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I
^f. a^ . 3
STORIA
DEI MUSULMANI
DI SICILIA.
Proprietà letteraria.
STORIA
DEI
MUSULMANI
DI SICILIA
SCRITTA
DA MICHELE AMARI.
VOLUME SECONDO.
FIRENZE.
FELICE LE MONNIER.
ISttS.
A*/
y
'A
LIBRO TERZO.
CAPITOLO I,
Al contrario della stanca società bizantina che
sgombrava dì Sicilia, la musulmana che le sottentrò,
portava in seno elementi di attività, progresso e di-
scordia. Nel primo Libro, toccammo gli ordini gene-
rali dei Musulmani, e come si assettarono in Affrica.
Or occorre divisare più distintamente alquanti capi-
toli di lor dritto pubblico , e V applicazione che sor-
tirono appo la colonia siciliana.
Farem principio dal reggimento politico. Il di-
spotismo che prevalse con la dinastia omeJade, e si
aggravò con Tabbassida, non era bastato ad oppri-
mere le due aristocrazie , gentilizia e religiosa, tanto
che non prendessero parte , secondo lor potere , alla
cosa pubblica. Fecerlo in due modi; cioè con la inter-
pretazione dottrinale della legge , e con lo smembra-
mento dello impero : a che si è accennato, trattando
dell'Affrica.* Secondo le teorie distillate per man dei
dottori,* dagli eterogenei elementi della legge mu-
' Veggasi il Libro I, cap. Ili , VI.
' Oltre il Corano e la Sunpa, ossia il supposto precetto divino e b
esempio del Profeta, la legge si fondava sullo igtihdd, cbe vuol dire litte-
ralmente " sforzo " degli interpreti ed esecutori ad applicare lo statuto ai
casi non provvedati espressamente.
II. 1
(827-9001 — 2 —
sulmana, lo impero, era ormai, in dritto e in fatto,
debole federazione di Stati , impropriamente chiamati
province. Troviamo in Mawerdi, egregio pubblicista
del decimo sècolo , doversi tenere lo emir di provin-
cia come delegato della repubblica musulmana , non
del califo/ Ei veramente esercitava tutta Y autorità
sovrana, fuorché la interpretazione decisiva dei dom-
mì.' Allo emir di provincia era dato:
Ordinare lo esercito, distribuire le forze nei luo-
ghi opportuni, e fissare gli stipendii militari, quando
non Io avesse già fatto il califo ;
Vegliare air amministrazione della giustizia ed
eleggere i cadi e gli hàkem , magistrati simili al cadi
nelle città minori ;
Riscuotere tutte le entrate pubbliche , pagar
chi di dritto su quelle, ed eleggerne gli amministra-
tori ;
Difendere la religione e la società;
Applicare le pene ad alcuni misfatti , nei limiti
che appresso si descriveranno ;
Presedere alle preghiere pubUiohe , in persona
o per delegati ;
' Mawerdi, Àhkàm-SuUania, lib. Ili, edizione di Eoger, p. 51.
9 Mawerdi, op. dt., lib. I, p. 93, enumera così i dritti dello tmdm,
ossia califo, pontefice e principe: !<> Conservar la fede secondo i domrai
cardinali e le interpretazioni concòrdi degli imam precedenti , e ricondurre
air ortodossia i novatori, con la ragione o con la forza; 2o Far eseguire le
leggi civili e criminali ; 3<> Vegliare alla sicurezza interna ; 4» Fare osser-
vare i precetti religiosi; So Difendere il territorio; 6« Portar guerra agli
Infedeli; 7o Riscuotere le legittime entrate pubbliche; S» Pagare gli sti-
pendii e spese pubbliche; 9o Adoperare capaci e fidati ministri; 10» Trat-
tar dassè le faccende più rilevanti. Tolti questi due ultimi paragrafi che
contengono consigli di condotta , non ordinamenti di diritto pid>blico, gli
altri doveri dell' tmdm non differiscono da quei dello emiro, che nella po-
testà d' interpretare i dommi.
— 3 — 1827-WO.l
Avviare e sovvenire i pellegrini della Mecca ;
E, se la provincia stesse in su i confini, far ia
guerra ai vicini infedeli, scompartire il bottino ai
combattenti e serbarne la quinta a chi appartenesse/
n popolo, dunque, di una parte del territorio mu-
sulmano costituita in provincia e governata da un emi-
ro, non riconosceva il califo né come legislatore né
com'esecutor della legge; non vedeva altra autorità
che dello emiro; e costui, alla sua volta, non era te-
nuto ubbidire che alla legge ed alla propria coscienza;
né dovea rispettare il fatto del principe, fuorché nel
caso degli stipendii militari già determinati da esso.
Il principe eleggeva e rimovea d' oficio V emiro,
come il cadi, senza poter dettare alcuno i provvedi-
menti,* né all'altro i giudizii; talché tutta la ammi-
nistrazione civile y militare, ecclesiastica e giudiziale
si conducea come in oggi quella sola della giusti-
zia negli Stati di Europa che abbiano magistrati amo-
vibili ad arbitrio. Bene o male, era conseguenza lo-
gica della teocrazia. Se avvenia che il califo sforzasse
lo emiro ad alcun provvedimento con minaccia di
deposizione, ciò non costituiva norma d'ordine pub-
blico; era abuso di chi comandava e viltà di chi ob-
bediva. Similmente il califo celava, quasi fosse col-
* Mawerdt, op. cit., lib. Ili» p. 47, 48. Questo autore aggiunge che
r uflcio di emiro pote^ essere geoerale ovvero speciale; seodo lecito de-
stinare un emiro alle cose di guerra e di polizia , come noi diremmo , e
un altro all'azienda e giurisdizione; op. cit., p. 51. Ma tal caso sembra av-
venuto assai di rado. Mawerdi stesso, p. 54, dice che nelle province con-
quistate di recente V uflcio di emir, di dritto, diveniva generale; né si
potea diminuirne il territorio, nò l' autorità. Le ragioni che ne allega Ma-
werdi son fondate su r assioma, che il ben della religione e della repub-
blica musulmana va anteposto al capriccio del califo.
1827-900.) — 4^ —
pa, la vigilanza sua sopra lo emiro, affidandola al
direttor della posta/ Alla effettiva autorità rispon-
deano le apparenze, e in particolare la cerimonia
della inaugurazione, nella quale si prestava giura-
mento all'emiro non altrimenti che al califo.' La mo-
neta, nei primi due secoli dell'islamismo, si coniava
spesso col solo nome dell'emiro, per esempio di
Heggiàg-ibn-Iùsuf in Irak , di Mùsa-ibn-Noseir in
Affrica e Spagna, e di Ibrahim-ibn-Aghlab in Affri-
ca.' Sì larga essendo la potestà legale del gdvernator
di provincia e impossibile di tarparla nei paesi lon-
tani dalla metropoli, e stanziando in quelli la nobiltà
armata, ognun vede con che agevolezza le provin-
ce si poteano spiccar dall' impero , sol che le milizie
parteggiassero per T emiro ; nel qual caso tornava
inefficace la sola ragione lasciata al califo, cioè dar-
gli lo scambio. Cosi nacquero le dinastie dei Taheriti
in Persia, degli Aghlabiti in Affrica, dei Tolùnidi in
Egitto e non poche altre. Cotesti novelli principi alla
lor volta, se mandavano emiri nelle province con-
quistate, si trovavano rispetto a quelli nelle mede-
sime condizioni e peggiori, che i califi verso di loro;
< L'oficio della posla si chiamava appo gli- Arabi berid, trascrizione
della voce latina veredus. Par che i Sassanidi abbian tenuto la stessa pra-
tica in fatto di alta polizia; come l'accennai nella versione del Solwdn
d'Ibn-Zafer, nou 24 al ciap. V, p. 515, 514.
> Il Baidn, tomo I, p. 75, e Nowàiri, Storia d'Affrica, versione fran-
cese di M. De Slane, in appendice a Ibn-Khaldùn, Histoire des Berbera,
tomo I, p. 588, fanno menzione del giuramento (bià*) prestato al nuovo
emir di Affrica, Nasr-ibn-Habib (791).
' Ibrabim non era al certo independente in dritto più che gli altri
emiri dì provincia. Perle monete di Heggiftg non occorre citazione. Su quelle
di Musa, va ricordato che la leggenda talvolta fu latina, come si scorge dalle
lettere di M. De Saulcy , Journal Asiatique, sèrie HI , tomo VII , p. 500, 540
(1859), e tomo X, p. 589, seg. (1840).
— 5 — |827.90O.|
non avendo la dignità del pontificato, né distinguen-
dosi pur nel titolo dai governatori delle proprie colonie.
Le esposte norme di dritto pubblico si osser-
varono in Sicilia , infino ai tempi del tiranno Ibrahim-
ibn-Àhmed ^ e se alcuno le trasgredì, furono i coloni
più tosto che il principe. Gli emiri deli* isola facean
da sé paci e accordi e scompartivano il bottino , a
quanto si può spigolare tra gli aridi annali musul*-
mani; né si trovan vestigio di comando esercitato in
Sicilia dai principi d'Affrica. Il titolo dell' oficio or si
legge emtr, or wàli, e, nei primordii della colonia ,
séUieb; la qual voce par che denotasse il fatto d' una
insolita autorità, e quasi independente,. come di-
cemmo nel secondo Libro. * Men precisi indizii tro-
viamo nelle monete. Tra le poche che ce ne avan-
zano degli Aghlabiti , due di argento portano il nome
dello emiro siciliano insieme e del principe aghiabita ,
date di Sicilia il dug|3ntoquattordici e. il dugento-
venti. Poi ne occorre una anche d' argento , del du-
gento trenta, ove leggonsi i simboli religiosi, il motto
di casa d' Àghlab e la data di Palermo , senza nome
né deir emiro né del principe. In ultimo, un quarte-
ruolo d'oro del dugentotrentatrè senza il nome della.
Sicilia né del principe , ha ben quel dello emiro con
la formola religiosa e il motto aghiabita. Di li alla
fine della dinastia, qualche moneta che si crede si-
ciliana dalla fattura, senza che vi si legga Sicilia né
Palermo, offre il sol nome del principe Affricano.' Da
« Capitolo V, p. 296.
* La namismatica arabo-sicala finadesso può dare scarso aiuto alla
Storia, sondo pubblicate pochissime monete, e la importante collezione di
1827-9001 — . 6 —
ciò si può conchiudere di certo che i primi emiri co-
niassero moneta; ma non che i successori non ne
coniassero^ D' altronde lo esercizio di tal dritto, che
sarebbe assai significativo trattandosi di reami cri-
stiani, poco monta negli Stati musulmani dei primi
cinque secoli dell'egira , quando i califi lasciavan cor-
rere nelle monete, come dicemmo ^ il nome degli
emiri di provincia ; e i veri principi che sottentra-
fono ai califi ne lasciaron correre il nome; sì che passò
in proverbio « è rimasa al tale la Khotha e la zecca w
per significare un titolo senza potestà/
Oltre la piena autorità esercitata dagli emiri di
Sicilia, è da notar che sovente i coloni non aspetta-
ron licenza dalV ÀfiVica per rifar \ emiro , quando
fosse venuto a morte, e sovente anco scacciarono gli
eletti 0 confermati dal principe ; ' appunto com' era
avvenuto in Spagna avanti il califato di Cordova, e
in Affrica avanti gii Àghiabiti. A cosi fatta usurpa-
zione li spìngea T assioma che lo emiro rappresen-
tasse non il principe, ma il popolo musulmano; e al-
Airoldi non per anco sludlata. A ciò si, aggiunga, che rimangono poche
speranze per l'epoca aghlabita, perchè gran copia di monete andò al cro-
giuolo per la gelosìa dinastica, 1* avarizia e il genio burocratico dei Fate-
miti. Delle monete aghlabUe di Sicilia alcune sono slate pubblicate da
Tydisen, Adler, Castiglioni; alcune dal Mortillaro, il quale compilò, utile
lavoro, una lista di tutte le monete arabo-sicule, conosciute da lui. Le
quattro che io ho accennato nel testo, si trovano le prime in quelhi lista
(Mortillaro, Opere, tomo IH, p. 345, seg.}; ed io ne ho dato forse più
corretti ragguagli nel Libro H della presente storia, càp. Ili, p. 283,
cap. V, p. 296, e cap. VI, p. 520, del primo volume. Le altre monete agbla-
bite di Sieilia son registrate dal Mortillaro dal n» 5 al 12.
^ Fakhr-ed-dìn, presso Sacy, Chrestomathie Àrabe, tomo I, p. 84. Non
ho bisogno di avvertire che la Khotba sia la preghiera pubblica , in cui si
ricorda il nome del principe e pontefice.
« Veggasì il Libro H, cap. IH, V, VI, VII, IX, X.
— 7 — I82r-900.i
tresi la dubbia sovranità degli Aghlabiti , e la con-
saetudìne allo esercizio di un dritto anteriore all'isla*
mismo e non abrogato : cioè che tutta associazione
di Arabi, grande o piccioia, tribù o circolo, sempre
scegliesse il proprio capo.
Le altre parti del civile ordinamento non oc-
corre descrivere minatamente ; sendo notissime, né
molto divèrse da paese a paese. Con Temiro pochi
magistrati eran preposti alla esecuzione della legge.
Cominciando dall' amministrazione della giustizia, si
vedrà questa intralciata e sovente arbitraria. Decidea
sempre un sol giudice; prendendo avviso legale
da' miiftt, assessori come noi diremmo. V'era un sol
grado di giurisdizione ; e quattro maniere di giudici
con mal definita competenza. Prìmd giudice crimi-
nale il principe o l'emiro,^ che poteva applicar le
pene scritte testualmente nel Corano e non altre; ma
al contrario, nella istruzione del processo, gli era le-
cito lo arbitrio che si negava al cadi. Nei misfatti di
dritto divino ' T emiro decideva o delegava la causa;
quei di dritto umano ' eran conosciuti da lui o dal
cadi, a chi 6ÌTÌvolgessero gli offesi.* L' emiro poteva
alzar poi un tribunale straordinario chiamato dei me-
zàlim 0 diremmo noi de' soprusi, ov'ei sedea coi ca-
di, hàkim, giuristi, segretarii, testimonii e guardie;
e sì decidea, con procedura eccezionale, su i richiami
per casi qualunque, criminali, .amministrativi e an-
che civili , quando la potenza dell' accusato avesse
< Mawerdi, op. eli., lib. li!, p. 51, 52, 55; lib. XIX, p. 375, seg.
* Come apostasia, empietti, stupro, abbrìachezza ec.
' Come omicidii e ferite, farti, calunnie.
* Mawerdi, op. cit., lib. Ili, p. 48,51,53,53; lib. XIX, p. 375, seg.
(827-9001 — 8 —
tolto air offeso d' ottenere giustizia ne' modi soliti/
Independente dallo emiro , il cadi nelle città maggiori
e lo hàkim nelle altre, esercitava quella tutela delle
persone incapaci e opere pie che appo noi va attri-
buita aj pubblico ministero; e inoltre giudicava tutte
càuse civili e le criminali che richiedessero interpre-
tazione di legge 0 fossero delegate dalF emiro; fuor-
ché le cause civili e criminali di minor momento, alle
quali era preposto il mohtesib.* I parenti del profeta
aveano magistrato speciale/ Infine il mohtesib eser-
citava la giurisdizione meramente esecutiva nelle
cose civili, e nelle criminali quella che potremmo
chiamare correzionale, se esattamente rispondesse
alla definizione dei nostri codici ; e al medesimo
tempo era oficiale di polizia urbana ed ecclesiastica;
vegliava ai mercati; alla giustezza dei pesi e delle
misure; allo esercizio delle arti liberali o arti mecca-
niche o commercii , si che non nocessero ai citta-
dini.
Dopo ciò, poco rimane a dire dell' amministra-
' Mawerdi, op. cit., lib. VII,p. 128, seg. Veggasi anche Sacy, Chres-
tomathie Arabe, tomo I , p. 152, seg. Talvolta il principe delegava alcuno
allo esercizio di questa somma giurisdizione. Cosi abbiam ricordi di un
wàU'^l''me%dHm in Affrica sotto gli Aghlabili , che poi fu cadi in Palermo.
a Mawerdi, op. cit., lib. HI, p. 48, 5!, 52, S3; lib. VI, p. 107, seg.;
e lib. XX , p. 405 a 408. Si avverta che la giurisdizione non restò, divisa né
in tutti i paesi né in tutti i tempi nel modo che porta il Mawerdi. Io ho
voluto seguire a preferenza questo scrittore , perché é contemporaneo alla
dominazione musulmana in Sicilia, e ci mostra l'ordinamento normale d'al-
lora, meglio che noi farebbero i trattati relativi all'impero ottomano, al-
r Affrica ec, al giorno d' oggi.
s Mawerdi, op. cit., lib. Vili, p. 164, seg.
* Mawerdi, op. cit., lib. XX, p. 404, seg. Veggasi ancora presso
Sacy, Chrestomathie Arabe, tomo I, p. 468 a 470, uuo squarcio dei Prole-
gomeni di Ibn-Kbaldùn , il quale in parte copia litteralmente Mawerdi , o
in parte aggiugne fatti novelli.
— 9 — 827-900.1
zione civile: della quale dapprima ebbe carico il
mohtesib; ma l'oficìo in alcuni Stati fu diviso, con di-
versi nomi ; e rimase quel di mohtesib al preposto
dei mercati/ La sicurezza pubblica, o sicurezza del
despotismo, fu affidata, nelle capitali, a un prefetto
chiamato per lo più sàheb-esseiorta,* del quale v'ha
ricordo negli annali della Sicilia musulmana;* e il
nome rimase per Io meno infino al decimoterzo se-
colo, quando i capitoli del Regno di Sicilia chiamano
Surta le pattuglie di polizia/ U mohtesib, o come che
si addimandasse, partecipava alle cure edilizie in-
sieme col magistrato municipale propriamente detto,
com' oggi r intendiamo.
Scarsi quanto siano i ricordi che ci avanzan di
cptesta parte di civile reggimento negli Stati musul-
mani del medio evo, pur non cade in dubbio la
esistenza dei corpi, municipali. Generalmente si ap-
pellavano gemà\ che suona adunanza; come sap-
< Makkari, presso Gayangos, The M^hammedan Dynoitiu in Spain,
tomo I, p. lOS; Lane, Modem Egypttatu, tomo I, p. 166.
s Ibo-Khaldùn, Prolegomeni, presso GayaDgos, op. cit., tomoi,
p. XXXII ; e nello stesso volante, Makkarì, p. 104, e nota a p. 388; Sacy,
Chrestomathie Àrabe , Jomo II, p. 184. Al Cairo fu detto wàli^l^eled^
prefetto della città; in Spagqa, sd^eb-el-medlfta/ preposto della città,
Meb-el-leilt preposto della notte , e sdAeò-e«-4ctorto. Gli Omeladi aveano
la grande e picciola sciorta, come noi diremmo alta e bassa polizia.
» Ibn-KhalUkào, Wafiat-eh'Àiàn , Viu di Abu-Hohammed-Iabia-ibn-
Aktbem, fa menàone del sàheb^etsciorta di Palermo sotto il principe kel-
bita Tbikt-ed-daala. MS. di Parigi, Soppl. Arabe, 502, fog. 596 verso;
e S04, fog. 254 recto.
4 Capitolo LVI di Giacomo , eXVil di Federigo di Aragona; Diploma
di Carlo d'Àngiò del 24 ottobre del 1269, nella Biblioteca Comunale di Pa-
lermo, MS. Q. q. G. 2, pei Magiitri sorterii di Palermo. Dalle annotazioni
di monsignor Testa ai detti luoghi dei Capitoli del Regno , si vede usata in-
iino ai principii del XVIU secolo in dialetto siciliano la voce teiorta, che la-
tinamente scriveano sorta, surla, xurla, ce.
|827-900.| — 10 —
piamo del Kairewftn sotto gli Aghlabiti ; ^ del cali-
fato abbassida nel decimo secolo,' e fino ai nostri
giorni delle cittadi e tribù deirAffrica settentrionale/
Questo ordine , non istituito da legge scritta, era ap-
punto novella forma del gran consiglio di tribii e di
circolo, di che parlammo nelle istituzioni aborigene
degli Arabi : e in vero non si potrebbe comprendere
che i nomadi, fatti cittadini, avessero disusato quel-
r ordinamento, quando il novello lor modo di vivere
lo rendea si necessario, se non per trattare le cose
politiche, certo per provvedere, con mezzi e volontà
comuni , ai bisogni particolari della città. La gema'
nelle popolazioni arabiche par sia stata composta dei
capi di famìglie jiobili , dei dotti, facoltosi e capi
delle corporazioni di arti, le quali assimilavansi a fe-
miglie e costituivano società di assicurazione reci-
proca nei casi penali: perciò questo corpo munici-
pale somigliava in parte alla curia romana. * Non
sappiamo se la sciura , di che si fa menzione negli
annali della Spagna musulmana !^ sia la gema' sotto
' Veggaosi il Lib. 1, cap. VI, p. lo3, seg., e p. 148; e il Lib. Il, cap. U,
p. 259.
s Veggasi Mawerdi, Ahìiàm-Sultanta ,\\h, XX, p. 41i a 414.
' Daumas, le Sahara Àlgérien, p. 72, 280^ 293; e il medesimo,
Mauri et Coutumet de V Algerie , p. 10.
* Ricordinsi i wagih, seeikh e faUh del Kairewàn, di cui si fa parola Del
Libro I , cap. IV, p. 1 4S. Mawerdi , 1. e, adopera il nome genericoili diui-l^
mekena, ossia * Dotabiii, o capaci; " i quali par non fossero i soli possessori
e capitalisti, poiché si dice cbe possano contribuire alle opere pubbliche,
sia con danaro, sìa con lavoro. Ei nota essere così fatto obbligo non indi*
viduale ma deir universale, ossia gema* dei cittadini notabili. Lo stesso au-
tore adopera la voce dsui^U'tnekena per denotare quella classe di persone
alle quali turon date in euQteusi dal callfo Otbmftn le terre demaniali del
SewAd, lib. XVII, p. 335.
' Ibn-Khallikftn , Wafiài^WÀidn , oeHa vita di Ibn-Zobr (Avensoar)
morto a Cordova il 1130, dice cbe Tavolo di costui a vea tenuto alto grado
— 1 1 — |«27-0OO.|
alti^ nome, ovvero una deputazione della gemà\ on
comitato esecutivo, diremmo oggi, il quale nei tempi
ordinarii amministrasse ì negozii del municipio deli-
berati dalla gema'; ma certo è che nei tempi tor-
bidi reggeva le faccende politiche. Nei tempi ordi-
nari! la gema* era richiesta, in difetto dell' erario, di
provvedere, per contribuzioni volontarie di danaro o
d' opera , alla costruzione o restaurazione degli acque-
dotti, delle mura, delle moschee cattedrali e al sov-
venimento dei viandanti poveri. La richiedeva il
mohtesib ; poteva obbligarla il solo principe , e nel
sol caso che la città fiosse piazza di confini , onde ,
cadute le m«ra o dispersa la popolazione, ne sarebbe
tornato perìcolo a tutto il reame. La obbligazione,
sempre èra collettiva, non individuale: dal che ognun
vede essere stata la gema' corpo morale , e vero muni-
cipio. Alla ristorazione delle moschee minori provve-
deano quei circoli o quartieri che le possedessero; e
trascurandosi da loro cotesto dovere, il mù/Uesib era
nella sciùra. Veggasi la versione Inglese di M. De Slane, tomo IH, p. 139,
ed a p. i40 la nota 12, ove questo erudito orientalista fa considerare che
in Spaglia e nelV Affrica settentrionale ogni città aveva il counsel or tom-
mittee cbe aiutasse il governatore (e questa non parmi espressione esatta)
nello esercizio del suo oficio, e si compouea dei capi dei varii quartieri,
del cftdi , e delle anticbe e influenti famiglie del luogo. Nel tomo H, p. 901
della stessa versione, si parla d'un Consiglio simile a Murcia.
A Tripoli fin oltre la metà del XI( secolo v*ebbe un "Consiglio dei
Dieci" die cessò al conquisto degli Almobadi; come l'afTerma Tjgiani,
Rehela, versione francese di M. Rousseau, p. 186, 187. {Journal Àsiatique,
février-mars 1853, p. 13^, 136.)
Negli Stati ove è prevalso più il dispotismo, è rimase in vece della
gema' un sol oficiale municipale, detto Bceikh-el'beled, * V anziano del pae-
se," mezzo tra eletto ed ereditario; come si ritrae per l'Affrica setten-
trionale da M. Worms , Recherches sur la propriéU ferriloriaU dans lei pays
musulmans, p. 375, 427; e per l'Egitto, dal Lane, Modem Egyplians,
tomo I, p. 171.
1827-900) »- 12 —
tenuto a farne memoria. ^ Ciò conferma il fatto che
oltre il magistrato municipale della città ve n'era al-
tri di quartiere o contrada;' istituzione necessaria
nelle città musulmane, le quali, al par che le nostre
del medio evo, eran divise in quartieri , abitati per
lo più da nazioni o arti diverse.
Cotesti ordini dall' Affrica passarono senza dub-
bio nella colonia siciliana; onde v'ha memoria della
gema' di Palermo, costituita come le altre a modo
aristocratico; e pronta a trapassare alla usurpazione
deir autorità politica.^ La riputazione dei giuristi che
notai trattando dell' Affrica, va supposta necessaria-
mente in Palermo , ove fiorirono nei principii del de-^
cimo secolo gli studii di dritto, secondo la -scuola di
Malek.^ Contuttociò non apparisce in Sicilia F umor di
parti di cittadini e nobiltà militare , ond' erasi agitata
r Affrica nei principii del nono secolo. La concordia
durava per esser fresco il conquisto; e perchè no-
bili e cittadini di schiatte orientali stanziavano la più
parte in Palermo, uniti da interessi comuni, dalla ge-
losia contro il governo d'Affrica, e dalla brama di
sopraffare i Berberi lor compagni nell'isola.
Pria di passare all'azienda son da esaminare i
due ordinamenti economici della colonia dai quali
dipendea principalmente la entrata e la spesa pub-
blica ; cioè , il primo , la costituzione della proprietà
< Mawerdì, op. cit., lib. XX, p. 411, a 414.
3 Lane, Modem Eg^tiam, tomo I; p. 170.
' Ibp-el-Athir , anno 336, MS. B, p. 261 ; MS. G, tomo IV,fog. 3S0 ver-
so, dice dei Beni Tabari, ch'erano degli *aidn, ossia caporioni della gtmà*
in Palermo.
« Riadh-en^Nofus, MS., fog. 79 redo, nella vita di Lokm&n-ibn-Iùsur
— 13 — |827-900.|
territoriale; il secondo, i ruoli militari. Molto si è di-
sputato tra i dotti europei sul dritto di proprietà Dei
paesi musulmani; e manca nondimeno una verace e
nitida esposizione di tal materia; ond'è forza ch'io
mi provi ad abbozzarla. Premetto essere erronea la
generalità, che si è troppo ripetuta e renderebbe su-
perfluo ogni esame; cioè che tutti i terreni apparten-
gano in proprietà a Dio, e per lui al pontefice prin-
cipe/ Gli eruditi che trovarono tal paradosso, tolsero
in iscambio di dichiarazione di dritto le frasi poeti-
che o teologiche, come voglia dirsi, frequentissime
nel Corano: che Iddio è padrone del Cielo. e della
Terra, padrone dei Mondi, e via discorrendo. Al certo
i Musulmani, ammiesso un creatore, lo doveano te-
ner signore di sue proprie fatture ; ma pensavano
eh' egli avesse lasciato il terreno, non altrimenti che
r acqua, Tarla, il fuoco, la luce , a utilità universale
delle creature; non donatolo in particolare a Mao-
metto, e molto manco ai pontefici che gli dovean
succedere.
Tanto egli è vero non aver mai il Profeta pre-
* Una quarantina d'anni fa, sostenne quest'assioma il barone De Ham-
mer, oggi consigliere aulico deli' impero austriaco. M. De Sacy Io confutò,
prima nel Journal des Savants del 1818, poi nella terza delle sue Memorie
su la proprietà in Egitto, lfémo<rc« de VÀcadémie de» Inscriptiona, tomo VII,
p. S5, 56. Il Martorana, Noti%ie storiche dei Saraceni Siciliani, tomo II,
p. 129 e 248, amò meglio seguire il consigliere aulico., che il dotto profes-
sor di Parigi. Il signor Benedetto Gastiglia, in uno articolo di giornale che
sopra ho avuto occasione di lodare, La Ruota, Palermo, SO agosto 1843,
si appigliò a questo paradosso, e scrivendo in fretta lo attribuì a M. De Sacy.
A così fatta teoria rimangono ormai pochi partigiani. La rigetta espressa*-
mente M. Worms nella dotta opera, Reeherehes iur la eonstituHon de la
propriété territoriale dans les pays mwulmans. Né so come M. Du Gaurroi
riparli di Messer Domeneddio proprietario npi versale» Journal Àsiatique,
1V« sèrie, tomo XII, p. 13 (1848), senza allegar nuove autorità.
|827-90a.| — 14 —
sunto si strano dritto, che, secondo una tradizione
sua, Terba, unico prodotto del suolo nella maggior
parte dell'Arabia, si tenne sì come l'acqua e il fuoco
proiprietà comune di tutti gli uomini/ Tali anco fu-
rono risguardati certi minerali agevoli a raccogliere,
come sale, antimonio, nafta, antracite.'
Dal dritto nomade volgendoci a quello delle po-
polazioni stanziali, è manifesto che il Corano e la
Sunna riconoscano la piena proprietà delle terre col-
tivate, al medesimo titolo che la proprietà mobile.
L' una e Y altra maniera di facoltà va soggetta ad
unica tassa : dieci per cento su i prodotti del suolò ,
e due e mezzo su la quantità degli armenti, moneta
e altri beni mobili; la quale gravezza, ragionandosi
tiel primo caso su la rendita e nel secondo sul capi-
tale, viene a ragguaglio, o torna più lieve su le
terre che su gli altri capitali.' Maometto, imitando
così le decime giudaiche , ne mutolo investimento; e
con sublime idea chiamò questa tassa sedekàt o vo-
gliam dire offerte di schietto animo, e zekàt * che
* Mawerdi, iAMm-Stt//anta, lib. XVl, p. 525; Hedaya, libro LXV,
tomo IV, p. 140.
' Mawerdi, op. cit., lib. XVII, p. 541. Traduco "antracite*' la voce
kdr, che secondo i dizionarii signiOca "pece liquida."
'IMO per cento su la raccolta annuale del grani, frutta, miele ec,
si ragguaglia al 2 1/2 per 100 su gli armenti, danaro, merci» masserizie ec.,
sapponendo che cotesto maniere di capitati rendessero il 25 per 100. Non
arrivando a sì alto segno il fruttato dei capitali mobili , essi vengono a pa-
gare più che i capitali fissi delle terre. Avvertasi che il 10 si ragiona su i
prodotti del suolo bagnato da pioggle periodiche o acque sgorganti. Le terre
inaffiate con macchine idrauliche, richiedendo maggiore spesa di cultura,
8on tassate al 5. Al contrario , quelle irrigate con acqua di canali che man-
tiene lo Stato, pagano il 20; nel qual caso il doppio dazio va per censo
deir acqua.
* Seguo Tuao generale^nella trascrizione di quesUi^ voce, la quale se-
condo il modo tenuto nel resto del mio lavoro andrebbe scritta ieké.
— 15 — [827-900.1
suona purificazioDe: purificazione, dir volle , della
colpa che ba il ricco lasciando morir di fame i po-
veri e mancar le entrate allo Stato. In vero tassa di
poveri è questa, non men che pùbblica contribuzio-
ne ; andando tripartita per legge tra lo erario , i pa-
renti del Profeta e i bisognosi , fossero oifanelli ,
viandanti, o altri.' Le proprietà' esistenti, rispettate
cosi dallo islamismo, si trasmetteano, al par che i beni
mobili, per vendita, donazione o successione.
Quanto ai nuovi acquisti, Maometto non parlò
che del legittimo per eccellenza: dichiarò che chiun-
que renda alla vita una terra morta , così esprimeva
il dissodare un suolo inculto o fabbricarvi sopra , ne
divenga padrone assoluto ; sì che né il principe né
altri possa togliergli il podere, finch'ei lo coltivi.' Nei
* La %Mt è doYota dai soli Musulmani adulti , sani di meote e Uberi,
cbe posseggano oltre un certo valore fissato dalla legge. Si chiama anche
decima. Il ritratto è stato sovente distolto dalla sua destinazione legale;
usurpandolo I governi, che poi si sgravavano la cosdenaa io opere di pietà
0 di carità. Veggansl a tal proposito: Mawerdi, Àhkém>'Sultaniaf lib. XI,
p. 195, seg., e lib. XVII! , p. 366, seg.: questo dottore sciafeita riferisce
il dritto come si tenea nella propria scuola, cita le epinioni delle altre e i
fatti fino al tempo e paese suo, cioè tra il X e TXI secolo, a Bagdad; S^
daya, lib. I, versione Inglese, tomo I, p. 1, seg., cbe mostra il dritto os-
servato iìi India nel XVilf secolo secondo la scuola di Abu-Hanlfa; D*0hs*
son. Tableau general de VBmpire Ottoman, tomo il, p. 403, e tomo V,
p. 13, seg., cbe riferisce anco H dritto baneflta , osservato alla stessa epo-
ca in Turchia; KballMbn-Isbàk , Précù de Jurispruienoe mtuulmané, tra*
duiipar M. Perronj cap. IH, tomo I, p. 5%, seg. Quest'autore, di scuola
malekita, visse nel XV secolo. Il suo compendio, brevissimo e oscurissimo,
fa legge in Affrica. Veggasi anche BurclLbardt, Voyage en Arabie (versione
francese), tomo II, p. 294, che descrive la pratica dei Wababitl, puritani
dell* islamismo ai tempi nostri. Le varie scuole ed epoche fan poca diffe-
renza neir applicazione degli statuti su la %ekàt,
^Mi8hhat-ul'-Ma$abih, lib. XII, cap. XI, tomo II, p..43, s^. Data la
tradizione del Profeta , tralascio di eitare i trattatisti , alcuni dei quali , a
dir di Mawerdi, op. cit., lib. XVIf , p. 330, credettero necessaria la licen-
za del principe a confermare il dritto di primo occupante. Ognun vede cbe
f82T-900.1 — 16 —
tempi appresso restaron dubbii, secondo le varie
scuole, i limiti che potesse porre il principe a tal
dritto di primo occupante ; ma la sostanza del dritto
non fu mai disputata; anzi si accordò la terra intorno
il pozzo, a chi primo lo avesse scavato in terreu
deserto.*
Su le proprietà stabili rapite ai vinti, Maometto
non fece provvedimento generale, perchè rado oc-
corse ai tempi suoi; né parlarne troppo ei potea,
proponendosi di conciliare e amalgamare la nazione.
Cominciati i conquisti fuori d' Arabia, Omar applicò
al caso qualche esempio del Profeta, e l'ordine po-
sto dal Corano al partaggio della preda ; onde quattro
quinte andavano divise ai combattenti e una quinta
serbata a utilità pubblica, e sussidii a varie classi di
persone.* Per tal modo furon divise alcune terre ai
combattenti.' Ma, in queir età eroica, gli Arabi si te-
dò non torna ad esercizio di on sapremo dritto di proprietà, ma a neces-
saria misura di ordine pubblico, per evitare che due o più persone si con-
tendessero un podere. È fondato su la medesima ragione il divieto di oc-
cupare il suolo bisognevole a pascolo comune 9 strade , mercati ec., di che
tratta il Mavirerdi , lib. XVl, p. 323, seg.
* Bedaya, lib. XLV, tomo IV, p. 132.
^ Nella sura Vili, verso 42, è detto appartenere la quinta a Dio, e per lui
al Profeta, ai parenti di costui, agli orfanelli, agli indigenti e ai viandanti. La
morte di Maometto die luogo a cavillare su questa legge. Dei dottori, chi
ha pensato doversi investire tutta la quinta in utilità pubblica; chi poterne
disporre il principe; chi doversi esclusivamente serbare ai parenti del Pro-
feta , orfanelli ec Veggasi Beidbawi , comento al citato verso del Corano ,
edizione di M. Fleischer, tomo I, p. 367 e 368; Mawerdi, Op. cit., lib. XII,
p. 239 a 242. Koduri vuol che la quinta si divida in tre parti uguali agli
orfanelli, poveri, e viandanti; sostenendo chela quota del Profeta si fosse
estinta alla sua morte; presso Hosenmuller, Ànalecta Arabica , § 34.
' Questo insertante fatto è riferito da Mawerdi, op. cit., lib. XVII,
p. 334, seg. Avanti la edizione dì M. Enger del 1853, che noi citiamo,
questo squarcio era stato pubblicato con una versione francese da M. Worms,
Recherches sur la constituUon de la propiiété, etc, p. 188, 189, e 202, seg.
— 17 — 1827-900.1
diavan di così fatta ricchezia. Tra il genio di corcete
a cavallo,. combattendo, rubando e gridando Akbar^
Allah; e tra. abnegazione e ignoranza , alcuni giund
rinunziarono alla repubblica la parte loro dei- tep--
reni; talché, nella (ertile provincia del Sewàd, Omar
poneva in demanio tutti i poderi della dinastia regki
di Persia, e dei privati che fossero morti o fuggiti/
Tal nuova usanza invalse in appresso; anche non
volendolo le mUizie, nelF animo d^le quali i senti*^
menti poetici sempre più calilvano alla prosai. Come
i combattenti, oltre. la quota del bottino, godeano
slipeiKlio su le entrate pubUicbe ; e come i conquisti
erano da attribuirsi alla potenza comune dei Musul*
mani, anzi che alle armi di tale ò tal altro esercito i
così parve giusto, che i fiutti perenni deUa vittoria
si godessero dallo Stato : e mdi più di raro si effetr
(uò il parlaggio dei quattro quinti delle terre.'
, A ciò. condusse anco il fatto che i paesi: non si
pigliavano quasi- mai con la i spada alla. mano; ma
per dedizione degli abitatori, assoluta o a patti :: av-
venendo .che, dopo; alcuna vittoria^ intere province
ìfa M. Worms non ebbe alle mani cbe un sol MS. del Vpwerdi; non .si
servì deHe varianti di quello che possiede la Biblioteca di Parigi; e d'al-
tronde nm colie ^oipre il segno Jielia versione.
' Mawerdi, 1. e.
' 11 dritto era, secondo Sciafei , cbe le terre prese con le anni -si di-
videssero, al par cbe il bottinò^ a meno di cessione volontaria ^\ 4»>inbat-
tentL Malek le dioea proprietà perpetua della repubblica. Àbu^-Ranìfà! ri«
metteva al prìndpe di scompanirle trai com^ttenti, lasciarle agli Infedeli,
con obbligo di pagare il kbaràg,- ovvero dichiararle proprietà della repubi
blìca, come gli paresse. Cosi riferisce Mawerdi , lib. XII, p. 257, seg.; e
lib. XIII, p. 254, seg. (anche presso Worms, op. cit., pu 100, seg.; 103,
selg;; 107, seg.). Ma i gioréconsólti vissero quando i conquisti eran ces-
sati; onde la opinione <loro non servi che a lodare o biasimare i fatti comf
piutì. ' . ' •
n. 2
1827-900.) — 18 —
si sottomettessero neir uno o nell' altro modo ; ov-
rero che gli abitatori si £ioessero musulmani prima
deli' occupazione. Or, a mente del Corano, il principe
disponeva ad arbitrio suo delle persone e roba degli
Infedeli arresi a discrezione; ^ in caso di accordo i
patti eran legge; e in caso di conversione le terre,
secondo alcuni giuristi, rimaneano in lib^a proprietà
ai possessori attuali; secondo altri, il principe sce-
gliea tra questo partito e il sottometterle à tributo. ' I
principi, ad esempio di Omar, provvidero 0 stipola*
roBo ìA; tre diversi modi, intorno la proprietà terri*
tonale deg^i Infedeli vinti. I demanii del governo scac-
ciato e i poderi caduti nel fisco per morte, schiavitù
o fuga dei possessori, divennero proprietà perpetua e
inalienabile della repubblica musulmana ; e teneansi
in economia, 0 si davano in enfiteusi, per annua ren*
dita, kharàg , come dissero vagamente gli Àrabi, cioè
quel eh' esce, quel che si cava dal podere. ' Le al-
tre terre lasciaronsi ai possessori infedeli, dove in
piena proprietà, e però con dritto di alienare, ipote-
care e disporre per testamento ; e dove in dominio
utile, ammettendo soltanto, com'è' pare, le successio-
ni ; in ambo i casi a condizione di pagare un tributo,
che fu detto similmente kharàg. Questo, su le terre
^ fiora, UX9 Tersi a, 7, 8.
' Mawerdi, op. cit, lib. XUI« p. %S4; e presso Worms, ep. dt.,
^ p. 107 e iiOL La prima era opinioBe di Seiafei; la seconda di. Altu-HaDtfr.
JL* liedaya, quanlonque compilaziooe hanefitai, si appiglia nel presente easo
air opinione di Sdafei , lib. iX, cap^. VU, tomo 11, p.» 90S. Koduri, anUm
del decimo secolo , sostiene la prima oiùnioney presso Rosenmnller, ino*
leda arabica fi i%.
' ' Mawerdi, op. cit., lib. XVII, p^ 354,1i8tt; e presso Worms, op»cit.t
p. 189, e 9Mt Si vegga ancbe Kodnri, presso Sacy, Mémoiret de VAeadéh
mie des iMcripiionf, tomo V, p. IO.
— 19 — t>^.9«0.|
di piena proprietà, tornava a tassa fondiarìa, e ces-
sava per conversione del possessore, o passaggio del
podere in man di Musulmani ; e su le terre di do*
minio utile era una maniera di censo, e durava ia
perpètuo. ' La legge riconoscea, dunque: proprietà
libera di Musulmani per possesso anteriore alla con*
versione, per dissodamento o fabbrica , e per parlag-*
gio al conquisto; proprietà piena di Infedeli, soggetta
a kharàg eventuale ; proprietà vincolata di Musulr
mani e Infedeli, soggetta a kharàg perpetuo; e final*
mente enfiteusi di fondi demaniali. Altra origine di
possessione territoriale non v' era. Il principe polca
scompartire ai combattenti e abilitare chiunque al
dissodamento ; non mai concedere terreni gratuita-
mente; non essendo suoi propriì, ma della repub-
blica o dello esercito viacitore. *
Questo fu il dritto generale infino al decimo se-
colo dell'era cristiana. Nel fatto, erano già nati pa-
recchi abusi in questa e queir altra provincia: e dove
si vedeano proprietà demaniali usurpate da privati, '
dove, al contrario, par che i governi si sforzassero a
confondere il kharàg eventuale e il perpetuo; e ad
aggravare, come se fossero demaniali, i poderi trìbu-
* Mawerdt, op. eit. » Itb. XU, p. S57; lib. Xllf, p. 355; t li6. XIV,
p. 299; i quali squarci si veggano anehe presso Worms, op. eiu, p. iOO»
109, i08, lil; Koduri, presso Saej, Uémmtt» de VAeadémié d» Imerip'
tions, tomo V, p. 11. Si riscontri col Hb. il,' cap. XII dèlia presente
storia.
* Mawerdi , op. cit., fib. XVII, p. S30» «eg. ; e presso Worms, op. dt.,
p. 184, seg., e 196, seg. ; alla cui yersione fan feUe molle correiioni. Hi
errato il Hartorana, NoHtie stcfiche dei Sgrateni SieiUani^ tomo 11^
nou 247, p. 248, sostenendo che tutte le proprietà musulmane venissero
da concessione del principe.
* HaM^erdi, op. cit., Hb. XVH, p. ^6; e presso Worms, op. dt.,
p. 189, e 205.
l»^-9oo.l — 20 —
tarli della prima o seconda delle classi dette di so-
pita : e non è dubbio che gli abusi crebbero col tempo;
isopra tutto dall' -undecimo secolo in poi, quando la
schiatta turca dominò successivamente la più parte
degli Stati musulmani, e vi istituì veri beneficìi mi*-
li tari. Dopo dodici secoli, il viluppo cagionato da
coleste vicende nella ragione delle proprietà, è stato
assai difficile "a penetrare; e si è corso rischio di
scambiare il dritto con lo abuso, la eccezionev con la
regola, la ragion d' un paese con la ragione d' un aU
tro : tanto più che la voce kharàg ha i varii stgnifi^
cati che accennammo, e inoltre quello di censo del-
l' acqua dei canali mantéiuti dallo Stato, con che si
inaffiassero terre decimali, ossia di libera proprietà
musulmana. * E indi è che i trattati asciti fin qui su
tal materia, lasciano tanto a desiderare. ' Quanto a
* Questo Bllimo fatto si ricava MVHedaya, lib. IX, cap. VII, tomo II,
p. 90!(.
' Prima di scrivere queste parole, io ho studiato le dissertazioni di
M. De Sacy, Mémoires de VÀcadémie dés Inseripliotts, tomo I, V e VU;
l'opera citata di M. Worms, e le compilazioni legali musulmaDC, come
V Hedaya, D'Obsson, Khaltl-ibn-Isbak. Dell* opera di H. De Hammer, ne
so quanto ne dicono M. Sacy e M. Worms.
La concbiusione di M. Sacy, che le terre d' Egitto appartenessero
sempre agli auticbi possessori indigeni , e fossero state usurpate in variò
modo dai principi e loro soldatésche, è giusta, a creder mio, ma non ab-
bastanza provata , né applicabile a tutti i paesi musulmani.
. Quanto a M. Worms, è da commendare 11 metodo, la sagacitàr la
erudizione; non la imparzialità sua. Ponendo un' arbitraria distinzione tra
le terre da seminato e i giardini , o , com* ei dice , terre di grande culture
e di petite culture f H. Worms pretende che le prime sian sempre appar-
tenute allo stato in tutti i paesi musulmani, fuorché T, Arabia. Ed io credo
eh* ei si apporrebbe al vero, se parlasse di una parte, anche della più-par-
te, dei vasti poderi, ma che sbaglia sostenendo esser tale la condizione
di tutte le terre da cereali; e doversi tener tali per presunzione legale,
selli' altre prove. Cosi ei viene a n^are ì. dritti certissimi: !<> di dissoda-
mento; 2o di partaggio tra i soldati; 3o di proprietà di convertili avanti
— 21 — 1827-900.1
noi, ci basta saper le teorie ammesse da Mawerdi, un
secolo e 'poco più, dopò il conquisto di Sicilia: e avre-
mo compiuto il nostro debito dimostrandone coi fatti
la osservanza, se non nella colonia siciliana, almeno
in tempi vicini e paesi analoghi.
Nella quale investigaziobe occorre che al primo
ordinamento (fella colonia d'Affrica (698) furono as-
soggettati al kharig i Berberi non musulmani e gli
abitatori cristiani di sangue fenicio, pèlasgico o ger^
manico, * e ne andarono esenti i Berberi musulmani ;
i quali sostennero tal franchigia con le armi (720
a 740), contro governatori troppo iBscali. ' Da un'al-
tra mano sappiamo che il governo dei calìfi, dando
sesto alla Spagna nei principii del conquisto (720),
divise parte delle terre ai soldati ; parte ne serbò in
demanio ; e parte iascionné agli antichi abitatori, sotto
il cdoquislo^ e>io di beni lasciati agli Infedeli in piena proprietà, e indi
passati in man di Musulmani. Se non altro, il numero dei wakf, ossia la-*
^iti piiy'ch'è grandissimo in tutti i paesi musulmani, avrebbe dovuto
avvertire M. Worms della esistenza di moltissime terre libere; non poten-
dosi dai Musulmani fare wàkf senza libera proprietà; né supporre da Eu-
ropei ebe tutte le proprietà private fosser divenute lasciti pìi. Qui parlo
dei wahf a moschee o altre opere ; non di quello in favor della repubblica
musolmaBa che costituisce iV demanio pubblico.'
< Si confirontino : Ibn-abd-Hàkem , citato da M. De Slane, nell' Ibn-
Khaldotin, Histoire des Berbères, tomo I, p. 512, nota f ; Ibn-Khaldùn stes-
sa, Histoire de VÀfriqiie et de la Sicile, traduzione di M. Des Vei^ers,
p. 27; e il Baidn, tomo I, p. 23. Ho accennato questo fatto nel lib. I,
cap. V, p. 121 del primo volume.
* Si confirontino: Ibn-Khaldùn, Histoire de VÀfrique et de la Siale,
trad. di M. Des Vergers, p. 31 , 34; il Baidn , tomo 11, p. 38 ; e Nowalri , Sto»
ria d* Affrica, in appendice a Ibn^Khaldóun, Histoire des Berbères, versione
di M. De Slane, tomo i, p. 159. Ho ferma opinione che M. De Slane non
s'apponga al vero, rendendo in questo luogo la voce Khammasa "fare
schiavo il quinto della popolazione." Si deve intendere più tosto "levare
11 quinto della rendita territoriale" ossia porre il hhardg; come Io mostra^
con varii esempii il professor Dozy, Glossaire al Bai&n, tomo I!,' p. 16.
1827-900.] — 22 —
tributo : ^ uè è verosimile, anzi non è possibile, che
siasi fBitto altrimenti neir Affrica propria, ond'eran
mossi i conquistatori della Spagna, ed ove la colonia
arabica tollerava sì poco il comando, non che i so*
prusi, dei califi. Ci accu^ libera proprietà in Affrica
il fatto che Ibrahim-ibn-Aghlab, emiro, comperava
dai Beni-Tàtùt (801) il terreno per fabbricare la cit-
tadella d'Abbàsta. VDei poderi soggetti al kharàg non
è mestieri allegar prove. Dei poderi demaniali, dhià,
come chiamavanli, si fa menzione più volte negli an-
nali d'Affrica. *
Ove si considerino i modi e il lungo spazio di
tempo in che i Musulmani compieano il conquisto
della Sicilia , non si metterà in forse che nàscesservi
tutte le maniere di proprietà discorse di sopra. Su-
perfluo sarebbe a dire dei beni demaniali, e di quei
* Isidoro De Beja, cap. XLVIII, sa rautorìtà del quale hanno registrato
questo fatto M. Reinaad, Invanon des SarrMin$ en Franca^ p. i6; e il |Mrof.
Doty, Gìos$aire al J^oidn» tomo U, p. 16.
> Bat4i»> tomo I, p. 84. A. questo esempio si potrebbe aggingner
quello delle terre cbe pagavan decima, su le quali il secondo principe «gbla-
bita, Abd«Allab*-ibQ^lbrabim , comandò (SU) cbe si levasse un tanto al-
r anno secondo la misura della superficie, e non più la decima in derrata.
Ibrabim*ibn«Abmed, che avea coaiuyiuata o ripigliato tale abuso» U cessò
1* anno 902. Baidn , tomo I , p. 87 e i%S. Nowalri., in appendice a ii»*
KhaUdun, Hùtoire ées Berb^r^, versione di M. De Slane, tomo I, p. 402.
Or come decima in derrata significa ordinariamente ukàt, così le terre
che ne pagavano si dovrebbero credere libera proprietà de' Masulmanl.
Nondimeno si può dare che i cronisti abbian voluto significare hi doppia
decima, ossia kharàg, dovuta sopra terre tributarie, e che la ingiusta in-
novazione fosse stata soltanto nel modo della riscossione In danaro, e a mi-
sjxra di superficie. Mi induce a tal supposto renormezsa che sarebbe stata
a mutare la %ehài in tassa fondiaria; e mi vi conferma la opinione di alcuni
giuristi, riferita da Mawerdi, op. cit., lib. XVII, p^ 335 , cioè che il kharàg
su le terre da seminato non potea passare U dieci per cento su la raccolta.
> Barn, tomo I, p. 123, i73, i84, 273, anni 289 (902>, 303 (913),
305 (917), 405 (1014).
* Il Martorana, Nottue 9taricfu dei Swraceni Siciliani, tomo II, p. XZO,
— 25 — [827-M0.|
rimasi ai Cristiani* * Quanto alle possessioni dei Mu^
snlmani, poiché se ne oonoscon tante dopo il con*
qnìsto normanno,' non è mestieri, provare che esi-
stessero innanzi; ma si indagare se al tempo ddla
dominasione musulmana ne fossero state delle deci-
mali e doUe tributarie; cioè proprietà libere o vinco-
lale. Su di ciò non troviamo attestati positivi. Ma è
verosimile, che non mancassero le terre decimali,
acquistate sia per dissodamento, sia per partaggio.
Le prime dd)bon supporsi rade e di poca estensione.
II partaggio fu al certo di maggiore importanza. Quan-
tunque in Affirìca fòsse cominciata a seguirsi nel nono
secolo la: scuola di Maldc, la quale attribuisce allo
Stato le ferre prese per forza d'armi,* pur non erano
obbligatorie cosi fette teorie, né la scuola era ricono-
sciuta da tutti i giuristi; e inoltre i princìpi aghiabiti,
infino ad Ibrahim^^bn-Ahmed , poca o niuna autorità
esercitarono su le milizie di Sicilia, le quali certa-
mente amavano meglio il partaggio. Indi è da con-
chiudere che gli emiri pigliassero in demanio quando
poteano, e, quando no, scompartissero i quattro
quinti delle terre. Cosi credo si praticò alla resa di
e BÒU 254 a p. ^2, aflierma potersi provai^ la esisteina di così fotti po-
deri col nomi di città e castella che rispondooo a quelli di emiri sieiUani.
Ma gli esempii eh* ei ne dà spn tutti fallaci; e non lo è meno il sapposto
che I poderi demaniali dovessero prendere il nome degli emiri. Né anco
posson servire di argomento i beni demaniali dei Normanni. Ma la legge,
r Interesse dei governanti , e Taso generale degli Stati musulmani , danno
tal presunzione che vai meglio di ogni prova.
* Veggasi il Libro II, cap. XII, p. 474 del primo vohune.
' Lasciando da parte i molti diplomi del XII secolo che lo attestano,
basti allegare le Consnetudlni df Palermo, cap. XXXYI, e gli Statuti di Ca-
tania contenuti in un diploma del 1668 presso De Grossis, Cafona sacra,
p. 88, 80,ciUtO dal Di Gregorio, ComideraMoni, nota 9f , cap. IV del Kb. f.
' Veggasi in questo capitolo la nota 3 a p. 17.
P27-900{, — 2i —
Palermo; il cui territorio, e forse di gran parte delia
provincia , fa tolto ai naturali , per esser tutti o fug-
giti o fatti schiavi. ^ E veramente a partaggio accen-
nano le discordie che immediatamente seguirono,
composte a mala pena dagli Aghiabiti. ' La resa à
discrezione o presura per forza d' armi, si rinnovò
poscia in varii luoghi , onde dovea portare il mec^
Simo effetto. . Le possessioni decimali poteano anco
nascer da quelle lasciate per avventura in piena pro^
prietà a Cristiani i cui figliuoli avessero professato
poi r islamismo; che moltissimi il fecero nel nono se*
colo in Val di Mazara, e nel Seguente in Valdi Noto
e parte del Val Demone. Nondimeno, com'è incerta
la stipolazione delia piena proprietà, e come Tinte*
resse del governo e degli antichi Musulmani si op-
póneva a lasciar godere là franchigia ai novelli con-^
vertiti, così non sapremmo supporre frequente ut^
tal caso. Un cenno che ne danno le cronache nei
principi! dell* undecime secolo, e che si riferirà a suo
luogo, ne fa certi che i Musulmani dettivi Siciliani,
fossero progenie degli antichi abitatori, ma non che il
khardg posto sopra di loro lo fosse- stato allora per la ^
prima volta : e però questo fatto non può dare argo-
mento dell' indole della proprietà, se libera o vincolata.'
In ogni modo il conquisto musulmano cagionò prò- >
I Ad postremum, capienles panormitanam provinciam, cunctos ejus
hahilatùres oapHvitati dederunt. Johannes Diaconus, Chronicon EpiscopQ-
rum NeapolUancB Eccita, presso Muratori « Rerum Ilalicarum Script
ture», tomo 1, parte 2«, p. 313.
> Vegga» il Libro II, cap. V, della presente storia, voi. I, pag. 294.
' Veggasi il Libro IV, cap. Vili sul khardg aggravato nel 1019, e il.
cap. IX su le possessioni dei Musolmani d' origine siciliana e d'origine af-
fricana.
— 25 — |827r900.|
fondo rivòlgiìnento nella costituzione è distribuzione
della proprietà térritorìale in Sicilia. I poderi dei Mu-
sulmani, originati da dissodamento o «partaggio,
doveano < esser molti e non vasti ; e a suddividerli
céndlìcea la legge deUe successioni, la quale per-
mette i legati infino a un terzo dell'asse ereditario,
aooardà parti uguali ai figli e! metà di parti alle
figliuole, e chiama àlF eredità gli ascendenti, anche,
sendovi discendenti, e in mancanza degli uni e de-
gli altri ammette i collaterali/ Spicciolavansi altresì
le terre del demanio, affittate o censite per compar-
timenti.' Conferman la suddivisione della proprietà
i moltissimi . nomi arabid che rimaneano ai poderi
nel duodecimo secolo,, sopratùtto in Yal/di Mazara,*
e.vé ne rimangono tuttavia, i quali nàcquero al certo
dal detto rimescolamento; poiché le denominazioni to-
pografiche son tenacissime , le antiche si smetton di
rado.' per mutazione -del possessore, le nuove nascon
quasi sempre da suddivisione o aggregamento dei
poderi. Còsi il ' conquisto musulmano guarì la piaga
dei latifondi, la quale avea consumato la Sicilia fino
al secol nono, e. riapparve /con la dominazione cri^
sliàna nel duodecimo.
Più vasto frutto della vittoria, più divisibile, e
più congeniale alla maggior parte dei primi coloni di
Sicilia ; era lo stipendio militare. Godealo, in tutti gli
Stati musulmani, il giund, ordine militare propria-
< Hedaya, lib. XXXIX, e LII, tomo IV, p. 1, seg.; 466, seg. ; D*0h8<
soo» Tableau general de l'Empire^ OUomcm, tomo V, lib. IV, V, p. 275, seg.
s Si chiamavano in generale dhid\ come notammo di sopra , e in Si-
cilia e Affrica ancbe ribà\
1827-900.] — 26 —
mente detto; del quale farem parda, lasciando in-
dietro le altre maniere di combattenti; cioè gli schiavi
e liberti che alcana volta si adoperavano come stan^-
ziali, e le plein, le quali traeano volontariamente alla
guerra saera, partecipavano al bottino, e, finita la
impresa , se netomavano a vivere di limosino o dure
iatiche. Nel giund si scrissero un tempo tutti i Mu*^
sulmani; poi,' a misura che T impero si allargò, i
ruoli si ristrinsero, com'ablnamo accennatone! primo
^bro. Quivi anco abbiam divisato le norme dei divani
di Omar; le quali dorarono e si modificarono al par di
tante altre primitive istituzioni dell' islamismo. Nel nono
secolo, gli Arabi prendean luogo tuttavia nei moli
sopra le schiatte straniere; e queste tra lóro isecondo
r anteriorità della conversione : suddivisi gli Arabi , al
par che gli stranieri , p^ tribù e parentele ; le quali
prendean grado secooido la consanguineità col prin-
cipe; gli individui secondo la età. Ma ormai non en-
trava nel giund chiunque il chiedesse, solo i figliudi di
militari, quando fossero adulti, validi, buoni alle armi
e senz'altro mestiere; di che giudicava il prìn<^ipe,
e potea ali^ ammettere uomini nuovi. Variava il soldo
a giudizio anco del prìncipe o dell' emiro, secondo i
bisogni, che è adire in ragion .del numero dei
figliuoli e degli schiavi, la quantità dei cavalli man-
tenuti e i prezzi delle vittuaglie in ciascun i^ese ;
ma in ambo i casi detti era limitato T arbitrio dalla
consuetudine universale e dalla potenza delle fami-
glie componenti il grosso delle milizie. Discendean
esse in parte dalF antica nobiltà arabica ; orgogliose
di lor tradizioni, clientele, pratica e prontezza al
— 27 — . |a27«*90o.|
combattere/ ladi si vede che il gnmd era tuttavia,
come dissi nel primo Libro, nobiltà armata, ordine
aristocratico, temperato alquanto dalla mcMiarchia.
. Agli stipendii su^ era specialmente destinato il
fei; cioè prestazioni permanenti degli Infedeli, fos»
sero tributi collettivi delle popolazioni assicurate, o
tributi individuali delle popolazioni soggette, chiamati
gexia, kharàg o decima delle merci, comprmidendosi
sotto la denominazione di khatàg il ritratto dei beni
demaniali. ^ Nel primo secolo delF egira, epoca di
c{mquisti e franohige, gU Àrabi avean fatto si rigo^
rosam^site osservare lo investimento del fei, che il
catifo ncm ne metteva ad entrata' altro che i sopra-
vanzi; nò er^ lecito agli ofiii^ialt del tesoro d'incas-
sare materialmente la moneta^ se i notabili militari
e civiir 6he la recavano dalle province, non giuras-
sero essere stati pria soddisfatti coloro che avean ra^
gione su quelle entrate, specialmente le milizie.*
' Mawerdi» op. ciL, lib. XVIII, p. 3Sl, seg. e 5^, là dav« ò d^to
che senza ricusa di comìMittere o alira causa legittinaa bob ai poua lamiere
lo stipeodiOfl < seado il gttmit esercito del popolo musuluHiiio, » Si coiv-
firoDli col Ub. IH, p. 50^ oi^ie si scorge che lo emir di provincia potea,
seBù permesso del califo, accords^re lo sUpendioai figtiooli di BMlitari per*
venuti ad età da portar arme.
' Mawerdi , op. cit., lib. XII , p. 218, seg..
> Àk/ibdr'MeQmùa'--Hflim-el-ÀitMpa. MS. delia fiiblioteca Impe.
riale di Parigi, Ancien Ponds, 706, fog. 99 recto. In questa ioiportanle
cronica del X secolo si lei^ge : e Quando recavansi ai caliA le entrate
» (gebéuUy delle città e province, ciascuna somma en aeeompagnaU da
» dieci personaggi dei notabili del paese e del giund; né si incassava
» nel tesoro (^ii-«^-mdl) una sola moneta d' oro o argento, se costoro
» non giurassero pròna per quel Dio eh' è unico al mondo» essersi levato
» il denaro eecondo il dritto, ed essere sopravanzo degli stipendii dei
» soldati e famiglie loro nel paese, ciascun dei quali fosse stato soddi«
/s&ttO' di quanto per diritto gli apparteneva. Or avveane che si rec6 al
» califo il kharàg d'Affriea, la quale di quel tempo non si teneacome prò*
9 vincià di frontiera; e il denaro era veramente avanzo, sendosi pria sod^
1827-000.] — 2S —
Crésciute poscia nel principato le forze e le brame,
e abbassate le milizie per là istituzione degli stan-
ziali, tanto pure avanzò delle costumanze antiche
che il fondo degli stipendii non si menomò. ^ Si pa-
gavano oramai' in molte province, se non in tutte,
per delegazione sul kharàg di un dato podere ò ter-
ritorio, secondo la somma registrata nel catasto, che
s' agguagliass^e a quella dello stipendio registrato nel
ruolo militare. La delegazione, oltre il kharàg, si fecea
sopra altre entrate di fei, Ghiamavasi iktà'; tàglio,
come suona in lingua nostra.' Portava al governo ri-^
sparmio delle spese e fatiche della riscossione; ma
aggravava i contribuenti; corrompea le stesse miK^
zie, mutate in torme di gabellieri e concussionarii
privilegiati; e tornava alla fin fine a rovina dello
Stato, per le infiacchite forze nazionali, le entrate
distratte, i popoli spolpati, e gli sciolti legami tra le
» disfotti gli stipendii del giund^U prestazioni dovute air altra gente. Ar-
» riTate con cotesto danaro otto persone in presenza del califo, ch'era di
» quel tempo Solimano (715-7t7), furono richiesti di giurare ; e in fatto
9^ fecero sacramento ec. » Questo fotte deirVHI secolo risponde perfetta-
mente alla massima di Mawerdi, op. cit., lib. HI, p. SO, ohe l'emirdi
provincia mandi all'tmdm gli airàinzi del fei, e quando ve ne abbia, pagati
tutti gli stipendii. »
' Secondo Mawerdi, 1. e, mancando il danaro del fei in ona provin-
cia^ dovea supplire il tesoro del califo. Negli annali dal terzo al quinto se-
colo dell'egira credo non si trovi un solo esempio di stipendii menomati.'
' Mavrerdi, òp. cit., lib. XVII, p. 537 a 341, enumera i varìi casi e
i tarii pareri dei giuristi, relativamente alFtiSp^d'.'Non si tenea lecito trat-
tandosi di kharàg eventuale, cioè dovuto da Infedeli che avessero pieno
diritto di proprietà, e però andassero sciolti dal tributo come dalla ge%ia,
facendosi musulmani. II kharàg perpetuo, se dovuto in danaro e non va-
riabile secondo il raccolto, si potea concedere. Pare che gli iMà' si fossero
anco tentati sopra le decime legali, ossia %ekAt; poiché i giuristi si sfor-
zavano a dimostrarne la nuIlitS. Questo luogo di Mawerdi è stato tradotto
da M. Worms, Recherehtisur la propriélé etc, p. 2C6, seg.; la cui inter-
pretazione non sempre mi pare esatta.
— 29 — (827-900]
milizie^ la pubblica aatorìtà. Tanto più che alle mi-
Hzie Viktd' soleasi concedere a vita, e talvolta con
sostitazione dei figliuòli ; quantunque i giuristi dichia-
rassero nullo tal modo/ Sospetto che le concessioni
per ordinario fossero state collettive in fóvore di un
^mncì: naturalissimo e pessimo espediente. Che che
ne sia^ i beneficii militari, nati nella precoce deca-
denza della societlk arabica, aiutarono, con gli altri
vizii, alla rovina di sua dominazione. La istituzione
degli emiri di provincia primeggiò, come dicemmo,
tfa le cause che smembravano l'impero in reami: gii
iktd' cooperarono a rìnnafóare rabbassata. aristocra-
zia e spingerla ;a]r anarchia feudale; poiché le mi-
lizie divennero come forza privata dei . capi ' loto ;
ónde avvenne 'che alcuno occupasse il principato,* o,
peggio , che molti sei contèndessero. Còsi fu in Spa-
gna ; così in Sicilia nello undecimo secolo.
Ordinata per tal ìooiodó che la entrata principale
si applicìaisse al principale bisógno dello Stato, poco
rima Dea per le altre spese, che pur cresceano con lo
incivilimento e con gli sforzi dei principi tendenti. al
potere assòluto. Piìiche in niun' altra parte di governo,
apparisce nèir azienda il radicai difetto della teocrazia
musulmana. Il Corano avea provveduto appena al bi-
lancio, com' oggi si dice, d'un misero governo di
' Mawerdi, 1. e, delia edizione dlEnger, e p. 207, seg., della versione
del Worms, enumera gli uficii pei qnali si tenea permesso lo iktà* e le
condizioni necessarie nei yarii casi. La regola generale che se ne cava ,
messi da canto i dispareri dei giuristi su i punti secondari!, è : lo di esclu-
dere le concessioni oltre una vita d*uomo; 2^ permettere le vitalizie ai
soli militari; 3» permettere le delegazioni per parecchi anni agli impiegati
permanenti, come muedsin e imam delle mo^hee; e > limitarle a un anno
nel non permanenti, come càdu hdkim, segretarii e impiegati d'aseienda.
1807-960.1 — 30 —
tribù. Per aoddis&re alle spese d' odo impero» con-
venne dunque cercare entrate lubr dalla legge; come
fa appunto il kharàg statuito da Omar; e, quando
né anco bastò, for^a fu di trapassare e legge e ccmr
suetudine. I giuristi allora, che si arrogavano il po-
tere legislativo mediante le interpretazioni, si mos-
sero a tirar coi denti qualche capitolo del Corano e
della Sunna per adattarlo ai bisogni attuali, o sosten-
nero che non v'era modo* I prìncipi posero balzdli
a dispetto della legge e degli interpreti ; e rasparon
danaro qua e là, su la quinta del bottina, su la zekàt^
sul fei: su le quali entrate eran certi ì dritti dello
Stato, milizie, parenti del Pirata e indigenti, ma in-^
certe- le quote. Tolsero dal kharàg gli stipendi! degli
oficiali civili, oltre quei delle milizie; serbaronsi
quel che lor piacea dei beni demaniali o ne concèdete
tero a favoriti ; talvolta consumarono il pan dei po-
veri, cioè la zekdt e la quinta, in opere di utilità pub-
blica e di vanità puUdica e di vanità monarchica. Da
ciò nacquero frequenti contrasti tra i principi e i giu-
reconsulti; contrasti senza uscita legale, e però no-
cevoUssimi: né mai la finanza musulmana fu regolata
da unico e vasto pensiero, né adattata ai tempi, né
rassodata dal dritto. ^ In Sicilia i balzelli aii)itrarii par
che cominciassero nel decimo secolo, forse un poco
avanti, sotto il regno di Ibrahim-ibn-Ahmed. Finallora
la quinta, e il fei, abbondanti per cagion della guerr
ra, e la decima, bastavano ai bisogni della colonia
< Su le varie entnCe k^ali e te opmioni dei gturisU , cilerò io generale
Mawerdi, Àhkàm-SuUania^ Ub. XI, XII, XiiI, XIV, XVII, XVIII. I faUi gene-
rali cbe allego si cavano dalla storia dei primi cinque secoli deirislamisino*
— 31 — |S»T-9d0.1
mititare, non obbligata a mandar danaro in Af*
frica. *
Dopo gli ordinamenti è da ricercare quali gene-
razioni d uomini fossero venute a stanziare in Sicilia,
sotto il nome di Musulmani. Scarseggiando cosi fatte
notizie appo i cronisti , sarà uopo aiutarci coi nomi
topografici relativi a schiatte o analoghi a quei d^al*
tri paesi musulmani. Cotesta via d'induzione non ri-
pugna alla sana crìtica; poiché i popoli musulmani,
come tutti altri ^ usarono ripetere nelle colonie i nomi
delia madre patria; e fu tanto, che appo loro sì com-
izio un dizionario apposta di omonimie geografiche.'
Nondimeno la medesimità del nome può nascere tal-
volta da analogia di condizioni locali , verbigrazia
Cam^l-Jhmmay il ^ Castel dei Bagni ," che se ne tro-
vava in Sicilia, in Affiica e altrove; o può venire da
epoche più remote, da somiglianza casuale dei voca-
boli, da altra origine ignota a noi : per esempio, in Si-
cilia stessa Segesta e Mazara , i quali nomi rispondono
al Segestàn, provincia della Persia, e a Mazar, vil-
laggio del Loristàn anco in Persia/ Sendo notissime
neir antichità quelle due città siciliane, la identità dei
nomi porterebbe per avventura a confermare la origine
orientale dei Sicani, e non sarebbe cagion di errore
' SI peroomno nel Libro 11 le vicende della cokNiia inQno al teoipo
di evi si tratta* e si leàth appena un dono di spoglie e prigioni di Castro*
giOYaimi fotlo daUo enir di Sicilia al principe ag^labita, e da questi al
califo.
s iMitcdato il MoBeitarik, opera di lakùt, geografo del XIII secolo, n
testo arabico è stato pubblicato a Gottinga dal dotto e infaticabile dottor
Witotenreld.
' Veggasi il Moicitarik, alla toce Étéiar. È noto a latti dre gli anti-
chi supposero il nome di Segesta, mutato per eufemismo da Egesta; ma
r autorità degli antidii è debolissima in fatto di etimologie.
1827-900.1 — 32 —
quanto ai tempi masulmani. Ma )' esempio ci ammor
nisce vieppiù a stare guardinghi, e ricusare gli indizii
di questa fatta che non trovino riscontro, nelle vicende
isteriche.
La diversità di schiatte della colonia sicilianai è
attestata da Teodosio monaco con parole enfatiche, e
pur veraci, là dov'ei sciama adunarsi in Palermo la
genia saracenica dei quattro punti cardinali del mon^
do : ^ che dov^a trasecolare il prigion di Siracusa, pas-
sando dalla monotonia d' un capoluogo di provincia
bizantina, al tumulto della crescente capitale: coloni e
mercatanti viaggiatori; e, misti ai Siciliani, ai Greci, ai
Longobardi, a' Giudei, Arabi; Berberi, Persiani, Tartari,
Negri; chi avvolto in lunghe vesti e turbanti, chi in
pellicge e chi mezzo ignudo; facce ovali, squadrate,
tonde, d'ogni carnagione e profilo; barba e capelli
variidi colore e di giacitura; ragunati insieme i sem^
bianti, le fogge^ le lingue, i portamenti, i costumi
di tanti popoli abitatori dell'impero musulmano. I
nomi di tribìi ricordati nel Libro precedente, n^ostràno
tra i coloni ambo le schiatte di Kahtàn e Adnàn e so-
pratutto la seconda.' Scendendo alle divisioni nate
dopo l'islamismo, si ritrae che, oltre gli Arabi tfAf-
' Veggasi il Libro U, cap. IX, p. 4Ò7 del primo volume.
s Alla prima apparteneano tba-Gaotb (Libro U, cap. Ili, p. 28S del
primo volume), un della tribù di Hamadàn (Libro II, cap. VI, p. 514 del pri-i
^0 volume), i Kelbiti, che furono emiri di Sicilia nel X secolo^ e fin nel
XII secolo un della tribù di Kinda, cbe comperò una casa in Palermo da
un Berbero di Lew&ta. Della seconda nasceàno gli AgMabitl, che man-
darono molti loro coDgianti in Sicilia: e si trovano inoltre i nomi delle
tribù di Kin&na, Fez&ra e altre dello stesso ceppo. Tra i poeti arabi dì
Sicilia, ctae Gorìrono la più parte neirxi e XJI secolo , voggiamo tre
rami- soli di Kahtàn e moltissimi di Adoftn, non ostante la signorìa dei
kelbiti.
— 33 — 1827-900 }
frica, ve n'ebbe di Spagna; * fors'anco di Siria, Egitto
e Mesopotamia.* V'ebbe al certo la progenie dei Kho-
rassaniti e altri Persiani passati in AflFrica nello ot-
tavo secolo; e non fu di poco momento, vedendosi
primeggiare tra i Musulmani di Palermo, nelle guerre
d' independenza del decimo secolo, un Rakamuwéih,
nome persiano, e la potentissima famiglia dei Beni-
Taberi, oriunda della beristàn; oltreché nel territorio
di Palermo trovansi i nomi topografici di Ain-Scindi ,'
< Per gli Spagnuoli veggasi il Libro 11, cap. Ili, p. 264, e cap. IV,
p, 286 e 288 del primo volume. SI potrebbe anco aUribuire alti Spagnuoli
il BDme di GaìUbelloUa *la Rocca delle Qaerce,*^ identico a quello di
Kalat^el-bellùt, presso Cordova. Ma ognun vede cbe il nome potea nascere
dalla condizione del luogo.
' Càsr^a'd chiama vasi secondo lbn-6iobair (Voyage en Sieile de Mù-
hammed^ibn'Djobair , Journal Asiatique, sèrie IV, tomo VI, 1845, p. 510,
e tomo VII, 1846, p. 75, e nota 34) nn castello nelle vicinanze di Palermo,
fondato fin dai primi tempi della dominazione musulmana. Era nome di
tribù arabica di Adnftn, stanziata in Siria e in Egitto , jcome si ritrae da
Màitrlzi, Et^Baiàn^wa-'l-rràb, edizione del Wiistenfeld, p. fi a 14; dalla
quale tribù vennero i nomi di quattro diversi luoghi in Oriente, che oc-
corrono ne\.Mo8Citarik di lakùt, p. 447 , e d*un villaggio presso Mehdta,
in Affrica, ricordato nel dizionario biografico di Sefedi, MS. 8i Parigi,
Snppl. Arabe 706, articolo su Kbazrùn; e da Edrisi, Géographie, versione
francese, tomo I, p. 277.
Belgio, secondo Edrisi, era castello sul fiume, or detto Belici, che
scorre tra Gibellina e Santa Margarita , e mette foce presso Selinunte. Il
nome or del castello e or del fiume, nei diplomi latini dall' XI al XV secolo
si vede scritto< BeHch, Belichi, Belice, Belix, Bilichi. In altra regione, tra
Polizzi, cioè, e Gollesano, si ricorda nel XIV secolo iln Castel Belici. Veg-
gansi i diplomi presso Pirro, Sicilia Saera, p. 605, 736, 842, 845; Di Gre-
gorio, Biblioteca Aragonese , tomo II , p. 469, 489, 492; Del Giudice, Descri^
%ione del tempio diMorreale, appendice, p. 8,seg., dipi, del 1182. Fanno
menzione degli stessi nomi: Amico, Lexicon Topographicum, in Val di Mazara
e Val Demone ; e Villabianca , Sicilia Nobile» tomo I , parte II, p. 25.
Il medesimo nome, sotto la forma di Belgi e Belgidn , si trova a Bas-
sora e presso Marw in Khorassàn , secondo il Meràsid^el-Itlild*. Inoltre un
picciol fiume che si scarica neirEufrate presso Rakka, chiamato antica^
mente Bileka, porta oggi il nome di Belioh, o Bel^ich, secondo la pro^
nnnzia inglese, come si nota nel Journal ofth»^ Rogai Geographical Society,
anno 1835, tomo IH, p. 235.
' Volgarmente \Dennismnt , fonte presso Palermo, tra i palagi della
11. 3
I
(827-900.1 -— 34 —
Balharà,* eSégana;* e, un po' più discosto, quei
di Menzìl*-Siadi e Gebel-Sindi,' i quali tutti van rife-
riti alle schiatte dello estremo oriente. I nomi dei
luoghi, al par che gli avvenimenti storici, mostrano
che gli Arabi, e altri popoli di Levante, tenessero le
Cuba e della Zfisa. In un diploma hiina del 1215, presso ItfortUiaro,
Catalogo dei diplomi della cattedrale di Palermo , p. 55, questo nome è
scritto Ayrucmdi; e Àynisindi nello Ànonymi Chronieon Siculum, opera
del XIV secolo, presso Di Gregorio, Biblioteca AragoneBe, tomo II, p. 129.
Ibn-Haakal, nel X secolo, dava a questa fonte il nome di Um-a6i-5a'l(f.
Journal Àiiatique, IV sèrie, tomo V, p. 90 e 09 (20 e 29 deir estratto).
* Del Tillaggio di Balhard, fa menzione Ibn-Haukai, 1. e. 11 sitò ri*
sponde senza dubbio a quel di Monreale ; e il nome par sia rimaso a un
mercato di Palermo, ch'era frequentato probabilmente dagli abitatori di
Balharà, il quale, nel medio evo, fu chiamato, come attesta Fazzellò, Se*
gehallaret, e oggi, tralasciata la voce iuk o tug, "mercato," si addimanda
Ballarò, Io V ho avvertito alla nota 35 alla mia versione di Ibn-Haukal.
Or In India avvi un monte dello nei medio evo Balhard, e scrRto da»
gli Arabi precisamente con la stessa ortografia del testo di Ibn-Haukai,
Ne fa menzione il medesimo autore, e, seguendo lui , Ibn-Sa'td, MokUuer--
Gighrafia, MS. di Parigi, fog. 53. Balbarà era anche titolo di un prin-
cipe d'India, al dir di Masudi, Morùg-eMséhth, versione Inglese di
Sprenger, tomo 1, p. 193, e Reinaud, Mémoire tur VJndé, p. i29.
* Sdgana, vasto podere, e un tempo feudo, tra le montagne a ponente
di Palermo. Il nome resta tuttavia. Se ne fa menzione in un diploma di
Guglielmo II, del 1176, del quale v'ha una copia in arabico nell'archivio
del Monastero di Morreale, con una versione latina contemporanea, pub-
blicata da Del Giudice, DescriMone del tempio di Uprreale, appendice, p. i8.
Saqhéniàtì chiamavasi una città della Tarlarla independente , al sud-
est di Samarkand; e seri vessi con le medesime lettere radicali che nel
diploma di Morreale, se non che in questo l'accento e la finale son diver-
si : in luogo di Sagh&niànt Sàghanù. È superfluo rieordare che nel IX se*
"colo l'impero arabico si estendeva alla Tarlarla fino a Fergana; e che Bok-
bara, Samarkand e altre città di quella provincia, fìirono patria di dottissimi
scrittori a^rabi.
* Men%iU'Sindi, ricordato da Edrisi, e situato presso Corleone; e
Gebel-Sindi, vasto podere presso Girgentl , di oui sì £ai menzione in un di-
ploma del 1408, presso Di Gve$ono ^ Biblioteca Aragonese, tomo li, p. 49.
Significano l'uno *la posta o Tillaggio ," e T altro * il monte" del Slndf,
0 Vogliam dire uom del Sind. Il nome di Sindis, a levante di Corleone,
occorre di più in un diploma presso Pirro, Sicilia Saera, p. 764. Bloham-
med-ibn-Sindi capitanò l'armatetta uscita di Palermo c<mtro i Bizantini
nelV^5. Veggasi il Libro 11, cap. V, p.*302 del primo volume.
— 35 — ^ 1837-900.1
parti sèttentrìonali del Val 4i Mazara, nel quale, co*
me il dicemmo, erano ristrette le colonie musulmane
nel nono secolo. Palermo, fatta capitale dell'isola,
era lor sede principale; e par che lungo la costiera
quelle popolazioni si estendessero , vei-so ponente ,
infine a Trapani.
La schiatta berbera, com'è noto, accompagnò
^li Arabi nel conquisto di Sicilia; sendone venute
alcune tribù nelF esercito di Ased*ibn-Foràt , altre
col berbero spagnuolo Asbagh-'ibn-Wekil , altre senza
dubbio nelle varie espedizioni che successero , ed alla
spicciolata. Fu parte non piccola della colonia ; poi-
ché potè sostenere lunga guerra civile contro gli
Arabi. Occupò le regioni meridionali del Val di Ma*
zara. E veramente tra una ^lozzina di nomi berbe-
ri, su la orìgine dei quali non cade alcun dubbio,
la pili parte si trova in quella regione, nel tratto
che corre da Mazara a Licata. Girgenti, guerreg-
* Dei ttoni che pvesentano.tal certezsa, sei sono vicmlssimi a €ir-
genti; due in qiuesU e Palermo; due presso Palermo; uao nei dintorni
di Messina ; nno in quei di Siracusa, ficco i nomi :
I. Àndrahi, casale tra Sciacca e Girgenti « da nn diploma d^ 1239,
CoiMtìUiones Regni SieUim, edizione del Carcani, p. 268. Aleroni o in-
darmU è F aggettivo etnioo di Andata, tribù Inerberà» ricordata da Ibn-
Kbaldùn , Siaria dei Iferberi, testo arabico, tomo I, p. 108 e 179, e versione
francese di M. De Slane, tomo T, p. 170, 275.
II. Kerkùd, nome di villa in Sicilia secondo il Kerànd^-^ltHlà' e
il Ho'gim di lalLùt, MS. del BriUsfa Httseam, n» 16640 e 166K0, neU'arU*
colo KarketU (Girgenti): forse là Karcbes di un diploma del 1177 a favor
del vescovo di Girgenti, ne^i Opuseoli di autóri MOtitam, tomo Vili, p.554.
Kerkuéa è tribù berbera, secondo lbn«*IUialdftn, op. cit., testo, tomo I,
p. 177; versione, iomo I, p.^274.
HI. Mesitino, nome di collina neU' antica baronia di Belici presso GasteV
vetrano, secondo Villabianca, Sicilia Nobile, tomo li, p. 345. Jfesisa è tribù
berbera, secondo ibn-Kbaldùn, op. ett., testo, tomo I, p. 153; versione,
tomo I, p. 241. La mutazione della » in s non mette in forse la etimologia.
IV. Meehinesi, antico casale sul cui sito sorge in oggi Acquaviva , se-
(827-000 l — 36 —
giante spesso contro Palermo e sèmpre rivale , era
senza dubbio la città più importante , e come la ca-
pitale dei Berberi. .
ccndo Amico, Lexicon Topographicum. Miknas^ o Uiknasa è nome notissimo
di tribù berbera.
V. Minseidr, castello, secondo Edrisi, presso il sito presente di Ra-
calmuto; e Muxaro (Sant'Angelo di) iù oggi comune a 14 miglia da Gir-
genti , scritti entrambi con varianti nei diplomi del medio evo. Minsciàr
era nome di una montagna in Afifrlca , appartenente alla tribù berbera dei
WetdAgia, secondo Ibn-Khaldùn, Bisteire de l'Àfrique et de la Sicilef
versione di M. Des Vergers, testo arabo, ^ S6, e versione, p. 128. .
> VI. Modiuni si' addlmanda in oggi il fiume detto anticamente Selinus,
presso Selinunte.' Ifadiuna è nome di tribù berbera, secondo Ibn-Khaldùn,
Stòria dei Berberi, testo, tomo I, p. 109, e versione, tomo I, p. 172.
VII. Sanagi o Sinagia, si cbiamò la sorgente del fiume Mazaro, e un
podere nel territorio di Salemi, secondo un diploma del 1408, presso Di
Gregorio, Biblioteca Aragonese, tomo II, p. 489, e Vii la bianca, 5fct/ta No-
■bile, tomo II, p. 396. Sanhdgia, o Sinhagia, come ognun sa, è delle prin-
cipali tribù berbere.
Vili. Notissima al paro quella di Zenata. Hager ei~Zenati e Rahl e%-
Zenati che suonan " La rupe,* e " il villaggio * di quel di Zènata, sono nomi
di luogo presso Corleone, ricordati nei diplomi : del 1093, presso Pirro, Si*-
cilia Sacra, p. 695 e 842; del USO, 1153, 1301, presso Mongìtore, SacroR
Domus Mansionit..,, Panormit Monumenta historica, cap. XIII; e del 118S,
presso Del Giudice, Descrizione del tempio diMorreale, Appendice, p. 11.
Di quest' ultimo diploma avvi una copia apbica neir archivio del monastero
di Morreale. Negli altri, che son tutti latini , si legge talvolta Petra de Zi-
neth , Raalginet , Ragahinet ec.
IX. Magagi in latino eMaghdghi in arabico, secondo il diploma del 1 182
presso Del Giudice» 1. e, è nominata una villa nel territorio dell'antica
Olato, noo lungi dall'odierno comune di San Giuseppe li.Mortilli. Maghàga,
tribù berbera, secondo Ibn-Khaldùn, Storia dei Berberi, testo, tòmo I,
p. 108; versione, tomo I, p. 171.
X. Cutemi, Cutema, Gudemi, terra presso Vicari, sul confine delle
diocesi di Palermo e Girgenti, ricordata in un diploma del 1244, presso
Pirro, Sicilia Sacra, p. 147. Il ^ome deriva da Kotàma o Kutdma, tribù
berbera, di cui ci occorrerà far parola. Avvertasi che questa e Sanhagia
fórse non vennero in Sicilia prima del X Tuna, e l'altra dello XI secolo.
XI. Cùmta, nome di due villaggi vicino Messina, e di una: tribù ber*
beta, di cui Ibn-Khaldùn, op. dt., testo, p. 109 ec., e versione, tomo I,
p. 172 ec.
XII. MelilU, nome di città ^ dodici miglia da Siracusa. Melilae Melili,
cfttadi d' Affrica , l' una su la costiera del Rif di Marocco , V altra nello
Zab; e Melila, tribù berbera, di cui Ibn-Khaldùn, op. cit., testo, tomo I,
— 57 — 1827-900.1
«
La moltiplicità delle schiatte invelenì al certo
molte querele private ; sì mescolò forse alle altre ca-
gioni d' ira negli scambi! degli emiri ; ma non potea
produrre tante fazioni , quante nazioni. Inoltre la prò*
genie di Kahtàn sembra pochissima in Sicilia innanzi
i Kelbiti , che vennero nel decimo secolo. I Persiani
par che dimenticassero la rivalità loro contro gli Ara-
bi, già mitigata dal tempo in Affrica. Lo stesso av-
venne agli altri sminuzzoli di schiatte orientali, troppo
deboli per far parte dassè, interessati tutti a stringersi
intorno gli Arabi di Adnàn per soverchiare i Berberi.
Arabi e Berberi dunque : ecco la profonda, iur
sanabile divisione della colonia siciliana. Tra gli uni
e gli altri non era divario di condizione legale. Men^
tre in Affrica molte tribìt berbere pagavano tuttavia
il khar^ e rimanean prive d^li stipendii militari,
p. 107 ec., e yersione, p. 170 ec. Ma il oome potrebbe esser pure d' ori"
gioe latina. «
Do la presente Usta com' abbozzata appena ; perocché nò si trovan rac-
colti, nò io tutti li SD, i nomi topografid secondari! della Sicilia , di monti-,
poded, scaturigini d' acqua ec. Da un'altra mano scarseggiano le potizie
su le denominazioni etniche di second* ordine e su le topografiche relative
ai Berberi d'Affrica, e la lingua loro appena si è cominciata a studiare da
Europei ; ond' è possibile che siano berberi molti nomi topografici attuali
della Sicilia o di quei ricordati nelle carte dal XH al XV secolo, la cui ori-
gine non pare arabica, né greca, he latina, né francese. Son certo che si
arriverà a scoprirne col tempo molti altri. Avverto infine che moltissimi
dati anco dalla schiatta berbera non si riconosceranno giammai ; perchè
gli uomini di quella prendeano sovente nomi o soprannomi arabici. Occor-
rono inoltre parecchi nomi berberi tra i poeti siciliani dell' XI e XII se^
colo. La storia ricorda, neir Xt secolo^ Ibn-Meklàti , uno dei regoli che si
divisero risola, uom della tribù di Meklata, di cui Ibn-Kbaldùn, op. cit.,
testò, tomo I, p. 108 ec; versione, tomo I, pag. 172 ec. L'atto di vendita
di una ^sa in Palermo, dato il ii32, porta il nome del venditore Abd-er-
Ralimai^-ibn-Omar-ibD....>-el-Lewàti, cioè di Lewàta, notissima tribù ber*
bera; testo arabico presso Di Gregorio, Dt siippuiandis apud Arabos SicU'
los tempQnbus, p. 44.
1827-900. 1 — 58 —
per essere state sottomesse con la forta^ in Sicilia
le due genti , Tenute insieme a Vibmbatter }a guerra
sacra, vantavano uguale dritto ai premii della vitto-
ria. Se non che, in fatto, gli emiri dell' esercitò sici-
liano nascean di sang^e arabico, al par che i principi
aghlabiti; di sangue arabico o persiano i dottori, gli
ottimati, la più parte dei cavalieri del giiind ; né pò-
leano smettere in Sicilia 1 orgoglio e cupidigia da nobi-
li ; né dimenticare la maggioranza della schiatta loro
in Affi*ica. I Berberi poi non si tenean da meno di
loro : conscii del proprio numero, valore, dritti d'isla-
mismo e dritti di natura. Un moderno e sagace os-
s^vatore, il generale Daumas, notando il divariò ch'è
tra le istituzioni sociali degli Arabi e dei Berberi, e
trattando particolarmente dei Beì^beri della Kabilia
Grande, *come chiaman la regione tra Dellys, Aumdle,
Setif e Bugia, ben ha dipinto quella nazione col motto
di " Svizzera salva tica. " Cantoni e villaggi , al dir
suo , fanno unità politiche ; rannodansi tra loro per
leghe più o meno durevoli : repubblichette democra*-
tióhe, ove ognuno ha voce in consiglio ; ì magistrati
elettivi, di breve durata e poca autorità ; case ndbili
preposte sovente alle leghe, per ambito o riputazione,
non per dritto; e, più che ai magistrati o ai nobili,
si obbedisce ai marabuti, frateria che molto somiglia
al monachismo del medio evo: la gema' rende ragione
in materia criminale, non secondo il Corano ma con
le antiche consuetudini del paese : Y omicida dichia-
rato fuor della legge ; per gli altri.deliiti, pene pecu-
niarie, e non mai staflBilate come appo gli Arabi.
Pensa il lodato autore ch'^bbian ordini analoghi le
— 39 — (S27.900.I
altre popolazioni berbere dell' Algeria; ^ ed io ag-
gicignerei che, si eccettuino le tribù nomadi e alcuni
periodi in cui tribù agricole, o leghe, si son gover-
nate a monarchia, e del resto si tengano le consue-
tudini di civile uguaglianza come osservate in tutta
la schiatta berbera fin da tempi remotissimi. * Dopo il
conquisto musulmano ne danno indizio quella gene*
rale inclinazione dei Berberi alle sétt^ kharegite ; e
lo spirito d' independenza della tribù di Kotàma a fronte
dei caiifi fatemi ti; ^ eA magistrati della medesima
tribù e di.Zenàta neirundecimO secolo, analoghi a
quelli di cui parla il generale Daumas ai di nostri : ^
* Mveurs ^i Coutumes de V Algerie, par, le géDéml Daumas, Paris 1SS5,
p. 148, (66, seg. ; 191, seg.
> Iba*KbaldAa, sì vaggente in filosofia storica e si accorato ooni^a-
tor degli annali dei Berberi , fa una distinzione tra i Berberi nomadi e gii
agricoltori, dei quali i primi taglieggiaTano i secondi e si teneano più
nobili di loro , Storia dei Berberi, versione francese di M. De Slane, to-
mo I , p. 167, seg. Par che i nomadi non solamente esercitassero quella
maggioranza, com^ pia forti, soprti gli agricoltori, ma anco inclinassero al-
l' aristocrazìa nello ordinamento interiore di loro tribù. Quanto alla demo-
crazia, ancorché Ibn-Khaldùn non ne parli, trasparisce dai fatti che io
andrò accennando'; e fora' anco quello storico si accorse della dirersità
del reggimento politico, quando notò che i Berberi lontani dalle grandi
città e però non soggetti alla dominazione romana, vandala o bizantina,
« avean le forze, ordini, nuaciero di genti, re, capi, reggitori {nkiàl plorale
» di kdit) e comandanti che lor piacessero; » poiché la diversità di cotesti
governanti, scrivendo Io autore in arabico e non in berbero, mostra dif-
ferenza non df mero titolo, ma ancora di autorità e natura del magistrato.
Veggasi il testo arabico, voi. I, p. 132; e la versione, voi. I, p. 207, che
non è litterale.
* Il califo fatemita MoVzzF-fi-dln-Allah, verso il 966, apprestandosi 9à
conquisto di Egitto, volea porre governatori suoi e riscuotere le decime
legali nel paese della tribù di Kotàma. Rifiutaroqll. Chiamati a corte alcuni
sceikbi della tribù, Mo'ezz, non li potendo intimidare, lor disse che l'avea
fatto per prova, e che si rallegrava di avere a' suoi Mrvigi uomini di al
aUi spiriti. Veggasi Makrid, citato da M. Qoatreaière, Viedu Khalife fp»
timite MeeKk^^in-AlUih, p. 30, 31.
* Qoeste due tribù sondo state in guerra contro i| principe leirita
d* Affida , Mo'ezz-iba-Badls, gli mandarono il 1026 loro soeikbi a tratun
1827-900.1 — 40 —
che sé talvolta sarsQro in quel popolo principi o
dittatori, si ricordi taji usurpazioni avvenir più agé-
volmente negli Stati democràtici c&e sotto r aristo-
crazia. Da ciò si può conchiudere che le popolazioni
berbere passate in Sicilia, e non soggette a principi
loro, poiché ubbidivano agli àghlabiti , fossero infor-
mate dal genio d' uguaglianza che le dovea vieppiù
alienare dagli Arabi, é rendere intolleranti dei signor
rili soprusi di quelli. Le inclinazioni economiche di-
videario alsì V una dall' altra gente : gli Arabi oziósi,
i Berberi industri; gli uni pastori di vassalli, poiché
lor n' eraù caduti in mano in vece di cameli è pe-
core; gli altri sempre agricoltori. Doveano dunque i
primi bramar che si lasciassero le terre ai vinti si-
ciliani ; i secondi che le si dividessero. E bastava sol
questa, se fosse mancata ogni altra cagione, a susci-
tar la guerra civile !
Dal detto fin qui si comprende la origine dei
due movimenti diversi, che cominciarono ad agitare
la colonia di Sicilia, entro mezzo secolo dalla fonda-
zione sua. L'uno era sfoi-zo della colonia a gover-
narsi dassé ; e risolveasi in contrasti tra la nobiltà
palermitana e i prìncipi aghlabiti , per la elezione
dell' emiro. Appartenendo all' emiro quella piena au-
torità che abbiam detto, e non potendo cadere in
ménte del principe, né dei coloni, né dì nìun Musul-
mano, di riformare ìa legge ; ciascuna delle due parti
UDO accordo con esso lui: Ibn-al-Atblr^ MS. C, tomo V, fog. 59 recto,
anoo 4t7. Le inilizie di Kotàma , stanziate al Cairo al priocipiò del regfio
di Hà£ein-birAmr-ÀUah (966), non Tollero che si ingerisse Jielle faccende
loro altri che un proprio loro sceikb^. Veggasì labia^ibn-Sald , Continua-
%ione deìgli àimali d* Eutichio^ MS. di Parigi, Ancien Fonds, 131 A, p. 62.
— 41 — 1827-900.1
cercava a por mano alla esecuzione : fare esercitare
Foficio di emiro da uom suo, e a comodò suo.
Racchiudessi in celesta contesa quella di finanza :
Se la colonia dovesse pagar tributo o no ; poi-
ché il principe non avea ragione, che nei sopra-
vanzi, e all'emiro stava di trovarne o non trovar-
ne. Indi il principe eleggea Io emiro, e i coloni lo
scacciavano; o costoro coglieano un pretesto di no-
minarlo , e il principe lo rimovea ; né pofea durar
la quiete.
L' altro movimento era la lotta tra gli Arabi e i
Berberi. OKre il partaggio delle terre al quale accen-
nammo, oltre le véndette private che degeneravano
in véndette dì tribù, nacque verso la fine del nono
Secolo una causa perenne di lite. A misura che com-
pieasi il conquistò dell'isola, mancava il bottino e
cresceva il /et, o yogliam dire rendita militare. Per
caso intervenne al medesimo tempo che le armi della
dinastia macedone sforzassero a uscir di Calabria i
Musulmani, Barberi in gran parte, come cel mostrano
i nomi dei capi. I Berberi dunque delle tribù più tur-
bolente, quei che non amavano a vivere di agricol-
tura, doveano procacciar lo stipendio sul /et. Ma que-
sto non si scompartiva, come il bottino, con legge
immutabile e precisa , tra tutti ì combattenti ; anzi
stav^ ad arbitrio tra dell' emiro e del principe ; e gli
Arabi potean pretendere che ne fossero esclusi gli
stranieri, toccando a loro il primo luogo nei ruoli.
Niun cronista fa motto di tal contesa ; ma la non pe-
lea non accadere ; e ce ne conferma il fatto che la
Sicilia fu insanguinata per la prima volta in guerra
1827-900.1 — 42 —
civile pochi mesi dopo il ritorno delle masnade che
Nioeforo Foca scacciò dalle Calabrie. ^
Quei due movimenti si frastagtiavan sovente, e
il secondo cadde in acconcio al pHncipe aghlabita
che volle davvero soggiogare la colonia. Ricapitolando
i fatti che narrammo nel Libro secondo, si scorge la
lotta d' independenza principiata proprio alla fonda-
zione della colonia palermitana; sopita da savii emiri
di sangue aghlabita r ridesta verso Y ottocento ses-
santuno , come n' è indizio il frequente scambio
degli emiri. Quel valoroso e nobilissimo Ehafdgia ,
ucciso a tradimento da un Berbero, sembra cadesse
vittima deir altra discordia ; se pur Arabi e Berberi
non s'erano uniti per brev'ora contro le usurpa-
zioni del poter centrale. Così fatta resistenza durava
nei principii del regno d' Ibrahim-ibn-Ahmed, come
il provano gli scambii degli emiri verso V ottocento
settàntuno. Poi entrambe le divisioni divampano àk
medesimo tempo. Tra T autunno dell' ottocento ottan-^
tasei e la primavera delF ottantasette, %li Arabi del
giund e i Berberi vengono al sangue: la nimistà loro,
se non la aperta guerra civile, arde tuttavia per dieci
anni, ^ che viene a dettare lo scandaloso patto di
torsi a vicenda dall' una e datr altra gente gli £ta-
tichi da consegnarsi ai Cristiani (894-895). Nello
stesso decennio la tenzone della colonia col principe
' Veggasi il Libro II, cap. X, p. 424 ; e cap. XI, p. 440 del primo alarne.
Secondo Ibn-el-Atbir, e il Baiàn, la cacciau dei Mosulmani da Amantea e
Santa Severina seguì il 272 (17 giugno 885 a' 6 giugno 886) , la qual data si
riscontra con quella degli annali bizantini. La prima guerra dvile tra Avabl
e Berberi In Sicilia scoppiò tra T autunno dell* 886 e la primavera dell' 887.
secondo la testimonianza della Cronica di Cambridge, combinata con
qneUa del Baidn.
— 45 — 4W-9oa.|
arriva agli estremi: ribellione armata da una parte;
dairaltra, repressione con le armi e fors'anco vio-
lazione della legge fondamentale che affidava al-
l'emiro il governo della colonia. Perocché il popolo
di Palermo, mentre guerreggia la prima fiala contro
i Berberi (886-B87), mette ai ferri e caccia in Affrica
lo emir Sewàda e gli dà Io scambio ; tre anni ap-
presso (890) combatton Siciliani contro Affricani« che
è a dire contro le forze mandate dal {principe ; a capo
di due anni un emiro rientra per forza in Paler-
mo ; e corsi pochi mesi, nel dugento ottanta dell'egira
(893-^94), Femirato di Sicilia è conferito al gran qiam-
bellano che stava accanto a JUv^ahim , cioè la cotonia
è oppressa e spogliata di sue franchige , ovvero ha
scosiSM^.il gi<^o; e di cetto par ohe labbia seosso
tr& il novantacinque e il novantasei quando èf(^mata
pace coi Cristiani/ Si scorge in cotesti travagli il dop-
pio effetto della condizione politica dìei popoli e delle
passioni d'un uomo. La condizione dei Berberi ri-
spetto-agli Arabile della odonia rispetto alla madre
patria, avea dato principio alle due tenzoni. Ibràhim-
Ibn-Ahmed le spinse al segno a che aitìvarono ne-
gli nltimi anni del nono secolo. Per domar meglio la
colonia di Palermo, aizzò i Berberi di Gitanti. Volle
domar la colonia, perchè a questo il portava sua
natura esorbitante e feroce; e per trarne danaro e
adoperarlo all'altro disegno, d'abbattere e calpestare
Taristocrazia arabica in Affrica; il che ei fece sì bene,
che distrusse la base della dinastia aghlabita, onde
questa entro pochi anni croitò,
* Veggasi il Libro il, cap. X, p. 429, seg., del primo Tolume.
» /
|87»-90l.| — 44 —
CAPITOLO II.
Ibrahim-^ibn-Àhmed non solamente avviluppò in
questa guisa la condizione politica della colonia, e
poi sciolse il nodo con orribile catastrofe, ma, non
sazio di quel sangue musulmano, venne ei medesimo
in Sicilia a sterminare gli ultimi avanzi de' Cristiani ;
prosegui la vittoria in Calabria ; e minacciava tutta
la terraferma d'Italia, quand'ei morì com' Alarico sotto
le ùiura di Cosenza. Pertanto debbo dir di costui più
particolarmente che non abbia fatto degli altri prin-
cipi afifricani. Il voglio anche pei'ctìè T indole dlbrahim,
sembra fenomeno unico nella storia morale deìFuomo,
né si può definir con parole , né délinear con qualche
tratto. Unico fenomeno parve a quei che il videro da
presso; ì quali, facendosi a spiegarlo e non trovan-
dovi modo con la psicologia del Corano, ebbero ri-
corso alle teorie dei materialisti che già penetravano
appo gli Arabi, miste alla fìlosoiBa greca; supfioser
quest'uomo invasato di non so che bile negra : ma-
linconia, come la chiama tecnicamente Ibn-RakJk/
ce Niun dee misfare fuorché il principe. La ra-
gione di questo é che, ove gli ottimati e i ricchi si
sentan possenti nei beni della fortuna, uom non vi-
vrà sicuro dalla loro insolenza e malvagità. Se il re
' Citato da Ibn-KbaldÙD, Histoire de VAfrique et de la Sicile, tradu-
zione dì M. Des Vergers, p. 139. Nel lesto si legge in caratteri arabici
Mdlankhùnia (MsÀayxo^ta). Forse attinse alla stessa sorgente l'autore del
Baiàny tomo I, p. 126, il quale, in luogo di trascrivere la denominazione
della malattia, la traduce: "bile negra."
— 45 — |gr».9or|
cessi di calcarli, ecco che si fidano; gli resistono; gli
traman contro! In vero il succo vitale del principato
è la plebe/ Il signor che lasciassela opprimere, per-
derebbe Futile ch*ei ne ricava; ed altri jsel godrebbe,
rimanendo a Ini il sol danno. » ^ Così parlava Ibra-
him-ibn-Ahmed, vantandosi di abbattere la nobiltà
arabica deir Affrica : teorie e gergo molto owii, che
rìvetan sempre il tiranno di buona scuola. Sagacis-^
Simo fu veramente Ibrahim nelle cose di stato; uom
di mente vasta e savia, quando non l'offuscava la sete
del sangue. Ebbe genio alieno dalle scienze , dalle
lettere e dalla poesia , eh' erano state in onore appo
ì suoi maggiori: e qualche versacelo ch'ei fece, come
nato e cresciuto in una corte arabica, somiglia forte
a quelli di Carlo d'Angiò, per la insipidezza e T ar-
roganza.^ In fatto di religione si mostrò osservatore
' Litteralmente *la materia onde cresce il re, sono i rai'a.* Questa
voce arabica, come ognan sa, ^uol dir gregge; ed è passata in termine
tecnico per designare il popol minuto delle città « campagne.
> Nowairi, Storia d' Affrica , MSS. di Parigi , Ancien Fonds, 702, e
703 A, fog. 25 recto del primo , e 54 del seconda. MI allontano alquanto
dalie versioni non precise che han dato di questo passo «M. Des Verger^,
e M. De Slane, il primo in nota a Ibn-Kbaldùo, Histoire de VAfrique et de
la Sitile , p. . 139, e V altro in appendice a Ibn-KhaldAn stésso» Bittoire det
JBerbères, tomo I, p. 455.
s Ibn-Abbàr, MS. delia Società Asiatica di Parigi, fog. 32 verso.
, L'autore allega in esempio il distico dMbrahim:
e Astri Siam noi, figli degli astri ;,avol nostro la luna del cielo, Abu-
» NogiQm-Tamlm;
» Avola nostra il Sole. Or chi s' agguaglia a noi, discesi di duesl no-
• bili scbiatte? •
A cbt non conosce 1* arabico è da avvertire che in quella lingua la
«luna è di genere maschile, il sole femminino, e Abi^Nogif^m significa "pa^
dre delle steire.**
Gonde, Dominacion de los Arabes en Espana, parte II*, cap. LXXV,
riferisce, sènza citare sorgente, un aneddoto anacreontico, seguito forse
nella prima gioventù dì Ibrabim. Certo poeta, per domandargli non so che
grazia j scrivea due versi in un polizzino, e il nascondea, come noi /ac-
del culto, più che delle pratiche di devozione; si ri-
dea ddla morale quando non gli andava avversi;
ma era sopratutto intollerantissimo verso gli al^
tri. Visse senz'amore, né amicizia. Seguì voluttadi
nella prima ^gioventù, e presto gli vennero a tedio ;
e allora incrudelì nelle donne più rabidamente che
negli uomini; e le abborrì di strano e sospetto aMxn*'-
rimento. Violava in tutti i modi le leggi delia natura.
• A venticinque anni saFi al trono per uno sper-
giuro. Mohammed , suo fratello, venendo a morte, la-
sciava il regno al proprio figliuolo bambino; commet^
tea la tutela a Ibrahim; faceagli far sacraménto di
non attentar mai ai dritti del nipote, né metter pie
nel Castel Vecchio, ove quegli dovea soggiornare con
la corte. E Ibrahim , nella moschea cattedrale del Eai-
rewàn, dinanzi gli adunati capi di famiglie di sangue
aghlabita e i magistrati e notabili della capitale, giu-
rollo solennemente; ripetè cinquanta fiate il tener del
giuramento , com' era usanza nelle cause criminali.
Sepolto il fratello (febbraio S?5), cominciò a regger
lo Stato, ben diverso da lui, con somma forza e giu-
stizia. Indi i cittadini del Kairewàn a pregarlo di pren-
dere a dirittura il regno: il che ricusò, pretestando
suoi cinquanta giuramenti; e di lì a poco, noi sap-
piam come, si fa, i buoni borghesi, tornarono a sup-
plicare più fervorosi, e Ibrahim non seppe dir no.
Uscito di Kairewàn alla testa del popolo in arme , oc-
cupava il Castel Vecchio ; si facea gridar principe ; e
ciamo nei confeUi, eoiro una rosa, presenUta a Ibrabim mentre sedeva in
un giardino tra le sue donne. Una lesse e cantò i versi; e Ibrabim donò
'al poeta cento monete d' oro. .
— 47 — |875.W1.|
prestare omàggio di fedeltà dai notabili d'Affrica e da
non pochi di' casa d' Aghiab. Con tutta la' bruttura
dèlio spergiuro e della commedia che servì a rico-
prirlo, Ibrahim non va chiamato usarpalore. U dritto
di primogenitura non era allignato mai appo gli Ara*
bi ; la designazione del principe antecessore, era abu-
so ; ta investitura del califo , ormai vana cerimonia ;
e il popolo^ che potea deporre ed eleggere, partecipò
alla tumultuaria esaltazione non sforzato, forse mezzo
raggirato e mezzo no. Gli umori delle città contro
Taristocrazia militare , ci persuadono che la cittadi-
nanza abbia francamente parteggiato per Ibrahim.
Severi, ma di rigor salntare, i primordii del re-
gno. Trattando sempre dassè le feccende pubbliche ,
Ibrahim cessò i soprusi degli oficiali e governatori di
province : rendea ragione ogni lunedì e venerdì nella
moschea t^attedrale del Eairewàn , ascoltando con pa-
zienza i richiami, e provvedendo immantinenti ; die
di sua persona esempii di astinenza e pietà ; ristorò
la polizia ecclesiastica; sgombrò le strade dei ladroni
che le infestavano; assicurò il commercio, spense i
violenti e gli scapestrati. Si narra di lui che obbli-
gasse Ja madre al pagamento dì un debito, minac-
ciando di lasciarla ti^durre dinanzi il cadi : ^ la ma-
dre, sola creatura umana rispettata da quel mostro.
Attese molto alle opere pubbliche. A comodo del cit-
tadini, costruì un gran serbatoio d'acqua al Kairewàn.
f
* Goafirontinsi: Ibinel-Athlr, MS. A, tomo II, fog. 02 recto; e MS. C,
UNno IV, fog. 346 verso , anno 261 ; Baidn, tomo 1 , p. 110, seg. ; llm*
Vlialdto, BUtoire de l'Àfrique tt de la Sieile, traduz. d! H. Des Vergers,
p, 196, seg.; Nowairi, in appendice a Ibn-Khaldùo, Bisioire dei Berbere»,
tndns. di M. De Slane, tomo I, p. 424, seg.
|«75.90<.] ^ 48 —
Per magnificenza e pietà innalzò una moschea catte^
(Irale a Tunis; e aggrandì quella del Kairewàn; ag-
giuntavi inoltre una cupola che poggiava su trenta^
due colonne di marmo. Circondò Susa di mura. Com-
piè su la ioostiera del reame una linea di torri e posti
di guardia, ordinata a far segnali coi fuochi, sì che
in una notte potea tramandarsi avviso da Ceuta ad
Alessandria di Egitto. ' Cotesta pratica antichissima
era scesa con le tradizioni dell'impero infino ai Bi*^
zantini; i quali nella prima n>età del nono secolo
l'adoperavano a significare i tristi casi di lor guerre,
da Tarso a Costantinopoli.' E v' ha ragioni da credere
eh' e' se ùe fossero avvalsi anco in Sicilia, e che quivi
avesserla appreso gli Arabi d'AfiVica.'
i Vcggansi le autorità citale nella nota precedente ; e tì si aggiunga-
no: Bekri, D^crizione dell'Affrica nelle Notices et extraiti des MSS., to-
mo XII, p. 470; Tigiani, Rehela net Journal Asialiquef sèrie IV, tomo XX
(agosto 1852), p. 99; e tomo XXI (febbraio 1853), p, 133; !bn-Wuedràn,
MS. arabo, § 6; e versione di M. Cberbonnean, nèha Rèvue.de VXkient,
decembre 1853, p. 428. H primo parla solUnto della Moschea di Kairewàn;
r ultimo di quella di Tunis, e del serbatoio d'acqua.
' Theophanes cmtinmtus ,\\h. IV, cap. XXXV, p. 197; Gonstantinns
Porphyrogenitus, De Cerimonm aulce ByMntina, appendice al Io libro,
p. 492; Symeon Magister, De Michele et Theodor a, cap. XLVl, p. 681.
I pesti in tutto erano nove, compreso quello di Costantinopoli. Il naméro
diverso dei fuochi indicava diversi casi, come : assalto dei Musulmani, bat-
taglia, incendio, etc. Leone, arcivéscova di Tessalonica e professore alla
Magnaura, al dire di Symeon Magister, avea perfezionatp questo sistema
telegrafico, ponendo a tarso ed a Costantinopoli due orologi che si suppo-
neano isocroni (s| t^ou xoc/Avovra). L' imperator Michele V ubbriaco fece
j$opprimere 1 segnali a vista della capitale, perchè i sinistri avvisi non K>
venissero a sturbare tra i giochi deir ippodromo.
' Questa conghiettura è fondata su gli indizii seguenti. Primo, che i
fuochi di segnali usati in Sicilia fino agli ultimi anni del secolo passato
per dare avviso dei corsali barbareschi che si avvistassero, si chiamavan
fàni, appunto la stessa voce ^ avos , che troviamo nei citati scrittori bisan^-
tini. Da ciò par che V usanza risalga ai tempi in cui il linguaggio ofidale
in Sicilia era il greco. Secondo, che la montagna ove sorgea V antica So-
lunto, alla estremità orientale del golfo di Palermo, si addimanda tuttavia
bnanzi ogùi altra opera pubblica, Ibrahiéoi ^ea
costruito una cittadella , centro di gravità della tirao*
nide eh' di macchinava : fortézza ove porre sua corte
^ ordinar novelli pretoriani per disfarsi degli antichi ,
i liberti di casa aghlabita, ridotti nel Castel YeccUio,
stati fin allora padroni del popolo e del principe. Fece
por mano a' lavori il dugento sessantatrè ( 23 settem-
bre 876 a 44 settembre 877], in luogo discosto quat^
tro miglia dal Kairewàn e chiamato Bakkàda, ^ Soa^
ndenta " come suona appo noi. * Entro un anno ,
fomite le mura, innalzata una^J^é che addimanda-
rono di Abu- 1-Feth,' Ibrabim itidiiàg^brolla con sangui-
noso tradimento. Era avvenuto che i liberti del Castel
Vecchio tumultuassero contro di lui per aver fatto
morire un di lor gente : e allora , ito loro addosso per
comando dlbrahim il popolo della capitale, i liberti,
vedendosi sopraffatti, avean domandato e ottenuto
perdono. Ma il dì che dovean toccar lo stipendio,
Ibrabim li chiama alla torre di Abu-1-Feth ; li fa en-
trare a uno a uno; disarmare; incatenare: e die mano
Gatalfano, voce seorciata da Calalalfano e compósla dati* arabico kala't (roc-
ca) e da f oéi^os ; il che prova cbe vi fosse stata una torre da segnali al
tempo della dominazione musulmana, o anche prima. Terzo, che i segnali
con fuochi furono tentati neir 847 durante lo assedio di Lentini, come già
narrammo nel Libro II, cap. VI, p. 317 del primo volume.
< Confrontinsi : il Baiàn, tomo I, p. 215; Nowairi, in appendice alla
Sistoire des BetUres par Ibn-Khaldoun, versione di M. De Slane, tomo I,
p. 4i4; Bekri, Descrizione d' Affrica nelle Notiee9 et ExtrniU de» MSS. j
tomo XII, p. 476, 477; Ibn-Wuedràn, MS. arabo, § Q^. I due ultimi scrit-
tori riferiscono la fondazione di Rakkftda agli anni 273 e 274. Il nome
nacque, seeoiiéo s^ni, dall'amenità del aito che inebbriasse di voluUà e
sforzasse al ionno; secondo altri, da un gran mucchio di, cadaveri che vi
al tmfàrona • dormir I* uHIax) sonno.
* Si prpniMuziino le ultime due lettere ciascuna col proprio suono, non
unite con quello della ih inglese. Il nome vuol dir "Padre della vit-
toria. "
II. 4
|«75-90l 1 — 80 —
ai sopplizii; ch'altri morì sotto il bastone, altri coAdan-
nato a perpetuo carcere in Kairewàn ; altri bandito,
in Sicilia/ In luogo dei liberti, comperò Schiavi in
grandissimo numero; prima negri, poi anco di schiatta
slava: li vestì; li esercitò nelle areni; ne fece un grosso
di stanziali , valorosi , ingiuriti alle fatiche ; ' massa di
bruti della zona torrida e del settentrione disuma-*
nati dal servaggio e di piìi dalla disciplina. Così pas-
sarono i primi sei anni del regno; lodevoli del resto
a detta di tutti i cronisti , i quali tenean forse necesr
saria la carnificina di Abu-1-Feth. Poi sfrenossi a dar
di piglio nella roba e nel sangue; peggiorando di
anno in anno, come nota Fautore del Baiane
Perchè, non bastando le entrate ordinarie dello
stato a spesare gli stanziali, le fabbriche e la guerra
che sopravvenne (an. 880, 881) contro un principe
d'Egitto della dinastia usurpatrice dei Beni-Tolùn,
era strascinato Ibrahim ai maltolti. L'anno dugento
settantacmque (888-889) battè nuova moneta d'ar*
gento, che, rifiutata dai mercatanti dèi Kairewàn,
die occasione a tumultuarie rimostranze, imprigiona-
menti, sollevazi(»ie: e Ibrahim, al solito, restò di so-
pra. Donde facea coniare altri dirhem e dinar deci-
mali, com*ei li chiamò, perchè i primi d'argento e i
secondi d'oro stavano in valore come uno a dieci; e
tolse di mezzo le buone monete dell'impero abbassi-
* M. De Slane, op. eli., p. 429, ba tradòilo queste parole del Ifcywiidri
f un certain nombre d'entr'eux parviot à se réfugìer en Sicile. i Ma il
teslo dice chiaramente " rilegare, " e cosi lo ha interpretato M. Des Ver-
gerà in nota a Ibn-Kbaìdùn, Histoire de VAfnque et dt. la Siàie, p. 127.
> CIÒ è notato da Nowairi, op. cK. , p. 4^, e 437. Veggansi per cote*
sU fatti: Nowairi, 1. e; e U Batdn, tomo I, p. liO.
5 Tomo I, p. 1«6.
— 51 — 1875-90 1.|.
da/ Oltre questo espediente di finanza, ponea nuove
gabelle;* aumentava le tasse prediali e riscuoteale in
danaro, non più in derrate;^ richiedeva i cittadini
che apprestassero a servigio dello Stato loro schiavi
e giumenti; in cento modi li espilava per accumular
tesori.*
A DCiisura degli aggravii prorompean pure le
sollevazioni; e a misura di quelle incrudeliva Ibrahim.
Ne noterò solo i fatti rilevanti. Ribellavansi ricusando
le tasse, Tanno dugentosessantotto (881-882), le
* Baiàn, tomo 1, p. 114< Q!oìvì si fa menzione di due diverse emis-
sioni di moneta. L' una fa di dirhem iihàh , ossiano * schietti, " come li
chiaman il principe. Cosi ei soppresse le riUglie d* oro senza coniò, con
cbe si solcano pagare le frazioni di valori, per lo scrupolo religioso di non
cambiar ntetailo con metallo; onde si tenea biasimevole pagando, per
esempio, ona merce d^ valore di mezzo dinftr, dar al venditore un dinftr
e riceverne mezzo din&r in altra moAeta. Per questa ragione nei paesi mu-
salmam i cambiatori, nféfi, come H dicono, erano per lo più giudei. Non
sappiamo se desse laogo al malcontento quello scrupolo di coscienza, ov-
vero la cattiva lega dei dirhem. Represso il tumulto , aggiunge il Baidn ,
rimasero abolite per sempre in Affaìca, n^a solo le ritaglio {hUd% ma an»
che i ttoiktkl, cbe signiica buona moneta in generale, e qui parmi si debba
intendere di quella dei califl , che avea corso in tutti i paesi. Venne dopo
ciò la ooniazioiie dei dlrbem e dinftr deUi 'asceri, ossia decimali. La nu-
mismatica ci permette di aggiugnere che Ibrahim coniasse altresì quarte
di din&r in oro ; che ve n' ha pubblicate parecchie, e nna ne ho veduto nel
Gabinel des Hedailles di Parigi, useiu probabilmente dalla Zeoca di Sicilia
r anno 268, e del peso di un grammo e cinque centesimi, che valea da tre
lire e sessanta centesimi pria della attuale perturbazione nel pregio dell'oro.
* Boiàttf tomo I, p. I2S. Quivi è usato il vocabolo kabàUU, al singo-
Uire habdla o gabdlat poiché la prima lettera partecipa del suon della g.
Indi è agevole a riconoscervi la nostra Yoce gabella. Etimologicamente si-
gniiloa promessa • offerta , prestazione.
' Baidn, 1. e. 11 testo porta che nel 2S9 Ibrahim, riformando parecchi
abusi del proprio governo t prese le decime in frumento e rilasciò il kharàg
» di un anno ai possessori delle dh\d\ » Le varie significazioni di queste
voci, di che abbiamo discorso nel capitolo precedente, lasdan dubbio se
te decime fossero seiexU, ovvero tributo fondiario su i grani , e il khwrég
rilasciato, questo medesiaio tributo, ovvero censo ; e in fine se si tratti di
dhUi\ poderi demaniali, .ovvefo beneficii militari.
* ilofdn, tomo f, p. il7, anno 280 (883*894).
(875-904.1 — 52 —
tribù berbere di Wuezdàgia, Howàra e Lewàta: ed
erano oppresse, Tuna da Mohammed-ibn^Korhob,
ciambellano, le altre da Abd-Allah figliaolo d'Ibra-
bim, mandatovi con gran gente di giund, liberti, leve
in massa, e ausiliarii fomiti al certo da altre tribù
berbere: si fermo Ibrahim guidava tutti i cavalli del
carro,. poiché s' ebbe aggiustata in mano quella ferrea
sferza degli schiavi stanziali. ^
Poi surse in arme la colonia di Belezma, gente
arabica della tribù di Kais,, venuta la più parte nei '
principii del conquisto, e stanziata da parecchie ge-
nerazioni in quella città, sul confin meridionale del-
r odierna provincia di Costantina, in mezzo alla ca-
tena degli Aurès, donde teneva a segno la tribù
berbera di Kòlàma. Gli agguerriti Arabi di Belezma
ributtarono Ibrahim, ito in persona a combatterli:
ond'ei perdonò loro; attirò a Rakkàda, prima alcuni
capi sotto specie di trattar, faccende, poi, con altri
pretesti, più numero di gente; lor die splendide ve-
stimenta, onori quanti ne vollero e atioggiamento in
uno edifizio circondato di mura con una sola porta,
nel quale settecento o mille cavalieri, che tanti se
n'erano accolti, se pur pensavano allo esempio dei
liberti del Castel Vecchio, si fidavano al certo di af-
frontar chi che si fosse. E così ogni evento delle
istorie avvera la sentenza del Machiavelli, che colui
che inganna, troverà sempre chi si lascerà inganna-
< Nowairi, in appendice all' Bistoire de» Berbèrett par Ibn-Khaldaun,
versione di M. De Slane, tomo f, p. 496; Ibn-Khaldùn stesso, Bisioire de
VÀfrique et de la Sicile, versione di M. Des Vergerà, p. 128. Secondo Ibn-
Khaldùn, ebbe infino a 3,000 schiavi stanziali; secondo il Bat'dfi a 5,000, e
Nowairi dice 100,000 , forse il numero totale dello esercito.
— 83 — 1875-904.)
re. * Il dì che le altre soldatesche toccavan la paga,
inebbriate di danaro, fors'anco di vino, Ibrahim le
lanciava allo scannatoio ov' eran serrati i guerrieri di
Belezma; i quali (893-894) valorosamente si difese-
ro; e tutti perirono.* La pena di tal misfatto, come
spesso accade, la pagò non Ibrahim, ma la dinastia;
poiché, decadendo Belezma, la tribù di Kotftma im-
baldanzì, e condusse al trono i Fatemiti.' Più pronto
gastigo minacciava la sollevazione generale delle mi-
lizie arabiche , scoppiata immediatamente e rinnova-
tasi poi varie fiate; ma Ibrahim trionfò di tutti, mercè
le mura di Rakkàda, la virtù militare del figliuolo
Abd-ÀUah, e gli schiavi armati; dei quali accrebbe
il numero; lor affidò la reggia; e pose capitani sopra
di loro due schiavi, Meimùn e Rescìd. Accentrò al
medesimo tempo Ibrahim grande autorità in persona
di Hasàn-ibn-Nàkid, nuovo suo ciambellano, capi-
tan di eserciti, emir di Sicilia, e rivestito di altri
oficii, scrive la cronica ,* piobabilmente le amministra-
zioni di finanza, e il tribunale dei soprusi nelle pro-
vince sollevate*
Tra i casi di questa rivoluzione seguirono non
più udite enormezze dei soldati regii, i quali, presa
Tunis per battaglia, fecero schiavi tra i Musulmani,
sforzaron le donne e sparsero gran sangue (893-894).
Dato avviso della vittoria a Rakkàda per lettere le*
* Il Principe, <iap. XVIII.
s B0iàn, tomo I, p. ii6; Nowairì nell' opera ciuta , p. 427, il quale
registra questo fatto due anni prima del Batdn, cioè nel 378.
> Questa riflessione si legge nel Baiàn, l. e.
* Nowairì, op. cit., p. 408. Veggasi ciò che notai a questo proposito
nel Libro II, cap. X, p. 430 e 430 del primo volume.
1875-004. 1 — S4 —
gate al collo dei colombi, Ibrahixn rescriBse di cari^
care i cadaveri su le carra; mandarli a Kairewàa; e
condurli' in giro per le strade. Comandò, non guarì
dopo (894-895), di mettere a morte i nobili della
tribù di Temim, ceppo di sua famiglia, e appendere
i cadaveri alle porte di Tunis. Ministro di tal vendette
era stato Meimùn, nominato dianzi, donde venne fie-
ramente in odio a. quei cittadini; ma Ibrahim, non
prima n' ebbe sentore , che gli mandò, diremmo noi ,
un beir ordine cavalleresco: all' oso di que' tonici coi-
lana d' oro e vestimenta dì seta ricche d oro, disegni
e svariati colori; e il manigoldo in tanto sfarzo ca*
valcò trionfalmente in Tunis. Un anno appresso, fat-
tevi rizzar nuove fortezze, vi andò a soggiornare il
tiranno in persona;' meditando già la impresa di Sici-
lia, 0 parendogli Rakkàda mal sicura senza k> scampo
del mare: o volle sfogare la superbia dell* animo suo
sopra Ja città ribelle, prostratagli ai pie come cadava^e.
Il medesimo anno della rivolta, Ibrahim allagò
di sangue la reggia per sospetto di una. congium
degli eunuchi e stanziali schiavoni contro la vita di
lui e della madre: ' dal qqial tempo in poi, aspettane
dosi che alcuno dei tanti che tremavano trovasse
modo ad aoimazzarlo, per meglio guardarsi, con*
' €oDfrontiDSÌ : il Baiàn, lomo I, p. i i7, 133 ; Morrai ri» op. ett^ p^ 498,
429; Ibn-Khaldùo , HiMoire de VAfrique et de la Sicile, versione dì
M. Des Vergers, p. 130 a i32. — 11 Baiàn, dal qaale tenghìamo la narra-
zione degli onori resi a Meimùo, dice donategli tre sorie di vesU di seta :
lo kher*, o diremmo noi Blos^a, seU grossolana dei Ijouoli farsLiì dal
baco ; 2o wesci, credo drappo intessuCo d* oro; e 3o dibéiOf dtai^ operato
e di varii colorì. È trascrizjone dal persiano dibàh, pnaso alla fina volta dal
' Nowairi, op. cit., p. 427.
—■55 — (875-901.1
«
saltò astrologhi e ariolì, nei quali ponea molta fede.
Gli dissero dover morire di certo per man d' un pic-
cino; se di statura o di anni, i furbi maestri noi di-
scernean bene in lor arte : ond' egli visse in sospetto
ile' giovani paggi schiavoni; e se gliene venia veduto
alcuno audace e fiero in volto, vago di maneggiar la
spada, pensava tra sé: ecco T assassino; e lo fecea
spacciare. Quando n* ebbe ucciso molti , temè la ven-
detta dei rimagnenti : onde li uccise tutti ; ^ e tolse
paggi negri in luogo dei bianchi; e non tardò a fare
sgombero anche di quelli , Y anno dugento ottantot-
to (900). * Ma nel lungo suo regno i domestici eccidii
sovente si rinnovarono e cominciaron prima della ti-
rannide di fuori; bastando Tira ad aizzarlo quanto
il sospetto, e quanto V uno e T altra la gelosia: Aveva
egli vietato sotto pene severe la vendita del vino a
Kairewàn; la tollerava a Rakkàda ' in grazia forse
dei ^oi stanziali ; e beveva egli stesso senza scru-
polo nei penetrali dello harem. Or accadde che fat-
tosi mescer vino da una donna, nei primi credo io del
regno, e datole a tenere il ftizzoletto di seta con che
si asciugava le labbra, colei lasciosselo cader di
mano, e un eunuco il trovò e nascose. Ibrafaim non
sapendo qoal fosse costui, tutti i trecento eunuchi
die avea fé' morire, ^ per seppellii forse con loro il
segreto della regia intemperanza. Diversa cagione
' Batdn, tomo I, p. ii6.
' GonfrontiDsi: il Baién, 1. e; e Mowalrì, op. cit., p. 427.
s Ibn-Abb&r, MS. della Sodetà Ajùat. di PaHgl, fog. 33 recto.
« ConfrontìDsi: WBaiàn, tomo I, p. il6; Nowairi, op. cit., p. 436; e
Ibn-KbaldùD, Hisioire de VAfrìqut et de la SieUe, tradu. di M. Des Ver^
gers, p. ^139.
1875-901.1 — 56 —
ebbe la morte di sessanta sciagurati giovanetti eh' ^i
teneasi in palagio, e, calpestando più d'uno dei pre-
cetti di sua religione , ogni sera lor dava a ber vino ,
e poi non voleà che troppo dimesticainente vivesser
tra loro. Avutane spia, chiamolli dinanzi a sé; in ter-
rogolli, e confessaiido alcuni il fallo, e negandolo tra
gli altri audacemente un fanciullo molto amato da
lui, Ibrahim gli spezzò il cranio con una mazza di
ferro : gli altri fece morire a cinque o sei il di, tra
sofiTocati nella stufa e arsi nella fornace del bagno. ^
Né men geloso in punto di religione, aggravò la
vergogna degli dsimmi, come se non bastassero al
suo zelo i segni esteriori di vassallaggio che si costu-
mavano innanzi. ^ Comandò Ibrahim che portassero
su le spalle una toppa bianca, con la figura, i Giudei
d'una scìmmia e i Cristiani d'un maiale; e che gli
stessi animali si dipingessero in tavole con^tte su
le porte di lor case. ' Il martirio eh' ei die ài quat-
tro Siracusani si é narrato di sopra, su la fede delle
agiografie cristiane. ^ Non sappiam se pia dei mar^
tiri siracusani un Sewàda, di cui scrivon le crona-
che musulmane che proffertogli l' oficio di direttore
della tassa fondiaria, se rinnegasse, e rispondendo
egli che non barattava la fede, Ibrahim lo fece spac-
care in due e sospender mezzo cadavere a un palo,
mezzo ad un altro, l' anno dugentosettantotto del-
l' egira (891-892). " Tuttavia gli eretici dell' islamismo
' Baidn, tomo I, pag. i27; Nowaìri, op. cit., p. 437.
s Veggasi il Libro H, cap. XU, p. 476.
' Biadh-eih'nofùi , MS. iog. SS verso.
* Libro II, cap. XII, p. 511.
' Baidn, tomo I, p. 116. Su qaesta maniera di snpplieio, usata nei
— 57 — 1875-901]
poteana invidiare la condizione de' Crisliani. Dopo le
stragi d' una battaglia , vinta sopra la tribù berbera
di Nefùsa, Tanno dugentottantaquaUro (897-898),
Ibrahim interrogò un dottore che si trovava tra i
prigioni: ''Che pensi di Ali?'' «'Era infedele e però
sta in inferno; e chi non dice così, andrà wi con lui,"
rispose il prigione ; scoprendosi Kharegita a questo
parlare. Il tiranno allora gli domandava se tutta la
tribù di Nefùsa teiiesse tal credenza, e si^puto di si,
ringraziava il Cielo d'averne £atto macello. I prigioni,
eh' eran cinquecento, se li fece recare innanzi a uno
a uno: egli assiso in alto, tenendo in mano un suo
lanciòtto, cercava con la punta sotto T ascella ove
fosse il vano tra costola e costola dell' uomo, ^ e poi
data una spinta, andava a trovar dritto il cuore, e
facea passare un altro, finché tutti gli trafisse. Cosi
il Nowairi. ' L' autore del Batàn scrive che i prigioni
fossero trecento, eh' ei ne avesse fieitto spacciar uno
e poi trattogli il cuor con le proprie mani, e fattolo
trarre agli altri, infilzati in una funicella i trecento
cuori, e sospesi a festone su la porta di Tunisi. ' Ambo
le tradizioni bene stanno ad Ibrahim-ibn-Ahmed,
e possono ammettersi insieme.
Innanzi tal pia scelleratezza, era ito Ibrahim a
Tripoli (896-897), governata per lui da un suo cu-
paeii mosalmani aliAeno fino al XVI secolo, si veggano Sacy, Chrestomathie
arabe, tomo 1, p. 468; QnatremèFe, arsione dell'opera di Makrisi, flù-
toire dei SttUam Mamlouki, tomo I, pag. 72 e i SS; De Fremóry» nel /otir-
nal Àsiaiique, sèrie IV, tomo MI (geDoaio 1844), p. 124.
' Mi discosto ia questo passo dalla versione di M. De Slane.
s Op. cit., pag. 430.
s Baiàn^ tomo I, p. iS4. Ho seignito piuttosto la cronologia di questa
compilazione che del Nowairi, il quale reca il latto nel 28i (884-805).
1875-901.1 — 58 —
già carnale, Mohammed-ibn-Ziadet-AUah, uomo di
egregii costaipi, erudito, poeta e scrittore d' una sto-*
ria di casa aghiabita : onde il tiranno ignorante
r invidiava fin dalla gioventù, ma adoperavate per
averne bisognò. U coperto odio divampò, quando il
califo abbassida Mo'tadhed, risapendo le enormezze di
Tanis, minacciò in parole, e secondo altri scrisse a
dirittura a Ibrahim, ch'ei lo avrebbe deposto, e sur-
rogatogli il cugino, specchio di virtù. Pertanto n(m
ccmtentossi Ibrahim d'ucciderlo; ma volle fosse appic*
cato il cadavere a un palo come di mal&ttore. * So-
miglianti sospetti di Stato lo spinsero, prima e poi,
a mandare a morte ciambellani, ministri, cortigiani,
e un povero segrettóo, chiuso vivo nel feretro. Otto
fratelli suoi proprii erano scannati al suo cospetto ;
un de' quali, obeso e infermo che non potea ri^-
gersi, implorava gli si lasciassero quei pochi giorni
di vita; e Ibrahim rispose: "Non fo eccezioni;" e
accennò il carnefice di percuotere. Abu-1-Aghlab suo
figlio ebbe tronco il capo dinanzi a lui; dicesi per
trame di Stato. Abd-Allafa, maggior tra i figliuo-
li, erede presuntivo della corona, folgor di guerra
che spezzava nei campi di battaglia i viluppi cpeati
dalla tirannide del padre, Abd-AUah ubbidiente trop-
po, virtuóso, dotto, modesto, pur si sentiva ad ogni
istante sul collo la scimitarra del carnefice.'
i Goofrontìnsi: ibn-Abbàr, MS. della Società Asialict di Parigi,
fog. 35 recto; Baiàn, tomo I, p. 9S1; lirnvairì, op. eit., p. 430.
> Go9frontÌD8i:ilBat4n, tomo f, p. 115 a 127; Ibn^Ahblr, 1. e;
Nowairì, op. dt., p. 438, 436, 437; Ibn-KhaldÙD , Ei8U>ir€ de VÀfrique et
de la Sieiie, fog. 139, il quale accenna appena le cradellà del (tiranno.
H)n-el-Atbtr, risoluto a lodarlo come principe forte e sostegno del-
l' islamismo, salta a pie pari tatti quei miitfatti, e narra solo i prtncipii del
— 89 -^ |875-9<H.|
Inviperiva Ibrahim ogni dì piii che l' altro; cia-
scun mis&tto tirandosene dietro parecchi; incarnan-
dosi ogni vizio con V a^ e con la età ; aggravan-
dosi in lui l'atrabile, la monomania, la causa qual si
fosse che lo portava al sangue ; su la-quale decida chi
mai arriverà a penetrare l'arcano della umana volontà.
Chi raccoglie i fotti, noterà due sintomi atrocissimi.
L' un che costui nelle vittime segnalate per la eo*
stanza dell' animo , ricercava rabidamente il cuore ,
sede del pensiero secondo gli Arabi ; quasi il tiranno
volesse dar di piglio alla causa materiale di lor con-
tumacia. Il disse ei medesimo a San Procopio ve-
scovo di Taormina, mandandolo al supplizio (903).'
Parecchi anni innanzi avea notomizzato il cuore di
un altro valoroso, Ibn-Semsàma, suo primo ministro;
il t|uale straziato di ciuquecento battiture, non avea
detto un ahi, né s' era mosso; e a ciò, comandando
Ibrahim di uccideiio, s' era vantato di aprire e chiu-
der la mano tre fiate dopo recisogli il capo, e avea
X tenuto parola. '
L' altra orribilità mi sembra un' avversione, un
dispetto, un'invidia ch'ei sentisse della perpetuità
regno e la morte di Ibrahim ; por si lascia sfuggir dalia penna che i' eroe
AI>«r4*AM)as virea in continso immote della e maMgnt indole del padre. >
MS. A, tomo II, fog. 92 e 172; MS. C, tomo IV, fiotg. 249 ▼erso, e 279 recto,
anni26ie289.
* V9gga^i in q«esto medesimo Ubro 11 cap. IV.
' Baidn, tomo I, p. ii5. Aggiogne il cronista che Ibrahim trovò con
maraviglia il cuore confuso (leggo nel testo fànian) col fegato, e irsuto di
peli. In Sìdtìa si dice d'vom tristo e vendicativo di' abbia il cuor peloso;
il quale pregiudizio o la frase può ben venire dagli Arabi. Quanto ai mo-
vimenti convulsivi che si narrano di Ibn-SemsAma, non mi sembrano più
inaravif liosi di quei che la storia ricoida di tanti altri decapìiaU; nò parmi
strano che vi concorra il proponimento fermatosi in mente da un uomo
nell'atto di ricevere 11 colpo mortale.
1875-901.1 — 60 —
della umana schiatta. Non dirò delle mogli e concu-
bine che facea strangolare, murar vive, sparar loro il
corpo , se incinte : e tuttociò senza lor colpa, forse
senza gelosia. Lungo tempo così era vissuto, non par-
lando à donne fuorché la madre, la Sida che è a dir
^'Signora'' come chiamavanla a corte. Costei, cercando
ridurlo ad alcun sentimento umano, un di che le
parve di umor men tetro, gli appresentò due leggia-
dre donzelle^ alle quali fe' recitare il Corano e cantar
versi su la chitarra e il liuto. A che parendo si com-
piacesse il tiranno, rallegrato anco dal vino, la ma-
dre gli offrì in dono le due schiave ; éi le accettò,
e lo seguirono. Ed entro un' ora veniva alla Stda Io
schiavo fidato d'Ibrahim con una cesta ricoperta di
ricco drappo. Trovò le due teste; e, gittando un
grido, cadde svenuta; ma tornata in sè^ le prime pa-
role che profferì furono maledizioni sopra il figliuolo.
Pur era serbata a veder maggiore empietà. Avea co-
mandato Ibrahim di mettere a morte ogni figliuola
che gli nascesse; e talvolta non avea aspettato che
venissero alla luce. E la Sida pur osava trafugare
e far nudrire occultamente le bambine. Nell'età
matura del figliuolo, coltolo un' altra fiata in velleità
di clemenza , si provò a mostrargli le fanciulle cre-
sciute come lune di bellezza, dice la cronica; e cre-
dette aver vinto quando gliele sentì lodare. Si fa al-
lora più ardita; gli svela che son sua prole; gli ras-
segna i nomi loro e delle madri. Il tiranno uscì dalla
stanza. Chiamato un suo negro ''Meimùn," dissegli,
" arrecami le teste delle donzelle che tien la St-
da." Il carnefice non si movea. ^Obbedisci, scia-
— 61 — |87»-004.|
gurato schiavo,'' ripigliava Ibrabim, "^o ti farò an-
dare innanzi , ed esse dopo. " E Meimùn tornò poco
stante, avvolgendosi alle mani le sanguinose chio-
me di sedici teste, e le gettò a mucchio sul pa-
vimento. ^ La critica non può mettere in forse cote-
ste orribilità. Ancorché noi le tenghiamo di seconda
mano, è evidente la veracità degli scrittori primitivi,
cittadini del Eairewàn o d'Affrica al certo, e concordi
tra loro, non avversi punto a casa aghiabita, vissuti
in tempi vicinissimi e di cultura letteraria. D'altronde
i misfatti narrati ben s'attagliano T uno all'altro ; e
molti particolari chq rivelano queir istinto d' uom
tigre, sono ricordati quasi con le medesime parole
dai Musulmani e dai Cristiani, tra i quali il diligen*
tissimo contemporaneo Giovanni, diacono napoletano.*
' Confronlinsi il Baidn, tomo 1, p. i26 e 127, e Nowairi, op. bit.,
pag. 436 seg. Entrambi citano II)D-Raklk, cronista affricano del X secolo,
e il Baidn aggingne aver trovato cotesti fiitti ancbe in altri autori. Ibn-
Abb&r, MS. citato della Società Asiatica di Parigi, fog. 35 recto, solo
narra fl fatto deHe donne incinte sparate per cavarne il feto, dicendo che
seguì l'anno 2S3 (896-897) e concbiudendo con la esclamazione : e enor-
me peccato contro Iddio, cb* ei sia esaltato. » Immediatamente appresso
cita Ibn-Rakik per uno aneddoto rebitivo alla deposidone di Ibrabim. In
generale per la vita di questo tiranno si veggano i tre scrittori or citati e
Ibn-el Atbir, Ibn-Kaldùn , e gli altri compilatori che più o meno ripetono
gU stessi fatth La più parte del racconto di Nowairi era stata tradotta ,
prima diU . De Slane, da M. Des Vergers, nelle note a Ibn-Kbaldùn, Histoire
de VAfrique et de la Sicile , pag. 138, seg.
* Martirio di San Procopio vescovo di Taormina , cavato dalla Trasla-
zione del corpo di San Severino alla città di Napoli , presso Gaetani, Vita
Sanctorufn Sicutorum, tomo 11, p. 60, seg.; e presso Muratori, Rerum Itali"
earum Scriptores, tomo I, parte 11, p. 269. L'autore è lo stesso della cronica
dei Vescovi di Napoli, come lo prova il Muratori nel tomo citato del Rerum
Italiearum, pag. 287, seg. L'altra narrazione alla quale alludo è il martirio
dei fratelli siracusani, presso Gaetani, op. cit., tomo II, p. 39.
— 62 —
CAPITOLO ni-
Contro lo scellerato signore s'era levata la colo-
nia siciliana, Àrabi e Berberi al paro; e da quattro
anni tenean fermo, succedendo a lor posta i tumulti
d Affrica, quando, T ottocento novantotto, non so^r
qual ribollimento di sangui o magagna d'Il^ahim,
tornarono i Berberi ad assalire-il giund. Vedendo fitti
icoloni^neir assurdo intento di scuotere il giogo senza
cessare di straziarsi Tun Taltro, Ibrahim, rìdendose-
ne, entrò di mezzo: scrisse ad ambe le fazioni eh' ei
perdonerebbe, se tornassero alla ubbidienza, e che
sarebbe contento a gastigare i capi soli ; eh' erano y
dei Berberi un Abu-Hosein-ibn-Iezìd , coi figliuoli; e
del giund un Hadhrami, oriundo, come lo mostra tal
nome, dell'Arabia meridionale. Affrettaronsi i solle-
vati a consegnarli di peso alle soldatesche affricane,
di presidio, credo io, a Mazara: dalle quali furono
imprigionati, imbarcati per l'Affrica, e quivi dati al
supplizio. Il Berbero, per fuggirlo, bevve un veleno
che di presente lo fé' morire; talché non rimase ad
Ibrahim che d'appiccare il cadavere al patibolo e
scannare i figliuoli del suicida. Sfogò con nuovo ar-
gomento di tortura sopra l' Hadhrami. Fattoselo recare
innanzi, disse a un carnefice pien di facezie, come
tanti ve n'ha, che tentasse il condannato con mot-
teggi e buffonerie : e quando il mìsero cominciava a
sperarne salvezza e gli spuntava il riso in faccia, *'No,*'
proruppe Ibrahim, ''non è ora da burle:" e fé' cenno
— 63 — |899.|
al manigóldo; il quale a colpi di bastone lo ammazzò/
Mandava poi Ibrahim a reggere la Sicilia un uom
di sangue aghlabita, statovi emiro , com' e' sembra ,
una ventina d'anni innanzi, per nome Abu-Màlek-
Ahmed-ibn-Omar-1bn-Abd-Allah.*Con la riputazione
del casato sperava il tiranno lusingare o tenere in ri-
spetto i popoli; e con la imbecillità della costui porr
sona si fidava governar la colonia a suo piacimento
dairAifrica. Ma le due inveterate discordie che sopra
toccammo, non si poteano comporre si di leggieri; e
per giunta gli sdegni, i rancori, i rimproveri, che
tengOQ dietro ad una rivoluzione repressa, fecer i^a-^
scere nuove scissure. Donde J'anno ottocento novan-
tanove , tante pìccole fazioni , confusamente combat**
tendo, empiean la Sicilia di sangue.' Per ovviare alla
' CoiffronUnsì: il BMdn, tomo I, p. 134, anno 385 (37 gennaio 896
a 15 gennaio 899)» e il Chfònieon Cantabri§ieme, presso Di Gregorìo, He"
rum Àraìneàrum, p. 45, anno 6406 (t« settembre 897 a SI agosto 898).
Sopponendo precise qoélie due date , l' avvenimento si ristringe ai sette
mesi elle corsero dalla fin di gennaio a quella d* agosto 898. Si noti che il
Baidn non spiega chi fosse il capo dei Berberi, e chi degli Afsbi. Ma ti
supplisce il nomo di Hadbrami ; poiché 1* Hadramaut è regione a levante
de! lemen. Se tuttavia rimanesse dubbio, lo toglie la Cronica di Cambridge
dicendo che i Berberi, dopo assalito il giund, consegnarono agli Affricanì
Abù-Hosein e i suoi figliuoli. Quegli era danque il lor capo. Ho corretto
secondo la Cronica di Cambridge il soprannome di costui, che nel Baidn
si legge Abu-Hasan.
' Veggasi il Libro li, cap. IX, p. 390 del l» voi.» nota 4. Ho scrìtto il
nome come si trova in Ibn-<l-Athtr,anno387,MS. A, tomo II, fog. i67 recto;
eMS.di Bibars, fiog. 133 recto. Il Nowairi, Storia di Sicilia, presso di Grego-
rio, Rerum Arabicarum, p. il, dà il nome di Abii-Malek*Ahmed-ibn-Iakùb-
ibn*Omar-ibn-Abd-Allah-ibn-lbrafaim->ibn-AghIab. Questo compilatore ,
che in tatto merita minor fede, dice che Abmed governò la Sicilia per ven«
Usei anni (correggasi 38), dal 359 al 387 (873 a 900); dimenticando che
Della Storia d'Affrica egli stesso avea nominato in quello spazio di tempo
due altri emiri di Sicilia. Perciò suppongo che Ahmed fosse stato scarna
biato una prima volta, e rieletto, dopo molti anni, verso il 387. v
^ Chronieon Cantabrigienae, presso di Gregorio, Rerum Arabiearum,
p. 43. La versione stampata porta : Anno 6407 commissum eet prmlium in
pool — tri —
debolezza di Àhmed, dicon le croniche , o piuttosto
per domare la Sicilia nel solo modo che si poteva,
Ibrahim vi mandò un esercito poderoso, capitanato
dal proprio figliuolo Abu-Abbàs-Abd-AUah, vincitor
dei ribelli d'Affrica/
Salpò costui con centoventi navi da trasporto e
quaranta da guerra , il ventiquattro luglio dei nove-
cento; arrivò a Mazara il primo d'agosto; ' donde mo-
vea air assedio di Trapani. A ciò Tesercito palermita-
no, ch'era uscito a far guerra contro que'di Girgenti,
si ritrasse immantinente alla capitale; e inviò al campo
Franco Forth, Le due parole del testo, nelle quali parve di ravvisare que-
sto nome geograGco, sono sbagliate nelle edizioui di Caruso e Di Grego-
rio; poiché nel MS. originale, secondo la collazione che me ne ha fatto il
cortese signor Povrer bibliotecario dell'università di Cambridge, si legge
chiaramente la seconda voce mofdreka; eia prima, mancante di punti dia-
critici, si compone delle seguenti lettere: ì^ f, ovvero h; 1^ r; 3o h, I, th,
ovvero t, n; 4» A, g, ovvero kh; 5^ a. Badando alle sole radicali, non esito
a dire che siano f, r, g con che si scrive il verbo/ereg, "scindere, fendere;"
e son certo che questa parola mal copiata o piuttosto male scritta in ara-
bico dair autore, grecò di Sicilia, sia il plurale irregolare di un vocabolo
che significasse " scissura }" proprio il greco ^xicf*^. Non lascia luogo a
interpretarla altrimenti la voce precedente mofdreha, che si accorda gram-
maticalmente con questa, e che è V aggettivo feminino cavato dalla tette
forma del verbo fer^k, * separare, disgregare.* Si corregga dunque la ver-
sione : e L' anno 6407 varie fazioni guerreggiaron ira loro. »
Occorre di aggiugnere che il nome di Francoforte o altro simile non
poteva esistere in Sicilia avanti i Normanni; e che non v'ha in oggi, né
v' è mai stato. Il comune attuale di Francofonte , e non Francoforte , fu
fondato nel XIV secolo.
' Ibn-el-Àth!r, anno 287, MS. A^ tomo II, fog. 167; MS. di Bibars,
fog. 135 recto. Il Nowairl, nella Storia di Sicilia presso Di Gregorio, Rentm
Arabiearum^ p. il, senza fare menzione delle guerre che seguirono, dice
Abd-AUah eletto emir di Sicilia il 287; e nella Storia d* Affrica data da
M. De Slane in appendice a Ibn-Khaldùn, E»/otre des Berbères, p. 43t, lo
fa andare in Sicilia il 284, sbarcare nel mese di giumadi primo (giugno 897),
espugnare Palermo, e accordare poi Tamàn. Da ciò si conferma la incer-
tezza delle sue compilazioni.
'Xa Cronica di Cambridge dice che Abd- Allah "passò" di Affrica a
Mazara il 24 luglio; Ibn-el-Athtr che * arrivò** in Sicilia il primo di
scia'bàn, che risponde al primo agosto.
— 65 — |900.|
affrìcano il cadi e parecchi sceikhi , a protestare obf
bedienza verso il prìncipe, e scusarsi, bene o male,
dello assalto sopra Girgenti. Vennero al medesimo
tempo messaggi di cotesta città a dolersi dellesor^
bitanza dei Palermitani: e sufolarono airorecchio di
Abd-Allah, non si fidasse di quel popol contumace,
sènza legge né fede , né di sua simulata e frodolentà
sommessione; e che, se volea pescare al fondo della
magagna, chiamasse di Palermo il tale e il tale, e se
ne chiarirebbe. Ed ei si chiamoUi : ma ricusarono ; e
tutta la città dichiarò che non andrebbero. Àbd-Al-
lah, a questo, ritien prigioni gli oratori palermitani,
rilasciato il solo cadi; e poco appresso mandavi, a
portar forse orgogliosi comandi, otto sceikhi Wfica-
ni. Gli Arabi di Palermo a lor volta li imprigiooav^tK);
e risolveansi a tentar la sorte delle armi. Fu capo in
questo periodo di rivoluzione un Rakamùweih, uom
di nome persiano. Fu emir degli stolti, dice amara-
mente Ibn-el-Athtr che visse tre secoli appresso:
contemporaneo del gran Saladino , scrittor non ser-
vile, incapricciatosi dIbrahim-ibn-Ahmed, per quella
sua feroce severità. Perciò doveano parere savii ad
Ibn-el-Athtr colorò che di quoto si lasciasser divo-
rare dalla tigre; perciò V annalista metteva in non cale
i dritti dei Musulmani, le sacre franchige calpestate da
Ibrahim, valorosamente difese dal popol di Palermo!
Lascio indietro, perchè sembra error di compi-
lazione , l'episodio narrato da un altro storico : ^ che i
* Questi è Ibn-Khaldùn, nella Hhtoire de VÀfrique et de la Sieik,
p* 57 del testo, e IM delia versione di M. Des Vergers. Non so donde
abbia cavato tal particolare l'autore, che nel resto del racconto com-
pendia Ibn-el-Àtiilr.
II. 5
I060.| — 66 —
Gii^entioi , dopo di avere stigato Abd-Allah , si unis-
sero coi Palermitani contro di lai. Movea di Palermo
il di quindici agosto, alla volta di Trapani, lo esercito
capitanato da un Mesùd-Bàgi/ L'armata d'una tren*
tina di vele uscì non guari dopo: fu colta da una
tempesta nella breve e difficile navigazione eh' è da
Palermo a Trapani , onde la più parte dei legni perì;
quegli scampati , senza potere altrimenti offendere il
nemico, si ridussero a casa. L'oste intanto assaliva
il campo affrìcano sotto Trapani: si combattea fìera^
mente da ambo le parti con gran' sangue, e rima-
neva indecisa la vittoria. Ma il ventidue agosto, rap-
piccata dai Palermitani la zuffa, mantenuta con uguale
fortuna infino a vespro,' prevalse in ultimo la espe^
rienza di guerra di Abd-AUah, o il numero degli Af-
fricani che arrivava al certo a quattordici o quindici
mila uomini, se si risguardi ai centoventi legni che
li avean portato. Abd-AUah, usando la vittoria, prese
la via di Palermo su le orme del nemico; indirizzò a
Palermo Tarmata che aveva ormai libero il mare, e
poteva assaltare la città e molestar anco Toste che
SI rìtraea. Lenti e minacciosi ritraeansi i Palermitani,
* 1M óM MSS. di lbii-el*AUitr si trova il secondo nome senza
pinti diacritici. Credo vada letto Bdgi. Questo, a detta del Lobb^l-
Lobbdb di Sojuti, edizione del Vetb, può esser nome di ikmiglia per-
siana, 0 nome etnico derivato da Bàgla, eliè cosi addimandavasi una
città della penisola spagouola (Beja in Portogallo); uii villaggio in Af-
frica (Bedja nell* odierno reame di Tunis, città dentro terra a poca di-
stanza da Tabarca); e un villaggio presso Ispahan in Persia.
* Traduco " vespro * la voce 'atr che indica una delle ore della
preghiera, e risponde a venuin'ora, secondo rantleo modo italiano,
doè nei primi di setteBdl>re, e in Palermo, alle tre e mezza dopo mez-
zodì. Veggansl le tavde delle ore delle preghiere musulmane alla la-
titudine del Cairo, presso Lane, Modem Egyptians, tomo I, p. 309.
— 67 — {900.|
come quelli che sapean difendere patria e libertà; si
che fecero far al viacitore una sessantina di miglia
in quattordici giorni; e al decimoquinto, che fa Tetto
settembre , gli presentaron la terza battaglia. Pugna-
rono dieci ore continue dall' alba a vespro , in una
delle due valli, credo io, che sboccano nell'agro pa*-
lermitano a dritta e a sinistra di Baida/ Alfine meno-
mati, rifiniti, sopraffiitti, sbaragliaronsi fuggendo verso
la città vecchia : gli Àffricani da vespro a sera ferono
orrìbil macello di loft>; occuparono i 8oU)orghi; sao-
cheggiaronli,' a spreto della legge che vietava di por
mano nella roba e nel sangue dei ribelli musulmani.
Gon tuttociò non si fe ricordo di enormezze come
qnelle.di Tunisi, dalle quali rifùggia Vanirne alto e
gentile di Abd-Àllah. Gli increbbe anco della batta-
glia, se ci apponghiamo al sentimento di tre versi ,
che improvvisò in Sicih'a, forse quel di stésso; nei
quali, disgustato delle stragi, incendii e distruzioni.
* U Zkné» dice oondiattaU la gionau e alle porte deUe città; »
il che ai deve intendere fuori i sobborghi , poiché lbo*-el-Athtr dke ^
occupati qne&U dopo la vittoria. È da rtoocdavsi che la strada da Tnh
paal a Palernso hnibo alla metà del XII secolo, e ttate più oltre, pas-
sava per Carini, come il mostrano gli itinerarìi di Edrisi. Però dorea cor-
rere per una delie valli che fiaieheggiano Monte Cuocio, e uscire alla
pianura, sìa tra Bocca di Falco e Baida, sia tra questa e la OMOtagna di
Petraoi, lungo Ui linea della nuova strada da mota di Torretta.
' Riscontrinsi : Ibn-el-Athlr, anno 287, MS. A, tomo II, fog. 107, seg.;
e MS. di Blbars, fog. 133 recto, seg.; i^atdn, tomo I, p. 135; Ibn-Khal-
dùn, flttfoire de VAfripte el de la SieiU, p. IS2, seg.; Chronktm tanta'
irigienUf p. 45; Giovanni Diacono di Napoli, IVaslazIoiie del corpo di
San Severino, presso Gaetani, Vita Sanctarum Sioulorumf tomo li, p. dO,
ripubblicato da Muratori, Rerum Itaìiearum Seriptorei, tono I, parte IK
p. 960. fi maraviglioso lo accordo di Giovanni Diacono col cronisti musulmaiii
intorno la importanza dei £aitti ; e della Cronica<(li Cambridge, di origine gre-
ca, con Iba-el-Athlr, su la data della battaglia df Palermo , che l' uno porta
il IO di ramadbin, ei' altro V otto di settembre, che è appunto il riscontro
del calendario cristiano col musulmano.
|900.] — 68 —
quel prode, sospirando, pensava a qualche giorno
tranquillo, vivuto nei giardini di Rakkàda, in mezzo
alle sue donne e figliuoli/
Palermo ingrossando di quartieri suburbani,
stendeasi in questo tempo dalla parte di scirocco
infino alla sponda dell' Oreto ; da ponente ne saliva
una catena di abituri per due miglia e piii infino al
villaggio di Baida, ossia alle falde dei monti: sob-
borghi sì importanti che racchiudeano da dugento
moschee e però vi si debbon supporre a un di presso
due quinti di tutta la popolazione palermitana.' Su quel
vasto aggregato di ville da diletto ed umili case della
gente industriale, torreggiava la città antica, afforzata
di bastioni e di lagune, il Cassaro come l'appellarono
gli Arabi, spaziosa cittadella di figura ovale che tenea
quasi il mezzo dell' odierna città. ' Occupati i sobbor-
* Questi Tersi sono trascrìtti da Ibn-el-Àtbtr nella notizia biografica
jAì Abd-Allah, anno 389, MS. A, tomo lì ,rog. 172 recto; MS. G, tomo IV,
fog. 279 recto; e MS. di Bibars, fog. 129 verso; e con qualche variante da
Ibn-Abbàr, MS. della Società Astaiica di Parigi, fog. 33 verso. Mettendo
nell'ultimo verso un punto diacritico .Botto la h della voce b hdr e leggen-
dola bigidr, che vuol dire accanto, in vicinanza, traduco così :
e Bevo la salutar bevanda > in (erra straniera, lungi da' miei e dalla
» mia casa:
» Ahi 1 soleva altre volte appressarla a' labbri, quand' io tutto otez-
» zava dì muschio e d'aloe;
» Ed or eccomi in mezzo al sangue, tra 1 vortici del fumo e il poi-
f verio. »
Ho reso "salutar bevanda " la voce dewé, medicamento, farmaco*
* lakùt nel Mo'gim el-Boldàn, MS. di Oxford, articolo Palermo, tra-
scrive uno squarcio della descrizione d' Ibn-^Haukal, nel quale si dà questo
numero di moschee e si ripete quel di 300 del resto della città, che si co-
noscea secondo la descrizione da me pubblicata. Quel passo va or corretto
secondo lakùt, la cui aggiunta ne compie la sintassi che rimanea sospesa.
' Oltre ciò che ho detta su la topografia di Palermo nei capitoli pre-
cedenti, veggasi Ibn-Haukal, Deteription de Palerme^ da me pubblicata nel
Journal Asiatique, IV sèrie, tomo V, p. 94, 95; e néìV Archivio Storico
Italiano, appendice XYl, p. 22. I nomi delle porte della città antica che
— 69 — |9oo.|
ghi dai nemico, i cittadini si difesero nel Gassaro
per dieci giorni e stipularono un accordo; onde fu-
rono Schiuse le porte ad Abd-Allah , il diciotto set-
tembre. Per patto, o innanzi che si fermasse, gran-
dissimo numero di cittadini con lor donne e figliuoli
andavano a rifuggirsi in Taormina ; Rakamùweih e i
più intinti nella rivoluzione facean vela chi per Co-
stantinopoli , chi per altri paesi di Cristianità , ove
mai non potesse arrivare il braccio d' Ibrahim. Dopo
lo sgombro, rimase pure uno stuolo di ottimati so-
spetti che Abd-Allah inviava al padre in Aflfrica;
forse di qudli cui non v'era pretesto ad uccidere,
poiché le croniche non parlan di supplizio loro. Così
riluce per ogni verso la umanità del vincitore.*
^i lunghe discordie non poteano ignorarsi dai
Cristiani. Que'di Val Demone le aveano usato nella
tregua dell'ottocento novantacinque , nella quale sem-
bra entrato, allora o poi, lo stratego di Calabria; at-
troviamo in Ibii-Haukal , ci permettono di fissare il perimetro. Movendo
dalla odierna parrocchia dt Sani' Antonio saliva verso libeccio per V altura
ov' è il monastero delle Vergini , continuava per la strada del Gelso fino a
Sant' Agata la Guilla, volgessi a scirocco lungo una linea cbe or si tirasse
dalla cattedrale allo Spe/lal grande , e , ripiegandosi verso greco , toccava
gli attuali monisteri dei Benfratellì e Santa Chiara, Università degli studii,
Uflcio della Posta, Monistero dì Santa Caterina, donde tornava alla'chiesa
di Sant' Antonio. Figura ellittica , il cui asse maggiore coincidéa con la
strada del Gassaro d'oggi presa dalla cattedrale a Sant'Antonio. A gue-
st' asse éorrean quasi pàralelle, d' ambo i Iati, due strade cbe agevolmente
oggi si riconoscono, anguste e serpeggianti come tutte quelle del medio
evo ; l' una dal Monastero delle Vergini alla Beccheria vecchia {Ocidituri\ ;
r altra dal Palagio Comunale al monastero di Santa Chiara. Non si badi
molto alla pianta del Morso, Palermo anticoy cbe si riferisce ai tempi nor-
manni , e d' altronde è inesattissima.
* Riscontrinsi : Ibn-el-Athtr ; il Baidn; e Ibn-Khaldùn ai luoghi citati
nella nota 2 della p. 67 del presente voi. il Baidn dice espressamente che
Abd-Allah entrava dopo accordato l' amdn il venti di raroadh&n.
4000.1 — 70 —
teso che Giovaani^ Diacono di Napoli dice provocata
da cotesto accordo là guerra di Abd-AIlah io quella
provincia/ Nel medesimo tempo Sant'Elia da Castro-
giovanni, ancorché ottuagenario e infermo, si appre*
stava a ripassare in Sicilia, lusingato, forse richie-
sto, dair imperatore Lecme il Sapiente : Elia da Ca-
strQgiovanni , stato ausiliare di Basilio Macedone nel
tentato racquisto dell' isola venti anni innanzi ; e il
vedremo tra non guari incoraggiare, a modo soo, al-
restrema difesa il popolo di Taormina. ' Yedrem anco
novelli sforzi dei Bizantini: un patrizio e un presidio
mandati a Taormina; grand' oste adunata a Reggio;
armata venuta di Gostantinopoli a Messina. I quali
fatti mostrano ad evidenza che Y impero fé' disegno
nelle guerre civili dei Musulmani e nel bisogno che
avea di lui la colonia ribelle. Dopo la occupazione di
Palermo, l' impero armò un poco ; suscitò al riscatto
le popolazioni cristiane dell'isola, alla guerra quelle
di Calabria; trascinato egli stesso dai Musulmani ri-
fuggiti a Taormina; a Costantinopoli e in Calabria , i
quali speravano gran cose al certo e molte più ne
diceano.
Abd-AUah , sapesse o no coteste pratiche, do-
Vea combattere la guerra sacra, per dare sfogo agli
agitati ànitni dèi Musulmani di Sicilia , per soddisfare
a sé stesso, alla opinione pubblica, al padre. Non
tardò dunque a uscir di Palermo; cavalcò il contado
di Taormina; svelse le vigne; molestò il presidio con
* Johannis Diaconi Neapolitani, Martirio di San Procopio presso il
Gaelani, Ft/ce Sanctorum Siculorum, lonto U, p. 60; e presso Muratori,
k^rum Italicarum Scriptore^, tomo I, parte 1I>> p. 269.
^ Vita di Sant' Elia, presso il Gaetani^ op. cit., tomo II, p. 73.
— 71 — (904.1
avvisaglie; e oome rmverao s'innoltrava, sperando
ridurre più agevolmente Catania, città in pianura, la
assediò; ma indarno. Periochè, tornato in Palermo a
svernare, appareochiÒL più poderosi armam^iti, e,
abbonacciala la stagione , fe* salpare il navilio a' ven-
ticinque tnarzo del novecento uno. Egli con Teser-
cito andò a porre il campo a Demona; piantò i man*
gani contro le mura; le battè per diciassette giórni; ^
ma risaputo d'un grande sforzo di genti che i Bizan-»
tini adunavano in Calabria, lasciò stare il presidio di
Demona buono a difendersi e non ad offendere; e
volò con r esercito a Messina. Par che Tarmata ì4
fosse ita innanzi, e che la città si fosse di queto sot-
tomessa. Abd-AUah passava immantinenti lo stretto.
Trovata Toste sotto le mura di Reggio, un'accozza-
glia dei presidii bizantini delT Italia meridionale e di
Calabresi che li abborrivano, i Musulmani la sbara*
gliaron col spio terrore, dice Giovanni Diacono. Men-
tre i fuggenti correano da ogni banda per la campa-
gna , Abd-Allah irruppe senza ostacolo in città il dieci
giugno. Le feroci genti sue cominciarono una strage
indistinta: poi Tavarizia consigliò di far prigioni; d^
ne ragunarono diciassettemila, tra i quali fu tratto in '
carcere^ come scrive Giovanni, il venerando vescovo
dal crin bianco e dalla faccia colorita, spirante dol-
cezza. Immenso il cumulo della preda: oro, argento,
suppellettili ; rigorosamente custodito dai vincitori ,
continua il medesimo autore, e ben si riscontra con
la legge musulmana che vieta di scompartire il bot-
tino in territorio nemico. Yi si aggiunsero i tributi e
presenti delle città vicine, le quali si affrettavano a
1901-902.1 — . 72 —
mandare oratori chiedendo Tamàn ; poiché Abd-ÀUah
avea dato voce di volere stanziare a Reggio. Ma im-
provvisamente ei ripassa lo stretto, sapendo arrivata
da Costantinopoli a Messina un armata greca; e la
coglie nel porto; le prende trenta legni; fa diroccar
le mura della città, per gastigo o cautela. Intanto tra-
ghettavano continuamente da Reggio a Messina le
navi da carico, zeppe di roba e schiavi. Abd-Aliah
condusse di nuovo Y armata su le costiere di Terra-
ferma; combattè altri nemici, forse gente dei duchi
Franchi di Spoleto e Camerino, condotti ài soldi del-
ikimperatore di Costantinopoli. In questa impresa il
principe aghlabita occupò, il venti luglio, una città
di cui non ben si legge il nome, forse Nardo; ^ e si
ridusse alfine cpn tutte le genti in Palermo, donde
mandò nunzii al padre col racconto delle vittorie e
il meglio del bottino. Fino alla primavera del nove-
centodue, quando andò a trovarlo ei medesimo in
Affrica, Abd-Allah soggiornò nella capitale della Si-
cilia, reggendo i popoli con giustizia e bontà.*
* Si troYa nel solo Ibn-el-AtbIr, in un passo di cui abbiamo tre MSS.
con tre lezioni diverse : Barlibùa, Jartinùa, e nel BIS. ordinariamente più
corretto, Bartono6t2a. Facendo astrazione delle vocali non accentuate, il
nome si riduce a sette lettere, alcune delle quali posson variare secondo i
punti diacritici. Le lettere sono: 1« 6, t, n, t, th, e può anche rispondere
alle nostre p e v; 2« r, ovvero %i^t; 4* e 3f stesse lettere che la prima;
6* w, ovvero u; 7« a, la quale potrebbe esser muta, onde la finale è an-
che incerta tra u e wa. Combinando le. consonanti con varie vocali, la
migliore lezione sembra JVert^lnu, che risponde al nome dato dai geografi
antichi ai popoli di Neritum in terra d'Otranto. Neritum, oggi Nardo, città
poco lontana dal mare, fìi assai importante nel medio evo, fatta sede ve-
scovile nel XV secolo. Ma la mia congbìettura è tanto più incerta, quanto
sappiamo assai vagamente la regione di cui si tratti , come diremo nella
nota seguente. >
> Rlscontrinsi : Ibn-el-Athtr, anno 287, MS. À ^ tomo II, fog. 167 ver-
so; e MS. di Bibars, fog. 123 recto, seg.; ed anno 261, MS. A, tomo 11,
— 73 — 190^.1
Corse fama in Italia che Ibrahim , iatendendo dai
messaggi del figliuob la impresa di Reggio , prorom-
fog. 93; MS. C, tomo IV, fon^. SISfeno; e MS. di Bibars, fog ; Joban-
pes DiacoQQS, Translatio corporis Sancii Severini, presso Gaelant, Vita
Sanetorum Siculorum, tomo li, p. 60; e presso Muratori, Rerum Italica-
rum Seriptores, tomo 1,' parte lU, p. 968^ seg.; Baidn, tomo I, p. 195,
annoÌ88; Chronicon Cantabrigiense, presso Di Gregorio, Rerum Àrabiea-
rum, p. 44; Ibn-Khaldùn, HistoirederAfiriquettde la Stct7e, Torsione di
M. Des Vergers, p. i37, i38; e il ceìioo cbe ne U Nowairì, con errore di
data, nella Storia d'Affrica, in appendice alla^t>/otre des Jìerbères,par Ibn^
Khaldoun, versione di M. De Slane, tomo I, p. 431 ; Chronicon VuUumenset
presso Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo I, parte U«» p. 415.
Più che ad ogni altro si badi a Ibn-el-Atbtr, e Giovanni Diacono.
Nei MSS. A e di Bibars si legge che le navi musulmane tornavan da Reg-
gio a Messina cariche di roba e dakik, che vuol dir ferina » ma credo vada
corretto raktk, schiavi. La battaglia di Reggio è riferita da Ibn-el-Athlr al
mese di regeb (91 giugno a 90 luglio 901), e dàlia Cronica di Cambridge
precisamente al 10 giugno; e questa data io lio seguito, ma forse è erro-
nea, e si dee correggere 10 loglio, mutando una sola lettera nel testo ara-
bico, e leggendovi iuliu In vece di iuniu, il Baidn in luogo di Rtwa (Reg-
gio) ha % la, che si potrebbe supporre Scilla, ma è. alterazione del primo
di questi nomi. Ibn-Khaldùn, per errore, credo io, di memoria, frettolosa-
mente compendiando questi annali, scrisse che Abd-AUàb, andato da Taor-
mina a Catania, e trovandola ostinata alla difesa, se. ne tornò per ripu-
gnanza a spargere sangue musulmano. Ciò non si legge in ibn-el-Athtr;
né è^ probabile -che Catania a questo tempo fosse già divenuta colonia
musulmana. Anzi, la espugnazione del vicino castello di Aci nel 909,
eh' era tenuto dai Cristiani , li fa supporre signori anco di Catania.
Adessa debbo allegar le testtmoniftoze di quell* ultima impresa di
Abd-Allab, dopò la distruzione delle mura di Messina. Ibn-el-^Atbtr, ab-
bozzando sotto r anno 961 una biografla di Ibrahim-ibn-Ahmed , dice
che proponendosi costui il pellegrinaggio e la guerra sacra, andò a Sosa
l'amio 969 (909) e e indi passò còl navilio ili Sfciiia, e potè il campo a
» Dem&na, Assediatala per diciassètte giorni , andò a Messinat e pauò a
» Bisggio, ove s* era adunata gran gente dei Rum, Ei li combatteva alle
» parte della città; li sbaragliava ; e prendea Reggio , con la spada alla
» mano, del mese di regeb. Saccheggiatola, fece ritorno a Messina, di
» cui abbattè le mura; e, trovando in porto le navi arrivate da Costan*
» tinopoli, ne prese trénta. Andò poi a HeriPinù {Bartibù etCw), e se ne
» insignori alia fine di regeb, Ei die esempi di giustizia e di, òuona
f condotta verso i sudditi. Andò poi a Taormina etci, » segqendoa nar-
rare la.espugoaaione di questa città nel 909. Or lo squarcio cbe bo messo
io carattere corsivo è compendio esatto, e in molti luoghi trascrliione, di
quello che contiene le imprese di Abd-Allah dèi 901 , il quale si trova
sotto Tanno 987; se non cbe in quest* ultima inanca la impresa di Ne-
ritlnù. £ evidente dunque cbe. Ibn-el-Atblr, o il copista, replicò nella
|9<M.| ~ 74 —
pessé ìd rampogne: « Non esser suo sangue, no, te-
ner daUa lùadre , questo svenevole che s' impietoi^va
dei Cristiani e tornava addietro, principiate affiena
le vittorie ! Se ne venisse dunque a poltrire in Atìpi-
ca, che egli, Ibrahim-^ibn-Abmed, andrelrfje a hìo^
strare ai nemici di Dìo e degli uomini il valor vero
della schiatta dAghIab. » A queste parcrfe d'ira s'ag*
giugneano romori contraddittori! : che Abd-AUah se-
gretamente sopraccorresse a corte per felso avviso
della odorte del padre; che Ibrahim vistoselo accan*
to, in luogo di incrudelire, gli rinunziasse il regno e
ponessegli al dito il proprio anello.*
Cosi tra le fole si risapea la verità. Al dir d^una
cronica araba, la verità era che richiamatisi i Mu-
sulmani di Tunis appo il califo abbassida Mo'tadhed-
Billah delle enormezze che aveano a sopportare, e
mostratogli che certe schiave che Ibrahim gli avea
mandato in dono, fosser le mogli e figliuole loro, Mo**
guerra d' Ibrahim parecchi faui di quella di Abd-AUah dett'amio pvece-
dente. £ eTÌdente, dico, per lo assedio di Demona, Yittofia di Reggio,
presura delle navi greche a Messina, e distruzione delle mura di ìin^
sta citt^. Mi pare probabile per la occupazione di Nerlttnù.
fi Ciò perchè Ibn-Kbaldùn, il quale compendiava gli annali di Ibn-^^
Atblr, e on* altra cronica più antica, dopo tuUe le imprese di Abd«<Allah
eone noi le abbiamo narrato, fino alla distruzione delle mura di Messina,
continna : t Indi tras^ttd ndla ticina parte d' Italia (cosi va resa la deDomi-
» nai^nedi a'dwet-^er'-Rùm) ; combattè con popoH Frandii d' oltre il mare;
» e toittò in Sicilia. 9 La città dunque il cui nome leggiam sì male inttaHeK
Athir, par che giacesse nella regione vagamente chiamata a'éweU^'-RAmj
che non si può intendere del solo stretto di Messina, ma di tutta la co-
stiera òhe guarda la Sicilia, se si ricordi il valor della deoominazione ana-
loga di Berr-el-i'cfwa in Affrica. 1 Fnuichi eombauuti da Abd-Allah non
poteano esser che le genti dei duchi di Spoleto e Camerino condotti ai soldi
di Leone il Sapiente. Rltraggiamo infatti ch'egli nel 904 abbia mandato da-
naro «t Franchi per rinforzire r esercito destinato contro la Sidfia. Veg-
ipasi 11 cap. lY del presente Libro > p. 87, 89.
' Johannes Dtacoius Neapolita&ns« i. e.
— 7t) — |90<.)
tadhed inorrìdito «i risovv^iva d' essere pontefice e
imperatore. Facea duuque sentire in Affrica, la prima
volta da nn secolo, i Viveri del successor del Profe*
ta^ Significava]! per nn mèssag^iero; al quale Ibrahìm
volle fskirsi incontro in attestato di riverenza, con*
tenendo i superbi movimenti dell' animo, con si doro
sforzo, eh* ei ne fu colpito di malattia biliosa , e co-
stretto a sostare alla ^kha, o vogliam dire stagno
salmastro di Tunis. Abboccatosi quivi segretamente
con r ambasciatore, promesse di ubbidire al califo;
il quale per bocea di costui, senza comando scritto,
g^i ingittgnea di rìsègnare il governo al figKuolo
Abd-Allah e rappresentarsi in persona a Bagdad. *
Tanta pKxlestia civile d' Ibrafaim si comprenderà me-
glio, considerando eh' ei già sentiva crollare il trono
aghiabita. Una sètta politica, dèlie tante che ne co-
vavano sotto la teotorazia musulmana, s' era appresa
alla forte tribù berbera di Kotàma ; e scoppiava già
in aperta ribellione, minacciando al paro il principato
d'Affrica e il dalilato. In Affrica, Arabi e Beii)eri, or^
todossi e scismatici, nobiltà menomata dai supplizi!
e plebe spolpata sotto pretesto di farle giustizia con^
* Nowafri, Storia d^À/frica, MS. di Parigi 702 A, fog. 83 verso; e
tnduione «y M. Be Siane, ìnappendiee a llm-Klialdfta, BUt^ire 4e$ Iteiv
bères, tomo I, p. 431 ; Ibn-Kbaldùn, Histoire de VAfrique et de la SicUe,
Torsione di H. Des Vergefrs, p. 138 e 139. Avvertaci die M. De SlaDe Iia
toUato il kiojgo del Nowairi, o?e si dice della malattia che colpln Ibfabtm
in questo momento. Quanto alla tradizione , sembra che il Nowairi r abbia
tolto da Ibn-Reklk; al par di Ibn-Khaldùn, il quale lo attesta espressamen-
te. £gU è vero cb« Ibn^Abb&r, MS. detta Società Asiatie» df Parigi, fog. 35
recto, riferisce aver letto nella Storia d' Ibn-Reklk, che Mo'tadbed ìniriie*
ciò di deporre Ibrahim e surrogargli, non il figliuolo» mail cugino Mobam-
med; ma questo si dee tenere Come folto divereo, seguito appunto nel-
VSd^t prima della uecisione dei detto Mohammed, della quale abbiam
fatto parola nel Capitolo precedente, p. 58.
1904.1 —Te-
tro i nobili, a una voce tutti maledivan T Empio,
come il chiamarono per antonomasia./ Minacciavalo
di più, dall'Egitto, la dinastia dei Beni-Tolùn ,- po-
tentissimi di ricchezze e d'ardire, imparentati col
califo, usurpatori che per far più guadagno s' offrian
sostegni alla legittimità. Sovrastandogli dunque no-
vella guerra civile, complicatissima, spaventevole,
senza speranze di uscirne vincitore, ei riformò il
governo e abdicò, fingendo d'uldndìre al califo. No-
tevole è che un altro cronista, copiato o abbreviato
nel Baiàn, senza far parola del messaggio di Mo'ta-
dhed, attribuisce a dirittura le riforme d'Ibrahim ai
movimenti della tribù di Kotàma , e dice che allora
ei volle fersi grato air universale, e riguadagnare gli
animi degli antichi partigiani di casa d'Aghlab. '
Pose il nome d' anno della giustizia al dugen-
tottantanove deir egira (1 6 dicembre 901 a 4 dicem-
bre 902) che incominciava tra quelle vicende; abolì
le gabelle ; disdisse le novazioni nel modo di riscuo-
tere le decime ; ' rimesse agli agricoltori un anno di
tributo fondiario; Uberò i prigioni di stato; manomesse
i proprii schiavi ; cavò dalli scrigni grosse somme
di danaro e dielle ai giuristi e notabili di Eairewàn
per dispensarle ai bisognosi ; ma ebberle, iiggiugne
un cronista, queiche men le meritavano e furono scia-*
lacquate.^ Con ciò premurosamente scriveva ad
i EU-Fàsik. Questo soprannome si legge in Il)n*Abbàr, op. cit.,
fog. 32 verso.
> Baidn^ tomo I, p. 125 e 126.
' Veggasi nel Capitolo II del presente libro la nota 2 a p. 53.
*' Riscontrinsi: U Baian, 1. e.; e Nowatri, Storta d* Affrica ^ Dell' op.
cìt. , p. 432. .
— 77 — [902.1
Abd-Allah di venire in Affrica; il quale, lasciato
r esercito in Palermo ai proprii figliuoli Abu-Mo-
dbar e Abu-Ma'd, andò ih fretta con cinque galee
sole. * Arrivato ch'ei fu, Ibrahim, del mese di rebi'
primo (13 febbraio a 14 marzo 902), gli risegnava il
principato. Quanto a sé , non potendo rimanere in
Affrica né volendo ire a Bagdad , scrisse al califo
eh' ei si metteva in pellegrinaggio per la Mecca. Poi
pretestò che convenia passare per l'Egitto, e che
ei noi potea senza azzuffarsi coi Beni-Tolùn ; onde
inviò a Bagdad un'altra lettera : che ad evitare spar-
gimento di sangue musulmano, vedi s' egli era con-
trito, e a compiere insieme i due precetti del pelle-
grinaggio e della guerra sacra, piglierebbe la via
di Sicilia. ^ Forse agitava in mente il pazzo disegno
di andare alla Mecca per a traverso i torri torii di
Cristianità, il Bosforo e TAsia Minore, poich' egli
non avea rinunziato al figliuolo la signoria di Si-
cilia, e pensò al certo al conquisto d Italia, e in Italia
parlò di quel di Costantinopoli. ' Che che ne fosse ,
Ibrahim, sceso dal trono, parea rifatto altr'uomo.
Dissepolti i suoi tesori e armerie, indossò a mo' de-
gli anacoreti un cilicio tutto rattoppato; andò a Susa
a bandire, la guerra sacra. Di lì il sedici di rebi' se-
condo (30 marzo) parte per Nùba, castello in su la
marina tra Susa e Iklibia {Clypea) ; ove fa la mostra
* Ibn-el-Athlr, anno 287, MS. A, tomo II, fog. i67 verso; e BIS. di
Bibars, fog. i25 recto, seg.
' Riscontriosi : Nowairi, I. e. ; Ibn-ei-Alblr, anno 961, MS. A, tomo lì,
fog. 02 recto; e MS. C, tomo IV, fog. 246 verso ; Baidtii tomo I, p. 126.
' Jobamnes Diacooos, Translulio eorporii S, Severinif presso Gaetani,
Yilas^ Sanciorum Sieulorum, tomo II, p. ^; e presso Muratori , Jtemm
Ilalicarum Scriptores, tomo I, parte II*, p. 269, seg.
I
I V
[m.\ . -~ 78 —
dei vok>ntarii; li provvede d'armi e cavalli; dispeDsa
venti dinar a ogni cavaliero e dieci a ogni fante ; e
con loro fa vela per la Sicilia. ^
CAPITOLO IV.
Il tiranno penitente trovò perdono e anche sé-
guito in Sicilia. Sbarcato a Trapani* verso la fine
di maggio ' si messe a fer grate : poi cavalcò alta
volta di Palermo ; giansevi Y otto di lu^io, ma, c(m)'ei
sembra, non entrava in città. " Comandando tuttavìa
da re non ostante Y abdicazione, Ibrahim alzò in Pa--
iermo il Tribunal dei Soprusi ; deputò altri a prese-
dervi; ed egli, intento anima e corpo alla guerra
sacra, conduceva a soldo marinai, largheggiava sti-
pendii a cavalieri ; talché tra gli Affricani che avea
seco e i Musulmani di Sicilia che arruolò, mqsse in
* Ibn^^Atìitr e Nowaìri, II. ce. Nella Yersione di H. De Slane la daU
della partenza per Nuba è posta per errore di stappa in vece del i6 il 22
di rebi* secondo, che tornerebbe al 5 aprile.
> Trapani eertameote, come scrlTe Ibn-Khaldftn , ancorché nel lesto
di Nowairi si legga Trìpoli. Nelle opere arabiche quei due nomi son con-
fusi spesso. Ma qui il testo di Nowairi non lascia luogo a dubbio, portando
ebe Ibrahim da Nùba nmfigò a quella città, e che indi eavakò per a Pa*
Iermo.
> In maggio, secondo la dilfgentissima Cronica di Cambridge. Secondo
n conto di No^raìrì lo sbarco sarebbe smreiinto nella seconda metà di giu-
gno, poiché Ibrahim si intrattenea diciassette giorni a Trapani; ma questa
dfra può essere sbagliata, come lo è di certo quella del soggiemo in Pa-
lermo.
* Giovanni DiaooAO napoletancr espressameoie nota che IbraUm sde-
gnasse d' entrare in Palermo, come casa propria. Air incontro Nowairi ri-
ferisce tanti particolari da non potersi meltere in forse Tandata. Il detto
che fibrahìra non tenne, ma fe^ tenere da altri il Tribunale dei Sopmsf,
mi fa supporre che il liraono fosse rimase fuor la città vecchia.
' — 79 — (902 I
ponto un' oste poderosa. Il diciassette di luglio mo-
vea con quella sopra Taormina. ^
Per fortezza di sito, numero di popolo, tradi-
zioni , e monumenti , era ormai questa la capitale
della Sicilia bizantina, degli aspri luoghi, cioè, tra
TEtna e la Peloriade, ne' quali un pugno d'uomini di-
fendeva ancora il vessillo della Croce. Non potendo
abbandonar costoro senza vergogna, Leone il Sa-
piente li aiutava com'ei sapea ; che è a dire, poco,
tardi, e strambo. Quel che conosciam di certo è
che, sovrastando il pericolo pei notissimi appresti
d' Ibrahim, Leone teneva i soldati dell' armata a Co-
stantinopoli a fare i manovali nella fabbrica di due
chiese e d' un monastero di eunuchi ; e eh' avea già
mandato a Taormina un presidio con Costantino Cara-
malo ' e Michele Characto ; dei quali il primo fé' mala
* Riscontrfnsi: Nowairì, SìùTìa d'Affrica, MS. di Parigi 702 A, fog. 53
vejso; e tradluioBe francese ài M. De Slane, in appendice a Ibn-Khaldloi,
Histoire des Berbèrest tomo I , p. 452 ; Um-Kbaldùn , HUtoire de VAfriqm
et de la Sieile, versione di M. Des Vergers, p. 142; Johannes Diaconns
NeapoliUmus, TranslaHo corfom Sanati Severini, presso Gaetani, Viim San-
etorum Sieulorum, tomo li, p. 61. Non cito Ibn-el-Athìr perchè il testo è
Tidato, cerne dissi nel capitolo precedente, nota, p. 75. ÀTTertasi che
la versione di M. De Slane tn questo luogo del Nowairì sembra poco esat-
ta, e V ha qualche error di stampa nelle date, oltre lo errore del Nowairi
che Ibrahim arrivato in Palermo il 28 regeb (8 luglio) , e soggiornatovi
quattordici giorni, ne fosse partito il 7 scia'bàn (17 luglio). M. De Slane ha
soppresso quest' ultima data, accorgendosi che fòsse sbagliata.
< n nome di Costantino si legge nella Vita di Sant'Elia da Gastrogio-
vanni, e gli è dato fi titolo di patrislo. I cronisti bizantini scrivon che
e fosse In Taormina, > al tempo deHa espugnazione^ Garamalo, conuB
e* pare, capitano del presidio , quantunque non gli dian titolo di patrizio,
né altro. Penso io dunque che si tratti d' un medesimo personaggio per
nome CostanthM), e di casato Garamalo. I bizantini non dicono né anco il
grado di Michele Characto, ma eh' egli accusò di viltà e tradimento il Ga-
ramalo, quand' entrambi si rifuggirono a Costantinopoli. Da ciò la con-
ghiettura che il Characto fosse secondo in grado, o capitanasse qualche
1002.1 — . 80 -^
prova ; e il secondo, inferiore in grado, non potè ri-
parare , o almeno il die a credere. ^ Al medesimo
tempo Leone richiedeva Elia da Gastrogiovanni di
pregare per la salate dell'impero, dice l'agiografo,
i fotti mostrano, di andare a Taormina; ov'egli, Sici-
liano, con la sua fama di santità^ rozza eloquenza, e
venerabile aspetto, prendesse due colombi a un favo,
come pareva alla corte bizantina : incoraggiare cioè
i combattenti ; e mondarli dalle peccata, dalle quali
fermamente si credea che venisse ogni sconfitta
delle armi bizantine. Elia, ottuagenario, infermo, so-
stenuto in pie dair indomabile costanza dell' animo,
passava incontanente col fidato suo Daniele, di Cala-
bria in Sicilia, sotto specie di venire a baciar le ossa
di San Pancrazio, primo vescovo di Taormina ; e si
messe air opera con impeto. Rinfacciava alla misera
città non mancarle nessun peccato ; rampognava
Costantino che non sapesse ritenere i soldati dagli
omicidii, oltraggi, gozzovìglie, dissolutezze ; gli par-
lava d' Epaminonda e di Scipione, uomini di si spec-
chiati costumi da far arrossire i Cristiani di quei
tempi corrotti; gli ricordava la temperanza e la con-
tinenza, come necessarie virtù di chi s' appresti alta
guerra. Rincalzò, al solito , i savii consigli con la
corpo ausiliare, il quale vìrluosamenle avesse combaUulo contro Ibrabim.
.Giorgio Monaco fa supporre clie Eustazio, drungario dell'armata, fosse
stato inviato a Taormina o incaricato di recarle aiate ; il che ei non fece,
e indi ne fu -punito. Ma par che il cronista supponga questa colpa, oon«
fondendola con quella che certamenle commise Èustasio, mandato contro
r armata di Leone da Tripoli di Siria.
« Riscontrinsi: Georgius Monachus, De leone Batiìii filio^ § 25,
p. B61 ; Theophanes continuatut, lib. Vi, 2 18, p. 3d5; Symeon Magister»
De Leone Bafilii filio, § 9, p. 704; Leoois Grammatici, Chronographia,
p. 274,
— 81 — • (0O2.|
macchina epica : vaticinò, e non era sforzo di prò*
fezia, il passaggio imminente del fier Brachimo Af-
fricano ; il guasto, la carnificina , V arsione di Taor-
mina. Giacendo infermo a casa del cittadino Chrisio*
ne, Elia diceva all'ospite : " Vedi; qui in questo letto
si adagerà Brachimo vincitore : ed ahi quanta strage
insanguinerà queste mura ! " Un' altra fiata, andando
per la piazza maggiore, s' alzava i panni a ginocchio,
e richiesto del perchè, rispondea : " Veggo abbon-
dare i rivi di sangue. "* Poi girava le strade, in
mutande,* stranamente avviluppato dicatene; si po«
neva un giogo di legno sul collo : per lui non restò
di sbigottire soldati e cittadini, se punto credeano a
profeti viventi. Cosi la religione dei Bizantini sba-
gliava sempre il segno. Elia, fatto ludibrio della
gente, non perdonò all' ultima cerimonia di scuoter
. la polvere da' sandali , uscendo dalla città ; e come
Ibrahim s' appressava , così egli navigò ad Amalfi.
Comparso il nemico, i difenditori di Taormina
non si stetter chiusi entro le mura. Scendendo,
com' e' sembra, alla marina di Giardini, presentarono
la battaglia ad Ibrahim; virtuosamente la combat-
terono con gran sangue d' ambo le parti : e già le
schiere musulmane balenavano; serpeggiava tra
quelle un pensier di fuga ; perdeasi al vento la voce
d^ un che aveva intonato per rincorarli le parole di
lor sacro libro : ^ Sì che ti daremo segnalata vitto-
* La versione latina ha : Quippe lumbare lineum supra lumhos suos
ponete. Dunque il buon vecchio, gittata la cocolla, si mostrava con le
sole mutande, per imitare^ credo io, la foggia deglf schiavi. Vita Sancti
EH<B Junior Ì8 presso Gaetani, Vitce Sanctorum Sieulorumy tomo 11, p. 73
e 74; e nella collezione dei Bollandisti, i7 agosto, p. 479, seg.
II. 6
|902.| —Si-
ria, " ^ quando Ibrahiiu lanciossi nella mischia. Volto
a quel pio guerriero: " Perchè non reciti, * :gli gridò,
"^ cotesti altri versi : — Ecco due litiganti che dispu-
tano chi sia il Signor loro. Ma agi' Infedeli son ap*
parecchiate vestimenta di fuoco e mazze di ferro : su
le teste loro si verserà acqua bollente, da strugger
viscere e pelle."" * E quando quegli ebbe fornito i due
vèrsi: ^'O sommo Iddio,* ripigliava Ibrabim, "di te
disputiamo quest'oggi io e gli Infedeli; "* e tornò aK
Fassalto, caricando con essolui gli uomini più vaio*
rosi e di piii alto consiglio; i quali fecer impeto che
spezzò r ordinanza nemica. Allora i Cirìstiani a fug*
gire sparpagliati ; i Musulmani a inseguirli su p^ le
vette dei monti, dicon le croniche, e in fondo ai
burroni. Altri scampavano su le navi ; e tra questi
forse i due capitani bizantini. Altri riparavansi
alla città; coi quali alla rinfusa salirono il monte
ed entrarono i vincitori; e incalzaronli fino alla cit-
tadella, Castel di Mola, come oggi s' addimanda, che
sovrasta air erta di Taormina da un' erta assai più
scoscesa e superba, a distanza d' un miglio. Ibrahim
pur tentò un colpo di mano : impaziente di fer ma-
cello tra la popolazione che s' era messa in salvo
nella rócca, mentre le ultime schiere vi si rìtràean
combattendo. Girata intorno intomo la costa , sparsi
i suoi d'ogni lato, Ibrahim scoprì un luogo ove gli
parve ch'uom potesse inerpicarsi con mani e pie;
e a furia di promesse cacciò su per quei dirupi
un drappello de* suoi stanziali negri ; i quali supera-
< Corano, Sura XLVUI» verso 1.
3 Corano, Sura XXII, yersi 20 e 31.
— 83 — |902.|
roQ r altezza, e a un tratto tuonarono agli orecchi
dei guerrieri cristiani ^ Akbar Allah. ** S' erano essi
adagiati a prendere un po' di cibo, fidandosi nel sito
inespugnabile; stanchi della sanguinosa giornata; te-
nendo guardie nei luoghi accessibili e negli altri no;
quando li percosse il noto grido di guerra dei ne-
mici. Scompigliati e confìisi, non corrono a gittar a
basso delle rupi quel pugno di schiavi, non a difen-
dere la strada del castello. Ibrahim dunque, udito il
segno de' suoi, sali senza contrasto con le altre schie-
re ; spezzò le porte ; e comandò Y eccidio. Era la do-
menica, primo d' agosto novecento due. *
Ibrahim efferatamente abusò questa vittoria. Alla
prima fe'trucidare, con gli uomini da portar armi, anco
le donne, i bambini, i chierici, cui la legge musulmana
perdona la vita ; fece porre fuoco alla città; dar la cacr
eia ai fuggenti per le foreste di que monti ed entro le
caverne; addurre a se i cattivi, perchè ninno di cui
< Ritedntriosi: Ibn-eWAilitr, anno 961 , MS. A, tomo il, fog. 09;
MS. G, tomo IV, fog. 246 verso; e MS. di Bibars; Nowairi, Storia
d'Affrica , testo nel MS. di Parigi 702, A, fog. 83 verso, e traduzione pressò
De Slane, op. cit., p. 439, 433; Uut^Klialdùa, Biiioir^ de yAfrifU0 el d$
la Sicile, p. 149; Ckronieon Cantabrigiense , presso Di Gregorio, Rerum
Arabicarum, p. 44; Johannes Diaconus presso Gaetani, Vita Sanctorum
Siculorum, tomo II, p. 61. Non cito i Bizantini perchè non portano par-
ticolari del fatto, né date. Nella Cronica di Cambridge V anno è sbagliato
dal copista che scrìsse 9i(ta (sei) in luogo di sena (anno), la qoal voce
diffieri^ee 4aj|a prima per «n sol punto diacritieo. Così vi si trova 6419
in l«oi(0 di 6440, cioè 908 in luogo di 909. Ma le altre tesftiaioniaiise
storiche non iasci^n dubbio su la v^ra lezione; e a ritrovarla basterebbe
^co il calendario , porcile la Crwilca di Cambridge espressamente dice
presa Taormina la domenica primo d' agosto, il qual dì incontrò in dome*
alca il 909, e non il 908. U giorno deyignato da Ibn-el-Atblr, è il 99
sda'bl^n 989, ohe risponde «satiamente al 1» agosto 909. La Cronica del
Monastero di Volturno, presso Muratori, Rerum Ilalicarum Scriptores, to-
mo I, parte II«, p. 413, accenna senza data la espugnazione di Taormina.
••
1902.1 — 84 —
potea comandare la morte non gli escisse di mano per
umanità o avarizia altrui. Così, recatagli una gran tor-
ma nella quale si trovb Procopio vescovo della città,
Ibrahim chiamatolo a sé : "" Cotesti tuoi capelli bian-
chi " gli disse *'mi ti fan parlare pacatamente. Se e' ti
rendon savio, abiura la fede cristiana; e salverai la tua
vita e di tutti costoro; e ti darò tal grado, che in
Sicilia sarai secondo a me solo. " Procopio sorrise
senza rispondere; e incalzandolo il Musulmano: "Ma
tu non sai chi ti parla?" replicò. ^'Sì; Tè il demo-
nio per bocca tua ; e indi rido. " Onde Ibrahim volto
agli sgherri comandava : ** Sparategli il petto , cava-
tegli il cuore, eh' io vo' cercarvi gli arcani di cotesta
mente superba : " linguaggio del vero conio di Ibrahim.
Il santo vecchio, dato al supplizio, finché potè arti-
colare la voce, imprecò contro il tiranno, confortò
i Compagni al martirio. Aggiugne Giovanni Diacono,
autor della narrazione, che Ibrahim, furibondo a tal
costanza, digrignando i denti, arrivò a chiedere che gli
dessero a mangiar il cuore; e se non compì l'orrenda
Jaltanza, fece scannare gli altri prigioni sul cadavere
del vescovo, arderli tutti insieme, e alla fine della festa
si levò mormorando : " Così . sia consumato chi mi
resiste ^"^ * *
^ Johannes Diaconus, I. e. È verosimile e perciò non r ho tolto Via»
quel vanto da cannibale che Ibrahim forse non intendeva di consumare.
Nel Baién^ tomo I, p. 1^, leggiamo che il 285 (896) egli avea fatto ucci*
dere quindici persone a Taurg;ha neU* odierno Stato di Tripoli, e cuocerne
le teste, come se volesse Imbandirle a mensa ; il che fu cagione che la più
parte del proprio esercito k) abbandonasse. Un MS. della Biblioteca di
Bamberg, dello XI secolo, citato neir opera di Pérts, Scrtp/ores, tomo lU,
p. 548, in nou alla Cronica Salernitana, accenna il martirio di San Proco-
pio , evidentemente compendiando e alterando là narrazione di Giovanni
Diacono.
— 85 — (002 1
Lieve opera fu alla caduta di Taormiua di ri-
durre il rimanente del Val Demone. Ibrahim, venduti
i prigioni e il bottino, e spartito il prezzo tra' suoi,
mandava quattro forti schiere; una col nipote Zia-
det-AUah a Mico o Vico , fortissimo castello dentro
terra, non hingi, credo io, dal Capo Scaletta; ' l'altra
col proprio figliuolo Abu-Aghlab, sopra Demona;* la
terza capitanata dall'altro figliuol suo Abu-Hogir ' so-
pra Rametta; l'ultima contro il caste! di Aci * condotta
da un Sa'dùn-el-Gelowi. Delle quali castella, le due
prime, sendo state sgombrate già dai terrazzani alla
nuova del caso di Taormina, fruttaron solo ai Musul-
< Nei Tàrii MSS. d* Ibn-el-Alhtr, Ibn-Kbaldùn ; e Nowairi qaesto no-
me si legge Blkesc, Benfesc, Hfesc, Mlnisc, Minia, e talvolta è scritto
senza punti diacrìtici. Edrisi pone tra Messina e Taormina, in luogo aspro
e montuoso, a 15 miglia verso mezzodì da Monforte, una terra Hlkosc, Ml-
kos. Minia, secondo i varii MSS. Non trovo in oggi nomi somiglianti ; ma
Il luogo risponde tra il Capo di Scaletta e il Monte Scuderi ; sia Àrtalia , o
Pozzolo. Superiore, o Giampileri ec Castello par cbe non ne rimanesse n^
anco al tempo di Edrisi; Il nome mi par latino o greco, Vicus, mJ^^s Miqxocc
0 ancbe. Himì, Mandanici, cbe darebbe quest'ultimo nome aggiunto a quel
di MficvjpM, non risponderebbe ^alla detta distanza da Monfprte, cbe per
altro può essere inesatta o sbagliata nel MS. di Edrisi.
' Veggasi la nota 4 a p. 468 del I Volume» lib. il, cap. XII, inlomo
il sito del caste! di Demona.
' Si pronunzìi come Hodjr in francese, e in inglese Bojr, Non V bo
scritto Hogr perchè darebbe un suono diverso»
* Certamente El-^lagi, quantunque alcun MS, porli El^Bàqi, Et^
làgi ec, mutando i pùnti diacritici, e altro dia le lettere senza punti. Edrisi
Io scrive Liàgi, come si I^ge nel migliori MSS., dovendosi negli altrì ag-
giugneve un punto diacritico alla ietterà h e mutarla così in t, Liag o Liagi
in luogo di Lebag cbe si è trascritta. La differenza di ortografia tra Edrisi
e le memorie, di certo anteriori a lui, su le quali compilò Ibn-el-Atbtr,
dà luogo a una curiosa osservazione fljologica. Nel X secolo , al quale van
riCerite quelle memorie, il nome di ^Axts e AcU, pronunziato in Sicilia, co-
m' oggi 9 loci, eoo la prima vocale strisciante nel modo cbe avvertii per
Enna, era scriUo dagli Arabi col loro articola ej; probabilmente perchè i
Greci V usavano ancbe con V articolo. Neihi prima metà del XII secolo, in
.cui visse Edrisi, Si dlcea Li Àch con V articolo italiano , il che può agglu-
gnersi alle altre t>rove cbe la lingua nostra già si parlasse in Sicilia.
|902.1 — 86 —
mani quel po' di roba che vi era rimasta. I cittadini
di Rametta offrivano di pagar la gezta; ma non lo
assentì Àbu-Hogir e volle gli abbandonassero la ròc-
ca; e, avutala, la smantellò, quanto potea. Similmente
que'd'Aei e delle rócche e fortezze dei contorni, fat-
tisi insieme a chieder patti, non ottennero altro che
la vita, fors'anco la libertà delle persone: e uscendo
dalle mura che avéan si lungamente e gloriosamente
difeso, le videro diroccar dai nemici e gittarne i sassi
in mare. ' Pietro Diacono, monaco cassinese del duo-
decimo secolo, su quest'eccidio di Taormina fabbricò
l'apocrifa narrazione accennata da noi nel prime
Libro; nella quale affermò che Agrigento, Catania,
Trapani, Partinico, Iccara, e le distrutte già pa-
recchi secoli innanzi Cristo, Tindaro, Segesta, Solunto,
' Riseontrinsi : Ibn^l^Alhtr, Ibn-Khaldùo, e Nowairi, )]. ce. Il rac-
conto di Nowftiri, che in qaesto laogo è particolareggiato più che gli altri,
éopo ayer detto di Bico, Demena e Rametta, continua: e E mandò sopra
» Ad, con un'altra schiera, Sa*dùn-el*6elowi. Tutte le popolazioni in-
» sieme si rivolsero a costai, profferendo la ge^ia; ma egli non l'accettò,
1 né volle altro patto che l' uscita loro dalle fortezze. Uscironne dunque :
» ed egli distrusse tutte le ròcche e castella, e ne gittò le pietre in mare. >
Questo passo prova che la denominazione di Ad, al principio del X secolo,
comprendesse parecchie castella ; ovvero che Ad fosse come la capitale di
quelle sparse sul flanco orientale deU' Etna. Tra i due suppoiAi, terrei piut*
tosto il primo ; perchè ai tempi di Ed risi , Aci par éBe fosse nominata al
plorale, come dissi nella nota precedente ; e in oggi v'ha infino a sette co^
munì di tal nome, poco lontani l*un dall'altro. Qual fosse la fortezza prhi*
dpale nel 903, non so. Porse Castel d* Ad, posto sopra un masso df basalto
in sul mare, rimpetto alll scogli de' Ciclopi, o Faraglioni come or diiamansi :
Le Uole di Ad di Edrisi« Castel d' Ad è famoso nelle guerre degli Angioini
contro gli Aragonesi. Potrebbe darsi ancora che la ròcca principale fòsse
stata svi vicin *' Capo del Molini " ove si trovano ruderi antichisìBimi; ovvero
nel quartier della odierna Adreale, detta Fatane, che ha avanzi di un edi-
Azio romano o bizantino, e vi si è scavata una grossa pietra di lava, col
noto monogramma del motto *Gesù Cristo- vince* che si sole» porre nelle
fortezze e bandiere bizantine. Veggasi su le antichità dette l'erudito la-
voro di Lionardo Vigo, NòHMie thriehe d'Aei Beate, cap. II.
— 87 — 1902.1
fossero ville della Badia di Monte Cassino, quando
vennero di Babilonia e d'Affrica innumerevoli Sara-
ceni capitanati da Ibrahim a rapir quei ricchi poderi,
immolando le migliaia di frati che li tenessero.*
Ma pervenute a Costantinopoli le infauste nuove
di Taormina, Leone gravemente se n'accorò, scrivon
le cronache musulmane; e per sette dì, ricusava di
cinger la corona , dicendo non star bene ad uom tribo-
lato. Continuano a narrare che sorgea neir universale
il generoso pensiero di aiutare i Cristiani di Sicilia;
ma che lo sturbò la voce che Ibrahim si apprestasse
ad andar sopra Costantinopoli; onde Leone afforzava
la capitale con un esercito e pur avviava forti schiere
alla volta di Sicilia. * Il véro è eh' egli volle mandar
danaro in Calabria per levar gente e assoldare i fenda-
tarli longobardi o franchi che passassero in Sicilia. Lo
ricaviamo dalle memorie bizantine che si accordano
con le musulmane nella esposizione dei sentimenti,
se non de' fatti. Leone condannò a morte il Caramalo
per la viltà o tradimento suo a Taormina; e ai pre*
ghi del patriarca di Costantinopoli, commutò il sup-
plizio in professione monastica: strana gradazione di
pene in una età in cui la vita monastica , assomigliata
< VegKasI U Libro 1, cap. IV, p. i<X>, seg., e nota i ailt pag. 102.
L'episodio di Ibrabim appartiene esclasivamente a Pietro Diacono. Si con-
aerva manoscritto nella Biblioteca di Monte Gassino; come ritraggo dalla lista
messa in appendice al trattato di Pietro Diacono, De viris Ulustribtu €09-
4^.; presso Muratori, JUrum Italicarum ScripioreSf tomo VI. É pubbli-
cato dal Gaetani, VUm Sanetorum Sieulùrum^ tomo I, p. 181 , seg. , con
noce che condannano qnalche bugia è mostrano gli anacronismi sconci delia
narraitoiie, compilata, come dice Pietro Diacono, sa la Cosmografia di
Teofone, e la * Cronologia dei Pontefici Romani.*
s ^bn-el-Athtr , anno 361, MS. A, tomo II, fog. 02, seg.; MS. C, to-
mo IV, iiog. 246 verso.
1902.1 — 88 —
all'essere degli angioli, si teoea com'apice di perfe-
zione cristiana! * Vero altresì che si temesse a Co-
stantinopoli l'assalto, sia d'Ibrabim stesso che minao-
ciava di andarvi,' sia del rinnegato Leone da.Trippli
di Siria; il quale con cinqaantaquattro navi, armate in
Siria stessa e in; Egitto e rinforzate di Schiavoni, nei
principii della state del novecento quattro, accennò
alla capitale bizantina; fé' voltar faccia a due ammira-
gli; e, gittatosi sopra Tessalonica, entrovvì dopo tre
giorni d' assalto il trentuno luglio. ' Neir occupazione
* Georgios Monachss, De Leone Basilii filio, Ì 25, p. 860, 861 ; e Leo
Grammaticus, Chronografthia^ p. S74>, dicono espressamente condannati a
morte, pel fatto di Taormina, ii Caramalo ed Eustàzio drungario dell' ar-
mata ; e nominano i due monasteri diversi nei quali furono mandati per
commutazion di pena. Contuttociò Giorgio Monaco nel § 29, narrando la
impresa di Leone da Tripoli che seguì due anni dopo, dice mandatovi Eo»
statio con tutte le forze navali ; il quale tornd, allegando non aver potuto
trovare il nemico. Pare dunque cbe la condanna debba riferirsi a questo
secondo fatto; ma non è inverosimile, trattandosi della corte bizantiD»,
cbe dopo la prima prova sia stato tratto Eustàzio dal monastero, per affi-
dargli di nuovo r armata e la fortuna dell' impero.
^ Jobannis Diaconi Neapol. , Translatio etc. , presso Gaetani, Yitc^
Sànctorum Siculorum , tomo II, p. 62.
' Johannes Cameniata, De Excidio Thessaloniciensi, esattamente narra
tutti i particolari di cui fu testimone oculare; e tra gli altri, al i^lS^p. 51S^
la nazione del soldati capitanati dal rinnegato Leone. Perciò il Rampóldi
grossolanamente sbagliò. Annali Musulmani , scrivendo sotto Tanno 902
cbe i < Musulmani Agblabiti , radunata una flotta in Affrica e in Sicilia ,
» prendeano Lenno , e minacciavano Costantinopoli , comandati da Leone
» di Tripoli. > Lo seguì in questo errore il Martorana, NoH%ie dei Sartp-
ceni Siciliani, tomo I, cap. Il, p. 69; e nota 88, p. 20; e scrisse i fatti di
Lenno e Tessalonica « tra le belle gesta cbe pur fecero i Saraceni Sicilia-
» ni , » ingannalo ancbe dalla concisione di Cedreno , il quale sufkpoàe
Taormina e l' isola di Lenno occupate nella medesima impresa. Lenno. fu
presa dai Musulmani di Cilicla, capitanati da un altro rinnegato per nome
Damiano, Tanno 903; come si scorge dalie autorità cbe cita il Le Beati,
Hiitoire du Bas Empire, lib. LXXII, § 31 ; e in. particolare da Sym^n
Magister, De Leone Basilii filio y § 9 e 10, p. 704, il quale porta in anni
diversi i due fiotti di Taormina e di Lenno. Oltre Giovaoni Cameniata si
veggano per la impresa di Tessalonica, Theepkanes. continualus, lib. VI,
cap. XX, p; 366, seg.; Symeon Magister, § 15, 14, p. 705; Leo Gramma-
ticus, p. 277; Georgius Monacbus, § 20, p. 862.
— 89 — (9oa.|
della quale città si narra un episodio che attesta e le
cure di Leone il Sapiente a favor dei Siciliani , e la
scempia guisa in che si mandavano ad effètto. Rodo-
fiio eunuco e camerier dello imperatole, viaggiando
con cento libttt*e d>ro destinate air esercito che d<>-
vea mandarsi in Sicilia / s' era intrattenuto a Tessa-
Ionica per faccende, o, com' altri scrive, per malattia
da curarsi coi bagni ; quando pionibaron su la città i
Musulmani di Siria e di Egitto. Allora ei metteva in
salvo il tesoro , inviandolo in una provincia vicina ;
ma fatto prigione ei medesimo quand'entrò Leone da
Tripoli, questi n'ebbe spia, gliene domandò conto, es
non credendo alla scusa che allegava , lo fé* morir
sotto le verghe. Poi s'ebbe il danaro, minacciando
d'ardere Tessalonica. '
Ibrahim-ibn-Ahmed non soggiornò a lungo tra
le ruine di Taormina. Ragunate le schiere che avea
mandato a)le dette fazioni , marciò sopra Messina;
stettevidue dì soli; e il ventisei di ramadhan (3 set-
tembre) tra le preci<, i digiuni, le luminarie del mese
< Cento Ubbre d*oro secondo Giorgio Monaco, la Continuazione di
Teofane, e Symeon Magister, 11. ce. Giovanni Gameni^ta accenna prima
vagamente una grossa somma di danaro, e poi due talenti d*oro, op.
cit., § 59, p, 869. Il secondo aggiagne che il danaro servisse agli sti-
pendii e spese dell'esercito in StciUa( rbu xceroè lutlU* «t/^octoù), nia si
deve intendere di quello che si pensava f^f passare di Calabria in Si-
cilia. Symeon magibter dice che le cento libbre d' oro eran chiuse in
un cestellino (xociHmio^ per recarle ai Franchi. Senza dubbio ^ tratta
degli stessi Franchi di cui fa menzione Ibn-Rhaldùn nel 901 ; e probabil-
mente erano i duchi di Spoleto e Camerino, che nel IX e X secolo fecero
un po' i capiUni di ventura. Si vegga sopra a pag. 72, 74.
> Johannes Cameniata, op. cit., § 39 e 64, p. 569 e 576; TAeopAoK
nea eontinuatusjlib. \ly cap. XX, XXI, p. 566, seg.; Symeon Magister,
De Leone Bàsilii filio^ S ^3> ^^> P- '7^> s^g.; Georgius Monachus, De
Leone BasiUi fUio^ § 29, 50, p. 862, seg.; Leo Grammaticus, p. 277.
Veggasi anche Le Beau, Bistoire ìuBm Empire ^ ìib. LXXII, § 52, seg.
Id02 1 -r 90 —
santo e il fanatisnìo che ne crescea , valicò il Faro
con tutto r esercito. Attraversò F ultima Calabria senza
trovar nemici; sostò non lungi da Cosenza; * dove,
traendo al campo ambasciadori delle atterrite città a
chieder patti, Ibrahim li intrattenne alquanti dì; poi
rispose nella insolenza della vittoria : " Tornate ai
vostri e dite che prenderò cura io delFItalia e che
farò degli abitatori quel che mi parrà ! Spe^an forse
resistermi il regolo greco o il franco? Cosi ibssermi
attendai! qui innanzi con tutti gli eserciti 1 Aspettate-
mi dunque nelle città vostre; m* aspetti Roma, la dita
delvecchiarello Piero, coi suoi soldati germanici; e
poi verrà T ora di Costantinopoli ! "
Indi gli oratori a tornarsene frettolosi; e le città
ad apprestarsi contro T estrema fortuna : risarcir mu-
ra, alzare bastioni, far provigioni di vitto, ridurre
ne* luoghi forti quanti arredi preziosi o derrate fos-
sero nelle campagne. Il terrore giunse infino a Na-
poli. Tra gli altri provvedimenti, Gregorio console,
Stefano vescovo e gli ottimati della città, deliberavano
di abbattere il Castel Lucullanq, come chiainavasi,
a Capo Miseno : villa costruita da Mario ; comperata
e profusa di delizie da Lucullo; teatro di laidezze e
domestici misfatti degli imperatori di Roma; vergo-
gnoso confino d'Àugtistolo che vìssevi d'una pensione
_ d'Odoacre (479); mutata poscia in monastero e mo-
« Ibn-el-Àthìr, 1. e. ; Nowdirì, SU>ria d'Affrifsa, HS. di Parig!, 709, A,
tog. 83 verso ; e la tradazione franeese presso M. De Slane , op. cit. ,
p. 433; Ibn-Klialdikn, Eistmé^e VAfriqut et de la Sieile, p. 143, dice
Ibrabim tornato in SidKa , e morto air assedio di Cosenza cb'ei non sapeva
essere in Calabria. Il li^etto ritorno è evidente sbì^io nàto dal confondere
questa impresa dì Ibrabim con qn^a ^el figliuolo Tamio Hmanzi.
— 91 — |002.|
aumento sepolcrale di San Severino (496); afforzata
di mura , oocapata dai Musulmani di Sicilia (846) :
vera tavola cronologica delle rivoluzioni della società
italiana per nove secoli. I Napoletani a ragione to-
rneano che quelle moli non fossero occupate di nuovo
dalle navi di Sicilia per intercettale la navigazione
del golfo. Lavorarono dunque popolarmente per cin-
que di a spiantarle e a cercar tra le tombe le ossa
di San Severino che volean serbare con gli altri te-
sori in città; domandandole T abate del monastero
dello stesso nome a Napoli. Trovatele, o credutolo,
ruppero tutti in lagrime di gioia: e il di appresso,
che fu il tredici ottobre , le sacre reliquie erano con-
dotte in processione alla città; uscendo all'incontro i
magistrati, il popolo e i chierici che salmeggiavano,
come parlavansì due lingue a Napoli, chi in greco e
chi in latino. Per una settimana gli animi s'agitavano
tra cosi fatte effervescenze religiose e le male nuove
di Calabria, quando, a soverchiarli di paura, scherzò
nel firmamento non più vista moltitudine di stelle ca-
denti, la notte del diciotto ottobre, secondo Giovanni
Diacono, del ventisette al dire del Baiàn, o più fiate
in quella stagione, come par che voglia significare
Ibn-Abbàr. Aggiugne questi che si sparnazzavano a
dritta e a manca a somiglianza di pioggia. Le inno-
centi asteroidi, o meteore elettriche, o che che fos-
sero, che la scienza per anco noi sa, passaron tosto
in buon augurio, poiché San Severino, comparso in
sogno, secondo il costume, a un fanciullo, mandò
a dire ai Napoletani che nulla ne temessero e si
fidassero in lui che 11 difendea nella corte del Cie-
|902.| — 92 — .
lo.' Risaputasi poscia la morte di Ibrahim, non fu jn
Italia chi non credesse in&Uibilmente averne dato se-
gno le stelle cadenti. Un Tedesco, più scaltro, pensò
che questo fenomeno, non essendosi visto in Italia sola,
dovea risgnardar tutti i popoli, onde probabilmente
era venato a compiere una profezia ricordata nel
vangelo di San Luca; * il che torna air annunzio del
finimondo aspettato tante, volte in Cristianità. Gli
Àrabi d' Affrica, come se fossero stati meno super-
stiziosi, contentaronsi a chiamar queir anno T anno
delle stelle: ond'ebbe tre nomi, notano i croni-
* GioYaoni Diacono, testimone oculdie ed autor di questo raccon-
to, dice che la demolizione del castello Lucullano fu compiuta il 12
(quarto idus) 4' ottobre; il corpo di San Severino recato a Napoli il d\
appresso ; e te snelle cadenti viste dopo. sei dì, che tornerebbe al 18 o
al i9. Il Baidn, tomo I, p. 126 e 127, riferisce questo fenomeno al 22
del mese di dm^UICaia^ cioè dal tramonto del 27 al tramonto del 28
ottobre: e merita maggior fede, non s61o per la solita diligenza di co-
testa compilazione, ma ànce per l'uso degli Arabi di scrivere i numeri
alla distesa , più tosto che in cifre. D' altronde potrebbe sùpporsl che il
copista di Giovanni Diacono avesse notato VI in luogo dì XVI o di XV i
giorni corsi dal ritrovamento delle Ossa di San Severino alle stelle caden«
U. Ibn-Abbàr, MS. della Società Asiatica di Parigi, fog. 33 verso» ci con-
duce ad ammettere l'una e l* altra data, poiché fa supporre replicato il
fenomeno più o meno per molte sere, dicendo : e In dm-Uka^da di que-
r st* anno morì Ibrahim-ibn-Ahmied; e da quel momento furon viste stelle
^1 cadenti spamazzantisi come pioggia^a desthi e a sinistra; onde fu chia-
» mato r anno delle stelle. > Questo squarcio è stato tradotto inesatta-
mente da Gonde» Dominacion de ìo& Àrabes en Espam, parte II«, cap. 73.
lo mi sono intrattenuto sì lungamente ad esaminare questa data, poi-
ché gli scienziati osservano un periodo annuale in tal fenomeno, e che sia
più notabile verso il dieci agosto. Gol medesimo intento il barone De Ham-
mer ha raccolto nel Journal Asiatique, serie IH*, tomo III (i837), p. 391 ,
* alcuni ricordi d' autori arabi in fatto di stelle cadenti ; e il baron De Siane
vi ha fatto qualche! correzione nel tomo IV della medesima serie, p. 291.
^ > Evangelium secundum Lucam, XXI, 25. Questa riflessione è deU
l'anonimo autore d' un MS. deir XI secolo, posseduto dalla Biblioteca di
Bamberg, e ciùito nella raccolta di Pertz, Seriptoretj tomo III, p. 348, in
nota alla Cronica Salernitana. L' anonimo evidentemente ebbe alle roani la
narrazione di Giovanni Diacono, ch'ei compendia e guasta.
— 95 — |902:|
sti; poiché Ibrabim gli avea voluto porre anno della
giustizia e altri Tavea detto della tirannide. Ma niùn
Musulmano potea fer grave caso delle stelle cadenti,
sapendo dal Corano ciò che fossero appunto : demonii
euriosi, fulminati dagli Angioli, quando s'appressan
troppo ad origliare alle porte del Cielo. '
Non ostante sue minacce agli ambasciatori delle
città, Ibrahim tardò a investir Cosenzat. Ei che avea
saputo maneggiare queir esercito innumerevole e di-
scorde,' in cui fermentavano tanti odii, era sforzato
adesso di restare al retroguardo per una dissente-
ria mortale ; e invano si studiava ad occultare suo
pericolo con la tenacità dei tiranni. Pur fece dar mano
air assedio il primo ottobre ; accampare le genti su
le sponde del Crati ; ' fronteggiar tutte le porte di
Cosenza dai suoi figliuoli o uomini fidati, con forti
schiere ; drizzare i mangani contro le mura : ma
par eh' ei poscia nón^ abbia potuto esercitare né vo-
luto delegare il comando, né altri abbia osato pigliar-
1q. Per più di venti giorni dunque si scaramucciò con
disavvantaggio degli assedianti ; ai quali cadeau le
braccia, non più sentendosi reggere da quella feroce
e ferma volontà del capitano. Aggravatoglisi il morbo,
perduto il sonno, Ibrahim s' andò a chiuder tutto solo
in una chiesetta ; * ove spirò il sabato ventitré otto-
* Corano, Sura XV, verso 18; SoraXXXVIT, verso 8, seg.
s Così lo chiama GiovanDi Diacono.
'^ 11 Nowairi dice il fiume. Potrebbero esser dae, poiché il Busento
confluisce col Crati sotto Cosenza.
* Gli altri particolari della malattia d'ibrahim si cavano dai cronisti
musalmani. Giovanni Diacono dice Ibrahim morto nella chiesa di San Mi-
diele. In qoetla di San Pancratfo aflTerma la Cronica di Bari presso il Mu-
ratori, ÀtUiquUaies Italio<B Medii JEvi, tomo I, p. 51; e il Muratori vuol
correggere chiesa di San Bertario.
./ -
1 --94-
bre, a cinquantatrè anni di età, dopo ventisette anni
di tirannide e sette mesi di penitenza ; trapassato
come un santo , guerreggiando la guerra sacra, di-
sponendo di tutto il contante in Umosine, degli sta-
igli in opere pie. Non prima saputo eh' ei boccheg-
giava, i capitani dell'oste, adunatisi in segreto, ca-
valcarono alla tenda di Ziadet-Allah , figliuolo del
suo figliuolo Abd-Allah, e instantemente il richiesero
che si mettesse alla testa dell' esercito per ricondurlo
in Affrica. Al quale segno d' ammutinamento, il gio-
vane, pigro, dissoluto, vigliacco, scellerato senza il
vigor dell'avolo, tentano 4 volea scaricarsi del su-
premo comando sopra lo zio Abu-Aghlab; ma
questi gU uscì di sotto. Capitanando dunque suo
malgrado la ritirata, Ziadet-Allab aspettava che tor-
nassero al campo le gualdane sparse intorno a far
preda: accordava patti ai Cosentini che di nuovo
ne avean chiesto, ignorando la morte d' Ibrahim : e poi
eoa tutto r esercito e le rapite ricchezze e le salme-
rie prendea la vk^ di Sicilia; portando seco il corpo
dell' avolo in un feretro. Dice uno scrittore^ cristiano
che al ritorno gran parte delle genti perisse per
naufragio. Giunto Ziadet-Allah in Palermo , secondo
Nowairi e il Baidn^ fuvvi sepolto Ibrahim quaranta-
tre giorni dopo la morte , e innalzato un monumento
su la sua fossa. Secondo altri, lo recarono al Eai-
rewàn : talché s' ignora qual delle due terre sia pro-
fanata da quelle ossa. ^
< mscontrinsi: tbn-^^^Athlr» anno 261, MS. A, tomo 11, fog. 92, seg.;
MS. C, tomo IV, fog. 246 Terso; e MS. di fiibar«;Bai4ii, tomo I, p. i26;
Ibn-Abbàr, MS. della Società Asiatica di Parigi» fog. 35 verso; Nowairi,
— 95 — |doa.|
La morte d' Ibrabim » avendo liberato Tltalia
merìdioiiale senza fatica degli abitatori , vi fa tenuta
necessariamente opera del Cielo. Scrive Giovanni
Diacono cbe mentre i Napoletani stavan tra si e no
su r augurio delle stelle cadenti, venne a confermar
la rivelazione di San Severino un prigione testé fbg^
gito di Cosenza. Narrava questi a Gregorio Console
di Napoli, che, dormendo Ibrahim nella chiesa di
San Michele, gli era parato di vedere un vegliardo
di maestoso aspetto, il quale minacciato di morte dal
tiranno perchè osava entrar nella stanza, gli scagliò
un bastoiie che avea alle mani e si dileguò. Destatosi,
ma pur sentendosi ferito al fianco Ibrahim , richiedea
storia d'Affrica 9 MS. di Parigi, 703, A, fog. 53 verso e 54 recto; e la tra-
duzione francese presso De Siane, op. cit. , tomo I, p. 435, 434; Ibn-Klia]-
dOn, HistoiredeVAfrique et de la Sicile» p. 143, i44; Ibq-WuedrAn, § 6;
e versione di M. Cberbonneau, nella Revue de i'Orienf , déoembre 1855,
p. 429 ; Ibn-Abi-Dlnàr (El-Kalrouani), MS. di Parigi, fbg. 21 verso ; e tra-
duzione firàncese» p. 86; Abulfeda, ÀntuUes MoslenUci, anno 261 ; Johannes
Dlaconus, Translatio etc, presso Gaetani, Vitce Sanetorum Siculorum,
tomo n, p. 62; Chronicon Barauet anno 902, presso Muratori, Àntiquita-
tes Italica Medii £vi^ tomo I, pag. 31 ; e presso Pertz, Scriplor€$f tomo V,
p. 52; MS. di Bamb^ ciuio nella raccolta stessa di Pertz, Seriptortif Uh
mo IH, p. 548, in nota.
La data della morte, non scritta precisamente dall' accurato e con-
temporaneo Giovanni Diacono t si ritrae dai Musulmani. La recan tutti
nel mese d$u-4'ka'da del 289, ma v'ha divario nel>giomo: secondo il
Baiàn, il lunedi 17; secondo Nowairi, il sabato 18; e secondo Ibn-el-
Athìr, Ibn-Wuedr&n, e Abulfeda, il sabato diciannove: che tornano ai
23, 24 e 25 ottobre 902. Or poiché i giorni della settimana coincidono
nel nostro calendario o nel musulmano, e il i7 dstt-l-ìsa'da 289 comin-
ciò al tramonto del 22 e Onì al tramonto del 23 ottobre, giorno di sa-
bato, è evidente un lieve sbaglio in tutte quelle date. Qual che fosse
stata la cagione dell'errore, mi è parso di ritenere la data del sabato
23 ottobre.
Nelki versione del No^vairi, M. De Slane ha detto t quand la ma-
• ladie inteme dont Ibrahim souffirait, etc.; > ma confrontando con Ibn-
el-Athlr e Ibn-Abi-Dinàr son certo che si debba sostituire "malattia
viscerale. **
|902.| — 96 ^
di alcun prigion latìoo, e, addottogli il aarratore, gli
domandava se conoscesse il vecchio Pietro di Roma,
o n'avesse mai visto la effigie; e sapato ohe lo si
dipìngea di grande statara, raso i capelli e la barba,
ravvisò lo spettro del sogno, e in breve tempo gli
s' ingan^enì la ferita. * Il biografo di Sant' Elia da
Gastrogiovanni toglie V impresa a San Pietro per ono-
rarne il suo protagonista; il quale, riparato ad Amalfi,
tanto pregò eoa lagrime, digiuni e cilizii , che il fier
Brachimo, mentre assediava Cosenza e pensava a Co-
stantinopoli, venne a morte, * percosso non si sa come
dalla orazione del sant'uomo. Un altra tradizione
italiana ripetuta da parecchi cronisti, senza macchina
di iddii minori, lo fé' spacciare , all'antica, con una
folgore. *
* Johannes Diaconus, op. cit., presso Gaetan!, Vita Sanctorum Si'
eulorum, tomo H, p. 62; e presso Mnraiori, Rerum Italicarum Serijh
loTM. tomo I, parte Ih, p. 273.
* Vita Sancii EHtB Junioris, presso Gaetant , Vita Sanctorum Siculch
rum, tomo II, p. 74.
* Chnmieon Barense^ anno 902, presso Muratori, Antiquitates Ita-
lica Meda JEvi , tomo I, p. 31 ;- Vita di San Bertario citata qaìvi in nota
dal Muratori; Lttpi, ProtogJMitCB (Protospatarii) Chronicony anno 00 1,
presso Muratori, Rerum Italicarum Scriptoret, tomo V; presso Pratilli,
Hi$loria Prine, Langob,^ tomo IV, p. 20; e presso Pertz, Scriptores, to-
mo V, p. 63; Romaaldi Salernitani, Chronicon, anno 902, presso Murato-
ri, Rerum Italicarum Seriptùres, tomo V.
Non cito la Cronica delia Cava, e la Cronica di Calabria pubblicata
nella stessa raccolta di Pratilli, tomo III e tomo IV, perchè la prima è in-
terpolata, la seconda apocrifa del tutto.
Il Martorana, Notizie Storiche , tomo 1, tiap. II, p. 00, pensò di impa-
stare in uno tatti 1 racconti delle croniche. Scrisse che < annottando
1 remfaro Ibrahim intomo ali* assedio, e accaduto un gran temporale con
> frequenti detonazioni , vi fìi colpito A malamente da nn folmine elettrico,
» che dovè ievarsi tosto dall' ossidione; ppi morì di sfiracello tra mille do-
» lori entro al suo palazzo, nella città di Palermo. »
97 — |Sec. VUiBl
CAPITOLO V.
Non bastando ormai alla storia il classico qua-
dro dei fatti e delle passioni umane , se non siano
anco divisati gli oMinì e le opinioni che nascono da
scorgenti assai remote, forza è ch^io interrómpa nuo-
vamente la cronica di Sicilia, e torni addietro parec-
chi secoli , per rintracciare in Asia le cagioni del mu-
tamento di dinastia che s'apparecchiava alla morte
d' Ibrahim-ibn-Àhmed. Lo apparecchiava la setta
ismaeliana, della quale mi fo ad esporre Forigijij^, Tin-
dole, ì progressi.
L'autorità deirimperò musulmano, simonie por-
tava sua natura mista, fu combattuta da tre maniere
di nemici: le fazioni politiche, gli scismi religiosi, e
le sètte partecipanti dell uno e dell'altro. Fazioni
chiamo quelle che agognavano a mutare il principe
non le lèggi;' onde né impugnarono durante la lotta,
né toccarono dopo la vittoria, quegli assiomi teologici
e civili che costituivano l'islamismo ortodosso ; cioè
la fède che parea diritta al maggior numero. Parec-
chi Stati in fatti continuarono a rispettar come pon-
tefice il califo, cui disubbi^divano come prìncipe. Fino
gli Ometadi di Spagna, con lor pretensioni di legitti-
mità, esitarono per un secolo e mezzo a ripigliare il
sacro titolo di Gomandator dei Credenti, usurpato,
dicean essi, dalla casa di Àbbàs, ima pure assentitole
dalla più parte dei popoli musulmani.
Al contrario nacquero di molte eresie, i cui set-
II. 7
|Sec. VlialX.I — 98 —
tatori non si proposero dominazione politica, né vol-
lero sostener le opinioni con la forza delle armi; n)a
la ragione o Terrore^ la coscienza o la superbia del-
l'in tellettd, li spinsero a propagar, dottrine diverse
dalle sannite; affrontanido spesso la crudeltà dei prin-
cipi, il furor della plebe, i disagi delle persecuzioni,
la fatica d'una continua lotta, il pesante biasimo delle
moltitudini. Svilufpossi tal movimento tra la metà del
primo e la metà del terzo secolo dell' egira ^ nella Me-
sopotamia e province persiane ; nelle quali regióni e
nel qual tempo la schiatta arabica, venendo a contatto
con genti più incivilite , apprese le speculazioni del-
l'umano intelletto accumulate per sessanta secoli da
panteisti, politeisti, dualisti, unitarii, ra^nalisti. Del*
tero niateria agli seismi maomettani quelle tesi che
gli uomini in tutti i tempi han proposto sì facilmente
e poi sonvisi avviluppati come in laberinto di spine:
la natura dell'Ente supremo; la influraza- di quello
sopra le azioni umane e però predestinazione, libero
arbitrio, grazia; il merito della Fede e delle opere;
i gastighi serbati, a ohi peccasse nell'una o nelle al-
tre; e via discorrendo. Su cotesti argomenti T autorità
sunoita s* era appigliata sovente al partito più ripu-
gnaiìte alla ragione. Basti in esempio il domma orto-
dosso della eternità del Corano, negata dai Motaze-
liti; i quali furono perseguitati; finché, persuaso
alcun califo ahbassida, a lor volta divennero perse-
cutori. Ma gli scandali, i tumulti, il i^angue sparso
per questa e altre lìti teologiche^ n<Hi portarono a rivol*
gimenti politici. Dei settantadue scismi che novera la
storia ecclesiastica dei Musulmani, una ventina siman-
— 99 — [Scc. TIIoW.)
teone entro i detti limiti della disputa; come i Kaderili
sostesitori del libero arbitrio; i Geberiti dell'opera
passiva dell'uomo; i Motazditi che faceano eterna la
sola sostanza. della divÌBità; i Sefetiti che le accomur
Davano nella eternità i suoi accidenti o qualità; ì pigri
Mórgii aOìdantisi tutti nella Fede;.i Nizàmiti che ne-
gavano la libera volontà di Dio, e s'accostavano ai
filosofi materialisti; e altre sètte i cui nomi e opinioni
sarebbe superfluo a ripetere. \
. Avviati eh' e furono a libero esame, i pensatori
musuljmanì non pòteano trattenere il pie , che dallo
eresie non passassero ai razionalismo. A ciò li con-
dusse la serena luce della sciènza greca, la quale
cominciò a splendere nell' impero dei califi più presto
che non si crederebbe. Qualche libro di filosofia era
stato voltato in arabico dal greco e dal copto verso
la fine del settimo secolo dell'era cristiana, primo
dell'era n^usulmana, per opera di KhAIed-ibn-Ieztdn
ibn-Moa'wia, principe del sangue pmetade, sopran-*
nominato il filosofo della casa di Merwan. ' Ma acce*
lerato r incivilimento dai Persiani che esaltarono la
casa di Abbàs , ' si die mano a volgarizzare i pochi
libri che avanzavano in Persia della letteratura in-
diana e nazionale dei tèmpi sassanidi; si pose mag-^
giore studio a interpretare i libri scientifici dei Greci:
' Per cotesti fotti notissiùii non occorrono ciCaùonh I ptrticoiari bì>
possono vedere in Sciarestani e nelle altre oiiere che mi occorrerà in breTe>
di ricordare.
* Questo &ito mi è 4>cporso per la prima volta nel KUàb-él^FihrM ,
HS. di Parigi , tomo II, fog. 75 ve^. MolU di quei libri tratUvàno di v»»
terinaria; e forse l'amor dei cavalli fu la prima cagione che condaoesse
gli Arabi n^l santuario delle scienze greche.
' Veggasi ilLibro I» Icsp. VI, p. J4t, 143 del t» voi.
|Sec. VII a IX.| — IQO —
iinmeaso beneficio che la civiltà riconosce dar calìfl
Mansùr (754-755) e Mam.ùn{813-8a3), e da' costui
ministri della schiatta persiana di BarQiek. Le scienze
greche penetrarono allora nella società miisulmanisiper
triplice via: di Siria, di Persia e dell' impero bizanti-
no; perchè in quelle due province dei califi se ne sei^-^
bavanoJe tradizioni e qualche scritto; e dalle province
bizantine s'ebbero moltissimi libri per richiesta che
ne fece Mamùn agli imperatori di Costantinopoli
Così fiorivano nella capitale àbbassida, e poscia
in altre città dell' impero, gli studii di medicina, astron
nomia, geografia,, matematiche, storia naturale, lo^
giea, metafisica; e correano per le mani dei dqtti le
opere degli antichi filosofi, massime di Aristotile. ' Yò'
dir di passaggio clie quelle di Empedocle d'Agri^
gento o d'alcun suo discepolo. furono anco studiate in
Oriènte; e che nei principii del decimo secolo un Mu-
sulmano di Spagna tentò di fondare con tai dottrine
una scuola, la quale non resse alle persecuzioni. ' La
filosofia greca da una mai\p die armi agli eresiar-*
ehi musulmani dei quali abbiam detto di sopra; dal^
^ Veggansi in generale Hagi Khalfa nei Prolegomeni; Pocoeke ^ Spe-
citnen historia ^raòum /Wenricb, De auctorum grcecorum veirmnibus etc.
Il KHdb-el^Fihrist , MS. di Parigi, tomo li, fog. 67 verso, seg», fornisca
dati importanti a chi vqglla approfondire questa epoca della storia inteU
lettuale delT umanità. \
« Tarikh-^l-Hokemà; MS. di Parigi , Suppl. Ar. 672, p. 15. L'autore,
cbe visse nel XII secbio, afferma aver veduto in una btbfioteca di Gerusa-
lemme, t£9 i libri provenienti dal laseito dèlio sceiith' Aburl-Fetii-Nasr-
ibn-fbrahim di Gerusalemme stessa, un trattano di Empedocle contro la
immortalità delle anime, del quale èi non dà il titolo, e nota .Soltanto che
Aristotile V avesse confatato, e chef altri avesse voluto scusar Empedocle
supponendo allegorico il suo linguaggio; ma r autore aggiugne non vedervi
punto allegoria. Hagi-Khalfa^ ediz. Fiuegel, tomaV,p. 144, 152, ni 10,448
e 10,500, attribuisce ad Empedocle : !<> i2n ** libro della Metafisica,* cosi in-
— 101 •— |S«. VlIalX.l
f ditra mano fe'nascere varie scuole di liberi pensatori
che combat teano, più o meno apertamente ì principit
•d'ogni religione. Tali i Bàteni che presero il nome
dal significato latente, o vogliam dire allegorico, sup-
posto da loro nei libri sacri; ma alcuni arrivavano a
pretto ateismo; per esempio , il cieco Abcr-l-'Ala da
Me*arra in Sìria, il quale, in versi che parrebbero di
Lucrezio, sferzava insieme Giudei, Magi, Cristiani,
Musulmani; e conchiùdea che Tuman genere va spar-
tito in due: pensatori senza religione, e devoti senza
<3erveilò. ^ Le denominazioni delle i^cuole razioiialiste
titolato al par di quello notissimo d' Aristotile, e 2« lin "Libro sa la re-
surrezione 6pirituafe è su l'assurdo che le anime risorgano coùie (si rin«
novano) i corpi.' Ma il Wenricb, De audorum grtzcorum venionibus etc.,
p. 90, li crede apocrifi entrambi , non trovandoli in Diogene Laerzio.
Che che ne sia di questo argomento negativo, par che appartengano
ad Empedocle, o almeno ad alcun di sua scuola, i libri col nome del filo-
sofo agrigentino, dei quali gli Arabi possedeano le versioni. Penso cosi
perchè le opinioni fondamentali attribnite ad Empedocle dal Kitàb-el"
Bokemd, e più distintamente da Sciarestani , testo arabico, p. 260, seg.,
ben si accordano col panteismo che ritraggiamo dai frammenti di queste
filosofo e dàlie notizie che ce ne danno gli scrittori antichi* Al dir de'dne
eruditi arabi, la Divinità d' Empedocle era V astrazione della scienza, vo*
Ionia, beneficenza, potenza, giustizia, verità ee.; non già on, essere reale
dotato di dette qualità e chiamato con queWariinomi. La nota dottrina-di
Empedocle is« l'amore e l'odio, ossia l'attrazione e repulsione, si vede
anco chiaramente nella cosmogonia che gli attribuisce Sciarestani,.
IL filosofo spagnuolo che al dire del Kitdò^l'Hokemà tolse sue dot-
trmé da Empedocle, ebbe nome Mobammed-ibn-Abd-Allah-ibn-Hesarra-
ibn-Naglh, nato in Cordova l'SSS e morto il .031. Costui, dopo avere stu-
diato alia scuola d^l proprio padre e di due altri dotti spagnuoli, fu perse-
guitato come zindlk, per troppo zelo di spargere le dottrine d'Empedocle;
talché si rifuggiva in Oriente. A capo di lunghi anni, tornato in Spagna, ri-
ncominciò a insegnare la stessa filosofia più copertamente e cadde <di nuovo
in sospetto d'empietà.
Un compendio di quest' articolo del Tarìkh^el-Hokemà si legge in
Ibn-abi-^seibi'a, MS., di Parigi, Suppl. Ar. 673, fog. ^ recto, e Suppl.
Ar. 674, fog. 40 verso.
' Abulfeda, iiUHi^.lCo^Ieintet» an. 448 (I057)f, notando. la n^orte di
questo gran poeta , inserisce senza scrupolo ì versi che cito.
|See. VnalXI — 102 -^
furono sempre confuse appo i Musalmani, tra per
cautela degli adetti, sforzati a nascondersi sotto i
misteri e gli equivoci di sètte men radicali, e tra per
la ignoranza della comune degli uomini e la pronta
calunnia dei devoti. Appiccaron costoro maligna-
mente a tutti i liberi pensatori Fappellazione di zindtk,
perch*éra abborrita in persona dei comunisti persiani
e fatta sinonimo dempio, com'or si dirà. Quando
poi suonarono si terribili in Oriente i nomi dlsmae-
liani, Karmati, Drusi, Assassini, novelle sètte miste
aiut^ntisi con le spiegazioni allegoriche, i devoti col-
sero il destro di gridarli a gran voce Baleni; met-
tendo i filosofi a fascio con loro. E così è pervenuta
la storia agli eruditi europei del nostro secolo; i quali,
con loro preoccupazioni politiche e religiose, o non si
sono accorti di quegli errori o non si sono affrettati
a chiarirli. Indi si è esagerata la parte ch'ebbe la filo-
sofia greca nelle sètte più odiose. Indi si è supposta
tra varie sètte queir analogìa di modi è d'intenti che
di. certo non ebWo./ E però è mestieri ch'io tratti
questa materia più minatamente che non si addica a
quadro generale; ma tra due scogli mi par meno
male 'la digressione che Terrore.
Gran tratto innanzi i dissentimenti speculativi,
s erano mostrate neir islamismo le sètte miste d'ere-
sia e di fazione; i due ceppi delle quali, suddivisi in
rami secondo le opinioni accessorie, si chiamarono
Khàregi e Sciiti. Il nome dei primi s' intese quando
* Sdaresunif Kitùb^ìr-Mikl *Llbro delle ^ètte/ testo arabico, p. i47,
seg., nou la differenza che correa tra i B&teni antichi, ossia filosofi razio-
naligtl» e i Ei&tent moderni» sètte miste» chiamate con varii nomi in varii
paesi.
— i05 — ISec. VUàlX.J
il càlifo OihmàD conninciò a falsare la democrazia mu^
sulmàna. Difenditori della democrazia, i Khàregi eran
uoAìini di schiatte arabiche, e non pochi tra loro ri-
nomati per virtù, sapere e pietà.* CoUegaronsi con
gli Ottimati religiosi * e coi partigiani di Ali ; e tutti
insieme spensero Othmàn: se non che raccordo di
ire azioni, sì diverse negli intendimenti loro, sì ruppe
alla* esaltazione di Ali, prima che fosse abbattuto il
terrìbile nemico comune, eh' era V antica nobiltà, ca*
pitanata da Mo'awia-ibn-abi-Sofiàn. La parte più
turbolenta degli ottimati religiósi levossi contro Ali;
fu sconfitta nella giornata che chiamarono del Game*
lo; e i Khàregi tuttavia seguirono il vincitore su i
campi di Sefiein^ ov' ei si scontrò con Mo'awia. Ma
posatele armi per lo noto compromesso, i Khàregi
^piccavansì d^ Alt, vedendolo sospìnto da' suoi parti-
giani alla monarchia assoluta di dritta divino. A rin-
tuzzare sì pericolosi principiì d'usurpazione, ì Khà*
regi immantinente bandiscono non necessario nella
repubblica musulmana il calìfo; se talvolta il popolo
creda espediente dì noiQÌnamé , possa sceglierlo di
qualunque schiatta e condizione, coreiscita o no, li-
bero o schiavo; sia tenuto il catifò a governare ser
ooodo c^ti .patti fondamentali ; declinando lui dalle
vie della giustizia, il popolo possa deporto, combat-
terlo, metterlo a morte. Quanto ad Ali, per rispon-
dere air apoteosi che ne faceano 1 suoi , i Khàregi a
dirittura lo mcolparono di peccato per V accettato
* IHakrtei, presso S*ey, Exp^ de la nligioa dea Druaes, tomo I,
p. XIII, attesla questo flitto* La origitie arabica.» vede ancbe dal nomi
dei capi di parie Ttferici da Seiarestani.
' Veggasi il Libro 1, cap. HI, p. 69 del !<> volume.
(Sm. VlIalXI — 104 —
compromesso; e poco stante, per cagìon di questo
o d' altri atti di governo; lo chiarirono infedele ia
religione ; alfine pubblicamente Io maledissero, per
avere, combattendo contro di loro, messo a morte
gli uomini da portar arme, fatto bottino dei beni e
menato in cattività le donne e i fanciulli : crudel ri-:
f
gore di guerra , lecito solo contro Infedeli e hoii usatp
da Ali verso gli altri nemici musulmani. Quest' ultimo
fatto prova che Ali tenne i Khàregi non solo ribelli ,
ma sì eretici. E veramente quei loro assiomi sì precisi
di sovranità del popolo, tomava90 a scisma secobdo
le idee musulmane; e a scisma tornava, secondo le
idee di tutti i popoli , il dichiarar peccatore e infedele
un pontefice, e affermare che le peccata gravi portas-
sero a infedeltà. ^ Del resto ognun vede quanto sém-
plice, e, direi quasi, pratica sia stata còtèsta eresia^
nata dalla schiatta arabica, al paragon delle sottilità
straniere. Sursero poi novelle sètte khàregite più fé*
roci in lor teorie rivoluzionarie . e più speculative e
audaci in puntò di eresia; €ome portava da una mano
la rabbia della persecuzione e la coscienza della pro-^
pria debolezza, dalF altra il miscuglio coi forastieri.
Ognun sa che Ali cadea sotto il pugnale dei Khàregi
e che due altri despoti in erba ne campavamo a mala
pena. Il ramo kharegita detto dagli A^ràkiti , Qhe poi
levò tanto remore in Oriente, disse infedele chi dis-
simulava in parole o in opere trovandosi in pericolo,
e chi non correva alla guerra sacra, quella cioè di
* Sdarestani, Kitàb-el-Milel^- lesto arabico, p. 85, seg. L' autore
nota tra ì principii comuni alle sètte khàregite che il peccato gAve porti
infedeltà, ma noi ripete tra le opinioni particolari dei primi Kb®i del
tempo dì Ali.
— 105 — - lSec,VUalX.|
ior sètta òpntro ogni altra; e fé lecito dì uccidere
fin. le donne e bambini dei dissidenti; ma altri rami
non arrivarono a tali estremi. Quanto alle leggi estra-
nee alla contesa politica, gli Azrftkiti abolirono la
pena di morte per stupro ; altri permessero il matri^
monio con la figlinola della propria, figlia e qon la
figlia di fratello o sorella, e alsi il matrimonio di
Musulmana con uomo infedele; nei. quali punti di
S9i^ma traspariseon le dottrine persiane. Altre sen-
tenze teologiche e casuistiche tolsero or dai Motaze-
liti or da altri eterodossi:* Segnalaronsi le sètte kha-
regite per indomito ardire contro la tirannide , sì nel
campo e si in faccia al supplizio. Per due secoli acce-
sero atrocissime guerre nelle province orientali e in
Affrica; e molte dure scosse dettero allo Impero; ma
alla fine gli eserciti dei califi trionfaron di loro. Tanto
ardua impresa ella era di ristorare la democrazia di
Abu-Bekr e di Omar tra ìna^se di popolo eterogenee,
ignoranti, superstizio^ ; e tanto nocquero air intento
quei mezzi rabbiosi ed efferati, che al certo discredi-
tarono e assottigliarono i Kàhregi. più che non li rin-
forzassero col terrore.
A un tempo con quei campioni biella libertà
erano comparai i settatori più frenetici che abbìan
mai sostenuto r autorità, gli Sciiti o Scfi, come si do-
vrebbe scrivere^ e significa Partigiani. L' erano di
Ali. Téneano : il pontificato non procedere dalla comu-
nità musuhnana, né potersi conferire da uomini ; eli-
sero fondato su dritto divino, che il Profeta stesso
non ebbe autorità di cancellare né modificare; tra-
*ì
* Sciarestani, op. cit., p. 87 a 102.
(Sec. VllalX.I — 106 —
mandarsi ii pontificato per successione di sangue e
designazione del predecessore ; appartenere eviden-
temente ad Ali e sua schiatta. In ciò sì accordavamo
a un di presso tutti i rami di setta sciita. Dissenti-
vano sa r ordine della successione d' Ali. Inóltre i
Kaisaniti, ramo sciita, compendiavano stranamente
la religione nella assoluta obbedienza al pontefice. ^
I Gholà, altro ramo, 'scoprirono nei pontefici alìdi
non so che ipostasi divina, non so che spirito trasmi-
grante da persona a persona, e vi fu chi sostenne,
dopo la morte di Ali, ch'ei fosse salito in cielo per
tornare al mondo quando che fosse a ristorar la
giustizia, e che aspettasse passeggiando su i nugoli;
e sentian la sua voce nel tuono ; e vedean guizzare
nelle folgori la frusta dell' immortai cavaliero. Prìn-
cipii filosofici, miti, pensieri, imaigini, estranei tutti
alla schiatta arabica ; nei quali non è chi non raffi-
guri il sogno indiano delle incarnazioni , la supersti-
zione tibetana del ponteiBce Iddio, e la trasmigrazion
delie anime, e l'aspettativa del Messia, e un mito
eroico di vero conio indo-europeo. Cotesto merci stra-
niere entrarono neir impèro musulmano coi liberti
che avean prima professato magismo , sabeismo, giu-
daismo, cristianesimo, o alcuna setta' di esse religio-
ni; e veramente un liberto di Ali per nome Ks^isàn
die origine e nome al ramo sciita ricordato di sopra;
un Giudeo rinnegato, per nome Abd-Altah-ibn-Saba,
fu il primo dei Gbolà; e, vivendo Ali /aveva osato
' Seiarestani, op. cit, p* flOB, 109.
' È plurale deir aggettivo Ghàli, che significa "eccedente, smo-
derato."
— 107 — |S«c. VII a IX.|
dirgli ''Tu sei tu*' che volea sijgiìificar '^séi Dio."* 1 ba-
rattieri che cercavano un capo di parte e gli scioc-
clìi sì correvoli ad ogni maraviglia , . avean trovato
bello e pronto il soggetto del mito: Ali, cugino, fra-
tello elettivo, genero, compagno dall'infanzia, e im-
pavido difensore di Maometto; il guerrièro dalla spada
a due tagli, il quale mai non combattè uomo che noi
vincesse; il novello Sansone che air assalto di Kbai-
bar avea schii»ntat(() la porta dai cardini e fattosene
scudo; Ali nqbilissimo, caritatevole, liberale, e con
ciò ambizioso e le^iero. Indi V apoteosi presto fu
compiuta. Ali, che in su le prime avea lasciato fere,
b' accorse della empietà alla quale il tiravano, e sbandi
il giudeo Ibn-Saba ; ^ poi, incalzandolo altri adoratori;
inorridito, accese il fuoco e chiamò Kanbàr , comedi-
cea poetando egli stesso, per significar che gli avesse
fatto ucòidere e ardere i cadaveri da qud suo liber-
to. ^ Afa là superstizione non si dileguò a tal esem-
pio; non alla- morte del setnideo.^ La stirpe di Ali,
atrocemente proscritta, forniva alla leggenda alti'e pa-
gina spiranti tragica pietà: Hagian, avvelenato dagli
Ometadi per man della propria moglie, le perdona
dal letto di morte; Hosein con un pugno di uomini
fa tèsta a un esercito è cade, ultimo dei combattenti,
tra i cadaveri dei congiunti, con un fanciullo figliupl
SUD trafittogli nelle braccia ; i discendenti si segnalano,
< Sciarestani, op. dt., p. 109, 152, 153; il quale rintracdando il cam-
mino dì coleste opinioDi, e ignorando r orìgine indiana della incarnazione
{Efpiùli la attribaisce ai Cristiani. Si vegga anche Makrizi, presso Sacy,
Exposé dà la religian de$ Vnues, tomo I, p. xiH-xiy.
' Quest'ullimp fatto da Sciarestani, bp. cit., p. 133.
' Maitrizì, presso Sacy, Exposé de la religion des DntseSfiinno \, p. xnf .
(Scc.VIIalX.I — 108 —
quali per dottrina o valore, quali per pietà e rasse-
gnazione, e per lo più son vittima anch' essi dei so-
spetti di Stato; il glorioso nome di Ali per ses-
«ant'anni è maledetto nella pubblica preghiera del*
r impero. Pertanto la compassione dei popoli accre-
sceva ^ infocava i partigiani della sacra schiatta, ì
quali le attribuivano novelli miracoli, 6 correano al
martirio per ristorarla in sul tròno ; ma prevalendo
sempre sopra di loro le'^armi deicalifi, si ordinarono
alfine in società segreta. Fuori da quella congrega ,
continuò il fanatismo delle moltitudini ad esaltare gli
eroi di casa alida; sfogossi in sedizioni contro i Sun-
niti; e fino a questi di nostri ardentissimp si mani-
festa in Persia e nelle popolazioni musulmane del-
l'India.
La società segreta^ che i^accolse le forze popo-
lari '6 le adòprò ad esaltare in Affrica i veri o suppo-
sti discendenti di Ali, ebbe origine da sodàlizii più
antichi. Esaminando i due elementi dei quali neces-
sariamente si componea, cioè le dottriùe e gli òrdirii,
si trovano entrambi nella schiatta persiana. Le dot-
trine nacquero, o a dir meglio, presero forma pro-
pria e novella, nei principii dell'era volgare e in
Persia ; ove il magismo avea già cominciato ad ascol-
tare le teorie buddiste dell'Asia eentrale, le avea
trasmesso insieme con le proprie heiF Asia anterió-
re, e questa gli avea rimandato le nne q le altre
modificate d^l cristianesimo. In fatti il gran riforma-
tore della setta sciita, quegli che la ordinò in società
segreta, seguiva tuttavia la scuola d'un eresiarca
» •
del secondo secolo, rimaso incerto tra il magismo
— 109 — |Se«. VlIalX.I
e41cristiaiiesimo, Ilm-rDaisftn, o Bardesane, come chia-
masi oca forma siriaca: dottore ascetico e dualista,
il quale immaginò r uomo mediatore tra la Luce e le
Tenebre. * Ma i Daisaniti sono stati confusi spesso
coi Manichei, setta analoga che levò assai maggior
grido. Mani, come ognun sa, non contento di recar
da mero profeta un libro dettato dal Cielo, osò
a&rmai;e con idea buddista e linguaggio cristiano
ch'ei chiudesse in petto lo spìrito paracielo o divìn
consolatore del vangelo; predicò in Persia, Tartaria
e India una novella religione accozzata di varie al-
tre, soprattutto di magismo e cristianesimo; dove, tra
motte assurdità teologiche e molti ottimi principii di
morale, insegnò aver tutti gli uomini uguale diritto
al godimento dei beni e piaceri del mondo. ' Spento
Mani dai monarchi sassanidi (272) , e costretti i di-
* Su le sèue del magismo ci danno molto lume Mohammed-ibn-Ishak,,
aatoie M EMb*el^Fihmt, e SciareaUni ricordato di sopita; i. quali vis*
seiTO l'uno nel decimo, Taltró neirundeeimò secolo > ebbero alle mant
gran copia di materiali persiani, ed erano entrambi uomini da saperne ca-
nre costrutto. Ciò non ostante mancaron loro le cognizioni che a noifor*
nisce lo studio del buddismo, il quale ebbe tanta influenza su le varie sètte
dei magi. Per quella d* Ibn-Daisàn si vegga il Kitdìh^l'FihrUt , MS. di Pa-
rigi, Siippl. Ar., i400, tomo il, fog.^ i94 recto, e 211 recto e. verso; C| Scia-
restani , op. cit., p* 194, 196. il Kitàìh-e^Fihrisi porta il cominciamenlo
deB*eresia d* Ibn-Dais&ri una trentina^' anni dopo quella dei Marcioniti, ai
quali assegna il primo anno d'Antonino imperatore (i38); e alla eresia di
Mani' il secondo anno di Gallo (252). ^
' Questa teoria sociale è attj^ibuita a Mani nella compilazione turca
della crònica di Tabari, uno squarcio della quale, tradotto ini inglese, è
usdtCt.alla luce nel Journal of the American orientai Society» tomo.!,
p» 445> NewrHaven, 1849. SI trova altresì nelle. compilazioni orientali cbe
compendiano Tabari e si copian tra loro, lo presto fede a tale tradizione
per .la condizione ppliUca della Persia al tempo di Mani, e percbè Mazdak,
predicatore del comunismo in Persila, segni va la sua scuola. Nondimeno
debbo avvertire die non ne fan moUo.il Kitéb~el-Fihri8t^, tomo II, fog*
192 verso a 212 verso, né Sciarestanì, op. cit., p. 119 a 196, in lor dottis-
sime analisi della religione maniphea.
ISM.YUalX.l — 110 —
scepolì a rifuggirsi nella Transaxiana, ricomparvero
dopo il conquisto musulmano in Khorassàn e altre
province deir impero, e fino a Bagdad; ove se ne
contava trecento nella seconda metà del decimo seco-
lo. Or ignorati or perseguitati, e una volta (908-932)
tollerati per intervenzione dei principi dell'Asia cen^
trale,' i Manichei deir impero musulmano ordina-
rono una . gerarchia occulta, la cui sede era per Io
piìj in Babilonia e nei tempi difficili la trasportavano
ove poteano. '
Surse anche sotto i Sassanidi Mazdak, ^ sacer-
dote e teologo di scuola manichea; il quale, specu-
lando novità gu la teoria socialista del maestro, tal-
mente la allargò , che ne venne a baìxdìre il comunir
smo dei beni e delle donne e la licenza di soddisfare
a ogni desiderio che ppq nuocesse alla persona al-
trui: esortando, del resto, i proseliti alla beneficenza,
ali! ospitalità, ad astenersi dall' uccisione e afflizione
corporale degli uomini e fin degli animali. Per tren-
t*anni (498-531 ) Mazdak sconvolgea l'ordine cestii
tuito in Persia: e. arrivò a impadroilirsi della autorità
pubblica e mettere in pratica alcuna di sue d(4trine;
fioche il principato e la nobiltà, uniti insième, Io
< Gonfronlìnsi il KUàb^l-Fihrist e Scìarestaoi, U* co. Onesta passo
dei KUùìh-el'Fihrist è stato tradotto dà M. Reinaud, Géographie d'Abùìd"
feda^ Introdoclion^ p. cgclxi.
s Kitttlh^U'Fihrist, tòmo II, fog. 203 verso e 909 recto. Quivi si dice
MRdk, ossia capo, e della Ratta, o.vogllam dire direztonè centrale, de'
lianicbeì a B&bel, sotto Waltd i (7d5-71tS).
' Secondo il Kitalh'd-Fihristt tomo ì\ , fog. 216 verso e 217 recto ,
v'ebbe due personaggi nominati Mazdak. Del pdmo non si dice l'epoca,
masolo ch'ebbe sonito nel GebM, Aderbaigiàn , emonia, Reilera, Ham»*
dàn oFars. I suoi seltalorUuron dettiKhorràmii. llsecondoMazdàkèqnelle
di cui si conosce la istoria, e i settatori presero iì nome di MazdakianL .
— Ili — lS«c. VlIalXJ
spensero con uno spaventevole eccidio de' seguaci. '
Le teorìe, che sopravvissero, divamparon di nuovo,
due secoli appresso, in quelle medesime regioni si*
gnoreggtate ormai dai' Musulmani.
Perchè le sètte dell! antica religione dei Persiani,
incoraggiate dall' antagonismo nazionale contro i vin-
citori, tentarono una serie di movimenti religiosi a
insieme politici e sociali; nei quali apparisce sovente
il lavoro di società segrete, e sempre vi primeggia
la superstizione indiana deir ipostasi. Voile dapprima
un Khawàf, verso la metà dell' ottavo secolo, innestare
il manicheismo sulF islam; e, denunziato, com' e' pare>
da una setta rivale , fu messo a morte dal governatore
musulmano a Nisapùr: se non che i suoi proseliti lo
vider salire in cielo ^opra un bel cavallo baio dorato,
e lungamente poi ai^pettarono che tornasse giù a far
vendetta. * Nel medesimo anno o poco innanzi, Abn-
Moslim, ^ anch' egli del Ehorassàn, metteva in trono
gli A}>bassidi con una cospirazione , tramata sotto
forme di società , segreta : il quale ucciso poi a tradi-
mento dagU Abbassici (754) , moltissimi uomini del
* ConfronliDsi: Procopio, De Bello Persioo., lib. !, cap. V; Tabari,
compilazione turca, Tersìone del barone De Hammer, nel Journal Asiati-
que, qltobre 1850, p. 544; fUéb-el^Fihmt, l e; Sclarestani , op. cit.,
p. 192, seg.; Mirltond, presso Sacjr, Antiquités de la Perse, p. 353, seg.;
Mogimel-et-Tewàrikk , versione di M. Mohl, nel Journal Anatique di lo-
glio ^893, p. 117, e di maggio 1853, p. SOé. Nella Introduzione al Solwàn
é' Ibn^afer , io bo toccato questo punt» di storia , mettendo tu forse i rac-
conti dei cronisti sul comunismo di Mazdak ; e penso tutta? ia eh' e! non abbia
mandato^ ad effetto (ulte le sue^teorle nel tempo che tenne lo Stato. Ma la
licenza di quelle teorie non si può negare dopo r autorevole tes^tlmontanza
del KHàk^-rFihrist, nel quale si cita un trattato speciale di Thelgi su que-
sto argomento.
' Sciarestani, op. cit., p. 187.
5 VeggasiU Libro I, cap. Vi, p. 140 e 141 del !<> volume.
ISw. VUalXI — 112 —
Khoràssan^ Io tennero non morto >nè mortale ; e for-
marono un novello ràpio di setta Mazdakiana , che
fa detto degli Abumuslimiti. * Un altro ramo si chiamò
dei Rawendi; i quali pensarono adorar come iddio il
califo abbassida Mansùr (75SJ, ed egli molti ne impri-
gionò; gli altri apertamente sollevaronsi contro il nuovo
lor nume. * Non andò guari cbe Mokanna, come l'ap-
pellarono gli Arabi dall' uso di andar coperto d' una
maschera di metallo, spacciava in Khorassàn che Io
spirito di Dio, trasmigrando di profeta in profeta, e,
poc' anzi, in persona d'Abu-Moslim, fosse venuto per
ultimo ad albergare in lui; e raggirava i proseliti con
tiri da saltimbanco; accendeali dì fanatismo; resisteva
alle armi del califo; ridotto allo stremo xp. una for-
tezza (776), dava la morte a sé e ai. compagni Le
quali repressióni non interruppero la propaganda oc-
culta di tutte queste sètte del magismo, dei Zindik,
come furono detti ^ con voce generica che credesi
derivata dal noto nome di Zend. Mehdi , di casa ab-
bassida, fieramente li perseguitava (784-785); isti-
tuiva contro di essi un magistrato speciale detto
il Preposto degli Zinijtk, * e, nell'atto di mandarne
alcuno al supplizio, esortava il figliuolo Hadi a con-
tinuare la proscrizione, succedendogli nel caKfato,
« GoDfrontinsi: il Ji^i/dM^>FMr»^ tomo II, Cog. 220 recto, e Scia-
restani, op. cit., p. 194. Entrambi noverano la setta di Aba-Moslim tra
quelle derivate da Bfazdak.
' Ihn-el-Athlr , anno 14f , MS. C,. tomo IV, fog.i25 verso; e Abulfeda
cbe lo copia, Annaies ìimUmm, an..l4t.
' Ibn-el-Atbtr, anni 159 e 161 , MS. €, tomo iV, log. 148 verso e
180 verso; Abulfeda, pp. cit, an. 165. Ma seguo la cronologia d* Iba-el-
Athlr. .
4 Ibn-el-Atblr, an. 166, MS. A, tomo I, fog. 29 verso*
— 115 — [Sec. VUalX.J
per essere i Zindik, com'ei diceva, Manichei, scel-
lerati che vietavano di mangiar carne, viveano in
ippocrita astinenza, credeano a dae prìncipii Luce e
Tenebre, praticavano schifo abluzioni, permetteano il
matrimonio con le figliuole e sorelle, e andavano^ u-
bando i bambini altrui per educarli al culto della
Luce. Mi poeta Besciàr-ibn-Bord, cieco e vecchio di
novantanni, era stato messo a morte da Mehdi (782)
nella medesima persecuzione, la crudeltà della quale
par consigliata da sospetto di Stato, più chte di fisina-
tismo religioso. * Poi un Giàndewàn ^ aspirò agli onori
divini; tenne la fortezza di Bedsds^ neirAderbaigiàn ;
ebbevi adoratori e soldati; e spianò la via a Babek
oriundo di Medàin, assai più terribile impostore. Per-
chè alla morte di Gidndewàn , la moglie attestava ai
partigiani aver. visto raccogliere dal giovane Babek
il soffio divino reso dal moribondo; ed essi, avendo
mestieri d'un capo, credean queste e tante altre fa-
vole. Babek segui necessariamente i dommi della
trasmigra^ion delle anime e della, divinità dei ciur-
madori antecedenti; seguì le dottrine coDauniste di
Mazdak, trascorrendo sino airincesto; ma a quel ver-
gognoso epicureismo aggiunse ì furori dei Khàregi ,
il dovere di far guerra, la licenza di commettere
guasti, rapine, omicidii sopra insegnaci d'altre cre-
denze. La loro fu chiamata dagli Àrabi la religione
* IbQ-el-Alhir, an. 170, MS. A, tomo I».fog. 30 verso.
* Abulfeda» .innato Mosl^iei, ap. 166.
3 Questo sopnnnoffle, al dire d' llm-el-Atblr, sigoiflca *L* Eterno:*
Il nome patronimie^ era Ibn-Sahl.
* Così nel Meràtid'^lUUa'. ' 1 cronisti la scrivono con l' articolo.
Dando alla leuera tifai il valore di semplice d sì pronuizlerebbe Bedd^ e
El-Bedd,
II. 8
|IX secolo! '— 114 —
del libertinaggio, e ai settatori dieroD anco il nome
di Kiiorramii , o dipemmo noi gli Sfrenati. Traendo
alle bandiere di Bàbek uomini rotti ad ogni scelle-
ratezza, costui per venti anni (816-836) affrontò e
sovente sconfìsse gli eserciti abbassidi nelle regioni
settentrionali della Persia, ove si dice abbia fatto in-
credibili carnificine. In ultimo, presagli la cittadella di
BedsdSy inseguito, raggiunto in Armenia, condotto a
Bagdad, messo ad orribili supplizii, li durò fino alla
morte con fortezza da eroe. ^
Non guari dopo cotesti estremi sfòrzi della
schiatta persiana, veggiamo cominciare il movimento
con altre forme nella schiatta arabica. Ne fu autore
un Abd-Àllah-ibn--Meimùn , detto il Kadddh ossia
r Oculista, della gente di Kuzeh * presso Ahwftz nel
Kuzistàn, uom di setta deisanita al par che il padre,
come sopra accennammo. ' Meimùn avea promosso
un novello ramo che prese nome da lui. Il figlio
salì in maggior fama, per arte d'indovino e prestigli
di fisica e destrezza di mano; " imbeccando alla gente
che gli bastava Tanimo di passare in un baleno da
un capo all'altro del mondo; e s'indettò con astrologi
* Gonfrontinsi : KUàb^l'FÌhri$t , MS. di Parigi, tomo 11, fog. 217
recto, seg.; lbQ«el-AUilr, aimì 901 , S90, ttl > MS. G, tomo IV, fog. 191 recto,
203 veriso, 205 recto, seg.; Alralfeda', Ànnalet Motlemiei, anno 226.
' Questo nome si trova nel solo Kiidb^el-Fihript , né son certo della
lesione di qnel mediocrissimo manoscritto.
> Così il Kilàìh-el-Fihrisi, che toglie ogni dubbio. Bfòkrizi, credendo
patronimico il noìne di Deiaàai, scrisse Meimùn figlio di Deisàni e M. De
Sacy sospettò qualche errore noi noto Bardesane ; ma noi chiari. Veggasi
la sua ChrestonuUhU Arabe, tomo 11, p. 88 e 04^ Ho detto della setta dei-
sanità a pag, 100.
* Nel KUàlh'a'Fikmi si legge See'Mis, che significherebbe * giochi
di mano" o di prniidigUaiim, come dicono i Francesi. Mi par che qui si
debba prendere in senso più generale.
— it5 — ICXsMolo.l
e iatriganti e con qualche tardo discepolo di Babele
e altri rottami delle sètte dei magi: * i^he par leg*
geré le memorie di Cagliostro a quel congegno di
scienze naturali , imposture d'ogni maniera e cospi-
razioni; a quel sì lontano scopo politico, paziente-
mente apparecchiato ai figli dei figli. Lo scopo di
Abd-Allah sembra di far ubbidire , se non a sé me-
desimo almeno a sua gente e a sue dottrine, la schiatta
vincitrice, invano combattuta con le armi persiane
da Mokanna e da Babek. Perciò volle impadronirsi
della fazione sciita, sì grossa e zelante e fin allora
disordinata ; volle innestar su quel robusto ceppo gli
ordinamenti misteriosi dei Persiani; onde i capi
della setta lo sarebbero stati anche di una graA
parte della società arabica, e avrebbero rivoltato 1ò
impero e mutato la dinastia. Tra gli Sciiti, come
accennammo, si notavano vani rami, ciascun dei
quali tenea legittima una diversa linea di imam, o
vogliam dire califi, del sangue di Ali; chi i succes-
sori di Mofaammed figliuolo di Ali e di Hanefia; chi
quelli di Hasan e chi di Hosein figli di Ali e di Fatima;
e nella discendenza di Hosein si correa d'accordo in-
*' I Tarii racconti 6be correano so la origine della seitt itmaeliana li
leggono, più distintamente che altrove, nel Kiiàb^^FihrUt , MS. di Pa-
rigi, Ionio II, Tog. S terso a 0 verso, dove Tautorè cita un trattato speciale
sopra questa setta, scritto per combatterla, da Àbu-Abd-ÀlIa)i-ibn-Zoràm
(o Rizflm). Non ostante la diversità delle tradisioni, date come dubbie nel
Kitàìh'el^Fihrisi, mi par che molto ben si connettano insieme e che si possa
accettare il grosso di tutti ipie^fatti. Si veggano altresì Makrizi» presso Sacy,
Chrestomathie Araffe, tomo 11* p. 88; Sacy stesso, Ewpoté de la religion àés
Ihrutes, tomo I, p. LXiii e Lxx, seg. — filakrizi sostiene, e M. de Sacy ri-
peto con incredibile semplicità » che Abd-AUah-ibn-Heimfto fabbricasse
qaesta gran macchina, nùA ad altro Qne cbe di propagare l'ateismo e il li-
bertinaggio! '
|iX secolo.} ^ 116 —
fioo a GiaYar, detto il Verace (a. 765), Eda poscia al-
tri ricoQOScea Musa, quarto figliuolo lui, altri i figli
d'Ismaele, secoadogeuito premorto a Gia'far: onde i
partigiani di cotesta linea furon chiamati Ismaelianii ^
Costoro par non' avessero in pronto chi mettere in
trono, poiché o spacciavan vivente tuttavia Mobam-
med figlio d'Ismaele, o favoleggiavano in sua stirpe
una serie di imdm mestùr, o, diremmo noi, pon-
tefici nascosi, che il vólgo non dovea saperne né
anco i nomi. Per la comodità di tal mjstero o per
altra cagione che fosse, lo straniero Ibn-Kaddàh
elesse a suoi disegni questo ramo della faa^one
sciita.
Dalla Persia meridionale venuto a Bassora,
Ibn-Kaddàh cominciavi sue mene ; scoperto indi e
costretto a fuggire, tramatasi in Selamia presso
flmesa; vi compera poderi, e, infingendosi d' atten-
dere airagricol tura, va spacciando qua e là dWt, o vo-
gliam dire missionarii, un dei quali, nel distretto di
Gufa , indettava Hamdan-ibn-Asci ath , soprannomi-
nato il Kirmit, uom di schiatta arabica, che parve
ottimo strumento ad Àbd-AUah. Ma^ T-Arabo, rubata-
gli Tarte, si fé' capo d' una setta novella che da lui
si addimandò dei Earmali, o iheglio direbbesi Kir-
miti.* Dopo venti anni (899) levaron la tèsta in
' Senza moltiplicare le citazioni mi riferirò al solo Seiarestani, op. cit.,
testo arabico, p. 15, 16, 127.
' Kitàlh-el^Fihrist , volume citato, fog. 6 recto e verso. 11 nome pro-
prio Hamdan è dato da Ibn-el-ÀthIr. La pronum^à<di Kirmit è determinata
da Sefedi, Di^onario biografico, MS. di Parigi, Supp). Ar., 706, articolo so-
pra So1eiman-ibn*Hasan. Varie etiìmologie si danno di questo soprannome
che al dir del Kitdb-^t^Fihrist si rlierisce a un castèllo. Su i Catti si Vegga
anche Makrizi, presso Sacy, Chretlomathie Arabe, tomo H, p. 89.
— 117 — |IXMeolo.|
Babrein, provincia d'Arabia, ove la setta s'era age-
volmente propagata tra fiera e libera gente, che poco
temeva il califato lontano.' Negli ordini loro si scerne
il miscuglio delle superstizioni e dottrine persiane
col genio independente della schiatta arabica: da
una mano la ipostasi dello imam, e novelle prati*
che religiose, manichee anzi che musulmane; dal-
l'altra qualche eccesso di comunismo ùiazdakia-
no e tutte le virtù e i vizii della democrazia khare-
gita. Sembrami error manifesto degli eruditi di
noverare i Karma ti tra gli lémaeliani, coi quali "non
ebbero altra comunanza che le pratiche condotte
e poi spezzate tra il Kirmit e Ibn-Eaddàh; né
altra somiglianza che di qualche forma e qualche
mistero. Del rimanente correano per due vie oppo-
ste e come a due poli del mondo. Gli Ismaeliani,
ritennero gli ordini di associazione segreta quando
non n'era mestieri, dopo la esaltazione cioè della di-
nastia fatemita (910), e dopo la ribellione di Hasah-
ibn-Sabbah ad Alamùt (1 090) ; né disdissero mai il
nome maomettano; e s'abbian promosso il dispo-
tismo e la superstizione lo mostrano i lor disce-
poli Drusi e Assassini. I Karmati al contrario, non
conlenti di calpestare l'iislamismo, si risero d'ogni
domma e rito, e si tediarono di star nelle tenebre
dell' associazione occulta : costituirono uno Stato li-
bero e forse licenzioso ; ebbero non principe semi-
deo, ma capo politico, non altrimenti chiamato che
Kabtr, ossia superiore; e talvolta, in luogo d'uno,
ubbidirono a sei magistrati con titolo di sdid che
suona signori, come que' della Mecca avanti Mao-
lIX,ì«eolo.J ->- 118 —
metió e delle nostre repubbliche del medio eyo:^
OgQUQ sa che i Karmati, per tutto il decimo secolo,
fieramente combatterono dall'Arabia fino airEgftto
il califalo abbassida e pòi anco il fatemita; che spar-
sero fiumi di sangue ; che presero la Mecca, e por-
taron via la sacra pietra nera della Caaba , per ri-
venderla a carissimo prezzo ai devoti Musulmani;
e che da lor venne, in parte, )a rovina dello impero
musulmanp.
La società segreta degli Ismaeliani per una tren-
tina d' anni lenta camminò, sotto parecchi gran mae-
stri della Schiatta di Abd-Allah-ibfi-Kaddàh , succe-
duti r uno air altro fino a Sa M-ibn-Hosein (874-883)
il quale incalzò la propaganda in Persia , Arabia. Si-
ria, ^ e par abbia compiuto l'ordinamento. Era stretta
gerarchia : un dà't supremo, o gran maestro che noi
diremmo ; sotto di lui altri dd't di provincia e altri
di distretti, città, villaggi, che ciascuno eleggeva il
subordinato e ìion conosceva altri che costui e X im-
I Ibn^el-Alblr , anno 278, MS. C, tomQ IV, fog. 369 verso, dà un lungo
ragguaglio su la orìgine , dottrine e riti dei Karmati ; del qual capitolo la
parte meno importante fu trascritta dal Nowairi e ti'adotta dal Sacy,yol.cit,
p. 97. Veggasi ancora il Sacy, pag. 126 di esso volume, li mio giudizio,
formato su la tendenza diversa degli Ismaeliani e Karmati, si conferma coi
panieolari d'Ibn-eUAtblr. Notò anche questa differeoza il Taylor neU^ ope-
ra, The hi8tory óf Mohammedùm and it» «ec/5, p. 172, quantunque ei non
abbia avuto alle mani tutti i fatti da poterla provare. L' analogia dei Kar-
tnati con gli Ismaeliani era stata^sosteouta dah M. De Sacy, ExpoU de la
religion des Lrmes, p. lxiii; seg., e da M. De Hammer, Hiàtoire deVordre
des Assassins, p. 47, 48, su la fede degli autori musulmani citati da loro.
Il Baian, cbQ ailor non si eonoseea t contiene a pag. 393, seg., del (o vo-
lume, un racconto sugli Ismaeliani e Karmati; ove si replicano con molti
particolari i fatti già noti, e tra gli altri lo scandalo della notte lor festiva
detta della Jmamta, e il nome, troppo stgnifieatiyòy di figliuoli della frater-
nità, dato ai fanciulli che nasceano da qué' baccanali.
" KHà^l-Fihrisi , MS. di Parigi, tomo II, fog. 6 verso.
— lltì — llXwcolo.j
mediato superiore. I dai affiliavano. Una contribu-
zione forniva il danaro ai bisogni della associazione
0 de' capi; e quando gittavan la maschera, teueano
appareccliiala una fortezza, ''Casa del Rifugio" la chia-
mavano in lor gergo; e quando regnarono, apriron
adunanze pubbliche in una ""Casa delta Sapienza" ove
il dà'i leggea sermoni su i misteri e la morale. Tanto
si ritrate con certezza storica. Sembra che abbiano
avuto varii gradi d' iniziazione ; dicono* nove, dal pri-
mo vestibolo ai penetrali di un ultimo mistero , o piut-
tosto fin di mistero ; cioè svelar che imami e xeligione
e morale, tutto fosse una burla. ^ 11 dà'i cominckva a
tentare il neofito con dubbii sopra alcuni punti deirisla-*
mismo; si facea giurar segreto e ubbidienza; lo con-
ducea successivamente fino al grado di che gli parca
capace: passando dalla confermazione dei dommi e
precetti dell'islamismo, alla eredità dello imamato negli
Abdi e nella linea d'Ismaele ; alla dottrina dell' imam
nascoso, noto al Mi supremo; alla spiegazione alle-
gorica del Corano : e le allegorie si assottigliavano a
mano a mano, e in ultimo si dileguavano nella incre-
dulità. Ma quest'ultimo stàdio pormi quello del Gran
Maèstro, il quale spacciando di' tenére in serbo un
Messia non potea veramente credere all'islamismo
né a religione ohe fosse al monda. Gli altri gradi
d' iniziazione deUneano esattamente la piramide che
si yolea fabbricare: tutti i Musulmani alla base; so-
vrappostivi gli Sciiti ; a questi i partigiani d' Ismaele ;
ad essi i dottori in miti manichei; e sul vertice la
famiglia persiana d' Ibn-Kaddah. *
* Su V associazione ismaeliana si veggano Sacy, Espose d€ la rtligion
1895.1 — 120 —
Saì(d-ibn-HoseiQ , di qaesta geo te, (enea la fila
della gran trama in Selamta , quando Ibn-Hausceb,
dai del lemen , pensò mandar neir Affrica Setten^
trionale chi dissodasse il terreno, come diceàsi. nel.
gergo della setta. Lavoraronvi prima un Ibn-So-
fiàn, indi un Holwànì; alla morte del quale, Ibn-
Hausceb gli surrogò uomo di maggior .pólso, che
per antonomasia fu detto lo Sciita. Ebbe nome Abu-
Abd-Allah-Hosein-ibn-Ahmed , da Sana a nel lemen;
ardente partigiano degli Alidi ; stato una volta Mob te-
sib, 03sia magistrato di polizia, degli Abba^sidi presso
Bagdad; audace, dotto e pratichissimo d'ogni via
coperta ed obbliqua. Con danari della setta , costui si
reca (893) dal lemen alla Mecca, a far proseliti tra
gli Affricani che vi attirava il pellegrinaggio; e adoc-
chiavi, uno sceikh della gente di Kotàma e Y onorevole
brigata che lo seguiva. Facendo le viste, d'imbattersi
per caso tra costoro, Abu-Abd-rAllah si insinua, K tenta
e comincia a fare e ricever visite ; e conosciutili Iba-
diti^ setta kharegita, come dicemmo, a poco a poco
si scopre anch' egli nemico dei califi: aver lasciato
il servigio loro perchè nulla v' era di bene ; voler
vivere ormai spiegando il Corano ai giovanetti ; ame-
rebbe a farlo in Occidente, ove non gli parean di-
sperate le sorti del popolo musulmano. Tra lusinghe
e dotto parlare e apparenza di pietà, austerità e liberi
sentimenti, si cattivò gli animi di quegli stranieri, sì
des Druses, Introduzione; Quatremère, Mémoires historiques sur les Fati-
mites, iìe\ Journal Asiatiqùe, agosto 1835, e le autorità musulmane citate
da essi. Merita molta attenzione il racconto di Makrizi, presso Sacy, Chrei-
tomathie Arabe, tomo II, p. 140, seg., su gli ordini della setta trionfante
nel regno dei Fatemiti. .
— 1^1 — |895-a00.|
bene che il pl*egavanp di accompagnarli in Affrica ed
aprirvi scuola; ma noa rispose uè sì oè do, lascian-
dosi trarre, quasi contro voglia^, alle capitali dèlio
Egitto e deir Affrica; ove indagò profondamente le
'condÌ2;ioni delle tribù berbere ; e Kotàma gli parve
proprio il caso. Allor, come vinto da' preghi dei Ko-
tamii, accetta la ospitalità e gli oficii di imam d' una
loco moschea e di pubblico professore ; ma ricusa lo
stipendio ; fa vedere ai più intrinsechi un gruppo di
cinquemila dinar; accenna alla sorgente misteriosa e
inesauribile di queir oro; alla sacra schiatta d' Ali ;
alle migliaia di migliaia che cospiravano per essa
in tutta musulmanità; ai premii maravìgliosi che do-
vea aspettarsi in questa vita e nelF altra* chiunque
aiutasse alla esaltazione del pontefice nascoso. Le
quali pratiche non piacquero a tutti tra quella gente
ibadita e però nimica air autocrazia di Ali ; ma il
maggior numero odiava mille volte più Ibrahim-ibn-
Ahmed vivo, che Ali sepolto da secoli; più la domi-
nazione straniera, che ildispotismo; e il giogo stesso
del dispotismo tanto lor parea duro a portarlo sul
collo, quanto comodo e piacevole a metterlo addosso
altrui. Ebbe dunque gran séguito Abu-Abd-Allah;
gli proffersero avere e sangue; i misteri guanto più
assurdi, tanto più furibondo accendeano lo zelo; un
capo uccìse di propria mano il fratello che andava
gridando impostore Abu-Abd-Allah. A capo di sette
anni, correndo il novecento dell'era volgare, costui
cominciava a scoprirsi * presso Setif, nei monti detti
* Confrontìnsl: Warrftk, cronista spagnuolo del X secolo, citato nel
fiaiàn, tomo I, p. 117-118; Makrizi» pressoSacy, Ckretlomathie Arabe,
tomoli, p. Ili, seg.
HK)o.| ^ 122 —
di Ikgiàn, sede d' una tribù delld gente di Kotàma. ^
La gente di Kotàma tenea la più parte della
odierna provìncia di Costantina : un quadrilatero da
Bugia e Bona su la costiera, a Belezma e Baghaia
nella catena degli Aurès : territorio montuoso, dove
coltivato dàlie tribù stanziali, dove abbandonato a
pascolo e corso dalle tribù nomadi della medesima
gente. Si distinguea questa dagli altri Berberi per
non so che divario di tradizioni, usanze, dialetto;
tanto che gli eruditi vi trovarono appicco a consan-
guineità con la schiatta arabica. Che che ne fosse, i
Kotamii non si àffì^atellarono punto coi vincitori , ne
lor ubbidiron altrimenti che di nome, né si piegarono
a tributo, non che smettere lor costumi aborigeni.
Com'ogiìi altra nazione berbera, i Kotamii par sian
vissuti in rozza confederazione, vincolo di schiatta
più che di legge; il quale se non bastava a campar
le tribù loro dalla guerra civile né dalla dominazione
straniera, potea stringarle insieme ad un tratto in
brevi ma gagliardi sforzi. Allo entrar del decimo se-
colo, fortissima era la nazione kotamia per numero
totale degli uomini o relativo degli armati ; poiché la
tradizione esagerando portò che ne andassero tre-
centomila ad assalire Kairewàn; e da più certi ri-
cordi sappiamo (juanti eserciti kotamii corsero in quel
secolo fino air Atlantico e oltre il Nilo sotto le bàn-
diere dei Fatemìti : nelle quali imprese la nazione
kotamia si dissanguo; si trovò menomata a quattro-
mila uomini verso la metà del duodecimo secolo;
* Su questo sito 8i4;oiisn1tf una nota di M. Chorbonnean , Journal Asia-
tique, décembre 1852, p. b09.
— 123 — 1004.1
nel decimoquarto, qualche tribù che né rimanea sof-
friva il giogo di Tunis, e in oggi se n'è dileguato il
nome. * Non primeggiava per vero nella confedera-
zione la tribù stanziata a Ikgièn. Ma la mente di
Abu-Àbd-Àllah , Y accentramento e ardore della setta
ismaeliana le dettero tal vigore, da soggiogare qual-
che tribù rivale, tirarsi dietro le altre, e unire la na*
zion kotamia, anzi una gran parte della schiatta ber-
bera, contro i vmcitori Arabi. Ibrahim-ibn-Ahmed
dal suo cauto aveva arato quel terreno più che ì mi-
stici agricoltori ismaeliani; fin avea liberato la nazione
kotamia del disagio che le davano i bellicosi Arabi di
Belezma.
Ed egli stesso gittò la prima scintilla. Risaputo dal
governatpr di Mila come l'oscuro professore d'Ikgiàn
osasse accusare d' eresia Abu-Bejkr e Omar , mandò
ad ammonirlo di frenare la lingua; e, se no, ve-
drebbe. Abu-Abdr-AUah, itivece di rispondere, si mo-
stiK) in campo (901) con giusto esercito, con simboli
non più vi^ti, scritti su le bandiere, nei suggelli
delle lettere e nel marchio dei cavalli ;. ordinò gli
oficii d' amministraziobe militare; afforzò la casa del
rifugio a IkgiAn; die il motto di guerra ^'In sella, ca-
valieri di Dio;" apertamente bandi la rivoluzione po-
litica e religiosa. Così la società ismaeliana, compiuti
i lavori a suo beli' agio tra genti guerriere e luoghi
inacbessibili alla vigilanza dei governanti, uscia dal(e
tenebre improvvisamente in sembianza di Stato an-
' Confrontinsi : Edrìsi, Geografia, versione firancese di H. Jaobert,
tomo I, p. 246; Ibn-KbaldÙQ, Giorni dei Bèrberi, versione francese di
M. De^SlaDe, tomo 1, ft. 291; Cronica di Gotha^ presso NìcìmuÌsoq, 4» a(^
coutU Qfthe e^khlishmint oflk$ FtUenùti ^rkOBly^ p. 88.
w
|902.| — 124 -^
tico che fdcesse guerra, non di moltitudine tumnl-
tUante e confusa. Sbigottì Ibrahim a quel terribil se-
gno. Comprese che la vfva forza da lui sciupata si
stoltamente, ormai non bastava contro la ribellione
sciita : pertanto si provò a suscitar la guerra civile
tra i Kotamii ; a calmare gli altri pòpoli con le ri-
forme; e si affrettò air abdicazione. Scéndendo dal
trono raccomandò al figlinolo che non assalisse mai
primo gli Sciiti, si difendesse, e abbandonato dalla
fortuna si ritraesse in Sicilia/
CAPITOLO VI.
S'uom potQa riparare alla rovina di casa aghla-
bita, quel desso era Abd-Allah, successor del tì-
ran'no. Abd-Allah par modello dell' ottimo prìncipe
musulmano, del medio evo: prode della persona, cava-
liere e schermidore perfetto, savio capitano, belF in-
gegno,'poeta, dialettico^ erudito, rettorico, e, quel che
monta a^ai più, giusto, magnanimo, benigno, tem-
perato nell'esercizio del comando, osservatore d'ogni
precetto di sua religione. Preso lo Stato alla abdica-
zione del padre,,' mandò lettere circolari da leggersi
\ • ■ ■_ .
' Gonfrontiùsi : Baidn, tomo I, p. il8; Ibo-Kbaldùa, Histoire de
VÀfrìque et de la Sicile, versiode di M. Dqs Vergers,p. 145-147; Hakrizi,
presso Sacy, Chrestomathie Àrabe ^ tòmo 11, p. 115, seg.; ibn-Hammàd,
MS. di M. Cherbonneaa, fog. 1 verso.
s Credo il 22 rebi' primo del 289 (5 maìrzo 902) più tosto cbe » mezzo
giugno de) medesimo anno. L'uria e l'altra data si legge nei medesimi au-
tori : ma forse non è errore , e la prima va intesa dello esercizio del potere
— 145 — 1902.|
al popolo adunato, per le quali promettea zelo nella
guerra estera, e nel governo umanità, giustizia, amor
del ben pubblico. E che non sciìvesse ciance di prin-
cipe nuovo provoUo coi fatti, chiamando appo, di sé
un consiglio di molti savii e dotti uomini (queste
son lei parole dlbn-el-Athtr) , che lo aiutavano, a con-
durre gli affari secondo giustizia e proponeano i prov-
vedimenti richiesti, dalle condizioni del popolo. Come
i predecessori, sedetegli stesso nel Tribunal dei so-
prusi. Volle che i magistrati ordinarii rendessero ra-
gione, senza contemplazion di persone , contro oficia-
li, cortigiani, congiunti o figli del principe e contro
lui medesimo. Eletto il novello cadi dal Eairewàn,
gli commise di reprimere severamente i soprusi dei
riscuotitori delle tasse e proteggere gli oppressi. Ri-
fondò al tempo stesso la corte : vestitosi di lana come
i primi califi ; sgombrati que' nugoli di pretoriani ;
fuggito a precipizio dalle insanguinate castella del
padre, si che soggiornò nei primi tempi in uìia ca-
Sttccia di mattoni, poi ne fece acconciare una più
spaziosa, comperate entrambe.del proprio. Forte di sua
virtù, sdegnando i consigli tiberiani del padre, Abd-
Allah mandava contro gli Sciiti un esercito capita-
nato dal proprio figliuolo, altri dice fratello, sopran-
nominato Ahwàl. E già la vittòria seguiva gli auspi-
cio del principe guerriero ; e la contentezza de' popoli
promettea che la ribellione , ristretta a una tribù ,
presto sarebbe spenta.
sapremo, la aecoDda della solenne inaugnrasione per la quale forse si aspettò
il diploma del califo abbassida. Veggansi le aatoriià citate qni sopra a p. 77|
e Ibn-Abb&r, MS. della, Società Asiatica di Parigi, fog, 33 Terso, che porta
appunto la data del 22 rebi' primo.
[DOSI _ ÌÌ26 —
Quando un vii parricida troncò ogni jsperanza
degli Arabi d' Affrica; Ziadet-Allah, figliuolo di Abd-
A]lah, rimaso a reggere la SicOia dopo la morte
d'Ibrabim, s'era dato a vita sozza e bestiale con
vili cortigiani che Io stigavano contro il padre per-
chè sentiansi soffocare da quella severa! riforma. Ri-
sapendo tai vergogne, Abd-AUah deponea d'oficio
il figliuolo; chiamavalo a Tunis; e, arrivato eh' ei
fu del niese di maggio noveceptotrè , come a fan^
ciullo discolo, gli tolse danarp e arredi e sì il chiuse
in un appartamento del palagio, messi in prigione
a parte i iSuoi cagnotti. Ma le mura non furon osta-
colo a una congiura di corte che si ordì, consape-
vole Ziadet- Allah. Il mercoledì ventisette di luglio,!
uscito Abd-AUah dal bagno e gittatpsi a dormire in
parte solitaria del palagio sopra un sofà di stuoie^ tre
eunuchi schiavoni eh' ei^ tenea molto fidati gli si ap-
pressano; un trae pian piano la spada di sotto il ca-
pezzale; e d' un fendente tagliò netto e collo e barba
e intaccò la stuoia. Gorre un altro alla prigione di
Ziadet-Allah; scala il muro; lo saluta re; gli fa pressa
di mostrarsi alla corte : ma quei temendo doppio
tradimento, risponde che, se dice il vero, gli re-
chi la testa del padre: onde T eunuco andò e tornò
e gli gittò la testa d' in sul muro. Prèsala in mano,
raffiguratala, il parricida balzò di gioia; fé' spez-
zare le porte della prigione; assembrare i grandi
di casa aghlabita; i quali sospettando, o no, il vero,
* 11 mercoledì alUipoi secondo Ibo-elrAtbir , e ^nullimo giorno, se-
condo il Baiàn^ del mese di sciàb&n 290. Indi si vede che T nno segue il
calendario astronomico, e 1* altro il conto civile, di che si è fatta parola al
cap. HI del Libro 1, pag. 57, del 1<^ volarne.
t
— 127 — p05.|
per paura degli stanziali, o perchè la virtù di Àbd-
Allah lor fosse stata anco molesta, giararono fedeltà
al successore. A cancellar sue proprie vestigia, questi
fece scannare immantinente i tre sicarii, e appendere
i cadaveri al patibolo.
Pria che si risapesse il misfatto, Ziadet-Allah
scriv^a col suggello del padre ad Ahwàl di venir
subito a Tunis; il quale senza sospetto, lasciò Io
esercito, e per via fu preso e morto. Uccisi al paro da
trenta, tra fratelli , zii e cugini del novello tiranno, in
un isolotto' ove li mandò sotto colore di rilegazione;
dato lo scambio a primaria magistrati; gratificati con
largo donativo gli oficiali pubblici. Dei rimanente, non
curando se lo Stato andasse ben^e o male, Ziadet-^
Allah ripassava dal sangue nel fango : regnava sette
anni trescando con sicarii, giullari, beoni, concubine
e giovani svergognati ; arrivava a far batter moneta
coi nome del paggio Khattàb ; e quando avea mala
nuova della guerra sciita, diceva al coppiere: *Mesd-
mi; e anneghiamola in questa tazza.* '
Abu-Abd-Allah intanto conquistava l'Affrica.
' Delta G€%iret'el'Kerràth , ossìa * Isola dei Porri." Così fu cliiamato
dagli Arabi an isolotto a Capo Passaro in Sicilia, ctie ritien oggi il nome
voltato in italiano. Ma eredo qulsi tratti della Gexirel*el-Kerrilh in Affrica,
a ì% miglia da tunis.
* Cbnfrontinsi : Ibn-el-Athlr, MS. A, tomo II, fog. 172 recto, seg.,
aQ. 2S9, e MS. G, tomo iV, fog. 979, stesso anno, e fog. 286 recto» seg.,
an. 296 » e MS. Bibars» an. 289, fog. 129 verso ; Ibn-Abbàr, MS. della So-
detà Asiatica di Parigi, fog. 35 verso e 54 recto; Baiàn , tomo I, p. 128,
J3B, 139; N^wairi , Storta d* Affrica, in appendice alla Huioire des Berbera
par Ibn-Kbaldùn, versione di M. de Slane, tomo 1, p. 438 a 440; Ibn-KbaI*
duo , HUtoiré de l'Àffiqu^ et de la Sieiìe , versione di M. Dos Vergers, p. il 46
a 149; Ibn-Abi-Din&r, testo MS., fog. 21 verso, e tradui^lpne, p. 87; ibn-
Wuedr&n, nella Revue de l'Orient, décembre 1855, p. 429, seg.; Cronica
di Gotha, versione di Nicbolson, p. 51, 74, 75. '
1903-907.1 — 128 r-
Nei regno dlbrahim-ibn-Ahmed avea soggiogato
qaalcbe popolazione agricola (904 ) è combattuto nna
tribù guerriera della nazione stessa dé'Kòtàmii. Ve-
nuto alla prova contro gli eserciti agblabiti al tempo
d'Abd-Allah, il ribelle or vinse or fu vinto; e n^avea
la peggio, quando Ziadet-Allah lo cavò di briga col
parricidio e il fratricidio (903). Poscia, tra le vicende
della guerra, sali pur sempre la parte sciita. Nqn
solo tutta la gente kotamia, ma anco altre popolazioni
berbere seguiron volentieri un capo che promet-
tea la venuta del Messia e quanto prima soggiogati
tutti i popoli della Terra, e fatto spuntare il -sole di
Ponente; e dava pur qualche arra de' prodigi!. Arra
la vittoria, il bottino, la propria temperanza, austjerità,
abnegazione , T abolizione del kharàg o diciamo tri-
buto territoriale , antichissimo sopruso diagli Arabi
sopra i Berberi : e questo ribelle , entrato a Tobnà, e .
recatogli il danaro pubblico, rendeva il kharàg ai pos-
sessori musulmani; aboliva le tasse non prescritte nel
. Corano p nella Sunna ; e bandiva ai popoli che ormai
non avrebbero ad osservare altre leggi che i sacri
testi. Air incontro i sudditi fedeli pagavan troppo
caro le vergogne di Ziadet-Allah. Gli eserciti, ac-
cozzati di stanziali e avanzi del giund, che è a dire
di tormentatori e tormentati, marciavano di pessima
voglia; e talvolta sbaragliavano! pria di venire alle
mani , non ostante gli immènsi appresti d' armi e
macchine da guerra; e quali capitani lor potea dare
tal principe? Entro, pochi anni, Abu-Abd-Allah mi-
nacciò la metropoli dell' Affrica (907). Il tiranno,
provatosi a far grande armamento e montare a
— 129 — [907-909.1
cavallo egli stesso, tornò addietro spaurito a Rakkà-
da, rifatta sede della corte aghlabita; afforzolliei con
mura di mattoni e mota; * affidò l'esercito, troppa tar-
di, ad un uom di guerra di sangue aghlabita, per nóme
Ibrahim-ibn-abi-Aghlab; la cui virtù non valse che
a ritardare la vittoria del nemico. Di marzo novecento
nove, Ziadet-ÀUah, all'avviso di un'ultima sconfitta
dlbl-ahim, tenendosi spacciato e tradito da costui, dal
primo ministro, dai soldati, dai cittadini, si deliberò a
fuggire incontanente. Dà voce di riportata vittoria;
fa tagliar le teste ai miseri che teneva in carcere e
condurle a trionfo per le strade di Kairewàn, come
se fossero dei nemici uccisi in battaglia; e*intanto a
Rakkàda, ch'era discosta a quattro miglia, entro il
palagio si caricavano trenta cameli d'arredi preziosi,
oro, gioielli; mille Schiavoni della guardia erano messi
in .ordinanza, è dato loro a portar mille dinar d'oro
per cadauno; le mógli e le più gradite concubine del
tiranno montavano in lettiga. Al cader del giorno ei
con la corte cavalcò in fretta ^lla volta di Tripoli,
per jpassaré indi in Egitto.
Risaputa la quale fuga, tutta. Rakkàda sgombrò,
eh' era soggiorno di scrivani e servidori di corte: a
lume di fiaccole tante famiglinole, con loro ròbe pre-
ziose, correano per la campagna su le orme del prin-
cipe. Ma il popolaccio di^airewàn, invidioso e tur-
bolento, piombò la dimane sopra la città regia; per
sei giorni continui frugò le case cercando tesori se-
' Rendo così la voce arabica iàbia, donde lo spagnuolo tapia e credo
anco il siciliano taju. In quest' altima voce la b par mutata dapprima » alla
greca, in v, e poscia dileguata nelP;.
II. 9
(909.) — 130 —
polli, e portò vìa ma^erizie; finché comparve la van-
gaardia di K^tàma, che ricacciollo alla capitale. Pove
la schifosa anarchia della paura avea consumato, in
questo mezzo, quel pò* di forza vitale che rimaneva
alla schiatta arabica. Ibrahim~ibn--abi-AghIab, usando
un attimo di favor popolare, convocò i giuristi , i capi
delle famiglie nobili della città e i principali merca-
tanti ; lor disse , che se Ziadet-Allah se n- era fuggito,
tanto meglio; poiché la mala fortuna se ne andrebbe
con quel poltrone; or si potrei^ fkr la guerra; lo
aiutassero di danari ed egli saprebbe rannodare Teser-
cito, salvar Tenore e la dominazione degli Àrabi : per
Dio non «si dessero in mano di quelle frotte di vinti
rivoltati, di barbari settatori d'un eretico, calpesta-
tori d' ogni legge. Ma i notabili risposero , al solito ,
ferocemente 0 chi parlava di onore e di pericoli;
conchiusero che il danaro lor serviva a ricattare
dalia schiavitù sé stessi e le famiglie; e replicando
Ibrahim che si potean togliere i capitali dei lasciti
pii, radunanza gridò sacrilegio. Sdegnosamente usci
Ibrahim dalla sala; e in piazza ebbe a sóSHre gli in-
suiti della plebe che ripeteva a modo suo gli argo-
menti dei barbassori, e dava mano anco ai sassi: se
non <)he VAghlabita con uno stud di cavalli si fe'
largo caricando fìno alle porte deUp città. Audace,
anzi temerario, andò a Trìpoli, sperauoi^o dì scuotere
Zii^ét-Allab; e per poco non incontrò la sorte del
primo ministro; il quale s' enà imbarcato per la Sici-
cilia, ma i venti lo spìnsero a Tripoli, nelle mani
del tiranno, ch'egli avea confortato alla difesa, e or
n' ebbe in merito la morte. Ziadet-AUah , chiesta li-
— 131 -- ' |909.)
ceoza dal califo abbassida, soggiornò or in Egitto or
in Siria, sperando sempre che il ealifo riconquistasse
TAffrica per lai ; e mentre aspettava, rubato dai proprii
servitori, ammonito per $ue infami dissolutezze dai
magistrati^, vilipeso da' governanti, impoverito, in-
vecchiato in pochissimi anni, mori (916) di malattia
o di veleno. * Così cadde dopo un secolo la dinastia
d'Aghlab.
Finì con vergogna non minore la dominazione
degli Arabi in Affrica. La municipalità di Kairewàn,
sbrigatasi da quella molesta virtù d-Ibrahim-ibn-abi-
Aghlah, mandava in fretta oratori allo Sciita poc'anzi
scomunicato con tanta rabbia dai giuristi; il quale era
entrato a Bakkàda (26 marzo 909) con sue miriadi
di Berberi^ Uvincitore accordò Yamdn, distogliendo a
gran fatica i capi di tribù di Kotàma dal promesso
saccheggio di Kairewàn. Né solamente assicurò vita
e sostanze al popolo della capitale, e acquanti altri si
sottomettessero, ma anco alla parentela degli Aghlabiti
e ai condottieri del giund. Prepose, agli oficii pubblici
molti capi kotamii e qualche giureconsulto arabo
sciita; rinnovò i simboli della moneta, bandiere, atti
pubbh'ci, senza porvi nome di principe; mutò due
parole mWidsàn, o diremmo appello alla preghiera; *
* Coiifrontinsi: Ibn-el-Alhtr » MS. G, tomo IV, fog. 286 recto, seg.,
an. t96; Ibn-Khallikàn , WepM^Bl'-'Aiàn, versiooe inglese di M. DeSlaae»
tomo 1, p. 46S; Baiàn, tomo I, p. i55 a 147, e Cronica di Gotha, presso
Nìcbolson, p. 8S^a 91; Ibn-Rhaldùn , Bintoire de VAf^ique et de l&Sicile,
yersione di M. Des Vergèrs, p. 150 a 156; Nowairi, Storia d'Afftiea, in ap«
pendice aUa Histoire des Berbères par Ibn^Khaldoun, versione di M. De
Slane» toi^ I, p. 441 à 447; Madirìzi, presso Sacy, ChrtMtomathit Arabe,
tomo I^ p. U3a 115^
> Secondo i Sunniti era : * Venite aila pregbiejra cli'è migliore del soo*
no." Gli Sciiti corressero: "Venite alla preghiera eh' è l'opera migliore."
(909.J — 152 —
del rimanente non .molestò gli ortodossi; né sparse
, altro sapgue, che degli schiavi negri soldati di casa
d'AghIab. D' ogni parte delF Affrica pròpria, gli Àrabi
sottometteansi ad. uom sì civile che tenea in pugno
trecentomila barbari. Non che i cittadini , piegavan
la fronte i nobili del qiunà; non sentendosi forza di
salvar sé stessi e i figliuoli dalla schiavitù; * onde
credéano uscirne a buon patto se non perdean altro
che la dominazione. E al solito avvenne che il giogo
si aggravò quando X ebbero assestato sul collo.
Perchè lo Sciita tra non guari risegnava il co-
mando. Sembra che tanti anni innanzi, i capi kota-
mii iniziati a Ikgiàn non avessero voluto mettere a
rischio vita e sostanze senza sapere per chi; onde
lo Sciita Jor additava il custode de) gran segreto in
Selamia di Siria. Andativi i messaggi di Kotàma, .tro-
varono Sald-ibn-ftosein; il quale, richiesto di sve-
lare il. pontefice, rispose ^'son fo,** aggiugneudo chia-
marsi, per vero Obeid- Allah ; e infilzava una genea-
logia fino ad Ismaele, e da questi ad Ali e Fatima,
figliuola del Profeta. Indi T appellazione di Fatemita
' che usurpò questa dinastia persiana, detta altrimenti
Obeidita, dal nome del primo monarca. In sul trono
non le mancaron poi dottori che provassero genui-
na la parentela con Ali; joietìt re i dottori di parte
abbassida la negavano con pari asseveranza: gli ar-
gomenti prò e cóntro rimasero per mantener viva la
lite, tra gli eruditi musulmani più moderni; e fin
^ Gonfrootipsi: jBaidn, tomo I, p. 137, 141 a 149» e Cronica di Gotha,
versione di Nicbolson, p. 64, 92, 96, seg.; Makriù, presso Saòy, Oiresto-
mathie Arabe, tomo II, p; 115; 9acy, Eùcposé de lareligion des Drusesj to-
mo^ , p. GGLXx, seg. *
— 133 — |909.1
oggi dotti europei han creduto alla legittimità dei
Fatemiti. * Ma Abu-Abd-Allah lo Sciita, vero fon-
dator del calffato d'Affrica, non mi par complice di
queir albero genealogico falsato per , tiro del Gran
Maestro.
Trapelando intanto il segreto , e sondo venuto
Obeid-Allab in sospetto ai luogotenenti del califo in
Siria, per quei misteriosi andamenti e visite di stra*
liieri, fuggissi in Egitto col giovanetto Abu-1-Kasem,
che dovea far la parte di Alida, s' ei noi potesse. * Ap-
parve in questa fuga, mirabile effetto dell' affiliazione
ismaeliana : quegli occhi d' Argo che spiavan. sopra
le spie del governo; quelle mani pronte e fedeli per
ogni luogo; è la verga délForo che veniva a sciogliere
tutti i nodi. Accortosi Obeid-AUah che gli Abbassidi
lo cercassero in Egitto, lor tòlse la traccia, passando
a Tripoli d' Affrica e di lì a Segelmessa , q^tà su
le falde meridionali del Grande Atlante , in og^i
decaduta e soggetta a 1Vf arocco , allora capitale . del
principato dei Beni-Midràr, berberi, eretici di setta
Sifrita e independenti degli Aghlabiti. S' appréseàtò
come ricco mercatante che bramasse far soggiorno
' VeggaDsi le autorità citate <)a H. Sacy, Bxpoàé de la rdigion det
Druses, tomoi, p. ccxlvii, seg., e Chrestomathie Arabe» tomo U, p. 88 a 92
e 95; e da M. Quàtremère^ Journal Asiatique, aott 1836, p. 99, seg., il primo
dei quali sostiene e V altro confuta le pretensioni dei Fatemiti. Si aggiun-
gano: Kitài^el'Fihrist , MS. di Parigi, tomo II, fol. 6 verso; Baidn, tomoI,
p. 293, seg.; Ibn-Abb&r, MS. della Società Asiatica di Parigi ,fog. 37 verso.
Non cadendo in dubbio cbe Sald, o vogUam dire Obeid-Allab, discendesse
da £1-Kaddàh, i partigiani dei Fatemiti éov^an provare la parentela di El-
Kaddàh con Ali; ma njuno l'ha fatto.
> Questo aneddoto è narrato nel Kitdb^l-FihrUl MS. dì Parigi, tomo U,
fol. 7 recto, dove Abu^l-Kasein non è detto figlìuplo d*Obeid-AUab, come
quésti lo spacciò e come scrivono tutti gli altri cronisti.
|909.| — 134 —
nel paese; entrò in grazia del regolo, per nome Eliseo;
e si tenea sicuro , quando Ziadet-Allah die avviso a
quei d! Segelmessa che il capo di cotesta setta ster-
minatrice dell' Affrica si ascondesse appo di lui. Per-
ciò caddero i sospetti sul mercatante straniero ; e fu
sostenuto, interrogato, confrontato col figlio e coi fa-
migliari e costoro torturati a frustate ; ma tutti nega-
vano e parlavano a un modo. Eliseo non s'appose
al vero, finché lo Sciita, trionfante a Rakkàda, non gli
domandava con lusinghe e promesse , la liberazione
d'Obeid-AIiah. Ricuàò; gittò le lettere in faccia agli
ambasciatori; e li fé mettere a morte. Lo Sciita, dicon
le croniche, tremando per Obeid-Allah^ dissimulava
r insulto; tornava a pregare; e di nuovo gli furono
uccisi i messaggi. AUor con gran furore miossé di
Rakkàda (maggio 9Ò9) sopra Segelmessa.
E forse in suo segreto il men che bramasse era
di liberare Obeid-Allah. Fin dai principi! della ribel-
lione d' Affrica, lo Sciita, per lealtà alla verace schiatta
d' Ali o ambizione propria, par si fosse studiato a te^
ner lungi dallo esercito T impostore di Selamia. Ma
noi potèa disdire apertamente, avendo amici e nemici
tra i capi di Kotàma, padroni dell' esercito, abbocca-
tisi con Obeid-Allah in Oriente , entrati in queir or-
ditura di spionaggio, menzogne e superstizioni , nella
quale era avvolto lo stesso Sciita, e le fila, maestre
teneale in mano Obeid-Allah. Con ciò le moltitudini
cominciavano a ripetere il nome del pontefice na-
scoso; a saperlo in pericolo; né forza umana le
avrebbe ritenuto. Lo Sciita, non osando dunque spez-
zare l'idolo fabbricato con le proprie mani, gli si prò-
— 155 — |90«.9«0.l
strò il primo; differì i disegni; sperò che i meriti
avrebbero caBcellato le ofifese; che il novello principe
non avrebbe potuto far senza di Ini : e quando s'ac-
còrse deir errore, mormorò, cospirò, e fu spento.
Ed ora cavalcando alla testa dell'esercito vit-
torioso, vedea.le altre nazioni berbere sottomettersi
di queto o sgombrargli il passo; gìugnea a Segei-
messa; rompea le genti d'Eliseo, uscite a combat-
terlo; ed occupava la città. Ansiosamente corre alla
prigione di Obeid-AUah, coi cafn kotamii; i quali, a
vederlo salvo, proruppero in lagrime di gioia. Lo con-,
dusserò al campo (80 agosto 909) con riverenza
che puzzava d' adorazione : Obeid-AIIab e il figliuolo
soli à cavallo, ogni altro a pia; e primo lo Sciita, che
andava gridando ""Ecco il mio e il vostro Signore!"
Si rinnovò tal rito a Rakkàda (gennaio 91 0), quand'ei
fé' la entrata trionfale coli' esercito ; uscitogli all' in-
contro li popolo di Kairewàn co' soliti plausi; né man-
carono poeti che lo rassomigliassero alla divinità.
Prese' titolò^ di Comandator dei credenti e soprannome
di Mehdi, eh* è a dire ''Guidato da Dìo;" e così fu ri^
cordato ogni venerdì nella ftfto<6a. Oltre Io stato di
Segelmessa , lo Sciita gli avea conquistato poc' anzi
qiirt di Taiort, mdependente dagli Aghlabiti: onde
l'imperò Fatemita fin dal principio si estese a iutta
l'Affrica settentrionale, eccetto le estreme province
di ponente, tenute dagli Edrisiti. ^
* Gdùflraatinsi: rabla-ibn^Sald» Continua%ioHe degli Annali d'Euti-
ehio, MS. di (Hirigi, Ancien Fopds, 131 A, fog. 87 verso, seg«; KitdIh'eU-
Fihmt, MS. di Parigi y tomo H, fog. 6 verso, seg.; Ibn-el^Atlitr, an. 996,
MS. A, tomo U,fog. 197 verso, e MS. Ci tomo IV, fog. 290; Baiàn, tomo I,
pag. 149, seg.; Cr<mica di Gotha, versione di Nicfaiolsoiiy p. lÓO, seg.;
(910-0201 — 156 —
Fornite le cerimonie, il Mehdi cUè opera a fab-
r
bricar le fondamenta del nuovo impero. Alla tolte-
r^nza religiosa d' Abu-Abd-Allah era, già auccedulo
il fanatismo del fratello preposto ali* Affrica propria
durante la guerra di Segelmessa ; il quale perseguitò
molti ortodossi. Ed or il Mehdi faceva osservare
più rigorosamente le pratiche sciite nei punti di di-
sciplina ecclesiastica o .diritto civite in che differi-
vano dalle sunnite: le parole mutate nell'appello; un
digiuno sostituito a una preghiera; maledire. i com^
pagni del Profeta fuorché Ali; permettere altre for-
me di divorzio ; dar più larga parte alle figliuole nei
retaggi ; e somiglianti novazioni, qual ridicola e qual
seria, odiosissime tutte agli Arabi d'Affrica. * Con peg-
gior consiglio ei tentò d* incorporar lo Stato alla setta.
Ai capi berberi di Eotàma richiese il giuramento di
fedeltà ^'per la Verità di chi intenda i misteri :* al qual
gergo ismaeliano erano avvezzi, e passò, Ma la schiatta
arabica vide con orrore seder prò tribunali a Rakkàda
una mano di d£t preseduti dallo Scer^, più alto dignita-
rio, i quali, chiamavano i cittadini per affiliarli alla setta
con lusinghe , poi con minacce ; e mandavano in car-
cere i ricusanti; e quattromila ne furono uccisi, per
comando del principe o brutalità dei satelliti kotaniii.
Gontuttociò i proseliti arabi si contarono a dito. U
Makrìzi , presso Sacy, Chrestomathie Arabe, tomo II, p. 1Ì4, Ì15. Traggo
la dau del 20 agosto 909 da Ibn-Abb&r, MS. della Società Asiatica di Pa-
rigi , tog. 38 recto.
* ConfrontiDsi: Riddh-en-nofus , MS. di Parigi, fog. 67 verso;. Ibn-el>
Atblr, MS. A, tomo II, fog. 197 verso, seg,;MS. C, tomo IV, fog. 290, 9eg.,
an. 296; Baidn, tomo I, p. 158, 159; Makrizi, MQÌ6àffa\ MS. di Parigi, An*
cien Foods, 675, fog. 222 recto; Ibn-Hammàd, MS. di M. Cberbomieau,
fog. 3 recito.
— 137 — 1940-920.)
Miehdi, necessitalo alfine a smetter la violeo^a, riempi
le logge ismaeli^ne cpme potea. * Fallì lo scopo d' im-
beccare ^lle moltitudini quella sua ipostasi, onde
avrebbe regnato con doppio comando*", di re é d' Id-
dio. Trapiantata poi la sede m Egitto, i successori
rincalzarono la propaganda: il più pazzo, il più co-
dardo, il più crudele tra i Fatemiti, V empio Hakem-
biamr-illah, arrivò per tal modo agli onori divini; e i
Drusi r adoran tuttavia.
Ma il Medbi^ non potendo soggiogar le coscien-
ze, assestò ogni altra cosa dauòm di Stato. Prodigò
facóltadi, carezze, óficii militari e civili ai Kotamii
più che non, avesse fatto lo. Sciita; e pur non si ab-
bandonò tutto alle milizie loro, ordinò un esercito
stanziale di liberti e schiavi, p^nte di schiatta greca
e italiana,* e parte negri. Pose diligenza e regola nel-
ramministrazione delle entrate pubbliche; onde fé' sen-
tir meno il peso ^d ebbe abilità di aggravarlo senza
remore. ' S' impossessò non solo dei beni degli Aghla-
biti,* ma sì dei lasciti pii e dei patrimonii pub-
blici d' alcune città ;' tolse le armi serbate nelle torri
* GonfroDtinsi Ibo-el-ÀlMr e Makrìzu li. ce. Veggasi aoche-nel Riddh-
en-nòfùs, fog. penultimo , verso , un. curioso aneddoto cbe^ si Darra nella
iniziazione d' Ibn-Gbàzi.
' lahta-ibn-Saìd , continuatore di Eutichio , scrive Rum , il qual nome
si dava ad ambe le scbiatte e comprendea perciò i Siciliani. La più parte
probal)ilmenté erano cristiani di Sicilia, convertiti o no. Uscì da questi
giannizzeri fatemiti Giawher conquistatore del Marocco e dell' Egitto, cb' è
chiamato ora kumi ed or i$tftH/t,' ossia siciliano. .
,' si legge nel Baiàn, tomo 1, p. 175 e 184, cbe il Mebdi nel 303
(913-16) fece il catasto dei poderi tributarli (dAt'd) prendendo la media tra
il massimo e il mìnimo fruttato; e cbe nel^ (917-18) levò unatassa ad-
dizionale sotto pretesto di arretrati. La sottile avarizia della. Gnanza fate-
mita si ritrae da tante altre fonti.
Mabta-ibnHSald» fog. 89 recto.
" Riddh-^en-nofùs, fog. Q7 verso. 11 testo dice: e Prese i beni de* lascili
I94Ò-020.1 — 138 —
della co^iera; abbattè i palagi fortificati degli Aghla-
biti; caticellò per le castella e moschee i nomi dei
priocipi fondatori, e scolpivvi il suo. 'Oltre le nova-
zioni che accentravano T autorità, il Mehdi come i
predecessori sedette nel Tribunal dei soprusi, e trattò
dassè le faccende pubbliche, *
Varie tribù e città barbere levaron la testa; ed
ei le domò con milizie di Kotàm'a capitanate dallo
Sciita. Poi risapendo che questi sparlava, che capi
kotamii gli tlavan orecchio, e che si mettea in forse
se stesse in sul trono il verace imam guidato da Dio,
un giorno convita Abu-Abd-Allab e il fratello ; li fa
appostare air uscita e trucidare ; con ippecrìta pietà
recita egli stesso la preghiera su i cadaveri (féb^
braio 94.1); e quetamente li seppellisce nel giardin
della reggia. Spense gli altri capi di Kotàhia disaf-
fetti. Ad un che gli domandava miracoli in prova di
sua divinità, fé' di presente troncar la testa.* Un altro
Kotamio spacciò sentirsi addosso lo spirito divino;
noi provò con la vittoria; e fu preso e mandato al
supplizio. "
Non cessavano con tutto ciò i tumulti del popolo
di Kàirewàn e d'altre città arabiche, la pertinace ni-
> II. ' r '
» l^li 6 aeNe forlezse. » Qaest^olUiiia voce sigi^ca seiuut dabbio le dtià
di piOTlnctft.
* Rtùàh-en-ncfHs, 1. e; Ibn-Hammdd, MS. di M. Cherbonneau, fog. 2
recto.
sfabla-ibn-Sald,!. «.
« GonfronliDSi : Iborel-AAlr , an. 296, MS. A, tomo II, fog. IdS versoi
e MS. C, tomo IV, fog. 290 verso; Ibn-Kballik&fl, netta vita di Abn-Abd-Allab
lor Sciita , Versione inglese di H. Oe Slaiie , tomo I , p. 46^; Baidn, tomo I,
p. 158, seg. ; Ibn-Abb&r, MS. della Società Asiàtica di Parigi, fbg. 58 recto;
Ibn-Hammftd, MS. de M. Gherbonnean, fog. 2 recto e vi&rso.
' labta-ibn-Sald, fog. 89 Terso.
— 159 -— 1040-920.1
mista dei giureconsulti e nobili , la petulanza degli
sgherri kotamii, le rìbéllioni d' altre genti berbere;
tra le quali quella esaltazione del nome d' Ali prò*-
VOGÒ novello furore delle sètte kharegite , e ne sor-
geva, a capo di parecchi anni, uh terribile dema-
gogo del ramo detto de' Nakkariti. Il Mehdi dun-
que, non potendo fondarsi sopra alcuna schiatta
né vasta opinione, ma sol su quella sua macchina
di governo, dovea metterla in salvo da un impeto
degli elementi ostili, con maggior cura che non
avessero fatto gli Aghlabiti ; né parvegli acconcia
Rakkàda, sì vicina a Kairéwàn; né altra città di
Arabi. Con alto consiglio volle porsi in sol mare,
ove r armata gli servisse a difesa ed a minaccia
sopra stranieri e Affricani . e Siciliani impazienti del
giogo; ed ove il commercio creasi ricchezze e
nuova popolazione. Percorsa tutta la costiera a le-
vante di Cartagine, elesse una penisoletta ch'esce
tra i golfi di Hammamet. e di Kabes, in forma di
palma di mano aperta, e T istmo raffigura il polso.
Le die nome di Mehdia, ma fu detta anco Affrica^
còme capitale. Ampliò con maravigliose opere il
porto, da renderlo capace, dicon, di settecento galee;
costruì arsenale, castelli, torri, porte di ferro mas-
siccio di mole non più vista , fosse di grano, cisterne
d'acqua; soprantese in persona ai lavori; sciolse
problemi meccanici;' trovò in sua dietrologia il giorno
e Torà di gettar la prima pietra, spuntando in cielo
* Non si trovava modo di pesar eotoste masse dì ferro. Egli 086 una
barca da bilancia idrostatica, caricandovi le porte e segMaòB ove arrivasse
il pel deiracqoa. Alle porte fii sostituita poi tanta zavorra ; e qnosia si pesò
coi modi ordinarii.
1940-920.) — 140 —
il Lione ; profferì facili profezie ; usò la scienza e impio-
stura dei suoi veri antenati persiani, che per esser
nuova parea tanto più miracolosa in Occidente. Ed a
capo di cinque anni (920), quando vide fornita la
inespugnabile capitale, sclamò: *^ Or si regneranno i
Fatemiti.***
CAPITOLO VII
* •
La colonia siciliana, dissanguata nella guerra ci-
vile del novecento, stette cheta o quasi, per nove
anni; nelqual tempo la ressero quattro emiri: Ziadet-
Allah (902-903); Mohammed-ibn-Siracusi , surroga-
toglr dal padre (màggio 903);* e, dopo il parricidio,
Ali-ibn-Mohammed-ibn-Abi-Fewàres ; é Ahmed-
ibn-àbi-Hosein-ibn-Ribbàh, di nobil casa modharifa,
stanziata in Sicilia da una sessantina d' anni, illustre
per valorosi capitani e governatori. Ali, al dir d' una
cronica, fu deposto da Ziadet-Allah : ' probabil è che
lo avesse eletto il popolo^ di Palermo, quando vide
insanguinato.il trono dal parricìdio, e ne sperò uno
scompiglio che gli^ desse agio a ripigliare suoi dritti.
' Goofrontinsi i Bekri » veréione di M. Quàtremère nelle NoHces et
Extraits de MSS., tomo XU, p. 479, seg.; labta-ibn-Saìd , ContiDuazione
d'Euticfaio, MS.'di Parigi, Ancien Fonds, t51 A,fog. SDyer^; Ibn-el-Atbtr,
an. 305, presso Tornberg, Annales Regum Mauritania^ , .tomo II, p. 575;
Ibn-Abbàr , MS. della Società Asiatica di Parigi , fog. 58 recto.
s Ìbn*el-Atbir, an. 289, BjlS. A, tomo II, fog. 172 recto; MS. G,
tomo IV, fog. 279 r^cto; Ibn-Kbaldùn, Histoire de VAfrique et de la Sicile,
p. i46; Nowairi, presso Di Gregorio, Merum ÀrabicOrutn, p. 11.
' Nowairi, 1. e. 1 fasti della famiglia Ribbàh si veggano nel Voi. I
della presente istoria, p. 521^ 522, 530, 543,^, principiando dà la'kùb-
ibn-Fezara, padre di Ribbàbi
— 141 — . 1902-940.1
Non prima si riseppe iii Palermo la fuga di
Ziadet-AUah , che il popolo, stigato dal m^de&imo Ali,
solievpssi air entrar d' aprile del novecentonove : ir-
ruppe in palagio, saccheggiò la roba , prese Ahmed ,
ed esaltò in suo luogo Ali. \ Posòia venuti avvisi della
occupazione di Rakkàda, i Palermitani mandavano
Ahmed prigione in AfiPrica, e chiedeano allo Sdita la
confermazione di Ali. Concedettela ; raccomandò con
questo di ripigliar la guerra, sacra , smessa, sotto il re-
gno di Ziadet-AUah ; ' nel qual tempo i Cristiani erano
tornati ad afforzarsi in loro rócche del Yaldemone,
per incuria di chi reggea le cose in Sicilia o forse per
trattato con l'impero bizantino. ^' Del resto non segui
evento d' importanza fino alla esaltazione del Melidi.
Né altrimenti si ricorda il nome di Sicilia 'che nella
persecuzione di Abinl-Kàsim-Tirazi, cadi di Palermo
sotto gli Aghlabiti; cacciato, probabilmente con Ahmed
e vergJieggiato in piazza pubblica di Kairewdn, iii-
sieme col dotto cadi di Tripoli, entrambi rei di co-
stanza nel rito ortodosso.*
Ove si consideri Y esser della Sicilia in questo
interregno, si vedrà la rivoluzione del novecento d'un
subito tornata a galla, quando mancò con gli Aghla-*
biti la man che V avea represso. Oltre le forze pro-
prie ristorate in un decennio , la colonia rinvigorì ,
com' ei sembra , di nobili arabi che per avventura si
' GoDfrootìDSi: Nowairi, 1. e, e Chranicùn Cantabrigiénse , p. 44,
dove si leggau Ibn-Ribb&b , ia luogo di Ibn-Ziagi.
' Nowaiìpi, I. e. • •
* Si lègge nella Cronica di Gotha, yersione del Nicbolsoo, p. 79, che
nel 294 (90^7) ZiadeUAIlàh mandò ambasciatori a Costantinopoli ed ac-
colse onorevolmente a Rakkàda un oratore bizantino.
* AiddÀ-en-no/ìSs, manoscritto. di Parigi, fogv 67 verso.
|940.) — 142 —
fossero rifuggiti d' Affrica nel primo terrore * ,o nelle
persecuzioni sempre crescenti ; la lealtà dei quali a
casa d' Aghlab ormai s' accordava con gli Umori d' in-
dependenza siciliana. Ma avendo al fianco quella piaga
dei Berberi di Girgenti, T aristocrazia palermitana, ti-
tubante a ripigliare , le armi contro V Affrica, conten-
tavasi di tener lo stato con Y antico espediente d' un
emiro tutto suo. Ali sembra, in fatti, il caporione della
nobiltà ; sì eh' essa fece come volle neir interregno.
Sperando poi di raggirare il Mehdi ed appagarlo
cpn ubbidienza nominale, Ali cbiesegli di andare a
Bakkàda per abboccarsi con lui ; e il Mehdi tutto,
lièto assenti. Avutolo in Affrica, lo fa imprigionare;
manda a regger risola, un uom suo, provato in
missioni cosi fatte , Hasan-ibn-Ahmed-ibn-Ali-^ibn-
]^oleYb, soprannominato Ibn^abi-Khinzir, ch'era stato
prefetto di polizia di, Eairewàn sotto lo Sciita. '
* Abd-Allah^ibn-Sàìgh, ultimo vizir di Ziadet-AIlab, $' era imbarcato
per la Sicilia quando il principe prese la fuga. Veggasi Nowairi, Storia
d'Affrico, in appendice alla Histoire des Berbere» par Ibn^Khaldoun, ver-
sione di M. De Slane, tomo I, p. 444. Certamente Ibn-S&igb non fu 11
solo a tentar questa via.
^ I fatti esteriori si ritraggoito riscontrando Ibn^KAthlr e Nowairi,
11. ce. ; Ibn-Kbaldùn, Histoire de l'Afriqtie et de la Sicile, trad. di N. Des
Vergers, p. 158, 159; Abulfeda, Annalès Mosletnici, an. 296, presso Di Gre-
gorio, p. 78; Scebab-ed-dln, ibid., p. 59.
Il nome compiuto di Ibn-abi-Kbinztr si legge ttel Baiàn, tomo I«
p. 148; al par cbe l' oflcio di wéli, conferito dallo Sciita, a lai nella città
(li llairewlifl e ad un altro fratello per nome Kbalf nel Castel'-Teeebio.
Ibn-KbaldùQ, l."c., afferma cbe Ibn-abi-Kbinzlr fosse stato dei notabili
dqlla tribft di Kotami. Lo credo, piuttosto dei principali della setta, ma
di scbiatta arabica. L* HafUrirì cbe si legge tra i nomi di questo gover-
natola di Sicilia nella versione latina di Abulfeda, è falsa lezione di
Abi-Kbiiiz)r. Questo soprasBone poi del pklre, suona in lingua nostra
" Quel dal eingbf ale. **
È bene avvertire cbe il Rampoldi, Annali Mutulmanii aa. 909» tomo V ,
p. 119, 125; sognd un viaggio, del Mebdi io Sicilia e parecchi aneddoti
— 145 — 1910.914 .|
Gli ìnteQ(|[ii)ì^^i àel prìncipe e le condÌ2Ìoiii dèlia
colonia appariscono da* primi atti d' Ibn-abi-Khinzir.
Sbarcato a ÌMazara il dieci dsu-l-higgia del dugento
novantasette (20 agosto 940), deputava un suo fra-
tello per nome Ali ^ governatore a Girgenti ; del quale
oficio non V ha ricordo sotto gli AgUabiti , e pare
trovato del Mehdi per lusingare i Berberi e attizzare
fa discordia tjra loro e gli Arabi. Al medesimo tempo
fece "cadi di Sicilia un Ishàk-ibn-Minbàl ; il primo,
aggiungono gli annali , che vi sedesse a nome del
Mehdi: ' e ciò mostra che per più d' un anno s' era
amministrata la giustizia secondo il dritto sunnita e
da un eletto delF emirO; Ibn^abi-Khinztr prepose alla
azieotda uomini nuovi, i quali furono accusati di
aggravii; o forse v'istituì nuovi oficii^ secondo i
volie^ri del principe. ' Il ^ Preposto della Quinta " di
cui si & ricordò poco appresso, sembra nuovo; e
di. certo fu posto a scemar T autorità delF emiro,
sia che avesse carico di spartire il bottino e le terre
prese ai vinti e serbarne la quinta all'erario, sia
che anco amministrasse il ritratto della quinta.* La
primavera o state seguente (941) Temiroy sostando
alquanto da' negozi fiscali , copducóva V esercito so-
pra Demona, ove i Cristiani avean levato la testa:
ed arse il contado, -predò, fece prigioni; ma non osò
della sollevazione di Palermo contro Aliaied*1bn^bwHoseih-*ibB^ibbfth;
i qaali nob sembraDo errori di compilatori arabi oh* egli avesM avuto per
le iQaaiy.ma paKicolari aggìonti del proprio al Nowairi e agli ifiDali chia*
mati dì Scehab^ed-dlo.
* Il nome di eostai si legge nel Baidn, tomo I, p. 130.
? Ibn-el-Atblr e Ibn-KlttldAa, 11. ce.
' Nowairi, presso Di Gregoiio, Rerum Àrabieorum, p. 19.
* Idem, p., 1^, e Chronicon Cmiiairiffienu, presso Dì Gregorio, p. 44.
[HA.] — 144 —
assalire la ròcca. * La qual debole fazione scòpre i tra-
vagli che aveano in casa i Musulmani di Sicilia' e
r.agitamento generale della schiatta arabica contro i
Fatemiti , il quale scoppiavaad cura ad ora nelle citte
d' Affrica. '
Tra cosi fotte disposizioni ti' animi , Ibn-abi-
Khinzir volle dare un banchetto ai primarii nobili
nel palagio di Palermo. I convitati sedeano nella sa-
la, quando alcun s'addiè, o il finse, ' d'una sinistra
commozione tra gli schiavi dell' emiro ; d' un luccicar
di spade che. si porgessero V un V altit) ; e balzando
in piedi sclamò : ^ Siam traditi ; " e tutti corsero- alle
finestre a gridare: ^ Ali' armi ; all', armi ! " Fresca era
la memoria dello Sciita, trucidato insiem col fratello
alle soglie del Mehdi ; * Ibn~abi-Khinzir. non pareva
ùom da scrupoli ; F universale degli Arabi di quél se-
colo ridea, certo, come di tòmanzo della ospitalità
cavalleresca de' lor padri Beduini : tra tanti Vizii, tra
tanti odii, credibilissimo il tradimento, e assai volen-
tieri creduto. D' un subito, dunque, trasse il popolo
in piazza; s' affollò dinanzi il palagio ; trovate chiuse
le porte, v' appiccò fuoco ; né si racchetò quando usci-
ron sani, e salvi i convitati , i quali a} certo non dis-
sero che avean sognato. Ibn-abi-Kinzir, fattosi ad
arringare il popolo, perdeva indarno il fiato.; gli tron-
*. Ibo-el-Athtr e ibn-Khaldùn, 11. qc.
« Baiàn, tomo I, p. fS8 a i72.
>J1 solo croDisla che racconti qaesto episodio adopera qui una yoce
che può significare: * suppose o diede a credere. *
* Al dir del cronisti, più degni 4i fede. Io Sciita fir assassinato di
febbraio 911. Il tuiQjulta di Palermo accadde nella state seguente o più
tardi; poicbè lbn-abi-4^htnztr, Tenuto d'agosto 910; ànd(k all' impresa di
Demoua nella primavera o nella sute del ^1 1 .
— 145 — |9I2.)
cavan le parole con minacce e villanie ; finché vistili
in punto d' irrompere nelle sue stanze, cercò scampo
saltando in una casa contigua , ma cadde, si spezzò
una gamba, e fu preso e messo in carcere. Per tal
modo fallì il tradimento dell' emiro o riusci la calun-
nia dei nobili : eh' io noi so. I nobili scriveano il caso
al Mehdi ; il quale perdonava ai sollevati e deponea
dòficio Ibn-abi-Khinztr, bastandogli che fosse posato
il tumulto in Palermo e preso il governo provvisio-
nalmente da Khalil, Preposto della Quinta. ^ Seguiron
cotesti avvenimenti innanzi il ventisette dsu-1-higgia
del dugentonovantanove (13 agosto 912), quando
giunse in Sicilia, mandato dal Mehdi, un novello emiro
per nome Ali-ibn-Omar-Belle\yi. *
Yivea di questo tempo in Sicilia un Ahmed-ibn-
Ziadet-Allah^ibn-Korhpb ; ^ uom d' alto aflare , di
molta ricchezza, di nobil casa arabica devota agli
* Sàhelh^l'Khomi, Per errore del Caruso {Chrmieon Cantabriyiense,
àn'. 6421), seguito dal Di Gregorio, dal Martóraua e dal Wenricb, questo
titolo di olido fu tradotto * Signore d' Alcamo: * ed è sbaglio da nou per«
donarsi ad orientalista. M. Caussio. che t* era caduto anch*egli, eerrà di
correggerlo nella versione francese del Nowairi, pubblicata in Parigi, p. 24.
.'Si confrontino: lbn-«l*Alhlr, an. 296, MS. A, tomo U» fog. 196
verso; MS. G, tomo iV, fog. 290; Nowairi» presso Di Gregorio, Rerum
Arabicarùm, p. 12, i5; Ibn-Kbaldùa, Hisioire de VAfrique etdelaSieile,
p. '1S9. 1 particolari del tumulto e il <go verno provvisionale di Kballl sod
riferiti dal solo Nowairi. Ho seguito quest' ultimo per la data dell' arrivo
di Ali-ibn-Omar in Sicilia.
Ibn-et*Athlr, an. 296, MS. A, tomo H, fog. 200 recto; e MS. G, to«
mo IV, fog. 290 verso, nel capitolo intitolato 'Raccénto della uccisione
di Abu-abd-Allah >lo Sciita," narra la rivolu di un Ibn-Wabb in Sicilia.
Hiscontrandola coi capitoli dei .&tti di Sicilia posti sotto la rubrìca del 296
e del 3Ò0, si vede cbe quella narrazione non regge; e che fu tolta, sema
molta crìtica, da qualche racconto della rivoluzione d* Ibn-Korhob nel 300,
nel quale erano sbagliati il nome e la data.
' Così in uno squarcio di A'rtt>, inserito nel Baidn, tomo I, p. 169.
Gli altri cronisti, accorciando, scrivono Ahmed-ibn^Korhob.
II. 10
|942.| — 146 —
Àgbiabiti ; che dei suoi maggiori, un fu primo mini-
stro d'Ibrahim-ibn-Ahmed; un altro, forse il padre,
espugnò Siracusa, ' e un congiunto ò fratello avea
tenuto poc^anzi il governo dell' isola.' Par che il prin-
cipe fatèmita, non trovando modo a maneggiar la co-
lonia siciliana, se ne fosse consultato con Ibn-Korhob,
avversario sì , ma intero e leale ; poiché sappia-
mo che costui scrisse ài Mehdi : « Se vuoi dar sesto
» al paese, mandavi grosso esercito che lo domi e
» strappi la potestà di mano ai capi ; se no, la colo-
}> nia rimarrà in perpetuo disubbidiente alle leggi ;
» ad ogni pie sospinto moverà tumulto contro gli
r> emiri e te li rimanderà a casa svaligiati, i» ' In suo
laconismo, Ibn-Korhob accennava, com' io credo, con
una voce sola alle due maniere di capi eh' erano nelle
popolazioni musulmane deir isola ,> i magistrati cioè
dèi Berberi e i nobili degli Arabi ; capi di consorterie
di due nature diverse, ma preposti in entrambe a
molti nego'zii civili e insieme al comando delle mili-
zie. Tale la potestà, capitaneria, dice litteralmente la
cronica, che occorreva abolire in Sicilia. Mettendo da
parte i Berberi e risguardando agli Arabi , cotesta
espressa testimonianza, confermata da tutti i ricordi
dei tempi susseguenti , mostra cresciuto ormai e so-
verchiante nella colonia un terzo male, non men grave
j < Veggadi il Lib. U, cap. IX, tomo 1 » p. 400, nota.
' filohamined-ibn-Sirakasi eletto emir nel 903. Sfraeosa fa presa,
distratta e abbandonata nen'878. Il padredunque.non poteva esser nato in
quella città, e dovea A noane di Siracusano alla littoria.
* Ibn-el-Athlr» an. 300, BIS. A, tomo II, fog. 206 recto; MS. B,
tomo IV, fog. 203 recto. Il primo MS. in yeee della lezione * domi * ha
"disperda.* Questo squarcio ft| dato da M. Des Vergers, nello Ibn-
Khaldùn , p. Ì6I , nota.
— 147 — |9ià,i
dell' antagonismo di schiatta e, direi quasi, del dispo-
tismo affricano. L' insolenza, dei nobilf non era ap-
parsa per lo addietro^ non essendo adulta la cittadi-
nanza che potesse risentirsene, come quella dei Kai-
rèwàn è d' altre città d' AfiPrica. Però si notava degli
ottimati la sola resistenza al' principato e confondèasi
col sentimento di libertà coloniale; però la plebe di
Palermo, parteggiava tuttavia per toro e tardò altri
trent' anni a tediarsene. Mancando dunque il popolo,
altro partito non rimaneva che sceglier tra due mali,
dispotismo fatemita o sfrenamento d' oligarchia ; e ad
Ibn-Korhob parvB meno intollerabile il primo. Ciò dia
la misura dell' altro. E dimostri anco la virtù di c[uel
gran cittstdino, ch'era nobile, ortodosso, affezionato
agli Aghlabiti e Siciliano :.e die consigliò contrario a
tutti interessi e umori di parte. Non andò guari ch'ei
coinpiva maggior sagrifizio, gettandosi nella voragine
della rivoluzione ; non per leggerezza, non per vanità,
non per ambizione, maad occhi aperti, per religion
d'animo generoso, quando conobbe che v'era da tentar
con un dado contro cento, la liberazione della patria
dall'Affrica insieme e dall'anarchia.
. Entrando l'anno di Cristo novecento tredici, tutta
la Sicilia era levata di. nuovo a remore: cacciato di
Palermo il Bellewi, debil vecchio e molesto;* cacciato
di Girgenti Ali-ibn-abi-Khinzìr, fratello di Basan, e
saccheggiatagli la casa; * ucciso a dì venzetté gen-
naio dai Palermitani Amràn, Preposto della Quin-
* Ibii-el-Àlblr, an. 300, MS. À, tomo li, fog. 205 verso, MS. C,
tomo iV, fog. 295; Nowairi,*pres80 Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 15;
Ibn-KhaldÙD, Hiitoire^de l'Affique et de la Sicile, p. 159.
3 Baian, tomo I, p. i69.
|942-9<5.| — 148 —
ta/ il quale par abbia voluto por mano al reggimento
come il predecessore Khalil. In tal moto generale con-
tro r autorità fatemita, svolazzò nelle menti il solito
proponimento di concordia ; tanto che Arabi e Berberi
insieme formavano di chiamare di governo delV isola
Abmed-ibn-Korhob. Ei che coQOScea la tempra di
cotesti affratellamenti, ricusò; fuggì; corse a nascono
dorsi in una grotta ; venuti a trovarlo i notabili di tótta
la Sicilia musulmana, stette salda a,l niego e a dir j^he
non si fidava di loro. Ma incalzando essi neir inchie-
sta, e giurandogli d' ubbidirlo infino alla morte , ' si
raccomandò a Dio ed accettò. Il lunedi diciòtto di
maggio, il popolo siciliano lo investiva' solennemente
deir oficio di emìro.^ Esordi compiendo il primo pre-
cetto di legge musulmana, con mandare uno stuolo
in Calabria', nella state del novecentotredici ; il qua-
le, assaliti i Cristiani, ne riportò bottino e prigioni/
Indi Ibn-Korhob levò Tanimo a maggiore impre-
sa. Dopo la guerra d' Ibrahim-ibn-Ahmed, i Cristiani
•
dì Valdemone aveano ristorato, con Demona e altre
castella, anco Taormina: opera di gran momento, poi-«
che i cronisti musulmani in questo incontro chìamanla
Taormina la Nuova. Si accingeva egli dunque ad
espugnarla un'altra fiata, con intendimento, come si
vociferò, di riporvi sue sostan;ze, fa;niglia e, schiavi,
ed afforzarvisi in caso di guerra civile ; ma il dise-
gno sembra piuttosto di compiere ed assicurare il
* Chronicon Cantabrigietue, presso Di Gregorio, op. cit., p. 44.
^ Baiàn, I. e. .
s Ibn-el-Atbtr, Baian, Nowairi, Ibo-KJial^ùn , 11. ce. La data precisa
nella sola Cronica di Cambridge, 1. e.
♦ lbn-el*AtWr,l. e.
— 149 — 10<5.|
conquisto, del Yaldemone. Che cheiie fosse, mandavvi
il proprio figliuolo Ali con un esercito ; il quale stette
per tre mesi air assedio, finché molte schiere, forse
dei Berberi, si abbottìnaron gridando non voler com-
battere per mettersi un'altro giogo sul collo : ed ar^
sero bagaglio e padiglioni del capitano; e lo cerca-
vatìo a morte , sé non che fu difeso dagli Arabi. Ma
la imprésa si abbandonò: \
Tentava Ibn-Korhob nel medesimo tempo* di
ordinare la Sicilia in' legittimo e stabile reggimento,
con tutta quella libertà che mai avessero imàginato ,
i Musulmani ortodossi. Il modo, pianissimo, era di ri-
conoscere il nome del califó abbassida Moktader--
billah ; il quale da Bagdad, nelle misere condizioni
in cui si travagliava il califato, non avrebbe potuto
né levar tributi,' né esercitar comando di sorta, né
scegliere V emir di Sibilia , né altro far che investire
lo eletto dei Siciliani. Quanto air emir, la investitura
gli veniva à dare iin po' di séguito e di riverenza;
togliea qualche pretesto ai macchinatori di novità;
mettea qualche lieve intoppo allo sdrucciolo di co-
testa autorità senza forza pubblica: del rimanente non
aumentava i pericoli d' una tirannide, né i capi riot-
tosi potean temerne tròppo rigor di giustizia. Però la
nobiltà arabica di Sicilia toccava il bello ideale del
governo di genio suo; quel che aveva ambito per lo
innanzi, quel che desiderò in appresso e mai noi potè
* IbiHel-Athlr, an. 300, MS. A, tomo II, fog. 205 verso; MS. B»
tomo IV , fog. 295 recto ; Ibn-Khaldùn, HUtoire de VAfriqué eidela 5tct/e,
^ Né la lettera né il senso dei testi fan supporre' che Iba-Korhob ab-
bia preso tal partito dopo l'ammutinaménto di Taormina, e per rimediarvi.
\9U.\ — ISO —
conseguire. I Berberi foceano eome chi si gitti in
mare dalla nave che arde : vessati dal principato d'Af*
frica e dagli Arabi lor compagni neir isola,, concorda*'
ron questa volta col più vicini ' Tutta la Sicilia dun*
que a una voce assenti ad Ibn-Korhob, quand' ei
messe il partito della obbedienza agli Abbassidi. In-
contanente, tolto dalla khotba il' nome del Mehdi, si
pregò nelle solenni adunanze dei Credenti per Mokta*
der. Mandaronsi lettere e messaggi a Bagdad; ove
il califo, con sussiègo pontificale, approvò, fece com-
pilare un bel diploma d'investitura in persona di
Ahmed-ibn-Ziadet-Allah-ibn-Korhob , e glieF inviò,
com'era usanza, per legati apposta, accoinpagnato
col solito dono degli emblemi del coman(fa> : bandière
negre, toghe nere, collana d' oro e smaniglie.' Arrivò
in Palermo T ambasceria di Bagdad poco appresso
Y armata siciliana, che tornava in portò con splendida
vittoria. '
Disdetto il nome dèi Mehdi, s'era apprestato
Ibn-Korhob a provar su^ ragione con la spada ; e
come prima iseppe uscito un navilio affricano ad
assaltare la Sicilia, ovvero a guerreggia^ contro
r Egitto e le città d' Affrica rivoltate, * fece salpare,
a' nove luglio novecento quattordici, il navilio sicilia-
no, condotto. dal proprio figliuolo Mohammed. Ai di-
ciotto luglio, trovò nel porto di Lamta, presso Medhia,
r ammiraglio nemico, Hasan-ibn-abi-Kbinztr, quel
* Di coleste riflessiooi oon è rispoDsabile alcun cronista.
* ' ConfroDtiiifti Ibn-el-ÀtblF, Baiàn, Nowairi, Ibn-Kbaldùo, U. ce.
B Ciò à Yede dall' ordine dei fiitli presso ibn-^l-Atlilr e ibnrKhaldùn.
* Veggasi il Baidn, tomo 1, anni 300 e seguenti; ibn*KbaldÙB,
Storia dei ÌPaiemiti, in appendice alla Bistoire da JtorMrei'elc. del me-
desimo autore, versione di M. De Slane, tomo 11» p. ^4.
— 151 — 4944.1
campato a mala pena nel tumulto di Palermo; e dato
dentro, rbppe gli Affricani, arse tutte lor navi, fé da
secante prigioni e tra gli altri Basan» Mòhammed de-
turpò la vittoria, scannandolo di propria mapo e fa-
cendogli mozzar mani e pie, e mandò la testa al pa-
dre in Palermo: crudeltà provocata forse da antiche
òfTese in Sicilia, di certo dagli esempii di barbarie che
avean dato gli eserciti fatemi ti nelle oittà ribelli d'Af-^
firica e dalla strage indistinta degli Arabi di parte
aghlabita. Sopravvennero dopo la sconfitta genti. che
il Mehdi mandava in fretta da Rakkàda ; nla, sbarcati
i Siciliani, le combatterono e vinserle con tanta rètta,
che preser tutte le bagaglio del campo. Indi T armata
assaltò e distrusse Sfax, che si ténea pei Fatemiti;
e, passando oltre, si mostrò a Tripoli. Trovatovi El-
Kàim figliuolo del Mehdi con T esercito che tornava
d'Egitto, rivolser le prore verso la Sicilia. *
La riputazione di tal vittoria e della investitura
rincorò Ibn-Korhob , . sì ohe diede opera più alacre-
mente alle cose pubbliche , con forza e prudenza,
scrive un cronista ' secondo la fórmola ; lasciandoci
a tradurre in numeri cotesti segni d'algebra ; e di più
ad imaginare le difficoltà che si paravano innanzi al
. novello reggitor delia Sicilia : le pretensioni contrarie
de' Berberi e della nobiltà arabica , delle antiche fa-
mìglio musulmane e dei Siciliani convertiti, degli ot-
timati militari e 'dei giuristi ; le confuse brame del
'Si coAfrontiBo: Cknmwn CantabngieMe, 1. c.^ an. 6422; Ibn-el-
Atktr, 1. e; Baién, anni 300 e SOI , tomo 1, p. 169 e 172; Ibn-Kbaldftn ,
Stmrìa d'Affrica, e Sioria dei FatemiH, U. ce. Le da^ al rUraggon dalla
81^ Cronica di Cambridge.
> Baiàn, tomo 1 , p; 160.
(9U-945.I — 152 —
pbpol ipiauto; e quanti soprusi e. dilapidazioni erau
da riparare, a quante ambizioni dovea resistere Um-
Eorhob, a quante cedere , a quante cupidigie . por
freno, da quanti invidiosi schermirsi, quanti ladroni
gastigare o . liisingare , quante pa^zze ire a comporre,
quanti calunniatori ad affrontare, quanti sciocchi a^
far contenti : nelle dette condizioni della colonia , tra
uomini si mal connessi insieme b ciascun persuaso
che la rivoluzione s' era fatta a suo beneficio partico^
lare. Una impresa che tentò Ibn-Korhob in Calabria,
quasi dimenticando ch'aveva alle spalle i Fatemiti,
mostra ch'ei temesse molto più le divisioni interiori
e quel pomo di discordia del fei\ onde si studiava ad
appagare i più bramosi col bottino della guerra sa-
cra. L'esercito che passò il Faro, saccheggiò^ die il
guasto, afflisse gli indifesi Cristiani della punta meri-
dionale di terraferma. VMa Tarmata fece naufragio, il
primo settembre del medesimo anno novecento, quat-
tordici p del seguente, a Gagliano presso il capo di
Leuca, ovvero Gallico presso Reggio. ' Questo fu prin-
cipio della rovina d' Ibn-Korhob. Occórso di combat-
ter nuovamente le forze navali dei Fatemiti che -in-
grossavano su la costiera d'Affrica, T armata sicilia-
na, scemata da quel disastro dì Calabria, fu vinta e
' Ibiv-el-À(hìr,'l. e. senza >orre la data a ciascun fatto della rivolu-
sione d'Ibn-Korhob, cb'ei narra in un Caiscio nel 300. .
' Chronieon CarUabrigiense, I. c.ian.>6425. Secondo la cronol<^ia se-
guita costantemente in questa cronica, la data torna senza dubbio al 9U.
Ma supporrei piuttosto uno sbàglio del cronista, che lo armamento di due*
nayilii siciliani al medesimo tempo , ovvero tale rapidità di movimenti
deir unica armata, che avesse vinto il 18 luglio a Lamta, poi >ost6ggiato
Sfax è Tripoli, poi toccato il porto di Palermo, e si fosse trovata finalmente
ne* mari di Calabria il lo settembre. 11 nome di luogo è scritto nel testo
senza punti dfacritici.
— 155 — |945-d46.|
prese tutte le navi. ladi una mala contentezza nei
popoli ; e ogni provvedimento d' Ibn-Korhob comin-
ciò ad andar di travèrso; i turbolenti , che s'erano
acquattati per timore , alzaron le creste. *
Na^rra il Gedreno che Zoe, mentre reggalo stato
pel figliuolo Costantino. Porfirogenito di minore età, vo-
lendo concentrare le forze contrq i Bulgari che nuo-
vamente minacciavano la capitale, fermò la pace coi
Saraceni di Sicilia, affinchè cessassero la infestagione
della Puglia e Calabrie racquistate dalla dinastia ma-
cedone. Eustazio, gentiluomo di camera,,' com'or si
chiamerebbe, dello iiioiperatore e stratego di Calabria,
stipo)ava a questo fine con Temir di Sicilia di pagar-
gli tributo di ventiduemila bizantini d' oro air anno,
che tornano a un dipresso a trecentomila lire. * Con-
tinua r annalista, come surrogato ad Eustazio un Gio-
vanni MuzalonOj costui si iniquamente governò, che
i Calabresi, ribellati aìrimpero^ diersi a Landolfo
principe di Benevento , dopo la' esaltazione di Ro-
mano Lecapeno al trono di Costantinopoli :\ì quali
avvenimenti designando la data che manca nel rac-
conto, fan tornare la pace di Sicilia al novecento
quindici o principii del novecento sedici, e però al
tempo d' Ibn-Korhob. ^ Vergogna air impero, gloria
' Iba-el-Athtr, I. <;., il quale non parla del naufragio in Calabria.
• * Nel IX secolo il xP^ùo* Talea da 13 a 14 franchi in peso dì metallo.
. * Cedreno, ediz. Niebubr, tomo li, p. 385.
0 La guerra coi Bulgari, condotta dopo il trattato con la Sicilia t fo
combattuta il 917; Romano Lecapeno fu coronato a' 17 dicembre 919; la
ribellione di Calabria segui nel 920 e.92h Pertanto il Le hem^SUtoire
du Ba» Empire, lib, 73, cap. XllI, con buona crit^» ha posto il trattato
di Sicilia nel 916. Un cenno di Giorgio Monaco, edìz. Niebuhr, p. 8S0,
porterebbe questo fatto alla 3* indizione (914-13). Ad ogni modo, come
recò questo trattato alla colonia musalmana di Sici-
lia e al valente uom che la reggea. E pur non mà-
ravijglierei , se un di o T altro si trovasse in qualche
cronaca che i ventiduemiia bizantini d' oro eran ca-
cone di nuove discordie tra le milizie arabiche e
berbere; che le fazioni calunniavan T emiro d'essersi
venduto agli Infedeli per scialacquare lor moneta coi
suoi sgherri.
La reazione contro Ibn-Korhob incominciò, co->
me era da aspettarsi , dalla schiatta berbera. Correndo
Fantìo trecentotrè dell' egira (16 luglio 915, a 3 lu-
glio 91 6), i Girgentini disdiceano Tautorità sua; man-
davano per lettere ad offerirsi al Mehdi ; tiravano a
sé altre popolazioni, Si fé' capo della parte un Abu-
Ghofàr. * Coi principali dei sollevati , volle in persona
intimare a Ibn-Korhob, .àe ne andasse con dio fuor di
Sicilia, poiché spiaceva al popolo: ai quali l'emiro paca^-
tamente rispose aver preso lo stato richiesto e costretto
da lóro stessi; e ricordò il dato giuramento, e si sforzò
a persuaderli che non guastassero T in^resa ben .co*
dalla siate del 916 alla primavera del 017 non v' ebbe in Sicilia alcun
goiremOt cosi par che il trattalo si debba mettere avanti la ristorazione
deir autorità fatemita , e però al tempo d' Fbn-^orbob. Posporre non si
dee, sapendosi che un'armata dei Uehdi assaliva Reggio, d' agosto 918.
Ma anche lasciato da parte Io esame se il trattato si fosse fermato nel
91K 0 nel 918 e anche 919, prima dell' esaltazione di Romano Lecapeno,
égli è certo che non si può collocare nel 928 come ha creduto il Marte-
réna (tomo I, p. 86), seguito dal Wenrlch (lib. I, cap. XII, § 105). 11
Martorana ha pi^esò i particolari del trattato da Cedreno e la data da
Nowairì. Ma panni evidente che quésta si debba riferire, non al trattato
primitivo, ma alla rinnovazione di quello tra Costantinopoli e i Fatemlti;
come spiegherò a suo luogo, nel capitolo Seguente.
* Questo nome , dato dal solo Novralri, è senza vocali nel maDoscritio.
Senza dubbio non è patronimico, ma soprannome; e, come io lo leggo,
significa * Quel dal collo e faccU irsuti di peli. *
— 188 — [915-940.1
minciala dai Siciliani : ma ostinaronsi; ed ei non volle
cedere a minacce. Anzi, mantenendogli molti altri
la fede, s'afforzò, com'ei pare, in Palermo e si
venne alle armi.- Poi, sia 'che T avvantaggio fosse
rimase ai sollevati, sia che gli rifuggisse T animo
dal continuar quello spargimento di sangue civile,
Ibn-Korhob deliberossi a volontario esilio in Spagna.
Non è inverosimile che gli abbia dato il tracollo
q^ella terribil quo va dell' assedio della colonia al Ga-
rìgliano, di che potea parer causa la pace fermata
coi Bii^antini. * Noleggiati dunque i legni, trasporta-
tavi gran salmeria delle robe proprie e de' suoi,
Ibn-Korhob stava per dar le vele al vento, il quat-
tordici luglio del novecento sedici. ^ ìn questo una
turba ingombra la spiaggia; salta furibonda su le
navi ; saccheggia; pon le mani addosso air emiro, ai
figliuoli, agli amici che segui van sua fortuna, tra i
quali un Ibn-fKhami, il cadi. Messi ai ferri, gittati sur
una barca, li mandarono, per colmo d'infamia, al-
l'usurpator fatemita a Siisa. ^'E che ti mosse a sco-
noscere il sacro dritto della casa d'Ali e ribellarti da
noi?" dìcea superbamente il Mehdi ad Ibn-Korhob,
fattosel recare incatenato. ** I Siciliani/' rispose, ''mi
esaltarono mio malgrado, e mio malgrado m' han de-
posto." AiinandoUo allora in carcere, è divisò il sup-
^ Veggasi il capitolo seguente. L'assèdio iocominciò il ligiagno 916.
L'accusa sarebbe stau ingiusta, perchè i ladroni del Oarigliano non ubbi-
divano air emir di Sicilia. Ma quando mai l' amor di parie giudicò giusto
i nemici?
* La data precisa è nella sola Cronica di Cambridge. Rispondevi con
pochissimo divario il Jlatdn, ponendo rimprìgionamentod' Ibn-Korhob
nell'anno 305, che finì il 3 luglio 016, e l'arrivo a Sosa nel mese di mobar-
rem 304, cioè dal 4 luglio al 2 agosto.
19461 — 156,—
plizio più che potesse insolito e ignominioso. Montato
a cavallo, meiiava seco i prigioni a Rakkàdà, capi-
tale tuttavia deirìmpero. E faor la porta della Pace, *
là dov' eran sepolti i miseri avanzi di Hasah-ibn-abi-
Khinzfr ucciso dopo la battaglia di Lamta,Ibn-Ko'rbob,
i figliuoli, gli amici politici, come ladroni di strada,
eran vergheggiati a morte; mozzati loro mani e pie;
e sospesi i cadaveri a tanti pali dinanzi la tomba.^ '
Insieme con lor nobili vittime i controrfvoluzio-
narii di Sicilia mandarono al Mehdi una petizione
arrogante. Sognando di potere rinnegare il dritto e
mantenere il fatto, scriveangli non aver bisogno dì
Soldati né di alcuno aiuto da lui : nominasse un go-
vernatore e un cadi , ed essi penserebbero al re-
sto; aggiugnendo altre condizioni c^e lo empieron di
collera e di furore, scrivono i -.cronisti senza partico-
lareggiarle. ' E il Mehdi che sapeva usar le occalsiò^
ni, in vece del trave della favola eh' et bramavano,
mandò in Sicilia uno sperimentato capitano, * Abu-
* Bab-M^selm. . ^
' CoDfrontiDsi: Chranicon Cantabrigienu, an. 6424 (1/* settembre 915
a 31 agósto 916), presso Dì Gregorio, Rerum Àrabicarum, p. 44; Baiàn,
an. 505 e 504, tomo I , pag. 175, 176; Ibn-el-Atblr, ah. 300 , MS. A, tomo H,
fòg. 206 recto, MS/G, tomo IV, fog. 293 recto; Nowairi, presso Di Gre-
gorio, p. 13; Ibn-^baldùn , Hittoiré^VAfriqueetdela Sieile, p. 160, 161
e Storia dei Futemili, in appendice alla Histoire des Berbères, etc. » tomo If ,
p. 525. Ibo-el-Atblr, (bn-Khaldùn che lo copia e Nowairi, pongono tutti i ^
fatti , con error di data , nel 300.
^Baiàn, an. 304, 1. e.
^ lahia-ibn-Saìd, continuatore degli annali di Eutichio, MS. di Pa*
rigi, fog. 89 verso, accennando la rivoluzione d* Ibn^Korhob, la dice do-
mata da un capitano, del Mehdi per nome Bagana o Bogona, etc., (ch'ei
non mette vocali) il quale ridusse anche le città ribelli di Barca e Tuggurt.
Non ostante la inesjittezza della narrazione, è evidente che si trattf di
Abu-Saìd eh' atea forse queir altro nome, berbero, com' ^i mi suona al-
r orecchio. '
— 157 — (9i6.|
Sa-ì<l-MusaMbn-Ahmed r soprannorainato Dhaìf , eh' è
a dir r Ospite, con un'armata e forti schiere di Ko-
tamii, capitanate da loro sceikhi. Approdò a Trapani il
quindici agosto ; dove andati a trovarlo i notabili di
Girge^ti, molto li onorò , li presentò di ricche vesti-
menta, si studiò a lusingarli e tirarli alle sue voglie;
ma quando vide che era niente, d'un colpo di mano
fé catturare il procace Abu-Ghofàr e metterlo ai
ceppi. A tempo fuggi un costui fratello per nome
Ahmed; corse a Girgenti.a cUamareJl popolo alle
•
armi. Gosi.i Qerberi a capo di due mesi, e pur era
troppo tardi, raccesero la rivoluzione eh' aveano
spento con le proprie mani. Altre città e castella se-
guiron r esempio. *
Abu-Sa'id senza dimora andò sopra la capitale.
Sapendo mtércetto il pammino da . popolazioni tumul-
tuanti, 0 manqo difesa la città dalla parte di mare,
il condottiero affrìcano audacemente imbarcò. suoi
Kotamiì; e con Tarmata entrò nel porto dì Palermo
a' ventotto settembre. * La i)occa del porto era quella
ch'or s' addimanda la Cala; le lagune e it gran ca-
nale, in oggi ricolmi, penetravano assai dentro
terra sino/ai ripari della città vecchia; talché la-
sciavan d'ambo i Iati due bracci ^ tutti scogli ed
arene , disabitati, com' ei sembra. ' Abu-Sald pose
* ConfronliDSi;, Chronùson Caniabrigienw, Ibn-el-Atbìr , Baiàn, No-
wai]:i« Ibo-Kbaldùn, Hiitoirejie VÀfrique et de la Sieih» U. oc. IMiam-
poldi» tomo V, anni 9U, 915, 916, 917, rimpastò e trinciò a mo^b suo
tutti questi avvenimenti, tolti dalla Cronica di Cambridge e da NowairL
U Martorana, tomo f , p. 81, e il Wenrìch, lib. I, cap. XI, § 103,. ban
fatto d'un solo due capitani: Mosa-ribn-Abmed, e Abu-Sald-Aldbaif;
e il Wenrìcb ba fatto venire bi Sicilia il primo nel 9i3, e r altro nel 916.
' Confrontinsi: Chronicon Canta^giense, ^ Ibn-el-AtbIr, 11. ce.
' Si vegga la nota a p. 68 , 69, di questo volume; Il mare dell' antico
|946.| — 158 —
le genti su Ynn ^ei bràcci ; vi si afforzò di frónte
con una muraglia tirata per traversò dal porto
alla spiaggia esteriore; assicurato ai fianchi e alle
spalle dal mare, eh' et tenea con Tarmata è sì chiù-
dealo agli assediati. ' Dapprima potè far poco male alla
città: 'sotto gli occhi suoi il diciassette d'ottobre i
Palermitani gìuravan la lega con gli ambasciatori di
Girgenti e d'altre città; tra i quali si ricordano i no-
mi d' Ibn-Ali ed Awa-es-^àVi. ' Ma par che il pe-
porto s! è ritirato notabikiiente in pochi secoli; sia per solleTameoto del
saoloy Aia per alluvione del fiome Papireto, sia per l'nnaé per Taltro Insie-
me. L*anno 972, quando venne in Palermo Ibn-Haai&al, il gran porlo gia-
cca nel quartiere delli Scbiavoni (chiesa di San Domenico , contrada del
Pizinto ec.)».e T arsenale^ alla jPdit«a« cittadella fabbricata dai Fatemili
il 957; la quale, dice Ibn-Haokal» era circondata dal mare, fuoròhè dalla
parte di mezzogiorno. Indi è evidente che le acque occupavan quella che
si chiama tuttavia " Piazza della marina * ancorché più non guardi il m^re.
Fazzello afferma cba al priucipio del XVI secolo, tirando gagliardi venti
di tramontana, le onde balteano una porta della città e allagavan la
piazza contigua^ e che cib non avveniva più quand' egli scrisse, cioè verso
il 15S0. (De rebus sicùUSf deca 1, lib. VII , cap. l.j In oggi il mar grosso di
greòo-tramontana, che dà per dritto entro la Cala, manda appena qualche
sprazzo a pie delie case e ricaccia i rigagnoli dentro gli aquidotti della
Piazza-marina. Però io credo che al principio del X secolo i due bracci
fossero stati sì bassi da non poiervisi far soggiorno. Alla punta di quel
di Tramontana è in oggi il Castello, fabbricato sopra scogli a fior d'acqua,
II braccio della kaUa o Gausa, come si cliiama tuttavia questo quartiere
ed è la KhàlUaàei Fateròilij si distingue tuttavia benissimo a quella schiena
che 8' alia, tra la passeggiata della farina propriamente detta e la Piazza
deUa marina. Quivi sono il palagio Butera , la strada dello stesso nóme ,
la chiesa della Catena ^del porto antico), la Zecca, i Tribunali, dei quali
ediOzii il più antico arriva al XIV secolo; e sursevi fino al ISSI la chiesa
della Kalsa , eh* era anche del XIV o XIU.
* Ibn-^l-Athlr, 1. e. Le circostanze locali ch'ei narra ^tan bene nel-
Tuno e neir altro bràccio, e la testimonianza d' Ibn-Haukal, che il porto
giacca nel quartier delll Scbiavoni, non toglie i^ dubbio; polche la Kbftlisa
avea pur r arsenale, o porto militare. Anzi è probabile che il braccio set-
tentrionale, come più basso dell'altro e però paludoso,, non fosse atto per
anco a porvi un campo.
* La data e i nomi de^ll ambasciatori sf leggono nella cronica di
Cambridge; il cenno di Girgenti e altire città In Ibn-el-Atbtr. Awa oUwa
par nome proprio berbinro.
— 159 — |9I6-W7.1
rìcolo comunìe non facesse dimenticare là nimistà, e
che il rimanente della Sicilia non mandasse aiuti;
poiché gli assedianti seippre più strinsero Palermo.
In un combattimento erano sconfitti i Siciliani; rima-
nea su) campo di battaglia grande numero di lor
nobili ; i feroci Kutamii irrompeano nei sobborghi;
metteano al taglio della spada gli abitatori, fin le
donne e i fanciulli; sforzavano le donzelle, guasta-
vano e saccheggiavano ogtii cosa. Nondimeno la città
vecchia tenne fermo : Abu-Saìd chiese ed ebbe dal
Méhdi nuovi aiuti d'uomini e di navi; finché, scarseg-
giando le vittuaglie, rincarito anco il sale a poco men
che una lira air oncia, ^ i cittadini si calarono agli
accordi dopo sei mesi d' assedio. Si stipulò pien per-
dono, fuorché a due capi ribelli : e i cittadini con la
solita alacrità li consegnarono, e fecero entrare Abu-
Saìd a' dodici marzo novecento diciassette. Contro i
4
patti, com'egli é manifesto, svelse le porte, abbattè
mura, tolse le armi e i cavalli da battaglia, pose una
taglia su la città, e, imprigionati molti uomini di nota,
li mandò in Affrica al Mehdi. Quésti senza strepito li
fé' mazzerare ; e poi spacciò in Sicilia una clementis-
sima amnistia. Di settembre del medesimo anno Abu-
* Qaesto sì legge celia sola Cronica di Cambridge. Il Cariiso e gli
orieDtalisli che lo aiatarono alla pabblicazione, lessero Tariàin e Inter*
pretarono due tari. Ma oltreché la voce tari' bI scriverebbe in^ arabico
dtr^em, il manoscritto ha chiaramente harbatoin, che tz letto kharrobatain,
e significa dqeifcAarroÒe, maniera di peso e di moneta, la cui denomina»
Siene pftre tradotta' dal latino nliqua. La moneta torna a 1/40 di ditidr; e
però 0,36 di lira italiana, L'oncia di sale costava dunqne 0,73: probabil-
mente r oncia romana, che fa m uso in Sicilia fin, dopo la dominazione
musulmana e ne fa menzione Edrfsi. Secondo il valore che le dà Edrisl,
non niolto divèrso da quello dell* antica oncia romana, tornerebbe allMn-
cìrca a 50 grammi.
«
1882*945.1 — 160 —
Saìd, col navilio e T esercito, Jtomava in Affrica, la^-
sciando a reggere la Sicilia Sàlem-ibn-Ased-ibn-
Ràscid, affidato in una forte schiera di Kotamii. ^ La
rivoluzione d' indepèndenza parve morta e sepolta.
CAPITOLO VIIL
Tra le raccontate guerre civili dell' isola, gli Ita-
liani di Terraferma, arrivati, con rara vicenda di for-
tuna, a collegarsi per pochi mesi, estirparono i Mu-
sulmani dal Garigliano. Durevoli accordi poteano se-
guirne men che prima allo entrar del decimo seco-
lo , quando i feudajtarii deir Italia di sopra si fecero
quasi principi assoluti ; V autorità delF impero occi-
dentale calò tuttavia, per esser piccioli e troppi i
pretendenti; le armi bizantine valser né più né meno
quanto bastava a non poterle cacciare dall' Italia
meridionale; la tiara pontificale s'avvili, nei misfatti,
nelle atrocità, nelle brutture, dispensata alfine per
man delle Marozìe e delle Teodoro. E pure, com' è ca-
pricciosa la storia, quella lega italiana, sì giusta, sì ne-
< SI confrontino: Chronieon Cantabrigiense, 1. e, an. 6425 e 6426;
Ibn-el-Alhlr, I. e; Baiàn, e 'Artb, an. 304, tomo I, p. 176; Ibn-KhaMùn,
HUtoire de VAfirique et de la SiciU, p. 161 , 162. Ibn-Khaldùn erronea-
mente suppone in Trapani la guerra^-cbe fu in Palermo. 11 Nowairi, presso
Di Gregorio, Rerum Arabicarum» p. 13, la confonde coi. fatti di GirgenU.
Il nome delnaovo emiro è scritto neUa Cronica di Cambridge, Sftjem sol-
tanto; nel Baidn, Slilem-ibn-abi-B&scid ; in Ibn-Khaldùn, Sftlem-ibn-
Ràscid; nel Nowairi, SalenHibn-Ased-ei-Kenàni. Credo si deblia correggere
Eotàmi; non essendo verosimile cbe il Mehdi avesse posto m arabo della
tribù di ^fn&na, sopnaie soldatesche della tribù berbera di KoUma, la-
sciate in Sicilia.
— f6Ì — 1882-945.1
cessarla, si feliòe nel successo, ei)be origine a Roma
in mezzo di tanto vitupero ; V eroe della impresa fu
Giovanni decimo, nato di scandalo, esaltato per dop-
pio scandalo, si che gli scrittori ecclesiastici te V ab-
bandonano. *
Quando Giovanni decimo sali al pontificato (91 i),
queVdel GarigTiano stavano in sul termine di passar
da ladróni a conquistatori. Accozzati, come narram-
mo, dei Musulmani che avean guerreggiato in qudie
parti al tempo di Giovanni ottavo, inaugurarono la nuo^
va compagnia con saccheggi di monasteri : la scon-
fitta che toccarono in Calabria deU\ottooento ottanta-
cinque li fiaccò ; V poi è verosimile che si fossero ri-
fomiti, sótto il regno d' Ibràhim-ìbn-Ahmed » di fuo-
rusciti Affricani e sopratutto dei' Siciliani del nove-
cènto. Il passaggio d'Ibrahim (902) in Calabria lor
die ardire e, credo, rinforzi ; credo lor siasi raggiunta
la più parte della banda d' Agropoli, il cui nome spa-
risce, dopo' la fine del nono secolo ; onde, s'eri ne Te-
lato qualche drappello, stava ai sQldi delia repubblica
napoletana.' Cresce, air incontro, per tutte le croniche
di questo tempo, lo spavento dèi barbari del Gari-
gliano, cui ci dipingono infestissimi e piii terribili
degli lingheri che despiavano la Lombardia ; ' e pur
venendo ai particolari ninno accasa i Musulmani
d' aver arsa^ cernie fecero gli Ungheri, le centinaia
di prigióni. Il véro è che i Musulmani non avanza-
« Veggasi il Uh. Il, cap. XI , pag. 440 e 458, seg.
* Probabiìmente eran di questi drappelli i Masulmani che insieme
coi Napoletaol uccisero Irenù cilladini di Gapua Tanno novecento cinque.
Veggasi Chronicon Saneti Benedietit presso Pertz, Seriptore», ec., tomo HI,
p. 306.
' Liutprando, ÀntapodesU, lib. Il, cap. XLIV, XLV.
n. 11
(882-945.) — 162 — '
vano i Magiari di crudeltà, uè di numero ; si bene
di sveltezza, di perseveranza e d'ordini. Già già ap-
pariva, nel bel mezzo della nostra costiera del Tirrè-
no, quel nocciolo normale dello stato musulmano : il
Kairewàn. ^ Il campo del Garigliano cominciava a
prendere aspetto di città : aveanlo afforzato di ripari
e torri; * vi tenean le donne> i figliuoli, i prigioni, H
bottino. ' I gioghi del vicin colle , eran cittadella nel
pericolo estremo. Il breve tronco del fiume , naviga-
bile a barcbe, rendea comoda la stanza e agévoli gli
aiuti ; sedendo alla foce i confederati cristiani di G^eta,
e un pò' più lungi la repubblica di Napoli, che sì facea
rispettare, ma in fondo era amica. Non si ritrae che co-
storo ubbidissero agli Aghlabiti, né poscia ai Fatemi-
ti, né mai agli emiri di Sicilia. Facean corpo politico
dassè, fuor della legge ; come tante altre compagnie
musulmane in vari tempi e luoghi: a Greta, a Bari, a
Taranto, a Frassineto. Al par che quelle scegliean lor
capo, che un cronista italiano chiama califo^e sMn-*
titolava forse così. - .
Guardando su la carta d'Italia i nomi dei lup*
ghi infestati, si védran le gu^ldane spiccarsi dalla
Stanza del Garigliano, come raggi che vadano a ferire
per tutta V area d' un vasto semicireolo ; se non che
i raggi son corti e rintuzzati tra mezzogiorno e le-
vante, ove incontravano Najpòli e i principati iongo-
. * ' *
* Vftggasi il primo Voi., p. 113.
* Muhitionei, dice LibtpniDda; iut^res, il monaco Benedetto di San-
t' Andrea.
' LiatpniBdo , l e.
^.Chronieon eomitum Capwe, presso Pertz, Scriptores, ec, tondo tif,
p. 208.
— 465 — 1882-915 J
bardi ; e corron lungi assai tra ponente e tramontana
per entro lo Slato Ecclesiastico. Provocati da qualche
insolito guasto di que* del Garigliano dopo la guerra
d' Ibrahim-ibn-Ahmed, i Cristiani vennero ad osteg-
giarli alla sponda del fiume, di giugno del novecen*
totrè ; e toccarono sanguinosa sconfitta. ^ Àtenolfo
principe di Capua, testé insignoritosi di Benevento
(900), volle ritentare la sorte delle armi, il novecento
otto: tirasse alla lega i Napoletani e gli Amalfitani ;
raccolta gran gente , pa^sò il Garigliano sopra un
ponte di barche a Sétra, comesi chiamava il luogo
presso Traietto ; dove fortuneggiò in un assalto not-
turno dei Musulmai^i e dei Gaetini'lor ausiliari; ma,
ristorata la battaglia, ruppe i nemici enrinseguilli fino
ai ripari ' Visto poi che non bastassero le for^zjet a
quella espugnazione, ovvero che i Napoletani bale-
nassero nella lega , mandò il figliuolo Landolfo a
chi€i4ere aiuti a Leone, al quale premeva altrettanto
d' assicurare i dominii bizantini in Italia. E cosi la im-
presa si apparecchiava a Costantinopoli, quando Lan<-
dolfo ebbe a tornare a Benevento per la morte del
padre (91 0), e mancò di lì a poco (94 1) lo stesso Leo-
ne. Landolfo, presolo stato, rinnovò il novecento-
undici i patti con la repubblica di Napoli ; la quale
in parole gli promesse d' aiutarlo contro i Musulmani
come se Benevento fosse terra sua propria ;/ ma in
' Ckronica Saneti BetmdUti, presso Peitz, stesso volarne, p. t06.
Probabilmente vuol dire dei Longobardi di Capua e Benevento e dei Nà*
poletani.
' Leo Osiiensis, lib. I , cap. L.
' Op. ctt., cap. Lll.
* Il diploma di Gregorio daca di Napoli tratta anco di altri patU in-
fatti par non abbia cessato quel gioco d'equilibrio
incominciato ottant'anni prima. La fortuna delle ar*
mi fu varia. I Musulmani condotti da Alliku, come
leg^esi il noine nella cronica, avean fatto una punta
fino alla costiera dell* Adriatico , quando Landolfo li
raggiunse e ruppe in due scontri a Siponto * e Ga-
noéà. ' Tornaron fuori con novelle forze ; dettero il
guasto a Venosa, Frigento, Taurasi^ Avellino, e al
contado proprio di Benevento.' In ultimo saccheg-
giarono e arsero il monastero d' Alife. *
Maggior danno recarono dalla pTarte di Roma. Il
monastero di Farfa, celebre nel medio evo per grandi
possessioni e baldanza contro i papi, fu distrutto in
questo tempo, Y anno non si sa , abbandonato dai frati
quando si sentirono addosso i Musulmani.* Giace Farfa
nella Sabina ; la qual provincia era tutta corsa al par
che la Campagna di Roma e il territorio di CicuU, con
uccisioni, incendii, saccheggi. Si spinsero i nemici oltre
il Tevere a N^pi; salirono fino ad Orta e a Narni, nelle
quali città stanziarono. ' Impadroniti cosi dei passi»
ternazioDali con BeneTento» come per esenipio le leggi seconda Iq ^oali
giudicarsi le liti tra sùdditi dei due Stati, fi dato la 14* indizione, e tra-
scriuo in un diploma del dùca di Napoli Giovanni, presso Pratilii^ Intona
Principum Langobardorum, tomo HI» p. 228.
* Oggi Manfredonia.
* Chronicon comitum Capua, 1. e. Questo Alìiku è quel clié la cro-
nica dice califo degli Agareni di Traietto e Garlgliano.
' ibidem.
* Chronicim Vulturnense, presso Muratori, Rerum Italiearum Serip-
tores, tomo I, parte li, p. 418. La cronica dice aTTennto questo fatto verso
U9I6:
^ Chronicon Farferue, presso Muratori, Rerum Italiearum Scriptore»
tomo II, pane II, p. 454.
* Benedicti Sancti Andreae monachi Chronicon, oap. XXVil, presso
Pertz, Scriptóreà, ee,> tomo HI, p. 7t5.
— 165 — (882-9451
misero grave taglia sopra i Cristiani che andassero
in pellegrinaggio alla tomba degli Apostoli. Il contado
della metropoli fu si fattamente infestato, che uno sto-
rico mordace scrivea quindici anni appresso, aver
tenuto mezza città di Roma i Romani e mezza .gli
Affricani. *
Tra tanta calamità, apprèsentossi a Giovanni
dècimo un Musulmano, disertóre per ingiurìe avute
da' suoi; il quale si vantò di rintuzzarli, sol che
IL papa gli desse una man di forti giovani, armati
di targa, brando, giavellotto, cinti di legger saio,
provveduti d^ un po' di cibo : alla quale descrizione
si ravvisa la milizia degli almugaveri Catalani, si fa-
mosi nelle guerre del vespro siciliano. ' Giovanni de-
cimo gli die una sessantina d' uomini ; coi quali il
disertore, appostati gli antichi compagni, li svali-
giò in uno stretto passo. Indi i Roìnani a rincorar-
si ; ad uscire alla campagna ; a combattere con av-
vantaggio la guerra spicciolata.^ Un Akiprando di
Rieti feòe oste, con altu longobardi e gente della Sa-
bina, cóntro i Saracèni afforzati nelle ruine di Tre-
vi : * e li vinse ìe passò a fil di spade. Da un' altra
banda i terrazzani di Nepi e di Sutri felicemente
combatteauo gli Infedeli a campo Baccani. Dopo le
quali sconfitte, le schiere musulmane di Narni e di
Cìculi si ritrassero al Garigliano. ^ • ,
/
• t
* Lialprandp, op. cit., llb. H, càp. XLIV, XLV.
* El-^ugamr in arabieo significa scorridoìre, o, come or dicesi ^
guerrigliero,
* Liatprando, ibid., cap. XLIX, L.
* Civitaiie vetuetate coneumpla, (il mopaco Benedetto non è scrupo-
loso in fatto di concordanze) nomine Tribulana,
' Benedieti Sancii Àndreoi monachi, op. cit., cap. XXIX.
. (916.1 — 166 —
Perchè il papa « Landolfo, accorgeodosi ch'era
niente superare il nemico qua e là, se non lo si 0stir-
pava da' suoi ridotti, in men di due abni aveano man-
dato ad effetto un abbozzo di crociata. Bìstorarono
e allargarono la lega del novecento dieci : il papa vi
trasse la imperatrice Zoe , Alberico duca di €am6ri-
Tko , Berengario duca dei Friuli che avea da tanti
anni il titolo ed or quasi la potenza di re d'Italia.
Berengario, aiutato di danari dal papà, veniva a Ro-
ma in su la fine del novecentoquindici: ira, plausi
che non fu uopo di comperare si cingea la corona im-
periale. Alla nuova stagióne , congiunti per la prima
e^ ultima volta a ben deir Italia, il papa e V impera-
tore marciarono al Gàrigliano. Li seguian ie milizie
dei ducati di Camerino e Spoleto. Landolfo andò al
ritrovo con la genti del principato di Capua e Bene-
vento. L' impero bizantino die valido aiuto : T armata,
grosse schiere di Pugliesi e Calabresi, è la greca
astuzia dello stratego Niccolò Picingli ; il quale trdsse
alla lega il principe di Salerno, e quél che più era,
Napoli e Gaeta, lusingando i due duchi col titoto di
patrizii, e minacciando di opprimerli se favorissero
tuttavia gli Infedeli.
Del mese di giugno il navjlìo greco saliva su
pel Gariglianp; il papa in persona e i collegati ita-
liani stringèano dagli altri lati ; davansi fieri asigaltì,
nei quali Alberico e Landolfo meritarono lode di va-
lorosi. Sforzati nei ripari, i Musulmani si rifuggirono
alle alture del monte ; dove il cerchio delle armi cri-
stiane piii stretto li rinserrò. I Bizantini innalzarono
un castello a pie della costa ripida donde gli asse-
— 167 — ' |9I6-918.|
diati soleano far le sortite per procacciar vettovaglia.
Dòpo tre mesi, perdata assai gente negli scontri;
pressati dalia fame ; per segreto consiglio, (X)me si
sparse, dei duchi ài Napoli e di Gaeta, i Musulmani
poser fuoco agli allogamenti, e nel trambusto chi
potè cercò scampo nei boschi d' intorno , ove i Cri*
stiani dando loro la caccia , tutti li occisero o fecèr
prigioni. Cosi ebbe fine la colonia del Garigliiano, d'ago-
sto novecento sedici. Né mancarono i frati di spacciare
eh' avean visto con gli occhi proprii San Pietro e San
Paolo mescolarsi tra i combattenti.'
La qual vittoria non liberò tutta Italia. A setten-
trione ì Musulmani di Frassineto, venuti di Spagna,
gittatisi nelle Alpi , corsero per un secolo o poco
meno (889-973) F odierno territorio del Piemonte,
non che la Svizzera e la Francia meridionale ; dei
quali non dirò, sondo fupr dell'argomento pro-
postomi. ' Air altro capo della penisola non durò a
lungo la pace. For^ il principato fatemita non volle
osservare i patti s tipolati dal ribelle Ibn-Korhob. Più
A Si cOQfiPontioo: LìutpÀndo, ÀtUapode$is, Irb. Il, eap. XLIX e LIV,
, presso Pertz, Seriptores, ec, tomo IH, p..297, 298; Chronicon comitum
CafnuBt presso Pertz,stes5o ▼ol.,p.208;iiina/e«^Cii«tnalefMe«,ibid.,p. 171;
Ànnaiei Beneventani, ibid.,p. 174; Chronicon BeneditU Saneli Àndrem etc.,
ìbid.» p. 713, 714; Chronicon Farfense, presso Muratori, Uerum Italiearum
Scriptores, tomo ir, parte li, p. 4SK(; Chronicon Pitanum, presso Mttra-
tori, ibid., tomo VI, p. 107, seg., an. 917; Lapo Protospatario, presso
Pertz, 'Seriptores, ec.« tomo V, p. 53; Marangone, neW Archivio Storico
Italtano, tòmo VI, parte II, pag. 4, an. 907; Leonis Ostlensis, lib. f,
cap. Lìi, Le autorità priacipali sono Liulprando e Benedetto di Sant' An-
drea, contomporanei; e Leone d* Ostia, eh* ebbe alle mani ricordi contempo-
ranei. La data varia; ma si determina con l^' incoronamento di Berengario.
' 1 fatti jde* Musulmani di- Frassineto sono stati con molta critica ri-
cercati e lacidamento esposti da U, ReiUatHl nell'opera: Imnuiom des
SarraMns en Francé etc, parte Hi.
'
|9I8| -- 168 —
certamente, r impero bizantino non seppe guardar
quelle province con. la spada, né farvi osservare la
pace, nella condizione precaria con che le tenea.
A trattare i popoli col bastone vuoisi avere .in
pugno un baston sodo e dare ad occhi aperti ; ma
r impero, con sue triste soldatesche ed amministra^
zìone scomposta, troppo si affrettava a sipossessare
ad un tempo i princìpi longobardi, estirpare la no-
biltà feudale, assoggettare i comuni, e spolpare e
calpestare il popolo. Dopo aver dunque racquistato,
verso la fine del nono secolo, le Calabrie e gran tratto
della Puglia,/ i Bizantini presero e riperdetterd entro
quattr'anni (891-895) lo stato di Benevento ; si pror
varono indarno cóntro Gapua e Salerno ; furon co-
stretti a collegarsi coi principati longobardi (908-
91 6) contro i Musulmani del Garigliano ; * non sep-
pero né prevenire né reprimere la ribellione di tante
città di Puglia e di Calabria che si davano (921) a
Benevento ; né V impero le riebbe altrimenti che per
pratiche col principe Landolfo. ' In questo mentile
non si pagò il tributo ai Musulmani di Sicilia.
E per dieci anni i miseri popoli dell' Italia mèri-
dionale vider venire di Sicilia, sotto le insegne fate-
mite, nuove facce di predoni stranieri r in cambio
d'Arabi, di Berberi, di Negri, più fiera genia setten-
trionale. Perché il Mehdi par non si fidasse di ren-
dere le armi air universale de' Musulmani in Siciha,
non degli Arabi in Affrica; i Kotamii suoi gli servi-
* Si veggaillib. lf,cap. XI.
3 Si vegga il capitolo pcecejdente.
' Cedreno, ediz. Niebubr , tomo li, p. 3^5, 356.
— 169 -^ 1948.)
vano, a spegnere gli mcendii in casa ed a tentare il
conquisto d, Egitto, massima ambizione di sua dina-
stia. Adocchiò iBillora i giannizzeri prediletti dlbrahim**
ibn-Àbmed: gli Slavi, derrata di prima qualità nel
commercio di schiavi che conduceasi nel JMediterra-
neo dal «ottimo al decimo secolo, talché par abbian
dato il nome alla cosa. ^ Gente sobria dèi resto; .pròde
nelle armi , amante di libertà più che niun altro po-
polo di quo' tempi ^ nelle province europee dov' era
costituita a governo suo proprio; gente anco umana
verso gli schiavi che riteneva in casa:* ma non le
par^a male di vendere gli uomini del ^o stesso san-
gue e del germanico,, presi nelle guerre e nei ladro-
necci di confini/ Allora, sì com!oggi, il grosso della
schiatta slava occupava T Europa orientale; s'adden-
tellava coi popoli finnici , con T impero germanico, coi
Magiari, con T impero bizantino: Schiavoni, Croati,
Serbi ed altri rami slavi ingombravano le regioni a
levante dell' Adriatico ; mettean tralci infino al Pelo-
ponneso ; frammezzati ad avanzi più o meno frequenti
delle antiche popolazioni; fatti cristiani di fresco; e
dóve vicini temuti, dove tributarii, dove sudditi di
' Su gli stanziali ed enoudii slavi comperati dai principi musalmani
io cotesti tempi, si vegga Reidand, Invasiotu des Sarra»in$ en Franee etc.,
parte IV , pag. ^, seg. — I nostri antichi non soo mica esenti di biasimo
nel commercio degli schiavi. Neir ottavo aecplo i Veneziani ne cavavano
gran guadagno e ne teneano mercato aocfae a Roma. .H papa Zaccaria lo
vietò nel 748. Veggasi Anastasio Bibliotecario presso Maratori , Rerum
Italicarum Sariptans^ tomo Ili , p. 164. Carlomagno riprese Adriano I nel
785 di tollerare questo scandalo; e il papa si scusò dicendo che lo faceano
i Greci e i Longobardi. Veggasi Cedex CaroHnu»t ediz. Gretser, epls(. 75.
' Leonis imperatoria, Taetiea, cap. XViU, presso Meursius, Opera,
tomo IV , e versione francese di Maiìeroi.
* Su questa promiscuità di schiatte che si menavano al m6r<^to, veg-
gansi le autorità allegate da M. Reinaud, op. cit.^ p. 235, 936.
|9l8-92b| — no —
Costantinopoli. ' Lo sbocco principale di loro schiavi
era T Adriatico; gli emporìi eran tenuti da essi e dalle
città latine e greche della costiera orientale ; i navi-
gatori della costiera italiana aiutavano al trasporto; i
Musulmani del Mediterraneo, dalla Spagna alla Siria,
più che altri popoli , consumavan cotesta merce , - in
soldati, paggi ed eunuchi. E il Mehdi ne congegno
una macchina produttrice di novelle derrate: il bot-
tino, dico, e i prigioni che gli Slavi gK andassero a
buscare in terraferma d* Italia. '
La prima frotta, passata d' Afifrica in Sicilia su
barcacce, piombava di notte a Reggio, nella state
del novecentodiciotto ; prendea la città senza con-
trasto.' Sopravvenne, del novecento ventiquattro. Io
^ ' ConsUntini Porphyrogenili, De aimirMirtunào imperio, cap. 29,
51, 49, 90. Si ooDfronti con V importSDle studio di Lelewel, Geographie
du motr^f» age, Bruxelles 1853» tomo lU , capitolo* Shvia:
' Con queste bande di schiavi , la più parte forse non Musulmani , si
^teva eluder la legge che accorda quattro quinti della preda ai combat-
tenti. Si vegga più innanzi l'aneddoto del bottino d'Oria.
' Chronicon Cantabrigimuet presso Di Gregorio ^ Rerum Àrabicarumi
p. 45, an. 6S46 (1« settembre 917 a 51 agosto 918). Debbo qui accennare
altre fazioni che si sono supposte. 11 Rampoldi, Annali Muuilmani, 919, 9Si
(tomo V, p. 148, 150), fa occupare da Salem-ibn-Ràscid , emir di'Sicilia,
prima Lipari, pei vari luoghi sul Volturno e sul GarìgUane; e lo fa com-
battere a 'capo d* Anzio contro Giovanni X. Qnest' ultima è ripetizione gra-
tuita del fette del 916 del Garigliano. Il nome di Salem è tolto da No^airi ;
^uel di Lipari non. so donde; il resto è accozzato di fantasia su qualche
cenno degli annalisti italiani. Il Màrtorana, tonpo I, p. 84, ed il Wenricb,
lib. I, cap. Xil, § 104, replicano cotesti fatU, citando ttampoldì, che ne
dee rispondere veramente, e il Giannone, lib. ^VII, cap. IV; il quale n«n
recò tutte quelle favole, ma cenfìisamente vi accennò e v'aggiunse una
nocella banda saracena alàrsjitasì al Gargano. Cosi gli parve correggere
la voce Garlgliano e con essa r anacronismo di Lintprando, Antapodens,
lib. lf,4»p. XLV.
Si legge nel Muralori, Annali d* Italia^ e Indi in quei che l'banno
compendiato o anche combattuto. Che nel 919 Landolfo e Atenolfo ri-
fiortassero non pòche vittorie sopra i Saraceni >è i Gred. La sorgente è
un passo della Cronica del monastero al Volturno, presso Muratori, Re-
— 171 — i9a$.|
schiavo 0 liberto slavo Mes*ud/ con venti galee; il
quale occupò la rócca di Sant'Agata, quella, credo
io, presso Reggio, e tómossene a Mebdia coi prigio-
ni. ' Assaporato il qual guadagno, il principe appre-
sto maggiore espedizione, affidata all' Ad(/i6, o vogliam
dir primo ministro, Abu-Ahmed-Gia far-ibn-Obeid ;
il quale veniva il medesimo anno con armata pode<-
rosa a svernare in Sicilia. ^ Alla primavera del nove*
centoventicinque passò in Calabria ; s insignoii di
Bruzzano* e di molti altri luoghi; alfine andò ad
osteggiare Oria, in Terrà d'Otranto. Fazione impor-
tantissima, sanguinosa, notata nelle cronache cristiane
con Tepigrafe : quest' anno, <lel mese di loglio, Oria
fu presa;' se non che oggi l'attestato d'uno scrittore
6breo che vi fu fatto prigione dà precisamente il
primo luglio;-^ ed un brano d'annali musulmani ci
/ . * . >
r •
rum ItaUf^arum Scripiores, tomo I, parte li, p. 418, Del qvftle si fa ^uel
vagò cenno senza data, dopo un docamento del 016. Ma il testo si riferi-
seé in generale al regno di que' dae principi , e però allude alle vitiorie
cbe rlportarooo contro i Musulmani dei ciarigliano il 916 e innanzi, e
contro i Bizantini dopo ii 920.'
Finalmente le interpolazioni alla Cronaca della Ca?a e la falsa Cro-
nica di Calabria, portano tanti scontri dei paesani eoi Musulmani; di ohe
il Blartorana ha accettato alcuni e altri no.
* Questo ò dèi nomi cl»e i Musulmani solean porre agli scbiavi.
' In Calabria sola y* ba tre luoghi di tal nome*
> Confroatinsi: ChranieonCanttUtrigieim, I. e, an. 6431 (1» settem-
bre 9^ a 51 agosto 924), e Baiàn, M>mo I, p. 192, an. 310 (30 aprile
922 a 19 aprile 923).
* Baiàn, tomo I , p. 194, an. 312 (6 aprile 924 a 27 mano 923).
' Ghronieon CatUahrigiense, 1. e, an. 6433. Il nome è scritto senza
ponti diacritici; ma Bruzzano par la lezione più plausibile*
< Chranican Barenu, presso Muratori, ÀtUiquitaiet JUUiem, tomo L,
p. 31 ; e Lupo Protospatario, presso Muratori, Rerum liàliearum SeripUh
ra, tomo V, p. 38; dei quali il priofo attribuisco l'impresa ai Savaoéni, e
parls di uccìsi e di prigioni; il secondo la riferisce agli Sciavi, l'anno 924.
\ Sciàbui (0 Sabbatbai) Donolo, prefazione al libro Haìmumi, nella
raccolta di Miscellanee ebraiche, intitolata Melo~Seiolkayim, e pubblicata
1925. J — 172 —
fa argomentare che si fossero ridotte in Oria le
forze bizantine della Calabria, riparate le popola-
zioni d'un gran tratto di paese, sostenuto un as*
sedie o almen mostrata la faccia a* nemici nelV assal-
to. Tanto significa il fatto che GiaYar v' uccise seimila
combattènti, tra la battaglia e dòpo, s'intende; òhe
trassene diecimila prigioni e presevi un patrizio, il
quale riscattava sé stesso e la città per cinquemila
mithkàl d'oro, o vogliam dir settantaduemila lire
italiane. Mi capitan musulmano stipulò anco la tre-
gua per tutta la Calabria ,- datigli statichi a sicurtà
del tributo, lo stratego d^Ua provincia e un Leone
vescovo di Sicilia;* coi quali ripartì per l'isola a'di-
dal signor Geiger, rabbino di Breslau^ Berlino 1840, p. 31 ; da confron-
tarsi col BIS. ebraico della biblioteca imp. di Parigi, Ancien Fonds, 266.
Il nome della città, scritto senza segni vocali aur s, fece supporre una
volta che si trattasse di Aversa; ma non è dubbio che vada letto Aurias,
Il giorno della occupazione è il lunedì 9 di tammuz dell'anno ebraico 4665.
Debbo cotesti ragguagli al dotto orientalista signor Derembourg , che ha
esaminato il MS. di Parigi.
Donolo (AÓjuivouXof) ricomparisce medico famoso In Calabria verso la
metà del decimo secolo, e rivaleggia in sua arte col taumaturgo San Nilo
lì giovane. Vengasi Vita tùncti patrit N'ili juniorii etc. , greco-latina ,
pubblicata dà Gio. Mat. Garyophiìo, Roma 1624, in-4, p. 88.
< Baidn e 'Arlb, tomo l , p. 195.
s II fhUhkàl è nome di peso, e in oro equivale al dinar', chVio ragiono
a un di presso a lire 14, 50.
* Chronicon Cantabrigietue, presso Di Gregorio, Rerum Araìnearum^
p. 46, an. 6434 (l^'sett. 925 a 3t agosto 926). La testimonianza ;concorde
di Lupo Protospatario, del Baidn e di Sciabtal Donolo ci fa supporre che
la Cronica di Cambridge abbia registrato ii fatto nel settembre, ^ando
forse arrivò in Palermo Gia'far con la preda e i prigioni. lì Baidn e la
détta Cronica mi è parso che accennassero a due patti diversi ; l' uno per
Jà città d'Orla, l'altro per tutta la Calabria; sotto 11 qual nome andava
anco la terra d'Otranto. Di quale diocesi In Sicilia fosse vescovo Leone
non si ritrae. Non era egli al certo lo stratego di Calabria, come ha sup-
posto il Wenrich (lib. I, cap. XII, § 105, p. 141), male interpretando la
Cronica di Cambridge, e non riflettendo che T impero bizantino non affidò
mai governi ai vescovi.
ciannpve di luglio. ^ Par si fosse fermato il trattato
a Taranto; poiché Fautore che testé citai, nato pro-
babilmente in Calabria , il dotto medico Sciabtai
Donolo, narra, che preso ad Oria con molti altri Giu-
dei, fu condotto a Taranto e quivi riscattato.' Giiinto
in Sicilia GiaYar significò immantinenti la vittoria al
principe fatemi ta; indi gli recò egli stesso il bottino a
Mehdia: fece ammonticchiare in una sala della reggia
drappi di seta a disegni e colori,* gioielli, moneta e
ogni roba di pregio. Il Mehdi se li godea con gli occhi ,
quando un cortigiano che gli era allato "" Oh padrone,*
sclamò, ^'noa vidi mai si gran tesoro!'' e il Mehdi a
lui: ""È il bottinò d'Oria." Onde Tadulatore per bruciare
incenso al primo ministro, ""Pupi chiamare uom fida-
to,'' ripigliò, ^'chi ti riporta a casa tutto questo.^ Ma il
principe avaro gli troncò la parola : ^Perdio, s' è man7
giato il camélò e me ne reca gli orecchi ! " M pri-
gioni furono venduti in Affrica. *
Intanto si fermava tra le corti di Mehdia e di
Costantinopoli un trattato che ratificò, a quanto par-
mi, i patti di Calabria e que' d' Ibn-Korhob. Narra il
Cédreno, com' apprestandosi Simeone re dei Bulgari
a nuovo assalto sopra la capitale dell' impero, man-
dala a propor lega al principe d' Affrica eh' aiutasse
dalla parte sua col navilio; e T Affricano assentiva e
' 11 25 rebi* secondo dei 313. Boidn» 1. e. U testo dice po^lUvsmente
che Giatar arrivò tn SieiHa quel giorno. Le altre aatorità citate mi portano
à correggere che parii per Ut Sicilia quel giorno.
^ SciabUlDónoio, 1. e.
' Nel testo, dibàg, che è corruzione della voce greca il^fù^f per-
tenuta agli Arabi per mezzo dei Persiani, 1 quali la scrivono dibàh,
•Baidit,Lc.
s Lupo Protospatario, Le.
rinviava gli ambasciatori bulgari insieme . coi propri
per ultimarla cosa, quando gli uni è gli altri caddero
in mah de' Greci in Calabria e furon addotti a Co*
stantinopol). Romano Lecapeno, per sturbare la lega,
ritenne i prigioni bulgari ; rese gli affricani al signor
loro, con doni e profferta di soddisfare il iributo
della Calabria ; e sì bene condusse la pratica,' che il
Fatemila fermava la pace con esso lui e gli rimettea
metà della spmma promessa dalla imperatrice Zoìb ;
onde il tributo scemò a undicimila bizantini air anno.
E così rimase in dritto fino alla esaltazione di Nice-
foro Foca (963); ma in fatto, gli strateghi di Cala-
bria onesti il pagavano, e i ladri si metteano il
danaro in tasca. ^ Tanto il Cedreno , senza data pre-
cisa e sbagliando il nome del Mehdi ; ' il che non
porta punto a mettere in dubbio la cosa.
Cotesta pace e le vicende che le tenner dietro,
dettero argomento a supporre altra, maggiore vergó-
gna deir imperò bizantino, che si è ripetuta inflno ad
oggi e sembra esagerata, anzi trasnaturata. Liutpran-
do, trent' anni appresso il trattato, * scrivea avere
inteso a dire che Romano Lecapeno, quando gli si
* Cedreno, ediz. di Parigi, tomo II, p. 650; ediz. di Bonn, II, 556, seg.
s II nome pel testo è ^oct^^uv; forse dovés dire f>QeT/uioi;y, perchè il
Blehdi non ebbe tra 1 suoi nomi questo di Fadhl; e, da un' altra mano, le
lettere X e /^ si scambiano assai facilmente nei manoscritti greci. Le Béau^
Htsiotre du BaéEmpire, lib. LXXIII, § 55, pone quésta negoziazione nel 925,
eh' è la dita d'una delle tante imprese di Simeone contro Costantinopoli
Ma I» nanraaione del Cedreoo si può ben applicare ai tre anni seguenti ,
fino alla morte di Simeone. P' altronde, la pratica di Simeone col Nebdi
precedette forse di parecchi anni la conchiusione della pace tra il Mebdi e
Romano.
> Liatprando, Aniapùdem,\\b, II, cap. LXV, presso Pertz, Seriptores,
tomo 111 , p. 296. Si sa che l'autore oominiciò a scrivere a Francfort verso
il 958. Pertz, voi. cit., p. 264.
■*- 176 — (92$-926.|
ribellaron le Calabrie e la iPuglia, non trovando
modo à ripigliarle , chiese aiuto ai Musulmani d' Af-
frica ; eh' essi vennero in Italia con esèrcito innume-
revole ; che , soggiogate le province , reserle ai Gre-
ci ; e fornita lor cortesia , « giraron verso Roma e
s' andarono a porre al Garigliano : » il quale anacro^
nismo di mezzo secolo, ' per certo nonaggiugne fede
al racconto. Nelle altre croniche cristiane, negli an-
nali musulmani, non troviamo vestigia di cótesta av-
ventura ; ' a meno che il trattato riferito del Cedreno
non si voglia supporre anteriore alla fazione d'Oria,
e questa combattuta non contro le armi bizantine ma
contro i ribelli : che sarebbe far troppo lavoro di fan-
tasia. Pertanto io tengo falsa la tradizione; la quale
nacque dal trattato di pace e dall' odio immepso e
giusto che portavano tutti gli Italiani ai Greci. Liut-
prando l'accettò lietamente, non solo per quel suo
mortalissim' odio ,^ e disprezzo e dispetto contro la
corte di Costantinopoli , ma anche per l' analogia dei
fatti che seguivano al suo tempo, quando gli strato^
ghi bizantini di Calabria sfacciatamente traccheg-
giavano con gli eniiri di Sicilia. II sol patto tacito
o esprèsso da sospettarsi tra il novecentoventicinque
f Romuno Leoapeno sali al trono il 010; regnò solo dal 990; perdo
la Calabria il 921. I Musalmani si afforzarono ai Garigliano verso l'832, o
B6 forano scaceiati il 916.'
s II monaco delio stato romano Benedetto di Sant' Andrea, che scrisse
negli ultimi anni del decimo secolo una rozza cronica infiorata di romanzi,
accenna (presso Pértz» Scriptons, ec, tomo Ili, p. 713); le ambascerie
dei Romani a Baìatmo et Àfriee, perchè yénis^ero a pigliare il regno d^Ita*
Ha, e dice eh' essi andarono per tal cagione ad Amalfi e al GarìgHàho. Ha
dò si riferisce evidentemente alle praUebe d' Atanasio vescoTO di Na-
poli (879-88S)} è non avvalora le parole di Liatprando, né porta ad ana-
cronismi.
I9a7.d28.| -^ 176 —
6 1 novecentotrenta, è che i Bizantini esclùdessero
dalla tregua e designassero ai Fatemìti le città di
Calabria e Puglia che lor non obbedivano e però
non pagavan la quota del tributo musulmano. A ciò
dunque si ristringa il biasimo dei Bizantini; e si
cancelli dalla storia quella impossibilità dell'Italia
meridionale racquistala da loro con eserciti musul-
mani. ^
Tra gli stati independenti dall' impero greco,
le città che gli si ribellavano, e gli strateghi che dif-
ferivano ^ pagare il tributo, non mancò occasione di
preda alle soldatesche slave. Di luglio novecento ven-
tisei preser Siponto, capitanati, al dir d' una cronica,
da Michele re loro, ^ forse supano, come si chiamava
il primo magistrato delle repubbliche . slave delta
Dalmazia , e però venuto a dirittura e dassè , ' non
d' Affrica da servidore del Mehdi. Ma il costui pag-
gio slavo Sàin, Y anno appresso, che cadde nel tre-
centoqujttdici della egira, passava d'Affrica in Sici-
lia con quarantaquattro navi la più parte dà guerra:
accozzate le sue pon le genti dello emìr di Sicilia,
facea vela per Taranto ; assediava la città, difesa vi-
' Non ci dee ritenere la grande autorità del Machiavelli , il quale ac-
cettò il racconto di Lintprando in un quadro generale (Istorie fiorentine,
Ub. I, nel paragrafo che principia " Eca intanto morto Carlo imperatore").
Ognun sa che ai tempi del Segretario Fiorentino le sorgenti della storia
d' Italia erano la più parte ignote o incerte. La. stessa ragione non vale t
favor del piannone, lib. VII, cap. IV; e molto meno del Martòrana, tomo I,
p. 84, cap. IH, e del Wenricb, Ub. I, cap. XII, § 104, p. 139, 140.
* Confrontlnsi: Lupo Protospatarlo e la Cronaca d» Bari, presso Pertz,
Scriptores, tomo V, p. 54; Chronicon Sanctm Sophim Beneventi, pressi^
Muratori, Àntiquitaie$ Italtca, tomo 1, p. 253; Romualdo Salernitano,
pressoUwSiiOitìy Rerum Italicarum Scriptores, tomo V, an. 926. L'indi*
zione 15* corregge lo sbaglio della Cronica di Bari che. dà Panno 928. Il
nome d' Istachael scritto in alcune edizioni di Lupo, va letto Michael.
— 177 — 1027-928. 1
rilmente dagli abitatori; entrava d'assalto; menava
strage degli nomini da^ portar arme, e mandava il ri^
nìànenté della popolazione a vendere in Affrica. ^ Del
novecentoventotto, par che T esercitò di Sicilia e gli
Slavi si fossero divisi per portar la guerra in due pro^
vince diverse. Il primo, andato a campo ad Otranto ,
espugnavala il diciassette agosto; distrnggea le case
e s- apprestava a correre altri paesi , , quando una
moria lo costrinse a tornarsi in Palermo. ' Sdin
co' suoi Slavi assaliva i principati longobardi dalla
parte del Tirreno; prendèavi parecchie fortezze, tra
le quali le memorie musulmane notano una Ghiràn
Ossian "" Le Grotte," ed una Kalat-^l-Khesceb^ cfh' è a
dir ^ La Rocca del Legno : " nomi da non si ricono-
scere agevolmente nella nostra topografia del mediò
evo, pòi eh' è evidente che i vincitori li posero a ca^
pricciooli tradussero/in lór linguaggio. Fatto fardelld
' SiconfroBtioo: IbD-et-Àlblr, an. 315, MS. A.tompir; fbg. £$4 verso;
e MS. 0, tomo IV, toff. 3D4 recto ; Baidn , tomo I, p. 199« an. 315 (7 màN
zo 017 a ^ febbfaio d28) ; Nowairij presso Di Gregorio, Rerum Àrabiearum,
p. 13; 14, an. 316; Lupo Protospatarìo; e Cronica di Bari, I. e, )ao. 927;
Ibn-KhaMùDt Bisfoiré deVAfrique et de la Sicile, p. 162. Nella Cronolo-
gia historica, di Hazi Halifè (HagiEhalfa), versione del eonte Carli, Véne-
zia 169^, p. ìSQt si léggè^ questa impresa di Taranto , che manca nel testo'
persiano di Parigi.
Debbo avvertire che la discrepanza delle croniche mi sforza ad ordi-
nare i fatti 9lla roeglfo, sènza laceirtezza eh' io soglio ricercare. Per «sem-
pio, un tlice che Satn venne con 44 navi ; un altro gli dà 33 navi da guer-
ci; chi parla delle forze unite di Satn e dell'emir di Sicilia, chi di Satn
solo; chi sbaglia evidentemente le date; chi confonde in un sol anno luite
le imprese; chi ppne ì nomi geografici, e chi no; chi li scrive in guisa da
detèrsi indovinare la giusta lezione. Ciò sia detto' per tutte queste faziouf
dal 927 al 929. '
* Ibn-el-Àthtr e Nowairi , If. ce. Prendo la data dalla Cronica di (Cam-
bridge, 1. e., an.-6496'(l<^ seUembre 927 a 31 agosto 928), ove credo sf
debba leggere Otranto in vece di Zarniwaht che fu messo a caso nelle
edizioni precedenti. Otranto si legge chiaramehte negli irltri due autori*
Citati.
II. 12
|020.| — 178 —
quanto potè, Sàio si appresebtava a Salerno; i cui
cittadini comperaron la pace a prezzo di danaro e
drappi di seta dibàg. ' Donde passato a Napoli, la
sforzava a simil patto ; se non che prese danaro e
vesti, dice la cronica:' senza dubbio per significar
le pezze di tela di quel lavorìo che non avea pari al
mondo e facea la ricchezza della città , com' afferma
il mercatante arabo Ibn-Ha^ukal , trovatosi a Napoli
una quarantina d' anni appresso* ' Sàin riscosse anco
il tributo della Calabria « fece ritorno in Palermo col
bottino e numero grandissimo di prigioni/
1
' Si vegga la liota 5 » a pag. it5 di questo volume.
' lì Baidn, sola sorgente di questo fatto , adopera la voce thidb, plu-
rale dt thaub; e significherebbe vestiroenta, in generale, ovvero, secondo
Fuso moderno d'Egitto, un camicione che \e donne ^doglion mettere sopra
tutti gli altri abiti quand'escono fuor di casa: una specie di dominò. Si
vegga Doay^ Dietiannaire délailU etc.y p. lOd. Ma ibn^ukal -parlando^ ip-
punto di Napoli, come si vedrà nella nota seguente, usa la stessa voce al
singoiare e al plurale, nel significato certissimo di tela di lino In pezza.
Le pezse che valean da cinque a secento lire ^ciascuna non fàceano in-
gombro: e così interpretato parrà più verosimile questo pas|SO del J^atdiu
> Ibn-Hauìcal, testo arabico, nella mia Biblioteca^ Arabo-Sicula,
p..iO,'il, cap. IV, § 1 ProbabUmente questo infaticabile viaggiatore andò
a Napoli poco prima o poco appresso di Palermo, ove si trovò r anno* 3^
deir egira (972-5). Ibn-Haukal dice aver veduto egli stesso' a Napoli que-
sti bellissimi tessuti di lino, cbe da un' altra espressiioti del testo possiam
supporre anco ricamati ovvero operati a damasco. Ogni ihaub, lungo
100 dsira' e largo da 10 a 15, si vendea più o meno 150 ribd% o vogliam
dir quarteruoli d'oro. Cotesta moneta us^ta in Sicilia dai X al XIÌ secolo
toma in peso di metallo a lire 5,80. La dsira', o dra, cóme pronunziali oggi,
viiol dir braccio; e tra le varie maniera, che. ve n'ebbe e v.e n'ha in
Oriente, è probabilissimo che Ibn-Haukal abbia ragionato con quella chia.-
niata * negra * eh' era a un di presso 0,48 metri: S' aggiunga questo agli
altri copiosi materiali che abbiamo per la storia dell'industria italiana nel
medio evo. Spiéghin poi gli eruditi il lavorio di cotesta tela sì fina» larga
da 5 a 7 metri, che si .Vendea 570 lire la spezza di 48 metri, e dieaao se
si debba supporre errore nei numeri scritti da Ibn-Haukal.
* Gonfrontinsi: Chronicm Cantabrigimse, 1. e, an. 6457 (!<> settem-
bre 928 a 3i agosto 929), e Nowairi, 1. e. La prima dice Che in Lombardia
non fu espugnata da Sàin alcuna " città ; " e ciò si accorda con la tradizione
— 179 — |92M-055.|
. Ma r anno seguente , com' e' par che gli strale*
gbi di Calabria andasser *sempre a rilento nel pa-
gare, Sàin si mostrò nelF Adriatico, con quattro navi
grosse,. Imbattutosi nello stratego che n'avea ben
sette, io. slavo Qon se la stette a pensare che Y assali
e il vinse. Sbarcato poi, prendea Termoli nel mese di
settembre o d'ottobre; e si ridncea alfine a Mehdia
con dodici migliaia di prigioni/ Fu ultima di sue
scorrerie questa del povecentoventinove. E credo
che in tal tempo T armata e le genti slave fossero
venute a svernare ogni anno in Palermo, e che
parte ve ne rimanesse a mercatare dopo la par*
tenza di Sàin; poiché il rione più grosso della
qittà,. contìguo al porto, si addimandò il Quartiere
degli Slavi.*
Lunga pezza poi respirò l' ftatia meridionale
sondo stato soddisfatto il tributo dai Bizantini fino
alla morte del Mehdi ; * racceso poscia il fuoco della
guerra civile in Sicilia; e nel frattempo rivolte le forze
navali dei Fatemiti contro Genova. In que* primordii
della repubblica, sembra già cresciuto il commercio^
poiché attirò gli avvoltoi, fatemiti. Abu-1-Kasem-
Mohammed, figliuolo del Mehdi, salitò al trono il
del Baiàn, citata di sopra. La data postit nella Cronica di Cambridge par
qvella del ritorno fin Palermo sul finir della state, é però' nel 928.
' Gonfrbntlnsl: iCAronieon Cantnbrigieme, 1. e, an. 6458 (!• settem-
bre 929 a 3! agosto 930); Buidn; tomo I, p. .204, an. 517 (13 febbraio 929
a i febbraio 930). Le due croniche potano concordemente essere stata
cpésta la terza espedizioae di 8&in. Ho scritto così il nome secondo la le-
zione delia Cronica di Cambridge, e di quella di Gotha. Il Howalri ba Sàreb.
li dotto editore! del Baién corresse Sfilar.
' lbn*Hauka1 nella descrtziQne di Palermo dà questo nome topografico.
In oggi si diiamn il Quartìer det Capo.
• Noirairi, 1. e.
1054-955. 1 — 180 —
jiovecentotrehtaqaattro, allestiva immaatmenti un'ar-
mata di trenta legni da guerra;' con la quale JaMb--
ibn-Ishak corse la riviera ligure , sbarcò nei contorni
di Genova, fece vi bottino e: prigioni. ' Donde Abu-1-
Easem, ragunato novello esercito il novecentotrenta*-
cinque, rimandavalo in quelle parti. I Musulmani allor
posero r assedio alla città; apriron la breccia; ' en^
trati con la spada alla mano fecero carnificina degli
uomini, preser le donne e i fanciulli, saccheggiaron
le case e i tesori delle chiese V e rimontarono su lor
legni. Di passaggio approdano in Sardegna; opprimon
col numero que fieri isolani ; lor ardono miolte navi;
fan lo stesso gioco in Corsica ; ^ e impani se ne tor-
nano a Mebdia, recando in .cattività un migliaio di
donne italiane. * Così leggiamo ne' ricordi loro il la^
grimévol caso di Genova, ^ accennato appena dai
4 Osehébi. Mi par bene dì accennare distintamente la origine dei par-
.ticohrì che sappiamo di questo fatto-importante della storia italiana.
^ Ibn-el-Atbtr, Ibn-Kbatdùik Nel confuso racconto di Osebebi si £9
ancbe cenno d' un assalto anteriore a quello in cui fa presa la città.
*Dsehebi.
* Liutprando : Cuneiosque eivitatU et eeplesiarum ihesauroi. Non
credo' si debba intendere der comune e della chiesa , ma de' cittadini etc.
<^ Cosi chiaramente nel manoscritto 41 Dsehpbi* In que* d' ibn-ei-Atbtr
si legge cbiàramente Karkesia, e così in uno de' due squarci d' Ibn-Kbal-
dOn» ove si aggiugne *su le spinge di Siria. ' Ciò ha spinto l'erudito barón
de Siane a correggere * Cesarea; " sondo grossolano errorie Karl^esia. Ma
ibn-Kbaldùn, 0 il <?opi6ta, par che abbia aggiunto quella spiaggia di Siria^
appunto perchè oon gli venne a ipente che si trattava della Corsica. Ciò mi
par certo dalla narrazione d'ibn-el-Albìi;, il quale parla d$ uQicaespedizionir
n Genova, i& Sardegna e in- quel terzo paese.
• DsebebL
' Si confrontino ; Chronicon Caatabrigierae, presso Di Gregorio, Aerurn
Àrc^bicarum, p. 46, an. 6442 (l» settembre 933 a 31 agosto 954); Ibn-el*
Athìr , MS. B, tomo I, p» 149 e 163, e ÌH^.C^ toma IV, fog. 321 verso e
32^ verso, anni 322 (21 dicembre 92^ a 9 dicembre 934) , e 323 (10 dicem-
bre 934 à 28 novembre 935) ; Baiàn, tomo l* p. 216; Now^iri, presso Di
Gregorio, op. cit., pag. ìAyDsehét^ÙTarikh-el'ìsldrit, an. 323, manoscritto
— 181 — |034-95b|
nostri scrittori del tempo, con giunta deir avviso che
n' avesse dato il Cielo, tin^ndo di sangue una polla
d' acqua. * Alla fine del decimóterzo secolo , non ba-
istandó tal prodigio alla repubblica potente e vitto-
riosa , si finse una terribile vendetta : come la gio-
ventù genovese fosse ita fuori con Tarmata; come
al ritorno, vedendo la città vota, d'un subito rivolte
fé prore in caccia de' Saraceni, colseli che si: godean
r acquisto in un isolotto disabitato presso la Sardegna,
ne fece un mónte di cadaveri, e riportò a casa le
mogli, le sorelle, i figliuoli. Tavoletta sì semplice
che par trovata pei bambini ; e sta bene in bocca di
chi la compose o la ripetè: Iacopo da Varaggio,
arcivescovo di Genova, compilator della Leggenda
Dorata. *
CAPITOLO IX.
Non fia lungo a narrare le vicende interiori della
Sicilia da una rivoluzione ad un^ altra. Ressela per
,ventì anni, con titolo di emir, quel Sàìem-ibn-Rescid,
di Parigi, Ancien Fonds, 646, fog. 5Ò5 Terào; fbfi-KbaldÙD, Hi$toire de
V A frique eie. ^p, 162, 163, e Storia dei Fatemiti, manoscrttto di Parigi
^ 742 qjoater^ tomo IV, fog. 18 verso, con la versione datane da M. De
Siane nella Bistoire des Berbères^Wo stesso Ibn-Kbaldùn, tomo II, p. 529,
appendice. * '
^ liutprando, Antapodeèi», lib. IV, cap. V, presso Pertz, Seriptofea ec,
' tomo Ili, p. 316.
* lacopi de Varagine Chionieon, pre^^è Muratori , Rerum liaticaruni
Scriptores, tomo IX, p. 10.
(947-957.) — 182 —
lasciatovi alla partenza tf Abu-5a'td. * Ma T autorità
era mutilata. Le fazioni in Terraferma, com'abbiam
visto, si condussero per capitani mandati apposta d'Af-
frica; nelle quali, se talvolta andò Sàlem, fu d^ au-
siliare. ' Il oavilio siciliano, che die tanta briga al
Mehdi al tempo d'Ibn-Korbob, combatteva ora gli
ortodossi sudditi degli Abbassidi in Egitto ; i quali
ben sapeano che i Siciliani ci andassero contro voglia.
E però dopo la giornata navale che guadagnarono gli
Abbassidi ftiori Rosetta (919), menati a terra i prigio-
ni, il popolo di Misr né scevro i Eotamìi per ammaz-
zarli ; perdonò la vita ai Siciliani, Tripolitani e abita^
tori deirAOrica propria.'' Del novecentoveritisette; ven-
ne d'Affrica a por taglie * su la Sicilia , il Ogiiuolo del-
l' emiro Sàlem, con due sceikhi^ detti il Belezmi e jl
Kalesciani ; e tornovvi del trentadue, con prepósti nuo-
.1 ■ .
' H Martorana, tomo I , p. 86 e 215» nota it5, seguilo dal Weniricb,
crede personaggi diversi Salem emiro del 9i^ e Salem del 937, fondandosi
In su questo, cbò Nowairi aggiunga nel primo caso il nome patronimico
Ibn-Ased; e Àbulfeda nel secondo, Ihn-pescld. Tal supposto or si dilegua
con V autorità degli altri compilatori citati ^lel capo VII, p. 160, e soprat-
tutto d' Ibn-rel-Atbtr, il quale sotive S&lem-ibq-Rescìd sì nel 513 e sì nel
925 dell» egira.
'Si vegga il Capitolo precedente, p. 170, seg., 176.
> Eutichii ft Patr. 4^exandrini annales, tomo li, p. 508, 509. Questo
scrittore, poco àen cbe contemporaneo, è il solo che narri l'episodio
dei prigioni risparmiati; tra I quali pone in primo luogo i Siciliani. Gi
riferisce la battaglia al 307 dell* egira; ma Ibn-el-Àtbtr, MS. G, tomo IV,
fog. 298 recto e verso, la scrive nel 306 (13 giugno 918 a 1 giugno 919);
e la Cromca di Cambridge nota nel 6427 (t settembre 918 a 31 agosto .9i9)
}a spedizioiie dei Fatemiti in Alessandria. ^ ,
* Tuglieoffiare è versione litterale del testo arabico. Donde sappiamo
questo dazio insolito e gravoso, ma non di cbe natui^a ei fosse.
^ Così la Cronica. Sceihh , vecchio, indi anziano, senatore. Capò d'una
frazione di tribù, (^po d* un villaggio , o semplicemente preposto o dottore.
^ Cioè il primo di Belézma, città d' Afifrica cbe abblam citato altrove;
il secondo, di Kalesciaoa a ^miglia da Katreveàn, della quale il Bekri,
Notices et Extraits des MSS.^ tomo XII, 479.
— 185 — 19*7-957.1
vi : Ibn-Selcda e Ibn-Dàia ; i quali aggravaron la mano
sul popolo, ma rappresentatisi a corte Tanno appres-
SO, caddero in disgrazia del padrone; parendogli
forse, t;he del camelo^ com'ei solea dire, gliene
avessero recato gli orecchi. * Veggiamo infine che
. Sàlem accordava la tregua a Taormina e altre ca-
stella dei Cristiani dì Sicitìa nella state del nove-
centodiciannove. ' Da tutto ciò è manifesto che il
Mebdi adoperasse in Sicilia Y espediente tollerato dai
pubblicisti musulmani del tempo: scindere remirato
in due oficii, Tun di guerra e polizia, Y altro di azienda
e giurisidizione ; * e che non contento a ciò, togliesse
r occasione e le forze da far la guerra. Un capitan
generale della sbirraglia con l'antico titolo d'emir;
un presidio di Kotamii o fanti poliziotti, com'or di-
remmo ; pace coi Cristiani delusola, per lasciarvi di-
sarmati i coloni; gli affari d'azienda e di guerra accen-
trati in Affrica : con questi ordini il Mehdi tenne la Si-
cilia. Usò modi somiglianti con le popolazioni arabiche
d'Affrica. In generale serbò la pace con l'impero bizan-
tino, e con le popolazioni berbere iridependenti. Me- .
glio che la spada, amò la penna, i raggiri fiscali, gli
artifizii da gran maèstro, ai quali era stato educato.
Condusse per man del figliuolo la guerra d' Egitto,
saviamente ostinandosi a quel conquisto ; ma non gli
riuscì.
La morte del Mehdi, seguita il tre marzo nove-
centrentaquattro » si riseppe in Sicilia il venticinque
< Cronica di Cambridge, op. cH., p. 45.
' Si vegga al GapKoIo Vili, p. 173, t73.
" Cronica dì Cambridge , op. cK., anno 6427.
* Si vegga il Capitolo I di questo Libro IH, p. 3 in nota.
agosto ; poiché il figliuolo che gli saccedette, Abu-1-
Kasem-Mobammed, spprantiominato El-Kàiin-bi^ipr-
illah, la occultò quanto ei potè, ' temendo gli ^^lQri
ostili degli Àrqibi d' Affrica, le sètte karegite dei Ber^
Jberi e lo scompigliò che dovea recare nella setta
ismaeliana la disparizione del seoiideo. A' dieci marzo .
del medesimo anno, fu morto dinanzi il palagio di Sa-
lem in Palermo, un Rendasc, govematpre di Taormi-
na : ' questo sol ne sappiamo ; ma il nome greco ci
porta a supporlo capitan del municipio cristiano che
avesse infranto la tregua, e caduto in mano di Sàlem
fosse mandato al supplizio. Il diciannove poi d' otto-
bre , ingrossati per piogge i torrenti delle montagne
che circondano Palermo, calamità troppo frequente,
si rovesciarono su la città , portaron via molte case
' ConfrontiDsi : Croma di Cambridge, op. c.it., p. ^, aDno6443; Ibn-
el-Atblr, anno 322, MS. B< p. 149, MS. G, tomo IV, fog. 321 verso;
Baiàn, tomo 1, p. 216. Questi dae ultimi difiono oecultato il caso più
ahingo,
' Cronica di Cambridge, op. cit., p. 47, anno 6442. 11 nome somiglia
a qael di Randazzo, grossa città surta in Sicilia nel medio evo, ehe in
Edrisi leggiamo Rendag. Setanbra di origine greca , poiché la Storia Miseella,
presso Muratori, Rerum ilalicarum Scriptores, tomo I, parte I, p. 150,
ricorda un patrizio Sisinnio soprannominato H^daeium^soXio Leone l^au-
rico; e la Continuaziobe di Teofane nel regno di Romano Lecapeno, { 4,
parla di un 'p<vTòéxto$, nom dell'Attica, e forse ateniese, parente dei pa-
trizio Nlceta;. il qual nome è scritto con le stesse lettere da Giorgio Mo-
naco j e'PsvTocxYi$ da Simeone (ediz. Bonn, p. 399,891, 732). Nulla toglie
che il governatore di Taormina fosse appartenuto alla medesima famiglia ,
e che da lui o da altri fosse venuto il nome di Randazzo. Che i4 caso se-
guisse in Palermo non mi par dubbio, Quantunque la Cronica dica: « in-
nanzi il palagio {Kasr) di Sàlem. » Non v' ha memona di terra in Sicilia
chiamata Kasr Sdlem (il nome attuale di Salemi è corruzione dell' ara-
bico Senem, idolo o statua); e la stessa Cronica, notando poi la morte
dell'emiro, aggiugne che segui nel suo katr. Probabilmente il palagio
vecchio, al quale rimase il. nome di Salem, per essere stato l'ulti-
mo emiro che vi soggiornò; tramutati poi gli oflci pubblici ecc;. nella
Khalesa. •
-7 18P — (956-937.1
fuori e de^tfO le mura, e v annegò della genie/ Corso
poco più d' un anno, Y undici luglio del trentasei ,
soffiò sopra r isola uno scirocco si infocato , eh' arse
le frutta in sugli alberi; né qiiella stagione si potè
far vendemnìia. '
Rid^s tossi nel trentaisette la rivoluzione a Gir-
genti ; la quale città par che il governo fatemita non
s(VQSse disarmato ^è imbrigliato al par di Palermo,^
in grazia, sia del sangue berbero, sia della pinta data
a. Ibn-rj^orhojb. Ciò non togliea né T avarizia, del. fisco,
né i soprusi degU oftciali di $àlem ; sul quale pjombò
r odio dei Girgentini, come d'ogni altro musulmano di
Sicilia. 1.6 vatosi dunque il popolo, a' diciassette apri-
le, coatro Ibn-Amràn eh' era 'dmi7, o, diremmo noi,
delegato di Sàlem in Girgenti, lo andarono ad assa-
lire in Caltabellotta, forte ròcca a trentadue miglia,
ov'ei si tenea sicuro con suoi gendarmi; Ve, fatto
impeto nella fortezza, il capo fuggi; gli sgherri fa-
reno svaligiati. Al quale annunzio . Sàlem mandava
Abu-Dekàk, Kotamio, con le genti di sua tribù^ le mi-
lizie siciliane, e ì fanti di Meimùn-ibn~Musa, che sem-
brali altra caterva di gendarmi : e Abu-Dekàk s' era
messo a stringere 'Asra, terrà dMncerto sito,* fra Pa-
I, -
< GonfroDtìDsi : Cronica di Cambridge, aon. 6445, pre3sq DJ Grego-
rio, Rerum Arabicarum, p. 47; Nowajri, op. cit, p. 14.
* Cronica (fi Cambridge, I. c^, anno 6444..
' 11 testo ba N rd barin, che non dà signiQcato. I primi editori les-
sero Brediarms, Probabilmente è la Yoge persiana Bardaddr, guardie
palatine.
.* 11 nome non sare|)bo molto diverso dsi Asaro, r antica Assords; ma
Va scritta oon un' ai» indica origine arabica; e il sito di Asaro presso
Lepnforte si allontana troppo a levante dalla via tra Palermo e Girgenti.
Uai^cando di vocaU il JtfS., questo nome si potrebbe leggere Osra, che
signìGciièrebbe " asilo, riparo,* e sarebbe nome di luogo p^^i sconosciuto.
lermo e Girgenti e rivoltata anch' essa, quando lo so-
praggiunsero i Girgeutini. Appiccata la zuffa il venti-
quattro giugno, par che i soli a combattere tra i regii
fossero stati que' di Kotama; poiché di lor soli si
narra la sconfitta e la strage, nella quale cadde anco
il capitano^ e la prigionia dei rimagnenti. I vincitori
marciarono sopra Palermo. Dove, o che il popolo non
, si fidasse per anco di levar la testa, o che il movesse
r antica nimistà coi Girgentini, si lasciò condurre da
Sàlem e da Meimùn-ibn-Musa a combattere ^ per gli
oppressori. Scontrati i Girgentini, il due luglio, a Me^^
sid-Bàifs,) ì Palermitani li ruppero dopo fiero com-
battimento , e li inseguiron fino a' mulini di Mari-
neo. ' Se fosse lecito di ristorar a conghietture le
memorie de' tempi, diremmo risolutamente che la no-
biltà palermitana non prosegui volentieri la guerra
contro i ribelli ; che cercò di patteggiare col governo
e resistergli , avendo di nuovo le - armi alla mano.
Certo, ohe la rivoluzione non fu repressa a Gir^
* La Cronica di Cambridge, la sola cbe foraisca qoeslo e gli altri
particolari della gaerra, dà 11 secondo vocabolo in guisa da potersi anco
leggere T&Us, N&lìs» làlis e Màlis. Il primo è suscettivo' della ottima le-
zione Mosciaiad, cbe significherebbe *edifizip, monumento." Non mi sov*
viene di nomi topogsafioi antichi o moderni di Sicilia cbe ci aiutino a tro-
vare il véro nome e il sito preciso, cbe dorea essere molto vicino a Palermo.
Ma B&Its è nome. d'una provincia tra il Sind e il Segest&n, Geografia
d'Edrisi, versione francese, I, 444, 449. Bàlis o Bàles era picciola città
sttla sponda occidentale dell* Eufrate. Veggansl i Ibn-Hankai., MS. di Parigi,
Suppl. Arabe,88S,fog. 85 recto; Edrìsi, op. dt., 1,355; lakfH,Jfefd<td,
ediz, di Lèyde, I, 122; Abulfeda, Geografia, testo arabo, ediz. di Parigi,
p. 98d. In fspagna era città (Velez Bianco?) nella provincia di Begiftia e
porto tra Alicante e Gartagena. (Edrisi, op. cit.^ tomo II, p. 14, 39.) .
^ Lo stesso MS. ha if r nuh, Marinéo, a h miglia da Palermo, so-
vrasta al fiume di Misilmeri , appunto su la strada per la quale doveano
ritirarsi i Girgentini. Le due battaglie senza particolari di leggono in Ibo-
èl-Athtr, annosa; e in Nowairi, prèsso Di Gregorio, p. 14, 13. Abulfeda,
anno 335, dà appena un cenno della rivoluzione.
— 187 — jOST.j
genti) e che a capo di due mesi divampò in Palermo.
Dove la domenica diciassette settembre sorgea
contro Sàiem il popolo condotto da un Ibn-Sebàia e
un Abu-Tdr; ^ ai quali l'emiro fé' testa, notandosi che
gli fu ucciso nella zuffa nn Abu-Nottàr, detto il Ne-
gro: qualche gran colonna della polizia al suo tempo.
Nondimeno rimase T avvantaggio a Sàlem, poiché ei
diceva impalare parecchi ribelli il dì venti neir arse-
nale. Più poderosi stuoli corsero alle armi, il sette
ottobre; ritentarono la prova; e f areno sconfitti di
nuovo da Sàlem ed assediati nella città vecchia,
ov' e si ritrassero, * Pure finì senza molto sangue.
Avea Sàlem fin dai primi movimenti scritto al prin-
cipe ; tutta la Sicilia essere rivoltata ; se npn la votea
perdere, mandasse rinforzi ; e i notabili dell' isola,
titubanti nella ribellione, aveano , spacciato altre
lettere nelle quali diceano voler obbedire al calif-
fo, ma che non poteano sopportare quel tiranno
di Sàlem. Donde Kàim , lor ne mandò un altro di
tempra più fina; Con possente esercito, nel quale
contavansi parecchi condottieri,' forse di solda-
* Così \9 Cronica di Cambridge, 11 Nowairl ba invece Ishftk-Bostàni
(oss!ail giardiniere) e Hohammed-ibn-Hamw. Probabilmente son le med&>
8ime persone. IbinSebAia potrebbe essere fl none patronloiioo d'Ishtt a^
prannominato 11 Giardiniera; ed Aba-T&r, il soprannome di Mohammed.
Quanto al nome patronimico di qoest* ottimo, Corse va corretto Hamn^owéib,
6 sarebbe d'origine persiana. Il Ibiiorana» tomai, p. 88» e con lui tt
Wentìcb, arbitrariamente dani^o i due primi come capi del tumulto del 17
settembre, e i due secondi di quello del 7 ottobre^
* Croniùa di Cambridge, op. cit., p. 48, anno 6440, etea'lia un cenno
in Ibn-el-Athlr, anno 525, e in Ndsairì, op. cit.« p. 15.
^ lbn«eV*AtMr e Nowaki, II. ce 11 secondo, che par abbia copiato
qui la cronica primitiva, dice: t con qb esercito e parecchi kliid.» Perciò
questa Toce non sembra adoperata nel signiQeato generale di capitani
d' esercito, ma In quel di condottieri di corpi minori.
1957.1 - 188 ^
dàtescbe mercenarie.' Il capitan supremo ebbe nome
Abu-Abbàs-Khalfl-ibn-^Ishàk-ibn-Werd. Nato in Tri-
poli di nobile famiglia arabica, s era dato in gioventù
agli studiii alla devozione, alle ascetiche fòntasie dei
sufi; poi s'era vetìduto ai Fatemitì, Mtosì ministro
d* espilazioni e di supplizi contro ì proprii concittadi-
ni; rimeritato con oficii d'azienda, con governi di
città ; e n'abusò, sapendosi che pericolò la vita sotto
Tavaro Mehdi, e che campò per intercessione di Kàim;
il quale, salito al trono, lo fé' capitano della cavalle-
ria d' Affrica, con giurisdizione sul gimd e sul na*-
vilio. ' Questo suo fidatissimo. deputò all' impresa
di Sicilia. Seiìibra, che parte dell'armala fosse alle-
stita in frétta a Susa. Poiché tofna a tal tempo la leg-
genda affricana che, avendo J calafati svelto i cippi del
cimitero di Siisa per far puntello alle navi che si rac-
conciavano per la spedizione di Sicilia, niuno osò toc*
care la. pietra sepolcrale del devoto lehia-ibn-Omar-
ibn-Iusùf, dalla quale si vedea raggiare una portra-
tosa luce. '
Khalìl, arrivato in Palermo a' ventitré ottobre,*
fé' buon viso ai cittadini, che gli si appresentarono
protestando lealtà al califo; ed ascoltò lor querele
contro Sàlem ; le quali furono ripetute con molte la-
grime e strida dalle donne, uscite anch' esse dalla
città, menando seco i fanciulli: doloroso spettacolo
< CpDfronUnsi: Ibn-rAbbàr, MS. delia Società Àsiatioa di Parigi,
fog. 104 reclp; e Baiàn,XGmo h p. 229, amlo 325.
' Riadh'en-Kofui, fog. 60f8cto» Idiia era ìnorio verso il 290. Però
ito sappostp che si tratti 'di questa impresa o dell* altra dei 916.
? Così la Cronica di Cambridge, op. dt.» p. 48 , anno 6446. Nowairi ,
op. cit., dice alla flne del 323; il che torna allo stesso con poco divario.
— 189 — 1957 1
che commosse quanti il videro, scrive Ibnr-el-Athtr,
e ne piansero per pietà. Bipeteano tantosto le accuse
contro Sàlem i deputati delle altre terre dell' isola, e
i Gìrgenttni medesimi che si sottomessero. Khalif
soddisfece in apparenza ai Siciliani con deporre d'ofi-
cio gli 'dmil di Sàlem: commedia ripetuta e applau-
dita in tutti i tempi. Quanto a «Sàlem, né andò via da
Palermo, né perde il titoi di emiro, né pak* gli fosse tolta
altra autorità, che il comando dell' esercito. ^ Di che
imbaldanziva tanto V animo servile , da non sapersi
frenare una volta che, abboccatosi coi deputati gir*
gentini e punto forse da loro, rimbeccò: non ridessero
poi tanto ; aspettassero « e vedrebbero se il principe
non «avea mandato Khaltl a vendicare il sangue del
soldati uccisigli nella rivoluzione.**
Calmati che parvero i Siciliani, Kbaltl die opera
al freno da por loro in bocca. Il palagio o castella
degli emiri in Palermo giacea fiior la città vecchia,
nel medesimo luogo ov'è adesso la reggia/ Provano
ciò le stanze dei soldati rimaste lì presso nel decimo
secolo,^ e il portico, o, come lo chiamarono ai tempi
normanni, la Via coperta, che dalla cattedrale riusciva
a quel sito e che per certo, ai tempi musulmani,
* Sr vegga qui appresso, Lib. IV, Cap., 1^ p. 33G..Sàlem rimase al certo
in autorità insieme con. KhalU. Senaa questo non si può trovare ragione-
plausibile delP abboccamento coi' Girgentini, né dell* essere lui rlmaso in
palagio vepcbio; né del titolo di emir cbe gli si dà alla morte.
* Confrontinsl : Ibn-el-Athlr, Nowairi e Ibn-Khaldùn, 11. ce,
' Fazzello, Deca I, lib. Vili, cap. II, scrive del palagio reale di Pa^
iermo: Bone (arcem) a Sarraeenit ptimum Panormum adeptis, iuper vttt"
fù.arcMYttifitf txeUniam Utera inea mcUa indicane Ma nè'egii dà, nò si
ò mai trovata la iscrizione,, e però non allego Val tesllmooiaDza.
« Ibn-Haukal, De«crtpfton de Pa/erme, nel /owmaiilna<iaiie, IV* sèrie,
tomo V, p. OS».
1937.1 - 190 "--
avea congiunto il {Palagio alla mo^cbea giàrn{ ; sì co-
me a CoriJova:, * a Kairewàn^ * e ad Algeri. ' Posto
dunque ad un miglio dal mare, e standovi di mezzo
città si forte e popol sì, contumace, il palagio non
era bel soggiorno agli emiri negli spessi tumulti pa*^
lermitani. Al contrario, la penisola in sul porto dove
par si fosse accampato Abu-Sald neir assedio del no-
vecento sedici , * offeriva sito difendevole , aperto agli
aiuti di fuori, ed acconcio a vietarne ai Palermitani.
Kbain vi gettò subito le fondamenta d'una cittadella
cui die nome El-Khàlisa, che suona "L'eletta;^ e in
vero dovea rinserrare il fior dei leali: l'emiro, ì bx\oì
mercenarii da spada e da penna ; palagio, arsenale,
oficii pubblici ; prigione : tutta la macchina gover-^
nativa; come una.Mehdia in piccolo, circondata di
murai e molto bene afforzata/ All'oso dei tempi,
Kalll risparmi^ danari, sforzando la gente a lavorar-
vi ; ^ oltreché fece^^abbattere le mura della città vec-
chia, e toglierne un'altra fiata le porte. ^ I Palermi-
tani fremevano, è non poteano dar crollo: Ma i Gir-
< 9Vakkari, MohammédandynasUea in Spàin^ versione di Gayangos,
tomo I, p. 220 ; Edrisi^ Geagraphie, vers. di Jaobert, tomo li, p. 58scg.
^ Bekri, versione di Quatremère, Noiices et Extrait», tomo XII, p. 47$.
' Bargès, descrizione della Moschea principale d'Algeri ai 1830, nel
Journal Asiatique, sèrie Ul^tomo XI, p. 182. Quivi non si dice in vero ebe
di ona porta cki comunicazione col palagio del jgovernatere.
* Veggasi il cap. VII di questo LìlH'o, p. IS7, 158.
' Ibn-Haakal, Descf tpfioji de Balerme, nel Journal Àsiatique.tétie iV*,
tomo V, p. 22, 23; Novir^iri, Enoieloìpedia,ìti\à.y p. 104, Bdrisi, Géographie,
versione di Jaabert, tomo II, p. 77.
^ Ibn-eT-Atbtr, anno 525, scrive che da gente fu molto aggravata
nella costruzione della cittadella.» I pahMicisti mustlmanl, priocIpsrlmeDte
Mawerdi, ci danno il comento. Veggasi il cap. 1^ di questo Libro, p. 10,
nota 4.
^ Cronica di Camhfidgei Ibn-«l-Athlr « Ibn-Khaldùu, U. ce.
— 191 — 1938 1
geDtitii, addandosi che Sàlem avea ragione, vollero
ripigliare le ermi pria che KhaUl non architettasse
qualche altra cittadella in casa loro.
Onde afiforzan le mura alla meglio; fanno prepa-
i;amenti di guerra: Khalil, dal suo canto, accozzò
grosso esercito, tra i Siciliani e le forze recate d' Af-
frìca ; coi quali movea di Palermo il nove marzo del
novecentrentotto. Usciti i Girgentini allo scóntro, vin-
sero per sanguinosa battaglia, nella quale cadeano
due: capi di gran nome tra i regii: Jbn-abi-Khinzir,
oh* è lo stesso casato dell' emiro del novecentoundi-
ci; ed Ali-ibn-abi-Hosein della trìbii di Kelb, genero
di Sàiem e ceppo della dinastia che poi regnò in Si-
cilia. Pur l'esercito regio, poderoso e condotto dalla
volontà inflessibile di Khalil, non ostante la prima
sconfitta, continuò Tassodio per otto mesi; nei quali
non passò giorno che poco o molto non si com-
battesse; finché, sovrastando la stagione piovosa,
Khah1 levò il campo a' ventidue ottobre. Svernò alla
Khàlèsa; fece venir d Affrica altri Berberi, come il
provano i nomi de' capitani Wasàmd e Ibn-Modù; ^
ed attese a levar novelli tributi su le popolazioni si-*
ciliane che gli ubbidivano. Onde, oppresse della gra-
vezza, mosse dairesempio e dalle istigazioni dei Gir-
gentini, si chiarirono ribelli tutte le castella e il popol
di Mazafa, scrive Ibn-el~Athir , particolareggiando
molto ì casi di cotesta guerra. E le castella si deve
' Colesti oomi. dalla sola Cronica di Cambridge. La sillaba tua enln
in parecchi oomi berberi in vece deli' arabico tftfi, figlio. ModH sembra delio
stesso conio ; non arabico al oeru>. Si trova in £drisi con ortografia poco
diversa il nome d'un castelletio (ra Raodaazo e Gastigiione, cbe risponde-
rebbe a Hijo d* oggidì.
[9391 — 192 —
intendere del Val di Mazara; trovandosi tutti in quetia
provincia i nomi dei quali si fa ricordo; né parendo
da altro indi:iio che fossero per anco sparse le colonie
musulmane a levante del Salso. « Misero in Campo
» (continua Ibn-^el-Athir) loro gualdane; la ribellione
» fece passi da gigante; scrissero all'imperatore di
»r Costantinopoli , chiedendo aiuti; il quale mandò
)) navi (X)n uomini e frumenti. » A tal pdit*titò si scòrge
la disperazione; ed anco air insolito accorda che par
sia stato tra gli Arabi e i Berberi dell' isola; ed alla
ostinatissima resistenza : e viùcean la prova , se Pa-
lermo voleva o potea tentare uno sforzo estremo; se
i sollevati sapeano sottomettersi ad unità di comando;
é sfi la carestia non combatteva anco pei Fatemiti.
Khalfl, nella primavera del novecentrentanové, co-
minciò la guerra ai passi delle Madonie : espugnò CaK
tavuturo, Kalat-és-siràt, * Siclafani; le quali non si ri-:
trae che fossero state soccorse dai distretti meridio-
nali. Assicurate cosi le spalle e le vittovaglie, volse
a ponente; occupò Mazara; ' indi una* penisola, ch'io *
credo il Capo San Miarco, dóve fu preso un condot-
tiero bizantino o dr schiatta siciliana , per nome Foca
o simile, cui Kbalil fé nìorire tra i tormenti: ' indi
* Risponde a Gollesanod* oggidì secondo le distanze nolate da Edrisi^'
fi qtiale la òi con qaesto nome istesso dT Kalat-es-Siràt.
•' L'jordine delle operazioni militari di Khaltl è dato dalla Ctonita di
Cambridge e sta bene a martello, il nom^ che scrivo Mazara è cc/6«ra/
fetta dai primi traduttori Kalbara, arbitrariamente nella prima Sillaba. Cor^
reggendo Mazara non si viene ad alterare alcun dei tratti pi;incipali e si
trova la importante città nominata da Ibn-el-Àlfatr. Quanto a Kalbàra, o
come che si legga, la prima sillaba» non v' ha nome noto da potervisi' adat-
tare ; e. non è dà pensare né anco per ombra alla Calabria.
3 11 fatto e ii nome nella sola Crgnaca di Cambridge, ove il secondo
è selrilto senza vocali Fkh e si potrebbe legger Foca^ o con altra vocale
— 193 — (059.|
mosse oon tutte le genti air assedio di Caltabeilotta.
Ebbela a patti, dopo sanguinosa battaglia vinta il dieei
luglio ; ne potè fare altra impresa fino al settembre ,
quando messe il campo a Platani. La quale giaceva
a dieci miglia in circa da Caltabeilotta, una ventina
dt Girgenti e sei dal mare: antica fortesza d'un mi^
glie in giro, su la cima del monte chiamato in oggi
di Platanella, che sorge stagliato e dirupato d'ogni
banda su la ripa destra del Hume di Macasoli e so la
sinistra del Lieo, il quale ha mutato il nome in Pla^
tani. La trovarono i Musulmani al conquisto; la ten<-
ner anco sotto i Normanni, foriODidabile e munita
d'una rócca; vi s'afforzarono nelle guerre civili al
principio del regno di Federigo S ve vo, quando par
siano slati smantellali i ripari, e il villaggio conceduto
coi terreni alla Cattedrale di. Palermo. Tantoché nel
decimosesto secolo ne avanzavan, dice Fazzello? mira-
bili rovine, ed oggi il nome di Calata .attesta su le
carte geografiche il sito della ròcca. ^
che fu preferita nella Tersiòo latina, e non è bello ripeterla in Italiano. An^
cerche Fikh significhi in arabico la scienza del dritto, qui è nome d*uomo
e d'un Inoipa che il prese da lui; né credo abblan gli Arabi tal nome pro-
prio. Al contrario è noto ad ognuno nelle istorie bizantine il casato Poca,
illustre in qiie* tempi : e ciò mi ha suggerito la prima lezione. Nondimeno
il latino e (perchè not) l'Italiano potean anco fornire il soprannome d'ai**
cun cristiano di Sicilia , il cui braccio avessero accettalo i ribelli musul-
mani, sì come avéan chiesto gli aiuti di Costantinopoli. B In vero presso
il Capo di San Marco è un luogo detto Picana. Questo appunto, e la ooin<*
cidenza del sito presso Hazara e Caltabeilotta, mi ha persuaso che si tratti
della penisola del Capo San Marco. Uo interpretato penisola la voce geaira
del testo, cbe vuol dire ^ncbe isola.
' Si vegga pel XU secolo la geografia d' Edrisi ; pel XIII e XtV, i di-
plomi accennati da Pirro, SieiHa Sacra, p. 136, e da HuiUard-Breholles,
BUtoria éi^maiiea Frederìci II imperatorU, tomo I, p. il S, 194; Horlil-'
laro. Catalogò dei diplomi della Catledrale di Palermo, p. 90 ; .e pel XVI,
la descrnlone di Fazzello, Deca I, lib. X, cap. Ili.
II. 13
(030.) — 494 ~
Indarao travagliossi Khattt contro Plalatii; anzi
abbandonò o perde Caltabéllotta ; a ripigliar la quale
avendo spiccato parte de' suoi, i Gii^entitii una notte
di novembre assalivano improvvisi I-uno e T altro
campo; sformavano quel di CaltabeMotta ; lo saccheg-*
giavano, metteano in fuga gli assedianti. Rbalfl alt^
rìsoltttamentie lasciò anco l'assedio di* Platatii,p€fr con-r
centrar tótte le forze contro Girgenfi , nodd princfpale
della guerra ; per chiudere quegli audaci entrò loi^
miìra, sì che non gli facessero altra vergogna, e che
sentissero più crudelmente la fame.
La quale straziava tutta T ìsola; prodotta non
tanto da inclemenza di stagioni e da'guasti inévitabiti
della guerra, quanto da satanic arte dkKballl; ri qàale
non mentì al certo quando van tossi d'avere spento
di ferro, e di fame centinaia di migliaia d' anime in Si^
citia. Ormai tutta la strategia ^tava nel niidrire i pro^
prii soldati, poiché i nemici sarebbero morti senza
ferite: e il capitano computista d'Affrica, facendo ra-
pir ogni maniera di t;ibb che potesse, conseguiva a
un tratto la salute de suoi e la distruzion de' Siciliani.,
La carestia ingombrò cittadi e campagne, scrive la
cronica del paese; padri e madri mangiarono i cada-
veri dei figli ; abbandonate dagli uomini, rovinarono
le castella; le tèrre coltivate rinsal vatichirono : una in-
finità di gente, aggiugne il Amd» , fuggendo )a carestia
e i sicarii di Kbalil , riparò qua e là nei paesi di Bum,
eh' è ^ dire Italia o Grecia; dove la più parte si fe-
cero cristiani. Mentre seguia nell' isola cotesto scem^
pio, KhaM stava ali* assedio di Girgenti: poi lasciovvi
forte schiera con Abu-Kelef-ibn-Harùn, ed egli si ri-
— i95 -— |94a*a4i.|
dusse ia Palermo , certo ormai deir esito. E di marzo
del noveceiMpiaranta, Platani jnespugiiatrile s'arrendè;
Girgenti tenue il férmo finché i piò savii o avventurati
si £;alvarqno con la ftiga; i rimagnedti aprirono le portef
a patto d' uscire salvi, il venti novefmbre: boa Kbaìil,
quandi ebbell nelle sue fòrze, spezzando la fede me-
molli ili Palermo. Le altre castola spaventate a que-
sto eccesso s' affrettmt)no a chiedere perdono, sjpé-
rando placare it tiranno: latta la Sicilia tornò at nomef
dei Ffttemiti. KhaUI mandava a Kdim i^ Affrica le ca^
tevve dei prigioni da vendere ; * uè andò guari che'
parendogli queta ógni. cosa, s'imbarcò egli slesito^
per r Affrica a' dieci settembi^d novecenquàrantutto;
la$(Jiando al governo (^i Palermo due delegati, per
nome Ibn--Ki]fi e Ibn<- Attàf della tribù di Azd; ' òhe
SSkm era morto V hanno innanzi. Si tirò dietro in al-
tro legno i n6tat)ili di Girgenti. E ìà atto mare co-
mandò di sfondare la nave; sì che tutti perirono. '
Donde gli annalisti musiilmani si spoton di loro'
aritmetica impass;ibiiìtà, venendo a parlare di questo
Khalfl; e chi rinfeima d'aver ecceduto ogni limite di
' La Crmita di Cambridge accenoando sola questo fatto, osata espres-
sione sebi, che vuol dir prppriameoie le donne e fanduUi prigioni. Panni-
qur adoperata in significato più largo.
* 11 nome etnico di 'Altàf è dato d^l «olo Ibn-Kbaldùn, Histoire de
l'AMiue ti de la SiciU , p. 165/
' Qaest* ultimo periodo deità rivoluzione si ricava in parte dalla Oro-
mead!CambHdge,anni6447a04S0, presso Di Gregorio, Aerii^ilra6teartif|i.
p. 48, 49 ; in parte da Ibn-el-Atblr, anno 3%S. Si veggano anche il Baiétn,
edix. Doz:f, tomo f, p. 285; Aboifeda,' anno 3^; Ibn-Khaldùn, Histoire de
l'Afrique et de la Sieile, versione, p. 104, 168. Il Nowairì, presso Di Gre-
gorio, p. i3, accenna la venuta e la partenza di KbaHI, senza far motto
delta guerra. Il Rampoldl, Annali, tomo V, p. 3i5, 2t7, 22f, 285, 930,'
annf 937, 958, 989, 940,941, aggiugné éi capo' suo una ribellione tn Pa^
lermo ia questo secondo perìodo, aiutata dal Bizantini ; e ciré il governo
d'Aflhrica mandasse grani in Sicilia.
IWI.J — 1% —
efferata barbarie, chi nota aver costai fatto in Si-
cilia ciò che niun altro Musulmano osò prima né poi
m alcun paese. Si narra che al ritorno in Mehdia, se-
dendo un giorno a brigata coi primi della città, ca^
dttto il discorso su la guerra di Sicilia, tempio si
millantava: ^'Non saprei giusto giusto quanti ve ne
feci morire; non furono più d'un milione, non meno
di secentomila. " E fatta breve pausa, ripigliò: ^Slper
Dio, passarono i secentomila." E una voqe s'alzò, del
maestro di scuola Àbu-abd-Allah , che gli rispose
senza cirimonie: * ''Va, Abu-1-Abbàs, che ti basta un
omicidio solo,** ' alludendo al grave peccato ch'ero di
sparger sangue per caso di maestà. ^
Non andò guari che KhalQ n'e^^be il gastigo
dalle mani degli uomini; Minacciata Katrevvàn dal ri-
belle Abu-Iezid, e tentennando i cittadini tra la pipiura
delle sfrenate sue moltitudini , e V odio contro casa
fatemit^, Kàim vi mandò il gran sicario della dina-
stia con una banda di mille Negri a cav|illo. Il quale,
all'usanza vecchia, cominciò a velare e maltratta-
re, e tentava anco la cura della fame, spazzahdo il
contado con orribile guasto; ma fé' contrario effetto,
poiché i cittadini mormorarono, poi cospirarono, e,
' Era modo familiare il chiamare col ftente^^pssia primo soprannome,
anzicbè col nome proprio o coi titolo di dignità.
' Confrontinsi: Batdn, l. c.„e Ibn-Abbàr, MS. della Società Asiatica
dì Parigi, fog. 104 recto.
' Peccato, poiché i pubblicisti più accreditati non permettetiiao di ucci-
dere i ribelli presi con le armi alla mano» né di tenerli in prigione finita
che fosse la gaerra, né di prendere i loro bèni, né di far cattive lor donne
e figliuoli. Veggasì Mawordi, AhMm. Sullanta, ediz. Enger, p. 98 e seg.;
The Hedaya, versione inglese di Hamilton, lib. IX,cap. iX, nel tomo II, p. 2^.
Nell'impero ottomano prevalsero poi dottrine più tiranniche, le quali si
ricerchino in D'Ohsson, Tableau de V Empire Ottomani tomo VI, p. 253.
— 197 — I944.J
come minor male, ehiamarono Abu-Ieztd. Appres-
sandosi r esercito ribelle (ottobre 944), Khalfl perde
r animo : uscì alla battaglia quasi sforzato; fuggi pria
che si venisse alle mani; e corse a chiudersi nel pa-
lagio di Kairewàn. Dove preso dai ribelli, T uccisero
coi suoi sgherri, e appiccarono il cadavere a un pa-
lo, alla porta chiamata di Rebi\ *
CAPITOLÒ X.
Fortoneggiarono i Fàtemitì m questa rivoluzio-
ne. I>icemmo noi che le sètte kharegite ardeanò ab
antfco tra i Berberi, or covando, or divampando! Dal
ramo degli Ibaditi si spiccò, com' egli avviene, novella
affiliazione che prése nome di Nekkariti;' e contaminò
la giustizia dello scopo con la stolta iniquità dei mezzi ;
insegnando legitthni, T omicidio, lo stupro, la rapina
su tutti i non Nekkariti; ch'era a dir quasi tutto il
genere umano. Gli ultimi proseliti par che oggidì ri-
mangano ^ente ìndustre e tranquilla, ned* isola delle
Gerbe ; Ove ài certo fecero gran parte della popola-
zione e corpo politico dassè, infino al decimoquarto
e al decimoquinto secolo. * La setta prese subito
< Gonfrontinsi: Ibn-Àbb&r,, MS. della Società Asiatica di Parigi,
fog. 104 recto; Baidn, tomo I, p. 233; lbo-el»Atbtr, MS. C, tomo IV,
fog. 545 recto, anno 333.
' Significa, *Qaé*cÌ)e dicono: Ncmvogliam saperne nulla,* (proprio co^
me i Enow'W>thing8 d'America.
' Veggasi : Tigiani nel Journal Asiat. , sèrie I V», tomo XX, p. I7J , seg. ;
tbu-KbaldÙn, Hi$toire dea Berbères, passim.
1944.1 - i98 -
augumento, aei principii del decimo secolo, aUa esal-
tazione dei Fatemili; quaiKlo bì vide per prova la -
eiBcacia di coleste traine nella «cbiatta berbenai e
quando la servile superstiskme ismaeliaaa iumìtò
p.provooò i liberi spirili dei Kharegi* Sorse allora
nel Gertd tunisino , p vogliao) dire regione* me-
ridionale deir odierno Stato di Tunis , un Abi|*^Iezidr
Mokballed-ibn-Eeidàd dèlia tribù d'^Ifren e nazione
di Zonata ; uom povero, piccino, zoppo, deforme in
volto, ma di grande intelletto e animo da bastare a
qualunque impresa ; il quale, noiato di stentar la vita
insegnando il Corano ai giovanetti, si mescolò coi
dottori nakkariti che volean fare e non sapeano ; di-
venne dei principali della setta ; os6 allarf^ria. e mu-
tarla io cospirazione. A capo d'uaa ventifia 4' aiwi
4' affaticamento e persecuzioni, imprigionato dal go-
vernatore diTai|zer, liberato da'suoi per audace colpo
di mano, si rifuggiva all'altra estremità deli* impero
fatemi ta, tra i monti -Aurès ; dove accozzatisr eoo. esso
^ttri rami di fiètt? kbaregite ed alcune trìbii della
nazione di Howdra, Tanno trecentrentuoo (942-43)
si deliberò ì^ ribellione : che Abu-Iezfd ne fosse capo,
p che, caccìaU i FatemUi , Y Affrica si regge^s^ a re-
pubblica. Abu-Ieztd s'intitolò democraticaipenteSceikh
(lei Gredeotì ; si mostrò alla testa degli eserciti, ve-
stito d un rozzo saip di lana; montato sur un asi-
nelio balzano ; onde gli dissero "^ Il cavalìer del ciu-
co. " E con centomila Berberi di varie tribii, di va-
rie sètte, feroci tutti e indisciplinati, occupò T Affrica
propria. Delle molte battaglie eh' ei combattè con va-
ria fortuna, sempre con valore e costanza, rìpordere-
— 199 — 1944.^
mo sol diiev pelle quali gir stette a fronte un Siciliano,
probabilmente di schiatta greca, per noaie Boscerà,.'
schiavo di KAiro. Aveva il caltfo a un tempo mandato
KhaiU-il^-Ishak* a Kairew^, e questo Bosoera con
un'esercito a Regia, città dentno terra tra Tupis e
Bona, perchè la difendesse contro jl ribelle che s'avan-
zava a quella volta, T anno quarantaquattro. Appic-
cata la zuffa andavano in volta i seguaci d' Abu-
le^d, quand' ér corso addosso ai fuggenti, smontava
dal destrier di battaglia , si fiicea recare il bastpn da
pellegrino, e T asindlo balzano; lo cavalcava gridan-
do: ^Co6i fo cbi^vuol non fuggire, ma vincere o
morire ! "^ Li rattestò ; girò di fianco, tanto che giunse
dietro gli accam{^amenti di Bcseera, nunacpiando ta-
gliargli la ritirata. Alia quale mossa, il capitano fa-
tornita fé -stonare a raccplta; precipitosamente prese
la via di Tunis, inseguito da Abu-Ieztd ; il quale gli
uccise gran gènte ; pkiese e messe a sacco Begia ;
occupò Tunis , abbandonata anco da Boscera che in-
dieliaeggiava a Susa. Quivi gli giuAsero rinforzi di
Mehdia , e ordini di Kéim che ripigliasse le o£kse.
Onde uscito da Susa, trovandosi a frónte un Ioq^ok
tenente d' Abu-Ieztd per iiome Aiùb-ibti-Kbetràn ,
< È iroce arabùHi che significa "baona nuova; * un de' nomi cbe ve-
lentierì si davano ali! scbiairi. Andrebbe meglio trascriua in francesaBoeJkm,
che no» si pa6 rendm^sol nostro sifibeto. Tiglani dice cosmi siciliano (si*
UUiì; il testo d' Ibn-KtialdOn pubblicato da M. De Slane poru Schiavo-
ne(8aklabi); né so determinar la vera lesione. La critica storica ci ricorda
che tra gli schiavi ^ ìnercenarii dei Fatemiti vi fossero al paro e Siciliani
6 Slavi. La dilferensa Ira ooteste due voci in scrittura arabica è lievissima,
e però il merito dei MSS. non può servìee di argomento decisivo. Nondi-
meno, Tigiani fu erudito più diligente che Ibn-Kkaldùn, e i HSS. deHe
sue opere, co|rfaii assai men sovente cbe <|uelli d*lbn*Khaldta, sembrano
men sospetti d* orrore.
I94S.I - 200 —
combatterono ad flerkla , com' or si cbiama , io sul
golfo di Hammamet; dove trionfò Bosceracon grande
strage dei nemici; maritirossi a Mebdia prì^ cbe lo
sopraggiugnesse Abu-^Iezìd, col grosso dell' Qjserclto. '
Così, facendo una punta quando si poteva, Kèim 900-*
teS|8 r Affrica ai ribelli ; senza iinpedire cbe il soe^
desimo anno cacciassero i suoi d'ogni luogo, fuorché
Snsa e Méhdia, e lo assediassero nella capitale {gQn-
naie 945). Occuparono tosto i sobborghi ì; dettero as-^
salti pila fortezza, un de' quali (luglio 945) recò tajl
paura; che grande nùmero di cittadini, massime i
mercatanti, Hfuggivansi chi in Tripoli, chi in Egitto,
molti in Sicilia.
Nondimeno le fortificazioni di -Mebdia salvarono
la dinastia, dando tempo alla dissoluzic»ie delle forsse.
d'Abu-Ieztd che si componemmo d' elementi eterog^
nei. La cittadinanza di Kairewàn, e, poco più poco
meno, il rimanente d^la schiatta aral»ea, mal soffriva
la eresia nekkarita , quantunque Abu-Iezid per sod*-
disfar loro avesse ristorato, in pubblico il culto orto-
dosso. Peggio potean tollerare le licenze^ e rafiline
deir esercito, e la dominazione dei Bèrberi. Però ta
municipali tà di Kairewàn, quando apri le porte ad
Al)u-Iezid , fece secolui un accordo che si chiamas-
sero gli Omeiadi di Spagna ; ai quali furpno mandati
veramente oratori : e gli Omeiadi promesser molto,
ma non si venne a conchiusione. 'Intanto Ab|i~Iezid,
< Queste due baUaglie sono raccontale da Tigiaai» Journal Àsiatique,
sèrie IV«, tome XX, p. IO!, seg» Si TOgga anche Ilm^^KlialdCin, Storia dei
Berberi, teste arabo, tomo II, p. 18, i9.
^ I dotti e la cittadinansa di Kairewàn seguirono con molto ze\o Abu-.
leztd all'assedio di Mehdia. Gbi mai scriTorà questo bel tratto di storia.
~ 20i ~ I1M6.1
inebbrìato dell' aver che fare con genlilaaminì, si ve-
sti di seta, montò bei cavalli^ e si alienò gli animi
dei Kharegi più schietti o più «rozzi ; de' quali un gli
surse cpnti^o con le armi ;> altri a poco a poco i' ab-
bandonavano ; né gli valse allora ripigliar V asinelio
e la casacca di lana. La diflSpoltà dell' impresa di
Mehdia, accrebbe le discordie tra gli assedianti; Vi si
aggiunse la virtù d'Ismaele figliuolo di Kàim, giovane
animoso, eloqaentissimio, attivo, dotato di sagacità
politica e di gran vedere nelle cose di guerra, al
quale il padre affidò il comando supremo.
Donde Abu-Iezid, ributtato in varii assalti, ve-
dendo assottigliare Y esercito da' malcontenti che se
ne andavano b da' masnadieri che correanD qua e là
per V Affrica in busca di più facii prèda , partitosi di
Mehdia (gennaio 946), osteggiò Susa, cui sperava ri-
durre di leggieri; e gli falli. Venuto intanto a morte
Kàim (maggio 946), Ismaele T occultò; poi, avuti se-
gnalati avvantaggi sopra il ribelle, promulgò Ja esaU
tazione al trono; preso il soprannome di Mansùìrr-
biamr-IUah , 0 diremmo *" Vittorioso per voler di Dio. '^
Continuando la guerra in persona, incalzò Abu-ìezid
ritrattosi negli Aurès; dopo fieri combattimenti Io as-
sediò in un castello tra i monti di Kiàna; donde il ri-
belle tentò una sortita: fu colpito in ironie e* alle sfal-
le; fuggi; lo presero; e dopo pochi giorni mori di sue
non dimenUebi le noUxIe che ne dà il RUUth-^n-NofiU , fog. SO vnrso
a 91 vèrso. Qdìtì si nsm la deliberazione press dai fakih nells Moschea
gismi' di Ksirewftn; i dotU ehe s'amavano; le corperaiioni due veniano
in arnesi di guerra con lor liSndiere di varH ckàoH scritte con varie leg-
gende; i. martiri caduti in battàglia ec. 11 dotto Abo-l«<Avab, eh' era -dei
capi rivploiiònarii, sciamava all'assediò di Mehdia: "Ho scritto di mia
mano 1500 trattati; ma il combatter qui vai meglio che iania dottrina! "
ferite (a^to 947). I Nekkariti mtanto erano oecisi
jper> iattei l'Affrica alla - épiociolata. FadU, figliuolo
di Aba-Iettd, che rimase in sa le armi dopo il pa-
dre, fa morto a tradioi^oto e mandata la tasta a Man-
sur; molato a tr^imeoto ÀiA6, altro figlioolo rinoivato
scrittoio di genealogie berbere; pertegaìiata fiera-
meotè fotta la tribù d' Ifren. -
€osì ebbe fine dopo quattro anni la ribelli(Hie
nekkarita. Kftim -, serrato ta Mabdià, non s' era trovati
jaltri amici fedeli che la tribù di Sotàma. e una parte
della nazione di Sanhdgia che ubbidiva a.Q^i-^iJbn^
Menàd:e da ciò venne la grandezza della casa di
Ztrì, che regnò in Affrica per due secoli. Capitario
e consigliere fidatissimo di Mansùr nella medesi-
ma guerra fu Aba-l-Kftsem-Hasan-ibn-Ali-ibn-Abi^
Hosein, dèlia tribù arabica dt-Kèlb; rimunerato incon*
tanmte òo\ governo -della Sicilia, che rimase per un
secolo a' suoi discendenti. ^ Aggiugne uri diligente
compilatore, essersi dato ad Hasan tal altro carico
che parrebbe macchia ai nomi più infiunati dei nostri
dì ; ma k) possiam- credere al decimo secolo , si come
i posteri sarà forza ohe crédano al secol decimonono
il si^)plìzio del bastone in Italia. Quel prode e collo
MansAr avea fatto scorticare il cadavere d'Abu-Iezid,
imbottir di bambagia la pelle e condurre il misero
' 11, cenno che do di questa grande rivoluzione è tolto da Ibn-el-Atlitr,
anni 853, ISSé; MS. 0, tomo V, fog. 345 recto a 546 recto; Béidn, tomo i,
p. 900 a/228; Tigiant, Jmrml AHtUique , sèrie V«, tomo t, p. f7S, seg.;
lbn*Khaldùri, Storia dei Berberi, lèBìOi tomo II, p. 16a 33; Ibo-HamnM ,
Journal iftoftfire» sèrie IV«, tomo XX, p. 470,8eg. Per le date, segao t prele-
fenza Ibn-el-Atbtr. Si'Veggano anche ii fitd(l4*e»-JVò/iiit, fog. S9 verso, aeg. ;
Iehiaribn<-Sa1d , Con/<JMM»ione di Eu^hia, fog. 87 vei^ao; Ibn-fiballikàn, '
veisióne di M. De Slane, tomo I, p; ilS, seg., e ili, p. 185.
— 205 — |f4l-»47.|
deaibiante per cinque m^i per le cUtò prìaci(Mili d'Af-
fì*ikiai legalo kppra im camelo, in mè^zo a due scìmmie
addestrate a is;ehta(feggiarìo e pelargli la barba. Or si
narra che Sasaa dovesse recarlo a spettacolo ìq Sietlìa,
lesoii giiiata della tèsta illi Fadtii, iie^iso di fresco. Se
non che il legóo fece naairagio; la pelle d'Abu-^Iezid
ftt salvata; e si tenfienè contesti d'appeoderia a quella
stessa porta di MebdSa, ov' egli era arrivato a pian-
jtare noa lancia al tempo dell' assdiio. ^
* In Sicilia per sei anni non s'erano più adite ne
^[Uitrre nò tumulti, ma Farti, soprusi, violenze private:
il forte f dice la cronica, si mangiava il'debole;* ae-
feennando senza dubbio alle enormezze dei nobili e
dei condotticfri berberi e mercraarii che avea lasciato
KhaUI. Né rabboiHlanza potea succedere alla fame^ là
dove mancavan le braccia a ccdiivare il suoIoj^dopQ
la orrenda cavata di sangne del novèeenquaranta. In
questo incontro un Crinite, armeno, stratego di Gala*-
bria, ' incettava frumento a basso prezzo nella pith
vinda e rivendealo a peso d' oro nella Sicilia oppressa
(son le parole di Cedreno) dalla fome e dalla gfierra
che vi portarono i Cirenaici; nella quale guerra i Ro-
mani dettero asilo ai fuggitivi Cartaginesi, né lor na-
* ibfi-Hammàd. op. cit., p. 497.
' > Cronica di Cambridge, op. ci, p. 49, an. 6450.
s *Q KpnnTai.^oLliloLi T^KoK>«6/9(as ycyó/uvos ^rpangyòt. Nella edi-
zione di Parigi fa aggiaoto tra parentesi [uoLpi] dopo il nome proprio; e
fu tradotto Crenita Chaldia in Calabria prefecUts; la quale visione non
h mutata nella edizione di Bonn, ancorché sia stato ridotto a miglior lezio-
ne il testo, Cbaldia era nonfe d* Un tenia bizantipo, cbe avea per capitale
Trebisonda neir Armenia minore; e qui indica la patria di quel barattiere,
non la sua sede .in Calabria , ove non fu mai luogo di tal nome. Si vegga
per Galdia, Costantino Porflrogenito, De Thematibus, p. 30, e l)e adminis-
trando impem» p. 199, 209, 226, ediz. di Bonn.
I944-W7.J — 204 —
ztone osò ridomaDdàrli né esigere ì) tribolo, temendo
non i Romani negassero le vittuaglie. ' Traducendo
cotesti nomi di storia antica che i Bizantini non sa-
peano smettere,, si ba la confermazione di quanto ci
narrano gli scrittori araU. Si ritrae che Jl Crinite con-
tinuava suo traffico almen fino al novecenquaranta^
cinque; poiché T imperatore che Io spogKò deiroficio
e dei danari mal tolti , fu Costantino Porfirogentto. *
Veramente la colonia di Sicilia in questo brev<e
tratto era divenuta ludibrio delle genti vicine. Ibn-
'Aftftf e Ibn-*Eufi preposti da Khalil, qùand'ei tomosfii
in Affrica , sembrano'proprìo il capo bargello e iloapo
riscotitore; né alcimo avea titolo d'emir, come poc'anzi
Sàtem: f?)otetoaUtV in fatti, li chiama la cronica sicilia-
na, che vuol dire /"delegati" e litteralmente *pseudo^
vi^àii.'' ' Forse fu surroga tor il ùòvecènbrentaquattro, un
Ibn-Asci'ath a Ibn-Kufi, che tra i due sembra il risco-
titore; forse Ibn-Attàf, il bargello, ebbe autorità un
po' più larga il novecentrentacinqué, quando, il caUfi)
fòtemita pericolava in Affrica e ricominciavano. le
mormorazioni in: Palermo. * Ma la debolezza che i
* Cedreno» èdiz. di Bonn, tomo II, p. 357.
' Cedrano, 1. e» CosuiitiDQ riprese il comaBdo dell' impero in dicem-
bre 944.
> Cronica di Cambridge, I. e. U cronista avea ben dato il titolo di
emir a tatti i precedenti infino a Sàlem ; e noi dimentica parlando poco
appresso del kelbita Hasan-ibn-Aìi.
* Nowafri, presso Di Gregorio, p. 15, sènza nominare Ibn-Kufi. IJ
Nowairi direbbe secondo la versione: o Anno SSà, proBfecUa eleetus fait
Mohùmmed ben el Àsckaat, qui wque ad annurh 556 leniter gessit impe^
rium; » ma ya corretto secondo il testo: « Fa wàli in Sicilia l'anno 334
Mobammed-ibn-Àsd'atfa ; e resse gli affari infifno al 336 (Ibn)'Àttàf. •
L'oscurità di questo passo, che mosse H. Caussin a considerare, fuor
d' ogni regola grammaticale , il nome proprio 'Àtt&f come sostantivo o ag-
gettivo, viene appunto dalla dubbiezza del compilatore; il quale, trovando
due nomi di governanti nello stesso tempo, impiastrò l*uno essere stato
ooinpilatorìi appongono a Ibn-'Attàf era per vero ia
poca autorità deiroficio, da non poter armare la
gioventù, dare gli stipendii, osteggiare gii Infedeli,
strappar loro il ti^ibuto o far colta di boltinp e prigio*
ni. Kàim , segaendo e rincalzaiido; la pratica del pa-
dre, avea tanto accentrato 3: governo in Affrica e in*
debolito la colonia, da toglierle il principio vitale della
sooiQt» musulmana , di'^ra la^erra: perpetuo errore
dèi despoti a tener il popolo tra morto e vivo per as-
sicurarsi di lui. U che nuoce al popolo, nuoce al des^
pota e non impedisce le rìvoluzicmi; poiché e gli
oppressi «n' avran voglia sempre e V oppressore non
potrà prevenirle sempre^. Di tutte le città musulmane,
Palermo avea patito minordanno nella gueira idiKhaltl.
La nobiltà, i giuristi, la plebe, mal soffrendo tanta
abiezione; suscitati dalle nuove d'Affrica, dove Abu-
lezld tuttavia combattea, non seppero star cheti Tanno
novecenquarantasette alla fine del ramadban , quando
le pratiche religiose e la frequenza del popolo in piazza
riscaldan più le teste ai Musulmani.
Nella festa che sorvenne del primo scewèl tre-*
1V&U fino al 34, e V litro avere tenuto la aomnui delle tose fino al 56^ Ibn-^
el^Atblr, incontrata, com'ei pare, la stessa difScoltii nelle croniche, aè
né cavò col silenzio. Non disse degli altri ; non disse del tempo io cai
Ibn-'àttftf prendesse il geverno; ed oooorrendogli di nomiiiarlo , non gft
die aleno titolo. Se si volesse seguire il Nowalri senta badare airambi-
goità delle sue parole né al silenzio delia Cronica di Cambridge e d' Ibn-
eUAtblr, si potrebbe supporre cbe nel 34 fu fatto emiro ibo-Asd*ath; e
dal 35 al 36 governò di nuovo Ibft-'Att^L II Rampoldi, temo V, p. 256,.
anno 945,jBttaIo dal Martorana, tomo I, p. 317, nota 13, dice cbe ilobam-
med-ibn-»A8ci'atb fesse stalo precettore di Maoslhr. Non credo cbe i com-
pendi! eh* egli ebbe alle mani gli abbiaa potato fornire tal notizia. Al ano
modo di compilare supporrei piuttosto un^enorm^ anacronismo obe rabbia
portato a eoi^fondere questo Ibn-Asci'atb con V autore della setta del Iar«
matl, del quale ho fette cenno nel Libro III, cap. V, p. ii6 di questo vo-
lume.
j947 1 — 806 —
centreatacinque; (84 aprile 947), i Beai-Tabari, ooMI
casato d'origine persiana ch'era dei primi nel consi-
glio mariicipale di Palermo, levano il romore contra
Ibìì-'Attàf, gridando che per la costui dappocaggine
6 Yiltà i Crisl^m calpestano il nome musulmano, ÌE(i
rìdon dei patti e da tanti anni non pagan iribnto. Il
popolo li segni: uscito in piazza 'Attàf ed fatiti del
bargello, si vien alle mani; sbaragliati i faAti e molti^
uccisi; prese le bandiere e le taballe di 'Attàf; i^ che
a mala pena arrivò a <jhiudersi in castdlo. I cittadini
se ne tornavano a lor case senza incalzarlo altrìm^ntf.
Attàf indi a scrivere i soliti letteroni al principe^ chef
mandasse stuoli di soldati subito subilo. I capi dei
tumulto procacciaron dal cinto loro dì ritrar come
andasse la guerra d' Abu-Iezid e che iatendessé di
£are in Sicilia Mansùr. Saputo, eh' egli fi>S8e per com-
mettere il governo deir isola ad Hai^n-ibn-Ali, par-
tirono per Mebdia Ali-ibn--Tabari ed altri uomini dì
mt£|, a chiedere, in seambiodi Basan, un emimdi lor
piacimento. Il qual fine si pfoponeano di conseguii^
per amore ot per forza *,^ raccomandando ai parti-
giani in Palermo che non lasciass^o entrare in città
Hasan-ibn-Ali , né sbarcare ì seguaci dalle navi; ma
aspettassero le lettere eh' e^i avrebbero scritto dal-
l'Affrica dopo r abboccamento con Mansùr. ' Cotesta
< ConfroDtMisì : IbiHel- Atblr , attuo 656; Ibr^i^tdaiì, EiitùWt de
Vàfrique et de la Sieik, p. 165, i66, e il brave eomo del Now;à>rì prdMO-
Di Gnegerio, p. iS. II passo di quest' autore clid Di Gregorio tradusse: 4 De
pefturbat0 rerum SéeilietfMkm ^aiu^ et 4uod in eatum cimintt^iKKoitcì
nómulh Pitia tfref^nMent; > e H. Gaussiii: < la peine qrn lui dommiem
le9 kfMant$ et le mauvaii éleA dei afairièe; » si renderebbe più cctretta-^
meato : « Cbe i SlciUafff rimbaMaiiaivaao, e piesa^anò al male,; > cioè si.
disponeano alla ribelUoiie.
— 207 — [m]
pratica si dèe riferire alla state del oovec^eDquaraD-
(otto, quando Mansùr, spenti gli aitimi avanzi della
rìbeliione in Affrica, ebbe 'agio di pensare alla Si-
cilia.* •
Oiv€rso dagli emiri che vennero per lo addietro
a ripigliar lo stato in Sicilia , Hasan-ibn*^AIi sciolse
d*Affi*ica con poche navi: sbarcato a Mazara senza stre-
pito, stettevi tutto il dì, come in qndrantena; non fa^^
ceqdósi anima vivente a dargli il benvenuto. A notte
scura comparve una man di Kotamii, d'Arabi d'Affri-
ca* e d'altre genti, scusandosi che non l'avessero
osato prima per timore dei Beni-Tabari e di loro ade-
renti, e ragguagliandolo deir ambasceria in Affrica e
altre disposizioni della parte. Né andò guarì che giunse
a Mazara una brigata della parte, a speculare le
forze e intendimenti di Basan. Vistolo sprovveduto, da
poterlo menare com' e voleano , gli contaron fole: ed
e fé' le viste di be versele; promettendo che non mo-
* lbn-e)-Alhlr; da cui tenghiamo i i^tieolari di qaesU fatti e di quei
che segairoDo ali* arrivo di Basan ìa Sicilia , oon segna altre date cbe il
tamulto di Palermo a !« scewU 355, e la elezione di Hasan ii 336 (32 la*
gllo 947 a 9 luglio 948). La Cronica di Cambridge non porta altra data
deir arrivo di Hasan cbe il 64a6 (I sett. 947 a 3t ag. 948); ma nn fatto
cbe racconta dopo, ci porta a supporre l'arrivo verso II ine dell' aon»
costantinopolitano. Da un' altra mano si sa (Ibn-Hammftd citato di sopra
ap. 203y che MansOr sino ^la fine di giumadi 3» del 355 (gennaio 948) facea
condurre per le strade di Kalrevràn la pelle. imbottita di Abo^Ieitd; die poi
Yolea mandar in Sicilia quella e la testa di FadhI con Hasan; e cbe la barca
fece naufragio* ec. Infine ìbn-eUAthtr nota che dopo i'urccisione di Padbl,
figlinolo di Abu-iezld, il califp tornava a Mebdia, di raiùadhaD336(marso
ed aprile 948); ed è da\sopporre cb' ei non abbia pensalo alle cose di Si-
cilia prima di questo. Però credo che y arrivo di Hasan ib Sicilia si debba
protrarre ino a giugno o luglio 948.
> Ibih-eUAlbtr, solo narratore In questo luogo, scrive: la gente d'Af-
frica. Senza II menomo dubbio accenda agli Arabi venati di reoenlé dal-
l'AiTrica. I coloni si chiamavano SieiHanl; i Berberi, i KoUmli, eiaseuno
col suo nome.
im.\ — 208 -
verebbe od passo da Mazara s' e' non andassero a Pa^
termo e tornassero con la risposta: che probabilm^te
aveao pretestato doverne deliberare la gema\ Ma co-
me prima seppeli partiti , cavalcò per altra via con
picciolo stuolo per andare a guadagnar loro le mosse
in Palermo; dove era manifesto che avrebbero adu*
nato tutti i fautori e sollevato la città contro di lui.
La parte dunque consultava comodamente e rideasi
forse di Hasan, quando si sparge che il novello
emiro è a Baida, alle porte della città. L Hàkim, ^ gli
oficiali pubblici, tutti coloro che bramavano il buono
stato, scrive Ibn-^l-Alhir, e par non significhi que-
sta volta i vigliacchi e i pecoroni, tutti gli vanno al-
r incontro; ed Basan ad onorarli, a infornuirsi delle
condizioni e bisogni della città, senza quel cipiglio
sbirresco che da tanti anni si solea vedere in volto ai
governanti. Ismaele-ibn-Tabari , capo delia fezionc^
aristocratica, sapendo che tutta la città usciva ad 9c-
coglier Temiro, non potè far che non andasse con gli
altri; e al par che gli altri, o forse più, fu ricambiato
di cortesie. Tornato alle sue case che si sentiva scap-
par di mano le fila della trama , peggio ijadispetti sa-
pendo che Basan se n'era ito bel bello in palagio, e
che gli s'accostavano non solamente gli avversarli
ma i partigiani stessi dei Beni-Tabari. Pensando ai
modi di frastornare la opinione pubblica, il migliore
gli parve una calunnia.
* Cosl.Uui*el*AUitr. Menno avea on cadi; osde il titolo di Hdkim
è generico qiiì itt significato di magistrato* ovfero ò adoperalo perchè va-
casse FoQcio in qoel tempQ, e, invece di cadi eletto dal principe, ren-
desse ragione on sapplente. Hftkim si^addimandò». dopo il conquisto nor-
manno, il capo delia monicipalità di Malta; ma mi sembra fatto ^eccezionale,
nato dalla dominazione cristiana*
— 209 — 1948.1
Ùd cittadino, cagnotto suo, gitta gli occhi addosso
ad un negro della guardia d'Hasàn ch'avea nome
d'domo valorosissimo e amato indi dair emiro; gli si
avvicina con 1)ei modi; lo invita ad entrare ndle sue
stanze; quando ve Tebbe attirato, salta fuori gridando:
"Accorrete , accorrete , questo masnadiere mi s' è
ficcato in casa e vuole sforzarmi la moglie in faccia
mia." Il popolo trasse al remore. Ismaele non mancò
di cacciarsi in mez20 borbottando : *" Bel preludio !
Non son padroni per anco del paese, e ci trattan così!
Che dobbiamo aspettarci quando metteranno radice?"
E suggeriva d'andare a chieder vendetta all'emiro;
supponendo eh' ei non Ist farebbe , e che il popolo in^
fiammato di sdegno romperebbe^i al tumulto e ne
sarebbe cacciato Basan. La plebe » seguendo lo zim-
bello che non cessava dalli schiamazzi, trasse dinanzi
air emiro. H quale ascolta pacatamente la querela;
risponde a quelluomo: ^Se dici il vero, giuralo dinanzi
a Dio;" e poiché lo sciagurato giurava, comandò, in-
contanente di mozzar la testa allo schiavo. Al quale
supplizio inaspettato, rallegrossi tutta la città: ''Ecco
la prima volta, sclamavano, che veggiam fòr la giù-
stizia; òr si può viver sicuri in Palermo." Ismaele si
rannicchiò.^
EdHasan, come se nulla fosse stato, lo vezzeg-
giava al par che gli altri capi della parte; la qual
commedia durò sino allo scorcio del novecenquaran-
totto. Dello scioglimento abbiamo due tradizioni: la
^ •>
' Ibn-èl-Àtiilr, anno 336; Ibn-Kbaldùn, HistoiredeVAfrique etdéki
SicUe, p. 166. Quivi si legga sempre *Tabari" invece di "Uatir," cVè
errore del MS. sul quale fece la versione H. Des Vergers.
n. 14 .
1948.) - 210 -
prima, riferita da Ibn-el-Àlhtr e scritta evideàte-
mente nelle croniche musulmane d'Affrica; la secon*
da, è immediata testimonianza d'un Siciliano, di pro-
fessione 0 almen d'origine cristiano: e runa rappre-
senta la sostanza del fatto; Taltra l'apparenza che gli
dia il governo. Al dir della prima, il calìfo, che avea
senza dubbio tenuto a bada gli ambasciatori della fazio-
ne, sapendo ben avviate le cose di Palermo, li fé' d'un
subito catturare in Affrica : che furono Ali-ibn-Tabà-
ri, Mohammed-ibn-'Abdùn , Mohammed-ibn-Genà e
altri di minor nome; e scrisse ad Hasan che pren-
desse lor compagni ; il quale , giudicando ardua cote-
sta impresa, la compiè a tradimento. La cronica del
paese, narra in vece che quei di Palermo congiura-
vano contro Hasan; e ch'egli addandosene « li colse
alla rete:» questa è proprio la parola, la quale si di-
rebbe rubata ai liberti che scrivean le croniche degli
Omeiadi di Spagna e ne palliavano i delitti.' Ma ognun
vede che le due tradizioni s'addentellano come pezzi
d'antica iscrizione che il caso abbia fatto trovare in
tempi diversi. 11 venticinque dicembre del quaran-
totto* Hasan mandava a dire da buon compagnone
I Questo riscontro mi è suggerito dal bello studio del professore Doty,
8Q le fontf della storia de* Musulmani Spàgnuoli, Eittoire de t^Afirique etc,
intiiulée At-BayarKh-'l'Moghrib, Introduction, p. 16, seg.
' La Cronica di Cambridge, cbe sola porta la data e il soppliido, dice:
evenuto il giorno di mt/a> cbe fu un lunedì, l'emiro etc.» La voce che
bo trascritto daU' arabico e cbe è chiara nel MS., significa il Natale de* Cri-
stìani, sol che vi si aggiunga un d alla fine ove bo messo le virgolette. I
primi editori supplendo invece "un* altra lettera scrissero Mi*àd 'giorno
prefisso* come si potrebbe tradurre. Ma' questa voce oltreché sarebbe in-
soliu, imbroglierebbe il fatto or che Ibn-el-Athlr ci racconta l'ordine del
tradimento palatino* e farebbe mancar la data del giorno; la quale non
ò probal^e che il cronista avesse trascurata^ mentre designava il giorno
della settimana. 11 Natale del 948 cadde appunto in lunedi.
— 211 — (048.)
ad Ismaele: '^ M'hai promesso di condarmi a diporto
nel tuo giardino; vien dunque al castello e andre-
mo insieme.* Somigliante messaggio inviò, a nome
d* Ismaele, agli altri notabili della fazione. Entrati tutti
senza sospetto, lasciando gli stuoli di lor séguito alle
porte del palagio, Temiro li intrattenne con bei ragio-
namenti e cortesie 4no ad ora larda; non traspirando
fuor le mura altro che allegrezza: poi richiese la bri-
gata di spender quella notte in festa secolui e che
la dimane si cavalcherebbe alla villa dei Beni-Tabari
e fé' dire ai seguaci di fuori, si ritirassero a casa e
tornassero la dimane, poiché lor signorie rimanean
ospiti dell'emiro. Al sacro nome d'ospitalità ninno
pensò a male. E la dimane si videro appiccati ai
pali tanti cadaveri mutili delle mani e dei pie. Erano
Ismaele-ibn-Tabari , Regià-ibn-<jenà, un Mohammed
e parecchi altri di cui non si ricordano i nomi.' Tenne
dietro al supplizio la conflscazion dei beni. Fatto il
colpo, crebbero i partigiani di Basan; il reggimento
piacque air universale dei cittadini; la colonia posò
dai tumulti; ripigliò animo e forze: così litteralmente
le croniche.* Ed e' si comprende come T utile colpa
sia stata approvata non solo da chi scrisse, ma anco
^ ' Debbo «vfertire che Ibn-el-Athtr dal quale tenghiamo i nomi, narra
il uadimenio • la caUura, la eonfiscazione, non il supplizio : il casato che
dovrebbe trovarsi dopo il nome di Mohammed è lasciato in bianco in uno
dei MSS., e manca al lutto negli altri dne. La Cronka di CamkHdge al
contrario dice della uccisione dei e q^lti alla rete, tra i quali un Marisc (in
inglese sarebbe ttarish) e i suoi compagni.» Questo nome fu scritto dai
traduttore inglese, Goreish; ma il codice dà chiartesuna la inaiale m.
Non V ho scritto nel testo» parendomi soprannome e che debba indicare il
capo della fazione, cioè Ismsele-ibn-Tabari; e ciò sembra confermato dai
significati della voce Markt daU dal fifenimski, cioè "saetta impennata* e
una specie di pomo. Maris sarebbe dei nomi che si danno ai leone.
* Confroutinsi: Cronaca dt(7omfrrùi(jfe,ibn-el-Àthlr,lbn-Paldùn,ll. ce.
(948.) —gia-
da cbi vide e forse dalla più parte del popolo che ne
fruì. Oltre i costumi dei tempi, oltre F ammirazione
volgare della vittoria, oltre T invidia soddisfatta di
questo e di quello, ei non si può negare che il misfatto
di Hasan tornò utile al pubblico; poiché i labari , i
Genft, i nobili di Palermo e lor clientele « non erano
al certo tribuni zelanti del ben pubblico , ma tiran-
nelli che disputavan tra loro e ad un tiranno più gran-
de il dritto di sopraffare la gente minuta. Donde pos-
Siam dire anche noi : bene stia ai vinti. Né però as-
solviamo il vincitore, il quale esordì a Mazara con la
menzogna: rincalzò air entrare in Palermo col sup-
plizio del soldato innocente; compì T opera con far
trappola delle proprie case e arme della giustizia il
tradimento. Come dovea navigare Hasan tra cotesti
due scogli, lo lasciamo a risolvere ài casisti. L'in-
segnamento che vogliamo cavarne è che gli Stati non
ordinati secondo uguaglianza e libertà , non hanno rir
medio ai mali loro che sia scevro di colpa.
CAPITOLO XI.
Terminando in questo tempo la lotta della in-
dependenza e principiando un periodo più culto, è
bene rassegnare gli elementi civili che rimaneano.
Le vicende dei Cristiani nella prima metà del
decimo secolo mostrano eh' e tenessero tuttavia il lato
orientale dell' isola. Ibrahim-ibn-Ahmed avea distrutto
— 213 — |805-948.|
si loro fortezze] ma le guèrre civili impedirono ai Mu-
sulmani di porre colonie in quelle parti. Però non
avvi ricordo d'alcuna terra di Valdemone o Val di
Noto nella sanguinosa storia di Khalil, né in altra
rivoluzione della colonia fino al novecensessantanove;
però nella guerra di Manuele Foca (964) i Bizantini
sbarcarono come in luoghi amici per tutta la costiera
da Messina a Lentini. E cotesta guerra si accese ap-
punto» perchè i Musulmani voleano porre stanza e
possedere terreni nella Sicilia orientale/
Begione fatta squallida e desolata, a dispetto
della natura, in quel dubbio confine di due epoche;
quando la dominazione bizantina, nelF andarsene, le
avea lasciato il tristo retaggio di suoi vizii sociali; e
i Musulmani, anziché veri padroni, eran tuttavia ne-
mici, liberi si di correre la provincia. Di certo mancar
dovea T agricoltura con la popolazione, diradata dalle
stragi d'Ibrahim e dalle emigrazioni in Calabria e
altri paesi cristiani; e n'è prova la lunga carestia,
nella quale una metà dell' isola non bastava a sfamar
r altra metà afflitta dalla guerra civile. * Con la ric-
chezza e con la popolazione si dileguavan anco gli
ultimi avanzi di coltura intellettuale; talché sparisce
in questo tempo ogni vestigio di scrittori cristiani
di Sicilia. •
La stessa religione par abbi^ perduto nelle prò-
* Si vegga il Libro IV, capitolo IH.
> Capitolo X del presènte Libro, p. 203-204 di questo volarne.
' Non va in questo periodo r autore anonimo della Vita di San Nrce-
foro vescovo di Mileto di cui or or si dirà. Questo autore, probabilmente
siciliano, visse .nella seconda metà del decimo secolo. 11 testo greco è
nella Biblioteca imperiale di Parigi, N» 1181 ; e M. Hase ne ba pubblicato
uno squarcio io nota a Leone Diacono, edizioqe di Bonn, p. 442.
1895-948.1 — 214 —
vince orientali , se non la speranza eh' è sua radice,
certo gli effetti esteriori che mostran viva la pianta.
Mancano infatti le memorie ecclesiastiche di quel
perìodo. Nessuna agiografia ne at)biamo; se non che
r autore anonimo della Vita di San Niceforo vescovo
di Mileto vagamente parla della gran copia di * veg-
genti in Dio" che vissero in Sicilia (964), dei quali
nomina il solo Prassinachio; com'è pare, romito,
stanziante in su Io Stretto di Messida; uomo famo-
sissimo per pietà, e per avere presagito la sconfitta
dì Manuele Foca/ E quest'abbondanza di profeti è
pur segno infallibile dì presente miseria, di che la
ragione umana vegga chiusa ogni uscita. Torna alla
stessa, 0 alla precedente generazione, Ippolito ve-
scovo di Sicilia, non sappiamo di qual città, autore
di certi vaticini! molto oscuri su la caduta della po-
tenza musulmana, i quali erano io voga a Costantino-
poli nella seconda legazione di Liutprando.
Né è da lasciare inosservata cotesta strana ap-
pellazione di vescovo di Sicilia, che comparisce a
un trattò e si dilegua alla metà del decimo secolo.
Oltre Liutprando, l'adopera la Cronica di Cambridge,
parlando d'un Leone che fu mandato in ostaggio a
Palermo nel novecenventicinque ; * dond' è evidente
' LeoDis Diaconi Galoensis, 1. e. L' anonimo dice che i Veggenti per
virtù divina abbondavano in Sicilia com' ogni altro prodotto del suolo.
T^ ^8 xaì aerò tivo$ twv «v t^ X^P^ ^socrr^xéliv (oXsovcxrsT vaè^ xat r^
TOuruv f opa tìi$ aXXyic eù^ir]Vta$ oùx c>aTro«.)
' Liotprandi legalto, presso Mnratori, 'Rttumlìoikca'nm Seriptorts,
tomo II, parte I, p. 4$S. e Hippolytus quidam SiciUen!8i8 epiaeopus, » La
Cronica di Cambridge citata al capitolo Vili di questo Libro, p. 173, ha:
e Leone vescovo della Sicilia;» né la costruzione arabica permette d'inter-
pretare e uno dei vescovi di Sicilia.»
— 215 — 1895-948.1
aver que' due scrittori ripetala ud modo di dire che
correva in Palermo e in Gost^Knopoli verso il no-
vecensessantotto, quando vissero entrambi. I titoli ca-
nonici delie sedi siciliane non erano al certo mutati;
ma supposto che ne rimanesse in piedi una sola, il
vescovo eomunemente si dovea chiamar di .Sicilia,
non di tale o tal città. E fors* era quello di Taormina.
' Cotesti indizii . messi insieme provano il picciol
numero a che era ridotta la gente greca e italica
della Sicilia orientale e la vita che vivea di stenti,
di fetiche, di pericoli. Le città independenti eran
fatte tributarie dopo la guerra d' Ibrahim-ibo-
Ahmed ; spezzato pertanto ogni legame con Y impero
bizantino, tanto più dopo la pace che fermò l'im-
pero coi califi fatemiti. ^ Costantino Porfirogenito, in
fatti, nella descrizione delle province, confessa per-
duta r isola di Sicilia, le cui città, dice egli, « parte
» son abbandonate, parte si tengono dagli atei Sa-
» raceni. a * Che se rimase negli almanacchi di corte
il tema di Sicilia, significava soltanto la Calabria
che una volta ne avea fatto parte; consolandosi ìél
povertà bizantina con dare air accessorio il titolo del
principale: onde il governatore si chiamò promiscua-
mente stratego di Sicilia, stratego di Calabria e
anche duca di Calabria.' Le popofazioni tributarie
di Sicilia reggeansi necessariamente a municipio; V
' Si vegga il cap. VII del presente Libro, p. 173.
' Be Thematibuf, p. S8, ediz. di Bonn, tomo HI, delle opere di Co-
stantino: xa2 To({ Xoiuoii wXtti rdi fih ^fv^ittètiiitoLi, toc$ ii Xfarou/Acvat
zmfòi Twv Zoepoexiivwy.
> Costantino PonQrogeniio, op. cit., p. 00, « De adminutrando im^
perio , p. S25.
* Ubro II, cap. XII, p. 470, 471 del primo volnme.
1895-948.1 ' — . 216 —
soddisfaceano il tcibutQ quando non poteàno ricusarlo
impunemente ; rials^an le mura per poco che i |ffu-
sulmani non ci badassero; e di tratto in tratto, or
adescate da occasione propizia, ora esasperate da so*
pruso de' vincitori, ritentavan la prova di resistere.
Tàorù)ip$i così ; cosi qualche altra rócca^ ^ .Yal De-
mone. Del Val di Noto non si fa motto, Af^ ia ca-
duta di Siracusa e delle città dell' Etna^. Forse la
popolazione, menomata delle migliaia che si mena-
vano in schiavitù in altre parti dell' isola ^ o fuori,
rimase si poca e sparsa che nulla osò, e niuno
parlò di lei.
Mi conferma in tal supposto la sovrabbondanza
di abitatori che si notava a ponente del Salso ; a spie-
gar la quale non basterebbero né le migrazioni dal-
l'Affrica, né il naturale accrescimento di popolo che
prosperi. Del fatto non si può dubitare. Ibn-Haukal,
venuto in Palermo il novecentosettantadue, fornisce
dati da ragionare la popolazione della capitale a più
di trecentomila anime. * Ehaltl, trént'anni prima fece
morire oltre secentomila persone nel Val di Mazara,
esclusa Palermo, dove Tefferato animo non trovò pre-
testo a sfogarsi. A suppor dunque distrutto in quat-
tro anni (938-41) un terzo della popolazione della
provincia musulmana, il Val di Mazara, cioè, con Pa-
lermo, le si debbon dare innanzi il novecentrentotto
due milioni d'abitatori, quanti ne ha adesso tutta
l'isola. Men della metà erano Musulmani.'
< Libro n, cap. Vf e IX, voi. primo, p. 525, 525, 407.
^ > Journal Ànatique, sèrie IV*, voi. V, 1845, p. 105, noU 9.
' Veggasi il Libro IV, cap. Ili, su la popolazione musulmana al 962.
— 217 — I895-IM8.1
Quanto alle schiatte, credo gran parte di tal
popolazione antichi abitatori deHa Sicilia tatta, ridotti
in Val di Mazara ; tra liberti, vassalli e schiavi ; tra
cristiani, rinnegati e giudei:* questi ultioii stanziati
nelle città; gli altri, in città e ville. Non occorre di
replicare ciò che dicemmo degh antichi coloni mu-
sulmani. Ma quei venuti d' Affrica nella prima metà
del decimo secolo, furono di tre maniere: indù-
striali, soldatesche, e rifuggiti. Pei primi non sarebbe
necessario allegare testimonianze e poche possono
rimanerne : pure abbiamo il ricordo d' un Saìd-
ibn-Heddàd , di famiglia artigiana come lo accenna il
nome patronimico , al quale, sotto il regno d'Ibrahim-
ibn-Ahmed , mori in Sicilia un fratello che gli la-
sciò quattrocento dinar, guadagnati com'ei pare,
con alcuna industria. ' Dal novecento al novecentren-
tanove quattro grossi eserciti erano stati mandati
a ripigliar io stato in Sicilia ; un altro (9.02) e parec-
chi stuoli minori vi erano passati andando in Cala-
bria. Ma di cotesta massa soldatesca di Berberi, Ne-
gri, Slavi e milizie arabiche d'Affrica, sbarcati nel-
risola in men di mezzo secolo, chi fu spento, chi
* V'eralD Palermo Od borgo di Giudei. Ibn-Haokal, nei Journal Ària-
iique, voi. dt., p. 97.
> Riddh-en^NofiU, fog. 71 recto. Sald morì il 302. Il biografo aggia-
gne che costui toccò i danari per Caivore di Ibrabim-ibn-Ahmed ; non sap-
piamo se per aver tolto qualche difficoltà fiscale» ovvero per avergli ùMo
pagare i 400 dinar con tratta sul tesoro di Kairewftn. Sald , avvezzo a
vita peggio che frugale, spese 300 dinar a fabbricarsi una casa; SO in ve-
stimenta; SH) in tappeti, stoviglie e. altre masserizie ì e ne serbò 100 per
mantenimento del resto della sua vita. Di che riprendendolo gli amici »
rispose che avea a ufo dei. 100 dinar, poiché il quarto d' un rotolo di carne
gli bastava una settimana. U primo .giorno » dicea, mangio il brodo delle
ossa; il secondo quel dei tendini; dal terzo al sesto certi piatti di bietole
mescolati or a fave, or a ceci, or a pastinache; e il settimo dì la carne!
|8W-948.| —gis-
se ne tornò; picciola parte è da sapporre rimasa
a soggiorno : e di ciò si ha indizio pei soH Sbvr,
che diedero nome al più grosso qaartier della capi-
tale/ Sembra di maggiore importanza, per lo numero
e per la qualità degli uomini , la migraziiMie dei par-
tigiani di casa aghlabita e dei fervidi ortodossi che
lasciavano T Affrica, per paura o dispetto, al mu-
tamento della dinastia e alle varie perseicuzioni che
seguirono. Ai quali la Sicilia era asilo, come paese
più lontano dagli occhi sospettosi dei governanti .e
come quello che odiava i Fatemiti e vivea più o meno
apertamente in rivoluzione.
E cresciuta la popolazione , cessate le continue
guerre del conquisto , incominciavano a metter fron-
de, se non per anco fiori e frutti, gli studii; sturbati
sì nelle guerre d'independenza dal romor delle armi,
ma molto più promossi dal principio civile che accom-
pagna i moti politici e fa lor precedere o seguire da
presso lo svegliamento degli ingegni. Favoriva anche
gli studii il contatto più familiare eòi vinti, la liberale
educazione e dottrina dei rifuggiti d'Affrica e Tesem-
pio dei giuristi mandati a tenere i magistrati.
Per cominciar dagli avanzi dell' antica .civiltà del
paese, ricorderemo l'opera che prestò un dotto Sicilia^
no nella versione della materia medica di Dioscoride.
Aveva abbozzato questo gran lavoro a Bagdad verso la
metà del nono secolo, Stefano cristiano di Siria; il quale,
sapendo la lingua meglio che la scienza , tradusse i
nomi dei semplici più ovvii, e di molti altri trascrisse
la denominazione greca senza il riscontro in arabico.
* lim-Haakail, Journal imliftie, voi. dt,^ p. 93.
— 219 — 1895-949.]
Si dóieano dunque della imperfetta versione i medici
ehe fiorirono sotto gli Omeiadi di Spagna, quando del
novecenquarantotto , trattato un accordo tra Romano
imperatore di Costantinopoli e Tomeiade Abd-6r-
Rahman-Naser-lidin-illah, Romano gli inviò, tra gli
altri doni, il testo latino delle storie di Paolo Orosio
ed un manoscritto greco di Dioscoride, con belle
miniature delle piante. Deste a ciò le speranze dei
dotti di Cordova, come ci narra Ibn**GioIgiol che fu
medico della corte nel regno seguente, il càUfo Abd-
er-Rahman richiedeva a Romano un interprete di
greco e di latino; e mandatogli del novecentocinquan-
tuno il monaco greco Niccolò, fu riveduta o piuttosto
rifatta la versione con l'aiuto dei disegni. Se ne dèe
merito a parecchi medici arabi di Spagna, al dotto
medico giudeo Hasdai-ìbn-Bescrùt, «IF interprete
Niccolò ed al siciliano Abu-abd-AUah, che parlava
r arabo e il greco e conoscea la materia medica; tan-
toché la difficile interpretazione tecnica fu compiuta,
né altro rimase ad appurare che una diecina di sem-
plici di poco rilievo. Fin qui Ibn-^iolgiol, il quale in
gioventù conobbe e praticò tutti i collaboratori. Del
Siciliano altro ei non dice ; ma ben si può supporre di
schiatta greca e convertito di fresco, non avendo no-
me patronimico , e prendendosi sovente dagli uomini
nuovi il nome proprio di Abd-Allah, che fiignifica
servo di Dio.^ Possiamo supporre di gran momento
la cooperazione sua, poiché si narra di lui solo che
unisse le nozioni tecniche alle filologiche.
' Squarcio doUt viu di Ibn-Giolgiol (io fraoeese Djol4iol) per IbD-
aM-^OMibia, testo e arsione di M. Sacy» io appendice atta Réiotion de
VE9ypl€ far Abdallatif, p. 5i9, seg., e 495, aeg.
1^95-948.) — 220 —
Dalla medicina passiamo di sbalzo alla giurispru-
denza; non concedendo quadro più compiuto le me-
morie che abbiamo. Ma se giurisprudenza vuol dir la
base d'ogni civiltà; se V incivilimento europeo si debbe
alla legge romana^ piii che a niun altro libro o istitu-
zione; lo studio del dritto ebbe neir islamismo confini
assai più larghi e maggiore influenza civile e letteraria
che neir Occidente pagano o cristiano. Accennammo già
la importanza politica dei giuristi musulmani dell'ot-
tavo e nono secolo/ Lo studio loro abbracciava tutte
le scienze che noi chiamiamo morali e politiche, tra-
scorrea fino alla teologia, chiamava la filologia a
darle aiuto nella interpretazione del Corano, adope-*
rava la biografia come strumento di critica della tra-
dizione, arrivava alle soglie della matematica compu-
tando le tasse legali e le frazioni nel partaggio delle
eredità. Però non fa torto all' Affrica se non coltivò
con onore altra scienza che questa. Ve la illustrarono
nel nono secolo Ased-ibn-Foràt, conquistatore della
Sicilia, e Sehnùn;^ entrambi della scuòla di Malek. Né
tardò molto a passare in Sicilia mediante i discepoli
di Sehnùn. Fra i quali levò grido un lehia-ibn-Omar-
ibn-Iusùf morto in Snsa il novecentotrè in odore di
santità* e maestro del siciliano Abu-Bekr-Ahmed"-
' Veggasi il Libro I, cap. VI, e Libro II, cap. II, nel volome primo,
p. 149, seg., 285, seg. , /
' Questo, era soprannome. Il nome intero Abu-Saìd-Abd-es-Selftm-
ibn-Sald-ibn-Qablb-ibn-Hasftn-ibn-Hel&I-ibn-Bekk&r-ibn-Rébia' , della
tribù arabica di Tonùkh. Cosi il Riodk-en^Nofus, fog. 59 verso. Gonfroo*
tisi Ibn-Kballikàn, versione inglese, tomo II, p. 151.
' Si vegga il cap. IX di questo III Libro nel presente volume, p. 188.
La data della, morte si argomenta dal posto dato a questa biografia nel
Riàdh-^n'-Nofùs, fog. 57 verso. lebia-ibn-Omar spese seimila dinar per
lo stadio della giurisprudenza. Andò in Spagna, donde fa detto AndalosI;
ibn-^Mobammed-ìbn-Iehia, corei^cita, devoto famige-
rato/ Più che la voce di tal discepolo, giovò ana
grande opera di Iehia-ibn-Omar,^intitolata ''Comanda-
menti della fede e leggi dell'isiàm ,** la quale si leggea
nelle scu(de di dritto di Sicilia e d'Affi*ica, e chiama-
vanla comunemente il Libro dei Miracoli. Vivendo
Tautore, un liberto degli aghlabiti, diligentissimo edi-
tore, ' s* era venduto il giubbone per comperare per-
gamena vecchia' da copiar questa o altra opera di
lehia-ibn-Omar; e, com'egli ebbe fornita la copia,
un altro zelante e povero letterato fé' lungo viaggio
a piedi per lamor di leggerla e trascriverla. Parecchi
anni appresso un giurista siciliano o stato nel!' isola,
infervorato del Libro de' Miracoli sei vide in sogno
tutto illuminato d' una luce che scendea dal cielo.
A tal venerazione era giunta l'opera d'Iehia e la
e in Oriente, dove fece, come tutti coloro che il poteano, an eorso di
lingua e poesia , dimorando nelle tende dei Beduini in Arabia. In cotesta
peregrinazione scientifica, durata selle anni , consumò quasi il suo avere.
Riddh-en^NofUs, 1. e.
* Riddh-en^Nofus , fog. 79 recto.
' Intendo non solamente copista, come suonerebbe tal voce nel me-
dio evo, ma uom dotto cbe sovente compilava sul dettato dei maestri. Co-
stai segnalavasi tra gli editori d'Affrica per tenace memoria «scrupolosa
esattezza. «
> Il testo dice che costai^ per nome Abmed-Kasri (ossia del Castel
vecchio presso Kairewàn), non avendo da comperar carta, si vendè fi giub-
bone e col prezzo acquistò dei rokùk. Tal voce secondo i dizionari ò plu-
rale di Rekk, * carta o pergamena.* La definizione è vaga, o il senso variò
coi tempi e i paesi. Ha leggiamo in Blasudi, BibUotpea Àrabo^Sieula, p. 3,
che la pomice di Sicilia si adoperava a radere lo scrìtto nei difter e nei
rohùk. Indi mi par manifesto cbe quest* ultima voce significava , nel X se*
colo i * pergamena vecchia. * La voce che lio reso carta h' wark, jSi com-
prende poi benissimo che la carta nuova dovesse costare in Affrica assai
più cara che i codici latini e greci , merce inutile, da ripassarsi con la po-
inice prima dj adoperarli. Quanti preziosi Manoscritti antichi dovettero
perire in questa guisa!
I895-W8 I — 222 —
scienza ch*ei coltivò! Io Palermo insegnava per quat-
tordici anni la Modawwana, celebre manuale di dritto
secondo Malek, il professore Abu^aìd-Lokmàn-ibn-
lusùf / della tribù arabica di Ghassàn ; trapassato a
Tnnis il trecentodiciotto dell'egira (930-31); martire
della didascalia, s'egli è vero che mori d'una piaga
fattasi al costato con Y angolo della tavola sulla quale
solca scrivere e spiegare il testo. Si nota di costui
che possedette dodici rami diversi di scienze ; * né fa
maraviglia, atteso la vastità degli studii che rannoda-
vansi al dritto. *
Segnaiossi tra i discepoli dì Sehnùn, per dottrina
e austera integrità, un Àbu- Amr-Meimùn-ibn-'Amr,
il qtaaJé die alla Sicilia beir esempio delle virtù di
magistrato. Promosso a cadi dell' isola , da delegato
eh* egli era al tribunale dei soprusi di Kairewftn ,
andando a Susa per imbarcarsi, Meimùn si volse
alla gente che gli dava il buon viaggio. *" Cittadini,"
lor disse, *ecco la giubba e il inantello che ho indos-
so ; ecco lo zaino coi miei libri, e cotesta schiava ne-
gra che mi fa i servigi di casa, con una giubba e un
mantello né più né mancò di me : ponete ben mente,
e vedrete in che arnese tornerò di Sicilia.* Giuntò in
Palermo, come poi narrò il siciliano SaYd-ibn-Othman ,
e c(mdotto alla casa dei cadi, Meimùn quando la vi-
< llfd<fA-efi-M)/lu,rog. 79 recto. '
< Ce ne fornisce un esempicciirioso il MS^ della Biblioteca ài Parigi,
Ancien PoDds, 277, fog. iOO recto, aeg. In questa compilazione legale del
secolo X vi si tratta tra le altre cose delle acque stagnanti delle quali fosse
lecito ht uso nelle abknieni. Come la tndiaione vuol che queste acque
abbian certo wlnme, cosi il compilatore si crede obbligato a indicare i
modi geodetici di misurar la superficie delU sUgsi, e fa a .quesi' effetto un
lungo trattato con figure geometriche.
— 223 — [MS^8.]
de, ricusò d'entrarvi, dicendo non saper come accon-
ciarsi in sì gran palagio; e volle albergare in una pie-
ciòla casetta. Dove, senza aguzzini né uscieri , quando
alcun picchiava alla porta, borrea la negra ad aprire,
rispondeva : "^ or ora parlerete al cadi ; " e chiama-
tolo, se ne tornava a filare per vendere il refe e sup-
plire allo scarso mantenimento del padrone. Il qual
magistrato non è a dire se fosse caro a tutta la cit*
tè. Poi si ammalò. Non vedendolo uscir di casa da,
tre di, gli amici, andati a visitarlo, lo trovarono gia-
cente, in vece di tappeto, sopra una stuoia di papiro,
manifattura indigena , ^ appoggiando il capo su due
cuscini imbottiti di fieno. Piangendo lor disse avere
atteso airoficio, che n'era testimone Iddio, finché
gli eran bastate le forze; né li avrebbe abbandonati
giammai se non fosse stato per quella incurabile in-
fbtmità che si sentiva. Volle andare a morire in pa«
tria. E quando partì : * Che Dio vi conceda un sue*
cessore miglior di me, " furon le ultime parole di
Mdmùn ai Palermitani; e quelli a benedirlo ed a pre^
gargli salute. Né dimenticò, messo il piò a Susa , di
mostrare alla gente Q sacca dei libri, le vestimentà
fatte pili logore e la stessa schiava. '
Pier certo le relazioni politiche con rA£Frica frut-
tarono alla Sicilia un utilissimo commercio d'idee
e di studi!. Si novera tra i discepoli di Sehnùn,
/ Ag^uDgo questo percbò Ibn-Haukal pària del papiro di Palermo,
nel Journal AHatique^ sèrie !¥•, tomo V, p. 88;
> Biàdk''€n'Nofii8f fog. 77, verso. Ancorcbò intesta biografia si legga
nel 316, sembra errore da correggersi Zìi, secondo 1* ordine cronologico
cbe comincia poco innanii nel Riddh. Secondo DsebebI , ÉSUUHeU-'iber,
MS. di Parigi, Ancien Fonds, 046, tomo I, anno 590, segui In questo anno
la morte di Meimftn, ormai centenario, paralitico e rimbambito.
un Diamd-ibn-Mohammed , morto il dagentonovanta-
sette (909-910), ch'era stato cadi di Sicilia sotto gli
Aghlabiti/ Con T insegnamento ortodosso trapelavan
anco i novelli ardimenti filosofici dei Musulmani; sa-
pendosi che ir giureconsulto Àbu-Giafar-Mohammed-
ibn-Hosein-Marwazi, com^ei pare, oriuado persiano,
trapassato in Sicilia del dugentonovantatrè (905-9Ò6)
era forte sospetto di miscredeniza. * Sembrano inco-
minciati in Sicilia nella stessa metà del decimo se-
colo gli studii filologici; poiché il primo Siciliano let-
tor del Corano e grammatico di cui si trovi il nome
nelle raccolte biografiche, è Àbu-abd-AIlah-Moham-
med-ibn-Khorassàn, liberto degli Aghlabiti^ nato il
trecentosei (918-19), di schiatta persiana anch' egU,
se è da stare all' indizio del nome patronimico.'
Appariscono al tempo stesso in Sicilia i primi
esempii d'una maniera di erudizione che fu molto
in voga appo i Musulmani, dico i racconti biografici
che correano nelle, scuole e ritrovi dei dotti : officine
delle eflemeridi letterarie di quel tempo. Taluno li
messe in carta ; poi . vennero i compilatori che ci
hanno serbato cotesti materiali di Storia letteraria,
chiamati per lo più Tabakàt, o vogliam dir classi ,
^ Baiàn, testo arabico, tomo I, p. i60.
> Op. cit., p. 138. Marwazi è nome etnico cbe si riferisce a Merw in
Kborassàn, ad un borgo di Bagdad, é fors'anco ad un villaggio. Veggasi
il Lobb^el^Lobbdb di Soiuti, ediz. di Leyde, p. 242, con la nota ^
' Makrizi, Mokaffa, MS. di Leyde 1366, al nome Mohammed ; Soioti,
Tabakài-^l^Lùghawin, MS. di Parigi^ Suppl. Arabe, 681 , e MS. del dot-
tor Jobn Le^, allo stesso nome. L'època e la qualità dì liberto degli Aghla-
biti, fan supporre nato costui in Sicilia, ove si fossero rifoggiti i geni-
tori. La famiglia par di origine peniana a cagion di quel nome di Korassàn,
quantunque non abbia la forata di aggettivo patronimico cbe sariebbe
Kborassàn)i. 1 Beni-Korassftn furon signori di Tunis nel Xli secolo.
— 225 — ^ 1895-94 8. 1
seado ordinati i cenni biografici in classi, di giure-
consulti, grammatici, poeti, lessicografi e simili:
Delle più antiche e preziose, è il Riddh-en-Nofùs,
da noi ricordato sovente; il quale, trattando dei
giuristi e santi musulmani d' Mrica fin oltre la
metà del decimo secolo, ci dà i nomi dei Siciliani
che tramandarono parecchi aneddoti a voce o in
iscritto. Indi veggìamo che Abu-Bekr-Ahmed, citato
dianzi tra i discepoli di lehia-ibn-Omar, lasciò ricor-
di , scritti com' e' pare , intorno il pio giurista Abu-
Harùn-Andalosi, vissuto in AflFrica; pei quali fatti
Abu-Bekr or si dà come testimone oculare, or allega
i detti altrui.* Il medesimo Abu-Bekr, su la fede del-
l'altro Siciliano Abu-abd-Allah-Mohammed-ibn-Kho-
rassàn,^ riferisce aneddoti d'un Ibn-Ghazi da Susa,
devoto un tempo e rinomato lettóre del Corano per
la melodia della voce , poi infame tra gli Ortodossi
perché alla esaltazione del Mehdi lo adulò vilmente,
è s'aflSliò a setta ismaeliana. ' Abu-Bekr, avendo in
sua giovinezza conosciuto lehia-ibti-Omar (m. 903)
ed Abu-Harùn-Andalosi (m. 905), visse nella prima
metà del decimo secolo. Contemporaneo di lui, e al
par siciliano Sald-ibn-Othman ; il quale raccontò
a voce i fatti del cadi Meimùn in Palermo. * Un altro
' Riddh^en-Jiofus, fog. 60 recto. L'autore Maleki, il quale bod visse
, di certo innanzi ia fine del X o priiicipii deirXI secolo, cita qui con la fra-
se : Narra Abu-Bekr etc. Da ciò argomentiamo che Maleki atea sotto gli
occhi uno scritto, non un t'acconto inserito da autore più moderno, 11 cuf
nome atrebbe citato com'ei suole.
' Costui non è detto siciliano nel Riàdh; ma lo sappiamo d'altronde.
Si Tegga a p. 224, nota 3*
' AtddA^n-iVo/tts, fog. 107 verso.
* Si vegga la p. 222.
a. in
I8D5-948.1 — 226 —
Aba-Bekf, per uome Mohammed-ibn-Ahuìed-ibB-
Ibrahim, maestro di scuola, detto il Siciliano, forniva
air autore del Riàdh alcuni aneddoti del devoto afri-
cano Abu-Iunis-ibn-Noseir, morto il trecentoquat-
tro (916-17) del quale ei fu amico ed ospite.* ir Sici-
liano Abu-Hasan-Harlri, o diremmo il Setaiolo, morto
il trecentoventidue (934), che guadagnò con ascetiche
stravaganze un cenno biografiìco nel Riàdh, può pas-
sare anch' egli tra gli agiografi; poiché si seppero
dalla sua bocca le dolci visioni di Moferreg, ' le zuffe
d'Abu-AIi da Tanger col nemico del genere umano, *
e le vicende del pellegrino Abu-Sari-Wàsil, ritrattosi
in eremitaggio presso il castello Dtmàs in Affrica. ^
Per quanto si voglian supporre perduti i ricordi
di quella età, la somma è che, innanzi la dominazione
kelbita, la cultura. intellettuale della Sicilia si ristrin-
gea quasi alla scienza del dritto ; né lasciò nomi il-
lustri. L' argomento negativo che viene dal Riàdh e
da altre compilazioni parziali, pienamente si conferma
col dizionario generale d' Ibn-Khallikàn , dove si
leggono le biografie di Siciliani del duodecimo e un-
decimo secolo, ma nessuna ve n' ha del decimo. Ciò
non vuol dire che gli studii tontani dalla giurispru-
denza^ V erudizione, le lettere , la poesia fossero tra-
' Riàdh'^en-Nofus, feg. 73 feifso.
* Si vegga il Labro II, eap. X, p. 430, del primo Tolume.
' Riddh-^n^NofUs, fog. 79, verso. È da avvertire che la biografia di
Abu-Hasan*HarìrÌ è messa il 316, ma trovaniiosi tra il 323 e il 335, è da
supporre uno sbaglio nella data.
* Rtàdh'-m'IiofAs, fog. 61 recto. La morte di Wàsil è riportaU
al 294. Ho scritto il soprannome Sari , secondo DsebebI , MS. di Parigi ,
Ancien Fonds, 803, il quale avverte che un altro nome scritto in arabico
con le stesse consonanti si pronunzia Sorri.
— 227 — (805-94S.I
scurati al tatto in Sicilia , avanti i Kelbiti. Sarebbe
bastata a recarveli la sola famiglia aghlabita, che sì
larga diramossi allato al regio ceppo d' Ibrahim. Per-
chè nel nono secolo que' nobili rami dieron molti
emiri alla Sicilia ; \ una lor famiglia anco par trapian-
tata nella colonia : ' e dall' altra mano sappiamo colti-
vate dai discendenti d' Aghlab logica, dialettica, astro-
nomia 0 astrologia che dir si voglia, rettorica,filologia}
e lo stile peregrino di scrivere; ne troviamo anche
un che dettò cronica o storia della casa d' Aghlab ;
e dei verseggiatori non v'ebbe penuria.' Ma in Af-
frica cotesto discipline non fiorirono mai al par del
dritto, né salirono al ragguaglio delle letterature con-
temporanee dei califati d' Oriente e di Spagna : e la
colonia siciliana, che le toglieva in prestito dalla ma-
dre patria, pur dovea rimanere più addietro. Non si
veggono Affricani né Siciliani nel letimat-ed-dahr ,
antologia poetica di Th'àlebi, oriundo persiano vivuto
nei principii dell' undicesimo secolo ; il quale , ricer*
cando i poeti buoni e mediocri dell' Oriente musul-
mano, gittò pure uno sguardo sa quei della Spagna.^
« Si vegga il Libro II, cap. V, VII, IX, X, voi. I, p. 300, 542, seg.^
3K3, 391 , 423, 427; Libro III, cap. Ili, VI, voi. Il, p. 63, 64, 134.
* Ibo-Haukal , Journal Asiatiquet IV serie, voi. V, p. 99, parla d*una mi-
niera di ferro presso Palermo, ch'era stata posseduta da un di casa d'AghIab.
' Veggasi Libro III, cap. II, p. 58 di questo volume, e Ibn->Abbàr, MS<
della Socieili Asiatica di Parigi, fog. 35 recto, 36 recto, 148 verso. Da
quest'ultimo luogo Casirl trasse la notixia ristampala dal Di Gregorio,
Rerum Àrahicarum, p. 237, lin. 6, la quale non appartiene propriamente
alla storia letteraria di Sicilia.
« Th'&lebi avverte (MS. di Purigi, Ancien Fonda, 1370, sezione pri-
ma, lib. X, fog. 66, recto) c^e del Maghreb (Aflfrica e Spagna) non avea alle
mani antologie, ma poesie volanti raccolte qua e là. Pure è notevole
ch*ei ne dia di molti Spagnuoli, di pochi appartenenti alla corte fòtemita
d' Egitto e di nessun Affricano né Siciliano. Un sol tripolitano che vi si
trova è di Trìpoli di Siria.
(805-948.1 — 228 —
Gì torna da tutti i lati queir operoso commercio
tra la Sicilia e Y AlSrica, che necQSsariameate dovea
nascere dalie relazioni politiche de'dae paesi e che
portava seco una somiglianza di industrie, d 'incivi-
limento letterario, e di costumi. Al frequente passag-
gio che si è visto di uomini notabili dall' Affrica in
Sicilia, si può contrapporre il tramutamento di coloni
che andavano a tentar la sorte nella madre patria,
ai quali si dava, sia per nascita, sia per lungo sog«
giorno, il nome di Siciliani. Taluno salì ad alto grado
in Affrica. Leggiamo tra i governatori di Tripoli uno
Scekr, detto il Siciliano, che die principio il dugen-
tosessantanove (883-83) alla fabbrica d' una cisterna
monumentale, e compiè una cupola nella moschea
giami\ ^ Le mura della stessa città furono ristorate
ed ampliate il trecentoquarantacinque (956-957) da
Abu-l-Feth-Ziàn il Siciliano, motewalli, o vogliam
dire delegato al reggimento del paese. ' E poco fa ci
è occorso di nominare il capitan siciliano Boscera
nelle battaglie dei Fatemiti contro Abu-Iezid. '
Perchè poi non mancasse alla colonia un vizio
grave della madre patria, veggonsi i Siciliani gareggiar
coi fratelli d'oltremare nei fasti dell' ascetismo musul-
mano. Operano le superstizioni nei popoli come i li-
quori inebbrianti nel corpo umano ; i quali all' assag-
giarli dan vigore e brio ; poi turbano il cervello ,
concitano sovente a rabbioso furore; alla fine sner-
van r uomo , lo fan cadere in letargo o senile imbe-
< Tigiani, Ae/ie/a, MS. di Parigi, fog. 97 Terso, s^g. Traduzione
francese, p. 190, seg.
« Ibid.
3 Si vegga in questo Libro III, capi X, p. 199.
— 229 — [895-948.]
ciliità. La macchiDa soprannaturale déir islamismo,
dopo avere aiutato a conseguire gli effetti morali, so-
ciali e politici , ai quali aspiravano le nazioni del-
l'Asia anteriore, invasò i Musulmani d' infecondo ar-
dore teologico è li assopì nei vaneggiamenti delle
espiazioni e propiziazioni : e così quello zelo eh' èra
stato virtù giovando air universale, si mutò in vizio,
quando portò a sanguinose discordie, o peggio, alla
devota misantropia, allo straziar sé stesso senz'al-
trui prò, allo sciogliersi dai legami della famiglia e
della città, allò scambiar la moneta sonante delle virtù
limane con polizze su T altro mondo, non pur sot-
toscritte dal fondator di loro religione, ma dagli inter-
preti di seconda e terza mano. Vercorreudo il Riàdh-
en-Nofus, si veggono comparire successivamente tra i
Musulmani d'Affrica tre tipi di perfezione inorale: nel
settimo e ottavo secolo, il guerriero del conquisto,
ambizioso di martirio; nel nono secolo il giureconsulto
che impavido affronta tiranni e plebi; nel decimo il
motéabbed, uom di santa vita diremmo noi, che si
macera d'astinenza, si stempra in lagrime, passa di e
notte pregando e ruminando fatti soprannaturali, e di
rado avvien che si levi di gitiocchioni , per vedere se
i concittadini sian vivi o morti. Pur i bacchettoni pe-
naron lungo tempo a ragguagliar la devozione mu-
sulmana a quella dell'impero bizantino, spogliandola
della virtù guerriera e della carità spirate da Mao-
metto.
Ce ne dà esempio Mofarreg, il primo santone si-
ciliano che si presenti nel Riàdh, il quale, se consu-
mò il rimanente della vita in sterile penitenza, avea
[895-948 1 — 230 —
sparso prima (882?) il sangue per la patria.* Aba-
Hasan il setaiolo, autor di questo aoeddoto d'agio-
grafìa, raccontava anco i travagli di Abu-AH , oriundo
di Tanger , nato o stanziato in Sicilia , eh' ei conobbe
di persona e passò la vita tra indefesse austerità ;
lontano dalle cure mondane; assorto tutto nella
preghiera. Cui soleva comparire il demonio, in sem-
biante d'uomo, scongiurandolo per Dio di smetter
sua dura penitenza, '"con la quale,*' aggiugneva il ma-
ligno spirito, ^'non ti avverrà mai dì sentir pace nel-
r animo.'' Ed Abu-Ali a rispondergli: "Via di qui,
Tentatore ; se Dio m' aiuti, continuerò a tuo dispet-
to. "" Ma coltolo un di che dormiva sur una panca,
Satan gli die una voltolata ; onde cadendo a terra si
spezzò la fronte ; ed enfiatagli la piaga, e prenden-
dogli tutta la faccia , que' tornava a sosurrargli :
"" Smetti , e d' un subito ti guarirò. " Finché , ostinan-
dosi il devoto a respingerlo e a dirgli che amava
meglio morire, il demonio lo abbandonò al suo fato,
che non tardò guari a compiersi, * Di questo Abu-
Hasan setaiolo, rimase un ricordo biografico scritto
da Abu-^leiman-Rebf-Kattan,^ erudito affricano che
soleva andare cu visitarlo in casa presso la moschea
d' Abu-Zarmuna, credo a Kairewàn , ov' ei gli nar-
rava quei fotti de' devoti di Sicilia. Par che Rebi', si
fosse invogliato di conoscere il Setaiolo, per le ma-
raviglie che sentiva di sua pietà : uà uom fitto sem-
pre a suo telaio; triste e silenzioso, se non che a volta
< Si Tegga il Libro U , capitalo X, p. 420 del primo TolBme.
' Rìàdh^n-'ìiotu», fog. 79 verso.
s Kùiìàn signica tessitore o mercalaoto «fi cotone.
— 231 — (89^948.1
a volta prorompeva in ringraziamenti e lodi a Dio ;
e air annunzio delle preghiere canoniche, metteasi a
gemere, a trascinarsi in terra, a, dolersi delle peccata,
a gridare ^Ahimè e' ho dissipato la vita mia negli er-
rori i"* Il dotto giurista, mezzo devotò anch' egli, ma
di zelo più robusto, ammirava pure le ubbie di Àbu-
Hasan; né seppe trattenersi dal dirgli: "^Tu mi colmi
di gioia, ^ quando gli senti ripetere aver fitto ormai
ogni suo pensiero nella morte, né altro bramar che
r ora di comparire al cospetto di Dio. ' Così, secondo
la tempra degli animi, variavano i sintomi della de-
vozione, mentre si corrompea l'islamismo. Né man-
carono superstizioni più puerili. Kazwfni, compilatore
di cosmografia e storia naturale nel decimoterzo se-
colo, ci serbò, nel capitolo deir ictiografia del Medi-
terraneo, il racconto d' un bqon Musulmano d' Occi-
dente ; il quale navigando in quel mare il dugentot-
tantotto (901) vide un giovane siciliano ch'era seco
nella barca, gìttar la rete e cogliere certo pesciolino
^miracoloso il quale portava, a mo' di collana, tutto il
simbolo musulmano : avea scritto su la mascella de-
stra a Non v' ha dio che il Dio ; » nell'occipite « Mao-
metto ; » e su la mascella sinistra « è T apostol di
Dio. » *
« fiiddfc-cn-iVo/a*. fog. 79 verso.
> Zaccaria el-Gazwinrs, Cosmographie, testo arabico deir 'Àgià'ilH
el-MekhUkdt pubblicato dal prof. Wiistenfeld , p. 123. L'autore dice un
pesce lungo una spanna, e che la nave era prèsso B rlùn; il ^\Jii\e non so
a che luogo risponda.
— 233 — [94t|
LIBRO QUARTO.
^k9im
CAPITOLÒ I.
La tribù di Kelb, ' rampollo di Kodhà'a, e però
del ceppo himlarita, die soldati agli eserciti che pas-
savano in occidente al principio dell' ottavo secolo; oc^
correndo poco dipoi nella storia di Affrica, e Spagna
emiri kelbiti di gran fama , ' dei quali Biscìr-ibn'r-
Sefwàn capitanò una correria sopra Ja Sicilia. ' Prevalsi
poi in Affrica gli Arabi di Adnàn , i quali in ogni modo
abbassarono e calpestarono la schiatta di Gahtàn, si
vede tuttaviav un capitano kelbita ucciso nelle guerre
civili alla fin dell'ottavo secolo, ch'avea tenuto Mila
presso Costantina , * e però nei luoghi ove facea sog-
giorno la tribù di Kotama. Preso infine lo stato dalla
casa modharita d' Aghlab, si dilegua il nome kelbita
dalle storie , fino alla esaltazione dei Fatemiti ; ai quali
•
* Ktlb, yrnoi dir "cane." Questo nome d* un dei progenitori della tribù
fu dato fprse, come usavano gli Arabi avanti Maometto, pél caso d'essersi
visto, 0 sentito abbaiare, un cane alla .nascita del lanciuUo.
3 Libro 1, capitolo VI, p. 135, nota 1, e p. 136 del primo volume. Si
vegga anche Ibn-Khaldùn, Histoire de l'Àfrique et de la Sicitet versione
di M. Des Vergers, passim; Conde, DominaeUm de los Arabes en Bspana,
parte I, cap. 22, 32, 33, 33; Makkari, Mohammedan d^fnasties in Spain,
versione del prof. Gayangos, tomo li, p. 41, 66.
' Libro I, capitolo VII, p. 171 del primo volume.
* Nowairi , Storia d'Affrica , in appendice alla Histoire des Berbères
par Iba-'Khaldoun , versione del baron De Slane, tomo I, p. 391.
[W8.1 -- 234 —
era ragione che si accostassero gli avanzi dei nobili
arabi nemici della passata dinastia. Intanto uomini
kelbiti aveano acquistato séguito, e forse stretto pa-
rentele, nella gente di Kotama, che amava ad ara-
bizzare; poiché nei tempi appresso (986) veggìamo
sceikh de'Kotamii in Egitto, capo connivente a loro in-
solenza e non dato al certo dai califi, un Kelbita della
casa appunto degli emiri di Sicilia. ' Sia dunque in
grazia dei Kotamii, sia della setta ismaeliana o d'altri
servigi i Beni-abi-Hoseiii di Kelb furono ben visti a
corte del Mebdi; ' Ali di quella gente, moii a tiirgénti
combattendo per Eàim; ' Basan ^ figlio di Ali, guada-
gnò nuovi meriti appo Mansùr, come si è detto, Affi^
dando a costui la Sicilia, Mansùr potea fare assegna-
mento, non meno su la fedeltà e il valor dell'uomo,
che su le qualità della Simiglia: nobile e però rive-
rita dal popolo; nuova in Sicilia e però sdolta d'ogni
legame con la parte aristocratica del paese.
Non occorre di esaminare la sognata concessione
feudale (fella Sicilia ad Basan, che si fondava su la
versione erronea del testo d' un plagiario ; e i mo-
derni compilatori T hanno abbandonata, conoscendo
quanto ripujgnasse agli ordini musulmani. * In vece di
* Hakrizi, cHato da Sacy, ChriitomaiU Amht, tomo I, p. 157.
' NoWairi, presso Di Gregorio, Hwum Arahie^rum, p. 15. La ver-
sione « tum fpxòd de majofihtts mU optime meritui fitUset, » si corregfl^a:
« ed anche per essere stali i maggiori di Basan, fedeli servitori degli an-
tenati di Mansùr. » Così eTìdeatemente si risalisce ài Bfelidi.
9 Veggasi il Lìlrro IH, cap. IX, p. 191.
* Sìapeodo male l'arabico e peggio il- dtriito^musijdmaBO, Marca Dobello
Giteron tradusse: « dedit insidam Sicilia in feuduntec., • nei^i estratti di
Sceb&b^d-din-Omari , presso Di Gregorio, Rerum Afyibicarum,p. 59. Il
Di Gregorio sospettò l' errore, ilùd., nota f; e con minore incertezza lo ha
condannato il Wenrìch, lib. li, cap. S50, p. 270, 971. 11 ftito di cui né
— 235 — 1W8.1
quella impossitHlità legale, il Martorana pensò che il
califo fatemita, a un tempo con la elezione di Hasan,
avesse ordinato il governo di Sicilia con titolo più
illustre ed autorità più larga, accordando alV isola
^'un emirato soo proprio." ^ Ma veramente, né ri nome
era nuovo, né rautorità. La prima cosa, Toficio di
wàli, che il Martorana crede inferiore a quel d'emiro,
è il medesimo, semprechè si tratti d'una provincia;
e vale tanto a dir wàli d'Africa, d'Egitto, di Sicilia, o
simili, quanto emiro: e ciò in linguaggio comune al
par che in linguaggio legale. ' In secondo luogo, nes-
suno scrittore & motto di mutati ordini al tempo di
Hasan ; ^ nessuno serba a lui ed ai successori il titolo
di emir ed ai predecessori quello di wdli: fin dai prin-
cipii del conquisto di Sicilia, son adoperati da sino-
nimi, or Tuno or T altro, come portava Tuso della
lingua e il capriccio dello scritt(»*e; allo stesso modo
che gli ÀghUbiti or son detti wàli^ ed or emiri d'Af-
frica. In fine, se per ^^ emirato suo proprio" s'intenda
governo che non aUbracciasse altra provincia, la Si-
r UDO ne r altro si accorsero, è che il compilatore copiava Abulfeda, e che
però aM>tamo il testo araMeo, qnaMunque siasi perduto il MS. di ScelUl^
ed-dtn. Or Abulfeda dice merameote che MaasOr die il waliato (ossia oficio
d'emir) di Sicilia ad Hasan. Ànnales MoBUmici, tomo II, p. 446, anno 536.
Il Martorana s6ans(> V errore senz» confutarlo.
' NoH%ie storiche dei Saraceni SicUiuni, tomo 1, p. 03, II, p. 15.
9 L'ho accennato, Libro I, capitolo IV, p. 147, del primo volume, e
Libro U\f cap. 1» p.5, del presenta Wéli, in rapporto, di annessione con
altri titoli dì magistrato, significa altro. Emir, legato alla voce * esercito,*
significa meraiiaente "capitano." In tempi più recenti si son chiamati emir
tutti i discendenti di Simiglia principesca ed andbe que' di Maometto.
' Nò anco la Cronica di éambrUge* scritta al tempo dei KelbitL Pur
fu questa che suggerì la dislinsione id Martorana, poiebè Hasan è il primo
emiro di cui noti la elezione (d48). Ma defli altri il cnmisla non la disse,
ignorando forse la data; e in ogoi modo ai Im dli U tM d' emiro a Sa-
lem (917-937),
[948 1 — 23G —
cilia se l'ebbe sempre sotto i Masulmani. E se voglia
significarsi emirato con pien potere, oficio di wàii o
emir generate, come lo chiamano i pubblicisti, la Si-
cilia r ebbe senza interruzione fino air ottocentoset-
tantotto, e di tratto in tratto, nei settant'anni che se-
guirono infino al novecenquarantotto, quante volte i
principi d' Affrica non poteano calpestare i coloni a
lor talento. ' In ciò si dèe dunque correggere la sen-
tenza. Da un' altra mano la si dèe spiegare alla più
parte dei lettori. "Governo proprio* significava in Si-
cilia, venti o trent'anni addietro, un luogotenente
del re di Napoli, albergato più o meno splendida-
mente nella reggia di Palermo, ed un'amministrazione
civile, finanziaria e giudiziale independente dai mi-
nistri napoletani : il qual ordine bramavano que' Sici-
liani che non odiasser molto la dinastia regnante; e
loro ne fu conceduta una sembianza che durò qual-
che anno. Donde ^emirato proprio della Sicilia," era
frase grata a taluni e credo al Martorana, chiarissima
a tutti nel paese; e nel nostro caso, rendea, propria-
mente o no, una idea giusta; poiché T ordine del
milleottocentrentadue somigliò molto a quello del no-
vecenquarantotto, astrazion fatta dagli antecedenti e
dalle conseguenze. Il Wenrich , non avendo alle mani
tal cemento, si appigliò alla innovazione di titolo
e d'autorità, ch'era la parte più debole del concetto
< Veggaosi: Libro II, oap. V, VI, VII, IX, X, e tutto il libro III. Pren-
dendo a caso qualche esempio in Ibn-^1-Atbtr, si trova il titolo di emir
di Sicilia negli anni 835, 8^1,882, 895, 925 ; frammessovi talvolta il titolo
di wdli, fi chiamandosi sempre r oficio waliato. Cosi negli altri annalisti
musulmani. Il Bàian dà nelF 835 il titolo di Sàheb , del quale si è detto a
suo luogo.
— 237 — [948 1
di Martorana; Vi persistè non ostante gli schiariménti
datigli dalla erudizione orientale ; e con troppa fretta
si cavò da cotesta esamina di dritto pubblico. ^
La quale a me par molto piana. Il dritto musut
mano ammette due forme di governo provinciale;
autorità civile e militare raccolta in unica mano, o
divisa. La prima forma, obbligatoria nei nuovi con-
quisti enei paesi confinanti con Infedeli, fu adoperata
necessariamente in Sicilia, dove i coloni la tiravano
a independenza. Ibrahim-ibn-Ahmed, Mehdi e Kàim
vollero provar T altra forma; e non bastaron fiumi di
sangue a farla allignare. Mansùr, più generoso, più
savio, 0 che gli aprisse gli occhi la rivoluzione
d' Àbq-Iezid, rinunziò al gusto di reggere la Sicilia,
come un villaggio d'Affrica, dal suo sofà, e di espi"
larla a suo talento per commissarii: le rese il governo
normale di grande provincia di confini, con mandarvi
un viceré, com'oggi si direbbe. Il qual fatto non fu,
ne poteva essere, accompagnato da novello statuto,
né da novello titolo. *
< WeDrich, Commentarii^Mb. I, § 2S9, p. 269. I passi eh' ei ciU del-
l'opera delbarone De Hammer su la Costituzione dell' impero musulmano
doyeano farlo accorto del vero ; lauto più che De Hammer gli forniva il
nome di un emir di Sicilia neirSSO; e che egli stesso ne avrebbe potuto
tedere molli altri nei testi arabici. Ne uscì scrivendo: Utcumque vero ras
se habuerit , id eerte constai digniiatem illam in Hasani Calbilce familia ,
hereditario quasi jure poslmodum remansisse, E col quasi sdrucciolò su
quell'altro intoppo dell'oficio rimaso per un secolo nella medesima famiglia.
> Lo stesso punto di diritto pubblico si trattò per l'Affrica propria
nel 361 (971-72), allorché Moezz, trapiantando la sede in Egitto, dovea
non ristorare ma ìnstituire 1* emirato nella provincia. Proffertolo ad un
Gia'far-ibn-ÀIi di schiatta arabica , questi domandò pien potere nella ele-
zione dei magistrati , nell' amministrazione della finanza e in ogni altro
atto di governo; senza obbligo di render conto dell'azienda né, di aspet-
tare l'approvazione del califo per mandare ad effetto i provvedimenti. Moezz
gli rispose in collera che volea farsi principe in vece di lui. Accomiatatolo,
(948.] -^ *38 —
Molto manco potea Mansùr istituire T emirato
ereditario. La successione del quale oficio in una fa-
mìglia si vede sovente nelle storie musulmane , dagli
Aghiabiti d'Affrica infino agli odierni pascià d'Egitto,
ma sempre nacque di fatto e durò con le sembianze
di elezione che venisse dalla volontà del principe^ Co-
minciò sempre da un emir temporaneo ; finì sempre
col fatto di novella dinastia independente; passando
per una serie di vicende, che da una dinastia all'altra
si assomigliano come le figure simili in geometria;
procedono secondo unica legge; e danno agli occhi
lo stesso aspetto. Morto Mansùr , pochi anni appresso
la elezione di Hasan, i successori del primo non
mutarono la famiglia, degli emiri in Sicilia, perchè
r era potentissima a corte e governava T isola tran^
quiilamente. Quando pòi i Kelbiti caddero in disgrazia
al Cairo, i califi fatemiti si accorsero di non poterti
sradicare dalla Sicilia. Perchè già era avvenuto il caso
che nascea necessariamente dagli ordini sociali e po-^
litici dei Musulmani, come altrove accennammo. La
nobiltà militare, i soldati mercenarii, i dottori erano
avvinti alla famiglia kelbita dal saldo vincolo dell'in-^
teresse, per via degli stipendii e del patrocinio; la
plebe nudrita con le scorrerie contro i Cristiani e le
8i volse al berbero Boliikkin, fondatore della dinastia ztrita ; il qaale d^
mandò al contrario cl>e il califo ele^sgesse i magistrati, gli ami^ainistratori
della finanza, i capitani delle milizie; che gli affari più rilevanti si tratta»*
sere in no consiglio degli oficiali pubblici ; e cb' egli, Bolukkin, facesse es^
guire le deeisioni del Consiglio. Moezz scelse lo Ztrita ; dicendo pure a
un suo fidato, che quegli andrebbe per via più lunga allo stesso scopo al
quale Gia*far volea giugnere d'un salto. Makrìzi', KUàb-'es^Siilùk , versione
presso Qnatremère, Fte rfs coii/'e fatimite Mo€%%; Journal AHaiique^ (no-
vembre 1836 e gennaio 1831)» estratto, p. 87, 88.
— 239 — (W8.1
limosine in patria; T universale soddisfatto delle en*
trate che s' investiano in còfnodo pubblicò o di pri-
vati siciliani, degli edifizii che sorgeano, dello splen*
dor d'una corte protettrice di begli ingegni, del
reggimento condotto secondo i bisogni o il genio dei
cittadini dì Sicilia, nmi degli impiegati di Mehdia; sod«
disfatto delle colonie che moveano dal Val di Mazara
a ripopolare le città della Sicilia orientale, a colti*
vame le campagne o godersi i tributi di quelle ove
rimanessero i Cristiani. Però non è a domandare se
i Musulmani dell'isola volessero correre il rischio
d' un governo d' uomini nuovi , che avrebbe potuto ri-
mutar tutto e ricondurre i bargelli é i commissari!
fiscali del tempo di Sàlem. Una volta che il califo fa-*
temila il tentò, acconsentendo, com'è' pare, la casa
kelbitaper la promessa di maggiore stato in Egitto,
i Siciliani corsero alle armi (969) ; e il califo non trovò
altro modo di porre fine ai tumulti che d' inviare al
più presto un^ emiro kelbita. In venti anni dunque era
fondata di fatto là eredità dell' emirato, la quale pre-
meva tanto ai Siciliani.
E però era già surto un principato di Sicilia:
Bonza decreto nò plebiscito che potesse registrarsi dai
cronisti, ognuno ormai sei vedeva. Ibn-Haukal, venuto
in Palermo del trecentosessantadue (97S--3), parla del
palagio ove albergava il Sultano ; la qual voce è usata
già dagli scrittori del decimo secolo per designare
principi di fatto, riconosciuti o no dal califo: e vera-
mente ella ha valore radicale di violenza; e quando
il tempo onestò la <;osa e il pome e mutò questo in
titolo pubblico, significò impero privo della sacra
(948.1 — 240 —
potestà dei califi. * Sia che Ibn-Haukal abbia ripe-
tato là voce Sultano perchè la sentiva in Palermo, d
che rabbia detto. dassè per definire T ordine di cose
che toccava con mano, l'attestato è di gran momento
collimando con lo scopo della rivoluzione divampata
in Sicilia tre anni prima, e col ritratto delle vicende
che seguirono fino alla metà dell' undecime secolo.
Dal novecensettanta in poi non muovon d'Affrica
né d'Egitto eserciti che combattano in terraferma
d'Italia, non che in Sicilia, insieme coi Musulmani
dell'isola. I Siciliani, quando lor pare, depongono un
emir kelbita e ne scelgono un altro nella famiglia.
Che se il califo manda tuttavia al designato dairemir
predecessore, o dal popolo, un diploma, con le inse-
gne dell' o&cio e col titol sonante di Corona dell'Im^
pero, Spada della Fede e simili, ciò significa soltanto
che la Sicilia riconoscea pontefici i fatemiti. Né montai
il nome loro stampato nelle monete siciliane fino alla
metà dello undecime secolo. Abbiamo notato più volto
che nel medio evo i Musulmani tenesser poco conto
di tal regalia, si gelosamente custodita dai principi
cristiani. Inoltre il nome dei Fatemiti dava corso più
largo al conio siciliano nei frequenti commerci con
r Affrica e l' Egitto , per la qual ragione non ebbero
scrupolo a contraffarlo o imitarlo i principi longobardi
' Adopero iDdistìntamente Sultano e Saldano che donf varianti di
trascrizione; Tuna secondo Tuso nostro d'oggi, l'altro come suonava
agli orecchi dei nostri padri al tempo che le repubbliche italiane teneano
i commerci del Levante. I principi ottomani seguendo le tradizioni dei
princìpi turchi dell' Asia Minore e delle varie dinastie d' Egitto dopo Sa-
ladino, preferiscono tuttavia il titol di Sultano a quel di califo, ch'ebbero
per cessione, al certo illegale, della seconda dinastia abbassida.
— 241 — [948.1
di Salerno. * Ma niuno sosterrà che V isola obbediva
al califo feteinita Daher.o Zàbìr (1021-1036) perchè
v^ abbian di lui e del successore tante monete battute
in Palermo, ' (Juaiodo i Idr nomi non si ricordano
punto né pocd nella sollevazione contro i Kelbiti; né
que'califi se ne dierono briga ; né pensò a loro la casa
kelbita, né alcuna delle fazioni che agognavano al po-
tere dello Stato: anzi una parte che cercò aiuti di
fuori, si volse agli emiri zfriti d'Affrica, tninac-:
ciendo, s* è" ricusavano, di chiamare a dirittura i Bi-
zantini.
Àiutaron óotesta emancipazione della Sicilia, la
potenza dei Kelbiti a corte, com' abbiam detto; il tra-
mutamento della sede fafemita, da Mehdia al Cairo ;
le guerre orientali dei primi califi d'Egitto; la pazzia
e debolezza degli altri ; la emancipazione contempo-
ranea dejr Affrica. Pur la cagione principale fu che
i Siciliani voleano. Raro avvien che rimangano fru-
strati i pòpoli quando fermamente si propongano . e
tenacemente procaccino di scuotere il giogo: che se
una generazione fallisca, per colpa propria o forte;zza
del nemico, un'altra coglierà il nemico sprovveduto
e avvolto in alcuna delle brighe ohe non mancano
mai agU oppressori ; e vincerà, forse senza combat-
' Si veggan queste nell'opera di Domenico Spinelli principe di
San Giorgio, Monete cufiche e(c.» Napoli 1844, un voi. in<94, p. I, seg.
Ma dubito di alcune, delle quali non mi sembrano ben. trascritte le leg-
gende.
> Si vegga la lista in HortiUaro , Opere , tomo Ili, p. 577, seg». Se ne
aggiungano altre 14 che ve n*lia nella collezione del Cabinet des Médailles»
a Parigi, e tre altre pubblicate dal sig. Federigo Soret, ExtraUdesMemoi"
mdela Società imp, d* Àrehé<dosie, Saint-Petersbourg, 1851, p. 50| 51,
ni 122, 124, 125.
II. 16
im.\ — 242 —
tere« Il sangue sparsa per gessant'anDi^ fruttò alla
Sicilia che Del uoTeceuquaraQtotto, eoi romor d'un
tumulto, riebbe T e tnir generale ; e nel uovecens^t-
tanta , con breve guerra , sì Sciolse dalf arbitrio del
califo nelle elezioni : che è a dire salì assommo grado
di libertà d' un popolo musulmano. E prima vi sa-
rebbe giunta la colonia, se non fosse stato per le di-
visioni etniche , .municipali e sociali, ohe sempre la
dilaniarono.
CAPITOLO II
Fin dalla niorte del Mehffi, o vogliàm difé dalla
rivolta di Gìrgenti, r impero bizantino non soddisfa-
ceva il tributo dì Calabria ; ^ le città assicurate di
Sicilia lo avean anco smesso begli ultimi tempi. Ma,
risaputo come Basan dava sesto alla cosà pubblica,
Venne tosto ih Palermo un frate a recare i decoi'Bi
di tre anni da parte di qualche città. ^ Altre di Si-
eiiia 0 di Calabria che noi fecero, faron punite dal
novello emiro con aspre correrìe ; onde chiesero aiuti
a Costantinopoli. ' Dove rimaso inaspettatamente pa-
drone il Porfirogenito, gli parve indegno della maestà
* Gedreno» ediz. di 6«ao, Kate» lly p; 558.
> rrm^«-Atblf/dnDO rm, US, G,toflio1V»fog.550 verso; ièn-KIuiIddo,
Bistoire de VAfrique et de h Sicile, p. i67; i quali autori parlano di Atfm,
t si deve intendere di que* soU di Siciliaf poióbè CostanUno rlcssò di pagare
il tribato per la Calabria.
* lbn*el'Atblr, amie 9ld| C, tomo tV, fog. 358, verso. L' anealisia
qui dice Rum di meilia; ms par si debba kitmidere di Calabria e di ^Sl-
cbe città più forte di Sicilia, come Taormina e Rametta.
— 243 — [im.]
imperiale pagar qael tributo ai Barbari. Sforzandosi,
quanto il poteva un picciolo irfgegno ed una natara
inerte^ a ristorare gli ordini della civiltà romana ch'egli
aveà studiato su i libri ed affastellato in sue compi-
lazioni, Costantino Porfirogenito non lasciò da canto
r amministrazione militare, né la disciplina; di cbe
tornò qualche frutto all' impero, ed egli molto più se
né prométteva. Ji^ però mandava in Italia, in vece
d' oratori col tributo , <|ue' che gli parean capitani é
soldati. I quali alla prima si diedero a maltrattare e
taglieggiare i sudditi, peggio che non avrebbe fatto
il nemico. *
Hasan, dal- suo cantò, còm'ei seppe sbarcati
i Bizantini ad Otranto, chiese rinforzi. Mandatigli
da Mansùr settemila cavalli e tremila cinquecento
uòmini da pie, oltre i soldati d'armata e le navi da
guerra e da carico, giugneano in Palermo, il due lu-^
gtio novecéncinquanta , condotti dal liberto schiavone
Farag-Mohadded. L' esercito siciliano era in punto ;
sì che a' dodici luglio poderoso sforzo mosse per
mare e per terra alla volta di Messina, sotto il co-
mando di Hasan. Immantinenti, valicato io stretto,
assalirono Reggio, cui, trovaron vota di abitatori.
Hasan spargeva i cavalli a fer preda intorno ; an-
dava egli col grosso delle genti air assedio di Gera--
ce; da vale indarno aspri assalti; e già la riducea,
tagliatole V acqua da bere, qoando ebbe nuove;
deir esercito biizantino che venisse a trovarlo. Perlo-
' Cedreno, i. c« Èddi credere, p^ men vergogna* delle armf bfzaoti*
ne» che le deite forze fossero venute parte immoz! e parte dopo la state
del 959* QBdfeoo, come ognun sa , non ricorda mai le date.
1954. 1 — 244 —
che, composto coi Geracini e presone danari e siati-
chi, raccolti i suoi, mosse ccmtro i Greci; i quali pre-
cipitosamente si rifuggirono ad Otranto e Bari. Ha-
san, inseguendoli, poneva il campo sotto Gassano;
infestava i dintorni. Combattuta per un mese la città
senza frutto, e sopravvenuto T inverno, feT accordo
come a Gerace; ripassò il Faro; lasciò Tarmata a
svernare nel porto di Messina; ed ei tornò alle stanze
in Palermo. ' I psUti di Gerace e Cassano sembrs^no
tregua per un anno, comperata con una taglia che- si
pagava parte, in contanti, e si davano gli statichi in
sicurtà del resto, *
S'adunavano intanto in Calabria le armi bizan-
tine, che Tanno innanzi o non eran tutte passate. in
Italia, ovvero avean osteggiato i dominii beneven-
tani in Puglia, ove occuparon Ascoli.' L'armata
obbediva ad un Macrojoanni, o diremmo noi Gio-
vanni il Lungo; T esercito ,^ che fu grosso se non
' CoDfroDtinsi : Cronica di Cambridge, anni 6459^460, pressò Di
Gregorio, Aerumiirafttcarttm, p'.49, 50; Ibii«-el-AtbSr, anni 536 e 340, |AS. B,
p. 263, seg., MS. C, tomo IV, fog. 350 verso, seg., e353 verso; Ibn-KhaldiÌD,
Histoire de VAfrique et de la Sieikt versione di M. Des Vergers, p. 167,
168, dove in vece di Sire Doghous si legffa stratego; e Storta dei Fatemiti,
MS. arabo di Parigi, Suppl. Arabe, 743 qaater, tomo IV, fog. 18 verso,
con la traduzione di M. De Slane in appendice alla Histoire dee Berbères
par Ibfi-Khaldoun, tomo li, p. 529. È. da avvertire che Ibn-el-Athlr narra
i medesimi fatti con circostanze diverse, nei due capitoli del 336 e del 34Q.
Goi^ anche Ibn-Khaldùn nei due luoghi eh* io cito, il seeondo dei quali
contien parecchi errori. Ho tradotto $almerie la vooe che la versione la-
Una della Cronica di Cambridge rende came/t, aggiugnendo aUesto, un
ponto diacritico che non v* ha. in vero questa voce arabica non ha la for-
ma che apparterrebbe al plurale di nave oneraria, o salmeria. Ma che an-
davano a fare 1 cameli nelle montagne e selve di Calabria ?
* La Cronica di Cambridge dice di soli staticbi, Ibn-el-Athir di solo
danaro; né l' una né V altro particolareggiano i patti.
' La presa d' Ascoli è registrata da Lupo Protospatario, presso Pertz,
Scriptores, tomo V, p. 54. La data cb'è del 950 par si debba correggere 951 .
— 245 — 19S2.1
valido, al patrizio Malaceno, col quale si accozzarono
le genti di Pasquale stratego di Calabria/ Hasan,
per comando del caltfo, riassaltava la terraferma in
primavera del novecencinquantadue. L' otto maggio,
che fu queir anno tra i dì festivi alla Mecca , scon-
travansi i due eserciti sotto Gerace : della quale bat^
taglia gli annali arabici dicono non essersi unque
vista più aspra e fiera; gli aùnali greci attestano'
averne il nemico riportata nobilissima vittoria ; e par
tomi a quésto, che i Cristiani avean Tavvantaggio del
numero, i Musulmani degli ordini e della fiducia nel
capitano , ' il valoj^ si pareggiava. Li sbaragliati poi,
sfrenatamente fuggirono; inseguendoli i Musulmani
infino a notte, con grande strage, cattura d'uomini,
preda d' armi, cavalli, bagaglio : e a mala pena cam-
parono il patrizio e lo stratego. ' Le teste degli uc-
cisi mandate a trionfo nelle varie città di Sicilia e
I CedrenOi 1. e. Si vegga la nota 1 della pagina 242.
s Cedreno dice che il capitan mosnlmano, innanzi la battaglia, con-
fortò i snòi a non tenlere nn esercito ove i soldati erano maltrattati dai
condottieri; alludendo alle taglie e ingiurie con che il patrizio e lo stratego
aveano offeso i sùdditi. Mi è parso di accettare il fitto morale^ non il ma-
teriale del discorso di Basan; il quale sembra dettato al Cedreno dall'arte
rettorica con che sì è scritta la storia per tanto tenipo.
"Confrontinsi: Cronica di CamMàge, anno 6461, op. cit., p. 50; Ce-
dreno, Ibn-el-Athtr , Ibn-Khaldùo, II. ce; Lupo Protospatario, anno 951
presso Pertz, Scriptores, tomo V, p. 54, dove si legge: tMalachianwfecit
pralium in Col&bria eum Saraeenis et cecidit. > Il giorno della battaglia s!
ricava da Ibn-el-Athtr, il quale lo dice diverso nei due racconti del 536 e
del 540; che son d' origine evidentemente diversa. Nel primo è la festa di
Arafat ossia il 9; nel secondo quella del Dhohd ossia il 10 dìdsu-t-higgia;
il qual divario vien forse dal conto astronomico che precede il civile di
mezza giornata. II nome del' patrizio MaXaxsvo;, dato dal Cedreno, Ò tra-
scritto nella Cronica di Cambridge M^ithgén o Mwthgdn e in Lupo Ma'
laehianus. Novella prova del fatto da noi già notato, che in Sicilia il n si
pronunziava e ovvero g, almen dal IX secolo in poi. In Paglia si rendea
con V antico suon latino eh.
[952. [ — 246 —
d'Affrica, come tuttavia porta il brutto costmue degti
Arabi. Hasan strinse d'assedio Geraoe, qhe di nuovo
fé' bella difesa, non ostante la mancata speranza d'aiuti.
Pur Costantino mandava il segretario Giovanni Pilato
all'emir di Sicilia; il guaio, notano i Bissantini, noti
s' inebbriando nelle vittorie, assenti Ja tregua/ Fer*-
mossi nella state del cinquantràue; e sembra limitata
dapprima a Gerace, poi resa CQiOune a tulli i luoghi
di Calabria che obbedivano all' imperatore^ e stipu-
latovi il solito patto dèi tributo e di più la tolleranza
del culto musulmano. Uno stuolo mandato da Hasaa
saccheggiava intanto Petracucqa , cam^ par si chia-
masse a quel tempp una grossa terra tra i oàjpi di
Sparavento e di Bruzzano. * Altri assalivano un -altra
' Gonfrootinsi : Ibn-el-Athtr, e Cedrenó, 11. ce. Ho notato sopra che
Iborel^tbtr dia doe ttanrasionì diverse di qo6$ta Smpresa dal953. Le tiarnk-
zioni differiscono anche sul modo della tregua; leggendosi nel cap. del336
che entrato Tanno 541 (28 maggio 952), e stando Basan tuttavia all'as-
sedio di Gerace, venne a trovarlo un ambasciatore di Costantinopoli , col
quale fece la tregua e passò indi a Reggio. Lo stesso autore, nel capitolo
del 340» scrive che, assediata Gerace, fu fatta composizione per danaro, e
che Hasan poscia mandò uno stuolo alla città di Petracucca» ]La tregu^i di
Gerace fu dunque per la sola città, e si eslese poi alla provincia; ov^iso
si fermò a Gerace per tutta la Calabria? In quest' ultimo caso si potrebbe
supporre che Pietracucca fosse stata assalita, sia contro j patiti j^ sia perchè
non obbediva all' imperatore e però non entrava nella tregua.
3 11 fatto è indubitabile, leggendosi nella Cronica di Cambridge e in
Ibn-el-Athtr. Il nome nella Cronica è B tra*uka,fio\e si potrebbe porre uia/i
ovvero un h al luogo che ho segnato con virgolette, mancandovi ì punti
(liacritici. In ogni modo è inesatta la trascrizione e versione latina, ilo ve
le prime tre consonanti furono attribuite al nome geografico e delle al-
\re si compose un avverbio, mollo inopportuoo. 1 MSS. d'Iba-el-'Athir
hanno B tr Hka, La stessa lezione si trova nel Mo'gem^el-Bolddn di lakClt,
il quale trascrive un passo dMbn-Haukal, che pone appunto B tr kùka tra
Gerace e Reggio ; e la menzione fattane in suo breve cenno prova che
nel X secolo fosse terra importante per popolazione o commerciq. Due se-
eoli dopo Ibn-Haukal, Edrisi ha B tr kOnat secondo i MSS. di Parigi, i
quali sondo di scrittura africana, vi si può leggere uu altro k in vece
della » senza far violenza al testo. Ed è nome» dice Gidnsi» d' uu Quioi-
— 247 — 1952.1
terra, non sapremmo dir se Roseto su i confini della
Calabria con la Basilicata, ovvero le isole di Tremiti,
presso il Gargano : ' e si nota in questo medesimo
anno saccheggiato il santuario del Gargano e infestati
parecchi luoghi dello Stato di Benevento.' I prigioni
di Petracucca e di Roseto, o Tremiti, che faron molti;
andavano di Sicilia in Affrica ; e con essi, incatenato
il capitano, del navilio musulmano, per nome Abu-
Mehell; il quale, giunto a Mehdia, era punito con
r estremo supplizio. S' ignora il delitto : se infrazion
della tregua, se peculato. sul bottino ; che è più ve^
rosimile. *
Mentre i suoi infestavano le costiere delF Adria-
celto che metie foce a tre miglia dal capo Geflra (Zephjrìani) e sei miglia
da Bruzzano : come va corretta la versione di H.iaubert, tomo 11, p. tl6,
che salta queste e altre cifre di distanze. Invano Ìjo cerco nelle carie e de-
scrisioiii della Calabria il nome moderno di questo luogo. Il sito risponde
a Pietrapennata o Brancaleone, e si dèe supporre in monte, atteso quel
nome di Petra. Cocca, cucco, e simili son voci di bassa latinità e bassa
grecità, [tassate nell'idioma nostro e nei dialetti di Calabria e di Sicilia
dove cucca significa civetta, coccoveggia.
'Nella sola Cronica dt Cambridge troviamo dopo B trahùka l'altro
nome geograGoo Rm t sa. Rametta in Sicilia non pu(» essere ; poiché la
stessa Cronica scrive il nome altrimenti. Roselo e Tremiti mi sembrano
le lezioni più probabili; la seconda ddle quali s'^iccorderebbecon V assalto
al Gargano.
^ Chronicon Sanctx SQphicB,^ presso Muratori, Àniiquitates Italica
Meda Mvi, tomo I, p. 253. Gli assalitori poteano esser Cretesi; ma
sembra più probabile che V armata sioUiana , dopo hi tregva coi filieafitfni,
abbia infestato i dominii di Benevento.
^ Crmica di Ca$nbtidge» l e, la quale porta questi fatti nel 6461
ti sett. 95fì a 51 agosto 955) quando forse Basan lece ritomo in SicUla«
11 Rampoldi, tomo V, p. 284, anno 954, fa sequestrata il navilio siciliano» •
condiirlo in Afifrica, cioè applica ai legai ciò che la cronica scrive del Ca«
pitano. MarbMrana e Wenrich lo seguono. E én avvertire che gli Apoali
arabici dan sempre HasaB come capitan supremo nelle d«e impreae del 951
e del 952. Coleste vittorie de' Musulmani in Calabria sono ricordate ìd ter»
miù generali da lehia-ibn-Saìd, MS. di Parigi, AndenFondaJSi A«
fog. 87 verso.
[952-055 1 -— 248 —
tico, Basan, ritrattossi da Gerace a Reggio, apriva'
nel bel mezzo della città una moschea ; cospicua al
minaretto spiccantesi in alto da un angolo , perchè
tutti il vedessero e ne sentissero la cantilena del
Inuezzin. Stipulò in fatti libero ai Musulmani l'ap-
pello alla preghiera e ogni altro, rito pubblico ; che
cristiano non mettesse mai pie nella moschea ; che
la desse legittimo asilo ad ogni musvlmano, anche
prigione di guerra ed anche fatto cristiano, al quale
paresse di rifuggirvisi. E minacciò che , sapendo tol-
ta, non che altro, una pietra della moschea di Reg-
gio, farebbe diroccar le chiese cristiane per ogni
luogo di Sicilia e d'Affrica. I quali patti, i Cristiani
umilmente osservarono , scrive tutto lieto Ibn-el-
Athtr; ignorando che la moschea di Reggio non durò
oltre quattro anni. ' E preoccupato del gran dispetto
degli Infedeli, passò sotto silenzio la vera importanza
del fatto : il ci vii pensamento di Hasan ad usar la
vittoria in favore del commercio, ch'era operoso al
certo tra la Sicilia e la Calabria e molto più potea
progredire con la tolleranza dell'islamismo a Reggio.
Non guari dopo F impresa di Calabria^ venuto a
morte Mansùr (marzo 953), e rifatto califo il figliuolo
»
' Il testo dice fabbricò; par sì debba intendere che aeeoneiò ad uso
dì moschea qaalche edìfizio delia città.
* Ibn-el-Àthtr, anno 356, MS. B, p. 265; Ibn-Kbaldùn, HUtoire de
ri/Wfue et de la Sicile, p. 168, 169, dove per errore di stampa è detto:
« El Ha^n retoorna alors à Kbaradja où il bàtit etc. > In luogo di Kbara-
dja, dèe dire Reggio, come nel testo arabico. Terminando il racconto di
queste imprese di Hasan in Calabria, avverto averne escluso! fatti che si
Iieggono dal Otó al 952 nella Cronica di Arnolfo e nelle interpolazioni alla
Cronica della Cava, pubblicate l' una e le altre dal Pratilti, tomi 111 e IV;
della quale impostura non diffidò sempre il Martorana, uè prima di lui il
De Meo, Amali,., del Regno di Napoli^ tomo V, p. 288 a 325.
— 249 — |^85.§56.1
Àbtt-Taminoi-Ma'àd , che fu soprannominato Moezz-
li-dfn-illah, T emiro Hasan andìava a corte a Mebdia;
lasciato al governo della Sicilia il proprio figlio Abu-
Hasan-Ahmed. E Moezz ratificava : il. quale atto ri-
feriscono i cronisti con parole diverse ; ma la gom-
ma è che il califo lasciò T emirato ad Hasan con
sostituzione d Ahmed in caso d' assenza e di morte. ^
Segnalatissimo favore , da potersi comprendere col
bisogno che avea Moezz del vincitor di Gerace per
r impresa d'Egitto, la quale poi si difTerì. Dovea forse
combattervi V esercito afi'ricano, tornato di Calabria
in Sicilia, il quale ripassò in Aflrica poco dopo il viag*
gio di Hasan. '
Mentre si pensava a tal conquisto, V emiro andò
ad audace fazione in Spagna. Era occorso che spacciato
un corriere di Sicilia in Affrica con lettere per Moez^,
s'imbattè in una nave di mole non più vista in que'
tempi, fatta costruire da Abd-er-Rahman caUfo omeia-
de di Spagna e mandata a mercatare in Egitto ; le
gelati della quale detter di piglio piratescamente al le-
* Ibn-el-Alhtr, anno 340, MS. C, tomo IV, fog. 353 verso, ed Ibn-
Kbaldùn, 1. e, scrivono cbiaramente cbe Hasan lasciò in luogo suo il figlio;
ma è certo più esatto il linguaggio di Abiilfeda , Ànnales Moslemicif tomo II,
p. 446, anno 336, e di Ibn-Abi-Dìnar, MS. di Parigi, Sappi. Arabe, 851,
fog. 37 verso, dei qoali il primo aggiugne che Moeu confermò Abmed ie
il secondo, più precisamente, che lasciato da Hasan a reggere la Sicilia
in sua vece Abmed , il califo rinnovò V atto di ele%ione in persona di co-
stui. Abulfed» trascrive le parole d*lbn-Sceddad , autore del XU secolo.
Nowairi, presso Di Gregorio, Rerum Araìncarum» p. 15, dice: e E Hasan
chiese a Moezz che onorasse suo figlio Abo-Hasan col titolo di wali di Si-
cilia etc; » come si dèe leggere la vece dell'erronea versione e a quo cum
nohilissimus /ilius ejus etcì La data esatta si trova anche in Abolfeda; se-
condo il quale Hasan era rimase in Sicilia cinque anni e due meai ; e però
la partenza per V Affrica va posta in giugno o luglio 9^.
* Cronica di Cambridge ^ presso Di Gregorio, op. cit., p. 50, anno 6462
(1 sett. 953 a 3Ì agosto 954). ^
{955.950 1 — 2S0 —
gnetto siciliano, né rispettarono gli spacci. Il che ri-
saputo da Moezz, commetteva ad Basan di far la ven-
detta con T armata di Sicilia. Entrato nel porto d' Al-
moria , V emir bruciò quanti legni v' erano ; prese il
naviglio che avea fatto T insulto, tornato già d' Ales-
sandria con ricche merci e giovani cantatrici per
Abd-er-Bahman ; poi sbarcò, messe Almeria a san-
gue ed a ruba ; e salvo si ridusse a Mebdia. Due
correrie delli Spagnuoli sa le costiere d' Affrica mal
rendeano la pariglia; essendosi combattuto con va-
ria fortuna. Seguì Y assalto d' Alnoeria V anno trecen-
quarantaqoattro (26 aprile 955 a 1 3 apr. 956). *
Maggior guerra richiamò Hasan in Sicilia. La
tregua coi Bizantini, era stata rinnovata il cinquan-
taquattro forse per altri due anni, venuto a ciò in
Palermo un frate Assiropulo. ' Ma Costantino , mal
soffrendo sempre il tributo , e rinfrancato dal valore
che cominciavano a mostrare i suoi contro i Musul^
mani dell Asia Minore , volle ritentar la fortuna in
Italia. Mandovvi le soldatesche di Tracia e Macedo-
nia col patrizio Mariano Argirio, e Tarmata che ub-
, * Confrontins!: Ibn-el-Athtr, anno 344, MS. B, p. 286; AbUIfedà, An-
nales Mosìemici, stesso anno, tomo II, p. 469; Ibn-KbaldOn , Storia dei
fiatemiti , MS. di Parigi , Suppl. Arabe, 743 quater, tomo IV, fog. 20 verso;
Gonde, Dominùcion de loi Arobes ete., patte n,«ap.S5; (^atremère, Vie
de Uoe%% nel Journal Aàiatique, novembre 1836, serie HI, tomo II, p. 404,
dove è citato ttitallro hiogo di Ibn-KfaaldÙn. L'armata (;be assalì la Spagna
è detta siciliana da (bn-Kbaldùn nel primo de! passi citati. Conde scrive cbe
vi fossero navi <)*Affi'ica e di SiclUa, e dà altri particolari, cavati forse da aa-
tori spagnnoli ; ma non oì i^oasìam fidare alla sua critica né alle sne versioni.
* Oronioa di Ccmbridse, anno ^462 (^-54) presso W Gregorio, op.
cit.« p. 30. Il uomo è Asfurbls con la prima s del suono della p francese.
Sembra composto da Av^u/^iof e tJwXot cbe in greco moderno è deslnenta
patronimica; e però la voce intera sarebbe nome di persona ofiamlglfa
discendente da quella cbe I Bizantini s'ostinavamo a chiamare classicamente
Assiria.
— 251 — |(MJ6-957.|
bidiva a due capitani minori, Crambóa e ItloroleoAe ,
il noveeencinqttantaseì , ^ quando spirava la iMgua,
L' Argifio comiticii^ da Napoli, notata allora a corto
come ribelle e amica de' Musnlmani per antichi e forse
anco. recenti patti: la stringe per mare e per tèrra;
bruciò il contado ; ridusse i cittadini a riconoscere la
signoria bizantina fiùchè avessero il coltelto alla gola^
Varii luoghi dei principati longobardi e di Calabria,
più o meno disubbidienti, si.sottomesserodel pari;' e
chi sa se coi voti, fors' anco con pratiche, nOn chia-
mavano i Musulmani .? I quali non tardarono. 'Am*
mar, fratello di Basan, giunto d Affrica con Tarmata
il nove agosto del cinquantbsei, svernò in Palermo
ed à pHmavera assaltò la Calabria/ Non che correte
il paese, par abl^a dovuto afforcarsi 'Ammàr in qnal*
che luogO; e chiamare iu soccorso il fratello ; v^den^
dosi chiuso a settentrione dal grosso d^e forze bi^
zaàtine , mentre al suo fianco o alle Bpalle tentava
audiacissima fazione Basilio, protocarebo, o direm noi
capitan di vascello, oou lim' armatetta. Sbarcato a
Reggio I costili distruggeva la moschea ; poi risoluta-
' La data del 985, che va correità 9S6, si trova in Lupo Protospatario.
Veggasi Muratori, Annali d'Itùtia,
* CoBfrontiiisi: TketffOumu eotiUnuatut, edii. di Bood » p. 40$, 4ti4i ^
Cedreno,. tomo U, p. 3SS9 ; delle quali la prima, è cronica di corte e coptem-
poranea ; la seconda, compilazione del Xlf secolo e differente dalla cronica
ìd molti particolari , fioa si sa dove aklifiii. Né V ona uè V sMitt mettondale
0 riscontri cronologici. Quanto alla guerra coi Musulmani di Sicilia , gU
anmll arabi tacciono; tè abbiamo altra guida sicura che quakhe cenno
della Cronica di Camkridge, e9ù ebe potremo tutet^etare la fsgi r«Uo-
rica e spesso bugiarda , de' due bizantini.
' Cronica di Cambridge t anno 6464 (096*7) , op. cit.* p. HO; Ibn-el-
Àthtr, anno 345 (14 aprile 956 a 2 aprile 957), MS. B,|i. Ì88, iciifve: « Que-
« 8t*aimo Hasan<*iltt-Ali » séheb di Sicilia^ «6d eoiigrDìnom«ttio.eoiitro il
• paese dei Bum. i
19W.958 1 ^ 252 —
mente drizzava le prore al bel mezzo della colonia
musulmana di Sicilia; prendea Termini a ventiquattro
miglia di Palermo; assaliva indi la città di Mazara. Do-
ve sopraccorso Hasan, Y emiro ebbe la peggio, e perde
molti de' suoi: ^ pur Basilio se ne andò senza infestar
r isola altrimenti. L' anno appresso (958), Hasan con
r armata siciliana toccava le costiere di Calabria ; con-
giungea le forze con 'Ammdr; e insieme andavano ad
affrontare ad Otranto Tarmata bizantina > capitanata
da Mariano Àrgirio in persona. Dalle tre narrazioni ,
diverse e mutile, che abbiam di questa fazione, si ri-
trae come un gagliardo vento levatosi contro T ar-
mata di Sicilia quando si veniva alle mani, desse agio
al patrizio d' uscir di briga senza battaglia, e di pren-
dere una nave musulmana imbattutasi tra le sue. Le
altre, ricacciate dalla medesima tempesta vèr la Si-
cilia, la più parte fecero naufragio. I Siciliani poi si
vantarono della fuga delf Àrgirio ; questi impiastrò a
Costantinopoli che, aiutandolo il vento , avea distrutto
e affondato tutte lor navi ; un cronista bizantino , di
cui s' ignora la età, scrisse che i Musulmani accampati
a Reggio, mentre Y armata bizantina stava per passare
d'Otranto in Sicilia, presi di timor panico, se ne tornaro-
no a furia ed annegarono nei mari di Palermo. E in ve-
ro, se *Ammàr avea le stanze presso Reggio, i cittadini
dovean credere precipitosa fuga quel montar delle sue
genti su le navi d' Hasan, delle quali poi si riseppe, non
r andata ad Otranto, ma il naufragio presso la Sicilia/
* Ibid. SoppoDgo dai fatti segnentl la dimora di AmmAr in Calabria
e la ritirau di Basilio dall'isola.
* Confirontinsi: Tkeophaneseontinuatus, edix. di Bonn, p. 454, 455,
e Cedreno, stessa edizione, tomo li» p. 550, 560; Cranica di Cambridgef
— 253 — [9S9-960.I
Iq ogni modo, il patrìzio né assali risola, ne
tentò altra impresa di che si faccia memoria. Hasan
in men d' nn anno rifece V armata siciliana. ^ Non è
inverosimile, ma né anco provato, che in qaesto
tempo nn'armatetta musulmana abbia osteggiato Na-
poli per parecchi dì, fatto prigioni^ perduto la mag-
gior nave in un assalto, e in fine assentito a lasciar
tranquilla la città, prendendone taglia in moneta e va-
sellame d'oro e d'argento: e può credersi anco ch'al-
cun dei prigioni avesse visto in sogno San Gennaro
e Sant' Agrippino, i quali gli promettessero il riscatto
che poi seguì. ^ Da miglior fonte sappiamo che segui-
rono avvisaglie: il novecensessanta preso dai Musul-
mani un Afrina o come che si chiamasse, capitan
greco al certo, e dai Bizantini un Ibn-Baslùs e me-
nato a Costantinopoli ; il novecesessantuno venuto in
Sicilia un legato bizantino che portava il gran nome
di Socrate, il quale riscattò con danaro Afrina e gli
altri prigioni di sua gente. ' La debole guerra finì con
una tregua, fermata, com'ei pare, il medesimo anno,
e durata infino all' esaltazione di Niceforo Foca. *
1. e.» anni 6466, 6467 (1 settembre 957 a 31 agosto 959). La Continaa-
zione di Teofane dà evidenteinente il rapporto oficiale del patrizio, con
reticenze e confusione di tempi. Gedreno ci ha conservato 1* altra tradi-
zione, che non si trova nei cronisti contemporanei conosciuti da noi.
* Cronica di Camhridge, I. e.
* De Meo, Annali del Regno di Nàpoli^ tomo V, p. 558, anno 958. 11
solo mallevadore è T autore anonimo degli Atti di Sant' Agrippino. Se il
fatto si può ammettere, panni abbia ragione il De Meo a porlo il 958 piut-
tosto cbe il 961, com* altri avea pensato.
' Cronica di Cambridge, 1. e, anni 6468 e 6469 (i settembre 959
a 31 agosto 961). Il nome cbe trascrivo Afrina coi primi editori, è scritto
senza punti: onde può esser composto delle lettere seguenti: 1. a o i; 2.
f, k; 3. 6, i, ih, n, i; 4. idem ; 5. a ovvero h aspirata.
* Cedrone, I. e.
(961] — 254 —
CAPITOLO in.
Posate le armi, Basan suggellò con due gravi
fatti la novella amistà tra la dinastia fatemita e la
colonia siciliana ; obbedientìssima ormai di contuma-
cissima che sempre era stata. S'affrettò a comparire
a corte dì Mehdia col figliuolo Ahmed e con trenta
de'primarii nobili musulmani dell'isola; i quali, al dir
d' un Compilatore, prestarono giuramento a Moezz ; *
al dir della cronica contemporanea, Basan li fece en-
trar nella setta del Principe dei Credenti : * ond'e' mi
par manifesto che s' affiliassero alla società ismaelia-
na,* Non era avvenuto mai a' Fa temiti d'accalappiare
a un tratto tanti e si illustri proseliti. Moezz non ri-
finava dunque d' onorarli ; presentavali di Khira, o vo-
gliam dire sontuose sopravvesti degli opificij regii ,
* Ibn-Sceddftd, dal quale è loUo questo passo d'Àbulfeda, Ànnales
Uoslemiei^ iomo \\U P* ^^i seg., aonp 536. Vi si accorda Ibn-abi-DioàPi
MS. di Parigi, fog. 37 verso. Entrambi pongono il fatto nel 347 (24 mar-
zo 058 a 12 marzo 959), e dicono solo delPandata di Ahmed coi trenta, senza
nomiaafe Basan.
* Cronica (H Cambridge, anno 6469 (i« sett. 960 a 3t a^. 961), presso
Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. SO, dicendo di Basan e non di Ahmed.
Il divario della data non monta, o accenna viaggi diversi.
' fi Martorana, tomo I, p. 100, e il Wenricb, lib. I, cap. XIV» g 128,
p. 16lf interpretano che i trenta fossero iti a far professione di rito sciita.
Ma le parole della Cronica che ho citato portano piuttosto ad alBIiazione
aHa setta ismaeliana. Il giuramento non occorrea per la esaltazione del
pripcipe , riconosciuto In Sicilia da parecchi anni. Né giuramento poi , né
solenne professione si facea del rito sciita; il quale, differiva dalPortodosso
in una fAse dell'appello alla preghiera e in pochi punti di dritto, é però
la pratica di quello dlpendea dagli ofìciali del governo , né i privati ci avean
che fare. D'altronde si é già notato quanto agognasse la uovella dinastia
a far proseliti alla setta ismaeliana. Veggasi Libro IH, cap. VI, p. i36, 137.
— 2S5 — [<ML|
e, ooa Uberalità pia sustanziale, accrebbe loro gli 6ti-
p!^dii militari^ e fors'anco promise più larghe con-
cessiODi.
Perocché leggiamo nella crònica che quegli ot-
timati sollecitavano il califo a un'impresa sopra Taor^
mina. ' Il qual cenno e gli effetti segniti X anno ap-
presso, mostrano che si trattò di allargare le colonie
musulmane nel Val Demone e Val di Noto, sottc^rre
al khardg, e, secondò i casi, confiscare o dividere te
t^rre delle due province ; mutarvi la condieiooe dèi
Cristiani, da cittadini di municipii trtbatarìi a meri
d&imm 0 schiavi. Questo sembra il vero scopo del
viaggio in Affrica, e diali' affiliazione alla setta* Moexz,
guardando sèmpre air Oriente e agli Àbbassidi, nemici
comuni suoi e dell' imperò bizantino, avea forse ri-
ousato al solo Basan , assentì forse a malincuore a
tutta la nobiltà siciliana queir impresa che metteva
in pericolo la pace con Costantinopoli. Ma non potea
dir no senza ridestare i tumulti in Sicilia. Sondo tem-
poranea per natura la sicurtà accordata ai municipii
tfibutarii, non mancava ai cdoni il dritto d'occupar
quelli con la forza. Non mancava loro la brama, o
forse il bisogno, sondo la soopma del tributo a gran
pezza daifiore della gezta e del . kharàg., ooQ che del
fruttato diretto ddle terre. Fu di certo Hasan l' au-
tore e promotore del consiglio, premendogli più che
' Cronica di Cambridge, 1. e. La Toee che traduco * sUpendii militari *
si potrebbe leggera in oNjtq modo» e tfgiifieberebbe "acquisii.* Ma qai
toroano a sifiODimi ; peri^bè, oom essendoti per aoeo terre da divider^, il
principe non potea d(«erne di <|tteUe dett» State, ma solo assagnwe tem-
poraneamente le entrate di esse. Veggasi il Ubro Ili, cap. I, p. t6, seg.,
di questo volume.
* Cronica di Cambridge, 1. e.
1962.) — 256 —
a niun altro di metter mano sulla Sicilia orientale,
per accrescere il gitsnd, empierlo d' uomini suoi, rad-
doppiare le entrate e le forze dello Stato ; ad onor
della corona fatemita e profitto immediato di sé me-
desimo e dei figliuoli.
Tornati in Sicilia Ahmed e i nobili ' che di gioia
non capivano nella pelle, si aprì la primavera del
novecensessantadue con tripudio universale dei Mu-
sulmani, dal palagio degli emiri all'infimo tugurio.
Avea bandito Moezz per tutto l'impero che il dì della
circoncisione del proprio figliuolo, sarebbero anco cir-
concisi i fanciulli maturi a ciò di ciascuna famiglia,
spesando lui le feste , che soglion farsi in tal solenne
passaggio deir uomo dal grembo della madre al con-
sorzio della città: ' che tai larghezze usano tuttavia i
facoltosi musulmani verso lor clienti, e i poveri del
paese partecipano dei banchetti imbanditi. ' Alla nuo-
va luna dunque di rebi' primo del trecencinquantuno
(8 aprile 962), scritti innanzi tratto i fanciulli, si com-
piè il rito, cominciando dal figliuolo e dai fratelli del-
l'emiro Ahmed, e via scendendo ai nobili ed alla
gente minuta , che in Sicilia sommarono a quindici-
mila giovanetti ; e da parte del califo lor furono di-
spensati centomila dirhem e cinquanta some di vesti-
menta e piccioli regali.^ La circoncisione, eh' è uso
antichissimo degli Arabi, non precetto del Corano, non
' Abidfeda, e Ibn-abi-Dioftr, U. ce. SlDtende ch'essi non fanno motto
dei pensieri ch'io attribuisco a Moezz, ad Basan ed ai nobili Siciliani.
' Nowairì ciuto da Qoatrèma^, Vie de MaitA nel Journal AHati»
que, III* sèrie, tomo II, p. 490.
' D'Ohsson, Tableau de l'empire oUoman, libro II, cap. 17.
* Abolfeda e Ibn-abi-Dinàr, li. oc.
257 ^ ' 1962.1
ha tempo determinato ; sì fa per ordinario a sette an-
ni, la differisce qualche famiglia più o meno infino
assedici. Però il namero che notammo non ne darà con
certezza quello degli abitatori musulmani di tutta riso-
la; pure servirà a ragionarlo a un di presso. *
Senza dimora, Àhmed mandava ad effetto il di-
segno. Mosse del mese di maggio, con esercito di Si-
ciliani e Àffricani, sopra Taormina; i cui cittadini,
com'era manifesta la causa dell'assalto, s'erano ap-
parecchiati a difendere fino agli estremi la roba e li-
bertà. E valorosamente il fecero ; né li sgomentaron
le nuove soldatesche di^asan-ibn-Ammàr, cugino
d'Ahmed, venuto d' Affrica in Palermo il primo ago-
sto e sopraccorso al campo. Ma quando i Musulmani
tagliarono l'acqua che dava da bere alla città, fu
forza calarsi all'accordo. Ricusato ogni onesto patto
da Ahmed, che sapea quel ch'ei volea, la tortura
della sete sforzò i Taorminesi a risegnare tutto ciò
che possedeano e darsi schiavi , salva la vita sola :
e così uscirono dalla rócca il. ventiquattro dicembre,
dopo sette mesi e mezzo d'assedio. Le facoltà dei
vinti, scrive Ibn-el-Athir, divennero fei; eh' è a dire
i terreni caddero nel fisco, per investirsi in sti pen-
dii militari. L'emiro mandava a Moezz mille sette-
< Secondo le tavole di popolazione di Francia e di qualche provincia
d* Italia che ho avuto alle mani, i fanciulli maschi dì 7 anni sono il cente-
simo della popolazione. Supponendo metà dei 15,000 di sette anni e metà
oltre gli otto, la popolazione mnsulmana di Sicilia nel 972 tornerebbe
a 750,000 il qua! numero non discorda dai computi che abbiam fatto con al**
tri dati, Libro IH, cap. XI, pag. 316 di questo volume, li Palmieri, nella
Somma della Storia di Sicilia, Palermo 1834, voi. I, p. 376, su questo
medesimo dato ragiona i Musulmani dell'isola a 300,600. E sbaglia; per-
chè suppone istituita allora la circoncisione dai Fatemiti , e che si fosse
praticata in Sicilia per la prima volta, e però su tulli i fanciulli di ogni età.
II. 17
|962 1 - 258 ~
cento settanta dei prìgiooi. ' E mettea presidio di qual-
che centinaio di Musulmani nella città, mutando il
nome, a onor del califo, da Taormina in Moezzia.*
Il che dà a vedere un primo principio di colo-
nia e fa supporre T ordinamento che si tentasse in
tutta la regione orientale. Perchè Moezzia non fosse
una bicocca da schiavi o da liberti, fu lasciata al
certo la popolazione agricola nel contado , e la gente
minuta, mercatanti o artefici, nella città. Le terre in-
difese o scarse di abitatori chiedeano ai certo e
otteneano V amàn, prima o dopo Taormina ; scenden-
do i cittadini a condizione di dsimmi e scansando la
schiavitù, fors' anco lo ^spogliamento dei beni privati ;
e cominciò a stanziare alcun picciolo stuolo del giund
nei luoghi più importanti. In particolare noi sappiam
che di Siracusa, dove comparisce due anni appresso
debole colonia che non bastava a difendersi da qual-
che galea bizantina, ma a capo d' altri cinque anni la
si scorge adulta^ da farsi sentir nella guerra civile. ^
* Nowatri dice 1570. Nel supposto che fosse la qainta del principe si
ragionerebbe a 9000 anime ia popolazione di Taormina. Ma forse non era
luogo ad osservare la proporzione legale, perocebò lloezz potea aver man*
dato soldatesche di schiavi , e prender come sua propria la parte che lor
toccava dei prigioni e del bottino.
' Si confrontino: Cronica di Cambridge, anno 6470-71, op. cit. , p. \^i;
Ibn-el-Athtr, anno 551, MS. B, p. 302; Àbulfeda, Ànnales Moslemici,
anni 336 e 351 , tomo II» p. 446, se«., 478 ; Nowalri, presso Di Gregorio,
Rerum Àrabicarum^ p. 15, 16; Ibn-Khaldùn , Hietùre de k'Àfrique et de
ìa SiciU, p. 170, e Sieria dei Fatemili, MS. di Parigi, Supk Arabe, 743 qua-
ter» voL IV, fog. 20 verso, e traduzione di M. De Slane in appendice aUa
Hifloire dee Bérbèree par Ibn'Kkaldeun, tomo II» p. 54i; Ibn-abi-Dindr ,
MS. di Parigi, fog. 37 verso, seg.; Lupo Prolospatario» presso Pertz, Seri'
ptore», tomo V, p. 54.
3 Si vegga per Siracusa nel 964, il sógoito del presente capitolo, e
nel 969 il capitolo V di questo Libro IV. Per s^tre città non ho testi da
poter citare.
- 259 - 19«5.|
ProbabiI è dunque che abbian messo pie nelle ruine
d' Acradina e d' Ortigia verso il novecentosessanta-
due ; trovandovi già raggranellato un pò* di popola-
zione cristiana. In ogni modo» dopo la occupazione
di Taormina, tutta la Sicilia obbediva ai Musulmani,
fuorché Rametta , solo avanzo de' municipii greci e
romani di Sicilia; antico asilo, com'io penso, dei più
valorosi cittadini di Messina, ' ed or di quanti altri
cristiani della provincia amassero meglio guardar
la morte in faccia che soffrire Y ignominia del vas-
sallaggio.
Nò veggo nelle istorie qual popol abbia mai sor-
tito fine più magnanima»: tanta fu la saviezza dei
preparamenti, la costanza della volontà, il valdt nel
combattere, e con sì poca speranza d' aiuto gettarono
il guanto ai vincitori. Che morto Romano secondo im-
peratore (15 marzo 963) e succedutigli due bambini,
si disputava il comando tra la rea lor madre e un
eunuco; né potea sapersi in Sicilia T esito della rivo-
luzione militare eh' esaltò Niceforo Foca ( 1 6 agosto
963), quando Hasan-ibn- Ammàr poneva il campo a
Rametta T ultimo di regeb trecentocinquantadue (23
agósto 963); venendo a punir la ribellione, come al
solito si chiamò. Si dubitava tanto poco dell'esito, che
r emiro Ahmed partì al tempo stesso per Y Affrica ' a
compier, com'ei sembra, T ordinamento amministra-
tivo deir isola con Moezz ; il quale comandò che Ibn-
'Ammdr riducesse intanto Rametta. E quegli piantò
< Si v«gga il Libro II, cap. X, pag. 426 del primo volume.
* Si confrontino: Cronica di Cambridge, anno 6471 (96S-5), op. cit.,
p. 51, e Nowairi, op. cit. , p. 16.
1964.1 — 200 -
suoi mangani e 'arràde, * a batter le mura ; si provò
ad affaticare i cittadini ogni di con assalti; e nulla ap-
prodava. Tanto che, pensando ridurli per fame, passò
tra que' monti Tinverno e la primavera e la state ap-
presso , trinceato bene il campo, e costruitovi un ca-
stello per sé e casipole ai soldati. '
Que' di Rametta intanto chiesero aiuti a Nice-
foro Foca, il Domestico, come il chiamano sempre gli
Arabi, dall'alto oficio che tenne pria dell'impero e
che illustrò, a danno loro, col conquisto di Creta
(maggio 961 ) e altre belle vittorie. » Salito al trono,
volle levare air Impero la vergogna del tributo che si
pagava ai Musulmani ; e sperò che bastassero gli au-
spicii suoi e le medesime armi a ripigliar la Sicilia
col fiivor della popolazione cristiana. Onde adunò po-
deroso esercito, dicesi più di quarantamila uomini,*
di varie nazioni : Armeni, antichissimi difenditori del-
* Golesta Toce e il fatto si troTanouel soloNowairi. Le *arràde, macchine
da gitto più picciole del mangano, come le spiegano i dizlonarii, erano già
in nso nel decimo secolo appo gli Arabi, facendone menzione Mawerdi,
ediz. Enger, p. 7S. ^
s Nowairi, I. e.
' Secondo gli autori bizantini citati da Le Beao, Histoire du Bas Empi-
re, Libro LXXIV, cap. 46, ambo i califl, abbassida e fatemita, abbandona-
rono i Cretesi, tisto non poterli aiutare. Presso alcuni annalisti musulmani
corse l'errore cbe Moezz avesse mandato forze cbe liberaron Creta; il qual
fatto M. Quatremère notò in una compilazione persiana, e giudiziosamente
lo suppose dato per anacronismo invece della sconfitta di Costantino Gon-
gilo del 958. Veggasi il Journal Asiatique, II1« sèrie, tomo II, p..420, 421.
Ha mi. è avvenuto di trovare appunto lo stesso racconto in Ibn-el-Athir ,
anno 351 (962), MS. C, tomo IV, V, e nelPaltro MS. di Parigi, Supl. Àrabe,
741 bis, fog.228 verso; se non cbe in un MS. si legge ben Greta, e nel se-
secondo "l'isola di . . . .* lasciando il nome in bianco. Indi si potrebbe sup-
porre cbe, in vece d'anacronismo, lo sbaglio fosse nel nome. E mi è parso
di farne menzione, perchè l'isola potrebbe per avventura esser Malta.
* Ibn-el-Atbir.
— 261 — [964.1
r impero ; mercenarii russi, * battezzati di fresco ; e
gli eretici Pauliciani * che, trasportati in Tracia , mi-
litavano sotto le insegne dei loro persecutori con ri-
putazione di ferocissimi soldati : dei quali i Russi e
i Pauliciani avean testé fatto buona prova a Creta. *
Si apprestarono legni di non più vista grandezza per
traghettare le genti ; le navi da battaglia robuste e
munite di fuochi ; ^ il terrore dell' oste accresciuto da
grande salmeria di macchine da gitto ; ^ deputato a
pregare il cielo in buona forma e vigilare sì sospetta
accozzaglia di costumi, lingue, e coscienze straniere,
con oficio di cappellano m^lggiore, come noi direm-
mo, un iSiceforo, uom di molta pietà e mollo isenno,
prete di corte, poscia vescovo di Mileto e in ultimo
santo canonizzato. " Fin qui V imperatore provvide da
vecchio soldato. Se non che elesse i condottieri - per
fovpre e corta scaltrezza di palagio. Non uno ma due
condottieri , patrizii entrambi ; dei quali il primo fra-
tello del protovestiarìo, o maggiordomo che noi di-
remmo> ebbe npme Niceta ; eunuco pien di religione,
erudito negli scritti dei Santi Padri , ma , sbagliata la
via, si trovava in quella stagione protospa tarlo, che
* Nowairi.
3 Nowairi. Questo compilatore scrìve Magi. Il Di Gregorio tradusse
Penis; M. Quatremère, op. cit., notò in parentesi Normands. Senza il
menomo dubbio- si tratta de' Pauliciani, ai quali l'eresia manichea potea
beh meritare appo i Musulmani la volgare appellazione di Magi. Noi sap-
piamo che le legioni di Tracia erano composte di Pauliciani e cbe aveano
trionfato a Greta. Si veggano Le Beau, op. cit., libro LXXIV, cap. 14, e
Gibbon, Decline and Fall^ cap. LIV, nota 4.
' Le Beau, 1. e.
* Leone Diacono Galoense.
» Ibn-el-Athlr.
^ Vita di San Niceforo vescovo di Milelo.
[964. 1 — 262 —
suona aiutante di campo dell'imperatore. Eìjtoe co-
stui il grado di drungario, o vice-ammiraglio, il co-
mando particolare del navilio* e supremo dell'im-
presa.* L'altro, Manuele figliuol naturale di Leone
Foca, nipote però di Niceforo, fatto generale della ca-
valleria : giovane d'animo bollente, testa dura e cieco
valore. ' De' due omessi insieme, pensò Niceforo com-
porre un ottimo capitano, senza avere ricorso ad al-
cun di que'suoi sperimentati commilitoni dell'Asia
Minore, il quale andasse in Sicilia a guadagnare nuova
riputazione e poi mettersi, com'egli stesso a vea fat-
to, su la via del trono : é questo non gli fece veder
r errore di porre un forzuto e fiero principe del san-
gue mezzo a ragguaglio e mezzo sotto d'un soldato
da tavolino. Pur a Costantinopoli non era chi dubi-
tasse delia vittoria. Oltre la potenza di tanto sforzo,
n' erano pegno lor nuovi libri sibillini detti le Visioni
di Daniele, ed i vaticinii d' Ippolito vescovo di Sicilia
dei quali nessuno s'era visto fallire; e vi si leggea co-
me il- lione e il lioncello dovessero un giorno divo-
rare r onagro. Parea chiaro ai Greci che le due belve
con le zanne simboleggiassero i due imperatori di
Cristianità, Niceforo e Olone, e l'altra belva del de-
serto Moezz ; se non che , quattr' anni dopo la scon-
fitta, il nostro Liutprando si beffò di loro che non
avessero capilo. Òtone e il figliuolo, ei rimbeccò, ve-
raci leoni, doveano manicarsi Niceforo, asino selva-
tico vano ed incestuoso, che avea sposata la comare.
* Leone Diacono, e Vita di SanJNieeforo.
* Vita di San Niceforo.
^ Leone Diacono.
— 265 — |964.|
E il mordace vescovo di Cremona parlava tanto da
senno, che appose la vittoria dei Musulmani alla fi-
danza che n' avessero presa , interpretando appunto
come lui la profezia d* Ippolito. *
Risaputi i preparamenti del nemico, Àhmed rac-
conciò e armò in fretta il navilio siciliano ; scrisse
marinari e soldati, e chiese immediati rinforzi a Moezz.
il quale, non perdonando a spesa, mandava il navi-
lio. d'Affrica con molte schiere di Berberi/ capitanate
da Hasan, padre d'Ahmed. Giunti del mese di ramadh^
an (H settembre a 10 ottobre 964),^ Hasan avviava
uno stuolo al campo di Rametta, rimaneva egli col gros-
so delle genti in Palermo, sovvenendogli dello sbarco
di Basilio nella Sicilia occidentale (957). Già Toste
bizantina, traghettato V Adriatico, s'era raccolta in su
la punta di Calabria. Principiò il tre scewàl (12 otto-
bre), fornì in nove giorni il passaggio dello stretto ;
occupò a prima giunta Messina ; afforzolla con fossati ,
e risarcì le mura. ^ Intanto altri stuoli , recati al certo
dall'armata, si mostravano per le costiere di setten-*
trione e di levante ; prendeano nell'una Termini d'as-
salto, ed era bene per togliere gli aiuti di Hasan ;
neir altra vanamente sparpagliavansi tra Taormina,
Lentini e Siracusa, delle quali ebber le prime due di
* Liulpraildo. Ognun sa la sua rabbia contro i Bizantini, come lombar*
do; e contro Niceforo Foca perchè t'accolse freddamente o peggio, quando
Otone primo il mandò oratore a Costantinopoli.
' ibn-ei-Atbir, Nowatri e gli altri Arabi. li nome di Berberi si ricava
dalla sola Cronica di Cambridge, dove fu franteso dai primi edttorl e con
essi dal Di Gregorio; talché tradussero in latino: ''oum eoptis^tn^Aber,"
In veoe di questo nome proprio, si dèe leggere senza il menomo dubbio
Berdber, cli^ è il plurale di Berbero.
' Ibn-el-Atbir, Nowairl, e gii altri Arabi.
(064.1 -^ 264 —
queto, la terza per battaglia/ Cotest' errore di allon-
tanar troppa gente da Messina, pianta della guerra,
e la mala disciplina de' soldati, non isfuggirono agli
ansiosi cristiani di Sicilia. Ci si narra che Prassina-
chio , uom di specchiate virtù , che s era posto in un
romitaggio in su Io Stretto ed era tenuto lucidii^simo
' tra i ''veggenti in Dio"' del paese, avesse presagito la
sconfitta al cappellano maggiore bizantino ; il quale
non s'aspettava altro da quella marmaglia armata' che
gli avean dato in guardia.
JVlentre Niceta guazzava per trecento miglia di
costiere col grosso del navilio, Manuele Foca s'av^
viluppo col grosso de' cavalli tra i precipizii dei monti
Nettunii, per dare aiuto a Rametta. La quale, a guar-
darla in su la carta, è vicina a nove miglia .a Messina;^
ma vi si frappone erto il Dinnamare, che guarda en-
trambe le acque del Ionio e del Tirreno e dalla cima
sovrasta a quelle per tremila trecento piedi. Pertanto
chi cavalchi da Messina a Rametta, dèe prender lungo
giro intorno la montagna per settentrione e ponente
< Coleste fazioni sodo accennate dal solo Leone Diacono, in mezzo a
laogbì comuni di reltorica, che mi fecero stare in forse se lo scrittore ci.
avesse anche Gccato, come luogo comune di erudizione, tutti ì nonrì clas-
sici che gli sovvenivano della geograOa di Sicilia. Ei dà a Termini T antico
nome dMmera, nh fa parola di Rametta. I Siciliani non potendo difendere
le città, si ritraggono sui monti e nelle selve, i Romani, inseguendoli là
' dove i fronzuti rami togltean la vista del sole , sciolgono la falange , onde
son còlti dai barbari in un agguato tra greppi e caverne, ec. Pur tra co-
teste frasi da scuola, le fazioni delle quattro città nominate hanno sembianza
di vero; tantopiù che sappiamo da altre fonti che 1 Musulmani dopo le vitto-
rie di Rametta e del Faro, ebbero a combattere in varii luoghi. Perciò am-
metto la testimonianza.
' 6eo7r?-txc5v.
' Credo così render meglio che con versione litterale il testo avayMyiav
wXsiffTriv T«v ffTpKTKjyóJv, YHo di San Niceforo vescovo di Mikto,
* Veggasi Libro III, cap. X, pag. 427 del primo volume.
— 265 — (%4.|
infino a Spadafora, o per mezzogiorno infino a Mili,
e risalir dalF una o dall' altra per le convalli ; delle
quali strade la prima corre ventiquattro miglia, Taitra
più di trenta. Sboccano in una pianura ritonda di tre
o quattro miglia di diametro; in mezzo alla quale
spiccasi in alto una collina o piuttosto immane masso ,
che vi si poggia per un sol viottolo aspro e faticoso
di mezzo miglio ; e la xima disuguale è tutta coronata
di mura. Quest' è Rametta. Il piano d' intorno sembra
l'arena di un circo apparecchiato ad eserciti per
duellare a ultimo sangue. Gli fan chiostra scoscese e
spaventevoli coste, fendendosi quanto basti ad aprir
la via per settentrione a Spadafora, per mezzogiorno
a Mili; e un' altra gola verso ponente conduce a Mon-
forte. Dal lato orientale taglia la pianura un burrone
tirato quasi a filo per parecchie miglia da mezzodì
a tramontana: profondo squarcio di terreno silicea,
targo, precipitoso; e all'imo fondo è talvolta sta-
gliato come fosso di fortezza, che non dà via a ca-
larvi. Così lo descrivono i cronisti arabi ; e mei con-
fermavan uomini pratichi dei luoghi, dai quali seppi
qtiant' io ne ho scritto. Delle tre gole fanno anco mea-
. zione gli Arabi , ma danno il nome di quelle sole di
Mikos e Demòna; nell'una delle quali oggi mette
capo la via di Mili e nell' altra la via di Monforte. E
s' addimandavan così da due fortezze molto importanti
in quel tempo ; onde già ci è occorso di farne parola.*
< Si vegga il Libro II, cap. XII, voi. I, pag. 468, nota 4, ed il Libro HI,
cap. IV, pag. 83, nota i. I nomi topografici son dati qui dal solo Nowairi;
nei due MS. del quale. Demona si riconosce con certezza. Non cosi Taltro
nome che ba le lettere *»K8c ovvero »»£«, rimanendo molto dubbie le prime
due^ Preferisco la lezione del migliore tra i MSS. di Edrìsi,
1964.) — 266 —
Aveva Ibn- Ammàr dato avviso dello sbarco ad
Ahmed : e questi incontanente mosse di Palenno ; '
ma non potè giungere avanti Manuele, il quale, non
prima raccolte le genti a Messina, le menò in furia
a Ramelta, la notte innanzi il quindici scewàl (S4
ottobre). Mandò una schiera a tentare il passo di ATi-
kos, un'altra quel di Demona, una terza a inter
cettare gli aiuti su la strada di Palermo: egli, con
T esercito spartito in sei schiere, segui la marina fino
a Spadafora; indi poggiò alla volta di Rametta. E quivi
Ibn- Ammàr avea dovuto scemarsi anco di tre schiere
per chiudere i passi di Mikos e Demona, e fronteg-
giare gli assediati, se tentassero la sortita. Altro non
gli rimanea dunque che un buon nodo^ tutto o la più
parte d* Arabi Siciliani; col quale si fece incontro a
Manuele. Air alba appiccarono la zuffa. *
Al fragore non si stettero i cittadin di Rametta
che non facessero impeto nello stuolo musulmano
messo in guardia ; il quale li ricacciò dentro le mura.
Con uguale fortuna que'che teneano i passi di mezzo-
giorno e di ponente respinsero i Bizantini. * Ma gli Ara-
bi che &ì erano travagliati lunga pezza contro Manuele
con grande strage del nemico e loro, imberciati nella
stretta serra , com' e' sembra , dai tiri delle macchine ,
' Nowairi; ma non dice se per terra o per mare. £ più probabile il
primo, e ebe Àbmed abbia dovuto allungare il cammino per iscansare Ter-
mini, occupata dal nemico.
* Gonfrontinsi: !bn-*M-'Athlr e Ifowairì. Questi, come drcemmo, non dà
il nome della strada che teinne "Manuele; ma la sola che gli reslava, e la più
breve delle due praticabili , era quella df Spadafora. Tal conseguenza nt-
cessarla è confermata dal hiio della schiera posta su la via di Paltrmo.
' ibn-el-Atb!r, e Nowairi.
- 267 - i%4.i
cominciarono a ritrarsi negli alloggiamenti : * e i Cri-
stiani ad incalzarli, ad irrompere nella pianura, a cir-
condare il campo : se li abbiamo cacciati dal passo,
che faranno or che li tenghiamo in mezzo e lor to-
gliamo F aria da respirare ? E per troppa certezza
della vittoria par si fossero disordinati i Bizantini.
Gli altri , certissimi ed ormai bramosi della morte, *
voglion finirla a un tratto ; intonano i versi dell' an-
tico poeta arabo :
(( Indietreggiai per amor della vita ; paa vita ,
» ah , non sento in petto se non ripiglio Y assalto !
D Che le ferite del codardo gli tingano le calca-
» gna. À noi le ferite piovon sangue su la punta del
» pie. »
E s avventano con Ibn- Ammàr : la misura del
verso li uni in un sol impeto da farsi far largo. Il ca-
ptano, visto che in vece di morire si può vincer tut-
tavia, grida a tutto fiato: ""OhDio, se m'abbandonano
i figli d' Adamo non mi lasciar tu : " e die un' altra
carica, che scompigliò i nemici; e invano lor patrizii
< I compilatori dicono che !bn->'Anunàr andò incontro a Manuele, a^nia
particolareggiare il luogo doTe si combattesse avanti la ritirata nel campo.
Ha è evidente che fti nella gola di Spadafora. lbn-*Ammàr non poteva aspet-
tar nel piano un nemico sì superiore dì numero e di cavalli.
. ' Ibn-el-Atbìr. Nowairi ec. ^
> Cotesti versi, dati dal solo Ibn-el-Atblr, sono di Hosein-ibn-Homàm
deHa tribù di Morra, e si leggono neir antologia poetica intitolata Bamaaa
ossia "della virtù in guerra,* testo arabico pubblicato dal Freytag, p. 92,93.
Hosein visse avanti rislAoismo; il poco che sappiam di lui, si vegga nel
Commentario àeWBamaM, 1. c.,ein Ìbn*Doreid "Libro etimologico," testo
pubblicato a GoUinga dal Wiistenfeld, p. 186. I versi recitati dai combai*
tenti provano che questi fossero Arabi, e però della colonia siciliana; poi-
ché MoecB a vea mandato d'Affrica soldatesche l>eri>ere. 11 giund arabico
d'Affirica, se pur ne rimaneva in questo tempo, era ridotto a picciol nomeiv
e niente disposto a venire in Sicilia.
|964.| — 268 —
fecero prova a rattestarli con le parole e coir esem-
pio. Manuele spronava nella mischia con un' eletta di
cavalli ; rinfacciava a' suoi che si fossero millantati
tanto coir imperatore ed or fuggissero dinanzi un
pugno di barbari. Ferì in questo dire tra i Musulma-
ni ; uccise di sua mano un uomo ; e si trovò avvi-
luppato, picchiato di lance d'ogni banda; ma non pas-
savano la grave armadura. Tirano dunque al cavallo,
chi dì punta, chi di taglio a' garretti; caduto a terra col
suo signore gli si abbaruffano addosso Arabi e Gre-
ci ; alfine fu spacciato Manuele e chi V aiutò. Gli al-
tri si sbaragliarono. Era tra mezzodì e vespro.* Il
grosso degli Arabi eran fanti, come si vede neir epi-
sodio di Manuele che terminò la battaglia.
Durò la caccia, la fuga, la carnificina infino a notte.
A compier l'epico terrore del caso,' un negro nembo
che ottenebrava quella chiostra di monti, scoppiando
a folgori e tuoni quando fu decisa la giornata, incru-
delì sopra i fuggenti, accrescendo i pericoli degli
ignoti e rotti luoghi. Uno squadrone messosi a briglia
sciolta giù pel burrato, precipitò nella fossa; che la
colmaron uomini e cavalli, e i vincitori passaronvi su
di galoppo, dicono i loro annali, né par mica impos-
sibile. D'ogni lato, pe' greppi e per le boscaglie, inse-
guirono gli spicciolati, li scannarono quanto loro ba-
stavan le forze a ferire: pochi patrizii o altri uòmini
%
^ Nowairi scrive : fin dopo la prece del Zohr , che sì fa passato mez*
zodì; IbD-el-Athtr all'ora ùeW'Àsr, che in quella stagione torcerebbe a
Tentim'ora e mezza, a modo dei nostri antichi.
* Ritraendosi coiesti particolari dagli Arabi, non T*ha il menomo so-
spetto di faUura rettorica. Non è al certo in ior annali che gli Arabi dan
volo air immaginazione.
— 269 — [964-965.)
di nota fatti prigioni, per avarizia del riscatto. Po-
chissimi camparono fuggendo. Più di diecimila i
morti ; bottino infinito di cavalli, robe, armi ; tra
le quali si trovò una spada ch'era passata dai MusuK
mani ai Cristiani in Oriente, e que'la riebbero nel san-
guinoso campo di Rametta. Su la quale era inciso in
caratteri arabici: "Indiano è questo brando; pesa cen-
settanta mithkàl; e molto ferì dinanzi Tapostol di Dio.''
Cotesta reliquia delle prime guerre dell'islam era
mandata poscia a Moezz con altre preziose armi e pia-
stre e maglie; * aggiuntovi una resta di capi mozzi e
dugento prigioni barbari , dice una cronica , ' che
sembran degli Armeni o dei Russi.
Ma come i trofei erano recali in Palermo, uscito
all'incontro l'emiro Hasan, fu commosso, dice Ibn-
Khaldùn, di tanta e sì improvvisa gioia che gli scop-
A Si confrontino: lbn-el-Athlr,Àbulfeda, Nowairi,lbn-KhaIdùn. II Di Gre-
gorio, Rerum Arabicarum, p. 18, tradusse l'ultima parte della leggenda incisa
su la spada "multum is sanguinem fadit in manibus Apostoli Dei,* scostando^
dalla versione francese di M . Gaussìn; il quale (Histoire de Sicile, . . du Nowairi,
pag. 54, in appendice a Riedesel, Voyages en Sicile ec) gli rimbeccò che
la frase arabica " nel mezzo delle mani " significa non già " nelle mani * mt
*in presenza." E ciò è verissimo; quantunque si potrebbe allegare a difesa
del Di Gregorio qualche raro esempio eh* egli non conoscea di certo, nel
quale la detta frase ha il significalo liiterale "nelle mani" ovvero "per le
mani." Ma nel caso nostro parmi dubbio essere stata cotesta spada in pu-
gno non che di Maometto, ma d'alcun dei primi guerrieri dell'islamismo.
Litteralmente abbiamo: "lungo (è) quanto fu percosso con esso (brando) nel
mezzo delle mani ce. ;" il che si può intendere in presenza di Maometto,
dalla parte sua o dalla parte contraria. E mi appiglierei a quest'ultimo
supposto anzi che ai pripoo , per l'ambiguità che pare studiata, e sopratutto
perchè manca la formola (feri) " nella via di Dio " cioè in difesa della reli-
gione. H peso della spada torna da sette ad ottocento grammi, variando il
mithkal secondo i tempi e i luoghi.
* Nowairi. L'appellazione 'Ilg non si dava ordinariamente ai Bizantini
{Rum) né ai Persiani {*Agem}. Il compilatore, o forse il cronista, adoperò
la stessa voce Hlg per designare il Palata alemanno, o piuttosto armeno, di
cui nel Libro II, cap. I, p. 247 del primo volume.
(965.1 — 270 —
piò una febbre maligna; della qaale mori, del mese
di novembre, a cinqaantatrè anni/ Tacciono tal dram-
matica infermità gli altri annalisti: onde potè per av-
ventura immaginarsela quell'ardito e primo scrittor
della Scienza Nuova ^* cercando sempre dentro la sto-
ria medesima la cagione del fatto la quale spesse
volte si trova fuori. Fu pianto da tutti Basan, va-
loroso, savio, fondator d'una dinastia e però macu-
lato dei vizii del mestiere, che poi spariscono nel ba-
glior d^una corona.
I martiri di Rametta intanto bevvero infine al-
Fultima stilla il calice amaro che la fortuna porgeva
insieme con lor santa corona. Tennero il fermo dopo
la sconfitta dei Greci ; ma Io stremo delle vittuaglie
li sforzò a mandar via le bocche inutili: mille della
povera gente, com'è' sembra, tra vecchi, donne è faur
ciullil Ibn-'Ammàr, in vece di rispingerli nella fortezza
é affrettar la dedizione di quella, li accolse e mandò
in' Palermo; ma fu crudo coi rimagnenti. Fatti pelle
ed ossa, tuttavia combattevano, entrato già il nove-
eènsessantacihque ; quando un giorno Ibn-Àmmàr
apparecchia le scale, dà T assalto, lo protrae fino a
notte; e allora una mano dei suoi salì su le agognate
mura di Ramettai Passati a fil di spada gli uomini ;
menate in' cattività le donne, i fanciulli ; saccheggiata
la città, e fattovi grande bottino. Partendosi dopo un
anno e mezzo da* selvaggi luoghi illustrati con tanto
' Coofrontiosi : Abulfeda ,, ^owairi, Ibn-KbaldùQ. La data della morte
sì trova soltanto nel primo e nella Cranica di Cambridge, secondo Vvmo
del mese di dsu-1-ka'da (8 novi a 8 dic.)i secondo l'altra in novembre.
' Ibn-Kbaldùo, si come il nostro Vico, notò cbe tentava una scienza
novella. Si vegga la Introduiiohe nel primo volume della presente Storia,
pag. Liv.
— 271 — (%5.|
sangue, Ibo-'Àminàr lasciò nella rócca presidio e abi*
latori musulmani. ^
In questo mezzo Abmed guadagnava una batta-
glia navale. Saputa la rotta di Manuele mentr ei si
affrettava marciando sopra Rametta/ tirò dritto, co^
m'ei pare, a Messina' per cavar la voglia d'un novello
sbarco ai Bizantini che s'eran messi in salvo a Regr
gio. Seguiron poi' in Sicilia tanti altri scontri/ non
sappiamo i luoghi; e d'un solo il Bome del capitan
bizantino, il maestro Essaconte, il quale fu sconfitto
con grande strage/ Donde è manifesto che i Musul^
mani ripigliavano ad una ad una le terre occupate;
mentre il navilio greco pigramente stava li a Reggio
per raccorrà i presidii. Àbmed si pose alla vedetta a
Messina con quante forze potè. Quando Tarmata ne*
mica sciolse le vele per Costantinopoli, risolutameute
ei Tassali ; con tanta disparità di preparamenti navali,
che i Musulmani gittaronsi talvolta a nuoto per appic-
care il fuoco ai legni nemici/ Aspro e lungo indi il
< Ibn-el-Atbtr e qualche particolare dà Nowairi.
• Nowairt.
' 1 cropifti bizantìBl, comificiaDdo da Leone DiaciHiOy s6n ^ mal^ in*
formati, che dicono preso il navilio bizantino nel porto di Messina dal
nemico che hisegaiva gli avanzi delli sbaragliati di Rametta. La nuova
corse al par confusa nell* Italia di mezzo, poiché Liutprando dice ucciso Ma-
nuele e preso Niceta nella stessa battaglia tra SeiUa e Cariddf.
* Gonfrontinsi : Ibn-ei-Athlr, Nowairi, Ibi^Kbaldàn.
s LittCprando.
B|hn-el-Àihtr, e in due luoghi Ibn-Khaldùn. Il professore Fleiscber,
rivedendo le stampe della Bibiiattea AfabO''Sieula, ba proposto di leggere
qui "sfondare" invece di "ardere; * ! quali due verbi non differiscono ià
Acritlura arabica .che per un punto diacritico su la prima lettera. Ma i MSS:
sono nniforini nella lezione che io seguo. B la probabilità, in nna'battagUa
navale, mi par maggiore per l'effetto di appiccare T incendio gittandosi a
nuoto con una fiaccola di fuoco greco, che per quello di tulBire con un palo
di ferro e lavorar su i Banchi di una grossa galea.
1065.1 - 272 -«
combattimento, che ne rosseggiò il mar di sangue,
scrivono gli Arabi ^ in metafora, e può passare. Com-
piuta fu lor vittoria nella battaglia dello Stretto, come
la chiamarono. Àffoudate, arse o prese tutte le navi
bizantine; fatto grandissimo numero di prigioni, con
cento patrizii e mille altri nobili , se la non è metafora
aritmetica d'Ibn-Khaldùn. Il bottino e i prigioni erano
recati in Palermo.' Tra gli altri Teunuco ammiraglio,
il quale fu mandato a Moezz, e dimorò due anni a
Mehdia' in comoda prigione, ingannando il tempo a
copiar le omelie di San Basilio e qualche altro pio te-
sto greco, in più di dugento fogli di pergamena: bel
volume ch'è adesso nella Biblioteca di Parigi , soscritto
con data e nome e titoli e donazione a una chiesa
di Costantinopoli , condotto dal principio alla fine con
mano uguale e ferma , di buon calligrafo , rubriche ad
oro e colori, larghi margini e puliti, colonne e righi
tirati a squadra e compasso, che Temistocle e Archi-
mede avrebbero potuto invidiare tant' arte a Niceta/
Ahmed, toltosi costui dinanzi, spingea le gualdane
contro le città greche, com'io credo, di Calabria; le
quali, visto depredati i contadi e intercetti i commer-
' Nowairi.
s GoDfrontiDsi: Ibn-el-Atblr e Ibn-Kbaldùn. Entrambi dicono espres*
samenle che la battaglia dello Stretto segai nel 334.
' Leone Diacono, Liutprando, lo scrittore anonimo della Vita di san
Nieefaro, e Gedreoo.
* MS. greco , Ancien Fonds, 497, proveniente dalla biblioteca di Coir
bert. La soscrldone è pubblicata dal Hontfaucon, Paléographie, 45 A , e
meglio da M. Base, io nota alla pagina 67 del testo di Leone Diacono. La
soscrizione a p..444, data nella prigione di Africa, come si chiamava an-
che Mehdia (èv tJ SaittazinplGi 'A^p«x^fi), è di settembre indizione deci-
ma (967). Niceta non vi dimenticò i titoli dì protospatario e dr angario del-
Tarmata.
— 275 — [695. 1
ci, altro partito non ebbero che di far la tregua, pa-
gando tributo ai vincitori. ^ Questo fine sortì la im-
presa di Niceforo Foca.*
A Ibn-el-Àthlr e Ibn-Khaldùn che dicono entrambi cittadi dei Rftm. Ma
questi non poteano essere di Sicilia ove i Musalmani non si contentavano
al certo di tributo che pagasse il municipio.
' Si confrontino: Leonis diaconi Catoènsis, ec, ed. di Bonn, p. 65-67;
VUa di San Niceforo vescovo di Mileto, d'anonimo siciliano o calabrese,
MS. greco di Parigi, Ancien Fonds, 1181, squarcio dato da M. Hase in nota
a Leone Diacono, op. cìt., p. 442 ; Cedreno, tomo H, p. 3S3 e 560, ediz.
di Bonn; Liutprando, Legatio, presso Pertz, Scriptores, tomo iil,p. 355, 556;
Lupo Protospatario, anno 965, presso Pertz, Scriptores, tomo V, p. 55; Cronica
di Cambridge, presso Di Gregorio, Rer«m4raòtcartim, p.51, la quale è inter-
rotta appunto al principio di questa impresa; Ibn-el-Athlr, anno 553, MS. B,
p. 306 seg., G IV,fog. 561 verso; Abulfeda, innaies Moslemici, anno 336,
tomo U, p. 448; Nowaìri, presso Di Gregorio, op. cit., p. 16 a i8; Ibn-
Khaldùn, Histoire de VAfrique ec, p. 170, 17i, e Storia dei Fatetnitt,
MS. di Parigi, Suppl. Arabe, 742 quater, tomo IV, fog. 21 recto, con la
versione di M. De Slane, in appendice alla Histoire des Berbères dello stesso
Ibn*Khaldùn, tomo II, p. 529 seg.; Hagi-Kbalfa, Cronologia, anno 353, nella
versione italiana del Carli, p. 63; Ibn-abi-Dinàr, MS. di Parigi, Supl. Ara-
be, 851, fog. 26 verso, e 37 verso, seg. Il Rampoldi, Annali Musulmani, to-
mo V, p. 506,311 e3i 4, con incredibile sbadataggine, fa sbarcare e morire
Manuele il 963; lo fa tornare in Sicilia il 964, e inventa nel 965 una guerra
dei Cristiani di Girgenti, che sembra replica della rivoluzione del 938. Il
Quatremère, nella Vita di Moezz, Journal Asiatique, Ille serie, tomo IH,
p. 65 a 68, fa [il [racconto di questa impresa su 1 testi di Abulfeda e di
Nowairi. Una lezione erronea del secondo, portò l'illustre orientalista a tra-
durre *Les Musulmana étaient animés par le sentiment de rhonneur" in
vece di "entrarono nel proprio campo* come si ha di certo, confrontando
il testo d'Ibn-el-Athtr.
n.
18
|90G-967.| — 274 -—
CAPITOLO IV.
Due anni dopo le raccontate vittorie, correndo il
trecencinquantasei (16 die. 966, 5 die. 967) Moezz
significò air emir di Sicilia la pace fermata con V Im-
pero, e gli ingiunse di riattare, meglio oggi che do-
mani, dicea lo scritto, le mura e fortificazioni di Pa-
lermo ; ordinare in ogni ikltm dell' isola una munita
città che avesse moschea giamf e pulpito ; e ridurvi
la gente dell* ikltm , vietandole di soggiornare sparsa
pei villaggi. Ahmed fece metter mano immantinenti ai
lavori in Palermo, e mandò per tutta risola sceikhi
preposti ad inurbare le province. Tanto e non più
una cronica musulmana.* Ed Ibn-Haukal, venuto in
Palermo sei anni appresso, ammirava le forti muraglie
del Cassare e della Khàlesa ; e intendea come delle
nove pòrte del Cassare tre fossero state innalzate da
Ahmed, una delle quali tramutata da debole a difen-
devo! sito.' Delle città ristorate oltre la capitale nulla
sappiam di certo. * Ma pili monta indagare V ordine
* Nowairi, presso Di Gregorio, Rerum Àrabiearum, p. i9. Se avessi
più osato, avrei tradotto "preposti aU* inurbamento,* cbe sarebbe proprio
la Toce del testo : 'imàra. Avvertasi che la cronica copiata da Nowairi
dice "fabbricare." Ma le mara di Palermo erano ai certo più anticbe. Sì
deve intender anco * riattare " là dove parla delle città di provincia.
> Journal Asiatique, iV» sèrie, tomo V, p. 92 a 95.
> Il Di Gregorio, Rerum Àrabiaarum, p. Ì67,diè il disegno ridotto
d*un'a iscrizione del castel di Termini, nella quale si leggono certamente
i nomi di Moezz-li-dln-AlIab e di Ahmed. Ma ia data del 340, anche ag-
giuntavi una cifra d'unità, ed anche supposta tal cifra di nove, sarebbe
anteriore al fatto nostro; e in ogni modo mancano altri compartimenti che
doveano contenere " fabbricato per comando ec. per le cure deiremiro ec*
— 275 — [066-967.1
militare ed amministrativo accennati si laconicamente
dal cronista. Ed a ciò ne proveremo; e direm poi
della pace.
La prima cosa è da vedere che valga qui iklim;
la qual voce gli Arabi tolsero del greco, al par di
noi ; ^ le serbarono il significato che aveva in geogra-
fia fisica ; e v' aggiunser quello di circoscrizione ter-
ritoriale. Cosi la troviamo in Affrica nel decimo seco-
lo, ' in Sicilia nel duodecimo ^ e in Egitto nel deci-
moquarto ; ^ dinotando per lo più quel tratto mezzano
di paese eh' oggi chiameremmo distretto, o cantone :
né altro vuol dire al certo in questo rescritto di Moezz.
La moschea giami' e il pulpito non portano a supporre
più vasto r iklim ; ma solo che il capoluogo fosse città
importante, da farvisi la prece pubblica del venerdì.
Pertanto questa iscrizione, come tutte ie altre, è da rivedersi sul monu-
mento, se si potrà; e per ora accerta soltanto che il Castel di Termina
fa edificato nel regno di Moeu.
' Schivando, per genio di tor lingua, due consonanti in principio di
parola, premessero a xìt/xa una o/e/ con la vocale t.
> Ibu-Haokal, Geografia, capitolo dell'Affrica, MS. di Parigi, Suppl.
Àrabe, 885, p. 56, 45,48, 51, 52, dice degli iklim della penisola Bàscia
(oggi Dakhel), di Susa, Setfura, Laribus, Asctr, e Cafsa.
> Edrisi, Gtogrufia.^eì capitolo di Sicilia, dice degli ihlim di Sira-
cusa, Noto, Mazara, Marsala, Trapani, Cefalà, Rahl-Meukùd; chiama
Sciacca la metropoli degli iklim (al plurale), che prima dipendeano da Cal-
tabellotta; anelie al plurale accenna quei di Castrogiovanni e quei di Pie*
traperzia : e inGne dice che da Caronia cominciasse l' iklim di Demona.
Tolto quest'ultimo, che pare risponda al Val Demone, gli altri sono o
distretti o circondarii, non mai province.
* Presso Sacy, Description de l'Egypte par Àbdallatif, appendice,
p. 586 seg. il titolo è appunto " Dei luoghi (che si comprendono) negli
ihiim d* Egitto.' Percorrendo la lista, si trova il solo tifili di Nesterawa,
e le altre circoscrizioni sono denominate talvolta *aml (governo), talvolta
ih^ghr (frontiera). 'Ami sembra, anche in Edrisi, sinonimo di iklim, se pur
non ìndica meramente la circoscrizione del governo civile, quando iklim
sia riserbato alla circoscrizione militare; il che suppongo senza poterlo af-
fermare. Thaghr avea il valore che diamo oggidì a "piazza," in linguaggio
(966-967 I — 276 —
I
Ma la gente * che si dovea dai villaggi ridurre nei
capoluoghi, non poteva essere T universale degli abi-
tatori : cristiani o musulmani ; liberi, dsimmi o schia-
vi ; nobili e plebei. Poco meo assurdo sarebbe a in-
tender tutti i Musulmani, non esclusi i conladini, che
al certo ve n' erano in Val di Mazara ; e quanto agli
artefici e mercatanti, non occorrea comando del prin-
cipe perchè soggiornassero nelle città. Però trattavasi
della sola milizia, dei nobili cioè con lor lunghe paren-
tele; e chi altro era tenuto ^en^e nel medio evo, fosse in
Cristianità o in terra d' isiàm? Ignoriam noi se nel Val
di Mazara, conquistato ormai da un secolo, le milizie
fossero pagate dall' erario in moneta sonante, ovvero
con Ìktà\ o vogliam dire delegazioni, sul khardg di un
dato territorio, che riscuotessero con lor proprie ma-
ni , ' stanziando qua e là nelle ville. Ma ciò seguiva
pecessariamente in Val Demone e Val di Noto, per
la fresca mutazione del tributo dei municipii, in gezia
degli individui a khardg dei poderi ; mancando il
tempo di stendere i ruoli e i catasti, secondo i quali
l'azienda pubblica riscuotesse il danaro o il frumento
del khardg. E però non si eran fatti né anco iktd' in buo-
■ r
na forma; ma nulla toglie che le milizie, con partaggio
provvisionale e tumultuario assentito o non assentito
dall'emir Ahmed, avessero diviso tra loro alla grossa
le entrate mal note delle nuove provìnce, e si fossero
d'amministrazione militare. È da notare che nel detto documento di Egitto
Vlia 21 divisioni; che gli *aml racchiudono un numero di luoghi molto
diverso, da 583 a 190 ed anche meno. ìikaghr di Alessandria, Rosetta e
Oamiata ne hanno molto meno; e Vihlim di Nésterawa sol einqtèe.
* Il testo ha la voce Ahi, popolo, famiglia, gente in generale.
> Veggasi, Libro IH, capitolo 1, pag. 28 seg., di questo volume.
— 277'— |906-9«7.1
sparse nelle campagne, esattori a libito e pagatori di
sé medesimi. La qual rapina permanente rovinava i
sadditi cristiani , snervava )o Stato musulmano, per
le sciupate rendite presenti, la inaridita sorgente di
. quelle avvenire e la sciolta disciplina militare. A cote-
sti danni volle ovviare Moezz, forse in Val di Mazsh
ra, di certo nella Sicilia orientale, con X ordinamento
novello ; per lo quale par fosse affidata a magistrati
civili la riscossione, e deputati gli stessi o altri ofi-
ciali in ciascun capoluogo a vegliare i governati , e
significar loro la parola del principe ; il che si facea
d'ordinario nella khotba, e però dal pulpito, neUa
moscjhea giami'/ Quali fossero allora i nomi e li-
miti degli ikltm di Sicilia , e se mere circoscri-
zioni militari, o anco di azienda, nessun ricordo di
quei tempo cel dice ; né vi si può supplire con indu-
zioni. Sol dobbiamo supporre che gli ikltm fossero
stati adattati ai corpi del giund, non questi a quelli:
perocché, eccettuati gli stanziali, le altre milizie facean
corpo secondo le parentele, né agevolmente si potea
dividere un corpo, né tranquillamente tenerne insie-
me due o più di schiatte diverse. Da questo e dalla
diversità delle entrate pubbliche sopra territorii uguali
in superficie, * nascea la disuguaglianza grandissima
di estensione degli ikltm, che si nota in varii Stati
musulmani; e che durava in Sicilia infino al duode-
cimo secolo. '
. *• Nei primi tempi dell'islamismo oravano dal pulpito i oalifi o gli emiri
delle province. Poi si ebbero khaiib^ (predicatori) stipendiati.
* Non solo per la^diversa ubertà del territorio; ma anche perchè lo
Stato in alcnni possedeva le terre, in altri riscoteva il dazio solo.
' Per esempio, il territorio di Ciato giognea da una parte a Sagana
1906.967.] — 278 —
La pace parve tempo opportaoo a tale riforma
d' ammmistrazione militare ; o forse nelle pratiche
della pace Tavea chiosata il governo bizantino, per tem-
perare coi consigli i mali dei Cristiani di Sicilia, che
non avea saputo prevenire con le armi e che non po-
teva ignorare, ne forno le viste coi frati e il clero di
Sicilia. I quali consigli, utili anco al principe musul*
mano , più gratamente doveano essere ascoltati nella
stretta amistà che allor nacque tra le corti di Costan-
tinopoli e di Mehdia da comuni interessi. L' uno era
il sospetto di Otone di Sassonia, il quale volle regnare
in Italia quanto Carlomagno e più : ubbidito ormai
senza contrasto dalle Alpi al Tevere ; coronato impe-
ratore a Roma (962) ; padrone della città; fattosi giu-
dice a gastigare o vendicare i papi, ed arbitro ^i
eleggerli e depòrli ; e si voltava già ai favori del prin-
cipe di Benevento e contro Niceforo; assaltava (968)
la Calabria, e minacciava però la Sicilia. ^ Ma in Oriente
stringea Moezz a Niceforo, pascione più gagliarda,
la brama di spogliare altrui. Il califato abbassida, mu-
tilo da più tempo delle estreme province, comandava
or appena, e di nome solo, a Bagdad e in breve cer-
chio. I Bttidi 0 Boweidi teneano la Persia ; la casa di
Hamdàn la Mesopotamia ; la dinastia d' Ikhscìd la Si-
ria e l'Egitto; i. Karmati T Arabia, donde terribili
presso Palermo e dall' altra presso Calatafimi: che sono circa teoti miglia
siciliane di lunghezza. Il territorio di Mazara prendea qaasi lutto il distretto
odierno di tal nome e metà di quello d* Alcamo, confinando col territorio
di Giato; cioè ayea da trenta miglia di lunghezza. Si vegga il diploma del
1182 presso Del Giudice, Deicrnione del real tempio,... di Monreale, ap-
pendice, p, 8, 9, 10. Air incontro il territorio di Palermo e molti altri
erano brevissimi. .
* Si vegga il capitolo VI di questo Libro.
— 279 — [966-967.1
ìrrompeano fuori. Lo stesso nome di califo rimanea
per ipocriida o compassione dei vicini usarpatori^ dei
ministri o capitani di ventura avvicendatisi nella si-
gnoria della capitale, i quali vendettero gli oficii pub-
blici in faccia ai successori di Omar e di Harùn Ra-
scid, saccheggiarono la reggia, messer loro le mani
addosso, lor fecero stentare la vita con una pensioncel-
la; menare i mercenarii turchi o deilemiti e la plebe ad
ogni pie sospinto insanguinavano le strade di Bagdad.
Tra tanta rovina del califato, Niceforo Foca (962-7)
trionfando nelVÀsia Minore, s'era innoltrato due volte
in Siria; avea preso Aleppo, Laodicea e molti altri luo^
gbi, e assediato Antiochia, che fu indi espugnata da'
suoi. ' Venuto così Niceforo alle mani con gli Ikhsci-
diti, nemici immediati di Moezz, probebil è che si
trattasse tra V uno e V altro di operare d' accordo.
Tanto più che Moezz ebbe con un ambasciatore
bizantino quella famigliarità che sovente nasce tra
svegliati ingegni. Costui chiamossi Niccolò, mandato-
gli più volte da Costantinopoli a Mehdia ed al Cai*
ro ; * forse il medesimo che stipulò la detta pace del
novecensessantasette , recati a Moezz splendidi doni
di Niceforo, e avutone per riscatto o in cortesia Teu*
nuco Niceta.' L'ambasciatore, sostato per viaggio in
* Veggansì per questa epoca gli Annali Musulmani d* Abulfeda,e la
Storia del B<mo Impero di Le Beaa.
' Ibn-abi-Din&r, che narra quest'aneddoto, dice precisamente 'an-
dare e tenire più volte." . .
* La data' della pace e i doai che recò l'ambasciatore si ritraggono
da Nowairi, presso di Gregorio, Rerum Àrabiearum, p. Ì9. Al dir di
Liutpraado, presso Pertz, Seriptoree, tomo HI, p. 3ES6, Nicela fo riscat*
tato con tanVorò, che niun uomo di senno ne avrebbe dato mai per un
eanooo. Mi sembra più probabile che l^foezz 1* avesse reso senza riscatto,
come afferma il Le Beau, Histoire du Bae Empire, lib. LXXV, cap. XI. Na
1066-967. 1 — 280 —
Sicilia, andava misurando la possanza fatemita: ac-
colto onorevolmente dal governatore dell' isola, e no-
tato il bell'aspetto dell' esercito; viste poscia a Susa
le grosse schiere che v'erano apparecchiate. Ma a
Mehdia il greco si facea strada a stento nella calca
dei soldati, famigliari e cortigiani, finché, entrato nella
reggia, uno splendore lo abbagliò: e condotto a
Moezz che sedea maestosamente Sul trono, gli parve
proprio il Creatore del mondo, non uomo mortale ; che
se si fosse vantato dì salir su in cielo gli avrebbe
risposto : "^ è incredibile, ma tu lo farai.'' Tanto si dice
che confessasse Niccolò, pochi anni dopo, al principe
medesimo, il quale, chiamatolo in segreto nella reg-
gia del Cairo, gli avea domandato : "^ Ti sovviene del
tal di eh' io ti prediceva in Mehdia saresti venuto a
salutarmi re in Egitto? '*—*' È vero," rispose; e Moezz:
"" Ci ritroveriBmo adesso a Bagdad; tu ambasciatore, ed
io califo. '' Ma il Greco stiè zitto ; e , sforzato da Moezz,
gli fé' quel racconto della luce sfolgorante di Mehdia e
che adesso vedea negra di tenebre la capitale, e am-
morzata nella sua faccia quella terribile maestà; donde
giudicava rovesciata e sinistra la fortuna.. Moezz ab-
bassò gli occhi tacendo ; s'ammalò; e non guari dopo
morì (975). Che che sia di cotesto dialogo, il quale
non disconviene a due adetti d' astrologia del decimo
secolo, si accetteranno i particolari della prima amba-
sceria che fanno all' argomento nostro : la condizione
cioè deir esercito siciliano; e che Moezz volentieri
le autorità che cita il compilatore francese noi dicono né punto nò poco;
né parlano della spada di Maometto che avesse mandata Niceforo a Moezz;
la quale mi par la stessa presa a Rametta, e che Le Beau abbia confuso il
fatto 0 rabberciatolo a modo suo.
— 281 — [968 1
ragionasse di sue ambizioni orientali coi legati di Co-
stantinopoli. ^
Già Me guerre di Niceforo e le irruzioni dei Kar-
mati in Siria batteano la dinastia turca, fondata in
Egitto da Ikbscid, capitano degli Abbassidi, il quale
avea occupato la provincia commessagli e V avea la«-
sciata a' suoi. Venuto a morte (maggio 968) il loro
liberto Kafiir che tenne con man ferma lo Stato,
succedettegli di nome un Ahmed, nipote dlkhseid,
fanciullo di undici anni, e di fatto un reggente e due
ministri i quali si sfamarono in rapine e soprusi.
Indi tumultuavano le soldatesche ; i cittadini malcon-
tenti prestavano orecchio alle pratiche di Moezz ; e
un sensale giudeo di Bagdad, che s'era fatto musul-
mano e straricco e strumento necessario delFazienda
d' Egitto, visto che i nuovi signori stendesser le mani
a pelarlo, si rifuggì appo il Fatemita; gli svelò le con*
dizioni del paese e le vie di insignorirsene. La pesti-
lenza e la carestia che in quel tempo desolavan orri-
bilmente r Egitto, aiutarono al precipizio. '
Moezz ebbe sapienza e genio di amministrazio-
ne , di che solca trar vanto. Narrasi che una volta,
per sermonare i grandi della vezzeggiata e temuta
tribù di Kotama, si fece trovare in farsetto, nel suo
Questo tango aneddoto, tolto al certo da antica cronica affricana, si
trova intero in Ibn-abl-Dinàr, MS. di Parigi, fog. 28 recto, dal qaale io
traduco, saitando molte parole qua e ià, ma senza aggiangerne aicana.
Ibn-ei-Athlr, MS. A, tomo III, fog. 7 verso, 8 recto, lo dà qaasì con le
stesse parole, se non clie vi mancano l'andata in Sicilia ed a Sosa. La vcn
sione delio squarcio di Ibn-el-Atbtr si vegga presso Quatremère, Vie de'
Moau^-^in-'Àllah , nel Journal AHatique, I1I« sèrie, tomo 11, 18S6, p. i31
dell' esUraUo.
> Ibn-Kballikan, Vita di Giawher, versione inglese dì 11. De Slane,
tomo I , p. 310^ seg. } Qaatremère^ op. cit. , p. 27 seg.
(968.1 - 282 -
studio, tra libri e dispacci: "^d ecco,'' lor disse, ''compio
speodo i giorni a far di mia mano il carteggio con
r Oriente e T Occidente, in vece dì sedere a desco
profumato di muschio, vestito di sete e pellicce, a
sbevazzare al suono di strumenti musicali e canto di
belle giovani ! Chi mai in questo popolo crederebbe
che il principe è serrato in camera a procacciare la
sicurezza e prosperità del paese e il trionfo vostro su
i nemici?" E finì con ricordar loro, da moralista e da
medico, tutte le virtù, anche di star contenti a una
moglie; promettendo che, s'è' lo ascoltassero, così
conquisterebbero i paesi orientali, com'avean fatto del
Ponente.' E con ciò a consultare gli astrologi e più
sovente le spie; tenere mandatarii con le man piene
d* oro nei paesi agognati ; e biechi bargelli su le po-
polazioni arabiche d' Affrica. Ond'ei parrebbe a legger
di Filippo secondo di Spagna, se nei costumi di Moezz
si notasse fanatismo ed ipocrisia , anziché un animo
generoso e un colto ingegno , vago di poesia, vivace
e facondo, pratico in varie lingue; il berbero, il negro
e lo slavo. ' Del rimanente uom di stato non ordinò
mai vasto disegno con maggior arte, ch'egli il con-
quisto d'Egitto. Oltre le dette pratiche, si procacciava
séguito nelle due città sante dell' Arabia ; si assicu-
rava in Affrica; accumulava tesori; ordinava gli eser-
citi; e cercava, per mandarli ai conquisto, un gran ca-
pitano senz'ambizione.
Lo trovò o lo fece egli stesso : un Siciliano di
schiatta cristiana, * Giawher, che suona "'gioiello;" se
' Quatremère, op. dt., p. 23, seg., che cita Makrizi.
> Qaatrenière, op. ciL, p. 134, 135, ancbe da ITakrizf.
3 KbodbJk'i, MS. di Parigi, Anden PoAdà, 761, log. ii6 ireao; Ibo-
— 283 — [968.J
pur questo non è il vocabolo arabico raddolcito dalla
nostra pronunzia. Figliuolo d' un Abd-Àllah, che pare
schiavo rinnegato, Giawher fu comperato da un eu-
nuco affricano , rivenduto a un secondo e da questi
a un altro ; il quale ne fece dono al califo iatetnita
Mansùr. ' Messolo a lavorar coi segretari!, Mansur poi
r affrancò; donde entrava, secondo legge musulmana,
nella famiglia. Era giovane di bello aspetto, lodevoli
costumi j pronto ingegno, affaticante, vigilante, sen-
nato scrittore e pulito, che ne resta di lui l'editto
della sicurtà data al popolo egiziano ; e molto amò
la poesia e le lettere, protesse cui le coltivasse, e sa-
lito a potenza fu largo coi poeti. Moezz, sperimene
tatolo in varii oficii pubblici, Io fece vizir; poi si con-
sigliò di mandarlo (958) con un esercito di Berberi
a ridurre le province occidentali d' Affrica , di cui al-
cuna s'accostava agli Ometadi di Spagna : e Giawher
in men di due anni occupava per molti combattimenti
r odierno Stato di Marocco; mandava a Moezz i pesci
el-Athlr, anno 358, MS. C, tomo V,fog. 7 recto; Ibn-Khallìk&o, Tersione
inglese di M. De Slane, tomo I, p. 540, seg;.; e il Baidn, testo, tomo I,
pag* 239, dicono espressaiqenteGia'wberiZtfmt, che lignifica, come ognun
sa, di schiatta greca o latina. Nella moschea el-Azhar \\. Cairo, fondata
da Giawher il 561 (97t) è, ocra, una iscrizione trascritta da Makrizi e po-
sta prabab^lmente dal conquistatore medesimo, il quale non vi s'idtitola
altrimenti che " Giawher il segretario siciliano.* Perchè si legge chiara-
mente SikilH nei quattro MS^. di Parigi , eh* io ho citato nella Biblioteca
Àràbo^Sicula, testo, p. 669^070, ó lo stesso nella recente edizione di Bulak in
Egitto che ho notato nelle aggiunte. Però non posso accettare la conghiet-
,iura dt M. Qnatremère» òp. cit., p. 75, il quale tradusse "Esclavon;" leg-
gendo Saklabi, perchè tanti Slavi si trovavano negli eserciti fatemiti. Ho
avvertito altrove che questa voce in scrittura arabica si confonde facil-
ménte con Sikilli, ma nel presente caso non è luogo a dubbio; perchè
nn Rumi poteva ben essere Siciliano» e non mai Slavo.
^ Khodh&l e Bafd», 11. ce.; Iba-Hammàd, MS. di M. Cherbonneau,
fog. 8 recto.
(969.1 — 284 —
e le alghe presi nelF Atlantico, e gli recava egli stesso
in gabbie di ferro i princìpi di Segelmessa e di Fez.
Però) deliberata, dòpo la morte di Eafùr, T impresa
d' Egitto , Moezz là commetteva al liberto siciliano ;
provvedeva con esso lai ad ogni cosa, fatti financo
scavar pozzi nel deserto di Barca su la strada che
dovea battere V esercito da Sort a Taiùm. Giawher
s' infermò a morte in questo tempo ; e' il califo a vi-
sitarlo ed assisterlo ; e sicuro dicea : " Non morrà ,
poiché mi dèe conquistare l'Egitto. " *
Air entrar di febbraio del novecensessantanove,
ragunate le genti nei piani di Rakkàda per muovere
all'impresa, apparve più brutta che mai T uguaglianza
dei dispotismo. Giawher smontava di sella, baciava
la mano di Moezz e Y unghia del pontificai palafre-
no ; e alla sua volta, cavalcando con l' esercito , si ve-
dea camminar dinanzi a pie, per comando del cali-
fo, i costui figliuoli e congiunti, non che i grandi del
regno. I centomila uomini che gli danno i cronisti, si-
gnificano che fii possente Y esercito ; i cameli carichi
d'oro gittate in forma di macine, simboleggiano, a ino'
delle Mille ed una notte, il provvedimento necessario
a chi andava a combattere in paese afiamato, con
giunta d'infinite barche stivate dì grano che segui-
vano l'armata alle bocche del Nilo. Nei primi di giu-
gno, non lungi da Fostat, sede del governo, Giawher
> Si confrontino Ibn-Kliallilcan , 1. e, e gli altri aatori arabi citati da
Bf . Quatremère, op. cit., pag. 9 ad 11, e 35. 11 capitolo d' Ibn-el-Athtr so le
imprese di Giawher Ono all'Oceano è stato pubblicato da H. Tornberg io
nota agli Ànnakst Regum Mauritania, (Kartàs), tomo 11» p. 382. Abol-
feda, GeÒQrafia, versione di M. Relnaud, tomo U, pag. ^4, indica preci-
samente la linea di operatone disegnata da Moezz.
— 285 — [969.1
fermava un accordo coi principali cittadini ; ' conce-
dendo a tutto il popol d' Egitto la sicurtà della vita,
sostanze e famiglie , a nome del califo ; il quale, mosiso
a pietà del paese, avea mandato sue armi invitte
a liberarli dai ladroni e dagli empii e farvi rifiorir
la giustizia. Scendendo alle realtà, promettea di ri"*
lanciare le indebite esazioni del fisco su i retaggi;
fornir le spese necessarie alle moschee; rispettare
le opinioni religiose , ^ e i giudizi! secondo V usanza
del paese , non contraria al Corano né alla sunna ; e
mantenere i dritti dei dsimmi, * Si recò allora in
parti la città; chi sdegnava r accordo usci a combat-
tere e fu rotto ; il vincitore, confermati saviamente i
patti, entrava a Fostat nei primi di luglio. Altro non
mutò dei riti che il nome del principe nella £%otAa,
r appello alle preghiere, e il color delle vestimenta de-
gli oficiali pubblici, di nero in bianco. Provvide al-
l'azienda da uomder mestiere; pose in ogni uficio
un egiziano e un aifricano ; amministrò rettamente
la giustizia ; e con rara modestia esercitò il pien po-
tere commessogli. " Piantajto il campo presso Fostat,
disegnovvi la novella capitale, la Kàhira, ossia trion-
' GonfroDtinsì : Ibo-Khallikan , K e, e le aatorttà date da M. Quatre-
mère • op. cit., p. 40 seg.
' U testo ba qui la voce milla, * credenza religiosa.*
9 Ibn-Hammàd, MS. di M. Gbì)rbonneau , fog. 8 verso e 9 recto. Qoe-
st' atto è segnato di scia'bàn 358 da * Giawber segretario, scbiavo del prin-
cipe dei Credenti ec.* £ r amftn è accordato a tutto il popolo delRlfe del
Sald, ossia basso ed alto Egitto. Credo cbé il testo risponda a quello cbe
M. Quatremère ha tolto dalIMS. Le;srdedel^Nowairi e datone il principio neU
Top. cit., p. 4i a 43; quantunque manchino nella versione i patti importanU
di coi io fo parola. Da questi si vede che i Fatemiti non vietavano affatto il
rito sunnita, e che si limitavano ad. innovare' la formola dell* appèllo alle
preghiere, sì come ho notato in questo, volume, p. 131, 136, lib. lU, cap. VI.
*/ Ibn-Hamm&d, fog. 8 verso; Quatremère, op. cit., p. 31, 36.
|969r97ri -- 286 —
fatrice ; e die mano immantinente a edificarla. ' Quivi
innalzò la moschea Àzahr, che fa compiuta entro due
anni ; nella quale il fondatore volle tramandare ai pò*
steri il nome della patria siciliana e dell' oficio ch'era
stato principio di sua grandézza.' Assicurò il conqui-
sto reprimendo chi si levasse nelle province ; e dando
una memorabile sconfitta (971) ai Earmati, che ved*
nero ad assalirlo al Cairo. '
Intanto il nome di Moezz era gridato alla Mecca
e Medina ; capitani minori mandati da Giawher gli
acquistavano parte di Siria ; * non ostante i Karmati,
o forse per la paura che avean di loro i Musulmani ,
parea che i popoli da Suez all'Eufrate volesserlo ri-
conoscere signore. Onde Giawher tanto insistè, che il
trasse a trasferir la sede in Egitto ; il che se non
bastò a dare ai Fatemiti Tambìto impero musulmano,
fece durar due secoli la dinastia, la quale, rimasa in
Affrica , sarebbe stata spiantata di corto. La prodi-
giosa fertilità deir Egitto ; la postura che ne fa scala
del commercio tra T Oriente e V Occidente ; la poppla-
zione gran parte cristiana, docile o servile e attaccata
al suolo, offrian salda base a una dominazione reg-
gentesi sugli ordini dell'azienda, d' una setta e d'una
tribù berbera, non su popolo ed armi di sua propria
nazione : oltreché i padroni d'Egitto, per necessità
< Quatremère, op. di., p. 48.
* fioco, secondo Makriii, riscriiione in giro della' copola sul primo
portico : t. In nome di Dio ec. EidiBcata per comando del servo e amico di
» Dio A1;)tt-Temlm<-Ma*dd-Bfoez£*U-din-AUalr prìncipe dei Credenti (sol
9 qoale e sugli e|{regi suoi progenitori e discendenti siano le benedisioni di
» Dio) , e per opera del servo di esso prindpe, Giawher il segretario siei«
» liano , l* anno 360. i BibHoteea araba^CMla, p. 609^70.
* Qoatremère, op. cU., p. 57, 83» seg.
* Qaatremère, op. cit., p. 51, 65, 69, seg.
— 287 — imi
geografica , comandaron sempre alla Siria e tennero le
chiavi deir Arabia occidea^e. In Affrica, al contra-
rio^ i Fatemiti non avean potuto vincere la nimistà
dei cittadini arabi in sessant' anni di terrore e di
sferza, ' non spegnere V antagonismo del sangue ber-
bero racceso dalie sètte kharegite ; e mentre e' con-
quistavan T Egitto, erano necessitati raccomandarsi
alla tribii di Sanhàgia per reprimere un altro ribelle
che seguìa le orme di Abu^Iezid.' Né Sanhàgia, con-
dòtta dalla famiglia zìrita, lor prestava le armi con si
cieca lealtà da far serva sé stessa. Né i Kotamii sof^
frivano che il califo comandasse in casa loro : ' né
d' altronde bastavano a tener Y Affrica, fecondo insie-
me da pretoriani in Egitto e un pugno anco in Sicilia.
Moezz si deliberò dunque à sgomberare d'Affrica
per sempre, recando seco arredi, tesori, armerìe e
fin le ossa degli avi. Partì d' agosto novecensettanta-
due; sostato alquanto a Sardegna, villa dV Affrica che
par abbia preso il nome dai Sardi che vi soggiorna-
rono,* con magnifica lentezza entrò al Cairo di giti-
^ Si veggano i molti falli che provanì qaeslo, nei Riddh'-en^Nofus ,
fog. 9i Tèrso , 03 verso, 96 verso ec, e le altre citazioni di qaestp MS. die
Ila fatte M. Qaalrenière, op. cit., p. Ì3 seg« Non intendo dire delie cagioni
del trasferimento (iella sede in Egitto> su la qnale il concetto mio è al
tutto diverso. '
* Ibn-^l-Attiir, MS. C, tomo V, anno 3SB, fog. 367 recto. 11 nome del
capo era Abu-Kharz o Abu*Kherez della tribù di Zenata, e 1 suoi seguaci
delle due sètte sifrita e naklcarita. Nei MSS. d'Ibn-Kbald&n è chiamato Abu-
Gia'fiir: HUloiredu Berbères, versione, temo, II, pag. 5i8, Appendice. Sì
vegga anche Quatremère, op. cit., p. 62. ^
s Per Sanhàgia si vegga ibo-el-Athìr, MS. C, tomo V, «nno36t;
per I^otama» Mal^rìzl» citato da M. Quatremère nella detta. opera» p* 30.
* Ibn-el-Athlr, I. e; Bekri e Ibn-Khaldùn citaM da M. Quatremère,
stessa opera , p. 86, npta t^ Indi è venuto., come avverte questo dotto
orientalista, 1* errore di un supposto viaggio di MoeH nell* isola dt Sarde-
gna. Si vegga anche Wenricb, Cimmentarii, Ub. 1, cap. Xill, § 113.
IW2.1 — 288 —
gno novecensettantatrè ; assestò le cose pabblicKe
con Giawher ; poi messe da canto Y illustre liberto, il
quale mori il nQvantadue ; e il suo figliuolo Hosèin,
generalissimo del nipote di'Moezz, fu ucciso da quello
a tradimento. ^
Di rado ci occorrerà ormai di ^ tornare alla sto-
ria dell' Egitto ; e di Moezz , basterà aggiugnere gli
ordini politici lasciati nelle antiche province. Presto
ei depose, se pur T ebbe mai, il pensiero di commetr-
tere V Affrica a un Àrabo di nobil sangue , il quale ,
non sarebbe stato contento a picciola autorità ; né
bastante a tenere il paese coi coloni arabi contu-
maci. ' Si volse pertanto ai Berberi , alla tribù di
Sanbàgia, alla famiglia ztrita, al capo Bolukktn, e,
per arabizzarlo^ gli die nome di lùsuf-abu-l-Folùh e
titolo di Seif-ed^-^wla, ossia Spada dell' imparo; Il
quale gli avea prestato mano forte contro i ribelli ,
come il padre al padre di lui; e sapea bene Moezz,
che, non lasciandolo governatore, quei si potea far
prìncipe.' Bolukldn, che il sapeva anco, non si dolse
che gli scemassero X impaccio del governo civile :
che Moez2^ eleggesse i cadi , e qualche capo di mili-
zia ; * che un consiglio degli oficiali pubblici trattasse
la soqaima degli affari ed egli facesse eseguire le deli-
^ Ibn-KbaUlkan , versionie inglese di M. De Siane, tomo i, p. 340, seg.
' Qaatremère, op. cit, p. S7, da Makrizi. Si yegga nel presente Tela-
rne, pag. 237, nota 2.
* Ibn-el-Athir , anno 361 , MS. G , t<Mno IV, fog. 370 recto e Terso , e
tomoV, fog. iO Terso.
* M. Qnatrembre, op. cit., p. 88, secondo Malurizi, dice t eapì. Farmi
si deliba intendere di qualcht capò; poicbè si trattaTa certamente del«mer*
cenarli e delle milisie arabe ; non già della Teca forza, cioè la tribù di San-
b&gia» la quale aToa gli ordini militari suoi proprii.
— 289 — 19TJ.I
bera^oni/ Assentì anco a più duro taglio: che fosse po-
sto da Moezz un direttore sul kharàg^ ed un sii le tasse '
diverse, entrambi mezzo independenti dal governo
d'Affrica;* i quali lungo tempo mandarono moneta in
Egitto.' Ond' era proprio quel governo bipartito che la
dinastia volle porre in Sicilia e non le venne fatto.
Né Moezz si promettea di perpetua obbedienza da
Bolukkin ; ^ ma , come fan sovente gli uomini di sta-
to, fruiva del comodo oggi e rimetteva al domani le
cure del pericolo che non si polea causare.
Assestata così Y Affrica fatemita con un viceré
< Qoatremère, 1. e, da Makrizi.
> Ibn-el-Atbtr, 1. e, e Ibn-Khaldùn , Storia dei Fatemiti, in appen-
dice alla Hisioire de» Berbere» del medesimo autore, tersione, tomo H,
p. 550. Il primo aggiugoé che Moezz comandò ai due direttori di earteg-
giarsi con Bolukkto. Certamente per la forma, e per aver mano forte al-
l'uopo. Si noti la distinzione delle amministrazioni del hharàg e delle tasse
diverse. La distinzione pàrmi fatta non solo perchè eran diversi i modi di
riscossione, cioè l'uno tassa invariabile e diretta, com'oggi diciamo, e
gli altri tasse mutabili e in parte indirette, ma anche per la diversità dei
territorii e delle genti. Il hiarég principalmente si dovea trarre dall'Affrica
propria , né credo sia stato mai consentito dalle piil forti tribù berbere.
Koiama né anche volea pagare la decima musulmana. Si vegga Quatre-
mère , op. cit. , p. 50.
3 11 Baiàn, testo, tomo I, p. 238,. narra, V anno 366 (976-7) e il se-
guente, che 400,000 dinar raccolti a Kairevvàn furono mandati'in Egitto dal
direttore. Questo fatte tronca ogni dubbio.
^ Lo dice espressamente Ibn-el-^Athlr. È da notare che su questi primi
ordini del governo zirita i compilatori orientali differiscono dagli affricani.
Ibn-el-Athlr, e più di lui l'egiziano Makrizi, ristringono T autorità di
Bolukktn. Ibn-Khaldùn, nel luogo tesiè citato, riferisce in compendio gli
stessi fatti; ma nella EUioire de» Berbere», versione, tomo II, p. fO,
dice quasi lasciato assoluto potere a Bolukkin. Iodi è manifósto che i primi
compilavano sui cronisti egiziani, e che Ibn-Kbaldùn nella Storia dei Fa-
lemlti copiò Ibn-el-Athtr, e in quella dei Berberi seguì le autorità affricane,
seliza curarsi della contraddizione: il che gli avvien sovente. Ognun poi
vede che i Cronisti d'Egitto sotto i Patemiti sosteneano ir dritto della di-
nastia, e quei d'Affrica sotto gli Ztriti, già scioltisi dall'obbedienza all'E-
gitto , voleano fare risalire l' independenza fino ai primi principi! del go-
verno ztrita.
u. 19
|969.| — 290 —
che comandasi^e dalle rive occideutali del golfo di
Cabès fin dove potesse verso T Atlantico, il cauto
Moezz eccettuò Trìpoli, Adgàbia e Sort a mezzo-
giorno del golfo; commettendole ad altre mani, per
aver libero il passaggio dall'Egitto, se mai venisse
in capo a Bolukkfn di tentar novità. Eccettuò anche
la Sicilia, data da tanti anni e testé confermata ai
Beni--abi-Hosein di Kelb. ^
CAPITOLO V.
Moezz volle auco far prova a raccogliersi in
mano il fren della Sicilia. Del trecencinqiiantotto
(24 nov. 968, 12 nov. 969), mentre Giawher. era
in su le mosse per T Egitto, si notò che, giunto
in Mehdia pn oratore bizantino con ricchi presenti,
il califo comandava di smantellare Taormina e Ra-
metta , ristorate poc' anzi. Il che fu si grave ai Mu-
sulmani deir isola' che X appiccarono a consiglio degli
Infedeli : come X odio pubblico lascia sovente le giu-
ste accuse, e va a trovare le più assurde. L'emiro
Ahmed, temendo peggio che parole, mandovvi con
genti il fratello Abù-l-Kasem e lo zio Gia'far ; i quali,
accampatisi tra le due città, le fecero diroccare ed
ardere.' Era il preludio d'un colpo di stato; perchè
< Iborel-Àtbtr, anno 361 , MS. C, tomo IV, fog. 370 recto, e tomo V,
fog. 40 recto , ison le varianti cbe bo notato nella Biblioteca Àrabo-Sieula,
p. ^67 del testo.
'Nowairi, presso Di Gregorio, Rerum Àrabicarumt p. 19.
' Nowaìri, 1. e. Là frase che il Di Gregorio stampò erroneamente nel
-^ 291 — - [069.1
Moezz lo stesso anno richiamò in Aflrica Abmed con
tatti i suoi, ^ il quale volentieri ubbidì.. Ei fu preposto
al navilio, * ed il cugino Ibn-Ammàr ad una sqbiera
che sì dovea mandare di rinforzo a Giawher;* Mo-
hammed , fratello d' Abmed , rimase a corte fincb' ei
visse, fidalo e Caro a Moezz sopra ogni altro amica/
Manifesto egli è dùnque che ai Beni-abi-Hosein fu
promesso alto stato appo il califo in Affrica o in Egitto;
e che Taormina e Rametta furono spiantate perchè le
tenean gli Arabi Siciliani, i quali era mestieri disarmare
pria di offenderli. Abmed se ne andava dopo sedici
anni e nove mesi di governo, in su la fine deltre-
cencinquattotto (ottobre o nov. 969). Fece uno sgom-
bero di casa : figliuoli, fratelli, congiunti, famigliari,
clientela, ricchezze, arredi, quanto si potea portar
via; caricatone trenta navi salpò l'emiro per Mehdia.
Lasciò un solo liberto del padre^ per nome la'isc ; al
quale Moezz commise il reggimento della Sicilia. '
^
I
testo» e tradusse vi earum edificia di^icerent, va corretta "onde en«
trambi (Abu-l-Kasem e Giatar) posero il campo tra le due città." Cosi
anche IMia spiegato M. Quatremère, op, cit. , p. 68. É supposizione natia
cbe si attribuisse tal provvedimento ai doni dei Bizantini; ma se no» per*
che accoppiar quei due fatti ?
« Nowairi, 1. e. ; Abulfeda, Ànnales Moilemiei, an. 336 ; Ibn^-abi-DinAr,
MS. di Parigi, fog. 38 recto.
9 Àbolfeda e Ibn-abi-Dinàr , 11. ce.
3 Quatrémère, op. cit., p. 84.
* Makrizi, Mokaffn, MS. di Leyde, tomo 1, sotto il nome di Mobam-
med*ibn-Hasap-ibn-Ali etc, detto il Siciiianp. Il biografo aggiugpe cbe
ammalatosi costui, al Cairo, Moezz l'andava a visitare, e che venuto a morte
del 363 (973-4) lo compose egli stesso nel feretro, e recitò la prece sul
cadavere. Questo Mobammed era nato il 310 (931), e però prima della ve-
nuta del padre in Sicilia. >
> Sì confrontino: Nowairi, Abulfeda, Makrizi e H>n*abi-DinSir, 11. ce.,
ma r ultimo sbaglia la data. Tutti dicono la*isc surrogato dallo stesso
Abmed. Ma convien meglio alla ragion del fatto la narrazione d* Ibn-el-
Alhir, anno 359, MS. G, tomo IV, fog. 368 verso, e (omo V, fog. 9 recto,
K| - 292 ~
Ma le tribù, leggiamo, asseóibrate neir arsenale
vennero a contesa coi liberti di Kdtama , li combat-
terono e ne fecero strage. * Le tribù di certo signi-
ficano i corpi del giand d' arabi siciliani , ordinati se-
condo loro schiatte. Liberti di Eotama, di certo gli
stranieri Negri, Slavi, Berberi e d* altre tribù, e
fors' anco rinnegati cristiani di Sicilia o di Terrafer-
ma, che i capi di Eotama aveano manomessi ed ar-
mati per rinforzar loro squadre, troppo poche ormai
ai bisogni della dinastia. Né parmi abusafe il dritto
d' interpretazione se aggiungo che il giund siciliano
sì fieramente nimicasse i liberti di Eotama per cagio-
na del /i3t, creduto suo proprio retaggio, del quale ve-
dea partecipare quegli usciti di schiavitù; e fórse lor
erano stati concessi gli slipendii ricaduti per la par-
tenzà dei Eelbiti. Il tumulto par che fosse seguito
allo scorcio del novecensessahtànove. ' L' arsenal di
Palermo sondo po^to nella Ehalesa , ' e' si vede che
cbe la*isc fosse stato eletto da Moezz. Ibo-Khaldùn , Bistoire de l'Apique
et de la Sicile, versione, p. 172, segue questa tradizione t ma erronea-
mente dice che Abmed fosse stato eietto dai Siciliani alla morte del padre.
Si confronti il presente volume, Libro IV, cap. Il, pag. 249, nota 1.
' Ibo-el-Atbtr, anno 350, MS. C , tomo IV, fog. 368 verso, e tomo V,
fog. 9 recto. Il testo ha habàil, plurale di kabila, che significa ana^ delle
suddivisioni della tribù arabica. Gli scrittori arabi del decimo secolo che
parlan dell' Affrica usano cotesto nome generico per designare le tribù sia
d'Arabi, sia di Berberi, ed in oggi nelle province d'Algeri e di Orano (non
già in tutta r Algeria né in tutto il resto dell'Affrica) si chiamano Kabili,
come ognun sa, i soli Berberi. Nondimeno nel presente passo d'Ibn-el-
Atbìr, copiato da croniche del X o XI secolo la voce kabdil non si può
Intendere altrimenti che tribù di Arabi Siciliani; primo perchè è messa
assolutamente senza appellazione etnica cbe la determini; e secondo, per-
chè in Sicilia a quei tempo la lite non potea nascere se non che tra 1 coloni
arabi ed i pretoriani. I Berberi della Sicijla meridionale non contan più
dopo la guerra del 940, e non fecero mai parte della popolazione di Palermo.
* In novembre 969 partirono i Kelbiti , e in giugno 970 tornarono.
' Ibn-Haukai, Deseriptioh de Palerme, nel Journal Atiatiqtie , IV« sè-
rie, tomo V, p. 93.
— 295 — 1970.1
la'ìso, perduti ì suoi sgherri entro la stessa cittadella,
non ebbe difesa contro i sollevati.
Com' avvenne sempre in Sicilia , il fuoco di Pa-
lermo si appigliò subito alle altre città : ammazzati
nelle partì * di Siracusa i liberti kotamii ; subbugli
e zuffa per tutta Y isola ; rotto il freno alle nimistà :
indarno la'isc cercò di racchetare gli animi, sospetto
com'egli era, senz armi né séguito, onde ninno lo
ascoltò. Le milizie trascorsero a rapine e violenze
sopra i terrazzani;' dettero addosso alle città cristiane
assicurate: * difendendo lor proprii dritti, non ebbero
rispetto agli altrui. La forza fatta ai Cristiani mostra
che in fondo si dolessero della distribuzione del fei, e
che pretendessero riparare T ingiustizia . prendendo?
selo dassè. Moezz, risaputo cotesto scompìglio quando
forse non era spenta la ribellione della tribù di Zenata
in Affrica,^ ed i Karmati gli minacciavano il recente
conquisto d'Egitto, non si ostinò contro i Siciliani,
lieposto la'isc, mandò nell' isola Abu-1-Kasem-Ali-
ibn-Hasan, con grado di vicario del fratello Ahmed;
per dar a vedere che non avesse mai pensato a mu-
tare né gli ordini né gli uomini. Al cui arrivo, che
seguì il quindici scia'bàn del. cinquantanove (S2 giù-
« Così litteralmente il testo : parti , contrada , viclnaùza. Porse si tratta
del distretto 0 f'MIm.
. * Il testo ba uo vocabolo analogo e derlTato dalla stessa radice che
il ra'ta, che tatti sentiamo ripetere nei fatti dèi paesi mosulmani d'oggi-
dì. È però si deve intendere principal niente dei sudditi cristiani.
> Questo importantissimo fatto della rivoluzione contro la'isc è riferito
dal solo ibn-el-Athlr» 1. e, e appena accennato da Ibn-Kbaldùn, Bistoire
de l'Afirique et de la Sieiìe, versione, p. 173.
^ Seconda Ibn-el-Atlilr , anno 388, MS. G, tomo V , fog. 367 recto, il
capo di quésta ribellione si sottomesse di rebi' secondo 359 (febbraio e
mano 970). Sul nome si vegga qui innanzi la nota 2 della pag. 287.
[970-972 1 — 294 —
gDO 970), posarono i tumulti ; la colonia lietissima
r accolse e docile gli ubbidì. *
Entro pochi u^esi Ahmed , veleggiando con Y ar-
mata affricana alla volta d' Egitto » s' infermava a Tri-
poli, dove di corto morì. E in novembre del nove-
censettanla Moezz scriveva insieme ad Abu-l-Ea^em
lettere di condoglianza per la morte del fratello e il
diploma d' investitura ad emir di Sicilia. ' Lo stato sì
rassodò nelle mani di quel gii^sto e generoso.*
Capitò in questo tempo (972-^73) in Palermo
Abu-1-Kasem-Mohammed-ibn-Hàufcal che ci ha la-
sciato una descrizione della città. ^ Ibn-Haukal nato a
< Si coiifrontiDO : Ibn-el-Athtr, anno 359, MS. G, tomo IV, fiog. 368
Terso; lbn*Kba1dùn, 1. e. ; Abulfeda, Annales Modefi\ieif tomo li, anno 336;
Nowairi, presso Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 19; ìbn-abi-Dinàr,
MS. di Parigi, fóg. 38 recto, il giorno della venata d' Abu^l-Kasem in Pa-
lermo risponde esattamente al computo degli anni del suo governo che fa
Ibn^el-Àlbìr, narrando la sua morte seguiu il 20 mobarrem 372. Egli avea
tenuto r oficio, al dir dell' annalista, 12 anni, 5 mesi e 5 giorni, che sono
secondo il calendario musulmano 4405 giorni. Si vegga Ibn-e)»Atblr, an-
no 371 , che citeremo in fin del capitolo V( del presente libro. Abulfeda
dà la stessa cifra di Ibn-el-Àtblr; Ibn-abi-Din&r dice in numero tondo
ìi annU e il Baidn con errore il.
* Si confrontino: Abulfeda, Annùles Moslemiei, an. 336, tomo II, p. 446,
seg. Nowairi , presso Di Gregorio, RerumArabicarum , p. 19; Ibn-Khaldùn,
Sistoire de VAfrique et de la SidUt versione, p. 172. Secondo il primo,
Ahmed morì negli ultimi mesi del 359 (fino al 2 nov. 970), e Moezz scrisse
al fratello il 360 (dal 5.nov.).
' Ibn-Rhaldùn , l. e. La versione ha * integro * invece di " generoso,*
come bo tradotto appigliandomi alla variante di un MS. di Tanis.
^ Questo capitolo della geografia d'ibn-Haukal fu pubblicato da me
con versione franceì^e nel Journal Atiatique del i8i5; IVe série^ tomo V,
p. 73, seg.; poi in iuliano nellMrcAtvto Storico, appendice XVI (1847),
p. 9, seg. , con le varianti ricavate dal MS. di Oxford. Adesso due arti-
coli del M'ogem-^l^Rolddn, di lakùt, che do nella Biblioteca Arabà^Sicula,
p. 107 e 120 del testo arabico , mi abilitano a correggere alcuni luoghi e
supplire altre notizie le quali mancano nelle copie d' Ibn-Haukal,- che ab-
biamo in Europa; ma si trovavano al certo nella edizione ch'ebbe per le mani
làkùL Le differenze che si vedranno tra quel che scrivo adesso e le mie
versioni del 1845 e 1847 vengono in parte dalle dette corréuoni e in parte
— 295 — (972 J
Bagdad in mezzo air anarchia pontificale , viaggiò
trentanni (943-76) per genio di studiare i paesi e
gli uomini, e bisogno di mercalare ; percorse la più
parte degli stati musulmani, dalF Indo alle spiagge*
settentrionali d'Affrica; * e s'ei non passò in Spagna,
toccò pure la terraferma italiana a Napoli , dove traean
per loro traffichi i Masulmani d/Ogni parte del Medi-
terraneo. ' La geografia d' Ibn-Haukal , compilata in
parte su gli altrui Scritti ed in parte sul taccuino di
viaggio, pecca al soIHodi preoccupazioni, giudizi! pre-
cipitósi, fatti facilmente creduti air altrui ignoranza o
passione : opèr^ d' ingegno non esercitato in scienze
né lettere; pur ^' ha un tal senno mercantile che dà
nel segno discorrendo le cose pubbliche; e se ne ca-
vano genuini ragguagli su gli itinerari!, le usanze,
le derrate, le entrate pubbliche e gli ordini ammini-
strativi. Della Sicilia Ibn-Haukal altro non dice, se
non essere lunga sette giornate di. cammino e larga
quattro, tutta abitata e coltivata, montuosa, coperta
di ròcche e di fortezze, ed esserne. Palermo metro-
poli e sola città importante per numero di abitatori e
fama nel mondo. E di Palermo discorre più e meno
del bisogno ; tacendo i fatti economici che suol andar
notando per paesi anco minori e che son forse per-
duti con un opuscolo ch'egli intitolò: "I Pregi dei
r
da migliore riflessione, e, se mi si vòglia concedere, da on poco più di
pratica nella lingna. Oltre a ciò debbo avvertire cbè nella versione italiana
e più nelle' note corsero moltissimi errori di stampa. La citazione d' Ibn-
Hankal e lakùt valga per tatto il resto del presente capitolo.
• * Su la vita e le opere dMbn-Haukal si veggano :.Uylenbroekt ^''fl-
fié^tnìcm descriptio, Leyde, 1822,ìn-4e; e Reinaud, Géographie d*ÀbQul-
feda; introduzione, p.LXXXii, seg.
* Si vegga il Libro III, cap. Vili, pag. 178, nota 2, di questo volume.
[972.) — 296 —
Siciliani, " ovvero con uq altro libercolo o capitolo della
Geografia, del quale ci è sol rimase qualche fram- '
mento. *
La pianta di Palermo, eh' agevolmente si può deli-
neare con questa scorta e coi ricordi archeologici^ ri-
trae le vicende essenziali della Sicilia fin dal conquisto
musulmano e la sorte della colemia che si bilanciava
tra una virtù e un vizio. Virtù di accentramento e
civiltà; vizio di divisione: le schiatte, le. classi, le re-
ligioni, per mutuo sospetto separate d'animi e di sog-
giorno; onde ne crescea tanto più la ruggine tra loro.
jChe se furon tali tutte le metropoli del medio evo,
Palermo né anco serrava i cittadini in un muro e una
fossa. Spartivasi, dice Ibn-Haukal, in cinque regioni
{hàràt); ma poi chiama cittadi ' due di quelle, come
bastionate e vallate ciascuna dassè! L'una, detta Gas-
sarò [Kasr)^ la vera, ei nota, ed antica Palermo, affor-
zata d' alte e robuste muraglie di pietra , fiancheggia-
ta di torri, abitata dai mercatanti e dalla nobiltà mu-
nicipale. ' L'altra, la Khàlesa, cinta di minor piuro,
soggiorno del sultano e suoi seguaci , non avea mer-
cati né. fondachi, ma bagni, oficii pubblici, Tarsena-
V
^ L' autore , ne* MS. che abbiamo in Earopa , accenna il primo opu-
scolo in fin della descrizione della Sif^lia. 11 titolo e qualche altro panico-
lare sì leggono nel citalo passo del Mo'gem^UBoldàn , di lakùt , il quale
ebbe certamente alle mani il secondo opuscolo su la Sicilia, o altra edi-
zione più copiosa della Geografia.
* Così nel testo che abbiaiho. Neiraltra edizione di cui lakùt ci serba
i frammenti, par che Ibn-Hankal abbia chiamato anche cittadi le altre tre
regioni.
' (bn-Haukal dice di proposito dei soli mercatanti; ma venendo a
toccare la «pperbia dei cittadini, come innanzi si vedrà, confessa senza
volerlo che soggiornassero nel Kasr le famiglie ragguardevoli che avean
moschee proprie e vi si davan lezioni di dritto; cioè Smembri della gema\
la nobiltà cittadina, come noi diremmo.
— 297 -~ (972.1
le,' la prigione. Più popolosa e grossa che le due
solenni città del municipio e del governo, la regione
non murata detta delli Schiavoni, dava stanza alla
marineria ed ai mercatanti stranieri che traeano in
Palermo. ' Eran altresì aperte , e non dissimili T una
dair altra, le Regioni Nuova e della Moschea , le quali
racchiudeano i mercati e le arti : cambiatori , olian*
dòli, venditori di frumento, droghieri , sarti, armaiuo-
li, calderai, e via dicendo ciascun mestiere dassè, di-
viso dal rimanente ; se non che i macellai teneano
oltre cencinquanta botteghe in città 'e molte più fuori.
Due contrade,, eh' Ibn-Haùkal intitola regioni senza
porle nel novero delle cinque, si addimandavano dei
Giudei e di Abu-Himàz. Similmente il Me^sker, che
suona Stanza di soldati, par fosse ricinto a parte. * I
sobborghi che serbavan vestigia dei guasti durati
nelle guerre dell' independenza, correano a scirocco
frammezzo ai giardini fino air Oreto , ove si sparpa-
gliavano su la sponda; ed a libeccio salivano dal
Mésker in fila continua fino al villàggio di Baida. ^ La
postura delle regioni si ravvisa di leggieri. HCassaro
* * . ■
*■ Ibn'-Haukal non dice la condizione e nazione degli abitatori, ma
che quiyi era il porto: il che basta. D'altronde sappiam che fossero in
quél quartiere, gli stabilinienti dei Genovesi, infino ài ^VH secolo; e y\
ripoane tuttavia la Chiesa di San Giorgio detta dei Genovesi. Quivi anche
giacea nel XI (secolo la contrada detta degli Amalfitani, come ritrasse dai
diplomi il Fazzello, il quale aggingne che del suo tempo v' era una chiesa
di Sani' Andrea degli Amalfitani.
* Ibn-Haukal seri ve helei, che è vago t]uanto paese. Par che vòglia
dire di tutte le cinque regioni, non delle due sole murate.
' Lo fu di certo nel XII secolo, onde il nome che portava di halkà,
in cui la prima lettera si irascrivea in modi diversi nei diplomi ; sì come
dirò a suo luogo. Ibn*Haukal, senza notarlo espressamente, parìa del
Me'sktr come di contrada fuor la città vecchia. ^
* Si vegga la pag. 68 di questo volume.
[972] — 298 —
in mezzo, in forma di nave che volgesse la prora a
tramontana. Come ancorata per traverso, a greco, la
Khàlesa; da levante a libeccio la Regione della Mo-
schea, la Regione nuova e il Me'sker: gli Schiavoni,
in line^ paralella al Cassaro, dal lato di ponente.
Il mare, si come è manifesto, entrando per una
stretta foce che non è punto mutata, disgiungea la
Khàlesa dalla estremità settentrionale delli Schiavoni ;
e imbattendosi nella punta del Gassaro, si fendeva in
due bacini o lagune ; dei quali su l' occidentale era
costruito nelli Schiavoni il porto di commercio; su quel
di levante nella Khàlesa , V arsenale. Se mai nel!' an-
tichità le lagune bagnarono tutti i fianchi della città,
erano rattratte nel decimo secolo al tronco e ai due
bacini; di che resta, dopo novecént' anni , il sol tronco
detto la Gala. * Perchè scrive ibn-Haukal che parec-
chi grossi rivi, ciascuno da for girare due macine.
* Nel XVll secolo un Giambattista Harìogo, sn vaghe antoritii, disegnò
una carta dell' antica, Palermo» copiata poscia a colori in certi quadri »uno
dei quali passò nella Biblioteca Comunale. 11 Morso fé' ridurre e incidere
oosì fatta pianta e vi fabbricò sopra la sua Palermo dei tempi normanni ,
nella quale le navi veleggiano troppo dentro terra d*ambo i lati della città
veccliia. V attestato d' Ibn-Haukal tronca adesso ogni lite, poich* ei ci
dice quali acque Separavano la città vecchia dalli Schiavoni, e che dairal-
tro Iato si usciva nella regione della Moschea e dei Giudei , delle quali
sappiamo il sito attuale , cioè P oficio della posta, la strada dei calderai, ec.
Ma in vero i diplomi dell' XI e XII secolo non concedeano al Morso di ti-
rar sì in alto il mare. Ei Io fece arrivare fino alla Biblioteca Comunale odier-
na, supponendo Che gU statuti di una confraternita della Madonna delle
Naupactitesse, i quali si leggono in una pergamena greca della cappella
palatina, lo appartenessero alla città di Palermo; 2o'che vi fosse fatta
menzione di un quartiere di Naupactitessi , anziché di un monastero di
Naupactitesse |jt» t>ì tóJ» vaJtraxTiTTjwMtf /*ovv]); e S* che questa voce si-
gnificasse * costruttori di navi" non già "donne di Lepanto ■ (WaucraxTo?).
A sno luogo dirò più particolarmente di cotesto diploma, eh' è stato alle-
gato per provare la fondazione di detta confraternita ptima del conquisto
normanno.
- 299 - |D72|
frastagliavano tatto il terreno tra il Cassaro e li
Schiavoni; e dove oìffrìan comodo ai mulini, dove
si spandeano in laghetti ,. dove facean pad oli che vi
crescea la canna persiana o vi si coltivavan piante
d' ortaggio, * a Tra così fatti luoghi , ei dice , è una
fondura coperta del papiro da scrivere , oh' io pensai
non venisse altrove che in Egitto, ma qui ne fabbri-
cano cordame per le navi e quel po' di fogli che occor-
rono al sultano. » E però non sembra inverosimile
che sia di Sicilia, anzi che d'Egitto, il gran papiro
con lettere arabiche a mo' di marchio. di manifattura,
sul quale è scritta una bolla di Giovanni ottavo a prò
deirabbadia di Tournus in Francia , data il primo anno
di Carlo il Calvo imperatore (875) e serbata nella Bi-
blioteca di Parigi.' La pianta egiziana ministra dell' an-
tico papere, recala forse dai Greci a Siracusa e dagli
Arabi in Palermo, crebbevì oziosa fino al secol decimo
sesto, quando, prosciugato lo stagno, gli rimase il
nome e si chiama anch' oggi il Papireto.
Invece di paduli ed umili culture, la campa-
gna di levante lussureggiava d' orti e giardini da
diletto su le sponde delFOreto, che s' addimandava
' Ibn-Haakal precisamente dice: ottime piantagioni di iucche.
* Bulle de Toumw, lltografiata per uso deU*École des Ghartes, Pa-
ris 1835. Si vegga anche Marini, Papiri Diplomatici, p. 26, 27, 222, 225.
Questo papiro è lungo parecchi metri , e largo 58 centimetri. La leggenda
arabica , tramezzata di qualche line» rossa , si scòrge in capo del ruolo in
caratteri corsivi grandi e franchi, tratteggiati con un pennello a colore
fn oggi bruno, anziché nero d'inchiostro; ma sendo molto frusto il papiro
in quella estremità, vi si può leggere appena qualche congiunzione e pre-
posizione, qualche sillaba interrotta, la voce allah, ed un brano di nome
Sa*id-ibik„„ li commercio della Sicilia musulmana con Napoli, e le note
relazioni di Giovanni Vili con quella città e coi Musulmani , dan valido ar-
gomento a supporre p'alermilano cotesto papiro , il quale per altro sembra
più grossolano che quei d'Elgitto.
1972.1 - 300 -
Wed-AU>às, e cosìmfino ai tempi normanni e sve-
vi ; ^ ma oggi ^a ripigliato il nome classico. Salivano
i giardini e si mesceano ai vigneti presso il villag-
gio di Balharà, * voce indiana , ' vinta adesso dalla
latina appellazione di Monreale, presso il quale giaceva
una miniera di ferro, posseduta prima da un di casa
d'Aghlab ed or dal stiltano che adoperava il metallo alle
costruziotii navali. Il fiume volgea gli altri mulini ab-
bisognevoli a si gran popolo. E scende Ibn-Haukal a
rassegnare le scaturigini d' acqua della città e dei
dintorni , delle quali alcuna serba il nome ; * ma egli
ne tace due di nome arabico, onde sembrano sco-
perte neir undecime secolo. ' Contro l'opinion co-
mune, e' si vede che ì Musulmani di Palermo sciupa-
* Abbesìn un diploma del 1164, presso Hongitore, Laerte domus
Mamionis..,. Monumenta, cap. V; Hahes in an diploma dd 1206 presso
Pirro, Sicilia Sacra, p. i29, e Audhahes, Àvedhabes, o Leudhabes in altri
del 1207 è i21 1 , op. cit. , p. 130, i36, con le note del D* Amico. Non occorre
di spiegare che Aud,Àved, Leud, sieno trascrizioni della voce arabica Wedf
fiume. Àbbàs è nome proprio d'uomo.
* \\ nome agevolmente sì riconosce nel Bulehar di Fazzello^ Deca I,
Hbro Vili, cap. 1, e nel Segeballarath , ibld., come un tempo si chiamava,
al dir dello slesso autore, la piazza odierna dì Ballare, Senza dobbio era
corruzione di Suk-Balharà, *il mercato di Balbard,*il quale villaggio ap-
punto s'accostava da quel lato alla città.
" Si vegga il Libro III, cap. I, p. 34 del presente volume.
* Ghirbàl, 'cribruro," oggi Gabrieli. Il nome arabico potea beo essere
il latino del quale ha la significazione.
Fauidra, "polla d'acqua," oggi La Favara.
Àin^Abi'Sa'id "fonte di Abu-Sald," che fu un tempo, al dir d'ibn-
Hankal, governatore del paese. Si vegga il Libro III, cap. VII, p. 157 di
questo Volume. 11 Fazzello trovò nei diplomi Àin^Seitim; oggi Ànnisiinni o.
Dennisinni.
B Gàrraffu eGarraffeddu, diminutivo siciliano del primo. Gharrdfè ag-
gettivo * abbondante (d'acqua). * Ìl situerà laguna o padule al tempo d'ibn-
H^okal , giacendo fuor la punta settentrionale del Kasr. B però queste due
fonti, 0 almen la. prima, furono scoperte tra il X secolo e la' metà del XII,
pria che si cominciasse a dileguare il linguaggio arabico.
— 301 — [972.]
van tanto tesòro di acqae. Ibn-Haakal, nato in sul
Tigri, chiama pure il Wed-Abbàs gran riviera, onde
fa supporre che lo ingrossassero tante polle oggi
condotte ad uso della città. ' Né dimentica che del
territorio parte fosse adacquata con canali, parte
delle sole piogge si come in Siria. Fecegli maggiore
meraviglia che li abitatori della parte orientale del
Cassare, della Khàlesa e dei quartieri di quella banda,
bevessero la greve acqua di lor pozzi. Donde è
manifesto che non si debba riferire alla dominazione
musulmana quella egregia economia idraulica che
in oggi dà acque correnti in tutte le parti della città,
fino ai piani più alti delle case. Risguardando alle
voci tecniche dei fontanieri di Palermo che son me-
scolate greche, latine ed arabiche, si scopre T opera
comune delle tre schiatte unite sotto i Normanni: e
,però differiamo a trattarne neir ultimo libro.
Venendo ai monumenti, Ibn-Haukal notava la
Moschea gidrni'deì Cassare, una volta tempio cristia-
no; nella quale serbavansi, al dire dei logici della
città, le ossa d'Aristotile; ma ei noti si fa malleva-
dorè che d'aver visto il feretro, appeso in alto, e
udita la tradizione che gli antichi Greci solessero im-
petrare miracoli dalle ceneri del filosofo in tempi di
siccità, pestilenze o guerra civile. Donde è libero il
campo a porre il mito e il monumento innanzi o dopo
l'èra cristiana; richiamandoci il nome all'antichità,
* si potrebbe aggiugoere a questa cagione la mutata o trascurata col-
tura delle montagne che accresce le piene del torrenti, ma fa menomare le
acque perenni. La valle di questo fiume> là dove fa grotta nel sasso, mo*
stra che un tempo il letto dovea essere assai più largo e profondo del
presente.
1972] - 302 —
forse al culto d'Empedocle, ma la qualità ed uso del
santuario s'adattau meglio alla pietà cristiana. Ne
sembra strano che alla dedizione di Palermo si fòsse
pattuito di lasciare in pie tutta o parte la chiesa; e che
quando la fu mutata affatto in moschea, i nuovi pa-
droni, tra credere e non credere, avesser lasciato sì
comodo palladio in qualche cantuccio fuor Tedifizio;
che esempli v' ha di chiese bipartite tra le due reli-
gioni nei primi conquisti; e non meno di supersti-
zioni reciprocamente tolte in prestito non che tolle-
rate, quando si rattiepidì lo zelo/ It Cassare, avale,
era tagliato neir asse . maggiore dalla strada dritta
ch'oggi ne ritiene il nome, la quale s'appellava Simdt
0 diremmo la ** Fila:" che tal era, di fondachi e botte-
ghe, e, raro pregio nel mediò evo, tutta selciata.
Avea la città vecchia nove pòrte, delle quali si ricono-
sce il sito;* ed una era quella che, in grazia d'ésoticha
lettere intagliafe su i arco e in un mtnaretto vicino, fu
creduta infino al secol passato opera dei fondatori ebrei
' I fatii delle chiese e moschee di Damasco e di Cordova sono noti a
tulli. Sa anche ognuno che nel medio evo principi musulmani onorarono
e credettero ecclesiasUci cristiani famosi per sapere o pietà o arcana vista
deiravvenire;' e similmente principi cristiani i dotti o astrologi qiasulmaiki.
Secondo T autorevole testimonianza di Lane, Modem Egyptiqns, Lon-
dra 1857, voi. i, p. 322, i Musulmani e i Giacobiti d'Egitto fan tutUvia
fraterno scambio di superstizioni.
^ Ibn-Haukal nomina, 1 Bàb-el^-Bahr "la porta del mare;* 2Bd6-«-
tcefd " la porta della Medicina" così detta da utia.fòùte vicina; 3 Bàb-Seian'
taghàth^'h porta di Sant'Agata;" 4 Bab-Rùta "la ^orU di Ruta" dal no-
me d'un' altra fonte ( At2/ in arabico " fiume" dal persiano Rùd e si trova
il nome in Spagna); 5 Bab^er-riàdh 'la porta dei giardini" fabbricata
in vece di quella, 6, detta Bab-ibn^Korkob dal nome del noto ribelle;
7 Bab^l^bnà "la porta dei figli;" 8 Bab-el^Hadi "la porta del Ferro;*
9 una porta nuova senza nome. La più parte di cotesti nomi si trova nei
diplomi delXU secolo^ come ho detto nelle annotazioni ad Ibn^^Hankal
nel Journal Àsiatique e neW Archivio storico italiano.
— 303 — (972.)
o caldei di Palermo. Demolita la porta e il minaretto
da un viceré spagDUoio ; serbati da dotti del paese i
disegni dei caratteri che inghirlandavano il minaretto,
ancorché traspósti e mutili , come s' €;raoo mesco*
late e perdute in parte Io pietre, ognun vi scorge una
bella é severa -scrittura cufica, e se ne può accozzare
la data del- quarto secolo dell'egira e tre versetti, del
Corano, di quei soliti a porre nelle moschee./ La
^ La pojTta dei Patitelli fa demolita nel 1564, e andò a male la iscri-
zione che vi si vedea al tempo di Fazzello, il quale errò, credo io, a sup-
porla diversa dalla Behilhaekal (Bab-el*Bahr) di cui avea trovato 11 nome
nelle scritture antiche. La torrìcciuola vicina che si addimandava di Baich,
dìveìiuta, di minaretto di moscKea, abitazione d* un cittadino, fu intac-
cata <I al lato occidentale n,el iS34 per farvi certe ristauraziopi ; e si co-
minciò allora a dislocare le pietre nelle quali correa riscrizione in unica
-linea al sommo deiredlGzio; se non che Fazzello, accorse, gridò, le fece
rimettere, e copiò fedelmente, ma confusi, ed alcim capovolto, i gruppi
di tre 0 quattro lettere, ch'erano intagliati in ciascuna pietra. Ei publ^licò
il disegno, in picciolo , nella sua Storia, deca 1, lib. Vili, cap. I, credendo
s^rbai^il testo caldaico scritto poco dopo il Diluvio. Nel i564, il viceré spa-
gnuolo che prolungò il Gassare e gli die il nome di Toledo , abbattè senza
riguardo la torricciuola; ma per le cure deirèrudito Marco Antonio Mar-
tinez si trasportò* la più parte delle pietre scolpile nel palagio di città, e se
ne trassero i disegni: ottantaquattro pietre, delle quali mancavano ventuna.
Cosfrimase la iscrizione, a un di presso ordinata al modo d'un lungo rigo
di caratteri da stampa che sian caduti a terra e un analfabeta li abbia ri-
messi insieme in cinque o sei lìnee, dopo averne gittate via la quarta
parte* Così la pubblicò due secoli appresso, per la prima volta, il Torre-
mazza (SiciliiZ etc. Imeriplionum, 2« edizione) e indi il Di Gregorio {Re-
rum Arahicarum) e il Morso {Palermo Antico). L'Àssemannj accertò la na-
tura dei caratteiri; ma pochi ne lesse. Il Tychseix vi ritrovò una cifra cro-
nologica e il frammento d'un versetto del Corano, lo Ve n'ho letto un al-
tro; è il resto M. Reinaud; il quale, com'io lo consultai su la mia lezione,
la confermò, e incontanente la prosegui. Ecco la traduzione delfak data e dei
versetti, nella quale il carattere corsivo mostra le parole che si è arrivato
ad accozzare. Accenno le linee secondo la copia di Martinez:
Linea 3. Trecento, — Tychsen ; aggiugnendo con dubbio trentuno. Mi
/ ^ parrebbe più> tosto , ma non lo affermo , sestania.
Linea 4. (Corano, sur. XXI V«^ v. 36.) in edifiiii [i quali] permesse Dio
che fonerò innalzati.
Linee 5, 6, 7, 8, 9: e che si rieordasse in quelli Usuo nome, lodan lui
mattino e sera (v. 37) uomini [cui] non distoglie traffico né
|972.| — 304 —
Ehàlisa avea mora senza altre porte che quattro
dal Iato di terra, a mezzogioroo. Sorgeano fuor le
mura, credo del Gassaro,: iu stil bacino di levante
i ribàt, come chiamavansi nelle città di confine Je
stanze dei volonlarii spèsati su le limosino legali o
su lasciti pii, per uscire in guerra contro gli Infe-
déli; Ja quale genia, come si allargò e corrappeT isla-
mismo, somigliava ormai per la disciplina ai ribaldi
negli eserciti feudali, e per V òzio ai frati mendicanti
nei paesi che n han troppi. Molti ribdt, dice Ibn-Hau-
kal, sono in Palermo in riva al mare, pieni zeppi di
sgherri, scostumati, gente di mal affare: vecchi e
giovani, perversi e infingardi, mascherati di devazione
per carpir la moneta e intanto svergognar le donne
oneste, fare i mezzani e peggior brutture; riparati colà
pef non aver condizione né pan né tetto.
A computare il numero degli abitatori, Ibn-Hau-
kal ci dà questo bandolo: che la moschea de\ beccai,
un diche v'erano ragunati tutti con lor famiglie e at-
tenenti, racchiudea da settemila persone. La quale arte
stando negli odierni censimenti della^ città a tutta la
popolazione come uno a cento, il numero tornerebbe
nel decimo secolo a settecentomila; e, fattavi pur
grossa tara per' le mutate condizioni ] non si può ra-
gionar meno di trecento o trecencinquanta mila ani-
vendita dal ricordare Dio , far la preghiera e pagar la limon-
na; iemeriti quel giorno in cui saranno confusi i cuori e U
mie, — Reinaud.
Linea 12. (Sur. 11, y. 2S6.) Non [v*ba] Dio se non Lui, il VivenU, il
Sempitèrno. -^Tychsen.
Varie parole delie linee 4, 6, 7> 8, di Martinez rispondono alle linee 6, 7,8,0
di'Fazzello; e mostrano viemeglio qaanlo i disegni di questo storico si^no
più esatti che quelli del Martinez,
— 505 — (972.1
me/ À ciò ben s' adatta T altro dato delle cinquecento
moschee ch^ erano in Palermo, delle quali tre quinti
nella città vecchia e grosse regioni e due quinti nei
sobborghi : moschee tutte acconce e frequentate, tra
pubbliche, di corporazioni e di privati. Né Ibn-Haukal
tante ne avea viste mai in cittadi uguali e maggio-
ri; né sapea trovarne riscontro se non a Cordova, il
numero delle cui moschee gli era stato raccontato, ma
in Palermo Favea ritratto con gli occhi suoi prò-
prii e tutti i cittadini gliel confermavano. Cordova in
vero^ decaduta nel decimoquarto secolo, ebbe da set-
tecento moschee * e poco meno Costantinopoli fino ài
decimosettimo secolo.'
* In numeri tondi, i beccai,! loro garsoni, gli impiegati nei maceiU*
e i Tenditori .di interiora, con le famiglie, ragionate a cinque teste per
casa, sommavano nel 1844 a 2000. La popolazione era circa 200,000. Ma
la cifra di 700,000 che avremmo con tal proporzione nel 972 dèe scemarsi
per le cause seguenti: lo la istituzione dei macelli pubblici, che diminuisce
og'gi il bisogno di molte braccia; S» la maggiore consumazione di carne da
suppprsi nella capitale della Sicilia musulmana, mentre le classi meno agia-
te, nelle presenti condizioni lagrimevoli della città, mangian carne poco o
punto; 30 i giorni di magro ai quali non erano astrettì i Musulmani; i» la
poligamia, la quale, se a lungo andare fa più mal che bene, pure In un pe-
rìodo di ricchezza crescente poteva aumentare la proporzione da 5 a 6 0 7
a famiglia , però dare minor numero di capi di casa ossia minor numero
di botteghe a numero uguale d'individui. Per queste considerazioni pongo
che il numero d*anime dell'arte, stc^sse al numero d' anime della città
cenile mo a cinquanta, non come uno a cento eh' è in oggi ; e metto in conto
dalle 5 teste a famiglia anche i bambini lattanti che Ibn-Haukal di certo
non vide nelle 32 file ( 1 numeri sono scritti non già accennati in cifre) di
circa 200 persone ciascuna, che assisteano alla preghiera. Se dunque pecca
il mio computo, non è di eccesso. L'area dell'abitato , che ha guadagnato
un poco su le acque e perduto molto dentro terra , conferma tal giudizio.
Debbo avvertire che nelle note alle due versioni italiana e francese,
posi la popolazione di^Palermo 170,000 ànime. Il censimento che si fé poco
appresso la mostrò molto maggiore, e così l'ho corretto a dugentomila.
' Gayangos nelle note a Hakkari, Mohammedan Dynasties in Spain,
tornò i, p. 4SIÌ.
' D'Ohsson nel XVIll secolo contava più di 200 moschee nell'ambito
li. 20
[972.] — 306 —
Dalla quale sovrabbondanza Ibn-Haokal cava ar-
gomento di riprendere i Palermitani che ciascuna fa-
migHa per superbia e vanità volesse la sua cappella
particolare, fin due fratelli che abitavan muro a muro.
E narra che un Abu>Mohammed oriundo di Cafsa,
giurista in materia di contratti, ^ arrivò a fabbricare
vicino a venti passi alla propria una moschea pel
figliuolo, aifincbè vi desse lezioni di dritto. Notato poi
che più di trecento pedagoghi ìnsegnavan lettere ai
giovanetti, v'appicca la chiosa che eleggean tal me-
stiere per iscusarsi dalla guerra sacra, anche in caso
d' irruzione del nemico; eh' e' si vantavano di probità
e di religione e facean da testimonii nei giudtzii e nei
contratti; ma in fondo nulla era in essi di bello né di
buono., Né era in alcun altro. In fatti, il cadi Othman-
ibn-Harràr, uom timorato di Dio, conosciuti alla prova
chi fossero i suoi concittadini , avea ricusato lor tesli^
monianze, grave o leggiero che fosse il caso; onde
s'era messo a terminar tutte le liti con accordi; e
infermatosi gravemente ammonì chi dovea prendere il
magistrato non si fidasse d' anima vivente. AI quale
succedette, continua Ibn-Haukal, un Abu-Ibrahimrf
Ishak-ibn-Màhili , che fece ridir di sé molte scem-
piaggini.* Che più, se non usano la circoncisiona^^è
di CosUntiDopoli e 300 nei subborglii, aggiugnendo che non ve oé fossero
più nelle case dei nobili: quello appunto. che faceta il gran numero delle
Moschee in Palermo. Tableau general de Vempire oUoman^tùo li, p.455,
seg. , edizione di Parigi 1788, in-8.
* Questo è il significato detta voce wethàiki, die si legge trascriUa
altrimenti e non tradotta nelle mie due versioni francese ed italiana. Si
vegga Hagi-Khalla, ediz. Flùegel, VI, p. 423. N. 14»174.
* Ei le narrava, ma lakùt le troncò in questo passo del testo che ci ha
conservato.
— 307 — (972.1
osservano le preghiere, uè pagan la limosina legale,
né vanno in pellegrinaggio; e appena avvien che di-
giunino il ramadhan e che facciano il lavacro in un
sol caso ! È scaglia la sentenza : non essere in Paler-
mo begli ingegni, né uomini dotti, né sagaci, né reli-
giosi ; non vedersi al mondo gente meno svegliata , né
più stravagante; men vaga di lodevoli azioni, né piii
bramosa d' apprendere vizii.
Ma si tradisce col filosofare : che la radice di
tanto male è il gran mangiar che fanno di cipolle
crude, mattina e sera, poveri e ricchi; ond'han gua-
sto il cervello e ammorzato il senso/ In prova, ecco,
bevon dei pozzi anziché cercar le dolci acque correnti ;
ai ragionar con essi t'accorgi c'han le traveggole ^
nel guardarli vedi alla cera la complessione intristita.
Ghiottoni, che: non si sgomentano a puzzo di cibi. Su*
dici di loro persone, da far parer mondi i Giudei. Allato
^1 negrume di lor case diresti bigio un focolare. Nelle
più splendide , vedi correre i polli e sconciare la
stanza e fino i guanciali del padrone. Arrogo che in
Sicilia il frumento non si serba da un anno air altro;
e sovente, sì malvagio è Taere, inverminisce su Taia.
Il tempo è passato che scrivendo la storia si pren-
dea battaglia per simili argomenti , e che la carità pa-
tria, bamboleggiando, avvampava sol nelle inezie. Pur
* I medici arabi del medio evo credono fermamente che la cipolla of-
fenda il cerebro a ehi se ne cibi. lakùt, nel JfoV^m-ef-fioMfi, Biblioteca
Arabo-Sicula, cap. XI, p. 107 del testo, mette per cemento a qoesto passo
d'Ibn-Haukal l'ìestrattQ d'un libro arabico di medicina, oto si spiega ap-
punto con IMndebolimento del cervello e dei sensi , il fatto che bevendo
acqua salmastra dopo aver mangiato cipolle , nomnon senta il mal' sapore
dell'acqua.
iwa.l — 508 —
non debbo ricusare ai miei concittadini musulmani di
nove secoli addietro il giusto giudicio, secondo parer
mio, come farei pei Medi o i Cinesi: Dico dunque
che la storia letteraria della Sicilia dalia metà del
decimo alla metà del duodecimo, secolo. non mostra
pè ingegni grossi né studii negletti; e Ibn-^Hajukal me-
desimo cel dà a vedere quando ricorda i logici che
favellavano d'Aristotile, i trecento maestri di scuola
e le tante moschee , parte delle quali serviva , come
ognun sa, agli studii eh' or diciamo unWersitarii. Cer-
tamente, nel secolo che corse da Ibn>Haukal alla guerra
normanna la cultura progredì sotto i Kelbiti ; ma non
poteva giacer sì bassa al suo tempo. Lo stesso penso
deir incivilimento esteriore, che pur era sì notevole
nella detta guerra e dopo, come l'attesta qualche poe-
sia d'Ibq-Hamdis , al par che una geografia anonima,^
e Ibn-Giobair e Ugone Falcando e con essi tutta la
storia della dominazione normanna. Quanto alle virtù
religione secondo lor setta, le meno importanti si spn
viste nelle biografie dei devoti : la primaria, oh' era
il genio guerriero, splendè in due nobilissime vittorie
riportate, l!una pochi anni innanzi a Rametta sopra
l'impero bizantino, l'altra pochi anni appresso in
Calabria sopra Otone. secondo. Però l' aspra censura
è accozzata, come per lo più avviene, d' errori e di
verità. Errore fu d' Ibn-Haukal , che. , praticando coi
< L'opera anonima intUolata Geografia, compilata di certo nel X se-
colo ma interpolata appresso, cava da Ibn-Haukal alcune notizie su la Si-
cilia, e aggiugne che i cittadini di Palermo si segnalassero su tutti i po-
poli yicini per eleganza di arredi e di \esMmenta e urti^nità nel tratto ec.
Ma è dubbio se la fonte di questo passa sia del X secolo ovvero dei due se-
guenti. 11 testo si legge nella Biblioteca ArabO'Sieula, cap. V, p. 12 e 13.
— 509 — [972.1
mercatanti del paese, ritrasse la nobiltà, i dottori e
la plebe con tutte le sembianza che qaei lor davano
per invidia di classe. Errore, ch'ei condannò come
vizii fisici e morali tutte le qualità insolite eh' ei no-
tava in quei Musulmani misti di sangue greco e la-
tino; mezzo stranieri ai lineamenti del volto, alla
carnagione, alla pronunzia, àgli usi, né ben domati a
tutte pratiche delF islamismo. Verità era il fermentar
dei molti elementi eterogenei dr che sf componea la
popolazióne della Sicilia e sopratutto di Palermo:
taùte schiatte ; islamismo ' e avanzi palesi o latenti
di cristianesimo; diritti civili disugnali, ricchezza e
miseria, violènza guerriera e industria; torre di Ba-
bele, in cui dovèano pullulare superbia, rancori, abie-
zione e infitiite piaghe sociali. Se molte n'esagerava
nella sua mente il buon mercatante di Bagdad, molte
pur ne toccava con mano.
' E in Sicilia non solo, ma in Spagna, ma in tutti
gli stati musulmani del Mediterraneo. A leggerei suoi
scritti lo si direbbe disingannatq e dispettoso del
non aver trovato in Ponente la virtii civile che man-
cava a Bagdad; comei mali pròprii s'appongon sem-
pre al destino, e gli altrui a chi li patisce. Similmente
avviene che giudicando gli stranieri si vegga in molte
cose la superficie, si sconoscano le virtù, ma s'im-
bercin diritto i vizii fondan^entali ; il che mi par ab-
bia fatto Ibp-Haukal nella descrizione generale del
Mediterraneo. Toccando quivi di Cipro e Creta : « Le
tennero » éi dice a i Musulmani, i figliuoli dei com-
battenti della guerra sacra; ma T invidia e la crudeltà
invasaron cotesti popoli, al par che que'dei Confini
*
(972 1 — 310 —
deir impero, della Mesopotamìa e della Siria ; proruppe
tra loro il mal costume, la iniquità, V ingordigia, la
discordia, la perfidia, Tedio scambiévole ; si che co-
storo apriron la strada ai nemici e serviranno tl^àm-
monimento a chi ben consideri gli «venti. » ^ E pria
di terminare il capitolo: a In oggi, r> ripiglia, <c i Rum
offendono i Musulmani con ogni maniera di scorrerie
su le costiere di questo mare , e fan preda di nostre
navi d'ogni banda; né abbiam chi ci aiuti né ci di-
fenda. Abietti si calano i nostri principi , pieni d' ava-
rizia e di superbia in casa; i dotti non curano né
intendono, ti danno responsi commentando come a
lor piace, né pensano a Dio né alla vita futura ; pes-
simi i mercatanti, non rifuggon da cosa illecita né reo
guadagno; i devoti balordi, pronti a voltar casacca,
fanno cammino in ogni calamità e spiegan la vela
ad ogni vento : e però i confini e le isole rimangono
in balia dei nemici, e la terra si lagna con Dio della
iniquità di cui la tiene. » ^ \
CAPITOLO VI.
In questo tempo T ateista di Moezz con Niceforo
par abbia preso quella sembianza di lega che i ero-
nisti occidentali rinfacciano air impero bizantino. Già
* Ibn-Hat(kal, GiMgrafia, MS. di Leyde, p. 69, e fog. 97 della copia di
Parigi,Siippl. Àrabe, 889.
> Op. cit., p. 71 del MS. di Leyde e fog. 98 verso della copia dr Pa-
rigi.
-r- 311 — [968-9691
da parecchi anni Otone primo, cominciava a colorire
i disegni sopra T Italia meridionale, come accennam*
mo ; profferiva da sovrano feudale aiuti a PandolfoCapo
dr ferro principe di Capua e Benevento contro Nice-
foro rivoltò al racquistp della Puglia ; tentava senza
frutto di tirare a sé il principe di Salerno ; d^ ottobre
del sessantotto, correa con incendìi e rapine i confini di
Calabria e dello stato salernitano ; accattava forze na*
vali dai Pisatii che poco appresso @i veggono com-
battere in Calabria ; ' di marzo del sessantanpve in->>
calzava V assedia di Bari tenuta dai Bizantini ; e in
quel tomo inviava aiuti a Pandolfo, che fu vincitore
e poi vinto a Bovino. * La pratica del matrimonio del
figliuolo con la principessa greca Teofane, anziché
comporre, rinvelepì gli animi (giugno ad ottobre 968)
per la perfidia che v' odorò la corte bi;zantina, la
ingiurìa che incontrò a -Costantinopoli V ambascia-
tore Liutprando, e il vero o supposto tradimento
dei Bizantini che dettero addosso in Calabria alle
genti di Otone quando liete venianp a ricever la
sposa (969). Seguirono dunque in Puglia tra le armi
de- due imperi parecchi scontri che non occorre di-
' Del 963. Otone andò a Pisa, ove rimasero alcuni nobili tedeschi: Sar-
do, Crùnaea Pisana, ueWÀrehivio Storico italianOf tomo VI, parte II, p. 75.
Del 971 furono in Calabria i Pisani: Marangone, Cronaca Pitana, nello
stesso volume àeW Archivio, p. 4, ovvero nel 969 secondo la Chronica Pi*
sana, presso Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo VI, p. 107, seg.
> Si confrontino, la Cronica anonima Salernitana presso Pertz , Scri-
ptores, tomo III, p. 554, che nbn porta date precise, e Lupo Protospatario,
presso Pertz, Scriptores, tomo V,p. 55, anno 969, dove il passaggio d'Otone
in Calabria è riferito air ottobre dello stesso anno in cui fu una eccllsse di
sole in dicembre. Lo stesso troviamo negli Annales Casinatenses , Pertz,
Scriptores^ III, 171. L* eccllsse seguì il 22 die. 968. Romualdo Salernitano
autore del XII secolo dà i medesimi fatti con qualche divario presso Mura-
tori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo V, anno 967.
[970-975] — 312 —
visar qui.' NeiruQ dei quali for^e il novecensessaototto
due Landolfi, fratello e figliuolo di Pandolfo Capo di
ferro, combatteano in Qrdoua contro i Greci e i Musul-
mani uniti insieme e metteanli in fuga ; ma il giovane
Landolfo vi toccò una ferita.* Atto figliuol del marchese
Trasimondo di Spoleto, del novecensettantadue, ruppe
un capitan musulmano Bucoboli, e insegnino infino a
Taranto : ' forse ausiliare mandato da Moezz pria della
morte di Niceforo Foca ; forse capitan di ventura ai
soldi del principe di Salerno, o della repubblica di
Napoli, la quale era stata poc' anzi (970) assalita da
Olone. * .
Ma Zimisce, ucciso Niceforo (1 1 dicembre 969) e
salito sul trono, fermò la pace con Otone e le nozze
di Teofane col figliuolo ; ^ talché mancava una ragione
deir accordo tra Costantinopoli e i Fatemiti,. 3vanì
r altra ragione per le vittorie di Zimisce in Siria e di
Moezz sopra i Karmati ; donde tolti via i nimici cor
muni, cominciarono V un contro T altro a digrignare. '^
< Si \egga Muratori , Annali d'Italia, 968 a 970.
> Chronica Sancii Benedicti, presso Pertz, Scriptores, HI, p. 209, nel
cenno i^a l^andolfo l'Ardito che cominciò a regnare il 9S8(si corregga 908).
' Lupo Protpspatario, presso Pertz, Scriptores, tomo V, p.S5. Ei dà. il
lìlolo di Caylus (Kald) a questo Bucoboli, forse Abu-Kab^ii, con 40,000 Sa-
raceni, 0 secondo altri MS. 14,000. Alto avea secondo alcuni MS. 60,000 uo-
mini. Queste cifre non sono da attendere né punto né poco; e certo si tratta
d'una' piccola schiera, poiché non fan memoria di questa impresa gM annali
musulmani d'Affrica né di Sicilia. Si vegga anche De ileo ^ Annali di Napo-
li, tomo VI, p. 90, il quale s'affatica a mostrare che questa battaglia se-
guisse il 973. Lascio indietro le fazioni di Saraceni in Calabria interpolate
nella Cronica della Qava, edizione del Pratili!, anni 970, 973. .
* Chronicon Sc^lernitanum, presso Pertz, Scriptores, tomo ili, p. 956,
anno 970. Si vegga anche Le Beau, Hisloire du Bai Empire, lib. LXXV,
§51.
s I Fatemili sul fine del 974 e il principio del 975 presero Tripoli di
Sira e Beirut, cacciati i presidii bizantini Si vegga Qualremére, Vie de
— 513 — * |976.|
Morirono poi entrambi entro due settimane (24 di-
cembre 975, 7 gennaio 976);.e ricaduto l'impero bizan-
tino in gare di corte e guerre civili, non seguirono altri
effetti contro i Fatemiti, ma non si rappiccò né anco la
pace. In Puglia intanto. eran già venuti alle armi. Del
novecensettantacinque uno Zaccaria, che par greco
al nome, avea preso Bi tonto, ucciso prioia Ismaé-
le, musulmano al nome, condotlier ausiliare odi
ventura. '
L' ardimento di sbarcar non guari dopo a Mes-
sina, mostra che i Bizantini andassero co' nuovi con-
tro i vecchi amici. Tornano a quésto tempo i prepa^
ramenti navali di Niceibfo, maèstro ^ come s'intitolò,
di Calabria, il quale, secondo lègge bizantina, fece
armare salandre a spese delle città per difender le
costiere e assaltare la Sicilia ; e tanto aggravò quei
di Rossano; eh' arser le navi e ammazzarono i proto-
carebi;'e il governatore, dopo molte minacce, per-
donò loro a intercessione di San Nilo il giovane, o
perchè non era agevol cosa a punire. * Sembra che
coi Bizantini si siano accozzati i Pisani, testé venuti
in Calabria ai servigi dell'Impero, e che abbian fatto
Moe%%, estratlò dal Journal Atiatiqu$t p. 126 e 128. L'ambasciatore Nio*
colb era tornato a corte di Moeupoco avanti la costui morte, ma si è visto
già come gii parlava.
. ' Lupo Protoepaiario, anno 975, presso Pertx, Seripiores, tomo V,
p. 8K.
* Vita di San Nilo il giovane, testo giìeco e versione latina (li Giovan
Matteo Garyopbilo, Roma 1824, in-4, p. Ii2, seg. Questo Niceforo, che pri-
mo e solo ebbe ebbe tictìlo di fióiyivFpoq in Calabria si dice mandato dai pli
imperatori, e però da Basilio e Costantino, e dopo la morte di Zimisce.
D'altronde la data s'adatta alla età che avea allora San Nilo, la cui vita
r agiografo tratta con ordine cronologico; e gli avvenimenti mostrano che
dal 965 jsino alla Bne del secolo! Bizantini non poteano avere il ticchio di
assalii ia Sicilia che nel 976.
|976j — 314 —
l'impresa con forze navali soltanto. Occupavan Messina
alla prima. SopracGorreayi Abti-l-Kàsem con resercito
siciliano e gran compagnia di dotti e virtuosi cittadini ,
scrìve Ibn-él-Athtr, quasi a smentire Ibn-Haukal. Del
mese di ramadhan del trecensessantacinque(mag.976)
entrava nella città, dove i nemici non Taspettarono.
Inseguendoli pertanto di là dallo stretto, rìsali con le
genti fino a Cosenza; la quale assediò parecchi giorni ;
e chiestogli raccordo per danaro, assenti; e andò a
porre la taglia nella stessa guisa alla ròcca di Cellara,
indi ad altre terre. Mandava intanto il fratello Kà'sem
con Tarmata su le costiere di Puglia,^ commettendogli
dì spingere le gualdane giù per la Calabria ov'ei
guerreggiava ed grosso delle genti. * l Musulmani
< Iq lluì-el-Athir, $olo cbe dia il faUo, si legge barbuta. Ciò mi fece
pensare"^ a Paola di Calabria; e si proposi questa lezione nella Biblioteca
ArabiHSiculfi, <p. 268 del testo. Poscia ho considerato cbe la prima voce sia
da leggere barr " terra,* però la seconda bùlia, ossia Puglia , aggiugnendo
una lettera dopo la l. A ciò mi conduce anche la fazione di bravina.
> Sì riscontrino: Ibn»el-Atbtr, anno 365; MS. A, tomo HI, fog. 9 verso;
MS. B,pag.375;MS.C,tomoV,fog. 16 recto ec.;Abulfeda, Annales Moslemi-
ci, 365, tomo II, p. 534, ed Hagi'-Khalfa, Cronologia, versione italiana del Carli,
p. 65. Dei MS. dMbn-^el-Athìr, 6, ha con le vocali Kosenta; gli altri e Abul-
feda non pongono vocali e sbagliano i punti diacrilici. L'altra città è scritta
Gelwaìn 6,eneirantografo d*Aba1feda,MS. della Biblioteca di Parigi, Snppl,
Arabe, 750,fog. 163 verso; degli altri MS. dei due annalisti, qual^ hstGtlwa,
quale £7«iu;a. Lo scambio tra la u; e la r che si vede sovente nei MS; arabi
sopratutto in caratteri affricani, ci dà animo a leggere Cellara: che la g
arabica risponde alla nostra e, e la doppia l noh si dovea scrivere ma ac-
cennare soltanto con un segno ortografico. Cellara è picciol comune del-
Todierno distretto di Cosenza tra quésta città e Rogliano. Io ogni modo
non si può assentire a M. Des Vergerò la lezione CaÙagirone ch'ei vien
proponendo nel dare questo squarcio d' Ibn-el-Alblr, in nota a Ibn-Kbal-
dùn, Bistoire de VAfrique et de la Sicile, p. 175;
, Marcò Dobelio Citerone nella versione di Scehab-ed-dln-*Omari,o al-
cuni degli eruditi siciliani che la stamparono, lessero ih vece di Counia^
Catania; e in vece di Geliva, Avola, indi il Wenricb, Commentarii, lib. I,
4»p. XV, § 131 , a supporre una rivoluzione in Catania ed Avola di Sicilia.
Ma né il testo di Abulfeda copiato^ da Scehad-ed-dtn, né il complesso dei
— M5 — [976-977,1
assaliron Gravina ìd Puglia, che fu indarDo, al dir d'una
cronica latina ; al dir d' un' altra la presero : ma forse
s'appongono entrambe al vero, se finì con pagare la
taglia/ Sparso molto sangue, fatto gran bottino e copm
di prigioni , Y emiro e il fratella tornavano in Cicilia.*
^ Dove Abu-i-Kàsem, non dimenticato l'assalto di
Messina, ristorava la forte rócca di Rametta, Tanno
retcensessantasei (29 agosto 976,17 agosto 977), e vi
ponea presidio capitanato da un suo schiavo negro. '
Ripassò poscia in Terraferma, investì Sant'Agata, quella
forse cbe^ s' addimanda di Reggio ; tantoché i citta-*
dini ne uscirono per accordo, consegnatagli la rócca
e quanta roba v'era/ Così Ibn-el-Athtr : un altro cro-
nista arabico dice sbarcato Abu>l-Kàsem alle ^Torri''
{Abràgia^^dove messosi l'esercito a rapire pecore e buoi
e trd:endosene dietro una infinità che impediva il cam^
mino, il capitano li fece sgozzar tutti in un luogo, al
quale indi rimase infino ai dì del cronista il nome di
Monakh-el-bakar o diremmo noi la "Posata del bestia-
me."^ Appressandosi i Musulmani a Taranto, i citta-
falli permelloDO questo sopposlo, Unto meno perdonabile (fMSìiò il Mar-
torana, tomo, I, p. 22S, nota 155, avea. mostrato la dritta strada.
* Si riscontrìoo Lupo Protospatario, aano 976, e Romualdo Salermita-
no, stesso anno, nei citati Tolumi di Pertz e M aratori.
. ^ Ibn-el-AUilr e Abulfeda , il. ce.
. 3 Si riscontrino Ibo-el-Alblr, L e, e Nowairi presso il DI Gregorio,
Umim Arùbiearum, p. 19.
« U)ii-el*Atblrt 1. e.
6 Abolfòda, inno/ea MMlemid, tomo li, p. 450, sotto Tanno 356, Ira*
scrivendo Ibn-Scedd&d. Perciò si deve intendere del XII secolo. Risponde^
rebbe per avventura al significato di JtfofiaJ(^-e/-Baitor il nome di Vaccariszo
nella Calabria citeriore, distretto di Rossano. Ma v*ha Beva, Bovino e tante
appellazioni delia.stessa etimologia nel regno di Napoli, cbe non si pub fare
congbiettura ben fondata. Lo stesso si dica del nome topografico : Le
Torri.
[977.1 — 316 —
dini sgaisciaron via , chiùse le porte in atteggiamento
di difesa, per intrattenere il nemicò : e questi saliva
le mura, credendo dar battaglia ; se non che, accor-
tosi della burla, pose fuoco alla città e distrussene a
suo potere. Giunse Abu-^l-Kàsem ad Otranto; corse
altre città delle quali non ci si dicono i nomi ; ^ ma
sappiam che Oria in Terra d' Otranto e Bovino in Ca-
pitanata, furon arse entrambe , e il popol minuto d'Oria
condotto prigione in Sicilia. ' Assalita per ultimo una
città che mi par da leggere Gallipoli, ' e presone la
taglia, r esercito si riduceva in Sicilia, con -torme di
prigioni, salmerie di ricche spoglie, e vanto, che paréa
gloria, d'aver dato il guasto a sì vasto tratto di paese
che fa in oggi mezzo il reame di Napoli. * I cronisti
noverano due altre imprese tf Abu-1-Kàsem in Ter-
raferma tra il settantotto e T ottantuno, senza nar-
rarne i particolari."
Inaspettatamente qui viene un' agiografia greca
ad attestare il gentil animo dell' emir di Sicilia. Ma
principieremo da più alto, poiché i costumi del pò-
* Ibn-el-Athir, I. e.
* Si riscontrino Lupo Protospatario, anno 977, e Romualdo Salernita-
no, 976, nei citali, volami di Pertz e Muratori.
' il fatto è nei solo ibn-el-Athlr, e in tutti i MS. questo nome è quasi
senza punti diacritici. H. Des Vergers nella nota che citai propóne di leg-
gere Gravina. Ma v'ba la differenza del tempo e del luogo, polche Gravina
fu assalita il 976 é giace in Puglia. Oltre a ciò si dovrebbe mutata di for-
ma qualche lettera. Leggendo GaripoU non aggiungo altro che i punti dia-
critici, e posso ben supporre che i Musulmani del X secolo pronunziassero
in questo modo Gallipoli, come i Siciliani d'oggidì. Va avvertito qui che si
potrebbe trattare per avventura d'un casale presso Catanzaro chiaroata^
Garopoli nel XVill secolo. Veggasi Sacco, Dizionario geografi^.o del regno
di Napoli , Napoli , i 795-6, iu-8.
* ibn-ei-Aiblr e Abulfeda, 11. ce.
» Nov7airi,l. e,, novera cinque imprese d'Abu-WKàsem in Terraferma,
delle quali l'ultima il 372, e la prima il 3éS.
— 517 — (977 1
polo assalito, e uà po' anco degli assalitori, per tatto
il decimo secolo son come l' ordito di cotesto scrìtto,
con tramia sì^discreta di soprannaturale, da non far
impedimento alla vista. Diciamo della Vita di San Nilo
da Rossano, dettata da un compagno e discepol suo
alla fine del decimo a princìpio dell' undecime seco-
lo. Nacque San Nilo verso il novecentotrè; morì verso
il novantotto. Studiò i santi padri, cioè Antonio Sa-
ba, e Uarione, scrive il discepolo; quantunque non gli
mancassero libri ne ingegno da apprendere negro-
manzia, se Tavesse voluto/ Una febbre lo fé' pensare
alla morte, giovane di trent' anni ; perilchè abbando-
nati i beni ed una figliuola naturale ch'avea, si ton-
surò nel monastero di San Mercurio e, corse a cer-
care ^silo in quel di San Nazario, * dove non arrivas-
sero le branche del governatore bizantino, il quale Io
vQlea sfratare e tornare al duro giogo di decurione.
Fuggendo dunque solo é a pie in riva al mare, ecco
saltargli addosso dalle fratte un barbaro saraceno, se-^
guito da Etiopi con occhi di bragia che avean li ti-
rata loro barca. E il barbaro a interrogarlo; e, inteso
che andasse a fare i voli monastici, si messe umana-
mente a persuaderlo d' aspettar la vecchiaia a lasciare
il mondo. Vistolo risoluto, T accomiatò che tremava da
capo a pie ; ma pensato meglio, li corse dietro gri-
dando : "Fratello, aspetta aspetta; ** e volle provve-
< Viù citata di San Nilo il giovane, p. 4. Il testò lia fu>axrflè ed c^o/>
* Il De Meo, Annali di Napoli, tomo V, p. 257, anno 938, spiega che
il monistero di Saù Nazario,, poi detto di San ^ilareto , ad un miglio da-Se-
minara e sei ila Palma , apparteneva allo stato di Salerno e quel di San Mer-
curio ai Bizantini.
[m.] — 518 —
derlo per Io viaggio di pani finissitnì, scusaDdosi che
non avesse in pronto altro da mangiare. Fu costrutta
poi in miracolo tal ordinaria carità inusudmana a
povero viandante: fu creduto il demonio in carne e in
ossa un gentiluomo, il quale cavalcando presso San
Nazario, intendendo il proponimento del giovane, lo
chiamò pazzo , poiché se volea salvar r anima potea
far penitenza in casa senza ficcarsi tra 1 frati, ^avari,"
dicea, ** pieni di vanagloria, dati tutti alla crapula; che
un caldaio di lor cucine capirebbe me ritto in. piedi
e mezzo questo mio cavallo. " Preso T abito, tornato
a San Mercurio dopo un pezzo, Nilo si segnalò per
obbedienza monastica, flagellarsi, pregare, vestir ci-
uccio che mutava una volta ogni anno, pazienza dello
schifo e disagio; ed anche assiduità allo studio, belle
massime di carità cristiana, e -mondana sagacità e
prudenza. *
Donde sali in fama di saiitità : riveirito .dai magi-
strati; andaron vescovi, arcivescovi, ciambellapi dì Co-
stantinopoli é i governatori stessi di Calabria a richie-
derlo di vaticinii e c(msigli ; ' fondò il monastero di Grot-
taferrata presso Roma; vinse T antipatia della schiatta
italica e oltramontana a sua favella e greca profusione
di capelli e barba;' fii onorato in sua vecchiezza a
Monte Cassino, a corte dei principi di Capua^ dallimper
ratore Otone terzo e da Gregorio quinto, dai quafi im-
petrò grazia all'antipapa Filargato, * Pria di pervenire a
' Vita di San Niloy pag. 5 a 37.
' Op. cfl., passim.
B Vita di Sant'Adalberto, Ada Sanctorum, 33 aprile.
• Vita di San Nilo, p. 124 a 133, e si eonfrpDtio le citate agiografie d!
Sant'Adalberto.
— 319 — (977.|
tanta altezza, avea patrocinalo rei minori, come i solle-
vati di Rossano di cui dicemmo, ed un giovane di Bisi-
gnano che svaligiò ed uccise un giudèo, ed i magistrati^
Io volean dare in mano alla ^comunità israelita. * San
Nilo gareggiò a suo modo nelFarte salutare col medico
giudeo Sciabtai Donolo, uom di molta sapienza a quel
tempo in Calabria. ' E pome ci véngon visti nella vita
del Donolo,'cpsì anco in quella di SanNilo i Musulmani
di Sicilia, ch'erano per fermo il flagello principale delle
Calabrie, dopo i governatori bizantini. In una spaven-
tevole incursione, quella, come parmi, d'Hasan del no-
vecencinquantuno o del cinquaptadue, i monaci di San
Mercurio si rifuggivan qua e là per le castella; San
Nilo rimanea nel romitaggio d' una spelonca vicina,
donde vide la polvere dei cavalli nemici ;»e, campato
su nella montagna, tornando, trovò che gli avean ru-
bato fino, un sacco di cilicio, e il monastero deso«
lato, e mancava un fedél suo compagno. Cui volendo
riavere o rimaner prigione con essolui, si poneva al-
l'aperto in mezzo alla strada; vedea venir dieci ca-
valieri vestiti, armati e cinti le teste dì fazzoletti * alla
foggia dei Saraceni ; quand' eccoli smontare, inginoc-
chiarsi : ed erano gli aUtatori d' un castello, che così
travestiti scorreano, se per far bene o male non so,
i quali lo accertarono essere salvo il compagno.* Po-
sate poscia le ^rmi musulmane, seguitoli tumulto di
Rossano che narrammo, San Nilo presagì la novella ^
«Op. ciL, p. 65.
• Op. cil. , p. 88, seg.
' Si Tegga il presente volume, p. 171-172 , Libro HI, cap. VIIJ.
s Yiia di 5a» tm^ p. 54.
1977.1 — 320 -
tempesta. Tornò allora a Rossano rarcivescovo Ylatto,
con molti prigioni riscattati in Affrica , per credito
delia sorella cb' era moglie, come diceano, del re dei
Saraceni : qualche schiava favorita del Mehdi o di
Kàim. Dondecbè proponendosi Ylatto di andar nuo-
vamente in Affrica a liberar altri Calabresi, San Nilo
lo ammonì non si arrischiasse in quella tana di vi-
pere che alla fin fine l'avrebbero morso: e in fatti,
andato, mai più non tornò. * In quel medesimo tempo
si raccendea la guerra musulmana in Calabria; vati-
cinava San Nilo che la non finirebbe di corto , e dis-
togliea lo stratego Basilio dal fabbricare una chiesa,
che gli Infedeli, dicea, la demolirebbero immantinente
occupando il paese. " Nella guerra , forse del nove-
centosettaEktasette, riparatosi. San Nilo nel castello
di Rossano, rimasero nel cenobio tre frati, che furpn
menati prigioni in Sicilia. '
A riscattarli ei vendea delle canove del jnonar
stero il valsente di cento bizantini d' ero, ^ e con un
frate fidato e un giumento donatogli da Basilio stra-
tego, li mandò in Palermo, con lettere per quel prin-
cipe, dice la cronica, cui chiamano Amira, e altjre ad
lan segretario, - braV uomo e cdstianissimo; Il quale
tradotta V epistola air emiro , quei la lodava di dot-
trina e prudenza, e vi raffigurava lo stile d' un ami-
co ^ di Dio : onde onorato molto il messaggiero e re-
< Op. cit.,p. 117, 118.
s Op. cit. , p. 123.
» Op. clt. , p. 120.
' VOTOC^lOV.
* È versione liiterale della voce arabica walh * eletto, amìcoi santo ec.
— 521 — [m\
galatolo, mandava a San Nilo an presente di pelli di
cervi e aggiagneavi questa lettera: a Colpa tua, ch'eb^
bero dispiacere, i tuoi frati ; poiché se me n avessi
richiesto, ti avrei spacciato una cifera^ che bastava
affissarla in su la piazza, e niuno avrebbe molestato,
il monastero, né sarebbe occorso fuggirtene via.
Adesso, se non temi di venirne appo di me, potrai
soggiornare liberamente nel paese che m'obbedisce,
dove sarai rispettato ed onorato da tutti. » ' Del quale
scritto mi par genuino il senso, e fin direi il tenore.
Morto intanto Otone prima (973) , Otone secon-
do, che meritò esser detto dai Romani il Sanguina-^
rio , ritentava \ impresa dell' Italia meridionale ; pa-
rendogli quivi men salda che mai T autorità dei
fratelli deHa moglie , regnanti a Costantinopoli con
poca riputazione e impedimento di nuove guerre.
AHo scorcio dell' ottantuno, calato a Benevento dando
voce del passaggio contro gli Infedeli , espugnata Sa-
lerno elle gli ricusava X omaggio e gli aiuti, Otone si
apparecchiò al conquisto delle Calabrie. ' Le quali ,
scrive Ditmar, uom sassone d'alto legnaggio, ve-
scovo e contemporaneo, eran gravemente afflitte dai
Greci e dai Saraceni. * Un altro cronista tedesco di
quell'età, afferma, che gli imperatori bizantini, non
potendo stogliere Otone da cotesta impresa, condus-
< 9if]/ui(toii "segno,* probabilmente \*a}àma, ossfft motto e titolo scritto
da un segnatario a capo dei dispacci, che tenea luogo della soscriaione
nostra.
» Op. cit. , p. 120.
^ Metterò le citazioni alla fin del fatto,e qai le accennerò soltanto. La
datadellai venata a Benevento e Salerno si trova nella Crtmta di Santa
Sofia e la confermano i diplomi citati dal Maratorì negir Annali.
* Ditmar.
II. 21
(98U982.1 — 322 —
sero a soldo i Saraceni di Sicilia e altre isole, e fin
d' Affrica e d' Egitto , per lanciarglieli addosso. ' Gli
annali musulmani, che maravigliosamente accordansi
con Ditmar in molti particolari, nòtan solo che Àbu~l-
Kàsetn bandì la guerra sacra, poiché il re dei Fran-
chi movea contro la Sicilia. ' Manifesto egli è dunque
cGe i Bizantini e i Musulmani di Sicilia , rinnovan-
dosi il comun pericolo, rifacessero la lega come al
tempo di Niceforo e di Moezz. * Lo stratego di Cala-
bria assoldò forse qualche compagnia musulmana, che
stanziò in quelle parti e militò con essolui. Ma l'eser-
cito siciliano non operò mai insième coi Greci : che
gli uni e gli altri combattessero contro Otone sul me-
desimo campo di battaglia, è falso supposto di mo*
demi scrittori, i quali si fidarono alle compilazioni,
mettendo da parte le croniche originali.
In primavera dell'ottantadue, Olone venne sopra
Taranto, e in breve la' espugnò, mal difesa dai Gre-
ci. * Nella poderosa oste militavano Sassoni, Bavari e
altri Tedeschi , Italiani delle province di sopra e dei
principati longobardi; condotti dai grandi vassalli
deir Impero laici ed ecclesiastici, dal fior della nobiltà
di Germania e d' Italia. ' Scarseggiando di forze na*
* Annali di San Gatto.
« lbn-e»-Alhlr/
s E senza ciò Abn-t-Kdsem non passava in Calabria a rischio di far
unire a' suoi danni le genti d'Olone e i Bizantini.
* DUmar. Gli Annalef Lolnemea presso Pertz, ScrijUore», tomo I, p. 31 i ,
dicono nel 9S2 cbe Otone celebrò il Natale a Salerno e la Pasqua a Taranto.
La data si vede anco dai diplomi citati dal De Meo. Secondo gli Annali di
San Gatto 9 Olone volea occupare l'Italia fino al mare Siculum fli portum
Traipiiam (var. Travertut) che poUrdtbe essere falsa lezione di Taranto. E
Taranto si dèe correggere, o Rossano, il nome cbe Ìbn-el^Atbir sprive
leto, e lbn»»Rhaldùn Raoietla. ^
' Si veggano i nomi alla fine del racconto.
— 325 — ^ |9S2.]
vali, OtOQjB. s'acconciò coi protocarebi di due saiandre,
mandate fin dai tempi di Niceforo Foca a raccoglierei le
tasse di Calabria; i quali gli preme tteano d'ardere il na-
villo musulmano: ch'era doppio tradimento, e quei ten-
tennavano nella fede del signor loro, e si disponeano a
*
seguir Otone vincitore, e vinto abbandonarlo. Erano
navi, scrive Ditmar, di mirabile lunghezza e celerità,
con doppia fila di remi e cencinquanta uomiiii cia^
scuna ; armate di quel fuoco cui nulla spegne se non
Faceto. Due gualdane di Musulmani fUron sopraffatte
dair esercito d' Otone ; * una delle quali , o una terza
che fosse, si difese in una città, credo io Rossano, poi
si dette alla fuga. '
, Abu-1-Kàsem, partito con 1 esercito del mese di
ramadhan trecentosettantuno (27 aprile a 26 mag-
gio 982), saliva lungo la costiera orientale di Cala^
bria , dove ebbe più certi avvisi delle forze del nemi-^
co accampato a Rossano. ' Perchè non si fidando d'as^
salirla, adunati i capitani che voleaùo andare innaqzi^
risolutamente ordinò la ritirata: e mandavala ad
effetto con T esercito e il navilio, quando i legni ne-
mici che stavano alla vedetta, addandosene, manda-
rono spacci ad Otone che corresse sopra i Musulma-
ni sbigottiti. ^ Ei lascia addietro gli impedimenti e col
« Ibn-el-Albtr.
^ DHtnar. Quoi primo infra urbem quondam claùsos fiigmfU devipiot,
postqtie eosdem in campo ordinato fertiter adiem etc. 11 riseonlr» con Ibn*
el-ÀtbIr mostra che la prima fu avvisaglia contro una piccioh «cbiem e la
seconda giusta giornata contro r esercito.
s Ibo-eUAtblr. Aggiungo io Rossano perchè quivi era riinasta la im-
peratrice e la corte quando Otone si messe a inseguire Abu*l-I[is6m.
* Ibn-el-Àtblr. Ditmar dice similmente di avviai dati ad Otooe dagli
esploratori.
1982.) — 3^4 —
fior dei suoi fa tate diligenza che «opraggiugne i Si-
ciliani il quindici luglio * su la marina di Stilo. * Vi-
stili da lungi sparuti di numera, sciama òhe sono
masnadieri, non soldati^, e, incontanente comanda di
dar dentro.' Abu*-l~Kàsem , facendo alto, s'era già
messo in ordine di battaglia. *
Dopo aspro menar di mani avvenne che uno
squadrone imperiale caricando il centro de' Siciliani
lo ruppe e volse in fuga. Trapassando nell' impeto
fino alle bandiere difese da Abu-1-Kàsem con un forte
nodo di nobili e prodi cavalieri , tennero il fermo; fu-
ron tutti mietuti je Y emiro ucciso d' un colpo al som-
mo della testa/ ma immolandosi strapparon la vittoria
di mano all'imperatore tedesco. Che a quelrespitto li
sbaragliati si rannodano, precipitano alla riscossa,
scrive Ibn-el-Athtr , deliberati a morire; i vincitori,
scrive Ditmar , dopo breve scontro sonò soverchiati
e tagliati a pezzi:" ne fa maraviglia tal subito scam-
bio di sorti quando il centro de' Siciliani sconfitto ri-
* Secondo lbii"el«>Alblr il venti di moliarrem die risponde col conto
astronomico al 14 e col civile al 15. Ditmar, teriio idus julii, cioè il 15; le
necrologie date da Pertz, Scriptqres, tomo III, p. 765, nota 59, hanno se-
emào idusjulU e idibus julii; e Lamberto idibu» julii ^ cioè il 14 e il 15.
' Presso il mare, secondo tu),ti. Lupo Protospatario ba nei varii MS.
Cotruna, Golumnse, Colupna etc; Rombaldo Salernitano dice Stilo, alla
qual voce greca risponde Colonna. Mi appiglio a questa tradizione perchè
Rossano giace a 45 miglia da Cotrone. Jl campo di battaglia dovette essere
assai più lontano, secondo i particolari della ritirata d'Abu-l-Kàsem e della
fuga di Otone* ^
' Armali di San GaUo.
Mbn-d^Athtr.
' Ibn-el-Athir. La morte di Buleassimus è ricordata da Lupo Proto-
spatario.
* Ditmar, come Ibn-el-Atbìr, diòe vinta la battaglia dalla schiera sba-
ragliata che si rannodò. Gli Annali di San Gallo ricorrono al trovato anti-
chissimo d'un agguato e delle miriadi di nemici che ne sbucassero.
— 325 — f082.|
facea testa più addietro, e le ali rimase intere si
chiudevano su le spalle del nemico. Il rimanente del-
l' esercito otoniano si dileguò fuggendo. Lasciò sul
campo qustttromila morti e grande numero di otti-
mati prigioni. * Tra questi noverossi il vescovo di
Vercelli mandato ad Alessandria d'Egitto e riscatta-
tosi dopo, lunghi anni, al par che tanti altri chierici
e laici, i quali a poco a poco* si vedean tornar in
Germania.* Degli uccisi, le croniche italiane ricordano
Landolfo principe di Capua, Atenolfo suo fratello e i
nipoti Ingulfò, Vadiperto e Guido di Sessa;' le te-
desche, Arrigo vescovo d'Augsburg, Wernhìsr abate
di Fulda, e molti altri prelati;^ e dei gran baroni
un Richar, un duca Odone, i conti Ditmar, Bécelino,
Gevehardo, Guntero, Bertoldo, Eccelino e un altro
Bécelino fra tei suo, con Burchardo, Dedone, Corrado,
Irmfrido, Arnoldo, e altri che Iddio solo conosce,
scrive Ditmar, il quale vi perde uno zio della madre. '
Otone il Sanguinario, fuggendo a briglia sciolta
col cugino duca di Baviera, avvistò le due salandre
greche presso la spiaggia, e si tenne salvo. * Ma ar-
restatoglisi il destriero, un giudeo suo fidato che lo
seguiva gli grida : '^ Prendi il mio e dà pane ai miei
figli s'io ci muoio," onde Otone montato in sella ^
* Ibn-el^Atbtr. 11 MS. di Lupo Protospatario aggiugpae un zero alla
cifra dei morti e la raggira air esercito siciliano.
' Annali di San Gnìlo,
' Si confrontino Chronieon Sancii Benedica, presso P^tx, Seriptonst
III, p. 209, e Leone d'Ostia, lib. Il, cap. 9.
* Lamberti Annales , Ànnales Ottemburani. .
s Si confrontino Ditmar, Lamberto e le cronicbe minori. presso Perts,
Scripiores, III, p. 134, 145, e le necrologie citate quivi à p. 765, nota 59.
B Ditmar.
7 lbn-el-Atblr,il quale dice che il cavai d' Otone si fermò, senza lu
[982.| — 326 —
spinse il cavallo in mare; gridò e fé' cenno al noc-
chiero; e quei tirò dritto. Tornato a proda, trova il
giudeo, Calonimo il suo nome, che l'attendeva an-
sioso di lui non di sé stesso: il cugino era ito, che
già si vedean venire a spron battuto i Musulmani.
"*£ che farò?'' sclamava Otone. ''Ma sì ho ancora un
amico!*' elanciossi di nuovo nelF onda col cavallo del
giudeo.' QuestLfu ucciso.' Ricettò Y imperatore Taltra
salandra che passava, conoscendolo un ofiziale schia-
yone. ' Fatto posare dal protocarebò sul pròprio letto
e interrogato, accertò sé essere Otone: lo pregò d'ac-
costarsi a Rossano, tanfo che prendesse seco la mo*
glie e i tesori; eh' ei non voleva rimetter pie su Fin-
fausta terra, ma andare a Costantinopoli, ove i pii
imperatori renderebbero merito a chi avesse tolto a
sicura morte il cognato. Il Greco assenti : navigando
dì e notte giunsero a Rossano. ^ Otone mandava lo-
Schiavone a terra, e non guari dopo fu vista scendere
alla marina la imperatrice con Thierry vescovo di
Metz ed una fila di giumenti che recavano, come
diceasi, il tesoro; a che il capitan greco gittò l'an-
cora. S' accosta con barchette il vescovo; monta su la
nave egli e pochi ; parla ad Otone ; e questi , per ac-
menzione del mare. Ma Ditmar scrive che Olone sì gIttò a nnoto col csk
vallo del giudeo.
« Ditmar.
* Ibn-el-Atblr. Il nome dato da Ditmar farebbe sapporre questo giu-
deo calabrese o pugliese, parteggiarne contro 1 Greci dei quali parlava
probabilmente la lingua.
' Ditmar dice: ab Heir^rico milite e^us qui i%lttvoniee %okmia vocatur
agnitus ihtròmittitur. Più sotto parlando dello stesso Io chiama binomius.
Però lo credo schiavone.
* Ditmar : et perdiù et pemox ad eondictum pertingeré loeum propera-
vit. Sembra almeno una intera giornata. Giovanni Diacono di Venezia dice
che Olone fu ritenuto su la nave tre giorni.
— 327 — - 1982.1
cogliere onorevolmente la imperatrice, indossa abiti
dr gala, arriva passeggiando al bordo: e giii in mare
d' un salto. Un della ciurma che Io volle ritenere, fu
trafitto; gli altri ricacciati indietro dagli altri fami-
gliari saliti con Tarme alle mani; e Otone intanto affiBr-
rava la spiaggia : talché i Danai truffatori d' ogni gente
furono burlati , conchiude soddisfatto Ditmar. ^ Nel
cui racconto io non . veggo nulla ohe rassomigli a fa-
vola. Altri recò il caso un po' diverso, come l'andava
ritraendo la fama ;' chi venne appresso v'aggiunse e
tolse quanto gli parve; ' falsarli moderni lo ricompo-
sero alòr modo:* e in fine i critici nauseati sono stati
lì lì per rigettar tutti gli episodii in un fascio.' I ricordi
arabici convengono con Ditmar , si nei primi accidenti
della fuga e sì nel successo, dicendo che Otone si
ridusse allo accampamento ov' era la moglie; é con
lei tornossi a Roma. •
E veramente, soggiornato alquanto a Capua, passò
nelK Italia di sopra , adunò del novecentottantatrè la
dieta deir Impero a Verona,' s' apprestò a far vendetta
sopra la Sicilia, van tossi di gittare un ponte di barche
su lo stretto di Messina , ^ e venne a morire a Roma
(7 die. 983); meno avventuroso d'Abu-I-Kàsem,ch'era
* Gìrinna/t ài San Gallo danno la somma del faUo, dicendo che
Otone "a mala pena scampò in nave ad un castello de'saoi."
^ 3 Arnolfo, Giovanni Diacono di Venezia, dice espressamente che si
salvò sa dae Zalandrìm greche.
s Hermanno Contratto, Sigeberto, ee.
* Pratilli, nelle interpolazioni alla Cronaca della Cava.
s Muratori, Annali d'Italia ; e Saint-Marc, Abregé chronologique de
Vhistoire d'Italie.
6 Ibn-el-Athlr.
^ Ditmar. Si veggano in Muratori, Annali, le leggi promulgate in
questa dieta. Sul soggiorno a Gàpua si riscontri il De Meo.
" Annali di San Gallo, Arnolfo.
[982.1 ~ 328 --
caduto sul campo di battaglia. Dove la stirpa arabica
pagò alla stirpe italiana Y affitto della Sicilia, coi buon
colpi che sbarattarono un esercito germanico e fecer
morire di rabbia e disagi T imperatore, TOtone, pas-
seggiante ormai su Y estrema punta della penisola. E
forse Salernitani, Romani, e Italiani d' altre province
tratti a forza, sotto l'insegna imperiale, benedissero
le scimitarre orientali che loro balenavana dinanzi
gli occhi. Prepotente forza delle necessità geografi-*
che su le vicende delle nazioni, a vedere i Musulma-
ni di Sicilia , guelfi innanzi tratto , guadagnare in Cà-^
labria una prima. Legnano! *
^ Le aotorilà arabiche sono: Ibn-el-Àlbtr, anno 57i, fifS. À« tomo HI,
p. 35 recto ; il compendio che ne fa Ibn-Khaldùn , Bistoire de VÀfrique et
de la Sicile, p. 173, 174; e i cenni di Abulfeda, Annalei MosL, anno 33B,
forno, II, p. 446, seg. ; Baiàn» testo, tomo I, p. 248, anno 372 ; Nowairi, pressQ
Dì Gregorio, op. cit. , p^ 20; Ibn-abl-Dinàr, MS. di Parigi, fog. 38 recto;
Hagi Khalfa, Cronotoyia, versione del Carli, anno 372, p. 66. Notisi cbe Ibn-»
el-Àtbìr e Ibn-Kbaldùn chiamano T imperatore franco, in vece di Olone ,
ìierdtvU, dal nome di Baldovino cbe suonò tanto nelle Crociate.
Le autorità latine : Theitmari, Chronieon, lib. IH ,cap. Ì2, pressoPertz,
Scriptores, tomo III, p. 765, 766 (Dltmar dei conti di Waldeck, vescovo di
Mersebourg, nacque il 976 e morì il 1018); Ànnalfis Sangaìlenses Majores,
presso Pertz, op. cit. , tomo I, p. 80 (l'autore di questa parte dice aver
veduto tornare varii prigioni riscattati); Joannis Diaconi, Chronieon Vene-
tum, presso Pertz, op. cit., tomo VII, p. 27 (l'autore finì di scrivere il 1008);
Richari Historiarum, presso Pertz, op. cit., t. HI, p. 561 (l'autore scrisse tra
il 996 e il 998, ma fa un brevissimo cenno) ; Lamberti, Ànnales, presso Pertz,
op. cit., tomo III, p. 65 (l'autore visse.alla metà dell'XI secolo); Herimanni
Aug., Chronieon f presso Pertz, op. cit,, tomo V, p. 117. (Ermanno Con-
tratto, come fu soprannominalo, nacque il lQt3>mor)il 1054.) A queste cro-
niche vanno aggiunti i cenni di altre minori presso Pertz, op. cit.» tomo I,
p. 211, 242; 111, p. 5, 6^, 124, 145; V, p. 4. Dei cronisti latini d'Italia del-
l'XI e XII secolo, Lupo Prolospalario, e l'anonimo di Bari, presso Pertz,
op. cit.) tomo V» p. 55, dicono meramente Che Olone combattè con Bul-
cassimo re dei Saraceni, il 981 , e l'uccise e vi perirono 40,000 uomini ; Ama-
to, VYsioire de li Normant, lib. VI, cap. 22, ricorda per le generali la
sconfitta di Olone; Leone d'Ostia, lib. II, càp. 9, presso Perlz, op. cit.,
tomo VII, p. 635, ne dice breve ed esalto; e più largamente Arnolfo, Gè-
9ta Episeopor. ifediol, presso Pertz, op. cit, tomo Vili, p. 9. In fine Ro-
mualdo Salernitano, presso Muratori, Rerum IlaUcarum Seriptores, tomo V,
— 329 — 19821
Rimasti i Siciliani signori del campo, assumea
le veci d'emiro Giàber, figliuolo d'Abu-l-Kàsem; il
quale immantinente fé' suonare a raccolta, non con-
cedendo di continuare il bottino; né pur di racco-
gliere le armi e attrezzi di guerra lasciati dal nemico
da rifornirne gli arsenali di Sicilia. Nou sì ritraet se
fu necessità, pauk^a o gelosia d' affrettarsi a pigliar lo
slato in Palermo; né s' ei pensò a recar seco il ca-
davere del padre. Ma alle costui virtù rese merito
il popolo, che chiamollo ''Il Martire," ed affidò alla
storia questa epigrafe : Giusto , di specchiati ' co-
stumi, tutto amore ai sudditi, affabile, elemosiniere,
che non lasciò ai suoi figliuoli né una moneta d' oro,
né una d' argento ,^ né un pezzetto di terreno, avendo
legato ogni cosa ai poveri ed opere di carità. ^
anno 961 , squadernò nella seconda metà del XH secolo che Olone vinse a
Stilo e. poi prese Reggio.
II Pratiili nelle interpolazioni alla Cronica della^ Cava , toma IV della
sua raccolta, pose una lunga favola su questa impresa nel 962; ed un'al-
tra nel tomo IH nella Cronica dei Ducbi di Napoli, anno 961 , fingendo una
battaglia navale a Malta.
Queste sono le autorità tra buone e triste; né ho pur notato tutte le
compilazioni dall* XI secolo in poi. Tra ì compilatori assai male rabberciò
Cotesta guerra di Otonell il'Sigónio, Bistorta de Regno Italico , Wh. VII,
il quale suppose una prima vittoria del 96i, ed una sconfitta del 962 alla
città di Basentello in Calabria; dove da un lato, combattessero Greci e Sa*
raceni; e dall'altro lato i Romani e i Beneventani per vendetta abbando-
nassero Otone. Questi due fatti li imaginò; e si capisce. Ma non so in quale
istoria 0 geografia abbia trovato Basentello. II Basente, il quale forse die
luogo air errore, è grosso fiume di Basilicata che sbocca nel golfo di
Taranto, tra la città di questo nome e Rossano. Il Muratod cominbiò a rad-
drizzare così fatti errori negli Annali d'Italia, 98i, e il De Meo, Annali del
Regno di Napoli, tomo VI, p. 158, seg., 171, 174, se^., notò mo^te utili date.
Nondiméno Terrore è durato dopo la correzione; e fin oggi si vanno rican-
tando le due giornate, la fuga dei Greci al primo scontro della seconda
. battaglia e il nome di Basentello.
4 Ibn-el-rAtbtr;, e ibn*Kbaldùn, II. ce.
f»g2-985 1 ' — 330 —
CAPITOLO VII.
• \
Sì com* era incerta la elezione degli emiri tra il
fatto e il dritto, cosi i cronisti variamente scrissero
diGiàber, qaal notando. che i Musulmani di Sicilia lo
esaltarono senza diploma del califo; ^ e qual che
'Aztz-billah , succeduto (975) a Moezz, in buona for-
ma Io nominò. * Fu r uno e Y altro di certo. Gìàber ,
dato a voluttà, lasciò correre al peggio le cose pub-
bliche: donde i Siciliani il deposero, ' o se ne ricbia-
marono al Cairo, dove una gelosia di corte spia-
nò loro la via. Perchè Ibn-Kellas, vizir del califo, si
adombrava forte di Gia'far^ibn-Mohammed della fa-
miglia dei Kelbiti di Sicilia, intimo di 'Aztz tanto e
più che il padre Mobammed non Y era stato di Moezz. ^
Avendo pensato fin dalla morte d'Àbu-I-Kàsem tórsi
d'addosso il rivale con splendido esilio, Ibn-Kellas
persuase adesso 'Aztz a farlo emir di Sicilia* in
luogo del cugino: e chi sa quanto rincalzò le querele
dei Siciliani, e se noi fece domandar proprio da
loro? Dicon gli annali arabi che Giàber dolentissimo
lasciò, e Gia'far a malincuore prese Y oficio. Noa-
dimeno, arrivato in Sicilia del trecentosettantatrè
(14 giugno 983, 2 grugno 984) , rassettò e fece prò-
< Abùlfeda, e IbiKAbi-Dinàr» 11. ce.
' No^ralri, 1. e.
Mbn-Khaldùn,!. 0.
* Si vegga per questo Mohammed il Gap. V del'preseiite libro, p. 291 .
" Abolfeda, 1. e. È mio il sopposto dei ricbiami dei Siciliani in Egitto.
Abulfeda non jie fa motto ; ma Ibn^KhaldOo dice di più, come si è potuto
vedere.
— 351 — |98b-097.1
sperare il paese; lodatp anco per amore degli studi!
e liberalità. Morto il quale del settantacinque (S3 mag.
985, 1 1 mag. 986), succedettegli il fratello Abd-Allah,
che segui il bello esempio, e in breve anch' egli tra-*
passò , del mese di ramadhan trecensettanlanove
(die. 989); lasciato V oficio d' emir al proprio figliuolo
Abu-1-Fotùh-Iùstif. Così espressamente il ^owairi e
Ibn-abi-Dinàr; né vi ripugna il dir degli altri com-
pilatori. Aggiugne il Nowairi , che 'Azfz gli mandò
poscia il rescritto d' investitura. ^
Arrivò air apice in questo tempo e repente ro-
vinò la potenza dei Beni-abi-Hosein a corte del
Cairo.* Hasàn-ibn-'Ammàr , il vincitor diltametta, per
riputazione propria nelle armi e di sua parentela
appo la tribù di Kotama, si trovò sceikhj spontanea-
mente eletto, credo io, dei Kotamii stanziati in Egitto,
ch'eran tuttavolta i pretoriani di casa fatemita: ed
egli a un tempo lor patrono e fidato capitan del ca-
Ufo; tantoché *A2iz, venendo a morte (ottobre 996),
gli raccomandò il figliuolo Mansùr, soprannominato
Hàkem-biamr-allah, fanciullo d'undici anni. Alla cui
esaltazione^ ì condottieri kotamii lo «sforzarono a dare
il governo, dello Stato a Ibn-Ammàr, con oficio nuo-
vo, che si chiamò il Wi^tYa/ ossia Intermediario; e
vi si aggiunse il titolo di Amin-^dr^wla, che suona
''Il Fidatìssimo dell' impero." Onoranza anche nuova
a corte fatemita e di mal augurio; quando gli em^r-
el-Omrd che posero in tanto vitupero il càlifato ab-
< Si rìscontrìoo*. Abulféda, Nowairi, ibn^Rhaldùn e IbiH&bi-Din&r, li.
ce. La morte di Abd-AUab e aaccessiODe dU figlio si legge «ncbe sei Baién,
testo, tomo I,p. 254.
4
[997. 1 — 332 —
bassida s' addimaDdavano per simil forma La CoIoq-
na» La Pietra singolare, La Spada, e che so altro, del-
l' impero. E per poco i Beni-abi-Hosein non copia-
rono il rimanente : che già il vecchio capitano mostrava
fìusto e superbia da re; ne)la corte , nella milizia stre-
mava le spese per arricchire i Kutamii, e lor dava im-
punità d' ogni licenza e d' ogni misfatto. Un eunuco
di corte presto lo sgarò, fondandosi in su gli stan-
ziali turchi i quali spezzaron la boria ai Kotamii; onde
Ibn~Àmmàr fu deposto dal comando (997), onorato e
tenuto in disparte per pochi anni; finché il pupillo,
che andava assaporandoli sangue, (1000) lo fece
assassinare. V
Parve-cosa degna di nota che nel breve predo-
minio d'Ibn-'Àmmàr ad un tempo règgessero, egli
TEgitto e il cagino lùsuf la Sicilia: ' sì com' oggi ve-
dremmo con meravìglia, due stretti parenti, l'uno gran
vizir a Costantinopoli, Y altro pascià d'Egitto. Pertanto
a tutti era già manifesta la independenza della Sicilia;
né faceva specie che la corte fatemita, per procaccio,
com'è' sembra, d' Ibn-'Ammàr, desse a lùsuf il pri-
vilegio di Thiket^ed-dawla che suona fidanza del-
l'impero."' Né solamente si noverava la Sicilia tra
gli stati musulmani di momento in sul Mediterraneo,
' Si confrontino: l0hìa-ibn-Sa1d,MS. di Parigi, Ancien Fonds, 131, A,
p.l38, seg.; Ibn-el-Athlr, MS. G, tomo V, fog. 53 recto, anno 386,e le autorità
citate da M. De Sacy, Chréslorjuathie Àrabe, 2* ediz., tomo I, p. 1,37, 158,
ed Exposé de la Religion dei Druses, p. CCLXXXIII, seg. La corte fatemita
par cl^e fino allora non ayesse dato di somiglianti titoli onorifici ette a Bo-
lukkin , vicario d' Affrica. Si vegga Ibn-el-Atbìr , citato qui innanzi a p. 888,
e Ibn-Kbaldùn, HUtoire des Berhères, versione, tomo II, p- 10.
> Abulfeda, Annate» Moilemid, anno 336, toiho II , p. 430, il quale
trascrive lbn<-Sceddàd , e questi probabilmente alcun più antico cronista.
' Nowairi e Ibn-Kbaldùn; 11. ce.
— 333 — f 990- 998 ]
ma gli altri cominciavano ad invidiar sua sorte. Alla
&ma in arme che le avean dato i primi tre emiri
ketbiti, s' aggiunse la. prosperità sotto i discendenti
del kelbita cortigiano Mohammed, tra i quali segnala-
vasi questo lùsuf. Leggiamo in una cronica che al
suo tempo il popolo godè ogni ben che si potesse de-
siderare; il governo si condusse efficace e tranquillo;
furono soggiogati parecchi paesi bizantini, e V emiro
moi^trò quella magnanimità, liberalità e giustizia, che
mancava in tanti altri principati musulmani/ Chi
lodalo di fermezza insieme e di bontà in verso i
sudditi; ' chi d' aver superato tutti i predecessori in
gloria e virtù. ^ La cultura sua e della corte ci torna
dalle biografìe dei poeti contemporanei.
E prima d' Ibn-Moweddib da Mehdia, cervello
strano dato air alchimia e alla pietra filosofale, uom
di brutti costumi, cupido e taccagno, vago d' an-
dare qua e là per lo mondò a buscar danaro con
meschini versi ; il quale , viaggiando alla volta
d' un' isola adiacente alla Sicilia , era stato preso dai
Bizantini e ritenuto in lunga cattività. Rimandato in
Palermo con ^ altri prigioni , quando lùsuf fermò
una tregua con T Impero, Ibn-Mówéddib ringra*
ziavalo con un poemetto, e T emiro lo regalava;
ma non tenendosene soddisfatto, si me^se a sparlare
di lùsuf sì apertamente , che fu ricerco dal bargello.
Si nascose appo un conoscente , artigiano dell' ar-
sensde. Ma uscito una sera ubbriaco per comperar
< Batdn, testo, tomo I, p. 254.
3. Nowairi presso Di Gregorio, op. cit. , p. 20.
' Ibn-Khaldùn, HUtoire de VAfriqut et de la Sieile, versione, p. US.
[990-908.1 — 334 —
nuov.' esca da bére / lo colsero; e il prefetto della
città ' condasselo immanUDeote a lùsuf. Il qaale lo
rinfacciava: ^Sciagurato, che è questo che sento dir di
ter E il poeta a lui: ''Ciarle di spioni, che Iddio aiuti
il signor emiro." — ''Ma ti sovviene," riprese lùsuf, ""il
nome di chi cantò: Ecco il valentuomo messo con le
spalle al muro dai figli di male femmine?"— ''Sì," ri-
spose Ibn-Moweddib, "il medesimo che fé l'altro ver-
so: L'inimicizia dei poeti, tristo chi se V accatta !" Alla
qual proata citazione di Motenebbi, ' T emiro non gli
disse altro; ma, gli fece contare cento quartigli* d'oro,
a condizione di andarsene tosto della città; perchè
temo," aggiugnea, "che s'una volta gli hoperdopato,
un'altra me la pagherebbe cara."*
Già la fama attirava alla corte di lùsuf non men
belli ingegni e animi più alti , come Mohammed-ibn-^
'Abdùn nato a Sussi d'illustre casa del Kairewàn,
pregiato tra i suoi per buona lingua e stile semplice
e vigoroso. Il quale avendo cantato le lodi dell' emi-
ro, si gli piacque, ch'ei lo volle compagno del prò-
'^ Nakl son le froU» secche e i confètti che gli orientali sogUooo man-
giare centellando col vino.
' Sdheìh-eS'iciorta, Si vegga il Lìb. Ili, cap. I, p. 0 di questo tolame.
' Dico cosi, perchè cercando di ehi fossero cotesti due emisUchii, li
bo trotati in Motenebbi , entrambi in naa Katida indirizzata a Bedr^ibn-
'Àmnfi&r. Si vegga il diwano coi comentarii, MS. della Biblioteca di Parigi
Snppl.Arabe,i4SS,fog.448recto. Motenebbi, che suona il profekutro, chia-
mato cosi per aver voluto fare lì profeta, è dei più celebri poeti arabi ai
tempi dell'islamismi. Morì il 354 (965).
^ Rebé'i, Altri MS. hanno dinar . lìrehAH è ricordato conie mo-
neta corrente in Sicilia nel XII secolo, e par che valesse un quarto di dinar
d*oro; al qual proposito si vegga il testo dMbn-Giobair, edizione diWrigbt,
p. 329, 335, e la nota dell'edUore a p. 23 della lutroduzione.
s Si confrontino: lbn*Kbaliì)^ào, edizione del Wiìstenfeld, fase. X,p. 28;
e il iktéUk'^^btàr, MS. di Parigi, Ancien Fonds, 1372, fog. 120 verso.
— 335 — [990-998.]
prio figliuolo Gia'&r dilettante di versi, ^ e questi gli si
strinse di cara amistà. Tanto che volendo rimpatria-
re, 6i afar, saccedoto nel governo al padre infermo,'
glie! negò, ancorché Mohammed lo chiedesse a Ini
ed al padre con rime piene d'a£Fetto. Che anzi ; inva-
ghito tanto più di quel bello ingegno, GiaYar s'adontò
che persistesse; gli vietò d'entrare in palagio; ed a
rappattumarsi furon uopo novelli versi, e che il poeta
li porgesse di furto mentre GiaYar stava a sollazzo
in un casino. ' Il quale sentendosi rassomigliare alla
luna e che pari a quella si nascondesse a chi volea
far ossequio, gli vennero le lagrime agli occhi e donò
al poeta un tesoro/
Quanto fosse pagata non so, ma valea molto a
lor gusto, una Kasida indirizzata a lùsuf , innanzi il
novecentonovantotto, ' per la festa del Sagrifizio,'
da un Abd-Allah della tribù di Tonùkh, detto
Il figliuolo del cadi di Mila, ond' ei pare oriundo
d'Àfifrica. Il qual poemetto ci serbò Ibn-Khallikàn,
' 11 testo noi dice, ma lo sappiamo d'altronde, come si dirà a sao
laogo.
* Ciò si dee sapporre dal fatto stesso, ancorcltè non si legga nel testo.
' Monteuh, looga di dileUo, casino , tilld» talvolta loggia. Il nome di *
Gia'far mi fa pensare al casino reale dei Normanni detto della Pavara o di
Maredolce, presso Palermo; il quale^par che fosse chiamato dai Musulmani
Kiur^ia'fttr fino ai tempi dì Gaglielmo il Buono. Si vegga Ibn-'Giobair^ nel
Journal Àsiatique, serie III, tomo VII (1846), p« 76.
« Tigiani, Rehla, US. di Parigi, Supp). Arabe, 911 bis,fog. 16 recto,
y autore tolse questo squarcio da Ibn^Resdk.
^ Queiranno lùsuf paralitico sarrogò il Qgliuolo al dir delle croniche.
Ma dallfr misura delle jodi che si dispensano a Ini ed a GiaYar , mi sembra
che iòsnff senza lasciare per anco 11 gOTcrno, si fosse associato il figlio nel
tHolo soltanto.
> li fO del mese di dsu-Uhiggia, grande solennità appo i Musulmani
di rito malekita. fi anche delie feste che si celebrano alla Mecca alla fine
del pellegrinaggio, e però nel |K>ema si dice Canto del pellegrhìagglo.
|»9a-d»8.j — 336 —
ohe lettolo per caso su la coperta d' un libro , lo tra-
scrisse nelle Biografie degli uomini illustri , teraendo
non andasse perduto. Come richiedea la classica im-
mutabilità della Kasida^ esordisce con lamenti amo-
rosi , e visione di belle che sembrano allegoriche , né
scfaiudon le labbra se non a ricordare i riti del pel-
legrinaggio; talché pervenghiamo per lungo giro alla
festa del Sagrifizio, a lùsuf e al figliuolo. La festa»
sfarzosamente abbigliata, luccicante gli omeri del sot-
tile drappo deir Iràk , venia dopo un anno a visitare
Thiketr-ed^dafjola, che Tornava di collana e pendenti,
e GiaYar accoglievala con lieti augurii. Ma quale
gemma piti lucente che Tuno e T altro re, nobili
raùipoUi della gente di Kodhà'a?\E chi, dato fondo
al proprio avere , - sperando aiuto da lùsuf, restò mai
deluso? Queir lùsuf che corse l'arringo della. gloria
coi principi ed ei solo toccò la meta; il solo eroe che
abbia potere di emendar il tristo secolo ; il brando
sguainato contro i nemici della Fede; il forte, scudo
dei Musulmani ; la mente che vede ogni cosa e sa al-
ternare mansuetudine e forza ; il guerriero armato di
due spade, che son la costanza e il fino acciaro. Ecco
r esercito inondar la terra nemica; le lance rodeini-
te * avventarsi come fieri serpi addosso ai fuggenti ;
i condottieri nemici tagliati a pezzi e spiccato da' busti
capo insieme ed elmetto; né cessa il martellar delle
spade, perché le armature che testé luccicavamo all'alba
sian gialle di polvere, anzi al polverio tutto s'oscuri il
* Kodhà'a h un dei ceppi della schiatta himiarita, alla qaale apparte-
nea la tribù di Kelb.
*. Così cbiamano ipoetile lance sottili e dritte, dal nome di Rodeina,
moglie d*aa celebre armaiuolo di Bahrein.
__ 337 — [990-998.1
sole. Indarno sperano i miscredenti risarcire lòr gua-
sti; indarno s'apprestano a raccogliere le primizie dei
campi, eh' ogni anno gli stuoli che tu mandi in guer-
ra, battono lor monti e lor pianure, lasciando vestigio
d' ignudi cadaveri capelluti e barbuti;^ e chi scampa
si riman soletto, senza la famiglia eh' è menata in cat-
tività; e trova sì svaligiati suoi tempii, che gli è forza
smettere T idolatria. Salve, o lùsuf, vigile scolta del-
l'islam neRa notte'^di questa misera età. Lieta siati
la festa; lunghissimi ì tuoi giorni al ben fare, al re-
gno, alla gloria; e perenne suoni il tuo nome dal pul-
pito. ' Così il poeta metteva a un paro con le veraci
virtù là sanguinosa intolleranza religiosa e lo straziò
de' vicini : e fosse dileguato al tutto tal empio errore
in religioni più mansuete e popoli più civili!
Pur la corte kelbita di Palermo avea fama iù
Italia di quella ch'era gentilézza secondo i tempii
come l'attesta sOn Centone d'istoria e romanzò, scrìt-
to, un anno più o un anno meno, al mille di nostr'èra.
L'attesta, dico, trasponendo nel passato, come so-
vente si fa, le idee presenti. L'autore, monaco a
: ' I devoti greci del medio evo, per falsa ioierpretasìone d*un testo, te-
Deano a peccato di tosarsi, onde i Longobardi e i Franchi liderideano fino
al XI [ secolo, come qui fa il poeta musulmano. ^
* Ibn-KlialUkàn , edizione del WQstenfeld, fase. X, p. 28,seg. Questa
Kaalda ha 61 versi più che doppii de' nostri endecasillabi. Come ognuno
comprende; non ho fatto la traduzione litterale né anche ^i tulli i versi che
giovano all'argomento nostro; ma ho raccolto le frasi più signiBcative, tra-
sponendole talvolta, troncando molte' imagini, e nessuna aggìugnendone.
Debbo avvertire che il passo "gli è forza sméttere r idolatria* risulta da
una bella.correzione che ha fatta il professore Flelscher alla p. 640 della
mia BibUoUe^'Mtfìfo^Sicula dove occorre il verso: "Tu li hai percosso in
lor famiglie, al «he li. hai fatto. rimaner soletti; e nei loro riti, sì che
ìkanno iatetalo il euUo' degli idoli.' La frase che ho messo in corsivo è
espressa da una sola voce che avea varianti» e nessona plausibile, nei MS.
d' Ibn-Khallikftn.
II. 22
[900-998.1 ' — 338 —
Roma 0 nei dintoroi, narra i primi assalti dei Musul-
mani sopra la Terraferma d'Italia (842) in questo
modo : che Fiorenti re palermitano , innamorato per
fama della bella Gisa sirocchia del principe Romual-
do, per rapirla adunava sciami infiniti di Saraceni
d'Africa, Palermo e Babilonia; sbarcava ad Amalfi;
aiutato dal perfido Radalgiso,. assediava Benevento;
finché Romualdo gli uccise quarantamila uomini in
una rotta, dalla quale Fiorenti a mala peife campò la
vita. * La qual favola è documento non solo della pos-
sanza , ma sì della cultura dei Eelbiti allo scorcio del
decimo secolo; poiché loro si attribuisce proprio un
fatto di 'Cavalleria. * Il cronista poi , partigiano d' Otone
terzo, non dimenticò di riferire la fondazione della
terrìbile colonia del Garigliano (883) alla medesima
cagione alla quale si apponea la sconfitta d' Otone se-
condo (982), cioè che'i Bizantini avessèr mandato a
Palermo ed Africa , offrendo il regno tf Italia ai Sa-
raceni. V
Qual che fosse stato l'accordo tra l'impero
d' Orie>nte e i Musulmani di Sicilia, finì con la vita
d' Otone secondo. Perchè i Bizantini , vedendo sgom-
brare dopo la sanguinosa giornata i vincitori al par
che i vinti , ripigliarono tranquillamente le Calabrie e
con un ^o' di fatica la Puglia. Dominarono da Reggio
' BenedicM Sancii AiidpesìioiMicbl CAronieofi^pres^ Pertz, Sèriptores,
tomo III, p. 700. Sa reta e raaiorità del cronista si vegga la prefazione
dell'editore a p. 695.
* .Nella detta prefazione si nota cbe qnesto Benedetto sembri il primo
0 tra i primi cbe abbiano scritto il supposto viaggio di Cario Magno in
Terrasanta. Siam dunque precisamente nel romanzi di cavalleria, coi irova-
tori, le cortesie e ì cavalieri erranti.
' Op. cit.,.p. 713.
— 359 — [986-988]
al golfo di Pólicastro sul pendio occidentale d'Apen*
nino, e sul pendio orientale da Reggio al Tronto:
posta la sede del governo a Bari, e mandativi a lor
usanza gli strateghi, i quali, verso il mille, comin-
ciarono a prender titolo di Catapano. ^ Ma non mu-
tossi la rapacità, corruzione e debolezza del reggi-
mento bizantino. Dalla ritirata dunque d'Otone alla
occupazione dei Normanni, quella provincia si trava-
gliò tra ifisoffribile tirannide e impotenti sforzi a libe*-
rarsene; e talvolta v'ebbe. chi per disperazione chia-
mò i Musulmani di Sicilia; ì quali sempre da ausiliari
o da nemici corsero il paese, eccetto brevi tregue,
di che una sola è certa e Tanno nemmen si sa/ Lor
fazioni non sono specificate dagli annalisti arabi; i
latini le pongono con ignorante brevità, date dubbie,
nomi guasti, e ninna connessione: come cicatrici di
cui non si sa F origine ma non si cancellano mai
nella memoria delle genti. Ordineremo dunque gli
sparsi cenni il manco male che si possa, principiando
avanti e terminando dopo il regno di lùsuf , perchè
non son molti, e perchè non si abbiano ad interrom-
pere nei capitoli seguenti i successi di Sicilia.
Saccheggiata del novecentottantasei Santa Ciriaca
0 Gerace ;' l'anno appresso fatte altre scorrerie in Cala-
bria; Tottantotto, assediata, presa e desolata Cosenza,*
' GomizioDe di capitaneus^ come avvisa il Ducaoge; o derivato da
xccToè e oroèv» come pensano altri dotti ellenisti.
' Si vegga qai sopra a p. 3$S. Tra il 983. e il 998, poicbè lustif non
avea per anco lasciato il governo al figliuolo^
9 Lupo Protospatario , anno 986. Cito qai e appresso la edizione di
Pertz, SeripioreSf toma V, p..^, 56. «
* Romualdo Salernitano, anno 987. Qui ed appresso da Muratori, IZe-
rum littiiàQrum Seriptores, tomo V.
1994-40021 — 340 —
assaliti altresì i villaggi presso Bari e riportatone uo-
mini e donne prigioni in Sicilia. ' Si trovò il novan-
tuno r oste musulmana a Taranto; dove sopraccorso
un conte Atto con gente di Bari, cadde nella zuffa
egli e parte de' suoi.' Tornavano il novantaquattro
a quelle regioni; stringeano per tre mesi, espugna-
vano al quarto, Matera, che fu incendiata e avea pa-
tito tal fame nell'assedio, che si narra d' una *donna
i cibatasi delle carni del figlio. ' Dandosi intanto gli Ita-
liani oppressi a cospirare contro i Bizantini , accadde
d' ottobre del novantotto che Smagardo da Bari, ac-
cozzatosi con Un condottiero Basito, che par suoni
AbU'SaM, giunse chetamente alla città; gli fu aperta
una porta; ma il Musulmano, vistolo uscire da un'al-
tra, si ritrasse temendo tradimento, o che fosse fallito
il colpo ; * talché veramente fallì. Succeduta , t;om' «'
sembra, la tregua per qualche anno, fors' anco durando
la tregua col catapan bizantino, ch'indi suscitasse i
Musulmani a molestare gli Stati independenti in sul
Tirreno, a dì tre agosto del mille e due si mostra-
rono a Benevento con forze eh' è mestieri chiamar
esercito, e présa la notte medesima la via di Capua,
posero r assedio, alla città; poi corsero infino a Na-
poli, con qual successo lo ignoriamo, forse di metter
grosse taglie e ritrarsi. ^ Di marzo mille e tre, innol-
' Lapo ProlospaUrio, d88.
s Lupo Protospatario, 991, e Adodìdìo di Bari nella stessa pagioa del
Perù. 11 nome ha le varianti Asto, Otbo, Ano.
' Sì riscontrino: Lupo Proto8patario,'994; Anonimo di Bari, 996; Ro-
mualdo Salernitano, 994.
* Lupo Protospatarlo, e Anonimo di Bari, 99S; Bosito è intitolato eay-
tu$, cioè kaid, condottiero.
' Si riscontrino le varie lezioni della Croniea di Santa Sofia di Bene*'
— 341 — (1005-1005.1
tratisi dentro terra nel golfo di Taranto, assediavano
senza frutto Montescaglipso/ Guerra, non incursione
di predoni, fu l' altra che seguì il mille e quattro^ ca-
pitanando i Musulmani il kàid Safi, rinnegato. Il
quale iti su Y entrar di maggio poneva il campo a
Bari, vi chiudea Gregorio Catapano della provincia;
e avrebbe espugnata la capitale senza le armi dei
Vinizìani^ pronti ad aiutar l'impero greco quando ne
andava la sicurezza dell' Adriatico. Perchè Pietro Or-
seolo doge di Venezia, salpato con rarn;iata a dieci
agosto, approdava a Bari il sei settembre in faccia
ai nemici , che invano instrussero i cavalli su la co-
stiera e fecero avvisaglie con lor navi. Rifornita Bari
di vettovaglie, il doge ordinò ogni cosa per fare ad
un tempo la sortita dal sobbórgo e dar battaglia navale.
E per tre di fu combattuto ad armi bianche e dardi
artifiziati con fuoco; finché Safi vedendo averne la
peggio, chetamente levò il campo la notte del venti-
due settembre. '
Minori sembran le forze e meglio giudicata ia
vittoria, nella battaglia navale che si travagliò il sei
agosto del mille e cinque a Reggio; dove i Pisa-
ni, emuli ormai di Venezia, ruppero i Musulma-
vento, runa delle quali porta precisamente la data di agosto 1003, XV« indi-
zfoiie, presso Muratori, AfUiquitatesItafiem, tomo 1, p. 287 ; e le altre presso
Pertz, Serìptores, III, p. 177. Si ?egga anebe Romualdo SaleniitaBO, iOOl.
* Lupo Protospaiario ed Anonima di Bari, 1005.
* Si riseontrino : Giovanni Diacono di Venera, contemporaneo, presso
Pertz, Seripiorei, tomo VII, p. 38; Anonimo di Bari, anno 1003, presso
Muratori, iliiftfiiito^ef IUlUcìb, tomO|I,p. 33; Lupo Protospatario, anno iOOl
(var. lOOS). La data del 1004 si trova pressò Giovanni Diacono, al par che
i particolari dellMmpresa. Si vegga anche il.Dandòlo, lib. IX, cap. I, par*
te 44, presso Muratori, Rerum Italicarum Scriptoru, tomo XII, p. 233, con
data erronea.
[4009-40H.] — 542 —
ni. * D'agosto del mille e nove, spezzato il patto del
capitano Sato, o cred'io Saìd^ i Musulmani occupavano
un' altra volta Cosenza. * Poi si legge che un Ismaele
combatteva insieme coi Saraceni Tantio mille undici a
Montepeloso; ch'era ucciso nella zuffa un Pasiano e che
Ismaele entrava nel castel di Bari; iiel qual testo par
si debba legger Melo in luogo dlsmaele:^ e sarebbe il
nome» se fausto o male auguralo non so, al certo véne-^
rabile e grande, del cittadin di Bari, il quale, levatosi
come Smagardo contro la tirannide bizantina, com-
però indi a poco le spade normanne. Che gli emiri
kelbiti abbiano aiutato a cotesti movimenti di Puglia
non può chiamarsi in dubbio : e se ci fossero ignote
lor fazioni di guerra, basterebbe la cura che posero
le croniche pugliesi a notare le mutazioni di signoria
dei Musulmani dal mille quindici al mille e venti, ta-
cendo al tutto quelle che precedettero e che segui-
rono. ^
< Chrùniea Varia Pisana, presso Maratorì, B.erum Italiearum Seri-
ptores, tomo VI, p. i07 e i67^ MaraogòDe, neW Archivio Storico ItaliaMt
tomo vi, parie II, p: 4. La data eh' è io tutti del 1006 si dee scemare d'un
anno, cadendo In agosto e contandost l'anno alla pisana.
* Lupo Protospalario, anno 1009.
B ChroniconBarenset presso Muratori, Antiquiiates IlaliccB, tqmo I,
p. 33, anno 1011, e le varianti del Pertz nella edizione messa a riscontro di
Lapo Protespatario.
« Gesll pensa De Meo, Annali di Na^li, tonao Vii, p. 12, 13,aiL 1010.
s Lapo Protospalario, ediz. di Pertz, Smptore8,Xom^ V» p. 37^ an. 1015.
« Apparuit stella comelae mense februarii ^. Samu^ rex obiit et regnavit
» fiUos ^U9.... 4016. Occisus est ipse fillus praefati Samuelis a suo conso-
• brino Alio Aronis et regnavit ipse.... lOSO Deseenderunt Sarraceni cum
» Rayca et qbsederunt Bisioianttm et apprefaeoderwit «am et mortuus est
• ipse àdfflira (amira» amila eie.) et Melis dui Apuli®. > L'abdicazione di
lùsnf innanzi H lOdti; H fralrteidi» di Gia'faroel 1013; eia «aeciata di oo-
stuì nel 1019 che si kiggeranno nel capitolo seguente, rispondooo a un di
presso ai fatti accennati da Lupo : né monta la inesattezza dei particolari»
— 343 — rittWj
Per cagioQ della rivoluzione militare del mille-
qaindici onde furono menomate le forze dei Kelbiti,
è da supporre venuti d'Affrica, non di Sicilia ^ i Mu-
sulmani i quali del mille e sedici posero a terra a
Salerno; strinsero un pezzo la capitale con Tarmata
e con V esercito; alfine furono costretti abbandonare
r impresa. . ^ Altri narra che trovandosi per caso in
Salerno quaranta gentiluomini normanni, reduci dal
pellegrinaggio di Gerusalemme, sentendosi ribollire il
sangue nelle vene alla vista degli Infedeli baldanzosi
e dei terrazzani che tremanti s' apprestavano a pagar
la taglia, chiedean armi e cavalli, prometteàno libe-
rare i Cristiani col ferro; e lor era creduto alle ro-
buste persone e guerriero piglio ed aspetto: tanto-
ché, assaliti alla sprovveduta i nemici, li sbaraglia-
vano con grande strage. Il qual episodio parmi da
accettare, sol che s' aggiungano al drappello straniero
i cavalli e i fanti del principato salernitano, e che si
tolga qualche zero alla cifra dei ventimila Saraceni
che leggiamo in una compilazione. 1 pii guerrieri ri-
cusavano ogni guiderdone , ripigliavano il viaggio ad
onta di tutte promesse e preghiere: onde il principe
di Salerno mandò secoloro un legato che conducesse
a' suoi soldi campion più mondani, recando in Nor-
mandia la mostra del ben di Dio che si godeva in Italia:
vestimenta di porpora , briglie di cavalli ricoperte a la-
nò. io sbaglio dei Domi. Riteogo perunto che 1» cronica intenda dire dei
KelMti dì Sleilla, non di qualche avventnrìere musalmano cbe avesse ten-
tato di farsi signore in Calabria, che sarebbe sopposizione sema alcun fon-
damento.
' Si confrontino: Lupo Protospatario e Anonimo di Bari, anno 1016, e
gli Annali dei Monastero di Santa Sofia di Benevento, nella edisione del
Pertz, Scriptora, tomo III, p. 177, slesso anno.
|40iè 1 — 344 —
mine d'oro, melarance , >inandorle e noci confettate. ^
E gli stranieri corsero air esca; ma divorarono in-
sieme la man che la porgea.
* Si confroDtino: Amato, L'Ystoire de li Narmani fWh, I, cap. 17,18^19;
Leone d'Ostia, lib. Il, cap. 57, presso Pertz,5crf ptore«, tomo VII, p. 65i,
652; nei qaali è da notare cbe Amalo, scrittore più antico, pon meno
episodi! da romanzo di cavalleria: del resto si vede cbe entrambi attin-
sero ad unica fpnte. Delle circostanze importanti il divario è questo, cbe
Amato dice giunti i Normanni durante V assedio e Leone d'Ostia prima ;
che Tuno soppone i Saraceni venuti a riscaotere il solito tributo il quale
cessòperstmpre dopo quell'impresa, e l'altro reca il fatto come un deisoliti
assalti che finivano pagando una taglia. Si accordano a un di presso nella
data, dicendo l'uno avan mille e l'altro circa sedici anni avanti il 1017. Ma
come entrambi riferiscono agli allettamenti dell'ambasciatore salernitano
la venuta dei venturieri che comparvero in Italia il 1017, così mi è parso di
segOir la data di Lupo Protospatario e della Cronica di Santa Sofia di B^
nevento; la quale, oltre l'autorità di que' cronisti , convien meglio ad una
pratica di questa fatta che non potea durare sedici anni. D'altronde la data
del principio del secolo poteva essere vagamente indicata nei ricordi so |
quali scrisse Amato verso il 1080, e Leone d'Ostia nei principii'del XII
secolo.
Non ho fatto menzione dei compilatori successivi , per esempio Odo-
rico imitale (morto il 1141), il quale dà 20,000 ai Saraceni e 100 ai Normanni,
e son tra questi Drogone ec. Al contrarlo, i critici moderni mi par abbiano
negato troppo facUmenie l'episodio de' quaranta pellegrini, il quale, tolti
gli ornamenti della Tavola Rotonda, non ha nulla che discordi dall' indole
degli uomini e dei tempi.
DeU)o avvertire che nella edizione della Cronica di Santa Sofia di
Benevento, Pertz, Scriptores, III, p. 176, 177, si leggono le altre scorrerie
qui appresso notate, cavate da aggiunte della edizione di Pratilli, tomo IV,
p. 358, cbe non si trovano negli altri MS. Si vegga nel detto volume dd
Perù, p. 173, l'avvertimento dell'editore tedesco, il quale parmi non siasi
ricordato che le aggiunte veniano dalle stesse mani che interpolarono la
Cronica della Cava, fabbricarono quelle di Calabria e dei Duchi di Napo-
li ec. Però non accetto quelle notizie come genuine :
Anno 982. Dopo la sconfitta di Otone, i Saracèni saccbeggian tutta la
Calabria. (Noi sappiamo che se ne tornarono in fretta in Sicilia.)
Anno ^002; Prima della marcia sopra Benevento (che è nelle altre edi-
zioni), vengono a Bari e prendono e ardono Ascoli e il Castel di
Santangelo.
Anno 1007. Nuova iofestagione di Capua.
Anno 1009. Presa di Bìtonto e del Castrum Natii
Anno 1016. Durante l'assedio di l^alerno, dato il guasto fino ad Agro-
poli e Capaccio.
— 345 — * [I020-4#54.1
Mentre le armi normanne comuiciayano con
pieooli anspicii a mostrarsi in Puglia , i ribelli avendo
uopo dì pili forti aiuti , non restarono di chiamare i
Musulmani di Sicilia. I quali del mille e venti,
accozzatisi con un. Rayca, pugliese , assediarono e
presero Bisignano:* che sembra la prima impresa
deir emiro Akhal. Si legge poi che di giugno del
milleventitrè un kàid Gia'fer con Rayca pòse il campo
a Bari ; donde partitosi il di appresso ,^ espugnò Pala-
sciano:' nel qual testo il nome va corretto forse
Abu-Gia'far è sarebbe il medesimo Akhal/ Delle
altre scorrerie di costui, dèlle^ arsioni e guasti e
saccheggi in Calabria , vagamente accennati negli
annali arabici/ ignoriamo i particolari, non avendo
croniche cristiane di Calabria in questo tempo , ma*
sol qualche ricordo della Puglia. Tornò ad osteggiar
la Puglia il milleventinove Già far, o Akhal, insieme
con Rayca; assediò il castello d' Obbìano; e si ri-*
trasse per accordo ,coi terrazzani che dessergK pri-
gióni gli stranieri, com' ei pare, il presidio bizantino/
Stavano per cominciare in Sicilia i rivolgimenti che
distrussero la dinastia kelbita e la dominazione
* Lupo Prolosptttario» presso Perir, Seriptoret, tomo V, p. {S7.
* Ibidem. Il nome è scrino laffari. Zaffati eie. Si aggiugne criii ch^
par da leggere catti.
* Atuied-ibn-lfisfifi sopraDoominato AJkhal» è dilamato sempre da
Cedreno Apollofar. Da un'altra mano gli annali musulmani ci dicono che
il suo figliuolo Gia'far rimaneva al governo in Sicilia quand' egli andava a
far guerra in Terraferma. E però il suokeniet, come lo chiamano gli Ara-
bi, par sia sUto Abu-Gia'far, " il padre di Gia'far."
* Si riscontrino: U>B-e1-AUilr sotto Vanno 484, US. A, tomo IV,
fog. ^34 recto, seg.; Abulfeda, Annalet Jfoi/emici, tomo Ili i p. 274, seg. ;
Nowairi, presso Di Gregorio, Rerum Arabiearum, p. 23.
s Lupo ProtQspatario, 1. e.
H0S<-4060 1 — 346 —
musulmana, quando di giugno milletrentuno i Mu~
sttlmani occupa van Gassano; e il tre luglio davano
una rotta al catapslno Pòtho. ^
D' allora in poi non s intende d' assalti loro in
Terraferma , ne v' ha luogo a supporne , ove si con-
sideri lo scompiglio deir isola, la vittoria di Maniace,
r ingrossar dei venturieri normanni in Puglia e Ca-
labria. I Musulmani che rimasero quivi fino al con-
quisto della Sicilia, erano rifuggiti o mercatanti. Tale
al certo la popqlazione infedele di Reggio, la quale
il millesessant^ s' accozzò coi Cristiani in una infelice
fazione navale contro là patria, per isfogare odii di
parte o mostrar fede ai novelli signori.' Qualche altro
esule sventurato, qualche avventuriere dì negozio
o di scienza, stanziò in questo tempo a Salerno,
come sarà detto a suo luogo. Ma il flagello che aveva
afflitta per due secoli Tltalia dal Tevere al Faro, si
trovò spezzato innanzi la metà dell' undecimò.
Le battiture del quale., furono al certo piii spesse
e crudeli che non ci sia venuto fatto di raccontarle
su i ricordi, pochi e dispersi, di due secoli oscurià-
simi; delle quali notizie alcune si trovano senza
data né certezza di nomi topografici nelle agiografie;
e però non ci si può fare assegnamento.' Migliore
testimonianza danno i nomi che leggiam tuttavia
su le carte geografiche in luoghi di cui non fan motto
gli annali cristiani né dello, islam: i quali nomi, e
< Lapo Protospatario, I. e.
* Amalo, L'Yatoire de H Tfortìiwnt, lib. V, cap. XI.
'Si veggano qdella di San Nilo, Ub. IV, dap. VI, p. 317, seg.» di que-
sto volume; e di San Viule, San Lnea di Demena e San Giovanni Tberi-
sta, lib. IV, cap. XI.
— 347 — [Scti.lXeXI.j
tanti che ne ignoriamo, e tanti che si sono dileguati,
ragion vuole derivino dai casi del noùo e de-
cimo secolo, anzi che del decimoterzo, quando
le squadre musulmane di Federigo secondo e di
Manfredi non faceano un passo che gli scrittori
guelfi immantinenti non ne ritraessero Forma. Nido
dei Musulmani par sia stato nel nono secolo il
•
Monte Saraceno, come si addimanda, su la costa
meridionale del Gargano , * a settentrione del qual
promontorio, tra Yiesti e il lago di Varano, è anche
una Punta Saracena. Un monte Saraceno s' innalza
rimpetto al comune di San Bartolomeo di Capitanata
su r altra sponda del Fortore. Un altro in Calabria
Citeriore, a ponènte di Rocca imperiale. Nella stessa
provincia s' addimanda Saracena un Comune posto
a libeccio di Castrovillari a poche miglia; e sbocca
nel Jooio, tra Amendolara e la focQ del Crati, il
fiumicello Seracino; presso al quale in sala marina
è una Torre Saracina come la chiamano. Lo stesso
nome di Torre Saracena si scorge nelle carte del
secò! decimotlavo in Calabria Citeriore, tra Longo*
buco e Bocchigliero. Fino nello Stato papale a poche
miglia ci greco da Tivoli giace la teri'a di Saracinesco;
a mezzogiorno della quale è T altra detta Siciliano:
nómi lasciati per avventura nei principii del decimo
secolo dalle mansnade del Garigliano, o alta fine del-
« Leandro Alberti, DeseritHone di tutta Italia^ Venezia fSSSS, fóg. 2i5
verso, fa dà per fatta, aggiugnendo: f Inaino ad oggidìisi vedono le isepol-
1 ture nei sasso cavate secondo ! loro malvagi riti et profane oerimenie. »
Ma i * malvagi riti* dei Musulmani portano dì Inumare i cadaveri, non già
di chiuderli in avelli dì pietra. Perciò non son questi al certo i vestigii-ehe
lasciarono sul monte Gargano.
|09.8.j — 348 -^
l' undecìino dai Musulmani di Sicilia , che ìneDÒ seco
Roberto Guiscardo , per liberare papa Ildebrando dai
Romani e dai Tedeschi.
CAPITOLO vm.
Dopo otto anni di prospero reggimento, lùsuf,
colpito d'emiplegia del lato sinistro, risegnò Temi-
rato al figKuoló Gia'far, al quale avea già procacciato
in cancelleria d' Egitto il diploma di sostituzione : ^
e adesso a nome del califo Hàkem-biamr-^AlIah gli
erano inviate le bandiere del comando, con prero-
gativa di Tàg-ed-4axDla e Seif-el-milla , che suonan
« Corona dell* Impero e Spada della ÌFede. » ' Faccende
di cancelleria, parendo che ormai i caliti fatemiti
non pretendessero esercitare autorità in Sicilia, ne
eleggerne gli emiri, ma sol mantenere le cerimonie
deir investitura, come foceabo in Affrica; dove ciò non
togliea che gli emiri ziri ti loro contendessero qual-
che città di frontiera con le ragioni e con la spada.'
E veramente nella vita di Hàkem, di che sappiam
tante minuzie, non si fa motto mai della Sicilia, né
' NoY^iri afferma la.sostitnzioDé coDcednta prima della riounzia di
I&sttf. N*è prova anco la poesia di Abd^allah-Tonùlii ^ella quale abbiam
£itto parola oel Gap. VII, pag. 335, della quale si vegga la nota 4.
* Si riscontrino: Ibn-el-Atblr, anno 484, MS. A, tomo IV, fog. 134
i*ecto, e seg.; Abulfeda, Annakt Moslemiei, annp 336, tomo U, p. 44^,
seg., ed anno 484, tomo HI, p. 374; Nowafri, presso Di Gregorio, Rerum
Àrabiearumi p. aO; Ibn^haldùD, Htsiotrede l'ÀfiiQ^ «^ ^^ ^ SieiU, p. 178;
Ibo-abi-Dinar; MS., fog. 37 verso, seg.
^ Si vegga qui appresso, pag. 336.
— 549 — [098-4014.1
del reggiDieato né degli emiri di quella ; se non che
alcun Siciliano, nativo ovvero oriundo, comparisce
nella storia politica e letteraria delV Egitto, non altri-
menti che gli stranieri, dell' Iràk, di Siria, d'Affrica.
Di cotesti Siciliani direnK) là dove cadrà in acconcio.
Da un' altra mano la corte degli emiri in Palermo
del tutto si ordinava come di principi independenti.
Si veggono nel regno di Gia'far gli oficii di vizir e
di hàgib, ossia ministro e ciambellano; i quali mai
non furono, né il poteano, appo gli emiri di pmvin-
eia. I poeti in loro apostrofe a lùsuf e al figliuolo
chiamavanli Malek, che suona. re, titol nuovo nel*
r islamismo; e scrivean come se mai non fosse stato
al mondo il califato d' Egitto./
Giafar ebbe dal padre, insieme col principato ,
ciò che si potea tramandare per liberale educazione :
non le virtù dell' animo né della mente. Fece medio*
cri versi; entrò nelle antologie degli Arabi in grazia
d' un epigramma improvvisato in Egitto (1 035), dove
andò a finir comodamente la vita quando il caccia-
remo di Sicilia : volgare antitesi sopra due paggi che
gli venner visti in abiti di dibdg * V un rosso e l' altro
nero ; la qual freddura piacque assai in quell'Arcadia
arabica dell' undecimo e duodecimo secolo. ' Del ri-
manente, indole pigra, avara, Crudele: nelle sue mani
casa kelbita die la volta al comun precipizio delle
' Si vegga la poesia citata nel cap. Vllj p. S35, seg.
.' Drappo di seta , sul quale si vegga la Dota I , pag. S<i>.del presente
volume.
9 Iméé-eA^ìn.Khafida, MS. di Parigi, ÀncieoFonds, lS7d| fog. 40
verso, ed lbn*KlialUkftn, edizione. del Wiistenfeld, fascicolo. X,.p. 32^
vita 805.
11645.1 — 350 —
dinastie musulmane, nelle quali ad una o due gene-
razioni di guerrieri succedettero per lo più i Sar-
».
danapali ; come se il naturale intristir dei sangui rea-
gii s' affrettasse dentro le mura dell' harem, dove si
sciupa il padre, e la fiacca prole alla sua volta vi
lascia quel po' di spirito rimaso nella razza^
Dal martire Abn-1-Eàsem in poi, gli emiri sici-
liani aveano amato meglio i piaceri della reggia in Pa-
lermo che i combattimenti di Terraferma. Così il buon
lùsuf , così Gia'far ; il quale par quel desso eh' edi-
ficò il Castel di Maredolce tra le abbondanti acque e
i lieti giardini che furon poi delizia dei re normanni/ I
capitani, intanto, mandati in guerra , ripoi'tavano a
casa, con qualche poco di bottino, la vergogna della
ritirata a Bari (1 004) e della sconfitta a Reggio (1 005) :
il principe stracurato e i ministri procaccianti apriaa
la strada a domestiche ambizioni. Donde Ali, figliuolo
di lùsuf, congiurò contro il fratello coi Berberi e gli
schiavi negri; coi quali negli ultimi di gennaio del
mille e quindici, ridottosi in un luogo non lungi di
Palermo, si chiarì ribelle. Gia'far gli mandava incóntro
sènza indugio il giund e le milizie della capitale : * a
dì trenta gennaio si venne alla zuffa, la quale finì con
molto sangue dei sollevati, e il rimanènte diessi alla '
fuga. Ali preso, menato al fratello; il quale comandò
< IbDTGiobair, nel Joumai Aiiaiique, serie IV, tomo VII (1846) , p. 76,
chiama Kasr-Gia'far il sito regio di Maredolce. Dei tre emiri che portarono
tal nome, non veggo altri che il Ggliuolo di ICUuf che abbia avuto genio
e tempo da fondare questa villa regia , della quale terremo proposito nel
libro VI.
a Secondo Ibn-el-Aibir * un giund" e secondo NòWairi un *Asher os-
sia "esercito," voce generica la quale può comprender anche le milizie ma-
nicipali oltre quella della nobiltà.
— 351 — (4015.]
di metterlo a morte , non curando le lagrime del padre
paralitico : talché entro otto giorni il temerario gio-
vane si giocò la testa e la perdette. Già far fé' truci-
dar dal primo air ultimo gli schiavi ribellati , e i
Berberi scacciò dalF isola con le famiglie loro, ninno
eccettuato; i quali si ridussero in Affrica. ^
Le croniche danno un insolito barlume su la
ragione degli avvenimenti, aggiugnendo , che rimase
a GiaYar il solo giund siciliano e menomato V eser-
cito, i Siciliani imbaldanzirono contro i governanti.'
Indi si vede essere stati i Negri squadre stanziali. I
Berberi, avanzo delle colonie spopolate un tempo (940]
da Khaltl-ibn-Ishak, o piuttosto delle soldatesche ve-
nute d'Affrica sotto i due primi emiri kelbiti, sembran
anco milizia stanziale: squadre di giund che gli emiri
tenessero appo di loro, pronte a servirli in casa e
* Sì rìscontrioo : Ibn-el-Albtr, Nowairi e Ibn-Kbaldùn, U. ce; Il passo
dMbn-KhaldùD : *ma!s il épargna ses partisans * Tìen da una lezione erronea
del testo, e ^a corretto * cacciò i Berberi e gli scliiavi negri. " È da avver-
tire che Nowairi dice seguita la battaglia il mercoledì sette di scia'bàn 40S;
11 qoal giorno risponde , nel conto astronomico, alla domenica 30 gennaio,
e nel conto civile al lanedì 31 gennaio 1013. Il giorno della settimana è
dunque sbagliato nel testo; o l'errore vien dairusò ortodosso di contaro
fl primo del mese arabico dal dì che si fosse vista con gli occhi la luna
nuova, checché ne notasse il calendario.
In ogni modo, la data del 16 febbraio che si legge nel Martorana ed è
fedelmente copiata dal Wenrich , vien da un errore corso nella edizione del
Di Gregorio, Rerum Arahicarum, p. 21 , nota e. Secondo il Martorana e il
Wenric|i i ribelli furon parte Affricanl e parte servi di AH; ma pei primi
i testi dicono precisamente Berberi , e pei secondi 'Àbid, ossia Schiavi ne-
gri; né s*aggiugne che fossero schiavi di Ali, anzi il fatto li mostra soldati
stanziali.
Non merita esame il fatto recato dal Rampoldi, Annali Mutvimani,
1009, che l'emiro * Thajo dawta per la sua iniquissima ammioistrasione e
le enormi sue crudeltà " fa deposto e sosUtuitogli il fratello Abmad. fi ana-
cronismo della rivoluzione del 1019, che l'annalista senza accorgersene re-
plica pòi a suo luogo.
* Ibn-el-Aiblr e Nowairi, 11. ce.
|<oiwo<9.i — 352 — -
fuori, stipendiate con assegnazione temporanea di
dhià, 0 vogliam dir poderi demaniali : picciola mano
di gente , poiché tornò sì agevole di cacciarla via.
L'attentato di Ali fu dunque cospirazione militare.
Giatar con le stragi e il bando volle vendicarsi e as-
sicurarsi; ma non pensò che, rimanendo nelle forze
di coloro che Y avean mantenuto sui trono, non potea
maltrattarli senza pericolo.
A nulla forse ei pensava se non alle vanità e
voluttà del principato; rimettendo ad altri la cura di
trovar moneta che bastasse allo spèndio. Per sua
mala sorte s'avvenne in un segretario Hasan-ibn-
Mohammed da Bàghàia in Affrica,' e fecelo "^zf r. Ai
cui consigli Già for comandava che in luogo dell' an-
tica tassa invariabile d' un tanto ad aratala * su i ter-
reni, si levasse il dieci per cento su i grani e le
frutta; allegando V usanza generale degli Stati mu-
sulmani.' I terreni, s'intenda, tassati a khardg perpe-
tuo : ed era arbitrario Y alto ; non potendosi in giure
musulmano mutar né la quantità né il modo di ri-
scossione fermati al conquisto e diversi secondo i
paesi, talché la costumanza degli altri luoghi, molti o
pochi, non pptèa far legge in Sicilia.* Che tal nova-
r * Città 8u la catena degli Aarès; oggidì in proTincia di Costantina.
* El'-Mug-^l'baker " Coppia di buoi. " Senza dubbio la superficie da
lavorarsi.in una stagione con un aratro. Si vegga il Lib. I» cap. VI, primo
Tokime, p. 1SS5, nota 1.
' Si riscontrino Ibn-el-Atbir e Nowairi, 11. ce; il primp dei quali
adopera la voce generica ghallat * prodotti del suolo," e il secondo le due
voci te'ém e ikemr, delle quali Tona qui significa firomento e l'altra il fhilto
degli alberi a arbusti, e però comprende le olive e le uvei
* Ciò si ritrae cbiammente^da Hawerdi, edis. di Enger, p. 3S0 e260.
Quest'autore parlicolareggia i casi nei quali era permesso d'accrescere o
diminuire il ì^ràg: cioè l'aumento o diminuzion dt valore che non venisse
— 353 — |40«9:|
zioDe aumentasse il peso, non occorre dimostrarlo,
quando il mii^stro e remiro la vollero, e i posses-
sori se ne mossero a far quel che fecero. Il vizir ag-
gravò il mài tolto trattando con modi villani e su-
perbi i kài4 e gli scetkhi^ che è a dire i capi delle
nobili famiglie militari e i notabili della cittadinanza.
E r emiro, al quale è naturale che se ne richiamas-
sero, parlò ed operò leonino.* <;•
Riposava sicuro, nella severità sua e sanità
del ministro, quando, il sei di moharrem del quattro-
cento dieci (13 maggio 1019), sollevatasi repènte la
capitale, nobili e plebei trassero al palagio; F assa-
lirono, abbatterono certi casamenti esteriori e facen-
dosi notte intorniarono le mura come in assedio:
Già già majQcavàn le forze ai pochi difensori ; Je turbe
stavano per saltar dentro, quando si vide uscire in
portantina il paralitico lùsuf ; e per carità e riverenza
s'arrestarono a un tratto gli assalitori. Il quale si
studiò a calmarli con parole e promessa di far quan-
ta e'vorrebbono; e quelli al veder il povero vegliardo
rifinito dagli acciacchi e dall' ansietà, ruppero in la-
da fatto del proprietario. Per esempio si accresceva il khardg, se un'acqua
Inopinatamente sorgesse da ìnaffiare il podere, e si diminuiva se un'acqua
venisse meno; ma non si mutava, se la industria del possessore miglio-
rasse, 0 la sna incuria facesse andar a male la coltura. Si vegga anche ciò
che ne abbiam detto, Lib. Ili, cap. I, pag. 18, t9, del presente volume.
Non si trattava al certo di terréni decimali ossia libera proprietà di Musul-
mani , nel qual caso la violazione sarebbe stata assai più grave. Non di po-
deri demaniali, polche l nobili del ginnd non andavano al certo a coltivarli
da affittaiuoli. Non di poderi dei Cristiani, poiché que' che se ne risenti-
ron furono i Musulmani.
* Si riscontrino: Ibn-el^Athir, Àbnlfeda, Nowalri e Ibtt-Khaldftn,
11. ce. Il primo dice che Gia'far ' oppresse i suoi fratelli (In islam) e li trattò
con superbia." NowaiH che ^ vilipese 1 Slpiliani e gli sceikhi del paese, e li
trattò con superbia."
II. 23
[1019] — 354 —
grime : qqasi supplicando si rifecero a contargli tutte
le angherie sostenute. lùsuf rispondea farsi malle-
vadore del figliuolo, e eh' ei medesimo volea gasti-
garlo, e dargli lo scambio in persona di cui lor pa-
rasse. Domandarono T altro figliuolo Ahmed, sopran-
nominato Akhal ; ^ e incontanente lùsuf facea promul-
gare la deposizione di Gia'far, e la esaltazione* di
Ahmed. Domandarono Hasan di Bàghàia e il ciam-
bellano Abu-Ràfi'; i quali consegnati al popolo furono
entrambi uccisi e condotta in giro per la città la
testa del vizir, eh* era più odiato, e arso il tronco,
senza sepoltura. E ciascuno se ne tornò a casa.
lùsuf intanto temendo non inviperissero peggio
gustato il sangue, avea fatto imbarcare GiaYar sopra
un legno che sciogliea per TEgitto; e poco appresso
in altra nave ei lo seguì. Moriron poscia entrambi
in Egitto , dove avean recato decoloro in contanti
seicento settantamila dinar, che son circa dieci milioni
di lire italiane. I cronisti arabi, lodando a lor uso la
carità e liberalità, notano che lùsuf. possedeva in Sici-
lia tredici o quattordici mila giumente , senza contarvi
gli altri animali da sella e da soma, e che venendo
a morte non lasciò pure un ronzino. ' Ma a consi-
' Ahhal (le lettere ft ed A qui rendono non una ma dae lettere divèrse)
signiflca ttom da'cijgli oegrissiini da parer UnU col kohl. S'intènda dei
dgli propriamente detti » non delle sopraccigliai.
* SirisooYitrino: Ibn-el-Acbtr, Abalfedia, Nowairf, Ibn^Kbaldùn e Ibn-
abi-Dìnftr» li, ce. 11 palagio nel quale fu assediato Gia'far non sembra la
cittadeUadettaiaKbàlesa,inarantico castello degli emiri nel sitò della reggia
attuale , ovvero un palagio nella Klialesa. È da notare inoltre cbe Nowairi
dioe seguito il tumatto il lunedi sei di mobarrem; ma quel giorno risponde
secondo il conto astronomico al mercoledì 13, e secondo il conto civile ai
giovedì i4 maggio. Il Di Gregorio tradusse male nel Nowairi, p. 21 : "e/
omnia peuum dabat. Tum etiam Giafaro imputabatur quod univenat pò-
— 355 — [975-995,1
«derar meglio i fatti, quello .stupendo armento, per
QOQ dir nulla dei dieci milioni di moneta , prova la
quantità dei poderi tenuti in demanio nei regni di
làsuf e di Gia'far. È verosimile che costui, cacciati i
Berberi ribelli del mille e quindici, abbia ritenuto i
poderì, anziché concederli in beneficio militare ai
Siciliani; e che il dispetto di tal avarizia abbia fatto
sentir più dura F offesa dell'aggravata tassa prediale.
M^tre germogUavano in Sicilia cost fatte di-
scordie, crebbe in Affrica la dominazione zirita; la
cui potenza e le vicende interiori e il crollo che le
die una nuova irruzione di Arabi, a volta a volta si
risentirono neU' isola. Bolukktn con le armi di Sanbà-
già, la riputazione di Moqzz, e gli. ordini dell'antica
colonia arabica, occupò tanto o quanto il paese infìno
a Centa; raffrenò gli Omeiadi di Spagna che tenean
parte della costiera; si spinse a mezzogiorno del-
F Atlante; rintuzzò la rivale nazione dì Zonata; ebbe
dal caiifo Aztz le città su i confini delf Egitto, nega-
tegli nella prima concessione: talché, venendo a
morte (984), era ubbidito più come prìi;icipe che vi-
cario da Tripoli a Fez. Snccedettegli il figliuolo Man-
sùr, il quale mantenne con varia fortuna la potenza
del padre; sottopose al giogo la tribù diKotama.' E
ptdi siciliensis opes diriperet;" e p. 22: * ab conspectu eorum non abscessu'
rtim/ Questi due ppssi vau ccrreui : 'accadesse checbe accadesse (nel rao-
colto). Inoltre Gia'far mostrò dispregio pei Siciliani. cbe non sì
allontanerebbe dai loro consigli.* Infine nella stessa p. 22 la frase "ego
itdmmUtrationii swb rependi vieem' va spiegata più precisamente* Vi ri-
sponderò io dei fatti suoi e lo punirò io." '
< Si riscontrino: Ibn-el-Atbìr, anni 361 , 565, 579, 3S6, MS; G, to-
mo V, fog. 10 verso, .... 27 verso, 34 verso; Baiàn, testo arabico, tomo I,
p. 222, 238, 240^ seg.; Ibn-Kbaldùn , fffs^otre de» Berbères, versione di
M. De Slane» tomo II, p. 9 a 16.
[096-999.1 — 356 —
eh' ei si sentisse saldo ìq sol trono , Io mostran le
parole: ^'Mio padre e Tavolo comandarono con la
spada; quanto a me non adoprerò forza se non che
ì benefìzii.^ E T altro detto: ^Ho ereditato questo
reame da' miei, nói tengo in virtù d'un rescritto, né
mei farà lasciare un rescritto. " ^
Furon serbate contuttociò le apparenze; sì che
esaltato, alla morte di Mansùr, il figliuolo Badts (996),
gli vennero del Cairo, a nome di Hakem, le vesti-
menta , il diploma ' e il titolo di Nasf^ed-^wh^ ch'è
a dir ** Sostegno dell' Impero/* Ma a capo di tre anni,
il governatore di Tripoli per Badis, tradito il signor
suo, offriva la città alla corte fatemita; e questa, come
di furto, se la prendea, commettendola a lànis il Si-
ciliano, governatore di Barca, forse liberto di sangue
cristiano. Àppo il quale mandando Badts a dolersi,
rispose altero: e il principe d' Affrica , quasi il califo
non ci entrasse e fosse la contesa tra lui e lànis ,
gr inviava diMehdià con genti un GiaTar^bn-Habib;
il quale pose il campo ad Agiàs tra Cabès e Tripoli.
Mandò poi a dire a lànis che di tre partiti scegUesse
Tuno : rappresentarsi a.Badis; mostrare il diploma che
avessegli affidato il governo di Tripoli; o disporsi
alla battaglia. E lànis gli scrivea: ^'Gh'io vada a
corte del tuo signore, non ne parliamo. Esibir diploma
non debbo, sondo io vicario del Principe, dei Credenti
in provincia maggior di Tripoli, Dell'altro caso, che
rimane, non darti briga: aspetta dove sei, che ci
< Baiàn» testo, tornò I, p. 249.
^ IbQ-el-Athtr, anno 386, MS. Gy tomo V, fog. 34 Terso.
' Ibn-Kballik&n, versione inglese di M. De Slane, tomo 1, p. 248.
— 357 — Hooo-ioo4.|
Vedrem presto." Entrambi mossero; s'affrontarono
tra gli uliveti di an villaggio detto Zftnzùr. Dove lànìs
fu rotto con molta strage Tanno trecentonovanta (12
die. 999 — 30 novembre 1 000); e fatto prigione, pregò
il recassero a GiaYar, ma gliene portaron la sola testa.
Li sbaragliati s' afforzarono a Tripoli/ la quale debol-
mente aiutata dal siciliano Zeidàn , com' altri legge,
Io scbiavone Reidàn, ' che reggeva allora la corte
del Cairo, tornò in potere di Badis, dopo lunghe vi-
cende che a noi non occorre di raccontare.'
Fortunosa età per la schiatta berbera, Is^ quale
dopo due secoli si sciógliea, senza ferir colpo, dalla
dominaziotìe degli Àrabi, serbando gli elementi di
civUtà di quegli stranieri : religione, leggi, scienze,
lettere, industrie, ed una popolazione cittadinesca data
a cotesti esercizii , impotente ormai per numero e
tener di vita a ripigliare il comando. Gli aborigeni
del continente affricano dal Mediterraneo al Tro-
pico, non erano mai stati sì padroni in casa loro, dac-
ché Cartaginesi , Romani , Vandali , Bizantini, Àrabi
occuparono X un dopo V altro la regione settentrio-
nale. Ma il veleno della discordia e' hanno nel san-
gue, sempre lor tolse di cacciare gli stranieri; e
quando rimaser soli, non fé' allignar tra loro né fra-
* Si riscontrino Ibn-el-Atbtr , anno 389, MS. A, tomo HI, fog. 100
recto; e Tigiani, AeAeZa, MS. di Parigi, fog. 74 recto, e 86 verso , e tra-
duzione ne) Journal Asiatique, serie V, tomo I, (février-marsl8SS5),p.i04
e t32; nel primo dei quali luoghi Tigiani riferisce la battaglia come Ibn-
el-Atfair al 380, e nel seconda al 389.
* Baiàn, testo. Comò I, p. 266, anno S92. La variante *Reidan Sak-
labi " si legge nei testi citati da M. De Sacy, Expoii de laReligion du Dru-^
tes, tomo 1, p. ccxcui, dove per altro non si dice dei fatti di Tripoli.
> Si veggano i particolari in Ibn-eMthtr , MS. G, tomo V, fog. 40 re-
cto , anno 393; e nel Baiàn ; ì. e.
H005.J — 358 —
tellanza, ììè amistà, né almeno persuasione di dover
vivere insieme ; ed ha negato all' aniversale infino a
questi dì' nostri rincivilioiento al quale gli individui
parrebbero maravigliosamente disposti. Senza dir
deir antagonismo tra i >arii rami del ceppo bèrbero
e soprattutto dei Zenata, che furon sempre dei piii
selvatichi, contro i Sanhàgia, che sembrano di piii
docil natura, la divisione nacque nella stessa casa
ztrita , sotto il regno di Badts , quando Hammàd ,
figlino! deir avolo Bolukkin, dopo aver combattuto a
prò della dinastia, ribellatosi (1014), fondò uno
Stato independente nelle odierne province di Costan-
lina ed Algeri, * Altre calamità piovvero su que' la-
cera ti dalla guerra civile.
Del trecentooovantacinque (1004-^^), al dir del
contemporaneo Ibn-Rekik, la carestia e la pestilenza
' si mossero a gara a spopolar T Affrica propria; i
contadini fuggirono dalle terre non trovando di che
mangiare; deserti i villaggi; consumato presto quel
che teneasi in serbo nelle città; e, in alcune tribìi, i
Berberi s' ammazzaron tra loro per isfamarsi di carne .
umana. Ad un tempo la peste mieteva a centinaia
e migliaia gli abitatori dèlie città: chi ha visto Tor-
rida scena con gli occhi suoi la raffigura nei par-
ticolari narrati dal cronista. Fu tanto che a Kaire-
vvàn rimasero abbandonate moschee , forni , bagni,
chi non avea da ardere, andava a far legna nelle
porte e nei tetti delle case senza padrone. Cacciati
' Si fftggain generate VBiiMrédeBBBrbèn$pftrIhH'KhMoun, pia
volte citata, e in particolaire il tomo U, p. il e 44.
' Il testo ha le due voci webà e té'un, cheìodicano al certo due pesti-
lenze diverse.
— 359 — t<ooì>-40i6.i
da quei flagelli / moltissimi abitatori delle città e delle
campagne ripararono in Sicilia. La tìioHa cessò; la ca-
restia miligossi; 'poi ricomparve, con le cavallette e
con la guerra civile, Tanno quattrocentosei (1 01 S-1 6)
e di nuovo il qnattrocéntcmove (101S-19) e il quat-*
trpcentotredicì (40SISI-83), e così di trattp in tratto.*
Morto intanto Badìs (aprile 1016) ed esaltato il
figliuolo Moezz , Scerf-^edr-dawla, ossia "^ Gloria del-
l!Impero*' come era scrìtto nella patente del califo, '
divampò in quelle parti crudelissima proscrizione re*
ligiosa. Gli ortodossi d' Affrica, calcati per un secolo
dagli Sciiti, rimbaldanzirono alla sgombrar della corte
fatemita: oi'mai sì grossi e. rabbiosi, che Hammàd
fece assegnamento sopra di loro per togliere mezzo il
regno ai nipoti; onde, chiaritosi ribelle, ristorò (1 01 4)
il culto sannita, pose mano al sangue degli eretici nelle
province che gli ubbidivano, ed entrato per forza
d'armi a Bugia, tanto stigò i cittadini di Tunis che
ammazzarono popolarmente que' della setta, * degni
di mille morti, perchè non volean ripetere che Abu-
Bekr ed Omar fossero in grazia di Dio. Così la cupi--
diigia e la vendetta prendon sempre una maschera
più- brutta delio stesso ceffo loro , se lo mostrassero
scoperto. Soffiavan entro il fuòco dal Kairewàn que-
gli indomiti dottori di schiatta arabica; rincalzando
forse gli argomenti teologici con Y esemplo delle or-
' Baiàn, testo, tomo I, p. 967, anno 595.
s Si riscontrino : Ibn-eì-Atfalr, anni iD6, 4t5, 452, MS. C, tomo V,
fog. 46 verso, 56 verso e 74 recto; e Baiàn, teato, tomo I, p. 980, an-
no 409 ee.
^ Ibn-el-Aibtr, anqp 406, voi. citato, fog. 46 recto e verso.
* lbn-Kha!ékto « Storio dei Berberi, testo, tomo T, p. 932, e versione
di M. De Slane, tomo II, p. 44.*
lioiG] — 360 —
ribilità ebe faceva ogni dì in Egitto il poatefice delli
Sciiti, il sangainarìo è matto Hàkepi, arrivato non
guarì dopo al colmo d'ogni empietà, quando (1016^
1 021 ) assenti a dirsi Iddio in una religióne di suo
conio, e per diletto mise a sangue ed a fuoco la ca-
pitale.* L opinione pubblica trapelava, com' avviene,
nella stessa reggia degli Ztrìti; dove il precettore di
Moezz stillò la credenza ortodossa neir animo bal-
danzoso d' un re d'otto anni. Ond' ecco un di (lu-
g1ÌQ 1016) che cavalcando il fanciullo nelle vie di
Kairewàn, gli sfugge di bocca una benedizione ad
Abu-Bekr ed Omar; e ne scoppia repentina scompi-
glio tra il popolo e i seguaci del principe che in parte
erano Sciiti. Fatti questi miseri in pezzi, cominciato
a saccheggiare le case, a ricercare per ogni luogo i
sospetti di quella, e di quàl si fosse eresia, ad am-
mazzarli, uomini j donne e fanciulli; e ardean poscia i
cadaveri e rapivano^ quanto poteano. La proscrizione
tumultuaria propagossi in un attimo a Mehdia e per
tutte le città dell' Affrica propria; s'allargò nei vil-
laggi. Fra qite' che morirono difendendosi, e quei che
furono scannati come pecore, sommarono a parec-
chie migliaia. Rimase il nome di ""Lago di Sangue''
alla contrada ove caddero i primi tremila, e il fatto
passò in proverbio, come la Saint-Bartbélemi.
• s
' Gli atroci particolari del regno di H&kem si leggano nello Exposé de
laMeligion des Drmes, di M. De Sacy, tomo I, p. cctcui,s6g. Il oomin-
ciamento deirapoteosi del tiranno nel. 407 si legge a p; gcclxxxiii, seg.
' Si riscontrino: lbnHel-Athlr,.anno 407, MS. G, tomo V, fog. SS3 re-
cto; Baidn, anni 407 e 429, testo, tomo I, p. 279 e 285; N'owaìri, Storia
d'Affrica, MÌS. di Parigi, Ancien Fonds,703, fog. 36 verso; e Ibn-Khaldùn,
Histoire des Berbères , versione di M. De Siane , tomo U , p. 20; i qaali non
diiferiscono in altro che nei particolari.
— 361 - |I0I6.4(H9.|
Darò almoD due attui la persecuzione , metten-
dovi mano il principe per risparmiar , com' ei pare ,
il sangue; e non stando sempre a' patti il popolazzo.
Perchè, del quattrocentonove (19 maggio 1018,
7 maggio 1019) si nota V eccidio d'una man di Sciiti
che se n' andavan esuli in Sicilia. Da dugento ^ uo-
mini, montati a cavallo, e forse disarmati, i quali con
lor famiglinole e lor genti di casa viaggiavano sotto
scorta di cavalleria alia volta di Mehdia, per imbar-
carsi. Pernottando alia borgata detta di Eàmil, ri-
morse la coscienza ai villani de' contorni se li lascias-
sero andar vivi: s'armarono; dettero addosso agli
eretici non difesi da loro guardie e tutti li trucida-
rono ; delle donne quante eran giovani e quante lor
parvero belle disonorarono e poscia le uccisero.^
Il miserando caso ci attesta che al par dei cacciati
dalla fame del mille e cinque , riparavano in Sicilia
gli eretici perseguitati in questi due anni, e che il
goviemo d'Affrica sopravvedeva all'uscita, fomia forse
le navi.
Suggellossi col sangue degli Sciiti l'amistà della
nuova dinastia e delle pq>olazioni arabiche, ristrette
ormai nelle città ; poiché prima gli Aghlabiti, poscia
i Fatemiti, per córta ragion di Stato, avean battuto e
annichilato i nobili del giund stanziati nei villaggi. *
In molte città i Berberi, in alcune anche gli Aferika,
* Baiàh,[ testo, tomo I, p. 380.
> Si Teggano nel presente volarne il Ub. Ili, cap. II , VI. Coi Fate-
miti vennero d'Oriente a poco a poco 1 partii^ani loro e gli affiliati alla
setta, ai qaali è probabilissimo olle oltre gli ofioii pubblici siano stale con-
cedute pensioni mililari. In AfiQrica gli Sciiti erano ctiiamati ordinariamente
Orientali.
|10I9.<052.| — 362 —
avanzi de' CrìstiaDi dei paese, soggiornavaDo^^on gli
Àrabi/ e già parea che le varie genti e la novella
dinastia si acconciassero a far una naztooe. Già gli
ZIriti, aUiandonata l'antica lor sede dì Asctr neDe
montagne di Titeri, s' eran posti a Mansuria a mezzo
miglio del Eairewàn, o piuttòsto dentro la stessa
capitale arabica, la quale fu poi congiunta da fortifica-
zioni a Mansuria. ' Fiorirono in questo tempo le mani-
fatture e i commerci, condotti da una mano nel Me-
diterraneo con Sicilia, Spagna e altri paesi marittimi;'
dair altra mano con le regioni interne del continente
afiricano. La quale prosperità industriale si potrebbe
d'altronde argomentar dallo smodato lusso della corte
zfrita in feste pubbliche, sposalizii, funerali, doni ai
califi d'Egitto; ed anche dallo sminuito valore, o
vogliasi dire cresciuta copia , dei preziosi metalli.
• »
* Bekri, nelle Notices et Exiraits des MSS., tomo XII, p. 462 e 511.
Si vegga il Uh, I , cap. V, ne) 1« volume , p. 105, nou i*
3 Bekri, Noticu et ExtraiU de$ MSS., tomo XII, p. 472. QoesU ciUà,
altrimenti detta Sabra, fu fondata e prese il primo nome dal califo fate-
mita Mansùr, ciie vi trasferì la corte da Mehdia nel 947. Si vegga ancbeil
Béién, testo, tomo 1, p. 322.
' Sul commercio e industria dell* Aflfrlca propria abbiamo le relazioni
'd*1bn-Hattkal , che viaggiò quivi nieHa seconda metà delX secolo^edi
Bekri che scrisse nel 1067. Il primo dice del commercio di Tripoli col porti
dei Rum (Italia e Grecia); di Tenès ed Orano con la Spagna; di tutta l'Àf-
friea propria con rodente, ove si mandavano scfaiava moUtleéscbiavi ne*
gri , Rum e Scbiavoni, ambra grìgia, e seta; delle manifatture di lana ad
Àgdabia e Tripoli; della pesca del corallo a Tenès, Ceuta e Mersa-Kbarez
[Journal Àsiatique , 111* sèrie, paig.363, seg.)* il aeeondo {jNoiices ei E9traitB
des MSS.t tomo XII) fa menzione, oltre i prodotti ordinarli del suolo , delle
canne da zucchero a Kairew&n, p. 484; del cotone a Usila, p. 515; del-
r indago a San, o Sanab, p. 455; deigeisi coltivati e la seta prodotta a Ka-
bes, p. 463. Ricorda altresì le mani^iUvre 41 paini e tele di Kairev^rào,
Susa, Kafsa, p. 4S8, 505; iUommeiolo dell'.alio di Sfai con la Sicilia e
paesi di Rum,, p. 465; le navi mercantili siciliane e d*t1tre nazioni che In-
gombravano il porto di Metidia , p. 480.
* Il Baidn ci dà minuti ragguagli di questo lusso, ritratli'da Ibn-Re-
— 565 — 11019-4052.)
Attestano i commerci eoa T Affrica eentrale i presenti
mandati a Mansùr dai. principi del Sudan (992) e la
barbarica pompa degli Ztritì che in lor solenni caval-
cate usciàno con elefianti , e giraffe , oltre le belve
indigene dell'Atlante. V .
Né la potenza sembrava minore del fasto nel
regno di Moezz-ibn-Badis, temuto da tutti per mezizo
secolo, com' uomo intraprendente e savio nei consigli
e gagliardo nelle armi. Infine agli ultimi anni, quando
subita rovina lo ridusse quasi al nulla (iOS3), ei fu per
vero il più possente principe musulmano delle re-
gioni bagnate. dal Mediterraneo.' Comprendendo là
comodità: che gli dava il mare ad allargar suo do-
minio, egli il primo dì sua schiatta, provvide a ri-
klk» cronista contemporaneo; il quale spesso allega i detti di mercatanti
sol valore dei corredi Daziali etc. là veggano i particolari nel testo arabico,
tomo 1, p. 249 a 284, anni 373 a 415. Per dame qualche esempio: man^
dati il 373 io presente al califo di Egitto, cavalli» arnesi, e altre robe,
del valsente d' un milione di dinftr ,p. 249 ; il 419, nelle nozze d'una 6gliaola
di Badls, i gioielli, gli arredi, i vasi d*oro e d'argento e le riccbe tende
recali dalla sposa furono stimati mn altro miliODe di dinar, p. 284; nel 406,
in una sconfitta dei Beni-Hamm&d ^ si trovarono addosso a (al prigione
50,000 dlnftr, a tal altro 8,000 ec. Ancorché alcune somme siano esagerate
di eerto, noi serobran tutte. lbn«4f.baldùn, BìUoire de$ Berhères, tomo II,
p. 19, riferisce altri. esempli} tolti da Ibn-Rekik,! quali non si trovano nel
Baidn, ,
' Baién, testo, tomo I, p. 258 e 258,anni 362 e 387, n^l primo dei
quali luoghi sì dice d'una girafl[a mandata dal Sud&p con gli altri doni. Donde
sembra che alla One del deciit» secolo sì tenesse già un commercio diretto
di caravane ira rAfrica proprièa e il Sudan. ibo-Haukal terso la moti dello
stessp secolo paVla <olo dei commercio del Sudan con Segeknessa nello
Stato «tiefuo di^Marocco, la quale fu uccupaAa talvolta dagli Ztriti ma non
rimase in poter loro. L'aiAondava dell'oro, che secondo i tempi ci £1 tanta
maraviglia, veniva forse dal commercio eoi Sudan.
< Si veggano i particolari del regno di Moeu in ibnH9l-Atbtr,an.415,
417 , 427^ 431, MS. €, lomo V, fog. 56 Terso , 59 recto , 69 verso, 74 re-
cto; Jtoidfi/ testo, tomo I, p. 286 e 287; e iba-KhaidOo, BiUeire des Ber»
bères, vers. frane, tomo II, p. 18 a 20.
ji<Md-40»2.| — 364 —
storare il navilio affricano, del quale non si fa motto
da che il califo fatimìta Moezz mutò la sede e portò
via quanto potè in Egitto. Del mille ventitré , Moezz-
ibn-^fiàdis fecea racconciare gli arsenali di Mehdia,
fabbricare attrezzi navali in copia non più vista, co-
struir legni da guerra e bandire V arruolamento dei
marinari:* ed a capo di pochi anni , r armata affiri-»
cana, collegata con la siciliana , combattea contro i
Bizantini nelF Arcipelago ; e il principe zfrìta facea
prova a Insignorirsi della Sicilia. Sventura dei Musul-
mani dell'isola eh' egli ebbe tanto rigoglio quando co-
minciaron tra loro le guerre ^civili, e si trovò povero
e disarmato quando si fece in pezzi lo stato kelbita.
CAPITOLO IX.
Akhal cominciò con lieti auspici!^ Ridotto al-
l' obbedienza qualche castello che se ne fosse spic-
cato agli avvisi della rivoluzione; * avuto da Hàkem il
titolo di TeatJr-ed-dawlà (Sostegno dell'impero), attese
alle faccende pùbbliche ; ristorò la tranquillità e con-
tentezza in casa e la guerra fuori. * Né sol mandava
* Baiati j testo, tomo I, p. 282, anno 414.
s IbD-el-Athlr, Abulfeda e Nowairi» copiando tolti, eom' ò eTidepto,
Dna stessa cronica, scrivono « cbe ubbidirono ad Alibaf tolte le rócche
di Sicilia possedute jdai Masalmani. » Da ci6 argomento cbe alcune nei
principii non gli avessero ubbidito. In questo tempo non era in Sicilia
alcuna terra che non fosse tenuta da Musulmani.
s Ibn-el-Atblr , anno 484, MS. A, tomo IV, fog. i34 recto ; Abnifeda,
ÀnnaUi Motlemici» anno 484, tornò IH, p. 274, seg. ; Novrairi , presso Di
Gregorio, Aemm Àrabitarum,^, 22; i b^-Kbaldùn , Histoire de VÀfirique
et de la Sicile, versione, p. 179.
— 565 — (402a.|
te gualdane ia Terraferma, che sovente capitanò egli
stesso gli eserciti, f^iivoreggiando, com'abbiam detto 7
i ribelli di Paglia. *
Donde Basilio imperatore, uom d'armi, ch'avea
testé rintuzzati in Oriente e Musulmani e Russi e Bul-
gari, pensò, con tutti i suoi sessantott' anni, di recar
la guerra egli stesso in Sicilia. Mandò Innanzi
r eunuco Oreste , fidatissimo ciambellano ed aiutante
di campo, con grosse schiere di sudditi ed ausiliari :
Macedoni, Yallachi, Bulgari, Russi, che solean mili*
tare sotto le insegne bizantine; ' i quali cacciarono i
Siciliani dì ogni luogo che occupavano in Calabria.
Reggio allora fu ristorata per le cure del Catapano
Boioanni, che servisse di stanze d'inverno all'oste,
la quale per passar lo Stretto aspettava altre
forze con l'imperatore' e il navilio con un suo paren-
' Si vegga il capitolo VII de) presente Libro, p. 545, 346.
' Si riscontrino : Cedreno, ediz. di Bonn, tomo Il,p. 479,sotlo l'an.6354
(1025-6) ; Anonimo di Bari, presso Pertz, Seriptore$t tomo V, p. 55, dove
il 1027 senza il menomo dubbio va corretto 1025. Il Cedreno dà il nome e la
misera condizione d'Oreste ; l'Anonimo i nomi delle genti che si notavano
nell'esercito, alle qoali aggiugne i Vandali, che si dee leggere probabile
mente Varangi. 11 nome del capitano vi è detto Ispo ehilonili e peggio in
altre edizioni petpoHu Niem^ etc; ma la giusta lezione è quella di Lupo:
OreHi ehetòniti, ossia Oreste ciambellano (xoctoiy»'nq«). Il titolo di pro-
tospatario, ossia aiutante di campo dell' imperatore, è dato dal Cedreno
a p. 406.
Ci è occorso più volte di notare che accozzaglia di genti diverse
fossero gli eserciti bizantini! Nel comento delle poesie di Motenebbi, un
autore arabo dice che l'eseircito mandato del 343 (854) contro Seif-èd-
dawla delia dinastia di Hamdah, si corapenea dì Armeni, Russi, Slavi «
Bulgari ^e Khòzari. Presso Sacy, Christomathie Arabe, tomo Ui, p. 5,
seconda edizione.
* Si riscontrino : Ibn-el-Atblr, anno 4i 6, (1035-6), MS. A, tomo III,
fog. lOS'verso, pub|)licato da H. deaVergers in nota a Ibn-Khaldùn, Htsioire
de VAfriqneet de la Sieite, p. 180; e Anonimo di Bari, 1. e. Il nome di
Reggio è neir Anonimo. Ibn-el-Atbtr parla della cacciata dei Musulmani
da quelle parti d' Italia e della costruzione delle stanze per l' esercito
|i026] — 3W —
te. ' Si differì poi V impresa per V infermità di Bag-
lio, che di corto ne morì in dicembre del milleventi-
cinque. '
Divulgatosi il pericolo delia Sicilia, Moezz-ibn-
Bàdts profferse, ed Akhal accettò aiuti; poiché ban-
dissi in Affrica la! guerra sacra; alla quale l'am-
bizioso signore agevolmente spingea quelle turbe sì
infocate contro gli eretici. Tanto che li stivò in quat-
trocento barcacce: di gennaio del miileventisei li
avviò alla volta di Sicilia, fidandosi in Dio e neJla
bonaccia. Presso Pantellaria si leva un turbine di
vento, ed ecco a un tratto capovolti e a£fondati i legni ;
campando pochi uomini dal tiaufragio. ' Più efficaci
ausiliari furono ad Akhal la balordaggine di Gostan-
bizantino : il cbe si deve intendere manifestamente di Reggio; e eonfenna
nell* Anonimo la lezione : Et Regium restaurata est a Vulcano eatepano.
Delle varie edizioni di celesta cronica, alcuna ba al contrario che Reggio
fosse distrutta; e sembra ignorante correzione di qualche copista. In gene-
rale son pessimi i MSS. /degli Annali o Anonimo, come cbe voglia chia«
marsi , di Bari. Il nome del Catapano ba le varianti Bulcanoi Bugiano , Ba*-
giano. Baiano, nelle quali si riconosce il Be't'Mtxvyic^é sotto Basilio il
governò felicemenle la provìncia, come narra Cedreno, toma II, p. 546,
parlando d'un suo figliuolo o nipote dell^stesso nome, sconfitto in Puglia
dai Normanni il HMl. Questo Boioannl, trasnuHato in Vulcano, parve ad
alcuni eruditi non uomo ma vukano cba vomitasse lave sopra Reggio ;
della cui distruzione indi accusarono il Vesuvio, eh* è lontano anzi chìrno.
Siteggann avvertimento del Martorana, iVo/tue Storiche dei Saraceni
iStotiiani, voi. ni, p. 2 a 6.
4 Ibn-el-Athlr, 1. e. , dice "il figlluol della sorella dell' imperatore,*
nel che v' ha anacronismo col patrizio StefiiDo mandato il lOBS, o si tratu
di qualche figliuolo di Giovanni Oracolo cbe dovesse capitanare Tarmata
veneziana. Giovanni Orseolo, fratel cognato dell'imperatore Romano Argi*
rio, era morto nel 1006.
* Cedréno, tomo II, p. 479.
' Ibn-el-Athlr, 1. Cr» il quale parla di 400 tofa, che appoigU Arabi
sembra nome generico, ooóae noi diremmo vele. Nondbneno parmi la
stessa voce eattìu e gathu cbe nelle cronache di Pisa é nel Malaiwra
(XI secolo) denou.una sona di navi.
— 367 — [«026-40551
tino ottavo rimaso scAo sul trono a Costantinopoli ,
una dissenterìa che s'apprese in Calabria air esercitò
e la ninna esperienza d' Oreste nel governare la
guerra. I Siciliani, assalitolo improvvisamente, gli
diedero una sanguinosa rotta ; per vendicar la
quale, Rojnano Argino ch'era succeduto a Costan-
tino (novembre 1028) racimolò nell' Eliade e Mace-
donia gue' che. gli pareano i migliori soldati e sì
mandolli in Italia. Ma nulla fecero,* o fuggirono dinanzi
i Musulmani nelle due ricordate battaglie del mille
trentuno.'
S' arrischiaron poi gli Affricani e i Siciliani a lon-
tane scorrerie navali contro Y Impero. Un' armatetta
musulmana, di qual nazione non si sa, dato il guasto
alle costiere d'illirìa, corseggiava infino a Corfù: con-
tro là quale uscito il navilio di Ragusa e il patrizio
Niceforo governatore di Nauplìa, la vinsero; presero
la più parte dei legni, e quei che scamparono fecero
naufragiqne'mari di Sicilia, del milletrentuno in sul fin
della state.' Del trentadue, gli Affricani con grande
sforzo infestavano le costiere ed isole di Grecia^ e il
patrizio Niceforo, superatili anco in battaglia, lor. fé'
cinquecento prigióni. ^ Affricani e Siciliani di maggio
milletrentacinque si spinsero depredando tra le
Cicladi fino alla costiera di Tracia; della quale teme-
rità bastarono a punirli i . governatori di provincia
che mandatine altri cinquecento prigioni a Costan-
* Cedreno , tomo II, p. 496 , 497 , senza data precìsa tra il 6857 e
116539(1029-31).
' Si vegga il Cjip. vai, pag. 346.
'Cedreno, tomo li» p. 499.
Cedreno , tomo II , pc 300.
1403$.) ' — 368 —
tìnopoli, impalarono i rìmanenti lungo la marina
d'Asia, da Adramito a Strobifo. Né T esempio atterrì
tanto i corsari d'Affrica e di Sicilia che nella state
un' altra armatetta loro non tentasse la Licia e
isole vicine : i quali parimenti sconfitti dal navilio
provinciale e presi, furono mazzerati, fuorché una
terza frotta di> cinquecento che portò testimonianza
di vittoria alla capitale. In questo mezzo la corte
bizantina avea mandato all' emir di Sicilia un Gior-
gio Probatp, a trattar la pace».' o piuttosto a pit-
targli un laccio al collo. Altro oratore greco andava
appo MoezzHlbn-Bàdis con ricchi presenti di sete,
arnesi e rarità. *
Akhal s' era messo per un mal terreno, eh' ane-
lando d'uscirne prese la scorciatoia al precipizio.
Narrano gli annali com' egli stando in su le armi
in terra di nimici, sovente lasciasse il reggimento
dell' isola al figliuolo per laome Gia'far, eh' era l'op-
posto di lui: né giusto né umano coi sudditi. E
senza appicco, voltando pagina, leggiamo che Akhal,
assembrati l Siciliani, dice volerli sgravare degli Af-
fricani partecipanti di lor. paesi e poderi; ' esser di-
sposto a cacciar quegli intrusi, A che i Siciliani rispon-
deano non potersi, quando gli Affricani s'erano im-
parentati con esso loro e commiste le due genti e di-
' ■ '
' Cedrenó, tomo II, p. 513 e 514, H qu^le scrive la daU di maggio 6543,
per la scorrerìa di Tracia, poi accenna l'ambasceria di Giorgio Probaio
ed altri dtily^e tra gli iiUimi avvenimenti dell'anno la scorreria. di Licia
cbe torna cosi all' agosto.
^.Baidn, testo, tomo I, pag. 286, anno 496 (15 novembre 1034a5
novembre 1035).
' Questa nltima paroU si grave è nel sole Nowairi. Ibn-el-Atblr non
la dà.
— 369 — [losi-ioss.i
venute tutf una. L'emiro li accomiatò. Chiamati a sé
gli Affricani, proponea Io stesso pat*tito contro i Si-
ciliani: ed assentirono. Indi Akhal a favorire gli Affri-
cani : se li messe attorno ; francò lor poderi e levò il
Kharàg da que' soli dei Siciliani. ^ Tra cotesti cenni
vaghi, disparati ed a prima vista contraddittorìi, dob-
biamo discemere il fatto che scompigliò e capovolse
la Sicilia musulmana.
Ne' ricordi dei due primi secoli dell' egira i giund
prendono nóme ordinariamente dal paese ove sog-
giornano : i Sirii, gli Egiziani, i Khorassaniti che pas-
sano di tratto in tratto in Affrica e Spagna, son le
milizie arabiche di Siria, Egitto e Khorassan, mesco-
lati coi proprii liberti delle schiatte vinte. Si poteano
chiamar dunque Siòiliani, verso il mille, i discendenti
dai primi conquistatori arabi del paese ; ed Affricani
i figliuoli dei soprawBuuti quando cadde la dinastia
aghlabita (91 0), quando s'innalzò la kelbita(948) inflno
a quei che testé avea caccialo d'Affrica (1 004-1 01 9) la
fame e la persecuzione religiosa. Ma cimentando tal sup-
posto con le condizioni che dà la cronica, in parte vi
si adatterebbero e in parte nb. Starebbe bene a dire
gli Affricani partecipanti del paese, cioè degli oficii
pubblici e stipendi! militari; si potrebbe ammettere,
in significato più largo, la partecipazione loro nella
proprietà territoriale;' ma sarebbe duro a credere che
< Ibn-el-Atbtr, anno 484» MS. A, tòmo IV, fog. 134 recto, e Nowairi
presso Di Gregorio , Rerum Arabiearum , p. 2Ì , trascrivono entrambi
qnesto, come par manifestamente, squarcio di cronica. La sola variante
che rilevi è la voce " possessioni " aggiunta da NoWairi |iel laogo che notai.
AbolCeda, inna^ lfos/6mief, 484, tomo UI, p. 276, e lbn-Kha1dùn,ff»(otr6
de VÀfriqut et de la Siclle, versione, p. 179, accennano appena il successo.
' Cioè che si fossero concedute anche a loro le terre da dividersi ai
II. 24
H03I-4055.I — 370 —
poche famiglie di rifaggi ti e di avventurieri fossero
cresciute a tal numero che Akhal vi potesse far as-
segnamento contro r antica nobiltà e il popolo musul-
mano deir i^ola. Inverosimile parmi che un principe
arabo di nobil sangue abbassasse alla condizione di
ra'ia, o plebe, il fior della nobiltà, cancellandoli dal
giund: che a questo torna la voce "cacciare • adope-
rata nel testo, non a cacciar dal paese. Inverosimile
ch'ei levasse il khardg su i poderi delF antica nobiltà
e condonasselo alla nuova : ingiustizia da non venire
in mente a tiranno musulmano. Ma intendendo, all'uso
nostrale, Siciliani la progenie degli antichi abitatori
educata neir islamismo, ed Affricani la progenie del
giund d'Affrica trapiantato neir isola in varii tempi, i
nomi convengono alle origini e si decifera bene il testo.
Akhal volendo stigare i Siciliani, ricorda loro che gli
intrusi godonsi in parte il retaggio degli avi; e quan-
combattenU e il dritto di occupare le terre incqlte; soli modi di conces*
Sion di terre leciti ad un principe mosolmano. Ma questi non poteano aver
luogo 0 erano rarissimi nel X secolo, quando vennero le nuove famìglie
d'Affrica; perchè il conquisto era fatto, e le terre prese nella costiera
orientale che allora fu occupata, si tennero in fei, cioè demanio pubblico»
per espressa testimoniauEa degli annali.
Non mi valgo del significato tecnico che potrebbe darsi al verbo,
spereh, adoperato qui alla terza forma, il quale denoterebbe, non che
* partecipazione,* ma "^promisciiità. * Il professor Dozy, nelle sue sagaci
investigazioni su la Spagna Musulmana , ha notato che nella prima costi-
tuzione della proprietà territoriale verso il 719, i conquistatori si posero
nelle terre dei vinti lasciandole loro a coltivare, e si chiamarono gli uni
e gli altri scerift, ossia "comproprietario.* Si vegga il Baiàn, tomo 11,
p. i6) nel glossarlo. Applicato quest' esempio al nostro caso, tronche-
rebbe ogni dubbio; e "i Siciliani' sarebbero i vinti , ai quali i vincitori
avrebbero preso una porzione di terre, come in Italia si tolse "la parie
dei Barbari. ' Ma su questo solo argomento non si può affermare un ordine
così contrario alla legge e pratica dei Musulmani; il quale in Spagna fu
eccezione, se pur non va interpretato altrimenti che il faccia il dotto pro-
fessore di Leyde.
■— 371 — [1034-1053.1
d' ei passa dalle arti oratorie ai fotti, distingue le pro-
prietà ' degli udì e degli altri : lascia o rende immuni
quelle dei vincitori, aggrava quella dei vinti, con una
rivendicazione di dritti fiscali, alla quale non avevan
che rispondere i giuristi della scuola di Màlek. ' Si
ritrova in Sicilia così la generazione d'uomini che
non potea mancarvi ; quella che in Spagna si chiamò
dei MowaUed ed aiutò alla dissoluzione del califeto; *
quella che a capo di dieci anni da questa novazione
d'Akhal occupò lo stato nella Sicilia centrale; gli
'^ uòmini ignobili," come li chiaman allora le croniche/
Veramente la divisione di Affricani e Siciliani, toma a
vincitori*e vinti, a nobili e popolo: come in ogni paese
' Àmlàk plurale di tnilk e di molh* Tra queste due Yoef , derivate
entrambe dalla stessa radice , si è preteso adesso porre una distinzione
pToveaiente daUMdea di alcuni orientalisti francesi» cbe il dritto musul-
mano non ammetta vera proprietà fuorché nel principe, e ebeai privati,
0 almeno alla più parte, non dia altro cbe il possesso. La quale distin-
zione è giusta, ma applicata troppo facilmente e largamente; come accen-
nai nel Liib. III»cap. I, p. 13 seg., del presente volume. Quanto alla diversa
denominazione, mi pare arbitraria, ovvero nata di recente in Turchia, che
non è la Toscana degli Arabi , né il modello del dritto pubblico. I pubbli*
cisti arabi del decimo secolo non fanno differenza nella denominazione; e
Mawerdi , il quale sapea la lingua e il dritto , non distingue altrimenti i
due modi di possesso che chiamando " proprietà della repubblica nmsuK
mana" quella delle terre il cui possessore fatto musulmano debba pagare
tuttavia il khardg, e * proprietà d'infedeli* quella delle terre che tornano
decimali, ossia libere di iUk4ird(f, se pervenute, In man di Hnsulmani. Dun-
que la voce amìdh ci lascia al punto donde movemmo.
' Akhal potea pretendere di rivendicare un dritto usurpate ; cioè
sostenere che al conquisto quelle terre fossero state appropriate alla re*
pubblica musulmana e lasciate ai Cristiani sotto censo, e che poi, divenuti
musulmani i possessori, per abuso fosse stato rimesso loro il khardg, e
levata la sola decima legale.
' Si veggano le belle osservazioni del Dozy, nella Introduzione al
Baión, § t , p. 6. MowaLléd significa propriamente "nato in casa* e indi
* arabo di sangue misto * nato di padre arabo e madre straniera , o di ma-
dire libera e padre* schiavo. Indi la vece nostra Ifiilofto.
* Si vegga il capitelo XllI del presente Libro.
[1054-4055.1 — 372 ^
conquistato, mescolandosi la schiatta, ne avanza la
distinzione di classi : in Italia, gli Italiani fatti popolo
e i Longobardi nobiltà ; in Francia, i Galli e i Franchi ;
in Inghilterra, i Sassoni e i Normanni. Non ho par-
lato del supposto che Siciliani fossero gli Arabi , ed
Affricani i Berberi, perchè sarebbe mollo alieno dal-
l' uso del linguaggio e dai fatti della storia, i quali ci
mostrano ridotta al nulla la schiatta berbera in^ Si-
cilia* *
La nobiltà era scemata e fiaccata, come in ogni
altro stato musulmano, per la lotta contro il princi-
pato. Dopo gli Aghlabili e i primi Fa temiti, le die
duro crollo (948) Hasan-ibn-Ali, il Kelbita ; il figliuolo
Ahmed ne accarezzò «d imbrigliò li avanzi (966); e
l'altro figliuolo Abu-1-Kàsim li trasse seco al marti-
rio sul campo di Stilo (982). Talché i nobili per loro
virtù nelle guerre d' independenza e di religione, per
loro vizii nei tumulti dell' oligarchia , avean perduto
il sangue vitale, mal supplendolo le famiglie che ve-
rnano d'Affrica : menomati di numero e facoltà, co-
minciarono fors' anco a tediarsi della guerra quando
i Kelbiti premossero le lettere, le cortesie e il viver
lieto.
Intanto, corsi due secoli dal conquisto, era venuto
su il popolo, ò cittadinanza che dir si voglia. Da una
mano i Musulmani mercatanti e artigiani che passa-
vano d'Affrica in Sicilia e raggranellavano danari con
la industria ; dall' altra mano, assai maggior numero,
' Non occorre avvertire che cotesti nomi non hanno che fare con
quelli simili che dà il Gedreno ai corsari dei dae stati Zìrita d' Affrica e
Kelbita di Sicilia, i quali andavano a infestare i domini! bizantini di Le-
vante.
— 373 — [1051-4035.1
ì Cristiani del paese, proprietarii ed affiUaiuoli delle
terre che si voltavano air islamismo ; i liberti dì case
nobili, che convertiti s'avviavano agli ofioii pubblici
ed alla milizia; i figliuoli degli uni e degli altri, spe*
sati negli studii legali e fatti notabili per sacro dritto
della scienza, componeano tal classe che per numero
vmcea di gran lunga la nobiltà, né avea da invi-
diarle gli avvantaggi della ricchezza né delF intellet-
to ; le si accomunava negli oficii dello stato e la su-
perava nei consigli municipali. La cittadinanza di Pa-
lermo comparisce adulta fin dalla metà del decimo
secolo , quando favorì Hasan contro i nobili; e la plebe,
come avvien sempre, abbandonò i nobili e seguì i
popolani grassi. Nelle città minori doveano interve-
nire i medesimi effetti, col divario che portava il mi-
nor numero dei popolani oriundi d'Affrica. I villaggi,
sede della popolazione rurale, eran tenuti dai pro-
prietarii minori d' origine siciliana, con poca o niuna
mescolanza di nobili. La nobiltà prevalea solo nella
costiera orientale, occupata di recente, la quale es-
sendo abitata tuttavia da Cristiani,^ le classi inferiori
non entravano nella repubblica musulmana. Nel rima-
nente dell'isola la cittadinanza, favorita èa qui dai
principi kelbiti, si sentia più forte de' nobili. Pur Fin-
vidia non avea partorito per anco guerra civile. S'era
dimenticato l'infausto vocabolo dopo spenti i Berberi:
quando si pigliavano le armi in piazza l' era per ca-
var la bizzarria ad un ministro o un emiro.
< Tn fatti nelle rìToluzioni del 1042, la Sicilia orientale restò ai no-
bili, la centrale ed occidentale ai popolani , come si vedrà nel capitolo XII
di questo Libro.
|I054.I03S>| — 574 —
Ma il prìncipato, per necessità o cupidigia, accese
la discordia. Le milizie siciliane er^no scemate con
la nobiltà; cacciati i mercenarii (4015) non rimanea
ninno a difendere la reggia (101 9), e pochi a difender
Io stato. Akhal vi pose mente, riscosso dal pericolo
degli assalti bizantini e degli aiuti di Moezz (1 0SI5) ;
fors' anca gli piacea , com' uomo di guerra eh' ei si
mostrò in Calabria, di tirarsi dietro più grosso eser-
cito, e imitare, la virtii dei primi Kelbiti» Ma nelle pre-
senti condizioni, Y esercito non si potea rifornire che
di mercenarii ; le entrate dei poderi demaniali non
bastavano alla spésa, o egli le volea serbare alla cor-
te; e aggravare il kharàg non osava, dopo l'esempio
del fratello. Altro m^do non avea dunque che dividere
i sudditi, i quali uniti avean cacciato GiaYar; trarre
a sé una parte, e con lo aiuto di quella strappar il
danaro dalla borsa delF altra. Le parti eran fatte; la
scella non dubbia tra nobili e popolani : gli uni sde-
gnosi della gente nuova, correvoli ai sorrisi di corte,
ordinati ed usi a milizia; gli altri intesi a loro indu-
strie, senza storia né legame di casati; e, come, piti
erano, più potean pagare. Akhal parlò airorecchio agli
uni ed agli altri per tastarli e aizzarli , prima di ve-
nirne alla commedia delle adunanze. Fermato bene
F intento, colta T occasione della guerra in Calabria o
di qualche lagnanza contro il proprio figliuolo, con-
vocò i notabili siciliani ; espose il bisogno dello stato;
lor die r eletta tra un partito impossiUle e uno spia-
cevole : fornir essi la gente air esercito o la moneta.
Quando ricusarono Tuno e T altro, ei compì il dise-
gno, assentito già certamente dai nobili. Bandisce
— 575 — II05I-I055.1
che i Siciliani abbiano a pagare il kharàg ossia,
com' ei pare, la doppia decima invece del dazio fisso:
leva il danaro col braccio forte dei nobili e dei mer-
cemarii che allora accozzò, chiamali in Palermo, stan-
ziati nella Khalesa ed altri luoghi opportuni. Co^ì mi
par da delineare il colpo di stato di Akbal, che va
messo tra il mille trentuno e il mille trentacinqne ;
perchè innanzi il trentuno si combattes^ tuttavia in
Calabria, e gli scrittori bizantini ^ accennano in sa lo
scorcio del sei mille cinquecenquarantatrè (1 settem-
bre 1034 a 31 agosto 103S) il princìpio della guerra
civile in Sicilia ; gli scrittori arabici pongono nel
quattrocento venzette (4 novembre 1 035 a 23 otto-
bre 1 036) la reazione degli oppressi. *
Il biasimo ricadrebbe sopra Akhal, se i demd-
nii bastavano alla ristorazione dell' esercito; e,^e
no, andrebbe divìso tra i Siciliani, che ricusavano
il bisognevole, e l'emiro che sei prendea con astu-
^ Gedrena, tomo H, p. 514.
s IbD-el-Alhtr e Nowairi^, Abulfeda e Ibu-KhaldOiB, 11. ee.
Non ho bisogno di avvertire cbe sa questa novazione d' Akbal,
principio della rovina delia Sicilia masulmana , bò tenuto presente il con-
cetto del Martorana, tomo I, cap. IV, p. 198, seg., al quale si conformò il
Wenrich , Lib. i, cap. XVf , § CXL. Ma ben altra mi è parsa 1* indole gene-
rale, altri i particolari del fatto; della quale interpretazione ho spiegato
largamente le ragioni.
11 Martorana e con lui il Wenrich non so perchè riferiscano ad
Hasan-ibn-Iùsuf , soprannominalo SifMàm-eMiawla , la pace con V im-
pero bizantino che seguì in principio della guerra civile, e che però fu sti-
polata di certo da Akhal. In vero il Gedreno , che ne fa parola , dà ali' emhro
di Sicih'a il nome di Apolafar Mucbumet 11 quale non risponde né al
soprannome Akhal, né al nome proprio Abmed. Ma Apolafar sembra alt^
razione d*Abu-Gìa'far (si vegga il Gap. VU del presente Lib., p.S45);ein
ogni modo la data del Gedreno è sì precisa da non lasciar luogo a dubbio.
La Vita di San Filareto, presso Gaetani, Sanctorum Skulorum, tomo 11,
p. 114, seg., e presso i BoilandisU, 1« aprile, p. 605, seg., conferma piena-
mente così fatto sincronismo.
(4055 ) — 376 —
zia e violenza, non iscusate dallo SQopoi Jia tn
questa, come in cento altre vicende di maggior mo-
mento e più note e più vicine, la storia non arriva a
cogliere in flagrante il primo colpevole. Prim^i a pren-
dere le armi furono i Siciliani; dei quali par siasi
fatto oapó un Abu-Hafs, * fratello dAkhal, impaziente
di torgli il regno, sì come Tavea tentato T altro fratello
Ali, contro GiaYar e lo stesso Akhal, fattolo volontaria-
mente o no: che i figli del buon lùsuf rassomiglian forte
agli Atridi. Primo a chiedere aiuti stranieri sembra
sia stato r emiro ; appo il quale venuto a trattar la
pace, dopo il maggio mille trentacinque, Giorgio Pro-
bata , ''sì destramente condusse il negozio , " scrivono
i Bizantini, ch'ei tornò a Costantinopoli col figliuol
deir emiro : ed avanti la fine d' agosto la pace era
fermata; Akhal avea accettato dalF impero il titol di
Maestro; e, sendo combattuto e incalzato da Abu-
Hafs, avea chiesto aiuti al novello padrone, il quale
s' apprestava a mandargli Maniaco con un esercito. *
Maestro era dignità di corte maggiore del Patrizio ed
anco gradò militare, come diremmo noi Maresciallo:'
onde veggiamo intitolarsi Maestri dei militi i dachi di
Napoli e alcun doge di Venezia, * capi di stati che
dipendean di nome dalla corte bizantina; e veggiam
' 'Attox^'I' è trascrizione esattissima nel modo cbe usavano i Greci.
Con le n^edesime lettere diedero il nome di Àbu-Ha& (Òmar-ibo-Scio'aib)
conquistatordi Creta. Si vegga ìlLib.l,cfip.VI, voi. 1, p.'161 il Rampoldi,
cbe non badava a queste minuzie, trascrisse Abu-Kaab, e cosi r ^an ripe-
tuto il Martorana e il Wenricb..;
' Cedreno , tomo II, p. $13, 514.
' Ducang^, Glossario greco, alla voce Mayt<rrsp, e (r/oss. LaL, 2eediz.
alle voci Magister nUlitum e Magister offleiorum.
* Ducange, op. cit., Magister militum.
— 377 — II05IM037.1
dato da queUa onor di patrìzia or a dogi, amici or a
principi longobardi che si piegavano a lei. ^ Però il
titolo di Akhal non era vana parola. Marchio di
vassallaggio ; vergogna a Kelbita ed a Musalmano ;
ottimo pretesto ai sudditi disaffetti, ad un fratello
ambizioso e ad un potente vicino.
Le quali pratiche di Akhal e qualche successo
della guerra civile sospinsero i ribelli ad imitarlo.
Dopo il quattro novembre milletrentacinque, andavano
a Moezz-ibn-Bàdìs messaggi dei Siciliani a profferir-
gli r isola , s' ei liberassela dagli insopportabili soprusi
d' Akhal; e se no, minacciavano di darsi, come uomini
disperati, all'impero bizantino. E Moezz mandò loro
il figliuolo Abd-Allah, con tremila cavalli e tremila
fanti. Il quale in lunga guerra più volte si scontrò
con l'emiro, ed aveane Favvantaggio' con l'aiuto della
parte siciliana e di Abu-Hafs, quando Leone Opo man-
dato (1034) a capitanare l'esercito d'Italia in luogo
d'Oreste, passò il Faro, l'anno milletrentasette, solle-
citato da Akhal, che avea l'acqua alla gola. Leone gli
fé largo; ruppe le genti di Moezz : poi temette, o il
disse, che i perfidi Musulmani si rappattumassero tra
loro per tagliare a pezzi l' esercito battezzato ; e tor-
nossene in Calabria,^ senz' altro frutto che di liberare
quindicimila Cristiani prigioni, o piuttosto abitatori
^ Per esempio, il titolo ()i patrìzio fu dato il 788 ad Arigiso prìncipe
di Benevento; il 916, aldaca di Napoli e al prìncipe di Salerno; 11999, a
Giovanni figliuolo e socio in oficio di Pietro Òrseolo doge di Venezia.
3 Si confrontino le due narrazioni arabica e greca , la prima delle
quali si legge in Ibn-el-Atbir , Abulfeds^, Nowatri e Ibn-Khaldùn e r. altra
in Cedreno, 11. ce. Il fatto è senza ombra di dubbio lo stessor poiché Ge-
dreno dice cbe restando vincitore Apolofar, T altro fratello chiamò in aiuto
Temir degli emiri d' Affrica, sUpolando di dargli parte dell'isola.
II05T-I038.1 — 578 —
di Sicilia cacciati dalla paura di qaeir atroce guerra
civile. ^ Allora prevalsero le armi di Moezz e de' par-
tigiani.* Akhal non ebbe altro rifugio che le mura
della Khftlesa, dove fu assediato e alfine ucciso. Per-
chè, fatta sperienza per due anni del rimedio attos-
sicato che sono in guerra civile cotesti aiuti stranieri,
Tuniversale dei Musulmani di Sicilia già se ne tediava,
già accennava di voler liberare Akhal : quando i prin-
cipali della rivoluzione li prevennero ; fecero assas-
sinare r emiro nella sua propria fortezza , e presen-
taron la testa ad Abd-Allah figliuolo di Moezz. '
Abd-Allah era rimase come padrone della capitale
e di tutta isola, quando gli piombò addosso Maniaco.
< Cedreno, tomo 11, p 503, 516, 5i7, nelF anno 6545 (1» sett. 1036 a 31
agosto 1057), Il quale dice i 15,000 prigioni romani, ossia biianUul, O si
dee togliere un zero, o supporli vassalli cristiaoi di Sicilia.
* Si confroDtino Cedreno, e gli annalisti arabi, II. ce. .
> Si confrontino : Ibn-el-Athtr, Abulfeda, Nowairi, é Ibn-Kiialdùn, e il
cenno d*Hagi-Kbalfa, anno 427, cb'è mal reso nella versione del Carli, p. 70.
Ibn-Kbaldùn, op. e, p. 180, della versione francese, guasta fatti e date,
aggingne nomi e cambia cifre. Un errore, comMo lo credo, del MS. di
Parigi ba portato poi M. Des Vergers a tradarre : " et citèrent en leur pré-
sence Témir El-Akbal, qui fut décapfté par leur ordre; " in vece di : "ed
assediarono il loro emira Akbal, H quale poi fu ucciso." La YUa di Sun
Filareta, dianzi citata , della quale abbiam la sola versione latina, dice che
Michele Paflagone mandò Tesercito da Sicilia c(ufii ab ^tu provincia^ Toparea,
tum a Sioulis nonnuUis «epe rogatus; t e porta il fa^to come gli Arabi:
e Interim vero Barbarorum tyrannus, eo qui in Sicilia dominabatur per
dolam sublato, bona illius omnia depredattts et ifi regnum qnod ille admi-
niatrabat invadens, nemine omnino obtisténte , Panarmi totiwque Sicilie^
potitur; t e poi narra V impresa di Maniaco. La voce Toparea, come ognun
vede, è generica e bene appropriata secondo il linguaggio greco a desi-
gnare un prìncipe di picciolo stato.
* Nilo Monaco, Vita di San Filareto il giovane, presso Gaetanl, Saneto-
rum Siculorunì, tomo II, p. 114. 11 biografo intese i fatti da San Filareto <
che in questo tempo avea 17 o 18 anni e mori di 50. La quale testimo-
nianza non ebbe sotto gli occhi il Martorana né il Wenrich ; e toglie ogni
dubbio sul sincronismo delle due serie di fatti riferite 1* una dagli Arabi
e r altra da Cedreno. Notai sopra come fossero certe d'altronde le date
della prima chiamata dei due stranieri cioè Bizantini e Ztrìti. Adesso
— 379 — 140581
CAPITOLO X.
L' qUimo e iqeii tristo sforzo dell- impero greco
sopra la Sicilia, fa ordinato da un frate eunuco, per
nome Giovanni, il quale pervenuto era al comando per
magagna senza esempio : .messo innanzi un garzo-
naccio fratel suo, che se ne invaghisse Zoe, vicina
ai cinquant' anni ; fattole avvelenare Romano Argirio,
e, mentre spirava, gridar imperatore il drudo, spo-
sarlo la dimane dinanzi il patriarca di Costantinopoli
che benedisse le nozze. Michele Paflagone , salito al
tremo per tal via, mezzo scimunito e mezzo pentito,
dava il nome ; Zoe stava come prigione , e Giovanni
reggea lo stato con fortezza; diligenza ed astuzia.
Ritratto lo scompiglio ch'era in Sicilia, il monaco mi-
nistro adescò Akhal ; deliberò Y impresa ; ne fé' capi-
tano Giorgio Maniace, il quale nelle guerre di Siria
avea dato prove (4 030, 1 034) di grandissimo valore
e pronto consiglio. Ma Giovanni, tra nipotismo e dif-
fidenza, prepose al navilio uno Stefano, marito della
sorella, nò uom di mare, né di guerra, né di alcuna
virtù. Chiamato Maniace dai confini deHY Armenia, *
passaron due anni tra andirivieni e preparamenti e
agghingo che va cancellata, come raddoppiamento di raecooto» la chia-
mata dei Bizantini per Simsàm-ed-Dawla e la seconda degli Ziriti per Aba-
Kaab ; & cbe 1* emirato di Simsftm va messo , non prima , m^ dopo la guerra
di Maniace. 11 Martorana fa tratto in errore nn po' da Rampoldi; e il Wen-
rich al tutto da Mariorana, Raropoldl, anni 1035 e 1036, avea mescolato
e alteralo come in sogno d* infermo i racconti di Nowairi e di Gedreao e
aggiuntivi fatti di capo suo.
* Cedreno , toibo U, p. 491, 500, 504, seg*^ 513, 514.
[4038.1 — 580 —
ridarre a disciplina, quanto si potesse, il nuovo eser-
cito. II quale ridondò al solilo di stranieri : Russi , *
Scandinavi, ' Italiani di Puglia e Calabria e con essi
una compagnia di ventura, di qualche cinquecento
cavalli, mescolati Italiani e Normanni, la quale s'era
condotta ai soldi del principe di Salerno e recayagli
or comodo ed or molestia, si eh' ei volentieri la die
in prestito a Maniaco. '
Le gesta dei guerrieri scandinavi del Baltico e
di lor colonia di Normandia, ci sono pervenute per
due maniere di tradizione inoUa d} verge. Gli Scaldi di
Norvegia e d' Islanda, in lor %Qqht non raccomandate
alla scrittura innanzi il duodecimo secolo, racconta-
vano le vicende di casa loro in guisa da raffigurarsi
la cronica in mezzo al rustico fogliame rettorìco; ma,
quanto ai fasti di lor gante in paesi lontani, ne pren-
4 Gli Annolei Barenses, presso Pertz, Scriptores, tomo V, p. 54,
anno 1041, dicono di sobiere rosse tornate in Pogila dalla impresa di
Siidlia.
* I Varangi, famosi pretoriani della corte bizantina dal X secolo in
poi, erano venturieri di schiatta scandinava che capitavano a Costantinopoli
per la via di Russia. La venuta loro a questa impresa si ricava da altre
autorità che quella citala nella nota precedente, la quale accenna forse
ad ausiliari sudditi dei principi russi. Su i Varangi si vegga Gibson,
Decline and Fallf cap. LV-, con le aggiunte del Hilman, ed una nota di
Samuele Laing, nella versione deW Heimskringla di Snorro Sturleson,
tomo ni, p. 4. Il nome, derivato dalle voci scandinave TKeftr, vaer, o Ware,
è tradotto dal Laing " the defenders. "
'Si confrontino Amato, L'Yslotre de HNormanl', lib. II, cap^ Vili,
p. 38, Malaterra; lib. I, cap. Vii; Guglielmo di Puglia, lib. I, Pkbt Um-
bardorum Gallii admixta quibusdam ec; Cronica di ^Roberto Guiscardo
presso il Caruso , Bibliotheea SieiUa, p. 830, presso il Muratori, Rerum léa^
liearum Scriptores, tomoV,e nella versione francese, lib. I, cap. iV, p. 966,
del volume stesso di Amato, li Cedrone, tomo II, p. 545, dice circa 500
i Normanni e Ìor condottiero Ardoino. Secondo Amato, e Leone d'Ostia,
eran 300, capitanati da Guglielmo di Hauteville. All' incontro Guglielmo di
Puglia, come s'è veduto, attestaci^ ve ne fosse picciol nomerò nella
compagnia , e mi pare il più verosimile.
— 381 — [^058.|
deano il tema e lo foggiavano in romanzo poco o
punto storico. Sbrigliavansi tanto più neir immagi-
nare, quanto le saghe, dettate nel proprio idioma,
si recitavano per diletto delle brigate e vi s' incastra-
van qua e là frammenti ritmici. I cronisti norman-
ni, all'incontro, cresciuti in Francia sotto il giogo
della letteratura latina, favoleggiavano con minore
licenza entro que' che parean limiti conceduti dalla
storia classica; se non che il romanzo francese di
cavalleria, teste venuto in- voga, li allettava ad ag-
giugnere qualche bel colpo di lancia. Tennero lo
stesso metro i monaci italiani che vissero sotto i
princìpi normanni; sì per mal vezzo e adulazione,
e sì per non avere il più delle volte altri testimonii
che quei principi e que' guerrieri: massimamente
nelle prime imprese di ventura in Italia, scritte setT
tanta o novanta anni dopo, su ricordi orali passati
per due generazioni. Però è da far tara diversa alle
tradizioni scandinave, ed alle normanne. Ed a ciò
avremo riguardo or che ci occorrono per la prima
volta le autorità settentrionali; studiandoci a cavarne
il vero e addentellarìo nei ricordi greci e latini.
Giorgio Maniaco e il patrizio Michele Doceano
soprannominato "^il Fusaiolo," * eh' avea dato lo scam-
bio a Leone Opo, ragunate le genti a Reggio, pas-
savano il Faro r anno mille trentotto. ' Narrano gli
scrittori di parte nprmanna come V esercito posto a
* ifóySiy^oi, ì\ verlicillum dei Latini.
' SI confrontino : Lupo Protospatario presso Pertz, Scriptores, tomo V,
p. 58, anno 1038; Cedreno, tomo II, p. 520, anno 6546, VI* indizione (t 037-58),
Croniaa di Roberto Guiscardo, 11. ce; Nilo Monaco, Vila di San Filareto,
presso il Gaetani, Sanctorum Siculorum, tomo 11, p. 115, e presso 1 BoUan-
disti , 6 aprile, p. 608.
[4058.1 — 582 —
terra non lungi da Messina , lentamente marciò in
ordinanza vèr la città; donde impetuosi uscirono i
Musulmani, nulla curando il numero dei nemici. Allo
scontro balenavano i Greci, quando Guglielmo di
Hauteville soprannominato Braccio di ferro, condot-
tiero d'uno squadrone normanno, confortati i suoi con
maschie parole, fece sonar la carica : e spronano stretti
a schiera, spezzano i nemici^ li volgono in fuga, li
inseguono fino ai ripari ; altri aggiugne che occupas-
sero una porta. La città tantosto s^ arrese a Maniaco/
Ma questa fazione, nella quale non abbiam cagione di
ricusare la virtù normanna, sembra mero combatti-
mento di vanguardia^ I Musulmani in lor guerre di
Sicilia non fecero mai assegnamento sopra Messina ,
città cristiana ; né mai T aCTorzarono; né tennervi pre-
sidio di momento.
Il nodo della guerra era a Rametta, dove soprac-
corso, com' e' pare, il grosso dell' esercito affricano,
stava in sul collo a Maniaco da vietargli di dare un
passo nell' isola. Ond' egli andatili a trovare tra lor
gole e prècipizii , lor mostrò sé non essere Manuele
Foca, né alcun sito potérsi dir forte senza la virtù degli
uomini. Ruppeli con tanta strage che gli annalisti v'ap-
piccicano r antica metafora del campo dilagato dai
rivi del sangue. ' Pur la vittoria poco approdò , difen-
Si confrontino: Andato, Malaterra, e Cronica di Roberto Guiscardo,
i quali non sono d'accordo nei particolari. 11 primo non dà né anco il
nome di Messina, ma dice solo: "et ont combatu à la cité et ontyainchat
lo cbastel deli Sarrazin;* ma per ci7é par voglia significare Siracasa. Ma-
làterra non h cenno della porta occupata. Cedreno non dice né punto né
poco di questo combattimento. '
' Cedreno, tomo H, p. 520, il quale dà ai Cartaginesi S0,O0O uomini
e dice espressamente seguita la battaglia xarà toc >cyó/Aeva 'p«iaara.
Questo nome risponde al Rimetta, Rimecta eie. dei diplomi dell* XI e XII
— 385 — l^ 038.1
dendosi ostinatamente gli Arabi Siciliani in lorcittadi
e castella ; sì che Maniace non ne occupò più di tredici
in due anni. ' Della qual guerra spicciolata, non ci
avanzano ricordi storici; ma dette argomento lì su le
rive del Baltico a millanterie di veterani, invenzioni di
scaldi e aggiunte dì chi venne dopo. Dico dell' Eneide
a lor modo che intesson le saghe con le imprese gio-
vaniii di Aroldo il Severo che poi fu re dì Norvegia.
Rimondata delle fovole, la tradizione toma a questo:
che Aroldo capitanò la squadra dei Yarangi nelF eser-
cito di Maniace ; che a lungo combattè in Sicilia con-
tro Arabi del paese e Berberi; che andò in nave
a qualche fazione su la costiera , che prese qualche
terra per ìmpeto d' armi e strsltagemmi ; e sopratutto
che fece fardello di ricco bottino, mandollo a ser-
bare a corte di Russia e di lì portosselo a casa. E
forse ne rimane qualche briciolo ne' musei di Copen-
hagen, Cristiania e Pietroburgo, tra le monete mu-
sulmane d'oro trovate intorno it Baltico, avanzo dei
peculìt che raccoglieano quegli svizzeri dell' impero
bizantino.*
seòolo e aUa Rimèie di cai parla VYstoire de li Nùrmant , llb. V, cap. XX,
nelle prime imprese del conte Ruggiero. Il aito e i ricordi delle guerre
precedenti fanno comprendere che gli Affricani abbiano amato a decider
la sorte delle armi a Rametta più tosto che a Messina. Si spiega con pari
agevolezza il silenzio di Cedreno sul combattimento di Messina, e dei cro-
nisti normanni su la battaglia di Rametta; poiché il primo seriveà delle
giornate campali, senza partfcolareggiare le fazioni minori; e i secondi
seri Teano de' trofei di lor gente, senza curarsi del resto, o trascurandolo
a bella posta. In ogni modo i due combattimenti son distinti.
* Cedreno , I. e. .
' Debbo alla cortesia del sigpor P. P. Broch, erudito orientalista di
Cristiania, la cognizione di questa impresa di Aroldo il Severo, e di quelle
sorgenti che io ho potuto studiare, come tradotte in Ialino o in inglese. Il
professore P. A. Muncb , autore d' una Storia di Norvegia dettata nell' idio-
H058-l(»9.1 — 384 -
A luogo si travagliò Tassedio di Siracusa, del
quale ci si narra il solo episodio che un condottièro
ma nazionale, mi ha poi favorito qualche schiarimento per meazo del si-
gnor Brocb. e
I fasti ài Aroldo'il Severo (Harald Haardraade) si leggono nella rac-
colta delle Saghe intitolata:^ 5crtp/a Historica Islandorum, tomo VI,
(Copenhagen, 1835, in S»), p. 119 a 161, e nell' opera di Snorro Sturleson,
autore islandese deUa fine del XII e principio del Xllt secolo, intitolata:
Heimtkringla or Chronicle of the Kings of Norway, versione inglese di
Samuele Laing, Londra 1844, in 8<>, tomo III, pag. 1 a 16, saga IX, cap. I
a XV. Araldo, fratello uterino di Ciaf il Santo re di Norvegia, combattè
con valore, giovanetto di 15 anni, nella battaglia di Stiklestad (1030], ove
il re fu morto ed egli gravemente ferito. Nascoso da fedeli partigiani , andò
a certe di laroslaw 1» principe di Russia, dal quale umanamente accolto,
militò con lode so i confini di Polonia. Chiesta in isposa Elisabetta figliuola
del re, laroslaw gli fece intendere che forse gliela darebbe quand'avesse
acquistato terreno e danaro. Aroldo pertanto andossjcne a cercar ventura
con la spada. (Tuttociò sembra di buon conio. S' allega l' autorità d 'Aroldo
stesso e de' contemporanei; un dei quali dicea averlo visto giovanetto con
un bel saio rosso, sembiante regio e marziale i volto pallido, folle soprac-
<!iglld, gesti un pò* violenti ma rattenuti.)
Andò a combattere in Polonia, («ermania, Francia e Italia; donde
passò a Costantinopoli con una compagnia di ventura, sotto il mentito
nome di Nordbrikt; perchè gli imperatori non volean tra i Varangi uomini
di sangue reale. (Autorità vaghe o non citate. La peregrinazione da.ven-
toriere in Germania, Francia e Italia sembra favolosa.)
Regnavano a Costantinopoli Zoe e Michele Catalacto (volean dire
Calafato e si dee correggere Paflagone, senza che vi sarebbe anacronismo),
dai quali fu mandato a combattere nel mar di Grecia. (Porse il 1035 contro
gli Afiricani e Siciliani che infestavano l' Arcipelago ; ma non si può affer-
mare.)
Aroldo indi fu fatto capo dei Varangi (non generale in capo che
s'intitolava Acolutho, ma della divisione mandala in Italia), e partì con
Girgir (Giorgio Maniace) il quale girava le isole greche: e sovente com-
battè coi corsali. (Maniace non v'era per cesto.) Sta per venire alle mani
con Girgir perchè facendo alto 1'. esercito una notte, Aroldo si era atten-
dato sur una collina evitando i luoghi bassi insalubri in qu^l paese, e
Girgir volea mettersi nel medesimo sito* Finisce che si tira a sorte il
luogo ed Aroldo per scaltrezza o frode resta dov' è. (Fatto verosimile ,
forse vero, incorniciato di favole.)
Aroldo guerreggiando insieme coi Greci non fa mai dar dentro i Va-
rangi; ma quand'è solo, cpml)9tte disperatamente , e sempre riporta la
vittoria. Girgir biasimato del non guadagnar mai nulla, scarica la colpa sa
i Varangi; alfine l'esercito si «epsira in due: Girgir coi Greci ed Aroldo
coi Varangi e i Latini; questi riporta infinite vittorie, e quegli se ne torna
— 585 — ii<S8-<(S9.i
ferocissimo uscito della città quando appresentossi
r oste di Maaiace, fea strazio dei Greci e dei Lougo-
scornato a Costantinopoli, abbandonato ancbe dai giovani greci cbe
vogliono rimaner con Aroldo. (La prima parte si riscontra un po' con le
memorie nonìianne. Le altre son favole intessute su la disgrazia di Ma*
niace.)
Aroldo allora passa con l' armata in Affrica , detta la terra dei Sara-
ceni ; ove conqirista ottanta città o cestella ; vince in campo il re d'Affrica;
guerreggia parecchi anni; fa gran bottino d'oro, gioielli e altre cose pre-
ziose,, e il manda in Russia, com'abbiam detto; poi assalta la costiera
meridionale di Si<;llia. (Gitali varil squarci di poesie. La ipimaginaria im-
presa in Affrica è tolta dal combattere in Sicilia contro gli Affricani. Gli
ottanta castelli son la più parte in aria ; il re d' Affrica può dinotare Abd^
Allah figliuolo di Moezz, alla battaglia di Traina.)
In una battaglia navale guadagnata da Aroldo sopra gli Affricani, i
cadaveri degli uccisi son buttati su l'arena* alle spiagge meridionali della
Sicilia che son tinte di sangue. (Citata una poesìa. Quest' episodio non si
può affermare né negare.)
Aroldo va con l' arotiata in Blaland (questo nome Àtmo le saghe al
paese dei Negri d' Affrica a mezzodì della Serkiand, oyàa* Affrica Setlen-
irÌonale),overJporta altre vittorie e toma a Costantinopoli. Zoe gli domanda
una ciocca di capélli^ e che ricambio ei ne vuole si legga nella versiobe
latina. Guarisce poi per miracolo una pazza; libera il paese vicino d'un
gran dragone; va a combattere un'oste di Pagani ai confini dellMm-
pero; vince con l' aiuto di Sànt' Olaf cbe appare sopta un cavallo bianco;
e, per voto fabbrica una chiesa a Costantinopoli. (Non occorre notare che
801^ tutte favole. Il cavai bianco di Sant' Olaf, è lo stesso di Sant' Ignazio
di GostaniinopoU afla battaglia di CaltavutarO'iieU'SSS, Voi. I, p.490,
Lib. II, Cap. X, e di San Giorgio alla battaglia di Cerami nel 1063.)
Mandato su l' armata con Girgir a saccheggiare: la Sicilia , ^ndevl
quattro città. La prima» scavatavi sotto una mina, per la quale sbucò nel
bel mezzod'un palagio dóve allegramente si banchettava. La seconda, molto
più forte, non si potea avere per battaglia. Perciò Aroldo, visto che taiati
stormi di uccelletti volassero dalla città al bosco vicino, fa impiastrar di
bitume certi alberi, e presi gli uccelli lor fa attaccare addosso schegge di
pino sparse di zolfo e cera, e messovi fuoco lascia gli innocenti animali;
sì che tornandosi a lor nidi nei tetti di strame, appiccarono l' incendio per
ógni luogo della città e la fu obbligata ad arrendersi. (Lo stesso tiro è
attribuito nelle saghe alla granduchessa Olga, ai re di DaiDimarca Hadding
e Fridl^elf ed a Gurmund pirata.) Un'altra città più grossa, lungamente asse-
diata, ^adde con questo stratagemma: che Aroldo s' infinse malato, e poi
morto, e volle farsi seppellire con sontuoso funerale in città; dove i frati
fecero a gara per averlo ciascuno in sua chiesa. Armati di sotto e coperti
di lunghe gramaglie egli e pochi Yarangi recavan la bara ; mettean mano
alle spade quando furono in su la porta, ^d aprivano il passo a tutto
II. • 25
II05M039.] — 386 —
bardi, si come il lapo sqoI delle peoore. Mosso a
pietà dei fratelli cristiani, Guglielmo Braccio di ferro
cerca nella mischia l'Ettore musulmano; prende del
campo e lo passa fuor fuora con la lancia ; al qual
colpo allibbiti que' del presidio, si rifuggono eiitro le
mura , amando meglio a scagliar sassi e frecce dal-
Talto, che venire alle strette. coi guerrieri >del Nòrd/
resereito. (SomigliaDte fitratuganma è atiribvilo a Roberto Gaisoardo in
Calabria, à Frode I, re di Danimarca ed a motti altri condouierì.) Infine
auingendo un castello inespognabile, i Varaogl fingono di avvicinarsi
sena* arme e giocar tra loro per beffarsi del presidio ; i soldati del presi-
dio , per non parer da meno, fan lo stesso; e replicato Io scberao parec-
chi di, i Varangi nna volta traggono lor coltellacci nascosi ed occupano al
solito la porla, con aspro combattimento, nel quale AroMo fece andare
innanai con la bandiera un Haider che fu ^avemente ferito e rinfacciò tt
re di codardia. CQoesto pare men favoloso ; oltre - Haldor cbe tornò con
una cicatrice alla guancia, v' è nominato un Ulf-Ospaksson etc^)
Dopo dlcioUo battaglie vinte in Sicilia , raccolto gran bottino , Arol-
do e Girgir# cbe fii sempre la parte dell' Arlecchino^ in commedia, se ne
tornano. Aroldo poi va a conquistare coi soli Varangt Gerusalemme, a
bagnarsi nel Giordano ; è imprigionato a Costantinopoli per dispetto amo*
róso di Zoe o gelosia del novello suo marito CostanUno Monomaco; è
liberato per virtù di Sant' Olaf, apparsogli in sogno; fuggendo rapisce e
poi lascia una principessa greca, e dopo altre avventure, fposa la Elìsa*
betta di Russia a Novogorod, si collega col re di Sveaia per torre la corona
di Norvegia a Magnus figliuol di Sant^ Olaf, e alfine i^gna insieme col ni-
pote (1047).
Or il finto conquisto di Terrasanta , la Sieilia non ricopiata mai come
paese musulmano, e tanti altri iDdiaii, mostrano cbe la Eneide di Aroldo
nel Mediterraneo fu inventata dopo le Crociate» Dunque non è né anco
contemporanea; né possiam su la sua fotde accettar quegli episodii cbe
soffliglian meno a menzogna : per esempio il combatUmento navale su le
eostiere meridionali di Sicilia, e 1* ultimo dei quattro stratagemmi narrati
disopra. Del resto, le due autorità cVbo citato non s'accordan tra loro
nei particolari, e questi variano nelle altre saghe non. tradotte , come
ritraggo dal signor Brocb.
Ho fatto parola delle monete musulmane tgrovale nel Baltico al par
che molto dell* impero bizantino. So la presunta origine di esse gli eruditi
sono d'accordo. Si vegga la nota del signor Laing, op. cit., tomolll, p. 4.
* Si confrontino: Malaterra , lib. 1, cap. VII, e la Cronica di Roberto
Guiscardo, tosto e versione, U. oc« La voce Àrehadm, data per nome pro-
prio del condottiero, è titolo, come tutti sanno, di grado militare , Kdid,
più. tosto cbe di magistrato, Kàdhi,
— 387 — [1040.)
Che che ne sia della prova del Braccio ài ferro, Si-
racusa resistè tanto che i Musulmatìi rifecero V eseN
cito e minacciarono gli assedianti.
Con rinforzi d'Affrica Àbd-Àllah mise insieme
parecchie migliaia , dicon sessanta , di soldati, bene
o m^le armati ; * coi quali si accampò nelle pianure
di Traina a settentrione dell'Etna; donde potea cor-
rere per la valle deli' Alcantara a Taormina o per
quella del Simeto a Catania e Siracusa. Fanti là più
parte ; poiché , venendo a giornata, Abd-AIlah s' af-
fidava nei triboli di ferro seminati a man piene in
fronte delF ordinanza , non sapendo che i cavalli ne-
mici, ferrati a larghe piastre, poco o nulla ne sareb-
bero offesi. ' Maniaco eh' avea dinanzi la forte e mu^
nita Siracusa , né signoreggiava dell' isola se non che
la costiera orientale, ' fu costretto tornare addietro
per levarsi dalle spalle il nemico. Pose il campo ad
una quindicina di miglia a levante di Traina, là
dóve furono nel duodecimo secolo una terra e un' ab-
badia addimandate da lui, e il nome vi dura finoggi. ^
* Così Malaterra. Il monaco Nilo dice 400,000; Cedreno fk supporre
molto più, portando a 50,000 il numero degli uccisi. Da un'altra mano
l'Anonimo par non giunga al vero dando ai Musulmani soli 15,000 uomini.
11 nome della città non è dubbio : traina in Malaterra e nell'Anonimo;
àpùtytvoti in Cedrone. Il campo in pianura è ricordato altresì da Godrono e
dal monaco Nilo; se non cbe questo non dà il nome della città, leggen-
doti nella versione non Umge ab urbe, sia che i copisti avessero saltato il
nome, sia cbe San Filareto fosse di Traina stessa. La toce ttóXti che dovea
essere nel testo non si può intendere capitale, e però Palermo, contro le
testimonianze di Cedreno e dei cronisti Normanni citati di sopra.
> Nilo Monaco, i. e.
> Cedreno non parla qui dell' assedio di Siracusa, anzi dice aver Ma-
ttiate soggiogato tutta l' isola. La posizione del Musulmani a Traina Io
smentisce,
* Il nome basta a provare cbe vi stanziò Maniaco, e conferma cbe
il campo di battaglia fosse stato nelle pianure tra quel luògo e Traina.
(4040.1 — 388 —
Spartito r esercito in tre schiere, gagliardamente feri,
aiutato da un vento che dava nel voltò ai nemici, o
secondo altri dall' impeto della compagnia normanna ,
talché al primo scontro le tarbe dei Musulmani sba-
ragliaronsi; furono orribilmente mietute dai vincitori.
Abd-AUah campava a mala pena con pochi seguaci.
Segui quésta battaglia nella primavera o nella state
del millequaranta/
Poi s' intese nel campo un bisbiglio che mosse
La terra che s' addimandò Maoiace è descrìtta da Edrisi, di cui si vegga
il testo neìla Biblioteca Arabo-Sieula, cap. VII, pag. 64, la versione fran-
cese del Joubert, tomo II, e ti compendio presso il Di Gregorio, Rerum
Àrabimrum, pag. i23. Portava l'altro nome, al certo anteriore, di
Ghiràn^d-dekìk ossia *Le grotte della Farina." Al tempo di Fazzello
ne avanzavan ruine e si chiamavano il Gasalino ; De Rebus Siculis, deca I,
lib. X, cap. f . Su Tabbadia che fu io parte distrutta dai tremuoti del 1693,
si veggano, oltre il Fazzello, i diplomi del XJI secolo presso Piero, Sicilia
Saera, p. 396, 4S6, 977, 1004. Sì riscontri D'Amico, Iea;tcon Stctito Ta-
pogrùfieum /tomo \\f dWai ^oce Maniaeis,
* Si confrontino: Cedreno, tomo II, p. 512, Vita di San Filar eto, 1. e;
Halaterra, lib. I, cap. 4; Cronica di Roberto Guiscardo , presso Caruso v
Biblioiheca Sieula, p. 933, lib. I, cap. V, p. S66, della versione francese.
Questa Cronica dà molto diversa , e manifestamente imaginaria, la postura
dei luoghi e le circostanze delta battaglia. Al par che Malaterra la dice
guadagnata dai soli Normanni. La data si scorge dall' ordine in che pone
questo fatto il Cedreno nel 6348 (1039-1040) e dal ritorno dei Catapano
Doceano in Terraferma di novembre 1040.
Secondo il monaco Nilo, il tiranno de' Barbari (Abd-Allab), dopo la
fuga a cavallo, se ne tornò in Africa su picciolo legno e ridusse a casa le
reliquie dell' esercito. Cedreno narra che il capitano cartaginese fuggendo
giunse alla spiaggia, donde, montato sur una barchetta riparò in Affrica;
facendo mala guardia su la costiera T ammiraglio bizantino, cui Maniaco
avea raccomandato d' iinpedir la foga. Chi suppose così fatta precauzione
di Maniaco, ignorava al certo che Traina giace a più di trenta miglia dal
mare e che sorgevi di mezzo l'altissima giogaia di Garonia. Da un'altra
mano, gli annali arabi portano che Abd-Allah fu cacciato in Africa per
sollevazione dei Musulmani di Palermo, come si narrerà net seguente
Capitolo. Indi è chiaro che il biografo d« San Filareto, e molto più la tradi-
zione bizantina riferita dal Cedreno, confusero in un solo due fatti distinti,
cioè la sconfitu di Traina che costrinse Abd-Allah a rifuggirsi in Palermo
e li tumulto di Palermo che lo cacciò in Affrica. . ^
— 389 — lioio.l
forse a riso i soldati. La compagnia normanna
ubbidiva ad Ardoino lombardo, valvassoro dell' ar-
civescovo di Milano, nobil uomo/ grande d'intelletto
e dì cuore; il quale soggiornando poc'anzi in Puglia,
vedendo la gente che parlava il suo medesimo lin^
guQggio calpestata e mal soffrente il giogo e trovan-
dosi allato milizia sì valorosa, tra carità ed ambizione,
andava meditando novità contro i Bizantini aborriti
e spregiati. ' AI par di lui amava i Bizantini la com-
pagnia, la quale in questa guerra era stata lodata
sempre in parole da Maniaco e méssa innanzi nei
' Amato lo dice : * Arduyn servicial de Saint-Ambroise arcbevesque de
Milan; * Leone 4' Òstia * A|y)uinas quidam Lambardus (cioè della Lombar-
dia d'oggidì] de famulis seilicet Sancii Ambrosi! ;* Malaterra " Arduinnm
quendara Italum; " Lupo Protospatario ' Arduinus Lombardus;* Cedreno
"Arduino.... signore independente di un certo paese {'kpiovXtoit^,* xoSpac
Ttvòs oipxovrcc, xaì iitù unStyòi elyó/xevov)." In questo medesimo passò,
tomo II , p. 345» Cedreno dice positivamente cbe la compagnia normanna
era capitanata da Ardoino, ialchè si riscontra con Guglielmo di Paglia, lib. I,
Inter collecio» erat Hardoinm etc. e col Chronicon Breve Northman., presso
. Muratori, Rerum llaliearum Scriptores, tomo V, p. 278, ebe dice assalita la
Puglia il 1041 dai Norroapni, duce H^rdoino: Tutte le circostanze del pre-
sente fatto e dell* ordinamento a Melfi, provàn lo stesso. Amato, Malaterra
e gli altri scrittori di parte normanna aman meglio a far capitano della
compagnia Guglielmo Braccio di ferro, cbe nel 1038 conducea , probabil-
mente uno squadrone e cbe arrivò al sommo grado nel 1043.
' Amato, Hb. II, cap. XVI e Leone d'Ostia, lib. II, cap. 66, quasi con
le stesse parole di lui , scrivono che ardoino ^ preposto dai Bizantini al
governo di varie città di Puglia dopo la ingiuria ricevuta in Sicilia della
quale si volea vendicare, accarezzasse e suscitasse occultamente I popoli
alla rivoluzione. Il fatto si dee tener vero , ma si dee porre innanzi V im-
presa di Sicilia ; perchè è impossibile , con tutta la corruzione del governo
bizantin,o,cbe fosse stato affidato quell*oOcio ad Ardoino dopo la diserzione;
e d'altronde non lascia luogo a tal fatto il breve tempo che corse tra la
fuga della compagnia dall' esercito di Sicilia e la occupazione di Melfi.
Amato, che; ignorava le date e i particolari, cadde focilmente in quest'ana-
cronismo. Ardoino sembra della nobiltà minore che si sollevò il 1038 contro
r arcivescovo di Milano e fu. vinta. È verosimile parimenU ch'egli ed altri
rifuggiti e stranieri avessero fatto una compagnia di ventura, e che innanzi
il 1038, trovandosi ai soldi dei Bizantini, gli fosse stato affidato il comando
milit|ire di qualche città di Puglia.
|io«o.| — 390 —
pericoli, ma lasciata addietro nei guiderdoni. Fattole
torto nello spartir la preda dopo la battaglia di Tr^ina^
Ardoioo andò a querelarsene appo il.^ capitano, con
aspre parole ; e quegli che nulla soffHva né temeva
al mondo, risposegli con brutali fatti: comandò di
spogliarlo ignudo e frustarlo per gli alloggiamenti con
corregge di cuoio. Patì Y ignomini$i Ardoino ; tomos-
sene alle stanze della compagnia; e rattenne chi vo-
lea sciupar la vendetta pigliando Varme immaoti-
nenti Contro tutta T oste grieca. AI contrario, s' infìnge
rassegnato, ma ch'ei non può rimanere nello eser-
cito dopo tal onta; e così impetra da un segretario
di Maniaco la licenza di tornarsi,eg1i solo in Terra-
ferma. Avuto in mano lo scritto, cavalca con tutta
la gente; fa diligenza nel cammino ; arriva a Ubs-
sipa; passa Io Stretto, mostrando T ordine di Maniace;,
va a trovare gli altri condottieri normanni ch'erano
rimasi in Terraferma; grida libertà ai popoli; e at-
tacca il fuoco eh' arse come stoppie la dominazione
bizantina in Italia. ^
Intanto era surta un' altra discordia. Per mala
guàrdia del navilio bizantino, Abd-Allah imbarcatosi
a Garonia o Cefalù avea . riparato in Palermo, donde
potea ricominciare la guerra/ Maniaco ne sali in tanta
' Si confrontino: Malatiefra, lil^. i, cap« Vili; Amato» lib. n,cftp. XIV
a XVIII; Guglielmo di Puglia, lib. I, Cumque triumphatfl etc, Cronica di
Roberto Gniscardo presso Carolo» Bibliolheca Sietda , p. 853, e nella ver-
sione francese, lib. 1, cap. V; Leone d'Ostia, lib. Il, cap. LXVII; Cedro-
no, tomo 11» p. 545. Queste autorità differiscono molto nei particolari dei
t^rto tatto alla compagnia, ed altri ne dà la colpa a Manìace» altri a Michele
Doceano» succedutogli nel comando in Italia. Ho seguito a*preferensa il
Malaterra» la cui narrasione è piii Tcrosimile e s* incatena meglio con gli
altri fata.
' Cedreno che narra più distinto questo fatto, suppone fuggito il capitan
— 391 — 14M0.I
collera che veau togli tra i pie F ammiraglio, il
chiamò poltrone» vigliacco, traditor dell' impero; gli
die in sul capo due e tre volte d' an sao bastone.
E Stefano se n' andò a comporre lettere air eanaco
Giovanni: questo piglio di principe assoluto, questa
violenza contro i proprii parenti dell' imperatore ,
mostrar chiaro T animo ribelle di Maniaco: badas*
seci o sei vedrebbe piombare a Costantinopoli con
r esercito ^pronto a seguirlo in ogni attentato. ^
Era già caduta Siracusa, dove par che Maniaca
desse opera a ristorare le fortificazioni, il culto e gli
ordini pubblici; rimanendo fin oggi il suo nome al
castello della punta estrema di Orligia.' Si narra
in(dtre eh' ei mandasse in un'arca d' argento a Co-
stantinopoli il corpo di santa Lucia , additatogli da
un vecchio mstiano^ disseppellito in presenza della
compagnia normanna; e trovato intero e fresco dopo
mosulmano a dirittura verso r AflfHea, e che Manlace si adirò tanto con
l' ammiraglio percliè appunto gli avea eonunesso di guardar bon la eostien
che nessuno campasse dà quella via. Ia postura di Traina , la testimo-
nianza del monaco Wto e quella degli annalisU arabi die ho- notate di
sopra (pag. 388, nota I) , dimostrano cbe la colpa fu d' averlo lasciato in*
barcare In qualche punto della costiera e navigare verso Palermo. Iodi bo
notato i due luoghi nel quali pi* probabll è elisegli entrasse lo nave.
ETidentemente Gedreno e il monaco Nilo presero il principio e la flne della
fuga d'Abd-Allah e trascurarono I fatti intermedii, cbe soli possono spie-
gare la collera di lluihice.
* Gedreno, tomo II, p. 922, 523.
' Pazzello , deca I, lib. IV, cap: I, afferma senz* altra prova, cbe Ma-
niaco ed iflcèr il castello, e aggiugne eh* ei fe'gittare in bronzo 1 du^ arieti
f qualt stettero in su la porta del easullo fino al Ii48, quando piacque ad
im marchese di Ceraci d'adornarne un suo palagio a Casteihuono. Confiscati
per ribellióne d^'un altro marchese di Geracl , gli arieti vennero In Palerà
mo; si tran^utarono d'nno atf altro edlAzio; e fino al 1848 si videro tn
una sala tlella reggia. Ma, presa quesu dal popolo, un degli arieti si trovò
speziate, cornee' par da una palla di oannone; e il Gomitato di governo
collocò r altro nel Museo dell' Università. La fattura mi sembra antica piò
tosto che bizantina.
[404<^^04l.| — 392 —
settecent' anni : come raccontava a capo d' un altro
mezzo secolo qualòhe veterano normanno a' monaci
di Monte Cassino, o almen qnei lo. scrìssero/ Simil-
mente nelle altre città occupate , Maniaco ordinò
castella con forti presidii , per cavar la voglia ai
terrazzani di scuotere il giogo. Gli acquisti si ras-
sodavano; poco avanzava ormai perchè tu.tta V isola
tornasse all'impero e al cristianesimo. Ma repente
per segreto comando della corte , il capitano vinci-
tore fu preso , imbarcato per Costantinopoli, gittate
in fondo d' un carcere; e commesso di ultimare la
guerra a quel mei^esimo Stefano ed aireunùco Ba-
silio Pediadite. *
Mancò Maniace air esercito nel fortunoso mo-
mento, che Ardoino e i Normanni levarono V insegna
della ribellione in Puglia ; donde il Catapano Michele
Doceano fu necessitato ripassarvi con parte deiresef-
cito nell'autunno del millequaranta.* I Musulmani
di Palermo, che non era stata mai occupata,^ ripiglia-
rono allora gli assalti. Stefano e ¥ eunuco, inetti en-
trambi e ladri, né seppero combattere alla campagna,
né mantenere i presidii ordinati da Manìaco; e il Cata-
pano, toccate dai Normanni due sanguinose sconfitte
(17 marzo e i maggio 1041), richiamò di Sicilia,
com' ultima speranza, i Calabresi, i Macedoni e i Pau-
\ Amato , lib. Il» cap. IX ; Uose 4* CÉtia, Ub. Il, cap. LXVI.
' Gedreno, tomo II, p. 5i3.
' Secondo gli Annali di Bari, presso PerU, Seripiore», tomo V, p* 54»
Duceano, reduce di Sicilia, eqlrò in Bari di novembre lOéO. (Scrìtto 1041 »
perchè il nuovo anno si coniava dal 1« aettembre.)
* Erroneamente si è inferita la occupazione di Palemno dal verso di
Guglielmo di Puglia, lib. I, Premia milUibus Regina $olveret urbe. Il cro-
nista vuol dire Reggio , non * la città regia."
— 593 — |I044.|<M2.|
liciaai. * Pertanto dei presidii bizantini qual non fu
cacciato se ne andò dassè.' Crebbe il disordine, per
la mutazione di Btato e incertezza di consigli a Co-
stantinopoli, dove, morto Michele Paflagone (dicem-
bre 1 041 ), era salito al trono un^ltro giovinastro che
sol pensava a disfarsi di Zoe e dei ministri del pre-
decéssore: e così Stefano e il Pediadite furono richia-
mati e mandato sènza forze a ristorar la guerra in
Sicilia Doceano che Tavea si infelicemente governata
in Terraferma;* il quale fece quel si doveva aspet-
tare da lui. Air entrar del miltequarantadue, l'impero
avea riperduto risola, da Messina ih fuori.
Tenea Messina un protospatai;io Catacalone, so-
prannominato l'Arsiccio,* con trecento cavalli e cin-
*
quecento pedoni del tema d'Armenia ; quando venne
ad osteggiarlo (1042' marzo?) una massa di Musul-
mani levata popolarmente in tutta la Sicilia, condotta,
a quel eh' e' pare, da un principe kelbita, forse Sim-
sàm.'^ L' Arsiccio si serrò per tre dì nelle mura, senza
darsegno di vita, lasciando il neinico a predare e ga-
* Annali di Bari, ). e.
* Cedreno, tomo li, p. 533..
. s Si confrontino gli Annali di Bari, e Lapo Protospatarìo presso
Pertz, Scriptorès, tomo V, p. 94, 88, con Cedreno, tomo II, p. 53S(.
* Ktya/AC v«$.
> Gedreno» solo astore di qneata. tradizione, dice àggianii rinforzi
cartaginesi alla leva in massa di Sicilia e capitanata 1* òste dall* emiro Apo-
ìofor.' HI seodirano sbàgli di parole: cbe ignorando la morte di Akbal e
sapendo lì Temir di SiciDa , l Bizantini abbiano scritto il nome di Apoiofar;
vedendo i disertori berberi, li abbiano deflinito ausiliarii cartaginesi. Leg-
geransi nel cap. Xli i fotti seguiti tra i Musulmani dal i040 al 1043, pd
quali credo si possa accettare dalla tradizione di Cedreno la qualità del ca-
pitano emir di Sicilia, mutare la persona e sopprimere la uccisione. H
Martorana, tomo I, p. 14i, ben s'appose al nome di Simsftm; se non
die lo fece andare in Egitto e tornare con rinforzi del càlife fotemita, che
sono sogni del Rampoldi, Annali Muwlmani, 1040.
HOtó.) — 394 —
vazzare alF intorno e persuadersi ch'egli avesse
paura. Al quarto dì, occorrendo una festa, ^ raguna
il presidio in chiesa; & esortarlo dal palpito a com-
battere fortemente per la fede e T impero; fa celebrar
la messa; si comunijja con tutti i suoi, ed in su Torà
di pranzo , apponendosi che gli Infedeli stessero a
inala guardia, schiusa le porte, li assaltò. Soprappresi
non poterono dar di piglio alle armi , non che ordi^
narsi : Catacalone li sbaragliò , ne fé' macello , sac-
cheggiò r accampamento ; e tornò glorioso in città,
mentre gli avanci degli assedianti fuggivano a preci-
pizio verso Palermo. *
La quale vittoria gipy^ soltanto a differir di
qualche anno, o di qualche mese, che Y appunto non
si sa, la perdita di Messina e con quella d* ogni spe*
ranza su la Sicilia. Perchè la rivoluzione dei popoli e
la compagnia di ventura, ingrossata ogni dì più che
r altro di Normanni e d' Italiani dell' Italia di sopra, ^
irresistibilmente scacciavano i Bizantini dalla Terra-
' Cedreno scrive pósitivdìiienle la Penteooste; ma voltata qoaidie
pagina (tomo II, p.. 838) , lo dimentica, narrando che Gatacalone portò egli
stesso a Costantinopoli il nunzio della vittoria di Messina, nell* atto che il
popol s* era levato a remore contro it naova imperatore Michele Calafato.
Or, secondo lo stMSo Cedreno, la sedizione che tolse il tròno al Gah&to,
cominciò il Innedl della seconda settimana dopo Pasqna del i04i, e però
innanzi la Pentecoste. Della Pentecoste del 104t non si può ragionare al
certo , la quale cadde il 10 maggio » cioè quando non enm partite per anco
di Sicilia le schiere dei Macedoni, PaulìciiBi è Calabresi. D'altronde
Vjnmmùo della vittoria sarebbe staU) un po' tardo. Perciò jnippongoaba-
gMau la festa e che debba dir la domenica delle PaliiMs o altra.
* Cedreno, tomo II, p.t&35, 9)4. Lascio da canto Apollofiir, ucciso
nella tenda in mezso al vino; I aoldatl che non si reggeai^o in pie daU' eb*
ebrezza; le valli e i letti dei fiumi pieni di cadaveri; r oro , argento, pedo
e altre gemme che si trovarono nel campo musulmano, divise a moggia
(/Af^i/ftV9(,«) tra i vincitori.
' Cedreno, tomo II, p. 546, dice di cotesti aiuti degli Italiani della
regione tra il Po e le Alpi.
— 595 — 11042-104$.]
ferma. Maniace stesso , liberato di prigione in un lu-
cido intervallo della corte e rimandato in Italia (apri-
le. 404S) segnalossi per prudente valore in guerra»
s' inferno per crudeltà efferate contro i terrazzani, ri-
pigliò qualche città , ma non arrivò a vincere i Nor-
manni. In questo, un terzo ma^to%di Zoe lo provocò
o piuttosto sforzò a ribellarsi; tantoché fattosi grì*
dar: imperatore, passò con Y esercito in Grecia (feb-
braio 1 043), azzjuffossi con le genti di Costantino Mo-
nomaco, e le avea messe in rotta, quando un colpo ti-
rato a caso lo freddò in sul cavallo. Pochi dì appresso
Costantinopoli applaudiva ai codardi che portavano
in giro, confitta a una lancia , la testa di Maniace. *
CAPITOLO X!
Ai mis,eri Cristiani di Sicilia parve risorgere a
vita nuova quando fu innalberata in Jor cittadi e ca^
stella la insegna della croce col motto di: ^'Cristo
vince." San Filareto, il quale si trovò forse a Traina
la dimane della battaglia, ' solea narrar che rendet-
« Si eoofjroQUao:.Qedrénio, tomo 11, p. SAI, K47 a fM; Miobele
AttaUQta, Bistoria^ pubblicau a» V. Bronet-de^Pj^sle , p. li, i8, 19;
.Cnglielmo di Puglia, Kb. Ulnterea magno Da»aùmete. ,.8ino «Jla fine del
libra; iiiMo/i di ^t e- Lapo Pro^OApaiacio, presso >P€rU, ^r^oret»
tomo V, p. 54, 98, anoi 1043, 1045; Chrwiican Brete Notthman,, presso
ìfuratori , Aerwm /^ad'eoriim 5ertplor<s,.tomo V, p. S78,.attiìi 1043, 1043.
Cedreoo dà ad intendere cbe Maniace ripigliò sopra i Noroiaani tutta
V Italia air fnfuejri di poicJie eitià, li die è falso*
' SI vegga la nota 1 della pag. ^7, nel capitolo precctdenlo. l parti-
colari della battaglia e del seguito cbe ebbe» portano a credere presente
il narratore a Traio^.
H045-<06^| -.596 —
tero grazie solenni nelle chiese ; che spezzarono i
ceppi meissi ai pie a lor fratelli prigioni; che cadalo
il terrore di quel fier tiranno affricano, respirarono
in libertà/ La qual Voce sappiam che significhi
quando due religioni cQntendon tra loro. Alla santa
esultanza del riscatto si mescolò la vendetta^ T in-
giuria; né andò guari che costrette le^ armi bizan-
tine a sgombrare di Sicilia, molti -abitatori cristiani
emigrarono in Terraferma , * aspettandosi la pariglia
dai Musulmani. Il grosso del]a popolazione battez-
zata, com-avvien sempre per amore della patria, ne-
cessità) o tiepidezza d'animo, restò lì dov'era. E cosi
al conquisto normanno il Yaldemone si trovò pien
di Cristiani,' e sminuzzoli anche se ne contavano per
le valli di Notò e di Mazara, in Siracusa,* Palermo, '^
' Nilo Monaco nella Vita diSttnFUareto, presso Osetani, Sanetorum
Sieulorum, tomo 11, p. 115, e presso i Bollandisti, tomo I, di aprile,
p. 609. San Pilareto avea allora diciotf anni. Il tiranno era Abd-Allah
igltaolo 4i Hoezz.
' Così la famiglia di San Filareto ; la quale non sì può supporre sola
a prendere tal partlito.
' Mettendo da parte le memorie dei cospiratori cristiani di Messina,
più probabili che autentiche, delle quali tratteremo nel seguente libro, si
veggano pei Cristiani di Traina , Malaterra , lib. Il, ca'p. XVII% e la Crtmiea
ài Roberto Guiscardo , presso Caruso,, p. 838, e versione francese, lib. I,
cap. .XV; é per lo rimanente del Valdemone stesso , Amato , lib.y,cap.XXI
e XXV, e Malaterra, lib. Il, cap. XIV.
* in un diploma di Tancredrconte di Siracusa » dato del I f Q4, si legge
che il conte Ruggiero neir istituire il vescovato di Siracusa (1093) gli
aveva assoggettato tutto il clero greco e latino. 11 primo non era .venuto
al certo coi Normanni. Il poeta siracusano Ibti-Hamdls, ricordando le sue
scappate giovanili. Biblioteca Àrabo^Sicula , cap. LIX, § 1 * p. 549, dice
di un monistero di donne, ov'egli ed altri '$ca{>^trati andavano a bere il
vino •color d* oro.*'
s Malaterra, lib. Il, cap. XLV, dice dell' arcivescovo che si sforzava a
ihantener la fede in Palermo pria che v'entrassero i Normanni. Avea-no-
me Nicodemo, secondouna bolla di Calisto ÌU presso Pirro, SioUia Sacra,
l)ag. 55.
VicaFÌ, « Petralia," ed aKii luòghi.* Le vicènde
della guerra normanna nelle quali bastarono due
anni ad occupare il Yaldemohe e ce ne vollero trenta
a soggiogar le altre due valli , provano similmente
che ^elfa prima regione fossero pochi presidii mu-
sulmani nelle principali città e fortezze in mezzo a
popolazioni cristiane tìmide ma nemiche ; e nel rir
manente dell' isola, al contrario, pochissimi Cristiani
sofifocati. tra le turbe dei circoncisi.
Ne mu tossi la condizione legale dei Cristiani;
sole da supporre aggravati i soprusi tra il millequa-
rantatrè e il millesessantuno; dapprima per la ven-
detta dei Musulmani che torna van su; poscia per la
divisiQne loro in pjiccoli; principati, tanto più molesti
e rapaci. Caduti gli ultimi comuni tributarii tra il no-
vecensessantadue e il séssantacinque / da indi in
pòi non ne abbiamo ricordi; né possiamo immaginare
qual necessità o caso li avrebbe fatto risorgere. ICrì^
stiani che sottòmettonsi al conte Ruggiero ed a Ro-
berto Guiscardo nei principi! della guerra, son vari
dsimmi ' paganti tributo, agricoltori o borghesi , ed i
primi parte possessori e parte servi della gleba;^ le
■ Si vegga il diploma del 1098 pel monastero di Santa Maria di Vicari,
cbe citiamo nel capitolo seguente.
> Manterrà, lib. II , e. XX, narra x^e gli abitatori fossero parte Cri-
stiaoi e parte Musulmani.
' Malaterra , lib. I, cap; XVII, qarrando tìna scorrerla del conte Rug-
giero da Messina a Girgenti nota cbe gli si fecero incontro ^ Christidni
prwineiàrum, cbe deve intendersi del. Valdemone e Val di Mazara. Si
vegga ancbe il cap. Xltl di questo libro.
' * Si vegga il Gap. Ili del presente Libro, pag. 257, seg., del volume.
'Si veggano i luogbi di Malaterra e d*Amato, testé citati. Le condi-
zioni ritratte dal primo nel lib. I, cap. Xf V, s*adatuno appinniino agli dsimmi.
* Si veggfa il Libro V, cb' ò il laogo proprio di trattarne, poicbè le
prove di coleste due condizioni compuriscon dopo il conquisto normanno.
11045-1061.) — 598 —
■J
quali popolazioni aveao di certo lor magistrati mu-
nicipali, ma non fprmavan corpo politico. Di schiavi
cristiani posseduti da Musalmahi non abbiamo me-
moria, ond'e'par non siane rimase tanto ^numero
da farsi sentir tra le vicende del conquisto. Forse la
più parte, per migliorar loro condizione, * fatti Mu-
sulmani, e chi manomesso, chi no, andavano confusi
nella società dei vincitori:
Se le schiatte antiche non si sbarbicano di leg--
gieri, i Cristiani dell isola eran tuttavia mescolati
Greci ed Italici. A ciò par abbian posto mente i Nor-
manni, nelle cui croniche le genti battezzate che
abitavano la Sicilia al principio della guerra , son
chiamate doveiìreci o Greci Cristiani, e dove a di-
rittura Cristiani; e si distinguono i primi con T attri-
buto di perfidi, come portavano le idee occidenta-
li.' Un altro barlume ci dà lo scrittor della vita di
San Fila reto, notando tra i pregi della Sicilia la car-
nagione bianca e vermiglia e le belle e aperte fat-
tezze di molti abitatori, le quali non somigliàìio al
sembiante del greco San Filareto, e vi si potrebbe
per avventura raflBgurar il tipo italiano. ' Della me-
* Libra 11, cap. XI, pag. 484 del primo Toloine.
* Malaterra, lib. I, cap. XIV, XVdl e XX, oiiaU di sopra, paria di
Cristiani di Valdemone, di Traina e deUe province (tra Messinia e Girgènti);
e cap. XXIX, dei Greci di Traina cbe sembran parto della popolazione
cristiana. di quella città. UDi Gregorio, C<mnd€ra%ioni $opra la Storia di
Sicilia, lib. I, cap. I, ritiene la stessa distinzione di schiatte e allega,
notes, 3, la stessa autorità. Aggiugne, nota 4, un esempio di Ceraci tolto
dal Ub. il, cap. XXIV, di Maiaterr»; sul quale non voglio fiire assegna-
mento, non essendo certo m si tratti di Ceraci In SicQia o della città dello
stesso nome in Calabria.
'Nilo Monaco^ Vita di San Filareto, presso il Gaetani, Sdnetofum
Sieulorum, tomo li, p. 1 19, e presso i Bollandisti, 6 aprile, p. 607.
— 399 — [048-1064.1
desima schiatta sembrano i frati di San Filippo d'Ar-
gka in Sicilia i quali nella seconda metà del decimo
secolo andavano a Roma: insolito viaggio a gente
greca in queir età:. * Come i due linguaggi, che è a
dir le due schiatte, durarono insieme nel medio evo
nelle parti della penisola eh' aveano avuto colonie
greche kieir antichità,* cosi anche rimasero in Sicilia;
s& non che la lingua greca prevalea neir undecime
secolo.* E la cagione parmi, che i Cristiani di
sangue italico e punico della Sicilia occidentale,
ayean rinnegato la più parte sotto la dominazione
musulmana, per essere stati più tosto domi; se pur
non si lasciariui domare più tosto per antagonismo
contro il sangue greco e il dominio bizantino. La
religione loro, fors'anco la lingua, si dileguò nella
società musulmana. La religione si mantenne insieme
con la lingua nella Sicilia orientale, sede primaria
delle antiche colonie greche.
Ci mancò nella prima nxetà del decimò secolo
ogni memoria d' incivilimento appo i cristiani di Sici-
lia: ' noa nei cent' annìi che seguono ne ricomparisce
q miche vestigio. Della fine del decimo secolo abbiamo
un'agiografia, scritta, com'ei sembra, da un Greco
siciliano/^ Yerìso il miìietrenta ci si parla di preti
cristiani che insegnavan lettere ai giovanetti a Castro-
I Si vegga qui appresso la vita di San Vitale di Demena.
* NoD t' ba un sol rigò uè un sol nome latino tra I ricordi della do*
mlnaXIoiie normanna cbe possano riferirsi all'epoca precedente.
* Si vegga il ÌÀh. ili, cap. XI, p. 313, Sii di qvesto volume.
* Si veggano nel cap. Ili del presente Libro i ragguagli cavati dalla
YUa di San Niceforo mmovo di Milito, e il cenno cbe do di questa agio-
grafia alla fine dello stessa capitolo , p. 373 del volume.
1996-^99. 1 — 400 —
novo in Val di Mazara; ' fors'anco a Demona. ' Nella
seconda metà dell' undecimo secolo un ricco cristiano
del paese, faccendiere dei Normanni e poi monaco,
avea dato òpera a raccogliere libri e dipinture in Mes-
sina/1 quali indizi! fan piena prova ^ quando la storia
politica mostra che dovea necessariamente avve-
nire così. Del novecentodxie passò sul Yaldemone
la sanguinosa folce d' Ibrahim^ibn-Ahmed ; poj su
tutta r isola la falce della fame; e sul Val di Ma-
zara quella di Khaltl-ibn-Ishak: ma la guerra ci-
vile dei vincitori, fece respirare i Cristiani del Val-
demone. Cioè la popolazione rurale, 1 cui tugurii non
avea potuto frugare Ibrahim, e qualche cittadino spa-
triato che dopo là tempesta tornava ai diletti luoghi,
povero e feroce. Quei che ristorarono Taormina, quei
che meritarono tanta fama a Rametla , ebber sì le
mani pronte a combattere e rabberciare lor mura; la
mente fitta a difender sé ed ammazzare i Musulmani,
ma non si curavano, credo, di dipinture, né di libri,
né deir alfabeto: efacean bene. Sopraffatta alfine quella
r
virtù dalle armi kelbite, i Cristiani s' ebbero a cónten-
tare degli umili compensi che conaede il servag^o.
Assestandosi appo i Musulmani Taziepda pubblica,
repressa la rapacità delle milizie , favoriti! commerci
con là Terraferma, prosperanti le regioni occidentali
' Vita di San Vitale abate, presso Gaetani, Vil<B Sanetorum SieuUh
rum, tomo II, p. 86; e pressò i BoUaDdisti, 9 marzo, p. 26.
> Vita di San Luea di Dmona^ presso Gaetani , op. cit., p. 96; e
presso i Bollaodisti, I& ottobre, p. 337.
' Si vegga il teslao^eDto del Prete Scolaro del lli4 prèsso Pirro,
Sicilia Saera, p. iOOS. Costui lascia» al Monastero djel Salvatore iu Mes-
sina trecento, codici greci e * bellissime immagini coperte d'oro." Ma è
da avvertire che avea fatto viac^i in Grecia e che soìea comperare da
mercatanti di quella nazione.
—•,401 — |948-^06I 1
dell'isola e venuti i padroni a stanziare nella region
di levante, si^rinfrancò la industria degli abitatori cri-
stiani. Rifatti alquanto di sostanze e di nucoero, ri-
salirono a quel gradò d'incivilimento dei lor fratelli
di Calabria. Chi voglia conoscere^ in volto i Cristiai^i
del Yaldemone di questa età, legga in Malaterra il
racconto ài qujBi che s' appresentavano V anno mille
sessantuno a Ruggiero nella prima scorreria grossa a
che si rischiò dentro terra. Tutti lieti gli recavano
vittuaglie e altri doni; e tosto correvano a scusarsi
coi Musulmani : averlo fette per forza , per salvar le
persone e la roba da codesti predoni. ^ Alla quarta
generazione ^li eroi di Ra^nelta eran fatti, come or
si direbbe, onesti e pacifici ^cittadini. .
I quali in punto di religione sembrano tiepidi
anzi che no. Dopo Y impresa d' Ibrahim-ibn-Ahmed
(902), si sbaragliò il clero siciliano. Gli imperatori bi-
zantini, egli è vero, promulgando la lista delie sedi
soggette a lor patriarca, proseguono infino al secol
decimoterzo a noverar quelle di Sicilia quali sa-
peansi neirottavo secolo, salvo qualche errore di copia;
ma dimenticano che T isola è stata tolta allo impero
dai Musulmani ed a costoro dai Normanni; che le
sedi sono state distrutte dai primi, rifatte dai secondi
a lor modo, e rese al pontefice romano. * Però quei
ruoli di cancellaria non attestano condizioni contem-
poranee, più che noi faccian oggi i titoli di vescovi
d'Eraclea, d'Adana e altri largiti dal papa. Appunto
coQìe cotesti, sembrano vescovi in partibus quel di
' Malaterra^ lib. II, cap. XIV. Si vegga ancbe Amato, lib. V^ cap. XXf^
> Si vegga ri Lib. Il, cap. XII, nel primo volume, p. 485 e 486, nota %
II. 26
|948-*0C<.1 — 402 —
Gatanm e TÀrci vescovo di Sicilia^ dei quali abbiamo
le soscrizioni in carte del decimo e deirundecimo se-
colo. * Al contrario par abbia esercitata, quando che
fosse, la dignità vescovile quel Leone che poi sog-
giornò in Calabria e venne in Sicilia (925) da stati-
co. ' Esercitolla per fermo Nicodetìio che i Norman-
ni (1 072) trovarono arcivescovo in Palermo. ' Egli è
verosimile che nel decimo secolo, rimase in tutta la
Sicilia un sol vescovo, abbia mutato e titolo ^ e sede,
ponendosi nella capitale allato alla corte degli emiri
per mantenere più efficacemente i dritti spirituali e
temporali del povero suo gregge; come il patriarca
giacobita d' Alessandria e il primate nestoriano di Se-
leucia s'eran tramutati, Tuno al Cairo, Taltro a Bagdad.
Palermo fatta capitale dai Musulmani , lor ùebbe dun-
que, strana vicenda della sorte, la dignità di chiesa
metropolitana; la quale non fu conceduta da Roma,
noi sembra da Costantinopoli ; e niuno là sognava iti-
* Alla fln del IX secolo sembrano anche vescovi in partibw, o fuggi-
tivi, qae*di Cefalù, Atesa, Messina e Catania, che si trovarono al Concilio
di Costantinopoli (870). Non conto ne! X secolo San Procopio i^so^vo di
Taormina che incontrò il martirio nel 902. Noi> parlo del vescovo di Ca-
merino nelle Marche (963-967) che altri sappose di Camerina In Sicilia.
liOone vescovo di Catania è spscrltlo Ut nna decfatala del patriarca di Co*
stantinopoli del 995, di cui il Pirro» Di$qui$iHo de Patriarca SicUia,
S VII, no 5. Umberto monaco in Lorena, è sottoscrìtto col titolo di ard-
veaeovo di Sicilia nel eoDcUio romano del 1049; ani quale si vegga 11
Pirro, p. 51 ,. e te autorilà citale dal Martorana, Nothie Storiche dei Sa-
raceni Siciliani, tomo II, p. 217, note 133, 134.
s Si vegga II Llb. ili, cap. Vili, p. 172 ài questo votame. Non facT
clamo parola del vescovo Ippolito, nob sapendosene appunto il tempo.
' Si veggano la autorità citate poc'anzi, p. 396, noU tk I Normanni
Ikon fecero conto dell' areìvescof» greco più che di un tnlom di' moschea;
e certo non gli dettero un titolo ch'el non avesse. iLa corte di Roma
non solo^ lo riconobbe a Nicodemo ed agli arcivescovi normanni^ ma n*avea
già investito a modo suo Umberto. ^
* Si vegga il Lib. HI , cap. XI, p. 214 di questo volume.
— 403 — id48-«06«.}
nanzi il decimo secolo, ma alla metà dell' uodeci*-
mo Diano la mise iti forse. È chiaro che la assunse
l'eletto dei Fedeli confermato dagli emiri : poster d'mia
provincia che avea avuto sedici diocesi tra vescovili
e arcivescovili, e d' una città eh' era seconda solo a
Costantinopoli e Bagdad.
Passando al clero inferiore, basterà dir che i
monasteri nei quali tutto si racchiudea, sì fiorenti
dopo san Gregorio, ormai sembrano poco men che
distrutti. Quel di San Filippo d' Argira, di regola ha*
sìliana, scomparisce verso il novecensessanta, quando
le colonie musulmane trapassavano in Valdemone. ^
I Normanni trovano in Val di Mazara il monastero di
Santa Maria a Vicari, pregante per la vittoria dei
Cristiani, possedente un po' di servi, bestiame e ter*
reni, ma negletto ed oscuro. ' Trovano molte ruine di
monasteri in Valdemone,' e di due soli abbiam cer-
* San Luea di Demona e San Vitale di Gastronovo, dei quali or or di«
scorrerenio le \ile, presero entrambi l'abito monastico a San Filippo
d*Argira; e morirono in Calabria, Tuno il 99$, l'altro, come si suppone,
il 994. Dall' agiografla di San Vitale si scorge cbe in gioventù egli èon
altri frati dal monastero di San Filippo andò a Roma, e cbe, tornando dopo
due anni in Sicilia, visse da romito sa V Etna rimpetto l' antico suo cfaio^
stro. San Luca di Demona era uscito dallo stesso monastero il 058 o poco
prima. Però la cagione della partenza di entrambi par lo sgombero del
moimsteroy il quale rìsf»ondèrebbe a un di presso ai fatti del Valdenrene
cbe narrammo nel cap. HI di questo Libro, p. 255, seg., del volMme.
> Questo mi sembra il valore de\ tedio a^Xudct «roci^ (/a««^), Diploma
del i0^ pubblicato con versione italiana da Niccolò Buscemi, nel glordale
ecclesiasiiCa di Palermi che s' inttlolava BibHoieùa Sacra, tomo I , p. 319»
seg. Il Hartorana in ana risposta al BqsceBi, astratta dal Giwrnah di
Scien*e ec. per la Smlia, p. 30, si sforzò invano a distmggere l' attestala
ebecoDti^fi questo diploma. Il conte Ruggiero vf dice ebiaramente avere
emfBrmatò (tsr«xu/)w) le possessioni* Dunque il momistefo esisteva, e non
vWea di limctekio avaati il conquista normanno^
' Non occorre citare tatti i diplomi normanni che lo attestano In varie
guise. Fra gli altri uno del 1093 presso Pirro, Sicilia Saera, p. 1016,
|048-i05l.| — 404 —
tezza che rimanessero in pie: quel di Sant'Angelo di
Lisico, presso Brolo, i cai frati s'affrettavano a far con-
fermar dal conte Rugjgiero la proprietà dei monti, col-
line, acqae; terreni e mobili che diceano aver tenuto
sotto gli empii Saraceni; * e quel di San Filippo in
Demona, un frate del quale, vivuto fino al millecento
e cinque, affermava aver patito nel santo luogo gli
oltraggi degli Infedeli. ' Poco o nulla s' è perduto dei
documenti di tal fatta, gelosamente custoditi e rin-
novati dair ecclesiastica prudenza: donde si può argo-
mentare che alla metà deir undecime secolo,, appena
rimanesse una mezza dozzina di monasteri con frati
e di che vivere.
Né era comando di legge, uè effetto di costu-
manza generale dei Musulmani , sotto il cui do-
minio durarono e durano tante sedi vescovili e
grossi monasteri in Egitto, in Siria, nelle regioni
tra r Eufrate e il Tigri. Ma le ondate di Arabi che
irruppero in Occidente sembran pia cupide e quelle
popolazioni cristiane men tenaci nella fede e disci-
plina ecclesiastica; e il monachismo / pianta esotica
appo noi, non resse alle intemperie sì come in Oriente.
A coleste tre cagioni unite mi par da apporre il subito
pro^ che restava in pie la chiesa soltanto nel monastero di San Michele
Arcangelo in Traina.
'^Diploma del 1144 nel qnale re Roggiero accenna il decreto del
pàdroj presso Pirro, Sicilia . Saera; p. 1031. Il Martorana nella risposta
citata vuole inforsare 1* attestato; ma non può canceliare quel tenebant et
fòsndebant tempore impiorùm SaracenorUm, come tradusse il Lascari, e gli^
si' pu6: credere ancorché non si conosca V originale greco.^
* Testamento di Gregorio categumeno del monastero di San FHippo
di Demoi^a. U testo greco con altri diplomi del monastero fu pubblicato
dal Buscemi, op. cit., p. 381 a 388, e più correttamente dal Martorana,
op, cit. , p. 60 a 64 con novella versione italiana di monsignor Grispi , va-
lente ellenista siciliano, morto non è g^arl: . .
— 405 — |W8-4064.|
decadiiDQDto del Cristianesimo in Sicilia, al parche
in Affrica e Spagna, direi quasi al primo tocco del-
l'islam. Presi i beni ecclesiastici e sconfortato il clero,
ìnenomarono le sedi vescovili, crebbe Torba nei con-
venti; e la credenza delle popolazioni, non riscaldata
dalla voce del sacerdozio né dalla assiduità del cul-
to, calò a poco a poco. Ma è mestieri pur che quella
massa per propria natura mal ritenesse il calore;
poiché lo zelo dei Fedeli , chierici e laici, avrebbe alla
sua volta vivificata la gerarchia a dispetto dei gover-
nanti e della povertà, come, per esempio, avvenne
in Siria, appo i Maroniti.
11 fervore religioso non si ridestò neir ultima lotta
delle popolazioni cristiane di Sicilia (91 3-964), quando
la povertà e i pericoli allettavan poco i dignitarii
ecclesiastici a tornar dalla Calabria; ^ e il popolo, ve-
nuto alle prese con la morte, chiedea miracoli troppo
biblici. Pertanto la riputazione di santità tornò tutta
ai romiti profetizzanti, clero rivoluzionario da non
sbigottir tra quelle tempeste. Tale il Prassinachio, del
quale dicemmo, e gli altri di cui non è maraviglia se
ignoriamo i nomi, V poiché le agiografie si scriveano
nei. monasteri, non per le celle dei romiti, quando
pur sapeano scrivere. Pomate in Sicilia le armi e man-
cati i monasteri, il clero mal si riforni: quei che ne
sentiano vocazione^ passavano in Calabria dove si
parlava la stessa lingua, si trovavano spesso i ccm-
cittadini ; e la dominazione greca apria largo campo
* Sì ricordi il fatto del vescovo Leone nei 925.
* Si vegga il cap. XI del Lib. Ili, e il cap. Ili del Lib. IV, V 2U
e 261 del presente volume.
1948-4061. 1 — M& —
alla modesta pietà, alle fantasie riscaldate ed alle am^
bizioni monacali. À legger le vite dei santi di Cala*
bria in questo tempo, ognun vede che si pasceano,
come tutta la chiesa greca, delle leggende degli anti-
chi padri della Tebaide e di Siria; se non che la na-
tura occidentale rifuggiva da quelle orrende penitenze,
dalla perpetua solitudine, dalla oziosa contemplazione
che non si diffondesse in altrui. E però i ' romiti si
associavano tra loro; procacciavano seguito nelle cose
mondane. L' apice deHa virtù religiosa era la fonda-
zione d' uno , anzi di parecchi monasteri, di cui uóm
divenisse abate in vita e santo tutelare dopo la morte.
Ed a quésto aspirò e pervenne alcun riAiggito siciliano.
Correndo la prima metà del decimo secolo,
nacque a Castronovo, nel bel mezzo delle colonie mu-
sulmane e dicesi di ricchi genitori, Sergio e Crisoni-
ca, un Vitale; il quale educato nelle lettere sacre,
ma amando poco lo studio, andò a chiudersi nel Mo-
nai^tero di San Filippo d'Àrgira. Con altri frati passò
a Roma, dice lagiografia, senza aggiungere il tempo
né il perchè, ai quali noi ci possiamo apporre; e sa-
rebbe per avventura la raccontata vicenda del nove-
centosessanta, quando una man di Musulmani avesse
preso a stanziare nella patria di Diodoro Siculo ed
occupato i beni di San Filippo. Fatto per via un mi-
racoluccio a Terracina, e da Roma tornato addietro
ad un romitaggio presso Sanseverina di Calabria^ San
Vitale ripassò in Sicilia, visse d'erbe salvatiche ben
dodici anni nelle solitudini dell'Etna, in faccia del-
Tantico suo chiostro. Ripigliato alfine il cammin
della Terraferma, mutò stanza otto o nove fiate tra
— 407 — 10S»0.994.|
I
Calabria e Basilicata; s' abboccò ad Armento con San
Luca di Demona che levava grido in quelle parti; e
fatto venir di Sicilia un sao nipote per nome Elia,
fondò un monastero presso BapoUa» oye mori, come
credesi, il nove mar;zo novecentonovantaquattro. Dei
molti prodigii che gli si appongono in vita e in morte,
è da notar quello del monastero di Sant'Adriano,
dove piombati i Musulmani di Sicilia, i frati fuggi-
rono, fuorché San Vitale; cui fattosi incontro un Sara-
ceno dispettoso del non aver trovato danari né be*
stiame^ e tirato a tagliargli la testa , Vitale fé' il segno
della croce; una folgore strappò la scimitarra di mano
al barbaro e lo atterrò semivivo; se non che il SantQ
lo facea rinvenire. Trentanni dopo morte, il corpo di
San Vitale fu rubato ai monaci di Rapolla da quei fli
Turi,' il cui vescovo recosselo in città come palladio
contro gli immondi Agareni di Sicilia che tornavano
a dar<s il guasto alla Basilicata. Di cotest' agiografia,
scritta da un Greco contemporaneo, abbiam la sola
versione latina che ne fece fare alla fin del duodecimo
secolo Roberto vescovo di Tricarico; nella quale la
crìtica può sol rigettare i fatti che trapassano gli ordini
della natura, *
' Antica sede del vescovato di Tricarico.
' Presso Gaetani, ViUe Sanetonm Sicukrum, tomo III p. S6, e
presso i Bollandisti, 9 marzo, p. 06. 1 soli dati cronologici, oltre Tanno della
versione, sono la contemporaneità con San Laca di Demona, il tlioto di
GiAapano di Calabria cfae ocoorre nel raicoonto, e il nome del monastero
di Armento , il quale si sa fondato nella seconda metà del decimo secolo.
La morte septimo idus marta feria seooia faa portato ì Bollandfsti a notare
r anno 904. Si vegga anche De Meo, Annali di Napoli, tomo VI, anno 094.
I nomi dei luoghi in Calabria ove si dice soggiornato San Vitale |o rona^
Kiìggio dopo il ritorno dalla Sicilia , son Lìporaco presso Cassano , Pieir^
[950-904. 1 — 408 —
Lo stesso parrà della vita di San Luca da De-
mona, dettata da pn discepol di lai co^ semptice-
mente che i predigli cadón dassè e spicca r opera
d'un uom di questo mondo, sagace, affaticante, ani-
moso, ambiziosucoio, ma a buon fine. Si dice al
solito nato di parenti nobilissimi, Giovanni e Tbedibia;
entrato nel monastero di San Filippo d'Argira; pas-
sato di lì a Reggio, per apprendere da un Elia , ve-
nerabile romito, le discipline dei Santi Padri: ch'ai
compitava appena Tofizio, ma la pratica d'Elia e
particolare grazia del Cielo, prosegue l'agiografo^
gli apriron la mente ad ogni dottrina, fino i misteri
delle sottilità filosofiche. Lesse senza nebbia nell' av-
venire cìDb s' aspetta van di nuovo i Saraceni , stru-
mento delia vendetta celeste su la Calabria ; onde
uscito di sua spelonca si messe a predicar contro i
peccatori ; trascorse fino a Noja, dove soggiornò sette
anni in una basilica. Rincrescendogli poi V aura po-
polare, se ne andò su le sponde dell'Agri, a fabbri-
care il monastero di San Giuliano; gli raccapezzò
qualche poderetto per carità dei fedeli ; fece scompa^
rir, non si sa come, un Landolfo possessore vicino,
invidioso della prosperità dei frati ; e correndo sem-
pre incontro alla fama, ch'ei faceale viste di fuggire,
diessi ad esorcizzare demonii, a sovvenire i poverelli,
a curare i malati con impiastri e medicine, scrive l'agio-
grafo, per nascondere la virtù del miracolo. Finché,
al tempo di Niceforo imperatore, calato dalle Alpi un
feroce che si messe a depredare le città greche d'Ita-
di Roseto , Rappaco presso San Quìrìco , Misandii, Armento, SanC Adriano
presso Basidia , una cella presso Turi , e infine RapoUa.
— 409 — I050-9W 1
lia,* San Luca e saoì frati, e tra quelli lo scrittore,
ripararono ad un castello vicino. Poi vergognando di
vivere a casa de' laici, San Luca adocchiò tra le rupi
d'Armento un sito da potersi afforzare senza fatica, e
v' innalzò un altro monastero, che fu come V acropoli
d' una colonia basiliana, di tanti chiostri minori e ro-
mitaggi e cappelle, sparsi nella provincia, fondati
la più parte da San Luca, lavorandoci tn di sua mano;
dei quali lo riconobbero abate, e veramente fu capi-
tano. Perchè una volta venuti, i Musulmani di Sicilia a
dare il guasto, s'erano attendati alla pianura presso
una cappella e profanavs^nlà e scorreano i dintorni, ri-
portandone gran tratta di prigioni incatenati. San Luca
scortili dall'alto della rócca, intona i salmi ; ritto in su
la porta del chiostro fa la rassegna ; arma' i frati più
gagliardi, lascia i deboli in presidio: e con la croce
in mano, conduce il bruno stuolo sopra i nemici; i
quali si sbaragliarono, gittaron le armi al subito
assalto ed alla vista del Santo, che loro apparve
sul mitico destrier bianco, raggiiante di luce. Ma ciò
non tolga fede alla valente fazione. Con pari animo
andò girando ad assistere da medico e padre spiri-
tuale i frati della colonia, mentre ardeavi spaventosa
moria. Venuta poi di Sicilia a visitarla una sorella
sua per nome ' Caterina , madre di due altri santi
Antonio e Teodoro, fondò pressò Armento un mo-
nistero di donne. Talché salito San Luca al sommo
della fama claustrale, mori il tredici ottóbre novecento-
* Olone I, come notaron bene il Gaetan! e i BoHandisti. E però torna
al 968 0 969 nelle scorrerie che abbiamo accennato al cap. VI del presente
Libro kP* 311 del volume.
1<020-I070 1 — 410 —
novantatrè, noQ par vecchio, s'egli è véro che lo coiu-
pose Della fossa quel medesitno Saa Saba stato suo
superiore a San Filippo d'Àrgira. Del quale, né dei
xlue nipoti di Luca, non si fo memoria altrove, nò si
sa come abbiano meritato T appellazione di santi/
Similmente s' illustrò in Terraferma, e ci è noto
per gli scrìtti d'un greco di Calabria, San Filareto, del
quale accennammo nella guerra di Maniaco. Nato di
schiatta greca, forse a Traina, * mandato a scuola appo
un sacerdote, delibò degli studii quanto gli parve ab^
bastanza, dice l'agiografo : giovane frugale, mansueto,
assiduo in chiesa, aiutava a lavorare i poderetti pa*
terni e vide la liberazione e il subito precipizio dei
Cristiani di Sicilia. Perchè passata la famiglinola a
Reggio, indi a Sinopoli, e messosi col padre agli altrui
servigi! in campagna, gli strati della vita, la lontananza
dalla patria profondamente sbigottirono queir animo
tenero e malinconico. Sperando pace nel chiostro e
non sapendo lasciare il padre e la madre , egli unico
figliuolo; dopo lunga perplessità lor si fece innanzi, si
gittò ginocchioni, svelò il proponimento ; ed assenti-
togli, ruppe in lagrime baciando mani e piedi ai ge-
nitori. A venticinque anni proferi i voti nel mona-
stero di Aulina tra Seminàra e Palmi, fondato da
* Vita di San Luca di Demona^ versione dai testo greeo che sembrai
perduto, presso il Gaetanì, op. cit., tomo 11, p. 06, e presso i BoliaodisU,
13 ottobre (tomo Vi) , p. 332. Questa seconda e recente edizione è illu-
strata di erodite auDotationi. 11 sant'fiUa di Reggia primo maestro di
San Luca, fu, al dir dei Bollandisti , lo Speleote che dimorava a Melicocca
prèsso Seminàra, op. cit., p. ^33, § V. Per error di stampa nel Gaetani è
recata quest' agiografia il 13 settembre, quando yì si legge teriio idus octo'
hri$, l'anno dell' Incarnazione 993 e del mondo 6493 secondo V èra ales-
sandrina.
' Si vegga il capitolo precedente, p. 387.
— 411 — l^oao-^o7o.l
Sant'Elia di Castrogiovanni / del qaale poi solea leg*
gere assiduamente e contemplare la vita; ma né Tin-
dote i^ua, nò ìfi condizioni delle cose lo portavano ad
imitare il missionario demagogo del nono secolo. Nel*
l'adunanza dei frati solennemente gli furon vestite,
dice ragiografo, le armadure simboliche, la tunica
usbergo di carità, il. mantèllo scudo di fede, il cap-
puccio elmo di speranza, il cingolo freno contro libi*
dine ; impugnò a guisa d' asta la croce : e mutato
il nome di Filippo in Filareto, dato a tutti il bacio
fraterno, lo mossero a guardare gli armenti del mo-
nastero. Durissima vita a chi era avvezzo a qualche
agio ed un po' allo studio.* Si sobbarcò pur lietamen*
te ; fu spècchio d' obbedienza monastica, di pietà, di
buoni costumi ; e non fece miracoli mai : se non che
due anni dopo morte^ una luce che usciva dalla se-
poltura v'attirò i devoti, indi i malati; e cominciarono
le guarigioni miracolose. Era morto Filareto di cin*
quant'anni, verso il millesettanta. Un piccino, gra-
cile, dal volto ovale, scuro e pallido, dagli occhi az-
zurri e poca barba, tardo al parlare. Cosi lo dipinge
il oionaco Nilo, il quale in tutta T agiografia ora ri-
pete, or dice passar sotto silenzio i particolari che gli
avea sentito raccontare, su le cose domestiche e pub-
bliche al tempo di sua gioventù. Candide tradizioni,
su le quali il compilatore incolto una rettorica né bella
* Si veggi il Liki. n. Cip. Xil, 5i7 ù6\ primo voUirae.
' L'agiografo scl«ua: Wtn in <|uelie toIKudini il soffice letto, ia
pulita sUnaa, il tappeto, leatuoje, i bagDi« le brigate <U amici, il pan
fino, i pesoi, V dio, i condimenti, le frotte, il vino, la lettura del Vec-
chio e del Nuoto Testamento? Ma par eh' ei voglia accennare il contrasto
con la Tiu di qualche prelato di Calabria, piuttosto che con quella dt
San Filareto stesso in gioventù.
(964-4034 I 412 —
né bratta, una pietà verbosa ma non ciarlatana, che
i' una e V altra agevolmente si staccano; e ne rimane
quel buon documento storico che ci è occórso e ci
occorrerà tuttavia di citare/
Così gli scuri sembianti d'Ippolito e Prassina*
chio, Io zelo claustrale di Luca di Demona e Vitale da
Castronovo, e la rassegnazione di. Filareto rispondono
alle tre vicende principali della opinione pubblica appo
i Cristiani di Sicilia dal principio del decimo secolo alla
metà deir undecimo. Delle altre agiografie di questo
tempo, è spuria, a detta degli stessi Boliandisti, quella
di Santa Marina.* La leggenda di San Giovanni Tberì-
sta^ non regge alla critica : tanti casi da romanzo intes-
suti sopra un anacronismo.' Non meno maravigliose
e pur son verosimili e cavate in parte da buone au-^
torità, le avventure di San Simeone, che nacqua.a Si-
racusa nella seconda metà del decimo: secolo , di padre
bizantino e madre calabrese, e mori a Trevéri il : mille
trentaquattro. Soggiornò in Sicilia infìno a sette
anni, quando il padre per dovere di milizia pas*
' Vita di San Filareto, presso il Gaetani , VUcr Sanetorum Siculorum,
tomo il , p. 112, seg. ; e presso i BoilandisU 6 aprile (tomo 1), p. dOsi, seg.,
Tsrsioae d' un testo greco che sembra perduto.
' Si vegga il Gaetani , op. cit., tomo II » p. 109, che se la bevve; e 1
BoUandisti, il luglio (tomo iV) , p. 288.
s Presso il Gaetani , op. cit., tomo II, p. 107 ; e presso i Bollandistf,
24 febbraio (tomo IH), p. 479: il primo dei quali lo fa morire il lOS^; e I
secóndi il 1129. Figliuolo d*.un conte calabrese che fu ucciso nelle scoitene
dei Musulmani di Sicilia, nacque in Palermo dalla madre condotta In schia-
vitù , e sposata da un Musulmano ; andò in Calabria a batteuarsl e trovare
i tesori nascosi del padre; si fece monaco sotto SanNiló{morto il 998), operò
In vita molti miracoli,^ e morendo risanò d* un' ulcera Ruggiero Guiscardo
nipote di Roberto , il quale die in merito grandissimi beni al monastero.
Questo Ruggiero Guiscardo, che la storia non. conosce, questo sbalzo dalla
Une del X alla fine dell' XI secolo, convengon bene alle avventóre favolose
che abbiamo appena accennate.
— 413 — [964-1051.1
sava a Costantinopoli, dice la leggenda; e però
sembra soldato fatto prigione nella guerra di Ma-
nuele Foca , liberato per riscatto. Forse il parlare
arabico che il fenciuUo avea appreso in Sicilia, lo
spinse, fatti ch'ebbe gli studii in Costantinopoli, ad
andare a Gerusalemme : ove s' infiammò delle geste
dei padri del deserto, volle vivere or frate ora ro-
mito a Betlem, al Giordano, al Sinai, in una grotta
del Mare Rosso ; la comunità del Sinai poi mandoUo
a riscuotere le grosse limosino che le solea porgere
Riccardo conte ^i Normandia. Così venne a Rouen,
dove trovando morto Riccardo (1 Ó26) e gretto il suc-
cessore, passò a Treveri; ed acconciatosi con T arci-
vescovo, mostrò a que' buoni Tedeschi esempio di pe-
nitenza orientale, chiudendosi tutto solo nella vecchia
torre di Porta Negra, ritrovo dei dimonii. Gli assalti,
dei quali per tanti anni, di e notte, respinse con sue
preci ; e si comprende. Ma dopo una inondazione che
disertò il paese , accorsa la plebe co' sassi in mano
chiamando a morte il frate incantatore della torre,
Simeone non se ne mosse più che dei dimonii : pro-
segui a recitar V ofizio tanto che i preti racchetarono
quel furore. Dopo morte preti e plebe a gara gli at-
tribuirono miracoli. Di certo col dir eh' ei facea. delle
calamità di Terrasanta, e con quel suo strano tener
di vita in Normandia e in Germania, Simeone da
Siracusa fu un dei mille mantici della Crociata. ^
* La vita di San Simeone da Siracusa fu scrilta per ordioe dell' arci-
teseovo di Treveri da an Eberwio abate de! monastero di Sao Martino, il
quale avea praticato con Simeone nella torre e l'aveva assistito a morte.
Si vegga presso ilGaetani, YìIìb Sanctorum Siculorumf tomo II, p. 101; o
Dal detto fin qui si vede che il Cristianesimo si
ristriose e rattiepidì in Sicilia sotto la dominazione
masalmana; ma non ne venne a mancare giammai^
la credenza né il culto palese. L'attesta un autore
arabo dell' undecime secolo, con dir preciso che
"s'eran fatti musulmani la più parte degli abitatori.*'*
Che se Urbano secondo, nella bolla del millenovanta-
tré, lamentava la religione spenta neir isola per tre
secoli, non volea significar altro ebe la misera con-'
dizione dalla Chiesa siciliana e il picciol numero
dei Fedeli, se tali pur gli pareano quei di rito greco/
Sembra privo d'ogni fondamento il supposto che
i Cristiani di Sicilia al conquisto normanno fossero i
meglio presso i Bollandlsti , I giugno, p. 87, seg. Si riscòotrila Cronica di
Sigeberlù, anno 1010, presso il Pertz» Scnptores, tomo VII, p. 88S.
1 Si cominci dai Cristiatii cbe compiangeano i prigioni di Siracu-
sa (878) nelle strade di Palermo, Lib. If, cap. IX, p.408 del primo volame; 8l
scenda via via nei X secolo ai-paui di Basan in R^gio, alla gaerradi Taor-
mina e Ramelta, al segretirio cristiano d' Abu-1-Kdsim , Lib. IV, cap. il»,
in , Vi, p. 247, 357 e 3M di questo volarne; e si arrivi nel presente ca-*
pitolo ai fatti dell' XI secolo , e si vedrà durar sempre il cristianesimo.
Di questa opinione sono stati quasi tutti gli scrittori delle cose ecele-
siasticbe di Sicilia, come si può vedere del Mongitore, Oputeoli d'Autori
Siciliani, tomo VII, p. 119, seg. Il Di Gregorio tenoa la stessa aesteBss,
Consideraiioni su la storia di Sicilia , lib. I , cap. I.
La seatenaa contraria è stata di recente sostenuta dal Marto'rana, Ab-
tiiie Storiche dei Saraceni Siciliani, tomo II , p. 43 a 75; al quale rispose il
sacerdote Niccolò Buscemi, Biblioteca Sacra per la Sicilia , (Palermo 1852),
voi. 1, p. 195 seg., 373 seg;., ed egli replicò in varii articoli del domale di
Scien%e e Lettere per la Sicilia del 1834, raccolti poi in an volumetto^
p. 17 seg., 133 seg. Io bo citato di sopra alcuni documenti allegati dairnno
e dall' altro, e , com' è naturale, ho tenmo presenil le ragioi^ pm e cen-
tra , ma non posso qnl esaminarle partitamente. , .
' Nel Uo'gem-el'Boldàn di Jakùt, Biblioteca^arabo-sicula , testo,
p. HI.
' Presso Pirro, Sicilia Saera, p. 617, nella notìzia della Chiesa. sira-
cusana, n comento si trova non solo nei fatti che abbiamo esposto, m^
anche in un diploma di re Ruggiero dato il 6612 (1134), il quale attesU la
sollecitudine del padre a liberare dagli Agareni la Sicilia e t suoi abitatori
erislianiì presso Pirro , p. 975.
— 415 — ^ [827-^001 I
venuti al tempo di Maniace, poiché questi condasse
soldati, non coloni; e i soldati, come si è dettò, dod
tardarono a ripassare in Terraferma. ^
All'incontro la libertà del culto si deve intendere
entro i limiti osservati in generale negli Stati musul-
mani ; * senza persecuzione o par insolito rigore, di
che non v'ha alcun indizio in Sicilia dal principio
alla fine della dominazione musulmaba. Ma va messo
in fórse, come affermazióne di cronica moderna e zeppa
di errori , che uà principe musulmano dell' isola ac-
cordasse ai Cristiani di celebrare pubblicamente gli
oficii divini e recare V eucaristia ai moribondi. ' Va
rigettata ritondamente la istituzione d' una confra-
ternita nella chiesa di San Michele del monistero
d^lle Naupactitesse in Palermo, Fanno mille e qua-
rantotto, nella quale fossero ordinate processioni ogni
mese e festa annuale ed esequie solenni dei con-
' Questo supposto è del Marlorana, Noli%ie giartche, tomo H, p. 68
a 73;. il quale oon so se v| sia stato condotto dal Rampoldi che sognò una
tregua di tre anni tra i Musulmani e i Bizantini di Sicilia, dopo la partenza
di Maniace. Si vegga la risposta del Martorana , p. 16, nota. Il Martorana
cadde in errore» credendo che V appellazione di Greci, sV frequente in Sicilia
nello Xi e XII secolo, tion dinotasse i Siciliani di linguaggio greco, mane*
cessariamente si dovesse riferire a gente venuta di fresco dalle province
bizantilio.
' SI vegga il Lib. Il, cap. XU, p. 476 seg. del primo volume.
^ Questa cronica in forma di lettera di Fra Corrado , priore del con-
iFe^to dlomenicano di Santa Caterina in Palermo, ha una data che risponde
al i290. Si vegga presso Caruso, Bibliolheea Histwka regni SìcUUb,
tomo I, p. 47, questo calliv» compendio di fatti dal 1097 al 1283, del
quale non eonosciam tutte le sorgenti ed alcuna si potrebbe supporre ver-
sione inesauissima dall' arabico. Olire gli errori madornali su i faitti e 1
nomi , vi si nota V anacronismo d*un secolo nella scorreria dello spagnuolo
Meimùn4bn^haDia in Sicilia, ob'è messa il 1037 in vece del XII secolo.
In ogni modo, ancorcbè la stòria sembri più tosto alterata da errori di
compilazione odi copia che falsata a disino, non st può ^re alcuno asse-
gnamento su r attestato di Fra Corrado.
1827-4001.1 — 416 —
fratelli jDOrti. lì diploma di rinnovazione di quegli an-
tichi statuti, che è serbato neir archivio della cappella
palatina di Palermo, non fa menzione della città, uè
il nome topografico che vi occorre* appartiene a Pa-
lermo né ad altra terra di Sicilia. Anzi le pregliiere
da farsi per gli « ortodossi imperatori e il santis^
Simo patriarca e metropolitano » mostrano che il paese
ubbidisse air impero bizantino. Forse Bari o altra
città deir Italia meridionale , dove nelle guerre di re
Ruggiero qualche capitano bibliofilo die di piglio a
questo ruolo di pergamena in capo al quale vedea
luccicare una Madomaetta bizantina su fondo d'oro.*
« Cirio.
* La versione latina di questo diploma fa pubblicata dal Df Giovanni,
Codex Sicilia diplomalioui, no CGXCVUl, p. 347; il testo greco dal Morto,
Palermo arUico, p. 32 1, 6 dal Garofalo, nel Tabularium,^. captilo^ coUt"
yiattR.,.. in regio panormitano palatio, p. I , seg.; e tutti han credutosi
trattasse d*una confraternita in Palermo; massime il Morso, il quale vi
fabbricò sopra la strana conghieltura da noi accennata nel cap. V del
IH Libro, p. 298 di questo voi. in nota.
' Ma quella preghiera pel patriarca e per gli imperatori (6a«iXcMv) mal
conveniva ad un corpo morale esistente in Palermo neirxi e Xli secolo.
Il Martorana, Noti%ie ec, tomo If , p. 219, pensò doversi riferire la fon-
dazione ai Greci bizantini ch*ei suppone oceupatori di Palermo nella guerra
di Maniaco; e mise anco in forse Inautenticità del diploma. Il Moriillaro
in un* aspra critica contro Garofalo, Opere i tornali, p. 67, seg. , rincalzò
cotesto sospetto.
A me non par luogo di credere apocrife la pergamena; mantengo
certo cbe la confraternita delle liaupactitesse non sia stala mai in Pa-
lermo. Dapprima i nomi dei confratelli sottoscritti , greci la più parte , mi
avean fatto pensare ad alcuna delle città ed isole di Grecia assalite dai Nor-
manni di Sicilia; ma consultatone M. Hase, ha notato che tra quo' nomi
Te n'abbia di forma italiana, e cbe il nome di un Rugjpero .Nanainà ci
richiami alla Puglia. Però debbo alP autorità del maestro il pensiero
che seguo nel testo. Aggiungo che la voce imperatori, al plurale, fa cre-
dere rinnovati gli statuti mentre Sedea più d*uno sul trono di Costantino-
poli; e ciò, dopo il 1048 data del primo diploma «stornerebbe al regno di
Costantino Duca (1060-^7) , il quale si associò i figliuoli , o di quesU e della
madre (1068) ; e sarel^be appunto.prima della occupazione di Bari per Ro-
berto Guiscardo. i
^
— 417 — |I040|
CAPITOLO XII. *
Siam pervenuti adesso al tratto piìi oscuro di
queste istorie. D^po la esaltazione dèir emiro lùsuf
gli annali arabici della Sicilia cambiano stile; le sor-
genti impoveriscono ; e pur si tien dietro al racconto
sino alla occupazione di Moezz. ' La guerra di Ma-
niaco, passata sotto silenzio dai Musulmani, ^i ritrae
tanto o quanto dai nemici loro. Ma nei venti anni
• *■ Ibn-el-Albtr dà i fatti in ordine cronologico infino agli armamenU dei
bizantini, il 416 (cap. IX di questo Libro a p. 365 del volume) ; e indi salta
ail 484 raccogliendo in nn capitolo ttitti gli avvenimenti dalla abdicazione
di lùsuf^ il 388 (998), al compiuto conquisto dei Normanni (1091) ; nel cfuale
capitolo la data e' particolari scarsegglanoi da lùsuf alla occupazione di Moezz
(K)37), e mancano ai tutto d' allora infine alla chiamata dei Normanni (1080).
Òr appunto alla fine del X secolo, cioè al tempo di lùsuf, giugno la cronica
d^Ibn-Rektk (Introduzione, p^. xkxvii del primo volume). Ibn-Resclk
supplì forse i >prirai qnarant*anni deirXI secolo, ibid. I cenni sn la seconda
metà sembrano cavati da Abu-Salt-I-Omeìa o da Ibn-Sceddàd (Introduzione»
p. xxxviii), i quali scrivendo nel XII secolo, quando era giù la domina-
ziìone musulmana di Sicilia, o non conobbero o non vollero raccontare
tutti i particolari delia caduta.
Questo concetta si conferma a legger Abulfeda , Nowairi e Ìbn-Kbal'
dùn. Dei quali si vede jnanifestamente la stessa lacuna , ancorché non ab-
biàn sempre copiato o compendiato Ibn-el-Atb!r, ed abbiano avuto in
originale alcune sorgenti. Abulfeda muta un po' la divisione della materia.
D* un^to ei dà nell'anno 336 tutta la storia degli emiri kelbiti di Sicilia»
trascritta da un autore eh* è al certo Ibn-Sceddàd : capitolo aggiunto dopo
la prima copia o edizione, poich* è scritto di. mano d* Abulfeda stessb in
margine del MS. di Parigi, Suppl. Arabe, 75Ò. Poi nel 484 fa un capitolo
comprendiate, cornee! pare, sopra ibn-el-Atb!r, dov'ei viene a ripetere
alcnùr fiitti del capitolo del ^36, non avendo badato a cancellarli quando
aggiunse^ lo squarcio d'Ibn-Scedd&d. Novrairi e Ibn-Kbaldùn, dividendo
loro storie generali per dominazioni , non per anni , fanno capitoli apposta
su le cose di Sicilia; ma vi allogano gli stessi fiitti d* lbn-eI*-Athtr, più a
meno particolareggiati e sempre interrotti nei periodo ohe notammo.
Tutti .par abbiano inorato le stprie .particolari della Sicilia scritte da
Ibn-Kattà' e da Abn-Alt-Hasai^ (lotroduzion^, p. xxxvii, n^ I, V). .
II. 27
H040.1 — 418 —
che córsero tra la cacciata dei Moezziani e la scon-
fitta d' Iba-Thimna , il nesso degli avvenimenti si
spezza; appena v'ha un cenno dell'anarchia seguita in
Sicilia, e più lungo racconto dell'ingiuria diMeimùna
che affrettò F ultima catastrofe. Le notizie biografiche
degli uomini di lettere » ancorché abbondino in quel
tempo, dan poco lume ^u la storia politica. E forza
dupque aiutarci a conghietture ; adoprare spesso
quella forma dubitativa si spiacente nella storia, si
audacemente scansata dai inaestrì antichi , per amor
deirarte. ^
Spento Àkha), rimasa la Sicilia ad arbitrio d' Abd-
Àllah-ibn-Moezz, ed assalita al medesimo tempo da
ManiacO; non è dubbio che Moezz, per difendere il
nuovo acquisto v' abbia mandato d' Affrica quante
forze ei poteja. Torme di Berberi, dunque, amiche e
non amiche a casa ztrita, adescate con un po' di de-
naro e molte speranze; masnadieri senza disciplina, di
quei che dieci anni dopo, assaliti in casa loro dagli
Arabi d'oltre Nilo, spulezzarono trentamila contro tre-
mila alla prima battaglia. * Non fecero miglior prova
nella giornata di Traina, mescolati coti gli Arabi di Si-
cilia, ch'eran tratti a forza, e lor cominciava a puzzare
la dominazione affricana. La strana fuga d'4bd-Allah
di fianco verso là marina e indi per nave a Palermo,
dimostra l'esercito,^ non che scompigliato, ammutina-
to, minacciante l'infelice capitano. Senza ciò, pe^ co-
dardo e inesperto che fosse costui, spronava per la
* Nel 1052. Si vegga Ibn-Ebdldùn, m$toire des Berbera, versione di
M. Desiane, tomo I, p. 54,35; é Ibo-el-Atbìr) MS. (^ tomo V/fog. 8lirer-
80, e 82 recto , che particolareggia motto più i fatti.
— • 419 — [1040 1
più corta alla capitale, con la speranza di rannodare
le genti, in tre o quattro giornate di cammino tra ca-
stella e luoghi fortissimi per natura.
Scoppiaron al certo dopo la rotta di Traina nelle
milizie siciliane, nella cittadinanza di Palermo e d'al-
tri luoghi del Val di Mazara, le querele che gli annali
arabici portan dopo la morte di Akhal, senza Tappunto
del tempo, luogo e causa prossima;* ma Vha quella
stampa di costernazione d'un popolo che vegga il su-
Hsso. Altercavano i Musulmani di Sicilia, avversarii
e partigiani di Moezz, rinfacciandosi recìprocanlente:
"Voleste mettervi in casa gli stranieri 1 Per dio! che
rè finita bella:' ecco il fruito dell'opera vostra!"* E
pentiti gli uni e gli altri, si univano ai danni d' Abd-
Allah. Si venne al sangue in Palermo, col presidio
o con alcuna 'schiera leale che tornasse di Traina : il
figliuolo di Moezz, perduti ottocent' uomini ' nella
zuffa, si gittò coi rimagnenti su Tarmata; é scampò
in Affrica. I sollevati rifecero emiro Basan, sopranno-
minato . Simsdm o Sirnsàm-^ed-Dawla ( Brando del-
rimpero), fratello di Akhal;* forse quel desso che
< Sapendosi di certo dagli adtòrf crisliani che lo sconfìtto a Traina
fu Abd->Allali-ibn-Moezi, il tumulto che lo cacciò avvenne, di necessità
dopo là battaglia, non immediatamente dopo la uccisione di Akhal.
s Traduco quasi litteralmente da Ibn^^UAtfaìr dove si legge 'Per dio
la fine deirepera vostra , ec. ; * là qual voce fa supporre un recente e grave
caso.
' Alcuni autori portan trecento; ma è differenza di copia, potendosi
scambiare lacilmente le due voci arabiche che signiBcano quei due numeri.
Qual dei due sia il vero qoì so*
* Si riscontrino : Ibn^l-Atbtr, anno 484, MS. C, tomo V, fog. 109, recto,
seg.; Abulfeda« AnnaUs Moskmici, stesso anno, .tomo III, p. 274, seg.;
NÒwàIri, presso Di 6regorio, op. cit., p. 23; IbnrKhMtLxt ^ Hktoire de
VAftique et de la Sieile, p. 181 ; Ibn-Abi-pindr , MS. , fog. 37 yerso, seg»
Questa ultimo è il solo che aggiunga il compimento ed-dawla al soprannome
Simsdm e mi sembra però più corretto.
[1040*1032 1 — 420 —
cinque anni iananzi s'era ribellato coi Siciliani, con-
tro il fratello.
A salto a salto, gli annali arabici continiianp
dopo la esaltazione di Simsàm, che la Sicilia si scon-
quassò; ch'uomini di vii condizione, di qua, di là,
détter di piglio al comando. * Il Kàid Abd-AIlah-ibn^
Menkùt s'insignoriva di Trapani, Marsala, Mazara,
Sciacca e di tutta le pianure occidentali; il Kàid Àli-
ibn-Ni'ma, soprannominato Ibn-Hawwàsci, di Girgentt,
Castrógiovanni e Castronovo con lor distretti. ' La co-
' Si riscontrino: Ibn-el-Allilr, Abulfeda,' e IbD-KbaldOn, 11. cc.,i
quali copiano con varianii unico testo. Nowairi, 1. e, non dice degli
uomini di villssima condizione. E forse copiando come gli altri, saltò
quelle parole perchè gli parvero contraddittorie al fatto trovato nei mede-
simo testo, 0 altrove, e dato da Ini solo; cioè il governo degli Sceikbi in
Palermo. Abulfeda, in fin del capitolo su ì Kelbiti eh* ei trascrive da Ibn-^
Scedd&d, dice che s* impadronirono delia Sicilia i Khareqji, ossia ribelli.
' Si riscontrino: Ibn-el-Atbtr, Abulfeda, Ibn-Khaldùn e Nowairì^ ll.cc.
I primi tre aggiungonal novero dei regoli Ibn-Tbìmna; ma Now^iri, eh* è
il più diligente di tutti in questo periodo, dice costui surto appresso : e ciò
si accorda meglio con gli altri fatti;
Ibn-MenkOt sembra di schiatta arabica. Questo nome che in uà sol
MS. di Nowairi si legge con la variante. Melkùt, non può essere diverso
da queir IbU'-Menkud da cui si addomandò un castello appunto in Val di
Mazara, ricordato da Edrisi, presso Di Gregorio, Rerum Àrabiearum,
p. 119 della versione latida. Nacque di certo della famiglia e probabil-
mente fu predepessore d* un K&id A'bù-Mohammed-Hasan-^ibn-Omar-ibn-
Menkùd, poeta siciliano ricordato da Im&d-ed-dtn nella JTAartda, MS. di
Parigi, Ancien Fonda, 1375, fpg. 45 recto. tJn Kaid Abd-Aliah-ibn-Men-
kCkt, della stessa tribù e forse della stessa famiglia, gì vede alla corte di
Tamim, principe zìrita di Mehdia, il 481 (1088^9) presso Ìbn-^l^Ath!r,
MS. C, tomo V , fog. 106 verso , con la variante Menkùr nel Baidn , tomo I,
Jp, SlO.del testo arabico. E con le varianti Metkùd, Medkùr, si trova lo
stesso nome in AJQfrica nel XIll secolo presso Ibn-Kbaldùn, Histoire de$
Berbères, versione di M. De Slane, tomo 11, p..l03, 222. Le dette va-
rianti sbn dei copisti, né montano. Quella tra Menkùt e Menkùd potrebbe
venir dal suono similìssimo.che hamio quelle due lettere finali nella prò-
* ' ■ ' . '
nunzia degli Arabi. Infine è dai avvertirà che 1* Una e 1* altr^ voce ha si-
gnificalo in arabico.
Quanto ad Ibn-Hawwàsci (le ultime tre lettere corrispondenti, al eh
francese e sh inglese), questo nome si legge anche Hawfts e Qiawàs^ e li
— 421 — Hwo- 1032.1
stiera settentrionale €i Y orientale, oh' abl)andonaron
ultima i Bizantini, par abbian seguita la sorte di Pa-
lermo; ^ ae non che il Kdid Ibn-Meklàti occupò Ca-
tania qualche anno appresso. ' La capitale si resse a
nomedi*Simsàm; poi lo cacciò via; e gli sceikhi, ch'è
a dir^ i notabili municipali, presero lo stato.* Questo
fu il primo periodo dell' anarchia, cominciato con la
cacciata di Abd-Allah-ibn Moezz il quattroòentotren-
tuno (22 settembre 1 039 a 9 settembre 4040), chiuso
con la deposizione di Sims&m, com'è' pare, l'anno
quattrocentoquarantaquattro ( 2 maggio 1 052 a
credo errori di copie. ITauni^dfct significherebbe "Tagitatore, il demagogo,"
e ben converrebbe a quegli cl\e Ibn-^Tbimna diceva appo i Tforonanni
'servo suo rivoltalo ' (Leone d* Ostia ^ llb. Ili, cap. 45^ un che umut h
peuple et lo chaeerentde la ette et U fist amirai (Amato, llb. V., cap. 8).
£ da avvertire infine che in Ibn-Kbaldùn leggiamo Abd-Allab-ibn-
Haww&sci signor di Mazara e Trapani, e non si vede il nome di Ali-ibn-Ni*ma»
né si parla di Castrogiovanni e Girgenti. Viene probabilmente da un rigo
saltato nella copia in questo modo : " a Ma^ra e Trapani Abd-AUab-ibn-
Menkùt ed a Castrogiovanni il/t-tÌ6n-ÌVrma detto J6n-Haww&sci ec. *
' Ali* assalto dei Normanni, il 1062, era venuto in soccorso di Messina
il navilio palermitano. Diremo a suo luogo del navilio del principe di Sicilia
che si trovò il 445 (1053^) a Susa nvoltaU contro gli Zìriti.
s Nel due H^S. di Nowalri si trova Kel&bi e MekI&bi, ma ìa giusta
lezione data da Ibn-Khaldùn è Meklàti, che differisce jdall* ultima pei punti
diacritici d* una sola lettera, e dalla prima per questi e per un picclol nodo
che segna la m, e che faciliàente sfugge alla vista in una scrittura fretto*
Iosa. D'altronde Ibn, o Ben, Mekiftti, risponde al Benneclerus di Mala-
terra (lib. Il, cap, 2, 3), il quale scrisse probabilmente Benmecletut.
Nella i:/i(ir<da d' imftd-ed-din , MS. di F'arigi, Ancien Fonda, 1375,
fog. 36 terso, abbiamo tre lamentevoli versi del poeta siciliano, il K&id
Abu^l-Potùb figliuolo del Kàid Bedi^ (o Bodeir) Sened-ed-^awla, Ibn-
Hfeklftti òiambelian del sultano. Trovandosi nel capitolo tolto da ibn-
Kattft^' gradito e filologo siciliano che morì nel principio del XII secolo,
Bedìr o Hfigliuolo è. probabilmente il signor di Catania, il sultano dèi quale
egli si intitolò flagtfr , (ciambellano) poi soprannome di * Base dell* impero,*
pare SImsàm, che in sua misera condizione tenesse corte e desse titoli.
In ogni modo Meklàta era tribù berbera e forse ramo di Kotlma,
come ti legge Jn Ibn-KbaldOn, Hiftoire des Berbères, versione dì M. De
Slane, tomo 1 , p. 173, 227 , 294, e tomo II, p. 257.
' Nowairi, I. e. GII altri tacciono questo fatto importante.
11040-4052.) — 422 —
21 aprile 1053) che una cronologìa assegna a ter-
mine 46lla ìdinastia kelbita di Sicilia. '
Si narra che nel medesimo tempo, V anno al
giusto non sappiamo, combattuta Malta dai Bizantini,
ridotti i Musulmani a tale^ che il tiemico volea*da loro
tutte le facoltà e le donne; ràgunaronsi ,« consiglerà*
rono il numero degli schiavi ecceder quello degli uo-
mini liberi ; e trassero Y ultimo dado. Profferiscono
alli schiavi T emancipazione e il partaggio dei beni,
s'è' vogliono armarsi coi padroni e tutti insieme vin^-
cere e godersi la libertà, o morire. A che assentendo
gli Schiavi, gli uni e gli altri in una ^ola £eJange fe-
cero impeto su i Bizantini; li ruppero e cacciarono
dair isola: e dopo la vittoria si compiè la riforma pro-
méssa ; il nuovo popolò di Malta si ordinò con sì bella
concordia, e indi tanta forza in picciola massa, che
i Cristiani non osarono assalirlo mai più. Scrivea cosi
un contemporaneo; al quale si potrebbe credere
cotesto esempio di felice prudenza senza accettarne
tutti i particolari. I nemici erano al certo schiera
spiccata dair esercito di Maniace. Il partito fu preso
pubblicamente quando i bizantini occupate le caìupa-
gne di Malta strignessero d' assedio la città ; o piut-
tosto nacque in una cospirazione dèi Musulmani, sog-
^ Hagi*Kbalfa , compilatore assai mo^erao, è il solo che porU questa
data Del I'afcti;tm-e/-reuNSHilcA (Cronologia)^, edisione di GostaDtinopoli ,
p. 60. Pur si adatta |>eDissiiDO io mezzo aqnel tratto di venti anni* che gli
^knnalistì lasciano si oscuro. S' aggiunga ,che Ibnnel-Athlr, Àbulfeda e
Nowairi , i quali non scrivono la data delia elezione né della deposi^one
di Simsàm,^ pongono appunto nel 444(1052-53) il primo passaggio dei
Normanni con Ibn-Thìmna, che seguì nove anni dopa (1061). Sembra
dunque che le croniche lette da loro abbiano confuso la caduta dei Kelbiti
con la chiamata dei Normanni. Ibn-Kbaldùn s' allontana da ogni probabi-
lità , dando Sims&m cacciato di Palermo e poi uccisa il 431 (t030-40).
— 423 — 14040-40521
gipgati móanzi il mille quaranta, e sollevattsi ap<
presso, ad esempio della Sicilia. ^
Dove la; caceiata dei Bizantini avea dato anco
la pint9 éir ordine sociale ingiusto e mal fei'mo, surto
dal conquisto, musulmano; ma ni&ir isola piccina, Io si
racconciò i)atriarcalmente con una riforma; neir isola
grande gli éleiùenti più complicati, diverbi secondo
le regioni ed aizzati già dalla guerra civile, non
potendo accordarsi, scissero il paese in più Stati.
À misura che sgombravano i Bizantini , ) i Musul-
mani sottentrarono confusamente. Qui la moltitudine
occupò senza trar colpo il castello afforzato e poscia
abbandonato dal Qemico; là avventossi contro picciol
pi;esidio e fecelo in pezzi; a tal ajtro luogo corse
una frotta di disertori berberi dell' esercito di Moezz,
o uno stuolo di giund siciliana con la bandiera di Sim-
sàm o senza. Cosi dobbiamo affigurarci il racquisto
della più parte delF isola, che i Musulmani credean
fare di propria virtù, ed era la stoltéziza della corte
bizantina, la quale gittò in carcere Maniaco ; era la
mente d'Àrdoino e la spada delle compagnie italiane e
normanpe che sbarattayano le schiere greche, come
ripassavano il Faro ad una ad una. I legami tra ca-
pitale ^ province spezzati dalla^ occupazione bizanti-
na ; quei degli antichi Musulmani coi nuovi, ossia dei
nobili coi popolani, spezzati dalle arti d'Akbal e dal
' CosmograQa 4i Kazwtni, in^tolata Athàr^l^BUàd , testo arabico,
p/ 383. Q compilatore che visse nel XIII sècolo ,- dice avvenuto il caso
dopo il 440 (15 giugno 1048 a 5 giugno 1049). Il cronista di cui trascrive
le parol^ wa non dà il nóme, fii al eerto cont0aiponineo , perebè visse
avanti roccapaùone normanna dei 1091. Forse Abu-rAJt«Hè$aa tintore
d* una storia di Sicilia , citato altrove da Kaiwini.
11040-10521 . — 424 —
mutare e riputare igiund j^er sei anni continui/ le
plebi corse alle armi, fatte conquistatrici ciascuna
dassè ; i corpi franchi di Berberi ; la rabbia di Sici-
liani ed Affricani ridesta necessariamente quando fa
scosso il giogo ztrita; quello scompaginsùnento so-
ciale; queirautorità monarcbica rimessa su in un tu-
multo senza forze proprie né entrate, togtieano ai Kel-
biti ogni modo di rassettare la cosa pubblica. La scon-
fitta di Simsàm, o certo della esercito sotto le mura
di Messina/ dileguò la speranza se alcuna ne rima-
nea. L'emiro che i Bizantini dicono ucciso, e per sua
sventura noi fu, perde allora il solo dritto òhe dà co-
mando nelle rivoluzioni. Che sperar, che temere di
lui? Lo stormo delli sbaragliati si sparpagliò per tu/la
r isola : ognuno s' acòonciò in casa propria p neil'^ al-
trui, non essendovi forza maggiora che lo respin-
gesse. Questo significano in loro stile gli annali ara-
bici, dei quali abbiam dato il tenore.
Come in natura ogni più strano disordine è
ordinato in sé stesso secondo le eterpe leggi della
materia , cosi in quel ribollir di tutte le genti <;he al-
tre vicende avean cacciato insieme in Sicilia, nacquero
vani grumi: e ciascuno fece uno stato; e in ciascuno
si scopre T affinità degli elementi che gli davano prin-
cipio. Lo stato del centro, di cui fu capitale Castro^-
giovannt, erano territorii agricoli fatti da lunghissimo
tempo musulmani; si che v'era accaduta la vicenda
del menomarsi la nobiltà militare, dileguarsi i vas-
' Prima da AkbaI ; poi daUe dae parti nella guerra eivile e in nitimo
da Abd-AIlah-ibn-Moezz. Noi dicono gli annalisti, ma non cade in dubbio.
* Si vegga il cap. X di questo Libro, p. 9d5, 391.
— 425 — |io4o-ios2|
salii, cristiani e crescere i popolani dèli antica schiatta;
la parte Siciliaìia come si era chiamata in princifHO
dalla guerra civile. Ónde vi prevalsero que' che le
croniche appellano uomini di vii condizione^ finché un
se ne fece signore: Ibn-Hawwasci / ''IL Demagogo,"
schiavo, 0 liberto plebeo/ Questo statò vincea di
potenza ogiu , altro dell' isola; come si vedrà negli
avvenimenti che seguono t)ér quarant' anni. Ibn-
Menkùt, messo negli annali a capolista degli uomini
ignobili che vengon su nella rivoluzione , comanda
nella punta occidentale, paese marittimo, sede di an-
tiche colonie arabiche e però di molta cittadinanza
d' orìgine musulmana. Quivi la popolazione sta, o ten-
tenna, tra le due fazioni affrìcana e ciciliana, o vogliam
dir nobile e plebea: onde v'ha poco divario con la
cittadinanza palermitana; e non guari dopo sparisce
qiiésto stato d' Ibn-Menkùt, attirato da Palermo o da
Gastrogioyanni. Palermo fa parte dassè. La costiera
orientale ,^<abitjata la più parte da vassalli cristiani,
obbedisce a ^imsàm e poscia al capo della nobiltà ,*
e veggiama i nobili prevalere nella più illustre città
di quelle parti;' e Ja seconda ch"^ era Catania, tenersi
pria dal condottiero berbero Ibn-Meklàti ,, ma sotto-
mettersi al signor di tutta la regione orientale. In vero
Ibn-Meklàti, con qùé'suoi titoli di ''Base dell'Impero*
e ciambellan del Sultano, rassomiglia a governatore di
provincia per Simsàm.^Guerrier di ventura, sia delle
e * Lìtteralmeote significa * Il figlio del Demagogo. * Là citaiione è a
p. 420, nota 2.
' Si veg^a il cap. XV del presente Libro.
' À^ Siracusa, come si scorge dalie poesie d* Ibp-Hamd!s.
* Si vegga la nota 2, p. 421.
[4040-1052.] — 426 —
antiche colonie berbere, sia diseffore deir esercito
moezziano , cacciatosi tra le turbolenze della «Subita,
salito in fovor della corte ; dopo il naofragio della
qaale si provò ad afferrare la tavola cb' avèa presso.
Le divisioni tornano dunque a tre : nobiltà militare,
popolo delle province, e cittadinanza della. capitale.
Avendo dettò abbastanza delle du^ prime,* ci
rimane ad investigar gli umori di parte in Palermo.
Ab antico, vi prevalse come notammo,* la nobiltà,
cui seguivano docilmente popolo e plebe difendendo
le franchigie coloniali^ Crésciuto il popolo di'nuoiero,
facoltà e lumi, gli rincrebbe la licenza aristocratica ;
applaudì al primo emir kelbita che la raffrenava : la
gemà\ nella quale veniano mancando i nobili proscritti
e sottentravano i giuristi popolaiu, tendea, come un
tempo quella di Kairew&n, alla costituzióne dei primi
califi sotto un principe elettivo ; quella via di mezio
di libertà, che la turbolenta schiatta arabica smarrì io
brev'ora e non potè ritrovarla n^ai più. Quando la di&*
cordia tra nobili e popolo fu matura, quai^d'Akhal mutò
la base del principato dal popolo nei nobili» si parteg*
giò forse nella capitale, ov* eràn ambo gli elementi, e
il popolare eh* era il piiì forte prevalse : come il mostra-
no quelle soldatesche chiamate dal principe, qneiràs-
secKodi ch'egli fu stretto nella Kbalesa, eh' è a dir la
Metropoli rivolta contro la cittadella che t Fatemiti
le avean piantato in seno. Palermo ubbidì al figliuolo
di Moezz per difender lo stato dai Bizantini ; lo scac-
ciò quando s' accorse che sapeva opprimere ma non
' Si Tegga il capitolo IX di questo Libro, p*. 575 del ▼olome.
' Si vegga il Lib. Ili , cap. VUI e X, p. i46 seg., e 348 seg., di questo
volume.
— 427 — [4<M0-IO$2.|
' - * * '
dìTendere ; e ristorò il principato kélbita sola ancoi^
di salvezza in quella tempesta. La^emd' di Palermo
par abbia tenuto il cammin dritto, mentre guazza*
vano neir anarchia le altre popolazioni a ponente dal
Salso : contadini e cittadini delle città minori, dove
sogliono essere più stizzose le ire, più procaci gli uo-
mini rozzi, men chiaH alla vista gli interessi pub-
blici. In particolare vi 6i dovea coltivar meno lo studio
del dritto che Racchiude ogni idea politica dei Musulr
maiii; ^ e la schiatta siciliana, assai meno mescolata
coù l'arabica, le si dovea mostrare più ostile.
Per qual vicènda fosse cacciato Simsàm di PaléN
mo si ignora.Ma la Sicilia centrale era perduta; la re*
gione di levante obbediva forse di nome;.(lue8to ^Bran-
do deir impero'' non era uom di guerra né di stato, e
volle far troppo' il re in Palermo, o parve inutile im-
paccio alla gemà\ Gli dissero dunque di andarsene
con Dio, e vollero provare la repuW)lìca; se pur non
aveano esaitato e deposto , tra i Kelbitt e la repub-
Uica, un principe che regnasse qualche atino o qual*
che mese , Abd-er-Rahman-ìbn~LùIù , soprannomi^
nato Sceikk-edr-Dawla ( Anziano dell' Impero ) che
rifuggissi in Egitto.' Si vedrà neir ultimo capitolo»
' È da fare eccezione per poòhe ciuà marittime come Mazara, Har-
sah, Trapani, le quali per la vicinanza con l' Affrica e r anùcbitii Mie
colonie; ^ojpratatto Maura, doveano serbare ordini e tendènze politiche
analoghi a que*di Palermo. Il dritto non si trascurò di certo a Bfazara, doye
sorse il più celebre ginreconsulto del tempo.
s Im&d-^-dtn, nella KhaHàa» MS. di Parigi , A. F. , i^, fòg. 133
recto, lo pone tra i poeti egiziani, notando pure che si dovrebbe noverar
ira qaei di Sicilia. Il titolo che gli dà di Sàheh-Sikilha, mi porta alla con-
ghiettura <die' annunzio nel testo. Pare si potrebbe supporre dimenticata
qualche parola, dopo Sàheb, per esempio» Sèiorta, nel qua! caso sarebbe
stato prefetto di polizia in Sicilia.
(XI Séeolo] — 428 -T-
coine la capitale, bramósa tattavia di ricomporre Io
stato, abbia promosso o accettato un re novello di
schiatta nobile ; il qaale finì peggio dei predecessori.
CAPITOLO xm.
Sfasciandosi per tal modo gli ordini pubblici, fa-
cea pur la Sicilia bèlla mostra al di fuori: grosse
e frequenti città, valide fortezze, monumentf, indu-
stria agraria e cittadinesca, commercio,; lusso, scienze,
lettere. Le iquali parti di civiltà sendosi maturate sotto
la dinastia kelbità che più o meno le promosse/ noi
le verremo esponendo in questo e nel capitolo se-
guente, recando la storia letteraria sino al fin delia
guerra normanna ; e farem anco parola dei dotti , i
quali non trovando patria sotto il giógo cristiano ,
vollero serbarne schietto il simulacro neir esilio, si
che andarono raminghi in Spagna, AflVica, Egitto ed
Oriente, nella prima metà del duodecimo secolo. Con
essi porremo quei pochi di cui s'abbiano potizie senza
data certa. E serbiamo ^1 ^sesto libro i dotti musul-
mani; del paese o stranieri, segnalatisi in Sicilia sotto
i Nornranni ; è gli altri che conseguiron fama fuori
r isola dopo la metà del duodecimo secolo.
Tra il novecensettantatrè e il millécinquantaquat-
tro deirèrà cristiana, tra il mercatante Ibn-Haukal
che. appuntava maraviglie e vizii in qualche osteria
di Palermo, e ÌEdfisi prole di principi, che stendea la
*
— 429 — [Xl Secolo.l
desGrìzìQne dell' isola sotto gli occhi di re Raggierb,
vissero in Sicilia due eruditi i quali ci lasciaron alcun
cenno geografico. Scrittori entrambi dì storia o co-
nica del paese, T uno verso il . millecinquanta per
nome Abu-Àli-Hasan ; Taltro, alla fine del secolo, ni-
lustre filologo Ibn-Kattà': ed entrambi ebbero alle
mani memorie più antiòhe. Fiorì anche nell* unde-
cime secolo il geografo spagnuolo Bekri, due cenni
del quale su la Sicilia si trovano presso uno scolia-
sta. ^ Dobbiamo i frammenti di Àbu Ali e dlbn-Kattà'
air erudito lakùt; il quale pubblicò il milledugentóven-
totto il Mp'gernr-èl-Bolddny ossia Di/jonario geografico,
e par abbia tolto da loro quasi tutte le notizie che
dà sulla SiciHa.^ Si scoprono neH Mo'gém pochi nomi
raddoppiati e altre mende inevitabili in compilazioni
di tal fatta, non gravi errori da scemar fede al-
l' opera. .
i • ■ ■, i^
' Lo scoliasta è IbDrScebb&l. Gli estratti di Bekri « sono |>abblicaU
niella mia Bibliaieca. Arabo-Sicula , p. 209, seg., del testo» secondo un
MS. di M. Alphonse Rousseau. ' . >
s Quest' opera di lal^ùt è la principale raccolta di notizie di geografia
descrittiva che ci rimanga sii i paesi maSolmani del medio evo. SI veggano
i ragguagli che ne dà M. Reinaiid, Géogràphie d'Àboulfeda, Introduzione,
p. cxxix, seg. Ormai ve ne ha in Europa varii MSS., si che si può sperar
qnanto- prima una buona edizióne del Mo'gem, Ritraggo la data della pub-
blicazione dal MS. del British Muséum, 16,649. ProUgameni, fog.Z^ recto.
Gli articoli' su la Sicilia e sue città e terre , che lobo dato nella detta
Biblioteca, p. 105 a 126 del testo , son tratti dai due soli MSS. di Oxford
e British Mnseum. I no^i stessi leggonsi nel Compendio del Mo'gem inti-
tolato Merand^el'^luilU' , pubblicato reòentemenie a Leyde dal professor
Juynboll; ed io li ho posti nella Bibl^teca, p. 127 a f32. lafcftt non co-
nobbe forse l'opera di Edrisl, e di certo hon la usò trattando della Sici-
lia : la sola notizia che s* accordi un po' con Edrisl j è quella di Catania, di
cui diremo più innanzi. Oltre i nominati pel testo,' lakùt cita in due articoli
IbiwHerawi ed Abo-Hasan-ArMbn-Badts. Infine i versi eh' ei trascrive
da una satira d'ìbn-Kalakis, venato in Sicilia al tempo di Guglielmo il
Buono; gli fornirono un so] nome geografico novello, c|oè Oliver)» e nessuna
notizia imporunte: D' lbn«^Kal&kis diremo ne) Libro VI. ^
|»Smo1o.| — 4^ —
Al dire d* un cadi Abu-Fadhl, citato da Àba-Ali,
si noveravano in Sicilia diciotto città e più di tre-
centoventi ròcche; ' ed Uìn-Eattà' attestava aver letto
nelle annotazioni d'un anonimo ch'erano héir isola
ventitré cittadi, tredici fortezze' e innumerevoli gruppi
di case rurali. Coteste due notizie pur si riferiscono
entrambe alla seconda nìetà del decimo ó alla prima
deirundecimó secolo; nè^fo caso il divario, quando
le appellazioni ct«à, /br^eisisa, o rócca corron sì va-
lghe ed arbitrarie appo gli Arabi come %ippo noi quelle
di città, terra, o villaggio. Il numero diverso dèlie
città non prova dunque mutata la condizion delle cose,
è però diversa reta degli eruditi che le scrissero.
Quanto alle rócche annoveriate dal primo, tornano a
un di presso a quel che oggi diremmo Comuni; per-
chè allora tra guerre straniere e guerre civili, le pò-
polazioni amaron siti forti ed alpestri, e quelle
chiamate al piano dall' agricoltura o dal traffico eb-
bero sempre qualche castello su nel monte dove po-
tersi rifuggire. * La più parte dunque delle ròcche
< Mo'genn nella Biblioieea ÀrabihSiculat testo, p. 115.
* Ibidem: ecco il passo di lakftì: « Ho veduto scritto di propria mano
» d' Ibo-Kattft* SII la coperta del Tdiikh'-SikaHa (Storia di Sicilia) qaeste
» parole: Trovo io alcana copia della Sirt^SìkUlia la nota tnargioate che
» sono in qiiest' isola ventitré città ec. > La voce'firal signiflca * Memoria,
cronica, * ma non> sappiamo se qui sia nome generico o titolo speciale del
libro. V
s Dhia' che vuoi dir proi^riamente * podere cfemaniale* e in generale
podere, possessione rurale. Come ogni podere avea i suoi proprii colòni o
agricoltori., cosi i^ nome si estendeva agli abituri pothi o molti; epei^ il
significato può variare da Masseria o villa inòno a Villaggio*
* Questo fatto fu generale in Europa nel medio. ^vo; Ma in Sicilia,
tra Jstituzioni o confi^urasione del suolo, dura fin oggi. Ali* infuori di
alcune regioni dove 1^ agricoltura è progr0dita per ecoezionfe, gli abitatori
battuti ^ Impoveriti non hanno avuto alacrità che basti à scender dalle
loro vette per avvicinarsi alle terre da teolUvare e alle strade.
— 431 — piSe»lo.|
d' Abtt-Fadhl erati le acropoli degli abitatóri di quelle
masserie e villaggi, dei quali avea perso il conto
TaDDOtatore citato da Ibn-Kattà\ In oggi il nomerò
dei Comuni risponde a un di presso a quello d' Abu-
Fadhl; ma non sarebbe si malagevole a noverar le
borgsde rurali , che scemarono a mano a mano dalla
istituzione alla abolizione della feudalità, dal conqui-
sto normanno al parlamento del milleottocento do*
dici,* *
I nomi di città notati nel Mo*gem, i quali senza
troppo discostarci dal vero possiamo supporre tolti
da Abu-Àti e Ibn-Eattà', ' sono in ordine alfabe-
tico : Adornò, ' Alcamo, Boèo, * Bonifato, * Cari-
* Il nomerò dei comuni alloali è di 352 , cominciando da Palermo '
e terminando a San Carlo che ba men di 300 anime. Secondo Abo«-AIÌ»
neir XI secolo si contavano almeno 340 tra città e ròcche. Spiegherò
nei Vi libro la osservazione che qai accenno su la diminuzione del
viilaggi.
> Ibn-Haokal, del qnaìe copiò tanti squarci T autore del Mo'gém^ non
dicea forse d* altra città che Palermo.
' il Jfp'gem e il Meràfid hanno AdsvnH che si dovrebbe leggere
Otranto» Ma anziché supporre V errore di frasferirsi quella città in Sicilia,
parml si debba muure la ^ finale in tir e leggere Àdnrnó,
* Il Mo'gemt citando Abu-Ali, dice che el^BMw era "città* impor-
tante anzi che no, sol promontorio occidentale, nel luogo e men coltivato e
men ferace dell' isola; > Senza dubbio dunque Lilibea, al quale già gli
Arabi davano l'attuale forma di Boèo mutando in articolo arabico le
prime due sillabe. Occorrendo intanto il qome di Blarsa-AIi (Marsala) nel
fatti storici del 1040, come dicemmo nel capitolo precedente,^ p. 420 di
questa volume, è da supporre che quella città, nella prima metà del secolo
avesse già doppio nome, il nuovo di Porto d*Àli e l'antico mutato in
Boèo, ovvero che coesistessero le due terre, l'una erescente, e V altra in
decadenza.
> Cosi addimandasi tuttavia il monte che sovrasta ad Alcamo^ nel
quale il Faizello, Deca I, lib. VII, oap. IV, afferma che sorgea l'antica
Alcamo, tramutata nel sito attuale per comando di Federigo d' Aragona
il 1332. Potrebbe darsi che Alcamo fosse stata sempre dove, è oggi. Edrisi
(1154) la chiama mentii ossia stazione, e I)l>ih>6iobair (1184) beUda ossia
terra : il che prova che non era fortezza nel Xli secolo. Da un* altra mano
il castello sul monte si chiama tuttavia Boóifato, e nelXil secolo era li
ni/ Castrogiovanni, Catania,' CefaIù,CorIeoiìe, Demona,''
Gelso,^ Khalesa,* Marsala, Mazara, Messina,* Milazzo,^
Mineo, Palermo, Partinico, Patti, ^ciacca, Scopello/*
presso un villaggio dello stesso «ome , con 600 salme di territorio , come si
scorge da nn diploma del i 182 presso Del Giudice , Detcri^ionB del Tempio
di florreale, appendice, p. i4. Posto ciò, non abbiam ragione di supporre
che lakftt dia, come due citti, due nomi diversi delia stessa. Rìvfdendo i
diplomi citati dal Fazzéllo e d^l D* Amico nel Diiionario topogra/ho, rìoet'
candone altri, ed esaminando con occhio d'archeologo 1 ruderi di Bodì-
foto e le vecchie mura d' Alcamo attuale, si potrà sciogliere il nodo.
* Nel testo ^ JS:»r»&ina. Non dubito che sia da aggiugnere hn puAto
alla b arabica , e leggere Karìna,
* Nel testo si .legge in due articoli Katàna e Katdnia, date entrambe
come città, ed è probabile che le due notizie vengano^ fonti diverse.
s Manca in Edrisi ; e i diplomi del XII secolo non ne parlan come di
città esistente. Ragione di più per sopporre che lakùt abbia preso questo
nome da Abu-Alì o da lbn-Kattà\ Si vegga jì Lib. Il, cap. XII, p. 468, seg.,
del I volume. ' ,
* WMo'gem ha Giélimh; e un diploma arabo e latino del il 83 per la
chiesa di Morreale, ha nell* arabico 6td/»»,re nel latino (al genitivo]
laidi: che pare trascrizione di alcun dei chierici francesi che in quel tempo
venivano a mettersi in prelatura in Palermo, fi vero nome sembra ritaliìtno
"Gelso" che ritien tuttala quel podere. Nel secolo XII si noverata tra i
^n^SSi 9 come si vede dal detto diploma, pual maraviglia dunque che
neirXl fosse stata, come dice lakftt, < città' nello interno della Sicilia? »
Il sito risponde. a tramontana di Corieone.
* Nel X secolo era cittadella o città distinta da Palermo e contigua,
come si vede da Ibn-Haokal , p. 296 del presente volume. Gli Arabi d' Af-
frica leneano città distinte Mehd la é Zawila, Kairewàn eMansnria, poco
più 0 poco men distanti che Palermo e la Khalesa nel X secolo. La distìn-»
sione era ragionevole, s| per la importanza delle popolazioni, e sì per
r agevolezza di mantenersi In una città, quando V altra fosse occupata dal
nemico, lakùt avverte che ai tempi suoi, al dir d'un Aba-Hasan-ibn-
Bàdls, la Khalesa era quartiere dentro la città di Palermo.
^ Messina nello stesso articolo del M&gem è detta prima holeida a poi
fliedifia. Queit' ultimo in un libro attribuito falsamente a Tolomeo; il primo
sema citazione. Se si riferisse ai tempi in cut Messina par lùeiio abban-
donala ? Si vegga il Lib. H, cap. X, p. 427 del volume I.
* MUd$ nei Uo^gem è data come villaggio ; nel Meràetd oome città.
Vi si lògge inoltre Milde e forte ròcca su la spiaggia » che potrebbe essere
r attuale Mili nello Stretto di Messina» o piuttosto variante d'ortografia,
come Katàna e Katànta.
s fn oggi è home d'una tonnara nel golfo di Gastellamare. La ri-
corda come terra abitata un diploma del 10d8 prèso Pirro, Sicilia Sacrai
p. 294: ed è detta villaggio in due del iitOè 1251 che cita D' Amico, IM-
— 433 — |XI Seeolo.]
Siracusa, Trapani, ^ che sommano a ventiquattro; e
tolto il raddoppiamento di Marsala chiamata Boèo da
Abu-^41i, farebbero appunto il numero d' Ibn-Kattà'. •
Gol nome di beled (paese) lakùt aggiugne Camerata,
Termini e Girgeati, scaduta al certo nel decimo se-
colo dopo la ribellione. Chiama beleda (terra) Cinisi,
Tusa e Mascali; 6o/eùib (paesetto) Yillanuova; * Arato'
(ròcca) Taormina, Tripoli , Aci e Bellùt (Caltabellotta);
keria (villaggio) Mili, * Giattini ^ e Sementara; * dhia'
(podere o villa) Kerkùd,^ e dà senza qualificazione
Qliverì, e Garonia. Ma è da notare che le terre mi-
-tAùnarù) iopogrofieo, agli articoli CeUaria e Scupellum, Cetaria, città aetica
secondo Tolomeo, forse detta così dalla pesca dei tonni che vi si facea
come oggi. Scopello fu colonia di ghibellini lombardi rifuggiti In Sicilia,
ai quali poi V imperatore Federigo 11 concedette la città di Corljeone.
< Per manifesto errore, Trapani è messa due volte con ortograBa
diversa, e la prima volta, con la forma Itràbiniic è data come beltda (terra).
s Si ùoti il gran divario con la geograGa di Edrisi , nella quale si dà
il nome di città alle sole: Castrogiovànni, Catania, Girgenti, Marsala,
Mazara , Hessiba, Noto, Palermo, Randazzo e Siracusa. Si vede bene che
v' era passato per lo mezzo il conquisto normanno e la immigrazione
italiana.
* Billanoha, patria del poeta siciliano Billanobi, sembra distrutta
t)ria del conquisto normanno ; non leggendosi nei tanti diplomi che al)-
biamo dal fine deir X( secolo in qua. Billanobi fiorì alla metà di quel
secolo, come innanzi diremo.
* Si vegga la nota 7 della pagina precedente.
B Giattin fu patria, secondo lakùt, di un dotto musulinauo. Un diflOma
arabo-latino del 1182 dà il nome in arabico Getina e in latino latina.
^ STtmtntàr, patria d'un altro dotto, secondo lakùt. Samanteria era
r/yma, ossia podere, della chiesa romana in Sicilia secondo un'epistola di
San Gregorio, lib. VIU ep. 63, presso il Pirro, Sicilia Saera , p. 52.
^ Bibiioteca AraborSicula , p. 124 del testo e variante del MS. di
Oxford nelle aggiunte,, p. 41 dèlia Introduzione. lakùt scrive Kerkùr, che
ho corretto secondo Ibn-Khaldùn , Histoire des Berbères, versione, tomo I,
p. 274. Il testo del Mo*gem, dice : ]* Kerkùr una delle ville di Sfòx in Sici-
lia. " Si potr^be intendere villaggio popolato da uomini di Sfax o meglio
correggere "delle ville di Sfax ed altra in Sicilia."
^ Oltre a ciò neir articolo " Sardegna " lakùt aggiugne che secondo al-
cuni ei^ anche nome di città in Sicilia; nota Saklab , quartiere di Palermo;
e, con manifesto errore, poiie Taranto in Sicilia.
n. ' 28
IXlSeeolo.l — 434 —
nori non si ricordano nel Mo'ffem per la, importanza
loro, ma perchè occorreano nella storia letteraria de-
gli Arabi, che l'autore si propose d'illustrare con si
vasto dizionario geografico.
Le terre minori e villaggi che si leggono in Edrìsi
e altri scrittori arabi dd duodecimo secolo e nei di-
plomi infino al decimoquinto» sommano quasi a no-
vecento; dei quali se una parte fu fondata da co-
loni cristiani nel secol duodecimo, altrettanta per lo
meno si dee supporre distrutta nella guerra nor-
manna ; onde lo stelsso numero si può anco ritenere
innanzi il conquisto. ' I nomi d' origine arabica, o ber-
bera, o sou prettamente arabici,* o si scernono per
note etimologie di schiatte' e per voci ch'entrino nelle
appellazioni composte : ain gar, ras, menztl, rahl^ kaW
burgi: * e dinotano a un di presso i novelli nodi di po-
polazione formati neir epoca musulmana da una parte
dei coloni arabi e berberi , mentre un' altra parte
prendeva a stanziar nelle ville, castella e città ch'erano
in pie; onde non perdeano i nomi antichi/ I novelli.
' Io ho raccolto con pazienza i nomi dei villaggi nel dizionario topo-
grafico del D'Amico, nel Pirro, netta SkiUa nobile del Villabianca, nei
diplomi dette cliiese di Palermo e Morreate, in qae' delta Commenda della
Magione, in que*dati dal DI Gregorio in appendice agli scrittori deirepoc»
aragonese, e in altri pubblicati qua e là. Mi propongo di porli in appendice
alla versione della Biblioteca Arabo^Sicula.
' Si vegga 11 Lib. HI, cap. I, p. 35, seg. di questo volume.
' ^ Fonte, grotta, capo, posata, stazione, rOcca, torre." La voce rahl
entra in cento sette nomi topografici di Sicilia. La voce kala^ o kalaH, In
venti ; la voce menftH In diciotto.
* Tali per esempio Cedrano (ghidrdn, palude). Balda (la Bianca),
Abdelali (Abàg-el-Ali nome proprio) , Zyet {Xeid nome proprio), Gbadra e
Cadara (Àiadra, la verde) ec.
> Tra i nomi delle 24 città riferiti di sopra v' ha di origine arabica le
sole Alcamo , Kbalesa, Marsala e Sciacca.
— 435 — |XI86C0ÌD.|
senza contarvi qoei di fiumi, monti, cale e capi disa-
bitati che moltissimi pur ve n'ha d'origine arabica,*
tornano a trecentoventotto, dei quali dugentonove io
Val di Mazara, cento in Val di Noto e diciannove in
Val Demone. Se risguardiamo air area di ciascuna
valle ' cotesti numeri confermano ciò che sappiam
dalla storia, che i Musulmani occupassero tutto il Val
di Mazara, e avessero posto qualche presidio in Val
Demone. E dimostrano il fatto accennato soltanto dalle
croniche, dico le grosse colonie che si sparsero in
Val di Noto. »
< P^r esempio Wadi-^iusa {lì Osine di Mosè) il Slmelo; Dittaiao
(Wadi't'iin il fiame fangoso) il Chrysas degli antielii; Mana-^-tcegira
(Porto dell'albero) la Punta di Circia presso il Pachino; Rasfgelbi (RaS"
el^kelb o ghelb, h PanU del Cane) pressso Cefaiù; 0»i2A-i6b(b (le fonli
d'Abbàa)le Tre Fontane presso Selìaunte; Ras^Selél (il capo degli
archi o del lastricato) il capo Granitola ec.
* Qaesla è» secondo gii ultimi dati geografici, 4095 miglia quadrate di
Sicilia per le province di Palermo, Trsipani, iGirgentl e Caltanissetta ,
che rispondono a un di presso al Val di Mazara; 2320 per quelle di Catania
e Noto, che rispondono quasi al Val di Noto; e f 180 per ta provincia di Mes*
Sina, che torna all' aiìtico Val Demone. Il quale dopo il XII! secolo fu In-
grandito a mezzodì infine a Catania ed a ponente oltre Cefalù. La propor*
zione dunque della superficie dei tre valli è di 0,52,0,31 e0,i7; e i328
luoghi arabici vi stanno alla ragione di 0>64| 0,30 e 0,06. La popolazione
attuale (1853) èdistribuita così:
Palermo 541,326
^ Trapani 508,279
Galtanùactta. ISój&M
1,179,9W
l Catania 4ii,822
Val di Noto. . . I jj^^ / . 254^593
666,426.
Val DoMM». . . I Mnsiaa. 384,664
ITotale. . . 2,291 »0S0
Donde hi proporzione della popolazione in oggi toma a 0,52> 0,30 e 0,18.
' Si vegga il cap. XI, del iib. UT, e i cap. Ili é XI di questo Libro,
p. 213 , seg. , 258 e ^8 1 seg. , del volume.
. Descrizioni di città non avvene, fuorché di Pa-
lermo per Ibn-Haukal ; par si raccoglie qua e là qual-
che particolare. Sappiamo da Bekri, e però innanzi la
guerra normanna, che Siracusa, grande città, occu-
pava la penisola, congiunta alla spiaggia per sottile
istmo, tra il maggiore e il minor porto, tra i quali
era condotto un fosso che si varcava sopra un ponte;
che Tera circondata di trìplice muro, credo io, dalla
parte deir istmo; e che il gran porto apprestava sta-
zione d' inverno alle navi. ^ Ibn-Herawi, nel duode-
cimo secolo, narrava che nelle parti orientali di Ca-
tania rimanessero le tombe d' una trentina di martiri
musulmani^ quivi uccisi nel primo secolo dell' egira;
e che tra Catania e Castrogiovanni fosse il sepolcro
d' Ased-ibn-Forat, conquistatore della Sicilia. D'altra
sorgente, che sembra più antica, abbiamo Catania
chiamarsi anco la Città dell'Elefante, da un simulacro
di pietra in figura di questo animale, e ammirar-
visi bei monumenti dei tempi andati, e chiese con
pavimenti di marmo bianco e nero. ' Cefalù, al dir
< Da Ibn-Scebb&t, nella Biblioteca Arabo-Sicula, p. Sii, 812 del
testo.
' Mo'gem, nella Biblioteca Àrabo Sicula, aggiunte al testo, p. 40 della
Introduzione. Quest' ibn-Hei'awi , pare lo stesso che Ati-ibn-Abi<^Bekr da
Mosùl detto Herawi come oriundo di Herat: il quale fu in, Sicilia dopo
il 1175. lakùt dà come dubbia questa tradizione dei sepolcri dei Tabi\
ossia Musulmani della generazione dopo Maometto.
3 Da lakùt, Mo'gem e Meràiid^ nella Éiblioteca Àrabo-Sieula , p. 123
e 131. La notizia precedente è data con la lezione di Katdnia e la presente
di Kaiàna, delle quali d' altronde il compilatore riconosce 1* identità. £i non
dice da chi abbia cavato questa seconda notizia ; non copiata al certo da
Edrisi. Questo autore nota il doppio nome di Città dell' Elefante, che Tenia
.dal simulacro di pietra < messo anticamente in un eccelso edifizlo, e adesso
trasportato dentro la città nella chiesa dei Monaci > (benedettini). Edrisi
in Tece delle chiese lastricate di marmo, dice delle 0tamt*e moschee, del
— 437 — |XI Secolo]
d'AburAli, era forte città, guardata dà un castello
sovra alta rape a cavaliere della spiaggia; * Castro-
giovanili, maraviglia del secolo, gran città su la vetta
d' un monte che fa centro air isola , avea scaturigini
abbondanti, terre da seminato e giardini, chiusi tutti
entro il muro che torreggiava 11 a m^zz* aria. * Non
obliò il diligente lakùt di notare la postura astro-
nomica delle tre città primarie, Palermo, Messina e
SivaiCusdi^ secondo il Kitdb-^-Melhema , o^sia ^^ Libro
della Divinazione " ' attribuito a Tolomeo, composto da
qualche astrologo arabo o siriaco; il quale sapea
leggere forse nei destini, ma sbagliava, come i con-
temporanei, le. latitudini e longitudini/
fiqme ialermittente (!' Ainenapo) , del porlo frequentato, e di altri -partico-
lari ignoti a lakùt. Su r elefante di lava si vegga il Lib. f , cap. IX, p. 219
del 1 volume.
* Mo*gem e Meràsid, nella Bibliotena Aràbo-Sicula , p. Ili , e 128 del
testo.
* Mo'gem, op. cit., p. il6, 123 e 130. Qui lakùt non cita Abu-Ali,
ma par cbe tolga le notizie da lai. Aggiugne cbe la giusta ortograBa fosse
Katr-ianik e cbe il Secondo fosse pome rumi (latino o greco) d' un uomo.
Già era avv^nuta la trasfonnaaiione di cui dissi Ub. Il, pag. 280 del lo voi.
' Si vegga Reinaud , Géographie d*Aboulfeda, Introduzione, p. cxxxil.
* Mù'gem nella Biblioteca Ànbo^Sieula , p. 1 12, 117 , e 126 del testo.
Le longitudini, sembrano prese dalla "cupola d'Arln' ai modo di al-
cuni antichi geografi arabi, su la. quale si confrontino Reiaaud , op. cit.,
p. CXL, seg. ; e Sédillot , Mémoire $ur les syitémes géographiqueè de$ Grees
et des Arabe9 , Paris 1842 , In 4».
Il falso Tolomeo dà a Palermo 40o di longitudine e 35i> di latitudine,
oroscopo la Vergine e casa di regno a dieci gradi deir Ariete ec; a Mes-
sina, 390 longitudine, 380 40* laiitudioe, oroscopo.il Sagittario, casa
della vita a O"" 27' di quel segno; a Siracusa, 39o 18' longitudine, 39o lati-
tudine, oroscopo la Zampa del Lione, casa della vita a 13» del Cancro , casa
del regno ad altrettanti dell' Ariete ec. ^
Gli errori degli Arabi su la posizione geograCca di Palermo giunsero
fino ai tempi d' Abulfeda, come si vede nella costui Géographie ^ versione
di M. Reinaud» tomo II, p.- 273, seg., dovè la longitudine è notata 35o
dair isola. del Ferrosi e la latitudine, 36o 10' ovvero 36o 30'. Nondimeno
Abu-Hasan-Ali, astronomo di Marocco, segnava più correttamente lalitu-
ixr smoIò.i — 438 —
Più sodi ragguagli ritrdggiamo in questo tempo
deirEtna, si mal noto ai primi cosmografi arabi.
Masùdi, scrivendo a Bagdad nella prima metà del
dècimo secolo, aveva ignorato il gran monte di Sici-
lia, o confusolo con T Isola di Vulcano; favoleggiato
che nelle eruzioni saltasser fuori strane sembianze
d'uomini mozzi del capo; che il fuoco rischiarasse la
terra e il mare oltre cento parasanghe;' né coiioscea
bene altro prodotto vulcanico che le pomici, adope-
rate a levigare le pergamene e tavolette da scrivere
e stropicciare i piò nel bagno. * Ma Abu-Ali-Hasan
vide i luoghi e forse alcuna eruzione. « Il monte del
fuoco, die' egli, altissimo sovrasta al mare tra Catania
e Mascali , non lungi da Taormina : gira la base
tre giornate di cammino; abbondante di alberi frutti-
feri; irsuto di boschi la più parte di castagne, nocelle,
pini e cedri;' ricoperto la cima di neve anche la
dine 37» 50^, e più sconretlaniente longttndiot 4Si9^; presso SédiUot,
Imtrumeraf atiroMmiqiUB de$ Artibe$y tomo 11 , p. 904.
Per comprendere od pò* il gergo del KfUth^el^élhema^ dirò» a chi
fion sta saputo in astroIo(|ia» cbe la posicene si detcrmuiava su I segni
del zodiaco. Quello ebe spunta alPoriasoiite in faccia al hiogo n* è l' oro-
scopo principale, il tàli\ come dicono gli Arabi. Le *eaae * della vita del
regno e degli altri destini, rispondono ai punti dell*ecclittlca divisa in
dodici parU uguali facendo capo dal téli', in un MS. d'astrologia intitolato
KifaÌHen'Nogiùm , Biblioteca di Parigi , Ancien Fonda, 1146, fog. i3 recto,
Intasa della vita è appunto ali* oroscopo i e quella del regno al quarto
scompartimento a sinistra; il cbe non risponde al sistema del falso Tolo-
meo. Ancbé le denomhnazioni son alquanto' diverse; e il campo al sistemi
era libero In vero agli astrologi.
< Trecento miglia. *
s Marùg-ed^DBeheb e Tenbik nella MhUééeea irabe^icttfo. lesto,
p. I, V. Masndi alle altre f!ivo|e aggingne cbe perì nell'Etna Porfirio,
autor dell* Isagoge.
*> 11 testo ba Ànen cbe i dlzionarli arabi definiscono vagamente albero
di legno durissimo da far bastoni, ma è precisamente il cedrò. Non si no-
verano tra gli 'altri alberi le querce.
— 439 -* |XIS«eolo.]
siate, ammantata di nugoli ; ma il verno è tutto neve
dal capo al pia Sorgongii intorno molti edifizii e
maestosi avanzi dei tempi andati, e rovine che danno
a vedere la frequenza del popolo che vi soggiornava;
di che narrasi, Tura antico re di Taormina ' aver
messo in campo sessantamila combattenti. In su Talto
s' aprono spiragli ' ond' esce fuoco e fumo ; e talvolta
il fuoco scorrendo da alcun .lato brucia che che trovi,
poi si fa scorie, come quelle del ferro, onde gli si dà
nome di akhbàth ; ' dove oggi non spunta fil d' erba»
né animale vi s'arrischia, d * Al tempo d' Abu-Ali spes-
seggiarono gli incendii nella costa orientale, poich'egli
scrive che alcuni anni il fuoco scendea come rivo
infine al mare e tanto sfolgorava, che parecchie notti
in Taormina e altre terre non si acceser lumi e si
viaggiò per que' pae^i come se fosse giorno. ^ Cosi
egli eh' era nato o avea fatto dimora in Sicilia. Un
cristiano di Calabria di quell'età, rassegnandole ma-
< Questo personaggio par favoloso^ Edrisi chiama Tur il monte di
Taormina, santuario famoso; e questo ricorda la falsa etimologia di ir»>iv
lavpóM xaì /Acyua«9 SU la quale facea sì gravoso scherzo l'arcivescovo
Teofane Ceramèo.
* Kazwini, trascrivendo questo passo come nel Mo*gem, aggiugne U
voce " sulfurei , * eh' è giudizio forse suo proprio e non d* Àbu^Ali.
> fi il plurale di khebeth, scoria. Questa voce, non è rimasa nel dia-
letto siciliano, nel quale la lava Impietrata si chiama "sciara:* e parmi
bella e buona la voce arabica scia*rd che significa propriamente * irsuta*
e in sostantivo "luogo coperto di piante" e "bosco.*
* Presso H Mo'gem, p. 118, 119 della Biblioteca Àrahih-Sicula, testo
arabo. Il medesimo passo di Abu-Ali è trascritto da Kazwini, neW^Àgidib-
el^MehhMkàt, p. 166; e nello Àthdr-'el'BUdé, p. 143, seg., dei testi pub-
blicati dal Wùstenfeld.
^ lakùt e Kazwini pongono questo fatto in fin della citazione d' Abu-
Ali, dopo le parole *e dicesi esser quivi. (nell'Etna) miniere d'oro;
end' è che i Rftm lo chiamavano il monte dell'oro." Quel 'dicesi* po-
' irebbe interrompere la citasione; il che gli Arabi dinotano ordinaria-
mente con la voce ' fioìsoe* ma spesso la dimenticano.
IXI5ecolo.l — 440 —
ravigUe della Sicilia, non descrive conflagrazioni del-
l'Etna, ma ne fa supporre seguite di recente, pdchè
riflette che tanti filosofi de' tempi antichi e de' «noi
proprìi avean sottilizzato su T orìgine di quel fuoco
senz' altra conchiusione che d'accrescere i dubbii e
provar la ignoranza dei mortali.' Bekri, contemporaneo
e straniero, parla solo del borkdn in due isolette adia-
centi , dalla parte di settentrione , al certo Strooiboli e
Vulcano: prodigio di natura, dove tacendo il vento me-
ridionale s'udiva un terrìbil fragore come di tuono.'
Altri scrivean del fuoco perenne dell' Etna Ài quale
uom non osava appressarsi; ed aggiungeano niaravi-
giiando che la materia ignita tolta dal suo luogo si
spegnesse incontanente. ' Le medesime eruzióni che
Àbu-Ali , o alcuna più recente , vide il dotto e devoto
Siciliano Abu-l-Kàsim-ibn--Hàkim , rifuggito a Bag-
dad; dov'ei narrava, forse il miltecentoventidue,,^ al
viaggiatore Abu-Hàmid da Granata, il fuoco dell'Etna
risplendere talvolta a dieci parasanghe , in guisa che
noii occorre fiaccola né lucerna nei villaggi o strade
di campagna. Tra le fiamme, proseguia, scagliansiin
alto massi di fuoco, somiglianti a balle di cotone, i
quali infrangendosi ricadon a terra e si fan pietra
bianca, o in mare e tornano in pietra nera e porosa,
runa e l'altra lieve da galleggiare sull'acqua. Aggiu-
gnea suoi prodigi : i sassi e la sabbia, tocchi da.quel
' Vita di San FUaretù presso il Gaetaai, Sanctcrum ^Siculorum,
tomo U, p. 113, e presso i BollandisU, tomo I, di aprile, pag. 607.
^ Presso ibn-Scebb&t, nelja Biblioteca Àrabo^Sicula, te^to, p. 210.
' Mo'gem, op. cit., p. 116., L* autore non cita in questo luogo. Si
vegga anche Kazwinì, 'Agidib, p. 166, seg., e neU' Aihàr, p. 143, seg.
* AburUàmid sì trovò ia quali* anno a Bagdad. Si vegga Reioaad»
Géographie d'Àboulfeda, lotroduzioDe , p. cxii.
— 441 — |XI Secolo!
fuoco, avvampar quaìsi bambagia, e divenir polve ne-
gra simile air antimonio; tna Terbe e le vestimenta non
acK^endersi alla lava, che consuma soltanto le pietre
e gli animali, sì com' è scrìtto del fuoco della gehenna/
Un altro barbassoro musulmano di Sicilia iafifermava
al viaggiatore Herawi dopo il millecentosettantatrè,
che un uccello color di piombo in forma d' una qua-
glia sSolea svolazzare dal fuoco dell'Etna e rìtuffarvisi^
ed era appunto la salamandra ; ma io non ho visto
altro ohe pomici nere, aggiugné Herawi. ' Tanto ri-^
.caviamo dagli Arabi su la storia naturate dell'Etna:
nel che non ho voluto metter da canto né le minuzie
né le £eivole, e con Herawi son giunto infino alle eru-
zioni della seconda metà del duodecimo secolo, ricor-
date ormai dagli scrittori latini. Notevol ècheEdrisi,
dicendo del Monte del Fuoco, non faccia motto delle
eruzioni, e poi descriva minutamente, anzi che no, i
fenomeni di Stromboli e Vulcano. E ciò parmi indizio
di lungo ripòso dell'Etna nella prima metà del duor-
decimo secolo dopo gli incendiideir undecime, suppo-
sti fin qui su debolissimi argomenti,' e provati adesso
dalle testimonianze di Abu-Ali e d'Abu-1-Kàsim-
ibn-Hàkim.
Dall' Etna faremo principio alle produzioni mine-
< Tohfet'él'-Albàb di Gbarnati, nella Biblioteca Àrab(HSieula , testo,
p. 74, 75. Il passo del Corano a^che allude l'autore è ttel verso 23 della
dora 11.
* Kitdb^el-Àscidrdt di Herawi , ibid. , e se ne vegga la versione in-
glese del professor Samuele Lee, hi appendice allo Ibn-Batuta'a Traveb,
Londra, 1829, in 4», p. 6. Herawi venne in Sicilia dopo H 1175, e morì ad
Aleppo il 1215. Si vegga Reinaud, Géograpkie d'Aboulfeda, Introduzione,
p. Gxxvii , seg.
. 3 Si vegga in questo periodo la Storia (srUica delle eru%iom delV Etna
del canonico Giuseppe Alessi.
[Il Sccoiò.i — 442 —
rati della Sicilia , tra le quali Masùdi pone il diaspro
ch*ei tenea rimedio al mal di ventre, applicandolo
esteriormente; ed anche, non so come, base del co-
rallo. ^ Del diaspro par Che dica lalùt supponendo
trovarsene montagne in Sicilia : ' eh' è esagerazione,
non tutta bugìa. Si cavava dall* Etna il sale ammo-
niaco, gran capo di commercio con la Spagna ed altri
paesi. ' Delle pomici abbìam già detto, adoperate dagli
Arabi nel bagno e nello scrittoio; * e Bekri supponea
costruite di pomici di Sicilia le volte del teatro romano
a Su sa. * In lista con le ricchezze minerali del Mon-
gibello Abu-Àli ponea Toro, argomentandolo dalle
note miniere d'Ali, ovvero «da qualche pirite; ed imma-
ginò, non so per quat errore, l'Etna aver preso nome
in lingua rumi dall'oro che chiudea nelle viscere.*
Con ciò narrano si cavasse neir isola ogni altro me-
tallo d'uso comune, argento, rame, ferro, piombo,
mercurio. ' L' autor della vita di San Filareto parla
del cristallino e lucente salgemma di Sicilia. * Gli
' TenUh, nella Biblioteca AraboSicùla , testò, p. %
* Il nome è gsasto in tutti i MSS. ta buona lentnie ni sekibra inw/'
(in francese yaehf) variante di iascb che adopera Masùdi. Come ognun
vede, l' una e l' altra è il Ialino ja«pt5, d'origine semitica, del quale i Fran-
cesi ban fatto jaspe» Gli Arabi rendono indistintamente eoo lina f o una b
la p che manca in loro alfabeto. Ognun sa la copia, mole e qualità dei
diaspri e soprattutto delle agate di Sicilia. GII antichi favoleggiavano sa
le proprietà mediche dell* agata, più o meno, come Masùdi.
> Mó'gem nella Biblioteca Àrabo^Sicitla , testo, p. 118.
* Si vegga a p. 439.
« Notices et Extraits des MSS;, tomo Xll , p. 463.
• Mo'gem, op. cit., p. 116, 118. L'etimologia sembra piuttòsto con-
fusa col nXouTos che ai tempi dei Pagani, come ai nostri, era il Dio del-
l' oro e dell* inferno.
' Mo*gem 5 pp. cit., p. 116 e 118. 81 ricòrdi anche la miniera di ferro
presso Palermo , di cui Ibn-Haukal.
• Presso Gaetani, Sanehrum Sictdorum, tomo li, p. Il3, e presso
i BoUandisti , tomo I, di aprile, p. 607.
— 443 — ÌXIS«eolo.]
Arabi ccHìtemporaaei noverano T antimonio, T allume
e il vitriplo/Lo zolfo è la pafta, adoperati allóra nei
fuochi da guerra e non ignoti ai Masulmani di Sicilia
neir undecimo secolo,' par non si fossero cavati nel-
r isola che alla fine del duodecimo. *
L* abbondanza delle acque di fonti o fiumi acceur
nata per le generali da lakùt, ^ sembra veramente
maggiore deirattuale^ ove si risguardi allia descrizione
parUcolareggiata che faceane Edrisi il mitlecencin-
quantaquattro ed ai fiumi eh' ei dice navigabili a bai^
cacce di trasporto ed or più noi sono/ E così dovea
intervenire per la distruzione dei boschi che s' è fatta
dal duodecimo secolo in qua ; ^ la quale non credo
incominciata per man d^gli Arabi, poiché il sapiente
agricoltore rispetta i boschi, e Io sciocco e affamato
li taglia. Di notizie precise, Abu-Ali ne fornisce su
le due regioni boschive che per natura sono le prin-
cipali deir isola: V Etna e la catena d'Apennino* Della
prima delle quali abbiam fatto parola. Dell'altra
Abu-Ali afferma, le eccelse montagne e spaziose vaUi
sopra Cefalù abbondar d'ogni maniera di legname
* Mo'genif op. cit., p. 118.
* Ibn-Hamdls in aoa poesia cbe ho pubblicato nella Biblioteca Ataho-
Siculo, testo, p. 565, dice de' fuochi lancIaU dall' annalelta siracusana in
una impresa contro i Cristiani.
' lakat non ne fa parola, né Edrisi. U primo cbe li accenni è I|ni*
Scebbàt, Biblioteca Arabo Sicula, testo, p. 210, Degli estratU non già di
Bekrì, ma del continuatore per nome Ibn-Gbalanda.
, * ifo'gem, op. cit.^ p. 115.
s 1 fiumi di Lentìni, Ragusa e Mazara.
* 1 diplomi deirxi e XII secolo dicono di foreste e boschi or di-
strutti, come la foresta del monte Linario presso Messina, il bosco Adrano
tra Frizzi e Bivona ec, L^Etnà perde molto dei suoi da un secolo in qua.
Il Monte Pellegrino di Palermo fu terreno boschivo finp al XV secolo.
Edrisi dice della Benii (Pineta) a ponente di Buccheri ec.
|XI Seeolo.] — 444 —
atto a costituzioni navali/ Il monaco Nilo loda i cedri
di Sicilia , i cipressi e i pini dritti e maestosi , i cai
rami servivan di fiaccole. *
Yengon poscia le ubertose produzioni dei giar-
dini, dei campi e della pastorizia lodate da Bekrì;' le
frutta d'ogni colore e sapóre che non mancavano
state né verno, scrive lakùt, forse da Abu-AIi ; * le
mèssi che coprivano la più parte dell' isola secondo
Ibn-Haukal ; * lo zafferano che vi germogliava spon-
taneo ; * il cotone e il canape coltivati a Giattini ^ e
altrove; il primo dei quali sembra venuto dell' Affrica^*
gli ortaggi che parean troppi ad Ibn-Haukal. * Nes-
suno scrittore arabo fa menzione degli ulivi, che in
Sicilia comunemente si credono accresciuti in quella
età, perchè i contadini soglion chiamar saracinesco
qual veggano piti possente di ceppo, e pittoresco di
tronco e rami. Nel che i contadini s' accostano forse
al vero, e gli altri no. La coltura dell' ulivo in Sicilia
risalisce al quinto secolo innanzi l'era volgare, né mai
si abbandonò, ma decadde al par che tante altre sotto
< Mo'gemt op. cìt., p. HI.
* Vita di San Filareto , 1. e.
> Squarcio dato da Ibn-Scebb&t, Biblioieea Araho-Sicula, testo,
p. 210.
* Mo'getn, op. dt. , p. 116.
s Si vegga il cap. V di questo Libro, p. 295 del volume, e un altro
squarcio d' Ibn-Haukal trascritto nel Ma'gem, op. cit.^ p. 119, ove
leggiamo • La più parte del terreno di Sicilia è da seminato. »
« Mo'gem, op. cit., p. 116. Il testo dice: "e la terra di Sicilia pro-
duce lo zafferano. * Tutto questo squarcio par ^1 debba attribuire ad
Abu-Alì.
^ Mo'gem, op. cit. , p. HO.
^ Ibn-Haukal dice del cotone coltivato a Cartagine ed a Bfsila. Di'
sùrhione deW Affrica, versione di H. De Slane, nel Journal Asiatiqve ,
serie IH, tomo XUI.
9 Si vegga sopra , cap. V del presente Libro , p. 299 a 307
— 445 — (XlSeeolo.]
i Romani/ né rifiorì sotto gli Àrabi; poiché sappiamo
dell olio che TASrica vendeva alla Sicilia nel nono, un-
decimo e duodecimo secolo/ Farmi piuttosto che l'isola
debba ai Musulmani le melarance e altri agrumi ch'or
son capo si ricco di commercio ; ' ed anco la canna
da zucchero, ^ i datteri^ e i gelsi, o almeno la seta/
Al contrario se la vite non si sbarbicò per ogni luogo,
se i poeti arabi di Sicilia lodarono il vin del paese con
tal fervore anacreontico, i vigneti scemarono contut-
tociò sotto la dominazione musulmana ; e si lenta-
mente si rifornirono in due secoli, cbe la Sicilia facea
venir vini da Napoli verso la fine del decimoterzo. ^
Si vegg;a il Lib. I, cap. IX, p. 206 del volume I, nota 3; e il
Lib. II, cap. X', p. 415^ dello stesso volarne. Per TXI secolo l'attesta Bekri;
pel XI li diplomi.
* Le poesie arabiche a lode del re Ruggiero, delle quali si tratterà
a suo luogo , des;crivono le piantagioni di agrumi nella villa regia di F^-
vara o Maredolce presso Palermo. Un diploma del iOdi presso Pirro»
Sicilia Sacra, p, 770, dice di una Via de Arangerii$ presso Patti.
Da un'altra mano si sa cfae varie sorta di melarance vennero dal-
r India in Siria ed Egitto dopo il principio del quarto secolo doli* egira
e decimo deli' èra cristiana. Veggasi una nota di M. de Sacy air Abdal-
latif. Relation de VEgypie, p. tl7. Probabilmente la Sicilia , la Spagna,
e con esse gli altri paesi in sul bacino occidentale del Mediterraneo
ebbero gli aranci e i cedri in questo medesimo tempo dalla Siria e dal-
l' Egitto.
s La canna da zucchero, secondo Ibn-Haukal, e però nel X secolo, si
coltivava in Affrica (versione di M. De Slane, nel Journal Àtiatique» III serie»
tomo XIII); secondo Ibn-Aww&m, e però nell'XI, era nottesirna in
Si»gna; «n diploma del 1176, parla di un molino da cannamele In Pa-
lermo ; e però non è dubbio che cotesta indasirla risalisse In Sicilia a1-
V XI 0 anche al X secolo. v '
* La piantagione di datteri a San Giovanni dei Leprosi fuori Palermo,
posta accanto a un oli veto, è ricordata in un diploma del 1249 prèsso
Mongitore, Sacra domu» Manrionit*.. Monumenta,- cap. IV.^ Fu tagliata
nel XIV secolo dall'esercito angioino che assediò Palermo.
B Edrtsi dà il nome di Nahr^Tùt * fiume Gelso ' al fiume detto oggi
Arena a mezzogiorno di Mazara, e dice dell'abbondanza della seta pro-
dotta a San Marco in Val Demone.
^ Si scorge da due diplomi del 1284, e dalla Cronica di D'Esdot,
|XI8efioIo.| — 4r46 —
Le razze eqaine di Sicilia, ricordate dagli Àrabi
neirundecìmo secolo/ fornivano, al dir d'un autore cri-
stiano, animosi destrieri, d'egregie forme e vario pelo;'
abbondavano i muli' dalla zampa sicura nelle mon-
tagne, adoprati alla soma ed al tiro;* e eoa quelli,
asini," buoi, vaste greggi di pecore;^ né era smessa
r antica educazione delle api. Copiosa la pesca, e nei
porti, scrive il mopaco Nilo, le ostriche, e le conchi-
glie che danno la porpora.^ Le foreste e montagne
ripiene di cacciagione/ Né vi mancan le belve, che
giovano a spirare il timor di Dio negli animi sem-
plici, riflette il frate,* volendo significare al certo i
lupi. Gli Arabi, avvezzi ad altro che spauracchi da
bambini , noveravano tra i pregi della Sicilia non
esservi lioni, leopardi, iene, né grossi serpenti, e
gratuitamente aggiugneano né vipere, né scorpioni. **
L'ubertà del paese non si riconoscea dalla sola
matura, come direi forse trattando d'altri tempi; che
possentemente l'aiutava la industria degli abitatori,
Gap. ex, dei quali ho fallo cenno nella GuermdH Yetpro Siciliano, edi*
zióne di Firenze , 1831 , cap. X , p. 209^
< Mo'gem, nella Biblioteca Arabo-lSicula, testo, p.ll6.
* Vita di San Filareto, presso Gaetani, Sanetarum Siéulorum,
tomo li, p. 113, e presso i Bollandisti, tomo 1, di aprile, p. 607.
^Mo'gem,\.e.
* Vita di San Filareta, 1. e. La versione latina del Padre Fiorito ba:
ad vehieula trahenda aptissimi; ma mancando il testo greoo, non Siam
eerU se si tratti di carri o di lettighe.
' Mo'gem, I. e.
« Mo'gem e Vita di San Filanto ; IL cc; Si ricórdin anco i grandi
armenU dell* emiro UMif , cap. Vili del presente Libro, p, 3SU del vdoiDe.
' Vita di San FilarBto, L e.
8 Mo'gem e Vita di San Filatelo, 11. ce.
9 Vita di San Filanto , l. e.
«*> Mo'gem, op. cit. , p. ii6 a 118. In Sicilia le vipere e gli scorpioni
sono assai più rari e men letadi che in Affiica, Egitto ed Oriente.
— 447 — |USeeob.{
sulta quale dà un po' di lame il ** Libro deir agricol-
tura ** dlhn-rAwwàm , spagnaolo dplla metà deirun-
decimo secolo, sagace compilatore degli insegaameoii
d'opere più aoticbe forse fin dal tempo de' Nabatei ,
alle quali aggiunse le proprie osservazioni su le pra-
tiche agrarie della Spagna. Da lui sappiamo che il
modo più acconcio di piakitare gli ortaggi , sopratatto
le cipolle e i poponi, era detto alia Siciliana; e la
minuta descrizione ch'ei ne fa, risponde appunto a
quel congegno di schiene e rigagnoli che si pratica
tuttavia in Sicilia.' Le voci arabiche d'orticultura che
rimangono nel dialetto siciliano, non lascìan dubbio
sul tempo in cui ebbero origine queste e simili pra-
tiche.* Un fiore che forse la malvetta rosata ,' si chia-
mava in Spagna al tempo dlbn-'Awwàm Malva si-
ciliana, onde sembra venuto di Sicilia.^ Quinci passò
in Spagna una composizione di mostarda con miele
e senape, descritta per filo e per segno in un luogo
d'Ibn-Besàl. * Ma importantissima sopra ogni altra la
pratica di porre il cotóne in terreni ingrati che Ibn-
Fassàl citato da Ibti-Awwàm riferisce ai Siciliani, e
la dice imitata con profitto nelle costiere di Spagna/
* libro de Àgricultura, ni autor.,*, ebn el Àw9m Sevillane, versione
spagDOola di Baoqtieri, col testo aiabico, Madrid, 1802, in fdfio, tomo II,
p. 105 e SI. Si tratta d'anaspeeiedi popone, dettalo arabico iVir/l^» credo
quei che in Sicilia si dicono meloni da tavola, ovvero i meloni d'inverno.
* " Naara * (in arabico nowAr, secondo lbn-*Awwftm , tomo II, p. 313)
si addimanda raji di popoitf, succbe, cocomeri; "vaitali' [vt. bctU) il
rigagnolo del giardini : "gebbla* (ar. gU^ia)^ an gran serbatoio d* acqua
per irrigare gli orti ec
' La malvetta rosata, come la chiamiamo in Sicilia, è il Ftlargonium
ruàula roteitm dei botanici.
* Ibn-*Awwam, op. ciu , tomo II , p. 296.
' lbnw*Awwlim, op. cit. , tomo II, p. 418.
« lbn-*Awwftm , op. cit. , tomo II , p. 104.
\XÌ Secolo.] — 4tt —
Un altro trattato arabico d'agricoltura ricorda che i
Siciliani sarchiassero fino a dieci volte il terreno da
seminare a cotone/ Rimase in Sicilia Futile; pianta
nel duodecimo secolo;* e infino alla metà del deci-
moterzo;^ ma allo scorcio del decimoquarto se n'era
ita , seguendo quasi la schiatta arabica-, in Malta ,
Stromboli e Pantellaria:^ ed appena par che cominci
a tornare adesso nelle spiagge di Pachino e su le
sponde del Simeto.
In fatto d'opificii abbiam ricordo del prezioso
drappo, al certo di seta, detto di Sicilia, del quale
si trovò, una catasta tra i tesori d'Abda, figliuola
del califo fktemita Moezz, morta in Egitto in su la
fine del decimo o princìpio delFundecimo secolo.'
Che innanzi quell'età si lavorasse la seta in Si-
cilia lo prova d'altronde la biografia del pio Abu-
I
< Kitah-el-Felaha, d' Aba-abd-AUab-Mohamined-ibo-Hosein , citato
da M. CherÉonneau in una Memoria su la Culture arabe au mayen-dge
negli Anwde$ de la .Cohnisation algérietUM; giugno 1854.
' Diploma del il 40, pel quale si concedono alla Chiesa di Gataoia
e duas terras ad bombacea » presso De Grossis, Decacordum^ tomo I»
p. 77. Edrìsi nota che il coione si colUvata in gran copia a Pariinioo.
Bibn-Sa'ld, Kitàìnel-Badi , nella Biblioteca Arabo-Sieula, testo 9
p. 157, e Mokhtaser Gighrafia, op. cit.^ p. 134, con la correzione a p. 45
deir Introduzione » ove si tratta di Pantellaria.
* Fanello, Deca I, lib. I, cap. 1.
• Abu-Mehasin, Storia d'EgUlo, MS. di Parigi, Ancien Fonds, 060,
fog* 105 recto, facendo parola di Rasdda e Abda figlinole di Moezzi
naie innanzi il 97i e morte sotto 11 regno di Hikem (996-1031), dice aver
la prima lasciato il valsente dM,700,000 di dinar, in drappi di varie sorte
e profomi, e la seconda un moggio di smeraldi, tanti quintali d'argeiv-
to.ec, e trentamila eeikke (0 sciukke) siciliane. Questa voce significa
taglio d' abito , né sappiam se sia nome generico ovvero appellazione spe*
dale di questo drappo. Se in quelle cifre si sente l' odor delie mille e
una notte, il cronista cb'ebl>e aUe mani Abu-Mehasin, non inventò
quella maniera di drappo. D'altronde abbiam fatto cenno dei gran lasso
degli Zirtti in Affrica: e le ricchezze dei despoti son talvolta di queQe
verità verissime che han sembiante di favola.
— 449 — (XI Secolo.!
jSasaa-Harìrì/ e v'accenna il nome di Kalat-^t-Tiraii,
qastella ih oggi abbandonato presso Gorleone, ' non
che il regio Tiràz di Palermo, avanzo dell' ìndastria
arabica nel duodecimo secolo , di che sarà detto
a suo luogo. Similmente abbiam pochi cenni del
comniercio , per non curanza^ degli scrittori o disper-
sione degli scritti. Oltre la esortazione del sale am-
moniaco testé ricor(idta,V sappiamo la importazione
déir olio da Sfax/ e la frequènte navigazione dalla
Sicilia a Mehdì^ e Susa. ^ I patti di Hasan^ibn-Ali
del novecencinquaùtadue * ci attestano V importanza
del traffico tra V isola e Reggio; né picciok parte do-
Tea tornare alla Sicilia dalle relazioni commerciali
cV 6^^ ^ Musulmani la costiera di Terraferma ba-
gnata^ dal Tirreno. Lasciando le regioni dal Tevere in
$U , lo conferma Ibn-Haukal per Napoli , Salerno ,
Amalfi;' lo qonfel'ma il doppio nome dì Keitonor-el^
Arab .che ritenne il Promontorio Circeo fino al tempo
di Edrisi; nome, analogo a quel che davano ad una
cUtà nelle parti meridionali della Sardeigna/ ed a quel
♦ , ' ' ■ " . - . '
' ^ Si vegga il cap. XI del Lib. Ili, p. 230 di questo volume.
/' Si chiama volgarmente Calatraai. Tirazi vuol (dire artefice del iirà%t
ossia opificio regio delle vesti, di seta ricamata. Si vegga so questo in-
dizio di Kaial-^t'^Tiraù una nota nell' erudita opera di M . Francisque*
Michel, Rtehetehei mr U» étofèi de tote au moyen'-4ge, Paris, 1852, in 4»,
tomo I, p. 77, al quale io ho dato questa notizia e in cambio ne to-
.glierò cento, spigolale nelle antiche poesie francesi, che serviranno a illu-
strare questa industria siciliana nel Xlf e XIll secolo.
B Si vegga la p. 445. .
« Bekri, Ihtiee» et ExtraiU dee MSS.^ tomo XII,' p. 465.
• Op. cit.,,p.480; 48ÌB.
^ Si vegga il cap. U di questo Libro, p. 347, seg.
* Ho datoli testo di quel pai^rafò nella Biblioteca Àrabo^Sicufa, p.lO.
'. * Edrfsi, Gio^aphie, versione dì M. Jaobert, tomo U, pàg. ft6e09
Io quest' ultimo luogo M. Jaobert non so perchè abbia preferito la variaote
FUàna.
II. 29
|XI S6eol».| — 4f50 —
e' ha tuttavia la Gatona in feccia a Messina. ' Àfag-
giore d'ogni altra prova è che alaterno, fors'aDco
a Napoli e Amalfi , si coiitraffacea ; non per frode
ma per bisogno del commercio, la moneta d' oro di
SiciUa,' come infino ne' tenipi nostri v'ebbero belli e
buoni colonnati, di Spagna battuti in altri paesi.
,Ove ppnghiamo esente al genio randagio d?gli
Arabi , alla comunanza di leggi , usi , costami e in
0ran parte anca di schiatta, dei Musulmani che teneano
il bacino occidentale del Mediterraneo, non staremo
in forse che la Sicilia partecipò delle arti' e lusso della
Spagna. e costiera d' Afirica , si come è provato che
ebbe analoghe vicende politiche e cultura di lettere.
Cosi anco dei monumenti. Perirono nella guerra nor-
manna quasi tutti que' dei Musulmani ; e pur. non vi
ha menomo dubbio del loro splendore , quando T au-
tor della vita di San Filareto lodava i tempii ed altri
sontuosi edifizii delle città maggiori della Sicilia ;* e
il conte Ruggiero, dopo averci lavorato per trpnt' an-
ni con ferro e fuoco , scrivea patetico iq yn diploma
del millenoyanta , delle vaste e frequenti roviiie delle
città e castella saracene; de' vestigi! di lor palazzi,
fabbricati con mirabile artifizio, adatti, qon che ai
comodi , ,ad ogni lusso e delizia della vita.* Nel sesto
* Keilùn nel ^ialello, aràbico di Siria ed EgitlOi vuol dìtetr^liglio
Q magQ%iino, Viene dal greco Kotrùv che , dai significato primitivo di
leito, passò a quelli di camera ^ alb^go, ej presso i Greci del medio
/évo, guardaroba e 8ta%ìone di navi: i quali $ì veggano, nella nuova/ edi-
zione del Thesaurus di Enrico Etienne.
* Si vegga il fine del presente capitolo.
' Presso Gaetani ,-5aft€/orttm Sicutorum, tomo Ili P* it?» ^ presso
IBoIlandisti, tomo 1, d'aprile, p, Ó07.
* Presso Pirro, -Sicj/la 5acra,, p. 842.
— 451 — |X| Seeolo.j
libro toccheremo T architettura arabica sotto i t!^or-
manni , alla quale dobbiam tutti i monumenti che
r
avanzano in Sioilia del medio évo, da pochissimi in
fuori. Dico due o tre , da che la iscrizione neskhi io-
tagliata a mo' di fregio nelle mura del palagio della
Cuba , porta il Jiome dire Guglielmo secondo eia
data del miliecentottanta/ 1 Bagni di Cefalà e il pala-
gio della Zisa sembrano più antichi , alla gravità
della scrittura, cufida che altra volta li coronò;* e
il palagio e bagno di Maredolce, ancorché non vi
si trovino iscrizioni, parrebbe contemporaneo; ma
rimanendo sempre incerta Tepoca, e sendo stale rao-
conce le febbriche di poi, e la. Zisa anche abbellita
dai Normanni, non vi si può fondare giudizio su
r arte arabica di Sicilia neir undecime secolo. Questo
sòl noterò, chele linee di prospetto del cubo allun-
gato e dell'arco aguzzo dei tempi normanni si tro-
vano nelle cornici delle iscrizioni arabiche di Sicilia
deir epoca musulmana. Qui un rettangolo sormontato
da una punta in forma di mitra vescovile;' li inscritto
dentro il rettangolo un arco spezzato in tre lobi alla
foggia che s' è chiamata moresca/
Àyvien sempre che sfugga alla più cruda rab-
bia di guerre o persecuzioni qualche monumento di
* Io pubblicai questa iscrizione neHa Revue Archéologìque di Parigi,
del Mi 9 p. 669, seg* Alcuni erodiU palermitani vorrebbero mantenere
alla Cuba un altro secolo o due d' antichità , supponendo 1* iscrizione più
moderna dell' edifizio* Ma non riflettono che la non è incisa in lapide, ma
proprio scolpita in giro delie mura, senza vestigie di racconciamenti.
'Glrault de Prapgey, Essai $ur Vanhileéiure arabe , Paris 1841,
tavolaXin,no3,.4.
* In ona cok)nna della cattedrale dì Palermo, presso il Di Gregorio»
Rerum Àrabicttrum, p. 137.
* In due iscrizioni sepolcrali presso Di Greaorio, op. cit., p. 146, 183.
|xi SmoIo] — 452 —
minor mole» per trascuranza o stanchezza delie mani
vandaliche) per capriccio o gusto d'alcun uomo: e
così parecchie iscrizioni arabiche della dominazione
musulmana rimasero in Sicilia, senza contar quelle
de! tempi normanni delle quali si dirà a suo luogo..
Quantunque i ramt pubblicati dal Di Gregorio sian
delineati cosi così, e io non abbia avuto sotto gli
occhi migliori disegni 4elle iscrizioni inedile , potrò
pur toccare la calligrafia lapidaria, la quale ed dise^
gno architettonico è coi rabeschi tenea luogo di tut-
t' arte grafica appo i Musulmani* ^ Ci occoi^se già far
parola delle iscrizioni della torre di Baich in Palermo,*
e del castello di Termini; ' l' una perduta^ se non che
abbozzossi il disegno d'alcun brano; e l'altra pèssima-
mente delineata, e. temo adesso ita a male: entrambe
del decimo secolo. Alla medesima età mi par da riferire
la leggenda intagliata nel vecchio édifizio dei bagni di
Cefalà, logora da lungo tempo, e in oggi, mi si dice,
dileguata del tutto. ^ Le iscrizioni conservate sono
sentenze coraniche scolpite in colonelte di marmo
* V*ba Teccezione delle effigie d' uomini e animali io qnakcbe ipoDU-
mento , come i lioni deirAlbambra ec Ma in Sicilia non se ne vede alcun
esempio. I mosaici d* animali neHa sala de|ia Zisa in Palermo, apparten-
gono ai tempi normanni.
s Si vegga il cap. V di questo Libro , p. 302, seg., del volume.
' Si vegga il cap. IV di questo Libro, p.274. .
« Il Di Gregorio., Rerum Àrabicarum, p. 188, ne >diò un disino
preso, ad occbio , come si usava a] suo tempo , e ridotto , nel qi^ale ei con-
fessò non poter leggere cbe qualcbe sillaba.; ed io -stento ancbe a questo.
Si vegga, del resto, la nota delia pagina precedente. 11 disegno di poche
lettere che veggiamo neir opera citata di Girault dePrangey, Emiec.,
mostra la bellezza dei caratteri e la trascuranza di chi li 4kvea ritratU
prima. L'amico Saverio Cavallari che mi ragguagliò qualche anno ad-
dietro della distruzione dei caratteri, n'avea fatto altra volta oa disegno
che fili qui non ci ò riuscito di trovare.
"b
— 455 — |X1 Secolo.)
che si tolsero dalle moschee e si murarono nelle chiese,
ovvero epitaffii svelti dalle tombe, collocati in musei
o case private. La scrittura cufica , semplice, robusta,
con poche fioriture, e nessun ghiribizzo quél si nota-
va nella torre di. Baicb, lappar anco nei due cippi
sepolcrali dei Museo ^ di. Verona, ' in altri due di caaa
Galzola a Pozzuoli, ' nei tre di Marsala!, Siracusa
e Messina r che non hanno data ; V in quello del
Museo Daniele a Caserta, * e in un picciol marmo di
* Si ricordi che il miglior disegno è quel pubblicato dal Fazzelio.
* 11^ conte Annibale Maffei viceré di Sicilia li iolse di Palermo e recò
a Verotia. Scipione Maffei. pubblicò le iscrizioni nel Museo teroneWt
p. 187, e. indi il Di Gregorio nel Rerum Àrabiaarum, p. 146 a 149. Alla
interpretàziope alteséro 6. 8. Asseroani e il Tychsen. Son le solite formole
e brani del Corano» cofnomi propriì; Tuno dei quali mi par vada Ietto
Jbrahm^ibn'Khelef'Dibdgi (in vece di Jbrahimi fHìi Mqlaf Aidinagi),
'morto il 464 ((072); e 1* altro è Abd-el-Hamtd-ibn-Abd-er-RabmanHbn-
Scio'alb, morto il 470 (1078). Secondo il Ubb-el-Lobàb di Soluti, rappel-
lazione Bibaci, vuol dire " operaio di seterie, ' ed era àncbe nome patroni*
mico nella discendenza del califo Olboman-ibn-'AfiìSin.
' Presso Di Gregorio, op. cit., p. 144 e 152, il quale tolse Tinterpre-
tazione da quelle pubblicate dall* alùte De l^nguerue e da Adriano' Re-
land. La. prima dà il nome à^Wo sòeikh è giuriàta tagacistimo Ahtned'^
tòii-5a'd-t&n-Jfd/é&-(ibn-Abd?)e(-'il&a òMogitofo (dell' aiuto > de/ ^i^nore
( non Gubernatoris jurisperiti sapièntis Àhmedis filii Saad ben el Malak
poietmssimi qui pauperò instar ett erga dùminum sttum), morto il 415,
(1023); e ia seconda di Mohammed-4bn^Abi'Se'àdà {non filii ebn Sàadh)
.morto il 444 (1052 non 471 , ossia 1079). Le quali isérizioni non ben dise-
gnate uè ben trascritte in caratteri arabici , e però male interpretale , 0
. ftiron tolte di Sicilia 6 Reggio, 0 provano il soggiorno e morte nei din-
• torni di Napoli di due Musulmani di Sicilia, Affrica 0 Spagna, che vi fos-
sero andati, il primo forse per faccende pubbliche o rifuggito, e il secondo
' per mercatura.
' '* Presso di Gregorio, p. 164, 165, 166. 1 dite primi non si possono
interpretare senza più esalti disegni. Neil* ultimo, il secondo rigò, mal
deciferato dal Di Gregorio, né ben Corretto da Fraehn, Anliquités Moham'
■ f?icd.,.tomo I, p. 15, va letto: (Iddio vivente) "stante* é poi la sentenza
del Corano, sura XXXII, v. 21, (voi avete) *neir inviato di Dio, un bel
conforto. Questo è il sepolcro d* Abu-Bekr... *
B Presso Di Gregorio, p. 1 71, < il quale sbagliò tutto, fuorché una for-
. mola è la data. Va letta cosi : ... (Benedica) Iddìo al profeta Maometto e sua
|XI Secolo.) — 4S t —
casa Emmaaaele a Trapani, ' e un altro del Museo di
Messina: ' le quali forme dì caratteri, molto svariate
e pur tutte appartenenti alla classe che ho posta,
non differiscono dallo stile dei monumenti analoghi
sparsi da Cordova infino a Bagdad. Frammisto a quello
si vede nella stessa epoca in Sicilia, sì come in ogni
altro paese musulmano, con linee più' torltiose e biz-
zarre, il cufico ornato e talvolta intralciato di rabeschi,
che si è chiamato impropriamente scrittura carmàtica.
Bellissima in questo stile, né sopraccarica dì capricci
è la lapide sepolcrale di Oma-*er-Rahman che si
trovò pochi anni addietro in Palermo, dove manca la
data, ma sembra alla vista del decima o undecime
secolo. • Similmente déir epoca musuhnana le iscri-
zioni coraniche delle Chiese delle Vergini e San Fran-
cesco d'Assisi in Palermo, * del convento dei Fran-
cescani in Trapani, ' che son più o meno ornate, ma
schiatta (Chi spende SI proprio avere in servigio) di Dio, fa^come l'acino
di frumeato, dal quale germogUdD sette spighe.^ (Iddio prospera) cui
vuole : immenso egif è e sapiente [sura II, verso S63i •^. (sepolcro di)
ibn-Hosein, RebeM (?), Fàresi.... motto.... ranno 4i7 (l€Qd).
« Presso il Dì Gregorio, p. i4i. La leggenda mal traacrftu dal
Di Oregorto è "Mò (spero) aiuto che in Dio»* sentenza tòlta dal Corano,
sura XI , verso 90.
'Pubblicata da Lanci» Trattato delU HmMiche rappresentanae ,
tomo II, p.iS(.
' Un lucido di questa iscrizione cb^ era messa da architrave in una
finestra, mi fu mandato il 1855 dai signori Agostino Gallo e Saverio Ca-
vallari. Sondo inedita, mi par bene darne la Versione: e In nome del Dio
9 clemente e misericordioso; che Iddio benedica al profeta Mohammed e
» sua schiattai. " Ogni anima assaggerà la morte, né avrete vostro guider-
» dono che il dì della Risurrezione. Chi sarà campiate dal fuoco e intro-
» dotto nel Paradiso , sarà allor felice: perchè la vita di quaggiù non è
» altro che ròba d* inganno." [Sura Ili, v. 182.] Questo è. il sepolcro di
» Oma-er-Rahman (cioè la terva di Dio) figlióola di Mohammed» figlio di
» Fàs; la quale morì il primo »
« Presso Di Gregorio» op. cit. , p. 158 e 140.
^ Op. cit.» p. 141. 11 Di Gregorio lesse male V ultima fhise, uè credo
— 435 — [Jl Secolo.)
di beila struttura di caratteri ; e l' altra assai logora
e ignuda^ uè di forme eteganti, di una colonua nel
portico meridioDale della cattedrale di Palermo. * Un
bel neskhi, o corsivo, modificato a forme monumen-
tali, spoglio di ornamepti e notato di punti diacritici,
si scorge in una pietra sepolcrale di Mazara, in parte
logora, se il vizio non è nella stampa eh' io n' ho alle
mani. E scritto m. neskhi grossolano, con qualche
punto diacritico e qualche errore di grammatica, Tepi-
taffio mutilo che si serba nella Biblioteca comunale
di Palermo: e stava su la tomba d'iin Àbu-Hasan-Ali,
morto il treceilcinquantanove dell' egira. \
beo rabbia corretta ìKLanci, TraUaìo,delle iimboliehe rappresentanu ec.
Parigi, 1845, tomo II, p. 24, tavola XV. Panni si debba leggero thikati
Allah, " La DDila fidanza (è) Dio. *
« PreiBSo Di Gregorio , op. elt , p. 131 . Non si può deciferare sul rame
che ne pnbbllob il Dì Gregorio ieoii la iiiterpretazioiie di Tycbsen. Ma di
certo noD V ba una sillabai del verso 55 (si corregga 52) della sarà VII,
cbe crédette leggervi il professore di Rosioek.
' Hi fa mandau a Parigi il Ì844 «dal prioclpe di GraDatelli. Il lato
leggibile è a dritta di cui guardi* Nei due primi righi son le formolo;
sei terzo, uà frammento della sura XXXVtli^ verso 67; nel quarto " .... se-
polcro del cadi Kkldhr...; ** il quinto e sesto non si scorgono bene;
«eleeltimo ".... di Dio sopra di lui (morto) il venerdì cinque...;* neir ul-
timo: * quattro e novanta e.... * mancaodo il Secolo cbe sarebbe il quarto
o quinto, della egira (lOdS, o 1100). A destra e sinistra corrono due rigbi
perpendicolari a reo' di cornice, che non bo potuto teggere4
8 Presso il Di Gregorio, op. cit., p. 154. La lezione e interpretazione
di Tycbsen, date dal Di Gregorio, difettano in molte parli, e sbagliano la data
eh' è pur chiarissima. Eòco come leggo questa iscrizióne, mettendo tra
pafentesi le parole da supplirsi» e indicando con punti le altre che man-
cano: $ (In nome di Dio) clemente e misericordioso, (e benedica Iddio ec.)
» (Dì loro : Grave annunzio ; e voi ne ri-) fuggite [sura XXXVIII, verso 67,6^.
» Questo è il sepolcro dello sceilLh...^^,.. il Kftid egregio Abu^Hasan-Ali
» figliuolo dd...b««. il giusto, «.benedetto il trapassato Abu-Fadhl
» (figlio del).... e benedetto il trapassato Abd-AUab, figlio di Moha(fli-
» med).... (figlio del).... e benedetto il trapassato Ali, figlio di T&her....
» (che sia benigno ) Iddio a lui. Il quale morì la notte del giovedì , cinque
9 del mese. (e fu sepolto?) il venerdì, 1' anno trecento' cinquanta-
» nove (96Ì)-70)... (morì attestando non esservi altro DIO) cbe All&h ed es-
I
[XI Secolo! — 456 —
Farò cenno in ultimo delle monete dei Mn^ulmani
di Sicilia, su le quali manca un lavoro compiuto, uè
io potrei proyàrmici, né sarebbe da stenderlo qui; '
Mi ristringo pertanto ai risultamenti, ritraendoli dal-
l' accprato catalogo del Mortillaro , aggiugnendó
qualche altra notizia che s' è pubblicata apprèsso
e le monete inedite del Museo parigino.. Dogali Agbla-
biti, dei quali è si povera la numismatica, rimangono
poche monete sicilijane.' Per lo contràrio abbondano
le fatemi te; si che ve n' ha di tutti i califi che regnà^
rono di fatto o di nome in Sicilia , da Obeid-allàh
fondatore della dinastia fino ad Àbu-Tamiin^Mostan-
ser-Billah , o meglio al quattrocentoquarantacinque
dell'egira dopo caduta la dominazione kelbila:Vun
sere M^omeUo. V inviato di Dio; » L'errore cbè notai neS testo èdrporre il
nomioativo Ab[U io laogo del géditiTO aH nei-due luoghi dove occorre;
< Si ricordi V avvertenza fatta nella Introduzione, p. xvi e xxiv. ^
a Si vegga il Llb. 1, cap. HI, V rVI, ed il Lib. Ili, cap. I , p. 283,
284, 296, 297 , 521 del Tolume 1, p. 5, 6 di qiieato voluiiieie s'aggiun-
gano le seguenti :
Oro, anno 26S, (881-2) di grammi 1, 05 nel Museo di Parigi. In fin
della leggenda del rovescio parmi leggere la voce ro6d't. Si con-
fronti con quella simile pubblicata da CastigHoni e notata da Mor-
tillaro, ppere, tomo lU, p. 352, ii(> IX.
Oro, anno 295, (907-8) di grammi4, 25 nel Museo di Parigi col nome
del parricida Abu^Modhar-Ziadet^AJilab. ■ ' -
Jn queste monete non si legge il nome di Sicilia , ma 1 dotti le credono sici-
liane ;dairopera. Le altre, monete agblabi te di Sicilia nptansi dal Mòriillaro,
C|pere, tomo HI, p. 343, seg., no I aXII. ' .
, . ' Si vegga il catalogo nelle opere di Mortillaro, tomo llU p. 357, seg ,
dal n» XIII all'LXXXIX. Quivi l' ultima con data dell'anno e del paese è
del 439,(1047-8). '
A questie 77 monete sono da aggiugnere le seguenti ;
Oro, anno 843 (954-5) . di gnunini 1,05 nel Museo di Parisi.
id. » 4Ì44 (955-6) » 1,05i ibid.
id. - f. 1,05 l
, id. ^ » 1 05 ! ^^' ^''"* ^^^ » ^^1 nome
. , *t.e. \ del califo Moezs.
»d. . i. 1,05 V
id. I* Z96 (1005-6) indicata come 4piarto di din&r da M. Sofct, LtUrCi
— 457 — [xis«coio.]
centinaio di monete, la più parte d'oro, doe sole
d'argento e non poche di vetro di varii colori, che
sembraa usate in luogo dei quattrini di ranie. *
Hanno leggende cufiche; formolo fatemité, molte
<X)n. data e col nome della. Sicilia. Quelle d'oro,
quando se n' è fatto saggio, si son trovate di buona
lega. Son tutte del peso d'un grammo più o meùo,
clie torna alla quarta parte del dinar oméiade, aih
bassida e fatemita : di certo il robà'i, ossia qoar-
tiglio, del quale si leg^ nei ricordi arabici della Si-
cilia nel decimo e duodecimo secolo. * Picciola e co-
li S. £, etc. de Fraehn, SainUP^tersboarg , Ì8M,
p. 50n<»i2t.
Oro, anno 414 (1033«-l,ovv; 414) di grammi i,00 nel Museo ài Parigi,
id. » 421 (1030) » 1,00 }
id. «* 422(1031) ' ** 1,00 { ibid.
id. m 483 (103U2) » i,00 J
id. Altre otto jsenia nome ne data i>. 1,00 ibid.
id. i> 42S indicata come tr/eni da M. Soret, p. 60, n° 1 SS.
id. n 437(1045-6) . id. p.51,nolS4:
id. n 445 (1053-4) id. p. 51, n» 125.
VII Mortillaro, voi. cìt., p. 179, seg.* 539 , 340, citando il Tyofasen
ed altri, ha sostenuto quest'uso der vetri improntati; e mi par s'ap-
ponga al vero. E.i nota, anche a ragione, la maacapza assolutagli monete
arabiche di rame battale in Sicilia ; alla qttàle non credo si possa op*
porre la moneta pubblicata t)al . prliicipe di San Giorgio Spinelli , Monete
tujiche dei principi lonffobardi ec., p. 31 » n« CXXX. Prima, perchè non v*ha
data idi anno né, di luogo; e secondo, per essere molto dubbia la leg-
genda Emir^el^MMmenin che T autore, credè scoprirvi. Resta a tro«
vare il paese. e Tetà in che fu coniata questa e alire monete di rame,
certainénte musulmane, che il principe di San Giorgio db nella tavola IV.
. s Nei varii MSS. quesu voce è scritta sensa mozioni. ÈJài leggere o
la prima vocale, come in aggettivo numerale distributivo che nel nostro
caso significa *di quei che vanno a quattro" (in un dinar) prò*
prio il ialino ijuaterni. Ho latto già parola^ di questa sorta di-, moneta
siciliana , nel cap. VII del presente liliro, p. 334 del vólumOi Le autori.là
SQuo, in ordine cronologico : i** Ibn-Haukal, Geografia, nella BébUateca
Arabo^Sicula, testo, p. 1 1 ,- secolo X ; 2» lbn*KhalUfcàn nel luogo che cito'al
càp. Vili , p. 334, il qual autore trascrive le parale d* Ibn^iescik, che visse
neirxi secolo, ma riferiva un fatto, del X; 3» Ibn-Giobalr, «tessa eiu*
[KISmoIo.] — 488 —
moda moneta come gli odierni oinque fianchi d'oro,
coniata tuttavia sotto i Normanni con leggende arar
biche, e chiamata tari in un diploma greco, e tqreni
nelle croniche e carte Ialine di quel tempo* '
Il commercio musulmano di Sicilia, non che maa-
tener suoi robà'i neìY isola sotto la dominazione, nor-
manna, avea costretto ad usarli, fin dai principi!
del decimo secolo, Napoli, Salerno, Amalfi; ed a
batterne in casa propria, ed anteporli a tutt'altro co-
nio. I diplomi latini di Napoli di quel secolo portaa
le vendite in solidi bizantini e piìi spesso in im,*
dei quali quattro faceano un solido bizantino, eh' era
lo stesso del dinar arabo. Dai medesimi atti si rileva
che i solidi scarseggiavano o mancavan del tutto
alla metà del secolo, ancorché sempre si notassero
come^ moneta legale; e che rimanea quasi solò conio
corrente d'oro il tari. * Da un'altra mano i musei dei
^
ziòne, XII secolo; A<* diploma arabico di Sicilia del 1190 presso Di Grego-
rio, De supputandU apud arabet temporibtu, p. 40, 4Ì.
' Una tre&thia'di dinar d'oro, tra omeiadi e abbassidi, cbe ho pesati nel
Mvseo di Parigi, sono per lo pii^ di è grammi triàboCcatìti. Dieci (fmdr fate-
miiid* Egitto mi ha n dato lo stesso risultamento: il migliore arriva a
grammi 4,35 , e il più scadente a grammi 3,i5.'
^^ Ne diremo più distesamente nel sèsto Libro.
' il 8ihgol|ire nei detti diplomi è tare.
s Regii Neapoliiani Àrchivii Monumenta, Napoli, 1845, seg., in 4».
11 tari Vi occorre per la prima volta in un diploma di Gaeta del 909,
tomo I, parte 1, p. 9, dove si vegga Y erudita nota degli editori. Poi negli
atti privati stipolati a Napoli infinó al mille, i pvetà son pagati per lo
più in tari & oro; Nel documento GCXL, anno 996, dato di Napoli, loròo II, *
p. i43, si legge *^anrl selidos XIU de tari ana quadtuor tari per nnoquoque
soridos," la quale proporzione è replicata, con più-o meno^ror! di gram-
matica, nei docamenti GCXXX{ll,<anno995, p. 129, eCCLV, anno 977, seg.,
176. Si vegga anche il diploma del 1076 deir Arolkivio della Cava, citato
d^ M; Huillard-BrehoUes, nelle Reehtrékes sur le$ Monnmmis et l-hnioire
de» Normands etc dans f/tefie MéridionaU» pubUée» par le$ soins de
M. le due dà Lui/ne», p. 46d| dove si fu menzione di soldi d'oro, ciascuTo dei
quali tornava a quattro lari di roònetad' AmalQ.
— 459 — |XI Secolo.]
regno di Napoli oi mostrano quàrtigli d' oro della
stessa forma e peso di qae'di Sicilia, col nome del ca-
lifo fatemita Moezz (953-975); se non che comparisce
la mano straniera, al Cufico men franca, e la lega m^i
buona, e si moistra talvolta alla scoperta, aggiugnendo
in mezzo deir impronta aràbica ** Salerno" e altre let^
tere latine : e perfino stampò la croce tra le sentenze
unitarie dei Fatemi ti, o scrisse sul dritto il nome di
Gisulfo principe di Salerno (1062-1076) e sul ro-
vescio quel di Moezz morto un secolo innanzi. * Farmi
non cada in dubbio che i tari dei diplomi napoletani
fossero appunto i robd*i di Sicilia, e le copie più o
men fedeli che se ne faceano neir Italia meridionale.
La voce tari, ignota, di là del GarigUano, ignota nelle
altre province bizantine, si accosta per articolazióni
ed accento a dirhem o dirhim pronunziata velocje-
mente dagli Àrabi trUim, ' ed al plurale teréhtm o
trdhtm e tréUit,, mangiandosi T ultima consonante e bat-
tendo r accento suir t. Le bocche italiane ne fecero
tari. Né questa è conghiettu^a, ove si ricordi il tari
denominazione di peso, che risponde senza dubbio al
' M0nete cufiche bailute dai principi icngobarii- te. interpretate,.,,
dal principe di San Giorgio Domenico SpineìU. r^lja prefazione dell' eri»-
dito signor Michele Tafuri, p. xìii, seg., si accenna la lega inferiorea quella
di Sicilia;, e in una nota, p. til^ la differensa del caratteri. Le monete
di cui traliiamo son le prime trenta della raccolta. li péso varia da IS a 35
acini di Napoli, cioè da 0,80 ad nn grammo. Debbo aggiognere cbe, acoei*
taoido le concbiusioni generali dei dotti editori , non son d' accordo in tutti
i particolari. Per esempio, varie leggende non mi sembrano ben trascritte ;
non tengo punto provata la cronologia che distribuisce- cotesto moneto ai
principi di Salerno; né cbo tutte sieno state eotiiate In Salerno. Vo n*ha
forse d' AmalG ; e forse è di Napoli il no XX VII.
> IMaLarabico è suono partecipantodella i odellal; e trascrivendolo
in latino 0 greco, si rendea sempre con la f : per esompio da ddr-et-ien'a,
'iarsianatus,* donde noi àbblam fatto "arcana' e arsenale. *
'
|xi s«coio.] — 460 —
dirhemy il quale gli eruditi di Sicilia scrìssero tari-^peso,
ma it popolo credo V abbia detto tempre trappeso,
rendendo nella prima sillaba la volgare pronunzia
arabica/ Così i Napoletani e i Siciliani del medio
evo ripigliavano dagli Àrabi il vócbìkAo' drachma,
che quelli aveano tolto dai Bizantini e mutato in
dtrhem.
CAPITOLO XIV..
Arrivati a scoprire per quante vie s* era messo
lo spirito umano al tempo dell'antica civiltà, i popoli
musulmani le téutaron qua e là con ardore* giovani-
le; in molte si lasciarono addietro i Cristiani contem-
poranei; sovente aggiunsero lor trovati al patritnonio
* Il dtrAeff^ peso, parte aliquota deWukia (uncia) e dìffereote secondo
i paesi,. si adoiierava esclosivaiiieote per l'argento. Dal peso fn argento
nacque la denominazione di moneta cb* era usata fin dai^ tempi di Mao-
metto; e rimase sola moneta nisàb, ossia legale, in che si ragionava la
decima, il prozio del sangue ec. Il dirbem, moneta effettiva, fu poi diverso.
Or il reM'ft tornava a tre dirbem nitàbf poicbè il dinar si ragionò
dodici. Naturalmente gli Arabi di Sicilia, nel commercio, cfaiamavan
quella moneta d' oro * un tre dirbem ,* e neir oso bastava dire trdhim
al plurale. 11 vocabolo tari. Introdotto in tal modo presso gì* Italiani
di Napoli e poi presso I Normanni, e Italiani di Sicilia , restò deno-
R^inaiioBe di moneta d'ore; mentre da nn* altra mano 1 Normanni di
Sicilia, usando il sistema degli Arabi, ebbero il dirbem moneta ed ancfaé
il dirbem, o iarif peso di argento, indi la voce iari^péto o trappeso. Spa-
riti con la dinastia normanna i tari d'oro, la voce tari restò come
denominazione di peso e moneta d'argento. Gli eroditi del secolo passato
arrivarono, dopo molti errori e ricerche» a disUnguere i fari dei diplomi
aniicbi.da qoei cbe avemo alle mani e cbe valeano quasi la quarta parte
dei primi , coi cblamarono per questo tari d' oro. Il dotto Conte. Casti-
glioni sbagliò, come parmi^ negando cositatta etimologia della voce fari.
— 401 — pec.X.XII
degli antichi ; il che non avveniva allora in Cristia-
nità. Sopra ogni altro lussureggiarono in due eser-
cizii connaturali a loro società. L'arte della pa-
rola in rima e in prosa, antico vanto degli Arabi,
mutando corso nell* islamismo e allontanandosi dalle
forme del bello, si allargò in ogni più sottile investi-
gazione di grammatica, lessicografia, versificazione,
delle quali parteciparono i popoli conquistati: talché
per tutta Musulmanità fu studiata la filologia minore
quanto noi fecero mai i Greci né i Latini; e se le
Muse dessero la corona a chi più s'afiatica^ gli Arabi
se l'avrebbero senza contrastò. Surse dal Corano
quella scienza mescolata di teologia e dritto, la qua-
le, sendo cóme il pan quotidiano dei Musulmani, non
è maraviglia che attirasse tutti gli ingegni dispo-
sti a cosi fatte contemplazioni e bramosi di onori e
stato. La filologia e le scienze coraniche, per aver
sì profonde radici runa nella schiatta arabica, le
altre nella società musulmana, occuparono quasi
tutto il campo,' rinvigorite dalla metafisica e-^ dia-
lettica deir Occidente ; rimasero sole dopo la de-
cadenza politica e sociale dagli Arabi; e si pos-
sono dir vegete fino ai di nostri dovunque regga-
la legge di Maometto, dal Gange allo stretto di
Gibilterra. Ma le scienze antiche, come le chiama-
rono gli Arabi per averle tolte in presto dai Greci ,
trovarono ostacolo nella tenacità semitica del popolo
dominatore, il quale se n'era invaghito per ebbrezza
di nuovo acquisto, e d'un subito s'arretrò, spa-
ventato, dal c^mmin che credea lo menasse all' in-
ferno. Poi prevalendo genti più grossiere, in Levante i
[S«e. X. XI.| — 462 —
Torchi, in Occidente i Berberi; irrompendo Cristiani
d'ogni banda nelFiinpero musulmano, esacerbaronsi le
passioni religiose, rinne^òssi il secolo di Harùn
Kascid, e quelle sospette scienze sparvero ad una ad
una tra le tenebre ricadenti sul mondo musulmano.
Le ristorate dottrine dunque d'Aristotele, d'Eu-
clide» d'Ippocrate, non solo ebbero minor tratta di se-
guaci al tempo della civiltà arabica, ma sendo ite ia
bando dalla terra d'islam, dìleguavasì dal decimoquarto
secolo in poi la memoria di cui le coltivò. I biografi
tuttavia s'affaticarono a rintracciare nomi e aneddoti
di grammatici , retori , lessicografi , intèrpreti del Co-
rano ^ tradìzionisti, giureconsulti, teologi e mistici
d'ogni maniera, e vennero a capo di tmvarne molti
sfuggiti alle, ricerche dei predecessori; ma fecero
guarda e passa nelle altre scienze. Similmente si
smettea di copiarne i libri. Ho voluto notare potestà
disuguaglianza nelle propòrzionidella storia lettera-
ria e le due cause da che venne, perchè la non
sembri difetto peculiare degli Arabi Sidiliani. Un
pugno d'uomini, del resto, datisi alla cultura intel-
lettuale per qualche secolo e mezzo, sòggio^gati
quando coglieano il frutto, perseguitati e dispersi
entrò un altro secolo: mpra viglia è che ce ne rimanga
qualche brano di memorie letterarie per carità di
cui accolse in casa gli esuli sconigiQlaU. Nei paesi ri-
masti musulmapi, T amor di patria o la vanagloria
municipale dei tempi di decadenza, religiosamente
ragunò ogni ricordo dei cittadini più o meno illustri.
Ei coloni di Spdgna, più numerosi assai dei Siciliani,
pervenuti ali* incivilimento dopo tre secoli, n'ebber
.— 463 — [s«c.x.xr.i
agio altri quattro a compiere il pio ojScio pria che
sgombrassero d' Europa.
Il solo autore arabo che appòsitamente abbia
scritto là storia dei filosofi, mateoiatici e m.èdici,
noQ ricQrda altri Siciliani che un dei duodecimo, se-
cólo e tre dell' antichità, Archimede, Empedocle,
Cpra€e;^sui quali dà ragguagli meno scontraffafti
che non si potrebbero aspettare così di rimbalzo; ma
non appart^gono al Mostro argomento. Del resto, se
l'abbiano ignorato * Zuzeni a) tempo di Federigo
secondo ed Ibp-Khallikàn. nella generazione seguente,
si coltivaron pure le sciente matematiche in Sicilia
sotto la doipinazione arabica. Ne fon fede le memo-
riedei tempi normanni, delle quali diremo a suo luo-
go ; ed anco alcun cenno immediato dell' undecime
secolo. Makrizi nella Topografia dell' Egitto , venendo
a parlare dell'osservatorio che fondò al Cairo il me-
cenate Afdh al r anno cinquecento tredici (HÌ9-86), •
e il califo Amer spiantò a capo di sèi anni, novera
tra gli astronomi che v'erano condotti a stipendio, il
geometra siciliano Abu-Mohammed-Abd-d-Kerìm , '
. ' Tarikk-^-Eokemà. Ho accenoato nel Lit)rQ \\\ , cap. V, p. 100 del vo-
larne,, r articolo sopra EIropedocIe. U testo di tutti gli estratti di Zuzeniè or*
inai pubblicato néih Biblioteca Arabo^Sicula , p. 613, seg. Nella biografia
d'Arébimede, si rìferlsce at grao Siracusano il disino delle digbe'e ponti
che dettero abilità a coltivare gran tratto della valle del Nilo nelle inonda-
zion.i dicbe fecero cenno gli antichi (veggasi Harles, Biblioiheea Grceea,
tomo IV, p. 172); e gli si aitribuiscono molte opere genuine o spui'ie, e
tra le seconde, credo lo, un "Discorso su gli orologi ad acqua con sone-
ria" che Casiri erroneamente suppone significare il biaderò, (Biblioiheea
Arabico^Hispanà , tomo I, p. 383.) Di Corace ^j dà il noto aneddoto col
discepolo non trascrivendo il nome, ma traducendolo Ghordb (Corbo,K.9f»e^),
e agglugnendo che egli fu greco dell' Isola di Sicilia. Arcbimedeed Bmpe-
docle si dicono greci senz* altro. >
3 Kitàb-el-^ewà'ii,, ecMz^^di Bulàk , tomo 1, p, 127 ,,e Bella Biblioteca
|8«c. X. xi.| — 464 —
esQle ch'ei sembra dopo il conquisto normanno. Ibo-
Kattà', neir Antologia dei poeti siciliani , trascrìvendo
alcuni versi di Abu-Hafs-Omar-ibn-Hasan-ibn-Kùni
con dae righi di cenno biografico » gli die lode anco
di geometra ed astronomo. Il titol che aggiugne di
Kàtib, ossia segretario; mostra che quest'Omar il fa
in alcun oficio pubblico, forse nella segreterìa di Stato.
Del quale se i versi d'amore sòn troppo. geometrìe!,
v' ha uno squarcio d' elegia che direbbesi scrìtto da
stoico romano anzi che da credente arabo: si sde-
gnoso il pensiero, alto senza puntello di religione;
ed anco semplice e grave nella forma; se non forse
p^r due bisticci che il poeta incastrò neir ultimo ver-
so. ' Ibn-Kattà' similmente fa ricordo del Segretario
Abu-Abd-AUàh-Mohammed-ibn-Hasan-ibn-Kereni/
^astronomo, aritmetico e poeta/
Che la matematica e r astronomia si fossero
applicate in Sicilia a studii topografici, non si può
negar uè affermare. In vero scorgiamo uóa bella.
ÀralMHSieula , p. 069. Una versione di qnesU) squarcio, per M. Caussia
de Perceval si legge nelle Notieet el ExlraiU des MSS-, tomo Vili,
p. 33, segg.
' Estratto della Dorm-Ehatira (Perla Egregia ec.) d* Ibn-KaUA*, inse-
rito nella Kh^rida d* lmftd-ed*dln , Biblioteca Àrabo-Sicula.UdSXóy p. 596.
I versi leggonsi nei MSS. della Kharida, di Parigi, Ancien Ponds, 1375»
log. 43 verso, e dei Britisb^Musenm , Bicb. 7593, fog. 35 recto. Ecco i
tre deli* elegia cbMo cito, scritta non sappiamo per quale personaggio.
* Alla morte (opporMcn) ciò cbe nasce, non alla vita: V uomo non è
cbe ostaggio di essa; / ^
"Diresti gli anni suoi {fòglio) di cui si spiegbi un lembo, fincbè so-
pravvien U morte e sei ravvolge.
* chi impreca al tempo non 1* intacca, na; ma quand'osso scocca (suo
strale)- non fallisce mal il colpo."
s Ovvero i£enif. L'uno e F Altro è nome di tribù; e il secondo ancbe
etnico, da un viliaggio presso Bagdad. ^
> H/^liofeca krii6o-Siciils, t'esito, p. 395.
— 465 — [Sec. X. xi.i
correzione della postura dell' isola rispetto air Affrica.
Ibn-Haukal Bel decimo secolo sapponea la Sicilia
guardare dritto Bugia, Tabarca e Marsa Itharez
(La Calle); cioè la. spiogea due gradi più a ponente/
Ibn-Iùnis, il celebre astronomo del Cairo, alla fin^ del
decimo secolo, con errore contrario la tirava ,dieci
gradi a levante di Tunis. ' Ma una notizia anonima
che leggiamo in lakùt e par si debba riferire a sor-
genti siciliane dell' undecimo secolo, pone vicinis-
sin^a alla Sicilia tra le terre d'Affrica l'antica Clipea
presso il Capo Bon, aggiugnendo correr tra quella
e l'isola cenquaranta maglia, ossia due giornate di
navigazione coni buon vento, e, da un altro lato, lo
Stretto del Faro misurarsi due miglia, là dove
r isola pili s' accosta alla terraferma. ' Donde parmi
che la correzione sopraddetta si debba riferire ai
navigatori siciliani ed affricani, non agli astrono-
mi; tanto più che lo sbaglio delle longitudini non si
potea riconoscere da privati senza un osservatorio
fornito di quegli smisurati stromenti che gli Arabi
fìiron primi a costruire. Ignoriamo in quàl tempo
visse chi immaginò X isola triangolo equilatero,
' Mo'ffem, nella Biblioteca Arab<HSi6ula , p. ilO. Qaedta passo ser-
batoci da lakùt, manca, come tanU altri, nei MSS. d' Ito-Hankal che ab-
biamo in Europa. La carta di Istakhri lo cònfehna pienamente.
? Si vegga la tavola delle longitudini e latitudini pubblicata da Lele-
wel nell'Atlante della Gtographié dumoyen'^e, Bruxelles, 1850. Ibn-
lùnis, nella lista delle posizioni geogra6che (p. 4) segna le seguenti :
Sicilia (fòne a Palermo) long. 39<* Ut. 39<»
TttDis 29® 33»
"^Kairemn! . . . 3i« 31® 40'
Tripoli d* Affrica 40« 40' 33*»
s Kò'gem, nella Biblioteca Arabo-Sicula , p. 1(5. del testo dove si dà
allo Stretto il nome di Faro.
11. 30
[Scc. X. XI I — 466 —
misurandovi sette giornate di cammino da un ver-
tice air altro. ' Ibn-Haukal s* avvalse forse delle
nozioni che correanó nel paese e avvicinossi al vero
quando assomigliò la Sicilia a triangolo isoscele con
la punta rivolta a ponente, ' la base di quattro gior-
nate, e ciascun lato di sette.'Bekri ne fé' triangolo
scaleno, troppo largo alla base, di cencinquantasette
miglia , con censettantasette di lato maggiore e cin-
quecento di perimetro. ^ Altri die il giro di quindici
giornate. * Infine una misura che sembra oficiale e
deirundeciroo secolo, portava undici merhele o
diremmo stazioni di posta, da Trapani a Messina,
e tre giornate di larghezza ; * onde s' argomenta
' Op. cit.) p. iU.
* IbD-HaukaU op. cU., p. 110, il qnal passo si trova soltanto nel
Mo'gem. Ibn-Haukal non conoscea forse le carte greche rifatte dagli Àrabi
dopo Hamùo, poiché T opera geografica eh' egli amento e corrèsse eoo le
proprie osse'ryazìoni era quella dMstakhrì; della quale abbiamo il MS. pub-
blicato In fae-Hmile dal Dottor Hoéller col titolo di àiber Climàtum,
Golhae» 1839, in 4». Quivi , a p. 59, si trova il disegno pia primiliTO che si
possa immaginare del Mediterraneo : lo spaccato di un orciolo, nel quale
li collo aiBgura lo stretto di Gibilterra e la pancia è piena di tre palle che
rappresentane la Sicilia, Creta e Cipro, fi circolo della SicAia s' avriciiia
alla curva che sIgniQca la costiera d'Affrica, ad un punto ove è scritto
'Tabacca. "Questa figura ridotta alia metà, si ritrova anche neU' Atlante
della Géograpkie au moyen-àgt, del dotto Lelewel, tavola terza. Un'altra
figura vieppiù strana, a p. 25 dell' ediaione di Gotha, spinge la Sicilia a
levante verso Tripoli.'
. ^Journal Àti^ttque, IV«série, tomo V (1645)» p. 9l> e Arehivio
Siorieo Italiano, App. XYI , p, 31.
^ Squarcio riferito dà Ibfr-ScebbAt, il cui testò si vegga oella^iMio-
teca Àrabo^Sieula, p. 210.
s Mo'gem, op. cit., p. lU.
* Op. cit., p. lisi. La merhela, "cavalcata* ossia quel tratto di strada
che si percorre d' un flato, è misura itineraria degli Arabi, un po^aga, e
diversa secondo i luoghi. Edrisi nella descrizione dell' isola, Bibliotèca
Àrabo-Sicula , p. 48 del testo, ragiona la merhela leggiera a diciotto
miglia in circa. Così gli il rilievi da Messina a Trapani secondo il miglio
di Sicilia del tempo di Edrisi che risponde al miglio romano e all'attuale
— 467 — (Sec. X, IX. 1
che manrassero i rilievi di poeta nella riviera orien-
tale, e le distanze perciò sì ritraessero il manco
made che si potea dai viandanti. La somma è che i
dotti siciliani stadmronfo piuttosto la geografia de-
scrittiva dhe la geografia matematica del sùcflo
ov' erano* nati.
Lo S(feikh Aba-Saìd-ibn-Ibraliim , detto il Ma-
ghrebino e il Siciliano, compilò un libro di terapeu-
tica , del qaaie v' hatmo due codici , ad Oscford e Pa-
rigi. S'intitola il. primo Ausiliare alla guarigione
d* ogni sorta di morbi ed acciaochi; * e il secondo Tac-
cuino* dei medicamenti semplìùi: nmc^ opera, della
■
di Sicilia, tornerebbero a 498 miglia. Ma ragionando la merhela a Tenti mi-
glia, qaella misura sarebbe quasi esatta, poiché gli itinerarfi della posta di
Sleiìia del f83d» portavano 172 mlgUa a oa\«!k> da Messtaa a^PalOrmo per le
Marine, e 68 da Palermo a Trapani per via rotabile, -eh* è necessariamente
più lunga. Secondo lo stesso Èdrisi, la giornata di cammino, diversa dalfa '
merMa,era da 24 a 56 miglia , e io media SQ. 11 mìglio attuale di Sicilia
risponde a 1487 metri; il romano si ragiona 1481 o 1475.
'* Catalogo della Bodlejana, no DLXIV (Maish. 175], MS. del 1654
deir egira (1624«-5). La voce che ttaduco.' Ausiliare'* sanifica prqpDia-
mente "Colui che rende prospero un successo.* La voce " acciacchi " è
tt*asi:tittfi, non che 'tradotta. Il teato ha il plorale ^i Setaftma, con 1* arti-
colo at'Seiakwa , donde parmi derivato acciacco,
* Trascrivo anche questa vóce. Takwim, in arabo vuol dire designa-
zione dì prezzo, annotazione precisa e indi libretto di appunti. Questo MS.
anéhe moderno , ma senza data, è segnato nella biblioteca Parigina, Ancien
Fonda, lOSfT. DI certo s'è perduto nella nuova legatura, una trentina d*anni
fo, il titolo che si legge nei catalogo stampato e in un fpglio di mano del
maronita Ascari: " Takwim al Àd&uiat alMofreéat,^ Il nome dell' autore è
scritta diverso da quello diOxford: 76ra^ii»i^efiHi&^-5is<d^l^]fo^fr»-0l-
Olofj; ma forse portava Ibn^lbrabim e Stkilll In vece di Olaij , come lesse
Ascari.
nel rlAianente non solo i due MSS. sono identici al modo di prima -e
seconda ediziontt colrretta, ma la seconda ediistone eor^e anche sotto il
titolo di "Ausiliare pei Medicamenti semplici, *' poiché Hagi-Khalfa, édi-
aìotté FlfiegeH, tomo IV, p. 183, n» I1S,I45, dà appunto questo ad un'opera
di etti Ignorava 1* autore, la quale comincra con le stesse parole del MS. di
Pflri«t. HprlneSpio dell' introduzione con le varianti dèi due HSS. si legge
nella Biblioteca Arabo-Sicula , p. <094, seg. , del testo.
iSec.X.XIl — 468 —
quale il manoscritto bodleiano parmi il primo detta-
to, e il parigino la seconda edizione, corretta e sem-
plificata. Considerato, che vogliansi adattare i medi-
camenti alle particolarità degli individui e dei mali;
e che fin qui le opere di materja medica siano state
compilate secondo ì nomi dei semplici o delle malat-
tie , r autore si propone di presentar V uno e Y altro
ordine uniti insieme a colpo d' occhio per sussidio di
memoria al medico. Fa dunque un volume di tavole
sinottiche , notando nelle linee orizzontali ' ciascun
semplice con sue qualità ed usi, secondo le divisioni
che fanno le linee verticali o vogliam dire colonne.
Pon quattro classi di malattie; del capo, degli organi
respiratorii , degli organi digestivi e del corpo tutto;
e poi nota nella linea orizzontale là denominazione
tecnica della infermità. Tratta soltanto dei medica-
menti semplici i quali son messi neir ordine dell' an-
tico alfabeto detto Abuged,^ seguito sempre dai medici
e matematici arabi. Nella introduzione si discorrono
con dotta brevità i principii generali della materia
medica. '
' Abbicci 0 meglio il greco a, 6, 7, (^, che era r ordine antico degli
Arabi , « in faui presero da quello le notazioni oomerali In lettere.
' Ecco le robricbe delle colonne vertlcaU nel MS. di Parigi. — 1 . Nome
dei medicamento. — 2, Qualità (se vegeubileec.). — 3. Specie diverse. —
; 4. Quale specie sia da scegliere. —5. Natura (se. caldo, freddo, secco ec.). ^
■ 6. Fona. — 7. Indicazione nelle malattie del capo. ^a. ìd. degli organi
respiratorii. — 9. Id. defili organi digestivi. — 10. Id. generali del corpo. —
it. Modo di adoperare il medicamento. — 12. Dosi. — 13. Effetti nocivi. —
14. Come ripararvi. — 15. Surrog^ati. — 16., Numera progressivo. — Le co-
lonne 7, 8, 9» 10, sono molto più largbe che le altro. Nel MS. di Parigi
le sedici colonne prendono ambe le facciate delllbro aperto e v'ba cinque
senH[>liciy ossia cinque divisioni orizzontali, in ciascuna. Il MS., cbe finisce
al fog. 122 redo, ba l'ultima pagina in bianco, s\ cbe vi mancala con-
cbiusione e forse alcuno degli ultimi ariicoli.
— 469 — [Sec. X.XI.I
Spedito ed utile masuale, il cui linguaggio tec-
nico, le divisioni, le teorie e qualche tradizione
greca che s' accenna nella introduzione, rispondono
al corpo di dottriue mediche che possedeano gli
Àrabi neirundecimo secolo, qual si vede nella famosa
compilazione d' Avicenna. Il riscontro col Canone ci
conduce inoltre a supporre contemporaneo o anteriore
ad Avicenna (980-1037) il Siciliano Abu^-Saìd, il quale
afiTerma ninno avere steso prima di lui tavole com-
parate di rimedii e malattie; e noi le troviamo appunto
nel secondo libro del Canone. ^ D' Abu-Sa'id non
avanza alcun cenno biografico.'' Tuttavia né menzo-
gna né plagio non son da sospettare, quand'ei fa ca-
tegorie patologiche diverse da quelle d' Avicenna ; e
dà un catalogò di semplici molto minore , dove pur
se ne trova di tali che mancano nel Canone, ed è di-
versa la disposizione dei nomi identici. Se imitazione
v' ebbe, par dunque T abbia fatta Avicenna da Abu-
Saìd, o ch'entrambi abbiano attinto alle medesime
sorgenti, e recato nelle esposizione della materia me-
dica quel genio simmetrico degli Arabi, senza coiio-
scere i lavori V uno dell' altro in regioni si lontane.
Se non che il manuale apposito del Siciliano fu ec-
clissato dal trattato generale del Persiano, al quale
poi si è attribuito, come a Tolomeo, Averroés ed
* Si vegga la bellissima edizione d' AviceoDa fotta a Roma il 1593 ,
coi caratteri Medicei, p. 134, segg. Avicenna dà 800 semplici, Abu-'
Sa*td S45. Entrambi li pongono nell* ordine alfabetico dell* Abuged ; mii
1* ordine secondario in ciascuna lettera iniziale è diverso. Del resto Avh
cenna compose qaèslo capitolo in tavole, come Abu-Sald , ancorché nella
edi^one romana, per guadagnare spazio, i cenni ch'erano in colonne sian
messi in continuazione.
lSee.X. Xl.J — 470 —
altri compilatori aolìchi e qkkI^oì, tutto T onor delle
dottrme.eh* egli coordinò ed espose*
Più che Abu-SaYd meritò d^Ua scieD^a il SiciUaDo
Ahmedribn-Àbd-es-^Selàm , sceriffi), eh' è a dir delist
stirpe d'Ali, autore d'un trattato di mediciua cb^: ser-
basi a Leyde ed era intitolato: U libro, dei fmdiei
m tutte le malattie dai capo alle piante.*^ Lìmitaur-
dosi ai medicaidenti semplici, che i comf^^tì^dice
egli, difficilmente riescono né mai né' certo lo speri-
mento, Ahm^^d breve accenna i rimi^dii indicati se-
condo le diagnosi; non tacendO' le cred^ze volgari
e contrapponendovi i dettami dei maestri greci ed
arabi e sovente la propria esperienza. Divide I-opera
in venti capitoli ; da alcuno dei quali che ho percor^
so, specialmente il paragrafo su T idrofobia, U Libro
dei medici mi sembra ricco di osservaióoni, dettato
con; quella savieizza sperimentale che si fa scorta
deUe teorie e eh' é sola viia dritta in quest' arte. Ma
pi^no giudizio non ^e ne potrà dare, se la storia
deUa medìòifia appo gli' Arabi non ^ia meglio studiata
che al presente^ e se eruditi medici noa approfondi-
* MS. della Biblioteca pubblica di Leyde, deiraoDO 899 dell* egira,
(1493), no 41 , segnato nel Catalogo del 1716, no 727, p. 440. Il titolo hi
arabico che leggiamo nel catalogo non si trova più nel MS. lo T ho pubbli^
calo con la introduzione e la tavola dei capitoli nella Biblioteca Arabo-
Siculo, p. 697 del testo.
Ecco, la tavola dei capitoli: ì. Medicamenti semplici giovevoli contro
la cefalgià ; 2.... contro le malattie degli occhi; 3.... degli orecchi; 4.... del
naao; 5,... della bocca; 6^.,. della gola e del collo; 7-.. del fegati e ideilo
stomaco; 8.,.. degli intestini e purgativi^ 9.... del- sedere e tumori che vi
nascono; 10*.. . delle reni; U...^ della vescica; 13»... desfi oi^gani oiaAchtH;
13.... 4ella matrice; 14»... delle articolazioni; 15<.... ferite; 16«... tumóri
è pustole (&tt/Aur, donde i butteri del vaiolo),; 17.>.. malattie polmonari;
18.*.. Febbri e mar aria ; 19.... Veleni e morsioatiire. di animali ;'^m.» So-
stanze proficue alla sanità generale della persona.
— 471 — [Scc.x. xi.|
scano quesV opera, la quale a prima vista. sembra di
gran momento. Àhmed ne compose un altra, forse
tf igiene, intitolata: Conservazione della sq^lute ; àiwìsdi
in ottanta capitoli e dedicata ad un Àbu-Fàres-^Àbd-
el-Àziz-ibn-Ahmed ; della quale tanto sol sappiamo
da Hagi-Khalfa, e che T autore si appellava Siciliano
e TunisÌBO. ^ Di lui non troviamo cenno nelle biografie
dei medici arabi; talché dobbiam lasciarlo tra quei
d'età incerta, non potendo affidarci ad an barlume
cbe ci condurrebbe air ultima emigrazione dei Musul-
mani di Sicilia, sotto Federigo secondo imperatore. '
Visse di certo nella dominazione musulmana Àbu-
Abd-Allah-Mobammed-ibn-Hasan-ibn-Tazi , poeta e
letterato di gran fama in Sicilia , al quale Ibn-Kattà'
dà appellazione di medico, senza dirne altro;' e noi
ne riparleremo tra 1 poeti con V onore e il biasimo
ch'ei meritò. Del rimanente questo picciol numero
di medici, le cui notizie ci pervengono come per
caso, non prova che la scienza fosse trascurata in
Sicilia.
' Scarsi al paro i ricordi di cui segui la filoso-
fìa antica, che gli Arabi chiamarono col proprio
pome greco: e diceano Kelàm ossia "" ragionamento,"
là metafìsica e logica religiosa acconciate a lor modo.
< Hasi-Kbftira, JHùonurio Bibliografieo, edizione di Flaegel, tomo V,
p. 75, no 10,057.
* Il mecenate ricordato da Hagi-Kbalfa non al trova tra i principi
d'. Africa né di Spagna; ma quel soprannome e quel nome proprio , spes-
seggiavano nella dinastia hafsita di Tunis che surse in principio del Xlli se-
colo. Si potrebbe dunque supporre uom di quella fòmiglia che non avesse
regnato né lasciato memoria di sé negli annali politici.
B !màd^ed'dlD« Kharida, nella Biblioteca Àrabo-Siculat p. 589, dei
testo. Questa notizia trovandosi neil* Antologia d'Ibn-Kattd', il poeta fu
anteriore al principio del XH secolo.
ISec. X. XI.| — 472 —
I filosofi , spesso perseguitati in vita e dimenticati
dopo morte, non toman a galla nella storia lettera-
ria degli Àrabi, se non li spinge su qualche vesti--
mento più leggiero: poesia o filologia. Cosi ci vien
trovato nelle biografie dei linguisti di Soluti , un:
Sa'td-ibn-Fethùn-ibn-Mokram da Cordova, della il-
lustre gente dei Togibiti, grammatico, filologo e
scrittor di due trattati di versificazione; dato anche,
dice Soiuti, alla filosofia. Fu costui contemporanea
del terribil ministro Ibn-Abi-'Àmir, detto Àlmanzor,
protettore delle lettere, persecutore delle scienze
antiche ; quel che bruciò i libri di filosofia ed astro-
nomia della biblioteca di Cordova. Saìd, accusato non
sappiamo se di scetticismo ò ribellione, forse sen-
z' altra colpa che il nascer di scliiatta possente e
temuta, fu chiamato da Àlmanzor, interrogato seve-
ramente e messo in prigione. Poi lasciaronlo andare
in esilio; ed elesse la Sicilia, dove passò il resto
.de' suoi giorni , alla fine del decimò o principio del*
r undecime secolo. *
Primaria scienza sacra appo loro la lettura del
Corano, la quale portando seco interpretazione,
riesce a gravi conseguenze legali, dommatichè e
morali. Fu dettato il Corano quando tra gli Àrabi
contavasi a dito chi sapesse scrivere; né a gram-
matica si pensava pur anco né ad ortografia. Poscia
Othmdn neir edizione canonica eliminò i luoghi apo-
crifi, le frasi estranee al dialetto coreiscita, ma non
< Soiuli, Tabakdt-el'Loghewin, nella Biblioteca Arabo-Sieula , testo,
p. 674. Almaozor tenne V oficio di primo ministro o piuttosto lo scettro
della Spagna dai 976 al 1001.
— 473 — [Sec.X. Xl.J
potè mettere in carta la sacra parola con segni più
perfetti che gli Arabi non ne possedessero. Cioè che
notavano precise tanto o quanto le consonanti/ e
delle vocali sol quelle rinforzate da accento, e non
pur tutte: donde T ambiguità di tanti vocaboli che
non sono distìnti se non dalle vocali, di tanti periodi
varii di significato secondo i modi grammaticali che si
accennassero leggendo.* Il testo dunque sendo scritto,
come oggi diremmo, in cifera di stenografia, né ba-
stando averlo sotto gli occhi per saperne appunto il
tenore, era forza supplirvi con la tradizione orale e con
le regole della grammatica. Indi i Lettori, i maestri di
Lettura )i trattati e anche poemi didascalici, le sette
scuole principali di lettura e non so quante seconda-
rie, gli arabici assottigliamenti in cotestà novella
scienza ; e s' arrivò a notare il Corano con segni più
presto musicali che ortografici -.lettere, punti, lineette,
sigle che si dipingeano a varii colori intorno gli
arcaici caratteri negri del testo d'Othmàn, e prescri-
vean le pause, le modulazioni e oficio dell' a, le arti-
colazioni da elidere o permutare e simili.
< OgnuD sa che molte consonanti non si distinguono altrimenti che
pei punti messivi sopra o sotto; e che la scrittura monumentale chiamata
Cufica non ha punti , il che la rendè spesso sì incerta. Ma il carattere
neskhi punteggiato si usò fin dal primo secolo dell' egira , com' or lo pro-
vano varii monumenti; né par che negli esemplari del Corano sia caduto
mai equivoco su le consonanti.
, * Questi si accennavo con vocali e anche consonanti. Ma ipolte conso-
nanti prescritte dalle forme grammaticali non si notavano allora, come il
provano gli antichi esemplari del Corano. Si veggano i lavori di M. De Sacy,
Notices et Extrqits des MSS., tomo VII! , p. 290 segg., 355 seg., e tomo IX,
p. 76, seg. La lista delle lezioni arcaiche o erronee che voglian dirsi, delle
copie primitive dèi Corano , è molto più lunga, come si vede nei frammenti
su Pergamena che possiede la Biblioteca di Parigi, Suppl. Àrabe.
ISee. X. XI-l — 474 —
Fa dei più rinomati Lettori d^l Corano al suo
tempo AM-er-Rahmàn- ibn-Abi-Bekr-ibn-'Atlk-ibn-
Kbelef da Siracusa, detto IbnT-Febbàim (U figlio del
Carbonaro), nato il quattrocencinquantaqualtro (1 062),
uscito, eòm' è probabile, alla presa di Siracusa, T ot-
tantotto (i 095), e morto il cinquecento sedici (1 1 22-3).
Andò cercando in Oriente i dottori principi della Let-
tura; praticò con parecchi d' Egitto; e soggiornò, forse
die studio, in Alessandria, essendo stato chiamato lo
Sceikh Alessandrino. Compose il Soddisfacimento a
chi btami saper bene le Sette Lezioni, e La Gemma
Solitarie^ d' Ibn-Fehhàm su la Lettura: com' è vezzo
degli scrittori arabi di porre titoli millantatori e
avviluppati, purché sembrino bizzarri. Si ricorda inol-
tre un suo Commentario su i Prolegomeni Gramma-
ticali d' Ibn-Babe^cidds : che grammatico ei fu anco
e giurista, e poeta. Abbiamo, solo avanzo de' suoi
scritti, qualche verso, elegante di lingua e stile, stu-
diato di immagini, se il raccoglitore non trascelse
appunto gli squarci ampollosi per dare un bel sag-
gio.' Nella poesia erotica d' Ibn-Fehhàm è tenerezza
< Si riscontrino : Iqo&d-^d-dtn, iu^arlcfa, squarcio tolto da Ibn-Kattà*,
nella Biblioìeca Àrab(h-Sicula, testo» p. 598; D^eliebi, Anbd-en-Nohàr ,
op. cit., p. 645, ed tlagi-Kbalfa , edizione di Fluegel, tomo II, p, 209,
no 2472, tomo VI, p. S6, no 12,632, e p. 70, no i 2,752. H nome è dato
diversamente, ma si vede T identità della persona.
Nella Kharida troviamo dodici versi di questo autore. I primi quattro
son cavati da una elegia d* ignoto argomento; se non che vi leggiamo :
*Ed entra (il nemico o l'esercito ec.) in un deserto che ba abitatori:
entra come il mare; se non cbe gli manpaTonda amara.
" Vedresti lor lettighe da camelo piene di nemici che portan via la
preda, navigar quasi galèe su le teste degli abitatori.* MS. di Parigi}
Ancien Fpnds, 1375» fog^ 49» v. 7, e del British Huseum, fog. 57,
v. 7.
— 475 — ISec.X.Xl.l
e delicatezza d'affatto non comuike/ H disiógaono
d' uom battuto dall^ fortuna gli dettò un epigramma,
contro il suo secolo, ma la saetta arriva fin qui.*
Segnalossi nella medesiipa scienza Abii~Tà-
her-Ismail-ibo-Eelef-ibn-Saìd-ibn- Amràn , autore
d' un trattato in nove volumi su le forme gramma-
ticali ' del Corapp, e d' un soouBario intitolato Cenno
JM la Lettura: dov' ei messe a riscontro te Sette
Lezioni f con dettato conciso da potersi tenere a
mente, 'facile agli scolari, bastante anco ai dotti.
Libro rinomato ai tempi d Ibn-^Kallikàn, comentato
poscia da molti e rimase in onore fino al decimoset-
timo secolo, quando ne fé lode Hagi-Khalfa. Com-
pendiò inoltre questo Ismail un' opera , credo teolo-
gica, intitolata L' Argomento, di Paresi. Fu nove-
rato tra i pritni letterati dell' età sua. Ibn-^Khallikàn,
su k fede dello spagnuola Ibn-Baskowàl, gli dà per
patria Saragozza; Soiuti lo ricorda coi due nomi di
Siciliano e Spegnuolo; ed Hagi-Kbalfa alternst l' uno
e F altro. Secondo tutti, fa Ansdriy cioè oriundo di
Medina, e mori il quattrocentocinquantacinqae (4063),
* *Le glUo uno figaardo furUvo, Umendo per lei gli appantatorl e le
spie.
*£ vorrei iamentarmi seco di questo immeoso affeUo, ma non oso;
Unto è il mio pudore I
'Quàntanqoo ella sembri avara dell' amor suo , tutto io le (lono il mìo
e la candida amisiti.
* E nasconderoile» quand^anco ne dovessi morire > Tincendlo di dolore
che m' ba messo {in seno) * MSS. cit.
' "Non domandar agli uomini del secolo cba operino secondo giusti-
zia : da ciò li scusano i costumi del secolo e degli uomini.
* £ se vuoi cbe duri 1* amisià col tuo compagno, studiati a chiudere
gli occbi su quel eh* ei fa. ' MSS. ciU
s 'Iràb, è la dottrina delle mutazioni grammaticali dei vocaboli,
asirazion fatta della sintassi cbe si chiama tfohw. '
[Secolo xi.| — 476 —
in Spagna, credo io, dov'eglì si fosse rifuggito,
lasciando la Sicilia quando caddero i Kelbiti, o in
quel torno/
Visse tiella generazione seguente, e forse uscì
di Sicilia al conquisto, Abu-Amr-Othmàn-ibn-Ali-
ibn-Omar da Siracusa, discepolo d'Ibn-Fehhàm ia
lettura e d'altri rinomati professori ih tradizione,
uomo di molta dottrina a giudizio del dotto Siléfi
che usò con lui; autor di varie opere di lettura,
grammatica e versificazione, linguista inoltre e poe-
ta, il quale tenea scuola di lettura del Corano nella
moschea d' Amru ' al Cairo vecchio, verso la metà
del duodecimo secolo.' L' età non sappiamo di Abu—
Abd-AUah-Mohammed-ibn-Haiun, siciliano, che
scrisse al dir di Casiri un'appendice alla Parafrasi
poetica del Corano , di cui v' ha un codice alF Escu-
riale.* Vengon poscia i Lettori che non lasciaron opere,
■* Si confrontino: Soiuti, Tabakdi^l^Loghewin nella Biblioteca Arabo-^
Sicula, testo, p. 675, 674; Hagi-Khalfa> edizione Fiuegel, tomo I,
pi 356, no 926, e IV, p. 284, n» 8398; e Ibn-Khallikào , edizione del WUs-
tenfeld. Avvertasi che Ibn-Besckow&l , secondo H MS, della Sociélé AHor
tique di Parigi, il solo che io abbia potuto consaltare, noi ilice di Sara-
gozza, ma soltanto spagnaolo; né fa menzione dell* origine di Medina.
Potrebbero esser dunque due Ismail-ibn-Khelef, V uno spagnuolo e l'altro
siciliano.
^ Così lachiamano gli Europei. Si pronunzierebbe più correttamente
Àmr.
' Si confrontino: Dsehebi, Ànbà-^n^Nokà nella Biblioteca Arabo^Si-
mia, testo, p. 647, e Soiuti, Tabakàt^l-Loghewin , op. cit., p. 676. Hp
corretto secondo Soiuti il nome che in Dsehebi si legge Omar-ibn-Ali ec.
Argomento l' età da quella del suo maestro Ibh-Fehbàm, lodato di sopra, e
del celebre tradiziònista Silefi, morto il 1180, il quale al dir di Dsehebi
conobbe Omar^ibn-Ali al Cairo Vecchio.
* Casiri, Biblioiheea Arabico-Hispanaf tomo I, p. 501, trascritto dal
Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 237. Ma Casiri non dà in arabico né
il nome dell'autore, né il titolo del libro. Dice il primo oriundo siciliano
e nato a Geuta, avendo letto al certo Sikilli e Siiti; che potrebbe signi-
— 477 — (s«c. X. xi.|
tra i quali si ricorda Kholùf-ibD-Abd-Allah da Barca,
dimorante in Sicilia alla, metà del quinto secolo del-
l'egira, dotto nelle due parti della grammatica cioè
forma e sintassi , non digiuno delle scienze filosofi-
che e morali, e buon poeta al dir di Dsehebi.' Lettore
e tnoralidta Abu-1-Kàsim-Abd-^r-Rahman-ibn-Abdr
el-Ghani; lettori anco Abu^Bekr-'Atlk-ibn-Abd-
AUah-ibn-Rahmùn della tribù di Khaulàn, passata in
Siria e Spagna nei primi conquisti degli Arabi, ed
Abu-Hasan-Ali-ibn-Abd-el-Gebbàr-ibn-Waddàni, il
qual nome lo mostra oriundo d' Affrica. Tutti e tre
poeti e vissuti nel decimo o undecime secolo; ì pochi
versi dei quali, che trascrive Imàd-ed-dfn, mi sem-
bran di pulite forme , e battono su la instabilità d^Ue
.cose umane e consolazione 'delle sventure, tema
grato ai Musulmani.* Nella prima metà delF undecime
secolo, levò grido il Lettore siciliano Abu-Bekr-ibn-
Nebt-«1- Orùk , si che un valente giovane spagnuolo,
che poi meritò importanti ofici in patria, tornando
dalla Mecca e dall'Egitto dove avea compiuto gli
studi! , fermossi in Sicilia a ripigliare quei di lettura
.ficare * Siciliano stanziato a Geota" o al rovescio. Duolmi che le difiScoIià
deli' Escariale e le mie» mi abbiam tolto di andare a studiar qoesto Mano-
scritto , come ho fatto di tutte le altre opere d' Arabi siciliani.
* Op. cit. , p. 644.
' Im&d-ed-dln, Kharida» estratti dalla Dorrà d* Ibn-Katt&', nella Bi-
' blioleea Arabo-Sicula , p. 597 , 597 e 592. Del primo abbiam due versi
tolti da un'elegia ed un epigramma in altri due versi; del secondo due
soli versi; ed altrettanti del terzo.
Ecco Tepigramma di 'Atìk, nella Kharida, MS. di Parigi, fog. 46 verso ,
e del Brilisb Museum, f. 55 verso.
'Non temer {il soggiorno) di un poderetto presso picciol paese; cbè
li dove si respira , sì mangerà.
''Iddio scompartisce il nutrimento a tutte le creature, e il tribolarsene
è da stolto. "
[Sec. X. Xl.| — 478 —
coranica con questo Àbu-^kr, e del dritto oob Abd—
el-Hakk-ìbii-Harùii.' Si ricorda infine tra i Lettori il
grammatico, linguista e poeta Àbtt-6ékr-M<Aattimed—
ibn-Àbd-AUah che volentieri direi venitlo d' Affrica
in Sicilia,* finito pazzo, se ben m* appongo a quel
che ci narran di lai. In sna vita d' austera morale
e uggiosa pietà, gli veline visto un giovanetto figlio
d'alcun capitano o regolo dell'isola; e non osando
svelare il bratto pensiero che gli nacque, trafitto di
dolore, si fece pelle ed ossa; il sangue, dirómpendo
dal fegato, che gli Arabi tengon sede delle passioni,
gli offese il petto, lo portò via, scrìve Dsehebi, dia
questo alV altro mondo, innanzi tempo. Con altro
giudizio che quel degli Arabi , si direbbe che la con-
sunzione gli turbò il cervello, il che pur suole avve-
nire, e com'uomo nudrito negli scrupoli immaginò
tal peccato eh' ei non avea. Né vale la snià propria
confessione in eleganti versi, degni di men tristo
argomento, i quali incominciano col dubbio eh' ei f3sse
fuor dì sé, e si chiudono con affrettare la morte.'
< lbn-Be$ckowà1, op. cit. airarticolo: Kbelef-ibn-lbrahiin-iba-Khelef,
soprannominato Ibo-Hass&r, il quale nacque il427 e morì Ì1511 (1036-1117).
* Ancorché le due sorgenti della sua biografia lo ctilamino entrambe
SlkHIi, pure Imftd-ed-dln lo mette tra 1 poeti dell'Africa propria» senza
spiegare il perchè.
' Si riscontrino: Im&d-ed-dln, KhaHda, estratto disila Dùrm d'ibn-
Rattft*, nella Biblioteca Arabo-Sieula , p. 604 del testo , e Dsebebi, Ànbd^
en-AbAd, op. cit. , p. 647. Il primo dà il nome di Vobammed fbn-Abl-
Bekr , il secondo di Abu-6ekr-!iohammed-ibn-Abd-Allah ; ma la supposta
causa della morte, raccontata da entrambi con poco divario, non lascia
dubbio su r identità della persona. 1 Tersi-, cbe son sette, si leggono nella
Kharida, Il misero pazzo dice che versava a tm tèmpo lagrime e sangue;
e finisce coél:
'Oh! sventura , amici miei, fui ferito; e non v'accorgeste, die mi
fiedean le spade di due pupille,
* 11 fegato mi si è versato nel petto. E fino a quando vedrò alternar
— 479 — [fi€c. X. xi.|
I detti e pratiche di Maometto, raccontati con
sommò zelo dai contempoiranei, messi in carta da
quei che vennero appresso, sono, come ognun sa,
la seconda sorgente delia dottrina musulmana nelle
scuole ortodosse ; se non che Y ampia raccolta non fu
mai compilata in forma autentica , non porta a quel
che i Musulmani chiainan precetto divino, e i dottori,
secondo Jor giudizio, ne accettano è ricusano, eser-
citando la critica non meno su F autenticità, che
su la interpretazione dei vocaboli antiquati e frasi
oscure. Studio vasto che die origine a scuole mal
note runa all'altra, e condusse i tradizionisti a lun-
ghe peregrinazioni qua e là, dove fosse alcun rino-
mato dottore o chi aveva appreso da lui. Fanno le
tradizioni importantissimo corpo di dritto pubblico,
civile e penale , e disciplina religiosa ; avvegna che
preveggano alla spicciolata a tanti casi non contem-
plati dal Corano: onde la tradizione è preparamento
necessario, anzi parte integrale della giurispruden-
za/ S'ei fosse da stare ad una conghiettura dell'eru-
dito lakùt, avrebbe preso soprannome dalla Calabria
un Abu-Abbas, dei più antichi critici delle tradi-
zioni: discepolo d'Abu-Ishak-Hadhrami, e maestro
di Abu-Dàwùd-Soleiman , che dettò il Sinan, au-
torevole compendio. Ma Abù-DàwM mori Totto-
centottantotto di nostr èra; onde si dovrebbe sup-
porre che Abu-Abbàs-Kalawri avesse militato nelle
prime squadre musulmane, che d'AflFrica, Sicilia
la mattina e la sera, crociato sempre daìi' amore ? " ItS. di Parigi , fog. 155
recto, e del Britisb Mnseum, fog. 100 recto.
« Si regga la pregevole monografia maleltita di H. Vincent , intitoiau
Etudu sur la hi mmulmane, Paris, 1842, in 8^
ISec.X. XI.| — 480 —
0 Greta assaltarono la terraferma d'It;alia (842). E
non reggendo il supposto di lakùt altrimenti che su
r analogia del nome etnico, né accompagnandolo alcun
ragguaglio di biografìa, ne rimarremo a\. questo cenno/
Oltre i giuristi che preliminarmente apparavano
la Tradizione e l'arte critica di quella , parecchi dotti
deir isola vi attesero particolarmente. Fin dai primi
anni del decimo secolo o poco innanzi, il siciliano
Abu-Bekr-Mohammed-ibn-Ibrahim-ibn-Musa , della
tribù di Temim, passò in Iràk per approfondire co-
testo studio che fioriva tuttavia nella capitale abbas-
sida e nelle importanti città vicine. Scrisse molte
opere delle quali non sappiamo i titoli, e die lezioni
a Waset ; noverandosi tra i suoi discepoli alcun tra-
dizionista di nome. Cólto insieme con V erudizione
il mal vezzo del misticismo che spuntava allora tra
i dotti musulmani, frequentò le accademie di Gioneid
e Nùri, barbassori sufiti; entrò nella setta * e lasciovvi
nome onorato.' Dopo T Iràk par abbia fatto soggiorno
in Egitto, anziché tornare in Sicilia.*
. ' Mo'gen^'^l^Boldàn nella Biblioteca Àrabo^Sieula , testo* p. I2S, ed
Aggiaote a p. 40 della Tntroduziooe. lakùt» non so su qtial fondamento»
vuol che il nome " Calabria* si legga in arabico Killawria.
' Makrizi, Mohaffà\ nella Biblioteca Àrabo-Sicula, testo, p. 665, il
quale non porta data; ma ce l'additano i nomi di Gioneid e Nftri, ricordati
da Giami nelle Vite dei Su8ti. Abu-l-Kasim-Gionei4 da Bagdad, tenuto in
suo tempo il primo veggente o visionario dell' Irftk, sagace al certo e
sentenzioso, morì il 297, 298 o 299 (909-911); ed Abu-Hosein-Ahmed-ibn-
Mobammed-Nùri , cbe si credea secondo solo a Gioneid , era trapassato
pocbì anni innanzi. Si vegga la biografia di Gioneid, tradotta dal persiano
di Giami per M. De Sacy, Notices et Extraits des MSS., tomo XII, p. 426
a 429 con le note corrispondenti.
' Par desso rAbu-Bekr Sikilli cbe Giami pone in lista,op.cit. p.400.O*al-
tronde Makrizi nel cenno biografico non dimenticò r appellazione di Snfita.
* Perchè Makrizi lo cbiama Mìsri e Sikilli. Non è mica probabile eh' ei
fosse nato in Egitto e venuto in Sicilia.
-^ *81 — ' IScc.X.XI.l
Ignorasi Vaia del cadi Abu-Hasan-Ali-ibn-Mo-
ferreg, autor di un' opera intitolata innofoistom de/
Siciliano su la Tradizione, citato da Beka'i , nel
decimoquinto secolo, tra i testi ch'egli soleva ado^
perare. * DueJiberti siciliani, al cer^o degli schiavi
cristiani venduti in altri paesi , ebbero nome di tra-
dizionisti a Cordova,, nella seconda metà del decimo
secolo: dei, quali ^ Deri;àg, uom di molta pietà e dot-
trina, fu bandito per sospeWL poi itici e morì in Orien-
te, dopo fatto il pellegrinaggio;' e l'altro per nome
Ràik,, studiò tradizioni in Oriente e professoUe poscia
in Spagna. ' S'applicò alla. legge ed alla tradizione,
tenuto uom dottissimo al principia dejrundecimo
secolo, l'emir Abu-Mohammed-'Ammàr-ibn-Mansùr
dèi Kelbiti di Sicilia, di ramo collaterale ai due che
regnarono. I frammenti poetici del quale spiran l'or-
goglio guerriero della nobiltà .non mansuefatto dalle
elucubrazioni legali, e ci svelano che Y autore navi-
gasse a golfo lanciato tra i tamulti e le trame che
s' alternavano in Palermo. *
Verso il milletrenta , si trovò in Spagna Abu-»
Fadhl-Abbàs-ibn-Amr, siciliano, il quale apprese da
Kàsem-ibn-Thàbit di Saragozza la spiegazióne dei
vocaboli e modi disusati delle tradizioni ed insegnolla
< nagiVKhalfa , edizione FJnégel , tomo IV , p. 474, no 92*^1.
s Ibn-Besckowftl, op^cìt., al nome: Oérràg. L'età si scorge da quella
d' un suo maestro in Spagna , per nome Abu-Gia'far-|bn-*Awn-Allah , «be
^ndò In petlegrihaggiT> il 342 (953). '
' Ibn-Besckowàl , op. cH. a questo nome. Un discepolo di R&ik, per
nome Sald-ibn-Iùsùf dà Calatayud , morì il 395 (f004).
* Imàd-ed-dln, Kharìda^ estratto dalla Dorrà d* Ibn-KaltV nella B/-
blioteca ArabO'Sieula , testo, p. 595. Il titol di emiro si die per cortesìa
a tutti ì rampolli di famiglie principescbe. Mi par bene tradurre tutti i Tersi
che abbiamo di lui , alle allusioni tieì quali non troviamo riscontro nelle
II. 31
[Sec. X. XI. I — 482 —
ad altri Spagnuoli; onde sembra stanziato nel paese/
Abu-Bekr-Mohammed-ibn-Sàbik , nella generazione
seguente, uscito forse in pellegrinaggio, apparò tra-
dizione alla Mecca da parecchi dottori, tra i quali pri-
meggia Kartma figliuola di Ahmed-Marwazi; e in
luogo di tornare in Sicilia ove non era oramai che
guerre e stragi, aprì scuola in Granata; ma senten-
dovi anco mal fermo il suolo, passò in Egitto; e
quivi mori di gennaio del mille e cento. Lasciò in
Granata desiderio di sé, e fama di gran teologo.*
Son anco ricordati com' ottimi tradizionisti il Semen-
tari, Ibn-Mekki, Ibn-Abd-el-Berr ed Ibn-Katlà', del
primo dei quali diremo, tra i mistici , e degli altri tra
i filologi. Sopra tutti s'innalzò il Mazari.
Cosi chiamato dalla città nativa e Temimi dalla
croniche; ma Vanno naturalmente tra r abdicazione di lusùf, 998, e la ca-
duta della dinastia.
* Ella <aà dtcea : Ho visto uomini prodi , ma nessuna (ipada) del lemen
agguagliò mai la tua.
*08o tanto ai tumulti deHa plebe, che ormai ti eredi inyulnerabile a
lor sassi.
*lfa fino a quando affronterai temerario i fati, offrirai il petto alle
laBoef
"Ed lo le risposi: Di toUo bo sentito parlare fin qui, fuorché d'on
Xelbita vigliacco. •
E scilsse ad un suo cugino questo rimbrotto:
"TI credei:^pada eh' io sguainassi contro il nemico y non che volges-
sila contro me nedesimo.
* Mi affaticai ad innalzarli ed onorarti; ed eccomi alfine sgarato {chiuso)
in nn.carcere> non lungi dalle tue stanze. "
\ Homaidì^ ^ieuuat'^l'Moktahis nella Biblioteca Araho^Sicula , testo,
p. 578. L'autore, che nacque il 1029 e mòri il 1097, trascrive due, versi di
Abmed-ibn-Àbi-Moiift eh' eran passati per la bocca di Abbas-ibn-Amr
nel seguente modo: 1 Àbu-Mohammed-AÌi ; 2 il cadi Ibn-Soffàr;3 Abbas-
ibn-Amr; 4ThAbit da Saragozza, ec. Però il soggiorno di quel Siciliano in
Spagna par si di&bba riferire ai primi treni' anni del secolo.
^ Ibn-Besckow&l , Sileif nella Biblioteca Àrabo-Sicula, testo, p. 578.
Le cagioni che lo avessero distolto dal tornare in Sicilia e dal rimanere
in Granata, non son dette dal biografo ma supposte da me.
r
— 483 — [Sec. X. XI.J
tribù, per nome Abu-Abd-Allah-Mohammed-ibn-
Ali-ibn-Omar-ibn-Mohammed, « giarìsta malekita,
aom sommo, scrive Ibn-Ehallikàn , nella dottrina
testuale e critica delle tradizioni. ' Celeberrimo nelle
scuòle musulmane il tàno còmentario di tradizione
intltoluto II maestro delle dottrine [cohténute) nel
Kbro di MosUm. ' Scrisse . anco la Spiegazione dei
(principii) che occorrono nello ^ Argomento dei dom-
mV/* ed un commentario $ul libro intitolato II buon
indiri%za, opere entrambe di teologia scolastica;* un
commentario sul Manuale di Màlek che si chiama ii
ilfotoo^^d;^ quattro volumi su T insegnamento del cadi
Abd-el-Wehhàb; ^ ed altre di erudizione e belle let-
tere :^ ma fu dotto in varii rami di scienze pratiche b
speculative/ 'fin anco in medicina. Leggiamo in un
< Makrizi dà il noine 4' Aba-Abd-Allah-Mobanuned-lbn-BlosalIioi,
(secondo, altri, aggiogne, Moslim) ibn-Mohammed , Eorelscita. Degli
altn scrittori che facciano parola di hii , Hagi-Khalfa segue 11 noine dato
da Ibn-Khallikàn, Sointi quel cbe ai trova in Makrlzir i rimanenti lo ehia*
mano Nazari , o Àbu-Abd-Allab-Mohammed-Blazari.
* Il testo d' Ibn-Khallikan dice "la memoria delle tradialobi e il Ke-
Mm, sopra quelle. * JTe/dm , oome jabbiam notato attrove, era la "scola*
stìca " il metodo delle scuole teologiche. Però mi sono discostato dalla: ver-
sione di M. De siane " the Manner in wbich be lectured on tbat snbject. '.
B Qui anche mi è parso che la voce "dottrine" renda il testo fewdid,
più precisamente cbe la versione Ittterale inglese "good passages." Di
quest'opera fan parola Ibn-Kballikftn , e Makrizi ^ e la nota Hagl-Khalfa,
edteiene FluSgel , tomo II, p. $45, n« 3908. ^
* B>n-Khallikàn e Makrizl^il quale la dice poaitivamente di snbietto
teologico.
» Makrizì.
* lakftt, nel Moseterik, edizione di Wiistenfeld air articolo : " Mazara. '
^Appendice anonima ad Hagi-Khalfe, nella edizione di Flitegel,
tomo Vi , p. 050. no 95. *
^ Àdab, dicono gli Arabi in una parola. VSncyàìùpédie dea Gens du
monde, sarebbe appo loro un'opera di Adab, la qual voce racchiude 6
. buona educazione.
> Ibn-Khallik&n lo dice MoUfennin, ossia dotto in varii rami di sapere;
|Sec. X. \l\ -— 484 —
comentario malekita come la gente. accorresse a
consultar il Mazari da medico al par Qhe giurista,
dal tempo eh' ei si die con ardore a quello studia,
punto da un medico israelita, il quale, curandolo
in grave infermità, gli rinfacciava: "ecco il gran dot-
tore dell'islamismo in balia d'un povero giudeo,
che se il lasciasse morire farebbe opera meritoria
in. sua religione e grave danno ai Musulmani. E
veramente per tutta l' Affrica Settentrionale i con-
temporanei il tennero a luminare di giurisprudenza;
si raccontò che il Profeta gli fosse comparso in so-
gno, confortandolo a scrivere, i posteri lo dissero
ultimo legista inventore; e Khaltl-ibn-Ishak, com-
pilator dell'oscuro codice che or si osserva in Af-
frica, pose il Mazari e il siciliano Ibn-Iùnis tra le
quattro autorità cardinali, citate dopo la Modawwa-
na, ' Il Mazari seguì in teologia la dottrina asci'arita'
0 vogliamo dire scolàstica, la quale soleva adoprare
la filosofia e le interpretazioni per difendere il dom-
ma ortodosso dai duri colpi che gli traeano scisma-
tici e razionalisti con le medesime armi. Uscito di
Sicilia, com'ei pare, al conquisto normanno, soggiornò
il furioso teologo lbD-Mo'alTim„MS. di Parigi, Suppl Arabe, 200, fog. iOO
Terso, aggìugne: "e primeggiò nella scienza del detto e dello speculato. *
' Kbaresci, Vomenfo al Compendio di EbàllMbii-Isbak, Bis. di Pa-
rigi, Sap. Ar. 405. foglio 5 verso. Debbo avvertire cbe simile notizia, con
poco divario, mi è stata data, dall' erudito e svegliato Soleiman-Eurdi da
Tunis , che ho conosciuto a Parigi , il quale ricordava benissimo il fatto
della sepoltura di Mazari a Monastir, cavato, credo io, da U)n-KfaaHik&n.
' Kharesci, 1. e. Si vegga anche la versione del Khalll, Pricis dejuriS'
prudenée musulmane etc, traduit par M. Perron, tomo I, p. 5, e la nota
del traduttore a pag. 511. Della Modawwana abbiain fatto cenno nel Li-
bro Ili, capitolo XI, p. 222 di questo volume.
•Malgrizl . .
— 485 -- [scc. X. Xi.i
al Cairo vecchio, ad Alessandria; a Mehdia; quindi ad
Alessandria di nuovo, dove insegnò tradizioni/ Si narra
che a Mehdia abbia dato, poco appresso il mille, i primi
rudimenti della scienza, a Mohammed-ibn-Tùmert,
detto poi il Mehdi: un mez2:o Savonarola berbero, che
fondò l'impero almohade: ' tra il qual legame col pro-
feta avveù turato, e la dottrina propria e T acume del-
l'ingegno e la serena virlii dell' aniiùo, il Mazari passò
trat i beati deir islamismo. Morto in Mehdia d'ottan-
tatrè anni lunari, chi dice il quattto e chi il venti
ottobre^ del millecèntoquarantuno, * fu sepolto sia a
Mernàk presso Tunis,* sia a Monastir; il quàl dispa-
« Makrizi , il quale dai nomi d'iin Àhmed-ibn-Ibrabim-Razi, maestro
suo al Cairo vecchio, e di pàreccbi discepoli ch^^ebbe Mazari ad Alessandria.
s Zerkesct, Siorià degli Àlmohadi^ nella Biblioteca Arabo-Simla^
testo, p. 522. Argomento la data del. soggiorno a Mehdia da quella che si
assegna al passaggio del giovane Ibn-^Tùmert in detta città, cioè la fine
del quinto secolo dell' egira. Si veggano Jbn-Khaldùn, Histoire des Berbères,
Tersione'di M. De ^lane, tornò It, p. 165, e il Kar4és, versione del pro-
fessore Tòrnberg, intitolata Ànnaki Regum UàuritanicR, tomo n, p. f£S()L
Ibn-Tùmert cojnparve più zelant^asci'arita che il suo maestro Mazari; ma
il maestro era dotto e galantuomo; il discepolo spezzava, strumenti di
musica, sgridava nobili donne per le strade, aròhi tétta va ndracoli; e su-
scitò nella schiatta berbera una delle più importanti rivoluzioni che mai
vi fossero avvenute.
s Ibn-Khallik&n dice che alcuni riferissero la morte di Mazari
il 18 rebi' primo delS36, altri il bipedi 2 dello stesso noese. Questo giorno
di settimana non va bene secondo i nostri calendarii. Nel conto civile,
rebl' primo di queir anno cominciò di saliàto , e nel conto astronomico di
venerdì; il che s'aggiunga alle tante prove che i Musulmani ne^ medio
evo contavano i mesi non sul calendario y ma su le testimonianze legali di
«hi avesse vista primo la lununuova.
11 Baiàn, testo> tomo I, p. 332, dà la morte di Mazari il 536;:
Makrizi il 550, K&resci, 1. e:, il 536.
« Villaggio ad oUo miglia^ 0. S. 0., da Tunis. .
s. Penisola . aiia éstb^mìtà meridionale dèi Golfo di H^mmamet, non
lungi da Mehdia:. Sàpeiidesi! che Mazari ittoii in Mehdia, e che il cimitero'
di questa cHtàera.in ilCifnòi/tf, nonbo dubbio a leggere così in vece di
Menasciin, che nella edizione dei Wiistenfeld si dà come -luogo ilella se-
poltura di questo insigne giurista.
rere su le minuzie biogràfiche , mostra la grande rino-
manza deir uomo, al par delle lodi che ne fanno tutti
gli scrittori/ Dalla riputazione di santità nacque una
favola > ripetuta in Affi*ica nel decìmoquinto secolo,
la quale dava al Mazarì trecento tredici anni di vita.'
Per r intima connessione che hanno le tradizio-
ni con.la giurisprudenza, si comprende come questa,
ben avviata già in Sicilia nella prima metà del de-
cimo secolo,' sia progredita nel corso dell' undecimo.
Nel confine di que' due , che Y anno appunto non
si sa , nacque , com' e' pare , in Palermo , Abu-Bekr-
Mohammed-ibn-Àbd-Allahribn-Iùnis , dottore prìn-
cipe di scuola malekita , onorato quasi *a ragguaglio
col Mazari, citato insieme con lui, come dicemmo, da
Khalil, detto per antonomasia ilSicilianò e famoso al-
tresì per le prodezze fatte di sua persona nella guerra
* Si confrontino : Ibn-Khallikàn , BioQraphical DicOonary, Teraione
di M. De Slane, tomo HI, p. 4, e testo , tomo I , p. 681 , e nella edizione
tiel Wastenfeld, faflcioolo VII, p. 12, biogiraOà628; Hakri»,ir«fo/f«'. nella
Biblioteca Àrabo-Siùula, testo, p. 667,668; Sciati nel cenno biografico
di Abd-el-Kerìm-Iebia^ibn-Otbman , Biòlioteca Àrab<HSieula , p. 676;
Zerkesci, Hagi-Kbalfa ed Iba-Mo'allim, 11. ce. Il libro di quest'ultimo, ve-
nntoroi alle mani dopo la pubblicazione della Biblioteca Arabo^Sicula, fa
scrìtto tra il 701 e 708 dell'egira (1303-1308), a, Damasco: una furibonda
polemica asci'arità , nella quale son levali a delo gli ortodòssi e s' invoca
la spada dei principi contro cbi differisse d' un pelo dalla loro credenza. II
titolo dell'opera d'Ibji Ho'allim èStdia del ben diretto, e laptdatMme
del traviato.
Debbo avvertire in ultimo che si potrebbero sopporre due scrittori
contemporanei nati a Mazara entrambi e nominati Mobammed ; cioè il figlio
di Ali e li figlio tliMosellim;tfakrizi non solamente dà al suo Mazari questo
nome patronimico ma anche altro nome di tribù , e lo dice morto di
scia'bftn 530 (maggio 1136); le quali particolarità tutte differiscono da
quelle che leggiamo in Ibn^Kballikàn e negli altri autori citati. Makrizi
avrebbe dunque confuso il Mazari tradizionista domiciliato in Alessandria
con quello assai più rinomato che mori in Afi'rica.
' Zerkesici , 1. e.
' Si vegga il cap. XI del Lib. Ili , p. 319, segg.
— 4-87 — (Sec.X.XI.I
sacra , quella verosiiuil mente di Maniace. Trapassò
Ibn-Iùnis il venti rebi' primo del quattrocencinquan-
luno (5 maggio 1059).* Suo discepolo il giurista ma-
lekita siciliano Abu-Mohammed-Abd^el-Hakk-ibn-
HarÙD , femoso per le opere e per gli illustri disce-
poli spagnuoli, Khelef-ibn-Ibrahim, detto Ibn-Hassàr,
e Soleiman-ibn-Iehia-ibn-Othmàn-ibn-Abi-Dunia da
Cordova; dei quali il primo, come s'è detto, lo ri-
trovò in Sicilia' e l'altro alla Mecca, inpellejgrinag-
^io, e seguillo in Egitto, studiando sempre con
essolui.' Scrisse Abd-el-Hakk la Correzione dei Que-
siti, trattato di casi legali; e ,i Detti arguti, opera
filologica o di erudizione, rìmasa in voga fino al
decimoquarto secolo. ' Da lui anco avea appreso il
dritto in patria, Thàbit il Siciliano; il quale, rifuggito
poscia in Ispagna , ne die quivi lezioni nella seconda
metà del secolo.*
* Raresci , I. e. , i) qaale aggiugnè clie secondo altri Ibn-Iùnis mori
allo stesso giorno di rebr secondo, cioè 20 giorni appresso.
Probabilmente è questi lo SeeiMi Siciliano che veggiamo nell'antica
compitazione' malekita anoDima, intitolata Sdarh-el^Ahhdm ^ MS. di Pa-
rigi, Ancien Fonds, 480, fog. 85 verso; e il Siciliano citato da Agibùrì
nell'altro Commentarlo sopra Eballl, MS. di Parigi, Suppl. Arabe, 397,
voi. I , fog. 590 rècto. Secondo ima lista messa a capo delle glose di
Abmed Zurkani all'opera di Kalìl, MS. dì Parigi, Sappi. Arabe, 402,
fog. 1 recto , la citazione Sikilli indicava sempre Mofaammed-ibn-Iùnis.
> SI vegga sopra la nota a pag. 478.
* Ibn-6èsckowàl , op. cit., neir articolo, di Soleimàn-ibn-Iebia. Co-
stui , tornato a Cordova, vi professava dritto malekita nel 478 (1085). Credo
Abd-el-Hakk discepolo d'Ibn-Idnis, perchè lo Sciarh'el-Ahkdm , dà su
iVautorità sua una sentenza d'Ibn-Iùnis, 1. e.
* Hagi-Kbalfa, edizione Fluegel , tomo II, p. 479 , no 3785.
' Makkari, Jìnalectes sur Vhistoire ec. d'Espagne, testo arabico,
tòmo I, p. 917. 1 Èetii arguti sob tra le venti opere celebri cbe accennò
in cnaque versfi il letterato spagnuolo Ibn-Giàbir, morto in Aleppo 11 780
(1378) , dl^llìe quali Makkari dà i tìtoli compiuti. ^
o^fbti-i^eéckowdl , op. cit. all' articolo: Tbàbit, Sikilli.
|Sec. X. Xl.| — 488 —
Oltre i giureconsulti Ibn^Fehhàm, ed 'Ammar-
ibn-Mansur, e Mazari, edIbn-Mekki ricordati di sopra;
Abu-Bekr-Mohammed-ibn-Hasan^ibn-Ali-Rebe'i,
da Girgenti, onorato molto per sapere e vìrtii,
professava giurisprudenza malekita in Sicilia , indi
in AfiFrica ed Alessandria; e morì Tanno cinquecen*
totrentasette (1142-3).* Forse della stessa famiglia
un Ali-ibn-Othmàn-ibh-Hosein-Rebe'i , Sikilli, il
quale, mercatando a Cordova, recovvi il libro d'Ibn-
Hàtim-Adsrei, intitolato Splendori sul fondamento
del dritto; e da lui V apprese il giurista spagnuolo
Abu-Ali, Ghassàni. * Il dottore siciliano Abii-Abd-
Allah-Mohammed^bn-Abd- Allah , recatosi dopo il
conquisto normanno in Granata, die v vi lezioni sul
Lume di giurisprudenza d' Abu-Hasan-Lakhmi , e
quivi morì il cinquecento diciotto (1 124).* Un Mozaflfer,-
siciliano o schiavone, cbè spesso si scambiano nella
scrittura arabica ^ fii deputato nel quattrocèntoquat-
Irò (101 3-1 4) a prefetto di Misr e del Cairo emohtesib,
V ultimo dei quali officii richiedea scienza . lega-
< Makrizi, Mokaffa\ nella Biblioteca Arabo^Sicula, testo , p. 664.
Rebe*i è nome éliileo che si riferisce a famiglie di varil cepf)[>i arabici :
Nlz&r, Azd, Temtm, Kelb, ec. V*ha nella raccolta del Di Gregorio,
p. 171, la iscrizione sepolcrale d' un Rebe'i,. morto il 1026.
' Ibn-Besckow&l, op. cit.. al nome d* Ali-ibn-Olbm&n : Il titolo del-
r opera è Loma'^fi-Asl'^l-Fikh, 11 nome etnico dell'autore forse ya letto
"Adsorbire significberebbe * oriunda deirAderbaigiàn." Ali potrebbe per
avventura essere il medesimo di cai rimanea nel Museo di Daniele riscri-
zione sepolcrale citata nella nota precedente ; dove la voce Rebe*i è pre-
ceduta da altre che mancano , fuorché la sillaba an, eh' è appuntò la desi-
nenza del nome patronimico Olfamàn. In tal supposto, V andata in Spagna
tornerebbe nei primi venticinque anni deli' XI secolo; né parrebbe inve-
rosìmile che V erudito mercatante fosse ito a morire a Napoli , o Salerno.
' ibn-Besckov«r&l , op. cit. , a questo nome. Il titolo dell' opera è
TebHra^fU-Fikh; la quale manca in Hagi-Kbal£ai> al par che la precedente.
— 489 — |8ee.X.Xl.|
le; ^ Tenne in Egitto il sommo magistrato di cadi dei
cadi, un Abmed-ibn^Eàsim Siciliano, che Imftd-ed-din
ricorda col nome di Giusto, trascrivendo i versi eh' ei
compose per Àfdhal (4093-1421). La lindura dei
quali non. iscaserebb^ certi modi d'adulazione,' se
non fossero all' usanza orientale e forse dettati da
stretta amistà. * D' età incerta Àbu-Mohan^med-
Hàsan-ibn-AlWbn-Ge'd , dottore principe al suo
tempo, e die il proprio nome )alle Porzioni Ge'dite
secondo la scuola di ildlèk;* porzioni s'intenda nel
partaggio delle eredità , eh' è ramo importante del
dritto musulmano. Ai giureconsulti son da aggiu-
gnere Kattàni, ''il Sottil Grammatico,'' del quale di-
remo tra i filologi ; ed Abu-Omar-Othmàn-ibn-Heg-
giàg da Sciacca in Sicilia, dimorante in Alessandria,
morto il cinquecento quarantaquattro (1149); il quale
era stato dei maestri del rinomato tradizionista Sìlefi
^ filakrizi, citato da Sacy, Chresiomathie Arabe, 4oido I, p. 196. Sa
roflScfo di mohUfih, si vegga qm sopra la p. 8, Ub. IH, cap.. I.
^ Kharida^ d* Im&d-ed-dta , nella Biblioteca Àràbo-Sicula, testo t
p. 604. Un giorno il cadi entrando nella stanza del primo ministro Arditala
vistogli dinanzi nn calamaio d' avorio intarsiato di corallo, improvvise:.
"Per divina possanza si ammolli il ferro nelle mani di David, sì che
il filò in maglie come gli piacque. .
^ 'Ed ecco arrendevole a te il coralio , pietra che r è, forte e schiva
al tratto.*
. Un' altra v^Ita » avendo faUo Afdbal condurre nn canale infino al vii*
laggiù di Kar&fa presso il Cairo, il cadiche possedea quivi una casa ed un
orto, gli domandò l'acqua per la casa. 11 fece tn sette versi, nei quali de-
scrìvendo gli alberi intristiti del suo giardino, conchiude così :
"All'udire II lamento del bindoli [sul eanaU, gli alberi) dicono con
favella d' afflitto innamorato : ^
"Veggo l'acqua ed ardo di sete, ma ahimè non ho modo di andarvi
a bére.*
V han di lui pochi altri versi erotici.
> Hagi-Kbalfa, edizione Pluégel, tomo IV, p. 388, n^ 8978. Ibn-Ge'd
è chiamato iceikh, cioè dottore, e irMlm, cioè principe, onorania che
già dai capi di scuola scendeva ai dotti di minor nota.
|S«e.X.XI.| — • 490 —
d'Ispahan, 6 lasciò pareGGhi libri malekiti. * Dettò un
comentario sul Mowattd di Malek il letterato affricano
Ibn-Resdk, emigrato in Sicilia alla metà dell' unde-
cimo secolo.' Nel medesimo tempo dava fuori opere di
dritto il Sementari, col quale passiamo a discorrere
la nuova edizione di devoti che pullulava nell'isla-
mismo.
Abu-Bekr-Atìk-ibn-Ali-ibn-Dàwùd del villaggio
di Sementara in Sicilia,' discendente, chi sa? dei
coloni che possedeavi un tempo San Gregorio , fu
uomo infaticabile di corpo e d'intelletto. Di quei
devoti Siciliani, scrive Ibn-Kattà\ che faceano auto-
rità in giurisprudenza;* degli asceti deir isola, chia-
rissimi per sapere: ed usò degnamente la vita di
quaggiù, sciolto dalle cure mondane, tutto intento e
fitto neiraltra vita. Partì per rHégiàr, compiè il pelle*
grinaggio; percorse poi tante regioni, lemen, Siria, Per-
sia,Khorasàn; praticò quivi coi servi di Dio, tradizioni-
sti ed asceti; raccolse lor detti e notizie e con eleganza
le dettò. Scrisse a mo' di dizionario suoi yiaggi e il
frutto del conversare con que' dotti stranieri; e sul
dritto e la tradizione varie opere pregiate per ordine
e lucidità; ^d un gran trattato, che nìuno agguagliò
mai in bellezza di stile, su la perfezione spirituale ' e
3U gli esempii degli uomini virtuosi. Così lo giudi-
' Mo'gem nella Bibliotèca Aràbo-Siouia, testo, p. 114.
» Hagi-Khalfa, edizione di Flaegel , tomo VI, no 13,457 , p. 265.
' Si vegga il cap. XIII di questo Libro, p. 453, nota 6.
^ Moglehid, come si è detto altrove, signi flca " dottóre che cava dal-
r analogìa e dalla ragione novelli assiomi o coronarli dì giorisprtidenza. *
'Così traduco rtkàik, plorale di reUka, litteralmente * sottilità.* Il .
significato tecnico è: " virtù tli intelletto, di stadio e di costumi che innalza
r uomo sì che s' avvicini alla divinità. *
cava Ibn-Katté\ ^ L' ultima dette opere ricordate
s'intitolava: Guida dei Cercatori {della perfezione spiri-
twile\e prendea dieci volumi.' Uà componimento di
Sementari su Tascestismo musulmano, dai pochi versi
che ne abbiamo, sembra anch'oggi nobile sfogo
d' intelletto sdegnoso della viltà e tristizia del secolo,
invaghito d' una immagipe del giusto e del sublime,
eh' uom abbozzi ùella propria coscienza e la dipinga
su roscora tela dell' infinito/ Morì costui ib ventuno
di rebi!secondo del quattrocento sessantaquattro ( 1 3
gennaio 4072 )/ Contemporaneo di Sementari, e sem-
brano usciti entrambi al crollo della dinastia kelbita ,
Àbtt-Hasan Àli-ibn-Hamza , andato in Spagna innanzi
il quattrocento quaranta (1048), al dir d'Homaidi che
il conobbe e asc(dtò;8Ufitaf scolastico," dotto in ogni
ramò di teobgia e d'altre scienze;* discepolo del
■* Citato da lakùt, te\ Mo'gem, artieolo Sefntntàri che si vegga nella
BOMna Àrabo^Sieida , t^to , p. 113 , 1 14. Olire Ibn-Kalt&V V autore del
Mo'gem si riferisce ad an Moliibb-ed-dìn-ibn-NIggi&r , clie alla sua volta
allegava Abn-Hasan da.Gerusaleiìiine.
.' Mo'gem, \.c,
B "Discordie civili incalzanti; popolo dimentico {di sé stetso); secolo
che infierisce sul genelre umano:
"Quelle soggiornano in questo a lor agio; né accennano d'andar via:
coprono (il mondo) tutto d' iniquità e d' errore.
"0 sconsigliato procacciator di male, seguace d'ogni colpa ^ che mi
dirai tu? -
'Hai venduto la tua casa dell'eternità a vilissimo prezzo, di ben
mondano che svanirà quanto prima. *
Si ye&pi il testo di Oxford nella Bibl. Àrabo-Sieula, p. 36 delia Introd.
* Mo'gem, nella Biblioteca Arajbo-Sicula, p. 114.
> Il biografo sorìve che costui t«tóilMi//am, cioè lltteralmente "ragio-
nava; " ma il significato proprio è "ragionava secondo la scuola teologica
detta degli Arabi Kelàm, che torna quasi alla nostra teologia scolastica."
SI vegga Renan, ivefroes et VAverroUme , p. 79-80.
> floridi aggittgne eh' ei ' trattava anche le scienze " (olum) : si deve
intendere dunque d'altre scienze che la teologia , e però légge i o mate-
matiche 0 filosofia.
fSec. X. HI ^ 492 —
moralista sciafeita Abu-Tàher-Mohammed-ibn-Àli da
Bagdad.*
I Sufiti, non contenti all'abnegazione delle cose
mondane, si provarono a distruggere ogni idea di
realità , spegnere il senso , concentrare V uomo nella
coscienza deiressere, e farlovi con ostinata volontà
sprofondare a grado, a grado, tanto che gli paresse
toccar nel nocciolo delF animo la Divinità , imme-
desimarsi con quella, togliersi dagli occhi i veli che
occultano la scienza e T avvenire. La qual monoma-
nia artifiziale appresterebbe bell'argomento di studio
psicologico e patologico se si giugnesse a scemere
Tallucinazione dalle ci urmerie e linguaggio allegorico
con che si è mescolata in ogni età e paese. La setta
par abbia preso nome e, forme verso la metà del
nono secolo, quando ne pullularono tante neir isla-
mismo ; quando i devoti , incalzati dalla filosofia greca
che li sforzava a ragionar sulla missione di Maometto,
si rifuggirono nel misticismo indiano. Qualche ram-
pollo brahmanico o buddista, che vegetasse ab antico
in Persia, s'innestò con T ascetismo dei compagni
di Maometto , e ne spuntò questo frutto. Il nome
deriva da Sùf ''lana," perchè gli adelti ne vesti-
vano secondo Fuso dei primi Musulmani ; e quando
la setta divenne quasi ordine religioso , il superiore
iniziava il neofitò con porgli sulle spalle la Khvtka ,
mantello o straccio di lana. Durano fin oggi i Sufiti
insieme con gli ordini plebei, dervis e simili che co-
* \\ breve ceoDO biografico di costui si legge nel Geàstuet-el-Molstabis
di Homaidi, MS. della Bodlejana, estratto, nella Biblioteca Àrabo-Sicula^
p. 578. !bn-Desc](ow&l, Ma. deUa Società Asiatica di Parigi; al nome di
Ari-ibQ-Hamza , copia il cenno di Homaidi.
— 493 — iSo«, X. XI,)
piarcmo. le sembianze più goffe della setta. In origine
fa onesto ritrovo d'animi nauseati di quello scompiglio
politico del califato; teste inquiete, fors'anco intel-
letti sani, non soddisfipitti dall'islamismo, se noii che
lor parea peggio mutar di religione o starne senza;
e panteisti o scettici, si gittarono sovente in quelle
ombre mistiche per dare un ganghero ^i devoti. Infatti
gli ortodossi formalisti li chiamavan empii tutti in un
fascio. Gàzeli, il terribile teologo, sentenziò atto più
meritorio T accoppare un sufì^ta che campar dieci uo^
mini dalla morte.*
Se si risguardi all'età del sufita Abu-Bekr-
Mohammed , al quale tennero dietro Ali-ibn-Hamza
e Sementari," si vedrà che l'ascetismo primitivo
< Si vegga la bella prefazione di M. De Sacy agli estratti delle Vite
de'Sofiti di Gi&mi, (^el quali 4ié il testo persiaao e la traduzione francese»
aggiungendovi il testo arabico e versione d' un capitolo dei Prolegomeni
d' Ibn-Kbaldùh, Noticeg et Extraits des MSS,, tomo XII, p. 3B7, segg.
IbnrKlialdùn isembra molto proclive alla dottrina suflta , di che rife-
risce L'origine ai compagni di Maonietto; e si sforza a spiegare Testasi
sufita con la doppia sorgente delle percezioni umane dàlie sensazioni este-
riori e da disposizioni intèrne che gli parea non dipendessero da quelle,
come ^ioia, tristezza ec. ^
M. De Sacy nota la somiglianza con alcuna setta indiana, e la probabi-
lità che ì Musulmani avessero conosciuta questa in Persia, li primo che abbia
preso nome di Sufita si crede un Abu-Hàscim , verso, la metà del secondo
sècolo deir egira ed ottavo dell' èra cristiana ; ma la dottrinaci sviluppò
più tardi, l'ordine forse nel X secolo, e> vestizione della Khirka aila
fine, com'è! pare, dell' XI. Argomento ciò dal trattato sufiu di Sadr-ed-
dtn-Runewi , morto il 675 (1 274) , US, di Parigi , Ancien Ponds, 426, poiché
il mistico mantello era pervenuto a costui, per uiia seguenza di nove supe-
riori , da un Mohammed Scili , dal quale in su non sincordava vestiziqpe,
ma soltanto "Sodalizio e insegnamenta; " e questo risaliva ad ^11. Giftmi»
che visse nel XV secolo , riferiva la vestizione ad Ali stesso: ed è naturale
che con l' andar del tempo crelcessero le imposture della setta^.
« Si vegga la p. 480.
* n titolo del Dalil-el~Mokd8idin ' Guida dei Cercatori * sa di sufismo ;
poiché "cercare", nel gergo della setta, accennava alla perfezione spiri-
tuale, allo spirito divino che si dovea trovare in fondo dell* anima.
dei Masulmam durato in Sicilia sino alla metà del
decimo secolo,' non tardava guari a prender la novella
foggia mistica. Dai dotti scendea già nel volgo, e la
devota commedia era in voga nella prima metà del
r undecime secolo, poiché Ibn-Tàzi la riprende eoa
questi versi:
* Non istà il sufismo, no, a vestir lane che rat-
toppi tu stesso; non ad intenerire gli sciocchi ;
* Né a stridere , saltare , scontorcerti , cadere in
deliquio, come se tu fossi impazzato.
" Sta il sufismo neir animo schietto, immacolato;
nel seguir là verità, il Corano, la fede;
" Nel mostrare che temi Iddio , che ti penti di
tue colpe , che ne sei trafitto di rammarico eterno.' *
Tra gli asceti che non trascorressero a così
fatte allucinazioni,- si ricorda un Abu-l-Kàsim'-ibnr-
Hàkim , dottissimo , come dicono, il quale nella prima
metà del duodecimo secolo vivea a Bagdad in casa ,
non più corte ,^ del califo.' Mohammed-ibn-Sàbik ed
Abd-er-Rahman-ibn-'Abd-^l-41hani , nominati di so-
pra, furono r un teologo, T altro moralista.* Musa-
ibn-Abd-Allah daUufa, della schiatta d'Ali, teòlogo,
poeta ed erudito, verso la metà dell' undecimo secolo
elesse a dimora la Sicilia ; donde poi passò a com-
battere i Cristiani in Spagna; ed alfine fu ucciso in
' Si vegga il Uh, HI , cap. xi, p. 228 e segg. di questo volume.
s ìieWiì Biblioteca Àrabo-Sioula, p. 59.0 del testo , tolti dalla Khartda
d'Imàd-ed-dia» il quale alla sua volta li avea presi da Ibn-Katt&V Questo
ibn-Tazi è tra i primi nella raccolta d' Ibn-Eattà'.
, ' Abu-H&mid da Granata» nella BiblioUca Arabo-Sicula, iesiOtp, 74;
e Pseudo-Wakidi, op. cit., p. 199. Abu-Hàmid si trovò a Bagdad li 1132,
come notammo nel Uh. I, cap. IX , p. 85 del primo volume^
• Pag. 477 e 482.
— 495 — • iscc. X. XI 1
Affrica (1094).' Lasciò un trattato di teologia ABu-
Mohammed-AM-er-Rahman-ibn-Mohammed il Si-
ciliano, del quale ignoriamo Tetà, se non che il
manoscritto unico in Europa è copiato in Antiochia
il seicentoquarantanove delP egira (1251). Compila-
zione scolastica ed ortodossa, partita in quattro
capitoli : teologia naturale , teologia musulmana ,
natura e potenza del demonio, condizioni e doveri
degli uomini in società.* Mi sembra nitida ed ordinata;
logica, quel poco phe si poteva. Il capitolo sul Ten-
tatore, assai più particolareggiato che non soglia
incontrarsi negli scolastici musulmani, par si ran-
nodi a quella fissazione dei devoti siciliani ed
affrìcanì sulla fine delnono o principio del decimo
secolo.*
Ad un tempo, col progresso dalla cieca divozione
al misticismo, si notò in Sicilia, siccome in ogni al-
tra provincia musulmana, novello fervore per le lette-
re, soprattutto gU studii filologici , cóme s' intendeano
da ciascuno fino al decimottavo secolo; i quali non
fecero rinascere in Oriente quegli antichi poeti arabi
né quél vivo e conciso parlare dei compagni di Mao-
metto; né altro produssero che una mediocrità più
generale, uno stile luccicante, ondulante e ridondante;
quel che ammiran da otto secoli in Hariri , e che da
nove 0 dieci secoli avviluppa presso que'popolì il
pensiero e sovente ne tien luogo. Ma tant'è, che il
< Ibn-Besckowàl, MS. deUa Società Asiatica di Parigi, al nome: Masa.
' MS. di Leydc , No ^S66 dell' antico catalogo arabico. Ho pubblicato
la prefezione nella BikXiòttw ÀraÌMh-Sifiulu, testo, p. 698, 699.
' Lib. Ili, cap. XIì p. 229 di quésto Tolame.
ISm. X. XI.] — 496 —
lungo seceato degli Arabi non ma&cò di pregi, come
nà anco il secento europeo del decimosetlimo secolo o
del decimODOQO. Al par che gli Spagauoli, Affricani,
Egiziani e Sirii, i MusulniaDi di Sicilia non poteano
giugnere a segno più alto; ma ben toccaron quello
neir undecime secolo, né furon da meno degli Spa-
gnnoli; superarono forse le altre province dette, nelle
quali la natura non sorrìdeva si dolcemente, e le
schiatte antiche, Semiti, Copti, Berberi, non eran me-
tallo suscettivo di tempra si fina.
Dopò Ibn-^Khorasàn, grammatico siciliano della
prima metà del decimo secolo,* ne comparisce un al-
tfo pqr nome Hasan-ibn-Ali , il quale,, andato, in pel-
Jegrinaggio, morì alla Mecca , allo scorcio del trecento-
novantuno (novembVe 1 001) lasciando onorata memo-
ria di sé nelle scuole d'Oriente.' Qualche mèzzo secolo
innanzi, era venuto a stare in Sicilia Musa-ibn-As-
bagh-Moràdi , da Cordova , al ritorno d' un viaggio in
Oriente: linguista, grammatico e, dicono , elegante
poeta; ma fece in ottomila versi una parafrasi del
Mobtedà^ ossia *,Primordii; * forse i Primòrdii del
mondo e racconti dei Profeti d' Abu-Hodseifa il Corei-
scita/ All'entrar dello undecime secolo, visse in Si-
cilia il rifuggito spagnuolo SaM*ibn-Fethùn che rioor^
< Si vegga n Lib. HI, cap. XI, p. 223 di qaesto volanàe.
' Soiuti, Tabakài-el^Logheivin , nella Biblioteca ilro5o-St>tt2a, testo,
p. 674. Tralascio i nomi dei maestri e disoepoii di questo Hasan-ibn-Ali,
ricordati dal biografo,
> Op. cit., nella Biblioteca Àrabo-Sieuta , testo, p. 6>78. Il biografo
dice senz' altro il Mobtedd,
* Quest'opera si troya ad Oxford, nel MSS, arabici, no DCGGXLI. Ca-
talogo , tomo I , p. i82. Si vegga anche D'Herbelot* Bibliothèque Orientale,
air articolo Mobteda.
dammo di sopra: il quale fu insieme liogoista e com-
pose un trattato di versificazioae.*
Le guerre civili della Spagna balestrarono anco
in Sicilia Abu-1- Ala-Sàìd da M osi!^ , esercitatosi con
lòde negli studii di filologia ed erudizione a Bagdad,
buon poeta, argutissimo e pronto di motti, piacevole
al conversare, ma cortigiano, menzognero, scroccone^
scialacquatore, beone; il quale, andato a cercare ven tu*
ra in Ispagna, si rimpannucciò appo Almatisor (990), e
lui mancato, venne a provare se i Kelbiti di Sicilia fos-
sero que mecenati che portava la fama, e morì il quat-
f rocento diciassette (i 026) o quattrocento diciannove."
Torna alla slessa età il Siciliano Abu-Iakùb-Iùsuf-
ibn-Ahmed-ibn-Debbàgh , buon poeta, autor di versi
didascalici sulla grammatica, ilquale, a giudizio dlbn-
Kattà\ avanzò ogni contemporaneo in quel che noi
diremmo studio di storia letteraria/ Tornano alla
metà- deir undecime secolo, Kolùf-ibn-Abd- Allah da
Barca, domiciliato in Sicilia, lettor del Corano, dotto
nei due rami della grammatica,* ornato di varia eru-
dizione e poeta^Abu^Hasan-Ali-ibn-Abd-^r-Rahman
il Siciliano, che die studio di grammatici^, com*e'sem-
^ Si vegga la citazione a p. 473. \
'Si confrontino: ibn-Khallikàn , versione inglese di M. De Slane,
toma I, p. 632; Dsehebi^ ilndd-en-iVoAd ; Sefedi» Wa^-^f.UWt{m\ e
Soiutì, TtòakaX-tULi^ìitvAA nella Biblioteca ÀrabinSicula , leato, pa-
gine 644, 659, 673. '
s Si confrontino: Dsehebi, Ànbà'en'Nohà , e Soluti, op. cit., nella
BiblipUca Àrabo-Sieula, testo, p. 648, 678. ìl secondo lo chiama Ibn-
Debb&gfa (il figlio del Conciatore). Ibn-RaUà*, ciuto da Soluti, dice che
" costui osservava con molta cura i libri degli antichi, e indagava ogni più
riposta notisia (legli scrittori. "
* Si vegga la p. 475, no^a 3.
s Si vegga la citazione a p. 477.
II. 32
iSec.X.XJI — 4.98 —
bra, a Susa;*ed Abu-Hafs-Omar-ibn-Hasan, gram-
matico di conto, lingaista e poeta.^
Più che mai genuino comparisce l'innesto di ram-
pollo arabo su ceppo siciliano in persona di Abu-Abd-
Allah-Mohammed-ibn-abi-Fereg-ibn-Fereg-ibn-abi-
Ì^Kasmj Kaitànio vog\mm dire*il Linaiole," sopranno-
^ìinato il ''Setlil Grammatico, "nato in Sicilia il quattro-
cenventisette (4 035-6;) dove fece tutti gli stodiì e ne
usci armato da capo a pie in giurisprudensfa malekita ,
grammatica, lingua ed erudizione d'ogni maniera; e
nelle due prime fu tenuto uom sommo , se non che
attaccandosi ad appuntar gli errori di questo e di
quello, tutti gli si volser contro e tagliarongli i passi.'
Lasciata la Sicilia , com' e' pare alla caduta di Palermo^
andò a Bagdad nel Korasàn, eaGazna; donde passò,
su le orme dei conquistatori turchi , in India : e per
ogni luogo rifaceva il verso ai dottori ed appiccava
battaglia. Avvenne un di eh' egli entrasse in una scuola,
credo a Mérw in Khorasàn e di teologia , * tenuta da
Mohammed-ibn-Mansùr, Sem'àni; il quale cominciato
a dettar la lezione, il Sottil Grammatico.Io interruppet
< SoKfUr Tabokàt-el^Logheioin , nella bloe^rafiiar di Offlar^bn-lelsc da
Suga, Biblioteca Àrab<HSicula, testo, p. 678. Omar, che fu discepolo del
Siciliaao, daya a saa volta lezioni nel 408 (1104); laqual data mi serve dì
guida. V ebbe in Oriente al medesimo tempo un poeta sIclKano dello
stesso nome, del quale diremo innanzi.
*Dsefaebt, Anbà^-en^Noké , neHa Bihliateea.Àrabo^Sicuìa, lesto,
p. 646. Potrebbe essere Io stesso che il Segretario Ibn-Kftnt^ che ebbe il
medesimo nome, soprannome e nome patronimico. Si vegga )a p. 464.
9 Lascio indeterminato il male che gli abbian fatto. Il testo dice:
* Gridarono contro di lui, e Indi non prosperò.*
* 11 primo, perchè il padre e il figlio di Sem'àni, entrambi scrìttoH
dofnosctoll , soggiornavano in Mérw. Si regga fteinaud , Introduzione alla
GéographiB d'Aboulfedur p. cx; e d'Hcrbelot, Bìblioihèque OHentaUt al-
l'articolo: Samaani. Suppongo la cattedra di teologia, perébè Soiuti in
progresso del racconto usa la voce Keìàm.
— 499 — ISeeoU XI.|
"^ Non è com' ei dice; va scrìtto così e così. "E Sem'àni
ai discepoli: "* Correggete a saa posta, ch'ei ne sa più
di me: " i quali obbedirono. Non guari dopo il Sici-
liano, rivolto a Sem'àni, "* Signor mio," disse, "* ho
sbagliato, che menda non v era nel tuo dettato : " e
quegli pacatamente: ""Si rifaccia dunque come stava :"
e finita la lezione, trovandosi solo con gli amici, ri-
pigliò: " Il Magrebino * mi sfidava per dirmene un
sacco delle sue, cònd'ha fatto con gli altri; ma gli
uscii di sotto; ed ecco che s'è condannato di bocca
propria. " Kattàni morì a^ Ispahan , il cinquecento
dodici (1148r9.) Ebbe a maestro in dritto il celebre
siciliano Mohammed-ibn-Iùnis, e in graminatica un
Ali-Haiùli f siciliano o dimorante neir isda/
Nella gioventù di Kattàni era trapassato in Sici-
lia un valente filologo secondo que' tempi, per nome,
Àbu-'Ali-Hasan-ibn-Rescfk. Nacque Tanno mille a
Msila d'Affrica, dun liberto di schiatta greca o italica:* il
quale apparando a! figlio la pròpria arte d' orafo , il
mandò insieme a scuola; e visto il pronto ingegno
alla poesia ed alle lettere, gli assentì d'andare a
quindici anni, a Kairewàn, antico emporio della
cultura arabica. Dove Ibn-Resctk guadagnò dottrina,
fama e stato. Un poema in lode di Moezz-ibn-Badts
Io fece entrare al servigio del principe ; *" tenuto pò-
• ■ . -^
< Qoè: "di Ponente i*^ Africa, Sicilia e Spagna. .
s Soiutì, Tabakài-el'Loghewin, nella BiblUHeea Àrobo^SiCula,, iea(o»
p. 675.
^Rùrni.
* Ibn-KkailikAn e Usehebi, i quali aggiungono che altri il dicea nato
a Mehdia..Fu nominato aaciie Azdi, dalla tribù di Azd , dalia quale nasceva
il padrone del padre divenuto dopo 1* affraDoamenio patrono Mia famiglia;
ed anche Kafrew&ni dalla città dove fece soggiorno.
(Secolo XI. I — 500 —
scia tra i poeti di corte, * e fatto segretario di guerra."
Sino al limitare della vecchiezza, visse prosperamente
a corte, tra gli studi! , tra le amistà e nimistà lette-
rarie ed alcun brutto costume, svelatoci dal Siciliano
Àbu-Àbd-AUah-ibn-Seffàr, erudito dabbene, il quale
trovandosi al Kairewàn, tutto lieto d'esser fatto in-
timo di Ibn-Resctk, sì trovò terzo personaggio in una
strana commedia.'
Ma al conquisto degli Àrabi d'oltre Nilo , quando
Moezz era costretto a chiudersi in Mehdia (1057) e
il poeta ve V accompagnava ,^ la mala fortuna , come
pur suole, accese discordia tra i due vecchi amici.
Un'armata cristiana, di Pisa forse o di Genova, s'era
appressata nottetempo a Mehdia ; il principe affaccen -
dato in sul far dell' alba à provvedere al pericolo, leg-
< Ibn-Abbftr, Hollel-ei^iarà , MS. della Società Asiatica di Parigi,
fcg. 108 verso.
s Diivdn di Bellanobì, nella Biblioteca Àtaho^Sieula , testo, p. 681.
Ecco i dae versi d' Ibo-RescilL, scritti probabilmente in Sicilia, cbe atte-
stano questo fatto e insieme P orgoglio dei liberti delle corti musulmane.
* Segretario io già fui dell* esercito dell' emìr; e condussi le faccende
(puì^bliche) dirittamente :
*Non tenni bottega, no, in un mercato d*arti, il cui nome conviene
alla (W//ddeUa) cosa.'
Quisi scherza sulle yocìnih "mercato e plebe" eMihàl "arte ed astuzia."
> Scehab^ed-dtn-Omari, dà quest'aneddoto in tre o quattro pagine,
notando cb' ei V abbrevia dal testo d' Ibn-Bassàoh Io 1* ho pubblicato nella
Biblioteca Àrabo^Sicula, testo, p. 651, 652, stralciandone molte lamen-
tazioni erotiche, se tali possan dirsi, in prosa e in verso. Ibn-Seffàr autore
del racconto afferma cbe in realità non c'era stato nulla di male: e ciò
scolpi non Ibn-Resclk, ma l'opinione pubblica che condannava, come
ognun vede, quelle sozzure.
* Ibn-Khallikàn e Scehàb-ed-din-Omari. La data ch'essi non notano
si legge in tbn-Khaldùn, Histoire des Berbères, versione di M. De Slane,
tomo II, p. 21 , 22, e più precisamente in Ibn-el-Atblr, MS. C, tomo V,
fog. 81 verso, e seg. , sotto l' anno 442; il quale pone in ramadhan 449
(novembre i057), il saccheggio di Kairevirftn, cbe seguì poco dopo la par-
tenza di Moezz.
— 501 — (Secolo XI.J
gea gli spacci a lume d' un doppiere, quand' ecco Ibn-
Rescìk entrare nella stanza, e porgergli un poema che
incominciava: ^^ Fa' cuore; non ti s'offwchino i pen-
sieri nel cimento: che già alla tua possanza ognun
piega il collo» " — ** E come far cuore," proruppe Moezz,
"* quando. lu mi vieni tra i piedi ad aiutarmi così? Per-
chè mQ non stai zitto ! '' E stracciò il poema, e hru-
ciollo al doppiere. Ibn-Rescìk, voltale incontanente le
spalle, s'imbarcò per la Sicilia,' dove avea amici; sa-
pendosi di due poeti siciliani che si carteggiavano
con essOj e rimanendoci fino i versi ch'ei scrìsse al-
l' uno arrivanda a Mazara e la risposta per le rime."
Raccolto a grande onore dai principali della terra, Io
rappattumarono con Ibn--Scerf , poeta del Kairewàn e
della corte di Moezz e però suo mortai nemico; il
quale, avendo riparato in Sicilia prima di lui, s'era
messo subito a lacerarlo. 'L'ospitalità siciliana non
tolse che venuto per cagion di mercatare un legno
di Mo'tadhed , principe Abbadida di Siviglia , Ibn-Re-
scik si mettesse ai panni al padrone, pregando di
' Ibn-Bassàm, squarcio inserito da Sceblkb-ed-^jItiHOmari nel Meiàlik-'
' el^Àbsdr, Biblioteca Arabó-Sieula, testo, p. 650, 651. Il testo ch'è In prosi
rimata, gonfio e voto, diee: e Non andò guari che venne un'armata di Rum,
» ed all' alba il mare apparve tatto colline minaceianti estremi fati e poni
» carichi di morte repentina ec. ; > ma non aggiogne il successo dell'impresa,
né dice appunto la nazione che avea messo a galla le terrìbili colline. I Bi-
jKantijii da tanto tempo non comparivano nel bacino occidentale del Medi-
terraneo. All'incontro i Pisani il 1054 aveano assalito Bona e Cartagine, e
nella seconda metà del secolo osteggiarono Palermo; poi Mehdia insieme
coi Genovesi ec.
s Imad-ed-din, KhaHda nella Biblioteca Arabo^Sicula , testo, p. 591.
H nome dell' uno è: Abu-Hasan-Ali-ibn-Ibrabtm-ibn-Wadd&ni, e deU'al-
irò AtMHAdlHAUaA«Mobammed-ibn-Ali-ibn«Sebbàgb , il Segretario. 1 tre
versi si leggono nei MS. di Parigi, fog. 35 recto; e sembrano- scritti dal
Maggi 0 dallo Zappi.
' Ibn-Bassftm , op. cit. , p. 65i.
ISecoloXI.] — 502 —
menarlo seco a corte; il quale gliene promesse e poi
lo ptanfò. Rimaso parecchi aoni tra si e no di far il
viaggio di SpttgDa, venne a morte in Mazara verso il
mìllesettanta.^
Il cui soggiorno tra il romor delle armi cristiane,
non promosse, credo io, le lettere, né ad altro giovò che
a tramandarci qualche aneddoto deir antica corte kel-
bita e qualche barlume su la cultura contemporanea.
Lasciando addietro le opere perdute d'Ibn-^Resctk, in
giurisprudenza,* lingua/ storia letteraria/ fatti me-
morabili deHa storia ,°ed una Cronica dei ^airewàn; '
lasciando addietro le poesie, facili, vivaci e talvolta
oscene/ noterò un trattato di poetica denominato la
Colonna , nel quale la ragion dell'arte è considerata al
< Si confrontino : Ibn-Kliallikàn , Diiionario Biografico, versione io-
glèse di M. De Stane, tomo l , p. 384; DsehebiJ, Antà'eh-Nohó, nella Bi-
blioteca Atabth-Sicula ^ testo, p. 641; Scebàb-ed-dtQ-Omarl, op. cU.,
p. 649 a 653. 1 due primi riferiscono come meno autorevoli altre tradi-
zioni cbe recavano h morte é* Ibn-Resctk nel 450 o ne) 456. Si Tegga
aocbe il Baién, edizione del Dozy, testo^ toI. I , p. 507. Abbad-*iba-Uotiam-
med soprannominato MoHadbed-billab , regnò dal 453 al 461 (1041-1069).
" Si vegga sopra a p. 490,
' Le Pagliucee d'oro, Ibn-Kballikan ed Uagi-Kbalfa, op. cit.» tomo IV,
1>. 509, no 9S94 , ed i ** Neoiogimi ; * Ibn'-Kallikan , L e.
*' lì TipOy Hagì*Kbalfa, op. cil., tonoo I, p. 468, no tSQl È eilato^
ànebeda Ibn-Kallikftn, nefla detta biografia ^ e in un .altra klogo rdaliro
^* aneddoto delV emiro kelbita lusuf raccontato ^ noi nel «ap. VU di
'^oesto Libro, p. 535 del votame. Si v>egga anche Ifakkari, ÀnaUeies de
Vhkknre d^8pe0ie, testo arabico , tomo 1 , p. iM4, e ìVMetÙiik-^l^Àhsdr,
MS. di Parigi, fog. 77 recto.
* la bilancia delle gette, Hagi-Rbalfa, op. cit. ^ tomo Yl, p. 385,
N*'i5,497;
^ Hagi-Kbalfa , Di%ionario Bibliografico, edizione di Flnègel, tomo il,
p. 144, «0 2285. '
7 Spesso occorrono versi d' Ibn-Resotk nelle antologie, biografie ee.
Molti se ne trovano nel BHvdn di Belianobi , cbe sembrano raccolti in Si-
cilia , come diremo trattando di qoei^ poota. E quivi ho lotto i vensi d' Ibn-
Resclk, ai qoairalludo, nei quali le parole sono brutte quanto l*aif^
mento .
— 503 — [s^oio. xi.j
modo che noi abbiamo appreso dai maestri ^reci ; e
si aqceQQa ad alcan predetto di quelli/ Onde direi
ootest' opera compiuta in Sicilia da Ibn-Resdk, con
que' pochi lumi dì greche lettere che vi rimanessero:
uB anòoimo Siciliano ne fece poi un compendio coi
tikrio di PreparcmetUi * Piìi chiara apparisce la sofr
gente in due versi d'UmrRescìk, coi quali il poeta
esortando , com' e' parmi, alcun regolo ileir isola a
lasciarsi menare a goiAzaglio dai dotti, jric<»tla forse
il nome d'Atene, e v^ appicca quel della Sicilia, con
una etimologia che allor correa tra gli Arabi del
paese/
* Dì quest'opera, che citano Ibn-Khallikàn , ibid., ed Hagi-Kbalfa,
edizione Fluègel, tomo lY, p. 265^ n» 8358, abbiamo dueBfSS. in Euro-
pa, l'uno a Leyde (32 Golius, catalogo del Oozy, temo |, p. l2t,
no CCXXXVil , e l' altro al BritLsb Museum « (n» 9661 , GaUlogo ccxuix E),
.lo Ilo percorso il MS- di Londra, in prlneifkiOyCbjè ooii notai il numero
del foglio ^Ibn-Resoik dice che la ragione poetica jdei Junàn (Greci an-
ticbit, era fondata tutta « su gii obbietti morali o Usici; poiché i Grepi
non peDsar<>no mai a ciò ebe fa il principale vitnio dei poQti arabi ; » con
die vuol significare gli scherzi di parole, gU enimwi, le tumide me-
tafore ee. Non ho tradotto letteralmente , percb^ non son certo ^ella lezione
di^alcnue tocì. Il MS. , in parie è di moderna e pessima ecrittura africana ,
e in parte di buon neskbi del 044 deir egira.
s Hagi-Khalfa, 1. e.
' Qi]Q$ti due versi sono dati da Ibn-^qebbàt, a proposito della sup-
posta e^inologia della voce Sicilia, a da Soluti , nella biografia del Siciliano
Ibn-Abd-el-Berr, BihlioUfM Àraln^Sicula » p. 212 e 072.
" Sorella di 'Adina in un nome del quale non partecipò altro paeae
{del mondo) , e cerca {nnB trovi) ^ ^
" Nom^ cui Dio illustrò « accennandovi in forma di gruramen&o; — se-
gui [dunque o principe) gli avvisi dei dotti; e, se^n'pl vuoi, ,va pure a
tentoni." ,
Soiuti aggiugne die le parole "cui Dio illustrò ee." si riferiscano a
quel verso. del Corano (Sura XGV, vers. I), '{Giuro) perTetivoe pel
fico" deve, al dir di alcuni comentatori, quei due alberi sono nominati per
eccellenza tra tutti i vegetabili; e secondo altri il primo allude a Gerusa-
lemme « e il secondo a Damasco.
Quanto a 'Adloa, parmi si debba intendere M^e. Egli è vero cbe gli
eruditi arabi jsogliono scrivere aUrimenti questo nome ; egii è vere cbe la
(Secolo. XI.| — 804 —
La falsa etìcaologia , dica, da due vocaboli
greci che significan fico ed olivo, ripetuta dai croni-
sti latini di Sicilia del decimoterzo secolo,* scrìtta per
Io primo da un filologo arabo che visse fino al mil-
lecinquantotto e fo maestro d' Ibn-Eattà\ Ebbe nome
Abu-Bekr-Mohammed-ibn-Ali-ibn-Hasan-ibn-Abd-
el'B^rr ,, della tribù di Temtm; il quale uscito di Si-
cilia per proseguire' gli studii di tradizioni, gramma-
tica e lessicografia, soggiornò in Oriente, forse a
Bagdad; e tornando in patria , recò il celebre diziona-
no di Gewhari; fu accolto e messo in alto stato da Ibn-
Menkùd che regnava allor in Mazara,. principe d'aù-
sterissima pietà al dir del biografo.' Che Ibn-Abd-el-
prima lettera del nostro testo, cioè V atn, «ia esclusivamente semitica e
non soglia adoperarsi «dagli Àrabi nelle voci straniere. Ma la geografia ara-
bica non offire altro nome cfae soddisfaccia al caso; ed Atene vi si adatta
appuntino : nome dato ad onore di Minerva che recò r olivo » onde qnc-
8t' albero , In greco, si dice anco AdTivatf.
Debbo qui avvertire che nel tradurre i dae versi ho seguito la felice
inlerpretazlone del professore Pieiscber e la correzione sua al testo delta
BibHoteea Àrabo^Sicula , p. 212. Non così la lezione "Medina* ch'egli
propóne in vece di 'Ad!na ; parendomi che le condizioni sopposte dal poeta
non convengano punto ali* antica Jaihrib , poi detta Medinel-^n-Ifebif ossìa
la città del Profeta.
' GrcRce Siealea quod latine est fieum el olivam , leggesi neir ÀfUh
nymi Chronieon Siculum, presso Di Gregorio, Biblioteca Aragonese,
tomo li, p. 121, e in Blirtolomeo de Neocastro, op. cit., I, il 5. Questa
etimologia di Six^Acà da <ruxn ed ìXolIo. , non si trova negli scrittori greci
né anco dei bassi tempi. Mostra grande ignoranza non solo della istoria
ma anche deHa lingua confondendo il t e Tv IN e r<, come l'orecchio
le rendea simili a chi non le ayesse mai lette nei libri. E però si può
supporre trovato dei^liberti siciliani che sapessero dall' infanzia il greco voi*
gare e non avessero studiato profondamente altra letteratura che l'arabica.
> Si confrontino: Ibn-Scebbat, diDsehebie Soluti, nella Biblioteca
Arabo-Sicula, p. 212, 648, e 671, 672. L' ultimo cita a proposito della
detta etimologia un passo di Ibn-abd-el-Berr, non sappiamo di qualeopera,
trascriilo da Ibn-Dehìa, autore spagnuolo (1153-^1 235) nelle storie dei
poeti M^ghrebini intitolata il Matreb. Il primo dà l'etimologia sul Telkkif--
ei-/f94ii, opera d'Ibn^Kattà', che nataralmente l'avea tolta dal maestro
— 505 -— (Secolo XI.J
Berr abbia tolto da Ibn-Resctk quella falsa etimologia
e la eradizioQe che pur vi si richiedeva , non mi par
punto verosimile. Un secolo innanti gli Arabi Sici-
liani avevano aiutato alla interpretazione d'opere
scientifiche dei Greci; notaron poscia gli avanzi d'an^-
tichi monumenti; raccolsero qualche fàvola delle co-
lonie greèo-sicole; ^ vissero con Greci di Sicilia culti
tanto o quanto. Tha cagione dunque di prèsuiuere
che si fosse tentalo dai Musulmani dèir isola nella
prima metà dell' undecime secolo qualche ^udio sa
la letteratura greca, rozzo sì, ma da poter mostrare
agli scrittori arabi un altro campo come quello delle
scienze filosofiche e matematiche coltivato al tempo
di Mamùn. E la Sicilia offriva ottimo terreno all'espe-
rimento. Se non che molto più agevole torna a tra^
piantare da schiatta a schiatta le scienze che le lettere;
ed ormài la virtÈi degli Arabi mancava da per tutto ;
la colonia siciliana era lì lì per cadere sotto il do-
mìnio straniero.
Quel soprannome dlbn-Kàttà ( Figliuolo del pie-
coniere)si détte ad una famiglia del ceppo modha-
rita di Temtm, ramo di Sa'd-ibn-Zeid-Monat, la quale
par venuta in Sicilia da Santarem di Portogallo verso
la metà del decimo secolo.' Gia'far-ibn-Ali di tal gente,
Ibn-Àbd el-Berr. Il nome d' Ibn-Meni^ùt, data dal solo Dsehebi, è scritto
Medkùd; su dì che si vegga il cap. XII di questo Libco, p. 420 del volume.
' Si vegga il Lib. IH, cap. XI, e il cap.XlU di questo Libro, p. 219
e 459 del volume.
' La voce Katià*, cbeiìon è nei dizionarii , si trova nella continua*
zfone di Bekri , ove signiflca i piccoDleri di zolfo in Sicilia ; squarcio dato
da Ihn-Scebbàt , Biblioteca Araba-Sicula , p. 2r0. L' ho trovata anche col
signitfcato di *tag1iator di pietra^ in uria leggenda cristiana, MS. arabo
di Parigi, Ancien Fonds, 66, fog. i75 recto.
IbRrKhàllikàn, comincia la vita di Àli-ibn-Gia'far Ibn-Kattà* con una
filologo di motta dottrina , rinomato nello stile episto-
lare, lodato per proprietà di lingaa^io e ducato
gusto in poesia, viveafinoal millecinqaantotto/ forse
in un villaggio a poche miglia di Palermo.' Da lai
nacque, il dieci sefer dei quattrocentotrentatrè del*
Tegira (8 cHtobre 1044), illustre figliooi d^uomoilia-
stre, scrìvono i biografi, Ali^bn-GiaYar, detto simil-
mente Ibn-Kattà\ il quale ebbe a maèstri '^ in lettere
e tradizioni Ibn-Àbd-el-Berr ed i primi emditi dèi
paese; fece versi a tredici anni, a andò crescendo di
dottrina e fama, find^, abbattuto l'ultimo vessillo mus-
sulmano in Sicilia, emigrò in Egitto: dove non fii
onoranza che non gli fosse resa; anzi il tennero
come dittatore nelle lettere; e giuravano su VEi così
disse. Il ministro Afdhal , sì benigno agli usciti sici*
liani , lo volle maestro dei proprii figiiocrii ; ' scrtveasi
a vanto nelle biografie chi gli fosse statò amico o di-
scepolo:^ da lui appresero gii Arabi d'Egitto, e studìa-
genealogia che si rannoda a quella degli Agblabiti, risalendo fino ai primi
prngeniiori della tribù di TeoiUn. Egli dice tverìa scHda così nella bozza
del sao dizionario biografico senza sovvenirgli onde fosse tolta; ma aver
sotto ^i ocelli akro albero di parentela di propria mano d* Ibn-Kattà' nel
quale Qoq entrano ponto gli Agbiabiti. Noi ci ai^pigtiaroo, com' è naturale» 9
riuesto, cbc porta : Ab<i*l-Kas.em-Àli-ibn-Gla'far-ibu-Ali-ibn-Mqbaramcd-
Ibn-Abd-Allah-ibn-Hosetn , Sciantareni, Sa'dl; onde st vede che corsero
qqtiiro geD^rajsioQl ira T'emigrate di Santarévi, e il nato in Sidlia il 1041.
Si corregga conforme a ciò la notizia data nella Introduzione ^ voi. I ,
p. XXXVII. noi.
' Dsehebi, Anbd^n-Nohd n^la Biblioteca Àrabo SieulatX^^, p. 643;
' KjaV'Sa'd. Si vegga il viaggio d* Ibn-Giobair, Bel Journal Àmtique,
serie IV, tomo VII (1846), p. 42. La conghiettora è fondata su Tideintità
di nome della tribù e del villaggio. D'altroode Ibn«KatlA' e0sieq4o* detto
moralmente Sìkilli era cittadino della capitale.
> Si confrontino: Inwrd-ed-dtn , Ibo^KhamkftQ , Dsehebi e Soiiili.
* Lo Dsebebi^ nella vita di NasrOu-ibD-Fotùh-ibn*H99ei|L Kbere^i» eì
Soluti in quella d'Isma'il-ibn-'Aii-lbfHMiksciar, Biblioteca 4rcborSmlf$,
p. 6i8 e 674, notano di qaei due gramolatici che fossero stati compagni
— 507 — |8«soio XLl
rollio con le^ue glose, il dizionario di Gewhari; a
dispetto di qualche fiacceete che accufitavalo di non
teoeme il t^to autentico, ma una copia con licenze
posticce:^ che par calunnia, poidiè Itm-Àbd-«1'-B^r
gli avea potuto insegnare quel libro ia Sicitia. Morto
del mese dì sefer cinqueceutoquindici (aprile e mag-*
gìo 1421) al €airo vecchio/ Io seppellirono accanto
al legislatore Sciafe'i.'
Gom' egli priolBggiò tra i letterati arabi della Si-
cilia, Ibn-Kattà' cosi fu quel che più scrisse delle
cose patrie. Dettò una storia di Sicilia eh' è per-
duta; * sparse qua e là cenni biografici, geografici e
di varia erudizione sul paese;'' compilò unVantoIogia
* dMbn-*Kattà'; e del secondo si diee essere di venato celebre ta mercè
del letterato siciliano. Solati nelle biografie di Ased-ibn-Ali-ibn-Mo'mir,
Boseini, lo ricorda discepolo in tradizione d* Ibn-KattjSi*; e lo Mesao in
quella di Ali"^t>n-Àbd^I-Oebbàf-*ibn»Abdùn, gran filologo e tradizlonisia»
BihUoteea Araìxh-Bicula , p. d?3,^77.
< Soluti, 1. e. Ogni libro si leggea in pubblica scuola con licenza
scritta dair autore o di chi il tenesse da lai; e così saccessivamenle. Or i
leuefati d* Egitto, a proposito del Disionario di Gewharì, spacciarono cbe
Ibn-Kattà' , vedendolo nial noto e mollo desiderato nel paese, avesse fab-
bricato la ^erie delia iioenu : onde lo sentenziarono aom di cottieBU
* troppo scipita' in questa maAevia. Cesi 8oiuti; il cheepioga quelPaocusa
di "troppa scioltezza nel -riferire " che leggiamo più vagamente ia Ibn-r
KbàlifcftQ^ 41 DiEìonario di Cesari ora stato piHiii^ieato a Nisapèr In Rlio-
rasftn il 390 (1000)^ e V autore morto il 505 o 308.
s La bìograda di Aii-lbo^Katl&* è data da: Ibo^Kballikàn^ DiMùnario
biografeo, versione inglese di IL De Siane, tomo 11, p. 26o, 366; Dse*
itétìk,Atèbé^€fh'Nokd, nella Biblioteca Àrabo^Siculm, p. 646;Soluli, Tnbàkét-
et^Lùghewtm, op. pii. , p. 676. isuMU-edHlla, nella jEAorlde, op. Cit.» p. 589»
ne & anche no breve cenno , aggiugnoodo aver conosciuto in Egitto chi
io av«4 veduto viveote; e aver trovato usa tavoletta' scrìtta da lui il 009.
Sf vegga anehe Abulfeda, Annalu MoslemUd, anno iMS, tomo HI, p. À&È,
• Soioti , op. elt. , p. 6T7.
*'Bàgl-Khalfa, Diùontirio Bibliogràfioo, edizione Flnègel, tomo li,
p, I3K, no 3243; e Soluti , op. dt., néìU MibUoteòa Àréè(H'Skula\ testo«
p. 677. X' autografo par cbe Cosse vmuto alle roani di lakùt. Si veggo la
Biblioteca Àrabo-Siculajp. ììb,
> Si veggano nel capitolo precedente , ia pag. 450 ; e In questo capi-
iSeeoloXI.] — 508 —
siciliana intitolata La nobile Perla e V eletta dei poeti
dell'isola: della qaale ci, rimangono gli squarci che
piacquero d Imàd-ed-dtn d'Ispahan; e sòn di quaranta-
tre poeti/ tra i censettanta che ne avea trascelti Um—
KattàV e di ciascuno par abbia datala biografia, poichè^
vi messe la sua propria.' Sortirono maggior fama in Le-
vante e Spagna le opere di filologia e storia letteraria.
Il Libro dei Verbi, che al dire d'Ifan-Khallikàn tolse il
primato a quel dello spàgnuolo Ibn-Kùtia; * la Fab-
brica.dei nomi, verbi e infiniti, cioè un quadro generale
delle forme grammaticali, lodato anche da Ibn-Khalli-
kàn, dove Tautore aggiunse forse un centinaio di nuove
forme spigolate nei glossarli e scrittori; e sembra
r ultimo suo lavoro/ In lessicografia lasciò il cemento
lolo, p. 490 ec. Ibn-KattA* par che abbia dato l-orlograQa di tolti i nomi
topografici deir isola. Oltre quel di Sicilia citato dianzi, v'ba quel drKo*-
s)ra {Pantellaria) , lìeW^ , Biblioteca Arabo^Sieula , testo, p. i24.
' Kbarlda, nella Biblioteca Àrabo^Sieula, cap. LXIII, § 3, p. S89 a 598.
' Hagi-Kbalfa, op. cit. , tomo U , p. 135, no 2243. Ne £a menzione lo
atesso autore, tomo 111, p. 203, N« 4935, e Ibn-Kbaiiikàp, e Sointi, li. co.
^ Makkari, Ànalectes sur l'hùioire d* Espagne giorno Up. 634 del
testo arabico, trascrive un passo dello storico ibn-Sald, il quale dando
r autobiografia si scusava con V esempio di tre scrittori, tra i quali nomina
Ibn-^KattÀ'.
* Ibn-Kballikàn e Soluti , II. ce. , Hagi-Kbalfa, op, cit., tomo f, p. 373.
No 1025. Par che sia esemplare di quest'opera il MS. dell* Escuriale DLXXUI*
che Gasiri tradusse- ' Liber Verborum iripariitumque " , ma si tratU forse
dei "voBbi triliteri"; e quivi afferma essere stato lbo-Katt&', DomieiUo
Ct^rdubensis, Notando pei l' opera di versificazione , della quale or or fa*
remo parola, Gasiri lo spaccia origÈne netUus patria Bùpaknsis , ed anche
trascrive male il nome. Indi gli Ebn-al-*Eattaa ed Ebn-ipataa del Di Gre*
gorio. Rerum Àrabicarum, p. 239. Il Gasiri non avea punto fatto equivoco
tra il padre e il figliuolo, ma avea reso con lettere diverse lo stesso nome,
lo non so, non avendo veduto 1 due Ai SS. , sevi sia qualche parola da far
sapporre il soggiorno d^ Ibn-Kattà* a Gordova e Siviglia; né sarebbe im-
possibile che prima d'Egitto ei fosse andato in Ispagna. Ila Gasiri suoi
troppo facilmente far dono alla Spagna di scrittori che non le apparten-
gano per niun conto.
» Ricordato da Ibn-Khallikàn e da Soiuti. Hagi-Khalfa ebbe alle
^ 509 — fSceofoXI]
al Gewfaari; * la Correzione della lingua ; * il Libro
della Spada, glossario de' nomi e predicati che usano
dar gli Arabi a queir arme;' il Libro delt Andare e del
Viaggiare anche esso in ordine airabetico, il quale par
lista dei verbi che significan Tuno p l'altro;^ e il
Libro delle Interiezioni.^ Scrisse due trattati di versifi-
cazione ' ed un còmentario su le poesie di Moteneb-
bi/ Il compendio intitolato Kitab-el-Kisàr, sembra
dizionario biografico di una classe di scrittori;^ è
mani quest'opera, poiché ne trascrive le prime parole, com*ei suole. Dà
anche uno sc(uàrcio della Introduzione, dove Ibn*Katt&* ricorda le 308 forme
di nomi, tra sostantivi e aggettivi, date dal celebre grammatico Sibùweih,
le aggiunte d* altri , e in fine le sue proprie^ Dei masdar, ossia infiniti ado-
perati sostantivamente come noi diciamo V andare., il fare ec. , si erano
notate 56 forme, e Ibn-Kattà' le condusse a 100. Compi questo trattato
in regeb del 513. Hagi-Khalfa , op. cit. , tomo f , p. 146 , no 31.
' Soiuti , 1. e. Uagi-Khalfa , op. cit , toko IV, p. d4, n*" llU.
s Hagi-KUalfa, op. cit., tomo 11,^. 190, no2429. Nondimeno Nawawi,
The Biographical Dietionary , testo arabico, pubblicato dal Wiistenfeld,
p. 126, attribuisce quest'opera all'altro siciliano Abn-Hafs-Omar-ibn-
Kbelef-ibn-Mekki. Ibn-Scebbat la cita a proposito della Sicilia, Biblioteca
AraboSicula rp. 212 , senza dar il nome dell'autore.
s Hagi-Khalfa, op. cit., tomo V, p. 102, no 10,207.
* Op'. cit. , tomo V, p. 151 , no 10,492.
» Op. cit. , tomo V, p. 44, n» 9853.
« L'uno intitolato: Il Salutifero nella 8cien%a della ver8Ìfica%ione , si
trota in Hagi-Khalfa , op. cit. , tomo IV, p. 7 , no 7384. L' altro è all' Escu-
riale col titolo di : Eloquente prosodia in compendio che (tutto) abbraccia. Si
vegga Caslri , Biblioteca Arabo^Hispanica , tomo I , p. 82, cod. CCGXXIX.
7 Catalogo dei MSS. arabi del British Museum, Parte II, p. 281,
noDXCVII.
B Hagi-Khalfa, «p. cit., tomo V, p. 136, no 10,395. Il dotto editore
traduce * Liber de Palatiis eorum nominibns et naturae descrlptione , alpha-
betice dispositus," supponendo cosi un errore nel pronome loro eh' è re-
plicato due volle nel testo, e che non si può dire se non di persone; e
tenendo Kiiàr come plurale di * palagio , " la qual forma se pur si può
ammettere, è inusitata. Inoltre una descrizione di palagi, senza dire di
qual paese, mi sembra opera troppo aliena dagli studii d' Ibn-Kaltà'. Però
mi è avviso di ritenere la lezione /oro, che trovo altresì nel MS. di Parigi,
e di considerare Kisàr , come plurale di Kasir, "breve, corto, ttom corto
d'higegno e di qualità, imperfetto" ohe si legge nel Disionatio di Me-
ninski. Sarebbe allora un dizionario biografico di " Scrittori minori , ** come
|9eeol«XI.l — ^^0 —
trattato (K storia lettemria il libro dei Sali contempo^
ranei ; ^ quel dei Luccicanti Sali^ è Antologia de' poeti
Spagnuoli.* Le quali opere quanto foss^o tenute in
conto appo gli eruditi musulmani, lo mostrano la lode
d' Ibn-Kballikàn che lo chiama « principe delle lettere,
massime^ in fatto di lingua » e le notizie che tolgono
spesso da lui Ibn-Khallikàn medesimo, Imàd-ed-dki,
lakùt, Ibn-Saìd lo storico, Y enciclopedista Scehàb-
ed-dh)-Omari, Firuzabadi nel Kamés,* e yarii bio-
grafi. Da questi squarci, in vero , Ibd-Kattà' sembra
accurato e sottile filologo, ed elegante scrittore , più
sobrio che non portassero i tempi. Mediocre poeta
comparisce dai frammenti rimastici delle molte poesie
ch'ei dettò; e pur talvolta, dimenticati i bisticci e le
arguzie, si fa a ritrarre le ìmmagifH con semplicità
grazio$ra/ Che se guardiamo ai precelti più che alle
noi diremmo. Del resto aTYerto che il più delle volte è impossibile di tra-
durre con certezza i titpli dei libri arabi, quando non si sappia 1* argo-
mento, 0 non si abbia alle mani tutta 1* opera, per comprendere quegli
enimmi.
' Hagi-Kbaira, op. cit. , tomo iV, p. i45 , n» 7901 , e tomo Vr, p. 109,
no 12,867. Lo cita anche 1' autore del MesàliCeUAhsàr , nella BihUoUca
Àraho-Sicula , testo, p. 656. Mi è parso bene rendere la prima voce col
significato proprio di Sali. Gli Arabi 1* adoperarono a un dipresso come
noi al traslato , per significare " bellezze letterarie , espressioni vivaci ec. "
' Ibn-Khallikiin , 1. cit., « tomo HI , p. 190 della medesima versione
inglese. Ma Hagi-Kbal£a attribuisce ad altri l'opera così intitolata, e nelle
altre notizie biografiche di Ibn-KàttiS^* non se ne £a parola.
' Si vegga il Dizionario arabico di Freytag, tomo IH» p. 170.
* Ibn-Khallik&n, U e, afferma che Ibn-^atià* lasciò molte poesie; e
ne dà per saggio tre squarci, un dei quali non si trova negli estratti che
ce ne serba. Imàd-ed-dln nella Kharida, MS. di Parigi, Ancien Fonda, 1375,
fog. 20 verso a 22 recto, e MS. del Britisb Museum, Ricb. 7595. II Soluti,
nel Tabakàt-^l'^Loghemn , in fio .della biografia dMbn^Kattà', dà altri
15 versi, che ho copiati dal MS. del Dp^ttor lohn Lee, ma non si trovano
in quel di Parigi. Abbiamo nella Kharida il primo verso d' una sua Kaslda
a lode di Aidhal , e frammenti di cinque altre.
— 511 — )deco)«XI.|
Opere, lo diremmo iniziato à que' primi siudii delle
lettere greche: qoa par che condanni il tipo della
Kastdà arabica; * qua rende espresso omaggio alle
bellezze dèlf antichità.*
S^gnalarongi in variì rami di filologia i già no-^
minati : Ibn-Kani linguista ,' Abu-Bekr-MohamtpCHsl
grammatico e linguista; * Ibn-Tazi grammatico^ scrit-
tore di epistole e poeta;* Ibn-Fehhàm autore d'un
commentarìo su ì Prolegomeni Grammaticali d' Ibn^-
Babeseiàd; ' ed Omar ovvero Othman-ibn-Ali da Si-.
racnsa discepolo d'Ibn-Fehhàm, autore di opere su
la. lingua, la grammatica e la versificazione, profes-
sóre al Cairo vecchio , maestro del filologo egiziano
Abd-allah-ibn-Bera.' Dsehebi, senza notarne Tetà,
ricorda un Tàher-ibn-Mohammed-ibn-Rokbàni, della
tribù di Taghleb, siciliano, soprannominato il virir,
r uom più dottò del tempo suo in lingua arabica, ret-
torica ed arte di scrivere in prosa e, in verso, al quale
* A ciò parmi cbe alludano i tre versi trascrilti da Ibn-Khallikàn,
op. ctt. , ^ Cofìsume noi ihfs lifè ec; " nella versione inglese di M. De Siane,
tomoli, p. 266.
* Dalla Khartda, MS. citato di Parigi, fog. 21 verso.
" Somigliante a cotesta nostra, retò degli anticfai popoli cbe perirono,
sfoggiava di colori e sembianti {affé) non Spregevoli.
"La diresti scatola d' oro , piena di rubini, così alla rinfusa, non
legati."
A comprender meglio r allusione, è da sapere che le ^ue vóci che ho
tradotto "alla rinfqsa" e * legato" sono Nethr e Memùm, le quali hanno
anche il significato , l' una di * prosa ** e Taltra di " poesia. "
'La citazione a p. 464.
♦ [d., p. 477, 478.
^ Ùiehehìj Anbd~en-Nohà, neWn Biblioteca Arabo^Sicttla, p. 6Ì7.
Si vegga per costui V altra citazione qui innanzi a p. 471.
• W.> 474.
I f ra. 476. il nome di Omar con la stessa genealogia e <joi)fdJzloni è
dato da Dsehebi, Biblioteca Arabo- Siculo , 647; quello di Othman da
Mal^rtzi e Soititi, p. 665, 676.
ISmoIoU.i — 512 —
rJvérenU accorreano, per apprendere, i letterati d'ogni
paese e trovavano un naar di scienza: ma non ne ri-
mane altro vestigio che que quattro righi datigli dal
biografo, e due che ne serba al figliuolo Ali, poeta,
erudito in lingua, nelle antiche istorie degli Arabi e in
ogni altro studio che appartenga alle lettere.' Con
lode anco, troviamo i nomi di la'kùb-ibn-Ali-Roneidi
filologo e poeta,' Abu-Mohamn^ed, detto Danii a gram-
matico, poeta e ottimo pedagogo; * Abu-Abd-Al--
lah-Mohammed-ibn-Sados , grammatico, segretario
e facilissimo scrittore in prosa e in rima; ' Abu-
Fadhl-Alì-ibn-Hasan-ibn-Habib, ^ran linguista e
buon poeta;* ed Abd-AUah-ibn-abi-Malek-rMosìb
della tribù di Kàis, cima di linguista, al dir di Se-
fedi, poeta nato e dottò di più ia prosodia e versifi-
cazione;^ Abu-Hasan-Ali-ibn-Mohammed di Kerkùda
erudito;' Ali-ibn-Abd-Allah di Giattini,' Siciliani tutti
e d' epoca ignota. Avvi tra i moltLcomentatori di Mo-
tenebbi neir undecime o duodecimo secolo un Ibn-
Fùregia e un Abu-Hasan-ibn-abi-Abd-er-Rahman,
entrambi Siciliani. *^
* Dsebebi, op. cit., p» 645.
Md. p. 646.
»Id. p. 648.
* Ibld.; e Soluti, p. 673, citando lakùt. .
s Dsehebi , op. cit. , p. 647.
> id. p. 646; e Soioti, p. 677. Ho eorretto U nome secondo Soioti.
' Soluti , p. 675. . • '
" Mo'oetn , nella Bibl. Ar. Sic. p. 124.
' Jfo'gem, op. cIt. p. HO.
40 In un Diwan di Motcnebbr, copiato il 1184 dell'era volgare, si
notano in appendice i coinentatori , e tra quelli si legge il nome d^on
Sikilli-ìbn*Fùregia, {Mines de VOrieni, tomo IV, p. i 12.) Una delle copie
di qvL^X diwano con simile appendice che possiede ìl.Brkish Museum- (Ca-
talogo orientale, parte II, p. 281 , n» DXGVII) dà tra i comentatori. AJmi-
— S13 — |SecoloXI.|
Nel passar dalla didattica e critica al j)roprio
effetto dell'arte, troviamo, filologo insieme ed ora*
tore, Aba-Hafs-Òmar-ibn-Khelef-ibn-Mekki, ricor-
dato dianzi nei tradizionisti e giuristi. V lì quale,
rifoggito in Affrica quando le continue vittorie dei
Normanni, forse la espugnazione di Palermo, toglieano
ogni speranza di salute, conseguì ilmagistràto di cadi
a Tunis * che allora si governava a repubblica. È at-
tribuita ad Ibn-Mekki la Correzione della lingua che
altri riferisce ad Ibn-Kattà', ' e potrebbero supporsi
due opere col medesimo titolo, che Ibn-Kattà' avesse
imitato per gareggiare con quel sommo, <k il cui valore,
dice egli , celebravano e ripeteano tutte le lingue per
ogni luogo; quel che in eloquenza non cedette il
vanto ad Ibn-Nobàta, e lasciò modelli di poesia. * »
Hasaa ec. Seikilll (coir. Sikllli) ed ibn-Fùregia, senza flggiugnere !1 nome
di Siciliano. Costai scrisse a difesa di Motenebbi due opere : L* accuia
contro Ibn-Ginni, e La vittaria sopra Ahu-l-Feth, Abo-Hasan-Abd-er-
Rabman, potrebbe essere il medesimo rfpordato a p; 497, col nome
proprio dì Ali. »
« Pag. 482 e 488.
a Ibfl-Kbaldùtif ETutoire de VÀfriqut et de la Sieile, versione de
M.Des Vergers, p. 183.
s Si vegga la p. 909. La Correiione della lingua, dMbn-Mekki è
citata da Nawawi, Bio^aphieal Dietionary, testo arabico, p. 126, a prò*
polito delle varianti del nome proprio Abraham , Ibrahim ec. È attribuita
anche ad Ibn-Mekki da Ibn-Khallikàn , versione di M. De Slane, tomo I,
p. .435, e da Solati ; e con una variante da Hagi-Khalfa , edizione Fluegdy
tomo III, p. 604, no 7189.
* Khartda , nella Biblioteca Arabo-Sieùìa , testo , p. 597. Imad-ed-dìn
non solamente cita Ibn-KattA' , ma par che trascriva da Ini questo squarcio
di prosa rimata. Abd-er-Rablm-^ibn-Mohammed-ibn-Nobàta, fiorì in Me-
sopotamia nella seconda metà dei decimo secolo. Gli Arabi citano il ve-
scovo Kos e qoesto Ibn-Nobàta, come noi faremmo di Demostene e
Cicerone : e in vero , serbate le proporzioni tra^ i* eloquenza arabica e la
greca e latina, Ibn-Nobàta si può dir felicissimo oratore. Còsi parrai
dalle sue khotbe^die ho percorso nel MS. della Biblioteca Parigina, An-
cien Fonds, 451. Si vegga la biografia d' Ibn-Nobàta in Ibn-Khallikan, ver-
sione inglese, di M. De Slane , tomo I, p. 396.
II. 33
[Secolo XI.| -— S14 —
Dsehebi anzi lo autepone al Cicerone degli Arabi,
e come raro esempio aggìugue eh' ei solea porgere
dal pulpito un sermoae novello ogni venerdì.* Ma
gli squarci dei versi d' Ibn-Mekki san troppo di
predica; ritraggono della natura umana i soli viziì,
consigliano la solitudine e T egoismo, né escon di
vena poetica;' olKl'io <)ubito eh' ei n'abbia avuta
d^ oratore.
Air agrume ascetico d' Ibn-Mekki va contrap-
posta la spensieratezza cavalleresca del segretaria
Hàscem , che argomentiamo al paro dai versi : i quali
due tipi si alternano con poco divario nei poeti arabi
di Sicilia. Abu-1-Kàsim-Hascem-ibn-Iùnis, al dir
d'Ibn-Kattà\ fu lodatissimo scrittore di epistole, motti
arguti, racconti e mekàme:^ quella maniera di com-
ponimento afcademico che ha dato rinomanza ad
Hartri. Perdute le prose d' Hascem e la più parte
delle poesie , ci rimangono varii tagli di due e tré
versi, e bastano pure a mostrarlo seguace della scuola
classica degli Arabi. Yi cogliamo anco una bravura,
credo io, di guerra civile: ilpoeta vedendo i suoi
sgomentati senza consiglio, & testa egli solo ad un
fier nemico Abu-Nasr, e il riiifaccia agli ingrati con-
cittadini, Altrove accenna ad avventure d'amore, mil-
' Dsebebi, Anbà^n-Nokà, nella Biblioteca ÀraboSicuìa^ testo,
p. 646, 647, Accenni biografici di Dsebebi e della Kkarida, si aggianga
quello di Soiati , Biblioteca Arabo^Sicula , p. 677.
s Nella Kharida, MS. dì; Parigi, Ancien Fonds, i375, feg. 45 recto
>e seg.» v'banno dodici epigrammi d' Ibn-fifeiLki; su ì quali è fondato il
mio giudizio. '
' Khartda^ nella Biblioteca Àrabo^Sieula , testo, p. 595. Ho tradotto
" racconti " la voce nwàidt. Credo che già nell* XI secolo prevalesse appo
gli Arabi V uso dei finti iKcconti in prosa, cbiamati riwdidt al par dei rac*
conti di fatti veri.
-^ 516 — (Secolo XI.J
lantandosi che una notte negra come vaga chioma,
viaggiò tutto solo al ritrovo, toltosi per ciambellano
il brando tagliente , e per segretario la lancia rodei-
nita; e somiglianti freddure. ^ Citammo già il nome
d'Ibn-Tazi, lodato scrittore d'epistole.' Porremo in
é
lista coi prosatori i Kàtib , o vegliando dir Segretarii in
oficio pubblico , richiedendosi a questo appo gli Arabi
non comune erudizione letteraria, per compilare quei
rescritti tramezzati di prosa rimata, sì peregrini, si
lambiccati di lingua e stile, da parer d' altro popolo o
d- altra età che gli scritti di storia o scienze. Leva-
ron grido, com'ei sembra, il segretario Abu-Sewàb
da Castrogiovanni , ricordato da lakùt nella notizia
geografica di quella città ; ' Abu-Hasan-AIi-ibn-abi-
Isàk-lbrahim*ibn-Waddàni preposto ad un oflEicio
pubblico in Sicilia. * E dei poeti d' Ibn-Kfttà' son detti
Segretarii Abu- Ali - Ahmed- ibn - Moham med- ibn -
Kàf; " Abu-Ali-ibn-Hosein-ibn-Kalid, '^ Abu-Bekr-
Mohammed-ibn-Sahl detto Rozaik ; ' Abu-Abd-AIlah-
Mohammed - ibn- Ali - ibn - Sebbàgh amico d' Ibn -
Rescfk; • Abu-Feth-Mohammed-ibn-Hosein-ibn-Ker-
« Kharida, MS. citato» fog. 40 verso, seg. Sono nove d' una Kassida;
undici d* un' altra , spezzati a due o tre versi , una stanza di sette versi
brevi, e l' epigramma che fé incidere in un pugnate.
s Si vegga sopra, p. 471 e 494.
' Mo*gem^~Bolddn, nella Biblioleca Àrabo^Sicnkif Correzioni ed ag-
giunte che fan seguito alla Prefazione , p. 43.
4 lakut^Moscterik, edizione del Wùstenfeld air articolo Waddàn;
Kharida nella Biblioteca Arabo-Sicula , p. 591 .
' Kharida. estratti dalla Dorrà d' Ibn-Katlà', nella Biblioteca Araho-
Sieula, p, S92.
• Ibid.
' Ibid.
8 Op. dt. , p.;59l .
(Secolo Xi.] — 516 —
kùdl, copioso scrittore in rima e in prosa;* IbD-Kereni
Tastrononio e computista;' Abd-el-Gebbar-ibn-Abd—
er-Rahman-ibn-SirÌQ ; ' Ibn-Kùni filologo, astri>iiomo
e geometra ; * Abu-Hafs-Omar-ibn-Abd-Allah ; * il
cadi Abu-Abd-Allah - Mohammed-ibn - Eàsim - ibu-
Zeid della tribù di Lakhm;* Abu-AÌKl-Ailah-Moham-
med-ibn- At^tàr;' ed Abu-Hasan-Ali-ibn-Hasan-ibn-
Tùbi , elegantissimo prosatore e poeta/
Tra tanti ingegni che onorarono la Sicilia musai-
mana, pochi si volsero alla Storia. La cronica^ sola che
ci rimanga è scritta in arabico sì, ma pensata in altra
lingua da un cristiano o figliuol di cristiano di Paler-
mo, che visse alla metà del decimo secolo, famigliare
forse dei principi kelbiti ; che le date costantinopoli-
tane, lo stile timido, la lingua scarsa, la grammatica
volgare, Ta r#icenza dei sentimenti religiosi, la pru-
denza cortigiana, la brevità in principio (827) e la
diligenza in sul fine (96i), ci svelano tutte le con-
dizioni deir autore, fuorché il nome/ La storia di
Sicilia d' Ibn-Kattà' è perduta. *° Corse per le mani di
pochi eruditi fino al decimot^rzo secolo quella del
giurista Abu-Ali-Hasan-ibn-Iehia, della quale ab-
biamo frammenti che illustrano la geografia,*^ e sem-
' Karìda, ecc. nella Biblioteca ArahoSicula ^ p. 595.
> Ibid. Si vegga H presente capitolo, p. 464.
' Op. cU.,p.59S.
* Op. cit. , p. 596. Si vegga il presente capitolo» I. e.
« Op. clt.,p. 598.
•ib|d.
' Ibld.
« Op. cit. , p. 590.
9 Cronica di Cambridge, Sì vegga l' Introduzione mia nel primo vo-
larne » p. XL , no Vii; e il cap. X dei Lib. lil , p. 210 dei presente volume.
« Pag. 507.
** Si veggano i particolari nel Capitolo Xlil di questo libro, p. 439» seg.
— Sn — |S6coIoXI.l
bra tolto anco da quella il caso di Malta nella gnerra di
Maniaco; onde T autore tornerebbe alla metà del-
rundecimo secolo: ^ siciliano è da dirsi, per nascita
o soggiorno , all' argomento eh' elesse ed alla preci-
sione delle notizie locali. L*età né la patria non si
scorge d'Abu-Zeid-Gomari, d'origine berbera, autore
d'Un' altra storia di Sicilia.* Ali-ibn-Tàher, mentovato
di sopra, si versò nelF antica storia degli Arabi, senza
la quale mal si poteanp comprendere lor poeti clas-
sici. ' Scrìsse la Stòria d' Àlgeziras Ibn-Hamdis da
Siracusa.*
Ma venendo ai poeti, il numero e la monoto-
nia ci distoglie dal trattar di ciascuno partitamente;
se non che i maggiori nell' arte o che ^velino le
condizioni e costumi del paese. E pria diremo di cui
sì esercitò nel componimento eroico degli Arabi, la
Kastda, che suona " Trovata : '• adoperata con altro
nome negli epicedii ed elegie d' amore; poemetto
i Capilolo XII di questo Libro , p. 422. Eazwini , che dà questo fatto
senza citazione , allega In altro luogo (Agidib^l-MekMùhàt , edizione del
Wiìstenfetd, testo', p. 166) la Storia di Sicilia di Abu-Ali-Hasan-'ibn-
lebia; né par n'abbia conosciuta alcun' altra. Si potrebbero anzi supporre
entrambi que' passi tolti di peso da lakùt , il quale allega sovente quella
Istoria nel Mo'getn-^l^BùldàntBiblMeca Arabo-Sieula , p. 109, 111 i 115»
118. Nelle tre copie a me note del Mo'gem, manca in vero l'articolo di
Malta; ma si dee supporre che Kazwini l'abbia avuto sotto gli occhi in
esemplari migliori.
A prima vista parrebbe che Abu-Ali-Hasàn potesse identificarsi
con 1bn-Resclk,.il quale portò quei due primi nomi. Ma distruggono tal
supposto il nome patr^onomico Ibn-Iehia, la qualità di giureconsulto e la ce-
lebrità stessa d'Ibn-Resctls , poiché tra le sue opere notissime ninno anno-
vera la storia di Sicilia. Abu-Ali-Hasan-ibn-Iéhia, s'egli è, come sembra,
il narratore del caso di Malta , scrisse ti» il 1049 e il 1091 , come notai a
suo lUOgOi
s Hagi-Khalfii, ediz. di Fluegel, tomo II, p. 155, no 2245.
> Si vegga qui innanzi a p. 511, 512.
« Hagi-Khalfa, ediz. di Fluggel, tomo II, p. 124,- n« 2196.
|s«coio;xn — 518 —
sopra una sola rima , ove il poeta intesse le lodi
proprie, ó di sua gente o del mecenate, con digres-
sioni erotiche, descrizioni, apostrofe e macchina
ritraente la vita dell' avventuroso cavaliere nomade,
sì come la macchina di nostra epopea s'adatta alle
jprìme imprese nazionali. Né F effimero accentra-
mento del califato generò appo di loro T epopea,
quando popol arabico propriamente non v'era;. La
JEasida antislamitica pervenne tal quale a quel bruli-
chio di stati musulmani del decimo e undecime
secolo; e la si udì in Palermo a corte di lùsuf (9^90-8)
in bocca di poeti africani/
La generazione seguente s^ illustrò in Sicilia per
parecchi autori di Eastde , tra i quali va innanzi per
età e virtii poetica Abu-Hasan-Ali-ibn-Hasan-ibn-
Tùbi,' lodilo altresì per eloquenti scritti in prosa,
come notammo,' Viaggiò in Oriente nei principii
dell' undecime secolo, si versò in accende politiche,*
e fors'anco di amministrazione, e fu chiaro a corte
di Moezz-ibn-Badts,* le cui lodisi lèggono in una sua
Kaslda. Altre, e soprattutto i versi d' amore, danno
una fragranza direi quasi della poesia di Grecia e
d'Italia; v'ha un piglio di passione, unar naturalezza
d' immagini che non sembrano tolti in prestito dalle
* Gap. VU di questo Libro 9 p* 333 e seg, del volume.
' Nome derìTato dal castello Tùb nelt' Africa propria , del quale fosse
stato oriundo il padre, 0 alcuno degli avi. Questo nome di luogo si trova
nel Riddh-'en-Nofùi, p. 191 della Biblioteca Àrùò<h-Sicula,' ed andie nel
Lobb^hLobdb di Soluti, edizione di Lejde*
' Pag. 516.
* Nel cenno d*Imad-ed-did, tolto probabilmente da lbn-Kattà',è detto*
tra le altre lodi , "Sostegno di sultani, "
* Luogo citato.
« Kkarìda, MS. di Parigi , Ancien Fonds , *373, fog. Zù recto.
— S19 — (Secolo XI. I
muse arabiche.* Suol cantare la gioventù, le donne,
il vino, le stelle, i fiori; piange i diletti perduti nel-
r età matura , senza mai trascorrere alla schifo licenza
di tanti altri poeti arabi; poiché un suo epigramma,
gì fino da parer tle' teinpi d' Orazio o di Giovenale ,
è satira al certo , non confessione di vizio. * Gli
argomenti, lo stile, fin qualche concetto e qual-
che parola d'Ibn-Tùbi, si ravvisano nelle rime
d' Ibn-Hamdts , che di' certo il prese a modello e
r avanzò.
Fioriva in quel torno o qualche dieci anni ap-
presso, Ibn-Sebbàgh il segretario, amico d'Ibn-
Rescik, forse palermitano, ed intinto nelle pratiche
con Moezz-ibn-Badfs , al certo seguace di parte
siciliana nella rivoluzione d' Akhal , poiché con
robusti versi, e talvolta gonfii, loda il valor di
sua gente contro i Bizantini e i Kelbitì. * Armoniose
« Khartda, MS. citato » fog. 30 versò.
* LMneantesimo non sforza altrimenti che le grasde di costei; Tambra
grigia non (ole%%a) altrimenti Ncbe l'alito suo.
'Ignoravamo il suo soggiorno, quando ne venne fuori una fragranza
che ci fé dire: ella è qui ce. "
*La morte, oh bramo la morte, s'io non debba mai stringerla al
seno : òhe la virtù, onde ho vita., è il suo Sembiante.
"Se mai sitibondo bevesti dell* acqua a lunghi sorsi, (Mppl) che ciò
è nulla al {paragone dei) mio {corUento o) baciarla in bocca. "
* Non potendo lasciare addietro le accuse contro la società di cui
ricerchiamo la storia, ho pubblicato nella Biblioteca Arabo^SicUla , p. 590,
quest' epigramma ; e qui , a malgrado mio , lo traduco. Ma non si può af-
fermare che Ibn-Tùbi lo avesse scritto piuttosto iu Sicilia, die in Oriente
o in Affrica.
*Con questi versi descrisse un r. eccellente in suo mestiere:
" Quel dai gr|ndi occhi negri che torcea lo sguardo da me > mandaigli a*
dire r intento mio per un mezzano;
'Ed ecco che questi il mena seco sotto mano, cheto cheto, come
flamma (di lampada) si tira l' olio. * "
s Si vegga qui«opira a p. 515. Ecco i versi che troviamo nella Kha-
[Secolo XI.] — 520 —
e gentili le rime d' amore d' un Abu-Fadhl-Mosceref-
ibn-Ràscid, autore di tre o quattro Kastde e altri
componimenti; e pur non gli manca vigor di: parola
né altezza di pensieri quand' ei tocca la guerra civile,
forse i principii della normanna, e sospira la unione
della Sicilia sotto un sol capo. *
Non guari dopo , il grammatico siciliano Àbu-
Hasan-Ali-ibn-Àbd-er-Rahman-ibn-Biscir , dettava
rida, tolti probabilmente da ana Kaslda,- dei qualiJio dato il testo nella
BibUoleca Arabo-Sicula, p. SOI.
- " I miei 80Q taV gente, che , quando V unghia di destrieri leva sotto
le nubi {del eielo) nubi di polvere ,
"I i)randi loro lampeggiano « mandano sangue dal taglio, come scro-
scio di pioggia.
" Terribili altrui , difficili a maneggiare, or s' avventano ad Himiar ed
oV a Cesare:
"Difendono lor terra*, cb' altri non entri a pascervi; troncano ogni
mal die sopravvenga. * r '
Himiar, come ognun sa, è il supposto progenitore della schiatta del
lemen, alla quale appartengono i Eelbiti. La gente del poeta sono i suoi
partigiani o i concittadini. Lo credo palermitano, -perchè è chiamato
Sikilli senz'altro e perchè Ibn-Resctk, sbarcando a Mazara, gli scrisse
una breve epistola in versi che abbiamo nella £Aari(fa, MS. di Parigi, An-
cien Foods, 1375, fog. 34 verso, .
' Kharida nella Biblioteca Àrabo-Siculaf p. S83, 894. Lasciando il
principio di una Kasìda data da Imftd-ed-dln , cb'è pur bello, tradorrò i
soli versi che alludono ad avvenimenti politici, il poèta, dòpo la finzione
obbligata del viaggio d' una bella (se fosse Meimuna?) e dell* arrivo di lei
alla collina, ov* era forte proteggitore un bel cavaliero, continua còsi:
"Un da' grandi occhi negri ^ tinto le palpebre d| kohl: il quale mi
strappa dalla paziente {rassegnoAione] poich' è caduto in dure strette:
" Che Dio guardi le piagge dell* isola , se il principe d' un alto monte
avrà in guardia gli arpoenti scabbiosi che pascono in quella !
' (Principe} ì cui nemici edificano castella inaccesse. Ma forse i baluardi
di Babek respinsero Ifscln ?
*Io reco la verità. in mie parole, né oso penetrare i segreti di Dio;
"lo il vidi che già s' era recata in mano la somma 4el|e cose, il vidi
un dì bersaglio a una furia di sassi , ed ei sorrideva.
"Lioni in una guerra che faceva ardere nel lóro costato una fiamma
accesa già dagli {antichi) odii. "
Qui finisce inopportunamente lo squarcio delia Kastda, della quale ci
— 521 ■— [Secolo XI 1
una Kasida ad onore di Nàsir-^d-dawIa-Ibn-Hama-
dàn, capitanò anzi padrone del calìfo d'Egitto/ e
un'altra a lode del \izir Ibn-Modebbir, * la prima
delle qnali sembrò un capo lavoro a Malek-^Mansùr,
' principe erudito del secolo seguente.' Un altro Abu-
Ha«an^Ali-ibn-Abd-er-Rahman, segretario e gram-
matico, chiamato Bellanobi dalla patria, Ansàri dal
lignaggio, ^ uscito di Sicilia nella seconda metà del-
r undecime secolo, rifuggissi al Cairo; ove perduta
la madre, piànsela con una elegia piena d' affetto e
d' immagini poetiche. V hanno inoltre componimenti,
brevi e cinque Kastde , due delle quali a lode d' una
casa di Beni-]\(awkifi) non sappiamo se di Sicilia o
si dà, in grazia delle antìtesi, quest' altro 4rerso che descme» dice Imàd-
cd-dìn , i moni in battaglia.
"Redbwftn li arospingea lungi dal dolòe soffio del Paradiso, e Malek
li avvicinava al fiato del fuoco (tnfemaZe). *
Non ho bisogno di avvertire che questi uUimi sono dei ministri deK
r eterna giustizia, a credere dei Musulmani. 11 Babek nominato nel primo
squarcio è il ribelle comunista iil quale accennai nel Lib. HI, cap. V«
p. i 13 di questo volume ; e Ifsdn , il capitano turco che il vinse. La lezione
* un atto mente* è la sola che in! par si possa sostituire ad una voi» del
testo che non dà significato [fi'MioUca Àraba-Sicula, testo, p. 593, nota 8),
e si adatterebbe al signore di Castrogiovanni. infine i guerrieri caduti nelle
mani di Redhwàn e Malek, dovrebbero èssere i Cristiani.
* Àkhbàr^el^Molttkfdì Malek-Mansùr principe di Hama, nella Biblior
teca Arabo^Stcula^ p.612, 613. Il nome compiuto di questo poeta si ha da
Nowairi. Il Nàsir-ed-dawla , citato qui è il secondo della casa di flamadftn»
che portò quel titolo; il quale, costretto a fare il capitano di ventura In
Egitto, rinnovò al Cairo gli esempli degli emir el-Ororà di Bagdad, e d'Ai*
mansor a. Cordova , e in fine fu ucciso il 465 (1073).
* Nowairi , 5/oria d'Egitto, nella Biblioteca ÀraborSicula ^ ì. e.» in
nota. Ibn^Modebbir entrò in officio il 453 (1061). Il riscontro del nome e
del tempo mi fan supporre che il poeta sia il grammatico 4el quale parla
Sointi , e il dice maestro dello viziano Omar-Ihn-le'isc, il quale alla sua
volta die lezioni in Alessandria il 488 (1104). Biblioteca Àrabo-iSicuìa ,
p. 678.
> Àkhbàr'elrMolùkf le.
* Cioè degli Arabi di Medina.
d'Egitta,* onde naseeva an mecenate del Bellanobi :
versi studiati, puliti e mediocri. ' Né passò questo
seguo in poesia il filologo Ibn-Kattà\ del quale
abbiamo detto. 'Par fosse uscito di Sicilia neir ado-
lescenza Megber-iba-Mohammed-ibn-Megber che
* Mawkifi, vnol idUre oHoDdo di Mawkif borg&U di Bassohi. Delle daé
Kast^jle» ove si ricorda questa famiglia, la prima fa le lodi d* un Moliammed,
(fog. 2 redo), e la seconda d' un Ai)u-1-Fereg (fog. 10 recto), cbe ben
|)Olrebbe essere la stessa persona. Cito la copia del MS. dell' Escuriale che
mi fu donata dal conte di Siracusa.
' Degli eruditi Arabi, i soli che faccian ^rola di Bellanobi, sono lakùt,
Mù'gem neXÌA Biblioteca Àrabo-Siculat testo, p. 106, all' articolo BiUanùba,
e r editore dei dugentotrentasei versi di questo poeta che si trovano nel
codice deir Escuriale, CCCCLV del catalogo di Casiri. Questi lesse il nome
etnico Albalbani , e sq))pose sqrUti i versi a lode di prtndpi siciliani e in
particolare dMbn-HamÙd. Si vegga il Di Gregorio, Rerum Arabiearum,
p. 237, e la nota scritta a capo del codice deir Escuriale, cb' io ho pub-
blicato nella Biblioteca Àrabo^iùula, p. 680, dove il detto nome è. dato
eon tutu i segni ortograflci, Bellanobi. Quivi anche si legge che H giurista
Abu-<-Mobammed*-Abd-AIIah-ibn-Iehia-ibn-Hamùd, Hazimi, avea recitato
in. Alessandria all'editore» Tanno 51S (1119), que' versi di Bellanobi
sentiti dì sua propria bocca, e vari! squarci d'Ibn-Résclk e d'altri poeti
non siciliani. Questo Ibn-Hamùd non era della famiglia Alida di tal
nome che regnò in Spagna e ne venne un ramo in Sicilia , nia della tribù
dUazlma eh' apparteneva a quella di Nabd , e però alla schiatta di Kahtàn.
Ecco alcuni versi della citata elegia:
" Ottima e santissima delle madri, m' hai gittato in seno un' arsura,
che il fuoco non V agguaglia.
"Tra noi si frappone la distanza dell'Oriente all'Occidente; e pure
giaci qui accanto , la casa non è lungi da te !
* Oh che s' Irrighi la tua zolla , ad irrigarla scendanvi perennemente
nnbi gravide di piog^a ,
*fi mentr^esse spargeranvi stille di pfanU), sorridan lì 1 più vaghi
fióri. ,
"Dite all'Austro: Costei mori musuhnana; accompagnarohla le preci
della sera e delja mattina ;
"Sosta tu dunque su la moschea Akdftm, é tira su a settentrione
Msenza torcere a manca ec. *
La moschea Akdàm a Rarftfa presso il Cairo, è ricordata da Makrizì
nella Descritiene de^l' j^l/o / testo arabico , stampato di recente a Billàìc ,
tomo li, p. 443, dove si fa parola del cimitero di Karàfa, della incerta
etimologia di quella denominazione d' Akdàm, ec;
» Pag. 510.
.^523 -- iS6ooioXi.|
studiò in Egitto e vi fece soggiorBo, tenuto in^rao
pregio dai critici arabi, autore di varie Kaside, una
delle quali al Kàid-Àbu-Abd- Allah , soprannominato
Mamùn , ma noi credo dei regoli siciliani. Con altri
versi, mordendo un poeta bisognoso o avaro, ci rag-
guaglia del sussidio di cinque dinar al mese che por-
gea la corte fatemita agli uomini di lettere; Mori
costui pria della metà del duodecimo secolo: ' T ul-
timo forse dei Siciliani che dopo il conquisto s'erano
affidati alla carità fatemita.
Piti franca ospitalità loro offrivano in Spagna
da dodici dinastie gareggianti a bandir corte per
mostrar che da vero regnassero; la miglior parte gen-
tiluomini arabi, usi a far della poesia lusso ed a tener
unica virtii civile la liberalità. Sia la frequenza dei
commerci, sia il gusto delle lettere, si strinse con la
Sicilia più che ogni altro stato spagnuolo quel dei
Beni-Abbàd di Siviglia: e già al tempo di Mo'tadbed
(1041-1068) s' era rifuggito nell'isola un poeta Abu-
Hafs-Omar-ibn-Hasan , di nobil gente spagnuola,
.amico del principe, poscia temuto e perseguitato; il
quale tornato alfine in patria, Mo'tadbed lo fece as-
sassinare. ' Ma succeduto al cupo tiranno il figliuolo
« Marida f capitolo dei poeti e|[iiiani, ■eIlftPtUtore«i ÀràbtHSicula ,
p. 605e seg. Secondo Imad-ed-din, qitesto poeU^ morì avanti il 544
(1140-90); onde mal reggerebbe il supposto cbe il KAid^Mamùn fosse a1-
<;ono dei regoli di Sicilia» i qaali si intitolavano Kàid, come s* è dettò.
Che ebe ne fosse» io bo pubblicato nella ^td/iò/eca Arabo^Siùida finiio lo
squarcio di qnesta Kastda, serbatoci da Imàd-ed«dln. Similmente si leggono
nel luogo citato e nella prèfasione, p« 77, i versi contro il poeta Hoslim,
il quale, non contento dei cinque dinar, domandò un'ultra p^Mione in
merito delk poeua; -e gU.aecrebbero il susddio di mezzo dinar al mese.
Imad'^d-din dà quasi un cenUbaio di versi di Megber.
* Me8àlik^l^Ab9ar , nella BilioUett'^ttbO'Sieiiia , testo, p. 654, «t5.
(SéMio xi.) — 524 ~
Mo'tamid, che avea gran cuore in guerra e in casa,
ed altamente sentiva in poesia, la corte di Siviglia
fu asilo dei poeti Siciliani Abu-1-Arab e Ibn-^
Hamdts.
Abu-1-Arab-Mos'ab-ibn-iyfobammed-ibn -Ahi -
Foràt, coreiscita della schiatta di Zobeir, nato in Sicilia
il quattrocentoventitrè (1 033) avea nome già di gran
poeta, quando, occupata Palermo dai Normanni, impa-
zienza del giogo 0 stretta di povertà lo sospinsero ad
andar via, dicendo alla patria eh' essa Y atóandonava
non egli leu Mo'tamid gli avea profferte asilo a Siviglia ;
mentr' egli pur tentennava, sbigottito dai rischi del
viaggio, invecchiato a quaranV anni , aveagli mandato
per te spese cinquecento dtnac: e vedendolo giugnere
a corte dopo un anno o poco meno (465, 1072-73),
r accolse lietamente, gli fu poi sempre largo di danari
e d'affetto;' e quegli ne rendea merito coi versi;
% * Squarcio, di poema^ dato da Imad-ed-dla nella Kharfda , Biblioteca
Arabo-Sicula, testo , p. 609. 1 primi tre versi e il settimo , riferiti anco da
ligiaDi, si leggono nella BUtoria Abbadidarum del Dozy, tomo il, p. 146,
dei quali si può vedere la traduzione del dotto editore. Gli altri son del
tenore seguente :
"Su, alma, non tener dietro all' accidia, i.cni lacci allettano, ma
rè trista compagna.
'Eiu, p patria, poiché mi abbandoni, vo'fare soggiorno nei nidi
delle aquile gloriose.
** balla terra io nacqui 9 e tutto il mondo sarii mia patria, tutti gli
uotnlni miei congiunti.
" Non mi mancherà un cantuccio nello spano; se noi trovo qui, lo cerco
aii,rove.
*Hal tu ingegno? abbi anco cuore: che l'assente non conseguì mai
suo proposito appo colui che noi vede. "
' Ibn-Bassàm narra che un giorno sedendo Mot'amid a brigata , re*,
catogli Qu carico di monete di argento, ne donò .due borse ad Abu-l-*Arab;
il quale vedendo innanzi il principe tante figurine ^d' aml»^, e tra le altre
una chefingea un camelo ingemmata di pietre preziose, sciamò^: * A portar*
cotesto monete , che iddio ti conservi^ ci Vuol proprio un caùiela. * E fife-
— 525 — |SeooloXI.|
par anco abbia inilitato in alcuna impresa del mece-
nate/ Sopravvisse Abu-1-Arab alla ruina'di casa
Abbadida una ventina d'anni, sapendosi di lui fino al
cinquecento sette (111 3-1 4). Improvvisatore, poeta di
gran fama , più arabo (he niun altro Arabo nel pregio
della lingua, dice Ibn-Bassàm, scherzando sul sopran-
nome; e Scehàb-ed-din-Omari , preso d'un estro di
prosa rimata , lo esalta duce e maestro di tutti i
poeti del suo secolo e gente. ' In vero le Easide ed
altri componimenti d' Abu~l-Arab , dei quali non ci
mancano squarci, sembrano elegantissimi di lingua e
stile; arabici pur troppo in ragion poetica, ma vi si
frammette spesso la semplicità che dianzi lodammo
in Ibn-Tùbì.
Abd - el - Gebbàr - ibn-M ohammed - ibn -Hamdis
nacque in Siracusa (1056) di nobile famiglia della
tribù di Azd, che prendea nome da un Hamdis,, capo
biimiarìta ribellatosi (802) in Affrica contro Ibrahim-
t'amid, sorridendo, «li regalò la stataólta: onde il poeta lo ringraziaTa con
versi estemporanei. Dal Me$àlik^l^Àb$ar , nella BibUoteta ÀrahorSiòula ,
testo, p. 656, e da Tigìani, nella Hiitaria Abbadidarum^ del Doiy, L e
* Oltre i Tersi di risposta alP inulto di Mot'amid, che si trova nelle
biografie jl' Abu-1-Arab, la Kkarida, MS. di Parigi, Ancien Fonda , i376,
fog. 35 recto, e Sappi. Arabe 141 1 , fóg. 8 recto e verso, dà sqoarci di altri
dae poemi, dei quali il primo sembra, e ii secondo è di certo, indiriicsàto a
Mo'tamid. Quivi si accenna ad una impresa in terra nemica, alla quale si
trovava il poeta, poidi' ei dice: "Notti (gloriole) che tutte le notti tornas-
sero a noi con le medesime speranze ec. "
* La biografia di Abu-'l-Arab si ricava da : Imad-ed-dtn, Kharida
nella Biblioteca Arabo^Sieula, testo, p. 606; Ibn-Khallikàn , IH%Umario
BiogralieOi versione inglese di H. De Slane, tomo li , p; S77 nella viu di
Ali-ibn-Abd-el-Ghani-el-Husri ; Scehàb-ed-dln-Omari, Metàlik^l-Abtàr,
nella Biblioteca Arabo^Siculai testo, 685 e seg. Fa cenno di lui MeHk-
Mansur, op. dt., p; 6IS. Hagl-^Kfaalfo, edizione di Fhiégel, tomo IH,
p. 3U, no 5678, nota il diwano delie sue poesie. Non trovo in alcun an*
toro il titolo dell' opera di arte poetica alla qoaile par che voglia allndere
Sceliàb-ed-dln-Oroarl.
(Secolo XI. I — 526 —
ibn-Àghlab/ Crosciato al romor delle armi normanne
che già infestavano il Val di Noto, Ibn~Hamdts,
più che agli stadii si diede a combattimenti, amori,
festini, trincare; finché un saccesso sul quale ^i tocca
e passa, credo avventura amorosa in nobil casato,
sforzollo a fuggire * in Affrica il quattrocensettanta-
« Ibn-KbaldùD, Histoire de VAfrique ec., versione dì M. De Vergers»
p. 87 y 88, e citazione di Nowairi , ibid. , noia 96. AI dir di Nowafrì, questo
Hamdìs diaoendea delia tribù di Kinda, che sarebbe collaterale a quella
di Azd , entrambe del lemen , ossia del ceppo di Kabtàn. Soppoqgo Ibo-
Hamdls natoti 447 (1055-l$6), poiebè morendo il 527 (f 132-3) avea circa
ottant'anni, leggendosi nel ano diivAn, BiWoUea Arabo-Sieula , testo»
p* 575 , i versi seguenti , un pò* senili:
"Ecco un bastone ch'io non strascino né! sentiero della vergogna ;
mi r^gge ansi a scosurmene.
*0 vogliate dir che V ipopugno per conrer meglio all'ottantina, non
per battere {gli alberi e raccorre] foglie al mio gregge. [SI vegga il Co-
rano , Sura XX , verso 19. ] '
*lo sembro un arco, e il bastone la corda; l'arciere v'incocca ca-
nizie e caducità. "
> Le allusioni a questo fatto si raocapezsano da due Kastde , la prima
delle quali ho data nella Biblioteca Arabo-Sieula, p. 552 e seg. , e comìn*
eia così:
*Le sollecitudini della caniziefaanno scacciato l' allegrezza della gio-
ventù. Ah I la canizie quando comincia a splendere la t' abbuia !
* Per UD^ombra d' amore il destino mi spinse lungi; e l' ombra foggi
da me e sparve.
"Una brezza vespertisa mormora, rinfistesca, e sospinge soavwBenle
{la barca).
"Ella sciolse. Evviva 4 È la morte liGea piangere 11 cielo sugli evinti
che glaoeano in terra.
" Il mugghiti del tuono Incabava le nubi come il camdò che feeme
contro la compagna ribelle.
*D*ambo I lati di lei avvampano! baleni, col lampeggiare di spade
brandite. .
* Passai la notte nelle tenebre. 0 bianca fronte delt'aovon, arreouni
la tace!
* In quella {terra) è un' anima amante, che aDa mia ptfUta,
questo sangue che scorreml nelle vene ;
"Luoghi ai quali corrono fonivi I miei pensieri^ come i tapi si rinsel<
vano nella {natia) boscaglia.
— 527 — isccoioxi.l
DO (1 078-79). Ma sdegnando i costami delle tribù ara*
biche scatenate dall' Egitto su T Africa propria/ allet-
tato altresì dalla fama di Mo'tamid~ibn-Abbàd , andò
a corte di Siviglia, ove fa accolto con onore e libera-
lità.* In qael ritrovo dei primi poeti contemporanei
' » I
Quivi fui compagno dei iioni alla foresta; quivi in soo covile visitai
la gazzella.
*0 mitre! dietro da te è il mio giardino, del quale mi ascondi le
delizie non già le miserie!
"Lì vidi sorgere nna bella aurora, e lungi di quello mi coglie il
vespro.
*Àbi se non m' era data. la speme, quando il mare mi vietò di porvi
il piede ,
"Io montaya, in vece di barchetta, l'arcione, e correva in quelle^
piagge incontro al sagrifizio. '
Ho dovuto tradurre liberamente le strane metafore cbe ba il testo
neir ultimo verso. L* altra Kastda , è scritta in risposta ad un amico cbe
par abbia. profferte ad Ibn-Hamdis, dopo molti anni, di rappattumarlo con
possente famiglia perch* ei tornasse in Sicilia, ove i Musulmani, com* e'par-
mi, volean tentar qualche sollevazione. La difiScoltà di ridurre a lezione
plausibile alcuni versi di questo lungo componimento, mi distolse dal
pubblicarlo nella raccolta dei testi. Nondimeno vi si scorge manifesta la
cagione della fuga; e la fimìglia aekmca par si chiamasse dei Beni-^Has-
sftn. Il poeta, già maturo e collocato a corte di Mo*tamid , ricusa di tornar
di presente nella Sicilia soggiogata dai Normanni; ma perdona a tutti,
e finisce la Kastda sciamando l
*Lode ai viventi, lode a coloro le coi ossa giacciono nelle tombe,
lode sia a tutti!
"Lode, perchè non dura quivi il letargo; e grandi eventi ne riscote-
ranno anche me. "
* Si vegga la descrizione eh* ei fa di costoro e il paragone con gli
Arabi di Sicilia in una Kastda che comincia : " Pascon la bianca foglia il cui
frutto è sangue (lo stipendio dei meiwenarli ec.)" nella Bibìioteoa Àrabo-
Sicula ^ p. 561 e segg.
s IbiHKhallikàn. L' Autore MV Àkkbar^^Mùlùk intitola Ibn-Hamdls
dkur4^m*àratein (quel dal doppio officio) che solea dirsi a visir investito
di comando civile e militare: ma qui mi sembra allusione al genio poetico
e valor guerriero d' Ibn-Hamdis.
Tra i molti componimenti indirizzati a Mo'tamid ve n'ha uno, nel
qnale, ricordando la patria e i parenti» conchiude con effusione di gra-
titudine:
"Né tu mi chiudesti la via dell' andar appo loro; ma ponesti il dono
a vincolo che mi ritenesse ;
(Secolo XI. ^ — 528 —
d'Occidente rìfalse il genio d' Ibn-Hamdte; non si cor-
ruppe in corte ranimo franco, liberale, pien d'amore^
del padre, della Sicilia, degli amici, della gloria, delle
donne; d' ogni bellezza di natura e d' arte. Seguì il
principe nei campi com' uomo d^arme ch'egli era ed
anco ne facea tro{^a mostra nei versi. Alla batta-
glia di Talavera (1086) abbattuto dal cavallo nei
primi scontri che tornarono ad avvantaggio dei Cri-
stiani, si sviluppò gagliardamente, n usci con la co-
razza tutta affrappata dai fendenti, più che a sé
stesso pensando al figlio giovinetto che combat-
tea li presso con gran valore/ Ma quando gli Al-
moravidi tornarono in Spagna dà nemici; quando.
Mo'tamid fu spoglio del regno e d'ogni cosa, e
scannatigli due figliuoli sotto gli occhi, e con le figlie
mandato in catene ad Aghmat ("1091), Ibn-Hamdts
passava in Affrica, andava a visitarlo nella prigione:
dove fecero scambio di sante lagrime e versi medio-
cri. " Tornatosi il poeta siciliano a Mehdia,* saputa
"Ed una generosa amistà , la cui dolcezza spandendosi nel mio caore
lo rinfrescò, arso ch'esso era dal cordoglio."
DI questa Kastda ho dato uno squarcio nella Biblioteca ÀrahiHSicula,
testo i p. 5SS4> SI veggano le altre poesie indirizzate a Ho'tamid e^ al
. costui Ggliuolo Resctd , delle quali ho dato le rubriche nella stessa raccolta,
p. 567, 5860,570-
< Diwàn d' Ibn-Hamdls , neiròp. cit» p. 569. Il poeta tQrnando a Si-
viglia, fece iinesti versi al 6gliuolo che avea nome Abu-Hà9clm. Suppongo
si tratti di Talavera, poiché il testo dice, per antonomasia, " la battaglia. *
. *0h Abtt-Hftseim! le spade m'hanno sminuzzolato: ma , lode a Dìo»
non voltai fiiccia dal taglio loro.
*Ricordaimi, in mezzo a quelle, il tuo sembiante, mentre non mi
prometteano ripòso alle fresche ombre. *
> Questi versi riferiti da varii annalisti e biografl , si leggono presso
Dozy, ^i«/orta Abbadidarum, tomo f , p. 246, tomo Il,p, 44. Altri ve n* ha
nel Dlwan d' Ibn-Haradts, accennati nella Biblioteea Àrapo-Sicvla , p. 571.
B Novrairi , Siùriadi Beni-Abbàd, presso I)ozy, op. elt., Il, 138, e
Biblioteea Arabo^Sieuh, p. 459.
— 529 — [Secolo XI.]
non guari dopo la morte di Mò'taniid (1 095},'soggiornò
parecchi anni nelle due corti di casa ziri la, avendo
lasciato in lungo poema la descrizione d' un palagio
di Mansùr principe hammadita di Bugia, aspro nemico
degli Àlmoràvidi ; * due Kaside in vita* ed un'elegia in
morte di lehia-ibn-teraim (il 16) principe di Mehdia;'
e le Iodi di Ali-4bn-Iehia (1116-21) ed Hasan-ibn-
Ali (1 1 21-11 48) saliti successivamente a quel trono/
Scrisse la Storia di Algeziras. * Rifinito dall'età e
dair avversa fortuna ^ eh' ei s' assomigliava ad aquila
che più non voli e i figli le imbecchino il pasto , * per-
duto il luimè degli occhi, mori di ràmadhan cinque-
centovenzette (luglio 1 133) , chi dice a Majorca, chi
a Bugia, sepolto accanto al poeta spagnuolo Ibn-Lab-
bànà, col quale avea gareggiato nella grazia di
Moìamid a Siviglia e nel carcere.'
< Makkari , Ànalecte$ tur VMstoire e/e. d*Espagne , lesto arabico ,
toiAo I, p. 521 eseg., dà in tre squarci 48 versi di questa^ Kaslda. Man-
sùr-ibn-r^&sir- ibn-'Alennàs, regnò da! 1088 iA 1104, nello stato bam-
madita, .che già avanzava per territorio e forze il reame del ceppo drita
di Mebdìa. Si vegga Ibn-^Kbaldilkn , Histoìre des Serberei, versicene di-
M. De Siane, tomo II, p. 51 e sèg., dove si fo menzióne dei sontuosi pa-
lagi edificali a Biìgja da Mansùr e dal padre.
' Dìwdn (V Ibn-Hamdis. Le rubriche si leggono, op. cit, p. 573.
' Ibn-el-AlMr, anno 509; nella Biblioteca iira&o-Sietifo, testo, p. 280.
* Ve n* banno squarci nella Kharida , le cui rubriche si lèggono nella
BìJ^ioiìica Arabo-Sicula, lesto , p. 608.
^ Hagi-Kbalfa , edizione Flnègel, tomo II, p. 124, no 2196.
• Diwàn, oj>. cit., p. 572, 575. ibn-Hamdis diceva al raceoglitor del
diwan , aver letto nelle opere di Storia Maturale questa filial pretà delle
àquile, e che la non si notasse In alcim altro animale.
7 Le notizie d' Ibn-Hamdis, si ricavano da: Ibn-Khallikftn, Biogro'
pkieal Bhtionaryy versione di M. Uè Siane, tomo li , p. 160 seg.; Imad-
ed-dtn, Kharida neìh Biblioteca Arabo-Sieula , testo, p. 607 e seg.;
Malek-Mannu, Tabùkat-^l-Seio^ard , op. cii., p. 619. Scehab-ed-din-
Omari, IfeM^t/k-eMòsdr, op. cit.,p. 655 e seg.; e soprattutto daglj avver-
timenti premessi a varie poesie, nel Ditvàhàì lbn-Han[ulls$ dal raccogli-
tore anonimo , il quale lo conobbe di persona e conversò con lui, come si
II. 34
|6«celaXLl — 530 —
Ingegno felicissimo nel coglier e ritrarre le sen-
sazioni, nel colorirne le dipinture che veggiamo
sparse a larga mano in duemila e cinquecento versi:
dipinture d'obietti materiali, avvenimenti, passioni,
costumi. Delle quali lascerem da canto ciò che non
si riferisca alla Sicilia: le gesto di Mo'tamid, i suoi
palagi ed orti o del principe di Bugia, gli episodii
accademici di Siviglia, la morte d'una moglie, il nau-
fragio d'altra sua donna nel viaggio di Spagna ed
Affrica, le cacce affricane, le descrizioni d'animali e
frutta e fiori,' gli specchi di pece,' le lampadi a spi-
rito di vino , ' il piglio feroce dfei masnadieri d' oltre.
Nilo, cui poneva a riscontro gli Arabi inciviliti di
Sicilia. Quei compagni di sangue chiarissima come
lo splendor delle stelle,* coi quali in gioventù solca
rime da ana glosa, op. cit,, p. 573. Gli esinUi cominciano dalia p. 547.
11 Diwén por non contiene tulle le poesie ; mancandoTi la Eastda pel palagio
di Mansùr, dianzi cilata, e altre di cui si leggono squarci nella Kharìda,
in Ibn-el-Aibìr, Nowairi ec.
* La giraffa 9 il cavallo, lo scorpione, le melarance, gli anemoni, i
doppier di cera ec. Parie di coleste descrizioni , mancanti nel Diwàn d' Ibo-
Hamdis, son date da Nowairi in un volume della Enciclopedia, MS. di
Leyde, no 273, e ne occorrono sovente in va^ie raccolte enciclopediche, per
esempio il Giémi'^t-Fonùn, di Ahmed Harràni, autor dei Xlll secolo,
MS. di Parigi, Ancien Fonds, 367 , fog. 18 verso e 39 recto.
' * Come se scaldi specchio di pece , (vedi) il roìsso del fuoco oamminar
su quella negrezza. " Da Scebàb-ed-dln-Omari nel Mèsalik^el-Aòsdr , vo*
lame XVII, MS. di Parigi , Ancien Fonds, 1372, fog. 76 versò.
' La Kasida dedicata a lehlMbn-Temim, principe di Mehdia, comin-
cia con questo verso :
*È fiamma questa che squarciale tenebre della notte, o la lampade
il col fàoco («i alimenfa con) l' acqua dell' uva?
"Ovvero sposa che comparisca alta sol seggio ee." JHwdn, nella
Biblioteca Araho-Sieulaip.òlt.
« Nella parafrasi di queste ed altri squarci d'Ibn-Hamdts non ag-
giugnerò nulla del mio. Tradurrò fedelmente, ma scorcerò, e trasporrò,
studiandomi a rendere il «aiKio male cbe io possa II colonie dell'ori-
ginale;
— 831 — |$60f»ioXi.|
(Cercare all'odorato il miglior muschio» dei vigneti si-
mcusati. Entrano di notte iii un romitaggio; chiuse
le porte, gittan su le bilancette un dìrhem d' argen-
to, e la Teccfaia suora lor ne rende una co[^ piena
diiiquid'<:»*o; potne menan via le sposine: quattro
anfore* vergini, impeciate e sepolte da lunghi anni;
elette da Un tal che d'ogni succo d'uva ti sa dir
patria, età e cantiba. Ma gli svelti e jraghi giovani
traggono a sala illuminata da gialli doppieri messi
in file come colonne che sostenessero eccelsa vòlta
di tenebre ; dove il signor della festa bandisce esilio
e morte alla tristezza: e già le suonatrici, cominciando
a toccar le corde, destan gioia negli animi ^, quella si
stringe al -petto il liuto, questa dà baci al flauto: una
ballerina gitta il pie a cadenza dello scatto delle dita ;
gentil coppiera va in giro, mescendo rubini e perle,
avara sì delle perle che rado allarga le strfnghe dal
collo della gazzella. * Oh dolci ricordi della Sicilia ,
campo di mie passioni .giovanili, albergo ch'era di
vivaci ingegni, paradiso dal quale fui scacciato! e
come riterreimi dal piangerlo ? Quivi risi a vent'anni
spensierato; ahi che a sessanta mi rammarico di
quelle colpe; ma non le biasmar fu, accigliato cen-
sore, poiché le cancellava il perdono di DioI *
* Questo vocabolo farì)e8co si usa tuttatia io Sicilia; e chi sa se
venne dagli Arabi? Forse nacquero da quella espressione figurata I nomi
di moscato e moscaténo.
^ Dindn, plurale di denn, orcio lungo che finisce aguzso.
' Cioè rotte di pelle di gazzella che serviva a portar V ac^ua.
* Diwdn, nella Biblioteca Arùbo^Sicula , testo, p. 548 e seg. Questa
Kasida comincia coi versi : •
"L'anima sfogò tutte voglie -4n gioventù, e la canieie le ha recato
suoi ammonimenti.
|S«e«lo XI.J — 532 —
figliaoli delle Marche slam noi, cantò altrove
Ibn^Hamdis; a noi spunta il sorriso c|uando la guerra
aggix)Ua le ciglia; divezziamo i bamboli, in mezzo al-
Tarmi, col latte di generose giumente: rassegnaci; e
quanti siamo, tanti campioni c(Hìterai che ciascun
vale una schiera. Indietreggia nostr oste per rinno-
vare r assalto; ritraendosi, sparge la morte: no, che
tutte le stelle non sono cadute, e pur v' ha una speme
in questa guerra , e siam noi. I condottieri ci mostrano
il di della battaglia , un drappo da ricamare con gruppi
d'avvoltoi; che i prodi ad ogni carica di lor nobili
'Awagi,* spargon sul terreno larga pastura agli uccelli
voraci. Ecco una colomba messaggiera di strage, volar
secura tra i lampi. Sì; percotemmo i nemici della Fede
entro lor focolari: piombò un flagello su le costiere dei
Rum; navi piene di lioni solcarono il mare, armate la
poppa d'archi e dardi, lancianti nafta che galleggia
e brucia còme la pece della gehenna ov' àrdono i
dannati; cittadelle che. vengono a combattere le città
dei Barbari, a sforzarie e saccheggiarle. E «he valser
quei vestiti di maglie di ferro luccicanti , e usi a dar
dentro xjuando pur si ritraggono i prodi? Non piegam-
mo noi al duro scontro; ingozzata la coloquinta, gn-
stammo alfine il dolce favo , e li rimandammo con le
armadure squarciate e addentellate da questo sottil filo
de' nostri brandi. Perchè r acciaro nelle nostre mani
" La fortuna non la i^antò come virgulto in buon terreno» né poi ne
raccolse i frutti ,
"No; fili sorteggiato alle passioni che mi divisero in pezzi tra loro:
* Logorai le armi in guerra ; fornii molti trascorsi alla pace ec. "
' Razza di cavalli rinomata nelle antiche poesie degli Arabi. 81^ vegga
una nou di M. De Slane nel IpunuU Àsiatique, Serie ili, tomo V, (1S38),
p. 467,477.
— 533 — {s«coioxr|
ragtena,* e nelle altrui si fa mutolo. Ma dalla casa tni
guardauo furtivamente begli occhi travagliati dalla
vigilia e dal pianto, che il dolore dì e notte li avea
dipinti di kohl; * una manina incantatride muove le
dita a salutanni. Oh dilettoso giardino/ la cui sembianza
Tiene a visitar le pupille aggravate di sonno eie schiu-
de all' immagina tiva{ Io sospiro la mia terra; quella
nel cui seno si fan polvere le membra e le ossa de'
miei, che già se n'è ito il fior della prima gioventù,
alla quale toman sempre le mie parole.'
Sotto il bel cielo di Spagna, nelle regioni tempe-
rate deirAffrica settentrionale, il poèta siracusano non
obbliò mai quel paese ^ cui la colomba die in presto
sua cdlana, e il pavone suo splendido ammanto;*
dov^ i raggi del sole awivan le piante tf amorosa
virtù ch'empie l'aere di fragranza; ' dove respiri un
diletto che spegne le aspre cure, senti una gioia
che cancella ogni vestigio d'avversità."* Pur l'alto
sentimento che gli facea parer più belle le naturali
bellezze della Sicilia, lo ritenne dal tornar a vederla
serva; gli dettò versi di rampogna no, ma di com-
pianto e di verità, eh' è primo debito di cittadino alla
patria. Ripetendo ed esaltando in mille modi il valore
* IbD-HanuitSf adopera altrofve Ja atessa figara. Gli Arabi odierni
d*Affi4ca, come ognua sa, dicono del combattere che ** parli la pol-
vere."
* Antimonio o. altra polTcre negra oon cbe le donne d'Oriente (ed
oggi ancbe ve n' ha in Europa) tingono i lembi delle palpebre e le oc-
chiaie. ,
> Diwàn di IbD-Hamdts nella Bièlioteoa Aràbo^Steula, p. S65 e segg.
* MeiàHk'^l'AMr nella BibUoiem Arabo-Sieula, p. 151.
" Diwdn d'Ibn-Hamdis, op. dt., p. S55, dalla Kaslda cbe abbiam
testé elGato a p. ìB&, nota 2.
^ Stesso Diwàn ,' i^bUoieea Arabo^Sioula^ p. S6f .
[SeMlo Xl.j" — 534 —
delle persone/ ricordava sospirando , esser morta nel
paese la virtù della guerra.* E in età più matura
sclamava :
"^ Oh se la mia patria fosse libera , tutta Topera
mia, tatto me le darei con immutabile proponimento.
Ma la patria come poss' io riscattarla dalla schia-^
vi tu nelle rapaci mani dei Barbari?
{Lo potea forse, quando) il suo pq)Olo si straziava
a gara in guerra civile, e ciascun legnaiplo vi gittava
esca al foco?
{Quando) ì congiunti non sentivano carità di pa-
rentela; bagnavano le spade nel sangue dei con-
giunti, • , -
E {U popolo tutto insieme) avea lo stesso piglio
d'una destra le coi dita non giochino Tun a seconda
dell'altro?' '
A tanta altezza di poesia giunse Ibn-Hamdte!
C(m soave sentimento cantò d'amore; con leggiadria
ed arte e abbondanza d'estro sopra ogni argomento
ch'ei toccava. E se l'intemperanza orientale d' imma-
' Nella Kaslda, della qaale or or daròx^inqae versi nel testo, rìpU
glia dopQ il biasimo del popolo le lodi d0i guerrieri : " uomini che quando
li Tedi in furore, ameresti meglio il ratto dei lipni.... Galoppanti su snelli
Mfsieri, a' cui nitriti fanno eco in terra dt nemici le nenie delle pia-
gnone.... Li YOdi caricare or con la lancia or con la spada; ferir d'ambo
i lati non altrimenti che il re nel gkioco degli scacchi.... Muolon della
morte del valore in tneuo alia mischia , quando i vlgUaeehf spirano In
mezzo alle donne dal turgido petto. Imbottiscon della polvere de' campì
i cuscini che lor si pongono sotto gli. omeri nella aepoltiin.* Quest'ul-
timo era costume dei devoti guerrieri.
' Diwan, nella Biblioteca Àrab(h-Sieula , p. {$54.
' LHteralmente " le falangi, delle dita , ec" op. dt., p. 558. Questa
lunga Kaslda, scritta, com'è' pare, in Àffricai lagnandosi di qualche principe
ilrita, comincia, p. 554, col verso:
* Ho vestito la pazienza com' usbergo contro i colpLdella sof te^ O
tristo secolo , poiché non vuoi la pace , su combàttiamo. " .
— 835 — (Setolo II]
gini, le antitesi, i bisticci, i vizii radicali della lettera-
tura arabica tolgono a noi di collocarlo tra i sommi
poeti, i critici di sua nazione il tenner tale,' e in Oc-
cidente i suoi versi furono poco men citati che que'
d'imrolkais e di Motenebbi. II critico Abu-Salt-Ometa,
che r accusò di plagir, lo dicea ladro illustre, uso
ad abbellire le idee rubate. '
Dimorò in Affrica o Spagna il suo figliuolo Mobam-
med, più poeta del padre al dir d'Ibn-Bescirùn; ma
i brevi saggi che ne dà , fan giudicare altrimenti/
Soleiman^ibn-Mohammed da Trapani, oriundo diMeh-
dia 0 stanziatovi, esule dopo il quattrocento qua-
ranta (1048), erudito e scostumato, passò in Affrica,
indi in Spagna; ove s' acconciò nelle corti di principi
minori, e piacquero sue Kaside, e vi lasciò nome non
oscuro.* Pili elegante poeta Abu-Sa'ld-Othmàn-ibn-
'Atik, Siciliano, forse di Palermo come ogni altro di
obi non si noti particolarmente la città natia, andò a
dirittura in Spagna al conquisto normanno, a corte
del rivale di Mo'tamid in lettere e munificenza (1 054-
1091), il principe d'Almeria Mo^tasem, della illustre
stirpe dei Beni-Somàdih.' Vissero al par nella seconda
* Ìbn-Bass&m , Imàd-ed-dtn , Sceh&b-ed-din-Omari , Malek-Man-
sur ec, lì. ce.
> Nella Karida, Bibliòteea Àrabo-Sieula , p. 608.
' Khartda nella Biblioteca ArabcnSicula, p. 608. L'antore lo pone al
p^r clie il padre tra 1 poeti Spagnuoli ; Ibn-BescirOn, tra quei del Magh-
reb di mezzo, cbe risponde presso a poco all'Algeria.
* lakùt nel Mo*gem , Homaidi nella ^ 6?é(&wa , Ibn-EaUft' nella Bùrra^
Scebàb-ed-dln-Offlarf nel Mesdlik, estratti, nella Biblioteca Àrabo-Sicula ,
testo, p.'Ì22, 377, 594, 653. Ibn-BescIi:ow&l, Ms. della Società Asiatica
dlTàrigl, copia il cenno df Homaidi.
^^Kharìda, da Ibn-Katt&', neWsi Biblioteca Arabo-Sieula , p: 597.. Una
Kisida è indiiizzata a Motasim , sul quale si Tegga il Dozy, Rechetches sur
Vhistoire d'Espagne, tomo I, p. 116.
|SmoIoXI.| — 536 —
metà dello undecimo secolo poeti di Kastde, i segre-
tarìiHàscem-ibn-Iunis e Ibn^-Kùni e Omar-ìbn^Abd-
Allah, dei quali si è detto;* e un Ali-ibn-Abd-AUah-
ibn-Sciami.'
Ibn~Tazi, cultor di scienze e di lettere,* facile
ingegno ed umore bilioso, censo^ di vizii infangato
in brutto costume egli stesso, va lodato tra i primi
poeti' satirici degli Arabi per vivacità di concetti , stile
incisivo , e pur naturale , eleganza e grazia non infre-
quente/ Ci avanzan di lui, dopo che li vagliavano Ibn-
Kattà' elmàd-ed-dln,da ottanta epigrammi, tra descrit-
tivi ed erotici, se cosi possan chiamarsi, e satirici; ma
sol di questi diremo. Dei quali è grave e lepido molto
quel sopra i SufiU ; 'altri con Lindura riprendono vecchi
che tingeano i capelli,* fipicce irsute di barba/ e noio-
si cantori:' ed erano ridicolaggini del tempo. Su i vizii
eterni dell'umana natura lanciò arguti motti ad avari/
^ Si vegga sopra a p. 5U, ^16.
> Kharida, da Ibn-Kattà', nella Biblioteca Arabo^Sieida, p. 596.
s Si vegga a p. 5 li, in questo capitolo.
* Im&d-ed-dln, Kharida nella Biblioteca Araho^Sieula , p. S89, loda
i saoi versi come "di buon gìtto e intessati con gusto. * Si vegga anche
Osehebi, Anhà-^n-nolià, op. eit., p. 647. 1 versi sì trovano nella Kharida
e somman quasi a dugento.
' Si vegga la p. ÀQA, in questo capitolo.
^ Kharida, MS. di Parigi, Ancien Fonds, 1375, fog. 24 verso, 6 altrove.
^ Ibid. , e 25 verso. Di cotesti barbuti , l' uno chiamavasi Gia*far-ibn-
Hohammed , e V altro Hamdùn , nomi che non troviamo nelle memorie del
tempo. Del secondo ei diceva : " La barba d* Hamdùn , è .una casacca che
gli serve a ripararsi dal gran freddo. 0 piuttosto, quand'ei vi s' asconde in
mezzo, la ti pare un mantello da letto addosso a una scimmia."
^ Op. clt., fog. 24 recto, 26 recto ec. Ve n'ha non men die otto,
uh dei quali è di lode. A Tog. 26 verso, lode d' una ballerina.
^ Kharida, MS. di Parigi, Ancien Fonds, 1375, fog. 26 recto.
"Andai a fargli visita per novellare, che alla sua borsa io non pensava .
per ombra.
" Ma suppose che venissi a chieder danaro, e fu 11 11 per morir di
paura. "
— 537 — [SéMio Xf i
cbiacclìieroDi ,« pertnalosì ; ' né perdonò at difetti fisi^
ci : ' mise il dente ove potè a lacerare con raU>ia ,
ed arrivò a chiamare V umanità razza di vipere e
cani.* Ruzaik-ibn-Sahl, già nominato, toccò Far*
gemente con piìi misura o men poesia /nei soli versi
che ci rimangon di lui. V
Meritano i Kelbiti particolar menzione pria di
conl»nuarB Ijsi lista dei poeti minori, perchè s'è' non
arricchirono gran fatto il Parnaso siciliano, incorag^
giarono e favorirono cui v aspirasse. Dell' emiro Àhmed
(953-969) si ricordano due mediocri versi con che
si lagnava che in età avanzata noi curasser le donne:
strana querela in bócca a principe musulmano.* Cantò
più lietamente d' amore Abd^r-Rahman-Jbn-Hasan,
< Khatida , nella Éiblioteca Àrabo-Sicula , testo, p. 590 :
" Con te-parole ti atvieipa ogni cosa ; rlchtedilo» ed ecco eh' h lontano
{cento miglia), ,
"L'amico non faccia assegnamento sa la sua promessa; il nemico
non tema mai la minaccia. *
> Kharìda, MS. cit. , fog. 29 recto :
** Gran pezza sopportai là ntol indole di costai e dtcea tra me : s' emen-
derà fQrse.
"Ma or che ha tolta moglie , alla larga ! ho paara delle cornate. "
B Ad an batterato di vaiolo, e a dae di flato puzzolente tOp. cit.»
fog. e 27 recto e 28 recto.
* Op. cit., fog. 24 verso : ' 0 ta che mi biasimi del fuggire gli uomini
e viver solitario»
" (Sappi), di' io non so star con le vipere. "
Ed a fog. 29 recto : " Quand' nom ti dice villania , lascialo andai«, che
Dio ti aiuti ! Abbaieresli forse contro il can che t' abbaia ?"
^Kharida, estratto d'Ibn-Katta\ nella Biblioteca ÀraUnSiisula y
p. 592. Ecco i versi che leggiamo nel MS.» fog. 37 verso:
"Le in^oH e costumi degli uomini, variano come le qualità d'acqua
che tu conosci.
" Qui la limpida e pura» e puoi gustarla un sol giorno; e qui la torbida
e puzaolente*
* Negli uomini il bene è pozzetta inventale che {la esiate) si corrompe; r
il male è pozzo ridondante e inesauribile. "
« Dal ÈMUik-^Absdr, estratto, nella mtlioteea Aralnh-Si^a^.p, 154.
(S«MlelI.| — 538 —
iniUolato emiro per ooor di famìglia e Mostakhles-^-
datola (L'eletto dell'impero) per oficio eli' avesse tenuto
a corte fatemìta in Egitto/ Abu-Mohammed-Kàsim-
iim-Nizàr, detto anche emir> contemporaneo diÀhmed,
poscia prefetto di polizia a Misr , ci attesta la punti-
gliosa superbia di sua gente in faccia anco al prin-
cipe,' Improvvisava Temiro GiafaV-ibn-Msuf qualche
versucciO) e Saiceva ai poeti le carezze delFasino. ' L al-
tro GiafaV soprannominato Thiket-edrdawlai figliuò-
lo di Akhal, si scusava in rima delle promesse iK)n
compiute per la malignità di saa lortuna/ Del dotto
e audace Ammàr ablnani detto e de' suoi versi/ Abu-
Easim-Abd-Allah-ibn-Selmàn di gente Kelbìta, si
vantava con mediocre poesia d' amare e proteggere
la virtù, esalava lamenti erotici, e attestava T epoca
in cai visse, dicendosi circondato da nemici che
facean le viste d' ossequiario/ Avanzò ogni altro
Kelbita nel pregio dei carmi un Gia^far-ibn^-Taib ,
* Kharida, estratto dMbn-Kattà% nella Bihìiùieea Araho^Sicida ,
p. S92. Scudo messo da Ibn-Kattà' immediatamente prima d'Abo-Motiam-
med-KAsìm-ib&-Nizàr, sembra aDclie dei Kelbiti che sgombrarono di*SiciIia
con Ahmed, come notammo nel Cap. IV di questo Libro , p. 291.
3 Kharida, estratto d* lbn-Kattà% op. cit. , p. S92. Nel BIS. son questi
versi:
"Se r amico mi fa ingioria , regalo alle sue ciglia un sllèntaiiamento,
* Vieto all' occhio mio dì vederlo : mi sia cavato l' occhio se IT guarda!
"di liceo negli occhi II suo proprio traile come- uno stecco;
"Lo pongo giù nell'infima abside, qfaafsd'ìHiche ei sedesse su le due
stelle pobH;
* La rompo con Ini » foss* egli piire Ahmed-ibn-Abi^Hosein. *
s SI veggano fl^ap. VII ed VII! di questo Libro, p. 554 e 549 del
volume.
* Si vegga il cap. IX di questo Libro , p. 568, e la KkaHda , estratto
d'Ibn-Kattà', nella Biblioteca Arabo^Sicula , p. 596. È chiamato emiro. Il
titolo di Tbiiiet-'ed-daivla , sarebbe lo slesso che avea portato V avolo lùsuf.
^ Si vegga in questo capitolo la p. 481*. ^
« MMe9ÙHk'^h^ÀMr;n«^ BtH.Àrabih'Skluh, p. 154, m.
che carleggiavasi (Xm Il»-KàUà', n'ebbe lodi nelfÀu-
Udogia sicHiana e meritoUe^ come provano due squarci
di Easida e qualche aliro verso petrarchesco/ Caduta
la dinastia, que'che se ne divisero le spoglie, ambiron
pur ad onori letterarii che noi non possiamo assentire:
dico, il kaid Àba-Mohammedrìbn-OmaMbn-Menkùt*
e il kaid Abù-l-Fotùh figlio del kaid Bodeir-MeklàU
ciambellana, soprannominato Sind-ed-^wkiy d'nmor
niente allegro.' Fé versi anco Ibn-Lùlù, detto foi^e per
errore principe di Sicilia/ Né sdegnava Farte un prefetto
di polizia di que tempi, per non^ Abu-^Fàdhl-Àhmed-
ibn-Ali, coreiscita;* nei cadi Abu-Eadhl-Hasan-^ibn-
Ibrahim-ibn-^Sciàmi j della tribù di Kinana,' Abu-
Abd --Allah-Mohammed - ibn-EÀsi nt-il» -Zeid , della
tribù di Lakhm y e Ahmed-itm-Késim già ricordato. -
^ ■ ■ • ■ ^
* Khartda, estraOto da IborKattà*, nella B(5/r«/ee« Àruho^SùaUa,
p. 598. Ecco tre versi- che troviamo nel MS. di Parigi, fog. 48 verso.
"M'ange un dolore eh' io Ignorava : un padrone che tlranBeggia^me
debole, ed jo pur gli servo.
" Una sua perfida parola mi fa bramar sempre chi promette e non
altende.^
" Oh Dio 1 accresci in me il desiderio dell' amor suo , e serba sempre
nel mio cuore gli affetti che lo struggono !"
* iCftoridA, dsuatto d*1bn*Katt&* neHa BildioiGsa ÀraìnnSieula, p. SOd.
Questa famiglia tenne la signoria di Mazara; ma non sappiamo se Hasan fu
di quer che regnarono , né se fu quei medésimo Ibq-Bleiikùtr di cui.ab-
btam detto in questo capitolo • p. 504.
s Op. cit., p, 592. Si yegga il cap. XII di questo Libro, p. 431. 1
versi di costui nella Kharida, MS. , fog. 57 recto , sono :
"Non v'iia letizia al mondo; il mondo è tutto angosoe,
^ Che se letizia appare, è peea e npn dureviole.
"JLa eletta degli uomini la^ola^l molilo; ohe l' una e l' altra non pes*.
sono stare insieme. " .
* Sì vegga il cap. XII di questo Libro, p. 427 del vobime.
> Kharida, estratto d'Ibn-£att&', nella £t5/t(}/ecairafto-^*icti2a« p.5d5.
* Ibid.
' Op. cit. , p. 598.
^ In questo cap., p. 489.
l$M«io xi.| — 540 —
Perchè il verseggiare è fàcile quando non si
badi alla poesìa del concetto, e T aiuti un Tinguaggio
classico che risuona sempre agli orecchi^ una certa
educazione letteraria, qual ebbero in queir età tutti i
Musulmani che non nascessero proprio dal volgo, e
r uso generale vi sospinga, come avvenne nei tempi
della nostra Arcadia. Di quei citò trattarono argo-
menti morali non spiccando altrimenti per bellezze
di forma, noteremo quel solo che possa giovarne,
cioè com' intendessero la filosofia j^atica della vita :
gli uni a cantare il vino, le ballerine, i passatempi,
che sono Abu--Bekr-Móhammed-ibn-Ali-ibn-Abd-
el-6ebbàr oriundo di Eamùna in Affrica,' Abu-Ali-
ìbn-Hasan-ibn-Khàlid , il Segretario,* Abur-Abbàs-
ibn-Mohammed-ibn-Kàf ; ^ gli altri austeri, fissati nei»
Tal tra vita e spregianti quella che fruivano di presente,
come Abu-Hafs-Omar-ibn-Hasan-ibn-Setabrtk, de-
voto di grido,* Abu-l-Eàrim-Abmed-ibn~Ibrabim
Waddàni,* e i già ricordati Abu-Ali-Ahmed-ibn-
Mohammed-ibn-Kàf il Segretario,* Ibn-Mekki,- Abd-
er-Rahman-ibn-Abd-el-Ghàni ,* Atìk ,* il Siracusano
Ibn-Fehhàm," AU-^Waddàni." D'altri abbiamo descri-
* Kharida , p. »97.
» Op. cit., p. 592.
» Ibid.
♦ op. cil. , p. 897.
s Op. cit.,p. SS91.
" Òp. cit. , p. S92. Questi e il precedente si segnalano per elegante
grftvità n^ pòclii versi cbe ne abbiamo. Abmed , oome ognun vede, era fra-
tello d'Abn-Abbàs-ibn-Mobanraied citato poc'anzi.
' Pag. 515.
8 Pag. 477.
«Ibid.
*o Pag. 474.
«« Pag. 477.
— 541 — ISocoUXi.)
zionceNe, epigrammi sai quali poco o nulla è da no-
tare. Abu-Mohammed-Abd-el-Azìz-ibn-Hàkem-ibn-
Omar, della tribù iemenita di Me'àfir, dettò qualche
verso sui corpi celesti.* Abu-1-Feth-Ahmed-ibn-Ali-
Sciàini è lodato dall' autore dell* Antologia siciliana ,
il quale gli domandò alcuni versi per metterli nella
raccolta; * Ruzaik-ibn-Abd-Allah fu perseguitato si
ostinatamente dalla povertà, che una volta donatagli
da gran personaggio una borsa d'oro, tornando a casa
tutto lieto, trovò che un ladro glier avea svaligiata,
e sfogò il dolore in rime.* Il Segretario Ibn-Kerkùdi
è detto poeta di vaglia da Ibn-Kattà'; ma dai versi non
me ne accorgo/ Alla lista vanno aggiunti : Abu-Hasan-
Sikilli,' Abd-el-Aztz-Bellanobi, fratello d'Ali,' il Se-
gretario Abu-Abd-Allah-Mohammed-ibn- Attèr , '
Abd-él-Wehtó)-ibn-Abd-Allah-ibn-Mobàrek,* Abur-
Hasan^ilm-Abd-AUah da Tripoli o Trapani ,* Abu-
Mohammed-Abd-AUah-ibn-Mekhlùf lo Scilinguato,**
e il Segretario Ibn-Sirìn,^^ dei quali ci rimangono
pochissimi versi o nessuno. Ci sono occorsi trattando
d'altri studii, e abbiam detto del merito che loro s'at-
* Kharida, op, eli, 9 p.lSidì,
* Kharida, op. cit. , p. SOS.
» Op. cit. , p. 507.
* Op. cil. , p. 59S.
8 Potrebbe essere per avventura il Bellanobi o aUro Abu-Hasan. Ne
abbiamo soli cinque versi , senza cènno biografico nelhi Enciclopedia di
Nowairv, HS. di Leyde 273 , p. 747 e 749.
' lakùt, Mo'gem, estratto, nella Biblioteca Arab<h-Stcula, p. 108.
7 Kharida, estratto d' Ibn-Katt&', nella Biblioteca Arabo^Sieula, p. 5d8.
8 Ibid.
» Op. cit. , p. 597.
«« Ibid.
" Op. cit. , p. 595.
tribaisca in poesia, Kholùf da Barka,' Iba-Abd-el—
Berr,' Gia'far-ibn-Kattà, ' Damra,* Jakùb Roneidi/
Àli-ibQ-Hasan-ibn-Habft)/ Ibù-Sadoé,' Tafaer-Rok-
banì,^ e il costai figlio Ali,* Olhman^ibn-AU' da Sira-
cosa/» AliMbn^Waddani/' Abd-Allah-ibn-Mostb, '•
Ibn-Kereni," ed Abn-Bekr-Mohatnmed. <*
Da qaanto abbiamo esposto , si può tronchi adere
che la poesia rifioriva in Sicilia, dopo tredici secoli;
e se noa agguagliò le bdlezze dei tempi di Teocrito
e Stesicoro, prodassene qaella specie che concedea
il Parnaso di Arabia. A noi Italiani non solò, ma a
tutti Europei nudriti alla scuola dei Greci , non può
sembrar lieto soggiorno né la ssJa vaporosa d' Odin
né la tenda de' Beduini , dove si gareggia di metafore
baldanzose, descrizioni sopra descrizioni, antitetisi
incessanti di pensieri e di vocaboli, paraleHi bizzarri
e lambiccati, lingua ricercata o morta e sepolta, gergo
nomade che ormai mal si adattava alle idee delle
colonie musulmane d'Europa, ma il culto classico
comandava adoperarlo. B però ci offendono a prima
vista tutti quegli orpelli e gemme di vetro di che s'a«
• Pag. -476, 477, in questo, cap.
> Pag. 504, in queste cap.
• P. 305, in questo cap,
• Pag. 512, in questo cap.
Mbid.
• Ibid.
' Ibid.
» Pag. 5H.
• Pag. 8H«. '
^ Pag. 176 e 511, In questo cap.
" Pag. 477, in questo cap.
" Pagi 412, in questo cap.
" Pag. 461, in questo cap.
<* Pag. 478, in questo cap.
— 543 — {Stiooi«xi.|
domavano i poeti arabi di Sicilia, cóme ogpi altro di
lor età e linguaggio: le papille omicide, le palpebre
taglienti come spade, le guance di fooco -su cui spanti
il mirto della barba, o guance di ro^e, e vi fa anehe
chi disse di rubino, cui mordessero gli scorpé<»ii duna
negra chioma inanellata, i tralci di ben^ sormontati
di lune [Hene , che è a dire svelti Rovani dal volto
fresco e splendente, i capelli bianchi ' che spandan
tenebre ; e infinite secenterìe di sknil tempra , nelle
quali si compiaceano ^li stessi Ibn-^Hamdis , Ibn~TùlH>
Abu-1-Arab , Ibn-Tazi , e il Bellanobi. Ma poi va con-
siderato die il genio diverso delle lingue toglie nelFuna
a tal espressione figurata quel sapor aspro che abbia
neir altra: il che si noterebbe tra le lingue d'unica
famiglia che parliamo in Europa^ non che tra le
indo-europee e le semitiche. Scendendo più addentro,
scopriremo sovente pensieri semplici ed alti, linguag-
gio spontaneo d'afietti, verace colorito, tratteggiare ri-
soluto, grazie non contigiate; e diremo die quelle bru-
ne muse arabiche se si abbigliassero a foggia nostra,
passerebbero per beUe. Io chieggo che nel giudicare
i poeti arabi di Sicilia dagli squarci che ho mostrati
e su le intere opere che spero sian date un giorno
all' Italia , si guardi al concetto d^Ia mente piuttosto
che alla, forma in cui si manifestava; e che per
la forma s'accettino, com'è ragione, i^giudizii dei
critici arabi eh' ho accennato a lor luogo. Forse quei
biografi ed antologisti ci» ci seiimrono frammenti
de' poeti arabi siciliani li defraudavano delle nostre
lodi più meritate, trascrivendo appunto i versi che
*
' Salix ^gypliaca.
iSaaoUXl.l — 544 —
noi avremmo messi da banda, e tralasciando come
scipiti quelli che noi avremmo trascelto/
Vuoisi in fine &r parola dei musici che soleano
cantar sul liuto i versi dei poeti: la quale usanza gli
Arabi appr^^ro dai Persiani , i devoti musulmani la
condannavano, e quando lor venia fatto vietavanla, ma
i grandi e' ricchi tosto richiamavano nelle brigate mu-
sici, cantatrici e ballerine. It gran diletto che ne
prendessero i Musulmani di Sicilia , é quanto se ne
travagliassero si ritrae dalle poesie, dove spesseg-
giano le descrizioni dell'arte che dissipava i tristi
pensieri e movea alla gioia; né sdegnavano i poèti di
lodare, talvolta anco biasimare i musici: Ibn-Tazi
fé ad uno ¥ epigramma: ^ Ei canta e ti gitta addosso
noia e malanni; ei tocca il liuto, affé che glieFavresti
a spezzare ^u le spalle. " ' Le croniche degli Abbadidi
registrano con superstizioso terrore il casa del Mu-
sico Siciliano, cosi il chiamano, condotto agli stipendi
di Mo'tadhed. Il quale sendosi fitto in capo (1068) che
sovrastassegli la morte e la ruina di sua casa, volle ca-
var augurio dai versi che a sorte gii fossero recitati;
0 fatto venire il Musico Siciliano e seder seco con
grandi onori e carezze, e richiestolo di cantare, ven-
ner detti al Siciliano cinque versi , che incomracia-
vano: ""Consumiam le notti, sapendo ch'esse ci deb-
' Ciò si dee pensare a priori. Lo conferma il Ditvdn d'Ibn-Hamdls,
che abbiamo ìmero, dal quale Imàd-ed-dln, Ibn-KhalliVàn, Scebàb-ed-
dtn-Omari^ scelsero qualche bello squarcio e parecchi nediocrl e laisciarono
i migliori, quasi sempre a rovescio del gusto nostro.
s Kharida, estrattr d' Ibn-Kattà', nel MS. di Parigi, AncTen Fonds, 1375,
fog. 27 verso, e altrì epigrammi d' ibn-Tazi dal fog. 34 recto; altro di
M.oscerif-ibn-Ràscid , a fog. 39 recto; e la descrizióne d' una festa d' Ibn-
Hamdìs, qui innanzi a p. 831.
— 545 -— {Secolo Xl,|
boDO consumare; " ed appunto a capo di cinque giorni
il principe si morì.*
Aggiugnendo i nomi rassegnati in questo capi-
tolo a quei che notammo nel capitolo XI del terzo
Libro, si hanno (salvo il raddoppiamento di qualche
nome che non ci sia venuto fatto di chiarire) a un
di presso centoventi Musulmani di Sicilia e una doz-
zina di stranieri dimoranti neir isola ^ che segnala-
ronsi nelle scienze e nelle lettere sino al fin della
dominazione musulmana. Il quale abbozzo , disteso la
più parte senza conoscer le opere, su i cenni sola-
mente di autori arabi, è imperfetto di certo; pur
adombrerà la cultura della Sicilia in quei tempi, sup-
posta anzichà conosciuta qudnd' io mi accinsi a co-
teste ingrate ricerche. Pervenuti che saremo, nei
sesto Libro , ai letterati e scienziati che rimasero fino
ai tempi di Federigo , mi proverò a indagare la parte
che si debba attribuire ai Musulmani nel risorgi-
mento degli studii in Italia.
CAPITOLO XV.
Copiose abbiam visto le sorgenti della ricchez-
za ; coltivati i comodi sociali ; svegliati ingegni va-
ghi di scienze e d' ogni maniera di lettere; gli uo^
mini ad uno ad uno non mentire al valor del san-
gue arabico, greco né italico, non ignorar arte né
•> •
^lbn-AbbAr, presso Dozy, Historia Àbbadidarum t tomo II» p. 6S,
ed estratto nella Biblioteea Araba-Sieula , p. 539.
n. 38
stromento di guerra che appartmesse a qae tempi.
Costumi tra buoni e tristi: da un lato, invidia , avari-
zia, abbominazioni di taluno, stravizi di tal altro,
ma r universale condannarli ; dall' altro lato, carità di
figliuoli, costanti amicizie, liberalità , alti e generosi
spiriti, raggi d'amore che balenavano fin entro le
mura degli baleni; talché soli vizii profondi della
società mufitulmana di Sicilia comparìscon due: la
violenza e il sospetto. Né era menomata di certo
Ut fede musulmana in Sicilia, dove non prevalsero
scuole scettiche , non si udirono scismi^ non sètte
kharegite, né fonatismo di casa d*Àli: allegri gio-
vani beveano, dilèttavansi di canti e suoni e balli,
e poi se ne pentivano; più numero assai di devoti
{Hratieava e predicava la rigorosa disciplina, la vita
ascetica, e fin le follie sufité; Il qual doppio egoi-
smo dei gaudenti e degli asceti, inèvitabil falto in
certe religioni, va noverato tra i sintoittì non tra le
cause della tabe che consumava la Sicilia , come ogni
altra colonia arabica , senz' eccettuarne veruna. Tabe
nel vincolo dello stato; quando i corpuscoli sociali
non stanno insieme per amor di patria né forza di
comando, ma ciascun fa per sé. Dicemmo già come
r impero arabico nacque con tal germe d' immatura
morte: per T indole dei conquistatóri, T imperfetta
assimilazione dèi popoli vinti , T immóbililà delle
leggi-, la neeei^sità e impotenza' insieme del dìspoti^
sma, i meréenarii stranieri^ T ordinàmenta aristocra*
ti£0 dei gimd^ la confusa dènìocrazia municipale, le
consorterie per le multe del sangue : anarchia generale
sotto sembìani^a di assoluta unità religiosa e poli-
— 547 — {4055-1060]
tica. Indi s*era scisso il califato; i pezzi s'erano
riaft*anti; gli sminuzzoli, nello undecimo secolo, si
trituravano; e pur la forza dissol Tonte non restava
di commuovere e rimescolare quegli atomi dì polvere.
La Sicilia, spartita tra la g'emd^ di Palermo , Ibn-Haw-
wasci, Ibn-Mektàti, ed Ibn-Menkùt, perseverò nella
discordia sino air ultimo compimento del conquisto
normanno, seodo aggravato il vizio delle istituzioni
dalla diversità delle genti. A levante, popolazioni cri-
stiane soggette a nobiltà arabica; nel centro, le plebi
di Siciliani convertiti air islam ; a ponente , la cittadi-
nanza d^lle grosse terre; tramezzati in tutto questo
rimasugli di Berberi di non so quante immigrazioni,
e rifuggiti arabi d' Affrica e di Spagna. Era proprio
la mano simboleggiata da Ibn-Hamdfs, la quale nel-
r ora del pericolo non potè impugnata la spada.
Ai fomenti di discordia s' aggiugnea l'ambizione
di Moezz-ibn-Badts e il subito danno che la distrus-
se, il cómtraccolpo d(3l quale si risenti Necessariamente
in Sicilia. Appunto alla metà delftindecìmo secolo, pas-
sarono in quel ch'è oggi lo stato di Tùnis gli Arabi
che desolarono e ripopolarono l'Affrica settentrio-
nale, ov'era assottigliata e snervata la schiatta dei
primi conquistatori. La causa della quale irruzione
fu che Moezz, disdetta T autorità pontificale de Fate-
miti, avea gridato il nome dei califi dì Bagdad;
onde il ministro lazùri, che tenea la somma delle
coseal Càiro, non potendo ripigliare la provincia con le
armi, la volle inondare di masnadieri: indettò le. tribù
beduine di Hilàl e Soleim, ospiti infestissimi dell' Alto
Egitto; dispensò a ciascuno un mantello e un dinar
d'oro; e scaraveotolli a ponente dei Nilo (1051). Ed
entro sei anni aveano compiuta T opera; sos[nnto
Moezz all'estrema riva del mare, sa li scogli di
Mehdia inespugnabili , dond' ei comandava molto dub-
biamente a qualche città della costiera mercè Y ar-
mata e gli schiavi assoldati. ' In questa guerra gli
Arabi saccheggiarono il Kairewdn (novembre 1 057} , i
cui cittadini si rifuggivano chi nelle parti più occi-
dentali d' Affrica, chi in Spagna e chi in Sicilia.' Pre-
cipitando per tal modo le cose di Moezz, veggiam
calare in Sicilia la fazione che s' era affidata a lui
nel principio della guerra civile , gli si era poi volta
contro (10 40), e non mi sembra inverosimile che
avesse rannodato le pratiche, afforzata ch'essa fu
a Castrogiovanni e Girgenti con Ibn-Hawwasci.
Ma cacciato di Palermo Simsàm e poi spento,
par che la repubblica di Palermo ed altri grossi mu-
nicipii venuti in sospetto di quelle pratiche si colle-
gassero con la parte dei nobili a danno d' Ali-ibn-
Hawwasci. Perchè allor si destava novella tempesta
in Sicilia; ' sorgeva improvvisamente capo di parte un
Mohammed-ibn-Ibrahim-ibn-Thimna, dei principali
* Si cofifroiltino: Iba-el-Alblr , MS. C, tomo V, anni 455^ 442, 4IS,
453, 4S5; Abolfeda, stessi anni; Baian, testo, tomo I, p. 288 e segg.;
Ibn-Khaldùo, Ekioire des Berbères, versione di M. De Siane, tomo f,
p. 31 e seg., e II, p. 21; Tigiani nel Journal Àsiatique, d'agosto 1852,
p. 84 a 96; Leone Africano , presso Ramusio , Navigatione et Viaggi ^yoL I,
fog. 3 recto e verso , edizione di Venezia isè3.
s Marrekosd, The history ofihe Àlfnohades, testo arabico, pubblicato
dal professor Dozy, p. 259.
■ Nowairi , presso Di Gregorio , Rerum Arabieartm , p. 24 , dice che
la Sicilia di nuovo e si commosse come le onde del mare, i 11 Di Gregorio
pensò correggere il testo, e tradurre e et solemnit preeatio prò eo fiebat in
imula, » accennando ad Ibn-Hawwasci. Ha il testo è chiaro e senza mende.
— 0Ì9 — 1^053-1060.1
ottimati, se leggiam beoe un luogo d' Iba-Khald'ùn , '
certo non uscito di sangue plebeo , ' insignoritosi di
Siracusa, non si sa come né quando, né se quella
fosse sua patria. Ibn-Thimna|, assalito Ibn-Meklati,ft:d2(2
di Catania, che avea sposata la Meimuna sorella d'Ali-
ibn-Hawwasci, lo debellò, gli tolse la vita, lo stato e
la donna; e, dopo i termini legali di vedovanza,
chiese ed ottenne la man di lei dal fratello. Donde è
chiaro che il signor di Castrogiovanni non ebbe poter
d' aiutare il cognato confederato suo di certo, né di
ricusar la sorella all'uccisore. Nel medesimo tempo
finisce ogni ricordo dei Beni-Menkùt , signori della
punta occidentale dell'isola. La più parte dell'isola
obbedì a Ibn-Thimna, che osò prendere il medesimo
titolo d' un califo di Bagdad ' Kddir-billah, o diremmo
* Possente per grazia di Dio; " e in Palermo si fece
la Khotba per lui. * È verosimile che la gernóH gli ab-
bia dato nella capitale un' autorità di nome; bensì
r abbia aiutato all' impresa di Catania e altre città
marittime col navilio, il quale non si armò mai al-
trove che in Palermo. Si ristorava così un'apparente
< UUtoire de VAftiqm et de la Sieile, p. i81 della versione di M. Des
Vergere. Quivi si legge "ran des principaux cbefs des habiUnts les plus
turbulenis de la ville; * e la voce che ho messo in corsivo, sarebbe tradu-
zione. plausibile dell* arabico awghàr, come M. Des Vergers corresse il
testo dell* unico e mediocre MS. eh' egli ebbe alle mani. Quivi si legge
arghàd, che significherebbe * uomini di viver lieto ; " ma non si adatta alla
parola * caporioni " che precede. Ma un MS. dì Tunis, ha la variante agivàd^
"nobili* che io seguo nella j&tfr/io/eca Àrabo^Sicula , p. 484. Le lezioni
inoltre del MS. e del testo di M. Des Vergers , darebbero voci arcaiche o
neologie ; la variante dei MS. di Tunis al contrario è di uso comunissimo, e
con la voce precedente fa il senso preciso "capi dei nobili."
' Si vegga il passo di Leone d* Ostia che citai nel cap. XII di questo
Libro, p. 421 in nota.
> Questi regnò , o stette sul trono dal 991 al 1031 .
* Ibn-Khaldùn e Nowairi.
(4055-406O.| — S50 —
unità di comando di guerra , se mai la Sicilia fosse
assalita. Suppongo compiute queste vioepde il mille-
cinquantatrò dell'era cristiana, qus^ndo Moezz eracon
r acqua alla gola; ritraendosi che il quattrocento-
quarantacinque dell' egira (1053-4), mandato da lai
il navilio a ridurre Susa che gli s' era ribellata, trovò
in que' mari V armata del Sàheb di Sicilia, e temen-
dola ostile die di volta. ^ La quale denommaz^one di
Sdheb s' adatta a Ibn-Tbimna e non meno la nimistà
contro casa zìrita.
Durò quanto potea la concordia tra i due capi
di parti, r uno vittorioso, sciolto d'ogni timor di fuori,
l'altro umiliata; rivolti entrambi ad ayvantaggis(rsi
con la forza neutrale eh' erano i municipi!. Il paren-
. tado did occasione a scoprir nuovamente la nimistà.
Meimuna, donna d'indole altera, pronto ingegno e
lingua troppo più pronta, solea bisticciarsi col ma-
rito; il quale forse non l'amava né ella lui, forse
rinfacciava Y indole plebea a|la figliuola del Dema-
gogo. Una sera Ibn-Thimna, acceso dal vino, rico-
mincia i piati domestici, trascorre alle villanie; Mei-
muna gliene dà di rimando; e il feroce ubbriaco, come
se avesse letto i fasti di Caligola o di Nerone, le fa
segar le vene d' ambo le braccia. Ma un figliuolo di
lui per nome Ibrahim accorreva a tempo, chiamava i
medici , ed arrestavano il sangue; si che la dimane
rientrato in sé Ibn-Thimna, andò a scusarsi dei furori
dell'ebbrezza, e Meimuna fé sembiante di perdonarlo.
Dopo onesto spazio di tempo, ella il pregava le con-
* Tìgianì, TersioDe, op. cìt., p. iOO, e testo nella Bèbiioleca Arabo-
Sicula, p. 377, 378.
eedesse di rivedere i parenti; quegli, o non sospet-
tando 0 non curandola, o ch'ei cercasse pretesto
d' attaccare briga con Ibn-Hawwasci , le die HcenKa;
mandoHa con onorevole scorta e ricchi presenti a
Castrogtovanni. Contò allora il caso al fratello; quei
le giurò che mai non la rimanderebbe air efferato si-
gnore. Indi Ibn-Thimna a rivendicar i diritti di marito
e di re, a minacciare quel che tenea vassallo e plebeo :
ma Ibn-Hawwasci non si spuntò dal niego; ed en-
trambi apparecchiarono le armi.
Ibn-Thimna movea air assedio di Castrogio-
vanni; T altro gli usci air incontro; lacerò a brani a
brani T esercito nemico, dicon gli annali, e lo inse-
guì fin presso Catania con grandissima uccisione. Se
prima o dopo della sconfitta non si sa, la Sicilia tutta
da Catania, qualche altra città .air infuori, prestava
obbedienza al vincitore, anche Palermo. Indi si scorge
che la cittadinanza della capitale e delle città mag-
giori, la quale avea deciso altre fiate i litigi tra le
due parti, gittandosi or con Tuna or con F altra, com-
piè quest'altra rivoluzione a favor d\Ibn-Haw-
wasci. E in vero, dileguato il timore delle armi di
Moezz, il capo dei gentiluomini avea dovuto aggra-
var la mano su la cittadinanza al par che su la parte
siciliana, e provarsi a prender in quelle regioni del-
l' isola r autorità, della quale non godeva altro che il
nome. Il terzo partito dunque, com'or si chiama, lo
messe giù al par di Akhal, del figliuolo di Moezz
e di Simsàm. Ibn-Thimna coùdotto agli estremi,
si ricordò che v'erano in Sicilia e in Calabria i
Cristiani. Pratiche s erano cominciate al certo tra
gli uni e gli altri fia quando si videro sventolare da
Messina su T altra sponda dello Stretto le gloriose
bandiere normanne. Il signor musulmano si cacciò,
traditore a sua schiatta e religione, tra le sante trame
di chi volea scuotere il giogo: corse a Mileto offe-
rendo la Sicilia al conte Ruggiero, con la solita spe-
ranza eh' ei la conquistasse per fargliene dono/
' Si confrontino: Ibn-el-Àlblr , anno 484» nella Biblioteca Àrabo-
Sieula, p, 275, 276 del testo; Abulfeda; ÀnnaUs Moslemiei, tomo Hi,
p. 274 e seg., anno 484; Ibn-Kbaldùn, Histoire de V Àfrique et de la Si-
Cile, versione dì M. Des Yergers, p. i8i e seg.; Nowairi, presso Di Gre-
gorio, Rerum Àrabicarum, p. 23 e seg. ; Ibn-Abi-Dinèr, Storia d' Affrica ,
nella Biblioteca Àrabo^Sicula , testo, p. 533; i quali con più o men par-
ticolari ripetono unica tradizione. Si veggano ancbe Amato , V Ystoire de
li Normant, Lìb. V, cap. 8; 1* Anonymi Chronieon^Siculum , presso Caru-
so, Bibliotheca Sicula, p. 836, e versione francese nello stesso volume
di Amato, p. 278; Malaterra, lib. II, cap. 3; e Leone d'Ostia, lib. lil,
cap. 45: dei qaali cbi dice d'ibn-Tbimna cacciato di Palermo; chi del
cognato d* Ibn-Hawwascl ucciso da lui ; e da lor soli si ritrae che Ibn-
Hav^wasci fosse riconosciuto principe in Palermo. I nomi storpiati pur
si ravvisano. Ibn-Thimna, è scritto Bettumenus, Vullbuminus, Vultimi-
noec; Ibn-M eklati , Belcamedas, Bercanet, Benneclerus, e in una va-
riante det Caruso, op. cit. , p. 179, Benemeclerus; d* Ibn-Hawwasci si è
faUo ma|;giore strazio, Belchaoib, Belcbus ec. Sempre della voce ibn
rimane la &, vi s'aggiugne la / deirartlcolo che segue, ed è esatta anche la
prima consonante del nome patronimico; il resto si dilegua.
Debbo aggiugnere che Ibn-Giùzi, autor delXllI secolo, dà seriamente
una fiivola assurda che non cavò di certo dagli annali musulmani , ma
da qualche tradizione orale o raccolta d* aneddoti. Scrive che 1 Franchi
conquistarono la Sicilia il 463 (1070-71) , chiamati da Ibn-Ba'ba*, governa-
tore dell'isola, per paura del califo d'Egitto il quale gli domandava il
tributo ed ei non potea pagarlo. Si legge nel Merat-ei^Zemin^ nella Bi-
blioteca Arabo-Sicula , p. 326.
SOUSMARIO
DEI CAPITOLI CONTENUTI NEL SECONDO VOLUME.
lilBRO TKBSO.
Capitolo I.
àn. 827 — 900. Società musulmana di Sicilia. — finir di provincia in
dritto comune Pag. ^1
Secondo il fatto in Sicilia 5
Amministrazione della giustizia 7
Amministrazibne civile 8
Municipio ossia gema* 9
Proprietà delle terre in dritto comune. . 42
' Tassa fondiaria. EharAg 48
Proprietà in Affrica 24
E in Sicilia 22
Stipendii militari. Giwnd ^ 2$
J?e». IhiA' 27
Altre partì dell'azienda 29
Schiatte in Sicilia. Arabi e Persiani 31
Berberi. 55
Antagonismo d'Arabi e Berberi 37
Tendenza della colonia a governo proprio 40
Contrasto interiore delle due schiatte 44
Come l'usa Ibrahim-ibn-Ahmed 42
Capitolo n.
S7$_ 904. Indole d'Ibrahim 43
Esaltazione. Primordii del regno 46
Opere pubbliche. Fuochi di segnale \ . . . . 48
Fondazione di Bakkftda 49.
Tirannide , tumulti e stragi 30
Orribili crudeltà 34
Parricidio su mogli, fratelli, figli e figliuole 38
Capitolo lU.
898. Rivoluzione spenta in Sicilia ; 62
899. E ridesta. ; 63
900. « Aba-Abbas figlio d'Ibrahim viene con l'esercito 64
» Combattimenti. Resa di Palermo 66
554 SOMMARIO DEI CAPITOLI
an. 904 . Gaerra sopra i Crìttiani in Sicilia e in Calabria. . . Pag. 69
902. Abdicazione d'IbraUm 75
Gajpttoio nr.
Ibrahim in Sicilia ^ 78
Prende Taormtaa d'assalto Si
Stragi. Martirio di San Procopio S3
Ridotte Demone , Mico, Ad e Bameita 85
Deboli proTTcdimenti di Leone il Sapiente 87
Ibrabim passa in Calabria 89
Terrore e miracoli a Napoli 90
Ibrabim muore alV assedio di Cosenza 95
Capitolo T.
Secolo VII a IX. Scismi masolmani 97
promosse le scienze. Scoole scetticbe. 99
Sette misto. — f&arey»(t 402
Sciiti ^ 405
loflaensa delle antiche sètte persiane 408
Zindik, Khorramii ec 444
Origine degli Ismaeliaqi 444
Karmati 446
Ordinamento di setto ismaeltana 448
893— 900. Propaganda in Affrica 420
Abn-Abd-Allah ed i Berberi di Kotoma 422
904. Pigliano le armi contro gK Aghlabitì 423
Capitolo ¥1,
902. Riforme dell' Aghiabita Abn-AUls. 424
908. Ucciso per pratica del figlio . 426
» Bagno di Zìadet-Allah 427
904 —908. Yittorie dello Sdito 428
909. Foga di Ziadet-AIIah 429
» Occupato il regno d^li Sciiti. 454
> ' Obdd-Allab detto il Mehdi supporto discendente d'Ali e
Fatima 432
» Imprigionato a Segelmessa. 435
940. Fondazione del califato Fatomito 455
910 — 920. Ordinamenti e misfatti del nuovo prìncipe 437
945 ~ 920. Fabbrica là clttli di Mebdìa 439
€aplt»U> WU.
902 — 940. Emir cbe succedoosi in Palermo 440
940. Ibn-Abi-Khinzir mandato dal Mehdi 442
942. Cacciato dal popolo 444
» Potonza della nobiltà !.. 445
948. MaeiTa rivolniione. Il p^olo etog^ emir Ibn-Korliob. . 447
» Gverra ai Crìttiani: .' 448
CONTENUTI NEL SECONDO VOLUME. SSS5
aa. 944. Investìtora de^^i Abanidì Paf. 440
B ViUoria navale ia Affrica 4^0
945—946. Naufragio e aconfitta ' 454
n Trattato coi Bizantini 453
n ControriToInsìone 454
946. Sttpplifio d'Ibn-Korbob 456
947. Asaedio e dediaiona di Palermo 457
Capitolo ¥||I.
882-^945. Colonia dal Garigtiano 460
I* Sne acorrerìe. . , * 462
■ Difeae di GioTanni X 465
945. . Laga contro quei MnaiUaaoi 466
946. Diatrntta la colonia ivi
948. Condizione della Paglia e Calabria 468
n Slavi assoldi dei Fatemiti ivi
948 — 925. Fazioni di Reggio ed Oria. 470
B Trattato dei Fatemiti coi Bizantini 473
826 — 929. Scorrerìe degli Sebiavoni e Siciliani in Terraferma. ... 476
934 — 935. Affricani a Genova 479
Capitolo UL
947 — 957. Salem emiro con scemata autorità 484
934—936. Inondazione. Vento infocato 484
937. Rivoluzione di Girgentì 485
E di Palermo. 487
Khalil-ibn-Isbak 488
Edifica la Khaleaa 489
938. Muove contro Gìrgenti 491
» Stragi e fame in vai di Mazara. 492
940. I Girgentini 8* arrendono 495
944. Vanti di Khalil in Affrica e sua morie 496
' Capitolo X.
> Rivoluzione dei Nekkarìti in Affrica. Aba-Iaiid ^^
n Boscera il Siciliano 499
945. Assedio di Mehdia. 200
» Morte d'Abtt-Iezid 204
947. Carestia, bargelli ed eaattori i« Sicilia 203
» Tumulto in Palermo. ....... .^ 304
948. Basan primo emir kalbitii .^ 207
n Prende lo stato in Palermo 208
> E spegne a tradimento i capi della nobiltà 240
Capitolo XI.
895—948. Condizione dei Crìatiani in V«ldemoBe a Val di Nato. . . 242
> Popolazione del Val di Mazara.: ^^
B
a
556 SOMMARIO DEI CAPITOLI
•D. 893^948 PrJncipii ai cnltora inldleUaale ìfaQ. 218
9o\ . Norella Tenione di Dioscoride ivi
B GiàrìtU « libri malekiti 220
« Il cidi Meìmftn in Palermo 222
" Altri giarisii. Ibn^KhorattAn filologo 224
» Raecontatori di biografie 225
» Meno coltÌTati gli altri sindtì 226
» SicillaDi che si segnalarono fuori 228
Il Devoti e superstizioni 229
Capitolo I.
948. Gasa kelbita dei Beni-Abi-Hosein 253
» Basan non ebbe nuovo titolo né aatoriti, se non che di
emlr generale y come quei del nono secolo 254
969. L'emirato di Sicilia dÌTien di fatto ereditario e independente. 258
Capitolo n.
950. Guerra di Basan in Calabria . 242
952. Mosehea a Reggio. Patti '. . 248
953. Confermato Basan con sostituzione del figliuolo Àhmed. . 249
955. Fazione di Basan in Spagna ivi
956 — 960. NuoTa guerra coi Bizantini. 250
Capitolo UI.
961 . Basan e Ahmed coi nobili sieilìani a corte del oalife Moezz. 254
n Disegni contro i Cristiani di Val Demone «... 235
962. Feste di dreoncbione in Sicilia 256
• Presa Taormina. 257
965. Rametta sola resiste 259
• Nieeforo Foca le manda in unto Uanuele e Nieeta. . . . 260
964. Sbaroo e fazioni dei Bizantini 263
■ Battaglia di BametU 264
» Morte dì Basan. 269
965. Espugnazione di Rametta 270
» Vittoria nayale dei Musulmani 274
Capitolo I¥.
967. ' Ristorazione di città e ordinamento degfì iklim 274
. • Pace tra Moezz e i Bizantini 278
• Niccolò ambasciatore greco • 279
968. Indole e arti di regno di Moezz. • 281
» Giawher liberto siciliano. ... ; 282
» Reca le armi di Moezz fino all' Atlantico 285
969. E gli consista PEgitto 284
970 .— 974 . Conseguenze in Oriente 286
CONTENUTI NEL SECONDO VOLUME. 557
nn. 972. Moezz mata la sede in Egitto Pag. 2S7
» Lascia on laogoteneòte in Affrica , senza aatorìtà su la
Sicilia. . 288
CapHolo ¥.
969. I Keibiti richiamati in Affnca 290
i> RÌT<9azione in Sicilia ìtì
970. Moezz cede e manda emiro Aira-I-Kéaem-Ali , kelbita. . 295
972. II viaggiatore Hm-HankAl 294
. » Descrizione di Palermo 296
n Numero approasimatÌYO degli abitatori 504
» Costami e asanze « . . • .^. . 506-
» Riflessioni d'Ibn-Haokal sa i Masolmani di Spagna e
delia isole 509
Capitolo ¥1.
968^970. OtonelnelVIUlia meridionale. . . ; 540
» Lega dei Fatemiti coi Bizantini 542
975. SpezzaU » 545
976. Guerra d'Aba-l-Kft8Ìm in Calabria 544
977. Arse Taranto, Oria e Bovino 545
905 — 9u0. San Nilo da Rossano 547
954. Assalto del Monastero di S. Mercorio 549
977. Frati presi a Rossano ivi
■ Lettera di San Nilo ad Aba-l-KAsem 520
984. Otone ir muove contro i Bizantini e i Masulmani. . . . 524
982. Viene a Taranto e Rossano 522
« Sconfitto a Stilo. Vittoria e morte d'Abo-l-Kflsem. . . . 524
n Fuga d'Otone. ' 525
» Ritirata dell'esercito siciliano.' 529
Capitolo Vn.
982 — 985. Emiri. GiAber; Gia'far; 550
985 — 989. Abd-Allah ; e lùsuf 55t
990 — 997. Potenza dei Keibiti in Egitto ~. ivi
990 -- 998. Ottimo governo di lùsuf 532
» n poeta Ibn-Moweddib a corte di Palermo 535
» E Mobammed-ibn-'Abdftn 534
» Poema di Abd-Allah*Toookhi a lode di lAsaf e del figlinolo. 555
B Fama cavalleresca della corte 357
985 — 998. l Bizantini occupan la Puglia e la Calabria 558
9S6 — 4005. Assalti dei Siciliam in quelle provìnce. . . 539
4004. Assedio di Bari 544
4005 — 4044. Altre fazioni -. ivi
4016. I Normanni a Salerno 545
4020 — 4054 . I Siciliani assaltano tottaria la Puglia e la Calabria. ... 545
» Altre fazioni loro supposte da nomi geogrefid 546
S58 SOMMÀRIO DEI CAPITOLI
CaI^ICoIo JfWBL,
w. 998. Gia'far-ibii-lAsnf , «miro Pag. 548
4015. Ribellióne e tnpplizio del frtieHo Ali 550
I* Nuoto ordinamento deiP esercito 554
• Grateue. 552
'lO'IO. Rivoluiione in Palermo 553
» Cnedato Gia'far e ^orregatogli il fratello Alchal 354
975 — 998. Dominaiione degli Zlriti in Affrica 555
999. Iftnia il SicilUno 556
n. Condizioio dei Berberi nelF Affriea propria 557
4004^4023. Calamità ed emigrazioni d'Affrica in Sieilia 558
4648. Moen-ibn^Badts lo Zlrita . 539
» Persecnzione degli Sciiti ìtì
4049. Rifaggiti in Sicilia 564 <
4049 — 4052. Industria e riccliena dell'Affrica propria 562
4025. Armamenti di Moen 565
Capitolo IX.
4025. Prìmordii d'Akhal inSioiUa 364
» Esercito bizantino in Calabria 565
4026. Naufragio degli Affrioani 566
4034 — 4035. Scorrerie navali dei Siciliani ed Affrieaol in Grecia. ... 367
n Akbal faTorisce in Sicilia U parto «he si «Uftmò degli Af-
firiemU contro U parte dei SieiUani 368
» Schiatto e condizioni delle due parti 369
» I nobili 372
• La cittodinanza 373
» Intenti e modi di Akhal 374
» Sì sottometto ai Bizantini 376
4035 — 4037. I Siciliani chiamano Moezz. Guerra civile 377
4038. Ucciso Akhal, Moezz resto padrona dall' isola. ...... 378
Capitolo X.
» Impresa di Maniaco 379
» Racconti dei mercenirìi Scandinafi o Yarunp 380
» Vittorie di Maniaee. 384
4088-^4039. Assedio di Siracusa 584
4Ó40. Battoglia di Tr^na 887
» Rivolta di Ardoino eoi Normmni 889
« . Maniaco e V ammiraglio Stofauo. ... 1 890
» Maniaca si afforza in Sicilia. . . ^ < 594
4044.. . È scambiato e catturato 892
4042. DiferilB di Gatacafone a Messna 898
4045. RibeHiono e morto di Maniaca 394
CONTENUTI mi SECONDO VOLUME. 559
aii.4(M5 — 40$4. G^ndiiiéM ilei Grìflliam di ^ioiìia Pag. 895
» La più parte dtimmi, 597
» Di schiatta greca e italica 598
» Stadii e indostrìa loro 599
» Il clero 40V
» I frati. i 405
» Poco teUreli^oao 404
948—4064. San Vitale da Castroaovo 406
9$0'-994. San Loca da Demona 408
4020 — 4070. San Filareto 440
964 —4054. San Simeone da Siracasa. < . . . * 442
S27 — 4064. Il Cristianesimo non mancò giammai )n SieiKa 444
» Due tradizioni rigettate. 445
Capitolo XH.
4040. Difetto di notiaie storiche 417
n Condizioni d^ Abd^lfah-ibn-Moezz in Sicilia. ..... 448
» È eaccrato e fatto emiro Simsfini-ed-dawla 449
't040 — 4052. Sorgono ì regoli Ibn-ll^enkùt, Ibn-Hawwasci, Ib-MekUti,
e Palermo si regge a repubblica. . . .* 42Ó
n Riforma sociale a Malta 422
» Come cadde la dinastia kelbita 425
• Parti 424
» Intenti politici dei Palermitani 426
Capitolo XIII.
XI Secolo. Prosperità materiale e Ietterai. . < . , 428
» Notizie geografiche d' Abìi-Ali e à? Ibn^KatMi' sa la Sicilia. ivi
« Numero delle città) ròcche e villaggi 450
• NoBit 451
» Distribuzione delle schiatte « 434
» Cenni su alcune città 496
*> Descrizioni dell' Etna ad eruzioni 458
» Prodotti minerali dell' isola, . 444
» Acque e boschi 445
» Agricoltura , . . . 444
» Pastorizia 446
» Pratiche agrarie dei Siciliani ivi
• Manifatture • . 448
• Commercio 449
» Architettura 450
» laarizioni e é41Ug(àfia 452
> Monete., . < 456
n Tarì d^òro df Sidiìs uiiiiati s Napoli , Si^erÀo a Auitlfi. 459
»
560 SOMMARIO DEI CAPITOLI.
C^pltoto XKV.
XI S«eo1o. Stadii degli Arabi. Prtnlgono le Mienie eoranicbe e le
lettere • • - • ^"S- ^^
Fonti di storia letteraria ; 462
Aetronomi e matematìei sieiliaiii 465
LaTori dì geografia matematica. 464
• Ififliire itinerarie della Sicilia 466
» Scrittori di medicina. Abn-Sald-ibn-Ibrablm 467
Lo Bceriffo Ahmed 470
Altri medici 474
Verso il 4000. Stndii filosofici. Sa'id-ibn-Fethfta da Cordova. 472
> Lettore del Corano ivi
4062 — 'l'IBa. Ibn-Fehhàm 474
m. 4063. Aba-TAher*-Isma'il 475
Verso il 4400. Ibn-Omar e Ibn-Hainn 476
B Altri lettori del Corano 477
» La Tradirione di Maometto , . . . . 479
Verso P84a. Tradinonbtì: il Kalawri. . , ivi
Verso il 900. Abo-Bekr-Temlmi 480
Verso il 4030. AmmAr principe Kelbita ed altri tradisionisti. 484
• m. 4444. Mazarì giarìsta , tradiàonista , teologo e medico 482
m. 4039. Stndii legali. Ibn-Iftnis detto il Siciliano 486
Verso il 4030. Abd-el-Hakk 487
» Altri scrittori e professori di dritto 488
m. 4072. Sementari, giurista e ascetico , 490
Verso il 4040. Ibn-Hamsa 494
» SetU dei Safiti. 492
X e XI Secolo. Safiti SioUiani ; . . . . 493
» Altri ascetici e teologi 494
» Opera di teologia d' Abd-er^Baliman-4Siktlli 495
• Lettere ivi
» Varii filologi e grammatici siciliani o veneti in Sicilia. . ivi
4033 — 4448. KattAni 498
4000 — 4070. Ibn-Resdk . 499
• Falsa etimolopa della voce Sicilia 304
Verso il 4030. Ibn-Abd-el-Berr. . ivi
» Gia'far-ibn-KattA' 305
4044 —4424. Ali suo figlinolo ivi
» Opere d' Ali-ibn-KattA» 307
» Altri filologi 344
Verso il 4070. Ibn-Mekki giurista ed oratore 345
» Prosatori. Hascem-ibD-Iùnis 344
> Altri prosatori. I Segretarii 343
X e XI secolo. Storia. Cronica di Cambridge; Abn-Ali, e pòchi altri. . . 346
n Poesia arabica in questo tempo 347
verso il 4030. Poeti eroici , ossia di KaMe; Ibn-Tùbi ivi
verso il 4040.
4064.
»
4032 — 4444.
4056 — 4433.
»
«»
Veno il 4050.
»
953 — 4400.
X e XI Secolo.
IX e XI secolo.
>| 053— 4060.
4054 —4057.
4053 — 4054.
4054 — 4060.
CONTENUTI NEL SECONDO VOLUME. 561
Ibn-Sebbàgh. Pag. 549
Ibn-BUcir, Billanobi ed altri rifaggiti in Egitto 520
GomanicazioDÌ con la Spagna 523
Aba-l-Arab 524
Ibn-Hamdis 525
Saa descrizione della yita dei gioyani nobili 530
Vanti gaerrieri 532
Carità patria e gindizio scTero su la Sicilia 534
Altri poeti di Koiide 555
Satirici. Ibn-Tazi. 536
E Rozaik 537
Poeti di casa kelbita ivi
Altri prìncipi e magistrati 539
Poeti sa argomenti morali 540
E molti altri 544
Come vadano Radicati i poeti arabi in Sicilia 542
I musici. 544
Epilogo su gli stadii dei Mosolmani di Sicilia fino al con-
quisto 54^
Capitolo XV.
Condizioni e costumi pubblici e cagioni della decadenza. . 545
Grande avvenimento da Affrica 547
Ibn-Tbimna signor di Siracusa occupa Catania ed è rico-
nosciuto prìncipe di tutta V isola 548
Armata siciliana a Susa 550
Meimuna moglie d'Ibn-Tbimna si rifugge appo il fratello. ivi
Guerra tra Ibn-Thimna e Ibn-Hawwasci signor di Castro-
giovanni ^ . . 554
Ibn-Thimna sconfitto ohiama i Normanni ivi
FINE DEL SECONDO VOLUME.
n.
36
AWVBBTBNZA DBIX' AVTOBB.
In cono di stampa del presente yolome , si son pabblicati i testi nella Biblioteca
ÀraboSieula. Mi è parso dan^e, nel IV libro, di dtare la BiUiokea anziché
i MSS. ; e eosì farò nei libri V e VI. Per comodo dei lettori , le pagine di qnei testi
saranno notate nella versione, ^ando m' avrerrà di darla alla Ince.
Pongo qni in fine qualche oorreiione d'error di stampa ed alcune aggiunte.
Parigi, gmnaio 4858.
Pag. lÀtt.
40. 1. Agia«bUi;f aelMliftto
36. 11. « veniMM , p. 128.
37. 18. origiM Ulint.
50. 13. (903)
75. Un. ult. pncadente, p. 58.
92.
32.
agosto. Cui
160.
31.
epùt 75.
178.
38.
riòiPi
'i14.
21.
tratto e ti dilegua alla
258.
6.
Pertbè Mootria non fu*
bieoeea da Mhiavi o da li-
berti fu lasciata al certo la
popolaiiooe agricola nel
contado, e la gente minata,
mercatanti o arteSd , nella
citU.
263.
276.
22.
19.
toglie
a lAardg
Aghlabiti; t di totte le citU dUOrtea nei primordii deUa
dinasUa fatemita (a); dd califato
{a) Il MiAii nsaTa far leggere i saoi rescritti e cttIsì
di vittorie nella feauP di dascena cittk. Baióit, testo,
tomo I , anni 290 a 800.
e versione, p. 128. Si vegga anche Edrisi, versione di
M. Jaobert, tomo I, p. 275. li Mtnùid, di lakAt, edi-
sioni di Leyde, tomo III, p. 150, nota nna fortesn Min-
«ei<fr presso PBofirate.
origine latina.
XIII. MuUtno, nel fendo del Landre (vai di Muara),
dUto da Tinabianca, Skttia mobile, tomo n, p. 345.
Media era nome di tribù berbera, secondo Ibn-KddAn,
HUtoire du Btrberu, tomo I, p. 241 della versione,
e 1, 158 dd testo.
(000)
precedente, p. 68. Debbo avvertire che secondo nna va-
riante proposta dal prof. Fldscher nd testo di Nowairi,
invece di "malattia bUiosa* d dovrebbe tradarre "gli si
fece incontro con vestimenta negre." BlbUoueaAraào-
Sie»la, testo, p. 451, e Introdadone, p. 68. Ma non n'è
certo qod dotto orientaUsta ; né io.
agosto e in novembre. Col
epist. 75. Altri divieU simili ai Venedani neU'887 e 960
sono notati dal Mnratori, AmuUì d*luUia, 900.
robd'i
tratto alla
Perohè Moeida non foese nna bicocca , d laadò al certo
la popoladone agricola nd contado, e la gente minata,
mercatanti o artefici, ndla citlk, da scliiavi o da liberti.
tagliare
e tìtarag
Pag.. Lim.
302. 2.
criftUna. Né
ertstUna; « U nidtiilM tcMIcÙM riìforiU d* Bokri & ,
inv«ee d Aristotile, il nome di Gtleno , che da Roma
andaMe a IroTare i Crbtiani ia Siria, e foese morto, in
tiaggio,ia8icUia(a). Né
\a) Ibn-Scebbàt , nella BiblioUta Anòe-Sieuia. te-
tto, p. 210.
323. 4.
e quei
0 qnei
334. 30.
Reèd'i
Rabici
» 31.
par che valeisa
valeva
378. 13.
Bfinleee
Maniaca*
» 2C.
da Sicilia
in Sicilia
382. 26.
Si
*Si
417. iin. ult.
Abn-AU
Aba-Ali
431. :: 15.
ain
Olir,
»
le note 2 3 4 t'ùwtrtano coti:
34 2
446. 13.
Si
«Si
450. 4.
franca
franco
460. 19.
rtbd'i
robó'i