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STORIA
DELLA
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FRA
. CHILI, IL PERÙ E LA BOLIVIA
dell' avvoca ro
rOMMASO CAI\ ANO
CON CNA CARTA GEOGRAFICA
1 ORINO
ERMANNO LOESCHER
ROMA - FIRENZE
1882
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X STORIA "^^
DELLA
GUERRA D'AMERICA
FRA
IL CfflLI. IL PERÙ E LA BOLIVIA
deix'avvocato
TOMMASO CAIVANO
CON UNA CARTA GEOGRAFICA
TORINO '■* ^
ERMANNO LOESCHER
ROMA - FIRENZE
1882
PROPRIETÀ LXTTERARU
Diritti di riproduiient t Iradtaieiu riiervati
- Fircnu, Tip. deU'ARc dilU Stam[M, Vii Pindol
ALLA
MIA DILETTISSIMA FIGLIA
BLANCA-LUISA
PREFAZIONE
noi europei, per la generalità
meno, l'America, quella del Sud
rincipalmente, è sempre il nuovo
londo; ossia un qualche cosa
di lontano e d'ignoto, d'incomprensibile, di
fantastico, di cui siamo predisposti a cre-
dere tutto quello che ci si dica, per quanto
ci appaia e sia in realtà strano ed assurdo ;
un paese infine, di cui abbiamo poca o nes-
suna stima, e che perciò nessuno si sorprende
di trovare ora nobile e grande, ora piccolo,
triviale, meschino, ridicolo.
PREFAZIONE
E tutto ciò perche e un paese che poco
o malamente si conosce ; perchè generalmente
l'America non è nota che per le insulse e
false relazioni che ventilano al loro ritorno
in patria i più rozzi e volgari emigranti eu-
ropei ; i quali, nulla realmente conoscendo di
essa, nella quale vissero più o meno da quei
tapini che erano, desiderosi di darsi una certa
importanza coi loro racconti, o inventano
assurde fole che spacciano come altrettante
verità, ovvero parlano ingenuamente, alla
rinfusa, di cose che videro appena e male, e
che non seppero né potevano comprendere.
Nondimeno, scoperta da ben oltre quattro
secoli, è già un pezzo che l'America ha ces-
sato di essere un paese nuovo. Essa ha, con
poche differenze, il medesimo organismo so-
ciale della nostra vecchia Europa, le mede-
sime abitudini, le medesime virtù ed i me-
desimi vizi, salvo la gradazione più o meno
manifesta di questa o quell'altra speciale
abitudine o costumanza, di questa o quell'al-
tra qualità buona o cattiva.
PREFAZIONE
Nel SUO insieme, l'America non è che un
semplice riflesso dell' Europa ; ed era ben natu-
rale, anzi necessario che cosi e non altrimenti
fosse, tenuto calcolo delle intime e continue
relazioni che essa ha ed ha sempre avuto col-
r Europa, fino dall'epoca della sua discoperta.
^Questa odierna civiltà, di cui l'Europa è
giustamente tanto fiera, e che dovè crearsi
da se con un lavorio necessariamente lento
e faticoso, l' America l' ebbe tutta beli' e fatta,
e senza che le costasse fatica alcuna, importata
qual essa fu dalla stessa Europa; e se in qual-
che sua parte la si trova più o meno svisata o
incompleta, è per ciò appunto che trapiantata
colà tutta d' un pezzo, non ebbe il tempo suf-
ficiente di andar man mano preparando gli
animi dapprima, per quindi posarsi su solida
base. Come tutte le cose fatte alla lesta, l' as-
similazione non potè riuscire uniforme e com-
pleta a primo getto, e rimasero qua e là dei
vuoti, delle false pieghe che il tempo ed il
lavoro proprio dell'esperienza andranno a
poco a poco colmando e raddrizzando.
IO PREFAZIONE
L'immigrazione europea, i libri e gli in-
segnanti europei, e le frequenti visite che gli
americani fecero e fanno sempre all'Europa,
sia per semplice svago e curiosità di vedere,
sia per educarsi ed istruirsi nei collegi e
nelle università europee, furono da gran
tempo e sono oggi ancora le tre grandi cor-
renti, per mezzo delle quali la civiltà europea
si diffuse e si diffonde giornalmente nelle
vaste regioni dell'America; sicché per col-
locarsi alla stessa altezza, o press' a poco,
dei popoli europei, quei d'America non do-
verono fare altro che educarsi alla scuola di
quelli.
Per poter convenientemente seguire e com-
prendere lo svolgimento della Guerra del
Pacifico in tutte le sue diverse fasi, princi-
piando dalle cause che la originarono, bisogna
quindi cominciare innanzi tutto col fare mag-
giore stima di quella che generalmente si fa
in Europa delle repubbliche belligeranti; e
smettere una volta per sempre l' erronea pre-
venzione che sia lecito di accettare come
PREFAZIONE 1 1
possibile e come vero tutto quanto di più
strano ed inverosimile si dica di esse.
La Guerra del Pacifico offre aspetti com-
pletamente diversi ed opposti, secondo il di-
\erso punto di vista nel quale si collochi
l'osservatore.
Per colui che solo si arresta alla super-
ficie delle cose, che si contenta di leggere da
lontano le spesso erronee relazioni dei gior-
nali sui movimenti e gli scontri degli eser-
citi combattenti, senza occuparsi d' altro, non
è che un semplice cattivo giuoco infantile,
nel quale hanno trovato posto a vicenda
piccole scene di valore, di audacia, di cru-
deltà, di insipienza, d' inettezza, di confusione.
Per chi poi sereno e riflessivo si faccia a
studiare le cause generali e le speciali dei
singoli avvenimenti, la cosa muta completa-
mente d' aspetto ; e si troverà che la Guerra
del Pacifico contiene in se grandi e positivi
insegnamenti, che i popoli tutti di Europa
e d' America farebbero bene a non dimenti-
care giammai.
12 PREFAZIONE
Noi che abitammo per più anni 1^ America,
che avemmo occasione di conoscere e stu-
diare intimamente i paesi dei quali siamo
per parlare, che li visitammo ancora una
volta con animo attento e investigatore du-
rante lo scorso periodo della loro lunga e
funesta guerra, non ancora spenta del tutto;
noi che abbiamo potuto apprendere da vicino
e quasi toccar con mano la grande impor-
tanza che quei paesi hanno ed avranno ogni
giorno di più per V Europa, per i tanti suoi
figli che questa vi ha e vi manda tutti gli anni,
e pei tanti e cosi gravi interessi commerciali
che esistono fra ambi i continenti e che il
tempo è chiamato ad allargare e rafforzare
continuamente, abbiamo fede di rendere non
lieve servigio a tutti coloro cui le cose d'Ame-
rica sono a cuore, riferendo in succinto, ma
con tutta esattezza e verità, la storia della guerra
che ha desolato e desola quelle contrade.
Diverse e complicate quali sono le cause
da cui nacque il conflitto fra le tre repub-
bliche, andrebbe assi errato colui che credesse
PREFAZIONE 13
di vederle in delerminati avvenimenti più o
meno incidentali e prossimi alla rottura delle
ostilità. Esse scaturiscono invece da una serie
di fatti e prossimi e remoti, di cui bisogna
cercar la fonte nel carattere, nelle tendenze
e nelle speciali condizioni di ciascuno dei tre
paesi; e solamente colla scorta di un accu-
rato esame della vita sociale, economica e
politica di quelli, di qualcuno principalmente,
puossi arrivare alla conoscenza certa e sicura
di dette cause. Questo appunto è quello che
noi ci proponiamo di fare nei primi quattro
capitoli del presente lavoro, dopo di aver
discorso dei semplici pretesti del momento,
solo per convincerci della loro insussistenza,
che a prima vista potrebbero prendere il posto
di quelle.
Nei capitoli restanti ci occuperemo della
guerra propriamente detta, senza farci troppo
distrarre dagli spesso insignificanti movimenti
degli eserciti, per concentrare di preferenza la
nostra attenzione sui veri fattori delle vittorie
e delle disfatte.
14 PREFAZIONE
E poiché la guerra non può dirsi defini-
tivamente terminata per anco, non ancora
essendo apparso il Trattato di pace che deve
chiudere la trista sua epoca, porremo ter-
mine per ora alla nostra Storia colla resa
di Lima.
Saranno poi argomento ad altro volume
gli avvenimenti posteriori alla resa di Lima
fino alla conclusione del trattato di pace,
nonché la nuova sorte che verrà fatta a quei
paesi dall'esito finale della guerra, e il pro-
babile loro avvenire.
Picerno, aprile 1882.
Avv. Tommaso Caivano.
#
causs della guerra fra !l chiù
E La BOLIVIA
SOHMARIO
I. Maoifesto del Governo del Chili per l'occupazione di uds
ptrte del territotio boliTinno e Contro-Maaifesto delta Bo-
Imi. - Limiti delle Colonie spagonoU fino al iSio. - Silua-
lionc del deferto boliviano di Atacam» fra il Perù e il Chili -
Piove storiche e geDgrafiche del confine del Chili al fiume
Papoio 0 Salato, glui^ta il princìpio AeW uli peisidclis ameri-
Caao. - L' Atacama fa legittimamente posseduto dalla Kolivia
fino al 1842. -• Come il Chili nsurpò tina parte del deserto
di Atacama nel 1S42, - Vane rimostranie della Bolivia e
pnmo Trattato di confini. - Società fra il Chili e la Bolivia
togli utili di esportazione del guano e dei minerali, a vantag-
ffo del Chili. - Nuovo Trattato del 1874 e 1875, pure vantag-
pma al Chili. - g. z. Il governo illegale di Melgareio concede
l'oso di una parte del deserto di Atacama alla Seàtdad Esplo-
tiétra. - L'Assemblea Naiionale anoutla gli alti di Melga-
lejotqubtionie richiaini che ne nascono con le Società succeue
CAUSE DELLA GUERRA
alla prima. - TraDsazione ed imposta di i
n^one. - La Soctetì ricorre al Chili. ~ Negoziati Ira la Bo-
livia ed il Chili. - Quittioae dell' arbitrato. - Negata dalla
Società Esploladora \ imposla arretrata, la Bolivia dichiara re-
scissa la Ttansuione, e decreta che sia reso libero il terreno
occupato. - La Societ.\ non se De richiama ai Tribunali. — Il
Chili dichiara rotto il Trattalo di confine: immediata occupa-
lione d'Anlofagssta. - Come il ChiI! ia giustificn. - La Bolivia
DOD provoca il Chili nelle trattative coq la Società. - Ragione
dell' occupanione d'Aiitofagasla. — Il titolo specioso di riiren-
dkatisiu non regge, pcichi il Cbin non ebbe mai il dominio
di quella regione.
L Manifesto del i8 febbraio 1879, col
quale il Ministro degli Affari Esteri del
ChiPi esponeva alle Nazioni amiche i mo-
tivi che avevano in Jotto il suo Governo a
rompere le amichevoli relazioni col Go-
verno di Bolivia, comincia colle seguenti parole: « Il 12
del presente mese S. E. il Presidente della Repubblica
ordinò che alcune forze nazionali si trasferissero sulla
costa del deserto di Atacama, per rivendicare ùd occu-
pare in nome del Chili, i territorii che possedeva prima
di conchiudere con la Bolivia i Trattati di limiti del 1 866
e del 1874 * « Cinquanta ore più tardi (il i4 febbraio)
la legge chilena imperava in quella regione, ponendo
sotto la sua protezione gì' interessi chileni e stranieri,
senza spargere una sola goccia di sangue.... d
Il Contro-Manifesto che a sua volta dirigeva alle Po-
tenze amiche, in marzo dello stesso anno, il Ministro
degli Affari Esteri di Bolivia, principia: « 1 gravi avve-
FRA IL CHILt E LA BOLIVIA 17
nimenti del i4 febbraio ultimo, di tanta importanza
pel Continente Americano, mi pongono nella penosa
necessità di dirigermi alla S. V. per manifestarle l' in-
giustizia e V oltraggiarne violenza con che il Governo
del Chili occupò a mano armata la parte del litorale
boliviano compreso fra i gradi 23 e 24 di latitudine
australe, impossessandosi delle importanti località di An-
tofagasca, Mejiliones e Caracoles, tre fonti di ricchezza
pei loro prodotti naturali di salnitro, guano, metalli di
argento e di rame, ed altro.... L' aggressione del Chili
in piena pace, senza previa dichiarazione di guerra né
altro tramite, e pendenti ancora le trattative iniziate
in questa città dal signor Incaricato d'Affari del Governo
chileno, non poteva che sorprendere il mio Governo e
trovarlo in una completa imprevisione.... »
§1
PRIME ORIGINI
Quando nel primo quarto del secolo, le diverse Co-
Ionie delPAmerica spagnuola scossero il giogo iberico
per erigersi in Repubbliche indipendenti, ciascuna
di queste accettò come suoi confini naturali, quei
medesimi che nel lungo periodo coloniale erano as-
segnati dalla Spagna alla rispettiva Colonia da cui era
sorta. E poiché l'anno 1810 fu l'ultimo nel quale
la Spagna esercitò incontrastato il suo dominio colo-
niale, le novelle Repubbliche americane adottarono come
loro diritto pubblico, in fatto di limiti. Muti possidetis
i8 CAUSE DELLA GUERRA
del detto anno 1810; secondo il quale, come è detto
dalla Cancelleria di Santiago: « Le Repubbliche ame-
ricane ebbero per limiti, quei medesimi che corrispon-
devano alle delimitazioni coloniali da cui si forma-
rono (i). »
Le Repubbliche dell'Argentina, del Perù e del Chili,
venute dai Vice-Reami di Buenos-Ayres e del Perù e
dalla Capitanìa Generale del Chili, riconobbero rispet-
tivamente come proprii confini, quelli che tali do-
minii spagnuoli godevano nel 18 io. La Repubblica di
Bolivia, nata posteriormente da due frazioni delle Re-
pubbliche del Perù e dell'Argentina, ossia dei due Vice-
Reami del Perù, e di Buenos-Ayres, ebbe per proprii
limiti al sud, nel versante del Pacifico, quelli dell'an-
tico Vice-Reame del Perù, confinanti coU'antica Capi-
tanìa Generale o Regno del Chili, ed entrò perciò,
rispetto alla Repubblica del Chili, sotto l'impero del
diritto pubblico eimQrìcano déiV uti possidetis dtl 18 io.
Quali erano nel 1810 i limiti che separavano il Vice-
Reame del Perù dal Regno o Capitanìa Generale del
Chili, divenuti dipoi i limili reciproci delle Repubbliche
della Bolivia e del Chili?
Anzitutto conviene qui avvertire che il deserto di
Atacama è una vasta estensione di terra, che si pro-
lunga sulla costa dell'Oceano Pacifico dal fiume Loa
al fiume Salato, fra i paralleli 21® 3o' e 25® 3o' ap-
prossimativamente; e che prende il suo nome dalla
(i) Manifesto del Governo del Chili, 18 febbraio 1879.
FRA IL CHILt E LA BOLIVIA 19
piccola città Boliviana di Atacama, sita al nord del
Loa, in prossimità del deserto.
Le famose Capitolazioni della Corona di Spagna con
i primi conquistatori dell'America del Pacifico, Pizarro
ed Almagro, determinavano che il Vice-Reame del Perù
si estenderebbe fino alla località di Copiapó, da dove
comincerebbe la Capitanìa Generale del Chili; sicché
rimaneva designata la linea che dava principio alla
valle di Copiapó, sita nel grado 27^ di latitudine au-
strale, come ultimo limite reciprocamente delle due
Colonie spagnuole. Questa stessa delimitazione fu ri-
petuta posteriormente dalla Spagna, nella prima prov-
visorie che La-Gasca faceva a favore di Valdivia del
territorio del Chili: ma in seguito, nella seconda jttov-
visione fatta dal medesimo La-Gasca, piacquegli di
estenderne i confini al nord di Copiapó fino al Pa-
poso, miserabile casale posto sulla sponda meridionale
àdFìume Salato; rimanendo perciò WàtixoFiume Salato
oPaposo, che così si chiamò pure, come ultimo limite
rispettivamente delle due Colonie del Perù e del Chili,
che si estendevano P una al nord e l' altra al sud di
esso (i). I>on Pedro de Valdivia, fondatore di Santiago
del Chili, nella lettera colla quale faceva air Impera-
tore Carlo V la relazione della sua spedizione al Chili,
diceva fra le altre cose: « Camminai dal Cuzco fino
alla valle di Copiapó, che è il principio di questa terra,
passato il gran deserto di Atacama (2). »
(i) Questi dati li abbiamo presi dal Manifesto sulla Guerra
della Cancelleria di Bolivia, 31 marzo 1879.
(2) Collez. Docum. Ined. Mendoza, tomo 4, pag. 6.
20 CAUSE DELLA GUERRA
Questa linea di delimitazione non fu mai più in nes-
sun senso modificata dalia Spagna. Anzi, essendo av-
venuto che sulla fine del secolo xviii la Capitanìa Ge-
nerale del Chili fondasse al di là del Fiume Salato,
nel territorio del Vice-Reame del Perù, una stazione
di Missionarii, dipendente dal Vescovado di Santiago^
la Corona di Spagna ordinò, con Real Cedola del io ot-
tobre i8o3, che detto territorio, abusivamente messo
sotto la dipendenza delle Autorità di Santiago, dovesse
reincorporarsi al Vice-Reame del Perù, al quale appar-
teneva, fino al Fiume Salato, o Paposo. 11 Chili non
nega V esistenza di questa Real Cedola : dice solamente,
nel citato Manifesto del i8 febbraio 1879, che essa non
fu eseguita, e che perciò devesi considerare come non
data. Ma ciò non è che una semplice asserzione gra-
tuita, non corroborata da nessuna prova.
Se poi lasciamo da un lato i dati ufficiali per ri-
correre alla storia, troviamo che questa ci parla assai
più chiaro ancora.
Alonso Ovalle, celebre gesuita chileno, nella sua Re-
lazione Storica del Regno del Chili, stampata a Roma
Tanno i64i, dice: a II Regno del Chili comincia nel
25^ grado, ai suoi confini col Perù, dal fiume che chia-
mano Salato. 1 Capit. 8, p. 20.
Il P. Pedro Murillo Valverde della Compagnia di
Gesù, nella sua Geografia Historica, stampata a Madrid
l'anno 1762, scrive: « Il Chili confina colle Charcas ed
il Perù, da cui lo separa il Fiume Salato, che si sca-
rica fra Copiapó e Atacama. » (Cap. g^ p. 3oi). Poco
appresso alla pagina 3i4, soggiunge: « Nella costa dal
FRA IL CHILt E LA BOLIVL\ 21
nord al sud si trova il fiume del sale, o Salato, nel
25"> lai. dove finisce il Chili. »
Don Bernardo Carrasco, Vescovo di Santiago, nella
5ua Lettera Pastorale del 1688, stampata a Lima
Tanno 1764, diceva: t Noi abbiamo visitato personal-
mente tutto il nostro Vescovado, che ha una lunghezza
di oltre 3oo leghe, dall'isola del Maule che è al sud,
fino alla provincia di Copiapó, situata al nord e con-
finante col Perù. >
Antonio Alcedo, nel Diccionario de las Indias Oxci-
dentales, Madrid 1781, cosi si esprime: « Atacama —
provincia e distretto del Perù, al sud, nel quale è
un deserto fino a Copiapó, confina col Regno del
Chili. .
Ecbard, nell'appendice al tomo i^ del Diccionario
GeograficOj edizione di Madrid dell'anno 1795, dice:
• Atacama — deserto dell'America meridionale, nel Re-
gno del Perù, verso quello del Chili. »
J. Pouchet, Dictionnaire Universel de la Géographie
Commercante, Paris 1800, Articolo Chili: f II Chili si
trova limitato al nord dal Fiume Salato, che lo separa
dal Perù.... Dalla Baia di Nostra Signora (dove sbocca
li fiume Salato) che separa il Perù dal Chili, vi sono
nno a Copiapó 33 leghe. »
Juan Mackenna, nella Memoria presentata nel no-
vembre 181 o al Municipio di Santiago, da cui aveva
ricevuto incarico di studiare un Piano di difesa del
Onlìy così parla : « Il Regno del Chili è compreso fra
i gradi 25** 3o' e 53® 3o'. I suoi confini sono i seguenti:
al nord, il deserto di Atacama; al sud.... i Juan Mac-
22 CAUSE DELLA GUKRRA
kenna fu uno dei più illustri fondatori della Repubblica
del Chili, padre del vivente Benjamin Vicufia Mac-
kenna, uno dei più belli ingegni di quel paese.
Melchor Martinez, nella sua Memoria Historìca
sobre la Revolucion de Chile, scritta nel i8i5 per or-
dine del Capitano Generale del Chili, dice: « I limiti
del Chili sono al 25® grado, là dove è il fiume Salato,
e dove comincia il deserto di Atacama. >
Il documento storico di maggiore importanza invo-
cato dal Chili nel Manifesto sulla guerra, è la Carta
sferica delle coste del Onltj rilevata nel 1790 e presen-
tata al Re di Spagna nel 1799 dal Segretario di Stato
per gli Affari di Marina, nella quale i limiti del Chili
trovansi segnati ai gradi 22° e 38**. Ma è da avvertire,
come dice lo stesso suo titolo, che non trattasi se non
di una semplice carta idrografica, il cui unico scopo
è quello di fissare la configurazione delle coste per uso
dei marini; e che perciò, non essendo destinata a se-
gnare i limiti territoriali, se non come un semplice
particolare di nessuna importanza per essa, l'autore
non vi pose nessuna cura, da cui nacque l'errore; er-
rore che implicitamente riconosce lo stesso Chili, poi-
ché i suoi limiti boreali, stando a tale carta, correreb-
bero fino al parallelo 22^, ossia più in là ancora delle
stesse sue pretensioni rivendicatone.
Ma avvi di più: a fronte di questa semplice carta
idrografica trovansi le carte geografiche di maggior
credito, cosi antiche come moderne, che tutte d'ac-
coralo collocano i limiti tra il Perù ed il Chili nel fa-
moso Fiume Salato, da esse tutte posto, colla diffe-
FRA IL CHILt E LA BOLrVL\ 23
reoza di qualche secondo Tuna dall' altra, nel grado 25^
e 2S'' 4o'. Citeremo fra le tante:
La Carta del Chili, pubblicata nel i656 da M. Sam-
son d'Abberville, geografo del Re di Francia.
n grande Atlante Storico di M. Gueudeville, Am-
sterdam 1732.
La Gran Carta di Sud-America, eseguita per ordine
del Re di Spagna da Don Juan Cruz Cano e Olmedilla
nel 1775, generalmente considerata come quasi ufficiale.
Le Carte dell'Istituto Geografico di Weimar, pub-
blicate nel 1809 ^ 1823.
La Gran Carta di Sud-America pubblicata a Londra
da Arrowsmith nel 1810, ossia nell'anno medesimo
dell' uti possidetis americano.
Il grande Atlante Universale di Vandermaelen - Bru-
xelles, 1827. E così tante e tante altre che sarebbe
luogo citare, e che tutte unanimemente pongono al
Fiume Salato i limiti del Chili.
Il deserto di Atacama è un solo e indivisibile terri-
torio. In tutta la sua lunga estensione di quattro gradi
astronomici non vi è un solo fiume, non un semplice
burrone, canale o linea apparente qualsiasi che potesse
servire C9me segnale di qualche sua divisione. Esso
non ha che due soli e meschinissimi fiumi ai suoi
due estremi: il fiume Loa al nord, ed il fiume Pa-
poso o Salado al sud. Il Loa, da dove comincia il
deserto, forma la linea di confine tra il Perù e la Bo-
livia; ed il Paposo o Salado, dove esso deserto termina,
costituì sempre indisputato ed indisputabilmente fino
al i842, la lìnea divisoria tra la Bolivia ed il Chili ;
2. — OiVAKO, Giurra if America.
24 CAUSE DELLA GUERRA
quella stessa linea di confine cioè che, durante la do-
minazione spagnuola, divideva il Vice-Reame del Perù
dalla Capitanìa Generale del Chili. A prescindere an-
che dai documenti ufficiali già menzionati, che pone-
vano nel Vice-Reame del Perù tutto il deserto di Ata-
cama, a qual prò avrebbe dovuto la Spagna dividere
fra le due sue colonie del Perù e del Chili, composte
entrambe di immensi territorii per nove decimi e mezzo
disabitati, una vasta estensione di deserto inabitabile
che non ofifriva nessuna utilità, e che non si prestava
a divisione alcuna? Questa indivisibilità del deserto
di Atacama è tanto certa e patente che, quando più
tardi, per cedere alle pretensioni del Chili oggi rinno-
vate, si pensò dividerlo fra il Chili e la Bolivia, come
diremo appresso, fu necessario ricorrere al cielo per
trovare una linea divisoria, e fissarla nientemeno che in
quella completamente astratta per la terra, di un pa-
rallelo.
Il fìume SalatOf o Paposo, fu adunque fuori di ogni
dubbio la linea di confine data dalla Spagna alle sue
colonie del Perù e del Chili fino al 1810, il cui statu
quo costituisce rwft'j^o^^irfe^t^ adottato dalle Repubbli-
che americane. Ciò è tanto certo che la stessa Repub-
blica del Chili fu la prima a riconoscere un tale ordine
di cose nella Carta fondamentale dello Stato, fin dal
primo suo sorgere alla vita autonomica di Nazione li-
bera e indipendente.
La prima Costituzione della Repubblica del Chili,
dell'anno 1822, dice: t II territorio del Chili conosce
FRA IL CHILt E LA BOLIVIA 25
per limiti naturali, al sud il Capo di Homo, al nord
il deserto di Atacama. >
Seconda Costituzione dell'anno i823: e II territorio
del Chili comprende dal Capo di Homo fino al de-
serto di Atacama. >
Nella Relazione della Commissione che compilò la
Costituzione del 1828 è detto: e La Nazione Chilena
si escende in un vasto territorio limitato al nord dal
deseno di Atacama. »
La Costituzione vigente del i833, dice: e II territo-
rio del Chili si estende dal deserto di Atacama fino
al Capo di Homo. »
Nella sua poco invidiabile qualità di deserto, per se
stesso inabitabile, quello di Atacama non fu altrimenti
considerato, fino al i842, che come un pezzo di terra
maledetta, da cui ognuno era obbligato a fuggire: in
tutta la sua vasta estensione di più gradi geografici, non
ospitava che appena cinque meschinissime borgate, due
nel cosi detto Atacama alto, Calama e Chiuchiù, e tre
ntìSL Atacama basso, che scende al mare, Cobija, Toco-
piUa e Mejillones, poste sulle piccole baie dello stesso
nome: Antofagasta e Caracoles sorsero dipoi. La Re-
pubblica di Bolivia vi esercitò senza contrasto fino
al i842, tutti quegli atti di giurisdizione nazionale
eh' eraoo possibili su di un territorio in massima parte
disabitato; e l'autorità boliviana di San Fedro de Ata-
cama (anticamente San Francisco), borgata posta sul
Loa e capitale della provincia di Atacama, aveva
sotto la sua giurisdizione Calama, Chiuchiù e tutta la
pane di Atacama aliOy mentre dall' altra autorità boli-
26 CAUSE DELLA GUERRA
viana di Cobija dipendevano Tocopilla, Mejillones e
tutto YAtacama basso; sicché il possesso dèi deserto,
quest'unico segno esterno della proprietà, non fu te-
nuto fìno al i842 che dalla sola Bolivia.
Ma ecco che nell'anno i842, dopo la famosa sco-
perta del guano del Perù, che tanta gelosa invidia su-
scitava nei più o meno poveri vicini, una voce, prima
di semplice desiderio, poi di affermazioni più o meno
sicure si diffonde nel Chili, che simili depositi di guano
erano pure in abbondanza su tutta l'arida costa chi-
lena, che da Caldera s* inoltra fìno ai confini di Boli-
via. Il Governo della Repubblica, premuroso sempre di
aumentare le fonti della pubblica ricchezza, non rimase
sordo a questa voce: e spedì prontamente un'apposita
Commissione nei luoghi indicati, onde sapere a che
attenersi.
Questa Commissione, con quello spirito di ricerca e
d'avventura tanto pronunziato del carattere chileno,
partendo da Caldera, andò sempre innanzi su di una
costa disabitata, nella quale nessuno poteva trattenere
i suoi passi, fìno a che ebbe trovato dei depositi di
guano, senza punto curarsi di sapere se il suolo che
calcava era o no chileno : entrata senza contrasto nel
solitario deserto di Atacama, giunse per tal modo
fino al Morrò di Mejillones, nel grado 23° 6' di latitu-
dine australe. E poco più tardi una legge della Re«
pubblica, del 3i ottobre i842, dichiarava proprietà dello
Stato tutti i depositi di guano esistenti sulla costa del
deserto di Atacama; legge alla quale tenne dietro al>
tra che aggiungendo una nuova Provincia alle dodici
FRA IL CHlLt E LA BOLIVIA 27
di cui prima si componeva la Repubblica, creava la
COSI detta Provincia di Atacama.
Il Governo di Bolivia, non appena ne ebbe notizia, re-
clamò vivamente contro l'usurpazione di territorio consu-
mata a suo danno con siffatte leggi, alle quali seguirono
presto le vie di fatto: ne altro poteva fare pel momento;
poiché disgraziatamente per la Bolivia, la situazione to-
pografica del deserto di Atacama è tale da rendere quasi
impossibile la difesa delle sue coste, fuorché dalla parte
del mare, per mezzo di una fiotta. Distanti dal centro della
Repubblica di oltre 200 leghe, delle quali un centinaio e
più di deserto impraticabile e mancante di ogni qualsiasi
risorsa, principalmente d'acqua, un esercito non vi si po-
trebbe recare che con grandi sacrifizi e grandi spese, assai
superiori alle forze della Bolivia. E poiché questa non
aveva allora, come non ebbe mai, neanche il più me-
schino legno da guerra, trovavasi compl^mente im-
potente a difenderlo contro il Chili, il quale sfruttava
alla meglio, sotto la protezione della propria flotta, i
depositi di guano di cui erasi impossessato (i). Limi-
tossi quindi ad avvivare sempre più i suoi reclami di-
plomatici, che la Cancellerìa di Santiago menava con-
tinuamente per le lunghe; fino a che, rigettata da questa
la proposta più volte ripetuta dai Plenipotenziarii boli-
viani di sottomettere la vertenza alla decisione di arbitri,
il Congresso di Bolivia ordinò al Governo con legge del
(i) Dal 1842 al 1857, la sola dogana chilena di Valparaiso,
seaza contare le altre, rilasciò 113 licenze a legni di diverse
nazionalità per caricar guano nelle varie rade della costa del de-
serto di Atacama.
28 CAUSE DELLA GUERRA
25 giugno i863, di dichiarare la guerra al Chili, « per
la commessa usurpazione di territorio dal Papx)so, o
tìume Salato, a Mejillones; » ossia dal grado 25^ 3o' ap-
prossimativamente, fino al 23°.
Questa minaccia di guerra non fu portata ad effetto.
Sopravvennero le complicazioni colla Spagna, che ob-
bligarono le Repubbliche del Pacifico a stringersi in
alleanza fra loro, onde resistere ad un nemico comune;
e sotto r influenza di queste nuove circostanze, furono
riprese le amichevoli trattative fra le Repubbliche di
Bolivia e del Chili; trattative da cui nacque il io ago-
sto i866 un Trattato di limiti che chiuse ogni vertenza
a questo riguardo, determinando il parallelo 2^^ dì la-
titudine meridionale come limite inalterabile fra le due
Repubbliche; sicché fu giuocofòrza al Chili abbando-
nare ogni pretensione e ritirarsi dal territorio compreso
fra i gradi. 24° e 23°, fin dove era corsa la sua usur-
pazione dell'anno 1 842. Nondimeno, non senza ripor-
tare grossi e positivi guadagni esso firmava un tale
Trattato, dovuto piii che altro alla quasi impossibilità
nella quale si trovava la Bolivia di fargli la guerra, ed
alla speciale natura del Governo con cui trattò : il
Governo dittatoriale del generale Melgarejo, nato da
una rivoluzione di quartiere, e che poco o nulla sì
preoccupava dei veri interessi della Nazione (i).
(i) La conclusione di questo Trattato fruttò a Melgarejo la
nomina di Generale di Divisione del Chili, e la protezione del
Governo chileno contro i nemici interni di Bolivia, per mante^
nersi nell'usurpato potere. (Vedi: JULlo Mendez, Rtalidad dil
Equilibrio Hispano- Americano, p. 48.)
FRA IL CHILt E LA BOLIVIA 29
Coli' articolo secondo di questo medesimo Trattato si
stabiliva pure che il Chili e la Bolivia dividerebbero in
pani uguali fra loro i prodotti doganali dell' esporta-
zione del guano e dei minerali estratti dalla zona di
territorio compresa fra i gradi 23^ e 23°; costituendosi
così fra i due paesi una specie di società di utili e
profitti, nella quale ciascuno di essi poneva un grado
del proprio territorio : la Bolivia dal grado 23° al 24°, ed
il Chili dal 24° al 25^
Il Chili adunque, oltre ad aver guadagnato tutto il
territorio compreso fra i gradi 24 e 25, che era pro-
prio ed esclusivo di Bolivia, giusta il principio ame-
ricano dell' uti possideiiSj aveva pure guadagnato per
soprappiù di entrare in società con quella, sui pro-
venti fiscali di tutta la zona del deserto, compresa
fra i gradi 23° e 25°: società nella quale esso non con-
tribuiva se non col grado medesimo di territorio tolto
alla Bolivia, e che era affatto improduttivo, mentre le
ricchezze fino allora scoperte del deserto, erano tutte
situate nel territorio rimasto alla Bolivia fino al grado
24^; sicché il Chili, anche riguardo alla società, rice-
veva senza dare (i).
(i) Il giornale La Tribuna di Buenos-Ayres, nel far la storia
àt\ Trattato del 1866, diceva in un notevole articolo del 27 feb-
braio 1879: « ...Poco lavoro costò l'ammansire Melgarejo e go-
vernarlo con redini d'oro.... Ecco l'origine del Trattato del 1866.
Questo Trattato consegnò al Chili in pieno dominio tre gradi del
littoiale boliviano (stando ai primi limiti chileni fìssati nel grado 27)
con un quarto grado in società di profitti; e così il Chili per-
venne a legalizzare innanzi alla diplomazia, non innanzi alla co-
30 CAUSE DELLA GUERRA
Ma questo strano patto di società, che alcuno fra i
più distinti uomini politici del Chili chiamava V ultima
espressione deW assurdoy divenne fino dai primi mo-
menti, per la sua diffìcile attuazione, una fonte inesau-
ribile di reclami e di discordia fra i due paesi; i quali
convennero finalmente di addivenire ad un nuovo Trat-
tato che riformasse quello del 1866.
Di questo nuovo Trattato, che porta la data dell'ago-
sto 1874, trascriveremo qui gli articoli principali:
€ Art. i^ — Il parallelo del grado 24®, dal mare fino
alla Cordigliera delle Ande nel divortia aquarum, è il
limite fra le Repubbliche di Bolivia e del Chili. >
« Art. 4^ — I dritti di esportazione che s' impongano
sui minerali estratti dalla zona dì terreno, di cui par-
lano gli articoli precedenti (fra i gradi 23° e 25® della
società, in parte mantenuta del Trattato del 1866) non
eccederanno la quota che attualmente si esige; e le
persone, le industrie e i capitali chileni non andranno
soggetti ad altre contribuzioni, quale che sia la loro
classe, oltre quelle che esistono presentemente. La stipu-
lazione contenuta in questo articolo durerà pel termine
di 25 anni. »
Trattato complementare del 1875 : « Art. 2® — Tutte
le questioni a cui dessero luogo la interpetrazione e la
esecuzione del Trattato del 6 agosto 1874, dovranno
sottomettersi ad arbitrato. >
scienza del mondo, la spogliazione dei desiderati quattro gradi....
Questo Trattato fu strappato a Melgarejo in una notte di ubbria-
chezza.... Atacama è storicamente, politicamente e geograficamente
delia Bolivia. »
FRA IL CHILÌ E LA BOLIVIA 3 i
Come apparisce da sé, questa volta ancora il Chili
sì aggiudicava la parte del leone, assicurando ai suoi
nazionali su di una zona del territorio boliviano, pri-
vilegi che né esso né nessuna Nazione accorda giammai
in casa propria, neppure ai propri figli.
Ma indipendentemente da tutto ciò, sono però da no-
tare due cose essenzialissime in detto Trattato: 1° Che
il limite fra le due Repubbliche è fissato al parallelo 24^
eoa termini netti e precisi, senza fare neanche la ^iù
lontana allusione a dritti veri o supposti di alcuno dei
due paesi sul territorio delF altro: 2® Che i privilegi
accordati ai nazionali chileni sulla zona compresa fra
i paralleli 23^ e 26^ non sono punto una conseguenza
della fissazione del limite in uno anziché in altro punto.
CAUSE OCCASIONALI
Nel settembre 1866, il Governo dittatoriale del ge-
nerale Melgarejo, che allora reggeva i destini della Bo-
livia, fece concessione di cinque leghe di terreno nel
deserto di Atacama, per la elaborazione di salnitro, a
due cittadini chileni. Ossa e Puelma; concessione che fu
seguita nel 1868 da quella a favore della Sociedad explo-
tadora deldesierto de Atacama^ fondata dagli stessi Ossa
e Puelma e del privilegio esclusivo durante i5 anni per
la elaborazione e libera esportazione del salnitro nel de-
serto di Atacama. » Malauguratamente, il Governo di
Melgarejo che aveva fatte tali concessioni, non era un
32 CAUSE DELLA GUERRA
Governo legale; e la concessione stessa del privilegio a
favore della precitata società, fu fatta senza punto assog-
gettarla alle prescrizioni della legge sui privilegi, allora
vigente nella Repubblica; sicché, caduta la Dittatura
Melgarejo, l'Assemblea nazionale decretò, con leggi del-
l'agosto 1871, la nullità di tutti gli atti compiuti dal
caduto Governo illegale, e specialmente poi quella di
tutte le concessioni fatte da Melgarejo senza attenersi al
disposto dalle leggi vigenti, imponendo ai concessionarii
V obbligo di giustificare innanzi ai Tribunali della Re-
pubblica, la legittimità dei diritti acquisiti.
I signori Milbourne e Clark, successori della Sociedad
explotadora, non avendo punto curato dì fare innanzi
ai Tribunali la giustificazione ordinata dalle precitate
leggi, il Governo dichiarò nulle e decadute, con de-
creto del gennaio 1 872, le concessioni fatte alla Sociedad
explotadora dalla dittatura Melgarejo. Si scossero allora ;
e dopo varie loro pratiche infruttuose presso il Governo
di Bolivia, questo accondiscese a stipulare una transa-
zione nel novembre del 1873, colla Compagnia anonima
di salnitro e ferrovia di Antofagasta, succeduta ad essi
Milbourne e Clark.
Per procedere a sififatta transazione, il Governo aveva
agito in virtù di una speciale legge del Congresso, che
lo autorizzava a transigere su tutti i reclami e questioni
pendenti, coW obbligo di darne conto al prossimo Con-
gressOy ossia riserbandosi il diritto di approvare o no il
suo operato. Ma il prossimo Congresso del 1874, alla cui
approvazione fu sottoposta dal Governo la riferita tran-
sazione, un poco perchè distratto in altri lavori più ur-
FRA IL CHILI E LA BOLIVIA 33
genti, ed un poco per la xrattiva sua organizzazione,
(^rto non unico nei Congressi americani) si chiuse
senza prendere su di essa nessuna determinazione, e
senza neanche udire il relativo rapporto della Com-
missione, che fu poi presentato al Congresso susse-
guente; il quale, grazie ai continui rivolgimenti poli-
tici cui va soggetto il paese, si riunì appena nel 1878.
Ceno, il suo voto arrivava con molto ritardo, ma per
caiisa di un ordine di fatti assai comune in America,
di cui un americano non ha punto il diritto di que-
relarsi!
Il Congresso del 1878 adunque, chiamato a discu-
tere l'anzidetta transazione, dettò nel i4 febbraio dello
stesso anno la legge seguente : « Articolo Unico. — Si
approva la transazione conclusa dailV Esecutivo nel
27 novembre 1873, col rappresentante della Compagnia
anonima di salnitro e ferrovia di Antofagastay a condi-
zione di far effettiva una imposta di dieci centesimi,
come minimo, per ogni quintale di salnitro che si
esporta. >
Fra i varii motivi che indussero il Congresso a vo-
tare questa legge, era quello che, essendosi ampliata
la sfera di azione del)a Compagnia colla costruzione
di una ferrovia, che le si permise di portare assai più
oltre del limite primamente accordato, con grave danno
della ferrovia dello Stato che stavasi costruendo in
Mejillones e che dovette abbandonarsi colla perdita di
okre due milioni di pezzi forti già spesi, la scessa Com-
pagnia aveva offerto al Governo di rilasciare a favore
dello Stato, il dieci per cento dei benefici liquidi della
34 CAUSE DELLA GUERRA
intera impresa di salnitro e ferrovia : dieci per cento che
il Congresso convertì e ridusse nei dieci centesimi à^ìm-
posta per ogni quintale di salnitro che si esporterebbe.
Ma dair offerta fatta dalla Compagnia Anonima quando
sollecitava nuovi favori dal Governo, alla legge che or-
dinava la lieve imposta quando già i favori erano stati
ottenuti e dimenticati, la distanza era troppo lunga.
Non appena pubblicata questa legge, e prima ancora
che il Governo si occupasse della sua attuazione, il
Gerente della Compagnia Anonima, senza neanche pro-
muovere una qualsiasi pratica presso le Autorità boli-
viane, invocò immediatamente la protezione del Governo
chileno; il quale, a sua volta, iniziò subito reclamo di-
plomatico presso quello di Bolivia, con Nota del 2 lu-
glio 1878, fondandolo nell'art. 4® del Trattato del 1874,
che vietava al Governo di Bolivia d' imporre maggiori
contribuzioni di quelle allora esistenti sulle persone,
industrie e capitali chileni.
A ciò la Cancelleria di Bolivia rispondeva : Che l'im-
posta dei dieci centesimi cui si riferiva la legge del
i4 febbraio, non era punto una vera imposta di carattere
generale, e perciò tale da cadere sotto il dettato del-
l' art. 4° dell' invocato Trattato; ma di carattere essen-
zialmente privato che usciva dai limiti del Trattato,
poiché non era altro che la condizione, in virtù della
quale il Congresso approvava una convenzione privata,
avvenuta fra il Governo e la Compagnia Anonima; ap-
provazione che il Congresso erasi espressamente riser-
bato di dare o negare, allorché autorizzava il Governo
FRA IL CHiLt E LA BOLIVIA 35
a contrattare colla Compagnia, e senza della quale la
riferita transazione del 1873 non era punto completa:
Che bisognava bene ricordare, che, già colpiti una
prima volta di nullità i dritti che i primi fondatori
della Compagnia Anonima carpirono ad un Governo
illegale, laveria ammessa ai benefìci di una transazione
fu una vera grazia del Congresso Nazionale; e che come
una seconda grazia del medesimo doveva anche con-
siderarsi il lieve gravame di io centesimi, imposto come
unica condizione per approvare una cosidetta transa-
zìooe, che avrebbe potuto e dovuto dichiarare irrita e
nulla, per le enormi ed illegali concessioni che a ti-
tolo gratuito si facevano in essa alla Compagnia; la
quale sfruttava come in casa propria, tutti i ricchi de-
positi di salnitro esistenti in centinaia di chilometri
quadrati di territorio, senza pagare né aver pagato mai
un solo centesimo allo Stato, tranne il dritto di tassa
della prima scrittura: Che in ultimo, anche nella non
ammessa ipotesi che la legge del i4 febbraio dovesse
subordinarsi al disposto dell'art. 4® del Trattato, questo
non si riferiva che a persone, industrie e capitali chi-
leni; e nulla provava che la Compagnia anonima di
salnitro e ferrovìa di Antofagasta fosse una industria
cbilena, riguardante persone o capitali chileni; poiché
nella sua qualità di Compagnia anonima non aveva,
né poteva avere altra nazionalità, secondo una legge
speciale boliviana, oltre quella di Bolivia nei cui re-
gistri era iscritta; e perché essendo composta di azioni
al portatore, nessuno poteva dire in quali mani queste
36 CAUSE DELLA GUERRA
si trovassero, fino a che non venissero legalmente esi-
bite (i).
Ciò nonostante il Gabinetto di Santiago, insistendo
più che mai nei suo reclamo, .scriveva al proprio In-
caricato d'Affari nella Pace, il di 8 novembre, con or-
dine di farla leggere a quel Ministro degli Affari Esteri,
una Nota nella quale si diceva: a Domandi al Governo
di Bolivia la sospensione definitiva di ogni contribu-
zione posteriore al Trattato.... La negativa del Governo
di Bolivia ad una esigenza così giusta come dimostrata,
collocherà il mio nel caso di dichiarare nullo il Trat-
tato di limiti che ci lega con cotesto paese. »
Di fronte a quest' alternativa cosi duramente espressa,
ed il cui secondo estremo era considerato dal Governo
di Bolivia come la più flagrante violazione del Trat-
tato che s'invocava, il quale, ammesso anche che avesse
potuto entrare in giuoco, imponeva il dovere di sotto-
mettere la questione ad arbitrato, e non mai di la-
sciarla alla decisione di una sola delle due Potenze in-
teressate, esso Governo stimò che ragioni di giustizia
e di decoro nazionale gì' imponevano il dovere di non
aderire alla chiesta sospensione; ed il 17 di dicembre
(i) In effetto, la Compagnia anonima di salnitro e ferrovia di
Antofagasta, organizzata completamente alla inglese, si fondò eoo
un capitale di tre milioni di scudi da Edwards e Gibbs — ame^
ricano del nord il primo, inglese il secondo. Solamente nel 1879.
quando già era cominciata la guerra, il capitale sociale fu aumen-
tato di altri due milioni che si divisero in tante azioni da ven-
dersi al pubblico. Questi dati li avemmo da un distinto personaggio
chileno che fu lungamente ministro delle finanze nel suo paese.
FRA IL CHILt E LA BOLIVLV 37
ordinava ai Prefetto di Cobija V esecuzione della pre-
citata legge del i4 febbraio, con ingiunzione di porre ad
effetto V esazione dell* imposta a cominciare dal giorno
della promulgazione di essa legge; sicché il citato Pre-
fetto iniziò il relativo giudizio esecutivo contro la Com-
pagnia, pel pagamento della imposta arretrata dei dieci
centesimi.
In vista di ciò il Governo del Chili diede un passo
indietro; e per mezzo del suo Incaricato d'Affari fece
proporre al Governo di Bolivia, con Nota del 20 gen-
naio 1879, di sottomettere la questione ad arbitrato, sotto
la condizione del previo ritiro dell' ordine di esecuzione
della legge.
Ma in tal frattempo era sopravvenuta una circostanza
che mutava completamente lo stato delle cose. Il rap-
presentante della Compagnia Anonima, per mezzo di
analogo ricorso al Governo di Bolivia e di un atto di
protesta passato innanzi Notaio, si era opposto al giu-
dizio coattivo iniziato contro di lui, dichiarando che
non intendeva riconoscere e che non accettava in nulla
e per nulla la legge del i4 febbraio. Arrivate tali pro-
teste al Governo di Bolivia — prima volta che la Com-
pagnia Anonima si dirigeva a lui su tale argomento —
fece esso il seguente ragionamento : Poiché la Com-
pagnia Anonima, che era una delle parti contrattanti,
non accetta il gravame imposto dalla legge del i4 feb-
braio, detto gravame non può essere obbligatorio per
essa; essendoché la transazione é il risultato della vo"
lontà reciproca delle parti, su tutte e ciascuna delle
dausule del contratto: però mancando il consenso di
38 CAUSE DELLA GUERRA
una delle parti contrattanti su di una clausula essen-
ziale della transazione, questa non è completa, non
esìste: dunque, la transazione del 27 novembre 1873
conclusa dal Governo e modificata dal mandante, ossia
dal Congresso, che si era riserbata la facoltà della re-
visione, rimane di pieno diritto senza effetto, per la non
avvenuta accettazione dalla controparte della modifi-
cazione apportatavi da esso mandante. E fondandosi in
queste ed altre considerazioni di dritto privato interno,
emise il i^ febbraio 1879 il decreto che segue : e Conside-
rando.... Si dichiara rescissa e senza effetti la convenzione
del 27 novembre 1873 fra il Governo e la Compagnia
di salnitro di Antofagasta : in merito di ciò, sospendansi
gli effetti della legge del i4 febbraio 1878. Il Ministro
del ramo darà gli ordini opportuni per la rivendicazione
dei terreni salnitrali occupati dalla Compagnia. »
Come abbiamo detto dianzi, la questione aveva mu-
tato completamente d' aspetto. Sospesa definitivamente,
o meglio tolta di mezzo la legge del i4 febbraio 1878
che creava l' imposta dei i o centesimi, per cui il Ga-
binetto di Santiago aveva inoltrato il suo reclamo di-
plomatico, in seguito al quale aveva primariamente mi-
nacciato di dichiarar rotto il Trattato del 1874, e poi
proposto l'arbitrato — V azione diplomatica del Chili
doveva considerarsi come terminata pacificamente, poi-
ché erasi rimossa la causa che le aveva dato vita, os-
sia la legge del i4 febbraio che ordinava l'imposta;
il che era quanto il Chili domandava.
Sorgeva invece un nuovo e diverso ordine di cose.
Decretata dal Governo di Bolivia la rescissione della
FRA IL CHILÌ E LA BOLIVIA 39
transazione del 1873 — bene o male che ciò sia, non
tocca a noi il discuterlo — nasceva una questione emi-
nentemente privata, fra il Governo e la Compagnia ano-
nima, ventilabile innanzi i Tribunali di giustizia di Bo-
livia, giusta il disposto delle leggi interne dello Stato.
Alla Compagnia anonima rimaneva una sola via: quella
di reclamare contro il decreto di rescissione dato dal
Governo, innanzi la Corte Suprema di Bolivia, che
r art. Ili della Costituzione della Repubblica chiama
a risolvere tutte le questioni cui dessero luogo i decreti
e risoluzioni del Governo; e solo nel caso di denegata
giustizia, o di notoria ingiustizia per parte della Corte
Suprema, rimaneva aperto l'adito ad un reclamo di-
plomatico ; prima no, poiché avrebbe arrestato ed of-
feso il corso naturale della legislazione interna della
Repubblica.
Né era a temersi che la Compagnia salnitriera sof-
frisse danno alcuno durante e fino al termine del
giudizio che avrebbe potuto e dovuto incoare innanzi
alla Corte Suprema di Bolivia, per reclamare contro il
decreto di rescissione dato dal Governo; poiché nel
frattempo le cose sarebbero necessariamente rimaste,
per solo effetto della legge, nello stato in cui allora si
trovavano. La sola esistenza di un giudizio pendente
sulla legalità del decreto di rescissione, avrebbe collo-
cato il Governo nella impossibilità di procedere ad atto
alcuno contro la Compagnia ed i suoi stabilimenti sai-
niu-ieri.
Contrariamente a tutto ciò, la Compagnia anonima
tacque, e P Incaricato d'Affari del Chili nella pace di-
ì — Caiva!<o, Guerra tt America.
40 CAUSE DELLA GUERRA
resse con data 8 febbraio al Governo di Bolivia una
specie di Nota ultimatum, nella quale lo comminava
a rispondere nel termine di 48 ore, se accettava o no
di sottomettere ad arbitrato la nuova questione sorta
col decreto del i^ febbraio^ che dichiarava la rescissione
della transazione del 1878; nuova questione che non
era virtualmente nata se non da otto giorni appena, e
che non era stata per ancora né discussa, né elevata,
essendoché la riferita Nota comminatoria delP 8 feb-
braio era quella nella quale per la prima volta si par-
lava dì essa.
Il Governo di Bolivia non rispose a siffatta Nota; ed
il giorno 12 dello stesso mese l'Incaricato d'Affari del
Chili dichiarava rotto il Trattato di limiti del 1874.
Strana coincidenza i in quello stesso giorno 1 2, usci-
vano dal porto di Caldera le corazzate chilene, con a
bordo le truppe che il giorno i4 occuparono in nome
del Chili la Città boliviana, Antofagasta, porto princi-
pale e centro di tutto il movimento commerciale del
deserto di Atacama. E diciamo strana coincidenza,
perché non essendovi telegrafo fra la Bolovia ed il Chili,
questa simultaneità di avvenimenti non potè essere af-
fatto r opera di un immediato concerto fra il Gabinetto
di Santiago ed il suo Rappresentante nella pace. O fu
una coincidenza puramente fortuita, o fu l'effetto di
concerti presi assai prima, non a motivo del decreto di
rescissione, non ancora dato dal Governo di Bolivia^
né prevedibile, ma in esecuzione di fini determinati che
dovevano compiersi in ogni evento, qualunque cosa
fosse per succedere.
FRA IL CHILÌ E LA BOLIVIA 41
Ripetiamo, fra la Bolivia ed il Chili non v*è tele-
grafo. Il telegrafo più prossimo di cui la Bolivia possa
giovarsi per corrispondere col Chili, è quello da Tacna
ad Arica, dove può innestarsi col filo sottomarino che
va a Valparaiso. Ma per portare un dispaccio dalla
Pace a Tacna, una buona staffetta non impiega meno
di cinque giorni, dovendo percorrere 83 leghe di cat-
tivissima ed alpestre strada ; sicché, senza tener conto
dei non improbabili ritardi cui possa dar luogo la spe-
dizione del telegramma da Tacna a Santiago, dovendo
cambiar due volte di linea ed ufficio, in Arica ed in
Valparaiso, un dispaccio spedito dalla Pace non può
arrivare a Santiago, o viceversa, se non nel termine
minimo di cinque giorni.
Or da tutto ciò risulta: i^'Che la Nota dell' 8 feb-
braio, colla quale F Incaricato d'Affari del Chili doman-
dava imperiosamente nel termine perentorio di 48 ore
al Governo dì Bolivia, una risposta definitiva sull'accet-
tazione o no della proposta di sottoporre ad arbitrato la
nuova questione derivante dal decreto del i^ febbraio,
non poteva esser punto il resultato di speciali istru-
zioni ricevute dal suo Governo; perchè, supposto anche
che si fosse fatto uso del telegrafo, i sette giorni decorsi
dal fo all' 8 febbraio non potevano essere sufficienti per
comunicare al suo Governo il decreto del i<> febbraio,
e ricevere le opportune istruzioni ; ciò del resto è tanto
vero, che la stessa Cancelleria di Santiago dichiara nel
suo Manifesto alle Nazioni amiche, di aver ricevuto
il giorno 1 1 appena, il telegramma del proprio Inca-
ricato d'afifari, nel quale le partecipava il riferito de-
42 CAUSE DELLA GUERRA
creto del i» febbraio. — 2'> Che la proposta dell'arbi-
trato fatta dal suddetto Incaricato d'Affari il giorno 8,
non aveva nessun carattere di serietà; poiché am-
messo che il Governo di Bolivia avesse risposto affer-
mativamente nel concessogli termine di 48 ore, ossia
il giorno IO, tale risposta non sarebbe arrivata a San-
tiago che il giorno i5 al più presto; e quindi non
avrebbe affatto impedita l'occupazione militare di An-
tofagasta, consumata dalle truppe chilene il giorno i4,
ed ordinata dal Gabinetto di Santiago in quello stesso
giorno 12, nel quale il suo Rappresentante nella Pace
dichiarava dar per rotto il Trattato del 1874. Cosicché
non riesce affatto possibile il comprendere il vero pen-
siero del Ministro del Chili, quando, dopo aver par-
lato a suo modo del succitato decreto del 1° febbraio
del Governo di Bolivia, dice nel suo manifesto sui mo-
tivi della Guerra: e E tuttavia, dopo questo atto in-
giustificabile, il Ministro chileno, dominando i nobili
impulsi del suo animo, domanda la revoca di esso
decreto e tratta con sollecito impegno (per me{:{0
di una sola Nota di cui non si attese la risposta) per
ottenere che si sottoponga al giudizio di arbitri, senza
essere ascoltato. » Se tutto ciò non fosse costato tanto
e tanto sangue, si direbbe una buffonesca parodia !
Per giustificare l'inusitata violenza dei suoi atti, co-
ronata dalla invasione del territorio boliviano, il Ga-
binetto di Santiago, parlando alle Nazioni amiche nel
citato manifesto del 18 febbraio 1879, dice: a Un te-
legramma ricevuto l'undici del presente dalla Lega^
zione del ChiFi in Bolivia, partecipa al mio Governo
FRA IL CHILÌ E LA BOLIVIA 43
che quello di Bolivia aveva emesso un decreto che
spogliava la Compagnia chilena di salnitro delle sue
proprietà, e dei suoi diritti, dichiarandosi padrone
esclusivo di quei beni che importano più di sei mi-
iioDi di scudi.... La Cancelleria chilena reclamava e
domandava la sospensione definitiva dei decreti coi
quali si pretendeva espropriare, a titolo d'imposta (i),
r industria ed il capitale chileno, in contravvenzione
al Patto del 1874; ed il Governo di Bolivia sospende
la spogliazione parziale e la ordina in massa, e si di-
chiara padrone e possessore dei beni dei nostri com-
patriotti, non altro invocando che Pavidità ed il suo
potere (2). In presenza di fatti cosi inauditi, che forse
non ha giammai registrato la storia delle Nazioni civili,
non restava se non un solo cammino che ponesse in
salvo gì' interessi chileni e la dignità del paese. S. E. il
Presidente ordinò quindi che alcune forze di mare e di
terra occupassero immediatamente il deserto di Ata-
cama.... Cinquanta ore più tardi la legge chilena im-
perava in quella regione. •
(i) L'imposta di dùci centesimi per ogni quintale di salaitro
che si esportasse. Oggi che il Chili occupa da padrone il deserto
di Atacama, la &mosa Compagnia di salnitro per la quale era
tanto tenero allora, paga a lui, al Chili, l'imposta di uno scudo
e mezzo, ossia di centocinquanta centesimi per ogni quintale di
salnitro; sì come tutti gli altri produttori della stessa merce.
(2) Sarà bene ricordare che per le sue convenzioni col Go-
verno di Bolivia, la Compagnia di cui si parla non aveva la pro-
prietà dei terreni di salnitro, ma il semplice diritto di uso per
quindici anni, dei quali erano già decorsi più che parecchi.
44 CAUSE DELLA GUERRA
Qual esso fosse il decreto spogliatorio che tanto im-
pensieriva il Gabinetto di Santiago, lo sappiamo già;
e bene sarà ripeterlo ancora : « Si dichiara rescissa e
senza effetti la convenzione del 27 novembre 1873
fra il Governo e la Compagnia di salnitro di Amo-
fagasta: in merito di ciò, sospendansi gli effetti della
legge del 1 5 febbraio 1 878. Il Ministro del ramo darà
gli opportuni ordini per la rivendicazione dei terreni
salnitrali occupati dalla Compagnia. »
Questo decreto, come si vede, non era poi tanto ter-
ribile qual vorrebbe farlo credere il Ministro chileno.
La rescissione da esso dichiarata rimaneva per ancora
nella semplice sfera astratta del diritto, nella quale la
Compagnia avrebbe potuto trattenerlo forse per anni
ed anni — cosa assai comune in America — colla ini-
ziazione del rispettivo giudizio innanzi la Corte Su-
prema di Bolivia : né erasi disposto dal Governo pro-
cedimento alcuno di fatto contro la Compagnia, come
farebbe supporre il linguaggio del Ministro del Chili.
La sola misura presa dal Governo di Bolivia, in re-
lazione all' ultimo inciso di esso decreto, consisteva nel
disporre — attesa la delicata situazione creata dal Chili
— che il primo Ministro del suo Gabinetto si portasse
ad Antofagasta in qualità di delegato straordinario, per
entrare in accomodamenti amichevoli colla Com-
pagnia, ed in loro difetto, adottare le misure legali
che fossero del caso. E qui è da avvertire che né il
Ministro delegato erasi tuttavia mosso dalla sua re-
sidenza, né il decreto stesso che dichiarava la rescis-
sione del contratto era per ancora arrivato al Prefetto
FRA IL CHILt E LA BOLIVL\ 45
di Antofagasta, quando avvenne V invasione chilena
del i4. Tanta era la fretta che aveva il Chili di in-
vadere il territorio boliviano di Atacama a qualunque
costo!
La posta che portava al Prefetto del Dipartimento
la comunicazione ufficiale del decreto del i^ febbraio,
non arrivò ad Antofagasta che col vapore del 16 dello
stesso mese : insieme al decreto andavano pure le istru-
zioni che il Ministro delegato dava al Prefetto, sulla
condotta da tenere fino al suo arrivo. Esse erano:
i.^ Far notificare al Gerente della Compagnia ano-
nima il decreto di rescbsione dato il i^ febbraio:
2.0 Soprassedere dal giudizio coattivo iniziato contro
la Compagnia anonima pel pagamanto dell* imposta
di dieci centesimi, già sospesa, e sciogliere il sequestro
praticato a tale effetto.
3.0 Nel caso di protesta od altro reclamo della Com-
pagnia, provvedere come appresso: « Avendo questa
Prefettura avviso ufficiale che il Supremo Governo
invia in questo Dipartimento uno dei suoi Ministri di
Stato in qualità di Delegato straordinario, riservisi il
presente ricorso, per sottometterlo alla considerazione
del detto signor Ministro delegato (i). »
La posta che portava queste istruzioni, insieme al
decreto stesso del i» febbraio, giunse ad Antofagasta,
come s' è detto, col vapore del 16, e venne perciò nelle
mani delle Autorità militari chilene che da due giorni
( 1 ) NotOrManifestQ dtl Mmisiro PUnipotensiario di Bolivia nel
Perù, 15 aprile 1879.
46 CAUSE DELLA GUERRA
si erano impadronite di Antofagasta. Il Gabinetto di
Bolivia ha sfidato quello del Chili a negare, se poteva^
che tali e non altre erano le istruzioni spedite ad An-
tofagasta, invitandolo a mostrare gli Ufficii caduti in
sue mani: e poiché nulla di ciò è stato praticato dal
Governo del Chili, il tenore di queste istruzioni, oltre
ogni altra ragione e la non esistenza di ogni qualsiasi
prova in contrario, deve ritenersi quaP è stato manife-
stato dal Governo di Bolivia.
Da tutto l'anzidetto risulta quindi che le cause della
guerra promossa dal Chili contro la Bolivia, non pos-
sono trovarsi né nella voluta infrazione dell'art. 4 del
Trattato del 1874, perchè la legge del i4 febbraio 1878
che ne faceva da causale o pretesto, era già ritirata
o sospesa definitivamente; né nel posteriore decreto
del i» febbraio 1879. dato anche che fosse stato in-
giusto, a tutela degl' interessi dei suoi connazionali,
perchè non ancora eransi esauriti né intentati i mezzi
legali che la legislazione di Bolivia accordava per com-
batterlo innanzi ai Tribunali ; e perchè infine non erasi
proceduto per parte della Bolivia, né disposto neanche di
procedere, a misura alcuna o via di fatto, che potesse
menomamente compromettere o danneggiare gì' inte-
ressi della Compagnia anonima di salnitro e ferrovia
di Antofagasta.
(1 Governo del Chili aveva da più tempo meditata
e preparata l'usurpazione del territorio boliviano di
Atacama — come lo dicevano anche i preparativi mi-
litari anticipatamente concentrati in Caldera, dove mai
ne ebbe pel passato; — e non aspettava se non una
FRA IL CHILÌ E LA BOUVIA 47
occasione qualunque che gli servisse di pretesto per at-
tuare i suoi progetti. Questa occasione credè di trovarla
dapprima nella nota imposta dei dieci centesimi : mo-
tivo, pel quale inacerbì tanto la discussione diploma-
tica a questo riguardo; discussione che ebbe sempre
a compagna, da principio a fine, la minaccia che ve-
niva dalla presenza di una corazzata chilena, la Bianco-
Encaladay nelle acque della indifesa Antofagasta. E
quando poi vide che un tal pretesto gli sfuggiva di
mano, pel decreto del 1° febbraio che sospendeva de-
finitivamente detta imposta, si afferrò alla supposta
spogliazione ordinata con quel medesimo decreto, ossia
alla rescissione non per anco incominciata a tradursi
in atto della transazione del iSyS: e senza aspettare
che detta questione fossesi pacificamente discussa e
terminata, come certo sarebbe avvenuto, stando ai pre-
cedenti della materia; anzi senza neanche aspettare
che la p^e interessata, la Compagnia anonima, avesse
avuto notìzia di un tale decreto (i), corse in fretta e
furia e si precipitò colle forze già da lungo tempo pre-
parate in Caldera, suU' indifeso territorio nemico, t per
rivendicare ed occupare in nome del Chili, i territori
che possedeva prima di conchiudere con la Bolivia i
Trattati di limiti del t866 e del 1874. » Queste sono
le testuali parole usate dalla Cancelleria chilena nel
(i) Quando il Governo del Chili diede l'ordine di occupare
Antofagasta, il 12 febbraio, la Compagnia anonima non poteva
ancora conoscere, ammenoché per telegramma, il famoso decreto
dato il \^ febbraio nella Pace.
48 CAUSE DELLA GUERRA
Manifesto sui motivi della guerra: e da questa sua
esplicita dichiarazione emerge chiaramente, senza' bi-
sogno di ricorrere ad altro, che non fu già il p)ensiero
di far rispettare i Trattati del 1866 e del 1874, né la
semplice tutela degl' interessi dei nazionali chileni che
la spinse ad invadere il territorio indifeso di Bolivia;
ma il deliberato proposito di impadronirsi a titolo di
rivendicas{ione di una parte del territorio boliviano;
del che troveremo altre e più sicure prove nel corso
di questa narrazione.
Quale poi sia il valore che puossi e devesi dare alla
invocata rivendicazione^ abbiamo già visto nel fare la
storia dei limiti che dividono le due Repubbliche.
Il deserto di Atacama non appartenne mai al Chili,
né prima del 181 o, quando questo paese era una sem-
plice Colonia spagnuola, sotto il nome di Regno o
Capitanìa Generale del Chili; né dopo siffatta epoca,
quando divenne Repubblica indipendente. Esso appar-
tenne sempre di dritto e di fatto alla circoscrizione
politica che oggi costituisce la Repubblica di Bolivia,
eccetto unicamente il corto periodo di tempo decorso
dal i842 al 1866, nel quale fu occupato in parte dal
Chili per un abuso di forza, ed a cui pose termine
il Trattato di limiti del 1866, che fissava definitiva-
mente nel 24^ parallelo il limite rispettivo delle due
Repubbliche. E questo Trattato del 1866, riconfer-
mato da quello del 1874, regalava al Chili, come si
sa, tutta la parte del deserto che corre dal grado 24®
al grado 25^ o 25^ 3o', nella quale la Bolivia aveva
FRA IL CHILÌ E LA BOLIVIA 49
dei diritti indisputabili non mai messi in dubbio fino
al i842 (i).
Rivendicare importa ricuperare ciò che legittima-
mente è proprio, e di cui fu abbandonato o perduto
immeritamente il giusto possesso. Ma il deserto di Ata-
cama, fino al parallelo 24^ per lo meno, non fu mai
del Chili ; quindi sarebbe un colossale assurdo il chia-
mare rivendicazione l'acquisto di una cosa di cui mai
si fu padroni. Ciò è tanto vero, che lo stesso Chili non
ha punto detto che intendeva rivendicare territorii che
un tempo furono suoi; no, perchè sa che non lo fu-
rono oaai. Dice invece : a I territorii che possedeva
prima di concludere con la Bolivia i Trattati di limiti
del 1866 e del 1874, 0 riferendosi al possesso materiale
che col solo uso delia forza si procurò dal i842 al 1866.
Ma chi non sa, che ciò che fu illegittimamente pos*
seduto, si considera come non posseduto mai in quanto
agli effetti giuridici del possesso? Da un delitto potrà
nascere una responsabilità, ma giamniai un diritto.
Supposto anche che il dominio del deserto di Ata-
cama fosse stato questionabile prima del 1866 fra la
Bolivia ed il Chili, detta questionabilità spari piena-
mente coi Trattati di limiti del 1866 e del 1874, che
/issavano irrevocabilmente nel parallelo 24® i limiti ri-
(i) « Il Chili ha sempre esteso il suo impero e la sua giuri-
sdizione nel nord, fino ai territorio del Paposo e baia di Nostra
Signora » (ossia al limitare del deserto). Lastakria, La Consti'
tucion de CkiU Comendada, Edizione 2^ del 1865, pag. 209. Il
■ignor Lastarria è uno dei più distinti pubblicisti del Chili.
50 CAUSE DELLA GUERRA, ECC.
spettivi delle due Repubbliche, senza riconoscere a fa-
vore di nessuna delle due, sul territorio dell'altra, diritti
anteriori o posteriori a tali Trattati; e per conseguenza
nessuno dei due paesi poteva più, sotto nessuna scusa
o pretesto, dopo tali Trattati, riparlare di diritti e pre-
tensioni sul territorio riconosciuto come proprio del-
l' altro. Se non fosse così, se i Trattati di limiti doves-
sero rimanere eternamente soggetti al capriccio più o
meno scusabile delle Nazioni che li firmarono, il diritto
pubblico internazionale verrebbe meno nella sua stessa
base ; e tutte le Nazioni della terra sarebbero costrette
a vivere sotto una perpetua minaccia di guerra colle
loro vicine.
La pretesa rivendicazione in questo caso, non è che
semplice usurpazione o conquista.
Vedremo più innanzi i veri moventi che spinsero il
Chili su di una via tanto riprovata dalla moderna
civiltà.
II
CAUSE APPARENTI
DELLA GUERRA FRA IL PERÙ ED IL CHILI
SOMMARIO
Il Perù si offre mediatore fra la Bolivia e il Chili - Come fosse
ricevi:to il PleDÌpotenziario peruviano a Valparaiso : docamenti
ufficiali. - Istruzioni date dal Perù al Plenipotenziario per la
mediazione. — Il Chili, cambiata la questione, non accetta i
buoni affici del Perù, se non a condizione di mantenere l' oc-
cnpazione fino al pronunciato degli arbitri. - Il Plenipoten-
ziario, sulla nuova quistione di limiti, non aveva istruzioni. —
Perchè non poteva averle. - É interrogato circa al Trattato
d' alleanza con la Bolivia. — Decreto del Governo della Bo-
iiTia che provvede allo stato di guerra creato dall' invasione
Chilena del tenitorio nazionale. - II Chili lo considera spe-
ciosamente come una prima dichiarazione di guerra, e fa la
parte del provocato. - Don Domingo Santa Maria : sua con-
dotta col Plenipotenziario peruviano. - Il Chili richiede neu-
tralità al Perù : condizioni inaccettabili : negoziati in proposito.
— Il rappresentante del Chili a Lima insiste sulla neutralità :
2 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
riipoiU del governo peraviano. - Sulla lospensivi del Perù,
dDianle i negoziali, il Chili dichiara rotte le amichevoli le-
laiioni. — Su^^tiont e minacele al Perù per la neutralità
imoiediata. - n PI cu {potenti aria del Perù apiega al govcnio
chìleso il concetto del Trattato d' alleanza colla Bolivia. -
Dichiarazione di guerra fatta dal Chili : eccessi del popolo di
Valparaiso. — Dispariti nelle ragioni della di chi a razione dì
guerra addotte dal Governo chileno e dal suo Ministro a Lima.
— Esame dei pretesti della guerra addotti come ragioni dal
Chili. - Perchì ritardasse il Perù a dichiarare la sua neutra-
lità. - Non è vero, come volle !1 Chili, che il Peri non po-
tesse dichiararli neutrale : non gli fii lascialo tempo. - Esame
del Trattato d' alleania. - La condotta del Chili ne giustificava
il disposto. - Gli armamenti del Perù e i soccorsi dati alla
Bolivia faro» pretesti. - Il Perù, anche neutrale, aveva di-
ritto d' armanL — Il Perù non era in condizioni da voler la
appena avuta notizia, nei primi di gen-
aio 1879, della forte tensione delle re-
i zi oni diplomatiche fra il Chili e la 60-
via, il governo del Perù, sollecito di
lantenere inalterata la pace fra ì due
paesi amici e vicini, ordinò ai proprii Rappresentanti in
Bolivia e nel Chili, che al primo affacciarsi di un qual-
siasi indizio di prossima rottura fra le due Repubbliche,
si affrettassero ad interporre i buoni uffici del Perii, e
di cercare con tutti i mezzi possibili l'allontanamento
o la sospensione di qualunque atto ostile.
L'annunzio che al bisogno il Perù avrebbe offerto i
suoi buoni uffici, fatto dall'Incaricato d'affari del Perù
al Presidente del Chili, fu da questi accolto favorevol-
FRA IL PERÙ ED IL CHILt 53
mente. Ma quando sì trattò di tradurli in atto, quando,
saputa la determinazione di occupare Antofagasta, il
Rappresentante peruviano, offrendo i buoni uffici del
suo Governo, domandava alla Cancelleria chilena la
momentanea sospensione degli ordini dati in proposito,
se non altro, pel breve tempo necessario a darne tele-
graficamente avviso al proprio Governo e riceverne
riscontro, gli offerti buoni uffici furono respinti, man-
tenendosi fermi gli ordini di invasione del territorio
boliviano, che già sappiamo con quanta sollecitudine
furono adempiuti.
Ciò nonostante, avvenuta l'occupazione di Antofa-
gasta, il Gabinetto di Lima non volle risparmiarsi
sforzo alcuno per ottenere il ritorno delle buone re-
lazioni fra la Bolivia ed il Chili, e spedi presso il
Governo di questa Repubblica il signor Lavalle in
qualità di Inviato straordinario e Ministro plenipoten-
ziario, air oggetto di offrire l' amichevole medias^ione
del Perù.
Il Plenipotenziario peruviano, partito da Lima il
22 febbraio 1879, arrivò il 4 marzo a Valparaiso, dalla
cut popolazione fu assai malamente ricevuto. La sua
partenza da Lima era stata immediatamente annun-
ziata per telegrafo al Governo del Chili dal proprio
Rappresentante in Lima, insieme allo scopo della sua
missione. Tale notizia fu presto divulgata ; e la popo-
iaziooe di Valparaiso, dove doveva sbarcare il Pleni-
potenziario peruviano, signor Lavalle, per recarsi a San-
tiago, si preparò da parecchi giorni innanzi a riceverlo
nella maniera che fece.
54 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
Quale sia stato questo ricevimento ce lo dirà la Nota
ufficiale, data 8 marzo, del Console generale del Perù
in Valparaiso:
a Signor Ministro Ho già anteriormente mani-
festato a V. S. che questa popolazione guardava con pro-
fonda avversione la missione conciliatrice del signor Mi*
nistro Lavalle; che il desiderio della guerra contro il
Perù è veemente in tutti i circoli sociali del Chili, e
che il linguaggio della stampa di Valparaiso e di San-
tiago, rivela la determinazione di compromettere il no-
stro paese nella guerra promossa contro la Bolivia. Gli
istigatori della guerra, temendo che questo Governo
possa cedere alle pacifiche premure della mediazione
peruviana, decisero di spingere il popolo ad oltrag-
giare i Rappresentanti del Perù, e specialmente il no-
stro Plenipotenziario nel giorno del suo arrivo a Val-
paraiso, come mezzo sicuro e spicciativo di rompere
ogni relazione fra il Perù ed il Chili. — Con piena
certezza di questo proposito, mi diressi il giorno 3 ai
signor Intendente di questa provincia, manifestandogli la
enormità dell' ingiuria che si preparava, e domandan-
dogli che facesse conservare al signor Ministro Lavalle
tutto il rispetto dovutogli. Il signor Intendente mi rispose
che aveva già notizia dell'attentato che si pretendeva
commettere; che aveva consigliato ai promotori del
disordine di non porlo nel caso di far sciabolare e
fucilare il popolo; e che mi garantiva che l'oltraggio
non si verificherebbe. — Il giorno 4, fin dalle prime
ore del mattino, da tre a quattromila uomini della più
bassa sfera, si accalcavano sulla spianata e piazza della
FRA IL PERC ed il CHILI 55
Dogana, aspettando lo sbarco del Plenipotenziario pe-
ruviano. Appena si vide approdare il vapore, una co-
lonna di duecento soldati di linea ed una numerosa
compagnia di agenti di polizia segreta, s' introdussero
fra la turba, coprendo il fronte dello sbarcatoio ....
All'una pom. ritornammo dal vapore in compagnia
del Plenipotenziario del Perù (che tutto il personale
del Consolato era andato a ricevere a bordo) e dal
molo eLÌVHótel Central avemmo a camminare fra due
file di guardie di ]X>lizia, stretti ad ogni passo da una
moltitudine nemica e minacciosa, come rei condotti al
patibolo, il signor Ministro Lavalle partì col treno delle
5 pom. per Santiago. — In quella stessa sera ebbe
iaogo il meeting, al quale era stato invitato il popolo
il giorno innanzi, di protesta e indignazione contro la
missione peruviana. Dopo i più grossolani e indecenti
insulti contro il Perù ed i suoi rappresentanti, lan-
ciati da una turba di sei a ottomila persone, gruppi
considerevoli si diressero alV Hotel Central y in cerca
Jel signor Plenipotenziario Lavalle. Saputo là che era
già partito per Santiago, s'incamminarono alla volta
del Consolato, che attaccarono a colpi di pietre,
con gridi di morte contro lo scrivente Essendo
stata nuovamente attaccata la mia casa nella notte
seguente da un piccolo gruppo d* individui che vole-
vano attentare contro la mia persona, e che furono re-
spinti da due persone armate che custodivano il Conso-
lato, risolvetti di trasportare l'officio in altro posto più
centrale della città ... — U Console generale del Perù
L Marquez. »
4. — CajVano, Guerra if America,
56 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
A questo documento è bene aggiungere anche il se-
guente :
« Repubblica del Chili — Ministero degli Affari esteri
— Telegramma ricevuto da Valparaisoil 5 marzo 1879,
jore 12 e 45 di notte — Signor Ministro, Ieri sera
4Kebbe luogo sulla piazza dell* Intendenza il meeting an-
nunziato. Stando a ciò che in parte vidi ed a ciò che
mi si è detto, gli oratori discorsero sulla necessità dì
non accettare la mediazione che suppongono venga ad
offrire il signor Ministro del Perù. Terminati i discorsi, il
popolo si ritirava apparentemente tranquillo. Era im-
possibile prevedere che un gruppo si fermerebbe in-
nanzi alla casa del signor Console generale del Perù, per
emettere gridi di odio e lanciar pietre alla porta. Tro-
va vasi in vicinanza l' aiutante Espindola della guardia
di sicurezza, e corse a proteggere la casa delsig. Console
generale del Perù ; ma siccome il gruppo di gente au-
mentava e non obbediva alle sue intimazioni, lasciò
alcuni soldati di polizia a custodia della porta e corse
a darmi avviso. Mi portai immediatamente alla casa
del signor Console con molti gentiluomini che erano con
me, e trovammo ancora un gruppo considerevole di
gente, però già tranquilla. Le si ingiunse di allonta-
narsi ; e non facendolo subito, domandai un picchetto
di 16 soldati a cavallo, e con ciò la gente si ritirò.
E. Altamirano (Intendente di Valparaiso). »
I gravissimi fatti riferiti in questi documenti, 1' uno
dei quali è delia stessa autorità chilena, dicono chia-
ramente che, prima ancora dell' arrivo del Plenipo-
tenziario peruviano portatore della mediazione, si era
FRA IL PERÙ ED IL CHiLt 57
già formata nel Chili un'atmosfera nemica al Perù, e
che si cercava coi mezzi più violenti di provocarlo ad
un conflitto. Nel Chili, benché paese repubblicano, le
escandescenze popolari non sono punto comuni e fre-
quenti, come negli altri Stati americani. Retto da un
governo forte ed intollerante, per mezzo di una poli*
zia numerosa e bene organizzata, il popolo chileno sa
che non si può muovere, e non sì muove, se non nella
sfera d'azione consentita dal Governo; il quale, se
non si fa nessuno scrupolo di usare a larga mano
dello staffile pei più semplici reati di polizia (i), se
ne fa molto meno ancora di sciabolare e fucilare
ia plebaglia nelle grandi occasioni, secondo la locu-
zione usata dall'Intendente di Valparaiso nella confe-
renza col Console del Perù. Tutto quindi fa supporre
che nei riferiti disordini di Valparaiso che è la seconda
città del Chili, tanto, e politicamente forse più impor-
tante della stessa capitale, le autorità, che già ne erano
informate anticipatamente, fossero più o meno com-
plici della plebaglia posta in fermento. A quale scopo
poi, lo vedremo più tardi.
Il Plenipotenziario peruviano, nondimeno, fu ricevuto
coi maggiori riguardi dal Gabinetto dì Santiago; il
quale non tralasciò punto di lamentare con lui ia ri-
provevole condotta del popolo di Valparaiso, e di far-
gliene le debite scuse.
(i) La pena dello staffile nel Chili è autorizzata dalle leggi
dì polizia, e forma il pane quotidiano dei suoi carceri. S'è visto
finanche dei giornalisti vergognosamente staffilati nelle pubbliche
piazze, sul semplice ordine di un agente superiore di polizia.
58 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
Apparentemente terminato questo incidente — seb-
bene la stampa tutta del Chili non smettesse affatto
quel tono acre ed ingiurioso pel Perù, che era Tespres-
sione più o meno fedele della pubblica opinione — il
Plenipotenziario peruviano si affrettò ad esporre, così
al Presidente della Repubblica come al Ministro degli
affari esteri (quando glie ne fu dato campo, dopo sette
giorni), in confidenziali conferenze avute con essi loro
il giorno 1 1 marzo, le prime basi della mediazione che
egli veniva loro ad offrire in nome del Perù, confor-
memente alle istruzioni ricevute dalla propria Cancel-
leria ; le quali dicevano : a Apparendo la occupazione
del liitorale boliviano operata dalle truppe chìlene, come
una conseguenza del decreto emesso dal Governo di Bo-
livia, col quale si rescinde il contratto della Compagnia
di salnitro e ferrovia di Antofagasta ; e non essendo de-
coroso, e perciò possibile, cosi pel Chili come per Bo-
livia, entrare in un qualsiasi accomodamento pacifico,
se prima non venissero rimossi da ambe le parti così
gravi inconvenienti, V. S. proporrà al Governo del
Chili, venendo accettata la mediazione, il ritorno delle
cose allo stato nel quale si trovavano prima degli ul-
timi avvenimenti; ossia: la disoccupazione per parte
del Chili del territorio della Bolivia, semprechè que-
sta Repubblica acconsenta dal suo canto a sospen-
dere il sopradetto decreto di rescissione e la legge del
i4 febbraio 1878, che gravava con una imposta di
dieci centesimi la esportazione di ogni quintale di
salnitro che facesse la Compagnia di Antofagasta ; e
quindi, la conseguente sottomissione di queste que-
FRA IL PERO ED IT. CtìlXA 59
stioni all'arbitrato scelto e costituito da ambo i Go-
verni (i). »
Effettivamente, nella sessione segreta tenuta dal Se-
nato del Chili il 24 marzo 1879, il Ministro chileno
degli affari esteri dichiarava: f La legazione peruviana
ìndica V idea di disoccupare il territorio compreso fra
i paralelli 23* e 24®, di retrotrarre le cose allo stato in
cui si trovavano il i3 febbraio ultimo, e di sottomet-
tere ad arbitrato la questione se la Bolivia ha o no
il diritto di imporre le tasse reclamate. Questa è la
base unica che comprendono le istruzioni del signor
Lavalte. d
Se veramente all'invadere il territorio boliviano, il
Chili non avesse avuto altro scopo che quello di far
rispettare il Trattato del 1874, ch'egli credeva leso
dalla legge boliviana (già sospesa peraltro) che creava
(i) Nota di istruzioDÌ del Miaistro degli affari esteri del Perù,
al Ministro pleDipotenzìario Lavalle.Lima, 22 febbraio 1879.
Al parlare delle basi della mediazione offerta dal Perù, dice
Io storico chileno Barros'Araiia, a pag. 74 della sua Historia
de la Guerra del Pacifico: « Il Rappresentante del Perù offriva
la mediazione del suo Governo, esigendo come primo passo che
il Chili ritirasse le sne truppe da Antofagasta per tranquillizzare
U Bolivia, onde accettasse volentieri i buoni ufHci del media-
tore: conseguentemente il Chili doveva disfare il già fatto, ri»
tirare le sue dichiarazioni e lasciar sussistenti gli atti depreda-
torii della Bolivia (quali non si sa^y prima di sapere, se non altro,
sotto che basi accetterebbe questa Repubblica la mediazione. «
Come si fa la storia nel Chili I Ben è vero che il signor Bar"
^yS'Araua non si dà mai la pena di citare un documento uf-
ficiale.
6o CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
r imposta dei dieci centesimi, e di tutelare grinteressi
della Compagnia salnitriera di Antofagasta, che suppo-
neva ingiustamente minacciati dal decreto di rescis-
sione del I» febbraio; se questi fossero stati i soli mo-
venti della violenza usata contro la Bolivia, le basi della
mediazione offerta dal Perù non avrebbero potuto essere
più lusinghiere pel Chili; poiché sodisfacevano a tutte
le sue esigenze, giuste o non giuste ch'esse fossero,
quali erano quelle d' impedire che la Bolivia praticasse
innovazione alcuna contro il Trattato del 1874, o che
in qualsiasi modo procedesse a danno della Compagnia
salnitriera di Antofagasta, prima che fosse deciso dalFar-
bitrato chi dei due aveva ragione: ed a lui perciò
non doveva costare sacrifizio alcuno il ritirarsi dal ter-
ritorio invaso, poiché sarebbesi ritirato col maggiore
onore, ossia a causa vinta, e dop>o avere ottenuto dal
suo atto di forza tutto quel pieno effetto che se ne ri-
prometteva.
Disgraziatamente, non erano punto queste le inten-
zioni del Chili. E le cose si presentarono al Plenipo-
tenziario peruviano sotto un aspetto completamente di-
verso da quello che era stato previsto dalla Cancelleria
di Lima, nel formulare le istruzioni alle quali doveva
egli attenersi; sicché, come egli scriveva al proprio
Governo da Santiago, con Note del 7, 11 e 1 3 marzo,
la questione non versava più sulle violazioni vere o
false commesse dal Governo boliviano contro i patti
conchiusi col Governo del Chili o con i cittadini chi-
leni; ma sul diritto stesso al territorio occupato cial
Chìri, e che questo reclamava come suo. Dal che na-
FRA IL PERÙ ED IL CHILt 6i
sceva che l'arbitrato proposto dalla mediazione pe-
ruviana doveva ricadere, non più sulla prima questione
— se il Governo della Bolivia aveva o no il diritto di re-
scindere il suo contratto colla Compagnia salnitriera
di Amofagasta, od anche sulF altra anteriore, già finita^
se aveva o no il diritto d'imporre il gravame di dieci
centesimi sopra ogni quintale di salnitro che detta Com-
pagnia esportasse ; — ma invece, su di una questione
tutta nuova proposta dal Chili, se cioè la Bolivia aveva o
no diritto al possesso e dominio del territorio compreso
fra i paralelii 23*^ e 24^ che il Chili aveva fatto e di-
ceva suo; perchè, avendo esso dichiarato nullo e de-
caduto per mancanza di esatto compimento da parte
della Bolivia il Trattato di limiti del 1874, e con questa
l'altro precedente del 1866, considerava retratte le cose
fino allo stato nel quale si trovavano innanzi del primo
Trattato di limiti del 1866.
Il Chili dunque dava di propria autorità come riso-
luta a suo favore la prima questione, se la Bolivia aveva
0 no infranto il Trattato del 1874; dava anche di pro-
pria autorità come nullo e decaduto esso Trattato
del 1874, in seguito alla pretesa infrazione commessane
dalla Bolivia, con una legge che aveva già ritirata ;
e dando, sempre di propria autorità, come inclusa nella
nullità del Trattato del 1874, quella ancora del prece-
dente Trattato di limiti del 1866, col quale si fissavano i
limiti della Bolivia nel parallelo 24°, retrotraeva le cose
allo stato in cui si trovavano prima di questo Trat-
tato del 1866, quando esso pretendeva di esser padrone
del deserto di Atacama fino al paralello 23°, e voleva
62 CAUSE APPARENTI J)ELLA GUERRA
che questo e non altro si dovesse sottoporre ad arbi-
trato : a chi dei due appartenesse la zona del deserto
di Atacama tra i paralleli 23'* e 24°, di cui esso erasi
impossessato a viva forza a titolo di rivendicazione,
se cioè alla Bolivia od al Chili.
Ciò posto, e il Presidente della Repubblica e il Mini-
stro degli affari esteri dichiaravano T uno dopo T altro
al Plenipotenziario La valle, nelle anzidette conferenze
deir 1 1 marzo, che essi non potevano affatto aderire
alle premure del Perù, di retrotrarre le cose fino allo
stato in cui si trovavano il i4 febbraio, prima dello
sbarco delle truppe chilene ad Antofagasta; ossia di di-
soccupare il territorio boliviano, se la Bolivia accon-
sentiva a sospendere gli effetti del decreto di rescissione
del suo contratto colla Compagnia salnitriera di An-
tofagasta, e quelli della precedente legge d'imposta sul
salnitro, per sottomettere tali questioni ad arbitrato;
perchè non era più di ciò di cui ora si trattava. Stando
alla nuova e diversa questione dal Chili posta innanzi,
essi, per far buon viso all'amichevole mediazione del
Perù, non si negavano punto di sottomettere ad arbi-
trato detta nuova questione, a chi cioè si apparte-
nesse il territorio compreso nel grado 23° che le truppe
chilene avevano occupato, ma sotto la condizione sine
qua non che conservasse il Chili il possesso del terri-
torio in questione, fino all'ultimo verdetto degli arbitri.
Trovando dunque che la questione pendente fra il
Chili e la Bolivia non era più quella in vista della
quale il suo Governo lo aveva investito di poteri per
offrire la mediazione del Perù, ma una questione as-
FRA IL PERÙ ED IL CHILI 63
sai più grave e tutta nuova che si affacciava allora
per la prima volta, il Plenipotenziario peruviano non
aveva più facoltà per continuare a trattare sulla me-
diazione col Chili; e doveva sospendere ogni tratta-
tiva, fino a che non fosse stato munito dal proprio
Governo di nuove istruzioni. Effettivamente, ciò di-
chiarava egli al Presidente della Repubblica del Chili
ed al Ministro degli affari esteri, nelle precitate con-
ferenze del dì undici marzo; e da quel momento le
sue relazioni colla Cancelleria chilena non ebbero, od
almeno non dovevano avere, che un carattere pura-
mente confidenziale, fino a quando non gli arrivassero
le nuove istruzioni del suo Governo.
Come poi fosse avvenuto che il Gabinetto di Lima
considerò il conflitto fra il Chili e la Bolivia ben al-
trimenti da quello che era in realtà, dando al suo Rap-
presentante istruzioni insufficienti e che non facevano
al caso, non è difficile spiegare.
Per poter dare le necessarie istruzioni al suo Pleni-
potenziario, che doveva partire e parti il 22 febbraio
alla volta del Chifi, il Gabinetto di Lima interpellò il
giorno 20, circa i motivi dello sbarco delle truppe chi-
Iene sul territorio boliviano, il Ministro Plenipotenzia-
rio del Chili nel Perù; il quale rispondeva evasiva-
mente con Nota del 23, dicendo: a II mio Governo
non tarderà a dirigersi a quelli delle Nazioni amiche,
dando loro conto con una particolareggiata esposizione,
della rottura delle sue amichevoli relazioni con la Boli-
via. In quella esposizione che arriverà a mani di V. E.
non dopo che ad alcun' altra Cancelleria, vedrà V. E.
64 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
incontrovertibilmente dimostrati i motivi dei successi
la cui conoscenza ufficiale è desiderata dal suo Go-
verno (i). • Quando adunque partiva il Plenipotenzia-
rio Lavalle pel Chili, la Cancelleria di Lima ignorava
completamente le pretensioni rivendicaiorie manifestate
più tardi dal Gabinetto di Santiago ; e giudicando da
ciò che solamente era a sua conoscenza fino a quel
momento, ossia dalle questioni' che formarono oggetto
di discussione tra il Chili e la Bolivia, fino all'inva-
sione del territorio boliviano, il conflitto provocato dal
Chili non poteva esser motivato che da quelle mede-
sime questioni; e quindi a quelle e non ad altre po-
tevano e dovevano riferirsi le istruzioni che diede al
proprio Plenipotenziario pel disimpegno della missione
affidatagli.
Al terminare della conferenza del giorno undici, il
ministro degli affari esteri del Chili manifestava pure
al Plenipotenziario peruviano che il suo Governo aveva
notizia, comunque non molto sicura, della esistenza di
un Trattato segreto di alleanza, concluso Tanno 1873,
fra le Repubbliche del Perù e di Bolivia, domandan-
dogli cosa ne fosse di certo; al che il Plenipotenziario
peruviano rispose che ignorava completamente l'esi-
(i^ Questa promessa esposizione, o manifesto della Cancelleria
chilena sui motivi della guerra contro la Bolivia, abbenchè porti
la data del 18 febbraio, non iu però consegnata al Rappresen-
tante del Perù nel Chili, perchè la trasmettesse al proprio Oo-
verno, se non il giorno undici marzoy come risulta dalle relative
Note di trasmissione; sicché solamente arrivò alle mani del Mi-
nistro degli nffari esteri del Perù nella seconda meti di marzo.
FRA IL PERÙ ED IL CHILÌ 65
stenza di un siffatto Trattato, e che ragioni tutte sue
personali gli facevano credere che non esistesse; ma
che, avendo inteso parlare di un tale Trattato fin dal suo
primo arrivare al Chili, aveva già chiesto infornnazìoni
sul proposito al proprio Governo. Il Trattato però esi-
steva effettivamente fin dall' anno 1873, come diceva il
Ministro chileno; e la Cancelleria di Lima, prevedendo
tale domanda da parte di quella di Santiago — dopo
aver saputo estra-ufficialmente i veri fini della spedi-
zione del Chili contro la Bolivia — aveva già scritto al
proprio Plenipotenziario in data 8 marzo : < E molto
probabile che il Governo del Chili domandi a V. S. se
realmente esiste un Trattato segreto di alleanza fra il
Perù e la Bolivia. Se ciò avviene, V. S. deve manifestare
che realmente il Trattato esiste; ma che se il Chili ri-
tira le sue forze dal littorale boliviano, ciò che forma la
condizione essenziale della nostra mediazione, il Perù
non si vedrebbe obbligato all'adempimento di esso; che
anzi troverebbesi in condizioni di facilitare un accomo*
damento decoroso ed equo fra il Chili e la Bolivia. » Ma
questa Nota, come dice la sua data, non l' aveva ancor
ricevuta il giorno undici il Plenipotenziario Lavalle.
Il 17 marzo, il Gabinetto di Santiago fu informato che
il Presidente di Bolivia aveva dato fuori, colla data del
1® di detto mese, il decreto seguente :
e Considerando : Che il Governo del Chili ha invaso
di fatto il territorio nazionale, senza osservare le regole
del diritto delle genti né le pratiche dei popoli civili,
espellendo violentemente le autorità ed i nazionali resi-
denti nel dipartimento di Cobija: Che il Governo di Bo-
66 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
livia si trova nel dovere di dettare le misure energiche
che esige la situazione, senza però allontanarsi dai prin-
cìpi! consacrati dal diritto pubblico delle Nazioni - De-
creta - Art. 1°: Rimane troncato ogni commercio e co-
municazione colla Repubblica del Chili, mentre dura la
guerra che ha promosso alia Bolivia, An. 2^: I chilent
residenti nel territorio bolivianosaranno obbligati a disoc-
cuparlo nel termine di dieci giorni contati dalla notifica-
zione.... » (seguono altre prescrizioni contro i chilenì).
Questo decreto che, come dice da sé, non fa che det-
tare alcune misure relative allo stato di guerra nel
quale trovavasi già di fatto la Bolivia col Chili, per
la invasione operata da quest'ultimo di una parte del
territorio boliviano, e come testualmente è specificato
in esso, mentre dura la guerra che il Chili ha pro-
mosso alla Bolivia, fu interpetrato dal Chili in una ma-
niera affatto curiosa.
Il Governo del Chili disse che quel decreto conteneva
una dichiarazione di guerra lanciata di moto proprio
dalla Bolivia contro il Chili; che lo stato di guerra
fra il Chili e la Bolivia cominciava allora solamente,
in virtù di quel decreto col quale la hoVivvà provocava
il Chili alla lotta; e che perciò, essendo il Chili Vag-
gredìtOy procedeva ad invadere per rappresaglia il ter-
ritorio dello Stato aggressore, E detto fatto; ordinò
telegraficamente alla squadra ed all'esercito che trenta
giorni prima si erano impadroniti in piena pace di An-
tofagasta, Mejillones e Caracoles con buon altra parte
del territorio boliviano, di invadere ancora ed occu-
pare tutti i porti e terre rimanenti di Bolivia, fino ai
FRA IL PERÙ ED IL CHILt 67
confini del Perù. E poiché il supposto Stato aggres-
sore, ossia la Bolivia, non aveva nei suoi miseri e lon-
tani porti Tocopilla e Cobija, ultimi che gli rimane-
vano, senonchè appena qualche decina di soldati facienti
da forza di polizia, le corazzate chilene non ebbero che
a presentarsi e sbarcare una compagnia di linea, per
impadronirsene : altre poche compagnie di linea mos-
sero in pari tempo da Caracoles, ed a loro volta im-
padronironsi della borgata interna Calama, posta nel-
rAlto-Atacama; sicché tutto il deserto di Atacama
rimase in poche ore in potere del Chili — ben s'intende,
senza colpo ferire, tranne pochi spari di fucile in Ca-
lama, ove fra mille stenti e privazioni, principalmente
di acqua e di scarpe, eransi rifugiati e raccolti i pochi
soldati boliviani successivamente scacciati da Antofa-
gasta, Mejillones, Caracoles, Tocopilla e Cobija (1).
Il Chili infine, sol perché aveva iniziata una strana
guerra contro la Bolivia, senza precedente dichiara-
zione scritta né verbale, procedendo di sorpresa ad in-
vadere il i4 febbraio il territorio indifeso dell'amico,
sotto pretesto di rivendicare cosa propria; od in altri
termini, sol perché la sua aggressione del i4 febbraio
contro la Bolivia era stata piò o meno proditoria, ri-
teneva che quello non fosse punto un principio di
(i) Nella Histiria de la Guarà del Pacifico, scriUa dallo sto-
rico chileno Diego Barros-Arcuui, coli' aiuto ed ispirazione del
Governo chileno, parlando di questi fatti e del famoso decreto
del Presidente di Bolivia, General Daza, si dice : « Poiché il Ge-
neral Daza aveva dichiarato la guerra al Chili.... circa 500 uo-
mini delle tre armi uscirono da Caracoles ...» p. 68.
68 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
guerra, e neanche semplice provocazione a fatto di tal
genere. Supposto anche, come lontana ipotesi, che il
Chili avesse avuto delle buone ragioni per esercitare
un diritto di rivendicazione su di un territorio che la Bo-
livia possedeva pacificamente, ed il cui dominio erale
stato per ben due volte riconosciuto dallo stesso Chili
— è forse con una brutale invasione di detto territorio
fetta improvvisamente, quando si vive sotto la fede
della pace assicurata dal diritto internazionale, che
esso diritto rivendicatorio può e deve esercitarsi, per
poter poi dire che quella invasione a mano armata del
territorio dell' amico non sia un atto di guerra e della
peggiore di tutte le guerre? (i) Nondimeno il Chili, ar-
mato di una logica araucana tutta propria, diceva che
quella non costituiva né un atto di guerra, né una suffi-
ciente provocazione a fatti di guerra. Chiamava invece
provocazione e dichiarazione di guerra il decreto anzi-
detto del Presidente di Bolivia, la cui diversa natura si
rivela da se a chiunque non sia sfornito di senso co-
mune; e prendeva occasione da quello, per estendere
la sua prima invasione del i4 febbraio a tutto il de-
serto di Atacama, ossia a tutta quella parte del terri-
torio boliviano che aveva in animo di conquistare. Fin
dove possono arrivare lo spirito di prepotenza e l'ac-
ciecamento della passione!
(i) e Secondo le pratiche del diritto interDazionale, può ini-
ziarsi la guerra tanto con una formale dichiarazione, quanto per
mezzo di atti che inequivocamente la stabiliscono. »
Parole del Senatore Vergara nella seduta segreta tenuta dal
Senato chileno il 26 marzo 1879.
FRA IL PERÙ ED IL CHILÌ 69
E tutto ciò, mentre si ascoltavano e si tenevano a
bada le gestioni della mediazione interposta dal Perù,
per terminare amichevolmente i disaccordi con la Bo-
livia.
Dal giorno 11 al 19 marzo, tra il Plenipotenziario
del Perù e la Cancelleria di Santiago non vi fu nes-
suno scambio di idee, direttamente almeno. Ci spinge
a fare questa riserva la singolare condotta di uno dei
più alti ed influenti personaggi dei circoli politici di
Santiago, D. Domingo Santa Maria, vecchio amico
del Plenipotenziario peruviano, al quale fece visita fìn
dal primo suo arrivo a Santiago, ed alle cui calcagna
stette sempre e continuamente, durante quasi tutto il
tempo della sua permanenza ivi, conversando e discu-
tendo familiarmente con lui sullo scopo della sua mis-
sione e su tutte le più vitali questioni d' attualità. Il
Santa Maria, come più volte piacquegli dichiarare :
a non si mischiava in questi affari che a titolo di
amico del Perù, del Plenipotenziario Lavalle e del si-
gnor Pinto, Presidente del Chili, da cui era espressa-
mente autorizzato a ciò^ ma senza carattere ufficiale
alcuno (i). » Ora, benché non avesse carattere ufficiale
alcuno, V espressa autorizzazione del Presidente del
Chili gli dava per lo meno un certo carattere semi-
ufficiale^ che gli dava facoltà, e fino ad un certo punto
lo obbligava, a far da portavoce fra il Presidente del
ChiB ed il Plenipotenziario del Perù. A ciò, pare, que-
(1) Queste notizie le abbiamo raccolte dalla corrispondenza
nfEdale del Plenipotenziario Lavalle col proprio Governo.
70 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
st* ultimo non badò affatto : e fece assai spesso all'amico
confidenze che non avrebbe mai fatte a persona rive-
stita di carattere ufficiale; come quella, ad esempio, di
cui parla la sua Nota i3 marzo al proprio Governo,
che cioè, avendogli domandato il Santa Maria : « se a
suo credere, e parlandogli francamente da amico ad
amico, il mal esito dei negoziati di cui era incaricato,
darebbe come risultato inevitabile la guerra fra il Perù
ed il Chili, egli rispose senza esitare che sì. »
Noi non supponiamo punto che il Santa Maria, per-
sona altamente rispettabile, abusasse volontariamente
di tali confidenze. Ma comunque sia, il Plenipotenziario
peruviano non avrebbe dovuto giammai dimenticare il
suo carattere semi-ufficiale, e prevedere la non lontana
probabilità che, anche inconsciamente e senza met-
tervi nessuna mala intenzione, poteva egli permettere
qualche volta alP intermediario semi-ufficiale, o auto-
rfffjto, di ascoltare ciò che solo era detto all'amico.
Del resto, il Macchiavelli diceva che in politica non
si hanno amici : forse la sentenza è troppo assoluta.
ma è bene non dimenticarla.
11 19 marzo adunque, il Plenipotenziario peruviano
ebbe una seconda conferenza col Ministro degli Affari
Esteri del Chili, il quale, dopo le più grandi manife-
stazioni di simpatia pel Perù, che arrivarono fino a
fargli dire : e Giammai il Chili dichiarerebbe la guerra
al Perù, e solamente si limiterebbe a difendersi se fosse
aggredito, considerando ciò come la più dolorosa ne-
cessità alla quale potrebbe vedersi esposto » ; e dopo
aver reiterata la prima dichiarazione della iinpos^ibi-
FRA IL PERÙ ED IL CHILt 71
lità dì disoccupare il littorale boliviano, come base
deir arbitrato proposto dal Perù, non potendo abban-
donare i cittadini chileni che lo abitavano, al dispo-
tismo ed alla perpetua anarchia della Bolivia^ gli ma-
nifestò: i** il disegno del Governo chileno di tentare
colla mediazione del Perù un accomodamento diretto
ed immediato con la Bolivia ; 2° di trasportare i ne-
goziati a Lima, onde amichevolmente potersi discutere
le basi di esso accomodamento con l' intervenzione del
Ministro degli AfiFari Esteri del Perù, tra i Plenipo-
tenziari del Chili e di Bolivia ; S"» che il Plenipoten-
ziario del Chili sarebbe il D. Domingo Santa Maria,
sul quale potrebbe contarsi, comunque non si fosse
ancora deciso ad accettare Pincarico; ^ che bisognava
tenere tutto ciò nel massimo segreto. E qui è da av-
vertire che questo progetto che il Ministro chileno
svolgeva ufficialmente, come entrato già nelle convin-
zioni del suo Governo, era venuto su a poco a poco
nei giorni innanzi, nelle confidenziali discussioni fra
il Plenipotenziario Lavalle ed il suo amico Santa Maria.
Il giorno seguente, 20 marzo, il Plenipotenziario del
Perù ebbe la solita visita del Santa Maria, il quale gli
espose che era stato sollecitato dal Presidente per re-
carsi al Perù, e che aveva risposto affermativamente,
tuttoché fosse un vero sacrifizio per lui l' allontanarsi
in quei momenti da Santiago, unicamente pel suo gran
desiderio di assicurare la pace fra il Chili ed il Perù;
ma che nondimeno temeva fosse già troppo tardi, ed
il suo sacrifizio sterile, poiché l' attitudine del Perù coi
suoi armamenti e colF invio di duemila uomini alla
5. — Caivamo, Gurrra ^America,
72 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
frontiera di Bolivia, era molto sospettosa e minacciante
pel Chili. Comunque sia, si rimase d'accordo che il
Santa Maria partirebbe pel Perù col vapore del 29 dello
stesso mese, se nulla succedeva in contrario nei frat-
tempo.
Il giorno appresso, 21 marzo, ritornò Santa Maria
dal Plenipotenziario Lavalle, per dirgli che, dopo ma-
turo esame ed una lunga conferenza col Presidente della
Repubblica, aveva deciso di non andare al Perù ; per-
chè temeva di arrivar troppo tardi, e non ad altro che
a veder sparare i primi colpi di cannone.
Poco più tardi, nel corso della medesima giornata,
il Plenipotenziario del Perù si recò, precedentemente
invitato, dal Presidente della Repubblica; dal quale,
oltre la conferma di quanto aveagli detto Santa Maria
sul suo disegno di portarsi a Lima, apprese: e Che il
suo più vivo desiderio era la conservazione della pace
col Perù, ed il ritorno, colla mediazione peruviana, a
quella con la Bolivia; ma che l'attitudine del Perù era
molto allarmante; che i suoi uffici di mediatore erano
difficilmente attuabili, mentre sembrava prossimo e di-
sposto a farsi belligerante; e che per il bene della pace
desiderava sapere se il Perù sarebbe neutrale o no nella
guerra fra il Chili e la Bolivia, già dichiarata da que-
sfulHma{i), » A ciò il Plenipotenziario peruviano rispose
che, inviato dal suo Governo per offrire l'amichevole
mediazione del Perù, non aveva ricevuto autorizzazione
(1) Riferendosi al Decreto i® marzo, del Presidente di Boli-
via, di cui abbiamo discorso innanzi.
FRA IL PERO ED IL CHILÌ 73
ne istruzione alcuna per dire quale sarebbe la con-
rotta del suo Governo nel caso in cui non fosse pos-
sibile riuscire ad un amichevole accomodamento fra
il ChiFi e la Bolivia ; e che a suo credere, riteneva :
1", che il Perù non potrebbe giammai fare una dichia-
razione di neutralità a priori^ trattandosi di una guerra
ira vicini nella quale da un momento all'altro potreb-
bero trovarsi compromessi i suoi proprii interessi; 2°, che
solo potrebbe dichiararsi neutrale sotto condi\ione^ ossia
nel caso che il Chili ammettesse delle basi di media-
zione per poterle sottomettere all'accettazione della Boli-
via; e che perciò, avendo il Chili rigettate le basi da
esso presentate a nome del Perù, lo eccitava a pre-
sentarne delle nuove che egli si affretterebbe a tra-
smettere al proprio Governo, nel qual caso forse si de-
ciderebbe quest'ultimo a dichiarare la propria neutralità.
Riprendendo dopo ciò la parola il Presidente del Chili,
soggiunse: «Che pel momento non poteva proporre che
queste basi: i*^, mantenere lo statu quo, ossia l'occu-
pazione militare del Chili nel deserto di Atacama;
2% la retroazione della questione di limiti al punto nel
quale si trovava Tanno 1866; 3^, sottomettere ad un
arbitrato la questione del dominio reale del deserto
di Atacama; ma che però tutto ciò non poteva aver
luogo se non dopo che il Perù si fosse dichiarato neu-
trale. » Basi essenziali erano infine che il Perù dichia-
rasse innanzi tutto la propria neutralità, e che fino alla
decisione degli arbitri, che poteva ritardarsi indefini-
tamente, il Chili rimanesse nel possesso del territorio
che aveva occupato colla forza: occupazione che nei
74 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
giorni anteriori, come s^ è detto, aveva estesa a tutto
il deserto di Atacama fino ai confini del Perù, ossia
molto al di là ancora del grado 23® ove erasi fermato
il i4 febbraio.
Nonostante la inaccettabilità di queste basi, alle quali
la Bolivia non avrebbe dato giammai il proprio assenti-
mento, il Plenipotenziario del Perù aderì a trasmetterle
al proprio Governo in Lima; e fra lui ed il Presidente
Pinto si convenne che sarebbesi trattato telegraficamente,
e che per ovviare qualunque possibile inesattezza da
sua parte, il telegramma sarebbe stato redatto dallo
stesso Presidente, il quale si impegnò a mandargliene la
bozza nel corso della giornata, bozza che non mandò
né quel giorno, né mai (i).
Un passo indietro. 11 Rappresentante del Chili in
Lima, con Nota del 17 marzo, dopo aver parlato dei
preparativi bellici che si stavano facendo dal Governo
del Perù, e dell'invio di una divisione dì 2000 soldati
ad Iquique, nonché dei sentimenti ostili al Chili mani-
festati dalla stampa di Lima, conchiudeva domandando
al Perù la dichiarazione di neutralità, nei seguenti ter-
mini : « Il Governo del Chili, perchè la sua azione sia
più libera rispetto al Governo di Bolivia, crede proprio
di cerff tararsi seriamente se quello di V. E. ha la inten-
zione, come I suoi doveri suggeriscono, di rimanere
neutrale, in presenza degli avvenimenti che hanno avuto
(i) Tutto quanto si riferisce a queste conferenze del 19 e 21,
Io abbiamo ricavato dalle Note Ufficiali del Plenipotenziario pe-
ruviano al proprio Governo, del 20 e 2X marzo.
FRA IL PERÙ ED IL CHILÌ 75
ed avranno luogo, mentre il Chili difende colle armi
la rioccupazione del territorio littoraie al sud del pa-
ralello 23^ 1
Il Gabinetto di Lima però non aveva ancora rice-
vutO; fino a quel momento, da quello di Santiago nes-
suna partecipazione ufficiale suir occupazione del ter-
ritorio boliviano, avvenuta il i4 febbraio, che per la
prima volta sentiva chiamare rioccupa:{ione del terri-
torio littoraie; sicché a buon diritto non gli era possi-
bile il dichiarare qual sarebbe la sua condotta riguardo
ad avvenimenti di cui non conosceva la vera portata
e significazione (i). E, tra per ciò, tra perchè scosso
dall'altisonante acrimonia che spirava la Nota del Mi-
nistro chileno, rispondevagli che avendo accreditata
presso la Cancelleria di Santiago una Missione spe-
(i) L'Esposizione della CaDcelleria chilena sui fatti del 14 feb-
^o, che solamente fu consegnata al Plenipotenziario del Perii
in Santiago l' undici marzo, per esser rimessa al proprio Governo,
non era ancora, né poteva essergli pervenuta il giorno 17.
II servizio postale tra il Chili ed il Perù è fatto dai vapori
della Compagnia inglese del Pacifico, ì quali da Valparaiso al
Caiiao e viceversa, impiegano ordinariamente dai 9 ai 12 giorni,
secondo il maggiore o minor numero di porti che toccano per
▼ia; e partono, così dal Callao come da Valparaiso, quando una
quando due volte per settimana. Da Santiago a Valparaiso e dal
Callao a Lima, la posta è portata da treni ferroviarii che im-
piegano a percorrere le rispettive distanze, i primi 5 ore, ed i
secondi 30 minuti. A ciò bisogna aggiungere il tempo che di-
vorano r imbarco e lo sbarco nei porti, gli orarii postali, e le
coincidenze tra gli arrivi e partenze, rispettivamente, dei treni e
dei vapori ; più, i giorni che bisogna aspettare (ino alla più pros-
sima partenza di un vapore.
76 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
cialmente incaricata di trattare su tutti gli incideuti
cui potesse dar luogo tale materia, darebbe alla stessa
le debite istruzioni per informare quel Governo sui di-
versi punti contenuti in detta Nota. Ciò per iscritto.
Ma in una conferenza verbale che il Plenipotenziario
chileno ebbe il giorno 20 col Presidente del Perù, que-
sti gli espose: tChe non gli era possibile di formulare
in espressioni precise quale sarebbe più tardi la sua de-
cisione; ghe il suo Governo, legato da più tempo a
quello della Bolivia con un Trattato segreto di alleanza
offensiva e difensiva (i), dovrebbe forzatamente far
causa comune con quel paese, se non si ristabilissero
le relazioni di amicizia fra la Bolivia ed il Chili, o se
il Congresso del Perù, che sarà in breve convocato a
sessioni straordinarie, non autorizzasse il non compi-
mento di detto Trattato.... In conclusione, il suo Go-
verno non avrebbe preso risoluzione alcuna, se non
dopo aver conosciuto 1' esito della Missione affidata
al signor Lavalle (sulla mediazione) e dopo avere inter-
rogato il paese per mezzo del Congresso (2). » In se-
guito di ciò, il giorno seguente, 21 marzo, il Ministro
chileno spediva al proprio Governo in Santiago il se-
guente telegramma: e La mìa Nota morfer^fa doman-
dando dichiarazione neutralità sarà riscontrata oggi.
(i) L'alleanza era semplicemente difensiva, e non offensive,
come erroneamente dice il Ministro chileno avergli assicurato il
Presidente del Perù.
(2) Dalla Nota che il Plenipotenziario del Chili in Lima di-
rigeva al proprio Governo il 22 marzo 1879.
FRA IL PERD ed il CHILÌ 77
Presidente mi espose ieri non potersi decidere, aver
Trattato alleanza con Bolivia, convocar Congresso per
decidere, e incaricar Lavalle spiegarsi con nostro Go-
verno (i). »
Queste spiegazioni che, con Nota del 26 marzo, il
Gabinetto di Lima largamente dava al proprio Pleni-
potenziario in Santiago, perché le comunicasse alla
Cancelleria chilena, non furono punto attese da que-
sta, la quale dichiarò la rottura delle amichevoli re-
lazioni col Perù, prima che detta Nota arrivasse a
Santiago.
Il 24 marzo, il Presidente del Chili ed il Plenipo-
tenziario peruviano ebbero una nuova conferenza, che
il primo iniziò colle parole; Sono profondamente di-
sgustato, perchè termino di prendere alcune misure re-
lative alla guerra col Perù; per poi venir a dire: che
Tattitadine del Perù, il quale si presentava come me-
diatore armato e prossimo a divenire belligerante, di-
mandava una pronta risoluzione da parte sua; che
r opinione pubblica lo premeva a ciò, e che i marini
e uomini di guerra del Chili credevano fosse quello
il momento più opportuno per attaccare il Perù, per
trovarsi questo meno forte del Chili, il che poteva mu-
tare più tardi; ma che in sostanza non essendovi nessuna
causa di guerra fra il Chili ed il Perù, i cui comuni
interessi volevano che andassero sempre d'accordo,
egli non sapeva ()ercbè si dovrebbe arrivare a cosi
dolorosi estremi, e che tutto ciò poteva evitarsi colla
(i) Dalla medesima Nota anteriore.
78 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
• semplice dichiaratone di neutralità per parte del Perù:
che a tale scopo aveva già incaricato il suo Rappresen-
tante in Lima di domandare a quella Cancellerìa sif-
fatta dichiarazione, e che desiderava che questa stessa
domanda fissse anche ripetuta dal Plenipotenziario La-
valle, per mezzo di un telegramma di cui egli mede-
simo avea preparata la bozza scritta, e che diceva:
e La situazione incerta del Perù è un ostacolo insu-
perabile per i negoziati. La dichiarazione di neutralità
tranquillizzerebbe gli spiriti qui, come nel Perù e Bo-
livia. Prof)osizioni che potrebbero essere accettabili
stando gli animi tranquilli, non possono ora discutersi. »
Rispose il Plenipotenziario peruviano, che non trala-
scierebbe di dirigere siffatto telegramma al suo Governo,
onde soddisfare ai desiderii espressi dal Presidente ; ma
che, comunque senza istruzioni speciali a questo ri-
guardo, si credeva nel caso di potergli ripetere ciò che
^ià aveagli detto altra volta, che il Perù non poteva
dichiararsi neutrale come si pretendeva, a priori ed
incondizionatamente y in una guerra fra vicini che po-
tava compromettere da un momento all'altro i proprii
interessi; e che se il Perù aveva assunto il carattere
di mediatore e faceva ogni sforzo per evitare la guerra
fra il Chili e la Bolivia, era appunto perchè, convinto
della impossibilità di mantenersi neutrale, voleva evi-
tare la necessità di divenire belligerante.
Riprese allora a dire il Presidente del Chili: a 1° che
non comprendeva quali fossero i forti motivi che le-
gavano il Perù alia Bolivia; che il Chili gli darebbe
ogni sorta di garanzia, se di alcuna avesse bisogno,
FRA IL PERÙ ED IL CHILÌ 79
! —
a causa deir occupazione del littorale boliviano; e che
se per la sua dichiarazione di neutralità, la Bolivia
movesse guerra al Perù, il Perù poteva fare assegna-
mento sull^ aUeanza del Chili e su di un esercito chi-
leno che servirebbe sotto i suoi ordini : 2^ che se scop-
piasse la guerra fra il Chili ed il Perù, non sarebbe
strano che terminasse con una guerra fra il Perù e la
Bolivia, alleata col Chili ; perchè oggi stesso (diceva)
potrebbe ti Chili firmar la pace con la Bolivia^ con danno
del Perù, cosa che egli non farebbe mai ; e che per
evitare la guerra fra il Chili ed il Perù, era necessa*
rio che il P.erù dichiarasse sollecitamente la sua neu-
tralità (i). »
Il giorno seguente, 25 marzo, ritornando su quanto
erasi detto fra lui ed il Plenipotenziario peruviano nel-
r anteriore conferenza, il Presidente del Chili scriveva
air altro la seguente lettera autografa:
t Santiago, 25 marzo 1879 - Signor D. losé Antonio
Lavalle. - Mio stimato Signore - Credo che non sa-
rebbe superfluo il dire che, dichiarata la neutralità, le
negoziazioni potrebbero continuarsi in Lima, dove po-
trebbero trattarsi con maggiore attività che in Santiago.
Credo che dichiarata la neutralità, potremmo ottenere
che Santa Maria si portasse a Lima - A. Pinto. »
Battendo sempre sulla dichiarazione di neutralità del
Perù, che doveva essere il punto di partenza di ogni
trattativa, il Presidente del Chili tornava una seconda
(i) Dalla Nota nf&ciale del Plenipotenziario peruviano al pro-
prio Governo, del 25 marzo.
8o CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
volta sul progetto dei giorni 19, 20 e 21, di far discu-
tere in Litna dal Santa Maria un progetto di amiche-
vole accomodamento con la Bolivia.
Ma stando cosi le cose, il 28 marzo fu riferito ai
Lavalle che il Governo del Chili aveva dato ordine
alla squadra di tenersi pronta per operare al primo
avviso contro i porti e forze navali del Perù.
Il 3i marzo, ricevuta dal proprio Governo una co-
pia del Trattato d'alleanza esistente fra II Perù e la
Bolivia dall' anno 1873, il Plenipotenziario del Perù ne
diede lettura al Ministro degli Affari Esteri del Chili,
facendogli notare, come del resto dalla semplice sua
lettura appariva, che non aveva nessun carattere di
ostilità contro il Chili ; unicamente trattandosi di un
patto generale di alleanza difensiva, più che altro do-
vuto alla necessità di consolidare, in un momento in
cui sembravano pericolanti, le buone relazioni con la
Bolivia, tanto necessarie allo sviluppo commerciale e.i
economico dei due paesi, per la loro rispettiva posi-
zione geografica.
Effettivamente, non potendo servirsi la Bolivia dei
suoi proprii porti, siti sulla costa del deserto di Au-
cama, se non per i soli bisogni di una limitata regione
del paese, è necessariamente obbligata a valersi, per gli
usi commerciali della più gran parte della Repubblica,
dei porti peruviani di Arica e MoUendo. Da ciò con-
tinue difficoltà di ordine daziario fra la Bolivia e il Perù,
ed a volta a volta, tensione di relazioni diplomatiche
e disaccordi più o meno passeggieri, arrivandosi, quando
più quando meno stentatamente, a speciali Trattati do-
FRA IL PERÙ ED IL CHILÌ 8i
ganali, quasi sempre tardivi rìmedii o cause di scom-
piglio e turbamento degr interessi commerciali di ambo
i paesi. Col Trattato di alleanza si credè porre un ar-
gine a queste frequenti e dannose dissensioni fra le due
Repubbliche, facendole solidali in una sincera e dura-
tura amicizia.
II IO aprile i giornali di Santiago pubblicavano la
notizia che il Governo aveva domandata T autorizza-
zione del Consiglio di Stato per dichiarare la guerra
al Perù. £ quella sera stessa il popolaccio di Valpa-
raiso, sotto gli occhi della polizia che rimase spetta-
trice indifferente, dato V assalto al Consolato del Perù,
ne staccava violentemente lo scudo colle armi di quella
Nazione, prima per romperlo in frantumi sul lastrico
della strada, e poi per farne un auto-da-fè innanzi
alla chiesa della Merced.
In quel medesimo primo giorno di aprile, il Plenipo-
tenziario peruviano si sollecitava a trasmettere una nota
alla Cancelleria chilena, domandandole schiarimenti su
quanto veniva riferito dai giornali intorno alla dichia-
razione di guerra al Perù, con preghiera, in caso af-
fermativo, di rimettergli i suoi passaporti: e rimasta
questa senza risposta, ne dirigeva altra più premurosa
nelle prime ore del 3; nel pomeriggio del qual giorno
riceveva da quel Ministro degli Affari Esteri, colla data
del 2 aprile, la nota seguente :
« La manifestazione fatta in questi giorni al Mini-
stro chileno dal Governo di V. S. che non poteva di-
chiararsi neutrale nella nostra guerra con la Bolivia,
perchè aveva un patto di alleanza difensiva, che V. S.
82 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
mi lesse nella conferenza avuta il 3i del passato, ha
fatto comprendere al mio Governo che è impossibile
mantenere relazioni amichevoli con quello del Perù.
Attenendomi alla risposta che V. S. mi diede nella
prima conferenza che avemmo l' undici di marzo ul-
timo, rispondendo alla interrogazione che le feci sopra
la esistenza o no di quel patto, e della quale V. S. mi
assicurò che non aveva notizia, che credeva che non
esistesse.... il mio Governo vede che quello di V. S.
occultando il patto a V. S. ed a questo Governo, si è
collocato in una situazione profondamente irregolare.
U mio Governo si è sorpreso al sapere che quello del
Perù progettasse e sottoscrivesse quel ps^tto, in mo-
menti nei quali manifestava verso il Chili sentimenti
di cordiale amicizia. A questo atto misterioso nel
quale si pattuì la riserva più assoluta, il Governo del
Chili risponde con elevata franchezza, che dichiara
rotte le relazioni col Governo del Perù, e lo consi-
dera belligerante. Neil' inviare a V. S. i suoi passa-
porti.... >
In quel medesimo giorno, 3 aprile, il Ministro Ple-
nipotenziario del Chili in Lima, Joaquin Godoy^ fa-
ceva a nome del proprio Governo altra dichiarazione
di guerra a quello del Perù, e domandava i suoi pas-
saporti. Trascritta come abbiamo già quella fatta dal
Ministro degli Affari Esteri del Chili al Plenipoten-
ziario del Perù, dovrebbe tornare oziosa la trascrizione
di quest'altra: nondimeno, senza regalarla per intero
ai nostri lettori, ne riporteremo gli squarci principali,
tanto per la loro curiosa originalità, come per i diversi
FRA IL PERÙ ED IL CHILÌ 83
e nuovi motivi, nei quali lo spiritoso Godoy fonda la
dichiarazione di guerra.
€ Allo scoppio del conflitto che, sen\a provocas^ione
del Governo del Chili e con grande suo dolore, ha
interrotto le amichevoli relazioni che legavano il ChiFi
con la Bolivia, collocando le due Nazioni in istato di
guerra, la più perfetta armonia regnava fra il Chili ed
il Perù.... (i) In questa situazione, naturale era sperare
che la causa del Chili neir indicato conflitto, causUj al
cui lato militano la ragione e la gìusti:{iay la civiltà
e la buona fede (!), avesse trovato nel popolo e nel
Governo del Perù, nobili adesioni ed ardenti simpa-
tie.... Impossibile è per tanto esprimere il sentimento
di maraviglia e di sorpresa, con che il Governo del
ChiFiela Nazione intera hanno preso nota dell'attitudine
assunta dal Perù.... Nessuna precauzione è stata baste-
vole per occultare più a lungo la esistenza del Trattato
segreto di alleanza, che conclusero nel 1873 la Bolivia
ed il Perù (2). Secondo questo patto, conchiuso quando
il Chili riposava nella fiducia che una profonda pace
regnasse nelle sue relazioni con questo paese, con la
Bolivia e con tutte le Nazioni, il Perù rimase formal-
(i) Il Cbilì comincia la guerra ix abtupio contro la Bolivia,
invadendo in piena pace il territorio di quest' altima, ed il suo
Plenipotenziario dice che scoppiò il conflitto senza provocazione del
Governo chileno !
(2) É a ricordare che egli stesso aveva scritto al proprio Go-
verno che il Presidente del Perù gli manifestò 1' esistenza del
Trattato con la Bolivia, la prima volta che se ne presentò 1' oc-
casiooe, neUa conferenza del 20 marzo.
84 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
mente obbligato a costituirsi, dato il conflitto oggi esi-
stente, in nemico del Chili, ed a compromettere in suo
danno le sue navi, i suoi eserciti ed i suoi tesori. Non
solo esiste questo impegno contenuto nel patto segreto
del 1873: il Governo dell' infrascritto sa che quello di
V. E. ha cominciato a dargli compimento, sommini-
strando direttamente, sebbene occultamente, a quello
di Bolivia, armi e munizioni da guerra. Profondamente
offeso il Chili dair attitudine del Perù rivelata in que-
sti fatti concreti, potè fin dal principio sconoscere
il carattere di neutrale che pretende di conservare
questa Nazione, e trattarla da nemica.... Non ignora
V. E. che r infrascritto ebbe il dolore di sapere, nelle
avute conferenze, che non otterrebbe dal Governo pe-
ruviano la dichiarazione di neutralità, che era legato
da un patto di alleanza con la Bolivia, e che nessuna
considerazione era tanto potente da indurlo alla rot-
tura di quello (i). Il carattere di belligerante assunto
adunque deliberatamente dal Governo del Perù, col
fatto di essersi negato a fare la dichiarazione di neu-
tralità che gli fu domandata. colPaver dato per fonda-
mento della sua negativa l'esistenza di un'alleanza
avvenuta con uno dei belligeranti, coli' aver sommi-
nistrato a quest' ultimo soccorsi diretti di armi e muni-
zioni, e coir attitudine bellica che rivelano dopo questi
(i) Egli stesso aveva scritto al proprio Governo che il Pre-
sidente del Perù aveagli dichiarato non potersi decidere nella do-
manda di neutralità, se non dopo terminata la missione I^valie
sulla mediazione, e dopo il voto del Congresso.
FRA IL PERÙ ED IL CHILt 85
antecedenti, gli anivi apparecchi che l'infrascritto men-
zionò nel suo citato dispaccio del 17 marzo, e che
hanno continuato e continuano con inusitata solleci-
tudine; tutto questo fa vedere che non è compatibile
colla dignità del Chili il mantenimento di questa Le-
gazione.... L' infrascritto dichiara terminata la sua mis-
sione di pace.... »
Come la semplice loro lettura lo dice, le due dichia-
razioni di guerra, uscite, V una direttamente dalla
Cancelleria chilena, e 1' altra dalla sua Legazione in
Lima, non sono punto uniformi.
La prima che, per la fonte dalla quale emana, ha
diritto ad essere considerata come la più seria, fonda
la dichiarazione di guerra in due motivi: 1°, nell'avere
il Governo peruviano tenuto occulto il Trattato d' al-
leanza che aveva con la Bolivia; 2^, nell' aver sotto-
scritto quel Trattato in momenti nei quali manifestava
sentimenti di cordiale amicizia verso il Chili; dando
con ciò a credere la Cancelleria chilena che riteneva
quel Trattato come un atto ostile al Chili; e che gli
è bastato sapere che un tale trattato esistesse, per an-
dare a viso scoperto contro il Perù, e dichiarargli fran-
camente una guerra, che cercava e preparava segreta-
mente da gran tempo.
Questi però, possiamo dirlo senza tema d'ingannarci,
non furono ì veri motivi che spinsero il Chili a di-
chiarare la guerra al Perù.
Quanto alla pretesa occultazione del Trattato d'al-
leanza, fondata nella risposta negativa data dal Pleni-
potenziario Lavalle, non la si può a buona ragione
86 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
chiamar tale; perchè la Cancelleria di Lima, che spe-
diva un Plenipotenziario col fine speciale di ofifrire la
mediazione del Perù nel conflitto chileno-bollviano,
sorto, come credeva il Perù, a motivo della diversa
intelligenza che il Chili e la Bolivia davano a certi
atti di quest' ultima relativamente ad un Trattato esi-
stente fra di loro, e che non impegnava punto l'alleanza
Perù-boliviana che aveva obbiettivi assai diversi, non
aveva obbligo alcuno di mettere a conoscenza del suo
Plenipotenziario un fatto completamente estraneo alla
sua missione; e molto meno poi, di prevedere che sa*
rebbesi a lui rivolta tale dimanda, e quindi di dargli
le debite istruzioni pel caso in cui ciò avvenisse (i).
Se air accreditare un Plenipotenziario presso una Na-
zione, si dovessero da ciascuna Cancelleria prevedere
(i) Come abbiamo detto innanzi, il Gabinetto di Lima, a cui
quello di Santiago non aveva ancora palesato il vero scopo della
occupazione del littorale boliviano, riteneva, standosi ai prece-
denti, che il Chili non avesse inteso far altro che esercitare una
certa pressione sul Governo della Bolivia, onde ritirasse la legge
del 14 febbraio 1878 ed il Decreto del i® febbraio 1879, che
considerava contrarli al Trattato del 1874; nel qual caso, riti-
rando il Chili le proprie forze dal territorio boliviano, e sospen-
dendo la Bolivia la legge ed il decreto anzidetti fino a che gli
arbitri decidessero chi def due aveva ragione, ciò che costituiva
appunto la base della mediazione offerta dal Perù, 1' alleanza
Perù-boliviana non entrava punto in giuoco. Questa non era che
pei casi di guerre dirette a spogliare una delle due Repubbliche
di una parte del proprio territorio, e per altri casi analoghi espres-
samente indicati; ed il 22 febbraio la Cancelleria di Lima non
sapeva affatto che fossero queste appunto le intenzioni del Chili.
FRA IL PERÙ ED IL CHILÌ 87
tutte le dimande che gli si potrebbero rivolgere, anche
non pertinenti alla missione di cui è incaricato, sarebbe
tal cosa questa da superare le umane facoltà. Rima-
nendo i Plenipotenziarii in continua corrispondenza coi
proprii Governi, sono sempre in caso di domandare e
ricevere nuove istruzioni a misura che se ne presenta
il bisogno; e nessun Governo si dà per offeso quando
il Rappresentante di una Nazione amica non può ri-
spondere, per mancanza d'istruzioni, ad una interro-
gazione fattagli. Allora solamente comincia la colpa,
quando, trascorso il tempo necessario per domandare
e ricevere le debite istruzioni, la chiesta risposta si
lascia ancora attendere; perchè allora solamente in-
comincia a manifestarsi l'intenzione di non dare gli
schiarimenti chiesti, o, come direbbe la Cancelleria di
Santiago, di occultare ì fatti e circostanze, oggetto della
interpellazione.
Bastava quindi che il Plenipotenziario peruviano
avesse detto, come disse, che non aveva istruzioni del
suo Governo a questo riguardo e che le aveva già chie-
ste, inquantochè* egli stesso aveva inteso parlare di
un tale Trattato nel Chili, perchè il Gabinetto di San-
tiago non se ne desse per offeso, come non se ne diede
allora, e che aspettasse tranquillamente la risposta della
Cancellarìa di Lima. Se il Governo chileno avesse de-
siderato siffatta risposta con urgenza, non aveva che
a sollecitare il Plenipotenziario peruviano, come fece
in altre occasioni, onde dimandasse telegraficamente
al proprio Governo le istruzioni in parola: e non avendo
fatto ciò, doveva bene rassegnarsi ad aspettare i venti
^- — Caivako, Guerra <V America*
88 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
e più giorni necessariì per avere una risposta da Lima
coli' ordinario mezzo della posta. Certo, il Plenipoten-
ziario del Perù, dopo aver detto che mancava dUstru-
zioniy e che le aveva già chieste in previsione di una
interrogazione, fece molto male a spogliarsi della veste
diplomatica ed ufficiale, per entrar a dire le ragioni
tutte sue personali che, ignorando egli l'esistenza di
un tale Trattato, lo portavano a credere che detto Trat-
tato non esistesse affatto. Ma queste spiegazioni pura-
mente personali, ripetiamo, dovute solo alla poca perìzia
nel maneggio degli affari diplomatici ed alla eccessiva
voglia di aggradare, coli' esporre francamente tutto il
proprio pensiero, non mutano per nulla la sostanza della
cosa; né possono essere ragione sufficiente per accu-
sare di doppiezza il Gabinetto di Lima, completamente
estraneo a tali fatti.
Che il Governo del Perù non abbia avuto neanche
per un solo momento l'idea di nascondere l'alleanza
con la Bolivia — alleanza puramente difensiva e per casi
speciali, che in principio supponevasi non aver nulla
che fare col conflitto chileno-boHviano — lo prova il fatto
che, non appena fu interpellato su di essa dal Rap-
presentante chileno in Lima, gli manifestò immedia-
tamente, nonché l'esistenza del Trattato, la natura di
esso, e tutta la portata che poteva avere ; di che è prova
la Nota del Rappresentante chileno, ed il telegramma
che egli spediva al proprio Governo il 21 marzo. Ma
lasciamo ciò, che abbiamo detto anche troppo.
Se il Gabinetto di Santiago avesse dichiarato la guerra
al Perù, più che altro per la sorpresa che gli cagio-
FRA IL PERO ED IL CHILt 89
nava l'avere il Perù sottoscritto quel Trattato con la
Bolivia mentre era in perfetta pace col Chili, come
vorrebbe lasciar credere nel secondo dei due motivi in
esame, tale dichiarazione l'avrebbe fatta non appena
ebbe la prima notizia ufficiale dell' esistenza di esso
Tranato. E poiché questa prima notizia ufficiale l'ebbe
per mezzo del proprio Rappresentante il 21 marzo, non
vediamo perchè avesse dovuto contenere il corruccio
del suo animo, fino al momento in cui questa mede-
sima notizia veni vagli data dal Plenipotenziario peru-
viano il 3i marzo. Forse per attendere, trattandosi di
cosa tanto grave, le spiegazioni che, come gli avvisava
il proprio Rappresentante, doveva dargli sulla domanda
di neutralità quello del Perù ? Ma oltreché in tal caso
non sarebbe stata più né la pretesa occultazione del
patto d'alleanza né la sorpresa che gli cagionava la
notizia della sua esistenza, che decidevanlo a dichiarar
la guerra, è da notarsi che dette spiegazioni non le
attese punto; e che, come dice nelle prime linee la
Nota in esame, si attenne alla semplice manifestazione
fatta al suo Rappresentante in Lima da quel Gabi-
netto. La lettura del Trattato che gli fu fatta dal Pleni-
potenziario peruviano il 3i, non ebbe nessuna influenza.
In ogni modo, quel generoso corruccio che facevalo
irrompere il 3 aprile in una tremenda dichiarazione
di guerra, avrebbe dovuto per lo meno, abbenchè for-
temente contenuto dal 21 al 3 1 marzo^ farlo astenere
da qualunque trattativa col Plenipotenziario peruviano.
Ma noi sappiamo invece che fu precisamente nei dieci
giorni decorsi dal 21 al 3i marzo, quando più attiva-
90 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
mente s'impegnò il Presidente del Chili col Plenipo-
tenziario peruviano, per slegare il Perù dalia Bolivia,
ed ottenere una sua dichiarazione di neutralità incon-
dizionata. Dunque abbiamo piena ragione di dire che
il corruccio provocato dalla pretesa occultazione del
Trattato di alleanza con la Bolivia e dalla notizia stessa
dell'esistenza dì esso Trattato, non fu che un mero
pretesto, e non la causa vera della dichiarazione di
guerra al Perù.
D' altra parte, è pur troppo risaputo che gli uomini
politici del Chili conoscevano l'esistenza e la natura
di questo Trattato, fin dallo stesso anno in cui fu con-
cluso; fatto che rimase pienamente comprovato nella
sessione segreta tenuta dal Senato chileno il 2 aprile 1879,
nella quale si venne a scoprire che, chi più chi meno,
quasi tutti i signori Senatori ne sapevano qualche cosa
da gran tempo; e nella quale il senatore Ybauez di-
chiarava che essendo egli Ministro degli Esteri nel 1873,
seppe r esistenza del Trattato d' alleanza Perù-boliviana
dai Ministri Chileni residenti nel Perù e nella Repub-
blica Argentina, nonché da altre vie ancora, e che fu
appunto in vista di tale notizia che il Gabinetto chi-
leno ordinò allora, nonostante le strettezze finanziarie
della Repubblica, la costruzione delle due forti coraz-
zate chilene Blanco-Encaiada e Lord-Cochrane. A ciò
possiamo aggiungere anche che fu pure nel 1873, dopo
avere appreso la esistenza del Trattato d'alleanza h'a
il Perù e la Bolivia, che il Chili fece acquistare in
Europa dall' allora Colonnello Sotomayor, il forte ar-
mamento militare col quale iniziò la guerra.
FRA IL PERÙ ED IL CHILt 91
La vera cagione della dichiarazione dì guerra po-
trebbe forse trovarsi, comunque non sia là che la ri-
ponga il Gabinetto di Santiago, nelle prime parole della
Nota in esame: e La manifestazione fatta in questi ul-
timi giorni dal Governo di V. S. che non poteva di-
chiararsi neutrale nella nostra guerra con la Bolivia... »
ossia nella negativa del Perù a fare la sollecitata di-
chiarazione di neutralità: motivo che è poi chiaramente
espresso nella dichiaratoria di guerra fatta dal Pieni*
potenziano chileno in Lima. E qui, innanzi tutto, è
egli certo che il Gabinetto di Lima manifestasse al Rap-
presentante chileno che, non poteva dichiararsi neu-
trale nella guerra chileno-bolivianaFLei risposta ce la
darà la stessa Nota del Plenipotenziario del Chili, data
22 marzo, colla quale informava egli il proprio Go-
verno su tale argomento. Essa dice:
«Legazione del Chili nel Perù: Lima 22 marzo 1879-
Signor Ministro - Se come presumo ha ricevuto la mia
precedente comunicazione, V. S. deve conoscere già
in che modo ho proceduto, in adempimento delle sue
istruzioni, per dimandare a questo Governo una im-
mediata dichiarazione di neutralità. La copia che ac-
compagnai alla citata comunicazione, avrà manifestato
a V. S. nei suoi termini testuali il dispaccio che di-
ressi il 17 del corrente, sul particolare, al signor Yri-
goyen, Ministro degli Affari Esteri. Ricevuto questo di-
spaccio la sera del 17, si riunì il giorno seguente il
Consiglio dei Ministri per prenderlo in considerazione ;
però in quella sessione non si giunse a risoluzione al-
cuna. In quella che ebbe luogo il giorno appresso, se le
92 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
notizie che ho non sono inesatte, il signor Yrigoyen pre-
sentò un progetto di risposta in termini di assoluta ne-
gativa alla mia domanda, progetto che non fu accettato,
e che per questa circostanza diede motivo a che il si-
gnor Ministro tentasse dimettersi. Il 20, disponendomi a
parlare con S. E. il General Prado, ricevei un suo invito
collo stesso scopo, ed ebbe luogo la conferenza della quale
passo a dar conto a V. S.... S. E. (il Presidente della Re-
pubblica) mi dichiarò che non gli era possibile formulare
in espressioni precise quale sarebbe più tardi la sua deci-
sione.... che il suo Governo, legato anticipatamente alla
Bolivia con un Trattato segreto di alleanza offensiva (i)
e difensiva, dovrebbe forzatamente far causa comune
con quel paese, se non si ristabilissero le relazioni di
amicizia fra lui ed il Chili, o se il Congresso del Perù,
che sarà convocato straordinariamente, non autorizzi
il non compimento di esso Trattato.... In conclusione,
mi disse che il suo Governo non avrebbe preso riso-
luzione alcuna, se non dopo aver conosciuto V esito
della missione affidata al signor Lavalle, e dopo di
avere interrogato il paese per mezzo del Congresso....
(i) Ciò h inesatto; difensivo solamente, e non offensivo.
Oggi ancora che questo famoso Trattato d' alleanza è stato
pubblicato ai quattro venti in documenti ufficiali ed in giornali,
sicché tutti possono leggerlot e sapere che parla unicamente di
alleanza difensiva^ oggi ancora, ripetiamo, lo storico chileno Barros-
Arana dice nella sua cosidetta Hi storia de la Guerra del Paci-
fico, a pag. 31 e 73, che era un Trattato di alleanza ofiensiva e
difensiva. Questo può dare una idea del modo come si interpre-
tano e riferiscono i fatti nel Chili, e di come si faccia la storia
in quel paese.
FRA IL PERÙ ED IL CHILt 93
Ieri, 21, mi affrettai a dirìgere a V. S. il telegramma
seguente: La mia Nota moderata domandando dichia-
razione neutralità sarà riscontrata oggi. Presidente mi
rispose ieri non potersi decidere, e incaricare Lavalle
spiegarsi con nostro Governo.... J. Godoy. »
Ricevuto il precedente telegramma, il Gabinetto di
Santiago telegrafava il giorno 25 al proprio Rappre-
sentante in Lima: a Dichiarazione neutralità deve ri-
solversi immediatamente in Lima, accompagnata da
sospensione di armamento. Non accettiamo che questo
affare si tratti nel Chili. Domandi manifestazione patto
segreto. Investighi se è approvato dal Congresso, e se il
Governo si risolve ad abrogarlo immediatamente. Con-
ferisca oggi con Presidente e Ministri, e risponda oggi,
e se non fosse possibile, domani. r>
Con Nota del 26 marzo, rispondendo al precedente
telegramma ricevuto il giorno innanzi, il rappresen-
tante chileno scriveva al suo Governo: « Rispetto alla
dichiarazione di neutralità mi hanno risposto, tanto il
signor Presidente come il signor Ministro, che questo
è un atto che il loro Governo non eseguirà, se non
dopo la decisione del Congresso peruviano, recente-
mente convocato pel 24 del prossimo aprile.... Molto
prima che questo ufficio arrivi alle mani di V. S. il
telegramma che mi propongo dirìgerle domani le darà
sufficiente conoscenza dell' affare.... Godoy. >
Questa nota, il Gabinetto di Santiago non la ricevè
che dopo la dichiarazione di guerra al Perù; ma ri-
cevè però il telegramma, è da supporsi almeno, che
gli prometteva il suo Rappresentante.
94 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
Queste adunque e non altre sono le manifestazioni
fatte dal Gabinetto di Lima al Ministro chileno; quelle
manifestazioni alle quali si riferisce la Cancellerìa di
Santiago nella precitata dichiarazione di guerra ; e come
si vede, è completamente inesatto che il Governo del
Perù manifestasse in modo assoluto dì non potersi di-
chiarare neutrale^ come asserisce il Gabinetto del Chili.
11 Governo peruviano diceva invece che non poteva
prendere pel momento nessuna determinazione a questo
riguardo; e che non ne prenderebbe una se non in
vista dell' esito definitivo della missione affidata al
Plenipotenziario Lavalle sulla mediazione, e dopo avere
ascoltato il voto delle Camere Legislative, già convo-
cate straordinariamente. Il Governo del Perù, in so-
stanza, dichiarava che non toccava a lui di prendere
una risoluzione di tanta importanza, ma alP unico
potere dello Stato che ne aveva la facoltà, ossia al
Congresso nazionale già convocato a ciò; e che si
riserbava di dare la risposta che il Chili attendeva da
lui, dopo che il Congresso avesse deciso il da farsi.
Perchè non rimanesse dubbio alcuno su tutto ciò,
abbiamo preferito attenerci ai documenti chileni, come
s'è visto.
Dunque non fu nemmeno la dichiarazione del Perù
che non poteva dichiararsi neutrale - dichiarazione
che non fu fatta - quella che spinse il Chili alla guerra.
Andiamo più innanzi ancora. Aveva il Chili il di-
ritto di esigere dal Perù una immediata dichiarazione
di neutralità? Dice Hautefeuille: a I^ dichiarazioni
di neutralità debbono essere spontanee. Nessuna Na-
FRA IL PERÙ ED IL CHILÌ 95
zione, per potente che sia, può esigerle colla minaccia
0 colla forza. Non v'è dubbio, come osserva Galiani,
che è lecito scandagliare le intenzioni degli altri Stati,
iovestigare sulle loro disposizioni e provocare la ma-
nifestazione della loro volontà ; però è contrario al
diritto l'impiego della violenza per ottenere una di-
chiarazione. Il paese interrogato può rispondere o man-
tenersi in silenzio, secondo Io stimi più conveniente
ai propri interessi, senza che il belligerante abbia mo*
tivo di offendersi per la negativa » Non abbiamo bi-
sogno d' aggiungere, che questa è l'opinione ricevuta
da tutti i migliori pubblicisti.
Nella dichiarazione di guerra, fatta direttamente al
Govemo del Perù dal Plenipotenziario del Chili, si
^^g^^^o ai precedenti, come abbiamo visto, tre nuovi
motivi, che sono : 10 L' esistenza del trattato d'alleanza
con la Bolivia, e secondo il quale, dice il Plenipoten-
ziario chileno, il Perù rimase formalmente obbligato
a costituirsi, dato il conflitto oggi esistente, in nemico
del Chili » ; 2° L' avere il Perù somministrato alla Bo-
livia, dopo la rottura col Chili, soccorsi diretti di armi
e munizioni ; 3^ Gli attivi apparecchi bellici che faceva
il Perù.
Il trattato di alleanza difensiva, sottoscritto il 1873
tra il Perù e la Bolivia, obbligava forse il primo, vo-
lente o no, per esser fedele ai patti, ad abbracciare la
causa della seconda contro il Chili? Dice il trattato :
« Art. i<>: Le alte parti contrattanti (Perù e Bolivia)
si legano ed uniscono per garentire mutuamente la
loro indipendenza, la loro sovranità e la integrità dei
96 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
loro rispettivi territori!, obbligandosi nei termini del
presente trattato a difendersi contro ogni aggressione
straniera, sia di altro o di altri Stati indipendenti, sia
di forze senza bandiera che non obbediscano a nessun
potere riconosciuto. - Art. 2°: L'alleanza sarà effettiva
per conservare i diritti espressi nelP articolo precedente,
in atti di offesa che consistano: i» In atti diretti a
privare alcuna delle alte parti contrattanti di una por-
zione del proprio territorio, con animo di appropriar-
sene il dominio o di cederlo ad altra potenza. 2^ In
atti diretti a sottomettere qualunque delle alte parti
contrattanti a protettorato, vendita o cessione di terri-
torio, od a stabilire su di essa qualsiasi superiorità,
diritto o preminenza che diminuisca od offenda l'eser-
cizio pieno e completo della sua sovranità ed indipen-
denza. - Art. 3^ : Riconoscendo ambe le parti contrat-
tanti, che ogni legittimo atto di alleanza si fonda nella
giustizia, si stabilisce per ciascheduna di esse, rispet-
tivamente, il diritto di decidere se l' offesa ricevuta dal-
l' altra si trova compresa fra le designate nell'articolo
anteriore. - Art. 8«>:Le alte parti contrattanti si obbli-
gano anche a impiegare di preferenza, sempre che sia
possibile, tutti i mezzi concilianti atti ad evitare una
rottura, od a terminare la guerra, se la rottura avesse
avuto luogo, considerando come più efficace l'arbitrato
di una terza potenza. »
Basta la semplice lettura dei precedenti articoli del
Trattato, per comprendere che esso non fu fatto con-
tro il Chili, e che in nessun modo poteva la Bolivia
pretendere che il Perù, in esecuzione del detto Trat-
FRA IL PERO ED IL CHILI 97
tato, si associasse a lei contro il Chili, nel caso in cui
la guerra promossale da quest' ultimo, fosse stata una
guerra giusta, come il Chili doveva credere. L' al-
leanza non era che pei casi di guerra notoriamente in*
giusta contro uno dei due paesi alleati; e per dirlo in
franche parole, per le guerre di conquista, sia di ter-
ritorio, sia di diritti e supremazie, contro uno di essi.
Se dunque il Chili non aveva promosso alla Bolivia
una guerra notoriamente ingiusta ; se il Chili non in-
tendeva di fare contro la Bolivia una condannata guerra
di conquista, esso non aveva nulla da temere dal Perù ;
il quale non si sarebbe trovato per nulla astretto dal suo
Trattato d' alleanza con la Bolivia a prendere le armi
contro il ChiFi.
La Bolivia infatti aveva già inviato in Lima un suo
ministro Plenipotenziario fin dal febbraio, per diman-
dare al Governo del Perù che, in esecuzione del Trat-
tato, dichiarasse arrivato il casus foederis. Ma il Ga-
binetto di Lima, punto accedendo alle istanze della sua
alleata, sospendeva ogni discussione a questo riguardo;
primamente per esaurire tutti i mezzi amichevoli con-
ducenti ad ottenere una pacifica conciliazione della
venenza fra il Chili e la Bolivia, al quale intento of-
fri la propria mediazione ai Governi di ambo i paesi;
ed ia ultimo caso, se la mediazione da lui offerta riu-
scisse infruttuosa, per decidere, in vista dei motivi al-
iegati dal Chili a giustificazione del suo operato sul
territorio boliviano, se veramente era o no obbligato
il Perù, in virtù del Trattato di alleanza, ad associarsi
alla Bolivia contro il Chili.
9» CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
Chi invece dichiarò arrivato il casus foederìs (u il
Chili e non il Perà, dichiarando la guerra a quest'ul-
timo, perchè aveva un Trattato d' alleanza con la Bo-
livia. Supposto adunque che questo non fosse stato un
semplice pretesto da sua parte, come gli anteriori, il
Chili si fece giustizia da se, dichiarando implicitamente
che la sua guerra contro la Bolivia era ingiusta, e che
altro non era se non una scandalosa guerra di con-
quista; poiché, come s'è visto, era questo il solo caso
nel quale una guerra contro la Bolivia poteva obbli-
gare il Perù, in virtù dell'antico patto d' alleanza con
quest'ultima, a prendere le armi a suo favore.
D'altra parte poiché, all'aver notizia del Decreto
i^ marzo del Presidente della Bolivia già esaminato
innanzi, aveva il Chili controvertite le parti fra sé e
la Bolivia a mercè della speciosa sua logica, venti-
lando che chi dichiarava e proclamava la guerra fra
i due paesi era la Bolivia e non il Chili ; e poiché nella
sua supposta qualità d'aggredito, si era egli creduto
nel diritto di invadere anche quell'altra parte del de-
serto di Atacama, che aveva rispettata nella sua prima
invasione del i4 febbraio, per esser logico con sé stesso,
bisognava che almeno non considerasse affatto il Perù
come obbligato a far causa comune con quella Bolivia
da lui stranamente presentata come iniziatrice della
guerra; poiché il Trattato non era punto di alleanza
offensiva e difensiva, ma solamente difensiva. Del re-
sto, questa é la sorte di tutti i pretesti o falsi motivi :
quella cioè di menare alle più patenti contradizioni, e
di svelarsi da sé medesimi per ciò che veramente sono.
FRA IL PERÙ ED IL CHILÌ 99
Quanto poi al secondo motivo, di avere il Perù som-
ministrato armi e munizioni alla Bolivia, esso fu so-
lennemente smentito dal Ministro degli Affari Esteri del
Perù nella sua Nota di risposta del 4 aprile, nei se-
guenti termini : a L' aTermazione fatta da V. E. che
il Governo dell' infrascritto ha cominciato a dare ese-
cuzione al menzionato Trattato di alleanza difensiva,
somministrando direttamente, comunque occultamente,
armi e munizioni da guerra alla Bolivia, manca asso-
lutamente di fondamento, ed è offensiva alla lealtà
giammai smentita del Perù. » Oltre ciò, è un fatto
pubblico e notorio che noi abbianio appreso personal-
mente sopra luogo da tutti coloro, in massima parte
stranieri assai bene informati, cui abbiamo rivolta tale
interrogazione, che il Perù non somministrò alla Bo-
livia in quel frattempo nessun soccorso di tal genere.
Ma avvi di più ancora: i^Una delle principali ra-
gioni per cui la Bolivia non potè mai avere un discreto
armamento, consiste nelle grandi difficoltà da superare
per introdurlo in un paese perduto dietro la gigante-
sca catena delle Ande , ed anche volendo e potendo il
Perù superare queste grandi difficoltà per fare un
siffatto regalo alla Bolivia, non gli sarebbe riuscito pos-
sibile di nascondere le tante operazioni a tal uopo ne-
cessarie; ciò che avrebbe permesso al Gabinetto chi-
leno, cosi bene informato sempre anche delle più minute
cose, di indicarne una sola almeno; il che non fece.
2^ Mai poteva il Perù prestare armi e munizioni alla
Bolivia, quando non ne aveva neppur per sé; ciò che
conosceva perfettamente il Chili, e mise poi in piena
loo CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
■
evidenza il sopravvenuto suo stato di guerra. 3* Se que-
sti immaginarii soccorsi di armi e munizioni avessero
veramente avuto luogo, non avrebbe certamente omesso
di significarli la Cancelleria chilena, nella dichiara-
zione di guerra che direttamente comunicava al Ple-
nipotenziario peruviano in Santiago: ne si dirà che
questo fatto, sconosciuto al lontano Gabinetto di San-
tiago, poteva invece esser noto al suo Rappresentante
in Lima, e che questi non avesse ancora avuto il tempo
di comunicarglielo; poiché il Plenipotenziario chileno
in Lima diceva invece che era dal suo Governo che
apprendeva tali cose, colle parole : Il Governo deWin-
frascritto sa,...
E qui è bene aggiungere ancora che nella sessione
segreta tenuta dal Senato chileno il 24 marzo 1879, ìi
Ministro degli esteri dichiarava che fino a quel mo-
mento non aveva ricevuto notizia alcuna che accen-
nasse a somministrazioni di armi alla Bolivia per parte
del Perù, e che aveva telegrafato al signor Godoy in
Lima perchè prendesse informazioni su tale proposito.
Riguardo agli apparecchi bellici del Perù, infine, il
Plenipotenziario chileno non entra in nessun partico-
lare; ma si riferisce a quelli esposti anteriormente
nella sua Nota del 17 marzo, nella quale diceva al Mi-
nistro del Perù : a Sono noti gli apparecchi bellici che
ha cominciato a fare il Governo di V. E. fin da che
scoppiò il conflitto chileno-boli Viano: l' esercito ha ri-
cevuto considerevole aumento, prosegue ad aumentarsi,
e si eleva già ad una cifra che sorpassa di molto quelli
che in istato di pace è dimandata dal servizio ordina-
FRA IL PERÙ ED IL CHILÌ loi
rio; una forte divisione (2000 uomini) bene armata e
copiosamente provvista di munizi(»ii, è stata appros-
simata al territorio che probabilmente sarà teatro della
battaglia, che le forze boliviane si dispongono a dare a
quelle del Chili (i); le navi che compogono la squa-
dra peruviana, si concentrano e si preparano come
per aprire una campagna, aumentando acceleratamente
gli equipaggi, rinforzando il loro armamento, imbar-
cando munizioni, viveri e combustibile, e dandosi a
frequenti e non usuali esercizi! ; nuove corazzate sono
state richieste con urgenza alP Europa per ingrossare
la flotta che, durante molti anni di pace internazionale,
si è considerata suiBcientemente potente ; le fortezze
che difendono la piazza del Callao si armano, si prov-
vedono di materiali, esercitano diligentemente la loro
artiglierìa e si apparecchiano, in una parola, a soste-
ner battaglia. »
Questa poetica descrizione del Plenipotenziario chi-
leno dice piuttosto quello che il Perù avrebbe dovuto
lare, anziché quello che realmente fece, come i fatti lo
provarono più tardi. E per avere una giusta misura
dell' attività spiegata dal Perù in tale circostanza, non
abbiamo che a riferire le parole che il medesimo Ple-
nipotenziario chileno scriveva al proprio Governo, con
(i) Il 17 marzo, 1' esercito boliviano che doveva uscire in cam-
pagna, non esisteva ancora. Raggranellati, Dio sa come, un quat-
tromila uomini negli ultimi di marzo e primi di aprile, questo
famoso esercito usciva appena il i 7 aprile dalla Capitale boli-
nana, per non arrivare, come non arrivò mai, al deserto di
Atacama.
IO* CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
Nota del i^ marzo: e E alla portata della mia perce-
zione (diceva egli) che il Governo del Perù sta facendo
preparativi bellici, se non con molta attività, con quella
almeno che i suoi scarsi mezzi permettono. > In se-
guito, dopo aver fatta una minuta descrizione delle va-
rie navi che componevano la flotta peruviana, diceva
nella stessa Nqta: e Tutte queste forze però, sono im-
potenti a lottare con probabilità di esito contro la no-
stra squadra, e tale è la coscienza del Governo, fon-
data neir opinione dei suoi più serii marini. >
Ma ammesso anche che i preparativi del Perù fos-
sero stati quali descrive il Plenipotenziario chileno nella
sua Nota del 17 marzo, essi non autorizzavano punto
il Chili a dubitare della neutralità del Perù, che tanto
attivamente s' impegnava perchè si ristabilisse la pace
tra il Chili e la Bolivia.
Prescindendo anche dal diritto che hanno in generale
tutti gli Stati di un medesimo Continente, quando due
o più di essi si trovano in guerra, di armarsi alla me-
glio per poter difendere in caso necessario la propria
neutralità, la speciale condizione del Perù era tale che,
volendo conservare 'detta sua neutralità nella lotta im-
pegnata fra il Chili e la Bolivia, essa non poteva es-
sere altra che quella chiamata neutral'tà armata dalla
scienza internazionale.
Oltrecjbè uno dei belligeranti era suo vicino — cir-
costanza sempre imperiosa, perchè uno Stato neutrale
assicuri i suoi interessi armandosi — a teatro della
guerra era stato prescelto, non solamente il territorio
FRA IL PERC ed il CHILt 103
vici sao vicino, ma quella parte precisamente di esso
territorio che confinava col suo proprio ; sicché la sorte
delle armi fra i due Stati contendenti, doveva decidersi
di confini stessi del Perù, fin dove il Chili aveva pro-
tratta la sua invasione nella seconda metà di marzo.
Aggiungasi a ciò, che queste terre limitrofe dei Perù in
prossimità delle quali doveva ardere la trista face delia
guerra, erano la pane più ricca del territorio peruviano,
ossia il deserto di Tarapacà, Iquique, Pisagua ed i suoi
famosi depositi di salnitro: si aggiunga inoltre chela
popolazione di Iquique era in buona parte composta
da operai chileni e boliviani addetti ai grandi lavori
del salnitro, che da un momento all'altro potevano
promuovere dei seri! disordini fra loro, e si vegga poi
quanta ragione, anzi assoluta necessità aveva il Perù
di armarsi e di bene assicurarsi ai suoi confini. La
pìccola divisione di duemila soldati spedita ad Iquique,
era principalmente destinata a prevenire e contenere
le lotte che gli operai chUeni e boliviani, dato II loro
peculiar carattere, avrebbero quasi sicuramente impe-
gnato fra loro, e che per soprappiu, potevano servire
d'incentivo e di facile pretesto all'entrata sul territo-
rio peruviano di uno o di entrambi gli eserciti com-
t^ttenti al di là del Loa. Chi non sa fin dove talvolta
può lasciarsi trasportare il condottiero di un esercito
invasore^ dallo sviscerato amore pei suoi connazionali
posti a due passi da lui, che con ragione o senza in-
vochino il suo aiuto; massime se questo fortunato con-
dottiero appartenga ad una Nazione che diede sempre
7. — Caivano, Guerra tt America,
I04 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
prove non equivoche di soverchia tenere^^a pei suoi
figli residenti alV estero? {\)
Non è tutto ancora. La Bolivia che trovavasi com-
pletamente sfornita di un buon armamento, la Bolivia
che non ebbe mai un cannone neppure come semplice
oggetto di curiosità, non poteva battersi col Chili senza
prima armarsi qual si conveniva, ponendo da un lato
i suoi vecchi fucili rugginosi di trenta o quaranta anni
fa. Ma un armamento non poteva riceverlo che da due
sole vie: o dair Atlantico, attraversando la Repubblica
Argentina, via assai lunga e difficile, per non dire im-
possibile; ovvero dal Pacifico, sbarcandolo in un porto
del Perù, per poi introdurlo in casa propria passando
pel territorio di quest'ultimo; giacché la costa propria
del deserto di Atacama era tutta in potere del Cbin.
Di una terza via pei confini del Brasile, non è a di-
scorrere neanche.
(i) Il giornale ufficiale del Perù, Ei Peruofto^ pubblicava il
7 marzo la seguente notizia : « É partita oggi una divisione di
soldati pel sud della Repubblica. Due ragioni hanno dettato que-
sta misura al Governo : la naturale previdenza riguardo ad av-
venimenti che potrebbero sopravvenire nelle nostre frontiere, t
la necessità di conservare l'ordine pubblico in alcuni paesi del
sud, dove, giusta le informazioni che il Governo ha ricevuto dij
quelle autorit<^, si comincia a sentire una certa agitazione fra U
colonia chilena e la boliviana. • Al pubblicare posteri ormeoie la
notizia dell'arrivo di tali truppe ad Iquique, lo stesso giornale
ufficiale soggiungeva: « In Iquique e suoi dintorni sono attuai'
mente da dodici a quindicimila fra chileni e boliviani, i quali
laddove mancasse una forza competente, non conterrebbero ■
fatto i loro impeti bellicosi : ecco evitato un primo pericolo. »
FRA IL PERÙ ED Ih CHILÌ 105
La Bolivia, è vero, non aveva marina; ma poteva
dar patenti di corsari, come effettivamente le diede il
26 marzo ; poteva acquistare qualche legno da guerra,
una 0 due corazzate, od anche semplici vapori mer-
cantili armati all'occasione, cose tutte possibili; ed
allora il Perù si sarebbe trovato seriamente minacciato.
La Bolivia avrebbe sicuramente forzato i suoi porti,
per provvedersi di un armamento; ed invece di far
discendere i proprii eserciti fino al teatro della guerra
prescelto dal Chili, attraverso le Cordigliere ed il de-
serto di Atacama, per luoghi quasi assolutamente im-
praticabili e deficienti di tutto, di viveri, di acqua e
foraggi, essa avrebbe preferito la via relativamente fa-
cile e spianata del Perù ; lanciandoli cioè sulla via
usuale da La Paz a Tacna, per poi imbarcarli in Arica,
come fece sempre in tempi di pace col consenso del
Perù, per rinnovare le piccole guarnigioni dei suoi porti
del deserto di Atacama, Antofagasta, Mejillones, Cobija.
In vista di tante e tanto possibili emergenze, chi non
iscorge la necessità pel Perù di tenersi bene armato
per far rispettare la propria neutralità, e mettersi al
coperto da ogni qualsiasi sorpresa, che poteva da un
momento all'altro compromettere i proprii interessi e
la stessa integrità del suolo nazionale?
In ultimo poi bisogna non dimenticare le significan-
tissime parole dette dal medesimo Presidente del Chili
al Plenipotenziario peruviano, nella conferenza del
24 marzo, che cioè : « Oggi stesso potrebbe il Chili
firmar la pace con la Bolivia^ con danno del Perii..,. »
cosa, eoa molto altro di assai peggio ancora, che il
io6 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
Perù sapeva fìn da gran tempo, come diremo a suo
luogo; e giudichisi da lutto ciò, se poteva il Perù ri-
manersene in una neutralità inerme, in momenti e cir-
costanze in cui tutto era minaccia per lui.
Che il Perù non volesse la guerra, lo dicono abba-
stanza, oltre i grandi e ripetuti sforzi che fece per ri-
stabilire le buone relazioni di armonia fra il Chili e
la Bolivia, il proprio malessere, e la quasi impossibi-
lità materiale e morale nella quale sì trovava di lan-
ciarsi in una impresa di tal genere; al che si aggiunge
che la guerra col Chili, a cui era da ogni parte invi-
tato e provocato, non gli offriva che la più sconfor-
tante prospettiva : quella cioè di aver molto a perdere
in una disfatta, mentre la vittoria anche più completa
non poteva offrirgli nulla di positivo, oltre la sterile sod-
disfazione della vittoria stessa.
Che cosa avrebbe avuto il Perù da domandare al
Chili dopo la vittoria? Nulla: non terre, perchè quelle
del Chili, anche le migliori, sarebbero state per lui
un inutile peso, e perchè non le ha da nessun lato
ai suoi confini; e non danaro nemmeno, perchè sa-
rebbe stato anche troppo se il Chili avesse potuto pa-
gare, dopo anni ed anni, lo strettamente speso nella
guerra ; sicché questa, anche nel più favorevole esito,
non poteva che peggiorare la già tristissima sua posi-
zione economica, senza apportargli vantaggio alcuno.
La guerra, pel Perù, non avrebbe avuto altro scopo,
che quello di comprare a caro prezzo un po' di pace;
e certo non era nei suoi interessi di rompere la pace
che cercava e di cui aveva tanto bisogno, unicamente
FRA IL PERÙ ED IL CHILÌ 107
per averla poi a comprare al prezzo di pesanti e dolo-
rosi sacrifizii.
*
Come assai bene sapeva il Chili, il Perù traversava
in quei momenti uno dei più difficili periodi della
sua vita politica ed economica. I suoi ricchi depositi
di guano erano già da più tempo divenuti per lui,
come esporremo a suo luogo, anziché fonti di risorse,
un sarcasmo ed una soma. I suoi non meno ricchi
depositi di salnitro di Tarapacà - impegnati in piani
economici, che la mala fede di mestatori politici e
commerciali fece completamente rovinosi - correvano
egual sone dei primi. Pieno di debiti - unico risul-
tato positivo dei suoi tesori guaniferi e salnitrali -
senza credito all'estero, e senz' altre risorse all'interno
che le insufficienti rendite doganali ; ridotto da più
anni, per sopperire ai più urgenti bisogni dell'ammi-
nistrazione dello Stato, a ricorrere alla circolazione
forzosa della moneta cartacea, che correva tutti i giorni
a marcia forzata sul cammino della deprezzazione(i);
involto da più anni ancora in una spaventevole crisi
commerciale, che si manifestava a ripetuti e grossi
colpi col fallimento delle più grandi case locali di
commercio, ridotte a tanto dalla sopravvenuta insol-
venza dei numerosi loro debitori - il Perù, economi-
camente parlando, giaceva su di un vero letto di
spine.
(i) Nel marzo 1879, ^' ^S^o sul!' argento era del 90 per cento;
e per le cambiali in oro all' estero, il sol in carta, del valore
nominale di 48 penicchi^ non era calcolato che per 20 ptnicchi
appena.
VERE CAUSE
DELLA DICHIARAZIONE DI GUERRA AL PERÙ
■ I. Pcrchi il Chili volle ad ogni costo la gueira conUo il Perù.
- Il Chili sapeva che il Peiù non era pronto alla guerra. —
Lo stato ecoDomìco del Chili non era florido. - Il Chili volle
pio6ltare delle sfavorevoli condiiioni del Peri. - Superioril.\
delle forze namli del Chili ■ come preparate. — Il Chili ap-
profitta della deboleua ilei Perù iTascuiando ogni uso di pra-
tiche diplomatiche. - A che tendessero le pressioni chilene
per la dichiarazione ioimediata dì neulralilà. — Durezza della
vili dei Chileni e toro governa oligarchico. — Tendenze atta
conqiustjt. — It Chili liceltx i fuorusciti di altre nationi, e ali-
menta le rivalili fra di esse. - Come tentò di inimicare la
Bolivia col Peri ; n qual fine lo facesse. - Antiche asplra-
àoal del ChìIÌ alla conquista. - Il Chili e il generale Que-
»edo e la Bolivia. — Conseguente che sarebbero derivate dalla
Benlralità del Perii. — La guerra intrapresa a danno delln
Bolivia, era in effetlo diretta contro il l'erù. - Doeamenli. -
§ a. La popnlazione chilena si divide in due classe: la classe
Il VERE CAUSE DELLA DICmABAZIONE
media non ha parte importante. - La plebe ì divisa in ptemtt,
iuquilÌHOi, Irabajùdcrcs dt minai, - I pttnti. - Gli mguili-
nes. - I trOajadorei di minat. - Il XKtii. - Prodotti del ChiD.
- L'ArauciDia. — Aumento di popolaiione. — Commercio d'ìm-
portEuioDe e di eiportuioDe. - Maleiiete economico del Chili.
- La produzione dei grani del Chilt e loro esportuioDC. -
l'roduiione del rame. — I Chileoì accorrono io folla nei de-
serti di Tarapacì e di Atacama, - Il Perù prima non cura,
poi riduce a privativa dello Stato I' eipoitaiione del nitro, -
EmigradoDC del ^11/0 chlleno. - Crisi economica del Chili. -
La conquista fu. credula l' unico modo d' uacir dalle stretteuc
- La gelosìa non fìi 1' ultima cauia della guerra. - Pcrchi an-
che le donne chilene acclamasseio alla guerra.
§1
A CHE MIRASSE IL CHILI
abbiamo visto nel capitolo prcce-
nte, mentre il Perù feceva tutti gli
rrzi possibili per ottenere un ravvici-
meiito fra il Chili e la Bolivia, ed
ilare una guerra nella quale presto
o tardi sarebbe stato forse obbligato a prender parte,
il Chili dal suo canto si appigliò a quanti pretesti gli
caddero sotto mano per trascinarlo al pia presto nella
lotta. Perché ahi
Se il Cbiri aveva delle ragioni per temere che il
Perì), frustrati i suoi tentativi di conciliazione, si sa-
rebbe schieralo contro di lui come alleato della Boli-
via, perchè non attese che quello sì decidesse a tanto
da se medesimo?
DI GUERRA AL PERÙ II3
Mercè la sorpresa del i4 febbraio, egli era già in
possesso di quel deserto di Atacama che formava l'og-
geno delle sue aspirazioni, senza che il cannone avesse
tuonato ancora, e senza che il nemico vero, la Boli-
via, si fosse mosso tuttavia a contenderglielo : perchè
dunque precipitò così gli avvenimenti ^ Perchè chiamò
egli stesso a raccolta il naturale ed il possibile difensore
della sua preda, onde si affrettassero a disputargliela ?
All'invadere il deseno boliviano di Atacama, il Chili
era intimamente convinto che se la usurpazione o con-
quista di SI ricco territorio doveva costargli una guerra,
una vera e positi <ra guerra, questa non avrebbe avuto
mai a sostenerla con la Bolivia solaniente, ma con la
Bolivia e il Perù insieme.
Confinata dietro la immensa catena delle Ande, nella
quasi impossibilità di scendere con un esercito sulla
costa del deserto attraverso il proprio territorio, per le
grandi difficoltà topografiche da vincere, e per le ingenti
spese che ciò avrebbe occasionato; senza porti proprii
ne buoni né cattivi, perduti i soli che aveva nel deserto
stesso; senza nessun principio di fiotta, senza armamento,
e deficiente di mezzi per provvedersi di tutto ciò, la Bo-
livia, lasciata sola contro il Chili, o non si sarebbe im-
panata in una guerra, senonchè a parole, ricorrendo
come nella prima usurpazione chilena del i842 ai sem-
plici mezzi diplomatici, o avrebbe opposta al Chili, de-
cìdendosi davvero ad una guerra, una cosi debole resi-
stenza da render certa e sicura la vittoria di quest'ultimo
senza sforzo alcuno, non ad altro servendo un cotal simu-
lacro di lotta armata, che ad assicurar definitivamente a
114 VERE CAUSE DELLA DICHL\R AZIONE
quello il dominio e la proprietà del deserto, se non altro,
a titolo d'indennità di guerra che in nessun altro modo
avrebbe potuto la Bolivia sodisfare. Sicché il Chili
avrebbe avuto in ogni caso partita vinta, rimanendo con
poco o nessun sacrifìzio padrone delP ambito deserto
di Atacama ; e tale era appunto il pensiero del Governo
e del paese.
A convincersi della piena esattezza di quanto diciamo,
basta discorrere su tale argomento con qualunque chi-
leno bene informato, che non abbia V astuzia o la di-
gnità necessaria per saper tacere delle verità poco lu-
singhiere pel proprio paese. Lo scrittore chileno scmi-
uflBciale, Barro^-Arancu, uno dei meglio informati e che
è bene addentro nei pensieri del suo Governo, dopo aver
parlato della invasione del deserto di Atacama comin-
ciata il i4 febbraio e compiuta nella seconda metà di
marzo, scrive : « I chileni rimasero per tal modo pa-
droni di tutto il deserto di Atacama, fino ai confini del
Perù. La guerra con la Bolivia era terminata di fatto.
Il Chili non pretendeva fare una spedizione nelF in-
terno di quel paese, pel solo piacere di fare una cam-
pagna difficoltosissima e senza alcun risultato pratico.
La Bolivia, per parte sua, a causa della singolare con-
figurazione del suo territorio e delle invincibili diffi-
coltà che le opponevano le montagne ed i deserti, non
poteva portare le sue truppe fino al littorale. Questa
situazione sarebbe durata chi sa quanto tempo, senza
l'azione del Perù.... (i) »
(i) Barkos-Arana, Hisloria de la Guerra dil Pacifico, pag. 70»
DI GUERRA AL PERÙ 115
Se la conquista del deserto di Atacama, ripetiamo,
poteva e doveva costargli una guerra, solo avrebbe
avuto il Chili a sostenerla con la Bolivia e il Perù in-
sieme, o meglio col Perù, non potendo considerarsi
la Bolivia che appena una semplice forza coadiu-
vante; poiché mancando di flotta, di armamento e di
danaro, tutte le quali cose doveva fornirle il Perù,
altro non poteva dare, come più tardi fu dimostrato
dai fatti, che un contingente più o meno scarso di uo-
mini, che il Perù doveva armare e vettovagliare. Il
Chili sapeva ciò assai bene quando invase il deserto
di Atacama ; e sapeva pure che assai difficilmente
avrebbe potuto evitare una guerra col Perù: il quale,
a prescindere anche dalla sua alleanza con la Bolivia,
doveva necessariamente vedere nelle tendenze del Chili
e nella violenza colla quale le poneva in pratica, una
gravissima minaccia contro se stesso.
Alla guerra col Perù il Chili si trovava da lungo
tempo preparato e deciso : quindi non gli faceva gran
paura. Nondimeno, potendolo, senza ritirarsi dall' Ata-
cama, l'avrebbe evitata con gioia ; e non già perchè
gli dolesse averlo a nemico e misurarsi con lui. Tutto
al contrario; una guerra col Perù, che terminasse colla
sconfìtta di quest'ultimo, è stato sempre il sogno do-
rato del Chili, fìno dall'epoca della indipendenza; so-
gno dorato che ha rifatto e rivestito con cplori sempre più
brillanti in diverseepoche ed occasioni, dal 1825 al 1879.
Pienamente informato dell' alleanza Perù-boliviana, e
del forte e giustificato interesse che aveva il Perù a
tenerlo lontano dai proprii confini, il Chili sapeva non-
Ii6 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
dimeno che il Governo del Perù non voleva la guerra,
alla quale non si sentiva affatto preparato; e che so-
lamente V avrebbe accettata come una dura necessità,
dopo aver messo in opra ogni mezzo per evitarla. Ma
sapeva pure, come senza nessun velo fu detto dallo
stesso Presidènte del Chili al Plenipotenziario peru-
viano, che era quello il miglior momento per misurarsi
contro il Perù (i); il quale trovavasi eccezionalmente
nelle peggiori condizioni possibili, e quindi estrema-
mente debole, come giammai era stato f>er lo addietro,
e come forse giammai più sarebbe tornato ad esser
nell' avvenire : ossia con una squadra poverissima, in-
sufficiente a resistere alla propria che mai fu più flo-
rida; senza esercito, senza armamento, senza mezzi e
senza credito in Europa per procurarseli, e per ultima
lacerato dalle rivalità di partiti, da una guerra civile
latente, pronta a scoppiare da un momento alP altro;
sicché non avrebbe potuto concentrare nella guerra
tutte le forze vive del paese, d'ordinario tanto supe-
riori a quelle del Chili, così materiali come morali (2).
(i) Vedi a pagina 77.
(2) Ascoltiamo a questo proposito la voce dello storico chi-
leno, e saremmo quasi per dire, del Governo chileno :
« Il Perù attraversava in quei momenti (marzo ed aprile 1879)
una situazione poco favorevole per imbarcarsi in avventure di
guerra. A parte le difficoltà finanziarie, ogni giorno più incal-
zantit la pace interna, minacciata poco prima dall' assassìnio del-
l' ex-Presidente Pardo sulle porte del Senato, era così poco so-
lida che il Governo credeva non poter vivere se non sotto il
regime delle facoltà straordinarie e della sospensione della costitu-
zione. » Barros-Arana, Historia de la Guerra del Pacifico, pag. 71
DI GUERRA AL PERÙ 117
Nonostante ciò, e per più che si sentisse per proprio
conto preparato e sicuro del suo fatto, una guerra
contro il Perù non lasciava d' impensierire alquanto il
Chifi. Prevedeva facilmente che, anche andandogli tutto
bene, sarebbe stata una guerra lunga, difficile, dispen-
diosa, e le sue finanze non erano tanto prospere a
segno da promettergli facilmente tutti i fondi di cui
avrebbe avuto bisogno: tutto all'inverso, il paese con-
torcevasi penosamente in una crisi finanziaria comin-
ciata ed in continuo incremento da più anni indietro, e
le casse dello Stato si trovavano in vera penuria. Go-
deva, è vero, di un qualche credito all' estero, per la
puntualità colla quale, in vista dei suoi progetti bel-
lici ed a forza di sacrifìzii e strettezze interne, coprì
sempre gl'interessi del suo debito estemo; e forse non
gli sarebbe riuscito difficile il procurarsi con maggiori
0 minori sacrifizi, le somme necessarie fino ad un
certo punto. Ma era sempre una grossa partita che
avrebbe giuocato(i).
Il fatto ha provato che senza le grandi risorse che
il Chili seppe procurarsi dai ricchi depositi di guano
(i) Tnttochè il Perù non abbia opposto che un' assai debole
resistenza, e che il Chili sia stato accompagnato da una for-
tana di cui è rimasto esso stesso sorpreso e spaventato, sono già
decorsi due anni, e la guerra dura ancora.
A proposito della lunga durata della guerra, che nonostante
le tante vittorie, sta convertendosi in una vera cancrena pel
Chili, U giornale La Nacicti di Valparaiso in un notevole arti-
cob del 7 maggio 18S1 diretto a censurare il Governo chileno
per non aver saputo arrivare ad un trattato di pace dopo la resa
di Lima, dice : « I nostri condottieri si erano imbattuti nella
ii8 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
e di salnitro del Perù, di cui s'impossessò a tempo,
difficilmente avrebbe potuto continuare la guerra fino
alle sue ultime fasi, e molto tneno spiegare tutto quel
lusso di eserciti, armamenti, , trasporti e facilitazioni
di ogni genere, cui in gran parte è debitore delle sue
vittorie. Nel discorso letto al Congresso Nazionale dal
Presidente del Chili, il i^ giugno 1881, troviamo:
< Si sono ottenuti valori considerevoli dalla vendita
dei salnitri di Tarapacà (del Perù) che il Governo fece
elaborare per suo conto fino al 2 ottobre 1880, pro-
cedendo prima per vendite in subasta pubblica, ed
affidandoli poi alla consigna:{ione di una casa rispet-
tabile che ha corrisposto alla fiducia che in essa si
pose.... La esportazione del guano solo ha potuto ef-
fettuarsi limitatamente, non avendo ecceduto fino ad
oggi di quarantamila tonnellate. > Con tutto ciò, ob-
bligato fin dal principio della guerra a ricorrere alla
moneta cartacea di corso forzoso - di cui si trovavano
in circolazione il i® giugno 1881, come apprendiamo
dallo stesso discorso presidenziale, ben venticinque mi-
lioni dì pezzi forti; senza contare inoltre altri i5 o 18 mi-
lioni in buoni del tesoro^ e senza contare neanche t
parecchi milioni messi in circolazione, di moneta d^ ar-
gento di scarso valore (i), o alterata, né le grosse
vittoria senza saper come, e con quella facilità che la fortuna
comunica ai suoi favoriti, crederono che dopo la vittoria colla
quale si erano incontrati a caso, doveva anche presentarsi la pace
a riceverli colle braccia aperte. *
(i) « La fabbricazione di moneta di òassa Ugge, non solo ha sod-
disfatte pienamente le urgenti esigenze del mercato, resistendo
DI GUERRA AL PERO 119
somme impegnate nell' acqubto dell' armamento, e che,
grazie al suo credito in Inghilterra, non ha soddisfatte
ancora (i® giugno 1881) eccettuati piccoli acconti - sif-
fatta moneta fiduciaria era talmente caduta di valore fin
dal principio, che in quello stesso i^ giugno 1881 sof-
friva ancora un aggio del 60 per cento : quando cioè
tTzno già quattro mesi e mezzo che le truppe chilene
occupavano la Capitale del Perù, e che la guerra sempre
felice pel Chili poteva dirsi terminata, almeno per le
spese; mantenendosi in gran j)arte l'esercito di opera-
zione colle imposte di guerra e le rendite doganali del
Perù, come è detto nel medesimo discorso presiden-
ziale anzi citato, nel quale si legge: e Coli' avanzarsi
delle nostre armi, si è andato impiantando il regime
doganale nei territorii occupati, afiSnchè la guerra cer-
casse in se stessa il proprio alimento. >
Onde i nostri lettori possano formarsi un giusto cri-
terio dello stato economico del Chili, prima e dopo
della guerra, ossia fino al i^ giugno 1881, nel quale
questa era da più mesi terminata di fatto, ricorreremo
ancora una volta alla voce ufficiale per eccellenza, al
surriferito discorso del Presidente del Chili, che dice :
< Per valutare con alcuna esattezza la situazione finan-
ziaria della Repubblica, giudico opportuno manifestare
che le entrate ordinarie dello Stato hanno raggiunto
alle Yiolente alterazioni che ha sofferto il cambio, ma ha dato
anche al tesoro nazionale una grossa somma di danaro per si-
stemare le considerevoli spese della guerra. »
Mtm9ria presentata dal Ministro delle Finanze al Congresso
del Chili, nel giugno 1880.
g. — Caivano, Guerra eF America.
120 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONK
nel 1880 (ossia nel secondo anno della guerra) la somma
di 27,992,584 pezzi. E vero che figurano in questa
somma circa 2,3oo,ooo pezzi di entrata eventuale pro-
dotta dalla redenzione dei censi. Figura pure il pro-
dotto della vendita del salnitro (del Perù) per una
somma che eccede i 4,ooo,ooo di pezzi; però questo
prodotto cominciò ad essere sostituito, dall'ottobre, dal
diritto di esportazione che, senza essere inferiore in-
dubitatamente, offre il considerevole vantaggio della fa-
cilità della sua percezione, senza gl'inconvenienti ai
quali sono esposte le operazioni mercantili. La sola
rendita doganale superò di circa 4,ooo,ooo di pezzi
quella dell'anno 1879 (dell'anno in cui cominciò la
guerra) e questo progresso non si è arrestato nell'anno
corrente, essendo degno di notarsi che esso è dovuto
alla estensione dei mercati, all'aumento della produ-
zione ed al conseguente sviluppo dei consumi. > (Con-
seguenze tutte del buon esito della guerra fin dal suo
cominciare).
Dedotti da queste cosidette rendite ordinarie del-
l'anno 1880, lo straordinarissimo prodotto mai più ri-
petibile della redenzione dei censi e quello dei quattro
milioni della vendita del salnitro del Perù, nonché gli
altri quattro milioni di aumento sulle rendite doganali
- dovuto esclusivamente alle dogane tolte alla Boli-
via - dette rendite ordinarie del Chili si riducono ap-
pena a 17 milioni in circa di pezzi forti. Per poter
comprendere e vagliare con giustezza la condotta del
Chili negli avvenimenti che descriviamo, è bene non
dimenticare questi dati statistici.
DI GUERRA AL PERÙ 121
Il Chili adunque, fermo sempre nel proposito di porre
a profitto le eccezionali condizioni del Però, che rende-
vanlo momentaneamente inferiore a lui nella lotta, per
assicurarsi la conquista del ricco deserto di Atacama,
il quale non doveva essere se non il primo passo di
una conquista maggiore, come diremo appresso; e de-
sideroso di esporre sé medesimo al minor numero pos-
sibile di rischi, avrebbe risparmiato volentieri la guerra
al Perù, quale alleato della Bolivia : ma a condizione
che esso, venendo meno alla sua alleanza con que-
st'ultima, avessegli lasciata piena libertà di azione contro
di essa, dichiarandosi neutrale nel conflitto chìleno-boli-
viano ; condotta che avrebbe segnata la rovina del Perù,
e che conseguentemente avrebbe assicurato il trionfo
di tutti i progetti chileni di proprio ingrandimento e
pel presente e per l'avvenire, come vedremo più tardi.
Urgeva però al Chili; per la buona riuscita di que-
sti suoi segreti disegni, che la dichiarazione di neutra-
lità del Perù arrivasse pronta, sollecita, immediata,
onde non dargli tempo di armarsi e di uscire dalle
difficili condizioni del momento, che, fino ad un certo
punto, lo ponevano a sua discrezione; nel qual caso
tutto sarebbe andato perduto per lui.
La principale superiorità del Chili sul Perù veniva
dalla inquestionabìle superiorità della sua flotta su
quella dell'altro: e questa sua superiorità, che era di
una importanza quasi decisiva in una guerra, biso-
gnava non perderla ; bisognava sfruttarla prima che il
Perù la facesse sparire con un aumento assai proba-
bile delle sue forze navali.
122 VERE CAUSE DELLA CttCHIARAZIONE
In una guerra fra i due paesi, sopra immensi terri-
torii in massima parte disabitati, e tutta la cui vita*
lità risiede sulla estesissima spiaggia dell' oceano, in
tanti piccoli e grandi centri separati gli uni dagli
altri da grandi estensioni di arenales, di terreni are-
nari di difficilissimo transito, privi di vegetazione e di
acqua — il movimento degli eserciti con tutte le loro
dipendenze è di una difficoltà e lentezza senza pari e
solo può operarsi vantaggiosamente seguendo la via
dell'oceano che bagna siffatte spiaggie; sicché può
dirsi con ogni sicurezza di apporsi, che F esito dì una
guerra dipende dalle flotte per un settanta per cento
almeno.
Oltre la certezza che nasce dalla semplice conoscenza
dei luoghi, ciò fu pienamente provato dalla guerra
della indipendenza americana contro la Spagna; la
quale, tuttoché avesse più numeroso e migliore eser-
cito delle sue Colonie, si per istruzione, come per di-
sciplina e armamento, non potè più sostenersi, e cam-
minò sempre di disfatta in dis&tta, dal momento che
divenne inferiore a quelle nelle fòrze marittime. Men-
tre la Spagna era obbligata a muovere difficilmente ì
suoi eserciti, con lunghe e faticose marcie, ed a fra*
zionarli assai spesso onde poterli con meno difficoltà
vettovagliare, l' esercitò sempre compatto delle Colonie,
o della indipendenza, approfittava della comodità e ra-
pidità di movimenti che gli offriva la via marittima, per
separarli, coglierli alla spicciolata e tagliarli a pezzi.
La preponderanza militare fra le Repubbliche del
Pacifico risiede nelle forze marittime, e non negli eser-
DI GUERRA AL PERO 123
—■■Il I \ u - - - m—
citL Questo non fu mai un segreto pel Chili, fin dal
suo primo esordire alla vita autonomica ; e poiché il
possesso di questa preponderanza fu sempre una delle
priacipali sue aspirazioni, s'affaticò sempre in tutti i
modi possibili di toglierla al Perù, cui toccava di di-
ritto per la sua maggiore importanza territoriale ed
economica, prima col privarlo di flotta, e poi col crearsi
esso stesso una flotta d' assai superiore. Lo privava una
prima volta di flotta, con un atto di prepotenza (i), in
queir epoca medesima di maggiore fratellanza, in cui
combattevano insieme contro la Spagna le guerre della
comune indipendenza. E posteriormente nel i836, men-
tre il Chili disponevasi segretamente a portar la face
della guerra nel Perù, si prevalse anzi tutto, come atto
preparatorio, della piena pace esistente fra i due paesi,
per sorprendere la flotta del futuro nemico ed impa-
dronirsene (2). Più tardi il ChiFi trovò una via migliore
(1) « Lord Cochrane (ammiraglio della squadra chilena) che
aveva percoiso i porti di Colombia e del Messico per dar la cac-
cia alle naW spagnaole* seppe al ritomo da una spedjsione tanto
penosa quanto sterile, che le dette navi si erano arrese al Perù
Reclamandole come sue, sol perchè le aveva perseguitate inde-
fessamente, s' impossessò a viva forza della nave Venganza, che
si trovava nelle acque di Guayaquil.... ed arrivato al Callao si
impossessò dell'altra nave MonUzuma^ e sostituì alla bandiera
del Pern quella del Chili. >
S. LoKENTE, Historia del Perù, T. i, p. 66.
(2) * La circolare diplomatica nella quale Santa-Cruz (Capo
della Confederazione Perù-boliviana) manifesta i suoi sentimenti
pacifici, è del ao agosto 1836. Immaginisi qual fìx la sua sor-
presa al sapere che nella notte del giorno seguente 11 brigan-
124 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
per preponderare sul Perù nel mare; e costruì con
sacrifizii forse di molto superiori ai proprii mezzi, le
due forti corazzate la Cochrane e la Blanco-Encaladay
che possiede attualmente. Ciò nondimeno non dimen-
ticò del tutto le gesta del 1822 e del i836, come ve-
dremo in appresso.
La flotta del Perù nel marzo 1879, come più volte
s'è detto, era per se stessa dì gran lunga inferiore a
tino Aquiles (legno da guerra chileno) si era impossessato di
tutti i legni da guerra del Perù esistenti nella baia del Callao.
Victorino Garrido era arrivato a quel porto (a bordo àxXVAquiUs)
la mattina del 21 agosto.... ed era passato a visitare il Coman-
dante di marina, per accertarsi dello stato indifeso dei legni pe-
ruviani, e dare con sicurezza 1' assalto notturno che meditava.. .
Alle 12 della notte del 2t agosto 1836, ottanta marinai diretti
dal comandante Angulo (dell'Aquiles) si lanciavano sulla coperta
dei solitarii legni peruviani, e senza nessuna resistenza li condu-
cevano fuori della portata dei cannoni dei castelli. Alle due del
mattino, quel disonorevole attentato, che allora si vantò come
una prodezza eroica, era consumato ; e l' emissario del Chili si
trovava nel caso di ritornare orgoglioso colla sua preda.... «
Bbntamin Vicuna Mackenna (Storico chileno). Don Vùgo
PortaUs. Seconda parte, p. 77 a 79.
« U Aquiles ed il Colocolo, sole navi da guerra che aveva il
Chili, presentaronsi amichevolmente nei porti del Callao e di
Arica, poiché il Perù ed il Chili stavano in pace ; ed i loro Ca-
pitani ed Ufficiali furono ben ricevuti e festeggiati : ma neU'alta
notte, simultaneamente sorprendono nelle loro barche i pochi
uomini che si trovavano a bordo delle navi peruviane disarmate,
e se le portano via. S' impossessarono cosi di tutta la flotta
del Perù. »
PRUVONENA, Memorie e Documenti per la Storia del Perù,
T. I, p. 410.
t)I GUERRA AL PERÙ 12^
quella del Chili, anche indipendentemente dal cattivo
stato nel quale accidentalmente si trovava. Ma il Go-
verno di Lima aveva già dato incarico per acquistare
in Europa una o due corazzate, che potessero tener
fronte a quelle del Chili ; cosa che il Plenipotenziario
cbileno in Lima conosceva pienamente — grazie alla
poca abitudine che si ha in quel paese di saper con-
servare un segreto — e di cui aveva sollecitamente
informato il proprio Governo. Il Perù, è vero, non
aveva né mezzi sp>editi né sufRciente credito, per fere
tale acquisto colla stessa facilità colla quale ne aveva
dato la commissione : ma oltreché non sarebbe stato
punto difficile ottenerli dai fortunati possessori del suo
guano — cui premeva più che ad ogni altro che esso
non soffrisse alcun rovescio, onde potesse conserv^irli
nel possesso del loro grosso tesoro — é pur troppo ri-
saputo che soltanto nella spazzatura delle grandi case
si trova assai spesso più che nello scrigno del povero:
inoltre sarebbe bastato al Perù, come in altre oc-
casioni, feire un appello alle nobili e generose sue
donne, domandando ad ognuna, come soccorso alla pa-
tria in pericolo, il più meschino dei suoi gioielli, per
trovare ad esuberanza i fondi di cui aveva bisogno (i).
A tutto ciò é mestieri aggiungere infine che, uscendo
(i) Quando più tardi, nell' ottobre 1879, il Governo del Perù
e la stampa si rivolsero alle signore peruviane per avere i fondi
necessari! all'acquisto di una corazzata, che grazie alla inettezza
degli uomini di Governo non fu mai comperata, le loro elargi-
xioDÌ ammontarono in meno di 15 giorni alla somma di circa
ni miiwni di lire italiane.
126 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
dal campo delle ipotesi, il Rappresentante del ChiTi in
Lima partecipava al proprio Governo con Nota del
i5 marzo, che aveva delle buone ragioni per credere
che un signor Canevaro^ incaricato dal Governo del
Perù di acquistare le corazzate, aveva già trovato in
Parigi, probabilmente dai detentori del guano, i fondi
a tale scopo necessarii.
Premeva quindi al Chili, per non perdere P occa-
sione lungamente attesa e preparata, di non lasciare
al Perù il tempo necessario di migliorare le sue forze
marittime; e quindi di chiamarlo sollecitamente sui
campi di battaglia, se non si decideva immediatamente
a segnare la propria rovina colla dichiarazione della
sua neutralità. Bisognava far presto, onde ottenere so-
prattutto che i Governi neutrali d'Europa, supposto che
il Perù avesse già acquistato le sognate corazzate, non
le lasciassero uscire dai loro porti. L'ora della grande
impresa era suonata; ed il dilemma propostosi dal
Chili non ammetteva mezzi termini: o doveva bat-
tere l' alleanza Perù-boliviana alla spicciolata e per
mezzo de}l' alleanza stessa, dichiarandosi il Perù neu-
trale; o doveva batterla tutta d'un fascio allor allora,
nel solo momento proprio nel quale essa era inferiore
a lui.
Contro questo segreto disegno del Chili da gran
tempo maturato, prima che il Perù assumesse il ca-
rattere di mediatore e prima che quello invadesse il
territorio boliviano, il che fu conseguenza e non causa,
non si elevava che un solo ostacolo : la lentezza delle
forme ammesse dagli usi diplomatici. Ma queste,
DI GUERRA AL PERÙ 127
come s^ è visto, non potevano essere un serio ostacolo
per un paese che non si era fatto scrupolo alcuno di
entrare audacemente in una guerra di conquista, sotto
il più futile dei pretesti, colla invasione del deserto di
Atacama: deserto da cui non volle uscire a nessun
costo, neppur quando la mediazione peruviana gli
offriva di fargli dar causa vinta dalla Bolivia su tutti
i pretesti che mise innanzi per impossessarsene. Per
chi si accontenta di pretesti, questi non fanno mai
difetto.
Il Governo del Chili comprendeva perfettamente il
grande e positivo interesse che aveva il Perù dMmpe-
dire la sua conquista dell' Atacama; e conscio della
▼era condizione del Perù e di tutto quanto si passava
in Lima, sapeva fin dal febbraio, per mezzo del suo
Rappresentante ivi accreditato, che (come questi gli
telegrafava ancora in quel medesimo 4 marzo, in cui il
Plenipotenziario peruviano arrivava a Valparaiso per
offrire la mediazione del suo Governo) « il Governo pe-
raviano aveva timore della guerra; ma che eccitato
dalla opinione pubblica, iaceva apparecchi senza deci*
dersi. » Ed affinchè questo timore della guerra, aumen-
tato dalla quasi certezza ed imminenza del pericolo, si
sovrapponesse ad ogni altra considerazione nell'animo
dei governanti del Perù, preparò sotto mano, o lasciò
preparare, il minaccioso ricevimento che il Plenipoten-
ziario peruviano si ebbe al suo arrivo a Valparaiso,
seguito dal grave attentato contro il Consolato del
Perù; fotti, che da per sé soli ayrebbero forse ba*
stato io altre circostanze a spingere il Perù alla guerra.
128 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
Non contento di ciò, sappiamo pure che lo stesso Pre-
sidente del Ghiri ebbe a dire al surriferito Plenipoten-
ziario in due occasioni, e quando appunto più viva-
mente lo sollecitava perchè il Perù dichiarasse la propria
neutralità, che i suoi uomini di guerra lo sollecitavano
ad un rompimento col Perii che consideravano in quei
momenti meno forte del Chili; e poscia : che terminava
di prendere alcune determinas^ioni intomo alla guerra
col Perii, guerra dì cui non era parola ancora, e di cui,
nello stato delle cose e pel carattere di amichevole me-
diatore che aveva assunto ed esercitava con piena buona
fede il Perù, non avrebbe dovuto esser neanche il so-
spetto.
Come abbiamo detto, tutto ciò non aveva che un solo
scopo : quello di esercitare una pressione col timore di
una prossima e certa guerra, nella quale il Perù avrebbe
avuto a soccombere, neir animo del Plenipotenziario pe-
ruviano, e per esso dei governanti del Perù, onde deci-
derli a dare prontamente la chiesta dichiarazione di
neutralità. E per rendere loro ancora più facile il cam-
mino su questa via della neutralità, al timore del pe-
ricolo aggiungeva anche il Governo chileno la lusinga
di mostrarsi animato dalle migliori intenzioni verso la
Bolivia, e principalmente poi verso il Perù, una volta
che questo si fosse dichiarato neutrale. A tale scopo
tendevano: primo, i progetti di amichevole concilia-
zione con la Bolivia, colla mediazione del Perù, messi
innanzi dal Santa-Maria e poi dal Presidente e dal Mi-
nistro degli Affari Esteri, e quindi ritirati bruscamente,
per poi ritornare a parlar di essi come cosa più che
D£ GUERRA AL PERÙ 129
fattibile anzi certa quasi, dopo che il Perù si fosse
dichiarato neutrale, nella calma e tranquillità degli
animi: secondo, le esplicite offerte che spontaneamente
faceva il Presidente del Chili al Plenipotenziario pe-
raviano, di soccorrere il Perù cogli eserciti chileni, nel
caso in cui per la sua dichiarazione di neutralità o per
altro motivo qualunque, dovesse un giorno trovarsi in
guerra con la Bolivia.
In ultimo, a compimento di tutto ciò e della doppia
pressione, del timore e della lusinga, ricorderanno an-
che i nostri lettori la prospettiva di un tradimento da
parte della Bolivia, che il Presidente chileno fece ba-
lenare agli occhi del Plenipotenziario peruviano; ossia
la possibilità che la Bolivia si ponesse d'accordo col
Chili, per procedere insieme contro il Perù.
Tutto ciò, ripetiamo, mirava a stringere il Perù da
tutti i lati, per strappargli una dichiarazione di neu-
tralità nel conflitto chileno-boliviano; dichiarazione
che, come s*è detto innanzi, sarebbe stata la rovina
del Perù.
Per poter comprendere tutta la gravità che avrebbe
avuta pel Perù la dichiarazione di neutralità incondi-
zionata che sollecitava da lui il Chili, bisogna cono-
scere anzitutto certi precedenti indispensabili, che cer-
cheremo di esporre colla maggior brevità possibile.
Come nell'epoca coloniale, la Capitania Generale del
Chili era la più povera Colonia che la Spagna avesse
nelle Americhe — la sola dalla quale non ritraesse al-
cun profìtto e che, non bastando neppure a se stessa,
era invece obbligata a soccorrere ; al quale scopo cu-
I30 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
rava che tutti gli anni le fossero inviati dal Viceré del
Perù trecentomila pezzi forti, che ordinariamente si tra-
smettevano in tanto tabacco — così la Repubblica del
Chili, dopo la indipendenza, fu del pari la più povera
fra le sue consorelle del Pacifico (i).
La povenà che, in un certo stadio della vita del-
l' uomo come dei popoli, è un beneficio — quando cioè
non arrivati ancora a quel grado di civiltà in cui le
ricchezze tendono principalmente a nobilitare le forze
delP anima, aprendo nuovi e più vasti campi alla loro
attività, servirebbero invece ad infiacchirle ed invilirle
sempre più nel lurido pantano di un ozio seminato di
vizii — obbligò i chileni a cercare, in un lavoro assi-
duo e pesante per la poca fertilità del suolo, i mezzi
della giornaliera sussistenza.
E, poiché quando si è obbligati a lavorar bene e
meglio per vivere, non si ha il tempo né i mezzi di
addarsi al triste giuoco delle rivoluzioni ed altri intemi
pettegolezzi, massime se i soli che possono fornire gli
elementi del lavoro, e quindi della vita, sono quei po-
chi appunto nelle cui mani é concentrata tutta la somma
del potere pubblico, come avvenne da principio nel
Chili -la sua popolazione si accostumò di buon'ora ad
una vita ordinata e laboriosa.
Come s' e accennato, la somma del potere pubblico
nel Chili è concentrata in poche mani. Questo è un fatto
(i) Nei primi anni della vita politica del Chili, il bilancio
dello Stato non oltrepassava i 600,000 pezzi, ossia tre milioni
di lire italiane.
DI GUERRA AL PERÙ 131
che nessuno saprebbe negare. Le poche famiglie di
origine spagnuola, che nei tempi coloniali si stabilirono
definitivamente nel Chili, s'impadronirono a tempo
della sola ricchezza che allora offriva il paese : le
terre. Trovatesi perciò, quando fu proclamata la Re-
pubblica, le sole proprietarie del suolo, da cui biso-
gnava procacciarsi col lavoro il pane quotidiano ; ed
oltre a ciò le sole che godessero di una certa civiltà,
il resto della popolazione trovandosi involta in una
quasi barbarie che in gran parte dura tuttavia — non
fìi loro difficile di organizzare ira di esse, sotto il nome
di repubblica, una specie di oligarchia mascherata, che
le stesse cagioni, potentemente coadiuvate da un si-
stema di governo forte ed estremamente rigido, hanno
prolungato fino ad oggi (i).
Liberi dall' incubo dissolvente delle rivoluzioni ende-
miche, i governanti del Chili attesero assiduamente a
migliorare con qualunque mezzo le condizioni del paese.
E scorgendo i vicini Stati continuamente involti in
disordini intemi, su di essi principalmente rivolsero
le loro mire; sapendo bene che, come in generale
(i) Fino air epoca della sua indipendenza, il Chili non ebbe
che un ristrettissimo numero di Scuole elementari, un meschino
Seminario, un ancor più meschino Collegio nei chiostri di un mo-
nastero, ed una piccola Università molto povera di professori,
ad uso esclusivo dei 6gli e discendenti dei coloni spagnuoli ; e
ciò dalla metà appena del secolo XVIII. La prima tipografìa
che salutò il Chili, fu sbarcata nel porto dì Valparaiso Y anno
1812. n Perù ed il Messico invece ebbero tipografie fin dal
secolo XVI.
132 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
avviene di tutti quelli che sono lacerati da fazioni po-
litiche, 1 loro Governi dovevano necessariamente essere
poco curanti dei veri interessi nazionali e sommamente
deboli all'estero.
Prima loro aspirazione fu la preponderanza nel Pa-
cifico, onde assicurare al commercio nazionale, con più
o meno discapito dei vicini, i maggiori vantaggi pos-
sibili; e la prima manifestazione positiva di questa loro
aspirazione successe l'anno iSBy, a motivo della G)n-
federazione Perù-boliviana, creata dal generale Santa-
Cruz. Colto il pretesto che alcuni profughi peruviani
invocavano in Santiago il soccorso del Chili per rì-
staurare la forma del governo patrio, che si diceva com-
promesso dal dispotismo di Santa-Cruz, il Governo
chileno invase due volte il territorio del Perù : prima
con un piccolo esercito che ritornò indietro quasi im-
mediatamente, dopo aver conchiuso col Governo fede-
rale un Trattato di pace che esso disapprovò; e poi con
un esercito più numeroso, composto in parte di pro-
fughi e malcontenti peruviani. Quando questo secondo
esercito sbarcava in prossimità di Lima, trovò che la
Confederazione era stata già disciolta dal Presidente
del Perù, il quale lo invitava perciò a ritirarsi, per
esser cessato il suo scopo, quello almeno sotto il cui
pretesto erasi mosso dal Chili. Nonpertanto, anziché
ritirarsi, esso si battè col piccolo esercito di quest'ul-
timo cui vinse, e che poi incorporò nelle sue file per
battere insieme l' antico esercito della Confederazione,
tuttavia esistente, ossia di Santa-Cruz, e collocare alla
presidenza del Perù il generale Gamarra, capo dei prò-
DI GUERRA AL PERÙ 133
fughi e malcontenti peruviani che avevano invocato
r aiuto chileno.
I veri scopi del Chili in questa guerra erano due : di-
struggere nel suo nascere la Confederazione Perù-boli-
viana, contro la quale non avrebbe potuto mai più lot-
tare una volta che si fosse consolidata, ed esìgere dal
Perù l'abolizione di due leggi che danneggiavano gran-
demente il commercio chileno ; l' una cioè che dichiarava
Anca porto franco, e T altra che imponeva ai bastimenti
commerciali di provenienza europea una doppia tariffa,
che per quanto fosse modica per quelli che arrivavano
ai poni peruviani senza aver fatto scalo in quelli del
Chili, altrenanto era gravosa nel caso contrario : ed al-
lora solamente l'esercito chileno ritornò in patria, quando
ebbe raggiunto entrambi questi due scopi.
D'allora in poi il Chili non lasciò mai più di prendere
una parte molto attiva, sebbene indiretta, negli affari in-
temi del Perù e della Bolivia, fomentando sempre con
tutte le sue fòrze, e quella rivalità fra i due paesi che fu
runico retaggio della estinta Confederazione, e le in-
teme discordie dei partiti con le conseguenti guerre inte-
stine di entrambi.
Dopo il Gamarra, iu sempre nel Chili, dove erano
amorevolmente accolti e secondati nelle loro mire, che
rifugiaronsi costantemente tutti i malcontenti e rivoltosi
così del Perù come della Bolivia. Per non parlare che
dei casi più notevoli, appunto nel Chili, dove poi ricevè
il grado di generale chileno, si rifugiò Panno 1868
fallora colonnello pemviano M. I. Prado, che una ri-
voluzione sbalzava dalla presidenza del Perù, alla quale
134 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
era arrivato per mezzo di una dittatura da lui stesso
due anni innanzi guadagnata sui campi rivoluzionarìL
Fu nel Chili dove si organizzò, colla connivenza e prote-
zione del Governo chileno, e da dove partì Panno 1872
la spedizione del generale boliviano Quevedo, che do-
veva portare e portò per la centesima volta la trista
&ce della rivoluzione nella Repubblica di Bolivia. Fu
nel Chili dove si ricovrò dal 1872 al 1879 l'instanca-
bile rivoluzionario peruviano Nicolas de Pierola; in
quel Chili, dove, sotto gli occhi e col beneplacito delle
autorità locali, organizzò le tante rivoluzioni colle quali
afflisse e sconquassò il Perù, durante quei setti anni,
e che furono una delle principali cause per cui il Perù
si trovasse così disorganizzato e impotente al sorgere
del conflitto chileno-boliviano, nel quale fu per la sola
accidentale impotenza travolto.
Mentre fomentava le discordie interne che dovevano
debilitare sempre più di giorno in giorno il Perù e la
Bolivia, il ChiFi dava pure continuo alimento alla ri-
valità fra i due paesi, che ambi ereditarono dalla effi-
mera loro Confederazione; e ciò per poterli poi battere
a suo bell'agio, sia separatamente, sia colf alleanza ogni
volta di uno dei due, per indi fare lo stesso coll'altro^
onde arrivare al sodisfacimento di tutte le sue aspira-
zioni di molto cresciute per via, e che non furono mai
un mistero per chiunque volle saperle.
Ingigantito dal primo successo della campagna ini-
ziata l'anno 1837, ^^ ^^'^^ °^^ ^^ accontentava più dei
semplici vantaggi commerciali allora ottenuti. Cominciò
la febbre della conquista, per dare uno sfogo ed un la*
DI GUERRA AL PERÙ 135
voro più proficuo alla sua popolazione che intisichiva
sulle proprie terre, ed aumentare insieme le scarse ren-
dite dello Stato; e fu a quella che dedicò tutte le sue
cure. Dopo i fatti già narrati del i842, venne la voglia
d' impadronirsi del ricco deserto boliviano di Atacama.
Più tardi, dopo la scoperta del carbon fossile sotto le nevi
della costa patagonica, sullo stretto di Magellano, fu
assalito da una seconda voglia, non meno tenace ed
ardente, di strappare alla Repubblica Argentina T im-
menso territorio della Patagonia fin allora tenuto da
quella dimenticato. E finalmente, più tardi ancora, messi
gli occhi sui ricchissimi depositi di salnitro del deserto
peruviano di Tarapacà, confinante con quello di Ata-
cama, non potè resistere ad una terza voglia di porlo
all'ombra della bandiera chilena, se non altro, per li-
berarlo dal perpetuo sgoverno del Perù, sì come inten-
deva appropriarsi l'Atacama j?er sottrarlo^ in beneficio
del commercio chileno e straniero, dalla perpetua anar-
chia della Bolivia (i).
La Repubblica della Bolivia, s'è detto più volte, è uno
stragrande territorio posto dietro V immensa catena delle
Ande, nella parte centrale del continente, senz^ altra
uscita al mare che quella pur troppo meschina e in-
felice del deserto di Atacama; sicché pei bisogni di
due terzi almeno del suo commercio è obbligata a va-
lersi del porto peruviano di Arica ; ciò che, fino ad un
(i) Pensiero espresso dal Presidente del Chili il 19 marzo 1879,
al Plenipotenziario del Perù, come si legge nella corrispondenza
officiale di quest'ultimo del 20 marzo 1S79.
', — e AI VANO, Guerra d'America,
136 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
certo punto, la colloca in uno stato di perpetua ser-
vitù verso il Perù; il quale non avrebbe che a negare
il transito sul proprio territorio alla merce boliviana,
perchè quella rimanesse quasi sequestrata in casa sua.
Ed ecco appunto l'arma di cui si servì il Chili dal i842
in poi, per cercar di convertire la Bolivia in acerrima
nemica del Perù.
La Bolivia, dicevano gli uomini politici del ChiFi a
quei di quel paese, ed in ispecie ai rivoluzionarii che
accoglievano e favorivano in casa propria, non già
dello sterile ed inservibile deserto di Atacama ha bi-
sogno, ma della provincia peruviana di Tacna col suo
magnifico porto di Arica; questo è innegabile: chela
Bolivia adunque ceda l'inutile deserto di Atacama al
Chili, e cerchi di acquistare colP appoggio e P alleanza
di quesf ultimo, la provincia peruviana di Tacna col
suo porto di Arica ; ecco la sola, la vera rettificazione
di confini che la giustizia e gì' interessi di Bolivia re-
clamano.
Sarebbe forse difficile rinvenire un solo uomo poli-
tico di Bolivia, che una volta almeno non si sia in-
teso susurrare negli orecchi siffatto progetto da quelli
del Chili; progetto appunto al quale riferivasi il Pre-
sidente del Chili, con una semplice trasposizione dei
verbi potere e volere, quando diceva al Plenipoten-
ziario peruviano, come già sappiamo, che poteva ii
Chili far la pace con la Bolivia a danno del Perù, se
così avesse voluto.
Nondimeno in quel progetto non si manifestava che
una parte solamente delle vere intenzioni del Chili;
DI GUERRA AL PERÙ 137
l'altra, forse la più importante, rimaneva nascosta fra
le pieghe, per mostrarsi quando il Chili e la Bolivia
si sarebbero trovati colle armi alla mano contro il Perù.
Fra il deserto di Atacama, che il Chili diceva apertamente
di voler far suo, e la provincia peruviana di Tacna, che
intendeva dare alla Bolivia, trovasi l'appetitoso deserto
peruviano di Tarapacà, che tanti milioni ha dato, dà e
darà col suo salnitro. Poiché si trattava di rettificare
i confini, non era del caso di lasciare al Perù un pezzo
di territorio che sarebbe rimasto al di là della sua nuova
linea di confine con la Bolivia; e poiché questa, d'altro
non avea bisogno per porsi in comunicazione coU'oceano,
che della sola provincia di Tacna col suo porto di Arica,
veniva in conseguenza che il deserto peruviano di Tara-
pacà, come quello di Atacama popolato di chileni, toc-
cava di diritto al Chili, se non per ragione, per for^a
almeno, come é detto nel motto della divisa della Re-
pubblica, scritto sulla propria moneta: « por la razon
O LA FUERZA. >
Il giornale più autorevole del Chili, El Ferrocarril,
che si stampa in Santiago, scriveva nelle sue colonne
editoriali nel settembre del 1872: a Fra il Chili e la
Bolivia non vi é antagonismo d'interessi, né vi sono
questioni utili di frontiera. Queste questioni esistono
solamente fra la Bolivia ed il Perù. E la Bolivia quella
che può guadagnare, acquistando una parte del litto-
rale peruviano. Al Chili non fa bisogno il littorale di
nessuno (!). Ecco la verità. Perciò, se la Bolivia desidera
rettificare le sue frontierey deve essere nostra alleata e
non nostra nemica^ invece di farsi l'alleata del Perù e
138 VERK CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
la nemica del Chili, che nulla guadagna e nulla perde
se la Bolivia ha dei buoni o cattivi porti, e se sta vicina
o lontana dal mare per fare le sue esportazioni. «
Ecco lo schizzo della politica chilena. Qui appresso
ne vedremo la fotografia.
Nello stesso anno 1872 e nello stesso mese di set-
tembre, un insigne pubblicista boliviano, Julio Mende^y
scriveva nel giornale La Patria di Lima una serie di
dotti articoli sugi* interessi generali dell' America me-
ridionale, e sulle tendenze dei suoi diversi Stati. Da
uno di essi togliamo le parole seguenti : or 11 Chili ha
compreso che passando il fiume PaposOy opera contro
la stabilità della Bolivia e del Perù. La Legazione che
negoziò il Trattato di limiti del 1866 con Melgarejo.
lasciò nell' animo del Dittatore boliviano T incessante
conato di romperla col Perù. Melgarejo terminava gli
accessi delP ubbriachezza (assai frequenti) lanciando la
sua vacillante persona in campagna contro il Perù, in
cerca di quella rettifica\ione di frontiere che il Chili
consiglia alla Bolivia, da che col famoso Trattato di li-
miti del 1866 le tolse il suo territorio ed i suoi tesori.
La erezione delle dittature di Bolivia e del Perù, alla
cui ombra intrigò nel 1866, hanno insegnato al Chili
di omologare la guerra civile in ambo i paesi. Le cro-
ciate partiranno nell'avvenire dal Chili sopra ambo i
centri; ed il motore che deve mutar la scena in Bo-
livia non entrerà in azione, se non dopo aver cambiata
quella che gli sia avversa nel Perù.... La scuola inter-
nazionale che è sorta nel Chili vuole che la Bolivia,
dopo di aver ceduto al Chili il suo deseno di Atacama.
DI GUERRA AL PERÙ 139
si faccia sua alleata per smembrare il Però, onde venga
ad essere il Chili T unico gigante del Pacifico. >
Come si vede, le antiche aspirazioni del Chili, più
0 meno realizzate colla vittoria delle sue armi conqui-
statrici, non erano un segreto per nessuno fin dal 1872;
poiché si discutevano pubblicamente nei giornali da
chileni e boliviani, nel Chili e nel Perù, come la più
semplice cosa del mondo.
In quell'anno 1872, che a quanto sembra fu l'epoca
nella quale le antiche aspirazioni del Chili, vestendo
la loro forma più semplice e determinata, divennero
anche più ardenti e più attive, gli uomini di Governo
del Chili s'affaticarono più che mai in tutti i sensi e
modi, per fare accettare i loro progetti dagli uomini
politici della Bolivia di tutti i partiti : ossia tanto dalla
fazione dominante che aveva nelle mani le redini dello
Stato, quanto dalla fazione avversa, i cui capi, come
al solito, stavano organizzando nel Chili una delle tante
rivoluzioni che insanguinarono la Bolivia - quella stessa
appunto che capitanava il generale Quevedo di cui par-
lammo già.
Non potendo sapersi anticipatamente da parte di chi
rimarrebbe la vittoria nella lotta che era per impegnare
nella Bolivia la rivoluzione, che col favore del Chili
stava preparando in Valparaiso il general Quevedo, i
politicanti chileni crederono prudente trarre separata-
mente neUe loro idee e il Rappresentante ufficiale del
Governo boliviano e il capo della rivoluzione; e ciò
facevano essi tanto per vincere sempre, se era possi-
bile, sia col Governo sia colla rivoluzione, quanto per
I40 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
poter determinare la misura delle simpatie che biso-
gnava accordare a ciascheduno dei due. È questo ud
fatto tanto grave come criterio di moralità politica, che
noi, punto partigiani del sistema delle doppiezze, non
ci saremmo creduti affatto autorizzati a dargli posto
in queste nostre pagine, se oltre le assicurazioni rac-
colte sopra luogo da stimabilissime individualità molto
bene informate, non ne avessimo fra le mani la prova
scritta in documenti di carattere ufficiale, che i no-
stri lettori troveranno in appendice in fondo al pa-
ragrafo. (*)
Gli uomini politici della Bolivia di tutti i partiti,
quei medesimi che invocavano l'aiuto del Chili, per
organizzare le loro guerre intestine, non si prestarono
mai a dividere e secondare i segreti maneggi chileni.
Fedeli ai patti intemazionali, in mezzo a tutti i loro
dissidii interni, essi si studiavano di conservare il pro-
prio, senza mai desiderare V altrui. Ciò però non servì
punto d' esempio ai politicanti chileni, ne valse mai a
farli desistere dalla tanto insidiosa propaganda contro
il Perù: essi che, per collocare il proprio paese al di-
sopra dei vicini nella stima del mondo, menano con-
tinuamente strepitoso vanto dell'assenza in casa loro
di quelle guerre civili che sono la rovina degli altri
- il che per altro non è punto un merito, come si sa,
ma il necessario risultato di un poco invidiabile stato
di cose - non lasciarono mai di tendere agguati alla
moralità internazionale della tanto vilipesa Bolivia; e
le antiche suggestioni dirette ad armare la Bolivia con-
tro il Perù, trovarono ancora la via di far sentire la
DI GUERRA AL PERO 141
loro insidiosa voce, quando già tuonava superbo il can-
none della conquista.
Il progetto di un' alleanza chileno-boliviana, che do-
veva fruttare alla Bolivia non solamente la provincia
di Tacna, ma tutto il dipartimento peruviano di Mo-
quegua, con ì porti di Arica e Islay, era quasi uffi-
cialmente proposto al Presidente della Bolivia, generale
Hilarion Daza, dall' ex-Console del Chili in Bolivia, con
lettere amichevoli dei giorni 8 e 11 aprile 1879. Dette
lettere che i nostri lettori troveranno in appendice (**)
in fine del paragrafo, divennero presto di pubblica ra-
gione, ed il Presidente della Bolivia, onde allontanare
ogni sospetto contro di sé, ne Eaceva trasmettere copia
al Governo del Perù per mezzo della Legazione boli-
viana. E qui è da avvertire: primo, che T ex-Console
chileno Justiniano Sotomayor, autore di dette lettere,
era stretto congiunto di due altri Sotomayor che figu-
ravano, uno massimamente, tra i principali direttori
della politica chilena; secondo, che in queste lettere,
come notava il Plenipotenziario boliviano al rimetterle
al Gabinetto di Lima, all' offrirsi alla Bolivia una parte
del territorio peruviano, si lasciava fuori, e quindi im-
plicitamentCf pel Chili, come dicemmo innanzi, il ricco
deserto peruviano di Tarapacà posto fra l'offerto di-
partimento di Moquegua ed il deserto boliviano di Ata-
cama che il Chili faceva suo; terzo, che detta proposta,
riprodotta nell'aprile 1879, quando già il Perù era stato
trascinato nella guerra a solo titolo di alleato della Bo-
livia, importava per quest' ultima, laddove, affascinata
dal forte guadagno che le si prometteva, P avesse accet-
142 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
tata, non più una combinazione politica più o meno di
mala fede, ma il più iniquo forse di tutti i tradimenti che
giammai insozzarono il mondo.
Ne ciò spaventi i nostri lettori ; perchè di questi tristi
maneggi ne sentiremo ancora a parlare più tardi sui
campi di battaglia, quando una colpevole ritirata del Pre-
sidente della Bolivia, general Daza, colPesercito che aveva
ai suoi ordini, lasciava facilmente vincere al Chili quella
prima battaglia campale di Dolores^ o San Francisco, che
decise dell'esito della guerra.
Le parole più volte ricordate, che il Presidente del
Chili lanciava a brucia pelo sul viso del Plenipotenzia-
rio peruviano, che cioè avrebbe potuto far la pace con
la Bolivia a danno del Perù, se avesse voluto, non erano
adunque che la fedele espressione del principale obbiet-
tivo della politica chilena; solo dovendosi toglier fuori
quel se avesse voluto, poiché non fu la volontà che
mancò mai, ma il potere, per la mancata acquiescenza
da parte della Bolivia.
Ritornando ora alla dichiarazione di neutralità del
Perù, che si instantemente sollecitava il Gabinetto di
Santiago, non è difficile comprendere tutto ciò che sif-
fatta domanda avea di subdolo, per le gravissime con-
seguenze che avrebbe tratte seco a danno del Perù.
Non avendo a lottare che con la sola Bolivia, ripe-
tiamo, la vittoria del Chili sarebbe stata non solo sì-
cura, quanto a buon mercato, con poco o nessun sa-
crifizio cosi di persone come di danaro. Ma non era
questo il solo vantaggio che il Chili pensava trarre
dalla neutralità del Perù, né il più importante. Il vero
DI GUERRA AL PERÙ 143
e principale vantaggio consisteva nell' odio e nel de-
siderio di vendetta, che avrebbe necessariamente inge-
nerato in ogni animo boliviano contro il Perù la neu-
tralità di quest'ultimo, già legato alla Bolivia da un
trattato di alleanza difensiva.
Abbandonata dal Perù, a dispetto dell' antico patto
d^ alleanza, nella lotta disuguale provocata dal Chili,
la Bolivia avrebbe alfine indubitatamente accettato gli
insktenti progetti del Chili - che offerti sulla punta della
spada del vincitore si sarebbero presentati come una ne-
cessità ed una salvazione - di far causa comune con lui
contro il Perù: e certo ne avrebbe avute tutte le ragioni
possibili, tanto per vendicarsi dell' offesa, o meglio del
tradimento di cui sarebbe stata vittima, quanto per ri-
parare con usura, a spese del traditore, il danno per sua
colpa riportato dalla guerra contro il Chili, nella quale
sarebbe stata tanto slealmente lasciata sola.
Relativamente inetta in una guerra contro il Chili,
alleata con quest'ultimo, la Bolivia sarebbe stata di un
gran peso in una guerra contro il Perù, potendo colla
massima facilità invadere le provincie limitrofe di Tacna
diTarapacà,diMoquegua, mentre il Chili oprerebbe per
mare e su questi stessi e sugli altri punti della Repub-
blica; la quale, obbligata a dividere le sue forze ed a
lottare contro nemici di molto superiori in numero,
avrebbe dovuto necessariamente soccombere.
Ecco adunque pienamente spiegata la condotta del
Chifì; e le grandi premure per strappare al Perù una
dichiarazione di neutralità nel suo conflitto con la Bo-
livia; e la precipitazione colla quale lo involse in tale
144 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
conflitto, quando s'accorse che non gli era possibile
avere siffatta dichiarazione colla sollecitudine che de-
siderava, e che forse non T avrebbe avuta mai, senza
prima abbandonare le sue idee di conquista sul de-
serto di Atacama.
La guerra intrapresa dal Chili il i4 febbraio 1879
invadendo il territorio boliviano, era contro il Perù e non
contro la Bolivia. Questo è ed era fin d' allora un fette
pienamente noto nel Chili e fuori. Non avendo potuto
durante lunghi anni decidere la Bolivia ad associarsi
a lui contro il Perù, cercò, o di obbligarvela colla
forza, o di servirsene come pretesto per trascinare il
Perù sui campi di battaglia nella opportuna occasione
in cui questo trovavasi sommamente debole. Il dilemma
posto dal Chili era dei più rigorosi, e non poteva non
riuscire. Aperta la guerra contro la Bolivia in un mo-
mento tanto difficile pel Perù, o questo, vista la propria
impotenza, si asteneva di correre in soccorso della sua
alleata dichiarandosi neutrale, nel qual caso avrebbe
avuto poi necessariamente a lottare contro la Bolivia
e il Chili insieme; o si negava invece a dichiarare la
propria neutralità, ed il Chili lo avrebbe battuto come
alleato della Bolivia, nel solo momento favorevole
nel quale sperava poterlo fare con quasi sicurezza di
esito.
Affinchè siffatto dilemma sortisse tutti i suoi effetti,
bisognava non dare al Perù il tempo di migliorare le
anormali sue condizioni, e sopra tutto di menomamente
rafforzare la sua flotta; e già abbiamo visto come, senza
neppure attendere che il Perù dichiarasse se voleva ri-
DI GUERRA AL PERC 145
maner neutrale o no, bastò che non lo facesse immedia-
tamente come esigeva il Chiri, perchè questo con una
precipitazione senza pari ed appigliandosi ai più futili
pretesti, gli dichiarasse la guerra.
Che la guerra intrapresa a danno della Bolivia fosse
principalmente diretta contro il Perù, come abbiamo
detto, lo prova anche il fatto che il 9 marzo 1879 -
quando cioè regnava ancora la più perfetta pace fra il
Chili ed il Perù, e non erano pur cominciate le trat-
tative sulla mediazione offerta dal Perù, né aveva per
anco chiesto il Chili la sua dichiarazione di neutralità
- il Plenipotenziario chileno in Lima telegrafava già al
suo Governo di sorprendere ed impadronirsi di una
pane della flotta peruviana colla divisione di soldati
che menava ad Iquique. Ciò si legge assai chiaramente
in una Nota ufficiale che colla data del 12 marzo scri-
veva il citato Plenipotenziario del Chili, J. Godoy, al
Ministro degli Afiari Esteri in Santiago; Nota nella quale
si dice : e ....Nel mio telegramma del giorno 9 non potei
prescindere di manifestare a V. S. il concetto che e' in-
teressa assaissimo dì precipitare la soluzione, obbligando
il Perù a pronunziarsi prima che esso stesso consideri
arrivato il momento di pronunziarsi, ossia prima che
completi la organizzazione dei suoi elementi bellici.
Portai la mia idea nel telegramma del 9 fino a credere
conveniente la cattura del trasporto « Limefia • colle
truppe ed armamento che portava a Iquique ; perchè
prevedo che fortificandosi quel porto con un esercito che
può portarsi a quattromila uomini, la sua occupazione
e' imporrà più tardi dei grandi sacrifìzii.... »
146 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
Certo, il Plenipotenziario chileno non si sarebbe punto
permesso di scrivere e telegrafare tali cose al suo Go-
verno, quando non era sorta ancora neppure la più
leggiera nube che minacciasse rompere la pace fra il
Chili ed il Perù, tranne le spontanee ingiurìe fattesi in
Valparaiso al Plenipotenziario e Consolato del Perii, se
non avesse pienamente ed ufficialmente saputo che le
intenzioni del suo Governo erano appunto di romperla
ad ogni costo col Perù. La condotta del Plenipotenziario
chileno non sarebbe punto spiegabile senza un precedente
concerto col suo Governo; ciò che mostra da quanto in-
dietro venivano i disegni in così brev'ora sviluppali poi
contro il Perù.
Le parole disopra riportate provano anche quanto
fosse antico e maturo nella politica del Chili il pro-
getto d'impadronirsi di Iquique, ossia del deserto pe-
ruviano di Tarapacà; e provano del pari che non erasi
del tutto dimenticato il modo col quale il Chili sMm-
possesso della flotta peruviana l'anno i836, poiché il
Plenipotenziario Godoy domandavane la ripetizione.
A maggiore intelligenza di quanto s'è detto, è bene di
non omettere la lettura dei seguenti importantissimi
documenti :
(♦) t Legazione di Bolivia nel Perù - Al signor Mi-
nistro degli Affari Esteri del Perii, - LimOj 2 2 apri-
le 1879.
« Riferendomi alle conferenze avute circa i passi
ed insinuazioni del Governo del Chili, afiìnchè la Re-
DI GUERRA AL PERC 147
pubblica di Bolivia strappi al Perù la provincia litto-
rale di Tarapacà ed il dipartimento di Moquegua, an-
nettendosi il Chili il littorale boliviano, le rimetto due
lettere dei signori dott. Mariano D. Munoz e colon-
nello Juan L. Munoz, personaggi rispettabilissimi ed
attori principali nei successi che hanno dato luogo a
una delle tante manifestazioni di quei propositi.... Fra
i tanti altri innumerevoli casi, e prescindendo da quelli
che mi sono personali.... mi limito a ricordare la serie
di identiche insinuazioni fatte alP illustre uomo dì Stato
signor Bustino j Ministro Plenipoteniiario di Bolivia^
dai direttori ufficiali e privati della politica del Chili
Fanno 1872,... •
Z. Flores
Ministro Plenip, di Bolivia.
m
« Al signor D, Zoilo Flores^ Ministro Plenipoten-
^{iario di Bolivia nel Perii, - Lima, 20 aprile 187 g-
« Ho ricevuto la sua stimata Nota nella quale mi
domanda dei dati sulla spedi:[ione organizsata in Val-
paraiso dal signor general Quevedo in agosto 1872,
per occupare il littorale boliviano. Come fui uno dei
capi di quella spedizione, posso darle i ragguagli che
desidera, senza che per questo io creda di mancare ai
miei doveri, essendo stati quei fatti quasi di pubblica
notorietà in Valparaiso. Obbligato il general Quevedo
ad allontanarsi dal Perù ai principii del 1872, se ne
andò al Chili e si stabili in Valparaiso. Avendo riso-
luto di organizzare la spedizione militare cui Ella si
riferisce, chiamò colà tutti gli emigrati risoluti a pren-
148 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
der parte nella campagna che egli si proponeva intra-
prendere nel littorale boliviano, e che doveva servirgli
di base per le sue operazioni militari nell* intemo, col
fine di demolire la dominazione di Morales (Presidente
di Bolivia). A misura che. arrivavano gli emigrati, fui
incaricato nella mia qualità di Colonnello, di organiz-
zare la truppa spedizionaria. Riunito il numero voluto,
negoziato l'armamento e le munizioni, arrivò il mo-
mento d'imbarcarci nel legno a vela MariorLuìsa
comprato espressamente. In queste circostanze fu chia-
mato con urgenza a Santiago il general Quevedo, da
D. Nicomedo Ossa, che gli serviva d' intermediario col
Presidente del Chili signor Errà^uris. Partì in treno
espresso per Santiago e ritornò il giorno appresso, ab-
battuto e disperato, e risoluto a sospendere la spedi-
zione.... Seppi che tutto dipendeva dalV aver gli proposto
il Presidente Erràs^uriSy come condizione del proprio
appoggio nelle sue operazioni, la cessione di una parte
del littorale di Bolivia, offrendogli in cambio di aiu-
tarlo con tutto il potere del Chili nelP acquisto del litto-
rale di Arica ed Iquique (appartenenti al Perù) : propo-
sta che aveva respinto senza vacillare, rinunziando ad
ogni considerazione privata ed allo stesso piano di spe-
dizione, anziché consentire nell' infamia che gli si pre-
poneva. Ore dopo arrivò da Santiago il signor Ossa
ed ebbero una lunga conferenza.... Seppi dal Generale
che il signor Erràzuris aveva ritirato definitivamente
la sua proposta, e che in prova di ciò gì' inviò col si-
gnor Ossa un officio aperto pel signor Intendente di
Valparaiso D. Francisco Echaurrea, nel quale gli or-
DI GUERRA AL PERÙ . 149
dinava che prestasse al Generale il più deciso appoggio,
onde potesse effettuare la sua spedizione, imbarcando
la sua gente e le sue armi. Così si fece eSettivamente,
e potemmo verificare l' imbarco delle armi e di una
parte della gente nella nave Maria-Luisa,.., >
Juan L. Munoz.
< Al signor D. Zoilo Flores^ Ministro Plenipoten-
ziario di Bolivia nel Perii - Lima, 21 aprile iSjg,
e .... In marzo del 1866 fu riconosciuto in La-Pa^
il signor Aniceto Vergara- Albano come Inviato straor-
dinario e Ministro plenipotenziario del Chili in Boli-
vìa, per negoziare V alleanza offerta (contro la Spagna)
e riannodare le conferenze pendenti sopra limiti fra i
due paesi. Sodisfatto il primo scopo, il Plenipotenziario
Vergara-Albano ed io, nella mia qualità di Ministro
degli Affari Esteri, riaprimmo tali conferenze.... Fu du-
rante queste conferenze che ebbi occasione di ascol-
tare dal Rappresentante del Chili la seguente proposta:
< che la Bolivia acconsentisse a spogliarsi di ogni diritto
sulla zona disputata dal paralello 25 fino al Loa, o
almeno fino a Mejillones inclusivamente, sotto la for-
male promessa che il ChiD appoggerebbe la Bolivia
nella maniera più efficace per la occupazione armata
del littorale peruviano fino al Morrò di Sama, in com-
penso di quello che cederebbe al Chili, per essere il
porto dì Arica la sola uscita naturale che Bolivia aveva
sul Pacifico. > Detta proposta mi fu fatta più volte dal
signor Vergara-AIbano, posso dire dalla prima fino al-
l'ultima conferenza, senza avere omesso di farla an-
I50 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
che direttamente al generale Melgarejo (Dittatore) il
cui animo bellicoso cercò di affascinare coli' idea di una
campagna gloriosa che non avevano potuto compiere
i suoi predecessori. Con tenace perseveranza coadiu-
vava Vergara-Albano il suo segretario Carlos Walker-
Martinez, che seppe guadagnarsi le simpatie intime di
Melgarejo, da cui ottenne un brevetto di Maggiore del-
l'esercito, per servirgli da aiutante nella campagna
contro il Perù, a che entrambi lo incitavano. Deve con-
stare questo brevetto nei quadri dell' esercito di quella
epoca.... Posteriormente, trovandomi in missione spe-
ciale in Santiago nei giorni anteriori alla definitiva
conclusione del Trattato di limiti, sottoscritto colà il
IO agosto 1866 dai Plenipotenziarii D. Alvaro Covar-
rubias pel Chili e D. Juan Munoz-Cabrera per la Bolivia,
il signor Covarrubias insistè attivamente nella delimi-
tazione e cambio dì littorali che mi aveva proposto
Vergara-Albano: e non fu solo Covarrubias allora Mi-
nistro degli Affari Esteri del Chili, ma anche molti
altri personaggi notevoli di quella Capitale, che ci sug-
gerivano la stessa idea a Munoz-Cabrera ed a me, in
diversi ragionamenti ; ma tutti nel senso di persuaderci
che il Chili lavorava a favore della Bolivia, e si pro-
poneva unicamente l' equilibrio degli Stati del Pacifico
e la rettificazione più naturale nei limiti dei tre paesi.
Vivono ancora Vergara-Albano, Covarrubias e Walker-
Martinez, come molti altri cui mi riferisco: che mi
smentiscano se possono.... •
Mariano D. Munoz.
DI GUERRA AL PERC 151
(*♦) • Legazione di Bolivia nel Perii - AlP £'.*'^ si-
gnor Ministro degli Affari Esteri del Perii, - Lima,
S maggio 1879.
e In confermazione di quanto ebbi l' onore di assicu-
rare a V. E. rispetto al perseverarne lavoro del Chili
nel senso di unirsi alla Bolivia per smembrare il territo-
rio del Perù, rimetto in copia legalizzata due lettere di-
rette da Santiago colle date degli 8 e 1 1 aprile p. p. al
signor Presidente di Bolivia generale D. Hilarion Daza
dal signor Justiniano Sotomayor, ex-Console del Chili
in Corocoro di Bolivia^ fratello del colonnello Emilio
Sotomayor, attualmente Capo dello Stato Maggiore Ge-
nerale dell'esercito del Chili in campagna contro il
Perù e la Bolivia, e uomo influente nella politica del
ChiR. Mi sia permesso anche di chiamare l'attenzione
di V. E. sulla innovazione che adesso si fo nell'am-
piezza dell'offerta, con che il Chili ha sempre preteso
sedurre la lealtà della Bolivia colla sua sorella ed al-
leata, la Repubblica del Perù; poiché questa offena
reiterata e perseverante ha consistito in aiutare la Bo-
livia a conquistare tutto il territorio peruviano fra il
fiume Lea ed il Morrò di Sama, in cambio della
cessione che la Bolivia dovea fargli del suo littorale
fino al Loa, mentre nelle lettere aggiunte si esclude
da questa offerta la provincia di Tarapacà, e si li-
mita al solo territorio compreso fra i porti di Arica ed
blay.
ft Quanto all' uso che questa legazione fa di tali let-
tere, il cui contenuto ha un carattere di pubblica no-
to. — > Caivano, Gutrra ^America,
152 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
torietà in Bolivia, Chili e Perù, esse escono per loro
natura dalla sfera confidenziale.... »
Z. Flores
Ministro Plenip, di Bolivia.
€ Santiago 8 aprile 1870 - Al signor D. Hilarion
Da^a.
a Stimato amico - Mi trovo qui da un mese, e non
ho bisogno di dirle perchè son venuto. La rottura delle
relazioni fra la Bolivia ed il Chili mi è stata molto
dolorosa; perchè sono stato sempre d'opinione che
non dovrebbero essere in America paesi che coltivas-
sero più strette relazioni di amicizia. Il Perù al con-
trario è il peggior nemico della Bolivia, è quello che
la soffoca sotto il peso delle sue difficoltà doganali, il
Cerbero della libertà industriale e commerciale e, fino
ad un certo punto, politica di Bolivia. Il Chili è il
solo paese che può liberare la Bolivia dal pesante
giogo col quale Topprime il Perù. Il Chili è anche la
nazione che, alleata alla Bolivia, può darle ciò che le
manca per essere una gran nazione, ossia porti pro-
pri! e vie spedite di comunicazione. - Può pensarsi
seriamente in Bolivia di cercare per Cobija ed altri
punti del suo littorale, una uscita pel suo commercio?
Enorme errore. I soli porti naturali di Bolivia sono
Arica, Ilo e MoUendo o Islay. - Alleata al Perù e
facendo la guerra al Chili, che cosa avverrà alla Bo*;
I
li via, se il Chili rimarrà vinto? che cadrà in mano del
Perù, e gemerà come prima sotto il peso delle suej
gabelle. E se il Chili trionfasse, che cosa guadagne-
DI GUERRA AL PERÙ 153
rebbero gli alleati ? Vincitrice o vinta, la Bolivia re-
sterebbe senza porti ed annullata come nazione. Pel
contrario, la Bolivia unita al Chili non avrebbe la
sicurezza di sconfiggere il Perù? - Una cosa ho no-
tato qui fin dal naio arrivo. Non vi è odio alcuno
contro la Bolivia, si sono rispettati i beni e le persone
dei boliviani ; la guerra alla Bolivia non ha commosso
il paese : salvo qualche movimento di truppa, sembra-
vamo stare in pace. Però arrivò il momento di dichia-
rare la guerra al Perù, ed il paese sì alzò in massa
come un solo uomo.... Al Perù faremo guerra a morte;
la Bolivia non possiamo odiarla. - Perchè andiamo
facendo guerre che non ci convengono, e contraendo
alleanze che ci convengono molto meno ancora? Sa-
rebbe ancora tempo di mettere le cose in ordine? Perchè
no ? Adesso o mai deve pensare la Bolivia di conqui-
stare il suo posto di nazione. Dopo di questa guerra
sarebbe tardi già: il Chili vincitore non lo consenti-
rebbe, ammenoché non avesse la Bolivia dalla sua
parte. - L' uomo che darà alla Bolivia la sua indipen-
denza dal Perù, sarà più grande di Bolivar e di Sucre;
perchè quelli le diedero un simulacro di libertà, e
questo le darebbe la vita reale e vera. Era riserbata
a Lei così colossale impresa?
7/ suo affeùonatissimo amico
J. SoTOMAYOR. »
« Santiago 11 aprile 1879 ~ -^^ signor D. Hilarion
Da\a - La Pas[.
« Stimato amico. - In data degli 8 del corrente, mi
presi la libertà di dirigerle una letterina, sottometten-
154 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
dole certe idee che, spero, avranno meritato alcuna
attenzione ; perchè non deve tardar molto ad arrivare
il momento in cui potrebbero esser portate sul terreno
della pratica.... Durante la mia permanenza in Bolivia,
ho sempre manifestato il mio parere che la Bolivia
non ha migliore amico del Chili, né peggior nemico
del Perù. Il Perù opprime la Bolivia colle sue leggi
di transito di dogana; e nel Chili si è visto con do-
lore questo stato di cose, e si sono avute simpatie per
le aspirazioni di un nobile paese^ che lotta invano per
ottenere vie proprie onde porsi in relazione col resto
del mondo. - Per la Bolivia non vi è salvazione, non
vi è avvenire, non vi è speranza di progresso fino a
che non sia padrona di Ilo e Moquegua, Tacna ed
Arica. Che Ella s' immagini la Bolivia in possesso di
questi territori 1 In breve una linea ferrea unirebbe
Tacna a La Paz ; la industria ed il commercio pren-
derebbero un grande sviluppo.... La Bolivia potrebbe
aver marina da guerra e marina mercantile.... L^ al-
leanza col Perù e la disfatta del Chili potrebbero darle
nulla di tutto ciò? Non rimarrebbe la Bolivia più op-
pressa di prima dal Perù ? - Il Perù che è stato sleale
col Chili e con la Bolivia in ripetute occasioni, non
tarderà a dare a Lei qualche motivo di lagnanza che
serva di punto di partenza delV alleanza col Chili,
che non troverebbe grandi difficoltà qui per essere ac-
cettata, secondo Io spirito che ho potuto osservare nella
generalità della popolazione, la quale, se odia il Perù,
ha avuto piuttosto simpatie per la Bolivia. - Con pia-
cere leggerò la risposta che vorrà darmi, onde seguir
DI GUERRA AL PERÙ 155
lavorando per la diffusione della mia idea, dato il caso
di non esser quella sfavorevole.
Il suo affttionatisHmo amico
J. Sotomàyor. >
§11
CENNI SULLO STATO ECONOMICO E SOCIALE DEL CHILI
Dello stato sociale ed economico del Chili abbiamo
detto un poco già: nondimeno, per raggiungere piena-
mente il nostro scopo e penetrare tutta intera la rete
delle cause che spinse il Chili a chiamare sui campi
di battaglia l'alleanza Perù-boliviana, è bene adden-
trarci di più in siffatto studio, che servirà anche a
farci conoscere i caratteri generali del soldato chileno,
di cui avremo a intrattenerci più tardi.
Come abbiamo detto altrove, quando nel primo
quarto del secolo passò il Chili a costituirsi da Co-
lonia spagnola in Repubblica indipendente, la sua po-
polazione si divideva in due sole classi: l'una assai
ristretta dei proprietarii del suolo - ossia degli ha-
cendados e mìneros ~ e l'altra della grande maggio-
ranza nullatenente della popolazione indigena, ossia
della plebe, del roto^ rotto, scamiciato.
La classe media che allora non esisteva se non in
una maniera appena rudimentale, non è sorta vera-
mente che dopo l'epoca della indipendenza; sia dalle
grandi famiglie proprietarie impoverite col tempo, o
156 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
separate da successive divisioni e suddivisioni del pa*
trimonio avito; sia man mano dalla plebe, cominciando
col coprire i piccoli impieghi dello Stato, col crescere
lentamente all'ombra protettrice delle grandi famiglie,
col lavoro iniziale per conto proprio delle piccole mi-
niere, od infine per uno di quei tanti modi di lenta
o subitanea elevazione, che sono comuni a tutti i po-
poli.
Venuta su a poco a poco, questa classe media che
oggi ancora non è molto numerosa né molto innanzi
in civiltà, non disimpegna che una parte molto secon-
daria nella economia della Repubblica. Ne disimpe-
gnerà una più tardi, e forse poco buona per la sua
poca educazione e per la sua scarsa o nessuna base
in una solida proprietà fondiaria, quando essendo più
numerosa vorrà contare anch'essa per qualche cosa
nel maneggio delle grandi faccende dello Stato: e cre-
diamo non andare errati opinando che la guerra dì
cui ci occupiamo, ha probabilmente avvicinato di molto
questo momento, per le molte ambizioni che ha fatto
germogliare, e per la molta gente che ha spostato di
centro, come diremo più tardi; ma pel momento non
ha che una parte molto secondaria, e non occorre
dirne più che tanto.
Della frazione aristocratica - aristocrazia di terre
e di capitali - che governa lo Stato, abbiamo parlato
già. Occupiamoci della plebe.
Lasciando da un lato la plebe delle città e dei porti
commerciali, che con poche differenze è più o meno
la stessa dappertutto, le plebe delle campagne che co*
DI GUERRA AL PERÙ J57
stituisce da sé sola le grande popolazione rurale del
Chili, va divisa in tre grandi categorie : V una dei cosi
detti peoneSj la seconda dei nomati inquilinos^ e la
terza dei trabajadores de minaSj che vanno poi tutte
comprese nella denominazione generale di rotos, in-
sieme alla plebe delle città e dei porti.
I peones sono la personificazione vera del proleta-
riato, secondo la moderna accettazione di questa parola:
più o meno slegati da ogni vincolo di famiglia, senza
domicilio fisso e senza occupazione determinata, vivono
alla giornata dove possono e come possono, abbrac-
ciando precariamente tutti gli uffici che cascano loro
sotto roano, e vaghi di correre continuamente di qua
e di là nella perpetua ricerca di un meglio, che non
arrivano mai, o quasi mai, almeno come regola gene-
rale, a trovare di loro aggradimento. Un paio di grosse
scarpe, un paio di calzoni e una camicia in uno stato
DCtfì sempre lodevole, con al disopra di tutto ciò un
grossolano j70ixc/)0 (specie di coltre con un taglio longi-
tudinale in mezzo, nel quale si passa il collo) che del
resto, colla sola differenza della qualità della stoffa è
il ferraiolo nazionale per eccellenza, cosi del ricco
come del povero; i peones si trovano per ogni dove
sulla superficie del Chili. Della loro educazione mo-
rale non occorre parlare: essa non va più in là di
qualche superstizione cattolica (i) che colla promessa
(i) Bisogna avvertire che il clericalismo, con i suoi insepara-
bili effetti, ignoranza, superstizione e bigottismo, è tra le piaghe
sociali che più fortemente travagliano il Chili.
158 VERE CAUSE DELLA DICHLVRAZIONE
di un facile perdono al prezzo dì alcune ore passate
in chiesa di tanto in tanto, lascia loro la più intera
libertà di azione. Quanto alla educazione intellet-
tuale, essa è completamente nulla nei più, mentre
quella dei rimanenti si riduce alla semplice lettura dì
qualche pagina dì stampa, senza intenderla, grazie alle
scuole primarie disseminate dal Governo in tutta la
Repubblica, massime nell'ultimo decennio.
Inquilinos^ inquilini, sono i bifolchi propriamente
addetti ai lavori dei campi, delle haciendas; e pren-
dono il loro nome dMnquilini dal domicilio stabile che
essi godono nei grossi latifondi ai quali prestano i loro
servigi. Ciascun inquilino riceve temporaneamente dal
proprietario del fondo, il diritto di uso di una piccola
estensione di terreno che può lavorare per proprio
conto, e nel cui centro deve costruire l'umile abita-
zione per sé e p)er la sua famigliuola: spesso, non
sempre, ciò che dipende dagli usi locali e dalla qua-
lità e quantità del terreno - che in ogni caso non
eccede mai di quel tanto appena bastevole a provve-
dere una piccola famigliuola di legumi e verdure -
ha diritto anche alla somministrazione dei buoi per
la sua aratura. In cambio di ciò, T inquilino è tenuto
a prestare al proprietario una determinata quantità di
lavoro non rimunerato, o rimunerato col solo vitto
consistente in due scodelle di fagiuoli ed un pezzo
di pane azzimo, secondo gli usi locali, e ad accorrere
inoltre tutte le volte che è chiamato al lavoro, nel
qual caso riceve un salario giornaliero ordinariamente
assai modico o, come direbbesi, a prezzo ridotto. Questa
DI GUERRA AL PERÙ 1 59
servitù di lavoro chiamata tnquilìnajey inquilinaggio,
è estensiva a tutti i componenti maschili della fami-
glia dell'inquilino, piccoli e grandi.
Un fac-simile degli antichi servi della gleba, gl'in-
quilini vegeuno e muoiono ordinariamente sulle pro-
prietà nelle quali nascono.
Confinato sotto l'umile tetto di paglia o di legno
grossolano mal connesso della misera catapecchia che
Io vide nascere, o di altra non dissimile sorta a fianco
a quella, ristretto alla sola società della sua famiglia e
dei suoi consimili - tranne la domenica che va a goz-
zovigliare alla più vicina bettola, quando ha i mezzi
da farlo - l'inquilino, con poca o nessuna possibilità di
progresso, trasmette al figlio con poca o nessuna differenza
lo stesso stato di semtbarbarie che ereditò dal padre; ed
e forse inferiore al peon medesimo che, se non altro,
cammina e vede.
1 trahajadores de mtnasy lavoratori di miniere, infine,
come il nome stesso lo dice, sono quelli specialmente
addetti ai lavori sommamente difficili e foticosi delle
miniere, che spesso s'inoltrano per più centinaia di
metri di profondità nelle viscere della terra, seguendo
in tutti i sensi le capricciose giravolte della vena me-
tallica. Lavoratore infaticabile, mentre si trova col grosso
piccone di dieci a quindici libbre nella mano, o col pe-
sante fardello di minerale sulle spalle negli scabrosi
andirivieni delle miniere, da cui non esce se non per
consumare in poche ore di orgia infernale le piccole
economie della quindicina o del mese - secondo il pe-
riodo stabilito dall'uso locale per T aggiustamento dei
i6o VERE CAUSE DELLA. DICHIARAZIONE
conti - il minatore è il vero rappresentante dell' uomo-
bruto.
Sia tssopeon, inquilino o trabajador de minas, il roto
chileno è eminentemente lavoratore e sobrio, fino a che
è stretto dal bisogno. Lavora dodici ore al giorno sem-
pre colla medesima buona lena del primo momento, e
si accontenta come unico alimento, di un pezzo di pane
azzimo con qualche scodella dìporotos, fagiuoli, dì cui
abbonda il Chili; ma a patto di poter far baldoria dì
tanto in tanto, sia nelle bettole, sia in jaranasy ossia
feste di famiglia, immergendosi fin dove lo comportano
le forze fisiche, in clamorose orgie che a volte si pro-
lungano per più giorni consecutivi, fino a che abbia
speso l'ultimo centesimo delle sue economie.
Il roto, come regola generale, non è punto eco-
nomo, né pensa mai al domani. Il danaro non ha per
lui che un solo valore ; quello di facilitargli la via della
bettola o della jarana^ dell' orgia : ed è per questo so-
lamente che gli è caro e lo cerca ; escluso ciò non sa-
prebbe che farne: da cui nasce che sia egli sempre po-
vero, assorbendo l'orgia continuamente tutto quello che
guadagna o gli capita fra mano. Fino a che gli rimane
un soldo in tasca, non lavora; e tuttoché abbia degli
altri ed urgenti bisogni da sodisfare, quel soldo è ri-
serbato di preferenza per l' orgia, nella quale consuma
talora delle grosse somme, relativamente parlando, men-
tre la sua famiglia vada coperta di stracci ed egli stesso
sia tutto lacero. Egli non è economo se non per lasciare
all' orgia la più larga parte possibile. Quando due rotos
sono a querela fra loro, cominciano innanzi tutto, prima
DI GUERRA AL PERO i6i
dì venire alle mani, anche neU' ubbriachezza, col to*
gliersi il poncho e la camicia, onde non romperli od
ìnsadiciarli di sangue; e questa economia a spese delle
proprie carni non è fatta, ripetiamo, che a solo ed esclu-
sivo benefìcio dell'orgia.
Questa forte propensione all'orgia, aggiunta alla poca
o nessuna educazione morale, fa sì che il roto prefe-
risca volentieri il furto al lavoro, sempre che può, per
procurarsi i mezzi di sodisfare a tale passione. Ma
a ciò ha pensato e pensa sempre assiduamente la Po-
lizia chìlena; la quale accoppia ad una forte organiz-
zazione, un rigore che forse non sarebbe stato tollerato
in Europa neppure negli Stati più dispotici di una volta.
Il furto, del pari che qualsiasi altra infrazione alle leggi
nazionali, è perseguitato nella persona del roto con una
giustizia più o meno sommaria, che comincia sempre
nei quartieri di polizia con una forte dose di staffilate.
Lo staffile è la prima legge del roto ; è forse la sola
che gli faccia paura. Ciò viene corroborato anche dal-
l'osservazione costante che il roto chileno, tanto do-
cile ed obbediente nel Chili - fatto che nessuno saprebbe
negare - non ha più nessuna di queste due qualità quando
si trova fuori di casa sua, dove non abbia più a temere
la dolorosa pena dello staffile.
U roto non è punto coraggioso, nel vero senso di
questa parola , ma è feroce per indole, o meglio, bru-
tale, e sómmamente spavaldo. Turbolento e facile ad
attaccar briga, se vede che ha da fare con un nemico
che non lo teme, si fa umile e piccino all' istante ; se
poi s'accorge che si ha paura di lui, divenga tracotante
i62 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
e si spinge anche senza cagione fino agli ultimi eccessi,
per semplice millanteria e brutalità. È biscia o tigre,
secondo la qualità del nemico che gli sta a fronte.
Due classi di cui difetta quasi assolutamente il Chili,
e di cui avrebbe gran bisogno, sono quelle dei piccoli
proprietarii rurali che diano da se medesimi valore
alle proprie terre, e dei fittaiuoli agiati che al lavoro
personale aggiungano anche capitali sufficienti, per
coltivare con profitto e bene i molti latifondi dei si-
gnori che abitano la Capitale. Ai vantaggi che ne ri-
porterebbe r agricoltura, si unirebbe V altro assai più
importante d^ ordine sociale, che siffatte classi servi-
rebbero come elemento moralizzatore della grossissima
popolazione rurale, elevandola man mano coli' esempio
e coir influenza che direttamente eserciterebbero su di
essa, dall'attuale sua abiezione.
II Chili non ha manifatture nel vero senso dì questa
parola. Tranne una lavorazione diremmo quasi em-
brionale, di ordine tutf affatto secondario, esso riceve
tutto dall'Europa. Stoffe, tele, stoviglie, cristalli, vetri,
chincaglierie, cana da scrivere e da stampa, macchine,
mobiglia di pregio, strumenti da lavoro, oggetti di lusso
di ogni classe, tutto, tutto riceve d^ Europa. 11 com-
mercio è per nove decimi almeno in mano degli stra-
nieri. Valparaiso, il primo porto ed il centro massimo
del commercio chileno è una vera babilonia in fatto
d'idiomi. Vi si odono tutte le lingue d'Europa, con
predominio notevole della inglese.
I prodotti principali del Chili sono i cereali ed il
rame. E intorno a queste due produzioni che si ag-
gira, per un ottanta per cento almeno, l' attività nazio-
DI GUERRA AL PERÙ 163
naie; ed è su di esse che riposa tutto il commercio
di esportazione della Repubblica. Dipende quindi da
esse sole T equilibrio tanto necessario fra il commercio
di esponazione e quello di importazione.
A cominciare dall' epoca della indipendenza, quando
il Chili non contava neanche un mezzo milione di
abitanti, la sua popolazione indigena è andata rapida-
mente aumentandosi di mano in mano, in una propor-
zione che eccede di molto quella generalmente com-
provata dalla statistica mondiale. Ciò è dipeso e dipende
in massima parte dalla vicinanza àAYAraucania^ po-
polata dai resti di una delle tante tribù selvaggie che
abitavano il territorio estremo dell'America meridio-
nale, e che formarono la prima popolazione indigena
del ChiD, dopo la conquista spagnuola.
Tribù gagliarda, belligera e feroce, quella degli Arau-
cani sostenne continue ed accanite lotte coi conquista-
tori iberici, i quali, comunque arrivassero di tratto in
tratto a sottometterne delle piccole frazioni, non pote-
rono mai domarla per intero. La Repubblica del Chili,
e per necessità di difesa e per impossessarsi delle terre
occupate dai selvaggi Araucani, continuò e continua
contro di essi, forse con maggior costanza ed attività,
la guerra iniziata dai conquistatori spagnuoli, perve-
nendo spesso spesso come quelli, a guadagnare una
parte del loro territorio, ed a ridurre quelli stessi in
frazioni più o meno grandi alla propria obbedienza.
Senz'andar molto lontano, una prova di questo fatto
ce la ofire il discorso letto dal Presidente del Chili al
Congresso nazicmale il i® giugno 1881, del quale ab-
biamo già fotto parola altra volta. « Terminata la cam-
164 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
pagna di Lima - dice il Presidente chileno - e non
essendo possibile licenziare in una volta Tesercito di
riserva, credei che potevano utilizzarsi i servigi dì
questa truppa nelP avanzamento della frontiera che ci
separa dalle tribù dell'Araucania.... In questo momento
si trovano già stabiliti sette nuovi forti.... coi quali è
rimasto sottomesso tutto il territorio che si estende dal
Mediceo al Cautìn.... Stabilita la nostra linea di firon-
tiera sul Cautin^ ed occupati i punti che ho menzio-
nato, la stretta fascia di terra compresa fra questo
fiume ed il Tolten potrà essere sottomessa air impero
delle nostre leggi nel momento che si crederà op-
portuno. »
I selvaggi abitatori dell'Araucania, che dal 1820 fino
ad oggi è andato continuamente sottomettendo il Chin
air impero delle sue leggi, e che sono passati natural-
mente ad ingrossare la sua lunga classe dei ro/o5,
sono quelli adunque che principalmente hanno concorso
ad aumentare cosi rapidamente la popolazione della
Repubblica; la quale, se nel 1820 difficilmente arri-
vava a contare 5oo,ooo abitanti, ne aveva 1,439,120
nel i854, e 2,319,266 nel 1876, come risulta dai censi
praticati nei rispettivi anni.
Com' era di ragione, col rapido aumento di popola-
zione andarono man mano aumentando anche e i suoi
bisogni e la sua attività produttrice : sicché a comin-
ciare dair epoca nella quale il Chili principiò ad avere
una statistica ben formata, ossia dal i843, noi vediamo,
fino al 1873 almeno, un continuo aumento, solamente
intorrotto a salti in qualche anno eccezionale, cosi di
consumo come di produzione ; e perciò, così nel com-
DI GUERRA AL PERÙ
165
mercio di importazione come in quello di esportazione,
che ne sono la più giusta misura.
Prendendo ad esame il primo quinquennio, a comin-
ciare dall'anno i843, il doppio commercio d'importa-
zione ed esportazione ci dà le cifre seguenti :
Anno
Importazione
Esportazione
i844
i845
i846
1847
i848
Pezzi 8,596,674
» 9,104,764
1 io,i49,i36
» 10,068,849
» 8,601,357
6,087,023
7,601,523
8,115,288
8,442,o85
8,353,595
L'anno i854, quando la popolazione del Chili era ar-
rivata già a un milione e mezzo in circa, giusta il censo
di quell'anno, T importazione fu di pezzi 17,428,299 e
l'esportazione di pezzi i4,527,i56.
Nell'ultimo quinquennio anteriore alla guerra, in-
iìne, e quando la popolazione era aumentata ancora di
due terzi approssimativamente, abbiamo:
Anno
Importazione
Esportazione
1874
1875
1876
1877
1878
Pezzi 38,417,729
» 38,1 37,500
9 35,291, o4i
» 29,212,764
» 25,216,554
36,54o,659
35,927,592
37, 848,5 06
29,715,372
31,695,859
I66 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
Come risulta da tutte queste cifre, i bisogni del
Chilì^ in massima, furono sempre superiori alle risorse
fornite dalla sua attività : consumava più di quanto
produceva. Né può servire a distruggere o scemare il
rigore di questa verità, il fatto che negli ultimi tre anni
del quinquennio dal 1873 a tutto il 1878 F importa-
zione sia stata inferiore alla esportazione; perchè non
è punto quest'ultima che abbia aumentato, ma la prima
che ha diminuito, ciò che si spiega assai facilmente,
e che è una prova maggiore del malessere economico
sempre crescente del paese, come or ora vedremo.
Tranne il piccolo aumento del 1876, che non rag-
giunse neanche la cifra della importazione degli anni
anteriori, l'esportazione scemò invece notevolmente
essa stessa negli anni 1877 e 1878; ciò che prova una
diminuzione nella produzione, e quindi nella ricchezza
privata; e se in pari tempo diminuì maggiormente la
importazione, ciò non fu che una semplice conseguenza,
ripetiamo, del malessere economico del paese.
Nei nostri paesi europei, tutti più o meno industriali
e manifatturieri, l'abbassamento della importazione non
è generalmente, salvo casi eccezionali, che conseguenza
del progresso delle proprie industrie e manifatture, ie
quali diminuiscono di altrettanto P entrata dei prodotti
della industria straniera, per quanto più avanzano esse
stesse ed arrivano a sodisfare i bisogni del consumo
interno. Ma ciò non è né potrebbe essere applicabile
al Chifi, il quale, come s'è detto, non ha manifanura
alcuna, e nessun' altra industria di una qualche im-
portanza, tranne quelle delle miniere di rame e della
DI GUERRA AL PERO 167
agricoltura, cui può aggiuog^^i al più, T altra del car-
bon fossile, sebbene di mìnime proporzioni.
Eccetto i prodotti agricoli e quelli delle sue miniere,
ripetiamo, il Chili riceve tutto dall'estero. Quindi T ab-
bassamento della importazione non può spiegarsi che
per mezzo di due sole cause : o perche diminuiscano
in sé stessi i bisogni, o perchè manchino i mezzi di
sodisfarli.
Chiosi i suoi porti alla importazione straniera, la
sua popolazione potrebbe materialmente vivere col pro-
dotto delle sue terre, ma non vivere civilmente. Co-
minciando dalia camicia fino agli abbigliamenti dì
maggior lusso, dal primo all'ultimo strumento ed uten-
sile da lavoro, dal più necessario al più superfluo og-
getto di cui si circonda l'uomo civile, tutto riceve
il ChiPi dall'estero. Ciò posto, per ammettere una dimi-
nuzione di bisogni a questo riguardo, bisognerebbe an-
zitutto ammettere come punto di partenza una dimi-
nuzione di consumazione, dovuta o alla diminuzione
di popolazione, ossia di consumatori, o al retrocedere
di essa popolazione sulla via della civiltà. Ma se da
una parte è provato che la popolazione del Chili au-
menta tutti i giorni straordinariamente, è dall'altra
fborì di dubbio che essa cammina sempre avanti,
sebbene più o meno lentamente, in civiltà e pro-
gresso.
Quindi non sarebbe punto vero né verosimile Pam-
mettere una diminuzione di bisogni ; e la diminuzione
ii consumo che manifesta l'abbassamento della im-
)rtazioney solamente può e deve attribuirsi alla dimi-
ti. — > Cai VA NO, Guerra d^ America,
I
I
|68 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
nuzione dei mezzi necessarìi per sodisfare tali bisogni,
ossia al malessere economico della Repubblica.
Fino a che potè, fino a che ebbe forze vive ed esu-
beranti, o capitali di riserva, visse a loro spese, e pagò
con quelli l'eccesso di consumo che non arrivava a
coprire il prodotto della sua esportazione. In appresso,
come d'ordinario avviene quando si è nella vìa del
benessere, così per gì' individui come per i popoli, che
allora solamente si dà un passo indietro quando si è
da tutti i lati stretti dall' impotenza, esauriti più o meno
i capitali di riserva, le forze vive esuberanti, continuò
ancora a vivere sulla stessa via a spese delle sue forze
virtuali o dell'avvenire, ossia del credito. E quando
anche questa ultima risorsa per se medesima tanto
rovinosa cominciò a venir meno, quando l'impotenza
principiò a stringerlo da tutti i lati, allora fu gioco-
forza ridursi alla privazione; e cominciò ad impor-
tare e quindi a consumar meno, lasciando insodisfaita
di anno in anno una parte sempre maggiore de^suoi
bisogni.
Uscendo dall'ultimo quinquennio che ci ha fornito
i dati per questo esame, troviamo che nell'anno sus-
seguente che fu il primo della guerra, 1879, l'impor-
tazione scese ancora di più, fino a pezzi 22,794,608
appena; sicché arrivò ad essere per oltre due quinti
inferiore a quelle degli anni 1874 e 1876.
Chi non sa che gli anni di guerra, e di una guerra
relativamente colossale, in ispecie per i piccoli paesi,
sono anni di massima economia e privazione? Non-
dimeno, come risulta dai dati statistici summenzionati
DI GUERRA AL PERÙ 169
l'importazione del 1879 non fu che appena di due
milioni e mezzo incirca inferiore a quella del prece-
dente anno di pace 1878, la quale era stata di circa
quattro milioni inferiore a quella del 1877, che a sua
volta fu di oltre sei milioni al disotto della precedente
importazione del 1876, già approssimativamente discesa
di tre milioni da quella del 1875. Ciò prova che quando
sopraggiunse la guerra, che per le immense sue pro-
porzioni necessitò il concorso di tutte le forze del paese,
questo era già arrivato per gradi successivi quasi al
massimo nella scala delle possibili economie e priva-
zioni; sicché furono ben poche quelle che ancora potè
fare, ed inferiori a ciascuna delle precedenti degli an-
teriori anni di pace. Nonpertanto la importazione di
quell'anno fu con poca differenza eguale a quella del-
l'anno 1860, quando la sua popolazione era di un terzo
più o meno inferiore in numero, e quindi in bisogni.
Ora, quindici o vent'anni indietro, i grani del Chili
fornivano quasi senza concorrenza i porti di California,
dell'Australia, del Rio della Piata, del Brasile, del
Perii. Cominciati subitamente a venir meno l'uno
dopo l'altro, di tutti quei porti non eran loro rimasti
negli aitimi tempi che appena quelli del Perù, nei quali
soffrivano per giunta la competenza dei grani di Cali-
fornia. Per trovare una uscita annua a circa duecen-
tocìnquanta milioni dì litri di grano, che è l' ammontare
in cui approssimativamente va calcolata l'eccedenza
della sua produzione, detratto il consumo locale sti-
mato in altri cento milioni^ il Chili ha dovuto ricor-
rere ai lontani porti europei, a quelli principahnente
I70 VERE CAUSE DELL^ DICHIARAZIONE
dell'Inghilterra, dove, oltre la grossa concorrenza locale,
quella degli Stati Uniti non gli lascia godere da qual-
che anno in qua che prezzi relativamente molto mo-
derati, i quali rimangono in buona parte assorbiti dal
forte costo del trasporto. Oltreché producono grano in
assai maggiore quantità e con minore spesa del Chili,
per la miglior qualità delle terre, gii Stati-Uniti sop-
portano d'altra parte anche pel trasporto una spesa
assai minore; per la minor lontananza dai porti di
consumo (i).
Il rame del Chili, fino al 1868 ancora, concorreva
per oltre una metà nel consumo totale che di questa
merce si faceva in Europa. Produceva molto e veiv
deva caro; perchè essendo il maggior produttore im-
poneva la legge al prezzo. D'allora in poi è avvenuto
un mutamento assai notevole: la produzione del rame
essendo aumentata considerevolmente altrove, tanto
I
che la sola Spagna ne produce per quattro volte al-j
meno più del Chili, il suo prezzo è anche disceso dì|
molto. La Barra dì rame chileno che nei mercati
inglesi si vendeva nel 1875 ancora a ottantuna lire
sterline, scese gradatamente di anno in anno, per ari
rivare a sole lire cinquantotto nel 1878.
I risultati di questo doppio ordine di avvenimenti s
fecero presto sentire. Il malessere economico più o meni
(0 Nel 1878 gli Suti-Uniti produssero 150^151.778 cttolib
di grano; produzione che va sempre in aumento, essendo asc^s
nel 1879 A 214,995,718 ettolitri, e nel 1880 ad un sette p<
cento di più dell'anteriore.
Di GUERRA AL PERÙ 171
sopportabile che non aveva mai lasciato di sentirsi in
tutta la Repubblica, si aumentò gradatamente di giorno
in giorno sempre più.
Era l'epoca appunto nella quale la lavorazione del
salnitro, ossia nitrato di soda, nella provincia e deserto
peruviano diTarapacà cominciava ad assumere le grandi
proporzioni, che poi prese definitivamente dal 1870 in
avanti. Eravi lavoro largamente retribuito per tutte le
braccia, e utile collocazione per tutti i capitali. L'oc-
casione non poteva presentarsi più propizia ; e così il
rato come il piccolo capitalista, fuggendo il malessere
del proprio paese, si riversarono a poco per volta nella
vicina costa di Tarapacà. Il gran successo ottenuto
prontamente dai piccoli capitali ebbe tosto un' eco nel
Chili, e chiamò coli' esempio i grossi capitali stranieri
delle case di commercio stabilite a Valparaiso, massi-
mamente inglesi, e che rimanevano più o meno oziosi
per la tisi sempre crescente del commercio ed industrie
locali.
Come nel i842 pel guano, si fecero anche delle sol«
lecite ricerche nel più prossimo deseno boliviano di
Atacama; e, sebbene non nella medesima proporzione
e ricchezza, si trovarono anche là dei depositi di sal-
nitro. Una nuova corrente si formò quindi anche per
l'Atacama; e poiché in ogni chileno v'è sempre la
stoffa del minerò^ tardarono poco a scoprire le ingenti
Tìccbezzc minerali dell'Atacama, che si manifestarono
d' ìixq>rovviso con quel getto^ veramente largo e sor-
prendente per due o tre anni, ddle abbondanti miniere
argentifere di Caracoies.
172 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
La miniera però, lavoro sempre rischioso e più che
altro di fortuna, di pazienza e di sacrifizio personale,
è fatto più per i piccoli che per i grossi capitali; i
quali, amanti come sono di operazioni solide e sicure,
si lasciano più facilmente intimorire dalla probabilità
di un insuccesso, che lusingare dalla sovente rovinosa
speranza di grossi e facili guadagni. Quindi, mentre i
piccoli capitali chileni correvano tutti più o meno a
rompicollo verso Caracoles, che dopo il primo getto
diede più dolori che gioie, il deserto peruviano di Ta-
rapacà rimase sempre il principale obbiettivo dei grossi
capitali europei stabiliti in Valparaiso.
Non prendendo che una parte meramente indiretta
nei lavori di produzione del salnitro, le grandi case
straniere di Valparaiso si concentrarono principalmente
nelle importanti operazioni mercantili cui esso dava
luogo. Colle abilita:(ioni, od anticipazioni di fondi da
esse forniti ai produttori - ciò che dava loro, oltre ai
pingui interessi, il diritto di preferenza a prezzi ridotti
nell' acquisto del salnitro, o quello per lo meno di es-
sere i soli agenti della sua vendita - monopolizzarono
in breve nelle loro mani quasi tutto il salnitro di Ta-
rapacà, la cui piazza commerciale, pel grosso traffico
che di esso si faceva coi mercati europei era, non già
Iquique o qualsiasi altra città peruviana, ma Valpa-
raiso.
A Valparaiso adunque si negoziavano le vendite e
tutte le molteplici contrattazioni cui dava luogo il
gran commercio del salnitro di Tarapacà, si noleggia^
vano e facevano le loro provviste i bastimenti che doi
DI GUERRA AL PERÙ 173
vevano trasportarlo in Europa, si maneggiavano e ri-
maneggiavano le rilevanti somme messe in movimento
da una industria cotanto vasta e produttiva. Il com-
mercio di Valparaiso - da cui dipende la vitalità di tutta
quella popolosa città di centomila abitanti, e la cui
influenza si fa sentire in tutto il movimento commer-
ciale della Repubblica - che giaceva in un languore sem-
pre crescente, cominciò subitamente a rianimarsi, a
rinascere a nuova vita al calore delle innumerevoli
negoziazioni di ogni genere, che si facevano giornal-
mente intorno, ed a motivo di detto salnitro, fino a
che col grande sviluppo preso da questa industria
nel 1870, il suo movimento raggiunse colossali pro-
porzioni, e divenne in breve tempo il secondo porto
del Pacifico ed uno dei più importanti dell'America
meridionale.
Non è a dire la grande influenza che ciò esercitasse
in tutta r economia della piccola Repubblica del Chili,
così privata come pubblica. Molte fortune cadenti
si ristorarono; molte braccia una volta oziose o mal
retribuite, trovarono un lavoro equamente e spesso lar-
gamente ricompensato; e le stesse finanze dello Stato
oe risentirono un sensibile miglioramento. Il deserto
peruviano di Tarapacà, infine, era divenuto una vera
risorsa pel Chili.
Il Però, fin che fu ricco, chiuse gli occhi e lasciò
fare ; senza neppur ricordarsi che Tarapacà era suo, e
sen^a punto accorgersi che lasciava espandersi al difuori
un calore al quale avrebbe potuto e dovuto egli stesso
riscaldarsi. Ma fu ben altrimenti allorché suonata per
174 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
lui P ora dei malanni, sentì il bisogno di fare un ap-
pello a tutte le proprie fonti di vita tenute fin allora
in dispregio.
Quando nel 1873 il Perù sottomise ad estango il
salnitro di Taf apacà, riducendo la sua esportazione a
privativa dello Stato, come esporremo a suo luogo, le
cose mutarono repentinamente e completamente d'aspetto
pel Chil). Tolto il monopolio del salnitro dalle mani delle
grandi case straniere di Valparaiso, questo porto rimase
in un subito privo di tutto quel gran movimenta d'af-
fari, cui siffatto monopolio dava luogo, e ritornò im'aV
tra volta al suo primo languore, alla lenta agonia da
cui esso avealo cacciato alcuni anni indietro; ritomo
che naturalmente assunse caratteri motto più seri! ed
allarmanti, come d'ordinario avviene d'ogni qualsiasi
male, che é sempre peggiore in una seconda sua vi-
sita, quando già il paziente s'era addato a miglior ge-
nere di vita. Gli affari commerciali in generale, che
avevano preso un certo slancio durante i floridi tempi
del salnitro, si trovarono di colpo paralizzati, portando
un sen^bile squilibrio in tutto il commercio della Re-
pubblica ; e si manifestò quasi istantaneamente una di
quelle forti crisi finanziarie da cui un piccolo paese,
povero d'industrie ed obbligato a ricever tutto dal-
l' estero, non può rilevarsi se non con molta difficoltà.
Conseguenza di questa crisi sempre crescente fu ap-
punto la diminuzione sempre continua della impetra-
zione negli anni 1876, 1877 e 1878, senza parlare di
quelli della guerra, come abbiamo visto già. Altra con-
seguenza di questa medesima crisi fu pure la cresciuta
DI GUERRA AL PERÙ 175
emigrazione dd ro/o5 per le vicine Repubbliche della
Bolivia, dd Perù e della Gxifederazione Argentina, ol-
tre le Ande.
Come abbiamo detto innanzi, erano già più anni che
le due industrie prtndpaU del Chili, l'agricola e la me-
taUifera, sofirivano nei mercati esteri di consumo una
tale concorrensa che le fiicevano di anno in anno meno
prcxlimive. L' hacendado ed il minerò^ i proprietarii dei
latifondi e delle miniere, a misura che diminuivano le
loro entrate pd ribasso di prezzo sempre maggiore dei
prodotti delle loro industrie, ribassavano a loro volta
i prezzi della mano d'opera, il già scarso salario dei
lavoraiori dei campi e ddle miniere, del n>io; e questi,
vedendo così spacire gradatamente le piccole economie
destinate all'orgia, all'obbiettivo principale della sua
vita, cominciò a sentirsi troppo mak in casa sua, e
quindi ad espatriare in molto maggior numero.
L'emigrazione del roto chileno, a parlar giusto, ri-
sale fino ai tempi della febbre d' oro di California e
della costruzione ddla via ferrea dell'Istmo di Panama,
dove ne peiì un qualche migliaio. Ma mentre pel pas^
sato erano principalmente i peones, di per se nomadi ed
irrequieti, quelli che aumentavano siffatta emigrazione,
nelF epoca che descrìviamo vi presero parte tutte le di-
verse frazioni del roto^ ossia quelli ancora addetti ai
lavori dei campi e delle miniere, ed in così grandi pro-
porzioni che la crisi economica ne venne di molto ag-
gravata. A cominciare dal 1875, questa emigrazione va
calcolata in ragione di i4 a i5 mila per anno, in me*
dia, ciò che non lascia di essere veramente straordi-
176 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
nario per un piccolo paese qual'è il Chifi, e che ne-
cessariamente doveva esercitare, come in effetto esercitò,
una grande influenza sulla doppia industria agrìcola e
metallurgica della Repubblica. L' hacendado ed il mi-
nerò cominciarono a sentire la penuria e scarsezza della
mano d'opera; ciò che li obbligava a limitare le loro
industrie; da cui, una diminuzione delle loro produ-
zioni, con una diminuzione sempre crescente delle loro
entrate (i).
Una prova di ciò la troviamo nel notevole abbassa*
mento della esponazione negli anni 1877 e 1878^ ab-
bassamento che bisogna considerare sotto un doppio
punto di vista: ossia tanto nel risultato visibile delle
cifre, quanto, e maggiormente ancora, relativamente
al continuo aumento di popolazione verificatosi di anno
in anno nel Chili, come s'è detto innanzi. Se invece
r esportazione del 1876, ossia del secondo anno della
crisi, arrivò non solamente a sostenersi, ma a supe-
rare di qualche poco quella dell' anno anteriore, come
appare dalle cifre disopra riportate, ciò trova la sua
spiegazione in un doppio ordine di fatti : primo, nel
congegno proprio delle surriferite industrie, i cui pro-
dotti di ciascun anno, in buona parte almeno, solo si
trovano pronti per l'esportazione nell'anno susseguente;
e secondariamente nelle riserve di metalli che fieinno
spesso le grosse case incettatrici, per attendere un rialzo
(i) Quando scoppiò la guerra col Perù, trovavansi in questo
paese oltre a 40,000 chileni. (Vedi Barros-Arana, Op. cit.^ pa-
gina 72).
DI GUERRA AL PERÙ 177
di prezzo che a volte vien meno, come successe ap-
punto nel biennio 1875-76; nel qual caso si è obbligati
non di rado ad aggiungere danno a danno, disfacen-
dosi della merce a qualunque prezzo, per la difficoltà
di tenere lungamente oziosi forti capitali.
Si comprende di leggieri che a questa crisi econo-
mica che per tanti versi involgeva tutto il paese, le
casse dello Stato non potevano affatto sfuggire. Furono
anzi le prime a risentirne gli effetti fin dal primo suo
annunziarsi; ossia fin dall'anno i865, nel quale pre-
sentarono un deficit che fu necessario coprire col pro-
dotto di un prestito. A cominciare da detto anno i865,
i bilanci dello Stato per sé stessi scarsissimi, si chiu-
devano tutti gli anni con nuovi deficit, che venivano
metodicamente coperti da nuovi prestiti; i quali, co-
munque di piccole proporzioni presi separatamente, au-
mentavano per via anno per anno, ed in numero ed
in entità, aumentando ogni volta il deficit dell' anno
seguente.
In tutta la serie dei i4 anni decorsi dal i865 al 1878
inclusive, non si contano che appena quattro anni nei
quali si andò esenti da imprestiti; ma due di essi rima-
sero compensati da prestiti maggiori degli anni anteriori
e susseguenti, e gli altri due da quegli anni nei quali
vi fu un doppio prestito, uno intemo e l' altro esterno ;
sicché fra interni ed esterni si arrivò a contrarre nei
detti i4 anni ben iorfici prestiti successivi. L'ammon-
tare dei prestiti interni fino a tutto il 1878 fu di
pezzi 19,318,800; e quello dei prestiti esterni di pezzi
49,023,300 che aggiunti ai 5,8 10,000 di prestiti ante-
178 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
riori formano la cifra complessiva di 54,883,3oo pezzi,
ammontare del debito estemo del Chili nel i® gen-
naio 1879. Qui però è bene avvertire che da questi
55 milioni circa del debito estemo, 35 furono impiegati
nella costruzione di ferrovie attualmente in esercizio.
L'ultimo anno di pace, 1878, nonostante le tante eco-
nomie introdottesi in tutti i rami della pubblica ammi-
nistrazione, si dovè ricorrere a un prestito di 3,960,000
pezzi, per spingere innanzi la pesante barca dello Stato;
ad una cifra che messa in relazione con un bilancio
annuo che arriva appena ai i5 o 17 milioni, era più
che sufficiente per dar da pensare e, se si vuole, per
atterrire gli statisti chileni (i).
Né migliore era d' altra parte la condizione dei Mu-
nicipi!, come lo attesta la Memoria che ti Ministro
(i) Perchè i nostri lettori possano comprendere fino a che
punto il Governo chileno spingeva le sue economie, togliamo
dalla Memoria presentata dal Ministro di giustizia al Congresso
del 1 880, il seguente brano : « Continuano vacanti tm posto
di Ministro (Consigliere) della Corte di Appello della Serena
fin dalt Agosto del 1878, e quello della Giudicatura di Petorca
dal giugno 1879. Comunque al non provvedere iìi\ora ai men-
zionati posti della magistratura si abbia avuto in vista lo scopo
di fare una economia senza danno del servizio pubblico, la dr-
costanza che questo sicUo di cose impone un carico pesante e già
molto duraturo agli avvocati chiamati dalla legge a supplire le
vacanze della Corte della Serena, ed i frequenti reclami d^U
abitanti di Petorca, obbligheranno forse a nominare presto le per-
sone che debbono coprire tali posti. • p. 6. — Come si vede, cv n-
trariamente a quanto asseriva il Ministro, 1* economia era fatta a
discapito del servizio pubblico, e fino dalla metà deU' ultimo anno
di pace 1878.
DI GUERRA AL PERÙ 179
deir Interno presentava al Congresso nazionale del Chili
il i5 giugno 1880; memoria nella quale si legge :
a Attesa la scarsezza dei loro fondi, i Municipii possono
appena attendere, nonostante il soccorso governativo,
a tutti i rami del proprio servizio. Molti di essi sono
gravati da prestiti contratti in altre epoche in beneficio
del mìglioratnento locale, colla speranza di poterli co-
prire col crescente aumento delle loro rendite. Disgra-
ziatamente queste aspettative sono rimaste ordinaria-
mente burlate.... e lo Stato è corso in loro aiuto; al
quale effetto il Congresso ha votato annualmente al-
cune somme nella discussione dei pubblici bilanci. >
Stato, Municipii, commercio, industrie e popolazione,
tutti contorcevansi penosamente al sorger del 1879 fra
strettezze economiche sempre più incalzanti ; e questo
stato di cose da cui si voleva uscire ad ogni costo, fu
una nuova e potente spinta, una delle cause di primo
ordine che decisero il Chili, Governo e popolo, a chiu-
dere la parabola descritta dalla politica nazionale, col-
r unica soluzione da tanto tempo attesa e preparata,
di migliorare le proprie condizioni a spese dei deboli
vicini, Perù e Bolivia.
Mentre ì ricchi deserti di Atacama e di Tarapacà,
si presentavano agli statisti e politicanti chileni come
r unico porto di salute, si per le rovinose finanze dello
Stato, come per V economia generale del paese, il roto
deliziavasi già anticipatamente nella prospettiva del
grosso bottino che avrebbe potuto raccogliere in una
felice scorrerìa sulle ricche terre del Perù; di quel Perù
che non aveva mai perduto per lui l'antica £Eima
i8o VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
di opulenza, e che fra le privazioni della propria mi-
seria avea sempre guardato coli' occhio dell'invidia e
dell' avidità.
Non appena sparsosi il primo rumore di una pro-
babilità di guerra, il roto di oggi ed il roto di ieri -
il piccolo impiegato ed il nullatenente della nascente
classe media - non vedevano più che il Perù nei loro
sogni, ed arrivavano a veri trasporti di gioia ai soli
nomi di Lima e di Chorrillos.
Lima, l'antica città dei Viceré, tutte le cui case
magnatizie si supponevano zeppe di vasellerie di oro
e di argento, come ai tempi delle colonie; Chorrillos,
la fastosa villeggiatura dei signori della Capitale, ove,
oltre alle ricche suppellettili, la fama collocava in ogni
Rancho^ o casa, interminabili cantine ripiene dei più
squisiti vini d'Europa^ infiammarono in un subito tutte
le immaginazioni; ed in tutto il Chili, prima a voce
più o meno bassa, durante il febbraio e marzo 1879,
e poi a voce alta e stridente dopo la dichiarazione di
guerra, non si udivano che queste due parole: A Lima!
a Chorrillos 1
Né erano solamente il roto ed il nullatenente della
classe media, che davano in queste voci. Altri v^eran
pure che a sempre più incitarli su tale via, facevan
coro con essi ; e questi altri stavano in tutte le classi
sociali. La stampa giornalistica di tutte le classi e di
tutti i partiti, cominciando da quella dei preti che era
la più furiosa, non parlava che di ciò.
Lima e Chorrillos furono sempre oggetti di odio, quasi
per ogni chileno. E pur troppo risaputo, che V invidia
DI GUERRA AL PERÙ i8i
e r emulazione sono due passioni che si esercitano quasi
esclusivamente a danno dei più prossimi, sia nello spa-
zio, sia nei vincoli delle relazioni naturali e sociali. Quel
tapino che s' inchina pieno di umile e strisciante rive-
renza innanzi air opulento fasto di persona che non co-
nosce affatto, o di nome appena, arde d'invidia alla
semplice vista della mediocre agiatezza del suo vicino;
ed egli si crederebbe meno infelice, forse felice anche,
sol che gli fosse concesso di vedere V odiato vicino da
cui non ricevè mai offesa alcuna, altrettanto o più ta-
pino di lui medesimo; e comincia a poco a poco ad
odiarlo, a desiderargli dei male, ad affaticarsi per far-
gliene. Quella donna che va in estasi d'ammirazione
al racconto delle gioie che la bontà, la beltà e l'opu-
lenza procurano alle lontane figlie di Eva che giammai
conobbe ed a cui nessun vincolo la unisce, è presa da
un furore che va fino allo spasimo, se apprende che
queste medesime cose riguardino una sua parente, amica
o vicina; essa l'odia di gelosa invidia fin da quel primo
istante, e darebbe tutto quanto ha dì più caro al mondo
per veder distrutta la sua felicità. Fonunatamente, dì
questi uomini e di queste donne, speriamo almeno, non
sia pieno il mondo.
Ecco appunto quel che avveniva nel Chili, rispetto
alla Repubblica vicina e sorella, il Perù, fino dall'epoca
della comune indipendenza. L' antica opulenza del Perù
aumentata di mano in mano, prima col guano e poi
col salnitro, era il dardo che segretamente pungeva la
quasi generalità dei chìleni. Chorrillos, il luogo di de-
lizia per eccellenza dell' alta società di Lima nella sta-
i82 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
giooe dei bagni, era l' incubo doloroso quasi della ge-
neralità delle donne chilene.
Come tutti i giorni aveva occasione d' intenderlo, sia
più o meno velatamente dai numerosi stranieri che vi-
sitavano i diversi paesi dell'America meridionale, sia
senza nessun velame, dai cbileni medesimi, la donna
chilena sapeva di essere meno buona, meno bella, meno
spiritosa della donna limegna; e gelosa dei suoi trionfi
muliebri, non ardeva che di un solo desiderio :' veder
distrutto quel Chorrillos, dove l' invidiata limegna im-
perava durante quattro mesi dell'anno in tutto lo splen-
dore della sua bontà, della sua bellezza e della sua
grazia.
Ecco perchè tutti ad una voce, uomini e donne, non
facevano che ripetere agli orecchi del roto: A Linoa,
a Chorrillos.... a Lima, a Chorrillos! affinchè il rofó,
attratto sempre più dalla doppia illusione del bottino
di Lima e delP orgia di Chorrillos, superasse intrepido
tutti gli ostacoli che trovasse sul suo cammino, ed ar-
rivasse vittorioso a quella Lima ed a quel Chorrillos
che doveva distruggere fino dalle fondamenta, dopo
aver profanato i dorati saloni colle luride scene delle
sue orgie araucane(i).
Ed ecco poste in luce le tante diverse cause per le
quali si comprende e si spiega come avvenne che la
guerra col Perù, abbenchè senza nessuna vera ragione
(i) Chorrillos più non esiste, e Lima fu salvata appena dai-
r influenza di una forsa maggiore} a gran dispetto delle sojda>
tesche chilene, come diremo a suo luogo.
DI GUERRA AL PERÙ 183
ostensibile, fosse pel Chili una guerra eminentemente
nazionale, da tutti desiderata e voluta, e da tutti spinta,
con un ardore ed un odio mai venuti meno, fino agli
ultimi eccessi.
La guerra contro il Perù era pel Qiilì una questione
complessa di bisogni economici, di ambizione, d'invida
gelosia; una guerra di passioni infine, e delle più forti
e violente.
»• — Caitano, Guerra ^America,
IV
IL PER Ò
SOMMARIO
Prime origini delle discordie civili al Perù. - Il Perù ebbe una
civiltà prima della dominazione spagnuola. — Gli Inca, — Come
si formarono le tre razze, causa prima dei mali del Perù. —
Come si mescolarono le razze. — Varietà provenienti dagli
mcrociamenti delle diverse razze. — Popolazione del Perù
distinta per razze, nell' anno 1796. — Famiglie spagnuole sta-
bilite al Perù. — Civiltà e coltura che esse vi portarono. —
Dopo la guerra d' indipendenza si adotta la forma di governo
di repubblica democratica. - Disordini che ne nacquero.' —
Lima e sua popolazione eterogenea. — I pronunciamUntos. -
Il partito militare. - Come e perchè avvengono le rivoluzioni.
- I caidos. " La donna peruviana : sue qualità ed influenza.
~ La marina peruviana : perchè è superiore al soldato di
terra. - Gli affaristi e gì' intriganti. -• Danni derivati allo
Stato dai raggiri degli affaristi. - Il partito civilista, - Cause
che resero vani i tentativi del dvilismo, - Il Presidente Pardo
- L« Banche e la moneta cartacea. - Pieitito allo Stato, t
corso forzato. - Jos^ Simeon Tcjeda. - Il generale Fnda. -
AgitaiioDÌ di ordine sociale. - Assassinio di Manuel Pardo. -
Governo debole ed essatotalo.
KDOci di parlare dello stato econo-
I del Perù in una seconda parte
presente lavoro nella quale tratte-
I del suo avvenire, ci limiteremo
nomento a considerarlo unicamente
sotto i punti di vista sociale e |>olitico, onde cono-
scere le vere sue condizioni al cominciare della guem,
e poter quindi portare un esatto giudizio sull'azione
da esso spiegata in una lotta, nella quale erano ìm- .
pegnati i più vitali suoi interessi. '
Si è tanto parlato, in questi ultimi tempi massima-
mente, delle discordie e delle guerre intestine del Perù, ;
che forse assai difficilmente si troveti fra i nostri let-
tori qualcuno cui tal fotto riesca completamente nuovo.
Ma ciò che i più ignorano o sanno assai imperfetta-
mente, è l'origine e la natura speciale di siSiatta ano-
malìa.
La disunione, ossìa la causa principale e generatrice
di tutte le altre tante da cui ebbero ed hanno origine
il malessere e la debolezza sempre crescente del Perii,
in mezzo ai tanti suoi elementi di prosperità e di forza,
nasce anzitutto dalla mancanza di omogeneità della
sua popolazione; la quale è un aggregato di più razze
diverse che differiscono immensamente fra lorcs e per
carattere, e per aspirazioni.
IL PERÙ 187
Questa strana miscela di razze non è punto un fatto
di ieri. Essa viene da più secoli indietro: dai lontani
tempi cioè della conquista spagnuola, e della lunga
epoca coloniale, durante la quale crebbe e si formò.
Come tutti sanno, quando il famoso conquistatore
spagnuolo, Francisco Pizarro, pose per la prima volta
il piede sul suolo peruviano, non trovò certo una terra
incolta e disabitata, o semplicemente popolata da no-
madi tribù di selvaggi, come avvenne in altre contrade
del nuovo continente.
Il Perù era invece un vasto e popoloso impero, retto
dalla nobile ed antica dinastia degVIncas, che si dice-
vano discendenti del Sole, che avevano una sfarzosa
corte di numerosa e possente aristocrazia, e che ave-
vano elevata la grossa popolazione, che governavano
con un dispotismo benevolo e quasi patriarcale, ad un
grado di civiltà relativamente maraviglioso (i).
Dall'uno all'altro estremo dell'immenso impero de-
gl'Incas erano grandi e fiorenti città, con piazze, pa-
lagi e templi sontuosi e colossali di cui ancora veggonsi
i resti; eranvi scuole per i nobili, fortezze di diverso
genere, e strade militari di più centinaia di leghe, con
numerose case di fermata pei corrieri imperiali, che
mantenevano la Corte in continua relazione colla rete
di funzionarli superiori ed inferiori gerarchicamente
(i) « La stirpe degi'/ncas, che dominò il Perù durante quattro
secoli, fondu un impero vastissimo il cui stato di cultura e la
coi organizzazione sociale e politica hanno causato l' ammirazione
degli storici. •
Mesa y Lkoupart S/oria di America, v. i, pag. 289.
i88 IL PERC
costituiti. Eranvi estesi campi lavorati col sistema d'ir-
rigazione, giardini incantevoli per ricchezza di natura
e d'arte, miniere d'oro, d'argento e di pietre preziose
in continua lavorazione, fra le quali una ricchissima
di lapislazzuli, di cui si sono perdute le traccie, ma di
cui esistono ancora i ricordi. Eranvi fabbriche di sto-
viglie, huacoSy che tanto ricordano i nostri pregiati
avanzi etruschi; fabbriche di tele e di stoffe della finis-
sima lana di vicugna dai vivi e brillanti colorì, che
tanto si rassomigliano alle chinesi, e che oggi ancora
il viaggiatore curioso ed erudito può estrarre da sé
dai secolari cimiteri di quei tempi, oggi ancora popò-
lati di mummie forse meglio conservate delle egiziane,
e con processi certamente migliori e più semplici (i).
Un po' per forza, un po' per tradimento, come quello
a danno dell' ultimo Inca Atahualpa - tradimento che,
comunque benedetto dall'avida stola del frate dome-
nicano Valverde, rimarrà sempre nella memoria dei
popoli come una offesa all' umanità - il conquistatore
distrusse ogni cosa; ed il docile, laborioso e civile peru-
viano dell' impero Inca, divenne tosto l'Indio turbolento,
infingardo ed abbrutito della colonia spagnuola.
L'indigeno ridotto a servitù e lo spagnuolo conqui-
statore fattosi padrone, formarono le due prime razze
diverse: ed il male non sarebbe stato poi tanto, se le
cose fossero rimaste lì. Ma la feracità del suolo che
dava ad esuberanza quanto gli si domandava, fece
venir voglia di aumentare i prodotti coli' aumento delle
(i) Vedi l'appendice (*) in fondo al capitolo.
IL PERÙ 189
braccia che doveaD procacciarli, e non pago del servo
divenuto pigro, il conquistatore trasse al Però lo schiavo
negro dalle coste africane: quindi una terza razza;
e cominciò di qui il vero male.
Le due prime razze, la spagnuola e l' indigena, che
col tempo si sarebbero a poco a poco amalgamate in-
sieme e fuse runa neil' altra, si divisero ancor maggior-
mente runa dall'altra, allorché una terza razza d' assai
inferiore moralmente e troppo diversa nella esteriorità
fìsica, si pose in mezzo a loro. La differenza di razza,
che nel primo caso sarebbe rimasta inavvertita - nes-
suna delle due essendo inferiore all'altra nell'origine,
perchè entrambe libere, e non essendovi affatto fra
loro tale diversità nelle parvenze fìsiche da non dovere
sparire facilmente dopo i primi incrociamenti - si raf-
forzò sollecitamente allorquando, intromessasi fra loro
una terza razza colla quale ogni fusione era per sé stessa
degradante, e che lasciava lunghe traccie che non pote-
vano sparire se non a capo di molte generazioni, eb-
bero luogo i primi incrociamenti di questo genere.
I^ prima delle due razze principali che cominciò ad
incrociarsi colla razza schiava dei negri, fu ritenuta dal-
r altra come indegna della propria alleanza; e nacque
così l'idea delia diversità di razza come elemento di di-
visione, che prima non esisteva, fra la spagnuola e l'in-
digena ; fra queste due razze primitive, destinate a fon-
dersi intimamente P una nelF altra, e che già avevano
percorso un gran cammino su questa via, coi nume-
rosi matrimonii avvenuti fra spagnuoli ed indigeni ap-
partenenti alla nobile e lunga aristocrazia Inca.
I90 IL PERÙ
Compera ben naturale, i primi incrociamenti colla
razza nera si fecero dalla parte più rozza ed incivile
della razza indigena, la quale, compresa tutta intera
di fronte alla spagnuola nella riprovazione attiratasi
dalla più abbietta sua frazione, si separò sempre più
da quella, accrescendo e rafforzando così sempre più
l'odio che la conquista avea lasciato nel suo animo;
odio, che la lunga azione del tempo non ha potuto
distruggere interamente, e che solo è pervenuta a mi-
tigare, trasformandolo in una sorda rivalità, che i me-
statori politici hanno assai spesso ravvivata, massime
durante l'attuale epoca repubblicana, per servirsene
come arma e strumento della loro personale ambizione.
Né questo è tutto. Sebbene la razza negra, rimasta
nello stato di schiavitù fino al i854, non abbia potuto
giammai rilevarsi dalla propria degradazione per pre-
tendere di rivaleggiare colle altre due, fu però ancora
causa prima, sebbene indiretta, di un nuovo elemento
di discordia e di una nuova rivalità, per mezzo della
libera e numerosa razza che nacque dai suoi molte-
plici e successivi incrociamenti, ossia della così detta
raj^a mista, o dei meticcL
Classificare distintamente tutte le diverse tìnte o ra-
mificazioni di questa ra^a mista - confuso prodotto dì
tanti e così diversi in crociamenti - sarebbe opera tanto
difficile da divenire quasi impossibile. E qui è bene
avvertire anzitutto che lo spagnuolo istesso, vinta man
mano la sua prima ripugnanza, non rimase affatto estra-
neo col tempo a questi incrociamenti cdla razza nera:
se lo spagnuolo di sangue blu non discese se non ra-
IL PERÙ 191
raxnente fino ad essa, non avvenne affatto lo stesso a
quello delle ultime classi sociali ; ed occorse spesso a
lui medesimo, per dritto o per rovescio, di lasciarsi
sedurre dalle particolari attrattive di una discendenza
africana di seconda, terza o quarta edizione.
Tutti sanno che, dato un primo ed unico incrocia-
mento della razza bianca colla nera, i segni caratte-
ristici di quest'ultima non spariscono che lentamente
dalla prima fino alla quinta o sesta generazione; senza
parlare dell' atavismo, ossia del possibile ritorno di ve-
stigi africani, anche quando erano già spariti del tutto
precedentemente. Dicasi lo stesso di un primo ed unico
incrociamento con essa razza nera, fatto dalla razza
indigena; i cui prodotti portano con sé certe differenze
da quelli dell'incrociamento bianco-nero, che non isfug-
gono certo ad un occhio esercitato, sebbene passino
inavvertite innanzi agli altri. Ciò nasce dalle origina-
rie differenze delle razze europee da quella indigena
del Perù ; la quale si diversifica da quelle pel note-
vole abbronzamento del colorito, per la rozza ampiezza
del viso e della cintura, per l'eleganza e piccolezza
delle estremità, per la somma morbidezza e soavità
della cute indipendentemente da ogni influenza atmo-
sferica, e pei lunghi ed abbondanti capelli di un nero
'ebano deciso.
A queste differenze, estensibili in diverso grado a
più generazioni discendenti da un primo incrociamento
delle razze europee ed indigena colla negra, bisogna
ora aggiungere quelle proprie dei diversi e molteplici
incrociamenti fra loro di questi svariati frutti degl'in-
192 IL PERÙ
crociamenti primarii e secondarli, e solo cosi puossi
arrivare in certo qual modo a darsi ragione delle tante
diverse varietà che compongono la famiglia, o se vuoisi,
il genere delle raf^é miste, ZambOy sgambo prietOy
^ambo cloro, {ambo cholo, mulatto, quarterone, chino
(che qui non vuol dir punto chinese) chino cholo, chino
claro, e via via, sono tutti nomi in massima parte in*
traducibili, dei molteplici e confusi prodotti degl' incro-
ciamenti primarii e secondarli, che, come dicemmo in-
nanzi, formano altrettante varietà diverse e distinte fra
loro, le quali vanno poi tutte insieme comprese sotto
il nome generico di razze miste o meticci.
Or bene, questa eterogenea razza di meticci, che, in-
dipendentemente anche da altre cause di cui parleremo
or ora, cerca di nascondere la propria origine più o
meno africana col lustro di un'alta posizione sociale,
sovrapponendosi alle due razze primitive, alla spa-
gnuolO'Creola ed alla indigena, costituì una terza razza
rivale, quella appunto che essendo la più turbolenta
e la più pretendente di tutte, concorse maggiormente a
mantenere sempre acceso il fuoco della discordia e
della rivalità fra tutte e tre.
Dalla Memoria o relazione del Viceré di Spagna
Don Francisco Gii de Taboada y Lemos, appren-
diamo che, secondo il censo fatto da lui praticare
Tanno 1796, ultimo del suo governo, la popolazione del
Perù si componeva In quelF epoca di 1,076,122 abitanti,
classificati come appresso: 1 35,755 spagnuoli-creoli,
608,894 indigeni, 244,436 meticci, 4 1,2 5 6 negri liberi,
4o,336 negri schiavi, 2,217 religiosi e 1,261 religiose.
IL PERO 193
Le tre razze, spagnuolo-creola, indigena e meticcia,
erano adunque già formate nel 1796, ossia 25 anni
prima della proclamazione della Repubblica indipen-
dente del Perù; e fu appunto su quelle basi che essa
si organizzò. Un censo così esatto e particolareggiato
come quello del 1796 non si è mai più avuto in ap-
presso; nondimeno, stando a quello praticato nel 1876,
che dà una popolazione di 2,699,106 abitanti, pare che
dette razze serbino fra loro, approssimativamente al-
meno, la seguente proporzione : cinque decimi la razza
indigena, tre la razza mista o meticcia, e due la spa-
gnuolo-creola o bianca; ossia la medesima relazione,
con lieve differenza, nella quale si trovavano l'anno 1796.
Molti, se non i più degli spagnuoli che durante il re-
gime coloniale si stabilirono nel Perù, appartenevano
alle migliori classi sociali. Nobili ammiseriti e cadetti
poveri delle grandi famiglie di Spagna sollecitavano
con istanza dal Governo patrio le onorevoli e lucrose
cariche del Vicereame del Perù, onde dorare i loro
blasoni; e non pochi di essi, allorché venivano rimossi
dai loro uffici per cedere il posto ad altri che si tro-
vavano in eguali condizioni, dispiacenti di abbandonare
le delizie della vita peruviana, che offrivano larga-
mente la mitezza del clima e le ricchezze assai facili
ad acquistare, anziché ritornare in patria, vi si stabi-
livano definitivamente, dandosi alle ricche industrie del-
l' agricoltura e delle miniere, che a loro non costavano
altra fatica, fuor quella di comandare; poiché quelli che
lavoravano erano lo schiavo negro e V indigeno più o
meno servo. La prova di questo fatto si riscontra fa-
194 ìL perù
cilmente oggi ancora nelle più antiche famiglie peru-
viane, fra le quali si trovano i più grandi nomi dì
Spagna ; e non solo di rami collaterali, ma ben anche
di tronchi principali che sparirono dalla madre patria
iberica.
In un registro ufficiale degli ultimi anni del regime
coloniale, troviamo che, a cominciare dalP epoca della
conquista, eransi definitivamente stabiliti nel Vicereame
del Perù, creando famiglie che divennero e rimasero
peruviane, un Duca, 46 Marchesi e 35 G)nti dì Spa-
gna, oltre un estesissimo numero di cadetti senza tìtolo
delle più antiche case solarle gas, ossia nobili (i).
Questi magnati della immigrazione spagnuola sce-
glievano ordinariamente a loro residenza la Capitale
del vicereame, ossia Lima, come dice anche nella sua
(i) e Gli alberi generosi della nobiltà più chiara di Europa
hanno esteso i loro nobilissimi rami nel Perù, che avendo le ra-
dici in Castiglia danno fiori in Lima. >
D. FRANasco DE EcHAVB Y Assù, Caballero de la Orden de
Santiago, La Estnlla de Urna, stampato in Anversa, l'anno i6S&|
e La nobiltà della città di Lima ha nelle sue vene quanto san*
gue gloriosamente illustre conservarono le montagne di Castig
nella invasione africana, per rifare col suo valore ciò che ave
perduto per sua incuria, e ristabilire la monarchia spagnuola né
ingiurie del tempo e dell' invidia. Non vi ^ tronco di casa grai
o titolata di Spagna che non riconosca rami legittimi della s
radice nelle famiglie di quel nuovo regno, nel quale si arricc'
rono con gloriosi trofei e con grandissimi maiorascati e
dite. *
Don Antonio de Montalvo, naturai de SevìUa, Ei Sci
Ptrùy stampato in Roma 1' anno 1683.
i
IL PERÙ 195
citata Memoria il Viceré de Taboada y Lemos, colle
seguenti parole : e Siccome Lima fìi dalla sua fonda-
zione, verso l'anno i533, la capitale di questo esteso
impero e la sede dei suoi Viceré, si riunirono in essa
come nel suo centro, non solamente i primi conqui-
statori del Perù e loro discendenti, e quelli cbe ven-
nero d^ Europa colle onorifiche occupazioni di Magi-
strati e di Giudici per amministrar la giustizia, ma
quelli ancora che desiderosi di prender parte nelle im-
mense ricchezze di questo regno, solcano i mari ani-
mando V industria ed il commercio (cap. III). »
Educata alla migliore civiltà di Spagna, questa gente
non poteva affarsi a vivere fra le tenebre della barbane,
come quella che piò o meno assoluta regnava nelle
altre Coionie americane, e si occupò con tutta la sua
potenza, che non era poca, e nella Cone dei Re di
Spagna e presso il Governo locale, per la creazione
di numerosi istituti d* istruzione ; sicché Lima ebbe a
godere di buon'ora di questi ed altri molti elementi
di diffusione della civiltà. Ebbe prima due Collegi im-
piantati sul sistema dei migliori di Spagna, e poi
nel i53i una Università dal nome di S. Marco, con i5
cattedre, che divenne presto famosa, accorrendosi ad
essa da tutte le altre pani dell'America meridionale.
Nel lySSebbeunpiccolo anfiteatro anatomico, e nel 1796
un'Accademia nautica. Nel 1791 vide fondarsi da una
società di letterati peruviani il giornale intitolato El
Mercurio Peruano, che si occupava principalmente di
scienze e letteratura, e che trovò un'eco di simpatia
fino in Europa; e nel 1793 vide sorgere anche un se-
196 IL PERÙ
•
condo giornale, polìtico-notiziario, La Gajeia de Lima:
sicché la sua civiltà correva, con corta differenza, di
pari passo con quella d'Europa, alla cui luce s^in-
formava.
La popolazione del Perù, adunque, o meglio di Lima,
godeva già di una certa istruzione e civiltà fino dai
tempi delle colonie; e contava fìra i suoi figli non
pochi uomini veramente eminenti per sapere e dot-
trina, di cui rimane ancor vivo il ricordo, quando tutti
gli altri paesi d'America, eccetto il Messico, langui-
vano ancora nelle tenebre di una barbarie piò o meno
profonda.
Venute le guerre della indipendenza americana, e
proclamatasi questa, dove prima, dove dopo, in tutte
le antiche G>lonie del Continente, il Perù adottò come
legge fondamentale dello Stato la forma democratica
più assoluta, concedendo così in diritto come in fatto
a tutte le diverse razze e classi indistintamente, meno
la schiava, la stessa somma di diritti politici; ciò che
non stava affatto in relazione col diverso grado di ci-
viltà delle medesime, e che fu l'effetto di due dif-
ferenti cause : della mitezza di carattere della razza
bianca, o spagnuolo-creola snervata dalle mollezze del-
l'opulenza, come osservava il Viceré de Taboada y Le-
mos nel 1796, la quale non si affaticò punto a fer
valere sulle altre, come nel Chili, la preponderanza
che le davano le sue ricchezze e la sua maggiore ci-
viltà ; e della prevalente opinione dei non pochi lette-
rati dottrinari di Lima, i quali, guidati dalla semplice
illusione dei principii, com' é proprio dei dottrinari di
IL PERÙ r97
tutti i tempi e luoghi, senza punto tener calcolo della
loro maggiore o minore applicabilità secondo il grado
di civiltà dei popoli, credevano trovare nella somma
libertà ed uguaglianza di una Repubblica democratica
per eccellenza, la fonte più certa e sicura di prosperità
e progresso.
Le crociate, si nel Perù come in Bolivia, Venezuela
e Colombia, contro le tendenze più o meno monar-
chiche di Bolivar e di San Martin, che furono i prin-
cipali e veri fattori della indipendenza americana, mos-
sero e furono ardentemente alimentate sempre dai
dottrinari di Lima. Nondimeno è fuori di dubbio che
una saggia monarchia rappresentativa, come quella che
SI felicemente regge i destini della nostra Italia, sa-
rebbe stata P àncora di salute di tutti questi paesi, li-
berandoli dalla quasi continua anarchia e sgoverno,
che furono le sole conseguenze del loro esagerato e
male inteso liberalismo.
I dottrinari di Lima però tardarono assai poco a
raccogliere il frutto delle loro illusioni. Seminate in
terreno non ancor preparato a riceverle, fra uomini e
razze per civiltà disuguali, la somma libertà e la somma
uguaglianza si convertirono presto in somma licenza
ed in sommo disordine. Sorsero immantinenti le am-
bizioni smodate della feccia, cui tennero dietro le ri-
voluzioni sempre più incalzanti ; ed essi, i dottrinari,
furono i primi a percorrere più volte il triste cammino
deir esilio.
La po^lazione di Lima nel 1796, come si rileva dal
censo praticato in quell' anno, ascendeva a 62,627 abi-
198 IL PERÙ
tanti, non compresi ì sobborghi, ed era così divisa:
spagnuoli-creoU 17,21 5; indigeni 3i 19; negri 89601 razza
mista o meticci 23,333. La razza mista era quindi la
preponderante per numero: e poiché tutto fa supporre,
argomentando anche da quello che succede oggigiorno,
che la stessa proporzione esistesse pure ai tempi della
proclamazione della Repubblica^ risulta che la citata
ra^!(a mista era allora, come prima e dopo, la più
numerosa nella capitale.
Quali poi fossero le tendenze e le aspirazioni di que-
sta razza mbta e di tutte le altre, ce lo dice la dianzi
citata Memoria del Viceré de Taboada y Lemos, colle
seguenti parole: « Gli spagnuoli originarli del Perù sono
amanti del fasto e dell' opulenza ; T indio o indigeno è
frugale, più per la sua rozzezza e mancanza di civiltà
che per carattere; il negro e le razze miste sembrano
animati dai medesimi sentimenti della prima classe, alla
quale procurano aggradare colla loro servitù ed uti-
lità (cap. I). » Giudicando da quanto oggi stesso avviene,
il Viceré di cui abbiamo riferito le parole, non poteva
lasciarci un ritratto morale più fedele, nella sua elo-
quente brevità, della tanto eterogenea popolazione di
Lima.
La razza mista o dei meticci, mentre aveva la stessa
tendenza al fasto ed all' opulenza della spagnuolo-creola,
era però obbligata a soffocarla dentro di sé, per la dop-
pia ragione della sua povertà e della soggezione neUa
quale era tenuta dal regime coloniale; e si acconten-
tava, per sodisfarla in parte almeno, di quel poco lusso
riflesso che poteva godere all'ombra delle grandi fa-
IL PERÙ 199
miglie spagnuolo-creole, in cambio della sua obbedienza
ed attaccamento. Per avere un' idea, se non altro, ap-
prossimativa, della vita fastosa che si faceva allora in
Lima, basti sapere, come apprendiamo dalla citata
Memoria vicereale, che vi erano ben i4oo vetture par-
ticolari, tra carrozze e calessi, che affollavano giornal-
mente i pubblici passeggi.
Venuta la Repubblica, e divenuta la razza dei me-
ticci civilmente e politicamente uguale alla bianca o
creola, più non si accontentò del poco fasto riflesso che
poteva venirle da questa a forza di strisciare ai suoi
piedi. Volle invece affrancarsi completamente da essa
e sovrapporsele, tanto per rifarsi della sua passata umi-
liazione e disperderne le traccie, quanto per godere di
un fasto proprio e di una propria opulenza. E poiché
trovava a ciò un invincibile impedimento nella propria
povertà, non vide per arrivarvi sollecitamente che un
solo mezzo: quello di impossessarsi della direzione della
nascente Repubblica, scalando, or coU'astuzia ed or colla
forza, i primi posti dello Stato. Di astuzia non era punto
sfornita^ grazie alla naturale sveltezza di spirito di cui
è generalmente dotata, ed alla semi-civiltà cui era ar-
rivata e per la sua servile familiarità colla razza prin-
cipale, e per le tante vie d' incivilimento e d'istruzione
che offriva la capitale del Vicereame, come s' è visto.
Di forza non mancava neanche, e assolutamente per
esser la razza preponderante di numero in Lima, e re-
lativamente per la mitezza di carattere e quasi abban-
dono della propria supremazia fatto dalla razza bianca
o creola.
fj. — Cai VANO, Guerra «t America.
200 IL PERÙ
Lima che^qual capitale del vicereame, esercitava una
grande influenza su tutto il Perù durante il regime co-
loniale, continuò ad esercitarla egualmente quando da
capitale del vicereame passò ad essere la capitale della
Repubblica: e certo non senza ragione, perchè era là
dove, oltre i grandi dignitari e le prime amministra-
zioni dello Stato, si trovava concentrato tutto quanto
vantava di meglio il paese. Conseguentemente non fu
difficile agli ambiziosi meticci di Lima l'acquistare una
certa influenza sui loro congeneri sparsi per tutta la
Repubblica, nonché sulla numerosa razza indigena che
durante il regime coloniale era stata la più maltrattata,
e colla quale la propria razza aveva maggiore dime-
stichezza ed affinità della creola, a causa di trovarlesi
assai più vicina per la parità di condizione che cor-
reva fra loro. Ed uscendo il grosso delle milizie della
Repubblica, com'era naturale, dalle ultime razzò e classi
sociali, fu ai meticci di Lima assai facile iniziare il
tristo sistema delle rivoluzioni di quartiere, dei pronun-
ciamiéntos di battaglioni, da cui cominciarono quasi
sempre le innumerevoli rivoluzioni del Perù.
Dopo il primo esempio dato dai meticci, venne la
volta della razza indigena; ed or Tuna or l'altra di
queste due razze, or tutte e due più o meno fuse in-
sieme, non lasciarono mai più l'intrapreso cammino
delle rivoluzioni, sia per servire ad aspirazioni di razze,
sia, sotto il pretesto o no di quelle, per servire a interessi
ed ambizioni personali, ciò che avvenne il più sovente.
Sia adunque come strumento di rivoluzione, sia come
elemento di ordine per soffocarla o vincerla, il soldato
IL PERO 20 1
divenne l'arbitro del potere pubblico; e nacque cosi
fino dall' instaurarsi della Repubblica il così detto par-
tito militare: partito sui-generis, che meglio conver-
rebbe chiamare partito di potere e di rivoluzione, es-
sendo stato mai sempre diviso in due grandi frazioni,
una delle quali era al potere (i), mentre P altra lavo-
rava a scalzarla e faceva la rivoluzione.
Questo fatto che un medesimo partito si occupi co-
stantemente a far la guerra a sé stesso - ciò che di-
sgraziatamente non è senza esempio in altri paesi più
antichi in civiltà, e che il lettore italiano, sia esso de-
stro 0 sinistro^ può facilmente indovinare - nasce dal
carattere tutto personale di esso partito; ossia dal vizio
fondamentale di ubbidire non alla forza di una idea o
principio, come il nome di partito vorrebbe dire, ma a
quella invece di semplici interessi individuali, i quali
furono sempre i soli suoi fattori, come brevemente spie-
gheremo.
Scoppiata una rivoluzione col pronunciamiento o sol-
levazione di uno o più battaglioni, il capo di essa si
dedica immediatamente alla organizzazione di un eser-
cito più o meno numeroso, capace di combattere quello
rimasto fedele al Governo; ed avendo 0 no dei mili-
tari alla mano, crea nel circolo de'suoi amici e di
tutti gli sfaccendati che immediatamente gli corrono
i' intomo colla speranza di farsi uno stato, un quadro
(i) Solamente bisogna fare una eccezione riguardo al qua-
rìennio corso dall'agosto 1872 all'agosto 1876, nel quale la
'residenxa della Repubblica fu tenuta da nn non militare.
202 IL PERC
sempre abbondante di ufficiali d'occasione; i quali,
onde assicurarsi le spalline a si buon prezzo ricevute,
si danno con sollecito ardore a reclutare nelle cam-
pagne fra le più basse classi sociali, sia colle buone
sia colla forza, i battaglioni ed i reggimenti che deb-
bono comandare. Formato così l'esercito della rivolu-
zione, se questa trionfa, rimane esso l'esercito dello
Stato; e gli ufficiali improvvisati fra gli amici vecchi
o del momento del rivoluzionario vincitore, sono in-
corporati definitivamente ne' quadri della ufficialità
dello Stato.
In cambio di ciò, gli ufficiali che erano prima in
servizio, e che appartenevano all'esercito del Governo
rimasto vinto, sono mandati alle loro rispettive case
nella qualità di indefinidoSy comunemente detti caidos,
caduti, con una parte di soldo. Questi però non aspi-
rano che a ritornare in attività di servizio, per godere
un'altra volta di tutto il soldo del loro grado; ed alla
prima occasione favorevole che si presenta, corrono
sotto le armi, e formano prestamente un esercito nel
quale prendono anzitutto posto gli amici del preten-
dente che batte a raccolta, non altrimenti che si formò
l'esercito una volta della rivoluzione e poi del Governo
che debbono combattere; i cui ufficiali, se perdenti,
passano a lor volta allo stato di caidos^ per quindi
rimettersi a lor volta in una nuova rivoluzione.
Queste ripetute rivoluzioni che si succedono con
poca distanza l'una dall'altra, ognuna delle quali
crea un gran numero di nuovi ufficiali presi dalle
classi agricole ed operaie, e dei nulla facteuti o dì-
IL PERÙ 203
soccupati, che gli uni dopo gli altri vanno tutti man
mano ad ingrossare la lunga fila degV indefinidos^ o
caidoSj per poi in parte risorgere e cadere a vicenda
nelle successive rivoluzioni, tanno si che oltre gli
ufficiali in servizio, vi sia sempre in tutta la Repub-
blica, e massimamente in Lima, un numero dieci
e dodici volte maggiore di caidos; i quali, vivendo
completamente oziosi col piccolo soldo di indefinidos
che lor paga lo Stato, mentre da una parte gravano
enormemente i bilanci del pubblico erario, sono dal-
Taltra sempre disposti ad entrare in rivoluzione, a
solo scopo di guadagnare l'attività di servizio e far
carriera. Si trovano perciò sempre pronti al primo grido
di rivolta lanciato da un Generale o Colonnello caido
com'essi, che ha dei mezzi proprii o d'altrui per or-
ganizzare una rivoluzione, ed abbracciano la sua causa
che non è d'ordinario se non puramente personale,
per motivi anch'essi del tutto proprii ed individuali.
E sono questi appunto, tutti questi ufficiali, che stanno
continuamente a giuocar l'altalena fra loro, e le cui
file s'ingrossano tutti i giorni, quelli che formano il
così detto partito militare; partito dissolvente e disor-
ganizzatore, composto in massima parte di gente senza
mestiere, abituata a vivere a spese dello Stato, senza
fede politica, fannuUona e pretendente, cui ogni pretesto
è buono per sollevare la bandiera della rivoluzione, e
che mantiene sempre accesa la rivalità delle razze, onde
servirsene come strumento di sua ambizione.
Senza la sinistra influenza di questo strano e guasto
militarismo, è fuor di dubbio che a poco a poco sa-
204 IL PERD
rebbe avvenuta col tempo, se non una piena e com-
pleta fusione fra le diverse razze, almeno un'armonia
sempre crescente e apportatrice di una non lontana
fusione; poiché eccetto la smodata ambizione di pochi,
militari ed altri di cui parleremo or ora, col conse-
guente seguito di vizi che porta seco, il carattere del
peruviano, a qualunque razza e classe esso appar-
tenga, è generalmente buono e generoso: qualità che
esso deve principalmente alla benefica influenza che
esercita su di lui la madre, la sposa, la figlia, la donna
peruviana infine, che insieme alle doti fisiche, raccoglie
in sé qualità morali di prim' ordine, tanto per intelli-
genza e coltura di mente, quanto per nobiltà di animo
e delicata squisitezza di sentimenti.
Sia essa creola, indigena o meticcia, e quale che
sia la classe sociale nella quale si trovi, la donna peru-
viana è quasi sempre superiore all'uomo peruviano
che le sta a fianco: capace di ogni virtù, che sovente
spinge fino all'abnegazione, essa è continuamente in-
tenta a migliorare ed ingentilire il morale deir elemento
maschile. A corroborare siffatto principio, oltre la gior-
naliera osservazione diretta, sorge anche quella indi-
retta; la quale mostra che tutti coloro i quali si so-
vrapposero alle influenze di famiglia, o per eccezione
ebbero cattiva madre o cattiva moglie, sono senza
contrasto poco di buono.
I cattivi abiti ed i deplorevoli effetti del militarismo
non sono punto sconosciuti nel Perù; ne si lasciò mai
di declamare contro di essi. Ciò è tanto vero, che co-
munque la carriera militare fosse stata considerala
IL PERÙ 205
sempre, per ragioni di &tto, come la sola che poteva
portare alla suprema magistratura dello Stato, da essa
sola, fuorché pochi casi, essendo usciti sempre i Pre-
sidenti della Repubblica ; pure è stata ed è sempre la
carriera meno stimata nel Perù, da cui rifuggivano con
orrore, salvo rare eccezioni, tutti i figli di famiglie rag-
guardevoli, e tuni coloro in generale che facevano una
certa stima di sé.
Succede per la carriera militare nel Perù, qualche
cosa di peggio che per quella ecclesiastica in molte
Provincie d'Italia, massime nelle meridionali, ove caduta
qual essa trovasi in completo dispregio, solo é abbrac-
ciata dalle più umili classi sociali, come scalino di
relativo miglioramento di condizione.
Ciò però non é riferibile che alla sola ufficialità del-
l'esercito propriamente detto; poiché riguardo a quella
della marina é tutf altra cosa. Gli ufficiali di marina
dovendo avere una speciale istruzione acquistata da
giovani nei collegi ed in apposite scuole, e non poten-
dosi così facilmente improvvisare come quelli di terra
col semplice porsi alla cintura una spada che non si
sa maneggiare, non potevano uscire e non uscirono
mai se non dal seno della miglior razza e classe
sociale; sicché non sono punto da confondere cogli
altri da cui li divide tutto un abisso, come se ne
ebbero le prove nella presente guerra. Negli ufficiali
di marina si trovò invece istruzione, coraggio e pa-
triottismo vero, non di parole; e certo assai diverso
sarebbe stato l'esito della guerra, se avessero avuto
una buona o almeno discreta Sotta da comandare.
2o6 IL PERÙ
Per quella legge naturale di concatenazione di av-
venimenti, per cui succede che uno ne tragga altri
dietro di sé, che senza di quello forse non avrebbero
avuto ragione di essere, a fianco al militarismo sorse
man mano un circolo di affaristi politici, che con esso
faceva causa comune e ne divideva le sorti, con esso
cadendo e risorgendo per frazioni, secondo il vario al-
ternare delle campagne elettorali o rivoluzionarie.
Divenuto il supremo potere dello Stato quasi patri-
monio di militari più o meno fortunati nei campi rivo-
luzionarii, gli ambiziosi non militari ricorsero alla par-
tigianeria politica per avvicinarsi al soglio presidenziale
o dittatoriale, e goderne i favori. Dopo aver concorso a
preparare il terreno alla rivoluzione, sia colla opposi-
zione al Governo nelle Camere legislative, sia sommi-
nistrando fondi per le armi, sia colla stampa, colUiti-
trigo o colla cospirazione, questi affaristi politici si
slanciavano poi come sciacalli affamati addosso al trion-
fatore arrivato al potere, sia per dividerlo con lui in
qualità di ministri od altro, sia per sollecitar grossi
favori; ed al passeggiero capo dello Stato che aveva
trionfato col loro aiuto più o meno efficace, un po'per
gratitudine e principalmente per timore di vederli en-
trare in nuovi piani rivoluzionarii contro di lui, era
giuocoforza subire la loro legge. Di qui le grandi mal-
versazioni dei fondi pubblici e le tante operazioni finan-
ziarie a danno dello Stato, fatte sempre, a loro dire,
ad esclusivo benefìzio dell' azienda pubblica ; poiché, a
sentirli parlare, sono sempre là a sacrificarsi per la
giustizia, pel bene pubblico e per quanto v'ha di più
IL PERÙ 207
sacro al mondo. Del resto, questo predicar sempre
a squarciagola giustizia, lealtà, abnegazione e via via,
al tempo stesso che sono più che mai occupati a fare
orrendo scempio di tutto ciò, è proprio di tutti gl'in-
triganti di tutti i tempi e luoghi ; sicché non può arre-
car meraviglia ad alcuno.
Timorosi di veder abbattuto da un momento alPal-
tro il Governo amico da cui potevano tutto ottenere,
questi mestatori politici del circolo della partigianeria
avevano sempre gran fretta di porre a profìtto la loro
influenza, onde sfruttarla in tutti i sensi e modi prima
che il buon momento scappasse. Patrocinavano quindi,
senza neppur guardarlo, il primo grande affare che uno
speculatore qualunque poneva loro fra mani: e non
mirando che al proprio interesse ed alla necessità di
far presto, spesso, per guadagnare essi una miserabile
frazione di dieci o venti, facevano perdere allo Stato
cento e mille in una rovinosa operazione finanziaria,
che altri dopo di loro, e per le medesime cagioni, peg-
gioravano ancora di più.
Questa, in poche parole, è la storia di tutto il gran
movimento economico del Governo peruviano, salvo
poche eccezioni, per tutto ciò che riguarda prestiti,
opere pubbliche e alienazioni di beni nazionali. E que-
sta in succinto la storia del guano; di questo enorme
tesoro che il Perù ha visto gradatamente sparire con
poco o nessun profìtto suo, per andare ad arricchire
i grandi speculatori stranieri ; i quali altro non dove-
ron fare per impossessarsene, che lasciarne cadere delle
meschine particelle nelle mani di qualche mestatore
2o8 IL PERO
politico del circolo della partigianeria : e questa è pure
la storia della febbre ferroviaria che divorò tanti e
tanti milioni, nonché quella del salnitro di Tarapacà,
da cui il Perù non ha ritratto che debiti.
Il danno arrecato al paese da questo circolo di affa-
risti politici portato su dal militarismo, è indubitata-
mente assai maggiore di quello operato direttamente
dal militarismo stesso; il quale, venuto dai più mo-
desti strati dell'organismo sociale, e sfornito di ogni
autorità morale, non si sarebbe fatto sentire che pei
soli danni materiali delle rivoluzioni, relativamente in-
significanti, se arrivato alla testa del Governo avesse
trovato sempre nella classe civile ed istruita, di cui
non poteva dispensarsi, come non se ne dispensò quasi
mai per le faccende della pubblica amministrazione,
ministri e consiglieri integerrimi unicamente obbedienti
ai veri interessi del paese ed alla voce del proprio do-
vere. Tenendo detta classe civile, come in realtà tenne
quasi sempre, la direzione dei pubblici affari, sotto la
supremazia più o meno nominale del generale o co-
lonnello postosi a capo della Repubblica, avrebbe po-
tuto assai facilmente imprimere una buona direzione
alla barca dello Stato e mantenerla coi suoi sforzi sem-
pre a galla in mezzo alle ripetute e momentanee oscil-
lazioni delle rivoluzioni ; i cui effetti diretti ed imme-
diati non ad altro sarebbonsi ridotti, oltre il sacrificio
delle poche somme spese dalla rivoluzione, che a mu-
tare la persona rivestita apparentemente dell'autorità
suprema^ insieme al cambio della ufficialità preposta
al comando dell'esercito.
IL PERO 209
Disgraziatamente, questo posto che doveva essere
Decapato dalla parte più sana della miglior classe so-
ciale, fa preso d'assalto, salvo rare e lodevoli ecce-
zioni (i), negli ultimi venti anni massimamente, da
quella sua frazione appunto che non ne era affatto de^
gna; ossia dal succitato circolo della partigianeria po-
litica, composto d' insaziabili affaristi reclutati in tutte
le razze e classi sociali, ed il cui nucleo principale
usciva appunto da essa classe migliore, artificialmente
ingrossata negli ultimi tempi da non pochi figli di for-
tunati commerciantucci stranieri, che a solo scopo di ar-
ruolarsi in detto circolo di alti affaristi, rinunziarono
alla nazionalità patema, ottando quella peruviana, cui
dava loro diritto il fatto della nascita sul suolo della
Repubblica.
Il partito militare ed il circolo affine della partigia-
neria politica sono adunque, indipendentemente dalla
differenza delle razze che ne fu la prima causa, le due
piaghe sociali del Perù. Vere piaghe cancerose, il mi-
litarismo e r affarismo lo hanno roso e lo roderanno
sempre fino a lasciarlo cadavere, se un Governo forte
e intransigente non perviene a infrenarli ed a mora-
lizzarli, tenendoli lontani dal potere e da ogni inter-
vento, «ia diretto sia indiretto, nel maneggio delle pub-
bliche faccende.
(i) Lcdevolissime eccezioni furono, per esempio, i dotti e in-
tegerrimi magistrati D. Juan Antonio Ribeyro, D. Eusebio Sanchez,
D. Teodoro Larosa ed altri che in diverse epoche furono chiamati
a reggere i più importanti ministeri del Perù. Ma l'atmosfera gover-
nativa era tanto viziata, che nessuno di essi potè resistervi a lungo.
2IO IL PERÙ
Una volta distrutti o condannati all'impotenza questi
due elementi di disorganamento sociale - il militari-
smo e V affarismo - non sarebbe punto difficile alia
parte sana ed eminentemente ris]3ettabile della società
peruviana, che esiste numerosa, e che le succitate cause
tennero quasi sempre lontano dalla direzione dello Stato,
di far disparire a poco a poco ogni rivalità di razza,
e di portare il Perù a quel grado di prosperità e di
grandezza, cui per tanti versi è chiamato.
Un tentativo di riforma in questo senso fu già por-
tato ad atto una volta nel 1872, dal così detto j^jrtì/o
civilista^ per contrapposizione al militarismo. La lotta
fu lunga ed aspra ; e terminò colla vittoria del civi-
lismo^ dalle cui file usci il Presidente della Repubblica
nella persona del distinto cittadino Don Manuel Pardo,
uomo pieno d' ingegno e di buon volere (che cono-
scemmo personalmente) e soprattutto di una specchiata
integrità.
Disgraziatamente, tre cause diverse concorsero non
solo a frustrare i buoni effetti che siffatto tentativo
doveva produrre, ma a renderlo forse più dannoso
che utile:
i^ Nel momento in cui il Presidente Pardo assunse
nelle sue mani le redini dello Stato, le pubbliche finanze
si trovavano già in una piena bancarotta, solo masche-
rata fin allora dai mille rovinosi sotterfugi cui si era
ricorso dalla precedente amministrazione: sicché non
appena mise egli mano a fare una situazione netta, ed
a porre un limite ai tanti disastrosi ripieghi che au-
mentavano ogni giorno le deplorevoli sue condizioni,
IL PERÙ 211
apparvero queste in un subito come la più tremenda
realtà agli occhi della Nazione che si credeva nuotare
neir oro, e che rimase perplessa tra l' incredulità e lo
sbalordimento, prendendo da ciò occasione i perpetui
rivoltosi, per far credere al pubblico ignorante che tutto
il male veniva da lui. Durante i cinquant' anni di pre-
sidenza militare, dicevano essi, sapevamo di esser ricchi
e lo eravamo difatto, poiché tutti o quasi vivevamo
dello Stato: oggi che è venuto il civilismo al potere,
invece delle passate ricchezze non abbiamo che debiti
e povertà; dunque il civilismo è la nostra rovina, e
bisogna rovesciarlo. Ciò cagionò a Pardo una forte
impopolarità nelle classi inferiori, e le tante rivoluzioni
da cui fu tormentato.
Né ciò deve far meraviglia ad alcuno ; poiché sono
queste ordinariamente le conseguenze di tutte le cat-
tive eredità. L' antecessore che tutto dilapidò, nascon-
dendo la rovina cui si andava incontro, era pel volgo
una cima d^ uomo ; mentre V erede che soffre e lavora,
mettendo una sosta alle dilapidazioni per arrestare la
corrente rovinosa prima che si faccia irrimediabile, è
un perverso.
2* La tentata riforma fii in sé stessa incompleta ;
perchè diretta a combattere il nemico più manifesto, il
militarismo, non si guardò abbastanza dall' altro molto
più pericoloso, comunque meno visibile, delP affarismo,
il quale ne fu quasi la forza principale, e per così
dire r anima e la vita. La frazione del circolo della
partigianeria politica che, durante la precedente ammi-
nistrazione del colonnello Balta, la più ricca in favori,
212 IL PERÙ
era rimasta non solo lontana dalla mensa della dissi-
pazione dei pubblici tesori, quanto danneggiata dalla
influenza esercitata dalla fazione allora dominante, in-
tromessasi onde prender la rivincita in mezzo al par-
tito civilista di buona fede, composto dalla miglior
gente del paese, fu quella che, nascondendo le sue
vere mire, più ardentemente e più attivamente lavorò
per la sua buona riuscita. Perciò, quando dopo il trionfo
della causa civilista la parte sana del partito, che non
aveva nessun fine personale, ritornò al suo normale
stato di quiete, essa si strinse invece, secondo la pro-
pria abitudine, assai più d' appresso al capo dello Stato;
il quale, fidente di non avere intorno a sé che amici
leali animati dagli stessi suoi disinteressati ed onesti
sentimenti, ne subì lentamente ed inconsciamente la
trista influenza.
I due grandi errori commessi da Pardo - la pub-
blica manifestazione fatta nel Congresso delle cattive
condizioni nelle quali aveva trovato le finanze dello
Stato, e la quasi istituzione della moneta cartacea -
non furono dovuti appunto che alle ispirazioni di questi
segreti affiliati del circolo affarista.
Mentre all' esporre francamente la deplorevole con-
dizione economica dello Stato, la grande anima di Pardo
divisava unicamente fare un appello al paese, onde
uscendo dal vecchio cammino della cieca dissipazione
comprendessero tutti, dall' un canto all'altro della Re-
pubblica, la necessità di entrare sulla buona via del-
r onestà, del lavoro e della economia - essi, gli affa-
risti che lo spinsero a tale atto, non miravano invece
IL PERÙ 213
cbe a due scopi assai più concreti: a iniziare la guerra
di rappresaglia contro il fortunato contrattista del guano
che ai tempi del Governo Balta lo strappò di mano
ai loro amici e cointeressati ; ed ai grossi guadagni
che dovevano lor fruttare le operazioni di borsa in
Europa, al sapersi la quasi bancarotta del Perù, che
essi facevano ventilare senza punto credervi.
Queste operazioni di borsa dovevano consistere nel-
Facquisto delle azioni del debito peruviano col gran
ribasso cbe avrebbero avuto a soffrire all'arrivo di tale
notizia, per poi rivenderle a miglior prezzo quando, sa-
putosi che detta notizia era un semplice spauracchio,
sarebbero ritornate al primo loro corso. Sventurata-
mente pel Perù, il suo cattivo stato economico essendo
una realtà, le dette azioni scesero allora e sempre senza
mai più risalire; sicché colF enorme danno pubblico
ne venne uno a quei medesimi che lo avevano pro-
vocato, e che rimasero tutti più o meno rovinati finan-
ziariamente. E poiché é ben raro che qualunque avve-
nimento di una certa importanza rimanga isolato, la
rovina di questi tali fu la prima origine della crisi mo-
netaria che assalì il paese dal 1873 in poi, e della sus-
seguente circolazione forzosa della moneta cartacea.
Onde far fronte alle vistose perdite sofferte in Eu-
ropa, i sum mentovati affaristi che di proprio non
avevano se non il semplice falso lustro di una ingan-
nevole apparenza, ricorsero ai capitali di certa Banca
di emissione del Perù che era il centro ed il covo prin-
cipale di tutti essi, nonché a quelli ancora di alcun'altra
Banca, della cui direzione erano pure pervenuti ad
214 IL PERÙ
impossessarsi, sicché nel corso di appena pochi mesi
sparì quasi tutto il metallico dianzi circolante in Lima,
il quale, tostochè arrivava nelle casse delle succitate
banche, veniva da esse spedito in Europa, e quindi
sostituito in piazza dai loro biglietti di circolazione
fiduciaria, la cui emissione aumentava sempre di giorno
in giorno.
Nondimeno, dopo aver camminato per benino du-
rante circa due anni, questo cattivo giuoco delle Banche
era lì per arrivare alla meritata catastrofe di un fal-
limento vergognoso, che ne avrebbe necessariamente
svelate tutte le magagne. 11 pubblico cominciò un bel
giorno a rifiutare i loro biglietti; e gF interessati affa-
risti non videro che un solo rimedio per evitare la
rovina delle Banche, che in realtà non serebbe stata
se non la completa rovina di essi pochi, colla salva-
zione del pubblico: quello cioè di ricorrere al Go-
verno per far dichiarare di circolazione forzosa quei
medesimi biglietti al portatore, che il pubblico più non
voleva ricevere. Ciò non era molto facile, e sarebbe
staio forse del tutto impossibile se tante diverse cir-
costanze non fossero venute in loro aiuto.
Quasi tutti i piccoli prestiti interni del Perù erano
stati fin allora contratti nella più rovinosa maniera
che si potesse immaginare; ossia pagando il più so-
vente l'interesse dell'uno o due per cento al mese,
con di più una commissione o diritto di mediazione,
che a volte arrivò fino al tre per cento: e ciò senza
tener conto che coloro, che ordinariamente facevano
tali prestiti - alcuni consegnatarii del guano -- non
IL PERC 21 S
prestavano al Perù che i suoi danari medesimi; ossia
il prodotto del suo guano già venduto e non ancora
passatogli in conto. In quel frattempo appunto, ossia
nel 1875, il Governo sì trovava nella più imperiosa
necessità di contrarre un prestito a qualunque costo;
e mal soffrendo il Presidente Pardo di ricorrere al-
l'antico sistema, escogitava una via migliore che non-
dimeno non gli si presentava, quando gli si offrì un
prestito relativamente vantaggioso, a nome e per parte
delle succitate Banche, cui già lo Stato era debitore
di qualche somma, purché venissero esse esonerate
per un determinato tempo (che posteriormente fu reso
illimitato) dall' obbligo di pagare in metallico i loro
biglietti al portatore: ciò che significava e significò di
latto la circolazione forzosa dei medesimi.
Stretto dall'urgenza, oppresso dai moti rivoluzionarìi,
fidente ne' suoi elevati piani finanziarli da cui sperava
dover ritrarre lo Stato tali vantaggi Che potessero facil-
mente risanare tutte le ferite del momento, persuaso che,
come gli si faceva credere, il deplorevole stato delle
Banche venisse appunto dai prestiti fatti al Governo^
il Presidente accettò l'offerta; ed i mascherati affaristi
poterono cosi riparare i propri! malanni a spese degli
abitanti tutti del Perù, e nazionali e stranieri, che colla
crescente deprezzazione della carta-moneta, oggi ridotta
quasi a nulla, han visto man mano scemata e quasi
distrutta ogni loro fortuna (i).
(i) Dopo qualche tempo, il Governo susseguente di Prado
fece propria dello Stato tutta l'emissione cartacea delle Banche,
pagando in questo modo il debito che aveva verso di loro. Au-
M* — Caitano, Gìurra fTAmtrica,
21 6 IL PERÙ
>r<
3® Mancò a Pardo e il tempo di svolgere j>ersonal-
mente i suoi vasti disegni economici, e un successore
degno di lui che ne continuasse l'opera. Al terminare
il quatriennio della sua Presidenza, il suo più gran-
dioso piano finanziario riguardante il salnitro di Ta-
rapacà, aveva cominciato appena a ricevere esecuzione;
ed il suo successore, General Prado, uomo di viste
assai corte, per quanto dabbene, lasciatosi abbindo-
lare dal solito circolo degli affaristi politici, permise
che questi ultimi, facendo del salnitro di Tarapacà un
vergognoso albero di cuccagna per tutti loro, conver-
tissero l'appena iniziato progetto di Pardo, che indubita-
tamente era destinato a ristorare le pubbliche finanze,
in una nuova fonte di dissesti per P erario.
Gii avvenimenti s' intralciano talora sifiattamente
fra loro, anche quelli per nulla soggetti all'umano
volere, quasi avessero mente e vita propria, per
disporsi in modo da produrre un determinato risul-
tato: e fu ciò appunto che fece sorgere nei nostri lon-
tani progenitori delle prime epoche dell'umanità, l'er-
ronea fede nella esistenza di un fato che presiedesse
a siffatto concatenamento. Tutto par che congiurasse,
neppur la cieca legge delia morte eccettuata, contro
mentata enormemente dallo Stato negli ultimi tempi, j>er sc<p<
perire alle spese della guerra, l'emissione della carta-moneta
sorpassa attualmente i cento milioni di soUs; e la sua deprcii
zazione è tale che il sol di carta, il cui valore nominale è d|
cinque lire italiane, oggi 25 luglio 18S1 che in Lima scriviam<i
queste linee, non vale che appena 32 centesimi di lira in me
tallic \
IL PERÙ 217
quel cmlismo che solo poteva e potrà un giorno strap-
pare il Perù dal profondo abisso della sua rovina.
L' uomo chiamato a succedere a Pardo nella Presi-
denza della Repubblica era l'esimio giureconsulto José
Simeon Tejeda; e già tutto il paese, meno gli affiliati
del militarismo e delP affarismo, teneva gli occhi fissi
in luì, quando la morte lo trasse .giovane ancora alla
tomba sul finire del 1874. Robusto di mente, fermo
nei propositi, integerrimo fino ad escludere il sospetto
nell'animo medesimo dei perversi, tanto facili sempre
a malignar di tutto, José Simeon Tejeda avrebbe non
solo continuato, ma perfezionato e completato in tutte
le sue parti il sistema iniziato da Pardo, di rigenera-
zione politica, sociale ed economica del Perù. Morto
lui, il partito civilista rimase un po' sconcertato; e
prima ancora che esso designasse colui che doveva
raccogliere una tanta eredità, affaristi e militari si
affirettarono a hte innanzi il nome del General Prado;
nome che dovea costare tanta vergogna e tante lacrime
al disgraziato Perù!
Prado aveva due circostanze a suo favore : i pro-
speri avvenimenti del 1866 contro la Spagna, e l'es-
ser rimasto fin dal 1867 lontano dal Perù, da cui fu
cacciato con una rivoluzione di /ischi, I fischi furono
presto dimenticati; e la lunga esulanza gli diede presso
il volgo un carattere di vittima, che era rialzato dal
merito dei fatti del 1866; merito dei suoi consiglieri
e dei marini del Perù, non suo, ma che ricadeva ap-
parentemente su di lui come capo dello Stato. Queste
circostanze, abilmente sfruttate dagli speranzosi affa-
21 8 IL PERÙ
rìsti e militari, insieme al veleno sparso nella popo-
lazione che il cattivo stato economico del Perù non era
punto reale, ma un semplice prodotto del civilismo e
che sparirebbe con lui, fecero si che il nome di Prado
fosse sollecitamente accettato dal volgo; facile preda
sempre, in tutti i tempi e luoghi, della spudorata ciar-
lataneria degr intriganti.
Nessuno ignora come facilmente si riscaldino i po-
poli in certi loro entusiasmi, il più spesso assurdi, e
quanto sia difficile il contrariarli od anche semplice-
mente tentare di persuaderli del loro errore; perciò il
panito civilista, temendo di urtar troppo di fronte colia
cosidetta opinione pubblica, lasciò fare.
11 general Prado, e con lui V antico militarismo, as-
sunse la Presidenza nel luglio 1 876. Della sua gestione
abbiamo già detto qualche cosa: ma non è tutto.
Abbenchè il partito civilista, anziché fargli la guerra,
l'avesse piuttosto favorito nella sua elezione, di buono
o mal volere che fosse, Prado, o meglio il circolo di
affaristi che lo dirigeva, sapeva pur troppo che avrebbe
trovato una seria opposizione nel Congresso nazionale,
composto in massima parte di civilisti amici dell'ex-Pre-
sidente Pardo, tutte le volte che avesse tentato un r'i>
tomo air antico sistema di sgoverno e di dilapidazione
del pubblico tesoro. Primo suo pensiero fu quindi quello
di disfarsi di un Congresso, che prevedeva dovesse es-
sergli ostile; e poiché la Costituzione dello Stato non gli
dava facoltà di scioglierlo da per sé, ricorse all'idea di un
plebiscito nazionale che sconoscendone l'autorità, do-
mandasse la convocazione di un'Assemblea costituente.
IL PERÙ 219
Questo progetto che per se sólo necessariamente im-
portava una grande perturbazione in tutta la Repub-
blica, fu reso anche assai peggiore dai mezzi di cui si
fece uso per menarlo ad effetto. Gli agenti del Governo,
principiando da qualche Prefetto dei diversi diparti-
menti della Repubblica, cominciarono a diffondere nella
popolazione la pericolosa idea, che bisognava sollevare
le ultime classi sociali dal loro stato di prostrazione,
e che per arrivare a questo risultato era necessario ri-
darre alia impotenza la classe civile ed istruita, come
la sola nemica di quelle ; e perciò dissolvere quel Con-
gresso nel quale essa classe civile era preponderante, per
quindi convocare un'Assemblea costituente che, amica
del basso popolo, mirasse anzitutto ai suoi interessi.
Siffiitto lavorìo del Governo non rimase punto ste-
rile, e presto cominciarono a piovere dai diversi Di-
panimenti della Repubblica, nel 1877 e 78, le così
dene actas populares, ossia proteste firmate da nume-
rosi cittadini delle classi inferiori, nelle quali si doman-
dava appunto colla dissoluzione del Congresso nazio-
nale legalmente costituito, la pronta convocazione di
un'Assemblea costituente.
Il Governo infine, per menare innanzi un meschino
intrigo di partigianeria politica e d' interessi personali,
I promosse ed agitò una tremenda rivoluzione sociale,
\ una lotta di classi che non poteva non disorganizzare
completamente il paese, per quindi gittarlo in una guerra
civile delle più terribili ed accanite.
Primo frutto di questa lotta fratricida che ruggiva più
0 meno sordamente da qualche mese su tutta la vasta
220 IL PERC
superfìcie della Repubblica, fu la morte dell' ex-Presi-
dente Manuel Pardo, assassinato nel novembre 1878 Del
recinto medesimo del Senato di cui era Presidente, e
dal medesimo sergente dell' esercito nazionale, che co-
mandava la guardia d'onore alla porta.
L'assassinio di Manuel Pardo, possiamo dirlo con
piena sicurezza d'apporci, massime pel momento e le
circostanze tutte nelle quali avvenne, fu più che l'assas-
sinio di un semplice uomo: fu l'assassinio del Perù.
Pardo vivente - che era una gran forza per sé stesso,
e che concentrava nella sua persona, pel momento al-
meno, tutta quella del partito civilista e della grande
maggioranza onesta del paese - o la guerra col Chili
non sarebbe avvenuta, o avrebbe avuto un esito tut-
t' affatto diverso. Chi non sa l' influenza che può eser-
citare un solo uomo sui destini di un paese, in date
circostanze e condizioni! Del resto, la storia è là per
dirci che spesso s' incarnò in un solo uomo tutu la
vitalità di un popolo; e che da un solo uomo dipesero
più volte le sorti di grandi e potenti nazioni.
Il sangue illustre di Manuel Pardo fini di scavare
l'abisso che aveva cominciato a dividere le classi su-
periori dalle inferiori; e gli antichi partiti politici che
esistevano indipendentemente dalla recente questione
delle classi, trovarono essi pure in ciò un nuovo e forte
elemento di odio. Le passioni si accesero smisurata-
mente da tutte le parti ; ed il Governo che, comunque
senza volerlo e cercando ben altro, era stato una delle
cause prime di quest'orribile ordine di cose, non sa-
peva esso stesso a che partito appigliarsi né di chi
IL PERÙ 221
doveva maggiormente temere, se degli amici o dei
nemici.
Minacciato dal cozzo tremendo di due rivoluzioni
diverse, che lo avrebbero preso in mezzo per combat-
tersi fra loro sulle sue rovine, il Governo si trovava
senz'autorità morale e senza una forza materiale sicura
su cui £ar calcolo ; era nella misera condizione di quel
fanciullo che dopo avere appiccato il fuoco al letto
senza saperne prevedere le conseguenze, piange e si
dispera nella sua impotenza, quando vede che le fiamme
minacciano di divorarlo.
Furono queste tristi condizioni del Perù, come di già
s'è detto, quelle che principalmente decisero il Chili
a chiamarlo così frettolosamente sui campi di batta-
glia; e furono queste medesime condizioni appunto che
lo trascinarono di disastro in disastro, sotto il ferreo
calcagno di un nemico tanto più inesorabile, quanto
meglio sapeva che non era punto merito suo, se la
bandiera del coloniale presidio di Valdivia era arrivata
minacciosa e oltraggiante a piantarsi sull'antica ma-
gione dei Viceré (i).
(*) « La civiltà peruviana ebbe la sua origine nella
valle del Cuzco, che è la regione centrale del Perù....
Il Cuzco era la residenza imperiale ótgV Inca, e con-
teneva pure le grandi abitazioni dell' alta nobiltà. Il suo
(i) Valdivia, città del Chili, era durante i tempi coloniali il
presidio al quale s'inviavano tutti i delinquenti del Perù.
222 IL PERÙ
gran tempio del Sole^ al quale accorrevano pellegrini
dai più remoti limiti dell' impero, era il più splendido
edificio del nuovo mondo.... I resti della fortezza del
Cuzco, che faceva parte di un vasto sistema di forti-
ficazioni, stabilito dagr Inca su tutta l' estensione dei
loro dominii, eccitano oggi ancora V ammirazione del
viaggiatore pel loro aspetto colossale; comunque senza
malta alcuna, i grossi massi di granito stavano così
ammirevolmente disposti che era impossibile introdurre
ira loro una lama di coltello ; ve n* erano di quelli che
avevano 38 piedi di lunghezza per 1 8 di larghezza e
6 di spessore.
e I palazzi imperiali erano magnifici edifìci sparsi in
tutte le Provincie dell'impero.... Abbenchè poco eie
ganti esternamente, i principi peruviani spiegavano
pomposamente nell'interno di essi tutta la loro opu-
lenza. Ne coprivano le pareti numerosi ornamenti di
oro e di argento, insieme a ricche tele tessute colla
delicata lana di vicugna, e cosi belle che i Sovrani di
Spagna non sdegnavano di usarle....
a La nobiltà del Perù si componeva di due ordini:
la prima era quella degl'/nca, che discendendo dal
medesimo tronco del Sovrano, viveva, per cosi dire, nel
riflesso della luce della sua gloria. Essendo i monarchi
peruviani poligami, e lasciando perciò famiglie di cento
e duecento figli, i nobili di sangue reale arrivarono ad
essere col tempo assai numerosi. U altr' ordine di no-
biltà era quello dei Curacas, ossia Cacicchi delle na*
zioni conquistate e loro discendenti.... La nobiltà Inca
era però quella che costituiva la vera forza della mo-
IL PERÙ 223
narchia peruviana : legata al Soprano coi vincoli del
sangue^ aveva con lui, in gran parte almeno, simpatie
e interessi comuni.... Abbenchè i nobili abitassero prin-
cipalmente la capitale, molti di essi vivevano sparsi
per tutto r impero, occupando le alte cariche coi co-
maiKii dei posti militari fortificati.... I nobili erano anche
dotati di una preminenza intellettuale, che lì rialzava
agli occhi del popolo altrettanto che i loro titoli....
a Vi erano tribunali di giustizia e magistrati in cia-
scuna città e borgata, con giudici superiori che erano
generalmente i governatori dei distretti.... Si teneva un
registro di tutte le nascite e morti che avvenivano in
tutto r impero, ed ogni anno si mandava al Governo
un censo della popolazione per mezzo dei quipus..,. Il
quipus era una corda composta di fili di differenti co-
lori fortemente ritorti ed intrecciati, da cui usciva una
moltitudine di fili più corti di differenti colori e con
molti nodi. I colori rappresentavano oggetti concreti
ed anche idee astratte; i nodi equivalevano ai nu-
meri, e si potevano combinare in modo da rappresen-
tare qualunque quantità ; si facevano per mezzo di
essi assai rapidamente calcoli esattissimi ; ed i primi
spagnuolt che visitarono quel paese furono testimoni
di ciò....
« Tutto il territorio era coltivato dal popolo.... tutte
le donne conoscevano V arte di filare e di tessere....
L'ozio era considerato come un delitto.... Ogni anno
si faceva un inventario dei diversi prodotti del paese
e dei punti di produzione, e si consegnava in appositi
registri di quipus, che si trasmettevano alPInca.
224 IL PERÙ
€ Tutto il territorio dell' impero era intersecato di
strade, di cui le principali erano due che partendo da
Quito (oggi capitale dell'Equatore) si estendevano fin
verso il Chili, passando pel Cuzco: una correva sulla
gran pianura elevata, a l'altra in riva al mare, o quasi....
Vi erano leghe intere di trincee aperte nelle roccie,
ponti, terrapieni.... Una di queste strade, di cui riman-
gono appena dei frammenti, calcolasi che misurasse
1 5o2 miglia, e componevasi di grandi lastre di pietra
coperte in alcuni punti di una mistura bituminosa cui
il tempo aveva dato una durezza superiore a quella
della pietra stessa.... Per tutta la lunghezza di queste
strade vi erano case, tamboSj costruite a distanza di
dieci a dodici miglia Tuna dall'altra, destinate al ri-
poso dell' Inca e della sua comitiva, e di tutti coloro
che viaggiavano con un carattere ufficiale. Alcuni di
questi edifìzii avevano grandi dimensioni, e formavano
una fortezza con quartieri ed altre opere militari....
f La protezione del Governo per l'agricoltura si
manifestava nei modi più efficaci.... In molti punti si
portarono le acque per mezzo di acquedotti sotterranei
che erano opere veramente gigantesche: si compone-
vano di grosse lastre di pietra perfettamente connesse
senza malta; e per mezzo di ingegnose porte lascia-
vano uscire l'acqua sufficiente per irrigare le terre
che attraversavano. Alcuni di questi acquedotti erano
sommamente lunghi : uno che passava pel distretto di
Condesuyu aveva più di quattrocento miglia di esten-
sione. Presso Caxamalca esiste ancora un tunnel sca-
vato nella montagna per dare uscita alle acque dì un
IL PERÙ 225
lago. I conquistatori lasciarono perdere colia loro in-
curia molte di queste utili opere degl'lnca; ed in al-
cuni siti corrono ancora silenziose le acque coi loro
condotti sotterranei, senza che nessuno abbia cercato
di esaminarne il corso e le origini.
« Oltre i vestiti di proprio uso, i peruviani manife-
stavano molta destrezza nella manifattura di differenti
oggetti pel Sovrano, colla finissima lana che possede-
vano. Facevano coltri, tappeti, conine per i palazzi
imperiali e pei templi. Il tessuto era uguale per ambo
i Iati, e tale la sua delicatezza che aveva lo splendore
della seta : la vivezza dei suoi colorì eccitò Tammira-
zione e V invidia del fabbricante europeo.... Né era mi-
nore in altri rami la destrezza degP indigeni. Nei ma-
gazzini reali e nelle huacas^ 0 sepolcri degl' Inca, si sono
trovati esemplari di lavori curiosi e complicati : fra
questi, vi sono vasi di oro e di argento, braccialetti,
collane, utensili di ogni classe in rame ed in creta,
specchi bxCi di una pietra dura pulimentata o di ar-
gento lucidato....
« Cosa veramente meravigliosa si è come eseguissero
tutti questi difficilissimi lavori con i soli strumenti che
possedevano. Comunque il ferro fosse abbondante nel
paese, non ne conoscevano Tuso: i loro strumenti erano
di rame e di una lega di rame con stagno (i), che, a
quanto pare, riusciva di una durezza poco inferiore a
(i) L' eminente naturalista italiano, Antonio Raimondi, che ha
largamente e dottamente studiata tutta la mineralogia del Perù,
opina invece che fosse del rame con silicio^ estratto dal silicato
di rame.
226 IL PERÙ
quella dell'acciaio.... Fra i resti del monumento di
Cana^ si veggono alcuni anelli sciolti, che passando
le labbra di un animale si muovono in tutti i sensi,
mentre anelli e testa si compongono di un solo e me-
desimo pezzo di granito.
e Coloro cui sembrino esagerate queste relazioni
sulle antiche industrie peruviane possono dissipare i loro
dubbii visitando il paese in cui fiorirono. Specialmente
nelle regioni centrali delle pianure elevate, il viaggia-
tore trova ancora molti vestigi di altra epoca: resti di
templi, di palagi, di fortezze, di valli terrapienate, di
strade, di acquedotti ecc. ecc.... »
G. H. Prescott, Storia della conquista del Perù, Li-
bro I, cap. I a V.
FORZE DI MARE E DI TERRA
DEI TRE STATI BELLIGERANTI
SOHHAKIO
Li BoIìtìi dod ha marma. - Conuate ed allre navi da guerra
del Chili. - Loro fona ed armamento. — Coraziate ed altre
navi peniTiane e loro (bria. - Eieicito boliviano.- Eiercito
peruviano. — Esercito chileno.
aveado la Repubblica dì Boliva posse-
uto giammai neppure la più meschina
:ialuppa, unicamente avremo a pre-
stare ai nostri tenori il quadro com-
arativo delle flotte del Chili e del Perù ;
le quali, attenendoci ai dati ufficiali più veridici pub-
blicati in anbo i paesi al rompersi delle ostilità, erano
tome appresso :
228 FORZE DI >IARE E DI TERRA
FLOTTA CHILEN A
Navi corazsate
Lord Cochrane, con 6 cannoni da 3oo.
Blango-Encalaoa, con 6 cannoni da 3oo.
Nayi in legno
(j Corvfttt)
Chacabuco, con 9 cannoni, 2 da i5o e 7 da 70 e 4o.
O' HiGGiNs, con 9 cannoni, 2 da i5o e 7 da 70 e 4o.
Esmeralda, con 12 cannoni da 68.
(2 CoHtumierf)
Magallanes, con 4 cannoni, uno da ii5 e 3 da 70.
CovADONGA, con 2 cannoni da i5o.
Le due corazzate gemelle Lord Cochrane e Blanco-
Encalada, armate di 6 cannoni da 3oo libbre dei mi-
gliori tipi della moderna artiglieria e che fanno fuoco
sopra una batteria aperta a tutti i punti del compasso,
hanno una corazza di nove pollici^ la capacità di 2o32
tonnellate, ed una forza motrice di mille cavalli^ cia-
scuna, con una doppia elice che le fa girare sopra
se stesse, nei casi dati, colla massima sveltezza e ra-
pidità. Come ultimo ragguaglio, aggiungeremo che fu-
rono costruite in Inghilterra, sen!(a risparmio di sorta,
nel porto militare di HuU, sotto T immediata direzione
del capo costruttore della marina da guerra inglese,
e che furono varate l'una nel 1874 e l'altra nel 1875.
DEI TRE STATI BELLIGERANTI 229
FLOTTA PERUVIANA
Corazzate
Fregata Independbncia, con i4 cannoni, 2 da i3o, e 12
da 70. - 2oo4 tonnellate - 55o cavalli di forza -
corazza di quattro pollici. - Costruita T anno 1 864.
Monitor Huascar, con 2 cannoni da 3oo situati in
una torre giratoria - 1 1 3o tonnellate - 3oo cavalli
di forza - corazza di pollici quattro e me!(jo nel
centro, e di soli due e me\\o nelle estremità - co-
razza della torre pollici cinque e me^\o, - Costruito
l'anno i865.
Navi in legno
Corvetta Union, con 12 cannoni da 70.
Cannoniera Pilcomayo, con 6 cannoni, 2 da 70 e
4 da 4o(i).
(i) li Perù possedeva inoltre due monitori di /iume, V Ata-
hualpa ed il Manco-Capac, con dae cannoni da 500 ciascuno,
più anni innanzi costruiti negli Stati-Uniti per manovrare sul
Missisaipì : ma incapaci a correre sul mare altrimenti che a rr-
morchio, e invero assai penosamente furon tratti al Callao
l'anno 1869, non potevano né furono mai suioprati che all'an-
cora nei porti, quali semplici batterie galleggianti, È perciò
che non li abbiamo annoverati fra le navi della flotta, alle
cui evoluzioni di guerra non si associarono mai ,*• come non ab-
biamo potuto far parola neanche delle tante altre navi e navet-
tiue che per limghi anni figurarono nelle statistiche della marina
militare del Perù, e clic fin da più anni indietro o non esiste-
vano affatto, o erano appena semplici pontoni a uso di scuole o
di depositi.
130 FORZE DI MARE E DI TERRA
I
'
RIASSUNTO
Chili. - 2 forti corazzate e 5 navi in legno, con 12
cannoni da 3oo, 6 da i5o e 3o di diversi calibri in-
feriori.
Però. - 2 deboli corazzate e 2 navi in legno, con
2 cannoni da 3oo, 2 da i5o e 3o di diversi calibri
inferiori.
Delle navi da trasporto^ cosi del Chili come del
Perù non parliamo, e perchè non costituiscono che senn-
plici accessorii, e perchè ciascuno dei due paesi non
ebbe nessuna difficoltà a provvedersene a tempo nella
misura dei proprii bisogni.
II
ESERCITI
ti Al primo rompersi delle ostilità colla Repubblica
i, della Bolivia, febbraio 1879, questa non aveva che ap-
\ pena un paio di migliaia di soldati disseminati a pie-
,j coli distaccamenti nelle diverse sue provincie, e, attese
1' le grandi difficoltà topografiche, nella quasi assoluta
imp>ossibilità di arrivare prima di qualche mese di fa-
ticose marcie, sul teatro della guerra. Raccolto, ed in-
grossato colla massima celerità possibile fino ai Sooo uo-
mini incirca, questo piccolo esercito, mal vestito e peggio
armato, arrivò a Tacna nel Perù, appena il 2 maggio:
e da Tacna, ove si fermò, fino al deserto boliviano di
Atacama, occupato dall'esercito chileno, od anche fino
DEI TRE STATI BELLIGERANTI 231
ad Iquique, capitale del prossimo deserto peruviano di
Tarapacày eravi ancora molto e molto cammino da
percorrere.
Dice lo storico semi-ufficiale del Chili : e Dai quadri
allora pubblicati (marzo 1879) si seppe che la Bolivia
aveva un esercito permanente di 2232 soldati.... La mo-
bilizzazione di quest' esercito offrì le più serie difficoltà
per due cause diverse : la scarsezza di mezzi dell'erario
pubblico, e gli ostacoli del terreno che bisognava at-
traversare per arrivare ai luoghi che occupavano i chi-
kni ; ostacoli pressoché invincibili per le grandi distanze
e per le asperità delle montagne e dei deserti (i). >
Poco appresso lo storico medesimo aggiunge : e Frat-
tanto arrivavano a La-Paz i contingenti di truppa che
il Governo aveva domandato alle diverse provìncie: ar-
rivavano calzati con ajotas, specie di pianella di cuoio,
e armati con armi di diverse classi, molti con un sem-
plice fucile a pietra.... Questo primo esercito boliviano
pervenne a contare 45oo uomini riuniti con grande af-
fanno in tutte le provincie della Repubblica; ed il 17 di
aprile ruppe la marcia attraverso le montagne (2). »
f] Perù, grazie a qualche attività spiegata dopo i fatti
di Anto&gasta, trovossi al momento della dichiarazione
di guerra con un corpo di esercito di circa 3ooo uo-
mini alle frontiere, ossia in Iquique e suoi dintorni, e
con altri 3ooo uomini di tutte le armi nella capitale,
che aggregati alle forze di polizia urbana e rurale, ce-
(t) Baxkos-Arama, //istoria di la Guerra dil Pacifico, p. 67.
(2) fd. Td. p. 104.
«5. •— Caivano, Gutrra dAmtrica*
232
FORZE DI TERRA E DI MARE, ECC.
I
ladoreSy ammontanti a 2000 e più, potevano formare
al massimo un totale di 8000 uomini, 5ooo nella Ca-
pitale e 3ooo in Iquique.
Quanto al Chili, il 2 aprile 1879, ossia il giorno pre-
cedente a quello della dichiarazione di guerra al Perù,
il suo esercito arrivava a un totale di i3ooo uomini
o più. tra le forze esistenti nella Repubblica e quelle
agglomeratesi sulla costa boliviana, invasa nel febbraio.
Ciò risulta dalla dichiarazione ufficiale che in esso
2 aprile il Ministro degli Affari Esteri del Chili faceva
al Senato, nelle seguenti parole : a II Ministro degli Af-
fari Esteri rispose : a Che l' esercito ammontava attual-
mente a 7000 uomini, e che si era ordinato di elevarlo
a 9000; che le forze del littorale (ossia Antofagasta e
resto del deserto di Atacama) si erano notevolmente
aumentate col trasporto di molti chileni che risiede-
vano sulla costa del Perù, e che il loro numero totale
non sarebbe inferiore a quello di 6000 uomini (i). »
(1) Senato del Chitiy Processo verbale della Sessione segret
del 2 aprile 1879.
VI
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
SOHKARIO
Il Chili disotta d' impossessarsi del deserto peniviiino di 'l'ara-
picì. - Iqaique. — I chileni non ardiscono di occuparla, seb-
bene avessero forze molto maggiori. — Blocco alla lontaaa.
- n Perà li prepara, come può, alla difi»a : il ChiH Toirebbe
e Doo M impedirlo - Che fece la flotta cbilena dal 5 aprile
alU meli di maggio. — Muore veno il Callao. - La flotta
peruviana eì dirìge ad Aiica, quindi ad Iquique. — Combat-
timento fra il Huattar e la Esmtralda. - Vlndtpendeacia
iniegoe la Cnadanga. - Naufragio della Indepmdauìa e bar-
bane chìIcDa. — Danni ricevuti dalla Cmiadonga. - La spa-
valderia chilena canta vittoria. - Eroi di nnovo stampo. -
II Huaicar rimane solo contro le corazzate chìkne. Sue glo-
riose gesta. - È temuto dalle navi chilene che lo corteggiano
a diitania. — Inoperoiiti dell' esercito chileno, - Malcontento
del popolo chileno per la lenteua delle operaEioni guerre-
scbe. - La Aotta ehilena abbandona Iqnique. - Iniaflicienza
J4 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
dei marini cbileni. - Come snebberò potuto vincere usui
piitna, - I\ //uasear dK nells rete della flotta chilena. - Ul-
tima lotta del Lietu del Pacijìie. ~ Eroismo di Miguil Gran.
- Millanterie cbilene e prove ufficiali che il Huastiir hph u
Chili mirava alla conquista: verità
innegabile che nei capitoli anteriori ci
!i è presentata come una semplice con-
sej;uenza della condotta per lunghi anni
da esso tenuta, fino al momento in cui
risolutamente prese le armi contro le Repubbliche vi-
cine di Bolivia e del Perù ; e che i fatti posteriori pro-
vano fino all'evidenza.
Compiuta senza colpo ferire la conquista del deseno
boliviano di Atacama colla ingiustificabile invasione
del febbraio, se il Chili avesse voluto restarsene lì non
avrebbe avuto che ad afferrarsi sempre più al suo sup-
posto diritto di rivendicazione, ed aspettare tranquilla-
mente il corso degli eventi ; poiché sapeva assai bene
che dalla Bolivia unicamente avrebbe potuto atten-
dersi una guerra di parole, che sarebbe finita, cotne
sempre, a suo favore sul campo diplomatico; e che
qualora alla Bolivia si fosse associato il Perù, com'era
assai probabile, non gli sarebbe stato punto difficile di
chiamare gli avversarli alla conciliazione, dopo di
averli stancati con una guerra difensiva, del buon esito
della quale non era a dubitare.
Quasi inattaccabile dalla parte di terra per la sua con
formazione topografica, tanto nei suoi confini colla Bo-
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 235
livia, quanto in quelli col Perù, sul Loa, il deserto di
Atacama solo avrebbe richiesto una seria difesa contro
un attacco operato sulla sua spiaggia dalla parte del
mare. Ma oltreché sarebbe costato poca spesa e fa-
tica il completare la fortificazione naturale dei pochi
punti di possibile approdo della medesima, per sé stessi
diflScilissimi su di una costa generalmente alta e ta-
gliata a picco sul mare, il Chili aveva tale una flotta
da bastare sola, senza sforzo alcuno, ad impedire qual-
siasi tentativo di tal genere, anche nel non lontano
caso che il Perù avesse potuto aumentare di uno o
due legni la sua scarsa e debole flotta.
Ma il Chili non pensava affatto di rimanersene. Il
deserto di Atacama non sodisfaceva che appena a una
parte delle sue antiche aspirazioni, le quali, come sap-
piamo, si estendevano principalmente al deserto limi-
trofo di Tarapacà, appartenente al Perù: e, come di-
sopra abbiam visto, premeva al Chili di approfittare
della occasione propizia, assai difficile a ripresentarsi
più tardi, che poneva il Perù quasi a sua discrezione
- ossia delle anormali condizioni di quesf ultimo, che
rendevanlo in quel momento assai inferiore a lui in una
lotta - tanto per compiere interamente le sue aspirazioni
di conquista, quanto per fondare con un colpo decisivo
la propria preponderanza sugli Stati vicini, e dare li-
bero sfogo al torrente per tanto tempo contenuto di odii
e di gelosie contro la Repubblica regina del Pacifico.
Era quindi nei disegni del Chili, sebbene mal si ad-
dicesse alla parte di vittima e di provocato che pre-
tendeva assumere agli occhi del mondo, di prendere
236 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
violentemente la iniziativa delle ostilità nella lotta col
Perù, sì come senz' alcuna causa plausibile l' avea presa
nella dichiarazione dello stato di guerra, e d'impos-
sessarsi innanzi tutto dell'agognato deserto di Tara-
paca colla occupazione d' Iquique, che ne era il centro
principale. E che questo e non altro fosse stato il primo
pensiero del Governo chileno, lo attesta inequivoca-
mente, oltre V assicurazione dell' officioso storico Bar-
ros-Arana, la formale dichiarazione che il Minbtro
degli Affari Esteri faceva al Senato chileno quando, ne)
domandargli il 2 aprile l' autorizzazione necessaria per
dichiarar la guerra al Perù, conchiudeva la sua relazione
sullo stato delle forze armate della Repubblica, assicu-
rando che : a II signor Saavedra (Ministro della guerra^
ritornato giorni innanzi da Antofagasta) aveva detto al
suo ritorno che tutto era preparato ptr un attacco, e
che questo non impedirebbe neanche di fare uscire
altre forze pei porti del nord, col fine di tenerle preme
a marciare pel teatro della guerra (i). »
Effettivamente il Chili, pago dei futili pretesti lan-
ciati a sua giustificazione sulla bilancia della coscienza
pubblica, poiché non si faceva scrupolo alcuno di muo-
vere risolutamente alla conquista, l'immediata Inva-
sione di Iquique era quanto di più logico potesse fare.
E certo, una tale impresa non poteva presentarglisi più
facile e sicura, se il valore dei suoi guerrieri fosse stato
pari all'audacia dei suoi diplomatici.
(i) Senato del Chili - Processo verbale della Sessione segreta
del 2 aprile 1879.
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 237
Senza fortt6cazioni di sorta, e senza nessuna proba-
bilità di ricevere pronti soccorsi dal lontano Governo
di Lima, Iquiquc non era difesa al rompersi delle osti-
lità, il 5 aprile, che appena da una piccola divisione
di 3ooo soldati al massimo.
Era questo il solo ostacolo che il Chili avrebbe avuto
a vincere per impadronirsi del deserto di Tarapacà, di
questa inesauribile fonte di ricchezza, attorno a cui si
aggirarono, si aggirano e si aggireranno sempre le più
calde aspirazioni chilene; e come si sa, per vincere un
si insignificante ostacolo, il Chili aveva a sua dispo-
sizione 6000 soldati per lo meno nella prossima Anto-
fagasta, senza comare la grossa riserva di altri 7000 uo-
mini in Valparaiso, e tutta una squadra composta di
due forti corazzate e di cinque navi in legno con
48 cannoni di grosso e piccolo calibro, già in azione
nella rada stessa di Antofagasta, dove da più tempo stava
aspettando gli ordini di attacco.
Iquique, abbiam detto, non aveva nessuna probabi-
lità di ricevere pronti soccorsi dalla capitale. Ciò era
un fatto dei più certi, di cui il Gabinetto di Santiago
era pienamente informato per telegrammi del suo Rap-
presentante in Lima, il quale facevagli sapere all'ultima
ora che la flotta del Perù continuava nella medesima
situazione dei giorni innanzi nel porto del Callao, ossia
riparandosi alla meglio, e perciò nella impossibilità
di prendere il mare prima che dette riparazioni fos-
sero completate; impossibilità che per le due uniche
corazzate Huascar e Independencia, si protrasse per
un mese e mezzo ancora, fino alla metà di maggio.
238 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
gio. Solo poterono prendere il mare il 7 aprile le due
fragili navi in legno, Union e Pilcomqyo, che, non fa
bisogno ricordarlo, erano veri nonnulla al paragone di
una sola delle forti corazzate chilene, e quindi inca-
paci a prestare un qualsiasi soccorso ad Iquique, sia
direttamente, sìa indirettamente scortando il trasporto
di truppe, che in nessun modo avrebbero potuto di-
fendere in caso d^ incontro colla squadra nemica. Al-
l' invio di truppe per terra da Lima non era affatto da
pensare, per la enorme distanza e quindi pel molto
tempo che sarebbe a ciò bisognato.
Iquique, ripetiamo, non poteva opporre che appena
i suoi 3ooo uomini di guarnigione contro tutto il re-
lativamente formidabile potere militare del Chili: e ciò
nondimeno questo non tentò affatto d' impossessarsene,
sebbene, come abbiam visto, non glie ne mancasse affatto
il desiderio, e sebbene avesse già tutto in pronto, squadra
e truppa, in prossimità d' Iquique, prim' ancora di di-
chiarar la guerra al Perù ; dichiarazione che esso fece
non in un momento reso obbligatorio dalla forza di
circostanze indipendenti dalla propria volontà, ma in
quello che più a lui piacque, e quando appunto si credè
sufficientemente preparato a prendere la offensiva nella
maniera che meglio a lui convenisse.
Più ancora : Iquique rimase in siffatto stato di quasi
abbandono fin oltre la metà di maggio, ossia durante
tutto un mese e mezzo dopo la rottura delle ostilità,
mentre le due corazzate peruviane completavano le loro
riparazioni nel porto del Callao; durante tutto uq mese
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 239
e mezzo nel quale, non altro avendo contro di sé che
le due meschine corvette peruviane la Urrìon e la Pil-
comayo^ la squadra chilena era padrona assoluta del
mare; e ciò nonostante nulla intentò contro Iquique,
limitandosi unicamente a bloccarla di lontano, sebbene
l'esercito chileno di Antofagasta fosse arrivato nella
seconda metà di aprile fino alla rispettabile cifra di
12,000 e più uomini, coi rinforzi spediti da Valparaiso
e con i numerosi incrementi locali pel volontario ar-
ruolamento dei chileni espulsi dal territorio peruviano.
Perchè ciò?
Ecco come si esprime a questo riguardo lo storico
semi-ufficiale del Chili : « Il Chili cominciò la guerra
collocando il blocco di Iquique, porto principale della
provincia peruviana di Tarapacà, e piazza importante
per l'esportazione del nitrato di soda. Questa piazza
aveva una guarnigione di oltre 3ooo soldati peruviani
trasportati prima della dichiarazione di guerra.... Senza
dubbio, il Chili avrebbe potuto eseguire allora con piena
fiducia nelP esito, operazioni più ardite. Sbarcando ri-
solutamente il suo esercito in questo luogo, e man-
dando la sua squadra a distruggere quella del Perù,
che stava terminando le sue riparazioni nel Callao,
avrebbe ottenuto nel primo mese i risultati che rag-
giunse più tardi con ingenti sacrifìzii. Sembra che que-
sto fòsse il primo piano del Governo chileno; però si
diede credito alle bravate del Perù, si pensò che il de-
cantato potere di questa Repubblica fosse realmente
formidabile, e non si volle avventurare un attacco pe-
I
240 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
rìcoloso, preferendo camminare con prudenza per ar-
rivare ad un risultato pienamente sicuro (i). •
Il Chili ebbe paura : ecco la verità. Ebbe paura di
un nemico per tutti i versi condannato air impotenza,
che disponeva di forze di gran lunga inferiori alle pro-
prie; e rese con ciò eccessivamente lunga, meschina e
disastrosa per entrambi, una guerra che avrebbe po-
tuto e dovuto finire con grande suo vantaggio, in uno
o due mesi al più. E se poi sì considera che la favo
revole opportunità di dare con sì poco sforzo un colpo
tanto decisivo, durò per ben 46 giorni come termine
minimo, ossia dal 4 aprile al 20 maggio in cui arri-
varono ad Arica i primi rinforzi di truppe ed i primi
elementi di guerra spediti da Lima, bisogna necessa-
riamente conchiudere che i capitani chileni erano o
infinitamente pusillanimi, o infinitamente inetti a con-
cepire ed a menare a capo il più semplice piano di
guerra.
Nondimeno anche non sapendo o non volendo ap-
profittare di SI favorevole opportunità, in nessun modo
doveva permettere il Chili che il Perù fortificasse il
porto di Arica ed inviasse ivi ed alia limitrofa pro-
vincia di Tarapacà, truppe, armamento, munizioni e
tutto quanto concerne la organizzazione di un esercito
in campagna: cose tutte che al rompersi delle ostilità,
eccetto i 3ooo uomini di Iquique, difettavano comple-
tamente.
Come s'è detto, oltre le due corvette la Union e la
(i)-Barros-Arana, Historia de la Guerra dei Pacifico, p. S7
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 241
Pilcomayo, contro le quali il Chili poteva opporre con
enorme superiorità le sue cinque navi in legno come
quelle, il Perù non aveva che due deboli corazzate, per
giunta in cattivo stato, a dar ragione delle quali sa-
rebbe stata sufficiente, posta in buone mani, una sola
delle due potenti corazzate chilene. Or bene -, lasciando
la sua squadra in legno per tenere in soggezione le
due corvette peruviane e proteggere la mobilizzazione
del proprio esercito, il Chili non aveva che a custo-
dire colle due sue corazzate l'imboccatura del porto
del Callao, per ottenere tutti gli anzidetti risultati e
collocare il Perù nella impossibilità di difendere Ta-
rapacà e tutta la estesissima sua costa, che esso avrebbe
potuto invadere a suo beli' agio, quando e come volesse.
n Perù, in questo caso, non avrebbe avuto che due
sole vie: o-come effettuò il 16 maggio, non appena
le sue sole corazzate Huascar e Independencia pote-
rono prendere il mare - avrebbe fatto uscire dal Cal-
lao pel teatro della guerra i necessarii rinforzi di truppe,
armamento ed altro, in appositi trasporti scortati da
esse corazzate; nel qual caso, battute queste dalle due
superiori corazzate chilene all'uscire dal porto, detti
trasporti sarebbero indubitatamente caduti in loro po-
tere, ammenoché non si fossero prestamente ricoverati
sono la protezione dette batterie di terra, ritornando
indietro; o si sarebbe condannato alla inazione nel
Callao e nella prossima capitale, da dove e i suoi
eserciti e i suoi elementi di guerra non avrebbero
potuto uscire senza esporli, come si è detto, ad una
sicura perdita, insieme alle due deboli corazzate di
242 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
scorta; sì come non poterono uscire, né uscirono in
appresso assai più tardi, quando il Huascar e Vlndt-
pendencia vennero a mancare. Sicché il Chili avrebbe
avuto partita vinta in ambo i casi, collocando il Però
nella impossibilità di mobilizzare le sue forze, e rima-
nendo senza contrasto padrone fin dal primo momeDto
di tutta r estesa costa peruviana fino al Callao, il cui
possesso gli costò più tardi tanto sangue e tanti sa-
crifizii di ogni genere.
Nondimeno nulla di tutto ciò fece il Chili: e non
perché non ne fosse venuta l'idea ai suoi uomini di
Stato, i quali vi pensarono fin dal primo momento,
prim'ancora di lanciare la dichiarazione di guerra con-
tro il Perù(i); ma perchè ne mancò Tanimo ai suoi
capitani di mare, come mancò a quelli de' suoi eser-
citi per eseguire uno sbarco su di una costa quasi del
tutto indifesa.
(i) Telegrammi del Governo del Chili.
« Ministro della guerra a Williams (comandante della flotta)
2 Aprile - Dichiarazione di guerra al Perù. Godoy e Laralle si
ritirano domani. Procedano come in campagna. Godoy mi dice:
situazione squadra nel Callao la medesima. Attaccarla per sor-
presa al far del giorno sarebbe più sicuro, però preferibile attac-
carla fuori la portata delle batterie. Esercito peruviano seimila
uomini di tutte le armi ; 2500 gendarmi e polizia — A FiERRo
(Ministro degli affari esteri). >
« Saavedra a Williams, 3 aprile - Si conosce già in Lima dichb-
razione di guerra. > Ella procurerà distruggere o rendere inutile
la squadra peruviana, impedire la fortificazione d'Iquiqne 0 di-
struggerla, impadronirsi trasporti, bloccare porti e procedere io
tatto con ampie facoltà - Saavedra (Ministro della guem). •
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 243
Che cosa fece invece la flotta chilena, a cominciare
dal 3 aprile in cui ruppe le ostilità, fino alla metà di
maggio? Nuli' altro che bloccare Iquique, e portare la
strage su tutta la costa indifesa del Perù, senza alcun
profitto per sé, distruggendo e incendiandone uno per
uno tutti gli elementi d'imbarco e tutti i suoi piccoli
porti. Pabeiion de Pica, Pisagua, Moilendoj Huanillos,
semplici porti commerciali, sfomiti assolutamente di
qualsiasi opera di difesa, e che privi onninamente di
guarnigioni, tranne Pisagua ove trovavansi appena un
due o trecento soldati al più, non potevano opporre
nessuna resistenza, furono l'uno dopo l'altro più o
meno distrutti dalle bombe delle corazzate chilene; le
quali, sole sempre a tuonare, non altri petti umani
avevano a ferire che quelli delle donne, dei vecchi e
dei fanciulli troppo tardi a fuggire l'ira nemica, come
assai spesso avvenne (r).
Dopo 4o giorni miseramente passati in questo van-
dalico ed inutile passatempo, il grosso della flotta chi-
lena composto delle due corazzate e di tre corvette, si
decise alla fine di andare a domandar notizie della
squadra peruviana nel porto del Callao, verso il quale
mosse da Iquique il 16 maggio; ma era già troppo tardi.
(x) « Non paò non supporsi che T ammiraglio W. Rebolledo, a
bordo della Blanco-Encalada, si ritirasse pieno di vergogna
d'aver commesso l'orrendo delitto d'incendiare un paese indi-
feso, uccidendo tre donne, una ragazza ed un asiatico... e ciò
che è più orribile, d'aver fatto perir tra le fìamme due donne
ed un fianciallo appena nato.... >
Rapporto ufficiale deU autorità peruviana sulFincettdio di Pisagua.
244 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
In quello stesso i6 maggio il Presidente del Perù
usciva dal Callao alla volta di Arica, ove giunse il
20 senza esser affatto molestato per via, con tre navi
trasporti piene di soldati, armamenti, munizioni e vi-
veri, sotto la scorta delle sue corazzate Huascar e
Independencia, ailor allora finite di riparare ed armare
alla meglio; e che certo sarebbero state del tutto im-
potenti a difendere se stesse ed i preziosi trasporti che
le seguivano contro un assalto della squadra chilena,
se questa si fosse fatta trovare all'uscita del porto, là
dove fin da un mese e più avrebbe dovuto essere.
La guerra navale non cominciò in realtà che col-
l'apparizione delle due corazzate peruviane; poiché,
come s'è detto, la flotta chilena non si era occupata
fin allora che a bloccare Iquique, incendiare i piccoli
porti commerciali, dove ogni qualunque attentato non
era che semplice questione di volontà, e distruggere
i moli e le barcaccie per l'imbarco delle merci, su
tutta l'indifesa costa sud del Perù.
Lasciati i trasporti in sicuro nel porto di Arica, il
20 maggio le due corazzate peruviane si portarono
immediatamente nella rada d'Iquique, in cerca delle navi
nemiche che ne tenevano il blocco. Arrivarono ivi la
mattina seguente, del 21, e scone le sole che pel mo-
mento vi si trovavano, le corvetta Esmeralda e la can-
noniera-Còvoiò/ig'a, ambe in legno, il Huascar si diresse
contro la prima, mentre Vlndependencia si pose ad in-
seguire la seconda, che imprendeva rapidamente la fuga.
Il combattimento fra il Huascar e la Esmeralda fu
breve, quanto splendido. Dopo un'ora circa di fuoco
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 245
che YEsmeralda sostenne degnamente^ il Huascar la
colò a fondo investendola per tre volte consecutive
col suo sperone d'acciaio. E terminava appena il com-
battìmento, spariva sotto le acque il ponte della Esme-
ralda, che già il Comandante del Huascar lanciava in
mare tutte le sue scialuppe in soccorso delF equipaggio
della nave nemica, che dibattevasi invano contro il
furore delle onde agitate. Salvò da certa morte, con
questa sua nobile azione, ben sessanu e più individui
fra marinai e ufficiali, che raccolse benevolmente a
bordo della sua corazzata, per indi sbarcarli in Iqui-
que, in qualità di prigionieri di guerra, dopo aver fatto
loro distribuire ogni genere di soccorso e principal-
mente delle vestij di cui i più avevano maggior bisogno,
per lo stato di completa nudità nel quale si trova-
vano (f ).
Ma mentre il generoso comandante del Huascar^
Michele Grau - che il resto della campagna e la glo-
riosa sua morte dovevano rendere dipoi tanto celebre -
si affaticava nobilmente a salvare i naufraghi della
Esmeralda, ben diversa era la sorte che correvano quei
(i) Da alcune lettere familiari pubblicate in quasi tutti i giornali
cliileni, di ufficiali e marinai che si trovavano a bordo della Esme-
ralda, e presero parte all'azione, togliamo i seguenti brani:
« I pochi che ci salvammo fummo presi mezzo affogati dalle
scialuppe del Huascar^ completamente nudi in gran parte. - Iqui-
qae 23 maggio 1879. »
Lettera del Tenente F. Sanchez al fratello Carlos Sanchez.
« I pochi scampati, che fummo circa 60, ci salvammo a nuoto.
Fra venti minuti fummo raccolti dalle scialuppe del Huascar*
246
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVAU
della Independenciaj cui una roccia sconosciuta apriva
la chiglia nel momento medesimo in cui era per at-
tingere col suo sperone la fuggente Covadonga.
G)me s'è detto innanzi, mentre ìlHuascar si dirigeva
controia Esmeralda all'entrare nella rada di Iquique,la
Independencia si poneva ad inseguire la Qn^adonga che
evitando la disuguale battaglia, si dava a sollecita
fuga (i). Snella, leggiera, veloce, la Covadonga im-
prese la sua fuga navigando in prossimità della spiaggia
di cui seguiva tutte le sinuosità ; ed alla Independencia,
che a causa della sua pesante mole era necessaria-
mente astretta a mantenersi al largo per le maggiori
acque di cui aveva bisogno, altra via non rimaneva
fuori quella di correrle dietro in una linea parallela
alquanto distante, e di bersagliarla colla sua debole ar-
tiglieria, che la distanza rendeva ancor meno efficace.
Ambe le navi nemiche eseguivano a meraviglia la
Dopo averci dato delle vesìi, fummo menati a terra dorè ci tra-
viamo prigionieri. - Iquique 23 maggio 1879. *
Lettera dell'ufficiale di guarnigioDe A. Hurtado al padre M.
Hurtado.
Molte altre lettere di fonte chilena dello stesso genere, insieme
alle relazioni ufficiali del Huascar, ed alle corrispondenze de
giornali uscite da Iquique, concordano unanimemente nel &tto
che i naufraghi della Esmtralda furono raccolti nel maggior nn-
mero completamente nudi dalle scialuppe del Huasear.
(i) La Covadonga era un semplice Avviso della flotta spagnnola.
che fu catturato T anno 1 865 dalla nave chilena Esmeralda per
via d' inganno ; ossia inalberando la bandiera inglese, per mexzo
della quale potè attrarlo senza sospetto fin sotto i fuochi delle
sue batterie.
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 347
propria parte ; e già i due cannoni da 1 5o della Inde-
pendendo^ che soli potevano dar qualche vantaggio
per la distanza obbligata che correva fra te due
navi, aveva cagionato dei danni considerevoli alla Oh
vaJongay allorché più non poterono far fuoco. Questi
due cannoni, montati in tutta fretta nel Callao da
operai poco esperti, che per giunta difettavano di gran
parte degli elementi necessarii - poiché, come si sa, le
due corazzate peruviane furono riparate come si potè
nel porto del Callao, dove giacevano quasi abbando-
nate nel più deplorabile stato al cominciare della guerra -
trovavansi l' uno a poppa e l'altro a prora della nave:
il primo si smontò al secondo colpo che fece, ed il
secondo rimase immobile all' undecimo, senza poter
girare in nessun senso, sicché più non fu buono a
nulla.
Limitata l' azione della Independencia ai suoi piccoli
cannoni da 70, che la lontananza rendeva poco utili,
il suo comandante Moore, desideroso di finir presto -
comunque il progressivo rallentamento, succeduto alla
pristina celerità nella fuga della CovadongUj gli prò-
vasse che aveva sofferto rilevanti danni, e che la sua
resistenza non potrebbe durare che ben poco ancora
- decise di ricorrere all' assalto dello sperone, non ap-
pena fossegli possibile navigare nelle medesime acque
della nave nemica ; e, colto il momento in cui questa,
navigando in acque alquanto profonde, era per entrare
in una baia bassa nella quale sarebbe stato impossi-
bile seguirla, slancia sollecitamente contro di essa la pro-
pria corazzata. Pochi secondi ancora, e lo sperone della
x6 — Ca IVANO, Cturra if America.
248
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
Independencìa avrebbe diviso per metà la Covadonga,
quando un ignoto scoglio sottomarino non segnato
nelle carte marittime, sul quale questa passò senza
avvertirlo, trattenne violentemente la corsa della In-
dependencia facendola naufragare (i).
Che fece allora la Covadonga ? A questo proposito,
la relazione dell' ufficiale dei segni della Independencìa
dice : a Al vederci incagliati, la Covadonga ci canno-
neggiò impunemente per più di 4o minuti, e colle mi-
tragliatrici delle sue coffe bersagliava i nostri naufraghi
che cercavano salvarsi, alcuni nelle scialuppe, altri a
nuoto, cessato che fu il fuoco dei nostri cannoni già
coperti dall'acqua, d Quale differenza fra la condotta
della Covadonga e quella del Huascar! Mentre il
comandante del Monitore peruviano attendeva a tui-
t' uomo a salvare i naufraghi della Esmeralda^ quello
della nave chilena incrudeliva contro gli egualmente
naufraghi della Independencìa^ che una imprevedibile
disgrazia, non egli, avea messi a sua discrezione, mas-
sacrandoli barbaramente quando, cessata la lotta, solo
s'affaticavano a salvarsi dal furore delle onde.
Dopo aver fatto fuoco per certo tempo sui naufra-
(1) * .... Collo scandaglio alla mano, nel momento in cui
questo segnava nove òracda» fondo più che sufficiente per 17»-
deptndetuia^ si diede l'investita alla Covadonga,... Lo scoglio
contro il quale urtò \ ludtptndtncia non è notato in nessuna
carta : la corazzata navigava in quel momento in nove braccia
d' acqua, e anche dopo di essersi incagliata, misurava all' intorno
da sette a otto braccia di fondo. >
Helatiofit dell' ufficiale dei segni dell' Independencìa^
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 249
ghi della Independencia - fatto che non ammette alcun
dubbio (i) - la Covadonga, sia per timore di un pros-
simo arrivo del Huascar, sia per le avarìe cagionatele
dall'artiglieria nemica, riprese di bel nuovo la inter-
rotta fuga, che fu oltremodo lenta e penosa, e che il
suo comandante descrive nei seguenti termini nel rap-
porto ufficiale: « ....La nostra macchina lavorava con
cinque libbre appena di pressione, e la nave faceva
molt' acqua a causa dei colpi di palla ricevuti.... Toc-
cammo 7ocoj?///j, dove coir aiuto dei falegnami man-
dati da terra, la nave ricevè le più urgenti riparazioni
colla chiusura dei fori delle palle a fior d'acqua, e
prosegui al sud nella mattina del 24 toccando Cobija,
dove incontrammo il vapore del nord (commerciale),
che trasportò i feriti ed il Commissario ad Antofagasta,
coir incarico di conferire col generale in capo, per do-
mandargli un vapore che venisse ad incontrarci, per-
chè la nave non camminava che a ragione di due mi-
glia e seguiva facendo molt' acqua. >
Come manifestamente emerge da siffatta relazione
del Comandante della Covadonga^ questa nave poteva
già considerarsi come perduta prima che il nemico pen-
sasse ad assalirla collo sperone della propria corazzata ;
poiché dopo siffatto momento non ricevè più alcun
(i) In ana relazione pubblicala dal giornale £/ Mercurio di
Valparaiso, del 4 giugno 1879, leggiamo : « Erano le 12 merid.
e tutto era finito. La Independincia si coricava sul lato di estrìbor,
la saa gente cadeva in mare, le sue scialuppe si sommergevano,
la fucileria della Covadonga faceva esterminio. »
25©
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
danno. Bastava continuare inseguendola come per lo in-
nanzi, accontentandosi di bersagliarla coi cannoni da 70
che molto o poco non avrebbero lasciato di peggiorare
le sue condizioni ; e senz* altra causa che i danni già
sofferti nella macchina e nei suoi fianchi, pei quali en-
trava liberamente l' acqua - danni che la semplice pre-
mura dì fuggire la presenza del nemico avrebbe aggra-
vato sempre più - essa avrebbe dovuto necessariamente
tosto o tardi sommergersi. Se poi il fortuito naufragio della
Independencia, avvenuto per mera disgrazia, per una
circostanza imprevedibile, né affatto addebitabile al suo
Comandante e completamente estranea all'azione della
Covadonga^ permise che questa potesse a dura pena
salvarsi, ciò non vuol dire affatto che essa avesse vinto.
Fra le altre cose è a notarsi che la Independencta non
aveva ricevuto durante la corsa della Covadonga^ im-
propriamente chiamata combattimento, che appena due
o tre proiettili inoffensivi ; e che il suo numeroso equi-
paggio non contò che pochissime perdite, avute in mas-
sima parte dopo il naufragio della nave. Prima di questo
momento solo si avevano a deplorare un morto e tre
feriti, caduti sotto i colpi di fucilerìa della Covadonga,
nell'istante in cui la Independencìa essendo per attingerla
col suo sperone, incagliò nella roccia sottomarina. Que-
sti particolari li abbiamo avuti direttamente da |:>ersone
degne di fede, che si trovavano a bordo della Indepen-
^^nc/a, sebbene estranee all'equipaggio della medesima.
Ciò nondimeno il Chili celebrò siffatto avvenimento
come la più splendida vittoria di quante furono mai
riportate sui mari da che il mondo esiste.
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 251
Di carattere essenzialmente spavaldo e millantatore,
il popolo chileno sentiva il bisogno di celebrare una
rumorosa vittoria, che coprisse innanzi a sé stesso ed
innanzi al mondo, la inettezza spiegata dalla propria
squadra nei 43 giorni decorsi dalla sua entrata in
azione, durante i quali nuli' altro seppe fare che infe-
rocire contro paeselli indifesi, ed arrivar tardi, dopo
43 giorni, là dove avrebbe dovuto e potuto arrivare in
men di una settimana - al Callao. Ardeva del desiderio
di proclamarsi grande, di crearsi degli eroi chileni ; e
festeggiò con delirante esaltazione come sua vittoria
una sventura del nemico, di cui solo il caso fu autore,
e che solo potè far rimanere a metà la inequivoca di-
sfatta toccata alle sue armi
I Comandanti della Esmeralda e della Covadonga
furono proclamati nel Chili i più grandi Capitani del-
l' universo, ed i marini chileni in generale i primi bat-
taglieri dei mari.
Neil' ordine del giorno, letto il 29 maggio, agli equi-
paggi delle diverse navi della squadra chilena,si diceva:
e La Esmeralda fu colata a fondo colla gloria con che
visse sempre.... (i). La Independencia è stata compie-
(l) Che U Esmeraìda perisse gloriosamente, nessuno Io porrà
in dubbio: ma che poi fosse vissuta sempre gloriosamente, come
assìcnrava l'ammiraglio chileno Williams, è molto da questionare.
Nei suoi lunghi anni di vita, fino alla vigilia della sua breve lotta
col Huaseatj V Esmeralda non compì che un solo atto degno di
nota; ossia la cattura àtW Avviso spagnuolo Ccvadonga, caduto
in un tranello; e certo nessuno dirà che ciò portasse gloria.
252 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
tamente distrutta (senza dire da chi e come) e la Co-
vadonga ha potuto ritirarsi in direzione di Antofa-
gasta. »
Il giornale La Patria di Valparaiso chiamava la sca-
ramuccia del 21 maggio t il più. eroico combattimento
navale che registra la storia universale, » Eguale lin-
guaggio, o quasi, tenevano tutti gli altri giornali chileni.
Quattordici Deputati chileni presentavano sollecita-
mente alla Camera il i° giugno, un progetto di legge
di ricompensa ai combattenti della Esmeralda e della
Covadonga^ ove insieme a tant' altro si legge: a II com-
battimento del 2 1 maggio delle navi Esmeralda e Co-
vadonga colle corazzate peruviane Huascar e Inde-
pendencia è un fatto senza precedenti nella nostra
storia (!) per l'eroismo di quelli che perirono come
martiri della patria, e la serenità, il coraggio e la pe-
rizia di quelli che sopravvissero e trionfarono nella
più terribile e disuguale delle lotte. La goletta Cova-
donga abilmente e intrepidamente diretta dai suoi co-
mandanti, lottò colla corazzata Independencia e per-
venne a farla incagliare e sommergersi nelle acque
della costa peruviana. Atti tanto eroici serviranno di
esempio alle generazioni future.... >
Lo storico chileno Barros-Arana dice a sua volta-,
e II combattimento d' Iquique produsse una profonda
impressione in tutto il mondo. La stampa di Europa
e di America non trovava parole sufficientemente ar-
denti per dipingere l'eroismo dei chileni (i). > Rispon-
(l) //istoria (i€ la Guerra dil Pacifico, p. 95.
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 253
dano per noi tutti i lettori di giornali del vecchio e
del nuovo mondo, se lessero mai altro intorno a ciò,
air infuori di qualche ampolloso articolo di fonte chilena.
Essendo avvenuto nel secondo investimento dato dal
Huascar alla Esmeralda^ che il comandante ed un ser-
gente di questa cadessero all' urto sul ponte di quello
- dove ambo rimasero massacrati dai marinai presso i
quali piombarono» prima che il comandante del Hua-
scar avesse il tempo d' impedirlo - i chileni pretesero
che non erano punto cascati, ma saltati all'abbordo (i).
E non contenti di ciò, aggiunsero per soprappiù che
nel momento in cui V Esmeralda affondò, al ricevere
il terzo assalto del Huascar, il suo equipaggio trova-
vasi preparato per correre anch' esso compatto all'ab-
bordo dietro al suo estinto comandante, e che sola^
mente la pronta sommersione della propria nave gli
impedì di compiere siffatto proposito. Per sapere quanto
sia di vero in ciò, basta ricordare che i naufraghi della
Esmeraida^ sebbene raccolti quasi istantaneamente dalle
scialuppe del Huascar^ trovavansi in maggior numero
completamente nudi; ciò che prova che essi si spoglia-
(i) Attesa la sua natura di monitore il Huascar era sì basso
che, eccetto la torre, si elevava appena di pochi f cilici sopra la su-
perficie delle acque : quindi nuUa di più facile che, perduto l'equi-
librio per effetto della violenta scossa sofferta dall' Esmtralda al-
l' urto del Huascar, vi precipitasse il comandante dal ponte di
comando, dove si trovava col sergente che gli fu compagno di
sventura. £ che realmente sia stato cosi, lo sappiamo anche da
distinta e ragguardevole persona (A. Y. de C.) che udillo dalle
proprie labbra dell'illustre comandante del Huascar, M. Grau.
254
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
rono prima di ricevere il terzo ed ultimo investimento
del Huascar ; e certo non è in siffatto stato adamitico
che si va all'abbordo di una nave nemica. Tuni
sanno invece che, in tali frangenti, ciò vuol dire pre-
pararsi a scampar la vita, non già a combattere. Ecco
degli eroi di nuovo stampo !
Bastino al lettore questi pochi esempi, per giudicare
con una tal quale approssimazione della stravagante
rodomonteria e della petulanza chilena.
Indipendentemente da ciò, la fortuita perdita della
Independencia fu però un vero disastro pel Perù, la cui
squadra, già tanto meschina di fronte a quella del ne-
mico, trovossi ridotta dopo questo disgraziato avveni-
mento a proporzioni siffattamente minime, che più non
erale possibile, nonostante F ardimentosa valentia dei
suoi condottieri, di misurarsi con quella; e sotto que-
sto rapporto avevano i chileni motivo più che baste-
vole di rallegrarsi e di suonare a festa.
Rimasto solo il Huascar contro le due potenti co-
razzate chilene Lord- Cochr arie e Bianco- Encaiada
- pur non facendo nessun conto della numerosa squa-
dra in legno del Chili, per contrapporla col vantaggio
di quattro contro due, alle due corvette in legno del
Perù - la sua azione e la sua esistenza stessa non po-
tevano essere che assai limitate. Uno contro due in
numero, ed appena in ragione di uno contro tre in
potenza, in confronto a ciascuna delle due corazzate
nemiche, il Huascar^ sia per entrambe, sia per ciascuna
di esse isolatamente, non poteva essere che un nemico
poco temibile, un semplice giuocattolo che per nulla
OPERAZIONr E COMBATTIMENTI NAVALI 255
doveva impedire o contrastare la loro potente azione,
e di cui avrebbero potuto sbarazzarsi sempre che il vo-
lessero (i).
Nondimeno non fu cosr.
A cominciare dal 22 maggio, il Huascar non rimase
un solo momento inoperoso. A volte in compagnia
della corvetta Union^ il più spesso solo, esso disimpe-
gnava, mercè la sua ardimentosa e ben diretta attività,
tutte le funzioni di una numerosa squadra. Scortava
felicemente i trasporti peruviani carichi di soldati, di
armi, di vettovaglie: visitava a salti, oggi Tuno, do>
mani V altro, tutti i porti e rade del Chili fino a Val-
paraiso, senza mai arrecar danno alcuno alle indifese
popolazioni di cui nondimeno avrebbe potuto far ma-
cello, per poco che avesse voluto seguire il tristo esem-
pio dato dal nemico : appariva e riappariva continua-
mente nella rada di Antofagasta, ove trovavasi il quartier
generale dell'esercito chileno, ora per ritornare rapida-
(i) Fer la migliore intelligenza di quanto s' è detto, ripetiamo
1 iegnenti dati :
Monitor Huascar (peruviano) due cannoni da 300 situati in
una torre giratoria - 1130 tonnellate di capacità - 300 cavalli di
forza — corazza di pollici 4 i[2 nel centro e di soli 2 112 nelle
estremità — corazza della torre pollici cinque e mezzo - costruito
l'aimo 1865.
Corazzata Lord-Cochrane (chilena) sei cannoni da 300 dei mi-
gliori tipi moderni - 2032 tonnellate di capacità - rooo cavalli
di forza - corazza di nove pollici - doppia elice - costruita
Tanno 1874.
Coraxzata Blaneo-Encalada (chilena) in tutto e per tutto simile
all'anteriore.
■t
%
t
t
1
I
(
256 OPERAZIONI E COMBATTIMENri NAVALI
mente indietro dopo averne diligentemente osservato il
movimento, ora per impegnare un breve combattimento
colle batterie di terra o colle navi nemiche ivi stazio-
nate: batteva incessantemente il mare, ora in su, ora
in giù, dando la caccia ai trasporti di guerra del ne-
mico e mantenendo in una continua ansietà il suo com-
mercio di cabotaggio.
Nel mese di luglio l'attività del Huascar fu vera-
mente vertiginosa quanto felice.
Il dieci di detto mese entra come un fulmine nel porto
di Iquique, di cui tenevano il blocco la corvetta chi-
lena Magallanes ed il trasporto armato Matias-Cou-
siilo; si slancia addosso a quest'ultimo, che cattura;
e nella impossibilità di menarlo seco per la prossimità
del grosso della squadra nemica, determina di colarlo
a fondo. Però nobile e generoso sempre, il Comandante
del Huascar si trattiene dallo spargere un sangue che
può risparmiare, comunque nemico, e ordina che si
salvi prima nelle scialuppe l'equipaggio del condannato
Matias-Cousino. Quest'ordine è già eseguito per metà,
quando appaiono le corazzate chilene, contro le quali
il pìccolo Huascar non può lottare senza svantaggio,
e lasciando libero il Cousifio si ritira celermente, non
senza tentare, passando, un investimento sulla Ma-
gallaneSy da cui questa si salvò appena (i); sicché fu
(i) IO luglio: « l^n Magailanes ed il trasporto armato ìI/«2/miì'-
Cousifio sostenevano il blocco di Iquique, quando furono sorpresi
dal Huascar. Questo catturò il Matias^ che per magnanimità non
volle mandar a fondo, preferendo attendere che l' equipaggio sì
salvasse nelle scialuppe. Neil' intervallo si presentò la Còckroftc^
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 257
solo per un atto di generosità che il Chili non perde
il Cousino,
>
Passano undici giorni, ed il 21 luglio il Huascar
penetra nei porto chileno di Carrizal, s' impossessa di
tre bastimenti chileni carichi di merci chilene, metalli
e carbone, e fornitili di equipaggio peruviano, li spe-
disce al Callao.
Passano due giorni ancora, siamo al 23, ed il Hua-
scar cattura in aito mare il miglior trasporto da guerra
chileno, il Rimac, che portava tre compagnie di caval-
lerìa nemica (3oo uomini), con molte vettovaglie ed
una forte somma di danaro. Il Rimac era trasporto
armato.
l\ Huascar divenne in poco tempo V incubo doloroso
dei capitani chiieni.
Il terrore che circondava il suo nome, contenne tutte
le superiori forze del nemico, mentre procurava piena
libertà di azione a quelle del proprio paese.
Le forti corazzate chilene eransi convertite, potremmo
dire, in una semplice scorta d'onore del piccolo atleta
peruviano : andando continuamente avanti od indietro
a perder tempo e carbone, ed arrivando sempre dopo di
esso, soltanto facevan sempre a tempo a vedere la sua
lontana colonna di fumo sperdersi a poco a poco nel-
r orizzonte, e raccogliere notizie delle sue ultime gesta.
ed il //ttascar dovè abbandonare l' impresa rifugiandosi in Arica.
La Magallancs si salvò appena da un colpo di sperone del
Huascar. s
El Perrocarril, giornale di Santiago del Chil), 14 febbraio i88t.
Rassegna retrospettiva della guerra.
258 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVAU
Né migliore era per certo la situazione deiresercito;
perchè mentre la squadra chilena si struggeva mise-
ramente nel più sterile inseguimento contro il Huascar,
la più completa inoperosità consumava d'altra parte
il relativamente forte esercito chileno, concentrato in
Antofagasta per effettuare uno sbarco sul territorio pe-
ruviano. Lo spavento sparso dalla maravìgliosa attività
del Huascary lo teneva immobile sugi' inospitali scogli
del deserto di Atacama: da cui non osava muoversi
fino a che aveva a temere una sorpresa, sia durante
il corto tragitto per mare fino ad arrivare al punto di
sbarco, sia durante lo sbarco medesimo, sia dopo di
esso - più che altro presentandosi terrìbile la probabile
eventualità che potesse impedire il suo vettovaglia-
mento od il suo reimbarco, se ne arrivasse il moaiento.
Lo storico chileno Barros-Arana, che, come più volte
s'è detto, è bene al corrente di tutto quanto si opera
e si pensa nelle alte sfere governative del Chifi, scrìve:
a Prima di aprire la campagna terrestre conveniva an-
nichilire il potere navale del Perù, o almeno distrug-
gere il monitore Huascar che gli dava vita: questo
appunto era stato deciso in Santiago, nei consigli di
Governo (i). »
Per quanto appaia strano ed incredibile, è un fattoj
che non ammette dubbio: il ChiFi aveva paura dell
Huascar.
Il Chilt che, oltre la numerosa sua squadra in legno,
aveva a sua disposizione due forti corazzate, ognuna
(i) Historia de la guerra del Pacifico, p. 130.
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 259
delle quali era un formidabile colosso di fronte al de^
bole monitore peruviano, si lasciò imporre ed intimo-
rire da questo, fino al punto di arrestare completamente
Fazione dei suoi eserciti; di quegli eserciti che già
prima della dichiarazione di guerra teneva pronti per
lanciarli come una valanga irresistibile sui territorio
nemico, e che dopo quattro mesi d'inqualificabile aspet-
tazione, rimanevano ancora immobili come colpiti da
catalessia, là dove si trovavano il primo giorno, dando
tempo al Perù di organizzare la difesa del proprio ter-
ritorio, e quindi compromettendo seriamente l' esito di
una guerra da tanto tempo e con tanto studio pre-
parata.
Nonostante il suo esagerato amor proprio nazionale
- o caratteristica presunzione, per cui il chileno è por-
tato a credersi il primo bipede della creazione, ed a
ritenere come ottimissimo tutto ciò che nasce da mano
o mente chilena, o che in qualunque modo porta il
patrio suggello * il popolo chileno seppe comprendere
quanto ciò fosse disdoro al proprio paese ; e più volte
si levò a tumulto, censurando la condotta del Governo
e della propria squadra, che tanto inetta si mostrava
contro un nemico tanto ad essa inferiore nelle forze
materiali.
Lo stesso storico citato, che meglio potrebbe chia-
marsi apologista del Chili, non può dispensarsi - egli
tanto chileno! - dal dire a questo riguardo: e Le cor-
rerie che facevano impunemente le navi peruviane, la
inefficacia dell'azione delle navi chilene, e soprattutto
la perdita del trasporto Rimacy avevano prodotto certo
260 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
scontento nel Chili... Accusavasi il Governo di non
dare alle operazioni della guerra una direzione più ener-
gica e più attiva, ed i capi della squadra di poco vi-
gore o di poca fortuna nella lotta colle navi peruviane.
Questa situazione degli spiriti, espressa con franchezza,
diede luogo a che nel Perù si credesse, e si ripetesse
all'estero, che la tranquillità incontrastabile e tradizio-
nale del Chili era per sparire sotto il peso di una tre-
menda commozione (i). »
Checché ne dica il signor Barros-Arana, il malcon-
tento manifestato dal popolo chileno fu tale che bisognò
ricorrere alle armi per sedarlo, massime in Santiago,
dove si sparse non poco sangue nella sera del 3o lu-
glio ; e certo, la tremenda commozione di cui egli parla,
non si sarebbe fatta aspettare a lungo, se l'Oligarchia
chilena non fosse stata tanto forte e robusta in casa
propria.
Nonostante le esigenze popolari, il Governo ed i di-
rettori della guerra rimasero però fermi nel proposito
di non muovere V esercito da Antofagasta, di non av-
venturarlo in impresa alcuna, fintanto che esistesse il
Huascar in potere del Perù : e poiché un qualche sforzo
bisognava pur farlo per uscire da una situazione tanto
difficile, per non dire ridicola, si prese la risoluzione
di esonerare la squadra da ogni altro servizio, e di de-
dicarla esclusivamente alla caccia del monitore peru-
viano.
(i) Barros-Arana, Historia de la Guerra dei Pacifico, ps
gina 126 e 127.
OPERAZIONI E COMBArriMENTI NAVALI 261
Il 5 agosto fìi quindi tolto il blocco di Iquique,
unico servigio che fin allora avesse reso la squadra
chilena; la quale si raccolse tutta nel porto di Anto-
fagasta per prepararsi alla grande vittoria sul terribile
e spaventoso nemico.... sul piccolo Huascar!
Il 12 dello stesso agosto furono fatti anche dei no-
tevoli mutamenti, si nel comando delle navi principali,
come nel comando in capo della squadra ; ed essendo
questa già pronta, mosse compatta alla gloriosa im-
presa (i).
Ecco adunque tutto il relativamente formidabile po-
tere navale del Chili - due forti corazzate con 12 can-
(i) « Fulironsi perfettamente i fondi delle navi, ripararonsi le
loro macchine, provvedendosi alcune di esse di nuove e migliori
caldaie, completaronsi i loro equipaggi ed il loro armamento, e
s' iotrodnssero in tutti i particolari della organizzazione navale le
riforme che 1' esperienza di sei mesi d' infruttuosa campagna (con-
tondo dalla famosa occupazione di Aniofagasta^ 12 febbraio") sem-
brava consigliare. Il Governo, inoltre, aveva comprato 0 preso in
fitto alcuni comodi vapori per farli servire come trasporti, e tutti
essi furono armati di potente artiglieria.... In questa medesima
epoca r ammiraglio Williams Rebolledo, la cui salute erasi in-
debolita ed il cui spirito si sentiva fatigato dal nessun esito delle
operazioni navali, lasciò il comando della squadra. Il suo posto
fu confidato al capitano di vascello Don Garbarino Riberos, ma-
T>no antico che a causa delle sue malattie trova vasi separato dal
servizio, e che ora vi litornava pieno di energia e di risoluzione.
Riberos doveva comandare in persona la corazzata Bianco-Enea'
loda: il comando della Cochrane fu dato al capitano Don José
I^torre...- •
Ba&kos-Arana, H istoria de la Guerra del Pacifico, p. 129
c 130.
262 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVAU
noni da 3oOy quattro navi in legno con Sg cannoni
da i5o, 70 e 40y e cinque o sei trasponi armati con
cannoni Krupp di grosso calibro - spingersi animoso
contro un nemico che non era se non un piccolo mo-
nitore.... il Huascar; il quale non aveva che appena
due cannoni da 3oo, una firagile corazza graduale dal
pollici due e mezzo ai quattro e mezzo, ed una mac-
china della forza di 3oo cavalli. Non facciamo qui nes-
suna menzione delle due corvette in legno del Perù;
perchè, come s' è dettò innanzi, tutto questo apparato
del Chili non era che pel solo Huascar : le due cor>
vette anzidette erano guardate col massimo disprezzo
dalle corazzate chilene, le quali si facevano forti dì
misturarsi con esse in ogni tempo, senza timore e senza
paura, e certo non senza ragione , poiché i piccoli can-
noni da 70 e da 4o di quelle erano completamente
inefficaci contro le loro solide corazze di nove pollici.
Questa esposizione ha l'apparenza di uno scherzo,
di una parodia, di una triviale esagerazione, figlia della
più passionata parzialità ; e pur nondimeno non è che
pura e schietta verità, di cui non è punto difficile tro*
vire la spiegazione. Il Perù, quasi senza marina, aveva
marini intelligenti e valorosi che sapevano trarre tuno
il profitto possibile dai deboli e meschini elementi messi
a loro disposizione; mentre il Chili, con bella e buona
marina che in altre mani sarebbe stata potentissima, di*
fettava completamente di buoni marini.
Gli uomini di Governo del Chili, intelligenti, sagaci,
ottimi calcolatori, rimasero pienamente convinti di ciò
fin dal bel principio della guerra. Compresero a tempo
OPERAZIONI E COMBATTIMEN'n NAVALI 263
che non potevano fare grande assegnamento su quelle
loro corazzate, il cui acquisto era costato tanti sacrifizi
al paese, fino a che il Perù avesse nel mare un solo can-
none capace di perforare le loro corazze : compresero
che solamente favoriti da una stragrande superiorità
di forze, congiunta al molto numero, avrebbero potuto
i loro timidi e inesperti marini impadronirsi del debole
monitore peruviano, o distruggerlo; e guidati dai saggi
consigli, loro suggeriti dal più accurato esame dei fatti
e delle cause dei medesimi, adottarono le prudenti mi-
sure da noi finora riferite.
A provare praticamente la poca fiducia che il Go-
vernò del Chili poneva nella propria squadra, bastano
due soli dei fatti già narrati, per poco che se ne vo-
glia e sappia valutare tutta la importanza. Essi sono:
I* L'aver tenuto per più mesi inoperoso il suo eser-
cito, già prima della dichiarazione di guerra pronto
all' attacco in Antofagasta, fino a tanto che restava al
Perù il Huascar : mentre era tra i suoi più vitali in-
teressi di accelerare le operazioni della guerra, e di ope-
rare al più presto la progettata invasione del territorio
nemico, tanto per non esporsi ad esaurire senza frutto
le scarse sue finanze, che a dura pena sostenevano le
ingenti spese della guerra, quanto per non dar tempo
al Perù di armarsi e di opporgli più tardi una resi-
stenza, che in principio si era certi di non incontrare;
circostanza che, già sappiamo, fu quella appunto che
determinò il Chili a rompere sì precipitosamente la
pace col Perù. 2® L' aver dovuto togliere il blocco di
Iqaique che tanta importanza aveva nella guerra, sì per
T7- — CaivamO, Guerra d* America,
204 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
privare il Perù delle considerevoli somme che avrebbe
prodotto la esportazione del salnitro, come per riser-
barle a sé per quando si impadronirebbe di detta lo-
calità; e ciò non ad altro scopo, che per aumentare
la forza ed il numero delle navi che dovevano dar la
caccia al Huascar^ contro di cui sarebbe stata più che
sufficiente una sola delle corazzate chilene.
Che poi questa poca fìducia del Governo chileno
nella propria squadra non fosse stata senza baste-
vole motivo, lo prova ad esuberanza la inequivoca
inettezza ed insufficienza mostrata da questa fin dal
principio della lotta ; ossia per ben quattro mesi con-
secutivi, durante i quali nuli' altro seppe fare che con-
sumar carbone, incendiare i piccoli porti inermi del
Perù, e perdere una nave in una sorpresa del nemico
che doveva e fu per essere una vera disfatta pel Chifì,
e dalla quale solo il cieco caso lo salvò; poiché, com^é
noto, il naufragio della corazzata peruviana Indepen-
denda fu meramente accidentale e fortuito.
Da che il Huascar prese il mare, i6 maggio, fino
all'epoca che descriviamo, primi di agosto, e che si
protrasse dipoi senza alterazione alcuna fino all'otto-
bre, ossia durante cinque mesi, i trasporti di guerra
del Perù solcarono liberamente il Pacifico, senza che
mai uno solo di essi cadesse in potere della forte e
numerosa squadra chilena. Continuamente viaggiando
dal Callao ad Arica, e da Arica a Pisagua, e poi ad
Iquique, sotto le scorta del Huascar e delle due pic-
cole corvette in legno del Perù, le navi peruviane
trasportarono senza posa tutto l'armamento per Teser.
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 265
cito di Bolivia e tutti i materiali di guerra necessarii
per la fortificazione di Arica, mobilizzarono e vittua-
gliarono l' esercito del Perù, e mai una sola, ripetiamo,
fu catturata dalla potente squadra cbilena, la quale
arrivava sempre tardi dietro di loro, benché sapesse
che uno solo fosse il porto di uscita di quelle ed uno
solo il porto principale d'entrata; sicché bastava che
essa avesse saputo mantenersi in osservazione innanzi
a uno dei detti porti, Callao ed Anca, per impedire
ogni movimento delle medesime, o catturarle.
Né ciò le avrebbe punto impedito di attendere ad
altri servigi, non esclusa la caccia al Huascar: il
numero e la forza delle sue navi permettendole divi-
dersi in più sezioni, ognuna delle quali sarebbe stata
indubitatamente superiore a tutta la squadra peruviana,
massime le due sezioni principali composte dalle co-
razzate Blanca-Encalada e Lord-Cockrane, separata-
mente, contro ciascuna delle quali tutta la squadra
peruviana riunita insieme non avrebbe presentato che
un contingente assai inferiore di forze.
n Governo chileno avea dunque più che motivo,
aveva necessità di diffidare della sua squadra, e di
adottare le prudenti misure da noi riferite; le quali,
data la intrinseca povertà delle forze navali del Perù,
e le tristi condizioni nelle quali versava questo paese,
non potevano non portare presto o tardi gli attesi
risultati.
Ma sarebbe stato lo stesso se il Perù avesse avuto
non altro che una sola nave della forza di una
delle due corazzate chilene? Tutto ci autorizza a sup-
266 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
porre che no. Più ancora, il logico apprezzamento dei
fatti ci dice, che senza il fortuito naufragio della In-
dependencia, forse non sarebbe stato punto ' difficile ai
Perù di uscire, se non vittorioso, illeso almeno dalla
disuguale lotta alla quale fu con tanto premeditato
studio chiamato, e che assai probabilmente non sarebbe
andata al di là di una lunga, faticosa e sterile con-
tesa navale.
Comunque debolissima nel suo genere, la corazzata
Independencia avrebbe concorso potentemente a lato
del Huascar, coadiuvando l'energica azione di questo,
a mantenere forse indefinitamente a scacco la squadra
e tutto il relativamente enorme potere militare del
Chili: giudizio che non è affatto avventurato, una
volta che si è visto che un tale risultato seppe otte-
nerlo il Huascar da se solo per ben cinque mesi in-
circa. E supposto anche^ alla peggio, che solo avesse
concorso a protrarre per qualche mese ancora la
situazione creata dal Huascar; situazione che mentre
debilitava il Chili coli' inutile esaurimento delle sue
limitate risorse finanziarie, e con la stanchezza pro-
dotta dalla inoperosità delle sue forze con tanti sacri-
fizi e con tanta anticipazione preparate, dava al Perù
il tempo di armarsi e di organizzare convenientemente
la difesa del suo territorio; è fuori di dubbio che il
Perù avrebbe migliorato enormemente le proprie con-
dizioni, con notevole danno di quelle del Chili; il
quale, perduti i vantaggi coi quali e pei quali volle
e provocò la guerra, avrebbe forse finito col tirarsi
indietro.
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 267
Ben poco ci rimane a dire del resto della campagna
navale.
Il Huascar^ continuando per altri due mesi ancora
a prestare al suo paese i grandi servigi resi fin allora,
ed a compiere di tratto in tratto le sue ardite escur-
sioni nei porti nemici, fu sempre alla portata della
numerosa squadra chilena, che tutta unita come a
fargli la corte, batteva le onde innanzi ed indietro, a
null'altro intesa che a dargli la caccia.
Ma venne alla fin fine anche per esso Fora del tra-
monto: ed esso che il nome portava dell'illustre figlio
del Sole, che un ìisurpatore fratello sopraffaceva in
Quipaipampa, cadde come quegli cadea.... grande, mae-
stoso, terribile!
All'albeggiare del dì 8 ottobre, di ritorno da una
spedizione lungo la costa chilena insieme alla corvetta
Unioriy e proprio all'uscire dal porto di Antofagasta,
ov' era entrato a praticare una ricognizione, il Huascar
cadde nella rete formata dalla squadra chilena, che in
due divisioni incrociava da poche ore fra Antofagasta
e Mejillones. La corazzata Blanco-Encalada^ la canno-
niera Covadonga e due trasporti armati componevano
la prima divisione ; ed erano a formare la seconda la
corazzata Lord-Cochrane^ la corvetta O^ Hìggins ed
un trasporto armato.
Le due navi peruviane s'imbatterono nella prima
delle due anzidette divisioni che cercarono di causare,
nella certezza che il resto della squadra doveva tro-
varsi non molto distante, e che, laddove avessero im-
pegnato battaglia con quella, presto si sarebbero viste
268 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVAU
circondate da tutta la numerosa flotta nemica. Ma
quando appunto credevano esser Ti lì per uscire dalla
cerchia dell' imboscata, trovarono il cammino sbarrato
dalla seconda divisione.
U cattivo stato della chiglia del Huascar non per-
mettendo affatto di ricorrere alla fuga(i)» per quanto
le manovre fossero state abili ed ardite, la lotta divenne
inevitabile: ed il valoroso comandante del Monitore
peruviano, onde prevenire la concentrazione delle forze
nemiche, coli' arrivo della prima divisione lasciata al-
(i) È un fatto generalmente noto, cosi nel Perù come nel
Chili, che la Chiglia del Huascar trovavasi sommamente sporca,
quando questo mosse da Arica il 30 settembre per la sua ultima
spedizione ; spedizione che fu ordinata dal Presidente Prado. e
che il contrammiraglio Grau opinava di non doversi menare ad
effetto, se non dopo di aver pulito la chiglia del Monitore, al
quale non poteva imprimersi per tale circostanza tutta la velo-
cità, di cui era capace in condizioni normali, e di cui avrebbe
avuto tanto bisogno in caso d' incontro colla squadra nemica,
contro la immensa superiorità numerica e materiale della quale
ogni lotta era impossibile. Ma il Presidente Prado, colla stolti
fiducia dell' ignoranza intorno a ciò che egli chiamava buatta fcr-
ttma del Huascar, insistè nell' ordine dato, a dispetto delle sag-
gie osservazioni del comandante Grau ; il quale si separò da Ini
dicendogli : Obbedisco percìù così mi impone il mio dovere, ma so
chi porto il Huascar al saerijitio. Era tanta la convinzione dì
Grau a questo riguardo, era egli tanto certo di soccombere pel
cattivo stato della sua nave, nel probabile caso d' incontro coUa
squadra nemica, che al momento di partire d'Arica spedi alla
sua degna consorte in Lima, un pacco contenente documenti e
ricordi di famìglia, che desiderava porre in salvo. Conserviamo
in nostra mano una lettera del signor Del Rio, a cui Gran affidò
detto pacco nel porto di Arica a bordo dello ttcaso tìuatear.
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 269
quanto indietro, prese l' iniziativa, ed apiì immediata-
mente il iuoco contro la corazzata Lord-Cochrane.
Però non isfugg^ punto all'intrepido contrammira-
glio Grau che assai difficile, se non del tutto impos-
sibile sarebbegli stato lo svincolarsi dal potente nemico
che avea di fronte, prima che sopraggiungesse la se-
conda corazzata col resto della squadra, ciò che lo
poneva in una situazione delle più disperate; e senza
paura, come senza speranza, rivolse anzitutto il pen-
siero, con quella nobile generosità di animo che tanto
lo distingueva, alle difficili condizioni del suo paese,
cui forse andava a mancare con lui il suo principale
sostegno, e senza lasciarsi adescare da nessuna codarda
illusione sulP aiuto che avrebbe potuto ricevere dalla
fragile corvetta Union, pensò invece di salvarla da una
certa ed infruttuosa rovina, onde più tardi potesse pre-
star più utili servigi al proprio paese; e impartì, per
mezzo dei segni d' uso, al comandante di quella, l'or-
dine seguente : Salvi la sua nave: io rimango qui a
compiere il mio dovere.
Tre navi leggiere si staccarono, una dalla prima e
due dalla seconda divisione della squadra chilena, ad
inseguire T Union; ma abilmente guidata questa dal
suo intelligente comandante Aurelio Garcia y Garcia,
potè arrivar salva ed illesa ad Arica nella susseguente
mattina del nove.
Che diremo del Huascar? Per descrivere l'ultima
lotta di questo leone del Pacifico avremmo bisogno
della penna di Dante o d'Omero. G)nfessiamo che la
nostra non è da tanto; e vi rinunciamo.
270 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
Riferiremo solamente, per debito di storici, che
dopo un'ora di accanito combattimento colla corazzata
Cochrane^ entrò in azione anche Taltra corazzata Bianco-
Encalada^ senza parlare delle navi minori; e che messo
fra due fuochi, il Huascar, quasi a tiro di pistola, si
battè ancora da forte, per un'altra lunga ora, contro
entrambe le forti corazzate chilene, fino a che, mono
il valoroso comandante Gran, morti successivamente,
dopo di lui, un secondo ed un terzo comandante, rotta
in pezzi la torre, guasti i cannoni e tutte le armi da
mano, dimezzato l'equipaggio, pieno di ardenti rovine
da un capo all' altro, rimasto senza governo per la ri-
petuta rottura degli apparecchi del timone, ridotto al-
l' assoluta impotenza così per l' offesa come per la di-
fesa, il Huascar apri le valvole di sommersione, ed
attese.... Attendeva di seppellirsi da un momento al-
l' altro sotto quelle onde sulle quali fu per tanto tempo
generoso e temuto re; ed ebbesi invece quel destino
che solo seppe paventare: l'onta del pie nemico,
che superbo profanò il suo ponte, fatto cimitero dì
prodi!
Su questo avvenimento tanto lungamente atteso e di
tanta importanza pel Chili, il comandante della squadra
chilena, G. Riberos, trasmetteva due rapporti al suo
Governo : l' uno nel medesimo giorno 8 ottobre, l'altro
due giorni dopo, il io.
Togliamo da entrambi i seguenti brani:
Rapporto del giorno 8 : € Alle 9 a. m. s' impegnò un
combattimento fra la Cochrane ed il Huascar. Alle 10
entrò nel combattimento la Bianco. Alle 10 e 5o mi-
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 271
auti il Huascar, fatto in pezzi,* si arrese. Il coman-
dante Grau morto: egualmente morti il 2° ed il 3« co-
mandante. L' equipaggio del monitore peruviano resistè
tenacemente ed eroicamente. Per lo stato nel quale è
rimasta la nave, credo che non potrà servire./.. »
Secondo rapporto del giorno 10: < Il //i/o^cor dopo
un sostenuto cannoneggiamento coWdi Cochraney diresse
la sua prora sulla Bianco, facendo su questa coraz-
zata alcuni spari ai quali fu immediatamente risposto.
Vi fu un momento in cui la bandiera del Huascar la-
sciò di vedersi, e si credè finito il combattimento: però
la bandiera peruviana tornò ad alzarsi sulla nave ne-
mica, e la lotta continuò. Le distanze si accorciarono
di tal modo che si credè arrivato il momento d' im-
piegare lo sperone, evitando quello della nave nemica.
Vi fu un istante in cui il Huascar passò quasi a ven-
ticinque metri di distanza dalla Bianco^ sparando i suoi
cannoni e facendo un nutrito fuoco colle mitragliatrici
delle sue coffe. La Cochrane^ allontanata per alcuni
moaienti dal Huascar pel movimento che fece questo
sulla Bianco, tornò di nuovo su di esso, e manovrando
con opportuna destrezza collocò il nemico fra due fuo-
chi. In questi momenti il Huascar, sotto una pioggia di
proiettili delle nostre corazzate, si vide obbligato a ren-
dersi.... »
Rappono ufficiale del tenente Fedro Garezon, quarto
ed ultimo comandante del Huascar^ dopo la morte
successiva dei primi tre : e ....In questo momento (quando
egli il quarto prese il comando del monitore peruviano)
il Huascar si trovava per la terza volta senza governo
272 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
(manovra del timone); perchè le bombe nemiche ave-
vano rotto tutti gli apparecchi del timone. Queste bombe
cagionarono per tre volte T incendio nelle camere del
comandante e degli ufficiali, distruggendole completa-
mente. Altra bomba era penetrata nella sezione della
macchina pei camerini dei macchinisti, producendo un
nuovo incendio.... Avemmo anche due altri incendìi,
uno sotto la torre del comandante e F altro nel solaio
di prora. In questo stato, ed essendo assolutamente im-
possibile offendere il nemico, riscdvei d^ accordo coi tre
ufficiali che con me rimanevano in battaglia, di som-
mergere la nave prima che fosse preda del nemico; ed
a questo scopo comandai all' alfiere di fregata, Riccardo
Herrera, che comunicasse personalmente al primo mac-
chinista l' ordine di aprire le valvole ; ordine che fu
compiuto immediatamente, e per la cui esecuzione fu
necessario di fermare la macchina, come risulta dal-
l'annesso rapporto del detto macchinista. Erano le n
e IO minuti quando si sospesero i fuochi del nemico.
Il Huascar cominciava già a sommergersi per la poppa;
ed avremmo ottenuto la sua completa sommersione, se
la circostanza di aversi dovuto arrestare il movimento
della macchina, non avesse dato tempo al sopraggiuo-
gere delle scialuppe nemiche, i cui equipaggi non ci
fu possibile di respingere per essere rimaste inservibili
tutte le armi che avevamo disponibili. Una volta a
bordo^ gli ufficiali che li dirigevano obbligarono i mac-
chinisti, coi revolver alla mano, a chiudere le valvole,
quando già avevamo quattro piedi d' acqua nella sen-
tina, e speravamo sommergerci da un momento all*al-
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 273
tro: procederoQo anche attivamente ad estinguere t
varii incendii che tuttavia continuavano, e ci obbliga-
rono a passare a bordo delle loro corazzate, insieme ai
feriti. Non si può precisare il numero di proiettili che
il Huascar ha ricevuto, perchè appena è rimasta qual-
che parte che non sia stata distrutta.... Debbo egual-
mente manifestare che quando gli ufficiali ed equi-
paggi delle scialuppe nemiche monurono sul ponte del
Huascar trovarono Vasta caduta, per essersi rotta la
catena che la sosteneva, in modo che la bandiera che
da essa pendeva e che era stata per la seconda volta ^
issata, si trovava sul ponte; circostanza che feci no-
tare al primo tenente della Cochrane^ signor Toro, ed
a varii altri ufficiali i cui nomi non ricordo. »
i AntofagastOy io ottobre - A bordo del vapore Co-
piapò - (ove il signor Garezon era ritenuto prigio-
niero).
Fra le tante altre cose, che il lettore vedrà da sé,
dai trascritti rapporti appare che mentre il comandante
in capo della squadra chilena asserisce che il Huascar
si arrese^ V ufficiale peruviano che ultimo tenne il co-
mando di questa nave, racconta diversamente i fatti, si
da escludere completamente ogni sospetto di resa. Chi
dei due dice il vero?
All'arrivare i prigionieri del Huascar al Chili, vi
fu per più giorni una continua ressa di gente attorno
a loro. Tutti volevano vederli, tutti volevano conoscere
da vicino i prodi difensori del leggendario monitore
peruviano, tutti volevano ascoltare dalle loro labbra
qualche episodio più o meno commovente dei tanti che
274 OPERAZIONC E COMBATTIMENTI NAVALI
necessariamente doverono svolgersi sul ponte e nei
fianchi del piccolo atleta del Pacifico, in quelle due
ore di lotta suprema colle due potenti corazzate chi-
lene, con un nemico sei volte almeno più forte. I
giornalisti, facile è supporlo, non furono gli ultimi in
tanta ressa; e per più tempo i giornali di Santiago
non fecero che ripetere conversazioni più o meno lun-
ghe ed interessanti avute coi prigionieri del Huascar,
cogli ufficiali, cogli artiglieri, coi marinai, e perfino coi
semplici mozzi. Dalle tante, tutte più o meno unisone
nel fondo, togliamo i seguenti brani:
« Air intraprendere il Huascar la sua ultima spedi-
zione, tutti sapevano che le nostre corazzate (le chilene)
avevano le chiglie pulite e perciò maggior velocità. Il
Presidente Prado fu il solo a dubitare di questo van-
taggio della Bianco e della Cochrane : Grau, no.
« Dicono che non si ammainò la bandiera peruviana,
e che non si alzò affatto quella di parlamento. Confi-
dano che il signor Riberos (comandante della squadra
chilena) dirà ciò nel suo rapporto ufficiale (l)
e Le palle nemiche ruppero due volte i forti appa-
recchi che sostenevano l' asta della bandiera, e questa
cadde. Quando cadde la prima volta, tornarono a is-
sarla il tenente Garezon ed il soldato Julio Pablo.
a II tenente Garezon, quando vide che ogni resistenza
era impossibile, chiamò l' alfiere Herrera, e gli diede
l'ordine di aprire le valvole, onde sommergere la nave.
Le nostre corazzate (le chilene) stavano a circa cin-
quanta iarde di distanza. L'alfiere Herrera comunicò
l'ordine al capo-macchinista, il quale fermò la mac-
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVAl .1 275
china immediatamente e aprì le valvole : però ì chileni
vedendo che il Huascar né sparava né si moveva, lan-
ciarono sette scialuppe all'abbordo. L'equipaggio del
Huascar non fece resistenza, perché le armi erano
tutte guaste e perché agli ufficiali si diede voce dalla
macchina che il monitore si sommergeva. Lo stesso
alfiere Herrera vide nella sentina tre piedi e mezzo
d'acqua. Assicurano tutti che fra cinque minuti al più
il Huascar sarebbe colato a fondo ; ed in prova di ciò
citano la testimonianza degli ufficiali della Bianco e
della Cochrane che fecero chiudere le valvole. »
Oltre le numerose conversazioni avute coi prigio-
nieri del Huascar^ tutte più o meno del medesimo te-
nore dei pochi brani da noi riportati, i giornali chileni
pubblicarono anche non poche descrizioni dell'ultimo
combattimento del monitore peruviano, scritte da cor-
rispondenti che si trovavano a bordo delle corazzate
ed altre navi chilene, che ebbero parte in detto com-
battimento. Da una delle tante che troviamo nel gior-
nale El Mercurio di Valparaiso, togliamo le parole
seguenti : « Alle io a. m. sparò la Blanco-Encalada il
suo primo colpo, e da quel momento il combattimento
fu sostenuto dalle due corazzate contro il Huascar^
che si difese strenuamente. Una granata della Cochrane
ruppe i guardines del timone del Huascar, e per po-
terlo governare, dovettero ricorrere ad apparecchi dalla
camera del Comandante. Una granata della Bianco fece
esplosione in detta camera, terminando di rovinarla ed
uccidendo tutti coloro che maneggiavano gli apparec-
chi del timone rimanendo la nave senza governo al-
376 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVAU
cuno.... Il tenente Garezon che durante tutto il com-
battimento si portò bravamente, abbandonò il ponte per
far aprire le valvole della macchina.... Arrivati i chileni
sul Huascar, V ingegnere Werder corse alla macchina,
e col revolver alla mano fecesi indicare il sito delle val-
vole, per le quali cominciava ad empirsi la nave di
acqua.... »
Da queste diverse relazioni e dalle tante consimili
che amore di brevità non ci permette di riprodurre, tutte
direttamente od indirettamente di fonte chilena, ciò che
esclude ogni sospetto di parzialità a favore del Perù,
risulta adunque che il Huascar non si arrese ; e che
il rapporto dell'ufficiale Garezon, che in quarto ed ul-
timo posto ne tenne il comando, è vero in tutte le
sue parti.
In una lettera di famiglia (pubblicata dai giornali
peruviani) del Guardia-marina Domingo Valle-Rie-
stra, giovane sedicenne che foceva le sue prime prove
sul Huascar^ leggiamo: e Tre volte cadde la ban-
diera a cannonate: già senza gente, senz'armi, senza
nulla, fummo presi, o E furono presi dal nemico,
quando compiuto il proprio dovere fin oltre il bisogne-
vole, aspettavano imperterriti la vicina sommersione
del Huascar: ecco la verità (i).
(i) ci peruviani avevano aperte le valvole del monitore per
«ommergerlo, e 1' acqua entrava nei suoi fianchi in grande quan-
tità ; gli assalitori le chiusero prontamente, e così pervennero a
salvarlo. •
Bamos-Arana, ffistoria de la guerra del Pacifico, p. 135.
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 277
Un piccolo monitore di mille tonnellate e 3oo ca-
valli di forza, con appena due cannoni da 3oo ed una
fragile corazza di quattro pollici e mezzo nel centro,
che diminuisce fino a soli due e mezzo nelle estremità,
lotta coraggioso contro due potenti corazzate di due-
mila tonnellate, con mille cavalli di forza, sei cannoni
da 3oo ed una corazza di nove pollici ciascuna. Esso,
quasi invisibile al cospetto delle due solide moli cbe
ha di fronte, si spinge animoso in mezzo di loro, im-
perterrito sfidando i loro 12 cannoni che lo tempe-
stano a bruciapelo di grossi proiettili da tutti i lati,
pur d'avvicinarsi tanto da sperar di perforare la loro
spessa corazza d' acciaio, pur d' investirle col suo spe-
rone, che quelle pervengono facilmente ed evitare, mercè
r agii ita della doppia elice di cui sono provviste. Esso,
senza mai dare un passo indietro, sostiene da forte la
disuguale battaglia per due lunghe ore, fino a che ri-
dotto all'impotenza, fatto inservibile si alla lotta come
alla resistenza, figge lo sguardo negli abissi dell'oceano,
cercando l'unica via di sfuggire alle ineluttabili ca-
tene nemiche.... E voi che lottaste dieci contro uno,
voi cbe vinceste per sola stragrande superiorità di forze
materiali, vorreste togliergli anche la triste gloria del
cercato suicidio, vorreste mostrarcelo avvilito ed umi-
liato chieder perdono!
No, il Huascar non si arrese. Il Huascar cadde
come visse, in un'aureola di gloria imperitura!
Colla perdita del Huascar finirono i combattimenti
marittimi. Al Perù non rimanevano che due deboli cor-
vette in legno, la Union e la Pilcomajro, assolutamente
278 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
incapaci d^ogni lotta colla squadra chilena; e questa,
più non avendo competitori, restò padrona del mare.
I seguenti brani di giornali diranno come fosse sen-
tita in America e fuori la perdita del Huascar:
« Il Huascar è una nave storica.... Ha figurato in
tutti i combattimenti navali nel corso della guerra: ha
bombardato città chilene (solo le fortificate), ha cat-
turato navi trasporri, è stato per più mesi il terrore
delia costa chilena. Al comando di un abile e valente
Ufficiale e servito da un eccellente equipaggio, il Huas
car è stato sempre un formidabile avversario. »
li TiMKs di Londra del io Ottobre 1879.
a Non è necessario di essere stali pel Perù nella
disgraziata guerra Sud-Americana, per lamentare che il
gagliardo Huascar sia stato catturato dai chilenì. Qual-
che cosa che sembrava buona sorte, ma che non era
forse se non perizia nel suo maneggio, ha collocato
subitamente questa nave fra le più famose di quante
hanno solcato le acque americane. Nessuna impresa
era troppo grande, né troppo piccola per esso.... Che
mantenga la sua antica riputazione ora che si trova
in altre mani, è molto da dubitare; perchè Coman-
danti così abili come Gran non ve ne sono molti; ed
Ufficiali di secondo o terz' ordine hanno quasi altrettanta
paura che il nemico di una nave come il Huascar. »
L' Herald di Nuova Yorck, io Ottobre.
« La notizia della cattura del Huascar^ annunciata
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 279
ieri, 10, da Londra, cagionerà dolore in molti petti,
anche tra quelli che simpatizzino pel Chili. La pic-
cola e coraggiosa nave sembrava posseder vita incan-
tata, per l'arditezza colla quale menava a capo le
numerose ed arrischiate imprese cui la guidava il suo
valoroso Comandante.... D'altra parte, il Contrammi-
raglio Gran era per se stesso creditore alla generale
ammirazione, senza eccettuare quella dei nemici. Non
lasciava mai dietro di se paesi indifesi incendiati, non
distruggeva né vite né proprietà senza necessità: la
sua condotta è stata sempre quella di un prode marino
e di un perfetto gentiluomo. Può dirsi che finora il
Huascar é stato il protagonista della campagna, dall'una
e dall'altra parte, e l'unico elemento di attività nella
storia della guerra. Alle famose corazzate chilene non
toccava altra gloria, che la molto triste di arrivar
sempre tardi. »
La ESTRELLA DE PaNAHÀ.
• Grau è morto: però non é morto nella memoria
degli Argentini il nome di questo gigante dei mari. Il
Huascary l'incubo della squadra chilena; Grau l'incubo
dei chileni; nave e Comandante erano inseparabili.
La stella polare di Grau era la vittoria, ed anziché a)rren-
dersi preferiva la morte. Balenava appena nella sua
mente un' idea che potesse dare buoni resultati, e per
quanto fosse pericolosa la sua attuazione, l'accettava
senza titubare. Ad Antofagasta! gridò un giorno, e si
dirige là dove erano le navi chilene.... Nell'oscurità
della notte si fa vedere uno splendore: era l'allarme
che si diffondeva. Il fulmine di guerra tuonava tre-
18. — Cai VA NO, Guerra d'America.
28o OPERAZIONI E COMBATTiMENTI NAVALI
mendo sulle navi chilene, e la corona della vittoria
venne a posarsi sulla fronte di Grau. Molti fatti come
questo possono citarsi dell'intrepido marino. Onore a
lui! Gloria eterna ai vinti di MeijUones! U popolo
argentino che ba seguito con entusiastica simpatia le
gloriose gesta di Grau, vuol dedicare un ultimo tributo
alla sua memoria. Il Club Patrioiìco ha risoluto di
celebrare un funerale ed una processione di lutto, in-
vitando tutte le società straniere, i rappresentanti delle
campagne, gli studenti.... d (Funerali e processione
ebbero luogo qualche giorno dopo e furono splendidis-
simi, massime pel gran concorso di gente di ogni classe).
La Tribuna di Buenos- Ayres, i6 ottobre.
e La stampa della Repubblica del Chifì si strugge in
lodi e cantilene di gloria pe'suoi valorosi marini. Il
capo della squadra chilena è un Nelson, ed il giorno se-
guente a quello della presa del Huascar si pubblicò la
sua biografìa nel Chili. Senza dubbio essa sorprenderà
il mondo intero. E perchè no? Tutta la squadra chi-
lena composta di otto navi batte il Huascar, che era un
piccolo monitore di fronte a qualunque delle corazzate
chilene! Il Huascar non presentava altro vantaggio che
quello di esser comandato da un marino esperto e
coraggioso, che pose in riga tutta la squadra chilena, fa-
cendola fuggire e tenendola a scacco durante sei mesi. ^
La Republica di Buenos- Ayres, ii ottobre 1879.
SBARCO Dì PISACUA
SOHMARIO
L4 fiotta chilcDa da Aalofagasta muove a Pitagua per invadere
il deserto di Tarapacà. - Pixagua e »ue difése. - Disposi-
lìoDÌ delle lune chileae, e bombardamento di Pisigua. —
Sbarco contiaslato da pochi uomini perù-boliviani. -Incendio
di lalnitro e di carbone. - Lotta corpo a corpo. - Arnesi
di gi]«Tia abbandonati imprevidentemeote ag-li invasori. — Per-
nii fu bella la resistenza della guaroigione e bruita la riti-
rata. •- Eccellenti qualità del soldato peruviano. •- L'ufficiale
peraviano. - Saa natura e suoi difetti. - Ecceriooi.
ITO col //iuiuciir l'unico elemento dì
rza che il Perù aveva sul mare, ri-
asia onnipotente la squadra chìleoa
ir l'assoluta mancanza di avversarii
le potessero disputarle l' impero del-
l'oceano lungo l'estesa spiaggia nemica, il Chili vide
arrivato il momento da tanto tempo atteso, di procedere
282 SBARCO DI PISAGUA
alla invasione dell'ambito deserto peruviano di Tarapacà.
Né più indugiò a menarla ad effetto che il tempo stret-
tamente necessario al concentramento del suo naviglio
nel porto di Antofagasta, ed all'imbarco dell'esercito e dei
tanti arnesi di guerra ivi radunati difrante nove mesi.
Effettivamente, partita la sera del 28 ottobre dal porto
di Antofagasta, ed ingrossatasi per via di nuovi con-
tingenti usciti da Mejillones e da TocoplUa, arrivava
in suir albeggiare del 2 novembre nella rada di Pisagua
una flotta chilena di diciannove navi (i). Erano queste:
la corazzata Cochrane, la corvetta O'Higgins^ le can-
noniere Covadonga e Magallanes, gV incrociatori Loa
e Am(V(onaSy e tredici trasporti tutti più o meno ar-
mati con cannoni di grosso calibro, sui cui ponti viag-
giava un esercito di 10,000 e più uomini, con caval-
leria, artiglieria, ambulanza, vettovaglie ecc. ecc. Un
secondo esercito di riserva, dagli otto ai novemila uo-
mini, rimaneva in Antofagasta pronto ad entrare in
campagna alla prima chiamata.
Pisagua - piccola borgata di un migliaio di abitanti,
situata a ridosso di un'arida montagna rocciosa dai i5o
ai 200 metri di elevazione, che si delinea sul mare in
forma di C - non era difesa che da due cannoni da 100,
montati alla lesta alle due estremità della baia, e da
(i) La distanza marittima fra Antofagasta e Pisagua è di mi-
glia 274, che un buon vapore percorre ordinariamente in un solo
giorno; se la squadra chilena impiegò invece cinque giorni, fa
perchè parecchi dei suoi vapori si perderono di vista durante le
notti, or r uno or l' altro, e fu mestieri più volte aspettare e farsi
alla ricerca dei di;:persi.
SBARCO DI PISAGUA 283
novecento soldati, per due terzi boliviani ed un terzo
peruviani.
Apparsa appena la luce del giorno, la fiotta chilena
prese comodamente le sue posizioni di battaglia : mentre
i trasporti rimanevano alquanto indietro preparando le
scialuppe e le barcaccie, tratte a rimorchio per operare
Io sbarco delle truppe, le quattro navi principali • Co-
chranCy O^Higgins, Covadonga e Magallanes - si col-
locavano in due sezioni, di fronte ai due cannoni di
Pisagua, pomposamente chiamati batterie dai chileni.
L' incrociatore i4ma:[o/ia^ sul quale, insieme al Coman-
dante della squadra, trovavansi il Generale in capo del-
l'esercito ed il Ministro della Guerra in campagna,
prese posto nel centro della baia, di fronte a ciò che
potremmo chiamare i resti di Pisagua, già incendiata
dalla squadra chilena il 18 aprile.
Alle 7 a. m. le quattro navi ruppero il fuoco contro
i due cannoni di terra, mentre VAma:[onas s'intratteneva
a lanciar granate sulla guarnigione che, sprovvista di
ogni mezzo di offesa come di difesa, aspettava impa-
ziente ed impassibile fra le scabrosità delle roccie, il
momento di entrare in azione contro le truppe nemiche
che si preparavano allo sbarco. Queste però, comunque
di buon' ora discese nelle scialuppe, non si mossero dal
fianco delle loro rispettive navi che alle io a. m. un'ora
dopo che ebbe cessato il fuoco dei due cannoni peru-
viani, i quali, funzionando sopra piattaforme scoperte
sotto il nutrito fuoco di quattro navi, i cui numerosi
cannoni erano tutti di miglior qualità e calibro - da i5o
e da 3oo - rimasero alla fine smontati dopo due ore di
284 SBARCO DI PISAGUA
combattimento, durante le quali non lasciarono mai di
tuonare, nonostante i tanti artiglieri massacrati gli uni
dopo gli altri dalia non interrotta pioggia delle palle
e delle granate nemiche.
Smontati i due soli cannoni che difendevano Pisagua,
se difesa poteva chiamarsi la loro meschina azione
contro quella della forte e numerosa artiglieria nemica,
quasi nulla più si opponeva allo sbarco dell'esercito
chileno, che forte di diecimila uomini e protetto dal-
l'artiglieria della squadra, solo aveva di fronte a sé
novecento uomini già decimati dalla mitraglia. Nondi-
meno esitò, e poco mancò che non si tirasse indietro
per andar a cercare un diverso punto di sbarco, ove
si fosse sicuri di non incontrare resistenza alcuna. Ar-
rivato a questo punto della narrazione, l'elegante sto-
rico chileno Vicuna Mackenna dice : « Che cosa avve-
niva infrattanto a bordo delle navi chileoe? Si vacil-
lava. Conseguentemente, andavano e venivano ordini
confusi e contradittori, che dovevano imbarazzare se-
riamente le operazioni dello sbarco. Dagli uni si vo-
leva andare a Junin per eseguire sulle alture un mo-
vimento di circonvallazione.... Altri parlavano della valle
di Pisagua vecchio,.,. Altri infine, in mezzo alla naturale
confusione di ogni piano cbe si altera nel momento di
menarlo ad effetto, discorrevano di portare T esercito
ad llOy che era il secondo punto di sbarco, dando per
fallito il primo (i). »
(i) B. V. Mackenna, Hìstoria de la Campana iU Tlzrafafù,
t n, p. 717.
SBARCO DI PISAGUA 285
Air avanzarsi delle scialuppe e delie barcaccie che
trasportavano i primi contingenti delle truppe di sbarco,
la piccola guarnigione perù-bolivìana, riparandosi alla
meglio dietro la stazione ferroviaria e i ruderi di Pi-
sagua, nonché fra le grandi masse di carbone e di sac-
chi di salnitro esistenti sulla spiaggia, sostenne per
qualche ora contro gli assalitori un micidiale fuoco di
fucileria, che impediva loro di sbarcare. < In quest^ora,
dice lo storico chileno, la disfatta dei chileni sembrava
inevitabile, tanto più che si trovavano già esaurite le
munizioni della prima colonna che sbarcò (ancora non
era pervenuta a sbarcare)^ la quale aspettava un rin-
forzo che tardava ad arrivare (i). >
Due volte respinti, furono obbligati i chileni a ritor-
nare al fianco delle loro navi per lasciare i morti ed
i feriti, e rafforzairsi di nuova gente. Lo sbarco si ten-
tava, e si effettuò dipoi, in quarantatre scialuppe e
barcaccie.
Tutta la fiotta chilena, navi da guerra e trasporti,
scaricarono allora una vera grandinata di granate e di
bombe. Le grandi masse di carbone e circa cinquanta-
mila quintali di salnitro arsero di un subito incendio,
insieme a quanto altro era air intorno; i difensori della
piazza, assaliti dalle fiamme, furono obbligati a farsi
indietro : protetti dal fumo che li nascondeva agli oc-
chi dei nemico, i chileni poterono prender terra (2).
(i) Barros-Arana, ffist0na de la Guerra dei Pacifico, p. 148.
(2) e .... La Cochrane cominciò a dirigere i suoi fuochi verso
qnella parte della piana, e minuti più tardi cominciava questa
286 SBARCO DI PISAGUA
Cominciò allora una lotta corpo a corpo fra le toc-
eie che sovrastanno a Pisagua. Stretti ed incalzati da
nemici sempre più numerosi pei continui rinforzi che
loro arrivavano dal mare, e che la sicurezza di vin-
cere rendeva pronti ed audaci all'attacco; e mitragliati
senza posa dalla squadra che faceva fuoco su di essi
quasi a tiro di carabina; mentre palmo a palmo ce-
devano terreno al grosso torrente degli assalitori su
per l'erta montagna, che elevavasi a guisa di bersa-
glio ai colpi di quella, i pochi soldati dell' alleanza si
batterono come leoni durante cinque ore, senza con-
tare le tre ore precedenti allo sbarco, fino alle 3 p. m.;
quando, arrivati al vertice della roccia, e prossimi ad
esser colti alle spalle da una forte divisione nemica che
avanzavasi dalle sommità della vicina rada di Junin^
ove senza opposizione alcuna era sbarcata, ogni resi-
stenza diveniva altrettanto impossibile quanto inutile,
e fu necessario ai pochi che rimanevano di battere in
ritirata (i).
ad ardere da cinque parti diverse. Il salnitro s'infiammò rapida-
mente lanciando dense e soffocanti colonne di fumo : le masse
di carbone situate sulla spiaggia, vicino alla stazione ferroviaria,
unirono subito il loro fumo nero a quello rossiccio del salni-
tro.... il nemico riparato dietro quelle difese, si vide obbli^to
ad abbandonare i ruderi e la borgata, dove piovevano i proiet-
tili della Cochrane e della CXIiiggms..,. »
Hclazionc del corrispondente del giornale El Mtreuriù di V^il-
paraiso - 5 novembre.
(i) « Alle IO e 35 minuti a. m. vedendo che sollecitamente
scendeva molta truppa di quella che si trovava accampata nelU
parte superiore delle colline, contro la quale VAmoÈonas avevi
SBARCO DI PISAGUA 287
La difesa di Pisagua sostenuta per oltre otto ore da
appena un pugno di uomini contro tutto un esercito
ed una potente squadra, fu più che un atto di valore ;
fu quasi eroismo : poiché ai difensori della piazza bastò
vedere il grande apparato di forze spiegato dal nemico,
per comprendere che ogni resistenza rimarrebbe in-
fruttuosa, che era impossibile il vincere; e tutti sap-
piamo quanto sia difficile il dedicare i proprii sforzi
ad una impresa anticipatamente condannata, nella piena
convinzione del suo cattivo esito e della inutilità di
ogni conato, per grande e straordinario eh' esso possa
essere.
Nondimeno, quella stessa guarn igione che nella impos-
sibile difesa di Pisagua seppe arrivare fino all'eroismo,
diretto i suoi fuochi, e che arrivava a ripararsi nella borgata, fa-
ceodosi difficile slog^arnela quando s' operasse lo sbarco, con-
saltai il signor Generale in capo ed il Ministro della guerra sull»
convenienza dì bombardarla; e dietro loro approvazione posi i
fuochi sulla cUtà, ciò che fu fatto immediatamente.... Gli equi-
paggi delle navi della squadra si portarono bravamente e sono
alquanto diminuiti per le morti avute ; poiché ripetute volte si
vide partire una scialuppa dal fianco di una nave col suo equi-
pa^io completo, e ritornar solo la metà, dovendosi scaricarla
dei morti e feriti, e fornirla di nuovo equipaggio per continuare
a trasportare la gente di sbarco. »
Rapporto ufficiale del Comandante della squadra chilena.
< Le perdite del nemico (Perù-Bolivia) nel combattimento di
Pisa^^oa, non si sono contate.... Il maggior danno nelle sue file
fu causato dalle bombe delle navi, che caddero sulle teste dei di-
fensori, durante quattro ore consecutive in numero di 600, senza
contar la mitraglia.... »
V. Mackenna, Op, cit.^ t. II, p. 741.
288 SBARCO DI PISAGUA
non seppe poi impedire nella sua ritirata che cadessero
in mano del nemico i tanti elementi di vita e di forza
che doveva o non abbandonare o distruggere.
Pisagua, come, tranne qualche rara eccezione, tutto
l' immenso deserto di Tarapacà, manca assolutamente
d^ acqua potabile; sicché fassi necessario di ricorrere
a quella del mare, e di sottoporla agli speciali processi
della distillazione. A tal uopo erano in Pisagua grandi
macchine distillatrici con tutta una serie di conserve
e di apparati, per trasportare T acqua già resa potabile
sulle sue alture ed altrove. Macchine, conserve ed ap-
parati di trasporto, che sarebbe costato ben poco la-
voro il distruggere, e che tanto difetto avrebbero
fatto air esercito invasore, furono lasciati intatti come
si trovavano ; si come fu abbandonata con tutto il suo
materiale di locomozione, la via ferrea che da Pisagua
menava per cinquanta miglia airinterno, fino ad Agua-
santa: via ferrea che bisognava non abbandonare od
almeno rendere inservibile, distruggendone le macchine
ed i carri^ onde non servisse di potente ausiliario al
nemico, come effettivamente servì, per muovere il suo
esercito e trasportare i pesanti materiali di guerra.
Le maggiori contrarietà, colle quali T esercito chileno
avrebbe avuto a lottare nell' arido ed impraticabile de-
serto di Tarapacà, erano precisamente quelle della man-
canza d'acqua e della difficile locomozione; e furono
appunto questi due grandi elementi di vita e di guerra
- acqua e ferrovia - che la guarnigione perù-boliviana
regalava improvvidamente al nemico, al momento dì
ritirarsi da Pisagua.
SBARCO DI PISAGUA 289
Come spiegare questa grande contradizione fra Feroi-
smo della resistenza e la stolidaggine della ritirata?
Nell'esercito del Perù, e dicasi lo stesso di quello
di Bolivia, scuola e abitudini essendo le medesime,
bisogna fare una grande distinzione fra soldato ed
ufficiale. Il soldato è più che buono, e lascia poco o
nulla a desiderare ; mentre l'ufficiale, come regola ge-
nerale» è men che mediocre e punto degno del sol-
dato cui comanda.
Eccoci sulla via della spiegazione di cui andavamo
in cerca. La resistenza, opera principalmente del sol-
dato, fu gloriosa, eroica. La ritirata e tutto ciò che
riguarda la direzione, opera esclusiva dell' ufficiale, fu
insipiente, balorda.
Il soldato peruviano ha poche pretensioni : eminen-
temente sobrio in tempi ordinarli, sopporta facilmente
ogni sorta di privazioni nei casi eccezionali senza punto
muover lamento, o almeno senza troppo farlo sentire ;
ed è capace al bisogno, per semplice passività di ob-
bedienza ed abito alla sofferenza, massime quello delle
Provincie interne, ossia il c/io/o, V indio, delle più
aspre e faticose marcie. E obbediente alla disciplina,
fedele alla consegna; e sebbene manchi di slancio e
dMniziativa^ si batte, se non per vero e proprio co-
raggio, con quella imperturbabile serenità e costanza
che gli danno la naturale sua disposizione alla più
passiva obbedienza e la massima indifferenza nel pe-
ricolo.
Vista bene, la indifferenza nel perìcolo in lui è una
qualità puramente secondaria; ossia piuttosto figlia
290 SBARCO DI PISAGUA
della soggezione alla disciplina, anziché della propria
maniera di sentire; poiché sparisce quasi sempre noa
appena viene quella a mancare. Ma il certo si è, come
la lunga guerra di cui parliamo è venuta a provarlo,
o meglio a confermarlo, sapendosi già fino dalle lon-
tane guerre della indipendenza (i), che essa non lo
abbandona neppure un solo istante fino a che dura in
lui r obbedienza al proprio superiore; e che questa
solo viene a mancare coir abbandono deirautorità per
parte di quest^ ultimo, giammai per fatto proprio.
In altri termini, il soldato peruviano si batte sereno
e impassibile senza punto curarsi del pericolo, quasi
non se ne avvedesse, fino a che é sostenuto dalla pre-
senza e dalla voce dell'ufficiale; mentre poi diventa
(i) Basta ricordare a questo proposito le famose battaglie di
Pichmcha^ di Junm e di Ayacucko, che decisero della ÌDdipen-
denza della Colombia e del Perù, e che furono priacipalmeote
dovute al valore dei regg;imenti peruviani. •
Dopo la battaglia di Pichincha, alle porte di Quito, il gran
Bolivar decretava una medaglia commemorativa per tutti i sol-
dati della divisione peruviana, colla seguente iscrizione : Ubet-
tador de Qui/o en Pichincha - Gratitud de Colombia a la dhi-
Sion dei Perù,
La battaglia di Junin, già perduta, fu salvata dal valore della
cavalleria peruviana, la quale iceveva in premio da Bolivar il
tìtolo di C/ssari di Junin.
Nel proclama diretto all' esercito liberatore, dopo la grande
battaglia di Ayacucìio^ che decise delle sorti del Perù, e pose
termine alle guerre della Indipendenza americana, diceva Boli-
var alla divisione peruviana: Soldati peruviani I la vostra fatt ut
vi conterà sempre fra i primi salvatori del Perù,
Vedi: Lorsnte. Historia del Perù. T. I, pag. 73, 260 e 2SC.
SBARCO DI nSAGUA 291
pusillanime, né ad altro più obbedisce che al senti-
mento della propria conservazione, non appena si vede
abbandonato a se stesso dalla diserzione od insufficienza
del suo superiore. Se questo cade morto o ferito, ri-
mane fermo al suo posto fino a che vi sia un solo
ufficiale che lo guidi e lo animi coli' esempio al com-
pimento del proprio dovere ; ma se esso abbandona il
campo di battaglia o si fa indietro, il soldato prende
immediatamente la fuga con lui o senza di lui, e nes-
suno più lo trattiene.
Infine, con una buona ufficialità, il soldato peruviano,
se non è un leone, è una potente macchina che non
viene mai meno : con una cattiva ufficialità è un zero,
un nulla.
Quanto all' ufficiale peruviano, già lo abbiamo detto,
come regola generale è meno che mediocre. Da che
nasce questo ? £ facile trovar la rbposta : dal non es-
sere un vero militare.
Come lungamente abbiamo discorso altrove, nato e
formato firammezzo alle intestine rivoluzioni, l'uffi-
ciale peruviano non è che un semplice militare d' oc-
casione. Entrato nella milizia, non per batterne tran-
quillamente la carriera in servizio del proprio paese,
ma unicamente per servire alle sue aspirazioni del mo-
mento o dell' avvenire - esso porta seco e conserva tutti
i difetti del cittadino più o meno fazioso e turbolento.
Senza educazione militare al momento d'indossare
per la prima volta l'assisa dell'ufficiale, e senza pos-
sibilità di riceverla dipoi in una vita di quartiere, che
trovasi assai spesso interrotta dalle frequenti separazioni
292 SBARCO DI PISAGUA
dal servizio; giornalmente viziato sempre più da una
permanente atmosfera rivoluzionaria, tanto nemica della
disciplina e di ogni virtù militare, V ufficiale peruviatx)
non ha né potrà mai avere le doti di un buon mili-
tare, fino a che dura nel suo paese il tristo flagello
della rivoluzione endemica.
Qua e là frammezzo a si brutto quadro sono, è vero,
dei punti luminosi. Lodevoli eccezioni, buoni e va-
lenti ufficiali ve n' ha pure : ma che può la loro azione,
che rimane il più sovente isolata o contrariata dalla
diversa attitudine del forte e preponderante numero
degli altri?
Il difetto d'istruzione e di disciplina nella maggio-
ranza della ufficialità, danneggiò quindi, al principio
della guerra soprattutto, la lodevole opera dei pochi
buoni e degni ufficiali, al tempo istesso che rendeva
infruttuose le eccellenti qualità del soldato che aveva
ai suoi ordini, e che non sempre seppe dirigere, mise-
ramente sperdendo e consumando quelle sue forze che,
sapute mettere a profitto, avrebbero indubitatamente
portato i migliori risultati.
Nondimeno non fu questa la sola né la principale
causa delle varie sconfitte toccate alle armi del Perù
nel corso della presente guerra : essa non fu che una
appena delle tante cause che concorsero a produrre
tali effetti, come man mano andremo vedendo per via.
battagua di s. fkamuscu o di dolokes
SOMHAniO
Esercito pern-bolivmoo, - PercW il desetto di Tarapacì eia desi-
gnato come il veto luogo della guerra. — looperosltJi di Prado
e di Daia. — L' esercito era sparso. - E>oppia mira dell'esercito
chilcDo pei lo sbarco a Pisagua. — L'esercito chileoo si con-
(^Dtra ia Dolores. - Cattiva situazione dell'esercito peiuviaDo
in Iqoique. - Piano di operazioni e tnossa degli eserciti. -
Daza giniige a Camarsntt. - Retrocede. - Voci di tradimento.
- L'esercito boliriano si rivolta e rovescia Daza dalla Pre-
cidenxa. - Altra rivoluiione io Bolivia. -~ Ken^ Moreno, in-
temediaiio per le trattatiTc fra Daza e Ìl nemico. - I cbileni
temevano del generale Daza. — Prove. ■- L'esercito pemvÌBDO
di Iquiqae si appressa, e i chileai decìdono di atlenderlu in
Santa Catalina. - I peruviani avevano ritardato per aver de-
viato. - I chìleni cambiano proposito. — SI dispoogono alla
difesa in Dolores. - Collina di S. Francisco. - Arrivo e
J4 BATTAGLIA DI S. FRANCtSCO
dlsposiiioae dell' esercito perù-baliviano. - Discordie. - L' ala
desba comincia U fuoco e l' assalto. - Rapporti del coloniiclb
Suaiez e di altri sulla battaglia. - Fuga dei boliviani e ic-
coglimento Tatto loro in Bolivia. - Il fatto d' armi dì 5. Frao-
dico b« poca impoctania militare. - Invidie e rivaliti fn li
ufficiali. - Conseguenze di qnesta battaglia vantaggiose ai
chilenl.
i sette mesi delle operazioni na-
e Repubbliche alleate, Perù e
a, erano pervenute ad organizzare
ipartimento o deserto dì Tara-
un esercito di circa diecimila
uomini, 7000 dei quali erano peruviani e 3ooo boli-
viani. Un altro esercito di ottomila uomini, 5ooo pe-
ruviani e 3ooo boliviani, trovavasi nella limitrofa pro-
vincia di Tacna. Il generale Prado, presidente del
Perii e supremo direttore della guerra, stancava in
Arica coi suoi 5ooo peruviani, mentre il general Daza,
presidente di Eolivia e capitano-generale dell'esercito
boliviano, occupava la prossima capitale della provin-
cia, Tacna.
Che il primo e vero teatro della guerra sarebbe
stato il deserto di Tarapacà, era cosa tanto certa e
sicura che nessuno sapeva porla in dubbio. Questo
dicevano fin dal primo giorno della guerra e it natu-
rale andamento di essa, come territorio limitrofo al
deserto boliviano di Aiacama già occupato dall'eser-
cito chileno, e le noie ed evidenti aspirazioni chilene
d'impossessarsi anzitutto di silfaito territorio, la cui
O DI DOLORES 295
conquista era la mira e lo scopo vero della guerra, e
il tanto parlare dei giornali chileni, che svelando e com-
mentando fin da sette mesi innanzi i disegni di quel
Governo, ripetevano giornalmenie che l'esercito chi-
lenoy non appena potesse muoversi da Antofagasta,
opererebbe immediatamente uno sbarco lungo la costa
di Tarapacà, onde impossessarsi innanzi tutto di Iqui-
que e delle grandi risorse finanziarie che offriva il
salnitro ed il guano di cui il deserto era ricco. Con
quella abituale leggerezza colla quale i giornali chileni
rivelavano sempre le più segrete cose di governo, quelle
non escluse che il decoro nazionale imponeva rima-
nessero in ogni tempo celate, arrivarono finanche a
indicare quali sarebbero i probabili punti di sbarco
deiresercito, segnalando appunto Pisagua come il prin-
cipale. Ciò nondimeno Prado e Daza, i Presidenti delle
due repubbliche alleate e supremi generali dei loro
eserciti, se ne rimasero tranquillamente in Tacna ed
Arica ove a nulla giovava la loro presenza; ed affi-
darono il comando dell'esercito di Tarapacà al generale
Buendia, cui, per quanto buon soldato, mancava la ne-
cessaria energia ed autorità per imporre silenzio alla
indisciplinatezza ed alle rivalità degli ufficiali che aveva
I sotto i suoi ordini, le quali, come vedremo, furono
causa non ultima di sommi disastri.
In previsione di uno sbarco dell'esercito nemico
lungo le estesa spiaggia del deserto di Tarapacà, l'eser-
cito dell'alleanza, a cui era affidata la difesa di questo
territorio, trovavasi disseminato qua e là per piccole
frazioni nei diversi punti di possibile accesso al mede-
19. — Cai VASCO, Guerra eT America,
296 BATTAGLIA DI S. FRANaSCO
simo per mare, nonché in interne località di dove
sarebbe stato facile Io accorrere sollecitamente là dove
si verificasse un attacco, in Mejillones, Molle, Pisagua,
Patillos, San Juan, La Noria, Monte de la Soledad,
Huatacondo ed Iquique, ove aveva stabilito il suoquar-
tier generale, ed ove frettolosamente si concentrò dopo
lo sbarco dell'esercito chileno a Pisagua.
Sbarcando a Pisagua, punto intermedio fra Anca
ed Iquique, l'esercito chileno aveva una doppia mira:
i^ di tagliare ogni comunicazione fra i due eserciti
dell'alleanza stanziati in quella località; di isolarli
l'uno dall'altro e collocarli cosi nella impossibilità di
operare insieme e sostenersi vicendevolmente; 2® di
marciare sopra Iquique per terra, lungo il deserto,
ed impadronirsi di questa città che, come si sa, co-
stituiva il centro principale del commercio salnitriero
dell'ambito deserto di Tarapacà (i). Per poter riuscire
in questo suo doppio intento, bisognava anzitutto che
esso s'internasse celermente nel deserto per circa 3o
miglia, fino a Dolores - località eminentemente strate-
gica, posta su quella via fra Arica ed Iquique, che si
voleva tagliare al nemico e che era necessario battere
per proprio conto onde portarsi ad Iquique; - ed in
ciò veniva meravigliosamente favorito dalla ferrovia
(i) Ciò che determinava i chileni ad investire Iquiqae pet
terra, dopo una lunga corsa nel deserto, anziché imme<liataxneDte
per mare, erano le scarse fortificazioni, o meglio i quattro cac>
noni collocati dai peruviani sulla spiaggia. Insignificante cosa al
certo, contro la forte e numerosa artiglieria della squa<ira chiIfMìr^
O DI DOLORES • 297
che correva da Pisagua ed Agua- Santa, la quale pas*
sava appunto per Dolores, ove aveva una stazione delle
più importanti. Oltre ai tanti altri vantaggi, la stazione
di Dolores offriva quello ancora di trovarsi accanto
airunica sorgente d* acqua esistente in tutta quella
zona del deserto; vero fiume di buon'acqua potabile
che correva a corta profondità in un canale sotterraneo,
da cui si estraeva assai facilmente per mezzo di grandi
e solidi apparati.
Padrone della ferrovia, di questo grande elemento
di locomozione che tanto e cosi direttamente aiutava
i suoi progetti, l'esercito chileno si slanciò immedia-
tamente su di essa; ed i suoi primi battaglioni pote-
rono impadronirsi della stazione di Dolores e piantarvi
le loro tende, senza venir da alcuno molestati, e quindi
senza colpo ferire, come in casa propria.
Intanto l'esercito Perù-boliviano che, come s'è detto,
erasi concentrato in Iquique dopo la presa di Pisagua,
si trovò fin dal primo momento in una poco lieta si-
tuazione. Bloccato per mare dalla squadra chilena, chiuso
in mezzo ad un deserto privo di ogni risorsa, tagliata
dall' esercito nemico l' unica via, quella d'Arica, da cui
poteva ricevere soccorsi, lasciato senza provvigioni di
riserva dalla incuria del Governo e del supremo di-
rettore della guerra che a nulla seppero provvedere,
P esercito Perù-boliviano premurosamente raccoltosi
in Iquique, mancava quasi di tutto e principalmente
di viveri: i pochi sui quali poteva contare con qual-
che sicurezza erano appena bastevoli per i5 o 20 giorni
al più.
298 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
Per uscire da una situazione tanto difficile, per non
dire disperata, all'esercito delle Repubbliche alleate noa
rimaneva che una sola via : quella di muovere contro il
nemico, sia per scacciarlo dal paese obbligandolo a ri-
prendere il mare, sia, in ultimo caso, per forzare il
passo su di esso, ed andare a cercare in Anca i mezzi
di vita, le vittuaglie, di cui era prossimo a difettare.
E presi telegraficamente i necessari! accordi col su-
premo direttore della guerra, general Prado, che tro-
vavasi in Arica, onde combinare alla meglio un piano
di attacco contro T esercito invasore, mosse alla volta
di quello da Iquique nel più deplorabile stato nel quale
possa mai trovarsi un esercito. Nel rapporto del capo
dello stato-maggiore al generale in capo Buendia, si
legge: e Come ella sa, uscì T esercito (da Iquique) quasi
nudo, molto vicino a rimanere scalzo, mal coperto ed
affamato, a lottare, più che col nemico, colla intem-
perie e la stanchezza durante la notte, ed in una pa-
rola colle stesse vesti già inadatte che aveva al prin-
cipio della campagna; perchè nessuna delle domande
che V. S. e lo scrivente fecero più volte (al Governo)
fu mai soddisfatta nei sette lunghi mesi di stazione in
Iquique. » Tutto ciò è ancor meno del vero: altre pia-
ghe rodevano in pari tempo l'esercito dell' alleanza; e
prima fra tutte era forse la rivalità e conseguente in-
disciplinatezza che regnava più o meno mascherata in
tutto il corpo della ufficialità, massime fra i capi.
Il piano delle operazioni, combinato d* accordo col
general Prado, era che l'esercito chileno dovesse es-
sere simultaneamente attaccato, prendendolo in mezzo,
O DI DOLORES 299
dair esercito dMquique e dal corpo di 3ooo e più bo-
liviani che stanziava in Tacna, al comando del gene-
rale Hilarìon Daza, presidente della Bolivia.
Effettivamente, il di 8 novembre il generale Daza
mosse da Tacna per Arica alla testa del suo piccolo
esercito; e dopo avere lungamente conferito col ge-
neral Prado, riprese il giorno 11, animato insieme ai
suoi dal più vivo entusiasmo, il solitario cammino
del deserto di Tarapacà. Ben provvisto di tutto il
bisognevole^ e marciando sempre nel più perfètto or*
d/oe, arrivò il i4 nella valle di Camarones^ piccola
e deliziosa oasi di verdura posta nel bel mezzo del
deserto. Ma una volta arrivato lì, invece di conti-
nuare la sua marcia verso il nemico, giusta l'itine-
rario precedentemente tracciato in combinazione con
quello dell'esercito d'Iquique, e mentre le sue truppe,
di buon'ora avvezze alle fatiche delie lunghe marcie,
altro non desideravano che di correre innanzi al più
presto, egli fece alto, e si fermò. A che? Per poi ritor-
nare indietro dopo due giorni, e dopo essersi spinto
per ben due volte egli solo, insieme a pochi intimi
amici, o inutilmente o con qualche iSne misterioso ri-
masto a tutti ignorato, fino a Tana^ ossia a poche le*
gbe al di là di Camarones.
Ecco come parla a questo proposito uno dei colonnelli
del piccolo esercito che Daza aveva seco :
< Assai triste in effetti fu quel pomeriggio del 16 no*
vembre, in cui mesti e pensierosi cominciarono i bat-
taglioni a sfilare in lenta ascensione la falda di Cama-
rotKcs verso Arica» Il cielo stesso sembrava arrossire di
300 BATTAGLU DI S. FRANaSCO
un atto tanto vergognoso, coprendo il sole all'occaso
una sinistra tinta porporina che infondeva fatidici pre-
sagi, più facili a sentire che a manifestare.... L'unico re*
sponsabile di essa (della ritirata) è il general Daza, co-
munque egli assicuri che fu consigliato da molti ufficiali
superiori del suo circolo. D'altra parte, quando ci persua-
demmo della risoluzione del general Daza di non fare
avanzare l'esercito, fummo d'avviso io e molti ufficiali
superiori, dal principio alla fine del consiglio di guerra
che ebbe luogo il i5: che P ordine di avan:[amento o
di contromarcia deW esercito da CamaroneSj il Generale
in capo doveva darlo da Pozo-Almonte, dove egli an-
drebbe con me e due aiutanti. Nondimeno, né in quella
sera ne nella mattina si pose in marcia il generale
Daza. Alle 9 a. m. del 16 mi chiamò nell'officio te-
legrafico, dove mi presentò un telegramma del general
Prado nel quale gli diceva più o meno queste parole:
<x Vedendo che ella non può passare avanti col suo
esercito, il consiglio di guerra che convocai iersera, ha
disposto che il general Buendia attacchi domani il ne-
mico, essendo per ciò non solo pericolosa quanto inu-
tile la marcia di V. S. al sud. » Seppi allora che invece
di dire ad Arica il giorno innanzi ciò che si era risoluto,
il general Daza si era scusato unicamente colla impos-
sibilità di passare avanti. Così si spiega la risposta del
general Prado. L' esser poi andato fin vicino a Tana
per indi ritornare a Chi!(aj perchè gli avevano assicurato
che si trovava là il nemico; l'esser ritornato di nuovo a
Tana^ sapendo che là non esisteva neppure un solo ne-
mico, per venire in seguito colla notizia della disfatta di
O DI DOLORES 301
San Francisco, sono andate e venute di tristissima inde-
cisione, che non si tollerano neppure in un imberbe ca-
detto di guardia nazionale, e molto meno nel capitano
generale di un esercito e Presidente incaricato della di-
fesa nazionale » (i).
Quale il motivo di questo strano e colpevole pro-
cedere del general Daza? DalPuno all'altro estremo
delle due Repubbliche alleate, Perù e Bolivia, non corse
che una sola voce: Dcu{a ha tradito, I suoi amici tne-
desimi, anche i più intimi, non seppero mai difenderlo
contro una sì terribile accusa.
Quanto a noi, senza ergerci per nulla a giudici in tanta
causa, dichiariamo francamente che non sappiamo tro-
vare nessuna parola in sua difesa, come non seppe
trovarne egli stesso nel suo scritto di giustificazione
che pubblicò in Parigi il i3 giugno 1 881, e che quasi
tutti i giornali del Perù, Chili e Bolivia riprodussero.
Tutto invece s'accorda a condannarlo.
Il fatto per sé stesso ingiustificabile ed eminente-
mente grave della sua fuga alla presenza quasi del
neoiico ed alla vigilia della battaglia, e quando il suo
piccolo esercito, fresco, nel migliore stato desiderabile
e ben provveduto di tutto, ardeva del desiderio di en-
trare in azione, non può spiegarsi che in due soli modi:
o per somma viltà, o pel determinato proposito di
abbandonare la propria causa.
Daza però non fu mai ritenuto per un vigliacco:
avea fama invece di esperto e valoroso generale;
(i) Manifesto del colonnello boliviano Camacho,
302 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
fama più volte guadagnata e confermata nel proprio
paese sui campi di battaglia delle guerre civili; ed i
tremila uomini ch'egli conduceva seco, il fior fiore
dell'esercito boliviano, era tutta gente scelta, specie di
guardia pretoriana ch'egli affezionò a se, disciplinò ed
agguerrì durante un lungo periodo di rivoluzione e di
governo, e che era il terrore di tutto il paese.
La fuga di Daza quindi non poteva essere e non
fu effetto di viltà; e'ciò escluso, altra spiegazione logica
non rimarrebbe fuor quella che agisse in conseguenza
di segreti accordi col Chili; spiegazione che tante e
tante altre circostanze e considerazioni concorrerebbero
d'accordo a convalidare, come già dicemmo. A questo
scopo basterebbe unicamente ricordare e i tanti ten-
tativi fatti continuamente dagli uomini polìtici del
Chili su quelli di Bolivia, prima e dopo, per indurli
a tradire la causa del Perù, associandosi al Chili, e la
universalità e sicurezza della voce pubblica che accu-
sava il Daza di tradimento: voce pubblica che arrivava
fino a designare gl'individui che avevano fatto da
intermediarli fra Daza ed il Governo chileno, e che
ebbe anche una solenne manifestazione ed una irrefu-
tabile prova di fatto.
Solenne manifestazione fu quella data dal medesimo
suo esercito di favoriti che avea seco, più che altro,
a sua personale difesa in Tacna, dai così detti Colo-
radoSy che il 27 dicembre dello stesso anno lo deposero
dalla presidenza delia Repubblica; atto che fu accompa*
guato da altro simile successo in Bolivia; sicché il Daza
dovè fuggire esule a Parigi^ dove tuttavia ritrovasi.
O DI DOLORES 303
Il 28 dello Stesso dicembre scoppiava nella lontana
capitale di Bolivia una incruenta rivoluzione popolare,
che terminava con una solenne deliberazione nella
quale si diceva:
e La popolazione della Pace, riunita in comizio po-
polare, considerando : i<>Che la inattesa viltà e slealtà
del generale in capo dell'esercito boliviano sono arri-
vate a danneggiare i vincoli di alleanza colla Repubblica
sorella del Perù; alleanza che la Bolivia è risoluta a
sostenere, senza omettere sacrifizio alcuno. 2^ Che
il funesto sistema di errori della odiosa amministra-
zione del generale Hilarion Daza ha portato la rovina
del paese nell'interno, il discredito all'estero, ed il diso-
nore nazionale nella guerra che la Bolivia sostiene
colla repubblica del Chili.... dichiara: i<>Che la popo-
lazione della Pace ratifica e sostiene l'alleanza perù-
boliviana, per far la guerra al Chili, e protesta di
seguire la sorte comune fino a vincere 0 soccombere
nell'attuale lotta. 2^ Che destituisce il generale Hila-
rion Daza dalla presidenza della Repubblica e dal co-
mando dell'esercito boliviano, e nomina generale in
capo di questo il generale Narciso Camperò, pregando
il contr' ammiraglio generale Lizardo Monterò (peru-
viano) di assumere il comando dell'esercito boliviano
(quello di Daja che era in Tacna) fino a che il ge-
neral Camperò si costituisce nel teatro della guerra.
4^ Che nomina una giunta di governo composta ecc.
ecc.... La Paz, 28 dicembre 1879. 9 (Seguono le nu-
merose firme). »
E irrefutabile prova di fatto fu poi quella data
304 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
nell'agosto 1880 da certo boliviano a nome Rene-Mo-
reno, il quale, stanco di sentirsi accusare dalla pubblica
opinione come uno dei tanti mediatori di cui Daza ed
il Governo chileno si servirono per intendersi fra loro,
costituì un bel giorno un giurì d'onore, perchè giudi-
casse se la sua condotta in quella mediazione, che non
negava, e di cui invece provava la verità con lettere
e dichiarazioni testimoniali, vista dal lato del patriot-
tismo, era o no censurabile. Detto giurì si compose
dei giudici della Corte Suprema di Bolivia, sotto la
presidenza dell'Arcivescovo di Sucre; e perchè i nostri
lettori possano valutare tutta l'importanza di questo
fatto, riporteremo in nota alcuni brani delle ultime con-
clusioni presentate dal René-Moreno innanzi al giurìy
insieme ad una parte della sentenza emessa da que-
st' ultimo (i).
(i) € ConclasioDi di René-Moreno - Signori del Tribunale :
E arrivato il momento di proporre la questione : perchè fui poi^
tatore delle proposizioni chilene favorevoli alla Bolivia e contrarie
alla sua alleanza col Perù?... L'invio di Salinas Vega a Santiago,
come agente segreto commissionato dal Presidente Data presso
il Governo cbileno e presso di me, consta in tutti i documenti
esibiti.... L'oggetto dell'invio fa quello di strapparmi dal mio
ritiro, onde, colla mira della salvazione del paese, mi prestassi
ad ascoltare il sig. Santa-Maria (Ministro degli esteri del Chili)
facendogli formulare autenticamente le sue basi di accomodamento
colla Bolivia; e per indurmi a portargli io i documenti dei caso,
ed a rispondere della loro sincerità.... Ignoro gli altri affari che
trattò l'agente col Ministro degli affari esteri del Chili. Detto
agente ha conservato un segreto impenetrabile sopra i suoi possi
in Santiago e sopra le sue conferenze segrete col Presidente Dosa
O DI DOLORES 305
Già dicemmo, Daza godeva fama di esperto e va-
loroso generale, come la sua gente di coraggiosa ed
agguerrita; e questo fece sì che l'esercito chilcoo si
sentisse preso da un vero panico, non appena ebbe una
prima notizia, per altro falsa, del suo prossimo arrivo.
Ciò avveniva il 17 novembre, quando le colonne bo-
liviane del general Daza, voltando le spalle al nemico,
ri&cevano tristemente il cammino di Arica e Tacna ;
e come ciò avvenisse lo sapremo dagli stessi chileni,
ai quali lascieremo assai spesso la parola nel corso di
questo capitolo, onde il nostro racconto non avesse a
tacciarsi di parzialità, o se non altro, di esagerazione.
in Tacna.,,. Di accordo in quanto ai vantaggi territoriali, salva*
tori a mio gindizìo della nazione boliviana, che riportavano le
basi, e sicuro d' altra parte della sincerità colla quale le proda*'
mava l'opinione chilena, non per aftetto alla Bolivia, ma a ìm-
pulfi di un odio terriòiU contro il Pcròi non trovai mai altra
obbiezione da opporre al piano del Chili, che la ingiustizia e
perfìdia prescritte in detto piano alla condotta della Bolivia.... *^
Sentenza: Nella capitale di Sucre, agli 8 di agosto 1880, noi
sottoscritti, riuniti privatamente nella sala della Corte Suprema
allo scopo richiesto dal sig. Rene-Moreno, procedemmo alla lettura
di varie lettere e documenti originali ed in copia che ci furono
presentati come comprovanti. Dopo un attento esame del loro
contenato, riconosciamo che essi provano sufficientemente che il
sig. Moreno si prestò ad essere il portatore delle proposizioni del
Ministero degli afifari esteri del Chili al Presidente di Bolivia
allora in campagna, generali Hilarioti Daza^ solo in obbedienza
al mandato confidenziale di questi, che gli fu trasmesso in San*
tiago da un agente segreto, sig. Luigi Salinas Vega....
Dal g^iomale La Actualidad del 17 marzo 1881, organo del'
l'esercito chileno in Lima.
3o6 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
€ Non avrà dimenticato il lettore che Fesercito (chi-
lenó) era diviso in due corpi : seimila uomini in Do-
lores al comando del colonnello Sotomayor, e quattro-
mila in Pìsagua agli ordini immediati del generale
Escala.... Presentossi alle ore 3 p. m. del 17 nel campo
di Dolores un chileno residente in Tana, che patriot-
ticamente o per astuzia, come alcuni credono, aveva
fatto una trottata per comunicare al colonnello Soto-
mayor l'arrivo in quel sito nella notte innanzi dei
corpi avanzati di Daza. Era la prima notizia ricevuta
nel quartier generale del Chili che aveva luogo quella
spedizione: tanto assoluta era la mancanza di comu-
nicazioni del deserto nel deserto!... Tale notizia sve-
gliò viva apprensione nel petto del valente, però im-
pressionabile colonnello Sotomayor, il quale fece montare
immediatamente la cavalleria e spedilla verso Jazpampa
in direzione di Tilìviche e Tana. Nel medesimo tempo
telegrafava con vivacità e perfino con accelerazione
all' accampamento di Pisagua, annunziando la presenza
di Daza con fors[e considerevoli, alla vista delle nostre
avanguardie. Contribuì non poco a questa esagerazione
delle notizie un effetto di miraggio prodottosi finanche
sugli ufficiali più tranquilli dello stato-maggiore, che
posti su di un' altura, di fronte a Jazpampa, assicura-
vano de cuerpo presente di star vedendo coi loro ca-
nocchiali le cariche e controcariche dei Cacciatori, e
perfino il lampeggiare delle loro carabine nel piano.
In vista di questo stato di cose, il generale in capo
mandò.... (spedì truppe da Pisagua nei luoghi indu-
cati, prossimi a Dolores, e dove già si trovavano altre
O DI DOLORES 307
for^c chiiené).,,. Già di notte arrivarono il comandante
Vergara ed il capitano Villagran colla loro piccola co-
lonna a Jazpampa, ed annunziarono per telegrafo a
Dolores ed all'Hospicio (campo chìleno di Pisagua) che
non eransi visti nemici, ma che assai per tempo nel
seguente giorno, 18, opererebbero una ricognizione pel
Iato di Tana.... Così fecero in effetti.... erano le undici
di una calda mattina, quando videro un denso polve-
rìo che avanzava per la pianura verso oriente. Giudi-
cando che poteva essere T avanguardia dell' esercito di
Bolivia, annunziata la vigilia, o V esercito stesso, per*
che eranvi canocchiali che distinguevano perfino i can-
noni ed i carri delP artiglieria, retrocedè Vergara a
Tiliviche, ed in seguito si diresse preoccupato a Ja-
zpampa.... Cosa strana 1 Tutta quella moltitudine di vi-
sioni fantastiche, figlie del riverbero del sole(l) che
faceva nello spirito l' effetto della lanterna magica sul
vetro e sulla tela, riflettevansi nell'ora medesima nello
stato-maggiore e nel quartier generale, mediante la se-
rie di telegrammi che copiamo in appresso dai loro
originali non ancora pubblicati : e Stazione di Dolores,
novembre 17 del 1879. Signor Generale in capo -Pi-
sagua. - In questo momento si crede che le nostre
truppe si siano incontrate col nemico, perchè si è visto
caricare i cacciatori^ facendo fuoco di fucileria poste-
riormente. Mando truppe in loro protezione - Sotoma-
yor. 9 — € Novembre 17. - Si scorge fuoco intenso a
cinque chilometri più o meno, direzione di Camilla.
È partita una sezione di artiglieria di montagna e tre
compagnie d^ infanteria, la qual forza arrivò al luogo
3o8 BATTAGLIA DI S. SANCISCO
del combattimento in mezz'ora - Sotomayor. » «• t In
quell'ora stessa, sera del 17, (continua la narrazione)
ritornavano i cacciatori che si erano spinti fino alle
porte di Tana.... Era questa truppa di cavalleria il
polverio che aveva scorto la colonna di Vergara nella
mattina, ed entrambe erano fuggite l'una dall'altra,
equivocandose (prendendosi scambievolmente per ne-
mici) e lasciando così scappare Albarracin {piccolo
squadrone di cavalleria peruviana) posto di fatto fra
due fuochi. I supposti cannoni erano semplicemente
barili d'acqua che sul dorso dei muli conducevano i
cacciatori (i). •
Ciò che lo scrittore chileno, per carità di patria si-
curamente, chiama effetto del miraggio, il lettore lo
comprenderà da sé, non era che effetto del pànico da
cui era stato preso l'esercito chileno, uffiziali e soldati,
al semplice annunzio dell' approssimarsi di Daza : d'al-
tra parte, lo scrittore chileno ed i telegrammi ufficiali
da lui riportati parlano anche di scariche di fucileria ;
e tutti sappiamo che il miraggio, semplice e rara illu-
sione ottica, non ha nulla che fare col senso dell'udito.
Come al fanciullo atterrito dai racconti della balia fa
vedere il diavolo in camera e financo sentirne t passi,
l'immaginazione, fatta ardente dalla paura, non feceva
vedere e sentire ai chileni che Daza ed i suoi Colora-
dos, colle loro famose scariche di moschetteria, in ogni
grano di polvere che il vento sollevava nel deserto, ed
(i) V. Mackennà, Sf&fia dilla Campagna di Tarapach. V. 2,
p. 832 a 842.
O DI DOLORES 309
ia Ogni più leggiero rumore che rompeva il sepolcrale
silenzio delle monotone e sterminate solitudini. Non si
pensava che a Daza, non si temeva che di lui e dei
suoi fimosi battaglioni di ColoradoSy e pareva di ve-
derli e sentirli continuamente li presso (i). Forse ciò
che rendeva Daza ancor più temibile in quei momenti
era il sospetto che veramente intendesse di misurarsi
con essi, e che perciò avessero a battersi con un ne-
mico di più col quale omai non si contava, dato per
vero, come generalmente si crede, che i chileni fos-
sero pienamente sicuri di una ritirata di Daza fino
da molto tempo innanzi di operare il loro sbarco a
Pisagua (2).
Sia come si voglia, Daza, tanto pel prestigio di cui
godeva, quanto per le truppe che aveva ai suoi ordini,
era una gran forza ; e la sua ritirata doveva essere e
fu un vero disastro per le due Repubbliche alleate.
Ma ecco che nella notte tra il 17 ed il 18, mentre
da una parte cessava ogni timore di vedersi assaliti da
Daza, forse per notìzie opportunamente ricevute^ giun-
geva dair altra ai chileni la nuova dell' approssimarsi
dell'esercito Perù-boliviano di Iquique; ed essi decisero
(i) « La dinsione di Tacna {ossia il piccolo esercito di Daza)
era quella che più intensamente preoccupava i chileni. »
V. MACKKNNA, Op. cii,^ V. 2", p. 817.
(2) Che Daza partì da Arica per Camarones, col piano già
prestabilito di ritornarsene indietro, senza battersi col nemico, lo
proserebbe anche il rifiato fatto da lui di una sezione di arti-
glierìa peruviana offertagli dal generale Prado in Arica.
Vedi V. M., Op. cit,, v. 2®, p. 820.
310 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
di attenderlo e dargli battaglia in Santa- Catalina -lo-
calità posta ad una lega circa dal quartier generale di
Dolores - come dicono i seguenti telegrammi del capo
dello stato-maggiore chileno, Sotomayor:
a Dolores, novembre i8, ore 7 p. m. - Al generate in
capo, Hospicio - Il capitano Barahona che stava di avan-
guardia in Agua- Santa annunzia la presenza del nemico
in quella località. Questa notte fo partire il 4^ di linea a
Santa- Catalina^ luogo conveniente per aspettarlo, ese-
guirò attendendo le truppe per condurvele! - Soto-
mayor, »
tt Al Generale in capo, Hospicio - 18 novembre ore 12
e 4o di notte- Abbiamo il nemico addosso. Marcio colle
mie truppe a Santa- Catalina^ Sotomayor. 9 - E così
altri molti (i).
Questo piano però era sommamente sbagliato per parte
dei chileni. Oltreché la posizione di Santa-Catalina, in
aperta pianura, non offriva per se stessa nessun vantag-
gio di resistenza, air esercito chileno precedentemente
disperso dall'altro lato di Dolores,. fino a Ja^pampa^ sa-
rebbe mancato il tempo di potervisi comodamente c<»>
(i) « Quando il colonnello Sotomayor impartiva l'ordine ter-
minante di avanzare verso Santa Caia/ina un tordo mormorio di
riprovazione corse fra i capi che circondavano l'uomo che in
quel momento aveva nelle sue mani i destini del Chili,.,. AnJa-
vamo ad attaccare facendo un movimento aggressivp dnlocato e
profondamente debilitato dalla marcia e dispersione deH^ ^ppe.
nelle cinque leghe completamente aperte che corrono da JmpoMmf^
a Santa Catalina, •
V. Mackenna, voi. 2®, pag. 859 a 877.
O DI DOLORES 311
centrare; ed il nemico lo avrebbe trovato frazionato^
in marcia, in una estensione di più miglia.
Ma ecco che appena un' ora dopo l' ultimo dei tele-
grammi da noi riportati, in cui il capo di stato mag*
giore dell' esercito chileno annunziava la sua partenza
per Santa-Caialinaj ossia verso le 2 delopattino del 19,
un pelottone di cavalleria chilena conduce innanzi al
capo di stato maggiore, tuttavia in Dolores colle sue
truppe, dieci mulattieri un'ora prima capitati in Santo-
Catalina con una lunga fila di muli carichi di otri pieni
d'acqua. Erano mulattieri dell' esercito perù-boliviano,
i quali riferirono: che, perduto di vista il loro esercito
nella oscurità della notte, avevano tranquillamente con-
tinuato il loro viaggio per Santa- Catalina, ove quello
doveva portarsi, ed ove lo credevano già, allorché essi
stessi vi giunsero; sicché non fu se non colla maggiore
loro sorpresa eh' essi si accorsero, all' entrare nell' offi-
cina di Santa-Catalina^ di trovarsi fra i chileni anziché
fra i proprii, come prima ritenevano (i).
Lo stato maggiore chileno comprese allora la stol-
tezza del suo piano, di presentar battaglia in Santa-
Catalina^ e quel eh' é più, la impossibilità di menarlo
a capo. L'esercito degli alleati poteva, doveva anzi giun-
gere da un momento all'altro 2l\V officina di Santa- Ca-
talina^ e dopo avere battuta la divisione chilena di
(i) e In realtà, solo per questi miracolosi mulattieri yenne a
sapersi che il nemico stava a tiro di fucile delle nostre avan-
gnardie, a due chilometri da Santa-Catalina^ »
V. Macksnna, voi. 2°, p. 882.
90. -" Caivano, Guerra etAmerUa,
312 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
2000 uomini che già si trovava là, avrebbe fatto lo
stesso con tutte le altre che man mano vi si fossero
portate V una dopo l' altra. Stando al riferito dai mu-
lattieri, r esercito degli alleati avrebbe dovuto arrivare
prima o contemporaneamente con loro a Santa- Cata-
lina; sicché essi arguivano che quello avesse sbagliata
la strada durante la notte, ciò che poi fu trovato pie-
namente vero, e che solo questa circostanza avesse po-
tuto trattenerlo per via.
La divisione chilena di 2000 uomini che si trovava
in Santa Catalina, aveva adunque corso il grave peri-
colo di trovarsi attaccata, quando meno il pensava, da
tutto l'esercito perù-boliviano, forte di 85oo uomini;
pericolo da cui solo aveala salvata la mera accidentalità
di aver quello smarrito due volte la via durante V oscu-
rità della notte, come poi fu circostanziatamente asso-
dato; e certo senza siffatta combinazione, altrettanto
fatale per la causa delle Repubbliche alleate, quanto sal-
vatrice pel ChiFi, r esercito di quest'ultimo sarebbe stato
inevitabilmente tagliato a pezzi, man mano che fosse
andato arrivando, dopo la sicura disfatta della divisione
che già vi si trovava. Ciò del resto sarebbe successo
egualmente nella mattina del ig, nonostante Pavvenuto
smarrimento del cammino, se l' esercito chileno avesse
mantenuto inalterato il suo piano per poche altre ore
ancora, fino al sorgere del sole, quando l' esèrcito ne-
mico giunse a Santa- Catalina; e così e non altrimenti
sarebbe avvenuto senza dubbio alcuno, senza il for-
tuito arrivo dei mulattieri che colla loro presenza e ie
loro rivelazioni fecero comprendere allo stato mag-
O DI DOLORES 313
giore chileno il grave perìcolo corso e che tuttavia
correva, se prontamente non si mutava il piano della
battaglia.
Così fu &tto in effetti. Anziché seguire il primo piano
di correre incontro all' esercito alleato in Santa Cata-
lina, lo Stato Maggiore chileno risolvette alla lesta di
iimanersene sulla difesa là dove si trovava col suo
quartier generale, ossia in Dolores; e dato l'ordine alle
truppe che eransi mosse da Jazpampa ed altri punti
per recarsi a Santa- Catalina^ nonché alla divisione che
trovavasi già in quest'ultimo posto, di concentrarsi
presumente nel quartier generale di Dolores, fece su-
bito avvertito il generale in capo del mutamento av-
venuto nel piano della campagna, col seguente tele-
gramma :
e Campo di Dolores, novembre 19, ore 2,25 a. m. -
Al Generale in Capo - Ho risoluto di formare la nostra
linea sulle alture di Dolores, e di difendere questo punto.
- Sotomqyor, »
< A quest'ora, dice lo storico chileno Vicufìa Ma-
ckenna, l'esercito del Chili, già perduto a mezzanotte,
si trovava salvato dalla rapidità del concentramento....
La metà dell' esercito invasore riconcentrato sulla col-
lina di San Francisco il mattino del 19 novembre, forte
di seimila uomini con irentadue pe^s^i di artiglieria, si
preparava più che a sanguinosa battaglia, ad animata
e lieta festa di vittoria (i). »
La collina di San Francisco^ di cui parla lo storico
(I) V- M., op. cit.y voi. 2®, p. 885 e 886.
314 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
chileno, non era altro che il centro delle alture di Dolo-
resj cui riferivasi il capo dello stato-maggiore nel suo
telegramma al Generale in capo. E per sapere poi la
struttura di questa collina di San Francisco, e tuua la
importanza che poteva e doveva avere per un esercito
che se ne stava su di essa alla difesa, non abbiamo che
a ricorrere alla medesima elegante penna dello storico
chileno più volte citato (i).
a Vicino a Dolores, inalzasi sulla pianura in modo
più che pittoresco, brusco, un gruppo di colline....
La sua elevazione massima è di 800 piedi ; però il suo
accesso è facile in tutte le direzioni, e presenta alla sua
sommità una dolce pianura di oltre 200 metri di lar-
ghezza, in parte, su circa una lega di lunghezza.... Era
quella conseguentemente un'eccellente posizione stra-
tegica, perchè dominava la strada di Jazpampa e difen-
deva insiememente la via ferrea, l' acqua, la pianura e
sopra tutto la ritirata. Sulla vetta del poggio di San
Francisco^ che questo nome porta più comunemente,
poteva manovrare comodamente un esercito di diecimila
uomini ed estendersi in linea, coronando le sue falde sia
al sud sia al nord, in ogni circostanza. Tutta la falda di
quell'aspra collina solitaria ed isolata ha una vera fran-
gia di salnitriere sfruttate, che sono pozzi a modo di mi-
niere, con gallerie e fenditure che rendono intransitabili
(i) Poiché gli storici chileni pongono ogni studio a magnìò
care olh-e il vero certi fatti d'arme militarmente poco importanti,
ci gioviamo a beila posta della ingenuità del loro racconto per re^
stituire le cose alla verità. -> Che ciò non sfugga airattento lettore
O DI DOLORES 315
la maggior parte dei cammini che menano alla cima.
Sono queste, per ciò stesso, baonissime posizioni per
aggruppare nelle loro cavità delle guerriglie e dei destri
tiratori che si battono come fra invisibili trincee.... Di
fronte a questa posizione, per se stessa inespugnabile,
estendesi una leggiera pianura.... La occupazione mi-
litare di quel poggio equivaleva dunque, come difesa,
a una vera fortezza cui non mancavano né i bastioni,
né i fossi, né le merlature (i). >
Adunque su di questa formidabile fortezza natu-
rale l'esercito chileno si trincerò all'ultima ora,
quando la necessità lo costrinse ad abbandonare un
primo piano che sarebbe stato la sua rovina. E in
pari tempo contro siffatta fortezza, difesa da seimila
uomini e da una potente artiglieria composta di 32 can-
noni e mitragliatrici di ultima e migliore invenzione,
venne a cozzare l'esercito alleato perù-boliviano, ben
può dirsi quasi a solo ed unico scopo di trovare
un pretesto per rompere l' unità di corpo^ a dura pena
mantenuta in mezzo alle fatiche di una marcia disa-
strosa, alla costante scarsezza di acqua e di viveri, ed
alla discordia punto dissimulata che da più tempo re-
gnava fra i diversi capi di esso, e che una fatale no-
tizia doveva iare scoppiar d'un subito.
Diamo la parola allo scrittore chileno.
a L'esercito degli alleati smarrì due volte la strada
nella notte dal 18 al 19.... Alla fine la luce del giorno
portò un po' di coesione fra le disseminate colonne, ed
(i) V. Macksnna. Op. «/., V. 2^ p. 870 a 877.
3i6 BATTAGUA DI S. FRANaSCO
al salire queste in pittoreschi gruppi le collinette di
Chinquinquiray, situate a poco più di una lega dal pog-
gio di San Francisco, scorsero la vetta di questo se-
minata di baionette, ed i soldati proruppero in allegri
evviva, perchè per essi la battaglia era il riposo, tanto
stanchi venivano i... Quando gli alleati ebbero in vista
il forte campo dei chileni sulP alto poggio di San Fran-
cisco, si fermarono come per dare l'assalto. Però ve-
nivano sopraffatti dal sonno, dalla fame e dalla sete,
tre alleati della disfatta ; ed i capi risolverono di dar ad
ogni costo da bere ai soldati prima di combattere. Tosto,
e colla prima luce del giorno occuparono Santa Cata-
lina, il cui suolo era tuttavia caldo del sonno dei no-
stri.... Alle 7 del mattino, dopo saziata la sete, comin-
ciarono gli alleati a stendere la loro linea di battaglia
come se stessero in una rivista.... Era evidente che
tentavano prendersi a viva forza l'acqua di Dolores,
onde assediare quei del poggio per sete.... Con questo
fine aggrupparono le loro migliori truppe nella estrema
dritta, e collocarono dieci pezzi da montagna, la metà
della loro artiglierìa, vicino alle scorie della salnitriera
già nominata. Di li dominavano la ferrovia, che era il
nervo del combattimento.... Ed è qui da notare una
circostanza morale di grande importanza, destinata a
esercitare nella battaglia una parte decisiva, superiore
a quella del cannone : quella cioè che il destino aveva
riunito in quell' ala dell'esercito alleato, tutti i mai-
contenti e perturbatori che portavano ascoso nel petto
acre e mascherato astio contro il colonnello Suarez
(capo dello stato-maggiore) anima e occhio dell' eser-
O DI DOLORES 317
cito.... La laboriosa e ben disposta linea degli alleati
rimase totalmente formata verso le 9 del mattino, ed
allora, come i chileni sull'altura, iloro 19 battaglioni
(in tutto 83oo uomini) formarono fascio d' armi.... Un
silenzio profondo regnò fin da quel momento.... Però
se in cosi supremo istante fosse stato possibile solle-
vare lo strato di carne dei cuori, si sarebbe notato che
r esercito alleato era di fatto vinto prima di lottare....
Era una fatale notizia circolata a voce bassa di fila in
fila, quella che terminava di prostrare gli animi e faceva
cader le braccia a quella gente. Alcuno aveva portato
{chi? come ?) in quell' ora della formazione in linea di
ripK)so, la notizia della fuga di Daza da Camarones tre
giorni prima.... Da quel momento, esclama il dottore
Cabrerà {boliviano)^ ebbi la convinzione che l'esercito
degli alleati era perduto.... In questa attitudine e sotto
cosi cattivi augurii conferirono nel quartiere generale
alle 2 p. m., Buendia e Suarez, e decisero risolutamente
e definitivamente di rimettere la battaglia all'aurora del
seguente giorno. Era tardi: la truppa era stanca.... (i) »
Durante tutto questo tempo l'esercito chileno se ne
stette immobile sulla vetta dell'alto e quasi inacces-
sibile poggio di San Francisco^ che signoreggiava gi-
gante, a semplice tiro di carabina, il campo degli al-
leati posto ai suoi piedi nella pianura.
L.* esercito chileno, che fin dal primo apparire del
nemico nelle prime ore del mattino, avrebbe potuto
impegnare la battaglia nelle migliori condizioni imma-
(i) V. Mackenna, Op. cit,, V. 2^ p. 890 a 911.
3i8 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
ginabili, se ne stette invece nella più stretta difensiva,
ma non già per ragioni di strategica, poiché, senza
abbandonare per nulla il sao piano difensivo, anzi per
tenersi appunto fedelmente ad esso, avrebbe dovuto
molestare il nemico almeno colla sua potente arti-
glierìa, quando quello stendeva tranquillamente la
propria linea di battaglia, appena a tiro di carabina da
lui, e prendeva senza contrasto così T acqua come un
posto importante sulla strada ferrata, che era la sola
via di ritirata pei chileni in caso di una disfatta.
I chileni assistettero pazientemente a tutte le ma-
novre deir esercito nemico, e non impegnarono una
battaglia che, attese le loro vantaggiose posizioni, non
poteva non riuscire a loro favore, perchè credevano
non essere in numero sufficiente per battersi contro
di esso, e perchè temevano che quello, soprafifacen-
doli, avrebbe potuto spingersi fino a Pisagua ed im-
padronirsene. Il loro piano era quindi di temporeggiare
il più che si fosse potuto, onde attendere i rinforzi che
si erano domandati al quartier generale di Pisagua, ossia
dell' a/fó deir Hospìcio; rinforzi che, partiti il mattino
dall' a/ifo delV Hospicio^ erano già arrivati in numero
di 35oo uomini sotto il comando del generale in capo,
a Jazpampa, fino dalle 2 pom. Tutto ciò rimane suffi-
cientemente provato dal seguente telegramma, che alle
3 e 25 pom. spediva il capo dello stato maggiore al
generale in capo che trovavasi già, come si è detto, in
Jazpampa.
€ Ore 3 e 25 pom. - Al nemico bisogna dar batta-
glia con forze superiori, e siccome credo che non le
O DI DOLORES 319
ceniamo, mi sembra indispensabile che vengano qui
quelli che ho detto, onde evitare che ci burlino {che
ci sopraffacciano) e ci prendano V alto delPHospicio. •
Questo telegramma non finisce qui. Mentre il filo te-
legrafico riferiva a Jazpampa l'ultima delle anzidette
parole, il capo dello stato maggiore chìleno che trova-
vasi nella stazione telegrafica di Dolores, intese ripetuti
spari di cannone e di fucileria ; e terminò il suo tele-
gramma in questi termini : « In questo momento si
battono, e vado a vedere il fuoco. - Sotomayor. (i) »
Effettivamente la battaglia cominciava appunto in
quel momento, ore 3 e 25 pom., nonostante l'assenza
del capo di stato maggiore, e comandante in capo del-
l' esercito chileno di Dolores, Sotomayor, il quale, nel
rermo convincimento che non ci sarebbe stata batta-
glia in quel giorno già prossimo a cadere, stavasene
senza alcun sospetto a questo riguardo nella stazione
telegrafica di Dolores, posta alla base del poggio di
San Francisco.
Ora, se l'esercito Perù-boliviano, come s'è visto,
aveva deciso di non dar battaglia fino all'alba del
giorno appresso, e quello chileno di non prendere in
nessun modo l' iniziativa fino a che non fossero giunti
i chiesti rinforzi, come, in che modo avvenne che si
rompessero tanto inaspettatamente i fuochi in sul finire
del giorno 19?
Il primo movimento offensivo pani dall'esercito perù-
boliviano ; ed a questo riguardo dice lo scrittore chi-
(i) Vedi: V. Macksnna, oJ>. ci/., ▼. 2*^, p. 915.
320 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
leno cui siamo ricorsi e ricorreremo tante volte : a Che
cosa era successo nel campo degli alleati? Ecco un
mistero il cui velo nessuno ha scoperto abbastanza
finora, onde la luce di eterna verità illumini i successi
e li esplichi. Secondo alcuni, fu un piano dei boliviani
ostili a Daza, onde compromettere intempestivamente
la battaglia ed aver così un pretesto per disgregarsi e
ritornare dispersi all'altopiano (in Bolivia).... Secondo al-
tri, furono gli uffiziali superiori avversi al colonnello
Suare\ quelli che senza sua notizia, quando egli era
trattenuto nella estrema sinistra della linea (P attacco
mosse dall' ala diritta) Scendo ritirare i corpi, coman-
darono d'impegnare il combattimento. In ogni modo
è certo che nell' ala diritta trova vansi aggruppati, come
dicemmo innanzi, i più implacabili nemici di Suarez
e di Daza(i). »
Ascoltiamo ora ciò che dice il colonnello Suarej,
capo di stato maggiore dell'esercito perù*boliviano,
nel suo rapporto ufficiale sulla battaglia del 19 novem-
bre, al generale in capo Buendia :
a All' alba del giorno 19 avemmo in vista i para-
petti di San Francisco, muniti di artiglieria e difesi
dal meglio, senza dubbio, delle truppe contrarie, che
avevano fatto di essi il centro delle loro operazioni
sulle officine (salnitriere) e la linea ferroviaria. Con-
sultando con V. S. le condizioni della nostra forza,
convenimmo di studiare l' intenzione e la posizione del
nemico, facendo avanzare alcune divisioni e stabilendo
(i) V. Mackknna, cp, cit,, V. 2^, pag. 919.
O DI DOLORES 321
la nostra linea fino a chiudere l' acqua dentro di essa,
ciò che ottenemmo facilmente, e collocandoci conve-
nientemente in situazione di prendere con calma e si-
curezza le misure più appropriate, a seconda che si
sviluppassero gli avvenimenti. Questo movimento, ese-
guito con ammirevole ordine e precisione, pose dalla
nostra parte tutti i vantaggi, perchè avevamo ottenuto
di scegliere il nostro campo, e la libertà di azione che
permette di adottare e seguire un piano. In questo
stato ordinò V. S. che gli s'inviassero una divisione
d'infanteria, un reggimento di cavalleria e sei pezzi
d' artiglieria da unire alla divisione di esploras(ione ed
alla prima brigata della prima divisione deir esercito
alleato (di Bolivia), e che il sottoscritto attaccasse la
posizione pel fianco sinistro, col corpo di esercito che
rimaneva a' suoi ordini, mentre V. S. faceva lo stesso
sulla diritta. Posteriormente, ed a mia istanza, si de-
cise di impiegare ciò che rimaneva della giornata in
dare alla truppa P alimento ed il riposo necessarii per
imprendere un attacco con tutte le probabilità di esito
(in faticosa e contìnua marcia da piii giorni^ i sol-
dati erano digiuni fino dal giorno innan!{i, nel quale
ebbero appena una cattìva ed insufficiente ras[ione)\
ed il sottoscritto comunicò questa determinazione ai
capi superiori ed alla truppa che stava ai suoi ordini
immediati. Le operazioni eran finite per quel giorno,
e mi ritirava a dirigere e vigilare la distribuzione
delle razioni, quando i primi spari del cannone nemico
ed un vivissimo fuoco di fucileria mi obbligarono a
ritornare alle posizioni avanzate, nelle quali, senza al-
322 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
cun ordiqe, si era impegnato un vero combattimento.
Le colonne leggiere di avanguardia organizzate nei
giorni innanzi (due compagnie peruviane e due boli-
viane) scalarono il poggio fortificato, e non tardarono
a seguirle i corpi della divisione avanguardia^ il bat-
taglione Ayacucho e alcune altre forze della prima
divisione. Questo attacco, visto solo come uno sforzo
di valore, come un frutto della più decisa ed eroica
risoluzione, onora ed illustra le armi nazionali. Tre
volte i nostri valorosi guadagnarono la vetta e slog-
giarono gli artiglieri nemici, impossessandosi dei can-
noni {di alcuni) sotto il fuoco dei Krupps, delle mi-
tragliatrici e di una scelta infanteria difesa da fossi e
parapetti (i). Però le forze dell' esercito alleato (^/ Bo-
(l) « L' intrepido Salvo {comandante di una batteria chilend) in
mezzo ad un vero diluvio di palle, aveva fatto 143 tiri contro le
colonne d' assalto : però mancando alfine di campo di tiro per
r angolo del monte, vedeva avanzarsi a passo di trotto i guerri*
glieri del Zepita {peruviano) e dell' Illimani {boliviano) che ri-
valeggiavano in ardore. Conducevali Espinar {colonnello pemvianQ)
che marciava intrepidamente a cavallo segnalando ai soldati colla
spada i siti, e perfino le persone su cui dovevano far fuoco....
Cadde in questo momento il cavallo del coraggioso peruviano
{Espinar) trapassato da una palla di carabina ; però asciugane
dosi il sudore del volto, continuò egli 1' ascensione a piedi, gri-
dando a quei che lo seguivano : Ai cannoni / ai cannoni l rod
che nel fragore della battaglia udivansi distintamente. Il me-
mento era supremo, perchè Salvo aveva perduto la metà dei su<»
artiglieri.... faceva fuoco col suo revolver, e domandava a grifi
che venissero a sostenere i suoi cannoni coli* infanterìa. tJdivansi
in questo solenne istante della lotta, con perfetta chiarezza, le
voci e gli evviva dei guerriglieri che avanzavano sopra x tao*
O DI t)OLORES 323
livià) in completa dispersione, senza ordine, senza che
nulla autorizzasse tal procedere, ruppero un fuoco mi-
cidiale pei nostri soldati ed inutile contro il nemico.
Il campo si coprì di questi soldati fuori fila che spa-
ravano a larga distanza, avanzavano a capriccio, o sce-
glievano un luogo per continuare bruciando le loro
munizioni senza direzione né oggetto, producendo un
rumore che stordiva ed una confusione che non tardò
a sconvolger tutto.... Frattanto, sordi alla tromba, alla
preghiera, alla minaccia ed a tutto, i soldati boliviani
senza capi continuavano la loro opera colla precipi-
tazione e la frenesia propria di chi non ha altro scopo
che quello di fare incontenibile il disordine. La con-
dotta delle divisioni boliviane che fecero irreparabile
la prima imprudenza (Paver rotto i fuochi sen^a co-
mando : ciò che, tutto sembra dirlo, fu non una sem-
plice impruden^a^ ma un fatto intenzionale per com-
promettere Pesito della battaglia); che c'improvvisarono
un campo di battaglia insperato e più degno di atten-
zione che quello del nemico, piano iniquo, preparato
fino dalla introduzione nelle nostre truppe di certi uo-
mini che hanno avuto bisogno d' infamare il loro paese
per far sorgere le loro aspirazioni personali.... E triste
il dover manifestare così deplorevole eccesso; però deve
noni (i quali furono presh perduti e ripresi due altre volte) quando
ana palla di revolver colpi l'ampia fronte del bravo {Espinar)
che li guidava su per 1' erta {era da più tempo già coi suoi stilla
piattaforma della vetta) e rimase istantaneamente cadavere....
Morto questo, era vinta la battaglia. »
V. Mackenna, op. cit., V. 2®, pag. 928 e 929.
324 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
sapersi che non abbiamo impreso una ritirata dinanzi
alle forze chilene, incapaci di abbandonare i loro pa-
rapetti e ridotte all'attitudine più strettamente difen-
siva, ma che vedemmo sorgere la demoralizzazione nelle
nostre file, e siamo stati vittime del colpo preparato
dalla perfìdia contro due Nazioni.... >
Nel rapporto del comandante del battaglione Pano,
no 6, si legge: t Erano le ore 3 e 20 pomeridiane
quando si fece il primo sparo di cannone sulla nostra
forza, presentandosi in pari tempo una divisione boli-
viana alla nostra retroguardia rompendo i suoi fuochi
su di noi.... Trascorsi i5 minuti ricevemmo ordine di
attaccare e prendere le p>osizioni per quel fianco....
L'attacco fu così impetuoso come esigevano le circo-
stanze; e grazie a ciò potemmo avanzare fino a far
tacere i fuochi del nemico per quella parte e respin-
gerlo fino alla sua seconda trincea: ma avendo i ne-
mici sul piano circa 6000 uomini, più o meno, rin-
novarono la loro difesa cagionandoci molte morti. Il
fuoco nemico da una parte, quello dell'esercito boli-
viano alla retroguardia, e quello delle guerriglie della
prima divisione del Perù le quali convergevano nel sito
che occupavamo, diede luogo a nuove perdite, e tummo
respinti. Inoltre ci trovavamo senza munizioni e senza
protezione di forze : ciò nondimeno avevamo ottenuto
di prendere un pezzo d'artiglieria.... »
Nel rapporto del comandante del battaglione Lima,
Morales Bermudez, troviamo : e .... II nemico ruppe i
suoi fuochi di artiglieria, ed il battaglione continuò
O DI DOLORES 325
la sua marcia in battaglia fino a che passando la falda
del colle, principiò la sua ascensione sfidando le com-
pagnie pel fianco e ricevendo il fuoco nemico senza
rispondere.... A quest'altezza si ruppe il fuoco, gua-
dagnando sempre terreno con rapidità, fino a collocarci
al livello della colonna leggera di avanguardia, com-
posta di una compagnia del battaglione Zepita ed
un'altra dell'Illimani: con questa forza ed in unione
del battaglione Puno si ottenne in poco tempo di slog-
giarli (t nemici) dai loro parapetti, e che abbandonas-
sero i due cannoni che ci offendevano da quel lato,
e che nonostante l' essersi tentato da alcuni soldati di
farli girare per nostra difesa, fu impossibile il farlo,
perchè trovavansi fermamente assicurati in terra.... Tre
volte consecutive tentò il nemico di disputarci il ter-
reno, ed altrettante volte fu respinto, fino a che termi-
nate le munizioni, stanca e decimata la truppa, senza
speranza di ricevere rinforzo alcuno dal resto dell'eser-
cito che rimaneva semplice spettatore della battaglia,
e finalmente sofirendo il fuoco incessante che ci faceva
r esercito boliviano, causandoci maggior numero di
perdite che il nemico, lo scoraggiamento ed il disor-
dine invase le nostre file, che si vedevano assas-
sinate a mansalva dai fuochi degli amici e dei ne-
mici.... »
Dice lo scrittore chileno VicuHa Mackenna: e II
Puno e nilimani {doveva dire il Lima) in colonna
serrata, spazzati dalla mitraglia e fucilati alle spalle,
a causa della indescrivibile confusione in cui entra-
328 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
più vitali interessi del paese, e li accolse con quel pro-
fondo disprezzo di cui erano meritevoli.
Da quanto precede, il lettore avrà compreso gii che
la giornata di San Francisco, o di Dolores, come la
chiamarono i chileni, terminò a favore di questi ul-
timi. Nondimeno fassi necessaria una spiegazione : bi-
sogna distinguere il fatto d'armi in se stesso, dagli
avvenimenti che lo seguirono,
Come fatto d' armi merita appena che se ne parli.
Impegnata la battaglia in un estremo della linea degli
alleati, da una sola divisione, mentre erasi risoluto di
non entrare in azione che all' alba del giorno appresso,
e perciò senza piano, senza precedente distribuzione di
parti e senza che nessuno sapesse quello che dovesse
fare, la divisione che prima mosse all'attacco, un
i4oo uomini all' incirca, fu la sola che si battè. Certo,
con un buon comando ed una buona ufizialità, non
sarebbe stato punto difficile di generalizzare l'azione;
tanto più che, come è detto nel rapporto del Capo
dello stato-maggiore, erasi già concertato un piano di
battaglia che volevasi mettere in opera un' ora innanzi,
e che poi s' era risoluto di lasciare per l' indomanL II
nemico era lì davanti a loro, un nemico che non si
moveva, che se ne stava sulla più stretta difensiva
sparando i suoi cannoni come dalle feritoie di una
torre ; e nulla sarebbe stato più facile, era anzi la cosa
più semplice e naturale quella di riportarsi al piano
già prestabilito e poi sospeso, e menarlo ad esecuzione.
Ma se da una parte abbiamo già visto quello che fa-
cessero le divisioni boliviane, che in numero di 3ooo uo-
O DI DOLORES 329
mini rappresentavano oltre il terzo delPesercito, la con-
dotta delle divisioni peruviane, all' infuori di quella che
entrò in azione, non fu al certo d* assai migliore (1).
Sotto pretesto che l' azione era stata malamente impe-
gnata, che non avevano ricevuto a tempo gli ordini
opportuni, o che li avevano ricevuti dall' uno anziché
dall' altro, i diversi capi di battaglioni, delle brigate e
delle divisioni fecero tutti del loro meglio per restare
estranei al combattimento; ad un combattimento nel
quale si giocavano le sorti del paese, e che fu ridotto
alle semplici proporzioni di una meschina ed insignifi-
cante scaramuccia. Chi obbligò le sue truppe a rima-
nersene inoperose colle armi al braccio, nella lusinga
d' aspettare un momento propizio che non venne mai,
per spingersi in soccorso dei proprii fratelli eh' erano
alle prese col nemico; chi fecele girare inutilmente di
qua e di là in immaginarie manovre che tendevano
unicamente a tenerle lontane dal campo di operazione ;
chi prese addirittura la fuga con esse o senza dì esse,
per andare a spargere delle menzogne in Tacna ed Arica,
sia ccmtro il generale in capo, sia contro il suo capo di
stato-maggiore, dei quali erano tutti più o meno nemici
o rivali.
Abituati questi ufficiali nelle continue lotte rivoluzio-
narie del proprio paese a battersi non a favore o contro di
(i) Che non faccia nessuna meraviglia al lettore europeo il
sentir parlare di tante divisiamo trattandosi di un così piccolo eser-
cito; poiché spesso una divisione oltrepassa difficilmente i mille
Qomini. Dicasi lo stesso delle brigate e dei battaglioni. Le divi-
sioni chilene però sono assai più numerose.
330 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
una causa, ma di uno o più individui; a farsi guidare non
dalla legge del proprio dovere, ma da quella unicamente
delle proprie passioni ; a vedere a fianco a sé o contro
di sé non altro che l'amico od il nemico, il compagno
od il rivale, - da cui i tanti pronunciamientos^ le tante
defezioni, i tanti voltafaccia istantanei e repentini - essi
dimenticarono il nemico del paese, lo straniero che ave-
vano di fronte, e si ricordarono solamente del per-
sonali loro pettegolezzi coi propri! compagni d^armit
delle proprie inimicizie e delle proprie rivalità. La vit-
toria suU' esercito nemico avrebbe anzitutto coperto di
gloria Buendia e Suarez - questo più di quello ancora -
mentre la disfatta li avrebbe gittati nella polvere, com-
promessi e perduti per sempre innanzi al paese: e tuuo
il mal volere, tutto Podio a poco a poco accumula-
tosi nei loro animi contro questi due individui, nei
sette mesi che furono loro superiori, si alzò gigante in
essi in quel supremo momento, in cui il proprio fatto po-
teva e doveva concorrere potentemente a collocare sulle
odiate fronti di quelli sia la corona di alloro sia quella
di spine (i).
(i) Nel descrivere la marcia dell'esercito perù-boliviano da
Iquique a San Francisco, lo scrittore chileno Vicuaa MaeìUnna
parla difitisamente di queste rivalità e dei tristi loro effetti, come
dicono i brani che qui riproduciamo: « La discordia era scop-
piata nel campo nemico.... Scene di rimproveri e di violenza
avevano luogo ad ogni istante sotto la tenda dello stato-mag-
giore. Alle 3 p. m. del i8 si diede l'ordine di avanzare ; ma
la discrepanza delle volontà ed il calore degli odii toccava. g\a
nella rivolta; ed alcuni dei comandanti delle divisioni diedcru
O DI DOLORES 331
Ciò è un effetto necessario di quella vecchia scuola
rivoluzionaria di cui più volte abbiamo discorso, e di
cui qui occorre ancora dire qualche parola.
Nel Perù come in Bolivia, l'uficiale non deve le sue
spalline e le successive promozioni, fino a Colonnello
almeno, che al favore di uno o più CaudilloSj capitani
rìvoluzionarii, cui favorì esso stesso colla propria opera,
sia direttamente servendo nelle loro file, sia indiret-
tamente mal servendo i loro nemici e competitori.
Nel Perù come in Bolivia, arrivato a Colonnello l'ufi-
ziale si crede già non solo nella possibilità, ma nel
diritto dì farsi Presidente o Dittatóre del suo paese. Ma
SI nel Perù come in Bolivia di colonnelli ve n'ha
molti; tanti forse quanti quelle Repubbliche dovreb-
bero averne se tutto il loro rispettivo territorio fosse po-
polato: e poiché a Presidente o Dittatore solo possono
arrivare uno per volta, sicché la concorrenza è troppo
grande, hanno tutti fretta di passare innanzi agli altri,
onde non correre il pericolo di rimaner troppo indietro
nella folla e non arrivar mai. Ognuno di essi vede
perciò in tutti gli altri altrettanti rivali e nemici, che
s* interpongono fra lui ed il supremo potere dello Stato^
altrettanti ostacoli da vincere per arrivare ad impos-
ia ambo i campi (peruviano e boliviano) il funesto esempio di
negarsi ad ubbidire alla vista del nemico.... La discordia (già
sotto i parapetti di San Francisco) si estendeva invece di placarsi,
e la tenda di campagna del generale Buendia era divenuta il
campo di Agramante. »
Of. cit., v. 2^ p. 847, 886 e 889.
332 BATTAGUA DI S. FRANCISCX)
sessarsi dell^ agognato potere, verso il quale sono di-
retti tutti i suoi sforzi e tutti i suoi pensieri ; e nasce
da ciò che ognuno di essi si creda nel diritto, nel
dovere anzi di combattere tutti gli altri in ogni cir-
costanza, e dì fare quanto sta in lui per perderli nella
pubblica opinione. Quanto poi a concorrere col pro-
prio fatto a che uno o più dei suoi odiati rivali
guadagni terreno su di lui nella pubblica conside-
razione, ciò sarebbe considerato in faccia e se stesso
ed alle proprie aspirazioni come la maggiore delle
stoltezze, se non come il più assurdo dei delitti. È
semplice questione di spostamento del senso morale:
e fino a che non cesserà col militarismo la trista e
dissolvente scuola rivoluzionaria, quei paesi, per tanti
versi destinati ad essere grandi e potenti nazioni,
mentre non sapranno mai che sia la intema prosp)e-
rità, saranno sempre facil preda del primo pugno di
avventurieri armati, che metta il piede sui loro terri-
torii.
La battaglia di San Francisco adunque, come fatto
d'arme, non fu che una semplice scaramuccia, un sem-
plice tentativo isolato di una sola divisione dell'eser-
cito perù-boliviano contro quello del Chili; il quale,
senza prendere affatto l'offensiva, ciò che sarebbe stato
tanto facile e tanto fecondo d'effetti, altro non fece
che difendere colla sua potente artiglieria le quasi
inespugnabili sue posizioni; sicché quando terminò il
breve e meschino combattimento, credè che quello
fosse stato non altro che una preliminare ricognizione
eseguita dal nemico. Ciò è tanto vero che esso ri-
O DI DOLORES 333
teneva che la vera battaglia avrebbe dovuto cotn-
battersi all'indomani; al qual uopo si mantenne senza
muoversi nelle sue posizioni^ e domandò pronti rin*
forzi e munizioni al generale in capo che trovavasi
in Jazpampa, e che arrivò nel corso della notte. A
questo proposito dice il chileno Vicufla Mackemia:
a Quella di San Francisco non fu propriamente una
banaglia.... Era universale nel campo chileno il con-
vincimento che la vera battaglia si darebbe all'alba
del giorno 20; e passarono tutti i corpi quella fredda
notte senza fuoco, quasi senz'alimento.... Si sollecita-
rono anche per telegrafo urgenti soccorsi di rinforzi,
munizioni e viveri (i). »
Solo col sorgere della luce del seguente giorno 20,
i chileni compresero, per la completa assenza del ne-
micOy che erano rimasti assoluti padroni del campo;
come solo da qualche ferito peruviano, raccolto nei
pressi di San Francisco, nel corso di esso giorno 20,
intesero la diserzione in massa delle divisioni boli-
viane. Dai medesimi feriti seppero anche che l'eser-
cito peruviano si ritirava in completo disordine verso
Tarapacà: fatto di cui ebbero la più sicura prova nei
cannoni che quello abbandonò per via per mancanza
di animali, e che essi raccolsero; sicché ebbero a go-
dere inaspettatamente tutti t vantaggi di una gran vit-
toria, senza aver fatto nulla o quasi nulla almeno per
ottenerla, e solamente per opera di quei medesimi che
avevano il dovere di contrastarla.
(i) Op^a citata, v. 2, p. 943, 94^ e 947.
334 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
Ciò nondimeno, sia per timore, sia per inerzia od
imperizia, l'esercito chileno che sapeva di avere a
poche miglia dinanzi a sé non più un esercito, ma
appena tre o quattromila soldati che marciavano alla
sbandata, senza viveri, senz' acqua, e pieno V animo di
amarezza ed abbattimento, non fece neppure un solo
passo in loro inseguimento, e li lasciò tranquillamente
ritirare a Tarapacà e ricostituirsi (i).
Ma se come fatto d'armi la giornata di San Fran-
cisco fu poco men che nulla, ebbe però pei chileai, a
causa dell'intrìnseco malessere che viziava l'esercito
perù-boliviano, e che ivi trovò la sciagurata soluzione
che abbiam visto, tutta l'importanza di una grande e
colossale vittoria; quella cioè di farli padroni del-
(i) « L'esercito del generale Baendia, sconfitto stmza essersi
battuto, riposò in Curana la notte del 20 è la mattina del 21.
Tutto il suo refrigerio consistè in due o tre capre distribuite a
ciascun battaglione. Però nella notte del primo giorno, Tin&ti-
cabtle colonnello Snarez si spinse fino a Tarapacà, e ponendo
ivi a requisizione il patriottismo ed il terrore, raccolse vireri,
capre, pecore, Llamas e perfino asini, per saziare la fame dei
suoi infelici soldati. Rimase in sua assenza a capo del campo
il prudente colonnello Bolognesi, il quale fece imprendere la
marcia verso Tarapacà alle 2 pomeridiane del 21.... Il nostro
esercito (il chileno)^ addormentato nei terreni salnitrìeri (caUchaUs)
non moveva ancora neppure una sola pattuglia in cerca del nemico
che si rifìiceva in sua presenza. Così passarono i mortali giorni 20.
21, 22 e 23 di novembre, lasciando scappare un esercito che
fuggiva a piedi, mentre avevamo alla porta del quartier generale
cinquecento uomini a cavallo. >
V. Mackbnna, Opera citata, v. 2, p. 986 a 988.
O DI DOLORES 335
r ambito deserto di Tarapacà e di quella stessa Iqui*
que che essi desideravano tanto ed alla quale temevano
tanto d'avvicinarsi.
Alla difesa di Iquique, dopo esserne uscito l'esercito
perù-boliviano, che poi si sciolse da sé alle falde del
poggio San Francisco, non era rimasta che appena
una divisione di i3oo uomini, la quale fu poi dal ge-
nerale Baendia chiamata a Tarapacà, alla cui volta
mosse il giorno 22. Uscito quest' ultimo resto di forza
da Iquique, che rimase senza guarnigione e senza una
sola guardia di Polizia, completamente in balìa di se
stessa, il Prefetto credè bene di fare anch' egli fagotto,
e consegnò la città al corpo consolare straniero; il
quale, non sappiamo se per incarico dello stesso Pre-
fetto o di moto proprio, per salvarla del furore del-
l'esercito chileno, che certo l'avrebbe presa da se e
senza fatica quando volesse, la consegnò a sua volta
al comandante della corazzata chilena Cochrane^ che
ne bloccava il porto, e che ne prese possesso in nome
del Chili facendovi sbarcare una sessantina di mari-
nai appartenenti all'equipaggio della propria nave.
Il Perù si suicidava; ed il Chili foceva la parte del
becchino, raccogliendo il cadavere I
IX
Battaglia di tarapacA
Dopo quattro giorni dalla battaglia dì S. Francisco, 1 cbUeai
raggiangono l' esercito peruviano a Taiapacà. - Aspettano
rìnfoTEi. — Namero rispettivo degli eserciti. - L'esercito pe-
raviano eia disorganiizato. - Tarapacà. - Sorpresa e valo-
rosa difesa dei peruviani. - Lo storico Maclcenna vuole atte-
□ture la disfatta dei chileni. - Sebbene ai peruviBDÌ difettassero
le mimmoni, essi riportarono aaa splendida vittoria. - Perchi
non fii di alcun profitto al Perù. - I peruviani si dirìgono
ad Aiica. -> Millanterie chilene. - U deserto di Tarapacà ri-
mane io potere dei chileni.
[HASTo inoperoso per ben quattro giorni
dopo il simulacro di batuglia di San
Francisco, mentre tutto voleva che si
fosse posto la sera stessa del 19 all'in-
seguimento dì un nemico, la cui trista
situazione era tale che, raggiunto appena, non poteva
33S BATTAGLIA DI TARAPACÀ
non finire per arrendersi, lo stato-maggiore chileoo
scossesi alla fine dal suo torpore nella mattina del 24,
e spedì una piccola forza di cavallerìa e &nteria sulla
via battuta quattro giorni innanzi dalle truppe peru-
viane.
Arrivò essa fin presso Tarapacà; e saputo che tro-
vavasi provvisoriamente accampato ivi F esercito pe-
ruviano, in così deplorevoli condizioni da far supporre
ad ognuno che, incapace di battersi; si sarebbe neces-
sariamente arreso alla prima intimazione che gli fosse
stata fatta dalla più meschina forza nemica, fu sua
prima idea di farglisi immediatamente innanzi ed in-
timargli di arrendersi. Indi, dandosi a più prudente
consiglio, decise di attendere, prima di tentare Pini-
presa, i necessari! rinforzi che celermente domandò
ed ottenne dal quartier generale ; sicché fu solo all'al-
beggiare del 27 che, nella sicura fiducia di far prigio-
niero il nemico senza colpo ferire, si presentarono i chi-
leni sulle alture che dominano il piccolo villaggio di
Tarapacà. Le loro forze si fanno da essi ascendere a
25oo uomini in tutto, fra cavalleria e fanteria, con
dieci cannoni : dai contrarli si dice invece che fossero
3ooo e più. A nostro giudizio, entrambe queste cifre
sono erronee : è un fatto che il combattimento di Ta-
rapacà fii sostenuto dalla divisione ArteagOy che il
19 menò seco da Pisagua il generale in capo e che
rimase in Ja^patnpa^ quando la ritirata e dispersione
dell'esercito degli alleati rese inutile la sua presenza
in San Francisco : e poiché risulta dai documenti e
rapporti ufficiali chileni che detta divisione compone-
BATTAGLIA DI TARAPACÀ 339
vasi allora di 35oo uomini (i), tutto dice e fa credere
che questo appunto, colla sola aggiunzione dei 4oo uo-
mini che erano partiti prima da Dolores, fosse il nu-
mero dei cbileni che presero parte alla lotta di Tara-
paca, ossia un 3900 in tutto.
Quanto ai peruviani, essi non oltrepassavano i Sooo,
dei quaU, 36oo incirca trovavansi nello stesso villaggio
di Tarapacà, e i4oo in Pachica a poche miglia di di-
stanza, già in marcia per Arica; sicché durante le
prime sei ore, a comincire dalle 9 a. m., là battaglia
non fu sostenuta che dai soli 3ooo uomini di Tara-
pacà« I i4oo di Pachica, che ebbero notizia dell'arrivo
dei chileni a Tarapacà nel momento istesso in cui co-
minciava la lotta, e mentre preparavansi a continuare
la loro marcia verso Arica, non poterono trovarsi sul
campo di battaglia che appena alle 3 p. m.; e come
facilmente si comprende, furon quelli che decisero della
giornata (2).
Stando ai precedenti di San Francisco ed al lamen-
(i) Vedi V. Mackenna, O^, ciL, v. 2", p. 912.
(2) « Il general Buendia arrivò a contare in Tarapacà più di
5ocx> nomini.... Cosi lontani stavano dal pensare che sarebbero
per5^[Ottiiti, che lo stesso giorno 26 ordinò il generale Buendia
che marciassero avanti (sul cammino di Arica) due distaccamenti
con circa 1400 uomini, ed egli si rimase in Tarapacà con al-
tri 3600 che abbisognavano ancora di una notte di più di riposo.
Dormirono ivi come nei giorni di più perfetta pace, senza nean-
che collocare sentinelle avanzate nei dintorni, e senza sospettare
che il nemico si trovasse nelle vicinanze. »
Bakro»-Ailana, ff istoria de la guerra del Paàftco, p. 171.
340 BATTAGLIA DI TARAPACÀ
tevole stato nel quale trovavansi i battaglióni peruviani
in Tarapacà, la fiducia che animava i cbileni di farli
prigionieri con poca o nessuna fatica, non era del tutto
senza fondamento.
In viaggio per Arica ove principalmente spingevali
la mancanza di vittuaglie, la fome che lentamente an-
davali struggendo da più giorni, i peruviani eransì
fermati in Tarapacà a solo scopo di trovare un po' di
riposo dopo tanti giorni di lunghe e faticose marcie,
e di attendervi la quinta divisione che ultima era par-
tita da Iquique, onde rientrare insieme ad Arica. Que-
sta divisione, camminando a marcie più che sforzate
in un deserto impraticabile per sei giorni continuati,
era arrivata a Tarapacà, stanca ed affaticata nel mat-
tino del giorno innanzi, 26; e tuttoché le quasi esauste
risorse che potè offrire il piccolo villaggio di Tarapacà
rendessero già necessaria la partenza da esso, pure,
per dare un giorno almeno di riposo a siffatta divi-
sione, che letteralmente mal reggevasi sulle gambe,
fatta partire innanzi una divisione di i4oo uomini
- quella che poi ritornò da Pachica - fu rimandata la
partenza del resto dell'esercito per le ultime ore del
vegnente giorno 27.
La mattina del 27 adunque, quasi al momento
di riprendere la disastrosa marcia, che aveva tutto
r aspetto e V importanza di una fuga - giacche se non
il nemico, fuggivano il deserto e le sue privazioni ~ il
piccolo esercito del Perù, così la parte rimasta in Ta-
rapacà come quella avanzatasi fino a Pachica, era tut-
tavia quale lo abbiamo visto all' allontanarsi dalle falde
BATTAGLIA DI TARAPACÀ 341
di San Francisco, in completa disorganizzazione. Salvo
poche eccezioni, può dirsi che più non v'erano ufi-
zìali : quelli che non avevano disertato dopo i fatti di
San Francisco, avevano perduto ogni loro prestigio di
fronte ai proprii soldati, i quali non potevano non ri-
provare la detestabile condotta da essi tenuta il 19, di-
nanzi al nemico. I pochi ufiziali che, per sé stessi
degni di stima, tuttavia conservavano la propria auto-
rità, come il Buendia, il Suarez, il Càceres, il Bolo-
gnesi, il Rios che comandava la divisione arrivata da
Iquique, ed altri di egual merito, se erano buoni a
mantenere unita tutta quella gente - ciò che non era
poco in quelle circostanze, e che sarebbe stato impos •
sibile di ottenere con soldati meno buoni - non erano
punto bastevoli ad attendere a tutto, ed a rialzare il
morale di uomini che dopo essersi visti così mal di-
retti e guidati, e fino ad un certo punto traditi da
molti dei loro capi più immediati, si vedevano circon-
dati da difficoltà e privazioni di ogni genere^ colla tre-
menda prospettiva più o meno prossima di avere a
patire la grossa fame chi sa per quanti giorni. Di di-
sciplina quindi ve n'era poco o nulla; ed eccetto il
semplice fatto di rimanere tutti insieme, di non diser-
tare, ciascuno avea tacita facoltà di regolarsi a pro-
prio modo.
Prova sia di ciò che nulla più si faceva di quello
che è proprio di un esercito in campagna, e che dalla
stessa loro personale sicurezza era indispensabilmente
voluto. Al nemico che avevano alle spalle e che do-
vevano supporre sulle loro traccie, nessuno più pen-
342 BATTAGLIA DI TARAPACÀ
sava; sicché vivevano nei maggiore oblìo di esso, senza
posti avanzati, senza pattuglie in giro e senz'avere
neanche la più semplice sentinella che potesse farli
avvertiti del suo arrivo, nel non improbabile caso in
cui ciò avvenisse. E qui è da avvertire che posto il
piccolo villaggio di Tarapacà nel fondo di una stretta
valle, la cui massima larghezza misura app>ena un
chilometro, fra due catene di aspri ed erti colli, la loro
situazione doveva necessariamente farsi delle più criti-
che e difficili, laddove avessero ricevuto una visita del
nemico ; il quale poteva occupare a loro insaputa la
sommità dei colli, come effettivamente avvenne il mat-
tino del 27, e di là fucilarli a mansalva, prima che aves-
sero avuto il tempo di uscire da quella specie di pro-
fondo canale nel quale si trovavano (1).
Questa circostanza era appunto una di quelle che
(i) « Nel momento in cui il comandante Santa-Cniz (capo di
un battaglione chileno) arrivava di fronte al villaggio di Tara-
paca, r esercito peruvianoi salvato unicamente dalla colpevole
inerzia dei nostri capi, trovavasi occupato nelle pacifiche biso-
gne di quartiere, le armi in fascio nelle strade, nei cortili, sotto
i corridoi e gli alberi, bollendo nelle caldaie di ferro dei corpi
lo scarso riso e la più scarsa carne del suo rancio, senza un
posto avanzato, senza una sentinella a cavallo od a piedi per
dare avviso. Nessuno in quelle ore pensava ad altro, liiorchè a
seguire pacificamente il cammino delle montagne, volgendo le
spalle all'ardito, invasore.... La divisione Rios venne in queDo
stesso giorno {quella et Iquiqut arrivata invece il giorno mnansi^
portando, se non viveri, un prezioso soccorso di monizioni, die
era il gran difetto del momento. »
V. Mackenna, Op. cit., V. 2*, p. 1039.
BATTAGLIA DI TARAPACÀ 343
maggiorinente davano fiducia all'esercito chileno di
farU a poco costo prigionieri, parendo, e non senza
ragione, quasi impossibile qualunque tentativo di re-
sistenza una volta che si fossero lasciati sorprendere
in Tarapacày anche indipendentemente da quant'altro
sappiamo.
Ora come la sorpresa avvenisse, e come i peruviani
trovassero modo di uscire dalla difficile e quasi dispe-
rata loro situazione, lo apprenderemo dal solito scrit-
tore cfaileno.
« Trovavasi il colonnello Suarez sotto un corridoio,
firmando l'ordine per distribuire poche libbre di carne
di Uama al battaglione Iquique - 35 libbre per batta-
glione - quando smontando dai loro muli tre mulat-
tieri che erano andati nel mattino alle proprie bisogne
pei colli di oriente, corsero a dirgli che il nemico co*
priva la sommità dal lato opposto. E non avevano
quelli terminato di parlare, quando altro mulattiere
ritornava dalla strada di Iquique colla stessa terribile
notizia.... Erano le nove e mezzo antim. del. 27 no-
vembre.... quando udissi in tutte le caserme del bas-
sofondo il sordo romore dei tamburi di guerra che
battevano la generala*.., Prepararonsi tutti senza previo
accordo per uscire dalla trappola nella quale si tro-
vavano, e per occupare tosto le sommità del sud-
est e del nord-est, che muravano la yalle come un
profondo cimitero.... Non v'erano sentieri praticabili;
però i soldati, gagliardamente incoraggiati dai loro
ufìziali si arrampicavano su per le asperità dei colli
a modo di daini, appoggiandosi sui loro fucili.... Il co-
«2. — Caivako, Cturra tT America.
344 BATTAGUA DI TARAPACA
lonnello Suarez, capo di stato maggiore, questa Yclta
come tutte le precedenti, andava innanzi, ed il suo
agile cavallo bianco, inarcandosi per V erta onde assi-
curare le sue ugna e guadagnar terreno, era il punto
di mira di tutto l'esercito incitato dall* esempio. Erano
le dieci della mattina, e la terribile battaglia di Ta-
rapacà, che fu propriamente una serie di battaglie in
un medesimo camposanto, era per cominciare. (?) »
U soldato peruviano provò ancora una volta nella
sanguinosa lotta di Tarapacà, come ai tempi delle
guerre della indipendenza, e le eccellenti sue qualità
personali e tutto quello che si potrebbe ottenere da
lui quando avesse una buona ufizialità. Sorpreso dal
nemico quando meno se lo aspettava, quasi in un fosso
senza uscita, e quando per le materiali e morali sue
condizioni del momento doveva necessariamente tro-
varsi assai debole così di corpo come di spirito, seppe,
nonché uscire dal fosso per mettersi di fronte ad un
nemico che gli stava sul capo e lo fucilava a discre-
zione, loxtar da forte contro di esso per lunghe e lunghe
ore, e riportare la più inaspet^ ita e splendida vittoria.
Per ottenere tutto ciò non ebbe a contare che sul solo
suo valore personale, appena sostenuto dall'esempio
e dalla voce di un piccol numero di buoni ufiziali.
Senza artiglieria e senza cavalleria, cose tutte di cui
era bene ed i^bbondantemente provvisto il nemico,
senza piano di battaglia e senza trovarsi confortato da
buoni e sufficienti alimenti (colio come fu alla sprov-
(i) V. Mackensa, 0^. cit., V. 2^ pag. 1042. a 1044.
BATTAGLIA DI TARAPACA 345
vista mentre stavasi preparando lo scarso rancio cui
da più giorni era condannato) il soldato peruviano si
spinse intrepido e risoluto contro il nemico, andandolo
a cercare fin dentro le sue posizioni difese da dieci
onimi cannoni e dalle asperità del suolo di cui ben
profittava, e battendosi con lui corpo a corpo, in
accanito combattimento più volte sospeso per pren-
der fiato, e poi ripreso con maggior forza di prima,
gli tolse i suoi cannoni e le sue bandiere, e slog-
giandolo dalle sue posizioni, lo ricacciò indietro per
più miglia in così incontenibile rotta, che doveva
finire e sarebbe certamente finita colla perdita com-
pleta di tutta la grossa divisione chilena, se esso, il
soldato peruviano, avesse avuto tuttavia tante cartuccie
a sua disposizione da poter continuare a far fuoco per
soli dieci altri minuti ancora (i).
(i) • ....Al prÌDCÌpio del combattimento eravamo appena 3000
uomini di fanterìa, battendoci contro una forza di 5000, dotata
delle tre armi e provvista di tutti gli alimenti di guerra; e non
solamente eravamo inferiori in numero e mancavamo di cavai*
leria ed artiglieria, ma di pia gli stessi nostri soldati si trova"
rono in un momento dtUo senta munizioni^ essendo obbligati a
raccogliere i fucili e le capsule dei nemici morti, dei feriti e dei
dispersi In dieci ore di accanito combattimento, tutti quei po-
tenti elementi {del nemico) furono sconquassati dalla intrepidezza
e dal valore dei nostri soldati: la fanteria e la cavalleria fug-
girono in dispersione, 1' artiglieria rimase in nostro potere insieme
ad una bandiera e varie bandendole.... >
Dal Rapporto del generale in capo Buendia.
« ... La sola ascensione fino al livello dei baluardi è per se
s.essa un trionfo, perchè la borgata che ci serviva di quartier
346 BATTAGLIA DI TARAPACÀ
Tuttoché, mosso da scusabile amor di patria, cer-
chi il Mackenna di attenuare per quanto più sa e può
la innegabile disfatta dei suoi, la verità non lascia
di farsi strada talvolta, sebbene più o meno stroz-
zata nella foga della sua passionata narrazione: egli
esclama : e La perdita che più profondamente afflìg-
gesse il cuore della Repubblica in quella luttuosa gior-
nata, in cui per la prima volta in lunga istoria (un
paese che nacque ieri !) lasciò il Chili i suoi cannoni
e la sua bandiera in mano nemica, fu quella dei due
capi ecc. ecc., .... La disfatta tanto temuta dal cbileno
è per consumarsi.... Ma, oh fortuna ! le file peruviane
vacillano e si fermano nel mezzo della pianura. Che
succede? Qual ordine, qual causa le trattiene miste-
riosamente nel cammino della loro imminente vitto-
ria ? » Indi, enumerate colla solita sua prolissità le
varie cause, compresa quella della mancanza di car-
tuccie, che a suo credere trattennero nel bel meglio
le truppe peruviane, continua : • Non è possibile chia-
rire un dubbio cosi arduo; perchè forse il più certo
fu che tutte queste cause influissero insieme nella
mente dei capi peruviani per contenere la spinta finale
generale è per ogni lato dominata.... Prima di combattere ab-
biamo dovuto porci in condizioni di poterlo fare, esponendoci
indifesi ai colpi dei nemici.... Al principiare dell* azione il ce*
mico occupava un campo di quasi una lega, fra Volto dilla ecsta
di Arica e quello di Vwa^^ras, ed a] finire aveva retroceduto
fino al colle di Minta, due leghe più in là dei suoi trincera-
menti.... »
Dal Rapporto del capo di stato maggiore, B. Suarez.
BATTAGLIA DI TARAPACA 347
che era per portare alle loro bandiere un segnalato e
storico trionfo (i). »
In piena disfatta già, i chileni non facevano più che
correre alla disperata sulla vìa del loro quartier gene-
rale di Dolores, da dove attendevano numerosi rin-
forzi, quando i peruviani che da più tempo solo fa-
cevano fuoco colle armi e le cartuccie dei morti e dei
feriti chileni, visto che non avevano più una sola
cartuccia da bruciare, furono obbligati a por termine
al già prolungato inseguimento : ed è indubitato che
se essi avessero avuto un po' di cavalleria o poche al-
tre cartuccie ancora, V esercito chileno avrebbe dovuto
o darsi prigioniero o lasciarsi impunemente massacrare,
poiché era già qualche tempo che più non opponeva
nessqna resistenza, se. si eccettua solamente qualche
caso speciale di individui isolati che di tratto in tratto
scaricavano ancora le loro armf. Ma se per questa
estranea eventualità che favorì Tesercico chileno, potè
esso trovarsi inopinatamente salvo dalla più certa e
completa rovina, non per questo la giornata di Tara-
paca fu meno splendida vittoria per l'esercito peru-
viano ; vittoria che sarà tanto più bella e significativa
innanzi alla storia, per quanto più si faccia giusto cal-
colo delle diverse condizioni nelle quali si trovavano
i due eserciti combattenti. Le perdite furono : morti e
feriti chileni 758, prigionieri 56; morti e feriti peru-
viani 497.
Nondimeno, questa, la sola vittoria che vanti il Perù
(i) Op. cit.^ ▼. 2® pag. IZ2I e II 78.
348 BATTAGLIA DI TARAPACÀ
in tutto il corso della guerra, vittoria tanto e cosi bene
guadagnata, come s' è visto, non potè in nessun modo
migliorare le sorti della lotta nella quale era impegnato,
attesa la eccezionale e stranissima condizione, già nota
al lettore, nella quale si trovava V esercito vincitore, e
che la vittoria non mutò né poteva in modo alcuno
mutare. Aveva bisogno di viveri, di pane; e la vittoria
riportata sui nemico non poteva punto dargliene, per-
chè non era esso che lo aveva privato fino allora e lo
privava di tali cose : ma il deserto che lo circondava
da ogni lato, e V inettezza del Presidente della Repub-
blica e supremo direttore della guerra che indolente-
mente oziando in Arica, nulla aveva fatto e nulla fece
mai per soccorrerlo. Aveva bisogno di munizioni di
guerra, di cartuccie; e la vittoria, anziché dargliene,
gli aveva tolta fin V ultima delle poche che aveva. La
sua condizione dopo la vittoria era quindi ancor più
disperata di prima: a prescindere dalla impossibilità
di mantenersi in Tarapacà senza viveri, se il nemico
ritornava ali* attacco, ciò che non era da dubitare, sa-
pendosi che aveva circa settemila uomini ancora, ol-
tre gli sconfitti della giornata, nel prossimo accampa-
mento di Dolores, non avrebbe potuto rispondere al suo
fuoco neanche con un colpo di fucile.
Ciò posto, r esercito vincitore fu obbligato a ripren-
dere senza indugio la sua marcia verso Arica, già fis-
sata per quel giorno 27. La vittoria non aveva potuto
far altro che ritardarla di poche ore; ed alla mezza-
notte tra il 27 ed il 28, mentre i disfatti battaglioni chi-
BATTAGUA DI TARAPACÀ 349
lenì, nel timore di essere assaliti allo spuntar del giorno,
si allcxitanavano a tutta fretta dall' ultimo campo di
battaglia, il vittorioso esercito peruviano, dopo aver
nascosti sotto la sabbia i cannoni tolti al nemico e che
per difetto di cavalli non potè condur seco, si poneva
lentamente in marcia, triste ed affamato, alla volta
di Arica.
Grazie a ciò l'esercito chileno rimase unico signore e
padrone del deserto di Tarapacà ; e presero da ciò argo-
mento i politicanti e gli scrittori chileni per negare la
disfatta toccata alle armi del loro paese nella battaglia
di Tarapacà, la sola che fino a quel momento fossesi
veramente combattuta ; poiché, come il lettore sa, non
possono meritare tal nome, né il disuguale combatti-
mento di Pisagua, ove i 900 boliviani e peruviani fu-
rono assaliti da diecimila chileni, né la insignificante
scaramuccia di San Francisco, che unicamente si ri-
dusse all' isolato ed intempestivo tentativo di una sola
divisione peruviana contro le forti posizioni chilene;
tentativo che il medesimo esercito chileno considerò
come una semplice ricogni:{ione preliminare fatta dal
nemico, sì che si preparò alla battaglia che aspettava
pel seguente giorno, e che la diserzione delle divisioni
boliviane e la fellonìa di alcuni capi ed ufiziali peru-
viani rese impossibile.
Dice il Mackenna : « I due eserciti allontanavansi
per opposti cammini {più ore dopo il combattimento)
tristi e silenziosi.... Il nemico che si credeva transito-
riamente vincitore per i momentanei vantaggi dell'as-
3 so BATTAGLIA DI TAR APACA
salto, cominciava la snsi/uga per Anca, abbandonando
nel campo di battaglia i suoi feriti (i), i cannoni che
ci aveva strappati per caso^ ed il paese che noi era-
vamo venuti a togliergli per la ragione o la for^a.
Di chi era allora e definitivamente la vittoria mili-
tare?... In verità, se nella valle di Tarapacà fosse
stata la vittoria pei nemici e provocatori ingiusti del
Chili (la solita/avola del lupo e deir^agneilo), essa sa-
rebbe stata interina, se così potesse chiamarsi, mentre
l'esito delle operazioni che ivi terminarono, fu per le
armi del Chili un esito maraviglioso e completo (2). «
V esito delle operazioni cui si riferisce lo storico cbì-
leno, fu il possesso del deserto di Tarapacà. Ma come
s' è visto già, questo possesso non fu punto guadagnato
dall'esercito chileno colla forza delle sue armi; poiché
riesci invece gravemente decimato e sconfìtto nella sola
vera battaglia che in esso deserto ebbe a sostenere col
nemico. Quel possesso non lo ebbe invece che per
semplice conseguenza dell' abbandono fattone dall^eser-
cito nemico; abbandono che a sua volta fu conseguenza
di varie cause, tutte indipendenti ed estranee alF azione
dell'esercito chileno, ossia: della slealtà o ritirata come
vuoisi chiamare, del boliviano Daza; dei cattivi abiti ri-
voluzionarii del maggior numero dei capi ed ufìziali del-
(i) I feriti, che per manco di ambulanza non poterono esser
condotti con loro, furono lasciati dai peruviani nel piccolo yillag'
gio di Tarapacà alla cura di quei cittadini.
(2) Op. r/V., V. 2°, p. 1180 e II 85.
BATTAGLIA DI TARAPACÀ 351
l'esercito alleato perù-boliviano, e più di tutto ciò, della
inettezza dei Governo peruviano, che lasciò il suo eser-
cito abbandonato a se stesso nel mezzo del vasto de-
serto, senza viveri e senza munizioni di guerra ; sicché
questo dovè fuggir per fame non il nemico, ma quel
deserto stesso che doveva difendere e che l'uccideva
d' inedia. Se il general Prado che stavasene inutilmente
in Arica con circa 5ooo uomini dei più scelti e di-
sciplinati, fossesi mosso con buona provvista di vi-
veri e di munizioni alla volta di Tarapacà, come
era suo dovere, non appena fu informato del ritorno
di Daza, certo le cose avrebbero preso un tutt' altro
aspetto.
11 possesso del deserto di Tarapacà non fu dunque,
come pretende lo storico chileno, l'esito delle opera-
zioni dell' esercito del Chili, le quali non potevano es-
sere più meschine ed infelici, nonostante il gran fa-
vore della cieca fortuna ed i grandi mezzi di cui
disponeva. Fu invece quello del sommo malessere in-
trinseco che rodeva per tanti versi le due Repubbliche
alleate Perù e Bolivia; le quali, per mare come per
terra, nella battaglia di Tarapacà come in quelle po-
steriori di Tacna e di Lima, non furono punto vinte
dai nemico, ma si gittarono da loro stesse ai suoi piedi,
vinte e debellate dalle loro interne fazioni politiche e da
tutti quei vizi, che erano legittima conseguenza dei loro
tanti anni di rivoluzioni e sgoverno.
Rimasto padrone di quel deserto di Tarapacà, il pos-
sesso delle cui favolose ricchezze era da tanto tempo
addietro il suo sogno dorato, il Chili slanciossi sudi esse
352 BATTAGLIA DI TARAPACÀ
con tutta r ansia di un vecchio desiderio, prodigiosa-
mente cresciuto per via e dal lungo aspettare e dal bi-
sogno che man mano si sentiva più grande di ristorare
col loro prodotto le sempre più esauste finanze dello
Stato. S'installò in quel territorio come ia casa propria:
ed insieme ai prodotti della dogana, fece suoi tutti quelli
ancora del salnitro e del guano.
RIVOLUZIONE E DITTATURA DI PIEROLA
SOMMARIO
Il general Prado da Arica torna a Lima, e di nascosto parte
dal Perù. — Proclama che lascia. - La sua partenza si pre-
senta al paese con tutti i caratteri di una fuga. - Sue fatali
conseguenze. - Pronuneiamitnto e rivoluzione del 21 dicem-
bre a favore di D. Nicolas de Fierola. - Pierola s' impossessa
del Callao. — Deliberazione dei Comandanti dei corpi. — Per
le gravi circostanze della guerra Pierola è accettato dalle po-
polazioni di Lima e del Callao. - Ritiro del Vice-Presidente
La-Puerta. — Comizio popolare e deliberazione del Consiglio
Municipale che eleva il Pierola alla prima magistratura dello
Stato. «- Entra in Lima: proclama al popolo. — Precedenti del
Dittatore.- Come avrebbe potuto fare un gran partito nazionale
e salvare il paese. - L' ambizione lo travia. - Per assicurarsi il
potere cerca distruggere i nemici personali e sfoga gli an-
RIVOLUZIONE
tichi odii dei cospiratore. - Si circorda di ci erìcal t. — Stimo
decceto con cui Domina se slesso Protettore della razw ìl-
General Prado, supremo direttore della
guerra e Presidente del Perù, che, come
s'è detto, erasene rimasto fin dal mag-
gio in Arica, a pura perdita di tempo,
aspettando che gli altri si battessero
} a loro modo nelle lonune solitudini del
deserto di Tarapacà, informato appena dello scontro
di San Francisco e dei tristi aweoìmenti fra le file
dell' esercito dell'alleanza alle falde di quel colle, noD
ebbe che un solo pensiero: quello di allontanarsi da
un posto che, nessuno ignorava, era destinato ad es-
sere il secondo teatro della guerra, dopo quello di Ta-
rapacà. E senza nulla intraprendere per soccorrere e
rinforzare l'esercito peruviano, onde porlo in grado di
mantenersi nel deserto e disputarne il possesso al ne-
mico, prese frettolosamente la via di IJma il 26 di no-
vembre.
Partiva da Arica, diceva egli, allo scopo di provveder
meglio dalla capitale alle cose della guerra, riassumendo
nelle sue mani le redini dello Stato ; ed efTettivamente,
ritornato a Lima, riprendeva il 2 dicembre le funzioni
della Presidenza della Repubblica, che durante la sua
assenza erano state esercitate dal primo Vice-Presidente,
generale I.«-Puerta. Ma fu questo però tutto quello
che fece fino al t8 dello stesso mese, io cui dande-
E DITTATURA DI PIEROLA 355
stinatnente si assentava dal paese. Recatosi al Callao
senza manifestare ad alcuno i suoi segreti disegni, -
eccetto ai suoi Ministri che di tutto erano a parte -
SE che ognuno credè vi andasse alio scopo di visitare
quella guarnigione o qualcuno dei legni da guerra
stranieri ch^erano nel porto, si diresse a bordo di un
vapore commerciale, che moveva per Panama con
passeggieri e merci, nel momento istesso in cui quello
era per levar le ancore, e partì.
Il pubblico non ne fu informato che appena nelle
ore tarde della sera, quando Prado era già lontano dal
Callao; e poteva leggersi in tutte le cantonate della
città, insieme al decreto col quale delegava novella-
mente i suoi poteri al primo Vice-Presidente, un suo pro-
clama alla nazione ed air esercito, nel quale diceva:
e Concittadini! - I grandi interessi della patria esigono
che parta oggi per Testerò, separandomi temporanea-
mente da voi nel momento in cui considerazioni di
alti'o genere mi consigliavano di rimanere a lato a
voi. Molto grandi e forti sono in effetto i motivi che
m* inducono a prendere questa risoluzione. Rispetta-
tela, perchè ha pure alcun diritto di esigere ciò l'uomo
che come me serve il paese con buona volontà e com-
pleta annegazione.... Al licenziarmi, vi lascio la sicu*
rezza che sarò opportunamente in mezzo a voi. i
Ma la partenza di Prado in momenti cosi solenni
e calamitosi pel paese, fu generalmente ritenuta fin
dal primo istante come una semplice fuga. Ne valse
in appresso a modificare il primo giudizio portato dalla
pubblica opinione, la cagione addotta da lui, e prima
3S6 RIVOLUZIONE
di lui dai suoi amici, che andava air estero ad acqui-
stare navi corazzate (i); poiché tutti sapevano quanto
egli fosse inadatto a ciò, e quanto poca fiducia f)oteva
0 doveva egli medesimo avere nel buon esito della sua
intrapresa, supposto ancora che T avesse di buona fede
concepita in un primo momento dMllusoria confidenza
nella importanza delle proprie forze.
Ognuno pensava che i disgraziati avvenimenti della
battaglia di Tarapacà, nei quali ebbe non poca colpa
sebbene indirettamente, e la poca fiducia che aveva in
sé stésso per provvedere seriamente alla difesa del
paese, avessero abbattuto d^un subito il già pusillanime
suo animo; e che col pretesto di andare alla ricerca
di qualche nave da guerra, non altro cercasse in
realtà che di sfuggire alle recriminazioni che minac-
ciose vedeva venirsi incontro da tutti gli angoli della
Repubblica. Del resto, ciò stava in perfetta armonia colle
poche attitudini da lui mai sempre addimostrate (2).
Nondimeno, abbenchè insufficente a pensare od a
fare checchessia, Prado fu causa prima col suo allon-
tanamento, di nuove e grandi sventure per la nazione.
(i) Più tardi, il 22 dicembre, lo stesso Prado scriveva da Gnaya-
quil una lettera che fu pubblicata dai giornali, nella quale sve-
lando i motivi che lo avevano indotto ad assentarsi dal Fttxi,
diceva che andava in Europa e negli Stati-Uniti per &re acquisto
di navi corazzate, e ritornare con esse in soccorso della patria.
(2) « 11 viagg'o del general Prado non s'gnifìca altro che ana
vergognosa diserzione, » Cosi scriveva il 19 dicembre il giornale
AV Comercio dì Lima; linguaggio che non era punto div.rso da
quello che tenevano tutti gli altri giornali della capitale.
E DITTATURA DI PEEROLA 357
Egli presente in Lima, mentre avrebbe potuto ri-
mediare alla propria incapacità col circondarsi di
buoni ministri e consiglieri, sarebbe stato più che altro
utile a mantenere l'ordine pubblico intemo, che in
momenti tanto difficili pel paese nessuno si sarebbe
forse permesso di scuotere; ciò che non avvenne affatto
dopo la sua vera o apparente fuga. Il pubblico intero
della capitale e del Callao ne rimase più che com-
mosso, irritato, ed i sediziosi di mestiere, che la ne-
cessità dei tempi teneva a dura pena quieti, crederono
arrivato per essi il momento di operare.
Effettivamente il 21 dicembre scoppiò in Lima una
delle solite rivoluzioni di quartiere, col pronunciamiento
di un battaglione a favore di D. Nicolas de Pierola;
e terminava appena, senza alcun risultato decisivo, il
breve combattimento impegnato contro di esso da al«
cune forze che seguivano il ministro della guerra,
quando presentossi minaccioso innanzi al palazzo del
Governo altro battaglione comandato dallo stesso Pie-
rola in persona. Vi fu anche qui una seconda lotta
che terminò anch'essa, senza risultato decisivo, comun-
que non senza molto spargimento di sangue (i); e
verso la mezzanotte, seguito dal battaglione al suo
comando e da quello che primo si pronunciò a suo fa-
vore, nonché da altre frazioni di truppa datesi a lui,
si diresse Pierola al Callao; dove entrato senza troppa
difficoltà, dopo avere scambiato alcuni pochi spari con
una compagnia di guardie civiiiy s'impossessò pacifì-
(i) Vi farono oltre 200 tra morti e feriti.
35» RIVOLUZIONE
catnente dell'arsenale, mercè il pronunziamento a suo
favore del battaglione che l'occupava. Rimaneva però
il castello colle numerose forze che in esso erano
acquartierate; e tutto faceva presumere che Pieroia
non sarebbe pervenuto ad impossessarsene, se non
dopo aspra e lunga lotta; ma non appena fatta da lui
la prima intimazione di resa, raccoltisi in consiglio di
guerra i capi dei diversi corpi, deliberarono a mag-
gioranza di voti: « Di cedere alla intimazione del
signor Pieroia, prendendo innanzi tutto in considera-
zione il desiderio che li anima di evitare lo spaigi-
mento di sangue in lotta fratricida, quando il paese
ha bisogno di tutte le sue forze ed elementi per sal-
vare la sua integrità ed il suo onore. »
Padrone del Callao e della sua importante guarni-
gione, Pieroia rappresentava già una forza che poteva,
se non imporre la sua legge alla capitale, lottare con
qualche probabilità di esito contro di essa e le truppe
rimaste fedeli al Governo. La sua rivoluzione aveva
guadagnato in poche ore, grazie alla tristezza dei tempi,
un tal carattere di serietà da far prevedere ad ognuno
che non sarebbe stato punto facile il soffocarla senza
molto spreco di tempo e di sangue, quando appunto
urgeva di aggruppare prontamente in un sol Sascio
tutte le forze del paese per difendere il territorio na-
zionale dalla progredente invasione chilena. Urgeva
perciò di porre immediatamente termine alla incipiente
guerra civile^ che non poteva venire più male a pro-
posito. E poiché il Governo, divenuto acefalo colla
fuga di Prado - il vice-Presidente rimasto in sua vece
E DITTATURA DI PIEROLA 359
essendo, per quanto degnissima persona, un vecchio
decrepito sul quale non poteva farsi grande assegna-
mento - non godeva, ne poteva godere la fiducia di
alcuno, al pubblico di Lima parve che la miglior cosa
fosse quella di cedere alle pretensioni di Pierola, e la-
sciare che egli, come prometteva, salvasse il paese nella
terrìbile lotta contro il Chili.
D' altra parte, Pierola - i fatti dimostrarono dipoi che
era un ignoto - aveva in quei momenti tutta l' appa-
renza di una grande personalità. Egli non era cono-
sciuto che pel famoso contratto sul guano fatto colla
casa DreifuSy quando fu ministro delle finanze, e pei
tanti tentativi di rivolta cui pose mano con costanza
e len^ sempre crescente durante sette anni continuati,
onde impossessarsi del supremo potere dello Stato, senza
mai lasciarsi abbattere o stancare dai suoi passati insuc-
cessi; e questi suoi precedenti eran tali da farlo cre-
dere, se non di grande levatura, uomo ardimentoso e
di fermi propositi, energico ed attivo come pochi ; os-
sia, dotato di tutte quelle qualità che più erano indi-
spensabili in quei momenti nel capo dello Stato, onde
poter raccogliere con mano ferma e sicura tutti gli
sparsi elementi di forza di cui abbondantemente era
provvisto il paese, e dirigerli contro un nemico che
solo era forte per le tante scissure e rivalità che inde*
bolivano e snervavano il Perù.
Oltre la necessità di dar partita vinta a Pierola, per
porre termine ad una guerra civile che in quei supremi
istanti pel Perù non poteva non riuscire fatalissima,
egli si presentava anche come Tuomo del momento;
aj. — ~ Ca IVANO, Guerra «C America.
36o RIVOLUZIONE
e quasiché una stessa corrente elettrica serpeggiasse
rapidamente in tutti gli animi - corrente che non era
altro se non il desiderio di trionfare ad ogni costo
nella guerra contro il Chili - tutti i più ragguardevoli
personaggi del paese, senza distinzione di partiti, si mi-
sero in movimento il 22 per ottenere che il vice-Presi-
dente, general La Puerta, si ritirasse dalla scena politica
senza Iona e senza effusione di sangue; cosa che il vec-
chio e nobile uomo fece prontamente e quasi con gioia,
senza lasciarsi troppo pregare, non appena gli fu detto
che in beneficio ed a nome della patria in pericolo gli
si domandava siffatto sacrifizio dei suoi diritti.
A ciò tennero dietro nella mattina del 23 : i^ rac-
cordo preso ad unanimità da tutti i comandanti delle
divisioni e corpi di truppa residenti in Lima, di non
opporre nessuna resistenza a D. N. de Pierola, dichia-
randosi solamente pronti a battersi contro il comune
nemico della patria; 2® un comizio popolare presieduto
dal Consiglio municipale, che deliberava quanto ap-
presso :
« La popolazione di Lima, presieduta dalla sua Mu-
nicipalità e riunita nella casa comunale oggi 23 di-
cembre 1879 - Considerando: i^ la fuga clandestina del
generale D. Mariano Ignazio Prado in momenti in cui
il paese ha bisogno di tutto il valore dei suoi figli, e
la inettezza che finora ha manifestato nella direzione
della guerra; causa unica di tutti i disastri che ha
sofferto la Repubblica; 2° l'impossibilità di menare in-
nanzi r ordine costituzionale per la decrepitezza ed in-
validità del primo vice-presidente della Repubblica, Tas-
E DITTATURA DI PIEROLA 361
senza del secondo e la mancanza di leggi per questi
casi anormali ; 3^ V aspirazione nazionale che riposa
esclusivamente nel trionfo rapido e completo sul ne-
mico straniero, ed esìge la chiamata alla testa della
Repubblica del cittadino che meglio possa salvarla;
4*^ la fiducia che D. Nicolas de Pierola ispira ai popoli
pel suo provato patriottismo e capacità, (sic!) che ga-
rentbcono la buona direzione della cosa pubblica ed il
felice risultato della guerra - Risolve - Di elevare alla
prima magistratura della nazione, con facoltà onnimode,
il cittadino dottor D. Nicolas de Pierola. In fede di
che firmarono.... » (Firma deir Alcalde ossia Sindaco, dei
Consiglieri municipali e di gran numero di cittadini).
Già capo dello Stato, Pierola rientrava in Lima nella
stessa sera del 23; e tutto faceva sperare che fosse
animato da quei medesimi sentimenti di concordia e
di abnegato patriottismo, che tanto avevano influito
nella popolazione della capitale ad elevarlo, da sem-
plice rivoltoso, all' eminente posto che occupò, e Per
noi - diceva egli in un proclama al popolo ed all'eser-
cito - non v' è né vi può essere che una sola aspira-
zione : il trionfo rapido e completo sul nemico stra-
niero. Per questa opera non vi sono che fratelli, senza
neanche la memoria delle passate divisioni, e stretti
dai vincolo indissolubile dell'amore al Perù. Tutto ciò
che ritardi l'istante della completa unità nazionale é
un delitto di lesa patria. Essa è la condizione del po-
tere e del trionfo del Perù. >
Ma questo spirito di concordia e di santo amor patrio
non lo ebbe, o non simulò averlo almeno, che per
362 RIVOLUZIONE
pochi giorni appena; ossia fino a che non fu fatto
certo deir adesione al nuovo ordine di cose di tutti i
più importanti punti della Repubblica^ e più che altro
del capo dell'esercito di Tacna ed Arica, Contram-
miraglio Monterò^ di cui principalmente diffidava e
temeva.
Venuto al potere - ad un potere dittatoriale, colle
più ampie ed illimitate facoltà - nel miglior momento
e nelle migliori condizioni per lui, abbenchè per una
via ch'egli si apri col sangue de' suoi concittadini in
uno dei più angosciosi istanti pel paese, Pierola era
chiamato alle più grandi cose; e tale era la generale
aspettazione.
Abbenchè instancabile cospiratore e rivoluzionario
fino dall'anno 1872, Pierola non fece mai parte né
fu a capo mai di un vero partito politico. Egli non
aveva che pochi amici personali a lui devoti per fa-
vori ricevuti; e può dirsi che lottò sempre solo, col
semplice aiuto dei suoi grandi mezzi pecuniari!, che
gli permisero più volte di circondarsi temporaneamente
dei diversi elementi di cui ebbe bisogno pei ripetuti
suoi tentativi rivoluzionari. Era amico dei preti e dei
frati, è vero, da cui fu sempre protetto pel passato;
ma poiché quelli non ebbero mai la forza di elevarsi
a partito politico nel Perù, - rimanendo sempre sem-
plici mestatori di second' ordine, non ad altro intesi
che ai loro piccoli benefici personali o di bottega -
non era totalmente difficile l'accontentarli, senza la-
sciarsi affatto trascinare, non volendo, nei tristi con-
ciliaboli di sagrestia.
E DITTATURA DI PIEROLA 363
Egli quindi non aveva nessuno di quei meschini
obblighi e legami partigiani, che tanto potentemente
concorrono in certi casi ad intralciare od a sviare
l'azione di un uomo di stato: era franco da ogni pa>^
stoia politica; poteva muoversi liberamente in quel
senso e modo che meglio gli talentasse; e ciò era
naturalmente destinato ad essere il principale suo ele-
mento di forza, per poco che avesse saputo approfit-
tarne, in un momento supremo come quello, in cui,
colpiti dalla cattiva piega presa dalla guerra, tutti i
diversi partiti politici del Perù si piegavano innanzi
a lui dandogli di buona fede il concorso delle proprie
forze, onde salvasse il paese dalla invasione straniera.
Giovandosi egualmente, senza predilezione e senza
odio per nessuno, di tutte le singole forze dei varii
partiti che insieme militavano sotto la sua bandiera,
per così dire neutrale per essi, oltre ad arrivare si-
curamente alla vittoria contro il Chili, sarebbe ar-
rivato pure a due altri resultati di non lieve impor-
tanza per sé e pel paese: ad occupare egli il posto
più eminente nella universale stima e gratitudine della
nazione, che avrebbe visto in lui il suo salvatore, e
ad affezionarsi egualmente tutti i partiti da lui portati
insieme e senza rivalità alla vittoria; i quali, perduto
il loro speciale obiettivo di arrivare al potere, che
nessuno più poteva strappargli di mano, avrebbero
finito poco a poco collo sparire e fondersi in un gran
partito nazionale, alla cui testa si sarebbe egli trovato
xaturalmente, senza nulla mettervi del suo, per la sola
*orza del tempo e degli avvenimenti.
364 RIVOLUZIONE
Sventuratamente pel Perù, Pierola si tracciò un
tutt' altro programma. Unificando la propria causa con
quella del paese, non pensò a questo che attraverso il
prisma delle proprie aspirazioni^ e tanto insanamente
da procurare la rovina e di sé e del paese» il qaale
soltanto dopo molti anni, nonostante la grande vita-
lità di cui è dotato, potrà riaversi dai gravi malanni
ch'ei gli procacciò, così materiali come morali, mas-
simamente da questi ultimi, per la loro natura e per
la loro gravità assai più tristi e più difficili ad estirpare.
G>ntrariamente a quanto dichiarava nel suo proclama
da noi riportato più in su, Pierola portò seco alla testa
dello stato tutte le velleità, tutte le difiìdenze e tuni
gli odii del vecchio cospiratore; cose tutte che si eres-
sero, insieme ad una vanità senza pari, a norma e guida
principale di ogni sua azione.
L'animo pieno di mal dissimulato rancore contro
tutti coloro che servirono altra bandiera diversa dalla
sua, diffidente in sommo grado di chiunque pei suoi
meriti apparenti o reali potesse aver diritto ad una
qualsiasi aspirazione, fosse o no nata questa in lui» Pie-
rola cercò di porsi in guardia contro di essi tutti. E
prima di pensare alla guerra, allo straniero divenuto
padrone già della più ricca parte del territorio nazio-
nale, intese a combattere i veri o supposti suoi nemici
personali, così dell* ieri come del domani, ed a crearsi
un partito proprio che fosse base e sostegno della sua
dittatura^ che aspirava a non lasciarsi mai più sfuggire.
Invece di raccogliere nelle sue mani tutte le forze
del paese, si aSaticò adunque a sperderle ed a distrug-
E DrrTATURA DI PIEROLA 365
gerle> onde sostituirle con fòrze proprie che, tanto per
la mancanza di attitudine in lui, quanto per la man-
canza di elementi da cui prenderle, era impossibile lo
improvvisare da un momento alF altro.
Una delle cose più difficili nel Perù, in un paese
che viveva da oltre mezzo secolo in una continua lotta
di partiti, era forse quella di trovare un solo uomo di
qualche vaglia, per requisiti personali o per posizione
sociale, che non appartenesse più o meno attivamente
ad uno dei tanti partiti politici esistenti. Nasceva da ciò
che il pensiero di Pierola, di crearsi un partito esclusiva-
mente suo nel quale nou trovasse posto nessun uomo che
avesse militato già sotto altra bandiera, doveva urtare
anzitutto colla grave difficoltà della mancanza di buoni
elementi, ossia di uomini atti a costituirlo; e così fu.
Nondimeno ciò non valse affatto a trarlo indietro da
una via cotanto trista e pericolosa, e si accontentò
della sola gente che trovò disponibile.
Tratto dalle sue antiche simpatie pei preti e pei frati,
chiamò a sé, dopo i suoi pochi amici personali, tutta
quella gentaglia di sagrestia, collitorti e baciapile^ che
godevano come lui deir amicizia di quelli; i quali, ap-
profittando della propizia occasione che loro si presen-
tava per estendere il proprio campo di azione, batterono
a raccolta. E tutta la marmaglia, che sola poteva rispon-
dere al loro appello, non ebbe che a passare per le chiese
e le sagrestie, per guadagnarsi le buone grazie del dit-
tatore; il quale, affidandole man mano quasi tutte le ca-
riche pubbliche così civili come militari, cercò di affe«
zianarla sempre più a sé coi grossi emolumenti pagati
366 RIVOLUZIONE
di una moneta che a lui costava assai poco - la car-
tacea (i).
Ecco lo strano partito cui il dittatore Pierola affi-
dava le sorti del paese e le proprie !
E come se tutto ciò non fosse bastevole a precipi-
tare il Perù nel più orrendo abisso, Pierola emanava,
dopo cinque mesi di assurdo, sgoverno un decreto che
doveva esso solo produrre la più grande commozione.
Mosso dalPidea di dare a se ed al suo informe par-
tito una solida ed ampia base, cercoUa nella differenza
delle razze, una delle quali, cui concesse odiosi privi*
legi, mise sotto la speciale sua protezione.
Questo decreto, la cui tipica stranezza ed assurdità
basta da se sola a caratterizzare l' uomo che lo diede,
dice così :
a Nicolas de Pierola, capo supremo della Repub-
blica - Considerando: i® Che la razza indìgena è stata
ed è ancora nel paese oggetto di ingiustizie ed esa-
zioni contrarie alla giustizia, che reclamano eflScace
riparazione; 2° Che, sebbene la situazione di guerra in
cui ci troviamo non permetta accordare tutta Tatten-
(i) Il lusso degli stipendi! arrivò a tanto, che non bastando
le provviste di carta-moneta esistenti nelle casse dello Stato, e
non volendosi dar la noia di attendere i nuovi invìi deUa casa
litografica proweditrlce di Nuova-Yorck, si ricorse ad una naova
carta fabbricata in Lima col nome di Ima; la quale, onde tatto
fosse nuovo e portasse la propria impronta, corrispondeva pare
ad un nuovo sistema monetario inventato dal Dittatore. Di tutto
il male che da questo lato ancora è venuto al paese, parleremo
nella seconda parte del presente lavoro.
E DITTATURA DI PIEROLA 367
zione che questo affare domanda, Don è possibile nean-
che trascurarlo per maggior tempo. - Usando delle ec-
cezionali facoltà di cui sono investito, e col voto una-
nime del Consiglio dei Segretari di Stato - Decreto:
Art. i^. Dichiaro unito al mio carattere di Capo su-
premo della Repubblica, quello di Protettore della
razza indigena, titolo e funzione che porterò ed eser-
citerò in avvenire. - Art 2?. GÌ' individui e le corpo-
razioni appartenenti a questa razza, hanno il diritto di
appellare direttamente a me, oralmente o per iscritto,
contro ogni abuso, ingiustizia o denegazione di questa,
che soffrissero per parte di qualunque autorità, quale
che sia la sua denominazione e gerarchia, rimanendo
eccettuati dalle leggi comuni a questo riguardo. -
Art. 3^ In caso di gastigo per danno inferito ad un
abitante del paese, la circostanza di appartenere esso
alla razza indigena, sarà considerata come aggravante
per l'applicazione della pena. - Art 4^^. Ogni servitù
o contribuzbne esatta all' indio e non imposta agli altri,
sarà considerata come di danno pubblico ecc. ecc.... -
Lima, 22 maggio 1880.
Questo decreto per sua natura destinato a dividere
ancor più la popolazione peruviana, ed a gittarla in
una mostruosa guerra di razze, che veniva a sovrap-
porsi a quella già esistente delle classi, colla quale do«
veva fare fino ad un certo punto causa comune, come
effettivamente la fece con grave inasprimento degli
animi, usci a luce quattro giorni prima della battaglia
di Tacna; di una battaglia che doveva avere una grande
importanza sulle sorti della guerra col Chili, e che
368 RIVOLUZIONE
fu perduta sol perchè Pierola nulla fece per essa, o
meglio, perchè a Pierola riusciva forse assai piò grato
che finisse colia disfatta^ anziché col trionfo delle armi
peruviane.
Del resto, vedremo ancor meglio un po^più innanzi
fin dove si lasciasse egli trasportare dalla sua insipiente
ambizione, divenuta dalla prima ora sua unica ispi-
ratrice.
XI
TACNA ED ARICA
\. Il coatrammìniglio Monlero. - Poteva i
dillitara di Pinola. — 11 dittatore teme di lai. — Lo priva del
comaodo politico e militare delle provÌDcie del Sud. - Elser-
dto di Monterò. - Rioforii che si prepararouo dal Goremo
di Prado in Lima e in Arequipa per l'esercito di Monlero. —
Perche Monterò non poli occupare le ilretle di Sama. -De-
creto dittatoriale per disorganluare L' «eicilo di Monterò. —
Nota di esio che disapprova quella dispoùiione. - Soccorii
deriiorii nuuidkti da Pierola all' eiercito di Tacna. - Ardita
impreia della VitioH per portarli, deludendo il blocco di Arìca.
- Cattivo sialo e numero dell' esercito di Tacna. - Si di-
spone, lotlo il comando del generale Camperò, sul campo
itir ailtoHta. - Battaglio, e disfana degli alleali. - Relazione
del geoerale Camperò. - Relaiione che ne diede El Mircurio.
— Rapporto di Monterò. — L' esercito d'Areqaipa s'attardò a
70 TACNA ED ARICA
bella poiln per via, - Parole di Vicuna-Maclienna. - Dopo que-
sta battaglia il Perù fu in balla dei chileoi. —I soldati pan-
boliviani sgombrano Tacna. - È occupata dai cbilenì : itro-
citi che vi commettono. - Nota-protesta del Corpo Conlolaie
di Tacna al generale in capo. - Saccheggio delle ftilfrtU
degli italiani, e uccisioni di essi. - Offesa alla bandien ai-
lionale italiana. • Dichiarazione dei testimoni al fatto. -
§ 3. Arìca non poteva (ar reiistenia, — Le posiiioni del
Marre e del Ctrre Cordo. — Generosa risposta del colon-
nello Bolognesi all' intimazione di resa. - Morie del eoloo-
nello e dei suoi pochi. - D. Roqne Sienz-Pena. - Saccheg-
gio ed uccisioni, specialmente d' italiani, in Anca.
BATTAGUA DI TACNA
s' è detto, Pierola diffidava del con-
mm irag) io Li z ardo Monterò, che l'ex-
bidente Prado avea lasciato in Arici
carattere dì capo superiore politico
niliiare delle provincie del sud, al
comando dell'esercito stanziato in Anca, Tacna, e Are-
quipa(i); temeva che quegli si negasse a riconoscerlo
(i) Arica, 35 novembre 1879. - Al signor cootramaiivglio Li-
lardo Monterò.
< Dovendo partire In giornata per ta Capitale delU repubblica,
S. E. il Presidente e direttore della guerra ha nominato la S. V.,
con Decreto d' oggi, Cafio suptHert felilice t mililart dei dìpu-
timenti di Tarapacà, Tacna, Moqnegua Arequipa, Puno e Ciuco.
Mariano Alvarei, sigrclarh giiurali.
TACNA ED ARICA 371
qual dittatore del Perù, e che si valesse dell'esercito che
aveva ai suoi ordini per combatterlo ; e non è a dubi-
tare che, se il contrammiraglio Monterò fosse stato
meno patriotta di quello che era ed è, questa appunto
sarebbe stata la sua condotta.
Uno dei capi più eminenti dopo la morte di Pardo,
di quel partito civilista contro del quale tanto fece e
disse Pierola durante otto lunghi anni; nemico per-
sonale di Pierola, che combattè e vinse sui campi di
Torata nella rivoluzione che esso fece contro il Go-
verno di Pardo Tanno 1874, Monterò doveva neces-
sariamente vederlo di mal occhio in una dittatura
cui tutto era permesso ; e certo sarebbe rimasto nella
forma più strettamente legale, se, in vista della inco-
stituzionalità della elevazione di Pierola al potere,
si fosse negato a prestargli obbedienza, per non rico-
noscere altra autorità suprema fuor di quella costitu-
zionalmente costituita che era stata abbattuta da una
rivoluzione di 48 ore, localizzata a due sole città della
Repubblica.
Sorretto dal suo prestigio di esperto e valoroso mi-
litare, SI come marino che come generale di esercito,
e dalla grande popolarità che a giusto titolo godeva
in tutta la Repubblica, Monterò avrebbe potuto facil-
mente promuovere una salutare reazione in Lima ed
in tutto il resto del paese contro Pierola; senza con-
tare che, investito come si trovava del comando po-
litico e militare delle provincie del sud, non gli sa-
rebbe stato punto difficile di sostenere e rafforzare il
suo esercito, tanto da poter tener fermo contro i chi-
372 TACNA ED ARICA
leni anche senza il concorso del Governo della capi-
tale; sicché a sostegno della sua personale inimicizia
contro Pierola, per non riconoscerlo, poteva anche in-
vocare la lusinga più o meno fondata di non arrecar
col suo fatto nessun danno al paese. E quanto di-
versa sarebbe stata la sorte del Perù, se così egli si
fosse consigliato !
Contrariamente a tutto ciò, il contrammiraglio Mon-
terò solo mirò alla patria in pericolo ; e volentieri sa-
crificando suir altare di questa ogni suo personale ri-
sentimento e ogni sua legittima aspirazione, non tardò
neppure un solo momento, onde non dividere e smem-
brare le forze del paese in così supremo frangente, a
riconoscere pienamente la dittatura di Pierola e pre-
starle la sua obbedienza.
Uomo franco e sincero che non nascose mai doppio
proposito, Monterò procedeva colla masima buona fede,
di che diede in appresso molte e non dubbie prove.
Nondimeno Pierola, che eccetto di se stesso e del pre-
tumé amico, dubitava di tutto e di tutti, dubitò di lui;
9 ciò fu somma sventura pel Perù Temeva che una
volta riuscito vincitore contro i chileni nella inevitabile
battaglia di Tacna, Monterò si ribellasse contro diluì;
e chje valendosi del prestigio e del maggiore ascen-
dente sul popolo, che sarebbegli venuto dalla vittoria,
riuscirebbe facilmente a gettarlo giù dal suo soglio
dittatoriale per occuparne il posto: e non di altro
preoccupandosi fuorché di se stesso, concentrò tutti i
suoi sforzi in una tenace e mal mascherata guerra
contro Monterò e l'esercito che questi comandava.
TACNA ED ARICA 373
Non potendo separar Monterò dal comando dell'eser-
cito del sud - perchè convinto che la nazione tutta
intera e l'esercito stesso avrebbero visto ciò con di-
spiacere, e che assai probabilmente vi si sarebbero op*
posti con una ribellione - fece Pierola quanto stava
in lui, ferendolo vivamente nel suo amor proprio, onde
obbligarlo a dimettersi. Lo privò primamente del co-
mando politico e militare delle provincie del sud, che
serviva a mantenere nelle sue mani quella unità di
azione tanto necessaria in sì scabrosi momenti, uni-
camente riducendolo al comando in capo dell'esercito
di Tacna e di Arica ; e non contento di ciò, cercò di stan-
carlo giorno per giorno con mille miserie e piccolezze,
facendogli continuamente questione e pettegolezzo di
ogni suo atto o parola, per irreprensibili che fossero.
Ma visto che pieno di patriottica rassegnazione -
onde non abbandonare un posto nel quale sapeva di
poter essere utile al suo paese - si sottometteva Mon*
tero, senza muovere un solo lamento, a tutti i suoi
odiosi capricci, Pierola andò più innanzi ancora, e
giudicando dai fatti, pare che dicesse a sé stesso : poi-
ché non posso far sì che Monterò non si batta contro
i cbileni, farò che non vinca; ed in tal modo egli ed
il suo esercito disfatto non potranno giammai più
essere un pericolo per me.
All'uscire da Arica nel novembre 1879, il generale
Prado vi lasciava circa 5ooo uomini di truppa, che
uniti ai 4ooo venuti da Tarapacà, formarono all' in-
circa un esercito di 9000 uomini, il cui quartier gene*
rale fu posto in Tacna.
374 TACNA ED ARICA
Era questo adunque queir esercito del sud che il
contr' ammiraglio Monterò aveva sotto i suoi ordini,
insieme ai 3ooo boliviani che una volta furono di
Daza, e che allora stavano sotto l'immediato comando
del degno colonnello Camacho. Ed erano queste tutte
le forze che l'alleanza perù-boliviana poteva opporre
al Chili nelle importanti posizioni di Tacna ed Arìcaf
fra cui necessariamente doveva dividerle.
Un esercito di 12000 uomini, e per giunta diviso in
due sezioni, non era certo quello che ci voleva per
tener fronte all'esercito chileno che si preparava ad
operare sopra Tacna, mentre la squadra teneva con-
tinuamente in iscacco Arica, di cui bloccava il porto.
Ognuno prevedeva che il Chili, ammaestrato dallo
scontro o battaglia di Tarapacà, non si sarebbe av-
venturato nei campi di Tacna se non con un forte e
numeroso esercito; e quindi ognuno vedeva la neces-
sità di rafforzare, per quanto più fosse possibile, l'eser-
cito dell'alleanza che comandava il contrammiraglk)
Monterò.
A questo scopo stavano già preparandosi in dicembre,
prima della partenza di Prado, due forti divisioni di rin-
forzo che dovevano muovere l'una da Lima e l'altra
da Arequipa. L'attivo ministro della guerra, generale
Lacotera, che era arrivato a raccogliere e disciplinare
in Lima un esercito da i5 a 16000 uomini, aveva
prese già le sue misure per far partire alla volta di
Tacna una divisione di 8000 soldati; alla quale do-
veva aggregarsi una seconda divisione di 4 o Sooo
uomini che stava organizzandosi in Arequipa, ove
TACNA ED ARICA 375
aveva spedito già il corrispocidente armamento. Com-
pletamente chiusa la via marittima, che trovavasi
dominata dalla forte e numerosa squadra chilena, uni-
camente rimaneva disponibile quella per l'interno deUa
Repubblica ; via molto lunga e difficile, se non per la
divisione di Arequipa, per quella di Lima almeno
che passando per Jauja, Cuzco, Ayacucho, doveva
attraversare enormi distanze; sicché a far presto aveva
bisogno di un mese e più di continue marcie. Ma par-
tendo essa da Lima nei primi giorni del gennaio 1880,
come era stato stabilito dal generale Lacotera d'ac-
cordo con tutto il Ministero di Prado, avrebbe avuto
più che il tempo necessario per arrivare a Tacna qual-
che mese prima della battaglia, la quale ebbe luogo
appena il 26 maggio. Quanto alla divisione di Are-
quipa, come abbiamo accennato, le difficoltà erano
molto minori; ed entrambe, stando a quanto erasi
disposto dal ministero di Prado prima che sopravve-
nisse la rivoluzione di Pierola, avrebbero potuto e
dovuto trovarsi in Tacna fra il febbraio od il marzo
al più tardi: sicché l'esercito dell'alleanza, portato al
doppio, si sarebbe trovato forte abbastanza, tanto per
respingere nel maggio l'attacco dell'esercito nemico,
quanto per operare contro di esso prima di arrivare
a Tacna: cosa che il contrammiraglio Monterò, attesa
la piccolezza del suo esercito, non potè mai praticare.
Effettivamente era nei piani del contrammiraglio
Monterò, ed era insiememente il meglio, di muovere
incontro all'esercito chileno ed andare ad aspettarlo
nelle forti posizioni di Sama, ove probabilmente sa-
34. — Caivano, Guerra tf America.
376 TACNA ED ARICA
rebbe riuscito a debellarlo con poca fatica. Sbarcato
senza resistenza a Pacocha sul finire del febbraio^
l'esercito chileno non. poteva portarsi a Tacna se non
passando per la stretta gola di Sama, ove arrivò nel-
r aprile per frazioni che era facile sconfiggere alla
spicciolata, ed anche tutte insieme, una volta che si
fossero convenevolmente occupate con certa anticipa-
zione le alture che dominano il passaggio. Ma per
poter eseguire siffatto movimento bisognava che Mon-
terò avesse potuto disporre di tal numero di forze, che
gli permettesse nellMstesso tempo di lasciare ben guar-
date le importanti posizioni di Tacna e di Arica,
che potevano essere attaccate e prese alle spalle, per
mare; e fu ciò appunto che gli mancò.
Il dittatore Pierola, non contento di non far partire
mai gli 8000 soldati che dovevano uscire da Lima^
fece anche in modo che neppure la vicina divisione
di Arequipa arrivasse mai a Tacna; e come se ciò
non bastasse a porre Monterò nelle più dure strette,
lasciò sempre il suo piccolo esercito nel più completo
abbandono, senza mandargli mai - lui che tante somme
ingenti spendeva e spandeva senza profìtto alcuno del
paese - né un solo quattrino né il più meschino cen-
cio di lana. Dell'esercito del sud unicamente si occu-
pava per mandarlo in rovina, come dopo e prima di
tante altre, ne diede una prova evidentissima in un
decreto del 3i gennaio 1880, col quale, sotto prete-
sto di dare a detto esercito una nuova organizzazione,
cercava di siffattamente disordinarlo da renderlo com-
pletamante inservibile. Perché il lettore possa rendersi
TACNA ED ARICA 377
esatta ragione di questo fatto, trascriviamo in nota
alcuni paragrafi dell'officio, per tanti versi lodevole,
col quale Monterò domandava la ritrattazione di un
tale decreto (i).
(i) « Comando in Capo del primo esercito del sud. Arica 24
febbraio 1880 -Signor Segretario di Stato pel ramo della guerra -
Ieri soltanto mi pervenne il pregiato ufficio della S. V. del 31
p. p. col qnale mi si trascrive la suprema risoluzione della stessa
data, di organizzazione del primo esercito del sud, il cui comando
mi è affidato. Senza che sia mio animo di negarmi a compiere
le supreme disposizioni, alle quali anzi tutto debbo attribuire il
più attento e coscienzioso studio, voglio nondimeno manifestare
alla S. V. la mia opinione sulla natura della riforma che si cerca
di portare a capo, compromettendo gravemente la stabilità del
primo esercito del sud e l'avvenire di una situazione tanto più
eccezionale, per quanto maggiori sono state le vicissitudini per
le quali va passando la Repubblica, e gli ostacoli quasi insupe-
rabili che abbiamo dovuto vincere per costrurre questo primo
baluardo della difesa nazionale....
« n decreto di organizzazione che la S. V. mi trascrive è così
fonestameate pericoloso a menarlo oggi ad effetto, che in verità
sarei grato a S. E. il Capo supremo se, in considerazione del
mio disinteresse militare, del patriottico affetto che mi domina
e dei servigi che vengo prestando con non scarsa rassegnazione
da che si dichiarò la guerra, mi si liberasse da una cosi im-
mensa responsabilità innanzi al paese ed alla posterità; perchè
non sarebbero bastevoli le posteriori glorie e la vita immacolata
dell'uomo che le conquistasse, per riparare i mali che soprav-
verrebbero alla Repubblica ed all' Alleanza, se si riorganizzasse
r esercito di avanguardia alterando il suo personale in momenti
in cui g^à si trova di fronte al nemico.
« Molti dei capi che comandano corpi e divisioni, o che si
trovano in altre collocazioni di maggiore o minore importanzai
37» TACNA ED ARICA
Onde non urtar troppo di fronte col pubblico della
capitale, che vedeva con dolore sempre crescente il
colpevole abbandono nel quale si lasciava l'esercito
di Tacna, Pierola fece vista nel marzo di mandargli.
hanno acquistato legittimamente questi posti, gli uni nei campi
di battaglie, gli altri in mezzo ai dolori ed alle privazioni del
servizio di campagna. Sarebbe giusto premio per questi degni
servitori della nazione, sarebbe nobile esempio per l'esercito, che
ora fossero tolti dai loro comandi?...
« Può esser legittimamente ammissibile che battaglioni che ha&DO
conquistato il loro nome in gloriosi fatti d' armi, e nei quali o
come premio o come stimolo si h perpetuato il ricordo della
vittoria, dando loro il nome del luogo dove la ottennero, pas*
sino ad esser confusi in corpi nuovamente creati e senza tradi-
zioni ? Or bene, signor Segretario, questo appunto succederà col
nuovo piano di organizzazione, perche molti dei corpi esisteoti
perderanno i loro nomi nel rimpasto che si tenta di efiettuare.
e E se a questo cumolo di circostanze si aggiunge la confusione
che sta per produrre la varietà di armamenti che risulterà nei naovi
corpi, al formarne uno di due o tre che hanno distinto sistema
di fucile, ed il loro peculiare insegnamento; se a tutto questo,
per ultimo, si aggiungono le conseguenti difficoltà nelle quali
indubitatamente si urterà, affinchè il soldato conosca i suoi nuovi
capi, e questi i nuovi loro subordinati ; o, ciò che è lo stesso.
per armonizzare le abitudini, i caratteri ed i lacci di unione e
la rispettosa confidenza che debbono regnare fra gli uni e gli altri;
allora, signor Segretario, lo squilibrio generale dell' esercito non
potrà evitarlo nessun potere od influenza, per più che i vantaggi
della riorganizzazione abbiano lusingate le speranze del supremo
Governo.
e In guardia dell'avvenire, adunque, della situazione dell'eser-
cito e della mia responsabilità innanzi al paese ed al sapremo
Governo, reitero alla S. V. il convincimento di quanto ho esposto,
TACNA ED ARICA 379
se non altro, i nece^arii ed urgenti soccorsi di danaro
e vestiari!. A tal uopo fece uscire dal porto del Callao
con un carico segreto, che si fece credere abbondante
di tutto il bisognevole, l'unico legno da guerra che an-
cor rimanesse al Perù, la corvetta Union; onde, for-
zando il blocco di Anca, vi scaricasse le misteriose casse
che con molto apparato erano state imbarcate.
Il comandante della Union^ Manuel A. Villavicencio,
credendo fermamente di portare nelle viscere della sua
nave, tutto quanto occorreva alla salvezza di quell'eser-
cito del sud, sul quale la Repubblica fondava tante
speranze, fece veri prodigi di abilità e di valore, affine
di compiere felicemente la difficile inripresa affidatagli.
Forzare il blocco di Arica, rigorosamente vigilato dalla
corazzata Huascar in compagnia di due altre navi
chilene, non era afifatto facile. Nondimeno l'intrepido
comandante della Union, fatto ardito fino alla temerità
dalla imperiosità del frangente, passa rapidamente fra
due navi chilene, e s' introduce nella baia di Arica al-
l'albeggiare del 19 marzo. Inseguita da quelle, e senza
mai cessare di rispondere al loro fuoco, insieme ai can-
noni del porto, la Union depone tranquillamente tutto
sperando che nelle mie osservazioni non si vegga altro che la
giusta dimanda della rìconsiderazione di un decreto, che porta
seco la più tremenda responsabilità, cosi per chi lo detta come
per colui che per disgrazia arrivasse ad eseguirlo.
(firmato) L. Monterò »
Questa nota fu pubblicata insieme ad altre molte dai chileni,
allorché, arrivati a Lima, s' impossessarono di tutti gli archivi dei
^i'&isteri.
38o TACNA ED ARICA
il SUO carico , ed alle 6 p. m. veloce come una frec-
cia, passa una seconda volta fra le navi nemiche, spa-
rando qua e là qualche cannonata, e si restituisce
sana e salva al Callao.
Questa ardita impresa del Villavicencio, che pro-
mosse la giusta ammirazione di amici, nemici e neu-
trali, a nulla giovò. Il prezioso carico che con tanto
pericolo suo e della sua nave egli lasciava sulla spiag-
gia di Arica, non conteneva che due mitragliatrici, una
delle quali in cattivo stato, 4oo paia di scarpe, ed una
gran quantità di inutile tela bianca. Invece degli attesi
soccorsi, Pierola non aveva mandato all'esercito di
Monterò, con una brutta e spietata burla, che una prova
inequivoca del profondo odio suo. Dice a questo pro-
posito lo storico semi-ufficiale del Chili : « Gli ufiziali
peruviani di Tacna e di Arica, che vedevano i loro
soldati quasi nudi e che conoscevano tutte le necessità
deir esercito, si convinsero che le meschine rivalità de-
gli uomini pubblici del Perù, non avevano taciuto in
mezzo ai conflitti della guerra esterna. A loro giudi-
zio, il dittatore Pierola era risoluto a sacrificarli, per
evitare un trionfo che doveva ingrandire Monterò e che
poteva essere una minaccia pel Governo della dittatura.
Cosi dunque il viaggio della Unione senza arrecare
un soccorso neanche di mediocre importanza all'eser-
cito di Tacna ed Arica, venne a fomentare la sfiducia
degli ufiziali, ed a produrre anche un certo abbattimento
negli spiriti (i). »
(i) Barro&-Arana, /Ustoria di la guerra del Pacifico, p. 243.
TACNA ED ARICA 381
Abbandonato a se stesso, dopo essere stato spogliato
del comando politico e militare delle provincie del sud,
che solo avrebbe potuto procacciargli delle risorse, Mon-
terò si trovò necessariamente condannato all'impotenza.
Tuttoché non fosse punto prudente di sguarnire Tacna
ed Arica, lasciandole per così dire in balìa del nemico
postosi in agguato sul mare, il contrammiraglio Mon-
terò, convinto che più non riceverebbe nessun rinforzo,
erasi già deciso negli ultimi giorni di marzo a portarsi a
Sama con quasi tutto il piccolo esercito dell' alleanza,
onde attendervi il chileno, solo lasciando in Arica una
guarnigione di 2000 a 25oo uomini : ma gli bastò pas-
sare una rivista al suo esercito, e quindi fare una pic-
cola corsa per gli ospedali, per convincersi della im-
possibilità di menare a capo l'ottimo suo disegno, che
fu costretto ad abbandonare definitivamente. Mal nu-
triti e peggio vestiti com' erano i suoi soldati da qual-
che mese, erano stati presi in gran parte dalla tisi
che faceva giornalmente man bassa su di essi; e
cercar di portarli a Sama, e quindi esporli in tali con-
dizioni ai pungenti freddi delle notti nel vasto arenai^
o deserto, che si estende da Tacna a Sama, senza po-
ter loro offrire neppure il più miserabile cappotto, e
nella sicurezza di doverli assoggettare ad una maggior
fame ancora di quella che soffrivano in Tacna, era lo
stesso che portarli a certa e sicura perdita, prima an-
cora che avessero potuto scambiare un sol colpo di
fucile col nemico.
Tutto quello che l'esercito perù-boliviano potè fare,
fu di uscire dalla città alcuni giorni prima dell'arrivo
382 TACNA ED AKICA
del nemico, e di prendere le sue posizioni, che furono
battezzate col nome di campo delP alleanza, a due le-
ghe da Tacna, sul!' altopiano pel quale s' inoltravano
i chileni.
Come s'è detto più su, l'esercito perù-boliviano di
Tacna ed Arica ascendeva nel dicembre 1 879 a 1 2000 uo-
mini, dei quali 9000 peruviani e 3ooo boliviani. Ma se
nel maggio 1880 la divisione boliviana poteva contare
ancora lo stesso numero di soldati, con forse qualche
centinaio di più, grazie alle poche compagnie di rin-
forzo che il generale Camperò, nuovo Presidente della
Bolivia, aveva tratte seco, non avveniva però lo stesso
a riguardo dell' esercito peruviano. Senza ricevere mai
neppure il più meschino rinforzo, ed assottigliato tutti
i giorni per le vittime che in esso faceva la tisi, l'eser-
cito peruviano contava nel maggio oltre mille uomini
di meno, rimanendo al disotto degli 8000. Di questi
un 2000 incirca custodivano Arica, ove era sempre a
temersi una sorpresa da parte della flotta nemica che
ne bloccava il porto.
L'esercito perù-boliviano di Tacna adunque, che
sotto il comando in capo del generale Camperò (i),
(l) Era nel Trattato d' alleanza pera-boliviano che il comando
in capo dell' esercito riunito delle due repubbliche, toccasse a
quello dei presidenti delle medesime che si trovasse presente ;
od a quello dei due, trovandovi si entrambi, nel cai territorio
si guerreggiava. Perciò il comando in capo fu tenuto prima-
mente dal presidente del Perù, generale Prado; poi da quello
di Bolivia, Daza, nei pochi giorni che passarono fra la par-
tenza di Prado per Lima, nel novembre 1879, e la rivolusione
TACNA ED ARICA 383
Presidente di Bolivia, attendeva il nemico nel Campo
deir alleanza, arrivava appena, e se pure, ai 9000 uo-
mini; dei quali, 6000 peruviani incirca sotto il co-
mando immediato del contrammiraglio Monterò, e
3ooo boliviani sotto quello del colonnello Camacho.
Cavalleria non ne aveva che poca e cattiva, mal nu-
triti com' erano stati i cavalli, per la mancanza di fondi
durante più mesi; e la sua artiglieria insufficiente ed
in cattivo stato come tutto il resto, componevasi ap-
pena di 23 cannoncini, nel loro maggior numero di vec-
chio sistema.
L'esercito chileno invece, forte di iSooo uomini
bene equipaggiati e meglio armati, con numerosa ca-
vallerìa ed una forte artiglieria di cinquanta e più
cannoni e mitragliatrici, quasi tutti sistema Krupp,
era di gran lunga superiore a quello delPalleanza perù-
boliviana, anticipatamente condannato alla disfatta dalla
incuria o mal volere del dittatore del Perù, e doveva
necessariamente riportare splendida e completa vittoria.
Il cozzo fra i due eserciti nemici avvenne il 26 mag-
gio. Aspra e terrìbile fu la lotta per ben quattro ore
continuate, dalle 11 ant. alle 3 pom.; ora nella quale,
sopraffatto dal numero e quasi dimezzato dalla po-
tente artiglieria nemica - che scelti artiglieri, in mag-
gior parte inglesi ed alemanni, manovravano assai bene,
che destituì esso Daza nel dicembre ; indi dal contrammiraglio
MonterOf durante V assenza di ambo i presidenti ; ed in ultimo
dal ouovo presidente di Bolivia, Camperò, in quello stesso mese
di maggio 1 880 in cui avvenne la battaglia detta di Tacna, o del
Camfo d{lt alUanza.
384 TACNA ED ARICA
V esercito dell' alleanza fu costretto a battere in riti-
rata, lasciando sul campo di battaglia circa 3ooo dei J
suoi tra morti e feriti ; a lode ed onore della ufficia-
lità peruviana, che mostrò in questa battaglia tutto
ciò di cui in migliori condizioni politiche del paese
sarebbe essa capace, è a notare che morirono valoro-
samente nei loro posti sei primi comandanti di batta-
glione, un comandante generale di divisione (i) e gran
numero di ufìziali inferiori : dicasi lo stesso della ufi-
zialità boliviana, il cui comandante generale, colonnello
Camacho, rimase orribilmente ferito insieme al capo
di stato maggiore, generale Perez, che miseramente vi
lasciava la vita due giorni dopo, mentre T altro a dura
pena scampava.
Nella relazione che più tardi (3i giugno) leggeva
innanzi al Congresso nazionale di Bolivia il Presidente
di quella Repubblica, general Camperò, che, come s'è
detto già, aveva il comando in capo dell'esercito perù-
boliviano, troviamo : « Come si vede, signori, il no-
stro disastro non può attribuirsi.... che unicamente alla
superiorità del nemico in numero, in elementi e mezzi
di ogni genere. Effettivamente, in quanto al numero, si
può assicurare che era quasi il doppio del nostro; pol-
che aveva un esercito che poteva calcolarsi dai quat-
tordici ai sedicimila uomini, mentre che il nostro era
appena di 9000, compresi i malati, come dianzi ho
(1) Erano questi i colonnelli J. Meodoza, Barriga, Fajardo e
Luna, ed i tenenti-colonnelli Llosa, Mac-Klean e Aléazar. Che
il Perù ricordi con venerazioDe i loro gloriosi nomi.
TACNA ED ARICA 385
detto. La sua artiglierìa, che si componeva da 5o a 60
pezzi, era di maggior calibro e di maggior forza che
la nostra, che solamente si componeva di 23 pezzi non
tutti di buona qualità : i Krupp di quella erano di ca-
libro nove, oltre otto pezzi di maggior potenza, mentre
i nostri erano di calibro sei ; poi quella era infinita-
mente meglio provvista e servita della nostra. La sua
cavalleria era potente, poiché contava mille cavalieri
perfettamente equipaggiati e provvisti di armi bianche
e da fuoco, laddove noi mancavamo di un cosi neces-
sario elemento, poiché non è da aversi in considera-
zione il piccolo corpo peruviano, Husares de Junin^
che non aveva se non cento e tanti uomini, ben mon-
tati, è vero, ma forniti solamente di armi da fuoco,
ciò che lo faceva in certo modo inutile pei servigi a
che si destina la cavalleria in una battaglia. *
L'esercito chileno adunque passò a tamburo battente
su quello degli alleati?
No: come già abbiamo detto innanzi, la lotta fu
aspra ed accanita per ben quattro ore di seguito; e
la vittoria costò ali' esercito chileno molta fatica e
molto sangue. Esso, è vero, si trovò di fronte ad un
nemico assai inferiore e per numero e per armamento,
ma, deciso com' era questo a vender cara la vittoria,
ebbe bisogno di ricorrere a tutti i suoi mezzi per vin-
cerlo, e vi fu un lungo momento in cui cominciando
egli stesso a farsi indietro, si vide in grave pericolo
di sconfitta.
Raggranellando qua e là nella lunga relazione del
proprio corrispondente in campagna, che pubblicò il
386 TACNA ED ARICA
giornale El Mercurio dì Valparaiso nei suoi numeri
15974 e 13975, - fonte aflFatto non sospetta di favo-
ritismo per r esercito dell' alleanza, - rinveniamo i se-
guenti dati di fatto: e II nostro esercito ha dato un
nuovo giorno di gloria alla Repubblica.... nella più
grande ed accanita battaglia che registrano gli annali
della presente guerra. La prima compagnia che corse
in aiuto della seconda, fu anche involta in compatte
masse nemiche, e vedendosi in estremo pericolo di
cadere tutta sul campo o di esser fatta prigioniera,
ebbe a battersi in ritirata perdendo molta gente. Quasi
la stessa sorte corse la terza.... 1^ tre compagnie si
ripiegarono allora sulle restanti, il nemico occupò vit-
torioso le posizioni che prima avevano le avanzate del-
VAtacama (nome di un battaglione chileno). Ben è vero
che il Valparaiso (altro battaglione chileno) si batteva
in ritirata passo a passo e con tanto ordine come se
facesse un esercizio; però quella disciplina del vete-
rano battaglione, che manteneva in soggezione il ne-
mico, non era sufficiente per impedire 1' avanzarsi di
questo nel sito che prima occupava l' Esmeralda (al-
tro battaglione chileno). Il nemico continuava frattanto
il suo movimento in avanti, e presto finirebbe di in-
volgere i coraggiosi Navales. In questo momento i
granatieri che vedevano avanzare rapidamente il ne-
mico da quel lato, con grande pericolo d'involgere
r Esmeralda ed il Chillan, e che avevano ordine di
caricare, per le ripetute istanze del colonnello Vergara
e del comandante dell' Esmeralda, principiarono ad
inoltrarsi per quel lato, onde preparare una delle loro
TACNA- ED ARICA 387
temute cariche. In effetto pochi minuti più tardi si
collocavano gli squadroni in linea di battaglia, e avan-
zavano risolutamente a passo di trotto sul nemico, che
li riceveva con una grandinata di palle. A riguardo del
Valparaiso, la grafica relazione di un soldato di que-
sto corpo darà ai nostri lettori una perfetta idea della
sua parte durante l' azione : Il mio battaglione cam-
mina ad avanguardia di tutta la prima divisione, se-
guito dai Navales, Esmeralda e Chillan. Arrivati al-
l' ultima collina, vedo i famosi Colorados (battaglione
boliviano). Soffrimmo varie perdite.... Nella battaglia
fummo disfatti per esser venuta una grande riserva
ai Colorados {i). Già le nostre file si trovavano deci-
(i) Rapporto del contrammiraglio Monterò:
« Per disposizioDe dell' Eccel. signor Direttore della guerra, mi
toccò di comandare l'ala diritta dell' esercito alleato; l'ala sinistra
al signor colonnello D. Eleodoro Camacho.... i fuochi del nemico
si svilupparono per l'ala sinistra, motivo pel quale il signor Di-
rettore della gnerra mi domandò rinforzi che immediatamente
mandai, facendo avanzare i battaglioni Aiiafiza ed Aroma del-
l' esercito boliviano che erano sotto i miei ordini. Poco tempo
dopo d' avere inviato questo rinforzo, si impegnò il combatti-
mento su tutta la linea di battaglia. Il Direttore della guerra do-
mandò nuovi rinforzi per 1' ala sinistra, e senza vacillare feci
marciare immediatamente il battaglione N.® 2 Prcvisional de
/.ima..., I rinforzi inviati all'ala sinistra mi privarono comple-
tamente di forze di riserva. Senz' altre truppe che quelle schie-
rate in prima linea, abbiamo resistito al doppio attacco delle
forze nemiche pel fianco e per la retroguardia ; fino a che la
immensità del numero obbligò i nostri bravi soldati a impren-
dere la ritirata sopra Tacna, col proposito di rinnovare ivi la
battaglia. Persuaso infine della inutilità dei miei propositi, ab-
388 TACNA ED-ARICA
mate, e quasi finite le munizioni. Vaiparaiso e Navales
andavamo tutti riuniti dopo la ritirata; però guidati
dal valore inimitabile del bravo colonnello Urriola, po-
temmo riorganizzarci ed attaccare con nuovo impe-
gno. - Mentre la prima divisione si ritirava accasciata per
quel lunghissimo sforzo, pel gran numero di nemici,
e per la mancanza di un rinforzo che si era doman-
dato con istanza, la seconda divisione cedeva essa pure
per la stessa causa, ed andava a poco a poco cedendo
terreno al nemico. La sorte del Chili stava allorapen-
dente da un filo ; perchè se quelle due divisioni si
sconcertavano, dichiarandosi in rotta, avrebbero forse
introdotto il pànico ed il disordine nelle restanti. •
L'esercito chileno adunque, nonostante la sua grande
superiorità numerica, combattendo due contro uno, e
nonostante la non meno grande superiorità del suoi
elementi bellici, non ebbe la vittoria che a stento; sic-
ché è a supporre con quasi piena sicurezza di apporsi,
chiamando anche in appoggio il risultato della batta-
glia di Tarapacà, che sarebbegli essa completamente
sfuggita di mano, per convertirsi, come in Tarapacà,
in sanguinosa disfatta, se avesse avuto di fronte a se
un nemico alquanto più numeroso ; ossia se non avesse
avuto a potentissimo suo alleato l'inqualificabile pro-
bandoDai la città, avanzando sempre colla lentezza che era indi-
spensabile per infondere nuovo valore alle nostre truppe, e
trovarmi in attitudine di combattere nuovamente se le forze ne>
miche tentavano un inseguimento. Siccome l'esercito alleato aveva
truppe delle due Repubbliche, quelle di Bolivia presero la via di
San Francisco.
TACNA ED ARICA 389
cedere del Dittatore peruviano, che lasciò l'esercito
senza gli attesi rinforzi.
Senza parlar d' altro, sarebbe forse bastato che non
si fosse impedita la riunione a quello di Tacna del pic-
colo esercito d*Arequipa, perchè la sorte delle armi
fosse stata favorevole alle Repubbliche alleate.
Dopo tanti sotterfugi messi in giuoco dalle autorità
politiche e militari di Arequipa, per ritardare indefi-
nitamente la partenza di quell'esercito, detto il se-
condo esercito del sudy alla fin fine dovette esso ne-
cessariamente, nell'aprile, porsi in marcia verso di
Tacna, a incitamento della grossa popolazione di
quella città, che entrata in sospetto di una parte
della verità, minacciava sollevarsi in rivolta senza di
ciò. Nondimeno, il comandante di detto esercito che
avrebbe potuto comodamente arrivare a Tacna nei
primi di maggio, camminò tanto lentamente da tro-
varsi appena in Locumba, a 18 leghe da Tacna, il
giorno 26 di detto mese in cui avvenne la battaglia (i);
e saputo l'esito di questa, senza punto curarsi di nulla,
rirornossene celermente ad Arequipa. Questo coman-
dante, la cui condotta fu certamente delle più ripro-
vevoli, non ebbe dal dittatore Pierola neanche la più
lieve censura, e continuò a godere, come per lo in-
nanzi, dì tutta la sua fiducia.
Caduto più tardi in potere dell' esercito chileno tutto
(i) Per andare da Torata a Ilabaya, non più che 13 leghe
di cammino, ossia appena la marcia regolare di una giornata,
rmpì^lò sei giorni. Basti ciò come esem^ io.
390 TACNA ED ARICA
l'archivio del dittatore Pierola, lo scrittore Vicufìa'
Mackenna scriveva sui dati forniti da esso, nell'aprile
1881, un articolo pubblicato dai giornali chileoi, col
titolo : Monterò e Pierola, che conchiude cosi : a In
diversi articoli pubblicati molto prima che gli archivi
di Lima cadessero, insieme ai loro segreti, nelle nostre
mani, abbiamo sostenuto, guidati più che altro dalla
intuizione del cuore umano e delle situazioni che crea
l'ambizione ai capitani di ventura (caudìllos), che vi
fu un uomo nella capitale del Perù, per la seconda
volta vinto, che provò segretamente viva gioia nel suo
animo al sapere la disfatta di Monterò, e che questo
uomo fu D. Nicolas de Pierola, Questa nostra convin-
zione emanava da una serie di frammenti di fatti, di
confidenze e di misure subalterne, e specialmente dalla
studiata tardanza dei movimenti ausiliari del secondo
esercito del sud^ che comandava il colonnello Leiva in
Arequipa. Però oggi, quei che hanno letto con animo
tranquillo e perspicace spirito i documenti che abbiamo
pubblicato, potranno dire se allora ci ingannavamo 0
no nei nostri vaticini e nel nostro giudizio sul secondo
Tupac Amaru dell'infelice Perù » (0-
Ozioso sarebbe l' insistere maggiormente su questo
tema: per sacrificare ai suoi puerili timori di tiran-
nello medioevale quel contrammiraglio Monterò^ il
cui sperimentato patriottismo e lealtà doveva essergli
(x ) Tupac Amaru fìi un rivoluzionano del secolo passato, che
per servire alla propria ambizione promosse una feroce guerra
di razze, sollevando la indigena contro le altre, e cagionando
per tal modo una serie iufinita di gravissimi mali al Perù.
TACNA ED ARICA 391
più che bastevole a farlo pienamente tranquillo, Pie*
rola, a quanto pare, sacrificò irreparabilmente il suo
paese e se stesso (iX regalando all' esercito chileno una
importante e decisiva vittoria.
Disfiaino in Tacna, l' esercito chileno avrebbe avuto
necessariamente a perdersi nella sua totalità, sia fa«
cendosi ammazzare, sia dandosi prigioniero^ per la
impossibilità nella quale si sarebbero trovati i suoi re-
sti - chiusi da tutti i Iati nell' interno di un paese ne-
mico e senza poter esser soccorsi dalla loro squadra -
di trovare mezzo alcuno di scampo e salvazione. E
poiché non sarebbe stato punto facile al Chili di ri-
mettere prontamente in piedi un nuovo esercito, sa-
rebbe costata assai poca fatica sloggiarlo anche dal
dipartimento e deserto di Tarapacà, e la guerra avrebbe
mutato completamente d'aspetto. Vincitore in Tacna
invece, il Chili divenne padrone di quasi tutto il Perù,
che rimasto senza mezzi di difesa, eccetto la capi-
ci) « n Dittatore sacrificò alla sua ambisione quel pugno di
eroi (r esercito di Monterò) danneggiandolo per quanto gli fti
possibile e n^aodogli ogni rinforzo od aiuto. La notizia del di-
lastro (della disfatta di Tacna) si ricevè da tutti con profondo
More ; però Pieroìa ed i suoi non seppero neanche nascondere la
E'o allegria. Non esisteva più neppnr 1' ombra di una opposizione
regime dittatoriale^ che dominava senza rivale in un vasto ci-
terò 1 La Patria^ organo di PUrolOt con un cinismo che dava
demenza, chiamò burlescamente la disfatta di Tacna ; la dv^
ziotu dilt unicù eUmtfUo chi rimaneva deit anteriori putn-
io regime: si riferiva al costituzionale. »
^Ianifesto dell' ex-Ministro di finanze /. Af. Quimper alla Na-
D-, p. 107.
25. — C41VANO, durra tt America,
392 TACNA ED ARICA
tale, non fu in grado di opporre nessuna resistenza
all'esercito vittorioso; il quale potè darsi liberamente
a lunghe e profittevoli correrie sul vasto suo territo-
rio, aumentando sempre più il terrore e lo spavento
che dopo la battaglia del Campo deWAllean^a^ ossia
di Tacna, seppe infondere nelle inermi popolazioni.
Già in Pisagua l'esercito chileno aveva dato non
poche prove di ferocia e di crudeltà, sì contro i ne-
mici rimasti feriti sul campo di battaglia, che contro
gì' inoffensivi abitanti di Pisagua, non esclusi i non pe-
ruviani appartenenti a nazioni neutrali ed amiche del
Chili. Ma in Tacna oltrepassò ogni misura; e ciò
oscurò completamente il poco lustro che avrebbe potuto
venirgli dalla vittoria.
Costretto alle 3 p. m. ad abbandonare il campo di
battaglia, l'esercito alleato prese a ritirarsi sopra Tacna
seguendo un mutilato battaglione che primo si diresse
colà in disordinata fuga (i). Ma collocata la città in una
stretta valle che rimane completamente dominata dal-
l'ultimo limite dell'altopiano su cui era avvenuta la bat-
(i) Il battaglione che prese la fuga qualche momento prìx
di pronunziarsi la disfatta, era boliviano: ci è stato unanini
mente assicurato da molti europei residenti in Tacna, i qi
al veder passare i dispersi soldati per le strade della città, li
conobbero immediatamente dal colore verde dei loro pantal^
di bay età ; colore proprio di un determinato battaglione del p d
colo esercito di Bolivia. Ciò però non vnol dire affatto che{
boliviani non si fossero battuti ; perchè vi furono battagli!
come i famosi cohrados, che si fecero in massima parte ami
zare nel posto d' onore insieme ai migliori battaglioni penivid
«
TACNA ED ARICA 393
taglia, l'esercito vincitore non avrebbe avuto che a tra-
sportare un po' più innanzi i suoi cannoni, per distrug-
gerla in brev'ora; e perciò il contrammiraglio Monterò,
con quella serenità di animo che gli è propria e che non
perde mai durante la lotta, fece immediatamente uscire
da essa i resti dei battaglioni peruviani, conducendoli
su per le alture di Pocollay al nord-est di Tacna, men-
tre quei di Bolivia prendevano per proprio conto il cam-
mino del paese natale.
Padroni alle tre del campo di battaglia, i chileni
erano anche padroni due ore dopo di recarsi, quando
e come volessero, a Tacna, pacifica e inoffensiva città
in buona parte abitata da stranieri, ove tranne qualche
ferito raccomandato alla carità dei cittadini, più non
rimaneva neanche un solo soldato dell'esercito alleato.
E qui sarebbe il caso di dire col sommo Alighieri:
Ora incomincian le dolenti note....
Mentre la maggior parte dell'esercito chileno rima-
neva sul campo di battaglia - più che altro occupato
a sgozzare i feriti dell'esercito nemico ed a imposses-
sarsi di quanto essi ed i morti avessero di prezioso
sulla persona (i) - una delle sue divisioni si poneva
(i) Il dottor Pietro Bertonellì, distinto medico italiano che per
semplice filantropia aveva accettato il posto di Chirurgo mag-
giore neir esercito peruviano, ci ha raccontato che stava egli
oelfa tenda dell'ambulanza curando alcuni feriti, dopo la batta-
glia quando si vide preso di mira da un soldato chileno che
fortunatamente lo sbagliò, per aver fatto a tempo a gittarsi da
in lato; che più volte dovè lottare con altri soldati per difen-
fere la propria vita e quella dei feriti cui prestava le sae cure ; e che
394 TACNA ED ARICA
in marcia alla volta di Tacna, ove fece la sua entrata
fra le 5 e le 6, dopo averle lanciato a metà di cam-
mino sette colpi di cannone che non produssero alcun
danno.
Certi che in Tacna essi non correvano alcun peri-
colo - tanto perchè avevano già visto la sortita del
disfatto esercito nemico, quanto per la notificazione
inviata loro dal Corpo consolare straniero, dopo le
prime cannonate scagliate contro la città, che questa
non era aSatto difesa e che potevano liberamente oc-
cuparla - i chileni entrarono* in città, non in corpo
ma alla sbandata, dandosi immediatamente per tutti
i versi a sfondar le porte delle case ed a saccheg-
giarle, crudelmente abusando delle donne e massa-
crando tutti coloro che cercassero difenderle, o che
si negassero di svelare ove fossero le somme e gli
oggetti preziosi che si supponeva tenessero nascosti.
Tutto questo forse non sarebbe succeduto senza
la subitanea morte del Ministro della guerra del Chili,
D. Rafael Sotomayor, avvenuta il 20 maggio in Bel-
lavista. Questo distinto personaggio che esercitava in
campagna, a lato dell'esercito, tutte le sue funzioni mi-
nisteriali, avrebbe difficilmente tollerato, e quindi assai
probabilmente impedito tanti e così barbari eccessi.
più volte ancora invocò ed ottenne da qualche nfiziale chileno,
a custodia sua e della sua tenda, una sentineUa che si davm im-
mediatamente a far lo sciacallo insieme ai suoi compagni, non
appena si fosse allontanato l' ufiziale che lo arerà messo in fa-
sione.
TACNA ED ARICA 395
Morto lui, invece le soldatesche furono lasciate a se
stesse, in bafìa delle poco lodevoli loro tendenze; se
pur non sia da prestar piena fede ad una pubblica
voce, la quale vorrebbe che il tristo comportamento
dei soldati chileni in Tacna fosse stato loro espres-
samente permesso dai propri superiori. Ciò d'altronde
si troverebbe in perfetta armonia colle promesse di
saccheggio che, pare certo, furono fatte sempre all'eser-
cito chileno, e prima e dopo, per spingerlo ardimen-
toso sul territorio peruviano.
Né i Peruviani erano soli a sofirire un tanto scem-
pio: insieme a loro ne erano vittima anche i nume-
rosi stranieri di ogni parte e nazione che risiedevano
in Tacna. E poiché questo orribile vandalisnìo, che
senza tregua di sorta .durava così nella notte come nel
giorno, sembrava non volesse più mai finire, il corpo
consolare di Tacna si vide nella necessità, quattro giorni
dopo, il 3o, di dirigere al Generale in capo dell' eser-
cito una nota collettiva che per la sua importanza ci
sentiamo astretti a riprodurre. Essa diceva:
« Tacna, 30 maggio 1880.
e A S. E. il Generale in capo del Chili.
«t Signore. Noi infrascritti Consoli ed Agenti conso-
lari residenti in questa città, giustamente impauriti
dai fatti che i soldati dispersi dell'esercito chileno
hanno praticato e continuano a praticare fin ora, nono-
stante sian uascorsi già più di tre giorni dalla bat-
taglia, tempo sufficiente perchè questi eccessi avessero
potuto essere repressi, se le autorità costituite aves*
396 TACNA ED ARICA
sero dettato e poste in effetto le misure di repressione
e vigilanza che esigono le circostanze, esponiamo alia
S. V. che è nostro dovere, in garanzia degl'interessi
dei nostri rispettivi nazionali, di far presente alla S. V.
i danni che questi vengono esperimentando e che
forse potrebbero ancora evitarsi in parte, protestando
egualmente in nome della civiltà, - come non dubi-
tiamo sarà fatto dalla stessa nazione chilena, nonché
dalla S. V. e capi superiori dell'esercito di suo co-
mando - contro gli eccessi che i detti soldati com-
mettono sui cittadini peruviani, e più specialmente
sulle donne di questa disgraziata città. E perchè la
S. V. si convinca della necessità di dettare misure
più severe che pongano termine a tali eccessi, ci per-
mettiamo di riferire alla S. V. alcuno di questi cri-
mini che solo possono discolparsi nei primi momenii
di esaltazione come conseguenza dell'abuso del liquore,
e che sono di pubblica notorietà.
. « Il giorno 27 fu uccisa una donna a colpi di ba-
ionetta e di fucile neìVAlameda (pubblico passeggio);
e giusta le indicazioni dello stato in cui si è trovato
il cadavere, fu violata dai tristi assassìni. Ieri si è com-
messo lo stesso crimine con altra donna di naziona-
lità asiatica; e fu assassinato nel medesimo tempo
anche il marito. In generale le donne sono persegui-
tate e minacciate; ed a tutte le persone che abitano
fuori del centro della città si impongono multe in da-
naro, dopo averle spogliate delle loro gioie ed oggetti
di valore: questi stessi fatti si sono ripetuti anche
nelle strade più centrali della città, essendo arrivati
TACNA ED ARICA 397
gli attentati fino all'estremo di strappare a vari! stra*
nieri gli orologi dalle tasche.
f In casa di un vecchio straniero, dove trovasi al-
loggiata una signora di oltre ottant'anni di età, pure
straniera, sono penetrati nella notte del 26 tre soldati
cfaileni, ed hanno commesso eccessi di intimidazione
e furto. Varie case di campagna di stranieri sono
state maltrattate, e rotti i loro mobili in presenza dei
proprietari od inquilini. Case particolari e stabilimenti
commerciali sono stati incendiati e distrutti, potendo
citare fra gli altri la casa della signora vedova di
Brunham.
« Ultimamente, per non fare troppo estesa la enu-
merazione dei fatti di questa natura che hanno avuto
luogo in questi giorni, finiremo asseverando alla S. V.,
senza poter esser tacciati di esagerati, che in tutta la
città non esiste in questo momento una sola del con-
siderevole numero di botteghe in che si vendevano
liquori e vini, e che appartenevano in generale a cit-
tadini italiani, varii dei quali sono stati assassinati,
avendo altri ricevuto gravi ferite.
e Facendo presenti alla S. V. i fatti riferiti, della cui
autenticità non può dubitarsi, siamo sicuri che la S. V.
si degnerà di prendere le adeguate misure per evitare
la loro ripetizione, ritornando così a questa città la
tranquillità alla quale ha così perfetto diritto. — Dio
conservi la S. V.
Firmati - « G. Hellman, console d'Austria Ungheria -
Giovanni Raffo, agente consolare d'Italia -I. Bohiing,
console del Brasile - G. Brochman, console dell' Impero
39» TACNA ED ARICA
germanico - E. Wichtendal, console del Belgio - Zapata
y Espejo, console della Repubblica Argentina. »
Ma ecco che lo storico semi-ufficiale del Chili dice
invece:
« A Tacna, dove i fuggiaschi peruviani avevano fatto
fuoco sopra un araldo chileno ed avevano cominciato
il saccheggio dei magazzini, il Corpo Consolare stra-
niero si era presentato innanzi a uno dei Capi del-
l'esercito vincitore, per domandare l'occupazione im-
mediata della città e la repressione dei furti e degli
eccessi di una soldatesca demoralizzata dalla disfatta;
ed in effetti una divisione chilena ristabiliva l'ordine
il giorno stesso » (i).
L'anteriore documento ufficiale del Corpo Conso-
lare, di cui garentiamo l'autenticità, ci ha detto già
come e perchè sì rispettabile Corpo si dirigesse al Capo
dell'esercito chileno; e più addietro abbiamo detto pure
che lo stesso Corpo Consolare aveva fiitto notificare
ai chileni, dopo la battaglia, che la città non era di-
fesa e che perciò potevano liberamente occuparla.
Completando quest'ultima notizia aggiungeremo che
il Corpo Consolare si decise a dò per cagione delle
cannonate che i chilenì lanciavano contro la città - ne
avevano sparate sei o sette già - e solamente perchè
cessassero il cominciato bombardamento, e non la di-
struggessero.
Quanto agli spari che, dice lo storico citato, furooo
(i) Barros-Arana, Storia della guerra dtl Ptuifico^ seconda
parte, p. 8. Edisione in iraacese.
TACNA ED ARICA 399
fanì sull' Araldo chileoo, la cosa fu cosi : la prima di-
visione chtlena che si avanzava sopra Tacna, dopo la
battaglia, spedì innanzi un Araldo per domandare la
resa della città, il quale, saputo che non vi era auto-
rità alcuna né politica né militare cui potesse diri-
gersi, essendoché erano tutte andate via, fece chia-
mare i membri del Corpo Consolare per intendersi con
essi ; e stava appunto conversando con alcuni di questi
in una strada, quando trovossi a passare di lì un bor-
ghese ubriaco insieme ad altro borghese armato di fu-
cile che usciva dì città, l' ultimo forse. L' ubriaco di-
resse in passando alcune sconcie parole a tutto il
grappo che formavano a poca distanza i Consoli e
r Araldo, e mentre voleva obbligare il suo compagno
a iar fuoco su detto gruppo, il colpo partì : ma andò
io aria e non ferì nessuno. L'Araldo allora, interrom-
pendo la sua conversazione con i Consoli, partì in furia
minacciando di far bombardare la città; bombarda-
mento che cominciò poco appresso, e che fu sospeso
dalla notificazione già riferita del Corpo Consolare, che
cioè trovandosi la città indifesa potevano i chileni oc-
cuparla quando volessero, senza che vi fosse bisogno
di distruggerla. Ce ne appelliamo, per la verità, al-
l'onorevole Corpo Consolare di Tacna.
Come dunque spiegare le succitate parole del signor
Barros Arana?
I soldati peruviani uscircelo da Tacna quasi imme-
diatamente dopo il loro ari ivo in seguito alla disfatta
del Campo dell'Alleanza; ed é assolutamente falso che
commettessero ivi furti od eccessi di qualsiasi ^ecie,
400 TACNA ED ARICA
e che il Corpo Consolare si presentasse innanzi a uno
dei Capi chileni per domandare la repressione dì tali
eccessi. Furti ed eccessi di ogni genere furon com-
messi in Tacna, e molti: ma furono opera esclusiva
dei soldati chileni, come è detto nella Protesta uffi-
ciale del Corpo Consolare straniero residente a Tacna.
Cosicché, secondo lo storico chileno, i ladri e gli as-
sassini furono i peruviani, i chileni poi, i salvatori : le
colpe degli uni cioè sono date agli altri, snaturando e
capovolgendo completamente i fatti. Ma tuttociò non
è permesso alla storia. Siffatti maneggi, buoni solamente
ad alimentare meschini pettegolezzi di gente che si
stima poco, per preparare alla bugiarda loro ombra
assurde pretensioni che non si ha il coraggio di esporre
francamente, non possono, non debbono in modo al-
cuno trovar posto in un libro che è destinato a tutti
i popoli, a tutta quanta l' umanità. La storia deve dire
la verità ; e quando non sa o non vuol dirla, che si
taccia. E quando essa neppur tacere sa e si £a senza
ritegno partigiana, tocca alla storia veritiera e impar-
ziale di riporre i fatti nel loro vero posto.
Sappiamo quanto sia difficile il riferire fatti contem-
poranei, dei quali gli autori, amici o nemici, vivono
tuttora : ma quando lo scrittore non è sicuro di sapersi
mantenere calmo e sereno nelle regioni della verità,
deponga la penna, o scriva altra cosa che non si chiami
Storia. Si possono avere simpatie, e forse neppur noi
ne andremo del tutto esenti, perchè siamo uomini an-
che noi, e perchè la violenza e V ingiustizia manifesta
di una causa producono quasi sempre una certa simpatia
r
r
TACNA ED ARICA 401
per la causa avversa; ma i fatti bisogna dirli come
sono : e di ciò, per nostro conto, ci facciamo garanti.
Come è detto in quella Nota-protesta del Corpo con-
solare, il 3o maggio non esisteva più quasi nessuna
delle tante botteghe di vini e liquori, dette pulperie,
ove oltre i liquori si rinviene d^ ordinario ogni genere
di commestibili, nonché artìcoli di merceria, di chin-
caglieria e finanche di oreficeria. Queste botteghe sui
generisy dove il popolino trova tutto quanto gli può
abbisognare, e che in tutto il Perà sono tenute quasi
esclusivamente da italiani, furono dalla prima all'ul-
tima tutte più o meno saccheggiate e distrutte dai sol-
dati chileni, i quali, cominciando dai liquori, facevano
man bassa su tutto, e finivano col darsi ad ogni sorta
di violenza contro il proprietario, facesse o no resi-
stenza, e collo sconquassare i mobili e quanto vi fosse
nella bottega e nella casa ; sicché oltre la morte del-
l' italiano Raffaele Rossi, a sangue freddo trucidato nella
propria bottega, ed al ferimento di altri molti, parec-
chi dei quali versarono in grave perìcolo di vita, la tran-
quilla e laboriosa colonia italiana residente in Tacna,
ebbe a soffrire anche molti e positivi danni nelle sostanze.
Né a questo solo, che pur non é poco, si limitarono
gli eccessi deir esercito chileno. La crociata contro gli
italiani, che furono trattati forse peggio che i medesimi
peruviani, cominciò con una prima e grave offesa con-
tro la stessa bandiera della Nazione, che ufficialmente
copriva e proteggeva la persona e la casa delF Agente
Consolare d' Italia, fatte ambe bersaglio di immeritato
oltraggio.
402 TACNA ED ARICA
Nel Perù, paese continuamente travagliato dalle
guerre civili, è vecchia usanza, per il grande rispetto
portato mai sempre alla bandiera straniera, fosse an-
che del più meschino staterello, di riconoscere tacita-
mente a favore delle case degli Agenti esteri, sia di-
plomatici che consolari, un diritto di asilo che rimase
sempre inviolato e di cui goderono in ogni incontro
i veri o supposti delinquenti politici che in esse rico-
vrarono. Stando quindi nella coscienza pubblica l'in-
violabilità della casa sulla quale sventolasse la bandiera
di un Ministro o di un Console straniero, non appena
si ebbe notizia in Tacna della disfatta delF esercito al-
leato, gì' indifesi abitanti della città, e stranieri e na-
zionali, onde sfuggire ai prevedibili eccessi dell'eser-
cito vincitore, si rifugiarono in folla nelle case dei
diversi agenti consolari stranieri. E si come tutte le
altre, la casa dell'Agente Consolare d'Italia, signor Gio-
vanni RafFo, si trovò in meno di un'ora letteralmente
piena di gente che andava a porsi in sicuro sotto la
protezione della bandiera italiana: erano italiani, erano
individui di altre nazionalità, ed erano anche non po-
chi peruviani, in massima parte vecchi, donne e fan-
ciulli (i).
(i) Tutta questa gente, in numero di 500 e più, rimase per
più giorni nella casa del signor Rafib, il quale, coadiuvato dalla
sua degna consorte, l'ottima gentildonna Clelia Marcone, fu
generosamente largo verso di essa, nonché di alloggio, di vitto
e di tutte le più delicate cure. Visitammo Tacna nell'ottobre
del 1881, e trovammo ancor vivo in quella popolazione il grato
ricordo di tanta munificenza.
TACNA ED ARICA 403
Ma entravano appena in Tacna i primi gruppi di
soldati chileni, quando un Colonnello comandante di
divisione, accompagnato da più ufìziali e soldati, si
porta direttamente innanzi alla casa dell'Agente con-
solare d'Italia. A che farvi? lo sapremo dal docu-
mento che qui letteralmente riproduciamo, tradotto
dallo spagnuolo. - e Dichiarazione - Il giorno 26 mag-
gio 1880, in cui a due leghe da Tacna ebbe luogo la
battaglia delYAito de la Alian^a fra gli eserciti del
Chili e delle Repubbliche alleate Perù e Bolivia, noi
infrascritti ci trovavamo rifugiati nella casa di abita-
zione del signor Agente consolare d'Italia, D. Gio-
vanni Raffo ; e per questa circostanza potemmo essere
e fummo testimoni del fatto seguente :
ff Quando, poche ore dopo la battaglia, le truppe
chilene occuparono la indifesa città di Tacna - ciò che
fecero senza che nessuno opponesse ne tentasse nem-
meno di opporre resistenza alcuna - il comandante
generale della prima divisione dell'esercito del Chili,
signor Colonnello Amengual (oggi generale) si presentò
innanzi la casa del signor Agente consolare d'Italia,
seguito da varii uffiziali del suo stato maggiore e da
un picchetto di Carabineros de Yungaij esigendo che
gli si aprisse la porta, e minacciando di forzarla se
tale ordine non fosse immediatamente compiuto. Aperta
la porta in nostra presenza dal signor RafTo in persona,
il signor colonnello Amengual gli disse che voleva
percorrere tutta la casa per vedere se vi si trovassero
soldati peruviani nascosti. Al che il signor Raffo ri-
spose, che egli era l'Agente consolare del regno dita-
404 TACNA ED ARICA
Ha, e che la sua casa, nella quale non era soldato al-
cuno, ma unicamente pacifici ed indifesi cittadini ita-
liani e di altre nazionalità, che si erano ricovrati sotto
la protezione della bandiera neutrale <P Italia, non pò*
teva in nessun modo esser perquisita per fòrza, come
si proponeva di fare il signor Colonnello, per essere nel
medesimo tempo la sua casa di abitazione, e l' Uffizio
dell'Agenzia consolare, come dicevano lo Scudo d'Italia
che era molto visibile sulla porta, e la bandiera della
Nazione che sventolava sul tetto. A questo il signor
Colonnello Amengual rispose ponendo in arresto il
riferito signor Agente consolare d'Italia nello stesso cor-
ridoio di entrata ove si trovava, e con sentinella a vista,
cui diede l'ordine che, in caso sentisse sparare un sol
colpo nell'interno della casa, lo fucilasse immediata-
mente. Il signor RafTo protestò allora un' altra volta in
nome della Nazione italiana, per questa nuova e mag-
gior fellonia che si commetteva contro di lui : però il
detto signor colonnello Amengual non fece caso al-
cuno delle sue parole, ntiantenhe fermo l' ordine dato,
e lasciandolo in cosi umiliante e pericolosa situazione,
in cui la sua vita correva tanto e tanto grave pericolo,
procede con alcuni ufiziali a rovistar la casa in tutti
i sensi.
tt L'Agente consolare signor RafTo rimase in arresto e
sotto la minaccia di esser fucilato al primo sparo che si
udisse nella casa - cosa assai facile a succedere anche
per semplice casualità fra tanta gente piena di paura e
di terrore che si trovava in essa raccolta - circa venti
minuti, ossia durante tutto il tempo che impiegò il si*
TACNA ED ARICA 405
gnor Colonnello Amengual nella perquisizione intra-
presa; la quale fu assolutamente infruttuosa, perchè
non era nella casa neppure un solo soldato od ufiziale
dell'esercito alleato. Testimoni presenti al fatto, dichia-
riamo sul nostro onore che quanto abbiamo detto è la
pura verità in tutte le sue parti, e che siamo pronti in
ogni tempo a confermarlo con giuramento. >
Seguono le firme di sette testimoni, dei quali due
francesi e cinque italiani. Indi continua:
a Noi sottoscritti, da più tempo residenti in Tacna,
dichiariamo: che i fatti ai quali si riferisce la prece-
dente relazione, ossia la violazione del domicilio del
signor Agente Q>nsolare d'Italia, D. Giovanni Raffo,
operata il 26 maggio 1880 dal Colonnello dell'eser-
cito chileno signor Amengual, insieme agli altri arbitrj
contro la persona stessa del signor RafTo, sono pub-
blici e notori in Tacna fin dal giorno stesso in cui
ebbero luogo, per essere stati concordemente riferiti
da tutte le persone, più di cinquecento, che si tro-
vavano rifugiate sotto la protezione della bandiera ita-
liana in casa del riferito signor Agente Consolare d^ Ita-
lia ; e che la divulgazione di questi fatti contribuì non
poco ad aumentare il pànico generale, per i molti ec-
cessi cui si sarebbe dato l'esercito chileno, come ef-
fettivamente avvenne. -Tacna, 26 ottobre 1881. 1 Se-
guono numerose firme di testimonii(i).
(i) In un ricorso elevato il 6 settembre 1881 a tutto il corpo
Diplomatico esistente in Lima, da quaranta e più cittadini itar
lianiy inglesi, francesi e spagnuoli residenti in Tacna, si legge
4o6 TACNA ED ARICA
Ignoriamo se e quale riparazione fosse data dal Go-
verno chileno a questa grave offesa, portata da un ufi-
ziale superiore del suo esercito contro la bandiera ita-
liana.
PRESA DI ARICA
Disfatto r esercito perù-boliviano di Tacna, e caduta
questa città in mano dei chileni, Arica non poteva più
sostenersi. Circondata per mare e per terra dai chileni,
non le rimaneva via alcuna di scampo; ed essa do-
veva necessariamente cadere, sia più o meno tardi per
fame, quando fossero esaurite le poche provviste che
anche : « Pochi momenti erano trascorsi da quello del trionfo
delle armi chilene, quando principiarono a sentirsi io tutta la
loro crudezza gli effetti delle estorsioni praticate contro di noi.
L'Agenzia Consolare d'Italia fu designata per servire di prixa&
vittima. Presentatosi in essa il comandante generale della i^ di-
visione dell' esercito del Chili, colonnello Amengual, oggi inal-
zato air alto posto di generale, volle, protetto dal suo stato mag-
giore e dai carabinieri di Yangai, che si aprisse la porta del
Consolato, che minacciò di rompere, e pose in arresto, eoa sen-
tinella a vista, il signor Vice-Console, mentre egli si permise ^
penetrare nell' interno della casa. Questo fatto di gravissinui si«
gnificazione sembra che servisse di norma a quelli che, montenti
dopo, ci fecero espiare la fede che sempre avemmo circa al ri-
spetto che in ogni occasione meritano i neutrali. >
TACNA ED ARICA 407
si trovava di avere, sia nel primo momento in cui
all'esercito chileno che occupava Tacna piacesse di
operare su di essa. Né in quest'ultimo caso poteva
essa opporre una forte e lunga resistenza, poiché la
sua guarnigione che arrivava appena a 1800 uomini,
doveva necessariamente venir sopraffatta da un nemico
cinque o sei volte più numeroso senza contare Fazione
della squadra che ne bloccava il porto ; e perché, seb-
bene si fosse lavorato fin dal principio della guerra a
fortificarla, le sue opere di difesa, in se stesse meschine,
costruite come furono in previsione di uno sbarco di
truppe nemiche, guardavano principalmente il mare,
e poco o nulla la via di Tacna, dal cui lato si pre-
sentava facile e spianato V attacco. Il famoso colle,
detto il Morrò j che dalla parte del mare, su cui é
tagliato a picco per un'altezza di 5oo piedi, poteva
considerarsi come inespugnabile, perdeva tutta la sua
forza e diveniva invece una posizione delle più peri-
colose ed insostenibili, se fosse attaccato alle spalle da un
esercito che venisse giù dall'interno del paese, da Asapa.
Da questa parte trovasi legato ad altro lungo colle,
detto Cerro Cordo, che viene giù in dolce declivio e
che gli rimane alquanto sovrapposto. Attaccati per
questa via da forze maggiori, i difensori del Morrò
$i trovano irrimediabilmente perduti; e se si ostinano
i non darsi prigionieri, non rimane loro che lasciarsi
immazzare sul posto a guisa di gregge nella rete, senza
potersi muovere in nessun senso, ammenoché non pre-
sriscaxio di esporsi ad ogni passo a precipitar giù a
icura morte alla base del Morrò.
j5, — Caivano, Qufrr^ tFAmfrÌ€q%
4o8 TACNA ED ARICA
Arica dista appena i4 leghe da Tacna, cui è unita
per. mezzo di una via ferrea ; ed il grosso dell'esercito
chileno, senza afirettarsi punto (i). cominciò il primo
giugno a concentrarsi in Chacalluta^ a tre leghe da
Arica, dove momentaneamente terminava la ferrovia
per essere stato rotto un ponte dai peruviani.
Indi il giorno 5, dopo aver prese le sue posizioni,
il generale Baquedano, comandante in capo delfeser-
cito chileno, spedi un araldo al comandante della guar-
nigione di Arica, intimandogli la resa della piazza,
onde evitare un inutile spargimento di sangue, in vista
della impossibilità della resistenza contro un nemico
quattro o cinque volte più numeroso. A tale intima-
zione il comandante della guarnigione, Colonnello Bo-
lognesi, rispondeva invece che avrebbe resistito fino
a che avesse bruciato Vu'tima cartuccia. E P artiglierìa
di ambo i combattenti cominciò in quello istesso giorno
(i) I chìleni temevano un assalto da parte dell'esercito oe*
mico ripforzato dalla grossa divisioDe dì Areqttipa che, come s'è
detto, trovavasi in Locumba nel giorno della battaglia ; e perciò
primo loro pensiero era quello di non smembrare menomamente
le proprie forze, tenendosi uniti e compatti in Tacna. Ma quando
seppero che i boliviani erano tutti sulla via del proprio paese,
e che r esercito di Arequipa erasene tranquillamente rìtomato
indietro, cessò ogni loro timore. Monterò, di cui princ:palnente
temevano, rimasto solo col suo piccolo e dimezzato esercito,
nulla piti potava tentare contro di essi, né in Tacna né in Anca,
dove, senza portare un competente contingente di forze, non
avrebbe fatto altro che accrescere le difficoltà provenienti dalla
scarsezza delle vittuaglie. In vista di questi fatti e considera-
zioni, mossero liberamente il primo. giugno alla volta di Aric^.
TACNA ED ARICA 409
a tuonare. Senza risultati positivi per nessuno dei due,
il fuoco di artiglieria continuò anche durante tutto il
gìoroo 6, nel quale i cannoni peruviani ebbero da fare
non solo con quelli delP esercito, ma con quelli assai
più potenti ancora della fòrte squadra cbilena ; ed il
sette, al far del giorno, l'esercito chileno diviso in
più colonne, ognuna delle quali era più numerosa di
tutta la guarnigione di Arica, imprese contro la piazza
un generale assalto.
L'esito della lotta non poteva esser dubbioso. Il Chili
fu vincitore. Ma la guarnigione d'Arica però tenne
rigorosamente la parola del suo coraggioso comandante,
perendo insieme a lui quasi totalmente.
Fra i difensori di Arica non era alcun boliviano.
Tutti erano peruviani, meno uno solo; e questi era
Z>. Roque Saen^-Pefìa, distinto ed egregio {)ersonaggio
della Repubblica Argentina, che per sola simpatia
alla causa del Perù era andato da semplice soldato
a combattere sui campi di battaglia, ove spiegò co-
raggio e sapienza militare non poca. Nel più forte
della mischia in Tarapacà, il Generale Buendia, del
quale era ivi aiutante, gli affidò il comando di un batta-
glione, che valorosamente diresse e portò alla vittoria;
e ciò servì perchè Bolognesi gli affidasse ancora in
Arica, col grado di Colonnello, il comando di altro
battaglióne che si fece tagliare a pezzi sotto i suoi
ordini, insieme ai pochi resti del quale egli fu fatto
prigioniero.
Otto ore dopo terminata la battaglia di Arica su
quel suo famoso Morro^ che rimase letteralmente ce-
4IO TACNA ED ARICA
petto di cadaveri sulla cima ad alla base, l'esercito
vincitore entrò pacificamente in città. Ma questa pace
non durò che pochi minuti. Preso alla lesta il loro
rancio, i soldati chileni si sbandarono per la città;
ed ancor più feroci che in Tacna, la misero per più
giorni consecutivi a sacco e ruba, ammazzando quasi
tutti quelli in cui s'imbattevano, ed incendiando qua
e là tutte le migliori case. Noi che visitammo Arica
un anno dopo - dopo un anno <;he fu tutto speso dai
suoi abitanti, massime stranieri, a riparare i gravi danni
sofierti - vedemmo ancora per ogni dove non poche
macerie e rovine.
In Arica come in Tacna, gli stranieri in generale
e particolarmente gì' italiani, non furono punto rispet-
tati (i). Oltre al saccheggio di tutte le case di commercio
e proprietà italiane - saccheggio in massima parte ac-
compagnato da incendio - fu anche barbaramente truci-
dato nella sua stessa bottega l'italiano G. Camiglia.
(i) Come risalta dai reclami avanzati e debitamente compro-
vati innanzi all'egregio Agente consolare d'Italia, signor Giovantii
Raffo, i danni sofferti dagl'Italiani in Tacna ed Arica, in con-
seguenza degli eccessi e delle pre^raricazioni dell' esercito chileoo,
ammontano alla non lieve cifra di 539,681 so/es argeutc^ pari a
lire italiane 2,698,405. Sappiamo che in risposta alle relative pra-
tiche del Governo italiano, quello del Chili ha già riconosciuto.
in massima, il dovere di risarcire tali danni; e non dubitiamo
che, come impone il decoro di ambo i Governi e Nazioni rispet-
tive, ciò sari presto un fatto compiuto. Ma come riparare al!a
morte del Rossi e del Carniglia, all'onta ed alle sofferenze pa-
tite in Tacna dai percossi e dal feriti?...
TACNA ED ARICA 411
E se in mezzo a tanto scempio fu questa la sola
vittima ctie ebbero a deplorare i pacifici e laboriosi
italiani residenti in Anca, unicamente devesi ciò at-
tribuire all'essersi tutti gli altri, ammaestrati dai fatti
di Tacna, anticipatamente rifugiati a bordo delie navi
straniere che trovavansi in rada.
ESTORSIONI CIllLENE E NEGOZIATI PER LA PACE
SOMIIARIO
Il Chili s' impoucBSB [Ielle rendite e delle fonti di ricchezia del
Perù. - Otdiaa U esazione di balzelli di guerra nelle città
e tene dell' indifeso litloralc peniviano. - DucumeLti che
lireriscoDO !■ specie e la quantità del bottino. - Relazione
itegli oggetti contenuti in casse spedile al Chili. - Contri-
buEÌoni pagate in denaro. - Fatti di Moquegua, - Gli Stati
Uniti offrano la loro mediaiione. - I PlenìpoteniiBri ai riuni-
scono a bordo della Laikaioana, — Condizioaì che il Chili
pose per la pace. - Conferenze. — Il Chili non accetta la
proposta dell' arbitrato. — Il Perù dichiara inacceltabili la
esigenze del Chili,
QMB già in Antofagasta, Cobija, Iquique,
Pisagua ed altrove, i chileni aprirono
a loro benefìcio ti pono e la dogana di
Arica non appena la ebbero occupata.
I Ma, a quanto pare, le grosse entrate
di tune queste dogane, in pane bolivìane ed in pane
414 ESTORSIONI CHILENE
peruviane, con quelle assai più considerevoli del guano
e del salnitro di Tarapacà, non furono trovate bastevoli
a sodisfare i desiderii od i bisogni veri e positivi del
Chili; il quale trovò anche la via di impinguar me-
glio il proprio tesoro a spese delle sventurate popola-
zioni peruviane che vivevano lontane dal teatro della
guerra. Eccettochè nellti Capitale ed in Arequipa, in
tutto il resto del Perù non era neppur V ombra di forza
armata. Onninamente indifeso, salvo solamente quei
due punti, il Perù si presentava qual facil preda anche
pel più meschino pugno di avventurieri cui venisse in
mente di fare una correria sulle sue ricche terre.
Fu quindi deciso che una piccola divisione dell'eser-
cito chileno, viaggiando senza posa e per mare e per
terra lungo l'esteso littorale peruviano, senza molto in-
ternarsi nel paese, si desse ad imporre e riscuotere grossi
balzelli di guerra da tutte le popolazioni e dalle ricche
fattorie che si trovassero sul suo cammino (i).
(i) e Trasse (il Chili) la devastazione e la rovina nei dipar-
timenti indifesi del nostro littorale del nord, distruggendo in un
istante monumenti d' inestimabile valore inalzati dalla moderna
industria.... Nulla ha potato trattenere la mano dei nostri ne-
mici : né lo stato inerme delle popolazioni, né la innocenza delle
vittime, né il pudore delle donne, né la debolezza della in&n-
zia, né la venerazione della decrepitezza, né il valore sfortunato,
né il carattere sacro della neutralità, né il più sacro ancora delle
ambulanze nel cui recinto sono stati assassinati senza pietà i no-
stri feriti : insomma, nessun rispetto é stato tanto potente da far
ritornare il Chili nel seno della civiltà, durante l' attuale guem
del Pacifico.... » Circolare, 5 novembre 1880, del Ministro degli
Esteri del Perù agli Agenti diplomatici del Perù ali* estero.
E NEGOZIATI PER LA PACE 415
Questa divisione cui fu dato il nome di Division de
operaciones del norte, percorse effettivamente tutti i
punti più importanti del littorale peruviano da Arica a
Paita, solo tralasciando di farsi vedere in quei pochi
siti dove avrebbe potuto trovar resistenza. E poiché
suo unico scopOf che si sappia almeno, era quello di le-
var grosse contribuzioni dagl'inermi abitanti del Perù,
spesso ricorse alle più spietate minacele, rese ancor
più potenti dal terrore che già circondava il nome chi-
leooy per astringere le misere popolazioni all'imposto
pagamento, che non sempre furono in possibilità di ef-
fettuare. Il più delle volte si dovè supplire alla man-
canza di metallico colle piccole gioie tolte dalle orec-
chie e dalle dita delle donne, e con tutte le specie di
valori che si avevano; e quando tutto mancava, fu
giuocoforza assistere alla distruzione delle proprietà
sia urbane che rurali, sia di case di abitazione che di
oflBcine e stabilimenti industriali, essendo massima del-
l' esercito scorridore di distruggere quanto incontrava,
per il doppio almeno del valore della imposta 0 balzello
rimasto insodisfatto (1).
(i) e ....Alla testa 4i 400 uomiaL penetrò (Lynch) fino alle
fattorie del Ptunit e di Palo Sico^ magnifiche proprietà destinate
alla coltura della canna di zucchero ed alla fabbricazione di
questo prodotto.... Lynch impose su queste proprietà una contri-
bnzione di 100,000 piastre, dando all' amministratore di esse tre
giorni di tempo per procurarsi il danaro.... Spirato il termine
fissato da Lynch pel pagamento della primd contribuzione, ricevè
daU' amministratore, che era uno dei figli del proprietario, una
lettera di rifiuto. .. Lo stesso giorno» 13 settembre, rispose: -Visto
41 6 ESTORSIONI CHILENE
Onde possano in qualche modo comprendere i nostri
lettori la specie di bottino raccolto in questa correria
dall' esercito chileno, riportiamo qui alcuni documenti
in proposito che i giornali chileni, quasi cosa somma-
mente degna ed onorevole, con ogni pompa pubblica-
rono, e che noi togliamo del giornale Im Patria di
Lima, N.^ 2916, che li riprodusse.
(( Comando in capo della Division de operacicnes
del iior/e -Vapor Itata in Mollendo, ottobre 27 dei 1880
- Con questa data ho decretato quanto segue : - Do-
vendo darsi minuzioso conto al Supremo Governo dei
risultati ottenuti dalla spedizione che ho avuto 1^ onore
di comandare. - Decreto : Nominasi una commissione
composta da.... perchè formi un inventario particola-
reggiato delle specie e danari che si sono imbarcati
sui trasporti Itata e Copiapò, qual prodotto dei balzelli
e contribuzioni imposte alle fattorie e paesi percorsi
dalle forze della divisione.... P. Lynch. >
« Relazione del contenuto delle casse con oggetti
presi al nemico, che sono state consegnate al commis-
sario (contador) del trasporto nazionale Itata:
la vostra lettera ho già dato gli ordini necessarii perchè si pro-
ceda alla distruzione della proprietà di vostro padre. .. - L' or-
dine di distruzione fu inesorabilmente eseguito. La truppa tolse
una quantità considerevole di succherò, di riso e di altre derrate,
ed in seguito fece saltare le fabbriche con polvere di cannone e
dinamite. •
Barros Arana, S feria della Guerra del Pacifiro, 2* parte, pa-
gine 77 a 80, Edizione francese.
E NEGOZIATI PER LA PACE 417
e Cassa N.^ i contiene: i^ una cassetta suggellata
con 84 decagrammi di oro vecchio con pietre di
diversi colori, e due chilogrammi, 78 decagrammi di
oro vecchio; 2^ una cassetta anche. chiusa con 6 oro-
logi di oro e 2 di argento, 43 decagrammi di gioie di
oro, 2 chilogrammi e 36 decagrammi di catene di oro,
e 179 anelli di oro, del peso lordo di 83 decagrammi,
fra i quali 6 con brillanti, 23 con diamanti e 1 1 con
pietre diverse; 3® un involto con 4 chilogrammi e 36 de^
cagrammi di oro lavorato; 4^ una borsa con 5 orologi
di oro e 5 di argento, tre diamanti per tagliar vetri,
un uovo di legno con entro alcune pietre preziose il
cui valore s'ignora, ed una cassettina di oro conte-
nente pietre di valore sconosciuto; 5^ una cassetta
suggellata con So grammi di perle fini ; 6^ altra cas-
setta con 62 grammi di perle fini; 'f un pacco con
un finimento per signora, in oro e cammei, ed un fini-
mento per uomo in oro, cammei e rubini. Tutto que-
sto fu consegnato dalla città dì Chiclayo al Coman-
dante in capo del reggimento....
e Cassa N."^ 2 contiene: 21 chilogrammi e 3o deca-
grammi di argento vecchio, parte preso dagli ufiziali
del reggimento Buin primo di linea, e parte dagli aiu-
tanti del comandante in capo, e per suo ordine, nella
città di Chiclayo.
« Cassa N.** 3 contiene : 4o34 fesos^ 60 cent, in mo-
neta chilena e peruviana.
« Cassa N.^ 4 contiene: 3391 pezzi, 90 cent, in mo-
neta chilena, peruviana e bollviana.
9 Cassa N.^ 5 contiene: 4 chilogrammi e 37 deca»
41 8 ESTORSIONI CHILENE
grammi di argento vecchio della città di Monsfù, con-
segnata dal sottotenente dei granatieri a cavallo, Don....
a Cassa N.^ 6 contiene : 3262 pezzi in moneta pe-
ruviana e boliviana.
«Cassa N.^ 7 contiene: 38 chilogrammi e 21 deca-
grammi di argento vecchio, consegnato nella città di
San Fedro dalP aiutante....
e Cassa N.^ 8 contiene: 1794 pezzi in moneta di
argento, una tortera d'argento del peso di 22 marchi
e 6 oncie, e 3o marchi 6 oncie di argento vecchio....
e Oltre le casse, si consegnarono al commissario del-
Vitata 8 barre di argento del peso totale di 917 mar-
chi e 3 oncie e mezza.
e Vapor Itata, nel mare, ottobre 3o del 1880, £>. Cor-
roseo Albano^ segretario generale. - V. B. Lynch, •
Contribuzioni pagate in denaro, lire sterline: Ferro-
via di Eten 325o; Fattoria Cayalti 1000; Molino di
Pacasnugo 35o; Casale di Chepen 100; Città di San
Fedro 1000; Ferrovia di Pacasmayo 4ooo; Fattorie
Laredo e Panache 1000; Fattoria Chiquitoi 1000;
id. Chiclin 1000; id. Chicamita 1000; id. Pampas 1000;
id. Facalà 1000; id. Tulape 1000; id. S. Antonio 1000;
id. Mocan 1 5oo; id. Santa Clara e Licape 1000; id. Tra-
pichito 5oo; id. Arriba 5oo; id. Gazflape 5oo; id.JFarias
e Tutuman 3oo;'id. Bazan 5oo; id. Vifiita 5oo; id. La
ViJìa 5oo; id. Santa Elena e Carmelo 5oo; id. Naza-
reno no; id. Salamanca no; id. San Domingo no;
Città di Trujillo 3ooo; Fattoria Menocucho i io; id. Ma-
collope no. Totale, lire sterline 29050. - Città di Chi-
clayo, scudi 1923; Fattoria Combo 5oo; Casale di
E NEGOZIATI PER LA PACE 419
Ascope 4ooo; Città di Lambayeque 4ooo; Città di
Ferrefiafe 1000. Totale, scudi 11 42 3 (i).
Basti ciò a dare qualche idea e del bottino stesso
e del terrore che doveva ispirare l'esercito che lo rac-
coglieva!...
Disseminati come trovansi gli stranieri per ragioni
di commercio su tutto il territorio peruviano, toma
inutile l'avvertire che di tali vessazioni essi furono
vittime, colà dove si trovavano, non diversamente che
i peruviani stessi; e non mancano a questo riguardo
i giusti reclami sporti innanzi i proprii Governi da
cittadini italiani e di altre nazionalità (2).
(i) « Come prodotto finanziario della spedizione, e come pro-
dotto delle contrìbnzioni di guerra si ebbero 29050 lire sterline,
11428 scadi in argento, 5000 scudi in carta-moneta del Perù,
un poco d' oro e d' argento in verga, un carico considerevole di
merci e di prodotti di quelle provincie, fra cui figuravano oltre
2500 sacchi di zucchero, 600 sacchi di rìso, molte balle di co-
tone e di tabacco. >
Barros Arana, op, €it, pag. 95.
(2) Nel rapporto ufficiale che V aatorità municipale di Mo-
qaegua dirigeva alle autorità superiori il 18 ottobre 1880, e che
troviamo nel giornale La Patria di Lima del 16 novembre 1880,
sui fatti consumati in Moquegua dalle forze .chilene, si legge :
« Il comandante impose su questa città, in nome del Governo
cfajleno, la contribu:BÌoìie di 11:^,000 scudi pagabili in Argento
monetato o lavorato, in . giòie e metalli in pasta ; pia 50 ani-
mali vaccini, 20 quintali di riso, 30 di farina, io di zucchero e
5 di caffè, o il loro valore in danaro, nel termine di 24 ore pel
danaro, e di 48 pei viverì.... Indi il comandante chileno ridusse
a 60,000 scudi il balzello in metallico, senza alterare quello dei
TÌTeri, e conchiuse minacciando il popolo coli' uso della forza,
420 ESTORSIONI CHILENE
Lo Stesso Barros Arana, cui la bruttezza di questi
fatti non poteva sfuggire del tutto, si affatica non poco
nella sua Storia della Guerra del Pacifico^ ad attenuarne
senzm rispoDdere delle conseguenze che sopravverrebbero, se non
si pagava il balzello. Alcuni cittadini assicurano che il coman-
dante disse che se non si pagava il balzello avrebbe abbando-
nata la popolazione alle truppe ; e debbo anche manifestare che
la colonia italiana sollecitò più volte verbalmente e per iscritto
garanzie per le sue persone ed interessi perchè neutrali, e non
le ottenne.... Compiute le 24 ore le forze chilene occuparono la
città, e molte signore si presentarono al comandante domandando
la diminuzione del balzello ed una proroga per pagarlo, ovvero
che si segnalasse loro un luogo di asilo per porre a salvo le
loro persone ed il loro onore ; ciò che non ottennero, nonostante
le suppliche e le lagrime loro. Le forze chilene si portarono
immediatamente i 27,420 scudi che in argento monetato e la-
vorato ed in gioie eransi riuniti ; ed il loro capo intimò che se
il giorno seguente non si completasse il balzello, effettuerebbe
la sua minaccia come se nulla si fosse dato. Lo stesso proce-
dimento si osservò nei giorni seguenti, essendo da avvertire clie
alle II ant. la forza chilena si sparpagliò per la città, e fece
una minuziosa perquisizione in tntte le case, incluse quelle degli
italiani, facendo aprire ed aprendo perfino i bauli che in esse
trovavano, prendendosi rivoltelle, fucili, vacche, pecore, Liamas^
cavalli, muli, asini ed altri molti animali che trovarono.... Nella
maniera indicata, e cooperando la colonia italiana e la chinese
con oltre 4000 scudi, come mi si assicura, arrivò a coprirsi il
balzello fino alla somma di 62,788 scudi, come è provato
dalla liquidazione e dalle ricevute 'che rimetto in copia.... Nono-
stante r assicurazione fatta più volte dal comandante chtleno che,
soddisfatto il balzello, garantiva che le forze di sua dipendenza
si ritirerebbero in buon ordine, senza arrecar danno alle persone
né alle proprietà, al ritirarsi dal paese hanno incendiato l'abita*
zione di un povero fittaiuolo, la cantina della fattorìa che con-
E NEGOZIATI PER LA PACE 421
la gravità, nonché a cercare scuse e pretesti di giustifica-
zione. Ma pur raccontando le cose a suo modo, qualche
sozzura scappa sempre ed apparisce qua e là ; e le scuse
ed i pretesti addotti da lui sono poi del tutto inefficaci a
soddisfare i suoi desideri!. « La facoltà che si attribuisce
il capo di un esercito di occupazione, dice il Barros
Arana, d* imporre contribuzioni di guerra agli abitanti
di un territorio invaso, e di esigerne il pagamento con
tutta la severità possibile in caso di resistenza, è au-
torizzato dal diritto internazionale moderno. » Ma, senza
dimenticare che questo principio non è poi tanto as-
soluto, come pretenderebbe lo scrittore chileno, e che
ha anch^esso certi limiti oltre i quali i popoli civili
si guardano assai bene di arrivare, domandiamo: era
forse per necessità o semplice ragione di guerra al-
meno che la divisione Lynch invadeva quelle provin-
cia del Però? In quelle provincie non erano eserciti
nemici da combattere; non eravi da compiere e non
fu compiuta nessuna operazione di guerra, propria-
mente detta: lontane di più centinaia di miglia dal
teatro della guerra, non pjossi dire neanche che i
soldati chileni vi entrassero come a semplice allarga-
mento delle zone da essi militarmente occupate : vi
andarono apposta e per mare, ciò che importa dise-
dace O. Zaniga, le case e officine delle fattorìe di P. Flores,
B. Vargas de Zavalaga, D. Barrios e G. Zapata, oltre i liquori
che hanno asportato e lasciato disperdere in varie cantine, rom-
pendo le porte, e i seminati che hanno devastato in molte pro-
prietà, durante la occupazione.... »
422 ESTORSIONI CHILENE
gno e premeditazione ; e non le invasero né per appro-
priarsele a titolo di conquista, né per occuparle per uo
tempo più o meno lungo durante il corso della guerra.
Senza trovar mai resistenza alcuna, neanche la più
insignificante, vi entrarono come si entra in una casa
aperta ; e non vi rimasero che appena il tempo neces-
sario per correrle di fuga e raccogliere prestamente
balzelli e contribuzioni di ogni genere. Questi balzelli
e queste contribuzioni non furono adunque effetto, ma
causa della invasione ; e diciamo della invasione^ non
già della occupazione, perchè non può chiamarsi tale
il semplice passaggio a passo di lupo, o la scorreria
di una forza armata sulle terre indifese del nemico.
Da cui nasce che, anche ammesso in tutto il suo ri-
gore il poco civile ed umanitario principio invocato
dallo storico chileno, neppur basterebbe, non già a
giustificare, ma neanche a scusare od a semplicemente
attenuare le enormezze commesse dall'esercito del suo
paese. E se poi si considera che quei balzelli e queste
contribuzioni furono in maggior parte tolte in derrate,
zucchero, riso, tabacco, cotone, ed in meschine gioie
di uso, che il terrore strappava dalle dita e dalle orec-
chie delle donne; e che senza vantaggio per alcuno
si distrussero, come neppure gli Unni avrebbero fiotto,
grandiosi e colossali laboratorii industriali, non si può
non convenire che il ricordo di questi fatti rimarrà
sempre nella coscienza dei popoli civili, a indelebile
onta e vergogna di chi ne fu autore.
Mentre T esercito chileno si dava a questa tanto pro-
ficua quanto vituperevole scorreria sulle indifese terre
E NEGOZIATI PER LA PACE 423
lerre dello sventurato Perù, gli Stati-Uniti dell'America
del Nord offrivano la loro mediazione ai Governi delle
tre Repubbliche belligeranti, onde arrivare ad una giu-
sta ed equa pace che ponesse termine a tanto eccidio
ed a tanta rovina.
Dopo lunghe pratiche e quisquiglie sul modo e luogo
ove si avessero a tenere le relative conferenze fra i
Plenipotenziarii delle tre potenze belligeranti e della
Gran Repubblica mediatrice, fu in fine stabilito che
csst avrebbero luogo a bordo della nave nord-ameri-
cana Lackawana^ nel modo e forma che appariscono
dai relativi Protocolli delle medesime, di cui trascri-
viamo qui le parti più essenziali.
e A bordo della corvetta nord-americana Lackawana^
nella rada di Arica, il 22 ottobre 1880, riuniti i Pleni-
potenziarii seguenti:
a Per la Repubblica del Perù, i Signori Antonio Are-
nas e Aurelio Garcia y Garcia - Per la Repubblica di
Bolivia, i Signori Mariano Baptista e Juan Crisostomo
Carrillo - Per la Repubblica del Chili, i Signori Eulojio
Altamirano, Eusebio Lillo e colonnello José Francisco
Vergara, segretario di Stato pei dicasteri di Guerra e
Marina. - In presenza degli Ecc. Rappresentanti della
Repubblica degli Stati-Uniti di Nord-America, Signori
Thomas O. Osborn, accreditato presso il governo del
Cfailì, Isaac P. Christiancy, accreditato presso il Go-
verno del Perù, e generale Carlo Adams, accreditato
presso il Governo della Bolivia.
« JL'Ecc. signor Osborn, decano dei Rappresentanti
degli Stati-Uniti, espose.... Conchiuse colle parole; Vi
27. — Caivano, Guèrra tf America,
424 ESTORSIONI CHILENE
prego, Signori, vi supplico di lavorare con impegno
per ottenere la pace, e spero, in nome del mio Go-
verno, che i vostri sforzi vi porteranno a questo risul-
tato. » Indi dichiarò aperta la conferenza.
e L'Ecc. signor Altamirano espose allora.... Venendo
alla grave questione del momento, manifestò che le
circostanze imponevano come dovere indeclinabile
quello di procurare una soluzione immediata; e che
cercando il procedimento più adeguato per raggiun-
gere questo fine, aveva creduto necessario di aggrup-
pare in una minuta le proposizioni che, secondo le sue
istruzioni, dovevano formare la base del trattato, affin-
ché considerandole tutte insieme potessero gli Ecc. Rap-
presentanti del Perù e della Bolivia indicare se potreb-
bero aprirsi le discussioni su quelle basi.
e Minuta delle condizioni essenziali che il Chili esìge
per arrivare alla pace, presentata dai Pieni potenziarii
chileni ai Plenipotenziari peruviani e boliviani, nelk
conferenza tenuta a bordo della nave americana La-
ckawana, il 22 ottobre 1880:
€ Prima - Cessione al Chili dei territorii del Perù e
della Bolivia che si estendono al sud della valle di Ca-
m^irone^ ed air ovest della linea, che nella Cordigliere
delle Ande separa il Perù e la Bolivia fino alla valle di
Chacarillay ed all'ovest anche di una linea che da questo
punto si prolungherebbe fino a toccare colla frontiera
argentina passando pel centro del lago di Ascotan.
« Seconda - Pagamento al Chili dal Perù e Bolivia, in
solido, della somma di venti milioni di scudi (pesos]
quattro dei quali saranno pagati in contante.
E NEGOZIATI PER LA PACE 425
€ Terza - Restituzione delle proprietà di cui sono
stati spogliati i cittadini chileni e le loro imprese nel
Perù e nella Bolivia.
€ Quarta - Restituzione del trasporto Rimac.
€ Quinta - Abrogazione del trattato segreto conchiuso
fra il Perù e la Bolivia Tanno 1873, lasciando nel-
l'istesso tempo senza effetto e valore alcuno le pratiche
avute per conchiudere una G)nfederazione fra le due
nazioni (1).
e. Sesta - Ritenzione per parte del Chili dei territorii
di MoqueguUf Tacna ed Arica che occupano le armi chi-
lene, fino a che si sia dato compimento alle obbligazioni
cui si riferiscono le precedenti condizioni.
€ Settima - Obbligo da parte del Perù di non fortifi-
care il porto di Arica quando gli sia consegnato, né in
alcun tempo; e compromesso che in avvenire sarà
porto esclusivamente commerciale. »
Seconda conferenza del 25 ottobre,
a Manifesta l'Ecc. signore Antonio Arenas, che le
basi presentate dall' Ecc. Plenipotenziario del Chili gli
hanno prodotto una penosa impressione, perchè chiu-
dono le porte a ogni discussione ragionata e tranquilla ;
che la prima di esse specialmente, è un ostacolo tanto
insuperabile nel cammino delle pacifiche negoziazioni,
da equivalere ad una intimazione di non passare in-
(1} Sempre la stessa politica del 1837. Con qual diritto, ec-
cetto quello di una oltraggiante prepotenza, può una Nazione
vietare che altre Nazioni indipendenti si confederino fra loro,
o si uniscano con trattati d'alleanza?
426 ESTORSIONI CHILENE
nanzi ; che il Chili ha ottenuto vantaggi nella presente
guerra, occupando militarmente alcuni territorii del
Perù e della Bolivia, sui quali non pretese giammai di-
ritto alcuno, e che avendoli occupati in seguito a var'n
combattimenti, crede oggi di essere divenuto padrone
di essi, e che la sua occupazione militare sia un titolo
di dominio; che questa dottrina fu certamente sostenuta
in altri tempi ed in lontane regioni ; ma che neir Ame-
rica spagnuola non è stata mai invocata dai tempi della
sua indipendenza fino ad oggi, perchè creduta incom-
patibile colle basi tutelari delle istituzioni repubblicane,
perchè decadde sotto la potente azione dell'attuale si-
stema politico, e perchè sommamente pericolosa per
tutte le Repubbliche sud-americane.... Che perciò crede
che, date le attuali condizioni dei belligeranti, una pace
che avesse per base lo smembramento territoriale ed il
ritorno del caduto diritto di conquista, sarebbe una pace
impossibile; che quand'anche i Plenipotenziari! peru-
viani l'accettassero e la ratificasse il loro Governo, il
sentimento nazionale la respingerebbe, e la continua-
zione della guerra sarebbe inevitabile; che se si insiste
nella prima base, presentandola come condizione inde-
clinabile per arrivare ad un accomodamento, la speranza
della pace deve perdersi completamente....
« L' Eccel. signor Altamxrano espone : .... Accettando
la guerra come una dolorosa necessità, il Chili vi si
slanciò senza pensare ai sacrifizi che le imponeva ; €
per difendere il suo diritto e l' onore della sua ban-
diera ha sacrificato i suoi migliori figli e speso sen2t
misura i suoi tesori.... In questa situazione, il suo Gc-
E NEGOZIATI PER LA PACE 427
verno ha accettato con sincerità V idea di porre ter-
mine alla guerra, sempre che fosse possibile arrivare
ad una pace solida, riparatrice dei sacrifici fatti, e che
permettesse al Chili di ritornare tranquillo al lavoro
che è la sua vita. Il suo Governo crede che per dare
alla pace queste condizioni, sia indispensabile di avan-
zare la linea di frontiera. Così procura di compensare
in parte i grandi sacrifìci che il paese ha fatto, e di
assicurare la pace delP avvenire. Questa esigenza è per
il Governo del Chili, pel paese e per i Plenipotenziari i
che parlano in questo momento in loro nome, inde-
clinabile, perchè giusta. I territorii che si estendono
al sud di CamaroneSj debbono nella loro totalità lo
sviluppo ed il progresso attuale, al lavoro chileno ed
al capitale chileno. Il deserto era stato fecondato dal
sudore degli uomini di lavoro prima di essere irrigato
dai sangue dei suoi eroi. Ritirare da Camarones la
bandiera ed il potere del Chili, sarebbe un vile abban-
dono di migliaia di concittadini, ed un rinnovare, ag-
gravandola, l'antica e insostenibile situazione.... (i).
(^1) Sappiamo già quanto sia di vero in tutto ciò.
Scoperti i grandi depositi di salnitro neUa provincia peruviana
di Xarapacà, il Perù apri generosamente le porte del suo ricco ter-
'i torio a tutti coloro che cercassero nel lavoro una fonte di be-
tessere e di prosperità, senza guardare se fossero nazionali o
LO. Xnsieme ai tanti altri stranieri, accorsero ivi in folla i chileni,
lie Ijl povertà e la mancanza di lavoro condannava alle più dure
ri vsLzIoni in casa loro; e già abbiamo visto altrove quali e quanto
rancli benefici ne ritraesse l' intero Chili. Ed ecco che questo fatto,
t^ ^^o avrebbe potuto e dovuto servire a infondere nei chileni la
428 ESTORSIONI CHILENE
« L'Eccel. signor Baptista disse: Le categoriche di-
chiarazioni dell' Eccel. signor Altamirano seoibrano
chiudere il cammino della discussione.... Noi Plenipo-
tenziarii di Bolivia ci troviamo in perfetto accordo
colle esplicite dichiarazioni dell' Eccel. signor Arenas,
nel punto fondamentale dell' acquisto di territorio, chia-
misi avanzamento, cessione, compensazione o conquista,
e pensiamo così, ispirandoci nell'origine e nello svol-
gimento della vita politica della nostra America
Non deponiamo nel suo seno una perpetua causa di
malesserel Non fissiamo nelle frontiere delle sue Repub-
bliche poteri gelosi che si stiano reciprocamente spiando,
assorbendo coi loro eserciti ed armate, continuamente
in aumento, le forze dei popoli.... Vinti e vincitori sof-
friremmo egualmente per uno stato anormale che la-
sciasse per gli uni il sordo lavorìo della rivincita, e
per gli altri il lavoro estenuante e costoso d'impedirlo....
Dichiaro francamente che debbono riconoscersi ed ac-*
cettarsi gli effetti naturali dell'esito. Nel corso di questa
campagna i vantaggi sono pel Chili. Potrebbe dunque
dirsi che vi è luogo ad una indennità a favore del
Chili. Ritenga come pegno il territorio occupato, e si
cerchino i mezzi equi che soddisfacciano coi prodotti
più sincera gratitudine verso il Perù, viene invece invocato dal
Chili come argomento per strappare al Perù quel ricco suo ter-
ritorio, e farlo proprio. Questa strana pretenzione del Chili, espressa
dalla bocca ufficiale di un suo Flenipotenziario in tanto grave e
solenne occasione, non può che darci una prova di più della prò-
fonda perturbazione del senso morale, in cui la violenza delle
passioni ha trascinato certi animi in quel paese.
E NEGOZIATI PER LA PACE 429
fiscali di questo stesso territorio gli obblighi che ci si
potessero imporre....
€ L'Eccel. signor Altamirano espone: ....E ben triste,
dice al concbiudere, l' avere a resistere ad esortazioni
come quelle che ci hanno fatto gli Eccel. signori Are-
nas e Baptista, ma se l' avanzamento della frontiera è
ostacolo insuperabile per la pace, il Chili non può,
non deve eliminare quest' ostacolo (1).
€ L' Eccel. signor Garcia y Garcia dice : .... Non può
trascurare una delle ragioni che V Eccel. signor Alta-
mirano invoca come specioso titolo pel dominio che
il Chili pretende di ottenere sui territori di Tarapacà.
Ricorda che T Eccel. Plenipotenziario del Chili sostenne
che essendo chilena la totalità della popolazione di
quella provincia, e chileni ancora i capitali e le braccia
che formarono quelle industrie, si perviene ad essi il
possesso dì quel territorio. Prescinde dalla estensione
di totalità che l' Eccel. signor Altamirano ha dato alle
sue parole, perchè essendo totalmente contraria ai
fattiy non crede che pretenda di sostenerla né che ab-
bia avuto tal intenzione. Non tacerà nondimeno la
espressione della naturale sorpresa che gli ha causato
V udire così strano ragionamento da una persona, la
cui istruzione ed elevata importanza politica la rendono
una figura americana.... Aggiunge che applaude alla
(i) Il Chili aveva voluto e fatto la guerra collo scopo deter-
iDJnato di conquistare i territori di Atacama e Tarapacà ; e certo,
non poteva egli accondisccDdere a ritirarsi dalla guerra senza la
desiderata ébnquista.
430 ESTORSIONI CHILENE
rettitudine di proposito, di che, come non poteva non suc-
cedere, abbonda i'Eccel. signor Baptista; ma giudicando
indispensabile di dare a queste idee una forma, per
cos) dire, tangibile, che porti agli uomini spassionati
il convincimento della nostra buona fede, che soddi-
sfaccia il comune decoro e faccia tacere le esagera-
zioni che sorgono nei rispettivi paesi, propone : che
tutti i punti di queste divergenze, cui ha fatto allu-
sione TEccel. signor Baptista e che si specificheranno
in altre discussioni, siano sottoposte all' arbitrato inap-
pellabile del Governo degli Stati-Uniti delP America
del Nord, chiamato com'è ad esercitare questa gran
funzione dalla sua alta moralità, dalla sua posizione
nel Continente, e dallo spirito di concordia che rivela
egualmente in favore di tutti i paesi belligeranti qui
rappresentati.
a L'Eccel. signor Vergara espone.... Che unicamente
si occuperà della proposta deir arbitrato, presentata dal
signor Garcia y Garcia, per dichiarare perentoriamente,
in nome del suo Governo e dei suoi Colleghi, che non
V accetta in nessun modo.... Il Chili cerca una pace
duratura che sia fatta in vista (que consulte) dei suol
interessi presenti e futuri, che stia nella misura degli
elementi e del potere di cui dispone per ottenerla, del
lavori fatti e delle fondate aspirazioni nazionali. Questa
pace la negozierà direttamente coi suoi avversarli,
quando questi accettino le condizioni che esso stima
necessarie alla sua sicurezza, e non vi è motivo alcuno
che lo obblighi a deporre in altre mani, per molto
onorevoli e sicure che fossero, la decisione dei suoi
E NEGOZIATI PER LA PACE 431
destini. Per queste ragioni dichiara che respinge l' ar-
bitrato proposto (1).
e L' Eccel. signor Carrillo, dice : .... La proposizione
dell'Eccel. mio collega signor Baptista è stata espressa
come opinione particolare; da mia parte F appoggio....
e la rinnovo in questa forma : Statu quo del territorio
occupato dalle forze del Chili, fino alla decisione del-
l' arbitrato proposto. Per conchiudere, credo opportuno
di manifestare che quando si offri in Bolivia la rispet-
tabile mediazione del Governo degli Stati-Uniti, il mio
Governo e l'opinione nazionale si persuasero che la
pace fosse un fatto già, poiché questa mediazione era
accompagnata da altra parola, l'arbitrato, che signi-
fica giustizia e onore per tutti senza umiliazione per
nessuno.
a All'Eccel. signor Osbora sembra opportuno, egual-
mente che ai suoi Colleghi, di far constare qui che il
Governo degli Stati-Uniti non cerca i mezzi di farsi
arbitro in questa questione. Lo stretto adempimento
dei suoi doveri inerenti a questo incarico, occasione-
rebbe molto lavoro; e comunque non dubiti che il suo
Governo acconsentirebbe ad assumere un siffatto inca-
rico, nel caso in cui fossegli debitamente offerto, con-
( I ) A nessuno sfuggirà l'aceiba durezza di queste parole. Senza
tener calcolo dell'offesa che direttamente si faceva agli Stati-Uniti,
respingendo con tanta apprezza la proposta di arbitrato, le parole
del Plenipotenziario chileno possono così tradursi: ho la forza
con me, e intendo e voglio approfittare di tutti i vantaggi che
la forza puu darmi, senza permettere che altri s'intrometta nei
latti miei.
432 ESTORSIONI CHILENE
viene nondimeno che si sappia che i suoi rappresen-
tanti non sollecitano questo onore.
« L' Eccel. signor Altamirano espone : .... Che pensa
come S. E. (Carrillo), trattandosi di inalzare V arbi-
trato a mezzo unico e obbligatorio per dirimere le
questioni fra le nazioni : ma se nel caso attuale fosse
accettato dai Plenipotenziarii del Chili, sarebbero essi
giustamente accusati e condannati nel loro paese sic-
come rei di abbandono dei loro doveri, e quasi di tra-
dimento dei più manifesti diritti e interessi della loro
patria.
Terza conferenza del 27 ottobre.
e Gli Eccel. Plenipotenziarii del Perù dichiarano che
insistendo il Chili nel mantenimento della prima con-
dizione, e non avendo accettato l'arbitrato proposto
da essi, non era loro lecito di proseguire nelF esame
delle altre basi; che erano state loro chiuse tutte le
porte, facendo necessaria la continuazione della guerra,
e che la responsabilità delle sue conseguenze non gra-
vera sul Perù, avendo esso indicato un mezzo deco-
roso di arrivare alla pace. » (Dicesi lo stesso a nome
della Bolivia).
e L'Eccel. signor Osborn dichiara che egli ed i suoi
colleghi lamentano profondamente che la conferenza
non abbia dato i resultati pacifici e concilianti che si
ebbero in vista....
e Indi si dichiarò chiusa la Conferenza. i> - Seguono
le firme.
Ozioso sarebbe ogni commento da parte nostra. Le
esigenze così chiaramente e duramente manifestate dai
E NEGOZIATI PER LA PACE 433
Plenipotenzìarìi chileni di non accettare nessuna di-
scussione che non cominciasse dalla cessione al Chili
dei deserti di Atacama e di Tarapacà, sono la più
evidente e sicura prova di quanto dicemmo nel par-
lare delle cause della guerra. II Chili aveva pensato
di fare, e faceva niente più che una semplice guerra
di conquista ; e poiché la sorte degli eventi si era de-
cisa a suo favore, si teneva sempre più fermo nei primi
proj)osili.
BATTAGLIA DI SAN JUAN
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS
SOMMARIO
l Chili iatende ad approfittare lempre più delU debolezia del
Peiù. - Riascite vane le conTeienze per la pace, muove con-
tro Lima. - Sbarco di Pitto. - TentatJTO di bombardamento
del Collao, — Perdila di £1 Lea. della Ccvadenga e della
Fretta. - La Bolivi», di fallo, non partecipa più alla guerra. -
Il IDillalotc Pierola : l'ambiiinDe e la vanilà lo ingolfano in
nuovi eiTori. ~ Gli ufiicMli, lasciate le ffm partigiane, solo
(te*ideraDO battersi contro lo slianiero. - Fìerola diffida di
tutti: guasta l'esercito, scioglie la guardia 'nazionale e crea
l'esercito di liserva, gli ufficiali ttmpersmii e il Batla^lione
dtfoiitt. — W nuovo esercito di Pierola fu un' accoiiaglia d'ar-
mati. — Egli volle essere il generate in capo : ambiva ad una
vittoria tutta sua. — Aspetta il nemico alle patte di Lima. —
Fortifica San Cristobal e San Barlolemé. - Contraria il sen-
timento pubblico che voleva nuove forie navali. - Il tuo
piatto. - Il pubblico peruviano era malcontento; perchè tol-
lerò Herola. — Lo sbarco di Fisco indicava che si attacche-
rebbe Lima dalia parte di Lurin. - Tùilada e Valle di Lurio.
BATTAGLIA DI SAN JUAN
- Linee di difesa. — I rìdolti. - Le siini aulemalicii. - I
preti e ti Vicario Caslrtitii. - Sbarco di Curayato. - L'esti-
cito chileno poteva esser disfatto io Lurin. - Come Pìerola di'
spose gli eserciti. — Rimostranie e consigli dei generali mn
ascoltati. — Gli AtUi e la Cttardùi Urbana. — DisposìiioDt
dell' eiercito cUleno, e attacco del 13 gennaio iSSi. -
Valorosa resistenza dell' ala diritta : Igletias è fatto jk:-
gioaiero. - La riserva : nn battaglione tagliato a peni. -
L' ala ainistta non prese parie alla lotta. - La attiri
collocazione dell' esercito e 1' ìncapacilì di Pieiola (bnm
causa della disfatta. — Suo scoraggiamento durante la Intu-
gli*. — I fuggitivi peruviani si riducono a Mirafloies. - 1 th.:-
leni a ChorrillBs. - Saccheggio, deraslazione e joceodio. -
Orgia, ubriachezza e sangue. — I comaodanti non posni
freno agli eccessi dei soldati. - La distruzione di ChoniUoi
nonidovuta tutta alla ifrenateiii della soldatesca: aembripn;'
meditata e consentita. - Nota diplomatica e sua risposta. -
Perchi non arsero i ranckoi degli aderenti chileni ? - Sac-
cheggi ed iDcendi al Barrane^. - Né a Chorrìllos ni al Bii-
ranco si rispettaron gli Etranieri nentrali. — Danni patiti dilli
colonia italiana. — Atiocitì chilene : uccisione di 13 italiac^-
- Che fece il Governo italiano ì - La debolezza dei ItEri
italiani offri argomento di scberao e di baldanza al chilei'i. -
La favola del Baltagtioni italiano. - Perdite del Chili e it.
Perii Della battaglia di San Juan. - FercbÈ i fileni si osti-
nano a chiamare Battaglia di OierrUht un semplice &1I0
d' orme alla stazione fèrrorìaria.
lA nei progetti del Chili, prima ancora
di arrivare a Tacna ed Arica, di avatt-
zarsi celermente contro la capitale del
Perù. A ciò lo spingevano l' aniirt
odio divenuto oramai segno dì patrìot
tismo e articolo di fede nazionale, e il bisogno di A
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 437
Struggere un nemico che sapeva di aversi reso irrecon-
ciliabile, o di talmente lacerarlo almeno, da ridurlo per
lunghi anni nella più assoluta impotenza: e questo, nel
doppio scopo di non averlo a temere più tardi, e di
potergli senza contrasto dettare la sua legge, onde ob-
bligarlo con un imposto trattato di pace a confermargli
la conquista di Tarapacà.
Già dal giorno 8 aprile 1880 la sua squadra aveva
messo il blocco al Callao ; e a cominciare dai primi
di giugno, imprese con tutte le sue forze ad aumen-
tare il proprio esercito, ed a sollecitare tutti gli altri
preparativi del caso. Il fatto gli aveva addimostrato
che non si era ingannato allorché, facendo assegna-
mento suir accidentale debolezza in cui l' anno innanzi
trovavasi il Perù, lo trasse per forza ad una guerra
alla quale questo neppur lontanamente pensava. Il fatto
stesso gli aveva provato del pari che, atteso il cattivo
stato sempre crescente delle interne condizioni politi-
che di quel paese, la sua prima debolezza anziché spa-
rirCy era andata facendosi sempre più grande; e tutto
gli consigliava di approfittare quanto potesse, e presto,
di sì favorevole occasione, prima che un probabile
mutamento di siffatto stato di cose, V obbligasse a ri-
manersene a metà del cammino, e forse a tornar in-
dietro in casa propria senza gli sperati guadagni.
I preliminari delle conferenze per la pace, e le con-
ferenze stesse che sapeva non potevano appagare i suoi
voti, non avevano arrestato né i suoi preparativi, né
i suoi atti di ostilità contro le imbelli popolazioni ne-
miche che opprimeva sotto il peso di enormi balzelli;
438 BAITAGLIA DI SAN JUAN
e appena si chiusero quelle, come abbiamo visto, senza
alcun risultato pratico, si accinse sollecitamente a muo-
vere contro l'antica regina del Pacifico.
Effettivamente una prima divisione dell' esercito chi-
leno che doveva operare su Lima sbarcò il 19 novem-
bre nella baia di Paracas, pròssima al piccolo porto
di Pisco, lasciato senza guarnigione dal nemico insieme
a tutto il resto della sua estesa spiaggia, eccetto il Cai-
lao: a questa prima divisione di 85oo uomini, tenne
dietro pochi giorni appresso altra di 34oo; ed il 22 del
seguente dicembre sbarcavano infine tutte le rimanenti,
anch'esse senza ostacolo veruno, sull'abbandonata
spiaggia di Curaj^aco, E queste e quelle formavano
un tutto di 26,300 uomini, con 80 cannoni e 8 mitra-
gliatrici che il Chili spingeva contro la capitale peru-
viana (i).
Dal maggio al dicembre, le corazzate chilene che
bloccavano il porto del Callao tentarono più volte di
bombardare la città ed il forte : ma collocandosi sem-
pre nella baia ad enorme distanza da quello, i loro
tentativi riuscirono sempre infruttuosi, senza mai pro-
durre danno alcuno al nemico. La flotta chilena per-|
deva invece nel settembre il trasporto armato El LoaJ^
fatto saltare in aria dai peruviani per mezzo dì u.n||
torpedine.
Altra nave chilena, la corvetta Covadonga che bl
(i) Vedi Barros-Arana, Op. cit., parte 2*, p. 141. Come c\
leno e come storico semi-ufficiale del suo paese, il B. Araoa
veva conoscere esattamente il vero ammontare di quelle cifji
E DISTRUZIONE DI CUORRILLOS 439
cava il porto di Chancay^ andò anch' essa in frantumi
nello stesso settembre, sotto r azione di un'altra torpe-
dine lanciata dai peruviani.
n 5 dicembre infine avveniva nella rada del Callao
un singoiar combattimento fra una barca torpediniera
cbilena, la Fresia^ ed altra peruviana di egual natura.
Detto combattimento succedeva a metà cammino fra
le fortificazioni del Callao e la squadra chilena, che
non vi presero parte alcuna, e finì colla perdita della
barca torpediniera chilena, colata a fondo dalla pe-
ruviana.
Vediamo ora ciò che facesse in quel frattempo il
Dittatore peruviano, e come si preparasse alla lotta
che il nemico veniva ad impegnare sotto le mura
ìstesse della capitale.
Della Repubblica alleata, la Bolivia, a causa della
quale, apparentemente almeno, il Perù fu trascinato
alla guerra, non è più a discorrere: dopo la battaglia
dell'-A/to deir Alleanza nei pressi di Tacna, nella quale,
come si sa, concorse con appena un meschinissimo
corpo di truppe, si ritirò completamente dalla lotta.
Rinchiusasi dietro i suoi monti, ove era sicura che
nessuno sarebbe andato a cercarla, dimenticò e amici
e nemici, e la guerra istessa, come se questa in nulla
la interessasse.
Come s'è detto altrove, il dittatore Pierola aveva
a scopo principale di tutte le sue mire l'idea d' im-
porsi definitivamente al paese, e di assicurare forse
per sempre nelle sue mani il supremo potere dello
Stato, in cosi mal ora e per così brutta via car-
jS. — Cai VANO, Gnerra tt ^nerica.
440 BATTAGLIA DI SAN JUAN
pito (i). Diffidente di tutto e di tutti, eccettochè della
propria ambizione e della propria incapacità, cominciò
fin dal primo momento ad allontanare dalla dirjeziooe
delle pubbliche faccende e da tutte le amministrazioni
dello Stato, che in maggior parte disfece e rifece a
nuovo a suo modo, tutti coloro che non erano o che
supponeva non potessero essere partigiani suoi. Volle
avere un partito politico tutto suo, di creazione sua
( I ) A provare quanto ciò sia vero, concorre anche il seguente
decreto del 22 maggio 1880:
e Nicolas de Pierola.... Considerando : 1^ Che menin la Re-
pubblica si dà le istituzioni che definitivamente debbono reggerla,
e potendo occorrere che per diverse cause io mi trovi impedito
temporaneamente od assolutamente ad attendere alla ammini*
strazione e governo dello Stato, è indispensabile di provvedere a
tale situazione ; 2* .... Decreto : Art. i^ Se a causa delle esigenze
dell' attuale guerra, o per qualunque altro motivo, mi trovassi
temporaneamente impedito, si incaricherà del Potere esecntÌTO
nazionale, e con questa denominazione, il cittadino che io de-
signerò.... •
Si noti che il Perù aveva già fino da 60 anni indietro le sue
istituzioni repubblicane, transitoriamente sospese dal Dittatore;
e che non era punto il caso di doversi dare le istituzioni difisù-
tive di cui parla Pierola, perchè già esistevano. Era egli adunque
che pensava di modificare tali istituzioni, divenute incompatìbili
colla sua dittatura nel solo caso in cui questa dovesse essere,
non già transitoria; com' era, ma stabile e dnratara. E si noti
pure che questo decreto, dato non per un caso dei momento,
ma in previsione del futuro, e per casi che potrebbero avvenire,
era in altri termini una specie di legge generale colla quale con-
fermava per sempre la sua dittatura, e si dava la facoltà di no>
minare il successore. Cosi almeno esso fu interpretato nel Perù.
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 441
e di idee sue; e già sappiamo da dove e come Io
prese, e con quali mezzi cercò di affezionarselo.
Desiderò, come s'è visto, e indirettamente contribuì
alla disfatta di Tacna, unicamente perchè temeva di
trovare nel contrammiraglio Monterò e nell'esercito
che questi comandava, forze morali e materiali che
più tardi potessero agire contro di lui. Disfatto Mon-
terò, e ridotti i gloriosi resti del suo esercito a disper-
dersi od incorporarsi per frazioni a quello di Arequipa,
che rimase inutile in un posto lontano dal teatro della
guerra, Pierola si senti sgravato di un gran peso, si
senti più libero. Ma rimaneva tuttavia dell'anteriore
vita politica della Repubblica, l'esercito già esistente
in Lima e nel Callao quando egli iniziò la rivolta che
lo portò alla dittatura ; rimaneva parimente la nume-
rosa ufficialità peruviana quasi tutta chiamata in atti-
vità dì servizio; e ciò ancora eragli di molestia e noia.
Nondimeno una frazione di questo esercito, la più
piccola è vero, era stata quella appunto che, pronun-
ciandosi a suo favore, fu il primo strumento della sua
rivolta ; e l' altra, sebbene non per affezione a lui, ma
solo per la grave situazione in cui versava il paese
nonché astenersi dal combatterlo, avealo di buona fede
accettato a capo dello Stato, di buona fede dichiaran-
dosi pronta a combattere sotto i suoi ordini contro il
nemico straniero. Questo esercito adunque non poteva,
non doveva ispirare sfiducia al Dittatore: e lo stesso
dicasi pure della ufizialità.
Dopo le disastrose conseguenze dei fatti di San Fran-
cisco, e più ancora poi dopo la disfatta di Tacna, i
442 BATTAGLIA DI SAN JUAN
numerosi ufiziali peruviani, in attività di servizio o no
- i cui vizi! rivoluzionari e partigiani, cause di tutti gli
altri, abbiamo con qualche ampiezza discusso altrove
e messo in evidenza, — mutato pensiero, non erano ani-
mati, dal primo all'ultimo, che da un solo e verace
sentimento : quello di battersi contro i chileni, e dare
al paese splendide e profittevoli giornate di gloria.
Pieni di sì nobili e generosi sentimenti, essi avevano
deposto ogni antico odio o rancore, ogni ruggine pò-
litica, ogni aspirazione di personale ambizione. Essi
non volevano che il trionfo del Perù nella tremenda
lotta contro il Chili ; erano sinceramente risoluti a bat-
tersi, a sacrificarsi per la patria in pericolo, sotto qua-
lunque bandiera fossero chiamati a farlo, e ne diedero
coi fatti le più sicure prove; erano perciò una gran
forza di cui bisognava ed era necessità approfittare.
Ma a dispetto di tuttociò, V inquieto animo del Dit-
tatore temeva sempre, e nulla valeva a tranquilliz-
zarlo. Temeva di tuttociò che aveva radice nell^ante*
riore vita politica della Repubblica; temeva di tutti
coloro nei quali, a ragione o senza, parevagli vedere
un futuro nemico, un futuro candidato alla prima ma-
gistratura dello Stato, temeva di chiunque non fosse
esclusivamente suo e fattura sua. E non per altro che
per obbedire a questi suoi timorosi sospetti privò il
paese, e quindi sé medesimo, di quasi tutti i suoi mi-
gliori elementi di forza.
Sciolse il maggior numero dei corpi o battaglioni
deir esercito di Lima e del Callao, per depurarli a suo
modo e rimescolarli fra loro medesimi o con nuova
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 443
gente non sospetta. Sciolse l'antica guardia nazionale,
composta di volontari! già esercitati al maneggio delle
armi,. insieme ai proprii ufìziali cui già erano avvezzi
ad ubbidire, per creare in sua vece un esercito di ri*
serva nel quale erano obbligati a prendere parte tutti
i cittadini capaci di portar le armi, e che cionondi-
meno portò appena a 6000 uomini. Sciolse ed abolì
la vecchia scuola militare per la formazione dei ca-
porali e sergenti, che tante belle prove aveva date
sempre di se. E messa su una nuova legge, colla quale
si dava la facoltà di nominare a suo capriccio, da sot-
totenente a colonnello, ufìziali cosi detti temporanei e
provvisorii, fossero o no militari, prese e creò dal seno
di tutte le classi sociali, massime dalle più ìnfime, una
lunga fila di ufìziali dì occasione o del momento che
di tutto sapevano fuorché di milizia, e li prepose al
comando dell'esercito attivo e di quello di riserva.
In cambio di ciò, i vecchi ufìziali dell'esercito e
della guardia nazionale, salvo rare eccezioni, furono
in parte mandati alle loro case ed in parte raccolti,
per tenerli sempre 'inattivi sotto la sua vigilanza^ in
un mostruoso battaglione di ufìziali, detto Battaglione ,
Deposito, il cui incarico principale era quello di star
rinchiuso in quartiere; sicché per poter prestare i loro
servigi al proprio paese, i più fra di essi furono obbli-
gati ad accettare posti ed ufìSci inferiori al proprio
grado, ovvero a battersi da semplici soldati. Basti il
dire, a mo' d'esempio, che il contrammiraglio Monterò
ed il generale Buendia, poterono appena ottenere il
posto di aiutanti del Dittatore nelle tremende giornate
444 BATTAGLIA DI SAN JUAN
di San Juan e di Mira/lores, mentre altro generale si
batteva col fucile alla mano, da semplice soldato.
Il Dittatore adunque invece di raccogliere ed utiliz-
zare tutte le forze del paese, solo attese a disperderle
ed a lasciarle in disparte, per surrogarfe con un grande
apparato di forze effimere, buone unicamente ad in-
gannare se stesso e la cieca credulità del volgo igno-
rante.
Nonostante i numerosi contingenti di truppa con
grande e chiassoso apparato fatti venire dai più remoti
angoli della Repubblica, onde dar prova di energia ed
operosità, l'esercito attivo di Lima e del Callao con-
tava nel dicembre 1880 appena qualche migliaio di
uomini di più che nel dicembre 1879, ossia 19,000 uo-
mini circa; e per di più invece di esercito, meglio
poteva chiamarsi semplice accozzaglia di gente ar-
mata. Le pretese riforme del Dittatore, che nei primi
mesi di governo lo ridussero di oltre un terzo, ne
mandarono via quasi tutti i vecchi soldati e le cosi
dette classi^ ossia sergenti e caporali che, come tutti
sanno, sono la base principale di un buon esercito; e
la nuova gente colla quale egli colmava dipoi questi
vuoti, non era punto adatta agli urgenti bisogni del
momento. Indigeni, ossia Indii^ raccolti nelle più misere
ed appariate popolazioni agricole dell' interno del paese,
i nuovi venuti non parlavano e non comprendevano
che il loro nativo dialetto, ossìa il checciua, e quindi,
prima di apprendere il maneggio delle armi e tutto
ciò che forma la scuola militare del soldato, bisognava
che imparassero a intendendere ed a parlare T idioma
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 445
nazionale (i): e trattaDdosi di genti per sé stesse molto
rozze da cui si pretendeva che apprendessero tali
cose per sola forza di pratica, senza sottoporle per nulla
a speciale insegnamento, occorrevano a ciò solo più e
più mesi.
La metà, o presso a poco, dell' esercito di Pierola
nel dicembre 1880, era adunque composta di gente che
non ancora aveva imparato a comprendere, o difficil-
mente appena, T idioma nazionale; e che perciò poco
o nulla poteva sapere del maneggio delle armi, e di
tutte le altre cose necessarie a sapersi da un soldato
anche dei più mediocri. E se si aggiunga a tutto ciò
che, eccetto pochi buoni ed esperti ufiziali dei già esi-
stenti, gli altri erano tutti ufiziali di recente creazione,
che poco o nulla conoscevano dell' arte militare, si
comprenderà facilmente con quanta ragione dicevamo
innanzi che P esercito preparato e messo su da Pierola,
anziché tale, poteva appena chiamarsi una semplice
accozzaglia di gente armata.
Nondimeno, anche così com'era, i fatti provarono
dipoi che quest^ esercito sarebbe stato forse più che
capace, insieme a quello di riserva, a respingere il ne-
mico, se nuovi errori del Dittatore, provenienti sempre
dalle medesime cause, non fossero venuti e prima e du-
rante V azione a condannarlo stolidamente alla disfatta.
(i) Il quechua^ checciua, che era l'idioma dell' antico impero
peruviano degl' Inca^ quando avvenne la conquista spagnuola, è
og^ ancora la sola favella degl' indigeni che abitano le regioni
più interne della Repubblica.
446 BATTAGLIA DI SAN JUAN
Fra le tante scempiaggini che T ambizione e la va-
nità dettavano a Pierola, era quella di non permettere
che altri all' infuori di lui riportasse una qualunque
vittoria sopra i chileni. Dire che egli non lavorasse a
suo modo ad ottenere una completa vittoria sul nemico,
non sarebbe esatto. Questa vittoria egli la desiderava
e la voleva con tutte le sue forze: ma a patto però
che fosse tutta opera sua e merito suo, onde ergersi
gigante al disopra di tutti i suoi concittadini, ed im-
porsi irremovibilmente al paese con la sembianza del-
l' unico suo salvatore. Fidente all'eccesso nelle proprie
forze e nei proprii talenti militari e di ogni genere,
come è proprio dell'ignoranza ambiziosa, egli si cre-
deva di buona fede capace di strappare la vittoria ai
nemico: era pienamente certo di vincere, e di saper
fare tutto bene e meglio che chiunque altri. Era un
allucinato; e nacque da tutto ciò in lui la ferma ri-
soluzione di voler essere egli stesso - egli non mili-
tare - il supremo ed unico direttore della guerra, ed il
generale in capo degli eserciti.
Contro siffatta risoluzione sorgeva però una grande
difficoltà: per porsi alla testa dell'esercito e coman-
dare personalmente le battaglie contro i chileni, biso-
gnava abbandonare la capitale, e con essa quella su-
prema e dispotica direzione delle pubbliche faccende,
alla quale sacrificava ogni altro suo pensiero, e che lo
faceva tanto fiero e superbo di sé. Ma ciò non entrava
affatto nelle sue viste: lasciare, fosse anche per un
solo momento, di comandare a tutto ed a tutti, per-
mettere che altri dividessero con lui l' attesa e sicura
r
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 447
corona del trionfo, erano cose a cui non poteva nep-
pur pensare.
Era certo della vittoria ; e non voleva che una parte
del merino di essa, fosse anche la più piccola, rica-
desse in altri che in lui. Aveva sete di comando, e
sete forse anche più grande di far bella mostra di se
e del suo potere in quella capitale dove si trovavano
tutti i suoi veri o supposti nemici, girando e rigirando
a cavallo per le strade coi suoi grossi stivaloni e Telmo
alla prussiana, alla testa di gallonata e numerosa scorta
di aiutanti e di guardie; ed a nessuna di queste cose
intendeva di rinunziare.
Per conciliare insieme tutte queste esigenze della
sua ambizione e della sua vanità, non si offriva che
un solo mezzo: quello di aspettare il nemico alle porte
istesse della capitale, onde potersi trovare contempora-
neamente sì alla testa dell'esercito come in palazzo
di Governo; e fu questo appunto ciò che egli decise
di fare. Come primo provvedimento, in vista di ciò,
sprecò inutilmente tempo, danaro e cannoni nella for-
tificazione dei colli di San Cristobal e di San Sarto-
loméy che situati, il primo massimamente, in posti per
i quali non era affatto possibile l' aspettare che si avven-
turasse il nemico, a poco o nulla potevano giovare.
Questa manìa di Pierola, di voler cioè riserbare
tutta per sé la gloria di sconfiggere i chileni, non fu
tutta nuova, o degli ultimi momenti. L' aveva fin dal
primo giorno in cui assunse la dittatura, e ne diede
la più sicura prova, quando, contrariando la univer-
sale aspettazione, manifestò che non sentiva il bisogno
44» BATTAGUA DI SAN JUAT?
di fare acquisto di navi corazzate, e che avrebbe vinto
e debellato il nemico senza ricorrere a nuove lotte
sul mare.
Freschi ancora i ricordi delle gloriose gesta del Hua-
scar^ convinti tutti che il Perù avrebbe trovalo la sua
salvezza in due o tre navi corazzate, dall' un canto
air altro della Repubblica non si viveva che nella spe-
ranza di un prossimo acquisto di esse. Pronte già le
somme a ciò bisognevoli, numerosi emissari! correvano
per tutta l'Europa e per gli Stati-Uniti, in cerca di
navi da comperare o da far costruire: lo stesso ex-
presidente Prado era uscito da Lima a questo scopo,
com'egli scriveva da Guayaquil; e crediamo non an-
dar punto errati asserendo che uno dei principali mo-
tivi pei quali il pubblico di Lima e del Callao si ar-
rese ad accettare la dittatura di Pierola, fu appunto
la speranza che valendosi egli del concorso della
forte casa commerciale, a lui molto devota, colla
quale negoziò il guano quando fu ministro, sarebbe
riuscito con maggior prontezza e facilità ad acquistare
dette navi.
La universale aspettazione dei peruviani era adun-
que quella di veder arrivare da un momento all'altro
le desiderate corazzate; e s'immagini ognuno qual
fosse il generale stupore, o meglio, l' amarezza colla
quale si venne a sapere che il Dittatore rinunziava al-
l' acquisto di dette navi, e che era deciso a continuare
la guerra senza di esse. Molti si fecero allora intorno
a lui per scongiurarlo a mutar pensiero ; ed egli, at-
teggiando le sue labbra ad un leggiero sorriso di
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 449
sprezzo per T altrui affannarsi, rispondeva sibillina-
mente : io ho a mio piano.
Più tardi, per le pubblicazioni fatte dai chileni di
una gran parte della corrispondenza diPierola, s'ebbe
a conoscere che gli sarebbe stato assai facile l'acqui-
stare una o due buone corazzate, se avesse voluto; e
che anzi, se è vero tutto quanto si dice, rifiutò più
volte le offerte che gli si facevano di esse, disponendo
diversamente dei fondi già esistenti in Europa a questo
scopo (i). Ed oggi tutti sanno già che il fsunoso piano
dì Pierola non in altro consisteva che nella pretensione
di non permettere che altri all' infuori di lui ottenesse
un qualunque vantaggio sui chileni, ed acquistasse
così qualche diritto alla stima e alla considerazione
dei suoi concittadini.
Se Pierola avesse potuto comandare personalmente
una nave da guerra - non diciamo se avesse saputo,
poiché egli si credeva buono a tutto - e conservare
nello stesso tempo il supremo potere dello Stato, fa-
cendo della sua nave la capitale della Repubblica, è
fuori di dubbio che egli avrebbe &tto del suo meglio
per acquistare una o più corazzate. Ma ciò era im-
possibile ; ed egli, anziché esporsi a dover assistere un
(i^ Dal Manifesto alla Naziont dell' ex-mÌDÌstro delle finanze,
Quimper, si rikra che quando Pierola assunse la dittatura tro-
varansi depositate presso diverse case dì commercio in Europa,
allo scopo di comperare dette navi ed altri occorrenti oggetti
di guerra, 312,900 lire sterline; e si rileva del pari che tale
sommA fu spesa diversamente da Pierola con poco o nessun pro-
fìtto pel paese.
450 BATTAGLIA DI SAN JUAN
giorno ai trionfi di un altro, fece a meno delle navi,
e condannò il paese alla inazione, lasciando che le in-
difese sue spiaggie fossero incontrastata preda delUau-
dace e sempre progredente invasione nemica.
Tutto doveva piegare innanzi alle assurde esigenze
dell'ambizione e della vanità del Dittatore: e furono
questi i principali e veri fattori delle facili vittorie del
Chili, da Tarapacà in poi ; come altre non molto dis-
simili cause provenienti sempre da fatti estranei al
Chili, erano state quelle che sole lo avevano fin allora
favorito.
Eccetto il volgo, facile sempre a lasciarsi ingannare
dalle apparenze, e più che altro illuso dai fasci di carta
monetata che a larga mano disseminava il Dittatore,
il pubblico sensato di Lima e del Callao vedeva assai
chiaro disegnarsi nell'orizzonte, fino dai primi mesi
della dittatura, il profondo abisso nel quale gli errori
di Pierola andavano man mano precipitando il paese.
Ma che fare ? Per impedire che quegli completasse la
sua stolida opera di rovina e dissoluzione, non vi era
che una sola via: quella di rovesciarlo dal suo soglio
dittatoriale per mezzo di una rivoluzione; e nondimeno
la stessa gravità della situazione consigliava imperio-
samente di fuggire da essa.
La conseguente guerra civile non avrebbe fatto altro
che aprire ancor più sollecitamente al nemico le porte
della capitale. Meglio valeva il tentar la sorte sotto la
bandiera del Dittatore, prestandogli con completa ab-
negazione tutto il proprio appoggio, e cercando in
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 451
questo modo di riparare alla meglio, se era possibile,
tutti i suoi ripetuti e gravi errori.
Il geloso Dittatore unicamente permetteva ai suoi
supposti rivali e nemici, al fior fiore della cittadinanza
della capitale e del resto della repubblica, di lottare
contro i cbileni col fucile alla mano. Ed essi tutti -
magistrati, generali, marini, avvocati, studenti, grossi
proprietarii, grandi commercianti ecc. -si rassegnarono
patriotticamente ad esporre i loro petti alle palle ne-
miche da semplici ed oscuri soldati dell'esercito di
riserva.
Era quasi più che sicuro, per la speciale posizione
topografica di Lima, che Tesercito chileno tenterebbe
di avvicinarsi ad essa ed assaltarla dalla parte di Lurin;
e se un qualche dubbio poteva mai aversi a questo
riguardo, sparì esso completamente il 19 novembre collo
sbarco in Fisco della prima divisione dell' esercito in-
vasore. Questa prima divisione di 85oo uomini, e la
seconda di 34oo che le tenne dietro a pochi giorni,
certo non si sarebbero data la pena di sbarcare a Fìsco
con tutto il loro enorme materiale di guerra, per poi
rimbarcarsi di nuovo, ed andare nuovamente a sbar-
care altrove. Se esse erano sbarcate là e non in altra
parte, era perchè pensavano inoltrarsi di là sulla ca-
pitale peruviana: al che bisogna aggiungere che era
quello appunto il lato più favorevole, per non dire
unico, di operare su di questa.
A cominciare adunque dalla fine del novembre per
lo meno, era già pienamente fuori di dubbio che il
452 BATTAGLIA DI SAN JUAN
nemico si avanzerebbe per la via di Lurìn, vasta esten-
sione arida ed arenosa, specie di deserto che comin-
ciando a breve distanza dalla capitale, in prossimità
di Chorrillos, si dilunga per più leghe al sud, e che è
diviso in due parti disuguali da un fìumicello che
scendendo giù dalle Ande si scarica nell'oceano, dando
vita lungo il suo corso ad una stretta fascia di vege-
tazlone chiamata vaile di Lurin. E questa la sola cor-
rente d'acqua che esiste su tutta quella ampia zona
arenosa, la quale, come s' è detto, rimane da essa di-
visa in due parti : una di sole poche miglia verso Lima,
e che prende il nome speciale di tablada di Lurìn; e
V altra molto più grande al sud, verso Cafiete e Fisco,
di dove avrebbe dovuto e minacciava inoltrarsi l'eser-
cito chileno.
Tutto consigliava quindi che 1' esercito peruviano
avesse stabilita la sua prima linea di difesa sull'orlo
medesimo della tabiada che sovrasta al fiume e valle
di Lurin; posizione per se stessa assai forte, pressoché
inespugnabile, e che domina per soprappiù la sola cor-
rente d'acqua di tutta quella regione; sicché sembra
posta là quasi espressamente per tagliare la strada ad un
esercito invasore. Stava ciò nella coscienza di ogni pe-
ruviano, e non poteva non stare anche in quella del
Dittatore (i): nondimeno questi, lasciando completa-
mente abbandonate quelle forti e strategiche posizioni.
(i) Fino dal dicembre 1879 ^^ stampa di Lima indiava ìd
tutti i modi il Governo a stabilire in Lurin una linea di difesa.
Vedi: Il giornale El Comercio di Lima, del 12 dicembre 1S79.
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 453
ove tutti i vantaggi sarebbero stati pel proprio eser-
cito, spese tutta la sua apparente attività a disporre
e fortificare due linee di difesa, una a meno di tre
leghe dalla capitale, tra Villa e Monterrico Chico, sopra
una estensione di oltre dodici chilometri, e l'altra tra
Miraflores e Vasque^ nella valle di Ate, quasi alle
porte stesse di Lima.
Ma ignorante di cose militari, e sordo sempre ai con-
sigli di coloro che sapevano, non fece, anche in que-
sto, che accavallare errori sopra errori. Oltre la enorme
lunghezza delle sue linee di difesa, relativamente allo
scarso numero delle forze che dovevano sostenerle, le
stesse fortificazioni ideate da lui, ed a mezzo appena
eseguite, erano la più miserabil cosa che immaginar
si possa. Queste famose fortificazioni, delle quali da lui
e dai suoi partigiani si menava tanto scalpore, come
lo menarono dipoi a loro volta i chileni, per rialzare
strepitosamente la propria vittoria, dovevano consistere
in lunghi fossati pomposamente chiamati ridotti^ pro-
tetti da spaldi in pietra e da muraglie di sacchi pieni
di terra. Ma neanche ciò fu saputo menare a termine;
e nei giorni delle battaglie eranvi solamente qua e là
alcuni grossi e staccati canali, con alcuni meschini
rialzi di terra, che non seguivan alcun buon sistema
dì collegamento fra loro. Noi che li vedemmo qual-
che mese dopo, durammo fatica a comprendere come
pK>tesse entrare in mente ad alcuno di dare a tali mi-
serie il nome di fortificazioni: e quando più tardi leg-
g^einmo nei giornali chileni e nella Storia della guerra
4Ìel Pacifico del chileno Barros Arana, le pompose de-
454 BATTAGLIA DI SAN JUAN
scrizioni che, per magnificare 1^ opera dei loro eserciti
vincitori, fecero e fanno di quelle supposte fortifica-
zioni, la nostra ammirazione per la potente forza in-
ventiva degli scrittori chileni, fu veramente colossale.
Ad ascoltare il Barros Arana (i), le nostre fortiGca-
zioni del Quadrilatero sarebbero più che meschinissima
cosa a fronte di quelle che il Dittatore peruviano pre-
parò in San Juan e Miraflores, e che in men di un
baleno gli eroici soldati chileni vinsero e conquista*
rono. Fortuna che sieno così distanti dalla nostra vec-
chia Europa!
Altro sistema di fortificazioni su cui Pierola faceva
grande assegnamento, e da cui forse principalmente si
riprometteva la vittoria, consisteva in una specie di
seminagione di cosi dette mine automatiche ; ossia di
bombe esplosive poste sotterra nei siti pei quali si sup-
poneva che dovesse passare Tesercito nemico, e che
dovevano scoppiare al semplice urto del piede del
soldato.
Con . ciò Pierola era sicuro della vittoria ; ed aspet-
tava sereno e tranquillo il giorno della battaglia, il
quale, com' era ben naturale, venne a provargli la fal-
lacia di tutti i suoi assurdi calcoli. Mentre non fecero
nessun danno, o appena insignificante, ai chileni, le fa-
mose mine automatiche servirono unicamente a spa*
ventare lo stesso esercitcyperuviano che, informato della
loro esistenza, non sapeva però con sicurezza dove
precisamente esse fossero.
(i) Vedi: 0/>, cit. 2* parte, p. 162 e seg.
1
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 455
Altro provvedimento del Dittatore per assicurarsi la
vittoria, fu quello di ammorbare l'esercito con una
sterminata falange di preti e frati, che sotto gli ordini
di un Vicario Castrense o Cappellano maggiore, in-
signito dei distintivi di generale (i), andavano predi-
cando ai soldati che per guadagnarsi il cielo bisognava
credere in Dio ed in Pierola, e che combattendo con
coraggio contro i cbileni avrebbero ottenuto in premio
di morire sul campo di battaglia da buoni e fedeli cri-
stiani. Questi forsennati, che solo così possono chia-
marsi, arrivarono, nel momento della battaglia, fino a
confessare ed assolvere i soldati per compagnie e per
battaglioni, a voce alta e stridente, onde la morte non
avesse a coglierli in peccato. Com'è natarale, ciò non
poteva far altro che avvilire e scoraggiare i soldati,
(i) « Lima, 21 agosto 1880. - Essendo conveniente che il Vi-
cario Generale degli eserciti della Repubblica si distingua pel suo
abito dai semplici cappellani, e sia riconosciuto a prima vista
ovunque si presenti, perchè non trovi difficoltà nell' esercizio delle
sue funzioni ecc.... si dispone che il riferito Vicario usi il se-
guente uniforme: Cappello rotondo, secondo modello, con fioc-
chi azzurri ; sottana nera chiusa, con occhielli e bottonatura dello
stesso colore dei fiocchi del cappello; collo e manopola di Ge-
nerale di Brigata; una croce di argento a maniera di pettorali^
pendente da un cordone di seta di colore celeste ; schiavina nera
coQ bottonatura ed occhielli celesti, ecc. ecc.... (Seguono la se*
gnatura del Dittatore e la 6rma del Ministro).
Ecco una prova della serietà del dittatore Pierola, e della mi-
serabile maniera colla quale egli sciupava il suo tempo, quando
invece sarebbevi stato tanto da fare per strappare il paese dalla
tristissima sua situazione.
39. — CaivanO, Guerra <P America,
l
456 BATTAGLIA DI SAN JUAN
massime i novizii, in un momento in cui aveano bi-
sogno di fare appello a tutto il loro coraggio ed a tutta
la energia dei loro animi.
Gli anzidetti piani strategici del Dittatore non pote-
vano non incontrare una generale disapprovazione; e
più voci si alzarono unanimemente per indicare che
la prima linea di difesa, detta di San Juan, fosse tra-
sportata nelle forti posizioni di Lurin. Ma egli che per
le esposte ragioni non intendeva in nessun modo di al-
lontanare il teatro della guerra dalla capitale, rimase
fermo nel suo proposito: come fermo vi rimase del
pari quando, saputosi che il grosso dell'esercito chi-
leno sbarcava difficilmente nel quasi impraticabile seno
di Curayaco, molti fra i più esperti generali e colon-
nelli peruviani, lo consigliavano a prendere PotTensiva,
ed attaccare risolutamente il nemico. Trovandosi que-
sto a poche miglia da San Juan, seriamente impic-
ciato nelle penose operazioni dello sbarco, che durò
più giorni consecutivi (i), l'esercito peruviano, che
avrebbe potuto cadérgli addosso in brev' ora con una
celerità che non dava tempo a prendere provvedimeato
(i) e Come si effettuò lo sbarco (a Curayaco) non posso dirlo.
perchè non lo vidi : ma i dati che ho ricevuto da molte persone
manifestano chiaramente che il disordine fa completo.... Io arn>
vai a Curayaco la sera del 28, ed ancora vi erano truppe a bordo. »
(Come si sa, lo sbarco cominciò il 22).
Lettera Politica di Manuel José Vìcuna a D. Adolfo Ibafier,
p. 87 - 30 aprile 1881.
Il Vienna era aggregato allo Stato Maggiore chileno e sopra*
intendeva alla provvista del pane per l' esercito. Egli quioifi
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 457
alcuno, lo avrebbe sicuramente disfatto : e ciò senza
dubbio sarebbe stato di un gran peso nelle sorti fu-
ture della guerra.
Grazie quindi alla insipienza ed ostinazione del Dit-
tatore peruviano, il grosso dell' esercito chileno sbarcò
tranquillamente, come in casa sua, a Curayaco, sulla
^pi^SS^^ ^^ Lurin, senza trovare neanche la più leg-
giera resistenza, mentre, attese le tante e tanto impo-
nenti difficoltà topografiche del sito, sarebbero bastate
appena poche compagnie dì soldati a respingerlo. E
grazie alle medesime cause, trovò anche mute, de-
serte, quelle importanti posizioni di Lurin che, insieme
air acqua, avrebbe dovuto conquistare a forza di molto
e molto sangue se voleva passare innanzi, e che forse
gli avrebbero tagliata per sempre la via della capitale
del Pacifico (i).
Nondimeno anche aLiora il Dittatore peruviano sa-
rebbe stato in tempo per rimediare, in parte almeno,
tera e domerà essere bene istruito delle cose dell'esercito chi-
leno; e come fonte non sospetta per quest'ultimo, ricorreremo
spesso, per alcuni dati di fatto, alla importantissima sua Lettera
Poliiica,
(1) Ciò che più temevano i chileni era appunto che l'esercito
peniriano cercasse di difendere e privarli dell' unica corrente di
acqua di Lurin.
« Indicibili furono le agitazioni che sperimentammo tutti noi
*Iie restammo in Fisco» aspettando da un momento all' altro la
ìotizia dello sbarco, con i suoi combattimenti e le posizioni che
>ccuperebbero le nostre truppe, a fronte forse di numeroso ne-
nico elle difenderebbe 1' acqua in Lurin, cercando di tagliarci
i^dì risorsa. » Letttra Politica cit. p. 86.
458 BATTAGLIA DI SAN JUAN
ai suoi tanti errori. L'esercito chileno che, prima di
dirigersi contro il nemico, sentiva il bisogno di rior-
dinarsi e prepararsi alla lotta, corse direttamente alla
valle di Lurin e si accampò, senza discernimento al-
cuno, sulle strette sponde verdeggianti del fiumicello;
ossia senza convenientemente occupare e difendere la
cresta della tablada che signoreggiava il suo accam-
pamento ; sicché, a sbaragliarlo e forse a distruggerlo
del tutto, sarebbe bastato che T esercito peruviano,
distante appena sette miglia, Io avesse sorpreso di là,
nel corso di una notte oscura, o protetto dalla nebbia
del mattino che giammai difetta in quei luoghi (i).
(i) « Pel lato nord il fiume (di Lnrin) forma una gran frana
sulla cui cima comincia la pianura, o tablada di Lurìn. La frani
è tagliata a picco solo in alcuni punti, in ano dei quali poggia
il ponte che sale come un piano inclinato dall' altro lato del
fiume. Air est del ponte sono varii siti pei quali si può scendere
con molta facilità dalla tablada al fiume, senza poter fare lo stesso
dal fiume alla tablada : ciò dipende da alcuni colli di arena pei
quali si può scivolare facilmente, scendendo) senza poter fare k
stesso per risalire.... Se qualche notte fosse occorso ai pera-
viani di spingersi per la pianura e trovarsi disposti al fiw del
giorno sul ciglio della frana, saremmo stati fucilati a mansalta.
Dal ciglio della frana erano dominati tutti gli accampamenti, di-
spersi in piccoli prati chiusi, potreros^ e senza uscita in un m^
mento dato, sia per formar linea di difesa che di attacco, ed t^
sendo questa quasi impossibile.... Come unica precauzione pa
porsi al coperto da sorprese, si erano avanzate due brigate al
r altro lato del ponte ; ma in tale distanza 1' nna dall' altra d
pel centro avrebbe potuto passare l' esercito di Strse senza
visto né inteso da nessuna delle due. »
Lettera Politica di Manuel J. Vienna, p. loo.
'^
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 459
Ma no; il capriccio del Dittatore, cui non mancò
chi dicesse il da farsi, doveva venire in soccorso an-
che degli errori strategici del nemico; il quale potè così
rimanersene tranquillo fino alla sera del 12 gennaio,
neir orlo stesso di quel precipizio al quale la propria
imperizia lo avea condotto.
Tutto doveva favorire e tutto favor) il Chili in que*
sta lunga e disastrosa guerra. *
Operando sempre di moto proprio, il Dittatore si li-
mitò invece a precipitare i lavori delle fortificazioni,
che, come si è detto, rimasero incompiuti, delle due
linee di difesa da lui escogitate ; ed a disporre su di
queste i suoi eserciti in quella maniera che a lui
parve più conveniente per attendere e respingere il ne-
mico, dopo aver fatto solennemente benedire dal suo
Vicario castrense, insieme all' inutile forte di San Cri-
stobaly la ancora più inutile spada ch'egli stesso do-
veva brandire nelle vicine battaglie (i).
Lasciato tutto V esercito di riserva - 6000 uomini -
a guardia della seconda linea di Miraflores, e rimasti
nei forti del Callao circa 3ooo uomini dell' esercito at-
tivo, distribuì tutto il resto di questo, ossia 16,000 uo*
mini in tutto, sulla prima linea di San Juan, nel modo
seguente : un corpo di 4ooo uomini formava l'ala si-
nistra in Montèrrìco-Chico; un secondo di 45oo oc-
cupava il centro sui piccoli colli di San Juan; altro
(i) Questa cerimoiiia della betiedizione della spada di iPierola
e del forte, che fu battezzato col nome òì /orienta PUrola^ ebbe
luogo colla più solenne pompa il 9 dicembre.
46o BATTAGLIA DI SAN JUAN
anche dì 43oo, sosteneva l' ala diritta in Villa ed alle
falde dei colli che fanno da sperone al Morrò Solar;
ed un ultimo corpo di 3ooo fanti infine, destinato a
far da riserva, fu collocato nel quartiere e adiacenze di
Chorrillos, a retroguardia dell'ala diritta.
Il Perù, paese pieno di risorse, poteva e voleva pre-
pararsi assai meglio : e certo, se si fosse trovato a capo
del suo Governo un uomo appena mezzanamente for-
nito di buon senso, se le sue sorti non fossero fatal-
mente cadute, come caddero, in mano di un allucinato,
avrebbelo fatto in modo da opporre un argine sotto ogni
rapporto insuperabile all'audace invasione di un ne-
mico per ogni verso inferiore, che si giovava delle di-
sgrazie di quello per andarlo a sfidare ed a vincere
fin sotto le mura della sua capitale.
Abbenchè non ascoltati mai, abbenchè tenuti com-
pletamente in disparte o relegati al secondario ed inu-
tile posto di aiutanti, non pochi fra generali e colon-
nelli generalmente molto stimati, si fecero anche questa
volta innanzi per far comprendere al Dittatore i gravi
e sostanziali errori del suo piano di difesa. Insieme a
tanto e tant' altro, facevangli principalmente notare U
relativamente sterminata lunghezza della linea di di-
fesa, di oltre dodici chilometri; e quindi la nessuna
convenienza di tenere così disseminati i piccoli quattro
corpi dell' esercito^ ed a tanta distanza l'uno dall'altro
da potersi male e difHcilmente sostenere a vicenda:
cosa tanto più grave, in quanto si sapeva che il ne-
mico disponeva di forze molto maggiori^ e che poteva
facilmente dirigersi con gran numero sopra uno o due
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 461
di essi, i quali sarebbero stati necessariamente schiac-
ciati prima che avesse potuto arrivar loro il necessario
soccorso. Facevangli notare del pari che, accantonato
nel quartiere di Cborrillos ad una estrema coda della
lunga linea di difesa, il piccolo corpo di riserva si
trovava pressoché condannato a far da semplice spet-
tatore della lotta, ossia nella impossibilità di dirigersi
in un momento dato su quel punto della linea dove
fosse maggior bisogno, attesa la grande distanza che
lo separava da essa; e che perciò a lasciarlo là, altro
non si faceva che diminuire senza alcun profitto le già
scarse forze di cui si disponeva; e così tante e tante
altre cose non meno gravi ed importanti.
Ma tutto era inutile. Il Dittatore non ascoltava con-
sigli: credeva saperne più che tutti gli altri insieme,
e si contentava di rispondere a tutti col suo cesareo
motto: io ho il mio piano; motto col quale voleva al-
ludere alla sua grande sapienza militare, ed ai suoi
famosi sistemi di fortificazioni, quello delle mine au-
tomatiche principalmente, ma che in realtà non altro ri-
velava fuorché la sua insipienza, e la fatua sua cre-
dulità in quella vittoria, che i suoi tanti errori avevano
reso e rendevano sempre più impossibile.
In vista di tutto ciò, ognuno, eccetto il Dittatore ed
i suoi più intimi partigiani, i quali non erano che sem**
plici allucinati come lui, prevedeva più o meno sicura
la facile disfatta dell'esercito peruviano. E, noti pur
troppo gli eccessi commessi dalle truppe chilene nei
paesi da esse occupati, ognuno pensava con terrore
alla non difficile e forse non lonuna eventualità in
402 BAT FAGLIA DI SAN JUAN
cui Lima avesse a cadere in loro mani. Tutti più o
meno cercavano di. prepararsi un rifugio per queli' ora
tremenda; e chi mandava la propria famiglia nelle
Provincie interne, chi sollecitava un posto, per quando
ne fosse il caso, nelle navi da guerra neutrali che
erano nelle acque del Callao, chi si dirigeva a qual-
cuno dei tanti stranieri residenti a Lima, per trovare
un ricovero nella sua casa. Ma il fatto si è che neanche
gli stranieri medesimi, e perciò neutrali alla guerra,
edotti quali erano dei lamentevoli fatti di Tacna ed
Arica, si credevano sicuri nelle loro case, comunque
fossero queste protette dalle bandiere e da apposite
placche coi colori nazionali, che ciascuno di essi aveva
ricevuto dalla Legazione del proprio paese.
Molti stranieri quindi si allontanarono colle loro ia«
miglie da Lima; e quelli che non poterono seguire sì
prudente esempio, formarono dei Comitati, i quali, di
concerto coi Rappresentanti delle loro nazioni, tolsero
in fitto grandi case, che misero sotto la speciale prote-
zione delle Legazioni, e le destinarono a luoghi di Asilo
per tutti gli individui della propria colonia.
Altro provvedimento preso dagli stranieri d' accordo
coli* autorità municipale di Lima, fu quello della crea*
zione fra loro di un corpo di Guardia Urbana^ onde
mantenere il buon ordine nella capitale, e tutelare le
vite e le proprietà così di essi medesimi come dei na-
zionali, dalle insidie dei ladruncoli e malviventi; misura
che fu resa necessaria . dall' assoluta mancanza nella
città di ogni forza pubblica armata, essendo uscita ad
accamparsi nelle linee di San Juan e di Miraflores,
E DISTRUZ[ONE DI CHORRILLOS 463
insieme agli eserciti, anche la forza di polizìa, o ce-
ladores. In Lima quasi tutte le Colonie estere avevano
organizzate da più anni, ciascuna separatamente, una
o più compagnie di Pompieri, che resero sempre grandi
servigi a tutta la cittadinanza, accorrendo sollecite a
spegnere gì' incendi ovunque si manifestassero; e ap-
punto tra queste diverse compagnie estere di Pom-
pieri fu organizzato sollecitamente e bene un discreto
corpo di Guardia Urbana, sotto la cui tutela, finché
esistè, la città visse sicura e tranquilla.
Nella già descritta disposizione adunque l'esercito pe*
ruviano ricevè nella mattina dei i3 gennaio 1881 l'urto
delle forze nemiche. Inferiore a queste di oltre un
terzo; composto di gente in gran parte non ancora
ammaestrata al maneggio delle armi ; sparpagliato per
soprappiù sopra una immensa linea, alla difesa della
quale sarebbe occorso un esercito assai volte più
numeroso, trovavasi anticipatamente condannato alla
disfatta : e fu questo il solo premio che doveva e po-
teva coronare la dissolvente opera del Dittatore peru-
viano.
L'esercito chileno s'avanzò in quattro divisioni. Una
di 8000 uomini era destinata ad attaccare l'ala diritta
dei peruviani, mentre due altre, di 7000 l'una e di
6000 l'altra, dovevano dirigersi contro il centro, as-
salendolo la prima di fironte e la seconda di fianco.
Un' ultima divisione di 3ooo uomini doveva fare uf-
ficio di riserva ; ed era nelle disposizioni del comando
in capo, che le tre divisioni destinate all' attacco si
trovassero ad una medesima ora ai loro posti, alle cìn-
464 BATTAGLIA DI SAN JUAN
que del mattino del 1 3 gennaio, e che rompessero con-
temporaneamente i loro fuochi sai nemico. Il perso-
nale delle ambulanze, i malati, e quelli specialmente
addeni al trasporto degli equipaggi, e dei viveri, ecc.
non sono compresi in queste cifre.
Partita ciascuna alla sua ora dal quartier generale
secondo le distanze, per trovarsi al proprio posto nel
momento stabilito, sola obbedì alla consegna la divi-
sione che doveva operare contro V ala diritta dei pe-
ruviani ; ed air ora determinata, alle cinque del mat-
tino, iniziò r attacco. Ma lasciamola fi, cbè avremo
tempo a ritornarvi.
Le altre due che dovevano operare di conserva contro
il centro, arrivarono un po' più tardi : quella di 7000
poco prima, e quella di 6000 poco dopo le sei. Nondi-
meno furono le prime a raggiungere il proprio scopo ;
e la ragione non è molto difficile a trovarsi: erano
i3ooo contro 43ool II bravo colonnello Càceres che
comandava le posizioni peruviane, lamentava anzitutto
che un buon terzo almeno della sua piccola divisione
era gente talmente novizia all'arte della guerra, che
neanche la voce del comando comprendeva bene; e
vedeva con dolore che se non gli arrivava un solle-
cito rinforzo, non saprebbe più come &re a manteneiia
nelle file, caduti che fossero sotto i nembi di palle
nemiche i pochi veri soldati che aveva ai suoi ordini.
Efifettivamente dopo un' ora e mezza di combattimento,
più non gli rimaneva che la sola inutile ciurma dei
novizi ; questa si pose presto in rotta, e incontrata per
via la divisione dell'ala sinistra che veniva troppo
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 465
tardi e per frazioni in suo soccorso - a causa dei lungo
e non eguale cammino che gli sparpagliati suoi bat-
taglioni doverono percorrere - la travolse irresistibil-
mente nella sua fuga, senza permetterle di sparare un
sol colpo.
Sono appena le otto del mattino, e la battaglia è
perduta. Nondimeno si ode ancora cupo e sinistro il
fragore della guerra : è V ala diritta che avendo comin-
ciato a battersi un'ora prima delle altre, alle cinque,
è ancora ferma al suo posto, perdendo e riconquistando
alternativamente le proprie posizioni, senza mai cedere
definitivamente. Lynch e Iglesias, il comandante chi-
leno e il comandante, peruviano, si battono con eguale
destrezza, con eguale ardore, quasi con egual valore:
ma la gloria non sarà eguale, la gloria sarà del vinto.
Egli non ha che appena 45oo uomini da opporre agli
8000 dell'avversario, già divenuti 11 000 pel soprag-
giunto rinforzo del corpo chileno di riserva ; e nondi-
meno è sereno e tranquillo, è sicuro di vincere : sono
quasi tutti vecchi soldati che ha sotto di sé, e sa che
con quelli difficilmente si perde. Ma eccolo sostare un
momento. Che succede ? Vede venir di lontano grosse
colonne di soldati, e per un momento sta in forse se
sieno amici o nemici : però la triste verità non tarda
ad appalesarsi ; sono nemici : sono le divisioni chilene
yincitrici del centro che si dirigono contro di lui in
soccorso ancora della divisione Lynch (i). Girando lo
(i) « Verso le undici ant. si ricevè un dispaccio di Lynch di-
cendo che non poteva avanzare, perchè la sua truppa era deci-
466 BATTAGUA DI SAN JUAN
Sguardo per ogai parte non vede forza alcuna accor-
rere in suo aiuto : solo scorge in lontananza il Ditta-
tore che cavalca verso il mare ; e presto lo fa raggiun-
gere da un suo aiutante per domandargli un pronto
soccorso. Inutile tentativo ! U aiutante ritorna^ e gli
comunica che il Dittatore, inebetito, gli fa sapere che
tutto è perduto, e che vai meglio ritirarsi. - Ebbene!
io non mi ritirerò, esclama il valoroso Iglesias, io lot-
terò fin che potrò. - E lotta da forte contro tutto l'eser-
cito chileno che ormai si è riunito alla divisione Lynch:
lotta indietreggiando coi suoi decimati soldati fino alla
sommità del Morrò Solar; ed una volta là, lotta sem-
pre senza tregua e senza riposo, fino alle due pom^
ora nella quale è preso in mezzo da tutto T esercito
nemico e fatto prigioniero, insieme a tutto il suo stato
maggiore ed a tutti i soldati che gli rimangono. Non
sono che 1 800 in tutto ; gli altri 2700 sono morti :
sono morti battendosi per nove ore contro tutto Teser*
cito chileno, contro 20,000 e più uomini. Iglesias vinto,
prigioniero, fu l'eroe della giornata.
Il corpo di riserva posto da Pierola nel quartiere e
nelle adiacenze di Chorrillos non entrò in battaglia.
Aveva la consegna di non muoversi senz'ordine del co-
matai abbattuta dalla stanchezza, e che gU mandassero rinforzi
per continuare I* attacco. •
LeUera poliiUa del chileno M. J. VicuFSa, pag. ili.
Ed è da avvertire che Lynch aveva gW ricevuto qualche ofà
prima il rinforzo della divisione di riserva, come è detto nella
stessa Uttera politica^ a pag. xo6, e come si rileva anche dal
rapporto ufficiale del Generale in capo dell' esercito chileno.
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 467
mando in capo; e Punico ordine che ricevè dopo la di-
sfatta del centro, fu quello di ritirarsi sopra Miraflores.
Saputa la disfatta del centro, ed avuto l'ordine di ritirarsi,
il suo capo, colonnello Suarez, risponde che sarebbe
assai più opportuno di correre in soccorso dell'ala di-
ritta, e domanda la modificazione del comando in que-
sto senso. No; gli si comunica per una seconda volta
V ordine di farsi indietro - unica disposizione emanata
dal comando in capo del Dittatore durante tutta la
battaglia ; * e bisogna che ubbidisca. Solo un piccolo
battaglione di questo corpo si spinge di moto proprio,
a dispetto dell'ordine contrario, in soccorso dell'ala
diritta che valorosamente si batte ancora; ma uscito
appena da Chorrillos s' imbatte nella grossa divisione
chilena vincitrice in San Juan^ che fiancheggiando il
Morrò Solar alle spalle di Chorrillos, sì dirige contro
quella medesima ala diritta in soccorso della quale
esso andava, ed è tagliato a pezzi: solo sfuggirono alla
generale distruzione di detto battaglione alcuni pochi
soldati che, durante la disfatta o ritirata, pervennero
a rifugiarsi nella stazione della ferrovia, posta alle
porte di Chorrillos, di dove tentarono resistere al-
r onda del nemico, e dove, circondati da ogni parte,
in breve tempo furono fatti prigionieri.
Già abbiamo detto che l'altro corpo di 4ooo uomini
che formava V ala sinistra fra San Juan e Monterrico-
OiicOy neppur prese parte alla lotta. Quando potè ac-
corgersi che esso veniva lasciato in disparte, e che il
nemicò si agglomerava tutto contro alle altre posizioni
della linea di difesa, decise alla lesta e da sé, in man-
468 BATTAGLIA DI SAN JUAN
canza di ordini del comando in capo, di correre in
aiuto del centro. Ma disseminato come trovavasi so-
pra una lunga zona, e animato dal desiderio di arri-
var presto in soccorso di esso centro da cui lo divi-
deva una grande distanza, non si raccolse in un sol
corpo per marciare unito e compatto contro il nemico :
supponeva che la propria linea di difesa fosse tutta li-
bera ancora, che non sarebbe entrato in azione se non
quando fessesi già incorporato alla divisione del cen-
tro nelle posizioni di San Juan; e mosse a quella
volta per frazioni, nell'ordine in cui trovasi sulle estese
sue posizioni. Ma era già tardi; i colli di San Juan
erano già in potere del nemico, che, sloggiati di li i
resti della divisione peruviana che li difendeva, cor-
reva forte e numeroso nelF inseguimento di quelli. La
divisione dell' ala sinistra s' incontrò adunque a piccole
frazioni in questa gran massa di gente che fuggiva,
tra assaliti ed assalitori; e impotente ciascuna fra-
zione da sé sola, a resistere ad un urto sì fòrte, ri-
masero tutte necessariamente travolte a misura che
succedeva l'incontro, nella generale e confusa corsa
dei vinti e dei vincitori, senza che fosse possibile di
opporre resistenza alcuna, o di sparare un sol colpo
almeno.
Dei 16,000 uomini che formavano l'esercito peru-
viano, adunque, solo entrarono in azione i 9000 del
centro e dell'ala diritta, da cui certo non era possi-
bile lo sperare che sostenessero definitivamente l'im-
petuoso urto dei 24,ooo chileni, che marciavano con-
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 469
tro di essa in forti e compatte schiere (i). Ciò fu dovuto
principalmente alla cattiva collocazione data all'eser-
cito dal Dittatore peruviano, nonché alla completa in-
capacità manifestata da lui, come del resto era da
prevedersi, nel momento della lotta. Credeva che per
far da Generale in capo e unico direttore di una bat-
taglia, bastasse il semplice volerlo, e s'ingannò. Ve-
duta dall'effetto la insignificante nullità delle sue for-
tificazioni ; veduto che l'esercito nemico passava illeso
al disopra od a fianco delle sue famose mine automa-
fiche, sparirono tutte le illusioni, perde tutta la cieca
confidenza che aveva in sé stesso. Forse un momento
di lucido intervallo gli fece intravedere allora l'enor-
mità dei suoi errori, insieme alla sua grande respon-
sabilità di fronte a quella sua povera patria, da lui
stolidamente portata al sacrifizio; e provò forse un
lungo e terribile momento di rimorso che Io prostrò.
Incapace a prendere qualunque provvedimento, giron-
zava taciturno ed abbattuto dietro la rumorosa linea
di battaglia fra San Juan e Villaj senza neppur sov-
venirsi che era il Generale in capo del suo esercito,
senza mai pensare a dare un ordine qualsiasi. La
disfatta della divisione del centro, venne a riscuoterlo
(1) Da ambe le partì, Perù e Chili, si è cercato sempre nei
loro diversi racconti di aumentare enormemente le forze deirav-
versario: noi però, guidati dalle notizie più certe e sicure, pos-
siamo guarentire l' esattezza delle cifre da noi assegniate al rispet-
tivi eserciti.
470 BATTAGLIA DI SAN JUAN
repentinamente dalF inerte suo abbandono : pensò che
tutto fosse perduto» e prese sollecitamente là via della
spiaggia per rientrare a Lima. In questo momento
ed in questo stato del suo animo incontrò T aiutante
che gli domandava un rinforzo per la divisione di
Iglesias; e gli rispose ciò che egli pensava, gli ri-
spose che tutto era perduto, e continuò per la sua via.
Indi la vista del corpo di riserva che stava al di là di
Chorrillos, diede un altro giro alle sue idee ; gli fece
ricordare che rimanevagli ancora la seconda linea di
difesa di Miraflores; e ripresa la sua prima confidenza,
disse a sé stesso : se ho perduto oggi a San Juan, vin-
cerò domani a Miraflores, E pensò di riserbare per
la seconda battaglia la divisione di riserva che vedeva
innanzi a sé: da ciò l'ordine mandato a Suarez, e poi
rigorosamente ripetuto, di ripiegarsi sopra Miraflores.
Alle II a. m. tutto era finito nella pianura tra Monter-
rico-Chico e Chorrillos. I disfatti fuggitivi di San Juan
erano già dietro la seconda linea di Miraflores, insieme
a quelli dell'ala sinistra, ed insieme alla divisione
di riserva che il Dittatore faceva ritirare: solo ardeva
ancora la pugna localizzata sull' alta vetta del Morrò-
Solar. Chorrillos era deserto; più non vi era un solo
soldato peruviano ; più non vi era nessuno, quasi tutti
i suoi abitanti erano ftiggiti : soli alcuni stranieri, com-
pletamente neutrali alla lotta, e che avevano in Chor-
rillos i loro stabilimenti di commercio, rimanevano
paurosi nelle loro case o andavano più paurosi ancora
a rifugiarsi in riva del mare. Sapevano che i chileni
avrebbero da un momento all' altro occupato quel vii-
-"k
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 471
hgffOy terminata che fosse sul Morrò la insostenibile
resistenza di Iglesias; ricordavano i tristi avvenimenti
di Tacna ed Arica, ed avevano paura : però non vo-
levano, non potevano abbandonare completamente
quelle loro case di commercio, quelle loro proprietà
che rappresentavano il frutto di tanti e tanti anni di
lavoro, di economie e di privazioni; e rimanevano lì,
speranzosi che le truppe chilene saprebbero rispettare
la. loro qualità di stranieri neutrali.
Alle due p. m., s' è detto già, tutto era finito anche sul
Morra. Iglesias era caduto prigioniero insieme ai scarsi
resti della sua divisione ; e meno di mezz* ora dopo,
le prime colonne delle truppe chilene che a passo ac-
celerato scendevano per le aride falde del Morrò, in-
vadevano le deserte strade del sottoposto Chorrillos,
mentre altre ne occupavano il quartiere posto a breve
distanza, e già da più ore innanzi abbandonato dalla
divisione di riserva del disfatto esercitò peruviano. Alle
2 e mezza, il generale in capo Baquedano ed il Mi-
nistro della guerra, Vergara, che rappresentava il Go-
verao chileno, erano anch'essi in Chorrillos, ammi-
rando estasiati insieme ai loro aiutanti e seguaci i bei
palazzi, i ranchos^ dalle eleganti terrazze moresche,
che coi fioriti giardinetti chiusi da grosse cancellate
di ferro dorato, davano all'insieme quel certo che
di fkntastico, di vago, di grandioso, di cui tanto ave-
vano udito parlare nel Chili, e che si bene annunzia-
vano la decantata ricchezza delle ^ppellettili e di tutte
le eleganti ricercatezze degli appartamenti. La na-
tura e l'arte rivaleggiavano di bellezza e di magnifi-
co. — Cai VANO, Guerra eCAmirica,
472 BATTAGLIA DI SAN JUAN
cenza agli occhi attoniti della grossa comitiva, che
camminava signora di quella immensa aUtambra del-
l' aristocrazia peruviana ; che sentiva ribollire nel
cuore tutte le passioni della patria lontana contro gli
invisi possessori di tanta delizia ; che sentiva rigurgi-
tare nell'animo tutta la gioia del fortunato vincitore,
arrivato alfine a porre il ferreo piede sul tremulo collo
dell'odiato fratello e rivale. Ma il tempo stringeva:
r ora della collera vendicatrice era prossima : e prima
che quella suonasse, era mestieri rifarsi della stanchezza
e delle fatiche della giornata.
La grossa cavalcata dei conquistatori si separò verso
le tre ; e mentre il Generale in capo cercava un po'di
riposo, insieme al Ministro ed alPex-Plenipotenziarìo
Godoy nel rancho di un congiunto della distinta con-
sorte di costui (peruviana), altri invadevano quello del-
l'ex-comandante della Union, Garcia y Garcia.
Breve però fu il loro riposo: frastuono di schiop-
pettate, vortici di fiamme, e grossi nugoli di fumo li
fecero presto avvertici che la vendetta chilena comin-
ciava, e che era tempo di lasciar libero il campo ai
tremendi ministri di essa (i).
(l) « Più non vi erano nemici da combattere.... Era neces-
sario sollazzarsi, aver momenti di espansione e di riposo prima |
di tornar di nuovo a soffrire le rigide prescrizioni della disci- |
plina.... L'esercito del Chili si era coperto un'altra volta d'un.
peritura gloria (I); era molto giusto donqae di celebrar degna-
mente così grato avvenimento. Sembra che questo fosse anche lo
spirito che animò il Generale in capo; perchè invece di far bat-j
tere riunione agi' innumerevoli e disordinati gruppi di soldati di
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 473
Alle 5 il Ministro della guerra abbandonò Chorril-
los, mentre il Generale in capo passava ad occupare
il gran palazzo di Pezet, di dove lo sloggiarono nuo-
vamente le fiamme alle io di sera, sicché andò a pas-
sar la notte nel quartiere, convertito in ospedale.
A cominciare dalle 5 p. m. circa, Chorrillos era di-
venuto tutto d^un tratto orrendo teatro di rapina, di
orgia, di sangue e mine ; una vera bolgia d' inferno.
Grosse e piccole bande dì soldati in disordine ed
armati si disseminarono in un momento per tutta la
piccola città. Mentre alcune correvano alle pulpene,
alle botteghe, ai magazzini, altre forzavano a schiop-
pettate le serrature delle porte, ed entrando nelle case
le percorrevano rapidamente da cima a fondo; se in-
contravano qualcuno, lo uccidevano ; e se P aspetto
generale degli appartamenti era povero e meschino, vi
appiccavano il fuoco, e via (i). Se poi annunziava ric-
diversi corpi che andavano disseminati per la città» si diede fran-
chigia tanto a quelli che stavano nella città, quanto a qaelli che
seguitavano ad entrare in essa, e si portò la imprudenza fino
air estremo di non ordinar loro di lasciare le armi nei loro quar-
tieri od accampamenti. Le conseguenze, com' era naturale, furono
fatali. La maggior parte delle case di Chorrillos, vere dimore di
piacere, avevano abbondanti e ben fornite dispense. Le botteghe
di dove si era estratto il petrolio e V acquaragia contenevano
anche centinaia di bottiglie di ogni specie di liquore. Presto prin-
cipiò la ripartizione.... >
Dal giornale El Mercurio di Valparaiso, del 22 marzo 1881.
Relazione del suo corrispondente in campagna.
(i) Testimoni oculari ci riferirono che ad appiccare il fuoco
i soldati chileni adoprassero certe piccole bombe di materie in-
474 BATTAGLIA DI SAN JUAN
chezza ed opulenza, era tutf altra cosa: frugando in
tutti gli angoli, scassinando tutti i mobili, ponendo tutto
in orrendo soqquadro, s'imposs'essavano di tutti i pic-
coli oggetti preziosi, e di tutte le più ricche stoffe che
incontravano, di cui faceva ciascuno aUa lesta il pro-
prio fagotto. Indi alla dispensa ed alla cantina; e carichi
i soldati di commestibili, di vini, di liquori, correvano
tutti nei dorati saloni, dove cominciava immediata-
mente la più infernale baraonda che mai si possa im-
maginare. Chi sdraiato sulle poltrone o sui soffici divani
del più fino damasco, chi seduto o disteso sui morbidi
tappeti di Persia; si mangiava, si beveva, si cantava,
mentre altri si divertivano a battere pazzamente le ta-
stiere dei pianoforti, a rompere i quadri, a sconquas-
sare i mobili, ad appiccare il fuoco in una o più estre-
mità della casa, onde avesse il tempo di crescere e
prender forza mentre si stava nei saloni a far baldo-
ria. Frattanto gli scelti vini, i prelibati liquori di cui
le ricche cantine erano ben fornite, £Eicevano il loro
effetto; e cresceva il chiasso, cresceva l'orgia ed il
baccanale. Il soldato chileno, il roto, cui più non fre-
nava la disciplina militare, dava sempre più libero sfogo
alla stupida brutalità e alla ferocia del suo carattere;
fiammAbili di cui erano muniti, e che lanciate con fona scop-
piavano, prodncendo istantaneamente l'incendio. Se fosse vera-
mente così, ciò proverebbe una volte di più, come diremo ap-
presso, che r incendio di Chorrillos fii cosa lungamente studiata
e preparata; poiché solo in questo modo potrebbe spiegarsi come
i soldati chileni si trovassero provvisti di tali bombe, a nnU'al>
tro buone.
E DISTRUZIÓNE DI CHORRILLOS 475
e cominciavano le dispute, le querele, le lotte: indi
mano al corvo o al fucile; ed a scannarsi, ad ucci-
dersi fra loro, fino a che le prime vampe dell'incen-
dio, penetrando nei saloni, ne li scacciassero (i). I morti,
i feriti, quelli completamente vinti dalP ubriachezza,
erano preda delle fiamme, mentre gli altri uscivano a
continuar le loro dispute nelle strade, ove tuonavano
numerose le schioppettate come in una battaglia, od
a sfondare altre porte ed a ricominciar da capo in altre
case.
E ciò durò senza interruzione tutta la sera, tutta
la notte, mtta la prima metà del giorno appresso;
dalle S p. m. del 1 3, fino al mezzogiorno del i4, ora
nella quale lo sbandato esercito iii chiamato alle file;
ed a cominciare dalla quale, senza mai cessare del
tutto per più giorni successivi, la nefanda opera di
distruzione fu continuata solamente da semplici drap-
pelli più o meno numerosi di soldati sbandati, fino a
che in Chorrillos e' nei dintorni più non rimase pietra
sopra pietra.
E tutto ciò sotto gli occhi del Generale in capo, del
Ministro della guerra, e di tutti i capi ed ufiziali su-
periori ed inferiori dell' esercito chileno (2). Essi sta-
(i) Il comspondente in campagna del giornale £1 Mercurio
di Valparaiso fa ascendere dai trecento ai quattrocento^ il nnmero
dei soldati chileni che si uccisero fra loro in Chorrillos nella notte
del 13- gennaio, ira il furore dell'orgia e del saccheggio.
Vedi: El Mercurio del 22 marzo 1881.
(2) « Alle due e mezza p. m. eravamo nelle strade della ele-
gante e graziosa Chorrillos.... Aspettavamo il Ministro della guerra
476 BATTAGLIA DI SAN JUAN
vano lì, chi dentro e chi alle porte di Chorrìllos, ve-
dendo ed ascoltando tutto, e non facendo mai nulla
per richiamare all'ordine i proprii soldati; e se al mez-
zogiorno del i4 si occuparono di raccogliere e rior-
dinare i disciolti battaglioni, fu solamente pel timore
che non tardò ad arrivare. Era passata un'ora appena quando
cominciammo a sentire un gran disordine: rottura di porte, sac-
cheggio di botteghe, ed alcune case ardevano già.... Era il prin-
cipio di un gravissimo male, le cui conseguenze potevano finire
in una catastrofe nazionale. Facile, molto facile sarebbe stato con-
tenerlo nel principio. Nondimeno uh il Generale in capo, né i
Generali di divisione, né i Comandanti di brigata prendevano mi-
sura alcuna.... Il disordine di Chorrillos era arrivato al massimo
dell' eccesso e della demoralizzazione. Il saccheggio e Y ubria-
chezza, r incendio ed il sangue, formavano il quadro di queir or-
ribile dramma. »
Lettera politica del chileno Manuel J. Vicuxla, p. 117 e seg.
« Cadeva la notte, e le strade di Chorrillos illuminate dal ful-
gore di cento incendii, somigliavano ad un fantastico quadro di
scene d'inferno.... Presto si sentirono alcuni spari: erano i sol-
dati chileni che disputavano fra loro.... Il sinistro splendore de-
gl'incendii illuminava solamente scene di orgia e di esterminio...
Il giorno seguente continuarono i disordini.... Però il Generale
in capo non prendeva nessuna seria determinazione a fine di far
cessare quei ripugnanti disordini. Sembrava che pensasse di la-
nciar camminare le cose, e permettere che nella notte del 14 si
rinnovassero le scene di quella del 13. ti Ministro della guerra
gì' indicò allora che sarebbe conveniente di riorganizzare l'eser-
cito, onde marciare immediatamente sopra Lima, e che era ne-
cessario di raccogliere con qualunque mezzo quella gente sban-
data. >
Giornale El Mercurio di Valparaiso, del 22 marzo 1881. Re-
lazione del suo Corrispondente.
E DISTRUZIONE DI CHOftklLLOS 47?
di una sorpresa del nemico e per prepararsi alla nuova
battaglia dell'indomani, non per porre un freno ai
barbarici eccessi dell' esercito, non per far cessare
il saccheggio e la distruzione, che, come s'è detto,
continuarono a compiersi senza interruzione da piccoli
drappelli di soldati, cosidetti dispersi, senza che mai
fossero a ciò impediti, pur quando tal cosa succedeva
alla presenza di qualche ufìziale superiore, anche dei
più rinomati, che si trovava di lì a passare per caso,
e la cui protezione veniva invano invocata dalle po-
vere vittime di tanta nefandezza ; fatto di cui si ebbero
non pochi esempi nel piccolo borgo del Barranco.
Se altre prove mancassero, basterebbe ciò solo a di-
mostrare che la distruzione di Chorrillos e suoi din-
torni, il saccheggio ed il fuoco così ampiamente ap-
plicati, non furono per nulla l'effetto di semplici eccessi
di una soldatesca ubriaca ed indisciplinata.
Del resto, basta sapere che nulla giustificava nean-
che il più leggiero atto di violenza contro un villag-
gio che l'esercito chileno occupò senza resistenza, quando
già era terminata la battaglia combattuta nelle sue vi-
cinanze, e che trovò completamente deserto, se si ec-
cettuano solamente alcuni pochi stranieri, neutrali nella
guerra, ed appena qualche attardato abitante che non
fece troppo presto a fuggire; basta ricordare gli odii
e le rivalità chilene contro la aristocrazia peruviana,
e l'invidia che la dimora favorita di questa suscitò
seospre nel Chili; cose di cui ci occupammo nel ca-
pitolo terzo : e basta infine prestar orecchio, per poco
che sia, a quella voce pubblica da cui si vuole che il
478 BATTAGLIA DI SAN JUAN
saccheggio di Cborrillos e di Lima fosse offerto ai sol-
dato cliileno in premio dei suoi sforzi, fin da qaando
cominciava la guerra nel 1879,. perchè non si abbia
a durar fatica alcuna per sospettare che Chorrìllos
fosse saccheggiata e distrutta volontariamente e pre-
meditatamente, e solo perchè così e non altrimenti si
volle (i).
A provare poi quanto l'anzidetta voce pubblica me-
riti di essere ascoltata, basti avvertire che essa richiamò
seriamente l'attenzione del Corpo Diplomatico stra-
niero residente a Lima ; ed a segno tale da far sì che
il suo Decano, prima ancora della battaglia di San
Juan e dei fatti di Chorrìllos^ ne . focesse oggetto di
speciale comunicazione al Generale in capo dell^ eser-
cito chileno accampato in Lurin, come appare dalla
Nota di rispósta che in data del sei gennaio riceveva
egli dal detto Generale chileno, e che dice : « Sig. Mi-
nistro : Ho testé ricevuto la Nota di V. E. in dató
primo corrente, nella quale Ella mi domanda se, dato
il caso che la città di Lima non opponga resistenza
(i) « Mi dicono che a tutti coloro che andarano a raccoD-
targU (al Generale in capo chileno) la maniera come andava cre-
scendo il disordine (in Chorrillos) rispondeva con molta indiffe-
renza, stringendosi nelle spalle : Che posso fare io ? »
Lettera politica citata, pa^. 1 19.
La risposta del Generale in capo chileno, Baquedano, che sap-
piamo essere un gentiluomo e d'animo non cattivo, non vorrebbe
forse alludere a ordini superiori che lo collocavano nella impos-
sibilità di impedire i disordini, il saccheggio e l' incendio di Chor-
rillos ?
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 479
alle forze da me dipendenti, io sarei per occuparla sol-
tanto con le forze scelte, e aggiunge che, nel caso
contrario, ossia quello della resistenza, V. E. e i suoi
onorevoli colleghi del Corpo Diplomatico condannano
il saccheggio, e desiderano sieno loro affidate le mi-
sure di sicurezza, di cui le mie truppe non saranno
per prendere cura. In risposta a questa comunicazione
mi basta soltanto di dichiarare a V. E. che l'avviso
del mio Governo e il mio proprio furono chiaramente
determinati nella mia Nota del 3o dicembre ultimo.
V. E. comprenderà che le declamazioni appassionate
della stampa di ambo i paesi belligeranti non possono
essere materia di discussione ufficiale. In conseguenza
deve permettermi che non tenga conto delVallusione
che trovo nella Nota di V. E. quanto alP istigazione
al saccheggio^ che Ella crede aver rintracciato nella
stampa del mio paese. Per altro V. E. può esser si'
cura che il mio fermo proposito si è di umanizzare
la guerra, e risparmiare ai privati mali non necessari],
in accordo col progresso della civiltà del secolo. Ma
le mie promesse devono a ciò solo limitarsi, poiché le
misure ulteriori che sarò per adottare, dipendono da
circostante che non posso prevedere..,, (firmato) Ma-
nuel Baquedano. »
Noi conoscemmo Chorrillos in altri tempi, e vi pas*
sammo parecchie stagioni estive; la visitammo qual-
che mese dopo ì fotti che narriamo, e più non tro-
vammo che macerie, da non riconoscere neanche i siti
delle strade e della casa che in altra epoca abitammo.
Vedemmo però qua e là, in mezzo a tanta • rovina,
48o BATTAGLIA DI SAN JUAN
alcuni pochi ranchos o case, in pieno stato di con-
servazione, contro di cui non fu portato danno alcuno.
Sorpresi di ciò, cercammo di sapere come avvenbse;
e ci fu risposto che quei pochi ranchos appartenevano
a persone legate in parentela od amicizia con alcuni
alti personaggi chileni ; e che in grazia di ciò furono
rispettati. Ciò adunque vuol dire che il soldato non
procede alla cieca nella sua opera di distruzione ; che
vi fu una mente che diresse la sua mano; e ciò an-
cora sarebbe nuova e non lieve prova di quanto di-
cemmo innanzi.
Più su abbiamo accennato anche ai danni del Bar-
ranco ; ed è bene dirne qualche parola. Nel Barranco,
piccola ed anch'essa deliziosa borgata di villeggiatura^
posta fra Chorrillos e Mirailores, discosta dalle linee
di difesa stabilite dal Dittatore, ed abitata per oltre due
terzi da stranieri completamente neutrali nella lotta
fratricida delle tre Repubbliche, si era sicuri di tro-
varsi al coperto da ogni diretta contingenza di guerra.
Ma ecco che nel pomeriggio del i3 appaiono ivi
alcuni drappelli di soldati chileni, venuti espressamente
da Chorrillos in cerca di bottino e di case da incen-
diare. I suoi abitanti sono presi dal terrore; e i più
fuggono precipitosamente verso Lima. Altri invece si
rinchiudono paurosi e tremanti nelle loro case o bot-
teghe, che copre una bandiera straniera amica del Chili,
e che non vogliono, non possono abbandonare, poiché
là si rinserra ogni loro avere e sostanza; e, miseri'
assaporano in quelle, un lungo e straziante tormento
d'indicibili ansietà ed amarezze.
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 481
In mezzo al firastuono di mille disordini, odono bus-
sare alle loro porte; sono ufiziali : aprono immediata-
mente, lì ricevono pieni di riguardo, li complimentano
di vino, di liquori, di quanto v' ha di meglio nelle loro
case ; ed invocando la loro protezione, li scongiurano
di salvarli insieme alle loro proprietà dal fìirore della
terribile soldatesca. Indi, partiti questi, ne vengono altri,
e poi altri, che accolgono tutti in egual modo ed a
tutti rivolgono sempre le istesse preghiere. Ma gli av-
vinazzati soldati infuriano sempre di più al di fuori,
e già qualcuno comincia ad avvicinarsi alle loro pro-
prietà, a scassinar qualche cancello o porta ; e sempre
più atterriti chiamano essi medesimi qualche altro ufi-
ziale che vedono passare per le strade, invocando da
lui aiuto e protezione.
Tutto è inutile : traquillizzati per un moniento dalla
voce di qualcuno di quegli ufiziali, da cui sono assi-
curati che nulla avranno a soffrire, rimangono atter-
riti un istante più tardi dalle parole di qualche altro
che fa loro intendere di non saper che fare per pro-
teggerli, perchè le tstru\icnì ricevute comandano dì
mettere tutto a ferro e fuoco^ Chorriilos, Barranco,
Miraflores e Lima (i). Altro invece crede dì confor-
tarli colle parole: Noi bruciamo^ ed il Perù pagherà (2).
E agitati così da una continua vicenda di terrore e di
(i) Parole prese dai reclami di alcuni cittadini italiani per
danni sofferti nel Barranco, e che abbiamo udito riferire anche
personalmente da alcuno di essi.
(2) Idem.
482 BATTAGLIA DI SAN JUAN
-— - ■ — mtm^^^^ ■ I ■ I !__■ I u I ■■ ^ I
speranza, passano essi la orribile notte del i3, e poi
tutta la giornata e la notte del i4, mirando il sac-
cheggio e l' incendio delle case circostanti ; finche noD
rimangono più che le loro, e forza è che fuggano dove
possono e come possono, onde non trovarsi involti fra
gli orrori del saccheggio e dell' incendio di esse, che
non tarda ad arrivare (i).
Come abbiamo detto, gli abitanti del Barranco erano
in maggior parte stranieri; e straniere erano pure la mag-
gior pane delle proprietà o ranchos, di quella una volta
ridente borgau, che i soldati chileni saccheggiarono
ed incendiarono. Molte proprietà straniere erano anche
in Chorrillos, e nessuna di esse sfuggì alla mano rapace
del saccheggio, ed all'ira distruggitrice del chileno.
Come si sa, fra le varie colonie europee che risie-
dono sulP ospitale terra del Perù, V italiana è una delle
più ricche e numerose; e quindi la maggior pane
forse delle tante proprietà straniere saccheggiate e di-
strutte dalla soldatesca chilena, appanenevano a nostri
connazionali, a pacifici ed inoffensivi italiani che, neu-
trali nella guerra, unicamente cercarono e cercano
sempre le fonti del proprio benessere, come tutta la
colonia italiana nel Perù e come tutti i figli d'Italia
all'estero, ovunque essi sieno, nel più onesto ed inde-
fesso lavoro.
(i) Dal nostro c;gregio amico e letterato Conte Carlo Carcozi-
Galesi, che trovavasi in villeggiatura al Barranco e fu non poco
danneggiato, adimmo di tutti questi fotti il più veridico ed inte-
ressante racconto.
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 483
Le perdite sofferte dai nostri connazionali in Qior-
rillos e nel Barranco, ascendono a più e più milioni
di lire : molti di essi perderono tutto quanto avevano,
tutto il prodotto di lunghi e penosi anni di lavoro;
qualcuno di essi già divenuto, dopo quasi tutta una
vita spesa nella più costante e intelligente operosità,
nonché agiato, ricco, dovè ricorrere dipoi ai più mo-
desti uffici per ridomandare al lavoro di che sostentar
se stesso ed i suoi. E non si dica che ciò sia vana
rettorica, no: é pura e schietta verità; ed all'occor-
renza po^mmo e citar nomi e addurre prove.
Né questo è il peggio. Fra la tanta povera gente, a
sangue freddo o nel bollore dell'orgia trucidata in
Chorrillos e nel Barranco, si contano anche non pochi
stranieri, i più dei quali erano italiani : e qui, al con-
siderare la rea maniera come fu tolta la vita a quei
miseri, P uomo, lo storico, V italiano non sa soffocare
un grido d' indignazione, che spontaneo erompe contro
gr inqualificabili autori di tanta nequizia 1
L'inglese Mac Lean, vecchio medico ottuagenario,
fu barbaramente ucciso nel proprio letto, e nella stessa
residenza del Ministro inglese, ove sicuro riposava sotto
l'egida della bandiera britannica, che sventolava sul tetto
della casa, e che nondimeno fu impotente a proteggerlo.
Tre italiani, un francese ed un portoghese, presi in
riva al mare il i3 gennaio e tenuti prigionieri sènza
saper perchè, furono barbaramente fucilati la sera
del i4; mentre altro francese che era con essi, com-
prava a stento col denaro quella vita che il terrore
gli tolse qualche giorno appresso.
484 BATrAGLIA DI SAN JUAN
L'italiano Borgna, fatto prigioniero mentre fuggiva
verso Lima, e messo in una camera dell^ ospedale di
Chorrillos, era ucciso con una fucilata nel mattino
del 14, da quel medesimo soldato che facea da senti-
nella air improvvisato suo carcere.
Gritaliani Ogno, Cipollina e Nerini erano massacrati
nelle stesse loro pulperie, dipoi saccheggiate e distrutte.
Altri tre italiani trovavano la morte nelle strade,
mentre cercavano di porsi in salvo da tanta ira sel-
vaggia e feroce.
L'italiano Leonardi da Montecrestese infine, era fano
cadavere a fucilate nella propria sua abitazione, men-
tre era inteso a soccorrere la povera consorte, di firesco
puerpera (i).
E qui ci crediamo nel dovere di domandare al Go-
(i) Nel giornale El Mercurio di Valparaiso, del 18 mano 1S81,
troviamo : « Roma e Chorrillos - Per lettera ricevuta da Rom2
in data del 26 gennaio, si sa che nello stesso giorno 13 di quel
mese in cui ebbe luogo la battaglia di Chorrillos (di San Jmart.
in Chorillos non vi fu battaglia, solo vi fu saccheggio e inoendkv
molto dopo che fosse terminata la battaglia sul Morrò) i chileni
residenti in Roma avevano ottenuto udienza nel Vaticano dal
Papa Leone XIII.... Le signore chilene domandarono a S. S. che
benedicesse V esercito del Chili, e questi lo fece immediatamente
con molta devozione. É un fatto molto singolare che il Papa
stesse benedicendo in Roma quello stesso esercito che in quel
giorno ed in quelle ore combatteva alla base del Morrp Solar. >
£ noi diciamo: il Papa benediceva l'esercito chileno dal sue
seggio infaUibiU (I) del Vaticano, nel giorno e nel momento
istesso in cui quello compiva colla strage e coli' incendio di
Chorrillos, uno dei fatti piiì iniqui ed atroci che abbia da reg^
strare la storia.
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 485
verno italiano : che avete voi fatto a tutela delle tante
proprietà italiane cosi ingiustamente distrutte? per il
tanto sangue italiano così iniquamente versato ? Quelle
proprietà erano coperte dalla bandiera italiana, che per
soprappiù fu schernita e dileggiata dal soldato chileno
nei più villani modi; quel sangue fu versato mentre
le povere vittime, fiere di chiamarsi italiani, invoca-
vano appunto la protezione della patria lontana e vi-
lipesa. Ripetiamo: che avete voi fatto per tutto ciò?
che avete voi fatto per riparare le tante offese portate
a quel glorioso vessillo d' Italia, che avete il dovere e
la forza di far rispettare?
Durante la lunga e funesta guerra del Pacifico - fu-
nesta principalmente agl'interessi stranieri, che sono
molti e gravi - l' Italia, che ha le più forti corazzate
del mondo, non ebbe in quei paraggi che appena tre
meschini legni da guerra, gli ultimi forse della sua
marina, e del tutto incapaci a dare una mostra visi-
bile e patente del potere navale italiano: ed il roto
chileno, che si pregia di fare il gradasso innanzi al
debole, credè nella sua crassa ignoranza delle cose
del mondo, che quei tre legnucoli costituissero da sé
soli tutta o la miglior parte almeno dell'armata ita-
liana; credè l'Italia impotente a proteggere l'onore
della sua bandiera, insieme alla vita ed alla proprietà
dei suoi figli; e perciò, sicuro dell'impunità, disprezzò
r Italia e la sua bandiera, e fece strage sempre che
potè delle vite e delle proprietà italiane.
Dopo la battaglia di San Juan del i3 gennaio, i
corrispondenti dei giornali chileni, tanto per giustificare
486 BATTAGLIA DI SAN JUAN
a loro modo la uccisione degli anzidetti italiani, quanto
per dare le più gigantesctie proporzioni alla loro vit-
toria, inventarono e riferirono la bugiarda notizia che
insieme ai peruviani aveva combattuto un battaglione
di 700 e più italiani, e che tutti questi erano stati
massacrati e tagliati a pezzi, senza che se ne salvasse
neppur uno. Questa menzogna produsse nel ChiTi la
più feroce ed ignobile animosità contro V Italia e gP ita-
liani.
Per le strade e pei giornali in mtto il Chili non si
faceva che dilettarsi nel racconto del supposto alas-
sero del battaglione italiano, che compiacersi di un sì
fausto avvenimento, e dirigere contro V Italia e gV ita*
liani le più triviali e vigliacche ingiurie: e ciò durò
per un buon pezzo, anche quando la insulsa Savoia
dell'esistenza e del massacro del supposto battaglione
italiano fu in tutti i modi smentita, così uflBcialmente
come estraufficialmente (i).
Per chi conosce il carattere dei chileni, è iuori di
dubbio che essi non avrebbero affatto ardito <fi fare e
(i) In tutto l'esercito del Perù non si trovava che nn solo
italiano, che per giunta non prese parte a nessun combattimefito
perchè apparteneva alla guarnigione del forte del Callao. E s'egU
entrò neU' esercitò non fu già per spontanea determinaiione, ma
perchè fa quello 1' nnico modo di sftiggire alla ostinata perse-
cuzione che per una voluta offesa ai/a religione cattolica feccgli
per più mesi il Governo Dittatoriale. Per il contrailo l' esercito
chileno contava non pochi stranieri, massime fra gli orGgtìeri^
che furono sempre quanto ebbe di meglio queir esercito : questa
è un fatto assai noto nel Perù e nel Chili
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 487
dire tutto quello che fecero e dissero contro P Italia
e gr italiani, se fosse comparso nelle acque del Pa-
cifico un paio, non più, di buone corazzate italiane.
Oh come allora sarebbero stati docili e melliflui!
Come ultimo ragguaglio della battaglia di San Juariy
aggiungeremo che essa costò 3ooo e più uomini al
Chili, tra morti e feriti, senza contare i 3oo e più che
si ammazzarono tra loro nelle luride orgie della or*
renda notte della distruzione di Chorrillos.
Il Perù dal suo canto ne perde 4ooo e più : quasi
la metà di quelli che entrarono in battagliai
Riferiremo pure che, allo scopo di scusare innanzi
al mondo gli eccessi e V incendio di Chorrillos, i chi-
leni presero a sostenere e a spargere ai quattro venti
che in Chorrillos trovarono una forte resistenza, che
vi fu anzi una vera e sanguinosa battaglia; e non man-
cano neanche nei giornali e nelle Storie chilene le più
immaginarie e prolisse descrizioni di essa : distinsero
cioè le operazioni del i3 gennaio in due diverse bat-
taglie, che chiamano di San Juan e di Chorrillos, Ma,
non senza lasciare la sua parte alla naturale ampol-
losità del carattere chileno, ripetiamo, ciò è detto prin-
cipalmente col fine di cercare un pretesco, via non
nuova per gli uomini di quel paese, che valesse, se
non a legittimare, a scusare almeno la inqualificabile
condotta dell' esercito chileno. In Chorrillos non vi fu
resistenza, e molto meno battaglia (i).
(i) Abbiamo letto e riletto più volte la descrizione della bat-
taglia di San Juan e di tatte le operazioni del 13 gennaio che
31. — Caivano, Guerra «T America,
488 BATTAGLIA DI SAN JUAN
La battaglia, cominciata nelle posizioni di San Juan
e Fi7/a, si terminò sulla vetta del Morrò Solar; alla
base di uno dei cui lati è Chorrillos; e tranne il breve
scontro nelle vicinanze e nella stazione ferroviaria dì
Chorrillos, fra il battaglione peruviano di riserva che
andava in soccorso di Iglesias sul Morrò Solar, e le
forti divisioni chilene che andavano sul Morrò stesso
in aiuto di Lynch, com'è detto altrove, non si ebbe
altro fatto d'armi in quel giorno i3. Come ricorde-
ranno i nostri lettori, un piccol numero di soldati di
quel battaglione peruviano pervenne, nella sua ritirata,
a rifugiarsi nella stazione ferroviaria di Chorrillos.
dove fu fatto prigioniero; e certo la insignificante re*
sistenza di appena qualche minuto fatta dalle mura
* di detta stazione, che un'ampia strada separava dalle
prime e più prossime case di Chorrillos, non può in
nessun modo chiamarsi resistenza di Chorrillos, e molto
meno poi battaglia.
Nondimeno è appunto a questo meschino episodio
dell' unica battaglia del 1 3, cui essi danno il nome e
l'importanza di seconda e speciale battaglia: e non
contenti di ciò, ne trasportano 1' azione nelle mura
stesse di Chorrillos, che convertono in aspro e terrìbile
fa lo scrittore chileoo Barros Arana nel capitolo IX della 2^ pane
della sua Scoria della guerra del Pacifico; e dichiariamo franca-
mente che non vi abbiamo trovato quasi nulla che ci ricordi
fatti di cui parliamo; fatti che siamo convinti dì conoscer
appieno, e di riferire fedelmente. Curiosa Storia eh' è ras
(}uclla I
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 489
campo di accanito combattimento, mentre le più ir-
refragabili prove di fatto e le assicurazioni di nume-
rosi testimoni oculari dicono che essa fu limitata uni-
camente alla stazione ferroviaria che, come s' è detto,
era tanto discosta dall' abitato, da potersi appena con-
siderare come la prima sua casa da quel lato.
Comunque sia, questo stesso insignificantissimo epi-
sodio della stazione ferroviaria, che al massimo potè
risolversi in qualche centinaio di fucilate, cominciò e
fìni assai prima del mezzogiorno: e quando l' esercito
cbileno occupò Chorrillos al termine della battaglia sul
Morrò Solar, dopo le 2 p. m., più non era neppur ve-
stigio di soldati peruviani, tranne i prigionieri, né in
Chorrillos né nei suoi dintorni. I soli soldati che tro-
vavansi in quei luoghi fin dal mezzogiorno, erano del
medesimo esercito chileno: quelli cioè che dopo Pepi-
sodio della stazione ferroviaria, preferirono scorrazzare
per Chorrillos e sue vicinanze, anziché andarsi a bat-
tere sul Morrò Solar; ed è infine pienamente provato
dalle medesime relazioni chilene, che alle 2 p. m. del i3
ogni combattimento era terminato, è che solamente
dalle 4 alle 5 p. m., ossia più di due ore dopo, co-
minciò il saccheggio e l' incendio di Chorrillos. Nulla
dicasi poi del Barranco, ove nulla giustificava la pre-
senza dell'esercito chileno, e dove si recarono sola-
mente a bella posta le bande dei saccheggiatori e degli
incendiarii.
Basta infine avvertire che la distruzione di Chorrillos
e del Barranco, cominciata ed in massima parte ese-
guita nella notte dal i3 al i4 gennaio, non rimase com-
490 BATTAGLIA DI SAN JUAN
piuta se non dopo molti e molti giorni, quando più
non v' era che appena il ricordo delle passate bat-
taglie. Testimoni oculari c^ informarono che il Maiecm
di ChorrilloS) elegante passeggio a guisa di terrazza sul
mare, fu distrutto nei primi giorni di febbraio, e che
pur durante quei giorni .furono arse le ultime case!
^'
XIV
BATTAGLIA DI MIRAFLORES E RESA DJ LIMA
SOMMARIO
Seconda lìnea di difesa. ~ Le trincee : distribuzione dell'esercito
pemviano. - Opportunità di rivincita non saputa cogliere dal
Dittatore. — Il generale chileno manda un araldo per trattare
di pace. — Il terrore in Lima : gli abitanti fuggono negli AiUi
o in Ancon. — Il Corpo Diplomatico di Lima chiede garanzie
pei neutrali. — Tregua e sua improvvisa rottura. - Di chi
fìi la colpa? — Considerazioni che inducono a conoscere la
verità. - Battaglia. - I Chileni sono respinti due volte. -
Disfatta dei Peruviani. - I Battaglioni di riserva. - Sbalor-
dimento . e incapacità del Dittatore. - Lascia la maggior
parte delle forze peruviane senza prender parte alla batta-
glia : ordina a queste di disperdersi. — Abbandona tutto e si
ritira fra i monti. — Nel campo chileno si pensava a nuove
battaglie. - Spavento degli abitanti di Lima. - Il Corpo Di-
plomatico si interpone nuovamente : Risposta del Generale
9a BATTAGLIA DI MIRAFLORES
chileno. - Voci di miDaccie falle dal Corpo Diplomatka. -
Il Corpo Diplomalico salva Lima. — Alto di resa. — Kur-
diai in Lima contro i chinui. — Ingreuo d«i chilcbi in Lima.
- CoDclasioDC.
k la disfatta di San Juan, il i3.
èva ancora, ad una lega dalla
le peruviana, La seconda linea
^riamente detu fbniiìcata, a di-
ella quale trovavasi il pìccola
esercito di riserva di 6000 uomini.
Era questa una lunga linea curva da un^ià a do-
dici chilometri che, cominciando in prossimità del mare
e passando poco at disopra di Miraiìores, andava a finire
al di là della fattoria di Vasquez, nella Valle di Ate,
e le sue fortificazioni, rimaste in massima parte in-
compiute, come s'è accennato altrove, consistevano
appena in pochi pezzi di artiglieria collocati su per le
colline senz' alcuna opera speciale di difesa, ed in cin-
que cosideltì ridotti, che in realtà erano solamente me-
schine trincee o fossati, con uno scarso riparo di terra
sul davanti.
Queste cinque trincee però, semplice parte di quelle
tante che dovevano essere secondo il progetto, e che
non si fece in tempo a costruire, erano tutte da ur.
solo lato, ossia dal centro della linea fino alla sua
estrema diritta, sul mare ; e per supplire alla loro raan-
canza dal centro alla estrema sinistra, il Dittatore
aveva disposto su questo lato della estesa linea, la mag-
gior parte delle fòrze ad essa tutta destinate ; sicché
E RESA DI LIMA 493
dei 18 scemi battaglioni dell'esercito di riserva, undici
furono distribuiti sullo spazio mancante di trincee del-
l'ala sinistra, e sette nelle trincee dell'ala diritta.
Disposto così, prim^ ancora della battaglia di San
Juan, l'esercito di riserva fu lasciato dipoi come si
trovava: unica innovazione fu quella di aggiungere
ad esso due battaglioni di linea della guarnigione del
Callao ed i resti dell'esercito attivo disfatto in San
Juan. Detti resti avrebbero potuto formare da se soli
un corpo di 9 o loooo uomini ; ma il Dittatore che,
mentre voleva far tutto da sé, finiva sempre col far
poco e male, lasciò che buona parte di quei soldati si
disperdesse a suo talento nella vicina capitale. Com-
preso il corpo che doveva far da riserva il i3 e che,
meno un solo battaglione, non entrò in azione, riunì
appena dai cinque ai seimila uomini, che, insieme
ai due battaglioni venuti dal Callao, collocò parte ne-
gli spazii liberi di 800 metri ognuno, che rimanevano
fra una trincea e l'altra, e parte nell'ala sinistra sfor-
nita di trincee.
Durante la funesta notte del 1 3 e la prima metà del
dì i4 si presentava però al Dittatore, senza ch'egli
sapesse approfittarne, la più opportuna occasione di
riparare, in gran parte almeno, i suoi tanti torti verso
il proprio paese.
A poco più di una lega da lui e dal suo quartier
generale ardeva Chorrillos, ardeva il Barranco; e là,
fra i vortici di fumo e di fiamme e nei dintorni di
quei due villaggi^ brulicavano in pieno disordine i sol-
dati chileni, alcuni intenti al saccheggio, altri all'in-
494 BATTAGLIA DI MIRAFLORES
cendio, altri a disputare ed ammazzarsi fra loro, quasi
tutti, chi in principio, chi in fine di lurida e barbarica
orgia, vacillanti e cadenti per effetto dei liquori, della
stanchezza, del sonno e dell'esaltamento delle più scom-
poste passioni
Bastavano poche migliaia di uomini per aver ra-
gione di tutta queir orda ubriaca ed abbrutita : bastava
che Pierola l' avesse sorpresa in quei momenti colla
metà appena delle sue truppe, che erano là a due passi
da essa, e tutto l'esercito chileno sarebbe rimasto in
brev'ora sconfitto e disperso. Ciò appunto temevano
da momento a momento nel campo chileno i pochi
che avevano conservato colla propria dignità di uo-
mini tutta la lucidezza della propria ragione; e come
ne stessero impensieriti non è a dirlo (i).
Nondimeno Pierola, fermo sempre nel suo famoso
piano della più stretta difensiva, nulla fece. Forse non
sorse attorno a lui nessuna voce che accennasse ad
una tale impresa ? Tutto il contrario : se ne disse « se
ne parlò molto e moltissimo; e non mancarono Gene-
rali e Colonnelli che instassero caldamente perchè si
affidasse loro siffatta impresa, dichiarandosi sicuri e
(i) < Ricordo che col Ministro della guerra facevamo qaesta
riflessione: Come ci andsebbe questa notte (dal 13 al 14) se ì
peruviani venissero con un poco di audacia ad attaccarci in nii>
mero di quattromila uomini^ non più ! Tutto questo se lo porte-
rebbe il demonio, mi diceva il Ministro; e l'opera del Chil\
colla sua tremenda campagna e le sue innumerevoli vittorie^ si
perderebbe miserevolmente in un' ora. •
Carta Politica del chileno M, /. Vicuna^ p. 124.
E RESA DI LIMA 495
responsabili dell'esito. La prova di ciò la troviamo
nei medesimi giornali e scrìtti chileni.
Unica cura del Governo dittatoriale era invece quella
di far circolare in Lima le più assurde notizie sugli
avvenimenti della giornata, per far credere vittoria, e
splendida, la cruenta disfatta di San Juan.
La mattina del i4, il Generale in capo dell' esercito
chileno, sia per approfittare della vittoria del giorno
innanzi e porre vantaggiosamente termine alla guerra,
senza esporsi ai rìschi di nuove battaglie sotto le mura
di Lima, sia per trovar nuovi pretesti, in caso di ne-
gativa, agli eccessi della sua soldatesca, o sia infine
per procurarsi qualche notizia sulle vantate fortifica-
zioni nemiche della linea di Miraflores, spedì un araldo
al Dittatore peruviano, col fine d' invitarlo a trattative
di pace. Ma avendo quest' ultimo fatto rispondere con
alterigia, che avrebbe ascoltato volentieri gì' invelati
chileni che muniti di pieni poteri si fossero presentati
a lui nel proprio campo per negoziare la pace, quello
cominciò a raccogliere ed a riorganizzare il suo esercito
per impegnare la seconda battaglia detta di Miraflores.
In Lima però, vista l' insuflScienza mostrata dal Dit-
tatore il giorno innanzi, e saputisi i tanti eccessi com-
messi dalle soldatesche chilene in Chorrillos e nel Bar-
ranco, le cui fiamme erano visibili dall'alto delle
terrazze, crebbe smisuratamente il terrore. Le famiglie
degli stranieri corsero in folla nelle Legazioni e nei
Consolati delle loro rispettive Nazioni, nonché negli
Asili precedentediente preparati a ciò; ed insieme ad
esse vi corsero in maggior numero, tremanti e- sbi-
496 BATTAGLIA DI MIRAFLORES
gottite, le donne peruviane, pur troppo consapevoli
della miseranda sorte che sarebbe loro toccata nel-
l'ora tremenda in cui cadesse la Capitale in potere
del nemico. Ma gli Asili, le Legazioni, i Consolati e le
case stesse dei Ministri e Consoli esteri, non potevano
contenere tanta gente; più non v'era posto per nessuno:
le camere, i cortili, le scale, tutto, tutto era pieno dì
gente, di donne principalmente ; e la calca che ingros-
sava sempre alle porte, prese una nuova via, quella
di Ancon, da più giorni collocato sotto la speciale pro-
tezione del Corpo diplomatico estero, dove già eransi
rifugiati nei giorni innanzi i più timidi ed i più facol-
tosi, ed alla cui volta partivano continuamente lunghi
treni, pieni zeppi di vecchi cadenti, di donne, di fan-
ciulli. E neppur nei treni v'era posto per tutti: la lo-
comotrice è per partire già, e nondimeno mille brac-
cia, mille voci si alzano insieme per dire che as[>etti
ancora un momento, per invocare un posticino, fosse
anche sulle staffe delle carrozze. Le belle donne, le
vezzose fanciulle sono le più timorose, le più interes-
sate a partire, ad allontanarsi dal futuro teatro delle
orgie araucane; e dirigendosi a qualche vecchio che
veggono qua e là agli sportelli delle carrozze, « eh !
gridano loro, voi siete uomini, voi non avete a temere
che della vita; ma noi siamo donne, siamo beile, e per
noi e' è il disonore, e' è la vergogna : per carità, cede-
teci i vostri posti.... » a Ah si, rispondono mestamente
gli apostrofati, avete ragione, voi avete più da perdere,
siete donne e siete belle, sventurate!... » E scendono
dalle carrozze, perchè quelle occupino i loro posti!
E RESA DI LIMA 497
La desolazione in Lima era somma, infinita; ed il
Corpo Diplomatico estero che era rimasto inoperoso in-
nanzi all'orrendo spettacolo di Chorrillos e del Bar-
rancoy fu tocco da tanta sventura, dall'angoscia di
cinquantamila donne che tremavano pel loro onore.
Comprese alla fine che una grande responsabilità pe-
sava su di esso, e che aveva il dovere di fronte alla
umanità ed alle proprie nazioni di salvar Lima dal
furore dell'esercito chileno; quella Lima ove erano
tanti interessi e tante vite di esteri neutrali alla guerra,
ed ove di peruviani più non si vedevano che donne,
vecchi e fenciuUi.
Raccoltosi il Corpo Diplomatico - sulla proposta del
Ministro d' Italia, come risulta da qualche documento
ufficiale- deliberò: i^ di offrire i suoi buoni ufficii al
Dittatore del Perù ed al Generale in capo dell'eser-
cito chileno, onde promuovere un armistizio durante
il quale si potesse addivenire ad un trattato di pace;
2^ nel caso in cui i suoi buoni uffici per la pace riu-
scissero infruttuosi, di adoprarsi in ogni modo per
salvar Lima, in garenzia delle vite e degli averi dei
numerosi neutrali. Indi senza perdita di tempo, ed ac-
compagnata dai comandanti delle squadre estere che
erano nelle acque del Callao e di Chorrillos, la inglese,
la francese e V italiana, una Deputazione di esso Corpo
Diplomatico si recava successivamente dal Dittatore
peruviano e dal Generale chileno, e poi da questo a
quello, nei rispettivi campi, spiegando energia ed at-
tività non poca.
Una volta alla presenza del Generale in capo del-
498 BATTAGLIA DI MlRAFLORES
r esercito chileno, Baquedano, detta Deputazione co-
minciò col domandargli le necessarie garenzie per i
molti stranieri stanziati in Lima, e quindi per Lima
stessa dove questi avevano le loro proprietà. Le te-
stuali parole colle quali il Ministro d'Italia in Lima
informava di ciò il proprio Governo, dicono: e Con-
vinti che quand'anco P esercito chileno fosse entrato in
Lima senza combattere, ma solo nell'immediata eb-
brezza della vittoria, questa Capitale sarebbe stata vit-
tima di gravissimi eccessi, i Ministri di Francia e di
Inghilterra dichiararono chiaro ed aperto che essi ed i
loro Colleghi avevano dai proprii Governi istruzione
di provvedere alla salvezza dei neutrali con tutti i
mezzi di che potessero disporre. Queste formali dichia-
razioni indussero il generale Baquedano a promettere
che, qualora i suoi soldati fossero riusciti pienamente
vittoriósi a Miraflores, l' ingresso a Lima sarebbe dif-
ferito (i). > Venuto dipoi a parlare dei buoni uffici of-
ferti dal Corpo diplomatico, la citata Deputazione ot-
tenne che Baquedano concedesse al nemico una tregua
che doveva finire alla mezzanotte del i5, durante la
quale si sarebbe trattato delle condizioni di un anni-
stizio, e, se possibile, della pace. Ascoltò le condizioni
che il Generale chileno dettava tanto per la conclu-
sione dell'armistizio come per quella della pace, e dopo
aver riferite queste al Dittatore peruviano, ed appreso
da lui che accettava la tregua concessa da Baque-
dano, si restituì a Lima, onde porsi d'accordo coi
(i) Nota del 28 gennaio i88r«
E RESA DI LIMA 499
colleghi. Tutte queste pratiche avvenivano nella notte
del i4 e nella prima metà del i5, alla cui mezza-
notte spirava la tregua.
Il tempo stringeva. Udito quindi il rapporto della
Deputazione, e saputo che Pierola si manifestava di-
sposto a trattare sulle condizioni dejl' armistizio pro-
poste dall'avversario, nonché a negoziar la pace, il
Corpo Diplomatico decise di portarsi nella sua inte-
grità presso il Dittatore, in Miraflores, per quindi tra«
sferirsi colla risposta di lui al campo chileno, onde
menare a termine' P opera cosi bene incominciata dei
suoi buoni ufficii.
Alle 2 e 1 5 p. m. il Còrpo Diplomatico giungeva al
quartier generale dell' esercito peruviano, e facevasi
annunziare al Dittatore, il quale, trovandosi a cola-
zione insieme a varii capi del suo esercito ed ai co-
man ianti delle squadre straniere da cui esso Corpo
Diplomatico erasi fatto precedere, uscì, immediata-
mente a riceverlo. Ma mentre i signori diplomatici ed
il Dittatore scambiavano fra loro i primi saluti di uso,
furono istantaneamente sorpresi da un assordante fuoco
dì moschetteria e di cannoni, che aveva tutto l'as-
petto ed era in realtà il principio di una battaglia;
di quella che poi fu chiamata battaglia di Mira-
flores.
Colti tutti air improvviso da questo insperato prin-
cipio della battaglia, mentre si viveva sicuri sotto la
fede della pattuita tregua^ che doveva durare fino alla
mezzanotte di quel giorno, nacque d' un subito un gran
parapiglia; e premurosamente chiamato dai suoi aiu-
500 BATTAGLIA DI MIRAFLORES
tanti e dai capi delF esercito che avevano fatto coa-
zione con lui, il Dittatore fece appena un saluto gene^
rale al Corpo Diplomatico, corse al suo cavallo e sparì
con quelli.
Però il fragore della battaglia continuava sempre più
vivo ed intenso: i proiettili delle mitragliatrici e dei
cannoni descrivevano in tutti i sensi numerose e ter-
ribili parabole; ed i signori Diplomatici rimasti soli,
confusi e sbalorditi, nella casetta che dianzi occupava
il Dittatore, si videro in grave ed imminente perìcolo.
Bisognava fuggir di lì: e senza cavalli, senza nessun
mezzo di locomozione, ripresero a piedi il cammino
di Lima, sotto una grandine di palle che fischiavano
intorno a loro da tutti i lati. Certo fii quello un tristo
scioglimento della loro missione, ed a cui la Diploma-
zia è poco avvezzai
Difficile sarebbe precisare nettamente e con sicu-
rezza a chi dei due toccasse la colpa della improvvisa
rottura della tregua, se al Perù od al Chili. Mentre i
peruviani sostengono che primi a rompere i fuochi
fossero i chileni, questi dicono altrettanto dei l(»o av-
versari!. Riferiremo i fatti come stanno.
Nel suo rapporto ufficiale sulla battaglia di Mìra-
flores, il Generale in capo dell'esercito chileno, dopo
di aver parlato della tregua da lui concessa nelle prime
ore del mattino del i5, dice: e Comunque in virtù di
questo patto (la tregua) io potessi disporre dell' intera
giornata per collocare le mie truppe, volli fare questa
operazione com^ se la battaglia non fosse differita.
La terza divisione che accampò il i4 al sud del
E RKSA DI LIMA
501
Barranco con ordine di stendere la sua linea nella mat-
tina del i5 al nord di quel villaggio ed in molta vi-
cinanza delle posizioni nemiche, principiò a collocarsi
aUe 8 del mattino. Alle due p. m. si trovavano al loro
posto tutti i corpi che la componevano, eccetto il reg-
gimento Aconcagua che stava arrivando, ed il batta-
glione Bulnes che era di servizio in Chorrillos. Alle
undici principiai a percorrere il campo dopo di aver
dato alla prima divisione f ordine di collocarsi sulla
dritta della terifa. Mentre praticava questa recogni-
zione, potei vedere che regnava grande attività nel
campo nemico. I suoi battaglioni si movevano in tutti
i sensi, arrivavano treni da Lima con truppe fresche ;
tutto, in una parola, annunziava che là si preparavano
per un prossimo combattimento (i). I capi dei corpi che
(i) Eccetto i pochi soldati di custodia dell'arsenale di San^a
Catalina^ in Lima non rimaneva più neanche la più meschina
compagnia di truppa, fin da quando nel dicembre usci Pierola
con ì due cosidetti eserciti, quello attivo e quello di riserva, ad
occupar le due linee di difesa di San Juan e di Miraflons, In-
sieme alla truppa usci anche da Lima tutta la forza di polizia,
Ccladorts; tanto che per non lasciare la città in balia dei ladri
e malviventi, il servizio di polizia fu fatto dalla Guardia Urbana,
espressamente organizzatasi fra le compagnie di pompieri delle
colonie straniere. Era quindi assolutamente impossibile che il 15
arrivassero trmi da Urna con truppt fresche, come dice Baquedano.
« Il Sindaco di Lima, cui venne conferita una specie di det-
tatura, provvede al mantenimento dell' ordine pubblico per mezzo
delle compagnie di pompieri volontari! stranieri, unica forza esi-
stente in questa capitale. • Nota 2 gennaio 1881, del Ministro
d' Italia in Lima al Ministro degli Affari Esteri d' Italia.
502 BATTAGLIA DI MIRAFLORES
avevano ricevuto ordine di non far fuoco, mi doman-
davano se non sarebbe conveniente dMmpedire quelle
manovre. 11 Comandante generale dell' artiglieria, che
aveva i suoi cannoni in direzione delle strade per le
quali arrivavano grosse colonne d'infonteria, mi pro-
metteva farle a pezzi in un istante se gli permetteva
di far fuoco. Il permesso, com'era naturale, gli fìi ne^
gato; e tutto ciò che mi permisi di iare, in previdenza
di qualunque eventualità, fu di ripetere i miei ordini
perchè le truppe che venivano da Chorrillos affrettas-
sero la loro marcia. Seguendo la mia recognizione,
accompagnato dal capo dello Stato Maggiore e dai
nostri rispettivi aiutanti, mi avanzai sul fronte della
nostra linea ejin molto vicino a quella nemica. Quando
ebbi studiato il campo come desiderava^ mi posi io
marcia per ritornare. Immediatamente si fece su di noi
ed a cortissima distan^a^ da truppe imboscate, una
scarica di fucileria. E come se questo fosse stato un
segno convenuto, tutta la linea ruppe i suoi fuochi.... i»
Fra le tante altre cose, risulta quindi da questo
brsxuo del rapporto del Generalissimo chileno: i<^che
dopo di aver conceduta la tregua dispose il suo eser-
cito in linea di battaglia, come se questa non fosse
stata dififerita, e fosse imminente ; 2^ che alle 2 p. m.
la terza divisione del suo esercito, meno una piccola
frazione, era già al proprio posto in linea di battaglia;
3^ che alle 11 a. m. aveva già impartito 1' ordine di
collocamento, anche alla prima divisione; la quale,
per la prossimità in cui era, non poteva non avere
eseguito quest' ordine prima delle 2 p. m., dopo 3 ore;
£ RESA DI UMA 503
4^ che neir eseguire una recognizione del suo campo
si appressò fin molto vicino alla linea nemica, e che
quando ebbe studiato il campo come desiderava^ im-
prese a retrocedere, avvenendo allora che gli si facesse
dal nemico una scarica di fucileria.
Nella Nota che in data del 20 gennaio dirigeva al
Decano del Corpo Diplomatico in Lima il Segretario
Generale del Dittatore, si legge: e Nonostante questo
solenne impegno {la tregua), la squadra chilena, in
numero di i4 legni, si dispose in linea di attacco di
fronte a Mirafiores fino daUe prime ore del i5^ e l'eser-
cito dal suo lato avanzò in linea di battaglia sul nostro
campo, raccorciando la distanza fino a 1800 metri (i),
situando convenientemente la sua artiglieria e prendendo
vantaggiosissime posizioni che non avrebbe potuto gua-
(i) Per notizie raccolte sopra luogo da distinti gentiluomini
peraviaoi che dicevano parte dell' esercito di rìsenra, sappiamo
inreoe che nna parte dell* esercito chileAO avanzò dorante la tregua
lino a 700 metri appena dalle trincee peravianef ove prese le
sue posizioni dietro i tanti muri divisionarii delle proprietà, di
cui latta quella zona era piena, mentre 500 metri più indietro,
ossia a 1200 dalle trincee, collocava tranquillamente la sua ar-
tiglieria ; sicché quando cominciò la battaglia si trovò già in posi-
zioni fiivorevoli, che sensa la tregua gli sarebbero state fortemente
contrastate, e che solamente avrebbe potuto conquistare come
primo risultato di una vittoria. Le surriferite notizie suUe distanze,
dipoi esattamente misurate dopo la battaglia, sono certamente
più sicure di quelle del Dittatore istesso che dopo la battaglia
non rivide più quei luoghi, e che mentre i chileni prendevano
le loro posizioni stavasene comodamente a far colazione nel prov-
visorio suo aUoggio in Miraflores.
3«. — > Cai VANO, Guerra tCAmerUiiy
504 BATTAGLIA DI MIRAFLOREb
dagnare senza grandi sacrifizi. Di questi preparativi e
movimenti, che erano in opposizione al convenuto, ri-
ceveva continui avvisi il Capò Supremo, in presenza
dei signori Ammiragli delle flotte di Inghilterra e di
Francia e del signor Comandante della stazione ita-
liana (chCy come si sa, avevano preceduto il Corpo Di-
plomatico presso il Dittattore): però coincidendo questi
avvisi colla riunione, nella residenza del Capo Supremo
in Miraflores, di tutti i membri del Corpo Diplomatico,
gli fu impossibile lo ammettere che in così eccezio-
nali circostanze si pretendesse consumare un atto di
perfidia, difficile a supporsi anche fra le tribù selvag-
gie dell'Africa e dell' Araucania. Nondimeno così fu,
ricevendo come primo annunzio le nutrite scariche che
lanciarono simultaneamente sulla nostra ala diritta
l'esercito e la squadra del Chili, dando principio alla
battaglia del i5, della cui origine traditrice sono stati
testimoni, con imminente pericolo della loro vita, V. E-, i
suoi onorevoli colleghi, gli Ammiragli e Comandanti
già nominati, e gli Uffiziali dì marina degli Stati-Uniti,
di Francia, d'Inghilterra e d'Italia, che erano aggre-
gati al nostro Stato Maggiore, (i) i»
Onde completare la relazione di questi £sitti, che a
bello studio abbiamo voluto ricavare dalle fonti uffì-
(i) Cosi nello Stato Maggiore dell'esercito peruviano come in
quello dell'esercito chileno, trova vansi riuniti fin da più gìonù
varii Ufficiali esteri appartenenti agli equipaggi delle navi stra-
niere che erano nel Pacifico, ossia della Gran Brettagna, della
Francia, dell'Italia e degli Stati-Uniti.
E RESA DI LIMA 505
cialì di ambo i belligeranti, ricorreremo infine ad una
terza Voce ufficiale, completamente estranea e neutrale
nella lotta del Pacifico, e per ogni verso certa ed inat-
taccabile; a quella cioè del Decano del Corpo Diploma-
tico, che dice : a Al nostro arrivo (di tutti i signori Di-
plomatici nella casa abitata dal Dittatore peruviano in
Miraflores) alle 2 e un quarto p. m. del i5, il signor
Pierola pranzava tranquillamente con varii capi del
suo esercito. Avvertito della presenza di tutto il G)rp)o
Diplomatico in sua casa, uscì dalla sala da pranzo a
riceverci, e nel momento stesso in cui scambiavamo
in piedi ancora il primo saluto, ruppe un fuoco ge-
nerale nella linea degli eserciti e nei legni della squa-
dra chilena, trovandoci noi tempestati dal diluvio
di palle, bombe e granate che venivano dall' esercito
e dalle navi del Chili nel luogo ove ci trovavamo,
a retroguardia della linea peruviana. Per questo grave
ed inatteso motivo il signor Pierola, che vide istanta-
neamente compromessa la battaglia, senza tempo nean-
che di finire il cominciato saluto al Corpo Diploma-
tico, si diresse rapidamente al suo esercito; e noi,
presi dalla meraviglia e dall' indignazione che è facile
immaginare, ritornammo a Lima a piedi sotto la stessa
pioggia di paUe del primo istante, che soffrimmo senza
interruzione per quasi due ore (i). >
Determinare con certezza chi veramente sparasse il
(i) Nota 26 gennaio 18S1, del Ministro di San Salvador,
residente a Lima, al Ministro degli Afbrì Esteri del proprio Go-
verno. •
5q6 battaglia di ìoraflores
primo colpo di fucile o di canoone, e come ciò avvenisse,
sarebbe cosa oltremodo dìfEcile, per non dire impos-
sibile, perchè, ripetiamo, il Ghiri ed il Perù si adde-
bitano reciprocamente l'uno all'altro la nefandezza di
tanta slealtà; e perchè, come semplice dato di fatto,
sviluppatosi dopo che 1' esercito chileno aveva preso
le sue posizioni di fronte al nemico^ e quando entrami»
gli eserciti potevano far fuoco V uno sull' altro dal posto
dove si trovavano senza muoversi^ solo i testimoni locali,
che sono essi medesimi^potrebbero dare una tale certezza.
Nondimeno, sottoponendo a minuzioso e particola-
reggiato esame i fatti pienamente comprovati, che ri-
sultano dagli anzi decritti brani di documenti officiali,
non riuscirà affatto difficile al lettore di portare su tutto
ciò un giudizio quasi certo e sicuro»
Dal nostro canto, e solamente per rendere più age-
vole un siffatto esame, domanderemo : il fotto confes-
sato dallo stesso generale chileno, dì aver mosso e di-
sposto il suo esercito in linea di battaglia durame k
tregua, non era già per sé stesso una infrazione alla
pattuita tregua, abusando del Savore di questa per
prendere (x>sizioni che fuor di essa non avrebbe po-
tuto occupare senza lotta? (i) È egli supponibile che
(i) Nell'ansi citato Rapporto del Generale cklleno m dice an-
che che ]a pattuita tregua non vietava agli eserciti belligeranti
di muoversi e prendere le loro posi^Oi^i di battaglia come voles-
sero: ma né ciò è provato, né sembra possibile; perchè in tsj
caso la tregua avrebbe servito unicamente a dare ali* esercito as-
salitore, ossia al chileno, l'opportunità di prendere bcoml con-
£ RESA DI liMA 507
l'esercito peruviano il quale sopportò che il nemico
si schierasse tranquillamente in battaglia alla sua pre-
senza, operando movimenti a suo danno, che poteva
impedire, aspettasse dipoi che questi movimenti fossero
compiuti per rompere la tregua, senza alcun prò per
esso, ossia quando già il danno era avvenuto e nulla
^nrrebbe avuto a guadagnare coli' accelerare la rottura
delle ostilità ì E supponibile che Pierola, l' uomo che
non volle mai prendere l'offensiva quando poteva e
doveva farlo, quando era quasi certo che gli avrebbe
portato la vittoria, andasse poi ad assumerla nel solo
momento in cui, oltreché era un delitto, non poteva
promettergli nessun vantarlo ? £ mai supponibile che
un generale qualunque, sia pure un Pierola, prepari
e consuim la violazione di una tregua standosene tran-
quillamente a pranzare insieme ai suoi aiutanti ed ai
Comandami dei corpi del suo esercito ? Come si spiega
che i primi proiettili, al romper della tregua, vadano
a ci»care alla retroguardia della linea peruviana, dove
trova vasi il Corpo Diplomatico? Come si spiega che
la squadra chilena cominciasse i suoi fuochi contempo-
raneamente all' esercito di terra, mentre pel fatto della
tregua non doveva trovarsi affatto preparata a ciò ?
Irasto le posùdoni oftensive di cai aveva bisogno ; giacché quello
<lel Peiù che se ne stava sulla difensiva io posizioni da piii tempo
scelte e pieparate, non aveva, come non ebbe nessuna nuova po-
sizione da prendere. In tal caso la concessione della tregua sa-
rebbe «tata manifestamente capziosa, e non altro che mi semplice
-fcTanelIo.
5o8 BATTAGLIA DI MIRAFLORES
*
Come si spiega che detta squadra si dispose in linea
di combattimento per l'appunto nelle prime ore del
i5, di un giorno in cui non doveva esservi battaglia?
Tutto il Corpo Diplomatico infine è lì ad attestare
che il Dittatore peruviano desiderava e voleva conchiu-
dere un vero armistizio, nonché la pace (i); ciò che
proverebbe quanto fosse nel suo interesse di mante-
nere quella piccola tregua di venti ore, durante la
quale esso Corpo Diplomatico doveva porre a profitto
a quest'uopo l'opera benefica dei suoi buoni uffici.
E mentre ciò escluderebbe finanche il sospetto che Pie-
rola potesse pensare a rompere la tregua, chi non sa
che il Chili, sempre assalitore durante tutta la guerra,
eccetto in San Francisco, agognava più che tutto di
arrivare a Lima, per il doppio scopo di annichilire il
Perù e d' imporgli colla forza uno spogliatore trattato
di pace che sapeva non avrebbe giammai firmato in altre
condizioni ?
Alle due e mezza pom. adunque, rotta la tregua,
cominciò la battaglia che, mantenutasi con sorte vana
e indecisa fino alle quattro, momento da cui si volse
manifestamente contro al Chili, fino alle 5 e minuti.
(i) e Trasferitasi a ^Hraflores la delegazione (dei Corpo Diplo-
ntatico) si presentò a S. E. il signor PieroU, il quale accettò la
tregua convenuta, e parve disposto a cedere il Callao {wka
conditiont imposta da Baquedano per conchiudere un vero armi'
stizio) e ad entrare in negoziati di pace. »
Nota del Ministro d'Italia in Lima, 28 gennaio 1881, al
Ministro degli AiEari Esteri d' Italia,
E RESA DI LIMA 509
termiaò in sair approssimarsi delle 6 colla repentina
e completa vittoria di quest'ultimo.
Come più volte s' è detto, la linea di difesa dei pe-
ruviani si estendeva per oltre 1 1 chilometri dal mare a
Vazquez. Ma certo non poteva ragionevolmente atten-
dersi che {Generali chileni, seguendo l'inconsulto piano
di Pierola, sparpagliassero come lui le proprie forze su
cosi lunga linea, per attaccarla contemporaneamente
su tutti i punti.
Da quel profondo conoscitore eh' egli era del carat-
tere del soldato chileno, che solamente sa farsi forte
ed ardito quando è in grandi e compatte moltitudini,
il general Baquedano concentrò tutte le sue forze in
un punto solo; e per approfittare della potente coo-
perazione della squadra, diresse il suo attacco unica-
mente contro l' ala diritta dei peruviani che, terminando
quasi sul mare, poteva essere e fu efficacemente ber-
sagliata dai grossi cannoni di quella.
Limitato l'attacco, e quindi la battaglia, ad un estremo
appena della lunga linea dei peruviani, assai facile sa-
rebbe stato per questi di concentrare i loro sparsi bat-
taglioni del centro e dell'ala sinistra, tanto per ope-
rare un movimento di conversione contro il nemico,
attaccandolo di fianco, quanto e sopratutto per rinfor-
zare i pochi battaglioni dell'ala destra, che soli tro-
va vansi alle prese contro tutte le forze riunite dell'av-
versario. Ma qui, come in San Juan^ oltre la cattiva
disposizione delle forze, doveva principalmente farsi
sentire la mancanza del comando, di una mente che
sapesse dirigere l'azione ed approfittare di ogni ri-
5 IO BATTAGLIA DI MIRAFLORES
sorsa. Qai, come in San Juan, il Dittatore peraviano
che pretendeva far da Generale in calpo, andava innanzi
ed indietro senza mai comprender nulla, e senza «ai
dare ordine alcuno, eccetto uno solo che non poteva
essere più stolido e fatale, di cui parleremo a suo tempo;
sicché i pochi battaglioni delT ala diritta doverono bat-
tersi soli da principio a fine, 'mentre tutti gli altri bat-
taglioni, 1 1 della riserva e la metà di quelH di liiiea^
rimanevano e rimasero fino air ultimo inoperosi nei
proprii posti, dove nessuno andò a cercarli e dove a
nulla servirono.
Circa 3ooo uòmini dell' esercito attivo, qaelK che si
trovavano negi' intervalli delle cinque trincee dell'ala
diritta, e circa 25oo uomini dell'esercito di riserva che
occupavano queste stesse trincee, furono i soli che si
batterono, e quindi i soli Che sostennero Furto di tutto
l'esercito cbileno, ossia di i6 a 17,000 uomini(i) tut-
tora baldanzosi della vittoria di due giorni inmum, e
che erano anche mirabilmente sostentiti e secondati
dalla forte e numerosa artiglieria della squadra.
Cionondimeno la grossa divisione chilena, comandata
dal valoroso colonnello Lagos, che prima si sp^e al-
l' attacco, era stata già respinta una prima volta alle 4,
con numerose perdite; e poi una seconda volta un
po' più tardi, insieme alla divisione Lynch corsa in
(i) Il resto dell' esercito chileno rimaneva parte a custodia
dei prigionieri del giorno 13 nel quartiere di Chorrìllos, e parte
tuttora disperso fra Chorrillos ed il Bamnco, in segidto ai bac-
canali del 13 e del r4, sicché non prese parte alla battaglia.
E RESA DI LIMA 511
SUO aìQto. E se in quei momenti, nella lunga ora de-
corsa dalle 4 alle 5, i freschi Inittaglioni peruviani
che stavano inoperosi nelle posizioni del centro e della
sinistra, avessero impreso un qualunque movimento
offensivo contro di esse, è indubitato che, compiuta la
disorganìfiszazione di quelle due divisioni, e travolta in
essa anche la divisione di riserva che ne custodiva i
fianchi, la disfatta dell'esercito chileno sarebbe stata
inevitabile, completa.
Se invece di Pierola, che mai fu militare, fossesi
trovato a capo dell' esercito peruviano quel contram-
miraglio Monterò, cui rodeva segreta la rabbia della
impotenza neiF inutile posto di aiutante, o qualunque
altro generale o colonnello condannato alP inerzia dal
Dittatore, o se almeno avesse questi ascohato uno solo
dei loro consigli, certo, il sole avrebbe illuminato nel
suo tramonto una splendida vittoria delle armi peru-
viane. Ma no; Pierola che per riserbarsi tutta intera
la gloria del trionfo, voleva attendere a tutto e coman-
dare da sé a tutto ed a tutti, fino a lasciare i batta-
glioni dell'esercito di riserva e quelli dell' esercito at-
tivo, che reciprocamente si tramezzavano fra loro, senza
assoggettarli a nessun' altra unità di comando all' in-
fuori della sua, girava sbalordito fra i nembi di palle
senza veder nulla, senza ascoltar«nulla e senza coman-
dar nulla.
Alle 5, le divisioni chilene, che protette e contenute
nella loro fuga dalla divisione di riserva poterono rian-
nodarsi alla meglio, ritornarono una terza volta all' as-
salto insieme a quella ; e quando forse erano li lì per
512 BATTAGLIA DI MIRAFLORES
retrocedere una terza volta ancora, quando era già
iin pezzo che gli ufficiali potevano solamente ottenere
dì far avanzare i loro soldati spingendoli innanzi cdla
punta delle proprie spade (i), tre dei quattro batta-
glioni peruviani dell'esercito attivo, che difendevano
gP intervalli da una trincea all'altra, rallentarono re-
pentinamente il fuoco, per poi voltar faccia a capo di
qualche minuto e sbandarsi all'impazzata. Comedo?
Cominciato da qualche tempo a sentirsi il bisogno di
nuove munizioni, a chi non si fece in tempo a por-
tarle, a chi furono portate inadatte, scambiando quelle
dei peabody con quelle dei remington o chassepots (2)
e viceversa. Le prime compagnie che si trovarono senza
capsule, o con capsule che non andavano al proprio
fucile, si fecero presto indietro; e le altre, già .stanche
da un continuato combattimento di circa tre ore senza
mai ricevere neanche il più leggiero rinforzo, crede-
rono che quelle fuggissero in rotta, e vinte dal conta-
gio seguirono l'esempio.
(i) Fatto che abbiamo udito raccontare da non pochi chileoi,
e che si desume anche (per chi conosce la tattica e la disciplina
propria deU' esercito chileno) dal piccolo brano della relazione
chilena del giornale la Actualidad^ che riportiamo più innanzi.
(2) L'esercito del Peià era armato con tre specie di facili,
Peaiody, Jiemington e Chassepots» Ciò proveniva dal non avere
il Perù un sufficiente armamento all' iniziarsi della gnerra, alla
quale non era affatto preparato; sicché fa poi obbligato ad ac-
cettare senza facoltà di scelta, i fucili che poterono esser com-
prati sollecitamente in Europa e negli Stati-Uniti dai snoi di-
versi agenti incaricati di ciò.
E RESA DI tJMA 513
Da quel momento, più non rimanevano di fronte ai
nemico, naturalmente fattosi più ardimentoso, che ap-
pena un battaglione dell' esercito attivo, quello di Ma-
rina, ed i pochi battaglioni di riserva che difendevano
le trincee; le quali, distanti 800 metri l'una dall'al-
tra sopra terreni pieni di sinuosità e d'innumerevoli
pareti divisorie di fondi, tapiaSy che non si ebbe la
preveggenza di demolire a tempo, e dietro le quali
nascondevasi facilmente il nemico, mal potevano so-
stenersi vicendevolmente onde impedire di venir fian-
cheggiate e prese alle spalle.
Nondimeno, tuttoché rimasti soli, questi pochi bat-
taglioni di riserva, che in principio contavano 25oo uo-
mini e che la mitraglia della squadra ed i ripetuti
assalti del nemico avevano ridotto di quasi un terzo,
difesero strenuamente le loro posizioni per circa un'ora
ancora, durante la quale ebbero a lottare contro (utto
l' esercito chileno riunito in un supremo ed ultimo
sforzo ; fino a che, forzato da questo il passo fra l'una
trincea e l' altra, ed attaccati alle spalle, ogni resistenza
diveniva impossibile, e doverono battere in ritirata.
Questi battaglioni, nei quali combatteva tutta la parte
più eletta della cittadinanza della capitale, diedero
prova, per più di 3 ore della più gagliarda resistenza,
di abnegazione e di valore non comune, massime
quelli della seconda e terza trincea, ove, per la loro
posizione sulla via ferrea e sulla carreggiabile, si
svolse l'azione principale della battaglia, e che erano
composti quasi nella loro totalità di avvocati, di ma-
gistrati, di grossi proprietarii, di banchieri^ di ex-mi-
514 BATTAGLIA DI MIRAFLORES
nistri, «xHleipotati, ex*senatori ecc. I Comandanti in
primo ed in secondo del battaglione N^ 6 che difen-
deva la terza trincea, Narciso Colina e Natalio San-
chez, ex-deputato, morivano valorosamente nei loro
posti ; e se la sorte risparmiava la vita all' egregio av-
vocato ed ex-vice-Presidente della Camera dei Depu-
tati, Ramon Ribeyro, che comandava il battaglione N* 2
cui era affidata la seconda trincea, non gli risparmiava
però il dolore di vedersi l' un dopo 1* altro cad^e ai
fianco i isuoi più cari amici, i più distinti personaggi
di Lima e della Repubblica che militavano soao i
sucM ordini. L' abnegazione colla quale tutti questi
generosi sacrificarono la loro vita in difesa della patria,
fu la miglior risposta ch'essi potevano dare al diffi-
dente ed ambizioso acciecamento del Dittatore; e la
loro patria, di cui quegli compì la rovina già incomin-
ciata dalla inettezza del suo predecessore, ne serberà
cara ed imperitura memoria.
Pierola, abbiamo d^o innanzi, non diede che un
solo ordine durante la battaglia, per quanto se ne sappia
almeno ; e quest' unico ordine consistè nel comandare
agli undici battaglioni della riserva ed alle fone di
linea dell'ala sinistra, che non avevano preso parte
alcuna alla battaglia, di disperdersi e ritirarsi ciascuno
alla propria casa.
Ed è da avvertire che quest'ordine in dato appunto
fra le 5 e le 5 ed un quarto, quando i battaglioni
delle trincee, rimasti soli, opponevano tuttavia la più
tenace resistenza al nemico, e quando questo dispe-
rando di prendere dette trincee, dall' incessante Areco
£ R£SA m LIBIA 515
delle quali era stato respìnto due volte, bastava che
avesse visto comparire il più leggiero rinforzo di truppe
fresche ai peruviani, per abbandonare il campo e re-
trocedere: a ciò lo avrebbe spinto anche il prossimo
cadere della notte, ed il timore di farsi sorprendere
da essa in lotta, su di un terreno che non conosceva
e che si supponeva tutto pieno di mine. Intorno a
queste cose generalmente note, siamo stati pienamente
raggMagliati da persone degne della maggior fede(iX
Il Dittatore invece, cui la propria imperizia ed U
(i) t Alle 4 e 30 pom. la nostra diritta sì trovava molto an-
gustiata. Non si temè una disfatta, ma si credeva che la notte*
porrebbe termine al- combattimento senza ottenere la vittoria sul
nemico. I nostri avevano quasi terminate le loro munizioni, e
questP produsse in parte nelle nostre file un disordine che ar-
rivò a tradursi in un' allarmante sbandamento.... Nel campo di bat-
taglia i nostri Capi principali e fra essi il generale Maturana
{capo dello stato maggiore chileno) facevano ogni genere di sfòrzo
per riorganizzare le truppe perturbate dair esaurimento delle mu-
nizioni ed in gran parte sbandate, comunque le munizioni co-
minciassero già ad arrivare : e fu allora senza dubbio quando
molti di essi caddero morti o feriti, nello spiegare tutta l' attività
possibile. Gli ufiziali secondarono con eroico entusiasmo l'opera
dei loro superiori, ed in questo modo la lotta riacquistò in po-
chi momenti il suo vigore primitivo, rinforzato dal nostro lato
col soccorso dei corpi di riserva. »
Palla Aciualidad del 12 febbsaio 1881, giornale organo del-
l' esercito chileno in Lima. Relazione della battaglia di Mi-
raflores.
Tolta da questa relazione la parte che prende la solita rodo-
moAteria chilena, resta la nuda verità dei fatti come à stata rac-
contata da noi.
516 BATTAGLIA DI MIRAFLORES
proprio sbalordimento fecero credere che tutto fòsse
perduto già, dato alle forze dell'ala sinistra l'ordine
di lasciare le armi e ritirarsi alle proprie case, abban-
donò il campo di battaglia con alcuni pochi seguaci;
e senza neppure entrare a Lima, prese il cammino delle
montagne nell'interno della Repubblica*
La condotta di Pierola in quel momento sarebbe del
tutto inesplicabile senza ammettere in lui una grave
alterazione di mente ; ammenoché non lo si ritenga, come
giudicando dai precedenti ci parrebbe più esatto, to-
talmente sfornito d' ogni capacità, e si da collocarlo al
disotto anche delle più volgari intelligenze.
• Ammesso anche che giudicasse irrimediabilmente
perduta la battaglia, perchè ordinava egli la disper-
sione e lo scioglimento dei battaglioni dell'ala sini-
stra ? Perchè si privava egli volontariamente di quelle
forze, da 6 a 7000 uomini bene armati che, congiunti
ai iSoo o 2000 della guarnigione del Callao ed a tuiti
1 dispersi che era facile raccogliere in Lima, potevano
ancora presentare un' ultima resistenza al nemico, per
chiamarlo, se non altro, ad una capitolazione? Perchè
non li conduceva seco in quelle montagne fira coi se
ne andò quasi solo, per porre in salvo almeno le loro
armi?
Che il nemico entrasse in Lima immediatamente
dopo la battaglia, di notte, non era neanche da so-
spettare: il fatto di trovarsi quella sotto i fuochi dei
forti di San Cristóbal e di San Bartolomei il timore
assai giustificato di un ultimo sforzo di resistenza alle
sue porte, ed i tanti pericoli a cui poteva dar luogo
E RESA DI LIMA 517
il semplice fatto di entrare di notte in una città ne-
mica di centocinquantamila abitanti, erano più che suf-
ficienti per impedire ai chileni di muovere un solo
passo innanzi, fino allo spuntar del giorno almeno.
Pierola aveva dunque tutta la notte a sua disposizione
per risolvere il da farsi e prendere le opportune mi-
sure : tutta una notte durante la quale avrebbe potuto,
se non altro, raccogliere la parte più importante degli
archivi dei Ministeri, che a eterno disdoro e vergogna
lasciò in balìa del vincitore, nonché la grande quan-
tità di scelte armi e munizioni che racchiudeva l'ar-
senale di Santa Catalina^ e le non poche migliaia di
soldati dispersi dell'esercito attivo che vagavano per
Lima, aspettando chi si desse la pena di pensare a loro,
di riordinarli in battaglioni e far di essi qualche cosa (i).
Del solo esercito attivo, ponendo insieme i dispersi, i
battaglioni del Callao e quelli rimasti senza battersi
sull'ala sinistra in Vazquez, avrebbe potuto formare
un corpo di otto o novemila uomini, con i quali, se
non voleva fare altro, avrebbe potuto prendere il 16 il
cammino delle montagne, dopo aver fatto partire sulla
ferrovia della OroyOj che era la stessa via sua, ar-
chivi, armi, munizioni e qyant' altro volesse. Con quel
primo nucleo di forza e con i materiali di guerra tratti
(i) Ci consta per le molte e sicure informazioni avute, che
durante la notte dal 15 al 16 le piazze e le strade principali di
Lima erano letteralmente ingombre di soldati, i più armati, che
facerano grande schiamazzo dontandando di esser condotti con-
tro il nemico.
5i8 BATTAGLIA DI MIRAFLORES
dall'Arsenale, anche dopo l'abbandono di Lima oon
sarebbe mancato modo a Pkrola^ o meglio a qualche
altro più capace di lui^ di far rispettare gl'interessi e
la dignità del proprio paese e di ottenere dal nemico
condizioni di pace meno tiranniche e spietate di quelle
che furono offerte da esso, quando vide che le sue po-
che baionette potevano dettar la legge senza nessun
contrasto. Ma di ciò parleremo meglio e più diffusa-
mente nella seconda parte del presente lavoro.
La battaglia dì Miraflores, s'è detto, terminò io
sulle 6 p. m., col primo crepuscolo della sera. Però
l'esercito vincitore non sapeva nulla di quanto era
avvenuto nel campo nemico. Sapeva che la maggior
parte delle forze di questo non aveva preso parte alla
battaglia, poiché non le aveva viste venire contro di
sé dalle loro non molestate posizioni dell' ala sinistra ;
ma ignorando completamente, né d'altronde potendo
giammai immaginarsi lo strano ordine di dispersione
di quelle dato dal Dittatore peruviano, suppose che
dette forze intendessero di disputargli l' ingresso della
Capitale alle porte di questa o nelle medesime mura.
Nel campo chileno erano tutti più o meno ferma-
mente convinti che bisogni^va combattere ancora., che
Lima non si renderebbe senza prima tentare un ultimo
e supremo sforzo di resistenza alle sue porte (i); e le
(i) « La notte sopraweiiiie immediatameate dopo leniùnat&
r azione, e non potè sapersi se il nemico si en. ritirato sopn
Lima, né se bisognerebbe andarlo a cercare ancora il gìor&f*
appresso nelle sue ultime fortificazioni.,.. Penserebbe U nemico
E RESA DI LIMA 519
parole che qui appresso riproduciamo, ci diranno quel
che ne pensasse lo stesso Ministro della guerra del
Chili che, come si sa, accompagnava l'esercito, e La
notte del i5, dopo la vittoria di Miraflores, il Ministro
della guerra mi diceva : l' operazione più importante
ed opportuna sarebbe quella di riorganizzare una di-
visione in questa notte stessa ed attaccar Lima allo
spuntar del giorno, sorprendendola in mezzo alla con-
fusione ed allo spavento che deve averle prodotto la
disfatta di oggi; ma è impossibile farlo per lo stato
in cui si trova F esercito.... ci vedremo obbligati ad
assediarla, ed aspettare che si arrenda da- sé » (i).
Ma intanto che nel cam(x> chileno si pensava a nuove
battaglie, a lunghi e penosi assedii ed a chi sa quante
altre cose per impadronirsi di Lima, questa sventurata
città era invece in preda al più disperato terrore.
Saputasi la intempestiva fuga del Dittatore e la dis-
soluzione delle sole forze che avrebbero potuto op-
porre ancora un'ultima resistenza al nemico, che ac-
campava ad una lega appena dalla Capitale, ognuno
temè che questo entrasse da un momento all' altro,
per ripetere in assai più grande proporzione le orribili
scene di Chorrillos e del Barranco. Miraflores ardeva
gik; ardevano pure i riaccesi avanzi di Chorrillos e
di presentare una nuova resistenza nel suo ultimo angolo, in
Linm? Era questa la questione che tutti preoccupava. »
La Actualidad del 12 febbraio 188I; giornale organo dell'eser-
cito chileno in Lima.
(i) Carta Politica del chileno M. Jose Vienna^ pag. 147
e 148.
33. — CaivamO, Guerra t^ America»
S20 BATTAGLIA DI MIRAFLORES
delBarranco; e non è da stupire se insiemeinente ardes-
sero di terrore le immaginazioni dei derelitti abitanti
della Capitale. Per le vie, nei ricolmi asili degli stra-
nieri, nelle Legazioni e Consolati esteri, e nelle resi-
denze medesime dei Ministri e dei Consoli, tutte, tutte
piene di gente da cima a fondo, non si sentivano che
guaiti, singhiozzi, sospiri. Ricordando l'attentato con-
sumato in Tacna contro l'Agenzia consolare d'Italia,
e quello dì due giorni prima appena contro T abita-
zione del Ministro inglese in Chorrìllos, neanche la
bandiera neutrale offriva sufficienti garanzie, e nessuno
si sentiva sicuro in nessuna parte. Tutti fuggivano dalle
loro case; tutti avrebbero voluto fuggir da Lima, e
nessuno sapeva né dove né come fuggire. Nessuno pen-
sava alle proprietà che abbandonava, alle sostanze che
andrebbero saccheggiate e perdute; non si temeva che
per la vita, e più che per la vita stessa, per 1* onore
delle donne.... e ve n'era ben donde!
L'accesa immaginazione presentava il temuto arrivo
dei chileni come imminente, come successo già, ad
ogni lontano rumore che si sentiva: il t^rore, la di-
sperazione degli animi era somma. Alle avvenenti
limegne, impazzite dallo spavento, pareva già di sen-
tirsi profanare le delicate carni dal brutale amplesso
del soldato ebbro di vino e di lussuria; e più volte
bisognò trattenerle qua e là dall' attentare alla propria
vita od alla propria bellezza, che preferivano distrug-
gere da sé, anziché lasciare esposte a tanta ignominia*
Il Corpo Diplomatico si mise allora un' altra volta
in moto. Credè che forse non aveva fatto ancora ab-
E RESA DI LIMA 521
bastanza per salvar Lima dai temuti eccessi della sol-
datesca chilena; e spedì in quella sera stessa due in-
viati a Baquedano - un Ufiziale dell' annata inglese ed
un altro dell'armata italiana - onde domandargli a nome
e per parte di esso Corpo Diplomatico un abbocca-
mento diretto ad impedire la rovina della città. L' Ufi-
ziale italiano, conte Roych, ritornò nella stessa notte
con una prima risposta verbale, che all'indomani sa-
rebbe stata portata dal suo compagno di commissione
l'attesa risposta del Generale in capo dell'esercito chi-
leno. E P indomani, 16, arrivava a Lima l'altro Ufì-
ziale, l' inglese Carey-Brenton^con una Nota del Gene-
rale Baquedano pel Decano del Corpo Dipomatico; Nota
nella quale, tolta a pretesto la slealtà addebitata ai pe-
ruviani della rottura della tregua, Baquedano conchiu-
deva comunicando la sua risoluzione di : a bombardare
fino da oggi stesso la città di Lima, se lo credo op-
portuno, fino ad ottenere la sua resa incondizionata. »
Questa Nota portava la data del i5 gennaio^ ore 1 1 p. m.
Prima di prendere una qualsiasi determinazione, il
Corpo Diplomatico mise detta Nota a cognizicxie del
Sindaco di Lima^ unica autorità peruviana ivi esistente,
che volle a sua volta informarne il Consiglio Muni-
cipale da lui premurosamente convocato. E poiché Lima,
abbandonata dal Dittatore che aveva nelle mani tutta
la somma del potere, e rimasta senza esercito, non era
in grado di opporre neppure la più leggiera resistenza,
il Consiglio Municipale deliberò di fame la resa, ed
autorizzò il Sindaco, Rufino Torrico, ad intendersi su
ciò col Generale in capo dell'esercito chileno.
522 BATTAGLIA DI MIRAFLORES
Ma bastava che Lima non fosse stata presa per forza,
bastava la sua resa a discrezione, per salvarla dalle
ire e dagli eccessi della soldatesca chìiena ? A rispon-
dere a questa domanda erano là vivi ancora gì- in-
cendi di Chorrillos, del Barranco, di Miraflores, e un
po' più lontano i tristi ricordi di Tacna e di Anca!
Ma era anche là il Corpo Diplomatico estero che
nel suo insieme aveva ai suoi ordini nell'acque del
Callao e di Miraflores accosto alla flotta cbilena, una
flotta propria assai più forte e numerosa - le flotte riu-
nite cioè dell'Inghilterra, della Francia, dell' Italia ecc^
le prime due delle quali avevano grandi e forti coraz-
zate; - ed esso, come s'è visto, aveva già dichiarato a
Baquedano nel mattino del giorno innanzi, prima della
battaglia, che era risoluto ad impiegar tutti i me^f x dì
che poteva disporre per salvare gP interessi e le vite
dei neutrali residenti in LinuL, e perciò Lima stessa.
Il Sindaco di Lima fu quindi accompagnato al campo
chileno dai medesimi Ministri esteri che formavano la
Deputazione Diplomatica del precedente giorno, la
quale era a sua volta accompagnata, come prima, dai
tre Comandanti delle squadre estere.
Il Generale in capo dell' esercito chileno volle che
la città si arrendesse a discrezione^ ed il Sindaco di
Lima, che non avrebbe avuto come sostenere una ne-
gativa, accondiscese.
Toccava allora alla Deputazione Diplomatica di
prendere la parola ; ed i Ministri d' Inghilterra e di
Francia esigettero in nome di tutto il Corpo Diplc^
maticó da essi rappresentato, ed in garanzia dei dirìtt;
E RESA DI LIMA 523
dei neutrali dimoranti in Lima, che non fosse portato
nessun danno od offesa alla Città. Non abbiamo fra
mani e forse non esisterà documento alcuno ufficiale
che riferisca genuinamente quelle trattative: ma era voce
quasi pubblica in Lima, quando noi fummo colà nel
luglio 1881, e ci fu confermato anche da persone che
potevano esseme informate, che ai succitati Diploma-
tici fessesi dapprima risposto che comunque si sarebbe
fatto ogni sforzo per tenere l'esercito a freno, era quasi
impossibile di prevedere ed impedire ì piccoli disordini
delle immancabili bande di soldati dispersi; e che a
ciò fosse stato a sua volta risposto da quello dei tre
comandanti delle squadre estere che fiiceva da capo
di tutta la flotta riunita, che laddove i soldati chileni
avessero intrapreso a rinnovare in Lima gli eccessi di
Cborrillos e del Barranco, la flotta straniera avrebbe
immediatamente fatto fuoco su quella del Chili; e che
solamente dopo questa formale e franca minaccia si
avesse la recisa assicurazione che l'esercito chileno sa-
rebbe entrato in Lima in buon ordine, senza commet-
tere neanche il più leggiero eccesso. Com' è di ragione,
senza garentire siffatta notizia, noi la riferiamo per
quei che è, come una semplice voce corsa nel pub-
blico, da cui la raccogliemmo senza esitare, per i molti
caratteri. di verità che ci parve di scorgere in essa, e
perchè consuona mirabilmente colle significantissime
parole colle quali il Ministro d'Italia in Lima chiu-
deva la Nota ufficiale colla quale informava il suo Go-
verno di tali fatti. Esse sono: e Risulta da questa suc-
cinta relazione che la salvezza di questa Capitale è
524 BATTAGUA DI MIRAFLORES
unicamente dovuta alla interposizione del Corpo Di-
plomatico (i). » Per dare al Sindaco il tempo neces-
sario di disarmare i resti del disperso esercito peruviano
che vagavano per la Capitale, e preparare la consegna
dell' arsenale e dei foni di San Cristobal e di San Bar-
tolomé, fu deciso che le prime truppe chilene occu-
perebbero Lima nel pomeriggio del vegnente giorno 17.
E dopo ciò fu scritto e firmato il relativo atto di resa,
che riproduciamo nella sua integrità:
e Nel quartier generale dell' esercito chileno in Chor-
rìllos, alle 2 p. m. del 16 gennaio 1881, si presenta-
rono ; Don Rufino Torrico, sindaco di Lima; S. E. de
Vorges, invialo straordinario e Ministro Plenipoten-
ziario di Francia; S. E. Spencer St. John, Ministro
residente di S. M. Britannica; il signor Stierling, ammi-
raglio britannico; il signor Petit-Thouars, ammira-
glio francese; ed il signor Labrano, comandante delle
forze navali italiane. Il signor Torrico espose che la
popolazione di Lima, convinta della inutilità della re*
sistenza della piazza, lo aveva incaricato di intendersi
col signor Generale in capo dell' esercito chileno circa
alla sua resa. Il signor generale Baquedano manifestò
che detta resa doveva essere incondizionata nel termine
di 24 ore, domandato dal signor Torrico per disar-
mare le forze che tuttavia rimanevano ancora orga-
nizzate. Aggiunse che la città sarebbe occupata da
forze scelte per conservare l' ordine. (Firmati) Manuel
Baquedano, R. Torrico, E. de Vorges, J. F. Vergara
(i) Nota del 2S gennaio 1881.
E RESA DI LIMA 525
(Ministro della guerra del Chili), B. du Petit-Thouars,
Spencer St. John, E. Altamirano (agente diplomatico
chileno), G. Labrano, J. H. Stierling, M. R. Lira, se-
gretario. »
La resa di Lima era una necessità, e fu la sua sal-
vazione. Riuscì però assai mal gradita alle grosse bande
di soldati' dispersi del disfatto esercito peruviano, che,
come s' è detto innanzi, avevano passata tutta la notte
precedente, ingombrando le piazze e le strade principali
della città, in attesa di qualche capo che curasse di
riorganizzarli e guidarli contro il nemico; e mentre
esse vagavano furibonde per le strade, manifestando
il lofx> malcontento per la conchiusa capitolazione, ar-
rivarono a 'Lima oltre 1 5oo soldati armati della guar-
nigione del Callao, malcontenti anch'essi dell'avve-
nuta capitolazione, col proposito di opporsi alla sua
esecuzione : marciavano questi agli ordini del Prefetto
del Callao, il quale erasi mosso a bella posta di là,
dopo aver fatto distruggere le batterie della piazza ed
i bastimenti e i pontoni da guerra peruviani che erano
nel porto, onde non farli cadere in mano al nemico.
Ma una vera e profittevole resistenza contro l'eser-
cito chileno non era possibile più, con si poche e di-
sorganizzate forze; e quindi l' opporsi alla esecuzione
della capitolazione non sarebbe stato altro che una ro-
vinosa foiba. Negli accesi e furiosi animi di tutti quei
soldati in disordine e senza capi, quelli che già erano
in Lima ed i naovi venuti del Callao che incontanente
si mischiarono e confusero fra essi, si fece strada al-
lora una nuova e terribile idea. Poiché non possiamo
5*6 BATTAGLIA DI MIRAFLORES
far nulla contro i chileni, dissero, castigbiatno e ven-
dichiamoci dei loro amici, i chinesi, da cui sono
stati tanto favoriti e protetti contro di noi.
E qui, per migliore intelligenza dei nostri lettori, è
necessario farci un poco indietro, e narrare un (latto
che per la sua poca importanza avevamo trascurato.
Sono già lunghi anni che il Perù è letteralmente in-
vaso da una grossa colonia di chinesi, fatti venire
espressamente dal Celeste Impero per addirli princi-
palmente al lavoro dei campi, al servizio delle grosse
haciendas o fattorie di canne di zucchero ed altro.
Questi chinesi, soggetti per molto tempo ad una specie
di tratta poco dissimile da quella dei negri, venivano
dai loro paesi con un contratto irrescindibile di loca-
zione d'opera per otto anni; e poiché spirato questo
termine rimanevano liberi di fare di se medesimi ciò
che volessero, preferivano quasi sempre allora di ab-
bandonare le haciendas per correre a Lima e nelle
altre città peruviane, ove si davano a servizi domestici,
od a piccole industrie libere. Mentre quindi le città, e
specialmente Lima, si sopraccaricavano di chinesi liberi,
molti dei quali erano divenuti più o meno ricchi col
tempo, massime col commercio di oggetti chinesi, le
haciendas erano sempre gremite di chinesi nuovi ve-
nuti, fino a due e trecento per ognuna, che desiderosi
di correre ai loro connazionali liberi nelle città, vi
stavano mal volentieri ; sicché bisognava costringerveli
colla forza. Molti di questi chinesi, durante la guerra,
cercarono di sfuggire ai loro contratti di locazione dì
opera, e quindi al lavoro delle haciendas^ rifugiandosi
E RESA DI LIMA 527
presso l'esercito chileno cui furono di grande aiuto:
mentre alcuni facevangli da spie, altri attendevano al-
l'ammannimento del rancio, al trasporto degli equi-
paggi, e, quel che è più, alla conduzione delle munizioni
nelle battaglie ; sicché si procacciarono Y avversione e
r odio dei soldati peruviani contro i quali tanto si af-
faticavano (i).
Non è quindi molto da meravigliare se in quei mo-
menti di suprema confusione ed esaltamento, i soldati
peruviani lasciati a sé stessi ricordassero i gravi torti
dei cbinesi, e pensassero a trarne aspra e feroce ven-
detta sui confratelli e connazionali di quelli, che abita-
vano la Capitale. Come facilmente avviene in tutte le riu-
nioni tumultuose di gente del popolo, appena manife-
stata siffatta idea da uno o più, corse e si generalizzò
all' istante ; e pochi minuti appresso tutta quella turba
di soldati indispettiti e furenti si recava al quartiere
della città che occupavano i chinesi, per far tremendo
macello di loro e delle loro proprietà ; sicché cadevano
appena le prime ombre della notte del 16, quando comin-
ciarono a sentirsi ripetuti spari di fucile, ed a vedersi
(i) « n comandante Lynch era partito da Fisco il 13 dicem-
bre alla testa di 5000 uomini (parte delle due divisioni sbarcate
ivi nel novembre).... accolse nelle sne file (strada facendo) tutti
i laroratorì chinesi che si rivoltavano contro i loro oppressori.... il
25 dicembre arrivò a Curayaco.... menava seco 200 bovi, qual-
che cavallo, 600 asini e più di mille chhusi^ che resero i più
grandi servigi durante il resto della campagna. >
BaRROS à&ana, Storia della guerra del Pacifico^ parte 2*, p. 140
e 141. -" Ediz. francese.
528 BATTAGLIA DI MIRAFLORES
ergere nell'aria grossi nugoloni di fumo, cui tenne
dietro ben presto la sinistra luce degl' incendi!.
Erano gli spari che si facevano contro i chinest:
erano le abitazioni ed i magazzini dei chinesi che ar-
devano ! Né il disordine si fermò lì. Attorno e frammezzo
ai soldati sì aggirava la più bassa plebaglia della Ca-
pitale, che fatta ardita dalla sicurezza della impunità*
cercava di trar profitto da siffatta congiuntura, unendo
all' incendio il flirto, il saccheggio. Fu quella una notte
assai triste ed angosciosa per la sventurata città!
GÌ' incendi si moltiplicavano, il disordine minacciava
di estendersi anche al di fiiori del quartiere chinese,
in tutte quelle strade cioè dove si trovasse una sola
casa, un solo magazzino di chinesi; e non v'era au-
torità, non v'era forza pubblica che potesse porre un
freno a tanto eccesso.
La Guardia Urbana che, come si sa, era stata or-
ganizzata nel dicembre per mantenere 1' ordine pub-
blico in Lima, più non esisteva : era stata da qualche
giorno appena disciolta dal Dittatore, perchè una none
aveva messo la mano su di un suo fido, sorpreso da
essa in istato poco conveniente a persona altolocata*.
Ma le Pompe straniere, prima l' Italiana e poi Tln-
glese e la Francese, non si fecero aspettare a lango.
Sfidando ogni pericolo, esse corsero veloci dove più
tremendo ardeva il tumulto e l'incendio, a compiere
con abnegazione la loro tanto generosa e benefica mis-
sione. Respinti più volte a colpi di fucile dai forsen-
nati che avevano promossi gì' incendi! e che non vo-
levano vederli estinti, i coraggiosi Pompieri italiani.
J
E RESA DI LINfA 529
francesi ed inglesi, tutti insieme e concordi nella santa
opera loro, non indietreggiarono mai, neppur quando
qualcuno di essi cadeva morto o ferito. Armati sola-
mente della loro scure, lottarono tutta la notte contro
gì' incendii e gP incendiarli; e quando in sul mattino
dei 17 ebbero dal Sindaco alcune poche armi da fuoco,
non fìi più per essi che semplice questione di un momento
il far ritornare la calma e l'ordine più complèto nella
derelitta città. Mentre alcuni attendevano ad estinguere
gì' incendii, altri si misero all' inseguimento dei soldati
e della marmaglia, che presto disarmarono e disper-
sero. Onore a loro 1 In quella occasione, come sempre,
i Pompieri italiani, francesi ed inglesi, col loro corag-
gio e col loro zelo onorarono sommamente se stessi
e i loro paesi (i).
(i) Dal rapporto che il Comandante della Pompa italiana,
G. Varese^ rimetteva al Ministro d' Italia in Lima il 30 gen-
oaio 1881, rileviamo i ses;uenti dati di fatto:
La Compagnia italiana dei Pompieri Roma prestò servizio di
Guardia Urbana per 19 giorni nel dicembre e gennaio. - Som-
ministrò una competente guardia ai tre Asili aperti in Lima per
le famiglie italiane. -Quando la sera del 13 gennaio i88x giun-
gevano a Lima i feriti di S. Juan, essa accorse con 33 lettighe
preparate dal Comitato italiano per trasportarli agli Ospedali. -
Provvide per soscrizioni e somministrò alimenti per 3 giorni ai
feriti negli stessi Ospedali. - La sera del 1 6, quando i soldati
irritati e la furiosa plebaglia devastavano ed incendiavano il quar-
tiere diìnese, ossa si fa strada in mezzo ai facinorosi fra i colpi
di lucile, pone le sue pompe a domare gV incendii insieme alle
pompe inglese e francese; e lavora alacremente tutta la notte
gettando acqua ed isolando il ihoco: bersagliata dalle palle dei
530 BATTAGLIA DI MIRAFLORES
A preghiera del Sindaco di Lima, alcuni Ufiziali
delle navi da guerra italiane ed inglesi curarono nella
mattina del 17 di far disoccupare i forti di San Cri-
stobal e di San Bartolomé, nonché V Arsenale di Santa
Catalina onde adempiere ai patti della capitolazione;
ed alle 4 p. m. una divisione di truppe scelte delP eser-
cito chileno entrava silenziosa e con ordine perfetto in
Lima. Vi entrava con tutto il rispettoso raccoglimento
col quale si entra in un camposanto : ed in efifetti, la
splendida ed allegra Regina del Pacifico presentava in
quei momenti tutta la triste maestà di un vasto e mo-
numentale cimitero 1 Non un peruviano, non una pe-
ruviana per le strade, ove solo si vedeva dì qua e di
là qualche straniero più o meno curioso ; non una bot-
tega, non una porta, non una finestra aperta, non un
occhio indiscreto dietro un vetro.... nulla.
Tutto era silenzio, tutto spirava tristezza e desola-
zione 1
rivoltosi, non guarda a pericoli, corre da un incendio all'altro,
trasporta le macchine dove è maggiore il bisogno ; ha braccia,
ha soccorsi per tutto. — Quando nelle prime ore del 17 le Auto-
rità di Lima diedero armi per rimettere 1' ordine, bastarono 30 uo*
mini della Compagnia italiana, perchè insieme a pompieri in-
glesi e francesi disperdessero ben tosto la canaglia, ed in breve
i furibondi e gli incendiarii furono disarmati. — Ricupera lo
stesso giorno gli oggetti rubati, e li restituisce ai proprìetarìi.
Per tre continui giorni h in moto ad estinguer qua e Ule fìamme
rinascenti. - In mezzo a fatti così belli morì Garriva Giuseppe
colpito da una palla nel capo; furon feriti Buccicardi eLavagg^i.
Lode e somma a voi, o generosi, che sapeste compiere tante
e sì nobili azioni I
E RESA DI LIMA 531
Diamo uno sguardo indietro.
n Chili stava da più anni preparato, stava come al-
l' agguato per cogliere in opportuno momento il Perù,
r amico, il fratello, cbe fra le domestiche discordie di-
menticava se stesso: arrivato questo momento, getta
sollecito la maschera, lo trascina violentemente sui
campi di battaglia, lotta unito e compatto con tutte
le proprie forze, approfitta degli errori e delle scia-
gure interne del nemico per batterlo, e conculcando
ogni diritto di giustizia e di umanità, V opprime, lo
lacera, l'insulta e si fa signore e despota in casa di
quello.
Il Perù, mentre inerme dibattevasi penosamente fra
la triplice crisi, finanziaria, sociale e politica, è preso
alla sprovvista in una guerra sorta per la Bolivia, nella
quale questa prima lo danneggia, poi l'abbandona; e
lotta due anni per difendere il suo onore e la minac-
ciata sua integrità nazionale. Ma più che dal nemico ag-
gressore, è roso e conquiso dai vecchi abiti della sua
lunga vita rivoluzionaria; ed i suoi governanti che,
elevati dalle rivoluzioni di oggi o di ieri, non sono af-
fatto l'espressione della volontà e della mente del paese,
non sanno o non vogliono approfittare di tutte le ri-
sorse di cui esso è capace, e lo trascinano fatalmente
di errore in errore non alla sconfitta, ma al sui-
cidio.
Il Chili fece tutto quanto poteva e sapeva per vin-
cere: se avesse dovuto fare uno sforzo di più, anche
il più insignificante, sarebbesi trovato impotente a farlo,
e sarebbe rimasto umiliato e sopraffatto.
532 BATTAGLIA DI MIRAFLORES
Se i Governanti del Perù avessero commesso un
solo errore di meno, se avessero saputo impiegare nella
guerra non altro che ì due terzi delle forze del loro
paese, il Perù avrebbe indubitatamente vinto; e non
possiamo che ripetere una verità già accennata altrove;
non fu il Chili che vinse il Perù; il Perù cadde da se
medesimo ai piedi di un nemico avido delle sue spoglie.
INDICE
I. Cause della- guerra fra il Chiù e la Bolivia. i5
§ I. Manifesto del Governo del Chili per l'occupazioDe di una
parte del territorio boliviano e Contro-Manifesto della Bo-
livia. " Limiti delle Colonie spagnuole fino al i8ia - Situa-
zione del deserto boliviano di Atacama fra il Perù e il Chili. -
Prove storiche e geografiche del confine del Chili al fiume
Paposo o Salato, giusta il principio dell' ufi possideiis ameri-
cano. - L' Atacama fii legittimamente posseduto dalla Bolivia
fino al 1842. - Come il Chili usurpò una parte del deserto
di Atacama nel 1842. - Vane rimostranze . della Bolivia e
primo Trattato di confini. > Società fra il Chili e la Bolivia
sa^Vi utili di esportazione del guano e dei minerali, a vantag-
gio del Chili. " Nuovo Trattato del 1874 e 1875, pure vantag-
grioso al Chili. - §. 2. Il governo illegale di Melgarejo concede
Taso di una parte del deserto di Atacama alla SocUdad Espio*
tadara, - L'Assemblea Nazionale annulla gli atti di Melga-
rejo : quistioni e richiami che ne nascono con le Società successe
alla prima. - Transazione ed imposta di dieci centesimi e sua
ragione. - La Società ricorre al Chili. - Negoziati fira la Bo-
534 INDICE
livia ed il Chili. - Quistìone dell' arbitrato. - Negata dalla
Società Esplotadcra \ imposta arretrata, la Bolivia dichiara re-
scissa la Transazione, e decreta che sia reso libero il toreDo
occupato. — La Società non se richiama ai Tribunali. - H
Chili dichiara rotto il Trattato di confine ; immediata occopa-
zione d'Antofagasta. - Come il Chili la giastifica. - La BoUm
non provocò il Chili nelle trattative con la Società. - Ragione
dell'occupazione d*Antofagasta. - Il titolo specioso di ròw-
dicatwfu non regge, perchè il Chili non ebbe mai il dominio
di quella regione.
II. Cause apparenti della guerra fra il Perù ed
IL Chili 5i
Il Perù si offre mediatore fira la Bolivia e il Chili. — Come fosse
ricevuto il Plenipotenziario peruviano a Valparaiso : docsmenti
ufficiali. - Istruzioni date dal Perù al Plenipotenziario per la
mediazione. - Il Chili, cambiata la questione, non accetta i
buoni uffici del Perà, se non a condizione di mantenere \ oc-
cupazione fino al pronunciato degli arbitri. — Il Plenipoten-
zìario, sulla nuova qnistione di limiti, non aveva istruzioni. -
Perchè non poteva averle. — É interrogato circa al Trattato
d' alleanza con la Bolivia. - Decreto del Governo della Bo-
livia che provvede allo stato di guerra creato dall'invasione
Chilena del territorio nazionale. — Il Chili lo considera spe-
ciosamente come una prima dichiarazione di goeira, e & la
parte del provocato. - Don Domingo Santa Maria : sua con-
dotta col Plenipotenziario peruviano. — Il Chili ridiiede neu-
tralità al Perii : condizioni inaccettabili : negoziati in proposito.
— Il rappresentante del Chili a Lima insiste sulla neutralità:
risposta del governo peruviano. - Sulla sospensiva del Perà,
durante i negoziati, il Chili dichiara rotte le amichevoli re-
lazioni. - Suggestioni e minaccie al Perù per la neutraliu*
immediata. — Il Plenipotenziario del Perù spiega al governo
chileno il concetto del Trattato d' alleanza colla Bolivia. -
Dichiarazione di guerra fatta dal Chili : eccessi del popolo db
INDICE 555
Valparaiso. — Disparità nelle ragioni della dichiarazione di
guerra addotte dal Governo chileno e dal suo Ministro a Lima.
- Esame dei pretesti della guerra addotti come ragioni dal
Chili. -> Perchè ritardasse il Perù a dichiarare la sua neutra-
h'tà. — Non è vero, come volle il Chili, che il Perù non po-
tesse dichiararsi neutrale ; non gli fu lasciato tempo. — Esame
del trattato d' alleanza. — La condotta del Chili ne giustificava
il disposto. — Gli armamenti del Perù e i soccorsi dati alla
Bolivia furOn pretesti. - Il Perì!!, anche neutrale, aveva diritto
d' armarsi. - Il Perù non era in condizioni da voler la guerra.
HI. Vere cause della dichiarazione di guerra al
Però in
§ I. Perchè il Chili volle ad ogni costo la guerra contro il Perù.
- Il Chili sapeva che il Perù non era pronto alla guerra. -
Lo stato economico del Chili non era florido. - Il Chili volle
profittare delle sfavorevoli condizioni del Perù. » Superiorità
delle forze navali del Chili : come preparate. — Il Chili ap>-
profitta della debolezza del Perù trascurando ogni uso di pra-
tiche diplomatiche. — A che tendessero le pressioni chilene
per la dichiarazione immediata di neutralità. - Durezza della
vita dei chileni e loro governo oligarchico. » Tendenze alla
conquista. — Il Chili ricetta i fuorusciti di altre nazioni, e ali-
menta le rivalità fra di esse. » Come tentò di inimicare la
Bolivia col Perù : a qual fine lo facesse. — Antiche aspira-
zioni del Chili alla conquista. — Il Chili e il generale Que-
vedo e la Bolivia. - Conseguenze che sarebbero derivate dalla
neutralità del Perù. — La guerra intrapresa a danno della
Bolivia, era in effetto diretta contro il Perù. - Documenti. -
§ 2. La popolazione chilena si divide in due classi : la classe
media non ha parte importante. - La plebe è divisa in ptones,
inquilino s, irabajadores de minas, — I p€onts. — Gli ióquili^
nos, — I irabajadores de wi/raj. -Il -^«y/^^. — Prodotti del Chili.
- L'Araucania. - Aumento di popolazione. — Commercio d'im-
portazione e di esportazione. — Malessere economico del Chili.
34. — Ca IVANO, Guerra <t America.
556 INDICE
» La produzione dei grani del Chili e loro esportazione. -
Produzione del rame. — I Chileni accorrono in folla nei de-
serti di Tarapacà e di Atacama. -> Il Perù prima non cura,
poi riduce a privativa dello Stato 1' esportazione del nitro. -
Emigrazione del Jioto chileno. » Crisi economica del Chili. -
La conquista fu creduta l'unico modo d'uscir dalle strettez^^
- La gelosia non fu l' ultima causa della guerra — Perchè an-
che le donne chilene acclamassero alla guerra.
IV. Il Perù ' i85
Prime origini delle discordie civili al Perù. — Il Perù ebhe una
civiltà prima della dominazione spagnaola. — Gli Inca. - Come
si formarono le tre razze, causa prima dei mali del Perù. -
Come si mescolarono le razze. » Varietà provenienti dagli
incrociamenti delle diverse razze. — Popolazione del Però
distinta per razze, nell'anno 1 79C. — Famiglie S|>agnuole star
bilite al Perù. » Civiltà e coltura che esse vi pollarono. -
Dopo la guerra d' indipendenza si adotta la forma di governo
di repubblica democratica. — Disordini che ne nacquero. -
Lima e sua popolazione eterogenea. — I pronttncùtmiemUs."
Il partito militare. - Come e perchè avvengono le rivoluzioni.
- I caidos. - La donna peruviana : sue qualità ed ìnflaenza.
- La marina peruviana : perchè è superiore al soldato dì
terra. — Gli affaristi e gV intriganti. — Danni derivati allo
Stato dai raggiri degli affaristi. - Il partito ciuUista, - Cause
che resero vani i tentativi del civilismo. Il Presidente Pardo.
- Le Banche e la moneta cartacea. » Prestito allo Stato, e
corso forzoso. - José Simeon Tejeda. - Il generale Prado. —
Agitazioni di ordine sociale. » Assassinio di Manuel Pardo. *
Governo debole ed esautorato.
V. Forze di mare e di terrà dei tre Stati bel-
ligeranti 227
La Bolivia non ha marina. - Corazzate ed altre navi da guerra
del Chili. - Loro forza ed armamento. - Corazzate ed altre
INDICE 557
navi peruviane e loro forza. -> Esercito boliviano. ~ Esercito
peruviano. — Esercito chileno.
VI. Operazioni e combattimenti navali 233
Il Chili disegna d' impossessarsi del deserto peruviano di Tara-
paca. — Iquique. — I chileni non ardiscono di occuparla, sei'
bene avessero forze molto maggiori. — Blocco alla lontana.
— Il Perà si prepara, come può, alla difesa: il Chili vorrebbe
e non sa impedirlo. — Che fece la flotta chilcna dal 5 aprile
alla metà di maggio. - Muove verso il Callao. - La flotta
peruviana si dirige ad Arica, quindi ad Iquique. - Combat-
timento fra il Huascar e la Esmeralda, - U Independencia
insegue la Covadonga, - Naufragio della Independencia e bar-
barie chileua. - Danni ricevuti dalla Covadonga. » La spa-
nderla chilena canta vittoria. - Eroi di nuovo stampo. -
Il Huascar rimane solo contro le corazzate chilene. Sue glo-
riose gesta. — É temuto dalle navi chilene che lo corteggiano
a distanza. — Inoperosità dell' esercito chileno. — Malcontento
del popolo chileno per la lentezza delle operazioni guerre-
sche. — La flotta chilena abbandona Iquique. — Insufficienza
dei marini chileni. - Come avrebbero potuto vincere assai
prima. -> Il Huascar dà nella rete della flotta chilena. — Ultima
lotta del Leone del Pacifico, — Eroismo di Miguel Gran, - Mil-
lanterie chilene e prove ufliciali che il Huascar non si arrese,
VII. Sbarco di Pisagua 281
La flotta chilena da Antofagasta muove a Pisagua per invadere
il deserto di Tarapacà. — Pisagua e sue difese. — Disposi-
zioni delle forze chilene, e bombardamento di Pisagua. -
Sbarco contrastato da pochi uomini perù-boliviani. — Incendio
di salnitro e di carbone. ~ Lotta corpo a corpo. - Arnesi
di guerra abbandonati imprevidentemente agli invasori. -Per-
chè fu bella la resistenza della guarnigione e brutta la riti-
rata. — Eccellenti qualità del soldato peruviano. — L'ufficiale
peruviano. -> Sua natura e suoi difetti. - Eccezioni.
558 INDICE
Vili. Battaglia di San Francisco o di Dolores . 293
Esercito perù-boliviano. - Perchè il deserto di Tarapacà era desi-
gnato come il vero luogo della guerra. — Inoperosità dì Prado
e di Daza. — L' esercito era sparso. - Doppia mira dell'esercito
chileno per lo sbarco a Pisagua. » U esescito chileno si con*
centra in Dolores. - Cattiva situazione dell' esercito peruviano
in Iquique. - Piano di operazioni e mossa degli eserciti. -
Daza giunge a Camaroncs. ~ Retrocede. - Voci di tradimento.
~ L'esercito boliviano si rivolta e rovescia Daza dalla Pre-
sidenza. - Altra rivoluzione in Bolivia. ~ René Moreno, in-
termediario per le trattative fra Daza e il nemico. - 1 chileoi
temevano del generale Daza« - Prove. - L* esercito peruviano
di Iquique si appressa, e i chileni decidono di attenderlo in
Santa Catalina, - I peruviani avevano ritardato per aver de-
viato. - I chileni cambiano proposito. - Si dispongono illa
difesa in Dolores. > Collina di S. Francisco. - Arrivo e
disposizione dell' esercito perù-boliviano. - Discordie. -> L* ala
destra comincia il fuoco e l'assalto. - Rapporti del colonnello
Suarez e di altri sulla battaglia. - Fuga dei boliviani e acco-
glimento fatto loro in Bolivia. -> Il fatto d' armi di S. Francisco
ha poca importanza militare. - Invidie e rivalità fra li affidali.
• Conseguenze di questa battaglia vantaggiose ai chileni.
IX. Battaglia di Tarapaca 337
Dopo quattro giorni dalla battaglia di S. Francisco, i chileni
raggiungono l' esercita peruviano a Tarapaca. - Aspettano
rinforzi. - Numero 1 ispettivo degli eserciti. - L'esercito pe-
ruviano era disorganizzato. - Tarapaca. — Sorpresa e valo-
rosa difesa dei peruviani. ~ Lo storico Mackenna vuole atte-
nuare la disfatta dei chileni. - Sebbene ai peruviani difettassero
le munizioni, essi riportarono una splendida vittoria. -'Perchè
non fu di alcun profitto al Perù. - I peruviani si dirigono
ad Arica. - Millanterie chilene. - Il deserto di Tarapaca ri-
mane in potere dei chileni.
INDICE 559
X. Rivoluzione e dittatura di Pibrola 353
n general Rrado da Arica torna a Lima, e di nascosto parte
dal Perù. - Proclama che lascia. - La sua partenza si pre-
senta al paese con tatti i caratteri di una faga. - Sue fatali
conseguenze. — Pronunciamicnto e rivoluzione del 21 dicem-
bre a favore di D. Nicolas de Pierola. - Pierola s' impossessa
del Callao. — Deliberazione dei Comandanti dei corpi. - Per
le gravi circostanze della guerra Pierola è accettato dalle po-
polazioni di Lima e del Callao. - Ritiro del Vice-Presidente
La-Puerta. - Comizio popolare e deliberazione del Consiglio
Municipale che eleva il Pierola alla prima magistratura dello
Stato. — Entra in Lima: proclama al popolo. — Precedenti del
Dittatore.— Come avrebbe potuto fare un gran partito nazionale
e salvare il paese. - L'ambizione lo travia. - Per assicurarsi il
potere cerca distruggere i nemici personali e sfoga gli an-
tichi odii del cospiratore. - Si circonda di clericali. - Strano
decreto con cui nomina se stesso protettore della razza in-
digena.
XI. Tacna ed Arica 369
§ I. Il contrammiraglio Monterò. — Poteva non riconoscere la
dittatura di Pierola. — Il dittatore teme di lui. — Lo priva del
comando politico e militare delle provincie del Sud. - Eser-
- cito di Monterò. - Rinforzi che si prepararono dal Governo
di Prado in Lima e in Arequipa per l' esercito di Monterò. —
Perchè Monterò non potè occupare le strette di Sama. — De-
creto dittatoriale per disorganizzare 1' esercito di Monterò. —
Nota di esso che disapprova quella disposizione. - Soccorsi
derìsorii mandati da Pierola all' esercito di Tacna. — Ardita
impresa della UmoH per portarli, deludendo il blocco di Arica.
^ — Cattivo stato e numero dell' esercito di Tacna. — Si di-
spone, sotto il comando del generale Camperò, sul campo
deir alUanMc. — Battaglia, e disfatta degli alleati. — Relazione
del generale Camperò. — Relazione che ne diede Ei Mercurio,
— Rapporto di Monterò. — L' esercito d' Arequipa s'attardò a
56o INDICE
bella posta per via. - Parole di Vicuna-MackenDa. - Dopo que-
sta battaglia il Perù fu in balla dei chiieni. — I soldati pero-
boliviani sgombrano Tacna. - È occupata dai chiieni : atro*
cita che vi commettono. - Nota-protesta del Corpo Consolare
di Tacna al generale in capo. — Saccheggio delle pulpn'u
degli italiani, e uccisioni di essi. — Offesa alla bandiera na-
zionale italiana. - Dichiarazione dei testimoni al fatto. -
§ 2. Arica non poteva far resistenza. » Le posizioni del
Morrò e del Cerro Cordo, — Generosa risposta del colon-
nello Bolognesi all' intimazione di resa. — Morte del colon-
nello e del suoi pochi. - D. Roque Saenz-Pena. - Saccheg-
gio ed uccisioni, specialmente d* italiani, in Arica.
XII. Estorsioni chilene e negoziati per la pace 4i3
Il Chili s' impossessa delle rendite e delle fonti di ricchezza del
Perù. - Ordina la esazione di balzelli di guerra nelle città
e terre dell' indifeso littorale peruviano. - Documenti che
riferiscono la specie e la quantità del bottino. - Relazione
degli oggetti contenuti in casse spedite al Chili. - Contri-
buzioni pagate in denaro. — Fatti di Moquegua. — Gli Stati
Uniti offrono la loro mediazione. — I Plenipotenziari si riuni-
scono a bordo della Lackawapa, — Condizioni che il Chili
pose per la pace. - Conferenze. — Il Chili non accetta la
proposta dell' arbitrato. — Il Perù dichiara inaccettabili le
esigenze del Chili.
XIII. Battaglia di San Juan e distruzione di Chos-
RILLOS 435
Il Chili intende ad approfittare sempre più della debolezza del
Perù. - Riuscite vane le conferenze per la pace, muove cen-
tro Lima. - Sbarco di Fisco. - Tentativo di bombardamento
del Callao. - Perdita di El Loa, della Covadonga e della
Fresia. - La Bolivia, di fatto, non partecipa più alla guerra. •
Il Dittatore Pierola : l'ambizione e la vanità Io ingolfano ìq
INDICE 561
naoTi errori. - Gli ufficiali, lasciate le gare partigiane, solo
desiderano battersi contro lo straniero. - Pierola diffida di
tutti :- guasta r esercito, scioglie la guardia nazionale e crea
l'esercito di riserva, gli ufficiali temporanei e il Baiiaglione
deposito. - n nuovo esercito di Pierola fu un' accozzaglia d'ar-
mati. — Egli volle essere il generale in capo : ambiva ad una
vittoria tutta sua. -Aspetta il nemico alle porte di Lima. -
Fortifica San Cristobal e San Bartolomei - Contraria il sen-
timento pubblico che voleva nuove forze navali. • Il suo
piane. - II pubblico peruviano era malcontento ; perchè tol-
lerò Pierola. — Lo sbarco di Pisco indicava che si attacche»
rebbe Lima dalla parte di Lurìn. - Tablada e Valle di Lurin.
- Linee di difesa. - I ridotti. - Le mine automatiche. - I
preti e il Vicario Castrense. - Sbarco di Oerayaco. - L' eser-
cita chileno poteva esser disfatto io Lurin. - Come Pierola di-
spose gli eserciti. — Rimostranze e consigli dei generali non
ascoltati. — Gli Asili e la Guardia Urbana. - Disposizione
dell'esercito chileno, e attacco del 13 gennaio 1881. -
Valorosa resistenza dell' ala diritta : Iglesias è fatto pri-
gioniero. - La riserva : un battaglione tagliato a pezzi. —
U ala sinistra non prese parte alla lotta. - La cattiva
collocazione dell' esercito e 1' incapacità di Pierola furon
causa della disfatta. - Suo scoraggiamento durante la batta-
grlia. — I fuggitivi peruviani si riducono a Mitaflores. - 1 chi-
leni a Chorrillos, -> Sacch^gio, devastazione e incendio. -
Orgia, ubriachezza e sangue. — I comandanti non posero
freno agli eccessi dei soldati. — La distruzione di Chorrillos
non i dovuta tutta alla sfrenatezza della soldatesca: sembra pre-
meditata e consentita. — Nota diplomatica e sua risposta. -
Perchè non arsero i ranchos degli aderenti chi leni? — Sac-
cheggi ed incendi al Barranco. — Né a Chorrillos né al Bar-
ranco si rìspettaron gli stranieri neutrali. — Danni patiti dalla
colonia italiana. — Atrocità chilene: uccisione di 13 italiani.
— Che* fece il Governo italiano ? - La debolezza dei legni
italiani offri argomento di scherno e di baldanza ai chileni. —
I^a favola del Battaglione italiano. - Perdite del Chili e del
sei
INDICE
Perù Della battaglia di San Juan. ~ Perchè i ci
nano a chiamare Batiaglia di Chorrilhs un sei
d' arme alla stazione^ ferroviaria.
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XIV. Battaglia di Mhuflores e resa oi Li
Seconda linea di difesa. ~ Le trincee : distribazione
peruviano. - Opportunità di rivincita non saputa
Dittatore. - Il generale chileno manda un araldo |
di pace. — Il terrore in Lima : gli abitanti fuggon<
o in Ancon. — Il Corpo Diplomatico di Lima chi^
pei neutrali. — Tregua e sua improvvisa rotti
fu la colpa? — Considerazioni che inducono a
verità. — Battaglia. - I Chileni sono respinti d^
Disfatta dei Peruviani. - I Battaglioni di risei
dimento e incapacità del Dittatore. - Lascia
parte delle forze peruviane senza prender parte
glia : ordina a queste di disperdersi. — Abbandoi
ritira fra i monti. -> Nel campo chileno si pensi
battaglie. — Spavento degli abitanti di Lima. «-
plomatico si interpone nuovamente : Risposta
chileno. - Voci di minacele fatte dal Corpo Di]
Il Corpo Diplomatico salva Lima. — Atto di rei
dini in Lima contro i chinesi. — Ingresso dei chil<
« Conclusione.
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STORIA
DELLA
GUERRA D'AMERICA
FRA
IL CHILI, IL PERÙ E LA BOLIVIA
PARTE SECONDA
(LA BOLIVIA)
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TORINO
ERMANNO LOESCHER
ROMA - FIRENZE
1886
STORIA
DELLA
GUERRA D'AMERICA
TOMMASO CAIVANO
• STORIA
DELLA
GUERRA D'AMERICA
FRA
IL CHILI, IL PERÙ E LA BOLIVIA
PARTE SECOI*DA
(LA BOLIVIA) ""'^: ^. VérlT:'
TORINO
ERMANNO LOESCHER
ROMA - FIRENZE
1886
PROPRIETÀ LETTERARIA
Diritti di riproduzione e traduzioni riservati
252 — Firenze, Tip, dell'Arte della Stampa, Vìa delle Seggiole, 4.
ALLA
VENERATA MEMORIA
DI
GERARDO E LUISA CAIVANO
CON AFFETTO DI FIGLIO RICONOSCENTE
PREFAZIONE
A Bolivia, prima causa, se non
altro, occasionale della guerra
de! Pacifico, dopo il gran rumore
menato all'esordire del conflitto
— quando invaso per sorpresa dal Chili il
suo territorio di Atacama, domandava a ti-
tolo d'alleato il soccorso e la protezione del
Perù — fu vista poco o nulla sui camiri di
battaglia.
Dopo la memorabile giornata deWAlto de
la Aliatila (26 maggio 1 880) alla quale prese
parte con una piccola divisione di 3000 uo-
IO Prefazione
mini, i suoi mutilati battaglioni ritornarono
sollecitamente in patria, donde più non usci-
rono; e la guerra, fin dal principio ridotta
sul territorio dell' alleato, ossia del Perù, ri-
mase tutta a carico di quest'ultimo, che, fra
rovesci ognora maggiori, si trovò sempre solo
di fronte al nemico comune.
Sopravvennero infatti, le due sanguinose
battaglie di San Juan e di Miraflores, che
trassero seco la resa della Capitale peruviana ;
sopravvenne la lunga agonia del Perù, che
fieramente contorcendosi per circa tre anni
ancora sotto il ferreo calcagno dell' ingene-
roso vincitore, mantenne sempre un ultimo
baluardo di resistenza in Arequipa — ultimo
e vero baluardo, più per la Bolivia di cui guar-
dava le porte, anziché per se medesimo; —
e la Bolivia, come se cosiffatta guerra le fosse
completamente estranea ed indifferente, non
era rappresentata sui campi di battaglia nep-
pure da un solo soldato.
Una condotta cotanto inaspettata e, dicia-
molo pure, cotanto strana — sia rispetto alla
Prefazione ii
lealtà verso il proprio alleato, da essa tratto
alla guerra e poi lasciato li, sia rispetto ai
proprii interessi abbandonati completamente
alla mercè di un nemico che non dava nes-
suna mostra di benignità verso i vinti — esi-
geva uno studio serio ed accurato, onde ar-
rivare a scuoprime i veri moventi, le vere e
più riposte cause.
Ma delle cose di Bolivia fuori dei suoi con-
fini esct solo un' eco tanto debole e confusa,
e tanto frammista di dubbiezze ed esagerazioni
di ogni genere, da farsi assolutamente impos-
sibile il distinguerne alcun che di vero.
Onde sfuggire, nonché al pericolo, al so-
spetto stesso di poter esser tratti in errore da
false apparenze o da poco esatte informazioni,
occorreva varcare le sue frontiere; e là, sul
luogo, raccogliere personalmente buona messe
eli dati veritieri e fedeli, conoscere da vicino e
studiar tutto da sé, uomini e cose. E ciò ap-
punto facemmo, sobbarcandoci con coraggiosa
rassegnazione ai disagi e ai pericoli di lungo
o faticoso viaggio.
J2 Prefaxiotu
Fortunatamente, non ci fu difficile raggiun-
gere il nostro scopo. Ed anzitutto avemmo
ragione di convincerci che non sarebbe punto
agevole di comprendere la condotta tenuta dalla
Bolivia in questa guerra, senza conoscerjB an-
ticipatamente la speciale sua maniera di es-
sere nel quadruplice ordine — fisico, sociale,
economico e politico, — tutto concatenandosi
insieme col rigore di quella suprema legge
fisica e morale che subordina gli effetti alle
cause.
Roma, gennaio 1886.
I
SOMMARIO
La Cordigliera delle Ande. - Topografia della Bolivia. - Altezza
delle sue principali dttà sul livello del mare. - Lo si direbbe
un paese collocato nella r^one dei cirri I - Ecoetionale va-
rietà di cUmi e di prodotti agricoli. - Il monte Illimani e sua
maravigliosa spedalità. - Ricchezze metallorgiche. - Il famoso
monte Potosi. - H soroche» - Miniere: loro auge durante l'epoca
coloniale: loro posteriore decadenza. - Jnjtmos, - Difetto di
strade. - Il vapore Vavarf. * H gran lago Titicaca. - Ferrovia
tra MoUendo e Puno. - Sentieri. - Sistemi di locomozione. -
Mezzi di trasporto pei bisogni commerciali. - Stagione delle
pioggie e suoi effetti - Vestigie di antiche dviltà e di remoti
abitatori di cui non si ha alcuna notizia: rovine di Tiaguanacu:
monumenti di Camataqui: le Chulpas,
La CordigKtra delie Ande
grandiosa catena di montagne che sotto
1 nome di Cordigliera delle Ande si eleva
pgante dall' istmo di Panama allo streno
li Magellano, formando come la spina
lorsale dell'America Meridionale — dove
allargandosi in grandi aggruppamenti di monti altissimi
e colossali, dove estendendosi in rami laterali più o meno
lunghi — si biforca nel parallelo i4 in due catene com-
pletamente staccate fra loro. Dopo il corso di oltre sette
gradi, tornano queste di bel nuovo a ricongiungersi en-
trambe in un solo ed unico sistema fra il 21° ed il 22"
parallelo, ove formano il così detto ma£i:(0 de los Andes;
ossia una immensa regione alta e rocciosa, nella quale
non si vede geno'almente che qualche magro cespu-
glio ed una sterminata quantità di cacti giganteschi,
i quali, a misura che si eleva il livello del suolo, vanno
gradatamente coprendosi dì lunga e bella barba bianca
o rosea.
Io questo maraviglioso anello delle Ande, ove pare
che la natura siasi ingegnata del suo meglio a dare
la mostra più completa della sua potenza, trovasi il fa-
moso lago Titicaca, cui fa seguito il vasto altopiano
detto di Ontro, e la più capricciosa agglomerazione di
altissimi monti dalle creste sempre cariche di neve, fra
i quali ergonsi maestosi Vltlampit, VlUimani, il Sa/ama
ed altri tanti.
E appunto là, nell' altopiano dì Oruro, ai piedi del-
l'lllampu e dell' 111 ima ni, e fra i burroni e le valli di
tutto quel grandioso ammasso di montagne dell'anello
andino, parte cospicua e principale della Repubblica di
Topografia della Bolivia ij
Bolivia, bisogna cercare le sue più importanti città e
la maggior parte della sua scarsa popolazione.
La capitale ufficiale della Repubblica, Sucre, detta
anche Chuquisaca^ trovasi a 3o23 metri sul livello del
mare. La Paz, sede abituale del Governo, e quindi ca-
pitale effettiva, è posta nel fondo di un burrone quasi cir-
colare, scavato dalle acque del fiumicello Chuqutapu{i),
in un lembo dell' altopiano di Oruro — a 3639 metri.
Potosi, la città boliviana più antica e famosa, una volta
la più popolata dell'America, è a 3970 metri.
Lo si direbbe un paese collocato nella regione dei
cirri !
Cionondimeno, o meglio in grazia appunto di ciò, la
Bolivia — questa grande regione interandina che du-
rante il regime coloniale della Spagna fece parte sotto
i nomi di Alto Perù e di Distrito de Charcas^ dei vi-
cereami del Perù e di Buenos Ayres, e che anterior-
mente alla conquista spagnuola apparteneva al grande
impero degl'Inca — con una sufficiente e laboriosa po-
polazione, sarebbe un vero mondo in piccolo. Giacché,
posta come trovasi sotto il tropico del Capricorno, que-
sta medesima eccezionalità delle sue condizioni topo-
grafiche fa sì che essa goda, secondo la maggiore o
minore elevazione delle diverse località, dalla più bassa
valle fino all'alta linea delle nevi perpetue, di tutti i
diversi climi e di tutte le svariate produzioni del globo
terraqueo.
(i) Prima origine, a quanto pare, del gran fiume delle Amaz-
zoni.
i6 Ecce^ioìiaìe varietà di climi
Tanta yarietà di climi e di temperature, cui corri-
sponde altrettanta varietà di prodotti agricoli, e che,
come abbiamo accennato, è conseguenza diretta deUa
maggiore o minore elevazione delle diverse località o
zone di terreno, ha fatto nascere nel linguaggio cornane
la necessità di nomi speciali destinati a indicare sif-
fatte zone; nomi in massima parte intraducibili, cui
anche noi siamo obbligati di ricorrere, e che sono:
ywiga, valle, cabecera de valle, puna e puna brava.
Chiamasi yunga la zona che dal livello del mare sì
eleva fino ai 1600 metri, dove si hanno il caffè, la
coca, il cacao, la vainiglia, ed in genere tutti i prodotti
proprii delle regioni tropicali.
Valle è la zona compresa fra i 1600 e i 25oo metri
di elevazione sul livello del mare, che produce con ab-
bondanza del tutto sconosciuta in Europa, frumento,
gran turco, legumi ed ogni sorta di frutti europei.
Cabecera de valle è la zona fra i 25oo e i 3ooo metri,
dove il grano, il mais e le ortaglie europee solo danno
un magro prodotto.
Puna è la zona fredda compresa fra i 3ooo e i 36oo
metri, i cui prodotti principali sono varie specie dì pa-
tate, un po' di cebada, ossia foraggio per animali da
soma, e diverse qualità di graminacee adattatissime per
animali ovini.
Puna brava è la zona freddissima che si eTev^a dai
36oo metri fino alla regione delle nevi perpetue ; le
quali cominciano dai 486o metri in su. In siffatta zona
vivono la vicugna, Valpaca, la cinciglia^ il condor; e
solo vi allignano diverse specie di valeriane e di cicorie.
Il tjtonte llliìnani ij
insieme alla cosi detta yareta^ combustibile assai forte
e resistente.
Queste cinque zone, colle loro rispettive varietà di
climi e di prodotti, dove sono separate e distinte con
esclusione più o meno assoluta di tutte le altre, dove
invece trovansi tutte insieme riunite in una medesima
regione, secondochè si scenda nelle valli o si ascenda
sui monti, a distanza di appena qualche centinaio di
metri; accadendo anche non di rado di trovarle pro-
gressivamente disposte runa sull'altra sul versante di
un medesimo monte : spettacolo invero sorprendente e
maraviglioso, che solo forse V Illimani offre nel mondo!
Alla base di questo colosso delle Ande, che misura
tutt' all' intorno una circonferenza di oltre 1 5o chilo-
metri, vedesi il caffè, il banano, V ananasso e tutta la
incantevole e rigogliosa flora tropicale; la quale cessa
a un tratto, per cedere il posto alk vegetazione pro-
pria del vcdle^ che pure si muta, a misura che segue
l'ascensione, in quelle di cabecera de valle^dìpuna e
di puna bravOj confinando Y ultima steppa di y areta
colla prima linea di quel bianco manto di neve, di cui
l'altissima vetta, che si eleva per ben 7821 metri sul
livello del mare, giammai si spoglia. Oltre questa riu-
nione sulla scoscesa superficie di tutti i climi e di tutte
le relative produzioni, l'IUimani racchiude anche nei suoi
fianchi grandi miniere aurifere(i); e lo spettacolo of-
(i) La prova più sicura di ciò, oltre tante altre raccolte po-
steriormente, si ebbe l'anno x68i dall'accidentale caduta di un
i8 II mùnte Illimani
ferto dai suoi alti picchi carichi di neve, coi loro ri-
flessi di luce sempre nuovi e cangianti ai raggi del sole,
è veramente sorprendente!
Pel viaggiatore che solitario e taciturno attraversa il
monotono altopiano di Oruro, da Sicasica a La Pàz,
la vista deiriUimani è un vero avvenimento; e però
per quanto egli si senta stanco e desideroso di giun-
gere al termine della sua pesante giornata, pure la prima
volta che esso si ofifre al suo sguardo, non può hirt
a meno di fermare la sua mu/^, e rimanere per un buon
pezzo attonito e commosso nella contemplazione del
grandioso spettacolo che ha dinanzi.
Il territorio della Bolivia comprende dunque tre re-
gioni di natura e condizioni completamente diverse fra
loro: la prima, che è anche relativamente la più popo>
lata, dì putta spuria brava; la seconda, di tutte le cin-
que zone riunite; e la terza, che è la più grande e la più
spopolata — in massima parte inesplorata tuttavia e
solo abitata da tribù selvaggie — di valle e yunga.
Ma più che per le produzioni agricole — finora ri-
maste in massima parte quasi del tutto ignorate, non
solamente all'estero, ma potremmo dire anche nella
stessa Bolivia da una regione all' altra — il territorio
della Repubblica fu sempre molto celebre, fino dai più
remoti tempi dell' America, per le sue immense ricchezze
metallurgiche.
frammento di uno dei suoi alti picchi, rotolato fino nella valle
sottoposta, da cui furono estratte grandi quantità di purisamo oro.
Ricchci^:^e metallurgiche 19
Il voler fare una minuziosa classificazione di tutte
Je diverse località che contengono miniere di metalli
preziosi, sarebbe cosa infinita, la quale condurrebbe
poi alla conclusione ultima che non vi è monte della
Bolivia ove non si abbiano ricche miniere di oro, di
argento, di rame, di stagno, di bismuto, di piombo ecc.
Cominciando da La Paz fino all'estremo sud della
Repubblica, lungo l'esteso altopiano di Oruro e l'im-
menso frastagliamento di montagne rocciose che com-
pongono il dipartimento di Potasi e parte di quelli di
Cìmqiàsaca e di Tarija, si potrebbe quasi senza esa-
gerazione asserire che l'argento anzitutto, e poi l'oro
ed il rame, senza parlare di altri metalli inferiori, siano
r elemento principale di tutta quella grande regione,
come se la natura avesse voluto compensare F incle-
menza del clima e la sterilità del suolo, colle incalco-
labili ricchezze minerali depositate nelle viscere, alle
falde e sulle creste degl'innumerevoli suoi monti.
GVIncay o imperatori del Perù, che, com'è risaputo,
avevano in gran pregio l'oro e l'argento, di cui si
servivano per adomare i loro templi, i loro palagi, i
loro giardini, furono i primi, che si sappia almeno, a
sfruttare le ricchezze minerali dell'attuale Bolivia. E,
stando a quanto ne racconta lo storico Herrera^ le
miniere di Porco, oggi provincia del dipartimento di
Potosi, furono le più abbondanti che essi avessero, e
quelle appunto da cui ritrassero la maggior parte
della stragrande quantità d' argento che ornava il gran
tempio del Sole.
La fama di queste ricche miniere e di molte altre
20 II soroche
minori, fii la sola causa che decise i conquistatori
spagnuoli a penetrar si addentro nell^ Alto Perù, a di-
spetto della soverchia rigidezza del clima, dell'orrido
aspetto dei siti per nove decimi e mezzo spogli di ogni
segno di vegetazione, e del cosi detto soroche^ malat-
tia prodotta dalla eccessiva rarefazione dell' aria, che
dà difficoltà di respiro, spesso accompagnata da 6sica
e morale prostrazione di forze, e da un malessere ge-
nerale che in alcuni casi si aggrava fino agli spasimi
della morte ed alla morte stessa.
£ mentre appunto i compagni di Pizarro e di Ai-
magro sfruttavano le antiche miniere di Porco, la
casualità trasse Tanno iS44 la scoperta della prima
miniera del famoso Cerro^ ossia Monte Potosi, da cui
tanti milioni di scudi sono usciti già, e da cui tanti
e tanti altri usciranno ancora (i). Avvenuto appena il
primo discoprimento, si fece presto a conoscere che
(i) Ecco come la tradizione racconta la scoperta della prìm^.
miniera dèi monte Potosi. L'indio Guatlea, al serviaio àjàào spa-
gnuolo Villarroèl stabilito in Porco, andando in corca dì n&a
liama fuggitiva, la raggiunse al cader della notte sul monte Po
tosi. L'ora tarda impedendogli di tornare immediatamente indie-
tro, legò la Uama ad un cespo , di paja brava, paglia selvatica, e
si distese sul suolo per passarvi la notte. Al mattino, quando and-.^
per sciogliere la llama^ questa, spiccando un salto, svelBe il ce-
spo; e l'indio vide con sorpresa nel foro rimasto nna ceita cosa
bianca e luccicante che presto riconobbe per argento puro, Gm^^U-
Uà rivelò segretamente la scoperta all'indio Huanca^ che a ssa
volta ne parlò a Villarrod; e questi, mettendo a profitto d pr^
ziosa rivelazione, si recò sollecitamente con buona scorta di
a sfruttare la ricca miniera.
Miniere: loro auge 21
numerosi rami di metallo argentifero, detti vetas, ser-
peggiavano per tutto l'interno e la superfìcie del monte;
sicché, accorsa molta gente, e iniziati sollecitamente i
lavori in più punti, nel dicembre del seguente anno 1 545
furono gittate, alla base stessa del ricco monte, le prime
fondamenta della città di Potosi. La quale vivendo quasi
esclusivamente dell'industria metallifera delle miniere
che aveva sul capo, segui la sorte di queste in tutte le
vicissitudini, così di prospera come di avversa fortuna.
A indicare l'alto grado di fortuna cui e le une e
l'altra pervennero già, basti qui ricordare che, durante
ì due secoli e mezzo decorsi dalla prima discoperta
delle miniere fino al 1800, diedero queste un prodotto
di oltre un miliardo e mezzo di scudi; e che la città
di Potosi, come si ha dal censo del 161 1, contava in
detta epoca ben 160,000 abitanti.
Sorte su per giù eguale a quella del monte Potosi
si ebbero pure, durante la dominazione spagnuola, le
grandi miniere argentifere di Lipez, Oruro, Porco, Chi-
chas, Poopó, Sicasica ed altre molte che sarebbe lungo
enumerare, ed alle quali si hanno da aggiungere an-
che le non poche di oro, sparse qua e là accanto a
quelle di argento, colle quali spesso rivaleggiarono per
abbondanza di prodotti.
Ma a principiare dal primo quarto di questo secolo, e
pGT tante cause diverse — fra cui non ultime le guerre
dell'indipendenza dal 1809 al 1826, e le continue lotte
civili sorte fin dal primo momento in cui la Bolivia eri-
g-evasi a repubblica indipendente — l'industria metallur-
g^ica andò sempre di mano in mano decadendo, fino a
22 II monte Potosi
questi tempi, ne' quali pare abbia incominciato alquanto
a riaversi.
Q rinomato monte Potosi, che gl'indigeni anteriori
alla conquista incasica chiamarono SumorOrkco^ monte
bello, e che si erge maestoso e imponente fino ai 4758 me-
tri sul livello del mare, da qualunque lato lo si guardi,
presenta uno spettacolo tanto interessante e sorpren-
dente da sorpassare ogni più poetica descrizione che di
esso si pretenda fare. Per poterne concepire tutta la in-
cantevole bellezza, bisogna vederlo; e più lo si vede, più
si rimane compresi di stupore e di ammirazione.
In forma di gran cono svelto ed elegante, poggia le sue
ampie spalle contro l'altopiano di tabaco-ftufto (i), che
cominciando di là s'inoltra per più leghe al Sud/ e dopo
essersi munito BlVEst di varii speroni e controsf^eroni,
si distende graziosamente al Nord in una lunga e mor-
bida falda, alla cui base trovasi la città di PotosL Visto
di qui, come da qualunque altra parte, il gran cono si
presenta dalla metà in su tutto variegato dei più sva-
riati colori — rosso, giallo, verde, piombo, ecc. — con
infiniti punti neri disseminati da per tutto, i quali altro
non sono che le bocche di più migliaia di miniere, in-
nanzi ad ognuna delle quali giacciono grandi masse di
desmonteSj ossia materiali di rigetto delle stesse; da cui
nasce appunto quella strana miscela di colori, che si po-
tentemente concorre ad aumentare la naturale bellezza
del monte, ed a imprimergli quel non so che di pitto-
resco e di fantastico che tanto vince e seduce.
(i) Voce quichua che si traduce poppa di tabacco.
Miniere: loro decadenza 2^
Scendendo dall'arida cresta dell'altopiano di tabaco-
nuhOj ove l'aneroide marca 43o5 metri di elevazione sul
livello del mare, si arriva alla città di Potosi (la cui ele-
vazione media è di 3970 metri), dopo aver descritto un
arco di oltre cinque chilometri attorno alla falda Ovest
del monte. La prima impressione che se ne ha, è delle
più grate, grazie ai suoi tetti rossi, di tegole, come una
città europea. Ma quanto è diverso lo spettacolo che si
offre oggi al nostro sguardo, da quello che ammirava
dal nostro posto il viandante del secolo decorso!
Invece dell'allegro brulichio di gente attiva ed operosa
che quegli vedeva affaccendarsi al disopra del suo capo,
innanzi ai mille orificii delle miniere del monte — tutte
più o meno in istato di fortunata lavoratone, — noi
non iscorgiamo che una muta solitudine appena inter-
rotta qua e là da qualche raro operaio delle poche mi-
niere attualmente in esercizio. E mentre egli mirava ai
suoi piedi una grossa e rumorosa città, dalla quale si
inalzava fino a lui con indistinto brontolio l'eco festosa
dì centinaia di injenios^ da cui uscivano tutte le sere
veri monticelli di luccicsLntt piata jrifla (i) — noi invece
non distinguiamo che una piccola e languente cittadetta
di 17 a 18,000 abitanti, tutta contornata dai ruderi di
crase che più non esistono, e da cui ci arriva appena
la debole eco dei pochi e meschini mjenios tuttora esi-
(i) Si chiamano injenios gli opifìci destinati alla estrazione del-
l'argento dal quarzo argentifero uscito dalla miniera. Piata pina poi
^ l'argento puro in forma di grosso pane cilindrìco, come viene
emesso àaSHi injenw.
24 Miniere: loro decadenza
stenti. Delle 3òoo e più miniere ove una volta ferveva
il più proficao lavoro, appena 25 o 3o sono oggi in
attività.
In Lipez, vasta regione di cui potrebbe quasi dirsi che
il sottosuolo sia tutto un grande strato di quarzo ar*
gentifero molto ricco, e che contava un tempo circa
800 miniere le une più fiorenti delle altre, oggi ix>n se
ne trovano che appena tre o quattro a stento portate
innanzi.
Oruro, città che nel secolo passato era tra le più ric-
che dell'America, con una popolazione di 70,000 abi-
tanti e 1226 miniere d'argento disseminate fra i suoi
monti, insieme a circa 200 di oro, è ridotta oggi a meno
di 7000 abitanti che vivono miseramente del prodotto
di [4 o i5 miniere ancora esercitate.
Partendo dai dati più esatti, si calcola che in Bolina
trovinsi attualmente in completo abbandono 10,000 t
più miniere di argento: e non perché esauste o impove-
rite a segno da non metter più conto a sfruttarle; mn
per ben altre ragioni, fra cui principalissime la man-
canza di capitali, la poca sicurezza proveniente daik
stato quasi anarchico in cui ha vissuto la Repubblica
fino al 1880, e la naturale indolenza della maggior parte
della popolazione boliviana.
Durante il nostro viaggio attraverso la Bolivia, avem-
mo occasione di osservare che nel maggior numero di
injenios^ o opifici destinati alla estrazione dell* argent.
dal minerale, cominciando da quei di Potosi, si seguono
ancora, senza alcuna riforma o innovazione, i vecchi si-
stemi introdotti dai primi conquistatori spagnuoli; s^-
Injenios 2;
stemi lenti, dispendiosi, imperfetti, i quali lasciano di-
sperdere molta parte di argento e non permettono che
la lavorazione dei soli minerali eccessivamente ricchi.
Fra i tanti injenios da noi visitati, solo ne trovammo
due che ai vecchi sistemi avevano sostituito apparati
nuovi incomparabilmente superiori sotto ogni rapporto :
quello dell* italiano Dante Abelli, recentemente da lui
costruito in Machacamarca ; e uno di quelli dei signori
Blondel nei pressi di Oruro. Quest'ultimo, di cui pre-
senziammo le prime prove, è destinato insieme ad altri
due di sistema antico, alla elaborazione de' minerali for-
niti dalla celebre miniera di Atocha appartenente a' me-
desimi signori Blondel, una delle più ricche che oggi
si sfruttino in Bolivia, e sita nella pittoresca roccia alla
cui base sorge la città di Oruro (i).
Ma, come sapemmo dal signor Abelli, e dai colti e
cortesi signori Pétot e Vargas, comproprietarii e soci
direttori della grande impresa Blondel, il costo intrin-
seco degli apparati da essi acquistati in Europa o nel-
l'America del Nord, trovasi più che raddoppiato dalle
spese di trasporto, per la mancanza di strade, nonché
ferrate, rotabili: e ciò, come di leggieri si comprende,
concorre potentemente a ritardare il desiderato e neces-
sario miglioramento àtgY injenios,
E poiché siamo a parlare di strade, la Bolivia, paese as-
solutamente mediterraneo, ora precisamente che il Chili
(I) Ci viene assicurato che molte utili riforme furono anche
introdotte negli injenios delle grandi miniere di Huanchaca e di
Colqtiechaca.
a- — Caivako, Guerra d'America. - Parte II.
20 Difetto (li strade
le ha tolto, non sappiamo per quanto tempo, Y unico
pezzo di spiaggia che aveva sul Pacifico, difetta doppia-
mente di strade, così nell'interno del suo vastissimo ter-
ritorio, come al difuori di esso per arrivare ai mare,
ossia alla gran via di comunicazione mondiale.
Per iscendere al mare essa non ha che quattro vie:
la prima pel suo territorio di Atacama coi porti di Co-
bija e di Antofegasta, ora in potere del Chili; la seconda,
attraversando gran parte della Repubblica Argentina
per uscire dopo un lunghissimo percorso al Rosario dì
Santa Fé sul Paranà ; la terza e la quarta, attraverso il
territorio del Perù per metter capo ai porti di Arica e
di MoUendo. Vie tutte, eccetto l'ultima, oltremodo in-
comode e difficili, solamente praticabili, e a stento, con
animali da soma fra le aspre giogaie delle Ande, ove
non esiste alcuna traccia di strade oltre quella fiitta na-
turalmente dal passaggio degli animali.
Unica eccezione, come dicemmo, è la via che men*.
al porto peruviano di MoUendo, e che di certo non po-
trebbe essere migliore, grazie agli sforzi veramente tita-
nici del Perù, il quale superando ostacoli di ogni ge-
nere, creduti quasi invincibili, spinse i benefici effein
della locomozione a vapore fin dentro ai confini stessi
della Bolivia.
Il primo passo fatto dal Perù a tal opera rimonta al-
Tanno 1869, quando, nonostante l'assoluta mancanza i:
strade che potessero meritare un tal nome fra MoUend:
e la sponda peruviana del lago Titiiraca al di là delle
Ande, fece trasportare in esso il grazioso vaporetto r
ferro yar^jri, espressamente costruito ne' cantieri inglcs.
// vapore Y avari 27
Ridotto il vapore in piccoli pezzi, furono questi traspor-
tati a si enorme distanza ed altezza a dorso di muli;
ed una volta che si ritrovarono di bel nuovo tutti riu-
niti, Dio sa con quali e quante fatiche, sulla lontana
spiaggia del Titicaca, l'elegante Yavari venne ricostruito
e varato in quelle fredde acque sotto la direzione del-
lesperto Capitano della Marina da guerra del Perù, Ro-
mualdo Espinar, che per la prima volta lo condusse
da Puno a Chililaya, dalla sponda peruviana a quella
boliviana. Al Yavari^ sul quale noi traversammo il lago
col piò bel chiaro di luna la notte dal 5 al 6 dicem-
bre i883, si aggiunse più tardi altro vapore eguale; ed
ambedue non hanno mai lasciato di fare un regolare
servizio di cabotaggio tra le sponde peruviane del Ti-
ticaca e quelle boliviane.
£ qui, prima di passar oltre, convien dire che il
Titicaca — questo gran bacino interno le cui acque on-
deggiano all'altezza di 3823 metri sul livello del mare,
fra gli alti picchi nevosi delle Ande che gli fanno intorno
splendida e superba corona — si stende per oltre una
metà nel territorio del Perù e per l'altra in quello della
Bolivia. Lungo 117 miglia marine e largo 32, con una
profondità massima di 382 metri, va diviso in due parti
molto disuguali dallo stretto di Tiquina, lungo circa
due miglia e largo appena 700 metri nel punto più
stretto. E perchè nulla manchi a dargli tutto l'aspetto
di un piccolo mare, di cui spesso imita il tempestoso
furore, conta inoltre parecchie isole, la maggiore delle
quali, che prende il suo stesso nome, è celebre pel
grandioso tempio del Sole erettovi dagl'Inca, e per la
2S II gran lago Titicaca
tradizione che fosse la patria di Manca-Capac e ài
Mama-Oello, i capostipiti della dinastia degl'Inca eJ.
i fondatori del grande impero peruviano.
Formato dall* affluenza di più fiumi che scendono
dalle alte sommità delle circostanti cordigliere, il Ti-
ticaca non ha che un solo canale di scarico, il grossa
fiume detto Desaguadero^ che dopo un corso di circa
4oo chilometri s' immette nel lago boliviano di Pampa-
Aullagas, Il quale, tuttoché riceva continuamente si
copiosa quantità di acqua, senza che se ne vegga uscire
da alcuna parte neppure una goccia, non alza giammai
il proprio livello; ciò che fa supporre che si scarichi
per qualche canale sotterraneo in comunicazione di-
retta coir Oceano : forse quello appunto che passa soi-
terraneamente pel deserto peruviano di Tarapacà, ne:
pressi di Dolores, come già dicemmo nella prima parte
della nostra storia.
Dopo aver provveduto alla navigazione del Titicaca,
il Perù dava compimento qualche anno più tardi al-
l'ardita e meravigliosa ferrovia tra MoUendo e Puno.
che partendo dall'Oceano si slancia qual serpe gigan-
tesca fra le immani montagne andine. Ora svolgendosi
in grandiose spirali che allacciano fra loro tutto un
gruppo di grandi e piccoli monti; ora inerpicandosi
con vertiginosi zig-zag su per gli erti fianchi di rup:
quasi inaccessibili; ed ora allungandosi audace su pe'
i cigli di rotte giogaie, raggiunge e scavalca la grar
catena delle Ande fra Vtncocaya e Crucerò Alto, al
l'altezza di 4490 metri sul livello del mare; per p~
discendere a specchiarsi al molo di Puno nelle lim-
Ferravia tra Mollendo e Pttno 29
pide acque del Titicaca, dopo una corsa di 522 chilo-
metri.
E questa adunque la sola via degna d'un popolo
civile e dei progressi del secolo, che s' abbia la Bolivia
per arrivare insino al mare. Ma essa non incomincia
che appena da uno degli estremi confini del suo im-
menso territorio; e disgraziatamente avvi colà tanta
difficoltà per viaggiare nelF intemo del paese , — non so-
lamente da una all'altra delle sue lontane frontiere^
ma ben anche da una all'altra delle sue principali
città — quanta ve ne ha per portarsi dai suoi confini
al mare, eccetto P anzidetta via di Mollendo; la quale
unicamente è perciò profittevole, e potremmo dire
provvidenziale, per gli abitanti ed il commercio della
piccola zona limitrofa al lago di Titicaca, ossia per i
soli dipartimenti di La Paz e di Oruro.
Si racconta che un ministro degli Stati Uniti in Boli-
via, alla domanda del Presidente della Repubblica che
desiderava sapere per quale strada fosse arrivato a Sucre,
ossia alla capitale dello Stato, rispose: per nessuna, E
parlò vero; perchè di vere strade, nel giusto senso di
questa parola, eccetto piccoli spezzoni nelle prossimità
di qualche città, non ve n'ha in Bolivia neppur una.
Le sole strade ivi esistenti sono quelle tracciate na-
turalmente dal transito degli animali ; quindi, a seconda
della natura più o meno molle o petrosa del suolo, ed
a seconda del maggiore o minor traffico, ad altro non
si riducono che a semplici sentieri, spesso appena o
niente affatto distinguibili; e basti ciò per comprendere
che cosa debbono essere in un paese così eccezionale
^o Sentieri - Sistemi di ìoccmtoxionc
mente montuoso come la Bolivia, ove, odia parte più
abitata massimamente, è un continuo discendere e
salire tra i 1200 e i 43oo metri sul livello del mare.
Nelle stesse pianure, come sarebbe l'altopiano di Oniro,
ove basterebbe qualche piccolo ponte od il più me-
schino lavoro di spianamento qua e là per avere delle
strade carrozzabili di prim* ordine, tutto è lasciato, del
pari che fra i monti, al lento lavorio della natura ed
al calpestio degli animali.
In generale adunque non si conoscono in Bolivia che
due soli sistemi di locomozione, a piedi ed a cavallo:
ed il commercio non ha altro mezzo di trasporto al-
l'infuori della soma, a schiena di mulo, di scnnaro o
di llama — animale assai somigliante ad una capra
gigantesca col collo lunghissimo e portamento nobile
e misurato, adattatissimo per i piccoli carichi, sebbene
cammini troppo a rilento. La ferrovia vi è del tutto
ignorata, la più vicina essendo quella di Puno, nei
Perù. E quanto alla carrozza — tranne il breve tratte
di 65 chilometri tra La Paz e Chililaya, sul quale avvi
dal 1876 un regolare servizio di messaggerie, in cor-
rispondenza colle partenze dei vapori per Puno — è
un lusso che solo in alcuni luoghi e ben pochi pos-
sono darsi. Del resto i Boliviani sono tanto abituati
ai lunghi e faticosi viaggi a cavallo, senza di che riu-
scirebbe loro impossibile muoversi dalla città o villaggio
natale, che essi non arrivano neanche a comprendere
i dolorosi lai dei rari viaggiatori europei cui V assoluta
mancanza di meglio obbliga alla tortura di siffatto si-
stema di locomozione.
Stanotte delle pioggit }i
Lungo i 1 080 chilometri del cosi detto cammino che
corre dalla Raya della Quiaca al porto di Chililaya
sul Titicaca — ossia dai confini colla Repubblica Ar-
gentina a quelli col Perù (i), nella parte più stretta
ed anche più popolata della Bolivia — passando per Tu-
piza, Potosi, Oruro e La Paz, non abbiamo trovato
che un solo ponte, quello di Yocalla: ponte costruito
durante la dominazione spagnuola a 60 chilometri da
Potosi, in fondo di una stretta e profonda valle, ove
il Pilcomayo^ abbenchè poco discosto dalle sue sor-
genti, è abbastanza grosso e tumultuoso.
Or se siffatte strade sono normalmente poco meno
che impraticabili durante il buon tempo, s'immagini
ognuno ciò che addi venteranno nella così detta sta-
gione delle piogge, che cominciando ai primi di No-
vembre si prolunga ordinariamente fino alla metà di
Marzo. Senza parlar d' altro, i moltissimi fiumi e tor-
renti si fanno pressoché del tutto intransitabili, e cia-
scuno rimane sequestrato dove si trova; sicché du-
rante quei lunghi quattro mesi il commercio trovasi
quasi completamente paralizzato e sospeso.
Eppure il territorio dell'attuale Repubblica boliviana,
se non nella sua totalità, in buona parte almeno non
è poi tanto nuovo alla luce della civiltà, come l'anzi-
detta deficienza di qualunque vero sistema di viabilità
potrebbe far supporre ; del che bisogna cercare le prin-
(i) n limite tra la Bolivia ed il Perù è propriamente un po' al
di là di Chililaya, come s'è detto innanzi, nelle stesse acque del
lago.
^2 Vestigie di antiche civiltà
cipali cause nella soverchia grandezza delle distanze,
relativamente alla scarsa popolazione, e nelle speciali
condizioni sociali e politiche di questa. Per averne
un'idea basta gittare un po' lo sguardo sui resti tut-
tora visibili qua e là degli antichi monumenti e delle
opere d'arte anteriori agl'Inca peruviani; che rivelano
una civiltà se non superiore, di certo non inferiore a
quella di questi ultimi, e di cui si ignorano compita-
mente gli autori.
Di siffatti resti di antichi monumenti se ne trovano
principalmente in due diversi e lontani punti: alcuni
in prossimità del Titicaca e del fiume Desaguadero»
ed altri nella valle di Cumataquij ora dipartimento di
Chuquisaca, molto al di là dell'altro estremo dell'al-
topiano di Oruro.
I primi — assai noti sotto il nome di rovine di Tìa-
guanacu — oltre ad una altissima e grande piattaforma
di terra inalzata su solide basi di pietra, ci lasciano
indovinare grandi e colossali costruzioni di architet-
tura affatto diversa da quella degl'Inca, e sono note-
volissimi per la qualità del materiale impiegato, che
componesi generalmente di enormi blocchi di pietra
tagliata, della cui cava non si rinviene alcuna traccia
nelle vicinanze, e che doverono essere trasportate, non
si sa come, di molto lontano. Veggonsi in molte parti
avanzi assai ben conservati di grandi templi con fac-
ciate di oltre 3oo piedi di lunghezza; di statue gigan-
tesche; di svelti ed alti portici; e di un gran numero
di edifizi di diverso genere: il tutto coperto qua e là
di intagli e bassorilievi allegorici di una esecuzione
Tiagiiatiacu - Camataqui )^
affatto primitiva, fra i quali primeggiano costantemente
l' immagine del Sole e quella del Condor^ che gli fa da
messaggero. Tutto però induce a credere, all'aspetto ge-
nerale dell' insieme di tali rovine, che ivi fosse non già
una città distrutta, ma bensì una città in costruzione
rimasta lì abbandonata in corso d'opera non finita.
I monumenti di Camataqui sono di diversa natura.
Anzitutto è notevolissima una doppia e gigantesca
arginatura che si estende per oltre trenta chilometri
da un capo all'altro della stretta vallata, sulle due
sponde del copioso fiume San Juan, che la divide per
metà. Costruita con un sistema che potrebbe dirsi ci-
clopico perfezionato^ di grandi massi tagliati a linee
rette ed uniti fra loro senza alcun cemento, si conserva
oggi ancora in ottimo s^ato; e le due fertilissime fasce
di terreno che le stanno da ambo i Iati, e che essa
difende dalle inondazioni del fiume, provvedono attual-
mente di cereali tutto il paese circostante.
Vengono dipoi i resti di due grandi costruzioni, la
più importante delle quali ha tutto l'aspetto di una
fortezza, ed un bellissimo acquedotto lungo circa venti
chilometri in pietra tagliata e pulita.
Trovansi inoltre di tratto in tratto su tutto T alto-
piano di Oruro, piccole torricelle chiamate Chulpas,
dai due ai tre metri di diametro, chiuse a volta, e
costruite di adobes (i) molto superiori a quelli che si
(i) Gli adobes sono una certa specie di grossi mattoni non
cotM ma essiccati al sole, di sola terra, o di terra con paglia od
altro vegetale, e costitoiscono in Bolivia il principale, se non
unico materiale di costruzione per le case.
^4 ^^ Cìmlpas
manifatturano oggidì. Sono antiche tombe — come lo
dicono chiaramente le mummie che in esse si rinven-
gono insieme ad amuleti e idoli di diverso metallo —
di remoti abitatori di quelle contrade, anteriori all'epoca
degl'Inca e di cui non si ha alcuna notizia. Risalgono
perciò a più e più secoli addietro: e pur nondimeno
quelle che non furono danneggiate dalla mano del-
l'uomo, si conservano in così perfetto stato da non
tradire menomamente il segreto della loro antichità.
ì^
II
SOMMARIO
Popolazione della Repubblica di Bolivia. - Suo sparpagliamento
sul vasto territorio nazionale. - Suo spirito di provincialismo.
- Difetto di omogeneità fra le diverse razze che la compon-
gono.-Razza indigena. - Sue deplorevoli condizioni durante il
regime coloniale. - Inefficacia dei provvedimenti adottati in suo
favore dai Re di Spagna. — Suo odio contro la razza bianca e
la meticcia. - Sue numerose ribellioni, e spirito che le infor-
mava. - Colla proclamazione deUa Repubblica non migliorò:
rimase qual'era. - Suo stato attuale di abiettezza ed abbruti-
mento. - Sua divisione in due grandi famiglie: Quic/iua e
Aymarà. — Non prende alcuna parte alla vita sociale e politica
del paese. - Bianchi e meticci. - Loro speciali condizioni di
èssere. - Cenno sulla loro civiltà: influenza che hanno eserci-
tato su di essa la struttura topografica del paese, la vicinanza
e l'esempio dell'indio. - Finanza nazionale. - Istruzione pub-
blica. - Carattere boliviano. - Sua nota distintiva.
Popoìa^ioitt della Bolieia
I LI ultimi due censimenti, alquanto im-
! perfetti, della popolazione boliviana ri-
salgono agli anni i84€ e i854. Poste- 1
riormente si ebbero soltanto speciali e '
incompleti quadri statistici, or di ud
Dipartimento or di un altro, or di una or di altra '
provincia.
Dal complesso di tutte queste notizie, tenuto conto
degli errori generalmente riconosciuti, si ba, se non I
colla piena sicurezza di apporsi, con quella almeno <U
una grande approssimazione, che la Repubblica di Bo-
livia conta attualmente una popolazione di circa un |
i,5oo,ooo abitanti, divisi in tre diverse razze: t«aDca,
meticcia e indiana o aborigena ; la cui proporàone
approssimativa è come segue: bianchi un i47o> °^'i
2io,ooo; meticci 26%, ossia 390,000; indigeni, o indiì
aborigeni 60% ossia 900,000 all'incirca.
Trovansi inoltre sul suo vastissimo territorio, nelle
lontane ed in massima parte inesplorate regioai dd
Oiaco e del Beni, varie tribìl con idiomi e costumi
diversi, di cosi detti indios barbaros, a indìgeni vi-
venti allo stato nomade e selvaggio che sì fanno
ascendere a oltre 700,000, e che d'ordinario vanno
indebitamente inclusi nel computo generale della po-
polazione boliviana, colla quale non hanno nulla di
comune, onde elevarla alla cifra del tutto erronea ed
arbitraria di due milioni e mej^o, o più.
La popolazione vera ed effettiva della Repubblica non
oltrepassa quindi la cifra di i,5oo,ooo abitanti, spar-
pagliati sull'immenso suo territorio in 9 città capitai
sparpagliamento della popola:^ione
->/
di Dipartimento, 3 19 borghi o villaggi, e 10728 così
detti jpueblecitos e alquerias^ ossia piccoli aggruppa-
menti di case nelle campagne.
E qui è da notare che nonostante siffatto fraziona-
mento della popolazione in tanti piccoli centri, ed il
relativamente forte concentramento della medesima
nella regione montuosa della Repubblica — nei dipar-
timenti di La Paz, Oruro, G>chabamba, Sucre e Po-
tosi, ove trovasi raccolta per circa sette ottavi — le
distanze fra Tuna e l'altra città, alla pari che quelle
fra le città ed i villaggi, e tra questi fra loro e le al-
queriaSj sono tanto grandi, e, come già fu detto, tanto
malagevoli a vincere per la mancanza di strade, da
rendere assai lente e difficili le reciproche e necessarie
loro relazioni (i). Dal che nasce uno spirito di pro-
(i) Secondo il censo del 1846, che dava esageratamente una
popolazione di 1*378,896 abitanti, soli 195,000 abitavano i Di-
partimenti di Cobija, Tarija, Santa Cruz ed U Beni, la cui area
è oltre due volte maggiore di quella degli altri cinque Dipartimenti.
Area dei dipartimenti di Cobija, Tanja, Santa Cruz ed il Beni:
22,631 leghe quadrate. Area dei Dipartimenti di La Paz, Oruro,
Cochabamba, Potosi e Sucre: leghe quadrate 7229.
Distanze fra la capitale della Repubblica, Sucre, e le altre città
Capitali di dipartimento:
Da Sucre a Potosi Km. 145
» Tarija. 480
» Cobija. 935
» Oruro 370
» Cochabamba 325
» La Paz 615
Santa Cruz 635
» La Trinidad (capitale del Beni). 1325
^S Proiincialismo - Difetto d' ùimgeiuità
vincialìsmo dei più forti e pronuaziati, da far sì che
nella stessa Repubblica, da un Dipartimento all^altro,
si consideri ciascuno quasi tanto estraneo come se à
trovasse fuori del proprio Stato.
Ma una delle prime e vere piaghe della Bolivia è
però il difetto di omogeneità fra i diversi elementi dì
cui si compone la sua popolazione; piaga fino ad un
certo punto comune a tutti i paesi d' America — colla
differenza dal più al meno, per la maggiore o minor
fusione avvenuta fra la razza indigena e le altre che
a questa sono venute sovrapponendosi dopo la disco-
perta di G>lombo — e che ivi si presenta sotto i più
tetri e foschi colori.
Delle tre diverse razze che concorrono a formare la
popolazione boliviana, la più numerosa, come abbtamo
visto, è la indigena o indiana, che a sua volta si sud-
divide ancora in due grandi famiglie, la Qtdchua e
VAymarà; ed è bene anzitutto parlar di essa, e sa-
pere la parte che rappresenta nella generale economia
della Repubblica.
Già parlammo nella prima parte della nostra storia
della durissima sorte fatta dai conquistatori spagnuoli
nel Perù, ai sudditi del soggiogato impero de^rioca.
Ma nelle appartate regioni dell'Alto Perù, o Charcas^
fuvvi di peggio, e la condizione degP indigeni andò
ancora maggiormente aggravata.
Trattati in sulle prime come semplici schiavi, e come
tali obbligati a prestare tutti i servigi più vili e pe-
santi — cominciando da quelli di bestia da soma e dal
lavoro forzato nel fondo delle miniere, ove tanti ne mo-
Gli indigeni - Loro deplorevoli condizioni j^
ri vano, — gF indigeni concepirono contro i conquista-
tori e contro tutta la razza bianca da essi rappresen-
tata, un'avversione che andò man mano crescendo si
forte da convertirsi nell'odio più cieco e più profondo;
e mentre alcuni, sopraffatti dalla forza, pativano e mo-
rivano in silenzio, i più cercavano la propria salvezza
nella fuga, ricoverandosi nei lontani boschi o fra le
più inaccessibili creste delle Ande.
La razza indigena andava quindi sparendo rapida-
mente; ed i conquistatori iberici, che non sapevano
disf)ensarsi dei loro servigi, furono i primi ad impen-
sierirsene ed a cercar modo di porvi riparo. Se ne im-
pensierì anche doppiamente la G>rte di Spagna, che
coir allontanamento e la distruzione di detta razza
vedeva spopolarsi e impoverire i suoi Stati; ed emise
r una' dopo l'altra le così dette leggi di reduccìones,
dirette a richiamare gl'indigeni andati via, e per quanto
fosse possibile guarentirli, insieme ai pochi rimasti, dalle
angherie e dai tanti atti arbitrari che i coloni spagnuoli
erano usi ad esercitare contro di essi.
Con una prima recd cedola del i55i, Carlo V ordi-
nava che gVindii fossero ridotti a vivere in borghi o
comuni, ove, trattati colla maggior bontà, potessero
apprendere a vivere da uomini civili ed essere istruiti
nei misteri della fede cristiana. Indi, per invogliare
sempre più i fuggiaschi a rientrare, lusingandoli nelle
loro tendenze e favorendone i materiali interessi, con
altre reali cedole del i557 e 1 56o Filippo II ordinava :
1^ Che gVindii ridotti^ o riuniti in villaggi, fossero
ivi retti e governati dai loro antichi Caciques o Cu-
40 Inefficacia dei prowedimetiH
racas (i)j o legittimi loro discendenti, che a loro volta
dovevano dipendere dalle autorità coloniali e fame ob-
bedire i mandati. 2^ Che fossero restituite agVtwiìx
ridotti le terre da essi possedute prima della conquista
spagnuola, colle medesime condizioni e forme allora
in uso ; ossia assoggettandoli al sistema di comunione
adottato pel popolo dagl'Inca peruviani (2).
Attratti dalla lusinga di queste benevole disposizioni,
e più che altro dal conforto di tornare a trovarsi sotto
r immediata dipendenza dei loro antichi Signori, pei
quali ebbero sempre un affettuoso rispetto che assu-
meva tutti i caratteri di una venerazione religiosa.
gl'indii si affrettarono a ritornare alle loro antiche
dimore; e sorsero in tal modo le cosi dette camuni-
dades de indios^ ossia aggruppamenti più o meno gross;
{i) Caciques o Curacas erano i capi delle tribà sottomesse al
l'impero Inca, e che col beneplacito e nella obbedienza dell'Ioc
seguitavano reggendo i loro popoli o tribù.
(2) Com'è noto, nell'antico impero peruviano non era. rio-
nosciuto alcun sistema di proprietà territoriale' privata. Le terr:
erano considerate tutte di proprietà deU'Inca; e solo in qnas:
all'uso delle medesime ed alla destinazione dei prodotti» andaTosc
divise in tre diverse parti: una pel Sole, una per l'Inca e noi
pel popolo. I prodotti delle terre del Sole e di quelle déU^In-j:
alla cui coltivazione doveva concorrere secondo certe nonne trtf*
il popolo in generale, erano destinati : i primi alla conservaùocr
dei Templi ed alle ingenti spese del culto; i secondi al maat^
nimento dell' Inca, della sua Coite e della lunga fila dei suoi ru
renti, o Principi della Corona, nonché a tutte le spese di Qoverr.
Le terre del popolo poi erano ripartite annualmente Ira tntt^
sudditi deir impero, con un regime tutf adatto patriarcale, seconi
le forze ed i bisogni di ciascheduno.
adottati dai re di Spagna 41
di indigeai stabiliti sotto la dipendenza immediata dei
loro Cacìques o Caracas^ in un circuito di terre ap-
partenenti ad essi tutti in comune, e di cui di anno
in anno, od in più lunghi periodi di tempo, si faceva
fra di loro la temporanea ripartizione.
Ma sebbene ciò appagasse una delle più ardenti loro
aspirazioni, quale si era quella di trovarsi riuniti nella
soggezione dei propriì capi sulle terre anticamente da
essi possedute, non migliorò che poco o nulla la loro
condizione, se pur non peggiorò; poiché col pretesto
della esazione del tributo e di tutte le altre tasse che
pesavano su di essi, nonché dei servizi personali ob-
bligatorii che furono in gran parte limitati ma non
aboliti del tutto, gV indii continuarono sempre ad esser
vittime di infinite vessazioni e soperchierie, sì nelle
loro persone come nella loro proprietà, ossia nei me-
schini prodotti delle loro terre. I loro medesimi Caci-
ques e Caracas — che solo erano stati investiti dal
Governo Coloniale di una larva di potere con carat-
tere unicamente economico ed amministrativo, — im-
potenti a difenderli contro la prepotenza dei coloni
spagnuoli, solamente servivano a far valere la loro in-
fluenza morale su di essi, per tenerli uniti e far si che
sopportassero con apparente rassegnazione le continue
vessazioni di cui erano oggetto.
Le pretensioni, i soprusi e gli arbitri di ogni genere
dei coloni spagnuoli, dei creoli e dei meticci contro
gl'indigeni, arrivarono a tanto, che, nell'intento dì
assicurare un po' di pace a questi miseri, la Corte di
Spagna stimò necessario di proibire a qualsiasi spa-
5. — Caivavo, Guerra d'America - Parte II.
42 Odio contro la rai^^a bianca
gnuolo o meticcio di abitare nei villaggi degi' indii
ancor quando vi avessero delle proprietà o terre; à
come fu parimenti proibito ai semplici passeggeri, ai
commercianti ed a chiunque non fosse di razza indi-
gena, di permanere per oltre tre giorni nei detti loro vii-
lagi o comunità (i).
Tutto ciò però, senza menomamente migliorare la
condizione della razza indigena, contro la quale du-
rarono sempre i medesimi abusi e le medesime soper-
chierie, trasse il completo allontanamento di essa dalla
razza bianca e dalla meticcia, colle quali non conservò
altri rapporti, all' infuori di quelli della più odiosa sog-
gezione e dipendenza. E nacque così, fra razze che
erano destinate ad unirsi e confondersi fra loro, per
formare un sol popolo eguale e compatto, un distacco
tanto decisivo e marcato da raggiungere tutti i carat-
teri di una vera e propria divisione di caste.
Non trovandosi in rapporto con i bianchi e con i
meticci, che nei soli momenti nei quali più fòrtemenie
dovevano sentire tutto il peso della loro dominaaooe
— quando cioè erano astretti al pagamento delle con-
tribuzioni od alla prestazione dei servìgi personali,
finiti i quali ritornavano immediatamente ai proprii
villaggi, — l'odio fino dai primi istanti concepito con-
tro i conquistatori spagnuoli e loro discendenza, di-
venne sempre più tenace ed irreconciliabile nelF animo
degl'indigeni, e si estese a tutto ciò che veniva da
(i) Leggi 2iy 22, 23 e 24 del T. Lllj L. IV delle rinomate
Leyes de India,
Numerose ribellioni 4}
quelli od a quelli in qualsiasi modo si riferiva : ai loro
costumi, alle loro arti, alla loro lingua, alla loro ma-
niera di vestire, a tutto l'insieme deUa loro civiltà.
E insensibili alle gioie, alle comodità ed al benessere
della vita civile che non conobbero mai, e che senza
cercar di conoscere, odiarono, al pari dì tutto ciò che
ricordava gl'invisi Hunu-CKOCHA, spuma dd mare^ come
essi chiamarono gli spagnuolì, odiarono finanche il
lavoro; del cui prodotto unicamente approfittavano i
loro nemici colle continue e ripetute estorsioni.
Nell'isolamento dei loro riposti villaggi si ostinarono
a conservare i propri costumi, la propria lingua e tutta
la loro speciale maniera di essere, fino nei più minuti
e insignificanti particolari. E non d'altro nutrendosi
i loro animi che dell'odio verso i proprìi oppressori e
del desiderio di romperne il giogo, si abituarono ad
una ipocrita e mentita rassegnazione, simulando una
umiltà e bonomia che erano ben lontani dal possedere;
per poi ergersi terribili e feroci nel giorno della ven-
detta, come più volte addimostrarono nelle numerose
ribellioni da essi consumate. Tutte queste ribellioni,
organizzate sempre nel maggior segreto e senza che
il più lieve incidente ne desse il minimo indizio prima
di scoppiare, non ebbero giammai altro scopo che
r esterminio della razza bianca. Cominciando da quella
di Catari-Chaqui alle falde del Potosi, l'anno 1S49,
fii questo il carattere distintivo di tutta la loro lunga
serie, che si chiuse Tanno 1780 colla imponente e
mostruosa rivolta capitanata dal Cacique Tupac^Amarù,
nella quale prese parte tutta la razza indìgena, cosi nel-
44 Noncuran:^a per T indipenden'^a
l'Alto come nel Basso Perù, e che mise per un mo-
mento in grave pericolo la dominazione spagnuoia(i).
Quando sopraggiunsero le guerre dell'indipendenza,
gr indigeni se ne rimasero tranquilli e indifferenti nelle
loro catapecchie, senza- prendervi alcuna parte: e ciò
si spiega assai facilmente. Il loro odio contro i primi
conquistatori spagnuoli, come si è detto, erasi esteso
col tempo e per i continui soprusi ed oltraggi di cui
erano vittime, a tutta la razza bianca in generale,
nonché alla meticcia che da quella discendeva e che
ne aveva sposato le parti. Certo, se si fosse trattato di
una guerra di esterminio contro ambedue queste razze,
essi si sarebbero levati come un solo uomo a soste-
nerla; ma trattandosi di una semplice contesa fira la
parte monarchica spagnuola e quella dei patrioti che
aspiravano alla indipendenza — contesa nella quale in
ambo i casi la vittoria doveva rimanere sempre nelle
mani dei bianchi, ossia dei loro nemici — a loro im-
portava poco che i vincitori fossero questi o quelli : e
se ne stettero cheti.
Ma se gl'indigeni nel loro cieco odio contro la razza
(i) In questa ultima e generale rivolta della razza indigena, il
cui principale campo d'azione fu nd Vicereame del Perù, cetttc-
mila inda assediarono la città di La Paz, che fu incendiatai e dì-
strutta per circa due terzi, e che nd quotidiani e continui combat-
timenti cogli assedianti perde la quarta parte e forse pia dei suol
abitantL Questo assedio, che fu i^pena un semplice episodio del-
l'aspra guerra civile, durò 109 giorni, e malgrado il valore spiegato
dagli abitanti di La Paz e dalle truppe ivi rinchiuse, non fu tolto c^e
air arrivo di nuove truppe mandate dal Viceré di Buenos Ayr^s.
La Repubblica non migliorò V indigeno 4j
bianca non sapevano comprendere i vantaggi del na-
zionale affrancamento dal giogo straniero, toccava al
Governo patrio, una volta sorta la Repubblica, a darne
loro la più splendida prova di fatto, col farli parteci-
pare nella stessa misura che il resto della popolazione,
ai benefici della ottenuta libertà e indipendenza.
Ciò però non avvenne.
Una delle prime e più rilevanti questioni per la na-
scente Repubblica, era certamente quella riguardante
la razza indigena, che costituiva l'elemento più im-
portante per ragion di numero della sua scarsa popo-
lazione; e perciò le prime e principalissime sue cure
dovevano essere rivolte a sollevare detta razza dallo
stato di morale e materiale abbrutiniento nel quale era
caduta durante il lungo periodo della dominazione stra-
niera, e inalzarla dall' abiettezza di casta servile e de-
gradata, alla dignità di popolo libero e civile.
Ciò che più altamente premeva era il fare dell'indio
barbaro, ricalcitrante ad ogni principio di civiltà e ne-
mico delle altre razze, come lo aveva lasciato il regime
coloniale, un libero cittadino utile a se stesso ed alla
Repubblica. Bisognava quindi abolire, innanzi tutto,
r ignominia del tributo e del servizio personale forzoso,
che lo collocavano in una condizione sociale e politica
inferiore a quella degli altri cittadini, e concedergli l' as-
soluta e libera proprietà del misero pezzo di terra di
cui solo godeva un possesso precario; possesso che da
un anno all'altro poteva andare spostato da uno ad
altro pezzo della massa comune, e che mentre lo at-
taccava alla gleba su cui nacque ed al viziato circolo
46 La Repubblica non migìiorò F indigeno
della comunità india, gli negava tutti i vantaggi in^
renti alla vera prc^ietà, privandolo dì ogni mezzo di
miglioramento cosi morale cernie materiale. Bisognava
infine distruggere fin le vestigia di quelle assurde co-
munita di indii^ che tanto concorsero ad abbrutirlo ed
a far di lui quel vile e miserabile ilota ch'egli è. Ma,
ripetiamo, nulla di ciò fu fatto.
Appena proclamata la Repubblica di Bolivia, F im-
mortale Bolivar che ne fu il primo Presidente con po-
teri omnimodi, pensò a ciò : e mentre aboliva il tri-
buio e tutti gli altri gravami che pesavano sulk razza
india, sostituendoli con una tassa unica di testatico per
tutti i boliviani indistintamente, concedeva agFiDdìgeni
il diritto pieno di proprietà sui terreni di cui erano in
possesso. Queste disposizioni però non furono eseguite.
E d' allora in poi, sebbene tutti i Congressi e tutti i
Governi succedutisi gli uni agli altri in Bolivia si oc-
cupassero talora di siffatta questione, dando leggi e de-
creti che venivano poco appresso rìvocati o lasciati io
sospeso, la condizione della razza indigena rimase sem-
pre la stessa. Sicché l'indio tanto laborioso, patriotta
e relativamente civile dell'antico impero Inca, abben-
chè colla proclamazione della Repubblica fosse dichia-
rato sarcasticamente libero e indipendente, rimase di
fatto ed è tuttora il medesimo indio barbaro, nemico
di ogni civiltà e della società fra cui vive, che era du-
rante il regime coloniale della Spagna.
Peggio ancora : l' indio, o indigeno come lo si vud
chiamare, che non sa e non vuole imparare la lingua
parlata dalla razza bianca e dalla meticcia, la castigliana.
Barbarie dell'indio 4j
e che anche quando per caso è arrivato ad apprenderla,
finge di non conoscerla, è rimasto escluso nonché dal-
r esercizio di ogniqualsiasi carica pubblica, finanche dal
servizio militare. Ed è questo tutto ciò che si è fatto
per lui; mentre invece tutto consigliava ad adoprare
ogni mezzo per educarlo a sensi migliori, istruirlo e
trarlo con relazioni sempre più intime nella società
delle altre razze; e così, coli' esempio e le giornaliere
e continue relazioni di esse, obbligarlo a spogliarsi a
poco a poco della rudezza del suo carattere e dei suoi
costumi, e disporlo ad accogliere più tardi con minore
riluttanza gl'insegnamenti ed i benefici della civiltà.
Tutto ha concorso e concorre oggi ancora a man-
tenere l'indio nella sua inveterata barbarie: perfino
r ignoranza e l' egoismo di coloro che più direttamente
sarebbero chiamati ad educarlo ed incivilirlo. I cosi
detti Curas de IndioSj ossia Parrochi dei villaggi e delle
campagne, onde non avere a lottare colla forte ritrosia
degl' indigeni ad accettare idee e costumi non propri!,
e poterli facilmente attrarre nelle loro Chiese, hanno
piegato la fede ed il culto cattolico a tutte le più as-
surde e corrotte esigenze della fede e del culto pagano
anticamente in uso in quelle comarche — quando si
adorava Iddio nel sole, e Tinca era il figlio primoge-
nito ed il rappresentante di quello sulla terra : — e
dalla strana miscela delle due fedi e dei due culti, è
nata tale una mostruosità di credenze e di pratiche re-
ligiose da fare inorridire.
Grazie a tutto ciò, T indigeno rimase sempre ed è
tuttora un vero barbaro con residenza fissa. Abituato
48 Barbarie deW indio - Costumi
alla più spaventevole miseria, ignorante di tutto, rozzo
e grossolano nei costumi, incapace di apprezzare gli
agi ed i benefizi della civiltà da cui rifugge con orrore,
negato ad ogni miglioramento ed a tutto ciò che esce
dalla stretta cerchia della sua barbarie, senza desiderìi
e senza nessim' aspirazione, all' infuori di quella di sfo-
gare un giorno l'indomito odio suo contro la razza
bianca e la meticcia, coli' esterminio di queste — esso
non si sente chiamato e non ha trasporto per nulla:
ne pei piaceri, che non conosce; né pel lavoro, die a
nulla gli gioverebbe, poiché del suo prodotto, soddi-
sfatti i limitatissimi suoi bisogni, e pagate le imposte
dello Stato e della Chiesa, non saprebbe che faire.
Per poter comprendere fin dove arriva la desolante
miseria dell' indio, — miseria alla quale è andato abi-
tuandosi a poco a poco, che ora gli é addivenuta con-
naturale, e nella quale gode e si compiace, come po-
trebbe fare il più felice sibarita in mezzo al foste ed
all' opulenza dei suoi suntuosi palagi — bisogna en-
trare per un momento nella sua meschina casupola di
adobeSj con tetto di paglia e terra, e osservarlo da vicina
Aperta la rozza porta, per lo più di assicelle di cacti
o di altro legno greggio mal connesse fra loro, scor-
gesi nel mezzo dell' abitazione un informe focolare con-
sistente in cinque o sei pietre movibili a volontà, che,
insieme ad un paio di pentole, a qualche ciotola per
l'acqua o la chicha(i\ a poche scodelle ed a due 0
(i) La cAic^ è ana bevanda acidula cbe si ottiene dal mai:
fermentato.
Miseria deW indio 4^
tre ampi sedili di adobes accosto alle pareti, ne formano
tutta la mobiglia. I grandi e duri sedili di terra am-
massata, sui quali vedesi qualche pelle di pecora o di
Ileana, àf ordinario tutta Ipgcx'a e spelata, fanno anche
da letti (i), sui quali, secondo la capacità, dorme tutta
la famiglia, senz'altro materasso che la pelle quando
ci è, senza lenzuola e senz' altra coltre che iponchos^
ferraioli degli uomini, e le gonne delle donne, quando
se le tolgono. E i loro indumenti, sempre deUa mede-
sima foggia antica, anteriore alla conqubta spagnuola,
e sempre della medesima grossolana stoffa — tessuta
dall'india sul nudo suolo, col semplice aiuto di due
bastoni di legno, di una stecca di osso e quattro piuoli
— non sono rinnovati che quando cascano a pezzi.
Alla tenue fiamma dell'informe focolare bolle una
pentola, nella quale cuociono insieme, senz'akun con-
dimento, un po' di frumento o maiz pesto, con qual-
che patata e del chitìio — specie particolare di piccola
patata essiccata al sole ed al vento: — e questa, per
tutt' altri nauseabonda poltiglia, insieme ad un po' del
cosi detto tostadOj ossia di maiz abbrustolito, o fave,
(i) Questi letti sono anche i soli che d trovino nelle cosi dette
case di posta, lungo le strade maestre (già abbiamo detto cosa
queste sieno) della Bolivia: letti che d'altra parte sono anche i
pia comuni anche fra i bianchi ed i meticci dell'ultima classe
sodale. Né ciò fiacda meraviglia, giacché anche fra le classi agiate
spesso non si trova altro letto che un semplice telaio in legno
con delle strisce di cuoio : e fu questo il solo che noi stessi po-
temmo avere nel primario albergo di Potos{; sicché preferimmo
attenerci, come nelle poste o sotto la tenda, al nostro letto di
campagna.
jo Noticuran^a di migliorar condi:^ion€
r I — * I I -
costituisce l'alimento giornaliero dell'indio; alimento
che diventa un vero festino quando può andare accom-
pagnato da un po' di cMcha o pure di acquavite, che
d'ordinario solo si usano nelle grandi solennità — dopo
la sementa dei cam{n, e nelle feste religiose, le quali si
convertono sempre in sozzi e brutali baccanali di otto
o dieci giorni di durata.
Assuefatti a tanta miseria ed abiezione da lunga ed
ereditaria abitudine, gl'indigeni l'accettano come la
cosa più naturale, senza che nemmanco baleni mai
nella loro mente l'idea di alleggerirne il peso, anche
quando non dovesse costar loro ninno sforzo, aU' in-
fuori di quello di valersi di mezzi già esistenti neUe loro
mani. Si hanno di ciò molte e ineluttabili prove.
Abbenchè non lavorino che appena lo strettamente
necessario per procurarsi i mezzi di soddisfare ai lorc
limitati bisogni e alle imposte dello Stato e della Chiesa,
spesso ne ricavano poco o molto di più: e cionondi-
meno non si permettono mai il lusso d' impiegare tale
superfluo nel miglioramento della propria condizione:
si chiude invece e si custodisce in ben nascosti tese-
retti, di cui non hanno affatto l'animo di servirsL Vi-
vendo inoltre su di un suolo tanto abbondante di me-
talli preziosi che spesso si trovano segregati da ogni
corpo estraneo, è risaputo che molti di essi conosconc
ricchi depositi naturali di cosi dette pepitas de orc\
ossia grani di oro puro — conoscenza nel maggior nu-
mero di casi trasmessa da padre in figlio, fin da se-
coli addietro: — e pur nullameno, potendo esser rìcch
a milioni, trascinano sempre la stessa loro misera es;-
Gelosia per le mittUre jj
stenza, senza approfittare menomamente dei noti tesori;
che per orgoglio di razza ed in odio della razza bianca
si sforzano di celare ad ogni umano sguardo. Estrema-
mente gelosi anzi dell'oro e dell'argento delle loro mon-
tagne, pur non usandone affatto, anelerebbero che giam-
Doai la più piccola particella di siffatti metalli cadesse
nelle mani di un bianco o di un meticcio; ed è per
essi il massimo dei delitti lo svelare a chicchessia non
appartenente alld propria razza il segreto di qualche
miniera (i).
Completamente tarpate com'essi hanno le ali della
immaginazione e del pensiero, e da nessun altro sen-
timento animati, all' infuori di quello del più profondo
odio verso le altre razze che sperano vedere un giorno
scomparire per sempre dal proprio suolo, passano la
(i) Le tradizioni concernenti la prima ribellione consumata da-
gli indigeni l' anno 1 549, contro la dominazione iberica, sono con-
cordi nel riferire che quando gli spagnuoli capitanati da Villat roei,
ottenuta una prima .vittoria, intimarono la resa ai ribelli, questi
imposero come unica condizione che fosse loro consegnato, per
esser castigato come traditore, l'indio Huanca, che quattro anni
innanzi aveva svelato allo stèsso Villarrody allora occupato a sfrut-
tare le miniere di Porco, il segreto a lui confidato da Guallea
della casuale scoperta delle ricche miniere di Potosf: condizione
che non fu accettata dal campo spagnuolo e che trasse colla con-
tinuazione della lotta, la strage di molta gente india. Numerosi poi
sono i ricordi di indigene sposatesi con bianchi o meticci che,
conoscendo per tradizioni di famiglia il segreto di qualche ricca
miniera, si negarono ostinatamente a svelarlo ai loro mariti, non
cedendo né a preghiere ne a minacele, come anche di altre che
avendolo svelato furono sacrificate dalla pretesa giustizia vendica-
tiva degl'indù.
12 Quichua e Ayitiarà
loro vita, in attesa di un tale giorno, in uno stato di
continua e indolente apatia, masticando lentamente li
immancabile cicca di coccl^ lavorando il meno che pos-
sono, ed evitando per quanto più è loro dato il com-
mercio dei bianchi e dei meticci.
Come accennammo disopra, la razza indigena nean-
che da se medesima può vantarsi di formare un sol
popolo unito e compatto ; suddividendosi in due grandi
branche o famiglie, dette dei Quichua e degli Aymarà^
che ricordano una origine completamente diversa, co-
munque all'arrivo di Pizarro sulle coste del Pacifico,
facessero parte entrambe del grande impero degl'Inca.
Mentre i Quichua costituivano la popolazione che pos-
siamo chiamare Incasica o nazionale, gli Ayjnard for-
mavano invece una grossa tribù che visse lungo tempo
nemica degl' Inca, fino al giorno in cui, vinta e soggio-
gata da questi, fu incorporata all'impero. Ma la fusione
fra i due popoli non avvenne mai, né durante l'impero
Inca né dopo la caduta di quello; ed essi vivono oggi
ancora completamente distaccati Puno dairaltro» se
non nemici, rivali, conservando ciascuno la propria
lingua (i), la propria foggia di vestire eie proprie co-
(i) Noi che per ragione dei nostri studìi attraversammo tutta
la Bolivia, dai suoi confini colla Repubblica Argentina a quelli
col Perù, non potemmo giammai ottenere dagl'indigeni una ri-
sposta in castigliano ; e per intenderci con essi, fummo obbligati
a condurre con noi due interpreti, uno edotto nell'idioma Qui-
chua e l'altro nell'Aymari.
I Boliviani - bianchi e meticci - a qualunque classe af^Mvten-
gano, cercano di apprendere entrambe queste lingue per le loro
Non partecipano della vita sociale /^
stumanze che rivelano ncìTAymarà una indole assai
più trista e feroce di quella del Quichua^ relativamente
docile e mite. Quichua e Aytnarà solo hanno di co-
mune fra loro la barbarie nella quale giacciono entrambi,
e r odio contro la razza bianca e la meticcia : odio che
li trovò e li troverà sempre uniti nel momento della
lotta. I primi abitano la regione che cominciando dai
confini colla Repubblica Argentina, o meglio dalla metà
della provincia argentina di Jujui, s'inoltra fino al-
l'erta da cui prende origine l'altopiano di Oruro; men-
tre i secondi si estendono su tutto il detto altopiano
di Oruro, da Ancacato al Titicaca.
La razza indigena infine, relativamente tanto nume-
rosa da formare oltre i tre quinti della popolazione bo-
liviana, — estranea completamente alle pubbliche fac-
cende, alla difesa dello Stato, ed a tutto ciò che potrebbe
chiamarsi la vita nazionale — non è che una forza
inerte che può diventare nemica da un momento al-
l'altro, al primo suo risveglio.
Nasce quindi da ciò che la vera vita nazionale solo
si svolge fra i bianchi ed i meticci; e che questi uni-
camente, quando si parla del popolo boliviano — del
vero popolo che si sente stretto dal vincolo di unità
nazionale e prende parte nella misura delle proprie forze
necessarie relazioni cogP indii : e quelli che ne conoscono una sola,
come generalmente avviene (apprendendo ciascuno dalla infiumOf
insieme alla castigllana, la lingua parlata dagl'indigeni della co-
marca ove trasse i natali), sentono essi stessi il bisogno d'inter-
pretiy ogni qual volta hanno da fiffe cogP indigeni che parlano
V altra delle sopradette due lingue.
^4 Bianchi e meticci
ed attitudini alle pubbliche faccende — possono aver
diritto ad una tale denominazione. E qui non è da di-
menticare che i bianchi ed i meticci tutti insieme, come
s* è visto, raggiungono appena i due qvointi della po-
polazione nominale della Repubblica,
I bianchi, tutti più o meno discendenti diretti dei
primi coloni spagnuoli, e fra i quali non è difficile
trovare qualcuno dei più grandi nomi di ^agna,
erano durante la dominatone iberica i veri signori del
paese. Padroni delle migliori terre coltivabili della re-
gione abitata, e delle ricche e numerose miniere che
sfruttavano col braccio dell'indio, vivevano nel lasso,
nell'ozio e nelle mollezze che le loro grandi dovìzie
facilmente permettevano. Ma le guerre della indipen-
denza sud-americana di cui furono i primi iniziatori,
e che per i5 lunghi anni, dal 1809 al 1824, conver-
tirono l'Alto Perù in un immenso campo di battaglie
— guerre che per la natura e situazione del paese, nel
centro del continente, assunsero un carattere assai più
feroce e distruttore che nelle altre regioni americane
— li spogliarono della maggior parte dei loro averi.
Perdute le ingenti rendite delle miniere, che anda-
rono in massima parte o rovinate dalle fazioni nemi-
che, o allagate dai medesimi proprìetarii onde salvarle
dalla rapacità di quelle, mentre le rimanenti cadevano
in abbandono per difetto di braccia e di tranquillità;
divorate nella lunga contesa tutte le economie accu-
mulate, fino al punto di doversi privare anche dei va-
sellami di argento, di cui le case magnatizie erano tutte
più o meno provviste, — altro non rimaneva ai bian-
Bianchi e meticci $$
chi di tutta la loro antica opulenza, die la nuda pro-
prietà delle loro terre; le quali nella doppia mancanza
di braccia e di smercio dei prodotti, non resero più che
profitti relativamente assai meschini
Alla proclamazione della Repubblica si trovarono
quindi generalmente tutti più o meno impoveriti ; con-
dizione pur troppo anomala e difficile per persone da
lunga abitudine £aitte all'ozio, al lusso ed all'orgoglio
di classe ricca e privilegiata.
E mentre i più cercavano nel maneggio deUe pub-
bliche faccende quella supremazia e quell' agiatezza di
cui più non godevano come individui, i pochi che ri-
fuggivano dalla lotta conseguente alla generale caccia
al potere e ai pubblici impieghi, e tutti quelli che in
tale lotta rimanevano temporaneamente vinti, si ritrae-
vano a vivere dello scarso prodotto delle proprie so-
stanze, sequestrandosi nelle proprie città o villaggi, e
limitando i loro bisogni e le loro aspirazioni ai pochi
mezzi di cui potevano disporre, pur di mantenersi, per
quanto più riuscisse possibile, nell'odio e nell'orgoglio
di classe privilegiata.
Ma accanto ai bianchi, prima rivaleggiando con essi
e poi confusi insieme, sorsero sollecitamente anche i
meticci a domandare la loro parte, che più numerosi
e più audaci facilmente ottennero nell'anzidetta lotta
del potere e del maneggio della cosa pubblica. E rotta
ogni barriera di razza fra loro, bianchi e meticci pre-
sero posto egualmente nello stesso ordine sociale,
senz' altra distinzione per essi tutti che quella della
fortuna, della capacità e dell' audacia. Ond' è che nello
S6 Loro speciali condizioni
Studio delle diverse classi sociali o ceti di cittadini, la
distinzione di razza, — che ormai unicamente si ri-
cerca nella vita pratica per alimentare le piccole va-
nità e gelosie di famiglia — non risponderebbe più a
nessuna idea concreta : e parlando di esse bisogna ne-
cessariamente comprendere bianchi e meticci tutt'in-
sieme.
I meticci che nel bollore dei rivolgimenti politici,
per la fortunata scoperta di qualche ricca miniera, o
per qualcun' altra delle tante cause d' inalzamento co-
muni a tutti i popoli, pervennero man mano a solle-
varsi dal basso strato sociale della loro razza, fecero
ben presto ad imitare il fare e la vita dei bianchi, coi
quali ambivano e pervennero a frammischiarsi, fonden-
dosi con essi nei medesimi ordini sociali : arìstocratioo
e medio. E se si eccettua negli ultimi arrivati una
maggiore vicinanza alla rozzezza propria della classe
da cui uscirono, educazione, tendenze, carattere, tutto
procede fra loro alla pari, non escluso neanche il li-
vello della fortuna, generalmente molto basso.
Premesso ciò, torna assai facile completare a grandi
tratti lo schizzo della fisonomia morale dei due sopra-
detti ceti.
Lontani dall'Europa, che solo pochissimi individui
o famiglie possono vantarsi di aver visto, per lo più
senz' avere avuto né il tempo né la morale disposizione
per poter conoscere tutti i vantaggi e tutte le bellezze
della sua fiorente civiltà: lontani dai grandi centri di
civiltà americana, che diffusasi di preferenza in pros-
Influenza del paese sulla civiltà //
simità del mare, descrive nel suo cammino lungo le
coste deir Atlantico e del Pacifico una zona dove più
dove meno stretta, con appena piccoli slargamenti nel-
l' interno del continente, ove, trattenuta da mille diffi-
colta, stenta ad arrampicarsi : privi del benefizio delle
immigrazioni europee, che la barriera delle Cordigliere,
la mancanza di un vasto commercio e la generale po-
vertà tiene lontane; non contandosi in tutta la Boli-
via, qua e là sparpagliati, che qualche centinaio di
europei: chiusi e confinati fra le alte vette delle Ande,
nel mezzo di una natura in massima parte rocciosa,
aspra e selvaggia, di dove raramente alcuno si muove
e dove raramente arriva gente nuova anche della stessa
Repubblica: incapaci di formarsi alla scuola di forti e
buoni studi per i pochi, antiquati e imperfetti mezzi
d'istruzione di cui dispongono, sotto la guida di un
professorato instabile e insufficiente, spesso inadatto,
cresciuto ed educato nel medesimo ambiente, senza mai
ritemprarsi alla luce delle nuove conquiste della scienza
e del sapere: segregati infine dal mondo che li cir-
conda, e di cui non hanno che qualche vaga e con-
fusa idea — la loro civiltà si risente dell'asprezza e
della immobilità delle loro montagne; ed anziché pro-
gredire a grandi passi, prendendo, col favore della con-
quistata libertà e indipendenza nazionale, nuovi e più
p>otenti slanci, è rimasta rachitica e attrappita, come
pianta cresciuta all'ombra, cui mai un benefico raggio
di Sole infuse nuovo vigore a vita più salda e più ri-
gogliosa.
4. •— Caivamo, Guerra d'Amtrica - Parte IL
^8 Istruiioru pubblica
Scienze, letteratura, arti, industrie, costumi, tutto
rivela e porta l' impronta di una civiltà invecchiala
nei primi periodi del suo sviluppo, e che subì Tinfluenza
della barbarie che la soffocava e la intristiva.
In generale la pubblica istruzione, cosi scientifica
come letteraria, vi è molto trascurata, e perciò mollo
al disotto dei bisogni e delle esigenze della moderna
civiltà; comunque sarebbe forse difficile trovare un
paese ove, a cominciare dal i83o, siasi dettato intorno
a siffatto argomento un maggior numero di leggi, de-
creti e regolamenti, rimasti quasi sempre inosservati.
Cause di ciò: i^, la scarsezza del pubblico erario, il
di cui bilancio annuale ordinario raggiunge appena la
cifra di due milioni di scudi boliviani (circa otto mi-
lioni dì lire); 2°, la accennata insufficienza e insta-
bilità dei maestri o professori, portati alla cattedra e
da questa sbalzati incessantemente, non per ragione
di merito o demerito, ma dal turbine rivoluzionario
che mai sempre agitò la Nazione. Se quindi in fatto
di istruzione le classi superiori della popolazione la-
sciano molto a desiderare, l'ultima ne difetta quasi
del tutto (1).
L'influenza che la vicinanza e T esempio dell'indio
hanno esercitato ed esercitano tuttora sulle altre razze,
(i) Come saggiò della istruzione della classe dei pubblici im-
piegati, che certo non sono i più ignoranti, basti sapere che nei
pubblici uffizi trovansi grandi quadri stampati indicanti l'orto-
grafia delle parole anche più comuni della lingua castigliana. Ne
abbiamo visto noi stessi nelle prefetture ed in altri uflSzL
Carattere boliviano yp
si manifesta assai evidentemente in un certo miscu-
glio di orgoglio, grettezza e diffidenza che forma il
fondo, o come diremmo la nota distintiva del carattere
boliviano.
Sia bianco o metìccio, ricco o povero, il boliviano
divide coir indio l'orgoglio dell'oro sul quale cammina,
per quanto, a differenza di quest'ultimo che lo di-
sprezza e cerca di nasconderlo a tutti gli sguardi, sia
tratto a sentirne il bisogno e desiderarlo, senza sa-
persi dar la pena di estrarlo dalle viscere della terra.
E non è cosa strana, in una conversazione nella quale
si parli dei progressi di altri paesi nelle industrie,
nelle arti o nelle scienze, udire il primo venuto escla-
mare con enfasi, additando l'illimani, il Potosi od
altro monte qualunque: ecco là le nostre arti, le no-
stre industrie, le nostre scienze.... nell'oro delle nostre
montagne I
Ma mentre un siffatto orgoglio domina e pervade a
suo bell'agio ogni immaginazione, nella vita pratica
si scorge quasi sempre nel boliviano l'uomo meschino,
impacciato, diffidente, cresciuto fra l'odio e la barbarie
dell' indio da una parte, ed i continui rivolgimenti po-
litici del suo paese con i loro pericoli e le loro insidie
dall'altra. Di animo piccolo e sospettoso, ma pieno di
presunzione, ricorre facilmente all' astuzia ed all' arzi-
gogolo, che confonde e scambia con i più profondi
dettati della scienza e del sapere.
Ciò però non toglie che vi siano anche delle lode-
voli eccezioni, anime nobili e gentili non tocche dalle
6o Carattere boliviano
pecche del maggior numero e che sanno inspirarsi ai
migliori concelti della moderna civiltà. Di siifatte ecce-
zioni, che non è difficile trovare in tutti gli ordini di
cittadini, bisogna domandarne principalmente alia
donna — come in tutto il continente americano, molto
superiore all'uomo — ed alla gioventù non per anco
guasta e viziata dall'alito rivoluzionario.
"^
Ili
SOMMARIO
n generale Sucre dà l'ultimo crollo alla dominazione iberica nel-
rAlto-Perù. - Convoca un'Assemblea Costituente. — Malessere
sociale. — La popolazione di Potosf, onde impedire lo scoppio
della guerra civile, prega il generale Sucre di non allontanarsi
dal paese colle sue truppe. - Erezione dell'Alto Perù a Stato
indipendente sotto il nome di Repubblica di Bolivar, o Boli-
via. - Sucre è eletto Presidente della Repubblica. — Scoppia la
rivolta. — Sucre lascia la Bolivia. - Orrenda anarchia. — San-
tacruz ristabilisce l'ordine intemo. - Nuove rivoluzioni. — Ca-
rattere dei partiti politici. — Instabilità dei Governi. - Il presi-
dente Belzu : in se/te anni di governo soffoca 34 rivoluzioni. -
Tragica origine di due grandi partiti : il popolare ed il conser*
vatore. - Il presidente Cordova: sua dichiarazione. — Dittatura
Linares. - Strana rivoluzione. - Il presidente A chi inaugura la
politica fusionista. - Lotta accanita tra il partito popolare ed
il conservatore. — Orribili scene di sangue. — Il partito conser-
63 Sucre neìVailo Perii
—^ ^ — I
valore ì detto roje, rosso, per saagaìauio. — Ritolsi i domi-
nare il militarisino. - La storia polìtica della Bolivia fino a] iSSo
si riassume in tre perìodi. ~ Riassunto generale: guerra civile,
dispotismo e anarchia. - Origini e cause dì tale stato di cOM.
1 la cek-bre giornata di Ayacucho nel
rù (i), ultima e forse la più gloriosa
[le grandi battaglie della indipendenza
d-americana, la bandiera iberica, una
Ita padrona di quasi tutto il continen-
te, solo sventolava ancora nelle proviociedell'Alto-Perìi;
ove con un esercito di quattromila uomini tenevasi
fermo tuttavia il generale spagnuolo Olaìleta fra gli
urti giammai decìsivi di una incessante guerra di sca-
ramuccie. Fu giuocoforza al vincitore di Ayacucho, ge-
nerale Sucre, oltrepassare le Ande con una parte dello
esercito libertador {2) : e bastò la sua presenza nell'Alto-
Perù, per determinare l'affrancamento anche di quell'ul-
timo lembo di terra americana, da cui quindici anni
innanzi era uscita la prima scintilla del grande incendio
che corse e divampò per tutto il continente contro h
tre volte secolare dominazione straniera (3).
(1) g dicembre 1824.
(1) ChiamavBsi esercito Ubtrlador, liberatore, quello che sotto ^
comando in capo del general colombiano Simon Bolivar mosse dalli
Colombia in difesa delle oltre regioni americane tuttavia soggmi
alU Spagna, e che andò man mano ingrossandosi cogli eserciti <^
(3) La prima rìvoluuoDe che inalberà risolobunente \sk bmadìen
della indipendenza fu consumata nella città di I^ Paz il l 6 La
glio 1S09.
Costituente - Malessere sociale 6)
Certo di un sollecito trionfo sulle poche e disordinate
forze nemiche, il general Sucre, sì come giunse a La Paz
il 9 febbraio i825, convocava di moto proprio un'As-
semblea Costituente da nominarsi dalle provincie del-
l'Alto-Perù, affine di decidere sulla futura sorte di esse:
e cadeva appena con OlafSeta, nell'aprile, l'ultimo ves-
sillo spagnuolo, che già egli ordinava in Potosi il ritiro
delle sue truppe, onde l'Assemblea, prossima a riunirsi,
potesse funzionare con piena libertà e indipendenza.
Ma nel paese si sentiva già un gran malessere sociale
che ogni dritto estimatore comprendeva bene si sarebbe
furiosamente ripercosso sul vergine campo della poli-
tica, che per la prima volta si apriva alla pubblica atti-
tività. Tutto faceva temere che alla guerra della indipen-
denza sarebbero succedute la guerra civile e Tanarchia,
pel cozzo delle ambizioni, dei bisogni e dei cattivi abiti
contratti durante la dominazione straniera ed il lungo
periodo delle guerre patrie, se una forza estranea non
avesse contenuto a tempo lo scoppio dei tanti elementi
dì discordia che serpeggiavano latenti nelle popolazioni;
e la città di Potosi si levò in massa a scongiurare l'eroe
di Ayacucho, perchè fino al momento almeno della riu-
nione dell'Assemblea, non si allontanasse colle sue truppe
dali'Alto-Perù(i).
Contemporaneamente alla supplica dei Potosini, Sucre
riceveva anche, insieme ad analogo ordine del Generale
( I ^ Questo voto della città di Potosf fu manifestato per mezzo
di unii calda supplica firmata da tutti i suoi abitanti che avevano
la. sufficiente capacità di scrìvere il proprio nome.
64 Provincie ddV^Uo Perii
in capo dell'esercito libertador^ la comunicazione uffi-
ciale della legge emessa dal G>ngresso del Perù i! 23 feb-
braio di quel medesimo anno, colla quale gli s' ingiun-
geva di governare le provincie dell'Ai to-Perù, fino al
momento in cui queste avessero costituito un governo
proprio; e rimase.
Grazie a ciò, la pace interna fu mantenuta: e nel
giugno potè tranquillamente riunirsi in Chuquisaca la
prima Assemblea costituente.
Nella costituzione dei diversi Stati americani, come
dicemmo altrove, i popoli si attennero alla delimitazione
territoriale fatta dalla Spagna pei diversi Governi da
essa stabiliti nel Continente, sotto i nomi di regni, vi-
cereami e capitanie generali; pratica dalla quale nacque
nel loro diritto pubblico intemazionale la nota fornK>la
àtWuti possidetis del 1810. In virtù di siffatto principio,
le Provincie dell'Alto-Perù, che durante la dominazione
spagnuola avevano fatto parte or del vicereame del
Perù or di quello di Buenos-Ayres, potevano essere re-
clamate sia dall'una sia dall'altra delle due Repubbli-
che sorte sulle rovine e nei confini dei due anzidetti
vicereami. E certo, se una gara fosse nata fra queste
due Repubbliche per disputarsi l'annessione delle dette
Provincie, a nessuna delle due avrebbero fatto difètto
buone e valide ragioni per sostenere le proprie pretese :
che mentre quella di Buenos-Ayres aveva per se il prin-
cipio ddTtiti possidetis del 1810; l'altra, ossia la peru-
viana, poteva invocare a suo favore, insieme al prin-
cipio dell'unità etnologica, la lunga annessione di quelle
all'antico vicereame del Perù, cominciata fin dal primo
Repubblica di Boìivar o Bolivia 6$
momento della conquista spagnuola e finita appena
nel 1776, epoca nella quale ne furono staccate per es-
sere unite a quello di Buenos-Ayres.
Ma le due Repubbliche del Perù e di Buenos-Ayres,
mosse entrambe da un nobile sentimento di abnega-
zione, la prima colla citata legge del 23 febbraio 1825,
e la seconda con legge del 9 maggio stesso anno, la-
sciarono le dette provincie dell'Alto-Perù nella piena
libertà di costituirsi in nazione indipendente, o come
meglio loro aggradasse. In favore dell'autonomia di /que-
ste Provincie militava anche l'altro precedente che, co-
munque anticamente facessero parte prima del vice-
reame del Perù e poi di quello di Buenos-Ayres, ebbero
sempre MvìAudiencia {i) propria che nelle bisogne di
alto interesse dipendeva direttamente dal Governo cen-
trale di Spagna; sicché in realtà non avevano mai avuto
una vera e completa comunione d' interessi né colle po-
polazioni del Perù né con quelle di Buenos-Ayres.
Ciò posto, l'Assemblea Costituente convocata da Su-
cre proclamò la erezione delle antiche provincie del-
TAlto-Perù in Stato sovrano e indipendente, costituito
a regime repubblicano sotto il nome di Repubblica di
Bolivar, o Bolivia, in omaggio al gran capitano Simon
Bolivar, che trovandosi allora casualmente nella città
di La Paz, fu eletto anche Presidente della Repub-
blica (2).
(i) La Audiencia era una specie di Tribunale supremo con giu-
risdizione amministrativa e giudiziaria, che la Spagna teneva in cia-
scuna delle sue Colonie americane.
(2) Leggi del 6 e 11 agosto 1825.
66 Torbidi anarchici - Sucre presidente
Ma date queste due leggi e qualche altra di ordine
molto secondario, l'Assemblea, fra il tumulto interno
delle discordanti opinioni e la minaccia delle molte pre-
tese e dei bisogni insoddisfatti che udiva sorgere in-
torno di se, pronti ad irrompere tempestosamente dopo
la prossima partenza di Bolivar e di Sucre che i loro
doveri chiamavano altrove, si trovò nella impossibilità
di procedere alla organizzazione del nuovo Stato da
essa creato, nel quale tutto era da fare. Solo una cosa
risultò evidentissima, e fu il convincimento che, qua-
lora il paese fosse rimasto in balia di sé stesso, sarebbe
stato sicuramente assalito dalla più spaventevole anar-
chia ; e sospese prontamente le sue sessioni, dopo avere
inalzato al generale Bolivar le due seguenti preghiere:
di elaborare un progetto di Sraluto o carta fondamen-
tale della Repubblica ; e di intercedere con tutta la sua
influenza presso il Governo di Colombia, onde permet-
tesse al general Sucre di governare la Bolivia, conser-
vando sotto il suo comando pel mantenimento dell'or-
dine, una divisione di duemila uomini dell'esereito
colombiano.
Soddisfatte entrambe queste domande da Bolivar^ unaj
nuova Assemblea boliviana approvava lo Statiamo ed
eleggeva a Presidente della Repubblica il genera.1 Sui
ere; il quale, modesto quanto sommo capitano e grano]
statista, tuttoché, secondo lo Statuto nazionale, 1 3. Pr^
sidenza fosse vitalizia, non l'accettò che con l'&spress^
condizione di esercitarla per soli due anni (i).
(i) Sucre assunse la Presidenza il 9 dicembre 1826.
Rivolta - Sucre lascia la Bolivia 6y
Ma decorso appena un anno, cominciarono a far ca-
polino le ambizioni a dura pena contenute fino a quel
momento, di uno sciame di militari desiderosi di sca-
lare il potere supremo o di guadagnare gradi che ne
facilitassero il possesso più tardi, spinti e coadiuvati da
una folla di politicastri e di nullatenenti avidi di no-
vità ed anelanti una qualsiasi partecipazione nel ma-
neggio della cosa pubblica. Pronti ad afferrarsi in ogni
tempo al primo pretesto che capitasse per promuovere
una rivolta, tolsero in allora quello di volere la riforma
dello Statuto, per abolire la istituzione della Presidenza
vitalizia - ad imitazione del Perù e di altre Repubbliche
americane - nonché l'allontanamento dal territorio na-
zionale dell'esercito colombiano e del presidente Sucre ;
sebbene si sapesse che questi stava già preparando la
partenza di quello, e che egli medesimo avrebbe rasse-
gnato fra pochi mesi la presidenza, da lui non voluta
accettare che per soli due anni.
Soffocata una prima rivoluzione di quartiere nel di-
cembre 1827, altra ne scoppiò nell'aprile dell'anno se-
guente (i), cui tenne dietro una terza nel maggio; e
tre mesi più tardi l'eroe di Ayacucho, date le proprie
dimissioni da Presidente della Repubblica, lasciava per
sempre la Bolivia insieme alle sue truppe colombiane.
Lo stesso Congresso che accettava le dimissioni di
Sucre, nominò in sua vece il generale boliviano San-
tacruz, allora in missione diplomatica nel Chili. Ma
( I ) In questa rivolta il general Sucre riportò una grave ferita al
:>ra.ccio.
68 Anarchia - // presidente Saniacru^
questi non aveva avuto peranco il tempo di rimpatriare,
per prendere possesso della conferitagli Presidenza, che
già si consumava una nuova rivolta; in seguito alla
quale un nuovo Congresso chiamava alla presidenza ed
alla vice-presidenza della Repubblica i due colonnelli
autori delle due ultime rivolte, già divenuti generali nel
frattempo.
Né qui si arrestò l' onda rivoluzionaria ; il Generale
Bianco, il fortunato ribelle di ieri, non era salito sulla
sedia presidenziale che da cinque giorni ap|:>ena, quando
una nuova sommossa di quartiere ne lo cacciò giù, per
poi massacrarlo vilmente nel fondo di una prigione*
Dopo qualche mese di orrenda anarchia, assunse la
Presidenza il Generale Santacruz. Uomo di mente ele-
vata e di carattere ferreo, Santacruz infrenò Panarcfaia
e contenne la guerra civile, governando dittatorialmente
la Bolivia, quando col concorso di un compiacente Ccmi-
gresso, quando senza di esso, ptT circa dieci anni, da
lui spesi principalmente nella effettuazione di un vasto
progetto cui si era dato con tutte le sue forze : quello
della Confederazione Perù-boli vi ana, che pervenne a
costituire dopo un'acerrima lotta nel Perù, e che ri-
cadde nel nulla dopo ventisette mesi di guerra civile
e internazionale.
Abbenchè tutti questi particolari della storia interna
di Bolivia non siano di assoluta necessità pel presente
lavoro, abbiamo stimato utile non trascurarli, c^nde il
lettore possa farsi più agevolmente ragione dell* orìgine
di questa Repubblica e del suo irrequieto niavitnenta
politico.
Nuove rivo1u:(i ni - / partiti 6p
L*idra rivoluzionaria, da Santacruz con tanti sforzi
tenuta in soggezione per circa dieci anni, si levò di
bel nuovo furente e spaventosa col sorgere del 1839.
Da quest'epoca al 1849, la Repubblica, sconvolta da
un continuo vortice rivoluzionario, ha l'uno dopo l'al-
tro cinque diversi Presidenti, tutti portati al potere, e
da questo sbalzati, per opera di rivolte cominciate nei
quartieri e sollecitamente accolte e favorite nella popo-
lazione da tutti coloro che ambiscono un posto nella
pubblica amministrazione, od uno migliore di quello
che hanno, senza neppure cercar di sapere il perchè
ed il come del movimento avvenuto, o semplicemente
progettato. La formazione dei partiti, tolto un pretesto
qualunque, non si determina che dair ambizione o dal-
l'interesse personale di quei che vi prendono parte; e
l'unico scopo della rivolta consìste nello sbalzare dal
potere quei che vi sono, per prendere il loro posto. I
nomi stèssi dei partiti non sono che personali, dal nome
del Caudillo^ o capo, che si vuol portare alla Presi-
denza: la questione di principi! vi è del tutto estranea.
La prima apparizione di partiti formati sopra una
base più larga avvenne durante il governo del Gene-
rale Belzu, dal i849 al i855, in una maniera affatto
informe e casuale in principio, quanto tragica e spa-
ventosa.
Portato da una sanguinosa rivolta alla prima ma-
gistratura dello Stato, Belzu non vi era che da due
mesi appena, quando una dopo V altra nel giro di po-
chi giorni gli si ribellarono le guarnigioni delle più
importanti città, proclamando chi uno chi un altro
jo II presidente Beì^u
Caudillo, o pretendente. In mezzo a questa generale
confusione, essendo casualmente occorso nella città di
La Paz che uno dei proiettili lanciati contro i pochi
amici del Governo dal battaglione in rivolta, uccidesse
una popolana che tranquillamente traversava una piazza
con un bambino da latte fra le braccia, la plebe che fino
a quel momento era stata spettatrice indifferente del
corso degli avvenimenti, si ammutinò, e presa da su-
bito furore si slanciò in massa contro il piccolo bat-
taglione ribelle dalle cui fila era uscito il colpo fatale.
AI violènto assalto della plebe, il battaglione rispose
con una scarica di fucilate che, facendo fra quella nu-
merose vittime, maggiormente la inasprì. La lotta s'im-
pegnò rabbiosa da ambe le parti (i): e quando il bat-
taglione, finite le munizioni, prese la fuga, la plebe
rimasta padrona del campo sfogò la sua collera sac-
cheggiando le case dei promotori della rivolta e di tutti
i loro numerosi aderenti ed amici politici ; sicché tutta
la città ne andò a soqquadro.
In tal frangente arrivò Belzu a La Paz con la pic-
cola parte dell* esercito rimastogli fino a quel momento
fedele: veniva per combattere la rivolta, e trovò invece
che questa era stata vinta e terribilmente castigata dal
popolo, i cui eccessi duravano ancora.
Ma quello non era che un semplice episodio della
sanguinosa anarchia che invadeva tutta la Repubblica,
messa dappertutto in rivolta dal medesimo esercito di
Belzu; il quale non sapeva neanche se e fino a quai
(i) La plebe contò oltre a 300 vittime.
Belx^u e la plebe 77
punto potesse contare sulla fedeltà dei due o tre bat-
taglioni che tuttavia gli prestavano obbedienza. La si-
tuazione era certamente delle più difficili; e Belzu, do-
minato unicamente dalP interesse della propria salvezza
e dal suo odio contro i propri! nemici, fece presto a
prendere una risoluzione. Anziché cercar di contenere
e castigare i barbari eccessi della plebe di La Paz, non
ebbe per essi che parole di lode e d'incoraggiamento,
onorandoli col titolo di giustizia popolare contro i tra-
ditori ed i pretesi aristocratici che dissanguavano il
popolo, da cui egli usciva ed al quale si vantava di
appartenere.
Qualche giorno dopo, la plebe delle altre città — con-
vertitasi tutta in ausiliaria del Governo colla lusinga
del saccheggio — imitò V esempio di quella di La Paz ;
e mercè la sua intervenzione ha rivolta venne in breve
tempo soffocata in tutta la Repubblica, gittando il ter-
rore e lo spavento in ogni animo.
Questo fu il principio di un nuovo ordine di cose.
Il primo movimento della plebe nella città di La Paz,
come vedemmo, era stato del tutto casuale ; e la stessa
condotta di Belzu in mezzo ai disordini che ne segui-
rono, fu effetto in parte delle difficili circostanze nelle
quali versava la sua pericolante autorità, e in parte
della falsa educazione politica del paese, che consigliava
ciascuno a considerare come buone tutte le armi atte
ad assicurare la vittoria della propria fazione, senza
por mente alla loro natura. Ma provato che fu coi
fatti di La Paz e delle altre città ciò di che la plebe
fosse capace, Belzu comprese immediatamente tutto il
72 Instahiìità dei governi
vantaggio che si poteva cavare da essa, maneggiandola
come forza di governo: la elevò all'onore di partito
politico e si sostenne col suo favore nel potere fino a
che he fu stanco, vincendo o soffocando ancora in
germe fra le spire della sua tirannide popolare, nei
sette anni che tenne le redini dello Stato, ben trenta-
quattro rivoluzioni ; sicché, quando per la prima volta
in Bolivia diede egli V esempio di scendere dalla sedia
presidenziale senza esserne scacciato dalla rivoluzione,
ma per cedere di buon grado il posto al nuovo Pre-
sidente legalmente eletto dalla nazione, potè egli dire
nel suo messaggio al Congresso: «Le masse popolari
hanno fatto sentire la loro voce e compiuta la loro
parte, soffocando le rivoluzioni e combattendo a favore
del Governo costituzionale: l'apparizione di questo po-
tere formidabile è un fatto sociale di grandissima im-
portanza. »
Ed invero era così : poiché quel potere sconvolse per
un momento da cima a fondo tutto il sistema politico
della Bolivia, se cosi puossi chiamare quella maniera,
del tutto anarchica di fare e disfare Governi ad ogni
istante.
Le rivolte di quartiere — sorrette e favorite dal per-
petuo rimescolio dei piccoli intrighi dei partiti perso-
nali e dalla sollecita adesione di tutti i cercatori di
pubblici impieghi — fin allora sole arbitre dei destin.
del paese, si trovarono impotenti innanzi all'onda sem-
pre più incalzante della plebaglia, per lo innanzi corr^
pletamente indifferente e passiva nelle lotte politiche:
e tutti gli antichi e nuovi macchinatori di rivoluzioni
// partito conservatore - Cordova yj
furono costretti a far causa comune fra loro ed a fon-
dere tutti i loro piccoli partiti personali, fin allora
nemici e rivali, in un solo gran partito capace di lot-
tare con vantaggio contro la nuova forza preponde-
rante delle moltitudini.
Questo nuovo partito che, a suo dire, inalberava la
bandiera dell'ordine e della legalità in nome dei prin-
cipi! conservatori, pretendeva rappresentare l'elemento
aristocratico, in opposizione al popolare o democratico
creato da Belzu ; ma in realtà, salvo le debite eccezioni,
non era che la confusa accozzaglia di tutti i vecchi
rivoltosi e di tutta la numerosa schiera di malcontenti
lasciati indietro da Belzu. Capitanato dal Dottor Li-
nares, uno dei più tenaci ed attivi rivoluzionarii che
si ebbe la Bolivia, arrivò al potere per mezzo di una
grande rivolta, dopo molti tentativi infruttuosi che
mantennero il paese in continua agitazione durante
nove anni consecutivi, nel Settembre 1857; ossia du-
rante la presidenza del Generale Cordova, successore
di Belzu e continuatore sfortunato e malaccorto della
sua politica.
Le condizioni sociali e politiche della Bolivia, fra
tanto infuriare di passioni e di guerre civili, erano
sifiTattamente discese che il Presidente Cordova, in un
suo opuscolo pubblicato appena sbalzato dal potere,
col titolo: Manifesto e programma del Presidente
aostitu\ionale di Bolivia alla na^ione^ non si peritò di
dire : < Se la Bolivia mi accusa di negligenza o di gio-
vanili errori, confesso che in mezzo alla generale de-
pravazione di costumi era difficile che la condotta del
5. — Caxtaico, Guerra d'America. - Parte II.
74 Dittatura Linares
Presidente fosse irreprensibile; perchè nel centro dì
un torrente di corruzione, tutti sono trasportati dal
suo impeto. »
In meno di due anni di Governo, Cordova dovè com-
battere, r una dopo i' altra, sei rivoluzioni diverse.
Ma la decantata legalità del partito conservatore o
seltembrista (i), come più comunemente venne chia-
mato, non durò molto. Il Presidente Linares, assediato
continuamente da moti rivoluzionarli orditi in gran
parte dai medesimi suoi partigiani che più si erano
adoprati a portarlo al potere, stracciò ben presto la
Costituzione per assumere la dittatura, di cui voleva
servirsi per estirpare una buona volta dal paese il
tristo germe della guei;ra civile, e che fini per conver-
tirsi in uno inutile e feroce terrorismo. Il male era
troppo grave e troppo profondo, perchè potesse gua-
rirsi coi patiboli e colle proscrizioni.
Una triste prova di ciò la ebbe sollecitamente lo
stesso Linares, il giorno in cui scacciavalo dal potere
e dal territorio della Repubblica una rivoluzione di
nuovo genere, e certo delle più disonorevoli, capita-
nata dai medesimi suoi Ministri; uno dei quali, il Ge-
nerale Achà, prese il suo posto dopo un corto periodo
di transizione, inaugurando una politica di opportunità,
nuova per Bolivia, che egli ed il paese chiamarono fu-
sionista.
Achà, venuto al potere in una maniera affatto ec-
(i) Il nome di settemòrisia fu preso dal mese nel quale avrenne
la rivoluzione che portò il partito al potere. •
Strana rivoluzione - Achà 7/
cezionale e per cosi dire di sbalzo, in seguito ad un
colpo di mano ordito da un altro per conto proprio
e nel quale non aveva avuto che una partecipazione
del tutto secondaria, non contava su nessuna forza
propria per sostenervisi: non sull'esercito, il quale,
strumento della rivolta contro Linares, seguiva le ispi-
razioni di un altro ex-ministro di quello e vero capo
del movimento, Fernandej, che egli era costretto a
conservare presso di sé nel Governo, sebbene ne pa-
ventasse la disonesta ambizione; non sui due partiti
politici che in allora si disputavano la supremazia nel
paese, da ambo i quali era tenuto per nemico (i). Il
partito Popolare^ o Bel^ista^ rimproveravagli l'aspra
(i) La rivolta contro Linares prese una forma tutta teatrale.
Un bel mattino i suoi ministri Femandez e Achà, in compagnia
del Comandante militare della Piazza, emisero due decreti: uno
notificava al Dittatore che V esercito lo aveva deposto dalla prima
magistratura dello Stato; l'altro annunziava alla Nazione che, co-
stituiti essi in Triunvirato, assumevano provvisoriamente il potere
fino a che la Repubblica avesse eletto un Presidente. I tre rivol-
tosi avevano l'esercito con loro; e tutti i cittadini, nella generale
meraviglia di un colpo tanto inaspettato, bisognò che piegassero il
capo, cominciando da Linares che, vecchio e malato, prese trista-
mente il cammino dell'esigilo ove morì.
n vero capo di si perfida rivolta era Fernandety il ministro fa-
vorito e Valter ego di Linares, che l' aveva da lunga mano prepa-
rata col porre al comando dei varii battaglioni uomini ligii a lui,
e che sperava farsi eleggere Presidente ; ma respinto dal voto una-
nime della Nazione, si valse della propria influenza per far eleg-
g-ere il suo complice Achà, con animo di sbalzarlo più tardi con
3.1 tra rivolta dell'esercito, a lui fedele: colpo che effettivamente
tentò dopo qualche tempo e che gli andò fallito.
'j6 Politica fusionista
guerra che da lui ebbe a soffrire durante la dittatura
di Linares, al tempo istesso che il Conservatore^ o
Settembrista, lo accusava a sua volta di aver concorso
a rovesciare quella stessa dittatura di cui era stato
dianzi uno dei più saldi campioni.
Achà trova vasi quindi in una situazione tutta irta
di spine ; e mentre sentiva la necessità di crearsi una
forza di governo capace di tener fronte ai tanti ele-
menti di disordine che gli si agitavano confusamente
intorno, comprendeva bene che non sarebbe stato punto
prudente andarla a cercare in uno dei due anzidetti
partiti, gittandosi risolutamente nelle sue braccia; per-
chè, mentre sapeva di non poter fare grande assegna-
mento sulla sua fedeltà, qualunque dei due fosse stato,
avrebbe con ciò spinto P altro a muovergli guerra più
sollecitamente. Ricorse perciò con grande astuzia al
trovato di governare col concorso di tutti e due i par-
titi, sotto il pretesto di volere la loro fusione; ma col
fine vero di cercare un appoggio in entrambi, o me-
glio, nella rivalità e collisione di questi fra loro, man-
tenendosi egli in equilibrio al disopra della lotta, cbe
non poteva mancare d'impegnarsi fra di essi, nella
fittizia serenità della sua polìtica apparentemente pro-
pugnatrice di una fusione, o conciliazione, che sapeva
di essere impossibile e che non avvenne.
Portati entrambi i partiti promiscuamente in tutte
le sfere del potere — nel Congresso, nel Ministero, ai
comando dell'esercito ed in tutti i pubblici uffici in-
distintamente — la lotta sorse ben presto fira loro
cruda, accanita, feroce; e primo prodotto dell' inevitat-
Lotte partigiane - Scene di sangue yy
bile cozzo di questi due partiti militanti insieme sotto
la sedicente bandiera fusionista di Achà, furono le più
orride scene di sangue che la Bolivia, sfortunatamente
tanto ricca in siffatto genere di avvenimenti, abbia mai
sofferto (i). L'ira partigiana straripò furiosa, ed il par-
tito conservatore, o settembrista, per la tanta sete di
sangue da esso spiegata, venne ingiuriato in pieno
Congresso col qualificativo di rojo^ rosso, per sangui-
nario; qualificativo che fece presto il giro della Repub-
blica, e che rimase come unica denominazione di detto
partito; sicché dipoi non fu conosciuto altrimenti che
sotto il nome di rojo.
Risultato ultimo di sì anomala situazione fu che i
due partiti s'indebolirono a vicenda, nel tempo stesso
che rafforzavano maggiormente i mutui loro odii, dando
modo al militarismo, che per un momento era rimasto
in seconda linea, di riprendere di bel nuovo l'assoluto
dominio di cui godeva prima della loro apparizione.
(i) Neil* Ottobre 1861, mentre il presidente Achà faceva tran-
quillamente una visita ai vari! Dipartimenti della Repubblica, il
Comandante militare di La Paz — certo colonnello Yanez che an-
teriormente aveva avuto molto a dolersi del Governo di Belzu —
col pretesto di veri o falsi sos[)etti di cospirazione, trasse in pri-
gione circa un centinaio di cittadini appartenenti al partito po^'
/ar^ o Belzista, fra cui parecchi Colonnelli, tre o quattro Gene-
rali e F ex-presidente Cordova; e la notte del 22, senza che il
Presidente ne sapesse nulla, lì fece tutti sgozzare miseramentCì chi
[ielle stesse prigioni, chi sulla piazza principale della città. Un
mese dopo, sempre all'insaputa del Presidente, successero altri
lisordini durante i quali il Colonnello Yanez, del partito settem-
»rists^ fu assassinato insieme ad altri. Basti ciò come esempio.
jS II militarismo - Periodi storici
Il militarismo ritornò ad impossessarsi del potere
nel Dicembre del i864, mediante una delle solite ri-
volte di quartiere a favore del Generale Melgarejo;il
quale, venuto su da semplice soldato, guadagnando \
suoi gradi nelle tante rivolte cui prese parte, portava
seco tutti i vizii della caserma e il più profondo di-
sprezzo per le leggi e per tutto ciò che non seguiva
ciecamente i suoi strani capricci; sicché il suo Go-
verno non fu che una dispotica e brutale dittatura.
A Melgarejo successe, sempre per la via rivoluzionaria,
un altro Generale che fu poi assassinato dal proprio
nipote ; il che diede luogo ad un breve periodo di tran-
sizione dal 1873 al 1876, epoca nella quale ripigliava
la dittatura militare il famoso Generale Daza, quello
stesso che nel 1880 durante la guerra col Chili, operò
la tristemente celebre ritirata di Camarones^ in se-
guito alla quale fu deposto dalla presidenza della Re-
pubblica.
La storia politica della Bolivia, a cominciare dalla
proclamazione della Repubblica fino alla caduta del
Presidente Daza nel 1880, si riassume quindi in tre
periodi: il primo dalla erezione della Bolivia a Stato
indipendente fino al i848; il secondo dal i848 al i864;
il terzo dal i864 al 1880.
Nel primo periodo — tranne i pochi mesi del Go-
verno di Bolivar e di quello di Sucre — domina asso-
luto il militarismo turbolento, esigente, ambizioso^
guidato da idee meschine, ristrette, personali, nel seno
di una società avida di mutamenti politici, nei quali
spera ciascuno di trovare il proprio tornaconto. San-
Primo periodo - Militarismo 79
■ ■ I ■ ■ . - ■ I — _— .
tacruz fu una vera eccezione : e le sue grandiose idee
riguardanti la confederazione Perù-boliviana, di cui
nessuno forse comprese tutta la portata, non furono
mai divise da alcuno, neanche dai suoi medesimi par-
tigiani; i quali si batterono un certo tempo pel trionfo
di siffatte idee, sol perchè Santacruz cosi voleva;
come si sarebbero battuti contro, se tale invece fosse
stato il volere di Santacruz. Il sergente^ primo ed
indispensabile elemento della rivolta di quartiere, non
cerca che l'occasione di guadagnare le spalline; men-
tre l'ufficiale subalterno tutto subordina alla sete di
venir Colonnello: e sì l'uno come l'altro sono sempre
pronti a prender parte in tutte le rivolte nelle quali
p>ossono trovare un posto, se pure questo stesso loro
interesse personale non li consigli invece a combat-
tere col Governo. Ma mentre il sergente e l'Ufficiale
subalterno non aspirano che a divenir Colonnelli,
il Colonnello, e con più ragione il Generale, non ha
che una sola meta innanzi di sé, la Presidenza della
Repubblica, alla quale crede aver diritto unicamente
perchè Colonnello o Generale; e tutti i suoi sforzi
sono diretti ad avere il comando di un battaglione
per sollevarlo a rivolta, od a formarsi nell'esercito o
fra l'immenso stuolo dei malcontenti un piccolo par-
tito capace di promuovere un qualunque movimento
sovversivo: sicuro, appena ciò avviene, di trovar fa-
vore, amici ed aderenti in tutti gli ordini di cittadini,
<rhe stanno aspettando con ansia la caduta del Governo,
sia buono o cattivo, colla speranza di trovare un posto
riella nuova amministrazione. Pullulano quindi i pie-
8o Secondo periodo - Lotte partirne
coli partiti personali, senza nessuna questione di prìn-
cipii e senz* altra differenza fra loro che quella della
persona del Caudillo o capo di ciascun partito.
Nel secondo periodo sorgono per virtù dell' occasione
due grandi fazioni politiche, schierandosi da una parte
la plebe colla forza bruta delle turbe bramose di bot-
tino, e dair altra le classi superiori strette dal comune
bisogno di conservare la propria supremazia su quella.
Agglomerazioni informi e disordinate in principio, si
di idee come di persone, tengono Funa dopo V altra il
potere per un certo spazio di tempo, durante il quale,
travagliate da una doppia lotta — fra di loro recipro-
camente e ciascuna in seno a sé stessa — assumono
fino ad un certo punto forma e carattere di due grandi
partiti nazionali, l'uno progressista, l'altro conserva-
tore. Il militarismo, non scomparendo per nulla, rimane
in seconda linea, per servire come arma di lotta dei
due grandi partiti, che vanno gradatamente espurgan-
dosi e disciplinandosi; ed i piccoli partiti personali
cominciano conseguentemente a dileguarsi per fondersi
in quelli. Ma la lotta dura sempre; la guerra civile
prende caratteri e proporzioni sempre più spaventevoli
e feroci; e i due grandi partiti, indebolitisi a vicenda,
sono battuti e sopraffatti entrambi dalla dittatura mi-
litare.
Nel terzo periodo ritorna il militarismo a padroneg-
giare il paese, come nel primo; e sì il partito popo-
lare come il rojo o conservatore, ridotti all' impotenza
e tenuti in non cale, si contentano di strisciare unuli
e tremanti ai piedi del fortunato Caudillo arrivato al
Ter^o periodo - Dispotismo o anarchia 8i
potere, per vivere della sua protezione ed ottenere da
lui una qualunque partecipazione nel maneggio della
cosa pubblica — senza però lasciar di cospirare in se-
greto contro di lui e di tentare di tratto in tratto
qualche piccola rivolta.
Ma in ogni tempo però e qualunque sia la fazione
politica che primeggi, la Bolivia, a cominciare dal primo
momento in cui rimase unica arbitra dei suoi destini,
presenta sempre fino al 1880, salvo qualche rara ec-
cezione, lo straziante spettacolo di una lotta accanita
e quasi sempre sleale nei mezzi per disputarsi il po-
tere, che non si desidera e non si tiene se non per
soddisfare le bieche ambizioni ed i meschini interessi
personali or di questi, or di quelli. I sacrosanti prin-
cipi! di ordine, di giustizia, di legalità, di vero e bene
inteso interesse nazionale, non sono invocati che come
semplice pretesto alla rivolta, per essere dimenticati e
manomessi non appena si arriva ad afferrare le ambite
redini dello Stato. Nessun paese si diede mai il lusso
di tante Costituzioni diverse come la Bolivia; ma nes-
suna di esse fu mai rispettata ed obbedita: la guerra
civile sempre viva, sempre gigante, sempre terribile,
oscilla sempre fra il dispotismo e l'anarchia.
Il pretendente che aspira al potere non guarda ai
mezzi ; tutti son buoni purché abbiano la virtù di inal-
sarlo: ed una volta inalzato, sentendosi mal sicuro,
* unico pensiero che occupa la sua mente è quello di
nantenervisi ad ogni costo. Ma come in lui, questo sen-
imento di egoismo domina e prevale anche in tutti
82 Dispotismo o anarchia
quelli che lo aiutarono a scalare l'ambito seggio, cia-
scuno dei quali vuol raggiungere per suo mezzo la meta
delle proprie aspirazioni, senza di che gli si fa imman-
tinenti inimico, e dei più accaniti; e la prima necessità
per far posto ai nuovi venuti, che giammai si riesce a
soddisfare pienamente, è sempre quella di scacciare dai
pubblici uffici e dall'esercito tutti quei funzionarli che
rimasero fedeli al Governo caduto, od anche semplice-
mente indifferenti nella lotta, proscrivendo e mandando
in esigilo i più temibili; i quali, dentro o fuori dello
Stato, incominciano immediatamente a cospirare, per
darsi al primo pretendente cui piace inalzare nuova-
mente la bandiera della rivolta. E così sempre daccapo.
Il trionfo di oggi, di questo o quel Caudillo o par-
tito, aspetta quindi la disfatta di domani, alla quak
concorrono tra i principali fattori tutti ì suoi amici o
aderenti politici della vigilia che non trovarono un po-
sto nell'esercito o nella pubblica amministrazione, o che
non si ebbero quello cui aspiravano: - mentre i caduti,
quelli che ieri erano governo, prendono il cammino del-
Fesiglio o perdono miseramente la vita sul lastrico delle
piazze o dei quartieri, convertiti in prigioni od in campi
di battaglia. E perciò, oggi l'uno, domani Taltro; con-
tinuo cambio di persone quasi sempre inadatte al di-
simpegno delle pubbliche cariche, continuo vortice di
proscritti che vanno e di proscritti che tornano, con-
tinuo spargimento di sangue che spopola e impoveriscr
ognora più il paese; il quale, senza mai godere un pò* di
vera pace e di buon governo, passa ognora dalla co-
Origini e cause 8j
spirazione alla rivolta e da questa a quella, or fra gli
orrori del dispotismo or fra quelli dell'anarchia.
La prima origine di sì deplorevole stato di cose, come
già accennammo, bisogna cercarla: i^ nel malessere eco-
nomico che rodeva tutte le classi della popolazione,
quando, dopo quindici anni di lotta disastrosa per sot-
trarsi alla dominazione spagnuola, sorgeva dalle rovine
di questa l'attuale Repubblica di Bolivia; 2^ nello spi-
rito turbolento ed ambizioso della fazione militare e
della grossa falange di politicastri desiderosi di fortuna
e di potere, che prepararonsi a disputarsi colla forza Io
scettro del comando - ciò che effettivamente fecero dipoi,
non appena ne ebbero Tagio - prim' ancora che venisse
proclamata l'autonomia del loro paese (i). Col loro esem*
(1) Qasta rammentare a quésto riguardo:*!® le istanze fatte dalla
città dì Potosi e dalla prima Assemblea Costituente chiamata a pro-
clamare l'autonomia del paese, perchè il generale Sucre rimanesse
in Bolivia col sno esercito colombiano, affine di garantirne Por-
dine intemo; istanze che l'Assemblea dell'anno seguente implici-
tamente confermò colla elezione del detto Sucre a Presidente della
Repubblica; 2® le rivolte consumate poco appresso contro quello
stesso Sucre, che dopo essere stato il salvatore della Bolivia ed il
vero autore della sua erezione a Stato indipendente, la governava
con amore e intelligenza, inaugurando una delle pia sagge e rette
amministrazioni: - per tutte le quali cose riportò, unico guider-
done, la palla rivoluzionaria che gli spezzò quel braccio che aveva
impugnata una delle più forti spade delle guerre della indipen-
denza, e che nella memorabile giornata di Ayacucho segnò per sem-
pre e pose il suggello alla caduta della dominazione straniera nel-
FAmerìca latina.
84 Origini e cause
pio, coU'agitazione che largamente diffusero in ogni an- ^
golo delia nascente Repubblica, e colle stravaganti dot-
trine sociali da essi propagate onde guadagnarsi favore
presso il pubblico, sviarono gli animi dalla quiete e dal
lavoro, che solo poteva e doveva portare quel benessere
che tutti anelavano, per gittarli sulla via delle sedizioni
e della impiegomania.
Lanciato il paese per questa falsa via, era difficile
trattenerlo; e non si arrestò più.
La sana dottrina sociale che fa dipendere il benessere
dei popoli dalla bontà dei Governi e delle leggi da cui
sono retti, per la intelligente e valida protezione accor-
data allo incremento delle scienze, delle arti, delle in-
dustrie e del commercio, fomentando e favorendo nella
maniera più efficace la libera espansione delle loro forze
produttive, fu intecpetrata nel senso che i popoli do-
vessero attendersi il proprio benessere direttamente dal
Governo e dalle nuove istituzioni liberali sostituite e da
sostituirsi all'antico regime coloniale; quasi che, Go-
verno e leggi, avessero la virtù intrinseca di produrre 1
tesori inesauribili da diffondere nelle popolazioni, indi-
pendentemente dall'operato e senza il concorso di que-
ste. E mentre si correva dietro alla chimera della ri-
forma delle leggi fondamentali dello Stato, domandando
da queste una prosperità che solo il proprio e (Pacifico
lavoro di ciascuno e di tutti poteva dare, disertavano
tutti e i loro campi e le loro industrie, -per disputarsi
colle armi e con ogni sorta di raggiro i miseri bricioli
delFerario nazionale; il quale, in mezzo alle generali
Origini e cause 8^
strettezze economiche ed ai continui disordini della
guerra civile o del dispotismo, doveva necessariamente
versare nelle più deplorevoli condizioni.
Tuttoché andassero quasi sempre trascurati anche i
più urgenti bisogni dello Stato, il pubblico tesoro fu
ridotto a notare tutti gli anni nel suo meschino bilan-
cio un deficit condannato a rimaner mai sempre sco-
perto ; giacché Punica rendita sulla quale potesse con-
tare con sicurezza era sempre il tributo o tassa personale
di vassallaggio che la razza indigena pagava durante
l'epoca coloniale, e che, contro ogni precetto di giusti-
zia, seguitò a pagare anche di poi (i); scarso e vergo-
gnoso tributo di quella grossa parte della popolazione
che, come vedemmo, vìve quasi estranea nell'abiettezza
della sua barbarie sul suolo del proprio paese, senza
prendere alcuna parte alla vita sociale e politica.
Come era ben naturale, quel malessere economico che
in principio fu una delle cause della guerra civile, anzi-
ché sparire, non fece che crescere sempre più sotto l'im-
pero di questa; giacché distolti ognora più gli animi
dal lavoro per la continua agitazione nella quale vive-
vano e per la conseguente mancanza di ogni garantia,
(i) Durante la Presidenza del general Camperò, dal 1880 in
poi, sonosi compiate assai utili e sagge riforme in tutta la com-
plicata materia dei tributi e prestazioni della razza indigena, comin-
ciando dall'abolizione del tributo che pesava sugV indigeni senta
terre per la sola ragione di essere discendenti dei loro aborigeni^
come diceva l'egregio Ministro di finanza, Fidel Araniòar^ nella
sua Memoria o relazione al Congresso del 1883; ^^ ^ sperabile
Dbe ben tosto non si udrà più a parlar di ewL
86 On'frini e cause
le industrie caddero sempre più in abbandono, dissec-
candosi quasi completamente tutte le principali fonti
della ricchezza nazionale. Cresciuto il malessere econo-
mico, cresceva anche l'infuriare della guerra civile; e
cosi, questa e quello, dopo la prima spinta, si diedero
dipoi continuamente la mano per mutua alternanza dì
causa e di effetto.
IV
SOMMARIO
L'esercito boliviano rientra in patria dopo la disfatta àf^VAlto
tUir Alleanta, - Il Generale Camperò tenta invano di riordi-
nare in ritirata gli avanzi dell' esercito. — Governo e popolo in
Bolivia si curano poco della guerra. - Intrighi dei partiti per
la elezione del Presidente. — Minaccia di guerra civile. — La
Convenzione Nazionale elegge il G. Camperò Presidente della
Repubblica. - Il Dottor Arce è eletto i° Vice-Presidente: -
assume il comando della Repubblica fino all'arrivo del Presi-
dente Camperò: - suoi atti di Governo. - Il G. Camperò ar-
riva a La Paz: dopo 9 giorni di esitazione accetta la Presi-
denza. - La pace intema è assicurata.
opo aver delineato a grandi tratti l'aspetto
fisico, sociale, economico e politico della
Bolivia, è tempo ormai che riprendiamo
il nostro racconto intorno alla guerra
fra il Chili, il Perù e la Bolivia, e si
faccia luce sulla condotta tenuta dalla Bolivia nel corso
di questa guerra, a cominciare dal momento in cui i
88 Rimpatrio delTesercito boliviano
mutilati suoi battaglioni tornavano in patria dopo la
disfatta AtWAlto delVAllean^ay nel Maggio 1880, fino
alla conclusione del patto di tregua firmato in Santiago
nell'Aprile i884.
Nella prima parte della nostra Storia, prima di di-
scorrere delle battaglie di San Juan e di Mira^ores e
della conseguente resa della capitale peruviana, che
chiusero il primo periodo della guerra, scrivemmo:
« Della Repubblica alleata, la Bolivia, a causa della
quale, apparentemente almeno, il Perù fu trascinato
alla guerra, non è più a discorrere: dopo la battaglia
dclV Alto deiVAlleamfa nei pressi di Tacna, nella quale,
come si sa, concorse con appena un meschinìssimo
corpo di truppe, si ritirò completamente dalla lotta.
Rinchiusasi dietro i suoi monti, ove era sicura che
nessuno sarebbe andato a cercarla, dimenticò e amici
e nemici, e la guerra stessa, come se questa in nulla la
interessasse. » (Pag. 439).
Fu vera e sola dimenticanza dei suoi doveri verso
r alleato e verso sé stessa ? Fu im()otenza? Fu il pro-
dotto di più cause concorse separatamente od insieme
alle ipotesi anteriori?
Ecco quanto ci studieremo di porre in chiaro nel
presente volume, onde poi si proceda più speditamente
a narrare il seguito della lotta fra il Chili ed il Perù.
Nella memorabile giornata délV Alto delVAUean :^a^ cotr :
già dicemmo altrove, l'esercito boliviano si battè va-
lorosamente insieme al peruviano, rivaleggiando con
esso in una lotta accanita e disperata per disputare a
vittoria ad un nemico assai più numerosa e molt:
Sforai del gen. Camperò 8g
meglio armato, che doveva finire e fini necessaria-
mente per trionfare, quando la metà e forse più degli
eserciti dell'Alleanza giaceva cadavere sul sanguinoso
campo di battaglia. Ma tostochè sentirono la scon-
fitta, tostochè fu spento l'entusiasmo della pugna, i
resti dell'esercito boliviano presero disordinatamente
il cammino del proprio paese, seco trascinando il Ge-
nerale Camperò, Presidente provvisorio della Bolivia e
Generale in capo degli eserciti alleati; il quale, per
quanto si sforzasse di ristabilire in essi un po' di or-
dine e di disciplina, solo pervenne a mettere insieme
alcune sceme compagnie di soldati, col di cui aiuto
s' af&ticò a moderare, fin dove era possibile, i numerosi
eccessi degli sbandati e le irrefrenabili esigenze dei ri-
manenti.
Dal GìomaleàAìdi 5* Divisione dell'esercito boliviano
togliamo : a 26 Maggio.... il nemico avanzava sempre
(dopo aver descritte tutte le fasi della battaglia), e le
nostre forze, in pieno disordine, scendevano per le vie
che menano a Tacna.... il Generale Camperò scese
passo a passo coi suoi ultimi soldati, e quasi solo, fino
alla piazza di Tacna, dove volle riorganizzare le forze
disperse: e non potendolo conseguire, seguitò oltre,
senza sapere se prenderebbe il cammino di Lima o di
Calana, o qualunque altro. — 27 Maggio : alle 8 del
mattino ci dirigemmo col Generale Camperò sopra
Yarapalca, dove egli pensava di riorganizzare le truppe,
sia per dare una nuova battaglia, sia per evitare che i
soldati dispersi andassero in Bolivia a commettere gli
eccessi che ordinariamente sogliono vedersi nelle ritirate,
6. — Caivaxo, Guerra d'America - Parte IL
^o Ritorno disordinato
dopo un disastro. — 29 Maggio : grande malcontento
nella truppa, che ad ogni momento si esasperava sempre
più: tutti desideravano disperatamente ritornare in
patria.... Nonostante fossero prese tutte le precauzioni
consigliate dalla prudenza, si vedeva la strada semi-
nata di dispersi che facevano fuoco in tutte le dire-
zioni.... passammo la notte fra la più grande agita-
zione. — 2 Giugno: la truppa sempre più stanca ed
affamata, sembrava come in piena rivolta : il fuoco che
facevano i soldati in tutte le direzioni era spavente-
vole: sembrava un'altra battaglia: gli ufficiali non
erano obbediti, le palle s'incrociavano in tutti i sensi.... s
Quando il Generale Camperò giungeva a La Paz, il
dieci Giugno, anziché un esercito aveva intomo a se
turbe di sbandati e di soldati indisciplinati, stnaniosi
di correre a rinfrancarsi fra le pareti domestiche delle
lunghe fatiche sofferte.
Vediamo ora in quali condizioni versava la Repub-
blica in sì gravi momenti.
Rovesciato il Generale Daza dalla presidenza deih
Repubblica negli ultimi giorni del Dicembre 1879, in
seguito alla vergognosa ritirata di Camarones i^\\ i
popoli elessero a Presidente provvisorio il Generai
N.irciso Camperò: e mentre questi si recava nel teatro
della guerra ad assumere il comando in capo de^I:
eserciti alleati, — dopo aver trionfato nel Marzo di
una rivolta di quartiere che trasse lo sbandamento à\
(1) Vedi: T. CaIVANO, Stona dilla Gutra <T Ameri^d^ Pìlhc :
Noncuran:^a per la fruerra ni
una divisione di oltre i5oo uomini da esso allestita
per condurla seco sul campo di battaglia — si riunì*
vano i Comizii per eleggere l'Assemblea Costituente o
Convenzione Nazionale (i); la quale, a sua volta, doveva
eleggere il Presidente della Repubblica e dare nuova
vita alla organizzazione interna del paese, tanto guasta
e sconquassata dall'amministrazione di Daza, e, quasi
senza eccezione, da tutte quelle che l'avevano preceduta,
cominciando dal momento in cui il Generale Sucre ab-
bandonava le redini dello Stato nel 1828.
I lavori politici, ossia i maneggi dei pretendenti alla
prima magistratura dello Stato, avevano assorbito tutta
V attenzione del paese, sì dei semplici cittadini come di
coloro che tenevano la reggenza della Repubblica in
assenza del Presidente provvisorio ; e della guerra, come
delle tante altre necessità del paese, nessuno si era più
occupato, se si eccettua il degno Generale N. Flores,
che, lottando contro ogni sorta di ostacoli e contra-
rietà, si adoprava a tutt'uomo nei Dipartimenti del Sud
della Repubblica, di cui era Capo superiore politico e
militare^ per mettere su un piccolo corpo di truppe.
II calore della politica partigiana, per la gara dei
diversi pretendenti alla Presidenza, arrivò fino a porre
in grave pericolo l'ordine interno della Repubblica.
Mentre alcuni intrigavano per guadagnarsi il favore.
( I ) In Bolivia la Rappresentanza Nazionale completa, composta
li ana o due Camere secondo le diverse Costitnzioni, prende or-
linarìamente il nome di Congreso^ Congresso, Parlamento, ed ai-
rune volte di Asamòlea o Convencion Nacionaly Assemblea o Con-
tenzione Nazionale; ma è sempre la stessa cosa.
p2 Intrichi dei partiti
prima dei Comizi, poi dei Deputati alla Convenzione
eletti da quelli, altri preparavano qua e là moti rivo-
luzionari, sia fra le turbe popolari, sia fra le scarse
forze militari o di polizia esistenti nelle principali città;
eia Convenzione Nazionale, il cui primo compito deverà
essere la tanto disputata elezione presidenziale, inau-
, gurava i suoi lavori il 25 Maggio — proprio alla vi-
gilia della sanguinosa battaglia dell'Alto delFAlleanza
— sotto la minaccia di una guerra civile che avrebbe
lasciato il paese in completa balìa del nemico, che era
alle porte da più lati, senza contare il già invaso ter-
ritorio di Atacama (i).
(i) « Prefettura del Dipartimento di Chaquisaca. - Sucre, 24 Mag-
gio 1880. Al Sig. Capo Superiore politico e militare dei Dipar-
timenti del Sud. - Signore - Ieri comunicai alla S. V^ d' accordo
coli' autorità militare, la presa risoluzione d'inviare a cotesto Di-
partimento la guarnigione di questa piazza, in vista dell' immixiente
invasione nemica verso Huatichaca, Oggi le Autorità sono state
informate che si prepara una rivoluzione, prendendo per pretesto
la formazione del censo.... Questa circostanza ha deciso l'Autoiiis
militare a desistere dall'anteriore proposito, obbligandola, a ciò H
dovere di conservare l'ordine locale. — Il Prefetto L. Ouekka »
« Comando Superiore del Sud. » Potosf, 27 Ms^gio iSSo. — Al
Sig. Prefetto del Dipartimento di Chuqulsaca. - S. P. — Ricevo in
questo momento la Nota del 24, nella quale la S. V. manifesta ;
motivi che hanno determinato la sospensione dell'invio del con-
tingente militare.... Io sapeva bene, al dare avviso delia invasone
chilena, che compiva il mio dovere senza nessuna speranza cbe \.
pericolo potesse svegliare dal suo letargo una popolazione, nei ce:
seno ha germinato la perniciosa semenza lanciata da spinti
disposti a scatenare il furore di passioni egoiste ed a
meschine ed esose bandiere della partigianeria.... N. Flokjes »
Notizia della disfatta - effetti 9^
Ed era tanta la discrepanza delle opinioni intorno
al candidato che bisognava preferire fra i varii che si
erano fatti innanzi, e tanta la preoccupazione dei te-
muti disordini, che, comunque stesse nelP animo di
ciascun Deputato e nella generale aspettazione del paese
che la Convenzione Nazionale cominciasse i suoi lavori
colla elezione del Presidente della Repubblica, pure
eran decorsi ben cinque giorni dalla installazione di
quella, senza che si osasse affrontare la soluzione di
si arduo problema.
Ma sopravvenne, in mezzo a tanta perplessità, il 3o
Maggio, la dolorosa notizia della disfatta dell'Alto del-
TAlleanza, insieme all'altra del ritorno in patria del
Presidente Provvisorio coi resti dell'esercito boliviano;
e ciò mutò completamente l'aspetto delle cose.
La grandezza del disastro toccato alle armi nazio-
' nali e la imminenza del pericolo di un' invasione ne-
mica, — ognuno temendo nella esaltazione della im-
paurita fantasia che l' esercito chileno camminasse alle
calcagna dei sconfitti battaglioni boliviani — produs-
sero in tutti gli animi una salutare, sebbene momen-
tanea reazione. Il pensiero della guerra e quello dei
grandi interessi nazionali in essa compromessi, fino
allora soverchiamente trascurati, invasero d' un subito
tutte le menti: Deputati, alti funzionarli, militari e cit-
tadini di tutte le classi sociali, facendo capannelli per
tutta la città di La Paz, ripetevano ad una voce che
bisognava evitare ad ogni costo la guerra civile; che
a tal uopo era indispensabile escludere dalla prossima
elezione presidenziale i nomi di tutti i pretendenti che
^4 ^^ .C^w. .V. Camperò presidenU
fino allora avevano brigato, e forse brigavano ancora
per impossessarsi del potere supremo; che era necessario
ed urgente costituire un Governo forte che potesse e
sapesse consacrarsi con vigorosa abnegazione alia difesa
dello Stato ed alla sua ricostituzione interna, chia-
mando uno che, estraneo ai bassi maneggi ed agi' im-
pegni di partito, godesse la stima e la fiducia dell'in-
tero paese.
Sotto V impressione di siffatti avvenimenti, si riunì
in quel medesimo giorno la G)nvenzione Nazionale in
sessione straordinaria e permanente, ed elesse Presidente
della Repubblica, a primo scrutinio e con grande mag-
gioranza di voti, il Generale Narciso Camperò: quello
stesso Generale Camperò che quattro giorni innanzi
aveva sostenuto valorosamente l'onore delle armi bo-
liviane, sebbene con esito sfortunato, nella disuguale
battaglia dell'Alto dell'Alleanza, e che in quei momenti
appunto correva i maggiori pericoli alla frontiera della
Repubblica, per frenare i disordini di una fuggitiva e
indisciplinata soldatesca.
Il Generale Camperò, esperto capitano, abbastanza
versato nelle scienze economiche e completamente estra-
neo agl'intrighi di partito, dai quali lo tennero sempre
lontano le sue abitudini informate alla vita d'Europa, ove
si educò (caso forse unico in Bolivia fino a questi ultimi
tempi) ed ove passò dipoi lunghi anni, — lungi dal
brigare per essere elevato alla prima magistratura dello
Stato, aveva reiteratamente dichiarato di rifiutare sif-
fatto onore, in omaggio principalmente al principio
// gen. N. Camperò presidente 9/
dell' alternabilità nei potere (i). La sua elezione, in un
momento così eccezionale pel paese, fu accolta, da uno
airaltro estremo della Repubblica, con le più vive ma-
nifestazioni di simpatia, e salutata come l'aurora di
una nuova èra che aveva scongiurato in un attimo i
funesti timori della guerra civile.
Il giornale più accreditato di La Paz, diretto da due
giovani di bello ingegno (2) non ancor legati ad alcun
(i) Nel Messaggio che, come Presidente Prowisorìo, inviò Cam-
pero alla Convenzione Nazionale dal campo dell'Alto dell'Al-
leanza il 19 Maggio, fra le altre cose, disse: « Più di una volta
ho ricevuto indirizzi popolari, acias (vecchia abitudine boliviana)
e insinuazioni di persone rispettabili, incitandomi ad assumere la
Dittatura: fedele alle condizioni colle quali il popolo mi confidò
il potere, nonché agi' impegni contratti da me, rifiutai senza va-
cillare l'investitura dittatoriale.... E permettete, On. Rappresentanti,
che termini questo mio Messaggio ricordando le parole che diressi
alla Nazione nell' accettare il potere supremo, e che raccomando
olla vostra considerazione: che il mio attuale incarico cessi il
'TÌomo della installazione della Convenzione Nazionale, ritirando
io fin da questo momento il mio nome, tanto dalla elezione par-
lamentare quanto dalle urne elettorali, convinto come sono della ne-
cessità di tradurre in pratica due prìncipii, senza l' osservanza dei
quali il sbtema repubblicano seguiterebbe ad essere fra noi una
illusione, una menzogna: parlo della necessità di mostrare coi fatti
che il comando normale della Repubblica non è e non deve essere
il patrimonio dell'uomo fortunato che ha potuto arrivare ad im-
possessarsi della forza armata; parlo pure della urgente necessità
< l'instaurare una buona volta, ed irrevocabilmente, il principio
tleir altemabilità nel potere supremo, per breve che sia stato l' eser-
cizio del medesimo. »
(2) Federigo Zuazo figlio e Adolfo Dnran.
9^ A. Arce io vice-presidente
partito politico, La Tribuna^ scriveva il 3i maggio:
e Dichiariamo che la Convenzione Nazionale, nomi-
iiando il generale Camperò Presidente della Repubblica,
ha salvato il paese dall'orlo del precipizio, dall'anar-
chia. Se altra fosse stata la persona chiamata alla prima
magistratura dello Stato, chi sa se, col nemico di fronte,
non avessimo dovuto bagnarci del sangue della guerra
civile. »
Nondimeno la tempesta che, senza rancidente della
disfatta dell'Alto dell'Alleanza, doveva irrompere nel
seno della Convenzione Nazionale per la nomina del
Presidente della Repubblica, si manifestò, sebbene in
proporzioni infinitamente minori, nella scelta del Primo
Vice-Presidente. Ciascun partito voleva portare alla
Vice-Presidenza il candidato che poche ore innanzi
aveva per la Presidenza ; e l'accordo fu così difficile ad
effettuarsi, che per poter raggranellare la maggioranza
necessaria alla validità della elezione, fu giuocoforza ri-
correre ben nove volte alla prova del suffragio. Dopo
tanta lotta, risultò eletto il dottor Aniceto Arce; ed i
fatti provarono assai di buon'ora quanto poco felice
fosse stata una tale scelta.
11 dottor Arce, uomo di scarsa intelligenza, di pochi
e limitatissimi studii, ma molto facoltoso (per uno di
quegl' improvvisi colpi di fortuna tanto facili in chi si
dedica alla rischiosa industria delle miniere) aveva con-
cepito sì alta idea di se, da credersi il solo uomo atto
a reggere i destini della Bolivia in quei gravi momentL
e quasi predestinato a salvare il suo paese dalle terri-
bili complicazioni della guerra col Chili e delle molle
Arce assume il froverno ^j
e imperiose necessità interne. Il voto quasi unanime
della Convenzione Nazionale a favore di Camperò, fu
dunque una cruda ferita pel suo amor proprio; ferita
che inasprì ancora a mille doppi la tanto combattuta
sua elezione a Vice-Presidente, la quale pose maggior-
mente in luce la poca popolarità di cui egli godeva. E
mal dissimulando il proprio dispetto sotto la maschera
abituale di un'apatica bonomia, che ricorda molto da
vicino quella dell* indio, si studiò fin dal primo momento
di attraversare con ogni sorta d'imbarazzi il già tanto
scabroso cammino preparato dagli eventi al generale
Camperò, col fine, assai facile a supporsi, di rimuoverlo
dalla presidenza della Repubblica, onde questa ricadesse
poi di diritto in lui per la sua qualità di Primo Vice-
Presidente.
Avvenuta la elezione del generale Camperò a Pre-
sidente della Repubblica mentre egli trovavasi in mar-
cia, come dicemmo, coi resti del disfatto esercito bo-
liviano, assunse interinalmente le redini dello Stato
- fino al suo arrivo a La Paz, ove fu chiamato da
apposita Commissione speditagli dalla Convenzione Na-
zionale - il Primo Vice- Presidente Anici;to Arce. E co-
mecché costui sapesse che il proprio interinato non
doveva durare che pochi giorni - circostanza che gl'im-
poneva di astenersi da ogni atto di Governo non stret-
tamente urgente - uno ne consumò, fra gli altri tanti,
iei più inaspettati e biasimevoli.
Accennammo già che una rivolta di quartiere, avve-
duta nel marzo di quel medesimo anno, portò lo sban-
iamento di una divisione di oltre 1 5oo uomini che il
9^ Suoi biasimevoli atti
generale Camperò, allora Presidente provvisorio, aveva
allestito per condurla seco a Tacna, e che probabil-
mente avrebbe data la vittoria all'esercito Perù-boli-
viano nella battaglia dellM//o delP Alleanza. Gli autori
di quella obbrobriosa rivolta, chi sotto processo, chi
semplicemente lasciato fuori di servizio, giacevano tutti
sotto il peso della generale riprovazione; e non urgeva
in modo alcuno che il Governo si occupasse di loro.
Ciò nondimeno il Vice-Presidente Arce approfittò dei
suoi brevi istanti di interinato governativo per richia-
mare al servizio attivo una gran parte di quello stuolo
di rivoltosi, arrivando perfino ad accordare promozioai
ad alcuni di essi ed a collocarne altri nel medesimo
corpo degli aiutanti del Governo (i), mentre la povertà
del pubblico erario ed il difetto di soldati da coman-
dare obbligavano a lasciare in abbandono, fuori di ser
vizio, gran numero di Ufficiali che si erano mostrat:
degni e leali servitori della patria.
Anche senza considerare la immoralità intrinsecai dì
siffatto procedere ed i facili sospetti di complicità che
potrebbe destare, il Vice-Presidente Arce introduceva cor.
ciò nell'esercito, in momenti tanto calamitosi pel
nei quali si sentiva sì forte il bisogno di allontai
lutto quanto potesse anche menomamente turbare I3
pace interna e l'azione rapida e sicura del Governo, ur
elemento per sé stesso perturbatore e manifestaixienté
avverso al generale Camperò.
Contemporaneamente il giornale La Patria^ che «^r^
(i) Vedi il giornale El Deòer di La Paz, n. loi.
// gen. Camperò giunge a La Pa^ 99
stato il più ardente propugnatore della candidatura del
dottor Arce alla Presidenza della Repubblica, cercava
trarre profitto dalla nota hidalgwa e rigidezza di prin-
cipii del generale Camperò, per spronarlo a non accet-
tare la conferitagli presidenza. Cominciando col manife-
stare che si dubitava se l'accetterebbe o no — ricordando
aver egli dichiarato in più occasioni che bisognava una
buona volta attuare il principio repubblicano dell'alter-
nabih'tà nel potere (i) — finì col dire che il generale Cam-
pero, se non voleva rassomigliarsi ai Daza e ai Melga-
rejo, era nelF imprescindibile dovere di mantenere la sua
parola anticipatamente impegnata rispetto a ciò ; e che
infine se questo non bastasse per determinarlo a non
accettare la Presidenza, era necessario tenesse presente
che la Convenzione Nazionale non lo aveva eletto Pre-
sidente che prò forma ^ onde sollevare il suo animo
dalFabbattimento della sofferta disfatta nel campo della
Alleanza, e quindi nella quasi sicurezza che egli si af-
fretterebbe a presentare la sua rinuncia.
Effettivamente il generale Camperò, che per la fie-
rezza e lealtà del suo carattere può dirsi una fedele ri-
produzione dell'antico tipo dtlV hidalgo, o gentiluomo
spagnuolo, il cui sangue scorre nelle sue vene, trepidò
non poco al suo arrivo a La Paz, prima di accettare
Falta carica conferitagli. Solo vi accondiscese dopo nove
giorni di esitazione, alle reiterate premure della Con-
venzione Nazionale e di numerose deputazioni di tutti
gli ordini di cittadini di La Paz, che unanimemente gli
(i) Vedi la nota a pag. 95.
100 La pace interna assicurata
mostravano dipendere dalla sua accettazione il mante-
nimento della pace interna e la possibilità di attendere
degnamente alle imperiose esigenze della guerra col
Chili. E cosi, spariti nuovamente i riapparsi timori della
guerra civile, la pace interna si stabilì, apparentemente
almeno, su sicure e solide basi.
w^
SOMMARIO
Deplorevoli condizioni della Bolivia. - Meschinità numerica del-
l' esercito. - Difetto d' armamento. - Povertà dell' Erario. - H
Governo chiede aiuti di armi o di danaro al Perù. - Domanda
un prestito agli Stati Uniti. - Spedisce agenti segreti a Buenos
Ayres per fare acquisto di armi. - Provvedimenti intemi. -
Rivalità ed intrighi di malevoli. - Difficoltà topografiche per
la repressione dei moti rivoluzionarii. - I materiali di guerra
acquistati a Buenos Ayres sono trattenuti in Jujui: giungono con
gran ritardo in Bolivia. — Si raccolgono le armi possedute dai
cittadini. - Si forma un piccolo esercito. - S' intraprendono
operazioni di guerra che rimangono incompiute.
pcEMMO nel capitolo precedente che il
Generale Camperò trepidò non poco
prima di accettare la Presidenza della
Repubblica. Di certo ne aveva ben
donde: in Bolivia tutto era da fare....
con quali elementi!
Il gran bisogno del momento, per tirare innanzi la
uerra col Chili, era la creazione di un esercito: e
102 Esercito ineschino
mentre, senza parlar d' altro, mancavano le armi, non-
ché i fondi per comperarle e le vie per introdurle nel
paese, questo, povero ed in completo sfacelo amministra-
tivo e finanziario, si trovava in condizioni assai poco
favorevoli per correre prontamente in aiuto del Governo-
Dei resti dell'esercito disfatto nella battaglia del-
l'Alto dell'Alleanza, sqlo rimanevano sotto le anni
alcuni informi e decimati battaglioni, che congiunti a
quelli esistenti nel Sud della Repubblica sotto gli or-
dini del Generale Flores, formavano un totale di looa
o 1200 uomini al massimo. Era questo tutto l'esercito
che in quel momento aveva la Bolivia: ed era questo
anche il solo che poteva avere, poiché nei suoi quar-
tieri e nei suoi magazzini militari non esisteva un solo
fucile di più, oltre quelli di cui gli anzidetti battaglioni
erano armati.
Lo scarso armamento che essa aveva prima dellr.
guerra, e quello che, al principio di questa, le fu som-
ministrato dal Perù andarono perduti entrambi, salvo
la piccola frazione di cui abbiamo parlato, parte nella
famosa dispersione di San Francisco, e parte ndh
giornata dell'Alto dell'Alleanza. Certo, molti se nor
tutti i soldati ritornati in patria dopo questi due fatti
d'armi, portarono seco i propri fucili; ma eccetto po-
chissimi, anziché consegnarli al Governo, preferirono
tenerli per sé, per venderli o per servirsene nei fre
quenti rivolgimenti politici dello Stato.
Al difetto dell'armamento si aggiungeva inoltre,
come già accennammo, quello dei fondi necessarii per
farne acquisto all' estero ; poiché in Bolivia, come pu:
Povertà deìV erario lO)
troppo è risaputo, la fabbricazione di armi da fuoco
è del tutto sconosciuta.
Paese continuamente involto in lotte intestine e retto
quasi sempre da Governi instabili ed anormali, la Bo-
livia non godette mai il benefìcio del credito né al-
l'estero ne all'interno: tutte le volte che ricorse a
quest'ultimo, fu sempre sotto forma dì prestito for:[oso;
che, oltre la scarsezza dei risultati congiunta a grande
spreco di tempo, non fu quasi mai senza molta resi-
stenza da parte dei contribuenti e senza grave pericolo
di compromettere il sempre vacillante ordine pubblico.
Un imprestito di questo genere, per un milione , di
scudi, era stato appunto decretato fin dall' esordire
della guerra, nei primi mesi del 1879; e mentre non
erasi potuto riscuotere ancora che in piccola parte,
aveva dato già più volte a temere 'pel mantenimento
della pace interna.
Unica risorsa del momento erano quindi le entrate
ordinarie dello Stato, il cui ammontare non si elevò
mai al di là di due milioni' di scudi, circa otto milioni
di lire (i), assai scarsamente bastevoli in tempi nor-
mali per le spese più urgenti della pubblica economia:
al che è da aggiungere che queste stesse entrate or-
dinarie, già tanto meschine e tanto insufficienti anche
nei tempi più prosperi, erano state per giunta in buona
parte divorate anticipatamente dalle straordinarie spese
di guerra fino allora sostenute.
(«) Lo scudo boliviano, detto Boliviano^ equivale a lire ita-
liane 3,76.
104 Prcwedimenti del Governo
G)me ultimo coronamento infine di così poco felice
stato di cose, tutto il sistema politico, amministrativo
e finanziario del paese, versava in si deplorevoli con-
dizioni, che la Convenzione Nazionale si vide neUa
necessità di rovesciarlo tutto di un colpo, richiamando
in vigore una delle tante Costituzioni che per lo ad-
dietro si diede il paese, e introducendo molte e radicali
innovazioni nel ramo delle finanze.
Cionondimeno il Governo del Generale Camperò
non si perde di animo : spiegando la maggiore attività
fin dal primo istante della sua installazione, mentre
da una parte attendeva al riordinamento interno dello
Stato, prestava dalF altra alle molteplici esigenze della
guerra, nella stretta cerchia del possibile cui era con-
dannato, le più assidue e intelligenti cure.
La prima neces'sità del momento, ripetiamo, era
dunque la creazione di un competente corpo di truppe.
E poiché, come dicemmo, il principale ostacolo sor-
geva dalla mancanza di armi e di denaro, il primo
pensiero del Governo fu quello di provvedersi di questi
due essenzialissimi elementi di guerra, o meglio, di fare
tutti i maggiori sforzi per conseguire siffatto scopo.
Sulla fine di giugno quindi, ossia solo qualche
giorno dopo la elevazione di Camperò alla Presidcnz:
della Repubblica, partiva da 1^ Paz il Dottor Cabrerà
con una missione confidenziale presso i Governi del
Perù e degli Stati-Uniti dell'America del Nord. Al G>
verno del Perù il Dott. Cabrerà doveva domandare '.-
provvista del bisognevole armamento, colle rispeltiv.
munizioni; e nel caso in cui il Perù non fosse in grai:
Inviati boliviani lo^
di accedere a tale domanda, un prestito che permet-
tesse acquistare altrove siffatte cose. Terminata questa
prima missione, doveva egli recarsi a New- York e
negoziare con quel Governo un mite imprestito in
danaro, fosse anche a costo dei maggiori sacrifizi per
parte della Bolivia, od anche in materiali di guerra,
se i suoi negoziati presso il Governo del Perù fossero
riusciti del tutto infruttuosi
Contemporaneamente al Dottor Cabrerà, od appena
qualche giorno più tardi, partivano pure da La Paz
altri Agenti confidenziali del Governo ^lla volta di
Buenos Ayres, con incarico di fare acquisto segreta-
mente, in nome proprio, di armi e munizioni, come se
si trattasse dì una semplice loro operazione commer-
ciale, e introdurle in Bolivia.
In ultimo, mentre questi diversi incaricati si reca-
vano alle loro rispettive destinazioni, il Governo dira-
mava ordini per tutta la Repubblica e si affaticava a
tutt'uomo: i^ per raccogliere le armi che i soldati
sbandati avevano conservate o vendute al loro ritorno
in patria, dopo lo scontro di San Francisco e la bat-
taglia dell'Alto dell'Alleanza; 2^ per istituire e disci-
plinare nuovi battaglioni di truppa, onde si trovassero
già pronti nel momento in cui arriverebbero le armi ;
3^ per sollecitare la riscossione delle poche rendite dello
Stato e del prestito forzoso di 5oo,ooo scudi, ordinato
dalla Convenzione Nazionale, in sostituzione di quello
decretato dall' ex-Presidente Daza nel 1879 e che ri-
nase per oltre una metà insoddisfatto.
Sopravvennero indi a poco i negoziati per la pace,
7 . — ' Caivamo, Guerra d* america - Parte II.
io6 I.itri^hi di maìevoli
promossi e patrocinati dalla mediazione Nord-Ameri-
cana, di cui parlammo nella prima parte della nostra
storia; ai quali il Governo, senza distogliersi dalle
altre sue cure, prestò tutta V attenzione di cui si fa-
cevano credere meritevoli ; e che, come pur troppo è
noto, finirono tanto infelicemente colle celebri Con/e-
ren\e di Arìca a bordo della Lackawana^ il cui unico
risultato pratico fu quello di mettere in piena evidenza
le esorbitanti esigenze del Chili e la poca o nessuna
serietà della diplomazia degli Stati-Uniti.
Ma intanto che il Governo consacrava tutto il suo
pensiero a sì urgenti e difficili bisogne, il paese, anzi-
ché secondarlo degnamente prestandogli con patriottica
sollecitudine il proprio appoggio, si mostrava in gran
parte perplesso e ritroso, agitandosi sordamente in senso
ostile a lui ed alle sue mire, ad istigazione di ambi-
ziosi mestatori politici; i quali, col pretesto di volere
la cessazione della guerra, e quindi la sollecita con-
clusione di un trattato di pace, si davano attorno cor.
grande attività per intralciare P opera di quello con
studiate resistenze, per portare la sfiducia e lo scora g^
giamento in tutti gli animi, per demoralizzare i pocbi
ed incompleti battaglioni che costituivano T eserciti
nazionale, seminandovi lo scontento e la discordia, i
per promuovere rivolte e pronunciamìentos^ di cui s\
ebbe qua e là in tutta la Repubblica, più di un tea
tativo(i). Il porta-bandiera, diciam così, di questo tristi
(i) Nel Missaggio che il Presidente della Repubblica diri^\.-<J
alla Convenzione Nazionale nel Giugno i88i, si lagone le a
Intrighi di malevoli loj
lavorìo, era un giornale di La Paz, intitolato La Patria ;
il quale non si stancava di combattere il Governo col
più acre e violento linguaggio, e di spargere largamente
la sfiducia ed il malcontento nella inquieta popolazione.
Cresciuti alla vecchia scuola politica della Bolivia,
che agl'interessi dello Stato antepose sempre l'ambi-
zione e gl'interessi personali di un uomo o di un par-
tito, gli avversarli del Governo fingevano di non ac-
corgersi che la rivolta da essi incominciata in momenti
guenti parole: « Conoscete, Signori, le condizioni nelle quali si
trovava il nostro esercito dopo il disastro (battaglia délVAlio del-
l'Alleanza) del 26 Maggio del prossimo passato anno: poco più
di mille uomini sparsi dal Nord al Sud della Repubblica, in gran
parte sprovvisti di armi e di munizioni, e, ciò che è peggio ancora,
mancanti di moralità e di vera disciplina ; incapaci perciò di intra-
prendere una campagna contro il nemico, e solamente atti a riempire
di terrore e di spavento le nostre popolazioni.... Poco tempo dopo
la chiusura della Convenzione (Ottobre 1880) cominciò a sussur-
rarsi che scoppierebbe ben presto una rivoluzione. Non poteva
scoprirsi il promotore o Caudillo della rivolta: ma cresceva il
rumore, e l'allarme che teneva in agitazione tutta questa popolazione,
si propagò rapidamente fino al Sud della Repubblica. In Sucre
principalmente la rivoluzione davasi già come avvenuta. Secondo
alcuni, l'iniziativa doveva partire dal battaglione Sucre accantonato
in Laja^ secondo altri dal battaglione Alianta : secondo altri, infine,
la rivolta doveva consumarsi dalla divisione esistente in Oruro,
d'accordo con alcuni dei corpi situati in questo Dipartimento di
La Paz (si tenga presente che i battaglioni, le divisioni ed i corpi
di esercito in Bolivia, non esistono che nominalmente nei quadri,
con appena qualche centinaio di soldati in realtà).... La caduta del
Governo era quistione di mesi per alcuni, di settimane per altri, e
di giorni solamente per la maggior parte degli speculatori po-
litici!... »
loS difficoltà topografiche
tanto gravi, fosse, come era in realtà, un vero delitto
contro la patria. Loro unico intento era quello di ro-
vesciare il Governo di Camperò per mettersi al suo
posto ; e pur di ottenere siffatto scopo, fosse anche per
un giorno solo, preparavano ed affrontavano con indif-
ferenza la totale rovina della Nazione.
In un paese come la Bolivia il cui organismo politica
in grazia principalmente della costante penuria delPEra-
rio, fu sempre dei più imperfetti, e la cui scarsa popola-
zione trovasi sparpagliata su di un immenso territorio
dei più alpestri ed accidentati — ove le distanze per
sé stesse enormi dall'una all'altra città, dalPuno al-
l' altro borgo o villaggio, non possono vincersi per la
'Bmncanza di strade se non con un grande spreco di
tempo e di fatica — l' azione del Governo, per energica
che possa essere, non può farsi sentire al difuori della
Capitale che con molta lentezza, ed in una misura
necessariamente molto limitata. Nasce da tutto questo
che il menare a capo con una certa sollecitudine prov-
vedimenti che richieggono il concorso di tutta la Na-
zione, è cosa delle più difficili anche in tempi ordinarli:
e quando a ciò si aggiunga 1' opera ostile di fazioni
politiche sovversive, od anche il semplice malvolere dì
una parte della popolazione, addiviene una cosa affatto
imfX)ssibile.
E qui occorre ricordare che questa materiale impo-
tenza dell'Autorità governativa centrale a spiegare in
un momento dato un'azione rapida ed energica in
tutto il territorio della Repubblica, fii non ultima fra
le tante cause che maggiormente concorsero a perpe-
Contrarietà esterne io<)
tuare la guerra civile e V anarchia in cui sempre visse
la Bolivia. Giacche, scoppiata la rivolta in un dato
punto dello Stato, od anche semplicemente iniziato
qualche movimento sovversivo, e l'una e P altro hanno
tutto il tempo d' ingigantire e di farsi relativamente
formidabili, prima che il Governo ne sia informato e
possa prendere i necessari provvedimenti; mentre, in
principio, sarebbe forse bastata la più semplice misura
di repressione, per far ritornare le popolazioni nel loro
pristino stato di ordine e di tranquillità.
Non è quindi a dire quanto soffrissero per cagione
delle sovraccennate turbolenze le importanti bisogne
deirammannimento di fondi, della raccolta di armi e
della creazione di un esercito, cui principalmente at-
tendeva il Governo nell'interno dello Stato.
Ne queste furono le sole contrarietà nelle quali la
energica e patriottica politica del Generale Camperò
ebbe ad urtare. Altre ne incontrò al di fuori della Re-
pubblica, e non lievi.
Le missioni affidate al Dottor Cabrerà presso i Go-
verni del Perù e degli Stati-Uniti, andarono comple-
tamente a vuoto. Il Perù, stretto da mille bisogni sotto
la minaccia che non tardò a verificarsi, di una inva-
sione nemica alle porte stesse della Capitale, non era
certamente in grado di prestar soccorsi, bensì di rice-
verne. E quanto agli Stati-Uniti, bastò di trincerarsi
dietro la qualità di fx)tenza neutrale, per rispondere
negativamente.
Solo gli Agenti segreti inviati a Buenos-Ayres da-
vano speranza di un buon risultato. Messisi in rela.
no xArmi sequestrate
zione con accreditate case commerciali di quella città,
poterono ottenere che fossero loro spediti con una certa
sollecitudine dai porti europei alcuni cannoni Krupp
e parecchie migliaia di fucili, con una discreta quantità
di munizioni. Ma ciò non bastava: bisognava trovar
modo di introdurli in Bolivia ; e qui sorgeva una nuova
e non piccola difficoltà.
Occupato dair esercito chileno il litorale boliviano di
Atacama con parte di quello del Perù, dal Loa fino ad
Arica, e chiuso il porto di MoUendo insieme a tutti
gli altri porti peruviani dalla stretta vigilanza che vi
esercitava la flotta chilena, la Bolivia non poteva va-
lersi di nessuna delle sue antiche vie sul Pacifico per
ricevere dette armi. Unica via possibile rimaneva quella
oltremodo lunga e difficile di Buenos-Ayres ; e di questa
appunto si servirono gli Agenti boliviani, a capo dei
quali trovavasi V ardente patriota quanto attivo ed in-
telligente commerciante D. Francisco Arrqya, Ma per
quante precauzioni usassero nel tener celato il trasporto
di siffatti materiali di guerra, nascondendoli sotto la
forma e la denominazione generica di merci comuni,
non poterono sottrarli alla perspicacia dello spionaggio
chileno; il quale riuscì a farli trattenere a mezza strada
nel territorio della Repubblica Argentina, in nome dd
doveri di neutralità di quest'ultima nella guerra del
Pacifico.
In verità la Repubblica Argentina che tanto gelosa
si mostrava dei suoi doveri di Potenza neutrale, ss
alcuna volta li violò, fu appunto quando ordinava il
sequestro in Jujui dei sopradetti materiali di guerra
In^iusti:^ia del sequestro in
che, secondo appariva dalle negoziazioni commerciali
corse in Buenos-Ayres, semplici privati trasportavano
a loro rischio e pericolo, per tentare una impresa di
carattere commerciale, e non già a titolo di soccorso
alla Bolivia, o per conto di questa Nazione bellige-
rante (i). Ma conviene però avvertire che detto seque-
stro fu praticato in virtù di disposizioni sollecitate ed
ottenute dalla diplomazia chilena, in un momento in
(i) « Il fatto che uno Stato neutrale somministri od aiuti a som-
ministrare armi o materiali da guerra ad una delle Nazioni belli-
g^eranti costituisce una violazione dei doveri di neutralità. Per con-
trario, se i particolari, senz'avere l'intenzione di soccorrere uno
dei belligeranti, somministrano loro armi o materiali di guerra a
titolo d' impresa commerciale, corrono il rischio che questi oggetti
vengano confiscati dall'avversario come contrabbando di guerra;
ma i Governi neutrali non mancano ai loro doveri tollerando il
commercio di oggetti che sono considerati come contrabbando di
guerra. » BluntschlI, Codice di Diritto Internazionale^ art. 765.
A questa dottrina, alla quale fanno plauso i migliori trattatisti di
IDirìtto Intemazionale, si attenne l'Inghilterra, come sempre, nella
guerra Franco-Prussiana del 1 870. E la medesima condotta tenne
pure in quella stessa occasione il Governo di Washington ; il quale,
nel proclamare la propria neutralità, dichiarò espressamente che i
cittadini degli Stati-Uniti rimanevano nella piena libertà di com*
merciare, a loro rischio e pericolo, in oggetti di contrabbando di
guerra, mentre poi proibiva agli Arsenali dello Stato di vendere
armi ai belligeranti.
I>' altra parte il Trattato di Commercio vigente fin dal 1868 fra
la Repubblica Argentina e la Bolivia, sanzionava il principio del
lìbero transito commerciale, con dichiarazione espressa di non po-
tersi imporre nessuna proibizione o restrizione, eccettochè in virtù
di disposizioni generali applicabili contemporaneamente al com-
mercio di tutte le altre Nazioni.
112 Vie impraticabili
cui la Repubblica Argentina era agitata da gravi tur-
bolenze politiche, al cadere dell'Amministrazione del
Presidente Avellaneda, e che venne senz* alcuna diff-
coltà rimosso dopo circa due mesi, che possono dirsi
di vera agonia per la Bolivia, tostochè trovossi defi-
nitivamente installato il Governo dell' illustre e valo-
roso General Roca.
Vinto P ostacolo del sequestro, altro non rimaneva
che condurre a termine il trasporto dei sopradetti can-
noni e fucili: operazione anche questa delle più ma-
lagevoli; giacché da Jujui a Oruro, che i\i sempre ii
centro militare più importante della Bolivia, corre una
distanza di oltre mille chilometri, seguendo la linea
più corta tra le meno difficilmente praticabili, per luoghj
alpestri e rocciosi, ove par che la natura abbia voluto
accumulare con ricercato studio ogni specie di dif-
ficoltà.
Nel bel mezzo del maggior gruppo delle Ande, ove
agli ardenti calori del Sole succede di sbalzo al cader
della notte il freddo più intenso; ove regna sovrana
la più tetra solitudine, solo interrotta di tanto in tanto
da qualche misero casolare di Indiì più o meno bar-
bari, che fuggono a gambe levate alla semplice vista
di un viaggiatore; ove tutto bisogna portar con sé,
perchè tutto manca ai bisogni della vita ; ove non un
filo d'erba allieta la vista, eccetto nelle profonde val-
late che é giuocoforza lasciare da un lato, onde non
aumentare air infinito la tortura di sì lunga e penosa
peregrinazione ; ove la più bella strada consiste in qual-
che meschino sentiero, non sempre visibile, dovuto ai
Tardo arrivo delle armi iij
raro calpestio dei pochi animali che vi transitano, —
convien continuamente o serpeggiare fra angusti letti
di grossi fiumi, passando e ripassando centinaia di
volte le loro rapide correnti, o salire e discendere a
guisa di camosci altissime roccie, ove assai spesso
basta posare il piede su di una pietra mal sicura o
corrosa dal tempo, che il minimo tocco riduce in fran-
tumi, per rotolare nel fondo di spaventevoli preci-
pizi (i).
Il trasporto di cannoni, fucili e munizioni, per sif-
fatta via, non poteva, essere che l'opera paziente e fa-
ticosa di molte e molte settimane; e per quanto si cer-
casse di far presto, non giunse a termine che appena
nel febbraio del 1881.
Prima di detta epoca, febbraio 1881, nonostante i
molti e supremi sforzi del Governo per procurarsi qual-
che armamento, fu quindi del tutto impossibile ottenere
dall'estero un solo cannone od un solo fucile : e la man-
canza di armi, per certo, primo ed essenzialissimo ele-
mento di guerra, condannava la Bolivia, quando pre-
cisamente più cruda e accanita ferveva la lotta fra il
proprio alleato ed il Chili, ad una forzata e fatale ina-
zione.
Ma se il difetto di armamento, e perciò di un discreto
esercito, impediva alla Bolivia di prendere nella guerra
una parte importante e decisiva, era però imprescindi-
(i) Battemmo noi stessi siffatta via nel nostro viaggio, più volte
Lcoennato, da Buenos-Ayres a La Paz; e facemmo quindi perso-
i.a.linente il penoso esperimento delle tristissime sue condizioni.
114 Soccorso dovuto ed offerto
bile dover suo di portarvi il contingente di tutte le sue
forze, per quanto fosse piccolo e meschino; ed in vista
di ciò appunto il Governo del general Camperò, senza
rallentare le pratiche che si facevano all'estero per
l'acquisto di armi, spiegò la maggiore attività nella trì-
plice bisogna di munirsi di fondi, disciplinare nuovi
battaglioni e raccogliere i fucili che si trovavano di-
spersi in tutta la Repubblica presso i vecchi soldati
sbandati od i cittadini che da essi ne avevano fatto
acquisto. Ma, come già dicemmo, molti e non lievi osta-
coli gli si ersero di fronte anche, in questo dalle mene
sovversive di cattivi boliviani, i quali, per dare sfógo
alle loro bieche ambizioni ed ai loro meschini interessi
personali, non si peritavano di aggravare maggiormente,
in momenti tanto supremi e calamitosi, le già troppo
tristi condizioni del proprio paese.
Ciò nondimeno, quando nel settembre .1880 si sparse il
rumore che l'esercito chileno si preparava ad attaccare
la piazza peruviana di Arequipa (il che poi non si veri-
ficò), il Presidente Camperò si affrettò ad offrire al Perù
laiuto di tutte le poche forze di cui disponeva (i).
(i) Nella Nota che il Ministro plenipotenziario del Perù in Bo-
livia, D. Enrique Bustapiante y Saiazar, scriveva al Ministro d^li
Affari Esteri di Bolivia il 30 dicembre 1880, si legge: « Termina
V. E. la Nota alla quale mi onoro rispondere, dichiarando : se è
certo che pel monte» to la Bolivia non ha potuto ingrossare le file
dell'esercito peruviano in Lima, ciò si deve al quasi completo di-
sarmo nel quale l' hanno lasciata i disastri della guerra, ed alla sai
posizione topografica che non le ha permesso di ottenere elementi
di guerra opportunamente.... È questa un'affermazione di inconte^
I fucili raccolti: piccolo esercito Ji$
E quando nel dicembre si seppe in Bolivia che l'eser-
cito chileno si concentrava nella valle di Lurìn per di-
rigersi contro Lima, non si trascurò neanche di stu-
diare e mettere prontamente in esecuzione, fin dove lo
permisero gli avvenimenti, il solo piano di campagna
che nelle speciali circostanze di tempo e di luogo, e
secondo i mezzi di cui si dispone \ra, poteva favorire la
causa dell'Alleanza.
Grazie ai perseveranti sforzi del Governo, la Bolivia
potè avere un piccolo esercito di 35oo uomini, oltre gli
Ufficiali, numero che corrispondeva quasi esattamente
a quello dei fucili, fino ad un certo jnmto servibili^ con
tanta fatica raccolti nel paese. Ma è però da osservare
che questi fucili, rimasti per lungo tempo rielle mani
di antichi soldati sbandati o di privati che li avevano
ricevuti da quelli, trovavansi generalmente in assai cat-
tivo stato, tantoché solo 1906 di essi erano forniti della
corrispondente baionetta e di tutti gli altri accessorii;
e che per soprappiù si avevano pochissime munizioni. Il
maggior numero dei sopradetti fucili era di sistema re-
mmgton a cartuccie metalliche, la cui fabbricazione era
ed è tuttora sconosciuta in quell'alta regione delle Ande.
stabile verità che V. E. mi permetterà completare, ricordando che
all'annunzio di una spedizione chilena contro Arequipa, quando
tuttavia si dubitava se il nemico si dirigerebbe contro questa piazza
o contro quella di Lima, il Governo di Bolivia offri immediata-
mente per mezzo mio all'Autorità Superiore dei Dipartimenti del
Sud del Perù, il concorso di tutte le forze boliviane esistenti in que-
sto Dipartimento (di La Paz) dettando senza perdita di tempo i re-
lativi ordini affinchè la loro mobilitazione si effettuasse rapidamente. »
ij6 Impossibilità di soccorrere Lima
Di cavalleria non è a discorrerne affatto: e quanto all'ar-
tiglieria, era rappresentata da due piccoli e malconci can*
noni Krupp^ a dura pena trascinati su per le Ande fino
ad Oruro, dopo la battaglia dell'Alto dell* Alleanza,
dai disordinati resti dei disfatti battaglioni boliviani.
Con un esercito di tal fatta, e situato ad una enorme
distanza dal campo di battaglia scelto dai chìleni, certo,
non si potevano operare grandi cose.
Nella imix>ssibilità di condurlo a Lima, per rinfor-
zare l'esercito peruviano — mancando i mezzi di tra-
sporto per prendere la via del mare, che d'altra parte
era dominata dalla squadra chilena, e quella di ternu
lunga oltre tremila chilometri e difficilissima, richie-
dendo dei mesi di faticosissima marcia, — unicamente
poteva essere utilizzato come forza ausiliaria destinata
a distrarre l'attenzione del nemico, per obbUgarlo a di-
videre le forze da esso accumulate alle porte della Ca-
pitale peruviana; ed a ciò appunto mirava P esperto
General Camperò.
Fu quindi determinato che il piccolo esercito boli-
viano, diviso in due corpi, opererebbe contemporanea-
mente una doppia diversione: una sulle importanti po-
sizioni di Tarapacà, che il Chili aveva tanto interesse a
non lasciarsi sfuggir di mano; e l'altra, di concerto
colle truppe peruviane acquartierate in Arequipa, sopra
Tacna, punto, come si sa, eminentemente strategico e
di grande importanza pel Chili (i). Ma gli eventi prin-
(i) Per stabilire il piano di campagna circa le operazioni mili-
tari che dovevano effettuarsi d'accordo colle troppe peruviane, erano
Diversioni incompiute iij
cipali della guerra si successero assai più rapidamente
di quello che si credeva in Bolivia; e le notizie delle
grandi battaglie di San Juan e di Mirq/lores, insieme
all'altra della resa di Lima, sorpresero l'esercito boli-
viano tuttavia in marcia verso le indicate destinazioni.
Il Ministro della guerra, colonnello N. Aguirre, che
spiegando la più grande energia ebbe parte principa-
lissima e nella formazione dell'anzidetto esercito e negli
intrapresi movimenti diversivi, nel suo Informe alla
Convenzione Nazionale del 1881, diceva a questo pro-
posito: «La notizia della gran catastrofe di Lima mi
trovò nell'altopiano all'aurora del 26 gennaio. Dopo
aver diretto la marcia del battaglione Calama^ che an-
dava ad unirsi alla divisione di Pala!(uelos nella Barca
de la Joya, ritornava a Viacha, per condurre personal-
mente i battaglioni Sucre e Loa alla frontiera, dove do-
vevano ricevere gli opportuni ordini per procedere sopra
Yarapalca o sopra Tarata, secondo venisse deciso di
comune accordo col Comandante delle forze peruviane
di Arequipa. »
partiti espressamente per Areqaipa, il 2 gennaio, uno dei Ministri
del Presidente Camperò, il signor Calvo, ed il primo aiutante dello
Stato Maggiore, colonnello Aramayo.
^
VI
SOMMARIO
Il Perìi dopo le battaglie di San Juan e di Miraflores. — Il Chili
poteva dar prontamente tennine alla guerra, compiendo tutte
le sue aspirazioni: non sa profittare della favorevole opportu-
nità: prende una falsa via. - Il Perù prepara un ultimo ba-
luardo di resistenza in Arequipa. - La guerra, invece di fìnire,
entra in una nuova fase. - Il Chili minaccia di invadere la
Bolivia. - Il Governo boliviano si sforza di porsi in grado di
respingere l'invasione nemica: i suoi avversari politici ne con-
trariano l'opera: vogliono si negozii la pace: cause determi-
nanti la loro condotta. - Il Chili non pensava ad invadere la
Bolivia: lo diceva per incutere timore. - Segreti Agenti chi-
leni propongono al Governo boliviano illeciti negoziati di pace,
perchè rompa l' alleanza col Perù. - Rifiuto del Presidente
Camperò. - Gli Agenti chileni si rivolgono agli avversarli del
Governo : questi accettano le proposte chilene, prendono il nome
di partito della pace ad ogni costo, - Il Chili non poteva avere
/( ftrh dopo la hatlagìia di Mirafioris
e di manlenere le promesse che i $ao! Agcili Eax-
viDo alla Bolivia. - Supposta che le manlenesse, la Bolini
sarebbe cadula di fatto sotto il protettorato cMeno. - Il pu-
tito della pace ad ogni costo avversa sempre più l'openja-
triottica del Governo. - Il Governo convocn. la CouveaJÌoDe
Nazionale.
I le battaglie di San Juan e dì Mìrs-
<res, al Perù, senza Capitale e som
iverno, non rimaneva che qualche mi-
aiodisoldatiin Arequipa: e se l'esei-
o chileno, non lasciandosi intiiDorir:
dall'antica fama acquistata da quella città nel lunj)
periodo delle guerre intestine, fosse corso sollecitameaie
ad impadronirsene — invece dì scorrazzare ignobil-
mente, come fece, per le indifese borgate e campagne
delle Provincie limitrofe a Uma — la guerra sareH*
necessariamente finita nel volgere di pocbi altri giorri
e forse prim'ancora che si fosse spenta l' ultima tiao-
ma dei vandalici incendii di Chorrillos, Barranco t
Miraflores.
Arequipa, con una guarnigione di 25oo uomini à
più, e senza speranza di ricevere rinforzi né alcun altri'
soccorso dal resto della Repubblica rimasto tuttai*:!
libero dalla invasione nemica — in un momenlo u
cui le popolazioni erano ancora dolorosamente co::r^
mosse e scompigliate per la inattesa catastrofe di LìtE'
— non poteva opporre che una ben debole resistena
e sarebbe costato sì lieve sforzo l'espugnarla da ca
meritar la pena di esser tenuto in conto.
n Chili prende una falsa via 121
Compiuta Toccupazione di Arequipa, sarebbe venuta
di conseguenza quella di Puno, città completamente
sguarnita di forze, che la più pittoresca ferrovia del
mondo univa ad Arequipa ed al porto di Mollendo,
ove la flotta chilena aveva libero ed incontrastato ac-
cesso: ed una volta occupate quelle due importantis-
sinie città, donde l'esercito chileno poteva facilmente
spandere la propria azione sì sulle rimanenti provincie
in teme del Perù, come sulla vicina Bolivia, ogni ulte-
riore resistenza da parte di queste due Repubbliche si
faceva pel momento assolutamente impossibile.
Così operando, il Chili avrebbe potuto imporre pron-
tamente ad entrambe, colla punta della spada, Io scan-
daloso trattato di pace che aveva in mira, senza stancare
la propria gente, senza offrire al mondo per circa tre
anni, nelle provincie peruviane occupate dal suo eser-
cito, il tristo spettacolo di una dominazione che era
una mostruosa e prolungata ingiuria alla civiltà, e
senza sentire il bisogno, per uscire d' impaccio, di spie-
gare tutto quel lusso di bassi intrighi diplomatici, cui
con tanto disdoro proprio e degli altri per sì lungo
tempo ricorse (i).
Ma il Chili, pur desiderando dar termine alla guerra
con un trattato di pace a suo modo, che solo la ra-
gione del più forte poteva imporre al nemico, piuttosto
che avventurarsi in nuove battaglie, preferi esercitare
(i) Di ciò tratteremo ampiamente nella terza parte della nostra
Storia, quando discorreremo del seguito della lotta fira il Chili ed
il Perù.
8. — Caivako, Guerra à* America - Porte II.
J22 Nuova fase della guerra
Ogni tirannia incrudelendo spietatamente sulle indifese
popolazioni di Lima e delle terre circostanti, che le sorti
della guerra avevano già messe in sua completa balìa.
E questo suo piano, che in sulle prime parve dovesse
apportare i desiderati effetti, fu tosto provato dai fatii
essere uno dei più erronei e fallaci.
Mentre la cittadinanza di Lima, passato il panico
assai naturale del primo momento, sopportava con
spartano eroismo il giogo del baldanzoso vincitore, le
Provincie interne del Perù si riavevano anch' esse dal-
l'abbattimento del subitaneo stupore da cui furono
colte in sul principio, ed accumulavano in Arequipa,
divenuta dipoi Capitale provvisoria della Repubblica,
nuovi e non dispregevoli elementi di difesa.
Poiché il Chili non aveva saputo approfittare del
momento in cui tutto lo avrebbe favorito per distrui:-
gere fin l' ultimo avanzo della potenza militare del
Perù, si fortificava questo con nobile orgoglio nei suoi
ultimi trinceramenti, per respingere con disperata re-
sistenza r ignominioso trattato di pace che quello vo-
leva imporgli. E la guerra, invece di finire dopo h
resa di Lima, come avrebbe dovuto, entrava in una
nuova e diversa fase.
Ma basti sapere per ora che il Perù rimaneva sem-
pre colle armi alla mano: ritorniamo alla Bolivia.
Dopo le battaglie di San Juan e di MiraJloreSy il
movimento diversivo delle truppe boliviane sulle posi-
zioni di Tacna e di Tarapacà, più non aveva scopa, e
poteva divenire invece un vero pericolo per la Bolivia
Il forte esercito chileno, già padrona del campo in
Minacciata invasione J2?
Urna, ove non aveva più un solo soldato nemico di
fronte, era rimasto siffattamente libero delle proprie
mosse, che in buona parte rimpatriò: poteva quindi
accorrere sollecitamente contro ai pochi e male armati
battaglioni boliviani; e, dopo averli senza rnolta fatica
disfatti, non avrebbe forse trovato nulla di meglio che
penetrare alle loro calcagna in Bolivia, ove era sicuro
di non incontrare alcuna resistenza.
E ciò era assai da temersi, perchè il corso degli
avvenimenti induceva il Chili a fare ancora un ultimo
sforzo, dato che ve ne fosse stato bisogno, per impa-
dronirsi di Arequipa, e di là spingere per Puno un
piccolo esercito su La Paz; e perchè si sapeva d'altra
parte che i giornali chileni, le piccole confidenze degli
uomini politici del Chili e la così detta voce pubblica,
non parlavano appunto che di una prossima invasione
deir esercito chileno nella Bolivia.
Il Governo boliviano si affrettò quindi a richiamare
indietro quella parte delle sue truppe che già si trovava
in marcia verso i confini, per prepararsi alla meglio
contro la temuta invasione.
Convinto che, sorpreso in quei momenti, il suo pic-
colo e male armato esercito non si sarebbe trovato
punto in condizioni d'affrontare il nemico in campo
aperto, decise di battersi in ritirata fino alle più interne
montagne della Repubblica, per non impegnarsi in una
vera battaglia se non in quegli ultimi ripari, dove la
posizione dell' esercito invasore doveva necessariamente
farsi molto svantaggiosa. E ad assicurare la buona
riuscita di questo suo disegno, che era Y ultimo sforzo
124 Preparativi di resistenza
del patriottismo messo alle strette dalla impotenza del
momento, si accinse con la massima energìa, come per
lo addietro, ad allestire nuovi battaglioni, a provvedersi
di fondi, sempre e continuamente scarsi, ed a solleci-
tare l' arrivo dell' armamento che i suoi Agenti segreti
conducevano dalla Repubblica Argentina.
D'altra parte questo armamento, partito nel dicembre
da Jujui, e già nel territorio della Repubblica, era ornai
prossimo ad arrivare ad Oruro: e se la minacciata
invasione non avveniva così sollecitamente, come era
da temersi e come sì insistentemente si voleva far
credere, il Governò della Bolivia sperava di pervenire
a completare i suoi apprestamenti abbastanza in tempo
per respingerla a pie fermo, senza più sentire il bisogno
di ricorrere al disperato proposito di battersi in riti-
rata su per le creste delle sue montagne.
Ma intanto che il Governo attendeva alacremente
agli urgenti bisogni della difesa dello Stato, i vecchi
suoi avversarli, ossia tutti coloro che fino dal Giugno
dell'anno innanzi avevano in mille modi intrigato, e
intrigavano sempre per rovesciare il Generale Cam-
pero dalla Presidenza della Repubblica, so3teQevano
pubblicamente con sempre crescente insistenza, la con-
venienza, già da essi affacciata prima della resa d'i
Lima, di negoziare prontamente la pace col Chili: e
non contenti di affievolire con si antipatriottica pro-
paganda il generale entusiasmo delle popolazioni per la
continuazione della guerra, si adoperavano con ogni
più illecito mezzo, non esclusi i tentativi di rivolta*
per impedire al Governo, nel momento istesso in cui
Gli awersarii del Governo J2$
la temuta invasione nemica si credeva più inevitabile
ed imminente, di porsi in grado di affrontarla vitto-
riosamente e respingerla.
Insieme al costante pensiero di creare senza posa
nuovi e maggiori imbarazzi al Governo, guidava i
sopraddetti suoi avversari! in questa loro condotta,
anche il timore che le truppe chilene, invadendo la
Bolivia, distruggessero le ricche miniere argentifere di
loro proprietà, come avevano fatto con molte fattorie
di zucchero nel Perù. Li sorreggeva perciò la fiducia,
se detta invasione si fosse veramente effettuata, che il
Generale Camperò, vedendosi nella impossibilità di farle
fronte, si sarebbe ritirato dalla Presidenza della Repub-
blica, onde lasciare che altri, ossia essi, venissero a
patti col nemico; ed in ultimo caso, supposto anche che
il Governo fosse rimasto al suo posto, combattendo in
ritirata fino alle più interne provincie, come aveva
stabilito, speravano che l'esercito chileno, in grazia
delle simpatie da essi manifestate a favore della pace
e del Chili, e quindi dell'aiuto indiretto prestato con
ciò a quest'ultimo, rispetterebbe e proteggerebbe da
ogni qualsiasi attacco e le loro persone e le loro pro-
prietà.
Il giornale La Patria^ organo principale di questo
partito e per lo addietro il più ardente sostenitore della
candidatura del Dott. Arce alla Presidenza della Re-
pubblica, non si stancava di ripetere tutti i giorni ed
in tutti i tuoni: che la Bolivia era impotente a soste-
nere la guerra, foss' anche soltanto per la più stretta
difesa; che la incapacità del Governo, congiunta al
720 // Chili non pensava aìV invasione
profondo scoraggiamento che invadeva tutti gli animi,
rendeva impossibile la continuazione dello stato di
guerra ; che il paese non aveva ne la volontà ne i
mezzi di tirare più innanzi una lotta per esso impos-
sibile.... e cosi di seguito. Sicché mentre portava dav-
vero lo scoraggiamento e la diffidenza in tutti gli animi,
svelava al nemico le tristi e deplorevoli condizioni della
Repubblica.
Il Chili intanto, mentre faceva dire e lasciava facil-
mente credere che avrebbe invaso la Bolivia da un
momento all'altro con un grosso ed imponente eser-
cito, era ben lontano dal pensare a ciò. Certo, se avesse
avuto a sua disposizione la facile via di MoUendo-
Arequipa-Puno, non avrebbe tralasciato di fiarlo: ma
non potendo valersi di detta via, che il Perù dominava
ancora con gli ultimi avanzi delle sue baionette, le
cose mutavano completamente d' aspetto.
Calcolatore sempre e dei più accorti, il Chili com-
prese subito che in siffatte condizioni non era del suo
interesse il portar la guerra in Bolivia: i** perchè con-
sigliava la prudenza di non allontanare le sue forze
dal Perù, quando questo manteneva ancora in Are-
quipa un centro di resistenza che avrebbe potuto assai
facilmente passare dalla difesa alla offesa, quando !e
avesse viste seriamente occupate altrove, in siti donde
sarebbe riuscito alquanto difficile tornare sollecitamente
indietro in un momento dato; 2^ perchè, indipenden-
temente dal diverso aspetto che avrebbe potuto pren-
dere la guerra omai quasi finita nel Perù, la stessa
prudenza consigliava pure di non impegnare il suo
esercito in un paese tanto distante dal mare, di tanto
Vera forila del Chili J2j
difficile accesso attraverso le Ande, tanto sfornito di
produzioni pel vettovagliamento così delle truppe come
della cavalleria, e d' onde la ritirata, in caso di rove-
scio, sarebbe stata delle più disastrose.
La vera forza del Chili, che tanta e si decisiva su-
periorità gli creò sugli avversarii, risiedeva principal-
mente nel suo assoluto dominio del mare e nel grande
aiuto che da questo riceveva. La sua numerosa flotta,
sempre al servizio dell' esercito di terra, lo forniva con
grande rapidità e senza fatica del pesante materiale di
guerra che altrimenti sarebbe stato quasi impossibile
trasportare, lo vettovagliava, lo coadiuvava efficace-
mente nelle battaglie, pome avvenne in quelle di Pisa-
gua, di Arica, di San Juan, di Miraflores, e gli offriva
in ultimo nella possibile contingenza di una disfatta
una facile e sicura ritirata. Come pur troppo è risa-
puto (i), il Chili aveva il suo esercito in Antofagasta,
pronto ad entrare in campagna contro il Perù fino dal
primo rompersi delle ostilità; nonpertanto lo tenne colà
ozioso per ben sette mesi, fintantoché colla disfatta
della flotta peruviana non rimase unico signore del
mare. E così, basta per poco tener dietro al posteriore
svolgimento della guerra, per convincersi come esso
pose sempre sommo studio a non allontanar mai di
molto r esercito dal mare, in prossimità del quale, od
almeno in punti di facile e sicura comunicazione, scelse
sempre i suoi diversi campi di battaglia.
(i) Cfr. T. Cai VANO, Storia della Guerra d'America, Parte I,
Gap. VI.
J28 Perchè itoti Untò T invasione
U allontanare Tesercito dal mare talmente da non
rimanere in facile e sicura comunicazione con essa
importava fargli perdere tutti gli anzidetti vantaggi,
per metterlo in pari condizioni col nemico; ed il Chdi
era troppo accorto e troppo prudente per incorrere mai
in sì grave errore.
D' altra parte, oltre i pericoli e le grandi fatiche cui
bisognava andare incontro, il vettovagliamento del-
l' esercito ed il trasporto del materiale di guerra su
per le Ande avrebbero elevate le spese della spedizione
ad una cifra considerevolissima : ed in cambio di tutto
ciò, che cosa avrebbe domandato il Chili alla Bolivia'
Non una grossa indennità di guerra, perchè essa non
avrebbe avuto come soddisfarla : non un compenso ter-
ritoriale, perchè oltre l'Atacama, di cui era già in pos-
sesso e che era deciso a non lasciare a qualunque
costo, nessun altro lembo di terra boliviana avrebbe
avuto per esso, pel momento almeno, un cosiffatto
valore.
Dopo le vittorie di San Juan e di Miraflores e della
conseguente occupazione della Capitale peruviana, il
Generale in capo dell' esercito chileno, Manuel Baque-
dano, al lasciare le sponde del Rimac per ritornare in
patria, dichiarava pubblicamente che la guerra doveva
considerarsi come finita colla resa di Lima : ed in realtà
era questo il pensiero del Chili.
Vinto il Perù sui campi di battaglia e ridotto mo-
mentaneamente a tale estremo da non poter opporre
altra resistenza che quella essenzialmente locale con-
centratasi in Arequipa, il Chili, e perchè stanco ornai
Perché non tentò T invasione I2g
di guerreggiare, e perchè desideroso di non compro-
mettere i suoi grandi ed insperati successi col rischio
di nuove avventure che potevano finir male, aveva
deciso di farla una buona volta finita colle vere im*
prese guerresche, e di limitarsi unicamente a racco-
gliere per mezzo dei relativi trattati di pace col Perù
e colla Bolivia, tutti quei vantaggi che nella sua qua-
lità di vincitore credeva poter pretendere.
E di certo, se qualche ostacolo poteva esso trovare
su questa nuova via, come effettivamente lo trovò, e
forte, sicuramente non da parte della Bolivia poteva te-
merlo, tanto più che, se pur si fosse essa negata di addi-
venire alle volute trattative di pace, nel caso che il
Perù le accettasse, l'avrebbe ben volentieri lasciata
nella sua innocua ostinazione fra i picchi delle sue
montagne, sicuro che sola non sarebbe mai discesa di
là a molestarlo.
Chi ancora dava da pensare al Chili era il Perù; il
Perù che, fieramente raccolto alla difesa della sua di-
gnità conculcata, osava tuttavia respingere l'odioso
trattato di pace che esso voleva imporgli; il Perù che,
depredato ed annichilito, era sempre più temibile che
la Bolivia in tutta la pienezza delle sue forze: e le
prime e più incessanti cure del Chili erano sempre
rivolte al Perù, onde stretto da tutti i lati, finisse per
accettare il proposto trattato di pace.
Esso quindi non si occupava della Boliviache in secondo
luogo, ed in maniera del tutto subordinata alla propria
posizione di fì'on te al Perù; ossia per quel tanto solamente
che poteva favorire o danneggiare i suoi rapporti con
1)0 proposte chiìem di iììeciti ne^o^iaH di pace
questo; e tutte le sue aspirazioni rispetto alla medesima
si riducevano principalmente ad ottenere che si riti-
rasse dalla guerra rompendo la propria alleanza col
Perù, onde non servisse d' incoraggiamento e di aiuto
ad esso nella disperata resistenza che opponeva ai suoi
voleri di vincitore fortunato e inclemente.
Era anche nell'interesse del Chili che la Bolivia,
sotto il nome di cessione per indennità di guerra, gli
legittimasse innanzi al mondo la sua conquista del de-
serto di Atacama : ma sicuro com' era che questa, senza
il concorso di altra Nazione, non sarebbe stata mai ne!
caso di riprendergliela, ci teneva così poco, che non
avrebbe fatto a quest'uop)o un sol passo dì più, né
innanzi né indietro. Perciò le voci che a bella posta
faceva correre della prossima spedizione di un grosso
corpo di esercito in Bolivia, miravano unicamente ad
esercitare in essa una certa pressione, una minaccia
che la disponesse ad assecondarne le mire. E quando
più insistenti erano queste voci, e più forte il pànico
che spargevano al di là delle Ande, faceva esso sapere
al Generale Camperò, per mezzo di segreti* ed accorti
Agenti : che non sarebbe affatto alieno dal trattare la
pace colla Bolivia, a condizioni per questa molto van-
taggiose, purché ciò si facesse senza il concorso del
Perù e senza occuparsi di lui; e che in omaggio a
queste sue buone disposizioni verso la Bolivia, sospen>
derebbe fino all' esito finale delle relative negoziazioni,
la progettata e imminente spedizione contro di essa.
Il generale Camperò, fedele allalleanza peruviana e
compreso àtì veri interessi del suo paese, rispose che
Risposta di Camperò iji
la Bolivia — pronta sempre ad entrare in negoziati di
pace, semprechè il Chili fosse veramente intenzionato
di arrivare ad una equa e giusta conclusione, e sem-
prechè detti negoziati fossero iniziati e condotti col con-
corso del proprio alleato, onde si ponesse una buona
volta termine alla guerra fra le tre Repubbliche belli-
geranti — non sarebbe però mai e per nessuna ragione
addivenuta a parlare di negoziati di pace da se sola, e
senza la previa assicurazione che detti negoziati riguar-
derebbero anche il Perù.
Dopo questa categorica risposta del Presidente Cam-
pero, gli Agenti chileni, chiarendo meglio il pensiero
del proprio Governo, gli fecero pervenire la seguente
proposta : Che accondiscendendo la Bolivia a rompere
la sua alleanza col Perù ed a concludere isolatamente
la pace col Chili, questo s* impegnava: i^ a non esigere
da essa nessuna indennità di guerra; 2^ a cederle, in
cambio del proprio littorale di Atacama, l'importante
territorio peruviano di Tacna ed Arica, e forse anche
quello di Moquegua ; 3^ a costruire a proprie spese una
ferrovia di 5oo miglia, che partendo da Iquique o da
Antofagasta, territorii che già considerava come chi-
leni, s' inoltrerebbe fino ai più importanti centri indu-
striali della Bolivia (i) ; 4® onde fosse certa di non avere
(i) La costruzione di questa ferrovia è consigliata al Chili dai
suoi proprii interessi, per attirare nei suoi porti il commercio bo-
liviano, e per aprire nuovi e facilmente conquistabili campi alla
espansione della sua popolazione. È quindi probabile che presto o
tardi, e quale che sia la condotta della Bolivia a suo riguardo, la
menerà a capo.
7J2 Nuove proposte chilene: promesse tentatrici
mai nulla a temere da parte del Perù, a stabilire con
essa un'alleanza offensiva e difensiva, o solamente di-
fensiva, a sua scelta, nella quale probabilmente pren-
derebbe parte anche una terza e forte Potenza^ conti-
nentale — il Brasile.
Queste promesse erano veramente tentatrici, come di-
ceva il Presidente Camperò in una sua Nota confidenziale
al Ministro degli Affari Esteri della Repubblica Argen-
tina. 11 possesso di Tacna col suo splendido porto di
Arica importava per la Bolivia la conquista di una re-
lativamente facile e pronta uscita al mare, la migliore
possibile, nelle sue condizioni mediterranee, per dare
sfogo al proprio commercio senza più dipendere dai vi-
cini; importava uno sbocco dalla stretta opprimente
delle Ande; e per poco che si pensi alla non lieve ag-
giunta della promessa via ferrata, voleva dire rinascer.*
a nuova vita sociale ed economica.
La Bolivia infine avrebbe ottenuto, come ultimo ri-
sultato di una guerra tanto disgraziata per l'alleanza
Perù-boliviana, e nella quale essa prese così poca ed
infelice parte, maggiori profitti di quelli che avrebbe
potuto raccogliere da una serie di vittorie. La perdila
dell'Atacama, di fronte a si grandi e positivi vantaggi.
non aveva più alcuna importanza, e quindi non redi-
geva al confronto.
Ma per ottenere siffatti vantaggi, che d'altra par:c
non erano senza gravi e serii inconvenienti, bisojgnav:
anzitutto tradire il Perù, il proprio alleato che si tro* .*
impigliato nella guerra unicamente a cagion sua, deLì
Bolivia, per esser corso sollecitamente in suo aiuto a
Per rompere Taìlean^a perù-holiviana jjj
Santiago alla prima offesa che le portava il Chili!...
Bisognava voltare codardamente le spalle all'alleato ge-
neroso e disgraziato, cui sarebbe bastato dichiarare di
rimaner neutrale nella scandalosa guerra promossa dal
Chili contro la Bolivia, per restar fuori di causa sicuro
e tranquillo in casa propria; e che, chiamato alla lotta
per non aver voluto separare le sue sorti da quelle della
Bolivia, ne sostenne quasi solo tutto il peso fino al sa-
crifìcio, fino al quasi completo annichilimento di tutto
se stesso! E per di più, dopo aver tradito il proprio
alleato, lasciandolo solo, neirultima e più terribile ora,
in balia dei comune nemico, bisognava unirsi a quest'ul-
timo per dividersi le sue spoglie!
I grandi vantaggi che in nome del Chili si offrivano
alla Bolivia, erano il prezzo di un doppio tradimento
contro il proprio alleato.... Ed il Presidente Camperò,
senza esitare un solo istante e senza neanche far conto
di tutte le altre non lievi ragioni che, anche senza di
ciò, militavano contro, rispose immediatamente: no (i).
(i) Nel Messaggio speciale che il Presidente Camperò dirigeva
tre anni e mezzo più tardi al Congresso di Bolivia (il 6 ago-
sto 1884) si legge: « Dopo la Conferenza di Arica (ottobre 1880)
il Chili non ha compiuto alcun atto serio, capace di far compren-
dere la sua intenzione di addivenire a negoziati decorosi ed accet-
tabili con la Bolivia, all' infuori di alcuni incidenti poco attendi-
bili che &cevano intravedere una certa benevolenza per noi e
l'animo di trattarci con minor rigore di quello tenuto col Perù e
di farci alcune concessioni; ma che nel fondo erano una vera ten-
tazione, e forse un tranello per trarci in discredito ; perchè quella
benevolenza e quelle concessioni erano subordinate a condizioni
impossibili per noi, quali erano quelle della rottura della nostra
j)4 Partito della pace a ogni costo
Ma gli Agenti chileni neppur questa volta se ne ri-
stettero; respinti dal Presidente Camperò, si diressero ai
noti avversarìi del Governo che, ansiosi dì scalare il
potere in qualsiasi modo, avevano preso da più tempo
a sostenere come arma di partito la convenienza e ne-
cessità di negoziare prontamente la pace col Chili: e
questi che nelle proposte dei detti Agenti chileni, oltre
la provvista di nuove armi con che far guerra al Go-
verno e guadagnar proseliti alla propria causa, vedevano
la possibilità di realizzare grandi beneficii personali,
nella loro qualità, massime i capi, di grandi proprietarii
di miniere, le accettarono immediatamente e senz' al-
cuna riserva, stampando nel loro programma politico
la necessità di doversi concludere la pace celermente 3
qualunque prezzo ed in qualsiasi modo. Il loro partita
infatti, prendeva allora il nome, che ben tosto divenne
dei più popolari e famosi di partito della pace ad ogni
costo (i).
Rivolgendosi ad un partito che non era al Governa
alleanza col Perù, della nostra complicità nello smembramento Jc!
suo territorio per appropriarcene ona parte, e della nostra all^» "
col nemico comune.^. Abbandonare il Perù nei suoi supremi ir>
menti di angustia, per addivenire noi isolatamente ad accordi arj-
chevolì col nemico comune, e per cooperare alla mutilazione d".'
territorio peruviano e prendercene una parte anche noi come ar-t
di infedeltà, sarebbe stato un enorme delitto senza precedenti ne!^
storia, che avrebbe macchiato per sempre l'onore della nostra tc^-
diera. »
(i) « La Paz, 8 Aprile 1881. - Al signor B. de Yrìgoyen (>'
nistro degli Affari Esteri della Repubblica Argentina), Buenos A>n-
- Stimato Signore ed Amico. - L'annessa copia è presa dall^orij,-
Segrete mire dei Chili jjj
il Chili sapeva assai bene che non poteva conchiudere
e firmare con quello il desiderato trattato di pace: ma
a capo di questo partito, come asseriva la voce pub-
blica e come forse alcuni uomini politici del Chili sa-
pevano meglio che chiunque altro, trovavasi il i° Vice-
Presidente della Repubblica, dottor Arce, quello stesso
appunto nella cui persona sarebbe di pieno diritto ri-
caduto il comando della Repubblica, nel caso in cui per
una circostanza qualunque fosse venuto a perderlo il
Presidente Camperò. Ciò faceva quihdi il Chili con dop-
pio scopo: 1° nella speranza che siffatto partito arri-
vasse presto al potere, come facevano anche supporre
i ripetuti tentativi di rivolta avvenuti in diversi punti
dello Stato; 2° perchè quand'anche non fosse perve-
nuto ad esser Governo così prontamente come sperava,
basterebbe l'agitazione da esso seminata nella popola-
zione, per dividere maggiormente il paese, snervare e
rendere completamente inefficace l'azione del Governo
nel seguito della guerra. E che il Chili non s'ingan-
nale. Le basi che essa contiene sono tentatrici: ma avendo io ma-
nifestato risolutamente che non voleva vedere ne ascoltare nulla
che avesse per oggetto un accomodamento privato fra il Chili e
la Bolivia, l'Agente chileno si diresse al capo dei partigiani della
pace ad ogni costo. Consideri Ella bene le basi proposte, e creda
nella buona amicizia del S. S. « N. Camperò. »
« È nota la genesi del partito della pace ad ogni costo: questa
idea non è nata in Bolivia, ma nel Chili, e venne di lì cercando
proseliti fra noi.... »
(Giornale La Prema di La Paz, 23 ottobre 1883).
jf6 Esame delle promesse chiìene
nasse, nel secondo caso almeno delle sue speranze e delle
sue previsioni, lo provarono abbastanza gli av\xnimenti
nei tre anni circa che decorsero fino al patto di tregua
del i884.
Ma qui, prima d'inoltrarci nel seguito della nostra
narrazione, sorge spontanea una domanda: le larghe pro-
messe che si facevano alla Bolivia in nome del Chili
erano esse sincere? Il Chili poteva veramente avere la
intenzione di fare una parte tanto grande nei frutti
delle sue vittorie alla Bolivia, al nemico che egli aveva
vinto sui campi di battaglia e che più non osava far-
glisi innanzi ? Certo, non è possibile penetrare le inten-
zioni di chicchessia: ma giudicando dal complesso dei
fatti e dal punto di vista di un giusto apprezzamento
delle cose, tutto ci dice che no.
La scandalosa mostruosità di tanto incrudelimento
contro il Perù, affine di strappargli una vasta e ricca
porzione del suo territorio per poi darne una pane
alla infedele alleata di quello, come prezzo della rot-
tura della sua fede, non poteva avere che un solo si-
gnificato: quello cioè che il Chili si considerava impo-
tente a condurre vantaggiosamente a termine la guerra
da lui iniziata contro Y alleanza Perù-boliviana ; e che
per uscirne con una parte almeno dei guadagni che
aveva in animo di realizzare, si era visto nella neces-
sità di comprare a sì caro prezzo il disonorevole favore
di quella sua prima nemica a cagione della quale so-
lamente si trovava egli in guerra col Perù. Questa,
ripetiamo, sarebbe stata la sola spiegazione logica di
siffatta condotta del Chili; e ciò nondimeno sarebbe
Xcm pctei'jfio essere sincere Jjj
voler cadere in troppo grave e manifesto assurdo, il
supporre che quel Chili che nel 1879 chiamava senza
esitare sui campi di battaglia V alleanza Perù-boliviana,
allora apparentemente forte e potente, ne avesse poi
tanta paura dopo due anni di lotta sempre fortunata
che aveva ridotto i suoi nemici quasi agli ultimi estremi
della impotenza, da sentirsi trascinato a discendere a
SI tristo e vergognoso mercato.
Il Chili, è vero, onde risparmiarsi nuove fatiche,
nonché gli eventuali pericoli di una nuova campagna
contro Aréquipa o di un soverchio prolungamento dello
stato di cose creato dalle vittorie di San Juan e di
Miraflores^ e, diciamolo pure, affine di dissipare in
parte il timore di nuove guerre per un avvenire più
o meno lontano, cercava, come cercò sempre ardente-
mente e prima e dopo, di separare la Bolivia dal Però:
ma non a costo di sì gravi sacrifici che potevano nuo-
cere più tardi a lui stesso, e che in ogni modo avrebbero
offuscato tutto il lustro delle sue passate vittorie, e
collocatolo, per di più, in una condizione pur troppo
ridicola di fronte alla Bolivia, come di colui che mos-
sosi per farle guerra, e colto per via da insana paura,
avesse finito col cedere ad essa il maggior profitto, ed
in tal modo come essa giammai avrebbe potuto ne osato
fare da se.
« Il Chili manterrà le sue promesse ; esso strapperà
il dipartimento di Tacna ed Arica al Perù per darlo
a noi — dicevano in Bolivia gli avversarii del Go-
verno; — perchè ha bisogno di metterci alV avanguar-
dia delle sue conquiste^ ond' esser sicuro che la Bolivia
9. — Caivavo, Guerra à' America - Parte IL
j^S Eran promesse iUtisorie
non combatterà mai più ai fianchi del Perù contro di
lui, perchè ad assicurare la sua conquista di Tara-
paca gli conviene avere ai suoi confini una terza Po-
tenza nemica di quello ed interessata ad impedirgli il
ricupero dei suoi antichi territorii : » o in altri termini,
per scavare tale un abisso di odii e di rancori fra il
Perù e la Bolivia, da rendere impossibile ogni loro po-
steriore ravvicinamento; per guadagnarsi per conto
proprio l'amicizia e le simpatie della popolazione bo-
liviana ; e per mettere i suoi nuovi confini di Tarapad
sotto la protezione e la salvaguardia della Bolivia.
Con queste parole, i partigiani della pace ad ogni
costOy come essi stessi si chiamavano, non facevano che
ripetere appunto le volute ragioni sulle quali i sagaci
Agenti chileni fondavano le loro larghe promesse, pe:
far credere alla sincerità delle medesime; giustifican-
dole, diciam cosi, colle stesse necessità vere o supposte
del Chili. Ma ripetendole commessi facevano, di villaggio
in villaggio, onde guadagnar proseliti alla laro caus:,
non s'avvedevano punto che dette ragioni, sebbene i
primo aspetto ed astrattamente considerate potesse::
presentare alcun carattere di serietà, erano poi in realtà
tanto insussistenti ed illusorie qOanto i maravìgliosì e
fantastici paesaggi che l'ingannevole miraggio offfr..
giornalmente alla loro vista suU' arida distesa dell' A-
topiano di Oruro.
Anzitutto giova osservare che Tacna ed Arica, stS
bene occupate dall'esercito chileno, appartenevano tut-
tavia al Perù, e che non potendo il Chili ritetiere c«
sé o dare ad altri siffatti territorii se non dopo averne
Trattative non sicure jjg
Ottenuta la cessione dal Perù per mezzo di un regolare
trattato di pace, la Bolivia doveva necessariamente con-
tentarsi pel momento di una semplice promessa che il
Chili poteva facilmente eludere a fatto compiuto — dopo
aver raggiunto lo scopo di separare la Bolivia dal Perù,
per forzare quest'ultimo ad accondiscendere alle sue
pretese, — e forse anche, pur volendo, non trovarsi in
condizioni da poter soddisfare. Al che si aggiunga che
procedevano tutte queste trattative chilene in una ma-
niera puramente confìdenziale, come suole accadere
quando si tratta di negoziati poco onorevoli (per mezzo
di Agenti segreti che non lasciavano alcuna traccia uffi-
ciale e permanente); e che quando si fosse arrivati allo
scioglimento del nodo, ossia al momento di compiere od
anche semplicemente consegnare le fatte promesse in
documenti ufficiali, rimaneva sempre al Chili, a torto
od a ragione, l'appiglio di poter dire: io non ho mai
inteso di arrivare fin là. Frattanto la Bolivia, se non
ostile al Perù, lo avrebbe lasciato di fatto colla propria
inerzia, come avvenne, solo e senz' alcun soccorso nel-
V aspra e tenace lotta contro il suo prepotente av-
versario.
Ma lasciamo ciò: e lasciamo pure da un lato V argo-
mento degli odii e dei rancori, che nel momento in cui
il Chili avrebbe dovuto compiere le anzidette promesse
si sarebbe trovato già sfruttato, da dover pesare men
che poco ndl' animo dei diplomatici chileni. Una volta
che la Bolivia avesse rotto la sua alleanza col Perù, onde
intendersi separatamente col nemico comune, la grave
slealtà consumata con questo fatto sarebbe stata da per
J40 Incostanza di fede politica
sé sola più che suffìciente per generare fra i due
paesi, senza bisogno d' altro, una corrente di odio della
maggiore intensità; e la cessione di Tacna ed Arica
alla Bolivia, che necessariamente avrebbe dovuto avve-
nire in epoca molto posteriore a quella della rottura
deir alleanza, sarebbe stata sotto questo aspetto comple-
tamente superflua ed inutile.
D'altra parte — e senza dimenticare che per loro
natura siffatti sentimenti vanno gradatamente debili-
tandosi col tempo nell'animo delle popolazioni, pc:
poi cadere totalmente tostochè vengano ad urtarsi In
nuove e gravi quistioni di interessi materiali — ov:
le passioni partigiane e le smodate ambizioni personali
hanno tanto e sì decisivo predominio, da sovraimporsì
ad ogni più imperioso principio di ordine morale,
sarebbe più che imprudenza il voler fare grande asse-
gnamento sulla costanza di una determinata fede poli-
tica, sugli odii e sulle simpatie di un momento : ed ;'.
Chili, attento osservatore della vita sociale e politic:
dei suoi vicini, non poteva ignorarlo. La storia dtiU
Bolivia, quando verrà scritta, avrà a registrare no3
poche prove di subitanei mutamenti d* indirizzo poIitic3,j
di odii e di simpatie: e certo non sarà l'ultima quellil
data nei fatti di cui ci occupiamo dal partito della p
ad ogni costo; il quale dimenticava cosi presto Vo&
portata dal Chili alla Bolivia colla usurpazione di A
cama, nonché la santità del patto d'alleanza col P
e la gratitudine che ogni buon boliviano doveva
tire per questo nobile e sventurato paese; e volt:
faccia in un momento; e manifesta vasi così proni:
Valore intrinseco deìT àllean-^a hoìii'iana 141
rivolgersi contro il generoso alleato che si era sacri-
fìcato per la Bolivia, alla prima e mal sicura e non
molto lusinghiera richiesta del Chili (i).
Passiamo oltre.
Quanto valessero si Talleanza come l'inimicizia della
Bolivia, non era più un mistero: ben lo aveva visto il
Chili nei due anni fino allora trascorsi dalla occupa-
zione di Antofagasta in poi. La tristemente famosa ri-
tirata di Camarones, la dispersione di San Francisco^
la rivolta e lo sbandamento di una intera Divisione
alla vigilia della sua partenza pel campo di battaglia
(Marzo 1880), la poca o ninna parte che essa ebbe in
una guerra nella quale erano compromessi i suoi più
vitali interessi, e per ultimo l'enorme fellonia che l'an-
zidetto partito della pace ad ogni costo si mostrava
tanto ansioso di commettere contro il proprio alleato,
erano altrettante testimonianze alle quali sarebbe stata
follia il non dar peso. Mentre adunque nulla garentiva
che in un avvenire più o meno lontano la Bolivia non
si fosse ritrovata novellamente sui campi di battaglia
contro il Chili, la sua stessa alleanza non poteva dare
a quest'ultimo che speranze assai magre, congiunte a
molta incertezza ed a non pochi pericolii
D' altronde la Bolivia, cosi com' essa è, siccome di-
cemmo nei primi tre capitoli — topograficamente, eco-
nomicamente, socialmente e politicamente considerata
(i) Vbta e studiata attentamente da vicino, la Bolivia si presta
a crìterìi, sì in meglio come in peggio, molto diversi da quelli
che possono formarsi di lontano sulle poche ed inesatte notizie
che si hanno di essa.
J42 Incapacità ài difesa
— fuori della propria zona delle Ande, dove la princi-
pale sua difesa nel caso di un'aggressione nemica, pur-
ché non venga dal Perù per Puno, consiste nelle grandi
difficoltà di ogni genere opposte dalla natura e dalle
speciali sue condizioni, non può spiegare che un^ azione
molto debole.
Essa quindi mal potrebbe difendere il territorio di
Tacna ed Arica contro l'attacco vigoroso di una Po-
tenza nemica, massime se questa fosse il Perù, che, sia
per la agevole e già altre volte usata via del desagua-
derOf sia pel Titicaca, coi suoi vapori debitamente ar-
mati e con scialuppe facilmente ivi trasportabili per
ferrovia, potrebbe in ogni tempo invadere gl'importanti
Dipartimenti di La Paz e di Oruro, e tagliarle ogni co-
municazione con Tacna. Ne vale il dire che le condi-
zioni della Bolivia per questo rispetto potrebbero mu-
tare col possesso di Tacna ed Arica; giacche questo
territorio che, stretto a destra ed a sinistra fra il Perù
ed il Chili, si estenderebbe insino al mare come una
semplice coda, per così dire, saldata alla gran catena
inospitale delle Ande, che lascia appena una limitata
libertà di comunicazione fra Tuno e l'altro lato a mezzo
del suo unico passo del Tacora, non potrebbe in nes-
sun modo richiamare a sé la poca vitalità sparsa at-
tualmente neir immenso territorio deUa Repubblica, per
vivere e sostenersi colle sue sole forze. E che il Chili
fosse pienamente convinto di ciò lo prova il fatto che
fra le sue stesse promesse era quella della sua alleanza,
che equivaleva ad una promessa di aiuto nel caso di un
attacco per parte del Perù.
Vero scopo del Chiìì 14^
Lo scopo principale e immediato che si proponeva
il Chili, richiedendo con tale insistenza un accordo colla
Bolivia, si riduceva, come dicemmo, a separarla mo-
mentaneamente dal Perù, onde, tolta a quest'ultimo
ogni speranza d* aiuto, accettasse una buona volta la
sua legge di vincitore: e come senza ambagi manifestò
sempre con tutti i suoi atti dopo la resa di Lima, i
suoi sforzi contro il Perù miravano principalmente ad
ottenere la cessione di Tacna ed Arica; giacche su tutti
gli altri punti del proposto trattato di pace, l'accordo
riusciva assai meno dìfiicile.
Aggiungasi ora che il miglior modo pel Chili di ga-
rentìre le sue nuove frontiere era quello appunto di
protrarle sino ad includervi il territorio in questione
di Tacna ed Arica, i cui grandi vantaggi strategici,
sia di fronte al Perù che di fronte alla Bolivia, sono in-
discutibili : aggiungasi pure che col possesso di siffatto
territorio — la migliore uscita per la Bolivia sul Pa-
cifico — il Chili si collocava nella posizione di dettar
sempre in un modo o nell' altro la legge ad essa ; e
dicasi, dopo tutto ciò, se sia logicamente lecito credere
che il Chili pensasse a regalare gratuitamente alla Bo-
livia un territorio che gli costava tanta fatica strap-
pare al Perù, e pel cui acquisto massimamente, al punto
cui erano arrivate le cose, bramava esso di cacciar la
Bolivia dalla guerra.
Il Chili, ripetiamo, non poteva avere e non ebbe mai il
pensiero di mantenere nella loro integrità le promesse che
in suo nome si facevano alla Bolivia. E senza parlar per
ora dei trattati posteriormente conclusi, ben lo provarono
144 Valleania chiUna diveniva un protettorato
tre anni dopo, le grosse risa di scherno colle quali esso
rispose quando i Plenipotenziarii boliviani, andati a San-
tiago per negoziare la pace, affacciarono la strana pre-
tesa di voler discutere le future sorti di Tacna ed Arica.
Ma supposto anche, a dispetto della logica e dei fatti,
che il Chili avesse mantenuta la promessa di strappare
al Perù il territorio di Tacna ed Arica per darlo alla
Bolivia, e che avesse costruito anche la promessa via
ferrata ; che cosa ne sarebbe avvenuto? La Bolivia, è vero,
avrebbe ottenuto i vantaggi materiali di cui già par>
lammo; ma cessava fino ad un certo punto di essere
un paese autonomo e indipendente.
Poiché la Bolivia non poteva difendere de se sola,
senza il soccorso del Chili, il suo nuovo e male acqui-
stato possedimento di Tacna contro le pretese sempre
vive del Perù; e poiché ad esso bastava ritirare la sua
protezione e chiuderle il passaggio per la propria fer-
rovia per farle perdere istantaneamente tutti gli an-
zidetti vantaggi e lasciarla alla mercé del Perù, la Bo-
livia doveva necessariamente sottostare in ogni tempo
a tutte le esigenze, anche più strane e ingiuste dei
Chili, paese, come si sa, politicamente e commercial-
mente, di tendenze essenzialmente assorbenti. Quindi
l'alleanza offerta dal Chili alla Bolivia e che questa,
accettando le promesse, in nessun modo avrebbe potuto
rifiutare, non era in realtà che un puro e vero protetto-
rato; e certo non dei meno pesanti (i).
(i) Bene studiate le cose, solo il Perù avrebbe potuto o potrebbe
forse trovare un giorno il proprio tornaconto nella cessione, sotto
// Chili trova complici in Bolivia 14S
Ma i così detti partigiani della pace ad ogni costo^
non accorgendosi affatto che le larghe promesse chi-
lene non potevano essere sincere, e senza punto sof-
fermarsi a considerare (ammesso che fossero sincere)
quanto vituperevole e intrinsecamente dannoso sarebbe
stato per la Bolivia l'accettarle, sedotti dalla lusinga
dei vantaggi personali cui miravano, fecero di esse il
loro credo politico; e perseverando sempre più nel loro
antico sistema di creare giornalmente nuovi e maggiori
imbarazzi al Governo, la cui lealtà circa i proprii do-
veri verso il Perù facevano oggetto di scherno e di
derisione, non lasciarono nulla intentato, fino all'ul-
tima ora, per trascinare la Bolivia a venire ad illeciti
accordi privati col Chili.
In mezzo a tanto sconcerto di idee, di aspirazioni e
di opere, il Governo fece un solenne appello al paese,
convocando straordinariamente la Convenzione Na-
zionale.
certe condizioni^ di Tacna ed Arica alla Bolivia. Ma gli uomini
politici della Bolivia, salvo poche nobili eccezioni, sono troppo
assorti nei piccoli maneggi della politica intema e troppo ligi alle
meschine esigenze di questa, per poter prestare tutta la necessaria
attenzione alle gravi questioni della politica intemazionale.
'^
VII
SOMMARIO
Il Dottor Arce, Caudillo del partito della pace ad ogni costo^ è
mandato in esilio. - Svela le sue idee per mezzo della stampa.
— Osservazioni sul valore delle medesime. — Come nacque
l'alleanza Perù-bpliviana conclusa nel 1873: fu proposta e
domandata dalla Bolivia, per premunirsi contro le mene am-
biziose del Chili. - Il partito rosso sposa la causa del Dottor
Arce. - Messaggio del Presidente Camperò alla Convenzione
Nazionale circa la condotta da osservarsi nel conflitto col Chili.
— La Convenzione Nazionale accetta la politica del Governò. -
Minaccie di guerra civile. — Cattive condizioni dell' esercito. -
Il Presidente Camperò, lasciato provvisoriamente il potere, con-
centra e disciplina l'esercito ad Oruro. - Povertà dell'erario
e riduzione dell'esercito.
UTTO induceva a credere, come dicemmo,
che il Caudillo, o capo principale del-
l' irrequieto partito della pace ad ogni
costo fosse il 1° Vice-Presidente della
Repubblica, Dott. Aniceto Arce. Il Go-
erno sentiva quindi la necessità, se non di gastigare
148 Propaganda antipatriottica
con tutto il rigor della legge, di allontanare almeno
dal paese un uomo che faceva sì cattivo Uso del pre-
stigio e delle prerogative inerenti al suo alto grado
ufficiale; e mentre appunto era inteso a raccogliere
qualche prova legale, se non d^ altro, della scandalosa
propaganda che faceva quegli di idee tanto contrarie
alla politica nazionale, lo stesso Dott. Arce, per una
delle più strane casualità, una gliene ]x>rse da sé me-
desimo involontariamente fra mano.
Il 5 Marzo 1 88 1 , il Dott. Arce scriveva da Sucre due let-
tere di carattere completamente diverso; una a certo
Dott. Poi in Cochabamba, e l'altra al Ministro delPInterno
nella città di La Paz. Preparate che egli ebbe e le lettere
e le relative buste, chiudeva per errore ciascuna delle
due lettere nella busta dell' altra, e le inviava così alla
posta. Nacque quindi da ciò che il Ministro deirin-
terno, ricevuta ed aperta il giorno undici Marzo la busta
a lui indirizzata, vi trovava con sua gran sorpresa la
lettera che Arce aveva scritto pel Dott. Poi; una let-
tera che in quei momenti cadeva veramente a propo-
sito, e che qui trascriviamo: «Sucre, 5 Marzo 1881.
- Al signor Dott. Poi, Cochabamba. - Stimato amico.
Siamo senza notizie della guerra : in questo corriere mi
mancano perfino le lettere dei miei corrispondenti di
Tacna. Le nostre pazzie ci trassero la guerra e la per-
dita del territorio; e tuttavia, vinti, estenuati, impo-
tenti, facciamo ridicole provocazioni per attirarci l' ira
del nemico; e tuttavia di più incoraggiamo il comu-
nismo. Unnica tavola di salva:{ione per la Bolivia^ è la
necessità nella quale si trova il Chili di porla alla sua
Proscrizione del 'Doti. ^Arce 14^
avanguardia per assicurare le sue conquiste. Perciò la
nostra condotta dovrebbe essere silenziosa, degna e di
lavoro paziente.... Suo afif. Aniceto Arce. »
Poche ore dopo la lettura di questa lettera, il Mi-
nistro dell'Interno scriveva al Dott. Arce: « D'or-
dine del Signor Presidente della Repubblica, e con pa-
rere affermativo del Consiglio di Ministri, intimo alla
S. V. di uscire dal territorio della Repubblica nel ter-
mine di 1 5 giorni, dovendo in ogni caso porsi in viaggio
fra tre giorni dopo ricevuto il presente mandato. »
Il Dott. Arce usciva effettivamente il 20 Marzo da
Sucre, per recarsi a Buenos-Ayres. Ma prima di par-
tire da Sucre, e qualche giorno dopo il suo arrivo in
Buenos-Ayres, ebbe la cattiva idea di pubblicare per
mezzo della stampa un manifesto e due articoli da
giornale (i), nei quali, squarciando il leggerissimo velo
di cui s'era coperto fino allora, pose in piena luce e
le sue idee e le sue aspirazioni, mentre versava in gros-
solane ingiurie contro il Generale Camperò, tutta l'ama-
rezza eh' egli provava al vederlo insignito della fascia
presidenziale.
Come saggio dei pensieri espressi dal Dott. Arce nei
predetti scritti, ne trascriviamo qui alcune poche linee :
a In quanto all' alleanza (del Perù), che è stata sempre
per me una preoccupazione molto dolorosa, dichiaro
che non vi riposi giammai neanche la più piccola spe-
ranza.,.. Boliviano innanzi tutto, ho creduto che dove-
(i) Vedi il Giornale El Nacional di Buenos-Ayres, Numeri 10422
e 10423, 12 e 13 Maggio 1881.
1^0 Idee del Dott. xArce
vamo esigere la rettifica delle nostre frontiere, senza di
che la Bolivia non può aspirare a chiamarsi Nazione
indipendente. La zona di cui la Bolivia ha bisogno, e <;he
comprende Tacna ed Arica, non può dirsi che la togliamo
al Perù ; perchè è cosa già assodata che il Chili s* Impos-
sesserà di essa e non la restituirà al Perù.... Il Chili ha
bisogno di conservare l'esistenza e l'autonomia della
Bolivia : però è mestieri non persistere nella guerra, af-
finchè r odio e la collera non gP impediscano di cono-
scere questo bisogno. Avendo la Bolivia il territorio dì
Tacna ed Arica, e costruita la via ferrata dai mare al-
l'interno del paese, il progresso si diffonderà, le sue
ricchezze si svilupperanno.... Non voglio la guerra col
Perù, né con alcun altro paese. Voglio la pace ; e per
assicurarla definitivamente ambisco 1* annessione di
Tacna ed Arica alla Bolivia. E ritengo che il Chili, per
assicurare da sua parte la pace, ha bisogno di collocare
la Bolivia fra sé ed il Perù. »
Come chiaramente si vede, le idee che il Dott. Arce
spacciava come sue, ed alla cui effettuazione consacrava
tutti i suoi sforzi, erano appunto quelle della famosa
proposta chilena di cui sì a lungo parlammo.
Ma ciò non bastava al Dott. Arce : voleva per soprap-
più che il mondo applaudisse alle ignobili ed illusorie
sue aspirazioni; voleva che si riconoscesse essere il Perù
pienamente meritevole della iellonia che, a suo modo
di vedere, doveva consumare la Bolivia contro di esso:
e perciò scrivevanelle anzidette sue pubblicazioni: «Noi
nutrii mai simpatie per l'alleanza (del Perù); perchè non
la credetti mai utile né conveniente per la Bolivia. Il Perù
Idee del Dott. %Arct i$i
ha voluto sempre sfruttare, deprimere ed annullare la
Bolivia, e ci vuole tutta la stol\de\\a intellettuale che
caratterizza i Ministri del Generale Camperò, per presen-
tare il Perù come la vittima sacrificata in favore della
Bolivia. Vi è in ciò, più che ignoranza, mala fede e per-
vertimento patriottico. Ignorano o fingono ignorare che
il Perù pattuì l'alleanza colla Bolivia nel 1873, con
V unico scopo di assicurare per sé il predominio del
Pacifico, ed in previsione di un probabile conflitto col
Chili. Il Perù progettava già nel 1873 di dettare la legge
sul monopolio del salnitro, e temendo che questa misura
dannosa ai capitali chileni che sfruttavano il salnitro di
Tarapacà, producesse una rottura col Chili, si affrettò a
procacciarsi V alleanza della Bolivia.... Però sei anni più
tardi, quando si cambiarono le parti e fu la Bolivia che
ebbe bisogno del Perù per difendersi da un' aggressione
chìlena, il Perù si fece indietro e costò fatica Fobbligarlo
a compiere i suoi impegni. j>
Che il Perù non si fece punto indietro quando la Bo-
livia ebbe bisogno del suo aiuto contro il Chili nel 1879,
e che invece senza farsi pregare né molto né poco, corse
sollecito e spontaneo ad assumere le difese della Bolivia
presso il Governo del Chili, cui negò la richiesta dichia-
razione di neutralità, è notorio, e solennemente provato
dai fatti, come a suo luogo esponemmo nella prima parte
della nostra storia. E che inoltre non fu il Perù che ri-
chiese nel 1873 l'alleanza della Bolivia, per i fini sup-
posti dal Dott. Arce, ma invece la Bolivia che domandò
con calde istanze l' alleanza del Perù fin dal 1872, é tal
cosa che un uomo politico della Bolivia, qual preten-
1^2 Politica cìnlena verso la Bolivia
deva essere il Dott. Arce, non poteva e non doveva
ignorare.
Nella prima parte della nostra Storia (p. i33 e i34),
parlando delle continue insidie ordite dal Chili, prima
della guerra, contro la sicurezza interna ed esterna del
Perù e della Ik>livia, dicemmo : « Dopo.... il Chili non
lasciò mai più di prendere una parte molto attiva, seb-
bene indiretta, negli affari interni del Perù e della Bo-
livia, fomentando sempre con tutte le sue forze e quella
rivalità fra i due paesi che fu l'unico retaggio della
estinta Confederazione, e le interne discordie dei partiti
con le conseguenti guerre intestine di entrambi. I>opo
il Gamarra, fu sempre nel Chili, dove erano amorevol-
mente accolti e secondati nelle loro mire, che refugia-
ronsi costantemente tutti i malcontenti e rivoltosi così
del Perù come della Bolivia. Per non parlare che dei
casi più notevoli.... fu nel Chili dove si organizzò, colli
connivenza e prolezione del Governo chileno, e da. dove
partiranno 1872 la spedizione del Generale boliviano
Quevedo, che doveva portare e portò per la centesima
volta la trista face della rivoluzione nella Repubblica.
di Bolivia. »
Or bene ; giustamente allarmato il Governo di Bolivi j
dalla frequenza di spedizioni armate di rivoltosi boli-
viani, organizzate, come quella di Quevedo in pae>w
straniero, scriveva in data del 12 Settembre i S^r-» ì*
Ministro Plenipotenziario di Bolivia nel Perù^ Szécin Ì£
la Cru\ Benavente: « Considerando sommameràte ne-
cessario per la Bolivia, nelle sue relazioni a
altre Nazioni vicine, che si fissino le regole ^js,^ ^ r*r: -
Politica cìrììena verso la Bolivia i^S
cipii di neutralità, che come parte del dritto pubblico
americano debbono osservarsi reciprocamente fra loro
in casi analoghi alla spedizione fìlibustiera di Don Quin-
tin Quevedo, S. E. il Presidente della Repubblica auto-
rizza la Signoria Vostra a concludere col Governo del
Perù, in nome del Governo di Bolivia, una convenzione
nella quale si stabiliscano i principii e le regole che
dovranno determinare la condotta dei rispettivi Go-
verni in casi simili, quando il commercio, la sicurezza
generale e l'ordine pubblico di qualunque delle due
Nazioni si veggano minacciati da fazioni armate, senza
bandiera e senza qualità di belligeranti. »
Ma qualche giorno appena dopo aver trasmesse siffatte
istruzioni al proprio rappresentante in Lima, il Governo
di La Paz riceveva dall' altro suo Rappresentante nel
Chili una Nota molto inquietante sulla politica chilena
rispetto alla Bolivia. Fra le altre cose vi si diceva:
<c Nella spedizione del Paquete de los Vilos (ossia di
Quevedo) si scopre con evidenza T azione di tre diversi
moventi: l'ambizione volgare di un pretendente; l'in-
gordigia degli affaristi costituiti già in società anonima;
e r ambizione più spinta e pericolosa del Governo del
Chili, il quale, obbedendo ad antichi propositi d' impos-
sessarsi di Caracoles (parte importantissima del deserto
boliviano di Atacama) ha visto nella spedizione di Don
C^uintin Quevedo una propizia eventualità per raggiun-
gere presto o tardi tali suoi fini. »
Con ciò la questione delle spedizioni filibustiere dei
rivoltosi boliviani si complicava in tal modo, che più
non facevano al caso le istruzioni impartite al Ministro
IO. — Cai VANO» Guerra d'America - Parte II.
1^4 ^ Bolivia cerca YaUeanxa del Perii
Benavente in Lima: eravi ben altro di assai più grave
cui attendere, e si cercò di provvedervi a tempo.
L'Assemblea Nazionale di Bolivia dettò allora una
legge segreta, colla quale autorizzava il Governo a ne-
goziare col Perù un trattato di alleanza difensiva con-
tro chiunque attentasse alla integrità territoriale dei due
paesi, Stato o privato che esso fosse; ed il 3o Ottobre di
quel medesimo anno 1872, il Ministro degli Affari Esteri
di Bolivia scrìveva al Plenipotenziario boliviano in Lima,
signor Benavente: « Nonostante le scuse e le spiegazioni
della Cancelleria chilena, è un fatto che la spedizione
(quella di Quevedo) fu preparata in Valparaiso colla
protezione di capitali chileni.... ed oggi stesso si annun-
zia l'allestimento di un'altra spedizione filibustiera. Non
sarebbe strano quindi che il Chili dimenticasse ciò che
esso deve all'onore nazionale ed alla fede pubblica, ed il
rispetto che meritano i patti intemazionali. In tale even-
tualità, forse non molto lontana, l'alleata naturale della
Bolivia è la Repubblica del Perù, come sua cordiale
amica e sorella, legata con tanti vincoli di solidaneic:
Perciò è ordine di S. E. il Presidente della Repubblica
che la Signoria Vostra si affretti a provocare conferenze
confidenziali col signor Ministro degli Affari Elsteri, e<i
apra negoziati che abbiano per oggetto la conclusione d .
un patto di allean^^a difensiva tra il Perù e la Bolivia.,
per assicurare l'integrità territoriale delle due Nazioni .
ovvero gli accordi necessari! e definitivi per impedir.
ogni aggressione armata sulle nostre coste ed ogni oc-
cupazione di Potenza straniera, o di spedizioni vcn-
turiere armate in territorio straniero.... »
7/ Ter il accetta Vallearf^a della Bolivia jj/
Il Perù, tanto per dare alla Bolivia una nuova prova
della sua sincera e cordiale amicizia per essa, quanto
perchè era nei suoi proprii interessi si commerciali come
politici che la indipendenza e la integrità territoriale
della sua vicina non corressero mai alcun pericolo, ac-
colse favorevolmente, senza esitare un solo istante, le
proposte del Plenipotenziario boliviano: ed il trattato
d* alleanza sì ardentemente e con tanta buona ragione
desiderato dalla Bolivia, sarebbesi indubitatamente con-
chiuso e firmato prima ancora che spirasse Tanno 1872,
se un avvenimento straordinario e che poneva sempre
più allo scoperto le tristi condizioni di quel paese, non
lo avesse impedito; ossia l'assassinio del Presidente di
Bolivia, Generale Morales, accaduto nello stesso palazzo
presidenziale di La Paz la sera del 27 Novembre 1872.
II Governo del dottor Frias (che nella sua qualità
di presidente del Consiglio di Stato assunse transito-
riamente il comando della Repubblica) seguitò e con-
dusse a termine col Perù gì' intrapresi negoziati per
l'alleanza ; ed il Presidente Adolfo Ballivian, nipote e di-
scepolo di Frias, venuto al potere dopo cinque mesi di
governo di quest' ultimo, fu quegli che finalmente con-
cluse col Perù nel 1873, nei primi momenti della sua
breve amministrazione, il noto trattato d'alleanza che
i suoi Ministri, i medesimi del Governo di Frias, gli
fecero trovare già bello e preparato (i).
^i^ Frias e Ballivian appartenevano entrambi al noto partito
/Cosso o Conservatore ; circostanza che preghiamo il cortese lettore
a non dimenticare.
1^6 n partito Rosso
È questa la semplice e genuina storia dei prelimi-
nari e delle ragioni per cui nacque l' oramai famoso
trattato d' alleanza Perù-bcdiviana, di cui si è menalo
cosi ingiustamente tanto scalpore contro il Perù. E la
storia chiaramente racconta adunque che fu la Repub-
blica di Bolivia quella che sollecitò l'alleanza del Perù,
fino dal 1872 — ossia molto tempo innanzi che il Perù
pensasse al monopolio del salnitro dì Tarapacà — ed
in vista appunto delle gravi apprensioni, in cui tìn
d'allora la tenevano la smodata ambizione e la scorretta
condotta del Chili verso di essa.
Torniamo alla nostra narrazione.
Quando decretava il bando del Dott. Arce dal terri-
torio della Repubblica, il Governo, più che dal pensiero
d* infliggergli un meritato castigo, era animato dalla spe-
ranza che, divelto con lui dal paese il seme della discor-
dia e del malcontento, sarebbe anche cessata la inve-
reconda agitazione a favore della pace ad ogni costo,
ossia degr illeciti accordi col Chili: ma non fu così. Già
da un pezzo, uno dei due grandi partiti tradizionali della
Bolivia, il così detto partito rosso o conservatore, di
cui dianzi il dott. Arce era semplice gregario, ne aveva
segretamente sposata la causa con grande ardore per
arrivare con lui al potere: e l'agitazione interna del
paese, una volta caduto con Tesilio e colle pubblicai*
zioni di Arce il velo di cui essa ed i suoi autori si
ricoprivano, anziché diminuire, crebbe maggiormente.
11 Governo perciò, mentre s'adoprava a tu tt' uomo
per migliorare le condizioni generali della Repubblica,
aumentare l'esercito e mantenere il sempre pericolan::
Quesiti del Presidente alla Convenzione i$y
ordine intemo (i), sentiva più che mai il bisogno di
ralforzarsi col voto e coi provvedimenti che sarebbe per
adottare la Convenzione nazionale, a tal uofX) straor-
dinariamente convocata ; sicché quando questa inaugu-
rava nel giugno le sue sessioni, il Messaggio del Presi-
dente della Repubblica la invitava anzitutto a rispondere
ai seguenti quesiti: « i° Converrà che la Bolivia si man-
tenga sulla difensiva, come fu risoluto dalla Convenzione
Nazionale nelle sue sessioni dell'anno scorso, fino a ri-
durre il Governo del Chili a pretensioni eque e ragione-
voli? 2^ In caso di decidersi per la cessazione dello stato
di difesa, bisognerà intavolare i negoziati di pace con-
giuntamente col nostro alleato il Perù, o ciascuno se-
paratamente? 3^ Nella ipotesi che ciascuna delle due
Repubbliche debba negoziare la pace per suo proprio
conto, quali saranno le basi o condizioni della mede-
sima ? »
Con ciò la gran questione che da più mesi agitava
la Bolivia, per opera del così detto partito della pace
ad ogni costo^ ossia dell'antico partito rosso che si na-
(i) « Prefettura del Dipartimento di Chuquisaca.- Sacre, 27 mag-
gìo 1881. - Sig. Ministro dell' Interno. - Ieri alle io pom. si
sollevò una parte del battaglione Aliama N. I di linea, e venne
ai Cabiìdo collo scopo di impadronirsi della compagnia di Cela-
m
dores : ma non riusci nel suo intento, perchè il capitano di guardia
seppe compiere il proprio dovere.... Rimasero morti un tenente ed
un trombettiere.... La cittadinanza manifestò buon senso e si pose
da. parte dell'Autorità per sostenere l'ordine e l'onore nazionale.
Parecchi degli ammutinati furono fatti prigionieri : i capi principali
della sommossa fuggirono.... L. Guerra. >
1/5 Dichiaraxione del Presidente
scendeva sotto quel nome d'occasione, veniva nettamente
sottoposta alla sovrana ed inappellabile decisione della
G>nvenzione Nazionale.
Ma intanto che lasciava i legittimi rappresentanti
del paese nella piena libertà di risolvere P arduo pro-
blema come meglio loro talentasse, il Presidente Cam-
pero non trascurava però di indicare che tutto con-
sigliava la continuazione della guerra con costanza ed
energia degne di un popolo che sa rispettarsi ; e chiu-
deva il suo caldo e patriottico Messaggio colla seguente
dichiarazione : « Se ciò nonostante risolverete che cessi
lo stato attuale di guerra difensiva, e che si proceda
immediatamente a negoziati di pace sollecitati dalla
Bolivia, così sarà. Ma in tal caso io ed i miei colla-
boratori, pure essendo i primi a rispettare la vostra vo-
lontà sovrana, procedendo in coscienza, e dando per
terminata la nostra missione, poiché non potremmo
guidare la nave dello Stato in senso contrario alle no-
stre convinzioni, lasceremo i posti che attualmente oc-
cupiamo. » ^
E qui torna opportuno avvertire che sebbene nel
Messaggio presidenziale si parlasse unicamente di
guerra difensiva, uniformemente a quanto dalla stessa
Convenzione Nazionale era stato anteriormente di-
sposto, l'idea di mantenere la Bolivia in quello stato
di guerra puramente nominale, cui la condannarono
fino all'ultimo momento le male arti di antipatriottici
partiti, non entrava punto nelle viste del Governo; \\
quale, pieno sempre dei più nobili ed elevati senti-
menti, desiderava fermamente di far riprendere alb
La Canvenx^ione N. accetta la politica del Governo 1/9
Bolivia nella guerra il posto che i suoi interessi ed i
suoi doveri di alleata le indicavano, nel caso in cui il
Chili, persistendo nelle sue esorbitanti pretensioni, si
negasse definitivamente a venire coli' alleanza Perù-bo-
liviana ad un equo e ragionevole trattato di pace. Il
Ministro della guerra, senza punto far mistero di ciò,
dichiaravalo assai apertamente nella sua Relazione
alla Convenzione Nazionale. Fra altre cose diceva egli:
« Sufficientemente premuniti contro i pericoli di una
invasione, noi abbiamo incominciato ad accarezzare
r idea di prendere di nuovo l' offensiva : è già un mese
che ne feci proposta al Presidente, il quale l'accolse
favorevolmente. »
A tutto ciò la Convenzione Nazionale rispondeva
colla legge seguente: « 1° Mantengasi lo statojdi guerra.
2^ Dicasi al Potere Esecutivo che quando si presenti
il caso di iniziare proposizioni di pace, faccia uso delle
facoltà che gli accorda la Costituzione dello Stato; e
che si attenga alle prescrizioni del diritto internazio-
nale, tenendo presente il trattato di alleanza col Perù. »
(Legge del di 11 luglio 1881).
La Convenzione Nazionale, come si vede, accettava
pienamente la politica del Governo. Meglio ancora,
lasciava al Governo completa libertà di condurre in-
nanzi la guerra, ovvero di trattar la pace, quando e
come gli parrebbe più conveniente, dettando per que-
s t'ultimo caso, come unica condizione, quella di non
venir meno ai doveri che il dritto internazionale e
r alleanza col Perù imponevano aUa Bolivia; condizione
unica che, elevando a mandato legislativo l'onesto
jùo La Canvenxione N. tace suiresHio del D. %Arce
principio tanto strenuamente propugnato dal Presidente
della Repubblica, di mantenersi fedeli all'alleanza pe-
ruviana, importava la più completa condanna deIran-
tipatriottica e sleale politica patrocinata dal partito
pacista^ come per abbreviazione veniva volgarmente
chiamato quello della pace ad ogni costo.
A viemeglio dimostrare poi quanto essa riprovasse
le aspirazioni e la condotta di questo ambizioso par-
tito, la Convenzione Nazionale, seguendo il prudente
consiglio del Presidente della Repubblica, osservava il
più assoluto silenzio intorno alla proscrizione del primo
Vice-Presidente Dott. Arce; che, pel gran rumore che
dai suoi se ne menava, ben avrebbe meritato l'onore
in tutt' altra occasione, se non altro, di una accalorala
discussione parlamentare (r).
(i) € Parlerò di volo, Onorevoli Rappresentanti, di un atto del
Governo che ha causato grande sensazione in tutta la Repubblica:
ossia della proscrizione del S. Aniceto Arce.... È questo un ar^.-
mento assai grave, e forse converrebbe, pel decoro della Solrvtc e
del medesimo S, Arce^ non toccarne nelle discussioni parhunsniari ^
Chiamato il S. Arce nella sfera ufficiale, ed essendo le sue ide'
politiche diametralmente opposte alle aspirazioni della maggio-
ranza del popolo, era logico che rappresentasse un elemento con-
trario al Governo e che imbarazzasse, come ha ficitto, il comr.-
mento dei doveri della Bolivia e delle vostre deliberazionL Qces^.
deve manifestarvi, che trattandosi della costituzione dei pubbUc
poteri, bisogna fissarsi in uomini che professino la stessa poU*^
e che abbraccino la stessa causa: altrimenti, portando il Gover>
nel suo proprio seno il germe della anarchia, il comando supn:-'
della Repubblica verrebbe ad essere una triste illusione. In ver. ,
Onorevoli Signori, essendosi proclamata la continuazione de!
Timori di nuove rivoìuxioni i6i
Tutto questo nondimeno non bastò a rimuovere gli
avversarii del Governo dai loro antipatriottici propo-
siti; sicché la Convenzione Nazionale aveva chiuse
appena le sue sessioni, che già parlavasi nuovamente
di rivoluzione e di guerra civile. La prima scintilla,
come pubblicamente ne correva la voce e come con
ogni evidenza rivelavano non poche circostanze di
fatto, doveva partire dall'esercito; e le popolazioni,
pel timore di veder rinnovati i tanti eccessi cui la
sfrenata soldatesca si diede quasi sempre pel passato
in simili occasioni, vivevano paurose e sbigottite in uno
stato di grande e continua ansietà.
Ad un quadro per sé stesso così poco lusinghiero,
aggiungevasi che quel medesimo esercito che tanto
spavento infondeva nelle popolazioni per la tradizionale
sua indisciplina e propensione alla rivolta, era inoltre
per la sua quasi completa ignoranza dell'arte militare
moderna, poco o punto in condizioni da misurarsi in
campo aperto col già agguerrito esercito chileno.
guerra con voto unanime dei Rappresentanti del paese, non ho
mai pensato che sia legittimo ne patriottico che un partito abbia
la facoltà dì agire in senso contrario.... Frattanto non posso non
lamentare una dolorosa circostanza che è venuta ad aggravare la
nostra penosa situazione: la propaganda in favore della pace, in-
discretamente suscitata e con tanto affanno fomentata si in pub-
blico come in privato, sì verbalmente come per mezzo della cor-
rispondenza epistolare e della stampa, ci ha cagionato immenso
danno e dentro e fuori della Repubblica.... »
AUssaggio del Presidente della Repubblica alla Convenzione
N'azionale di Bolivia del i88i.
102 II Gn Compero assume il comando delF esercito
11 Governo comprese che bisognava ricorrere a prov-
vedimenti di natura eccezionale; che occorreva anzi-
tutto allontanare le truppe dai grandi centri di popo-
lazione, ove, continuamente circondate dagli ambiziosi
perturbatori dell'ordine e della coscienza pubblica,
erano senza posa eccitate alla ribellione, or con uno
or con altro pretesto insinuato sempre colle più insi-
diose lusinghe ; e che ciò solo non bastando, bisognava
infine riunirle tutte insieme in una medesima località,
sotto il comando di un Capo che al necessario prestì-
gio per potersi imporre ad esse senza grandi contrasti,
accoppiasse anche la capacità e l'energia tanto indi-
spensabili per attendere con efficacia alla loro istru-
zione e disciplina.
Ma air infuori dello stesso Presidente della Repub-
blica — il solo che potesse andar sicuro di non destare
gelosie e rivalità fra i diversi Comandanti di corpi e
tutto il resto della numerosa Ufficialità — mancava
in quel momento la persona che riunisse tutti i requi-
siti voluti pel delicato e difficile incarico di Comandante
in capo dell'esercito; ed il Generale Camperò si decise
ad assumere egli medesimo siffatto comando, sebbene
ciò, oltre il peso di nuove fatiche, portassegli seco, in
obbedienza ai dettati della Carta fondamentale dello
Stato, la necessità, a lui per altro non sgradevole, di
spogliarsi provvisoriamente delle sue funzioni di Pre-
sidente della Repubblica.
A facilitare questa lodevolissima risoluzione del Ge-
neral Camperò, concorreva però la favorevole circt-
stanza che nell'assenza del i° Vice-Presidente, tuttavia
Motivi del concenframento del? esercito i6)
in esilio, le funzioni presidenziali ricadevano di diritto
nella f)ersona del 2° Vice-Presidente, Belisario Salinas,
la cui lealtà ed il cui specchiato patriottismo non
erano punto da porsi in dubbio : sicché si poteva esser
sicuri che avrebbe proceduto sempre di pieno accordo
col detto Camperò, e che l'indirizzo politico del Go-
verno non avrebbe avuto a sofiFrire la benché lieve
alterazione.
A consigliare il con centramento dell* esercito sotto
il comando del Presidènte Camperò, concorrevano an-
che due altri importantissimi motivi. Primo, il bisogno
di provare coi fatti, si al nemico come alPalleato, onde
imporre rispetto al primo ed incoraggiare il secondo,
che la Bolivia era veramente decìsa a continuare atti-
vamente la guerra, e che in realtà aveva i mezzi per
farlo: i quali fini, a vero dire, furono pel momento in
gran parte raggiunti (i). Secondo, l'accordo preso da
Camperò coli' infaticabile Capo politico e Militare del
Sud del Perìi^ Pedro A. del Solar, f)er operare un mo-
vimento offensivo simultaneo su Tacna e su Tarapacà,
colle forze riunite della Bolivia e del Perù; movimento
(i) In quei momenti, Ottobre e principii di Novembre 1881,
visitavamo noi ì campi di battaglia dell' -*4//^ dell' Alleanza, di Ta-
rapacà e di San Ffancisco o Dolores^ e potemmo apprezzare da
noi medesimi la grande importanza che su tutta la contrada, da
Tacna ad Iquique, si attribuiva al fatto di trovarsi il Generale
Camperò alla testa dell'esercito boliviano, si dai peruviani come
dai chileni. Le speranze degli uni e le apprensioni degli altri ave-
vano preso in nn istante, che per altro fu di assai corta durata,
proporzioni affatto incredibili.
104 L'esercito è ridotto e disciplinato in Oruro
che circostanze sopraggiunte posteriormente e sulle
quali non ]x>ssiamo fermarci per ora, resero dipoi im-
possibile.
L' esercito fu quindi sollecitamente concentrato nella
posizione eminentemente strategica di Oruro, per la sua
equidistanza dalle più popolose città della Repubblica
e dai confini di questa oltre i quali accampava Peser-
cito chileno; ossia nel punto più adatto per poter in-
vigilare contemporaneamente e i bisogni interni del
paese, in caso di rivoluzione, e quelli non meno ur-
genti della' difesa dello Stato contro una possibile e
sempre minacciata invasione nemica; ed il 29 settem-
bre il Presidente Camperò, chiamato il Vice-Presidente
Salinas a reggere in sua vece le redini dello Stato, par-
tiva nella semplice qualità di Capitano Generale della
Repubblica a prendere il comando delle trup|>e in Oruro;
ove la sua presenza, effettivamente, diede grandi e po-
sitivi risultati.
Nei primi momenti ed a breve distanza 1* uno dal-
l'altro, si ebbero ancora due nuovi tentativi di ribel-
lione, in due diversi battaglioni precedentemente pre-
parati a ciò. Ma soffocati a tempo, e debitamente ca-
stigati i maggiori colpevoli — tra quelli che si misero
in luce, ben s'intende — l'ordine interno rimase dti-
nitivamente assicurato, e più non si tornò a parlare di
pronunciamientoSy ossia di sommosse di quartiere.
D'altra parte, grazie sempre alla intelligente attiviti
spiegata dal Generale Camperò, l'esercito raccolto in
Oruro e che contava circa ottomila uomini perfetta-
mente armati ed equipaggiati, raggiungeva anche i"
tAngustie finanziarie i6f
brevissimo tempo un grado d'istruzione e disciplina
dei più socidisfacenti, da far sperare assai bene di sé
quando arriverebbe il momento della prova.
Ma Tallestimento di cosiffatto esercito — che era forse
destinato, unitamente a quello che stavasi formando
nel Perù, a modificare sostanzialmente le sorti della
guerra — fu un vero sforzo per le scarse finanze della
Repubblica: le quali, a prescindere dalla intrinseca loro
povertà e dalle rilevanti spese straordinarie effettuate
per V acquisto dell' armamento, venivano inoltre sensi-
bilmente assottigliate di giorno in giorno dal malvolere
dì una parte della popolazione, che, obbediente alla
trista propaganda dei pacÌ5U\ o partigiani della pace
ad ogni costo, avversava con ogni mezzo la riscos-
sione delle pur troppo misere rendite fiscali. Oltre alla
sospensione del servizio ordinario della Repubblica per
tutto ciò che non fosse di stretta urgenza, eransi do-
vuti finanche ridurre di circa un terzo i soldi degl'im-
piegati civili; e nondimeno, trascorso appena qualche
mese, neppur ciò bastava più.
Nel dicembre 1881 le angustie dell'erario erano tali
che mancava persino il danaro per il mantenimento
giornaliero delle truppe: sicché divenne della maggiore
urgenza il licenziare oltre la metà dei soldati — ciò che
per altro fu fatto in modo da poterli richiamare sol-
lecitamente sotto le armi, quando se ne sentisse il bi-
sogno — riducendo momentaneamente l'esercito a soli
tremila uomini.
vili
Sommario
n DotL M. Baptista è nominato Ministro Plenipotenziario al Con-
gresso Americano indetto in Panama. - Il Generale Camperò
lo incarica di esplorare, nel suo transito per Tacna e Lima,
le idee degli uomini politici del Perù e del Chili. - Sue con-
ferenze in Tacna con l'Agente chileno Lillo. — Negozia inde-
bitamente con :esso un patto di tregua. - Nota informativa di-
retta al Generale Camperò ed al Governo. - Esame di quel
patto di tregua, conforme alle aspirazioni del partito rosso e
del Chili. - Antica aspirazione boliviana di possedere il Di-
partimento peruviano di Tacna. — Ingannevoli ed illusorie pro-
messe degli Agenti chileni. - La popolazione di Tacna non
avrebbe preferito la Bolivia al Perù. - Il Generale Camperò
ed il Governo boliviano disapprovano e respingono quel patto
di tregua. — Il Plenipotenziario del Perù provoca dalla Bolivia
una dichiarazione di fedeltà all' alleanza. - La Bolivia inizia
pratiche diplomatiche col Perù per devenire insieme ad un
trattato di tregua col Chili. - Ultimo tentativo di Baptista. -
Fermezza e lealtà del Generale Camperò.
i6S II V. Baptista ed il Gen. Camperò
ATo appena il perìcolo della ri-
me, e mentre appunto la que-
fìnanziaria si presentava nella
più grave che mai , tanto da
! necessaria ed urgente la ridu-
zione dell'esercito, come dicemmo nel capitolo prece-
dente , altri avvenimenti si preparavano , di natura
strettamente politica, non meno gravi ed importanti.
Sul finire del novembre 1881, il Dottor Mariano
Baptista — uno degli uomini politici più popolari della
Bolivia pel bagliore della sua facondia parlamentare —
nominato Ministro Plenipotenziario ad hoc per rappre-
sentare il proprio paese al Congresso Americano in-
detto in Panama dal Governo della Colombia, si recava
espressamente in Oruro, prima di muovere per la sua
destinazione, affine dì prendere commiato dal Gene-
rale Camperò.
Niente obbligava il Don. Baptista a sifiana visita Ji
congedo, né perciò alla fatica di un viaggio fino ad
Oruro con quest'unico scopo ; giacche il Generale Cam-
pero, lasciate temporaneamente le redini dello Stato
nelle mani del Vice-Presidente Salìnas, disimpegnava
in quel momento le funzioni di semplice Capitano Ge-
nerale, ossia di comandante in capo dell'esercito.
Era un atto di cortesia, che. esteriormente c<Miside-
rato, non poteva non rafforzare ì vincoli di personale
amicizia già esistenti fra i due uomini di Stato; ed il
Generale Camperò, conversando con esso delle cow
della guerra, allora tema obbligato di tutte !e conver-
sazioni fra gli uomini politici, disse, nella espansione
Conversamo ddk cose idhi Guerra 169
della sua franca e leale confidenza, che poteva egli, il
Baptista, approfittare del suo occasionale passaggio per
Tacna e per Lima, nel trasferirsi a Panama, per pren-
dere una cognizione esatta del vero stato degli animi
e delle cose, cosi degli amici come dei nemici, si dei
peruviani come dei chileni, per scoprire a che e fin
dove essi veramente mirassero rapporto alla Bolivia.
Il Dott. Baptista — la cui visita, apparentemente di
pura cortesia^ nascondeva forse dei secondi fini, come
tutto indurrebbe a credere — colse la paUa al balzo; e
destramente allargando e commentando le poche pa-
role sfuggite al Generale Camperò, fece sì che quel
pensiero da lui espresso andasse gradatamente pren-
dendo, con gli artifici del suo facile eloquio, forme
sempre più pratiche e più positive.
Si cominciò col ravvisare che egli, il Dott. Baptista,
avrebbe potuto raggiungere assai più facilmente lo
scopo che si desiderava, se avesse potuto presentarsi
agli uomini politici del Perù e del Chili nei quali era
per imbattersi, con una qualità speciale che lo auto-
rizzasse espressamente a mettersi in rapporto con loro;
e si fini per convenire che la sua opera, in sì oppor-
tuna e favorevole occasione, poteva riuscire di una
utilità anche maggiore pel paese, se il General Cam-
pero lo avesse incaricato addirittura di una missione
confidenziale diretta a stabilire uno scambio di vedute
fra le tre Repubbliche belligeranti, e possibilmente,
senza prendere alcun impegno positivo, a preparare il
terreno per futuri negoziati diplomatici intorno alla
pace.
II. C41VÀX0, Guerra i'Amtrica • Parte II.
lyo Credenziali date ai DotL 'Baptista
Il Dott. Baptista riceveva quindi dal Generale Cam-
pero due credenziali identiche, una per i cbilenì, e
r altra per i peruviani, del tenore seguente:
« Mariano Baptista, come mio amico personale e
come uomo pubblico del mio paese, ha tutta la mia
fìducia, e si trova in condizioni d'interpretare esatta-
mente la portata e la sincerità dei miei sentimenti e
dei miei propositi nell'attuale politica estera che ha
svolto la guerra del Pacifico. Lo incarico di una mis-
sione di fiducia, pel momento privata, perchè la credo
più efficace, per preparare, discutere e combinare alcuni
punti generali di accordo e di conciliazione che/jcf-
littno negoziati posteriori di carattere ufficiale e deci-
sivo. Prego le Autorità e gli uomini pubblici del Perù
(nell'altra identica credenziale alle parole del Perù
erano sostituite quelle : del Chili) a cui avesse bisogao
di presentarsi, gli prestino la meritata fiducia che lorc
domando nei termini di questa lettera credenziale, ck
firmo in questa Città di Oruro il 27 di novembre 188:
Narciso Camperò. »
Il Dott. Baptista, presidente dell'ultima Convenzione
Nazionale che aveva sì solennemente ordinato di n-
spetlare i doveri dell'alleanza col Perù, caldo e fervent:
patriota come erasi addimostrato fin dai principio delli
guerra, non jxjteva destare alcun sospetto neiranim:
franco e leale del Generale Camperò, il quale crei,
vaio intimamente animato dai medesimi suoi sentimen:'.
E poiché il disegno della proposta missione era oper
quasi esclusiva del Baptista, il Generale Camperò ere-
bene commettere a lui medesimo il delicato compi'
Istruzioni segrete lyi
di redigere le isirw[ioni segrete cui doveva attenersi
nel disimpegno di quella (i).
Dette istruzioni dicevano: « i^ Esplorare in missione
confidenziale, per quanto sia possibile, i propositi finali
dei governanti del Chili e del Perù. — 2° Ispirar fidu-
cia a quei del Però, senza dimenticare a questo scopo
la dichiarazione generale che la Bolivia, per effetto della
conquista chilena, non prenderà nessuna parte del ter-
ritorio peruviano. — 3° Lasciar comprendere al chileno
che vedremmo senza disgusto l'annessione libera, per
volontà dei loro abitanti, del Dipartimento di Tacna.
— 40 Prestarsi alla indennità, sotto la garantia effet-
tiva di pagamento. — 5° Modificare l'occupazione ter-
ritoriale del Chili (quella del territorio boliviano di
Atacama) in un senso legittimo, che consisterebbe nella
cessione del territorio con stima di valore, il cui prezzo
risponderebbe in una quota parte alla indennità ed in
altra alle obbligazioni pecuniarie che potrebbe vantare
contro di noi il Perù, riservando il resto per fini di
utilità nazionale. Franchigie fiscali e doganali di na-
tura eccezionale dovrebbero cercarsi in tutto il terri-
torio ceduto. — 6° In ogni combinazione, trattare di
conservarci un territorio utile sul Pacifico, e preferi-
b>ilmente la baia di Mejillones (nell'Atacama). Oruro,
^7 novembre 1881. — Narciso Camperò. »
(i) « Oruro, 6 marzo 18S2. - Al signor P. Zilveti (Ministro degli
affari Esteri). La Paz. -La S. V, deve avere presso di sé una copia
c3el foglio di osservazioni che diressi al Dott. Baptista come comple-
xnento delle sue isirwnoni segrete che furono redatte da lui medesimo,
^d il cui originale e scritto tutto di sua mano,,,, N. Camperò. »
j'ji Era una missione privata
CcMne dianzi esponemmo, e come nettamente risul-
tava dal tenore delle credenziali date al Dott. Baptista,
non era nelle intenzioni del Generale Camperò di au-
torizzarlo a negoziare alcun trattato speciale, ne col
Chili né col Perù; ne, volendolo, avrebbe potuto^ non
esercitando egli in quel momento le funzioni di Pre-
sidente della Repubblica, e quindi di capo del Governo
dello Stato. Trattavasi invece di una missione essen-
zialmente accidentale di esame, di studio, di inquisi-
zione, coir aggiunta di un tentativo di scambio di
vedute generali atte a spianare il terreno a possibili
e futuri negoziati di pace; di una missione sin generis^
in fine, di carattere assolutamente privato ed ufficioso,
che non doveva e non poteva contrarre nessun impe-
gno positivo a nome del paese; ed il General Camperò,
a viemeglio chiarire questo punto essenzialissimo rima-
sto forse un po'oscuro nelle istruzioni segrete, rimetteva
al Dott. Baptista le succitate credenziali ed il relativo
foglio d'istruzioni, con una lettera cosi concepita:
« Al Signor Dott. Mariano Baptista. — Signore ed
amico. — Rimetto alla S. V. le lettere credenziali in
doppio originale (pel Chili e pel Perù) ed un riassunto
delle istruzioni private: documenti confidenziali che
non hanno altro valore, oltre quello AtìYauiorità mo-
rale da cui procedono, e che, anche impiegati^ solo
servirebbero a preparare con efficacia ed a facilitare
praticamente accordi diplomatici posteriori. Il N. i*'
delle istruzioni colma un vuoto del nostro lavorìo di-
plomatico: ci manca fino a questo momento la esplo-
razione effettiva delle incertezze e dei propositi degli
// *D. Baptisia intavola nef^oxiati diplomatici ij^
amici e degli avversari!. Il 2^ comincia a tenere in
conto i risultati che potrebbe dare questa esplorazione....
Però il nostro scopo si ridurrebbe solamente a trac-
ciare un preliminare definito e moralmente accettato.
Mi sono sforzato di tradurre in questi semplici e pre-
cisi termini le idee e le previsioni della S. V. che
hanno incoraggiate, svolte ed accentuate le poche insi-
nuazioni che io mi permisi dirigerle, Oruro, 27 no-
vembre 1881. — Suo.... N. Camperò. »
Ma, come i &tti dimostrarono ampiamente dipoi, il
I>ott. Baptista — fino allora segreto affiliato di quei fa-
moso partito boliviano, che col pretesto di voler la
pace ad ogni costo, voleva ad ogni costo intendersela
col Chili a danno dello sventurato alleato del proprio
paese — era guidato da fini e propositi di gran lunga
diversi da quelli del Generale Camperò; e tutto induce
a credere che, direttamente o no, egli fosse già in se-
greti rapporti colla Cancelleria chilena, prima di la-
sciare la Bolivia.
Arrivato a Tacna, egli più non si curò di recarsi
al Congresso Americano in Panama, vero ed unico
scopo ufficiale del suo viaggio, tuttoché fosse già in
ritardo e si sapesse che, per difetto di numero, detto
Congresso non aveva potuto riunirsi il 1° dicembre,
come avrebbe dovuto. Piantò colà le sue tende; e
dando alla missione ufficiosa affidatagli dal Generale
Camperò, scopo e carattere assai diversi da quelli che
aveva, si occupò insieme a uno dei più notevoli e sa-
gaci uomini politici del Chili — Eusebio Lillo — di
positivi, immediati e gravissimi negoziati diplomatici.
IJ4 Probàbile accordo coJT agente chilmo
L'Agente chileno, Lillo, che altre volte aveva soste-
nuto r ufficio di Capo Politico di Tacna — ove forse
era tenuto espressamente dal suo Governo per sorve-
gliare da vicino e mettere il suo zampino nella poli-
tica estera ed intema della Bolivia — e che ritornava
allora a riprenderlo novellamente, affrettò la sua par-
tenza dal Chili perchè, sapendo che il DotL Baptista
doveva passare per Tacna, desiderava abboccarsi con
/i«(i); desiderio che rispondeva ad uno scopo ben de-
terminato, poiché arrivava a Tacna confìdenzialmente
autorizzato dal Presidente della Repubblica chilena.
Santa Maria, a negoziare un trattato della più alta iio-
portanza fra il Chili e la Bolivia.
E qui occorre anzitutto ricordare che il Dott. Baptista,
com'era pubblico e notorio, recavasi a Panama, dove
avrebbe dovuto fermarsi per più mesi, colla missione
speciale dì prender parte al Congresso Americano; e
che senza il mandato ufficioso e segreto conferitogli dal
Generale Camperò, quasi per mera casualità, alla vi-
gilia della sua partenza, egli non si sarebbe trovato io
verun modo autorizzato ad immischiarsi in negoziaci
diplomatici relativi alla guerra od in qualsiasi altro af-
fare fra il Chili e la Bolivia. Da ciò nasce legittimamente
che ne il signor Lillo si sarebbe affrettato a recarsi i
Tacna per abboccarsi col Dott. Baptista, né il Presidente
Santa Maria si sarebbe determinato a provvederlo di
poteri confidenziali per intavolare e concludere con IJ
(i) Parole dello stesso Dott Baptista, come presto vedr:
lettore.
rr Crz2 — »iL-r.=r:x arar: -ì i.s.'C^ia
negoziati »iipl:cii:id i^ì rtl nji-rirrx se il GcT^rrv
chileno non K»se sta:; rr^cy.Vrj£:r>£crg inferrar.^ «àà-
r incarico, o mì^sìcoe segreta cbe »> ad un certo runro
autorizzava il detto Bartista a tranare cii 3e*r?^ti di-
plomatici fra la BcI:TÌa ed i! f>--v
Resta quindi a sapcrsL ciò che il k^^itore in^vì-
nera da se. coinè fiace il Governo del Chili a sarere
* con tanta celerità che il Dott. Bapiista, oltre la sua
missione ufficiale, pubblica e notoria, pel Congresso
Americano di Panama, ne aveva anche un'altra, uffi-
ciosa e segreta, affidatagli nella ultima ora dal Gene-
rale Camperò.
D'altra parte, per quanto sia vero che il Chili ccr^
casse ardentemente di attrarre la Bolivia nelle sue reti,
mediante la lusinga di fallaci speranze, ciò non auto-
rizzerebbe affatto a supporre che si gittasse esso alla
ventura incontro al primo uomo politico boliviano che
gli capitasse, per parlargli dei suoi desideri! e dei suoi
progetti. La diplomazia chilena, seria e sagace, cui sor-
rideva tanta fortuna, tutti i cui passi erano il frutto
di mature riflessioni, e che aveva salde ramificazioni
nella Bolivia, sapeva assai bene quali erano gli uomini
politici boliviani sui quali poteva contare, e quali no:
e se essa si affrettò tanto ad andare incontro al Dot-
tor Baptista, ciò vuol dire che sapeva appieno con chi
aveva da fare, e quanto da lui poteva sperare.
Il Dott. Baptista conchiuse adunque sollecitamente
coll'Agente chileno un patto, così detto, di tregua iti'
definita fra il Chili e la Bolivia, sotto ogni aspetto ro-
vinosissimo per quest'ultima; patto, tutta la cui im-
l'j^ Patto di tregua indefinita
portanza, insieme alle aspirazioni dei Dott. Baptista ed
alle lusinghe delle quali era pasciuto dall'accorto Agiate
chileno, apprenderemo assai meglio dalla Nota che egli
dirigeva contemporaneamente, in doppio originale, al
Generale Camperò ed al Governo. E un documento al-
quanto lungo, la cui lettura risparmieremmo volentieri
al cortese lettore e che nondimeno non possiamo dispen-
sarci dal riprodurre nelle sue parti più essenziali:
« Tacna, 12 gennaio 1882. -Al S. Vice-Presidenic
D. Belisario Salinas, La Paz. -Signor Presidente.... Il ChiU
pensa arrivare alla soluzione senza alcun riguardo pel
Perù. Sembra che in questo momento gli convenga, e vi
insiste risolutamente, di non porre tempo in me^^o fra
la sua pressione armata ed il ristabilimento definitivo
della pace col nostro alleato,... Conosciuti da me questi
precedenti, hanno avuto luogo le mie due conferenze col
S. Lillo; il quale, sapendo che io doveva passare per
Tacnay affrettò la sua partenza dal Chili e mi fece sa-
pere il suo desiderio di conferire con me. Amico intimo
del Presidente Santa Maria, e pienamente informato dei
suoi propositi, parla, per ora, confidenzialmente autoriz-
zato.... Le nostre condizioni generali di pace sono fissale
(da chi e con chi?); però l'opinione del nostro paese non
risponde ancora alla realtà delle cose. Mi è sembrato
utile adunque, prima del definitivo, un periodo prepara-
torio.... Conseguentemente, io ed il S. Lillo abbiamo fis-
sato di comune accordo i punti seguenti:
tt ] ° Patto di tregua indefinita, denunciabiie un anno
priqja di riprender le ostilità. — 2® Statù quo, frattanto,
nella posizione militare rispettiva. — 3° Relazioni com-
Nota dei D, "Baptista ly-j
merciali ristabilite senza limiti. — 4° Nelle dogane che
attualmente occupa il Chili, pagherà la Bolivia la metà
dei diritti che si percepiscono attualmente. — 5*^ Saranno
liberi da ogni gravame i prodotti boliviani che si espor-
tano, nonché i prodotti chileni che^'imj)ortano.
« Desidera l'Agente chileno che questa convenzione
sia conclusa qui. 11 S. Lillo domanda i relativi poteri
al suo Governo, e mi ha impegnato che io li solleciti
dal mio.
« Vi è in tutto questo un punto di disaccordo che
ho cominciato a combattere. 11 Governo del Chili non
vuol concedere al Perù i medesimi mezzi di concilia-
zione. A suo modo di vedere, solamente la Bolivia esiste
come Governo, come unità e come istituzione. Mantiene
la sua posizione di belligerante serio (?), se non per l'at-
tacco, in causa della mancanza di elementi sufficienti,
per la sua difesa interna almeno; ed è logico intendersi
con essa. Il Perù manca di rappresentanza^ e non esiste
più come unità nazionale. Prescinda adunque la Bolivia
dal suo alleato, e pensi un poco ai suoi proprii inte-
ressi, senza legarsi più a lungo alle diverse forme di
dissoluzione che riveste il suo vicino.
a Dal mio canto, io ho sempre creduto che il Perù
cercò colla sua diplomazia i suoi proprii fini di predo-
minio ; perchè il trattato d' alleanza fu nelle sue mani
un' arma di guerra ; perchè la Legazione La-Torre
fu incaricata unicamente di lanciarci contro il Chili;
perchè....
« Ho giudicato inoltre che V alleanza si era rotta di
fatto e di dritto in battaglia decisiva. Terminò in Tacna,
jjS Nota dei D. Baptista
non essendo Chorrillos e Miraflores, altro che la ste-
rile e sanguinosa conferma dello scioglimento di quel
contratto....
« Nonostante queste opinioni personali, definite, com-
prendo esser prudente di tenere in conto la nobile preoc-
cupazione del nostro paese, e diminuire per quanto sia
possibile la responsabilità del Governo. A questo pro-
posito si riferiscono le considerazioni seguenti : Fino a
questo momento abbiamo operato sotto la consegna pe-
ruviana. La nostra alleanza ha avuto questo di obbli-
gato e di strano, che non abbiamo indicato mai alcuna
misura, né iniziata una qualunque opinione : ricordiamo
ancora con disgusto che rimasero senza risfx^sta le do-
mande di combinazione mutua fatte dal nostro Presi-
dente al Dittatore in Lima(i). Tutti gli ordini lì ab-
biamo ricevuti di là, invece, non esclusi quelli che
riguardavano operazioni di guerra (eccetto però la fa-
mosa ritirata di CamaronesI), E giunto il momento
in cui la Bolivia manifesti una volta la sua opinione
propria, ed inizii un' azione deliberata e risoluta dalla
sua parte. Dica al Perù che conviene T armistizio: gli
dichiari che ha disposto di concluderlo, e lo inviti a
prendervi parte. Se il Perù respinge la proposta, ri-
mane assicurata la nostra libertà di azione. Se invece
(i) Non furono domande dì comòinasioru muit4a per opcruzìoni
di guerra, come forse si potrebbe credere; perchè la Bolivia non
aveva allora, immediatamente dopo la disfatta di Tacna, ne arra,
né soldati, per potersi prestare ad una qualsiasi combinazione «li
guerra; furono invece domande di soccorsi pecuniari! e di arma-
mento che il Perù non poteva esaudire. Vedi Gap. prcc.
Nota del D. "BapHsta 179
havvi chi T accetti con autorità effettiva, sufficiente,
bisogna fissare come* ci condurremo per definire il
patto.
« Il Chili non si presterà a farlo congiuntamente;
non può prestarsi a concedere identiche condizioni pel
modus vivendi all'uno ed all'altro. Ciò dipende dalla
natura stessa delle cose e delle situazioni. Il Chili si
riserverebbe la sua libertà d'azione, per ammettere o
no il Perù nell'armistizio. È possibile ottenere che si
presti a ciò; però persisterà probabilmente in volerlo
concludere separatamente. Sarebbe conveniente che il
nostro Governo si dirigesse subito all'Autorità perù-
viana col suggerimento dell'armistizio, se pur non
credesse più sagace e più diplomatico mandare il suo
Ministro, per muovere l'alleato in quel senso.
« Se il Governo ritiene, come penso io, che è pas-
sato il tempo delle trepidazioni, e che conviene al paese
prendersi un termine per concluder la pace, mediante
un armistizio che s'impone con certi vantaggi^ può e
deve concludersi il negoziato sens^a che facciano im-
pedimento i passi di leale procedimento che debbono
darsi nel Perù, »
Come chiaramente appare da questa lunga e molto
studiata Nota del Dolt. Baptista, era condizione princi-
pale ed essenzialissima dei negoziati corsi fra lui e
r Agente chileno, che il Perù non sarebbe in nessun
caso ammesso a partecipare del beneficio della tregua
da essi pattuita tra il Chili e la Bolivia. Il Perù che
nei cinque articoli del surriferito patto non era nem-
meno nominato, doveva rimanere abbandonato alla
i8o Segreto intento di abbandonare il Perii
propria sorte o, meglio, alla mercè e discrezione del
Chili
Guidato unicamente dal pensiero di non urtare
troppo di fronte il sentimento pubblico della popola-
zione boliviana, da lui chiamato nobile preoccupajione,
che voleva mantenersi fedele all'alleanza peruviana,
il Dott. Baptista comprendeva che la prudenza coman-
dava di non dimenticarsi completamente del Perù; e
che perciò era necessario notificargli in termini peren-
torii che la Bolivia aveva disposto di venire ad un ar-
mistizio, e che lo invitava a prendervi parte.
Ma senza risparmiargli ingiurie ne false accuse, eg)i
gira e martella intorno alla sua idea unica di accu-
mulare pretesti sopra pretesti a persuadere il proprio
Governo ad andare innanzi senza curarsi dell* alleato:
idea unica che salta fuori quasi ad ogni linea del suo
scritto. Il quale, incominciando col premettere che il
Chili insisteva risolutamente nel pensiero di non pont
tempo in mezzo, fra la sua pressione armata ed il ri-
stabilimento definitivo della pace col Perù — ciò che
rendeva impossibile ogni qualsiasi patto di tregua con
quest'ultimo — finiva poi consigliando che la tregua
da lui negoziata coIP Agente chileno, poteva e doveva
concludersi senza lasciarsi arrestare, ed indipendente-
mente dai passi di leale procedimento che dovevano
darsi nel Perù, per invitarlo (a fatto compiuto) a trat-
tare anch'esso un armistizio col Chili, se e come
avrebbe potuto.
Prima conseguenza adunque del negoziato Lillo-Bap-
tista doveva essere la rottura di fatto dell'alleanza
Esame del patto di tregua UBo-Baptista iSi
Perù-boli viana; cosa che rivestiva per parte della Bo*
livìa tutti i caratteri del più odioso tradimento verso
il suo generoso e sventurato alleato, che aveva lot-
tato strenuamente per essa, quasi solo, durante tre
anni consecutivi, e che essa, intendendosi nell'ora su-
prema col nemico comune, abbandonava, lacero e san-
guinante, all'odio ed alla vendetta di quello.
Nondimeno questo scandaloso patto di tregua che
doveva gittare tant' onta e tanta vergogna sulla Bolivia
ove fosse arrivato ad effisttuarsi, anziché tornare di
qualche utilità ad essa, ne avrebbe grandemente e per
molte ragioni peggiorate le sorti.
Anzitutto, considerato semplicemente dal lato della
sospensione delle ostilità, era del tutto inutile e su-
perfluo; perchè di fatto erano già venti mesi, ossia
fino dalla sconfitta di Tacna, che la Bolivia non pren-
deva più alcuna parte alla guerra ; la quale perciò era
rimasta completamente sospesa per essa, senza che il
Chili avesse mai compiuto o accennasse veramente a
compiere in un' epoca più o meno prossima, nuovi atti
di ostilità che la costringessero suo malgrado a ripren-
dere le armi.
La sola ostilità che la Bolivia avesse a temere, ossia
la tanto minacciata invasione del suo territorio, era
pressoché impossibile in quei momenti. Ck)me altrove
esponemmo, finché l'esercito peruviano durava a te-
nersi forte in Arequipa, il Chili non poteva decidersi
a portar la guerra nella Bolivia, ossia a cercare nuovi
campi di battaglia nelle lontane e sotto ogni rapporto
difficili regioni andine, senza esporsi a pericoli che
i82 Sconveniente e dannoso alia Bolivia
forse avrebbero potuto compromettere in un solo istante
tutti i grandi vantaggi da esso riportati contro il Perù,
durante tre lunghi anni di lotta sempre felice. Nel
gennaio 1882, questo non era più un segreto per nes-
suno; sicché fra il Chili e la Bolivia esisteva una
tregua di fatto, più o meno volontaria per quest'ul-
tima, e strettamente vincolata pel primo al fatto pre-
vio della espugnazione di Arequipa : impresa non molto
agevole, ed alla quale esso non seppe mai risolversi
fino a che non vennero a favorirlo, dopo altri 22 mesi
ancora, circostanze del tutto eccezionali e straordina-
rie di cui a suo tempo diremo.
Sufficientemente garentita adunque da una tregua
di fatto che il Chili per proprio interesse non poteva
rompere, se non dopo aver riportata una nuova e
difficile vittoria sull' esercito peruviano ricostituitosi in
Arequipa, la Bolivia non aveva alcun bisogno di ne-
goziare col Chili una tregua, una sospensione di osti-
lità di cui già godeva da circa due anni, e che era
tutta a suo favore; poiché senza gravarla del dovere
di reciprocità, proprio di una tregua stabilita per trat-
tato, la lasciava pienamente libera e padrona delle sue
azioni: ciò che le permetteva di approfittare a sue
beir agio, volendo, di tutte le circostanze favorevoli che
da un istante all'altro potevano sorgere, per riprendere
da sua parte lofFensiva ed equilibrare vantaggiosamente
per essa e pel Perù le sorti generali della guerra.
Né migliori erano d' altra parte i risultati del patto
Lillo-Baptista, se lo si considerava, qual era in realtà,
come un preliminare di pace.
Vantaggioso ai Chili 18)
U articolo 2° di detto patto, che stabiliva il mante-
nimento dello statu quo nella posizione militare rispet-
tiva dei due Stati, mentre incarcerava la Bolivia fra
le difese naturali delle sue montagne, ove nessuno
veramente aveva l'intenzione di andarla a molestare,
conservava integralmente al Chili il possesso del de-
serto di Atacama occupato al principio della guerra;
ossia di tutta quella parte del territorio boliviano che
il Chili voleva far suo per forza di conquista, masche-
rata sotto il titolo di indennità di guerra. E non la
più piccola clausola, non una semplice frase o parola
diceva o giustificava la speranza almeno che il Chili
restituirebbe più tardi tutto o parte di detto territorio
alla Bolivia.
Gli articoli susseguenti, nei quali insieme al rista-
bilimento delle più illimitate ed amichevoli relazioni
commerciali, si fissavano anche i diritti doganali che
le merci destinate alla Bolivia dovevano pagare al Chili
nel loro transito per detto territorio, virtualmente bo-
liviano tuttavia, venivano invece a dire tutto il con-
trario. Queste disposizioni, per loro natura affatto estra-
nee ad un semplice patto di tregua, davano ai negoziati
Lillo-Baptista il carattere di veri e positivi preliminari
di pace; e stabilivano già un precedente ben determinato
per la definitiva cessione al Chili del citato territorio di
Atacama.
Tutti i vantaggi adunque erano pel Chili; e per ben
altre ragioni ancora, oltre quelle già esaminate.
Ciò che più premeva al Chili era la rottura dell' al-
leanza Perù-boliviana, pei fini che già conosciamo, e
184 Mediazione Nord-Americana
di poter presentare innanzi al mondo un accordo qua-
lunque fra sé e la Bolivia, onde tarpar le ali alla me-
diazione Nord-Americana, che colle sue continue e vio-
lente oscillazioni davagli in quei momenti ancora molto
da dubitare. E certo, sarebbe stato assai difficile esco-
gitare altro patto che rispondesse tanto mirabilmente
ai suoi desiderii, quanto quello Lillo-Baptista, davanti
al quale la mediazione Nord-Americana, che si propo-
neva appunto di portare le tre Repubbliche belligeranti
ad un equo e giusto accordo fra loro, doveva neces-
sariamente ritirarsi, dando per terminati i suoi uffici
in quanto alla Bolivia, e raffreddando forse sensibilmente
anche quelli relativi al Perù; la cui ultima catastrofe
in ogni modo, tolta di mezzo la Bolivia, potevasi af-
frettare a segno da non dar tempo alla mediazione di
esperire tutti i suoi mezzi.
La mediazione Nord-Americana cessò poco dipoi, an-
che senza di ciò, per propria inettezza e per tante altre
cause di cui a suo luogo ci occuperemo. Ma nell'epoca
dei negoziati Lillo-Baptista (gennaio 1882) era tuttavia
sussistente, dava ancora delle speranze, ed era una delie
due sole eventualità che potevano aiutare la Bolivia a
farla uscire dal suo conflitto col Chili meno malconcia
che fosse possibile.
L'altra eventualità favorevole alla Bolivia, non fa
bisogno ripeterlo, era quella che poteva nascere dalla
sua stretta unione al Perù. Lottando con piena buona
fede e col concorso di tutte le sue forze insieme al prò-
prio alleato, che, comunque spossato ed abbattuto. 1
fatti provavano essere sempre il solo nemico di cui il
Ultimi risultati del patto per la Bolivia j^y
Chili avesse tuttavia paura, poteva essa sperare an-
cora di ricuperare il suo littorale di Atacama, o per-
venire almeno ad un «quo ed onorevole trattato di
pace.
Ma una volta che il Perù, tradito ed abbandonato
dalla sua alleata, avesse finito, per effetto del suo iso-
lamento, o nel soccombere definitivamente, o nel ce-
dere alle esigenze del suo prepotente nemico, le con-
dizioni della Bolivia si facevano necessariamente più che
mai difficili e spinose. Rimasta sola di fronte al Chili,
a lei tanto superiore per forze militari, per finanze e
per organiiniento politico, da escludere ogni lusinga di
poter lottare con esso fuori la cinta delle difese natu-
rali delle proprie montagne, la Bolivia avrebbe dovuto
forzatamente sottoscrivere a tutte le sue esigenze: le
quali, nel caso per essa più favorevole, si sarebbero li-
mirate a confermare nel trattato di pace lo stesso stato
di cose convenuto nel patto preliminare, o di tregua;
ossia la definitiva cessione del suo territorio di Atacama,.
a. titolo di indennità di guerra.
Poteva il Chili, in un definitivo trattato di pace, e
quando la Bolivia fosse rimasta a sua discrezione, sola
e nella impossibilità di tenergli fronte sui campi di bat-
taglia, mostrarsi più generoso verso di lei che allorquando
sentiva il bisogno di cattivarsi le sue simpatie per in-
dvLTÌa. a disertare dal campo dell'onore e del dovere, e
solamente negoziava con essa un patto di tregua per
propria natura precario e destinato a scomparire?
perchè supporre che il Chili, arrivato quest'ultimo
jxiomento, avrebbe potuto o dovuto esser largo di fa-
X2. •— Caivamo, Guerra d'America - Parte II.
i86 Secreta speratila del partito pacista
vori verso la Bolivia? Forse a titolo di riconoscenza
pel tradimento consumato in danno del Perù? Ma il
Dott. Baptista doveva sapere assai bene quanto poco
valore avesse un siffatto titolo; poiché egli voleva che
la Bolivia pagasse col più nero tradimento il gran de-
bito di gratitudine che la legava al Perù 1 E dì certo,
male avrebbe potuto pretendere in beneficio del proprio
paese 1' adempimento di un dovere, di cui esso avesse
fatto precedentemente sì tristo mercato verso di altri.
Ne il Dott. Baptista ignorava tutto ciò. Ma, come so-
lennemente lo addimostrò anche più tardi in altra oc-
casione, al possesso del patrio deserto di Atacama egli
teneva tanto poco, quanto ai doveri dell* alleanza co!
Perù; e sacrificava volentieri e l'uno e gli altri ad una
segreta speranza che era il sogno dorato del partito
rosso o pacista^ come lo si vuol chiamare. Questa
segreta speranza era l'acquisto del Dipartimento pe-
ruviano di Tacna.
E qui cade in acconcio ricordare che il pensiero di
cambiare il deserto boliviano di Atacama col Diparti-
mento peruviano di Tacna, per mezzo di una cabali-
stica combinazione col Chili, non era punto nuovo in
Bolivia.
L'anno 1847 il Governo boliviano proponeva a quello
del Chili una curiosa alleanza contro il Perù, i cui ri-
sultati ultimi dovevano essere; la conquista, a favore
della Bolivia, dell'antico Dipartimento peruviano di Mo-
quegua (che comprendeva in sé anche Fattuale Dipar-
timento di Tacna), e la cessione al Chili del deserto bo-
liviano di Atacama, in pagamento del servigio prestato.
Aspirazioni al possesso di Tacna i8j
Questa strana lega, che la Cancelleria boliviana
chiamava pomposamente alleanza marittima^ forse per-
chè sapeva di pirateria, o per indicare che doveva ser-
vire per una guerra esclusivamente di mare -=- guerra
oltremodo comoda per la Bolivia, che non ebbe mai
neanche il più piccolo schifo — non fu accettata dal
Chili, e morì in embrione. Ma rimase vivo oltre le Ande,
nel partito rosso che ne fu autore, il pensiero che la
informava l
Gli Agenti chileni ed il partito della pace ad ogni
costo, più volte abbiamo avuto occasione di dirlo, ave-
vano trovato nel Generale Camperò il più saldo ed ir-
removibile ostacolo ai loro bassi progetti di discendere
ad illeciti accordi in danno del Perù. Ma la immorale
propaganda dei supposti vantaggi che tali accordi pro-
mettevano, il primo dei quali doveva essere quello di
soddisfare, coiracquisto del Dipartimento peruviano di
Tacna, le antiche aspirazioni della Bolivia di procac-
ciarsi una facile e sicura uscita sull'Oceano Pacifico,
aveva fatto già dei grandi progressi nel paese : sicché
anche tra i non affiliati a quel partito predominava
già ridea che la Bolivia dovesse porre ogni suo studio
ad impossessarsi di detto Dipartimento peruviano in
qualsiasi modo, purché non fosse quello di riceverlo
dalle mani del Chili come frutto o conseguenza delle
sue conquiste.
Il desiderio, V amor proprio nazionale e la ignoranza
<lel vero stato delle cose, avevano fatto sorgere, e ge-
neralmente accreditate nei circoli fX)litici, tre suppo-
sizioni o credenze completamente false e insussistenti:
i88 False opinioni
che, cioè, la popolazione di Tacna e per simpatie e
per interessi desiderasse la sua annessione alla Boli-
via; che il Chili, desideroso di togliere quel territorio
ai Perii, e non volendo o non potendo ritenerlo per
se, favorirebbe di assai buon grado l'idea di annet-
terlo alla Bolivia ; e che il Perù, onde sfuggire al pe-
ricolo che il Chili estendesse la sua conquista anche
su detto Dipartimento, presterebbe senza troppa resi-
stenza il proprio consenso alla libera e volontaria
annessione di esso alla Bolivia, massime se gli si of-
frisse un equo compenso.
Or bene: partendo da questi falsi dati, era opinione
generale della maggioranza del paese, di quella stessa
maggioranza che desiderava conservarsi fedele all'al-
leanza col Perù, che quando arrivasse il momento di
negoziar la pace fra le tre Repubbliche belligeranti,
dovesse esigersi come condizione sine qua non F an-
nessione del Dipartimento di Tacna alla Bolivia, se i
suoi abitanti, debitamente interpellati con regolare
plebiscito, se ne dichiarassero soddisfatti: salvo a com-
pensare il Perù, se fosse necessario, con una inden-
nità in danaro, ovvero con eguale porzione di terri-
torio boliviano distaccato dalla vasta provincia di
CaupoUcan al di là del lago Titicaca.
Il partito rosso^ o pacista — in stretta relazione con
personaggi della Cancellerìa chilena, dai quali sapeva
che il Chili esigeva come condizione indispensabile per
mostrarsi generoso colla Bolivia, che questa rompesse
anzitutto la sua alleanza col Perù — desiderava invece
di impadronirsi del Dipartimento di Tacna per opera
InUniUmi di Camperò falsate dal 'Baptista i8g
esclusiva del Chili, da cui sperava ancora, oltre alla
costruzione di alcune strade ferrate, l'ascendente che
la sua amicizia ed i suoi favori gli farebbero acqui-
stare nel proprio paese, f)er arrivare al potere ed in-
feudarselo.
Non fu quindi difficile al Dott. Baptista, quando
strappava al General Camperò l'incarico della sua
missione confidenziale, di fargli accettare Y articolo 3^
delle istruzioni segrete che egli stesso suggerì, o vergò,
e che qui ricordiamo: « Lasciar comprendere al chi*
leno che vedremmo senza disgusto l'annessione lìbera
per volontà dei suoi abitanti, del Dipartimento di
Tacna. »
Con ciò il General Camperò confidava di far cosa
grata al Chili e forse anche al Perù, al tempo istesso
che secondava una delle più vive aspirazioni del paese,
e forse anche sue. Il Dott. Baptista invece, interpre-
tando assai diversamente il pensiero di Camperò, credè
di averlo tratto nelle mire sue e del suo partito, se
non completamente, fino ad un buon punto almeno;
e Io illudeva la fiducia che l'apparente innocenza di
un semplice patto di tregua, la lunga serie di torti
da lui attribuiti al Perù, la prospettiva dei grossi be-
nefici che le promesse chilene facevano sperare alla
Bolivia, ed il fatto stesso di trovarsi il General Cam-
pero impigliato in una negoziazione misteriosa intra-
presa a nome suo e per suo mandato, che in ogni
modo comprometterebbe il suo onore ed il suo amor
proprio, sarebbero cause più che sufficienti a distrug-
gere gli ultimi suoi scrupoli.
i^ Altre NoU del Doti. Baptisia
Già vedemmo nella lunga Nota del 12 gennaio, da
noi riportata in tutte le sue parti più essenziali, come
e con quanta astuzia si adoprasse il Dott. Baptista per
provare la bontà e convenienza del patto di tregua
da lui negoziato. Nondimeno non sono annunziati in
essa tutti gr illusorii vantaggi che quel patto doveva
apportare alla Bolivia.
La Nota del tutto identica, che colla stessa data
del 12 gennaio dirigeva il Dott. Baptista al General
Camperò, portava di più il seguente Post Scriptum:
e Nel fondo non ho trovato resistenza nel negoziatore
chileno. Durante l'armistizio, desiderano essi (i chileni)
che volgiamo insensibilmente la corrente Boliviana
verso questo paese. Nella sua situazione normale, due
ter^^i della plebe appartengono al nostro paese, ed il
commercio forma la classe alta. Per V annessione libera,
incontreremmo solamente una resistenza in minoranza,
ma accanita. Si impegnano che durante la tregua
s'imprenderebbe la costruzione di una strada rotabile,
nella aspettativa di ferrovie. Fino al termine di que-
sti negoziati, ossia fino alla pace definitiva, hanno ri-
soluto di non abbandonare questa costa e di seguitare
ad amministrarla.»
Indi con altre due Note del 19 e del 26 gennaio,
lo stesso Dott. Baptista scriveva ancora al General
Camperò :
(19 gennaio) « L'animosità peruviana contro di me
si estese ad Arequipa e a Lima. Abbiamo cercato di
rimediarvi; ed hanno prodotto il loro effetto le assi-
curazioni fatte al signor San Roman. Amici nostri.
GV illusorii e inonesti vantaggi del patto i^i
consapevoli di una parte dei nostri progetti, aiutano
nella stessa giusta propaganda: non accettiamo con-
quista ; neppure un lembo del territorio peruviano, per
effetto di questa conquista. Respingeremo tutte le sug-
gestioni del Chili a questo riguardo, come le abbiamo
respinte altre volte,... »
(26 gennaio) « Qui i peruviani discutono con certo
calore la possibile annessione di Tacna alla Bolivia,
alla quale li hanno fatti pensare i falsi rumori sul
nostro trattato di pace col Chili. Non è temerario
affermare che nella situazione corrente i due terzi della
plebe appartengono al nostro paese, costituendo V alto
commercio la classe decente. Entrambi questi gruppi
ed il commercio straniero in generale simpatizzano
con l'annessione.... Annunziano per telegramma al
S. Lillo che gli vengono le Credenziali per mezzo del
vapore Chile^ che salpò da Valparaiso il 21 ed è ar-
rivato or ora ad Arica. Quanto al differimento che ho
domandato pei nostri negoziati, il S. Lillo manifestò
certo disgusto; perchè temeva che andando per le
lunghe si danneggiassero i vantaggi di una favorevole
opportunità. Persistono (i chileni) nel dichiararmi:
j ^ che manterranno il possesso fino a Ilo; 2P che dopo
rettificheranno le frontiere in senso nostro. Mi assicu-
rano che, per ora, costruiranno la strada rotabile fino
a. CorocorOy desiderando che noi la completiamo fino
a La Paz. »
Il complemento, la parte segreta e riservata del patto
di tregua Lillo-Baptista, stava adunque nella doppia
promessa chilena: di costruire la strada rotabile, fo-
1^2 La popoJaT^ione di Tacna
riera di quella ferrata che doveva venire più tardi,
per congiungere la Bolivia all'Oceano Pacifico, e dipoi,
quando la guerra fosse totalmente terminata, di retti-
ficare le frontiere in senso boliviano^ ossia di annet-
tere alla Bolivia il Dipartimento peruviano di Tacna.
Ed eccoci, cosi, novellamente ritornati alle famose
promesse chi lene di un anno innanzi, che vedemmo
già riverberate nelle aspirazioni del Vice-Presidente
Arce, e che il Dott. Baptista, affine di calmare T irri-
tazione destata nel Perù dal rumore dei suoi negoziali
coir Agente chileno, diceva e faceva dire dai suoi amici
che la Bolivia avrebbe respinte allora^ come già fece
altre volte.
Di queste promesse, vere o supposte, del Chili, di-
scorremmo già lungamente; e non abbiamo bisogno
di aggiungere altro, perchè si sappia quanto esse fos-
sero vane ed illusorie. Per credere in esse occorreva
tutto r accecamento dell'ira ambiziosa e partigiana di
gente cresciuta ed educata in mezzo al furore ed ai
piccoli intrighi delle guerre civili, per cui tutto è mo-
ralmente possibile.
Il Dott. Baptista non poteva ignorare che la popo-
lazione del Dipartimento di Tacna, chiamata a mani-
festare liberamente la propria volontà per mezzo di un
plebiscito, non avrebbe giammai ottato per l'annes-
sione alla Bolivia : perchè 1* elemento boliviano che ìii
la plebe della città di Tacna poteva contare al mas-
simo per un ottavo od un settimo, era completamenti
nullo in Arica e nel resto del Dipartimento ; e perchl
i piccoli e grossi commercianti, quasi tutti europe:
Contraria aW annessione igj
— anche senza tener calcolo delle loro simpatie mai
smentite a favore del Perù — avrebbero considerato
l'annessione alla Bolivia come uno dei maggiori peri-
coli per i loro interessi. Certo, colla sua annessione
alla Bolivia, Tacna sarebbe diventata il grande emporio
del commercio boliviano; privilegio che in gran parte
godette sempre per la sua posizione geografica ; e sotto
questo aspetto i grandi commercianti avrebbero potuto
trovarvi la propria convenienza: ma ciò solo non ba-
stava ai loro interessi.
Eccettuatoli breve periodo iniziale del Governo di Sucre
e qualche fugace momento di calma apparso di tanto in
tanto nei suoi 54 anni di vita autonoma, fino all'arrivo
di Camperò alla Presidenza della Repubblica, la Bolivia
non offri mai nessuna garentia di fatto, ne alle persone
né alla proprietà. Tutto fu sempre in balìa della guerra
civile o della dittatura, che a vicenda dilaniavano il
paese; ed il patrimonio dei privati, in generale, ed in
ispecial modo poi dei commercianti, fu sempre esposto
al flagello del saccheggio o dei prestiti forzosi, che non
furono mai o rare volte restituiti (i). Da circa due anni,
(i) « L'ammortizzazione del debito intemo (in gran parte pro-
veniente da imprestiti forzosi e nel rimanente da pagamenti rimasti
indietro di anno in anno) non sarebbe possibile nelle presenti con-
dizioni di guerra; ma non per ciò dobbiamo rimandare indefini-
tamente la conversione del debito fluttuante ed il riconoscimento
di un interesse, per piccolo che fosse. La fede pubblica ed il
credito dello Stato sono discesi fino all' ultimo limite. La conver-
sione forzosa del capitale nominale è accettata dai medesimi por-
tatori delle cedole dello Stato, i quali, avendo quasi rinunciato
194 Politica astuta del D. Baptista
è vero, la Bolivia vedeva forse per la prima volta sta-
bilito di fatto l'impero della legge nei proprii confini:
ma era troppo breve tempo per generare il convinci-
mento che fosse sparito ogni pericolo di ritorno alle
vecchie abitudini ; e l'alto commercio di Tacna non po-
teva non provare una certa avversione, mista a paura,
alla idea di poter cadere un giorno sotto la domina-
zione boliviana.
Il Dott. Baptista, adunque, non p>oteva ignorare che
l'annessione volontaria di Tacna alla Bolivia, come la
intendeva il Generale Camperò, era sommamente diffi-
cile, se non del tutto impossibile, anche ammessa la folle
ipotesi che il Chili ed il Perù vi avessero acconsentito.
Ne egli poteva volerla, supposto anche che fosse stata
possibile, perchè, rotta l'alleanza col Perù, non era più
il caso di ricorrere a quest' ultimo per ottenerne il ne-
cessario beneplacito: ma piacevagli mantenere le illu-
sioni di Camperò a questo riguardo, fino a che vedesse
arrivato il momento di dirgli la verità tutta intera, della
quale andava palesandogli solamente a poco per volta
quel tanto che poteva servire a trarlo definitivamente alle
proprie idee.
Nulla valse però a smuovere la lealtà del Generale
Camperò e del Vice-Presidente Salinas che sempre di
alla speranza del rimborso, sono disposti a cedere i certificati di
credito, ad un prezzo che può chiamarsi insignificante. Quelli che
hanno ereditati i crediti di antica data li cederebbero al 5 ^!
e tutti gli altri documenti, salvo quelli dell'ultimo imprestìto, po-
trebbero riscattarsi al io ^/g. » Memoria o relazione, del Ministro
di Finanza di Bolivia al Congresso del 1883.
Risposta del Gen. Camperò 19/
pieno accordo con lui, teneva provvisoriamente il Go-
verno dello Stato.
Bastò al Generale Camperò la lettura della prima
Nota del Dott. Baptista, per comprendere in quale via
questi si era messo; e profondamente sorpreso dell'ope-
rato di lui, tanto diverso dal carattere della missione
confidenziale che egli aveagli affidata, risposegli imme-
diatamente in data del 23 gennaio che: lasciando al
Governo intera libertà di accettare o no il progettato
patto di tregua, si limitava dal suo canto a manifestargli
che egli non lo trovava punto conveniente per la Bolivia
e che, in ogni modo, quest' ultima non poteva addive-
nire a negoziato alcuno col Chili, se non unitamente
al proprio alleato il Perù, e dopo essersi posta piena-
mente d'accordo con esso sul da farsi.
Anche maggiore, in vista dell' anzidetta Nota del
12 gennaio, fu poi la sorpresa e la indignazione da
cui furon colti il Vice- Presidente Salinas ed i suoi Mi-
nistri; i quali non ignoravano affatto che la missione
affidata dal General Camperò al Dott. Baptista, tutta
amichevole e spoglia di ogni carattere ufficiale, non lo
autorizzava punto ad immischiarsi in negoziati di quel
genere. Ma mentre essi domandavano più larghe infor-
mazioni a Camperò e si ponevano d'accordo con lui,
arrivò a La Paz l'eco dei rumori che intorno a quei
negoziati si erano rapidamente sparsi nel Chili e nel
Perù. Contemporaneamente (24 gennaio) arrivò pure
da Arequipa, seriamente allarmato da tali rumori, l'In-
viato straordinario e Ministro Plenipotenziario del Perù,
Dott. Manuel Maria Del Valle, recentemente accreditato
j^ Gravità della cosa fatta pubblica
dal proprio Governo presso quello di Bolivia, e la que-
stione prese subito un carattere di gravità del tutto ina-
spettata.
I chileni, onde cogliere al più presto i frutti del ne-
goziato Lillo-Baptista, che doveva seminare la diffidenza
e la inimicizia fra i popoli ed i Governi delle due Re-
pubbliche alleate, e forse anche coli' animo di affrettare
con questo mezzo la conclusione del relativo trattato,
fecero correre sollecitamente la voce, per mezzo di te-
legrammi e di subdole confidenze gittate qua e là,
che fra il Chili e la Bolivia erasi firmato in Tacna un
trattato della più alta importanza che rompeva Tal-
leanza Perù-boli viana, e che alcuni chiamavano dì tre-
gua, altri di preliminari di pace, altri assolutamente di
pace. I giornali, così del Chili come del Perù, vi ave-
vano fabbricati su lunghi ed accalorati articoli di com-
menti, nei quali si facevano le più strane ed arrischiale
supposizioni ; -ed i negoziati Lillo-Baptista erano diven-
tati perciò in ambo i paesi l'argomento più im}x>rtante
e più vivo.
Prima cura del Plenipotenziario peruviano, appena
compiute nella città di La Paz le formalità di uso dà
suo ricevimento ufficiale, fu quella di chiedere le neces-
sarie spiegazioni su tutto ciò a quel Governo; il quak
non ebbe nessuna difficoltà a palesargli la verità tutt^
intera, assicurandolo in pari tempo che respingeva senza
discussione il progetto di tregua negoziato dal Dott. Bapj
tista, cui richiamerebbe in patria col primo corriere.
Ma da esperto diplomatico qual egli era, il Plenipoten-
ziario Del Valle comprese tosto che non bastava che ù
// Plenipotenziario peruviano Del Valle igj
Governo di Bolivia respingesse sdegnosamente l'indegno
paltò così per sorpresa trafficato in Tacna. Bisognava
anche distruggere con una pubblica e solenne smentita
la cattiva impressione prodotta generalmente dai rumori
che i chileni avevano sparsi su tale negoziato: e per
dissipare tutti i dubbi che i lavori clandestini dei par-
tigiani della pace ad ogni costo avevano fatto nascere
sulla lealtà e sulle intenzioni della Bolivia, si negli animi
degli amici come in quelli dei nemici, bisognava infine
che la Bolivia dichiarasse una buona volta, in termini
chiari e precisi, che era decisa a conservarsi fedele alla
sua alleanza col Perù.
A raggiungere questi diversi scopi. Del Valle desi-
derò ed ottenne che il Ministro degli Affari Esteri di
Bolivia dirìgesse al Plenipotenziario degli Stati-Uniti,
e facesse pubblicare nel Bullettino ufficiale, la Nota
seguente :
« La Paz, 2 febbraio 1882. - A S. E. il S. G. C.
Adams, Ministro Plenipotenziario degli Stati Uniti del-
l' America del Nord in Bolivia. — Signore — I giornali
chileni venuti coir ultimo corriere portano telegrammi
ed articoli, nei quali si dice essersi definito in Tacna
dai Signori Lillo e Baptista, in nome del Chili e della
Bolivia, un patto di tregua indefinita. Ciò non è vero:
la Bolivia trovasi legata al Perù da un solenne trat-
tato di alleanza che ha osservato ed osserva lealmente:
non poteva dunque, mancando ai suoi impegni, sti-
pular nulla relativamente alla guerra, senza il concorso
del proprio alleato. La missione affidata al Dott. Bap-
cista ha un altro scopo. Partì diretto a Panama, come
1^8 Dichiara\iofie di Jedeltà aW alkani^a
Ministro Plenipotenziario al Congresso Americano ivi
convocato: giunto a Tacna, seppe che il Congresso
non si era riunito il i° dicembre e che forse non
avrebbe più luogo. Si vide obbligato a fermarsi in
Tacna, aspettando risposta all'avviso dato del suo
viaggio dal Governo dì Colombia. In adempimento
dei doveri di patriottismo di ogni boliviano, non sa-
rebbe strano che il S. Baptista si fosse occupato, nel
suo transito, di raccogliere privatamente dei dati, di
esplorare opinioni o procurare, per quanto stesse in
lui, tutto ciò che potesse servire agl'interessi del suo
paese. Questo, senza dubbio, ha dato orìgine alle rife-
rite versioni della stampa, la cui inesattezza mi affretto
ad assicurare a V. E. a salvaguardia dell'onore del
mio Governo. Il mio Governo sarebbe grato a V. E
se si degnasse porre queste spiegazioni a conoscenza
della Legazione speciale degli Stati Uniti nel ChiU.
Con i sensi.... P. J. Zilveti. »
Nei suoi negoziati coli' Agente chileno, il Dotr. Bap-
tista aveva proceduto senz' alcuna autorizzazione del
proprio Governo; e questi non faceva nessun conio
del suo operato, relegandolo nella categoria dei sem-
plici fatti privati.
Nondimeno — poiché bene o male era venuta su
l'idea di una tregua ; e poiché i rossi o pacisti^ onde
farsene un'arma di partito contro il Governo, comin-
ciavano già ad accusarlo di lasciarsi sfuggire con essa
il solo mezzo possibile di arrivare alla conclusione
della pace senza ulteriore spargimento di sangue e
Regolari trattative — Insistm^e di "Baptista i^^
senza obbligare il paese a nuovi sacrifici — il Governo
di La Paz decise dopo qualche giorno di approfittare
della via aperta dai negoziati di Tacna, per iniziare
regolari trattative di una vera e semplice tregua fra
tutte e tre le Repubbliche belligeranti. E poiché il
Governo del Perù si manifestava poco o punto disposto
a entrare in negoziati di tal genere, spedi in missione
speciale e straordinaria presso di esso il Ministro C. Car-
rillo, affine di invitarlo formalmente alla stipulazione
di una tregua col Chili, e stabilire di comune accordo
i termini nei quali le due Repubbliche alleate potevano
accettarla.
Tutto questo però non bastò a far desistere il
E)ott. Baptista dai suoi propositi. Vista la risoluta e leale
condotta assunta dal Governo del Vice-Presidente Sa-
linas, concentrò tutti i suoi sforzi sul Generale Cam-
pero che, come dicemmo, credeva avere attratto fino
ad un certo punto nella cerchia delle proprie idee.
Dopo avere insistito a più riprese sulla convenienza e
necessità per la Bolivia della tregua da lui pattuita,
assicurava al General Camperò che il Chili in seguito
alla politica spiegata dal Governo che provvisoriamente
reggeva i destini della Bolivia, non si presterebbe
giammai ad addivenire con esso a negoziato alcuno,
e finiva coll'incitarlo a riassumere le sue funzioni di
presideftte della Repubblica, affine di concludere im-
mediatamente la tregua da sé, col concorso di un
nuovo Gabinetto.
« Voi siete libero e fuori di questo pasticcio (diceva
200 Fertm^x.^ e Uaìtà del Gen. Camperò
Baptista al General Camperò nella sua lettera del
9 marzo, riferendosi alle anzidette misure adottate dal
Governo): se il vostro animo si decidesse tuttavia per
la tregua, questa sarebbe possibile solamente se, rias-
sumendo voi il Governo, la proporreste e trattaste di
effettuarla immediatamente col credito di nuovi Mini-
stri.... Le vostre convinzioni v'impediscono di firmare
la pace nel senso che stanno indicando gli avveni-
menti: ebbene, non firmerete la pace. Il vostro periodo
presidenziale si chiuderebbe colla tregua, nella quale
non si definisce nessun diritto, come dice il suo
nome. »
Il 20 dello stesso mese di marzo, il General Cam-
pero scriveva per tutta risposta al Dott. Baptista : t Ho
potenti motivi per non riassumere per ora il. comando
della Repubblica: perciò, se il Governo del Chili non
volesse negoziare la tregua coli' attuale Governo della
Bolivia, sarebbe lo stesso che dichiararla impossibile. »
Con ciò il dannosissimo negoziato Lillo-Baptista ri-
mase definitivamente sventato. Ma lasciò dietro di se
funeste conseguenze, che resero sempre di più difficile
alla Bolivia l'adempimento dei proprii doveri nella
continuazione della guerra. I partigiani della pace ad
ogni costOy gli amici e servitori del Chili crebbero
maggiormente e in numero e in audacia, da non sen-
tire più neanche il bisogno di tener riserbo su ciò che
essi veramente volessero: ed il Governo — obbligato a
diminuire l'esercito attivo per difetto di mezzi, mentre
da tutti si sapeva che il paese sarebbe stato inevita-
Fine del tristo negoziato 201
bilmente sconvolto dalla rivoluzione il giorno medesimo
in cui un solo battaglione di soldati fosse uscito oltre
i confini a sostenere la causa dell' alleanza — si trovò
nella impossibilità di prendere parte attiva alla guerra
e di coadiuvare col suo concorso i disegni e Fazione
del proprio alleato.
ifi
ij. - Caivamo, Guerra d yfmtn'ia - Patìc II.
IX
So MMARIO
Il Perù non aderisce all' invito della Bolivia di negoziare una tre-
gua. - Il Governo boliviano espone al Congresso un programma
di politica internazionale» — L' opinione pubblica nella Bolivia
si divide in quattro diverse correnti: - i» La politica del Go-
verno, fedele ai doveri imposti dall'alleanza; - 2^ Il partito
rosso o della pace ad ogni costo che voleva venire ad accordi
col Cliilìf non curando l'alleanza; — 3^ L'antico partito pò-
polare che voleva la continuazione dello stato illusorio di
giierra difensiva - sue incoerenze ; - 4^ I vacillanti o incerti. -
Il Congresso non prende alcuna determinazione : cause di ciò.
<— Il Governo boliviano riannoda i negoziati preliminari col
Perù per la tregua. - Li sospende in vista dell'agitazione che
regna nel Congresso. - Voto capzioso del Senato boliviano. -
Deliberazione della Camera dei Deputati. - Convenzione perù-
boliviana circa la tregua da negoziarsi col Chili. - Mediazione
privata del Ministro brasiliano. - Suoi lodevoli risultati. - Sono
distrutti dagl'intrighi del partito rosso. - Il Chili vuol trattare
colla Bolivia, ma non col Perù. - Negoziati epistolari fra i
Ministri degli Affari Esteri del Chili e della Bolivia. - Co-
2o6 II Governo ed il partito rosso
come vorrebbe il Chili, né a negoziare una tregua in
condizioni diverse dalie già esposte, dichiara fin da
questo momento che ove il Congresso si decidesse
per una di queste due ipotesi, esso presenterà imme-
diatamente le proprie dimissioni (i).
Quattro diverse correnti aveva in quei momenti
l'opinione pubblica della popolazione boliviani.
Le prime due, di carattere diametralmente contrario,
sono già note ai nostri lettori: quella cioè dei pochi
seguaci della politica leale e patriottica del Governo,
che desiderava compiere fedelmente i doveri dell'alleanza
col Perù e portare la guerra innanzi attivamente, a
costo di qualunque sacrifizio, fino al momento di bi-
lanciarne le sorti, o di stancare il nemico a segno da
costringerlo ad accettare patti che si discostassero il
meno possibile dai principii dell'equità e della giustì-
zia; e quella dei partigiani della pace ad ogni costo,
ossìa dei rossi^ che, come sappiamo, spinti principal-
mente dall'ambizione di governare e dalla paura di
veder compromessi i personali loro interessi, volevano
che la Bolivia si piegasse a tutte le esigenze del Chili
— cioè alla cessione dell* Atacama ed alla rottura del-
l'alleanza col Perù — in cambio delle inoneste ed illu-
sorie speranze che alcuni uomini politici di quel paese
avevano fatto loro concepire.
(i) Messaggio speciale riservato del Presidente della Repubblica
al Presidente del Congresso Nazionale - La Paz, 6 settembre 1S82 -
firmato dal Vice Presidente della Repubblica incaricato del Po-
tere Esecutivo, Belisario Salinas, e dai Ministri: P. J. Zilvtti.
A. Quijarro, P. J. Vargas e J. M. Rendon.
Partito popolare 20j
Fra queste due opinioni estreme tenevano, per cosi
dire, la via di mezzo quei dell'antico partito popolare;
ì quali rifuggivano del pari si dal pensiero di una
pace disonorevole col Chili, come da quello di far
riprendere all'esercito boliviano la via dei campi di
battaglia nel Perù. Il Perù, dicevano essi, è caduto
troppo giù per potersi per ora riavere, con o senza il
soccorso della Bolivia; ed è arrivato il momento in
cui, senza rompere la loro alleanza, ciascuna delle due
Repubbliche alleate pensi ai casi suoi come meglio sa
e può. Facendo assegnamento anzitutto sulle difese
naturali del patrio suolo, credevano o fingevano di
credere che la Bolivia fosse abbastanza forte in casa
propria per respingere ogni tentativo di invasione da
parte del Chili; e volevano che essa, pur conservan-
dosi moralmente fedele ali* alleanza peruviana, si limi-
tasse a tenersi sulla difensiva nei propri! confini, fino
a che il Chili, convinto di non poterla né soggiogare
ne corrompere, nonché della necessità, nei suoi mede-
simi interessi, di porre una buona volta termine alla
guerra, finisse per moderare le sue pretese ed addive-
nire ad un equo e ragionevole trattato di pace.
Con pensiero pur troppo egoista ed erroneo, questo
partito voleva cioè che il paese durasse ancora, nel
1 882, in quello stesso stato di guerra difensiva impo-
sto dalla necessità delle cose e decretato dalla Con-
venzione Nazionale nel 1880, dopo la disfatta di Tacna.
Nella seconda metà del 1880, quando la Bolivia,
senza soldati e senza armamento, altro non aveva da
opporre alle baionette ed ai cannoni del nemico che i
2o8 Sua cattiva poìittca
nudi petti dei suoi cittadini, era e fu vero e nobik
patriottismo dichiarare che essa, senza darsi per vinta,
si raccoglieva in uno stato di guerra puramente di-
fensiva o di resistenza, entro i limiti del suo terrìtor3o.
Ma due anni più tardi — quando la Bolivia aveva già
un discreto armamento, parecchi battaglioni di Guar-
dia Nazionale Mobile ed un piccolo esercito bene
istruito e disciplinato, che poteva facilmente portarsi
ad otto o novemila uomini in brevissimo tempo; e
quando si sapeva che il Chili, fintantoché non si fosse
impossessato di Arequipa non poteva affatto pensare
a compiere la minacciata invasione del territorio boli-
viano, — non era più la stessa cosa.
Detta invasione, com'era certo che non poteva veri-
ficarsi se non dopo la caduta di Arequipa, cosi era
certo del pari che si sarebbe realizzata celermente non
appena espugnata la fiera e superba Città del Misti (i);
amenochè, avvilita ed umiliata, non cedesse la Boli-
via a tutte le esigenze del Chili.
Già altrove abbiamo rilevato quanto sarebbe grave
per la Bolivia una invasione per la facile via di Mol-
lendo-Arequipa-Puno, nel suo importantissimo Dipar*
timento di La Paz ; ove mancando quelle difese naturali
che si elevano sugli altri pu iti della sua estesa frontiera^
e sulle quali tanto fidava il partito popolare^ i suoi dir
fensori si troverebbero in peggiori condizioni dell'eser-
(i) Areqaipa, detta per antonomasia la Ciitìi del AKstì, perc^=
situata alla base del maestoso e bellissimo vulcano il AfisH^ oraxosi
estinto.
Sua cattiva politica 20^
cito invasore. E poiché libero anche, colla presa di
Arequipa, da ogni pericolo di complicazioni nel Perù
nulla avrebbe impedito al Chili di riversare tutto o gran
parte del proprio esercito sulla Bolivia, questa doveva
necessariamente considerare in tal caso la sua partita
come perduta, prima ancora che quello incominciasse
r attacco.
Già dagli ultimi mesi del 1881, quel cosi detto stato
di guerra difensiva nel quale la Bolivia diceva di
mantenersi, e che in realtà non era altro che un misere-
vole stato di inerzia e di abbandono, si traduceva in una
semplice iattanza ; il cui unico risultato pratico consisteva
nel lasciare che il paese aspettasse passivamente la più o
meno lontana realizzazione della temuta invasione, come
la scadenza di una terribile cambiale che non aveva
come soddisfare, senza nulla intentare per liberarsene.
Quello che più, che anzi unicamente urgeva alla Bo-
livia in quei momenti, indipendentemente dai doveri
che le imponeva la sua alleanza col Perù, ed indipen-
dentemente anche dagli altri vantaggi che potevano ri-
sultarne, era di concorrere con tutte le sue forze alla
guerra tuttavia mantenuta viva dal Perù, onde impedire
la caduta di Arequipa: ossia quello appunto che il Pre-
sidente Camperò, il Vice-Presidente Salinas, e tutti gli
egregi uomini che erano con essi al Governo avrebbero
voluto fare ed avrebbero indubitatamente fatto, se non
avessero mai sempre trovato un ostacolo dei più insupe-
rabili nella lotta dei partiti politici interni e nelle diverse
tendenze da questi inspirate alla maggior parte della
popolazione boliviana.
210 I vacUJanU
Fra mezzo ai caldi difensori delle tre anzidette opi-
nioni, vagava infìne la folla dei cosiddetti vacillanti; di
quelli cioè che non facevano parte stabilmente di nessun
partito ]X>litico, e che non avevano alcuna idea fissa sulla
condotta da doversi osservare nel grave conflitto col
Chili. Lasciandosi facilmente trasportare dalle impres-
sioni del momento, dalle speranze o dai timori che di
volta in volta facevano nascere le notizie del Chili o del
Perù, or volevano la continuazione della guerra, or la
pace; or volevano la pace senza cessione di territorio,
ora anche con siflFatto sacrificio, ora mantenendosi fedeli
all'alleanza col Perù, ora più o meno transigendo anche
su ciò : e quando appunto era per riaprirsi il Congresso
predominava in essi, forse più forte che mai, il desiderio
della pace, o meglio il pensiero di troncare in qualsiasi
modo quello stato di guerra puramente nominale nel
quale era rimasta la Bolivia per oltre due anni, e che da
un giorno all'altro poteva istantaneamente volgersi in
reale ed eflFettiva.
Il partito popolare^ come abbiamo visto, benché non
si trovasse sulla migliore strada, nutriva intorno alla
guerra pensieri ed aspirazioni che si discostavano òì
molto dai pensieri e dalle aspirazioni del partito rosso^
o pacista. Ma più ancora che da siffatta discrepanza
di intendimenti, questi due vecchi partiti erano sepa-
rati dall'antica ruggine che correva fi:a loro e dalla co-
mune aspirazione di arrivare dopo Camperò al Governo
della Repubblicsl; colla sola differenza in questo, che il
partito popolare, senza punto farsi trasportare come il
rosso da soverchia e intempestiva fretta, aspettava tran-
I varii partili nel Congresso 211
quillamente l'epoca nella quale il paese sarebbe chia-
mato alle urne elettorali, per raccogliere legalmente l'ere-
dità del Presidente Camperò, terminato che fosse il suo
periodo costituzionale. Nessun dubbio quindi che esso
non avrebbe mai divise le opinioni del partito ro^jo,o
pacista^ relativamente al modo di porre termine alla
guerra, e che non avrebbe mai cooperato in maniera
alcuna ad assicurarne il trionfo, quand'anche fossegli
stato necessario, a tal uopo, di abbracciare in tutto od
in parte la politica franca e risoluta del Governo per la
continuazione vera ed effettiva della guerra.
Ma l'appoggio diretto o indiretto del partito ^opo/^re
contro il rosso^ comunque molto importante, non ba-
stava al Governo per assicurare il trionfo della buona
causa nel Congresso; ove, grazie agl'intrighi previdenti
degli uni ed alla noncuranza degli altri, i diversi cqlori
della pubblica opinione si riverberavano in assai disu-
guale miscela, senz' alcun rapf)orto di proporzione. In-
sieme alla corrente dei rossij o pacisti, vi era anche
troppo largamente rappresentata quella da noi esami-
nata in quarto ed ultimo luogo dei così detti vacillanti;
e fu principalmente per guadagnarsi i voti di questi
ultimi, senza dei quali sarebbe rimasto in minoranza
nel Congresso, che il Governo si spinse a formulare il suo
Bnzìdttlo programma del 6 settembre, che in realtà senza
portare alcun mutamento alla politica da esso seguita
fino allora, lasciavagli la latitudine di spingere in un
momento dato i suoi battaglioni contro il nemico.
Dando ai succitati vacillanti la speranza di evitare
od almeno allontanare indefinitamente la guerra per
212 n Congresso non si decide
mezzo di un possibile patto di tregua, il Governo acqui-
stava la quasi sicurezza di impedire la loro unione ai
rossiy o partigiani della pace ad ogni costo; le cui con-
clusioni, sembrava, essi avrebbero accettate solamente
come una dolorosa necessità, quando non ù fosse loro
presentata nessun' altra via di scampo per evitare la
guerra.
Ciò nondimeno fu tale e tanta V agitazione pro-
mossa dal partito rosso o pacista^ sì tosto che av-
venne la riunione del Congresso, che il Governo temè
di andarne disfatto.
Accanto ai non molti rappresentanti del paese che
sostenevano il programma del Governo, eransi formati
in ambe le Camere due altri gruppi numericamente
assai imponenti; i quali, sebbene discordi fra loro sulla
maniera o via da seguire, arrivavano nel fondo ad
una medesima conclusione: a quella cioè che la Bolivia
non altro consultando che i proprii interessi, dovesse
conchiudere sollecitamente la pace o la tregua col Chili,
spiegando un'azione completamente slegata ed indipen-
dente da quella del Perù, e senza punto preoccuparsi
delle sorti e degl'interessi di esso. L'uno voleva che la
Bolivia iniziasse e conchiudesse i proprii negoziali col
Chili, senza neanche tenerne avvisato il Perù, la cui
alleanza doveva considerarsi come finita da un pezzo:
e r altro che si usasse al Perù la cortesia di invitarlo
ad associarsi aUa Bolivia nei detti negoziati per la pace
o per la tregua, nell'intesa che, accettando o rifiutante
esso il fattogli invito, la Bolivia non vorrebbe in nessun
caso impedita la propria azione da quella del Perù, e che
Timori e illusioni 21 j
sarebbe essa sola giudice delle negoziazioni che la ri-
guardavano.
Nessuno dei tre anzidetti gruppi arrivando da se solo
a formare la maggioranza, il Congresso non prendeva
alcuna determinazione. Si discuteva e s* intrigava; e si
i pericoli come le speranze prendevano negli animi e
sulle labbra dei rappresentanti del paese le forme più
esagerate e stravaganti. Chi parlava di una prossima
poloni^^apone della Bolivia, ossia della divisione del
territorio di questa Repubblica fra il Chili, il Brasile
e la Repubblica Argentina; e chi beava il proprio e
gli altrui animi colla visione di una Bolivia ricca e
potente, tutta intersecata di ferrovie che si spingevano
fino al mare, fino al porto boliviano di Arica, ove la
sua bandiera sventolerebbe superba ed orgogliosa sulle
forti corazzate della sua futura fiotta.... della prima
flotta boliviana. E tutti questi strani vaneggiamenti di
spiriti illusi ed inquieti che, smarrita la dritta via, si
lasciavano vincere da assurdi timori o correvano an-
siosi dietro le più ingannevoli chimere, ben si comprende,
mantenevano lo spirito pubblico delle popolazioni nella
più viva e inquietante agitazione.
In tale stato di cose, il Governo non intravvedeva
che una sola speranza di salvezza pel suo programma:
quella di forzare in certo qua! modo il Congresso ad
approvarlo, coli' incominciare a porlo in esecuzione senza
aspettare la sua tarda risposta ; e ciò faceva egli rian-
nodando sollecitamente i negoziati preliminari col Perù,
onde ottenere la sua adesione all'invito fattogli alcuni
cnesi innanzi per mezzo del Plenipotenziario Carrillo,
214 ^^ Governo riannoda i nesro^iati col Perù
e porsi d* accordo sulle condizioni della tregua da sti-
pularsi col Chili.
D'altra parte uno dei principali motivi che i Depu-
tati ed i Senatori del terzo gruppo mettevano innanzi,
per sciogliersi dal Perù dopo aver compiuto un sem-
plice atto di cortesia verso di esso, era appunto il ti-
more che quello rendesse impossibili o menasse troppo
per le lunghe i negoziati per la tregua, negando il pro-
prio intervento o imponendo delle condizioni inaccet-
tabili: ed il Governo confidava che essi muterebbero di
parere, sì tosto che questo loro timore si trovasse al-
lontanato dal fatto dell'avvenuta adesione air invito di
negoziare prontamente la desiderata tregua col Chili
congiuntamente alla Bolivia.
Per l'attuazione di questo suo disegno, il Governo
boliviano fu molto efficacemente coadiuvato dal Mini-
stro Plenipotenziario del Perù, M. M. del Valle; il quale,
compresane immantinenti tutta l'importanza, seppe a sua
volta far comprendere al proprio Governo quanto fossi
utile ed urgente che il Perù accettasse senz' altra dila-
zione il predetto invito della Bolivia e ne secondasse i
desiderio
Il Governo del Perù, allora in Arequipa, rispose inve-
stendo di pieni poteri a tal uopo lo stesso suo Plenipo-
tenziario del Valle; ed iniziaronsi sollecitamente nelb
città di La Paz i lavori preliminari diretti a determi-
nare i limiti nei quali il Perù e la Bolivia dovevano
mantenersi nei loro futuri e comuni negoziati col Chili
Ma alla quarta Conferenza tenuta dai Plenipotenziari!
delle due Repubbliche alleate, il i4 ottobre, e quand.
La Bolivia sospende i ne^oi^iati 21$
essi erano già quasi al termine dei loro lavori, quello
della Bolivia dichiarava che il suo Governo aveva de-
ciso di sospendere i negoziati in corso, fino a che il
Congresso non avesse espressa la propria volontà in-
torno al programma di polìtica internazionale sotto-
messo alla sua approvazione.
Quale la causa di questo repentino mutamento di idee
nel Gabinetto di La Paz?
Saputosi appena che eransi intrapresi tali negoziati,
i partigiani della pace ad ogni costo levarono tosto il
grido che il Governo intendeva imporre la propria vo-
lontà al G^ngresso, dando esecuzione al ^mo programma
di politica intemazionale^ prima di sapere se quello l'ap-
proverebbe o no, e quando invece tutto faceva supporre
che l'avrebbe respinto. Fecero un appello alla storia
patria, per ricordare che siffatto procedere non era
nuovo nella Repubblica, e che appunto così erano nate
e si erano imposte al paese, all'ombra e col benepla-
cito di Congressi codardi e servili, non poche tra le
più tristi dittature che per tanto tempo lo flagellarono ;
ed il [3 ottobre parlavasi già nel Senato, ove il par-
tito rosso era molto forte, di elevare le più strane ac-
cuse contro il Governo; il quale spaventatosene, sospese
i negoziati.
Ma era già di pubblica ragione che il Perù aderiva
a negoziare la tregua; e ciò bastò perchè il maggior
numero dei Rappresentanti dal paese appartenenti al
terzo gruppo, a quello cioè dei vacillanti, si dichia-
rasse a favore della politica del Governo.
Contuttociò il Senato rispondeva il 3i ottobre al
2j6 Voto capxioso del Senato
Messaggio Presidenziale del 6 settembre sulla politica
internazionale, con un voto capzioso concepito nei se-
guenti termini; « Confidando che il Governo nego-
zierà la tregua col Chili, previo accordo col Perù per
agire congiuntamente o separatamente, e sen\a per-
dere frattanto la favorevole opportunità per negoziare
la pace^ passa all'ordine del giorno. >
Mentre autorizzava il Governo a negoziare la tre-
gua col Chili, previo accordo col Perù — autorizza-
zione per altro alquanto equivoca, se ben si considera
quel per agire congiuntamente o separatamente — il
Senato gì' imponeva in pari tempo il dovere di appro-
fittare della favorevole opportunità per negoziare la
pace, senza punto assoggettarlo per ciò, come j)er la
tregua, a previo accordo col Perù. E qui tornerebbe
pressoché superfluo rilevare che la favorevole oppor-
tunità cui esso alludeva, non era altro che la nota
disposizione nella quale si trovava il Chili di n^o-
ziare la pace colla Bolivia, sempre che questa, esplìci-
tamente od implicitamente, si decidesse a rompere la
sua alleanza col Perù.
Il doppio senso di questo voto non isfuggì al alcuno;
e la Camera dei Deputati ne distrusse tutta la cap-
ziosa ambiguità dichiarando il 7 novembre che : « uni-
formemente al Messaggio presidenziale del 6 settembre,
stimava conveniente il mantenimento della politica
tracciata dalla Convenzione Nazionale del 1881, men-
tre si negozierebbe un trattato di pace o di tregua,
compiendo i patti internazionali che legavano la Bo-
livia a^ Perù. »
Convenzi3ft$ perù-hoUviana 21^
Dopo ciò furono ripresi gl'interrotti negoziati fra i
Plenipotenziarii del Perù e della Bolivia ; ed il 22 dello
stesso mese di novembre firmarono questi la seguente
convenzione :
a Fedro J. Zilveti, Ministro degli Affari Esteri di
Bolivia e Plenipotenziario nominato ad hoc, e Manuel
Maria Del Valle, Inviato straordinario e Ministro Ple-
nipotenziario del Perù in missione speciale, entrambi
debitamente autorizzati dai loro rispettivi Governi^
terminate le Conferenze che risultano dai relativi pro-
tocolli, hanno convenuto quanto appresso: 1° I Go-
verni della Bolivia e del Perù, in osservanza del trat-
tato d'alleanza del 1873, e compiendo i doveri che
uniscono le due Repubbliche, risolvono di negoziare
col Chili un patto di tregua in base delle seguenti
indeclinabili condizioni; 2^ L'occupazione militare del
Chili durante la tregua avrà per limite Nord la valle
di Camarones; 3^ Si stabilirà una zona neutrale, che
potrebbe esser quella fra il parallelo della valle di
Camarones, al Sud, e quello del Morrò di Santa a)
Nord; 4® Si stabilirà il libero transito a favore del
commercio della Bolivia, per la zona neutrale e nei
porti peruviani e boliviani occupati dalle armi del
Chili; 5^ Se non fosse possibile stipulare una tregua
col Chili su queste basi, i Governi delle Repubbliche
alleate si porranno nuovamente d'accordo, per mezzo
dei loro Plenipotenziarii, circa le esigenze del comune
nemico. »
Ma non bastava che il Perù e la Bolivia si pones-
sero fra loro di accordo per negoziare una tregua coi
14. — Ckivkvo, Guerra d'America - Parte II.
2i8 ^edia^ione privata del Ministro brasiliano
Chili: bisognava anzitutto sapere se quest'ultimo ac-
consentirebbe ad addivenire a negoziati di tal genere;
giacché quelli compiuti nei primi mesi di quel mede-
simo anno, fra Lillo e Baptista, non erano affatto una
garenzia a quest'uopo; e nell'affermativa, preparare
anticipatamente il terreno per quando arrivasse il mo-
mento di iniziarli. Il Plenipotenziario peruviano. Del
Valle, attendendo a ciò con previdente pensiero fin
dal primo momento in cui iniziava i suoi negoziati
preliminari col Plenipotenziario boliviano, si giovò per
queste pratiche col Chili dei buoni uffici, privati ed
amichevoli^ del Ministro del Brasile presso la Bolivia.
Giovanni Duarte da Ponte Riveiro, diplomatico di
vaglia, personalmente conosciuto e meritamente stimato
nel Chili, ove in epoca non lontana aveva onorevol-
mente tenuta la rappresentanza del proprio paese.
Il Ministro brasiliano, veramente desideroso che la
sua opera riuscisse egualmente utile alle tre Repub-
bliche belligeranti, spianando la via ad un equo ed
onorevole accordo fra di loro, si mantenne per circa
due mesi, a quanto .siamo informati, in continua e
premurosa corrispondenza epistolare e telegrafica cogli
uomini politici più ragguardevoli del Chili. E grazia
alla efficace sua mediazione, il Governo chileno che 3
bella prima si mostrava decisamente contrario aih
idea di negoziare una tregua, fini per accondiscenderr?
coir unica riserva, o condizione, che comincerebbe cn
riconoscere i Plenipotenziarii del Perù e della Bolidi"
nella qualità di semplici Agenti Confidenziali, per pò
riconoscerli ufficialmente quando essi si fossero messi
Nuovi intrichi del partito rosso 219
già pienamente d'accordo coir Agente chileno, affine
di rivestire il loro operato delle necessarie forme di-
plomatiche e procedere alla sottoscrizione del relativo
trattato. Si stabili che le Conferenze dei PIenif)oten-
ziarii od Agenti Confidenziali delle tre Repubbliche
belligeranti avrebbero luogo in Tacna; e tutto fu di-
sposto telegraficamente perchè dette Conferenze co-
minciassero al più presto.
Ma intanto che il Ministro del Brasile si affaticava
per trarre il Chili a negoziare una tregua colle due
Repubbliche alleate congiuntamente, i rossi o pacisti
sostenevano a loro volta vivissima corrispondenza con
un noto diplomatico chileno, preparando le basi di un
trattato di pace esclusivo fra il Chili e la Bolivia, a
danno e discapito del Perù. Ed all' ultim'ora, quando
l'Agente boliviano Belisario Salinas(i) era già sulle
mosse di partire per Arequipa, ove doveva riunirsi a
quello del Perù per quindi muovere insieme alla volta
di Tacna, si seppe a La Paz che TAgente chileno
Eusebio Lillo, quello stesso degli abortiti negoziati del
gennaio col Dott. Baptista, prossimo esso pure a par-
tire per Tacna da Santiago, era incaricato di nego-
ziare un trattalo di pace o di tregua col solo Agente
boliviano.
Sembrava inverosimile : eppure era vero 1
(i) Belisario Sallnas, come ricorderanno i nostri lettori, era il
^o Vice-Presidente della Repubblica. L'essere stato egli prescelto
per tali negoziati, prova la serietà delle pratiche preliminari corse
Si, questo riguardo e la grande importanza che avevano acquistata.
220 I negoziati di tregua falliscono
Sospesa allora la partenza di Salinas, fu spedito un
telegramma al Chili per far sapere a quel Governo
che V Agente boliviano non si sarebbe recato a Tacna
se non in compagnia dell'Agente peruviano, e quando
fosse sicuro che 1* Agente chileno vi si porterebbe a
sua volta munito di poteri sufficienti per negoziare un
patto di tregua con i detti Agenti del Perù e della
Bolivia, congiuntamente.
La risposta non si fece aspettare a lungo; sicché il
17 dicembre il General Camperò, già da oltre un
mese ritornato alla presidenza della Repubblica, scri-
veva in lettera amichevole e confidenziale al Contram-
miraglio Monterò, Vice-Presidente del Perù incaricato
del Potere Esecutivo : « Il mio Governo viene a sapere
in questo momento che il Signor Lillo ha sospeso la
sua partenza da Santiago per Tacna, perchè il suo
Governo lo aveva autorizzato a negoziare la tregua
unicamente coli' Agente boliviano, e non con Agenti
di entrambe le Repubbliche alleate. Ciò vuol dire che
tutto rimarrà in nulla, e che continueremo nello staiu
quo,n
Il Chili, nonostante le sue vittorie ed i suoi grandi
ed insperati successi, sentiva esso pure il bisogno di
deporre le armi : si sentiva omai stanco di una guerra
che la patriottica e disperata tenacità del Perù minac-
ciava di prolungare indefinitamente, e che, protratta
già assai più del necessario, aveva alterato ed alterava
ogni giorno di più l'organamento sociale e politico
del paese, sollevando smodate ambizioni individuali e
introducendo in tutti gli ordini di cittadini, colla tenv
Jl ChiYt non vuole trattare col Perii 221
poranea dominazione in paese straniero, nuove e pe-
ricolose abitudini di cui più tardi si avrebbero neces-
sariamente a risentire i tristi effetti. Nondimeno, per
quanto forte sentisse il bisogno di riposo, V idea di tro-
varlo in un semplice patto dì tregua gli sorrideva
poco o punto; e non aveva accondisceso a prender
parte a negoziati di questa natura, che a gran malin-
cuore, e solo perchè in quel momento non gli si pre-
sentava nulla di meglio.
Perciò non appena intravide la possibilità di realiz-
zare la speranza sì lungamente accarezzata di separare
la Bolivia dal Perù, per poi, come già dicemmo, co-
stringere quest'ultimo ad accettare la sua legge, ritornò
immediatamente sui suoi passi, e più non volle sapere
dell'anzidetto accolto divisamento dì negoziare una tre-
gua colla Bolivia e col Perù, congiuntamente.
Tutta la responsabilità di questo fatto e dei non av-
venuti negoziati per la tregua — che in quei mo-
menti sarebbe stata forse possibile, e che insieme al
molto sangue sparso dipoi nel Perù durante un altro
anno di lotta, avrebbe probabilmente risparmiati an-
che non pochi altri danni materiali e morali sì al
Perù come alla Bolivia — ricade quindi principalmente
sul partito boliviano della pace ad ogni costo^ ossia
sul noto partito rosso che ne era anima e vita; il quale,
a 1 lora come sempre, a cominciare dai primi mesi del 1 88 1 ,
spinto dall'ambizione di Governo, dal pensiero di acca-
parrarsi il favore del nemico per ogni possibile sinistra
contingenza della guerra, e dalla avidità di illeciti in-
grandimenti territoriali ed altri illusorii vantaggi pel
222 Negoziati epistolari
proprio paese, intrigò con tutte le sue forze per soste-
nere e fomentare negli uomini politici del Chili, assieme
alla speranza di separare la Bolivia dal Perù, la riso-
luzione di non procedere ad alcun accordo colle due
Repubbliche alleate, senza prima rompere la loro al-
leanza.
Tre mesi più tardi, dopo gli avvenimenti disopra
narrati, l'idea di una tregua tornava nuovamente a
galla.
Il i4 marzo i883, il Ministro degli Esteri di Bolivia,
Antonio Quijarro, dirigeva al Ministro degli Affari Esteri
del Chili una lettera di carattere essenzialmente confi-
denziale, improntata ai più alti sensi di dignità e dì
decoro, proponendogli direttamente la riunione in Tacoa
di Plenipotenziarii delle tre Repubbliche belligeranti, col
fine di negoziare un patto di tregua che egli dichia-
rava di considerare come un passo preliminare indi*
spensabile per arrivare alla stipulazione di un soddi-
sfacente e definitivo trattato di pace.
Il Ministro degli Affari Esteri del Chili, Luigi Aldu-
nate, facendo buon viso alla iniziativa presa dal Mi-
nistro boliviano, rispondevagli il 6 agosto, con lettera
egualmente confidenziale e delle più cortesi, che acco-
glieva con sincera soddisfazione il pensiero da lui espresso;
ma che però, date le circostanze eccezionali nelle quali
versava il Perù, di non avere un Governo che potesse
pretendere con 'giusto titolo di incarnare il sentimento
e la volontà della maggioranza dei suoi concittadinu
si trovava egli nella necessità di modificare la sua lo-
devole proposta nel senso che, lasciando da banda il
Tra i Ministri dei ChiTi e delia Bolivia 22$
Perù, i proposti negoziati riguardassero unicamente il
Chili e la Bolivia. E conchiudeva dicendo : « che si
poteva /issare di comune accordo un giorno^ prossimo^
per la riunione in Tacna di un Agente chileno ed
un Agente boliviano^ muniti di poteri sufficienti per
discutere^ convenire ed anche firmare il desiderato
trattato di tregua. »
Il Ministro boliviano comprese immediatamente e
senz'alcuna fatica che la ragione addotta dal Ministro
chileno, per escludere il Perù dai negoziati, era un sem-
plice pretesto. Nondimeno, nella sua seconda lettera del
26 aprile, dopo aver dimostrato che la eccezione ad-
dotta contro la situazione politica del Perù non reggeva
affatto, diceva egli al Ministro Aldunate che, come
omaggio di cortesia alla opinione da lui espressa, « con-
sentiva che i primi passi preparatorii avessero luogo
solamente fra un Agente chileno e un Agente boliviano,
allo scopo di trattare la questione iniziale relativa a detta
situazione politica del Perù, e cercare una combina^
:(ione che la modificasse e permettesse al Perii di avere
una rappresentanza genuina nelle conferente diploma--
fiche, » Ed onde non avessero a nascere dubbii o ma-
lintesi di sorta sulle sue intenzioni, terminava la sua
lunga lettera dicendo : « La Bolivia aspira con ferma
volontà a che non sorgano incidenti che possano git-
tare ombra sul suo onore di Nazione. Vuole che amici
e nemici sappiano a ragione veduta che si può fare
assegnamento sulla sua parola e confidare nella lealtà
dei suoi impegni.... La Bolivia non si rassegnerebbe a
firmare la pace o la tregua, lasciando abbandonato il
224 Negoziati epistolari
Perù al rigore della propria sorte, la cui gravità non
potrebbe essere maggiore. Se rinviato boliviano non
riuscisse ad ottenere T accettazione dì un rappresen-
tante del Perù nei negoziati, considereremmo questo
risultato come una disgrazia sommamente deplorevole,
perchè ci creerebbe delle difficoltà insuperabili. »
Il linguaggio tenuto dal Ministro Quijarro, coinè si
vede, era dei più chiari e categorici.
Cionondimeno il Ministro chileno, in altra sua let-
tera del dì 1 1 maggio, dopo aver preso nota della di-
chiarazione del Ministro Quijarro «di acconsentire che
si aprissero i negoziati coli* intervento unicamente degli
Agenti del Chili e della Bolivia, allo scopo di trattare
la quistione iniziale relativa alla situazione politica del
Perù^ e cercare una combinazione che la modificasse
e permettesse al detto Perù, di avere una rappresen-
tanza genuina nelle conferente diplomatiche — si cre-
deva autorizzato a supporre che quest'ultima parte foss«
stata messa innanzi dal Ministro boliviano, non perchè
veramente ci tenesse e con animo d^nsistere nella sua
effettuazione, ma semplicemente come un ripiego che
poteva e doveva venire eliminato, per dar principio à\
negoziati. Premesso ciò, ed insistendo sempre nella ne-
gativa ad ammettere la partecipazione di un Adente
peruviano nelle progettate conferènze, fissava il giomc
(il 1 5 del prossimo mese di giugno) per la riunione in
Tacna degli agenti del Chili e della Bolivia.
A ciò rispondeva il Ministro boliviano il 27 maggie,
insistendo a sua volta nel concetto che, se accondiscen-
deva che si iniziassero i negoziati coli* intervento de:
Tra i Ministri del Chili e della Bolivia 22^
soli Agenti del Chili e della Bolivia, era colla espressa
condizione che questi escogitassero anzitutto un divi-
s amento che permettesse T ammissione di un rappre-
sentante del Perù nelle conferenze, perchè poi, rimossa
in tal modo la difficoltà opposta dal Governo chìleno,
procedessero i rappresentanti di tutte e tre le Repub-
bliche belligeranti alla negoziazione della tregua; e che
ove non fossero queste le intenzioni del Chili, ove il
Chili si ostinasse ad ogni modo nel pensiero di esclu-
dere il Perù dai negoziati di Tacna per la tregua, era
del tutto inutile iniziare siffatti negoziati coli' intervento
dei soli rappresentanti del Chili e della Bolivia; per-
chè questa non si presterebbe affatto a stipulare un
trattato di tregua o di pace al quale non prendesse
parte anche il Perù. « Altrimenti, diceva assai nobil-
mente il Ministro Quijarro, si darebbe luogo ad uno
stato di cose inconcepibile, secondo il quale, fra il
Chili e la Bolivia regnerebbe la pace o la tregua nello
stesso tempo che fra il Chili ed il Perù continuereb-
bero le violenze di uno stato di guerra reso ancor più
grave per quest'ultimo. »
Il Ministro degli Affari Esteri del Chili chiudeva
questi negoziati epistolari, rispondendo alle precedenti
dichiarazioni del Ministro di Bolivia con una terza e
lunga sua lettera del 1 5 giugno, della quale ci basterà
riportare i seguenti edificantissimi brani : « Non so,
né mi tocca accertare se adottando tale risoluzione,
sia Ella fedele interprete dei sentimenti e dei veri in-
teressi del suo paese. Mi competerebbe anche molto
meno discernere se la sua condotta in questa circo-
220 'Kjegoxiati epistolari
stanza si aggiusti molto esattamente alla formola de-
finita, e quasi imperativa, che il Congresso riunito»
Tanno scorso nella città di La Paz tracciò alla poli-
tica del suo Governo, nella stessa emergenza che ora
ci occupa (i). Ma senza entrare in quest'ordine di ri-
flessioni, che importerebbero una intrusione da parte
mia e che nelP opinione pubblica dei suo paese trove-
ranno giudici competenti per appre^^arle^ rea incombe
unicamente farle presente che, così oggi come in di-
cembre dell'anno scorso, non sono state le esigenze
degli alti interessi nazionali della Bolivia, quelle che
hanno fatto cadere i nostri reiterati tentativi di pace.
In certa occasione Ella mi ha fatto l'onore di hnai
giudice delle perplessità del suo spirito, riguardo alla
dura situazione nella quale si troverebbe la Bolivia,
procedendo da sé sola a stipulare la pace o la tregua
col Chili, mentre il suo alleato rimarrebbe sopportando
le dolorose conseguenze della guerra. Le confesso che
mi mancherebbero gli elementi per sciogliere questo
problema, anche facendo astrazione dal suo lato stret-
tamente sentimentale. Non so, per esempio, fin dove
arrivino i doveri ed i vincoli che creò fra ambidue
i paesi il patto segreto che li portò alla guerra nel 1879,
e non saprei neanche in che misura e fino a qual ter-
mine le condizioni di quel patto potrebbero sovraim-
porsi indefinitamente agli antagonismi naturali, storici
e presenti che li separano. Però se dovessi giudicare
(i) Il dabbio e capzioso voto del Senato del 31 ottobre iSSi.
di cai già discorremmo.
Tra i Ministri del Chili e della 'Bolivia 22y
della situazione, alla luce di atti e di fatti che vengo
annotando nella già lunga storia delle nostre gestioni
diplomatiche occasionate dalla guerra, non sentirei
grande difficoltà per sbarazzarmi dei scrupoli che trat-
tengono Lei nella grandiosa opera di dare la pace e
la prosperità al suo paese.... La corrente degl'interessi
perfettamente conciliabili e perfino armonici che legano
il Chili alla Bolivia vincerà in breve tutti gli ostacoli
che si oppongono al suo passaggio: è difficile^ se non
impossibile f che i popoli si rassegnino ai sacrificio del
loro benessere^ del loro progresso^ delle loro condi-
s(ioni stesse di vitalità^ suWaltare di interessi che non
sono i loro interessi, e per r adempimento di doveri
della pili dubbia legittimità..,. Ho dovuto giustificare
(colle anzidette dichiarazioni) la condotta del mio paese
e del Governo nell'incidente diplomatico che Ella pro-
mosse colla sua lettera del i4 marzo, ed al quale ha
posto termine coli' ultima sua del 27 maggio» (i).
Le trascritte parole del Ministro degli Affari Esteri
del Chili, sono così chiare ed esplicite che non abbi-
sognano di commenti
Sono invece la più eloquente conferma di quanto
siamo venuti dicendo finora, circa il costante e tenace
(i) Nonostante questa chiusura dei negoziati, i suaccennati Mi-
nistri del Chili e della Bolivia scambiaronsi dipoi, sullo stesso
argomento, due altre lettere che non mutarono menomamente le
conclusioni anzidette, e di cui, per ragione di materia, ci riser-
biamo discorrere nella terza parte della nostra Storia, allorché ci
occuperemo della guerra, a cominciare dalla occupazione di Lima,
ossia dal gennaio 1881, nei suoi rapporti fra il Chili ed il Perù.
228 Costante proposito del CbiR
proposito del Chili di rompere l'alleanza fra le due
Repubbliche del Perù e della Bolivia, per potere im-
porre dipoi senz'alcuna fatica la sua legge ad entrambe
e regnare sovrano su di esse, per un certo tempo al-
meno, col favore della rivalità gittata fra loro; rivalità
che doveva necessariamente tenerle V una contro l'altra
armata^ fino all'arrivo di nuovi e straordinari! avve-
nimenti.
Per raggiungere questi suoi propositi il Chili si fa-
ceva credere pieno delle più belle ed amichevoli inten-
zioni verso la Bolivia; ma non appena manifestava
questa la propria risoluzione di non voler procedere
ad alcun accordo senza il concorso del Perù, si faceva
tosto indietro e mostrava i denti. Sapeva che non era
solo in questa lotta, che aveva nella stessa Bolivia
potenti e numerosi ausiliarii; e sperando sempre nel-
Topera coadiuvante ognora più fòrte ed efficace di
quelli, si teneva il più che poteva lontano dal transi-
gere sulle sue pretensioni.
L* intromissione del Chili, a proprio vantaggio, nelk
interminabili lotte della politica interna boliviana^ non
era punto nuova. Il primo saggio lo aveva fatto beo
quaranta e più anni innanzi, quando destramente vi
fomentava quella discordia civile che doveva assicu-
rargli la vittoria di Yungay e la desiderata dissolu-
zione della Confederazione Perù-boliviana (i); e da al-
(i) Al tempo istesso che spediva 3 sno esercito contro Sas-
tacnu, nel Perù, per combattere U Confedcnxione Perà-bolÌTÌaca
fondata da quello, U Chili ùnTÌaTa segreti ed abili Agenti in Bi^-
Sconvenevoìi rimproveri dei Ministro chileno 229
lora in poi, l'abile manovra non era stata mai più
dimenticata, come già vedemmo parlando della spedi-
zione armata del General Quevedo e delle origini del
trattato di alleanza fra il Perù e la Bolivia.
GV ingiusti e sconvenevoli rimproveri che il Ministro
chileno dirigeva nell'ultima sua lettera al Ministro ed
al Governo della Bolivia — rimproveri sui quali pro-
vocava il giudizio della opinione pubblica boliviana —
andavano molto acconciamente ad arricchire l'arsenale
degli oppositori del Governo: costituivano una formi-
dabile arma di partito per promuovere una di quelle
solite rivoluzioncine colle quali la opinione pubblica
era avvezza a manifestarsi in Bolivia; e se per caso
i' antica via della rivolta fosse stata già dimenticata
dai boliviani, trovavasi essa bella e tracciata in quelle
parole finali della mentovata lettera, che forse conte-
nevano anche una minaccia: « è difficile, se non im-
llvia per seminarvi la discordia e muovere gli animi contro il
detto Santacruz e contro la temuta Confederazione, che doveva
assicurare al Perù ed alla Bolivia, oltre tanti altri vantaggi, una
incontrastabile supremazia su tutte le altre Repubbliche del Paci-
fico. Quando arrivò il momento della prova definitiva delle armi,
nella battaglia di Vungay, l'esercito boliviano fra le cui fila la
propaganda chilena aveva fatto già grandi conquiste, si battè poco
o punto ; e mentre Santacruz veniva ivi senza molta fatica disfatto,
due Generali boliviani si ribellavano colle loro truppe in Bolivia
contro di lui, proclamando la cessazione della Confederazione.
Come ultimo coronamento poi di tutto ciò, il Governo che suc-
cedeva a quello di Santacruz in Bolivia si affrettava a congratu-
larsi ttfllcialmente col Chili per la vittoria da esso riportata in
Yungay.... sul Presidente e sull'esercito di Bolivia I
2J0 Promesse vane ed illusorie
possìbile, che i popoli si rassegnino al sacrificio del
loro benessere, del loro progresso, delle stesse loro
condizioni di vitalità, sulV altare di interessi che ma
sono i loro interessi^ e per V adempimento di doveri
della più dubbia legittimità, >
Quanto poi SigV interessi perfettamente conciliabili
e perfino armonici che legavano tra loro il Chili t
la Bolivia^ come si esprimeva il Ministro cfailena
erano nulF altro che belle parole; come in semplici
belle parole si risolvevano pure tutte le speranze date
in pascolo alla passionata credulità del partito rosso
0 pacista. Di ciò si ebbe una prova delle più evidenti
Tunica volta che si arrivò a negoziare per davvero
un trattato esclusivo fra la Bolivia ed il Chili^ come
si ardentemente quest^ ultimo desiderava; ossia nel fa-
moso patto di tregua indefinita Lillo Baptista, che fu
poi respinto dal Governo boliviano, e che, come ve-
demmo a suo luogo, era tutto a benefizio esclusive»
del Chili. Eppure quel patto — impasticciato di sor-
presa con un Agente boliviano che non ne aveva li
facoltà, in un momento in cui il Chili aveva maggiore
interesse di allontanare la Bolivia dalla guerra, e che
si sperava di fare accettare dal Governo boliviano per
la sola virtù dello splendore dei vantaggi che essi*^
doveva arrecare alla Bolivia — doveva necessariamente
considerarsi come ispirato dai migliori sentimenti de.'
Chili verso di essa.
I tanto decantati vantaggi a favore della Bolivia,
ossia i copiosi frutti delle simpatie e della benevolenz:
che il Chili sentiva per essa, vagavano invece in ilvj-
La rivoluzione non era piti possibile 2^1
sorie promesse che non facevano parte di alcun trat-
tato, che non risultavano da nessun documento diplo-
matico effettivo e presentabile alla luce del sole, e che
per di più erano poco meno che impossibili.
Ma l'esercito boliviano, una volta tanto proclive ai
pronunciamientoSy alle piccole e grandi rivolte dì quar-
tiere, più non si prestava a simili giuochi. Esemplar-
mente disciplinato e moralizzato dal General Camperò
durante oltre un anno che ne tenne il comando in
Oruro, e con una Ufficialità molto diligentemente de-
purata di tutti i tristi elementi che vi aveva trasfusi
l'antica educazione rivoluzionaria, era divenuto il vero
e più sicuro sostegno dell'ordine e delle istituzioni.
E tuttoché il Governo lasciasse ai cittadini ed ai par-
titi la più grande e completa libertà consentita dalle
leggi, sì di parola come di azione — cosa assai rara-
mente vistasi in Bolivia fino allora, o forse mai — la
rivoluzione non era e non fu possibile. Tutti sap)evano
che un moto sovversivo, qualunque ne fosse il pretesto,
avrebbe trovato nelF esercito un argine insuperabile; e
se ne stettero cheti.
Al giuoco dei partiti, come unico campo d'azione
per assicurare il trionfo delle proprie aspirazioni, non
rimaneva pel momento che il Congresso; quel multi-
forme Congresso che nella storia patria era, dopo Peser-
cito, la torbida fucina fattrice e distruttrice di Governi,
il gran condensatore delle passioni politiche, da cui
uscirono pel passato tante guerre civili e tante ditta-
ture. Perciò, appena giungevasi nell'agosto all'annuale
riapertura del Congresso, ritornava nuovamente a galla
2)2 Nuova quistione: lotta elettorale
la tanto dibattuta questione della politica internazionale,
ossia della condotta da seguirsi nella questione capi-
talissima della guerra; e vi ritornava sempre più ac-
compagnata da una serie di circostansce che dovevano
necessariamente aumentarne la naturale importanza.
Preoccupava fortemente gli animi una nuova quistiont
di ordine interno: la prossima elezione del Presidente
della Repubblica. I partiti politici si erano già schie-
rati: già preparava ciascuno le proprie armi per la
grande campagna elettorale : già ciascuno di essi aveva
fatta la proclamazione del proprio candidato; e la lotta
sulla questione internazionale si complicava necessa-
riamente con quella elettorale, assai più calda, e che
toccava molto più direttamente i grandi e piccoli in-
teressi di partito. A ciò si aggiungeva che il primo
Vice-Presidènte della Repubblica Dott. Arce, già tor-
nato dall'esilio, aveva ripreso il suo posto di Presidente
del Senato, seco portando nel Congresso un nuovo con-
tingente di forze ostili al Governo.
Per ovviare il grave sconcio verificatosi nel Con-
gresso delPanno anteriore, quando le due Camere emì-
sero due voti completamente contradittorii fra loro, fa
deciso che detta quistione verrebbe trattata in Con-
gresso pieno, ossia a Camere riunite, e sulla relazione
o parere della Commissione parlamentare per gli affari
esteri: e dopo oltre un mese consacrato all'intrigo pre-
paratorio dei corridoi e dei piccoli conciliaboli, giunse
infine il momento della gran discussione.
Il desiderio di un trattato di pace col Chili che po-
nesse termine, non già alla guerra, che da oltre tre anni
UlHmatum del Chili alla 'Bolivia 2)j
esisteva unicamente di nome per la Bolivia, ma alla
paura di vederla ricominciare con la minacciata inva-
sione, era venuto sempre più aumentando dopo gì* in-
fruttuosi tentativi per la tregua dell'anno precedente:
salvo sempre la nota differenza di opinioni sulla via
che dovevasi battere per arrivare a soddisfarlo, alber-
gava esso in quasi tutti i petti boliviani. Ed a rendere
siffatto desiderio assai più vivo ed imperioso, proprio
in quei momenti, primi di ottobre, concorrevano di
conserva due nuove circostanze: da una parte, Are-
quipa, r ultimo baluardo della resistenza peruviana, la
vera e migliore garentia della Bolivia contro la prepo-
tenza chìlena, la forza determinante delle continue sol-
lecitazioni del Chili per addivenire ad accordi cosiddetti
amichevoli colla Bolivia, sembrava prossima a cadere
in potere dell'esercito chileno; dall'altra parte, correva
la voce ed assicuravano i giornali di tutti i partiti che
da Tacna, ove trovossi in quei giorni di passaggio, il
Ministro degli Affari Esteri del Chili — forse appunto
per impedire che l'esercito boliviano corresse in soc-
corso d'Arequipa — aveva inviato alla Bolivia una spe-
cie di ultimatum cosi concepito : « Il Chili ha aperto
alla Bolivia tutte le porte per un accordo, e la Bolivia
si è fatta sempre indietro: ciò nondimeno il Chili le
ripete ancora per una ultima volta che è disposto a
negoziare con essa, purché faccia presto e sen\a per^
dita di tempo. »
Il partito rosso o pacista^ negli ultimi tempi forte-
nciente ingrossato nel Congresso, fatto ancor più bal-
danzoso dal favorevole concorso di queste circostanze,
15. — Caivamo, Guerra d'America - Parte U.
2^4 Pieno Congresso delle due Camere
credè sua la vittoria: e per viemeglio assicurarla, die
fuoco a tutte le sue mine.
Riunitesi le due Camere a Congresso pieno il 5 oc-
cobre, il Dott. Mariano Baptista, membro unico della
Commissione del Senato per gli Affari Esteri, mise
fuori colla data del 27 settembre, una stranissima re-
lazione che aveva tutti i caratteri del più odioso atto
di accusa contro la Bolivia e contro il Perù.
Partendo da considerazioni evidentemente erronee ed
arbitrarie, Baptista riversava sulla Bolivia tutta la re-
sponsabilità morale della guerra, presentandola come
la sola ed ingiusta provocatrice dell'ira chilena mani-
festatasi colla occupazione di Antofagasta, e quindi,
della disastrosa guerra cui detta occupazione diede prin-
cipio (i). E procedendo sempre con i medesimi erronei
ed arbitrarli criterii, faceva intravedere che il Perù era
(i) Diceva il Senatore Baptista, fra mezzo a tante altre a^ar-
dita, in questa sua antipatriottica relazione : « La rescissione dèh
transazione del novembre 1873, decretata dal Governo bolìviasc
il 1® febbraio 1879, aveva determinata per parte dèi Governo àé.
Chili l'occupazione di Antofagasta.» E dopo aver provato a ».'
modo che il Governo boliviano non aveva punto il diritto di enu-
nare quel decreto di rescissione, che feriva interessi chileiù ìa
protezione dei quali pendeva un vivo reclamo diplomatico ad
Chili, soggiungeva: < Senz'attendere^ come bisognava, al foni»
della quistione suscitata ; e sconoscendo con spirito leggiero la ferma
naturcUe colla quale ci s'imponeva il modo S traeutrla, la mstrt
Cancelleria seguì una politica che sembrava preparata per conàurì
a una rottura diplomatica* » Neppure il Chili osò nud dir tafitjf
Circa le orìgini della guerra, Cfr. nostra Storia, Parte prìs-.
Cap. I, II e III.
-' I
antipatriottica reìa-^ione di 'Baptista 2)j
corso sui campi di battaglia, non perchè trascinatovi
dalla sua alleanza colla Bolivia, ma per motivi esclu-
sivamente suoi ; si sforzava a dimostrare che detta al-
leanza, dopo la disfatta di Tacna, oltreché non reg'
geva più secondo i dettami della scien:[a (per certo
tutta sua), era stata di /atto implicitamente rotta e
manomessa più volte dal Perù (da quel Perù che la Bo-
livia aveva lasciato per tre anni solo sui campi di bat-
taglia a sopportare tutto il tristo peso della guerra);
e rimproverava al Governo boliviano di essersi tenuto,
ciò nonostante, indecorosamente avvinto al carro del
Perù, senza aver saputo o voluto svincolarsene, anche
quando più propìzia, secondo lui, erasene presentata
r occasione.
Indi, come legittimo corollario di tutto ciò, il Sena-
tore Baptista presentava al Congresso le conclusioni
seguenti : e Doversi negoziare direttamente la pace, pro-
vocando l'immediato concorso del Governo alleato, senza
che questo invito coarti la libertà delle sue delibera-
zioni, e senza che impacci o trattenga la nostra; col-
r unica condizione imprescindibile per la Bolivia, di
assicurarle una proprietà territoriale sufficiente nel
litorale del Pacifico. » Ed affinchè non avesse a rima-
nere alcun dubbio sull'ultima parte del voto proposto,
ossia sulla proprietà territoriale che voleva fòsse assi-
curata alla Bolivia, terminava la sua relazione dicendo:
« Una parola di più per giustificare questo nostro sine
qua non: se l'esito non dà diritti, li produce nei trat-
tati che ad esso succedono (?) ; e quando si parla di
essi, bisogna dichiarare che la ^Yivìd^^ privata del suo
2^6 Esanu déUa rela:^ione Baptista
litorale ha bisogno di un compenso, senza del quak
non potrebbe né progredire né vivere come Stato. Il
diritto alla vita ed alla espansione subordina tutti i di-
rittiy o meglio, nessun diritto esiste e si spi^a senza
questo diritto generatore. Dobbiamo far constare che
questo é un umile ma incontrastabile non possumus
dei Rappresentanti del paese. »
Lasciando da banda la inutile agglomerazione di idee
e di principii, veri o falsi, che non Geuiuo al caso, la
proprietà territoriale che il Senatore Baptista vokva
assicurata alla Bolivia sulle sponde dell' Oceano Paci-
fico, non doveva punto ragliarsi sul litorale boliviano
di Atacama, che già dava integralmente per perduto
ossia come ceduto al Chili nel trattato di pace che si
doveva negoziare, ed in compenso del quale appunto
esso la domandava: questa proprietà territoriale sul
Pacifico, che doveva compensare la Bolivia della per-
dita del proprio litorale, doveva prendersi su di altro
punto della immensa costa del grande oceano; e certo,
non del litorale chileno, cui sarebbe stata follia aspi-
rare e che d'altra parte rimaneva molto distante dalla
Bolivia: questa desiderata /7roprfetà territoriale^ questo
necessario compenso alla Bolivia, non poteva' trovarsi
che sul litorale peruviano, nel prossimo e da tanto
tempo ambito Dipartimento peruviano di Tacna. Che
il Senatore Baptista alludesse appunto a questo Dipar-
timento peruviano, stava nella coscienza di tutti: e
per allontanare ogni qualsiasi dubbio su ciò, basti ri-
cordare, insieme a quanto dicemmo finora sulle aspi-
razioni del partito rosso o pacista, che il Senatore
Esame della reìa^iat^e Baptista 257
Baptista, autore della relazione in esame, era lo stesso
Dott. Baptista del clandestino negoziato Lillo-Baptista
del gennaio 1882.
La relazione del Senatore Baptista insomma, comin-
ciava con un vergognoso atto di accusa contro la Bolivia,
e terminava col proporre che questa implorasse dal
Chili, dal suo offeso e generoso (I) nemico, il trattato di
pace che meglio piacesse a lui di imporle, purché per
compensarla del danno che le arrecava col privarla del
territorio di Atacama, si degnasse regalarle il Diparti-
mento peruviano di Tacna, di cui aveva tanto bisogno,
ossia un lembo di terra di quel debellato Perù che aveva
osato impugnare le armi contro di esso Chili, in difesa
e come alleato della oramai ravveduta e contrita Bolivia.
Per sapere poi quanto fosse inesatto che la perdita
del litorale o deserto di Atacama collocasse la Bolivia
nella impossibilità di progredire e fin anche di vivere
come Stato, onde si facesse urgente, in compenso di
quellOy il bisogno di una proprietà territoriale sul Pa-
cifico, basta ricordare quanto dicemmo sul proposito
di detto territorio nella prima parte della nostra Storia :
che cioè la Bolivia, a cominciare dal primo momento
della sua erezione a Stato autonomo, non si servì mai
del suo territorio di Atacama, ne per i suoi bisogni
commerciali, ne per trarne alcun elemento di vita o
di progresso nazionale. Per l'assoluta mancanza di
ogni via di comunicazione fra i porti dell' Atacama e
la parte più abitata dello Stato, detti porti, tranne
pachi e rarissimi casi, non servirono mai che ai soli
bisogni locali del quasi disabitato Dipartimento litto-
2j8 Esame delia relazione BapHsta
raneo di Atacama, più generalmente conosciuto sotto
il nome di arenile o deserto di Atacama; e le stesse
ricchezze minerali di detto deserto, dopo esser rimaste
fino agli ultimi tempi completamente abbandonate o
sconosciute, non furono sfruttate dipoi, salvo qualche
meschinissima particella, che da soli stranieri. 0 com-
mercio boliviano dei Dipartimenti più prossimi al Pa-
cifico, si servì sempre dei porti peruviani di Arica e
di Mollendo; e queste vie sceglievano pure di prefis-
renza gli stessi boliviani, non escluse le Autorità go-
vernative, che avevano a recarsi in qualcuna delie
mìsere borgate del deserto.
Che il possesso del Dipartimento peruviano di Tacna
facesse molto comodo alla Bolivia, con o senza l'Ata-
cama, nessuno saprebbe negarlo: ma che il bisogno di
possedere questo territorio peruviano venisse a sentire
solamente come una conseguenza della perdita del-
l'Atacama, di un territorio che non contò mai per
nulla nella generale economia della Repubblica, è tal
cosa che nessuno, senza chiudere gli occhi alla luce
della verità e della ragione, potrebbe avere il coraggio
di sostenere. Quanto poi al pensiero di approfittare
delle tristi condizioni nelle quali fu tratto il Perù da
una guerra di origine e di interesse tutto boliviano,
per soddisfare, a discapito dell'alleato generoso e ^
sgraziato, un antico bisogno (non sappiamo fino a
qual punto vero e reale della Bolivia), la coscienza
del lettore sa bene come qualificarlo.
Ritorniamo al Congresso. Comunque molto si te-
messe la guerra, e si sentisse perciò il desiderio della
È vivamente disapprovata 2^^
pace in quasi tutti gli animi, il triste spettacolo di
un boliviano, di un Rappresentante della Nazione, di
uno dei capi più eminenti di un grosso partito poli-
tico, che dalFalto della tribuna parlamentare osava
lanciare contro il proprio paese l'atroce ingiuria di
aver provocato la guerra, e quindi, in certo modo, di
aver meritato il tremendo castigo inflittogli dal nemico;
ingiuria alla quale si aggiungeva 1* altra, ancor più
sanguinosa, di volerlo trascinare, umiliato e pentito,
ai piedi del prepotente nemico, implorando un igno-
minioso trattato di pace; riscosse di subito il senti-
mento della dignità nazionale si fortemente offesa e
calpestata.
Il grido: al tradimento! risuonò irato dentro e fuori
del Congresso (i); ed il tumulto del primo momento
avrebbe forse potuto risolversi in eccessi dei più de-
plorevoli, se il Ministro Quijarro ed il Senatore Giulio
Méndez non avessero con nobile e ispirata parola ri-
chiamata sollecitamente la fiducia e la calma in tutti
gli animi, dopo aver ristabilita tutta intera la verità
dei fatti e degli apprezzamenti, da cui pienamente ri-
sultava e la somma giustizia che assisteva la Bolivia
nella guerra, fino dalle più remote origini di questa
(i) n popolo accalcato nelle tribune e nella piazza principale
di La Paz, sulla quale rimaneva aperta la porta dell'aula parla-
mentare, dava non equivoci segni della sua violenta e tempestosa
ag^itazione; ed un Deputato gridava dal suo stallo: « Questa re-
lazione, vista alla luce della verità e del patriottismo, è traditrice
della patria e dell'alleanza. »
240 Dignitosa condotta del Governo
e l'abnegata lealtà con cui procede sempre il Perù
verso di essa. Il Senatore Baptista fu costretto a riti-
rare le antipatriottiche conclusioni della sua relazione;
ed il ^Congresso usciva il 6 ottobre da una discussione
cominciata sotto sì foschi auspidi, accettando la se-
guente dichiarazione del Ministro d^lì Affari Esteri,
Quijarro: « Il Potere Esecutivo dichiara che è disposto a
concludere la pace, in termini compatibili coli* onore
e cogl'interessi del paese; al quale effetto adotterà ìd
breve le misure più convenienti. »
Pur nondimeno con ciò la gran vertenza non rimase
punto finita. Due giorni appresso, risollevato k> ^i-
rito un momento abbattuto sotto il peso della giusta
indignazione dell'opinione pubblica, il partito rosso o
jfacista ritornò sulla breccia: trovò che la precedente
dichiarazione del Governo non era sufficiente; perchè
non manifestava la condotta che esso terrebbe a ri-
guardo del Perù; e volle che la completasse con ap-
posita addizione.
Dopo lunga ed accalorata discussione, il Minbtro
Quijarro presentò l'addizione: v^mantenendo infiraiiantù
lo stato di guerra e P alleanza col Perù, j» Ma il Con-
gresso la respingeva con 33 voti contro 32; ed appro-
vava dopo brevi istanti la capziosa addizione proposta
dal Senatore Baptista, che diceva: ^V Esecutivo eser-
citerà e compirà i suoi diritti di alleato, >
Pel partito rosso o pacista V Meanza Perù-boliviana
era adunque un fatto che dava alla Bolivia una mol-
titudine di diritti, di cui già conosciamo la portata,
senza alcun dovere e senza alcuna obbligazione!
Significato del voto voluto dai pacisti 241
Ma senza perderci in oziose disquisizioni per sapere
in che consistevano quei tali diritti cui riferivasi l'ad-
dizione approvata, il vero senso pratico di questa si
trova nettamente dilucidato, o meglio, completato dalla
addizione respinta; la cui affermazione, diventando
una negazione per effetto del voto contrario o di di-
sapprovazione del G)ngresso, importava implicitamente
la sanzione dell'avverso concetto: che, cioè, non dove-
vasi mantenere infrattanto^ mentre si negozierebbe il
trattato di pace, né lo stato di guerra col Chili, né
Pallean3[a col Perii,
E ciò nel momento appunto, come poc'anzi accen-
nammo, in cui l'ultimo baluardo della resistenza pe-
ruviana, la principale e migliore garentia della Boli-
via, Arequipa, era per cadere nelle mani del Chili —
certo non senza colpa della Bolivia; la quale, chiusa in
casa sua donde udiva impassibile il lontano fragore
delle battaglie, colla sua inerzia e coi dubbii che con-
tinuamente fece nascere sulla propria lealtà, fra amici
e nemici, ad altro non servi che ad inceppare l'azione
dei primi ed a incoraggiare sempre più la strabocche-
vole ambizione dei secondi.
j^
SOMMARIO
Arequìpa cade in potere dell'esercito chileno. - Il Perù domandò
piò. volte il concorso e l'aiuto dell'esercito boliviano.- Furono
stabiliti più volte piani di campagna da eseguirsi unitamente dai
due eserciti alleati. - Conferenze di Omro. - Viaggio del Con-
trammiraglio Monterò a La Paz. - L'esercito boliviano, nonper-
tanto, non soccorse Arequipa, né si presentò mai sui campi di
battaglia. — La Bolivia fu condannata alla più deplorevole
inerzia : da chi e perchè. - Il partito rosso ed il popolare mira-
vano ad impossessarsi del potere: presero i nuovi nomi di co-
stitutionaU e democratico* -Costante minaccia di guerra civile:
solo la presenza dell'esercito in Oruro ne impediva lo scoppio.
- L'eco della caduta di Arequipa rintronò sinistra e paurosa per
tutta la Bolivia. - Solleciti preparativi del Chili per invadere la
Bolivia. - Curioso giuoco dei partiti costituzionale e democra-
tico. - Sono concordi nel pensiero di evitare ad ogni costo l'in-
vasione nemica. - Vogliono il sollecito invio di un'Ambasciata
344 Caduta ^tArtquipa
al Chili per D^oiiare U pace. — II Govemo ri acconsentt.
stretto dalla necc»itì di mantenere la pace interaa. — Il Cob-
gresM raccomanda al Governo la oomina di Baptista a mem-
bro dell'Ambasciata. — Il GeDcnd Camperò si dimette da Pie-
sidente della Repubblica. - D Congresso non accetta le sac
dimissioni: perchè. - Il Chili sospende i preparalÌTÌ d'ìnvasioDe.
- Trattato di tr^ua &a il Chili e la Bolivia.
PATTI però incalzavano nel Perù assai
più che l'intrigo e le semplici parole in
Bolivia.
Pochi giorni più tardi, prim' ancora
che spirasse il mese dì ottobre, Arequipa
cadeva in potere dell'esercito chileno; e, come già ac-
cenoaniino, forse non senza colpa della Bolivia, che
nulla fece né per portare ai difensori della storica
città un vero ed efficace soccorso, come avrebbe po-
tuto e dovuto, né per ingagliardire, colla presenza al-
meso della sua bandiera, lo spirito dì una popolatone
che da tre lunghi anni sosteneva la dura prova di
eccessive fatiche e di ancor più eccessivi sacrìfì^
Al lettore non sarà sfumilo che, sebbene intesi alk
trattazione della storia di una guerra, siamo arrivati
già agli ultimi momenti dei tre anni e più che ab-
braccia il lungo periodo del quale ci occupìanso ia
questo volume, senza che d sia occorso una sola volti
dì parlare dì un vero e proprio atto di guerra, fosse
anche la più piccola e insignificante scaramuccia. D(^
la tentata e non compiuta diversione del gennaio 1881.
l'esercito boliviano non fece un solo passo contro al
•jiiuH cÌTtesti dal Perà alla Bolivia 24$
nemico; né perora ci è dato discorrere di tutto quello
che avrebbe dovuto fare e non fece per secondare, se
non altro, l'azione dell'esercito alleato: ciò non sa-
rebbe possibile qui, senza ingolfarci in una esposizione
anticipata e fuori luogo delle operazioni compiute da
quest'ultimo e di quelle che, se non gli fosse venuto
meno il concorso di esso, avrebbe indubitatamente
menate a capo, come ne aveva l'animo.
Il Governo del Perù, vigorosamente ricostituito dal
Vice-Presidente Contrammiraglio Monterò sul finire
del 1881 — quando l'esercito chileno faceva con scan*
dalosa prepotenza prigioniero il Presidente Garcia Cai-
deron — mentre da una parte fortificavasi in Arequipa,
manteneva dall'altra sempre viva la lotta nelle Pro-
vincie più prossime alla lontana Capitale ; il che lo
obbligava necessariamente a dividere il suo piccolo
esercito. Perciò ebbe sempre specialissima cura di sol-
lecitare il concorso e l'aiuto dell' esercito alleato, tanto
nell'interesse diretto della difesa di Arequipa, quanto
per richiamare seriamente da quel lato l'attenzione del
nemico, ed obbligarlo a concentrare nelle posizioni di
Tacna e di Tarapacà una parte delle truppe che oc-
cupavano Lima e le circonvicine provincie; risultato
che avrebbe grandemente facilitata l'azione dell'intre-
pido Generale Càceres, che coi suoi ardimentosi ben-
ché male armati e spesso mal nutriti battaglioni ope-
rava su quella regione.
Molte pratiche furono fatte a quest'uopo dal Governo
del Perù presso quello di Bolivia, sia per mezzo del
solerte Plenipotenziario Del Valle, sia direttamente dal
246 Cottferen:^e di Oruro
Contrammiraglio Monterò che si mantenne sempre in
intima e cordiale corrispondenza epistolare col Gene-
rale Camperò, e che in una certa occasione si spinse
anche fino a recarsi a conferire con quest'ultimo nella
stessa città di La Paz. Furono presi più volte scrii e
positivi accordi su ciò; e, senza parlar d' altro per ora,
non si tralasciò neanche, in due diverse occasioni, di
discutere e stabilire un vero piano di campagna da
eseguirsi insieme dai due eserciti alleati, nel caso io
cui quello del Chili si movesse contro Arequipa. Ciò
fu fatto una prima volta nel maggio 1882, in apposite
conferenze tenutesi in Oruro dal Generale Camperò,
dal Plenipotenziario Del Valle e dal Capo di Stato-
Maggiore dell'esercito peruviano, Colonnello Velarde,
come risulta dal relativo memorandum; e posterior-
mente negli accordi avvenuti direttamente tra Camperò
e Monterò, quando quest' ultimo, ponendo per un mo-
mento da banda ogni altra bisogna, recavasi personal-
mente a La Paz a domandare alla inquieta alleata
del proprio paese, fosse anche in cambio di nuove pro-
messe e di nuovi sacrifizi per parte- del Perù, V adem-
pimento dei suoi sacri e dimenticati doveri.
Cionondimeno, ripetiamo, quando arrivò l'ora pct-
vista, quando le truppe chilene movendo da diverbi
punti si dirigevano simultaneamente contro Arequipa
per chiuderla in una stretta e compatta cerchia di
ferro, non un battaglione, non un solo soldato boli-
viano era là per testimoniare che l'alleanza Pierù-bo-
liviana esisteva ancora.
A cominciare dalla disfatta di Tacna, la Bolivia tu
InuT^ione delia 'Bolivia 247
fatalmente condannata alla più deplorevole e sconsi-
gliata inazione: ed è bene il ripeterlo ancora una volta,
non perchè fosse questo il pensiero del Presidente
Camperò e degl' insigni cittadini che furono con lui al
governo della Repubblica, cui animavano sempre i mi-
gliori e più lodevoli sentimenti. Lo stesso dicasi pure
dell'esercito stanziato in Or uro che, nonostante le
molto ristrette sue proporzioni, era ansiosamente de-
sideroso di riprendere la non dimenticata via dei
campi di battaglia, ed il cui comando in capo, fìn da
quando Camperò riprendeva le proprie funzioni di
Presidente della Repubblica, venne affidato al valoroso
Generale Eliodoro Camacho, allor allora rilasciato in
libertà dai chileni, che lo raccolsero lacero di orribili
ferite e quasi morente sul campo di battaglia dtlV Alto
deir AUean^a^ nel maggio 1880(1).
(i) Visitammo il quartier generale di Gruro nell'ottobre ap-
punto del 1883, pochi giorni prima della caduta di Arequipa; ed
avemmo più volte occasione di ammirare il vivo entusiasmo che
destava in quella distinta e patriottica Ufficialità - diligentemente
scelta e depurata dal Generale Camperò, come dicemmo già - la
speranza di intraprendere una nuova campagna, sia in soccorso
di Arequipa, sia per operare una diversione od un vero e posi-
tivo attacco sulle importanti posizioni nemiche di Tacna o di Ta-
rapac^ Ricordiamo che un giorno si sparse la voce (non affatto
infondata) che il Generale Camacho aveva ricevuto ordine premu-
roso dal Governo di approntare una divisione al comando del-
l'esperto Colonnello Pando, per una spedizione da es^;uirsi rapi-
damente all'arrivo di nuovo avviso: fu un vero giorno di festa
per tutto l' esercito e massimamente per gli Ufficiali, che credevano
alla fine arrivata l'ora di ricominciare seriamente la guerra.
24S Partito costitit^UmaU e partUo democratico
Ciò che condaimò la Bolivia ad una si lunga ina-
zione, che nulla più giustificava dopo l'acquisto del-
l'armameato e la conseguente creazione di un esercito
di órca 8000 uomini, al cui sostentamento una popo-
lazione unita e patriottica avrebbe saputo e potuto
assai facilmente provvedere (i), non fa bisogno ripe-
terlo: risulta nettamente da tutto quanto siamo venuti
finora dicendo sulle aspirazioni dei partiti politici in-
temi e sui tristi maneggi di uno di esà.
I due grandi partiti tradizionali della Bolivia, il
rosjo ed il popoiarCj che si erano rifatti e ingranditi
in proporzioni quasi uguali sul piedistallo delle diverse
opinioni da essi propugnate sulla gravissima quistioue
della guerra, miravano principalmente ed anzitutto al
Governo deUa Repubblica; e mentre l'uno, sempre
pronto alla rivolta, non aspettava che un pretesto per
muovere sollecitamente le masse, od una qualunque
favorevole occasione per consumaria, l'altro stava dal
suo canto sempre preparato a scagliarglisi contro per
contendergli la vittoria, cioè il potere ambito da czh
trambi, tostochè quello fiosse venuto all'azione (2).
(i) Ricorderumo i nostri lettori die l'esercito, gU di
8000 uomini, fÌL ridotto di oltre una metà tra il finire dd iSSi
ed n sotgert del 1882, per manonra di fondi prodotta in gnn
parte dalla difficQe e incomi^eta esazione ddle rendite deflo Statai
(2) Qaesti due yecchi partiti, come se il mutamento £ nomf
avesse la virtù di mutare anche 11 senso e la M)istiiìni delle cose,
cambiarono i loro nomi in occasione ddle lotte dettonli per b
Presidenza della Repubblica, assumendo, il r«Jx#, qndlo di partir:
costitutiomate ; ed il popoUri^ qudlo di partito demoertitìc^
^Pericoli di collisione fra i partiti 24^
Né qui è da tacere che, ove fosse avvenuta la col-
lisione di questi due partiti per disputarsi il comando
della Repubblica dopo avere abbattuto il Governo di
Camperò, trova vasi necessariamente spinto, volente o
no, a porsi terzo fra loro un nuovo partito detto il
liberale^ che in realtà poteva chiamarsi il partito della
lealtà e del patriottismo, di cui facevano parte tutti
quelli che nella quistione internazionale dividevano le
idee e te aspirazioni del Governo, e che, come questo,
volevano che la Bolivia continuasse energicamente la
guerra insieme al Perù, fino al momento in cui riu-
scisse possibile concludere fra le tre Repubbliche bel-
ligeranti un equo ed onorevole trattato di pace; par-
tito che nella questione interna della successione alla
Presidenza della Repubblica, dopo Camperò, proclamava
la candidatura dell' illustre Generale Eliodoro Camacho,
il cui nome era tutto un programma, e dei migliori.
Il più piccolo moto rivoluzionario adunque, se non
si fosse soffocato in sul bel principio, avrebbe fatto
divampare celermente per tutto il paese come un grande
incendio, che non si sarebbe mica estinto nel semplice
successo di rovesciare il Governo del Generale Cam-
pero, e che andando molto più in là ancora, avrebbe
lanciate le popolazioni in una guerra civile assai più
trista e feroce di quante insanguinarono pel passato
il suolo della Repubblica. E vedemmo altrove che lo
scoppio della rivoluzione fu impedito, fin da quando
l'esercito venne concentrato in Oruro, dall'averlo ap-
punto ridotto in quel luogo, ove esso compì sotto
r azione di Camperò, si felicemente continuata da Ca-
16. — Caivako, Guerra d emerita - Parte II.
2J0 lì timore delia rivolu:{ione tenne fermo F esercito
macho, la sua grande trasformazione morale; e donde,
ciascuno era intimamente convinto, sarebbe pronta-
mente corso a sedare ogni tentativo di rivolta, ovun-
que fosse avvenuto.
In siffatto stato di cose V allontanamento dell' esercito
da Oruro e dal territorio stesso della Repubblica, per
mandarlo sui campi di battaglia, ad Arequipa od al-
trove, ove lo reclamassero i bisogni della guerra, avrebbe
immediatamente determinato lo scoppio della rivolu-
zione; giacché limitato per le strettezze sempre mag-
giori dell'erario, fino dal gennaio 1882, alla misera
cifra di appena 3 000 uomini, non poteva contempora-
neamente attendere ai gravi bisogni della guerra ed a
quelli ancora assai più gravi ed urgenti dell'ordine in-
temo. Diviso in due, non sarebbe stato sufficiente né
per gli uni né per gli altri: non avrebbe potuto né ri-
solvere le sorti della guerra, né mantenere la pace In-
terna; e certo quest'ultima necessità era la prima e la
più incalzante di tutte.
Il Governo di Bolivia tentò più volte di avvicinare
il proprio esercito al teatro della guerra, al tempo
istesso che faceva del suo meglio per soccorrere P eser-
cito alleato, nella misura pur troppo limitata delle pro-
prie forze, sia di armi, sia di oggetti di vestiario ed
altro : ma trovò sempre un ostacolo dei più insupera-
bili nella nemica idra rivoluzionaria, la quale ergeva
sollecitamente la schifosa sua testa subitochè vedeva
allontanarsi da Oruro una semplice frazione di quel-
l'esercito che, solo, aveva la virtù di tenerla in sog-
gezione.
La caduta di %Arequipa intimorì la Bolivia 2$s
Il 5 gennaio i883 il Presidente Camperò scriveva
al Contrammiraglio Monterò in Arequipa che gli do-
mandava con urgenza un prestito di mille fucili: «Nella
opinione pubblica si sono già manifestate delle inquie-
tudini e perfino allarmi, alarmas^ a cagione dell'ap-
prossimazióne di alcuni nostri battaglioni al Dipar-
timento di Puno (Perù); e se in queste circostanze
facessimo V invio dei mille fucili, potrebbe nascere un
conflitto.... » Ed allora come sempre, cosi prima come
dopo del gennaio i883, onde calmare le inquietudini
della opinione pubblica^ ossia per impedire lo scoppio
della rivoluzione, fu necessario richiamare sollecita-
mente ad Oruro o a La Paz i battaglioni boliviani che
si dirigevano verso il teatro della guerra.
Come cadde Arequipa non istaremo qui a dire, per-
chè è questo un fatto che si collega intimamente con
tutta la lunga e complicata serie di fatti che si svol-
sero nel Perù dopo la resa di Lima, e che saranno
oggetto del terzo ed ultimo volume della nostra storia.
Ma l'eco della sua caduta rintronò sinistra e paurosa
per tutta la Bolivia, come il segnale della tanto te-
muta invasione nemica, alla cui effettuazione, nella
generale spensieratezza degli animi unicamente intesi
agl'intrighi di partito per la prossima elezione presi-
denziale, si era finito per più non credere. E quei me-
desimi — uomini e partiti — che guardarono sempre
colla maggiore indifferenza le sorti di Arequipa, che
opposero sempre tanta e si tenace resistenza allo svol-
g^imento della politica leale e patriottica del Governo,
e che non trascurarono mezzo alcuno per impedire
2f2 II Chili finge di voler invadere la Bolivia
alla Bolivia di compiere i proprii doveri di Naàone e
di alleata, furono i primi ad accorgersi, quando già
era troppo tardi, che la caduta di Arequipa lasciava
la Bolivia pressoché a discrezione del Chili; e perciò
furono anche i primi a spargere il terrore e lo spa-
vento fra quelle illuse popolazioni che essi mantennero
per tre lunghi anni nella più inescusabile inerzia, a^>et-
tando colle braccia incrociate l'approssimarsi di un pe-
ricolo che si poteva e doveva combattere, e che la loro
ignavia e le loro bieche aspirazioni rendevano certo e
immancabile.
Dìfatti il Chili, tostochè divenne padrone di Arequipa
e quindi della via ferrea che, passando per questa città,
si estende da Mollendo a Puno, si accinse o fece mo-
stra di accingersi senza perdita di tempo ali* impresa
finale, sommamente facile e spoglia di ogni pericolo,
di invadere la Bolivia, onde imporle colla punta della
spada un trattato che servisse a legittimargli il pos-
sesso del già da gran tempo occupato deserto di Ata-
cama. Una gran parte del suo esercito si trasferiva
sollecitamente a Puno, mentre da Mollendo si spedi-
vano per la stessa destinazione, sui carri della ferro-
via, le scialuppe cannoniere che dovevano fare le loro
prove sul gran lago Titicaca.
Questi solleciti e imponenti preparativi del Chili, sulla
cui destinazione non era possibile ingannarsi, certo non
erano fatti per calmare i timori dei boliviani, dei capi
e direttori massimamente dei due grossi partiti, il rosso
o costituzionale ed il popolare o democraticOy che con-
dannarono il paese alla inerzia quando il male era an-
/ partili ne sono scossi 2$^
Cora riparabile ed il combattere era un dovere dei più
imprescindibili (i); ed i timori di questi ultimi erano
tanto più veri e sentiti, inquantochè la invasione chi-
lena, oltre una guerra di strage e di esterminio assai
più terribile di quella da essi per tanto tempo schivata
sul territorio del Perù, doveva necessariamente portare
con se, quasi alla vigilia della riunione dei Comizii
per la elezione del nuovo Presidente della Repubblica,
il crollo di tutte le loro aspirazioni e di tuttte le loro
fatiche per impossessarsi della somma del potere —
scopo principale, se non unico, del loro reciproco ac-
canimento nella triennale lotta sul terreno della poli-
(i) n partito popolare o democratico — ■ come a suo luogo espo-
nemmo— si diede sempre il vanto di volere la continuazione dello stato
di guerra ; ma di quello stato di guerra nominale, cosiddetto difensrvOy
nel quale poltri la Bolivia dalla metà del 1 880 in poi, che non permet-
teva affatto all'esercito boliviano di varcare le frontiere della Repub-
blica per riprendere sui campi di battaglia nel Perà, ove insieme alla
causa di quest'ultimo si dibatteva quella pure della Bolivia, il posto
che V onore ed i veri interessi del proprio paese imponevano. Ciò che
esso voleva, infine, era una semplice parodia di guerra (ciò che
appunto fece la Bolivia fino dal giugno 1880) diretta soltanto a
sostenere una idea diversa da quella che patrocinava l'avverso
partito rosso o costituzionale, il quale voleva la pace ad ogni co-
sto; e nella ingannevole fiducia che la minacciata invasione chi-
lena, trattenuta dalle difficoltà topografiche della Bolivia, non di-
verrebbe mai una realtà, viveva tranquillo e spensierato, e, per così
dire, più che sicuro che il momento della prova, ossia quello in
cui il tanto vantato stato di guerra difensiva imporrebbe il do-
vere di impugnare le armi per respingere detta invasione non
verrebbe mai.
2^4 Curioso (riuoco dei partiti
tica estera ed interna del proprio paese. Una volta
avvenuta l'invasione, non era più il caso di pensare
alle elezioni ; giacché il paese si sarebbe trovato nella
necessità di accudire con tutte le sue forze a bisogne
molto più gravi ed urgenti.
Il giuoco di questi due partiti — tutti i cui pensieri
erano rivolti a fermare ai confini della Repubblica ì
passi della imminente invasione nemica, onde non es-
ser disturbati nelle loro faccende elettorali, e nello stesso
tempo, collo scopo di guadagnarsi il favore delle urne
elettorali, a farsi credere animati dal più eroico ardore
per la difesa della patria minacciata — fu davvero dei
più curiosi. Mentre i capi, quelli sui quali doveva rac-
cogliersi il suffragio popolare per la Presidenza della
Repubblica, facevano a gara ad offrire donativi o pre-
stiti di denaro per i bisogni della difesa nazionale, il
Congresso, nel quale uno di essi aveva posto eminente
ed ove erano numerosi i partigiani di entrambi, faceva
vive e calorose pressioni sul Governo, perchè, in adem-
pimento delle dichiarazioni fatte e della cons^ueote
deliberazione parlamentare sulla quistione intemazio-
nale nelle memorabili tornate dei primi di ottobre, si
affrettasse a spedire al Chili la Commissione o Amba-
sciata che doveva domandar la pace al nemico.
Il Governo intanto, cui non guidava alcun secondo
fine di politica interna, e che perciò libero da ogni estra-
nea preoccupazione era il miglior giudice della situa-
zione e dei veri interessi del paese, comprese tosto che
il Chili, troppo stanco già di tanto guerreggiare, avreblx
intrapreso di assai mala voglia o difficilmente condotta
Vogliono V invio d^ un* Ambasciata al Chili 2$$
a termine una nuova campagna contro la Bolivia, sé
avesse visto che questa, senza menomamente lasciarsi
intimidire, mostrasse ferma e risoluta intenzione di di-
fendersi a tutt* oltranza. Pur desiderando sinceramente
la pace, era perciò più che mai deciso a non comprarla
a troppo caro prezzo; e se ciò non fosse possibile, ad
opporre alla invasione nemica la più tenace e patriot-
tica resistenza, adottando in ultimo caso lo stésso piano
di campagna, per così dire disperato, cui aveva deter-
minato di ricorrere nel 1880.
Ma questa volta, come sempre, la sua azione trova-
vasi impastoiata dall'attitudine dei due anzidetti par-
titi, il costituzionale ed il democratico, che, come di-
cemmo, mentre da una parte facevano sfoggio per
mezzo dei loro giornali del più ardente e abnegato pa-
triottismo, esigevano imperiosamente dall'altra il pronto
invio di una formale e solenne Ambasciata al Chili
per negoziare la pace, prima che l'esercito di esso con
tanta sollecitudine concentrato in Puno oltrepassasse
la vicina frontiera.
L'invio di una tale Ambasciata il giorno in cui il
nemico si presentava altiero e minaccioso alle porte
della Repubblica per menare a capo la tanto lunga-
mente strombazzata invasione, era assai più che mo-
strarsi arrendevoli al pensiero di negoziare un equo ed
onorevole trattato di pace ; significava quasi gittarsi ai
suoi piedi per implorare da lui una parola di grazia,
un benevolo e compiacente perdono: ed il Governo,
al tempo istesso che avrebbe voluto fare ogni sforzo
per evitare al paese l'onta di un atto che solo l'accie-
2^6 11 Governo in acconsente
camento delle passioni partigiane poteva consigliare^
comprendeva bene che ciò non gli era affatto possibile^
senza porre in grave pericolo la pace eia tranquillità
intema, e quindi la sicurezza is tessa dello Stato, nel
momento appunto in cui il nemico era li li per var-
carne la frontiera. Giacché non è da dimenticare che
i due surriferiti partiti, che un interesse comune met-
teva momentaneamente d' accordo in siffatta esigenza
dell' invio dell'Ambasciata, riuniti insieme, costituivano
la grande maggioranza sidei Congresso com.e del paese;
e che fino ad un certo punto, mentre miravano ad un
medesimo scopo, potevano tutto osare (i). I Congressi
in Bolivia non furono sempre troppo scrupolosi nella
misura delle proprie attribuzioni e dei propri! atti; e
nulla assicurava che il Congresso del i883 fosse diverso
da quelli che lo precedettero.
Il Governo si vide quindi, con suo grande rincresci-
mento, nella necessità di accedere all' invio dell'Amba-
sciata. Ma fermo nel proposito di non accettare a nes-
sun costo la pace a condizioni troppo onerose, ossia
colla cessione al Chili del territorio di Atacama, men-
tre nominava il personale dell'Ambasciata e pref>araTa
le istruzioni cui questa doveva attenersi, attendeva colla
(i) Questi due partiti, il rosso o costituzionale ed 'A popolare o
democratico^ spinti da mutua convenienza a far causa commie fra
loro, proprio all'ultimo momento dell'accanita lotta elettorale, tro-
vansi oggi (1886) nuovamente insieme al potere, come ai tempi
del Presidente Achd. Auguriamo alla Bolivia che la loro vurrtlU
fusione produca frutti meno acerbi della prima*
/ tre partiti nelV Ambasciata 2$j
massima accuratezza alle gravi bisogne della difesa na-
zionale, convenevolmente mobilitando l'esercito in pre-
visione di un subitaneo attacco da parte del nemico
ed attivando colla maggiore energia la formazione di
nuovi battaglioni; nel che era assai efficacemente se-
condato tanto dall' esercito, quanto dal patriottico par-
tito liberale.
Onde eliminare anticipatamente ogni pretesto di mal-
contento nel caso non improbabile che l'Ambasciata
non riuscisse a negoziare la pace, o meglio, onde V in-
successo di quella non potesse essere addebitato tutto
a lui, il Governo aveva fatto sì che tutti e tre i par-
titi politici nei quali si divideva il paese avessero in
essa un proprio rappresentante, chiamando a comporre
la medesima, con eguale carattere di Ministri Plenipo-
tenziarii, tre fra i più notabili personaggi dei succitati
partiti.
In tal modo la grave questione del trattato di pace
da negoziarsi col Chili, veniva rimessa quasi comple-
tamente nelle loro mani; e senza alcun pericolo, fino
ad un certo punto almeno, che gl'interessi ed il decoro
dello Stato potessero venir manomessi; giacché dei tre
Plenipotenziarìi che costituivano l'Ambasciata i due ap-
partenenti al partito liberale ed al democratico — che
avevano sempre sostenuto di non doversi fare alcuna
cessione di territorio — non potevano mai piegarsi a
siffatta esigenza del Chili, senza disdire solennemente
all'ultima ora la professione di fede sulla quale essi ed
i proprii partiti eransi elevati. Il Plenipotenziario che
rappresentava il partito costituzionale, ossia il rosso o
2^8 Nuovi intrighi
della pace ad ogni costo, sarebbe necessariamente ri-
masto in minoranza; e quindi, o la pace si sareUe
conchiusa senza cessione di territorio, o non si sarebbe
conchiusa affatto, ciò che era quasi certo, essendo pur
troppo risaputo che il Chili esigeva come condizione
indispensabile la cessione pura e semplice dell' Atacama.
Ma il partito costituzionale ed il democratico che,
rivali e discordi sempre in ogni altra quistione, erano
però pienamente d'accordo nella paura della invasione
nemica e nel pensiero di evitarla ad ogni costo — al
tempo istesso che i loro giornali, massime quelli del
partito democratico, riempivano le proprie colonne dì
vane e pompose declamazioni sulla necessità di prepa-
rarsi seriamente alla difesa del sacro suolo nazionale,
prossimo ad esser profanato dal piede nemico — tro-
varono ben essi il modo di sfuggire alla durissima
stretta nella quale li frollocava il Governo. Mentre il
Plenipotenziario che doveva rappresentare nell'Amba-
sciata il partito democratico y il Senatore Oblìtas(i),
rifiutava l'alto incarico conferitogli dal Governo, il
Congresso raccomandava a quest'ultimo di aggiun-
gere un terzo Plenipotenziario, ai due che in quel mo-
mento componevano l'Ambasciata, nella persona del
noto Senatore Mariano Baptista (2). Il Senatore Baptisia.
(i) Il Senatore Oblitas era il candidato del partito democratìcc
per la Vice-Presidenza della Repubblica*
(2) Il 7 novembre la Camera dei Deputati approvava a grande
maggioranza di voti la seguente mozione: < La Camera dei De-
putati, riconoscendo le eminenti doti dei signori Belisario Salìsas
Vofrliono ambasciatore il Baptista 2)t)
come i nostri lettori ricorderanno, era una delle più
alte notabilità del partito rosso o costituzionale e l'au-
tore, per non parlar d* altro, della famosa relazione del
27 settembre nella quìstione intemazionale, che tanto
rumore destò nella tempestosa sessione del Congresso
del 6 ottobre ed in tutto il paese, fino al punto di venir
qualificata come traditrice della patria.
Colla surrogazione di Baptista nell'Ambasciata al
Plenipotenziario che avrebbe dovuto sostenere le sup-
poste aspirazioni del partito democratico, doveva ne-
cessariamente succedere tutto l'opposto di quanto aveva
previsto il Governo. Oltre la grande significazione mo-
rale che, a cagione dei noti precedenti di Baptista,
avrebbe avuto la presenza di costui nell'Ambasciata,
si sarebbero trovati in questa due Plenipotenziarii ap-
partenenti al partito costituzionale, ossia fautori della
pace ad ogni costo, e quindi della pace con cessione
di territorio, contro uno del partito liberale avverso a
detta cessione. La cessione delFAtacama al Chili po-
teva quindi considerarsi come un fatto compiuto, anche
prima che l'Ambasciata partisse da La Paz; e con ciò,
assicurata la pace, spariva definitivamente ogni peri-
colo d'invasione.
e Belisario Boeto, membri dell'Ambasciata diplomatica destinata a
negoziar la pace, col nemico, stimerebbe assai conveniente che
1' Esecutivo costituisse detta Ambasciata col Senatore Mariano
13aptista e gli onorevoli signori dianzi nominati. »
Altra mozione quasi identica approvava il giorno appresso anche
il Senato.
200 leccarda evidente contro il Governo
Questo pensiero della gran maggioranza del Con-
gresso che aveva raccomandata, o meglio, impasta T in-
trusione di Baptista nell' Ambasciata — pensiero nel
quale si vedeva assai manifestamente il segreto ac-
cordo dei due anzidetti partiti (i) — risultava con tanta
evidenza, che un giornale di La Paz, El Diario^ di-
ceva assai giustamente : « La raccomandazione parla-
mentare perchè s'includa il signor Baptista nell'Am-
basciata diplomatica destinata a negoziare la pace co!
Chili, importa una completa censura contro il Governo
nella politica internazionale, e conseguentemente un
voto di fiducia alla Commissione unipersonale per gli
affari esteri del Senato » — ossia a Baptista che, come
vedemmo nel capitolo precedente, dopo aver fatto nelh
sua relazione del 27 settembre il più acre ed ingiu^o
atto di accusa contro la Bolivia, proponeva che questa,
pentita ed umiliata, implorasse dal Chili a qualunque
(i) Nel Congresso del 1883, a cagione della imminente loca
elettorale, il grosso gruppo dei vacillanii, di Deputati e Senatori
non affiliati ad alcun partito che nel Congresso dell'anno antece-
dente faceva ondeggiare la maggioranza or da questa or da qncH.
parte, più non esisteva. Si nella Camera dei Deputati oome in
quella del Senato, sedevano tre partiti stretti e compatti che si
combattevano la Presidenza della Repubblica; e nessuno di essi
formava maggioranza: questa non poteva risultare che dal con-
corso palese o segreto di due partiti, e la stessa maggioranza di
un voto che nella tornata del giorno 8 ottobre, sulla qnistionc
intemazionale, rigettava Vaddisùme mimsteriak per accogliere qttill-
del Senatore Baptista, fu ottenuta dal partito rosso, col concorso
di alcuni voti scappati da altro partito, che non è difficile indo-
vinare.
Dimissione del Gen. Camperò 261
prezzo un trattato di pace ed il regalo di un pezzo di
terra sulla costa del Pacifico.
Alla luce di fatti tanto eloquenti, il Generale Cam-
pero comprese che non gli era più possibile reggere i
destini del paese, e presentò le proprie dimissioni da
Presidente della Repubblica (i).
Ma col ritiro di Camperò la tanto disputata Presi-
denza della Repubblica passava senz'altro al i® Vice-
Presidente Aniceto Arce, ossìa al cattdillOj al capo del
partito rosso o costituzionale; risultato ultimo che non
poteva affatto piacere al partito democratico; ed il
Congresso, dopo più ore di tempestosa discussione,
dichiarò che non accettava le dimissioni del Presidente
Camperò. Di fatti il giornale La Prensa^ organo prin-
cipale del partito democratico, scriveva il 16 novem-
(i) « Presidenza della Repubblica. - LaPaz, io novembre 1883.
- Signor Presidente del Senato - Compio il grave dovere di ri-
spondere alla sua Nota del giorno 7, colla quale mi comunica la
mozione approvata dal Senato Nazionale, suggerendo la conve-
nienza di includere P onorevole signor Baptista nelP Ambasciata
diplomatica che deve negoziar la pace col Chili. Con tatto il ri-
spetto che m'ispirano gli atti di si alto Consesso, mi permetto
dichiarare che la surriferita deliberazione ha prodotto nel mio
animo la più dolorosa impressione, considerando che essa viene
dopo successi parlamentari tanto notevoli quali furono quelli delle
Sessioni dei giorni 5, 6 e 8 ottobre e delle Sessioni posteriori,
a cagione della Relazione del 27 settembre ultimo presentata
dall'Onorevole Baptista; documento che causò profonda sensazione
in tutta la Repubblica. Una eguale mozione ha approvato anche
la Camera dei Deputati.... Mosso.... rinunzio Palta carica di Pre-
sidente della Repubblica. - Narciso Camperò. »
202 II Chili sospende i preparativi d'invasione
bre: « Nella sessione parlamentare del giorno io si
pose in discussione la Nota colla quale il Presidente
della Repubblica rinunziava la sua alta carica.... Dopo
quattr'ore di discussione si seppe che il Congresso non
aveva accettata la rinunzia del Presidente. Questa no-
tizia tranquillizzò i diversi circoli politici, i quali te-
mevano con ragione che l' accettazione della rinunzia
del Generale Camperò, non avrebbe importato altra
cosa che decretare la guerra civile e la resistenza che
la grande maggioranza nazionale avrebbe opposto al
successore del Generale Camperò.»
Sarebbe ornai più che ozioso dilungarci nella descri-
zione degli ultimi avvenimenti occorsi in Bolivia.
Partita l'Ambasciata per Santiago, il Chili sospese
immediatamente i suoi preparativi d'invasione: e poi-
ché la citata Ambasciata non voleva che si parlasse
di cessione di territorio, il Governo chileno che asso-
lutamente non voleva più saper di guerre pel momento,
fosse anche colla sicurezza di uscirne sempre ed a buon
mercato vincitore, si accontentò di conchiudere con
essa, il 4 aprile i884, un patto di tregua indefinita
che lo lasciava provvisoriamente, ossia fino alla ripresa
delle ostilità, nel pieno e consentito possesso del terri-
torio boliviano di Atacama da lui occupato l'anno 1879-
Pienamente sicuro che la Bolivia, convinta della
propria inferiorità, e costantemente lacerata da di-
scordie intestine che la fanno incapace d'ogni qualsiasi
slancio patriottico, non sarebbe mai la prima a rom-
pere la tregua, fino a che non avesse con se uà nuoyo
alleato — certo, assai difiicile a trovare dopo la con-
Trattato di tregua indefinita 26}
dotta da essa tenuta col Perù, — il Chili colmava
con ciò i suoi voti, quasi tanto quanto con un vero e
definitivo trattato di pace.
La sola differenza che correva fra il menzionato
patto di tregua e quello di pace desiderato dal Chili,
per legittimare definitivamente al cospetto del mondo
la sua occupazione o conquista del territorio di Ata-
cama, non consisteva in realtà che nel semplice nome
dato al succitato trattato. Ed a questa semplice diffe-
renza di nome il Chili si rassegnava assai facilmente,
pel momento, sicuro che non gli riuscirebbe difficile il
farla sparire più tardi, disceso che fosse il Generale
Camperò dalla sedia presidenziale, destramente appro-
fittando di qualcuno dei repentini mutamenti d'indi-
rizzo, di bisogni e di simpatie, tanto frequenti nella
politica boliviana.
Della Bolivia torneremo ad occuparci, per quanto
sarà di ragione, nel seguito della nostra storia.
^
INDICE
Prefazione 9
Capitolo I i3
La Cordigliera delle Ande. - Topografia della Bolivia. - Altezza
delle sue principali città sul livello del mare. — Lo si direbbe
un paese collocato nella r^bne dei cirri t - Eccezionale va-
rietà di climi e di prodotti agricoli. — Il monte Illimani e sua
maravigliosa specialità. - Ricchezze metallurgiche. - Il dunoso
monte Potosf. - H soroehe, - Miniere: loro auge durante l'epoca
coloniale: loro posteriore decadenza. - Injenios. - Difetto di
strade. - Il vapore Yavarl. - Il gran lago Titicaca. - Ferrovia
tra MoUendo e Puno. - Sentieri. - Sistemi di locomozione. -
Mezzi di trasporto pei bisogni commerciali. - Stagione delle
piogge e suoi effetti. - Vestigie di antiche civiltà e di remoti
abitatori di cui non si ha alcuna notizia : rovine di Tiaguanacu :
monumenti di Camataqui: le Chulpas.
Capitolo II 35
Popolazione della Repubblica di Bolivia. - Suo sparpagliamento
sul vasto territorio nazionale. - Suo spirito di provincialismo.
' Difetto di omogeneità fra le diverse razze che la compon-
17. Ca IVANO, Gturra d'America - Parte li.
206 Indice
gòno. - Razza indigena. - Sae deplorevoli condizioni dorante il
regime coloniale. - Inefficacia dei provyedimenti adottati in sao
favore dai Re di Spagna* - Suo odio contro la razza bianca e
la meticcia. - Sue numerose ribellioni^ e spirito che le infor-
mava. - CoUa proclamazione della Repubblica non mig^rò:
rimase qual'era. - Suo stato attuale di abiettezza ed abbruti-
mento. - Sua divisione in due grandi famiglie: QiàcÀms e
Aymarà, - Non prende alcuna parte alla vita sodale e politica
del paese. - Bianchi e meticci. — Loro speciali condizìoiii di
essere. - Cenno sulla loro civiltà: influenza che hanno esercì-
tato su di essa la struttura topografica del paese, la virinanra
e l'esempio dell'indio. - Finanza nazionale. — Istruzione pub-
blica. - Carattere boliviano. - Sua nota distintiva.
Capitolo HI 6i
Il generale Sucre dà l'ultimo crollo alla dominazione iberica nel-
l' Alto-Perù. - Convoca un' Assemblea Costituente. — Malessere
sociale. - La popolazione di Potosi, onde impedire lo scopi»o
della guerra civile, prega il generale Sucre di non allontanani
dal paese colle sue truppe. -Erezione dell'Alto Perù a Stato
indipendente sotto il nome di Repubblica di Bolivar, o Boli-
via. - Sucre è eletto Presidente della Repubblica. - Scoppia U
rivolta. - Sucre lascia la Bolivia. - Orrenda anarchia. - Sas-
tacruz ristabilisce l'ordine intemo. - Nuove rìvoluzionL — Ca-
rattere dei partiti politici. - Instabilità dei Governi. - Hpieà-
dente Belzu: in sttU anni di governo soffoca 34 rìvoluzionL
- Tragica origine di due grandi partiti: il popolare ed il conser-
vatore. - n presidente Cordova: sua dichiarazione. — Dittatan
Linares. - Strana rivoluzione. — Il presidente Achà inaogoza U
politica fusionista, - Lotta accanita tra il partito popolare eii
il conservatore. - Orribili scene di sangue. - Il partito oonsei^
vatore è detto rojo^ rosso, per sanguinario. - Ritoma a domi-
nare il militarismo. - La storia politica della Bolivia fino al t SSo
si riassume in tre periodi - Riassunto generale: guerra civik.
dispotismo e anarchia. - Origini e cause di tale stato di cose.
Indice 26J
Capitolo IV 87
L'esercito boliviano rientra in patria dopo la disfatta édVAito
dtlt AUeanta, - Il Generale Camperò tenta invano di riordi-
nare in ritirata gli avanzi dell'esercito. - Governo e popolo in
Bolivia si curano poco della guerra. - Intrighi dei partiti per
la elezione del Presidente. - Minaccia di guerra civile. - La
Convenzione Nazionale el^^ge il G. Camperò Presidente della
Repubblica. - Il Dottor Arce è eletto 1° Vice-Presidente: -
assume il comando della Repubblica fino all'arrivo del Presi-
dente Camperò : - suoi atti di Governo. - Il G. Camperò ar-
riva a La Paz: dopo 9 giorni di esitazione accetta la Presi-
denza. - La pace intema è assicurata.
Capitolo V 101
Deplorevoli condizioni della Bolivia. - Meschinità numerica del-
l'esercito. - Difetto d'armamento. - Povertà dell'Erario. - H
Governo chiede aiuti di armi o di danaro al Perà. - Domanda
un prestito agli Stati Uniti. - Spedisce agenti segreti a Buenos
Ayres per fere acquisto di armi. - Provvedimenti intemi. -
Rivalità ed intrighi di malevoli. - Difficoltà topografiche per
la repressione dei moti rivoluzionaril. — I materiali di guerra
acquistati a Buenos Ayres sono trattenuti in Jujui: giungono con
gran ritardo in Bolivia. - Si raccolgono le armi possedute dai
cittadini. - Si forma un piccolo esercito. - S'intraprendono
operazioni di guerra che rimangono incompiute.
Capitolo VI 119
Il Perù dopo le battaglie di San Juan e di Miiaflores. -Il Chili
poteva dar prontamente termme alla guerra, compiendo tutte
le sue aspirazioni: non sa profittare della favorevole opportu-
nità; prende una falsa via. - Il Perù prepara un ultimo ba-
luardo di resistenza in Arequìpa. - La guerra, invece di finire,
entra in una nuova fase. — Il Chili minaccia di invadere la
208 Indice
Bolivia. - Il Governo boliviano si sforza di porsi in grado di
respingere l'invasione nemica: i suoi awersarìi politici ne con-
trariano l'opera: vogliono si n^ozii la pace: cause detenni-
nanti la loro condotta. - Il Chili non pensava ad invadere la
Bolivia: Io diceva per incutere timore. - Segreti Agenti chi-
leni propongono al Governo boliviano illeciti negoziati di pace,
perchè rompa F alleanza col Perù. - Rifiato del Presidente
Camperò. - Gli Agenti chileni si rivolgono agli awersariidel
Governo : questi accettano le proposte chilene, prendono il nome
di partito della pace ad ogni costo* - Il Chili non poteva arere
l'intenzione di mantenere le promesse che i suoi Agenti dice-
vano alla Bolivia. - Sapposto che le mantenesse, la Bolivia
sarebbe cadata di fatto sotto il protettorato chileno. - Il par-
tito della pace ad ogni costo avversa sempre più l'opera pa-
triottica del Governo. - Il Governo convoca la Convenzione
Nazionale.
Capitolo VII 147
Il Dottor Arce, Caudillo del partito della pace ad ogni costOy e
mandato in esilio. - Svela le sue idee per mezzo della stampa.
— Osservazioni Sul valore delle medesime. — Come nacque
l'alleanza Perù-boliviana conclusa nel 1873: fu proposta e
domandata dalla Bolivia, per premunirsi contro le mene am-
biziose del Chili. ~ Il partito rosso sposa la causa del Dottor
Arce. - Messaggio del Presidente Camperò alla Convenzione
Nazionale circa la condotta da osservarsi nei conflitto col ChilL
— La Convenzione Nazionale accetta la politica del Governo. -
Minacele di guerra civile. — Cattive condizioni dell' esercito. -
Il Presidente Camperò, lasciato provvisoriamente il potere, con-
centra e disciplina l'esercito ad Oruro. — Povertà dell'erario
e riduzione dell'esercito.
Capitolo Vili 1 67
Il Dott. M. Baptista è nominato Ministro Plenipotenziario al Cozì-
gresso Americano indetto in Panama. - Il Generale Camperò
Indice 26^
10 incarica di esplorare, nel suo transito per Tacna e Lima,
le idee degli uomini politici del Perù e del ChilL - Sue con-
ferenze in Tacna con l'Agente chìleno Lillo. - Negozia inde-
bitamente con esso un patto di tregua. - Nota informativa di-
retta al Generale Camperò ed al Governo. - Esame di quel
patto di tr^ua, conforme alle aspirazioni del partito rosso e
del ChilL - Antica aspirazione boUviana di possedere il Di-
partimento peruviano di Tacna. - Ingannevoli ed illusorie pro-
messe degli Agenti chileni. - La popolazione di Tacna non
avrebbe preferito la Bolivia al Perù. - Il Generale Camperò
ed il Governo boliviano disapprovano e respingono quél patto
di tregua. * Il Plenipotenziario del Perù provoca dalla Bolivia
una dichiarazione di fedeltà all' alleanza. - La Bolivia inizia
pratiche diplomatiche col Perù per devenire insieme ad un
trattato di tregua col Chili. - Ultin^o tentativo di Baptista. -
Fermezza e lealtà del Generale Camperò.
Capitolo IX 2o3
Il Perù non aderisce all' invito della Bolivia di negoziare una tre*
gua. - Il Governo boliviano espone al Congresso un programma
di politica inierruniotiale, - L'opinione pubblica nella Bolivia
sì divide in quattro diverse correnti: -> i» La politica dd Go-
verno, fedele ai doveri imposti dall'alleanza; > 2» Il partito
rosso o della pace ad ogni costo che voleva venire ad accordi
col Chili, non curando l'alleanza;- 3» L'antico partito po-
polare che voleva la continuazione dello stato illusorio di
guerra difensiva - sue incoerenze; - 4^ I vacillanti o incerti. -
11 Congresso non prende alcuna determinazione : cause di ciò.
— Il Governo boliviano riannoda i negoziati preliminari col
Perù per la tregua. - Li sospende in vista dell'agitazione che
regna nel Congresso. - Voto capzioso del Senato boliviano. -
Deliberazione della Camera dei Deputati. - Convenzione perù-
boliviana circa la tregua da n^oziarsi col Chili. - Mediazione
privata del Ministro brasiliano. - Suoi lodevoli risultati. - Sono
distrutti dagl'intrighi del partito rosso, - Il Chili vuol trattare
2'jo Indice
colla Bolivia, ma non col Perù. • Negoziati epistolari fra i
Ministri d^li AfTarì E^eri del Chili e della Bolivia. •!- Co-
stante proposito del Chili di separare la Bolivia dal Perà. -
Fermezza del Ministro boliviano. - Antiche intromissioni del
Chili nella politica boliviana. — Uiiimatum dd Chili alla Bo-
livia. - Relazione antipatriottica del Dott. Baptista al Congresso.
- Esame della medesima. - È vivamente disapprovata. — H Go-
verno delinea la sua condotta secondo giustizia. - Il partito ro9S9
strappa al Congresso un voto conforme alle proprie idee^
Capitolo X 243
Arequipa cade in potere dell'esercito chileno. - Il Perà domandò
più volte il concorso e l'aiuto dell'esercito boliviano. - Furono
stabiliti più volte piani di campagna da es^^uirsi unitamente dai
due eserciti alleati. «^ Conferenze di Oruro. - Viaggio del Con-
trammiraglio Monterò a La Paz. - L'esercito boliviano, nonper-
tanto, non soccorse Arequipa, né si presentò mai sui campi di
battaglia. - La Bolivia fu condannata alla più deplorevole
inerzia : da chi e perchè. — Il partito rosso ed il popolan mira-
vano ad impossessarsi del potere: presero i nuovi nomi di ak
stituzionaU e democratUo, - Costante minaccia di guerra civile,
solo la presenza dell'esercito in Oruro ne impediva lo scoppia
- L'eco della caduta di Arequipa rintronò lùmstra e paurosa po'
tutta la Bolivia. - Solleciti preparativi del Chili per invadere k
Bolivia, - Curioso giuoco dei partiti costituzionale e democra-
tico. - Sono concordi nel pensiero di evitare ad ogni costo Tm-
vasione nemica. - Vogliono il sollecito invio di un'Ambasdata
al Chili per n^oziare la pace. - Il Governo vi acconsente,
stretto dalla necessità di mantenere la pace intema. - II Conr
gresso raccomanda al Governo la nomina di Baptista a mem-
bro dell' Ambasciata. - H General Camperò si dimette da Piv-
sidente della Repubblica. - Il Congresso non accetta le sue
dimissioni: perchè. •> Il Chili sospende i preparativi d'invanooe.
" Trattato di tregua fra il Chilie ia Bolivia.
I
^
/^Isz
v.
206 Indice
góno. - Razza indigena. - Sue deplorevoli condizioni dorante il
regime coloniale. - Inefficacia dei provvedimenti adottati in suo
favore dù Re di Spagna. - Suo odio contro la razza bianca e
la meticcia. - Sue numerose ribellioni, e spirito che le infor-
mava. - Colla proclamazione della Repubblica non migliorò:
rimase qual'enu - Suo stato attuale di abiettezza ed abbruti-
mento. - Sua divisione in due grandi famiglie: Quickmm e
Aytnarà. - Non prende alcuna parte alla vita sociale e politica
del paese. - Bianchi e meticcL - Loro speciali condizioni di
essere. - Cenno sulla loro civiltà: influenza che hanno eserci-
tato su di essa la struttura topografica del paese, la vicinanza
e l'esempio delP indio. - Finanza nazionale. - Istruzione pub-
blica. - Carattere boliviano. - Sua nota distintiva.
Capitolo Ifl 6r
Il generale Sucre dà l'ultimo crollo alla dominazione iberica nel-
r Alto-Perù. - Convoca un' Assemblea Costituente. - Malessere
sociale. - La popolazione di Potosi, onde impedire lo scoppio
della guerra civile, pr^;a il generale Sucre di non allontanata
dal paese colle sue truppe. -Erezione dell'Alto Perù a Stato
indipendente sotto il nome di Repubblica di Bolivar, o Boli-
via. - Sucre è eletto Presidente deUa Repubblica. - Scoppia la
rivolta. - Sucre lascia la Bolivia. - Orrenda anarchia. - San-
tacruz ristabilisce l'ordine intemo. - Nuove rivoluzioni. — Ca-
rattere dei partiti politici. - Instabilità dei GovemL - H presi-
dente Belzu: in sette anni di governo soffoca 34 rivoloztonL
- Tragica origine di due grandi partiti: il popolare ed il conser-
vatore. - n presidente Cordova: sua dichiarazione. - Dittatura
Linares. - Strana rivoluzione. - Il presidente Achà inaugura la
politica fusionista, - Lotta accanita tra il partito popolare ed
il conservatore. - Orrìbili scene di sangue. - Il partito conser-
vatore è detto rojo^ rosso, per sanguinano. - Ritorna a domi-
nare il militarismo. - La storia politica della Bolivia fino al i SSo
si riassume in tre periodL - Riassunto generale: guerra, àvile,
dispotismo e anarchia. - Origini e cause di tale stato di cose.
Indicò 26j
Capitolo IV 87
L'esercito boliviano rientra in patria dopo la disfatta àxMl^AUo
deltAlUanta. - Il Generale Camperò tenta invano di riordi-
nare in ritinta gli avanzi dell'esercito. - Governo e popolo in
Bolivia si curano poco della guerra. - Intrighi dei partiti per
la elezione del Presidente. - Minaccia di gaerra civile. - La
Convenzione Nazionale elegge il G. Camperò Presidente della
Repubblica. - Il Dottor Arce h eletto i® Vice-Presidente: -
assume il comando della Repubblica fino all'arrivo del Presi-
dente Camperò: - suoi atti di Governo. - Il G. Camperò ar-
riva a La Paz: dopo 9 giorni di esitazione accetta la Presi-
denza. - La pace intema è assicurata.
Capitolo V 101
Deplorevoli condizioni della Bolivia. - Meschinità numerica del-
l'esercito. - Difetto d'armamento. - Povertà dell'Erario. - Il
Governo chiede aiuti di armi o di danaro al Perù. - Domanda
un prestito agli Stati Uniti. - Spedisce agenti segreti a Buenos
Ayres per fere acquisto di armi. - Provvedimenti intemi. -
Rivalità ed intrighi di malevoli. - Difficoltà topografiche per
la repressione dei moti rivoluzionarìi. - 1 materiali di guerra
acquistati a Buenos Ayres sono trattenuti in Jujuf : giungono con
gran ritardo in Bolivia. - Si raccolgono le armi possedute dai
cittadini. - Si forma un piccolo esercito. - S'intraprendono
operazioni di guerra che rimangono incompiute.
Capitolo VI 119
Il Perù dopo le battaglie di San Juan e di Mirafiores. -Il Chili
poteva dar prontamente termine alla guerra, compiendo tutte
le sue aspirazioni: non sa profittare della favorevole opportu-
nità; prende una falsa via. - Il Perù prepara un ultimo ba-
luardo di resistenza in Arequipa. - La guerra, invece di finire,
entra in una nuova fase. — Il Chili minaccia di invadere la
208 Indice
Bolivia. - Il Governo boliviano si sfona di porsi in grado di
respingere l'invasione nemica: i suoi avrersaiii politici ne con-
trariano l'opera: vogliono si negozi! la pace: cause determi-
nanti la loro condotta. - Il Chili non pensava ad invadere la
Bolivia: lo diceva per incutere timore. — S^;reti Agenti chi-
leni propongono al Governo boliviano illeciti negoziati di pace,
perchè rompa l'alleanza col Perù. - Rifiato del Prendente
Camperò. - Gli Agenti chileni si rivolgono agli awersarìidel
Governo: questi accettano le proposte chilene, prendono il nome
di partito della pace ad ogni costo, - Il ChUi non poteva avere
l'intenzione di mantenere le promesse che i suoi Agenti foce-
vano alla Bolivia. - Sapposto che le mantenesse, la Bolivia
sarebbe caduta di fatto sotto il protettorato chileno. — Il par-
tito della pace ad ogni costo avversa sempre più l'opera pa-
triottica del Governo. - Il Governo convoca la Convenzione
Nazionale.
Capitolo VII 147
Il Dottor Arce, Caudillo del partito della pace ad ogni costo^ è
mandato in esilio. - Svela le sue idee per mezzo della stampa.
- Osservazioni &ul valore delle medesime. - Come nacque
l'alleanza Perà-boliviana conclusa nel 1873: fa proposta e
domandata dalla Bolivia, per premunirsi contro le mene am-
biziose del Chili. > Il partito rosso sposa la causa del Dottor
Arce. - Messaggio del Presidente Camperò alla Convenzione
Nazionale circa la condotta da osservarsi nd conflitto col Chili.
— La Convenzione Nazionale accetta la politica del Governo. -
Minacele di guerra civile. - Cattive condizioni deU' esercito. -
n Presidente Camperò, lasciato provvisoriamente il potere, con-
centra e disciplina l'esercito ad Oruro. - Povertà dell' erario
e riduzione dell'esercito.
Capitolo Vili 167
Il Dott. M. Baptista è nominato Ministro Plenipotenziario al Con-
gresso Americano indetto in Panama. - Il Generale Camperò
Indice 26g
lo incarica di esplorare, nel suo transito per Tacna e Lima,
le idee degli uomini politici del Perù e del ChilL - Sue con-
ferenze in Tacna con l'Agente chileno Lillo. - Negozia inde-
bitamente con esso un patto di tregua. - Nota informativa di-
retta al Generale Camperò ed al Governo. - Esame di quel
patto di tregua, conforme alle aspirazioni del partito rosso e
del ChilL - Antica aspirazione boUviana di possedere il Di-
partimento peruviano di Tacna. - Ingannevoli ed illusorie pro-
messe degli Agenti chileni. - La popolazione di Tacna non
avrebbe preferito la Bolivia al Perù. - Il Generale Camperò
ed il Governo boliviano disapprovano e respingono quel patto
di tregua. - Il Plenipotenziario del Perù provoca dalla Bolivia
una dichiarazione di fedeltà all' alleanza. - La Bolivia inizia
pratiche diplomatiche col Perù per devenire insieme ad un
trattato di tregua col Chili. - Ultin^o tentativo di Baptista. -
Fermezza e lealtà del Generale Camperò.
Capitolo IX 2o3
Il Perù non aderisce all' invito della Bolivia di n^oziare una tre-
gua. - n Governo boliviano espone al Congresso un programma
di politica iniemazionaU, - L'opinione pubblica nella Bolivia
si divide in quattro diverse correnti: - i» La politica del Go-
verno, fedele ai doveri imposti dall'alleanza; - 2^ Il partito
rosso o della pace ad ogni costo che voleva venire ad accordi
col Chili, non curando l'alleanza;- 3^ L'antico partito po-
polare che voleva la continuazione dello stato illusorio di
guerra difensiva - sue incoerenze; - 4^ I vacillatUi o incerti. -
U Congresso non prende alcuna determinazione : cause di ciò.
— n Governo boliviano riannoda i negoziati preliminari col
Perù per la tregua. — Li sospende in vista dell'agitazione che
regna nel Congresso. - Voto capzioso del Senato boliviano. -
Deliberazione della Camera dei Deputati. - Convenzione perù-
boliviana circa la tregua da negoziarsi col Chili. - Mediazione
privata del Ministro brasiliano. - Suoi lodevoli risultati. - Sono
distrutti dagl'intrighi del partito rosso, - Il Chili vuol trattare
2^0 India
colla Bolivia, ma non col Perù. • Negoziati epistolari lira i
Ministri d^li Affari Esteri del Chili e della Bolivia. - Co-
stante proposito del ChUl di separare la Bolivia dal Perà. -
Fermezza del Ministro boliviano. - Antiche intromissioni del
Chili nella politica boliviana. — UlHmaium del Chili alla Bo-
livia. - Relazione antipatriottica del Dott Baptista al Congresso.
- Esame della medesima. - È vivamente disapprovata. — Il Go-
verno delinea la sua condotta secondo giustizia. - Il partito rosg^
strappa al Congresso un voto conforme alle proprie idee^
Capitolo X 243
Arequipa cade in potere dell'esercito chileno. - IL Perà domandò
più volte il concorso e l'aiuto dell'eserdto boliviano. - Furono
stabiliti più volte piani di campagna da eseguirsi unitamente dai
due eserciti alleati. ^ Conferenze di Oruro. * Viag^o del Con-
trammiraglio Monterò a La Paz. - L'esercito boliviano, nonper-
tanto, non soccorse Arequipa, né si presentò mai sui campi <fi
battaglia. - La Bolivia fu condannata alla più deplorevole
inerzia : da chi e perchè. - Il partito rosso ed il popolare mira»
vano ad impossessarsi del potere: presero i nuovi nomi di co-
stituzionale e democratico, - Costante minaccia di guerra civile t
solo la presenza dell'esercito in Oruro ne impediva lo scoppio.
- L'eco della caduta di Areqmpa rintronò sinistra e paurosa per
tutta la Bolivia. - Solleciti preparativi del Chili per invadere la
Bolivia, - Curioso giuoco dei partiti costituzionale e democra-
tico. * Sono concordi nel pensiero dì evitare ad ogni costo Fin-
vasione nemica. - Vogliono il sollecito invio di un'Ambasciata
al Chili per negoziare la pace. - Il Governo vi acconseote,
stretto dalla necessità di mantenere la pace intema. - H Con-
gresso raccomanda al Gk>vemo la nomina di Bi^tista a mem-
bro dell' Ambasdata. - Il General Camperò si dimette da Pre-
sidente della Repubblica. - Il Congresso non accetta le sue
dimissioni: perchè. * Il Chili sospende i preparativi d'invasione.
- Trattato di tregua ira il Chili e ia Bolivia.
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