valeano perci6 del petrolio,
onde bagnavano le porte delle case , e che gettavano nelle cantine.
Dove do non potea farsi a mano, i Comunisti supplirono con isca-
giiare dalle loro batterie di Montmartre, poi di Belleville e di Chau-
mont, bombe di nuova foggia e cariche di petrolio, che scoppiando
sui tetti e nelle case vi suscitavano inestinguibile incendio. II peggio
si fu che molte case arsero COB tutti i loro abitanti, perche i selvaggi
della Commie,, appostati nelle vie circostanti, vi respingeano gli in-
quilini che ne fuggivano, o li trucidavano se pur tentavano di oltre-
passarne la soglia. L'efferata loro barbaric si esercit6 da essi anche
contro i proprii complici. Quando nella notte del 23 al 24 i Comu-
nisti si videro costretti di abbandonare la Piazza della Concordia ,
coperta gia dei cadaveri de'loro, essi diedero fuoco alle Tuileries, senza
punto curarsi dei 400 o 500 loro feriti, che vi erano deposti, e die
furono cosi arsi vivi . Ed hassi cagione di credere che altrettanto
accadesse all' Hotel de Ville, dove eransi ritirati, dopo messo il fuoco
al 'Ministero delle Finanze, ai palazzi del Consiglio di Stato e della
Corte dei Conti, al Palais-Royal ed alia vasta Caserma del Quai
d'Orsay.
Con molto accorgimento i Generali parlamentarii guidarono le
truppe in guisa da cogliere sempre di fianco ed alle spalle i Comu-
nisti j evitando le stragi che sarebbero state inevitabili, quando di
fronte si fossero volute espugnare le loro barricate, irte di cannoni
e difese da fosse profonde, con mine cariche di polvere e di barili di
petrolio. Dove tornava impossible girare attorno a tali munizioni ,
queste furono abbattute a cannonate, quindi occupate dai soldati che,
attraversando case e giardini, e salendo sui terrazzi ed i tetti, le
spazzavano dai difensori. Nondimeno 1' esasperazione dei soldati fu
grandissima, specialmente contro quelle male femmine che, con la
rivoltella in mano e con fiaschi di petrolio, partecipavano alia difesa
ed agli incendii; tanto piu che alcune di esse, lingendo di ofl'rire
rinfreschi, acquavite e zigari, uccisero a tradimento ufficiali e soldati.
II riconquistare cosi a palmo a palmo la citta dovuta abban-
donare il 19 marzo, costo molte vite, ma assai meno di quanto poteasi
presumere, avuto riguardo alle formidabili difese preparatedai Comu-
nisti. Delle truppe pariamenlari si disse a prima giunta che le per-
dite non eccedeano, tra morti e feriti, il numero di 900 uomini; poi
s'ando fino a calcolare che in tutto fossero poco meno di 3000. Dalla
parte dei Comunisti e certo che furono fatti da 27,000 a 30,000
prigionieri ; poco o nulla si pote accertare quanto al numero dei
Serie V11I, vol. //, fasc. 504. 48 10 giugno 1871.
754 CRONACA
ferili : e pei morti, mentre alcuni giornali affermano die siano circa
6,000, altri vanno fmo all'esagerazione del 50,000 e dei 60,000.
Bensi e certo che quasi tutti i capi militari delle masnade co-
muniste, o caddero combattendo, ovvero, presi coll'armi in pugno ,
furono di presente fucilati. La massima parte dei membri della Comune
soggiacquero alia stessa sorte; ed il loro capo Delescluze fu, dicesi, uc-
cisosopra una barricata, dagli stessi suoi partigiani, avvedutisi che egli
cercava di fuggire. Di Felice Pyat e di Pasquale Grousset non s'ebbe
sicura notizia, ma credeasi che fossero pervenuti salvlnella Svizzera.
T prigionieri furono scortati a Versailles a schiere di 1000 e2000 per
volta ; e sono comprese nel numero totale circa 2000 feminine che,
o servivano come cantiniere ai Comunisti, od appartenevano al bat-
taglione delle ciltadine volontarie , o furono prese sulle barricate.
Quelle che farono colte in flagrante delitto di propagare 1' incendio,
furono, altre accoppate dal popolo stesso, altre fucilate dai soldati .
Dei prigionieri, pane fu tenuta a Versailles e confmata nel parco di
Satory, sotto buona guardia di soldati che hanno ordine di repri-
ii3 ere subito e senza misericordia , come fecero davvero , ogni loro
tentative di sollevamento o di fuga; e parte gia spediti alle galere
di Tolone, di Cherbourg e di Brest, dove saranno custoditi , finche
sia chiarita la parte da ciascuno di essi scstenuta, e quindi giudicati
o dalle Corti marziali o dai magistral ordinarii, secondo la natura
del loro realo.
Se si cerca bene per entro ai giornali francesi, pare che assai
maggiorc sia il compianto pei monumenti distrutti col fuoco dai
Comunisti, che non per le vittime umane . Fatto sta che i danni
materials, valutati a piii miliardi, sono, sotto qualche risguardo,
irreparabili. 11 Moniteur reco una lista degli edifizi arsi o gnasti no-
tabilraente dal faoco. Noi ci limiteremo a mentovare i principal!,
ciie furono: il Palais Royal; il Ministero delle Finaaze; il palazzo
delle Tuileries tutto intero lino ai cancelii della corte nobile; il pa-
lazzo di Giustizia , dove come per miracolo resto illesa la Sainte
Chapelle di S. Luigi ; la prefettura di Polizia; la Corte dei Conti ;
il Consiglio di Stato; la Cancelleria della Legion d'ocore; i niagaz-
zini generali; molte case della Rue Roy ale , delia Rue du Bac e
della Rue de Rivoli ; il mercato dei vini; il granaio d'abbondanza.
Tutti questi edifizii furono compiutamente distrutti. Del Louvre andd-
a fuoco e perduta la biblioteca, ma furono salvati dal Generale Douay
e dai suoi. soldati i Musei. Acca'nto all' Hotel de VilleJ interamente
bruciato , si pote salvare la vicina caserma; come pure ando salvo
dal fuoco il Luxembourg, benche guasto dallo scoppio della polve-
riera. Al ministero della Marina furono sorpresi otto Comunisti nel-
CONTEMPORANEA 755
1'atto-di spandere il petrolic che dovea farlo divampare, e furono
subito messi a morte.
Codesto incendiare e distruggere non fu soltanto effetto del be-
stiale furore dei Comunisti, ma eziandio un mezzo, onde non pochi
di loro si valsero per tentare di assicurarsi il frutto delle rapine
commesse. Infatti sui cadaveri di molti di loro caduti morti , e nei
panni di moltissimi tra i prigionieri, pezzenti del resto e scampati
dalle galere, si trovarono somme ingenti in biglietti di banco e gemme
preziose e monete d'oro; e qualche membro della Comune avca
raggruzzolato cosi e cercava di portare in salvo , fuggendo , circa
mezzo milione. Speravano costoro di poter trovare aperto il varco
allo scampo, attraverso le linee occupate dalle truppe tedesche; ma
queste respinsero fieramente i fuggiaschi, minacciando di metterli a
morte se tornassero. Cosi il famigerato Dombrowski, che era giunto
fino a S. Denis, dovette tornarsene indietro, e, malamente ferito
nel combattimento presso una barricata, mori poco appresso, appena
fu recato all'ospedale Lariboisiere. Vedutosi chiuso il passo alia fuga,
vollero vender cara la vita e non rifuggirono da verun eccesso.
Tal procedere da assassini toglieva a codesti masnadieri dell'A/-
leanza repubblicana universale ogni diritto ad impetrare miseri-
cordia, e dovea altresi togliere ad ogni Governo civile ed onesto il
modo di stendere sopra di essi I'egida di quella protezione, che pa-
recchi di essi, come 1'Inghilterra e la Svizzera, concedettero ognora
ai profughi per reato politico. II Governo Belga s' impegno subito a
non dare asilo a veruna di codeste belve in sembianze umane. L'ln-
ghilterra e 1' Italia si protestarono che, senza derogare alle proprie
leggi, osserverebbero i trattati vigenti. E questa fu la risposta data
ad una Circolare di Giulio Favre, spedita da Versailles il 26 maggio
nei termini seguenti.
« Signore. L'opera abbominevole degli scellerati, che soccombono
sotto 1'eroico sforzo del nostro esercito, non puo essere confusa con un
atto politico. Essa costituisce una serie di delitti previsti e puniti dalle
leggi di tutti i popoli civilizzati. L'assassinio, il furto, 1'incendio siste-
maticamente ordinati, preparati con un'abilita in female, non devono
permettere ai loro autori ed ai loro complici altro rifugio, che quello
dell'espiazione legale. Nessuna nazione puo coprirli d'immunita, e sul
suolo di tutte la loro presenza sarebbe un'onta ed un pericolo. Se
dunque apprendete che un indiriduo compromesso nell' attentato di
Parigi ha passato la frontiera della nazione, presso la quale siete
accreditato, vi invito a sollecitare dalle autorita locali il suo arresto
immediato ed a darmene tosto avviso, perch& io regolarizzi questa
situazione con una domanda di estradizione. Gradite, Siguore, ecc.
-— « Firmato : GIULIO FAVFIE. »
756 CRONACA
L'Inghilterra , con la tradizionale sua fermezza nel mantenere
le proprie leggi e costumanze, gia diede ricetto a Vittor Hugo, espulso
dal Belgio, come apologista e fautore, benche non fosse complice ma-
teriale dei Comunisti; rispetto ai quali per verita non sappiamo
quale scusa possa allegarsi onde attenuare 1' orrore che ogni animo
bennato dee sentire pel loro eccessi.
8. Di questi eccessi il piu crudele, perche affatto inutile alia di-
fesa, fu la strage di circa 80 personaggi, un trenta dei quali erano
ecclesiastici insigni per grado, benemeriti per le loro- opere di carita,
venerandi per le loro virtu, e che niun appiglio aveano dato ai Co-
munisti di riguardarli come nemici. Prima tra queste vittime illustri
fu I'Arcivescovo di Parigi, Mons. Darboy. Carcerato a quel modo che
dicemmo a pag. 494, egli era tenuto, con circa 200 altri, nella pri-
gione Mazas. Le pratiche fatte per diverse vie dal Nunzio Pontificio,
per ordine del S. Padre Pio IX, affine di impetrarne la liberta, fu-
rono respinte inesorabilmente dalla Comune. Un corrispondente del
Times con tre gentiluomini inglesi impetrarono di penetrare nella
carcere di Mazas; ma non poterono vedere che soli 4 prigionieri ; che
furono Mons. Darboy, ii sig. Bonjean presidente della Corte di cas-
sazione, il sig. Deguerry parroco della Maddalena, e 1'Ab. Allard cap-
pellano della carcere della Roquette; e riferirono quel che aveano
veduto nei termini seguenti: « Non viene fatta alcuna distinzione
tra essi ed i malfattori comuni.... I secondini li invigilano a tutte le
ore del giorno e della notte col mezzo di aperture praticate, a tale
scopo, nelle pareti delle celle. »
A questo modo, aspettandosi ad ogni ora la morte, subirono un
lento martirio fino al 21 maggio, quando le truppe parlamentari die-
dero i primi passi entro la cinta di Parigi. Allora la Comune li fece
trasferire dalla Carcere di Mazas a quella della Roquette; ed il tragitto
avvenne per guisa che quegli illustri e venerandi personaggi furono
esposti ai piu orribili maltrattamenti della plebe, che vociando schifose
contumelie ne chiedeva la morte. II martedi 23 maggio fu speso dai
condannali nella preparazione a quell' estremo sacriiizio ; e parecchi
di essi, come Mons. Darboy, ebbero anche la consolazione di poter
ricevere la SS. Eucaristia, perche a certe pie persone venne fatto di
mandare ai Padri Gesuiti, che erano nel numero degli ostaggi , un
certo numero di Ostie consecrate. La n:attina del mercoledi 24 mag-
gio il Diretlore della carcere, che era un galeotto liberato dalla Co-
mune e ferocissirno , chiamo ad uua ad una , e fece scendere nel
cortile le prime sei vittime destinate al macello; e furono Mons.
Darboy, il sig. Bonjean, il parroco Deguerry, Tab. Allard, il P. Du-
coudray, rettore del Collegio tenuto dai Gesuiti presso S. Genovefa,
ed il P. Alessio Glerc, anch'egli Gesuita e professore di matematica
CONTEMPORANEA 757
in quel Collegio. Dopo molte ore di una aspettazione plena d'ango-
sce e peggiore d'ogni agonia, le sei vittime furono ricondotte alia
loro cella. Ma verso le 7 pomeridiane richiamate di nuovo, ed in
mezzo ad una schiera di guardie nazionali che non cessarono d'ol-
traggiarle in modo nefando, furono di nuovo tratte giu e menate al
muro di recinto dell a carcere.
Narrasi che due degli scherani , commossi dall' atteggiamento
delle vittime, s' inginocchiarono a chieder perdono all1 Arcivescovo ,
che li benedisse; e questo fu come il segnale di una nuova e piii
violenta scarica di improperii diabolici da parte degli altri assassini,
a segno che perfino 1' ex-galeotto Direttore ne li rampogn6 e co-
strinseli al silenzio. I sei condannati furono posti ritti contro il muro,
e mentre Mons. Darboy levava la mano a benedire, in segno di
perdono, i suoi carnefici , questi cominciarono a trarre le fucilate e
con ripetute scariche finirono di uccidere quelli che non erano stati
morti dalla prima.
II giorno vegnente, giovedi 36, pareva destinato alia strage dei
rimanenti ostaggi, che erano piii di 200; ma si differ! lino al venerdi
26 maggio, quando, accostandosi gia all'assalto delle barricate presso
la Roquette le truppe parlamentari 3 una schiera di 58 ostaggi fu
condotta al cimitero del P. Lachaise, dove tutti furono macellati. Tra
queste vittime si contavano pure tre Padri deila Compagnia di Gesu,
che erano : il P. Pietro Olivaint superiore, ed il P. Giovanni Cau-
bert procurator della casa di S. Germane alia Rue de Sevres, ed il
P. Anatolio De Bengy, professore nel soprammentovato collegio di
S. Genovefa; ed inoltre due seminarist!, due missionarii; piu di 30
gendarmi ed altri ostaggi sconosciuti.
Altri IG4 ostaggi erano chiusi alia Roquette e destinati al ma-
celio; ma un certo numero di questi erano soldati; e, incoraggiti da
uno dei seconding per nome Pinel, si sollevarono, e si ritirarono in
una sala della carcere, di cui turarono le porte e le fincstre coi loro
letti. I carnefici vi appiccarono il fuoco; ma, tra perche questo len-
tamente appigliavasi a quei materassi duri ed umidi , tra perche
sopraggiunse a tempo una compagnia di trUppe liberatrici, andarono
salvi dalla morte la mattina del Sabato.
Molti altri ostaggi furono in pericolo di essere trucidati od arsi
vivi al Palazzo di Giustizia, ma, come per prodigio, ne scamparono
in mezzo al furore del combattimento, benche fossero stati tratti dai
Comunisti presso una barricata dove grandinavano le bombe e la
mitraglia. Non cosi fu pei Domenicani del Collegio di Arcueil, di cui
era Superiore il giovane e gia celebre P. Captier. Cinque di questi
religiosi , cioe i PP. Captier , Cottereau , Chateigneraie , Bourard e
Delorme, con due maestri laid e cinque loro famigliari, furono la
758 CRONACA
mattina del 25 strappati dalla loro casa e condotti a BiceHre; poi da
Bicetre a Parigi, e qaivi in apparenza messi in liberta presso la bar-
riera di Fontainebleau ; quindi ripresi e fucilati ad uno ad uno, con
raffinamenti di barbarie inaudita.
11 Journal officiel di Versailles annunzio con parole di compianto
la morte di queste vittime, ed il sig. Giulio Simon, ministro dei culti,
spedi perci6 una circolare agli Arcivescovi e Vescovi di Francia.
Domata finalmente la rivoluzione, le truppe parlamentari posero
mano ad abbattere le barricate, a sgomberare le vie, ed a sotterrare i
morti. Fu ordinato ed eseguito subito il disarmament della Guardia
nazionale, senza eccettuarne quei battaglioni che pure aveano mani-
festato buone disposizioni per la causa dell'ordine. Intanto si prose-
guirono indagini accuratissime nelle case e fin nei sotterranei , per
isnidarne i Comunisti nascosti, ed assicurarsi che non vi fossero piu
mine o focolari di nuovi incendii . Per piu giorni fu rigorosamecte
impedito 1'entrare o F uscire da Parigi, dove si ristabili una certa
quiete, senza che niuno osasse pi a opporsi alle perquisizioni ed agli
arresti che si vennero facendo in gran numero. Gli stessi cittadini e
popolani furono solleciti di denunziare molti dei niasnadieri, che si
erano procurato un ricetto o si mascheravano da amid dell' or dine
portandone le insegne. Ma principalmente si diede la caccia alle me-
gere incendiatrici, cui la plebe intitolo petrolieres, parecchie delle quali
furono trovate con la lista delle case da incendiarsi, ecol petrolio ap-
prestato; e furono percio, senz'altro giudizio, messe a morte da popolani
inferociti.
Delle mutazioni avvenute poi nel Governo e degli atti dell' As-
semblea di Versailles diremo nel seguente quaderno.
III.
MOVIMENTO CATTOLICO
1. Indirizzo dell' Episcopate inglese al S. Padre — 2. Altri indirizzi dell'Ame-
rica — 3. Pellegrinaggi — 4. Altre dimostrazioni — 5. Italia e Roma.
1. Le tante e si svariate dimostrazioni del movimento cattolico
per la causa del S. Padre e di Roma, ora s* incentrano e quasi si con-
fondono insieme colle feste mondiali pel giubbileo pontificate, delle
quali daremo separatamente un ragguaglio nel prossimo quaderno. In
questo adunque ci restringiamo a raccogliere insieme alcune recenti
dimostrazioni del movimento cattolico, chenonhannorelazione col giub-
bileo di Pio IX. Abbia ii primo luogo la lettera che 1'Episcopato inglese,
insieme raccolto dopo le feste di Pasqua, diresse al S. Padre. I Ve-
scovi fanno propria la causa del Papa e dicono di voler con !ui corn-
battere e soffrire; con lui consacrano aH'abbominazione del mondo
CONTEMPORANEA 759
cristiano e al giusto e ineluttabile giudizio di Dio i fatti di Roma;
non temoiid gli assalti delle porte d' inferno ; che anzi gia ricono-
scono il trionfo nell'essersi provvidenzialmente manifestata con tanto
splendore, nel mezzo di questa lotta, lf unita della Chiesa, 1'autorita
del Sommo Pontefice, la necessita del potere temporale e il privilegio
della infallibilita ; e quindi aspettano impavidi il compiuto trionfo,
pregando Iddio: ut Tut Bealissime Pater, Ecclesiae victoriam et
triumphum in luis videas diebus, et ut ultra Petri annos gloriose ^
protrahatur gloriosus tuus in Petri Sede Pontificatus. II testo intero "
di questa lettera si legge nett'Unitd Caltolica del 23 maggio, ed e
certamente uno dei piu forti indirizzi per pensiero e per affetto: ma
dopo cio che dicemmo nel quaderno 502 dell' indirizzo della deputa-
zione inglese e di quell' altro sottoscritto da oltre a mezzo milione
di cattolici della Gran Bretagna, questo splendido indirizzo dell'Epi-
• scopato inglese non puo recar meraviglia.
2. Abbiam si indicati, ma non ci ricorda di aver dato un qualche
saggio copioso degli indirizzi e dei meetings di America. Valgano ad
esempio le seguenti risoluzioni, votate nelle Assemblee cattoliche di
parecchi comuni della diocesi di Alton (America del Nord), per pro-
testare contro le usurpazioni, commesse a pregiudizio dei diritti della
Chiesa Cattolica e della Santa Sede.
« 1 . Che tutti proviamo la piu aflettuosa cornpassione pel nostro
Santo Padre Pio IX , alia vista dello stato di spogliazi'one a cui si
trova attualmente ridotto dalla malizia d'uomini ingiusti e perversi.
2. Che la Santa Chiesa cattolica e apqstolica, essendo un corpo
i cui membri appartengono o tutte le nazioni illuminate dal sole, non
puo riconoscere in a'cuna nazione un potere esclusivo su di essa ne
preferirla ad altre; che essa deve, per conseguenza, essere indipendente
ne) suo governo, poiche non e mai stata per lo passato soggetta ai
voleri d' un Principe secolare, come non lo potra essere nell'avvenire.
3. Che noi , clero e popolo della diocesi d' Alton , intimamente
uniti al nostro Vescovo, approviamo e soscriviamo tutte le condanne
e proteste di ogni cattolico, dirette contro quelli che hanno steso una
maco sacrilega sul Patrimonio di S. Pietro, proprieta incontestabile
della Chiesa Cattolica, e che calpestano i diritti divini ed umani del
Vicario di Gesu Cristo, oltraggiando la religione e la fede di 200
milioni di cattolici.
4. Che facciamo appello a tutti i Governi della terra, aniraati
dallo spirito di giustizia , accio difendano e prendano sotto la loro
protezione i diritti e 1' indipendenza della Santa Sede Apostolica, che
sono i nostri diritti e la nostra indipendenza, e loro prometliamo la
n'ostra cooperazione piu intiera, senza per6 mancare ai nostri doveri
di fedelta verso il Goveruo dell'America del Nord.
760 CRONACA
5. Che, pel consenso e per la volonta del nostro Vesoovo, si ter-
ranno in ogni parrocchia di questa diocesi liste aperte; che un Co-
mitato speciale sara costituito per raecogliere su queste liste le firme
degli uomini, delle donne e della gioventu adulta, che vorranno ade-
rire a queste risoluzioni , affinch6 riempite siano inviate al nostro
Vescovo, con preghiera di farle pervenire al nostro amatissimo Padre
comune, Pio IX, Capo supremo della Santa Chiesa cattolica.
6. Che infine, nella nostra qualita di veri cattolici e di figli degni
dei loro padri , ci riuniamo tutti nella preghiera appiedi del trono
delle divine misericordie, affine d'ottenere dal Signore che si degni
ricordare le sue promesse, e non ci abbandoni nella grande afflizione
in cui siamo attualmente immersi. »
Queste risoluzioni dei fedeli d'AHon sono seguite da trentadue-
mila firme, accompagnate dalla seguente testimonianza del Yescovo
Diocesano :
« A tutti quelli a cui spetta, attestiamo colla presente , che le
risoluzioni suddette esprimono non solo i nostri sentimenti personali
verso la Santa Sede Apostolica, ma ancora quelli del nostro Gregge,
e che sono slate firmate in poco tempo da trentaduemila fedeli di
questa diocesi. »
Dato ad Alton, il 17 aprile dell'anno del Signore 187-1.
« gg PIETRO GIUSEPPE BALTES, Vescovo d' ALTON. »
Una somigliante protesta contro la spogliazione della Chiesa e
del Papa fu sottoscritta piu di recente nella diocesi di Colombo (Ohio,
America del Nord) da 13,508 cattolici.
3. Ma piu eloquenti degli indirizzi, e forse piu d'ogni altra dimo-
strazione,sono que'tanti pellegrinaggi che possono ora dirsi si frequen-
temente spectaculum Deo et angelis ct hominibus. Nel Belgio una
settimana dopo il pellegrinaggio nazionale a Lovanio, di cui gia par-
lammo, ve ne furono altri per 1' intera ottava della gran festa cele-
bratasi a Bruges in onore del Preziosissimo Sangue. II Bien public
accerta che secondo le piu esatte relazioni il numero dei pellegrini
fu di oltre a 80,000 in tutta F ottava. Una breve corrispondenza al
Divin Salvatore (n° 69) descriveva al vivo il giungere successive di
ogni parte dei tanti pellegrini e la spettacolosa processione dell' 1 1
maggio. Dopo di essa, dice il corrispondente, il zelantissimo Vescovo
di Bruges, Mgr. Faiet, fece una breve e commoventissima allocuzione,
ringraziando que' fedeli che in si sterminato numero erano accorsi per
pregare Iddio in favore del Santo Padre. Oh quanti io vidi piangere!
quelle lagrime erano veramente le piu soienni preghiere di tante
migliaia di cuori ! Quindi descrive altre feste ai santuarii di Alsem-
berg, di Notre-Dame-au-Bois e di Stokel nella prima domenica di
maggio. Le comunioni nella mattina a migliaia : nel pomeriggio le
CONTEMPORANEA 76 |
processioni a ciascuno dei tre mentovati santuarii eranocosi numerose,
che a memoria d'uomo non s'era ivi mai vista tanta gente riunita.
Le chiese erano anguste a contenere i fedeli, pareccbie migliaia dei
quali nmanevano all'aria aperta.
Un'altra corrispondenza alia Stella, riportata parimente nel Di-
vin Salvatore (n° 64) descriveva una simigliante processione di
11,000 persone a Brixen nel Tirolo tedesco. II corrispondente, testi-
mouio di veduta, dice che per quei pellegrinaggio di devozione pel
Papa si fece dalle campagne circonvicme una vera emigrazione. Quei
poderosi giovani, avvezzi a maneggiare le carabine con mano infal-
libile e quei vecchi dai capelli bianchi, oppressi dagli anni, che tutti
composti colla corona in mano pregavano pel Capo della Chiesa,
tenuto prigione da figli ingrati ed iniqui, mi commovevano Gn alle
lagrime.Mgr. Vescovo:Principe chiuse la sacra funzione, impartendo la
benedizione pastorale alia moltitudine, che si separ6 coll'usato saluto:
Sia lodato (xesu Cristo in eterno ! Quantp ritraggono que' semplici
alpigiani del fervore dei cristiani primitivi !
Anche nella Spagna, quantunque dominata dalla rivoluzione, il
giorno della Festa del Patrocinio di S. Giuseppe, domenica 30 aprile,
ebbe luogo a Barbastro nell'Aragona un pellegrinaggio al santuarip
di Nostra Signora del Pueyo. Vi erano iiitprno a 14,000 pellegrini,
riuniti per dimandare a Dio, per 1'intercessione della Reina del cielo
e di S. Giuseppe, la liberazione di Pio IX e della Chiesa oppressa
e prigioniera con Lui. Durante la funzione, 1'arrivo di un telegramma,
con cui Sua Santita inviava la sua benedizione apostolica a'suoi figli
dell'Aragona, mise il colmo al devoto entusiasmo dei fedeli.
1 fogli cattolici parlano di altri pellegrinaggi e processioni in Olan-
da, nelia Svizzera, nella Dalmazia, e altrove, ma specialmente in Ba-
viera per le grandi feste di S. Yalburga. La Correspondence de Geneve
del 17 maggio le riassumeva in brevi parole. Le feste che si cele-
brarono a Eichstaett, secondo T intenzione del Sommo Pontetice in
onore di S. Valburga, sorpassarono pgni previsipne. Tutta la settiniana
fu un seguito di pie funzioni e di feste religiose : 1' entusiasmo , il
fervore della popoiazione fu incomparabile : 1' ultimo giorno la pro-
cessione per la traslazipne delle reliquie della Santa fu immensa.
L' Arcivescovo di Colonia predic6 due volte , il vescovo di Magonza
tre volte e sempre aH'aperto, non vi essendo chiesa capace di con-
tenere si gran popolo. 11 numero de' pellegrini, nel solo ultimo giorno,
si levo a 20,000 persone. I pochi liberali del paese erano stupiti alia
vista di questo fervore popolare , e senibrava loro di assistere alia
ruina delle loro speranze.
4. Altre dimostrazioni cattoliche d' ogni maniera potremmo fa-
cilmente raccogliere dai fogli italiani e stranieri, se non ci dovessimo
restringere a un saggio. Omai tutto il mondo si commove (dicea
1' Unild Cattolica del 24 maggio), in favore del Santo Padre spo-
gliato e prigioniero : e tante sono le proteste e gl' indinzzi che ci
giungonp da ogni parte, che ci dobbiamo rassegnare a fare appena
cenno di alcuno di essi. Non possiamo per altro passare afTatto sptto
silenzio la magnifica pastorale, mandataci dall' Arcivescovo di Lima
del Peru e scritta da questo venerando decano dell' episcopato, che
conta 89 anni di eta e 53 di Vescovato, per unire la sua voce a
quelli che consolano Pio IX e detestano 1' ultima spogliazione com-
messa a danno della Santa Sede. Un' altra pastorale riceviamo dai
Peru e ci e mandata dai reverendissimo Vescovo di Huanuco. Gran
762 CRONACA CONTEMPORANEA
parte di essa discorre delle garanzie che il gqverno italiano vuol
dare al Papa ; e noi ci guarderemo bene dal riferire le parole del-
1' illustre Prelate americano, perche oramai le guarenlige son diven-
tate legge del beatissimo regno d' Italia ! Una terza lettera pastorale
che riceviamo e di Mgr. Don Jose" Manuel Orego, Vescovo nel Chili.
L'illustre prelate ci comunica pure alcuni document! per dare un
saggio del vivissimo affetto che pel comune Pastore nutrono i fedeli
di quelle lontane cpntrade.
Questepastorali ci ricordanoquella piu recentedel nuovo Patriarca
di Lisbona contro i fatti di Roma. L'ottimo periodico mensile di Lisbona,
\\Echo de Roma, segue a darci buone notizie del movimento cattolico
nel Portogallo. L' ultimo numero del maggio dicea che la protesta
fatta dall' Echo contro 1' invasione di Roma ha ricevuto la spontanea
adesipne di 78,000 firme. Altre proteste e indirizzi ed offerte e dimo-
strazioni d'ogni maniera si leggono ne' numeri antecedenti, sicch& al
leggere in quella bella serie di articoli cio che si e fatto e si sta fa-
cendo pel Papa, specialmente nel Portogallo e nelle sue colonie, e
nel Brasile e nella Spagna, il cuore si cpnspla e si sente che lo spi-
rito cattolico vive nei popoli malgrado 1'indifferentismo religioso dei
governi.
5. Anche la grande maggipranza dell' Italia cattolica , benche
oppressa sotto il giogo dell' Italia legale, non cessa di dare nuove
dimqstrazioni della sua devozione alia causa del Papa. I fogli cat-
tolici quptidiani ne recano quasi ogni di novelle prove e raccontano
quantp si fa pel Papa non solo nelle piu grandi citta, a Firenze, a
Napoli, a Torino, a Genova, a Milano, a Venezia, aVerona, a Padova, a
Parma, a Modena, a Bologna, Imola, Faenza e tant' altre, ma anche nelle
citta niinpri e nelle borgate : dappertutto preghiere, comunioni, asso-
ciazioni, indirizzi ed offerte; e noi vorremmo che queste cose fossero
piu note fuori d'ltalia, perche la vera Italia cattolica fosse conosciuta al
pari dell' Italia rivoluzionaria e legale, conosciuta pur troppo pei suoi
misfatli ; e pero come risuona per tutlq il mondo cristiano con si mala
fama il nome dell' Italia della rivoluzione, cosi risuonasse con bella
e meritata fama il nome dell' Italia cattolica. Altrettanto e piu vuol
dirsi di Roma. Come due Italic, cosi ora vi sono due Rome, o piut-
tosto tre Rome ; la Roma estranea, entrata per la breccia del 20 set-
tembre; la Roma della minoranza rivoluzionaria, e quella della grande
maggioranza cattolica, che e la vera Roma del Papa, che e oppressa,
che prega e che soflre con Lui. Questa Roma non ^ ancora cono-
sciuta abbastanza dal mondo; ma si consola di essere conosciuta e
lodata da Pio IX. Ed e bello il notare che appunto mentre quel
Comune che ora si chiama S. P. Q. R. preparavasi ad alzare con una
mano, alia breccia di Porta Pia, una iscrizione di encomio alia Roma
del SOsettembre, e con 1'altra, alia breccia di Porta San Pancrazio,
un' altra iscrizione di pari encomio alia Roma del 48; Pio IX nella
sua enciclica a tutto il mondo cristiano scriveva questo magnifko
elogio della sua Roma clie tanto si segnala nello spettacolo generals
del movimento cattolico. Quo in spectaculo virtutis silere non pos-
sumus de amantissimis filiis nostris huius almae Urbis civibus,
quorum ex omni fastigio atque ordine amor erga Nos et pielas
itemque par cerlamini firmitas luculenter eminuit atque eminet,
neque solurn maioribus suis digna, sed aemula animi magnitude.
I N D I C E
La necessita delle associazioni cattoliche . Pag. 5
Una moderna educatrice della donna italiana » 22
/ disordini di Roma nella mattina del iO mar-
zo » 39
// protestantesimo ed il cattolicismo nella guerra
Franco- Germanica » 129
L'unita italiana e V mtervento straniero. . » 145
Una storia della cittd di Roma. . . » 157, 402
La Savia e la Pazza - - Racconto del princi-
pio di questo secolo. - - VIII. I fratelli del-
1'amicizia cristiana 178 - IX. Che fa il papa
a Parigi? 182 - X. Napoleone e la capitale
della cristiariita 412 - XI. Chi vuol venire a
Roma? 418 - XII. Una medicatura mentale
in viaggio 560 - XIII. Suor Rosina di Viterbo
567 - XIV. La prima sera in Roma 695 -
XV. Una mattina felice » 702
/ liberali italiani ed i comunisti francesi . » 257
Richiami della Nazione contro I' invito alle as-
sociazioni cattoliche » 276
Lo spirito delle associazioni cattoliche . . » 293
// giornalismo liberale e V intervento straniero. » 306
La caverna del Ciclope pel regno d' Italia . » 385
Lo spirito delle associazioni cattoliche . . » 425
// Giubbileo di Pio IX e le speranze dei cat-
tolici » 513
// liberalismo generatore del socialismo . . » 524
Una storia di Sisto V. » 532
L'oggetto delle associazioni cattoliche ... » 545
Pio IX e la Chiesa. . . - » 661
Pio IX e la societa civile. . * 682
764 I N D I C E
R1VISTE BELLA STAMPA 1TALIANA
I. La teorica delta Filosofa di Antonio Martinazzoli,
membro effettivo dell1 Accademia dei concorsi scientifico— Let—
terari. Milano 1870. Un volume in, 12 di pag. 176 Pag. 52
II. Sulprodigioso mommento degli occhi deWimmagine Ave
Regina Caelorum, posta nel santuario di 8. Maria della
Croce presso Crema , Articoletti e Documenti con altri
scritti pel sac. Silvio della, Noce. Milano, tipografia del-
TOsservatore Cattolico diretta da Rocca Giuseppe, 1870.
Un volume in 8° di pag. 304 » 58
I. Etica nuova, ossia arte di esser felice, di GIUSEPPE
RICCIARDI gia Deputato al Parlamento italiano. . . » 191
I. Deusdedit preslyteri Cardinalis, tituli Apostolorum
in Eudoxia, Collectio Canonum e codice vaticano edita a
Pio M ar tinned , praefecto altero Bibliothecae vaticanae.
Venetiis, ex tipographia ^Emiliana MDCCCLXIX. Un volu-
me in 8° di pag. XIX, 520 ...» 318
II. 11 Clero cattolico e la Civilta, per N. C. MARISCOT—
TI. Volume terzo. Modena , tipografia dell' Immacolata
Concezione editrice, 1868. Un vol. in 4° di pag. 928. » 324
I. La Questione romana nel Conyresso, del Barone di
LETINO CARBONELLI, un opuscolo in 8° di pag. 116. » 440
II. REFFO EUGENIO ED ENRICO Le serate di carnevale,
raccolta di commedie e farse, ad uso degli istituti di edu—
cazione maschile ; per D. Euyenio ed Enrico Reffo, maestri
nel Collegio degli Artigianelli. Torino, tip. Artigianelli,
1870, tre fascicoli in 16° contenenti tre commedie e tre
farse. II quarto fascicolo e sotto i torchi. Prezzo di ciascun
fasc. 60. cent » 44
I. Filosofa della rivelazione , saggio del sac. FRANCE-
SCO GIOVENZANA Milano 4870 . ". » 572
II. La Vergine—Madre e Varte cristiana ; Studii este—
tici del BARONE NICOLA TACCONI-GALLUCCI. Napoli, tipo-
grafia degli Accattoncelli , 1870. Un volume in 8° di
pagine XIII, 185 » 710
I. II sovrannaturale neWUomo, conference recitate nel-
la metropolitana di Genova dot can. prev. GAETANO ALI—
MONDA, gli anni 4868-69. Due volumi in 8° di pagine
XIX-618, 656. Genova tip. della Gioventu presso gli Ar-
tigianelli 1870 » 717
BlBLIOGRAFIA » 61, 334, 577
LETTERE ENCICLICHE » 719, 730
I N D 1C E 765
CRONACHE CONTEMPORANEE
DAL 22 MARZO AL 4 APRILE
I. ROMA. Nostra corrispondenza Pag 76
II. COSE ROMANE — 1. False dicerie d'un supposto Con-
cistoro — 2. Prowls te di diocesi e nomine di Vescom — 3. De-
creti per l} appropriazione di otto conventi e case ecclesiastiche —
4. Gruerra at Gresuiti ; molenze e profanazioni nella Chiesa del
Gresu — 5. Malefizii dei Gresuiti — 6. Breve del Santo Padre
all'Emo. Card. Patrizi, a tal proposito » 80
III. COSE STRANIERE — FRANCIA — 1. Le elezioni in
Francia — 2. Primi atti deW Assemblea costituente — 3. Thiers
capo del potere esecutivo — 4. Protesta deWAlsazia e della Lo-
rena — 5. Programma del nuovo governo — 6. / partiti e la re—
pubblica in Francia — 7. Preliminari di pace » 91
IV. SPAGNA — 1. Pralicke del maresciallo Prim per trovarc
un Re — 2. Speranze dell' Uuione Iberica, per un rivolgimento
politico in Portogallo^ — 3. La corona di Kpagna e offerta dal
Prim all'Espartero, il quale la riftuta — 4. Legge per Ta elezione
futura del Monarca — 5. Bando* di D. Carlos di tforbone, duca
di Madrid — 6. // Prim si riftuta a qualsiasi componimento per
la ristaurazione dei Borboni ; le Cortes sono prorogate fino al 31
ottobre 1870 — 7. Abdicazione della Regina Isabella II in favore
di sno figlio D. Alfonso — 8. Candidatura del principe Leopaldo
di Hohenzollern al trono di Spayna — 9. Opposizione del Groverno
e del giornalismo francese ; nota del 7 luglio spedita dal ministro
spagnnolo degli affari esterni — 10. II principe Hohenzollern ri-
nunzia alia candidatura — 11. II Prim rannoda la pratiche presso
la Corte di Firenze ; candidatura del duca d' Aosta — 12. Ri-
sposte ujiciali delle Potenze alia Nota per do spedita da Madrid
— 13. Riapertura delle Cortes; Circolare del Sagasta — 14. NUOVO
rijluto dato dall'Espartero ai suoi partigiani — 15 Battibuglio e
voto deify Cortes per I' elezione del duca d' Aosta a re di Spagna
— 16. Domanda ufficiale pel consenso del Re Vittorio Emanuele II
— 17. Devutazione delle Cortes a Firenze per offerire la corona
al duca d Aosta, eke I'accetta — 18. Protestazioni della Regina
Isabella II e di D. Carlos di Borbone — 19. // re Amedeo I
entra in viaggio; il maresciallo Prim e assassinato e muore —
20. Injresso del re Amedeo I a Madrid ; egli presta giuramento
di fedelta alia Costituzione innanzi alle Cortes —21. Lettera di
Amedeo I al Santo Padre Pio IX » 105
DAL 4 AL 26 APRILE
I. ROMA. Nostra corrispondenza »
II. COSE ITALIANS — COSE ROMANE — 1. Peripezie del
Consiglio e della Griunta comunale — 2. Pratiche tra la Giunta
comunale ed il Ministero sopra le Finanze per la tassa di Dazio
consume — 3. Cenni sopra le sedute del Consiglio ; suo voto per
partecipare all' espropriazione delle case religiose — 4. II principe
D'Oria Pamphili nfiuta ogni ufficio nella Griunta municipale, e
diviene Prefetto del palazzo reate e maestro di cerimonie ; nuova
766 1 N D I C E
Giunta comunale — 5. Rendiconti del sussidii pel danneggiati dal-
l' inondazione del Tevere — 6. Atti del Governo e del Municipio
circa le Operc Pie; provvediinento del Card. Vicario e protesta-
zione dei Card. Vescovi Suburbicarii e dei Vescovi delta provincia
di Carnpaqna —7. Giuramento della Guardia nazionale — 8. Ras-
segna militare e feste varie per I' anniversario della nascita di
Vittorio Emanuele II e del principe Umberto — 9. Seduta del
Consiglio comunale alii 30 marzo, pel Dazio-consumo . . Pag-. 210
III. COSE STRANIERE — FRANCIA — 1. Voto dell' Assem-
bled nazionale di Bordeaux contro la dinastia dei Bonaparte —
2. Protestazione di Napoleone III — 3. Atti del Groverno del si-
t/nor A. Tkiers per I'esercito e la Guardia nazionale — 4. De-
liberazioni e voto dell' Assemblea nazionale pel trasferimento del
Governo a Versailles — 5. Plenipotenziarii francesi a Bruxelles
pel trattato di pace — 6. Dimissione di Deputati repubblicani ;
$' istituisce in Parigi un Comitato segreto di resistenza al Governo
— 7. Primi attentati della Guardia Nazionale — 8. Bandi e
provvedimenti del Governo per sedare la ribellione — 9. Con/litto
net quartiere di Montmartre ; assassinio dei generali Thomas e
Lecomte — 10. Incrementi della ribellione; moti a Lione, a Tolosa,
a Marsiglia ed a S. Mienne; strage sulla piazza Vandome a Parigi
- 11. Ritirata dell'esercito regolarea Versailles; nomina dell' am-
miraglio Saisset al comando della Guardia nazionale di Parigi. » 225
IV. SVIZZERA (Nostra corrispoDdenza) — 1. La usurpazione
di Roma e la Svizzera — 2. La Svizzera e la guerra Franco-
germanica — 3. Mire dei radicali nella riforma della Costituzione
federate — 4. Laframmassoneria nei cantoni d'Argovia, Soletta,
e Lucerna — 5. L} Italia e il cantone Ticino — 6. La quistione
costituzionale ticinese — 7. Attentati del socialismo di Zurigo » 240
V. MOVIMENTO CATTOLICO — 1. Ccnni generali 6?<?/Movimento
Cattolico pel S. Padre e per Roma — 2. Deputazione belga al
Vaticano — 3. Deputazione aler/ianna — 4. Deputazione austriaca
— 5. Preghiere pel S. Padre e per Roma a S. Giuseppe Pa-
trono della CMesa » 245
DAL 26 APRILE AL 10 MAGGIO
I. ROMA. Nostra corrispondenza — La scuola romana . » 347
II. COSE ITALIANE — COSE ROMANS -- 1. Prolestazione
dei Vescovi delle province romane pei diritti della Chiesa e della
S. Sede — 2. Istruzioni ai Confessori per la Pasqua del i87I —
3. Risposta del Gadda al Card. Vicario circa le Opere Pie ; re-
plica del Card. Vicario — 4. Funerali Massonici a Mattia Mon-
teccU — 5. Contegno dei liberi-pensatori , e dei cattolici nel
venerdi santo — 6. Spknnita della Pasqua in Roma — 7. An-
niversario del 12 op rile ; indirizzi e doni di Dame romane e fo-
restiere al Santo Padre ;parlate di Sua Santita — 8. Violenze
di plebe setlaria — 9. Teatro comico nel palazzo apostolico del
Quirinale il venerdl 14 aprile » 357
DAL 10 AL 24 MAGGIO
I. ROMA. Nostra corrispondenza ; dove anclie si discorre della
scuola giudaica . . . » 449
I N D I C E 767
II. COSE ITALIANE. — COSE ROMANS — 1. Breve del S.
Padre al Card. Patrizi , ed ai Vescovi suburbicarii e delle pro-
vince romane — 2. II principe Pallavicini sindaco di Roma; sua
comparsa pei divertimenti del 21 aprile — 3. Bando del Placidi
pel domicilio coatto agli impiegati del Governo — 4. Commissione
nominata, per (jli istituti retigiosi stranieri in Roma — 5. Aboli-
zione del sussidii pel culto e per la benefcenza — 6. Arrivo e ri-
cemmento dell'ambasciadorefrancese d'Harcourt; partenza dell' am-
basciadore d' Austria e del ministro di Baviera — 7. Anniversario
garibaldino del 30 aprile ; monumento destinato a Ciceruacchio Pag. 461
III. TOSCANA E STATI ANNESsi — 1. Cenni sopra i lavori del
Parlamento — 2. Processi criminali contro sei Deputati — 3. Di-
battimenti e voto della Camera elettiva per la legge delle guaren-
tige al Papa — 4. Promessa del guardasigilli de Falco per una
legge sopra gli ordini religion in Roma — 5. Proposta ai nuove
gravezzefatta dal Sella — 6. Progresso nei reati di sangue e contro
le proprieta ; schema di legge proposto dal Lanza per La sicurezza
pubMica — 7. Circolare dello stesso Lanza contro le stampe e fo-
tograjie oscene » 472
IV. COSE STRANIERE — FRANCIA — 1. Napoleone III,
tornato in liberta, va in Inghilterra — 2. Progressi del solleva—
mento in Parigi — 3. Proclamazione della Comune — 4. Moti dl
ribellione repressi a Limoges ed a Marsiglia — 5. Impotenza del
Governo di Versailles contro la Comune — 6. Bandi municipali
contro la Chiesa, il Groverno dell}assembleat ed i suoi partigiani
— 7. Carcerazione dell'arcivescovo di Parigi; saccheggio di chiese;
sevizie contro il clero ed i religiosi — 8. Combattimenti durante
I'aprile — 9. Lavori dell'assemblea di Versailles; elezioni comunali
in Francia alii 30 aprile — 10. Nuovo sollevamento di comunisti
a Lione » 485
V. MOVIMENTO CATTOLICO — 1. I biglietti di visita e il Mo-
vimento cattolico — 2. Deputazione delta Unione Cattolica della
G-ran Bretagna — 3. Due altri indirizzi delle Signore e del popolo
cattolico delta G-ran Bretagna — 4. Deputazione della Stiria —
5. Le poverelk di Roma e le Sordo-mute — 6. Varie corrispon-
denze — 7. Breve a^'Unita Cattolica » 499
Pel giubbileo pontificate del S. P. PIO IX proposte ai cat-
tolici italiani » 509
DAL 24 MAGG10 AL 10 GlUGNO
L ROMA. Nostra corrispondenza » 58 /
II. COSE ITALIANE — TOSCANA E STATI ANNESSI— 1. Ban-
do deWalleanza repitbblicana universale affisso in Bologna ; prov-
vedimenti del Governo — Confessions della Nazione e della. Liberta
rispetto a Roma — 3. La legge delle guarentige pel Sommo Pon-
tejice e approvata dal Senate con modificazioni acccttate dalla Ca-
mera ; testo della legge promulaata »
III. COSE STRANIERE — ALEMAGNA — 1. Ausiliarii del
Re Guglielmo I di Prussia nella fondazione deir impero germa-
nico — 2. PraticJie del Bismarh durante^ Vassedio di Parwi —
3. Apertura del Reicstag della Confederazione germanica del Nord;
messaggio della Corona ; schiarimenti del Delbrttck sopra i Trattati
768 INDICE
cogli Stati meridionali, e la istituzione dell'impero — 4. Modifica-
zioni alia Costituzione federale — 5. Richiami e diehiarazioni del
Bismark contro il Luxsemburgo — 6. Discussione ed approvazione
del Reicstag- pel Trattati colla Baviera, col Baden, e con I'Assia,
e col Wurtemberg — 7. Dispaccio del Bismark e note degli Stati
meridionali al Cancelliere Austro-ungarico — 8. / trattati fede-
rali sono approvati dalle Camere deali Stati meridionali — 9. II
Re Gruglietmo I assume la corona d'imperatore, suo bando ai popoli
d'Alemagna — 10. Ingresso trionfale dell' Imperatore a Berlino;
il conte Ottone di Bismark e creato principe — jHpilogo della guerra
del 1870; combattimenti, vittorie eperdite degli eserciti alemanni Pag. 604
IV. FRANCIA — 1. Conferenze in Bruxelles per la pace tra
la Francia e la Germania ; intoppi sopravvenuti — 2. Ultimatum
del Bismark al Groverno di Versailles ; conferenze tra il Bismark
e G-iulio Favre a Francfort — 3. Conclusione del trattato di pace i
— 4. Nuova lega repubblicana dentro cfuori di Parigi; suoi pro-
posili impediti dal Croverno di Versailles — 5. Progressi dell'as-
sedio contro i forti ed il recinto di Parigi — 6. Atti barbareschi
della Comune; demolizione della cappella espiatoria di Luigi XVI,
della colonna di piazza Vendome e della casa del Thiers — 7. Se- (
duta deW Assemblea di Versailles Til ma<g(]io ; voto di fiducia al
Thiers — 8. Lettera del Conte di Chambord — 9. Presa di Parigi » 623
V. MOVIMENTO CATTOLICO — Un'altra deputazione austriaca
al Santo Padre — 2. Indirizzo di cattolici austriaci al Ministero
— 3. Indirizzo dell' Episcopate austriaco cisleitano all' Imperatore
— 4. Indirizzo dell'fipiscopato Belga al Re — 5. Altri indirizzi
a varii governi — 6. II pellegrinaggio nazionale e Vassemblea cat-
tolica a Lovanio il 30 aprile — 7. // 5 maggio, e il 13 maggio,
prehidii delle feste pel Giubbileo pontijicale » 636
DAL 10 AL 25 GI.UGNO
I. ROMA. Nostra corrispondenza » 737
II. COSE STRANIERE — FRANCIA — 1. Approvazione del
Trattato di pace nell' assemblea di Versailles ; scambio delle rati-
Ji-cazioni a Francfort — 2. PregMere pubbliche, decretate dall'as-
semblea ., per la pacificazione della Francia — 3. Decreti della
Comune di Parigi contro la religione e la liberta personate, riso~
luzioni d'un Club rivoluzionario — • 4. Legioni di vindici, di tiran-
nicidi e di femmine — 5. Scoppio d' una polveriera al catnpo di
Marie - — *6. Bombardamento ed assalto dei Parlamentari contro
Parigi; sette giorni di combattimento — 7. Stragi e rocine; circolare
di G-iulio Favre contro gli incendiarii di Parigi — 8. Rappresaglie
^'Comunisti e macello di ostaggi; Mons. Darboy muore assassinator 744
III. MOVIMENTO CATTOLICO — 1. Indirizzo dell' Episcopato
Inglese al S. Padre — 2. Altri indirizzi dell' America — 3. Pel-
leg rinaggi — 4. Altre dimostrazioni — 5. Italia e Roma . » 758
ERRATA CORRIGE ERRATA CORRIGE
Pag. 333 lin. 28 nazionale nozionale Pag. 342 lin. 21 P. Sestini P. Santini
» 338 » 27 Mons. Franchi Mons. Fanucchi » 238 » 11 mistero magistero
» 312 » 8 P. Sestini P. Santini » 404 » 3 S. Silvestro S. Silveiro
Goll'approvazione deirautorita ecclesiastica
BX 804 .C58 SMC
La Civi Itaa cattol ica
AIP-2273 (awab)
Does Not Circulate
A V*
1 . V