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QUARTO CENTENARIO COLOMBIANO.
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Busto oi Gn£itoforo Colombo
all' Università di Pavia.
Fac-simile della firma di Cristoforo Colombo
Cristoforo — Christum ferens — Porta-Cristo,
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PRESENTATI AL POPOLO ITALIANO
per Fr. Marcellino da Vezzano M. O.
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CON PREFAZIONE STORICO-CRITICA
dei PP. M. Da Givezza e T. Domenichelli.
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C^ Por Castillaypob Leon igd)
^ NUEVO Mondo Hallo Colon (qQ
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SOCIETÀ DI SAN GIOVANNI
«eedée, I:efefibre e Ci
ROMA, Via della Minerva 47-48, ROMA
T0URNAI
Avenue de Maire
PARIGI
rue Saint-Sulpice
LILLE
rue du Metz
Tllf TTIIIIITI-IIITTITTTTTIIITTTI f IirTT-
LOAN SJACK
Imprimatur.
Fr. Raphael Pierotti O. P. S. P. A.
Magister.
Imprimatur.
►J* '^rilìiUS Pati''^'' Constantinopolitanus
Viceso^erens.
o
QUEST'ANNO 1892, quarto centenario
Ip della scoperta d' America, che mutò pro-
fondamente le sorti d' Europa e dell' in-
civilimento cristiano, cui s' apersero
nuove vie, tutto il mondo si commuove, e s' inchina
dinanzi alla grandezza del Colombo, piissimo cristiano
ed ardimentoso navigatore, grande nel concepire il
vasto suo progetto, più grande nella costanza di at-
tuarlo contro le beffe e gli spregi di coloro che non
lo potevano intendere, grandissimo nel sopportare
gì' immeritati dolori, che n' ebbe durante 1' impresa e
dopo fino alla morte. In occasione tanto solenne è
difficile il parlare, per 1' altezza e vastità dell' argo-
ì mento; difficile il tacere, perchè gli affetti potente-
mente eccitati non si frenano facilmente. Nondimeno
tra le due, scegliamo la prima, benché col pericolo di
riuscire insufficienti; perocché tacendo avremmo il
rimprovero di sconoscenti ed ingrati. E diamo tra-
dotta dal francese una brevissima vita popolare del
grande Eroe scritta dal signor Paolo di Joriaud; vita
che va sulle tracce di quella che ne pubblicava parec-
chi anni fa 1' insigne biografo del Colombo, Conte
Roselly de Lorgues, il quale vi consacrava tanta
parte del nobile suo ingegno, con una costanza di
affetto commovente. Ma non é traduzione così legata
al testo, che dove la necessità lo esigeva, il traduttore
PREFAZIONE STORICO-CRITICA,
noQ se ne sia discostato; che oggi l'autore stesso,
crediamo, alcune cose le avrebbe mutate da sé, molte
ne avrebbe aggiunte ed altre tolte; sicché il lavoro é
in parte nuovo. Si dirà : o perché allora non darcelo
interamente di getto? E rispondiamo che ad un la-
voro del tutto nuovo, presi quasi all' improvviso, e
quando altri dell' Ordine Francescano s' eran tolto
r assunto di pubblicare qualcosa, ci sarebbe mancato
il tempo; e poi a causa delle gravi e soverchie occu-
pazioni che ci tengono intieramente a sé, avendolo
affidato sotto la nostra direzione al giovane studente
e discepolo nostro Fr. Marcellino da Vezzano dell' Oss.
Provincia di Genova, stimammo che, traducendo, do-
vesse cominciare a far da sé, pur conservando quella
spigliatezza francese dell' originale, che dà interesse
anche alle piccole cose ed ha tante attrattive; così ci
parve che gioverebbe al popolo, più che altri parecchi
libri venuti fuori in questi ultimi anni; libri che per
soperchio di critica, per passioni non rette, gettano
sulla grande figura del Colombo piìi fumo che luce di
cui appagai:si.
Mentre adunque da una parte Genova, 1' opulenta
regina del Mediterraneo, festeggia 1' immortale suo
concittadino con feste religiose e civili, con getti di
fiori, con esposizioni, con musiche, con teatri e regate;
e dall' altra Chicago, di là dai mari, risponde con
un' esposizione gigantesca; mentre la Spagna in Sivi-
glia, in Palos ed altrove apparecchia feste all' insigne
Italiano che la levò a non superata grandezza, e il
Portogallo rende onore a colui, che ivi dimorando
PREFAZIONE STORICO-CRITICA.
meditò lungamente V ardimentoso progetto; mentre il
governo italiano invia con le proprie navi da guerra in
America il monumento che la colonia italiana ivi innal-
za al proprio concittadino; e il Pontefice Leone XIII
sanziona V avvenimento glorioso con la sacra e solen-
ne sua parola; uniamo anche noi alle tante autore-
voli voci la nostra umile e popolare, perchè sparga
largamente qualche germe di bene, e il popolo v' im-
pari che non le teorie socialiste, le quali a forza di to-
oliere 1' altrui ci farebbero finir tutti nella miseria, ma
r operosità santa e cristiana può dall' umile condi-
zione sollevare meritamente e lodevolmente alle più
agiate; v' impari che la coscienza del sentirsi puri è
unico e vero conforto a qualsivoglia cumulo di dolori
che o avversità di casi, o malvagità di uomini, ci faccia
incontrare; v' impari che il patire nobilmente e cristia-
namente è il contrassegno costante della vera gran-
dezza.
Di quest' uomo straordinario male misurerebbe la
grandezza, chi volesse giudicarlo soltanto come un
fortunato ed ardito scopritore di terre ignote, e come
un abile navigatore. Imperocché nella maravigliosa
scoperta nulla o quasi fu lasciato all' azzardo ; ma tutto
egli calcolò e provò coi più sottili raziocini, levandosi
alto sopra 1' orizzonte intellettuale del suo secolo, e
squarciando il fumo dei pregiudizi di quell' età, senza
lasciarsi sedurre dalla fantasia propria, né dagli im-
peti altrui. Quando noi vediamo quest' uomo con per-
tinacia persistente di anni, senza smarrirsi mai di co-
raggio, chiedere di navigare verso occidente, dove egli
PREFAZIONE STORICO-CRITICA.
teneva certo doversi incontrare la terra, non ci è con-
sentito pensare che congetturale fosse il progetto, o di
maggiore o minore probabilità; come sarebbe stata,
ad esempio, V esistenza stessa dell' America qual con-
tinente frapposto tra i lidi occidentali d' Europa ed i
lidi orientali dell' Asia. Anzi 1' esistenza dell' America
non entrò nei conti del suo severo intelletto; impe-
rocché solo dopo aver approdato a quelle coste,
e averle esplorate accuratamente, ne acquistò la per-
suasione. I suoi ragionamenti invece si poggiavano
sopra il fatto della rotondità della terra, che un' espe-
rienza più sincera di quel che mostra la prima espe-
rienza dei sensi, e congiunta a principj di ragione,
dava per dimostrata, ma che pure non riusciva a
tirargli il consentimento del volgo, ne quello dei sa-
pienti, che perduti in astruserie aristoteliche, avevano
confusa la percezione della fisica costituzione dell' u-
niverso. Posta la rotondità della terra, egli diceva a
sé stesso, é necessario che sferrando dall' Occidente,
dopo un viaggio più o meno lungo, s' incontri certissi-
mamente un continente, non foss' altro quello del-
l' Asia, di cui non potevasi mettere in dubbio la reale
esistenza. Ma questo ragionamento, che ora a noi
pare sì semplice e netto, urtava contro i pregiudizi del
tempo; e solo intelletti altissimi potevano capacitarse-
ne; i quali se speculativamente, a modo dell' illustre
Toscanelli,ne vedevano la ragionevolezza, non tornava
facile dedicarvi le forze di un' indomita volontà.
Vi riuscì il Colombo; e nelF impresa ardita, attra-
verso il cammino incontrò 1' America, a cui da prin-
PREFAZIONE STORICO-CRITICA. ix.
cipio non aveva pensato punto; e fu una ricompensa
che ne rese immortale il nome, e ne attossicò la vita
per le persecuzioni che gli vennero suscitate contro.
Ma in quella che nella sua mente agitava il grande
progetto, ne vedeva altresì le relazioni con la civiltà
d' Europa, rinnovellata dalle forze di popoli rigene-
rati alla fede, e ricca de' tesori di paesi ricchissimi,
quali erano descritti dal Polo nella misteriosa Cipan-
go; ne vedeva le relazioni con la fede, pericolante per
il Turco che, dilagando nella Cristianità, ne minacciava
terribilmente anche la sede più centrale, l'Italia, e che
dalle nuove conquiste in nuovi popoli, avrebbe ripreso
nel mondo un campo incontrastato senza timore di
rovine. Sicché il pensiero del Colombo, era tutt' in-
sieme un pensiero di religione, di scienza e di civiltà;
e quindi ben a ragione ciò che nel grande suo cuore
univasi così armoniosamente, oggi vediamo tradursi
anco air esterno neh' armonioso tributo di omaggio
a lui reso dalla Chiesa, dai dotti, e da tutta quanta la
società.
Eppure la vita di quest' uomo, la cui luce si
/ distende nei secoli, come faro luminoso nelle silen-
^ ziose e cupe distanze dei mari, è insieme un mistero,
che gli studj più pazienti e faticosi dell' età nostra non
hanno ancora potuto schiarire. Anzi, mentre qualche
tempo fa la non compiuta cognizione di tutti i docu-
menti nascosti negli archivi potè sembrare dar vinta
la causa a questa o quella opinione circa alcune cir-
costanze della vita del nostro Eroe, oggi nella copia
dei documenti contraddittori, siamo quasi tornati alle
PREFAZIONE STORICO-CRITICA.
incertezze di prima. Così che oggi non potrebbesi
ripetere con altrettanta sicurezza, come fa il nostro
autore/ cioè poter noi di presente accertatamente
rispondere al quesito, quando egli nascesse, qual fosse
la sua famiglia, dove proprio venisse alla luce del
mondo. Genovese fu, sì certo; che rispetto a ciò le
testimonianze storiche sono numerose e concordi; ma
il nome genovese ha sensi più o meno larghi; ne
osterebbe a che fosse nato nelle vicine riviere, o sulle
chine degli Appennini soprastanti. E quando si viene
alla determinazione precìsa del luogo, cominciano le
difficoltà. Il figlio Ferdinando nella storia eh' e' scrisse
del suo Padre, accenna alle diverse opinioni circa que-
sto luogo; ma si astiene dal risolversi per alcuna. Ales-
sandro Geraldini sta per Genova; Galindez di Carva-
jal per Savona; il Gomara, il Garibay, il Del Castillo,
per Nervi o Cogoleto; per Cogoleto assolutamente
sono il Benzoni e l' Interiano; il Roselli accenna ad una
cittadella vicino di Genova, da lui stesso visitata nel
1563; il Giovio mise fuori il borgo di Albisola, seguito
dal Molina, dal Bizaro, dal Brieto e da pochi altri;
per Nervi stanno 1' Illescas, il Castellanos, il San
Roman, e via di seguito. In tanta varietà d' opinioni
i più si tengono sulle generali, chiamandolo Genovese
o di Genova. È chiaro che in tali espressioni chi
meno ne guadagna è Genova; perchè se le parole di
Genovese o di Genova, possono senza stiracchiatura
allargarsi ai luoghi vicini, non potrebbe, certo, ad
esempio, dirsi di Nervi uno nato in Genova.
' Pagina 6.
PREFAZIONE STORICO-CRITICA.
Bisognava dunque ricorrere ai documenti d' Archi-
vio. Ma qui è successo un caso strano. Ben centocin-
quanta e più Colombo sono usciti repentinamente
alla luce, sparsi per tutta la Liguria e per la Lombar-
dia, tutti vissuti ai tempi del magno Cristoforo, e che
potrebbero pertanto appartenere alla sua famiglia.
Avevamo un' indicazione assai determinata, e con-
sisteva nel fatto che Bartolommeo, suo fratello, e
Cristoforo stesso si dicevano e si sottoscrivevano di
Ter7'a Rubrea, Terra Rossa. Se non che, a farlo ap-
posta, le Terre Rosse si moltiplicarono quasi al modo
dei Colombo; sicché anche questa notevole coinci-
denza perde il valore decisivo.
Un fatto nondimeno risultò dai documenti, detti
Salineriani, ai quali crebbero fede ed autenticità le
solerti e pazienti ricerche dello Staglieno. E fu
r esistenza di un tal Domenico Colombo di Quinto,
figlio a Giovanni, tessitore di lane, domiciliato, pare,
in Genova sino dal 1439; che ebbe a moglie Susanna
di Giacomo di Fontanarossa nel Bisagno, la quale gli
dette i figliuoli Cristoforo, Bartolommeo, Giacomo,
Gian Pellegrino e Bianchinetta.
Ciò si ha da atti notarili, che non sembrano lasciar
luogo a contestazioni. E del pari certo che questo
Domenico in atti del 1451 vien chiamato civisj anice;
nel 1470 stipula contratti in Savona, dove ha domi-
cilio nel 1472; e nel 1477 ne viene detto cittadino,
civis Saone. Sarebbe questa la famiglia dell' immor-
tale scopritore dell' America? Molti, anzi i più, stanno
PREFAZIONE STORICO-CRITICA.
per r affermativa, né soffrono che se ne osi dubitare;
e in verità abbiamo molte ragioni di congruenza
che sembrerebbero persuaderlo. E primo, la cor-
rispondenza di alcuni nomi, cioè Domenico, Cri-
stoforo e Bartolommeo; secondo, il tempo che assai
bene corrisponde a quello in cui Cristoforo Colombo
sicuramente viveva; terzo, il luogo : Quinto, Ge-
nova, Savona, sono luoghi a cui accennano gli
storici del Colombo, e V essersi questa famiglia
successivamente trasferita in tutti questi luoghi,
e fors' anco in altri, spiegherebbe come siansi
divisi gli scrittori in più sentenze, tutte plausibili,
intorno al paese preciso del nascimento di questo
grand' uomo.
Inoltre, da Quinto nel 1496, agli 1 1 di ottobre, Gio-
vanni, Matteo ed Amighetto Colombo di Antonio,
concertano di fare in comune, ciascuna per una terza
parte, le spese di viaggio per un d' essi, Giovanni, il
quale va in I spagna ad inveniendttm Doininum
Christoforum, Admiratum Regis Ispa7tice ; e questo è
senza ombra di dubbio il nostro Cristoforo. Or un
Antonio di Quinto, da un atto del 1448 risulta essere
fratello a Domenico, figlio di Giovanni di Quinto; ed
un Giovanni Colombo, parente dell' Ammiraglio, ac-
compagna Cristoforo nella sua terza spedizione in
America il 30 maggio del 1498. Se la parentela
consisteva nell' essere cugino, la famiglia, ora sì ben
conosciuta pe' documenti rinvenuti dallo Staglieno,
è senz' altro la famiglia dello scopritore del Nuovo
Mondo.
PREFAZIONE STORICO-CRITICA. xiii.
Ma d' altra parte il Campi pubblicava sin dal 1659
un documento notevolissimo, che, se autentico, man-
derebbe in aria tutte le ragionevoli, ma non necessa-
rie induzioni, che possono trarsi dagli atti menzionati
di sopra. Ivi tra le altre cose si legge : Et cum sic
sit, quod di^2is Bertomis sernper solverti di^UTn fi^lum
difio Domìnico, donec tisque vixit (siamo al 1481),
nec non et Thomasinus, eius filius, sit in possessione
solvendi dicium Jinuin Cristophoro et Bartholoìneo
Jiliis di5li quondam Dominici, et qtci iam per annos
decem se absentaverunl a difla civilate Janue , et, ut
dicilur, iverttnt ad insulas incognilas. Sino alle ultime
scoperte dello Staglieno si credette di potere accor-
dare le due parti, al modo che fa anche il nostro Sto-
rico', dicendo che i Colombo di Piacenza, i quali da
altre parole dello stesso strumento apparisce dimo-
rassero in Genova (olim habilalorem civitalis J amie et
Jiliimi quondam Joannis, habitatorem in difia villa
Pradelli) fossero gli stessi dei documenti Salineriani.
Ma oggi è impossibile di più sostenere tale opinione.
Il Domenico, che nei documenti di Savona è vivo nel
1494 (prcesentibus Dominico de Columbo olim textore)^
trovasi morto avanti il 1481 (quondam Dominici) nA
documento del Campi. Saranno parenti? Può darsi;
e la congettura sarebbe dimostrata ragionevole dal-
l' identità del casato, e dal ricorrere in entrambe fa-
miglie gli stessi nomi, Bartolommeo, Cristoforo, An-
drea, Giovanni, Antonio; corrispondenza che sarebbe
' Pagina 8 e 9.
PREFAZIONE STORICO-CRITICA.
troppo Strano riputare casuale. Ammesso ciò, i docu-
menti fin ad ora passati a rassegna, si accorderebbero
assai : sol caderebbe 1' opinione di chi diede a Cristo-
foro Colombo per madre Susanna del Bisagno. Ma i
Genovesi non s'adagiano a questa sentenza; ed im-
putando di falso il documento campiano, perchè
troppo esplicito, gliene contrappongono un altro del
pari esplicito, che porta la data del 26 gennaio 1501.
Un tal Sebastiano Cuneo, figlio ad un Corrado, che
nel 1474 aveva venduto a Domenico de Colmnbo de
Qitinto Jamie habitatori Saone, un fondo in Legino,
intenta lite agli eredi CristopJiorum , Bartolomeuìn
etjacobwn de Cohtmbis.filios et heredes di^i quondam
Dominici eoruin patris, jamdiu fore a civitate et posse
Saone absentes et tiltra Pisas et Niciam de Proventia
et in pa7^tibus Hispmiice commorantes. Le indicazioni
sono troppo precise per sospettare che possa trattarsi
di altri Cristofori; e quindi siamo costretti a scegliere
tra r autenticità del documento campiano, e 1' auten-
ticità di questo : ed infatti da entrambe le parti si
palleggiano le accuse odiose di falsità. A chi dar fede?
È difficile giudicarne con imparzialità; e gli atti ori-
ginali, il cui confronto potrebbe dar molto lume, man-
cano dall' una e dall' altra parte : quel di Savona ri-
posa sulla fede di Giulio Salinero, riputato giurecon-
sulto; quello per Pradello ha dalla sua 1' autorità grave
del canonico Campi. Non sarà male, prima di pronun-
ciare un giudizio definitivo, aspettare che dagli archivi
omai aperti a tutti, esca qualche nuovo documento a
far traboccar la bilancia.
PREFAZIONE STORICO-CRITICA.
Vincano gli uni egli altri, rimarrà non pregiudicata
la questione dove proprio nascesse Cristoforo Co-
lombo; perchè sia i Colombo di Quinto, sia quelli di
Pradello, ebbero per degli anni stanza in Genova e
nei circostanti paesi ; talché ciascuno di questi luoghi
può ragionevolmente possedere la gloria di avergli
dati i natali : a meno che non si voglia credere all' au-
tenticità non indiscutibile del testamento Colombiano
del 1498, dove, conforme nota il nostro scrittore', si
afferma nettamente, Nacqui in Genova, ecc. E di-
ciamo autorità non indiscutibile, non soltanto per la
ragione estrinseca che molti ne dubitano, ma princi-
palmente perchè nel decreto reale che lo conferma ed
accompagna, si leggono le seguenti parole : Sobre lo
guai mandamos al principe D. Jitan nuestro muy caro
e muy amato hijo, etc.\ il qual Giovanni era morto da
due anni. Dicono fosse distrazione degli scrivani; ma
è distrazione così singolare che pochi vorranno ac-
quietarsi a questa spiegazione. Altri tentò sospettarne
posticipata per errore la data col facile scambio di
una cifra per un' altra; ma ivi sta scritto Jueves en
veinte y dos de Febrero de niil ctiatrocientos noventay
ocho; e proprio nel 1498 soltanto, il 22 febbraio ca-
deva in giovedì.
Le incertezze del luogo di nascita si collegano a
quelle della data; la quale, se stiamo al Bernaldez,
autorità certo gravissima, deve riporsi al 1435 od al
1436. Vi concorrono altri dati, e principalmente molti
Tagina 8.
PREFAZIONE STORICO-CRITICA.
fatti che abbiamo da Ferdinando e dal Las Casas; fatti
che altrimenti dovrebbero in gran parte rigettarsi per
falsi, o almeno per molto inverosimili : al che noi non
sapremmo davvero addattarci. I più gravi argomenti
che di recente si addussero a provar che Cristoforo
nascesse un dieci anni appresso, cioè tra il 1446 ed il
1447, sarebbero alcune induzioni dagli atti savonesi
del 1470, nei quali non comparendo Cristoforo ad
assistere la madre nella sua qualità di maggiore, ed
essendosi dovuto ricorrere ad un consiglio di fami-
glia, sembrerebbe eh' egli allora fosse minorenne;
mentre fa atti di maggiorità il 26 agosto 1472. Se-
condo tale ipotesi, egli non potrebbe esser nato né
prima del 1446, ne dopo del 1447. Ma sono induzioni
troppo deboli; che un' assenza probabilissima del
Colombo nel 1470, potrebbe spiegare plausibilissima-
mente il fatto eh' egli allora non assistesse la madre,
e fosse stato necessario il consiglio di famiglia; ne un
tale argomento negativo potrebbe prevalere al posi-
tivo del Bernaldez, intimo dell' Ammiraglio, che ne fu
ospite : d' altronde potrebbero tenersi coni' obbiezione
a chi reputa che veramente il nostro Cristoforo ap-
partenesse a quella famiglia.
Un punto non di grande rilievo per se medesimo,
ma pur importante per le conseguenze che ne deri-
vano, è r arrivo del Colombo al Convento della Ra-
bida, dal nostro autore fissato con ottime ragioni
all' anno 1485', e che certo deve riporsi tra il 1484 ed
I Pagina 30.
PREFAZIONE STORICO-CRITICA.
il 1485. È importante, diciamo, per le conseguenze
che ne derivano; poiché è una delle circostanze che,
negata, scemerebbe molto V attendibilità della storia
dell' Ammiraglio scrittane dal figlio Ferdinando, con-
tro la quale V Harrisse e più altri, con una critica che
per voler essere acuta diventa cieca, accumularono
ogni sorta d' accuse, poi, nella massima parte lumino-
samente sventate. Nel che sono ammirabili per copia
di erudizione e per finissimo e lucido argomentare i
volumi varj che n' ebbe a scrivere il nostro Prospero
Peragallo. Ferdinando ripone 1' arrivo del Colombo
col figlio alla Rabida, nel primo giugnere dal Porto-
gallo, mentre altri vorrebbe intendere che ciò avve-
nisse soltanto dopo che disperando che i Reali di
Spagna accogliessero le sue proposte, volgeva nel-
r animo di offrirsi ad altre nazioni. Questi ultimi si
fondano sopra V attestazione giurata di Garcia Her-
nandez, il quale parlando dell' arrivo del Colombo
alla Rabida, non distingue con molta precisione i due
arrivi, ma li confonde in uno; benché dalle sue stesse
parole ne apparisca un pò in confuso la distinzione.
Oggimai però la luce è fatta. Possiamo asserire per
concordi e sincrone testimonianze che il Colombo,
venendo di Portogallo, lasciò alla Rabida il figlio
Diego, e lo riprese, conducendolo a Cordova, quando
le pratiche con la Regina Isabella, per la spedizione
neir Atlantico, erano già venute a prospera risolu-
zione.
Non si può toccare del Convento della Rabida,
senza che il pensiero ricorra al notissimo Padre Gio-
COLOMBO 2
PREFAZIONE STORICO-CRITICA.
vanni Perez, che ospitò lo straniero umiliato e lo soc-
corse d' opera e di consiglio. L' autore francese, segue
r errore comune, sol da pochi anni riconosciuto e ret-
tificato, di confondere il Perez con il Padre Antonio
di Marchena, altro (e fors' anco più entusiasta) favo-
reggiatore del Colombo, ed il cui giudizio, come
quello eh' era tenuto per molto intendente di cosmo-
grafia, servì a dileguar molti sospetti sulla serietà del-
l' impresa che dal Colombo veniva proposta. Nel
testo stesso il traduttore introdusse fra le altre la
distinzione dei due personaggi, che ormai è evidente-
mente accertata, benché non forse, quanto sarebbe
necessario, sia egualmente conosciuta da tutti. Nelle
istruzioni che i sovrani danno all' Ammiraglio per
r apparecchio al secondo viaggio, lo consigliano a
pigliar seco Fi^ay Antonio de Marchena, porque es
buen astrologo, ed aggiungono, tra le altre ragioni a
persuadernelo, siempre nos pareciò cpie se confoinnò
con vuestro parecer : e forse il Colombo seguì le indi-
cazioni savissime dei Reali di Spagna. Certo ebbe
sempre a lodarsi di questi due Francescani, che
mentre tanti ne mettevano in canzone il progetto,
siempre (egli testifica) fueron constantes. Dubbio
è invece chi dei due fosse Guardiano al primo
giungere del Colombo al Convento di Santa Maria
della Rabida e se allora vi dimorassero entrambi.
La confusione in una delle due persone, la pro-
babilità che entrambi in tempi diversi possano
aver avuto il governo di quella comunità religiosa,
la scarsezza dei documenti che si conoscono, rendono
PREFAZIONE STORICO-CRITICA.
per ora impossibile accertare nulla intorno a tali
questioni.
Giacché siamo a discorrere dei Francescani che
coadiuvarono il Colombo nella scoperta dell' America,
non sarà del tutto inutile ricordare una curiosa notizia
rinvenuta da noi nella ricca biblioteca di Todi, della
quale ninno sin qui tra i biografi dell' Ammiraglio
mostrò di aver contezza. ''In questo anno 1492
Cristoforo Colombo, Genovese, andò nelle Indie a
scoprire nuova terra e nuovi paesi, e tra gli uomini
che seco condusse nella sua caravella, fu il Rdo
P. Gióvan Bernardino Monticastri, nobile di Todi,
dell' Ordine dei Minori, uomo di gran letteratura e
pratico di astronomia, che fu ai^co di lui confessore;
onde Gabbriello Monticastri, fratello di detto Reli-
gioso, ad uno delli tre figli suoi pose nome Cristoforo.
LiH:. patent. et Epistola ci. Columbi olim asservabatur
penes haered. Gabrielli per Bernard. Boccardum.
" Come il tutto emerge da un libro intitolato d^o-
nache della città di Todi dall' anno 1000 a tutto l' an-
no 1499, scritto dall' eruditissimo Antiquario Gio.
Batta Canonico Alvi, Patrizio di questa città, alla
part. i^ pag. 97.
'' Nel libro delle Genealogie della famiglia di Todi,
urbane e forensi et alcune estere, ricavate dalli libri
genealogici dell' Archivio segreto in San Fortunato,
dalli ms. dell' Antiquario signor Canonico Gio. Batta
Alvi, nobile di questa città e da altri antichi e mo-
derni documenti collazionati, registrati e quivi fatti
PREFAZIONE STORICO-CRITICA.
registrare da me Pietro Bolognini con le loro respet-
tive armi, etc. si trova nella Genealogia dei Monti -
castri, pag. 95, la seguente serie :
T462
Honofrius
Sutor
DuCulo
1488
1481 I
Fr. Bernard. ^^ (i) Gabriel Vir Io. Moscatus
de Obser% D.ne Aure de Landis
I
Christofura Ux. |
Simon
Jacobi. Frane. Anti Atti
1511
I Eufrasia Ux.
Cristo (phorus)
Sanótes Gentiloni
Julia Ux. Petri
de Cisis
I
Paulus Emilius
Cesius
Io. Hieronimus I. U. D.
Angiola
che morì 1562
(i) Che fu confessore di Cristoforo Colombo
e andò con lui in America.
Faustinus |
Fortunatus Stultus
Filomena.
1581
Cristophorus Vir Innocentiae
Acciamonti
Urbe Veteri quae obiitlnd.
die 6. Martii 1613.
" I nobili di Montecastro, che appariscono descritti
nel catasto vecchio fatto V anno 1322, secondo l'opi-
nione di alcuni, si crede che discendano da qualche
ramo di nobili di Acquasparta, diramato in più e di-
verse famiglie. Altri credono che discendano da altro
ramo di detti nobili di Acquasparta.' "
I Croniche di Gio. Fabrizio di M. Pietro di M. Onofrio Uffreduccio
degli Atti, Cancelliere della Repubblica di Todi, scritte nel 14^8, ms.
prezioso della Biblioteca di Todi che esisteva ancora il 1762, ora
perduto. E forse sono perdute anche le Croniche della città di
PREFAZIONE STORICO-CRITICA. xxi.
Anche le relazioni del Colombo con V Enriquez in
Cordova, furono di quest' ultimi anni soggetto di
dispute calorose ; ed a rivendicare da macchie la fama
del navigatore immortale, sorsero valorosi paladini,
principalmente il Roselly de Lorgues, poi, dietro a
lui, il primo de' sottoscritti, che ne tradusse in italiano
una vita; ed in Genova contro coloro, cui non sembra
gravasse 1' onta d' oltraggiare il grande concittadino,
ne sostenne virilmente le parti il valente pubblicista
Don Antonio Marcone, in cui anch' oggi, nella grave
sua età e veneranda canizie, il pensiero dell' amato
Colombo risveglia gli entusiasmi ed il calore degli
anni suoi giovanili. E veramente chi pesi in equa
lance le ragioni che stanno per l' innocenza e l' inte-
grità morale di Cristoforo, non può non vedere che la
vincono di gran lunga sopra i sospetti e le vaghe voci,
le quali vengono loro opposte dagli avversar]. La
bella e nobile Enriquez, il cui soave affetto all' Am-
miraglio in tanta vicenda d' umiliazioni e d' onori non
mancò mai; quella Enriquez, che dal Colombo ai Rie
viene ricordata qual moglie eh' egli lasciò diserta per
servirli nei viaggi di scoperta; quella Enriquez eh' egli
raccomandava al figlio Diego, perchè la tenesse in
luogo di madre; quella Enriquez eh' egli ricordò nel
suo ultimo testamento con tanto affetto; quella Enri-
quez, diciamo, non poteva non essere amata di amore
irreprensibile, casto e puro. Se vi sono alcuni e non
Todi dall' anno looo all' anno 1499 scritte dal Canonico Alvi.
Il 1877 esistevano ancora : ma nel 1881 non ci fu possibile di
rinvenirle.
PREFAZIONE STORICO-CRITICA.
ispregievoli storici che opinarono in contrario; non
mancano storici egualmente autorevoli, i quali sen-
tenziarono a suo favore : d' altronde tutte le circo-
stanze della vita del Colombo, il carattere suo morale
nobilissimo, e il sentimento religioso profondo esclu-
dono il sospetto di una macchia sì grave. Sicché il rac-
conto del nostro autore', ci sembra su questo rapporto
in tutto conforme a verità.
Non vera invece è la circostanza, narrata pur dal-
l' Oviedo, e che ha fatto il giro del mondo, che^ il Co-
lombo minacciato di morte dalla ciurma in mare nel
primo viaggio, proponesse di navigare verso V occi-
dente per altri tre giorni, dopo i quali, se non scopris-
sero terra, consentirebbe a dar volta verso 1' Europa.
Il caso sarebbe allora stato il vero scopritore d' Ame-
rica; ed il Colombo avrebbe dovuto esser profeta;
r una e 1' altra ipotesi è del pari senza fondamento; ed
è molto più assennato rigettare come favola divulgata
dalla fama, che più s' allontana dal vero e più cresce,
il racconto dell' Oviedo, che supporre che il Colombo,
già sì persuaso della solidità del suo disegno, e già
sì presso a veder coronato dall' esito il suo sogno di
lunghi anni affannosi, volesse poi farne dipendere 1' at-
tuazione dal caso. Egli stesso nel suo Giornale, in cui
tante minutissime cose segnò diligentemente, questa
di tanto rilievo V omise : e il figlio Ferdinando, non
che il Las Casas, ne serbano alto silenzio.
Dopo la scoperta d' America la vita del Colombo,
' Pagina 33. ' Pagina 57.
PREFAZIONE STORICO-CRITICA. xxiii.
al quale si rivolsero gli sguardi di tutti, amici e nemi-
ci, non può essere più un mistero; manca in molti il
giusto criterio a giudicarne V azioni, ma i fatti sono
conosciutissimi : conosciutissime le calunnie che ne
amareggiarono i giorni, le difficoltà incontrate nella
colonizzazione d' America, nella non dissimulata osti-
lità della Corte di Spagna, sospettosa di quello stra-
niero, a cui, senz' avvedersene, aveva conceduto
poteri tanto più grandi di quelli dello stesso Re, di
quanto V America supera in forze ed estensione la
Spagna. Quindi non è per noi tema sul quale pos-
siamo intrattenere i lettori; che trattato a fondo,
richiederebbe un libro; e trattarlo a volo, sarebbe
inutile ed inconcludente. In questi ultimi anni, gli
studj intorno al Colombo, hanno avuto un risveglio;
e così anche la cura amorosa di adunarne le me-
morie. Nel che merita onorata menzione il Baldi, il
quale in Genova cercò di raccogliere le memorie co-
lombiane : acquistò la casa, che, secondo lo Staglieno,
sarebbe stata proprietà della famiglia Colombo; con
grandi sacrifici riunì una copiosissima biblioteca di
stampe concernenti il Colombo, e per fortuita combi-
nazione da uno Spagnolo, discendente dalla famiglia
nella cui casa il Colombo spirò V anima grande, ebbe
le catene, che avvinsero per ordine del Bobadilla lo
scopritore dell' America, e che questi solea tenere
sempre presso di sé, e voleva (scrive il suo figlio)
che fossero seppellite con il proprio cadavere :
nel che le sue intenzioni consta che non vennero
eseofuite.
xxiv. PREFAZIONE STORICO-CRITICA.
Alcuni avanzi delle ceneri dell' eroe, tornarono a
quella Italia, che gli aveva dati i natali; e Genova che
forse lo vide nascere, Pavia dove ricevè insegnamento
fruttuoso, poterono alietarsi di rivedere e riverire gli
avanzi di quel Colombo, per emulare la cui gloria
bisognerebbe che un' altra terra fosse creata. E non-
dimeno manca ancora a lui in Italia un monumento
che ne sia degno, un monumento intellettuale; voglia-
mo dire una raccolta completa dei documenti che lo
concernono ed una vita di lui. Benemerito, certo, bene-
merentissimo, fu il Roselly de Lorgues, che, primo,
aperse la via ad indagini pazienti ; benemerito anche,
fra noi, il Tarducci, autore di una vita ricca di molti
pregi : nondimeno oggi si potrebbe fare e chiedere di
più, moltiplicando le ricerche a schiarire i punti oscuri
che ancora rimangono a dilucidare. E ci duole che il
Centenario passi tra feste transitorie, senza che forse
resti di duraturo nuli' altro che la memoria del grande
-Eroe viva scolpita nel cuore degli Italiani.
Roma, Via Merulana, Collegio Sant' Antonio, addì 14
luglio, giorno sacro al Serafico Dottore S. Bona-
ventura, del 1892. 4.
Fr. Marcellino da Civezza M. O.
Fr. Teofilo Domenichelli M. O.
T A scoperta del Nuovo Mondo è, seitza dttb-
-^-^ biOy una delle più maravigliose intra-
prese concepite da tmiaìto intelletto e portate
a fine. Ad effettuarla occorreva esperienza
di navigazione, coraggio a t zitta prova e
costanza di proposito che per difficoltà non
venisse incito; a dir breve ci voleva un aniìna
che al sicuro presentimento del futuro unisse
inaschia fede. A sì meìnorabile avvenimento
Dio aveva scelto Cristoforo Colombo.
E veramente un anima grande, rischiarata
da viva fede, sostenuta da invitta speranza,
ad abbattere la quale non basterebbero ama-
rezze, né sventure, ne svanirebbe per trionfi,
fu r anima del Colombo.
, Se ci fossimo proposto di scrivere una piena
storia di lui, non ce ne sarebbero mancati i
docttmenti; /' Herrera, il Las Casas, il Ber-
naldez e Giovanni di Ferreras ne hanno
quanto basti per ciò, che concerne le relazioni
di lui con la Spagna. A ite he il suo figliuolo
Ferdinando, che visse alla corte di Carlo V,
ne dettò una storia, in cui ci dà preziosi parti-
COLOMBO.
INTRODUZIONE.
colavi del carattere di lui, e i progetti che
divisava, i quali non si potrebbero omettere
senza che quella ne rimanesse monca. Vi di-
scorre a lungo delle ragioni che iìtdussero il
grande navigatore a ciìfientarsi alla scoperta
delle Indie Occideìttali; ragioìti tratte da
studj geografici ed astroìtomici, da testimo-
nianze di antichi scrittori, ed anche contem-
poranei, e da relazioni di gente di mare. Ma
il lavoro pili autorevole ed importante è il
Giornale dello stesso Colombo, dove dì per dì
notò quanto gli accadde duraìite la lunga sua
navigazione, e i varj seìitimeìtti che /' agita-
vano.
Ci siamo giovati di questi molti lavori per
raccogliere il presente piccolo volume, iìi citi il
lettore troverà ammaestramenti di pietà, di
umanità e di cristiana rassegnazione. I limiti
che ci proponemmo , non ci hanno consentito
trattenerci in particolare degli tiltimi viaggi
del grande Ammiraglio alle colonie da lui
fondate nella Spagìtola; avendo giudicato piit
giovevole seguirlo ìielle scoperte fatte, che fer-
marci a descrivere gli avanzamenti degli Spa-
gnoli, i quali, per soppiantarlo, non rifuggirono
dalle pive odiose perfidie.
Il più delle notizie che riguardano il Co-
lombo cominciano dalla sua scoperta, e appena
CHRISTOPHER COLUMBUS
After an engraving hy George E. Ferine from a copy of the painting
hy Parmigiano in the Royal Gallery at Naples
INTRODUZIONE.
accennano ai fatti che la precedettero; allar-
gandosi invece sullo stabilimento dei Casti-
gliani nelle Antille e sulle difficoltà che lor
suscitò tra gì' isolani la loro barbara cupidi-
gia. Noi abbiam fatto /' opposto, scrivendo uìta
biografia del Colombo, e non già un stento sto-
rico delle colonie spagnole.
Ci siamo profittati di assai lavori recenti,
specialmente del Sunto della Storia generale
dei viaggi di Laharpe, da cui togliemmo il
ristretto del Giornale del Colombo durante la
sua prima spedizione, e così della Storia Uni-
versale di Cesare Cantù, la quale ci dette non
poche preziose notizie al proposito nostro.
Né dobbiamo in ultimo tacere (che sarebbe
ingiustizia) il piit importaìtte libro che sia
stato fatto sul Colombo, vogliam dire la Storia
de ir illustre Conte Roselly de Lorgues, che
n ebbe tanto plauso ed ammirazione dal-
l' Europa e dalle due Americhe.
^-
■4?
et-
ià
Monumento al Colombo, in Genova, sua patria.
CristDfain Cnl0mfin
LA SCOPERTA DEL NUOVO MONDO.
Capitolo primo. - sommario.
Cristoforo Colombo. Sua nascita. Parecchie città si contendono
1' onore di avergli d^to i natali. Da ciò che egli dice di sé
stesso, fu Genovese. — Suoi umili cominciamenti. Sua fami-
glia; suo padre, il tessitore Domenico; sua madre ed i fratelli.
— Il Colombo era di nobile origine. Domenico Colombo
manda il giovane Cristoforo all' università di Pavia, pro-
gressi che vi fa negli studj; ritorno alla casa paterna. — Al-
l' età di 14 anni s' imbarca. Comanda più tardi una galea. —
La quale rimane incendiata in un combattimento sostenuto,
ed egli si salva a nuoto. Tocca le coste del Portogallo.
E nella storia dell' umanità vi è nome
[^ celebre, insieme, e popolare, senza dub-
bio è il nome di Cristoforo Colombo.
^ Forse ve n' ebbe altri che menarono più
alto rumore, e vi furono conquistatori, che lasciarono
tali tracce di sangue per dove passarono, che non
potranno mai cancellarsi : ma ben altra luce circonda
il nome dello scopritore d' un nuovo mondo, che la
potenza del suo pensiero indovinava; dell' intrepido
navigatore e apostolo della fede cattolica e dell' in-
civilimento che da essa deriva; di colui che ne portava
e piantava lo stendardo in regioni sconosciute, da lui
scoperte. Inspirato a tant' opera dall' alto, fu egli
sempre, nonostante tanti disinganni, tante amarezze e
ineffabili dolori, il cristiano ammirabile che la Provvi-
CRISTOFORO COLOMBO,
denza aveva scelto all' effettuamento de' suoi consigli
divini. Mai non vacillò la sua fede, né venne mai
meno lo stimolo potente che sentiva di dentro e lo
determinava ad operare, perchè Dio stesso gli aveva
dato la prima, e messo nell' anima il secondo; ed egli
n' era così convinto che da Dio soltanto ripeteva
r una e 1' altro, né mirava che a Lui, maturando il ri-
trovamento di un mondo novello. E per ciò stesso ne
fu degno ed ebbe tutta la protezione divina, guidato
dalla mano creatrice dell' universo. Quale gloria il
poter dire col Salmista, come fu verissimo : ** Dio per
mio mezzo ha rinnovata la faccia della terra! "
Non è ancora molto tempo che quasi nulla sape-
vasi di certo de' primi anni del Colombo. Dove nac-
que egli ? Dove passò i primi suoi anni ? Quale fami-
glia fu la sua ? A tutte queste dimande che lo storico
doveva fare a sé stesso, invano avrebbe potuto ri-
spondere, non avendo altri dati che affermazioni o
negazioni contraddittorie, racconti leggendarj e im-
maginarj, aneddoti più da poeti, che da critica storica.
Per lo che lo storico trovandosi come in viaggio in
mari non conosciuti verso il passato, ben poteva
piegare più da un lato che dall' altro, ma nessuna
luce soccorreva a dirgli ove si trovasse; onde il
Washington Irving che pur aveva fatte molte e
pazienti ricerche ebbe a scrivere, che '' tanto affati-
cavano le tentate sentenze dei commentatori, che riu-
sciva assai diffìcile accostarsi alla verità in tale labi-
rinto di congetture. "
Ma di presente si può rispondere con sicurezza ad
alcuna di così fatte quistioni. Cristoforo Colombo
nacque nel 1435. Ben molte città si studiarono
di far propria la gloria di essere state la culla di
CAPITOLO PRIMO.
Gasa dei Colombo in Genova.
questo uomo immortale. Cuccaro, Oneglia, Finale,
Quinto, Nervi, Savona ed altri luoghi; togliendola a
Genova. Fra tutte le prove che se ne potrebbero
CRISTOFORO COLOMBO.
addurre, la più valevole ed autentica è quella dello
stesso Colombo. Egli, grand' Ammiraglio dell' Oceano
e Viceré delle Indie, nell' atto con cui istituiva un
maggiorascato nella sua famiglia con la data del
2 2 febbraio 1498, afferma nettamente d' essere nato
in Genova : Sieìidoyo nacido en Genova, ciudad noble
y poderosa por la mar. '' Nacqui in Genova, città
nobile e potente sul mare. " Ed aggiunge : " Racco-
mando a' miei successori di fare tutto ciò che possa
tornar di onore e di profitto alla città in cui nacqui,
senza nondimeno recar danno alla corona di Spagna. "
I cominciamenti di colui, che doveva addurre al-
l' impero della croce un mondo sconosciuto, furono
modesti ; e in tale modestia cercò i mezzi di aiutare
il proprio ingegno; e forse ciò contribuì non poco a
formarne 1' indole con quella tempra di fermezza che
lo rese capace di affrontare ogni maniera di contra-
rietà e di pericoli, e restarne vincitore.
II suo genitore chiamavasi Domenico, ed era pos-
sessore di alquanti beni di terra, il cui tenue prodotto
non gli bastava a vivere; per lo che s' era allogato
in una casa fuori le mura di Genova, dove paziente-
mente e laboriosamente esercitava il mestiere di tes-
sitore in lana. Aveva a sposa una contadina del
Bisagno, Susanna Fontanarossa, che se gli portò
assai ristretta dote, era pur ricca di buon senso e di
virtù. Dio benedisse largamente questa unione, e
dette loro cinque figli, una femmina e quattro maschi;
cioè Cristoforo, Bartolomeo, Pellegrino e Giacomo, il
penultimo dei quali morì prima dei vent' anni.
Ma questa povertà di Domenico non impedisce che
fossero di antica prosapia i suoi antenati. Pare eh' egli
discendesse da una famiglia lombarda, i cui rami
CAPITOLO PRIMO.
s' erano trapiantati nel Piemonte e nella Liguria. In
Genova parecchie famiglie avevano lo stesso casato
del Colombo, e forse erano tutte imparentate; ma diver-
sità di fortuna le aveva separate; così che mentre i
membri di alcune per ingegno e servigi prestati alla
Repubblica, occupavano in essa alti posti, i membri
di altre, come Domenico, traevano dal lavoro giorna-
liero il pane della vita. Non importa qui a noi cercare
le prove per le quali apparisca il diritto che può avere
alla nobiltà il Colombo. Mettiamo ciò non sia stato;
ma ben dal padre suo ricevette nobili tradizioni, per
le quali 1' uomo arriva alla verace grandezza. Sia
dunque che egli co' fatti della sua vita desse novello
splendore al casato, sia eh' egli la creasse a sé e alla
propria famiglia, il certo è che questa n' ebbe una che
vince ogni altra; la nobiltà che nasce da elevate
facoltà, ricevute da Dio e usate sapientemente.
Domenico ammirato dell' intelligenza che mostrava
il suo figliuolo e dei rapidi avanzamenti che faceva, si
determinò a nulla omettere di quanto potesse contri-
buire a nobilitarne la mente e il cuore. E però come rag-
giunse i dieci annijlo inviò nell' università di Pavia,una
delle più celebrate a que' dì, perchè vi studiasse di pro-
posito filosofia naturale e astronomia. Frequentò Cri-
stoforo per qualche tempo quella celebre scuola; ma le
non agiate condizioni del padre mal potendo sostenere
ulteriori sacrifizj ebbe egli a far di là ritorno per aiutare
padre e fratelli nella professione di cardatori di lana.
Cristoforo si assoggettò come figliuolo esemplare a
quel lavoro, ma non si ristette il suo pensiero dallo
spaziare in vaste e misteriose lontananze. Il ceruleo
mare, che bagna così amorosamente delle sue onde i
piedi della città di Genova, agiva con arcana potenza
10 CRISTOFORO COLOMBO.
suir immaginazione di lui. Oh quante volte T anima
ardente spaziava lontano dalle pareti domestiche in
cerca di qualcosa di sconosciuto nell' immensità del-
l' Oceano, mentre con le mani era macchinalmente
nel lavoro da cui traeva il suo sostentamento la fami-
glia. Colpi di mano contro i pirati, navigli sbattuti
dalla tempesta, mostri marini, isole fortunate, mari
tenebrosi, e chi sa, forse anche un continente perduto
in spazj senza confini; e quivi vedute incantevoli,
immagini terribili, che si succedevano le une alle altre,
e ne tenevano straordinariamente accesa la fantasia;
tutto questo forse accadeva dentro di lui, senza che
alcuno se ne avvedesse.
La vita de' marinai nel Mediterraneo era a que' dì
piena di pericoli. Gli Stati delle sue coste tenevansi
come in guerra perenne, ed i navigli di questa o di
queir altra nazione erano sempre nell' occasione di
attaccare o nel bisogno di difendersi. I capitani di
ventura quando non avevano da combattere per qual-
che potenza, guerreggiavano per proprio conto, pro-
cacciandosi il necessario alla vita. Né mancavano si-
gnori, che sotto pretesto di assicurare i propri diritti e
privilegi, armavano delle flottiglie, né si facevano scru-
polo di saccheggiare i vascelli che incontrassero per
via. Altri, veri corsari, si gittavano sopra qualunque
naviglio lor venisse fatto di cogliere, a qualsiasi nazione
appartenesse, tanto solo che se ne impromettessero
un ricco bottino;e così quelli che erano stati risparmia-
ti dai venti e dal furore delle procelle trovavano più
crudeli nemici. Oltre che i combattimenti continui che
accadevano tra cristiani e musulmani, combattimen-
ti a morte tra la civiltà e la barbarie, rendevano la na-
vigazione una scuola ben penosa e un duro tirocinio.
CAPITOLO PRIMO. 11
Ma tutto ciò non isgomentava il nostro eroe, che
alla vita di casa anteponeva quella avventurosa della
marina. Uscito dall' università di Pavia, e passati
alcuni mesi in seno della famiglia, s' imbarcò contan-
do quattordici anni. Quanto aveva là imparato non
gli tornò utile che appresso, avendo dovuto ora im-
barcarsi in condizioni di mozzo. Ma bene possiamo cre-
dere che sebbene di così tenera età si determinasse
a quella vita, le lezioni che n ebbe non furono perdute,
per uno di spirito così grave e meditabondo qual' era.
Dal momento che s' imbarcò fino al 1459, circa
dodici anni, non possiamo fare che congetture su
quanto operò. Si sa che navigò traversando il Medi-
terraneo, che percorse V Arcipelago e i mari di Le-
vante, che si battè ripetutamente coi pirati, coi corsari
maomettani e di Barberia; in uno de' quali combatti-
menti all'arrembaggio ricevette una pericolosa ferita,
cicatrizzatasi soltanto dopo lungo tempo, e per cui fu
sofferente sino all' ultimo di sua vita.
Solo dal 1459 abbiamo autentici documenti che lo
riguardano. In detto anno, Giovanni d' Angiò, duca
di Calabria, armava una flotta coli' intendimento di
far vela verso Napoli e di ricuperare quel regno a
nome di suo padre, Renato, conte di Provenza. Il
Colombo avuta notizia di questa spedizione e del-
l' aiuto che la città di Genova gli fornirebbe in dena-
ro, uomini e galee, andò a pregarlo che lo accettasse
a suo servizio; e lo vediamo arruolato sotto il coman-
do d' uno de' suoi parenti, Colombo 1' ArchipiratOj
ardito corsaro, rendutosi famoso per i suoi colpi di
mano contro gli infedeli ; e poi in ufficio di luogote-
nente sotto quello di un altro Colombo, detto il Gio-
vane, nipote del primo e non meno celebre dello zio.
12 CRISTOFORO COLOMBO.
L' intrepido Colombo il Giovane, avendo saputo
che quattro galee veneziane tornavano di Fiandria
riccamente cariche, deliberò di assalirle benché a capo
di piccola squadra; e ciò fece in vista della costa
portoghese, tra Lisbona e il Capo San Vincenzo. Il
combattimento durò per un intero giorno con pari
furore da ambe le parti. Venuti all' arrembaggio,
essendosi intricate le galee le une con le altre, gli
equipaggi combattevan corpo a corpo, come avviene
in terraferma. Cristoforo Colombo in quel dì aveva
il comando di una galea. Essendosi disgraziatamente
incendiata la galea veneziana eh' egli aveva abbor-
data, le fiamme si appiccarono alla sua. Si provò a
stricare subito la propria dall' altra, ma non vi riuscì;
tanto s' erano a vicenda prese coi rampini e le cate-
ne di ferro; e quando non fu più possibile di restare
sul ponte, perchè la sua galea non era più altro che
una vampa, si gettò nelle onde con tutto 1' equi-
paggio. Incontratosi con un largo remo, se ne giovò
per mantenersi a gala, e con questo aiuto, potè rag-
giungere la spiaggia lontana circa due leghe dal
luogo dove era avvenuto il combattimento.
Di là si rendette tosto a Lisbona, dove incontrò
parecchi compatrioti, e tra questi, il suo fratello ca-
detto, Bartolomeo.
Se vogliamo stare all' autorità di qualche scrittore,
ciò non sarebbe vero; ma la sua gita al Portogallo sa-
rebbe avvenuta per il suo amore ai viaggi, per il desi-
derio di conoscere altri luoghi ed altre genti, e compiere
il suo ammaestramento. Che che ne sia, il certo è che
preludiò alla sua grande scoperta del Nuovo Mondo
con ripetute spedizioni ne' mari fino all' ora conosciuti.
SOMMARIO.
Le scoperte al secolo XV. Impulso dato a' viaggi di esplorazio-
ne dal principe Enrico di Portogallo. Lisbona e que' dì
centro dell' attività scientifica. Il mondo conosciuto avanti
Cristoforo Colombo. — Egli copia de' manoscritti e forma
delle carte marine per provvedere a' suoi bisogni. — Suoi
costumi, suo carattere; sua pietà sincera e piena di entusia-
smo. — Contrae a Lisbona un primo matrimonio. — Il suo
cognato Pietro Correa. Favole e leggende concernenti i mari
non conosciuti. Indizj che n' ebbe il Colombo dai naviga-
tori. Vi aggiunge i risultati delle proprie esperienze, e s'im-
barca per Porto Santo. Visita successivamente Madera, le
Azzore, la Guinea. — Si risolve ad una spedizione verso
r Ovest, ed espone i suoi divisamenti alla repubblica di Ge-
nova e di Venezia: ma senza successo.
U ALCHE tempo prima della nascita
del Colombo, arditi navigatori si erano
spinti a tentare delle scoperte; le quali
spedizioni divennero più frequenti, a
mano a mano che i principj della navigazione si
svolsero mediante 1' esperienza, e progredì 1' arte di
costruire i navigli. Il principe Enrico del Portogallo,
figliuolo di Giovanni I, aveva favorito quanto poteva
queste difficili, ma gloriose ricerche. Invaghito della
scienza nautica, della geografia, della cosmografia
e delle matematiche, si era ritirato dalla corte per
attendere a lavori ne' quali trovava il suo appaga-
mento. Procuravasi le relazioni di quanti viaggi
sapesse che erano stati fatti e traduzioni di mano-
14
CRISTOFORO COLOMBO.
scritti arabi, usava con piloti e uomini esperti di
mare facendo tesoro delle loro cognizioni : così per
lui Lisbona, alla fine del secolo XV, addivenne il
centro di un movimento scientifico prodigioso, e là
costruivansi le navi più eccellenti, si disegnavano i
planisferi più esatti e le migliori carte marine; là
finalemente si vendevano le migliori opere, e i mi-
gliori strumenti.
Il mondo conosciuto dagli antichi.
Alla morte di questo principe si arrestò per qual-
che tempo sì fatto movimento scientifico da lui
iniziato e portato innanzi con tanta sua gloria. Ciò
nonostante a Lisbona ne restò la fama; per lo che i
piloti i più sperimentati, e i geografi di miglior ripu-
tazione continuarono a recarvisi. Bartolomeo Co-
lombo, fratello secondogenito di Cristoforo, tenuto
giustamente per valente geografo, vi si stabilì per
esercitarvi un mestiere a cui sentivasi potentemente
chiamato.
Il mondo conosciuto al tempo del principe Enrico
era assai ristretto, credendosi che il globo ter-
CAPITOLO SECONDO. 15
racqueo non eccedesse V Europa, le coste d' Africa
bagnate dal Mediterraneo, una grande parte del-
l' Asia Meridionale : al di là era l'immaginario e l' in-
cognito. I planisferi appena presentavano una metà
dell' antico continente, dove F Africa pigliava la
forma bizzarra d' una isola lunga, stretta e paralella
al Mediterraneo. E quasi per incutere spavento a
coloro che si occupavano dell' incognito, i geografi
segnavano i limiti con figure d' ipogrifi e d' antropo-
fagi; essendo proprio dell' immaginazione umana di
supporre de' mostri, dove ignora che cosa possa tro-
varsi.
Ma sotto il principe Enrico, le carte geografiche
e marittime vennero assai migliorate; ed inoltre a
questo tempo erasi fatto generale F uso del com-
passo, le coste d' Africa erano state in parte esplo-
rate di là dal Capo Bianco, e vennero scoperte le
isole di Capo Verde e delle Azzore.
Cristoforo Colombo frequentava Lisbona il più
che poteva, da che le scoperte dei Portoghesi si
avessero attirata F attenzione di tutta F Europa; sia
per desiderio di scienza, sia per appagamento di
curiosità e solletico di avventure, molti uomini di
mare s' eran là raccolti, pronti a far parte di qualun-
que spedizione si preparasse.
Il Colombo ospitava quivi in casa del suo fratello
Bartolomeo; e per non essergli soverchiamente a
carico, buon calligrafo secondo que' tempi e pratico
nel disegnare, copiava manoscritti e delineava carte
di mare; anche comprava libri e li rivendeva; insom-
ma si studiava, per quanto gli era possibile, di prov-
vedere a sé stesso e soccorrere suo padre. E invero
commovente la filiale pietà con cui lo sovvenne
16 CRISTOFORO COLOMBO.
avanzato negli anni, mentre non bastava quasi a se
medesimo!
Contava allora circa i trentacinque anni, ed era in
tutto il vigore delle sue forze fisiche ed intellettuali.
Di statura mezzana, ma bene conformata; aveva il
naso aquilino, gli occhi bigi tendenti al chiaro, lo
sguardo espressivo e vivace, biondi i capelli ma inca-
nutiti precocemente per le veglie e i soprapensieri, un
carattere focoso, ma temperato a dolcezza. Semplice
poi nel vestire, modesto nel tratto e nelle parole ed
insieme eloquente, la sua gravità, affabilità e genti-
lezza si attiravano facilmente i cuori, conservando
nelle povere sue condizioni una nobile dignità che
imponeva. Era insomma un vero gentiluomo, e chiun-
que trattasse con lui, vi ravvisava qualcosa di non co-
mune che lo distingueva da tutti.
Un' altra cosa dobbiamo qui specialmente notare,
cioè la scrupolosa esattezza con cui sempre adempì
a' suoi doveri religiosi; non già soltanto per ciò che
riguardava le pratiche esteriori, ma per la viva ed
ammirabile pietà di cui era dentro informato, e che
si appalesava in tutte le sue azioni; il che fu parte
del nobile suo carattere : fu, in una parola, solenne-
mente religioso.
Finché si trattenne in Lisbona, ogni mattina assi-
steva alla Messa nella chiesa di Ognissanti addetta al
Monastero, e notò la sua divozione e pietà Donna
Filippa di Perestrello, che quivi trovavasi ad essere
educata.
Era essa figliuola di Bartolomeo Monis di Pere-
strello, gentiluomo italiano, navigatore di vaglia,
ufficiale della real casa, già molto amato dal principe
Enrico, che lo aveva nominato Governatore del-
CAPITOLO SECONDO. 17
r isola di Porto Santo e datagliene una grande parte
in proprietà.
Incaricato di colonizzare Porto Santo, Monis di
Perestrello vi si adoperò quanto seppe e potè; ma
ben presto dovette arrestarsi. Alcuni conigli portati
neir isola vi si erano moltiplicati per modo che i co-
loni da quel terreno non ebbero più a sperar ricolti.
Si provarono a distruggerli; ma non vi riuscirono,
per essere essi troppo pochi e radi, e quelli, favoriti
dal clima dell' isola, si moltiplicavano senza fine. Da
ciò avvenne che quantunque il Monis di Perestrello
vi possedesse, morì povero, rovinato dalle gravi
spese in quello sperimento infruttuoso, e lasciò tre
figliuole con la sola dote delia loro virtù.
11 Colombo non badando a tali loro condizioni,
chiese Filippa in isposa e 1' ottenne. Non ne miglio-
rò di patrimonio, ne crebbe in riputazione, e conti-
nuando tranquillo a disegnar carte e copiare mano-
scritti, non andò guari che per il ricordo delle cariche
tenute dal Perestrello e l'amicizia che lo aveva unito
al principe Enrico, fu ammesso presso il re Alfon-
so V, il quale, non ordinò veramente spedizioni
alcune, ma si occupava con passione delle scoperte
di mare; per lo che gradiva assai la conversazione
del piloto genovese di cui rimaneva come incantato.
Sovente trattenendosi egli in vario ragionare con
la famiglia, la sua suocera, vedova di Monis, donna
di non comune intelletto, come di specchiata pietà,
gli parlava de' viaggi fatti dal suo sposo, e delle spe-
dizioni a cui aveva preso parte,e gliene dette tutte le
carte da lui lasciate e i ricordi scritti di propriamano.
Già una delle due sorelle di Filippa aveva sposato
parimente un marinaio, Pietro Correa, governatore
18 CRISTOFORO COLOMBO.
poi di Porto Santo; e il Colombo profittando pari-
mente di tutte le osservazioni di questo navigatore e
di quanto raccontava, raccolse un tesoro di utili
cognizioni; perocché egli notava tutti anche i più
minuti fatti, e, così profondo investigatore com' era,
da ogni anche minimo particolare traeva costrutto ;
benché non ne esagerasse punto Y importanza. Egli,
perspicacissimo, sapeva ben distinguere fra le osser-
vazioni dell' esperienza i racconti vaghi e favolosi.
, Le credenze popolari concernenti V Oceano erano
al tempo del Colombo speciose e senza fine. Sovente
parlavasi dell' isola delle sette città, nella quale,
secondo un'antica leggenda, molti abitanti de' luoghi
di Spagna e di Portogallo invasi dai Mori, a fuggire
la schiavitù, eransi rifuggiti co' proprj vescovi in
numero di sette. Imbarcatisi alla ventura su parecchi
navigli, dopo di aver errato di qua e di là per qual-
che tempo e non senza angoscie finalmente s' avven-
nero nella detta isola in mezzo all' oceano; dove
discesi, i sette vescovi fecero distruggere i vascelli
per togliere a chicchessiasi il ritorno e fondarono le
città ricordate.
Parimente si raccontava che alcuni piloti porto-
ghesi, avessero ripetutamente toccato terra in que' lon-
tani lidi ; ma nessuno d' essi aver fatto più ritorno :
ancora dicevasi che al tempo in cui il principe Enrico
si faceva gloria di favorire le ricerche per mare, un
bel dì gli si presentarono parecchi naviganti, affer-
mando di arrivare da un penoso viaggio in cui in
effetto avevano incontrato 1' isola delle sette città e
discesivi, trovarono che i suoi abitanti parlavano la
stessa loro lingua, dai quali vennero menati subito
ad una chiesa, per assicurarli che in verità eran cat-
CAPITOLO SECONDO. 19
tolici com' essi; e per questo incontro con gente della
stessa religione, essersi i medesimi mostrati straor-
dinariamente commossi : più aver chiesto loro con
vivo interesse se Spagna e Portogallo rimanessero
ancora soggette a' Mori. Aggiunsero poi che mentre
una parte del loro equipaggio visitava la chiesa, gli
altri, nel raccogliere della sabbia per uso di zavorra,
s' accorsero stupefatti che essa per un terzo era pol-
vere d' oro. GÌ' isolani avrebbero voluto che i due
navigli dei capitani si fermassero ancora per qualche
giorno, fino al ritorno del loro governatore che era
assente; ma temendo che potessero rattenerli, salpa-
rono con le vele a' venti.
Con questa favola quegli avventurieri provarono
ad ottenere dal principe del Portogallo una larga
ricompensa; ma egli rispose che facessero ritorno
air isola per riportarne più determinati particolari.
Temendo essi che 1' impostura venisse scoperta,
scomparvero né più si udì parlar di loro.
Ma non erano soltanto queste invenzioni fantasti-
che che in tal tempo agitavano gli spiriti e ne mo-
stravano le preocupazioni ; v' erano eziandio dati
d' importanza conosciuti dal Colombo, i quali non
diremo influissero su lui quanto da alcuni si è giudi-
cato, ma che certo contribuirono al prodigioso divisa-
mento che egli veniva maturando in se stesso. Pietro
Correa, suo cognato, aveva incontrato nel mare un
pezzo di legno lavorato assai bene, che il vento
d' Ovest spingeva verso 1' Europa; e i forti venti che
spiravano da questo lato, avevano menato alberi
sconosciuti alle spiagge delle Azzore. Marinai porto-
ghesi eransi avvenuti al largo in grandi navigli di
strana forma, montati da uomini di altra schiatta
20 CRISTOFORO COLOMBO.
della nostra, e in conseguenza d' una tempesta, due
cadaveri, che non avevano punta somiglianza con gli
Europei, erano stati gettati sulle coste dell' isola
de' Fiori; finalmente altri particolari aveva ricevuto
Colombo da due ufficiali portoghesi, Martino Vin-
cente e Antonio Leme, tornati anch' essi da famose
ricerche. Il primo, navigando verso 1' Ovest, ritrasse
dall' onde un legno artisticamente scolpito, che accen-
nava di venire dall' opposta sponda del mare; il se-
condo dal lato d' occidente, aveva potuto scorgere a
grandissima distanza delle coste d' Europa, le punte di
tre isole.
A tutte queste osservazioni altrui il Colombo
poteva aggiungere le proprie. Poco dopo il suo spo-
salizio imbarcavasi con Donna Filippa per 1' isola di
Porto Santo, dove ella possedeva qualche beni pa-
terni, e quivi ne' parecchi mesi che vi restò ebbe il
suo primogenito, a cui pose nome Diego. Apresso
visitò Madera, le Azzore, e costeggiò la Guinea, nulla
lasciando di quello che poteva accrescere le sue cono-
scenze, e contribuire al suo perfezionamento di pilo-
to, per tal modo arricchendo ogni dì più la sua men-
te, e con lo studio e la meditazione secondando le
notizie acquistate.
L' anno 1474 si risolvè ad un viaggio di scoperta
verso r Ovest; progetto di cui già aveva fatto parola
al medico fiorentino Toscanelli che ne rimase in-
cantato.
Poi nel 1476, fece ritorno a Genova, deciso a ten-
tare ogni mezzo possibile per effettuare il suo dise-
gno. Gli parve naturai cosa e doverosa indirizzarsi
anzi tutto alla sua patria e giovarsi dell' opera
de' suoi concittadini in cose di mare sperimentatis-
CAPITOLO SECONDO. 21
simi affinchè, se fosse riuscito, ne risaltasse la potenza
e la gloria per cui era già tanto famosa. E domanda
al Senato che gli venissero forniti alquanti piccoli
navigli, obbligandosi a partire verso 1' Ovest, navi-
gando finché non avesse incontrate le terre dove
nascevano le spezie.
Ma la gran città Ligure non era ancora entrata
nel cammino delle scoperte; e i risultati assai dubbj
d' una spedizione in cui le spese sarebbero certe e
probabili i danni, non mossero punto quell' assem-
blea, anzi gente di pratica più che di scientifica specu-
lazione, ebbero il loro concittadino in conto di sogna-
tore. Oltre che la Repubblica in que' momenti tro-
vavasi esausta per le spese di armamenti che le biso-
gnavano; ed anche contribuì al rifiuto il ricordare
che due celebri uomini di mare, di due delle sue più
illustri famiglie, Doria e Vivaldi, ducent' anni prima
avevano fatto la stessa proposta, e partiti non erano
mai più tornati da quel loro folle e temerario
viaggio.
Queste cose si dissero in Senato per mostrare la
poca o nissuna fede che si aveva a quello che tene-
vano per un sogno di lui e a umiliarlo maggiormente
si trasse dagli archivj il racconto della suddetta spedi-
zione del Doria e del Vivaldi, finita sì miseramente
senza alcun successo.
Allora il Colombo se ne partì per Venezia. Ma la
regina dell' Adriatico, rivale di Genova in potenza e
in ricchezze, non ne accolse meglio le proposte :
perocché raccoltosi il Consiglio terminava con un
rifiuto.
SOMMARIO.
Cristoforo Colombo pazientando visita i mari polari e l' Islan-
da. Ritornato a Lisbona perde la sua sposa, Donna Filippa.
— Giovanni II, re del Portogallo. Il Colombo ne ottiene
un' udienza, e gli espone il suo divisamento. Il re a poco a
poco vi s' interessa e mostrasi disposto a secondarlo. — Il
Colombo propone condizioni che Giovanni tiene per inac-
cettabili. Sante ragioni che giustificano le esigenze di Co-
lombo. — Disleale e perfida condotta di Giovanni. Fa chie-
dere a Colombo la nota delle sue osservazioni e divisa-
menti, e le confida ad un capitano di caravella con ordine di
compiere 1' intrapresa. Cattivi successi di questa malvagia
azione. — Il Colombo, sdegnato di tanta viltà, si rifiuta a
più trattare col re; lascia Lisbona e fa ritorno a Genova.
IFIUTATO da Genova e da Venezia il
Colombo rimise a tempo più propizio
r effettuazione della sua proposta, confi-
dato nella Provvidenza divina e armato
di nobile pazienza; e frattanto continuò ne' suoi
viaggi finché arrivasse V ora della grand' opera che
divisava. Adunque negli anni 1476 e 1477, avanza-
tosi ne' mari polari, visitò 1' Islanda, e ne fece ritor-
no molto affranto dalle fatiche, ma sempre più entu-
siasmato del pensiero che nutriva, e che fu la domi-
nante sua passione, e lo scopo di quanto fece, insom-
ma di tutta la sua vita.
Addivenuto di esperienza consumata nella diffi-
cile arte del navigare, il Colombo riprese le sue
abitudini usate, copiando libri e costruendo sfere.
CAPITOLO TERZO. 23
Allora Dio gli mandò una delle più dure prove della
travagliata sua vita. Nella morte della nobile e diletta
sua Filippa rimase vedovo, senza persona che par-
tecipasse alle sue speranze, e che lo confortasse nelle
sofferenze colle quali Dio ne sperimenterebbe la
virtù.
Alfonso V, re del Portogallo, moriva, succedendo-
gli Giovanni II, che si mostrò propenso a' naviga-
tori e a favorirli nelle loro imprese. Ripigliate le tradi-
zioni da lungo tempo interrotte del suo grande zio
Don Enrico, si fece familiari uomini periti di mare,
come Diego Cano e Pietro e Bartolomeo Diaz, desi-
deroso di portare a fine i divisamenti da quello ini-
ziati, inviando i suoi vascelli fino a' mari delle Indie,
lungo le coste africane; per lo che facilmente concesse
udienza al Colombo da lui conosciuto in corte men-
tre viveva re Alfonso, e di cui non ignorava la
stretta parentela coi due governatori di Porto Santo,
Monis di Perestrello e Pietro Correa.
Introdotto alla presenza del re, il Colombo gli
espose con semplicità e brevità il suo progetto lun-
gamente studiato, mostrandosi sicuro di quanto asse-
riva. Offrivasi, se gli concedesse i navigli de' quali
abbisognava, di condurli per V Ovest fino all' Orien-
te, e aprire così comunicazioni tra il Portogallo e
le ricche contrade che il Gran Khan dell' Asia tene-
va a sé soggette.
Il progetto del Colombo rovesciava tutte le idee
allora ammesse in cosmografia. Parecchi uomini di
scienza si facevano forti di quel versetto del Salmo :
Extendens ccBlu7n sicut pellem, " distende i cieli a
mo' di pelle " ad affermare la rotondità della terra.
Altri credevano la terra piana e lunga; altri di forma
24 CRISTOFORO COLOMBO.
quadrata; chi diceva che all' Ovest trovavasi il
mare tenebroso, un abisso spaventevole, che occu-
pava la metà del mondo; e chi avrebbe volentieri
ammesso la rotondità della terra; ma negando la pos-
sibilità di un ritorno, se un naviglio fosse giunto agli
antipodi. Ma che parliamo noi di antipodi? Di questi
negavasi 1* esistenza.
Don Giovanni che sulle prime non istava gran
fatto per le vedute del Colombo, poi cominciò a
mostrarglisi favorevole; perchè a mano a mano che
r udiva interrogandolo, vedeva in qualche modo la
possibilità di quanto affermava. Gliene pareva au-
dace la proposta, ma lo incantava con la sua gran-
dezza; per cui si determinò a tentarla per assicurare
al suo regno una gloria ben più invidiabile di quella
de' conquistatori.
Ma prima di dare F ordinazione definitiva, volle
sapere dal Colombo stesso quale compenso esige-
rebbe, se riuscisse. Questi espose le sue condizioni
che parvero inaccettabili. Qualche scrittori Porto-
ghesi affermano che Don Giovanni prima di abban-
donare r idea del Colombo, consultasse alcune per-
sone di merito, alle quali espose le ragioni che lo
facevano esitare. Esse sarebbero state il vescovo di
Ceuta, Ortiz di Calsadiglia, e due suoi medici, Don
Roderigo e Giuseppe, i più valenti astronomi e
dotti cosmografi del Portogallo, alle ricerche dei
quali coadiuvate dal celebre Martino Behain di
Norimberga si deve 1' applicazione dell' astrolabio
alla nautica; ed esaminato che ebbero in commis-
sione il progetto del Colombo, sarebbero stati d' av-
viso che non se n' avesse a tener conto.
Pare però che il re vedesse più giusto di quelli che
CAPITOLO TERZO. 25
aveva chiamati a consiglio; per lo che immediata-
mente avrebbe concesso al Genovese i navigli ed i
soccorsi necessarj, se questi nobilmente fermo nelle
sue esigenze non ne avesse richiesta una ricompensa
che pareva esorbitante.
Chiedeva il Colombo di venir nominato Viceré,
governatore generale di tutte le terre che discoprirebbe
e grande Ammiraglio dell' Oceano ; dignità che do-
vrebbero passare a' suoi discendenti; più il decimo
dell' oro, dell' argento, de' diamanti e delle perle che
si troverebbero nei paesi da lui governati; e pari-
mente la decima di tutto quello che il suolo produ-
cesse, spezie, piante, frutti e profumi.
Non considerando più che tanto, si è tentati a
qualificare tali pretese d' insensatezza, massimamente
se si rifletta che eran presentate da un uomo affatto
povero e senza apparenze di sorta, fuor quella che gli
veniva dall' essersi imparentato con un Portoghese,
e che non aveva fiducia altro che in sé stesso. E
nondimeno il Colombo proprio nel momento di ve-
dere effettuato il sogno che da sì lungo tempo lo
travagliava, non cedette, checché ne potesse avve-
nire.
Invano re Giovanni tenta di piegarlo a patti men
gravi. Il Colombo rifiuta titoli, onori, entrate e pri-
vilegj, ogni cosa, se non gli venga concesso quanto
chiede. Tratti pure con un re, egli costretto a vivere
del mestiere di copista e venditore di libri; o quanto
chiede o il suo rifiuto é inesorabile. Anzi minaccia
fieramente di ritirarsi, menomati che siano quelli che
reputa suoi diritti.
Ma a che mirava egli con sì gravi condizioni,
fermo così in esse da mandare a monte ogni con-
26 CRISTOFORO COLOMBO.
trattazione, se non gli siano ammesse ? s' ingannerebbe
chi credesse che fosse stato 1' amore di ricchezze o
di potere. Egli aspirava ad immensi tesori per il
riscatto a forza d' oro del Santo Sepolcro di Cristo
tenuto da' Musulmani; e se l'oro non fosse bastato,
allora egli avrebbe raccolto un esercito di cinquecen-
tomila uomini, e a capo di esso, novello eroe della
croce, r avrebbe conquistato armata mano. Fu
questo il secreto delle sue esigenze, ne volle cedere
il minimo de' privilegj straordinarj che chiedeva,
perchè egli stesso avrebbe contribuito a far dileguare
le sue più care speranze.
Scoprire un mondo ed assoggettarlo al regno di
Cristo, era questo il suo divisamento magnanimo;
poi riscattarne la sacra tomba, e costituirsene guar-
diano e custode era il suggello che aspirava di met-
tere alla sua missione!
Ma egli aveva tenuto in sé il segreto; e re Gio-
vanni, benché credutosi offeso da tanta fortezza di
carattere, che tuttavia non poteva non ammirare,
pur non intendendo donde procedesse, non senza
pena sentiva sfuggirsi un progetto che grandemente
lo rapiva; così che se il Colombo avesse diminuite
le sue esigenze, senz' altro gli avrebbe fornito
uomini, oro e navigli per effettuarlo. Ma questi si
tenne inflessibile, aspettando che la corte cedesse,
mentre essa credeva che con un po' di tempo acca-
derebbe il contrario.
Uno de' consiglieri del re gli suggerì la maniera
di ottenere la scoperta senza cedere parte alcuna
delle sue prerogative al Colombo; cioè comunicare
a qualche buon piloto i disegni e le note del Colom-
bo, e inviarlo alle terre che questi presentiva. Ne
CAPITOLO TERZO. 27
riscuoterebbe lo stesso onore se V impresa riuscisse,
ne si umilierebbe a condizioni con un avventuriere
straniero, che i cortigiani trovavano offensive alla
dignità regia.
Era la più grande infamia che potesse commet-
tersi, rubare a chi 1' aveva concepito e maturato, un
progetto di tanta grandezza ed importanza. E nondi-
meno re Giovanni vi consentiva!
Di fatti veniva richiesto al Colombo, che deposi-
tasse in Corte tutti i particolari concernenti V esecu-
zione della sua impresa : il che egli fece prontamente
non arrivando a sospettare che si tramasse così ne-
ramente contro di lui, e che un re potesse farsene
complice; anzi pensò che meglio esaminata in Corte
la pratica, gli volessero concedere gli aiuti sì lunga-
mente aspettati.
Invece re Giovanni, sotto pretesto di soccorrere
di viveri le colonie di Capo Verde, spediva immedia-
tamente una caravella comandata da abile capitano,
col secreto incarico di seguire alla lettera le indica-
zioni del Colombo. Dio non poteva favorire tanta
iniquità! Dopo qualche giorni di cammino 1' equipag-
gio della caravella si ribellava, un' orribile tempesta
mise tutti in terrore, per lo che rivolsero la prua
a Lisbona dove arrivati misero più che mai in deri-
sione i progetti del Ligure, navigatore.
Questa condotta del Monarca lo trafisse fiera-
mente, ed ulcerato nell' anima deliberò di rimpa-
triare. Saputo che il re voleva ripigliare con lui le rotte
trattative, giurò che non s' impaccierebbe più mai
con un principe così sleale, e messo insieme il poco
di sua proprietà, col figliuolo Diego fece vela per
Genova.
28
CRISTOFORO COLOMBO.
Ma anche questa rifiuterebbe novellamente le sue
reiterate proposte, senza ombra di speranze; 1' unica
consolazione che vi trovò fu quella di rivedere il vec-
chio suo padre e riceverne la sua benedizione. Non
sappiamo se con quella chiaroveggenza che talvolta
si manifesta in chi si avvicina alla tomba, V umile
tessitore di lana intravedesse F avvenire che Dio
riservava al suo figliuolo, dopo tante prove dolorose!
SOMMARIO.
Respinto nuovamente dalla sua patria, il Colombo si risolve
di offrire i proprj servizi alla Spagna. Isabella la Cattolica,
regina di Castiglia, e Ferdinando, re d' Aragona. — Il Con-
vento di Santa Maria della Rabida. Accoglienza che v' ebbe
il Colombo. Il Padre Guardiano, Giovanni Perez, ed il Padre
Antonio di Marchena. — Giovanni Perez lo raccomanda alla
Corte. — Ferdinando di Talavera. — Il Colombo passa a se-
conde nozze in Cordova. — Antonio ed Alessandro Geraldini.
Il gran Cardinale di Spagna, Gonzalez di Mendoza. Il Co-
lombo ottiene udienza dai re. — L' assemblea di Salamanca,
alla quale espone i suoi divisamenti, non si nnostra punto
convinta che possan attuarsi, e li rigetta. — Ciononostante
viene ripetutamente chiamato alla Corte. Novelle speranze
e novelli disinganni. Si risolve ad abbandonare la Spagna.
'ii^'^fF^
|L ritorno del Colombo dal Portogallo a
r^ Genova avvenne nel 1484. Quivi dimorato
> qualche mesi e convinto che qualunque
^ altra pratica riuscirebbe inutile presso la
Repubblica rifinita di forze, non disperò di effettuare
la sua impresa, con la sublime confidenza che non
r ebbe mai abbandonato; e si determinò a partire per
la Spagna. Teneva allora questa nazione uno de'
primi posti tra regni cristiani. Il matrimonio di
Ferdinando d' Aragona con Isabella di Castiglia,
ambedue gloriosamente regnanti, dava alla Spagna
una forza e potenza di cui fino allora non s' era
veduta 1' uguale. Oltre che per la lotta da essa soste-
nuta contro i Mori, vi continuavano le vere tradì-
30 CRISTOFORO COLOMBO.
zioni della cavallerìa cristiana. Cristoforo Colombo
aveva lasciato la patria povero e come sconosciuto;
ma sperava in un soccorso più che umano, che non fa
mai difetto a chi crede vivamente.
Toccava egli i cinquant' anni, passati nel lavoro,
in isperimenti, nella meditazione e nella preghiera;
né per aver raggiunto tale età, si scoraggiava. Come
il gigante San Cristoforo, suo patrono, portava an-
ch' egli un mondo, né cadeva d' animo, né le fatiche
sostenute avevano scossa V invitta sua speranza.
Ma dove approdò egli toccando la Spagna? In
quale porto, su quale parte di spiaggia ? Noi sappiamo,
il certo è che Dio 1' accompagnava.
A qualche distanza dalla città di Palos vedesi un
promontorio già tutto verdeggiante, di mezzo ai cui
arbusti sorgeva un solitario Convento di Francescani
dell' Osservanza, fatto per attendervi alla contempla-
zione, dinanzi 1' immensità dell' Oceano che si perde
in una lontananza senza confini; e chiamavasi Santa
Maria della Rabida, titolo della Vergine Madre, a
cui é dedicato.
Il Guardiano che lo reggeva nel 1485 aveva nome
Giovanni Perez, religioso di esemplare pietà e umiltà
come ad un fervente discepolo del Patriarca Serafico
si addiceva; ma la cui fama, per essere appunto
Religioso di soda e verace virtù, s' era così diffusa,
che la regina Isabella 1' aveva più volte richiesto di
consigli : e V avrebbe voluto a confessore. Se non che
egli amava passionatamente il suo Convento, e ne
anteponeva la vita silenziosa e penitente alla rumo-
rosa e seducente delle Corti. Vi era ancora un dotto
Cosmografo, il Padre Antonio di Marchena, la cui
dottrina era pari alla umiltà : per lo che sulla più
CAPITOLO QUARTO.
31
... un dì si presenta picchiando alla porta del Convento
della Rabida uno straniero poveramente vestito : e pre-
gava pane al giovinetto figliuolo che aveva seco. (pag. 32.)
alta vetta del promontorio che dominava V Oceano,
aveva fatto costruire una specula, da cui nelle notti
32 CRISTOFORO COLOMBO.
Stellate dilettavasi, dopo lo studio e la preghiera,
ammirare nelF armonico e mirabile loro corso gli astri
e interrogarli dei periodici loro giri, benedicendo e
lodando Iddio dinanzi a sì splendido spettacolo della
creazione!
Or ecco che un dì si presenta picchiando alla
porta del Convento uno straniero poveramente
vestito : aveva errata la strada e pregava per un
tozzo di pane al figliuoletto che aveva seco. Mentre
il fratello portiere gli faceva la carità, s' incontrò
a vederlo il Guardiano, che avvicinatosi, gli doman-
dò affettuosamente chi egli fosse e donde venisse.
Rispose che si chiamava Cristoforo Colombo, e
veniva d' Italia, in via per la Corte spagnola, dove
aveva da fare un' importante communicazione a que'
sovrani. Il Perez senz' altro 1* invitò ad entrare, ed
egli accettò 1' ospitalità con riconoscenza.
Senza dubbio Dio aveva preparato il cuore di
questo umile figlio di San Francesco a riceverlo,
come aveva menato il Colombo alla porta del Con-
vento, dove avrebbe trovato anime capaci d' inten-
derlo, e disposte a confortarlo e soccorrerlo, anime
insomma degne di lui.
Di fatti, non appena egli entrò con loro in discorso,
il Perez col Padre Antonio V ebbero pienamente
compreso, e da quel momento si strinse fra essi un
affetto, che non verrebbe spezzato neanche dalla
morte, perchè non è possibile nominar il Colombo
che non si pensi agli illustri Francescani, che gli
si addimostrarono padri e fratelli, ospitandolo, consi-
gliandolo e porgendogli potente aiuto.
Il Colombo, passati alquanti mesi con quegli
illustri uomini e suoi compagni della Rabida, partì
CAPITOLO QUARTO. 33
per la Corte; avendogli quelli fornito una sufficiente
somma di danaro per il suo viaggio, con una lettera
di calda raccomandazione al Priore di Prado, confessore
della Regina; e frattanto ne ritenne il giovine figliuolo
Diego, incaricandosi dell' educazione, che non poteva
continuare sotto il governo e V autorità del genitore.
Arrivò Cristoforo a Cordova, dove allora risiedeva
la Corte di Castiglia 1' anno i486, quando Isabella e
Ferdinando erano tutti occupati nella conquista del
regno di Granata. Ma le speranze che lo avevano
rianimato, e che, mediante V amicizia del Padre Perez,
si erano ravvivate, non tardarono a dileguarsi. L' ac-
coglimento fattogli dal confessore della Regina fu ben
altro da quello che si aspettava. Ferdinando di Tala-
vera. Priore di Nostra Donna del Prado in Vallado-
lid, era senza dubbio uomo d' ingegno, di sapere e di
virtù; ma si guardò bene di parlare al re dell' uomo
raccomandatogli; perocché credeva sogni e nulla
più gli ardimentosi concetti, co' quali aveva saputo
sedurre 1' immaginazione di solitari Frati : la
ragione è che il Talavera, uomo di lettere e di erudi-
zione, non erasi mai occupato di scienze naturali, e
giudicava leggermente di cose, per le quali non
aveva sufficienti preparazioni.
Il Colombo si rassegnò ad aspettare, e la Provvi-
denza gli inviava nelle sue sofferenze una consola-
zione. Una giovine donna della nobile famiglia Cor-
dovese degli Arafia, Beatrice Enriquez, sentì pietà di
lui e volle alleggerirgli il peso della vita, sposandolo
verso la fine del i486; perchè sebbene non posse-
desse tutte le avite ricchezze, aveva quanto bastava
per restituirlo a sé stesso. Certo, in quest' unione é
da vedere la mano della Provvidenza divina, che in
34 CRISTOFORO COLOMBO.
tal modo rendeva fermo il soggiorno del Colombo
nelle Spagne.
Foco dipoi di questo avvenimento egli fu presen-
tato ad un prelato di assai merito, Antonio Geraldini,
in quel tempo nunzio del Papa a quella Corte, ed
il cui fratello, Alessandro, teneva ufficio di aio a'
figliuoli di Ferdinando e di Isabella. Tutti e due si
entusiasmarono per i progetti del grand' uomo e per
la nobiltà del suo carattere, e a loro mezzo venne
ammesso presso di Pietro Gonzalez di Mendoza,
arcivescovo di Toledo e gran Cardinale, la cui
influenza sopra i Monarchi era tanta, da esser chia-
mato il re di Spagna.
Questi, uso coni' era agli affari e conoscitore degli
uomini, con una vasta intelligenza capace d' inten-
dere la vera grandezza, anziché lasciarsi vincere da
pregiudizi, com' era avvenuto al Talavera, intese di
quale importanza poteva essere per la Spagna il
progetto maturato dal Colombo e promise di par-
larne a' Monarchi, come fece; per cui il povero stra-
niero potè finalmente conseguir 1' udienza sì lunga-
mente aspettata con eroica rassegnazione.
Presentossi egli dunque così senza albagia come
senza esitanze. L' aureola del potente suo intelletto
lo rendeva non minore di loro. Modestamente per-
tanto e rispettosamente, ma con una dignità che gli
accattava rispetto si aprì alla loro presenza; e a
mano a mano che esponeva i suoi pensieri, la sua
parola prese una forza di eloquenza che rapidamente
s' insinuava e commoveva. Toccati in breve i tempo-
rali vantaggi a' quali menerebbe la sua scoperta,
insistè specialmente sulla gloria che ne verrebbe per
il dilatanìento del regno di Cristo. La Spagna
CAPITOLO QUARTO. 35
avrebbe il vanto di togliere dalla schiavitù degli infe-
deli r antico mondo e ridurre al mite giogo di Cristo
il novello, tuttavia barbaro e selvaggio. In quanto alla
parte a lui destinata disse non essere altro che quella
di un luogotenente di Dio, un istrumento nelle sue
mani, un ambasciatore per far conoscere a novelle
genti i disegni divini.
Il re d' Aragona era troppo perspicace per non
sentire la superiorità dell' uomo che gli parlava, e
non intendere che i disegni esposti posavano sopra
dati scientifici lungamente e dottamente meditati.
Anche la sua ambizione n' era eccitata, e vagheg-
giava la possibilità di scoprire qualche terra lontana,
che fosse più ricca ed importante di quelle che
avevano creata tanta gloria ai Portoghesi. Con tutto
ciò si tenne freddo e riservato. Volle che fossero
accuratamente esaminate le ragioni sopra le quali il
Colombo si basava, ed incaricò il Talavera che a
questo fine radunasse un' assemblea de' più riputati
astronomi e cosmografi del regno; dinanzi a' quali il
Colombo esporrebbe le teorie proprie, e farebbe co-
noscere i mezzi per attuarle. Poi agirebbe secondo il
giudizio del Talavera che presiederebbe 1' assemblea.
Specialissima considerazione gli addimostrò la
regina Isabella, eh' era rimasta profondamente com-
mossa; e Dio disponeva di servirsi appunto di lei
per il compimento de' suoi disegni.
L' assemblea, o Giunta, che il Priore del Prado
ebbe 1' ordine di convocare, si compose, la più parte,
di teologi, tutti uomini virtuosi e per sapere vene-
randi, ma poco o nulla versati nelle scienze naturali
e nello studio della cosmografia sino allora poco con-
siderata. Per quanto il Priore del Prado avesse buona
36 CRISTOFORO COLOMBO.
volontà di chiamare a queste conferenze uomini da
ciò, assai pochi ne aveva allora la Spagna; e lo
stesso può dirsi dell' Europa.
Essi si radunarono l' anno i486 in Salamanca dove
la Corte doveva passare l' inverno. Il Colombo espose
le sue idee con la forza ispiratrice che gli veniva dalla
fede, e con 1' eloquenza che aveva naturale. Fu udito
con grande gusto e stupore; ma non riuscì a convincere
un solo degli adunati. Perchè comunque avessero ret-
tissimo e sincero spirito di giustizia, era impossibile che
il sistema svolto dal Colombo non urtasse nelle idee
allora ammesse e tenute come verità incontrastabili.
Ma non si affanni per ciò la scuola dell' incre-
dulità a tacciare di miserabili ignoranti, uomini solo
colpevoli di aver vissuto della vita del proprio
secolo. Singolarissimo privilegio concesso per rara
eccezione ed a cui non manca mai il contrasto, è
r antivedere; perchè essendo naturai legge che le ve-
rità scientifiche si stabiliscano progressivamente nei
tempi designati dalla Provvidenza, non può a meno
che chi per singoiar privilegio antivede, non incontri
opposizione nel suo cammino. Se ciò non accadesse
significherebbe che tutti penserebbero allo stesso
modo; e allora non si avrebbero i casi privilegiati.
Quando Dio invia un uomo per promulgare qualche
grande idea incivilitrice gli dà il sentimento della
propria missione; e tanto gli basta per isperare. Né
importa che non sia di subito inteso; 1' idea fa il suo
cammino con lui, e lui disperando, essa resta perchè
viene da Dio; e resta anche ad essa unito il nome di
chi ne fu lo strumento; ricompensa ne ha in questa
vita. Uomini e cose e gli ostacoli stessi servono a
Dio per il compimento dei misteriosi suoi disegni.
CAPITOLO QUARTO.
37
Dicemmo in breve quali si fossero i sistemi in
voga a que' dì sulla configurazione della terra; per lo
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li
Il Colombo espose alla Giunta di Salamanca le sue
idee con la forza ispiratrice che gli veniva dalla fede, e
con r eloquenza che aveva naturale, (pag. 36.)
che nissuna meraviglia che commissarj scelti da Fer-
'nando d' Aragona riguardassero le teorie del
38 CRISTOFORO COLOMBO.
Colombo, come innovazioni pericolose, e che nel feb-
braio del 1487, la Giunta le respingesse all' unani-
mità. Chi le teneva come chimere, e chi, tra' meno
avversi al Colombo, le dichiarava impossibili ad effet-
tuarsi.
Ma se questo giudizio aggiunse un nuovo ritardo
a' suoi divisamenti, quella solenne discussione di
Salamanca gli acquistò certa popolarità; il che con-
tribuì a procurargli a poco a poco degli aderenti e a
tener ferma la pubblica attenzione sopra quest' uomo
ardimentoso nelle sue vedute, ma sempre grande e
concentrato in sé stesso e di una costanza che niun
avvenimento era sufficiente a scuotere e menomare.
Il suo parlare schietto e senza raggiri, la forza del
suo ragionare, la vasta erudizione che possedeva,
congiunta ad una profonda conoscenza delle cose
nautiche, non meno che la nobile fermezza del suo
carattere facevano stupire quanti trattassero con
esso lui.
Sicché le conferenze di Salamanca riuscirono
a suo profitto, rattennero la Corte dal fargli ulterio-
ri opposizioni, e gliela mantennero aperta. Di fatti
il re lo volle ripetutamente a se, e benché esitante
per le spese richieste dalla spedizione, non nascon-
deva la speranza che lo agitava di addivenir padrone
di terre sconosciute, dove nasceva V oro e si forma-
vano i diamanti.
Parecchie volte fu dipoi ripreso 1' esame dei pro-
getti del Colombo; ma la Corte trovandosi sempre
occupata in affari di grave momento, dovette egli
assoggettarsi ad altri ritardi con la solita rassegna-
zione„ Disse un celebre scrittore, che il genio é una
prolungata pazienza; in nessuno si é tanto verificata
CAPITOLO QUARTO. 39
questa sentenza come in lui. Aspettò senza lamenti,
sostenuto dalla sua fede e avvalorato dalla sua pietà!
Ad uscire da queste penose aspettative gli sarebbe
bastato il volerlo : perchè il re di Portogallo pentito
della slealtà con cui aveva trattato un tant' uomo : e
più che altro dolente di non potere trar profitto dalle
scoperte che gli aveva proposte, lo fece invitare a
patti novelli; ma egli fu inflessibile nel rifiuto, essen-
done rimasto offeso con troppa viltà. Gli perdonava
come cristiano e di animo naturalmente generoso;
ma comunque stimolato, stette fermo a non rispon-
dere alle novelle proferte.
La sua pazienza ebbe la dura prova di altri quattro
anni, da che in tutto questo tempo i Monarchi spa-
gnoli fossero assorbiti dalla guerra contro i Mori.
L'assedio di Baza, che durò lungamente, lo teneva in
grave pensiero, e si trattava nientemeno che di com-
piere i successi ottenuti sotto lo stendardo della croce
con la conquista di Granata.
La Giunta di Salamanca non aveva veramente
emessa una formale e decisiva sentenza sulle pro-
poste di lui, tentò dunque per mezzo di qualche per-
sonaggio d' autorità di farla raccogliere di nuovo; ma
r opinione de' membri che la componevano non s' era
punto mutata, e il suo ricorso venne respinto.
Ma la Regina non accettò come irrevocabile questa
decisione, e fece dire al Colombo che non disperasse.
Vero è che le spese ne' preparativi della guerra che
si allestiva contro i Mori erano così ingenti, da non
potersene separare una parte per la spedizione, ed era
quella una guerra che si connetteva troppo con gli
interessi della cristianità intera. Nondimeno la Regina
disse che richiamerebbe immediatamente a sé 1' affare
40 CRISTOFORO COLOMBO.
appena ve ne fosse la possibilità; il che piegò il Co-
lombo a pazientare ancora.
Notabilissimo è che in questa egli pensò e credette
di aver trovato il modo di arricchire la Spagna delle
sue scoperte senza che essa vi spendesse pur un
soldo. Per nascita, per alte dignità conseguite, per
insigni meriti acquistati, e per immensa fortuna di cui
usava nobilmente, aveva il primo posto tra i più grandi
signori di Castiglia il Duca di Medina-Sidonia, pa-
drone fra r altre cose di parecchie flotte e di parecchi
porti del paese ; e il Colombo si volse a lui per 1' ef-
fettuamento delle sue proposte. Ma o sia che quegli
temesse di darsi a simili imprese nel suo nome pri-
vato, mentre pareva che la Corte vi aveva rinunziato,
o sia che fosse tutto nel pensiero della guerra che
stava per aprirsi e a cui piglierebbe parte; fatto sta
che quantunque col Colombo si comportasse cortese-
mente, non volle secondarlo in quello che credeva
illusione.
Invece un altro gran signore, parente al suddetto e
non meno ricco, cioè il Duca di Medina-Celi, il quale
aveva anch' egli a sua disposizione soldati e navigli,
ne accettava 1' offerta, facendogli offrire da uno
de' suoi intendenti, chiamato Morales, ospitalità. Il
Colombo si recò a Porto- Santa- Maria proprietà del
Duca, per sopravegliare la costruzione dei navigli,
de' quali il Duca sosteneva le spese; e, prossimo
r allestimento, temendo che se al tutto privatamente
si assumesse egli 1' effettuazione d' un progetto a lui
caro, se ne potesse offendere la Regina, le scrisse per
esservi autorizzato.
La Regina rispondendo, dimandò che cedesse a lui
i navigli fatti armare, dei quali pagherebbe le spese
CAPITOLO QUARTO. 41
appena finita la guerra contro i Mori, e chiamato
presso di sé il Colombo, lo affidò ad un uomo di
nobile carattere e grandemente virtuoso, Alonzo di
Quintigliana.
Benché ornai si fosse fatta abito in lui la^rassegna-
zione, non gli costò poca pena il veder novellamente
differita chi sa quando la sua impresa, e vedendo che
invecchiava in una aspettazione senza frutto, che le
forze e la vita si logoravano, e che il novello mondo
da lui sì vivamente presentito resterebbe nell' ignoto
in cui era avvolto, si risolvè di picchiare ad altre porte,
sperando che si aprissero più facilmente. Mandò dun-
que il fratello suo Bartolomeo in Inghilterra, mentre
egli si dispose a recarsi in Francia per esporre al re
Cristianissimo le sue vedute. Che se questi si rifiu-
tasse alle sue proposte, il fratello proseguirebbe le
trattative con 1' altra nazione.
SOMMARIO.
Giovanni Perez rianima il coraggio del Colombo e lo rattiene
dall' abbandonare la Spagna. Frate Giovanni Perez scrive
alla Regina che lo invìi a Santa-Fé. — Il Colombo è chiamato
alla Corte, dove ha udienza da Isabella che gli promette di
aiutarlo nella sua intrapresa. — Se non che le richieste del
Colombo son giudicate inaccettabili; ma egli non cede. Nel
momento che stava per lasciare la Spagna, gli viene in soc-
corso la Provvidenza. E richiamato e l'impresa vien decisa.
— Il porto di Palos; i Pinzon; i preparativi del viaggio. Le
tre caravelle, la santa-maria, la pinta e la nina.
L Colombo innanzi di uscire dalla Spagna,
riprese il cammino della Rabida, non po-
,, tendo lasciar di rivedere il buon Fran-
1^ cescano, Giovanni Perez, da cui era stato
accolto con tanta gentile carità; e divisava di quindi
ricondurre presso la seconda sua sposa, donna Beatrice
Enriquez di Aragna il suo figliuolo Diego lasciato in
quel Convento.
Quando il Padre Perez conobbe quella sua risolu-
zione sentì vivissima pena; sì per il poco conto tenuto
di un tant' uomo a lui amico, e sì perchè a causa di
tante lentezze ed esitanze porterebbe ad altre
nazioni la gloria e 1' utile del grande disegno da
lui maturato. E primamente insistette perchè restasse
qualche tempo seco; poi avendo anche più accurata-
mente esaminato il suo progetto di navigazione col
Padre Antonio di Marchena e col medico del Con-
7
THE LANDINO OF CHRISTOPHER COLUMBUS
October iith^ i49^
After an en gravina by D. Edwin from the patntin?, by
E. Savane
CAPITOLO QUII»JTO. 43
vento Garcia Hernandez, matematico di valore, si
convinsero più che mai che era possibiHssimo ad
effettuarsi. Sicuro allora che il suo entusiasmo non lo
tradiva, contando sul credito che aveva presso la
Regina, di cui non s'era mai profittato per utile alcuno,
si determinò a scriverle.
Amante della vera gloria della sua patria, le mostrò
come la Provvidenza avesse inviato quella occasione
per alzarla sopra tutte le altre nazioni. Qual più
nobile desiderio che di recare la fede cattolica e i beni
dell' incivilimento da essa creato a selvaggi, abitanti
in contrade ancora sconosciute? Certo fu una spe-
ciale misericordia divina che questi uomini unici cre-
dessero fermamente nelle divinazioni del Colombo,
e ne intuissero la missione : questa gloria spetta al-
l' Ordine Francescano!
Il Padre Perez, già confessore della Regina, era un
santo; la Regina tocca pertanto dalla lettera di lui,
mandò a chiamarlo presso di sé in Santa-Fé, dov' ella
in quel momento si trovava. Arrivato, talmente la
convinse coli' eloquente sua parola, che entrò piena-
mente nelle vedute del grande navigatore, e piena
com' era di fede, fece sua la grande idea di conqui-
stare un nuovo mondo alla croce.
Da queir istante la causa del Colombo fu vinta :
fu vinta da Dio, che parlò per la bocca dell' umile
discepolo di Francesco; e, chiamato alla Corte, affin-
chè potesse presentarvisi degnamente senza arrossire
delle condizioni alle quali la povertà lo aveva ridotto,
Isabella gli mandò ventimila maravedis in fiorini
d' oro.
Intanto Granata s' era resa, e il giorno dell' Epi-
fania, 6 gennaio del 1492, Ferdinando, re d' Aragona,
44 . CRISTOFORO COLOMBO.
e la sua sposa, Isabella di Castìglia, fecero il loro
solenne ingresso nella Alambra. Giunto il Colombo,
non ostante tanta solennità di feste, fu subito rice-
vuto; per lo che il Perez non ebbe soltanto il merito
di avergli prestato fede, ma di aver indotta a credergli
la Regina. Di fatti come lo vide alla sua presenza non
gli chiese già più come pensasse di riuscire, perchè
ormai n' era certa. Senz' altro ella vide in lui 1' uomo,
che dilatando il regno di Cristo di là dai mari, darebbe
alla Spagna una gloria unica, e le splendette davanti
di viva luce la missione a cui la Provvidenza 1' aveva
destinata. E però non più Giunta, non più discus-
sioni; ma si metterebbe mano all' opera sì lunga-
mente meditata e combattuta.
Sola una cosa restava a regolare. Riuscendo 1' im-
presa, quali compensi chiedeva il Colombo per aver
dato alla Spagna un immenso regno d' incalcolabili
ricchezze? La Corte voleva conoscerli con chiarezza
e precisione. Ora questa che pareva non dover esser
altro che una formalità, stava per addivenire un
nuovo ostacolo.
Il Colombo espose le sue domande dinanzi alla
commissione, presieduta da Ferdinando di Talavera,
incaricato di riceverle. Disse dunque di voler essere
nominato Viceré, governatore generale delle isole e
continenti che riuscirebbe scoprire, e grande Ammi-
raglio dell' Oceano; dignità che dovrebbero trasmet-
tersi per diritto di primogenitura a suoi eredi. Inoltre,
riceverebbe la decima di tutte le produzioni delle
regioni scoperte, oro, argento, perle e pietre preziose,
spezie e frutti.
Ciò stesso aveva egli già proposto al re di Porto-
gallo, Giovanni II, che vi si negò. Ma per quanto
CAPITOLO QUINTO. ' 45
tempo doloroso fosse passato, e il Colombo vedesse
che lasciandosi sfuggire sì propizia occasione forse
non ritornerebbe più, si mantenne inflessibile nelle
sue esigenze, ne avvenisse quel che poteva.
La Giunta presieduta da Ferdinando di Talavera
si ritrasse indignata; non potendo intendere come uno
straniero tante volte respinto,e che non possedeva in
proprietà altro che un sogno, ardisse trattare da pari
a pari con Sovrani, e così misero com' era, si presen-
tasse a chi poteva soccorrerlo con pretese di un' arro-
ganza che non pareva senza colpa.
Ma noi che conosciamo i pii sentimenti che lo
governavano, noi non sappiamo se sia più da ammi-
rare la fede da cui era inspirato, o la grandezza
d' animo che non gli consentiva ceder nulla di quanto
esigeva per la gloria di Dio.
La Giunta si disciolse; e re Ferdinando mostrossi
più che mai avverso ai progetti, com' ei diceva, fanta-
stici di uno straniero, che chiedeva regni ed onori
sovrani, per una scoperta che non avea alcuna cer-
tezza. Il Colombo stette fermo a non cedere, e certo
omai di nulla poter avere da una Corte ostile, 'de-
liberò di proseguire i negoziati aperti con la Francia.
Presa pertanto la via per Cordova, dove aveva qual-
che affari da distrigare, e licenziatosi quivi dagli
amici, si dispose a lasciar la Castiglia che tanto e sì
lungamente lo aveva fatto soffrire. Allora la divina
Provvidenza venne manifestamente in suo soccorso.
Alcune persone di valore, tra le quali il ricevitore
dei diritti ecclesiastici in Aragona, Don Luigi di
Sant' Angelo, e Alonzo di Quintigliana, si dichiara-
rono apertamente per lui. Passionatamente presi
della grandezza della loro patria, vedevano con prò-
46 CRISTOFORO COLOMBO.
fondo dolore fuggirle, con V allontanarsi del Colombo,
un' occasione fortunatissima, e perdere i vantaggi che
egli prometteva con una certezza di cui erano essi
stessi convinti.
Don Luigi dimandò un' udienza alla regina Isa-
bella. Ottenutala; pur serbando tutto il rispetto do-
vuto ad una donna di cui egli era al servizio, le
mostrò la grettezza che era 1' esitare ad una simile
offerta, che, insomma, non richiederebbe molte
spese; e posto anche che il Colombo non riuscisse,
nulla ne perderebbe la Spagna con le condizioni da
lui proposte, perchè nulla dovrebbe ricevere senza
prima aver dato. Se poi la spedizione avesse felice
effetto; che cosa chiedeva egli mai in confronto di un
fatto che assicurava alla Spagna sì ingenti ricchezze
con tanta gloria? Avvalorò il suo ragionamento, toc-
cando specialmente dei risultati che se ne otterreb-
bero per il trionfo del regno di Gesù Cristo, e della
responsabilità che ella avrebbe davanti a lui, se per
causa sua andassero perduti; il che la commosse pro-
fondamente. Alle quali istanze di Don Luigi avendo
aggiunto le loro considerazioni Don Alonzo di Quin-
tigliana e il Padre Perez, alla fine dichiarò che favo-
rirebbe risolutamente 1' impresa, e rimosse le esi-
tanze che già ebbe dall' indecisa volontà del suo
sposo,dopo il suo colloquio col suddetto illustre Fran-
cescano, disse che ella se ne assumeva tutte le spese
senza che vi concorresse la corona d' Aragona. Fatto
sta che sebbene tutto paresse farsi ugualmente nel
nome dell' uno che dell' altro, e in seguito Ferdinan-
do, come rappresentante della Regina sua sposa, assu-
messe la sovranità del Nuovo Mondo che non gli
spettava, e gli atti posteriori portassero la doppia
CAPITOLO QUINTO. 47
denominazione, e talvolta anche quella di lui soltanto;
fatto sta, diciamo, che a lei esclusivamente se ne
deve la gloria, e la sola Castiglia aveva diritto di pro-
fittare d' una conquista che Ferdinando d' Aragona
non aveva fatto altro che contrastare e ritardare.
A soccorrere le finanze che la guerra aveva esau-
ste, la Regina, affinchè senz' altro si allestisse la spedi-
zione, offrì le sue gioie più preziose. " Le disse San-
tangelo ciò non esser necessario, che egli fornirebbe
tutta la somma del proprio, ed ella, senz' altro, fece
richiamare il Colombo, già arrivato al porto di Pi-
gnos, a due leghe da Granata." Anima grande e ge-
nerosa, subito dimenticò ogni risentimento per ben
otto anni di indugi e sofferenze sopportate con tanta
rassegnazione. Il subito suo richiamo in Corte da
parte della Regina gli faceva credere che omai 1' in-
trapresa era certa.
Il segretario di Stato, Don Giovanni di Colonna,
ebbe ordine di trattare con lui e spedirgli le lettere
patenti che dovevano accreditarlo presso tutti i
principi del mondo, affinchè nessuno ostacolo gli si
attraversasse nella sua spedizione.
Da quel momento il Colombo non ebbe più riposo
finché non giunse a Palos, dove fervevano i lavori
per r armamento delle caravelle; il quale porto era
stato designato da lui stesso come il più proprio, e
perchè quivi erano i più valenti uomini di mare della
Spagna. Per una rivoltura quivi avvenuta, quella
gente essendo stata condannata a fornire in tre mesi
alla corona due caravelle per la guardia delle coste,
fu ordinato che le medesime si dessero a lui. " Gli
restava a vincere, dice il Cantù, 1' opposizione dei
marinai di Palos, che consideravano come inevitabil-
48
CRISTOFORO COLOMBO.
mente perduti quei che s' arrischiassero ad una spe-
dizione, la quale più tardi, per oscurarla, fu dichiarata
facile e da nulla. Ci vollero ordini dispotici, ma questi
esacerbarono vie più, quasi la spedizione fosse un
artifizio dei Re per castigarli della precedente som-
mossa. "
Le tre caravelle, la santa-maria, la pinta e la njna.
Anche il Padre Giovanni Perez ed il Padre Anto-
nio di Marchena vennero in soccorso del Colombo in
questa penosa congiuntura, mettendolo in rapporto
con persone marine di Palos, tra le quali coi fratelli
Pinzon che erano i più ricchi abitanti della città ed i
più abili ed intrepidi navigatori del paese. Questi,
specialmente il primogenito, Martin Alonzo, di cui
CAPITOLO QUINTO. 49
r idea d' una spedizione avventurosa seduceva lo spi-
rito, promisero d' impegnarvi una parte dei loro beni,
ed anche di concorrervi personalmente; ed il loro
esempio trasse alquanti marinai; oltre che fornì i
mezzi al Colombo per armare un altro naviglio.
Le tre caravelle, piccoli legni scoperti, mal costruiti,
mal provveduti e peggio equipaggiati, senza ponte,
a mala pena con una specie di " castelli " o baracche
di legno a poppa e a prora, dove i marinai potessero
ricoverarsi, furono pronti a pigliare il largo sulla hne
di luglio del 1492 : è appena credibile che il Colombo
con siffatti navigli si azzardasse a traversare l'Atlan-
tico. Egli montava la più grande, chiamata la Santa-
Maria. Le due altre, cioè la Pinta e la Nina, erano
comandate dal Martin Alonzo Pinzon, che aveva
preso seco il suo più giovane fratello Franceso- Mar-
tino in qualità di piloto, e 1' altro suo fratello secon-
dogenito Vincenzo Yaniz, eccellente marinaio. Circa
novanta uomini componevano le ciurme, parte volon-
tari, tratti dalla passione di viaggiare e riuscire in
iscoperte, i più imbarcati a forza; e s' eran provve-
duti di viveri per un anno.
SOMMARIO.
Il Colombo inette alla vela nel venerdì 3 agosto del 1492. Gitta
r àncora alle Canarie. Tranello del re di Portogallo che egli
manda a vuoto affrettando la partenza. — Il suo Giornale. —
Navigazione e incidenti. — Variazioni della bussola da lui
notate,e si aumentano i timori degli equipaggi a misura che
avanza verso 1' Ovest; loro speranze ora cadute, ora riani-
mate.— L'Oceano si mostra coperto di erbe e di piante acqua-
tiche,talvoltasìfitte danon potersene più distrigare. — Cospi-
rano contro lui : ma egli frena la rivolta; sua fermezza. Pro-
segue il divisato cammino. — terrai terrai
ACCOMANDATOSI caldamente a Dio
e a lui affidatosi per il governo della
spedizione verso la contrada che presen-
tiva, il Colombo sciolse da Palos il ve-
nerdì 3 agosto del 1492; anno meriif)rabile e per la
sua dipartita dalla Spagna e per la scoperta fatta del
nuovo continente.
L' 1 1 arrivarono in vista della Grande Canarie da
cui ripartì il i" di settembre, e, quattro dì appresso,
gittò r àncora alla Gomera dove fece provvista di
acqua e di legna. Quivi avendo saputo che il re di
Portogallo gli aveva spedite tre sue caravelle, con
ordine di raggiungerlo e farlo tornare indietro,affrettò
più che mai il suo cammino. Giovanni II cominciava
a pentirsi dei modi tenuti con lui, e non rifuggiva da
nessun mezzo per impedirgli una scoperta, di cui, solo
per sua colpa, profitterebbe la Spagna.
CAPITOLO SESTO.
51
Il giovedì 7 settembre, perdette di vista le Canarie
e governò ad occidente.
Fin dalla sua partenza da Palos cominciò egli un
Giornale rimasto autentica testimonianza delle sue
Colombo sopra la sua nave. {Da un' illustrazione dei Grands Voyages.)
speranze e dei suoi timori, e come intimo confidente
delle sue sofferenze. Così possiamo seguirlo passo
passo nella sua navigazione.
52 CRISTOFORO COLOMBO.
" Ben presto alcuni dei suoi marinai, impauriti di
vedersi in un mare sconosciuto, si sentirono mancare
il coraggio fino a piangere desolati. Gli rimproverò di
tanta debolezza, e fece di tutto per confortarli, lor
promettendo certo il successo. Ebbe la destrezza di
tenerli all' oscuro di una parte del cammino che face-
vano, perchè non credessero di essersi allontanati
troppo dalle coste della Spagna. "
'' L' 1 1, a centocinquanta leghe dall' isola di Ferro
incontrarono un albero di nave trasportato dalla cor-
rente. Il Colombo s' accorse che questa menava con
gran forza al Nord, e la sera del 14 settembre, cin-
quanta leghe più in là ad occidente, osservò che
r ago declinava d' un grado verso il Nord-Ovest,
declinazione che il dì seguente erasi accresciuta d' un
mezzo grado : ne' dì seguenti poi la vide variare e ne
restò sorpreso come d' un fenomeno fino allora non
osservato. "
Il 15, a trecento leghe dall' isola del Ferro, cammi-
nando, la notte videro cader dal cielo, alla distanza di
quattro o cinque leghe da' navigli, nella direzione del
Sud- Est, una maravigliosa striscia di fuoco.
La mattina poi, avanti giorno, 1' equipaggio della
Nina vide un uccello che venne chiamato rabo de
junco, vale a dire '' coda di giunco " perchè aveva la
coda lunga e sottile; e il dì seguente si spaventarono
dal vedere alla superficie delle acque " delle erbe di
colore tra verde e giallo " che parevano essersi di
fresco staccate da qualche isola o scoglio. Più ne vi-
dero il giorno dipoi, e tra esse un granchio vivo; il
Colombo osservollo e lo tenne come indizio certo di
terra vicina. Altri pensarono che erano presso qual-
che terra sommersa; il che ridestò bisbiglio e terrore.
CAPITOLO SESTO. 53
Osservarono anche che ivi 1' acqua del mai e era
meno salata.
Nella notte videro molti tonni, che si avvicinarono
alle caravelle e la gente della Nina ne prese imo;
r aria era sì dolce e la temperatura tanto tepida che
si credettero in Andalusia all' entrar della primavera.
A trecento settanta leghe a Ovest dall' isola del
Ferro, videro un altro rabo de junco. Il martedì
i8 settembre, Martin Alonzo Pinzon, che con la
Pinta era passato molto innanzi alle altre due cara-
velle, aspettato il Colombo, gli disse che aveva scorto
una grande quantità di uccelli prendere il volo verso
ponente, conchiudendone che la terra non poteva
essere lontana oltre quindici leghe, e di cui affermava
avere intravisto 1' orizzonte. Il Colombo ne lo disin-
gannò,assicurandolo che quanto aveva visto non era che
una grossa nube; e di fatti, non tardò molto a sparire.
Spirava un fresco venticello, e le caravelle da più
di dieci giorni correvano a vele spiegate. Questo con-
tinuo spettacolo dell' Oceano e del cielo che si con-
fondevano lontano senza mai apparire un picco su
cui r occhio potesse riposarsi, faceva rinnovare ad
ogni momento i bisbigli ed i lamenti. Il Colombo con-
tinuò tranquillo nelle sue osservazioni, annotandole,
facendo scandagli, rilevando la posizione degli astri,
e consultando le sue carte marine.
Il 19 settembre, videro uno di quegli uccelli, che i
Portoghesi chiamano alcantras, svolazzare verso il
vascello, e qualche altro ne videro la sera. Fu questo
un buon indizio che si avvicinavano alla terra, e ri-
presero a fare scandagli ; ma non trovarono fondo,
benché scendesse a duecento braccia. Si avvidero
bensì che le correnti menavano a Sud- Est.
54 CRISTOFORO COLOMBO.
Il 20, due nuovi alcantras volarono sopra la Santa-
Maria; e al calar della notte presero un grosso uc-
cello della famiglia dei palmipedi, che aveva le penne
nere ed il capo con una macchia bianca. Videro altresì
una grande quantità d'erbe : il che ridestò i bisbigli
credendo le genti dell' equipaggio che le caravelle si
trovassero in mezzo ad isole fluttuanti; donde non
potessero più uscire. Ma, dopo averle attraversate
senza alcun pericolo, anche i più timidi si riconforta-
rono.
Il dì appresso, tre piccoli uccelli vennero a posarsi
sulle antenne delle caravelle. Credettero che non po-
tessero esser venuti di molto lontano, perchè incapaci
di lungo volo. " Ma 1' erba frattanto si faceva più
spessa quasi fosse mista a del fango. " Ricominciò
r agitazione credendo che le caravelle si fossero intri-
cate tra piante marine, che ne fermavano il corso.
Scorsero anche una balena.
Il 22, videro altri uccelli, e per tre giorni continui
il vento soffiò dal Sud-Est in contrario della direzione
presa; ciò che mise il Colombo in pena; ma egli finse
di non farne conto, anzi tenne che quella mutazione
fosse provvidenziale. Con sì fatti strattagemmi dovette
continuamente tener sospesi i suoi compagni, ne'
quali ogni dì più scemavano le speranze.
Fortunatamente il 23 ripigliò il vento da Nord- Est
che lo rimise nella via che aveva promesso di segui-
re. Continuarono a vedere uccelli di differenti specie ;
e i marinai vennero un pò rassicurati dalla vista di
due tortorelle che venivano dall' occidente.
Eran parecchie settimane che navigavano tra spe-
ranze e timori, ed ogni sera ** il sole si coricava in un
orizzonte senza confini. "
CAPITOLO SESTO. 55
Il vento sin qui aveva favorito i disegni del Co-
lombo; ma la stessa facilità con cui s' erano sempre
avanzati all' Ovest, fece temere che continuando
così a spirare lo stesso vento non potrebbero più far
ritorno alla Spagna. E ruppero in rivolta. I più cre-
dettero d' esser giunti in mezzo di un abisso senza
fondo e senza confini, che gli inghiottirebbe; e n' eb-
bero tale spavento che non parlarono più d'altro che
di volgere indietro verso l'Europa. " Si dirà, ragiona-
vano i meno sgomenti, che non abbiamo raggiunto il
fine della spedizione; ma nessuno ci toglierà il vanto
d' essere arrivati ad una lontananza non mai da altri
raggiunta. La Corte non potrà ragionevolmente rim-
proverarci di aver perduta la fede in una somigliante
impresa; né condannarci di esserci rifiutati a servire
alla pazza ambizione d' un avventuriere. "
Altri giunsero fino a proporre di gettarlo in mare,
dicendo poi in Spagna che vi cadde per accidente
" mentre stava osservando gli astri. " Finse il Co-
lombo di non avvedersi del grave pericolo; mostran-
do una calma che certo non corrispondeva al suo
interiore.
Nondimeno di tratto in tratto a tranquillare i mari-
nai, ricorreva ora a gravi esortazioni, ora a minaccie
di castigarli; ora valendosi dell' autorità di cui era
rivestito; ed ora sorprendendoli con la dipintura di
maraviglie incantevoli, ricorrendo a ragionari speciosi.
Il martedì 25 settembre, sul cadere del giorno,
Pinzon gridò : Terra! Terra! e alla distanza di più
di venti leghe a Sud- Est, fece notare qualcosa che
aveva 1' apparenza d' un' isola. Con ciò solo i lamenti
cessarono e si abbandonarono a tante allegrezze che
caddero ginocchioni a ringraziarne la bontà divina.
56 CRISTOFORO COLOMBO.
Non s' avvidero che lannunzio era stato una pura in-
venzione del Pinzon e un ardito strattagemma da lui
ordito col Colombo per indurli a migliori sentimenti.
Soltanto il dì seguente seppero che 1' isola pretesa
non era stata che una nuvola. Nondimeno continuan-
do, poiché gli uccelli ed i pesci veduti ne' giorni pre-
cedenti ricomparvero all' Ovest, e continuavano a
mostrarsi in gran numero, presero novella lena e
avanzarono nel viaggio con meno inquietezze. Videro
tra gli altri de' pesci alati e delle orate, e conobbero
che le correnti eransi molto rallentate; indizi che
grandemente confortavano il Colombo, su cui pesava
la responsabilità di quella immensa navigazione.
E però egli tenevasi in continua osservazione del
cielo. Notò che, durante la notte, 1' ago variava più
d' un quarto di circolo, e che, nel giorno, restava
fìsso al Nord. " Le due stelle dette Guardie erano al
far della notte presso il braccio in direzione di Po-
nente, e allo spuntar del giorno, restavano fisse al
Nord- Est, ". egli spiegava tutte queste apparenze ai
piloti che ne restavan tra timori e speranze, e con
essi anche gli equipaggi ne pigliavan alcun conforto.
Il 1° di ottobre, un d' essi, cioè il piloto dell' Am-
miraglio, disse che si era giunti a cinquecento ottan-
t'otto leghe dalle Canarie; un altro, a seicentotrenta-
quattro, un terzo non meno di seicentocinquanta.
Il Colombo sapeva d' averne fatte settecentosette;
ma ad impedire novelli sgomenti, disse che al suo
calcolo non arrivavano che alle cinquecent' ottanta-
quattro.
Ogni giorno di tutta quella settimana ebbero no-
velle indicazioni. L' 8 poi di ottobre, allo spuntar del
sole, credettero di aver veduto terra; e la piccola ca-
CAPITOLO SESTO. 57
Tavella che s' era inoltrata più delle altre, sparò un
colpo di cannone per avvertirne la Santa-Maria e la
Pinta; ma anche questa s' avvidero essere illusione
di qualche nuvola : i bisbigli e 1' ammutinazione rico-
minciarono. Vide r Ammiraglio che il pericolo era
più grave che mai, perocché i medesimi Pinzon si
posero dalla parte de' rivoltosi, e fu tale 1' allarme,
che il Colombo vedendo a nulla più giovare né seve-
rità, né sofferenza, lor propose(dicesi)che se in tre giorni
non apparisse la terra, consentirebbe di averli ingan-
nati e che se ne vendicassero.
La proposta gli acquietò; ma giurarono che non
verificandosi in tre dì la scoperta della terra, ripi-
glierebbero il cammino per 1' Europa.
Se non che il Colombo che da qualche giorni scan-
dagliava il fondo del mare, era al tutto sicuro.
L' avrebbe egli scoperta anche prima, se avesse go-
vernato, dove s' indirizzavano tutti i piccoli uccelli ve-
duti. E continuavano a vederne degli altri a stormi,
de' quali distinguevano anche i colori. Anche i tonni
apparivano più numerosi.
Ne' due giorni seguenti ebbero sicuri indizi d' altro
genere che toglievano ogni dubbiezza. I marinai
della Santa-Maria videro passare un grosso pesce
verde, della specie di quelli che non si allontanano
mai dalle roccie; quelli della Pinta videro una canna
di fresco recisa che galleggiava, un bastone lavorato
e una specie di erba che cresce in terra, e pareva es-
sere stata testé strappata dal suolo; e quelli final-
mente della Nina un ramo di spine con le sue frutta.
Si respirava aria più fresca; é quel che principalmen-
te assicurava un uomo sperimentato di mare come il
Colombo, erano i venti ineguali che sovente mutano
58 CRISTOFORO COLOMBO.
durante la notte e vicino alle coste. Pertanto, non
aspettò il terzo dì ad annunziare che nella notte toc-
cherebbero la terra.
Dispose anzi tutto che in comune si facessero delle
preghiere, e poi raccomandò a' piloti di tenersi alla
vedetta. Volle che le caravelle avessero le vele rac-
colte, eccetto una bassa di trinchetto, e perchè da
qualche colpo di vento i tre navigli non potessero
essere separati, dette loro dei segni convenuti. Da
ultimo promise una ricompensa per chi prima di tutti
vedesse la terra; ed era una rendita di diecimila ma-
ravedis, più una giubba di velluto.
Verso le dieci ore della sera, trovandosi egli sul
castello di poppa, vide un lume, ma attraverso tale
oscurità che non osò affermare esser quella la terra.
Fatto chiamare Pietro Guttierez, antico servo del
guardarobe della Regina, parimente lo vide. Volle
poi udire Rodriguez di Salcedo, che stava ai registri
della flotta; questi a principio nulla distingueva, ma
poco dopo tutti e tre s' avvidero che veramente era
un lume oscillante, come quello di una candela; e per
il Colombo fu indizio certo della terra.
Alle due dopo mezzanotte, i marinai della Pinta,
che precedeva le altre due, gridarono Terra! Terra!
Di fatti era la costa, da cui non distavano che un
due leghe.
Il primo che pretendeva di aver gridato fu Rodri-
guez Triana, che credette aver assicurata la propria
fortuna. Ma Guttierez ed il Salcedo protestarono che i
diecimila maravedis spettavano al Colombo, e gli ven-
nero pagati sulle rendite delle macellerie di Siviglia.
Ai primi raggi del sole conobbero d' esser arrivati
a un' isola di circa venti leghe in lunghezza, piana e
CAPITOLO SESTO.
59
rigogliosa di vegetazione. La Pinta, arrivata per la
prima, aspettò le due altre caravelle, e i tre equipag-
gi si gittarono ai piedi del Colombo, riparando con
trasporti d' ammirazione e di rispetto le amarezze che
gli avevano cagionate. Così lo straniero, da essi trat-
tato con tanto disprezzo, divenne ai loro occhi il più
grande di tutti gli uomini,e le dimostrazioni della loro
gioia non conobbero più confini.
ISOMMARIO.
hS^
Esultanze del Colombo e sua riconoscenza verso il cielo. Sua
preghiera, mettendo piede sulla terra del Nuovo Mondo.
L' isola di 5^ A^s^LF^ro^^; arcipelago delle Lucaje. Fa piantare
su quella spiaggia la croce.— Sua dolcezza nel trattar co' na-
tivi; particolari che ce ne lasciò nel suo Diario, — Ricerca
dell' oro. — Permutazioni con quelle genti. Navigazione in
mezzo alle isole. — Scoperta della santa-maria, della concezione,
della FERDiNANDiNA e della isabella. — I^oto bellezza, il Colombo
n' è fuori di sé per 1' ammirazione. — Isole 6.'' arena e cuba, la
regina delle antille. Il mare di nostra-signora. — Diserzione di
Martino Alonzo Pinzon fuggendo con la pinta, con la speran-
za di giungere al paese dell' oro prima dell' Ammiraglio.
^^IGNORE Iddio eterno ed onnipotente,
che, per il tuo Verbo divino, creasti il
cielo, la terra, i mari, da per tutto il tuo
*^^ nome venga benedetto e glorificato,
poiché ti piacque che, a mezzo dell' umile tuo servo,
fosse conosciuto e predicato in quest' altra parte di
mondo fin qui sconosciuto! "
Tale fu la preghiera che uscì dalle labbra e dal
cuore dello scopritore del Nuovo Mondo, quando
vi pose il piede dopo tanti e sì ardenti desiderj per
rinvenirla. Ammirabile preghiera inspirata da vivis-
sima fede e pari riconoscenza. Prostratosi al suolo,
per tre volte fece atto di abbracciarla, versando la-
grime di profonda commozione, tutto assorto in Dio
dalla cui infinita bontà ripeteva sì maraviglioso avve-
nimento. Che furono tutte le amarezze patite, tutti i
CAPITOLO SETTIMO. 61
contrasti sostenuti a tanto favore della divina beni-
gnità e misericordia ? A dir vero, non aveva egli mai
dubitato del successo di cui assicuravanlo le sue con-
vinzioni e r inspirazione del cielo. Quanto a' suoi
emuli e detrattori, aveva sempre risposto non esser
egli che il servo di quel Dio, che di David, già guar-
diano di armenti, aveva fatto un re glorioso. E la
scoperta ne venne a conferma, facendolo oggetto
dell' universale ammirazione.
Ringraziato Dio che lo aveva sostenuto in mezzo
a tante dure prove, spiegò il suo stendardo coli' inse-
gna della croce; e per ricordare come fosse stato mi-
racolosamente salvato da tanti pericoli, dette all' isola
scoperta il nome di San Salvatoi^e; poi tratta dal fo-
dero la sua spada prese possesso della terra per la
corona di Castiglia. Tutti i suoi compagni gli rinno-
varono la loro sommissione e fedeltà, riconoscendolo
per Viceré delle Indie ed Ammiraglio dell' Oceano.
E il Colombo a mostrare il diritto che aveva Cristo
sopra la maravigliosa scoperta, fece alzare sul lido
un' alta croce.
L' isola che eg^li aveva battezzata col nome di San
Salvatore, in lingua indigena chiamavasi Guanahani;
ed era una delle Lucaje nel centro dell' arcipelago di
Bahama. Era essa abitata; ma alla vista delle cara-
velle, che i nativi credettero mostri marini, si dettero
tutti a fuggire, nascondendosi ne' boschi. A poco a
poco però ne uscirono e, facendosi animo, avvicina-
rono gli Spagnoli, lor mostrandosi rispettosi. Se non
che, quando il notaio prese a redigere 1' atto di pos-
sesso, sospettando che si volesse gittar loro addosso
qualche malanno, spaventati, rapidamente disparve-
ro. L' Ammiraglio li fece inseguire, e presine alcuni
62
CRISTOFORO COLOMBO.
CAPITOLO SETTIMO. 63
gli furon menati dinanzi, e regalatili, lasciò che libe-
ramente raggiungessero i compagni. Allora tornaro-
no più numerosi e senza sospetti, manifestando con
gesti e grida a modo loro lo stupore da cui eran
colti. Toccavano le vesti e il viso degli Spagnoli,
sorpresi di vedere uomini tanto diversi da loro e
barbuti.
''Affinchè (scrive il Colombo nel suo giornale,)
affinchè ci trattassero amichevolmente, e perchè
conobbi ci si darebbero in balìa, e convertirebbonsi
alla nostra santa fede più per la dolcezza e persua-
sione che per violenza, donai a certuni, de' berretti
coloriti e perline di vetro che adattavano al
collo, e altre inezie, che a loro cagionarono letizia da
non dire, e in modo maraviglioso ce li conciliarono.
Venivano a nuoto alle scialuppe nostre, portandoci
pappagalli, filo di cotone in gomitoli, zagaglie e altre
cose, e le cambiavano con chicchi di vetro, sonaglini,
insomma quanto loro offrivasi, dando volentierissimo
ciò che possedevano. A tutti i segni mi parver gente
molto povera. Uomini e donne vanno ignudi nati : e
di quanti io vidi, nessuno passava i trent' anni. Ben
conformati, bei corpo, graziosa fisonomia; capelli
come crini di cavalli, corti, e cadenti sulle ciglia; die-
tro lasciavano una lunga ciocca intonsa. Di tinta era-
no come gli abitanti delle Canarie, né nera né bian-
ca; ma colorivansi alcuni di bianco, altri di rosso o di
qualunque colore trovassero ; certuni soltanto la fac-
cia, altri tutto il corpo; questi gli occhi, quelli il
naso.
" Non portavano armi, né conoscevanle; e quando
^ mostrai loro delle sciabole, essi, prendendole dal filo
per ignoranza, tagliavansi. Non usano ferro : le loro
64 CRISTOFORO COLOMBO.
zagaglie sono bastoni, su alcuni de' quali sta fitto un
dente di pesce o un corpo duro qualsiasi.
" Generalmente hanno bella statura e graziosi mo-
vimenti. Ne vidi alcuni che avevano sui corpi diverse
cicatrici, e richiesti col gesto qual ne fosse la cagione,
mi fecero comprendere che nella lor isola venivano
bande delle isole vicine per farli prigioni, laonde di-
fendevansi : e credetti, e credo ancora, che siffatti
nemici venissero dalla terraferma. Devono essere
eccellenti servi e di buon carattere. Mi accorsi che
ripetevano prontamente tutto ciò eh' io loro diceva;
credo senza difficoltà si farebbero cristiani, poiché
parmi non appartengano ad alcuna setta. Se piace al
Signore nostro, al mio ritorno ne condurrò sei alle
nostre Altezze, affinchè imparino a parlare. Non ho
veduto in quest' isola altra specie d' animali, che
alcuni pappagalli.
'' Il domani i nativi vennero, segue a dire il Co-
lombo, al mio vascello in piroghe fatte di un solo
tronco d'albero come lunghe lancie e lavorate mara-
vigliosamente per questo paese; alcune contenevano
fin quaranta e quarantacinque uomini, altre più pic-
cole, e in alcune non vi capiva che un solo uomo. Il
remo è simile ad una pala da forno; e se alcuna di
esse vien capovolta, tutti si gittano a nuoto, la rimet-
tono a galla, e con zucche che han seco, la vuotano
dall' acqua.
'' Mi premeva di conoscere se possedessero oro.
Alcuni ne portavano un pezzetto infilzato in un foro
che si fanno nel naso; e giunsi per segni a sapere
che, girando la loro isola e navigando a mezzodì, tro-
verei un paese, il cui re aveva grandi vasi d' oro e
quantità di questo metallo. Cercai indurli a guidarmi
CAPITOLO SETTIMO. 65
in quella contrada, ma compresi il loro rifiuto; onde
feci proponimento d' aspettare il posdomani, e partir
quindi alla bass' ora verso libeccio, ove, secondo i loro
indizi, tanto a mezzogiorno che a maestrale esisteva
una terra; e gli abitanti della contrada in quest' ulti-
ma direzione spesso venivano a combatterli, e anda-
vano essi pure a libeccio in cerca d' oro e di gemme
preziose.
'' Quest' isola è molto grande e piana, vestita di
freschissimi alberi; molt' acqua, vastissimo lago in
mezzo, nessuna montagna; è si verde che fa piacere
a guardarla, e gli abitanti sono docilissimi. Avidi de-
gli oggetti che abbiamo, e persuasi di non ottenere
da noi alcuna cosa se non hanno da contraccambiarci,
rubano se torna in acconcio, e tosto si gettano a
nuoto. Ma tutto ciò che hanno, per la minima cosa
che loro si offra, lo donano : fin per cocci di scodelle
e rottami di vetro; e ho veduto per tre quattrini dar
sedici gomitoli di venticinque o trenta libbre di coto-
ne filato. Proibii i baratti del cotone, e non permisi
ad alcuno di prenderne, riserbandomi d' acquistarlo
tutto per le vostre Altezze, se ve ne fosse in quantità.
È questo uno dei prodotti dell' isola; ma il breve
tempo che io voglio rimanerci, non mi permette di
conoscerli tutti. L' oro che tengono sospeso alle na-
rici, pur ivi si trova; ma non ne fo cercare per non
perdere il mio tempo, volendo raggiungere V isola di
Cipango. "
Il 14 ottobre, prima di far vela per il Sud-Ovest
dove, secondo le indicazioni avute dagli indigeni,
contava di trovarvi parecchie grandi isole, fece arma-
re le scialuppe e le inviò a riconoscere le coste di
quella di San Salvatore. Scoprirono al Nord-Ovest
66 CRISTOFORO COLOMBO.
un porto naturale, molto profondo e di facile accesso
ai più grandi navigli; e un poco più in là una penisola
tanto ben situata che con poco lavoro poteva render-
si una fortezza inespugnabile. I selvaggi continuano
a seguire gli Europei, sia sulla spiaggia come ne loro
canotti; e quelli che erano dall' altro lato dell' isola,
avvisati di quanto era avvenuto, accorsero recando
loro da ristorarsi, come a gente straordinaria inviata
dal cielo. Il Colombo notò in più luoghi certe case
circondate d' alberi ed arbusti a mo' di giardino; e,
nel suo spirito di sincera pietà, notò certe pietre
che gli parvero adatte per la costruzione di chiese.
Infine rimandolli tutti quanti, all' infuori di sette
che desiderava menare in Castiglia per farli ammae-
strare della cattolica religione e della lingua casti-
gliana. Pensava che, battezzati, potrebbero efficace-
mente aiutarlo come interpreti a ottenere tutto il
bene propostosi, mediante la diffusione del Vangelo
tra popoli di sì miti e affabili costumi.
Aveva appena lasciato San Salvatore, che si vide
intorno un' infinità di isole, quasi cesti di fiori che a
centinaia spuntavano dalle acque, e i nativi, e' aveva
sopra la sua caravella, gliene davano i nomi. Colombo
credette questo arcipelago le 7488 isole con tanta
sicurezza ricordate da Marco Polo, e credute dalla più
parte de' navigatori. Impacciato tra sì gran numero
d' isolotti si diresse verso quella che gli parve la più
grande, alla distanza di circa sette leghe da donde era
partito. Ne prese possesso, e, inalberandovi la croce,
la denominò Santa Maiala della Concezione. Le cara-
velle gittarono 1' àncora, ma 1' isola essendo sprov-
vista di viveri, il domani fecero vela per un' altra, alla
quale, per conciliarsi il favore del re di Aragona, dette
CAPITOLO SETTIMO. . 67
il nome di Ferdinandina. In essa i nativi, di aspetto
somiglianti a quelli delle altre isole vicine, si mostra-
vano più desti, perchè invece di accettare qualsiasi
cosa che lor fosse offerta in cambio di quanto 1' isola
produceva, amavano di contrattare; lavoravano in
cotone, tessendo drappi di stoffa, di cui si coprivano.
Le loro case avevano forma di tenda ed eran tenute
con ammirabile pulitezza, coperte dinanzi di rami
d' albero a difesa dalla pioggia e da' venti; parecchi
tubi v' eran disposti nelF interno per X uscita del
fumo, e dormivano in amache.
Alcuni tra essi portavano appeso al naso una lama
d' oro, su cui erano scolpili alcuni segni; il Colombo
a bella prima credette che fossero lettere; ma poi si
persuase che in quell' arcipelago era affatto scono-
sciuto r uso della scrittura.
Tutto, in questo paese pittoresco e selvaggio, col-
piva r immaginazione dei naviganti : la rigogliosa
vegetazione, la quantità e bellezza degli alberi che
intrecciavano tra sé le spesse frondi, i volatili, spe-
cialmente le varie specie dei pappagalli a differenti e
vivi colori, i pesci dalle squame cangianti d' oro,
d' azzurro e di porpora, le lucertole mostruose che a
solo vederle mettevano orrore.
Gli abitanti della Ferdinandina fecero conoscere al
Colombo che, non lungi dalla loro isola, era una
terra più notevole, che essi chiamavano Saometo; e
subito egli partì a farne ricerca, arrivandovi il dì
seguente, e la chiamò Isabella. " I miei occhi, scri-
veva nel suo Diario, non possono saziarsi di mirare
una verdura così bella e diversa dal fogliame de' nostri
alberi. I fiori e gli alberi della piaggia esalavano
fragranze sì soavi, che era la cosa più deliziosa del
68 CRISTOFORO COLOMBO.
mondo. " Magnifiche boscaglie ombreggiavano V isola,
e miriadi d' uccelli incantevoli a vedere, le abitavano.
Grandi laghi di limpidissime acque si estendevano in
mezzo alle foreste, e zolle erbose e fresche ne forma-
vano i margini. Il Colombo fra il soave olezzo e la
luce purissima ammirava estatico 1' opera stupenda
del Creatore in tanta diversità d' alberi e di frutta
che ne pendevano, e che la mano onnipotente non
aveva creati senza fini degni d' una sapienza infinita.
Ma pensava ad un tempo che Dio non lo aveva
scelto a quella scoperta perchè s' arrestasse alla con-
templazione di quelle meraviglie, il cui esame in par-
ticolare avrebbe richiesto funghissimo tempo; talché,
come ne scriveva alla Regina, non appena sarebbero
bastati cinquant' anni : a lui premeva scoprir terre
quanto più potesse, e principalmente trovar dell' oro,
in grande quantità, essendo che da questo dipende-
rebbe il proseguimento delle sue spedizioni. Egli
conosceva bene il re d' Aragona e sapeva che non
v' era altro mezzo per averne il favore; la magica
attrattiva poi del prezioso metallo sarebbe per la
Spagna la prova più convincente della scoperta fatta,
e muoverebbe tutta 1' Europa a pigliarvi parte. La
sua beli' anima non prevedeva gli eccessi che una
tale passione farebbe commettere; egli pensava uni-
camente alla conversione alla fede di quei popoli e al
loro incivilimento; e dopo questo primo fine, il con-
quisto de' santi luoghi della Palestina.
A mezza notte del 25 ottobre, mise alla vela per
andare in ricerca di questa ricchezza or sì vivamente
da lui desiderata; certo, com' ei diceva, che coli' aiuto
di Nostro Signore arriverebbe dove ne stava la sor-
gente. Fece dunque rotta all' Ovest-Sud-Ovest.
CAPITOLO SETTIMO.
69
■^
Yumory
ISOLA
DI
CUBA.
%
Il 27 ottobre 1492 Colombo scoprì una grande terra
che i nativi chiamavano Cuba. (pag. 70.)
70 CRISTOFORO COLOMBO.
Subito, fatto dì, scoperse otto novelle isole che
furono chiamate della Sabbia, ovvero d' Arena, perchè
le caravelle vi pescavano poco fondo; e dovettero
proseguire con grandi cautele, sia per la poca profon-
dità deir acqua, sia per gli scogli che ad ogni passo
incontravano. Tenne perciò tutta la notte le navi alla
cappa; e il sabbato 2 7 ottobre, verso la sera, si scoprì
una grande terra che i nativi, da' quali era accompa-
gnato, chiamavano Cuba.
La domenica poi, 28, allo spuntar del giorno, le
caravelle entrarono in un grande fiume. Qui lo spet-
tacolo vinceva tutto ciò che T immaginazione possa
mai creare, e X uomo di Dio confessò che non aveva
mai pensato simiglianti meraviglie. Mentre i navigli
stavano ancorati nella baia formata dall' imboccatura
del fiume, s' avanzavano per scandagliare il passo.
I nativi che coprivano la spiaggia si dettero alla fuga,
e Colombo, temendo di spaventarli soverchio, vietò
agli equipaggi ogni atto nemico. Il 29, sulle indica-
zioni de' nativi che aveva seco, levò 1' àncora e
navigò verso ponente, penetrando per il fiume nel-
r interno, a fine di maggiormente contemplare que-
st' isola, che egli stesso dichiarò essere la più bella
che mai occhio umano avesse veduta.
A questo punto credette egli d' esser giunto presso
il continente asiatico, e che 1' isola fosse quella di
Cipango. Per assicurarsene, risolvè d' inviare un
messo al re da cui supponeva che fosse governata, e
scelse a ciò Luigi di Torres, ebreo convertito e ver-
satissimo nella scienza delle lingue, a cui aggiunse
un Castigliano e due Indiani. Ei tornarono dopo sei
giorni accompagnati da tre dell' isola. Erano stati
ricevuti come esseri discesi dal cielo e pregati di
CAPITOLO SETTIMO. 71
rimanere nella più schietta e affettuosa ospitalità.
Così raccontarono, aggiungendo che gli avevano fatti
riposare sopra sedie guarnite d' oro, offrendo loro
radici cotte, del sapore delle castagne; che avevano
veduto un' immensità di uccelli di varie specie,
tra quali oche, pernici e rosignuoli; né in tutta
r isola essere altri animali, fuor che cani che non
abbaiavano; i piani poi essere seminati di mais, qua-
lità di grano di cui avevan mangiato con gusto; i
nativi servirsi di due pezzi di legno per accendere il
fuoco, rapidamente strofinandoli 1' uno contro del-
l' altro; e tutti, uomini e donne, aspirare il fumo d' una
pianta odorifera, che chiamavano tabago, tabacco,
dopo averla avvolta in una foglia secca. Ma indizi
che fosse quello il regno del grande Khan non
averne incontrati; e neanche che vi fossero miniere
d' oro.
Quello pertanto che confortò l' anima del Colombo
fu la mitezza degli abitanti, per la quale egli credette
che riceverebbero senza difficoltà il Vangelo. '' Sono
convinto, serenissimi principi, (scriveva ai Monarchi
Spagnoli) che tosto che persone devote e religiose
intenderanno il loro linguaggio, queste genti diver-
ranno tutte cristiane. Spero, colla grazia di Dio, che
le Altezze Vostre si decideranno prontamente ad
inviarcene, per riunire alla Chiesa così grandi popoli. "
Aggiungeva d' aver fatto riparare i suoi navigli
durante quel soggiorno in Cuba, e che or partiva in
cerca d' oro e di spezierie, e a scoprir terre novelle.
Il 14 dunque di novembre, s' indirizzò all' Est, tro-
vandosi tosto in mezzo ad isole innumerevoli, e
chiamò il tratto di mare percorso mare di Nostra
Donna, de N^iestra Sehora. Navigò per due giorni
72 CRISTOFORO COLOMBO.
ne' canali formati da queste isole di una vegetazione
maravigliosa. Il i6, disceso a terra, vide due grandi
pezzi di legno al suolo, 1' uno sovrapposto all' altro a
mo' di croce. Credendo che questo incontro gli fosse
avvenuto per una speciale disposizione di Dio, fece
raccogliere que' due tronchi; e V innalzò come segno
della redenzione sopra un' altura nuda di vege-
tazione, da cui potevano esser veduti da lontano.
Il lunedì, 19, i tre navigli presero il largo per B o/no
o Babèque, verso il Sud- Est. I nativi dicevano che
vi si raccoglieva 1' oro in grosse pietre, la notte, al
chiarore di fiaccole. Però i venti gli rendettero penosa
questa navigazione.
La mattina del 22 la Santa- Maria e la Nina sol-
tanto erano rimaste unite, e gli equipaggi invano si
affaticarono per scorgere sulF orizzonte le vele della
Pinta,
Il capitano Martino Alonzo Pinzon, che la coman-
dava, mal sopportava 1' autorità di cui Colombo era
rivestito. Pensava che, senza 1' opera sua e de' suoi
fratelli, cotesto straniero starebbe ancora aspettando
uomini e navigli per \ impresa, e intanto egli si ser-
viva di loro, come di strumenti della propria gloria.
Infine, dalla sete dell' oro renduto dimentico dei
doveri assuntisi e de' giuramenti fatti, abbandonò
il proprio capo e partì solo per la scoperta dell' isola
di Babèque, che, al riferir dei nativi, risplendeva d' oro
e di perle preziose; essendo la Pinta leggerissima
al corso, egli sperava di arrivare prima di tutti
ad essa.
Questa diserzione afflisse profondamente 1' Ammi-
raglio; oltreché lo privava d' una parte delle sue
risorse in uomini e del miglior vascello : fu la prima
CAPITOLO SETTIMO. 73
ferita con cui Y invidia ne insanguinò il cuore. Non-
dimeno proseguì il suo cammino sempre più rapito
dallo spettacolo che gli si spiegava davanti delle pro-
digiose bellezze del novello mondo da lui scoperto;
perocché erano terre di prodigiosa fertilità : qua porti
nei quali avrebbero potuto ancorare i più grossi va-
scelli; là montagne vestite di maestose foreste, e ogni
dì, com' egli diceva, una novella scoperta superava
le precedenti.
Temendo di esser troppo rattenuto dall' ammira-
zione di queste isole con detrimento del suo fine prin-
cipale, determinò di non pigliar terra, confessando
che sempre era rattenuto più di quello che si conve-
nisse dall' aspetto di quella natura sì varia, sì ricca
ed incantevole, che lo metteva in entusiasmo.
Il 28, costeggiando Cuba al Sud- Est, le caravelle
entrarono in un porto scavato dalle acque d' un fiume
profondo. Imponenti montagne levavano gradata-
mente le loro cime, che perdevansi nell' aria lumi-
nosa. La vegetazione, più assai che in tutte le altre
isole fin qui visitate, pigliava gigantesche proporzioni,
ed il suolo mostrava ad ogni passo la sua fecondità
maravigliosa. L' esuberante natura dei tropici univa
quivi bellezza pari alla forza con cui si manifestava.
SOMMARIO.
PORTO SANTO; il Porto di sannicola; scoperta dell' isola d' Haiti, a
cui il Colombo dà il nome di spagnola, più tardi San Domingo.
L' isola della tortuga. — Relazioni degli Spagnoli con i
nativi della Spagnola; il cacico Guacanagari. — Naufragio
della SANTA maria. Primo stabilimento degli Europei nelle
Antille. Il Colombo fa costruire un forte alla Spagnola. Vi
lascia una piccola guarnigione sotto gli ordini di Diego di
Arana. — Parte per 1' Europa con la ni!^a. Arrivo della
PINTA; scuse di Alonzo Martino Pinzon. Il Colombo, compor-
tandosi con prudenza, le accetta. Terribile tempesta che
separa le due caravelle. Voti che fanno gli equipaggi. — Il
Colombo afflia al mare il racconto della sua scoperta. — Ar-
rivo alle Azzore; il governatore portoghese vuole e si prova
a fermare il Colombo. — Altra tempesta che costringe la nina
ad approdare in Portogallo.
D un luogo di tanta bellezza ed incanto il
Colombo dette il nome di Porto Santo,
Puerto Santo, Gli pareva di trovarsi in
mezzo a tante e sì sorprendenti mara-
viglie, che temeva gli avesse a mancare il coraggio
di uscirne. Provandosi a dirne qualcosa, scriveva che,
per quanto avesse fatto, non sarebbe riuscito a dirne
la millesima parte, e ne ringraziava commosso Iddio,
sopra tutto a lui riconoscente di avergli conservata
nelle sofferenze di sì difficile navigazione, perfetta
salute. " Grazie a Dio, nostro Signore, nessuno delle
genti del mio equipaggio non ha provato, infino a
questo giorno, il minimo male di testa, né v' è chi sia
stato in letto per causa di malattia; ad eccezione di
CAPITOLO OTTAVO. 75
un solo, che pativa del mal della pietra, e ne aveva
sofferto tutto il tempo di sua vita, il quale, nondimanco,
è risanato dopo i primi due giorni del nostro sog-
giorno in questa regione. "
Poi prevedendo che quelle contrade sarebbero
lordate dai delitti ai quali la passione dell' oro
conduce, supplicava i Sovrani di Spagna a vietare
r accesso a tutti coloro che potessero portarvi qual-
che germe di corruzione. " Prego le Vostre Altezze
di non permettere ad alcuno straniero di porre il pie
in questo paese e d' averci la menoma comunica-
zione, se non è cristiano e cattolico, poiché tale è
stato lo scopo delle scoperte che ho fatto per ordine
dell' Altezze Vostre, e non ho intrapresi questi
viaggi, che per servire alla propagazione e alla gloria
della religione cristiana. "
Queste parole rivelano in tutta la sua schietta
verità il disegno del Colombo, e non v' è più da
sofisticare sopra i motivi che lo determinarono al-
l' impresa, e molto meno di accusarlo d' essersi
lasciato muovere dalla passione di ricchezze e dal-
l' ambizione di onori. Egli stesso difese 1' opera sua,
che era bella davvero, perocché egli voleva che la
purità della Religione rendesse queste contrade
degne della mano generosa che le aveva create e
sparse come tante gemme preziose là, lontano, fra gli
abissi dell' Oceano.
Il 1° di decembre, sopra un' altura che dominava
il porto, fece alzare il segno sacro di nostra Reden-
zione, e in nome di Dio pigliava possesso di quelle
isole maravigliose.
Il 4, sesto giorno che era in Puerto Santo, i^c^ levare
le àncore, e le caravelle proseguirono verso l'Ovest.
76 CRISTOFORO COLOMBO.
Il 6 poi entrarono in una cala che mise sotto V in-
vocazione della Vergine, e dette il nome di Capo della
Stella a un promontorio che si allungava in mare; e
verso sera avendo riconosciuto un altro bel porto, in
onore del Santo di cui la Chiesa celebrava in quel dì
la festa, lo chiamò porto di San Nicola.
La costa seguita dalle caravelle presentava monta-
gne e colline, che ricordavano agli equipaggi la fiso-
nomia della loro patria. Alcuni, scesi sopra i pali-
schermi e gettate le loro reti, presero una gran quan-
tità di pesci in tutto simili a quelli del mare di Spagna,
sogliole, salmoni, sardine e triglie. Anche le pianure
che dalla riva si estendevano nell' interno, fra mezzo
a colline coperte di boscaglie, avevano delle so-
miglianze con quelle di Castiglia. Cristoforo dette a
quest' isola il nome di Hispaniola^ Spagnola, nome
caro all' orecchio de' suoi compagni, che si dilettava-
no a ripeterlo come un eco di quello della patria lon-
tana. Era r isola che 1' Ammiraglio cercava sotto il
nome di Bohio, e che gli indigeni chiamavano Haiti.
Il 12 decembre, secondo il pio suo costume, fece
inalberare una croce sulla spiaggia, non tanto per
confermare i diritti del regno di Castiglia, quanto
'' principalmente, egli dice, in segno di Gesù Cristo
Signor nostro, ed in onore della Cristianità. "
I nativi a bella prima eransi dati alla fuga, ed in-
darno sì il Colombo che i suoi marinari, avevan pro-
vato a legar relazione con essi; tanto che pene-
trati nell' interno, non incontrarono che abitazioni
vuote e deserte. Riuscito a' soldati di afferrarne uno,
il Colombo, a cui fu menato, gli dette alquanti regali ; e
dopo molte carezze lo fece rilasciare. Il dì appresso,
nove soldati con un Indiano di San Salvatore si
CAPITOLO OTTAVO. 77
avanzarono fino alla distanza di cinque leghe nel
paese, arrivando ad un villaggio abbastanza ragguar-
devole, che contava un ben mille case. Gli abitanti
presero la fuga, ma rassicurati dall' Indo che il Co-
lombo aveva umanamente accolto e da quello che
aveva seco, tornarono, accostandosi ai Castigliani
senza diffidenze. Si seppe dipoi la causa del loro spa-
vento e della prudenza usata : quelle isole erano
spesso desolate dalle scorrerie dei selvaggi di Caniba o
Caraibi, gente guerriera e feroce, che sopra canotti
armati venivano da isole lontane, e, fatti de' prigio-
nieri, se li divoravano.
Finalmente i nove soldati fecero ritorno alle cara-
velle. Avevano trovato campi fertili e sparsi d' alberi
da frutto, e delle pianure floride come quelle di Ca-
stiglia in primavera, benché fosse dicembre; ma nulla
che li mettesse alla scoperta dell' oro di cui andavano
in cerca.
Dopo ciò il Colombo mise alla vela per scoprire
r isola di BabèquCy che gli Indi dicevano essere il
paese dell' oro e dell' abbondanza; se non che i venti
contrari avendo portato la Santa Maria e la Nina
suir isola della Tortuga, egli raggiunse la Spagnola.
Questa volta i nativi accorsero numerosi senza
timore. Il Colombo comandò che fossero trattati con
affetto e come fratelli " poiché, egli dice, essi sono i
migliori popoli del mondo, i più pacifici mortali; e
specialmente perchè ho somma speranza nel nostro
Signore, che le Altezze Vostre vorranno fare di essi
tanti Cristiani, e saran tutti vostri sudditi : ma dal
canto mio come tali omai li reputo. "
Il capo del paese avendo udito parlare di questi
stranieri, venuti come per prodigio con enormi va-
78 CRISTOFORO COLOMBO.
scelli, e che non facevano punto male a' suoi sudditi,
anzi li regalavano, volle visitarli personalmente co-
me esseri discesi dal cielo. Seguito da duecento uo-
mini, si fermò un tratto sulla spiaggia, poi, dato loro
ordine che 1' aspettassero, con due de' suoi principali
salì sulla caravella del Colombo. Questi gli offrì
de' rinfreschi, ma il cacicOy come lo chiamavano i
suoi, vi accostò, per cortesia, soltanto l'estremità delle
labbra, e poi gli presentò una cintura ricca di lavori
in oro finamente cesellati, e in questo, accortosi il Co-
lombo che guardava con grande avidità la coltre che
copriva il suo letto, gliene fece dono. Allora il nativo
di San Salvatore, che questi aveva seco e cominciava-
gli a servire da interprete, spiegò come 1' Ammiraglio
fosse il luogotenente dei re di Castiglia e di Leone,
i più grandi Monarchi della terra : quegli però non
se ne persuase, tenendoli esseri scesi dal cielo. Era
questi il capo principale di Haiti e chiamavasi Gua-
canagari.
Poi se ne presentarono altri, e il Colombo gli rice-
vette con eguale benevolenza, regalandoli di vetrami,
di anelli in rame e ottone, e di berretti di stoffa.
Il 2 1 dicembre, Guacanagari lo fece pregare di
recarsi alla sua Corte, inviandogli, per alcuni de' suoi,
una maschera fatta di legno leggero, i cui occhi, il
naso, la lingua e le orecchie erano puro oro. Egli o
gli fosse mancato il vento, o la speranza lo consiglias-
se, mandò invece alcuni de' suoi ufficiali, che fecero
tosto ritorno, maravigliati dell' accoglienza ricevuta e
portandogliene ricchi regali, cioè pezzi d' oro e pappa-
galli addimesticati; e raccontarono che, ne' villaggi
che attraversarono, da per tutto i nativi gittavansi ai
loro piedi baciando la terra su cui eran passati.
CAPITOLO OTTAVO,
79
Ma la Santa Maria erasi così profondamente incagliata
nella sabbia, che egli dovette rassegnarsi ad abbandonar-
la, (pag. 80).
80 CRISTOFORO COLOMBO.
Il lunedì, 24 dicembre, la Santa Maria e la Niiìa
proffittarono del vento di terra per uscire dal porto,
risoluto il Colombo a visitare il gran cacico Guaca-
nagari. Ma verso il mezzogiorno il vento cessò d' un
tratto, e poco fu il cammino che potettero fare. La
Nina era a un miglio circa della Santa Maria, e il
Colombo sia che il governo della flottiglia 1' avesse
soverchiamente affaticato, o 1' affluenza de' nativi che
vollero vederlo, verso le undici della sera, lasciato il
ponte, scese nella sua camera e vestito com' era, si
abbandonò tutto al riposo. Calmo era il mare né pre-
sentavansi pericoli di sorta.
L' ufficiale di guardia sentendosi preso dal sonno
affidò il timone ad un piloto per scendere anch' egli
a coricarsi, e quello, poco pratico delle correnti, lasciò
menar la caravella sopra un banco di sabbia. Desta-
rono subito il Colombo e il primo dei suoi aiutanti,
e quegli salito immediatamente sul ponte, con calma
mirabile dette ordine per evitare i pericoli, facendo
gittare le scialuppe in mare, che si avanzassero a get-
tare r àncora in qualche distanza. Egli pensò che con
questo ripiego la Santa Maria alleggerita alquanto
tornerebbe a galla. Invece come furono discesi nella
scialuppa, non pensando che a campare dal pericolo,
si discostarono rapidamente a forza di remi fino alla
Nina. Vicenzo Jaiìes Pinzon, che la comandava, si
rifiutò a riceverli, e immantinente spedì un canotto
in soccorso dell' Ammiraglio. Ma la Santa Maria
erasi così profondamente incagliata nella sabbia, che
egli dovette rassegnarsi ad abbandonarla; e con gli
uomini che gli restavano raggiunse la Niiìa.
Il domani, all' alba, il Colombo mandò dei messi a
Guacanagari per informarlo come la caravella si fosse
CAPITOLO OTTAVO. 81
perduta. E subito spedì egli buon numero de' suoi
con parecchi marinari per aiutarlo a salvarne il con-
tenuto; e col loro efficace aiuto, in breve tutto,
salvo il naviglio, fu recuperato, né gì' isolani rubaro-
no la minima cosa, fosse anche un filo di corda.
Guacanagari si mostrò desolato del grave disa-
stro, che tanto più riusciva doloroso all' Ammiraglio
in quanto che più non gli rimaneva che la Niiìa, a
causa della diserzione di Martino Alonzo Pinzon so-
pra la Pinta; egli offi-ì quanto possedeva per ripa-
rarvi.
L' amicizia che mostrò al Colombo questo capo
selvaggio ed il naufragio della Santa Maria, di
cui nulla s' era perduto di quanto conteneva, viveri,
mercanzie ed armi, fecero credere all' Ammiraglio
che Dio avesse quivi appunto permesso questo inca-
glio, perchè vi si stabilisse. Per lo che si determinò
a costruirvi un forte coli' assentimento di Guacana-
gari. E questi se ne mostrò contentissimo; sia perchè
aveva preso vero affetto al Colombo e a tutti i suoi,
sia perchè vedeva in essi un potente aiuto contro i
Caraibi, tribù sanguinarie avide di umana carne,
che assali van 1' isola quieta d'Haiti.
Il Colombo a tenere i nativi in tale speranza, ed
anche in un salutare timore, fece sparare alla loro
presenza alcuni colpi d' artiglieria. Ei credettero che
gli Spagnoli avessero in loro potere la folgore. Con
queste armi, disse 1' Ammiraglio a Guacanagari, " ti
farò vittorioso di quanti osino assalirti.
E subito fu dato principio ad un piccolo forte, di
cui egli stesso dette il disegno e diresse il lavoro. Ne
ordinarono la difesa con bastioni di terra sopra i
quali ricorreva una palizzata tenuta ferma da qual-
82 CRISTOFORO COLOMBO.
che gomena del perduto naviglio, con un fosso abba-
stanza profondo e con alcuni cannoni della Santa
Maria,
Ne affrettò quanto era possibile il compimento,
impaziente di far ritorno in Ispagna a darvi notizia
de' suoi successi. Delle tre caravelle con le quali
aveva approdato al Nuovo Mondo, gli rimaneva la
Nina, e non era senza pena che qualche incontro,
come quello che aveva fatto perdere la Santa Maria,
non gli rendesse impossibile il ritorno. Raccolta per-
tanto la sua gente ne scelse trentanove de' più forti
e risoluti, destinandogli a rimanere nel forte per
guarnigione, dei quali affidò il comando a Diego di
Arana assistito da due luogotenenti, Pietro Guttierez
e Rodrigo di Escobedo; e lasciò loro parecchi stru-
menti, un gran numero d' armi, provigioni da bocca
per un anno, parecchie mercanzie per continuare il
commercio con gli isolani, e diverse qualità di grani
da seminare, con alquanti artisti in legno ed in ferro,
un sarto ed un calzolaio; insomma una piccola co-
lonia.
Premunitili di tutte le necessarie istruzioni, e cal-
damente loro raccomandata la concordia e la pace
fra sé medesimi, e molta prudenza e bontà verso i
nativi, tra i quali gli lasciava; come ancora d' impra-
tichirsi della loro lingua per guadagnarli alla cristia-
na religione, di cui dovevano soprattutto dar loro
buona idea con la dolcezza e con X esempio, si licenziò
dal re Guacanagari, inviandogli novelli "doni e rifer-
mando la contratta alleanza, e ne fu ricambiato con
la promessa che avrebbe trattato gli Spagnoli come
proprj sudditi.
Pertanto il venerdì, 4 gennaio, sulla Nina spiegò
CAPITOLO OTTAVO. 83
le vele per 1' Europa, ma con l'intendimento di rico-
noscere ad un tempo le coste della Spagnola.
La domenica seguente, la sentinella che stava in
vedetta segnalò un naviglio che teneva il medesimo
cammino, ed era la Pinta, comandata da Martino
Alonzo Pinzon, che sino a quel momento s' era sot-
tratto ai severi rimproveri e giusti castighi che meri-
tava per la sua condotta. Cercava egli veramente del
Colombo, o lo trasse a quell' incontro la mano divi-
na? Egli pretese che il cattivo tempo, ne lo avesse
tenuto separato e lontano contro la propria volontà,
e volle giustificarsene. Il Colombo ne accettò le
scuse, benché non vi credesse; in mezzo ad equi-
paggi composti di soli Sp^.gnoli, la prudenza lo consi-
gliò a pazientare, piuttosto che ridestar le invidie e
porgere occasione a nuovi torbidi, e forse ad una
piena rivolta.
Ma le caravelle non erano in condizioni di tenere
lungamente il mare; di fatti, il lunedì, 7 gennaio, do-
vettero chiudere una vena d' acqua nella cala della
Nifia. L' 1 1 poi, spirando al ritorno il vento favore-
vole, smise r idea di costeggiare la Spagnola
e voltò le prue verso la Spagna, sperando, nono-
stante la molta acqua che facevano i navigli, che
quel Dio da cui sino a quel momento era stato sì
mirabilmente protetto, lo riconducesse al porto; e
il lò gennaio, le due caravelle correvano al
Nord- Est.
Il corso che tennero, sebbene a detta de' piloti
incerto, fu per un mese prosperevole quanto si pote-
va desiderare; nondimeno la Pinta ebbe alcune ava-
rie, e la Nina, per aspettarla, fu costretta a diminuire
le vele. I viveri però scarseggiavano, alquanti tonni
84 CRISTOFORO COLOMBO.
ed un grosso pescecane che riuscì a pigliare, vi sup-
plirono.
Il 1 2 febbraio, avevano percorso circa cinquecento
leghe, quando furon sorpresi da terribile tempesta.
Il Colombo aveva fatto piegare le vele appena il
vento cominciò a rinforzare, ma 1' uragano tosto rad-
doppiò così di violenza, che perdettero ogni speranza
di salvarsi. La Pinta, incapace di reggere al vento e
di manovrare, fu trasportata in lontananza fra mezzo
alle onde furiose, e la Nina che si lasciava traspor-
tare dal vento, la credette perduta.
Credendo 1' Ammiraglio il naufragio inevitabile,
propose al suo equipaggio di fare un voto; e si trasse
a sorte, chi in nome di tutti si recherebbe in pellegri-
naggio a Nostra Signora di Guadalupa. Ne sortì il
nome dell' Ammiraglio. Aumentando il pericolo ne fu
proposto un secondo, e poi un terzo e la sorte dette
sempre il suo nome. Infine, tutti unitamente fecero voto
di recarsi a pie nudi alla chiesa dedicata alla Vergine,
che trovassero più vicina al luogo a cui approdassero.
Ma non perciò la forza dell' uragano rimetteva
punto; e per tanta persistenza del turbine erano tutti
atterriti. Il Colombo credendo certa la morte, soste-
neva una vera agonia, non già per la perdita d' una
vita che sì sovente aveva sacrificata; ma perchè niun
frutto si avrebbe da tanti sacrifici, e la scoperta fatta
si rimarrebbe di nuovo quivi sepolta. Discese allora
nel suo gabinetto, tracciò frettolosamente sur una
pergamena i particolari principali del suo viaggio;
e r avvolse prima in una tela incatramata e poi den-
tro uno strato di cera, da ultimo chiudendola erme-
ticamente in un barile, che risalito sul ponte fece
gittare nelle onde.
CAPITOLO OTTAVO. 85
L' uragano a poco a poco si acquietò, e il venerdì,
15 febbraio, in sul mattino, le sentinelle segnalarono
una terra sulla direzione del Nord-Est; ma la violen-
za dei marosi lor non consentì di approdare. Cre-
dettero alcuni di essere arrivati davanti le scogliere
di Cintra, presso Lisbona; altri d' esser piuttosto
nelle vicinanze dell' isola di Madera, il Colombo
invece annunziò le Azzore. Di fatti, il giorno dopo
videro quella di Santa Maria, a cui approdarono il
18 di febbraio. Don Giovanni di Castaneda, che v' era
governatore per il re di Portogallo, mandò subito
a salutare il Colombo con de' rinfreschi. Rincoratisi
alquanto, la prima cosa che ordinò 1' Ammiraglio fu
r adempimento del voto fatto, inviando processional-
mente una parte degli equipaggi ad una capella vici-
na; riservato a sé e all' altra parte il dì seguente.
Lasciate a bordo le armi incedevano a piedi nudi e
pregando, quando fatto un centinaio di passi, venne-
ro assaliti da una truppa di Portoghesi e fatti prigioni.
Il Colombo sorpreso di non vederli far ritorno, entrò
in sospetto, e di fatti seppe che vi era ordine del re
di Portogallo che a qualunque costo egli fosse arre-
stato ovunque, capitasse nelle sue terre. Indegno pro-
cedimento d' un principe sleale, contro chi gli aveva
offerta tanto generosamente 1' opera propria, e non
ne aveva ricevuto che neri tradimenti.
Il Colombo voleva punire quell' atto infame; ma
quel governatore a scusarsi si finse sorpreso e tratto
in errore; per lo che il Colombo, riavuti i proprj
marinari, e riabbonandosi il tempo, proseguì il suo
cammino, pigliando verso 1' Est, con felice naviga-
zione fino al 2 di marzo. Se non che il dì seguente
la tempesta essendosi scatenata più furiosa di prima,
86
CRISTOFORO COLOMBO.
fecero voto che un di loro pellegrinerebbe a Nostra
Signora della Cintola, nella provincia d' Huelva; e
per la quarta volta la sorte ricadde sopra di lui.
Tutta la notte corsero a discrezione del vento senza
governo né speranza; ma il lunedì, 4 marzo, tra
r oscurità scorsero confusamente la terra, e allo
spuntar del giorno riconobbero le alte scogliere di
Cintra; e quantunque il vento fosse buono a prose-
guire per la Spagna, il mare continuava così burra-
scoso e grosso, che fu necessario piegar verso
Lisbona.
Finalmente non senza gravi difficoltà riuscirono
ad ancorare in Rastelo, da dove il Colombo scrisse
due lettere, una ai re di Castiglia e d' Aragona per
avvertirli del suo arrivo, V altra al re di Portogallo
per averne il permesso di riparare nel porto della
sua capitale.
SOMMARIO.
Accoglienze fatte al Colombo dal re di Portogallo. Suo arrivo
al porto di Palos. Onori che vi riceve. — Ritorno della finta.
Sdegno di Martino Alonzo Pinzon, quando lo seppe giunto
sano e salvo. — È colpito dalla morte. — Il Colombo è chia-
mato alla Corte. Suo cammino trionfale da Siviglia a Barcel-
lona. — Udienza che riceve dai Monarchi, ai quali fa la nar-
razione del suo viaggio. E da essi colmato di favori, come
da tutta la nobiltà. — Bolla pontificia per la divisione delle
scoperte tra gli Spagnoli ed i Portoghesi. — Preparativi per
una seconda spedizione. 11 Colombo parte con tre carache e
quattro caravelle. Scoperta dell' isola di san Domingo dopo
una felice traversata. Le isole dei caraibI; la guadalupa; arrivo
alla Spagnola. Desolazione del Colombo come conobbe la
rovina della colonia, e il massacro della guarnigione fatto dai
selvaggi. Fedeltà di Guacanagari.
pAN veduto i lettori per quali prove e
mortali angoscie ebbe a passare il Co-
lombo; martirio che Dio tien riserbato
'^f( " per tutte le grandi anime a manifesta-
zione della loro virtù : basse gelosie e perfìdie,
lungo disprezzo e miseria, come se fosse stato il
più dozzinale avventuriere di questo mondo, finché
quasi per prodigio, non ottenne di potersi mettere
air impresa, e dipoi nel momento di poter annun-
ziare all' Europa che era pienamente riuscito, in
pericolo di restar sepolto negli abissi del mare, senza
la soddisfazione di mostrare a' suoi emoli 1' esattezza
de' calcoli e delle affermazioni che gli rivelavano un
88 CRISTOFORO COLOMBO.
Nuovo Mondo, ne giustificare la confidenza de' pochi
che gli avevano creduto. Ed ora dunque che, fatto
ritorno per la speciale protezione di quel Dio, in cui
sempre aveva sperato, trarrebbe a sé 1' universale
ammirazione, pieno di riconoscenza ne lo ringraziava
in queste parole : " Benedetto sia Dio, che dà vit-
toria e buon successo a chi segue le sue strade.
L' ha egli miracolosamente provato in favor mio. Io
tentai un viaggio contro V avviso di tante persone
ragguardevoli; e tutti trattavano il mio disegno di
chimera. Confido nel Signore che V esito farà
grand' onore alla cristianità. "
E veramente la cristianità intera si commoveva
all' annunzio di questa scoperta che dilatava prodi-
giosamente r orizzonte delle occidentali nazioni. Il
re di Portogallo, vinto dall' entusiasmo dei suoi sud-
diti, dissimulò il rancore che ne sentiva, e forse anco,
sebbene si fosse biasimevolmente condotto contro il
grande uomo, si sentì sopraffatto da tanto splendore
di virtù e di gloria, che ne riverberava, e pentito di
non averne fatto il conto che doveva, lo invitò alla
Corte, comandando che fosse provveduto di quanto
gli occorreva. Il Colombo accettò senza diffidenze di
sorta, e i principali personaggi che eran quivi con la
Corte lo accompagnarono dal porto alla reale dimora.
Per ben due volte lo accolse re Giovanni con grandi
onoranze, e fattolo sedere, ne volle udire tutti i parti-
colari del viaggio compito. Poi regalatolo riccamente,
gli consentì di approdare a Lisbona e di attraversare
il suo regno, se gli piacesse, per raggiungere la
Spagna, e dì farlo inoltre scortare sino alla frontiera;
ma egli non accettò, ringraziando per tanta reale
degnazione.
CAPITOLO NONO. 89
È voce che alcuni cortigiani, indovinando V invi-
dia che dentro doveva rodere il Monarca, si offrisse-
ro ad assassinare lo scopritore del Nuovo Mondo;
ma Giovanni, checché fosse stato de' proprj risenti-
menti passati e delle ingiustizie commesse, vietò seve-
ramente ogni offesa contro un uomo di sì profondo e
vasto intelletto, essendo stata tutta sua propria la
colpa di non averlo stimato quanto doveva, e profit-
tatone a propria gloria.
Tornato il Colombo a bordo della N'inai rimise alla
vela per la Spagna, e fu il 13 di marzo del 1493; e
il venerdì 1 5 , verso mezzogiorno, entrò nel porto di
Palos, da cui in giorno parimente di venerdì, 3 Ago-
sto 1492, ne era partito : circa sette mesi e mezzo
aveva durata la più grande navigazione che sino a
quel dì fosse stata fatta nel pieno oceano, " impresa
nella quale forse egli stesso pensava di avere a spen-
dere parecchi anni. " (
Quando la Niiìa fu in vista del porto di Palos, e a
quella gente di mare apparve pendente da' suoi alberi
lo stendardo della spedizione con quello di Castiglia,
ne successe una indescrivibile commozione. Abban-
donati i lavori e negozj, tutti si precipitarono alla spiag-
gia, mettendo alte acclamazioni; case e botteghe furon
chiuse, si sparsero di fiori le vie, suonarono a festa
tutte le campane, ed il cannone tuonava come quando
annunzia una grande vittoria. Ed era veramente una
immensa vittoria, la più splendida vittoria che fino a
quel dì avesse riportato sulla barbarie l' incivilimento
cristiano.
'' Sbarcando il Colombo, fu ricevuto coi medesimi
onori che si sarebbero fatti ad un re. Tutto il popolo
lo accompagnò, unitamente all'intero equipaggio,in so-
90 CRISTOFORO COLOMBO.
lenne processione alla chiesa, dove trasse a ringrazia-
re Dio, che con sì felice successo avesse coronato il
viaggio più importante che mai fosse stato intra-
preso. "
Qualche ore dipoi entrava nel porto un' altra cara-
vella, cioè la Pinta, che la tempesta aveva divisa
dalla Nina, e Martino Alonzo Pinzon che la coman-
dava credette che questa si fosse affondata. Spinto
dai venti sulle coste di Discaglia, aveva di là inviata
una relazione al re attribuendosi il merito della sco-
perta, e, prima di rendersi alla Corte, veniva a trion-
fare nella natia città. Veduta la Nina con lo stendardo
parata a festa, ne fremette, e temendo che il Colom-
bo, giustamente sdegnato, lo facesse incatenare,
prese la fuga; ma poco dopo fece ritorno, così logo-
ro dagli stenti e soprattutto dall' invidia che lo divo-
rava, che in capo a pochi giorni se ne andò al-
l' altra vita.
L'Ammiraglio, prima di partire per Siviglia, volle
compiere i voti fatti nel viaggio, e soltanto dopo di
aver pagati i debiti che aveva con Dio e con la Ver-
gine divina, distese un particolareggiato ragguaglio
della spedizione, che inviò a Barcellona dove allora
trovavasi la Corte; poi si mise in via con quanto ave-
va recato dalle isole scoperte, e con gli Indi da' quali
s' era fatto accompagnare, per aspettar in Siviglia gli^
ordini de' Monarchi Spagnoli.
Erano anch' essi impazienti di vederlo giungere
alla Corte; e non tardò a ricevere una loro lettera con
l'indirizzo, A Don Cristoforo Colombo nostro Ammi-
raglio del mare Oceano, Viceré e governatore delle
isole scoperte nelle Indie orientali; in cui lo assicura-
vano della loro affettuosa riconoscenza, gli facevano
CAPITOLO NONO. 91
premura di recarsi a Barcellona e lo domandavano di
ciò che sarebbe da fare per una novella spedizione
che compisse 1' impresa.
Da Siviglia a Barcellona il viaggio suo fu un con-
tinuo trionfo. Tutte le pubbliche strade e le campa-
gne risuonavano delle acclamazioni de' popoli che
accorrevano per vederlo nel suo passaggio e da ogni
città vicina uscivano a numerose turbe per celebrarne
il trionfo.
Lo accompagnavano i marini della Nina, e un
de' piloti portava lo stendardo di Castiglia che aveva
protetta la spedizione, i rimanenti mostravano alle
attonite moltitudini le piante, le armi e gli animali
che avevano recato dalle nuove terre rinvenute; le
quali meraviglie tutti volevano vedere, mostrandone
stupore. Stupivano della grandezza dei vegetali,
della singolare configurazione degli arbusti, della pro-
digiosa grossezza de' frutti; rabbrividivano de' serpen-
ti, degli alligatori e degli iguani impagliati; e soprat-
tutto attiravanli le diverse corone di penne, il lavoro
delle maschere, de' braccialetti d' oro, e delle cinture.
Più (J' ^,uaranta differenti specie di pappagalli frammi-
schiava :io le loro grida discordi allo schiamazzo del
popolo, che non si saziava di tener fissi gli occhi
sopra tanti così diversi e ricchi colori. Segui van sette
Indiani tatuati in vermiglio e in bianco, secondo le
loro costumanze, adorni de' proprj abbigliamenti, e da
ultimo sopra un bel cavallo incedeva 1' Ammiraglio
in tutto lo splendore del suo costume. Appena egli
compariva, tutto il resto non aveva più importanza, e
sopra lui si fermavano tutti gli sguardi, lui solo accla-
mavano, lui solo le madri additavano ai proprj bam-
bini che avevano in braccio.
92
CRISTOFORO COLOMBO.
Veniva per ultimo il Colombo a cavallo, circondato
da una brillante schiera di cavalieri spagnoli.
I
CAPITOLO NONO. 93
Arrivò a Barcellona il 13 aprile del 1493, dove tutto
era preparato per fargli un' accoglienza corrispondente
ai servizi renduti,eche l'entusiasmouniversale esigeva.
Numerosa gente della Corte andarono a riceverlo, e
lo condussero al reale palazzo, dove i Monarchi lo
aspettavano. Come giunse in loro presenza, Ferdi-
nando ed Isabella si avanzarono a riceverlo, ed
essendosi piegato per baciar loro la mano, secondo
il ceremoniale della Corte di Castiglia, lo rialzarono
facendolo sedere presso il loro trono.
Lo ricevettero, dice uno storico, non soltanto come
se fosse un grand' uomo, ma un grande di Spagna.
La regina l'invitò a coprirsi il capo, e dopo ciò lo pre-
garono di far loro il racconto del viaggio e delle otte-
nute scoperte. Il Colombo parlò con eloquente sem-
plicità, attribuì a Dio, autore di tutti i beni, V onore
dell' impresa, mostrando che il risultato ottenuto non
era che la ricompensa della pietà e del zelo che ani-
mava i Sovrani per la cattolica fede; ed espose le
sue religiose speranze nella salvezza di tante migliaia
d' anime che fin allora non erano vissute che d' igno-
ranza e superstizione. Poi descrisse i paesi trovati e i
loro nativi, le ricchezze d' ogni maniera che forni-
rebbero, r incredibile fecondità del suolo e la bellezza
che vi si accompagnava; e, secondo riferisce il Las
Casas, ai Monarchi pareva di prelibare in quel mo-
mento qualcosa di paradiso.
Tutta r assemblea che gli circondava, ascoltava
estatica il grand' uomo, che aveva vedute tante e si
maravigliose cose; e pareva anche ad essi di vederle,
sentendosi come trasportati verso contrade di tanto
incanto, e dove, come credevano, si poteva raccoglier
r oro come altrove le pietre.
94
CRISTOFORO COLOMBO.
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CAPITOLO NONO.
95
Finalmente i Monarchi s' inginocchiarono; lo stesso
fecero tutti gli altri, e da' musici della real cappella fu
intonato il Te Dewn, a cui rispondeva di fuori 1' im-
menso popolo, dall' entusiasmo quasi fuori di sé stesso.
Re Ferdinando aveva omai bandite tutte le sue
esitazioni e non era più ghiacciato dalla indiffe-
renza. Il Colombo mostrava dell' oro e ne faceva
sperare in grande abbondanza : questo bastava a mu-
tare in tutt' altro da quello che era prima il re d' Ara-
gona. Poi a far vedere quanto egli amasse di onorar-
lo, non uscì più per la città che col principe suo
figliuolo a destra e il grande Ammiraglio alla sinistra;
né trascurava occasione di altamente onorarlo.
Anche il primo ministro di Spagna, Cardinale Pietro
Gonzales di Mendoza, lo trattò in un festino con
grandi onoranze in cui non soltanto gli assegnò il primo
posto, ma volle che quanti piatti si recassero, tutti
dovessero essere primamente da lui assaggiati ; onore
resogli poi da tutti gli altri signori che lo convitarono.
Alcuni storici riferiscono a questo tempo,la concessione
dell'onorifico motto arai- _^
dico,daFerdinandofatto ^^^"^'^^^'^ "^^^^
scrivere sopra la tomba ^^^^^^
del grande Ammiraglio; ^^^^~^^
Por Castilla y por Leon,
Nuevo Mundo hallo Colon,
ed aggiungono fosse
questo un delicato pen-
siero della Regina, la
quale avealo inserito a
ricamo sopra un ricchis- „
y^ NUEVO Mondo Hallo Colon ^
simo drappo, con le ar-
mi di Castiglia e di Leone, offerto in quest' occasione
96 CRISTOFORO COLOMBO.
al Colombo. Checché sia della verità di questa onori-
ficenza, del che non possiamo ora qui imprendere a
criticamente stabilire V attendibilità, certo è che
ben conviene al Colombo, ne disconviene al carattere
nobile e generoso della regina Isabella.
Né mancarono altri ricchi doni per i fratelli di lui,
Bartolomeo e Diego, chiamati presso di sé, e che
d' ora innanzi lo accompagneranno; e vedremo che
secondo i capricci della fortuna e degli uomini ne
parteciperanno le immeritate sventure.
Ma la grande scoperta del Colombo fece anche
nascere qualche disturbo per la Spagna. '' Papa Mar-
tino V, dice lo storico Cesare Cantù, aveva concesso
al re di Portogallo tutti i paesi che si scoprissero dal
capo Bogiador e dal capo Non fin alle Indie. La
Spagna dunque col far sue le scoperte del Colombo,
violava i diritti del Portogallo, e re Giovanni II
mandò una squadra per occuparle. Fernando promise
riparazione, e intanto si ricorse a Roma, donde ven-
nero bolle di Alessandro Vi, che alla Spagna accor-
dava le isole e le terraferma scoperte e da scoprire
suir oceano occidentale, come ai Portoghesi i suoi
predecessori aveano donato quelle d' Africa e d' Etio-
pia. Poi, in altra bolla del 4 maggio 1493, il papa
segna una linea dal polo artico all' antartico, distante
cento leghe dalle isole Azzore e dal capo Verde, e i
paesi di là da quella attribuisce alla Spagna.
" Sul momento di vedere infranta 1' autorità ponti-
fizia, é pur maestoso 1' osservar il papa, in tutta la
grandezza del medio evo, segnare col dito i confini di
due grandi potenze, e dire Venite fin qui, come fos-
sero ancora i giorni che all' arbitrio di esso rimet-
teansi i principi, invece di correr alla guerra.
CAPITOLO NONO. 97
Intanto si pensava a continuare nelle incominciate
conquiste, e vi si attese con una attività febbrile.
Giovanni di Fonseca, nominato Ordinatore generale
della marina, ebbe 1' incarico di disporre 1' arma-
mento di una fiotta di cui Giovanni di Soria ebbe
la vigilanza, e la carica di tesoriere fu data a Fran-
cesco Pinelo. Diciassette ufficiali vennero nominati al
comando di altrettanti navigli sotto la dipendenza
del Colombo, dichiarato Capitano Generale e munito
del real sigillo, con autorità di nominare quanti impie-
gati gli occorressero, e confermatigli con lettere pa-
tenti tutti i titoli e privilegi già ricevuti. Più, si scel-
sero dodici Religiosi per predicare il Vangelo a quelle
nazioni selvagge; tra quali il Padre Boyl con breve
pontificio nominato Vicario Apostolico, il Padre
Antonio di Marchena, e fors' anco 1' altro intimo
amico del Colombo, Giovanni Perez.
Verso la fine di luglio, Y Ammiraglio, avendo rice-
vuto gli omaggi dei capitani della fiotta, mosse per
Siviglia, dove i navigli disponevansi per salpare. Già
quattordici caravelle e tre grandi caracche eran state
armate con artiglieria e munizioni corrispondenti, e
largamente provviste di quanto occorreva non sol-
tanto per la durata del viaggio, ma eziandio per le
colonie che si volevano stabilire; cioè grano, riso e
molte altre specie di semi, che vi potessero fruttare,
strumenti per lavorar la terra e per 1' estrazione e la
purificazione dell' oro, mercanzie da commutare,
cavalli, generi d'animali parecchi, reputati utili e ne-
cessarj.
Numerosi avventurieri si offrirono per far parte
della spedizione, tra quali molti gentiluomini, chi per
passione di viaggiare e veder novelle cose, chi per
98 CRISTOFORO COLOMBO.
acquistar gloria e rinomanza, i più per sete di ric-
chezze e di oro. Ne vennero scelti mille; ed altri cin-
quecento s' imbarcarono a proprie spese. L' Ammi-
raglio prese seco due suoi fratelli, e nell' accomia-
tarsi da' Sovrani, ottenne che i due suoi figliuoli re-
stassero in Corte come paggi.
Raccoltasi la fiotta nella baia di Cadice, il 25 set-
tembre del 1493 ebbe V ordine di tenersi pronta, e
V' Ammiraglio avendo alzata la sua bandiera sulla
maggiore delle caracche, la Graziosa Maria, governò
verso le Canarie. Il 2 di ottobre arrivarono alla
vista della maggiore, e il 15 s' accostarono alla
Gomera per fornirsi meglio di provvigioni, e imbar-
care vacche, capre, pecore, porci, polli, che il Colombo
credeva si feconderebbero ne' climi del Nuovo
Mondo.
Il 7 di ottobre rimisero alla vela dopo che F Am-
miraglio ebbe consegnato a ciascuno dei capitani una
lettera sigillata con le necessarie istruzioni, per il caso
che la flotta durante il cammino venisse dispersa da
qualche tempesta; ma che fuori di questo caso estre-
mo non dovevano aprire. Voleva che nessuno cono-
scesse la via da tenere, per timore che non ne venis-
sero in conoscenza i Portoghesi.
Avanzando, fece piegare alquanto più al Sud che
non nel viaggio precedente, ed ebbero sì buon mare
e prospera navigazione che il 2 novembre annunziò
vicina la terra. Di fatti, il mattino seguente, prima
domenica dopo Ognissanti, alla distanza di sette
leghe si videro dinanzi un' isola con alte montagne,
che in omaggio al dì che correva chiamò Domenica.
Tutti ne provarono un' immensa allegrezza, già
stanchi del cammin fatto. Avvicinata 1' isola, non vi
CAPITOLO NONO. 99
trovarono porto addatto ad ancorare, ma compar-
vero altre isole, e continuando a navigare approda-
rono alla principale che il Colombo denominò Gra-
ziosa Maria dalla caracca che egli montava; poi
vedutane un' altra anche maggiore la battezzò col
nome di Nostra Donna di Guadalupa a ricordo del
santuario di questo titolo in I spagna: da' nativi chia-
mavasi Tumqueira.
Era la principale delle isole dei Caraibi. Il Colom-
bo vi fece discendere un nerbo de' suoi per appiccarvi
relazioni; ma non s' avvennero che in alcune donne
e in un giovane da quella gente fatti prigioni ; bensì
trovarono non dubbie prove della ferocia loro; cioè
un capo umano cotto dentro una pentola, ed altre
umane membra appese di fuori alle capanne come
usa nelle macellerie.
Il 5 novembre, costeggiarono un' isola coperta
d' alberi, che la barbarie dei cannibali aveva spopo-
lata. L' Ammiraglio, dal nome del celebre santuario
della Vergine di Monserrato in Catalogna, le dette la
stessa denomizione. Alla sera videro un' altra isola^
che chiamò Santa Maria della Rotonda: il mattino
seguente, una terza che chiamò Santa Maria Antica,
e alla sera una quarta che denominò Santa Croce.
L' 8, ne scoprì un' altra ancora, circondata da pa-
recchie minori, e la denominò Santa Orsola e le Undici
mila Vergini; e un' altra più grande il giorno di poi,
dagli Indigeni chiamata Boriquen, e dal Colombo
San Giovan Battista, ed è il presente Porto Rico.
Di là si volse verso Haiti. Cosa ammirabile!
Niuno conosceva que' mari, e nondimeno il Colombo
con la sua scienza e 1' aiuto della grazia divina vi per-
venne come se avesse seguito un cammino notissimo!
100 CRISTOFORO COLOMBO.
Arrivarono ad Haiti, già denominata Spagnola nel
primo viaggio, il 22 novembre. Impaziente il Colom-
bo di conoscere che cosa fosse avvenuto della gente
quivi lasciata sotto la protezione del forte fatto appo-
sitamente costruire, credeva di vederseli con gran
festa incontro; invece solo alcuni nativi dentro un
canotto s' accostarono a' navigli. Subito furono invi-
tati a bordo; vi si ricusarono finche non ebbero ve-
duto r Ammiraglio. Allora approdando alla sua nave
senza alcun timore, lo salutarono da parte di Guaca-
nagari ed in suo nome gli presentarono un ricco
dono. Domandò il Colombo come mai non fosse con
essi alcuno della sua gente. Risposero che alcuni
erano morti, gli altri fuggiti. Nonostante il crudele
sospetto che gli misero tali risposte, dissimulando gli
rimandò con alquanti doni.
Il giorno seguente entrati nel porto, videro il forte
incendiato. Il Colombo fece sgombrare X apertura
d' un pozzo, in cui aveva ingiunto agli ufficiali della
guarnigione di gittar X oro e gli oggetti preziosi che
avessero, in caso di qualche sventura; ma lo trovarono
vuoto. Avvicinatisi alle abitazioni, non v' era anima
viva. Finalmente, avendo fatto scavare in un luogo
dove la terra pareva essere di fresco smossa, vi tro-
varono sotto parecchi corpi in decomposizione, che
dagli abiti apparvero senza nessun dubbio Spagnoli.
,, E non tardarono a conoscere ogni cosa. La colonia,
sottrattasi ad ogni autorità del comandante Diego di
Arana, con le sue insolenze e sregolatezze aveva irri-
tati i pacifici sudditi di Guacanagari; il quale nondi-
meno ne tollerò pazientemente il brigantaggio e le
violenze, sperando che non tarderebbe il ritorno del-
l' Ammiraglio. Ma, un dì, i luogotenenti Pietro
CAPITOLO NONO. lOl
Guttierez ed Escovedo, ucciso un indigeno, con molti
de' loro compagni passarono negli stati di Caonabo,
di Cibao, che comandava sopra le miniere dell' oro.
Questi cacico fattili mettere a morte, si risolse a
sterminare tutti i loro compagni, per non perdere le
ricchezze che possedeva; e senz' altro, con un gran nu-
mero de' suoi, si recò a stringere d' assedio il forte di
cui era rimasto a difesa il valoroso Diego di Arana
con dieci rimastigli fedeli. Il cacico ne venne ripetu-
tamente respinto; ma una notte, già avvistosi che
non tenevano sentinelle per la troppa fiducia nel-
r artiglieria delle loro trincee, assalitili improvvisa-
mente mentre dormivano, li sgozzarono tutti quanti,
incendiando dipoi il forte. Guacanagari ne corse tosto
alla difesa, ma battuto e ferito in una mano dovette
ritirarsi.
Benché il Colombo non»prestasse tutta la fede a
questo racconto, e non gli mancassero indìzi per
sospettare che fosse stata opera di Guacanagari
quanto il medesimo addossava a Caonabo, si rifiutò a
farlo imprigionare e punire, come altri ne lo consi-
gliava. Gli parve che una sì subita giustizia potesse
colpire r innocente, e che, pazientando, il colpevole si
manifesterebbe. Né pertanto ebbe difficoltà di recarsi
alla Corte di lui, dove n' udì il successo e ne vide le
ferite, e rifermò la loro alleanza.
Allora pensò che bisognava quivi stabilirsi forte-
mente; al quale fine fece rialzare il forte con più soli-
dità ed estensione. Temeva però che le acque sta-
gnanti, che lo cingevano non rendessero 1' aria mal-
sana, né quivi trovandosi buone pietre da costruzione,
si risolse a recarsi verso 1' Est, come fece il 7 settem-
bre, con r intendimento di sbarcare in un luogo più
102
CRISTOFORO COLOMBO.
adatto a quanto si proponeva di fare. Se non che a metà
via, colto da subita tempesta, i vascelli non avrebbero
potuto evitare di rompere nella costa, se, per buona
ventura, non avessero trovato un seno formato da
due fiumi, dove si ripararono.
Era questo un porto eccellente, donde si scopri-
vano fertili pianure e belle foreste, ed erano eccel-
lenti le pietre da costruzione e per fare calce; e qui
deliberò di fermarsi.
SOMMARIO.
Fondazione d^ isabella. La colonia manca di provviste. Discor-
die suscitate dai malcontenti. L' Ammiraglio ristabilisce la
calma nella Spagnola. Si reca a visitare i paesi delle miniere
d' oro. ciBAO; fondazione del forte san Tommaso. Ne nomina go-
vernatore Pietro di Margarita. — Fertilità del suolo del-
l' Isabella. Mancando i viveri e aspettando i raccolti, il Co-
lombo comanda che vengano diminuite le razioni. Lamenti
che ne nacquero; e gli Spagnoli si veggono costretti a co-
struire dei molini. — Il Colombo tiene ferma la disciplina; e
i gentiluomini se ne sdegnano maggiormente. Vien tacciato
di crudeltà. — Instituiscein Isabella un consiglio, e si rimette
in viaggio per novelle scoperte. — La giamaica. — Ritorno
alla Spagnola. — Il Boyl e il di Margarita s' impadroniscono
di alcune caravelle e fan vela per la Spagna a capo d' una
mano di scontenti. — Sollevamenti dei cacichi, e misure
che prende il Colombo per raprimerli. — Arrivo in Ispagna
del Boyl e del di Margarita; loro disegni contro 1' Ammira-
glio. Sventuratamente sono ascoltati. — Que' Monarchi risol-
vono d' inviare alla Spagnola un commissario regio per esa-
minar gli addebiti fatti al Colombo. — Giovanni d' Aguado,
sua insolenza. Il Colombo si risolve a partire per Castiglia; e
giustificarsi. Arriva a Cadice. Trionfo sopra i suoi accusatori;
Confusione de' suoi nemici.
'm
^^feL Colombo si occupò anzitutto di fondare
fc una città, la prima che sorgesse nel Nuovo
Mondo, e, grato alle benevolenze che sem-
ri'^^^P^; pre gli aveva addimostrato la Regina di
Castiglia, la designò col nome d' Isabella.
La prima costruzione a cui pensò fu una chiesa;
perocché non ebbe mai abbandonato Y ideale per cui
s* era avventurato alla scoperta di queste terre inco-
104 CRISTOFORO COLOMBO.
gnite, e se prima non potè effettuarlo, non ne fu sua
la colpa. Ciò era guadagnare anime a Gesù Cristo, e
invano cercheresti nella sua vita un fatto, un partico-
lare qualunque che non ce lo presenti un cristiano
degno di ammirazione.
La chiesa fu costruita di pietre; e così un magaz-
zino e qualche altro pubblico edifizio; ma le case per
gli Spagnoli si fecero di terra e di legno.
Alla colonia non dovevano mancare fin dal princi-
pio dure prove : " sia che le provvisioni non fossero
state abbastanza custodite, sia che fossero di cattiva
qualità o corrotte, non passò gran tempo senza tro-
varsi in bisogno estremo. " Il lavoro, da cui ninno era
dispensato, neppure i gentiluomini, la differenza del
clima, r estremo calore che vi si sentiva cagionarono
molte infermità; talché lo stesso Ammiraglio, che non
risparmiava punto sé stesso, teneva il letto; sempre
nondimeno ordinando e vegliando il lavoro. Ad avere
il più presto che fosse possibile altre provviste, rin-
viò la flotta in I spagna sotto il comando d' Antonio di
Torrez, ritenendo sole cinque caravelle; e già aveva
mandato, a capo di quindici uomini armati, Alfonso di
Ojeda verso Cibao, ove dicevasi che fosser le miniere
d' oro, sperando che quella scoperta ridesse animo
a suoi compagni scoraggiti. E questi, cioè 1' Ojeda,
in verità, tornò portando assai quantità d' oro, la cui
vista rianimò i miseri che per la fame e le malattie
cominciavano a disperarsi.
La squadra comandata da Antonio di Torrez
avendo messo alla vela il 2 febbraio del 1494, il Tor-
rez portò seco tutto 1' oro trovato dell' Ojeda in Cibao
e quello che già aveva raccolto V Ammiraglio, il quale
sperava che in ricambio gli sarebbero subito inviati
CAPITOLO DECIMO. 105
dalla spagna i viveri di cui avevano necessità
estrema.
Trovavasi egli ancora a letto, quando gli accadde di
dover lottare con un pericolo anche maggiore di quello
che lo minacciava, cioè la mancanza delle provviste.
Profittando delle condizioni di sua salute, con a capo
Bernardo Diaz alcuni malcontenti fecero complotto
di abbandonarlo, levandogli le cinque caravelle ri-
maste ad Isabella e con esse far ritorno in Europa.
Il Colombo, prevenutone in tempo, fece arrestare il
Diaz, ma la sua bontà che toccava 1' estremo, si
limitò a rinviarlo in Ispagna in uno dei cinque navi-
gli, unitamente alle prove del suo tradimento.
A sole dieciotto leghe dal porto d' Isabella erano
state scoperte quelle miniere, e per mettere fra quello
e queste la necessaria comunicazione, fece innalzare
un forte sopra un alto monte quasi intieramente cir-
condato da un fiume, parendogli che riuscirebbe fa-
cile fortificare un luogo così vantaggiosamente situa-
to, a cui il fiume era quasi da ogni lato di difesa; e lo
chiamò il forte di San Tommaso, per isvergognare
gli increduli che non vollero credere a quanto si rac-
contava delle miniere di Cibao, senza averle vedute
co' loro propri occhi. Affidatone il comando a Don
Pietro di Margarita e lasciatogli cinquantasei uomini
ed alcuni cavalli, fece egli affrettatamente ritorno ad
Isabella, dove s' incontrerebbe in una sequela di dif-
ficoltà dolorose.
Giunto, stupì della fecondità di quel suolo avendo
trovato già in ispighe il grano che vi fece seminare
appena da due mesi. In tre giorni il seme metteva
fuori, e in tre settimane arrivavano a maturità le spi-
ghe. Se non che, se tanto rassicurava dell' avvenire,
106 CRISTOFORO COLOMBO.
nulla valeva a temperare la situazione presente, non
essendovi più nulla per vivere, eccetto pochissimo
grano, e mancando inoltre i mezzi per ridurlo a
farina.
Pertanto comandò che le razioni fossero diminuite,
e che si costruissero de' molini per macinare. Ma i
soldati ed operai già occupati nella costruzione della
città, erano tutti infermi; ed i gentiluomini che volon-
tariamente s' erano recati al Nuovo Mondo, crede-
vano avvilirsi col lavoro manuale, e si ricusarono a
ubbidire. Il loro fine era stato di acquistar ricchezze
e gloria. Ma non cedette alle loro pretese il Colombo,
sì reso inflessibile dalla necessità estrema, decretò
che chi non si prestasse volonteroso al soccorso della
colonia, resterebbe privo di razione. L' orgoglio casti-
gliano non poteva perdonare tale comando ad un
uomo che per essi era nulla, e che non occupava un
posto sì onorifico che per condiscendenza, o meglio,
debolezza de' loro Monarchi.
Disgraziatamente cotesti malcontenti trovarono un
prezioso appoggio nel Vicario Apostolico, Padre
Boyle. Fino a quel punto erano passate tra loro
buone relazioni, meno che quando sollevatisi i sudditi
del cacico Guacanagari il Boyl lo voleva severa-
mente punito, tenendonelo colpevole; al che il Co-
lombo erasi energicamente ricusato ma non v' era
stato per ciò tra essi rottura : non fu però così allor-
ché quegli vide la misura presa dal Colombo per ob-
bligare i fidalghi di Spagna al lavoro : tanto bastò
per accusarlo pubblicamente di '' crudeltà! "
E proprio in questi momenti Pietro di Margarita
fece avvertito il Colombo delle disposizioni di guerra
che pigliava il cacico Caonabo. Ma i timori si dissi-
CAPITOLO DECIMO. . 107
parono tosto alla notizia che un solo cavaliere della
guarnigione del forte di San Tommaso aveva messo
in fuga quattrocento selvaggi, sgominati dai soli mo-
vimenti e dalla rapidità del suo cavallo.
Allora il Colombo pensò ad altre scoperte, te-
mendo d' essere preceduto da quelli del Portogallo; e
siccome prevedeva che resterebbe lunga pezza as-
sente, instituì in Isabella un consiglio composto del
Padre Boyl, di Pietro Fernandez Corroèl, di Alfonso
di Carvajial e di Giovanni Lussan, presieduto dal
suo fratello Diego.
Partì il 24 aprile del 1494 con tre caravelle, alzan-
do la sua bandiera sulla Nina, piccolo naviglio su
cui era tornato alla Spagna nel primo suo viaggio;
ma le mutò il nome, chiamandola Santa Chiara-
Menò seco il Padre Giovanni Perez, il medico Chan-
ca, il piloto Niiìo, il suo scudiere Diego Mendez e il
notaro reale Ferdinando Perez di Luna.
Si tenne all' Ovest; e qualche dì appresso scoprì
un' isola di sorprendente bellezza, che i nativi chia-
mavano Giamaica, e le conservò questo nome; ma
essendosi quelli opposti al suo sbarco, fece ritorno a
Cuba, che desiderava esaminare se fosse isola, ovvero
terra ferma.
E il 14 maggio n'era in vista. Ad un capo che da
essa sporgeva molto innanzi, dette il nome di Santa
Croce; e dipoi costeggiandola, si trovò in mezzo ad
una infinità di isolette basse, verdeggianti e sabbiose,
le quali gli parvero tante che si astenne del nume-
rarle e così prese insieme le chiamò il Giardino della
Regina. Si trattenne piìi d' un mese in questo peri-
coloso arcipelago, poi, cominciando a difettar d' acqua
ne' navigli, si ravvicinò a Cuba.
108 • CRISTOFORO COLOMBO,
Racconta V Herrera che il 6 luglio, mentre 1' Am-
miraglio faceva celebrare la messa sul lido, un cacico
gli si presentò, offrendogli de' frutti, e poi sedutoglisi
accanto gli tenne questo discorso, tradotto al Co-
lombo dall' interprete Diego " Se voi siate uomini o
Dei, non sappiamo; ma mostrate tal forza, che follia
sarebbe resistervi, quand' anche il volessimo. Eccoci
dunque alla mercè vostra : ma se siete Dei, accette-
rete i doni e ci propizierete; se uomini, come noi
sottoposti alla morte, dovete sapere che, dopo questa
è un' altra vita, differente pei buoni e malvagi. Se
v' aspettate di morire un giorno, e credete ad una vita
avvenire, ove ciascuno sarà trattato secondo operò
nella presente, non farete male a chi non ne fece a
voi! "
L' Ammiraglio gli fece rispondere : " essere stato
inviato dai suoi sovrani per conoscere se in quelle
regioni vi fossero uomini che nuocessero agli altri,
come si raccontava dei Caraibi; e aver ordine di re-
primerli facendo regnare la giustizia e la pace in tutti
gli abitanti di quelle isole. "
A questa risposta il cacico pianse, chiedendo s' ei
fossero uomini discesi dal cielo.
Dopo ciò il Colombo si volse di nuovo verso la
Spagnola; ma fu terribilmente bersagliato da' venti e
dal subbollimento dell' onde, e solò dopo cinque mesi
di penosissima navigazione, riguadagnò il porto del-
l' Isabella, ma così sfinito di forze che venne calato a
terra privo di conoscenza.
Con le premurose cure usategli non tardò a rista-
bilirsi, e rivide non senza commozione il fratello Bar-
tolomeo, arrivato dalla Spagna con soccorsi per la
colonia; a cui pochi dì appresso tenne dietro Anto-
CAPITOLO DECIMO. 109
nio Torrez con quattro caravelle cariche di provvi-
gioni, e portatore d' una lettera della Regina per lui.
" Grazie sian rese a Dio, diceva la Regina, peroc-
ché abbiam fiducia in Dio, che per V opera vostra la
nostra santa fede cattolica avrà una larga diffusione ...
E per tutto questo, ciò che principalmente ci allieta
è che il vostro genio abbia concepita sì mirabile im-
presa, la vostra abilità T abbia cominciata, certi che
la perseveranza la condurrà a fine. Ora vediamo che
quanto preannunziaste si avverò con tanta esattezza,
che più non avreste fatto dopo la riuscita. "
Nondimeno de' gravi avvenimenti avevano avuto
luogo nella Spagnola durante 1' assenza di lui. Don
Pietro di Margarita, a cui affidò il comando di San
Tommaso, s' era levato contro il consiglio, e invece
di visitare ed esplorare le differenti regioni dell' isola,
come n' aveva 1' ordine, campeggiò ne' dintorni d' Isa-
bella, lasciando ogni libertà agli uomini posti sotto il
suo comando, commettendo ogni maniera violenze,
per procurarsi vittuaglie, e depredando di quanto
avevano i poveri Indiani. Poi, sia che fosse infermo e
stanco del clima della Spagnola, sia che temesse il
castigo che aveva meritato, si appigliò al partito di
far vela per la Spagna prima che V Ammiraglio fosse
di ritorno. Irritato dalle rimostranze fattegli da Diego,
fratello del Colombo per la sua condotta, non ebbe
più alcun riguardo né conobbe più freno. Insultò
apertamente 1' uno e 1' altro, e fecesi alquanti parti-
giani, tra' quali il Vicario apostolico Padre Boyl.
Questi non esitò a pubblicare " che partendo, reca-
vasi a sgannare i Monarchi cattolici sulle false idee
che r Ammiraglio faceva loro concepire sulle proprie
imprese. "
110 CRISTOFORO COLOMBO.
Essendo ancorati nel porto d' Isabella i navigli
comandati da Bartolomeo Colombo, riuscirono ad
impadronirsene, e senz' altro fecero vela per la Spa-
gna. Noi vedremo il gravissimo danno che i loro
lamenti e rapporti cagionarono al Colombo. E nondi-
meno da notare che all' avversione mostrata dal
Boyl contro di lui non parteciparono in genere i
Missionari, dai quali ricevè sempre sincera ed affet-
tuosa riverenza.
Tuttavia, egli tenne fermo nel fare rispettare la
colonia dai cacichi nemici che la circondavano. Es-
sendo stati assassinati parecchi Spagnoli, giudicò
che più lunga tolleranza gli avrebbe nuociuto grave-
mente, e venuto in conoscenza del complotto che
meditava Caonabo facendo alleanza con alcuni dei
principali capi, si risolse ad assalirlo.
Non era impresa facile co' pochi soldati de' quali
disponeva; e adoperò uno strattagemma. Fattane
parola con Alfonso d' Ojeda, che comandava il forte
di Cibao, questi accettò di eseguirlo. Partì dunque da
Cibao con nove cavaHeri, fatta prima correre la voce
che gli Spagnoli desideravano la pace e che portava
a Caonabo de' regali da parte del Colombo. Arrivati,
*' Il potente signore della casa d' oro "chiese subito
di vedere i doni recatigli, e 1' Ojeda, mostrandogli
catene e braccialetti di rame risplendente, chiese di
metterglieli egli stesso ai piedi e alle mani. Gli fu
concesso, e l' incauto senza avvedersene si trovò in
prigione. Allora 1' Ojeda presolo sulla groppa del ca-
vallo lo trasse prigioniero ad Isabella, dove fu imbar-
cato per la Spagna; ma colta la caravella da fiera
tempesta restò inghiottita dall' onde, e vinto e vinci-
tori rimasero sepolti in fondo all' oceano.
CAPITOLO DECIMO. Ili
Caonabo aveva tre fratelli che tentarono di solle-
vare tutta r isola contro coloro che tanto presto
n' erano addivenuti oppressori : e raccolsero ben
centomila combattenti, ai quali il Colombo non potè
opporre che duecento fantaccini e venti cavalieri.
Pertanto si raccolse in preghiera, affidato il comando
di quel piccolo nerbo al suo fratello Bartolomeo, cui
aveva dato il titolo di luogotenente generale, ossia di
Adelantad. Scaricata dai nativi una nuvola di frec-
cie che offuscò 1' aria, un improviso ed impetuoso
vento le deviò dal punto a cui avevano mirato. Gli
Spagnoli, gridando al miracolo, si lanciarono loro
sopra e li misero in pezzi. Il numero venne meno alla
forza della disciplina. Le armi da fuoco colpirono i
rimanenti di terrore, e più ancora i cavalli che loro
si lanciavano contro, credendoli mostri che volessero
divorarli.
Il Colombo, a ringraziare Dio della vittoria con-
seguita, fece erigere un altare e celebrarvi una messa.
Parecchie volte ebbe egli a lottare contro le forze
disperse degli Indi, e sempre ne restò vincitore.
Avendogli assoggettati, impose loro un tributo : cioè
una piccola misura d' oro ogni tre mesi, a quelli che
erano vicini alle miniere, agli altri venticinque libbre
di cotone filato.
Mentre stava così combattendo contro i nativi
d' Haiti, gravissime accuse eran deposte contro di
lui in I spagna, dove il Padre Boyl e Pietro di Mar-
garita avevan raggiunta la Corte. Quivi trovarono
piena corrispondenza nell' uffizio della marina, dove
Giovanni di Fonseca era incaricato della direzione
delle scoperte, il quale si valse della costoro narra-
zione per attraversare le spedizioni del Colombo. E
112 CRISTOFORO COLOMBO.
tosto tutti gli invidiosi del grand' uomo co' malcon-
tenti composero un formidabile partito. Declamavano
altamente contro V Ammiraglio, spacciando che
quanto s' era pubblicato di miniere d' oro non era che
invenzione, e che il preteso grand' uomo si riduceva
ad un temerario, ed ambizioso, che sacrificava tutti
al proprio orgoglio né aveva altro mezzo che la cru-
deltà. Che cosa erano insomma le famose pretese re-
gioni, dalle quali si dovevano ritrarre tanti tesori?
Isole malsane dove si mancava d' ogni cosa e dove
la fame minacciava di mietere quelli che furono ri-
sparmiati dalle malattie. Cotesto miserabile Geno-
vese non ebbe orrore di costringere a dure fatiche
nobili di Castiglia, assoggettandogli ad una disciplina
di ferro, come se non fossero già stati umiliati abba-
stanza nel dovergli ubbidire!
Pertanto il credito dell' Ammiraglio scemava; e le
spacciate sue crudeltà contro gli Indi, le mormora-
zioni dei malcontenti esagerate ogni dì più da' suoi
nemici, le relazioni del Padre Boyl e di Don Pietro
di Margarita, 1' ostilità di Giovanni di Fonseca e del
registratore Giovanni di Soria, da ultimo misero in
tali prevenzioni Ferdinando ed Isabella, che quantun-
que inclinassero ad usargli de' riguardi, si affrettarono
a ritirargli i privilegi accordatigli, consentendo che altri
andassero a stabilirsi nel Nuovo Mondo, e fossero
liberi ad intraprendervi quante loro piacesse scoperte.
Deliberarono dunque d' inviare un commissario
alla Spagnola coli' incarico d' informarsi sui fatti rim-
proveratigli, e scelsero Giovanni d'Aguado, a cui ne
dettero pieni poteri.
L' Aguado, gonfio di sé per questa importante
missione ricevuta, partì con quattro caravelle, e con
CAPITOLO DECIMO. 113
buona traversata giunse ad Haiti, dove in assenza
del Colombo comandava il suo fratello 1' Adelantado
Bartolomeo. Come 1' ebbe dinanzi lo coprì d' invetti-
ve e minacele, dicendo d' essersi recato a processare
il fratello e a liberarne la colonia.
Questi che era a combattere i cacichi, appena dal
fratello seppe quell' arrivo, fece subito ritorno ad
Isabella.
E quegli varcando i confini dell' autorità conferita-
gli, non contento di presentargli le lettere della commis-
sione ricevuta, con tuono arrogante fecegli sapere che
era giunto a raccoglierete necessarie informazioni per
processarlo. Il Colombo sostenne tante insolenze con
grande modestia, assicurandolo della piena sua som-
missione acrli ordini dei Monarchi.
Raccolse 1' Aguado quante più potè testimonianze
dai più malvagi coloni e soldati, e dagli stessi Indi,
coir intendimento di addebitare all' Ammiraglio
tutti gli eccessi dei quali dolevansi gli Spagnoli; e il
processo fu chiuso a mezzo dicembre del 1495.
Sopportò questi con animo eroico tutte le umilia-
zioni alle quali venne sottoposto, pieno di deferenza
verso r autorità reale che quegli rappresentava e che
senza motivi di sorta gli si era dichiarato nemico,
cedendogli il posto e gli onori che a lui solo per
diritto spettavano.
Compita che ebbe il miserabile la missione affida-
tagli, e che dovendo essere missione di giustizia e di
pacificazione fu da lui tramutata in una iniqua inqui-
sizione, si dispose a far ritorno; ma proprio nel mo-
mento che stava per far vela, scaricandosi su la Spa-
gnola un uragano spaventevole, spezzava le quattro
caravelle da lui condotte e tre dei navigli del Coloni-
114 CRISTOFORO COLOMBO.
bo, eccettuata la Nina che, nel suo viaggio, aveva
battezzata col nome di Santa Chiara.
Il Colombo volendo arrivare alle coste di Castiglia
nel medesimo tempo che il suo accusatore, fece co-
struire un' altra caravella col nome di Santa Croce,
risoluto di perorare di persona la propria causa presso
i Monarchi, e ad un tempo ragguagliarli delle recenti
sue scoperte.
L' Aguado non ebbe coraggio di contrastarglielo
ed egli, lasciandolo pascersi di frivole onoranze, tenne
fermi i diriti essenziali della sua dignità, affidando il
governo generale ai due suoi fratelli, Bartolomeo e
Diego, finché ne rimanesse lontano, e nominò ammi-
nistratore di giustizia Francesco Roldan : a parecchi,
altri ufficiali commise il comando delle diverse forze.
Il IO marzo del 1496, le due caravelle fecero vela
per r Europa, Aguado sopra la Santa Croce, teste
fatta costruire dal Colombo, ed egli sulla Santa
Chiara, menando seco duecento venti Spagnoli,
'*' che erano i più poveri della colonia, e che da lui
ben trattati, come sempre soleva, nel viaggio, si pro-
ferirono a sostenerne le parti contro F Aguado.
Governando all' Est verso il capo d' Fugano, lo passò
il 22 marzo, e il 9 aprile approdò a Maria Galante.
Le difficoltà incontrate per provvedersi d' acqua
lo costrinsero il dì seguente ad approdare alla Gua-
dalupa. Risciolse le vele al vento il 20 di aprile, ma
per causa de' venti contrarj il 20 maggio si trovavan
perduti in mezzo all' oceano, e i piloti non indovi-
nando più la via, mancando 1' acqua e i viveri essendo
per finire, ne furono tutti in grande costernazione!
Aveva egli messo gli uomini e 1' equipaggio alla
razione di sei once di pane il giorno, donde nacquero
CAPITOLO DECIMO. 115
vive mormorazioni. Trattavano nientemeno di gittare
in mare gli Indi che avevan seco, per avere un tenue
aumento di viveri per sé. Ne trattaron da prima in
secreto, poi apertamente. L' Ammiraglio richiamò
que' disperati a sé stessi, annunziando fra tre dì il
capo di San Vincenzo, Se ne acquietarono, quantun-
que i più intelligenti di mare credevansi ancora lon-
tani dalla Spagna per oltre dugento leghe; chi diceva
esser quelli i paraggi d' Inghilterra, chi il canale di
Fiandra : fatto sta dopo tre dì, cioè \ 1 1 giu-
gno 1496, la Santa Chiara riconobbe il capo di San
Vincenzo.
Il giorno seguente entrando il Colombo nel porto
di Cadice, trovò tre vascelli carichi di vittuaglie e di
munizioni, pronti a partire per la Spagnola. Profittò
di quest' occasione per mandare a suoi fatelli lettere
d' incoraggiamento, poscia, informati i Sovrani del
suo ritorno, ne attese quivi gli ordini.
Il 12 luglio del 1596, un ordine reale da Burgos
r invitava alla Corte. Vi si recò modestamente, ma
non senza mostrare il fiero dolore che lo straziava;
lasciatisi crescere capelli e barba e indossando un
abito grigio da Francescano. Ma lungi dall' esser
stato ricevuto e trattato come un delittuoso di cui si
aspetti la giustificazione, non si fece verbo né delle
informazioni dell' Aguado, né delle accuse del Padre
Boyl e di Don Pietro di Margarita; al contrario ebbe
elogi e ringraziamenti per i suoi novelli servigi ren-
duti alla Spagna.
Protetto da Dio continuava a trionfare de' suoi
nemici; e per verità, dice uno de' suoi storici, " basta-
va il solo suo aspetto alla più ampia e solenne giusti-
ficazione! "
SOMMARIO.
Il Colombo propone a' Monarchi Spagnoli di continuare le
sue scoperte. Ritardi. Novelle calunnie. Misure prese ed
istruzioni date nell' isola d' Isabella per 1' amministrazione
della colonia. — Colombo parte con sei caravelle. Ne manda
tre a vettovagliare di nuovo la Spagnola, e colle altre si volge
verso la zona torrida. Sofferenze degli equipaggi. Piglia
porto alla trinità. In questo terzo viaggio alle Indie occiden-
tali approda al Continente. — Donde ritorna alla Spagnola.
Condizioni nelle quali rinveniva la colonia. Mentre ristabi-
lisce dapertutto 1' ordine e 1' obbedienza, si risolleva contro
di lui r opinione in Ispagna. — I Monarchi inviano il Boba-
dilla alla Spagnola con provvedimenti, de' quali abusa. In-
degna sua condotta. Fa mettere in catene il Colombo e i fra-
telli di lui. E raccoglie quante può querele e deposizioni
per istruirne il loro processo. Il Colombo che alcuni anni
prima aveva percorso trionfante 1' Oceano, mostrando
all' Europ*^ la via per 1' America, lo riattraversa prigioniero.
EL tripudio d' una accoglienza che copriva
i suoi avversar]* di vergogna e di confu-
sione, Cristoforo Colombo fece a' Mo-
narchi Spagnoli il racconto delle novelle
^f^ — u (;(;r
sue scoperte; ed insieme loro manifestò apertamente
le condizioni della colonia, provando che le misure
da lui prese, e tanto da' suoi nemici biasimate, erano
assolutamente indispensabili in paese non peranco
ordinato; aggiungendo che non dovevano giudicarlo
come un governatore ordinario che desse in eccessi,
ma come un conquistatore tenuto a farsi rispettare
con la forza da popolazioni selvaggie. Essere pronto
CAPITOLO DECIMO PRIMO. 117
a rifare quanto aveva fatto, non essendo stato mai
inspirato da personale ambizione : sì unicamente
dalla vera grandezza della sua patria di adozione; né
aver mai imposta la propria volontà se non quando
era assolutamente richiesto dalla salvezza di coloro
che gli erano affidati, e di que' medesimi che n' erano
addivenuti accusatori. Poi presentò loro le maschere
e cinture dorate, e grani d' oro in quantità che aveva
di là riportato, alcuni della grossezza di una fava, ed
altri di una noce.
Finalmente lor propose di continuare le scoperte
cominciate, chiedendo a tal fine otto vascelli; due
de' quali fossero subito inviati con provviste e muni-
zioni ad Isabella; egli partirebbe con gli altri sei. Fu
accettata la proposta, e per ordine della Regina gli
vennero subito assegnati sei milioni di maravedis per
compiere il novello armamento.
Disgraziatamente negli uffizi di Siviglia si macchi-
nava contro di lui. Il reale Consiglio delle Indie, di
cui stava a capo Giovanni Rodriguez di Fonseca,
come se di ciò nulla fosse, pubblicava editti tirannici
per tutte le terre scoperte; così che mentre la Regina
di Castiglia facendo proprie le vedute del Colombo,
sperava di attirare alla fede cattolica i selvaggi me-
diante r umanità e la dolcezza, là giungevano ordina-
zioni, il cui odio doveva ricadere intieramente sopra
di lui. Si è fin detto che Ferdinando, non d' altro
avido che d' oro e malcontento che la colonia non
gliene fornisse quanto voleva, comandasse di ven-
dere i nativi come schiavi.
Il 20 di ottobre, giunge van dalla Spagnola a Ca-
dice tre caravelle comandate dal piloto Alonzo Nino,
ciascuna delle quali portava Indi prigionieri, e ne
118 CRISTOFORO COLOMBO.
parvero giustificate le calunnie de' nemici del Colom-
bo, il quale, come scrive egli stesso, n' ebbe ogni ma-
niere di rimproveri. La sola Regina ne sosteneva
il coraggio, dicendo che " non badasse a quanto si
andava spacciando, essendo ella risoluta a sostenere
e proseguir V impresa, e non se ne avessero a ritrare
che pietre : quel che le importava essere la diffusione
della fede cristiana, e non credere punto amici della
sua corona coloro che a lui si opponevano. " Per-
tanto il 23 aprile del 1497, comandò che subito fosse
provvisto r armamento della fiotta destinata alle
Indie, confermandogliene il comando. Anche voleva
dargli un solenne attestato della sua gratitudine
creandogli un principato nell' Indie, e che ne avesse
il titolo di Duca; ma egli vi si ricusò.
Il 19 di giugno poi gli fece tenere delle novelle
istruzioni per il governo della colonia. Se non che
tutto questo pareva ridursi ad un giuoco, non essendo
provati (opera degli addetti agli ufficj di marina) gli
approvigionamenti, né alcun de' navigli che doveva
partire; oltre di che per le calunnie largamente sparse
contro di lui aumentando le prevensioni, ninno si
presentava ad iscriversi per la partenza. Il Colombo
temendo che un ulteriore ritardo portasse la totale
rovina della colonia della Spagnola, propose un riparo
estremo; cioè si commutasse ad ogni sorta di delit-
tuosi in perpetuo esilio alle Indie la pena a cui ve-
nissero condannati; i condannati a morte avrebbero la
grazia della vita, quivi servendo due anni senza stipen-
dio; gli altri servirebbero un anno soltanto; ed ogni
azione di tribunali cesserebbe a patti che i primi
non potessero tornar più mai in Europa. E nel me-
desimo tempo si dette ordine che fossero condannati
CAPITOLO DECIMO PRIMO. 119
ai lavori delle miniere tutti i meritevoli di severi ca-
stighi. Queste proposte vennero approvate da Mo-
narchi in Medina del Campo il 22 giugno 1497.
Fu questo un errore del Colombo, di cui lo scusa
unicamente la fretta eh' aveva di raggiungere la Spa-
gnola e soccorrere quella colonia abbandonata. Ma
meglio sarebbe stato ritardare il ristoramento, che
popolar queir isola di ladri e di assassini; e ben
doveva prevedere che con tal gente la scoperta di cui
s' era impromesse sì belle cose per la religione, sa-
rebbe divenuta *' un flagello per 1' umanità! "
E con tutto ciò r ora di partire non arrivava mai.
Egli n' era in desolazione; ma senza prò : i mesi
scorrevano, e nulla era mai pronto. Le ottime dispo-
sizioni della Regina datavano dal luglio del 1496, e
frattanto era passato tutto il 1497 senza alcun prò.
A gran fatica potè egli ottenere V armamento di due
caravelle entrato il 1498. E siccome le sorti della
colonia della Spagnola lo tenevano in gravissima pena,
senz' altri indugi ai primi di febbraio le fece partire.
Provveduto così, quanto era possibile, alla colonia,
con una energia prodigiosa, cui non valsero a vincere
tutte le opposizioni degli uffizi della marina, e spe-
cialmente dell' ordinatore generale di essa, tanto si
adoperò che nel mese di maggio del 1498 aveva fatte
raccogliere nel porto di San Lucar di Barrameda sei
caravelle pronte alla partenza.
Finalmente in nome della Santissima Trinità mise
alla vela il 30, indirizzandosi con tre de' navigli verso
la zona torrida, e dato ordine agli altri di affrettarsi
al soccorso di Haiti, ossia della Spagnola.
Diversa dalle precedenti fu la via che egli prese in
questo terzo suo viaggio; né s' ingannava se dopo la
120 CRISTOFORO COLOMBO.
scoperta dell' isole, egli andava in cerca del Conti-
nente.
Il 27 di luglio cessò il vento, e ad un mare tutto
uguale e in color di piombo soprastava un cielo in-
fuocato. Non un alito che rinfrescasse V aria soffo-
cante, non un movimento d' onde qualsiasi, ma una
terribile calma! Il catrame dalle navi si scioglieva, il
vino e r acqua spicciavan dalle fessure delle botti, le
cui doghe il calore aveva ristrette; le vivande salate
si corrompevano, ed il lardo colava come se stesse
davanti al fuoco. Nessuno *' vi fu che osasse discen-
dere sotto il ponte per mettere in salvo le botti e i
viveri, " e nella cala era impossibile respirare. E tutto
questo per una settimana; una settimana di sofferenze
senza nome; poi ricominciò un buon vento che durò
per alcuni giorni.
Il 31 luglio scoprirono terra, e videro tre monta-
gne con le cime fra le nebbie del cielo. Il Colombo
che aveva posto quel suo viaggio sotto la protezione
della Santa Trinità, colpito da tale coincidenza, bat-
tezzò questa terra col nome di Trinidad, Trinità; e
il dì seguente ebbe in vista il delta dell' Orenoco;
contrada a cui dette il nome di Terra di Grazia, con-
vinto che Dio ve lo avesse menato.
Il 5 agosto, essendo in domenica, volle che vi fosse
celebrata la messa; ed essendo egli sofferente di do-
lorosa oftalmia, incaricò il capitano Pietro di Torre-
ros per piantarvi una grande croce.
Il lunedì e martedì bordeggiarono lungo la costa, e
alla corrente formata dall' Orenoco, fiume immenso
che per sette grandi foci si scarica nell' Oceano, dette
il nome di Bocca del Dragone. Egli si trovava nel
golfo di Paria, cui chiamò Golfo delle Perle. Le ca-
CAPITOLO DECIMO PRIMO. 121
Tavelle incontrarono grandissima difficoltà a superare
quella corrente, e non essendo punto favorevole il
vento, corsero grave perìcolo di affondare. Profit-
tando d'un leggiero venticello di terra, il Colombo
entrò nello stretto. " Appena i legni, dice 1' Herrera,
furono dentro queste terribili gole, il vento si sca-
tenò, e fu miracolo se non dettero negli scogli! " Ma
la destrezza nel valersi della corrente, li salvò.
A 26 leghe verso il Nord, scoprirono un'isola; e
un po' più là un' altra. Vennero denominate 1' Asstm-
zione e la Concezione.
Dal i°di agosto, le coste che si distendevano verso
r Ovest, e sopra tutto la forza del fiume che il Co-
lombo aveva riconosciuto e che per 1' abbondanza
delle acque che menava, doveva bagnare considere-
voli terre, gli fecero credere d' aver scoperto il Con-
tinente. Per lo che, venuti meno i viveri e gli equi-
paggi essendo sofferenti, fece volgere per la Spa-
gnola.
Quivi sbarcato, trovò la colonia in condizioni de-
plorevoli. Un gran numero di gentiluomini, *' de' quali
chi più sapeva, dice Las Casas, ignorava il Credo e i
dieci comandamenti divini, " s' eran fatti padroni di
quest' isola sì bella e rigogliosa, commettendovi ogni
maniera di eccessi, che Bartolomeo Colombo, non
ostante la sua avvedutezza e prontezza, non aveva
potuto reprimere; per lo che ridotti a grandi soffe-
renze, le avevano peggio accresciute con la confu-
sione, alle quali misero il colmo i complotti de' nativi,
spesso promossi dagli Spagnoli stessi o secondati.
E fu questo il tempo, in cui il partito ostile al Co-
lombo lavorò a calunniarlo presso la Corte, mediante
i lamenti che giungevano senza interruzione. Il ri-
122 CRISTOFORO COLOMBO.
torno in I spagna di molti ambiziosi che non rinven-
nero nel Nuovo Mondo quanto sognavano, e le ca-
lunnie che per ciò stesso inventavano contro di lui,
servirono maravigliosamente a suoi nemici per ren-
derlo '' odioso al popolo e sospetto alla Corte. " Si
spacciava che aveva ridotti ad estrema povertà illustri
fidalghi, e che ai meschini addetti ai lavori delle mi-
niere per la ricerca dell' oro neanche era stato pagato
il salario, non riscuotendone che fatiche e malattie
incurabili. E di tutto ciò era unica causa 1' orgoglio
senza esempio, e la non saziabile avarizia del Colombo.
Ogni volta che il re passava per le vie di Granata,
cotesti malcontenti lo seguivano, mettendo grida di
vendetta contro V Ammiraglio e chiedendo giustizia;
e vedendone i figli ancora paggi della regina
Isabella : '* Ecco, dicevano, (come racconta Ferdi-
nando suo secondogenito) i figliuoli dell' Ammira-
glio de' mosciolini, di colui che ha trovato terre
di vanità e d' inganno per sepoltura e miseria de' gen-
tiluomini castigliani. " Re Ferdinando, che non aveva
mai avuto buon sangue con 1' Ammiraglio, non istentò
a credere a queste grida abilmente promosse contro
di lui; e la Regina che lo difendeva venne con più fina
destrezza sorpresa con far giungere dal Nuovo
Mondo, contro la volontà del Colombo, altri schiavi,
come prova del violar eh' esso faceva gli ordini da
lei tanto caldamente dati rispetto alla libertà di
que' meschini : e pur troppo non cauta abbastanza,
si lasciò piegare ad una ingiustizia che per sé stessa
non avrebbe mai commessa.
Imperocché avendo creduto il Colombo veramente
colpevole di questa violazione, ne argomentò che
dunque fossero egualmente vere tutte le altre accuse
CAPITOLO DECIMO PRIMO. 123
fattegli. Ordinò pertanto sotto pena di morte, che
tutti gli Indi fatti prigioni fossero subito restituiti a
sé stessi, e deliberò che a lui fosse subito tolta 1' au-
torità di cui era stato rivestito specialmente a scopo
religioso, e di cui abusava sì barbaramente in oppo-
sizione alle regie ordinazioni. Se ella si fosse procu-
rate migliori informazioni, avrebbe conosciuto che la
condotta del Colombo era stata irreprensibile sempre,
e la sola sua giusta severità nel mantenere la disci-
plina e r invidia della sua gloria avevangli suscitato
contro tanti nemici.
Ciononostante continuò 1' opera che s' era propo-
sta, e a poco a poco acquietate le rivolte, ne venne
riconosciuta V autorità tanto dai Castigliani quanto
dagli Indi disposti al battesimo. Egli chiedeva altri
tre anni per aumentare di sessanta milioni le rendite
della corona col monopolio delle miniere d' oro e con
la pesca delle perle. Né s' ingannava; di fatti, dopo
cinque anni i diritti regj sorpassarono i cento milioni;
ma allora più non si voleva credere alle sue promesse.
La Regina per mettere termine ai disordini, che le
si faceva intendere sarebbero durati quanto il gover-
no dell' Ammiraglio, vi mandò Francesco Bobadilla,
commendatore di Calatrava, con amplissimi poteri e
coi titoli di governatore generale e di intendente su-
premo della Giustizia, e coli' incarico di verificare le
condizioni della colonia. Ambizioso costui, violento e
cupido, si propose di esercitare largamente 1' auto-
rità commessagli; e non gliene mancavan appigli,
essendo arrivati a dire i nemici del Colombo, che egli
divisava nientemeno che di rendersi indipendente
dalle corone di Castiglia e d' Aragona, e farsi gridare
Sovrano del Nuovo Mondo!
124 CRISTOFORO COLOMBO.
Né contenti di fargli perdere il potere di cui era
rivestito, fecero anche prova di levargli la gloria delle
fatte scoperte. Di fatti, dall' ordinatore generale delle
Indie, già era stato incaricato a proseguirle (forse
air insaputa de' re cattolici) Alonzo d' Ojeda, quel me-
desimo che s' era impadronito del cacico Caonabo;
al qual fine aveva chiesto e ottenuto copia dei divi-
samenti e ricordi scritti dall' Ammiraglio, e certo
n' erano assai diminuite le difficoltà, ora che n' aveva
tracciata la via il Colombo. Fece dunque armare
quattro vascelli, aiutato per le spese necessarie da un
ricco negoziante fiorentino, Amerigo Vespucci, pra-
tico di navigazione, che per tali ragioni prese parte al
viaggio.
La flottiglia comandata dall' Ojeda e guidata dal
piloto Giovanni della Cosa, nativo di Discaglia, mise
alla vela il 20 maggio del 1499, e approdò precisa-
mente nei luoghi visitati da Cristoforo Colombo
r anno precedente. Il Vespucci ne pubblicò la rela-
zione, ma come di un viaggio esclusivamente suo,
senza nominare X Ojeda. Né vogliam dire che egli
per inganno intendesse attribuirsi una gloria altrui :
fatto sta che il suo racconto ebbe un successo immen-
so presso gli amici del maraviglioso, e fu tosto tra
dotto in varie lingue, donde avvenne che il primo
descrittore del Nuovo Mondo ne fosse tenuto ezian-
dio primo discopritore, a danno di colui a cui ne spet-
tava la gloria.
Intanto Francesco di Bobadilla partito con due
caravelle dalla Spagna per San Domingo sulla fine
di giugno del 1500, vi giunse il 22 di agosto : questa
città fondata sulle coste della Spagnola da Bartolo-
meo Colombo secondo il disegno del suo fratello
CAPITOLO DECIMO PRIMO. 125
Cristoforo, era stata da lui designata per capitale del
viceregno delle Indie, e centro da cui si sparge-
rebberoi lumi del Cristianesimo su quel vasto mondo
della barbarie.
Il Bobadilla nel 24 di agosto sceso a terra, fece
quivi leggere le lettere reali di cui era portatore e che
lo costituivano intendente di Giustizia, e il dì seguente
le altre, per le quali doveva essere riconosciuto go-
vernatore generale di tutte le isole e terraferma, con
poteri illimitati.
Diego Colombo aveva il comando della città. Il
Bobadilla gli intimò di mettere subito in libertà quanti
da lui e dal suo fratello erano stati racchiusi nella
fortezza, per rivolta. Diego vi si ricusò, dichiarando
che non poteva farlo senza gli ordini del Colombo,
alla cui autorità era soggetto. *' Bene! rispose il Bo-
badilla, vi farò conoscere se ambedue dobbiate obbe-
dirmi ! " E lanciò i marinai menati dalla Spagna in
assalto della fortezza.
Avendo egli così cominciato con la forza non si
arrestò nell' intrapreso cammino. Fatta propria la
casa dell' Ammiraglio, ne sequestrò le carte, ne con-
fiscò i mobili, tolse per sé i cavalli che vi rinvenne, e
s' impadronì di tutto 1' oro ed argento che quegli vi
aveva raccolto. Poi, senza alcuna formalità, coman-
dava r arresto del fratello Diego, facendolo traspor-
tare sopra una delle sue caravelle, con ordine di met-
terlo ai ferri; e frattanto, per tirarsi il favore de' sol-
dati, con un editto ne determinava lo stipendio mili-
tare, più la paga per chi s' aggiungesse ne' loro ruoli.
Finalmente, ad aver tutti dalla sua parte, dichiarava la
ricerca dell' oro nelle miniere libera a chicchesiasi per
venti anni, sol che pagassero a' Monarchi la vente-
126 CRISTOFORO COLOMBO.
sima parte di quanto raccoglierebbero. E aggiun-
geva che costringerebbe il Colombo a soddisfare
quanti avessero contro di lui ragioni di lamento. E
aprì un registro per tutte le accuse che gli sì potes-
sero fare, ricevendo tutte le deposizioni più calun-
niose, bugiarde e futili ad un tempo, che potessero
idearsi.
Diego, avanti d' essere incarcerato, fece avvertire
per un messo dell' arrivo del Bobadilla il fratello, il
quale appena 1' ebbe ricevuto, si mise in via per San
Domingo. Arrivato, gli si presentò un usciere in armi,
consegnandogli copia delle lettere di credenza del
novello governatore; ma egli dichiarò che erano in
formale contraddizione con i privilegi irrevocabili a
lui concessi dai Sovrani di Spagna, e pertanto
esigerebbe da tutti i sudditi loro in quelle regioni
piena sommissione, finché non ne avesse riferito a
quelli.
Se non che penetrato dal dovere di rispettare l' au-
torità di coloro che considerava come suoi signori,
appena il 7 settembre del 1500 ebbe ricevuto da?
Velasquez, tesoriere reale, e dal Padre Giovanni
di Trasiera, Religioso Francescano, lettera segna-
ta di mano del re e della Regina, che gli intimava
di eseguire quanto dal Bobadilla gli fosse imposto,
cede.
Ferdinando ed Isabella senza dubbio venivano
meno alla propria parola; e dando al novello gover-
natore tanto potere, violavano la promessa fatta al
Viceré delle Indie, spossessandolo di una dignità che
gli spettava per giustizia, per i patti conchiusi, per le
fatiche e i pericoli sostenuti, e per il diritto che gli
veniva per la sua perseveranza in un' impresa senza
CAPITOLO DECIMO PRIMO. 127
esempio. Né il Colombo V ignorava, e avrebbe po-
tuto resistere a chi talmente calpestava la data paro-
la : ma egli amò di sottomettersi.
Chi mai crederebbe che il novello governatore si
rifiutasse a riceverlo, anzi lo facesse arrestare e menare
in fortezza con ordine di mettergli i ferri ai piedi?
Così trattò il Colombo colui che Ferdinando ed Isa-
bella avevano inviato in proprio nome a far giustizia
alla Spagnola !
Egli, accusato di tanto orgoglio e di tanta prepo-
tenza, non fece a' soldati la minima opposizione; ma
sereno e tranquillo in tanta sventura, dette a tutti un
ammirabile esempio di annegazione e di pazienza, in-
somma di eroismo cristiano. Ma se tutti si erano
congiurati per infamarlo e perderlo, non si trovò un
solo che osasse mettergli i ferri, e incatenare colui, la
cui vita non era stata che un' aspirazione a chiamar
le anime alla libertà di Cristo! Se non che mentre
nessuno degli scherani del Bobadilla si sentì forte
abbastanza per compire tanta scelleraggine, incredi-
bile, ma vero, vi si offrì un servitore stesso del
Colombo in singolarissimo modo da lui beneficato.
La storia ad eternarne 1' infamia, ne ha conservato
il cognome, ed era E spinosa.
Ne' ferri risplende più che mai la grandezza d' ani-
mo del Colombo. Tanto moralmente quanto fisica-
mente egli soffrì quanto sia possibile a pensare!
Spossessato della conquista da lui fatta di un mondo,
nutrito d' alimenti ributtanti, appena coperto d' una
misera veste, e stretto di catene, ignorava per quali
delitti fosse così terribilmente punito!
L' Adelantado, suo fratello Bartolomeo, che era
ancora libero e risoluto, pare che si disponesse a
128 CRISTOFORO COLOMBO.
Strapparlo coli' altro fratello Diego dalle mani del
Bobadilla. Del che essendo questi in timore, fece
dire all' Ammiraglio che lo invitasse a fare subito
ritorno a San Domingo. E il Colombo, scongiuran-
do il fratello di sottomettersi agli ordini dei Mo-
narchi, '' La nostra rivendicazione, gli diceva, sta
nella nostra innocenza. Saremo rimandati in Ispa-
gna; nulla di meglio possiamo desiderare per giusti-
ficarci!
L' Adelantado, come il fratello gli aveva scritto,
venne a San Domingo; ma appena giunto v' ebbe
catene come gli altri e la rilegazione sopra una cara-
vella. Erano essi gelosamente custoditi in differente
prigione; pena la morte a chiunque ardisse di com-
municare con essi!
Non arrivò il Bobadilla sino all' assassinio; ma
terminata 1' istruzione del processo, ben condannò i
tre fratelli a morte, e avrebbe fatto eseguire la sen-
tenza, se non avesse pensato V orribile impressione
che farebbe un giudice tramutato in carnefice. Per
lo che, riflettendo egli che il Colombo era gran-
de ufficiale della corona di Spagna, pensò d' in-
viarlo coi fratelli e i documenti del processo alla
Corte, sperando che que' tribunali confermerebbero
il suo giudizio. E ne affidò 1' accompagnamento ad
Alonzo di Vallejo, figliuolo di Giovanni di Fonseca,
di cui s' era fatto protettore, tenendolo capace di
secondarlo nei suoi pravi propositi.
Quando costui entrò a pigliare 1' Ammiraglio nella
prigione per condurlo a bordo, questi credette d' es-
ser tratto al supplizio.
— " Vallejo dove mi meni tu? " gli disse trista-
mente. — "A bordo della mia nave, signore, rispose
CAPITOLO DECIMO PRIMO.
129
il capitano. — Del che il Colombo dubitando, sog-
giunse : — E' vero? — Ed il Vallejo reiteratamente
lo assicurò della verità dell' asserto. Allora 1' Ammi-
raglio ritrovò la sua calma ordinaria.
Il Colombo in catene.
Le parole dell' ufficiale lo rassicurarono; che se te-
meva di morire, ciò non era già per paura della morte,
ma per paura dell' ignominia che coprirebbe il suo
nome, senza che mai si sapesse il vero de' fatti, e l' in-
corruttibile giustizia si levasse a sua difesa.
Finalmente la Gorda levò 1' àncora e fece vela per
r Europa.
130
CRISTOFORO COLOMBO.
Spettacolo di grandi ammaestramenti e che fa
piangere, è questo tragitto del Colombo incatenato
sull'Oceano dall' America da lui scoperta, all' Eu-
ropa, a cui ne dette notizia e ne mostrava la via per
approdarvi. A tanto può giungere 1' umana ingratitu-
dine e r iniquità, dove 1 'idea di Dio si affievolisca
nelle nostre menti e il sentimento della sua giustizia
ne' nostri cuori.
SOMMARIO.
Alla novella dei crudeli trattamenti sofferti dal Colombo Isa-
bella se ne mostra dolentissima, ordinando che fosse subito
posto in libertà. Udienze che gli dette; consolazioni e pro-
messe prodigategli. — Un novello governatore provvisorio
è nominato nella Spagnola, che fu Nicola di Ovando. —
Il Colombo sollecita la Corte per un altro viaggio di esplo-
razione. È favorito nella sua richiesta. Parte con quattro
caravelle. — Incredibili accoglienze che ebbe alla Spagnola.
Predice una tempesta, scongiura 1' Ovando ad impedire la
partenza per 1' Europa della flotta di trenta due vele, che
condusse il novello governatore. — Si ride della sua predi-
zione. La flotta è distrutta da un terribile uragano, e con essa
periscono tutti i suoi nemici più accaniti. — Novelle scoperte
e nuove sofferenze del Colombo. Sue commoventi doglianze.
— Ritorno in Europa al fine di questo quarto viaggio. —
Morte d' Isabella la Cattolica. Ingratitudine di Ferdinando.
Morte del Colombo.
^^^^^g'ALLEJO era un gentiluomo, e, quantun-
que attaccato a Giovanni di Fonseca,
non potè non commoversi alla vista del
■— « Colombo in catene. Uscendo dal porto la
Gorda, il capitano che la comandava, voleva che si
togliessero i ferri sì a lui che a' fratelli. L' Ammira-
glio lo ringraziò della sua umanità, ma rispose che
essendogli state messe le catene per ordine de' Mo-
narchi di Spagna, a questi spettava toglierle. Egli le
conservò poi gelosamente finché visse come prova
che gli fossero statemesse; *' ed io, dice suo figlio, le
vidi sempre sospese nel suo gabinetto, e volle che
con lui fossero sepolte.
132 CRISTOFORO COLOMBO.
La traversata fu rapida. Salpava la Gor-da nel
mese d' ottobre ed entrò nel porto di Cadice il 25 no-
vembre. Un de' piloti, chiamato Andrea Martino,
commosso delle sofferenze dell' Ammiraglio, si offrì a
portar le sue lettere a Granata, dove allora trovavasi
la Corte, prima che si potesse saperne 1' arrivo.
Isabella udì indegnata il disonorevole abuso che
erasi fatto dell' autorità reale, e unitamente a Ferdi-
nando inviò pressantissimo ordine che 1' Ammiraglio
co' fratelli fosse scarcerato, e gli si sborsassero due
mila ducati per recarsi prontamente a Granata.
I tre fratelli si presentarono all' udienza dei Mo-
narchi il 17 dicembre del 1500, e ne furono ricevuti
con vivi ed affettuosi sentimenti di compassione.
Pochi giorni dopo 1' Ammiraglio ebbe dalla Regina
una particolare udienza, a' cui piedi prostratosi ruppe
in lagrime. Isabella lo rialzò commossa, senza poter
profferir parola per qualche istante, e da ultimo dopo
di averlo consolato, gli promise di punire 1' oltraggio
fattogli, che ricadeva sopra di lei; venendo però al
rintegramento che egli chiedeva in tutti i suoi diritti,
assicurandolo che resterebbe grande Ammiraglio,
disse di non poterlo egualmente assicurare che con-
serverebbe gli onori e privilegi accordatigli del gover-
no e del viceregnato dell' Indie. E di ciò era causa Fer-
dinando, la cui politica sospettosa mal soffriva la gloria
del Colombo, e che fosse stato levato così in alto.
Di fatti, la provvisoria sostituzione di un altro nel
governo delle Indie, era stata già risoluta, e Ferdi-
nando aveva posto il pensiero sopra Nicola di Ovan-
do, commendatore di Larez, dell' ordine di Alcantara,
già destramente disposta la Regina ad esserne con-
tenta, richiamando il Bobadilla.
CAPITOLO DECIMO SECONDO. 133
L' Ovando godeva il favore della Corte, ed era in
Ottime relazioni col comandante generale della mari-
na; per lo che in meno di sei mesi gli fu preparata
una magnifica flotta di trentadue navigli, abbondan-
temente fornita di tutto il necessario, pronta a salpare.
L' Ovando menava seco un' armata, due mila cin-
quecento uomini, senza computare gli equipaggi; e i
suoi poteri dovevano durare due anni. Per le istru-
zioni dategli doveva esaminare scrupolosamente la
condotta e i conti del Bobadilla, e su la stessa flotta
ricondurlo in I spagna; più, risarcirebbe V Ammiraglio
e i suoi fratelli di tutti i torti ricevuti e di ogni altro
danno.
L' Ovando s' imbarcò il 1 3 di febbraio del 1 502 e
approdò alle Canarie dopo aver perduto uno de' suoi
più grandi vascelli in una fiera procella; poi assunto
il comando delle caravelle più leggere alla vela, lasciò
le rimanenti sotto gli ordini di Antonio di Torrez
che doveva condurre la flotta nel ritorno; e il 1 5 aprile
gettò r àncora nel porto di San Domingo.
Il novello governatore si fece subito riconoscere
dagli ufficiali componenti la colonia; poi cominciò il
processo del Bobadilla, ma trattandolo molto onore-
volmente; soltanto usò rigore contro Fracesco Roldan
e suoi complici, che spesso avevano provocate sedi-
zioni sanguinose, e per qualche tempo il buon ordine
si mantenne.
Frattanto 1' ingratitudine non aveva punto scorag-
giato il Colombo, come non lo avevano spossato
r età e le fatiche; per lo che dopo di aver vagheg-
giato il caro suo progetto d' una crociata, e calcolato
le somme che si richiederebbero per un' armata ba-
stante alla conquista dei Luoghi Santi, stanco del
134 CRISTOFORO COLOMBO.
riposo, si sentì mosso ad altre conquiste, desideroso
di adorare ancora una volta il Creatore nelle bellezze
e nella maestà della creazione, e compiere V affidato-
gli mandato. *' Di età molto tenera, dice egli stesso,
io entrai in mare navigando, e vi ho continuato fino
ad oggi, e V istessa arte inclina chi la segue a desiderar
di sapere i secreti di questo mondo... Benché io sia
un gran peccatore, sempre mi fu larga la pietà e mise-
ricordia di Nostro Signore che implorai, e coprì le
mie colpe. Una delle mie più grandi consolazioni è
stata la contemplazione delle maraviglie sparse sul
creato.
Nel suo intuito della natura, egli pensò che il Con-
tinente da lui scoperto doveva fornire nel suo mezzo
un passaggio per le Molucche, e ne indicava il sito
con precisione. In realtà questo passaggio non esi-
steva, ma r indicava nel luogo proprio dove avrebbe
dovuto essere, tra le due grandi parti dell' America,
dove oggi la scienza ha stabilito di aprire la commu-
nicazione tra i due Oceani. Ella è veramente nota-
bile questa indicazione che egli fece tanti secoli in-
nanzi di un canale nello stretto di Panama! Ma,
entusiasta ammiratore della natura, non pensò alle
modificazioni che 1' umano ingegno vi potrebbe in-
trodurre; ciò che vedemmo tentato oggi dall' attività
e perseveranza di un Lesseps. Il Colombo credette
che quel passaggio esistesse per sé stesso e lo cercò,
perché trovandolo divisava il giro del globo, ritor-
nando in Ispagna per 1' Asia e per la costa del-
l' Africa.
Isabella e Ferdinando approvarono pienamente il
progetto dell' Ammiraglio, e furono dati ordini pe-
rentorj per 1' equipaggiamento di quattro piccoli na-
CAPITOLO DECIMO SECONDO. 135
vigli, che tosto furono pronti. Il Colombo, fornito di
viveri per due anni, vi s' imbarcò col fratello Barto-
lomeo e col figlio Ferdinando, avuto da Beatrice
Enriquez di Arana, dell' età di circa tredici anni. Alzò
la sua bandiera sulla Capitana, seguita dal Santiago
di Palos, dal Galliziano e dalla Vizcaina, e il totale
degli equipaggi sommava a cencinquanta uomini.
I venti contrarj rattennero per qualche dì la piccola
squadra nella rada di Cadice; ma il 20 di maggio
del 1502, r Ammiraglio avendo saputo che i Mori
attaccavano la fortezza portoghese d' Arcilla sulla costa
del Marocco, fece levare 1' àncora, ed uscì dal porto,
nonostante che i venti soffiassero dal Sud. Giunse in
tempo a sgominare i Mori, che alla vista de* suoi na-
vigli si dettero a precipitosa fuga.
II giorno 24 di maggio giunsero alle Canarie, e il
IO di giugno air isola de' Caraibi. Poi il 13, arrivati
in vista della Martinica, vi si trattenne tre giorni; ed
essendosi avveduto che uno de' suoi navigli, il Galli-
ziano, era poco atto al corso e stentava a assai, prese
il partito di raggiungere la Spagnola per mutare il
Galliziano con una delle caravelle che l' Ovando aveva
condotte e che Antonio di Torrez doveva ricondurre
in I spagna.
Il 29 giugno tutta la squadra gittò 1' àncora in-
nanzi a San Domingo, a una lega dal lido; e il Co-
lombo mandò a terra Pietro di Torreros, il capitano
del Galliziano, per averne permutazione, offrendosi
per troncare ogni difficoltà a pagare quanto occor-
resse. Inoltre il Torreros in nome di lui doveva
chiedere all' Ovando la facoltà di approdare alla Spa-
gnola, per mettersi al coperto d' una furiosa tempesta
che egli prenunziava imminente.
136 CRISTOFORO COLOMBO.
Mal' Ovando non contento di negarsi alla doman-
da, fece inoltre formale divieto che si accostassero
air isola, dicendo che non avendo ancora fatto par-
tire il Bobadilla; '' temeva che la presenza del Co-
lombo cagionasse qualche disordine nella colonia.
Della tempesta se ne rise.
Il capitano del Galliziano riferendo all' Ammira-
glio r insuccesso della sua missione, disse che aveva
veduti nella rada i trentadue navigli che Antonio di
Torrez doveva ricondurre in Ispagna. V erano inol-
tre uniti due vascelli appartenenti a Rodrigo di Ba-
stidas, che navigava per commissione del re.
Al Colombo riuscì pungentissima X ingiuria fattagli
dall' Ovando, come se non avesse diritto di approdare
in una colonia da lui stesso creata. " Chi mai, da Giob-
be in qua, gridava egli amaramente, non saria morto di
disperazione nel vedere che, sebben si trattasse della
vita mia, di mio figlio, di mio fratello, de miei amici,
ne interdicevano la terra e i porti scoperti a prezzo
del mio sangue? "
Ma la sua indignazione non gli toglieva di badare
ai danni a quali vedeva esposti tutti gli altri. Renden-
do egli bene per male, mandò di nuovo ad avvertire
il governatore che il terribile uragano preannunziato
si avvicinava, pertanto ritenesse la flotta dal partire,
affinchè non ne fosse colta in pieno mare, e soggiun-
gendo che, poiché gli si rifiutava un approdo che
non si sarebbe dovuto negare a chicchesiasi, egli senza
ritardo moveva in cerca d' un luogo dove riparare.
Di tutti questi benevoli avvertimenti 1' Ovando
non ne fece conto, perocché bellissimo era il tempo,
né v' era il minimo segno de' pencoli preannunziati. E
la flotta levò F àncora sotto il comando del capitano
CAPITOLO DECIMO SECONDO. 137
generale Antonio di Torrez : sopra una delle cara-
velle il Bobadilla e il Roldan avevano tutto 1' oro
ottenuto con le loro esazioni.
Ma non tardarono a pentirsi amaramente di non
aver dato ascolto all' insigne navigatore. Uno de' più
violenti uragani che mai siansi veduti, si scaricava
improvviso sui paraggi da essi attraversati, e, dispersi
come paglia tutti i navigli, gli abissava nelle
onde, con quanto contenevano; salvatesi appena due
o tre delle minori caravelle, gittate orribilmente mal-
conce alla Spagnola. La sola che restò libera a conti-
nuar per la Spagna, fu la piccola e meno atta alla
navigazione, '' El Aguja " 1' A£-o, '' che portava i po-
chi beni dell' Ammiraglio, consistenti in quattromila
pesi d' oro, giungendo felicemente in Castiglia, non
senza una speciale disposizione di Dio. "
Salvatosi prodigiosamente Rodrigo di Bastidas, il
Bobadilla e ilRoldan,co'nmanenti nemici del Colombo
in numero di cinquecento, restarono sepolti coi tesori
accumulati in fondo all' Oceano. Questo avvenimento
colpì di terrore e di costernazione il Nuovo e V An-
tico Mondo; e fu tenuto come un castigo del cielo a
punizione de' calunniatori e persecutori dell' inno-
cente.
Invece 1' Ammiraglio co' suoi furono salvi, essen-
dosi potuti rifugiare con le quattro caravelle in un
seno, dove pur fortemente battuti dall' uragano,
rimasero tutti salvi sotto la protezione divina.
Cessata la procella, il Colombo, addì 24 luglio del
1502, fece voltare al Sud, dove per parecchie setti-
mane corse moltissimi pericoli per una novella tem-
pesta che lo sorprese. " Si videro altre tempeste,
diceva egli stesso, ma nessuna fu mai così spavente-
138
CRISTOFORO COLOMBO.
ijg.-
Commercio.
Musica.
Arti.
Pesca.
■^
statue trovate tra i Chibka, nella Colombia.
■^
Lancia dei Chibka, nella Colombia.
CAPITOLO DECIMO SECONDO.
139
%
L'agricoltura.
La bevanda.
La guerra.
Statue trovate tra i Chibka, nella Colombia.
■^
140 CRISTOFORO COLOMBO.
vele e di così grande durata, al punto che i più
de' miei, i quali passavano per intrepidi, perdettero
affatto il coraggio. " Quello che, in mezzo a tanti pe-
ricoli costantemente rinnovati, rianimava il Colombo,
era la presenza del suo tenero Ferdinando : *' Id-
dio Signor nostro diedegli tale coraggio, scrive
r Ammiraglio, che, fatto superiore a sé stesso, egli
sosteneva gli altri; e quando trattavasi di por mano
air opera, il faceva come se da ottanta anni ei navi-
gasse, ed era lui che mi consolava."
Il 30 luglio scoprì r isola di Giamaica all' entrata
della baia di Honduras, e pensò di trovarsi in vici-
nanza d' un paese ricco e coltivato, giudicandone dal
carico che vide sopra una barca incontrata in questi
paraggi; era un grande canotto che trasportava stoffe
di cotone, armi e stoviglie. E continuando il suo
cammino sempre verso il Sud, finalmente il 14 agosto
toccò la terra ferma presso il capo Caxinas, dove
fece celebrare la messa. Ripreso il mare tre dì
appresso, costeggiò quella di giorno, tenendosi nella
notte all' àncora, perchè non gli sfuggisse lo stretto
che, a suo credere, doveva mettere in communicazio-
ne r Atlantico co' mari di levante. Penosissimo fu
questo suo ultimo vaggio, in cui la violenza de venti,
le continue piogge, i pericoli d' un mare sconosciuto
e le infermità scoppiate neh' equipaggio, si unirono a
sgomentarlo, oltre la grande corrente equatoriale che
non gli dava poco pensiero.
Il 14 di settembre, avendo le caravelle felicemente
voltato un grande promontorio all' Est, e lasciate le
acque della baia di Honduras, per discendere verso
il Sud lungo la costa dei Mosquitos, trovarono il mare
più calmo; del che si mostrò riconoscente alla mano
CAPITOLO DECIMO SECONDO. 141
divina che lo guidava, dando al capo il nome di Gra-
zie a Dio.
Il 17 mandò un canotto a terra per rifornire di
viveri la flottiglia; ma un colpo di mare lo travolse e
inghiottì, senza che più riapparisse un solo di coloro
che lo guidavano; perdita che tanto più lo desolò, in
quanto che gli equipaggi a pena bastavano alla ma-
novra. Il 25, trovato un eccellente ancoraggio, ne
profittò per racconciare i navigli; e questa sosta gli
dette tempo di mettersi in relazione con le popolazio-
ni della costa. Furono gli Indi da principio diffidenti,
ma poi si lasciarono guadagnare dalle pacifiche
dimostrazioni e dai regali degli Spagnoli. Tuttavia,
non s' avvicinarono che muniti di amuleti e di talis-
mani contro i maleficj. Quello che avevano special-
mente di proprio era il culto verso i loro morti, che
imbalsamavano, e lor innalzavano de' monumenti, con
figure scolpite d' animali e degli stessi trapassati.
Proseguendo lungo la costa, 1' Ammiraglio girò la
baia di Chiriqui, fermandosi a Veragua, dove fece
cambj cogl' indigeni, dai quali ebbe foglie d' oro. Il
2 novembre, arrivato ad un porto maravigliosamente
situato, lo chiamò Porto Bello, Puerto Bello, tratte-
nendovisi una settimana, e il 9 novembre rimise alla
vela per compiere il suo viaggio di esplorazione.
Rifattosi cattivo il tempo, ricominciarono le sue
gravissime sofferenze. I venti, le piogge, il brusco
mutar della temperatura aveva così sfiniti di forze
gli equipaggi, che chiedevano istantemente di far
ritorno in I spagna; e non volendo egli ostinarsi mag-
giormente nella ricerca dello stretto che supponeva
esistere tra i due continenti americani, si risolvè a
dare indietro, per visitare il paese di Veragua su
142
CRISTOFORO COLOMBO.
r istmo di Darien, dove gli era stato detto che fos-
sero ricche miniere d' oro.
Dal 5 dicembre, violenti burrasche si succedettero
con tanta persistenza, che il governo dei navigli addi-
ventò impossibile. Il mare ingrossò smisuratamente,
e preso sinistro aspetto si coprì di schiuma. " Il
mare riflettendo il cielo abbruciato, sembrava esser
Monumento funebre scoperto tra i Ghibka,
nella Colombia.
di sangue, e pareva bollisse come una caldaia sur un
gran fuoco : non mai fu visto il cielo di aspetto così
spaventevole, giorno e notte incendiato come accesa
fornace. Durante tutto questo tempo 1' acqua del cielo
non cessò mai di cadere; né si potea dire che pio-
vesse, poiché quello era piuttosto come un secondo
diluvio; e gli equipaggi erano ridotti a tal segno, che
CAPITOLO DECIMO SECONDO.
143
desideravano la morte per esser liberati da tanti mali."
In mezzo a queste continue tempeste le caravelle
non reggevano, le doghe s' aprivano, le vele erano
portate via dal furore de' venti, già perdute le àncore
e le scialuppe.
Pietre funerarie, scolpite, scoperte in Guatemala.
144 CRISTOFORO COLOMBO.
Frattanto 1' Ammiraglio era infermo e straziato da
crudeli dolori per tante fatiche e pericoli. Quan-
do il 13 dicembre del 1502, gli equipaggi videro
" alzarsi dal mare un' immensa colonna d' acqua, che
toccava fino al cielo, e che si avanzava vorticosa
per sommergere i navigli. " Le lor grida di spavento
avvertirono il Colombo di qualche imminente scia-
gura. Alzatosi; salì sul ponte, e, dopo breve pre-
ghiera, tracciato nell' aria con la spada il segno della
croce, il turbine passò sollevando spaventosamente il
mare, con uno scroscio come di fulmine; ma i va-
scelli ne restarono salvi.
Se non che non tardarono altri gravissimi travagli;
la fame e la sete si fecero crudamente sentire e n' erano
sgomenti gli equipaggi. Perocché quanto restava di
biscotto, s' era imputridito, né era possibile in alcun
modo di mangiarlo *' a causa della quantità di vermi
che ne sortivano. "
Finalmente il 6 gennaio del 1503, raggiunsero il
seno di Veragua, dove 1' Ammiraglio deliberò lasciar
riposare la sua gente per qualche mesi, riparando
frattanto i navigli, impotenti come eran ridotti ad
ulteriori navigazioni. Ma se per tal modo mettevasi
egli al coperto dai pericoli di mare, quivi stesso
altre disdette gli sovrastavano. Di fatti, avendo
mandato il suo fratello Bartolomeo a capo di po-
chi uomini a far delle ricognizioni, tosto seppe che
internandosi era stato attaccato da un nerbo di
Indi, ed egli medesimo ne era rimasto gravemente
ferito. Più, un de' suoi navigli, il Galliziano, do-
vette essere abbandonato; e continuando sempre
infermo, forse non s' era mai trovato in tanta deso-
lazione.
CAPITOLO DECIMO SECONDO. 145
Ma Dio non abbandonò il suo servo, ed egli stesso,
il Colombo, ci fa conoscere come fu rianimato nella
sua confidenza. " Oppresso (egli scrive) da tanti
mali, io m' era addormentato, allorché intesi una voce
tra di rimprovero e di pietà, che mi disse :
— '' Uomo insensato, lento a credere e a servire il
tuo Dio ! che fece egli di più per Mosè o per Davide
suo servo? Dal tuo nascimento f ebbe sentpre la mag-
gior cura : giunto a convenevole età, ha fatto maravi-
o^liosamente ristconare del tuo 7iome la terra; le Indie,
sì ricca paiate del mondo, a te ha concedute, lasciandoti
arbitro di faj'ne parte a cui ti piacerebbe : le ardue
barriere dell' Oceano ti furono aperte; a te sottomessa
un infinità di paesi, e reso famoso fra Cristiani il
nome ttto. Ha forse fatto di più pel gran popolo
d' Israele, traendo lo dall' Egitto, o per Davide di pa-
store, facendolo re? Volgiti pertanto a lui, e riconosci
il tuo errore : che infinita è la stia misericordia. Se
resta a compiere qualche grande impresa, non pia osta-
colo / età. A bramo non passava cent' anni allorché
generò Isacco? e Sara eì^a forse giovine? Tu giaci di
cuore, e chiedi a gran voce soccorso. Rispondi : chi ha
cagionate le tue afflizioni, le tue sì vive e reiterate
pene? Dio o il mondo? Dio non f ha fallito mai le pro-
messe; ne, dopo accolti i servigi tuoi, disse tale non
essere stata la sua inte7izio7ie , 7nal tu averlo compreso.
Ciò die promette, egli Tnantiene, e più. Quel che adesso
{ accade, è ricompensa delle fatiche da te sostenute per
altri padroni. Io ascoltai tutte queste cose come uomo
semimorto, e non ebbi forza di rispondere a sì vero
linguaggio. Il solo che ho potuto fare, si fu di pian-
gere i falli miei. Quegli che parlato m' aveva, chi che
si fosse, terminò socrcriunorendo : Non temer nulla; abbi
Colombo. 12
146 CRISTOFORO COLOMBO.
fiducia : tutte codeste tribolazioni sono scritte sul mar-
mo, ne mancano di ragione. "
La storia di fatti scolpì sul marmo le tribolazioni
da lui sostenute; e queste sue pagine,sono il più splen-
dido monumento dell'ammirabile fede che lo sostenne.
Nel mese di aprile del 1 503, salpò per la Spa-
gnola; ma le tempeste ricominciarono e non ne fu li-
bero un sol giorno, ** Aveva, dice egli stesso, omai
perduto tutti i miei attrezzi, i navigli eran pertugiati
dai vermi, più che un favo di pecchie, e gli equipaggi
totalmente scoraggiati. " Al principiar di maggio sì
lui che i compagni non sapevano più a qual santo far
ricorso. Invano tentavano di rattener 1' acqua; co-
munque si affaticassero con le pompe, dal fondo
de' navigli saliva alla tolda; ** e, dice 1' Ammiraglio, il
mio naviglio era sul punto di affondare, quando Iddio
Signor nostro miracolosamente mi condusse a salva-
mento in terra. " Aveva dato alla Giamaica.
Con tutto ciò non era ancora al termine delle sue
sofferenze. '' Malato, dice Cesare Cantù, del corpo e
dello spirito, assalito dai naturali, ribellatigli i mari-
nai, chiesti invano soccorsi e pane dalla Spagnola,
per un anno languì. " Fu allora che scrisse una lunga
lettera ai Monarchi di Spagna, pervenutaci, in cui
compendia le ultime sue scoperte e supplica la re-
gina Isabella e il re Ferdinando di venirgli in aiuto.
*' Credetelo, io sono, dice egli, sventuratissimo :
fino ad ora ho pianto su gli altri ; il cielo siami adesso
misericordioso, e la terra pianga su me. Io compiva i
diciott' anni' quando venni a servizio delle Altezze
Vostre, ed ora non ho più un capello in capo che non
sia bianco. Sono malaticcio, ho speso quanto mi re-
' Così il testo, ma evidentQniente deve dire quarantotto.
CAPITOLO DECIMO SECONDO. 147
Stava, e mi hanno tolto e venduto, a me come a' miei
fratelli, tutto, fino alla giubba; onde sono così all' as-
ciutto,che non mi resterebbe una lira da dare periddio.
Isolato ne' miei patimenti, infermo,aspettando dì per dì
la morte,cinto da un milione di selvaggi pieni di crudel-
tà e nostri nemici, chiunque ha viscere di carità, chiun-
que ama il vero e la giustizia, pianga sopra di me! "
Albergo in Siviglia, dove il Colombo giacque malato.
Soltanto il 28 di giugno del 1504 potè mettere alla
vela per la Spagnola, arrivando a San Domingo il
13 agosto, dove questa volta fu ricevuto con riverenza.
Di là ripartì per 1' Europa il i 2 settembre del mede-
simo anno, e " per permissione di Dio " entrava nel
porto di San Lucar di Barrameda il 7 di novembre.
148 CRISTOFORO COLOMBO.
Se non che un' ultima sventura doveva mettere il
colmo alle tante che aveva provate. Isabella la Cat-
tolica, consunta da lento morbo, lasciava questa vita il
26 novembre del 1504. Con essa disparve 1' unica
gloria della Spagna, ed ogni speranza del Colombo
ebbe fine. Egli la pianse, non tanto perchè perdeva in
lei una generosa protettrice, quanto per il disparire di
un sì splendido esempio di fede cristiana.
Che poteva egli più sperare? Ben dopo reiterate
istanze Ferdinando consentì che gli si presentasse
in Segovia; ma il ricevimento che n' ebbe di simulata
stima e benevolenza, bastò a fargli capire che la sua
causa era spacciata.
E nondimeno egli " nutriva, dice il Cantù, e desi-
derj e divisamenti, " sebbene fosse certo che non po-
trebbe più effettuarli. Riscrisse al re, toccando di al-
tre intraprese da farsi e chiedendo di avervi parte;
ma non ricevè che ipocrite cortesie, che insomma
erano disprezzo.
Chiese di essere almeno soccorso nella sua miseria,
e, in vista dell' infermità che lo travagliava, Ferdi-
nando permise che gli si dessero le rendite che gli
spettavano. " Dopo vent' anni di servizj e fatiche e
pericoli tanti, non possiedo in Ispagna un tetto ove
ricoverare il capo; se voglio mangiare e dormire, mi
bisogna andare all' osteria, e più volte non ho di che
pagare lo scotto. "
Ma che! al contrario quel re mirò a trarne profitto
per indurlo alla rinunzia di tutti i privilegi gih accor-
datigli, accettando in cambio alcune terre di Castiglia,
alle quali aggiungerebbe una pensione sul tesoro della
corona. Il Colombo vi si rifiutò, preferendo la povertà
air avvilimento. Se non che tanta iniquità gli cagionò
CAPITOLO DECIMO SECONDO. 149
un penoso affanno, che, logorandogli le poche forze
rimaste, lo trasse alla morte.
Ecco il Viceré dell' Indie sopra un misero letto in
una povera stanza di un albergo di Valladolid, assi-
stito appena da figliuoli e da qualche amico. Senten-
dosi presso la fine, volle indossare 1' abito Francesca-
no, e chiese 1' estrema unzione, che ricevette unita-
mente agli altri Sacramenti con una fede e pietà
commovente. Finalmente il 20 maggio del 150Ó, a
mezzodì, raccoltosi per V ultima volta e pronunciate
le parole '' Signore, nelle vostre mani raccomando
r anima mia, " spirò.
T A LE fu la fine del grande uomo, a cui, come diceva
r Oviedo a Carlo V, la posterità dovrebbe innal-
zare una statua d' oro in attestato di stima e ricono-
scenza.Non si sa, se conforme aveva mostrato desiderio,
fossero con lui chiuse nella cassa mortuaria le catene
messegli dalla Spagna! Forse voleva con 1' espressio-
ne di un tal. desiderio che restasse dimentica per sem-
pre nel sepolcro 1' ingiuria ricevuta; oppure volle mo-
strare che se la potenza dell' ingegno può generar gloria,
anche può avvenire che i piìi segnalati servigi siano
retribuiti della più nera ingratitudine su questa terra.
Dopo le solenni esequie celebrategli nella catte-
drale di Santa Maria 1' Antica, ebbe sepoltura nel
Convento de' Francescani. Cosi i figli del Serafico
Patriarca che n erano stati gli amici consolatori in
vita, ne rimasero affettuosi custodi dopo la morte.
Passarono sett' anni e all' infuori di que pii custodi,
parve che da tutti fosse stato dimentico il grand' uo-
mo, da cui con tante sofferenze era stata compita.
CAPITOLO DECIMO SECONDO. 151
r opera più memorabile che la storia vanti. Final-
mente vi fu chi se ne ricordò, ed estrattp* dal chiostro
dell' Osservanza, venne trasportato a Siviglia e quivi
tumulato nel Monastero de' Certosini, dove rimase
per tredici anni.
Ma come accade, a poco a poco le invidie e le ire
contro r uom di Dio s' erano estinte. Re Ferdinando
smesse le prevenzioni dalle quali s' era lasciato avvol-
gere, comandò che i più grandi onori fossero resi alla
memoria di lui, e rimise i figli nelle dignità e di-
ritti che loro spettavano. E in fatti il primogenito, cioè
Diego, continuava con bella gloria la missione che
ereditava da padre sì illustre.
L'anno 1526 si volle trasportarne il corpo alla
Spagnola, parendo giusto che 1' eroe il quale, con la
croce in mano, s' era lanciato alla scoperta del Nuovo
Mondo, quivi stesso fosse seppellito, e quasi senti-
nella avanzata dell' incivilimento cristiano pigliasse
il posto di Viceré, che tanto barbaramente eragli
stato tolto.
Molti anni dunque restarono le sue spoglie a dor-
mir l'ultimo sonno nella cattedrale di San Domingo,
alla destra dell' aitar maggiore, e parve che la sua
gloria quivi rimanesse di nuovo estinta. Di fatti,
Amerigo Vespucci dall' ignoranza de' geografi veniva
gridato scopritore del Nuovo Mondo, e da lui piglia-
vano la loro denominazione quelle immense regioni.
Nel 1795, avendo gli Spagnoli ceduta l'isola di
San Domingo alla Francia, a salvare sì prezioso te-
soro da qualche rapimento, lo trasportarono religiosa-
mente all' Avana, isola che lo stesso Colombo aveva
chiamata la Regina delle Antille, e la più bella terra
che mai si fosse veduta.
152 CRISTOFORO COLOMBO.
Se non che ei s' ingannarono, credendo sua tomba
quella che non era. Di fatti, nel 1877 essa venne
trovata nella cattedrale dove trecencinquant' anni in-
nanzi il suo corpo era stato deposto; e per ordine di
Monsignor Rocco-Cocchia, arcivescovo di quell' isola,
praticati degli scavi, se ne rinvennero le ceneri dentro
un cofano di piombo, unitamente al nome e al titolo
di Viceré.
Ma tutto questo non è quel che più importa. La
gloria del Colombo è di essere stato quel messo di
Dio, che, giusta le parole del Santo Pontefice Pio IX,
" acceso di zelo per la diffusione della cattolica fede,
si avventurò alla più pericolosa delle navigazioni, ri-
soluto ascoprire un Nuovo Mondo, e non già per
aggiungere novelle terre alla sovranità della Spa-
gna, ma per raccogliere nuovi popoli nel regno di
Cristo!"
Abbandonato in fatti da tutti, e fatto segno ad ini-
que persecuzioni, egli leva lo sguardo al cielo, e forte
della fade che dà i confessori, e del coraggio che crea
i martiri, non d' altro che dal cielo aspettò la retribu-
zione di quanto aveva fatto per la dilatazione e per
il trionfo del regno di Gesù Cristo.
Né la Chiesa lo ha dimenticato, anzi lo riconosce
come uno de' suoi figli più cari e gloriosi. Sarà egli
beatificato.'^ Un mille vescovi di tutto 1' orbe cattolico
ne hanno fatto richiesta al supremo lor capo il Pon-
tefice Romano. Preghiamo e speriamo!
Prefazione storico-critica. Pag. v-xxiv.
Introduzione 1
CAPITOLO PRIMO.
Cristoforo Colombo. Sua nascita. Parecchie città si
contendono l'onore di avergli dato i natali. Da ciò che egli
dice di sé stesso, fuGenovese. — Suoi umili cominciamenti.
Sua famiglia; suo padre, il tessitore Domenico; sua madre
ed i fratelli. Il Colombo era di nobile origine. — Domenico
Colombo manda il giovane Cristoforo all' università di
Pavia; progressi che vi fa negli studj; ritorno alla casa
paterna. — All' età di 14 anni s' imbarca. Comanda più
tardi una galea. — La quale rimane incendiata in un
combattimento sostenuto, ed egli si salva a nuoto. Tocca
le coste del Portogallo 5
CAPITOLO SECONDO.
Le scoperte al secolo XV. Impulso dato a' viaggi di
esplorazione dal principe Enrico di Portogallo. Lisbona a
que' di centro dell' attività scientifica. Il mondo cono-
sciuto avanti Cristoforo Colombo. — Egli copia de' ma-
noscritti e forma delle carte marine per provvedere a' suoi
bisogni. — Suoi costumi, suo carattere; sua pietà sincera
e piena di entusiasmo. — Contrae a Lisbona un primo
matrimonio. — Il suo cognato Pietro Correa. — Favole e
leggende concernenti i mari non conosciuti. Indizj che
n' ebbe il Colombo dai navigatori. Vi aggiunge i risultati
delle proprie esperienze, e s' imbarca per Porto Santo.
Visita successivamente Madera, le Azzore, la Guinea. —
Si risolve ad una spedizione verso 1' Ovest, ed espone i
suoi divisamenti alla repubblica di Genova e di Venezia;
ma senza successo 13
CAPITOLO TERZO.
Cristoforo Colombo, pazientando, visita i mari polari e
l'Islanda. Ritornato a Lisbona perde la sua sposa, Donna
Filippa. — Giovanni II, re del Portogallo. Il Colombo ne
ottiene un' udienza, e gli espone il suo divisamento. Il re
a poco a poco vi s' interessa e mostrasi disposto a secon-
156 INDICE.
darlo. — Il Colombo propone condizioni che Giovanni
tiene per inaccettabili. Sante ragioni che giustificano le
esigenze del Colombo. — Disleale e perfida condotta di
Giovanni. Fa chiedere al Colombo la nota delle sue osser-
vazioni e divisamenti, e le confida ad un capitano di cara-
vella con ordine di compiere l'intrapresa. Cattivi successi
di questa malvagia azione. — Il Colombo, sdegnato di
tanta viltà, si rifiuta a più trattare col re; lascia Lisbona
e fa ritorno a Genova 22
CAPITOLO QUARTO.
Respinto nuovamente dalla sua patria, il Colombo si
risolve di offrire i proprj servizi alla Spagna. Isabella la
Cattolica, regina di Castiglia, e Ferdinando, re d' Aragona.
— Il Convento di Santa Maria della Rabida. Accoglienza
che v' ebbe il Colombo. Il Padre Guardiano, Giovanni
Perez, ed il Padre Antonio di Marchena. — Giovanni
Perez lo raccomanda alla Corte. — Ferdinando di Tala-
vera. — Il Colombo passa a seconde nozze in Cordova. —
Antonio ed Alessandro Geraldini. Il gran Cardinale di
Spagna, Gonzalez di Mendoza. Il Colombo ottiene udienza
dai re. — L' assemblea di Salamanca, alla quale espone i
suoi divisamenti, non si mostra punto convinta che possan
attuarsi, e li rigetta. — Ciononostante viene ripetutamente
chiamato alla Corte. Novelle speranze e novelli disin-
ganni. Si risolve ad abbandonare la Spagna 29
CAPITOLO QUINTO.
Giovanni Perez rianima il coraggio del Colombo e lo
rattiene dall' abbandonare la Spagna. Frate Giovanni
Perez scrive alla Regina che lo invii a Santa-Fé. — Il
Colombo è chiamato alla Corte, dove ha udienza da Isa-
bella che gli promette di aiutarlo nella sua intrapresa. —
Se non che le richieste del Colombo son giudicate inac-
cettabili; ma egli non cede. Nel momento che stava per
lasciare la Spagna, gli viene in soccorso la Provvidenza.
È richiamato e l'impresa vien decisa. — Il porto di Palos;
i Pinzon; i preparativi del viaggio. Le tre caravelle,
la S.l.VTA MATTIA, \a PINTA e \a. X/.VA 42
CAPITOLO SESTO.
Il Colombo mette alla vela nel venerdì 3 agosto
del 1492. Citta 1' àncora alle Canarie. Tranello del re di
Portogallo che egli manda a vuoto affrettando la partenza.
INEVIGE. 157
— Il suo Giornale. — Navigazione e incidenti. — Varia-
zioni della bussola da lui notate, e si aumentano i timori
degli equipaggi a misura che avanza verso 1' Ovest; loro
speranze ora cadute, ora rianimate. — L'Oceano si mostra
coperto di erbe e di piante acquatiche, talvolta sì fitte da
non potersene più distrigare. — Cospirano contro lui : ma
egli frena la rivolta; sua fermezza. Prosegue il divisato
cammino. — terrai terrai 50
CAPITOLO SETTIMO.
Esultanze del Colombo e sua riconoscenza verso il cielo.
Sua preghiera, ntiettendo piede sulla terra del Nuovo
Mondo. L' isola di san salvatore; arcipelago delle Lucaje.
Fa piantare su quella spiaggia la croce. — Sua dolcezza
nel trattar co' nativi; particolari che ce ne lasciò nel suo
Diario. — Ricerca dell' oro. — Permutazioni con quelle
genti. Navigazione in mezzo alle isole. — Scoperta della
santa maria della concezione^ della ferdinandina e della
ISABELLA. — Loro bellezza; il Colombo n' è fuori di sé per
r ammirazione. — Isole ól'arena e cuba^ la regina delle
ANTiLLE. Il mare ùi nostra signora. —■ Diserzione di Martino
Alonzo Pinzon fuggendo con la pinta^ con la speranza di
giungere al paese dell' oro prima dell' Ammiraglio. ... 60
CAPITOLO OTTAVO.
porto santo; il Porto di san Nicola; scoperta dell' isola
d' Haiti, a cui il Colombo dà il nome di spagnola, più tardi
San Domingo. L' isola della tortuga. — Relazioni degli
Spagnoli con i nativi della Spagnola; il cacico Guacana-
gari. — Naufragio della santa maria. Primo stabilimento
degli Europei nelle Antille. Il Colombo fa costruire un
forte alla Spagnola. Vi lascia una piccola guarnigione
sotto gli ordini di Diego di Arafia. — Parte per 1' Europa
con \si NiNA. Arrivo della pinta; scuse di Alonzo Martino
Pinzon. Il Colombo, comportandosi con prudenza, le
accetta. Terribile tempesta che separa le due caravelle.
Voti che fanno gli equipaggi. — Il Colomibo affida al mare
il racconto della sua scoperta. — Arrivo alle Azzore; il
governatore portoghese vuole e si prova a fermare il
Colombo. — Altra tempesta che costringe la nina ad appro-
dare in Portogallo 74
CAPITOLO NONO.
Accoglienze fatte al Colombo dal re di Portogallo. Suo
arrivo al porto di Palos. Onori che vi riceve. — Ritorno
158 INDICE.
della PINTA. Sdegno di Martino Alonzo Pinzon, quando lo
seppe giunto sano e salvo. — È colpito dalla morte. — Il
Colombo è chiamato alla Corte. Suo cammino trionfale da
Siviglia a Barcellona. — Udienza che riceve dai Monarchi,
ai quali fa la narrazione del suo viaggio. E da essi colmato
di favori, come da tutta la nobiltà. — Bolla pontificia per
la divisione delle scoperte tra gli Spagnolied i Portoghesi.
— Preparativi per una seconda spedizione. 11 Colombo
parte con tre carache e quattordici caravelle. Scoperta del-
l' isola di SAN DOMINGO dopo una felice traversata. Le isole
dei CARAiBi; la guadalupa. Arrivo alla Spagnola. Desola-
zione del Colombo come conobbe la rovina della colonia,
e il massacro della guarnigione fatto dai selvaggi. Fedeltà
di Guacanagari 87
CAPITOLO DECIMO.
Fondazione d' isabella. La colonia manca di provviste.
Discordie suscitate dai malcontenti. L' Ammiraglio rista-
bilisce la calma nella Spagnola. Si reca a visitare i paesi
delle miniere d' oro. c/^yic; fondazione del forte san Tommaso.
Ne nomina governatore Pietro di Margarita. — Fertilità
del suolo dell' Isabella. Mancando i viveri e aspettando i
raccolti, il Colombo comanda che vengano diminuite le
razioni. Lamenti che ne nacquero; e gli Spagnoli si
veggono costretti a costruire dei molini. — Il Colombo
tiene ferma la disciplina; e i gentiluomini se ne sdegnano
maggiormente. Vien tacciato di crudeltà. — Instituisce in
Isabella un consiglio, e si rimette in viaggio per novelle
scoperte. — La giamaica. — Ritorno alla Spagnola. — Il
Boyl e il di Margarita s'impadroniscono di alcune cara-
velle e fan vela per la Spagna a capo d' una mano di
scontenti. — Sollevamenti dei cacichi, e misure che prende
il Colombo per reprimerli. - Arrivo in Ispagna del Boyl
e del di Margarita; loro disegni contro 1' Ammiraglio.
Sventuratamente sono ascoltati. — Que' Monarchi risol-
vono d'inviare alla Spagnola un commissario regio per
esaminar gli addebiti fatti al Colombo. — Giovanni
d' A guado; sua insolenza. Il Colombo si risolve a partire
per Castiglia, e giustificarsi. Arriva a Cadice. Trionfo
sopra i suoi accusatori. Confusione de' suoi nemici 103
CAPITOLO DECIMO PRIMO.
Il Colombo propone a' Monarchi Spagnoli di conti-
nuare le sue scoperte. Ritardi. Novelle calunnie. Misure
prese ed istruzioni date nell' isola d' Isabella per 1' ammi-
INDICE. 159
nistrazione della colonia. — Il Colombo parte con sei cara-
velle. Ne manda tre a vettovagliare di nuovo la Spagnola,
e colle altre si volge verso la zona torrida. Sofferenze
degli equipaggi. Piglia porto alla trinità. In questo
terzo viaggio alle Indie occidentali approda al Conti-
nente. — Donde ritorna alla Spagnola. Condizioni nelle
quali rinveniva la colonia. Mentre ristabilisce dapertutto
r ordine e 1' obbedienza, si risolleva contro di lui 1' opi-
nione in Ispagna. — I Monarchi inviano il Bobadilla alla
Spagnola con provvedimenti, de' quali abusa. Indegna
sua condotta. Fa mettere in catene il Colombo e i fratelli
di lui, e raccoglie quante può querele e deposizioni per
istruirne il loro processo. Il Colombo che alcuni anni
prima aveva percorso trionfante 1' Oceano, mostrando
all' Europa la via per 1' America, lo riattraversa pri-
gioniero 116
CAPITOLO DECIMO SECONDO.
Alla novella dei crudeli trattamenti sofferti dal Colombo,
Isabella se ne mostra dolentissima, ordinando che fosse
subito posto in libertà. Udienze che gli dette; consolazioni
e promesse prodigategli. — Un novello governatore
provvisorio è nominato nella Spagnola, che fu Nicola
di Ovando. — Il Colombo sollecita la Corte per un altro
viaggio di esplorazione. È favorito nella sua richiesta.
Parte con quattro caravelle. — Incredibili accoglienze
che ebbe alla Spagnola. Predice una tempesta, scongiura
r Ovando ad impedire la partenza per 1' Europa della
flotta di trentadue vele, che condusse il novello gover-
natore. — Si ride della sua predizione. La flotta è distrutta
da un terribile uragano, e con essa periscono tutti i suoi
nemici più accaniti. — N ovelle scoperte e nuove sofferenze
del Colombo. Sue commoventi doglianze. — Ritorno in
Europa al fine di questo quarto viaggio. — Morte d' Isa-
bella la Cattolica. Ingratitudine di Ferdinando. Morte
del Colombo 131
I
Imprimatur.
Tornaci, die 4 Augusti 1892
J. HU BER LAND
Ca7t. Cens. libr.
Monumento a CRISTOFORO COLOMBO
da erigersi in Xiìw-York per iniziativa della Colonia Italiana.
Opera dello scultore Giacomo Russo,
{Altezza totale 23 vi. Peso 230 tonnellate.')
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-^.
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^^^;^^ :^, :.^ :.^ ^^:^^^^^ ,^,
Eravamo alla fine di qtiesto lavoro, e già slam-
pavasi r ultimo foglio, quando comparve la stupenda
enciclica del Santo Padre Leone XIII, intorno al
nostro immortale Colombo, della quale già avevamo
dato un cenno nella Prefazioiie : e così anche veniva
in Roma esposto il monumento che per il /j ottobre
sarà dalla colonia italiana innalzato in New-York
alla memoria del grande navigatore, e del qtiale pure
nella Prefazione facemmo ricordo.
Giudicammo quindi far cosa gradita ai lettori e
crescer pregio a questa pubblicazione col dar per intero
tradotta in italiano r enciclica pontificia, e con l'ag-
giungere il disegno del jnomcfuento italo-americano.
i
AI VENERABILI FRATELLI
ARCIVESCOVI E VESCOVI DI SPAGNA
D' ITALIA E DELLE AMERICHE
LEONE PP. XIIL
Venerabili Fratelli, Salute ed Apostolica Benedizione.
LLO spirare del quarto secolo dal dì che,
auspice Iddio, T intrepido Ligure approdò,
primo di tutti, di là dall' Oceano Atlantico
a sconosciuti lidi, vanno lieti i popoli di
celebrare con sentimenti di gratitudine la memoria
di quel fatto, e di esaltarne 1' autore. E certo non si
saprebbe agevolmente trovar cagione d' infervorare
gli animi e destar entusiasmo più degna di questa.
Poiché il fatto è in se stesso il più grande e meravi-
glioso di quanti mai se ne videro nell' ordine delle
2 LETTERA ENCICLICA DEL S. P. LEONE XIII
cose umane : e 1' uomo che recollo a compimento non
è paragonabile che a pochi di quanti furono grandi per
tempra d' animo e altezza d' ingegno. Surse per lui
dall' inesplorato grembo dell' Oceano un nuovo
mondo : milioni di creature ragionevoli vennero dal-
l' obblio e dalle tenebre a integrare la famiglia
umana : di barbare, fatte mansuete e civili : e quel
che infinitamente più importa, di perdute che erano,
rigenerate alla speranza della vita eterna, mercè la
partecipazione de' beni sovrannaturali, recati in terra
da Gesù Cristo. — L' Europa, percossa allora di me-
raviglia alla novità e grandezza del subitaneo por-
tento, fece poi giusta stima di quanto essa deve a
Colombo, mano mano che le colonie stabilite in Ame-
rica, le comunicazioni incessanti, la reciprocanza di
amichevoli uffizi, e 1' esplicarsi del commercio marit-
timo diedero impulso poderosissimo alle scienze natu-
rali, alla possanza e alle ricchezze nazionali, con
incalcolabile incremento del nome Europeo. —
Laonde fra sì varie manifestazioni onorifiche, e in
questo conserto di gratulazioni, non vuole rimaner
muta la Chiesa cattolica, usa com' è ad accogliere vo-
lenterosa e promuovere secondo sua possa ogni
onesta e lodevole cosa. Vero è che i sovrani suoi
onori la Chiesa li serba all' eroismo delle virtù morali
in quanto ordinate alla vita eterna : ma non per que-
sto misconosce ne tiene in poco conto gli altri
eroismi : che anzi compiacquesi ognora di far plauso
ed onore ai benemeriti della civil comunanza, e a
quanti vivono gloriosi nella memoria dei posteri.
Perchè Iddio è bensì mirabile sovra tutto ne santi
suoi; ma Y orma del divino valore rifulge a meravi-
glia anco negli uomini di genio, giacché il genio è
INTORNO A CRISTOFORO COLOMBO. 3
pur esso un dono gratuito di Dio creatore e padre
nostro.
Ma oltre a queste ragioni di ordine generico, ab-
biamo motivi al tutto particolari di voler commemo-
rare, gratulando, 1' immortale impresa. Imperocché
Colombo è 1' uomo della Chiesa. Per poco che si
rifletta al precipuo scopo onde si condusse ad esplo-
rare il mar tenebroso, e al modo che tenne, è fuor di
dubbio, che nel disegno e nella esecuzione dell' ardua
impresa ebbe parte principalissima la fede cattolica :
di guisa che eziandio per questo titolo tutto 1' uman
genere ha obbligo non lieve alla Chiesa cattolica.
Impavidi e perseveranti esploratori di terre scono-
sciute e di più sconosciuti mari, e prima e dopo di
Colombo, se ne conta parecchi. Ed è ragione che la
fama, memore delle opere benefiche, celebri perenne-
mente il nome loro, in quanto che riuscirono ad
allargare i confini delle scienze e della civiltà, a cre-
scere il pubblico benessere : e ciò non a lieve costo,
ma a prezzo di faticosi conati, e sovente- di rischi gra-
vissimi. — Ma pure da essi a Colombo è gran diva- \
rio. La nota caratteristica di Colombo sta in questo, V
che nel solcare e risolcare gli spazii immensi del-
l' Oceano, egli aveva la mira a maggior segno che gli
altri non avessero. Non già che nulla potesse in lui
la compiacenza nobilissima di avanzar nel sapere, di
ben meritare della umana famiglia : non che tenesse
in non cale la gloria, i cui stimoli chi è più grande più
sente, o che disprezzasse affatto la speranza de' mate-
riali vantaggi : ma sovra tutte queste ragioni umane
campeggiò in lui il sentimento della religione de' pa-
dri suoi, dalla quale ei prese senza dubbio 1' ispira-
zione del gran disegno, e sovente nelF ardua opera di
4 LETTERA ENCICLICA DEL S. P. LEONE XIII
eseguirlo ne trasse argomenti di fermezza e conforto.
Imperocché è dimostrato eh' egH intese e volle mas-
simamente questo : aprir V adito all' Evangelo per
mezzo a nuove terre e nuovi mari.
La qual cosa può parere men verosimile a chi, ogni
pensiero e ogni cura restringendo entro ai confini del
mondo sensibile, ricusa di adergere 1' occhio più in
alto. — Per contrario a meta più eccelsa amano per
lo più di aspirare le anime veramente grandi, perchè
sono le meglio disposte ai santi entusiasmi della fede.
Colombo, disposato lo studio della natura allo zelo
della pietà, avea mente e cuore profondamente for-
mati alle credenze cattoliche. Laonde persuaso per
argomenti astronomici e antiche tradizioni, che al di
là del mondo conosciuto doveano pure estendersi
dalla parte d' occidente gran tratti di paese non per
anco esplorati, la fede rappresentavagli allo spirito
popolazioni sterminate, involte in tenebre deplorevoli,
perdute dietro cerimonie folli e superstizioni idolatri-
che. Infelicità grande, agli occhi suoi, condurre la vita
in assuetudini selvagge e costumi ferigni : ma incom-
parabilmente più grande 1' ignorare cose di capitale
importanza, e non avere pur sentore dell' unico vero
Dio. Onde, pieno di tali pensieri, si prefisse più che
altro di estendere in Occidente il nome cristiano, i
benefizii della cristiana carità, conforme risulta evi-
dentemente da tutta la storia della scoperta. Infatti
quando ai Re di Spagna, Ferdinando ed Isabella,
propose la prima volta di voler assumere 1' impresa,
ne chiarisce lo scopo col soggiungere, c/ie la gloria
delle Loro Maestà vivrebbe imperittira, ove consentis-
sero di recare in sì remote contrade il nome e la dot-
trina di Gesù Cristo. E non molto dopo, fatto pago
INTORNO A CRISTOFORO COLOMBO. 5
de' voti suoi, affida allo scritto eh' egli domanda al
Signore di far sì colla divina sua grazia che i re (di
Spagna) siano perseveranti nella volontà di propagare
a nuove regioni e nuovi lidi la santa religione cri-
stiana. Tutto premuroso d' implorar missionarii da
Papa Alessandro VI, gli scrive : spero bene^ col-
r aiuto di Dio, di poter ormai spargere in tutto il
mondo il santo nome e il Vajtgelo di Gesù Cristo, E
crediamo dovesse sovrabbondar di giubilo, allorché,
reduce dal primo viaggio, scriveva da Lisbona a
Raffaele Sanchez : doversi rendere a Dio grazie im-
mortali per avergli largito sì prospero successo. Che
Gesti Cristo s' allieti e trionfi qui sulla terra, come
s' allieta e trionfa ne' cieli, prossima essendo la sal-
vezza di tanti popoli, il cui retaggio sino ad ora fu la
perdizione. Che se a Ferdinando ed Isabella ei sug-
gerisce di non permettere se non a cristiani cattolici
di navigare al nuovo mondo e piantar traffichi nelle
nuove contrade, la ragione si è, che il disegno e
r esecuzione della stia impresa non ebbe altro scopo
che r incremento e /' onore della religione cristiana,
E ciò conobbe appieno Isabella, essa che assai me-
glio d' ogni altro seppe leggere nella mente del
grande : è anzi fuor di dubbio che quella piissima
principessa, di mente virile e di animo eccelso, non
ebbe ella medesima altro scopo. Scriveva infatti di
Colombo, eh' ei affronterebbe coraggiosamente il
vasto Oceano a fin di compiere U7i impresa di gran
momento per la gloria di Dio. E a Colombo mede-
simo, reduce dal secondo viaggio, scriveva : essere
egregiamente impiegate le spese cJi ella avea fatto e
che farebbe ancora per la spedizione delle Indie, in
qtcanto che ne seguirebbe la diffusione del cattolicismo.
6 LETTERA ENCICLICA DEL S. P. LEONE XIII
Dall' altro canto, se sì prescinda da un motivo su-
periore, d' onde avrebbe potuto egli attingere perse-
veranza e fortezza pari alle dure prove, che gli fu
forza affrontare e sostenere sino all' ultimo? Intendia-
mo r opposizione de' dotti contemporanei, le repulse
da parte dei principi, i rischi del mare in fortuna, le
veglie incessanti, sino a smarrirne più d' una volta la
vista : aggiungansi le fiere tenzoni coi selvaggi, i tra-
dimenti di amici e compagni, le scellerate congiure,
le perfidie degl' invidiosi, le calunnie de' malevoli, le
immeritate catene. All' enorme peso di tante soffe-
renze ei doveva senz' altro soccombere, se non
r avesse francheggiato la coscienza dell' impresa no-
bilissima, feconda di gloria alla cristianità, di salute a
milioni di anime. — Impresa, intorno alla quale fanno
luce gli aggiunti del tempio. Imperocché Colombo
svelò r America, mentre una grave procella veniva
addensandosi sulla Chiesa : sicché per quanto è lecito
a mente umana di congetturar daMi eventi le vie mi-
steriose della Provvidenza, 1' opera di quest' uomo,
ornamento della Liguria, sembra fosse particolar-
mente ordinata da Dio, a ristoro dei danni, che la
santa fede avrebbe poco stante patito in Europa.
Chiamare gì' Indiani al cristianesimo, era senza
fallo opera e uffizio della Chiesa. La quale sin dai
primordi della scoperta, pose mano a far il dover suo,
e proseguì e prosegue sempre a farlo col medesimo
zelo, inoltratasi, non é molt' anni, sino all' ultima Pa-
tagonia. — Nondimeno persuaso di dover percorrere
e spianar la via all' evangelizzazione delle nuove con-
trade e tutto compreso da questo pensiero, ogni suo
atto coordinò Colombo a tal fine, nulla quasi operan-
do se non ispirandosi alla religione e alla pietà. Ram-
INTORNO A CRISTOFORO COLOMBO, 7
memoriamo cose a tutti note, ma preziose a chi voglia
penetrare ben addentro nella mente e nel cuore di
lui. Forzato di abbandonare, senza aver nulla con-
chiuso, il Portogallo e Genova, e voltosì alla Spagna,
air ombra di un cenobio ei viene maturando 1' alto
disegno, confortatovi da un monaco Francescano suo
fido. Dopo sette anni, spuntato finalmente il giorno
di far vela per V Oceano, s' accosta ai divini sacra-
menti; supplica alla Regina del cielo che piacciale di
protegger 1' impresa e guidare la rotta : e non co-
manda di levar le ancore se non dopo invocata la
Santissima Trinità. Avanzatosi quindi nel cammino,
fra lo infuriar dei marosi e il tumultuar dell' equipag-
gio, mantiene inalterata la serenità della sua fermezza,
mercè la fiducia in Dio. Parlano del suo intendimento
persino i nomi novellamente imposti alle isole no-
velle : a ciascuna delle quali, appena postovi il pie,
adora supplichevole Iddio onnipotente, e non ne
prende possesso che ut nome di Gesù Cristo. Dovun-
que approdi, il primo suo atto è di piantar sulla spiag-
gia la Croce : e dopo aver tante volte, al rombo dei
flutti mugghianti, inneggiato in alto mare al nome
santissimo del Redentore, lo fa risuonare egli pel pri-
mo nelle isole da lui scoperte : e però alla Spagnuola
il primo edifizio è una Chiesa, la prima festa popolare
una solennità religiosa.
Ecco dunque ciò che intese, ciò che volle Colombo
neir avventurarsi per tanto spazio di terra e di mare
air esplorazione di contrade, ignorate sino a quel
tempo ed incolte : le quali per altro in fatto di civiltà,
d' influenza, di forza, salirono poi velocemente a quel
grado di altezza, che ognuno vede. — La grandezza
dell' avvenimento e la incommensurabile importanza
8 LETTERA ENCICLICA DEL S. P. LEONE XIII
degli effetti che ne seguirono, rendono doverosa la
ricordanza e la glorificazione dell' eroe. Ma è de-
bito, innanzi tutto, di riconoscere e venerare singolar-
mente gli alti decreti di quella mente eterna, alla
quale ubbidì, consapevole stromento, il rivelatore del
nuovo mondo.
A celebrar degnamente e in armonia colla verità
storica le solennità Colombiane, è dunque duopo che
allo splendore delle pompe civili vada compagna la
santità della religione. Onde, come già al primo
annunzio della scoperta furono rese a Dio immortale,
provvidentissimo, pubbliche grazie, primo a darne
r esempio il Pontefice : così ora nel festeggiar la me-
moria dell' auspicatissimo evento stimiamo doversi
fare il medesimo. — Disponiamo perciò che il giorno
12 Ottobre, o la Domenica susseguente, se così giu-
dicherà espediente 1' ordinario del luogo, nelle Chiese
Cattedrali e Collegiate di Spagna, d' Italia e delle
Americhe, dopo V Uffizio del giorno, sia cantata so-
lennemente la Messa de Santissima Trinitate. —
Oltre alle regioni sovra mentovavate, confidiamo che
per iniziativa dei Vescovi il medesimo si faccia nelle
altre, essendo conveniente che tutti concorrano a ce-
lebrare con pietà e riconoscenza un avvenimento che
tornò profittevole a tutti.
Intanto come auspicio dei divini favori e pegno
della Nostra paterna benevolenza a voi, Venerabili
Fratelli, e al Clero e popolo vostro impartiamo affet-
tuosamente nel Signore la Benedizione apostolica.
Dato a Roma presso S. Pietro, a dì i6 Luglio 1892, anno decimo-
quinto del Nostro Pontificato.
LEO PP. XIII.
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