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Full text of "Cristoforo Colombo e la scoperta dell' America;"

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QUARTO  CENTENARIO  COLOMBIANO. 


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Crìetnfnrn  ColDinfiD 


E  ia  scopata  MV  Hmerlca. 


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rTIIIirirrTTTTYIIIIIITTTTTTlIlIItlIIITI  ITTI  1 1 I I IT T 1 1 1 1 ITT 


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Busto  oi  Gn£itoforo  Colombo 


all'  Università  di  Pavia. 


Fac-simile  della  firma  di  Cristoforo  Colombo 
Cristoforo  —  Christum  ferens  —  Porta-Cristo, 


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CristnfarnColDnitìn 


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scoperta  tieir  Hmciica 


PRESENTATI   AL   POPOLO    ITALIANO 


per  Fr.  Marcellino  da  Vezzano  M.  O. 


il 


CON    PREFAZIONE   STORICO-CRITICA 


dei  PP.  M.  Da  Givezza  e  T.  Domenichelli. 


rTTTTTTT  T  T  T  f  I  T  I -rTTTTTTTTTTTI  1 1 1  I ITXTTTTI  I  I  1  X  I TTTTTTTTTTT- 


C^  Por  Castillaypob  Leon  igd) 


^  NUEVO  Mondo  Hallo  Colon  (qQ 


"TTYTTTTrTIirTT  Hill  IIII  III  I  II  I  TTI  I  T  T  TTTYTTTTT  T  T  T  T  TTTTTTI 


SOCIETÀ  DI  SAN  GIOVANNI 

«eedée,  I:efefibre  e  Ci 

ROMA,  Via  della  Minerva  47-48,  ROMA 


T0URNAI 
Avenue  de  Maire 


PARIGI 
rue  Saint-Sulpice 


LILLE 
rue  du  Metz 


Tllf  TTIIIIITI-IIITTITTTTTIIITTTI   f  IirTT- 


LOAN  SJACK 

Imprimatur. 
Fr.  Raphael  Pierotti  O.  P.  S.  P.  A. 

Magister. 


Imprimatur. 
►J*   '^rilìiUS   Pati''^''  Constantinopolitanus 

Viceso^erens. 

o 


QUEST'ANNO  1892,  quarto  centenario 
Ip  della  scoperta  d'  America,  che  mutò  pro- 
fondamente le  sorti  d'  Europa  e  dell'  in- 
civilimento cristiano,  cui  s'  apersero 
nuove  vie,  tutto  il  mondo  si  commuove,  e  s'  inchina 
dinanzi  alla  grandezza  del  Colombo,  piissimo  cristiano 
ed  ardimentoso  navigatore,  grande  nel  concepire  il 
vasto  suo  progetto,  più  grande  nella  costanza  di  at- 
tuarlo contro  le  beffe  e  gli  spregi  di  coloro  che  non 
lo  potevano  intendere,  grandissimo  nel  sopportare 
gì'  immeritati  dolori,  che  n'  ebbe  durante  1'  impresa  e 
dopo  fino  alla  morte.  In  occasione  tanto  solenne  è 
difficile  il  parlare,  per  1'  altezza  e  vastità  dell'  argo- 
ì  mento;  difficile  il  tacere,  perchè  gli  affetti  potente- 
mente eccitati  non  si  frenano  facilmente.  Nondimeno 
tra  le  due,  scegliamo  la  prima,  benché  col  pericolo  di 
riuscire  insufficienti;  perocché  tacendo  avremmo  il 
rimprovero  di  sconoscenti  ed  ingrati.  E  diamo  tra- 
dotta dal  francese  una  brevissima  vita  popolare  del 
grande  Eroe  scritta  dal  signor  Paolo  di  Joriaud;  vita 
che  va  sulle  tracce  di  quella  che  ne  pubblicava  parec- 
chi anni  fa  1'  insigne  biografo  del  Colombo,  Conte 
Roselly  de  Lorgues,  il  quale  vi  consacrava  tanta 
parte  del  nobile  suo  ingegno,  con  una  costanza  di 
affetto  commovente.  Ma  non  é  traduzione  così  legata 
al  testo,  che  dove  la  necessità  lo  esigeva,  il  traduttore 


PREFAZIONE  STORICO-CRITICA, 


noQ  se  ne  sia  discostato;  che  oggi  l'autore  stesso, 
crediamo,  alcune  cose  le  avrebbe  mutate  da  sé,  molte 
ne  avrebbe  aggiunte  ed  altre  tolte;  sicché  il  lavoro  é 
in  parte  nuovo.  Si  dirà  :  o  perché  allora  non  darcelo 
interamente  di  getto?  E  rispondiamo  che  ad  un  la- 
voro del  tutto  nuovo,  presi  quasi  all'  improvviso,  e 
quando  altri  dell'  Ordine  Francescano  s'  eran  tolto 
r  assunto  di  pubblicare  qualcosa,  ci  sarebbe  mancato 
il  tempo;  e  poi  a  causa  delle  gravi  e  soverchie  occu- 
pazioni che  ci  tengono  intieramente  a  sé,  avendolo 
affidato  sotto  la  nostra  direzione  al  giovane  studente 
e  discepolo  nostro  Fr.  Marcellino  da  Vezzano  dell'  Oss. 
Provincia  di  Genova,  stimammo  che,  traducendo,  do- 
vesse cominciare  a  far  da  sé,  pur  conservando  quella 
spigliatezza  francese  dell'  originale,  che  dà  interesse 
anche  alle  piccole  cose  ed  ha  tante  attrattive;  così  ci 
parve  che  gioverebbe  al  popolo,  più  che  altri  parecchi 
libri  venuti  fuori  in  questi  ultimi  anni;  libri  che  per 
soperchio  di  critica,  per  passioni  non  rette,  gettano 
sulla  grande  figura  del  Colombo  piìi  fumo  che  luce  di 
cui  appagai:si. 

Mentre  adunque  da  una  parte  Genova,  1'  opulenta 
regina  del  Mediterraneo,  festeggia  1'  immortale  suo 
concittadino  con  feste  religiose  e  civili,  con  getti  di 
fiori,  con  esposizioni,  con  musiche,  con  teatri  e  regate; 
e  dall'  altra  Chicago,  di  là  dai  mari,  risponde  con 
un'  esposizione  gigantesca;  mentre  la  Spagna  in  Sivi- 
glia, in  Palos  ed  altrove  apparecchia  feste  all'  insigne 
Italiano  che  la  levò  a  non  superata  grandezza,  e  il 
Portogallo  rende  onore  a  colui,  che  ivi  dimorando 


PREFAZIONE  STORICO-CRITICA. 


meditò  lungamente  V  ardimentoso  progetto;  mentre  il 
governo  italiano  invia  con  le  proprie  navi  da  guerra  in 
America  il  monumento  che  la  colonia  italiana  ivi  innal- 
za al  proprio  concittadino;  e  il  Pontefice  Leone  XIII 
sanziona  V  avvenimento  glorioso  con  la  sacra  e  solen- 
ne sua  parola;  uniamo  anche  noi  alle  tante  autore- 
voli voci  la  nostra  umile  e  popolare,  perchè  sparga 
largamente  qualche  germe  di  bene,  e  il  popolo  v'  im- 
pari che  non  le  teorie  socialiste,  le  quali  a  forza  di  to- 
oliere  1'  altrui  ci  farebbero  finir  tutti  nella  miseria,  ma 
r  operosità  santa  e  cristiana  può  dall'  umile  condi- 
zione sollevare  meritamente  e  lodevolmente  alle  più 
agiate;  v'  impari  che  la  coscienza  del  sentirsi  puri  è 
unico  e  vero  conforto  a  qualsivoglia  cumulo  di  dolori 
che  o  avversità  di  casi,  o  malvagità  di  uomini,  ci  faccia 
incontrare;  v'  impari  che  il  patire  nobilmente  e  cristia- 
namente è  il  contrassegno  costante  della  vera  gran- 
dezza. 

Di  quest'  uomo  straordinario  male  misurerebbe  la 
grandezza,  chi  volesse  giudicarlo  soltanto  come  un 
fortunato  ed  ardito  scopritore  di  terre  ignote,  e  come 
un  abile  navigatore.  Imperocché  nella  maravigliosa 
scoperta  nulla  o  quasi  fu  lasciato  all'  azzardo  ;  ma  tutto 
egli  calcolò  e  provò  coi  più  sottili  raziocini,  levandosi 
alto  sopra  1'  orizzonte  intellettuale  del  suo  secolo,  e 
squarciando  il  fumo  dei  pregiudizi  di  quell'  età,  senza 
lasciarsi  sedurre  dalla  fantasia  propria,  né  dagli  im- 
peti altrui.  Quando  noi  vediamo  quest'  uomo  con  per- 
tinacia persistente  di  anni,  senza  smarrirsi  mai  di  co- 
raggio, chiedere  di  navigare  verso  occidente,  dove  egli 


PREFAZIONE  STORICO-CRITICA. 


teneva  certo  doversi  incontrare  la  terra,  non  ci  è  con- 
sentito pensare  che  congetturale  fosse  il  progetto,  o  di 
maggiore  o  minore  probabilità;  come  sarebbe  stata, 
ad  esempio,  V  esistenza  stessa  dell'  America  qual  con- 
tinente frapposto  tra  i  lidi  occidentali  d'  Europa  ed  i 
lidi  orientali  dell'  Asia.  Anzi  1'  esistenza  dell'  America 
non  entrò  nei  conti  del  suo  severo  intelletto;  impe- 
rocché solo  dopo  aver  approdato  a  quelle  coste, 
e  averle  esplorate  accuratamente,  ne  acquistò  la  per- 
suasione. I  suoi  ragionamenti  invece  si  poggiavano 
sopra  il  fatto  della  rotondità  della  terra,  che  un'  espe- 
rienza più  sincera  di  quel  che  mostra  la  prima  espe- 
rienza dei  sensi,  e  congiunta  a  principj  di  ragione, 
dava  per  dimostrata,  ma  che  pure  non  riusciva  a 
tirargli  il  consentimento  del  volgo,  ne  quello  dei  sa- 
pienti, che  perduti  in  astruserie  aristoteliche,  avevano 
confusa  la  percezione  della  fisica  costituzione  dell'  u- 
niverso.  Posta  la  rotondità  della  terra,  egli  diceva  a 
sé  stesso,  é  necessario  che  sferrando  dall'  Occidente, 
dopo  un  viaggio  più  o  meno  lungo,  s' incontri  certissi- 
mamente un  continente,  non  foss'  altro  quello  del- 
l' Asia,  di  cui  non  potevasi  mettere  in  dubbio  la  reale 
esistenza.  Ma  questo  ragionamento,  che  ora  a  noi 
pare  sì  semplice  e  netto,  urtava  contro  i  pregiudizi  del 
tempo;  e  solo  intelletti  altissimi  potevano  capacitarse- 
ne; i  quali  se  speculativamente,  a  modo  dell'  illustre 
Toscanelli,ne  vedevano  la  ragionevolezza,  non  tornava 
facile  dedicarvi  le  forze  di  un'  indomita  volontà. 

Vi  riuscì  il  Colombo;  e  nelF  impresa  ardita,  attra- 
verso il  cammino  incontrò  1'  America,  a  cui  da  prin- 


PREFAZIONE  STORICO-CRITICA.  ix. 

cipio  non  aveva  pensato  punto;  e  fu  una  ricompensa 
che  ne  rese  immortale  il  nome,  e  ne  attossicò  la  vita 
per  le  persecuzioni  che  gli  vennero  suscitate  contro. 
Ma  in  quella  che  nella  sua  mente  agitava  il  grande 
progetto,  ne  vedeva  altresì  le  relazioni  con  la  civiltà 
d'  Europa,  rinnovellata  dalle  forze  di  popoli  rigene- 
rati alla  fede,  e  ricca  de'  tesori  di  paesi  ricchissimi, 
quali  erano  descritti  dal  Polo  nella  misteriosa  Cipan- 
go;  ne  vedeva  le  relazioni  con  la  fede,  pericolante  per 
il  Turco  che,  dilagando  nella  Cristianità,  ne  minacciava 
terribilmente  anche  la  sede  più  centrale,  l'Italia,  e  che 
dalle  nuove  conquiste  in  nuovi  popoli,  avrebbe  ripreso 
nel  mondo  un  campo  incontrastato  senza  timore  di 
rovine.  Sicché  il  pensiero  del  Colombo,  era  tutt'  in- 
sieme un  pensiero  di  religione,  di  scienza  e  di  civiltà; 
e  quindi  ben  a  ragione  ciò  che  nel  grande  suo  cuore 
univasi  così  armoniosamente,  oggi  vediamo  tradursi 
anco  air  esterno  neh'  armonioso  tributo  di  omaggio 
a  lui  reso  dalla  Chiesa,  dai  dotti,  e  da  tutta  quanta  la 
società. 


Eppure  la  vita  di  quest'  uomo,  la  cui  luce  si 
/  distende  nei  secoli,  come  faro  luminoso  nelle  silen- 
^  ziose  e  cupe  distanze  dei  mari,  è  insieme  un  mistero, 
che  gli  studj  più  pazienti  e  faticosi  dell'  età  nostra  non 
hanno  ancora  potuto  schiarire.  Anzi,  mentre  qualche 
tempo  fa  la  non  compiuta  cognizione  di  tutti  i  docu- 
menti nascosti  negli  archivi  potè  sembrare  dar  vinta 
la  causa  a  questa  o  quella  opinione  circa  alcune  cir- 
costanze della  vita  del  nostro  Eroe,  oggi  nella  copia 
dei  documenti  contraddittori,  siamo  quasi  tornati  alle 


PREFAZIONE  STORICO-CRITICA. 


incertezze  di  prima.  Così  che  oggi  non  potrebbesi 
ripetere  con  altrettanta  sicurezza,  come  fa  il  nostro 
autore/  cioè  poter  noi  di  presente  accertatamente 
rispondere  al  quesito,  quando  egli  nascesse,  qual  fosse 
la  sua  famiglia,  dove  proprio  venisse  alla  luce  del 
mondo.  Genovese  fu,  sì  certo;  che  rispetto  a  ciò  le 
testimonianze  storiche  sono  numerose  e  concordi;  ma 
il  nome  genovese  ha  sensi  più  o  meno  larghi;  ne 
osterebbe  a  che  fosse  nato  nelle  vicine  riviere,  o  sulle 
chine  degli  Appennini  soprastanti.  E  quando  si  viene 
alla  determinazione  precìsa  del  luogo,  cominciano  le 
difficoltà.  Il  figlio  Ferdinando  nella  storia  eh'  e'  scrisse 
del  suo  Padre,  accenna  alle  diverse  opinioni  circa  que- 
sto luogo;  ma  si  astiene  dal  risolversi  per  alcuna. Ales- 
sandro Geraldini  sta  per  Genova;  Galindez  di  Carva- 
jal  per  Savona;  il  Gomara,  il  Garibay,  il  Del  Castillo, 
per  Nervi  o  Cogoleto;  per  Cogoleto  assolutamente 
sono  il  Benzoni  e  l' Interiano;  il  Roselli  accenna  ad  una 
cittadella  vicino  di  Genova,  da  lui  stesso  visitata  nel 
1563;  il  Giovio  mise  fuori  il  borgo  di  Albisola,  seguito 
dal  Molina,  dal  Bizaro,  dal  Brieto  e  da  pochi  altri; 
per  Nervi  stanno  1'  Illescas,  il  Castellanos,  il  San 
Roman,  e  via  di  seguito.  In  tanta  varietà  d'  opinioni 
i  più  si  tengono  sulle  generali,  chiamandolo  Genovese 
o  di  Genova.  È  chiaro  che  in  tali  espressioni  chi 
meno  ne  guadagna  è  Genova;  perchè  se  le  parole  di 
Genovese  o  di  Genova,  possono  senza  stiracchiatura 
allargarsi  ai  luoghi  vicini,  non  potrebbe,  certo,  ad 
esempio,  dirsi  di  Nervi  uno  nato  in  Genova. 

'  Pagina  6. 


PREFAZIONE  STORICO-CRITICA. 


Bisognava  dunque  ricorrere  ai  documenti  d'  Archi- 
vio. Ma  qui  è  successo  un  caso  strano.  Ben  centocin- 
quanta e  più  Colombo  sono  usciti  repentinamente 
alla  luce,  sparsi  per  tutta  la  Liguria  e  per  la  Lombar- 
dia, tutti  vissuti  ai  tempi  del  magno  Cristoforo,  e  che 
potrebbero  pertanto  appartenere  alla  sua  famiglia. 
Avevamo  un'  indicazione  assai  determinata,  e  con- 
sisteva nel  fatto  che  Bartolommeo,  suo  fratello,  e 
Cristoforo  stesso  si  dicevano  e  si  sottoscrivevano  di 
Ter7'a  Rubrea,  Terra  Rossa.  Se  non  che,  a  farlo  ap- 
posta, le  Terre  Rosse  si  moltiplicarono  quasi  al  modo 
dei  Colombo;  sicché  anche  questa  notevole  coinci- 
denza perde  il  valore  decisivo. 

Un  fatto  nondimeno  risultò  dai  documenti,  detti 
Salineriani,  ai  quali  crebbero  fede  ed  autenticità  le 
solerti  e  pazienti  ricerche  dello  Staglieno.  E  fu 
r  esistenza  di  un  tal  Domenico  Colombo  di  Quinto, 
figlio  a  Giovanni,  tessitore  di  lane,  domiciliato,  pare, 
in  Genova  sino  dal  1439;  che  ebbe  a  moglie  Susanna 
di  Giacomo  di  Fontanarossa  nel  Bisagno,  la  quale  gli 
dette  i  figliuoli  Cristoforo,  Bartolommeo,  Giacomo, 
Gian  Pellegrino  e  Bianchinetta. 

Ciò  si  ha  da  atti  notarili,  che  non  sembrano  lasciar 
luogo  a  contestazioni.  E  del  pari  certo  che  questo 
Domenico  in  atti  del  1451  vien  chiamato  civisj anice; 
nel  1470  stipula  contratti  in  Savona,  dove  ha  domi- 
cilio nel  1472;  e  nel  1477  ne  viene  detto  cittadino, 
civis  Saone.  Sarebbe  questa  la  famiglia  dell'  immor- 
tale scopritore  dell'  America?  Molti,  anzi  i  più,  stanno 


PREFAZIONE  STORICO-CRITICA. 


per  r  affermativa,  né  soffrono  che  se  ne  osi  dubitare; 
e  in  verità  abbiamo  molte  ragioni  di  congruenza 
che  sembrerebbero  persuaderlo.  E  primo,  la  cor- 
rispondenza di  alcuni  nomi,  cioè  Domenico,  Cri- 
stoforo e  Bartolommeo;  secondo,  il  tempo  che  assai 
bene  corrisponde  a  quello  in  cui  Cristoforo  Colombo 
sicuramente  viveva;  terzo,  il  luogo  :  Quinto,  Ge- 
nova, Savona,  sono  luoghi  a  cui  accennano  gli 
storici  del  Colombo,  e  V  essersi  questa  famiglia 
successivamente  trasferita  in  tutti  questi  luoghi, 
e  fors'  anco  in  altri,  spiegherebbe  come  siansi 
divisi  gli  scrittori  in  più  sentenze,  tutte  plausibili, 
intorno  al  paese  preciso  del  nascimento  di  questo 
grand'  uomo. 

Inoltre,  da  Quinto  nel  1496,  agli  1 1  di  ottobre,  Gio- 
vanni, Matteo  ed  Amighetto  Colombo  di  Antonio, 
concertano  di  fare  in  comune,  ciascuna  per  una  terza 
parte,  le  spese  di  viaggio  per  un  d'  essi,  Giovanni,  il 
quale  va  in  I spagna  ad  inveniendttm  Doininum 
Christoforum,  Admiratum  Regis  Ispa7tice ;  e  questo  è 
senza  ombra  di  dubbio  il  nostro  Cristoforo.  Or  un 
Antonio  di  Quinto,  da  un  atto  del  1448  risulta  essere 
fratello  a  Domenico,  figlio  di  Giovanni  di  Quinto;  ed 
un  Giovanni  Colombo,  parente  dell'  Ammiraglio,  ac- 
compagna Cristoforo  nella  sua  terza  spedizione  in 
America  il  30  maggio  del  1498.  Se  la  parentela 
consisteva  nell'  essere  cugino,  la  famiglia,  ora  sì  ben 
conosciuta  pe'  documenti  rinvenuti  dallo  Staglieno, 
è  senz'  altro  la  famiglia  dello  scopritore  del  Nuovo 
Mondo. 


PREFAZIONE  STORICO-CRITICA.  xiii. 

Ma  d'  altra  parte  il  Campi  pubblicava  sin  dal  1659 
un  documento  notevolissimo,  che,  se  autentico,  man- 
derebbe in  aria  tutte  le  ragionevoli,  ma  non  necessa- 
rie induzioni,  che  possono  trarsi  dagli  atti  menzionati 
di  sopra.  Ivi  tra  le  altre  cose  si  legge  :  Et  cum  sic 
sit,  quod  di^2is  Bertomis  sernper  solverti  di^UTn  fi^lum 
difio  Domìnico,  donec  tisque  vixit  (siamo  al  1481), 
nec  non  et  Thomasinus,  eius  filius,  sit  in  possessione 
solvendi  dicium  Jinuin  Cristophoro  et  Bartholoìneo 
Jiliis  di5li  quondam  Dominici,  et  qtci  iam  per  annos 
decem  se  absentaverunl  a  difla  civilate  Janue ,  et,  ut 
dicilur,  iverttnt  ad  insulas  incognilas.  Sino  alle  ultime 
scoperte  dello  Staglieno  si  credette  di  potere  accor- 
dare le  due  parti,  al  modo  che  fa  anche  il  nostro  Sto- 
rico', dicendo  che  i  Colombo  di  Piacenza,  i  quali  da 
altre  parole  dello  stesso  strumento  apparisce  dimo- 
rassero in  Genova  (olim  habilalorem  civitalis J amie  et 
Jiliimi  quondam  Joannis,  habitatorem  in  difia  villa 
Pradelli)  fossero  gli  stessi  dei  documenti  Salineriani. 
Ma  oggi  è  impossibile  di  più  sostenere  tale  opinione. 
Il  Domenico,  che  nei  documenti  di  Savona  è  vivo  nel 
1494  (prcesentibus  Dominico  de  Columbo  olim  textore)^ 
trovasi  morto  avanti  il  1481  (quondam  Dominici)  nA 
documento  del  Campi.  Saranno  parenti?  Può  darsi; 
e  la  congettura  sarebbe  dimostrata  ragionevole  dal- 
l' identità  del  casato,  e  dal  ricorrere  in  entrambe  fa- 
miglie gli  stessi  nomi,  Bartolommeo,  Cristoforo,  An- 
drea, Giovanni,  Antonio;  corrispondenza  che  sarebbe 

'  Pagina  8  e  9. 


PREFAZIONE  STORICO-CRITICA. 


troppo  Strano  riputare  casuale.  Ammesso  ciò,  i  docu- 
menti fin  ad  ora  passati  a  rassegna,  si  accorderebbero 
assai  :  sol  caderebbe  1'  opinione  di  chi  diede  a  Cristo- 
foro Colombo  per  madre  Susanna  del  Bisagno.  Ma  i 
Genovesi  non  s'adagiano  a  questa  sentenza;  ed  im- 
putando di  falso  il  documento  campiano,  perchè 
troppo  esplicito,  gliene  contrappongono  un  altro  del 
pari  esplicito,  che  porta  la  data  del  26  gennaio  1501. 
Un  tal  Sebastiano  Cuneo,  figlio  ad  un  Corrado,  che 
nel  1474  aveva  venduto  a  Domenico  de  Colmnbo  de 
Qitinto  Jamie  habitatori  Saone,  un  fondo  in  Legino, 
intenta  lite  agli  eredi  CristopJiorum ,  Bartolomeuìn 
etjacobwn  de  Cohtmbis.filios  et  heredes  di^i  quondam 
Dominici  eoruin  patris,  jamdiu  fore  a  civitate  et  posse 
Saone  absentes  et  tiltra  Pisas  et  Niciam  de  Proventia 
et  in  pa7^tibus  Hispmiice  commorantes.  Le  indicazioni 
sono  troppo  precise  per  sospettare  che  possa  trattarsi 
di  altri  Cristofori;  e  quindi  siamo  costretti  a  scegliere 
tra  r  autenticità  del  documento  campiano,  e  1'  auten- 
ticità di  questo  :  ed  infatti  da  entrambe  le  parti  si 
palleggiano  le  accuse  odiose  di  falsità.  A  chi  dar  fede? 
È  difficile  giudicarne  con  imparzialità;  e  gli  atti  ori- 
ginali, il  cui  confronto  potrebbe  dar  molto  lume,  man- 
cano dall'  una  e  dall'  altra  parte  :  quel  di  Savona  ri- 
posa sulla  fede  di  Giulio  Salinero,  riputato  giurecon- 
sulto; quello  per  Pradello  ha  dalla  sua  1'  autorità  grave 
del  canonico  Campi.  Non  sarà  male,  prima  di  pronun- 
ciare un  giudizio  definitivo,  aspettare  che  dagli  archivi 
omai  aperti  a  tutti,  esca  qualche  nuovo  documento  a 
far  traboccar  la  bilancia. 


PREFAZIONE  STORICO-CRITICA. 


Vincano  gli  uni  egli  altri,  rimarrà  non  pregiudicata 
la  questione  dove  proprio  nascesse  Cristoforo  Co- 
lombo; perchè  sia  i  Colombo  di  Quinto,  sia  quelli  di 
Pradello,  ebbero  per  degli  anni  stanza  in  Genova  e 
nei  circostanti  paesi  ;  talché  ciascuno  di  questi  luoghi 
può  ragionevolmente  possedere  la  gloria  di  avergli 
dati  i  natali  :  a  meno  che  non  si  voglia  credere  all'  au- 
tenticità non  indiscutibile  del  testamento  Colombiano 
del  1498,  dove,  conforme  nota  il  nostro  scrittore',  si 
afferma  nettamente,  Nacqui  in  Genova,  ecc.  E  di- 
ciamo autorità  non  indiscutibile,  non  soltanto  per  la 
ragione  estrinseca  che  molti  ne  dubitano,  ma  princi- 
palmente perchè  nel  decreto  reale  che  lo  conferma  ed 
accompagna,  si  leggono  le  seguenti  parole  :  Sobre  lo 
guai  mandamos  al  principe  D.  Jitan  nuestro  muy  caro 
e  muy  amato  hijo,  etc.\  il  qual  Giovanni  era  morto  da 
due  anni.  Dicono  fosse  distrazione  degli  scrivani;  ma 
è  distrazione  così  singolare  che  pochi  vorranno  ac- 
quietarsi a  questa  spiegazione.  Altri  tentò  sospettarne 
posticipata  per  errore  la  data  col  facile  scambio  di 
una  cifra  per  un'  altra;  ma  ivi  sta  scritto  Jueves  en 
veinte  y  dos  de  Febrero  de  niil  ctiatrocientos  noventay 
ocho;  e  proprio  nel  1498  soltanto,  il  22  febbraio  ca- 
deva in  giovedì. 

Le  incertezze  del  luogo  di  nascita  si  collegano  a 
quelle  della  data;  la  quale,  se  stiamo  al  Bernaldez, 
autorità  certo  gravissima,  deve  riporsi  al  1435  od  al 
1436.  Vi  concorrono  altri  dati,  e  principalmente  molti 

Tagina  8. 


PREFAZIONE  STORICO-CRITICA. 


fatti  che  abbiamo  da  Ferdinando  e  dal  Las  Casas;  fatti 
che  altrimenti  dovrebbero  in  gran  parte  rigettarsi  per 
falsi,  o  almeno  per  molto  inverosimili  :  al  che  noi  non 
sapremmo  davvero  addattarci.  I  più  gravi  argomenti 
che  di  recente  si  addussero  a  provar  che  Cristoforo 
nascesse  un  dieci  anni  appresso,  cioè  tra  il  1446  ed  il 
1447,  sarebbero  alcune  induzioni  dagli  atti  savonesi 
del  1470,  nei  quali  non  comparendo  Cristoforo  ad 
assistere  la  madre  nella  sua  qualità  di  maggiore,  ed 
essendosi  dovuto  ricorrere  ad  un  consiglio  di  fami- 
glia, sembrerebbe  eh'  egli  allora  fosse  minorenne; 
mentre  fa  atti  di  maggiorità  il  26  agosto  1472.  Se- 
condo tale  ipotesi,  egli  non  potrebbe  esser  nato  né 
prima  del  1446,  ne  dopo  del  1447.  Ma  sono  induzioni 
troppo  deboli;  che  un'  assenza  probabilissima  del 
Colombo  nel  1470,  potrebbe  spiegare  plausibilissima- 
mente il  fatto  eh'  egli  allora  non  assistesse  la  madre, 
e  fosse  stato  necessario  il  consiglio  di  famiglia;  ne  un 
tale  argomento  negativo  potrebbe  prevalere  al  posi- 
tivo del  Bernaldez,  intimo  dell'  Ammiraglio,  che  ne  fu 
ospite  :  d' altronde  potrebbero  tenersi  coni'  obbiezione 
a  chi  reputa  che  veramente  il  nostro  Cristoforo  ap- 
partenesse a  quella  famiglia. 

Un  punto  non  di  grande  rilievo  per  se  medesimo, 
ma  pur  importante  per  le  conseguenze  che  ne  deri- 
vano, è  r  arrivo  del  Colombo  al  Convento  della  Ra- 
bida, dal  nostro  autore  fissato  con  ottime  ragioni 
all'  anno  1485',  e  che  certo  deve  riporsi  tra  il  1484  ed 

I  Pagina  30. 


PREFAZIONE  STORICO-CRITICA. 


il  1485.  È  importante,  diciamo,  per  le  conseguenze 
che  ne  derivano;  poiché  è  una  delle  circostanze  che, 
negata,  scemerebbe  molto  V  attendibilità  della  storia 
dell'  Ammiraglio  scrittane  dal  figlio  Ferdinando,  con- 
tro la  quale  V  Harrisse  e  più  altri,  con  una  critica  che 
per  voler  essere  acuta  diventa  cieca,  accumularono 
ogni  sorta  d'  accuse,  poi,  nella  massima  parte  lumino- 
samente sventate.  Nel  che  sono  ammirabili  per  copia 
di  erudizione  e  per  finissimo  e  lucido  argomentare  i 
volumi  varj  che  n'  ebbe  a  scrivere  il  nostro  Prospero 
Peragallo.  Ferdinando  ripone  1'  arrivo  del  Colombo 
col  figlio  alla  Rabida,  nel  primo  giugnere  dal  Porto- 
gallo, mentre  altri  vorrebbe  intendere  che  ciò  avve- 
nisse soltanto  dopo  che  disperando  che  i  Reali  di 
Spagna  accogliessero  le  sue  proposte,  volgeva  nel- 
r  animo  di  offrirsi  ad  altre  nazioni.  Questi  ultimi  si 
fondano  sopra  V  attestazione  giurata  di  Garcia  Her- 
nandez,  il  quale  parlando  dell'  arrivo  del  Colombo 
alla  Rabida,  non  distingue  con  molta  precisione  i  due 
arrivi,  ma  li  confonde  in  uno;  benché  dalle  sue  stesse 
parole  ne  apparisca  un  pò  in  confuso  la  distinzione. 
Oggimai  però  la  luce  è  fatta.  Possiamo  asserire  per 
concordi  e  sincrone  testimonianze  che  il  Colombo, 
venendo  di  Portogallo,  lasciò  alla  Rabida  il  figlio 
Diego,  e  lo  riprese,  conducendolo  a  Cordova,  quando 
le  pratiche  con  la  Regina  Isabella,  per  la  spedizione 
neir  Atlantico,  erano  già  venute  a  prospera  risolu- 
zione. 

Non  si  può  toccare  del  Convento  della  Rabida, 
senza  che  il  pensiero  ricorra  al  notissimo  Padre  Gio- 

COLOMBO      2 


PREFAZIONE  STORICO-CRITICA. 


vanni  Perez,  che  ospitò  lo  straniero  umiliato  e  lo  soc- 
corse d'  opera  e  di  consiglio.  L' autore  francese,  segue 
r  errore  comune,  sol  da  pochi  anni  riconosciuto  e  ret- 
tificato, di  confondere  il  Perez  con  il  Padre  Antonio 
di  Marchena,  altro  (e  fors'  anco  più  entusiasta)  favo- 
reggiatore del  Colombo,  ed  il  cui  giudizio,  come 
quello  eh'  era  tenuto  per  molto  intendente  di  cosmo- 
grafia, servì  a  dileguar  molti  sospetti  sulla  serietà  del- 
l' impresa  che  dal  Colombo  veniva  proposta.  Nel 
testo  stesso  il  traduttore  introdusse  fra  le  altre  la 
distinzione  dei  due  personaggi,  che  ormai  è  evidente- 
mente accertata,  benché  non  forse,  quanto  sarebbe 
necessario,  sia  egualmente  conosciuta  da  tutti.  Nelle 
istruzioni  che  i  sovrani  danno  all'  Ammiraglio  per 
r  apparecchio  al  secondo  viaggio,  lo  consigliano  a 
pigliar  seco  Fi^ay  Antonio  de  Marchena,  porque  es 
buen  astrologo,  ed  aggiungono,  tra  le  altre  ragioni  a 
persuadernelo,  siempre  nos  pareciò  cpie  se  confoinnò 
con  vuestro  parecer  :  e  forse  il  Colombo  seguì  le  indi- 
cazioni savissime  dei  Reali  di  Spagna.  Certo  ebbe 
sempre  a  lodarsi  di  questi  due  Francescani,  che 
mentre  tanti  ne  mettevano  in  canzone  il  progetto, 
siempre  (egli  testifica)  fueron  constantes.  Dubbio 
è  invece  chi  dei  due  fosse  Guardiano  al  primo 
giungere  del  Colombo  al  Convento  di  Santa  Maria 
della  Rabida  e  se  allora  vi  dimorassero  entrambi. 
La  confusione  in  una  delle  due  persone,  la  pro- 
babilità che  entrambi  in  tempi  diversi  possano 
aver  avuto  il  governo  di  quella  comunità  religiosa, 
la  scarsezza  dei  documenti  che  si  conoscono,  rendono 


PREFAZIONE  STORICO-CRITICA. 


per  ora   impossibile   accertare  nulla   intorno  a  tali 
questioni. 

Giacché  siamo  a  discorrere  dei  Francescani  che 
coadiuvarono  il  Colombo  nella  scoperta  dell'  America, 
non  sarà  del  tutto  inutile  ricordare  una  curiosa  notizia 
rinvenuta  da  noi  nella  ricca  biblioteca  di  Todi,  della 
quale  ninno  sin  qui  tra  i  biografi  dell'  Ammiraglio 
mostrò  di  aver  contezza.  ''In  questo  anno  1492 
Cristoforo  Colombo,  Genovese,  andò  nelle  Indie  a 
scoprire  nuova  terra  e  nuovi  paesi,  e  tra  gli  uomini 
che  seco  condusse  nella  sua  caravella,  fu  il  Rdo 
P.  Gióvan  Bernardino  Monticastri,  nobile  di  Todi, 
dell'  Ordine  dei  Minori,  uomo  di  gran  letteratura  e 
pratico  di  astronomia,  che  fu  ai^co  di  lui  confessore; 
onde  Gabbriello  Monticastri,  fratello  di  detto  Reli- 
gioso, ad  uno  delli  tre  figli  suoi  pose  nome  Cristoforo. 
LiH:.  patent.  et  Epistola  ci.  Columbi  olim  asservabatur 
penes  haered.  Gabrielli  per  Bernard.  Boccardum. 

"  Come  il  tutto  emerge  da  un  libro  intitolato  d^o- 
nache  della  città  di  Todi  dall'  anno  1000  a  tutto  l' an- 
no 1499,  scritto  dall'  eruditissimo  Antiquario  Gio. 
Batta  Canonico  Alvi,  Patrizio  di  questa  città,  alla 
part.  i^  pag.  97. 

''  Nel  libro  delle  Genealogie  della  famiglia  di  Todi, 
urbane  e  forensi  et  alcune  estere,  ricavate  dalli  libri 
genealogici  dell'  Archivio  segreto  in  San  Fortunato, 
dalli  ms.  dell'  Antiquario  signor  Canonico  Gio.  Batta 
Alvi,  nobile  di  questa  città  e  da  altri  antichi  e  mo- 
derni documenti  collazionati,  registrati  e  quivi  fatti 


PREFAZIONE  STORICO-CRITICA. 


registrare  da  me  Pietro  Bolognini  con  le  loro  respet- 

tive  armi,  etc.  si  trova  nella  Genealogia  dei  Monti - 

castri,  pag.  95,  la  seguente  serie  : 

T462 
Honofrius 
Sutor 


DuCulo 


1488 


1481  I 

Fr.  Bernard. ^^  (i)        Gabriel  Vir  Io.  Moscatus 

de  Obser%  D.ne  Aure  de  Landis 

I 


Christofura  Ux.  | 

Simon 
Jacobi.  Frane.  Anti  Atti 


1511 


I  Eufrasia  Ux. 

Cristo  (phorus) 

Sanótes  Gentiloni 


Julia  Ux.  Petri 
de  Cisis 

I 
Paulus  Emilius 

Cesius 


Io.  Hieronimus  I.  U.  D. 


Angiola 


che  morì  1562 


(i)  Che  fu  confessore  di  Cristoforo  Colombo 
e  andò  con  lui  in  America. 


Faustinus  | 

Fortunatus  Stultus 
Filomena. 
1581 
Cristophorus  Vir  Innocentiae 

Acciamonti 
Urbe  Veteri  quae  obiitlnd. 
die  6.  Martii  1613. 

"  I  nobili  di  Montecastro,  che  appariscono  descritti 
nel  catasto  vecchio  fatto  V  anno  1322,  secondo  l'opi- 
nione di  alcuni,  si  crede  che  discendano  da  qualche 
ramo  di  nobili  di  Acquasparta,  diramato  in  più  e  di- 
verse famiglie.  Altri  credono  che  discendano  da  altro 
ramo  di  detti  nobili  di  Acquasparta.'  " 


I  Croniche  di  Gio.  Fabrizio  di  M.  Pietro  di  M.  Onofrio  Uffreduccio 
degli  Atti,  Cancelliere  della  Repubblica  di  Todi,  scritte  nel  14^8,  ms. 
prezioso  della  Biblioteca  di  Todi  che  esisteva  ancora  il  1762,  ora 
perduto.   E  forse  sono  perdute  anche  le  Croniche  della  città  di 


PREFAZIONE  STORICO-CRITICA.  xxi. 

Anche  le  relazioni  del  Colombo  con  V  Enriquez  in 
Cordova,  furono  di  quest'  ultimi  anni  soggetto  di 
dispute  calorose  ;  ed  a  rivendicare  da  macchie  la  fama 
del  navigatore  immortale,  sorsero  valorosi  paladini, 
principalmente  il  Roselly  de  Lorgues,  poi,  dietro  a 
lui,  il  primo  de'  sottoscritti,  che  ne  tradusse  in  italiano 
una  vita;  ed  in  Genova  contro  coloro,  cui  non  sembra 
gravasse  1'  onta  d'  oltraggiare  il  grande  concittadino, 
ne  sostenne  virilmente  le  parti  il  valente  pubblicista 
Don  Antonio  Marcone,  in  cui  anch'  oggi,  nella  grave 
sua  età  e  veneranda  canizie,  il  pensiero  dell'  amato 
Colombo  risveglia  gli  entusiasmi  ed  il  calore  degli 
anni  suoi  giovanili.  E  veramente  chi  pesi  in  equa 
lance  le  ragioni  che  stanno  per  l' innocenza  e  l' inte- 
grità morale  di  Cristoforo,  non  può  non  vedere  che  la 
vincono  di  gran  lunga  sopra  i  sospetti  e  le  vaghe  voci, 
le  quali  vengono  loro  opposte  dagli  avversar].  La 
bella  e  nobile  Enriquez,  il  cui  soave  affetto  all'  Am- 
miraglio in  tanta  vicenda  d' umiliazioni  e  d' onori  non 
mancò  mai;  quella  Enriquez,  che  dal  Colombo  ai  Rie 
viene  ricordata  qual  moglie  eh'  egli  lasciò  diserta  per 
servirli  nei  viaggi  di  scoperta;  quella  Enriquez  eh'  egli 
raccomandava  al  figlio  Diego,  perchè  la  tenesse  in 
luogo  di  madre;  quella  Enriquez  eh'  egli  ricordò  nel 
suo  ultimo  testamento  con  tanto  affetto;  quella  Enri- 
quez, diciamo,  non  poteva  non  essere  amata  di  amore 
irreprensibile,  casto  e  puro.  Se  vi  sono  alcuni  e  non 

Todi  dall'  anno  looo  all'  anno  1499  scritte  dal  Canonico  Alvi. 
Il  1877  esistevano  ancora  :  ma  nel  1881  non  ci  fu  possibile  di 
rinvenirle. 


PREFAZIONE  STORICO-CRITICA. 


ispregievoli  storici  che  opinarono  in  contrario;  non 
mancano  storici  egualmente  autorevoli,  i  quali  sen- 
tenziarono a  suo  favore  :  d'  altronde  tutte  le  circo- 
stanze della  vita  del  Colombo,  il  carattere  suo  morale 
nobilissimo,  e  il  sentimento  religioso  profondo  esclu- 
dono il  sospetto  di  una  macchia  sì  grave.  Sicché  il  rac- 
conto del  nostro  autore',  ci  sembra  su  questo  rapporto 
in  tutto  conforme  a  verità. 

Non  vera  invece  è  la  circostanza,  narrata  pur  dal- 
l' Oviedo,  e  che  ha  fatto  il  giro  del  mondo,  che^  il  Co- 
lombo minacciato  di  morte  dalla  ciurma  in  mare  nel 
primo  viaggio,  proponesse  di  navigare  verso  V  occi- 
dente per  altri  tre  giorni,  dopo  i  quali,  se  non  scopris- 
sero terra,  consentirebbe  a  dar  volta  verso  1'  Europa. 
Il  caso  sarebbe  allora  stato  il  vero  scopritore  d' Ame- 
rica; ed  il  Colombo  avrebbe  dovuto  esser  profeta; 
r  una  e  1'  altra  ipotesi  è  del  pari  senza  fondamento;  ed 
è  molto  più  assennato  rigettare  come  favola  divulgata 
dalla  fama,  che  più  s'  allontana  dal  vero  e  più  cresce, 
il  racconto  dell'  Oviedo,  che  supporre  che  il  Colombo, 
già  sì  persuaso  della  solidità  del  suo  disegno,  e  già 
sì  presso  a  veder  coronato  dall'  esito  il  suo  sogno  di 
lunghi  anni  affannosi,  volesse  poi  farne  dipendere  1'  at- 
tuazione dal  caso.  Egli  stesso  nel  suo  Giornale,  in  cui 
tante  minutissime  cose  segnò  diligentemente,  questa 
di  tanto  rilievo  V  omise  :  e  il  figlio  Ferdinando,  non 
che  il  Las  Casas,  ne  serbano  alto  silenzio. 

Dopo  la  scoperta  d'  America  la  vita  del  Colombo, 

'  Pagina  33.    '  Pagina  57. 


PREFAZIONE  STORICO-CRITICA.  xxiii. 


al  quale  si  rivolsero  gli  sguardi  di  tutti,  amici  e  nemi- 
ci, non  può  essere  più  un  mistero;  manca  in  molti  il 
giusto  criterio  a  giudicarne  V  azioni,  ma  i  fatti  sono 
conosciutissimi  :  conosciutissime  le  calunnie  che  ne 
amareggiarono  i  giorni,  le  difficoltà  incontrate  nella 
colonizzazione  d'  America,  nella  non  dissimulata  osti- 
lità della  Corte  di  Spagna,  sospettosa  di  quello  stra- 
niero, a  cui,  senz'  avvedersene,  aveva  conceduto 
poteri  tanto  più  grandi  di  quelli  dello  stesso  Re,  di 
quanto  V  America  supera  in  forze  ed  estensione  la 
Spagna.  Quindi  non  è  per  noi  tema  sul  quale  pos- 
siamo intrattenere  i  lettori;  che  trattato  a  fondo, 
richiederebbe  un  libro;  e  trattarlo  a  volo,  sarebbe 
inutile  ed  inconcludente.  In  questi  ultimi  anni,  gli 
studj  intorno  al  Colombo,  hanno  avuto  un  risveglio; 
e  così  anche  la  cura  amorosa  di  adunarne  le  me- 
morie. Nel  che  merita  onorata  menzione  il  Baldi,  il 
quale  in  Genova  cercò  di  raccogliere  le  memorie  co- 
lombiane :  acquistò  la  casa,  che,  secondo  lo  Staglieno, 
sarebbe  stata  proprietà  della  famiglia  Colombo;  con 
grandi  sacrifici  riunì  una  copiosissima  biblioteca  di 
stampe  concernenti  il  Colombo,  e  per  fortuita  combi- 
nazione da  uno  Spagnolo,  discendente  dalla  famiglia 
nella  cui  casa  il  Colombo  spirò  V  anima  grande,  ebbe 
le  catene,  che  avvinsero  per  ordine  del  Bobadilla  lo 
scopritore  dell'  America,  e  che  questi  solea  tenere 
sempre  presso  di  sé,  e  voleva  (scrive  il  suo  figlio) 
che  fossero  seppellite  con  il  proprio  cadavere  : 
nel  che  le  sue  intenzioni    consta  che  non   vennero 


eseofuite. 


xxiv.  PREFAZIONE  STORICO-CRITICA. 


Alcuni  avanzi  delle  ceneri  dell'  eroe,  tornarono  a 
quella  Italia,  che  gli  aveva  dati  i  natali;  e  Genova  che 
forse  lo  vide  nascere,  Pavia  dove  ricevè  insegnamento 
fruttuoso,  poterono  alietarsi  di  rivedere  e  riverire  gli 
avanzi  di  quel  Colombo,  per  emulare  la  cui  gloria 
bisognerebbe  che  un'  altra  terra  fosse  creata.  E  non- 
dimeno manca  ancora  a  lui  in  Italia  un  monumento 
che  ne  sia  degno,  un  monumento  intellettuale;  voglia- 
mo dire  una  raccolta  completa  dei  documenti  che  lo 
concernono  ed  una  vita  di  lui.  Benemerito,  certo,  bene- 
merentissimo, fu  il  Roselly  de  Lorgues,  che,  primo, 
aperse  la  via  ad  indagini  pazienti  ;  benemerito  anche, 
fra  noi,  il  Tarducci,  autore  di  una  vita  ricca  di  molti 
pregi  :  nondimeno  oggi  si  potrebbe  fare  e  chiedere  di 
più,  moltiplicando  le  ricerche  a  schiarire  i  punti  oscuri 
che  ancora  rimangono  a  dilucidare.  E  ci  duole  che  il 
Centenario  passi  tra  feste  transitorie,  senza  che  forse 
resti  di  duraturo  nuli'  altro  che  la  memoria  del  grande 
-Eroe  viva  scolpita  nel  cuore  degli  Italiani. 

Roma,  Via  Merulana,  Collegio  Sant' Antonio,  addì  14 
luglio,  giorno  sacro  al  Serafico  Dottore  S.  Bona- 
ventura, del  1892.  4. 

Fr.  Marcellino  da  Civezza  M.  O. 
Fr.  Teofilo  Domenichelli  M.  O. 


T  A  scoperta  del  Nuovo  Mondo  è,  seitza  dttb- 
-^-^  biOy  una  delle  più  maravigliose  intra- 
prese concepite  da  tmiaìto  intelletto  e  portate 
a  fine.  Ad  effettuarla  occorreva  esperienza 
di  navigazione,  coraggio  a  t zitta  prova  e 
costanza  di  proposito  che  per  difficoltà  non 
venisse  incito;  a  dir  breve  ci  voleva  un  aniìna 
che  al  sicuro  presentimento  del  futuro  unisse 
inaschia  fede.  A  sì  meìnorabile  avvenimento 
Dio  aveva  scelto  Cristoforo  Colombo. 

E  veramente  un  anima  grande,  rischiarata 
da  viva  fede,  sostenuta  da  invitta  speranza, 
ad  abbattere  la  quale  non  basterebbero  ama- 
rezze, né  sventure,  ne  svanirebbe  per  trionfi, 
fu  r  anima  del  Colombo. 

,  Se  ci  fossimo  proposto  di  scrivere  una  piena 
storia  di  lui,  non  ce  ne  sarebbero  mancati  i 
docttmenti;  /'  Herrera,  il  Las  Casas,  il  Ber- 
naldez e  Giovanni  di  Ferreras  ne  hanno 
quanto  basti  per  ciò,  che  concerne  le  relazioni 
di  lui  con  la  Spagna.  A  ite  he  il  suo  figliuolo 
Ferdinando,  che  visse  alla  corte  di  Carlo  V, 
ne  dettò  una  storia,  in  cui  ci  dà  preziosi  parti- 


COLOMBO. 


INTRODUZIONE. 


colavi  del  carattere  di  lui,  e  i  progetti  che 
divisava,  i  quali  non  si  potrebbero  omettere 
senza  che  quella  ne  rimanesse  monca.  Vi  di- 
scorre a  lungo  delle  ragioni  che  iìtdussero  il 
grande  navigatore  a  ciìfientarsi  alla  scoperta 
delle  Indie  Occideìttali;  ragioìti  tratte  da 
studj  geografici  ed  astroìtomici,  da  testimo- 
nianze di  antichi  scrittori,  ed  anche  contem- 
poranei, e  da  relazioni  di  gente  di  mare.  Ma 
il  lavoro  pili  autorevole  ed  importante  è  il 
Giornale  dello  stesso  Colombo,  dove  dì  per  dì 
notò  quanto  gli  accadde  duraìite  la  lunga  sua 
navigazione,  e  i  varj  seìitimeìtti  che  /'  agita- 
vano. 

Ci  siamo  giovati  di  questi  molti  lavori  per 
raccogliere  il  presente  piccolo  volume,  iìi  citi  il 
lettore  troverà  ammaestramenti  di  pietà,  di 
umanità  e  di  cristiana  rassegnazione.  I  limiti 
che  ci  proponemmo ,  non  ci  hanno  consentito 
trattenerci  in  particolare  degli  tiltimi  viaggi 
del  grande  Ammiraglio  alle  colonie  da  lui 
fondate  nella  Spagìtola;  avendo  giudicato  piit 
giovevole  seguirlo  ìielle  scoperte  fatte,  che  fer- 
marci a  descrivere  gli  avanzamenti  degli  Spa- 
gnoli, i  quali, per  soppiantarlo,  non  rifuggirono 
dalle  pive  odiose  perfidie. 

Il  più  delle  notizie  che  riguardano  il  Co- 
lombo cominciano  dalla  sua  scoperta,  e  appena 


CHRISTOPHER    COLUMBUS 

After  an  engraving  hy  George  E.  Ferine  from  a  copy  of  the  painting 
hy  Parmigiano  in  the  Royal  Gallery  at  Naples 


INTRODUZIONE. 


accennano  ai  fatti  che  la  precedettero;  allar- 
gandosi invece  sullo  stabilimento  dei  Casti- 
gliani  nelle  Antille  e  sulle  difficoltà  che  lor 
suscitò  tra  gì'  isolani  la  loro  barbara  cupidi- 
gia. Noi  abbiam  fatto  /'  opposto,  scrivendo  uìta 
biografia  del  Colombo,  e  non  già  un  stento  sto- 
rico delle  colonie  spagnole. 

Ci  siamo  profittati  di  assai  lavori  recenti, 
specialmente  del  Sunto  della  Storia  generale 
dei  viaggi  di  Laharpe,  da  cui  togliemmo  il 
ristretto  del  Giornale  del  Colombo  durante  la 
sua  prima  spedizione,  e  così  della  Storia  Uni- 
versale di  Cesare  Cantù,  la  quale  ci  dette  non 
poche  preziose  notizie  al  proposito  nostro. 

Né  dobbiamo  in  ultimo  tacere  (che  sarebbe 
ingiustizia)  il  piit  importaìtte  libro  che  sia 
stato  fatto  sul  Colombo,  vogliam  dire  la  Storia 
de  ir  illustre  Conte  Roselly  de  Lorgues,  che 
n  ebbe  tanto  plauso  ed  ammirazione  dal- 
l' Europa  e  dalle  due  Americhe. 


^- 


■4? 


et- 


ià 


Monumento  al  Colombo,  in  Genova,  sua  patria. 


CristDfain  Cnl0mfin 


LA  SCOPERTA  DEL  NUOVO  MONDO. 


Capitolo  primo.  -  sommario. 


Cristoforo  Colombo.  Sua  nascita.  Parecchie  città  si  contendono 
1'  onore  di  avergli  d^to  i  natali.  Da  ciò  che  egli  dice  di  sé 
stesso,  fu  Genovese.  —  Suoi  umili  cominciamenti.  Sua  fami- 
glia; suo  padre,  il  tessitore  Domenico;  sua  madre  ed  i  fratelli. 
—  Il  Colombo  era  di  nobile  origine.  Domenico  Colombo 
manda  il  giovane  Cristoforo  all'  università  di  Pavia,  pro- 
gressi che  vi  fa  negli  studj;  ritorno  alla  casa  paterna.  —  Al- 
l' età  di  14  anni  s'  imbarca.  Comanda  più  tardi  una  galea.  — 
La  quale  rimane  incendiata  in  un  combattimento  sostenuto, 
ed  egli  si  salva  a  nuoto.  Tocca  le  coste  del  Portogallo. 


E  nella  storia  dell'  umanità  vi  è  nome 
[^  celebre,  insieme,  e  popolare,  senza  dub- 
bio è  il  nome  di  Cristoforo  Colombo. 
^  Forse  ve  n'  ebbe  altri  che  menarono  più 
alto  rumore,  e  vi  furono  conquistatori,  che  lasciarono 
tali  tracce  di  sangue  per  dove  passarono,  che  non 
potranno  mai  cancellarsi  :  ma  ben  altra  luce  circonda 
il  nome  dello  scopritore  d'  un  nuovo  mondo,  che  la 
potenza  del  suo  pensiero  indovinava;  dell'  intrepido 
navigatore  e  apostolo  della  fede  cattolica  e  dell'  in- 
civilimento che  da  essa  deriva;  di  colui  che  ne  portava 
e  piantava  lo  stendardo  in  regioni  sconosciute,  da  lui 
scoperte.  Inspirato  a  tant'  opera  dall'  alto,  fu  egli 
sempre,  nonostante  tanti  disinganni,  tante  amarezze  e 
ineffabili  dolori,  il  cristiano  ammirabile  che  la  Provvi- 


CRISTOFORO  COLOMBO, 


denza  aveva  scelto  all'  effettuamento  de'  suoi  consigli 
divini.  Mai  non  vacillò  la  sua  fede,  né  venne  mai 
meno  lo  stimolo  potente  che  sentiva  di  dentro  e  lo 
determinava  ad  operare,  perchè  Dio  stesso  gli  aveva 
dato  la  prima,  e  messo  nell'  anima  il  secondo;  ed  egli 
n'  era  così  convinto  che  da  Dio  soltanto  ripeteva 
r  una  e  1'  altro,  né  mirava  che  a  Lui,  maturando  il  ri- 
trovamento di  un  mondo  novello.  E  per  ciò  stesso  ne 
fu  degno  ed  ebbe  tutta  la  protezione  divina,  guidato 
dalla  mano  creatrice  dell'  universo.  Quale  gloria  il 
poter  dire  col  Salmista,  come  fu  verissimo  :  **  Dio  per 
mio  mezzo  ha  rinnovata  la  faccia  della  terra!  " 

Non  è  ancora  molto  tempo  che  quasi  nulla  sape- 
vasi  di  certo  de'  primi  anni  del  Colombo.  Dove  nac- 
que egli  ?  Dove  passò  i  primi  suoi  anni  ?  Quale  fami- 
glia fu  la  sua  ?  A  tutte  queste  dimande  che  lo  storico 
doveva  fare  a  sé  stesso,  invano  avrebbe  potuto  ri- 
spondere, non  avendo  altri  dati  che  affermazioni  o 
negazioni  contraddittorie,  racconti  leggendarj  e  im- 
maginarj,  aneddoti  più  da  poeti,  che  da  critica  storica. 
Per  lo  che  lo  storico  trovandosi  come  in  viaggio  in 
mari  non  conosciuti  verso  il  passato,  ben  poteva 
piegare  più  da  un  lato  che  dall'  altro,  ma  nessuna 
luce  soccorreva  a  dirgli  ove  si  trovasse;  onde  il 
Washington  Irving  che  pur  aveva  fatte  molte  e 
pazienti  ricerche  ebbe  a  scrivere,  che  ''  tanto  affati- 
cavano le  tentate  sentenze  dei  commentatori,  che  riu- 
sciva assai  diffìcile  accostarsi  alla  verità  in  tale  labi- 
rinto di  congetture.  " 

Ma  di  presente  si  può  rispondere  con  sicurezza  ad 
alcuna  di  così  fatte  quistioni.  Cristoforo  Colombo 
nacque  nel  1435.  Ben  molte  città  si  studiarono 
di  far  propria  la  gloria  di  essere   state  la  culla   di 


CAPITOLO  PRIMO. 


Gasa  dei  Colombo  in  Genova. 


questo  uomo  immortale.  Cuccaro,  Oneglia,  Finale, 
Quinto,  Nervi,  Savona  ed  altri  luoghi;  togliendola  a 
Genova.   Fra  tutte   le  prove   che   se  ne   potrebbero 


CRISTOFORO  COLOMBO. 


addurre,  la  più  valevole  ed  autentica  è  quella  dello 
stesso  Colombo.  Egli,  grand'  Ammiraglio  dell'  Oceano 
e  Viceré  delle  Indie,  nell'  atto  con  cui  istituiva  un 
maggiorascato  nella  sua  famiglia  con  la  data  del 
2  2  febbraio  1498,  afferma  nettamente  d'  essere  nato 
in  Genova  :  Sieìidoyo  nacido  en  Genova,  ciudad  noble 
y  poderosa  por  la  mar.  ''  Nacqui  in  Genova,  città 
nobile  e  potente  sul  mare.  "  Ed  aggiunge  :  "  Racco- 
mando a'  miei  successori  di  fare  tutto  ciò  che  possa 
tornar  di  onore  e  di  profitto  alla  città  in  cui  nacqui, 
senza  nondimeno  recar  danno  alla  corona  di  Spagna.  " 

I  cominciamenti  di  colui,  che  doveva  addurre  al- 
l' impero  della  croce  un  mondo  sconosciuto,  furono 
modesti  ;  e  in  tale  modestia  cercò  i  mezzi  di  aiutare 
il  proprio  ingegno;  e  forse  ciò  contribuì  non  poco  a 
formarne  1'  indole  con  quella  tempra  di  fermezza  che 
lo  rese  capace  di  affrontare  ogni  maniera  di  contra- 
rietà e  di  pericoli,  e  restarne  vincitore. 

II  suo  genitore  chiamavasi  Domenico,  ed  era  pos- 
sessore di  alquanti  beni  di  terra,  il  cui  tenue  prodotto 
non  gli  bastava  a  vivere;  per  lo  che  s'  era  allogato 
in  una  casa  fuori  le  mura  di  Genova,  dove  paziente- 
mente e  laboriosamente  esercitava  il  mestiere  di  tes- 
sitore in  lana.  Aveva  a  sposa  una  contadina  del 
Bisagno,  Susanna  Fontanarossa,  che  se  gli  portò 
assai  ristretta  dote,  era  pur  ricca  di  buon  senso  e  di 
virtù.  Dio  benedisse  largamente  questa  unione,  e 
dette  loro  cinque  figli,  una  femmina  e  quattro  maschi; 
cioè  Cristoforo,  Bartolomeo,  Pellegrino  e  Giacomo,  il 
penultimo  dei  quali  morì  prima  dei  vent'  anni. 

Ma  questa  povertà  di  Domenico  non  impedisce  che 
fossero  di  antica  prosapia  i  suoi  antenati.  Pare  eh'  egli 
discendesse   da   una    famiglia  lombarda,   i   cui   rami 


CAPITOLO  PRIMO. 


s'  erano  trapiantati  nel  Piemonte  e  nella  Liguria.  In 
Genova  parecchie  famiglie  avevano  lo  stesso  casato 
del  Colombo,  e  forse  erano  tutte  imparentate;  ma  diver- 
sità di  fortuna  le  aveva  separate;  così  che  mentre  i 
membri  di  alcune  per  ingegno  e  servigi  prestati  alla 
Repubblica,  occupavano  in  essa  alti  posti,  i  membri 
di  altre,  come  Domenico,  traevano  dal  lavoro  giorna- 
liero il  pane  della  vita.  Non  importa  qui  a  noi  cercare 
le  prove  per  le  quali  apparisca  il  diritto  che  può  avere 
alla  nobiltà  il  Colombo.  Mettiamo  ciò  non  sia  stato; 
ma  ben  dal  padre  suo  ricevette  nobili  tradizioni,  per 
le  quali  1'  uomo  arriva  alla  verace  grandezza.  Sia 
dunque  che  egli  co'  fatti  della  sua  vita  desse  novello 
splendore  al  casato,  sia  eh'  egli  la  creasse  a  sé  e  alla 
propria  famiglia,  il  certo  è  che  questa  n'  ebbe  una  che 
vince  ogni  altra;  la  nobiltà  che  nasce  da  elevate 
facoltà,  ricevute  da  Dio  e  usate  sapientemente. 

Domenico  ammirato  dell'  intelligenza  che  mostrava 
il  suo  figliuolo  e  dei  rapidi  avanzamenti  che  faceva,  si 
determinò  a  nulla  omettere  di  quanto  potesse  contri- 
buire a  nobilitarne  la  mente  e  il  cuore.  E  però  come  rag- 
giunse i  dieci  annijlo  inviò  nell'  università  di  Pavia,una 
delle  più  celebrate  a  que'  dì,  perchè  vi  studiasse  di  pro- 
posito filosofia  naturale  e  astronomia.  Frequentò  Cri- 
stoforo per  qualche  tempo  quella  celebre  scuola;  ma  le 
non  agiate  condizioni  del  padre  mal  potendo  sostenere 
ulteriori  sacrifizj  ebbe  egli  a  far  di  là  ritorno  per  aiutare 
padre  e  fratelli  nella  professione  di  cardatori  di  lana. 

Cristoforo  si  assoggettò  come  figliuolo  esemplare  a 
quel  lavoro,  ma  non  si  ristette  il  suo  pensiero  dallo 
spaziare  in  vaste  e  misteriose  lontananze.  Il  ceruleo 
mare,  che  bagna  così  amorosamente  delle  sue  onde  i 
piedi  della  città  di  Genova,  agiva  con  arcana  potenza 


10  CRISTOFORO  COLOMBO. 

suir  immaginazione  di  lui.  Oh  quante  volte  T  anima 
ardente  spaziava  lontano  dalle  pareti  domestiche  in 
cerca  di  qualcosa  di  sconosciuto  nell'  immensità  del- 
l' Oceano,  mentre  con  le  mani  era  macchinalmente 
nel  lavoro  da  cui  traeva  il  suo  sostentamento  la  fami- 
glia. Colpi  di  mano  contro  i  pirati,  navigli  sbattuti 
dalla  tempesta,  mostri  marini,  isole  fortunate,  mari 
tenebrosi,  e  chi  sa,  forse  anche  un  continente  perduto 
in  spazj  senza  confini;  e  quivi  vedute  incantevoli, 
immagini  terribili,  che  si  succedevano  le  une  alle  altre, 
e  ne  tenevano  straordinariamente  accesa  la  fantasia; 
tutto  questo  forse  accadeva  dentro  di  lui,  senza  che 
alcuno  se  ne  avvedesse. 

La  vita  de'  marinai  nel  Mediterraneo  era  a  que'  dì 
piena  di  pericoli.  Gli  Stati  delle  sue  coste  tenevansi 
come  in  guerra  perenne,  ed  i  navigli  di  questa  o  di 
queir  altra  nazione  erano  sempre  nell'  occasione  di 
attaccare  o  nel  bisogno  di  difendersi.  I  capitani  di 
ventura  quando  non  avevano  da  combattere  per  qual- 
che potenza,  guerreggiavano  per  proprio  conto,  pro- 
cacciandosi il  necessario  alla  vita.  Né  mancavano  si- 
gnori, che  sotto  pretesto  di  assicurare  i  propri  diritti  e 
privilegi,  armavano  delle  flottiglie,  né  si  facevano  scru- 
polo di  saccheggiare  i  vascelli  che  incontrassero  per 
via.  Altri,  veri  corsari,  si  gittavano  sopra  qualunque 
naviglio  lor  venisse  fatto  di  cogliere,  a  qualsiasi  nazione 
appartenesse,  tanto  solo  che  se  ne  impromettessero 
un  ricco  bottino;e  così  quelli  che  erano  stati  risparmia- 
ti dai  venti  e  dal  furore  delle  procelle  trovavano  più 
crudeli  nemici.  Oltre  che  i  combattimenti  continui  che 
accadevano  tra  cristiani  e  musulmani,  combattimen- 
ti a  morte  tra  la  civiltà  e  la  barbarie,  rendevano  la  na- 
vigazione una  scuola  ben  penosa  e  un  duro  tirocinio. 


CAPITOLO  PRIMO.  11 

Ma  tutto  ciò  non  isgomentava  il  nostro  eroe,  che 
alla  vita  di  casa  anteponeva  quella  avventurosa  della 
marina.  Uscito  dall'  università  di  Pavia,  e  passati 
alcuni  mesi  in  seno  della  famiglia,  s'  imbarcò  contan- 
do quattordici  anni.  Quanto  aveva  là  imparato  non 
gli  tornò  utile  che  appresso,  avendo  dovuto  ora  im- 
barcarsi in  condizioni  di  mozzo.  Ma  bene  possiamo  cre- 
dere che  sebbene  di  così  tenera  età  si  determinasse 
a  quella  vita,  le  lezioni  che  n  ebbe  non  furono  perdute, 
per  uno  di  spirito  così  grave  e  meditabondo  qual'  era. 

Dal  momento  che  s'  imbarcò  fino  al  1459,  circa 
dodici  anni,  non  possiamo  fare  che  congetture  su 
quanto  operò.  Si  sa  che  navigò  traversando  il  Medi- 
terraneo, che  percorse  V  Arcipelago  e  i  mari  di  Le- 
vante, che  si  battè  ripetutamente  coi  pirati,  coi  corsari 
maomettani  e  di  Barberia;  in  uno  de'  quali  combatti- 
menti all'arrembaggio  ricevette  una  pericolosa  ferita, 
cicatrizzatasi  soltanto  dopo  lungo  tempo,  e  per  cui  fu 
sofferente  sino  all'  ultimo  di  sua  vita. 

Solo  dal  1459  abbiamo  autentici  documenti  che  lo 
riguardano.  In  detto  anno,  Giovanni  d'  Angiò,  duca 
di  Calabria,  armava  una  flotta  coli'  intendimento  di 
far  vela  verso  Napoli  e  di  ricuperare  quel  regno  a 
nome  di  suo  padre,  Renato,  conte  di  Provenza.  Il 
Colombo  avuta  notizia  di  questa  spedizione  e  del- 
l' aiuto  che  la  città  di  Genova  gli  fornirebbe  in  dena- 
ro, uomini  e  galee,  andò  a  pregarlo  che  lo  accettasse 
a  suo  servizio;  e  lo  vediamo  arruolato  sotto  il  coman- 
do d'  uno  de'  suoi  parenti,  Colombo  1'  ArchipiratOj 
ardito  corsaro,  rendutosi  famoso  per  i  suoi  colpi  di 
mano  contro  gli  infedeli  ;  e  poi  in  ufficio  di  luogote- 
nente sotto  quello  di  un  altro  Colombo,  detto  il  Gio- 
vane, nipote  del  primo  e  non  meno  celebre  dello  zio. 


12  CRISTOFORO  COLOMBO. 

L'  intrepido  Colombo  il  Giovane,  avendo  saputo 
che  quattro  galee  veneziane  tornavano  di  Fiandria 
riccamente  cariche,  deliberò  di  assalirle  benché  a  capo 
di  piccola  squadra;  e  ciò  fece  in  vista  della  costa 
portoghese,  tra  Lisbona  e  il  Capo  San  Vincenzo.  Il 
combattimento  durò  per  un  intero  giorno  con  pari 
furore  da  ambe  le  parti.  Venuti  all'  arrembaggio, 
essendosi  intricate  le  galee  le  une  con  le  altre,  gli 
equipaggi  combattevan  corpo  a  corpo,  come  avviene 
in  terraferma.  Cristoforo  Colombo  in  quel  dì  aveva 
il  comando  di  una  galea.  Essendosi  disgraziatamente 
incendiata  la  galea  veneziana  eh'  egli  aveva  abbor- 
data, le  fiamme  si  appiccarono  alla  sua.  Si  provò  a 
stricare  subito  la  propria  dall'  altra,  ma  non  vi  riuscì; 
tanto  s'  erano  a  vicenda  prese  coi  rampini  e  le  cate- 
ne di  ferro;  e  quando  non  fu  più  possibile  di  restare 
sul  ponte,  perchè  la  sua  galea  non  era  più  altro  che 
una  vampa,  si  gettò  nelle  onde  con  tutto  1'  equi- 
paggio. Incontratosi  con  un  largo  remo,  se  ne  giovò 
per  mantenersi  a  gala,  e  con  questo  aiuto,  potè  rag- 
giungere la  spiaggia  lontana  circa  due  leghe  dal 
luogo  dove  era  avvenuto  il  combattimento. 

Di  là  si  rendette  tosto  a  Lisbona,  dove  incontrò 
parecchi  compatrioti,  e  tra  questi,  il  suo  fratello  ca- 
detto, Bartolomeo. 

Se  vogliamo  stare  all'  autorità  di  qualche  scrittore, 
ciò  non  sarebbe  vero;  ma  la  sua  gita  al  Portogallo  sa- 
rebbe avvenuta  per  il  suo  amore  ai  viaggi,  per  il  desi- 
derio di  conoscere  altri  luoghi  ed  altre  genti,  e  compiere 
il  suo  ammaestramento.  Che  che  ne  sia,  il  certo  è  che 
preludiò  alla  sua  grande  scoperta  del  Nuovo  Mondo 
con  ripetute  spedizioni  ne'  mari  fino  all'  ora  conosciuti. 


SOMMARIO. 


Le  scoperte  al  secolo  XV.  Impulso  dato  a'  viaggi  di  esplorazio- 
ne dal  principe  Enrico  di  Portogallo.  Lisbona  e  que'  dì 
centro  dell'  attività  scientifica.  Il  mondo  conosciuto  avanti 
Cristoforo  Colombo.  —  Egli  copia  de'  manoscritti  e  forma 
delle  carte  marine  per  provvedere  a'  suoi  bisogni.  —  Suoi 
costumi,  suo  carattere;  sua  pietà  sincera  e  piena  di  entusia- 
smo. —  Contrae  a  Lisbona  un  primo  matrimonio.  —  Il  suo 
cognato  Pietro  Correa.  Favole  e  leggende  concernenti  i  mari 
non  conosciuti.  Indizj  che  n'  ebbe  il  Colombo  dai  naviga- 
tori. Vi  aggiunge  i  risultati  delle  proprie  esperienze,  e  s'im- 
barca per  Porto  Santo.  Visita  successivamente  Madera,  le 
Azzore,  la  Guinea.  —  Si  risolve  ad  una  spedizione  verso 
r  Ovest,  ed  espone  i  suoi  divisamenti  alla  repubblica  di  Ge- 
nova e  di  Venezia:  ma  senza  successo. 


U ALCHE  tempo  prima  della  nascita 
del  Colombo,  arditi  navigatori  si  erano 
spinti  a  tentare  delle  scoperte;  le  quali 
spedizioni  divennero  più  frequenti,  a 
mano  a  mano  che  i  principj  della  navigazione  si 
svolsero  mediante  1'  esperienza,  e  progredì  1'  arte  di 
costruire  i  navigli.  Il  principe  Enrico  del  Portogallo, 
figliuolo  di  Giovanni  I,  aveva  favorito  quanto  poteva 
queste  difficili,  ma  gloriose  ricerche.  Invaghito  della 
scienza  nautica,  della  geografia,  della  cosmografia 
e  delle  matematiche,  si  era  ritirato  dalla  corte  per 
attendere  a  lavori  ne'  quali  trovava  il  suo  appaga- 
mento. Procuravasi  le  relazioni  di  quanti  viaggi 
sapesse   che  erano  stati  fatti  e  traduzioni  di  mano- 


14 


CRISTOFORO  COLOMBO. 


scritti  arabi,  usava  con  piloti  e  uomini  esperti  di 
mare  facendo  tesoro  delle  loro  cognizioni  :  così  per 
lui  Lisbona,  alla  fine  del  secolo  XV,  addivenne  il 
centro  di  un  movimento  scientifico  prodigioso,  e  là 
costruivansi  le  navi  più  eccellenti,  si  disegnavano  i 
planisferi  più  esatti  e  le  migliori  carte  marine;  là 
finalemente  si  vendevano  le  migliori  opere,  e  i  mi- 
gliori strumenti. 


Il  mondo  conosciuto  dagli  antichi. 

Alla  morte  di  questo  principe  si  arrestò  per  qual- 
che tempo  sì  fatto  movimento  scientifico  da  lui 
iniziato  e  portato  innanzi  con  tanta  sua  gloria.  Ciò 
nonostante  a  Lisbona  ne  restò  la  fama;  per  lo  che  i 
piloti  i  più  sperimentati,  e  i  geografi  di  miglior  ripu- 
tazione continuarono  a  recarvisi.  Bartolomeo  Co- 
lombo, fratello  secondogenito  di  Cristoforo,  tenuto 
giustamente  per  valente  geografo,  vi  si  stabilì  per 
esercitarvi  un  mestiere  a  cui  sentivasi  potentemente 
chiamato. 

Il  mondo  conosciuto  al  tempo  del  principe  Enrico 
era    assai    ristretto,    credendosi  che    il    globo    ter- 


CAPITOLO  SECONDO.  15 

racqueo  non  eccedesse  V  Europa,  le  coste  d'  Africa 
bagnate  dal  Mediterraneo,  una  grande  parte  del- 
l' Asia  Meridionale  :  al  di  là  era  l'immaginario  e  l' in- 
cognito. I  planisferi  appena  presentavano  una  metà 
dell'  antico  continente,  dove  F  Africa  pigliava  la 
forma  bizzarra  d'  una  isola  lunga,  stretta  e  paralella 
al  Mediterraneo.  E  quasi  per  incutere  spavento  a 
coloro  che  si  occupavano  dell'  incognito,  i  geografi 
segnavano  i  limiti  con  figure  d'  ipogrifi  e  d'  antropo- 
fagi;  essendo  proprio  dell'  immaginazione  umana  di 
supporre  de'  mostri,  dove  ignora  che  cosa  possa  tro- 
varsi. 

Ma  sotto  il  principe  Enrico,  le  carte  geografiche 
e  marittime  vennero  assai  migliorate;  ed  inoltre  a 
questo  tempo  erasi  fatto  generale  F  uso  del  com- 
passo, le  coste  d'  Africa  erano  state  in  parte  esplo- 
rate di  là  dal  Capo  Bianco,  e  vennero  scoperte  le 
isole  di  Capo  Verde  e  delle  Azzore. 

Cristoforo  Colombo  frequentava  Lisbona  il  più 
che  poteva,  da  che  le  scoperte  dei  Portoghesi  si 
avessero  attirata  F  attenzione  di  tutta  F  Europa;  sia 
per  desiderio  di  scienza,  sia  per  appagamento  di 
curiosità  e  solletico  di  avventure,  molti  uomini  di 
mare  s'  eran  là  raccolti,  pronti  a  far  parte  di  qualun- 
que spedizione  si  preparasse. 

Il  Colombo  ospitava  quivi  in  casa  del  suo  fratello 
Bartolomeo;  e  per  non  essergli  soverchiamente  a 
carico,  buon  calligrafo  secondo  que'  tempi  e  pratico 
nel  disegnare,  copiava  manoscritti  e  delineava  carte 
di  mare;  anche  comprava  libri  e  li  rivendeva;  insom- 
ma si  studiava,  per  quanto  gli  era  possibile,  di  prov- 
vedere a  sé  stesso  e  soccorrere  suo  padre.  E  invero 
commovente   la   filiale    pietà    con    cui    lo  sovvenne 


16  CRISTOFORO  COLOMBO. 

avanzato  negli  anni,  mentre  non  bastava  quasi  a  se 
medesimo! 

Contava  allora  circa  i  trentacinque  anni,  ed  era  in 
tutto  il  vigore  delle  sue  forze  fisiche  ed  intellettuali. 
Di  statura  mezzana,  ma  bene  conformata;  aveva  il 
naso  aquilino,  gli  occhi  bigi  tendenti  al  chiaro,  lo 
sguardo  espressivo  e  vivace,  biondi  i  capelli  ma  inca- 
nutiti precocemente  per  le  veglie  e  i  soprapensieri,  un 
carattere  focoso,  ma  temperato  a  dolcezza.  Semplice 
poi  nel  vestire,  modesto  nel  tratto  e  nelle  parole  ed 
insieme  eloquente,  la  sua  gravità,  affabilità  e  genti- 
lezza si  attiravano  facilmente  i  cuori,  conservando 
nelle  povere  sue  condizioni  una  nobile  dignità  che 
imponeva.  Era  insomma  un  vero  gentiluomo,  e  chiun- 
que trattasse  con  lui,  vi  ravvisava  qualcosa  di  non  co- 
mune che  lo  distingueva  da  tutti. 

Un'  altra  cosa  dobbiamo  qui  specialmente  notare, 
cioè  la  scrupolosa  esattezza  con  cui  sempre  adempì 
a'  suoi  doveri  religiosi;  non  già  soltanto  per  ciò  che 
riguardava  le  pratiche  esteriori,  ma  per  la  viva  ed 
ammirabile  pietà  di  cui  era  dentro  informato,  e  che 
si  appalesava  in  tutte  le  sue  azioni;  il  che  fu  parte 
del  nobile  suo  carattere  :  fu,  in  una  parola,  solenne- 
mente religioso. 

Finché  si  trattenne  in  Lisbona,  ogni  mattina  assi- 
steva alla  Messa  nella  chiesa  di  Ognissanti  addetta  al 
Monastero,  e  notò  la  sua  divozione  e  pietà  Donna 
Filippa  di  Perestrello,  che  quivi  trovavasi  ad  essere 
educata. 

Era  essa  figliuola  di  Bartolomeo  Monis  di  Pere- 
strello, gentiluomo  italiano,  navigatore  di  vaglia, 
ufficiale  della  real  casa,  già  molto  amato  dal  principe 
Enrico,   che  lo  aveva    nominato   Governatore    del- 


CAPITOLO  SECONDO.  17 


r  isola  di  Porto  Santo  e  datagliene  una  grande  parte 
in  proprietà. 

Incaricato  di  colonizzare  Porto  Santo,  Monis  di 
Perestrello  vi  si  adoperò  quanto  seppe  e  potè;  ma 
ben  presto  dovette  arrestarsi.  Alcuni  conigli  portati 
neir  isola  vi  si  erano  moltiplicati  per  modo  che  i  co- 
loni da  quel  terreno  non  ebbero  più  a  sperar  ricolti. 
Si  provarono  a  distruggerli;  ma  non  vi  riuscirono, 
per  essere  essi  troppo  pochi  e  radi,  e  quelli,  favoriti 
dal  clima  dell'  isola,  si  moltiplicavano  senza  fine.  Da 
ciò  avvenne  che  quantunque  il  Monis  di  Perestrello 
vi  possedesse,  morì  povero,  rovinato  dalle  gravi 
spese  in  quello  sperimento  infruttuoso,  e  lasciò  tre 
figliuole  con  la  sola  dote  delia  loro  virtù. 

11  Colombo  non  badando  a  tali  loro  condizioni, 
chiese  Filippa  in  isposa  e  1'  ottenne.  Non  ne  miglio- 
rò di  patrimonio,  ne  crebbe  in  riputazione,  e  conti- 
nuando tranquillo  a  disegnar  carte  e  copiare  mano- 
scritti, non  andò  guari  che  per  il  ricordo  delle  cariche 
tenute  dal  Perestrello  e  l'amicizia  che  lo  aveva  unito 
al  principe  Enrico,  fu  ammesso  presso  il  re  Alfon- 
so V,  il  quale,  non  ordinò  veramente  spedizioni 
alcune,  ma  si  occupava  con  passione  delle  scoperte 
di  mare;  per  lo  che  gradiva  assai  la  conversazione 
del  piloto  genovese  di  cui  rimaneva  come  incantato. 

Sovente  trattenendosi  egli  in  vario  ragionare  con 
la  famiglia,  la  sua  suocera,  vedova  di  Monis,  donna 
di  non  comune  intelletto,  come  di  specchiata  pietà, 
gli  parlava  de'  viaggi  fatti  dal  suo  sposo,  e  delle  spe- 
dizioni a  cui  aveva  preso  parte,e  gliene  dette  tutte  le 
carte  da  lui  lasciate  e  i  ricordi  scritti  di  propriamano. 

Già  una  delle  due  sorelle  di  Filippa  aveva  sposato 
parimente  un  marinaio,   Pietro  Correa,  governatore 


18  CRISTOFORO  COLOMBO. 

poi  di  Porto  Santo;  e  il  Colombo  profittando  pari- 
mente di  tutte  le  osservazioni  di  questo  navigatore  e 
di  quanto  raccontava,  raccolse  un  tesoro  di  utili 
cognizioni;  perocché  egli  notava  tutti  anche  i  più 
minuti  fatti,  e,  così  profondo  investigatore  com'  era, 
da  ogni  anche  minimo  particolare  traeva  costrutto  ; 
benché  non  ne  esagerasse  punto  Y  importanza.  Egli, 
perspicacissimo,  sapeva  ben  distinguere  fra  le  osser- 
vazioni dell'  esperienza  i  racconti  vaghi  e  favolosi. 
,  Le  credenze  popolari  concernenti  V  Oceano  erano 
al  tempo  del  Colombo  speciose  e  senza  fine.  Sovente 
parlavasi  dell'  isola  delle  sette  città,  nella  quale, 
secondo  un'antica  leggenda,  molti  abitanti  de'  luoghi 
di  Spagna  e  di  Portogallo  invasi  dai  Mori,  a  fuggire 
la  schiavitù,  eransi  rifuggiti  co'  proprj  vescovi  in 
numero  di  sette.  Imbarcatisi  alla  ventura  su  parecchi 
navigli,  dopo  di  aver  errato  di  qua  e  di  là  per  qual- 
che tempo  e  non  senza  angoscie  finalmente  s'  avven- 
nero nella  detta  isola  in  mezzo  all'  oceano;  dove 
discesi,  i  sette  vescovi  fecero  distruggere  i  vascelli 
per  togliere  a  chicchessiasi  il  ritorno  e  fondarono  le 
città  ricordate. 

Parimente  si  raccontava  che  alcuni  piloti  porto- 
ghesi, avessero  ripetutamente  toccato  terra  in  que'  lon- 
tani lidi  ;  ma  nessuno  d'  essi  aver  fatto  più  ritorno  : 
ancora  dicevasi  che  al  tempo  in  cui  il  principe  Enrico 
si  faceva  gloria  di  favorire  le  ricerche  per  mare,  un 
bel  dì  gli  si  presentarono  parecchi  naviganti,  affer- 
mando di  arrivare  da  un  penoso  viaggio  in  cui  in 
effetto  avevano  incontrato  1'  isola  delle  sette  città  e 
discesivi,  trovarono  che  i  suoi  abitanti  parlavano  la 
stessa  loro  lingua,  dai  quali  vennero  menati  subito 
ad  una  chiesa,  per  assicurarli  che  in  verità  eran  cat- 


CAPITOLO  SECONDO.  19 

tolici  com'  essi;  e  per  questo  incontro  con  gente  della 
stessa  religione,  essersi  i  medesimi  mostrati  straor- 
dinariamente commossi  :  più  aver  chiesto  loro  con 
vivo  interesse  se  Spagna  e  Portogallo  rimanessero 
ancora  soggette  a'  Mori.  Aggiunsero  poi  che  mentre 
una  parte  del  loro  equipaggio  visitava  la  chiesa,  gli 
altri,  nel  raccogliere  della  sabbia  per  uso  di  zavorra, 
s'  accorsero  stupefatti  che  essa  per  un  terzo  era  pol- 
vere d'  oro.  GÌ'  isolani  avrebbero  voluto  che  i  due 
navigli  dei  capitani  si  fermassero  ancora  per  qualche 
giorno,  fino  al  ritorno  del  loro  governatore  che  era 
assente;  ma  temendo  che  potessero  rattenerli,  salpa- 
rono con  le  vele  a'  venti. 

Con  questa  favola  quegli  avventurieri  provarono 
ad  ottenere  dal  principe  del  Portogallo  una  larga 
ricompensa;  ma  egli  rispose  che  facessero  ritorno 
air  isola  per  riportarne  più  determinati  particolari. 
Temendo  essi  che  1'  impostura  venisse  scoperta, 
scomparvero  né  più  si  udì  parlar  di  loro. 

Ma  non  erano  soltanto  queste  invenzioni  fantasti- 
che che  in  tal  tempo  agitavano  gli  spiriti  e  ne  mo- 
stravano le  preocupazioni  ;  v'  erano  eziandio  dati 
d'  importanza  conosciuti  dal  Colombo,  i  quali  non 
diremo  influissero  su  lui  quanto  da  alcuni  si  è  giudi- 
cato, ma  che  certo  contribuirono  al  prodigioso  divisa- 
mento  che  egli  veniva  maturando  in  se  stesso.  Pietro 
Correa,  suo  cognato,  aveva  incontrato  nel  mare  un 
pezzo  di  legno  lavorato  assai  bene,  che  il  vento 
d'  Ovest  spingeva  verso  1'  Europa;  e  i  forti  venti  che 
spiravano  da  questo  lato,  avevano  menato  alberi 
sconosciuti  alle  spiagge  delle  Azzore.  Marinai  porto- 
ghesi eransi  avvenuti  al  largo  in  grandi  navigli  di 
strana  forma,   montati  da  uomini   di  altra  schiatta 


20  CRISTOFORO  COLOMBO. 

della  nostra,  e  in  conseguenza  d'  una  tempesta,  due 
cadaveri,  che  non  avevano  punta  somiglianza  con  gli 
Europei,  erano  stati  gettati  sulle  coste  dell'  isola 
de'  Fiori;  finalmente  altri  particolari  aveva  ricevuto 
Colombo  da  due  ufficiali  portoghesi,  Martino  Vin- 
cente e  Antonio  Leme,  tornati  anch'  essi  da  famose 
ricerche.  Il  primo,  navigando  verso  1'  Ovest,  ritrasse 
dall'  onde  un  legno  artisticamente  scolpito,  che  accen- 
nava di  venire  dall'  opposta  sponda  del  mare;  il  se- 
condo dal  lato  d'  occidente,  aveva  potuto  scorgere  a 
grandissima  distanza  delle  coste  d'  Europa,  le  punte  di 
tre  isole. 

A  tutte  queste  osservazioni  altrui  il  Colombo 
poteva  aggiungere  le  proprie.  Poco  dopo  il  suo  spo- 
salizio imbarcavasi  con  Donna  Filippa  per  1'  isola  di 
Porto  Santo,  dove  ella  possedeva  qualche  beni  pa- 
terni, e  quivi  ne'  parecchi  mesi  che  vi  restò  ebbe  il 
suo  primogenito,  a  cui  pose  nome  Diego.  Apresso 
visitò  Madera,  le  Azzore,  e  costeggiò  la  Guinea,  nulla 
lasciando  di  quello  che  poteva  accrescere  le  sue  cono- 
scenze, e  contribuire  al  suo  perfezionamento  di  pilo- 
to, per  tal  modo  arricchendo  ogni  dì  più  la  sua  men- 
te, e  con  lo  studio  e  la  meditazione  secondando  le 
notizie  acquistate. 

L'  anno  1474  si  risolvè  ad  un  viaggio  di  scoperta 
verso  r  Ovest;  progetto  di  cui  già  aveva  fatto  parola 
al  medico  fiorentino  Toscanelli  che  ne  rimase  in- 
cantato. 

Poi  nel  1476,  fece  ritorno  a  Genova,  deciso  a  ten- 
tare ogni  mezzo  possibile  per  effettuare  il  suo  dise- 
gno. Gli  parve  naturai  cosa  e  doverosa  indirizzarsi 
anzi  tutto  alla  sua  patria  e  giovarsi  dell'  opera 
de'  suoi  concittadini  in  cose  di  mare  sperimentatis- 


CAPITOLO  SECONDO.  21 

simi  affinchè,  se  fosse  riuscito,  ne  risaltasse  la  potenza 
e  la  gloria  per  cui  era  già  tanto  famosa.  E  domanda 
al  Senato  che  gli  venissero  forniti  alquanti  piccoli 
navigli,  obbligandosi  a  partire  verso  1'  Ovest,  navi- 
gando finché  non  avesse  incontrate  le  terre  dove 
nascevano  le  spezie. 

Ma  la  gran  città  Ligure  non  era  ancora  entrata 
nel  cammino  delle  scoperte;  e  i  risultati  assai  dubbj 
d'  una  spedizione  in  cui  le  spese  sarebbero  certe  e 
probabili  i  danni,  non  mossero  punto  quell'  assem- 
blea, anzi  gente  di  pratica  più  che  di  scientifica  specu- 
lazione, ebbero  il  loro  concittadino  in  conto  di  sogna- 
tore. Oltre  che  la  Repubblica  in  que'  momenti  tro- 
vavasi  esausta  per  le  spese  di  armamenti  che  le  biso- 
gnavano; ed  anche  contribuì  al  rifiuto  il  ricordare 
che  due  celebri  uomini  di  mare,  di  due  delle  sue  più 
illustri  famiglie,  Doria  e  Vivaldi,  ducent'  anni  prima 
avevano  fatto  la  stessa  proposta,  e  partiti  non  erano 
mai  più  tornati  da  quel  loro  folle  e  temerario 
viaggio. 

Queste  cose  si  dissero  in  Senato  per  mostrare  la 
poca  o  nissuna  fede  che  si  aveva  a  quello  che  tene- 
vano per  un  sogno  di  lui  e  a  umiliarlo  maggiormente 
si  trasse  dagli  archivj  il  racconto  della  suddetta  spedi- 
zione del  Doria  e  del  Vivaldi,  finita  sì  miseramente 
senza  alcun  successo. 

Allora  il  Colombo  se  ne  partì  per  Venezia.  Ma  la 
regina  dell'  Adriatico,  rivale  di  Genova  in  potenza  e 
in  ricchezze,  non  ne  accolse  meglio  le  proposte  : 
perocché  raccoltosi  il  Consiglio  terminava  con  un 
rifiuto. 


SOMMARIO. 


Cristoforo  Colombo  pazientando  visita  i  mari  polari  e  l' Islan- 
da. Ritornato  a  Lisbona  perde  la  sua  sposa,  Donna  Filippa. 
—  Giovanni  II,  re  del  Portogallo.  Il  Colombo  ne  ottiene 
un'  udienza,  e  gli  espone  il  suo  divisamento.  Il  re  a  poco  a 
poco  vi  s'  interessa  e  mostrasi  disposto  a  secondarlo.  —  Il 
Colombo  propone  condizioni  che  Giovanni  tiene  per  inac- 
cettabili. Sante  ragioni  che  giustificano  le  esigenze  di  Co- 
lombo. —  Disleale  e  perfida  condotta  di  Giovanni.  Fa  chie- 
dere a  Colombo  la  nota  delle  sue  osservazioni  e  divisa- 
menti,  e  le  confida  ad  un  capitano  di  caravella  con  ordine  di 
compiere  1'  intrapresa.  Cattivi  successi  di  questa  malvagia 
azione.  —  Il  Colombo,  sdegnato  di  tanta  viltà,  si  rifiuta  a 
più  trattare  col  re;  lascia  Lisbona  e  fa  ritorno  a  Genova. 


IFIUTATO  da  Genova  e  da  Venezia  il 
Colombo  rimise  a  tempo  più  propizio 
r  effettuazione  della  sua  proposta,  confi- 
dato nella  Provvidenza  divina  e  armato 
di  nobile  pazienza;  e  frattanto  continuò  ne'  suoi 
viaggi  finché  arrivasse  V  ora  della  grand'  opera  che 
divisava.  Adunque  negli  anni  1476  e  1477,  avanza- 
tosi ne'  mari  polari,  visitò  1'  Islanda,  e  ne  fece  ritor- 
no molto  affranto  dalle  fatiche,  ma  sempre  più  entu- 
siasmato del  pensiero  che  nutriva,  e  che  fu  la  domi- 
nante sua  passione,  e  lo  scopo  di  quanto  fece,  insom- 
ma di  tutta  la  sua  vita. 

Addivenuto  di  esperienza  consumata  nella  diffi- 
cile arte  del  navigare,  il  Colombo  riprese  le  sue 
abitudini  usate,   copiando  libri  e  costruendo  sfere. 


CAPITOLO  TERZO.  23 


Allora  Dio  gli  mandò  una  delle  più  dure  prove  della 
travagliata  sua  vita.  Nella  morte  della  nobile  e  diletta 
sua  Filippa  rimase  vedovo,  senza  persona  che  par- 
tecipasse alle  sue  speranze,  e  che  lo  confortasse  nelle 
sofferenze  colle  quali  Dio  ne  sperimenterebbe  la 
virtù. 

Alfonso  V,  re  del  Portogallo,  moriva,  succedendo- 
gli Giovanni  II,  che  si  mostrò  propenso  a'  naviga- 
tori e  a  favorirli  nelle  loro  imprese.  Ripigliate  le  tradi- 
zioni da  lungo  tempo  interrotte  del  suo  grande  zio 
Don  Enrico,  si  fece  familiari  uomini  periti  di  mare, 
come  Diego  Cano  e  Pietro  e  Bartolomeo  Diaz,  desi- 
deroso di  portare  a  fine  i  divisamenti  da  quello  ini- 
ziati, inviando  i  suoi  vascelli  fino  a'  mari  delle  Indie, 
lungo  le  coste  africane;  per  lo  che  facilmente  concesse 
udienza  al  Colombo  da  lui  conosciuto  in  corte  men- 
tre viveva  re  Alfonso,  e  di  cui  non  ignorava  la 
stretta  parentela  coi  due  governatori  di  Porto  Santo, 
Monis  di  Perestrello  e  Pietro  Correa. 

Introdotto  alla  presenza  del  re,  il  Colombo  gli 
espose  con  semplicità  e  brevità  il  suo  progetto  lun- 
gamente studiato,  mostrandosi  sicuro  di  quanto  asse- 
riva. Offrivasi,  se  gli  concedesse  i  navigli  de'  quali 
abbisognava,  di  condurli  per  V  Ovest  fino  all'  Orien- 
te, e  aprire  così  comunicazioni  tra  il  Portogallo  e 
le  ricche  contrade  che  il  Gran  Khan  dell'  Asia  tene- 
va a  sé  soggette. 

Il  progetto  del  Colombo  rovesciava  tutte  le  idee 
allora  ammesse  in  cosmografia.  Parecchi  uomini  di 
scienza  si  facevano  forti  di  quel  versetto  del  Salmo  : 
Extendens  ccBlu7n  sicut  pellem,  "  distende  i  cieli  a 
mo'  di  pelle  "  ad  affermare  la  rotondità  della  terra. 
Altri  credevano  la  terra  piana  e  lunga;  altri  di  forma 


24  CRISTOFORO  COLOMBO. 

quadrata;  chi  diceva  che  all'  Ovest  trovavasi  il 
mare  tenebroso,  un  abisso  spaventevole,  che  occu- 
pava la  metà  del  mondo;  e  chi  avrebbe  volentieri 
ammesso  la  rotondità  della  terra;  ma  negando  la  pos- 
sibilità di  un  ritorno,  se  un  naviglio  fosse  giunto  agli 
antipodi.  Ma  che  parliamo  noi  di  antipodi?  Di  questi 
negavasi  1*  esistenza. 

Don  Giovanni  che  sulle  prime  non  istava  gran 
fatto  per  le  vedute  del  Colombo,  poi  cominciò  a 
mostrarglisi  favorevole;  perchè  a  mano  a  mano  che 
r  udiva  interrogandolo,  vedeva  in  qualche  modo  la 
possibilità  di  quanto  affermava.  Gliene  pareva  au- 
dace la  proposta,  ma  lo  incantava  con  la  sua  gran- 
dezza; per  cui  si  determinò  a  tentarla  per  assicurare 
al  suo  regno  una  gloria  ben  più  invidiabile  di  quella 
de'  conquistatori. 

Ma  prima  di  dare  F  ordinazione  definitiva,  volle 
sapere  dal  Colombo  stesso  quale  compenso  esige- 
rebbe, se  riuscisse.  Questi  espose  le  sue  condizioni 
che  parvero  inaccettabili.  Qualche  scrittori  Porto- 
ghesi affermano  che  Don  Giovanni  prima  di  abban- 
donare r  idea  del  Colombo,  consultasse  alcune  per- 
sone di  merito,  alle  quali  espose  le  ragioni  che  lo 
facevano  esitare.  Esse  sarebbero  state  il  vescovo  di 
Ceuta,  Ortiz  di  Calsadiglia,  e  due  suoi  medici,  Don 
Roderigo  e  Giuseppe,  i  più  valenti  astronomi  e 
dotti  cosmografi  del  Portogallo,  alle  ricerche  dei 
quali  coadiuvate  dal  celebre  Martino  Behain  di 
Norimberga  si  deve  1'  applicazione  dell'  astrolabio 
alla  nautica;  ed  esaminato  che  ebbero  in  commis- 
sione il  progetto  del  Colombo,  sarebbero  stati  d'  av- 
viso che  non  se  n'  avesse  a  tener  conto. 

Pare  però  che  il  re  vedesse  più  giusto  di  quelli  che 


CAPITOLO  TERZO.  25 

aveva  chiamati  a  consiglio;  per  lo  che  immediata- 
mente avrebbe  concesso  al  Genovese  i  navigli  ed  i 
soccorsi  necessarj,  se  questi  nobilmente  fermo  nelle 
sue  esigenze  non  ne  avesse  richiesta  una  ricompensa 
che  pareva  esorbitante. 

Chiedeva  il  Colombo  di  venir  nominato  Viceré, 
governatore  generale  di  tutte  le  terre  che  discoprirebbe 
e  grande  Ammiraglio  dell'  Oceano  ;  dignità  che  do- 
vrebbero passare  a'  suoi  discendenti;  più  il  decimo 
dell'  oro,  dell'  argento,  de'  diamanti  e  delle  perle  che 
si  troverebbero  nei  paesi  da  lui  governati;  e  pari- 
mente la  decima  di  tutto  quello  che  il  suolo  produ- 
cesse, spezie,  piante,  frutti  e  profumi. 

Non  considerando  più  che  tanto,  si  è  tentati  a 
qualificare  tali  pretese  d' insensatezza,  massimamente 
se  si  rifletta  che  eran  presentate  da  un  uomo  affatto 
povero  e  senza  apparenze  di  sorta,  fuor  quella  che  gli 
veniva  dall'  essersi  imparentato  con  un  Portoghese, 
e  che  non  aveva  fiducia  altro  che  in  sé  stesso.  E 
nondimeno  il  Colombo  proprio  nel  momento  di  ve- 
dere effettuato  il  sogno  che  da  sì  lungo  tempo  lo 
travagliava,  non  cedette,  checché  ne  potesse  avve- 
nire. 

Invano  re  Giovanni  tenta  di  piegarlo  a  patti  men 
gravi.  Il  Colombo  rifiuta  titoli,  onori,  entrate  e  pri- 
vilegj,  ogni  cosa,  se  non  gli  venga  concesso  quanto 
chiede.  Tratti  pure  con  un  re,  egli  costretto  a  vivere 
del  mestiere  di  copista  e  venditore  di  libri;  o  quanto 
chiede  o  il  suo  rifiuto  é  inesorabile.  Anzi  minaccia 
fieramente  di  ritirarsi,  menomati  che  siano  quelli  che 
reputa  suoi  diritti. 

Ma  a  che  mirava  egli  con  sì  gravi  condizioni, 
fermo  così  in  esse  da  mandare  a  monte  ogni  con- 


26  CRISTOFORO  COLOMBO. 

trattazione,  se  non  gli  siano  ammesse  ?  s' ingannerebbe 
chi  credesse  che  fosse  stato  1'  amore  di  ricchezze  o 
di  potere.  Egli  aspirava  ad  immensi  tesori  per  il 
riscatto  a  forza  d'  oro  del  Santo  Sepolcro  di  Cristo 
tenuto  da'  Musulmani;  e  se  l'oro  non  fosse  bastato, 
allora  egli  avrebbe  raccolto  un  esercito  di  cinquecen- 
tomila uomini,  e  a  capo  di  esso,  novello  eroe  della 
croce,  r  avrebbe  conquistato  armata  mano.  Fu 
questo  il  secreto  delle  sue  esigenze,  ne  volle  cedere 
il  minimo  de'  privilegj  straordinarj  che  chiedeva, 
perchè  egli  stesso  avrebbe  contribuito  a  far  dileguare 
le  sue  più  care  speranze. 

Scoprire  un  mondo  ed  assoggettarlo  al  regno  di 
Cristo,  era  questo  il  suo  divisamento  magnanimo; 
poi  riscattarne  la  sacra  tomba,  e  costituirsene  guar- 
diano e  custode  era  il  suggello  che  aspirava  di  met- 
tere alla  sua  missione! 

Ma  egli  aveva  tenuto  in  sé  il  segreto;  e  re  Gio- 
vanni, benché  credutosi  offeso  da  tanta  fortezza  di 
carattere,  che  tuttavia  non  poteva  non  ammirare, 
pur  non  intendendo  donde  procedesse,  non  senza 
pena  sentiva  sfuggirsi  un  progetto  che  grandemente 
lo  rapiva;  così  che  se  il  Colombo  avesse  diminuite 
le  sue  esigenze,  senz'  altro  gli  avrebbe  fornito 
uomini,  oro  e  navigli  per  effettuarlo.  Ma  questi  si 
tenne  inflessibile,  aspettando  che  la  corte  cedesse, 
mentre  essa  credeva  che  con  un  po'  di  tempo  acca- 
derebbe  il  contrario. 

Uno  de'  consiglieri  del  re  gli  suggerì  la  maniera 
di  ottenere  la  scoperta  senza  cedere  parte  alcuna 
delle  sue  prerogative  al  Colombo;  cioè  comunicare 
a  qualche  buon  piloto  i  disegni  e  le  note  del  Colom- 
bo, e  inviarlo  alle  terre  che  questi  presentiva.  Ne 


CAPITOLO  TERZO.  27 

riscuoterebbe  lo  stesso  onore  se  V  impresa  riuscisse, 
ne  si  umilierebbe  a  condizioni  con  un  avventuriere 
straniero,  che  i  cortigiani  trovavano  offensive  alla 
dignità  regia. 

Era  la  più  grande  infamia  che  potesse  commet- 
tersi, rubare  a  chi  1'  aveva  concepito  e  maturato,  un 
progetto  di  tanta  grandezza  ed  importanza.  E  nondi- 
meno re  Giovanni  vi  consentiva! 

Di  fatti  veniva  richiesto  al  Colombo,  che  deposi- 
tasse in  Corte  tutti  i  particolari  concernenti  V  esecu- 
zione della  sua  impresa  :  il  che  egli  fece  prontamente 
non  arrivando  a  sospettare  che  si  tramasse  così  ne- 
ramente contro  di  lui,  e  che  un  re  potesse  farsene 
complice;  anzi  pensò  che  meglio  esaminata  in  Corte 
la  pratica,  gli  volessero  concedere  gli  aiuti  sì  lunga- 
mente aspettati. 

Invece  re  Giovanni,  sotto  pretesto  di  soccorrere 
di  viveri  le  colonie  di  Capo  Verde,  spediva  immedia- 
tamente una  caravella  comandata  da  abile  capitano, 
col  secreto  incarico  di  seguire  alla  lettera  le  indica- 
zioni del  Colombo.  Dio  non  poteva  favorire  tanta 
iniquità!  Dopo  qualche  giorni  di  cammino  1'  equipag- 
gio della  caravella  si  ribellava,  un'  orribile  tempesta 
mise  tutti  in  terrore,  per  lo  che  rivolsero  la  prua 
a  Lisbona  dove  arrivati  misero  più  che  mai  in  deri- 
sione i  progetti  del  Ligure,  navigatore. 

Questa  condotta  del  Monarca  lo  trafisse  fiera- 
mente, ed  ulcerato  nell'  anima  deliberò  di  rimpa- 
triare. Saputo  che  il  re  voleva  ripigliare  con  lui  le  rotte 
trattative,  giurò  che  non  s'  impaccierebbe  più  mai 
con  un  principe  così  sleale,  e  messo  insieme  il  poco 
di  sua  proprietà,  col  figliuolo  Diego  fece  vela  per 
Genova. 


28 


CRISTOFORO  COLOMBO. 


Ma  anche  questa  rifiuterebbe  novellamente  le  sue 
reiterate  proposte,  senza  ombra  di  speranze;  1'  unica 
consolazione  che  vi  trovò  fu  quella  di  rivedere  il  vec- 
chio suo  padre  e  riceverne  la  sua  benedizione.  Non 
sappiamo  se  con  quella  chiaroveggenza  che  talvolta 
si  manifesta  in  chi  si  avvicina  alla  tomba,  V  umile 
tessitore  di  lana  intravedesse  F  avvenire  che  Dio 
riservava  al  suo  figliuolo,  dopo  tante  prove  dolorose! 


SOMMARIO. 


Respinto  nuovamente  dalla  sua  patria,  il  Colombo  si  risolve 
di  offrire  i  proprj  servizi  alla  Spagna.  Isabella  la  Cattolica, 
regina  di  Castiglia,  e  Ferdinando,  re  d'  Aragona.  —  Il  Con- 
vento di  Santa  Maria  della  Rabida.  Accoglienza  che  v'  ebbe 
il  Colombo.  Il  Padre  Guardiano,  Giovanni  Perez,  ed  il  Padre 
Antonio  di  Marchena.  —  Giovanni  Perez  lo  raccomanda  alla 
Corte.  —  Ferdinando  di  Talavera.  —  Il  Colombo  passa  a  se- 
conde nozze  in  Cordova.  —  Antonio  ed  Alessandro  Geraldini. 
Il  gran  Cardinale  di  Spagna,  Gonzalez  di  Mendoza.  Il  Co- 
lombo ottiene  udienza  dai  re.  —  L'  assemblea  di  Salamanca, 
alla  quale  espone  i  suoi  divisamenti,  non  si  nnostra  punto 
convinta  che  possan  attuarsi,  e  li  rigetta.  —  Ciononostante 
viene  ripetutamente  chiamato  alla  Corte.  Novelle  speranze 
e  novelli  disinganni.  Si  risolve  ad  abbandonare  la  Spagna. 


'ii^'^fF^ 


|L  ritorno  del  Colombo  dal  Portogallo  a 
r^  Genova  avvenne  nel  1484.  Quivi  dimorato 
>  qualche  mesi  e  convinto  che  qualunque 
^  altra  pratica  riuscirebbe  inutile  presso  la 
Repubblica  rifinita  di  forze,  non  disperò  di  effettuare 
la  sua  impresa,  con  la  sublime  confidenza  che  non 
r  ebbe  mai  abbandonato;  e  si  determinò  a  partire  per 
la  Spagna.  Teneva  allora  questa  nazione  uno  de' 
primi  posti  tra  regni  cristiani.  Il  matrimonio  di 
Ferdinando  d'  Aragona  con  Isabella  di  Castiglia, 
ambedue  gloriosamente  regnanti,  dava  alla  Spagna 
una  forza  e  potenza  di  cui  fino  allora  non  s'  era 
veduta  1'  uguale.  Oltre  che  per  la  lotta  da  essa  soste- 
nuta contro  i  Mori,  vi  continuavano   le  vere   tradì- 


30  CRISTOFORO  COLOMBO. 

zioni  della  cavallerìa  cristiana.  Cristoforo  Colombo 
aveva  lasciato  la  patria  povero  e  come  sconosciuto; 
ma  sperava  in  un  soccorso  più  che  umano,  che  non  fa 
mai  difetto  a  chi  crede  vivamente. 

Toccava  egli  i  cinquant'  anni,  passati  nel  lavoro, 
in  isperimenti,  nella  meditazione  e  nella  preghiera; 
né  per  aver  raggiunto  tale  età,  si  scoraggiava.  Come 
il  gigante  San  Cristoforo,  suo  patrono,  portava  an- 
ch' egli  un  mondo,  né  cadeva  d'  animo,  né  le  fatiche 
sostenute  avevano  scossa  V  invitta  sua  speranza. 

Ma  dove  approdò  egli  toccando  la  Spagna?  In 
quale  porto,  su  quale  parte  di  spiaggia  ?  Noi  sappiamo, 
il  certo  è  che  Dio  1'  accompagnava. 

A  qualche  distanza  dalla  città  di  Palos  vedesi  un 
promontorio  già  tutto  verdeggiante,  di  mezzo  ai  cui 
arbusti  sorgeva  un  solitario  Convento  di  Francescani 
dell'  Osservanza,  fatto  per  attendervi  alla  contempla- 
zione, dinanzi  1'  immensità  dell'  Oceano  che  si  perde 
in  una  lontananza  senza  confini;  e  chiamavasi  Santa 
Maria  della  Rabida,  titolo  della  Vergine  Madre,  a 
cui  é  dedicato. 

Il  Guardiano  che  lo  reggeva  nel  1485  aveva  nome 
Giovanni  Perez,  religioso  di  esemplare  pietà  e  umiltà 
come  ad  un  fervente  discepolo  del  Patriarca  Serafico 
si  addiceva;  ma  la  cui  fama,  per  essere  appunto 
Religioso  di  soda  e  verace  virtù,  s'  era  così  diffusa, 
che  la  regina  Isabella  1'  aveva  più  volte  richiesto  di 
consigli  :  e  V  avrebbe  voluto  a  confessore.  Se  non  che 
egli  amava  passionatamente  il  suo  Convento,  e  ne 
anteponeva  la  vita  silenziosa  e  penitente  alla  rumo- 
rosa e  seducente  delle  Corti.  Vi  era  ancora  un  dotto 
Cosmografo,  il  Padre  Antonio  di  Marchena,  la  cui 
dottrina  era  pari  alla  umiltà  :  per  lo  che  sulla  più 


CAPITOLO  QUARTO. 


31 


...  un  dì  si  presenta  picchiando  alla  porta  del  Convento 
della  Rabida  uno  straniero  poveramente  vestito  :  e  pre- 
gava pane  al  giovinetto  figliuolo  che  aveva  seco.  (pag.  32.) 

alta  vetta  del  promontorio  che  dominava  V  Oceano, 
aveva  fatto  costruire  una  specula,  da  cui  nelle  notti 


32  CRISTOFORO  COLOMBO. 

Stellate  dilettavasi,  dopo  lo  studio  e  la  preghiera, 
ammirare  nelF  armonico  e  mirabile  loro  corso  gli  astri 
e  interrogarli  dei  periodici  loro  giri,  benedicendo  e 
lodando  Iddio  dinanzi  a  sì  splendido  spettacolo  della 
creazione! 

Or  ecco  che  un  dì  si  presenta  picchiando  alla 
porta  del  Convento  uno  straniero  poveramente 
vestito  :  aveva  errata  la  strada  e  pregava  per  un 
tozzo  di  pane  al  figliuoletto  che  aveva  seco.  Mentre 
il  fratello  portiere  gli  faceva  la  carità,  s'  incontrò 
a  vederlo  il  Guardiano,  che  avvicinatosi,  gli  doman- 
dò affettuosamente  chi  egli  fosse  e  donde  venisse. 
Rispose  che  si  chiamava  Cristoforo  Colombo,  e 
veniva  d'  Italia,  in  via  per  la  Corte  spagnola,  dove 
aveva  da  fare  un'  importante  communicazione  a  que' 
sovrani.  Il  Perez  senz'  altro  1*  invitò  ad  entrare,  ed 
egli  accettò  1'  ospitalità  con  riconoscenza. 

Senza  dubbio  Dio  aveva  preparato  il  cuore  di 
questo  umile  figlio  di  San  Francesco  a  riceverlo, 
come  aveva  menato  il  Colombo  alla  porta  del  Con- 
vento, dove  avrebbe  trovato  anime  capaci  d'  inten- 
derlo, e  disposte  a  confortarlo  e  soccorrerlo,  anime 
insomma  degne  di  lui. 

Di  fatti,  non  appena  egli  entrò  con  loro  in  discorso, 
il  Perez  col  Padre  Antonio  V  ebbero  pienamente 
compreso,  e  da  quel  momento  si  strinse  fra  essi  un 
affetto,  che  non  verrebbe  spezzato  neanche  dalla 
morte,  perchè  non  è  possibile  nominar  il  Colombo 
che  non  si  pensi  agli  illustri  Francescani,  che  gli 
si  addimostrarono  padri  e  fratelli,  ospitandolo,  consi- 
gliandolo e  porgendogli  potente  aiuto. 

Il  Colombo,  passati  alquanti  mesi  con  quegli 
illustri  uomini  e  suoi  compagni  della  Rabida,  partì 


CAPITOLO  QUARTO.  33 

per  la  Corte;  avendogli  quelli  fornito  una  sufficiente 
somma  di  danaro  per  il  suo  viaggio,  con  una  lettera 
di  calda  raccomandazione  al  Priore  di  Prado,  confessore 
della  Regina;  e  frattanto  ne  ritenne  il  giovine  figliuolo 
Diego,  incaricandosi  dell'  educazione,  che  non  poteva 
continuare  sotto  il  governo  e  V  autorità  del  genitore. 

Arrivò  Cristoforo  a  Cordova,  dove  allora  risiedeva 
la  Corte  di  Castiglia  1'  anno  i486,  quando  Isabella  e 
Ferdinando  erano  tutti  occupati  nella  conquista  del 
regno  di  Granata.  Ma  le  speranze  che  lo  avevano 
rianimato,  e  che,  mediante  V  amicizia  del  Padre  Perez, 
si  erano  ravvivate,  non  tardarono  a  dileguarsi.  L'  ac- 
coglimento fattogli  dal  confessore  della  Regina  fu  ben 
altro  da  quello  che  si  aspettava.  Ferdinando  di  Tala- 
vera.  Priore  di  Nostra  Donna  del  Prado  in  Vallado- 
lid,  era  senza  dubbio  uomo  d'  ingegno,  di  sapere  e  di 
virtù;  ma  si  guardò  bene  di  parlare  al  re  dell'  uomo 
raccomandatogli;  perocché  credeva  sogni  e  nulla 
più  gli  ardimentosi  concetti,  co'  quali  aveva  saputo 
sedurre  1'  immaginazione  di  solitari  Frati  :  la 
ragione  è  che  il  Talavera,  uomo  di  lettere  e  di  erudi- 
zione, non  erasi  mai  occupato  di  scienze  naturali,  e 
giudicava  leggermente  di  cose,  per  le  quali  non 
aveva  sufficienti  preparazioni. 

Il  Colombo  si  rassegnò  ad  aspettare,  e  la  Provvi- 
denza gli  inviava  nelle  sue  sofferenze  una  consola- 
zione. Una  giovine  donna  della  nobile  famiglia  Cor- 
dovese  degli  Arafia,  Beatrice  Enriquez,  sentì  pietà  di 
lui  e  volle  alleggerirgli  il  peso  della  vita,  sposandolo 
verso  la  fine  del  i486;  perchè  sebbene  non  posse- 
desse tutte  le  avite  ricchezze,  aveva  quanto  bastava 
per  restituirlo  a  sé  stesso.  Certo,  in  quest'  unione  é 
da  vedere  la  mano  della  Provvidenza  divina,  che  in 


34  CRISTOFORO  COLOMBO. 

tal  modo  rendeva  fermo  il  soggiorno  del  Colombo 
nelle  Spagne. 

Foco  dipoi  di  questo  avvenimento  egli  fu  presen- 
tato ad  un  prelato  di  assai  merito,  Antonio  Geraldini, 
in  quel  tempo  nunzio  del  Papa  a  quella  Corte,  ed 
il  cui  fratello,  Alessandro,  teneva  ufficio  di  aio  a' 
figliuoli  di  Ferdinando  e  di  Isabella.  Tutti  e  due  si 
entusiasmarono  per  i  progetti  del  grand'  uomo  e  per 
la  nobiltà  del  suo  carattere,  e  a  loro  mezzo  venne 
ammesso  presso  di  Pietro  Gonzalez  di  Mendoza, 
arcivescovo  di  Toledo  e  gran  Cardinale,  la  cui 
influenza  sopra  i  Monarchi  era  tanta,  da  esser  chia- 
mato il  re  di  Spagna. 

Questi,  uso  coni'  era  agli  affari  e  conoscitore  degli 
uomini,  con  una  vasta  intelligenza  capace  d'  inten- 
dere la  vera  grandezza,  anziché  lasciarsi  vincere  da 
pregiudizi,  com'  era  avvenuto  al  Talavera,  intese  di 
quale  importanza  poteva  essere  per  la  Spagna  il 
progetto  maturato  dal  Colombo  e  promise  di  par- 
larne a'  Monarchi,  come  fece;  per  cui  il  povero  stra- 
niero potè  finalmente  conseguir  1'  udienza  sì  lunga- 
mente aspettata  con  eroica  rassegnazione. 

Presentossi  egli  dunque  così  senza  albagia  come 
senza  esitanze.  L'  aureola  del  potente  suo  intelletto 
lo  rendeva  non  minore  di  loro.  Modestamente  per- 
tanto e  rispettosamente,  ma  con  una  dignità  che  gli 
accattava  rispetto  si  aprì  alla  loro  presenza;  e  a 
mano  a  mano  che  esponeva  i  suoi  pensieri,  la  sua 
parola  prese  una  forza  di  eloquenza  che  rapidamente 
s'  insinuava  e  commoveva.  Toccati  in  breve  i  tempo- 
rali vantaggi  a'  quali  menerebbe  la  sua  scoperta, 
insistè  specialmente  sulla  gloria  che  ne  verrebbe  per 
il    dilatanìento    del    regno    di    Cristo.    La    Spagna 


CAPITOLO  QUARTO.  35 

avrebbe  il  vanto  di  togliere  dalla  schiavitù  degli  infe- 
deli r  antico  mondo  e  ridurre  al  mite  giogo  di  Cristo 
il  novello,  tuttavia  barbaro  e  selvaggio.  In  quanto  alla 
parte  a  lui  destinata  disse  non  essere  altro  che  quella 
di  un  luogotenente  di  Dio,  un  istrumento  nelle  sue 
mani,  un  ambasciatore  per  far  conoscere  a  novelle 
genti  i  disegni  divini. 

Il  re  d'  Aragona  era  troppo  perspicace  per  non 
sentire  la  superiorità  dell'  uomo  che  gli  parlava,  e 
non  intendere  che  i  disegni  esposti  posavano  sopra 
dati  scientifici  lungamente  e  dottamente  meditati. 
Anche  la  sua  ambizione  n'  era  eccitata,  e  vagheg- 
giava la  possibilità  di  scoprire  qualche  terra  lontana, 
che  fosse  più  ricca  ed  importante  di  quelle  che 
avevano  creata  tanta  gloria  ai  Portoghesi.  Con  tutto 
ciò  si  tenne  freddo  e  riservato.  Volle  che  fossero 
accuratamente  esaminate  le  ragioni  sopra  le  quali  il 
Colombo  si  basava,  ed  incaricò  il  Talavera  che  a 
questo  fine  radunasse  un'  assemblea  de'  più  riputati 
astronomi  e  cosmografi  del  regno;  dinanzi  a'  quali  il 
Colombo  esporrebbe  le  teorie  proprie,  e  farebbe  co- 
noscere i  mezzi  per  attuarle.  Poi  agirebbe  secondo  il 
giudizio  del  Talavera  che  presiederebbe  1'  assemblea. 

Specialissima  considerazione  gli  addimostrò  la 
regina  Isabella,  eh'  era  rimasta  profondamente  com- 
mossa; e  Dio  disponeva  di  servirsi  appunto  di  lei 
per  il  compimento  de'  suoi  disegni. 

L'  assemblea,  o  Giunta,  che  il  Priore  del  Prado 
ebbe  1'  ordine  di  convocare,  si  compose,  la  più  parte, 
di  teologi,  tutti  uomini  virtuosi  e  per  sapere  vene- 
randi, ma  poco  o  nulla  versati  nelle  scienze  naturali 
e  nello  studio  della  cosmografia  sino  allora  poco  con- 
siderata. Per  quanto  il  Priore  del  Prado  avesse  buona 


36  CRISTOFORO  COLOMBO. 

volontà  di  chiamare  a  queste  conferenze  uomini  da 
ciò,  assai  pochi  ne  aveva  allora  la  Spagna;  e  lo 
stesso  può  dirsi  dell'  Europa. 

Essi  si  radunarono  l' anno  i486  in  Salamanca  dove 
la  Corte  doveva  passare  l' inverno.  Il  Colombo  espose 
le  sue  idee  con  la  forza  ispiratrice  che  gli  veniva  dalla 
fede,  e  con  1'  eloquenza  che  aveva  naturale.  Fu  udito 
con  grande  gusto  e  stupore;  ma  non  riuscì  a  convincere 
un  solo  degli  adunati.  Perchè  comunque  avessero  ret- 
tissimo e  sincero  spirito  di  giustizia,  era  impossibile  che 
il  sistema  svolto  dal  Colombo  non  urtasse  nelle  idee 
allora  ammesse  e  tenute  come  verità  incontrastabili. 

Ma  non  si  affanni  per  ciò  la  scuola  dell'  incre- 
dulità a  tacciare  di  miserabili  ignoranti,  uomini  solo 
colpevoli  di  aver  vissuto  della  vita  del  proprio 
secolo.  Singolarissimo  privilegio  concesso  per  rara 
eccezione  ed  a  cui  non  manca  mai  il  contrasto,  è 
r  antivedere;  perchè  essendo  naturai  legge  che  le  ve- 
rità scientifiche  si  stabiliscano  progressivamente  nei 
tempi  designati  dalla  Provvidenza,  non  può  a  meno 
che  chi  per  singoiar  privilegio  antivede,  non  incontri 
opposizione  nel  suo  cammino.  Se  ciò  non  accadesse 
significherebbe  che  tutti  penserebbero  allo  stesso 
modo;  e  allora  non  si  avrebbero  i  casi  privilegiati. 
Quando  Dio  invia  un  uomo  per  promulgare  qualche 
grande  idea  incivilitrice  gli  dà  il  sentimento  della 
propria  missione;  e  tanto  gli  basta  per  isperare.  Né 
importa  che  non  sia  di  subito  inteso;  1'  idea  fa  il  suo 
cammino  con  lui,  e  lui  disperando,  essa  resta  perchè 
viene  da  Dio;  e  resta  anche  ad  essa  unito  il  nome  di 
chi  ne  fu  lo  strumento;  ricompensa  ne  ha  in  questa 
vita.  Uomini  e  cose  e  gli  ostacoli  stessi  servono  a 
Dio  per  il  compimento  dei  misteriosi  suoi  disegni. 


CAPITOLO  QUARTO. 


37 


Dicemmo  in  breve  quali  si  fossero  i   sistemi   in 
voga  a  que'  dì  sulla  configurazione  della  terra;  per  lo 

r,'"'  ':ì';]i.:!;!:i!":pi;i!1ì!'';'i;;IV  PK-ninnTin'i'ra  rii:ii:,iM^  ,i„,„ 


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Il  Colombo  espose  alla  Giunta  di  Salamanca  le  sue 
idee  con  la  forza  ispiratrice  che  gli  veniva  dalla  fede,  e 
con  r  eloquenza  che  aveva  naturale,  (pag.  36.) 

che  nissuna  meraviglia  che  commissarj  scelti  da  Fer- 
'nando    d'    Aragona    riguardassero   le    teorie   del 


38  CRISTOFORO  COLOMBO. 

Colombo,  come  innovazioni  pericolose,  e  che  nel  feb- 
braio del  1487,  la  Giunta  le  respingesse  all'  unani- 
mità. Chi  le  teneva  come  chimere,  e  chi,  tra'  meno 
avversi  al  Colombo,  le  dichiarava  impossibili  ad  effet- 
tuarsi. 

Ma  se  questo  giudizio  aggiunse  un  nuovo  ritardo 
a'  suoi  divisamenti,  quella  solenne  discussione  di 
Salamanca  gli  acquistò  certa  popolarità;  il  che  con- 
tribuì a  procurargli  a  poco  a  poco  degli  aderenti  e  a 
tener  ferma  la  pubblica  attenzione  sopra  quest'  uomo 
ardimentoso  nelle  sue  vedute,  ma  sempre  grande  e 
concentrato  in  sé  stesso  e  di  una  costanza  che  niun 
avvenimento  era  sufficiente  a  scuotere  e  menomare. 
Il  suo  parlare  schietto  e  senza  raggiri,  la  forza  del 
suo  ragionare,  la  vasta  erudizione  che  possedeva, 
congiunta  ad  una  profonda  conoscenza  delle  cose 
nautiche,  non  meno  che  la  nobile  fermezza  del  suo 
carattere  facevano  stupire  quanti  trattassero  con 
esso  lui. 

Sicché  le  conferenze  di  Salamanca  riuscirono 
a  suo  profitto,  rattennero  la  Corte  dal  fargli  ulterio- 
ri opposizioni,  e  gliela  mantennero  aperta.  Di  fatti 
il  re  lo  volle  ripetutamente  a  se,  e  benché  esitante 
per  le  spese  richieste  dalla  spedizione,  non  nascon- 
deva la  speranza  che  lo  agitava  di  addivenir  padrone 
di  terre  sconosciute,  dove  nasceva  V  oro  e  si  forma- 
vano i  diamanti. 

Parecchie  volte  fu  dipoi  ripreso  1'  esame  dei  pro- 
getti del  Colombo;  ma  la  Corte  trovandosi  sempre 
occupata  in  affari  di  grave  momento,  dovette  egli 
assoggettarsi  ad  altri  ritardi  con  la  solita  rassegna- 
zione„  Disse  un  celebre  scrittore,  che  il  genio  é  una 
prolungata  pazienza;  in  nessuno  si  é  tanto  verificata 


CAPITOLO  QUARTO.  39 

questa  sentenza  come  in  lui.  Aspettò  senza  lamenti, 
sostenuto  dalla  sua  fede  e  avvalorato  dalla  sua  pietà! 

Ad  uscire  da  queste  penose  aspettative  gli  sarebbe 
bastato  il  volerlo  :  perchè  il  re  di  Portogallo  pentito 
della  slealtà  con  cui  aveva  trattato  un  tant'  uomo  :  e 
più  che  altro  dolente  di  non  potere  trar  profitto  dalle 
scoperte  che  gli  aveva  proposte,  lo  fece  invitare  a 
patti  novelli;  ma  egli  fu  inflessibile  nel  rifiuto,  essen- 
done rimasto  offeso  con  troppa  viltà.  Gli  perdonava 
come  cristiano  e  di  animo  naturalmente  generoso; 
ma  comunque  stimolato,  stette  fermo  a  non  rispon- 
dere alle  novelle  proferte. 

La  sua  pazienza  ebbe  la  dura  prova  di  altri  quattro 
anni,  da  che  in  tutto  questo  tempo  i  Monarchi  spa- 
gnoli fossero  assorbiti  dalla  guerra  contro  i  Mori. 
L'assedio  di  Baza,  che  durò  lungamente,  lo  teneva  in 
grave  pensiero,  e  si  trattava  nientemeno  che  di  com- 
piere i  successi  ottenuti  sotto  lo  stendardo  della  croce 
con  la  conquista  di  Granata. 

La  Giunta  di  Salamanca  non  aveva  veramente 
emessa  una  formale  e  decisiva  sentenza  sulle  pro- 
poste di  lui,  tentò  dunque  per  mezzo  di  qualche  per- 
sonaggio d'  autorità  di  farla  raccogliere  di  nuovo;  ma 
r  opinione  de'  membri  che  la  componevano  non  s'  era 
punto  mutata,  e  il  suo  ricorso  venne  respinto. 

Ma  la  Regina  non  accettò  come  irrevocabile  questa 
decisione,  e  fece  dire  al  Colombo  che  non  disperasse. 
Vero  è  che  le  spese  ne'  preparativi  della  guerra  che 
si  allestiva  contro  i  Mori  erano  così  ingenti,  da  non 
potersene  separare  una  parte  per  la  spedizione,  ed  era 
quella  una  guerra  che  si  connetteva  troppo  con  gli 
interessi  della  cristianità  intera.  Nondimeno  la  Regina 
disse  che  richiamerebbe  immediatamente  a  sé  1'  affare 


40  CRISTOFORO  COLOMBO. 

appena  ve  ne  fosse  la  possibilità;  il  che  piegò  il  Co- 
lombo a  pazientare  ancora. 

Notabilissimo  è  che  in  questa  egli  pensò  e  credette 
di  aver  trovato  il  modo  di  arricchire  la  Spagna  delle 
sue  scoperte  senza  che  essa  vi  spendesse  pur  un 
soldo.  Per  nascita,  per  alte  dignità  conseguite,  per 
insigni  meriti  acquistati,  e  per  immensa  fortuna  di  cui 
usava  nobilmente,  aveva  il  primo  posto  tra  i  più  grandi 
signori  di  Castiglia  il  Duca  di  Medina-Sidonia,  pa- 
drone fra  r  altre  cose  di  parecchie  flotte  e  di  parecchi 
porti  del  paese  ;  e  il  Colombo  si  volse  a  lui  per  1'  ef- 
fettuamento  delle  sue  proposte.  Ma  o  sia  che  quegli 
temesse  di  darsi  a  simili  imprese  nel  suo  nome  pri- 
vato, mentre  pareva  che  la  Corte  vi  aveva  rinunziato, 
o  sia  che  fosse  tutto  nel  pensiero  della  guerra  che 
stava  per  aprirsi  e  a  cui  piglierebbe  parte;  fatto  sta 
che  quantunque  col  Colombo  si  comportasse  cortese- 
mente, non  volle  secondarlo  in  quello  che  credeva 
illusione. 

Invece  un  altro  gran  signore,  parente  al  suddetto  e 
non  meno  ricco,  cioè  il  Duca  di  Medina-Celi,  il  quale 
aveva  anch'  egli  a  sua  disposizione  soldati  e  navigli, 
ne  accettava  1'  offerta,  facendogli  offrire  da  uno 
de'  suoi  intendenti,  chiamato  Morales,  ospitalità.  Il 
Colombo  si  recò  a  Porto- Santa- Maria  proprietà  del 
Duca,  per  sopravegliare  la  costruzione  dei  navigli, 
de'  quali  il  Duca  sosteneva  le  spese;  e,  prossimo 
r  allestimento,  temendo  che  se  al  tutto  privatamente 
si  assumesse  egli  1'  effettuazione  d'  un  progetto  a  lui 
caro,  se  ne  potesse  offendere  la  Regina,  le  scrisse  per 
esservi  autorizzato. 

La  Regina  rispondendo,  dimandò  che  cedesse  a  lui 
i  navigli  fatti  armare,  dei  quali  pagherebbe  le  spese 


CAPITOLO  QUARTO.  41 

appena  finita  la  guerra  contro  i  Mori,  e  chiamato 
presso  di  sé  il  Colombo,  lo  affidò  ad  un  uomo  di 
nobile  carattere  e  grandemente  virtuoso,  Alonzo  di 
Quintigliana. 

Benché  ornai  si  fosse  fatta  abito  in  lui  la^rassegna- 
zione,  non  gli  costò  poca  pena  il  veder  novellamente 
differita  chi  sa  quando  la  sua  impresa,  e  vedendo  che 
invecchiava  in  una  aspettazione  senza  frutto,  che  le 
forze  e  la  vita  si  logoravano,  e  che  il  novello  mondo 
da  lui  sì  vivamente  presentito  resterebbe  nell'  ignoto 
in  cui  era  avvolto,  si  risolvè  di  picchiare  ad  altre  porte, 
sperando  che  si  aprissero  più  facilmente.  Mandò  dun- 
que il  fratello  suo  Bartolomeo  in  Inghilterra,  mentre 
egli  si  dispose  a  recarsi  in  Francia  per  esporre  al  re 
Cristianissimo  le  sue  vedute.  Che  se  questi  si  rifiu- 
tasse alle  sue  proposte,  il  fratello  proseguirebbe  le 
trattative  con  1'  altra  nazione. 


SOMMARIO. 


Giovanni  Perez  rianima  il  coraggio  del  Colombo  e  lo  rattiene 
dall'  abbandonare  la  Spagna.  Frate  Giovanni  Perez  scrive 
alla  Regina  che  lo  invìi  a  Santa-Fé. —  Il  Colombo  è  chiamato 
alla  Corte,  dove  ha  udienza  da  Isabella  che  gli  promette  di 
aiutarlo  nella  sua  intrapresa.  —  Se  non  che  le  richieste  del 
Colombo  son  giudicate  inaccettabili;  ma  egli  non  cede.  Nel 
momento  che  stava  per  lasciare  la  Spagna,  gli  viene  in  soc- 
corso la  Provvidenza.  E  richiamato  e  l'impresa  vien  decisa. 
—  Il  porto  di  Palos;  i  Pinzon;  i  preparativi  del  viaggio.  Le 
tre  caravelle,  la  santa-maria,  la  pinta  e  la  nina. 


L  Colombo  innanzi  di  uscire  dalla  Spagna, 
riprese  il  cammino  della  Rabida,  non  po- 
,,  tendo  lasciar  di  rivedere  il  buon  Fran- 
1^  cescano,  Giovanni  Perez,  da  cui  era  stato 
accolto  con  tanta  gentile  carità;  e  divisava  di  quindi 
ricondurre  presso  la  seconda  sua  sposa,  donna  Beatrice 
Enriquez  di  Aragna  il  suo  figliuolo  Diego  lasciato  in 
quel  Convento. 

Quando  il  Padre  Perez  conobbe  quella  sua  risolu- 
zione sentì  vivissima  pena;  sì  per  il  poco  conto  tenuto 
di  un  tant'  uomo  a  lui  amico,  e  sì  perchè  a  causa  di 
tante  lentezze  ed  esitanze  porterebbe  ad  altre 
nazioni  la  gloria  e  1'  utile  del  grande  disegno  da 
lui  maturato.  E  primamente  insistette  perchè  restasse 
qualche  tempo  seco;  poi  avendo  anche  più  accurata- 
mente esaminato  il  suo  progetto  di  navigazione  col 
Padre  Antonio  di  Marchena  e  col  medico  del  Con- 


7 


THE     LANDINO    OF    CHRISTOPHER    COLUMBUS 

October  iith^  i49^ 

After  an  en gravina  by  D.  Edwin  from  the  patntin?,  by 
E.  Savane 


CAPITOLO  QUII»JTO.  43 

vento  Garcia  Hernandez,  matematico  di  valore,  si 
convinsero  più  che  mai  che  era  possibiHssimo  ad 
effettuarsi.  Sicuro  allora  che  il  suo  entusiasmo  non  lo 
tradiva,  contando  sul  credito  che  aveva  presso  la 
Regina,  di  cui  non  s'era  mai  profittato  per  utile  alcuno, 
si  determinò  a  scriverle. 

Amante  della  vera  gloria  della  sua  patria,  le  mostrò 
come  la  Provvidenza  avesse  inviato  quella  occasione 
per  alzarla  sopra  tutte  le  altre  nazioni.  Qual  più 
nobile  desiderio  che  di  recare  la  fede  cattolica  e  i  beni 
dell'  incivilimento  da  essa  creato  a  selvaggi,  abitanti 
in  contrade  ancora  sconosciute?  Certo  fu  una  spe- 
ciale misericordia  divina  che  questi  uomini  unici  cre- 
dessero fermamente  nelle  divinazioni  del  Colombo, 
e  ne  intuissero  la  missione  :  questa  gloria  spetta  al- 
l' Ordine  Francescano! 

Il  Padre  Perez,  già  confessore  della  Regina,  era  un 
santo;  la  Regina  tocca  pertanto  dalla  lettera  di  lui, 
mandò  a  chiamarlo  presso  di  sé  in  Santa-Fé,  dov'  ella 
in  quel  momento  si  trovava.  Arrivato,  talmente  la 
convinse  coli'  eloquente  sua  parola,  che  entrò  piena- 
mente nelle  vedute  del  grande  navigatore,  e  piena 
com'  era  di  fede,  fece  sua  la  grande  idea  di  conqui- 
stare un  nuovo  mondo  alla  croce. 

Da  queir  istante  la  causa  del  Colombo  fu  vinta  : 
fu  vinta  da  Dio,  che  parlò  per  la  bocca  dell'  umile 
discepolo  di  Francesco;  e,  chiamato  alla  Corte,  affin- 
chè potesse  presentarvisi  degnamente  senza  arrossire 
delle  condizioni  alle  quali  la  povertà  lo  aveva  ridotto, 
Isabella  gli  mandò  ventimila  maravedis  in  fiorini 
d'  oro. 

Intanto  Granata  s'  era  resa,  e  il  giorno  dell'  Epi- 
fania, 6  gennaio  del  1492,  Ferdinando,  re  d'  Aragona, 


44  .    CRISTOFORO  COLOMBO. 

e  la  sua  sposa,  Isabella  di  Castìglia,  fecero  il  loro 
solenne  ingresso  nella  Alambra.  Giunto  il  Colombo, 
non  ostante  tanta  solennità  di  feste,  fu  subito  rice- 
vuto; per  lo  che  il  Perez  non  ebbe  soltanto  il  merito 
di  avergli  prestato  fede,  ma  di  aver  indotta  a  credergli 
la  Regina.  Di  fatti  come  lo  vide  alla  sua  presenza  non 
gli  chiese  già  più  come  pensasse  di  riuscire,  perchè 
ormai  n'  era  certa.  Senz'  altro  ella  vide  in  lui  1'  uomo, 
che  dilatando  il  regno  di  Cristo  di  là  dai  mari,  darebbe 
alla  Spagna  una  gloria  unica,  e  le  splendette  davanti 
di  viva  luce  la  missione  a  cui  la  Provvidenza  1'  aveva 
destinata.  E  però  non  più  Giunta,  non  più  discus- 
sioni; ma  si  metterebbe  mano  all'  opera  sì  lunga- 
mente meditata  e  combattuta. 

Sola  una  cosa  restava  a  regolare.  Riuscendo  1'  im- 
presa, quali  compensi  chiedeva  il  Colombo  per  aver 
dato  alla  Spagna  un  immenso  regno  d'  incalcolabili 
ricchezze?  La  Corte  voleva  conoscerli  con  chiarezza 
e  precisione.  Ora  questa  che  pareva  non  dover  esser 
altro  che  una  formalità,  stava  per  addivenire  un 
nuovo  ostacolo. 

Il  Colombo  espose  le  sue  domande  dinanzi  alla 
commissione,  presieduta  da  Ferdinando  di  Talavera, 
incaricato  di  riceverle.  Disse  dunque  di  voler  essere 
nominato  Viceré,  governatore  generale  delle  isole  e 
continenti  che  riuscirebbe  scoprire,  e  grande  Ammi- 
raglio dell'  Oceano;  dignità  che  dovrebbero  trasmet- 
tersi per  diritto  di  primogenitura  a  suoi  eredi.  Inoltre, 
riceverebbe  la  decima  di  tutte  le  produzioni  delle 
regioni  scoperte,  oro,  argento,  perle  e  pietre  preziose, 
spezie  e  frutti. 

Ciò  stesso  aveva  egli  già  proposto  al  re  di  Porto- 
gallo, Giovanni  II,  che  vi  si  negò.  Ma  per  quanto 


CAPITOLO  QUINTO.         '  45 

tempo  doloroso  fosse  passato,  e  il  Colombo  vedesse 
che  lasciandosi  sfuggire  sì  propizia  occasione  forse 
non  ritornerebbe  più,  si  mantenne  inflessibile  nelle 
sue  esigenze,  ne  avvenisse  quel  che  poteva. 

La  Giunta  presieduta  da  Ferdinando  di  Talavera 
si  ritrasse  indignata;  non  potendo  intendere  come  uno 
straniero  tante  volte  respinto,e  che  non  possedeva  in 
proprietà  altro  che  un  sogno,  ardisse  trattare  da  pari 
a  pari  con  Sovrani,  e  così  misero  com'  era,  si  presen- 
tasse a  chi  poteva  soccorrerlo  con  pretese  di  un'  arro- 
ganza che  non  pareva  senza  colpa. 

Ma  noi  che  conosciamo  i  pii  sentimenti  che  lo 
governavano,  noi  non  sappiamo  se  sia  più  da  ammi- 
rare la  fede  da  cui  era  inspirato,  o  la  grandezza 
d' animo  che  non  gli  consentiva  ceder  nulla  di  quanto 
esigeva  per  la  gloria  di  Dio. 

La  Giunta  si  disciolse;  e  re  Ferdinando  mostrossi 
più  che  mai  avverso  ai  progetti,  com'  ei  diceva,  fanta- 
stici di  uno  straniero,  che  chiedeva  regni  ed  onori 
sovrani,  per  una  scoperta  che  non  avea  alcuna  cer- 
tezza. Il  Colombo  stette  fermo  a  non  cedere,  e  certo 
omai  di  nulla  poter  avere  da  una  Corte  ostile,  'de- 
liberò di  proseguire  i  negoziati  aperti  con  la  Francia. 
Presa  pertanto  la  via  per  Cordova,  dove  aveva  qual- 
che affari  da  distrigare,  e  licenziatosi  quivi  dagli 
amici,  si  dispose  a  lasciar  la  Castiglia  che  tanto  e  sì 
lungamente  lo  aveva  fatto  soffrire.  Allora  la  divina 
Provvidenza  venne  manifestamente  in  suo  soccorso. 

Alcune  persone  di  valore,  tra  le  quali  il  ricevitore 
dei  diritti  ecclesiastici  in  Aragona,  Don  Luigi  di 
Sant'  Angelo,  e  Alonzo  di  Quintigliana,  si  dichiara- 
rono apertamente  per  lui.  Passionatamente  presi 
della  grandezza  della  loro  patria,  vedevano  con  prò- 


46  CRISTOFORO  COLOMBO. 

fondo  dolore  fuggirle,  con  V  allontanarsi  del  Colombo, 
un'  occasione  fortunatissima,  e  perdere  i  vantaggi  che 
egli  prometteva  con  una  certezza  di  cui  erano  essi 
stessi  convinti. 

Don  Luigi  dimandò  un'  udienza  alla  regina  Isa- 
bella. Ottenutala;  pur  serbando  tutto  il  rispetto  do- 
vuto ad  una  donna  di  cui  egli  era  al  servizio,  le 
mostrò  la  grettezza  che  era  1'  esitare  ad  una  simile 
offerta,  che,  insomma,  non  richiederebbe  molte 
spese;  e  posto  anche  che  il  Colombo  non  riuscisse, 
nulla  ne  perderebbe  la  Spagna  con  le  condizioni  da 
lui  proposte,  perchè  nulla  dovrebbe  ricevere  senza 
prima  aver  dato.  Se  poi  la  spedizione  avesse  felice 
effetto;  che  cosa  chiedeva  egli  mai  in  confronto  di  un 
fatto  che  assicurava  alla  Spagna  sì  ingenti  ricchezze 
con  tanta  gloria?  Avvalorò  il  suo  ragionamento,  toc- 
cando specialmente  dei  risultati  che  se  ne  otterreb- 
bero per  il  trionfo  del  regno  di  Gesù  Cristo,  e  della 
responsabilità  che  ella  avrebbe  davanti  a  lui,  se  per 
causa  sua  andassero  perduti;  il  che  la  commosse  pro- 
fondamente. Alle  quali  istanze  di  Don  Luigi  avendo 
aggiunto  le  loro  considerazioni  Don  Alonzo  di  Quin- 
tigliana  e  il  Padre  Perez,  alla  fine  dichiarò  che  favo- 
rirebbe risolutamente  1'  impresa,  e  rimosse  le  esi- 
tanze che  già  ebbe  dall'  indecisa  volontà  del  suo 
sposo,dopo  il  suo  colloquio  col  suddetto  illustre  Fran- 
cescano, disse  che  ella  se  ne  assumeva  tutte  le  spese 
senza  che  vi  concorresse  la  corona  d'  Aragona.  Fatto 
sta  che  sebbene  tutto  paresse  farsi  ugualmente  nel 
nome  dell'  uno  che  dell'  altro,  e  in  seguito  Ferdinan- 
do, come  rappresentante  della  Regina  sua  sposa,  assu- 
messe la  sovranità  del  Nuovo  Mondo  che  non  gli 
spettava,  e  gli   atti  posteriori   portassero  la   doppia 


CAPITOLO  QUINTO.  47 

denominazione,  e  talvolta  anche  quella  di  lui  soltanto; 
fatto  sta,  diciamo,  che  a  lei  esclusivamente  se  ne 
deve  la  gloria,  e  la  sola  Castiglia  aveva  diritto  di  pro- 
fittare d'  una  conquista  che  Ferdinando  d'  Aragona 
non  aveva  fatto  altro  che  contrastare  e  ritardare. 

A  soccorrere  le  finanze  che  la  guerra  aveva  esau- 
ste, la  Regina,  affinchè  senz'  altro  si  allestisse  la  spedi- 
zione, offrì  le  sue  gioie  più  preziose.  "  Le  disse  San- 
tangelo  ciò  non  esser  necessario,  che  egli  fornirebbe 
tutta  la  somma  del  proprio,  ed  ella,  senz'  altro,  fece 
richiamare  il  Colombo,  già  arrivato  al  porto  di  Pi- 
gnos,  a  due  leghe  da  Granata."  Anima  grande  e  ge- 
nerosa, subito  dimenticò  ogni  risentimento  per  ben 
otto  anni  di  indugi  e  sofferenze  sopportate  con  tanta 
rassegnazione.  Il  subito  suo  richiamo  in  Corte  da 
parte  della  Regina  gli  faceva  credere  che  omai  1'  in- 
trapresa era  certa. 

Il  segretario  di  Stato,  Don  Giovanni  di  Colonna, 
ebbe  ordine  di  trattare  con  lui  e  spedirgli  le  lettere 
patenti  che  dovevano  accreditarlo  presso  tutti  i 
principi  del  mondo,  affinchè  nessuno  ostacolo  gli  si 
attraversasse  nella  sua  spedizione. 

Da  quel  momento  il  Colombo  non  ebbe  più  riposo 
finché  non  giunse  a  Palos,  dove  fervevano  i  lavori 
per  r  armamento  delle  caravelle;  il  quale  porto  era 
stato  designato  da  lui  stesso  come  il  più  proprio,  e 
perchè  quivi  erano  i  più  valenti  uomini  di  mare  della 
Spagna.  Per  una  rivoltura  quivi  avvenuta,  quella 
gente  essendo  stata  condannata  a  fornire  in  tre  mesi 
alla  corona  due  caravelle  per  la  guardia  delle  coste, 
fu  ordinato  che  le  medesime  si  dessero  a  lui.  "  Gli 
restava  a  vincere,  dice  il  Cantù,  1'  opposizione  dei 
marinai  di  Palos,  che  consideravano  come  inevitabil- 


48 


CRISTOFORO  COLOMBO. 


mente  perduti  quei  che  s'  arrischiassero  ad  una  spe- 
dizione, la  quale  più  tardi,  per  oscurarla,  fu  dichiarata 
facile  e  da  nulla.  Ci  vollero  ordini  dispotici,  ma  questi 
esacerbarono  vie  più,  quasi  la  spedizione  fosse  un 
artifizio  dei  Re  per  castigarli  della  precedente  som- 
mossa. " 


Le  tre  caravelle,  la  santa-maria,  la  pinta  e  la  njna. 


Anche  il  Padre  Giovanni  Perez  ed  il  Padre  Anto- 
nio di  Marchena  vennero  in  soccorso  del  Colombo  in 
questa  penosa  congiuntura,  mettendolo  in  rapporto 
con  persone  marine  di  Palos,  tra  le  quali  coi  fratelli 
Pinzon  che  erano  i  più  ricchi  abitanti  della  città  ed  i 
più  abili  ed  intrepidi  navigatori  del  paese.  Questi, 
specialmente  il  primogenito,  Martin  Alonzo,  di  cui 


CAPITOLO  QUINTO.  49 

r  idea  d'  una  spedizione  avventurosa  seduceva  lo  spi- 
rito, promisero  d' impegnarvi  una  parte  dei  loro  beni, 
ed  anche  di  concorrervi  personalmente;  ed  il  loro 
esempio  trasse  alquanti  marinai;  oltre  che  fornì  i 
mezzi  al  Colombo  per  armare  un  altro  naviglio. 

Le  tre  caravelle,  piccoli  legni  scoperti,  mal  costruiti, 
mal  provveduti  e  peggio  equipaggiati,  senza  ponte, 
a  mala  pena  con  una  specie  di  "  castelli  "  o  baracche 
di  legno  a  poppa  e  a  prora,  dove  i  marinai  potessero 
ricoverarsi,  furono  pronti  a  pigliare  il  largo  sulla  hne 
di  luglio  del  1492  :  è  appena  credibile  che  il  Colombo 
con  siffatti  navigli  si  azzardasse  a  traversare  l'Atlan- 
tico. Egli  montava  la  più  grande,  chiamata  la  Santa- 
Maria.  Le  due  altre,  cioè  la  Pinta  e  la  Nina,  erano 
comandate  dal  Martin  Alonzo  Pinzon,  che  aveva 
preso  seco  il  suo  più  giovane  fratello  Franceso- Mar- 
tino in  qualità  di  piloto,  e  1'  altro  suo  fratello  secon- 
dogenito Vincenzo  Yaniz,  eccellente  marinaio.  Circa 
novanta  uomini  componevano  le  ciurme,  parte  volon- 
tari, tratti  dalla  passione  di  viaggiare  e  riuscire  in 
iscoperte,  i  più  imbarcati  a  forza;  e  s'  eran  provve- 
duti di  viveri  per  un  anno. 


SOMMARIO. 


Il  Colombo  inette  alla  vela  nel  venerdì  3  agosto  del  1492.  Gitta 
r  àncora  alle  Canarie.  Tranello  del  re  di  Portogallo  che  egli 
manda  a  vuoto  affrettando  la  partenza.  —  Il  suo  Giornale. — 
Navigazione  e  incidenti.  —  Variazioni  della  bussola  da  lui 
notate,e  si  aumentano  i  timori  degli  equipaggi  a  misura  che 
avanza  verso  1'  Ovest;  loro  speranze  ora  cadute,  ora  riani- 
mate.—  L'Oceano  si  mostra  coperto  di  erbe  e  di  piante  acqua- 
tiche,talvoltasìfitte  danon  potersene  più  distrigare. — Cospi- 
rano contro  lui  :  ma  egli  frena  la  rivolta;  sua  fermezza.  Pro- 
segue il  divisato  cammino.  —  terrai  terrai 


ACCOMANDATOSI  caldamente  a  Dio 
e  a  lui  affidatosi  per  il  governo  della 
spedizione  verso  la  contrada  che  presen- 
tiva, il  Colombo  sciolse  da  Palos  il  ve- 
nerdì 3  agosto  del  1492;  anno  meriif)rabile  e  per  la 
sua  dipartita  dalla  Spagna  e  per  la  scoperta  fatta  del 
nuovo  continente. 

L'  1 1  arrivarono  in  vista  della  Grande  Canarie  da 
cui  ripartì  il  i"  di  settembre,  e,  quattro  dì  appresso, 
gittò  r  àncora  alla  Gomera  dove  fece  provvista  di 
acqua  e  di  legna.  Quivi  avendo  saputo  che  il  re  di 
Portogallo  gli  aveva  spedite  tre  sue  caravelle,  con 
ordine  di  raggiungerlo  e  farlo  tornare  indietro,affrettò 
più  che  mai  il  suo  cammino.  Giovanni  II  cominciava 
a  pentirsi  dei  modi  tenuti  con  lui,  e  non  rifuggiva  da 
nessun  mezzo  per  impedirgli  una  scoperta,  di  cui,  solo 
per  sua  colpa,  profitterebbe  la  Spagna. 


CAPITOLO  SESTO. 


51 


Il  giovedì  7  settembre,  perdette  di  vista  le  Canarie 
e  governò  ad  occidente. 

Fin  dalla  sua  partenza  da  Palos  cominciò  egli  un 
Giornale  rimasto  autentica  testimonianza  delle  sue 


Colombo  sopra  la  sua  nave.  {Da  un'  illustrazione  dei  Grands  Voyages.) 

speranze  e  dei  suoi  timori,  e  come  intimo  confidente 
delle  sue  sofferenze.  Così  possiamo  seguirlo  passo 
passo  nella  sua  navigazione. 


52  CRISTOFORO  COLOMBO. 

"  Ben  presto  alcuni  dei  suoi  marinai,  impauriti  di 
vedersi  in  un  mare  sconosciuto,  si  sentirono  mancare 
il  coraggio  fino  a  piangere  desolati.  Gli  rimproverò  di 
tanta  debolezza,  e  fece  di  tutto  per  confortarli,  lor 
promettendo  certo  il  successo.  Ebbe  la  destrezza  di 
tenerli  all'  oscuro  di  una  parte  del  cammino  che  face- 
vano, perchè  non  credessero  di  essersi  allontanati 
troppo  dalle  coste  della  Spagna.  " 

''  L'  1 1,  a  centocinquanta  leghe  dall'  isola  di  Ferro 
incontrarono  un  albero  di  nave  trasportato  dalla  cor- 
rente. Il  Colombo  s'  accorse  che  questa  menava  con 
gran  forza  al  Nord,  e  la  sera  del  14  settembre,  cin- 
quanta leghe  più  in  là  ad  occidente,  osservò  che 
r  ago  declinava  d'  un  grado  verso  il  Nord-Ovest, 
declinazione  che  il  dì  seguente  erasi  accresciuta  d'  un 
mezzo  grado  :  ne'  dì  seguenti  poi  la  vide  variare  e  ne 
restò  sorpreso  come  d'  un  fenomeno  fino  allora  non 
osservato.  " 

Il  15,  a  trecento  leghe  dall'  isola  del  Ferro,  cammi- 
nando, la  notte  videro  cader  dal  cielo,  alla  distanza  di 
quattro  o  cinque  leghe  da'  navigli,  nella  direzione  del 
Sud- Est,  una  maravigliosa  striscia  di  fuoco. 

La  mattina  poi,  avanti  giorno,  1'  equipaggio  della 
Nina  vide  un  uccello  che  venne  chiamato  rabo  de 
junco,  vale  a  dire  ''  coda  di  giunco  "  perchè  aveva  la 
coda  lunga  e  sottile;  e  il  dì  seguente  si  spaventarono 
dal  vedere  alla  superficie  delle  acque  "  delle  erbe  di 
colore  tra  verde  e  giallo  "  che  parevano  essersi  di 
fresco  staccate  da  qualche  isola  o  scoglio.  Più  ne  vi- 
dero il  giorno  dipoi,  e  tra  esse  un  granchio  vivo;  il 
Colombo  osservollo  e  lo  tenne  come  indizio  certo  di 
terra  vicina.  Altri  pensarono  che  erano  presso  qual- 
che terra  sommersa;  il  che  ridestò  bisbiglio  e  terrore. 


CAPITOLO   SESTO.  53 


Osservarono  anche   che  ivi  1'   acqua  del  mai  e    era 
meno  salata. 

Nella  notte  videro  molti  tonni,  che  si  avvicinarono 
alle  caravelle  e  la  gente  della  Nina  ne  prese  imo; 
r  aria  era  sì  dolce  e  la  temperatura  tanto  tepida  che 
si  credettero  in  Andalusia  all'  entrar  della  primavera. 

A  trecento  settanta  leghe  a  Ovest  dall'  isola  del 
Ferro,  videro  un  altro  rabo  de  junco.  Il  martedì 
i8  settembre,  Martin  Alonzo  Pinzon,  che  con  la 
Pinta  era  passato  molto  innanzi  alle  altre  due  cara- 
velle, aspettato  il  Colombo,  gli  disse  che  aveva  scorto 
una  grande  quantità  di  uccelli  prendere  il  volo  verso 
ponente,  conchiudendone  che  la  terra  non  poteva 
essere  lontana  oltre  quindici  leghe,  e  di  cui  affermava 
avere  intravisto  1'  orizzonte.  Il  Colombo  ne  lo  disin- 
gannò,assicurandolo  che  quanto  aveva  visto  non  era  che 
una  grossa  nube;  e  di  fatti,  non  tardò  molto  a  sparire. 

Spirava  un  fresco  venticello,  e  le  caravelle  da  più 
di  dieci  giorni  correvano  a  vele  spiegate.  Questo  con- 
tinuo spettacolo  dell'  Oceano  e  del  cielo  che  si  con- 
fondevano lontano  senza  mai  apparire  un  picco  su 
cui  r  occhio  potesse  riposarsi,  faceva  rinnovare  ad 
ogni  momento  i  bisbigli  ed  i  lamenti.  Il  Colombo  con- 
tinuò tranquillo  nelle  sue  osservazioni,  annotandole, 
facendo  scandagli,  rilevando  la  posizione  degli  astri, 
e  consultando  le  sue  carte  marine. 

Il  19  settembre,  videro  uno  di  quegli  uccelli,  che  i 
Portoghesi  chiamano  alcantras,  svolazzare  verso  il 
vascello,  e  qualche  altro  ne  videro  la  sera.  Fu  questo 
un  buon  indizio  che  si  avvicinavano  alla  terra,  e  ri- 
presero a  fare  scandagli  ;  ma  non  trovarono  fondo, 
benché  scendesse  a  duecento  braccia.  Si  avvidero 
bensì  che  le  correnti  menavano  a  Sud- Est. 


54  CRISTOFORO  COLOMBO. 

Il  20,  due  nuovi  alcantras  volarono  sopra  la  Santa- 
Maria;  e  al  calar  della  notte  presero  un  grosso  uc- 
cello della  famiglia  dei  palmipedi,  che  aveva  le  penne 
nere  ed  il  capo  con  una  macchia  bianca.  Videro  altresì 
una  grande  quantità  d'erbe  :  il  che  ridestò  i  bisbigli 
credendo  le  genti  dell'  equipaggio  che  le  caravelle  si 
trovassero  in  mezzo  ad  isole  fluttuanti;  donde  non 
potessero  più  uscire.  Ma,  dopo  averle  attraversate 
senza  alcun  pericolo,  anche  i  più  timidi  si  riconforta- 
rono. 

Il  dì  appresso,  tre  piccoli  uccelli  vennero  a  posarsi 
sulle  antenne  delle  caravelle.  Credettero  che  non  po- 
tessero esser  venuti  di  molto  lontano,  perchè  incapaci 
di  lungo  volo.  "  Ma  1'  erba  frattanto  si  faceva  più 
spessa  quasi  fosse  mista  a  del  fango.  "  Ricominciò 
r  agitazione  credendo  che  le  caravelle  si  fossero  intri- 
cate tra  piante  marine,  che  ne  fermavano  il  corso. 
Scorsero  anche  una  balena. 

Il  22,  videro  altri  uccelli,  e  per  tre  giorni  continui 
il  vento  soffiò  dal  Sud-Est  in  contrario  della  direzione 
presa;  ciò  che  mise  il  Colombo  in  pena;  ma  egli  finse 
di  non  farne  conto,  anzi  tenne  che  quella  mutazione 
fosse  provvidenziale.  Con  sì  fatti  strattagemmi  dovette 
continuamente  tener  sospesi  i  suoi  compagni,  ne' 
quali  ogni  dì  più  scemavano  le  speranze. 

Fortunatamente  il  23  ripigliò  il  vento  da  Nord- Est 
che  lo  rimise  nella  via  che  aveva  promesso  di  segui- 
re. Continuarono  a  vedere  uccelli  di  differenti  specie  ; 
e  i  marinai  vennero  un  pò  rassicurati  dalla  vista  di 
due  tortorelle  che  venivano  dall'  occidente. 

Eran  parecchie  settimane  che  navigavano  tra  spe- 
ranze e  timori,  ed  ogni  sera  **  il  sole  si  coricava  in  un 
orizzonte  senza  confini.  " 


CAPITOLO  SESTO.  55 


Il  vento  sin  qui  aveva  favorito  i  disegni  del  Co- 
lombo; ma  la  stessa  facilità  con  cui  s'  erano  sempre 
avanzati  all'  Ovest,  fece  temere  che  continuando 
così  a  spirare  lo  stesso  vento  non  potrebbero  più  far 
ritorno  alla  Spagna.  E  ruppero  in  rivolta.  I  più  cre- 
dettero d'  esser  giunti  in  mezzo  di  un  abisso  senza 
fondo  e  senza  confini,  che  gli  inghiottirebbe;  e  n'  eb- 
bero tale  spavento  che  non  parlarono  più  d'altro  che 
di  volgere  indietro  verso  l'Europa.  "  Si  dirà,  ragiona- 
vano i  meno  sgomenti,  che  non  abbiamo  raggiunto  il 
fine  della  spedizione;  ma  nessuno  ci  toglierà  il  vanto 
d'  essere  arrivati  ad  una  lontananza  non  mai  da  altri 
raggiunta.  La  Corte  non  potrà  ragionevolmente  rim- 
proverarci di  aver  perduta  la  fede  in  una  somigliante 
impresa;  né  condannarci  di  esserci  rifiutati  a  servire 
alla  pazza  ambizione  d'  un  avventuriere.  " 

Altri  giunsero  fino  a  proporre  di  gettarlo  in  mare, 
dicendo  poi  in  Spagna  che  vi  cadde  per  accidente 
"  mentre  stava  osservando  gli  astri.  "  Finse  il  Co- 
lombo di  non  avvedersi  del  grave  pericolo;  mostran- 
do una  calma  che  certo  non  corrispondeva  al  suo 
interiore. 

Nondimeno  di  tratto  in  tratto  a  tranquillare  i  mari- 
nai, ricorreva  ora  a  gravi  esortazioni,  ora  a  minaccie 
di  castigarli;  ora  valendosi  dell'  autorità  di  cui  era 
rivestito;  ed  ora  sorprendendoli  con  la  dipintura  di 
maraviglie  incantevoli,  ricorrendo  a  ragionari  speciosi. 

Il  martedì  25  settembre,  sul  cadere  del  giorno, 
Pinzon  gridò  :  Terra!  Terra!  e  alla  distanza  di  più 
di  venti  leghe  a  Sud- Est,  fece  notare  qualcosa  che 
aveva  1'  apparenza  d'  un'  isola.  Con  ciò  solo  i  lamenti 
cessarono  e  si  abbandonarono  a  tante  allegrezze  che 
caddero  ginocchioni  a  ringraziarne  la  bontà  divina. 


56  CRISTOFORO  COLOMBO. 

Non  s'  avvidero  che  lannunzio  era  stato  una  pura  in- 
venzione del  Pinzon  e  un  ardito  strattagemma  da  lui 
ordito  col  Colombo  per  indurli  a  migliori  sentimenti. 

Soltanto  il  dì  seguente  seppero  che  1'  isola  pretesa 
non  era  stata  che  una  nuvola.  Nondimeno  continuan- 
do, poiché  gli  uccelli  ed  i  pesci  veduti  ne'  giorni  pre- 
cedenti ricomparvero  all'  Ovest,  e  continuavano  a 
mostrarsi  in  gran  numero,  presero  novella  lena  e 
avanzarono  nel  viaggio  con  meno  inquietezze.  Videro 
tra  gli  altri  de'  pesci  alati  e  delle  orate,  e  conobbero 
che  le  correnti  eransi  molto  rallentate;  indizi  che 
grandemente  confortavano  il  Colombo,  su  cui  pesava 
la  responsabilità  di  quella  immensa  navigazione. 

E  però  egli  tenevasi  in  continua  osservazione  del 
cielo.  Notò  che,  durante  la  notte,  1'  ago  variava  più 
d'  un  quarto  di  circolo,  e  che,  nel  giorno,  restava 
fìsso  al  Nord.  "  Le  due  stelle  dette  Guardie  erano  al 
far  della  notte  presso  il  braccio  in  direzione  di  Po- 
nente, e  allo  spuntar  del  giorno,  restavano  fisse  al 
Nord- Est,  ".  egli  spiegava  tutte  queste  apparenze  ai 
piloti  che  ne  restavan  tra  timori  e  speranze,  e  con 
essi  anche  gli  equipaggi  ne  pigliavan  alcun  conforto. 

Il  1°  di  ottobre,  un  d'  essi,  cioè  il  piloto  dell'  Am- 
miraglio, disse  che  si  era  giunti  a  cinquecento  ottan- 
t'otto  leghe  dalle  Canarie;  un  altro,  a  seicentotrenta- 
quattro,  un  terzo  non  meno  di  seicentocinquanta. 
Il  Colombo  sapeva  d'  averne  fatte  settecentosette; 
ma  ad  impedire  novelli  sgomenti,  disse  che  al  suo 
calcolo  non  arrivavano  che  alle  cinquecent'  ottanta- 
quattro. 

Ogni  giorno  di  tutta  quella  settimana  ebbero  no- 
velle indicazioni.  L'  8  poi  di  ottobre,  allo  spuntar  del 
sole,  credettero  di  aver  veduto  terra;  e  la  piccola  ca- 


CAPITOLO  SESTO.  57 

Tavella  che  s'  era  inoltrata  più  delle  altre,  sparò  un 
colpo  di  cannone  per  avvertirne  la  Santa-Maria  e  la 
Pinta;  ma  anche  questa  s'  avvidero  essere  illusione 
di  qualche  nuvola  :  i  bisbigli  e  1'  ammutinazione  rico- 
minciarono. Vide  r  Ammiraglio  che  il  pericolo  era 
più  grave  che  mai,  perocché  i  medesimi  Pinzon  si 
posero  dalla  parte  de'  rivoltosi,  e  fu  tale  1'  allarme, 
che  il  Colombo  vedendo  a  nulla  più  giovare  né  seve- 
rità, né  sofferenza,  lor  propose(dicesi)che  se  in  tre  giorni 
non  apparisse  la  terra,  consentirebbe  di  averli  ingan- 
nati e  che  se  ne  vendicassero. 

La  proposta  gli  acquietò;  ma  giurarono  che  non 
verificandosi  in  tre  dì  la  scoperta  della  terra,  ripi- 
glierebbero  il  cammino  per  1'  Europa. 

Se  non  che  il  Colombo  che  da  qualche  giorni  scan- 
dagliava il  fondo  del  mare,  era  al  tutto  sicuro. 
L'  avrebbe  egli  scoperta  anche  prima,  se  avesse  go- 
vernato, dove  s' indirizzavano  tutti  i  piccoli  uccelli  ve- 
duti. E  continuavano  a  vederne  degli  altri  a  stormi, 
de'  quali  distinguevano  anche  i  colori.  Anche  i  tonni 
apparivano  più  numerosi. 

Ne'  due  giorni  seguenti  ebbero  sicuri  indizi  d'  altro 
genere  che  toglievano  ogni  dubbiezza.  I  marinai 
della  Santa-Maria  videro  passare  un  grosso  pesce 
verde,  della  specie  di  quelli  che  non  si  allontanano 
mai  dalle  roccie;  quelli  della  Pinta  videro  una  canna 
di  fresco  recisa  che  galleggiava,  un  bastone  lavorato 
e  una  specie  di  erba  che  cresce  in  terra,  e  pareva  es- 
sere stata  testé  strappata  dal  suolo;  e  quelli  final- 
mente della  Nina  un  ramo  di  spine  con  le  sue  frutta. 
Si  respirava  aria  più  fresca;  é  quel  che  principalmen- 
te assicurava  un  uomo  sperimentato  di  mare  come  il 
Colombo,  erano  i  venti  ineguali  che  sovente  mutano 


58  CRISTOFORO  COLOMBO. 

durante  la  notte  e  vicino  alle  coste.  Pertanto,  non 
aspettò  il  terzo  dì  ad  annunziare  che  nella  notte  toc- 
cherebbero la  terra. 

Dispose  anzi  tutto  che  in  comune  si  facessero  delle 
preghiere,  e  poi  raccomandò  a'  piloti  di  tenersi  alla 
vedetta.  Volle  che  le  caravelle  avessero  le  vele  rac- 
colte, eccetto  una  bassa  di  trinchetto,  e  perchè  da 
qualche  colpo  di  vento  i  tre  navigli  non  potessero 
essere  separati,  dette  loro  dei  segni  convenuti.  Da 
ultimo  promise  una  ricompensa  per  chi  prima  di  tutti 
vedesse  la  terra;  ed  era  una  rendita  di  diecimila  ma- 
ravedis,  più  una  giubba  di  velluto. 

Verso  le  dieci  ore  della  sera,  trovandosi  egli  sul 
castello  di  poppa,  vide  un  lume,  ma  attraverso  tale 
oscurità  che  non  osò  affermare  esser  quella  la  terra. 
Fatto  chiamare  Pietro  Guttierez,  antico  servo  del 
guardarobe  della  Regina,  parimente  lo  vide.  Volle 
poi  udire  Rodriguez  di  Salcedo,  che  stava  ai  registri 
della  flotta;  questi  a  principio  nulla  distingueva,  ma 
poco  dopo  tutti  e  tre  s'  avvidero  che  veramente  era 
un  lume  oscillante,  come  quello  di  una  candela;  e  per 
il  Colombo  fu  indizio  certo  della  terra. 

Alle  due  dopo  mezzanotte,  i  marinai  della  Pinta, 
che  precedeva  le  altre  due,  gridarono  Terra!  Terra! 
Di  fatti  era  la  costa,  da  cui  non  distavano  che  un 
due  leghe. 

Il  primo  che  pretendeva  di  aver  gridato  fu  Rodri- 
guez Triana,  che  credette  aver  assicurata  la  propria 
fortuna.  Ma  Guttierez  ed  il  Salcedo  protestarono  che  i 
diecimila  maravedis  spettavano  al  Colombo,  e  gli  ven- 
nero pagati  sulle  rendite  delle  macellerie  di  Siviglia. 

Ai  primi  raggi  del  sole  conobbero  d'  esser  arrivati 
a  un'  isola  di  circa  venti  leghe  in  lunghezza,  piana  e 


CAPITOLO  SESTO. 


59 


rigogliosa  di  vegetazione.  La  Pinta,  arrivata  per  la 
prima,  aspettò  le  due  altre  caravelle,  e  i  tre  equipag- 
gi si  gittarono  ai  piedi  del  Colombo,  riparando  con 
trasporti  d' ammirazione  e  di  rispetto  le  amarezze  che 
gli  avevano  cagionate.  Così  lo  straniero,  da  essi  trat- 
tato con  tanto  disprezzo,  divenne  ai  loro  occhi  il  più 
grande  di  tutti  gli  uomini,e  le  dimostrazioni  della  loro 
gioia  non  conobbero  più  confini. 


ISOMMARIO. 


hS^ 


Esultanze  del  Colombo  e  sua  riconoscenza  verso  il  cielo.  Sua 
preghiera,  mettendo  piede  sulla  terra  del  Nuovo  Mondo. 
L'  isola  di  5^ A^s^LF^ro^^;  arcipelago  delle  Lucaje.  Fa  piantare 
su  quella  spiaggia  la  croce.—  Sua  dolcezza  nel  trattar  co'  na- 
tivi; particolari  che  ce  ne  lasciò  nel  suo  Diario,  —  Ricerca 
dell'  oro.  —  Permutazioni  con  quelle  genti.  Navigazione  in 
mezzo  alle  isole. —  Scoperta  della  santa-maria,  della  concezione, 
della  FERDiNANDiNA  e  della  isabella.  — I^oto  bellezza,  il  Colombo 
n'  è  fuori  di  sé  per  1'  ammirazione.  —  Isole  6.'' arena  e  cuba,  la 
regina  delle  antille.  Il  mare  di  nostra-signora.  —  Diserzione  di 
Martino  Alonzo  Pinzon  fuggendo  con  la  pinta,  con  la  speran- 
za di  giungere  al  paese  dell'  oro  prima  dell'  Ammiraglio. 


^^IGNORE  Iddio  eterno  ed  onnipotente, 
che,  per  il  tuo  Verbo  divino,  creasti  il 
cielo,  la  terra,  i  mari,  da  per  tutto  il  tuo 
*^^  nome  venga  benedetto  e  glorificato, 
poiché  ti  piacque  che,  a  mezzo  dell'  umile  tuo  servo, 
fosse  conosciuto  e  predicato  in  quest'  altra  parte  di 
mondo  fin  qui  sconosciuto!  " 

Tale  fu  la  preghiera  che  uscì  dalle  labbra  e  dal 
cuore  dello  scopritore  del  Nuovo  Mondo,  quando 
vi  pose  il  piede  dopo  tanti  e  sì  ardenti  desiderj  per 
rinvenirla.  Ammirabile  preghiera  inspirata  da  vivis- 
sima fede  e  pari  riconoscenza.  Prostratosi  al  suolo, 
per  tre  volte  fece  atto  di  abbracciarla,  versando  la- 
grime di  profonda  commozione,  tutto  assorto  in  Dio 
dalla  cui  infinita  bontà  ripeteva  sì  maraviglioso  avve- 
nimento. Che  furono  tutte  le  amarezze  patite,  tutti  i 


CAPITOLO  SETTIMO.  61 

contrasti  sostenuti  a  tanto  favore  della  divina  beni- 
gnità e  misericordia  ?  A  dir  vero,  non  aveva  egli  mai 
dubitato  del  successo  di  cui  assicuravanlo  le  sue  con- 
vinzioni e  r  inspirazione  del  cielo.  Quanto  a'  suoi 
emuli  e  detrattori,  aveva  sempre  risposto  non  esser 
egli  che  il  servo  di  quel  Dio,  che  di  David,  già  guar- 
diano di  armenti,  aveva  fatto  un  re  glorioso.  E  la 
scoperta  ne  venne  a  conferma,  facendolo  oggetto 
dell'  universale  ammirazione. 

Ringraziato  Dio  che  lo  aveva  sostenuto  in  mezzo 
a  tante  dure  prove,  spiegò  il  suo  stendardo  coli'  inse- 
gna della  croce;  e  per  ricordare  come  fosse  stato  mi- 
racolosamente salvato  da  tanti  pericoli,  dette  all'  isola 
scoperta  il  nome  di  San  Salvatoi^e;  poi  tratta  dal  fo- 
dero la  sua  spada  prese  possesso  della  terra  per  la 
corona  di  Castiglia.  Tutti  i  suoi  compagni  gli  rinno- 
varono la  loro  sommissione  e  fedeltà,  riconoscendolo 
per  Viceré  delle  Indie  ed  Ammiraglio  dell'  Oceano. 
E  il  Colombo  a  mostrare  il  diritto  che  aveva  Cristo 
sopra  la  maravigliosa  scoperta,  fece  alzare  sul  lido 
un'  alta  croce. 

L'  isola  che  eg^li  aveva  battezzata  col  nome  di  San 
Salvatore,  in  lingua  indigena  chiamavasi  Guanahani; 
ed  era  una  delle  Lucaje  nel  centro  dell'  arcipelago  di 
Bahama.  Era  essa  abitata;  ma  alla  vista  delle  cara- 
velle, che  i  nativi  credettero  mostri  marini,  si  dettero 
tutti  a  fuggire,  nascondendosi  ne'  boschi.  A  poco  a 
poco  però  ne  uscirono  e,  facendosi  animo,  avvicina- 
rono gli  Spagnoli,  lor  mostrandosi  rispettosi.  Se  non 
che,  quando  il  notaio  prese  a  redigere  1'  atto  di  pos- 
sesso, sospettando  che  si  volesse  gittar  loro  addosso 
qualche  malanno,  spaventati,  rapidamente  disparve- 
ro. L'  Ammiraglio  li  fece  inseguire,  e  presine  alcuni 


62 


CRISTOFORO  COLOMBO. 


CAPITOLO  SETTIMO.  63 

gli  furon  menati  dinanzi,  e  regalatili,  lasciò  che  libe- 
ramente raggiungessero  i  compagni.  Allora  tornaro- 
no più  numerosi  e  senza  sospetti,  manifestando  con 
gesti  e  grida  a  modo  loro  lo  stupore  da  cui  eran 
colti.  Toccavano  le  vesti  e  il  viso  degli  Spagnoli, 
sorpresi  di  vedere  uomini  tanto  diversi  da  loro  e 
barbuti. 

''Affinchè  (scrive  il  Colombo  nel  suo  giornale,) 
affinchè  ci  trattassero  amichevolmente,  e  perchè 
conobbi  ci  si  darebbero  in  balìa,  e  convertirebbonsi 
alla  nostra  santa  fede  più  per  la  dolcezza  e  persua- 
sione che  per  violenza,  donai  a  certuni,  de'  berretti 
coloriti  e  perline  di  vetro  che  adattavano  al 
collo,  e  altre  inezie,  che  a  loro  cagionarono  letizia  da 
non  dire,  e  in  modo  maraviglioso  ce  li  conciliarono. 
Venivano  a  nuoto  alle  scialuppe  nostre,  portandoci 
pappagalli,  filo  di  cotone  in  gomitoli,  zagaglie  e  altre 
cose,  e  le  cambiavano  con  chicchi  di  vetro,  sonaglini, 
insomma  quanto  loro  offrivasi,  dando  volentierissimo 
ciò  che  possedevano.  A  tutti  i  segni  mi  parver  gente 
molto  povera.  Uomini  e  donne  vanno  ignudi  nati  :  e 
di  quanti  io  vidi,  nessuno  passava  i  trent'  anni.  Ben 
conformati,  bei  corpo,  graziosa  fisonomia;  capelli 
come  crini  di  cavalli,  corti,  e  cadenti  sulle  ciglia;  die- 
tro lasciavano  una  lunga  ciocca  intonsa.  Di  tinta  era- 
no come  gli  abitanti  delle  Canarie,  né  nera  né  bian- 
ca; ma  colorivansi  alcuni  di  bianco,  altri  di  rosso  o  di 
qualunque  colore  trovassero  ;  certuni  soltanto  la  fac- 
cia, altri  tutto  il  corpo;  questi  gli  occhi,  quelli  il 
naso. 

"  Non  portavano  armi,  né  conoscevanle;  e  quando 

^  mostrai  loro  delle  sciabole,  essi,  prendendole  dal  filo 

per  ignoranza,  tagliavansi.  Non  usano  ferro  :  le  loro 


64  CRISTOFORO  COLOMBO. 

zagaglie  sono  bastoni,  su  alcuni  de'  quali  sta  fitto  un 
dente  di  pesce  o  un  corpo  duro  qualsiasi. 

"  Generalmente  hanno  bella  statura  e  graziosi  mo- 
vimenti. Ne  vidi  alcuni  che  avevano  sui  corpi  diverse 
cicatrici,  e  richiesti  col  gesto  qual  ne  fosse  la  cagione, 
mi  fecero  comprendere  che  nella  lor  isola  venivano 
bande  delle  isole  vicine  per  farli  prigioni,  laonde  di- 
fendevansi  :  e  credetti,  e  credo  ancora,  che  siffatti 
nemici  venissero  dalla  terraferma.  Devono  essere 
eccellenti  servi  e  di  buon  carattere.  Mi  accorsi  che 
ripetevano  prontamente  tutto  ciò  eh'  io  loro  diceva; 
credo  senza  difficoltà  si  farebbero  cristiani,  poiché 
parmi  non  appartengano  ad  alcuna  setta.  Se  piace  al 
Signore  nostro,  al  mio  ritorno  ne  condurrò  sei  alle 
nostre  Altezze,  affinchè  imparino  a  parlare.  Non  ho 
veduto  in  quest'  isola  altra  specie  d'  animali,  che 
alcuni  pappagalli. 

''  Il  domani  i  nativi  vennero,  segue  a  dire  il  Co- 
lombo, al  mio  vascello  in  piroghe  fatte  di  un  solo 
tronco  d'albero  come  lunghe  lancie  e  lavorate  mara- 
vigliosamente per  questo  paese;  alcune  contenevano 
fin  quaranta  e  quarantacinque  uomini,  altre  più  pic- 
cole, e  in  alcune  non  vi  capiva  che  un  solo  uomo.  Il 
remo  è  simile  ad  una  pala  da  forno;  e  se  alcuna  di 
esse  vien  capovolta,  tutti  si  gittano  a  nuoto,  la  rimet- 
tono a  galla,  e  con  zucche  che  han  seco,  la  vuotano 
dall'  acqua. 

''  Mi  premeva  di  conoscere  se  possedessero  oro. 
Alcuni  ne  portavano  un  pezzetto  infilzato  in  un  foro 
che  si  fanno  nel  naso;  e  giunsi  per  segni  a  sapere 
che,  girando  la  loro  isola  e  navigando  a  mezzodì,  tro- 
verei un  paese,  il  cui  re  aveva  grandi  vasi  d'  oro  e 
quantità  di  questo  metallo.  Cercai  indurli  a  guidarmi 


CAPITOLO  SETTIMO.  65 


in  quella  contrada,  ma  compresi  il  loro  rifiuto;  onde 
feci  proponimento  d'  aspettare  il  posdomani,  e  partir 
quindi  alla  bass'  ora  verso  libeccio,  ove,  secondo  i  loro 
indizi,  tanto  a  mezzogiorno  che  a  maestrale  esisteva 
una  terra;  e  gli  abitanti  della  contrada  in  quest'  ulti- 
ma direzione  spesso  venivano  a  combatterli,  e  anda- 
vano essi  pure  a  libeccio  in  cerca  d'  oro  e  di  gemme 
preziose. 

''  Quest'  isola  è  molto  grande  e  piana,  vestita  di 
freschissimi  alberi;  molt'  acqua,  vastissimo  lago  in 
mezzo,  nessuna  montagna;  è  si  verde  che  fa  piacere 
a  guardarla,  e  gli  abitanti  sono  docilissimi.  Avidi  de- 
gli oggetti  che  abbiamo,  e  persuasi  di  non  ottenere 
da  noi  alcuna  cosa  se  non  hanno  da  contraccambiarci, 
rubano  se  torna  in  acconcio,  e  tosto  si  gettano  a 
nuoto.  Ma  tutto  ciò  che  hanno,  per  la  minima  cosa 
che  loro  si  offra,  lo  donano  :  fin  per  cocci  di  scodelle 
e  rottami  di  vetro;  e  ho  veduto  per  tre  quattrini  dar 
sedici  gomitoli  di  venticinque  o  trenta  libbre  di  coto- 
ne filato.  Proibii  i  baratti  del  cotone,  e  non  permisi 
ad  alcuno  di  prenderne,  riserbandomi  d'  acquistarlo 
tutto  per  le  vostre  Altezze,  se  ve  ne  fosse  in  quantità. 
È  questo  uno  dei  prodotti  dell'  isola;  ma  il  breve 
tempo  che  io  voglio  rimanerci,  non  mi  permette  di 
conoscerli  tutti.  L'  oro  che  tengono  sospeso  alle  na- 
rici, pur  ivi  si  trova;  ma  non  ne  fo  cercare  per  non 
perdere  il  mio  tempo,  volendo  raggiungere  V  isola  di 
Cipango.  " 

Il  14  ottobre,  prima  di  far  vela  per  il  Sud-Ovest 
dove,  secondo  le  indicazioni  avute  dagli  indigeni, 
contava  di  trovarvi  parecchie  grandi  isole,  fece  arma- 
re le  scialuppe  e  le  inviò  a  riconoscere  le  coste  di 
quella  di  San  Salvatore.  Scoprirono  al   Nord-Ovest 


66  CRISTOFORO  COLOMBO. 

un  porto  naturale,  molto  profondo  e  di  facile  accesso 
ai  più  grandi  navigli;  e  un  poco  più  in  là  una  penisola 
tanto  ben  situata  che  con  poco  lavoro  poteva  render- 
si una  fortezza  inespugnabile.  I  selvaggi  continuano 
a  seguire  gli  Europei,  sia  sulla  spiaggia  come  ne  loro 
canotti;  e  quelli  che  erano  dall'  altro  lato  dell'  isola, 
avvisati  di  quanto  era  avvenuto,  accorsero  recando 
loro  da  ristorarsi,  come  a  gente  straordinaria  inviata 
dal  cielo.  Il  Colombo  notò  in  più  luoghi  certe  case 
circondate  d'  alberi  ed  arbusti  a  mo'  di  giardino;  e, 
nel  suo  spirito  di  sincera  pietà,  notò  certe  pietre 
che  gli  parvero  adatte  per  la  costruzione  di  chiese. 

Infine  rimandolli  tutti  quanti,  all'  infuori  di  sette 
che  desiderava  menare  in  Castiglia  per  farli  ammae- 
strare della  cattolica  religione  e  della  lingua  casti- 
gliana.  Pensava  che,  battezzati,  potrebbero  efficace- 
mente aiutarlo  come  interpreti  a  ottenere  tutto  il 
bene  propostosi,  mediante  la  diffusione  del  Vangelo 
tra  popoli  di  sì  miti  e  affabili  costumi. 

Aveva  appena  lasciato  San  Salvatore,  che  si  vide 
intorno  un'  infinità  di  isole,  quasi  cesti  di  fiori  che  a 
centinaia  spuntavano  dalle  acque,  e  i  nativi,  e'  aveva 
sopra  la  sua  caravella,  gliene  davano  i  nomi.  Colombo 
credette  questo  arcipelago  le  7488  isole  con  tanta 
sicurezza  ricordate  da  Marco  Polo,  e  credute  dalla  più 
parte  de'  navigatori.  Impacciato  tra  sì  gran  numero 
d'  isolotti  si  diresse  verso  quella  che  gli  parve  la  più 
grande,  alla  distanza  di  circa  sette  leghe  da  donde  era 
partito.  Ne  prese  possesso,  e,  inalberandovi  la  croce, 
la  denominò  Santa  Maiala  della  Concezione.  Le  cara- 
velle gittarono  1'  àncora,  ma  1'  isola  essendo  sprov- 
vista di  viveri,  il  domani  fecero  vela  per  un'  altra,  alla 
quale,  per  conciliarsi  il  favore  del  re  di  Aragona,  dette 


CAPITOLO  SETTIMO.  .  67 

il  nome  di  Ferdinandina.  In  essa  i  nativi,  di  aspetto 
somiglianti  a  quelli  delle  altre  isole  vicine,  si  mostra- 
vano più  desti,  perchè  invece  di  accettare  qualsiasi 
cosa  che  lor  fosse  offerta  in  cambio  di  quanto  1'  isola 
produceva,  amavano  di  contrattare;  lavoravano  in 
cotone,  tessendo  drappi  di  stoffa,  di  cui  si  coprivano. 
Le  loro  case  avevano  forma  di  tenda  ed  eran  tenute 
con  ammirabile  pulitezza,  coperte  dinanzi  di  rami 
d'  albero  a  difesa  dalla  pioggia  e  da'  venti;  parecchi 
tubi  v'  eran  disposti  nelF  interno  per  X  uscita  del 
fumo,  e  dormivano  in  amache. 

Alcuni  tra  essi  portavano  appeso  al  naso  una  lama 
d'  oro,  su  cui  erano  scolpili  alcuni  segni;  il  Colombo 
a  bella  prima  credette  che  fossero  lettere;  ma  poi  si 
persuase  che  in  quell'  arcipelago  era  affatto  scono- 
sciuto r  uso  della  scrittura. 

Tutto,  in  questo  paese  pittoresco  e  selvaggio,  col- 
piva r  immaginazione  dei  naviganti  :  la  rigogliosa 
vegetazione,  la  quantità  e  bellezza  degli  alberi  che 
intrecciavano  tra  sé  le  spesse  frondi,  i  volatili,  spe- 
cialmente le  varie  specie  dei  pappagalli  a  differenti  e 
vivi  colori,  i  pesci  dalle  squame  cangianti  d'  oro, 
d'  azzurro  e  di  porpora,  le  lucertole  mostruose  che  a 
solo  vederle  mettevano  orrore. 

Gli  abitanti  della  Ferdinandina  fecero  conoscere  al 
Colombo  che,  non  lungi  dalla  loro  isola,  era  una 
terra  più  notevole,  che  essi  chiamavano  Saometo;  e 
subito  egli  partì  a  farne  ricerca,  arrivandovi  il  dì 
seguente,  e  la  chiamò  Isabella.  "  I  miei  occhi,  scri- 
veva nel  suo  Diario,  non  possono  saziarsi  di  mirare 
una  verdura  così  bella  e  diversa  dal  fogliame  de'  nostri 
alberi.  I  fiori  e  gli  alberi  della  piaggia  esalavano 
fragranze  sì  soavi,  che  era  la  cosa  più  deliziosa  del 


68  CRISTOFORO  COLOMBO. 

mondo.  "  Magnifiche  boscaglie  ombreggiavano  V  isola, 
e  miriadi  d' uccelli  incantevoli  a  vedere,  le  abitavano. 
Grandi  laghi  di  limpidissime  acque  si  estendevano  in 
mezzo  alle  foreste,  e  zolle  erbose  e  fresche  ne  forma- 
vano i  margini.  Il  Colombo  fra  il  soave  olezzo  e  la 
luce  purissima  ammirava  estatico  1'  opera  stupenda 
del  Creatore  in  tanta  diversità  d'  alberi  e  di  frutta 
che  ne  pendevano,  e  che  la  mano  onnipotente  non 
aveva  creati  senza  fini  degni  d'  una  sapienza  infinita. 

Ma  pensava  ad  un  tempo  che  Dio  non  lo  aveva 
scelto  a  quella  scoperta  perchè  s'  arrestasse  alla  con- 
templazione di  quelle  meraviglie,  il  cui  esame  in  par- 
ticolare avrebbe  richiesto  funghissimo  tempo;  talché, 
come  ne  scriveva  alla  Regina,  non  appena  sarebbero 
bastati  cinquant'  anni  :  a  lui  premeva  scoprir  terre 
quanto  più  potesse,  e  principalmente  trovar  dell'  oro, 
in  grande  quantità,  essendo  che  da  questo  dipende- 
rebbe il  proseguimento  delle  sue  spedizioni.  Egli 
conosceva  bene  il  re  d'  Aragona  e  sapeva  che  non 
v'  era  altro  mezzo  per  averne  il  favore;  la  magica 
attrattiva  poi  del  prezioso  metallo  sarebbe  per  la 
Spagna  la  prova  più  convincente  della  scoperta  fatta, 
e  muoverebbe  tutta  1'  Europa  a  pigliarvi  parte.  La 
sua  beli'  anima  non  prevedeva  gli  eccessi  che  una 
tale  passione  farebbe  commettere;  egli  pensava  uni- 
camente alla  conversione  alla  fede  di  quei  popoli  e  al 
loro  incivilimento;  e  dopo  questo  primo  fine,  il  con- 
quisto de'  santi  luoghi  della  Palestina. 

A  mezza  notte  del  25  ottobre,  mise  alla  vela  per 
andare  in  ricerca  di  questa  ricchezza  or  sì  vivamente 
da  lui  desiderata;  certo,  com'  ei  diceva,  che  coli'  aiuto 
di  Nostro  Signore  arriverebbe  dove  ne  stava  la  sor- 
gente.   Fece    dunque    rotta    all'    Ovest-Sud-Ovest. 


CAPITOLO  SETTIMO. 


69 


■^ 


Yumory 


ISOLA 

DI 

CUBA. 


% 


Il  27  ottobre  1492  Colombo  scoprì  una  grande  terra 
che  i  nativi  chiamavano  Cuba.  (pag.  70.) 


70  CRISTOFORO  COLOMBO. 

Subito,  fatto  dì,  scoperse  otto  novelle  isole  che 
furono  chiamate  della  Sabbia,  ovvero  d'  Arena,  perchè 
le  caravelle  vi  pescavano  poco  fondo;  e  dovettero 
proseguire  con  grandi  cautele,  sia  per  la  poca  profon- 
dità deir  acqua,  sia  per  gli  scogli  che  ad  ogni  passo 
incontravano.  Tenne  perciò  tutta  la  notte  le  navi  alla 
cappa;  e  il  sabbato  2  7  ottobre,  verso  la  sera,  si  scoprì 
una  grande  terra  che  i  nativi,  da'  quali  era  accompa- 
gnato, chiamavano  Cuba. 

La  domenica  poi,  28,  allo  spuntar  del  giorno,  le 
caravelle  entrarono  in  un  grande  fiume.  Qui  lo  spet- 
tacolo vinceva  tutto  ciò  che  T  immaginazione  possa 
mai  creare,  e  X  uomo  di  Dio  confessò  che  non  aveva 
mai  pensato  simiglianti  meraviglie.  Mentre  i  navigli 
stavano  ancorati  nella  baia  formata  dall'  imboccatura 
del  fiume,  s'  avanzavano  per  scandagliare  il  passo. 
I  nativi  che  coprivano  la  spiaggia  si  dettero  alla  fuga, 
e  Colombo,  temendo  di  spaventarli  soverchio,  vietò 
agli  equipaggi  ogni  atto  nemico.  Il  29,  sulle  indica- 
zioni de'  nativi  che  aveva  seco,  levò  1'  àncora  e 
navigò  verso  ponente,  penetrando  per  il  fiume  nel- 
r  interno,  a  fine  di  maggiormente  contemplare  que- 
st'  isola,  che  egli  stesso  dichiarò  essere  la  più  bella 
che  mai  occhio  umano  avesse  veduta. 

A  questo  punto  credette  egli  d'  esser  giunto  presso 
il  continente  asiatico,  e  che  1'  isola  fosse  quella  di 
Cipango.  Per  assicurarsene,  risolvè  d'  inviare  un 
messo  al  re  da  cui  supponeva  che  fosse  governata,  e 
scelse  a  ciò  Luigi  di  Torres,  ebreo  convertito  e  ver- 
satissimo  nella  scienza  delle  lingue,  a  cui  aggiunse 
un  Castigliano  e  due  Indiani.  Ei  tornarono  dopo  sei 
giorni  accompagnati  da  tre  dell'  isola.  Erano  stati 
ricevuti  come  esseri   discesi  dal  cielo   e  pregati  di 


CAPITOLO  SETTIMO.  71 


rimanere  nella  più  schietta  e  affettuosa  ospitalità. 
Così  raccontarono,  aggiungendo  che  gli  avevano  fatti 
riposare  sopra  sedie  guarnite  d'  oro,  offrendo  loro 
radici  cotte,  del  sapore  delle  castagne;  che  avevano 
veduto  un'  immensità  di  uccelli  di  varie  specie, 
tra  quali  oche,  pernici  e  rosignuoli;  né  in  tutta 
r  isola  essere  altri  animali,  fuor  che  cani  che  non 
abbaiavano;  i  piani  poi  essere  seminati  di  mais,  qua- 
lità di  grano  di  cui  avevan  mangiato  con  gusto;  i 
nativi  servirsi  di  due  pezzi  di  legno  per  accendere  il 
fuoco,  rapidamente  strofinandoli  1'  uno  contro  del- 
l' altro;  e  tutti,  uomini  e  donne,  aspirare  il  fumo  d'  una 
pianta  odorifera,  che  chiamavano  tabago,  tabacco, 
dopo  averla  avvolta  in  una  foglia  secca.  Ma  indizi 
che  fosse  quello  il  regno  del  grande  Khan  non 
averne  incontrati;  e  neanche  che  vi  fossero  miniere 
d'  oro. 

Quello  pertanto  che  confortò  l' anima  del  Colombo 
fu  la  mitezza  degli  abitanti,  per  la  quale  egli  credette 
che  riceverebbero  senza  difficoltà  il  Vangelo.  ''  Sono 
convinto,  serenissimi  principi,  (scriveva  ai  Monarchi 
Spagnoli)  che  tosto  che  persone  devote  e  religiose 
intenderanno  il  loro  linguaggio,  queste  genti  diver- 
ranno tutte  cristiane.  Spero,  colla  grazia  di  Dio,  che 
le  Altezze  Vostre  si  decideranno  prontamente  ad 
inviarcene,  per  riunire  alla  Chiesa  così  grandi  popoli.  " 
Aggiungeva  d'  aver  fatto  riparare  i  suoi  navigli 
durante  quel  soggiorno  in  Cuba,  e  che  or  partiva  in 
cerca  d'  oro  e  di  spezierie,  e  a  scoprir  terre  novelle. 

Il  14  dunque  di  novembre,  s'  indirizzò  all'  Est,  tro- 
vandosi tosto  in  mezzo  ad  isole  innumerevoli,  e 
chiamò  il  tratto  di  mare  percorso  mare  di  Nostra 
Donna,  de  N^iestra  Sehora.  Navigò  per  due  giorni 


72  CRISTOFORO  COLOMBO. 

ne'  canali  formati  da  queste  isole  di  una  vegetazione 
maravigliosa.  Il  i6,  disceso  a  terra,  vide  due  grandi 
pezzi  di  legno  al  suolo,  1'  uno  sovrapposto  all'  altro  a 
mo'  di  croce.  Credendo  che  questo  incontro  gli  fosse 
avvenuto  per  una  speciale  disposizione  di  Dio,  fece 
raccogliere  que'  due  tronchi;  e  V  innalzò  come  segno 
della  redenzione  sopra  un'  altura  nuda  di  vege- 
tazione, da  cui  potevano  esser  veduti  da  lontano. 

Il  lunedì,  19,  i  tre  navigli  presero  il  largo  per  B o/no 
o  Babèque,  verso  il  Sud- Est.  I  nativi  dicevano  che 
vi  si  raccoglieva  1'  oro  in  grosse  pietre,  la  notte,  al 
chiarore  di  fiaccole.  Però  i  venti  gli  rendettero  penosa 
questa  navigazione. 

La  mattina  del  22  la  Santa- Maria  e  la  Nina  sol- 
tanto erano  rimaste  unite,  e  gli  equipaggi  invano  si 
affaticarono  per  scorgere  sulF  orizzonte  le  vele  della 
Pinta, 

Il  capitano  Martino  Alonzo  Pinzon,  che  la  coman- 
dava, mal  sopportava  1'  autorità  di  cui  Colombo  era 
rivestito.  Pensava  che,  senza  1'  opera  sua  e  de'  suoi 
fratelli,  cotesto  straniero  starebbe  ancora  aspettando 
uomini  e  navigli  per  \  impresa,  e  intanto  egli  si  ser- 
viva di  loro,  come  di  strumenti  della  propria  gloria. 
Infine,  dalla  sete  dell'  oro  renduto  dimentico  dei 
doveri  assuntisi  e  de'  giuramenti  fatti,  abbandonò 
il  proprio  capo  e  partì  solo  per  la  scoperta  dell'  isola 
di  Babèque,  che,  al  riferir  dei  nativi,  risplendeva  d' oro 
e  di  perle  preziose;  essendo  la  Pinta  leggerissima 
al  corso,  egli  sperava  di  arrivare  prima  di  tutti 
ad  essa. 

Questa  diserzione  afflisse  profondamente  1'  Ammi- 
raglio; oltreché  lo  privava  d'  una  parte  delle  sue 
risorse  in  uomini  e  del  miglior  vascello  :  fu  la  prima 


CAPITOLO  SETTIMO.  73 

ferita  con  cui  Y  invidia  ne  insanguinò  il  cuore.  Non- 
dimeno proseguì  il  suo  cammino  sempre  più  rapito 
dallo  spettacolo  che  gli  si  spiegava  davanti  delle  pro- 
digiose bellezze  del  novello  mondo  da  lui  scoperto; 
perocché  erano  terre  di  prodigiosa  fertilità  :  qua  porti 
nei  quali  avrebbero  potuto  ancorare  i  più  grossi  va- 
scelli; là  montagne  vestite  di  maestose  foreste,  e  ogni 
dì,  com'  egli  diceva,  una  novella  scoperta  superava 
le  precedenti. 

Temendo  di  esser  troppo  rattenuto  dall'  ammira- 
zione di  queste  isole  con  detrimento  del  suo  fine  prin- 
cipale, determinò  di  non  pigliar  terra,  confessando 
che  sempre  era  rattenuto  più  di  quello  che  si  conve- 
nisse dall'  aspetto  di  quella  natura  sì  varia,  sì  ricca 
ed  incantevole,  che  lo  metteva  in  entusiasmo. 

Il  28,  costeggiando  Cuba  al  Sud- Est,  le  caravelle 
entrarono  in  un  porto  scavato  dalle  acque  d'  un  fiume 
profondo.  Imponenti  montagne  levavano  gradata- 
mente le  loro  cime,  che  perdevansi  nell'  aria  lumi- 
nosa. La  vegetazione,  più  assai  che  in  tutte  le  altre 
isole  fin  qui  visitate,  pigliava  gigantesche  proporzioni, 
ed  il  suolo  mostrava  ad  ogni  passo  la  sua  fecondità 
maravigliosa.  L'  esuberante  natura  dei  tropici  univa 
quivi  bellezza  pari  alla  forza  con  cui  si  manifestava. 


SOMMARIO. 


PORTO  SANTO;  il  Porto  di  sannicola;  scoperta  dell'  isola  d'  Haiti,  a 
cui  il  Colombo  dà  il  nome  di  spagnola,  più  tardi  San  Domingo. 
L'  isola  della  tortuga.  —  Relazioni  degli  Spagnoli  con  i 
nativi  della  Spagnola;  il  cacico  Guacanagari.  —  Naufragio 
della  SANTA  maria.  Primo  stabilimento  degli  Europei  nelle 
Antille.  Il  Colombo  fa  costruire  un  forte  alla  Spagnola.  Vi 
lascia  una  piccola  guarnigione  sotto  gli  ordini  di  Diego  di 
Arana.  —  Parte  per  1'  Europa  con  la  ni!^a.  Arrivo  della 
PINTA;  scuse  di  Alonzo  Martino  Pinzon.  Il  Colombo,  compor- 
tandosi con  prudenza,  le  accetta.  Terribile  tempesta  che 
separa  le  due  caravelle.  Voti  che  fanno  gli  equipaggi.  —  Il 
Colombo  afflia  al  mare  il  racconto  della  sua  scoperta.  —  Ar- 
rivo alle  Azzore;  il  governatore  portoghese  vuole  e  si  prova 
a  fermare  il  Colombo.  —  Altra  tempesta  che  costringe  la  nina 
ad  approdare  in  Portogallo. 


D  un  luogo  di  tanta  bellezza  ed  incanto  il 
Colombo  dette  il  nome  di  Porto  Santo, 
Puerto  Santo,  Gli  pareva  di  trovarsi  in 
mezzo  a  tante  e  sì  sorprendenti  mara- 
viglie, che  temeva  gli  avesse  a  mancare  il  coraggio 
di  uscirne.  Provandosi  a  dirne  qualcosa,  scriveva  che, 
per  quanto  avesse  fatto,  non  sarebbe  riuscito  a  dirne 
la  millesima  parte,  e  ne  ringraziava  commosso  Iddio, 
sopra  tutto  a  lui  riconoscente  di  avergli  conservata 
nelle  sofferenze  di  sì  difficile  navigazione,  perfetta 
salute.  "  Grazie  a  Dio,  nostro  Signore,  nessuno  delle 
genti  del  mio  equipaggio  non  ha  provato,  infino  a 
questo  giorno,  il  minimo  male  di  testa,  né  v'  è  chi  sia 
stato  in  letto  per  causa  di  malattia;  ad  eccezione  di 


CAPITOLO  OTTAVO.  75 

un  solo,  che  pativa  del  mal  della  pietra,  e  ne  aveva 
sofferto  tutto  il  tempo  di  sua  vita,  il  quale,  nondimanco, 
è  risanato  dopo  i  primi  due  giorni  del  nostro  sog- 
giorno in  questa  regione.  " 

Poi  prevedendo  che  quelle  contrade  sarebbero 
lordate  dai  delitti  ai  quali  la  passione  dell'  oro 
conduce,  supplicava  i  Sovrani  di  Spagna  a  vietare 
r  accesso  a  tutti  coloro  che  potessero  portarvi  qual- 
che germe  di  corruzione.  "  Prego  le  Vostre  Altezze 
di  non  permettere  ad  alcuno  straniero  di  porre  il  pie 
in  questo  paese  e  d'  averci  la  menoma  comunica- 
zione, se  non  è  cristiano  e  cattolico,  poiché  tale  è 
stato  lo  scopo  delle  scoperte  che  ho  fatto  per  ordine 
dell'  Altezze  Vostre,  e  non  ho  intrapresi  questi 
viaggi,  che  per  servire  alla  propagazione  e  alla  gloria 
della  religione  cristiana.  " 

Queste  parole  rivelano  in  tutta  la  sua  schietta 
verità  il  disegno  del  Colombo,  e  non  v'  è  più  da 
sofisticare  sopra  i  motivi  che  lo  determinarono  al- 
l' impresa,  e  molto  meno  di  accusarlo  d'  essersi 
lasciato  muovere  dalla  passione  di  ricchezze  e  dal- 
l' ambizione  di  onori.  Egli  stesso  difese  1'  opera  sua, 
che  era  bella  davvero,  perocché  egli  voleva  che  la 
purità  della  Religione  rendesse  queste  contrade 
degne  della  mano  generosa  che  le  aveva  create  e 
sparse  come  tante  gemme  preziose  là,  lontano,  fra  gli 
abissi  dell'  Oceano. 

Il  1°  di  decembre,  sopra  un'  altura  che  dominava 
il  porto,  fece  alzare  il  segno  sacro  di  nostra  Reden- 
zione, e  in  nome  di  Dio  pigliava  possesso  di  quelle 
isole  maravigliose. 

Il  4,  sesto  giorno  che  era  in  Puerto  Santo, i^c^  levare 
le  àncore,  e  le  caravelle  proseguirono  verso  l'Ovest. 


76  CRISTOFORO  COLOMBO. 

Il  6  poi  entrarono  in  una  cala  che  mise  sotto  V  in- 
vocazione della  Vergine,  e  dette  il  nome  di  Capo  della 
Stella  a  un  promontorio  che  si  allungava  in  mare;  e 
verso  sera  avendo  riconosciuto  un  altro  bel  porto,  in 
onore  del  Santo  di  cui  la  Chiesa  celebrava  in  quel  dì 
la  festa,  lo  chiamò  porto  di  San  Nicola. 

La  costa  seguita  dalle  caravelle  presentava  monta- 
gne e  colline,  che  ricordavano  agli  equipaggi  la  fiso- 
nomia  della  loro  patria.  Alcuni,  scesi  sopra  i  pali- 
schermi e  gettate  le  loro  reti,  presero  una  gran  quan- 
tità di  pesci  in  tutto  simili  a  quelli  del  mare  di  Spagna, 
sogliole,  salmoni,  sardine  e  triglie.  Anche  le  pianure 
che  dalla  riva  si  estendevano  nell'  interno,  fra  mezzo 
a  colline  coperte  di  boscaglie,  avevano  delle  so- 
miglianze con  quelle  di  Castiglia.  Cristoforo  dette  a 
quest'  isola  il  nome  di  Hispaniola^  Spagnola,  nome 
caro  all'  orecchio  de'  suoi  compagni,  che  si  dilettava- 
no a  ripeterlo  come  un  eco  di  quello  della  patria  lon- 
tana. Era  r  isola  che  1'  Ammiraglio  cercava  sotto  il 
nome  di  Bohio,  e  che  gli  indigeni  chiamavano  Haiti. 

Il  12  decembre,  secondo  il  pio  suo  costume,  fece 
inalberare  una  croce  sulla  spiaggia,  non  tanto  per 
confermare  i  diritti  del  regno  di  Castiglia,  quanto 
''  principalmente,  egli  dice,  in  segno  di  Gesù  Cristo 
Signor  nostro,  ed  in  onore  della  Cristianità.  " 

I  nativi  a  bella  prima  eransi  dati  alla  fuga,  ed  in- 
darno sì  il  Colombo  che  i  suoi  marinari,  avevan  pro- 
vato a  legar  relazione  con  essi;  tanto  che  pene- 
trati nell'  interno,  non  incontrarono  che  abitazioni 
vuote  e  deserte.  Riuscito  a'  soldati  di  afferrarne  uno, 
il  Colombo,  a  cui  fu  menato,  gli  dette  alquanti  regali  ;  e 
dopo  molte  carezze  lo  fece  rilasciare.  Il  dì  appresso, 
nove  soldati  con  un    Indiano  di  San   Salvatore  si 


CAPITOLO  OTTAVO.  77 

avanzarono  fino  alla  distanza  di  cinque  leghe  nel 
paese,  arrivando  ad  un  villaggio  abbastanza  ragguar- 
devole, che  contava  un  ben  mille  case.  Gli  abitanti 
presero  la  fuga,  ma  rassicurati  dall'  Indo  che  il  Co- 
lombo aveva  umanamente  accolto  e  da  quello  che 
aveva  seco,  tornarono,  accostandosi  ai  Castigliani 
senza  diffidenze.  Si  seppe  dipoi  la  causa  del  loro  spa- 
vento e  della  prudenza  usata  :  quelle  isole  erano 
spesso  desolate  dalle  scorrerie  dei  selvaggi  di  Caniba  o 
Caraibi,  gente  guerriera  e  feroce,  che  sopra  canotti 
armati  venivano  da  isole  lontane,  e,  fatti  de'  prigio- 
nieri, se  li  divoravano. 

Finalmente  i  nove  soldati  fecero  ritorno  alle  cara- 
velle. Avevano  trovato  campi  fertili  e  sparsi  d'  alberi 
da  frutto,  e  delle  pianure  floride  come  quelle  di  Ca- 
stiglia  in  primavera,  benché  fosse  dicembre;  ma  nulla 
che  li  mettesse  alla  scoperta  dell'  oro  di  cui  andavano 
in  cerca. 

Dopo  ciò  il  Colombo  mise  alla  vela  per  scoprire 
r  isola  di  BabèquCy  che  gli  Indi  dicevano  essere  il 
paese  dell'  oro  e  dell'  abbondanza;  se  non  che  i  venti 
contrari  avendo  portato  la  Santa  Maria  e  la  Nina 
suir  isola  della  Tortuga,  egli  raggiunse  la  Spagnola. 

Questa  volta  i  nativi  accorsero  numerosi  senza 
timore.  Il  Colombo  comandò  che  fossero  trattati  con 
affetto  e  come  fratelli  "  poiché,  egli  dice,  essi  sono  i 
migliori  popoli  del  mondo,  i  più  pacifici  mortali;  e 
specialmente  perchè  ho  somma  speranza  nel  nostro 
Signore,  che  le  Altezze  Vostre  vorranno  fare  di  essi 
tanti  Cristiani,  e  saran  tutti  vostri  sudditi  :  ma  dal 
canto  mio  come  tali  omai  li  reputo.  " 

Il  capo  del  paese  avendo  udito  parlare  di  questi 
stranieri,  venuti  come  per  prodigio  con  enormi   va- 


78  CRISTOFORO  COLOMBO. 

scelli,  e  che  non  facevano  punto  male  a'  suoi  sudditi, 
anzi  li  regalavano,  volle  visitarli  personalmente  co- 
me esseri  discesi  dal  cielo.  Seguito  da  duecento  uo- 
mini, si  fermò  un  tratto  sulla  spiaggia,  poi,  dato  loro 
ordine  che  1'  aspettassero,  con  due  de'  suoi  principali 
salì  sulla  caravella  del  Colombo.  Questi  gli  offrì 
de'  rinfreschi,  ma  il  cacicOy  come  lo  chiamavano  i 
suoi,  vi  accostò,  per  cortesia,  soltanto  l'estremità  delle 
labbra,  e  poi  gli  presentò  una  cintura  ricca  di  lavori 
in  oro  finamente  cesellati,  e  in  questo,  accortosi  il  Co- 
lombo che  guardava  con  grande  avidità  la  coltre  che 
copriva  il  suo  letto,  gliene  fece  dono.  Allora  il  nativo 
di  San  Salvatore,  che  questi  aveva  seco  e  cominciava- 
gli  a  servire  da  interprete,  spiegò  come  1'  Ammiraglio 
fosse  il  luogotenente  dei  re  di  Castiglia  e  di  Leone, 
i  più  grandi  Monarchi  della  terra  :  quegli  però  non 
se  ne  persuase,  tenendoli  esseri  scesi  dal  cielo.  Era 
questi  il  capo  principale  di  Haiti  e  chiamavasi  Gua- 
canagari. 

Poi  se  ne  presentarono  altri,  e  il  Colombo  gli  rice- 
vette con  eguale  benevolenza,  regalandoli  di  vetrami, 
di  anelli  in  rame  e  ottone,  e  di  berretti  di  stoffa. 

Il  2  1  dicembre,  Guacanagari  lo  fece  pregare  di 
recarsi  alla  sua  Corte,  inviandogli,  per  alcuni  de'  suoi, 
una  maschera  fatta  di  legno  leggero,  i  cui  occhi,  il 
naso,  la  lingua  e  le  orecchie  erano  puro  oro.  Egli  o 
gli  fosse  mancato  il  vento,  o  la  speranza  lo  consiglias- 
se, mandò  invece  alcuni  de'  suoi  ufficiali,  che  fecero 
tosto  ritorno,  maravigliati  dell'  accoglienza  ricevuta  e 
portandogliene  ricchi  regali,  cioè  pezzi  d'  oro  e  pappa- 
galli addimesticati;  e  raccontarono  che,  ne'  villaggi 
che  attraversarono,  da  per  tutto  i  nativi  gittavansi  ai 
loro  piedi  baciando  la  terra  su  cui  eran  passati. 


CAPITOLO  OTTAVO, 


79 


Ma  la  Santa  Maria  erasi  così  profondamente  incagliata 
nella  sabbia,  che  egli  dovette  rassegnarsi  ad  abbandonar- 
la, (pag.  80). 


80  CRISTOFORO  COLOMBO. 


Il  lunedì,  24  dicembre,  la  Santa  Maria  e  la  Niiìa 
proffittarono  del  vento  di  terra  per  uscire  dal  porto, 
risoluto  il  Colombo  a  visitare  il  gran  cacico  Guaca- 
nagari.  Ma  verso  il  mezzogiorno  il  vento  cessò  d'  un 
tratto,  e  poco  fu  il  cammino  che  potettero  fare.  La 
Nina  era  a  un  miglio  circa  della  Santa  Maria,  e  il 
Colombo  sia  che  il  governo  della  flottiglia  1'  avesse 
soverchiamente  affaticato,  o  1'  affluenza  de'  nativi  che 
vollero  vederlo,  verso  le  undici  della  sera,  lasciato  il 
ponte,  scese  nella  sua  camera  e  vestito  com'  era,  si 
abbandonò  tutto  al  riposo.  Calmo  era  il  mare  né  pre- 
sentavansi  pericoli  di  sorta. 

L'  ufficiale  di  guardia  sentendosi  preso  dal  sonno 
affidò  il  timone  ad  un  piloto  per  scendere  anch'  egli 
a  coricarsi,  e  quello,  poco  pratico  delle  correnti,  lasciò 
menar  la  caravella  sopra  un  banco  di  sabbia.  Desta- 
rono subito  il  Colombo  e  il  primo  dei  suoi  aiutanti, 
e  quegli  salito  immediatamente  sul  ponte,  con  calma 
mirabile  dette  ordine  per  evitare  i  pericoli,  facendo 
gittare  le  scialuppe  in  mare,  che  si  avanzassero  a  get- 
tare r  àncora  in  qualche  distanza.  Egli  pensò  che  con 
questo  ripiego  la  Santa  Maria  alleggerita  alquanto 
tornerebbe  a  galla.  Invece  come  furono  discesi  nella 
scialuppa,  non  pensando  che  a  campare  dal  pericolo, 
si  discostarono  rapidamente  a  forza  di  remi  fino  alla 
Nina.  Vicenzo  Jaiìes  Pinzon,  che  la  comandava,  si 
rifiutò  a  riceverli,  e  immantinente  spedì  un  canotto 
in  soccorso  dell'  Ammiraglio.  Ma  la  Santa  Maria 
erasi  così  profondamente  incagliata  nella  sabbia,  che 
egli  dovette  rassegnarsi  ad  abbandonarla;  e  con  gli 
uomini  che  gli  restavano  raggiunse  la  Niiìa. 

Il  domani,  all'  alba,  il  Colombo  mandò  dei  messi  a 
Guacanagari  per  informarlo  come  la  caravella  si  fosse 


CAPITOLO  OTTAVO.  81 

perduta.  E  subito  spedì  egli  buon  numero  de'  suoi 
con  parecchi  marinari  per  aiutarlo  a  salvarne  il  con- 
tenuto; e  col  loro  efficace  aiuto,  in  breve  tutto, 
salvo  il  naviglio,  fu  recuperato,  né  gì'  isolani  rubaro- 
no la  minima  cosa,  fosse  anche  un  filo  di  corda. 

Guacanagari  si  mostrò  desolato  del  grave  disa- 
stro, che  tanto  più  riusciva  doloroso  all'  Ammiraglio 
in  quanto  che  più  non  gli  rimaneva  che  la  Niiìa,  a 
causa  della  diserzione  di  Martino  Alonzo  Pinzon  so- 
pra la  Pinta;  egli  offi-ì  quanto  possedeva  per  ripa- 
rarvi. 

L'  amicizia  che  mostrò  al  Colombo  questo  capo 
selvaggio  ed  il  naufragio  della  Santa  Maria,  di 
cui  nulla  s'  era  perduto  di  quanto  conteneva,  viveri, 
mercanzie  ed  armi,  fecero  credere  all'  Ammiraglio 
che  Dio  avesse  quivi  appunto  permesso  questo  inca- 
glio, perchè  vi  si  stabilisse.  Per  lo  che  si  determinò 
a  costruirvi  un  forte  coli'  assentimento  di  Guacana- 
gari. E  questi  se  ne  mostrò  contentissimo;  sia  perchè 
aveva  preso  vero  affetto  al  Colombo  e  a  tutti  i  suoi, 
sia  perchè  vedeva  in  essi  un  potente  aiuto  contro  i 
Caraibi,  tribù  sanguinarie  avide  di  umana  carne, 
che  assali van  1'  isola  quieta  d'Haiti. 

Il  Colombo  a  tenere  i  nativi  in  tale  speranza,  ed 
anche  in  un  salutare  timore,  fece  sparare  alla  loro 
presenza  alcuni  colpi  d'  artiglieria.  Ei  credettero  che 
gli  Spagnoli  avessero  in  loro  potere  la  folgore.  Con 
queste  armi,  disse  1'  Ammiraglio  a  Guacanagari,  "  ti 
farò  vittorioso  di  quanti  osino  assalirti. 

E  subito  fu  dato  principio  ad  un  piccolo  forte,  di 
cui  egli  stesso  dette  il  disegno  e  diresse  il  lavoro.  Ne 
ordinarono  la  difesa  con  bastioni  di  terra  sopra  i 
quali  ricorreva  una  palizzata  tenuta  ferma  da  qual- 


82  CRISTOFORO  COLOMBO. 

che  gomena  del  perduto  naviglio,  con  un  fosso  abba- 
stanza profondo  e  con  alcuni  cannoni  della  Santa 
Maria, 

Ne  affrettò  quanto  era  possibile  il  compimento, 
impaziente  di  far  ritorno  in  Ispagna  a  darvi  notizia 
de'  suoi  successi.  Delle  tre  caravelle  con  le  quali 
aveva  approdato  al  Nuovo  Mondo,  gli  rimaneva  la 
Nina,  e  non  era  senza  pena  che  qualche  incontro, 
come  quello  che  aveva  fatto  perdere  la  Santa  Maria, 
non  gli  rendesse  impossibile  il  ritorno.  Raccolta  per- 
tanto la  sua  gente  ne  scelse  trentanove  de'  più  forti 
e  risoluti,  destinandogli  a  rimanere  nel  forte  per 
guarnigione,  dei  quali  affidò  il  comando  a  Diego  di 
Arana  assistito  da  due  luogotenenti,  Pietro  Guttierez 
e  Rodrigo  di  Escobedo;  e  lasciò  loro  parecchi  stru- 
menti, un  gran  numero  d'  armi,  provigioni  da  bocca 
per  un  anno,  parecchie  mercanzie  per  continuare  il 
commercio  con  gli  isolani,  e  diverse  qualità  di  grani 
da  seminare,  con  alquanti  artisti  in  legno  ed  in  ferro, 
un  sarto  ed  un  calzolaio;  insomma  una  piccola  co- 
lonia. 

Premunitili  di  tutte  le  necessarie  istruzioni,  e  cal- 
damente loro  raccomandata  la  concordia  e  la  pace 
fra  sé  medesimi,  e  molta  prudenza  e  bontà  verso  i 
nativi,  tra  i  quali  gli  lasciava;  come  ancora  d'  impra- 
tichirsi della  loro  lingua  per  guadagnarli  alla  cristia- 
na religione,  di  cui  dovevano  soprattutto  dar  loro 
buona  idea  con  la  dolcezza  e  con  X  esempio,  si  licenziò 
dal  re  Guacanagari,  inviandogli  novelli  "doni  e  rifer- 
mando la  contratta  alleanza,  e  ne  fu  ricambiato  con 
la  promessa  che  avrebbe  trattato  gli  Spagnoli  come 
proprj  sudditi. 

Pertanto  il  venerdì,  4  gennaio,  sulla  Nina  spiegò 


CAPITOLO  OTTAVO.  83 

le  vele  per  1'  Europa,  ma  con  l'intendimento  di  rico- 
noscere ad  un  tempo  le  coste  della  Spagnola. 

La  domenica  seguente,  la  sentinella  che  stava  in 
vedetta  segnalò  un  naviglio  che  teneva  il  medesimo 
cammino,  ed  era  la  Pinta,  comandata  da  Martino 
Alonzo  Pinzon,  che  sino  a  quel  momento  s'  era  sot- 
tratto ai  severi  rimproveri  e  giusti  castighi  che  meri- 
tava per  la  sua  condotta.  Cercava  egli  veramente  del 
Colombo,  o  lo  trasse  a  quell'  incontro  la  mano  divi- 
na? Egli  pretese  che  il  cattivo  tempo,  ne  lo  avesse 
tenuto  separato  e  lontano  contro  la  propria  volontà, 
e  volle  giustificarsene.  Il  Colombo  ne  accettò  le 
scuse,  benché  non  vi  credesse;  in  mezzo  ad  equi- 
paggi composti  di  soli  Sp^.gnoli,  la  prudenza  lo  consi- 
gliò a  pazientare,  piuttosto  che  ridestar  le  invidie  e 
porgere  occasione  a  nuovi  torbidi,  e  forse  ad  una 
piena  rivolta. 

Ma  le  caravelle  non  erano  in  condizioni  di  tenere 
lungamente  il  mare;  di  fatti,  il  lunedì,  7  gennaio,  do- 
vettero chiudere  una  vena  d'  acqua  nella  cala  della 
Nifia.  L'  1 1  poi,  spirando  al  ritorno  il  vento  favore- 
vole, smise  r  idea  di  costeggiare  la  Spagnola 
e  voltò  le  prue  verso  la  Spagna,  sperando,  nono- 
stante la  molta  acqua  che  facevano  i  navigli,  che 
quel  Dio  da  cui  sino  a  quel  momento  era  stato  sì 
mirabilmente  protetto,  lo  riconducesse  al  porto;  e 
il  lò  gennaio,  le  due  caravelle  correvano  al 
Nord- Est. 

Il  corso  che  tennero,  sebbene  a  detta  de'  piloti 
incerto,  fu  per  un  mese  prosperevole  quanto  si  pote- 
va desiderare;  nondimeno  la  Pinta  ebbe  alcune  ava- 
rie, e  la  Nina,  per  aspettarla,  fu  costretta  a  diminuire 
le  vele.  I  viveri  però  scarseggiavano,  alquanti  tonni 


84  CRISTOFORO  COLOMBO. 

ed  un  grosso  pescecane  che  riuscì  a  pigliare,  vi  sup- 
plirono. 

Il  1 2  febbraio,  avevano  percorso  circa  cinquecento 
leghe,  quando  furon  sorpresi  da  terribile  tempesta. 
Il  Colombo  aveva  fatto  piegare  le  vele  appena  il 
vento  cominciò  a  rinforzare,  ma  1'  uragano  tosto  rad- 
doppiò così  di  violenza,  che  perdettero  ogni  speranza 
di  salvarsi.  La  Pinta,  incapace  di  reggere  al  vento  e 
di  manovrare,  fu  trasportata  in  lontananza  fra  mezzo 
alle  onde  furiose,  e  la  Nina  che  si  lasciava  traspor- 
tare dal  vento,  la  credette  perduta. 

Credendo  1'  Ammiraglio  il  naufragio  inevitabile, 
propose  al  suo  equipaggio  di  fare  un  voto;  e  si  trasse 
a  sorte,  chi  in  nome  di  tutti  si  recherebbe  in  pellegri- 
naggio a  Nostra  Signora  di  Guadalupa.  Ne  sortì  il 
nome  dell'  Ammiraglio.  Aumentando  il  pericolo  ne  fu 
proposto  un  secondo,  e  poi  un  terzo  e  la  sorte  dette 
sempre  il  suo  nome.  Infine,  tutti  unitamente  fecero  voto 
di  recarsi  a  pie  nudi  alla  chiesa  dedicata  alla  Vergine, 
che  trovassero  più  vicina  al  luogo  a  cui  approdassero. 

Ma  non  perciò  la  forza  dell'  uragano  rimetteva 
punto;  e  per  tanta  persistenza  del  turbine  erano  tutti 
atterriti.  Il  Colombo  credendo  certa  la  morte,  soste- 
neva una  vera  agonia,  non  già  per  la  perdita  d'  una 
vita  che  sì  sovente  aveva  sacrificata;  ma  perchè  niun 
frutto  si  avrebbe  da  tanti  sacrifici,  e  la  scoperta  fatta 
si  rimarrebbe  di  nuovo  quivi  sepolta.  Discese  allora 
nel  suo  gabinetto,  tracciò  frettolosamente  sur  una 
pergamena  i  particolari  principali  del  suo  viaggio; 
e  r  avvolse  prima  in  una  tela  incatramata  e  poi  den- 
tro uno  strato  di  cera,  da  ultimo  chiudendola  erme- 
ticamente in  un  barile,  che  risalito  sul  ponte  fece 
gittare  nelle  onde. 


CAPITOLO  OTTAVO.  85 

L'  uragano  a  poco  a  poco  si  acquietò,  e  il  venerdì, 
15  febbraio,  in  sul  mattino,  le  sentinelle  segnalarono 
una  terra  sulla  direzione  del  Nord-Est;  ma  la  violen- 
za dei  marosi  lor  non  consentì  di  approdare.  Cre- 
dettero alcuni  di  essere  arrivati  davanti  le  scogliere 
di  Cintra,  presso  Lisbona;  altri  d'  esser  piuttosto 
nelle  vicinanze  dell'  isola  di  Madera,  il  Colombo 
invece  annunziò  le  Azzore.  Di  fatti,  il  giorno  dopo 
videro  quella  di  Santa  Maria,  a  cui  approdarono  il 
18  di  febbraio.  Don  Giovanni  di  Castaneda,  che  v'  era 
governatore  per  il  re  di  Portogallo,  mandò  subito 
a  salutare  il  Colombo  con  de'  rinfreschi.  Rincoratisi 
alquanto,  la  prima  cosa  che  ordinò  1'  Ammiraglio  fu 
r  adempimento  del  voto  fatto,  inviando  processional- 
mente  una  parte  degli  equipaggi  ad  una  capella  vici- 
na; riservato  a  sé  e  all'  altra  parte  il  dì  seguente. 
Lasciate  a  bordo  le  armi  incedevano  a  piedi  nudi  e 
pregando,  quando  fatto  un  centinaio  di  passi,  venne- 
ro assaliti  da  una  truppa  di  Portoghesi  e  fatti  prigioni. 
Il  Colombo  sorpreso  di  non  vederli  far  ritorno,  entrò 
in  sospetto,  e  di  fatti  seppe  che  vi  era  ordine  del  re 
di  Portogallo  che  a  qualunque  costo  egli  fosse  arre- 
stato ovunque,  capitasse  nelle  sue  terre.  Indegno  pro- 
cedimento d'  un  principe  sleale,  contro  chi  gli  aveva 
offerta  tanto  generosamente  1'  opera  propria,  e  non 
ne  aveva  ricevuto  che  neri  tradimenti. 

Il  Colombo  voleva  punire  quell'  atto  infame;  ma 
quel  governatore  a  scusarsi  si  finse  sorpreso  e  tratto 
in  errore;  per  lo  che  il  Colombo,  riavuti  i  proprj 
marinari,  e  riabbonandosi  il  tempo,  proseguì  il  suo 
cammino,  pigliando  verso  1'  Est,  con  felice  naviga- 
zione fino  al  2  di  marzo.  Se  non  che  il  dì  seguente 
la  tempesta  essendosi  scatenata  più  furiosa  di  prima, 


86 


CRISTOFORO  COLOMBO. 


fecero  voto  che  un  di  loro  pellegrinerebbe  a  Nostra 
Signora  della  Cintola,  nella  provincia  d'  Huelva;  e 
per  la  quarta  volta  la  sorte  ricadde  sopra  di  lui. 
Tutta  la  notte  corsero  a  discrezione  del  vento  senza 
governo  né  speranza;  ma  il  lunedì,  4  marzo,  tra 
r  oscurità  scorsero  confusamente  la  terra,  e  allo 
spuntar  del  giorno  riconobbero  le  alte  scogliere  di 
Cintra;  e  quantunque  il  vento  fosse  buono  a  prose- 
guire per  la  Spagna,  il  mare  continuava  così  burra- 
scoso e  grosso,  che  fu  necessario  piegar  verso 
Lisbona. 

Finalmente  non  senza  gravi  difficoltà  riuscirono 
ad  ancorare  in  Rastelo,  da  dove  il  Colombo  scrisse 
due  lettere,  una  ai  re  di  Castiglia  e  d'  Aragona  per 
avvertirli  del  suo  arrivo,  V  altra  al  re  di  Portogallo 
per  averne  il  permesso  di  riparare  nel  porto  della 
sua  capitale. 


SOMMARIO. 

Accoglienze  fatte  al  Colombo  dal  re  di  Portogallo.  Suo  arrivo 
al  porto  di  Palos.  Onori  che  vi  riceve.  —  Ritorno  della  finta. 
Sdegno  di  Martino  Alonzo  Pinzon,  quando  lo  seppe  giunto 
sano  e  salvo.  —  È  colpito  dalla  morte.  —  Il  Colombo  è  chia- 
mato alla  Corte.  Suo  cammino  trionfale  da  Siviglia  a  Barcel- 
lona. —  Udienza  che  riceve  dai  Monarchi,  ai  quali  fa  la  nar- 
razione del  suo  viaggio.  E  da  essi  colmato  di  favori,  come 
da  tutta  la  nobiltà.  —  Bolla  pontificia  per  la  divisione  delle 
scoperte  tra  gli  Spagnoli  ed  i  Portoghesi.  —  Preparativi  per 
una  seconda  spedizione.  11  Colombo  parte  con  tre  carache  e 
quattro  caravelle.  Scoperta  dell'  isola  di  san  Domingo  dopo 
una  felice  traversata.  Le  isole  dei  caraibI;  la  guadalupa;  arrivo 
alla  Spagnola.  Desolazione  del  Colombo  come  conobbe  la 
rovina  della  colonia,  e  il  massacro  della  guarnigione  fatto  dai 
selvaggi.  Fedeltà  di  Guacanagari. 


pAN  veduto  i  lettori  per  quali  prove  e 
mortali  angoscie  ebbe  a  passare  il  Co- 
lombo; martirio  che  Dio  tien  riserbato 
'^f(  "  per  tutte  le  grandi  anime  a  manifesta- 
zione della  loro  virtù  :  basse  gelosie  e  perfìdie, 
lungo  disprezzo  e  miseria,  come  se  fosse  stato  il 
più  dozzinale  avventuriere  di  questo  mondo,  finché 
quasi  per  prodigio,  non  ottenne  di  potersi  mettere 
air  impresa,  e  dipoi  nel  momento  di  poter  annun- 
ziare all'  Europa  che  era  pienamente  riuscito,  in 
pericolo  di  restar  sepolto  negli  abissi  del  mare,  senza 
la  soddisfazione  di  mostrare  a'  suoi  emoli  1'  esattezza 
de'  calcoli  e  delle  affermazioni  che  gli  rivelavano  un 


88  CRISTOFORO  COLOMBO. 

Nuovo  Mondo,  ne  giustificare  la  confidenza  de'  pochi 
che  gli  avevano  creduto.  Ed  ora  dunque  che,  fatto 
ritorno  per  la  speciale  protezione  di  quel  Dio,  in  cui 
sempre  aveva  sperato,  trarrebbe  a  sé  1'  universale 
ammirazione,  pieno  di  riconoscenza  ne  lo  ringraziava 
in  queste  parole  :  "  Benedetto  sia  Dio,  che  dà  vit- 
toria e  buon  successo  a  chi  segue  le  sue  strade. 
L'  ha  egli  miracolosamente  provato  in  favor  mio.  Io 
tentai  un  viaggio  contro  V  avviso  di  tante  persone 
ragguardevoli;  e  tutti  trattavano  il  mio  disegno  di 
chimera.  Confido  nel  Signore  che  V  esito  farà 
grand'  onore  alla  cristianità.  " 

E  veramente  la  cristianità  intera  si  commoveva 
all'  annunzio  di  questa  scoperta  che  dilatava  prodi- 
giosamente r  orizzonte  delle  occidentali  nazioni.  Il 
re  di  Portogallo,  vinto  dall'  entusiasmo  dei  suoi  sud- 
diti, dissimulò  il  rancore  che  ne  sentiva,  e  forse  anco, 
sebbene  si  fosse  biasimevolmente  condotto  contro  il 
grande  uomo,  si  sentì  sopraffatto  da  tanto  splendore 
di  virtù  e  di  gloria,  che  ne  riverberava,  e  pentito  di 
non  averne  fatto  il  conto  che  doveva,  lo  invitò  alla 
Corte,  comandando  che  fosse  provveduto  di  quanto 
gli  occorreva.  Il  Colombo  accettò  senza  diffidenze  di 
sorta,  e  i  principali  personaggi  che  eran  quivi  con  la 
Corte  lo  accompagnarono  dal  porto  alla  reale  dimora. 
Per  ben  due  volte  lo  accolse  re  Giovanni  con  grandi 
onoranze,  e  fattolo  sedere,  ne  volle  udire  tutti  i  parti- 
colari del  viaggio  compito.  Poi  regalatolo  riccamente, 
gli  consentì  di  approdare  a  Lisbona  e  di  attraversare 
il  suo  regno,  se  gli  piacesse,  per  raggiungere  la 
Spagna,  e  dì  farlo  inoltre  scortare  sino  alla  frontiera; 
ma  egli  non  accettò,  ringraziando  per  tanta  reale 
degnazione. 


CAPITOLO  NONO.  89 


È  voce  che  alcuni  cortigiani,  indovinando  V  invi- 
dia che  dentro  doveva  rodere  il  Monarca,  si  offrisse- 
ro ad  assassinare  lo  scopritore  del  Nuovo  Mondo; 
ma  Giovanni,  checché  fosse  stato  de'  proprj  risenti- 
menti passati  e  delle  ingiustizie  commesse,  vietò  seve- 
ramente ogni  offesa  contro  un  uomo  di  sì  profondo  e 
vasto  intelletto,  essendo  stata  tutta  sua  propria  la 
colpa  di  non  averlo  stimato  quanto  doveva,  e  profit- 
tatone a  propria  gloria. 

Tornato  il  Colombo  a  bordo  della  N'inai  rimise  alla 
vela  per  la  Spagna,  e  fu  il  13  di  marzo  del  1493;  e 
il  venerdì  1 5 ,  verso  mezzogiorno,  entrò  nel  porto  di 
Palos,  da  cui  in  giorno  parimente  di  venerdì,  3  Ago- 
sto 1492,  ne  era  partito  :  circa  sette  mesi  e  mezzo 
aveva  durata  la  più  grande  navigazione  che  sino  a 
quel  dì  fosse  stata  fatta  nel  pieno  oceano,  "  impresa 
nella  quale  forse  egli  stesso  pensava  di  avere  a  spen- 
dere parecchi  anni.  "  ( 

Quando  la  Niiìa  fu  in  vista  del  porto  di  Palos,  e  a 
quella  gente  di  mare  apparve  pendente  da'  suoi  alberi 
lo  stendardo  della  spedizione  con  quello  di  Castiglia, 
ne  successe  una  indescrivibile  commozione.  Abban- 
donati i  lavori  e  negozj,  tutti  si  precipitarono  alla  spiag- 
gia, mettendo  alte  acclamazioni;  case  e  botteghe  furon 
chiuse,  si  sparsero  di  fiori  le  vie,  suonarono  a  festa 
tutte  le  campane,  ed  il  cannone  tuonava  come  quando 
annunzia  una  grande  vittoria.  Ed  era  veramente  una 
immensa  vittoria,  la  più  splendida  vittoria  che  fino  a 
quel  dì  avesse  riportato  sulla  barbarie  l' incivilimento 
cristiano. 

''  Sbarcando  il  Colombo,  fu  ricevuto  coi  medesimi 
onori  che  si  sarebbero  fatti  ad  un  re.  Tutto  il  popolo 
lo  accompagnò, unitamente  all'intero  equipaggio,in  so- 


90  CRISTOFORO  COLOMBO. 


lenne  processione  alla  chiesa,  dove  trasse  a  ringrazia- 
re Dio,  che  con  sì  felice  successo  avesse  coronato  il 
viaggio  più  importante  che  mai  fosse  stato  intra- 
preso. " 

Qualche  ore  dipoi  entrava  nel  porto  un'  altra  cara- 
vella, cioè  la  Pinta,  che  la  tempesta  aveva  divisa 
dalla  Nina,  e  Martino  Alonzo  Pinzon  che  la  coman- 
dava credette  che  questa  si  fosse  affondata.  Spinto 
dai  venti  sulle  coste  di  Discaglia,  aveva  di  là  inviata 
una  relazione  al  re  attribuendosi  il  merito  della  sco- 
perta, e,  prima  di  rendersi  alla  Corte,  veniva  a  trion- 
fare nella  natia  città.  Veduta  la  Nina  con  lo  stendardo 
parata  a  festa,  ne  fremette,  e  temendo  che  il  Colom- 
bo, giustamente  sdegnato,  lo  facesse  incatenare, 
prese  la  fuga;  ma  poco  dopo  fece  ritorno,  così  logo- 
ro dagli  stenti  e  soprattutto  dall'  invidia  che  lo  divo- 
rava, che  in  capo  a  pochi  giorni  se  ne  andò  al- 
l' altra  vita. 

L'Ammiraglio,  prima  di  partire  per  Siviglia,  volle 
compiere  i  voti  fatti  nel  viaggio,  e  soltanto  dopo  di 
aver  pagati  i  debiti  che  aveva  con  Dio  e  con  la  Ver- 
gine divina,  distese  un  particolareggiato  ragguaglio 
della  spedizione,  che  inviò  a  Barcellona  dove  allora 
trovavasi  la  Corte;  poi  si  mise  in  via  con  quanto  ave- 
va recato  dalle  isole  scoperte,  e  con  gli  Indi  da' quali 
s'  era  fatto  accompagnare,  per  aspettar  in  Siviglia  gli^ 
ordini  de'  Monarchi  Spagnoli. 

Erano  anch'  essi  impazienti  di  vederlo  giungere 
alla  Corte;  e  non  tardò  a  ricevere  una  loro  lettera  con 
l'indirizzo,  A  Don  Cristoforo  Colombo  nostro  Ammi- 
raglio del  mare  Oceano,  Viceré  e  governatore  delle 
isole  scoperte  nelle  Indie  orientali;  in  cui  lo  assicura- 
vano della  loro  affettuosa  riconoscenza,  gli  facevano 


CAPITOLO  NONO.  91 


premura  di  recarsi  a  Barcellona  e  lo  domandavano  di 
ciò  che  sarebbe  da  fare  per  una  novella  spedizione 
che  compisse  1'  impresa. 

Da  Siviglia  a  Barcellona  il  viaggio  suo  fu  un  con- 
tinuo trionfo.  Tutte  le  pubbliche  strade  e  le  campa- 
gne risuonavano  delle  acclamazioni  de'  popoli  che 
accorrevano  per  vederlo  nel  suo  passaggio  e  da  ogni 
città  vicina  uscivano  a  numerose  turbe  per  celebrarne 
il  trionfo. 

Lo  accompagnavano  i  marini  della  Nina,  e  un 
de'  piloti  portava  lo  stendardo  di  Castiglia  che  aveva 
protetta  la  spedizione,  i  rimanenti  mostravano  alle 
attonite  moltitudini  le  piante,  le  armi  e  gli  animali 
che  avevano  recato  dalle  nuove  terre  rinvenute;  le 
quali  meraviglie  tutti  volevano  vedere,  mostrandone 
stupore.  Stupivano  della  grandezza  dei  vegetali, 
della  singolare  configurazione  degli  arbusti,  della  pro- 
digiosa grossezza  de'  frutti;  rabbrividivano  de'  serpen- 
ti, degli  alligatori  e  degli  iguani  impagliati;  e  soprat- 
tutto attiravanli  le  diverse  corone  di  penne,  il  lavoro 
delle  maschere,  de'  braccialetti  d'  oro,  e  delle  cinture. 
Più  (J'  ^,uaranta  differenti  specie  di  pappagalli  frammi- 
schiava :io  le  loro  grida  discordi  allo  schiamazzo  del 
popolo,  che  non  si  saziava  di  tener  fissi  gli  occhi 
sopra  tanti  così  diversi  e  ricchi  colori.  Segui van  sette 
Indiani  tatuati  in  vermiglio  e  in  bianco,  secondo  le 
loro  costumanze,  adorni  de'  proprj  abbigliamenti,  e  da 
ultimo  sopra  un  bel  cavallo  incedeva  1'  Ammiraglio 
in  tutto  lo  splendore  del  suo  costume.  Appena  egli 
compariva,  tutto  il  resto  non  aveva  più  importanza,  e 
sopra  lui  si  fermavano  tutti  gli  sguardi,  lui  solo  accla- 
mavano, lui  solo  le  madri  additavano  ai  proprj  bam- 
bini che  avevano  in  braccio. 


92 


CRISTOFORO  COLOMBO. 


Veniva  per  ultimo  il  Colombo  a  cavallo,  circondato 
da  una  brillante  schiera  di  cavalieri  spagnoli. 


I 


CAPITOLO  NONO.  93 


Arrivò  a  Barcellona  il  13  aprile  del  1493, dove  tutto 
era  preparato  per  fargli  un'  accoglienza  corrispondente 
ai  servizi  renduti,eche  l'entusiasmouniversale  esigeva. 

Numerosa  gente  della  Corte  andarono  a  riceverlo,  e 
lo  condussero  al  reale  palazzo,  dove  i  Monarchi  lo 
aspettavano.  Come  giunse  in  loro  presenza,  Ferdi- 
nando ed  Isabella  si  avanzarono  a  riceverlo,  ed 
essendosi  piegato  per  baciar  loro  la  mano,  secondo 
il  ceremoniale  della  Corte  di  Castiglia,  lo  rialzarono 
facendolo  sedere  presso  il  loro  trono. 

Lo  ricevettero,  dice  uno  storico,  non  soltanto  come 
se  fosse  un  grand'  uomo,  ma  un  grande  di  Spagna. 
La  regina  l'invitò  a  coprirsi  il  capo,  e  dopo  ciò  lo  pre- 
garono di  far  loro  il  racconto  del  viaggio  e  delle  otte- 
nute scoperte.  Il  Colombo  parlò  con  eloquente  sem- 
plicità, attribuì  a  Dio,  autore  di  tutti  i  beni,  V  onore 
dell'  impresa,  mostrando  che  il  risultato  ottenuto  non 
era  che  la  ricompensa  della  pietà  e  del  zelo  che  ani- 
mava i  Sovrani  per  la  cattolica  fede;  ed  espose  le 
sue  religiose  speranze  nella  salvezza  di  tante  migliaia 
d'  anime  che  fin  allora  non  erano  vissute  che  d'  igno- 
ranza e  superstizione.  Poi  descrisse  i  paesi  trovati  e  i 
loro  nativi,  le  ricchezze  d'  ogni  maniera  che  forni- 
rebbero, r  incredibile  fecondità  del  suolo  e  la  bellezza 
che  vi  si  accompagnava;  e,  secondo  riferisce  il  Las 
Casas,  ai  Monarchi  pareva  di  prelibare  in  quel  mo- 
mento qualcosa  di  paradiso. 

Tutta  r  assemblea  che  gli  circondava,  ascoltava 
estatica  il  grand'  uomo,  che  aveva  vedute  tante  e  si 
maravigliose  cose;  e  pareva  anche  ad  essi  di  vederle, 
sentendosi  come  trasportati  verso  contrade  di  tanto 
incanto,  e  dove,  come  credevano,  si  poteva  raccoglier 
r  oro  come  altrove  le  pietre. 


94 


CRISTOFORO  COLOMBO. 


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CAPITOLO  NONO. 


95 


Finalmente  i  Monarchi  s' inginocchiarono;  lo  stesso 
fecero  tutti  gli  altri,  e  da'  musici  della  real  cappella  fu 
intonato  il  Te  Dewn,  a  cui  rispondeva  di  fuori  1'  im- 
menso popolo,  dall'  entusiasmo  quasi  fuori  di  sé  stesso. 

Re  Ferdinando  aveva  omai  bandite  tutte  le  sue 
esitazioni  e  non  era  più  ghiacciato  dalla  indiffe- 
renza. Il  Colombo  mostrava  dell'  oro  e  ne  faceva 
sperare  in  grande  abbondanza  :  questo  bastava  a  mu- 
tare in  tutt'  altro  da  quello  che  era  prima  il  re  d'  Ara- 
gona. Poi  a  far  vedere  quanto  egli  amasse  di  onorar- 
lo, non  uscì  più  per  la  città  che  col  principe  suo 
figliuolo  a  destra  e  il  grande  Ammiraglio  alla  sinistra; 
né  trascurava  occasione  di  altamente  onorarlo. 
Anche  il  primo  ministro  di  Spagna,  Cardinale  Pietro 
Gonzales  di  Mendoza,  lo  trattò  in  un  festino  con 
grandi  onoranze  in  cui  non  soltanto  gli  assegnò  il  primo 
posto,  ma  volle  che  quanti  piatti  si  recassero,  tutti 
dovessero  essere  primamente  da  lui  assaggiati  ;  onore 
resogli  poi  da  tutti  gli  altri  signori  che  lo  convitarono. 
Alcuni  storici  riferiscono  a  questo tempo,la  concessione 

dell'onorifico  motto  arai-  _^ 

dico,daFerdinandofatto  ^^^"^'^^^'^  "^^^^ 
scrivere  sopra  la  tomba   ^^^^^^ 
del  grande  Ammiraglio;     ^^^^~^^ 


Por  Castilla  y por  Leon, 
Nuevo  Mundo  hallo  Colon, 

ed  aggiungono  fosse 
questo  un  delicato  pen- 
siero della  Regina,  la 
quale  avealo  inserito  a 
ricamo  sopra  un  ricchis-  „ 


y^  NUEVO  Mondo  Hallo  Colon  ^ 


simo  drappo,  con  le  ar- 
mi di  Castiglia  e  di  Leone,  offerto  in  quest'  occasione 


96  CRISTOFORO  COLOMBO. 

al  Colombo.  Checché  sia  della  verità  di  questa  onori- 
ficenza, del  che  non  possiamo  ora  qui  imprendere  a 
criticamente  stabilire  V  attendibilità,  certo  è  che 
ben  conviene  al  Colombo,  ne  disconviene  al  carattere 
nobile  e  generoso  della  regina  Isabella. 

Né  mancarono  altri  ricchi  doni  per  i  fratelli  di  lui, 
Bartolomeo  e  Diego,  chiamati  presso  di  sé,  e  che 
d'  ora  innanzi  lo  accompagneranno;  e  vedremo  che 
secondo  i  capricci  della  fortuna  e  degli  uomini  ne 
parteciperanno  le  immeritate  sventure. 

Ma  la  grande  scoperta  del  Colombo  fece  anche 
nascere  qualche  disturbo  per  la  Spagna.  ''  Papa  Mar- 
tino V,  dice  lo  storico  Cesare  Cantù,  aveva  concesso 
al  re  di  Portogallo  tutti  i  paesi  che  si  scoprissero  dal 
capo  Bogiador  e  dal  capo  Non  fin  alle  Indie.  La 
Spagna  dunque  col  far  sue  le  scoperte  del  Colombo, 
violava  i  diritti  del  Portogallo,  e  re  Giovanni  II 
mandò  una  squadra  per  occuparle.  Fernando  promise 
riparazione,  e  intanto  si  ricorse  a  Roma,  donde  ven- 
nero bolle  di  Alessandro  Vi,  che  alla  Spagna  accor- 
dava le  isole  e  le  terraferma  scoperte  e  da  scoprire 
suir  oceano  occidentale,  come  ai  Portoghesi  i  suoi 
predecessori  aveano  donato  quelle  d'  Africa  e  d'  Etio- 
pia. Poi,  in  altra  bolla  del  4  maggio  1493,  il  papa 
segna  una  linea  dal  polo  artico  all'  antartico,  distante 
cento  leghe  dalle  isole  Azzore  e  dal  capo  Verde,  e  i 
paesi  di  là  da  quella  attribuisce  alla  Spagna. 

"  Sul  momento  di  vedere  infranta  1'  autorità  ponti- 
fizia,  é  pur  maestoso  1'  osservar  il  papa,  in  tutta  la 
grandezza  del  medio  evo,  segnare  col  dito  i  confini  di 
due  grandi  potenze,  e  dire  Venite  fin  qui,  come  fos- 
sero ancora  i  giorni  che  all'  arbitrio  di  esso  rimet- 
teansi  i  principi,  invece  di  correr  alla  guerra. 


CAPITOLO  NONO.  97 

Intanto  si  pensava  a  continuare  nelle  incominciate 
conquiste,  e  vi  si  attese  con  una  attività  febbrile. 
Giovanni  di  Fonseca,  nominato  Ordinatore  generale 
della  marina,  ebbe  1'  incarico  di  disporre  1'  arma- 
mento di  una  fiotta  di  cui  Giovanni  di  Soria  ebbe 
la  vigilanza,  e  la  carica  di  tesoriere  fu  data  a  Fran- 
cesco Pinelo.  Diciassette  ufficiali  vennero  nominati  al 
comando  di  altrettanti  navigli  sotto  la  dipendenza 
del  Colombo,  dichiarato  Capitano  Generale  e  munito 
del  real  sigillo,  con  autorità  di  nominare  quanti  impie- 
gati gli  occorressero,  e  confermatigli  con  lettere  pa- 
tenti tutti  i  titoli  e  privilegi  già  ricevuti.  Più,  si  scel- 
sero dodici  Religiosi  per  predicare  il  Vangelo  a  quelle 
nazioni  selvagge;  tra  quali  il  Padre  Boyl  con  breve 
pontificio  nominato  Vicario  Apostolico,  il  Padre 
Antonio  di  Marchena,  e  fors'  anco  1'  altro  intimo 
amico  del  Colombo,  Giovanni  Perez. 

Verso  la  fine  di  luglio,  Y  Ammiraglio,  avendo  rice- 
vuto gli  omaggi  dei  capitani  della  fiotta,  mosse  per 
Siviglia,  dove  i  navigli  disponevansi  per  salpare.  Già 
quattordici  caravelle  e  tre  grandi  caracche  eran  state 
armate  con  artiglieria  e  munizioni  corrispondenti,  e 
largamente  provviste  di  quanto  occorreva  non  sol- 
tanto per  la  durata  del  viaggio,  ma  eziandio  per  le 
colonie  che  si  volevano  stabilire;  cioè  grano,  riso  e 
molte  altre  specie  di  semi,  che  vi  potessero  fruttare, 
strumenti  per  lavorar  la  terra  e  per  1'  estrazione  e  la 
purificazione  dell'  oro,  mercanzie  da  commutare, 
cavalli,  generi  d'animali  parecchi,  reputati  utili  e  ne- 
cessarj. 

Numerosi  avventurieri  si  offrirono  per  far  parte 
della  spedizione,  tra  quali  molti  gentiluomini,  chi  per 
passione  di  viaggiare  e  veder  novelle  cose,  chi  per 


98  CRISTOFORO  COLOMBO. 

acquistar  gloria  e  rinomanza,  i  più  per  sete  di  ric- 
chezze e  di  oro.  Ne  vennero  scelti  mille;  ed  altri  cin- 
quecento s'  imbarcarono  a  proprie  spese.  L'  Ammi- 
raglio prese  seco  due  suoi  fratelli,  e  nell'  accomia- 
tarsi da'  Sovrani,  ottenne  che  i  due  suoi  figliuoli  re- 
stassero in  Corte  come  paggi. 

Raccoltasi  la  fiotta  nella  baia  di  Cadice,  il  25  set- 
tembre del  1493  ebbe  V  ordine  di  tenersi  pronta,  e 
V'  Ammiraglio  avendo  alzata  la  sua  bandiera  sulla 
maggiore  delle  caracche,  la  Graziosa  Maria,  governò 
verso  le  Canarie.  Il  2  di  ottobre  arrivarono  alla 
vista  della  maggiore,  e  il  15  s'  accostarono  alla 
Gomera  per  fornirsi  meglio  di  provvigioni,  e  imbar- 
care vacche,  capre,  pecore,  porci,  polli,  che  il  Colombo 
credeva  si  feconderebbero  ne'  climi  del  Nuovo 
Mondo. 

Il  7  di  ottobre  rimisero  alla  vela  dopo  che  F  Am- 
miraglio ebbe  consegnato  a  ciascuno  dei  capitani  una 
lettera  sigillata  con  le  necessarie  istruzioni,  per  il  caso 
che  la  flotta  durante  il  cammino  venisse  dispersa  da 
qualche  tempesta;  ma  che  fuori  di  questo  caso  estre- 
mo non  dovevano  aprire.  Voleva  che  nessuno  cono- 
scesse la  via  da  tenere,  per  timore  che  non  ne  venis- 
sero in  conoscenza  i  Portoghesi. 

Avanzando,  fece  piegare  alquanto  più  al  Sud  che 
non  nel  viaggio  precedente,  ed  ebbero  sì  buon  mare 
e  prospera  navigazione  che  il  2  novembre  annunziò 
vicina  la  terra.  Di  fatti,  il  mattino  seguente,  prima 
domenica  dopo  Ognissanti,  alla  distanza  di  sette 
leghe  si  videro  dinanzi  un'  isola  con  alte  montagne, 
che  in  omaggio  al  dì  che  correva  chiamò  Domenica. 
Tutti  ne  provarono  un'  immensa  allegrezza,  già 
stanchi  del  cammin  fatto.  Avvicinata  1'  isola,  non  vi 


CAPITOLO  NONO.  99 

trovarono  porto  addatto  ad  ancorare,  ma  compar- 
vero altre  isole,  e  continuando  a  navigare  approda- 
rono alla  principale  che  il  Colombo  denominò  Gra- 
ziosa Maria  dalla  caracca  che  egli  montava;  poi 
vedutane  un'  altra  anche  maggiore  la  battezzò  col 
nome  di  Nostra  Donna  di  Guadalupa  a  ricordo  del 
santuario  di  questo  titolo  in  I spagna:  da'  nativi  chia- 
mavasi  Tumqueira. 

Era  la  principale  delle  isole  dei  Caraibi.  Il  Colom- 
bo vi  fece  discendere  un  nerbo  de'  suoi  per  appiccarvi 
relazioni;  ma  non  s'  avvennero  che  in  alcune  donne 
e  in  un  giovane  da  quella  gente  fatti  prigioni  ;  bensì 
trovarono  non  dubbie  prove  della  ferocia  loro;  cioè 
un  capo  umano  cotto  dentro  una  pentola,  ed  altre 
umane  membra  appese  di  fuori  alle  capanne  come 
usa  nelle  macellerie. 

Il  5  novembre,  costeggiarono  un'  isola  coperta 
d'  alberi,  che  la  barbarie  dei  cannibali  aveva  spopo- 
lata. L'  Ammiraglio,  dal  nome  del  celebre  santuario 
della  Vergine  di  Monserrato  in  Catalogna,  le  dette  la 
stessa  denomizione.  Alla  sera  videro  un'  altra  isola^ 
che  chiamò  Santa  Maria  della  Rotonda:  il  mattino 
seguente,  una  terza  che  chiamò  Santa  Maria  Antica, 
e  alla  sera  una  quarta  che  denominò  Santa  Croce. 

L'  8,  ne  scoprì  un'  altra  ancora,  circondata  da  pa- 
recchie minori, e  la  denominò  Santa  Orsola  e  le  Undici 
mila  Vergini;  e  un'  altra  più  grande  il  giorno  di  poi, 
dagli  Indigeni  chiamata  Boriquen,  e  dal  Colombo 
San  Giovan  Battista,  ed  è  il  presente  Porto  Rico. 

Di  là  si  volse  verso  Haiti.  Cosa  ammirabile! 
Niuno  conosceva  que'  mari,  e  nondimeno  il  Colombo 
con  la  sua  scienza  e  1'  aiuto  della  grazia  divina  vi  per- 
venne come  se  avesse  seguito  un  cammino  notissimo! 


100  CRISTOFORO  COLOMBO. 

Arrivarono  ad  Haiti,  già  denominata  Spagnola  nel 
primo  viaggio,  il  22  novembre.  Impaziente  il  Colom- 
bo di  conoscere  che  cosa  fosse  avvenuto  della  gente 
quivi  lasciata  sotto  la  protezione  del  forte  fatto  appo- 
sitamente costruire,  credeva  di  vederseli  con  gran 
festa  incontro;  invece  solo  alcuni  nativi  dentro  un 
canotto  s'  accostarono  a'  navigli.  Subito  furono  invi- 
tati a  bordo;  vi  si  ricusarono  finche  non  ebbero  ve- 
duto r  Ammiraglio.  Allora  approdando  alla  sua  nave 
senza  alcun  timore,  lo  salutarono  da  parte  di  Guaca- 
nagari  ed  in  suo  nome  gli  presentarono  un  ricco 
dono.  Domandò  il  Colombo  come  mai  non  fosse  con 
essi  alcuno  della  sua  gente.  Risposero  che  alcuni 
erano  morti,  gli  altri  fuggiti.  Nonostante  il  crudele 
sospetto  che  gli  misero  tali  risposte,  dissimulando  gli 
rimandò  con  alquanti  doni. 

Il  giorno  seguente  entrati  nel  porto,  videro  il  forte 
incendiato.  Il  Colombo  fece  sgombrare  X  apertura 
d'  un  pozzo,  in  cui  aveva  ingiunto  agli  ufficiali  della 
guarnigione  di  gittar  X  oro  e  gli  oggetti  preziosi  che 
avessero,  in  caso  di  qualche  sventura;  ma  lo  trovarono 
vuoto.  Avvicinatisi  alle  abitazioni,  non  v'  era  anima 
viva.  Finalmente,  avendo  fatto  scavare  in  un  luogo 
dove  la  terra  pareva  essere  di  fresco  smossa,  vi  tro- 
varono sotto  parecchi  corpi  in  decomposizione,  che 
dagli  abiti  apparvero  senza  nessun  dubbio  Spagnoli. 
,,  E  non  tardarono  a  conoscere  ogni  cosa.  La  colonia, 
sottrattasi  ad  ogni  autorità  del  comandante  Diego  di 
Arana,  con  le  sue  insolenze  e  sregolatezze  aveva  irri- 
tati i  pacifici  sudditi  di  Guacanagari;  il  quale  nondi- 
meno ne  tollerò  pazientemente  il  brigantaggio  e  le 
violenze,  sperando  che  non  tarderebbe  il  ritorno  del- 
l' Ammiraglio.    Ma,    un   dì,  i    luogotenenti    Pietro 


CAPITOLO  NONO.  lOl 

Guttierez  ed  Escovedo,  ucciso  un  indigeno,  con  molti 
de'  loro  compagni  passarono  negli  stati  di  Caonabo, 
di  Cibao,  che  comandava  sopra  le  miniere  dell'  oro. 
Questi  cacico  fattili  mettere  a  morte,  si  risolse  a 
sterminare  tutti  i  loro  compagni,  per  non  perdere  le 
ricchezze  che  possedeva;  e  senz'  altro,  con  un  gran  nu- 
mero de'  suoi,  si  recò  a  stringere  d'  assedio  il  forte  di 
cui  era  rimasto  a  difesa  il  valoroso  Diego  di  Arana 
con  dieci  rimastigli  fedeli.  Il  cacico  ne  venne  ripetu- 
tamente respinto;  ma  una  notte,  già  avvistosi  che 
non  tenevano  sentinelle  per  la  troppa  fiducia  nel- 
r  artiglieria  delle  loro  trincee,  assalitili  improvvisa- 
mente mentre  dormivano,  li  sgozzarono  tutti  quanti, 
incendiando  dipoi  il  forte.  Guacanagari  ne  corse  tosto 
alla  difesa,  ma  battuto  e  ferito  in  una  mano  dovette 
ritirarsi. 

Benché  il  Colombo  non»prestasse  tutta  la  fede  a 
questo  racconto,  e  non  gli  mancassero  indìzi  per 
sospettare  che  fosse  stata  opera  di  Guacanagari 
quanto  il  medesimo  addossava  a  Caonabo,  si  rifiutò  a 
farlo  imprigionare  e  punire,  come  altri  ne  lo  consi- 
gliava. Gli  parve  che  una  sì  subita  giustizia  potesse 
colpire  r  innocente,  e  che,  pazientando,  il  colpevole  si 
manifesterebbe.  Né  pertanto  ebbe  difficoltà  di  recarsi 
alla  Corte  di  lui,  dove  n'  udì  il  successo  e  ne  vide  le 
ferite,  e  rifermò  la  loro  alleanza. 

Allora  pensò  che  bisognava  quivi  stabilirsi  forte- 
mente; al  quale  fine  fece  rialzare  il  forte  con  più  soli- 
dità ed  estensione.  Temeva  però  che  le  acque  sta- 
gnanti, che  lo  cingevano  non  rendessero  1'  aria  mal- 
sana, né  quivi  trovandosi  buone  pietre  da  costruzione, 
si  risolse  a  recarsi  verso  1'  Est,  come  fece  il  7  settem- 
bre, con  r  intendimento  di  sbarcare  in  un  luogo  più 


102 


CRISTOFORO  COLOMBO. 


adatto  a  quanto  si  proponeva  di  fare.  Se  non  che  a  metà 
via,  colto  da  subita  tempesta,  i  vascelli  non  avrebbero 
potuto  evitare  di  rompere  nella  costa,  se,  per  buona 
ventura,  non  avessero  trovato  un  seno  formato  da 
due  fiumi,  dove  si  ripararono. 

Era  questo  un  porto  eccellente,  donde  si  scopri- 
vano fertili  pianure  e  belle  foreste,  ed  erano  eccel- 
lenti le  pietre  da  costruzione  e  per  fare  calce;  e  qui 
deliberò  di  fermarsi. 


SOMMARIO. 

Fondazione  d^  isabella.  La  colonia  manca  di  provviste.  Discor- 
die suscitate  dai  malcontenti.  L'  Ammiraglio  ristabilisce  la 
calma  nella  Spagnola.  Si  reca  a  visitare  i  paesi  delle  miniere 
d'  oro.  ciBAO;  fondazione  del  forte  san  Tommaso.  Ne  nomina  go- 
vernatore Pietro  di  Margarita.  —  Fertilità  del  suolo  del- 
l' Isabella.  Mancando  i  viveri  e  aspettando  i  raccolti,  il  Co- 
lombo comanda  che  vengano  diminuite  le  razioni.  Lamenti 
che  ne  nacquero;  e  gli  Spagnoli  si  veggono  costretti  a  co- 
struire dei  molini.  —  Il  Colombo  tiene  ferma  la  disciplina;  e 
i  gentiluomini  se  ne  sdegnano  maggiormente.  Vien  tacciato 
di  crudeltà. —  Instituiscein  Isabella  un  consiglio,  e  si  rimette 
in  viaggio  per  novelle  scoperte.  —  La  giamaica.  —  Ritorno 
alla  Spagnola.  —  Il  Boyl  e  il  di  Margarita  s' impadroniscono 
di  alcune  caravelle  e  fan  vela  per  la  Spagna  a  capo  d'  una 
mano  di  scontenti.  —  Sollevamenti  dei  cacichi,  e  misure 
che  prende  il  Colombo  per  raprimerli.  —  Arrivo  in  Ispagna 
del  Boyl  e  del  di  Margarita;  loro  disegni  contro  1'  Ammira- 
glio. Sventuratamente  sono  ascoltati.  —  Que'  Monarchi  risol- 
vono d'  inviare  alla  Spagnola  un  commissario  regio  per  esa- 
minar gli  addebiti  fatti  al  Colombo.  —  Giovanni  d'  Aguado, 
sua  insolenza.  Il  Colombo  si  risolve  a  partire  per  Castiglia;  e 
giustificarsi.  Arriva  a  Cadice.  Trionfo  sopra  i  suoi  accusatori; 
Confusione  de'  suoi  nemici. 


'm 


^^feL  Colombo  si   occupò  anzitutto  di  fondare 


fc  una  città,  la  prima  che  sorgesse  nel  Nuovo 
Mondo,  e,  grato  alle  benevolenze  che  sem- 
ri'^^^P^;  pre  gli  aveva  addimostrato  la  Regina  di 
Castiglia,  la  designò  col  nome  d'  Isabella. 

La  prima  costruzione  a  cui  pensò  fu  una  chiesa; 
perocché  non  ebbe  mai  abbandonato  Y  ideale  per  cui 
s*  era  avventurato  alla  scoperta  di  queste  terre  inco- 


104  CRISTOFORO  COLOMBO. 

gnite,  e  se  prima  non  potè  effettuarlo,  non  ne  fu  sua 
la  colpa.  Ciò  era  guadagnare  anime  a  Gesù  Cristo,  e 
invano  cercheresti  nella  sua  vita  un  fatto,  un  partico- 
lare qualunque  che  non  ce  lo  presenti  un  cristiano 
degno  di  ammirazione. 

La  chiesa  fu  costruita  di  pietre;  e  così  un  magaz- 
zino e  qualche  altro  pubblico  edifizio;  ma  le  case  per 
gli  Spagnoli  si  fecero  di  terra  e  di  legno. 

Alla  colonia  non  dovevano  mancare  fin  dal  princi- 
pio dure  prove  :  "  sia  che  le  provvisioni  non  fossero 
state  abbastanza  custodite,  sia  che  fossero  di  cattiva 
qualità  o  corrotte,  non  passò  gran  tempo  senza  tro- 
varsi in  bisogno  estremo.  "  Il  lavoro,  da  cui  ninno  era 
dispensato,  neppure  i  gentiluomini,  la  differenza  del 
clima,  r  estremo  calore  che  vi  si  sentiva  cagionarono 
molte  infermità;  talché  lo  stesso  Ammiraglio,  che  non 
risparmiava  punto  sé  stesso,  teneva  il  letto;  sempre 
nondimeno  ordinando  e  vegliando  il  lavoro.  Ad  avere 
il  più  presto  che  fosse  possibile  altre  provviste,  rin- 
viò la  flotta  in  I spagna  sotto  il  comando  d'  Antonio  di 
Torrez,  ritenendo  sole  cinque  caravelle;  e  già  aveva 
mandato,  a  capo  di  quindici  uomini  armati,  Alfonso  di 
Ojeda  verso  Cibao,  ove  dicevasi  che  fosser  le  miniere 
d'  oro,  sperando  che  quella  scoperta  ridesse  animo 
a  suoi  compagni  scoraggiti.  E  questi,  cioè  1'  Ojeda, 
in  verità,  tornò  portando  assai  quantità  d'  oro,  la  cui 
vista  rianimò  i  miseri  che  per  la  fame  e  le  malattie 
cominciavano  a  disperarsi. 

La  squadra  comandata  da  Antonio  di  Torrez 
avendo  messo  alla  vela  il  2  febbraio  del  1494,  il  Tor- 
rez portò  seco  tutto  1'  oro  trovato  dell'  Ojeda  in  Cibao 
e  quello  che  già  aveva  raccolto  V  Ammiraglio,  il  quale 
sperava  che  in  ricambio  gli  sarebbero  subito  inviati 


CAPITOLO  DECIMO.  105 

dalla   spagna    i    viveri    di    cui    avevano    necessità 
estrema. 

Trovavasi  egli  ancora  a  letto,  quando  gli  accadde  di 
dover  lottare  con  un  pericolo  anche  maggiore  di  quello 
che  lo  minacciava,  cioè  la  mancanza  delle  provviste. 
Profittando  delle  condizioni  di  sua  salute,  con  a  capo 
Bernardo  Diaz  alcuni  malcontenti  fecero  complotto 
di  abbandonarlo,  levandogli  le  cinque  caravelle  ri- 
maste ad  Isabella  e  con  esse  far  ritorno  in  Europa. 
Il  Colombo,  prevenutone  in  tempo,  fece  arrestare  il 
Diaz,  ma  la  sua  bontà  che  toccava  1'  estremo,  si 
limitò  a  rinviarlo  in  Ispagna  in  uno  dei  cinque  navi- 
gli, unitamente  alle  prove  del  suo  tradimento. 

A  sole  dieciotto  leghe  dal  porto  d'  Isabella  erano 
state  scoperte  quelle  miniere,  e  per  mettere  fra  quello 
e  queste  la  necessaria  comunicazione,  fece  innalzare 
un  forte  sopra  un  alto  monte  quasi  intieramente  cir- 
condato da  un  fiume,  parendogli  che  riuscirebbe  fa- 
cile fortificare  un  luogo  così  vantaggiosamente  situa- 
to, a  cui  il  fiume  era  quasi  da  ogni  lato  di  difesa;  e  lo 
chiamò  il  forte  di  San  Tommaso,  per  isvergognare 
gli  increduli  che  non  vollero  credere  a  quanto  si  rac- 
contava delle  miniere  di  Cibao,  senza  averle  vedute 
co'  loro  propri  occhi.  Affidatone  il  comando  a  Don 
Pietro  di  Margarita  e  lasciatogli  cinquantasei  uomini 
ed  alcuni  cavalli,  fece  egli  affrettatamente  ritorno  ad 
Isabella,  dove  s'  incontrerebbe  in  una  sequela  di  dif- 
ficoltà dolorose. 

Giunto,  stupì  della  fecondità  di  quel  suolo  avendo 
trovato  già  in  ispighe  il  grano  che  vi  fece  seminare 
appena  da  due  mesi.  In  tre  giorni  il  seme  metteva 
fuori,  e  in  tre  settimane  arrivavano  a  maturità  le  spi- 
ghe. Se  non  che,  se  tanto  rassicurava  dell'  avvenire, 


106  CRISTOFORO  COLOMBO. 

nulla  valeva  a  temperare  la  situazione  presente,  non 
essendovi  più  nulla  per  vivere,  eccetto  pochissimo 
grano,  e  mancando  inoltre  i  mezzi  per  ridurlo  a 
farina. 

Pertanto  comandò  che  le  razioni  fossero  diminuite, 
e  che  si  costruissero  de'  molini  per  macinare.  Ma  i 
soldati  ed  operai  già  occupati  nella  costruzione  della 
città,  erano  tutti  infermi;  ed  i  gentiluomini  che  volon- 
tariamente s'  erano  recati  al  Nuovo  Mondo,  crede- 
vano avvilirsi  col  lavoro  manuale,  e  si  ricusarono  a 
ubbidire.  Il  loro  fine  era  stato  di  acquistar  ricchezze 
e  gloria.  Ma  non  cedette  alle  loro  pretese  il  Colombo, 
sì  reso  inflessibile  dalla  necessità  estrema,  decretò 
che  chi  non  si  prestasse  volonteroso  al  soccorso  della 
colonia,  resterebbe  privo  di  razione.  L'  orgoglio  casti- 
gliano  non  poteva  perdonare  tale  comando  ad  un 
uomo  che  per  essi  era  nulla,  e  che  non  occupava  un 
posto  sì  onorifico  che  per  condiscendenza,  o  meglio, 
debolezza  de'  loro  Monarchi. 

Disgraziatamente  cotesti  malcontenti  trovarono  un 
prezioso  appoggio  nel  Vicario  Apostolico,  Padre 
Boyle.  Fino  a  quel  punto  erano  passate  tra  loro 
buone  relazioni,  meno  che  quando  sollevatisi  i  sudditi 
del  cacico  Guacanagari  il  Boyl  lo  voleva  severa- 
mente punito,  tenendonelo  colpevole;  al  che  il  Co- 
lombo erasi  energicamente  ricusato  ma  non  v'  era 
stato  per  ciò  tra  essi  rottura  :  non  fu  però  così  allor- 
ché quegli  vide  la  misura  presa  dal  Colombo  per  ob- 
bligare i  fidalghi  di  Spagna  al  lavoro  :  tanto  bastò 
per  accusarlo  pubblicamente  di  ''  crudeltà!  " 

E  proprio  in  questi  momenti  Pietro  di  Margarita 
fece  avvertito  il  Colombo  delle  disposizioni  di  guerra 
che  pigliava  il  cacico  Caonabo.  Ma  i  timori  si  dissi- 


CAPITOLO  DECIMO.  .  107 

parono  tosto  alla  notizia  che  un  solo  cavaliere  della 
guarnigione  del  forte  di  San  Tommaso  aveva  messo 
in  fuga  quattrocento  selvaggi,  sgominati  dai  soli  mo- 
vimenti e  dalla  rapidità  del  suo  cavallo. 

Allora  il  Colombo  pensò  ad  altre  scoperte,  te- 
mendo d'  essere  preceduto  da  quelli  del  Portogallo;  e 
siccome  prevedeva  che  resterebbe  lunga  pezza  as- 
sente, instituì  in  Isabella  un  consiglio  composto  del 
Padre  Boyl,  di  Pietro  Fernandez  Corroèl,  di  Alfonso 
di  Carvajial  e  di  Giovanni  Lussan,  presieduto  dal 
suo  fratello  Diego. 

Partì  il  24  aprile  del  1494  con  tre  caravelle,  alzan- 
do la  sua  bandiera  sulla  Nina,  piccolo  naviglio  su 
cui  era  tornato  alla  Spagna  nel  primo  suo  viaggio; 
ma  le  mutò  il  nome,  chiamandola  Santa  Chiara- 
Menò  seco  il  Padre  Giovanni  Perez,  il  medico  Chan- 
ca,  il  piloto  Niiìo,  il  suo  scudiere  Diego  Mendez  e  il 
notaro  reale  Ferdinando  Perez  di  Luna. 

Si  tenne  all'  Ovest;  e  qualche  dì  appresso  scoprì 
un'  isola  di  sorprendente  bellezza,  che  i  nativi  chia- 
mavano Giamaica,  e  le  conservò  questo  nome;  ma 
essendosi  quelli  opposti  al  suo  sbarco,  fece  ritorno  a 
Cuba,  che  desiderava  esaminare  se  fosse  isola,  ovvero 
terra  ferma. 

E  il  14  maggio  n'era  in  vista.  Ad  un  capo  che  da 
essa  sporgeva  molto  innanzi,  dette  il  nome  di  Santa 
Croce;  e  dipoi  costeggiandola,  si  trovò  in  mezzo  ad 
una  infinità  di  isolette  basse,  verdeggianti  e  sabbiose, 
le  quali  gli  parvero  tante  che  si  astenne  del  nume- 
rarle e  così  prese  insieme  le  chiamò  il  Giardino  della 
Regina.  Si  trattenne  piìi  d'  un  mese  in  questo  peri- 
coloso arcipelago,  poi,  cominciando  a  difettar  d'  acqua 
ne'  navigli,  si  ravvicinò  a  Cuba. 


108  •         CRISTOFORO  COLOMBO, 


Racconta  V  Herrera  che  il  6  luglio,  mentre  1'  Am- 
miraglio faceva  celebrare  la  messa  sul  lido,  un  cacico 
gli  si  presentò,  offrendogli  de'  frutti,  e  poi  sedutoglisi 
accanto  gli  tenne  questo  discorso,  tradotto  al  Co- 
lombo dall'  interprete  Diego  "  Se  voi  siate  uomini  o 
Dei,  non  sappiamo;  ma  mostrate  tal  forza,  che  follia 
sarebbe  resistervi,  quand'  anche  il  volessimo.  Eccoci 
dunque  alla  mercè  vostra  :  ma  se  siete  Dei,  accette- 
rete i  doni  e  ci  propizierete;  se  uomini,  come  noi 
sottoposti  alla  morte,  dovete  sapere  che,  dopo  questa 
è  un'  altra  vita,  differente  pei  buoni  e  malvagi.  Se 
v'  aspettate  di  morire  un  giorno,  e  credete  ad  una  vita 
avvenire,  ove  ciascuno  sarà  trattato  secondo  operò 
nella  presente,  non  farete  male  a  chi  non  ne  fece  a 
voi!  " 

L'  Ammiraglio  gli  fece  rispondere  :  "  essere  stato 
inviato  dai  suoi  sovrani  per  conoscere  se  in  quelle 
regioni  vi  fossero  uomini  che  nuocessero  agli  altri, 
come  si  raccontava  dei  Caraibi;  e  aver  ordine  di  re- 
primerli facendo  regnare  la  giustizia  e  la  pace  in  tutti 
gli  abitanti  di  quelle  isole.  " 

A  questa  risposta  il  cacico  pianse,  chiedendo  s'  ei 
fossero  uomini  discesi  dal  cielo. 

Dopo  ciò  il  Colombo  si  volse  di  nuovo  verso  la 
Spagnola;  ma  fu  terribilmente  bersagliato  da'  venti  e 
dal  subbollimento  dell'  onde,  e  solò  dopo  cinque  mesi 
di  penosissima  navigazione,  riguadagnò  il  porto  del- 
l' Isabella,  ma  così  sfinito  di  forze  che  venne  calato  a 
terra  privo  di  conoscenza. 

Con  le  premurose  cure  usategli  non  tardò  a  rista- 
bilirsi, e  rivide  non  senza  commozione  il  fratello  Bar- 
tolomeo, arrivato  dalla  Spagna  con  soccorsi  per  la 
colonia;  a  cui  pochi  dì  appresso  tenne  dietro  Anto- 


CAPITOLO  DECIMO.  109 

nio  Torrez  con  quattro  caravelle  cariche  di  provvi- 
gioni, e  portatore  d'  una  lettera  della  Regina  per  lui. 

"  Grazie  sian  rese  a  Dio,  diceva  la  Regina,  peroc- 
ché abbiam  fiducia  in  Dio,  che  per  V  opera  vostra  la 
nostra  santa  fede  cattolica  avrà  una  larga  diffusione  ... 
E  per  tutto  questo,  ciò  che  principalmente  ci  allieta 
è  che  il  vostro  genio  abbia  concepita  sì  mirabile  im- 
presa, la  vostra  abilità  T  abbia  cominciata,  certi  che 
la  perseveranza  la  condurrà  a  fine.  Ora  vediamo  che 
quanto  preannunziaste  si  avverò  con  tanta  esattezza, 
che  più  non  avreste  fatto  dopo  la  riuscita.  " 

Nondimeno  de'  gravi  avvenimenti  avevano  avuto 
luogo  nella  Spagnola  durante  1'  assenza  di  lui.  Don 
Pietro  di  Margarita,  a  cui  affidò  il  comando  di  San 
Tommaso,  s'  era  levato  contro  il  consiglio,  e  invece 
di  visitare  ed  esplorare  le  differenti  regioni  dell'  isola, 
come  n'  aveva  1'  ordine,  campeggiò  ne'  dintorni  d' Isa- 
bella, lasciando  ogni  libertà  agli  uomini  posti  sotto  il 
suo  comando,  commettendo  ogni  maniera  violenze, 
per  procurarsi  vittuaglie,  e  depredando  di  quanto 
avevano  i  poveri  Indiani.  Poi,  sia  che  fosse  infermo  e 
stanco  del  clima  della  Spagnola,  sia  che  temesse  il 
castigo  che  aveva  meritato,  si  appigliò  al  partito  di 
far  vela  per  la  Spagna  prima  che  V  Ammiraglio  fosse 
di  ritorno.  Irritato  dalle  rimostranze  fattegli  da  Diego, 
fratello  del  Colombo  per  la  sua  condotta,  non  ebbe 
più  alcun  riguardo  né  conobbe  più  freno.  Insultò 
apertamente  1'  uno  e  1'  altro,  e  fecesi  alquanti  parti- 
giani, tra'  quali  il  Vicario  apostolico  Padre  Boyl. 
Questi  non  esitò  a  pubblicare  "  che  partendo,  reca- 
vasi a  sgannare  i  Monarchi  cattolici  sulle  false  idee 
che  r  Ammiraglio  faceva  loro  concepire  sulle  proprie 
imprese.  " 


110  CRISTOFORO  COLOMBO. 

Essendo  ancorati  nel  porto  d'  Isabella  i  navigli 
comandati  da  Bartolomeo  Colombo,  riuscirono  ad 
impadronirsene,  e  senz'  altro  fecero  vela  per  la  Spa- 
gna. Noi  vedremo  il  gravissimo  danno  che  i  loro 
lamenti  e  rapporti  cagionarono  al  Colombo.  E  nondi- 
meno da  notare  che  all'  avversione  mostrata  dal 
Boyl  contro  di  lui  non  parteciparono  in  genere  i 
Missionari,  dai  quali  ricevè  sempre  sincera  ed  affet- 
tuosa riverenza. 

Tuttavia,  egli  tenne  fermo  nel  fare  rispettare  la 
colonia  dai  cacichi  nemici  che  la  circondavano.  Es- 
sendo stati  assassinati  parecchi  Spagnoli,  giudicò 
che  più  lunga  tolleranza  gli  avrebbe  nuociuto  grave- 
mente, e  venuto  in  conoscenza  del  complotto  che 
meditava  Caonabo  facendo  alleanza  con  alcuni  dei 
principali  capi,  si  risolse  ad  assalirlo. 

Non  era  impresa  facile  co'  pochi  soldati  de'  quali 
disponeva;  e  adoperò  uno  strattagemma.  Fattane 
parola  con  Alfonso  d'  Ojeda,  che  comandava  il  forte 
di  Cibao,  questi  accettò  di  eseguirlo.  Partì  dunque  da 
Cibao  con  nove  cavaHeri,  fatta  prima  correre  la  voce 
che  gli  Spagnoli  desideravano  la  pace  e  che  portava 
a  Caonabo  de'  regali  da  parte  del  Colombo.  Arrivati, 
*'  Il  potente  signore  della  casa  d'  oro  "chiese  subito 
di  vedere  i  doni  recatigli,  e  1'  Ojeda,  mostrandogli 
catene  e  braccialetti  di  rame  risplendente,  chiese  di 
metterglieli  egli  stesso  ai  piedi  e  alle  mani.  Gli  fu 
concesso,  e  l' incauto  senza  avvedersene  si  trovò  in 
prigione.  Allora  1'  Ojeda  presolo  sulla  groppa  del  ca- 
vallo lo  trasse  prigioniero  ad  Isabella,  dove  fu  imbar- 
cato per  la  Spagna;  ma  colta  la  caravella  da  fiera 
tempesta  restò  inghiottita  dall'  onde,  e  vinto  e  vinci- 
tori rimasero  sepolti  in  fondo  all'  oceano. 


CAPITOLO  DECIMO.  Ili 

Caonabo  aveva  tre  fratelli  che  tentarono  di  solle- 
vare tutta  r  isola  contro  coloro  che  tanto  presto 
n'  erano  addivenuti  oppressori  :  e  raccolsero  ben 
centomila  combattenti,  ai  quali  il  Colombo  non  potè 
opporre  che  duecento  fantaccini  e  venti  cavalieri. 
Pertanto  si  raccolse  in  preghiera,  affidato  il  comando 
di  quel  piccolo  nerbo  al  suo  fratello  Bartolomeo,  cui 
aveva  dato  il  titolo  di  luogotenente  generale,  ossia  di 
Adelantad.  Scaricata  dai  nativi  una  nuvola  di  frec- 
cie  che  offuscò  1'  aria,  un  improviso  ed  impetuoso 
vento  le  deviò  dal  punto  a  cui  avevano  mirato.  Gli 
Spagnoli,  gridando  al  miracolo,  si  lanciarono  loro 
sopra  e  li  misero  in  pezzi.  Il  numero  venne  meno  alla 
forza  della  disciplina.  Le  armi  da  fuoco  colpirono  i 
rimanenti  di  terrore,  e  più  ancora  i  cavalli  che  loro 
si  lanciavano  contro,  credendoli  mostri  che  volessero 
divorarli. 

Il  Colombo,  a  ringraziare  Dio  della  vittoria  con- 
seguita, fece  erigere  un  altare  e  celebrarvi  una  messa. 

Parecchie  volte  ebbe  egli  a  lottare  contro  le  forze 
disperse  degli  Indi,  e  sempre  ne  restò  vincitore. 
Avendogli  assoggettati,  impose  loro  un  tributo  :  cioè 
una  piccola  misura  d'  oro  ogni  tre  mesi,  a  quelli  che 
erano  vicini  alle  miniere,  agli  altri  venticinque  libbre 
di  cotone  filato. 

Mentre  stava  così  combattendo  contro  i  nativi 
d'  Haiti,  gravissime  accuse  eran  deposte  contro  di 
lui  in  I spagna,  dove  il  Padre  Boyl  e  Pietro  di  Mar- 
garita avevan  raggiunta  la  Corte.  Quivi  trovarono 
piena  corrispondenza  nell'  uffizio  della  marina,  dove 
Giovanni  di  Fonseca  era  incaricato  della  direzione 
delle  scoperte,  il  quale  si  valse  della  costoro  narra- 
zione per  attraversare  le  spedizioni  del  Colombo.  E 


112  CRISTOFORO  COLOMBO. 

tosto  tutti  gli  invidiosi  del  grand'  uomo  co'  malcon- 
tenti composero  un  formidabile  partito.  Declamavano 
altamente  contro  V  Ammiraglio,  spacciando  che 
quanto  s' era  pubblicato  di  miniere  d' oro  non  era  che 
invenzione,  e  che  il  preteso  grand'  uomo  si  riduceva 
ad  un  temerario,  ed  ambizioso,  che  sacrificava  tutti 
al  proprio  orgoglio  né  aveva  altro  mezzo  che  la  cru- 
deltà. Che  cosa  erano  insomma  le  famose  pretese  re- 
gioni, dalle  quali  si  dovevano  ritrarre  tanti  tesori? 
Isole  malsane  dove  si  mancava  d'  ogni  cosa  e  dove 
la  fame  minacciava  di  mietere  quelli  che  furono  ri- 
sparmiati dalle  malattie.  Cotesto  miserabile  Geno- 
vese non  ebbe  orrore  di  costringere  a  dure  fatiche 
nobili  di  Castiglia,  assoggettandogli  ad  una  disciplina 
di  ferro,  come  se  non  fossero  già  stati  umiliati  abba- 
stanza nel  dovergli  ubbidire! 

Pertanto  il  credito  dell'  Ammiraglio  scemava;  e  le 
spacciate  sue  crudeltà  contro  gli  Indi,  le  mormora- 
zioni dei  malcontenti  esagerate  ogni  dì  più  da'  suoi 
nemici,  le  relazioni  del  Padre  Boyl  e  di  Don  Pietro 
di  Margarita,  1'  ostilità  di  Giovanni  di  Fonseca  e  del 
registratore  Giovanni  di  Soria,  da  ultimo  misero  in 
tali  prevenzioni  Ferdinando  ed  Isabella,  che  quantun- 
que inclinassero  ad  usargli  de'  riguardi,  si  affrettarono 
a  ritirargli  i  privilegi  accordatigli, consentendo  che  altri 
andassero  a  stabilirsi  nel  Nuovo  Mondo,  e  fossero 
liberi  ad  intraprendervi  quante  loro  piacesse  scoperte. 

Deliberarono  dunque  d'  inviare  un  commissario 
alla  Spagnola  coli'  incarico  d'  informarsi  sui  fatti  rim- 
proveratigli, e  scelsero  Giovanni  d'Aguado,  a  cui  ne 
dettero  pieni  poteri. 

L'  Aguado,  gonfio  di  sé  per  questa  importante 
missione  ricevuta,  partì  con  quattro  caravelle,  e  con 


CAPITOLO  DECIMO.  113 

buona  traversata  giunse  ad  Haiti,  dove  in  assenza 
del  Colombo  comandava  il  suo  fratello  1'  Adelantado 
Bartolomeo.  Come  1'  ebbe  dinanzi  lo  coprì  d'  invetti- 
ve e  minacele,  dicendo  d'  essersi  recato  a  processare 
il  fratello  e  a  liberarne  la  colonia. 

Questi  che  era  a  combattere  i  cacichi,  appena  dal 
fratello  seppe  quell'  arrivo,  fece  subito  ritorno  ad 
Isabella. 

E  quegli  varcando  i  confini  dell'  autorità  conferita- 
gli, non  contento  di  presentargli  le  lettere  della  commis- 
sione ricevuta,  con  tuono  arrogante  fecegli  sapere  che 
era  giunto  a  raccoglierete  necessarie  informazioni  per 
processarlo.  Il  Colombo  sostenne  tante  insolenze  con 
grande  modestia,  assicurandolo  della  piena  sua  som- 
missione acrli  ordini  dei  Monarchi. 

Raccolse  1'  Aguado  quante  più  potè  testimonianze 
dai  più  malvagi  coloni  e  soldati,  e  dagli  stessi  Indi, 
coir  intendimento  di  addebitare  all'  Ammiraglio 
tutti  gli  eccessi  dei  quali  dolevansi  gli  Spagnoli;  e  il 
processo  fu  chiuso  a  mezzo  dicembre  del  1495. 

Sopportò  questi  con  animo  eroico  tutte  le  umilia- 
zioni alle  quali  venne  sottoposto,  pieno  di  deferenza 
verso  r  autorità  reale  che  quegli  rappresentava  e  che 
senza  motivi  di  sorta  gli  si  era  dichiarato  nemico, 
cedendogli  il  posto  e  gli  onori  che  a  lui  solo  per 
diritto  spettavano. 

Compita  che  ebbe  il  miserabile  la  missione  affida- 
tagli, e  che  dovendo  essere  missione  di  giustizia  e  di 
pacificazione  fu  da  lui  tramutata  in  una  iniqua  inqui- 
sizione, si  dispose  a  far  ritorno;  ma  proprio  nel  mo- 
mento che  stava  per  far  vela,  scaricandosi  su  la  Spa- 
gnola un  uragano  spaventevole,  spezzava  le  quattro 
caravelle  da  lui  condotte  e  tre  dei  navigli  del  Coloni- 


114  CRISTOFORO  COLOMBO. 

bo,  eccettuata  la  Nina  che,  nel  suo  viaggio,  aveva 
battezzata  col  nome  di  Santa  Chiara. 

Il  Colombo  volendo  arrivare  alle  coste  di  Castiglia 
nel  medesimo  tempo  che  il  suo  accusatore,  fece  co- 
struire un'  altra  caravella  col  nome  di  Santa  Croce, 
risoluto  di  perorare  di  persona  la  propria  causa  presso 
i  Monarchi,  e  ad  un  tempo  ragguagliarli  delle  recenti 
sue  scoperte. 

L'  Aguado  non  ebbe  coraggio  di  contrastarglielo 
ed  egli,  lasciandolo  pascersi  di  frivole  onoranze,  tenne 
fermi  i  diriti  essenziali  della  sua  dignità,  affidando  il 
governo  generale  ai  due  suoi  fratelli,  Bartolomeo  e 
Diego,  finché  ne  rimanesse  lontano,  e  nominò  ammi- 
nistratore di  giustizia  Francesco  Roldan  :  a  parecchi, 
altri  ufficiali  commise  il  comando  delle  diverse  forze. 

Il  IO  marzo  del  1496,  le  due  caravelle  fecero  vela 
per  r  Europa,  Aguado  sopra  la  Santa  Croce,  teste 
fatta  costruire  dal  Colombo,  ed  egli  sulla  Santa 
Chiara,  menando  seco  duecento  venti  Spagnoli, 
'*'  che  erano  i  più  poveri  della  colonia,  e  che  da  lui 
ben  trattati,  come  sempre  soleva,  nel  viaggio,  si  pro- 
ferirono a  sostenerne  le  parti  contro  F  Aguado. 
Governando  all'  Est  verso  il  capo  d'  Fugano,  lo  passò 
il  22  marzo,  e  il  9  aprile  approdò  a  Maria  Galante. 
Le  difficoltà  incontrate  per  provvedersi  d'  acqua 
lo  costrinsero  il  dì  seguente  ad  approdare  alla  Gua- 
dalupa.  Risciolse  le  vele  al  vento  il  20  di  aprile,  ma 
per  causa  de'  venti  contrarj  il  20  maggio  si  trovavan 
perduti  in  mezzo  all'  oceano,  e  i  piloti  non  indovi- 
nando più  la  via,  mancando  1'  acqua  e  i  viveri  essendo 
per  finire,  ne  furono  tutti  in  grande  costernazione! 

Aveva  egli  messo  gli  uomini  e  1'  equipaggio  alla 
razione  di  sei  once  di  pane  il  giorno,  donde  nacquero 


CAPITOLO  DECIMO.  115 

vive  mormorazioni.  Trattavano  nientemeno  di  gittare 
in  mare  gli  Indi  che  avevan  seco,  per  avere  un  tenue 
aumento  di  viveri  per  sé.  Ne  trattaron  da  prima  in 
secreto,  poi  apertamente.  L'  Ammiraglio  richiamò 
que'  disperati  a  sé  stessi,  annunziando  fra  tre  dì  il 
capo  di  San  Vincenzo,  Se  ne  acquietarono,  quantun- 
que i  più  intelligenti  di  mare  credevansi  ancora  lon- 
tani dalla  Spagna  per  oltre  dugento  leghe;  chi  diceva 
esser  quelli  i  paraggi  d'  Inghilterra,  chi  il  canale  di 
Fiandra  :  fatto  sta  dopo  tre  dì,  cioè  \  1 1  giu- 
gno 1496,  la  Santa  Chiara  riconobbe  il  capo  di  San 
Vincenzo. 

Il  giorno  seguente  entrando  il  Colombo  nel  porto 
di  Cadice,  trovò  tre  vascelli  carichi  di  vittuaglie  e  di 
munizioni,  pronti  a  partire  per  la  Spagnola.  Profittò 
di  quest'  occasione  per  mandare  a  suoi  fatelli  lettere 
d'  incoraggiamento,  poscia,  informati  i  Sovrani  del 
suo  ritorno,  ne  attese  quivi  gli  ordini. 

Il  12  luglio  del  1596,  un  ordine  reale  da  Burgos 
r  invitava  alla  Corte.  Vi  si  recò  modestamente,  ma 
non  senza  mostrare  il  fiero  dolore  che  lo  straziava; 
lasciatisi  crescere  capelli  e  barba  e  indossando  un 
abito  grigio  da  Francescano.  Ma  lungi  dall'  esser 
stato  ricevuto  e  trattato  come  un  delittuoso  di  cui  si 
aspetti  la  giustificazione,  non  si  fece  verbo  né  delle 
informazioni  dell'  Aguado,  né  delle  accuse  del  Padre 
Boyl  e  di  Don  Pietro  di  Margarita;  al  contrario  ebbe 
elogi  e  ringraziamenti  per  i  suoi  novelli  servigi  ren- 
duti  alla  Spagna. 

Protetto  da  Dio  continuava  a  trionfare  de'  suoi 
nemici;  e  per  verità,  dice  uno  de'  suoi  storici,  "  basta- 
va il  solo  suo  aspetto  alla  più  ampia  e  solenne  giusti- 
ficazione! " 


SOMMARIO. 


Il  Colombo  propone  a'  Monarchi  Spagnoli  di  continuare  le 
sue  scoperte.  Ritardi.  Novelle  calunnie.  Misure  prese  ed 
istruzioni  date  nell'  isola  d'  Isabella  per  1'  amministrazione 
della  colonia.  —  Colombo  parte  con  sei  caravelle.  Ne  manda 
tre  a  vettovagliare  di  nuovo  la  Spagnola,  e  colle  altre  si  volge 
verso  la  zona  torrida.  Sofferenze  degli  equipaggi.  Piglia 
porto  alla  trinità.  In  questo  terzo  viaggio  alle  Indie  occiden- 
tali approda  al  Continente.  —  Donde  ritorna  alla  Spagnola. 
Condizioni  nelle  quali  rinveniva  la  colonia.  Mentre  ristabi- 
lisce dapertutto  1'  ordine  e  1'  obbedienza,  si  risolleva  contro 
di  lui  r  opinione  in  Ispagna.  — I  Monarchi  inviano  il  Boba- 
dilla  alla  Spagnola  con  provvedimenti,  de'  quali  abusa.  In- 
degna sua  condotta.  Fa  mettere  in  catene  il  Colombo  e  i  fra- 
telli di  lui.  E  raccoglie  quante  può  querele  e  deposizioni 
per  istruirne  il  loro  processo.  Il  Colombo  che  alcuni  anni 
prima  aveva  percorso  trionfante  1'  Oceano,  mostrando 
all'  Europ*^  la  via  per  1'  America,  lo  riattraversa  prigioniero. 


EL  tripudio  d'  una  accoglienza  che  copriva 
i  suoi  avversar]*  di  vergogna  e  di  confu- 
sione, Cristoforo  Colombo  fece  a'  Mo- 
narchi Spagnoli  il  racconto  delle  novelle 


^f^ — u (;(;r 


sue  scoperte;  ed  insieme  loro  manifestò  apertamente 
le  condizioni  della  colonia,  provando  che  le  misure 
da  lui  prese,  e  tanto  da'  suoi  nemici  biasimate,  erano 
assolutamente  indispensabili  in  paese  non  peranco 
ordinato;  aggiungendo  che  non  dovevano  giudicarlo 
come  un  governatore  ordinario  che  desse  in  eccessi, 
ma  come  un  conquistatore  tenuto  a  farsi  rispettare 
con  la  forza  da  popolazioni  selvaggie.  Essere  pronto 


CAPITOLO  DECIMO  PRIMO.  117 

a  rifare  quanto  aveva  fatto,  non  essendo  stato  mai 
inspirato  da  personale  ambizione  :  sì  unicamente 
dalla  vera  grandezza  della  sua  patria  di  adozione;  né 
aver  mai  imposta  la  propria  volontà  se  non  quando 
era  assolutamente  richiesto  dalla  salvezza  di  coloro 
che  gli  erano  affidati,  e  di  que'  medesimi  che  n'  erano 
addivenuti  accusatori.  Poi  presentò  loro  le  maschere 
e  cinture  dorate,  e  grani  d'  oro  in  quantità  che  aveva 
di  là  riportato,  alcuni  della  grossezza  di  una  fava,  ed 
altri  di  una  noce. 

Finalmente  lor  propose  di  continuare  le  scoperte 
cominciate,  chiedendo  a  tal  fine  otto  vascelli;  due 
de'  quali  fossero  subito  inviati  con  provviste  e  muni- 
zioni ad  Isabella;  egli  partirebbe  con  gli  altri  sei.  Fu 
accettata  la  proposta,  e  per  ordine  della  Regina  gli 
vennero  subito  assegnati  sei  milioni  di  maravedis  per 
compiere  il  novello  armamento. 

Disgraziatamente  negli  uffizi  di  Siviglia  si  macchi- 
nava contro  di  lui.  Il  reale  Consiglio  delle  Indie,  di 
cui  stava  a  capo  Giovanni  Rodriguez  di  Fonseca, 
come  se  di  ciò  nulla  fosse,  pubblicava  editti  tirannici 
per  tutte  le  terre  scoperte;  così  che  mentre  la  Regina 
di  Castiglia  facendo  proprie  le  vedute  del  Colombo, 
sperava  di  attirare  alla  fede  cattolica  i  selvaggi  me- 
diante r  umanità  e  la  dolcezza,  là  giungevano  ordina- 
zioni, il  cui  odio  doveva  ricadere  intieramente  sopra 
di  lui.  Si  è  fin  detto  che  Ferdinando,  non  d'  altro 
avido  che  d'  oro  e  malcontento  che  la  colonia  non 
gliene  fornisse  quanto  voleva,  comandasse  di  ven- 
dere i  nativi  come  schiavi. 

Il  20  di  ottobre,  giunge van  dalla  Spagnola  a  Ca- 
dice tre  caravelle  comandate  dal  piloto  Alonzo  Nino, 
ciascuna  delle  quali  portava   Indi  prigionieri,  e  ne 


118  CRISTOFORO  COLOMBO. 

parvero  giustificate  le  calunnie  de'  nemici  del  Colom- 
bo, il  quale,  come  scrive  egli  stesso,  n'  ebbe  ogni  ma- 
niere di  rimproveri.  La  sola  Regina  ne  sosteneva 
il  coraggio,  dicendo  che  "  non  badasse  a  quanto  si 
andava  spacciando,  essendo  ella  risoluta  a  sostenere 
e  proseguir  V  impresa,  e  non  se  ne  avessero  a  ritrare 
che  pietre  :  quel  che  le  importava  essere  la  diffusione 
della  fede  cristiana,  e  non  credere  punto  amici  della 
sua  corona  coloro  che  a  lui  si  opponevano.  "  Per- 
tanto il  23  aprile  del  1497,  comandò  che  subito  fosse 
provvisto  r  armamento  della  fiotta  destinata  alle 
Indie,  confermandogliene  il  comando.  Anche  voleva 
dargli  un  solenne  attestato  della  sua  gratitudine 
creandogli  un  principato  nell'  Indie,  e  che  ne  avesse 
il  titolo  di  Duca;  ma  egli  vi  si  ricusò. 

Il  19  di  giugno  poi  gli  fece  tenere  delle  novelle 
istruzioni  per  il  governo  della  colonia.  Se  non  che 
tutto  questo  pareva  ridursi  ad  un  giuoco,  non  essendo 
provati  (opera  degli  addetti  agli  ufficj  di  marina)  gli 
approvigionamenti,  né  alcun  de'  navigli  che  doveva 
partire;  oltre  di  che  per  le  calunnie  largamente  sparse 
contro  di  lui  aumentando  le  prevensioni,  ninno  si 
presentava  ad  iscriversi  per  la  partenza.  Il  Colombo 
temendo  che  un  ulteriore  ritardo  portasse  la  totale 
rovina  della  colonia  della  Spagnola,  propose  un  riparo 
estremo;  cioè  si  commutasse  ad  ogni  sorta  di  delit- 
tuosi in  perpetuo  esilio  alle  Indie  la  pena  a  cui  ve- 
nissero condannati;  i  condannati  a  morte  avrebbero  la 
grazia  della  vita,  quivi  servendo  due  anni  senza  stipen- 
dio; gli  altri  servirebbero  un  anno  soltanto;  ed  ogni 
azione  di  tribunali  cesserebbe  a  patti  che  i  primi 
non  potessero  tornar  più  mai  in  Europa.  E  nel  me- 
desimo tempo  si  dette  ordine  che  fossero  condannati 


CAPITOLO  DECIMO  PRIMO.  119 

ai  lavori  delle  miniere  tutti  i  meritevoli  di  severi  ca- 
stighi. Queste  proposte  vennero  approvate  da  Mo- 
narchi in  Medina  del  Campo  il  22  giugno  1497. 

Fu  questo  un  errore  del  Colombo,  di  cui  lo  scusa 
unicamente  la  fretta  eh'  aveva  di  raggiungere  la  Spa- 
gnola e  soccorrere  quella  colonia  abbandonata.  Ma 
meglio  sarebbe  stato  ritardare  il  ristoramento,  che 
popolar  queir  isola  di  ladri  e  di  assassini;  e  ben 
doveva  prevedere  che  con  tal  gente  la  scoperta  di  cui 
s'  era  impromesse  sì  belle  cose  per  la  religione,  sa- 
rebbe divenuta  *'  un  flagello  per  1'  umanità!  " 

E  con  tutto  ciò  r  ora  di  partire  non  arrivava  mai. 
Egli  n'  era  in  desolazione;  ma  senza  prò  :  i  mesi 
scorrevano,  e  nulla  era  mai  pronto.  Le  ottime  dispo- 
sizioni della  Regina  datavano  dal  luglio  del  1496,  e 
frattanto  era  passato  tutto  il  1497  senza  alcun  prò. 
A  gran  fatica  potè  egli  ottenere  V  armamento  di  due 
caravelle  entrato  il  1498.  E  siccome  le  sorti  della 
colonia  della  Spagnola  lo  tenevano  in  gravissima  pena, 
senz'  altri  indugi  ai  primi  di  febbraio  le  fece  partire. 

Provveduto  così,  quanto  era  possibile,  alla  colonia, 
con  una  energia  prodigiosa,  cui  non  valsero  a  vincere 
tutte  le  opposizioni  degli  uffizi  della  marina,  e  spe- 
cialmente dell'  ordinatore  generale  di  essa,  tanto  si 
adoperò  che  nel  mese  di  maggio  del  1498  aveva  fatte 
raccogliere  nel  porto  di  San  Lucar  di  Barrameda  sei 
caravelle  pronte  alla  partenza. 

Finalmente  in  nome  della  Santissima  Trinità  mise 
alla  vela  il  30,  indirizzandosi  con  tre  de'  navigli  verso 
la  zona  torrida,  e  dato  ordine  agli  altri  di  affrettarsi 
al  soccorso  di  Haiti,  ossia  della  Spagnola. 

Diversa  dalle  precedenti  fu  la  via  che  egli  prese  in 
questo  terzo  suo  viaggio;  né  s' ingannava  se  dopo  la 


120  CRISTOFORO  COLOMBO. 

scoperta  dell'  isole,  egli  andava  in  cerca  del  Conti- 
nente. 

Il  27  di  luglio  cessò  il  vento,  e  ad  un  mare  tutto 
uguale  e  in  color  di  piombo  soprastava  un  cielo  in- 
fuocato. Non  un  alito  che  rinfrescasse  V  aria  soffo- 
cante, non  un  movimento  d'  onde  qualsiasi,  ma  una 
terribile  calma!  Il  catrame  dalle  navi  si  scioglieva,  il 
vino  e  r  acqua  spicciavan  dalle  fessure  delle  botti,  le 
cui  doghe  il  calore  aveva  ristrette;  le  vivande  salate 
si  corrompevano,  ed  il  lardo  colava  come  se  stesse 
davanti  al  fuoco.  Nessuno  *'  vi  fu  che  osasse  discen- 
dere sotto  il  ponte  per  mettere  in  salvo  le  botti  e  i 
viveri,  "  e  nella  cala  era  impossibile  respirare.  E  tutto 
questo  per  una  settimana;  una  settimana  di  sofferenze 
senza  nome;  poi  ricominciò  un  buon  vento  che  durò 
per  alcuni  giorni. 

Il  31  luglio  scoprirono  terra,  e  videro  tre  monta- 
gne con  le  cime  fra  le  nebbie  del  cielo.  Il  Colombo 
che  aveva  posto  quel  suo  viaggio  sotto  la  protezione 
della  Santa  Trinità,  colpito  da  tale  coincidenza,  bat- 
tezzò questa  terra  col  nome  di  Trinidad,  Trinità;  e 
il  dì  seguente  ebbe  in  vista  il  delta  dell'  Orenoco; 
contrada  a  cui  dette  il  nome  di  Terra  di  Grazia,  con- 
vinto che  Dio  ve  lo  avesse  menato. 

Il  5  agosto,  essendo  in  domenica,  volle  che  vi  fosse 
celebrata  la  messa;  ed  essendo  egli  sofferente  di  do- 
lorosa oftalmia,  incaricò  il  capitano  Pietro  di  Torre- 
ros  per  piantarvi  una  grande  croce. 

Il  lunedì  e  martedì  bordeggiarono  lungo  la  costa,  e 
alla  corrente  formata  dall'  Orenoco,  fiume  immenso 
che  per  sette  grandi  foci  si  scarica  nell'  Oceano,  dette 
il  nome  di  Bocca  del  Dragone.  Egli  si  trovava  nel 
golfo  di  Paria,  cui  chiamò  Golfo  delle  Perle.  Le  ca- 


CAPITOLO  DECIMO  PRIMO.  121 

Tavelle  incontrarono  grandissima  difficoltà  a  superare 
quella  corrente,  e  non  essendo  punto  favorevole  il 
vento,  corsero  grave  perìcolo  di  affondare.  Profit- 
tando d'un  leggiero  venticello  di  terra,  il  Colombo 
entrò  nello  stretto.  "  Appena  i  legni,  dice  1'  Herrera, 
furono  dentro  queste  terribili  gole,  il  vento  si  sca- 
tenò, e  fu  miracolo  se  non  dettero  negli  scogli!  "  Ma 
la  destrezza  nel  valersi  della  corrente,  li  salvò. 

A  26  leghe  verso  il  Nord,  scoprirono  un'isola;  e 
un  po'  più  là  un'  altra.  Vennero  denominate  1'  Asstm- 
zione  e  la  Concezione. 

Dal  i°di  agosto,  le  coste  che  si  distendevano  verso 
r  Ovest,  e  sopra  tutto  la  forza  del  fiume  che  il  Co- 
lombo aveva  riconosciuto  e  che  per  1'  abbondanza 
delle  acque  che  menava,  doveva  bagnare  considere- 
voli terre,  gli  fecero  credere  d'  aver  scoperto  il  Con- 
tinente. Per  lo  che,  venuti  meno  i  viveri  e  gli  equi- 
paggi essendo  sofferenti,  fece  volgere  per  la  Spa- 
gnola. 

Quivi  sbarcato,  trovò  la  colonia  in  condizioni  de- 
plorevoli. Un  gran  numero  di  gentiluomini,  *'  de'  quali 
chi  più  sapeva,  dice  Las  Casas,  ignorava  il  Credo  e  i 
dieci  comandamenti  divini,  "  s'  eran  fatti  padroni  di 
quest'  isola  sì  bella  e  rigogliosa,  commettendovi  ogni 
maniera  di  eccessi,  che  Bartolomeo  Colombo,  non 
ostante  la  sua  avvedutezza  e  prontezza,  non  aveva 
potuto  reprimere;  per  lo  che  ridotti  a  grandi  soffe- 
renze, le  avevano  peggio  accresciute  con  la  confu- 
sione, alle  quali  misero  il  colmo  i  complotti  de'  nativi, 
spesso  promossi  dagli  Spagnoli  stessi  o  secondati. 

E  fu  questo  il  tempo,  in  cui  il  partito  ostile  al  Co- 
lombo lavorò  a  calunniarlo  presso  la  Corte,  mediante 
i  lamenti  che  giungevano  senza  interruzione.  Il  ri- 


122  CRISTOFORO  COLOMBO. 

torno  in  I  spagna  di  molti  ambiziosi  che  non  rinven- 
nero nel  Nuovo  Mondo  quanto  sognavano,  e  le  ca- 
lunnie che  per  ciò  stesso  inventavano  contro  di  lui, 
servirono  maravigliosamente  a  suoi  nemici  per  ren- 
derlo ''  odioso  al  popolo  e  sospetto  alla  Corte.  "  Si 
spacciava  che  aveva  ridotti  ad  estrema  povertà  illustri 
fidalghi,  e  che  ai  meschini  addetti  ai  lavori  delle  mi- 
niere per  la  ricerca  dell'  oro  neanche  era  stato  pagato 
il  salario,  non  riscuotendone  che  fatiche  e  malattie 
incurabili.  E  di  tutto  ciò  era  unica  causa  1'  orgoglio 
senza  esempio,  e  la  non  saziabile  avarizia  del  Colombo. 

Ogni  volta  che  il  re  passava  per  le  vie  di  Granata, 
cotesti  malcontenti  lo  seguivano,  mettendo  grida  di 
vendetta  contro  V  Ammiraglio  e  chiedendo  giustizia; 
e  vedendone  i  figli  ancora  paggi  della  regina 
Isabella  :  '*  Ecco,  dicevano,  (come  racconta  Ferdi- 
nando suo  secondogenito)  i  figliuoli  dell'  Ammira- 
glio de'  mosciolini,  di  colui  che  ha  trovato  terre 
di  vanità  e  d' inganno  per  sepoltura  e  miseria  de' gen- 
tiluomini castigliani.  "  Re  Ferdinando,  che  non  aveva 
mai  avuto  buon  sangue  con  1'  Ammiraglio,  non  istentò 
a  credere  a  queste  grida  abilmente  promosse  contro 
di  lui;  e  la  Regina  che  lo  difendeva  venne  con  più  fina 
destrezza  sorpresa  con  far  giungere  dal  Nuovo 
Mondo,  contro  la  volontà  del  Colombo,  altri  schiavi, 
come  prova  del  violar  eh'  esso  faceva  gli  ordini  da 
lei  tanto  caldamente  dati  rispetto  alla  libertà  di 
que'  meschini  :  e  pur  troppo  non  cauta  abbastanza, 
si  lasciò  piegare  ad  una  ingiustizia  che  per  sé  stessa 
non  avrebbe  mai  commessa. 

Imperocché  avendo  creduto  il  Colombo  veramente 
colpevole  di  questa  violazione,  ne  argomentò  che 
dunque  fossero  egualmente  vere  tutte  le  altre  accuse 


CAPITOLO  DECIMO  PRIMO.  123 

fattegli.  Ordinò  pertanto  sotto  pena  di  morte,  che 
tutti  gli  Indi  fatti  prigioni  fossero  subito  restituiti  a 
sé  stessi,  e  deliberò  che  a  lui  fosse  subito  tolta  1'  au- 
torità di  cui  era  stato  rivestito  specialmente  a  scopo 
religioso,  e  di  cui  abusava  sì  barbaramente  in  oppo- 
sizione alle  regie  ordinazioni.  Se  ella  si  fosse  procu- 
rate migliori  informazioni,  avrebbe  conosciuto  che  la 
condotta  del  Colombo  era  stata  irreprensibile  sempre, 
e  la  sola  sua  giusta  severità  nel  mantenere  la  disci- 
plina e  r  invidia  della  sua  gloria  avevangli  suscitato 
contro  tanti  nemici. 

Ciononostante  continuò  1'  opera  che  s'  era  propo- 
sta, e  a  poco  a  poco  acquietate  le  rivolte,  ne  venne 
riconosciuta  V  autorità  tanto  dai  Castigliani  quanto 
dagli  Indi  disposti  al  battesimo.  Egli  chiedeva  altri 
tre  anni  per  aumentare  di  sessanta  milioni  le  rendite 
della  corona  col  monopolio  delle  miniere  d' oro  e  con 
la  pesca  delle  perle.  Né  s' ingannava;  di  fatti,  dopo 
cinque  anni  i  diritti  regj  sorpassarono  i  cento  milioni; 
ma  allora  più  non  si  voleva  credere  alle  sue  promesse. 

La  Regina  per  mettere  termine  ai  disordini,  che  le 
si  faceva  intendere  sarebbero  durati  quanto  il  gover- 
no dell'  Ammiraglio,  vi  mandò  Francesco  Bobadilla, 
commendatore  di  Calatrava,  con  amplissimi  poteri  e 
coi  titoli  di  governatore  generale  e  di  intendente  su- 
premo della  Giustizia,  e  coli'  incarico  di  verificare  le 
condizioni  della  colonia.  Ambizioso  costui,  violento  e 
cupido,  si  propose  di  esercitare  largamente  1'  auto- 
rità commessagli;  e  non  gliene  mancavan  appigli, 
essendo  arrivati  a  dire  i  nemici  del  Colombo,  che  egli 
divisava  nientemeno  che  di  rendersi  indipendente 
dalle  corone  di  Castiglia  e  d'  Aragona,  e  farsi  gridare 
Sovrano  del  Nuovo  Mondo! 


124  CRISTOFORO  COLOMBO. 

Né  contenti  di  fargli  perdere  il  potere  di  cui  era 
rivestito,  fecero  anche  prova  di  levargli  la  gloria  delle 
fatte  scoperte.  Di  fatti,  dall'  ordinatore  generale  delle 
Indie,  già  era  stato  incaricato  a  proseguirle  (forse 
air  insaputa  de'  re  cattolici)  Alonzo  d'  Ojeda,  quel  me- 
desimo che  s'  era  impadronito  del  cacico  Caonabo; 
al  qual  fine  aveva  chiesto  e  ottenuto  copia  dei  divi- 
samenti  e  ricordi  scritti  dall'  Ammiraglio,  e  certo 
n'  erano  assai  diminuite  le  difficoltà,  ora  che  n'  aveva 
tracciata  la  via  il  Colombo.  Fece  dunque  armare 
quattro  vascelli,  aiutato  per  le  spese  necessarie  da  un 
ricco  negoziante  fiorentino,  Amerigo  Vespucci,  pra- 
tico di  navigazione,  che  per  tali  ragioni  prese  parte  al 
viaggio. 

La  flottiglia  comandata  dall'  Ojeda  e  guidata  dal 
piloto  Giovanni  della  Cosa,  nativo  di  Discaglia,  mise 
alla  vela  il  20  maggio  del  1499,  e  approdò  precisa- 
mente nei  luoghi  visitati  da  Cristoforo  Colombo 
r  anno  precedente.  Il  Vespucci  ne  pubblicò  la  rela- 
zione, ma  come  di  un  viaggio  esclusivamente  suo, 
senza  nominare  X  Ojeda.  Né  vogliam  dire  che  egli 
per  inganno  intendesse  attribuirsi  una  gloria  altrui  : 
fatto  sta  che  il  suo  racconto  ebbe  un  successo  immen- 
so presso  gli  amici  del  maraviglioso,  e  fu  tosto  tra 
dotto  in  varie  lingue,  donde  avvenne  che  il  primo 
descrittore  del  Nuovo  Mondo  ne  fosse  tenuto  ezian- 
dio primo  discopritore,  a  danno  di  colui  a  cui  ne  spet- 
tava la  gloria. 

Intanto  Francesco  di  Bobadilla  partito  con  due 
caravelle  dalla  Spagna  per  San  Domingo  sulla  fine 
di  giugno  del  1500,  vi  giunse  il  22  di  agosto  :  questa 
città  fondata  sulle  coste  della  Spagnola  da  Bartolo- 
meo Colombo  secondo  il  disegno   del    suo  fratello 


CAPITOLO  DECIMO  PRIMO.  125 

Cristoforo,  era  stata  da  lui  designata  per  capitale  del 
viceregno  delle  Indie,  e  centro  da  cui  si  sparge- 
rebberoi  lumi  del  Cristianesimo  su  quel  vasto  mondo 
della  barbarie. 

Il  Bobadilla  nel  24  di  agosto  sceso  a  terra,  fece 
quivi  leggere  le  lettere  reali  di  cui  era  portatore  e  che 
lo  costituivano  intendente  di  Giustizia,  e  il  dì  seguente 
le  altre,  per  le  quali  doveva  essere  riconosciuto  go- 
vernatore generale  di  tutte  le  isole  e  terraferma,  con 
poteri  illimitati. 

Diego  Colombo  aveva  il  comando  della  città.  Il 
Bobadilla  gli  intimò  di  mettere  subito  in  libertà  quanti 
da  lui  e  dal  suo  fratello  erano  stati  racchiusi  nella 
fortezza,  per  rivolta.  Diego  vi  si  ricusò,  dichiarando 
che  non  poteva  farlo  senza  gli  ordini  del  Colombo, 
alla  cui  autorità  era  soggetto.  *'  Bene!  rispose  il  Bo- 
badilla, vi  farò  conoscere  se  ambedue  dobbiate  obbe- 
dirmi !  "  E  lanciò  i  marinai  menati  dalla  Spagna  in 
assalto  della  fortezza. 

Avendo  egli  così  cominciato  con  la  forza  non  si 
arrestò  nell'  intrapreso  cammino.  Fatta  propria  la 
casa  dell'  Ammiraglio,  ne  sequestrò  le  carte,  ne  con- 
fiscò i  mobili,  tolse  per  sé  i  cavalli  che  vi  rinvenne,  e 
s' impadronì  di  tutto  1'  oro  ed  argento  che  quegli  vi 
aveva  raccolto.  Poi,  senza  alcuna  formalità,  coman- 
dava r  arresto  del  fratello  Diego,  facendolo  traspor- 
tare sopra  una  delle  sue  caravelle,  con  ordine  di  met- 
terlo ai  ferri;  e  frattanto,  per  tirarsi  il  favore  de'  sol- 
dati, con  un  editto  ne  determinava  lo  stipendio  mili- 
tare, più  la  paga  per  chi  s'  aggiungesse  ne'  loro  ruoli. 
Finalmente,  ad  aver  tutti  dalla  sua  parte,  dichiarava  la 
ricerca  dell'  oro  nelle  miniere  libera  a  chicchesiasi  per 
venti  anni,  sol  che  pagassero  a'  Monarchi  la  vente- 


126  CRISTOFORO  COLOMBO. 

sima  parte  di  quanto  raccoglierebbero.  E  aggiun- 
geva che  costringerebbe  il  Colombo  a  soddisfare 
quanti  avessero  contro  di  lui  ragioni  di  lamento.  E 
aprì  un  registro  per  tutte  le  accuse  che  gli  sì  potes- 
sero fare,  ricevendo  tutte  le  deposizioni  più  calun- 
niose, bugiarde  e  futili  ad  un  tempo,  che  potessero 
idearsi. 

Diego,  avanti  d'  essere  incarcerato,  fece  avvertire 
per  un  messo  dell'  arrivo  del  Bobadilla  il  fratello,  il 
quale  appena  1'  ebbe  ricevuto,  si  mise  in  via  per  San 
Domingo.  Arrivato,  gli  si  presentò  un  usciere  in  armi, 
consegnandogli  copia  delle  lettere  di  credenza  del 
novello  governatore;  ma  egli  dichiarò  che  erano  in 
formale  contraddizione  con  i  privilegi  irrevocabili  a 
lui  concessi  dai  Sovrani  di  Spagna,  e  pertanto 
esigerebbe  da  tutti  i  sudditi  loro  in  quelle  regioni 
piena  sommissione,  finché  non  ne  avesse  riferito  a 
quelli. 

Se  non  che  penetrato  dal  dovere  di  rispettare  l' au- 
torità di  coloro  che  considerava  come  suoi  signori, 
appena  il  7  settembre  del  1500  ebbe  ricevuto  da? 
Velasquez,  tesoriere  reale,  e  dal  Padre  Giovanni 
di  Trasiera,  Religioso  Francescano,  lettera  segna- 
ta di  mano  del  re  e  della  Regina,  che  gli  intimava 
di  eseguire  quanto  dal  Bobadilla  gli  fosse  imposto, 
cede. 

Ferdinando  ed  Isabella  senza  dubbio  venivano 
meno  alla  propria  parola;  e  dando  al  novello  gover- 
natore tanto  potere,  violavano  la  promessa  fatta  al 
Viceré  delle  Indie,  spossessandolo  di  una  dignità  che 
gli  spettava  per  giustizia,  per  i  patti  conchiusi,  per  le 
fatiche  e  i  pericoli  sostenuti,  e  per  il  diritto  che  gli 
veniva  per  la  sua  perseveranza  in  un'  impresa  senza 


CAPITOLO  DECIMO  PRIMO.  127 


esempio.  Né  il  Colombo  V  ignorava,  e  avrebbe  po- 
tuto resistere  a  chi  talmente  calpestava  la  data  paro- 
la :  ma  egli  amò  di  sottomettersi. 

Chi  mai  crederebbe  che  il  novello  governatore  si 
rifiutasse  a  riceverlo,  anzi  lo  facesse  arrestare  e  menare 
in  fortezza  con  ordine  di  mettergli  i  ferri  ai  piedi? 
Così  trattò  il  Colombo  colui  che  Ferdinando  ed  Isa- 
bella avevano  inviato  in  proprio  nome  a  far  giustizia 
alla  Spagnola  ! 

Egli,  accusato  di  tanto  orgoglio  e  di  tanta  prepo- 
tenza, non  fece  a' soldati  la  minima  opposizione;  ma 
sereno  e  tranquillo  in  tanta  sventura,  dette  a  tutti  un 
ammirabile  esempio  di  annegazione  e  di  pazienza,  in- 
somma di  eroismo  cristiano.  Ma  se  tutti  si  erano 
congiurati  per  infamarlo  e  perderlo,  non  si  trovò  un 
solo  che  osasse  mettergli  i  ferri,  e  incatenare  colui,  la 
cui  vita  non  era  stata  che  un'  aspirazione  a  chiamar 
le  anime  alla  libertà  di  Cristo!  Se  non  che  mentre 
nessuno  degli  scherani  del  Bobadilla  si  sentì  forte 
abbastanza  per  compire  tanta  scelleraggine,  incredi- 
bile, ma  vero,  vi  si  offrì  un  servitore  stesso  del 
Colombo  in  singolarissimo  modo  da  lui  beneficato. 
La  storia  ad  eternarne  1'  infamia,  ne  ha  conservato 
il  cognome,  ed  era  E  spinosa. 

Ne'  ferri  risplende  più  che  mai  la  grandezza  d'  ani- 
mo del  Colombo.  Tanto  moralmente  quanto  fisica- 
mente egli  soffrì  quanto  sia  possibile  a  pensare! 
Spossessato  della  conquista  da  lui  fatta  di  un  mondo, 
nutrito  d'  alimenti  ributtanti,  appena  coperto  d'  una 
misera  veste,  e  stretto  di  catene,  ignorava  per  quali 
delitti  fosse  così  terribilmente  punito! 

L'  Adelantado,  suo  fratello  Bartolomeo,  che  era 
ancora  libero  e  risoluto,  pare  che  si  disponesse  a 


128  CRISTOFORO  COLOMBO. 

Strapparlo  coli'  altro  fratello  Diego  dalle  mani  del 
Bobadilla.  Del  che  essendo  questi  in  timore,  fece 
dire  all'  Ammiraglio  che  lo  invitasse  a  fare  subito 
ritorno  a  San  Domingo.  E  il  Colombo,  scongiuran- 
do il  fratello  di  sottomettersi  agli  ordini  dei  Mo- 
narchi, ''  La  nostra  rivendicazione,  gli  diceva,  sta 
nella  nostra  innocenza.  Saremo  rimandati  in  Ispa- 
gna;  nulla  di  meglio  possiamo  desiderare  per  giusti- 
ficarci! 

L'  Adelantado,  come  il  fratello  gli  aveva  scritto, 
venne  a  San  Domingo;  ma  appena  giunto  v'  ebbe 
catene  come  gli  altri  e  la  rilegazione  sopra  una  cara- 
vella. Erano  essi  gelosamente  custoditi  in  differente 
prigione;  pena  la  morte  a  chiunque  ardisse  di  com- 
municare  con  essi! 

Non  arrivò  il  Bobadilla  sino  all'  assassinio;  ma 
terminata  1'  istruzione  del  processo,  ben  condannò  i 
tre  fratelli  a  morte,  e  avrebbe  fatto  eseguire  la  sen- 
tenza, se  non  avesse  pensato  V  orribile  impressione 
che  farebbe  un  giudice  tramutato  in  carnefice.  Per 
lo  che,  riflettendo  egli  che  il  Colombo  era  gran- 
de ufficiale  della  corona  di  Spagna,  pensò  d'  in- 
viarlo coi  fratelli  e  i  documenti  del  processo  alla 
Corte,  sperando  che  que'  tribunali  confermerebbero 
il  suo  giudizio.  E  ne  affidò  1'  accompagnamento  ad 
Alonzo  di  Vallejo,  figliuolo  di  Giovanni  di  Fonseca, 
di  cui  s'  era  fatto  protettore,  tenendolo  capace  di 
secondarlo  nei  suoi  pravi  propositi. 

Quando  costui  entrò  a  pigliare  1'  Ammiraglio  nella 
prigione  per  condurlo  a  bordo,  questi  credette  d'  es- 
ser tratto  al  supplizio. 

—  "  Vallejo  dove  mi  meni  tu?  "  gli  disse  trista- 
mente. —  "A  bordo  della  mia  nave,  signore,  rispose 


CAPITOLO  DECIMO  PRIMO. 


129 


il  capitano.  —  Del  che  il  Colombo  dubitando,  sog- 
giunse :  —  E'  vero?  —  Ed  il  Vallejo  reiteratamente 
lo  assicurò  della  verità  dell'  asserto.  Allora  1'  Ammi- 
raglio ritrovò  la  sua  calma  ordinaria. 


Il  Colombo  in  catene. 

Le  parole  dell'  ufficiale  lo  rassicurarono;  che  se  te- 
meva di  morire,  ciò  non  era  già  per  paura  della  morte, 
ma  per  paura  dell'  ignominia  che  coprirebbe  il  suo 
nome,  senza  che  mai  si  sapesse  il  vero  de'  fatti,  e  l' in- 
corruttibile giustizia  si  levasse  a  sua  difesa. 

Finalmente  la  Gorda  levò  1'  àncora  e  fece  vela  per 
r  Europa. 


130 


CRISTOFORO  COLOMBO. 


Spettacolo  di  grandi  ammaestramenti  e  che  fa 
piangere,  è  questo  tragitto  del  Colombo  incatenato 
sull'Oceano  dall'  America  da  lui  scoperta,  all'  Eu- 
ropa, a  cui  ne  dette  notizia  e  ne  mostrava  la  via  per 
approdarvi.  A  tanto  può  giungere  1'  umana  ingratitu- 
dine e  r  iniquità,  dove  1  'idea  di  Dio  si  affievolisca 
nelle  nostre  menti  e  il  sentimento  della  sua  giustizia 
ne'  nostri  cuori. 


SOMMARIO. 


Alla  novella  dei  crudeli  trattamenti  sofferti  dal  Colombo  Isa- 
bella se  ne  mostra  dolentissima,  ordinando  che  fosse  subito 
posto  in  libertà.  Udienze  che  gli  dette;  consolazioni  e  pro- 
messe prodigategli.  —  Un  novello  governatore  provvisorio 
è  nominato  nella  Spagnola,  che  fu  Nicola  di  Ovando.  — 
Il  Colombo  sollecita  la  Corte  per  un  altro  viaggio  di  esplo- 
razione. È  favorito  nella  sua  richiesta.  Parte  con  quattro 
caravelle.  —  Incredibili  accoglienze  che  ebbe  alla  Spagnola. 
Predice  una  tempesta,  scongiura  1'  Ovando  ad  impedire  la 
partenza  per  1'  Europa  della  flotta  di  trenta  due  vele,  che 
condusse  il  novello  governatore.  —  Si  ride  della  sua  predi- 
zione. La  flotta  è  distrutta  da  un  terribile  uragano,  e  con  essa 
periscono  tutti  i  suoi  nemici  più  accaniti.  —  Novelle  scoperte 
e  nuove  sofferenze  del  Colombo.  Sue  commoventi  doglianze. 
—  Ritorno  in  Europa  al  fine  di  questo  quarto  viaggio.  — 
Morte  d'  Isabella  la  Cattolica.  Ingratitudine  di  Ferdinando. 
Morte  del  Colombo. 


^^^^^g'ALLEJO  era  un  gentiluomo,  e,  quantun- 
que attaccato  a  Giovanni  di  Fonseca, 
non  potè  non  commoversi  alla  vista  del 


■— «  Colombo  in  catene.  Uscendo  dal  porto  la 
Gorda,  il  capitano  che  la  comandava,  voleva  che  si 
togliessero  i  ferri  sì  a  lui  che  a'  fratelli.  L'  Ammira- 
glio lo  ringraziò  della  sua  umanità,  ma  rispose  che 
essendogli  state  messe  le  catene  per  ordine  de'  Mo- 
narchi di  Spagna,  a  questi  spettava  toglierle.  Egli  le 
conservò  poi  gelosamente  finché  visse  come  prova 
che  gli  fossero  statemesse;  *'  ed  io,  dice  suo  figlio,  le 
vidi  sempre  sospese  nel  suo  gabinetto,  e  volle  che 
con  lui  fossero  sepolte. 


132  CRISTOFORO  COLOMBO. 

La  traversata  fu  rapida.  Salpava  la  Gor-da  nel 
mese  d'  ottobre  ed  entrò  nel  porto  di  Cadice  il  25  no- 
vembre. Un  de'  piloti,  chiamato  Andrea  Martino, 
commosso  delle  sofferenze  dell'  Ammiraglio,  si  offrì  a 
portar  le  sue  lettere  a  Granata,  dove  allora  trovavasi 
la  Corte,  prima  che  si  potesse  saperne  1'  arrivo. 

Isabella  udì  indegnata  il  disonorevole  abuso  che 
erasi  fatto  dell'  autorità  reale,  e  unitamente  a  Ferdi- 
nando inviò  pressantissimo  ordine  che  1'  Ammiraglio 
co'  fratelli  fosse  scarcerato,  e  gli  si  sborsassero  due 
mila  ducati  per  recarsi  prontamente  a  Granata. 

I  tre  fratelli  si  presentarono  all'  udienza  dei  Mo- 
narchi il  17  dicembre  del  1500,  e  ne  furono  ricevuti 
con  vivi  ed  affettuosi  sentimenti  di  compassione. 
Pochi  giorni  dopo  1'  Ammiraglio  ebbe  dalla  Regina 
una  particolare  udienza,  a'  cui  piedi  prostratosi  ruppe 
in  lagrime.  Isabella  lo  rialzò  commossa,  senza  poter 
profferir  parola  per  qualche  istante,  e  da  ultimo  dopo 
di  averlo  consolato,  gli  promise  di  punire  1'  oltraggio 
fattogli,  che  ricadeva  sopra  di  lei;  venendo  però  al 
rintegramento  che  egli  chiedeva  in  tutti  i  suoi  diritti, 
assicurandolo  che  resterebbe  grande  Ammiraglio, 
disse  di  non  poterlo  egualmente  assicurare  che  con- 
serverebbe gli  onori  e  privilegi  accordatigli  del  gover- 
no e  del  viceregnato  dell'  Indie.  E  di  ciò  era  causa  Fer- 
dinando, la  cui  politica  sospettosa  mal  soffriva  la  gloria 
del  Colombo,  e  che  fosse  stato  levato  così  in  alto. 

Di  fatti,  la  provvisoria  sostituzione  di  un  altro  nel 
governo  delle  Indie,  era  stata  già  risoluta,  e  Ferdi- 
nando aveva  posto  il  pensiero  sopra  Nicola  di  Ovan- 
do,  commendatore  di  Larez,  dell'  ordine  di  Alcantara, 
già  destramente  disposta  la  Regina  ad  esserne  con- 
tenta, richiamando  il  Bobadilla. 


CAPITOLO  DECIMO  SECONDO.  133 

L'  Ovando  godeva  il  favore  della  Corte,  ed  era  in 
Ottime  relazioni  col  comandante  generale  della  mari- 
na; per  lo  che  in  meno  di  sei  mesi  gli  fu  preparata 
una  magnifica  flotta  di  trentadue  navigli,  abbondan- 
temente fornita  di  tutto  il  necessario,  pronta  a  salpare. 
L'  Ovando  menava  seco  un'  armata,  due  mila  cin- 
quecento uomini,  senza  computare  gli  equipaggi;  e  i 
suoi  poteri  dovevano  durare  due  anni.  Per  le  istru- 
zioni dategli  doveva  esaminare  scrupolosamente  la 
condotta  e  i  conti  del  Bobadilla,  e  su  la  stessa  flotta 
ricondurlo  in  I spagna;  più,  risarcirebbe  V  Ammiraglio 
e  i  suoi  fratelli  di  tutti  i  torti  ricevuti  e  di  ogni  altro 
danno. 

L'  Ovando  s'  imbarcò  il  1 3  di  febbraio  del  1 502  e 
approdò  alle  Canarie  dopo  aver  perduto  uno  de'  suoi 
più  grandi  vascelli  in  una  fiera  procella;  poi  assunto 
il  comando  delle  caravelle  più  leggere  alla  vela,  lasciò 
le  rimanenti  sotto  gli  ordini  di  Antonio  di  Torrez 
che  doveva  condurre  la  flotta  nel  ritorno;  e  il  1 5  aprile 
gettò  r  àncora  nel  porto  di  San  Domingo. 

Il  novello  governatore  si  fece  subito  riconoscere 
dagli  ufficiali  componenti  la  colonia;  poi  cominciò  il 
processo  del  Bobadilla,  ma  trattandolo  molto  onore- 
volmente; soltanto  usò  rigore  contro  Fracesco  Roldan 
e  suoi  complici,  che  spesso  avevano  provocate  sedi- 
zioni sanguinose,  e  per  qualche  tempo  il  buon  ordine 
si  mantenne. 

Frattanto  1'  ingratitudine  non  aveva  punto  scorag- 
giato il  Colombo,  come  non  lo  avevano  spossato 
r  età  e  le  fatiche;  per  lo  che  dopo  di  aver  vagheg- 
giato il  caro  suo  progetto  d'  una  crociata,  e  calcolato 
le  somme  che  si  richiederebbero  per  un'  armata  ba- 
stante alla  conquista  dei   Luoghi  Santi,  stanco  del 


134  CRISTOFORO  COLOMBO. 

riposo,  si  sentì  mosso  ad  altre  conquiste,  desideroso 
di  adorare  ancora  una  volta  il  Creatore  nelle  bellezze 
e  nella  maestà  della  creazione,  e  compiere  V  affidato- 
gli mandato.  *'  Di  età  molto  tenera,  dice  egli  stesso, 
io  entrai  in  mare  navigando,  e  vi  ho  continuato  fino 
ad  oggi,  e  V  istessa  arte  inclina  chi  la  segue  a  desiderar 
di  sapere  i  secreti  di  questo  mondo...  Benché  io  sia 
un  gran  peccatore,  sempre  mi  fu  larga  la  pietà  e  mise- 
ricordia di  Nostro  Signore  che  implorai,  e  coprì  le 
mie  colpe.  Una  delle  mie  più  grandi  consolazioni  è 
stata  la  contemplazione  delle  maraviglie  sparse  sul 
creato. 

Nel  suo  intuito  della  natura,  egli  pensò  che  il  Con- 
tinente da  lui  scoperto  doveva  fornire  nel  suo  mezzo 
un  passaggio  per  le  Molucche,  e  ne  indicava  il  sito 
con  precisione.  In  realtà  questo  passaggio  non  esi- 
steva, ma  r  indicava  nel  luogo  proprio  dove  avrebbe 
dovuto  essere,  tra  le  due  grandi  parti  dell'  America, 
dove  oggi  la  scienza  ha  stabilito  di  aprire  la  commu- 
nicazione  tra  i  due  Oceani.  Ella  è  veramente  nota- 
bile questa  indicazione  che  egli  fece  tanti  secoli  in- 
nanzi di  un  canale  nello  stretto  di  Panama!  Ma, 
entusiasta  ammiratore  della  natura,  non  pensò  alle 
modificazioni  che  1'  umano  ingegno  vi  potrebbe  in- 
trodurre; ciò  che  vedemmo  tentato  oggi  dall'  attività 
e  perseveranza  di  un  Lesseps.  Il  Colombo  credette 
che  quel  passaggio  esistesse  per  sé  stesso  e  lo  cercò, 
perché  trovandolo  divisava  il  giro  del  globo,  ritor- 
nando in  Ispagna  per  1'  Asia  e  per  la  costa  del- 
l' Africa. 

Isabella  e  Ferdinando  approvarono  pienamente  il 
progetto  dell'  Ammiraglio,  e  furono  dati  ordini  pe- 
rentorj  per  1'  equipaggiamento  di  quattro  piccoli  na- 


CAPITOLO  DECIMO  SECONDO.  135 

vigli,  che  tosto  furono  pronti.  Il  Colombo,  fornito  di 
viveri  per  due  anni,  vi  s'  imbarcò  col  fratello  Barto- 
lomeo e  col  figlio  Ferdinando,  avuto  da  Beatrice 
Enriquez  di  Arana,  dell'  età  di  circa  tredici  anni.  Alzò 
la  sua  bandiera  sulla  Capitana,  seguita  dal  Santiago 
di  Palos,  dal  Galliziano  e  dalla  Vizcaina,  e  il  totale 
degli  equipaggi  sommava  a  cencinquanta  uomini. 

I  venti  contrarj  rattennero  per  qualche  dì  la  piccola 
squadra  nella  rada  di  Cadice;  ma  il  20  di  maggio 
del  1502,  r  Ammiraglio  avendo  saputo  che  i  Mori 
attaccavano  la  fortezza  portoghese  d' Arcilla  sulla  costa 
del  Marocco,  fece  levare  1'  àncora,  ed  uscì  dal  porto, 
nonostante  che  i  venti  soffiassero  dal  Sud.  Giunse  in 
tempo  a  sgominare  i  Mori,  che  alla  vista  de*  suoi  na- 
vigli si  dettero  a  precipitosa  fuga. 

II  giorno  24  di  maggio  giunsero  alle  Canarie,  e  il 
IO  di  giugno  air  isola  de'  Caraibi.  Poi  il  13,  arrivati 
in  vista  della  Martinica,  vi  si  trattenne  tre  giorni;  ed 
essendosi  avveduto  che  uno  de'  suoi  navigli,  il  Galli- 
ziano, era  poco  atto  al  corso  e  stentava  a  assai,  prese 
il  partito  di  raggiungere  la  Spagnola  per  mutare  il 
Galliziano  con  una  delle  caravelle  che  l' Ovando  aveva 
condotte  e  che  Antonio  di  Torrez  doveva  ricondurre 
in  I spagna. 

Il  29  giugno  tutta  la  squadra  gittò  1'  àncora  in- 
nanzi a  San  Domingo,  a  una  lega  dal  lido;  e  il  Co- 
lombo mandò  a  terra  Pietro  di  Torreros,  il  capitano 
del  Galliziano,  per  averne  permutazione,  offrendosi 
per  troncare  ogni  difficoltà  a  pagare  quanto  occor- 
resse. Inoltre  il  Torreros  in  nome  di  lui  doveva 
chiedere  all'  Ovando  la  facoltà  di  approdare  alla  Spa- 
gnola, per  mettersi  al  coperto  d'  una  furiosa  tempesta 
che  egli  prenunziava  imminente. 


136  CRISTOFORO  COLOMBO. 

Mal'  Ovando  non  contento  di  negarsi  alla  doman- 
da, fece  inoltre  formale  divieto  che  si  accostassero 
air  isola,  dicendo  che  non  avendo  ancora  fatto  par- 
tire il  Bobadilla;  ''  temeva  che  la  presenza  del  Co- 
lombo cagionasse  qualche  disordine  nella  colonia. 
Della  tempesta  se  ne  rise. 

Il  capitano  del  Galliziano  riferendo  all'  Ammira- 
glio r  insuccesso  della  sua  missione,  disse  che  aveva 
veduti  nella  rada  i  trentadue  navigli  che  Antonio  di 
Torrez  doveva  ricondurre  in  Ispagna.  V  erano  inol- 
tre uniti  due  vascelli  appartenenti  a  Rodrigo  di  Ba- 
stidas,  che  navigava  per  commissione  del  re. 

Al  Colombo  riuscì  pungentissima  X  ingiuria  fattagli 
dall'  Ovando,  come  se  non  avesse  diritto  di  approdare 
in  una  colonia  da  lui  stesso  creata.  "  Chi  mai,  da  Giob- 
be in  qua,  gridava  egli  amaramente,  non  saria  morto  di 
disperazione  nel  vedere  che,  sebben  si  trattasse  della 
vita  mia,  di  mio  figlio,  di  mio  fratello,  de  miei  amici, 
ne  interdicevano  la  terra  e  i  porti  scoperti  a  prezzo 
del  mio  sangue?  " 

Ma  la  sua  indignazione  non  gli  toglieva  di  badare 
ai  danni  a  quali  vedeva  esposti  tutti  gli  altri.  Renden- 
do egli  bene  per  male,  mandò  di  nuovo  ad  avvertire 
il  governatore  che  il  terribile  uragano  preannunziato 
si  avvicinava,  pertanto  ritenesse  la  flotta  dal  partire, 
affinchè  non  ne  fosse  colta  in  pieno  mare,  e  soggiun- 
gendo che,  poiché  gli  si  rifiutava  un  approdo  che 
non  si  sarebbe  dovuto  negare  a  chicchesiasi,  egli  senza 
ritardo  moveva  in  cerca  d'  un  luogo  dove  riparare. 

Di  tutti  questi  benevoli  avvertimenti  1'  Ovando 
non  ne  fece  conto,  perocché  bellissimo  era  il  tempo, 
né  v'  era  il  minimo  segno  de'  pencoli  preannunziati.  E 
la  flotta  levò  F  àncora  sotto  il  comando  del  capitano 


CAPITOLO  DECIMO  SECONDO.  137 

generale  Antonio  di  Torrez  :  sopra  una  delle  cara- 
velle il  Bobadilla  e  il  Roldan  avevano  tutto  1'  oro 
ottenuto  con  le  loro  esazioni. 

Ma  non  tardarono  a  pentirsi  amaramente  di  non 
aver  dato  ascolto  all'  insigne  navigatore.  Uno  de' più 
violenti  uragani  che  mai  siansi  veduti,  si  scaricava 
improvviso  sui  paraggi  da  essi  attraversati,  e,  dispersi 
come  paglia  tutti  i  navigli,  gli  abissava  nelle 
onde,  con  quanto  contenevano;  salvatesi  appena  due 
o  tre  delle  minori  caravelle,  gittate  orribilmente  mal- 
conce  alla  Spagnola.  La  sola  che  restò  libera  a  conti- 
nuar per  la  Spagna,  fu  la  piccola  e  meno  atta  alla 
navigazione,  ''  El  Aguja  "  1'  A£-o,  ''  che  portava  i  po- 
chi beni  dell'  Ammiraglio,  consistenti  in  quattromila 
pesi  d'  oro,  giungendo  felicemente  in  Castiglia,  non 
senza  una  speciale  disposizione  di  Dio.  " 

Salvatosi  prodigiosamente  Rodrigo  di  Bastidas,  il 
Bobadilla  e  ilRoldan,co'nmanenti  nemici  del  Colombo 
in  numero  di  cinquecento,  restarono  sepolti  coi  tesori 
accumulati  in  fondo  all'  Oceano.  Questo  avvenimento 
colpì  di  terrore  e  di  costernazione  il  Nuovo  e  V  An- 
tico Mondo;  e  fu  tenuto  come  un  castigo  del  cielo  a 
punizione  de'  calunniatori  e  persecutori  dell'  inno- 
cente. 

Invece  1'  Ammiraglio  co'  suoi  furono  salvi,  essen- 
dosi potuti  rifugiare  con  le  quattro  caravelle  in  un 
seno,  dove  pur  fortemente  battuti  dall'  uragano, 
rimasero  tutti  salvi  sotto  la  protezione  divina. 

Cessata  la  procella,  il  Colombo,  addì  24  luglio  del 
1502,  fece  voltare  al  Sud,  dove  per  parecchie  setti- 
mane corse  moltissimi  pericoli  per  una  novella  tem- 
pesta che  lo  sorprese.  "  Si  videro  altre  tempeste, 
diceva  egli  stesso,  ma  nessuna  fu  mai  così  spavente- 


138 


CRISTOFORO  COLOMBO. 


ijg.- 


Commercio. 


Musica. 


Arti. 


Pesca. 


■^ 


statue  trovate  tra  i  Chibka,  nella  Colombia. 


■^ 


Lancia  dei  Chibka,  nella  Colombia. 


CAPITOLO  DECIMO  SECONDO. 


139 


% 


L'agricoltura. 


La  bevanda. 


La  guerra. 


Statue  trovate  tra  i  Chibka,  nella  Colombia. 


■^ 


140  CRISTOFORO  COLOMBO. 

vele  e  di  così  grande  durata,  al  punto  che  i  più 
de'  miei,  i  quali  passavano  per  intrepidi,  perdettero 
affatto  il  coraggio.  "  Quello  che,  in  mezzo  a  tanti  pe- 
ricoli costantemente  rinnovati,  rianimava  il  Colombo, 
era  la  presenza  del  suo  tenero  Ferdinando  :  *'  Id- 
dio Signor  nostro  diedegli  tale  coraggio,  scrive 
r  Ammiraglio,  che,  fatto  superiore  a  sé  stesso,  egli 
sosteneva  gli  altri;  e  quando  trattavasi  di  por  mano 
air  opera,  il  faceva  come  se  da  ottanta  anni  ei  navi- 
gasse, ed  era  lui  che  mi  consolava." 

Il  30  luglio  scoprì  r  isola  di  Giamaica  all'  entrata 
della  baia  di  Honduras,  e  pensò  di  trovarsi  in  vici- 
nanza d'  un  paese  ricco  e  coltivato,  giudicandone  dal 
carico  che  vide  sopra  una  barca  incontrata  in  questi 
paraggi;  era  un  grande  canotto  che  trasportava  stoffe 
di  cotone,  armi  e  stoviglie.  E  continuando  il  suo 
cammino  sempre  verso  il  Sud,  finalmente  il  14  agosto 
toccò  la  terra  ferma  presso  il  capo  Caxinas,  dove 
fece  celebrare  la  messa.  Ripreso  il  mare  tre  dì 
appresso,  costeggiò  quella  di  giorno,  tenendosi  nella 
notte  all'  àncora,  perchè  non  gli  sfuggisse  lo  stretto 
che,  a  suo  credere,  doveva  mettere  in  communicazio- 
ne  r  Atlantico  co'  mari  di  levante.  Penosissimo  fu 
questo  suo  ultimo  vaggio,  in  cui  la  violenza  de  venti, 
le  continue  piogge,  i  pericoli  d'  un  mare  sconosciuto 
e  le  infermità  scoppiate  neh'  equipaggio,  si  unirono  a 
sgomentarlo,  oltre  la  grande  corrente  equatoriale  che 
non  gli  dava  poco  pensiero. 

Il  14  di  settembre,  avendo  le  caravelle  felicemente 
voltato  un  grande  promontorio  all'  Est,  e  lasciate  le 
acque  della  baia  di  Honduras,  per  discendere  verso 
il  Sud  lungo  la  costa  dei  Mosquitos,  trovarono  il  mare 
più  calmo;  del  che  si  mostrò  riconoscente  alla  mano 


CAPITOLO  DECIMO  SECONDO.  141 

divina  che  lo  guidava,  dando  al  capo  il  nome  di  Gra- 
zie a  Dio. 

Il  17  mandò  un  canotto  a  terra  per  rifornire  di 
viveri  la  flottiglia;  ma  un  colpo  di  mare  lo  travolse  e 
inghiottì,  senza  che  più  riapparisse  un  solo  di  coloro 
che  lo  guidavano;  perdita  che  tanto  più  lo  desolò,  in 
quanto  che  gli  equipaggi  a  pena  bastavano  alla  ma- 
novra. Il  25,  trovato  un  eccellente  ancoraggio,  ne 
profittò  per  racconciare  i  navigli;  e  questa  sosta  gli 
dette  tempo  di  mettersi  in  relazione  con  le  popolazio- 
ni della  costa.  Furono  gli  Indi  da  principio  diffidenti, 
ma  poi  si  lasciarono  guadagnare  dalle  pacifiche 
dimostrazioni  e  dai  regali  degli  Spagnoli.  Tuttavia, 
non  s'  avvicinarono  che  muniti  di  amuleti  e  di  talis- 
mani contro  i  maleficj.  Quello  che  avevano  special- 
mente di  proprio  era  il  culto  verso  i  loro  morti,  che 
imbalsamavano,  e  lor  innalzavano  de'  monumenti,  con 
figure  scolpite  d'  animali  e  degli  stessi  trapassati. 
Proseguendo  lungo  la  costa,  1'  Ammiraglio  girò  la 
baia  di  Chiriqui,  fermandosi  a  Veragua,  dove  fece 
cambj  cogl'  indigeni,  dai  quali  ebbe  foglie  d'  oro.  Il 
2  novembre,  arrivato  ad  un  porto  maravigliosamente 
situato,  lo  chiamò  Porto  Bello,  Puerto  Bello,  tratte- 
nendovisi  una  settimana,  e  il  9  novembre  rimise  alla 
vela  per  compiere  il  suo  viaggio  di  esplorazione. 

Rifattosi  cattivo  il  tempo,  ricominciarono  le  sue 
gravissime  sofferenze.  I  venti,  le  piogge,  il  brusco 
mutar  della  temperatura  aveva  così  sfiniti  di  forze 
gli  equipaggi,  che  chiedevano  istantemente  di  far 
ritorno  in  I  spagna;  e  non  volendo  egli  ostinarsi  mag- 
giormente nella  ricerca  dello  stretto  che  supponeva 
esistere  tra  i  due  continenti  americani,  si  risolvè  a 
dare  indietro,  per  visitare  il  paese  di  Veragua  su 


142 


CRISTOFORO  COLOMBO. 


r  istmo  di  Darien,  dove  gli  era  stato  detto  che  fos- 
sero ricche  miniere  d'  oro. 

Dal  5  dicembre,  violenti  burrasche  si  succedettero 
con  tanta  persistenza,  che  il  governo  dei  navigli  addi- 
ventò  impossibile.  Il  mare  ingrossò  smisuratamente, 
e  preso  sinistro  aspetto  si  coprì  di  schiuma.  "  Il 
mare  riflettendo  il  cielo  abbruciato,  sembrava  esser 


Monumento  funebre  scoperto  tra  i  Ghibka, 
nella  Colombia. 

di  sangue,  e  pareva  bollisse  come  una  caldaia  sur  un 
gran  fuoco  :  non  mai  fu  visto  il  cielo  di  aspetto  così 
spaventevole,  giorno  e  notte  incendiato  come  accesa 
fornace.  Durante  tutto  questo  tempo  1'  acqua  del  cielo 
non  cessò  mai  di  cadere;  né  si  potea  dire  che  pio- 
vesse, poiché  quello  era  piuttosto  come  un  secondo 
diluvio;  e  gli  equipaggi  erano  ridotti  a  tal  segno,  che 


CAPITOLO  DECIMO  SECONDO. 


143 


desideravano  la  morte  per  esser  liberati  da  tanti  mali." 
In  mezzo  a  queste  continue  tempeste  le  caravelle 
non  reggevano,  le  doghe  s'  aprivano,  le  vele  erano 
portate  via  dal  furore  de'  venti,  già  perdute  le  àncore 
e  le  scialuppe. 


Pietre  funerarie,  scolpite,  scoperte  in  Guatemala. 


144  CRISTOFORO  COLOMBO. 

Frattanto  1'  Ammiraglio  era  infermo  e  straziato  da 
crudeli  dolori  per  tante  fatiche  e  pericoli.  Quan- 
do il  13  dicembre  del  1502,  gli  equipaggi  videro 
"  alzarsi  dal  mare  un'  immensa  colonna  d'  acqua,  che 
toccava  fino  al  cielo,  e  che  si  avanzava  vorticosa 
per  sommergere  i  navigli.  "  Le  lor  grida  di  spavento 
avvertirono  il  Colombo  di  qualche  imminente  scia- 
gura. Alzatosi;  salì  sul  ponte,  e,  dopo  breve  pre- 
ghiera, tracciato  nell'  aria  con  la  spada  il  segno  della 
croce,  il  turbine  passò  sollevando  spaventosamente  il 
mare,  con  uno  scroscio  come  di  fulmine;  ma  i  va- 
scelli ne  restarono  salvi. 

Se  non  che  non  tardarono  altri  gravissimi  travagli; 
la  fame  e  la  sete  si  fecero  crudamente  sentire  e  n'  erano 
sgomenti  gli  equipaggi.  Perocché  quanto  restava  di 
biscotto,  s'  era  imputridito,  né  era  possibile  in  alcun 
modo  di  mangiarlo  *'  a  causa  della  quantità  di  vermi 
che  ne  sortivano.  " 

Finalmente  il  6  gennaio  del  1503,  raggiunsero  il 
seno  di  Veragua,  dove  1'  Ammiraglio  deliberò  lasciar 
riposare  la  sua  gente  per  qualche  mesi,  riparando 
frattanto  i  navigli,  impotenti  come  eran  ridotti  ad 
ulteriori  navigazioni.  Ma  se  per  tal  modo  mettevasi 
egli  al  coperto  dai  pericoli  di  mare,  quivi  stesso 
altre  disdette  gli  sovrastavano.  Di  fatti,  avendo 
mandato  il  suo  fratello  Bartolomeo  a  capo  di  po- 
chi uomini  a  far  delle  ricognizioni,  tosto  seppe  che 
internandosi  era  stato  attaccato  da  un  nerbo  di 
Indi,  ed  egli  medesimo  ne  era  rimasto  gravemente 
ferito.  Più,  un  de'  suoi  navigli,  il  Galliziano,  do- 
vette essere  abbandonato;  e  continuando  sempre 
infermo,  forse  non  s'  era  mai  trovato  in  tanta  deso- 
lazione. 


CAPITOLO  DECIMO  SECONDO.  145 

Ma  Dio  non  abbandonò  il  suo  servo,  ed  egli  stesso, 
il  Colombo,  ci  fa  conoscere  come  fu  rianimato  nella 
sua  confidenza.  "  Oppresso  (egli  scrive)  da  tanti 
mali,  io  m' era  addormentato,  allorché  intesi  una  voce 
tra  di  rimprovero  e  di  pietà,  che  mi  disse  : 

—  ''  Uomo  insensato,  lento  a  credere  e  a  servire  il 
tuo  Dio  !  che  fece  egli  di  più  per  Mosè  o  per  Davide 
suo  servo?  Dal  tuo  nascimento  f  ebbe  sentpre  la  mag- 
gior cura  :  giunto  a  convenevole  età,  ha  fatto  maravi- 
o^liosamente  ristconare  del  tuo  7iome  la  terra;  le  Indie, 
sì  ricca  paiate  del  mondo,  a  te  ha  concedute,  lasciandoti 
arbitro  di  faj'ne  parte  a  cui  ti  piacerebbe  :  le  ardue 
barriere  dell'  Oceano  ti  furono  aperte;  a  te  sottomessa 
un  infinità  di  paesi,  e  reso  famoso  fra  Cristiani  il 
nome  ttto.  Ha  forse  fatto  di  più  pel  gran  popolo 
d' Israele,  traendo  lo  dall'  Egitto,  o  per  Davide  di  pa- 
store, facendolo  re?  Volgiti  pertanto  a  lui,  e  riconosci 
il  tuo  errore  :  che  infinita  è  la  stia  misericordia.  Se 
resta  a  compiere  qualche  grande  impresa,  non  pia  osta- 
colo /  età.  A  bramo  non  passava  cent'  anni  allorché 
generò  Isacco?  e  Sara  eì^a  forse  giovine?  Tu  giaci  di 
cuore,  e  chiedi  a  gran  voce  soccorso.  Rispondi  :  chi  ha 
cagionate  le  tue  afflizioni,  le  tue  sì  vive  e  reiterate 
pene?  Dio  o  il  mondo?  Dio  non  f  ha  fallito  mai  le  pro- 
messe; ne,  dopo  accolti  i  servigi  tuoi,  disse  tale  non 
essere  stata  la  sua  inte7izio7ie ,  7nal  tu  averlo  compreso. 
Ciò  die  promette,  egli  Tnantiene,  e  più.  Quel  che  adesso 
{  accade,  è  ricompensa  delle  fatiche  da  te  sostenute  per 
altri  padroni.  Io  ascoltai  tutte  queste  cose  come  uomo 
semimorto,  e  non  ebbi  forza  di  rispondere  a  sì  vero 
linguaggio.  Il  solo  che  ho  potuto  fare,  si  fu  di  pian- 
gere i  falli  miei.  Quegli  che  parlato  m'  aveva,  chi  che 
si  fosse,  terminò  socrcriunorendo  :  Non  temer  nulla;  abbi 

Colombo.     12 


146  CRISTOFORO  COLOMBO. 

fiducia  :  tutte  codeste  tribolazioni  sono  scritte  sul  mar- 
mo, ne  mancano  di  ragione.  " 

La  storia  di  fatti  scolpì  sul  marmo  le  tribolazioni 
da  lui  sostenute;  e  queste  sue  pagine,sono  il  più  splen- 
dido monumento  dell'ammirabile  fede  che  lo  sostenne. 

Nel  mese  di  aprile  del  1 503,  salpò  per  la  Spa- 
gnola; ma  le  tempeste  ricominciarono  e  non  ne  fu  li- 
bero un  sol  giorno,  **  Aveva,  dice  egli  stesso,  omai 
perduto  tutti  i  miei  attrezzi,  i  navigli  eran  pertugiati 
dai  vermi,  più  che  un  favo  di  pecchie,  e  gli  equipaggi 
totalmente  scoraggiati.  "  Al  principiar  di  maggio  sì 
lui  che  i  compagni  non  sapevano  più  a  qual  santo  far 
ricorso.  Invano  tentavano  di  rattener  1'  acqua;  co- 
munque si  affaticassero  con  le  pompe,  dal  fondo 
de'  navigli  saliva  alla  tolda;  **  e,  dice  1'  Ammiraglio,  il 
mio  naviglio  era  sul  punto  di  affondare,  quando  Iddio 
Signor  nostro  miracolosamente  mi  condusse  a  salva- 
mento in  terra.  "  Aveva  dato  alla  Giamaica. 

Con  tutto  ciò  non  era  ancora  al  termine  delle  sue 
sofferenze.  ''  Malato,  dice  Cesare  Cantù,  del  corpo  e 
dello  spirito,  assalito  dai  naturali,  ribellatigli  i  mari- 
nai, chiesti  invano  soccorsi  e  pane  dalla  Spagnola, 
per  un  anno  languì.  "  Fu  allora  che  scrisse  una  lunga 
lettera  ai  Monarchi  di  Spagna,  pervenutaci,  in  cui 
compendia  le  ultime  sue  scoperte  e  supplica  la  re- 
gina Isabella  e  il  re  Ferdinando  di  venirgli  in  aiuto. 

*'  Credetelo,  io  sono,  dice  egli,  sventuratissimo  : 
fino  ad  ora  ho  pianto  su  gli  altri  ;  il  cielo  siami  adesso 
misericordioso,  e  la  terra  pianga  su  me.  Io  compiva  i 
diciott'  anni'  quando  venni  a  servizio  delle  Altezze 
Vostre,  ed  ora  non  ho  più  un  capello  in  capo  che  non 
sia  bianco.  Sono  malaticcio,  ho  speso  quanto  mi  re- 

'  Così  il  testo,  ma  evidentQniente  deve  dire  quarantotto. 


CAPITOLO  DECIMO  SECONDO.  147 

Stava,  e  mi  hanno  tolto  e  venduto,  a  me  come  a'  miei 
fratelli,  tutto,  fino  alla  giubba;  onde  sono  così  all'  as- 
ciutto,che  non  mi  resterebbe  una  lira  da  dare  periddio. 
Isolato  ne' miei  patimenti,  infermo,aspettando  dì  per  dì 
la  morte,cinto  da  un  milione  di  selvaggi  pieni  di  crudel- 
tà e  nostri  nemici,  chiunque  ha  viscere  di  carità,  chiun- 
que ama  il  vero  e  la  giustizia,  pianga  sopra  di  me!  " 


Albergo  in  Siviglia,  dove  il  Colombo  giacque  malato. 

Soltanto  il  28  di  giugno  del  1504  potè  mettere  alla 
vela  per  la  Spagnola,  arrivando  a  San  Domingo  il 
13  agosto,  dove  questa  volta  fu  ricevuto  con  riverenza. 
Di  là  ripartì  per  1'  Europa  il  i  2  settembre  del  mede- 
simo anno,  e  "  per  permissione  di  Dio  "  entrava  nel 
porto  di  San  Lucar  di  Barrameda  il  7  di  novembre. 


148  CRISTOFORO  COLOMBO. 

Se  non  che  un'  ultima  sventura  doveva  mettere  il 
colmo  alle  tante  che  aveva  provate.  Isabella  la  Cat- 
tolica, consunta  da  lento  morbo,  lasciava  questa  vita  il 
26  novembre  del  1504.  Con  essa  disparve  1'  unica 
gloria  della  Spagna,  ed  ogni  speranza  del  Colombo 
ebbe  fine.  Egli  la  pianse,  non  tanto  perchè  perdeva  in 
lei  una  generosa  protettrice,  quanto  per  il  disparire  di 
un  sì  splendido  esempio  di  fede  cristiana. 

Che  poteva  egli  più  sperare?  Ben  dopo  reiterate 
istanze  Ferdinando  consentì  che  gli  si  presentasse 
in  Segovia;  ma  il  ricevimento  che  n'  ebbe  di  simulata 
stima  e  benevolenza,  bastò  a  fargli  capire  che  la  sua 
causa  era  spacciata. 

E  nondimeno  egli  "  nutriva,  dice  il  Cantù,  e  desi- 
derj  e  divisamenti,  "  sebbene  fosse  certo  che  non  po- 
trebbe più  effettuarli.  Riscrisse  al  re,  toccando  di  al- 
tre intraprese  da  farsi  e  chiedendo  di  avervi  parte; 
ma  non  ricevè  che  ipocrite  cortesie,  che  insomma 
erano  disprezzo. 

Chiese  di  essere  almeno  soccorso  nella  sua  miseria, 
e,  in  vista  dell'  infermità  che  lo  travagliava,  Ferdi- 
nando permise  che  gli  si  dessero  le  rendite  che  gli 
spettavano.  "  Dopo  vent'  anni  di  servizj  e  fatiche  e 
pericoli  tanti,  non  possiedo  in  Ispagna  un  tetto  ove 
ricoverare  il  capo;  se  voglio  mangiare  e  dormire,  mi 
bisogna  andare  all'  osteria,  e  più  volte  non  ho  di  che 
pagare  lo  scotto.  " 

Ma  che!  al  contrario  quel  re  mirò  a  trarne  profitto 
per  indurlo  alla  rinunzia  di  tutti  i  privilegi  gih  accor- 
datigli, accettando  in  cambio  alcune  terre  di  Castiglia, 
alle  quali  aggiungerebbe  una  pensione  sul  tesoro  della 
corona.  Il  Colombo  vi  si  rifiutò,  preferendo  la  povertà 
air  avvilimento.  Se  non  che  tanta  iniquità  gli  cagionò 


CAPITOLO  DECIMO  SECONDO.  149 

un  penoso  affanno,  che,  logorandogli  le  poche  forze 
rimaste,  lo  trasse  alla  morte. 

Ecco  il  Viceré  dell'  Indie  sopra  un  misero  letto  in 
una  povera  stanza  di  un  albergo  di  Valladolid,  assi- 
stito appena  da  figliuoli  e  da  qualche  amico.  Senten- 
dosi presso  la  fine,  volle  indossare  1'  abito  Francesca- 
no, e  chiese  1'  estrema  unzione,  che  ricevette  unita- 
mente agli  altri  Sacramenti  con  una  fede  e  pietà 
commovente.  Finalmente  il  20  maggio  del  150Ó,  a 
mezzodì,  raccoltosi  per  V  ultima  volta  e  pronunciate 
le  parole  ''  Signore,  nelle  vostre  mani  raccomando 
r  anima  mia,  "  spirò. 


T  A  LE  fu  la  fine  del  grande  uomo,  a  cui, come  diceva 
r  Oviedo  a  Carlo  V,  la  posterità  dovrebbe  innal- 
zare una  statua  d'  oro  in  attestato  di  stima  e  ricono- 
scenza.Non  si  sa,  se  conforme  aveva  mostrato  desiderio, 
fossero  con  lui  chiuse  nella  cassa  mortuaria  le  catene 
messegli  dalla  Spagna!  Forse  voleva  con  1'  espressio- 
ne di  un  tal. desiderio  che  restasse  dimentica  per  sem- 
pre nel  sepolcro  1'  ingiuria  ricevuta;  oppure  volle  mo- 
strare che  se  la  potenza  dell'  ingegno  può  generar  gloria, 
anche  può  avvenire  che  i  piìi  segnalati  servigi  siano 
retribuiti  della  più  nera  ingratitudine  su  questa  terra. 

Dopo  le  solenni  esequie  celebrategli  nella  catte- 
drale di  Santa  Maria  1'  Antica,  ebbe  sepoltura  nel 
Convento  de'  Francescani.  Cosi  i  figli  del  Serafico 
Patriarca  che  n  erano  stati  gli  amici  consolatori  in 
vita,  ne  rimasero  affettuosi  custodi  dopo  la  morte. 

Passarono  sett'  anni  e  all'  infuori  di  que  pii  custodi, 
parve  che  da  tutti  fosse  stato  dimentico  il  grand'  uo- 
mo, da  cui  con  tante  sofferenze  era  stata  compita. 


CAPITOLO  DECIMO  SECONDO.  151 

r  opera  più  memorabile  che  la  storia  vanti.  Final- 
mente vi  fu  chi  se  ne  ricordò,  ed  estrattp*  dal  chiostro 
dell'  Osservanza,  venne  trasportato  a  Siviglia  e  quivi 
tumulato  nel  Monastero  de'  Certosini,  dove  rimase 
per  tredici  anni. 

Ma  come  accade,  a  poco  a  poco  le  invidie  e  le  ire 
contro  r  uom  di  Dio  s'  erano  estinte.  Re  Ferdinando 
smesse  le  prevenzioni  dalle  quali  s'  era  lasciato  avvol- 
gere, comandò  che  i  più  grandi  onori  fossero  resi  alla 
memoria  di  lui,  e  rimise  i  figli  nelle  dignità  e  di- 
ritti che  loro  spettavano.  E  in  fatti  il  primogenito,  cioè 
Diego,  continuava  con  bella  gloria  la  missione  che 
ereditava  da  padre  sì  illustre. 

L'anno  1526  si  volle  trasportarne  il  corpo  alla 
Spagnola,  parendo  giusto  che  1'  eroe  il  quale,  con  la 
croce  in  mano,  s'  era  lanciato  alla  scoperta  del  Nuovo 
Mondo,  quivi  stesso  fosse  seppellito,  e  quasi  senti- 
nella avanzata  dell'  incivilimento  cristiano  pigliasse 
il  posto  di  Viceré,  che  tanto  barbaramente  eragli 
stato  tolto. 

Molti  anni  dunque  restarono  le  sue  spoglie  a  dor- 
mir l'ultimo  sonno  nella  cattedrale  di  San  Domingo, 
alla  destra  dell'  aitar  maggiore,  e  parve  che  la  sua 
gloria  quivi  rimanesse  di  nuovo  estinta.  Di  fatti, 
Amerigo  Vespucci  dall'  ignoranza  de'  geografi  veniva 
gridato  scopritore  del  Nuovo  Mondo,  e  da  lui  piglia- 
vano la  loro  denominazione  quelle  immense  regioni. 

Nel  1795,  avendo  gli  Spagnoli  ceduta  l'isola  di 
San  Domingo  alla  Francia,  a  salvare  sì  prezioso  te- 
soro da  qualche  rapimento,  lo  trasportarono  religiosa- 
mente all'  Avana,  isola  che  lo  stesso  Colombo  aveva 
chiamata  la  Regina  delle  Antille,  e  la  più  bella  terra 
che  mai  si  fosse  veduta. 


152  CRISTOFORO  COLOMBO. 

Se  non  che  ei  s'  ingannarono,  credendo  sua  tomba 
quella  che  non  era.  Di  fatti,  nel  1877  essa  venne 
trovata  nella  cattedrale  dove  trecencinquant'  anni  in- 
nanzi il  suo  corpo  era  stato  deposto;  e  per  ordine  di 
Monsignor  Rocco-Cocchia,  arcivescovo  di  quell'  isola, 
praticati  degli  scavi,  se  ne  rinvennero  le  ceneri  dentro 
un  cofano  di  piombo,  unitamente  al  nome  e  al  titolo 
di  Viceré. 

Ma  tutto  questo  non  è  quel  che  più  importa.  La 
gloria  del  Colombo  è  di  essere  stato  quel  messo  di 
Dio,  che,  giusta  le  parole  del  Santo  Pontefice  Pio  IX, 
"  acceso  di  zelo  per  la  diffusione  della  cattolica  fede, 
si  avventurò  alla  più  pericolosa  delle  navigazioni,  ri- 
soluto ascoprire  un  Nuovo  Mondo,  e  non  già  per 
aggiungere  novelle  terre  alla  sovranità  della  Spa- 
gna, ma  per  raccogliere  nuovi  popoli  nel  regno  di 
Cristo!" 

Abbandonato  in  fatti  da  tutti,  e  fatto  segno  ad  ini- 
que persecuzioni,  egli  leva  lo  sguardo  al  cielo,  e  forte 
della  fade  che  dà  i  confessori,  e  del  coraggio  che  crea 
i  martiri,  non  d'  altro  che  dal  cielo  aspettò  la  retribu- 
zione di  quanto  aveva  fatto  per  la  dilatazione  e  per 
il  trionfo  del  regno  di  Gesù  Cristo. 

Né  la  Chiesa  lo  ha  dimenticato,  anzi  lo  riconosce 
come  uno  de'  suoi  figli  più  cari  e  gloriosi.  Sarà  egli 
beatificato.'^  Un  mille  vescovi  di  tutto  1'  orbe  cattolico 
ne  hanno  fatto  richiesta  al  supremo  lor  capo  il  Pon- 
tefice Romano.  Preghiamo  e  speriamo! 


Prefazione  storico-critica.                                                     Pag.  v-xxiv. 
Introduzione 1 

CAPITOLO   PRIMO. 

Cristoforo  Colombo.  Sua  nascita.  Parecchie  città  si 
contendono  l'onore  di  avergli  dato  i  natali.  Da  ciò  che  egli 
dice  di  sé  stesso,  fuGenovese.  —  Suoi  umili  cominciamenti. 
Sua  famiglia;  suo  padre,  il  tessitore  Domenico;  sua  madre 
ed  i  fratelli.  Il  Colombo  era  di  nobile  origine.  —  Domenico 
Colombo  manda  il  giovane  Cristoforo  all'  università  di 
Pavia;  progressi  che  vi  fa  negli  studj;  ritorno  alla  casa 
paterna.  —  All'  età  di  14  anni  s'  imbarca.  Comanda  più 
tardi  una  galea.  —  La  quale  rimane  incendiata  in  un 
combattimento  sostenuto,  ed  egli  si  salva  a  nuoto.  Tocca 
le  coste  del  Portogallo 5 

CAPITOLO  SECONDO. 

Le  scoperte  al  secolo  XV.  Impulso  dato  a'  viaggi  di 
esplorazione  dal  principe  Enrico  di  Portogallo.  Lisbona  a 
que'  di  centro  dell'  attività  scientifica.  Il  mondo  cono- 
sciuto avanti  Cristoforo  Colombo.  —  Egli  copia  de'  ma- 
noscritti e  forma  delle  carte  marine  per  provvedere  a'  suoi 
bisogni.  —  Suoi  costumi,  suo  carattere;  sua  pietà  sincera 
e  piena  di  entusiasmo.  —  Contrae  a  Lisbona  un  primo 
matrimonio.  —  Il  suo  cognato  Pietro  Correa.  —  Favole  e 
leggende  concernenti  i  mari  non  conosciuti.  Indizj  che 
n'  ebbe  il  Colombo  dai  navigatori.  Vi  aggiunge  i  risultati 
delle  proprie  esperienze,  e  s'  imbarca  per  Porto  Santo. 
Visita  successivamente  Madera,  le  Azzore,  la  Guinea.  — 
Si  risolve  ad  una  spedizione  verso  1'  Ovest,  ed  espone  i 
suoi  divisamenti  alla  repubblica  di  Genova  e  di  Venezia; 
ma  senza  successo 13 

CAPITOLO  TERZO. 

Cristoforo  Colombo,  pazientando,  visita  i  mari  polari  e 
l'Islanda.  Ritornato  a  Lisbona  perde  la  sua  sposa,  Donna 
Filippa.  —  Giovanni  II,  re  del  Portogallo.  Il  Colombo  ne 
ottiene  un'  udienza,  e  gli  espone  il  suo  divisamento.  Il  re 
a  poco  a  poco  vi  s'  interessa  e  mostrasi  disposto  a  secon- 


156  INDICE. 


darlo.  —  Il  Colombo  propone  condizioni  che  Giovanni 
tiene  per  inaccettabili.  Sante  ragioni  che  giustificano  le 
esigenze  del  Colombo.  —  Disleale  e  perfida  condotta  di 
Giovanni.  Fa  chiedere  al  Colombo  la  nota  delle  sue  osser- 
vazioni e  divisamenti,  e  le  confida  ad  un  capitano  di  cara- 
vella con  ordine  di  compiere  l'intrapresa.  Cattivi  successi 
di  questa  malvagia  azione.  —  Il  Colombo,  sdegnato  di 
tanta  viltà,  si  rifiuta  a  più  trattare  col  re;  lascia  Lisbona 
e  fa  ritorno  a  Genova 22 

CAPITOLO  QUARTO. 

Respinto  nuovamente  dalla  sua  patria,  il  Colombo  si 
risolve  di  offrire  i  proprj  servizi  alla  Spagna.  Isabella  la 
Cattolica,  regina  di  Castiglia,  e  Ferdinando,  re  d'  Aragona. 
—  Il  Convento  di  Santa  Maria  della  Rabida.  Accoglienza 
che  v'  ebbe  il  Colombo.  Il  Padre  Guardiano,  Giovanni 
Perez,  ed  il  Padre  Antonio  di  Marchena.  —  Giovanni 
Perez  lo  raccomanda  alla  Corte.  —  Ferdinando  di  Tala- 
vera.  —  Il  Colombo  passa  a  seconde  nozze  in  Cordova.  — 
Antonio  ed  Alessandro  Geraldini.  Il  gran  Cardinale  di 
Spagna,  Gonzalez  di  Mendoza.  Il  Colombo  ottiene  udienza 
dai  re.  —  L'  assemblea  di  Salamanca,  alla  quale  espone  i 
suoi  divisamenti,  non  si  mostra  punto  convinta  che  possan 
attuarsi,  e  li  rigetta.  —  Ciononostante  viene  ripetutamente 
chiamato  alla  Corte.  Novelle  speranze  e  novelli  disin- 
ganni. Si  risolve  ad  abbandonare  la  Spagna 29 

CAPITOLO  QUINTO. 

Giovanni  Perez  rianima  il  coraggio  del  Colombo  e  lo 
rattiene  dall'  abbandonare  la  Spagna.  Frate  Giovanni 
Perez  scrive  alla  Regina  che  lo  invii  a  Santa-Fé.  —  Il 
Colombo  è  chiamato  alla  Corte,  dove  ha  udienza  da  Isa- 
bella che  gli  promette  di  aiutarlo  nella  sua  intrapresa.  — 
Se  non  che  le  richieste  del  Colombo  son  giudicate  inac- 
cettabili; ma  egli  non  cede.  Nel  momento  che  stava  per 
lasciare  la  Spagna,  gli  viene  in  soccorso  la  Provvidenza. 
È  richiamato  e  l'impresa  vien  decisa.  —  Il  porto  di  Palos; 
i  Pinzon;   i   preparativi    del  viaggio.    Le    tre    caravelle, 

la  S.l.VTA  MATTIA,  \a  PINTA  e  \a.  X/.VA 42 

CAPITOLO  SESTO. 

Il  Colombo  mette  alla  vela  nel  venerdì  3  agosto 
del  1492.  Citta  1'  àncora  alle  Canarie.  Tranello  del  re  di 
Portogallo  che  egli  manda  a  vuoto  affrettando  la  partenza. 


INEVIGE.  157 


—  Il  suo  Giornale.  —  Navigazione  e  incidenti.  —  Varia- 
zioni della  bussola  da  lui  notate,  e  si  aumentano  i  timori 
degli  equipaggi  a  misura  che  avanza  verso  1'  Ovest;  loro 
speranze  ora  cadute,  ora  rianimate.  —  L'Oceano  si  mostra 
coperto  di  erbe  e  di  piante  acquatiche,  talvolta  sì  fitte  da 
non  potersene  più  distrigare.  —  Cospirano  contro  lui  :  ma 
egli  frena  la  rivolta;  sua  fermezza.  Prosegue  il  divisato 
cammino.  —  terrai  terrai    50 

CAPITOLO  SETTIMO. 

Esultanze  del  Colombo  e  sua  riconoscenza  verso  il  cielo. 
Sua  preghiera,  ntiettendo  piede  sulla  terra  del  Nuovo 
Mondo.  L'  isola  di  san  salvatore;  arcipelago  delle  Lucaje. 
Fa  piantare  su  quella  spiaggia  la  croce.  —  Sua  dolcezza 
nel  trattar  co'  nativi;  particolari  che  ce  ne  lasciò  nel  suo 
Diario.  —  Ricerca  dell'  oro.  —  Permutazioni  con  quelle 
genti.  Navigazione  in  mezzo  alle  isole.  —  Scoperta  della 
santa  maria  della  concezione^  della  ferdinandina  e  della 
ISABELLA.  —  Loro  bellezza;  il  Colombo  n'  è  fuori  di  sé  per 
r  ammirazione.  —  Isole  ól'arena  e  cuba^  la  regina  delle 
ANTiLLE.  Il  mare  ùi nostra  signora.  —■  Diserzione  di  Martino 
Alonzo  Pinzon  fuggendo  con  la  pinta^  con  la  speranza  di 
giungere  al  paese  dell'  oro  prima  dell'  Ammiraglio.     ...     60 

CAPITOLO  OTTAVO. 

porto  santo;  il  Porto  di  san  Nicola;  scoperta  dell'  isola 
d'  Haiti,  a  cui  il  Colombo  dà  il  nome  di  spagnola,  più  tardi 
San  Domingo.  L'  isola  della  tortuga.  —  Relazioni  degli 
Spagnoli  con  i  nativi  della  Spagnola;  il  cacico  Guacana- 
gari.  —  Naufragio  della  santa  maria.  Primo  stabilimento 
degli  Europei  nelle  Antille.  Il  Colombo  fa  costruire  un 
forte  alla  Spagnola.  Vi  lascia  una  piccola  guarnigione 
sotto  gli  ordini  di  Diego  di  Arafia.  —  Parte  per  1'  Europa 
con  \si  NiNA.  Arrivo  della  pinta;  scuse  di  Alonzo  Martino 
Pinzon.  Il  Colombo,  comportandosi  con  prudenza,  le 
accetta.  Terribile  tempesta  che  separa  le  due  caravelle. 
Voti  che  fanno  gli  equipaggi.  —  Il  Colomibo  affida  al  mare 
il  racconto  della  sua  scoperta.  —  Arrivo  alle  Azzore;  il 
governatore  portoghese  vuole  e  si  prova  a  fermare  il 
Colombo. —  Altra  tempesta  che  costringe  la  nina  ad  appro- 
dare in  Portogallo 74 

CAPITOLO  NONO. 

Accoglienze  fatte  al  Colombo  dal  re  di  Portogallo.  Suo 
arrivo  al  porto  di  Palos.  Onori  che  vi  riceve.  —  Ritorno 


158  INDICE. 


della  PINTA.  Sdegno  di  Martino  Alonzo  Pinzon,  quando  lo 
seppe  giunto  sano  e  salvo.  —  È  colpito  dalla  morte.  —  Il 
Colombo  è  chiamato  alla  Corte.  Suo  cammino  trionfale  da 
Siviglia  a  Barcellona.  —  Udienza  che  riceve  dai  Monarchi, 
ai  quali  fa  la  narrazione  del  suo  viaggio.  E  da  essi  colmato 
di  favori,  come  da  tutta  la  nobiltà.  —  Bolla  pontificia  per 
la  divisione  delle  scoperte  tra  gli  Spagnolied  i  Portoghesi. 
—  Preparativi  per  una  seconda  spedizione.  11  Colombo 
parte  con  tre  carache  e  quattordici  caravelle.  Scoperta  del- 
l' isola  di  SAN  DOMINGO  dopo  una  felice  traversata.  Le  isole 
dei  CARAiBi;  la  guadalupa.  Arrivo  alla  Spagnola.  Desola- 
zione del  Colombo  come  conobbe  la  rovina  della  colonia, 
e  il  massacro  della  guarnigione  fatto  dai  selvaggi.  Fedeltà 
di  Guacanagari 87 

CAPITOLO  DECIMO. 

Fondazione  d'  isabella.  La  colonia  manca  di  provviste. 
Discordie  suscitate  dai  malcontenti.  L'  Ammiraglio  rista- 
bilisce la  calma  nella  Spagnola.  Si  reca  a  visitare  i  paesi 
delle  miniere  d'  oro.  c/^yic;  fondazione  del  forte  san  Tommaso. 
Ne  nomina  governatore  Pietro  di  Margarita.  —  Fertilità 
del  suolo  dell'  Isabella.  Mancando  i  viveri  e  aspettando  i 
raccolti,  il  Colombo  comanda  che  vengano  diminuite  le 
razioni.  Lamenti  che  ne  nacquero;  e  gli  Spagnoli  si 
veggono  costretti  a  costruire  dei  molini.  —  Il  Colombo 
tiene  ferma  la  disciplina;  e  i  gentiluomini  se  ne  sdegnano 
maggiormente.  Vien  tacciato  di  crudeltà.  —  Instituisce  in 
Isabella  un  consiglio,  e  si  rimette  in  viaggio  per  novelle 
scoperte.  —  La  giamaica.  —  Ritorno  alla  Spagnola.  —  Il 
Boyl  e  il  di  Margarita  s'impadroniscono  di  alcune  cara- 
velle e  fan  vela  per  la  Spagna  a  capo  d'  una  mano  di 
scontenti.  —  Sollevamenti  dei  cacichi,  e  misure  che  prende 
il  Colombo  per  reprimerli.  -  Arrivo  in  Ispagna  del  Boyl 
e  del  di  Margarita;  loro  disegni  contro  1'  Ammiraglio. 
Sventuratamente  sono  ascoltati.  —  Que'  Monarchi  risol- 
vono d'inviare  alla  Spagnola  un  commissario  regio  per 
esaminar  gli  addebiti  fatti  al  Colombo.  —  Giovanni 
d'  A  guado;  sua  insolenza.  Il  Colombo  si  risolve  a  partire 
per  Castiglia,  e  giustificarsi.  Arriva  a  Cadice.  Trionfo 
sopra  i  suoi  accusatori.  Confusione  de'  suoi  nemici 103 

CAPITOLO  DECIMO  PRIMO. 

Il  Colombo  propone  a'  Monarchi  Spagnoli  di  conti- 
nuare le  sue  scoperte.  Ritardi.  Novelle  calunnie.  Misure 
prese  ed  istruzioni  date  nell'  isola  d' Isabella  per  1'  ammi- 


INDICE.  159 


nistrazione  della  colonia.  — Il  Colombo  parte  con  sei  cara- 
velle. Ne  manda  tre  a  vettovagliare  di  nuovo  la  Spagnola, 
e  colle  altre  si  volge  verso  la  zona  torrida.  Sofferenze 
degli  equipaggi.  Piglia  porto  alla  trinità.  In  questo 
terzo  viaggio  alle  Indie  occidentali  approda  al  Conti- 
nente. —  Donde  ritorna  alla  Spagnola.  Condizioni  nelle 
quali  rinveniva  la  colonia.  Mentre  ristabilisce  dapertutto 
r  ordine  e  1'  obbedienza,  si  risolleva  contro  di  lui  1'  opi- 
nione in  Ispagna.  —  I  Monarchi  inviano  il  Bobadilla  alla 
Spagnola  con  provvedimenti,  de'  quali  abusa.  Indegna 
sua  condotta.  Fa  mettere  in  catene  il  Colombo  e  i  fratelli 
di  lui,  e  raccoglie  quante  può  querele  e  deposizioni  per 
istruirne  il  loro  processo.  Il  Colombo  che  alcuni  anni 
prima  aveva  percorso  trionfante  1'  Oceano,  mostrando 
all'  Europa  la  via  per  1'  America,  lo  riattraversa  pri- 
gioniero  116 

CAPITOLO  DECIMO  SECONDO. 

Alla  novella  dei  crudeli  trattamenti  sofferti  dal  Colombo, 
Isabella  se  ne  mostra  dolentissima,  ordinando  che  fosse 
subito  posto  in  libertà.  Udienze  che  gli  dette;  consolazioni 
e  promesse  prodigategli.  —  Un  novello  governatore 
provvisorio  è  nominato  nella  Spagnola,  che  fu  Nicola 
di  Ovando.  —  Il  Colombo  sollecita  la  Corte  per  un  altro 
viaggio  di  esplorazione.  È  favorito  nella  sua  richiesta. 
Parte  con  quattro  caravelle.  —  Incredibili  accoglienze 
che  ebbe  alla  Spagnola.  Predice  una  tempesta,  scongiura 
r  Ovando  ad  impedire  la  partenza  per  1'  Europa  della 
flotta  di  trentadue  vele,  che  condusse  il  novello  gover- 
natore. —  Si  ride  della  sua  predizione.  La  flotta  è  distrutta 
da  un  terribile  uragano,  e  con  essa  periscono  tutti  i  suoi 
nemici  più  accaniti.  —  N  ovelle  scoperte  e  nuove  sofferenze 
del  Colombo.  Sue  commoventi  doglianze.  —  Ritorno  in 
Europa  al  fine  di  questo  quarto  viaggio.  —  Morte  d'  Isa- 
bella la  Cattolica.  Ingratitudine  di  Ferdinando.  Morte 
del  Colombo 131 


I 


Imprimatur. 
Tornaci,  die  4  Augusti  1892 

J.  HU  BER  LAND 

Ca7t.  Cens.  libr. 


Monumento  a  CRISTOFORO  COLOMBO 

da  erigersi  in  Xiìw-York  per  iniziativa  della  Colonia  Italiana. 
Opera  dello  scultore  Giacomo  Russo, 
{Altezza  totale  23  vi.  Peso  230  tonnellate.') 


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Eravamo  alla  fine  di  qtiesto  lavoro,  e  già  slam- 
pavasi  r ultimo  foglio,  quando  comparve  la  stupenda 
enciclica  del  Santo  Padre  Leone  XIII,  intorno  al 
nostro  immortale  Colombo,  della  quale  già  avevamo 
dato  un  cenno  nella  Prefazioiie  :  e  così  anche  veniva 
in  Roma  esposto  il  monumento  che  per  il  /j  ottobre 
sarà  dalla  colonia  italiana  innalzato  in  New-York 
alla  memoria  del  grande  navigatore,  e  del  qtiale  pure 
nella  Prefazione  facemmo  ricordo. 

Giudicammo  quindi  far  cosa  gradita  ai  lettori  e 
crescer  pregio  a  questa  pubblicazione  col  dar  per  intero 
tradotta  in  italiano  r enciclica  pontificia,  e  con  l'ag- 
giungere il  disegno  del  jnomcfuento  italo-americano. 


i 


AI    VENERABILI    FRATELLI 

ARCIVESCOVI    E    VESCOVI    DI    SPAGNA 

D'    ITALIA    E    DELLE    AMERICHE 

LEONE   PP.  XIIL 

Venerabili  Fratelli,  Salute  ed  Apostolica  Benedizione. 

LLO  spirare  del  quarto  secolo  dal  dì  che, 
auspice  Iddio,  T  intrepido  Ligure  approdò, 
primo  di  tutti,  di  là  dall'  Oceano  Atlantico 
a  sconosciuti  lidi,  vanno  lieti  i  popoli  di 
celebrare  con  sentimenti  di  gratitudine  la  memoria 
di  quel  fatto,  e  di  esaltarne  1'  autore.  E  certo  non  si 
saprebbe  agevolmente  trovar  cagione  d'  infervorare 
gli  animi  e  destar  entusiasmo  più  degna  di  questa. 
Poiché  il  fatto  è  in  se  stesso  il  più  grande  e  meravi- 
glioso di  quanti  mai  se  ne  videro  nell'  ordine  delle 


2         LETTERA   ENCICLICA  DEL  S.  P.  LEONE  XIII 

cose  umane  :  e  1'  uomo  che  recollo  a  compimento  non 
è  paragonabile  che  a  pochi  di  quanti  furono  grandi  per 
tempra  d'  animo  e  altezza  d' ingegno.  Surse  per  lui 
dall'  inesplorato  grembo  dell'  Oceano  un  nuovo 
mondo  :  milioni  di  creature  ragionevoli  vennero  dal- 
l' obblio  e  dalle  tenebre  a  integrare  la  famiglia 
umana  :  di  barbare,  fatte  mansuete  e  civili  :  e  quel 
che  infinitamente  più  importa,  di  perdute  che  erano, 
rigenerate  alla  speranza  della  vita  eterna,  mercè  la 
partecipazione  de'  beni  sovrannaturali,  recati  in  terra 
da  Gesù  Cristo.  —  L'  Europa,  percossa  allora  di  me- 
raviglia alla  novità  e  grandezza  del  subitaneo  por- 
tento, fece  poi  giusta  stima  di  quanto  essa  deve  a 
Colombo,  mano  mano  che  le  colonie  stabilite  in  Ame- 
rica, le  comunicazioni  incessanti,  la  reciprocanza  di 
amichevoli  uffizi,  e  1'  esplicarsi  del  commercio  marit- 
timo diedero  impulso  poderosissimo  alle  scienze  natu- 
rali, alla  possanza  e  alle  ricchezze  nazionali,  con 
incalcolabile  incremento  del  nome  Europeo.  — 
Laonde  fra  sì  varie  manifestazioni  onorifiche,  e  in 
questo  conserto  di  gratulazioni,  non  vuole  rimaner 
muta  la  Chiesa  cattolica,  usa  com'  è  ad  accogliere  vo- 
lenterosa e  promuovere  secondo  sua  possa  ogni 
onesta  e  lodevole  cosa.  Vero  è  che  i  sovrani  suoi 
onori  la  Chiesa  li  serba  all'  eroismo  delle  virtù  morali 
in  quanto  ordinate  alla  vita  eterna  :  ma  non  per  que- 
sto misconosce  ne  tiene  in  poco  conto  gli  altri 
eroismi  :  che  anzi  compiacquesi  ognora  di  far  plauso 
ed  onore  ai  benemeriti  della  civil  comunanza,  e  a 
quanti  vivono  gloriosi  nella  memoria  dei  posteri. 
Perchè  Iddio  è  bensì  mirabile  sovra  tutto  ne  santi 
suoi;  ma  Y  orma  del  divino  valore  rifulge  a  meravi- 
glia anco  negli  uomini  di  genio,  giacché  il  genio  è 


INTORNO  A  CRISTOFORO  COLOMBO.  3 

pur  esso  un  dono  gratuito  di  Dio  creatore  e  padre 
nostro. 

Ma  oltre  a  queste  ragioni  di  ordine  generico,  ab- 
biamo motivi  al  tutto  particolari  di  voler  commemo- 
rare, gratulando,  1'  immortale  impresa.  Imperocché 
Colombo  è  1'  uomo  della  Chiesa.  Per  poco  che  si 
rifletta  al  precipuo  scopo  onde  si  condusse  ad  esplo- 
rare il  mar  tenebroso,  e  al  modo  che  tenne,  è  fuor  di 
dubbio,  che  nel  disegno  e  nella  esecuzione  dell'  ardua 
impresa  ebbe  parte  principalissima  la  fede  cattolica  : 
di  guisa  che  eziandio  per  questo  titolo  tutto  1'  uman 
genere  ha  obbligo  non  lieve  alla  Chiesa  cattolica. 

Impavidi  e  perseveranti  esploratori  di  terre  scono- 
sciute e  di  più  sconosciuti  mari,  e  prima  e  dopo  di 
Colombo,  se  ne  conta  parecchi.  Ed  è  ragione  che  la 
fama,  memore  delle  opere  benefiche,  celebri  perenne- 
mente il  nome  loro,  in  quanto  che  riuscirono  ad 
allargare  i  confini  delle  scienze  e  della  civiltà,  a  cre- 
scere il  pubblico  benessere  :  e  ciò  non  a  lieve  costo, 
ma  a  prezzo  di  faticosi  conati,  e  sovente-  di  rischi  gra- 
vissimi. —  Ma  pure  da  essi  a  Colombo  è  gran  diva-  \ 
rio.  La  nota  caratteristica  di  Colombo  sta  in  questo,  V 
che  nel  solcare  e  risolcare  gli  spazii  immensi  del- 
l' Oceano,  egli  aveva  la  mira  a  maggior  segno  che  gli 
altri  non  avessero.  Non  già  che  nulla  potesse  in  lui 
la  compiacenza  nobilissima  di  avanzar  nel  sapere,  di 
ben  meritare  della  umana  famiglia  :  non  che  tenesse 
in  non  cale  la  gloria,  i  cui  stimoli  chi  è  più  grande  più 
sente,  o  che  disprezzasse  affatto  la  speranza  de'  mate- 
riali vantaggi  :  ma  sovra  tutte  queste  ragioni  umane 
campeggiò  in  lui  il  sentimento  della  religione  de'  pa- 
dri suoi,  dalla  quale  ei  prese  senza  dubbio  1'  ispira- 
zione del  gran  disegno,  e  sovente  nelF  ardua  opera  di 


4         LETTERA   ENCICLICA    DEL  S.  P.  LEONE  XIII 

eseguirlo  ne  trasse  argomenti  di  fermezza  e  conforto. 
Imperocché  è  dimostrato  eh'  egH  intese  e  volle  mas- 
simamente questo  :  aprir  V  adito  all'  Evangelo  per 
mezzo  a  nuove  terre  e  nuovi  mari. 

La  qual  cosa  può  parere  men  verosimile  a  chi,  ogni 
pensiero  e  ogni  cura  restringendo  entro  ai  confini  del 
mondo  sensibile,  ricusa  di  adergere  1'  occhio  più  in 
alto.  —  Per  contrario  a  meta  più  eccelsa  amano  per 
lo  più  di  aspirare  le  anime  veramente  grandi,  perchè 
sono  le  meglio  disposte  ai  santi  entusiasmi  della  fede. 
Colombo,  disposato  lo  studio  della  natura  allo  zelo 
della  pietà,  avea  mente  e  cuore  profondamente  for- 
mati alle  credenze  cattoliche.  Laonde  persuaso  per 
argomenti  astronomici  e  antiche  tradizioni,  che  al  di 
là  del  mondo  conosciuto  doveano  pure  estendersi 
dalla  parte  d'  occidente  gran  tratti  di  paese  non  per 
anco  esplorati,  la  fede  rappresentavagli  allo  spirito 
popolazioni  sterminate,  involte  in  tenebre  deplorevoli, 
perdute  dietro  cerimonie  folli  e  superstizioni  idolatri- 
che. Infelicità  grande,  agli  occhi  suoi,  condurre  la  vita 
in  assuetudini  selvagge  e  costumi  ferigni  :  ma  incom- 
parabilmente più  grande  1'  ignorare  cose  di  capitale 
importanza,  e  non  avere  pur  sentore  dell'  unico  vero 
Dio.  Onde,  pieno  di  tali  pensieri,  si  prefisse  più  che 
altro  di  estendere  in  Occidente  il  nome  cristiano,  i 
benefizii  della  cristiana  carità,  conforme  risulta  evi- 
dentemente da  tutta  la  storia  della  scoperta.  Infatti 
quando  ai  Re  di  Spagna,  Ferdinando  ed  Isabella, 
propose  la  prima  volta  di  voler  assumere  1'  impresa, 
ne  chiarisce  lo  scopo  col  soggiungere,  c/ie  la  gloria 
delle  Loro  Maestà  vivrebbe  imperittira,  ove  consentis- 
sero di  recare  in  sì  remote  contrade  il  nome  e  la  dot- 
trina di  Gesù  Cristo.  E  non  molto  dopo,  fatto  pago 


INTORNO  A  CRISTOFORO  COLOMBO.  5 

de'  voti  suoi,  affida  allo  scritto  eh'  egli  domanda  al 
Signore  di  far  sì  colla  divina  sua  grazia  che  i  re  (di 
Spagna)  siano  perseveranti  nella  volontà  di  propagare 
a  nuove  regioni  e  nuovi  lidi  la  santa  religione  cri- 
stiana. Tutto  premuroso  d'  implorar  missionarii  da 
Papa  Alessandro  VI,  gli  scrive  :  spero  bene^  col- 
r  aiuto  di  Dio,  di  poter  ormai  spargere  in  tutto  il 
mondo  il  santo  nome  e  il  Vajtgelo  di  Gesù  Cristo,  E 
crediamo  dovesse  sovrabbondar  di  giubilo,  allorché, 
reduce  dal  primo  viaggio,  scriveva  da  Lisbona  a 
Raffaele  Sanchez  :  doversi  rendere  a  Dio  grazie  im- 
mortali per  avergli  largito  sì  prospero  successo.  Che 
Gesti  Cristo  s'  allieti  e  trionfi  qui  sulla  terra,  come 
s'  allieta  e  trionfa  ne'  cieli,  prossima  essendo  la  sal- 
vezza di  tanti  popoli,  il  cui  retaggio  sino  ad  ora  fu  la 
perdizione.  Che  se  a  Ferdinando  ed  Isabella  ei  sug- 
gerisce di  non  permettere  se  non  a  cristiani  cattolici 
di  navigare  al  nuovo  mondo  e  piantar  traffichi  nelle 
nuove  contrade,  la  ragione  si  è,  che  il  disegno  e 
r  esecuzione  della  stia  impresa  non  ebbe  altro  scopo 
che  r  incremento  e  /'  onore  della  religione  cristiana, 
E  ciò  conobbe  appieno  Isabella,  essa  che  assai  me- 
glio d'  ogni  altro  seppe  leggere  nella  mente  del 
grande  :  è  anzi  fuor  di  dubbio  che  quella  piissima 
principessa,  di  mente  virile  e  di  animo  eccelso,  non 
ebbe  ella  medesima  altro  scopo.  Scriveva  infatti  di 
Colombo,  eh'  ei  affronterebbe  coraggiosamente  il 
vasto  Oceano  a  fin  di  compiere  U7i  impresa  di  gran 
momento  per  la  gloria  di  Dio.  E  a  Colombo  mede- 
simo, reduce  dal  secondo  viaggio,  scriveva  :  essere 
egregiamente  impiegate  le  spese  cJi  ella  avea  fatto  e 
che  farebbe  ancora  per  la  spedizione  delle  Indie,  in 
qtcanto  che  ne  seguirebbe  la  diffusione  del  cattolicismo. 


6         LETTERA  ENCICLICA  DEL  S.   P.   LEONE  XIII 

Dall'  altro  canto,  se  sì  prescinda  da  un  motivo  su- 
periore, d'  onde  avrebbe  potuto  egli  attingere  perse- 
veranza e  fortezza  pari  alle  dure  prove,  che  gli  fu 
forza  affrontare  e  sostenere  sino  all'  ultimo?  Intendia- 
mo r  opposizione  de'  dotti  contemporanei,  le  repulse 
da  parte  dei  principi,  i  rischi  del  mare  in  fortuna,  le 
veglie  incessanti,  sino  a  smarrirne  più  d'  una  volta  la 
vista  :  aggiungansi  le  fiere  tenzoni  coi  selvaggi,  i  tra- 
dimenti di  amici  e  compagni,  le  scellerate  congiure, 
le  perfidie  degl'  invidiosi,  le  calunnie  de'  malevoli,  le 
immeritate  catene.  All'  enorme  peso  di  tante  soffe- 
renze ei  doveva  senz'  altro  soccombere,  se  non 
r  avesse  francheggiato  la  coscienza  dell'  impresa  no- 
bilissima, feconda  di  gloria  alla  cristianità,  di  salute  a 
milioni  di  anime.  —  Impresa,  intorno  alla  quale  fanno 
luce  gli  aggiunti  del  tempio.  Imperocché  Colombo 
svelò  r  America,  mentre  una  grave  procella  veniva 
addensandosi  sulla  Chiesa  :  sicché  per  quanto  è  lecito 
a  mente  umana  di  congetturar  daMi  eventi  le  vie  mi- 
steriose  della  Provvidenza,  1'  opera  di  quest'  uomo, 
ornamento  della  Liguria,  sembra  fosse  particolar- 
mente ordinata  da  Dio,  a  ristoro  dei  danni,  che  la 
santa  fede  avrebbe  poco  stante  patito  in  Europa. 

Chiamare  gì'  Indiani  al  cristianesimo,  era  senza 
fallo  opera  e  uffizio  della  Chiesa.  La  quale  sin  dai 
primordi  della  scoperta,  pose  mano  a  far  il  dover  suo, 
e  proseguì  e  prosegue  sempre  a  farlo  col  medesimo 
zelo,  inoltratasi,  non  é  molt'  anni,  sino  all'  ultima  Pa- 
tagonia. —  Nondimeno  persuaso  di  dover  percorrere 
e  spianar  la  via  all'  evangelizzazione  delle  nuove  con- 
trade e  tutto  compreso  da  questo  pensiero,  ogni  suo 
atto  coordinò  Colombo  a  tal  fine,  nulla  quasi  operan- 
do se  non  ispirandosi  alla  religione  e  alla  pietà.  Ram- 


INTORNO  A  CRISTOFORO  COLOMBO,  7 

memoriamo  cose  a  tutti  note,  ma  preziose  a  chi  voglia 
penetrare  ben  addentro  nella  mente  e  nel  cuore  di 
lui.  Forzato  di  abbandonare,  senza  aver  nulla  con- 
chiuso, il  Portogallo  e  Genova,  e  voltosì  alla  Spagna, 
air  ombra  di  un  cenobio  ei  viene  maturando  1'  alto 
disegno,  confortatovi  da  un  monaco  Francescano  suo 
fido.  Dopo  sette  anni,  spuntato  finalmente  il  giorno 
di  far  vela  per  V  Oceano,  s'  accosta  ai  divini  sacra- 
menti; supplica  alla  Regina  del  cielo  che  piacciale  di 
protegger  1'  impresa  e  guidare  la  rotta  :  e  non  co- 
manda di  levar  le  ancore  se  non  dopo  invocata  la 
Santissima  Trinità.  Avanzatosi  quindi  nel  cammino, 
fra  lo  infuriar  dei  marosi  e  il  tumultuar  dell'  equipag- 
gio, mantiene  inalterata  la  serenità  della  sua  fermezza, 
mercè  la  fiducia  in  Dio.  Parlano  del  suo  intendimento 
persino  i  nomi  novellamente  imposti  alle  isole  no- 
velle :  a  ciascuna  delle  quali,  appena  postovi  il  pie, 
adora  supplichevole  Iddio  onnipotente,  e  non  ne 
prende  possesso  che  ut  nome  di  Gesù  Cristo.  Dovun- 
que approdi,  il  primo  suo  atto  è  di  piantar  sulla  spiag- 
gia la  Croce  :  e  dopo  aver  tante  volte,  al  rombo  dei 
flutti  mugghianti,  inneggiato  in  alto  mare  al  nome 
santissimo  del  Redentore,  lo  fa  risuonare  egli  pel  pri- 
mo nelle  isole  da  lui  scoperte  :  e  però  alla  Spagnuola 
il  primo  edifizio  è  una  Chiesa,  la  prima  festa  popolare 
una  solennità  religiosa. 

Ecco  dunque  ciò  che  intese,  ciò  che  volle  Colombo 
neir  avventurarsi  per  tanto  spazio  di  terra  e  di  mare 
air  esplorazione  di  contrade,  ignorate  sino  a  quel 
tempo  ed  incolte  :  le  quali  per  altro  in  fatto  di  civiltà, 
d'  influenza,  di  forza,  salirono  poi  velocemente  a  quel 
grado  di  altezza,  che  ognuno  vede.  —  La  grandezza 
dell'  avvenimento  e  la  incommensurabile  importanza 


8  LETTERA  ENCICLICA  DEL  S.  P.  LEONE  XIII 

degli  effetti  che  ne  seguirono,  rendono  doverosa  la 
ricordanza  e  la  glorificazione  dell'  eroe.  Ma  è  de- 
bito, innanzi  tutto,  di  riconoscere  e  venerare  singolar- 
mente gli  alti  decreti  di  quella  mente  eterna,  alla 
quale  ubbidì,  consapevole  stromento,  il  rivelatore  del 
nuovo  mondo. 

A  celebrar  degnamente  e  in  armonia  colla  verità 
storica  le  solennità  Colombiane,  è  dunque  duopo  che 
allo  splendore  delle  pompe  civili  vada  compagna  la 
santità  della  religione.  Onde,  come  già  al  primo 
annunzio  della  scoperta  furono  rese  a  Dio  immortale, 
provvidentissimo,  pubbliche  grazie,  primo  a  darne 
r  esempio  il  Pontefice  :  così  ora  nel  festeggiar  la  me- 
moria dell'  auspicatissimo  evento  stimiamo  doversi 
fare  il  medesimo.  —  Disponiamo  perciò  che  il  giorno 
12  Ottobre,  o  la  Domenica  susseguente,  se  così  giu- 
dicherà espediente  1'  ordinario  del  luogo,  nelle  Chiese 
Cattedrali  e  Collegiate  di  Spagna,  d'  Italia  e  delle 
Americhe,  dopo  V  Uffizio  del  giorno,  sia  cantata  so- 
lennemente la  Messa  de  Santissima  Trinitate.  — 
Oltre  alle  regioni  sovra  mentovavate,  confidiamo  che 
per  iniziativa  dei  Vescovi  il  medesimo  si  faccia  nelle 
altre,  essendo  conveniente  che  tutti  concorrano  a  ce- 
lebrare con  pietà  e  riconoscenza  un  avvenimento  che 
tornò  profittevole  a  tutti. 

Intanto  come  auspicio  dei  divini  favori  e  pegno 
della  Nostra  paterna  benevolenza  a  voi,  Venerabili 
Fratelli,  e  al  Clero  e  popolo  vostro  impartiamo  affet- 
tuosamente nel  Signore  la  Benedizione  apostolica. 

Dato  a  Roma  presso  S.  Pietro,  a  dì  i6  Luglio  1892,  anno  decimo- 
quinto del  Nostro  Pontificato. 

LEO  PP.  XIII. 


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